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Full text of "I teatri di Napoli, secolo XV-XVIII"

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nell'intero  testo  di  questo  libro  da  http:  //books.qooqle.com 


I  TEATRI  DI  NAPOLI 


s  /r 


3Ct<Li  cass.uo 


V 

\       ,' <         / 


EDIZIONE  DI   260  ESEMPLARI 

Questo  lavoro,  tranne  alcune  delle  appendici,  è  stato  pubblicato  nei  fa- 
scicoli dell' ArcAieiò  storico  per  le  provineie  napoletane,  negli  anni  1889, 
1890,  1891. 


Napoli  —  R.  Tipografia  Francesco  Giannini  &  figli 
astenia  detCOlio,  2  a  7 


AD 

ALESSANDRO  ADEMOLLO 


Carissimo  amico , 

A  voi,  che  siete  uno  dei  più  valorosi  e  appassionati  cul- 
tori della  storia  teatrale  italiana,  dedico  questo  libro.  Certo, 
voi  sarete  dei  pochi,  ai  quali  esso  potrà  riuscire  divertente. 

Io  ho  voluto  dare  in  esso  come  un  quadro  della  vita  tea- 
trale di  Napoli,  in  tutte  le  sue  manifestazioni  e  relazioni, 
attraverso  varii  secoli.  E  pensavo  che  questo  potrebbe  essere 
non  solo  un  contributo  alla  storia  del  teatro  in  genere, 
ma  anche  come  un  esempio  concreto  delle  vicende  del  teatro 
in  Italia.  —  Napoli,  per  la  sua  gloriosa  storia  della  musica 
teatrale,  e  per  qualche  altra  sua  caratteristica  produzione, 
è  stata  una  delle  capitali   del  regno   del  teatro  in  Italia. 

Sono,  naturalmente,  ben  lungi  dal  credere  di  aver  rac- 
colto tutti  i  fatti ,  che  sì  potevano  raccogliere.  Ma  credo, 
tuttavia ,  di  averne  raccolto  tale  quantità ,  che  gli  altri 
sarebbero  piuttosto  un  lusso  di  esemplificazione,  che  docu- 
menti da  allargare  di  molto  la  conoscenza  dell'  argomento. 

'Pel  disegno  da  me  fatto,  io  ho  dovuto  muovere  da  una 

supposizione:  che,  cioè  a  dire,  avessimo  già  in  Italia,  beli' e 

completa,  una  storia  letteraria  e  musicale  del  teatro,  alla 

quale  ,    citando  generi  ed  opere ,   io  potessi  riferirmi.   Ora 

questa  supposizione  non  risponde  se  non  solo  in  parte  alla 


realtà.  (Per  le  origini  abbiamo  l'opera  magistrale  del  (b' An- 
cona; per  la  commedia  del  cinquecento,  l' eccellente  studio 
di  Vincenzo  de  Amicis;  per  V  opera  buffa  napoletana,  la  pre- 
gevole monografia  di  Michele  Scherillo;  pel  Goldoni  e  i  suoi 
tempi,  se  non  c'è  un'  opera  complessiva,  abbondano  gli 
scritti  parziali,  e  i  documenti  del  tempo.  Ma,  tranne  queste 
e  alcune  altre  poche  trattazioni,  quante  lagune! 

Chi  ha  studiato  di  proposito  le  origini  della  commedia 
dell'  arte  ?  E  chi  la  commedia  della  seconda  metà  del  cin- 
quecento, che  ha  tante  relazioni  con  la  commedia  dell'arte 
allora  fiorente?  E  la  drammatica  italiana  di  tutto  il 
seicento,  e  della  prima  metà  del  settecento,  fino  al  Goldoni, 
non  è  una  terra  sconosciuta?  Chi  ha  trattato  dell'  imitazione 
spagnuola  nella  letteratura  drammatica  italiana?  Chi  sa 
niente  dei  primi  librettisti,  anteriori  al  Zeno  e  al  Meta- 
stasio  ?  E  lo  stesso  Zeno ,  e ,  stavo  per  dire ,  Metastasio, 
sono  stati  sufficientemente  studiati  ? 

Ecco  una  bella  quantità  di  buchi  da  rattoppare.  E  sa- 
rebbero presto  rattoppati,  se  negli  sludi  italiani  di  storia 
letteraria  (che  pure  hanno  fatto  in  questi  ultimi  venti  anni 
tanti  rapidi  progressi,  e  hanno  prodotto  tante  buone  cose), 


non  ci  fosse  ancora  una  certa  tendenza  a  insistere  su  vecchi 
e  sfruttati  argomenti,  e  su  quistioni  oziose.  (Basta  contare, 
per  esempio,  le  centinaia  e  centinaia  di  pubblicazioni,  che 
si  fanno  ogni  anno  su  (Dante ,  per  convincersi  di  questo 
spreco  di  forze.  —  Ma  studiare  (Dante  è  un  dovere  !  —  (Do- 
vere è  leggere  e  rileggere  (Dante;  non  già  scrivere  libri 
inutili  intorno  a  lui. 

Io  credo  che  voi  siate  della  mia  stessa  opinione,  e  met- 
tiate con  me  la  cagion  vera  di  questa  tendenza  nella 
pigrizia,  che  sa  celarsi  sotto  tante  forme!  —  Ma  non  voglio 
entrare  in  lunghi  discorsi,  e  mi  basta  dedicarvi  questo  libro 
con  sentimento  d'  amicizia,  e  ripetermi 

Napoli,  gennaio  i8gi. 


tutto  vostro 

Benedetto  Gijoce 


INDICE 


PARTE  PRIMA  — 1443-1734. 

Introduzione pag.  1 

I.  Nella  Corte  Aragonese »  7 

II.  Ai  principii  del  secolo  XVI »  26 

ITT.      Venuto  di  Carlo  V.  —  Il  Principe  di  Salerno  .    .    .    .      »  40 

IV.  Primi  teatri  pubblici  e  comici  dell'arte *       52 

V.  Giambattista  della  Porto  e  il  dramma  erudito     ...»        69 

VI.  Il  teatro  S.  Bartolommeo  —  Compagnie  comiche  spa- 

glinole —  Cronaca  teatrale  (1630) »       85 

VII.  Festa  musicale  per  Maria  d'Austria  —  Primi  accenni 

di  dramma  in  musica >      107 

VIII.  Il  Viceré  Monterey*-  Segue:  Cronaca  (1631-47).    .    .      »    *H7 

IX.  Commedie  in  musica  e  Febi  Armonici  —  Drammi  italo- 

spagnuoli  —  Nel  Largo  del  Castello  —  Segue  :  Cro- 
naca (1647-70) »      130 

X.  Drammi  sacri:  Vite  di  Santi  —  Il    Verbo    Umanato  — 

Recite  nei  Collegi >      152 

XL      Giulia  di  Caro,  canterina  e  capocomico  —  Cronaca  tea- 
trale (1670-81) »     167 

XII.  Incendio  e  riedificazione  del  San  Bartolommeo  —  Cro- 

naca teatrale  (1681-96) »      185 

XIII.  Il  Medinaceli  e  la  Giorgina  —  Rinnovamento  del  San 

Bartolommeo  — Cronaca  (1696-1707) >     201 

XIV.  Gli  Austriaci  a  Napoli  —  Cronaca  di  due  anni  (1708-9)— 

Il  teatro  dei  Fiorentini  e  l' opera  buffa  —  La  Can- 
terina —  Compositori  e  cantanti  al  S.  Bartolommeo  — 
Due  nuovi  teatri  (1707-24) »     226 

XV.  L' Abate  Andrea  e  l' Amento  —  I  nuovi  tragici  —  Co- 

medie  in  dialetto  —  Comici  dell'arte  — Al  Collegio 

dei  Nobili  — Il  Baron  di  Livori >     260 


—  X  — 

XVI.  Il  Metastasio  a  Napoli  —  La  Bidone  abbandonata  —  An- 
gelo Carasale,  impresario  —  Cronaca  —  Teatrini  di 
■  opera  buffa— Rosa  Albartini  —  La  stagione  1732-4.    pag.  285 

PARTE  SECONDA  — 1734-99. 

I.  Carlo  III.  —  Riforme  al  S.  Bartolommeo  —  Angelo  Ca- 

rasale, impresario  —  L' Arlecchino   Costantini  e  il 

Baron  di  Liveri  —  Si  costruisce  il  S.  Carlo  (1734-37).      »     287 

II.  La  prima  sera  del  S.  Carlo  —  Tre  stagioni  teatrali  — 

Il  Presidente  De  Brosses  a  Napoli  (1737-40) ...      »      332 

III.  Il  Carasale  e  la  società  napoletana  —  I  suoi  conti  — 

La  stagione  40-1  —  11  Baron  di  Liveri  — Fine  del 

Carasale »      348 

IV.  Teatri  piccoli — Poeti  e  compositori — La  prammatiche 

e  le  donne  da  teatro  —  Detti  e  fatti  di  canterino  ce- 
lebri (1734-45) »      363 

V.  Comici  di  prosa  —  Teatrino  al  Largo  del  Castello  e 

il  Giardiniello  a  Porta  Capuana  —  Il  primo  S.  Car- 
lino —  Recite  a  S.  Chiara  —  Il  Teatro  della  Paco  .       >      385 

VI.  Il  Barone  di  Liveri,  ispettore  del  San  Carlo  —  Com- 

•         medie  del  Liveri  —  Gabriello  Costantini  (1741-7)    .      »     399 

VII.  Diego  Tufarelli,  primo  impresario  del  S.  Carlo  (1747-53)      »      424 
Vili.  Antonio  Catalano,  Giuseppe  Casaccia,  Marianna  Monti 

e  l'opera  buffa —Fine  del  Teatro  della  Pace — 11 

primo  S.  Carlino:  teatrini  d'istrioni  (1744-50)    .    .      »      441 

IX.  Abolizione  del  primo  S.  Carlino  —  Compagnie  di  prosa  : 

morte  di  D.  A.  di  Fiore  —  Francesco   Cerlone  —  D. 

Fastidio  — La  Cantina  (1750-65) »      460 

X.  S.  Cario:  Gaetano  Grossatesta, -impresario  —  Morte  del 

Marchese  di  Liveri  —  La  compagnia  comica  del  Duca 
di  Maddaloni  —  Carlo  Goldoni  —  Partenza  di  Car- 
lo HI  (1753-59) »     478 

XI.  Ferdinando  IV  fanciullo  —  L' Arlecchino  Sacco  —  Cro- 

naca del  S.  Carlo  —  Viaggiatori  a  Napoli  (1759-63)      »     489 

XII.  Nuovo  teatrino  di  Corte  — S.  Carlo:  impresario  Ama- 

dori  —  Le  due  Gabrielli  (1762-7) »     501 

XIII.  Giambattista  Lorenzi  e  l'opera  buffa  —  Abolizione   del 

teatrino  sotto  S.  Giacomo  —  Il  secondo  S.  Carlino- 
Comici  francesi  e  comici  lombardi  a  Napoli  (1765-74)      »     513 


—  XI  — 

XIV.  11  Grossa  testa,  impresario  di  nuovo  —  Matrimonio  del 

Re  —  Cronaca  (1767-74) pag.  531 

XV.  Il  Socrate  immaginario  —  Comici  di  prosa — S.  Carlo — 

Il  Teatro  del  Fondo  —  Nuova  amministrazione  tea- 
trale (1775-9) .    , »     554 

XVI.  L*  Ab.  Basso    Bassi  e  il  Serio  —  I  Prologhi  —  Luigi 

Serio  e  i  drammi  del  S.  Carlo  (1779-87)   ....      >     575 

XVII.  Il  Serio  e  i  teatri  bulli  —  Ritorno  del  Paisiello  —Ce- 

leste Coltellini  —  Aneddoti  —  Una  recita  curiosa     .      »     592 
X  Vili.  Anfiteatri;  corride;  bestie  rare,  curiosità,  statue  di  per- 
sonaggi celebri  —  I  Rinaldi  del  Molo  —  Improvvisa- 
tori nei  teatri >     607 

XIX.  Il  nuovo  repertorio  —  Comici  di  prosa  —  Giovanni  de 

Gamerra  a  Napoli  —  Il  teatro  S.  Ferdinando  ...      »     620 

XX.  W.  Goethe  a  Napoli  —  Cronaca  del    S.    Carlo  — La 

Billington  e  la   Grassini  —  Compagnie  di  pi-osa  — 

Il  Lorenzi  e  la  Censura  teatrale  (1787-98)     ...      >     636 

XXI.  I  teatri  di  Napoli  nel  1799 »     656 


APPENDICE 


I.  Farsetta  napoletana  del  Sec.  XV >  667 

II.  Sonetti  di  Piero  dei  Ricci »  673 

HI.      Drammi  italiani  del  seicento  su  Maria  Stuarda     ...  »  674 

IV.  11  prontuario  di  un  comico  del  seicento »  683 

V.  Pulcinella  ai  priucipii  del  settecento »  688 

VI.  Il  falso  Bellino »  697 

VIL    La  Viscioletta »  700 

Vili.  11  matrimonio  di  Paisiello »  702 

IX.  Paisiello  in  Russia  —  Piccinni  in  Frància »  705 

X.  Il  teatro  nelle  provincia »  707 

XI.  Lettere  inedite  di  Luigi  Serio »  733 

XII.  Architetti  teatrali »  737 

XIII.  Permessi  di  recite  in  case  private >  743 

XIV.  Notizie  varie  di  cantanti,  ballerini  ecc >  746 

AGGIUNTE »  765 


l 


y 


f 


PARTE  PRIMA 
1443-1734 


i>.  di  Napoli  hanno,  a  capo  di  delle 

loro  ti  ino  strano      sordo  classico  .  che    u  pre- 

Eantasia,  Questo  ricordo  è  Nerone. 
Co:  ie,  avido  di  \  \  »r  a  egli  che 

rwllum 

: ,  non  osò   con 

\:i|i"li, 

!  parte  della  gemina  mole  nudi  I 

Napoli,  avvenne  qui  irdio  imperiale  V 

Fu    nell  an  i,  nero  dì  statue  e  di  marmi, 

che  aveva  la  cavea  volta  verso  l' Anticaglia  ;na 

•li  sbieco,  alle  spalle  della  chiesa  di  S.  Pa< 
Ovvero  fu  nel  ti  che  probabilmente 

era  •  e  gì'  Incurabili  * 

>.—>■■ 

questa  venuta  -li  Nerone.  Ta- 

o  la  gente,  che   concorse  allora   a  Napoli 

dalle  terrò  e  colon  e,  e  le  squadre  dei  e  i 

cortigiani ,  cho,  per  adulazione  o  per  ufli  ipa- 

gnavnno  I  Ionio  racconta,  tra  l'altro,  che, 

ione  cantava,  si  senti    a  un  trailo   

il  popolo  fece  atto  di  uv„:in 
ma  egli  .  b  .    volle  finire  il  nomon  cominciate  " 

•Ita,  noi  mezzo  dello  spettacolo,  usci  dal  tea) 
ne  terme  a  pigliar  tiato  e  confortarsi  di 

1 


-  2 .  — 


qualche  riho;  ma,  pensatoci  moglio  ,  impatims 
rientrò  subilo  dopo  e  in. 

l  del  popolo  .  |  ir. -.mettendo  in  greco:  lo  In 
bere  un  po'  di  più,  che  canterebbe  anche  meglio  '  ') 

i  introduzione  archeologica  era  tanto  di  buon  gusto 
una  volta,  quanto  ora  è  di  cattivo.  Perciò  non  starò  -|ui 
a  riferirò  gli  altri  particolari ,  che  si   potrebbero  in 
dagli  scrittori  classici  intorno  agli  antichi  teatri  «li  Napoli. 
\.''  parlerò  di  quell'altro  imperatore  le 
una  commedia  del  quale  fu  coronata  In  Napoli,  nòrie- 

terò  la  severa  figura  di  Seneca,  die  lamentava  i 
tri  troppo  piani  di  Napoli  e  lo  &  »ppo  vuote! 

Farò  anche  un  gran  salto  su  tutto  il  medio  evo.   Che 
dire  del  medio  evo?  Per  omnes  cict'tates  cadunt  : 
tra,  ;  mi  sembra ,  S.  Agostino.  I  magnifici    : 

a  si  trasformarono  presto  in  quelle  pittoresche  ruine, 
clic,  qua  e  la,  ancora  avanzi 

Certo,  è  da  supporre  che  ani  he  per  la  vie  di  Napoli,  corno 
per  tutta  Europa,  irò  nel  medio  evo  quegli  istrio- 

ni, giocolatoli,  buffoni,  dalla  testa  e  dal  monti»  raso,  dalla 
ignobili  calzature  planipediehe,  dalle  .  mi- 

steriosa gente,  il  cui  unico  archivio,  come  dice  ildu!\ 
sono  le  censure  e  le  scomuniche  degli  scrittori  et 
B  da  supporre  anche  che,  in  oca 

religiose,  uelli  i  nei  con\ enti.  Mille  pubbliche 

oli,  si  recitassero,  in  certo  modo,  quei  drammi 

liturgici  e  sacri,  quella  laudi,  quei  misteri,  dei  quali 

memoria  por  mol  '  i  dotto:  è  da 

8upporret  e  detto  tutto,  e  s  è  .letto,  in  verità,  molto  poco. 


')  Tao.  \»n  —  Sr<.t.  Sor,.  20.— Retocb.  Campmim.  (Boti 

1870)  pog.  73-5  —  De  Petra.  Sulle  nuove  novene  dell'antico  teatro  na- 

-il.  Orig.  kit.  du  thédtre  mod.  (Pari*  1849)  Intr»l.  passim. 
s)  Cfr.  A.  d'Aucona.  Origini  del  teatro  »i  fiotti,  Pinoli  1S77.  —  P« 


—  3  — 

i   ,    storico  trance  •  alla  corte  di  Carlo  1 

■  ni  (/non  jouait  L'arditezza 

dal1  i-ine  è  stata  già  rilevala    da  altri  »).    Per    la 

corte  ai.  non 

una  filza  «li  nomi  d' istrioni  e  bufoni,  race  itti  dai  /.'■••.■■ 
Cosi  pel  1295  o  96  c'è  un  Robertellc  'In  Melfi  e  c'è  un 
i  da  Afe  o ,  istrioni  di  Carlo  Martello;  pel 

1326  Genova,  Giacchetto  de 

io  de  Organo,  pei  1327,  /'  Fi" 

arti*  appulis 
naUantit  wesentia  regia  ad  modum  Apuliae^  o  di 

un  altro  istrione;  pel  1312.  ili  doni  fatti  a  varii  istrioni 

l  tempo  <li  Roberto.  Nel 
et  Cari 
tono  pricllegium    istrionum    et  lamiliarum 
■.  È  Lauti!  iure  che  V istrione  non  ò  il 

•  pur  non  toglie  che  .   tra  i  due 
•Ita,  qualche  punto  di  contatto. 

PO,  C  notò  ,^ià  il  Tonaca,  in  (allodi 
spettacoli  drammatici,  Napoli  non  fu  delle  più  preo 

■  |    i    '.  .  I 
cose  :  col  ciclo,  colla  natura  del  popolo,  colla  pas- 


brund  sono  note  le  laudi  o  divozioni    aquilano  jiubbl.   dal    Peroo- 

it.    Vili    e    Mg.)    Importanti    vswrvayjoni  »  docu- 

taf~i.li.  «ni  /unno* i  fi  t'otu  un  dm  itimi  liturgico 

■n  Immuta   sono  contenuti  u-ilo  raoanti  Sfar  do  Bar- 

tholotnaek  {BulU-lhno  d.  0  Italiano   N.   8.    K  • 

t'«s>- 

I   1«1    f.uilnatko  Sainl-Pi-iotl ,   Itisi,  de    la  ronq.    de   Napln.  Cfr. 
D*  BLaaii»:  Le  cast  Angioine  eoe.  tapoL  XI    466   n.). 

.+$.  Kag.  i  :  foL  97.  U—  1286.  o.  8a  fol    43.  —Barone. 

Ctafafe  d*lla  cancelleria  ano-  (A.  S.  N.  XI,  415.   116  .  580 .  080).  —  Da 
HU  XII,  351. 

»)  V.  Tarnwra.  Sktc  rapprctenlasioHi  del  Napot.  in  Stuéti   di  si.  le». 
**p    (Livorno  1884),  Pag.  3  o  ajr. 


sione  molto  diffusa  e  vivace  per  divertimenti   n 
tellettuali,  dove  il  corpo  avesse  più  parte,  dove  f,rli  occhi 
-oro  più  soddisfatti.  I  i,  le  quintane,  quei    Iw 

lebri  il  a  una  deeerizione  «lei  Petrarci 
no, eou  ben  altra  forza,  l'amare  -lei  popolo,  l'atten- 
zione dei  cronisti. 

Nel  1423  Alfonso  d'  Aragona ,  nel  tempo  eh'  era 
corte  di  Giovanna  II,  ordinò  una  giostra,  per  la  <|ualr 
fare  un  grandiSBJ  he  aveva  sopra  un  ca- 

Stello,  0|  dentro  apparivano  angioli  «  eou 

■  -i   istruroenti  cantando     '  sonando,  che  | 
angeli  propri!.  «  Sotto  il '.-astrilo,  •>  i  ini  con  e 

.  r a   'i   mazze  ha  mano»  fingevano  i  Torchi  E  i 

iluomini  di  Capuana,  istigati  da  Sergia  ne    Ca 
feeei  ntrapposto  duo  carri,  «  pieni  ili  foco  et  bom- 

barde, ci  30  nomini  lustratori   a  cavallo 

modo  de  diaboli  «le  canavacci  per  affrontare  li  angeli 
«lei  Re  di  Raliona  ».  Ma  questa  giostra  rappresentativa  , 
dov'6  notevole  I"  spuntar  di  quelle  pompi-  allegorico- 
drammatiche  tanto  predilette  poi,  non  andò  oltre  il  sem- 
plice concerti  i  !  i. 

' colo   drammatico   fu  fatto    nel    1  ti 

einnovo  ala  presenza  di  Renato  e  d'Isabella  d'Angiò. 
Mi  non  in  cosa  indigena, Si  potrebbe  dire  anzi 
venne  a  Napoli  casualmente.  dia.  quando  nel  1437  Reo 
lasciò  l'Anjou  e  attraversò  la  Provenza  per  venire  nel  Re- 
gno, nel  passaggio,  l'accolsero  dovunque  festini ,  danzo, 
e  misteri  »).  Nel  1441  Alfonso  d'Aragona  era  giunto  quasi 
alle  porte  di    Napoli:   aveva   occupato  A ver- a. 
dopo  la  battaglia  della  Tu  farà ,  s'era  chiuso  in  Naj 


')  Giornali  napoletani  datti  d*l  Duca  di  MonteleoM  mi*,  ad  »n. 
*)  Oeurres  compi,  du  Rai  Réni  (Anger»,  1845),  Intf.  dal  Qiutrcbart 

rv-XLV. 


i  ili  in  eretto  un  pa     i  in  uno 
»,  Ivi  si  d  oolo  al 

•na  raffigurava  len- 
ii:»  dei  <ain  (mosse, 

i  a  volta  Sci| 

innibale  e  si    disputavano  il  | 

lo,  il  giud        logli  Inferni  dio>l 

le,  ó  del  puro  gusto  della  Rina- 
talo in  Ialino,  latto  da  un  dotto 
piegò  r  iiih'.:.  reco 

;  rappresentato.  I 
illa  Bcena  esempii 
ma  ne  lo  scusava,  diss 
?vn  Iran  irtuoa,  spesso  invida  dei  grandi  uomini, 

ero  nel  perseguitarli,  innalzando 
ess  :io,  la  ni  ,  il  delitto.  Il  volgo 

siila  vista  ili  questa  cieca   ingiustizia;  ma  il  saggio  non 

intro  la  violi  B'av- 

di  \ineer  -imo  Re,  voi  ne  date 

•*sta  gucira  uno  splendido  esempio;   ma  presto, 
li    Dio     tutto   riuscirà  >■■  ostra 

lei  vostro  n<  rnico.    1  latti  d"  oggi 
i  in  tutto  punto  a  «inolio  die  avvenne  nella 

(linciò  la  gu< 
■  lie  riempi  ili  sangue,  e  di  I  il 
ha  cominciato  il  suo  regno 
truzione  su  Valenza,  re  òrtunato 

dei  Sagù  combatteva    contro  i  Romani; 

i  liooe 

.1  Sedo. 
leale; 
giovane, 
ddki  aver   continuato  a  lungo  il 


—  6  — 

fronto  ,  e  aver  detto  che  quello  spettacolo  non  era  gi 
per  eccitare  il  suo  coraggio  ,  ma  per  isvagare  il  su 
animo  ,  finiva  :  «  Siate  sicuro,  o  gran  Re  ,  che ,  cor 
tinuando  come  avete  fatto  sinora,  voi  caccerete  presi 
il  vostro  nemico,  e  allora  voi  regnerete  in  pace  sui  vosti 
stati;  che,  finché  Dio  vi  permetterà  di  abitare  quest 
mondo,  voi  vi  farete  tante  belle  azioni  che  il  vostro  nom 
diverrà  celebre  in  tutto  Y  universo  ;  che ,  in  fine ,  dop 
aver  percorso  il  cammino  della  vita,  il  vostro  spirito 
tornando  al  suo  soggiorno ,  e  messo ,  non  ai  piedi  di 
tribunale  di  Minosse,  ma  tra  gli  eletti  e  i  beati,  goder 
una  gloria  eterna.  Vale.  »  '). 


>)  De  Blasiis.  Arch.  Star.  Nap.,  XII  —  429-30.  —  La  notizia  è  nel  Q» 
trebarbes.  Intr.  cit.  LIX-LX.  —  Il  Quatrebarbes  1'  ebbe  dal  Marche** 
Villeneuva,  che  la  tolse  da  un  ms.  di  Cicerone  del  sec.  XV.  della  B 
di  Saint  Dio,  che  si  crede  appartenuto  a  Jean  Maget,  precettore  del  fi  J 
di  Renato. 


i     orto  Aragonese  cominciano  davvero  a  Ni 
icoli   dn  ..   Può   darsi,  come  lio  accenn 

lie  alcune  U  essi,  per  le  quali  ci  son  prove  stalo 

ipo,  esistessero  già  da  prima.  Ma,  nella' 
mi  raod<  i  affermando ,  i 

;eneri  svariati,  diventarono,  quasi  direi,  abi- 
ti di  Castelcap 
lobili  e  plebeo,  allegoriche  e  rea 
nella  ,  nella  chiesa  di  Santa  chiara 

litro,  /i  .  sacre  rappresentazioni 

.  nacquero  altre  formo;  ma 
linuò  senza  interruzione  nella  vita  civile  na- 
nna, 
Il  genere  pi  to,  qui,  Fori  6  più  che   nelle 

ùr*:  iliane  contea  a  alleg  m 

■  nel  cerimoniale  'li  quel 
so  (144  tempi, 

i  resta  scolpito  in  marmo  sull'arco  ili  Castelnuovo,  e 

tnita.  In  esso  i  Fiorentini ,  i 
mium  primi,  rappresentarono  v 
irujulan  .   Fecero   sfilare 

!  re,  prima  m  ;poi  la  F  i 

ra  un  earro,  e  sei  Virtù  a  cavallo,  la  Spera 

le  col  calice,  la  Carila  con  un  l>am- 

iii    una  colonna  «li  marino  in 

•«uno,  la  i-anza  che  mesceva   acqua  nel  vino,  la 

lima,   la  Oiusli- 

•  un  baldacchino.  Veniva  ultimo 


—  8  — 

innanzi  ad  Alfonso,  e  gli  fece  un  discorso,  rythmis  ma- 
ternis,  esortandolo  a  seguir  sempre  le  virtù,  come  aveva 
fatto  fin'  allora ,  e  a  non  fidarsi  della  Fortuna. 

Ho  avuto  la  fortuna  di  trovare  in  un  manoscritto  della 
Nazionale  di  Firenze  gì'  inediti  versi,  che  pronunziò  Ce- 
sare. Questi  ritmi  materni  li  compose  Piero  de'  Ricci,  il 
poeta  della  colonia  fiorentina.  Disse  : 

Eccelso  Re,  o  Cesare  novello, 

Giustizia  con  Fortezza  e  Temperanza, 

Prudentia,  Fede,  Carità  e  Speranza, 

Ti  fera  trionfar  sopr'ogni  bello. 
Se  queste  donne  terrai  in  tuo  ostello , 

Quella  sedia  fìa  fetta  per  tua  stanza; 

Ma,  ricordasi  a  te,  tu  farai  sanza, 

Se  di  giustizia  torcessi  il  suggello. 
E  la  ventura,  che  ti  porge  il  crine, 

Non  ti  dar  tutto  a  lei,  eh'  eli'  è  fallace, 

Che  me,  che  trionfai,  misse  in  dechino. 
El  mondo,  vedi  che  mutazion  face  ! 

Che  sia  voi  tabi  1  tienlo  per  destino; 

E  questo  vuole  Iddio  perché  li  piace. 
Alfonso  Re  di  pace 

Iddio  te  esalti  e  dia  prosperitate, 

Salvando  al  mio  Firenze  libertate.  l) 

Sfilarono  poi  le  invenzioni  fatte  dai  Catalani,  una  lotta 
tra  spagnuoli  e  arabi,  una  torre,  il  cui  ingresso  era  cu- 
stodito da  un  angelo,  e  sulla  quale  erano  la  Magnificenza, 
la  Costanza,  la  Clemenza,  la  Liberalità,  cantantes  suam 
quaeque  compositis  versibus  cantionem.  Prima  l'angelo 

>)  Cod.  Strozziani.  Classe  VII.   Cod.  1168.  Sonetti  del  Burchiello  ed 
altri.  —  Sonetto  de  piero  dericci  fatto  inapoli  pio  trionfo  sifece  a  Re  dc__ 
raona  quatto  entro  inapoli.  —  Ho  sciolto  le  abbreviature,  divise  le  parole?-, 
e  scritto  pace  per  pacie  e  Rimili. 


—  9  — 

iiù  parlarono  al  Re.  ')  — Altre  pompo  dr  questa 
'e  quali  ito  drammatico  era 

dal  pia  frequentemente  In  Deca- 

pai esempio,  il  17  pi    bri    1 155, 
ì  investi  il  nipote  .  il  'muro  Alfonso  II , 
'lal!c>;ci;  mini 

Utai  i   E  ci   in  propri  rap- 

ii le  nozze  del  Conto  di  Ariano,  alla  q 
enne  il  re  diraonat  e  i  versi  in  Piero 

I  mio  dai 
Saturno  bui  i  BÌrottn&raoza; 

Data  in' e  forza  di  somma  demani 

«lallazione  è  d'  affam.uv,  ecc.    > 

Il  r  •:  ci  dice  i-iic  Alfonso  beava  colobi 

ioni  ;  poi  quali  •  • 
a  giunto 
-indiarli  ,  o  a  riferire, 
•>  in   cose  clic  concernevano  l'onor  dì 

E 

ppresentazioni,  aBora  in 

p  ir  la  venuta  di  1  o  III, 

si  celebrò  il  mistero  <■•' 

irile  1 157  si  fece  in  Castelnnovo  mia 

/  Venei 

uj  di  rappresentazioni   Catte  le  l>" 
di,  il  Venerdì  Santo,    i  I  170, 

edole  di  tesoreria  ci  fanno  -<>t- 

■ 
ti. 


■   \   iv 


—  10  — 

t'occhio  tutta  una  svariata  suppellettile  teatrale.    ( 

.  diademi,  nasi,  maschero,  chioE  i  da  giudei, 

mantelli  glandi  per  le  Marie,  gonne,  vesti  e  cai.  tu 

nera  pei  diavoli,  camice  di  tela  vermiglia  per  l'angelo 
guardiano  del  Paradisi»  Terrestre,  varie  paia  d'ali  <li  struzzo 
per  gli  angeli  del  bi  Per  lo  scenario,  ci  dicono,  per 

esempio,  che  nel  1470  il  pittore  Giosuè  Anselmo  fece  un 

trionfali  con  una  m 
Lonne,  e  quattro  imagini  grandi  a  somiglianza  delle  qual- 

irtù;  sull'arco  era  raffiguralo  II  Salvarlo  co 

tre  croci;  e  sotto,  una  rape,  dov'era  il  monumento    l'i 
•I  1478  si  trovano  notati   •  17  gomitoli  <li 
i-«. niella    trafelata   su  CUI   moni i   fecks   g^eci    I 

eoi  contrapposi»,  il  direttore,  l* ordinatore  di  qi 
spii  a  il  i  appellano  maggiore  de!  re,  che, 

anni,  aveva  i    ■        Padre  Brasa  ' ». 

Se  non  che,  resta  un  dubbio.  Brano  poi  parlate  qu 
rappresentazioni?  Ed  erano  pari  modo  loscanol  11 

Napoli  Signorelli  «-i  ha  conservali  notizie  di  un  ma* 

fitto  di  t'arse  Spirituali,  che  di  larteuore  (i 

Ini» alla  fine  de,  i  ani,  «  bea  BSsegQ 

amontc  il  tempo,  in  cui  si  composero  e  si  rapp 
il      Passione,  della  D 
della  Croce,  lamenti  a  piò  della  Croce,  ecc.  In  una  d'< 
s.  Girolamo,  S.  Giovai i  Batosta,  Adamo,  il  Ile  De 
l'un  dopo  l'altri),  andavano  a  piangere  ai  piedi  d<  ti 
In  un'altra  eppe  Ebreo,  Giù 

demo.  Re  Abacucco,  S.  Giovanni  e  la  Maria.   Niente 
più  n!e  che  fossero  proprio  i  testi        lati  alla  coi 

')  ^  .aceto  aotizie  passim  in  Baroat*  CaUiU  Mia  Umrren  ■ 

(A.  &  h  I   3). 

*)  Vi  .-  L  I784-W  III,  180-1»»  — Di  u»  U. 

isso,  dwtiuatu  a  recitami  tu  cbiou  lanini  allo  i 
onao  il  Tornirà.  St.  pa^.  -.' 


—  11  — 

dogli  aragonesi.  Anche  la  disposizione  scenica  confronta 
-ero  anche  riferirsi  al  principio  de] 
\  vi    r  esistenza  di  i  quella 

inali  ;i\ ■'■!  supporre  ohe 

già  da  tempo  fosse  divenuto  gei,  ino  l'uso 

delle  sacre  rappresentazioni,  non  soltanto  mimiche,  ma, 
appunto,  parlate.  — 

di  farse  allegorici  te  l  L476  per 

le  nozze  «li  Beatrice  d'Aragona  con  Mattia  Corvino  Re 
«l'Ungheria;  nel  1477,  per  quelle  di  Ferrante  I  con  Gio- 
vanna d'Aragona.  In  <|neste  ultime,  quand  i  uliva 
tornò  in  Castelnuovo,   ■>  venne  uno  ingegno  che  I" 

opra  lo  detto  ingegno  andava 
garzonotte  bellissime;  et  ognuna  di  loro  recitai  corti  ditti 
inai*  !^o  et  alla  Reina  »  ').  Una  mascherata,  é 

altro,  credo  che  fossero  quei  mimi,  fatti  nel  1473  innanzi 
all'Ili.»*  D.  !  ina,  pei  quali  si  comprarono, 

dalle  solite  cedole,  I  tgli  daspar- 

1  dei  qu  '). 

Ma  la  farsa  classico-allegorica  nella  corto  aragonese  ò 
congiunta  particolarmente  col  nome  dal  Sannazar 

oddìsfa  I  del  Prii 

••rico,  o  vago  molto  di  rappr*  >ni,  0,  su  dBl 

glìamo.  di  gioco  li,  simili  alle  antiche  satire 

Una  farsa  del  Sannazaro  fu  recitata  nelle  feste  date  dal 

d'Allamura  per  le  nozze  di  Costanza  d'Avalos. 

rido  Costanza  giunse  innanzi  alla  casa  dello  sposo, 

alla  porta  c'era  soliti  ingegni,  un  basilisco,  che 

faceva  ;i  ie  all' apparir  di  lei,  «  non  si  sa  con 


36. 

.  U.  Criapi.    Vita  di  Giacopo   Sannaseuv.  In  Ruma.  HDXCQ1  \m- 
-I. 


—  12  — 

qual  arte,  sparse  le  ali,  zufolò,  e  mandò  fuori  dal  rostro 
queste  parole:  Riguardate  sicuramente;  veduta  Costanza, 
si  dilegua  il  veleno.  Tra  le  danzo,  i  suoni,  i  canti,  sali  in 
bigoncia  Imene,  che  fece  un'allocuzioncella.  Poi  discese  un 
meraviglioso  artificio,  una  nuvola;  rotta laquale,  apparvero 
Giove  con  varii  Dei,  ciascuno  con  un  dono.  Diana  offri  una 
camicia,  Giunone  una  gonna,  Pallade  un  manto ,  e  cosi 
Vulcano,  Mercurio,  Imene,  la  Fortuna,  Venere,  Giove,  le 
Grazie  e  gli  altri  Dei  a  gara.  Solo  una  spettàbile  Donna 
mascherata  non  parlava,  non  donava  nulla;  e,  all'interro- 
gazione di  quello  che  sopraintcndeva  alle  danze:  o  A  che 
sei  venuta  senza  bocca,  senza  mani,  e  colla  maschera?  » 
rispose:  «  Venni  per  vedere,  non  per  essere  veduta;  per 
apprendere,  non  per  parlare;  per  togliere,  non  per  dare. 
Io  sono  la  Bellezza.  Sta  cheto  ».  E  nel  risalire  gli  Dei 
maschi  al  cielo,  Vulcano  gettò  medaglie  d'oro  e  d'argento 
con  l'effigie  di  Costanza.  Le  Dee  circondarono  la  sposa 
e  l'accompagnarono  al  talamo,  cantando.  Entrata  la  sposa 
in  camera,  Diana  pose  sull'uscio  le  seguenti  parole:  «  Col 
consentimento  delle  Dee,  la  pudicizia  s' è  data  in  mano 
dell'  uomo,  acciocché  la  forma  della  bellezza  non  venga 
meno  »  '). 

Un'altra  fai-sa  del  Sannazaro,  che  non  saprei  dire  se 
sia  qualcuna  dello  ora  note ,  fu  recitati  il  29  novembre 
1489  in  Castelnuovo  per  ordine  del  Duca  di  Calabria  *).  — 
Ma  ce  ne  fu*  quasi  un  ciclo,  quando  giunso  in  Napoli  nel 
1492  la  notizia  della  presa  di  Granata.  Era  quella  una 
vittoria,  che  rallegrava  gli  Aragonesi  di  Napoli,  non  solo 

')  Scipione  Volpicela.  Le  nozze  di  Costanza  d'  Avalos  e  Federigo  del 
Balzo  nel  secolo  XV.  —  Crispo  o.  e.  p.  11-2  —  Cfr.  Torraca.  St.  cit. 
p.  17-8. 

*)  Barone.  Cedol.  di  tcsor.  Ardi.  St.  Nap.  X.  0.  —  Nel  1491  il  Duca 
di  Calabria  detto  una  festa  per  la  nascita  del  figlio  del  Duca  di  Milano: 
trovo  notato  che  vi  bisognarono  capelliere,  ghirlande,  barbe.  —  1.  e.  X,  14; 


—  13  — 

ioni,   ma  comò  pare 
Ile  Ferrante  il  1G  febbraio   con  mu    Costa  in 

'    irzo. 
he    fu  recitala    la  più    nula  dei: 
Sannazaro.   I.  be  luogo  in  Castcfcapuano ,  di 

•  ili.  sontuoso  i  ì  a  sala  era  tutta  parata 

mo  o  festoni  di  mortella  ,  e  intorno  vi  girava  un 
palco5).  Noi  mezzo  era  collocato  un  tempio  bollissimo, 
poggiato  su  iorne  colonne,  con  vani    dipinti 

mi  e  tredici  figure  di  ninfe:  lavora  di  mae- 
di  Morsis  e  di  maestra    '       icdo  da  Pa- 
dova1). Immaginate  intorno  il  pubblico  spettatore.  Il  pio- 
Re  Ferrante,   e  Giovanna   d'Aragona,  o 

e  i  pen 
o  i  he  -  onc  molti 

dal  r  alla  cui  cima  s1  innalza  una  bandiera  con 

rooe  e  l'armi  Maomel  rda  intorno 

smarrito  e  ia  a  recitare  una  filastrocca: 

Fof.% 

a  ina  yenif:  soggiogata, 
•  ier  più  Granata  . 

Fuggi  j«er  li  cacciar  Delle  foretti. 

e  la  Fede,  moli...  riccamente 
-  .li  laur<  i,   e  r  icita  egualmente  alcune 
fcoiiaaia  di  vei  torna  al  tempio,  e  il  leu 


lesoret-ia  A.  S.  V   X..    I 
-    X  .  13. 

;.i  ld.  -.  X 


—  14  — 

«;  la  Fède  Bono  trasportati  a  mi  capo  della  sala.  In  i 

issarono  invece  la  Letizia  ,  e 
suonava  la  viola,  e  Ire  compagni 
e  ribeca  ').  Finito  il  suonare.  I;»  Letizù 

accompagnandolo   con  io,  cor 

quando  s'alzò  il  velo  dal  viso: 

Non  mi  vedete  accolta  in  viso  incerta, 
Ma  bolla  e  discoperta  e  fatta  chiara. 


Alla  fine  gittò  Bori  e  mazzetti  odorosi  o,  cantande 
ne  tornò  donde  era  venuta,  li  PrincSpe  -li  Capua,  vesti 
ria  Re  di  (  ;  con  altri  signori  ■) ,   egualmente 

genera  unumìa).  preceduto  dai  trombetti  e  dal  p 
si  fece  in  mezzo.  I*'  tutto  fini  con  un  hall»  ,   in  cui  oii 
scuno  «  prese  una  signora  pei-  la  mano  ci  ballò  I 
nlia  et  basse 

Due  -i  in    dopo,  il  io,  se  ne  recitò  un' al 

titolo://  triumpho  dr  la  Fama,  negli  appartamenti  di  !•'■ 
derigo  d' Aragona,   Principe  d'  Altamura,  più  vana.  |.u 
rn  i  ; .  d  idente  I  zo  di  destare  noagj 

ne  del  convito,  ri sta  una  credenza  luti 

Ica  d'argenti,  tolto  un  drappo  di  raso,  comparve  a  eaj 
della  Baia  un  grande  arco  trionfale,  fatto  con   colon 
ilture  ai'  antica,  che  portava 

')  Itnronr.  &•<    di  dova  ai  parla  Ai  «  tinga*  belle  masche 

rìne  dn  donuu  »,  eh»  furono  appuolo  per  la  Pedo,  U  Letizia  e  '.tu  i 

r)  F.rano  il  Canti    a*  Avallo  ,  attor  Reqoosona  ,  Basco  S| 

nello.  Ferratilo  Dercia,  Lanciotto  (HnocLou  SkoIooì,  fonali 
Bnr.n  13-  ti. 

*)  11  t<»lo  intero  ristampato  noi   TMtro  Italiano  dti  ucolt  XIII,  XI 
XV  d|  F.  Torraca  (  Fir.  18»  )  Pngft.  311-322  —  Cfr  t    Pi 

2WV7  —  I   particolari   sono  toUi    in  parte  dalla   lettera  .  coli.i  i|u*li> 
Sannazaro  manda  la  farsa  ad  Isabella  Principeaaa  d'  Altaniura. 


—  15  — 

io  ài  mia  tenda 
trapunta  u  io 
i.i.  F,.  mentre  la  gei  r  edice  il  San- 

ando 
tiello  dovesse  essere,  mentre  olla  in  contemplare 
r  altra  i  vide  in  un  punto  u> 

ilro   la  tenda  una   d  con  bella   maschera  sul 

sa  per  le  spallo,  sul  capo  mia 

«lai;-  .  bo  antiqua,  inghirlandata  d'olK 

3  pei'  razza  dorata  ;  la  veste,  d  rde, 

li  rum  iscelli  d'olivo;  le  persona  era  drap" 

K8?  e  se  cede  tenere  al  da  un  manto 

d'oro.  Era  la  dea  Paflade,  che, 
■      et  sonora,  declamò  la  sua  pj  inita 

la  quale,  risii .  lo  trombe  e  i  pifferi  :  la  tenda  > 

izò  un  gruppo  maestoso.  Un  grai 
d"  armature  e  trofei,  ch'era 
due  elefanti,  e  i  due  elefanti  dà  duo  giganti  ar- 
gambe  e  braccia  nudo    L*  origine  dei  gi- 
rivclatn  da   una    '''dola    della  te  del  15 

tnne  di  i 
nzuole  vecchie  consegnate  al  Paganino  pei  (ai 
doe  ^ijsraoti,  e  una  soma  di  le  seean 

).  Nò  dissimile  quella  degli 

«Mai .  amo  in  seguito,  ma  molto  pio  lardij  com- 

fahr  lauti  vivi  ! — Sul  carro  era  la 

no  (■■  statuì .  che  avi 
Wa  l'altro,  due  grandi  e  hello  ali  d'oro  con  molti  <■ 
e  lingue  dipinte  tra  le  penne.  Queste  ali 

'I  II  tìa.'  Raron*  ci  «I*  il  modo  di  fare  questa  scovarla.  I.  0.  p.  l'i.  — 
I  Barlumi'  ido  d'  una  rapprwoulaziow»   fall*  faro  il 

*"$*,  doro  e  era  un  uomo  «wlvagKÌo  cho  lottava  con  un  leone,  don 
mU-j  t—Lu  Vietila  del  Rimase  munto,  irmi,  it  Firenze  1876.  II,  t'.tt). 
oa  mi  jure  che  auLia  luuffo.  Era  di  «tracci,  di  lufuo.  ecc. 


nella  -uà  lunga  declamazione,  che  fu  in  I 
ne. Poi, coi  medesimo  sono  de  trombette  1 1  cor** 

ro  diede  colta  et  con  lem  hauti 

il  'di'  archo,  oml .  era  uscito.  Al  carro 

Apollo,  molto  leggiadramente  vestito,  capelli  biondi,  lungi 
corona  d' alloro  in  testa.  Dopo  aver  parlati 

mando  sulla  viola,  certi  versi  in  lode 
ria  dei  Re  di  Castiglia.  Rientrato   Apollo,  usci  fuori 
a  suou  di  tamburino  il  matto,  danzando  ;   usci  anc 
Principe  d'AIIamura  con  quattro  sci  creati,  vestiti  «li 
calo,  con  le  facce  indorate,  ero  varie  ma 

balli»  Alla  line,  venne  una  do  ella  francesi 

gonna  verde,  con  un  canestro  in  capo  pieno  di  frutta,  e 

asse  un  gran  comò  dflU'abbonrianEa.  Giunta  in  tm 
dolla  sala,  disse  alcuna  parole  in  castigliano,  e  a  un  puoi 

■  I  iDa  persona  sua  et  dal  corno  et  dal 
scappai  :  ii»  magior  i  del  mond 

talché  de  foco  et  de  fumo  tutta  fu  coperta')  o.  Co 
la  festa. 

Le  altre  piccola  composizioni  «li  questo  genere 
iia/;ù.  egualm  ita  te.  C'è  quella  di  ■- 

I"  Ambasceria    del  Boldanc  la  -jjer  lo    h 

a  una  ion  si  sa  quale  sia  . 

cuna,  certo,  delle  grandi  signóre  napoletane  del  tempo) 9», 
nella  quei  gè  che  il  sultano  abbia  mandato  un  m 

l'in  sa  l'italiano,  a  presentarle  dei  doni  si 

il  su.,  amore  ;  parla  un  interpetre,  che  poi 

le  lagrime;  li  partir  odor 

"i  Tormct,  St  ci».  pag.  267-71.  Teato  Eo  npp«md,    117- ir. 
*t*to  notalo  che,  tra  i  titoli  dallo  farse  del  Cara' 
•lieo  coA:  Parsa  compasta  et  n  Pirro  Intornio  C  tt  co- 

■  itrisima  PrindpeMa  d*  Bisignana  htseni*<  >n  f*-<. 
uno    lun'unumno.   Cb«    è   proprio   In   atmso    di   questa    ilei    Sannazaro. 
Che  U  •inula  tosso  la  Principessa  di  Hiiipiutno? 


—  17  — 

che,  se  li  brucia,  le  daranno  imagine  di  come  si  consuma 
la  sua  anima;  la  polve  di  Cipro,  che  simboleggia  a  che 
s'è  ridotto  il  suo  cuore,  bruciando  d'amore;  e,  alla  pre- 
sunta risposta  della  dama,  si  replica  : 

Questo  vostre  parole 

Rare  et  al  monde  sole,  alma  mia  Diva, 

Seran  cagion  che  viva  il  signor  mio  :  .  .  . 

Ce  n'  è  un'altra  di  Venere,  che  cerca  il  figliuolo  perduto, 
e  eh'  è  preceduta  da  un  prologo,  dove  si  raccomanda  di 
star  quieti  ed  attenti  : 

A.  chi  non  piace  udir  tali  follie 
Napoli  ha  tante  vie  da  passeggiare 
Che  potrà  soddisfare  al  suo  appetito! 

E  quell'  altra,  eh'  è  una  specie  di  contrasto  o  parallelo 
tra  la  giocane  e  la  vecchia,  che  finisce  con  una  delle  solite 
raccomandazioni  del  Carpe  diem  !  La  vecchia,  dopo  aver 
descritto  il  bel  tempo  passato,  —  Ora,  dice, 

Ed  or,  figlie  mie  care,  intorno  al  foco 
Sola  mi  parlo,  e  gioco  con  la  gatta. 

E  quella  dei  dodici  giovani  fattisi  eremiti ,  dopo  aver 
fattamente  cercato  l' amore  d'una  donna,  che  poi ,  dopo 
roohi  anni,  ritrovano  mutata,  il  bel  viso  disfatto  ,  sicché 
quello  dei  dodici,  che  parla,  finisce  col  consiglio  : 

Donne,  non  siate  ingrate  ai  vostri  amanti  l). 

')  Tornea.  St.  cit.  266-278 ,  e  anche  //  teatro  italiano  ecc.  323-6; 
ebe  le  geoverso  e  ne  dette  pel  primo  degli  estratti  e  alcuna  pubblicò  in- 
tegralmente. 

2 


—  18  — 

Nelle  /  idi  del  Lcostcllo  si  leggi  1  27 

•re  1488  i  paiolo  con  lo  S.  U.  andoro  (iole 

il  r»in:i  di  Calabria  e  il  Ro)  a  la  S.  Regina  et  lì  se  di 
et  fecciKso./"  Ceste  ».  E  sotto  il  21  agosto  1480,  : 

landosi  di  una  conv;  b  del  Duca  da  una 

lattili,  BJ  diesa  ohe  quel  giorno  vennero  a  vederlo  in   Ca- 
imano il  Re  e  la  Regina:  ««  Et  coserò  vennero  i 
farse,  fra  le  quali  fu  Jacobo  Seruuaro  et  Ce* 
ciò  lo  I.  S.  prese  grande  re< 

luglio  1490,  pel  matrimonio  del  figlio  del  Duca  d'Amalfi 
con  la  Hgtia  del  in  Prìncipe  Errico:  «  F.t  Imitala  ine 

tael  Iriumpho  grande,  ut  mot  iQortun. 

Post  liaec  se  ne  andor.)  con  la  cita  a  la  casa  de)  cito  et 

uni  et  fu  Gaeta  festa  ot  grande  con  danze  et 
et  farse  »  '). 

Queste  recito  bronofor  tlta,  delle  BoliteaUeg 

morali,  clic  abbiamo  visto,  ma,  tal  altra,  jm dettero  essere 
qualcosa  di  più  w  i  i   reala  È  difficile,  i  apio,  clic 

le  farse,  introdotte  innanzi  ad  Alfonso  conval 

i  di  quegli  -nciia.-. .li  pomposi  e  vuoti,  buoni  per  ce 
lebrare  una  resta,  non  ;  are  un  infermo. Del 

è  noto  che  la  piccola  commedia  rea]  be  neOa 

aragonese  il  suo  poeta,  che  fu  1'  cioh 

Poeta,  che  Don  nacque  come  un  fungo,  ma  che  pi 
•  coltivare,  a  tollerare  un  generi 
-so  il  popolo.  Le  farse  cavatole,  che  hanno  tam 
nenza  co»  quelle  del  Caracciolo,  e  che  sono  un  geo* 
popolare,  fiorirono  appunto  Intorno  a  quel  tempi 
i  ino  nei  paeselli ,  in  occasione  del 

»)  Effemeridi  dt  Io.  Pietro  LeottoHo  in  Dixwn.  per  la  si.  Carte  e  Ti 
Austrie.  (Naji.  1883)  P     |  untiti*.*! 

vece  partito.  La  correrie-nò  umbra  op|iorlutui ,  bonetti*  dovvoro  ci 
in  quel  tempo  un  Cavalitr  periteo,  vertegglalore.  Cfr.  Qiorn.  star. 
,tal.  VII.  (21-12,  Vili.  322 


—  19  — 

ino  della  stessa  famiglia  di  quelle  del 

Cara<  »,  pur  troppo,  ci  riuiau- 

solo  pochi  frammenti  e  varii  (itoli.  E  i  titoli  ci  di- 

I  :  i  innanzi 

«Ferrante  duca  ili  Calabria;  dunque  [494  e  95; 

di  un'altra  fa  alla  Principessa  di  BJsiguaao, 

*cc  ecc.  i  .  sposi  vecchi,  notai,  preti,  mercatanti , 

Ulani,  cavaiuoli,  spagnuoli,  ne  era 

lita  «lue 

iio  e  uno  femmina;  quattro    villani, 

•  ijunli  acconciar)  mogliere  con  altri  »,  e  simili, 

ae  ci.  mi.   Il  verso,  il  endecasillabo  col 

rioialmezzi  •  :  la  lingua,  un  dialetto  lo  *). — 

lo,    del  oro  e  del  suo  tempo  6 

i  buona  fortu  e  stata  conser- 

la  biblioteca  Riccardian&  L'aziou 
tanzi  a  Afesaer  bagl 
conta  che   ha  sposata  la  figliuola  a  un  giovane 
che  (lasciamolo  «lire  al  poveri    |  adi 

la  pi  ima  sera 
Per  si  fatta  man  sua  gran  doglia, 

Se  li  intorzao  la  coglia  o  lu  stentino, 
mai  pio  lo  lapin  •  \><<\ 

•  sar  con 

i<«  ars*  popolai  I  recenti-  oji.  iti 

•ibria  «  Sicilia  Nicastro  1S88  png.  KO  e  aeg.  — 

V:  quanto  generi'  ili  farse  dovrebbe  richiamare  fattaudooo  degli 

letteraria.  Un  accenno  alla    ouncesione  tra  quoti  ge- 

■n  napoletani  «•  i  MD 

'  v  .  A  VI  (Firenxo  1882)  I.  306  e  ueg.  —  Cfr. 
qui   Un-  1887  >  li .  321.  —  Il  D'Ancona  p  i 

in:  «  debbono  ricongiungerai  per  messo  dai  Mimi  od  Istrioni  del  medio 
•oifftntica  compia  jiaiica»  (0.  e.  II,  115).  lì  laicato  e  anche  il  mio 

'»  Tornea,  in  Si.  cit.  pagg.  65-81. 


—  20  — 

La  figliuola  non  ne  è  contenta,  e  vuole  che  le 
io  maritai  figli  invoca  provvedimenti,  il  marito,  D 
mia  come  sodo  andate  la  cose.  A  tavola  fece, 
sitimi  con  la  moglie,  i-,  'Mimiti  in  ramerà,  si  presero 
la  pugna  et  a  captile.  Conseguenza,  che  toccò  uni 

aveva  ridotto  fa  quello  staio  J  il  baglìoo  dice  eli 
penserà  si  rimedio,  che  conosce  ne  mastro 

Chel  più  porta  ito  e  fino  in  tal  mestiere 


che  poti  lo.   V 

t  dice  il  suo  [»;n 


sulla  sco 
e;  !• 
i;  Bscono   bene,  e  il  baglivo  fa 


fochi 


mano  ai   rtmediL 
re  la  otta'. 

Fatela  venire  ,  ohe  &' aspetta  , 

La  cosa  i  venuta  netta  in  sanante. 
Poiché  site  ordinato  con  firmare, 
Bacitele  basOU  inzucarAte  *)• 

Qualche  cosa  di  simile  s'  era  pensalo  anche  elio  (o> 

Sannazaro;  ma  questi,  dopo  tanl 
girar  e  ri  scoperto  finalmente  che  non  son  i 

drammatiche  »),  11  che  non  vuol  d  U  Sannazaro  n 

')  Ood.  Tartareo  in  fol.  Riocardiano.  Scg.  2752,  fot.  81-4.  —  È  lo  « 
«lei  quale  ai  seni  il  Torracs  pel  suo  (studio  sui  rimatori  napoletani  d 
•ecolo  dfiri-nc>tjiiiiit.>.  Qir.   Discussioni  e  ricerche  l>rttcntric.  (I Aroma  1 
p.  12 1-102. 

*)  Torrai».  Li  gliommeri  di  I.  Sannazaro  in  Qiom.  ti.  Utt.  it.  IV. 
200  0  Mg.  ;  fl  poi  uni»  conferma  nella  Nuota  Antol.  Ili  Suri*  Voi.  XVII 
(1688) ,  Pag.  505-66.  —  Como  nuova  prova  dol  «Mito  lato  dalla 
gliommcro  ,  ecco  un  brano  del  vocabolario  del  Luna  ,  cornati, 
dall' ugr.  Dott-  Poreopo:  «  Non  loro  vo  più  diro,  ai  non  ronchiudc: 
con  un  molto  Regio  Imperialo  detto  aliti  TodcHcada  Sua  Maestà,  q 
quella  intese  quid  gliommarv,  l'avara  Babilonia  ha  colmo  il  sacco,  di 
tó  narrust,  daB  aar  nar  ver,  nar  ver  tlitnar,  fu  interpelrato  che  suona 
cosi;  che,  Bel  pazzo  sapesse,  chel  pawo  fosse  el  poso,  non  sarebbe  pauu 


—  21  - 

lonesse,  per  avi.  irammntiehe  sul  ge- 

indicata;  solo,  fob  ra,  non  so  ne  con: 

studiosi  di   storia  lotto- 

nuria  un  importante  Ioli'  Antoniua   del  Pontano, 

Sulta  fine   del  dialogo  ,  uno  degli  interlocutori  b'  inter- 

lando  a  uno  B]  ettacolo  Improwi- 

Ma   di   grazia,   onon   m'ingannano  gli 
drit  Glie  pompa  è  inai  questa  1  Dio  buono  ,   «  ho 

ata  '    Ed  ecco   un  altro   uso  ,  che  e"  ó 
i  ia  '».  M  40 

tant».  ie  :à  costumi  della  oostra  i  il  é  qua- 

poeta ,  che  trae  seco  tanta  gonio  masche- 
rai» I  Eo  i  un  palco  o  mettono  inton  se- 

li  i    I'  udienza.  ()   I  mo    Antoni"  .    \i 

orai  dove  il  tuo   riso,  dova  quel  tuo  spirito 

arguto?   Il   poeta   sale  sul    palco;   ì;Iì  ascoltatori 

ina  il  tro  aurlo  chi 

itemi  me  basti  l'aver  foli  i  nella  mia  glo- 

u.  A  qu  i   bisogna   pigliar    modi  più  gravi.  - 

E  ta  via,  e  segue  un  capriccioso   r  to  latino  di 

■  ni.    Parln    primo  un  ER 
i    buffonesco  ,  con   molti 
tteiiicute  <la  una  scena  reale.  «  State 
*ió  il  silenzio  non  sia   rotto   dagli  applausi 

i  le  mani,   coi    piedi    (  Ili  applaudirà,   avrà 
fa  bei  no  tutti,  perchè  tutti   hanno 

«le:  bere  anche  prima.  Beco  il  bar 

il  bicchie  i  iuol  i.  Badate  di  non  ubbria- 

uno.  Date  a  I  |  ioli"  che 

►so    lo  dice 


■  boc  quoq  a  Cisalpina  Galli*  aliatimi  • 


—  22  — 

il  naso  lungo,  prominente,  rosso,  bitorzoluto,  »   E, 

fatto  l' argomento  : 

Heus  tu,  qui  dester  assides,  subrigito 

Oculos  ac  mentulum  ;  quid  spectas  humum  ? 

Paulatim,  sic  ut  video,  somnum   provocas. 

Ridetis.  Dixi  mentulum,  non  mentulam. 

Nec  est  peccatum  :  a  mento,  non  menta,  editum  est 

Vocabulum 

Si  noti  1'  equivoco.  Indi  il  poeta  narra  a  lungo  la  guerra 
spagnuola  tra  Sertorio  e  Pompeo  ,  e  1'  histrio  fa  da  in- 
termezzo buffo  nei  riposi  1).  —  Qual  divertimento  popo- 
lare si  deve  riconoscere  sotto  il  velame  delle  classiche 
frasi  del  Pontano  1 

Nelle  rappresentazioni  della  corte  aragonese  la  musica 
aveva  una  gran  parte.  I  musici,  che  erano  allora  a  Na- 
poli ,  aspettano  ancora  un  illustratore.  Nomi  di  cantori , 
di  sonatori  d'  organo,  di  flauto ,  ecc.  ricorrono  con  fre- 
quenza nelle  cedole  già  più  volte  citate.  s)  Tra  i  musici, 
erano  Guglielmo  Guarnerio,  Bernardo  Ycart,  e,  con  gli  altri 
fiamminghi ,  il  famoso  Giovanni  Tinctor ,  che  stampò  -a 
Napoli  il  1474  il  suo  Diffinitorium  musicae,  dedicandolo 
a  Beatrice  d'  Aragona.  Al  Tinctor  dava  incarico  Ferrante 
il  1487  di  raccogliere  «  ultra  monte  in  Pranza  et  in  qua- 
lunque altra  regione  paese  et  loco  li  parerà  »  cantori  «  per 
lo  servitio  del  culto  divino  in  la  nostra  cappella.  »  3) 

')  J.  l'ontani,  Opera  omnia  soluta  oratione  consc.  (Venezia  1518-9)  II, 
fol.  91-101. 

z)  Minieri-Riccio.  Alcuni  fatti  ecc.  Barone.  Cedole  della  tesoreria. 
(A.  S.  N.  Voi.  VI,  IX,  X.  passim). 

3)  Fiorirne-.  La  scuola  musicale  di  Napoli  (Nap.  1881)  1. 26-7  —  Un  Gu- 
glielmo Fiamengo  era  alla  Corte  del  Conte-  di  Potenza,  e  da  esso  imparò 
musica  Serafino  Aquilano.  (Vita  preposta  all'  Opera  dello  elegantissimo 
Seraphino  ecc.  Venezia  1556). 


—  23  - 

Più  frequenti   ancora  ricorrono  nomi  di  buffoni,  quei 

io  pigliavano  -lei  tem- 

Qiovao  Scocolaoerol 

«yova  15  ducati   al  mese  -li  stipendio,  efè  il  a  >  il 

,  il  Bacca,  Pietra  Sorano,  Castellana 

Ho  .    Ang{  lustro,  L*  >,    |uasi 

Ufi  buffoni  del  Duca  <li  Calabria?  Paolella  buffone  (lolla 

Rcgii  del  Re  Federico  »)•  — 

erano  epe    i     n  Ito  lo    pregevole 

artisti  drammatrici.  Cosi ,  n 

q  un  Zaffarono  Bono 
del  Duca  >li  Mai  l  >ra  questo  Zaf- 

o  nome  era  Ercole  Albergati,  fu  un  at- 
tore, i  inTenti  ve  d'  a 
ixgiù   teatrali ,  elio  stette  al  servizio    'li  vario  e 

i.'lle  ultime  di  quelle  i  !  ie  non  erano  «  nequè 

'joidi  -aedam  i  ad 

fatte  innanzi  a  Re  Ferrante 
le  lo  imagico  di  P.  k.  Caracciolo.  Il  Caracca 
igo  o  imagico.  Si  presentò  togato  ,  con 
■a  e  barin  antiqua,  <on  molta  gravità, accompagni 
Ai  quattro  discepoli  bianco  vestiti,  Uno  p  un  ramo 

T  arte  magica,  un  terso  un  vaso 
-uso ,    il  quarto  un   coltello 
i.   Il  mag  :   [<rima  la  sua  arie  :  poi  l'i 

li    -  .  i  uno 


'J  tatare.  CM  1,107.121  ftt9,6ft&— X.  30. 

124,  623. 

Lui   il  D'Ancona   //  teatro  ntantomno  nel  «w.  X  \'l 

la  Inilb  d  ■■■ohi  chiama  una  rap- 

••■luioiic  £atta    a  Moina  i!   I5»M  innanzi  al  Papa.  Diarìum.   (Paris 


—  24  — 

e  l'altro  fecero,  in  contrasto,  professione  della  loro  filoso- 
fia. Catone  il  censore  li  giudicò  entrambi: 

Virtù  non  se  ritrova  con  vivande, 

Né  men  con  acque  e  ghiande  lei  s'  acquista. 

E,  facendo  fretta  Caronte  per  ricondurle,  le  anime  an- 
darono via,  e  il  mago  conchiuse  con  le  lodi  e  gli  augurii 
a  Ferrante  : 

Io  voglio  qui  finire,  e  poi  basarte 

Tua  sacra  mano  prima  che  me  parte  1). 

Per  V  incoronazione  di  Alfonso  II,  pel  matrimonio  di  San- 
cia d'Aragona,  per  l'  acclamazione  di  Ferrante  II,  si  trovano 
notizie  dei  soliti  triumfi  e  feste  a  mano  ;  ma  nessuna 
'recita.  —  Il  23  febbraio  1495  Carlo  VIII  entrava  in  Napoli, 
e  la  città  gli  si  rendeva  tutta,  tranne  i  castelli,  che  si  sot- 
tomisero man  mano,  prima  la  Torre  di  S.  Vincenzo,  poi 
il  Castelnuovo,  poi  il  Castel  dell'  Uovo.  In  Castel  dell'Uovo, 
il  15  marzo,  si  fece,  innanzi  al  Re,  dai  Francesi  del  suo 
seguito  una  rappresentazione,  tragedia  o  commedia  che 
si  volesse  dire,  dove  si  vedevano  il  Papa,  il  Re  di  Spa- 
gna, F  lmperator  dei  Romani,  che  facevano  lega  tra  loro, 
il  tutto  collusone  et,  more  gallico,  derisorie  2).  La  lega 
si  formava  difatti  e  se  ne  videro  presto  le  conseguenze. 
Ma  il  primo  pensiero  di  Carlo  Vili  e  dei  suoi  Francesi 
fu,  naturalmente,  di  farci  sopra  una  commedia:  more 
gallico  ! 

Del  tempo,  che  fu   Re  Federico  d'  Aragona,  s'  ha  una 
farsa   di   un  Giosuè   Capasso  ,  recitata  «  per  epso  dc- 

')  Torraca,  St.  p.  279-184.  Il  testo  per  intero  in  app.  p.  429-444. 
*)  Joannis  Burchardi  Diarium.  sub  15  marzo  1495.  (Paris  1884)  II,  246. 


-  25  — 

mite  la  ina  disputa  tra   il  /. 

ed  il  Afale,  venuti  ini  .  peri  he  sia  giudico 

indo  «<  diftcrentin.  »  Il  Male  a  die  le 

•  e  causa  d' ogn 
ii.  Il  Bene  -'  op] 
empii,  e  poi  taglia  la  questione,  eome  si  lai 

lare  .-ili'-  tra- 

ir  Federico  : 

Che  col  d<  unato  tuo  parlare 

Vogli  sententiare  et  dar  Victoria . 
Facendo  degno  me  de  tanta  gloria! 

latte  inn  un  principe 

e  senza  titolo  ,  clic    fu 

i  r  la  beli:    g  i   iltii  Beatrice   d'Ar  luce 

1  noi  infelici  matrimonii  d'Ungheria  a 

h  l)    l'u  mosso  del  Gran  Dio  ili.-  Ito  Cbn- 

ndo  !e  virtù  di  Beatrice,    le   manda    irò 

no    leggiero  •<  il  sentieri»    .lell'-' 
orte  sono  la  Belli  wo,  V Onestà  e  Apollo, 
he  forme   della  Principessa. 
ilmente  offre  una  ghir- 

IwhL  E  finisco  con  un  r 

•  ìli.  : 

'ecto  ut  ben  cant 
Ti  vaino  dmiinislraro  '|uuntu  sia 
ivo  l'harmonia  <'  A  riserbata, 
he  da  terra  ul  ciel  sarai  volata*). 


I  L%cmmi<  mono  in  N:i|bj1ì  con  now  •-,ìi •:•  I 

l    gran   trionfo  M  sta  valuta  maritata  ut  non  vitina  ».  Diario 
Siimi,  (Coli    Pdlioei»)  Gfi  Vapolt  di  no- 

r  qn-*ta  forw»  cfr.  Torraca  St.  yug.  288-295.  — 

Contr  bjet»  fatta  in  timi/ 1    :i 


—  ge- 
li. 
Ai  principii  del  Secolo  X  VI 

Durava  ancora  la  lotta  tra  Ferdinando  il  Cattolico  e 
Luigi  XII,  la  lotta  che  produsse  il  vicercgno,  quando  fu 
recitata,  forse  innanzi  al  Gran  Capitano ,  una  Comoedia 
politica,  del  Morlino ,  ch'è  rimasta  quasi  ignota  1).  Esce 
il  Prologo,  che  dice  :  «  Perché  mi  guardate  curiosi  ?  Vo- 
lete sapere  che  cosa  io  vi  porti  ? 

Comoediam  non  fero  mine,  neque  tragoediam  : 
Haec  ,  quod  luctificat  aures  audientibus, 
Illam,  quod  Plauti  post  coenam  spectabitis. 

Non  è  una  commedia,  perchè,  di  commedie,  ne  avrete 
una  di  Plauto,  dopo  il  pranzo.  Io  vi  porto  qualche  cosa 
di  nuovo  : 

Fabellam  dabimus,  modo  praecipitem  e  nidulo, 

Humo  quae  serpit,  alis  malo  volantibus. 

Cu  ras  ducere  ex  animo  atque  formidines 

Iubet  grez  noster  et  nitor  basilicus  2). 

Beatrice  d"  Aragona  aia  posteriore  al  1501  e  non  del  tempo  del  primo 
matrimonio  di  Beatrice,  cioè  del  1476.  È  già  un  argomento  il  trovarsi 
ultima  in  un  ma.  tra  tutte  farse  dell'  ultimo  periodo.  Ma  poi  non  mi  pare 
che  «  il  sentiero  dell'  altra  vita  »  sia  un'allusione  al  nuovo  stato,  al  quale 
passa  Beatrice,  cioè  al  suo  matrimonio.  Il  verso:  Poiché  da  terra  al  del 
sarai  volata,  spiega  che  si  tratta  di  ciò  che  si  dice  anche  pellegrinaggio 
della  vita.  Che  si  lodi  la  bellezza  di  Beatrice,  quando  avrebbe  avuto  già 
quarantaquattro  anni;  che  il  tempo  del  suo  ritorno  non  era  tempo  di 
farse  ;  sono  obiezioni,  alle  quali,  se  non  sbaglio,  è  facile  trovar  risposta. 

')  Hier.  Morlini  Partenopei.  Novellae,  Fabulae,  Comoedia.  Edilio  tertia. 
Lutotiae  Parisiorum.  Ap.  P.  Iannet,  Bibliopolam.  MDCCGLV.  Pagg. 
205-229. 

*)  L'od.  francese  nota  :  €  11  paralt  que  la  cour  de  Ferdinand  devait 
assister  à  la  représentation  de  cette  bouflbnnerie  ». 


—  27  — 

Orestes ,  eh' è  Luigi  XII,  piange  e  si  lamenta.  Il  suo 
amico  Ponticus  gliene  domanda  la  causa.  Dopo  lunghe 
querele  : 

Insignis  matrona,  potens,  generosa,  decora, 
Imperiis  addicta  meis , 

ora  m'  ha  abbandonato  !  —  Ne  troverai  un'  altra ,   ri- 
sponde Ponticus  —  Come  se  ne  può  trovare  una  simile  ! 

Unde  sit  utilitas,  unde  oblectatio  tanta, 

Unde  honor,  unde  decus,  facili  sudore  paratura  ! 

Ed  ecco  viene  la  stessa  matrona,  Leucasia  (Napoli): 
Quam  juvat  op tatara  post  bella  subire  quietem  ! 

Orestes  cerca  invano  di  riguadagnarsela  : 

Miserabilis,  audes, 
Hinc  toties  depulsus,  adhuc  consistere  coram  ! 

Interviene  Protesilaus  (  Ferdinando  ) ,  e  contende  col 
rivale.  Venere  afferma  che  il  connubio  di  Leucasia  e 
Protesilao  è  indissolubile.  Costui  soccorrono  anche  gli 
altri  Dei,  Pallade ,  Marte ,  Mercurio.  Orestes  è  cacciato. 
Ma  peggio  lo  aspetta.  Protesilaus  : 

Frondibus  exorna  thalamum  ;  genialis  agatur 
Noxque  diesque  volo. 

rogate 
Felicem  eventura  belli,  dum,  jussa  capessens 
Numinis,  infames  paro  debellare  cateroas  !  — 

11  volgo  si  divertiva,  intanto,  sulle  piazze  e  in  tempo  di 
Carnevale,  con  quelle  farse,  che,  dalla  produzione  loro  più 


—  28  — 

caratteristica  »  si  dissero  farse  <  .  Già  s" 

se  hanno  eoli  quelle  del  Ca- 
racciolo. Del  i  il  sol  framinenl  ».  ohe  avanzi,  d'uni 
farsa  del  Cs  i,  i  ontìflDi  L514  '). 

farse  cavatole  erano  una  produzione   paesani 
materia   loro  principale  la  dava  quell'istinto,  ci 

ti  di  un  luogo,  di  far  la  gì*  la  satini 

(e  spesso  anche  con  altro!)  agh' abitanti  dei  luoghi  ricini 
Talvolta  vari!  passetti  ■   '«no  tra  loro,  e  scelgono 

una  vittima  comune.  In  quel  tempo,  la  vittima  erano  i 
vasi  o  cavatoli.  Indagare  le  qualità  loro,  che  deM 
i  questa  persecuzione,  sarebbe  lung  >.  ••  La 

e  della  Cava  —  die*  rittore  del  cil 

ilo*— è  di  .si  grossa  pasta  ohe  un  Carnasciale 
o  Qiiare  non  hacw 

oelte  Canoe  (per  dirle  ani 

'jll  Stp.  i'.  Signoralli (Fi omo*  pari 

■li  una  Farsa  dn  ti  mattart  di   Voli  diuii  :  lo,  contenuta  iu  un  in».  ofajg 
posseduto  «io  Carlo  Ligul  Principe  di  Copoaple,  Po»  buona  (orto 
«i  il'  altro  posalo  traHiw  00]  I  (Mita 

ora   ii  11  •  1 1 j ìi ri i    d«l  eh.  B.  Captmo,  che  mi  ha  permeano    li   I 
L'Orlando  dina  in  una  nota  eba  «  il  carattere  dal  io*,  era  della  fin»  i 
XV  o  più  probabiliucuto  dui  principio  dui  XVI 

recente  v'era  notato  Mi.  ani  '  RM  vi  è  una  tradizione j 

questo  fuasfl  lo  gliommero  del  nostro  Sannazaro  »  I  — La  coaidettu  fa 
■  ii  quel  misterioso  Vola  in  otta 

i. ■  .mi;, ni.  i  ni  l'altro  i    (ore  impegna  OC 

M  ehi    i  i-uai  domestici.  Corni" 

.rame  va  la  carestia! 
ÌM  einula  non  nco  fauno  nommenare; 
Mono  Antuoue  co  la  ttUaWln, 
■  ■ 

Me -i  fantasia 

uit-  da  la 
Choeto  moatioro  so  ohe  non  ino  falli- 
Ire  ad  pescare  o  Tennero  tarnlh.%  ecc. 


—  29  — 

idie  (parlando  all'antica)  a  ali» 
impero  che  ò  cresciuta   lauto   ter 
.  piacer  non  solo  qui  In  Napoli,  ma 

I  Re  nasi  per  tutta  Italia,  le  i  chi 

ea  un  personaggio  che  rap- 

i    di   questi   do  la   ('uva.    Ii.ui   sapo*  di    P8H- 

cido  »  ').  —  La  voga  ne  fu  grande  al  principia  g  ael  a 
secolo  XVI.   Brano  ;  rttmento  essenzialmente 

ion  improvvisato,  certo  informe,  dialetti 
gl'innominati  coi 
resta,  |  una  idea  approssimativa,  se 

di  Vincenzo  Br;u:;t.  i  giu- 

:  il  finire  dui  cinqu  e  il  prìn- 

djiio  del  seicento,  s'occupò  noli'  inventar  del  suo,  e  nel 

detto  gli  altri ,  contro  ; 
Duo  i  dici,  dei  quali  uno  autografo,  iservano 

•li  lui  :dla  Bibli  izionale  ?).  —  LI  e'  6  la  farsa  de  lo 


II.  Pino,    it   -irti  TorracA  Stuàu  eit..  p.  0l-*2.  Il  Torraca  è  stato 
fri»»  a  trattar  di  proposito  doli  e  farse  cavaiolo. 

il   uis.  non  autografo,  avendo  avuto 
«flJJTfl  Unii  io. —  Sul   Codia  non  autografo  (XI\    l      15) 

«  1*3*:  Si  nati'  o  tursum  «ce.  I 

—  Il   Braca  parla  »|H«no  nelle  silo  u   il  - 

fi  aitatati  .<  i  Cavea!    «Ila  Min   vita.  Sul    oodioa    autografo 

(K.  P.  47)  ti  legge:  «  Originai   opi  .<.<r  Vineouso  Braca,  8 

•dtaa.  mio  earitaiino  aratro ,  «juaN-  mori  in  mia  eaae.  ammazzato  . 
a  ricogli  nella  «uà  «auto  gloria,  conio  spero,  MM  I  •  atolu-nmente, 

«rmpt-f    •  iji.'.-lln  ilio  lo  aveva  nniuiartato,  et  ordinò  elio  non 
»  qawvlaaw»  >.  —  Nella  Drammaturgia  dell'  Allacci  (1."  od.  Roma,  I 
■'indice  dei  drainuii  inediti,  si  nolano  alcuni  dal  Brad,  ih-    « 

eaao    I'    Camillo  Todi  no  .  I mo  ululi.    .!<•! 

«la  di  Napoli  «ingoiare,  e  molti  altri  simili  appi-caso  Francesco  Mar- 
i  »  Regio  o  Reguutc  di  Cancelleria  in  Napoli  *  —  P.  fl 
-ouo  ■loeuwenlo    importuni.'    dal      ialottO  •    i 
par  la  bittarra  figura  ilei  loro  autore,  meriterebbero  un 
•tuilio. 


—  30  — 

tro  de  scola,  dov'  &  re]  ;  li"  m  b 

cacaiola  ,  eli' ò  restata  proverbiale.  Il  maestro  ò  Cn 
gli  scolali  Ciardullo,  il  Barmades,  Ran 

i!<> ,  '  co,  Due  sa  no  .•ili*:  mani  Ics 

loro;  un  altra  dice  la  lesione  a  modo  su  altra  non 

la  sa  affatto,  e  il  rimostro  grida:  Para  a  mano'  Se  non 
cho  Giandiseo,  ricevute  le  spalmate,  rinfaccia  al  maestro: 

E  non  le  portili  un  canistO  de  l    u'iole, 

cho  la  iu.«  baiata  verolè  '),  e  mo'  me  vattet 

Un  altro  adduce  pei  su  notareschi  la  sco* 

i:   ca  o  Donai  ri  errore  !  Altri  duo 

giungono  in  ritardo,  e         ovre  i  he  l'uno  ha  dato  a  mt 
■la  all'altro  por  far- i  testùnoniare  in  favore.  Poi 

maestro  fa  la  lezione  sul  secondo  <l<  II' Km'ide;  e  figurarsi 
ohe  gli  esce  di  bocca!  Tutti  gli  scolari  gridano:  Feria] 
e  ranno  vi;;,  q<       enssa  ohe  prima  >i  pov« 

abbia   raccomandato    l"io  a  mesata   *,».  In    un'altra.   L'i 
maestra,  la  scena  è  una  scuola  d'ago,  ricamo,  ecc.  Primr 
che  giunga  la  maestra,  si  assiste  ai  discorsi ,  allo  confi- 
denze delle  scolare  ira  loro,  de  domestiche, 
retti,  lamenti  e  critiche  contro  la  maestra   >.  Viene  Madami 

')  Kegivt?  debbono  *»**■>  .«no  lo  uà 

aiTùK(o  o  /miriate,  clic  *i  voglmmi  -lir.-. 
*)  Fu   pubbl.   inlogialint'Uto   dal    Tonaca.  //  teatri/  italiana  eoo. 

KM, 

*)  Nella  redazione  dol  Brace  si  fa  «liru  e  una  di  caso  di  avi 
ilo  VrachetU  (Yìne.  Univa)   Al  cho  un'altra 
Za'  i  tu  nuli  lusso  nata:  no  vacnuloue. 
Studiata.!  paBWntooa  ;  menxotftiaro. 
Che  de  uialitia  nou  Lui  paro,  hai  (mosto  iicoro  '. 
i  Ila  : 

rV  imiw,  eh'  ù  dottore,  oo  l'hagio  amato. 
R  F  altra  : 

E  ne  houi  Mito  fi  da  i  caai, 

E  dal  Salernitani  a  daJ  Cmuoti. 


—  31  — 

Cor  abella  e  le  dispone  al  lavoro.  Ma  ecco  che  a  una  se 
imbroglia  o  tommariello  ;  un'  altra  non  riesce  a  infilar 
l'ago;  una  terza,  rimproverata  per  una  reticella  mal  fatta, 
risponde  a  improperii,  che  la  maestra  non  capisce  e  le 
compagne  si  danno  l' incarico  di  spiegarle.  Un  momento 
di  calma,  e  le  scolare  lavorano,  cantando.  Sono  canti  po- 
polari, come  : 

0  vedoella,  vedoella  de  Santo  Nastaso, 

Votate  ca  te  vaso; 

0  amara  me,  o  amara  te, 

Chi  m'  ha  levato  maritomo  a  me  ? 

oppure: 

0  Ianculillo,  menarne  no  milo  ! 

oppure: 

Parzonarella  mia,  parzonarella, 

Damme  doje  fico  e  quattro  prime  tregne, 

Castagne,  nuce  e  pigne, 

Ca  eo  so  'a  figlia  de  Nanna  Sabella. 

Ma  la  calma  non  è  dei  cavaioli.  Le  marenne,  che  non 
si  trovano,  danno  subito  origine  a  un'  altra  baruffa.  So- 
pravviene il  marito  d'  una  delle  scolare  ad  accusare  alla 
maestra  la  moglie  pei  suoi  portamenti  in  casa:  incidente 
ridicolissimo.  Finalmente,  in  un  ultimo  subbuglio,  le  sco- 
lare finiscono  col  rovesciare  a  terra  Madama  Carabella. 
—  Un'  altra  (  Sautabanco  )  rappresenta  un  ciarlatano 
cavatolo  in  piazza ,  coi  suoi  aiutanti ,  che  mostra  i  ferri 
del  mestiere,  vanta  i  miracoli  delle  sue  guarigioni,  ecc.  — 
Queste,  o  simili  a  queste,  erano  le  farse  cavatole  che  si 
rappresentavano  a  Napoli  ai  principii  del  secolo,  e  conti- 
nuarono a  lungo,  e  si  spensero  lentamente,  e  hanno  un'ul- 
tima eco,  letteraria,  nella  Scola  cacaiola  di  Giovanni  d'An- 


—  32  — 

Ionio  ').  L'apparecchio  scenico  era  certo  molto  rudimen- 
tale ,  o  forse ,  non  ce  n  era  affatto.  Un  vestito  bizzarro 
agli  attori ,  e  un  circolo  di  spettatori  intorno  formavano, 
forse,  tutto  il  teatro  *>. 

Continuavano  anche  le  sacre  rappresentazioni.  Se  ne  fa- 
cevano a  Napoli ,  come  n  è  prova  la  notizia  di  un  di- 
sastro teatrale  avvenuto  per  una  d'  esse  nella  chiesa  di 
S.  Lorenzo,  eh' è  il  primo  disastro  teatrale,  che  ci  capiti 
di  registrare.  Nel  1506  fra  Giovanni  da  Pontremoli,  fran- 
cescano, jovene  et  doctissimo ,  che  predicava  la  quare- 
sima nella  chiesa  di  S.  Lorenzo ,  ordinò  pel  26  aprile 
una  rappresentazione  della  vita  di  San  Francesco.  Sulla 
tribuna  era  stato  fatto  un  cielo ,  con  angeli  che  canta- 
vano e  suonavano  e  altri  abitanti  del  paradiso.  D  frate, 
che  rappresentava  San  Francesco,  dice  il  Morlino,  nudum 
candidumque  in  theatro  se  fecit.  E,  secondo  questo  no- 
velliere, tale  esibizione  aveva  uno  scopo  :  ut,  nudus,  suae 
Gli/cerio  pulchritudinem  suam  indicando ,illam  alliceret; 
per  conquistare,  cioè,  una  donnetta,  della  quale  era  innamo- 
rato. Ma,  nel  meglio,  essendo  salita  troppa  gente  sul  cieio, 
la  macchina  precipitò  ;  e  con  essa,  Padre  Eterno,  santi, 

')  Nella  Bibl.  Naz:  il  Cod.  seg.  XIII.  H.  75.  contiene  La  Scola  Cava- 
tola di  D.  Giuseppe  Tornatoli,  ms.  autografo,  e,  come  mi  sembra,  del  prin- 
cipio del  secolo  XVII.  Non  ò  scritta  in  versi  col  rimalmezzo,  ma  in  en- 
decasillabi e  settenari  misti  e  liberi  da  rima.  11  maestro  parla  calabrese  ! 
')  Anche  quelle  del  Braca  pare  che  fossero  recitate.  —  Nel  Processiti 
Criminali*  si  dice: 

Mentre  Io  Carnevale  nce  gnorea, 
Nco  conti-afta  e  beffea  pubricamentu. 

E,  più  oltre,  un  testimonio  depone  che,  quando  scendeva 

ogni  mercato  isso  a  Saijorno, 
Vedoa  fare  o  quatierno  e  diverse  atte. 
Donde  veneano  contraffatte  da  Vrachetta 
I  cavaiuoli  e  tutta  a  setta  cn  vaiola. 


—  33  — 

«ugei,  in.  uccidendo |  ferendo  gli 

apriti'  DO  di  -otto.  Voi  .sempre 

•I  M'orlino.  Il  Padre  Eterno  [imaginariiu  1j 

ta  e  mori;  degli  altri  santi,  chi  ebbe  lo 

rotte,  chi  lece  issi  tinti  ne  uscirono  mal- 

')  —  Ma  la  sacra  rappr  ine,  anche  nel  aa- 

lan  I  i  dalli  ritte  e  i  isso  nei  pae- 

oelle   campagne,  dove  vive  ancora.   Pel  pr 

dd  ii  le  le  rappresentazioni    di  Nola, 

ila,  eia  la  risurrezione  ili  Cri 
la  OSI  »  quae  omnia  in  basilici* 

*>ltfii  'Iella  Settimana  Santa, 

Croce,  e  la  Creazione  d'A- 
imo ed  .  l'auto,  la  Nati 

Oloferne,  Grana,  il  Diluvio  e  Varca 
ecc.,  di  cui  ci  restono  i  testi.  *)  —  A 

di  San  Domenico  fu  fatto 

itoli   fui 

Antonio  ile  Magellis  esci  discepoli,  «  et 
Dou  Antonio  stette  innudo  solum  con  uno 
tanti  allo  a  no  tutta  Scssa  a  vedere!  » 

Itre  por    la    lesta    del    Corpus  Domini 
1559,  e  pel  martedì  in  Al  bis  e  pel  Gio- 
Santo  il  Pel  Corpus  Domini,  la  pro- 

cessa te  si  metteva  in  ita?a  un  mi- 

stero «I  Mercato  e  un  altro  nella  chiesa  dell'Annunziata  »). 


uisiacouió,  p.  284  —Ih.  r    Morlini  .V.jivMcw  eit,  n.  xvni  p.  36- 
—  -  p.  18-10. 

)  Tonaca.  >  integralmente  nel    Teatro  hai.  ecc. 

-304, 
Grvnacke  d*t  FuKoUlto  (A.  S.  N    I,  639,  QK 

i.O  to'—  Il  15G0  fu  fatta  la  rap- 

Eaxioci  •  eodonosoiTo  e  dei  Ivo  nella  fornace,  «  et  quando 

mimi  ia  fo matti  non  farooo  facti  boni,  fo  male  facta  ». 

3 


—  34  — 

La  società  signorile  si  dilettava  in  quel  tempo,   quasi 
solamente,  del  l,  componimento  breve,  degan 

classico.  E  egloghe  si  chiamavano  non  solo  le  azioni  •!■ 
entravano  l  pastori,  ma  anche  altre  piccole  a/inni,  svolto 
nella  (òrma  solita  all'egloga. — Nella  Qu<  \or% 

curioso  romanzo  ariMiii,  ii..  i  scena  è  posta 

in  Napoli,  (love  fu  scritto  ila!  ir><>s  al  1511,  e  che  è  piai 

di  particolari  sulla  vita  napoletana  del  temi  io,  con  (i       ' 
/ioni   di  teste,  di  giostre,  e  nomi  di  dami;  e  cavalieri,  tra- 
sparenti sotto  i  facili  pseudonimi,  sì  parla  a  un  punto  di 
un  juego  di'  Utt  ranas,  che  si  fece  >'t  uri  Unno  entré  la 
villa  //  la  mar  :  i  cai  'alien,  che  \  i  presero  parte,  si  rac- 

ilsoro  la  sera  in  casa  della  Séhora  Princt 
sana.  Finita  la  cena  .  ciascuno  andò  allo  lanze  o 

mutò  'li  vestito  a  tornò  a  danzare.  Le  vesti  vaiteli 

furono  donato  quella  notte  d  lo 
nes.  «  Flamiano  so  detuw.  en  su  posada  con  otros  quali 

I  ara  recitar  aquella   noche  una  Egloga,  en  la 
qual  se  contiene  pastorilmente  lodo  lo  quo  en  i  >n 

lielisena  passò;  quando  supo  que  todos  los  cavalle 
arac  arj  casa  do  la  sonora  Prinoesa  y  .1  dan»;ar  oomencado, 
él  partìó  da  sii    posada.  y  COtJ   lodo  su  •  a 

la  Sestai  >  recitò  su  Ègloga.  »  La  quale,  allusione, 
s'  è  visto,  a  particolari  avventure  d<  i  personaggi  di 
società,  cominciò  cofl'  uscita  del  pastore  Torino  (ci 

Flamiano).  che  cantò  sul  liuto  ciò  elio  Beli- 
detto  nelia   caccia,  e  poi,  acostad*  ino 
fjue  alli  hasen  trae/',  cominciò  a  lamentarsi  del  su- 
e  dell'  amoro.  Sopravvengono  altri  due  pastori  la 
pastorella,  o  lediscussioni  e  i  i             ierapiono  la  lui  - 
egloga,  elfo  riportata  per  intero.  Finita  I'  egloga              nò 
alle  danze,  o  vi  presero  pano  anche  i  recitanti  '). 

')  Queslion  de  amor  y  Curcul  cU  Amor,  en  Anvers.  En  e*sa  ile  Mar' 
lino  Nudo  <1  fa  tnsena  u  rigufhas.  wixfìvm.— L'opera  fu  finita 


—  3R  - 

anche  che  a  Napoli  fossero  recitati  i  drammi  ili 
)lomó  de  Torres  Naharro  ,  che  sono  dei  primi  ten- 
tivi del  teatro  spag  nuoto.  Costui,  dopo  ima  vita  awcn- 
rosa,  s<  [gerì,  cortigiano  b  .  ani  vi 

ni  Napoli  ai  servigi  di  Fabrizio  Colonna.  Quivi,  noi  1517, 
dedicandola  a  Fonante  d'  Avaios  Marchese  di 
Pescara,  una  sua  raccolta  di  drammi  e  altro  p  iettiti  Inti- 
tolata Pi  ti  (orse  un  autore  tonto   un  ge- 
ocrc  nuovo  con  tanta  varietà  di  temi.  La  Soldatesca  tratta 
ilai  reclutai  in  ■!  ito  dei  soldati  del  papa  a  Roma.  Nella  TV- 
ria  è  rappresentata  la  stanza  da  pranzo  doi  dome- 
li  un  cardinale,  io  preda  alle  loro   orgie  e 
assolutezze.  La   Yo  cinta  6  la  storia  d'  una  dama ,  che, 
fltodo  in  un  suo  castello,  noi  contorni  di  Roma,  ritenne 
iggiatori  e  si  scelse  tra  essi  un  marito. 
re  di  Re  Kmmanuele  di  Portogallo,  per 
.hesi  in  Affrica  e  nelle  Indie.  Ymenea 
einia  sorti  di  commedia  d'intrigo,  abbastanza  ravvolta. — 
Umore  dioo  nella  dedica  al  Marchese  di  Pescara:  «  riandò 
«simismo  tod<            tdo  en  Restas  de  cornedias  y  destas 
osas »,  e  accenna  cosi  a  un'abbondanza  di  rotppn 
li  drammatiche,  di  cui  non  ci  resta  traccia.  Dice  an- 
per  iscnsarsi  della  lingua  italiana.,  che  usa  qua  e  la, 
>sa  si  spiega,  a  aviendo  respecto  tU  lagar  y  d 
la*  personas  a  quieti   se  recitaron.  9)  »  Il  cho  ò  prova 

«era  in  Ferrara  il  17  aprile  1512.  C'è  anche  una  specie  d"  intar- 
, tatui  Eterico. cho  descrivo  l'uscita  dal  Regno  di  Raimondo  di  Car- 
co! eoo  esercito.  —  la  raccomando  agli  ihidioai  di  itoria  napoli  - 
1(t.  ■  : .nor.  Bìst.  de  la  liti,  espag.  Paris  1864, 1,  289.389- 

-  L'«d.  più  antica  è  di  Valencia  1513.  (BruneL  Manuel  du  Ubr.  1801. 

poi**  por  Jean  l'asquclo  de  Salto    1517   in   fol.  gotti.  (Brune/. 
rr  880-90). 

Tfcknor.  o.  e.  p.  209-7U  —  ft.  dei  teatri.  Nap.  1813, 

•eg.)  combatte  il  Lampill.-.  ratetneno,  voleva  cho  questi 


-  98  - 


che  si  recitarono  in  Italia,  e  forse  .*i  Napoli, 
prio  in  casa  dello  spaguuolo  I 
rito  di  Vittoria  1  tafanila. 

La  oonunedia  erudita,  la  tragedia  imitata  dalla 
dalla  greca,  Napoli,  come  sembra,  con  n 

ritardo.  Già  arano  nate  altrove  da  un  pezzo  eia  Cai un- 
livin  e  In  èfandra0ora  e  le  commedie  dell'Ariosto  e  quelle 
dei  Rozzi  di  Siena,  e  la  Sofonisba  e  la  Rosmunda;  a  Ni 
niente  ancora.  Ci  Corono  Biconi  solitari  senti. .ri  di  trage- 
die latine,  conio  Antonio  Telcsio,  autore  mber 
Qiano  Aiiisio  del  Protogonoa,  e  (juel  Cori) 
0,  che  m  compose  otto,  -acro  e  profane,  i 
oonunedia,  e  voleva  poi  bru            i  quanto 

-    a  dadi  556  a  Cu 

•  ii  i  (COVO  di  Trento  '). 

Di  egtogfr    italiane   se  no  recitarono  vai-io  e 
Tale  fu  la  0  L'Antonio  Epicuro,  che 

presenta  io  Napoli  intorno  il  1585').  il  «oggetto  n  ■■. 

mio.  Vie  un  cieco,  accompa 

da  OD  l.iiM-.iullo,  e,  disperato  per  amoro,  si  lamenta 
terzine)  e  si  dispone  a  uccidersi.  Poi  ne  viene  un  al 
die  dice  lo  stesso  (fa  endecasillabi  col  rimalo] 

drammi  del  Tom*  Xa narro  aveaaero  meato  gì'  Italia  ui  -ali*  via  della 
poesia  drammatica! 

')  Coriolani  Martirani Contentini  Episcopi  Sancii  M  .■■>edìae~' 

Madia.  Elaetra.  Hippalitits.  Baeehae.  Phomissae.  Oelopt.  Prometti 
Christnt.  Comoedwe  11  ^ttbes.   Odytsat  Lib.   XJJ.  Bai 

machia.  Argonauitrn  Seajt.  MDf.  V.  io. 

')   Vedi  recante  «diz.   net  voi.  II  dot  Drammi  pastorali  dell'  Epici 
(Boi,  Romagnoli.  1888,  cur.  da  Italo  Paluioriui  —  Cfr.  Percopo  (Antonio 

. /».  Si.  UU.itai.Xtl) — F.    Flamini.   Su  Ut  poes*  <-' 
siilo  di  genere  vario  (Pisa,  Nifltri.  lSKBj .  p.  y  e  gag,  — L'Ammirato 
negli  Opuscoli,  della  (Waria:  «  twin  lo  ta  qQAt  lampi  «tat.i  ivoitata   in 
Napoli  ».  Non  so  con  qual  cri  lo  no  il  Palmarini  affermi .  citando  il  Rie 
boni  (T),  che  la  rapprosontaiione  avvenne  il  1523. 


—  37  — 

■  in  b  a  ^raggiungere  un  terzo  (che  parla  i  ".-e). 

•  due  ultimi,  non  avendo  guida,  si  urtano,  a  a 

non  basta vu  il  mal  che  tienmi  oppresso  T 
;iieuV  regna  in  tuo  petto  ! 
ulel,  che  in'  Imi  con  urto  in  terra  messe»  ! 

afa  escono  por  ciechi,  il  terzo  anche  s'awiei- 

dopo  essersi  tutti  scambiata  notizia  ridia  comune 
vengono  a  rat  loro  storie.  Uno  s'  6  ac- 

oarra  in   versi  ool  rimali 
mio  occasione  da  un'imprudente  esclama- 
li! compagno  : 

Bon  hai  giusta  cagion  di  pianger  sempre, 

e  lamentarti  d'  ella  , 

se  quant'é  i  r,  tant' era  bella! 

descrivo  a  lungo  (nello  stesso  metro)  le  bellezze  (lolla 
ili  e  chiari,  smaglianti  di  colorii  urtar 

rie,  di   l'arnioni,  d't.'si-lama/.ioni; 
Il  secondo,  dis- 
divenuto cicco  pel  gran 
i    :  e  desi-rivo  egualme  uè  belle: 

scttenarìi.  Il  terzo,  divenuto   et 
pffavor  mirai 

I'  u!t<->  splendore 
iia  eh'  ha  il  cor  di  ferro,  oppur  di  smalto, 

•nti  in  tornino  e  la  sua  dcs. 
itti  insieme,  s'avviano  a  morire.  Ma,  dico  un 

<S  Ivi 

.-•  ■   -■  in. -sta 
Cacciani,  come  li  cigni  io  la  l"i  morte, 
l'esequie  a  nostra  vita  atra  e  funesta! 


]o\  quali  canti  dì  cigni  (die  .som  finanche  dei  son 
finisce  la  prima  parta  La  seconda  pari  ne  r  illu- 

i  lutazione  dei  ciechi,  ohe  un  Sacerdote  conduce  al  tem- 
pio .l'Amore,  che  li  guarisce  e  concede   loro    le  «1 
amato.  —  Quosf  egloga,  o  trai/ìc  riche  l'in- 

titolò  l'ai  i  orna  si  vede,  molti  motivi  burle- 

schi; ma  quello,  che  è  burla  per  noi,  ara  inula  per  l'autore 
e  per  l'elegante  pubblico  napoletano,  amante  dei  bei  ver 
e  Meli»'  lunghe  descrizioni,  innanzi  al  quale   fu  recitata 
Qualche  anno  dopo,  nel  152G  o  27,  la  Cecaria  dell'I 
1  ih  uro  fu  imitata  da  im  giovinetto  di  sedici  anni 

otte    anni ,   che  si  chiamava    Luigi  Tansillo.  La  si 
imitazione,  intitolata  i  due.   Pellegrini,  venne  recitata  a 
Ni  .la,  innanzi  ad  En  ino  Conte  'li  N< 

Sanseverino,  sua   moglie  ').  1  disperati   per  amore  qui 
sono  solo  due:  1'  uno,  perchè  tradito,  I"  altro,  perché  gli 
morta  la  sua  donna.  Discorrono  e  s'accordano  a  cere 
un  mezzo  por  privarsi  della  vita.  A  questo  punto,   ni 

tu  un  intermezzo,  occupala  anto  'lei  coro. 

Poi,  ripresero  i  duo  pellegrini,  e  volevano  appiccarsi  a  un 
albero.  Ma ,  dal  tronco  dell'  albero ,  esce  la  v«  i 
morta  donna  dell'uno,  ohe  li  dissuade  dal  Boro  pr 
sili.,  e  dice  loro  che  vadano  a  Nola  sotto  il  felico  governo 
dei  due  Orsini,  dove  trarranno  vita  felice: 

Quest'o  la  'IV:  ;  tanto  gradita, 

Che  il  Dome  'li   ti-lice  all' altra  (" 

Duo  chiari,  illustri  o  gloriosi  spirti 

Ila  per  eterni  e  cari  possessori, 

Di  cui  s'io  disiassi  in  parte  d 

Le  troppo  eccelse  lodi  e  gii  al  .   ecc. 


'l  I.'avor  fissata  la  data,  facondo  riletare  lo  allusioni   agli  Or 


—  39  — 
ini  lo  l'.iii  ni  due  signori,  paragona  la  Contessa  alla 

E  siccome  olla  adorna  e  illustra  il  ciolo, 
Cosi  costei  fa  bella  ognor  la  ti 

Mi  l'anima  della  donna  morta  devo  tornare  al  para- 
1         .  luce,  fumi  d'incenso,  si  vedono  e  sentono 
la  sce 

Oh  qual  aura  soave  vionmi  al  volto! 
Cho  prezioso  odore  è  quel  eh'  io  santo  ! 



qual' alta  armonia  per  l'aria  ascolto! 
Oh  grazioso,  oh  aogoUeo  ooncantol 

I  di  rirji  andranno  a  Nola.  ')  —  Cosi  l'egloga 

alT  i-logio  cortigiano. 
Qu<  -gloga  ebbe  una  ripetizione  la  sera  del 

ibre  1538.  Non  veramente  a  Napoli,   ma  sulle 
che  comandava  Don  Garzia  di  Tote 
jfiuolo  del  viceré,  o  ch'erano  giunte  innanzi  a  Messina. 
:'  •  dai  e  ui  An- 

•ii:i.  figliuola  del  Conte  di  Colisano,  alle  cui 
va  seco  il  Tansillo.  La  festa  fu  I 
j  due  triremi.  Sul  tavolato  s'er- 
i    da<   bino,  e  gV  intersiizii  erano  chi 
li  dentro, ornati  di  arazzi,  Dalle  tri- 
ido  era  un  gran  ponte,  e  sul  lido  uno  steccato, 
ita  del  pi  alia  presenza  «li  quel  pubblico  ili  si- 

gnori e  gì  recitata  una  commedia,  una  guani 

pastorali  quarti    l'ansili US,  poeta  neapuli- 

i  i  due  Pellegrini,  *)  traili  fuori 

*\  l  ine  Pritcgri<  KJrno)   MBS. 

.    —  ,,.        r  i   .  i 

Bail   n        'ir  la   qul«i: 
'tra  agitata  in  torna  a  ijurata  muta  famosa. 


I 
ohe  a  Nota  .  i  iluc  pellegrini  erano   ind  rizzati,  prob 

meniti,  a  Messina,  ai  piedi  di  Donna  Antonia   oi'ardona! 


HI. 


Uà  di  Carlo    V.  —  ll  Principe  di  SaL 


Don   Pietro  'li  Toledo,   ch'ora  grande   amante   d 
i  e  dei  giuochi  del  loro  e  «  in  [spagna  l 
•  li  gran  I     u       ■.  ••  'i  non  pare  fosse  egualmente  amante 
.li  cose  drammatiche.  —  Puro,  in  oc*  della   ve 

dell' Imperatore  Cario  V,  si  sa  die  il  19  Dioemb 
il  viceré  »  fece  all'Imperatore  uno  solennissimo 
t<»  allo  giardino  di  Poggio  Uoale,  dove  se  pigliò  l'inopi 

ratore  grandissino  azione,  €  | colarmente  di 

Egloga  o  forza  fu,  molto  ridicola  »  !). 

\J  Imperatolo    ami"    j.ìi'i     volte  a  rasa    <]>•!    I  *i  1 1 1-  a  ;  >• 

Selenio,  del  Principe  di  Bisignano,  e  presso  il  Viccn    I 
parte  i  con  grandissima  'I'  leggiadria  »  ai  gio- 

chi <li  lori,  che  si  fecero  alla  Piazza  ili  Carbonara  il  3  < 
naio  153(ì.  Il  G  Gennaio  si  fece  una  «  bellissima  giosl 
giochi  a  cavallo  di   canne  all'usanza  di  Spagna.»  Mollo 
leste  SÌ  dettelo  in Castelcapuano  pel  matrimonio  di   Mar- 
gherita d'Austria*  ;»  Il  2  Febbraio,  giorno  di  Candelora, 
•  fu  a  convito  a  casa  del  Principi         balera 

ci  verniero   tutte  le  sign  utildonne  di  Na- 

Ro&xo.  Istoria  dr.llt  rose  di  Napoli  sotto  l'Imperio  di  Carlo   V  ecc. 

Hip,  IT"   i.  mi    Ofttvter,  voi.  vili.  pag,  50-1. 

:)  in  ì    ji.  lì."».—  Il    "  \  Drammi  1,     pa^.  89» 

Mg.)  ti  rio  elio  quest'egloga  fosso  la  Minia.  attribuita  all'Epi- 

ci a  questa  ipolcfli  è  'attuta  come  insm»istool# 

(cfr.  Porropo,  I 

*)  a  R«w>.  —  y*g.  06,  68. 


—  41  - 

poli  ,  e  si  foco  una  bellissima  rommcdia.  »  ')  E  tutto  quel 
levalo  «  fini  in  continuo  maschere,  l'osto,  commed 
,   et  altre  recreationi ,    masche  spesso  Sua 

Maestà   per  la  citta.  »  *). 
Chi  sa,  se  nou  fu  proprio  in  questa  occasiono,  che  la 
la  'lotto  il  suo  prodotto  con  quatte  Ricevuto 
hnperatoré  alla  Cara,  eh' 6  in  un  ma  o  tra 

fai--  >  ì  3)  l  Cavasi  s'erano  dato  un  gran 

fare  jkt  ricever  •  '■■  l' Imperatore  :  nel  suo  pas- 

saggio per  la  Cava,  gli  avevano  offerto  un  bacilo  d' ar- 
.  pieno  di  monete   d'oro.  Questi  e  altri  particolari, 
n  bel  tetra  ai  compositori  ili  i 
E  la  H  •ri  la  (arsa  nata  stdTawe- 

del  giorno.  Ecco  i  cittadini  -li  Cava,  diesi  i 
a  loro.  Hanno  scoperto  cho  l'impi  b  giunto 

no   •■  ili  apparecchiare  le  robbe  da 
"ugnare.  Un  lana  giungervi  stende  subito 

■  iogo  a  un  battibecco  col  guardiano. 

<-ono  a  consiglio.  Bisognerà  fere  un  re- 
stio all' imperatore.  Il  sindaco  propone  mille  scudi.  A  un 


■>  u.  p.  eo. 
•»  «t  p. 

*ifm  itamp.  in  npp.   al  ah.  voi.   Studi*  del  Tonaca.  170— 

Tcmni  ito;   «  la  farsa,  chi»  uon  porta  il  mimo  del  li  rara, 

aero  ti  a  dopo  quoll'avvouiiuonlo  memorabili;;  oli 

-  apporre  le  motte  allunOai  hi  i  dal  passaggio,  eoe.  > 

[o  in  nota.  Ila  raccolta  autografa  del  Braca  qne- 

am  non  c"ù.  «s  cho,    hi/.ì.  il  huo  titolo  non  ù  neanch'i   nella  lista  di 
cb«  tonami  ni  volume   aono  .luto  por  mnnr-auti.  —  Tra  lo  tanto 
■ioni,  che  sarebbe  stranissimo  cho  ri  arme  pensato  il  Braca,  no  nolo 
•fuirgita  al  Torraca.  Il  forato 

lira  vota  favello  o  latino. 

no,  comn  s*.  chiama 
Pietro    |  non  da  Iieue. 

^Hae  si  redo,  qui  ni  accenna  al  dictn  Pwtro  Are 


—  42  — 

tal©  questo  par  poco.  Un  altro  propone  cente  pr 
Cheaio  èpe  ■•>.'  risponde  il  sindaco.  C'6  chi  clic 

tutta  Cava  aspettava  l' Imperatore  al  passaggio,  di 
per  fargli    regali ,  ma  pe  li  narrare.  —  Lì  gita 
amare  che  pattato.  Finalmente  si  stabiliscono  tremila 

•  •hi  li  presenterà  I  D  sindaco  dica  che  spetta  i 

Qui  e*  e  chi  metto  in  dubbio  la  sicuiv//.a  del  p  «  latore: 

E  singi  fai  o  sticchi  stocca,  chi  te  sente) 
Ca  ne  manchi  vinte  o  trenta,  chi  lo  vede? 

Sorgono  altre  questioni  por  I'  asta  del  pallio ,  ecc. 
Mentre  cosi  n  chiacchiera,  e  si  grida,  e  non  si  risolvi 
Diente,  ecco  l'Imperatore  sopraggiunge,  e  passa.    -Spi 
rate  l'ari iglieria!—  Manca  la  polvere  I—  Pigliato  il  dam 
pel  regalo! — Dove  sono  le  chiavi  £  Mari'  ano  le  chiavi 

O  imperatore,  fermati  I  mangia  questa  salsiccia,  cafuorse 

rrioa  »  presiento .'  Ma  r  imperatori   > 

tre.  1  tedeschi  del  seguito   tanno  far  largo.  E  i  i 

:  no  a  lamentarsi,  ad  accusarsi  l'un  l'altro,  a  ri 

!.<•  li  avevano  diversame  tuati,  alfonso  oh 

parlava  ;i  tu  |ht  tu   con  quesl"  "  c<>n   quell'i,   che  -<ii<l;i\a 

b  pranzo  e  «  Cavasi,  Re  Ferrante  o  pi© 

E  chist"   parti  a  ine  ca   nullo  stima, 
Coinenzando  prima  prima  de  sta  cela 

Ce  ohi  'beo  die  la  colpa  e  stata  d'o  PrencipieUo, 
.  otte  SanseverinOi  di  cui  son  note  le  proteo 
■  .  citta   regia.   E  non  aver  visto  il  reliquiario  - 
i!  —  sì  manda  un  pinato  dietro  all' Imperatore  per 
fargli  sapere  cheicavaioli  hanno  ragione  de  <'■ 

Le  risposte,  che  reca  il  giurato,  calmano 

animi  :  '  h    COgli     RH<  'li  . 

io,  perché  nascosero  '  a  il  popolo  corro  ti 

Re  loro  case.  — 


—  43  — 

Una  coppia,  si  può  dire,  regale,  erano  a  Napoli  il  Prifi- 
oo  Don  Ferrante  Sanseverino  e  sua  moglie  r 
Ha  \  illuni .11  -ino.  Il  Principe,  tall'uomo  o  bel  parlai 

narra  o  pinge  meglio 
sentissi  mai,  ciò  che  dir  vuole,  l) 

o  drammatiche.  Lo  prime  coro- 
impie  e  regolari,  che  si  videro  in  Napoli] 
a  lui.  Le  recito  si  facevano  in  quel  gran  palazzo, 

che  a  santa  Chiara 

e  rara; 
La  cui  facciata  a  vanto 
Tutta  a  di  marmo  a  punta  di  diamante, 
Ed  e  I'  altezza  sua  di  sorto  tale 
Con  la  larghezza  ugu>l 
Che  I*  una  o  I'  altra,  o  sia  da  presso  o  lungo, 

ù.  Il  genere, che  aveva 
i  molta  rinomanza,  erano  le  commedie 
aa   i.  E  commedie  e  eccellenti  istrioni  von- 

Nel  1540  il  Principe  diSalerno  dette  ima  grande  festa 

di  Donna  Maria  di  Cardona,  marchesa  della  Pa- 
dula  con  I).  Francesco  d'Este,  fratello  del  Duca  ili  Fer- 
rar». \  i».  Pietro  di  Toledo/ aUoi  io  del 
Pria             zi  d  desideroso  di  soddisfai 

sentarono  con  grande  applauso  due  couiediese- 
(alando  e  il  Beco]  e    il  Viceré    issistetfte  alla 

Sap.  1870).  Cap.  III. 
imbattuta  .lei  Tufo.  Ma.  Bibl.  Sai  h). 

!.  e.  p.  M  n. 

htpoti,  ed.   '■  .  -«."j  il.  —I  !.. 

"J  ili  quoiie  duf  commodie  non  ei  trovano  nella  bibliografia,  eh'  è  nel 


—  44  — 

Nella  sala  del  Palazzo  Sanseverino  «  stava  sem 
f  il  effètto  apparecchiato  il  proscenio  ')  ».  Possiamo  ir 
maginarci  una  delle  solite  scene  fisse  del  tempo,  una  | 

duo  o  tre  maestosi  edilizi]  da  un  lato,  un  perticai 
dall'  altro,  una  torre  con  orologio  in  fondo;  e  sulle  poi 
allo  finestre,  di  dentro  le  case,  in  mezzo  alla  piazza, 
vano,  agivano  i  personaggi. — Il  Principe,  dice  il  Sumni-  ni 
con  queste  commedie,  «  augumentò  molto  l'amor  ì& 
popolo,  perchè,  nel  di  elicle  commedie  si  rappres 
.  -li  haveva  |  di  staro  allo  porte  per  far  entrai' 

9  Beotire  eoromodamente  .  talché  so  n« 
ritornavano  alle  lor  caso  pieni  d'amore  et  affettane  v< 
ili  lui,  intanto  che,  quando  il  Principe  passava  tradì 

dagli  artisti  d'ogni  sorte  era  quasi  adorato  e  con 
'l  --in::  applausi  salutato  s)  ». 

Nel  1545,  fece  recitare  un'altra  corniti'  ose, 

non  dei  Rozzi,  anzi  degli  Intronati,  che  coltivavano  la  coi 
media  classica;  e  fu  al'  Ingannati,  data  a  Siena  la 
ma  volta  il   1531.  e  tradotta  in  francese,  e  in  altre  fingUf 
e  tanta  volto  imitata  s).  L'intrico  s'aggira  intorno  a  ni 


««rondo  volnnw  ilei  la  diligente  open»  dd  Mazzi  (La  Congrega  dei  Rosi»  ecc.) 
Essendomi  rivolto  dirottamento  al  cb,  Big.  Mazzi,  egli  cortommooto  in'l 

orto:  «  M'  loto  il  QtUeat&o;  notto  il  Beco  n  nascono 

In  Commedia  di  due  contadini  intitolala  Beco  e  Failo  0  la  Commedia  i 
Beeo  et  Randello  »"f  /'  hoste  ,  che  non    registrai  e  lùliliograC 

p(»rrh«>  <vi  '  abbono  poi  i=simo  «Bere  raj 

presentato  in  Napoli  da  comici  di  Siena.  Altro  non  saprei  dirle  ».  L'i 
laed  (Drammaturgia —  ad    \  ;.~Ó)  aogna:  1)  Beco  Commedia 

Ruma,  per  Francesco  Biado  di  A/1  •  /  —  di  Francamo  Belo 

mano.  —  Col.  140.  —  2)  Comm*  I  ' 

BQ64. 

'i  Castaldo,  M,  i>.  TI. 

*)  Summont.  ad.  Rnlifa 

:3Ó. 
Sa  conosco  la  seg.  ed:  Comedia  dei  Sacrificio  degli  lnt> 


—  46  — 

da   RSooveri,   il   Yrcchiu   sciocco',   l'abbate  Gi( 
Leonardo  Sale i  1  vecchio    Virginio  ;  lo  stesso  Ci 

sfaldo,  il  servo  8tragualcià\  un  Rglio  della  signora  Gii 

m   Palomba,  il  Fabio.  «  Tutti  gli  altri  dissero  min 
bilmcnle,  lai  che.  Napoli  Don  ebbe  invidia  punto  a 
per  gli  recitanti  ».  Si  vede  che  i  commedianti  senesi 
L' ideale  I  Fu  bellìasinio  I"  apparato  dei  lumi,  dalle  n 
e  della  musica;  a  Zoppino,  celebre  musico  e  giutl. 
di  quel  tempo  ,  ebbe  cura  della  musica  sedia  . 
degli  accordi  degli  bstrameoti  ;  onde  la*  musica  fu 
mente  coleste  e  massimo  porche  il  Dentice  col   suo    Pai* 
ed  il  Brancaccio  col  Basso  forno  miracoli.  l)  ■■<  Fa- 
brizio o  Luigi  Dentice  furono  dei  migliori    musici 
letami  del  tempo  9). 
Nel  1546  si  fece  un  passo  avanti.  Agli  attori  na| 

giunse  la  commedia  egualmente  napoletana.  Propri* 
uno  de^li  attori  dell'anno  prima,  il  signor  Antonio  Mar 

a  bi  ritto  una  commedia  intitolata  la  lui. 
a  che  riuscì  buonissima  a.i  ».  Il  Marieonda  era  famigliare 
e  devoto  di  Casa  Sansoverino;  o  alla  Principessa  di  Sa 

»)  V.  A.  Castaldo,  ivi.  p.  71-:;.— Cfr.  Oiannono  Storia eir.il'-  L.  XXX.III 
Cap.  Il,  che,  parlando  della  guerra  di  Siena  e  dalle  relazioni,  ohe  ci 
ni  no  allora    tra  i  napoletani  e  quella  città,  soggiungo:  e  Da  Siena 

o  lo  commedie ,  allora  nuovo  e  utrane  in  quoste  noctre 
patti  ecc.  ecc.  «  Il  che  é  inesatto,  almeno  quanto  al  tempo. 

*)  Plorino.  I*i  tettola  musicale  ecc.  I,  67  eseg.  segna  In  ilata  oVIIn  na- 
scita di  Fabrizio  nel  1526  ('}.  11  Chioccarolli  (De  illustribus  trrìptorSnu  eoo. 
1780,  p.  18)  nota  eli-  Dentice  scripsit  ltalke  ttialogos  duo*  ì 

alterum  nempe  de  Theorica ,  alterar»  de  Prozi  ecc.  stampati  a  Roma 
prono  Vincenzo  Lucrino  il  1553. 

*)  Castaldo,  ivi,  p.  72  —  La  Philenia  Commeilia  ti 
Nobile  Napoletano.  In  Roma,  per  Antonio  Biado  i5  iti  in  4.  fCfr.  Qua- 
drio, St.  «rag.  d'  ogni  poetici.  Voi.  Ili,  P.  Il,  p.  83  —  Per  quante  ricer' 
che  n'  abbia  fatte,  direttamente  i  por  merco  di  amici ,  in  mi  Ile 
teche  d' Italia,  non  ni*  e  stato  possibile  di  rintraccia ria.  Barabba  di  molto 
interesse,  come  la  prima  oomm  j  oouosca,  di  mlore  napoletano 


—  47  — 

lenir  licato   uni  pecie  ili  l>>  ic  di 

prologo] 
intitolato  :  7  [ganippi 

-ti  anni  1546  <>   17,  non  so  a  quale  pi  leote, 

ì  riferisce  una  lettera  di  Beroardo  Tass  >,  io   i  ti  invita 
l*  Abate  1  re  il  Carnevale  lo 

i  emc  un*  Urna  Cor,-,,  jì-i,  de 

di  venire  da  Roma  sin  qui,  non  pure 
a  giornate,  e  ben  ilio  come  voi  siete,  ma  in  posta. 

intimle,  tornei,  carrere,  e  tanto  altro  spe- 

*  cimenti •)  »  —  Il  di  di  Santo  Stefano 

del  gelo  ili  Costanzo  scriveTa  a  Bernardino  Rota 

dal  suo  '-  ili     di  (  anteluno:  «  Se  la  commedia  del  signor 

•vale  ,  ehe  si   |n .fesse    in   ma- 
ire a  vederla,  forse  mi  troverei  là  in  quei  di  ».  Chi 
quale  commedia  ai  ;illn«le3)? 
il  Costanzo  parla  di  una  Commedia 
:  al  Rota  ,  della  quale  dice  clic 
i  fu  in  una  notte  o  scritta  in  quattro  di  »  *).  Pro- 

i  i  Marcelli,  rifacimento  in  prosa  dei  Mc- 

i  In  Napoli,  appresso  (ìio.  Paulo  Su  ntnappo.  MIH..  — Si  finga  i«  «no 

«aeo,  r-on  unn    . 
in  fonte  prono  Salerno,  «letto  l'Ayanjnpfl 
li  oonUivsno  lidio  Avole  .il  comando  «lolla  IViiicipasta. 
■  <to.  lu  Padova.  1733.  I.  277. 
-<ir  itaim  i'-  *  prote  di  Angelo  di  Costann».—  «d.  Gallo. 

290-300-  ■:.  Porcopo  crede  che  \\si<j<wr  Antonio 

uro  e  la  commedia  arcunnata  possa   essere  lu  .li  .ni 

landò  s'è  discorso  recentemente.  (Antonio  Epicuro  in  Oi  ■'.  ititi. 

•i-"u-   K  lui  stesso  *' allaccia  il  pensiero  elio  il  sig.  Antonio  poi 
«■— arn  tacite  il  Mark-onda.  Certo,  il  Costanzo  e  il  .Maricoudu  erano  aulici, 
••netto,  cha  *  Ira  lo  rime  del  Costan  184)  Ben  fu  brllo  il 

pmtùr  ehi   ri  tarpàue ,  senza  indiano  od  argomento,  e  varameli ' 
mia  al  Maricondn,  h  juii-la  dalle  Tre  giornate  \  innana  al  qo*J  libro  è 
•Àsatrato. 


—  48  — 

necmi  di  Plauto.  Il  M inturno,  dialogando  nella  sua 
poetica  col  Costanzo  sulla  commedia]  irli  'lice:  iì  Moli 
cosa  in  quella  favella  (latina)  aggradivano,  che  in  quest 
non  sansa  miga  a  grado.  Il  che  voi,  signor  Angelo,  avete 
di  conoscere  molto  bene  mostrato  nei  vostri  Marcelli, 
Plautini  Menecml  tento  ben  traslati  ,  in  guisa  elio  niuo< 

fi  non  gli  stimerà  più  vostri  the  'li  Plauto  »,  E  il 
stanzo  risponde;  a  Da  DORI  innanzi  questa  i  da 

insino  a  qui  di  un  pregio  degna  mi  s'  é  fatta  tenere,  per 
questo  vostro  giudizio  mi  sarà  cara  »)  ».  Questa  comme- 
dia era  slata  apparecchiata  per  una  curiosa  occasione.  In- 
torno il  1548,  Isabella  Villamarino,  Prii  a  di  Solerne 
immagine  d  esser  gravida  Grande  affi  i  dappoi 
mito  ;  il  virerò  mandò  duo  consiglieri  a  Salerno  per 
prestanti  del  futuro  parto,  non  Cesare  Carafa  di  \l. 

molto  amico  della  famiglia,  preparò  una  corame 
la  cui  oompo  iffidó  al  Costanzo  e  l'esecuzione  : 

•liti  dilettanti  (il  Castaldo  ora  tra  i  chiamati),  per 
talk  a  recitare  a  Salerno.  Il  parto  non  ebbe  luogo  e  uoi 
che  la  commedia.  Chi  meno  aveva  creduto  alla  gravidar 
era  stato  appunto  il  Principe  di  Salerno,  che  disse  ii  di 
consiglieri  che,  secondo  lui ,  non  ce  n'  era  niente,  ma 
non  isconteotara  la  Principessa,  o  lasciava  che  >i  soddi- 
sfacesse a  suo  modo  *)  ».  L'  opera  d' Angelo  di  C 
andò  perduta. 

Un  altro  Signore  filodrammatico  era  allora  il  Duco 
Sessa,  Consalvo  Fernando/,  do  Cordova  a),  nato  di  quella 


')  V  arte  poetica  dei  tù/nor  Antonio  Minhtrno  eoe.  (Venezia)  por 
Andrea  Valvassori    EW  MIT.XIII!,  —  I.ib.  Il,  p,  111.  a  ofr.  i 

*)  Castaldo,  o.  o.  p.   110-111. 

*)  Di  costai  dico  il  Volpic-cllu  :  «  uomo  delicatissimo  od  ozianaaimo,  j 
aiutava  tuttavia  all'. mi        III-  ma*,-h<.irato,    ■  »  cosa  tali,  pat 

quali  aveva  consumala  quasi  tuttala  Bua  farcita  ».  (Cap.  di  L.  Tatuiti 
l'ag.  109). 


—  40  — 


ie  fu  figlia  del  Gran  Capitano.  Quando  ree 
i  'i  1549, tra  le  molte  fa  .1. untivi, 

unlanaro  o  in  natura,  zucchero,  torce  di  cera,  prò»  tutti, 
olio  eoe*,  che  ro,  e  i  discorsi,  e  i  versi,  e  i  giuo- 

he  dei  drammi.  —  Il  2<>  giugno 
fu  fatta  alla  sua  presenza  un'  egloga  pastorale  nel 
di  Capuana,  in  lode  del  Gran  Capitano  e 
nitori  ilei  Duca.  L'autore  ne  era  Messer  Giambattista  Ta- 
sta, e  i  recitanti  i  suoi  tigli  Locantonio  e  Ascauio.  C'o- 
rano «  multe  bolle  risposte  et  accenti,  che  fo  bone  recitata, 

et  C€  t'oreno   canti  pastorali    adcadennn   alla   niatei'ia,  et 

oo  forano  autorità  multe  et  piene  di  scien  rio  lo 

ia  li  piacene  assai.  »  L'autore  donò  noi  nello 

Duca  l'originale  dell'  egloga.  Il  :>  «li  settembre, 

lungo,   alle   due  ore  ili   unite,    l'u    iv,  itala  una 

ia  di  Flauto,  «  del  quale  circa  dicto  Si  e  ne 

pigliò  grande  piacere  *>.  11  proni'  tore  'Tastato  questa  ralla 

•  •.  dotto  medico  e  fìl  iseepolo 

«I  Nifo,  a  chiamare  Curdo  Sessa,  e  tra  i  re- 

io  «  li  soi  figlioli  et  altri  figlioli  de  Sessa  »  '). 

a  questo  tempo  furono  anche  recitate  in  Na- 

con  infinito  applauso  o  con  «splendido  apparato  o 

me  commedie  del  Rota  lo  Scilinguato  e  gli 

io  sono  sfortunatamente  perdute  »).  A  queste 

commedie  accenna  anche  il  Mini  urne,  Dell' Ar/e  poc( 

i  -verando   amichevolmente  V  autore  (come  anche  il 
Costanzo)  dell'  averlo  scritte  in  prosa  *). 

iccadomi  ■  allora  ilei  Sereni,  degli  In> 

l*$  Ardenti,  ai  p: -ponevano  «  al  modo  di  Siena  et  al 

•  Mio,  Qrtm.  ,-h.   A.  S.  N.  I.  025.  Q 
'■'io.  AUanaK»  nell' «Hi.  v«miU  del  1567  «Ielle  opere  del  Hota.  di- 
"nài  ebe  furono  recitale  gùì  «*  molti  anni.  Cfr.    Napoli  Sifccuurelli.    17- 
*^»ocr.  IV.  32* 
^*/lc  portai.  L.  11.  p.  66. 


—  50  — 

parti  d'Italia...  esercitare  la  gioventù  o  i  nobili  spiriti  nelk) 
studio  delle  bello  lettere  »,  e  certo  le  esercitazioni  di 
matiche  ci  avevano  il  loro  posto.  Quasi  tutti  i  dileti 
che  ho  nominati,  ne  fecero  parte  '). 

Donna  Maria  d'Aragona  fi-Te  rappresentare  una  coi 
media  per  festeggiare  la  viceregina,  Donna  Maria  di  To- 
ledo,  Duchessa  d'Alba,  e  moglie  del  famoso  Duca  d'Ali 
La  commedia  fu  recitata  tra  il  febbraio  1556  e  il  mar/. « 
1558,  tempo  del  viceregnato  dell'Alba,  o  non  ne  sappiamo 
ih:  il  titolo,  uè  l'autore.  Ce  ne  restano  gl'intermezzi,  che 
furono  composti  da  Luigi  'l'ausilio  -).  hi  uno  parla  YA/ba, 
in  un  altro  la  Notte,  e  lo  eleganti  ottave  del  poeta  con- 
ttMigono,  naturalmente,  dei  concettuzzi  suggeriti  dal  nome 
<\'.\U,<t  dulia  Duchessa. 

C  e  alle  stampe  una  Morte  di  Cristo  di  Domenico  Lega 
(1540),  ch'era  accademico  Incognito]  \m&  Cleopatra  d'A- 
lessandro Spinoli. •  (1550),  un  Altea  di  Niccolò  Carbone, 
J  Incendio  di  Troie  e  Q  Ratto  d*  Elena  d'Amelio  Pau- 
ffllo  (1566),  tragedie  tutte  d'autori  napoletani,  clic,  pro-i 
babifanenifl  ,  furono  anche  recitato  '). 

Alle  recite  nella  < -apitale  rispondevano  quelle  nelle  pro- 
.  i  Taranto,  si  rappresentava  io  casa  del  3ig.  Troilo 
Suffiano  il   Capitan  Bissar ro,  comedia  di  Secoiul 
remino,  stampata  poi   il   1551.  All'Aquila  è  stampato 
1566  il  Frappa   di   Massimo  Cammelli;   e  il   1582   gì 
accademici    di   Salvatore    Messorio   rappresentavano 
dramma  la  Gloria  di  Susanna  *).  Nel  15Ò6,  nella  chiesa 
di  San  Domenico  di  Bisognano,    //  Lagrimoso   Trofeo^ 


')  A.  Castaldo  o.  e.  —  Cfr.  Fiorentino  D.  Maria  lT Aragona  tnarc 
dU  Vasta  Nuo^n  Antol.  —  N.  S.  XIX,  I,  228-th 

*)  Poesie  Lirklus  edite  ed  ined.  di  Lumi   Toìtilh,  con  pref.  e  note  di 
P.  Fiorentino.  —  (Nap.  1882).  Pag.  177-18S,  3B4-B, 

'j  Quadrio  Star,  e  rag.  acc.  Ili,  P.  I.  pagg.  67-9,  71 

*)  Quadrio.  O.  r_  III,  II,  09,  88;  I,  72. 


—  51  — 

Ha  spirituale  iti  San   Bartolomeo  ').  E  casi  altro- 
:  fosso  un  signore  che  avesse  gusto  per 
queste  cose,  o  una  brigata  d'amici ,  che  si  costituisse  In 
accademia. 

L;i  ■■>  ■ glieoze  liete  anche  noi  mo- 

i.  Il  Sinodo  provinciale  napoletano  dal  1576  molli 
le  seguenti  proibizioni  :  »  Comoodias  alia 
iies  non  repraesentent;  personata-.-.  no  animi  qui- 
dam relaxandi  caussa,  incedant  ;  nec,  ullo  modo  ac  tem- 
pore, secularem,  si  ve  virilem  sive  muliebrem,  induant 
animimi  *).  »  Ma  pare  elio  lo  monache  a  Napoli  si  limita- 
vano a  cose  sacre,  o  almeno  oneste,  e  non  giungevano 
al  punto  di  recitare  commedie,  come  quella  Florio  ili  An- 
ton» Vignali,  la  quale,  oscena  com'è,  con  gran  meraviglia 
si  sa,  dal  prologo  e  dall'epilogo,  che  fu  rappresentata  da 
monache! 

Nelle  sostituzioni,  c'è  il  seguente  provvedimento 

per  lo  sacre  rappresentazioni:  «  Salutarla  CHristi  Pas 
sanctorum  raartyria ,  actionesque ,  noe  in  sacro  nec  in 
profano  loco  agantur,  sive  repraesententur,  nisi  devote  et 
de  licentia  Episcopi,  ne,  quae  fìdelesad  Distateti)  ox.itarc 
debeotjpro  nostra  corruptiono  (ut  in  his  solet)  ad  cachin- 
no* et  contemptum  commoveant  »  a). 


'I  L.  Allicci.  Dramtnaturyra  —  ed.  cit   Col.  477  —  L' aut.  »n*  Antonio 
*  Praia,  «nccanlrtr*  dulia  cattralrate  di  Bisignatio.  Fu  «tamp.  Nap.  1602. 
*)  Omttitutiona   scu   decreta   Provinciali*    Sinodi   Neapolitanae   ©oc. 
-N-.M>,  MDLXXX.  Cap.  54,  pag.  102. 
^P-  fi,  p.  8.  —  Conosco  una  «  Rapresentatione  spirituale  della  Pò- 
***!  «  mùrk  di  S.*  Maria  Sfittinoti.  Opera  dexotissitna  di  una  Re- 
hnosa  a/ftctionatUtima  di  detta  Santa.  Per  tuo  t  lift)  Spirti  naie.  ^ 

'"od-  Mg.  XV.  F.  58:    cho  appartano  giù   al  Miniar!  R 
et»  Mtnbra  del  i«olo  XVI.  Il  prolo  i»: 

w  Maria  Egittiaca  penitente 

.l'imorin  hoggi  in  questa  Scena  ecc. 


52  — 


IV. 


Primi  teatri  pubblici  e  comici  dell'  arte 


Tutto  queste  recite  erano  eserci/.ii  dì  dilettanti, 
lampo  di  ubo  nli.  Solo  gl'istrioni,  Batti    venire 

Siena  dal  Petneipe  «li  Salerno,  furono,  conio  sembra,  mar* 
iii.  Il  teatro  pubblico  va  comparendo  Dalla  città  ita- 
liane nella  seconda  metà  ilei  secolo  XVI  M.  Combinano 
con  esso  la  formazione  delle  compagnie  comiche,  IH 
duzioiio  delle  donne  sulle  scena  9),  il  sorgere  della  '■  mi- 
media  deli'  arti',  improvvisala  e  con  le  maschere. 

I  comici  dell'arto  mìsero  liberamente  le  mani  sulla  OOm- 
media  erudita  e  su   gli    altri    generi    drammatici.  Liner 
ila  preconcetti  letterarii,  la  loro  sola  mira  era  il  dii 
ssento  dal  pubblico,  1  Voltolavano  tutto  e  vivificavano  tutu 
Le  maschere,  che  pigliarono  il  posto  del  sentita,  del 

IO,  rappresentai  io  questa  metamorfosi.  I.'il 
provvisazione  fu  poi  naturale  effetto  della  facilità  e 
ri  dell'ingegno  italiano.  Delhi  commedia  dell'arto, 
non  bisogna  ttOSra  il  molto  di  miOl  i  in- 

già  fossile  commedia  letteraria,  oosl  non  bisogna  dimen- 
ticare, mi  sembra,  il  molto  di  vecchio,  che  ne  rite 
nella  forma,  noli"  intrigo,  noi  caratteri.  —  11  Mintumo 
ve:  «  al  presente  odoo  più  volentieri  qualsivoglia  favol 
di  tal  che  non  sappia  che  cosa  è  commedia,  purché  li 
ridere  e  tenga  in  festa  il  volgo,  o  finga  qualche  rano  in- 

')  Ecco  dello  date:  Mantova  intorno  al  1550,  Venezia  prima  del  1£ 
Roma  prima  del  1575,  Siona  n-1   1570,   I  76,  Milano  prima  d« 

1583  ecc.  Cfr.  Ademollo,    Una  fa/nifi  ,.   lirenw»  1886, 

Introduzione,  o  d'Ancona  //  teatro  mantovano  ecc.  in  Giani.  Sior.  ecc.  V,  VI. 

*)  Intorno  al   15*10,  nwoudu    il    QQBÌ0O    I  -    Brevi    iiitrorti  in- 

torno alle  eomedie,  comedian!»  e  spettatori  (Napoli  1610}  p.  15. 


—  53  — 

i,  die  alcuna  Tei  i  Piantina.».  ■  ').  La 

teatrale  |  por  un  pezzo  comprossa  dalla  teoria 
;  la  ' 

poli  la  comparsa  delti  prime  compagnie 

iiiiunt©,  si  formarono  tra  i  commedianti 

stessi  del  paese.  Le  più  Famose  e  elette,  che  giravano  pur 

non  si  ha  notizia  che  giungessero  fino  a  Napoli, 

era,  del  rosi.-...  nessun  principe  dtlettatUé  ita- 

NTe  venivano,  forse,  di  quelle  di 

■  ■■■      .  io    .  descritte  dal  Garzoni ^  di  quatte,  che  si 

da  un  tamburo,  e  passare  in  rassegna, 

sulla  pi; i //a,  dalla  povera  Signora,  vestita  da  HOHUO, 

in  mano,  e  accomodavano  la  loro   scena,  di- 
ne, in  un'osteria  o  in  altri  ridotti  1 
Il  quartiar  generale  degli  istrioni  era.  anche  allora 

^o  del  I  »  di  giocolari,  ciarlatani, 

bagattcllisti.  —  1  quali  bagattcllisti,  sia  detto  fra  parentesi 
li  tulio,  e  anche  i  comici.  —  «Comeco- 
otuto   cosi   stendere  le  membra  8  toroere  le 
come  i  bugattellisti,  che  (anno  ved 

in    una   commodia   del    Porta  *).  E  in 
Jlra:  «  Mi  pareva  una  di  quelle  donne  di  legno  che 
coutrap  ho  portano  i  bagattellieri 

lo  mondo  »  3).  Bartolommeo  Zito,  il  Tar- 
lano nelle  note  alla    I  de  del  C  ,  comme- 
anch'esso,  li  descrìve  col  loro  ufficio  attualo:  «  se 
parlavano  corame  a  li  mammuocciole  do  le 
n*gattello  »  ')•  li  Zazzera  scrivo  che,  avanti  Caslelnum>> 


Irti  pottua  p.   114. 
Utnlogo.  A.  Ili,  Se  V. 
')  J*  J  I.  E  nella   Fantesca  (I,  1):  E».    «  Farò  cho  lo 

••'•ni  ».  _  N,>p.  «  .  bagattella  non  fin  vedere  molte 

B01»  tè»  non  kkio  ì  ». 

«Ili.  voi.  IH,  Note. 


—  54  — 

gìiono  comparire  mille  giocolali  e  salta  in  banchi  la 
sera  e  per  questo,  quasi  lutti,  ola  maggior  parie,  dei  •■•»- 
valierì  sono  soliti  di  andarvi  ..    ). 

Gli  istrioni  e  lo  maschero  avevano  già  preso  piede 
Napoli,  quando  nel  1S88  CKambattista  dal  Tufo,  parlando 
del  Carnevalo  e  di  diversi  altri  piaceri  e  spassi,  che  si 
veggono  in  Xa/ia/i,  diceva  : 

Vcilii- n  i  ,|  anni)  allor  (anti  buffoni, 

Trastulli  e  Pantaloni, 

Che,  por  tutti  i  cantoni, 

Con  le  parole  e  gesti  e<l  altri 

frane  muovere  i  sassi; 

Sentireste  d' intorno 

Cento  cocchi  di  musiche  ogni  giorno, 

Come  anco  farse  e  tresche  e  imperticate 

Da  conto  ammascherato, 

Ed  al  suon  del  pignato  e  del  tagliero 

Cantar  Mastro  Ruggiero, 

E  simili  persone 

Col  tamburello  e  con  lo  calascione, 

Sentendo  in  giro  chi  da  là  e  da  qua: 

Lucia  mia  Demagliala  I 

Veder  talvolta  comparir  in  scena 

Con  dolcissima  vena 

Presto  e  deatro,  qual  suol,  Coear  Na  rettola, 

Conici,  Cioncala  o  Pascarietlo  Pettata. 

Cosi  veder  quel  ballo  alla  maltese, 

Ma  in  Napoli  da  noi  dotto  Sfessania, 

Donne  mie,  senza  spese 

Vi  guarireste  allor  febbre  o  ED  *). 

Eccovi,  dunque,  accanto  al  Pantalone,  d' importazione 
settentrionale,  un' intera   famiglia  di    personaggi    ! 

rj  Qiorn.  dell'Ossuua  (M».  Hit.l.  Ntu.  X.  B.  3t.  fui.  26.) 
I   UiovanihuUista  de!    Tufo  Ufi  .iti  Svolo    X\'l 

inoria  BOC.  <li  8dpiooe   Vi  N«[t.  t«M0.  —  Pag.  86. 


—  55  — 

totani:  Costello  l)  e  Past  nati  a  molto  nv- 

,  Gtancettf,  del  quale   «ncora  vive  il  nome  in  molti 

popolari,  Cùoar  NaoetUjla,  tipo,  sembra,  efimerOi 

-i  potrebbero  aggii  Mèc  Squagliarli, 

cornuto  eoe.,  i  cui  ritratti  sono 

•a  del  Callut.  Tra  i  quali  e'ò  audio 

>    dagli  enormi  occhiali  tondi;  o  c'è  quel  Mara- 

■imIi'  dal  ri«  -.  m  >  !•  •  d-:l  uomo,  so  non  dol- 

del  terribile  Fabrizio  Maramaldo1).]]  oalabn 

fa  rappresentato  dal  Gianguravlo,  bravaccio,  che,  invoco 

della  sma^  inquiete  amorose  del  Capitano,  ha  quella 

delle  conquiste  culinarie.  Un'immagine  lo  raffigura  eoa  un 

-lo  un  po' brigantesco  in  testa,  lunghissimo  naso, 

q  '>.  Produzione  della  fantasia  d'  un  ara- 

i  reno  la  vita  di  questo  o  gli  Bopravti- 

mdo  la  loro  maggiore  o  minore  importanza 

i  questo  tempo,  in  questa  zona,  nacque  l'im- 

m mortale  veramente  più  di  nome  che 

irattei-e,  tteri,  ne  ha  cambiati  tanfi! 


i  immaui  prodotta  in  M.  Sau<l.  Masques  et  Uouflbm 

|800-2j  I  QOflM  pìk  aulico  pare  foas« 

Q*vlk  datala  —  Il    Vocabolario  nap.  degli  .\>-e.  Filopatr.  vuoto  Coviello 
•*«Jkv.  te  la  forma  sarebbo 

•^(Ub  otti»  parola  jacov  ••rei/,-,  arte  liri,  aulirne. — 

^  Porcili  voL  XXVI.  |,  180.— Sai  napoletani  ab.  unrh,'  I 

■"*««:  Dell'  arte  i-apj/res.  premed.  e  airimproz.  Nap.  16TO.  P.  286  e  aeg. 
'jCfr.  intorno  al  Patearielto  Sand.  o.  e  II,  872-81. 
*)  [>e  Blaais  Fabrisio  Maramaldo  e  i  sui»  antenati.  Aron.  Si.  Noi»  '"■ 
il  ciL  Vocabolario  (p.  214)  prokmdu    elio    Maramao,  voce  ch«  si 
aai-h»  per  incoiar*  spavento  ai  CanciaUi,  iU  I o  sterno  del  monaeietlo 
h  fwatacnn   e  venga    da  jiapx:  /«•  mani'  e  (iaio  «reo.  arc/o  t/i  voglia 
«** 

i  In  rappresenta  la  fig.  12  dell'  Ui.ttoire  du  tkédtre  italien  .1.-1 
l**n*»ni  (Paris  1728)  — Cfr.  Sand.  o.  e.  I,  201  2,  fig.  14,  dol  1625.  — 
Taltnlu.  pawiara  alla  pari*  del   Padre.  Perrueci  0.  e.  P.  278. 


—  Rfi  — 

Pulcinella  tu  probabilmente  un  bullono  volgare,  forsi 
un  piacevole  contadino  d'Aoerra  <>  «li  GifTone,  capitato  ii 
citta*  H  suo  costumo  tradizionale]  il  camiciotto  <li  tela  biauca 
(la  mezza  maschere  neravieo  fuori moho  più  tardi;, 

Obfl  ne  (armino  Conginc.  I  omnia  l'elevarono  poi  agli  OBOI 
delle  scene.  ia  più  antiea,  olio  so  n'abbia,  è,  a  mia 

notizia,  uno  scenario  di  Giambattista  della  Porla  ,  degli 

ullinii  anni,   l'orse,  del  cinquecento  '). 

A  Napoli  si  facevano  allora  commedie  pubbl 
è  veri-  ette  si  facevano  che  il   1581  furono   |      I 
Bando  della  Gran  Corto  della  Vicaria  ,   pubblicato  il 
gennaio  1581,  ordinava  :  »»  a  tutto  e  qualsivoglia 

Bone che  da  oggi  in  avanti  non  ardiscano  né 

presumano  ofi  in  luoghi  pubblici  ed  &**. 

dinarii,  nò  fare  altri  giuochi,  nò  bagattelle,  sotto  la  pan 
la  prima  volta  di  once  25  e  d'un  mese  di  carcere,  la 
conda  volta  ili  quattro  tratti  di  corde  al  pubblico  agli  uo- 
mini ,  o  di  duo  anni  d'  esilio  da  questa  città  di  N. 
territorio  e  distretto  da  esigersi  irremissibilmente  conti 
dei  trasgressori.   Veruni,  so  alcuna  persona  volesse  fa 
fare  detti  giuoco!  e  bagattelle  o  recitar  detto  comedie 
egloghe  in  sua  casa,  se  le  permette  lo  possa  fare  e 

tare ».  Questa  proibizione  è  in  relazione,  sembra,  culla 

guerra  cho  a  Milano,  per  opera  di  S.  Carlo  Borromeo, 
o  a  Venezia,  si  faceva,  in  quegli  anni,  contro  i  comi 

Senonclie,  nel  1583,  Filippo  II  concedeva  alla  Real  Casa 
Incurabili  la  metà  delle  rendite  delle  comma 
l ■Iid ir,  che  si  facevano  in  Napoli.  —  Bisogna  sapere 
a  Madrid,  il  156Ò,  il  Re  aveva  disposto  che  i  cunei  noi 

')  Vedi  il  boi  lavoro  di  M.  Sdiciillo  Pulcinella  prima  <Ul  secolo  XJX 
ia  La  Commedia  dell'urte  in  Ila lia.  Torino.  Locarhor  1884,  p.  1- 

»)  Nuovi  ttkh*  del  Bugno  di  Napoli.  (Napoli 

IHUU  o  Mg  j    Tom,.  Vii!.  Titolo  C1AXX,  Ne  quid  in  loco  public 
l'r.  Vi  —  Cfr.  unu  lettera   pubbl.  ia  Scherillo,  o.  a  p.  iB7. 


—  57  — 


rappresentare  .se  non  oej  luoghi 
ilernite  (de  ttion  e  de  la  & 

gando  a  queste  un  diritto.  Intorni)  al  ir>s:s,  si 
ituo  pedala  generale  della  città  ty. 

C&Sfl  ''  animata  da  •  i ii. --ti  esempli, 

facend"  valere  le  sue  tristi  condizioni  economiclic.  <•!■ 

-iniilo  grazia.  Filippo  II  Bcnveva  il  &  dicembre 
ai  \'i  ■;■!  ■  Duca  d'Osanna:  «  Poi-  parto  de  eJguaoa  Napo>- 
Utanos  db  de  1"-  [ncurablea  desta  Ciudad  ,  me  ha 

io,  tuviendo  consideracion  a  quo  la  ne- 
aquella  Casa  cs  tanta,  quo,  bì  muchi 
socorrida  del  de  la  Anunciada,  no  tendria  n 
ra  poderla  supl  servido  mandar  que,  para  los 

tos  quo  alli  se  baz<  lique  la  mjtad  del  proveohOj 

que  se  repreeeotan  onesta 
ine  el  dicho  Ospitai  ponga  persona  6  pò 
quo  cobro  lo  que  assi  se  le  mendicare,  conforme  fi  I" 
Qspitales  so  hazo  on  la  villa  de  Madrid, 

adonde  reside  mi  rcal  Corte »  o  autorizzava  il  Vice) 

•  estendo  oegocio  •  .  di  far  <:ió  elio  p}\  pa- 

resse meglio.  Ma  non  fu  1'  Ossuna ,  eibbene  il  suo  suc- 
cessore <  Mirami. i.  che  il  12  settembre  1588,  dopo 

Casa,  die  ne  alla  i 

-La  Casa  degli  Incurabili  poteva  riscuo- 
tere la  metà  di  questi  utili,  o  dare  in  appalto  questa  ri- 
dente fece  '). 

S«  taluni  la  ni.  sau.«  don  te,  ltn  originai  dea  roprùMutationa  dramnti- 

fasi  «o  Espugna,  donaéaa  par  l'tklification  raligiuiuo  •  Ticknor.  o.  e.  voi.  Il, 

•  ilL  Pag.  L25-8  —  Sui  cortili  dati  in  Allo  Uà  quello  Confraternite  sor- 

•eroi  |  i.atri  di  Madrid  —  Cfr.  Riccardo  Sepulvoda.  FU  Corrai  <l<-  la 

Pihttù  ApunUs  /«ii  vi  //(  bistorta  del  teatro  etpaùol.  Madrid.  F.  Fé.  1888.— 

Aneto  in  altre  ritta,  come  a  Milano,  (cfr.  Cecchini.  Dieci  discorri  ecc. 

p«. at-ij,  •  Bologna  I  'atri  di  h  Bei.  1888,  pegg. 

3&»*l  or»  I'  u*o  ili  pagar  tributo  a  luoghi  pit,  monasteri,  «oc. 

*t  «Ugnati.  Teatro  della  carità  ùtorico,  legale,  mistico,  pottfco,  in  cui 


—  58  — 

Cosicché,  !•' eia  in  quel  tempo    tin  teatro  pubblico  di 
[io  ì  —  Il  Celano  dice  :  •<  £  da  sapersi  chi 
a  Napoli  un  teatro  la  li  lineato  a  od   il  Ho  vi 

aveva  una  parte  di  quello,  che  dai  Commedianti 
degnava.  Basendosi  rondato  l'Ospedale  degli  Incurabili, 
il  Pio  Monarca  Filippo  II  dono  questo  Jus  al  dotto  0 
dalo  nell'ai,  im  1888  per  aiuta  dei  poveri  infermi,  euu 
jus  non  solo  6  in  questo  luogo,  ma  iti  tutti  quelli,  d( 
si  rappresentano  commrdio  da  pubblici  istrioni,  che  n 
vi. ne.  pagamento  da  chi  vuole  ascoltarle.  ■  l).  E,  giacch 

•  subito  dopo  dio  questo  teatro  tu  nobilmente  <■ 
l'ito  dalla  casa  degli  Incurabili  e  ne  parla  come  se  fc 
lo  stesso  di  quello,  notissimo,  'li  San  Bartoloran 
questo  brano  si  dovrebbe  conchiudere,  corno  hanno  coi 
chiuso  vani  '•'),  ohe  il  teatro  «li  s.  Bartolome  èva 

1683,  Ma  il  Celano,  se  pur  voleva  dir  questo  | 

ti  <iiuw*lrano  le  operi'  tutte  della  Rcal  Sonia  Casa  degli  Incurabili. 
nexin.  MDCCXXVH.  Pftgg.  172-  3  —  In  una  Platea  dot  aoc  XVI, 
vata  noli"               i   I ^'l'Iucuivl'ili,  i    i \  ira  le  offgiuuto,  quanta  nota  sci  it 
.il   principio  (1,1  «m-oIo  sfguciiti- ;  «  Si  noia  coni                  :.i  fatta  a  qu« 
sunto  spedalo  dalla  Mausta  del  EU  Ktwtro  Caltkolico  Philippo  secondo  : 
è  donata  a  detto  Baerò  spedale  la  mila  ili  quello  che  perviene  dalle 
he  ai  recitano  in  questa  ritti  di  Scapoli»  33,   fr.  46.  - 
•..iitij  Du'.u  du  Obsuiiu,  allora  viceré  di  questo  Kui<uo.  q.le  Lro  R. 
si  conservano  originnlmcnte  Mll*  archivio  ili  quatta  S.ta  Casa  dentro  il 
maxaipiiiii  dilli  brevi  >,  om.  ecc.  «  In  virtù  della  qualo  prò»  Mono  queat 
S."  Casa  ai  ò  posla  in  poaacaaione  di  esigere  et  affittare  detta  miti  di  pc 
volili  di  coroodUi  e  già  molte  volli:  l'have  affittata »   fol  '.U!J  — 

Rlnflub)  l'ogr.  Conte  P.  Spinelli,  eli-  mi  pernia»  d'entrata  uall'ArchMa 

Incurabili,  a  il  Barone  de  Marini»,  segretario  della  Caia,  che  mi  fu 

cortese  d'aiuto  nelle  mio  ricer 

')  Celano.  Notisie  del  bello,  dell'antico,  del  curiato  eoe,  ed.   Chiarir 
IV.  340 

*)  Per  es.  dal  Chiarini  (IV,  343)  al ritmi  «  già  nel  1583  era  af 

al  pubblico  il  pili  nobil.'  latin  il  G    Bartolomeo  »  edal  Florimo,  O. 
V "I.  IV.  Cenni  sui  teatri  di  Napoli,  p.  7. 


—  59  — 


è  ri.  grammatica  non  si  è  sempre  sicuri!),  spa- 

iava. Il  teatro  -li  s.  Bartolomeo  Borea  un  pezzo  dopo, 
abbiamo  in  dota  certa.  Né  il  teatro, 
uni  tstevafindal  essere  stato 

latto  ■  >|  Filippo  II  non  costruiva  teatri;  e,  se 

>be  qualche  positiva  testimonianza» 

erroneo  clic  il  He  cedesse  una  parte 

del  redditi,  ohe  l'erario  cavava  dalle  commedie.  La  gran 

ione,  clic  sarebbe  stata!  Il  Re  concesse  all'Ospe 

gli  i     inabili  di  Napoli,  come  già  a  quello  di  Madrid, 

il  diritto  di  esigere  una  metà  dei  guadagni  dei  comnie- 

«lianti.  Nelle  carte  dell'Ospedale,  nei  libri  patrimoniali,  non 

appare  ali  Lesse  un  teatro  nel  86* 

\vi.  ma,  semplic  diritto  «li  prelevare 

la  mota  non  era  facilmente  determina- 

uiva  e  ti  a  coi  comici  per 

un  tanto  stabilito. 

Pr  la  lino  del  secolo,  c'era  a  Napoli  un  teatro 

pul  ch'era  posto,  dov'è  ora  la  Chiesa  di  S.  Gioì 

Quella  Chiesa,  alla  line  del  seicento,  si  chia- 
ra ora  San  Giorgio  alla  commedia  vecchia.  Il  Ce- 
la, lice  che  i  Genovesi,  nel  fare  la  loro  presente 
Ctùesfl  ita  il  1620,  «  si  comperarono  il  pubblico  I 
tro  per  le  commedie,  che  in  questo  luogo  se  ne  stava  »  ')• 
Se  non  che,  io  [tosso  anticipare  ancora  d'un  batto  que- 
sta .1  ese  aveva  un  piccolo  orato  - 
ni.-!  la  Nova  i  Essendo  questo  troppo 
angli-  numero  crescente  dei  Genovesi,  che  venivano 
[ioli ,  il  1595  la  Nazione  chiuse  al  Papa  di  poterlo 
fonare  e  vende  lo,  e  zzo  ricavato  e  con  offerte 

-a  più  grande:  il  che  fu  con- 

i  iv.  m 

ne  dei  luoghi  «ieri  della  città  di  Napoli  ecc. 
V  ISO),  fot.  50.  _  DI,     Rio.  Nap.  sacra.  Pag.  482-3. 


—  (>0  — 

ceduto  da  ima  iella  di  Clemente  Vili.  Ma  intanto  già 
Nazione  aveva  comprato  altro  suolo,  e  precisarne* 

pubblico  teatro  detto  della  ( 
<iucaii  -I7in>;  e  poi,  nel  16(X>  e  1807,  i  ensuò  alcune  case  d 
s.  Martino,  e  su  tutto  1'  insieme  di  questi  suoli  fece  adì 

on  disegni)  di  Bartolommeo  Picchietti,  la  nuova  chiesa 
magi  arem  a  fundainentis  ,  ■  •  ita  il  1620  '). 

Può  domandarsi  anche»  se  esisteva  già  il  Teatro,  d 
dei  Fiorentini  o  di  San  Giovanni  dei  Fiorentini,  dalla 
vicina    chiesa    di  questo    nome.    Questo    teatro    si 
edificato  pei  commedianti  spagnuoli, ohe  venivano  a  Na- 
|Miii,  e  quindi  nel  seicento,  anzi,  proprio,  nel  li>52,  di 
Conte  d"  Oiìatte  *).  Ma  la  \erita  è  che  ai  prii 

anni  del  seicento.  In  una  relazione  del  1640  dell'Udii 
dell1  Esercita  per  una  questione  io  i  lariis 

liltuiu-ii  <li  i|iiel  L'atro,  m  parla,  traili  altri  (itti  ani  ti, 

di  quello  del  1018  3).  Credo  che  esso  sorgesse  in  sosti- 
lu/ionu  del  \<ti'Ìiìm  abbattuto;  tanto  è  vero,  che,  in  una 
pianta  del  seicento,  la  strada  dietro  la  chiosa  di  S.  Gior- 
gio é  detta  della  commedia  vecchia,  e  quella  innanzi 
ila  commedia  nuoca.  1  proprietarii  pagavi 
un  censo,  noi  suolo,  al  convento  di  San  Pietro  Martire 


l)  Dtbbo  queste  notizie,  cavate  ila  antichi  titoli  «  meni" 
corti  >  ■    i'  li ■  chiesa  di  S.  Giorgio,  Duca  di  Castellai 

F.  da  Muri. 

*)  Celano  od.  cit.  IV,  351.  Chiarini  ivi,  352.  Florimo   . 

>)  Balu     I  in  ,i.  c„m.  D.  Antonio   Navarrete  del  0  nov.  1640.  h 
di  Stato,  Carte  diverse  del  gov.  de'  viceré.  Fasdo  W3. — Il  eh.  prof.  A  ma- 
ini   «libd  la  bontà  d'indicarmi  ({limbi,  importantissima,  a  varici  altra  cai 
dall'  archivio  di  Sialo,  riguardanti  rose  teatrali. 

irte  dei  monai-h  ri    n,  i  ;  .li  stato.  Voi.  784,  tra  qnelle 

Pietro  Martire  1  «  IV.  H-l.  dt  —  Ecco  intorno  al  teatro  dai  i 
lini  nn  istruttivo  perioleltn  •  t  i  Curio  TitoDolhono  :  «  Ali  l'entro 

S.  Giorgio  dei  Genove*  (sic!),  ed  altri,  che  si  lacerano  prorvaoriaino nu- 
di lagno  e  pencavan  sempre  nelle  forme  comiche  di  verbosa  scurrilità 


-  fil  — 

Questi  teatri,  a  ogni  mei!  dovevail  -niente 

olio  splendido  ;  ed  eocene  una  pi-uova.  Il  Summon- 
i  la  sua  storia  al  tempo  del  Vie  .-re  Mi- 
randa (1580-1595).!',  a  un  punti»  dal  primo  volume,  tra 
ragono  tra  la  Napoli  antica  e  moderna.  Allora  c'erano 
ii,  ed  ora  gli  studii  nel  cortile  ili  S.  Domenico, 
i  ci    i  teatri , 

anche  faim  izii  ginnastici,  e  ora  a  in  luogo 

li   i  reatri,  vi  sono  :  la  Piazza  di 

irtx  quella  dell'  Incoronata,  oi  il  Largo  detto  di 

0  a  punto  a  questo  effetto,  per  raj  i 

i  simili  giuochi,  per  eserciti]  di  Cavalieri (  a  manto- 
in  festa  il  j  me  nota  l'epitaffio  postovi  da 
line  del  |  Conte  di 
liranda  b  '>•  —  Come  si  vede,  il  Summonte  trascura  di 

1  primo  membro  del  suo  paragona.  3.  Gio- 
ranm  l' Incoronata,  S.  Luigi  di  Palazzi. 

•    luoghi   dove  si  facovano  giostro,  tonici,  giù 
arine,  giuochi  di  tori  ').  Non  parla   di  teatri  propri!, 
ano  una  quantità,  o  meglio,  una  qualità  trascura- 
la un  rozzo  palco,  a  dei  gradini,  o 
quelli   di  Madrid  :  dove 
ggerirono  l'idea  dei  palchetti  );  ecco  tutto. 


detto  j>oi  dei  Fiorentini,  più  casto,  più  ooblla,  più    moda- 
iato  qìuintlo  fi  comincia  a  recitare  da  italiani....  ». 
K  quota  •  la  più  growia  !  Si  chiamava  dai  Finivutiiii ,  puivlie  edificato 
P"i  lontano  dalla  chiesa  di  S.  Giovanni  dai  Fiorentini  1  E  il  teatro,  più 
«*•  p  igni-*  Italiane,  servirà  per  le  «pagnuolo!  —  Cfr.  JV 

GtaU  4*  Napoli  e  dintorni  —  0.'  ed.  Nap.  1881.  —  Pag. 
...  ■.     .  i.  cap.  IV.  (Voi.  I.  pag.  b7-8). 
•lUlv  egli  alluda,  posta   poi  al  muro   del  Palano   Reale, 

***  I»  «Ut*  del  lóflOe  parlava  dell'a/va  apparecchiata  7»"  Mi 

■antmf  uè  tptclacults  si,  tqut  Kabercl.  Cfr.  Par  ri  no.  Tea- 

••«roiu.  e  politico,  ed  1091-4.-1,  306-0. 
ì  I.  Sepulveda,  Tirkuor,  opp  e. 


—  68  — 

Di  teatri,  monumenti  artìstici,  oc  n'era  appena  qualcuno 

allóra   In  Italia;  c'era  \'  Olimpico  di  Vicenza,  fatto  s 
disegni  del  Palladio. 

Ma  nelle  umili  case  della  commedia  comparvero  att< 
geniali   e  nacquero    tipi  artìstici,  che  fecero   poi    il  giro 

del  Biondo.  Come  ho  già  accennato,  non  si  nanne ti» 

certo  che  venissero  a  Napoli  quelle  compagnie  di  prim'or- 
dine  dei  Gelosi,  dei  Confidanti,  dogli  Uniti,  dei  I) 
dagli  Accesi,  che  si  formarono  nell'alta  Italia,  e  passarono 
anche  le  Alpi.  Chi   sa  se  Napoli  vide  mai  quei  i 
amorosi,  quelle  prime  donne,  servette,  dot t- ni.  r.-ipitanij 
quei  FUsoii,  Lelii,  Capitani  Spaccato,  Isabelle,  France- 
sine, Arlecchini,  che  la  storia  chiama  Flaminio  S 
Francesco  e  Isabella  Andreini,  Silvia  Roncagli,  Giulio  Pa- 
squali ?  Do  momento  mi  parve  d'avere  in  mano  lo  provo 
della   venuta  in  Napoli  d'Isabella  Andreini.  Infatti,  no 

'  poesie;  del  Marino,  ci  sono  due  sonetti  :  Per  lo 
(jnora  Isabella  Aialreini,  mentre  recitava  una  trag 

Caggia  il  gran  velo  oosaj;  voggiasi  intorno 
Dar  bolla  donna  altrui  diletto  e  pena, 
Chfi  in  su   In  nera  Q  luminosa  scena 
Faccia  a  Venero,  a  Palla,  invidia  e  scorno! 


A  sì  dolco  spettacolo  giocondo 
Dian  le  sfere  armonia,  lume  le  stetle, 
Sia  spettatore  il  ciel,  teatro  il  mondo!  'k 

Ma,  pensandoci  meglio,  mi  accorsi  cheli  Marino  poi 
anche  vederla  altrove,  tra  il  1600  e  1602,   nello  sue  j>t 

')  La  lira.  Rime  del  cac.  Morino,  ecc.  Venati*   [675  ,  pagr.  10.  A 
noli*  '  I  «pigramma  per  lanbetU  Andreini  (.?<t.  Venezia  1636, 

p.  287).  E  con  uu  sonetto  ne  pianse  la  morte.  (Cfr.  Lrttcrr  ifl.    i 
nexia  1612).— Un  capitoletto  intorno  alla  Andróni  è  negli:  Illa 
mulierum  et  illuttrium  litUrris   tirorum  elogia  a  Julia   Cattar*  Oa§ 
rio  eoe.  ecc.  Nespoli,  opini  Io.  Focobum  ot  Gonstantinum  Vitnlera.  U 
Pag.  206. 


—  83  — 

iasioni  per  l'Italia,  quando  Isabella  Amir-im i  ani 

partita  ancora,  t'ultima  volta,  per  la  Fi 
«n'è   noto.,  a  Lione,   il  1604.—  \  ho  la  storia 

lagoia  dei  Gelosi  non  è  cosi  scevra  di  lacune 

che  DOS  ^to  da  collocarvi  una  venuta  a  Na- 

ti. Anzi  Francesco  Battoli  accenna  faggevofaneoto  :i  un 

■  -Lini,  ch'era  de'  Gelosi  e  che,  poco  prima  dal  U 
trovava-  tei  regno  di  Napoli  vagando  ■  *), 

i-  fondamento  si  può  fare  di  un  accenno  cosi  ;mi- 
tguo? 

ce  le  sue  prime  armi  quel  Fabrizio  de  For- 
nnris,  che,  divenuto  celebre  sui  teatri  col  nome  di  Cnj 

■■dritto,  andò  in  Francia  nel  1584  colla  compagnia 
tei  <  Parigi  stampò  la  commedia  l'Angelica, 

da  lui  scritta  sullo  scenario  che  gli  aveva  regalato  un  geQ- 
luou  tetano.  Mori  nel  1037  -).  Il  Capitan  Cocco- 

drillo, vai -roso  e  millantatore,  si  fingeva  e  parlava  spa- 
gnuotu. — Un  altro  comico  napoletano  di  quei  tempi  fu  Aiutilo 

i  col  nome  di  Dottor  Spaccasti 
nolo,  a  Granosissimo  comico  fu  costui,  il  quale  fioriva  in- 
l 'al  Regno  di  Napoli,  dove  per  qualcli 

uà  comic»  professional  passò  egli  in 
Lombardia,  e  quindi  in    Firenze,  in  Bologna,  in  Yui'vi.i, 
lo  altre  prime  citta  fecesi  conoscere  per  un  gran  com- 
*Q«diantt'  ìo  nei  lazzi,  pronto  neOe  risposte,  lepido 

i  faceto,  e  sopra  ogni  altra  cosa,  infinitamente  studioso, 


-«ili.  Notitie  «otto  Bruni  toI.  I.  Per  la  «tona  teatrale   del  500 

W  rArrhivio  di  Stato  di  Napoli  una   offro,  ti  può  dir,    nuli».  Tali 

Ma  «ratio ,  se  mai.  nelle  carte  privato  dei  Virane,  che  le  portavano 

nel  la»  ;uo,  invece,  «la  Curio  111  iu  poi,  collo 

■Wirn  di  una  corte  principesca  con  relativi  teatri  propriL 

t.  Battoli,  Noi.  I,  230-2.  —  Fi  rome.  Ad.  Bartoli.  Serti,  itud. 

Toru,  1880.  —  Prof.  CLXIX.  — Cfr.  M.  Sand.  o.  e.  I.  i«>-6. 


—  64  — 

i  una  somma  riputazione  e  fu  tenuto  in  cono 
'I  uomo   veramenlo  negli  studii  fondato  o  pieno  di  u 

-.■dizioni.  »  ')  —  Un  altro,  nativo  «li  Bitonto,  in 
(ììmv.mi   Donato    Lombali  1"    dotto  il   Bitontino.   Co»! 
lettera!-,  come  tanti  altri,  stampò  una  commedia:  Il  For- 
tunata Amante.  (Messina,   1589),  e  mi  libro  di  l'ini 
i      commedie  erano  allora  prece- 1*  da  prolo- 

ghi, brevi  cicalati!,  di  materia  svariatissima,  e  anche  lou- 
i.iui.-siiua,  nella -juale  si  tiiiiva  sempre  per  trovare  un'ap- 
plic.i/i-'iic  alla  recita,  eh' era  per  farsi.  Quelli  del  BilotH 
lino  trattano,  per  esempio,  del  Tempo,  dell'  Eco 
dell1  uomo,  della  vanità,  d'  Eraclito  e  di  Democrii 
■  dell'  argomento   comico,  dei  favoloso   numero   terna, 
\ecc.  ecc.  ecc.  In  un   prologo  In  lode  di  A 
Cfci  r  altro:  o  I  virtuosi  giovaui  si  esercitano  di  conti n 
in  maneggiar  cavalli  ,  in  giostrare,  in  rt  >he, 

in  comedic  et  in  varii  virtuosi  esercisti  di  musica  et 
balli.**)  —  Un  Guglielmo  Potili-,  napoletano  erane]  1567 
tra  i  capi  di  mia  compagnia  comica,  clic  si  formò  a  Go- 
ti-iva.  ')  —  Lazzi  Napoletani  <  ti  lombardi:  di. 
il  proverbio  in  corso,  consacrando  cosi  la  specialità  degli 
artisti  napoletani  i). 

Il  più  grande  degli  attori  napoletani ,  il  più  illustre  in- 


')  F.  Uartoli  ivi  II,  848-4   l'ubbia*  il   1610  a  Bologna:   t'mttartich* 
ridkolose  etimologi:  recitate  in  commedia  da  Anùllu  Saldano  detto  Sp 
castrummoio  napolitano.  —  Ed  nuche  il  prologo:    La  fondazione  e  ori- 
gine di  Bologna  Cavata  dalle  tue  etimologie. 

*)  Nuovo  Prato  di  Prologhi  di  Giovan  Donato  Lombardo  Bitontino  con 
ita  ii  nuovi  et  varii  prologhi  dell'aleuto  autore.  Opera  diteti 
ijuai  narra  molte  curiosità  antichi:,  ove  s'intende  li  nomi  di  tutte  le  genti 
ch'era  in  quel  tempo.  In  Venetia  MDCXXVIM.  Appreso  to.  Iinl.orli.— 
È  la  3"  ed.  — Cfr.  F.  Battoli,  ivi.   i,  301-4. 

*)  Prol.  X. 

')  A.  d'Ancona.  Il  teatro  mantovano.  1.  e.  VI.  3C. 


—  65  — 


tore  di  tipi,  fu  Silvio  Fiorillo,  elio  creò  il  Capitan  Ma- 
oros ,  mnro«aa  -  mori ,  e  dette  il  primo  impulso  alla 
;  'li  Pulcinella.  Il  Perrucci  dico  addirittura  che 
•■'/  Pulcinella  ').  Tra  le  sue  opere  co  uè  una  fo- 
nt oL-ua:  La   ì  te  con  le  ridicole  disfide  e. 
di  Pulcinella  (  Milano  1632  )  8). — «  Per  fare  il 
OapHano  Spagnuoio  —  dice  il  Cecchini  —  non  ha  avolo 
•  hi  lo  avanzi  et  forse  pochi  che  lo  agguaglino.  »  Quanto 
al  Pulcinella,  ora  un  buffone,  o  meglio,  un  nome  di  com- 
media, come  tanti  ali:  i,  elio  non  aveva  acquistalo  un  con- 
tenuto, più  o  meno  fisso,  ionio  avvenne  solo  più  t 

U  Fiorillo  trascorse  in  patria  tutta  la  prima  parte  della 
su  poli  il  1584,  v'era  il  1509  e  1G00,  quando 

chiamato  a  Mantova,  non  potè  recarvisi,  perché  malato 
Faceva  il  direttore  di  una  compagnia  comica,  com 
paro  dal  seguente  documento. 

In  una  Platea  del  Secolo  XVI  della  Real  Casa  degli 

i.   in  una  nota  aggiunta  del  principio  del  secolo 

XVU.  fatta  la  storia  della  concessione  avuta  da  Filippo  11, 

a  In  virtù  «lilla  quale  provisiono  qucsl 
Casa  si  è  posta  in  possessione  di  esigere  et  affittare  detta 
miti  liti  di  comedie  e  già  molte  volto  1'  have  af- 

fittala a  Giulio   Cesare  Laudi  li  elio ,  a  Carlo  Fred 

lo,  a  Bar.°  Zito,  et  An\b°  bon'  Uomo,  ad 
Agostino  Veìasquet ,  a  Natale  Consaloo,  et  altri  in  di- 
»wsi  tempi,  come  nelli  libri  maggiori  si  nota  »  «). 

nitri,  o.  e.  p.  293. 

^fioriate  «oche  molta  altro  opera  P.  Rai-tuli.  Notila occ.  1,  223-0  — 
•^MtMM  Civico  Principo  Filangieri  è  una  masehtru,  «uppo«tA  <M  l'ul- 
«■*•  fiorìlliano.  -  (Coiaio  1 388,  p.  238). 

*ì  k.  Battoli.  Sanarti  ecc.  Pi-cf.  p.  asa  —  D'Ancona  (Il  teatro  man- 
**•*»>««.  VI,  350-1);  dove  sono  riportate  ale  iu»ni*critleda 

KapU.  And6  poi  a  Mantova  il  1616  o  v>  ara  ancora  il  1(121  —  M.  Santi. 

ira. 

*>  Aldi,  dagli  Incurabili.    Platea  cil.  fot.  34D. 


—  IH)  — 

Abbiamo  qui  una  lista  dei  capicomici  napoletani  dal  I 

in  poi.  —  I  due  primi,  il  LauditieU  i  ■•  il  Ffodi,  non 
noti  per  nitri  documenti.  —  Il  terzo  è  il  nomi;  glori 
del  Capitan  Matamoroe. —  buon'edizione  napoletana  del 
1608  del  La  ('titillando..  Egloga  in  Napolitano,  e  to- 
scana lingua  di  Silaio  Fiorillo  '),  sul  frontespizio  é  H- 
>  col  suo  costume  teatrale.  Piuttosto  pingue,  volto 
pieno  ili  gravita,  pizzo  o  baffi,  cappello  piumato  io  i 

ire  a  lattuga,  con  la  sinistro  solleva  un  gran  manto, 
nel  quale  é  impacciata  il  fodero   «Iella  spada,  colla  d, 
icnpuuiia  la  spada.  Ha  un  piede  innanzi  in  atteggiameolo 
da  schermitore.  E  c'ò  poi  in  ottavo  alternate  spagouole 
italiane:  El  retrata  ■  itan  Mattam 

Al  quo  daara  aaber  quion  fui*,  cn  ol  mando  , 

Y  or,  ol  mas  tremendo  y  valoroso 

Capitan,  sin  ygual  Marte  segundo, 

Enonn'go  del  ocio,  y  del  roposo, 

1 1,  que   lui/ e    il  |TO  profanili  > 

nblar  Pluton  y  osuir  uempM  p 
Quo  al  Inflerno  do  baxa  y  apague  li» 
Con  Eolico  soplo  aquel  gran  luogo, 

Se  'I  saggio  Apollo  vorrà  in  me. 

In  breve  spatio  io  gli  diro  citi  sia 
Questi  di  guerra  gran  maestro  e  d'ami. >, 
Terror  d'Imperi  e  d'ogni  tttooarohia. 


È  il  capitan  Mattamoros  ! 

A  quel  ter  ri  bl  e  y  furioso 
Ter  remote  del  Ayre  y  de  la  Tierra, 
Que  puede  desbneer.  desini  ver  luogo 
El  eie),  con  la  mar,  la  tierra  y  el  fuego  ! 

')  lu  Napoli,  per  Tarquiniu  Longo  tiXw  —  K  dedicata  a  I>.  A.B 

i  a  ili  Gravina.  Varii  eoaotti  aU'uutoru  'li  Antonio  Carnevala, 
di  Kabntii)  Cimano,  .li  Daniele  Geoftlo  ficcigftllù,  iti  Salvatore  Starano  i 


-•» 


—  67  — 

agilità,  descrivendo  meravigli. 

Pues  solamente  «1  otro  dm,  queriendo 
Calcaree  sus  Uotillas,  àiù  80  el  suelo 
Si  gran  patada  y  de  valor  tremendo, 
Que  rebombó  basta  al  mas  alio  cielo, 
Y  en  el  profondo,  quo  Pluton,  creyondo 
Que  se  gondiesse  el  mundo,  presto  a  buclo 
Suino  en  hi  tierra  y  le  rogò  quo  tanto 
No  diesse  al  centro  terremoto  y  espanto  I 

Iiar.°  Zito  ó  Biirtolommeo  Zito,  noto  scrittore  dialettale 
"apoletano  ,  autore  sotto  il  nome  di   Tardaciiio ,  di  un 
"Otto  e  curioso  contento  alla  Vaiassi'.idc  del  Cortese,  pub- 
tlo  il  1628.   Le  altre  sue  opere,  tutte  drammatiche, 
^Ostarono  inedite.  Brano:  //  Corrado  ,  o  cero  la  presa 
&  Napoli,  Lti  crudeltà  di  Medea,  cavata  da]  Dolco;  La 
Gerusalemme  libera  rtpresentasione  drammatica, 

1,1  tre  giornate,  la  Lucretia  Romana,  il  Polifemo ,  la 
J*uz;ia  aTOrlando  ').  —  Nelcomento  alla  Vaiasseide,  ac- 
cenna a  un  punto  al  nome  u"  un  comico,  che  forse 
partenne  alla  sua  compagnia,  e  del  quale  riferisce  mi  detto 
burlesco:  a  Gian  Gregorio  d'  Auriemma —  egli  dice  — 
■  ■,  b,  Pa&cariello  a  la  Commedia,  soleva 
•jea  se  fosso  stato  a  tiempo  nuostre  noti  averria 
ilo  le  culonne  d'  Ercole  ncuollo  pò  fi  all'  ultema  paile 
de  Spagna;  ma  s' averria  puosto  no  pignato  mmaretatj 
ululano  de  la  deritta,  e  na  Goglia  potrita  (olla  podrida) 
»  la  spagnola  de  la  senistra ,  e  elicile  portannole  pe  lo 
luto  d'icore  co  cchiù  raggione:  Non  / 


')  AHiod,  Drammntwii*t  —  V~li  prima  edix.  (Roma  IfiTiA),  dov«  parla 
^h  op«r*  li  n-ii  autori,  p.  583. 

p.  M-5, 


—  re- 
cai] lui  ò  nominato,  come  socio,  Ambrogio  Buono 
Faceva  da  Covietlo.  Erano  attori  del  volgo,  dice  il  Fui- 
doro ,  vani  anni  dopo,  parlando  di  lui  e  dèi  Pulcinelli 

Andrea  Ciuccio;  ma  di  tale  voga,  di  tale  concorso  ,  chi 
inni  poteva  venire  e  rostare  a  Napoli  una  Conoersasìont 
(compagnia)  forestiera,  se  non  li  accoglieva  tra  »  loro  >) 
Agostino  Velasquez  6  ignoto.  Sarà  stato,  a  giudicarne 
dai  nome,  dei  primi  oom  'i  spagnuoli  venuti  a 

poli.  —  Natnl.i  Consalvo  e  nominato  in  uno  dei  Libri 
maggiori:  Che  si  conservano,  «lugli  Incurabili,  1613-lGlO,  a 
Col.  580,  con  questa  nota:  «Natale  Consalvo  detto  Mudammo 
Diana  e  Verlolinn  in  Commedia.  »>  E  a  fol.  534  sta  ao 
tato  un  pagamento  da  lui  fatto  di  Due.  1 10.  cari.  3.  gr.  6 
Vèrtolino  è,  per  quanto  io  sappia,  una  maschera  igni 
Madama  Diana  era  la  fantesca  vecchia,  quella  che  i  Fio- 
rentini chiamavano  Pasr/ueUa  ;  una  di  «mello  donne  ca- 
riche d'anni,  che  si  lisciano,  s'imbollettuth. ,  don< 
ancor  giovani  ;!).  Tanto  lui,  quanto  i  precedenti,  furom 
tutti  capicomi'-i  e  tennero  l' appalto  dal  teatro  pi  m 
KJUi.   Dal   1616  si  trova   un'  altra   serie  di  n 

Pulcinella  era  entrato  in  canino.  Le  (arse  cavatole,  qui 

sparite  dagli  usi  del  volgo.  Lo  stesso  Bartolommeo  Zito, 
nel  descrivere  lo  costumanze  nuziali  napoletane,  di 
j >riesso  lo  juorno  che  li  zite  se  vanno  a  uguadiare,  e  tor 
nato  a  la  casa  vene  li  pariante,  e  l'amicc  eco  li 

vottafuoco,  lo  sìsl anello  e  l'arca,  se  mettono  a  ballare  e, 

ballato  che  hanno,  verino  a  la  lecenziata,  se  spensi D 

COOfiette  e  le  ccose  doce,  e  quarche  rota  se  /ice  fa  fjuar- 
l'arsa  Cacaiola.  Clicsta  seiorta  do  composizione  eje 


')  Fuidoro  noi*  al  Bnofli  MS.   Uil.l.   Nu.  X.  H,  60    —  i«\.  ir  I 
*)   Yerlotina  in  dialult»  nni-oletano  significa  una  sciolina  bastooMuf 
*)  A.  iVrrucci.  dine  rappreventaliva  meditata  e  all' intprotr.  * 
1009,  p.  3fr7. 


—  60  — 

.irlo  a  le  commeddie  atellane,  perché  Don  hanno  ne- 
sciuna  forma  ile  rappresentazione  drammaieche;  né  tam- 
ponno  assomigliare  .'i  li  poemnie  antiche!  cchiù 
je  na  certa  spezio  de  satera,  pe  chesto  creo 
non  s'  ausano  cchiù  »  ')• 
Questa  nota  illustra  un  brano  del  poema  del  Cortese, 
il  padrone  promette  cosi  alla  sua  serva,  afflitta  che 
non  si  fa  pel  suo  matrimonio: 

te  voglio  con ten taro 
E  foraggio  rao  mo  foste  de  truono 
E  no  schiuo  de  farenco  abballare 
Cìento  cascarde  a  tiempo  do  lo  suono; 
Ma  na  farza  purzi  farraggio  fare, 
Na  mpertecata  do  no  mastro  buoni i, 
Forzo  d'  Ercole,  e  po'  li  mattaccino, 
E  tuinetamice  tutte  li  vicino  *). 


li.   il  ella   Porta  e  il  dramma  erudito 

fu  rappresentata  per  la  prima  volta,  in- 

e  di  Miranda  e  alla  «  maggior  pi 

■ri  e  della  nobiltà  di  questo  Elegno,.. .da  vir- 

iì  »,  Y  Oli  commedia  di  Giambat- 

irta.  Il  Prologo  cominciava:  «  Eccellentissimo 

ne  gentildonne  e  voi,  generosissimi 

Spect  :  -  .  tratti  dalla  fama  della  bellezza  d'Olimpia, 

«ro  degno  apparato,  con  grato  silenzio  e  con  benigna 
Udo   questa  sua  venuta  ,  eccola 

Ella    non    pensava  di  aver  a  comparire  fra 

cerchi  di  si  ampio  teatro,  né  fra  si  gran  numero  di 


'I  E4.  P  156 

^Cortese   Vaiai»" 


—  70  — 

nobilissimi  spirti,  di  peraODB  di  lauta  autorità,  uè  di  troppo 

severi  e  .scrupolosi  giudici  ili  bellezze  di  donne. ...»  ') 

Piacque  moltissimo.   Un   poeta  del  tempo  scrisse  di 

questa  recita: 

Clausa  jacebant  humi  circuir»  Risusquc  Iocusqua 
Lugebant  triste»  Scoena  decora  Patrum. 

Prodiit  at  post-iumu  sublimi*  Olympia  Portae 
Stai,  patet,  et  laetis  additur  alma  Venus. 

Speclatum  admissi  cives  modo  plaudite.  Plautum 
Reddidit  on  tandem  blanda  Talia  suum.  *) 

Pompeo  Barbarlo,  dedicandola  a  Don  Giuli'»  Gesualdo, 
loda  cnsiui,  che  non  ha  a  per  le  sannesrhe  e  disoneste 
dir  si  fanno  all'  improvviso  (come  han  quasi  gran  pf 
di  quelli  eli'  io  conosco),  perso  il  -;usto  delle  comedie 
gravi  et  arteficiose,  »  e  s'augura,  inoltre,  che  1'  Olimpia 
«  darà  anima  a  belli  Ingegni  di  rinnovare  lo  stilo  antico.  » 
Queste  parole  ci  confermano  il  fiorire  a  Napoli  della  com- 
media doli'  arto,  e  ci  affermano  1'  opposizione  ,  contro  il 
gusto  dei  molti,  dei  pochi,  amanti  dello  stile  antica. 

(  Kambattista  della  Porta  fu  il  grande  commediografo  na- 
poletano ,  della  seconda  metà   del  cinquecento  ').  —  Le 

')  L'  Olimpia  Vomedia  tiri  tignar  'i.nvambattata  Arila  Porta  Nnptt- 
lirtano.  Ih  Napoli  appruWO  lloraiio  Sulviaai  1589 — La  ded.*  è  di  Pom- 
peo Barbarito  ,  in  data  del  15  agosto  1580,  Vi  ai  dico  cho  l'u  falla  nei 
suoi  (dell'autore)  primi  anni  —  Es.  alla  Bini,  dei  (foratami  m 

•)  Innanzi  alla  I'iitclopf  trittjtrMnmedia.  In  Sajiolì  appresso  gli  heredt 
di  ifattio  Cancer.  hdxci  —  Bibl.  Brancncciana. 

■'j  11  Porta  volle  far  tempre  credere  cho  le  commedie  erano  stati  scherzi 
della  sua  gioventù,  ai  quali  non  dava  nessuna  importanza  (  V.  prologhi  delle 
com.).  Un  suo  editore  dice  che  il  Porta  ;  <  per  sollevarsi  alle  volle  dai 
più  gravi  componimenti  ti  ritirava  nei  giorni  più  caldi  e  noiosi  del  In 
«alate  in  uiia  sua  aiucniwiina  villa,  dovu  porche  egli  non  sapeva  vivere 
nell'ozio,  si  tratteneva  Bpiegando  i  suoi  morali  pensieri  con  rappresen- 
ta re  nei  componimenti  comici  e  tragici  1'  intricato  altioni  dell'  umana 
vita  con  tanta  facilità  e  ftlidtÉ  d'ingegno »  (vedi  Dedica  di  A. 


—  71  — 

mmcdie  «lei  Porta  sono  ani  mmedio  latine1,  solo 

rado,  in  alcuna,  si  sciite,  come  una    risonanza   d' 

fel|>i  ,  d'alili  Costumi,  ti"  sii  i  Ma.  DOflO- 
ntc  l'i»                       hanno  un'impronta  e  dai  pregi 
lutti  proprii.  l  nodi,  I            ioni,  i  caratteri  «Iella  com- 
mi                            i -ii -reati,  fecondati  nella  I  Ioli' au- 
re. Tutto  si   riscalda,   si    EoodD,   SÌ   riiii|iast.i;    la  comme- 
dia vieu  tu.  ai  lrauca,  spigliata,  vivace.  1/  intrigo  e  quasi 
sempre  dal  solito  stampo:  un  gì            osa  una  giovane, 
la  loro  unione  é  avversata  da  qualche  ostacolo  (il  pa- 
lre,  un  rivale  ecc.  )  ;  I'  ostacolo  si  vinco  per  I'  opera  dal 
irassita,  e  un  riconoscimento  (inalo  (reso 
rapimento  dei  Turchi  '-'')  >  la 
questo  intrigo  si  avvolge  o  svolge  mi- 
ral»ilniontc  :  l'azione  lira  dritto,  senza  scene  superflue, 
sena  ristagni.  Il  dialogo  e  chiaro,  reciso,  senza  pretensio- 
ni d'eli i«jueii/a  e  di  declamaci ■.  Gl'innamorati  parlano, 

oppa  arguzia  e  concetti,  ma  far  parlare  diver- 
innamorati   da   comedia!  Il  Porta  ci  ha  mi 

l 'tlltO.  — 


*tU  tirila  (i  i-»t4ima,  Hftlltt  Tabernari*.  Ronci^liono  1016). 

U  pruu  eommwlb  a  *u»mpa  è  L' Olimpia    1589),  li  Quadrio  (a  '••  HI» 
%éU  ■,  In   Nqpoii  per   Lttcretio   Nuoci  1584;  ma  *!•:■■■ 

teatro  dot  Porla  cfr.  duo  nrlicoli  del  Fiuivntiiu.  DI  I 
S.  Ili,  1880,  W— 118,  329— 343, 
■  tanno  tarli  ti  rlnli  l [irr- 

"a*r:  :io  lsf7:i).  —  Quando  non 

*L  lai  Mr*o  dtlU  ■  delle»  coiuedie  del  l'orla  fatta  da  G.  Muzio. 

')  Cini  ^iia  Sortita,  noi  dut  Protetti  ricali,  nel  Mòro,  che  appartengono 
1  T*'  (fruji|»ii,  [■•  i    ili  eoramodii   roma  1  ■  iim  del  500. 

fi  ipu!.-  ••  .li  Sforza  dogli  Oddi. 

.*.  (A.  1.  S.   1)  la  mudiv  racconta:  «  Thvodosio, 

i 
»*Ub»Po«il:;  tto  da  una  galeotta  di  Turchi  ►. 


—  72  — 

Alla  coppia   unica,  doppia,  tripla  d'innamorati  e  neces- 
sario accompagnamento  la  coppia  plautina  «lui  Capitario 

I  J'tunssifu:  il  Capitano,  eh*  è  Pantaleone,  V 
Ionio,  Trasimaco,  Gorgoleone,  Dragoleono,  Danti?,  ae 
Parassiti,  eh'  ó  Lardone,  Panfago,  Gulone,  Mastica,  Fa- 
gone,  Lupo,  Ventraccio  ecc.  Chiave  dell'azione  sono  gli 
astutissimi  servi:  Cappio,  Trappola,  Truffa,  Capestro,  For- 
ca ecc.  ')  Un  altro  personaggi",  ohe  apparisce  audio  coma 
tipi,  fisso,  ma  più  «li  rado,  é  il  Pedante:  Proto- 1 
N:irti«-<>ioi<. ,  o  stadie,  fai!  >.   per  lo  più,  alle  burle 

del  paggio  <>  dui  ratjazzo. 

Il  parassita  e  il  lirici,  della  «ola.  Sono  straordinarie  le 
espressioni,  ohe  sa  trovare,  por  effondere  la  forza 

derfi,  la  pianezza  delle  sue  gioie.  Leceardo,  per  dime 
una,  ohe  ra  in  prigione,  parla  cosi  ai  birri:  «  Avend  -  En 
a  morire  strangolato,  ponetemi  di  grazia  un  fegatello  in 
gela,  ilio,  quando  il  capestro  mi  strignerà  il  collo  di  fuori 
la  gola,  strignerà  il  fegatello  di  dentro,  od  il  sugo  che 
leni  giù  od  conforterà  lo  stomaco  e'1  polmone,  e  «meli 
che  asce; ulna  su,  mi  conforterà  la  bocca 
cosi,  morendo,  non  mi  parrà  di  morire  '  ■  -  Birra:  « 
non  cammini  presto,  ti  dai*ò  delle  pugna.  »  —  Leccare 
a  Almeno  dita  ai  confrati,  che  m*  hanno  a  ricordai  I 
nima,  che  portino  se«o  scatole  <li  confezione,  e  vernai 
eia  fina,  che  mi  confortino  di  passo  in  passo.  »  —  Birro: 
a  Non  dubitar  che  andrai  SU  un  asino  con  una  nutra  in 
testa,  con  trombo  e  gran  compagnia,  e  il  boia  ti  solleci- 
con  un  buon  staffilo.  »  —  Leccarde:  «  O  perdile  .li 
salsicce  alla  Lombarda,  o  proi  iture,  morrò  io  senza  gì 

starvi;  o  canova,  inni  assaggerò    più  i  tuoi  vini;  j-r 
Dio  che  coloro  che  t'  hanno  a  goden  mìni 


')  «  Pensi  che  aieuo  finite  lo  stampe  di  quei  Davi  ,  Soni  a  Peeudc 
delle  antiche  oomedief  »  (La  Fantesca,  I,  5). 


—  73  — 

iudizio,  e  non  sciagurati  che  t'  inino.  Addio,  galli 

d*  Indie,  capponi,  gaffine,  e  polii,  non  vi  godrà  più  nati  a1). 
Il  «  i  gonfia  le  parole  ole  frasi  In  sua  lode,  salvo 

alle  allo   bastonate,  e  a  ripigliare  lo  suo 
lece,  quando  e  parli!"  il  bastonatore.  Qualche  volta 
lo  allusioni  ai  fatti  storica  del  tempo  gli  danno  maggior 
sapore.  Cosi  al  Capitan  Gorgoleone,  ohe  gli  demanda  di 
-ono  le  lettore  recate  dalla  staffetta  ,  il  servo  adula- 
ndo: '.<  Di  Filippo  IH  Re  di  Spagna,  offrendovi 
■  Fiandre,  contro  il  conte  Maurizio.  L'  al- 
11* Imperatore,  implorando  il  vostro  ante  nelle  mn* 
luzioui  dell'  Ungheria.  Del  gran  Turco,  clic  si  trova  op- 
pressi! dai  Re  di  Persia  e  dai  suoi  sdiiavi  ribellanti.  Del 
Po«!.  ;  ■  ho  vuol  farvi  gran  Contestabile  del  Remi" 

li,  ecc.  -  s)  —  Talora  comparisce  il 
ignuolo.  In  una  commedia  ne  son  messi  due 
a  fronte,  che  dovrebbero  venire  alle  mani.  S*  avvicinano 
come  due  mn  mordenti'.  «  Yo  cstoy  aqul  b  —  dice  Pan- 
taleoee.  «  V  yo  tambien  estoy  aqul  ,  »  risponde  Capitan 
Dante.  —  a  Sue  a  las  armas  !»  —  «  Sus  à  las  annasi  » — 
•  Uegaos  ,  fanfarron  !  »  —  «  Llegaos ,  picarazo  !  » 
li .  tuli'  a  un  tratto  ,  mutano  tuono  :    Pont.   «  0   I 

"•s  de  V.  M.,  S.n.r  Capitan  Don  Juan  llurtado, 

•JcMeudoza,  de  Rivera,  do  Castflla  -.  liana:  Baso  a  V.  M. 

«es  las  raanos  y  los  pies,  senor  Capitan  Don  Pedro 

ii.  l'aluda,  y  Cervellon.  »  Pont'. 

ob,  comò  as  partes,  y  tanto  Derapo  qua  no  lo 

«tot  »  —  Datite.  «Vengo  de  las  Indias,  ecc. 8).  —  E  i 

"toc,  a  ^nin  mei  ia  «lei  gonzi,  ohe,  fidando  nel  loro 

^•tere,  se  li  erano  scelti  a  paladini,  vanno  via  a  braccet- 


■■<■  fratelli  mali. 
*)la  Qóappinaria, 
Foniate. 


—  74  — 

to.  —  AJtra  volta  ,  ò  uhm  spagnuolo,  clie  giunge  lai 

ni  di  fame,  dallo  Fiandre.  Vuol  entrare  per  fona  in  una 
credala  osteria,  e  si  vanta  ili  essere  :  «  tan  bion  na 
corno  ci  Bey  de  Eepafia  ».  «  Povero  Ho  di  Spagna — 
va  Cappio  —  che  ogni  villano  eapraro,  che  viene  da  S| 
in  Napoli ,  dice  ossero  cosi  ben  nato  come  lui  !  i  Fnt 
nette  stanza,  dove  la  comitiva  Bta  cenando,  si  gitta  coati 
un  lupo,  sui  cibi  e,  divorando,  alterna  ai  bocconi  le 
torio  e  i  più  die  arditi    complimenti  alla  gio  urna, 

protagonista  della  commedia.  «  Quiero  contar  la  yoraada* 
quo  homos  hecho  en  Flandras  con  el  Condo  Maurici»)  ». 
B  poi:  <•  Por  vida  del  Rey  mi  Sefior,  que  Va  es  la 
iosa  Sonora,  quo  haya  en  el  mundo  »;  e  poi  di  mi 
".ira,  y.i  lo  .juiero  contar  quantos  torneos  he ganadc 
y  quantos  gigantea  he  muerto,  quantos  castillos  encan- 
tados  he  derribado  entonces,  quando  yo  fuere  cavallaro 
andante,  j  todas  mie  hasaftas  »  '). 

Il  Capitano,  speciaknentu  spagnuolo,  e  il  Parassita,  del 
le  condi/ioni  del  tempo  ,  dati  1  misti  comici  del  pi 
napoletano,  erano  certo  i  tipi ,  che  più  facilmente  pi» 
vano,»,!  elio,  quindi,  più  (UTOno coltivati  e  svolti. — Mono  for 
tuna  poteva  avere  il  Pedante',  uno  dei  quali  ecco  con» 
s'annun/.ia:  «  Ego  sum  Protodidascalo,  Gimnasiarca,  ludi- 

-1: 1»,  1 1  r-titiitorc  e  rod integratore  del  romano  EJoquU 
Fama  super  aethera  notus.  »  »)  —  Oltre  lo  spagnuolo 
nelle  l'ommcdio  del  Porta  comparisco  una  \olta  anche  ut- 
tedesco,  tavernaio  imbroglione  del  Cerriglio,  che,  ii«-hiest< 
di  servire  a  una  [urjanteria  ,  ci  si  presta  subito,  roti 
tierissimo,  0  esce  m  questa  bella  sentenza:  «  Noi  altri  Te- 
deschi  averi!  gran  privBege  ,   rare  quanto    piacere  a  m 

poi  due  clic  stare  imbriache I  0  3). 

'i  Nella    Tnhernana. 

«)  V  Olimpia.   1 

')  Neil»   Tabernaria. 


-  75  — 

ino,  del  resto,  neanche  ò  risparmiato.  Giù, 
altre  commed  Porla,  era  comparso  come 

Giulio  Cesare  Capaccio  «lite  dio   il  pa 

era  introdotto  sulle  scene  dagli  1 1 istrioni  come 
cosa  rìdioolosa  ».  l)  —  Nd  Porta,  unii  volta  e  e  Giaeoco, 
veccl  filò,  mezzo  campaguuolo,  ohe  parla  ba- 

lano. Un'altra  volta,  Patmaorfo,  povei  i  ••<>,  pau- 

roso, chi  a  nobiltà,  grandi  ricchezze,  coraggio.  In 

ijo  incontro  con  Omonc  dico  ;  «  Me  chiammo  Pan- 
ummavieiito,  gentelommo  napolitano  de  Sieg- 
•  —  Om.  :  «  Il  vostro  cognome  6  a  proposito  a  tutti 
'—Pan:  u  Ma  (Jssegnoria  mettile  ve  la  coppola.  »  — 
copritevi  di  grazia.  »  — Pan:  o  Non  me  lo  coni- 
no lo  ffarraggio.  »  —  Om.:  «  Vi  priogi»  a 
b  —  Pan.:  o  Chesso  non  pò  essere,  ea  non  ag- 
gio auto  patrone  a  lo  munno ,  che   pozza  commannare 

uù  de  bujc.  L* ssignoria »  —  Om,:  a  Noe  mi 

penare,  di  grazia,  copritevi.  »  —  Pan.  :  «  F,  debito 

ire  accossl.  »  —  Om.:  «  Non  la  finiremo  tutt'oggi, 

tani  tutti  siete  cerimoniosi.  » — Pan.:  g  Mo  si, 

«me  raettàrraggio  la  coppola,  ca  me  lo  commannate  »  8). 

U  comi  Porta  furono  recitate  per  lo  più  da 

Baiami  e  in  case  private.  Noi  prologo  dei  Due  fr> 

detto  :  o  le  alno  suo  buone  .sorelle,  che  in  pub- 

-  privata  comparse  sono  ».    E   io   quello  della 

Fate  quell'applauso,  che  siete  degnati   di  fare 

.10  »  ').  Il  che  paro  indicare  un  luogo,  un 

a  forse  questo  la  casa  dell'autore,  aTo- 

argo  della  Carità,  dovo  ora  han  messo  una  la- 


<mtt„    ai  prmcipm    dei  s*r,    XVII.   (A. 
Il   B37), 

iCir.  «or-L.  VA*trologo. 


—  76  — 

pide?  *)  Potrebbero  essere  un'allusione  le  parole,  die  die 
nella  Trappolarla,  la  vecchia  Eleonora,  giungendo  a 
poli  e  cercando  di  riDtracciare  una  certa  casa:  a  Mise 
clic  abitava  alla  strada  Toledo,  vicino  alla  Carili  ed  i" 
già  in  quella  »  *).  Ovvero,  quella  .sua  villa  verso  la 
o  l'altra,  detta  delle  due  Porte*  3)  —  Talvolta  poi  gli 
erano  anche  (e questo  s'intende)  i  comici   li  inumili 

La  Sorella,  eli'ó  una  delle  più  belle,  fu  recitata  io 
o  almeno  per  cura  del  sig.  D.  Francesco  Bianco,  die 
usò  ogni  diligenza,  e  volle  «  honorarla  di  sontuoso 
parato,  t  11  Bianco  era  molto  amico  del  Porta,  «  ci. 
chiamarlo  il  gran  Francesco   e  I*  Alessandro  Magno  1 1 
nostri  tempi  ».  *) 

A  proposito,  dei  dilettanti  napoletani  di  quel  tempo,  6 
bene  ricordare  die  uno  dei  principali  era  il  padro  di  Gian- 
battista  Marini.  Lo  stesso  futuro  gran  poeta  ora  Ira 
citanti,  e  Allo  studio  delle  lettore,  —  dico  un  suo  antico 
biografo  —  oltre  la  naturai  sua  inclinatioue  ,  bebbe  due 
potenti  incentivi,  die  nella  sua  resolutiono  lo  confermav 
l'uno  fu  la  splendidezza  del  Padre,  poiché  in  casa  sua  di 
continuo,  per  hiiiioiato  trattenimento  della  nobiltà 
passatempi  virtuosi  di  egloghe  et  commedie,  nelle  'juali 
esso  et  il  figliuolo  (e  questo  con  meraviglia  d'ognuno  pc 
la  vivacità  sua)  recitavano  ;  l'altro,  l'accadomia  da  lui  fr 
quontata  di  Giulio  Cortese,  soggetto  di  lettere  et  in  qt 
tempo  famoso.  »  '*) 


•)  Culano.  HI,  12. 
»)  A.  V  h.  I. 

)  Odano,  v,  259. 

')  Dwlica  al  Bianco  in  (lata  12  aprile  1004  nella  «dia.  aitata  d 

i    Vita  il,!  i>i,-.  Varino  «li  '»'.  B.  BaiQcea.  la  Veiretia  «dcxiv. 

Cfr.  ancho  F.  Chiaro:  Vito  del  Cav.  Marmo.  Nap.  1815,  p.  7.  Nella 

trrr.  à«ì  Marino   (Veu.   1027  p,  T.])  ni  acumina  alln  rappromutasione 

in  Napoli  (tra  il  1590  e  95)  <ti  una  conwdia  di  O.  fi.  Manao. 


—  77  - 


obliamo  vedere  il  il"  iroscena  <h  queste  società  di  di- 
ati 1  Leggiamo  il  Prologo  della  Furiosa.  Esce  Momo, 
-Piazzando,  e  \,  a,  a,  che  spasimo!  a,  a,  a,  che 

crepo!  a,  a,  a,  che  muoio  dalle  risa!  Ma  chi  non  rides- 
se? (jiil  dentro  ai ia  frotta  di  apensierafi,  per  non 
dire  una  Diandra  'li  buffoli ,   che  vogliono   recitare   una 
•  che  piacere,  o  che  spasso  m'ho  preso  de 
>.  mentre  tacitamente  sono  stato  da  ao  canto  ad 
li.  Alcuni  son  maschi,  e,  vestiti  di  panni  t'emmi- 
•no  darvi  ad  intendere  che  son  femmine;  alcuni 
I  ialino  accomodato  corti  barboni  al  meni  «, 
io  far  credere  che  son  vecchi;  alcuni  son  dottori 
e  letterati  e  tingono  lo  sciocco  e  il  balordo;  altri  soldati 

lero  per  un  pelo,  che  il  nero 
i,  e  si  fingono  capitani  vili  e  timidi  e  si  kasci&no 
bastonate  da  sordi  ;    altri  onorati  e  si  fingono  ru- 
fi»,  ;  ^gio  ;  altri  son  cavalieri  e  ricchi  o  dtaoa 

dssou  se  biavi,  e  vilissimi  uomini.  Talché  ognuno 

«di'  esso,  l'età,  la  perfezione,  il  nascimento  e  i 

Che  più  ?  bau  fatto  quelle  easucce  di  tavole  ver- 
de e  vogliono  dare 
lero  che  sia  Napoli.  Che  pitture  eoo  queste  ì  li 
jiiuorc  deve  avere  avuto  carestia  di  colori,  di  pennelli,  di 
tempo,  e  d'ingegno  ancora.  O  che  olio  puzzolente  e  quo- 
lette  lampane!  o  che  meglio  ciascuno  di  loro  andasse 
o  il  suo  esercizio  e  gli  renderebbe  miglior  conto  che 
tor  commedia,  e  voi  altri  andassivo  per  le  vostre  faccende, 
[UOSta  giornata  inutilmente;  ch'il)  non  tanto 
•Iella  loro  vergogna  ,    quanto   della  vostra 
Molti  di  costoro,  elio  non  bau  bene 
»  memoria  la  parte  loro  ,   or  che  si  veggono  innanzi  a 
dota  udienza ,  &' affaticano  d'impararla;  altri  non  sono 
urtati  fra  loro  e  in  si  breve  spazio  ridotti  in  un  can- 
ino, gridano,  fan  quasi  alle  pugna;  altri  sono 


—  78  — 

così  sbigottiti  che  negano  voler  comparire  qui  fuori.  O 
elio  umori,  dispe  eoupigU,  guazzabugli  fra  loro! 

L'apparalo  o  l'uditorio?  Leggiamo  il  Prologo  dell  i 
rio:  «  Oh  elio  pompa,  o  .-tic  superbo  spettacolo  è  quest 
ohe  oggi  si  rappresenta  agli  occhi  miei!  Quanto  si  vii 
mai  tanto  ornamento  di  si  superbo  apparato  ?  \ 
jIi  alti  palazzi,  i  dorati  tetti,  le  ornate  logge  e  i sacri  tom| 
della  nii.i  gran  città  ridotti  inpicciol  seno,  e  d'una  Napt 
sorta  un'altra  Napoli!  »  —  K  finisce:  e  Ecco  qui  ta 
compagnia  di  nobilissimi  cavalieri,  che  vogliono  recitar 
una  commedia  a  questo  bellissime  gentil  donne.  Voi,  dun- 
que, con  la  piacevolezza  dei  vostri  angelici  visi,  aggradite  le 
loro  fatiche,  acciocché  poi,  con  maggiore  animo,  ve  ne  i 
presentino  dette  altre  ». 

C'erano  i  critici,  e,  in  varii  prologhi,  il  Porta  ri 
ii  BUOJ  'litici.  Taluno  diceva:  «  Questa  parola  none  b< 
cacce  volo;   questo  si  polca  dir  meglio  alti-intenti  ;   qui 
è  fuori  dello  regole  d'Aristotile,  quel  non  ha  del  \ 
nule.  »  «  0  goffi  che  siete  egli  rispondeva  —  che  le 

no  giudicate  dall'applauso  universale  dei  dotti  di  tut 
le   nazioni,  perche  si  veggono  stampale;  per  tutte  le  p: 
del  mondo,  e  tradotte  in  latino,  francese,  spagnuolo, 
altre  varie  lingue,  o  quanto    piti  s'odono  B  ai  leggono 

tanto  più  piacciono d  E  poi:  «  Se  non  fossi  eie 

li  occhi  dell'intelletto,  come  sei,  vedresti  l'ombre 
Menandro,  d'Epicarmo,  di  Plauto,  vagare  in  questa  sceni 
e  rallegrarsi  cho  la  comodia  sia  giunta  a  quel  colm« 
quel  sogno,  dove  tutta  l' antichità  fece  bersaglio.  »  ') 

Tra  le  commedio  del  Porta  perdute,  co  n'erano  e 
«  li'  ai  compose  «  d'  una  medesima  favola  e  con  le  ra< 
desimo  persone  e  la  prima  6  argomonto  di  so  e  di  tutte, 
la  seconda,  (.rotasi  'li  se  e  di  tutte;  le  quinta,  catastrofi! 


j.iol.  dai  Firatelh  rivali  e  dalla  Carbonaria. 


—  79  — 


r  tutte  ii  -Co  n'  erano  duo  anche  i  d'una 

ima  favola,  che  l'uria  si  recita  in  villa  15  l'altra  nella 
e  l'ima  è  h  Lio  all'  altra  ,  mutandosi  a  ogni 

altu  faccia.  »  ') 

Il  Pulì.»    compose   anche   degli  scenatii  ;  no  dovè  anzi 
comporre  molti ,  so  divenuti  un  autore  classico  nel  gc- 
?i  Probabilmente,  contentava  cosi  le  richieste  dei 
esentavano  sul  teatro  pubblico  di 
l 'i  avanza  l"  scenario,  (ratto  dalla  commedia  la 
appaiano.  In  esso  il  vecchio  è   Tartaglia,  i  servi  Co- 
li mercante  Pòlicenelta,  la  schiava 
Tunhetta,  Y innamorato  l  ■•.  ecc.  L'azione,  solo  ac- 

»  delle  commedie  dell'arte,  col  lazzi  ecc. 
delle  maschere  ni  iìjm  equivalenti,  esistenti 
oiraedia  un  vero  esempio  del  metodo, 

:  niuedia    dell'  arte.  —  Un  altro    8080 
la  Notte,  che  .  e  rappresentare  al- 

terno, nei  pubblici  teatri  e  nelle 
1,  il  Porta  «  con  un  sol  sasso  f'c'  nn- 
:  vani  su  che  insieme  destavano  il  riso  o 

s  ').  Il  Sarnelli,  un  secolo  «1 
ipere  del  Porta  «  noi  tempi  suoi  e  nei  1 
10  per  1*  Italia  non  senza  gran  pia 
tate.  0  *)  Tanta  voga  ebbero  e  cosi  forti  radici 
|*v  repertorio  teatrali  ' 


ll  Fiorentino,  Camerini,  art.  ci:. 

368.  — M.  Schedilo.  Gli  Somari  di  G.  U.  detta 

Awai  jj?    111-134 

*\  B  Piotviitiiio  (I.  c.)  crede  che  U  Nolte  non  fanti»  uno  scenario,  ma 
«u  monodia  bella  0  compiuta,  perchè  è  citata  «la I  Barbarito  fra  ajk 
4»awia  proota    por  ;  mi ,  k  allri   parla    invece   dello  sb- 

atta, parche  non  aup|iarra  cli«  ci  fosso  0  la  coiuurJìu  v  lo  aouuario? 

'I  tinelli  n-lln  vita  <)i  0    It.  dalli  Porta  nrenwwa  alla  C/uro/btono 
■*»•  W  «o  il  Butifin. 


—  80  — 

Dietro  al  Porta,  e  intorno  a  lui,  c'è  una  gran  fola 
di   scrittori   comici,  suoi    pallidi   imitatori,  ('osi  Pubi 

ilei  quale  si  trovano  dediche  e  prefazioni  a 
comodie  d'altri,  e  una  sua,  originale,  intitolata:  Il  Hutto 
(Nap.  1603);  Ottavio  Glorizio  di  Tropea,  che  scrisse  i'Irn- 
presa  d'Amor*  (Ven.  1607),  e  le  Spressate  dure; 
i  i.i  L60S);  Giulio  Cesare  Torelli,  cavaliere  e  giurecon- 
sulto napoletano,  autore  éeH'Anchora  (Nap.  1599).  Coni 
abbiamo  Y  Ortensia,  i  due   Vecchi,  la  Schiacci,  di  Filippo 
Gaetano  Duca  di  Sermooeta  (1609,1612,1613);  la  Flaminia 
di  Bernardino  Moccia  (Nap.  1611);  e  molto  altre.  l)  Ne 
Ito  lette  quante  ne  ho  potuto  trovar  citate  e  ripescar  nello 
anatra  biblioteche'  Clic  miseria!  Il  solito  intreccio,  doo 
rivestito  più  degli  splendori  dell'  ingegno  del  Porta,  e  ri- 
petuto a  sazietà.  Vi  sono  i  soliti  tipi,  non  manca  mai  il 
Capitano,  e  oomineia  a  esservi  assiduo  il  Napoletano 
genera  del  Panjworfc  del  Porta,  o  anche  del  Giallaise. 
di  quegli  Intrighi  d'  amore,  composti  intorno  a  questo 
tempo  e  in  questo  genere,  e  che  sono  attribuiti  alTas* 
Neh"  Anch ora  del  Torelli  il  Capitano  ò  Squassamarti 
parafato  Abisso ,  il  Pedante   Gramatico ,  il  napoli-' 
Colaj'acovo,  che  non  servo  all'  azione  e  sta  solo  por  dire 
goffaggini.  Neil'  Impresa  d'  amore  del  Glorizio  il  napole- 
tano è  (si  noti  Ijeiie)  Cooello  Ciaoola,  scrivano  della  i 
Corte  della   Vicaria. 


')  Quadrio,  111,  II  — Dui  prologo  dallo  Imprete  d'  amore  di  O.  01 
ricavo  che, sulla  fine  d««l  aocolo,  c'era  a  Tropea  un'accademia  degli  , 
roti',  cho  t'occupava  specialmente  di  coso  drammatiche   Neil' anno  100U 
:  ij.p esentarono  il  Martirio  di  8.   K  {'rateili  e  compagni;  i tor- 

menti e  la  morte  di  S.   Cristina  ;  poi  una  «cena  pastorale  di  Diana  ;  poi 
vario  commedie  <  hora  di  Torti  amorosi  et  hora  di  stravaganza  d  *a 
re  »,  a  filialmente,  il  23  rrtfwifrlt.  V  Impresa  d'  Amore. 

*)  La  questione,  ae  aieno  o  no  d«d  Taaao,  o  aiata  ventilata  di  nuove 

recentemente,  dal  sìr.  K.  Uuiaoardi  noli'  opuscolo:  Di  Torquato  Tatto  Ol 

•  d'amor*.  NàpoU  issa. 


—  81  — 

ido  a  costoro,  Giulio  Cesare  Capa».' 
scriveva  cosi  a  un  amico,  in  una  delle  sue  lettere  loti 

ile  ragione  intorno  alle  commedie. 
no  gì'  istrioni  che  non  >to  i 

carni*  Intend  ».  i  nostri  commediografi fc  che 

introducemmo  il  Napoletano,  cbe  goffamente  parla  nel  suo 
dialetto,  e,  mentre  chiacchiera  con  basso  discorso  e  cade 
lebeo,  col  suo  .sordido  carattere  i   -li  spiana- 

e  la  festività  della  commedia*    f  nei  mo- 

lisi fanno  fare  al  Pedagogo,  discorsi  che  net 

lagogia   udì   mai*  A  che  to  SpBgnUOio ,  la 
nota  a  tutti  e  che  è  preso  da  costumi, 
Dos  ..Le  azioni  sono  flreddfsBfnie. 

lini;  .sm  servi, sui  naufragu.  L'inutilità  delle 
scene,  ,;uii,  lasfironl  dsBe  serve  e  dei  pcraa- 

m'uccidono,  mi  consumano.  Tutto  e  af- 
fettazione. E  quando  la  frase  comici  6  languida,  non  fe- 
i  punge,  io  m'  irrito  in  tal  modo  che  straccerei 
!    commedie.  »  ')  Non  si  poteva  lare  un  ritratto  più 
esatto  delle  opere  dei  successori  del  Porta.  E  si  sappi 

Slaccio  era  anch'  esso    della    partita.  Scrisse  alu- 
nna commedia ,  che ,  «  per    P  eccellenza  sua ,  tu  degna 
sor  recitata  odi  comparire  nel  Teatro  col  mezzo  di 
nino  di  gran   nome  ,  e  dei  più  celebri, 
per  1'  addietro   nobilitate  le  scene,   con    ap- 
BO  c  sodisfazione  degli  uditori,  d  «) 


')  L  C.  (1, ,  toiarum  lil*r  primtu.  Ncapoli.  «pud  Io.  Iac.  Car- 

i  retta  Alexandre   Volitino:  quid  sentivi   de 

u*n*diùc  xriptoribus  —  '.ìli  placavano  lo  oominodii-  degli  Intronati  e 

V*b*  ài  uddu  (Sforza  degli  Oddi).  <  Statariae  suat  atqne  motoria*!  cutu 

tyutat*  ». 

lettorati  nix.  in  Milano  eoe.  ».  il.  —  p.  254; 

d»  ava  la   notizia,  corno  ho  poi  riscon  Irato,  da  //  Stg retarlo  opera  di 

Cam  Capaccio  Napoletano  ecc.  5.*  adii.  In  Vonelia  1607.  dove 

8 


—  82  — 

11  genero  saria  consisteva  principalmente  nello  tragi 
..  iv.  Varie  ne  scrissi  il  Porta  come  il  S.  Giorgio,  *)  la 

•V.    fc'i'lrmiti,   la   .S.  Dnrnti'fi.   Fecondo  Scrittore  'li  BS 

D.Cataldo,  o,  meglio,  fra  Bonaventura  Moroofl  di  Tari 
Udore  del  Mar/trio  dì  S.  Giustina  (1602),  del  Martirio 
dì  Cristo  (1611),  dell'  Irene  (1618)  ecc.  P« 

sio  <  il  Martirio  di  S.  Dorotea  (1010),  Luigi 

la  Rappresentazione  della  >  (  riopanni 

di  Dio  e  détta  Vita  di  s.  Gennaro  (1604),  Fulgenzio 
Passero  il  Doniti  perseguitato  (1009)  ecc.  *)  —  Qu 

torma   letteraria    «Icilio  sacre  rappresentazioni  non  «• 
deva  la  più  popolare,  e  impallidi'.  fronte  siile  ma- 

gnifiche feste  o  Apparati  ohe  si  davano  pel  San  Gio- 
vanni3), pel  Corpus  Domini,  grandi  pompo  di  statua  «li 
cartona,  d'iscrizioni  gonfio  e  lambiccate,  di  luminarie,  ehi 
occupavano  gli  ocelli  e  lasciavano  libera  il  pensiero* 

Poche  le  tragedie  i  .  •  li  •  si  TO  6  rappre- 

sentarono, come  I'  rV/.s.sY'  del  Porta,  la  Tornili  dell'Ingegne- 
ri, il  l*ompeo  Mayno  del  Persia  La  Penelope  dello  stesso 
Porta  ha  il  titolo  'li  tragicommedia  e  fu  scrìtta  prima  del 

<>r  fido;  ma,  tranne  elio  pel  titolo,    non    rienti 
■  I nell'orbita.  4)  —  Le  favoli  pastorali,  boscherecci  ,  sii- 


a  Eoi.  221  è  una  una  latterà  ai  signor  Lutto  FedeU  Comico  e  •  tal.  221-S 
•agno  la  risposta  di  omIuì:  €  ò  itili  mi  tata  «t  e  riuscita  ooal  per  ec- 
cellenza «oc.  > 

')  Di  questa  e'  ò  il  m*.  alla  Bibl.  Nn/.  Il  Fiorentino    mi»   in  dubbie 

<-hu  Ione  stata  mai   stampata.  (I.  e.)  ala  l'odiz.  cit.  dai  bibl.  (Quadrio. 

.    Nàpoli  per  (i.   B.  Gargano  t  Lorenzo  Nutrì  ili  ti,  sta  sa- 

Kuata  ancht>  nel  catalogo  dulia  Brancan  iana,  banchi!  poi  il  libro  non 

trovi  al  posto. 

*)  Quadrio  o.  e  III,  I.— D'Ancona  o.  e.  II,  287  e  aag.iui  drammi  ss< 
della  fine  del  500. 

restano  molto   descrizioni  di  qaesta  festa.    Per  varie    d*  osso , 
descrittore  fa  0.  C  Capaccio. 

'I  Fiorentino,  a.  e.  —  Qnadrio  III,  li,  pattim. 


—  83  - 

botri,  maritìònt  g,  Boriva 

dopa   A   Napoli  furono  scritto,  per  dirne  alcuna ,  la 
li  Cario  Noci,  il  Sileno  del  Turamini,  la  Lata 
di  Giuseppe  L'amorosa  Passio  del  Pere/  Ràbo- 

nal,  la  Tigurina  di  Orazio  Comite,  le  Avoenturose  dis- 
tnture  del  Basile,  e  tante   altre.  '»  l  comici  del* arie 
rasentavano,  come  si  sa,  anche  le  opera  scritto,  e, 
i  ente,  qui  iglogico. 

viri  curioso   libretto  ,  stampato  colla  data   di   Na- 
poli, 1604.  Eccone  il  titolo:  La  Reina  di  Scoda  tragedia 
Ti  all' fltustr0  e  Recerendiss"  Cor.  Spi- 
la Napoli  per  Costantino  Vitali.  MDCIIIL  s)  —  ft  la 
pria  ^i  conosca,  su  Maria  Stuarda.  Cioè, 

la  prima ,  se  esistesse  ancora  quella, 
i   anni  dopo  che  Maria  Stuarda  era  caduta  sotto 
ii  inglese,  nel  1598,  scrisse  Tommaso  Campanella 
ramaio  in  Calabria,  (dic'egli  stesso)  composi  tragoecUam 
ae  Scotorum  Reinae  secundum  pocticam   noeti 

ìdam.  Nel  suo  processo  affermo  poi  d'averla 
*aUla  «  per  Ispagua  contro  Inghilterra  »  J). 

La  tragedia  del  Buggeri ,   dedicata  a  un  cardinale ,  è 
di  sentimento  cattolico  e  d'  odio   contro   gli 
ìa  Stuarda,  di  virtù  perfetto  esempio   (ah, 
..  storia!),  ha  di  contro  Elisabetta,  dei  miscredenti 
amateti  empia  Rema  !  I  l'atti,  che  rientrano  nel  suo  gire 
ultime  ore  della  Regina,  l'annunzio  della  morte, 
esecuzione  della  condanna.  Nel  primo  atto ,  lunghi  la- 
delia    Cameriera  e  del   Segretari')   -li 


■)  Quadrio  o.  a  III,  II,  400.  412.  414  e  seg.—  I  cui  cataloghi  ,  qui 
OQVN  negli  altri  casi,  contengono  pochi  «irrori  e  permettono  poetiti  ag- 
gi «ute. 

'l  Renatimi).  —  Eaem[>l.  alla  Ridi.  Gaaanatenae. 

1  Amabile.  La  congiura ,  i  processi  e  la  pania  di  Fra  Tommaso 
Campanella  (N*p.   1*83).  II.  84. 


—  84  — 
Muri;i  Stuarda;  e  annunzio  dell'arriva  di  dna  ambaaaa> 

lOTÌ  d' Klisalictta.  Nel  secondo,   Maria   Smania 

a  Illudo  mi  sogno  avuto,  mi  quale  il  n*  1 1  •  Dorale;  le 
sigliava  di  l'uggirò  in  Francia,  e  un  angelo  la  ritenera} 
mostrandole  uria  gloriosa  corona!  Nel  terzo,  i  due 
baBciafori  le  annunziano  la  sentenza.  Nel  quarto,  un 
Distro   calvinista   cerca    invano   ili  convertir  i*esì 

Nel  quinto ,  giungo  un  consigliere  di  Re  Gia«  i 
salvare  Maria  dalla  morte.  Troppo  (ardi  I 

Or  vii  man  l' ha  reciso  il  nobil  capo. 

BS  il  cameriere  racconta  i  particolari  del  supplìzio,  Si 
palco  gT  incaricò  di  dire  al  figlio  : 

Fugga  lontani  dal  porfido  sentiero. 

Che  ignaro  segue  il  popol  di  Calvino  ecc. 

In"  «lui   presenti  le  gridò  che  si  sbrigasse,  non  f»er- 
•  tempo  ir  chiacchiere  vane.  Allora: 

81  rivolse  di  Cristo  »  ({dell1  inuuago, 
Che,  coni' io  di**i,  in  inni  pn-s  olla  in  pril 
Soffiti  il  guardo  e  non  la  mente  affisse, 
io  col  penster  pareva  in  ciol  traslata. 
Le  ginocchia  avea  in  terra,  ignudo  il  collo 

E,  mentre  di  morire 

Il  ministro  di  morte  a  lei  fé  sogno, 

Usa  meco,  .Sigimi-,  pietà,  dicea, 

In  te  l' alma  confida,  a  te  mi  dono, 

Prandi  il  mio  spirto  travagliato  e  stanco. 

Seguia  parlando,  0  intanto  un  colpo  fiero 

Di  fierissima  man  scose  a  traverso 

6ovre  il  candido  collo,  e  dipartine 

Dal  busto  il  capo,  e  il  capo  anco  reciso 

Gorgogliando,  perdono  a  Dio  cercava! 


—  8ó  — 
Il  narratore  conchiudc  : 

O  felico  alma,  a  Dio  noi  ciel  diletta! 

11  coro  recita  un'ottava  sulla  vanità  delle  cosa  umani 
Questa  tragedia  è   quasi  una  tragedia    spirituale.  E 
Uo  voluto  notare  tata  ridona  nella  let- 

teratura drammatica  napoletana  (non  so  so  proprio  sul 
teatro)  di  quella  poetica  Maria  Stuarda,  oggetto  |x>i  dei 
ini  di  Schiller,  d'Alfieri,  e  di  tanti  altri. 


VI. 


//  teatro  S.  Bartolommeo*  —  Compagnie  eunuche  spa- 
rjnuole.  —  Cronaca  teatrale  ( — 1630). 

90  fu  edificato  il  Teatro  di  v  Bartoiopf 

meo.  ia  Santa  degli  Incurabili  aveva  deliberato  di 

un  teatro  a  sue  spese;  veniva   cosi  ad  aggiungere 
.amento  sulle  pubbliche  comme- 
die la  malsicura  industria  di  proprietaria  di  un  teatro. 
La  strada  della  di  8.  Bartolommeo,  per  l'antica  ch'ir 

di  questo  nome,  *)  ai  chiamava  anche 
Una  rolla,  Btrada  di  Villamarino  ■).  Ivi  era,  nel  secolo  XVI 

txrt  letterarie  italiane  intorno  a  Maria  Stuarda.  Ras. 
È*ttfhW  II  (1885).  17,  19, 20.  —  Ivi  diacon  Li  altri  drammi  e  poemi 

***  '  -  ioonto  intorno  a  Maria  Stuarda. 

Ifr.  Chiarini  al  Gel.  IV.  342-  J  —  Giuliano  Paa- 
**ro  la  Hiiarr.n  .$.  Bartolommeo  allo   Virale  pag.  128. 

Bibl.  Nat,  15.  «ub  9  luglio  1670  fa 

Ueiuioacd.  limila  Htradn  .li  S.  BartolODMO,  «  ■ 

t*wp3  di  Cario  V  ora  chiamata  la  istrada  di   Villamnriiio.  »  —  Il  Sum- 

ma»t»(|Y.  234)  parla  d'un  palagio  d'Isabella  Villauiuriuu  <  appresso  il 

vaalalto  Nuoto  »,  dov.i  fu  ospitato  noi    1636  »1  Commmidator  Maggior 

*•  t*»a,  chiamato  Cuoros  occ. 


—  86  — 

un  palazzo  di  Bernardo  ViUamarino,  luogotenente  del  Re- 
gno nel  1513  e  anni  segix  ire  della  bn  sven- 
turata Isabella,  PriDQtpsssa  ili  Salerno.  In  questa  stradi 
la  Casa  Santa  degli  Incurabili  posse»!'  alcune  case, 
a  quali  per  notìtie  luivute  da  scritturo  di  detta  Casa  S.a 
li  erano  pervenute  con  l'eredità  di  Gio.  Ballista  Gagliar- 
do ». l)  Alcune  altre,  ch'erano  sotto  esproprio  tra  i  beai 
di  un  Consalvo  aporia ,  comprò  il  1620  per  seimila  du- 
cati. «)  E  su  queste  nuove  e  su  quelle,  che  g: 
fabbricò  un  teatro  abbastanza  ampio  «  con  altre  case  el 
officino  per  abitationc  comoda  per  comedianti  e  molti  bi 
e  magazini  e  una  cisterna  per  riponcr  l'olio.  » 3)  Il  posto 
preciso  era  quello  della  presente  chiesetta  della  Grazi-  II  i. 
che  s'incontra  subito,  a  mano  sinistra,  -rendendo  i  gra- 
dini per  imboccare  la  strada  <li  S.  Bnrtolommeo.  Anzi 
l'unica  navata  corrisponde  proprio  all'antica  platea.  B  iui- 
maginate,  die,  dove  ora  i  devoti  sentono  la  messa,  allora 
gli  ^j".'!i;il  <n  guardavano  al  palcoseenieo  ! 

A  questo  teatro  l'u  eoocesso  unjua  /irnhitwndì  contro 
^li  altri.  In  una  lettera  di  Filippo  IV  del  18  gennaio 
al  Viceré,  Cb1  era  l'Alinirante  di  Castilla,  si  dicecbe  la  Casa 
degli  Incurabili  gli  aveva  scritto:  «  que  mia  pn  sores 
le.  coucidierou  por  liinosna  la  casa  de  las  eomedias  pu- 
blicas,  come  se  haze  aqul  en  Espana,  y  por  està  causa 
ha  gastado  muclio  en  accomodar  los  lugares,  donde  re- 
presentali,  suplkandom<j    li,  ^ido  de  mandar  qut 

psDB  de  qninicutos  ducaiOS  a  los  comediantes,  no  puedi 
roprescntar  eu  Ofeas  oasas,  sino  en  la  del  dirli 
y  si  lo  hizieroa  cu  otras,  le  paguen  a  la  casa  el  ga 


l)  Ardi.  -ì<  ./li   In'-.  —  ZJfnm  petiimoniaU  delle   matterie   e  cote    delk 
IL  Qua  Santa  degli  Incurabili,  compii,  il  1008.—  fol.  £34  e  se*. 

»)  M. 

*)   iTi. 


—  87  — 

tttinue  el  pagamento  do  la  limosna,  corno  se  repre- 
scntara  en  ella,  y  que  no  puedau  los  »:omcdianles  vai m 

laguna  licencia  en  contrario,  aunquc  sea  do  mi  vitrey, 
yriranrandola sea pullay  puedan  ser  premurados  auto  .lue/ 
i  pagarle  su  derecho.  »  Ora,  non  volendo  il  Ile  che  l'ospe- 
dale perdesse  il  beneficio  altra  volta  accordatogli  ,  dava 
il,  perchè  «  esto  se  execute  en  la  conformidad.  8  ')« 
ione  dei  fatti  Don  ò  esatta;  non  c'era  stata  nos- 
ione  antecedente  di  un  teatro;  cosicché  questa 
lettera,  anziché  una  conferma,  è  una  nuooa  concessione, 
ilio  di  esigere  un  tanto  degli  utili  delle  commedie 
ige  un   privilegio  pel  teatro  di  proprietà  degfi 
ito,  come  litlava  il  primo,  rosi  pel  secondo, 
ruggere  tutti  gli  spettacoli  che  si  davano 
aNapoh,  dovè  contentarsi  «li  prelevare  una  nuova  Lassa.*) 

in  una,  costituirono  ÌÌ/UB  ra- 

i  teatri  minori  pagavano  al  S.   Bartnlom- 
B  poi,  lino  a  tempi  molto  tardi,  al  S.  Carlo.  La  ( 
deva  a:  conduttore,  oltre  l'uso  del  teatro,  il  be- 
i  lesta  esazione. 
io,  il  teatro  di  S.  Bartolorameo,  come  indu- 
stria, fu  un'indù»  gliata,  Il  diavolo  prevaleva  cou- 
il  cielo!  Anche  in  (spagna  la  gei  ri  e    H  Inncji- 
gli  ospedali  e  le  congreghe  pie  ,  anziché  esser 
ti  teatri,  avevano  finito  col  mantenerli,    i  Per 
Itro  la  difficolta  e  tenuità  del  lìtio,  oltre  le  con- 
-o  di  manutenzione,  ci  furono  varii  accidenti  pia- 
cevoli,         incendii,  devastazioni,  ecc.;  e,  per  prima  cosa, 


0  Magnali,  o.  e.  438-30. 

7  Sai  1030  i  iati,  olire  il  Allo.  pegavnuo  il  quarto  dei  gua- 

derai serali  (A  ».  rit.)  — In  lasagna,  durante  la  re 

ola.  entrava  noi  teatri  un  ecclotiatlio»  e  esigeva  direttamente  dagli  *[mi- 
Uk>ri  dò  che  spettava  agli  ospedali  —  Ticknor.  o.  e.  Il;  471. 
r    o.  r,  II 


—  88  — 

l' Ospedale  ebbe  a  costellerò  ut»  lungo  giudizio  o  fu  c^. 
damiai'«  e  eipetera  il  pagamento  delle  case  compra 
un'ipoteca,  clic  c'era  sopra,  uscita  fuori  dopo,  non 

sa  comi:  al  ! 

Comparvero  a  Napoli  in  quel  tempo  le  primo  comi  a- 
'  'Uiudiu  -pagi mole.  La  letteratura  spaglinola  avo 
<|iii  lo  suo  colonie  *).  La  lingua  spaglinola  era  fauiil 
nell'alta  società,  diffusa  anche  presso   il  popolo.  GuilU 
da  (astro  fu  alla  corte  del  Conte  di  Benavente;  Fi 
de  Quevedo  fu  mìnisti  i  dal  Duca  d'  Ossuna.  Il  secondo 
Conte  di  Lemos,  Don  Pietro  Fcrnandez  do  Castro,  ti 
dal   1610  «"d  n >  1  * > ,  era  gran  cultore  di  poesia  spago 
cili  letterati.  '  :  ani  In' una  commodia:  la  Casa 

18)  a).  Avo  va  condotto  con  sé  a  Napoli  un 
di  poeti,  i  "I  titi  'lo  «li  ufficiali  della  sua  segrotoria,  o,  sem- 
plii  c.mente,  di  suoi  amici.  Erano  con  lui  i  tre  Argen 
Lupcreio,  Battoiomà  e  Gabriello  ,  D.  Francisco  de  Or 
gasa,  poeta  comico,  Don  Antonio  Mira  de  Ame 
briellodc  Barìionuevo,  celebrato  pei  suoi  entremt 
Ionio  «li  Laredo  y  Coronel,  e  molti  altri.  Ora,  mi  sia  l<  di 
di  mettere  qui  un  aneddoto.  Coi    suoi  poeti  ,  egli  formò 
un'allegra  accademia,  di  cui  era  il  presidente*  Gli  ac 
domici,  appena  entrati  nella  sala,  non  potevano  par* 
000  in  versi.  Ciascuno  di  loro  portava  due  piatti  ,  u 

Jados,  .juo  algusoe  oostaban  cuatre  o  seva  escud< 
por  quererse  esmerar  cadauno  de  los  suyos.  »  Chi  vi< 


')  N'uditi*  lunga  esposizione  iu  Libro  patrimonio!- 

")  1  ria  tragedia  «pnguola  di  Domingo  Bevitaqoa    de  Milan    Intitoli 
Ln  licinn  Matilda  ùi  Itsrapata  !r>?9.  Qui  anche  «tua  tn> 

spaguiiula  dei  Fattoi  fido  di  Don  Criatobal  SoarosdaFigtx 
por  Tarqi.    .  :■.  Cl'r.  Catalogo  birliogr^j 

■  tiro  antigM  M]  .  ecc.  por  D.  Cayetano  Albii'lo  do  la 

reia  y  L^irado.   Madrid,  Uivadonuyra,    IStiO.  —  pagg.  254,  372  ter, 

*)  Catalogo  cit  209. 


—  89  — 

:  i  logge  del  parlare  in  versi  era  subilo  sottoposto  a 

un  in  .,  eoo  avvocato,  Secate]  magtstratoi  e 

condannato  a  pagar  la  neve  e  le  confetture.  Recitavano 

anche  commedie  ;    D.    Antonio  di    Laredq    beava    varie 

parti,  JÌHyicnda  diversa*  voce*  ;  e  ci  rota    memoria  di 

una  commedia,  che  fecero  una  volta  all'  improvviso,  col 

titolo  :  il  rapi*  d'Euridice,  Orfeo  era  il  capitano 

a,  uomo  di  beli'  ingegno,  che   suonava,  invece  di 

«fra,  unas  parrillas  q/orradas  en  pcrr/amina,  quejot* 

ormes  voces  ;  Euridice,  il  Capitano 

'.   che,   i  irrito  di  balli  enormi,  se  li  aveva  legali 

agli  orecchi  ;  ci  fìctor  de   VilUihermosa,  un  curioso  vec- 

irpinaj  e  cosi  via.  Brano  proseliti  il 

è   e  la  Viceregina,  con    molte    dame;  gli   attori    ì\ 

ebbero  detto  qualche  parola 
poco  pulita  o  poco  ouesta,  si  lo  habi  star  el  con- 

mante  à  ..  Comparvero  in  iscena  Plutone  o  Pro- 

cominciò: 

Soy  Prosorpina,  quo  eslny  en  la  morada 
Del  horrible  y  rabioso  can  Corvero, 
me  quiere  morder  por  el  trasero  ; 


lei  do  alla  grassezza  di  lei  : 
Bien  bay  quo  murder,  no  importa  nada! 

In  questo  entrò  il  Duca  d'  Estrada  ad  annunziare  che 

c  era  fuori  Orfeo  ,  e  disse  che  cosa  voleva  ;  il  discorso 

d'un  quarto  d'ora  con  un  gran  profluvio  di  vi 

li  prende^.'  la  parola;  e 
quani 

Date,  Platon,  a  lui  ridice 
A  Orfeo,  «u  esposo  amado, 


—  90  — 
Plutone  s'  affrettò  a  ns|>ondero  : 

Embajador, 
Quo  se  la  llcvas  lo  ptdo, 
Que  me  dejas  confundido  , 
Siendo  ya  tari  hablador  ! 

Ma  quella  volta  la  cosa  fini  in  lagrime,  perchè  Plutone 
per  una  mossa  mal  misurata,  cadde  dall'armadio  su  m 
era  posto  ,  e  i  burloni  ne  uscirono,  chi  più ,   chi  mene 
malconci  ')• 

La  drammatica  spagnuola  aveva  spiccato  con  Lope  di 
Vega  un  altissimo  volo.  Più  fortunata  della  nostra,  in 
i  grandi  scritturi  interpetrarono  e  sollevarono  i  gusti  del 
popolo.  Sorsero  tro  o  quattro  generi,  rigogliosi,  fiorenti, 
ciascuno  già  con  una  serie  di  opere  famose;  oh  quanto 
diversi  dalle  nostra  misere  tragedie  e  comedie,  imitazione 
greco-latina  !  E  i  drammi  di  Lope  de  Vega ,  delirio  del 
pubblico  di  Madrid,  uscirono  presto  dalla  Spagna.  « 
Spagna  (dice  il  comico  Barbieri),  prima,  si  serviva  dell* 

ite  (compagnie)  italiano; ma,  doppo,  quel   M 

ne  ha  partorito  tanto,  che  ne  riempi  tutti  quei  gran  paesi, 
et  no  manda  anche  molte  compagnie  in  Italia,  a  *) 
compagnie  spagnuole  cominciarono  a  venire  coi  loi 
autores  alla  testa  e  il  loro  repertorio  di  comedias  Ja- 
mosas,  loas,  saynetes,  i  loro  bayles  nacionales.  Fel- 
la monotonia  del  nostro  dramma  letterario,  i  lassi  doli 
commedia  dell'aite,  furono  iutenotte  dalle  romauzesch< 
atti-acutissimo  comedias  de  capa  y  espada  di  Lupo 


')  Knsatfo  de  una  biblioteca  di'  irml«ctitrrs  erpaholet  eoe.  ecc. 
tsarias    nctidas  liurarias  ecc.  por  Don  Juan  Antonio    Pcllioer  j  l.afor- 
cada  ecc.  ecc.  Madrid.  1778.  —  png.  B0-SS. 

•)  Ia  Supplica  Discorso  familiare  di  Nicola  Barbieri  dello  Ileltrai 
Venezia  1634  —  pa*.  80-1. 


—  01  — 


Vcga,  come  la  Ihrtnosafea,  o  el  l'erro  del  J/ortela- 
no ,  las  biaarriùs  de  Betìsa  o  la  Dama  melindrosa; 
da  ijuelle    strane  comedian    heroicas  0  ftixfzrinles,  tra- 
menìi della  storia  di  tulli  i  tempi   in  costume  spa- 
lo, da  paragonarsi  solo  coi  travestimenti  melodram- 
matici italiani  ;  da  quello  comedias  de   santos ,  piene  di 
itine,  d'avventure,  coli' immancabile  yracioso ,  che 
i  tanto  più  divertenti  delle  nostre  tragedi  E, 

Lope  de  Vega,  vennero  le  Oliere  di  Guillon  di   Ca- 
I'  autore  de  las  Mocedades  del  Cidj  del  Don  Qui- 
del  Tarrega    e  del  Aguilar    e  del  Vele/,  de 
Guevara,  e  del  Montai  van,  «  primogenito  e  erede  dell'inge- 
rì-1  -h  I.ope  ».  Ciiambaltista  Marino  dice  cito  in  Italia  e  in 
Francia  i  capi  comici,  per  riempire  i  teatri,  annunziavano 
il  nome  di  Lope. 
Il  U3S0,  il  Cardinal  Borgia,  Viceré  di  Napoli,  accordava 
ho  de  Paz,  autor  de  comedias,  che  vo- 
aic  una  compagnia  de  rcprc.scntantes  espaholes 
jue  siempre  quo  es  el  snphcante  apio  para 
ro,  assi  Espaùol  corno  Italiano,  puoda  re- 
mtar  ci»  està  ciudad  sino  él  »,  e  ciò,  attese  le  molte 
spese  che  faceva  ,  cosicché  non  era  giusto  elio  altri  gli 
>se  il  guadagno  ]».  Segniamo,  dunque,  questo  primo 

eccone  un  altro ,  che  si  vanta  d'  esser  più  antico, 
co  de  Leon,  espahol,  autor  de  comedias, 
ip|*osentava  al  Viceré  Cardinal  Antonio  Zapata  ■  quo 
<s  el  mas  airiiguo  de  los  que  bay  cu  cste  Reyno  y  tener 
su  compaitia  hccha  do  representantes  cspaàoles  »,  o  che, 
intento  Sancito  de  Paz  gli  aveva  o  hecho  desaciou  de  la 
en  està  ciudad  ».  Il  Cardinal  Zapata  ordinava, 


jwto  1620  — Bigi,  da  Vicart  dal  9  giugno  1620  a  14  dicem- 
»  Secretoria  Vie»rwJa.  34  dupl.,  fot.  61  —  Arch.  di  Slato. 


—  92  — 

ii 'ii  biglietto  del  26  mano  1621,  che,  a  atento es  bastante 
un  autor   por   los    quo  aludenan  IrLs  couiodias   en 
Ciudad  y  otras  justas  causas  »,  lincile  il  ilo  Leon  aw 
compagnia    atta  a  rappresentare ,  «  ningun  otro  espi 
puedu    represeflktt    en    osta    ciudad   y  osto  so  obseri 
sin  embargo   de  qualquiera   orden  ,  qua  haya  en 
tracio  n  '). 

Nel  1027,  Sancho  do  Paz  ora  ancora  a  Napoli.  Il  20 
temi) re  1627,  il  Marchese  de  Mancera  scriveva  d'ordine  de 
Viceré  alla  Vicaria,  rimettendole  un  memoriale  de  Sancì 
de  Paz  e  dicendo  che  a  Vs.  se  le  haga  dai-  una  casa  df 
la  comedia,  quo  està  desocupada,  para  qua  pueda  re 
sentar,  pagando  al  duetto  della  lo  que  justo  fuere  hasta 
la  quaresma  »,  e  se  poi  BÌ  duetto ,   il  proprietario,   n< 
vi. leva  dargliela  pel  prezzo  giusto,  permettesse  che  p«»i< 
prenderne  un'altra  dove  la  trovasse,  «  pagando  la  lin 

ti  à  la  casa  do  los  Incurabl  Suppongo 

diii-ho  innominato  l'osse  appunto  I"  ospedale  degli 
[■abili,  e  che  Sancii.,  ilo   Paz  cercasse  cosi  di  sfuggii 
ali  obbligo  di  fittar  proprio  quel  teatro ,  il  cui  prezzo 
ora  gravoso. 

Nel  1620  e  21,  Sancho  de  Paz  e  Francisco  de 
rappresentarono  nel  Teatro  dei  Fiorentini.  Il  privilegio  l<>r 
accordato  non  toglieva  in  quel  tempo  niente  a  nessun* 
perchè,  a  quanto  sembra,  non  <:'  era  allora  a  Napoli,  se 
non  un  sol  teatro,  quello  dei  Fiorentini.  11  San  Bartolom- 
meo  stava  in  costruzione.  —  Due  altri  capi  di  compa^ 
comiche  recitarono    ai  Fiorentini  il  1630  e  31:  Fratti 
Malhelo  e  Gregorio  Laredo 


»>  Phuyonuu.  Voi.  t  li:;,  u.  ■•."•  do  21  giugno  1620  a  18  die* 
(bL  17-18 

*)  ScRrot.  Vi.   r    »ol.  4480.   Viiuiiu  .la  S9  dicembre  1622  a  0 
1629,  n.  7.  fot.  R& 
*)  R«l*«.  iWIl'Udit.  »  HOT.   I  d'"  «»t. 


—  08  — 

recii-  -iiu"]-».  gli  6 

larsene  la  disposixiona  Si  cominciava  ooo 

popola  ita  sulla  I.  Poi.  Si    ''  l'uba  In 

«,  sorta  di  prologo,  che  pigiava  tante  tenne  varie.  Se- 
Iramma,  diviso  in  tre  giornate.  Ma,  tra  una  g 
■'  cntrcmcs.  o  intermezfo,  anch' 
oonteiuito  e  di  Torma  svariati,  con  un  ballo  iia/.iii;.li. 
fittiti  hiudcva  la  commedia.  C'erano  balli 

)i  e  seri1  '»,  D.  Alonso  el  Bue/io,  i 

ma  i  prediletti  erano  i  popolari  e  licenziosi,  come  la  ( 

cialmente,  'inolia  Chacona  e 
ella  Zarabanda,  che  ebbero  la  celebrila  del  cancan  >). 
Gli  nitori  spagnuoli  erano  pei  le  strane 

avano,  del  costumo  teatrale  ;  niente  di  più  frequenta 
"un  Air  '"II"  piumatood'un  Nerone  eoi 

>ni  di  velluto  a  sbuffi.  Il  Napoli  Signorclli  ricorda  an- 
so di  rappresentare,  talvolta,  in  00 
cavallo  *). 
looraqualche  commediante  italiano. — Dal  1016 
[618  in  a  Napoli  un  comico  illustre,  Pier  Maria  Cec- 
i-'errara,  dotto  Frittellì no,  eh'  era  una  maschera 
ni  da  lui  inventata.  Aveva  cominciato  col 
nella  compagnia  degli  Accesi.  Quando  venne  a 
a  già  insignito  di  un'onorificenza,  ch'era  la  gloria 
re  e  la  difesa  invocata  dai  comici  tutti  del  tempo, 
ido  volevano  scuotere  l'ignominia,  di  cui  li  coprivano 
lolla   società.  L'Imperator   Mattia  lo  aveva 
fatto  nobile!  A  Napoli  proprio,  stampando  o  ristampando 

io  alle  comedie,  comedian  ti 
tori  di  Pier  Mario  Cecchini  Comico  Acceso  et 
tuoma  ili  S.  M.  Cesarea  i Napoli  Roncaglielo,  1616) 

.-da.  Et  cotral  de  In  Pi  ir  luca,  puntai.  —  Tickuor.  o.  e  II,  4C3 


Storio  d€i  t*atr$.  Napoli,  Oraiuo,  1813.  VII,  29-30  e  wg. 


—  04  — 


metteva,  alla  fine,  il  lungo  diploma  latino.  Lr Imperatore 

o  estollendomi  —  egli  diceva  —  sopra  ul  numero  dei 
<lini,  mi  ha  innalzato  e  posto  nella  schiera  dei  gentilh 
mini  et  protendenti,  coma  se  di  quattro  avi  paterni  al 
Imi  in  tosai  nato  nobile  o  con  tante  prerogative,  di'  io 
mortifico  me  stesso  nel  rammentarle.»  a)  Le  suo  commedie 
erano  ingegnose,  vivaci,  ma  oneste.  Ei  difendeva  la  C 
dei  liiinmedianti  colla  penna  e  con  l'esempio. 

Ili an  con  lui.  nella  sua  compagnia,  Leartdi 
arto,  la  moglie,  Orsola,  Flaminia  in  commedia  *). — 
Nel  Libro  maggiore  degli  Incurabili  e  segnata  la  riscos- 
sione, ad  ottobre  1616,  di  116  ducati  pagati  da  Pier  Maria 
Cecchino  detto  Frittelino.  —  Tra  quelli,  che  recitarono 
ai  Fiorentini  ,  il  1618 ,  è  Frittellìno  y  eompafteros  '). 

Il  (.cechini   scrive   cosi  a  un   punto  del   suo  tibn 
«  Gli  hospitali  di  Napoli  et  Milano,  città  della  medesima 
C.  M. ,  hanno  di  Spagna  anch'essi  faeultà  di  poter  l 
ferire  licenze,  fabricar  stanze,  et  cavar  frutti,  onde  pan 
favoriscono  et  aiutano  i  comici,  come  carissimi  amici 
instrumento  di  gran  bene,  cose  che  non  farobbono  a 
sono  disoneste  et  infami;  sopra  quali  sarebbe  gran  s 
dalo  il  fondar  la  baso  del  viver  loro  »  '). 

Nella  sua  compagnia  forse,  o  in  altra  che  venne  a 
poli  poco  dopo,  e'  era  il  famoso  comico  detto  Dottor 
Ione  o  Dottor  Graziano  dei    Violoni,  il  cui  vero  D 
era  Girolamo  Chiesa  ').  À  costui  coi  compagni  capitò,  nel 


IIM 

- 


')  P.  27  —  11  dipi,  è  datato  da  Vienna  18  novembre  4614— ft 
Ure  facete,  che  citeremo  più  oltre,  cfr.  p.  13-14.—  V.  V.  Ha  itoli. 
I,  166-8 

•)  A.  Banlieu   Ut  eoméd.  Hai.  i  ia  cour  de    Frane*.  (Pari»,   1 
P.  860-1. 

q  ZA  alt,  tot.  580  o  Rei.  dL 

«)  0.  e,  r.  20-82. 

»)  Quadrio,  III,  2.',  239. 


—  95  - 


da  Napoli  per  andare  in  Sicilia,  un  fatterello,  che  i 
i  >' incaricarono  poi  di  diffondere  a  loro  gloria.  Perchè, 
avendoli  una  tempesta  sequestrali  a  Capo  Orlando  e  co- 
strettili ,1  restarvi  più  giorni,  si  trovarono  a  caso  in  com- 
pagnia di  un  gran  prelato  e  di  quattro  degni  religiosi, 
ozio,  vollero  fare  una  commedia;  e  il  prelato  v'assi- 
atro  ima  porta  mezzo  chiusa,  i  quattro  religiosi.  Man 

»mano  che  si  svolgeva  la  commedia  ,  i  quattro  religiosi 
avano  fuori  dalla  porta;  e,  alla  tino,  erano  lutti  in- 
torno ad  applaudire  i  comici.  Assaggiata  quella  prima, 
B«i  lasciavano  d'insistere  por  sentirne  ima,  «  non  solo 
bob,  al  giorno!  *). 

Fiorivano  allora  il  Pulcinella,  Andrea  Ciuccio  e  il  Ce- 
cidio, Ambrogio  Buonomo.  Il  teatro  dei  Fiorentini  era 
{•arti  ledicato  alle  compagnie  spagnimlo,  quello 

Bartolommeo  alle  italiane,  o  lombarde,  come  allora 
«i  diceva.  Ce  n'  era  un  ter/o  più  popolare  e  indigeno  ?  Un 
•«no,  se  il  vivaio  di  quei  tipi  comici,  che  troviamo 

Dominati  negli  scrittori  dialettali, principalmente  nello  Sgrut- 
:  :i      <: iridio  Ciaoola,  Pascariello  Truono,lo  Dottore 
cchia  Pannocchia,  Scatoeaa  *)  t  Come  ho  già  detto, 
probabile  clic  o  si  recitasse  al  largo  del  Castello,  all'aria 
■Jierla,  o  in  teatrini  provvisori].  Il  Fuidoro  poi,  sotto  il  18 
Oiarzù  1666,  parla  di  un  bando,  elio  ordinava  che  il  mer- 
cato > ■  se  «  fuori   Poria    Capuana  ,  dietro    le  mina 
Wfa  città,  vicino  a  S.*  Caterina  a  Pomicilo,  doo  era  la 
*Uuua  per  uso  delle  commedie  pubbliche  3)  ».  Ecco,  dun- 
Jii  altro  tcaU-o,  ch'esisteva  non  si  sa  da  quando,  e 
*to  durò  in  quel  luogo  lino  agli  ultimi  tempi.  —  Scatossa, 
r**<HMggio  di  molta  voga  a  Napoli,  nel  seicento,  era  una 

'I  Butteri,  La  Supplita,  \\.  44-5.  Otlonelli,  Dalla  cristiana  moder.dtl 
'«*>.  Virtù*,  1646. 
')  Tiorba  m  tacconi.  Coli.  Porc,  voi.  1,  passim. 

•mali.  Ms.  Bil.1.  Nax..  «*g.  X.  B.   14.  —  fot    178. 


—  %  — 

specie  'li  bravaccio,  come  appare  dal  sonetto  dello  S{ 
tonato:  Alia  spaia  de  Scatogaa,  die  Bi 

Tu     lo  gran  Micco  Pasaaro  serviste 
E  Inni»  n-  sTi-nn*- iaie  co  l'appetito 
Th'appe  de  sferrejà  co  chille  e  chieie. 

Scatozza  rno  l'ha  fnti.o  Mito  convito, 
F  tanta  n'  ha  nHlate  e  buone  e  tristo, 
Che  t'ha  fatto  lurnn  do  spatn,  spilo  '). 

G-  B.  Basile  poi  nomina,  degli  altri  spettacoli  pop 
•  I  I  t(iii[ii»:  chille  che  camminano  ncoppa  ale  mmazze, 
chille  che  passano  drinto  a  le  circhio  .  li  matlaccute  . 
mastro  Ruggiero,  chille  che  fanno  juoche  de  ma/ 
forte  d'Ercole,  lo  cane  ch'addansa,  oracone  che  ssauta, 

l'tistrm   eh,-   nr.rc   a  lo   rr.rrhicro,    ì.iirin    CanaZZd  8>. 

K  altrove: 


Le  ffarze,  le  commedie,  e  sagliemmanche, 

La  femmona,  che  ssauta  pe  la  corda, 

i  IhiII'  anta  co  la  varva, 

E  cheli'  autra  che  ccose  co  li  piede. 

Li  mattaccino  co  le  bagattelle, 

La  crapa,  che  va  ncoppa  a  li  rocchielle . .  .  *). 

Nomina  anche  tanti  balli  popolari,  come:  Roggiero,  Vil- 
lanella, lo  curilo  dell'uorco,  Sfessania,  lo  villano  cattato, 
tutto  lo  juorno  co  ckella  palummella,  Tordiglione,  ballo 
de  le  ninfe,  la  Zingara,  la  Capricciosa,  ecc.  eoa  *). 

')  Tiorba  a  tacconi,  C.  Ili  .  S.  XII,  (od.  eie  p.  90)  —  Cfr.  Sch- 

ljl    COltV*,   d'ir  arte,  |i.    IH. 

*)  //  Pmtamerone.  Coli.  Parodili,  t  XX.  p,  14. 

s)  ivi.  308. 

«)  ivi.  p»  880  —  Cfr.  G.  B.  tUl  Tufù    Momoriadrl  Voi  [invila,  p.  50- 
84.  eec. 


—  97  — 

poi  quello  celebre,  l' Imperli <-at a,    ln>  ij  bollava  coBo 

sparto  nude  in  mano,  o,  per  non  fiirsi  male,  con  bastoni 

ì   '). 

il  :  ■  od  era  allora  quel  che  fu  poi    I  Vi- 

;ré  non  erano  ancora  discesi  ;<  frequentarlo.  I  signori 

ni.  h  Emo  oella  città  molle  società 

l  i  buoni  dilettanti  E,  quando  poi 

■  li    meatiorc,   questi  erano  chiamali  a  Palazzo 
Leale,  e  nelle  case  signorili  ;  e  davano  le  loro  rappresen- 
ni  innanzi  a  un  ristretto  e  scelto  uditorio. Ora  il  Vi- 
invitava  i  cavalieri  e  le  dame  al  Palazzo  Sosia  "  in 
quel  salone  dove  rappresi  1  0  fare  commedie 

balli,  che  chiamano  Festini  »  2)  ;  ora  i  signori  invitavano 

loro  case. 

Cosi,  ncir  ottobre  1616,  si  legge  nello  Zazzera:  «  S.  E. 

lil  Duna  d' Ossuna)  fere  pubblico  e  sontuosi)  testino  e  con- 

SO)  ove  restorno  la  maggior  parte  delle  titolate 

di  N.ip  ili,  ola  sera  andò  parimente  con  collazione  e  balli 

O  ccmedie,  tanto  0  vago  S.  E.  di  mantener  la  DODÌMl  l'a- 

la  »  ■).    E  non  si  cessa  mai   di  lodare   la  frequenza 

«magnificenza  di  questi  spettacoli  dati  dall'  Ossuna  :  fe- 

con  l'ulti,  balli  e  maschere,  comedie ,  o 

,,f«n  mio.  «  Sembra  non  godere  d'  altro 

et  buttalo  la  sua  robba   in  servigio   di   questi 

'ignori  napoletani.  •  *).  I >< »j * •  •  i  primi  cinque  0  sei  mesi, 


'Hiiluui.  Dtl  dialetto  napoletano.  Coli.  Poro.,  L  xwiu,  p.  133-7. 

1  Stornati  dtl  Ifwa  d'  Ossuna  Ms.  rit.  fai.  t8.  —  Altro  ras.  con 
■oli*  AfiroKe  ò  nella  Bibl.  della  Soc  Nap.  di  Sì.  Pat.  —  La  stampa. 
**ìm\  Palermo  (Ar.  St.  Ital  I  Ber,  voi.  I\).  è  qoa  ••  Il  mutilata  — 
Zattera  aeriaae  anebe  case  drammatiche  flOfn  '■'...■rio  dei 
Autox  Parola  jMxstoralc.  Napoli  (wr  QioY,  Oiae.  Carliuo  1014  In  4—  Al- 
loca Onmmalyraia.  Ed.   I76B—   Col.   U<~ 

*|W  r,. 


—  98  — 

•^se  s[»eso  più  ili  cinquantamila 
in  feste-  i). 

I  '-T  le  commedie,  erano  chiamati,  a  volta  a  volta,  «• 
fi  apposta,  commedianti  pubblici:  in  una.  «he  se 
fece  il  17  settembre  1610,  tra  le  commedianti,  che  i 
PODO  in  Palazzo,  tt  introdussero  due  cortigiane,  la- 
ssi» dal  cuore  tenero  di  un  paggio ,  Io  quali, 
ni  dopo,  furono  frustate  per  la  ritta9). 

I  Monasteri,  i  collegi,  invitavano  anche  il  Vicorè 
le  rappresentazioni,  che  apparecchiavano  religiosi  <• 

collegiali. — Nel  gennaio  1617:  «  Lunedi  S.  E.  man- 

giare nel  collegio  dei  Giesuiti,  li  quali  li  ferno 
Iragcdia  del  Ite  Gordiano  in  latino,  con    bellissimi   intcr- 
incdn,  h  quali  polonio  trattenere  la  gente  ivi  r 

riuscì.  ■>  V"  era    ic 
sima  gente,  tanto  che  i  Gesuiti,  ■  \> ■•■•  riguardosi,  ; 
fare  un  hanno  òhe,  ooBa  pena  «li  cinque  anni  di  galera 
ignobili  e  ■  ■impie  di  relegazione  ai  i n -I .ili,  tutti  d  • 

■iil  che  volendo  cominciare  prima  >:  giure  i  ti- 

tolati e  gli  ufliziali,  per  non  avere  il  banno  eccettuato  n< 
SUDO  o,  si  dava  luogo  a  disordini,  e  COSI   In  nvocato  *^ 

II  2  febbraio   1617,  giorno   della  Puriti  «si 
l'atto  gran  festa  dallo  figliuole  del  signor  Luogotenente 

oedia  »  *).  Qualche   giorno  dopo  simile  spettacolo  I 

lier   liiaronio  de  Franco  ').  Altre  cornine 

di--  a!  recUavam  a  l 'oggio reale,  dove  il  viceré  dava  coi 


«)  Col 

*)  fot.  ti,  12  —  20  Dvttambra  1610:  e  Si  è  sentilo  li  trombetta  omini 
•orante  intorno  il  juila^gio  di  B.  B  .  -  In  fruita  dello  due 

ui.irario  oortogiaiio  ,  U  ijunli,  tiralo  dalla  for/a  dolla  loro  bollsua , 
ntran  nuli' aringo  «lolla  nobiltà....  ». 
1.29. 

M..!.  30 

■Il„i     :l 


—  90  — 


alle  dame  al  piano  di  su  e  alle   cortigiane  al 
ù  t). 

EU  ,  per  1"  sposalizio  di  una  commediante,  il 

gran  ..invito  a  uitic  le  corteggiane 
famose  di  Napoli, nei  giardino  di  l>.  Pietro  di    Toledo  a 
lia,  «  dove  furono  commedie  e  balli,  tuttoché  la  Hu- 
maltrattata  di  parole  da  una  di  quelle,  p 
entrate   alcuno  in  carrozza  et  ella   non 

a  era  stata  buscata  d  foce 

*)• 
Onesto   mostra  aurora  una  volta  il  grado  sooiaie,  oc- 
Bile  commedianti.  Ma,  a  proposito  dei  contatti 
i  il  viceré  e  questa  bassa  gente,  noto  che  nel  dicembre 

I,    passeggiando  S.   E.   all'Incoronata,   «si   fermò 
-    saltalo    una    giovane,  alla  quale  finita  li  d '> 
cudi  •  3).  Se  non  che,  il  più  curioso  sono  I»; 
bue  i<la/ioni  col  buffone  popolare,  notissimo  alluni 
il               i  Dottor  Chiajese.  Di  costui  si  fa  spesso  mett- 
ilo Sgruttendio: 
E  quanta  baia  fanno  a  sto  pajeso 
A  Dottore  Chiajese, 
Che  stimma  (anno  a"  isso  t 

anche  un  Dottore  Cacaposonetto,  il  quale 
\'.i  pò  lo  sfortunato 
Cammenare  pe  Napole  Io  juorno  , 
Ca  mille  piccerille  le  so  attuorno....  *) 

Nel  novembre  1616 ,   si  sa  che  fece  grazia  «  al  Baf- 

",c  Chiaiese  d'  un  soldato  fuggito,  dopo  ha  ver  seco  di- 

)  fikl.  40  —  Gfr.   Colombo.   //  palano  e  il  giardino    di  Poggiorrale. 


Arci, 


Stor.  Naj>.  X.  328  o  •««. 


56.  —  Il  ma.  dalla  Soc.  Storica  dico:  Rtametla  i.  117. 
tUOaag—  Cani/-  la  nap.  significa:  aerbinotlo,  argante. 


—   KM)    - 

■corso  un  poco  intorno  a  chi  lussa  il  primo  do)  mondo...  »■ 

Nel  febbraio  1617:  o  Passeggiando  S.  E.  in 

Chiaiese  buffane  e,  successa  una  rissa  di  pugna  tra 

alabardiere  et  mi  povero  huorao,  a  cui  fu  rotto  in  pezzi  il 

collaro,  del  c:he,  querelandosi  con  S.  E.,  rimaSO  la  decisione 

•  li  quella  lite  .'il  Dottor  Ghiaiose;  ilqualo  all'impronto  cqd- 

•  i  nino  In  alabardiere  a  pagare  due  carlini  por  il  co 

lue  grana  per  lo  ingiurie  et  altri  25  a  lui  per  il  oserei 
del  che  gustò  molto  S.  E.;  ma  tra  tanto,  avendo  molti  po- 
veri cercato  l'elemosina,  egli,  havendo  prima  donate  duo 
doble  al  ri naiese,  et  ce  le  dimandò  a  lo  buttò  alli  povei 
dolche  stramortito  il  Buffone,  radoppió  lo  spasso  di  S. 
e  dopo  un  gran    pasto  CO  le  restituì  »  9).   Neil'  aprile  , 
viceré  doveva  scegliere  1' Klutto  del  popolo;  ilo,  il  dottor 
I  in; uose  andò  da  lui  «  a  supplicarlo  che  li  facesse  . 
degnare  il  beveraggio  con   pubblicarle  chi  uvei 
per  Eletto  del  Popolo;  S.  E.  le  disse  Scipione  Porno  ;  e, 
cosi,  lui  è  andato  a  guadagnare  la  mancia  »  3). 

Nel  gennaio  1618  ci  furono  vario  comedic 
Cavaniglia  *).  Il  1  febbraio:  «  Giovedì  la  sera  si  fe'fe 
con  comedie  in  casa  del  consiglici'  Salinosi  ove  essonde 
S.  E.,  e  la  Marchesa  di  Campolattaro  come  gravida  gridi 
valer  pizze  fritte  con  Colio,  0  COSI  furono  subii.  >  l 
con  lei  magnorno  anche  di  quelle  molte  altre  signore  •  &s 
Poetico  grido,  elio  lo  storico  non  può  far  di  meno  di 
gistrare!  —  Donna  Dorotea  di  Capua,  Marchesa  di  Cai 
lattaro,  era  lamini'  delF  Osanna*).  —  Nello  stesso  me 


>)  fot.  22. 
')  Bri 
*)  fot.  38. 

•)   fol.  77  «ce.  22,  28  genn. 

i  I..I    70   11  me  (lolla  Sor.  Blorl  /«'.to  fritti,  f.  150. 

•)  I.*  iloria  «tei  loro  auioi i  è  in   un  m»    <U'Ì\»  SociotA  NapOl.  'li  Si 
Patria,  ohi-   li*  fMtO  titolo:  Sucmsì  traffici  e  amorosi  dnl   ISSO  al  17! 


—  101    — 

m'ali  in  casa   Stigliano  >>.  Un'atea 

volta,  il  viceré  andò  :i   spasso  a  S.  Lucine  poi  Baùli  ce* 
ilare  «  IH  i  a  monto  noi  Camcroue  delti  Mai 

i\h  SS.  Aiuj.  •  *).  Non  parlo  dulie  frequentissime 

.  Pala/zi..   Peccato  che  i  cronisti  se  la  sbrighi* 

ipre,  colie  frasi:  una  bellissima  (Somedia, 
•io  apparato,  e  con  soddisfatto'  ../<?.' 

B  3  maggi-  i  recitò,  a  Palazzo  Reale,  il  Pastor 

I  Guarini,  un  opere,  che  ebbero  più  n 

tempi.  «'Giovedì   tu  la  lesta    d  alluno   della 

S.  fa'  recitare  il  Pastor  Jido  dai 
con  una  spesa  della  scena  di  i.m mi  .lu- 
cati; ma  riuscì  fredda  e  si  smozzò  in  molte  parti  »  '). 
i.  designazione  generale deBe compagnie 
ÉM  venivano  dall'alta  Italia,  erano  sempre  la  compagnia 
•li  FritteUino.  li  i punto  allora.  Prìttellino  stampava 
a  Napoli  un  SUO  volume  di  Lettere  facete  et  morali,  la 
a  data  di    Napoli  l  luglio  161$  4). 
Saltiamo  alcuni  anni,  fino   al  prossimo  dui  Sci- 
ira,  o  continuiamo  la  no             naca  teatrale. — 

nieo,  ma  elio  non  è  né  i  Suceettsi  «U>l  Corona,  uè  le   Vito  del  Fil... 

^»— p.  I3l-T>  —  Cfr.  Zattera,   pattini  —  Noi  £6*27  fu  recitata  a  Parigi 

■W  «media  del  Majret   intitolati:   Lu   GolanUvks  du  Due  d'  Ornata 

■<  de  NapUt  (Lucas.     Hist.  du  t  neutre  francai*  «ce  Fari»  1843, 

lo   Tel.    'li    Parigi  dal  163S,  elio  ò  njtera 

"ttUMito  contro  le  bello  creanze,  e  contro  la  direvol  modestia,  chea 

oonrioue  »  o.  e.  Ili,  II.  302. 

*)  SI  fvbbr.  —  fol.  HI    II  15  marzo,  a  l'ai. ,  ci  furono  gioca  deità  corda 
COMI   /':  riKCOl'   f.   83. 

fido  In  Ita!  ina. 

<•  manlweaiK/  1.  »l 

•re  /beri*  ei  i  Acce»  et 

Ga*'ft«,Wl.  Mruttà  Cetatca  all'  IUuttr.  et  eccelientùs.  Signor 

&*b  battio  Principe  d'Albano  ti  tuogotenente  generate  di  Santa  China. 

■  vili. 


—  102  — 


Il  SO  luglio  1024,  il  viceré  Duca  d'Alba  <-  fé  un 
stili.»  nii.-i  costiera  di  Posihpo  noi  luogo  del  Duca  di  Tri 
lo  fé' fate  dentro  maro  un  tavolato  sopranna 
h  barche,  cho  lo  mantenevano  immobile,  come  Fo 
BtBtO  in  terra,  ot  ivi  si  recitò  una  commedia  spagnuola, 
concorrendovi  un'infinita  di  damo  et  cavalieri,  essendovi 
ancora  molti  altri  spassi  di  balli  e  musica,  che  durarono 
fino  a  mezza  notte  »  x) 

Nel  1629 ,  l' ultimo  sabato  di  carnevale  varii  cavalieri 
napoletani  prepararono  una  commedia,  scritta  da  Alfonso 
Torello  e  intitolata  :  I  Jifjfi  ritrovati,  da  recitarsi  innanzi 
al  viceré  "'•  li  viceré  non  permise  che  facessei  i  ai  la 
spesa  e  apparecchio  «  un  superbissimo  apparato  e  quaaj 
vi  fu  di  mestieri  ».  Fu  recitata  l'ultimo  Sabato  di  Caca 
V..I.  «con  gusto  inestimabile  dì  quel  Signore-'.  I 
media  aveva  per  antefatto  i  soliti   rapimenti  e  disj 

Varii  padri)  ,'i"-'  hanno  perduto  i  figli  in  varie  occas 
si  ritrovanOi  tutti  insieme  con  questi  figli,  a  Genova]  doi 
succedono  mille  imbrogli,  {rateili  che  s'innamorano  di 
ralle,  queste  di  quelli,  padri  di  figlie;  i  soliti  servi 
1'  azione;  e'  è  il  solito  napoletano  ridicolo;  e  tutto  fini 
con  soliti  riconoscimenti  e  matrimonio  11  prologo  fu  fai 
da  Matteo  d'Amasio.  Dopo  aver  lodato  il  Duca  d'Ai 
minava;  u  Prendete,  o  miei  compagni,  e  vigore  et 
dire  da  cosi  I  >,  discacciate  dal  petto  ogni  li 

c'haveto  di  comparire  in  che  il  nostro 

darà  Spirto  alle  vod,  Animo  ai  cori;  e  voi,  Dame  pietose 
r  ascoltar  non  v'affligga  già  i  lamenti  di  padri  » 
di  Ire  dispersi  ligli,  che,  fra  poche  hore,  li  vedrete  li' 

')  Diarii  di  Bdfiau  Guam.  M».  Bibl.  Nas.,  S.-g.  X.  B    86,  Ibi.  77. 

*)  Li  fiyli  ritrovati  comtdia  tkt  Su/wr  Dvn  Alfonso  Tortilo  alt  lllu- 
Mentimmo  Signor  il  ! 
ledo  Duca  u"  Alba  eie.  iu  Napoli  [iivaw>  Egidio  Longo  162U  —  iLàem[ì  i 
Bibl.  Nas. 


—  103  — 

ritrovati;  e  voi,  giovani  amanti,  non  inasprisohioQ 

L'udiri  mesti  accenti  e  gli  ardenti 
d'amanti  disprezzati;  ma  prendete  speranze  I 
undi  felici,  col  vedergli  tra  poco  contenti,  e  riamati,  e 

u  e  il  dolore  vi  tratteoghino   lieti  lo  bravure  d'  un 

capitano,  I"  astutie  d'un   Ragazzetto ,  gì' intrichi  di  due 

r  innamoramenti  ili  ire  vecchi,  e  le  iaostie  di  un 

.  I  tre  vecchi  furono  rappresentati,  l'uno  da 

Bucce,  il  noto  cronista,  o  gli  altri  da  un  dottor 

Mauro,  e  da  Luise  Sasso;  il  Capitano  fu  l'autore 

SO  dell'opera,  Ali  olio;  gl'innamorati,  Don  Ra- 

arino  Conto  della  Saponara,  D.  Pietro  To- 
Pilomarino;  i  servi,  d'Afflisi©,  Gc- 

le  donne,  Pìlinda  schiavai  Don  Carlo 
e  artigiana,  Geronimo  Bucce  d' Aragona; 
rata,  Fra  Tonno  Spinello,  poi  Duca  d'Ac* 
Ruffiani  do  Miroballo;  il  r  »,  D.  Gio- 

ii del  Tufo,  marchese  di  Lavello;  il  Napoletano,  il 
Don  Kilìppo  Martoscolla  '). 
Tra  la  line  del  29  e  il  principio  del  30  si  foccro  in  Pa- 
festiai  o  comedie  :  pretesto,  la  nasi 
tó  l1  ivo  vero,  il  matrimoni.,  della 

HgSuuIa  del  viceré.  Nel  gennaio,  si  recitò  una  commedia 

ite  di  Mola  Simone   Velez, 
■ila  Cara  ii  superbis:  imo   apparato.  I 

ino  tutti  gente  nobile,  o  tra  gli  altri,  i  due  fi- 
I  Mola,  giovanissimi,  che  recitarono  eccellento- 
i  era  :  La  palabra  campi  ida,  el  amor  mas 
a   aoenturosa.  La   comedi  a   fu 
tani,  o  essendo  in  lingua  spagnuola 
[ualche  luna,  rome 
.ioli  »;  ma  piacquero  molto  le  apparenze.  Il 


')  Bocca  agg.  al  Guerra,  ma.  «il.     ' 


—  104  — 

viceré  o  la  viceregina  v'  assistevano ,  seduti  inni 
dame,  don  sedie,  un  po'piò  alte,  i  Ali» 

fine  della  commedia  ci  fu  un  ballo  a  guisa  di  torneo 
Nel  lunedi  17  febbraio  si  recitò  ;i  Palazzo  1'  Alvida  di 
,  e,  questa  volta,  la  Spesa  fu  fatta  dal  conto  di  Sap< 
tiara  di  Cam  Satiseveriii".  Il  Dura    lAlcala  non  aveva 
scrupoli  del  d'  Alba  !  L'  Alvida  e  una  dello  opere  che  ebbe 
più  fortuna  Mille  BMD6  italiano  del  seicento:  se  ne  tra>- 
auebo  uno  scenario.  L'autore,  Francesco  d'Isa,  e 
clic  .si  cola  nello  Stampe  col  nonio  di  Ottavio  SUO  Irai 
ó  il    principale    rappresentante,  a  Napoli    al    principio     dui 
seicento  della  commedia    derivala  dalla  imitazione   Ialina 
del  SeOOlO  pnuia.  Scrisse  anche:  la   Flaminia,  la   l'ortu- 

nift,  la  Ginevra,  il  Matmarftato9).  Scrittore,  d  me- 

diocrissimo :  intorno  a  lui.  -  i  sono  varii  alni, 
la  pena  neanche  di  citare. — Alvida  è  la  solita  schiava,  bel- 
lisflima,  'li'ò  ricercata  a  gara  da  vecchi  e  giovani,  e  eh\ 

sposata  .lalfuii  dei  giovani,  senza  olir  l'altro  |i<i>sa  Ir 

a  ridirci,  essendogli  scoverta  sorella.  Non  m 
ermunodia  il  Ospitano  Squacquera  Spaccatruono,  che  rii 
nisee  le  qualità  del  Capitano  e  del  Napoletano.  Il  pr 
per  recessione  Ri  Gatto  dal  Conte  di  Chiaromonta,  ni 
tetto  del  Conte  della  Saponara,  e  da  D.  Cesare  Gattuccio. 
Doveva  essere  un  prologo,  come  talvolti  s  ia- 

logo.  1  tre  vecchi  furono  Ottavio  Provenzale,  Marino* 

Marchese  delli   Rotondi,  v   Carlo   Kustaciiio.il  Conte 
«lolla  Saponata  fu  il  servo   Mancino,  Y  alU'o   sei 


'|   Univa,  fot.  SJ. 

«)  I'«r  i«  varia  adnàoaj  v.  Quadrio  ni,  U,  W-9  —  DoU'Altida  uo 

io  l'fidiz.  del  nutrano  Nap.  Itf35,  dedicata  ad  Antou io  Baaao. 

'  tre  anni ba  taciuto  il  nostro  («atro  ».  —  N«dla 

mattata,  1646  •  ■'  un  prologo  del  signor  Flaminio  Brancaccio •  « <U  M 
medesimo  recitato  ».  1  Barbili  motto  costui  tra  i  «uoi  comici  (I,  131  j 
ma,  otioontoai.'iitr.  era  un  gentiluomo  dUoUWltO- 


—  105  — 

!».  Alfonso  Tortilo;  Strafalcia  fu  uno  di  casa  Ve- 

..ii  erano  i  due  fratelli  di  Cesare  ili 

irtigìana  Ninetta  e  il  fanciullo  l'errino,  duo 

atolli,  figliuoli  del  consigliere  Alfonso  Vurgas,  duca 

di  Cagliano.  Il  Capitami  Napoletano  Filippo  Martnscella; 

llbd  Ida  fu  D.  Carlo  (lattula;    la    matrona 

IZtnobia,  uno  di  casa  de  Liguoro  ;  il  bravo,  l'uccio,  un 
di  Leone  ]>. 
Il  lo  gennaio  si  recitò  nella  chiesa  «lei  Gerolomini,  *  una 
beU"  <>i  rituale»»,  riuscita  estremamene  nanna  ».  Ci 

a  «  certi  balli  <li  cinque  cavalieri  piccioli,  astai  belli  ». 
Wuel  -  vi  assistettero  le  sole  donne.  Nel  venerdì 

segaeni»'.  fu  replicata  pei  eoli  uomini.  Il  £3>gennaiOt  una 
altra  i  nella  chiesa  dette  Scuole  l'iu, 

intervenne  ancfie  il  Cardinal  Boncompagoi ,  Arcivescovo 

Passiamo  al  1631.  Il  2ó  febbraio,  pel  matrimonio  di 
dito  del  Tufo  con  Elena  del  Tufo,  si  recitò,  «<  una  come- 
dia  all'  impronto  da  cavalieri  ».  Nello  stesso  febbraio,  a 
,  fu  «  dalle  monache  rappresentala  un'opera 
n  dell'essere  citrato  alcune  signore,  che  tenevano 
fatua  dal  papa,  ed  altro  signore,  che  videro  da  fuori,  fu 
«Mora  vista  da  molti  cavalieri  dalla  chiesa,  non  senza 
scandalo  di  chiunque  I"  intese,  e  ne  hanno  dai  superiori 
■ppr-  rtificazioni    grosse».  —  Il   3  mano 

o  il  LuogoU  Iella  Camera  ci  fu  restino  e  «  si 

recitò  una  commedia  da  alquanti  cavalieri  e  gente  civile  ». 
Qft3tO  ['Amor  paterno  di  Niccolò  degli  Angeli,  dieci 
i  intorno  venti  anni,  raetl  sndoi-i,  con  la  mas- 
le  regole  (l'Aristotile.  Fu  recitata  benis- 
sndo   use  le  donno  «li  ridere,  noi 


•>  Bv*  30-3 1  «e.  —  A  f.  106,  di  uà  coiuioo,  clw  fece?»  fl  Caiabim. 


—   10<>  — 

odo  tante  cose  né  regole,  ò  riuscita  infadosa  estro- 
inamento  ».  Il  giorno  dopo,  il  4,  ultimo  di  Carnovale  ,   in 

•  dì  Gommo  Albertino,  Principe  di  L'imitilo,  si  n 
I  /"■  di    lil        vi.  angelo   Spina,   camaldolese, 

«  poeta  insinui:,  òome  io  provano  le  .suo  t  me  stampale  ». 
Ma,  «lice  il  Ducca  dilettante  drammatico,  a  non  potrà  mai 
persona  naia  arrivare  a  rappresentarla  nel  modo  ohe  Ai 

a  Nai  In  ii.  il  Eletto  del  Popolo  del  tempo  della  i 
zione  di  Masaniello  I)  'i.  portò  b  rappresentarla  con  lui 
la  sua  conversazione  a  1).  Tiberio  (arala,  Principe  di  Bisi- 
gnano,  recitandovi  la  sua  parte  ili  Vespa  servito! 
siilo  Coccia  il  servo  del  giovane  Leandro,  il  pedan' 

dottor  Aureli,  i    Manna,  il  capitan  Squarcia  lo  recitò  Andrea 

Russo  agente  generate  del  l'uea  di  Termoli,  e  Principe  di 

l.'.n  raromana,   e   dalTos.  800  portata  m  lingua  n;  | 

dall'erudito  e  valoroso  dottor  Matteo  Scalese  quale  ai 
lui  recitò  la  sua  parte  del  Servo  «lei  capitano.  E,  sparsosi 
il  a. ime  di  quest'opera  cosi  ben  recitala,  volle  il  Duca 
d'Alcala  a  Palazzo.    Né   altra  conversazione  ha 

potuto  inni  rappresentarla  »  ').  Nel  maggio  poi  Si  rap 

>  dentro  S.  Gennaro  una  gran  comedia  moli 
premettala  e  esvaia  dal  Tasso1). 
Molta  fortuna  ebbe  la  Rosa  di  Giulio  Cesare 


')  Allora  Andrai  Naderioera  percettori  di  Terra  di  LeToro— Biglietti 
dei  Vicersde,23apr.i632alr3 
Arch.  <ii  Stalo. 

■)  Burca  Me.  cil.  —  L' Incestante  non  si  trora  natii,  biblioteche  o 
è  diali)  da   bibliografi.  L"  Aliaci  i  (ed.  I tìOG)  cita,  coinè  inalila,  V  InthtU 

.mi..  r.Tii 

•)  Biuta  Ma.  ivi.  Putotto  onora  io  tfià  t'itala  Gerusalemme   del  Zil 

o  aneli'    ;u      |i;i'i.:ili:hiu ut- .  Kr  minia  Poesia    Semita  cacata  titilla  Ilo 
salcmmc  del  Tasso.  In  Nn|»>li  p  * ' •"". '  —  itt  V 

c*i»U>  aapol       '       i  i    -lcwito  Accademico  Incauto  —  A 

Ih-auitnatitrgìa  •  I    t/W    QoL  Mi —  Il  l'or  ilio  aeri»»  anche  l' fJrtamlu 
forsennato  me.  Naji.  1042  —  ivi,  CoL  582. 


—  107  — 

Iota  no,  stampala  il  1021  ,  clic  tu 
più  t  ohe  messa  in  i  .  \<w  qualche  secolo,  di  tanto 

aito,  recitala  da  gnie  di  dilettanti  l). 


VII. 


fPtfftfa  musicale  pet  Maria  d'Aut-lria.  — J'rinn 
del  dramma  in  musica. 

!•'  ramoso  la  dimora  che,  dall'agosto  Bua  al  dicembre 
1631  d  Napoli  ina  Maria,  Bonella  di  Ki- 

oll'arciduca  Ferdinando.  Tra 
•no    in  quel  perìodo,   accennerò,  di 
kggi>>,    ohe  il   1."  ottobre  essa  andò  al  Gesù,  ovo  i 
iti  le  avevano  apparecchiato  un  gran  pranzo)  la  Ro- 
ti «che  ima  cima  d'insalate  »,  poi,  visitato 
tuo  il  coi  ippresentaziuni,  dove  i  padri 

ilquantì  figliuoli  da  certe  nuvole   e 
se,  che  insieme  col  mangiare  dicono 
'•Iv  "000  ducati.  E  to  grande  1"  ap- 

•imito,  pure  non  riuscì  niente  o  5).    Ma  il  17  ottobre  si 
■  uno  speli  io  ilo,  i  he  importa  a  parte 
rie  deserò  re,  r  un i  alno  che  bello,  e  la  ione 

s»«  Ma  pazienza  ! 

1  ci  napoletani  disposero,  dunque  ,  di  «  rappre- 

arle  un  dilettevole  ballo,  che  d'alcuno  iiigegnOBO'tPO- 
dotto  intorno  alle  peregrine  doti  «li  ed  gran  Ite- 
gin»  unicamente  si  rivolgesse».    L'incarico   dell' inven- 
tato al  cav.  Giambattista  Basile  ,  conti-  di  To- 
ww,rautotv  del  Canto  detti  Canti.  Il  giorno  fu  stabilito 
^  uscita    del  Principe  ereditario   di  Spagna. 

WAiua.  Del  diaUtto  napoletano.  Colt.  Pure.  L  Xxvm.  [,.  lòh 
<*  j..  64. 


—  108  — 

si  cominciò  col  dover  rÌBoivere,  come  capitava  sp< 
allora,  una  gravissima  questione  di  cerimonialo;  perche 
la  Regina  pretendeva  nientedimeno,  ohe  io  quel  fustino 
dame  non  avessero  le  sedie.  Fu  una  proto  raie; 

oessuna  ci  Barabbe  andata!  Si  convenne  allori 
Regina  avrebbe  assistiti!    otto  cooerta,  cioè  a  'lire,  die 
una  gelosia,  tutta  inargentata,  che  si  fece  nella  sala  '). 
Il  17  ottobre  .  aite  due  ore  di  notte  ,  giunse  Mari:»  e 
situò  dietro  la  gelosia  col  Duca  d'Alba  e  eoa  le  sue  d; 
me  ;  e  la  festa  principiò. 

Col  cader  dell.  la  scena  di  un  bosc< 

In  mezzo,  un  tempio  con  colonne  e  le  statue  defl'Oi 
e  della  Gloria,  il  doro  cantò  una  canzone,  che  coi 
eia  va: 

Spiegate,  Cigni  Canori, 

Nuovi  Pregi  e  Nuovi  Onori. 

Al  venir  d'  altera  Diva 

Doli'  Esperia  unico  Nume  , 

Corre  Nettare  il  bel  fiume, 

Di  Sirena  in  sulla  riva , 

Aprii  vago  si  ravviva 

Cinto  il  etto  di  nuovi  fiori  ; 
,u;ate  cigni  C 

Nuovi  pregi  e  nuovi  onori. 

Finita  la  canzone ,  a'  apri  un  vago  cielo  costellalo ,  o 
comparve  la  Notte,  vestita  d'oro,  ma  coverta  d'  un  velo 
nero,  su  un  carro  d'azzurro  tempestato  di  stelle,  a  tiralo 
da  nari  destrieri.  La  Notte  restò  meravigliata  nel  vedere 
1'  insolita  tace  di  s.  M.  Sor  d   <     coi  dola   stt 

delia  voce,  feri  </H  orecchi  altrui,  cosi  dieendo! 

«ivi-  mi  Raspartele, 

Volanti   aurei  destrieri. 


')  Kueca  f.  66. 


—  109  — 

Per  st  diversi  insoliti  sentieri  T 
•  or  voi  mi  guidai 

Non  fra  lumi  e  splendori, 

Ma  tra  l'ombre  e  gli  orruri  il  corso  io  giro. 

Che  vaga  luce  io  miro? 

Non  son  queste  di  me  1'  usate  vie, 

Quando  usci  mai  la  Notte  a  mezzo  il  ilio) 

Allora  usci  dal  tempio  la  Fama,  vestila  d'argo: 
tario  figure  d'orecchio  e  di  boccilo,  e  «  soddisfece  ar- 
moniosamente a  tal  richiesta  o.  Dopo  le  quali  spiegazioni, 
ndó  via  la  N  la  Fama,  <■■  dato  il  suono  alla  tromba, 

li  canori  versi  sciolse  la  lingua 

Voi  c!iì:  temprar  l'arsura 

Di  Castaglia  bramato  al  Sacro  Fonte, 

Booo  il  lontano  Monte 

Ecco  le  eccelse  EU 

Altero  albergo  delle  caste  Dive, 

Spegnete  pur  la  sete, 

Per  torvi  al  tempo  ed  involarvi  a  Lethe, 

cotanto 
A  la  Real  Maria  dovuto  ò  il  vanto, 

suo  merto  espresso, 
Sorge  Ippocreno  e  s'apre  il  bel  Permesso. 

cirono  da  un  fiume  sei  bianchi  cigni,  u  i 

li,  per  due   scale   dall'  apparato   al  piano   della  sala 

do,  quivi,  al  concerto  di  cornamuse,  meraviglioso 

«*Ho  formando,  quasi  per  arte  d' incanto  varii  atteggia  - 

dei   piedi  additarono  ,    o  pure    quasi    dal    limpido 

linimenti  di  quelli  eloganto- 

.n. ».  •  <  Graziosi  questi  cigni  che  ballano!) 

ballo  .».  i  Tempio  e  Fama,  e 

l'  in  (pici  luogo  il  monto  Parnaso,  altissimo,  CO 

"flato  d'alloro.  Il  destriero  alato  venne  volando  ;  e  zap- 


—  110  — 

pando  col  piede,  fece  nascere  un  fiume.  Sul  monte  sedeva 
Apollo  con  le  nove  Muse.  Apollo  invitò  le  Muse  a  cantare 
le  lodi  della  Regina  ;  il  che  fecero  1'  una  dopo  l'altra,  e, 
al  fin  ir  di  ciascuna,  «  triplicato  coro  di  musici  i  seguenti 
versi  a  tutta  l'opera  intercalari  con  alternate  fughe  can- 
tarono : 

Quanto  sinor  delle  sue  lodi  udissi 
Fu  breve  stilla  d'infiniti  abissi. 

Al  canto  d*  Erato ,  s'  apri  un  giardino  con  varie  pro- 
spettive di  fiori  e  frutti ,  dove  erano  otto  ninfe  vestite 
d'argento  e  verde,  la  chioma  coronata  di  fiori,  e  «  queste, 
ora  facendosi  vaghissima  catena  delle  mani ,  or  scio- 
gliendosi industremente  i  nodi  con  vari  e  maestrevoli 
movimenti,  al  canto  dei  versi  che  sieguono  da  clavicordi, 
da  citere  et  d' arpe  accompagnato ,  gratioso  ballo  me- 
narono »  : 

Ecco  la  Primavera, 
Madre  dei  Fiori , 
Di  nuovi  Amori 
Novello  affetto 
Sente  nel  petto ,  ecc. 

Al  canto  di  Talia,  si  vide  uno  spettacolo  di  vendemmia 
con  quattro  ninfe  e  quattro  satiri,  che  fecero  un  ballo  e 
cantarono  : 

II  dolce  Nettare, 
Che  Bacco  addita, 
Gioir  ne  fa  ; 
Per  questo ,  placida 
Di  noi  la  vita , 
Gioconda  va,  ecc. 


—  111  — 

Al  canto  ri   Urania,  s'apri  una  e  si  vide  una 

annero  fuori  tre  Ciclopi,  seguiti  da 
Nani  piccoli  a  sparuti,  <•  ballarono  a  gara,  esprìmendo 
figure  geometriche  «  e  con  tanta  vivacità  in  aria 
idosi,  che,  tornando  a  toccar  In  terra,  si  toglie? 
)lce  frode  all'orecchi*  >  ietto  delle  piante  w.  Apollo 

nò  l'epilogo;  ii  lui,  il  Monto  e  le  Muso.  coni- 

Campi  Elisi.  Ivi  orano  quattro  ordini  di  scanni. 
♦  «luti  quarantotto  Cavali.  quattro  vo- 

titi «1  ►ice  ili  raso  incarnatino  e  argento,  e  von- 

qoattro  <h  raso  nero  e  argento,  colori  scelti  dalla  ste 
ia,  tutti  adorni  di  ricche  piume  il  capo,  e  avevano 

e  in  mano.  Fecero  prima  un  ballo  in  mascL 
•tosi  di  capo  «  il  poso  delle  superbe  piume  »,  bai- 
con  le  dame .  e  alle  nove  o  dieci  di  sera  fini  il 
tino.  La  musi. -a  in  del  signor  Iacinto  Lombardo  •con 

imeri  okramodo  ab* 

».  1   versi,  di  Giambattista    Rasili-:    davvero   «   non 

in  di  meni  .me  dice  Ferrante  Bucca  ') 

1600  era  nato  a  Firenze,  com'è  noto,  un  nuovo 

artistico:  l'opera  in  musica,  E  già  s'ora  andata 

i  per  le  v.uio  citta  d'Italia  Curioso  che  Napoli, 

lo  loco  santo   della  sua  maggior  gloria  . 

m  favesse  ancora  ricevuta.  Ora,  questa  festa  ò  impor- 

como  quefli  'avvicina  a  un'opera  in  musi 

grande  musica  non  aveva  grandi  rappresentanti 

quel  tempo.  I  Caccini,  i  Pori,  i  BÀoOteverde,  0 
altri ,  non  furono  napoletani.  Agli  illustri  madriga- 
li del  Secolo  XVI,  a  Pomponio  Nonna,  a  D.  Carlo  Ge- 
Principe  di  Venosa,  a  Fabrizio  Dentice,  Scipione 

■■»  deaeri*»  a  lungo  In  festa  1.  e.  Ma  la  itti»  notizie  nono  tratto 
tffwfolo  dal  Basile  Steno:  Monte  Parnaso  Mascherata  da  Cav.  Napo- 
•*■»!  tlla  m.  Sermùf.  d  \  Httria  formi  à"  Ungano  Rap- 

lnt*^Ha  in  Napoli  1030;  del  quale  miaou  servito.  —  LJiLl.  Nat 


—  112  — 

Sieda,  Fabritio  FDomarino,  Gio.  Domenica  U  infoila. 

tonio   Grisone ,  Fabritio  Gazzella ,  Flaminio  Cara« 
Leonardo  d'Arpa,    Rocco  Rodio,  ')  noe  troviamo  bui 

ori,  l  (  onaeryatorU,  che  dottej'o  poi  lauti  e  tanti  ina<- 
.stri  (ii  cappella  a  tutta  Buropa,  non  orano  diventati 
•  ini  istituti  il' educazione  musicala. 

Napoletana  tu,  cortamente,  una  dalle  più  celebri  r  ir  tuoi 
di  quel  tarano;  Adriani  Basile,  sorella  di  Giambatti 
madre  ili  Leonora  Baroni,  che  troviamo  circondata  dalle 
entusiastiche    ammirazioni    dei    poeti    contoniporan- 
6a2Za  e  pa//a  Sirena: 

And  reati- 
Napoletana  e  de  casa  Basile  8), 

elio  andò  poi  nel  Itilo  con  tulli  i  suoi  parenti  alla  Corte 
dei  Gonzaga   di  Mantova,  dai  quali  fu  t'aita  Baroni 
di  l'iancerrcto,  e,  3opO  vani  anni  di  trionfi  artistici 
il  161!)  e  20  riapparve  a  Napoli  e  poi  di  nuovo  nel  1633. 
«  Chi  ha  sentito  e  veduto  com'io— dice  Pietro  della  Val- 
le—  la  Signora  Adriana  negli  anni  più  giovanili,  di  quali 
bellezza  che  il  mondo  sa,  a  Posilipo ,  in  mare,  d< 
una  flluga  con  la  sua  arpa  dorata  in  mano,  bisogna 

che  tfessj  che  ai  tes 

in  ijuoi  lidi  le  Sirei  ine  benefiche,  ma  adoi 

quanto  dì   bellezza  alti  :   ili   virtù »  — L  nel  1* 

Già.  Vincenzo   Imperialo  lodava  ancora  l'Adriana,  «  n< 

meno  par  l'aite  sua  nel  cantare  Angelicamente,  che  p< 


l)  DtlC  Hitloria  napoletana  del  tùjnor  /-Vani**»  de  Pietri.  —  1*  Sa  - 
poti  oc*.  MUCXXXIV.  — L.  !.  C.  VI.  §  70  —  Uscio  da  parto  la  musica 
IKiimlurn  ,  le  fatuo»;  viltunellc  alla  uapoli'lana  ecc.  ,  intorno  alla  quale 
tu  molte  laslitnouiauzo  dei  nostri  scrittori  dialettali  e  ili  altri  sono 
colte  io  li.  Caput*).  Sulla  poesia  popolare  m  Napoli.  Ani 
\lll,  814.884, 

<j  La  Galleria  torcia  d'Apollo  ili  Titta  Valeutiuu.  Coli.  Porcelli.  T. 


—  113  — 

iar  rlivinamonto.  li  ià  sapeva  io  in 
_uisa  Kll.-i  par  dispensare  in  grembo  alla  D  licei 

toi  fiati,  accompagnando  la  paria  dalla  mani 
della    I  i  q.ro  tanto  riverita  ; 

'ma  fu  anche  un'altra  famosa  virtuosa,  Camilla 
ntonio  alia  rjualo  o  all'Adriana  ,  si   leggo  il 

seguente  curiosò  pa  ale] a  latterà  'lui  Capaccio  a 

Mar.-.  ::  :  «  Di  Camilla  a  «li  Adriana  io  non 

sono  giudi  do  ascoltatore.  Dat- 

ila distinta  e  In  lai  modo  riempie  le 
ito,  che  nionic  di  più  pia*  potrebbe 

quello  dell'usignuolo  è  il  suo  garrito»  più 
il  su  i  piani  ►•  0  le  l'aria  ambiziosa,  ora  s'ab- 

teotre  sta  umile  e  placida le  n piegata 

èf  a  un  teatto  sale  in  allo  e,  ba,  l'eleva  alle  stolle< 

.  cu  veloi  ita  che  quasi  non  s1  afl 

.ili  ■iimiU"  mimi  u  li  riempie  di  tal 

modulazione  li  carezza,  che  9i  sa- 

o,  li  molce  in  tal  modo  che  -^i  piegano,  pàsca  tanto 

E  lega.  È  Melpomene,  che  porta  l'armonia  agli  uomini  1 

.'tfern  poi  la  pro<  ti  Polinnia.  La  voce,  che  asce, 

intimo  della  arterie,  tua  dall'intimo  dell  animo, 

(juaiito  più  s  a  le  orecchie,  tanto  più   addenti^ 

uori.  K.  specialmente,  alk>r<juand<i  essa  volgo 

Manda  Intorno  gli  occhi,  o  ridenti  •>  piangenti  pel  canto, 

scintillano  come  stelle,  e,  al  vivid  • 

concenti ,  p  lo  con   la 

tascea  inane  ;  u  lira.  Niente  scolpi  Fidia,  niente 

I  bel  libro      II  'VI'  inolio  :  La  beli'  Adriana  e  U  altre  virtuose. 
*rf  «t  tempo  alta  Corte  di  Man  1U  di  (ostello,  1888)  Pag.  :.-  I 

^3,  •  pati»».  —  Com'è  notianmo,  per  l'Adrian*  fu  lUmptlo:  li   Tea- 
**'  itile  Glorie:  dell*  signora  Adriana  Basite  eoe  ecc.  (  Venezia    1623, 

•  fu  S, 

8 


—  114  — 

dipinse  Apette,  *•! i* *  meglio  ritraesse  le  I  le  si 

lezze  ,  la  diluita.  Lo   udii   e   perii  e  lo    ho    sempre    n« 

onore ')  &• 

La  Peate  per  Maria  d'  Ungheria  non  tu  interame 
nuova.  Il  Zazzera,  per  es.,  noi  carnevalo  del  Hils. 
di  un  COEN  trionfale  ,  dio  «  tenova    una   bellissima    mu- 
Inee  'li  pastori,  li    quali  orano   guidati  da  un  Cupido  e 

ii  a  '|unlli  stava  il  Dio  Pane,  e  questi  pastori  balla1 
mentre  Cupido  l  »  •)  Il  Bucca,  parlando,  il  168 

il  22  dieembrO]  di  un'altra  festa  di  corto,  descri- 
ve «  molte  apparesze  di    Nettuno  e   Giove  con  influii 

li.,  il  <|uale  mandò  due  e  guisa  d'angeli,  che  pri- 
ma al  Viceré,  poi  alle  damo,  and  orno  distribuendo 
madri^aletti  in  lode  della  sposa,  figlia  del  Viceré,  e  Prin- 
cipe  di  Paterno,  suo  maiito.  >■•    ')  —  E  COSI  oi   sarebbe 
da  rari-M-.'licrc    nitri    arrenili    simili.  Ma   tu   pili    ampia 
-vita  e   più  degna  di  fissar  l'attenzione.  —  Micco 
darò  ritrasse  la  scena  in  un  quadro,  ohe  ore  ohi  sa  di 

i    I  li  de  Dominici  dice  chi  noi  tempi  fu  rei 

ad  alcuni  attramontairi  per  350  srudi,  a  ossendi  liona 

d' innumerabUi  Bgurueooi  nellasui 

schezza  di  colore.  »  ')  —  L'opera  musicale  ebbe  per 
brioue  queste  feste  musioali  rappresesi  non 

nel   1  ol'il,   il  solo  embrione  ò  troppo  poco. 
il  Quadrio,  nel  suo  catalogo  di  melodrammi,  segi 
tenti  ,  come  stampati  o  recitati  per  prie  ipoli: 

i  ;  Le  Magie  Amorose,  Dramma  per  musica  di  Giulio 

ve  Sorrentino,  arricchito  di  Prospettive,  Macc 
e  Balli  da  Giovati  Battista  Balbi.    In    Napoli    per 


•)  I.  C  Capnrii  Episiolarum  Liher  —  ciL  pag.  TO    I 
»)  Zazzera  Giorn.  cit.  fol.   81. 
')  Bucci  fot.  Ti. 

*)  Do  Dominici.  Vite  dei  pittori,  scultori  ed  arch.  napol.  Napoli  1840-C- 
2.*  ed.  111.  4ir,. 


—  nr>  — 

Moli".  1635  in  12.  —  2)  Im  Ihdonr,  Dmnimn  mu- 
ffile di  Music  Af onora.  In  Napoli  in  8."  s.  I.  e  a. —  3")  // 

di  Venere  Di  r  musica  d'Antonio  li" 

'.Ih'  Feste  delle  notse    dì    Don  Pi  addo   e   di  Donna 

mgro.  In  Napoli,   in  4.  s.  d.  l). 

Ma  nella  biblioteca  di  S.  Martino  c'è  il  primo  di  questi, 

1  <ii..   L'edizione  indicata  dal  Quadrio  (eh' 6  l'origi- 

:  'i  ita  invece  del  1635  «:;  \  1653)  e  l'opera 

*  dedicata  al  conte  d' Onalte  !  —  Del  secondo  non  so  elio 

Mito  fare.  —  Quanto  all'ultimo,  l'ho  ritrovato  tra  le  Poesie 

Olioso.  1*arte 
fapofi  per  lacorao  Gaffaxo.  1645.  -i 
Qui  è  intitolato:  il  li    Paride.    Rappresi 

a  nel   Real   Palagio    'lì   S.  E.  —  Antonio 
Bosso  è  notissimo  nella  storia  della    rivoluzione    di  Ma- 
saniello :  a  dvil  popolare  di  Napoli  ed  erudito  nello  let- 
tere umane  »,  come  lo  chiama  il  I  ìtro,  e  i  homme 
doquent   et  d'un  esprit  fort   chaud   et   fort  emportó  •, 
i»mo  6  dotto  nolle  memorie  del  Duca  di  Guisa,  egli  lini 
ari  Gennaio  1648,  giustiziato  nel  cortile  della 
ier  ordino  del  Guisa,  contro  del  quale  aveva  co- 
spirai .. 
B  dramma  è  brevissimo.  Mercurio,  Paride,  e  le  tre  B 

rsonaggi.  Mercurio  spiega  a  Paride  in  elio 

a.  A  costui  si  presentano  le  tre  Dee ,l' una 

topo  l' altra,  Giunone  superba  e  sdegnosa  dol  venire  a 

con  le  altre  ;  I '.-iliade,  vantando  la  sua  sapienza  ; 

idosi    tutta    vezzosa  innanzi  al 

IWdice,  va  leggìi i  ite  la   pompa  del  suo   bel  Volto 


-ìJrio  Si,  e  rag.  d'  ot/ni  inetta,  voi.  III.  j).  II.  j).  405,  407. 
l'xrle  kwikIb, 
1  CjpeceUtro.  Diario  Napoli  1850-4.  —  Il ,  358,  373 ,  306  ,  481.  — 
*•  »imoirct   de  ftu   Monsieur  Due   de   Guise.  A  Paris.   MDCLXIII. 


—  110  — 

esprimendo,  boc.  •■  Paride  dà  a  lei  il  pomo.  Minacciai 
dalle  altre,  confortato  da  Venere,  egli  conchiude: 

Sotto  gli  nuspicii  inni.   Diva  gradita. 
Colmo  d'  ardore  il  sen,  d'  ardir  la  vita, 
E  do  le  gratie  tue  monito  il  coro, 
Al  fin  de  1'  odio  altrui  trionfi  Amore  !  — 

Insieme  colle  Egloghe  del  Basile  (Mantova  1613)  è  si 
pala  una  sua  luovc   Venvrc  "ddolorata,  Jaoola  tragica 
da  rappresentarsi  in  musica  :    elio    nella    dedica  ha 
data  di  Napoli  5  settembre  1612.  Il  Basile,  circondato  d. 
una  famiglia  musicalo,  vissuto  varii   anni    alla   mu 
Corte  di  Mantova,  come  inventò  poi  la    testa  per  Man: 
d*  Ungheria,  cosi  fece,  primo  tra  ini,  i  Jche  ten- 

tativo di  melodramma.  Come  uilemiedii  in  musica   -i 

di  Giace  contro  i  Giganti,  di  Filippo  Pia 
apata  il  1G2:».  \i 
Ma,  oltre  questi  piccoli  tentativi,  fui"  alla  metà  del  « 
colo  non  s'incontra  altro;  e.  a  voler  essere  rigorosi,  bi- 
sogna conchiudcre  che  il   dramr usicale,  nato 

renze  il  1600,  introdotto  già  da  molti  anni  a  Kon 
sato  già  a  Venezia  sui  teatri  pubblici,  a  Napoli 
ancora  affacciato* 


')  In  Napoli  per  il  Macearano.  1(325.  —  Cfr.  Quadriu  o.  e  III,  II, 
l.'  Albo-i  (■«!.  17IJF»,  Col,  02)  segna:  Antùri  non  ha  .-ra  acen 

Al  oio.  Francesco  Savaro  ckl  Pino.  In  Napoli  por  lo  Scagliono  I 
poi,  Bologna  1003,  69  —  Musica  di  diverti  —  Ma,  «e  ora  opera  M 
mi  para  difficile  che  Rimi  dnourna  pw  muta.  M'é  stato  ini] 

di  vadorlo. 


—  117  — 


Vili. 


//  Viceré  Monterey»  —  Segue  (''■<>>  531-47). 

«ie  del  Vesuvio  del  ioni  ispirò  aneto  un  dramma. 
È  intitolalo  :    L'  /  del  Monte    Vesuvio  Raj>j»re- 

senii:  puitualv.    composta    da  un    denoto   Sacer- 

er  Labaro  Scorìggio  MDCXXX1I. 
11  di  I  Patirò  Antonio  Glielmo  dell'O- 

rato! :  Ila  dedica  si  dice  che  è  un  fruito  «  maturalo 

col i  Da  devotione  (per  essere  spirituale)  et  ad- 

tó  con  /  o  di  tutta  la  Citta.  •>  Mi  par   pro- 

li    re  entato  ;  tanto  più,  che,  innanzi 
lo  Dorme  per  recitarlo   bene.  —  V.   curìosìssìi 
wo  fogo,  in   versi,  è  fatto  da  Vulcano, 

aro,  ohe  vantano  le  loro  grandi 

i  a  superiore  a  tutti  loro.  Al- 
ici dramma  ,  Partenope,  Sebeto  e   Vesuoio  ce- 
lellezza  e  potenza.  Dice   il  Sebeto:  «  Di 
dunque,  potrai  temere  giammai,  Napoli  beila  T  Se 
uà  gloria  e  bellezza  ongiunti  gli  elementi?  s  II 

onde:  del  Vesuvio!  —  E  la  cagione? — o  La 
<■  le  tue  colpe,  i  lie  possono  convertire  i  miei 

la  sterilità;  le  lacrime 
mie  triti    ii  lacr  me  degli  i icchi  tuoi,  a 

il  concet.o  del   dramma:  concetto,  che  va 
>ioni  di  personaggi  :  £  succedono 


—  Un    altro  dramma,    cita  il 
III,  I,  80) .  ' 
tuta  Bnyajsaiw  in  Napoli  per  M  '.   1632    in   12.  —  I.'  Al- 

i  Montagna  di  Homma, 
«retro  U  gtur,  polibmoQ),  J;-.  inai,  di  0.  £  Sor- 

fantino. 


—  J19  — 

all'altro   che  sciocco,  ma  buono,   indulgente  e 

•'     ìiìm.i.'.   iì i«i.>  ').  Niccolò  Bai 

'aveva  inventata  o  perfezionala,  uomo  caritatevolissimo, 

■   i  suoi  li 
•  •inllr  pericolanti  e  per  sovveniri  sogni  di 

adii  dei  Vesuvio  in  Napoli,  dovasi 
latineggiati,  giunse  quasi  a  termine  di  povertà  »2). 
)ine  vedete,  pii  w  presento  un 

laniropo  ' 

i  c'è,  tra  gli  altri,  questo  ri- 
di Napoli:  <<  Nel  tempo  che  si  va  a  Pauailippo,  oaia 
aPosilipo,  u      ;        ii/p-  gareggiano  di  preminenza,  et 
al  sii'  i  che  invita  alla  ©  .  uno  di 

mano  a  ninno,  quando   sono  i 
lei  favellar  ,  noi  do  il  traffico  di  Posjupo, 

indo  la  troml  al  popolo:  Udite  la  tr* 

'ama    all'ini  <rwi  !  »    ■'). 

Duca  d'Aicalà  ira  succeduto  intanto  il  piccolo  o  spa- 

amantissimo  di  co»  dra  ■•.  D 

Napoli  (1632),  non  fu  troppo 

i  dovetten  i  lutto  bo- 

I:i    Quai'i'siiiui    In  il  w'I'm   C.'il'IKV 

vtfe,  ■  L--  lie,  non  Gatte  di  I  arnevale*, 

quadragesima,  che,  data  parital 

più  medie  e 

•li  Dame  più  volte,  dove  si  ù  ballato  privatami 

i  più  un  ton  o  titolo  d'insajo  »  4). 

no  questo  della  sua  passione,  i 
laro  n...  che  nessun  altro  Viceré   avo  i    mai    fatto:  oso 


'fMctood.  UoliAv  et  la  coi*,   ital.—  Iter    1887.  Pttg 

-t. 
1Q*  i.   11!,   p.   11.    p. 

.pplwu  «oc.  1634.  —  pag.  67. 

I  &•«■«   Giurn.  .!  I     fot.    ISO. 


—  120  — 


andare,  apertamente,  al  teatro  pubblico-   -  li  signor  Vi 

osi  ii.iin  a  prendersi  spasso,  imita  «'io 

govt-i  iiniano,  che  non  solo  va  a  caccia,   ma  ba 

0    in    usi.   una  COSO   nwnn,  urinili  più   tUOtù  tri  f/uc- 

ttto  Regno,  cioè  di  andare  alle  pubblichi 

una  Mila  volta  sugl'Ctl  fattOSÌ Jurr  un  puh  /ietto 

a  posta,  visto  \  mente  mollo  spe 

a  casa  stia,  mi  u  stata  alcuni  roba  I 
è  detta  »  •) 

Nel  1688,  il  7  febbraio  si  recitò  una  i  ommedùi  in  <•. 
di  Don    Tiberio    Caraffe  Principe  'li    Bisiguano. —  Il  SO 
aprilo  «si  rappresentò  una  Dunosa  i 
con  un  grande  apparato  nel  quale  furono  m  belai 

apparenze,  o  riuscì  assai  buona  e  vi  furono  l'intormod)' 
italiani  e  ballo.» — Il  sabato  22,  si  rei 
I"  In costante  dal  Padre  Spina,  aspese  ili  Dui  Luigi  San 
trino,  Principe  ili  Bi  •  commedia  e  assai  buo 

,       .     j  ,,.,■  Qgg,  .     ,,    g|| 

t  s)  Avi1  va  proprio  l'alt.  >   I    i-tui 
Il  Viceré  aveva  tra  i  suoi  |>iu  lavoriti  un  tal  Geronimo 
Favella,  '•!■"  gli  serviva  da  gazzettiere,  già  •  7- 

ilioi  prima,  campava  la  vita  «  >"l  rare  in  isceualapaii 
di  disgraziaussimo  innamorato,  ma,  aventi.. 
di  queste  converse  sai  più  famose  e  fiorite   in 

Napoli,  J atte  venir  da  Lombardi         -li    si  diede 

i  e  grasso,  i  ara,  in  qi*  istie 

di  gazzettiere.  »  ') 


•)  ivi  f.  135. 

*}  Hu-ca  me-  I 

»)  Fui.lr.nv   Hftle  al  Hu<va.   ma.  ali    fòL   103  l  - 
retta   ieguentu:  hi  Filippica  t»  citi  li  discorre  dv''  (a   r» 

n  de'    ttt:  astoni  ti 

t/'XHoli,    Napoli   per  SoNBdittl    Iloncagliolo    ItitfG  io  4.  Uà  «wtupl.  alla 

Nu. 


-  121  - 

;    altri  Viceré  prima  di  lui ,  e  corno 
uni  a  usarsi  sempre  per  tutto  il  Belcei  etera 

la  Domenù  anche  talora  altri  giorni,  e  P 

ito  dalie  gì  indole  della  nobiltà, 
spettacolo,  commedia.  Oi 
in  se  in  gondoL  .'  Ambrogio  Buonorao, 
iza.il  Cornelio  popolare,  irca 

Calci-  i,  già  .--arin ,  il  perfezii  i  Iella 

•  h  Pufcin    l   .  >    invaghito  il  Co 

i    lilotto  di  commedie ,  che  fin  negli  affimi  .1  ini 
detta  1 .  ni  ranni.»  n>"  l'esercito  per 

Irò  il  Dm  a  iganza,  ribellai  »  dal 

\  Re  di  Portogallo, 

ira    intento  a  pagare  più  istrioni  che   soldati»»  ') 
racconta  nei  suoi  Annali 
1  he     1  fa  .-il--,  andò  prima  a  iettare 

wmi'  entrò  pei  divini  ufRcii   nella  cappella 

10  Sa<  1 . 1 1  .■  1  '  alo,  0  inai  vedu- 
iosamfl       1  onfondendo  i  aaeri  misteri  ili 
■.unita  e  le  <  ■•  ■) 

I  v  uchc  venire  apposta   dalla  Spagna 

uned ian ti  Kpuguuoli.  Per  una 
volta,  pel  solo  viaggio,  «la  quattro- 
lueatì.  E,  -  quando   Esali  iuo 

ù  tutti  i  suoi  familiari  ad  incontrarli 


*\  Faiaaro  nu  Intorno»  Andrea  Ciuccio  w.  \    Iv-rrucci. 

Ttrtt  rappresentauca  premeditata  e  all' improvviso  noe.  In  Napoli  1899 
p.  593  a  wg.  ebu    racconta  >  li<- :  «  «avendoti  portata  <«  Andrea 

stilar.-  in   Roma,  v  I  Incorsi  da  a*  tu' 

di  Poeti  gravi,  o  poi  cadendo  nello  scìoccIiwmc.  ai  jiau*sO  il  Po- 

H"  '  na  Citi*, cW  ohe  ogli  avvertitosi  o  datosi    tatto 

■b«M.  ottenne  tutti  gii  appianai  ponibili  >, 
*>  byti  annali  d.  -  Napoli  IS49.  —  aub 


—  122  — 

cortile,  ricevendoli  eoo  siffatta  allegrezza.,  i  te  b  me- 

raviglia e  dispreizo  cU  lui  anche  noi  suoi  amici  e  parti- 
giani. »  ') 

Chi  m  quali  attori  facevano  park  'li  questa  coi 
gnia  ?  La  fantasia  rivolgo  in  se  i  nomi  e  lo  ligure  dei  f;j 
musi  .li  quel  tempo,  Scbastian  de  Prado,  Roquo  •  ) 
■  <>■■■■,  Maria  de  Cordova  detta  i'Am 
osare,  ecc.  Ma  allora  solo  Madri' l  aveva  più  di  tfl 
canta  compagnie  comiche!  :i  A   pn  dì  Prai 

:  a,  della  quale  fece  tanto  rumor»    La  convei 
[nel  messo  d'ima  recita  abbandonò  il  tea 
mila3)],  il  caso  non  era  ins'  lo  donne  da  . 

sjì:ignuole.  Quante  se  ne  dovettero  chiudere  a  Napoli  in 
quel.  storio  deUe  Convertite  spagnuedeyCA 

Vico  della  Maddalenella  a  Toledo  I  '>.— Appunto  alle 
ie  Tenute  al  tempo  del  IVfontorey,  do 
t  Donna  Antonia  de  Rib  ùca  ceìet 

line  del  4635,  <l.i  Napoli  ondo  a  Roma  e,  è  lerc  -i 

tre  mesi  nel  luogo  di  queste  donne  'ietta  di  Casa  i 
due  in  mi  olirò  ritiro,  nell'aprile  de]  1636  a  con  grandissima 
ruMià  .•(  cimi  i' •■rvore  di  spirito,  si  vesti  monaca 

Slinfana   in  S.  Giaiomn  I   m  .n   ■   il 

!■'/<:  ■!;'  QesÙ  '■   Maria,  >.:  alla  sua  V€  ùék 

brò  messa  il  Cardinal  Francesco  Barberini,  proti 
mi»  >  —  Inioi'iio  a  ipesto  tempo  fioriva  anche 


>>  [vi.  *ub.  USO.  p.  Tg, 

iakaoc  o.  i  L,  Or.  100, 

')  [a  xua  coiivanuODfl  fu  oggetto  di    uà   famoso    dramma    spa 
1.  I  i|ii»lr  vedi  Aspoaixionrt  in  Napoli  ralli  [Storia  dei  teatri    VII, 

«  mg.),  u  di  udo  italiano  per  unric*,  ili  Papa  Giumenta  IX  Rampigli 

i     /••/   rirrfo.    Gfr.    Allarmilo.    /   /<-<Jfri  dì  HuitUl   tt*l  Mi' 

ma.  Roma  1888,  — pag.  100-101 
«)  Galano-Chiarini,  o.  a  IV.  881-4, 

p.  22.  nota. 


—  123  — 

Bau  /,  o  qu»;,  por  ha  sa  Na].- 

era  Uaiauda  la  Napolitana.  t   ') 

Diodo,  :  ii  s] tagliuoli 

■  lamentarsi    col  Viceré.  Il  teatro  era  dm 
lì  Moo  fatto,  mand.    fuori  una  grida: 

il'1  un  po' I  i  fosse  pubbHoa  mere- 
giroe  •••la  ogni  giorno,  e  quelle,  che 
stiro,  pagi  a  prò  degli  istrioni  quattro  carlini 

i  un  onorevole  accoppiamento,  nomando 
dì  ed  agi  iffiuali  d<  Ile  •  ompa- 

anch' essi   una   stabilita 
a  per  tal  affair  :  >iima\a  !  •>:■ 

i  tal  gente  !  »  *) 
n  \  fu  il  Duca  di  Medina  Las  Tori 

i  Anna  »  io.  Nello 

rnlido  palazzo  di  Mcrgelliua  .    chiamato    una  volta  la 

e  ora  «li  Dognanna  <•  della  Regina  Giocamo, 

i  a,  tra  le  i.  .'<\  «  un 

teatro  di  commedie,  capacissimo,  o 

attorno  per  Dan»  .  «-ho  dalle  stesse  abi- 

ascoltar  la  i  • a)  —  Ni 

i       tini,  si  preparavamo  beUii 

■■  .  .  .  .  sondo  S.  E.  «iuta  ad  una  su- 

qu  entità  delle  apparenze,  nella  città  di 

i  pi-epar  -  i  per  il  signor  principe 

tornò  e  due  li  Alcalà,  che  vogliono  passare  in 


o.  e.  p.  408. 

1637.  p.  75  —  *  Hilravalo    muovo    per  cm- 
fti'Hi-Li  nOVriSM  la  "olliglieiaa  d< 

ir  danari  (oam  e  pur  cjualun- 

ancorchò  nuova  mi  in  imitala  ». 
-•w».  V.  C  .Ila:  a  Palasso  di  Donn'Ànna  a 

9,  in  Si  min  Hi  lettor,  storia  ed  arie.  (Nap.    1876). 


—  124  - 


[spagna  »  ').  Nello   stesso  febbraio,  si  concertava  «  una 

aia  di  24  dame  e  36  cavalieri,  tra  le  qui 
entrarebbe  la  signora  Vioeregina  »  ;  avanti  Pe 

schiava  tu  torneo ,  al  quale,  >i  diceva,  prender) 
parte  il  Viceré  *).  Le  dame  badarono  «  vestite  alla  t" 
antiche  Mnaraoni,  trapa  della,  mi 

stia  femminile.  ».  Nel  mano,  in  casa  del  signor  Don  Pietro 
Orsino  Duca  di  Gravina,  sì  fece  una  mirabilissima  com- 
media con  l'intervento  del  Viceré  e  Vlceregina,  del  Col- 
laterale e  di  quasi  tutta  la  no*  il 
Yirriv  bì   tratteneva  a  PosUipo,   «  dove   si  stava   all' 

unente  e  si  erano  fatte  nuove  comedie  e  i 
convito  di  dame  »  *).  —  Tornali»  poi  a   Napoli,    si  p 
paravano  reste  s  commedie  per  lo  sgravo   Li  Donn'Anna 
e  i  mesi  dell'inverno  passarono  al  solito  mudo.  Ni  i  m. 
vera  la  signora  Viceregina  entrata  lu- 

nedi sera  Dell'anno  trenta  tré,  si  feee  in    Pali  i   I><1- 

lissimo  festinoi  dove  intervennero  quantità  di  d 
lu  rappresentata  una  duo\.i  <-<>inmcdia  dai  comici  spa- 
nninoli ,    che   riuscì    egregiamente   con  1'  intermezzi    ita- 
liani. *  *) 

Era  allora   al  Teatro  dei  Fiorentini   la  compagnia  di 
■  :es«-o  Lopez.  1  pioprietarii  del  teatro,   Vinc 


')  Avvisi  ms.  di  lioma  tl*ll"  OHM   W89  Ji    Tini"  i.  —  Hibl. 

Na/.  M-.  XI 1    B.  -IO. —  Roma  SB  febbraio  1639. 

*)  ivi,  Roma  5  marzo  39. 

')  Capewlatru.  Annuii.  p.  145.  —  In  uu  ma.  della  Soc.  N  i|>.  -li  i>t.   l'ai, 
litio:  Saligni ifefM  'KW  anno  1647,  ò   inserita  una    figura    di  «lama 
mascherata  (non  da  amazzone  !)  coli'  iscrizioni»   n  penna  :   l>.  Anna  Ca- 
ra fa,  principessa  di  Stigliano,  Vioaragina  di  Napoli 

*)  A  !    mia  M  vltomlur  39. 

s)  ivi,  Roma  10  dicembre  1639.  —  Il  Volpiceli*,  parlando  della  n 
di    Mono"  Anna,  avvenuta  il  14  ellobi      1  -  >  *." ».    I 

:  ni, in  moto.  >  (L  0.  p.  20S).  Ma,  coma  ai  rode  dalla  riferii 
tuiu.  na  aveva  invece   quarauta. 


—  (85 

b  Otl  -  ambata  ,  pretendevano  ohe  il  liitatnro, 

i  «l'i  fitto,  pagasse  ogni  seni  il  quoto  del- 

i«'  dicevano  essersi  tatto  sempre  ,  e  come 

resentantes  Ualìanoa  di  San  Bartolom- 

meo.  La  lite  andò  innanzi  all'Uditore  di  UN  ma  poi 

'laudo  il  Lopez  ai  proprietari  quattro 

•i.  ') 

i  o  Lopez  fu  uno  .i<-i  migliori  <  ornici  sp&gnuoB, 

vi,  Pamoroso,  i     mo- 

iliciana  de  Àndrade,  madre  «li  Joseftì  Lo> 

anl maai&Pepé]  io  hermosa*).  Ncl- 

lii  sa  perchè,  lasciò  la  sua  i  ompagnia. 
marito,  dii  ino  gli    Li   ■*/,  a  la  Carnosa 
spaguuola ,  figliuola  ili  Franca  co  Lopez, 
ra  la  prima  donna  delli  rappresentanti.  ■  Le  tarono 
da   ogni  parte  soldati   di  campagna  per 
ire  ;  ma  invanì'.  3) 
Il  1640,  i  proprietarii  doi  Fiorentini  ii-  il  teatro 

£0  ducati  a  Gregorio  Chavc,  Marco*  Nàpoiù 
*tros. *)  —  Marco  Nap  napoletano,  recil  lin- 

''ain  di  Flaminio.  Egli  tradusse  moltissimi 

uolo,  :  lie  ci  p  un'  idea 

lertorio.  C  >sl  il  Re  rivale  del  suo  favor 
!"■>.  Geronimo  de  Villa  Assan  ,  il  Purgatorio  <H  8.  Por 
I  Calderou ,  la  gran  Zenobia,  la    Vita  è  sogno, 
Casa  .  di  Juan  Perez  di  Bd  ontahran ,  il 

■  me,  il  (iran  Numa  della  Spagna  Filippo  li  dì  Lope 
de  Vaga,  il  Nigno  diabo  V  Armata  n  nto- 

rio&a sotto  Don  Giovanni  ti' Au str/n,\\  ('</.  Ortolano, 


«j  R»L  .1.  Geo.  Antoni  ■.  n    NovMnbx»  IMO.  —  Ardi 

*Suu> 
•J  Screda.  0.  e.  p.  414. 
*\  ài  -  Napoli  26  aprila  1039. 

1  M.  cit. 


—  12f»  — 

tragicommedia   «li  Muri  de  Mèscua;  e  altre    del  R02 
del" Alaivnii,  ilei  ire  autori  BOC.  ecc.  l)  —  1»  que 

-o  bqi  he  per  Nàpoli  il  famoso  Don  Giovanni  '/'■  > 
uscito  fresco  fresco  dalla  shakespeariana  fantasia  ili 
de  Molina,  La  sua  prima  tappa,  nel  viag 
letteratura  mondiale,  verso  Molière,  Mozart  e  Byron, 
Napoli,  dove  i  commedianti  spagnuoli  recarono  il  drammi 

che,   nel   1668  ,  lin  Onofrio  Giliberto  di  Snlolia    mi 
italiano.  a)  Accanto  ai  drammi    spagnuoli,  i   m 

gratulo  quantità  <ii  drammi  italiani   spagnoleggienti. 
Nel  1639  una  dello  caso  del  teatro  di  5 

era   fittala    a   una    Delia  fittale,   la  quale,   del    resto,   in: 

grado  il  litio,  stette  quasi  sempre  a  Roma,8)  È  un 
/.io    l.ili  venuta  a  Napoli  della  compagnia  dei  Fe<l> 

Dei  dilettanti   napolitani,  Salvator  Uosa  and.iv; 
ghere  allori  fuori  la  patria,  a  Roma,  dove  •  i  in- 


•)  Bartoli  Fr.  Notisi,:  dì  comici  italiani    BOB,  toh  II  .  p.  57-8  «  copia 

11.   1"  ed.  dell'  Allacci  ,  p.  617-8—  Nel  Diario  dol  Capo©»l*lro  (Nap. 

1850-54,  III,  398)  si  parla  di  un  Flaminio  Napoleone  o  Noi 

ni!  1048  ara  a  Roma  coll'ambaacinun  ■••  'li  Francia  e  aveva 

'•oi   riballi    nnpolekwi     li-i    *l    ii'i-h"   OODÙCO    I 

*)  Tlcknor  o.  e.  II.  301.  —  Moland.  o.  e.  191,  e  aeg. —  (>a?pnry  in  X 
svcllu'im  di  flMoffia    r.  UmjuistiKa  in  memoria   di  N.  Caix    i    rH 
I  ir.    IBM   p.   57-69)—  Il   dr.iimni 

])iù  trovato,  fu  alani  pato  con  qneato  titolo:  Il  Conaitato  di  Filtra 
■i«  di  Onci  rto  di  Solo  fra.  In   Napoli  pei 

Ulaeci  Dramm.  Gol.  218;.  —  Dol  Giliberto  ho  visto  J 
olirò  quelli  cil.  dai  bibliug..  Il  vinto  Inferno  da  Maria  (Nap.  l'Ili, 
i/o,  Il  Cavalier  della  Rosa   (Nap.  1000). 
*)  Ardi,  degli  Iin'iir.  —  In  un  libro  da  conclusioni  dagli  8  gennaio  i( 
agli  8  marzo  1041.  sub  Venerdì  5  inarco  1039:  e  pagando  ducati  q« 

le  rilam-i  tutto  quel  che  di   più   -t  da  dobitnc*.  »  Non  credo 
questa  Delia  sia  la  Camilla  Rocca  Nobili,  intorni)  alla  quale  vedi  F.  Bai 
Ioli,  o.        11.  in  fino. 
*)  Ad.  Bartoli,  o.  e.  Prof.  p.  CXI. Ili  dico:  e  non  ho  dati  ani  aoggiorno 
itti  dal  1031  al  1041  ». 


-  127  — 

»,  e  a  li  •'  [(alido    Pascaricllo  e 

.  nella  doppia  forma,  questa,  di  Formica  e  Patacca. 

1  ij>!  ■•.  .i  : 

E  in  palco  f*  si  ben  Covisi   Patacca, 

1  '!  ■•  -'  ■■■'i|.i  ■•■  q  ih*  ei  favella, 

bararti  le  maacella  M. 

:  Te<  doro  Ameydeu  «  i  dicono  •■in'  di  iiv 

del  1044  il   Dura  di   Maialoni.'!  o  venni!  a  Ri  DD  rum- 

inili, che  rapin 
E  i  ili  sua  patria,  no  giovane  desti- 

li più  gran  comico  del  bocoJo,  quel  lì- 

•lilli,  quello  Scaramuccia,  di  cui  si  disse: 

Il  fui  lo  maitre  di       1    lu:ro, 
Kl  la  nature  fui 

nato  a  Napoli  il  7  settembre  1608.  Intorno  al  1033. 
in  di  un  capitano  di  cavalleria,  .s'era  accori- 
li una  prima  attriro  di  una   (unipa- 
ra a  Napoli.  Bazzicando  sul  teatro,  co- 
i)  a  recitare  di  tanto  in  tanto  qualche  piccola  parte. 
la  lavandaia  dell'attrice  l'aveva  invitato  olle 
bou.  .  figlia ,  Tiberio  Fiorilii ,  allegro 

slancio  di  tenerezza,  abbracciò  in 
la  bella  figliuola  della   lavandaia.    Il  giorno  se- 

,1.  MèbMtntfU   riacquistato.  C»  IV.  11.  —  G.    Martucci.    Salva- 
**  fonanti  itmomitj'jii,  <h  F,,:-m  lologUi  16  oltobre  1885) — 

*•  AiWboUo.  /  teatri  di  Roma  eoe,  png.  36  e  Heg.— Il  L>u  Domiuid   dice 
^■thnio  Ma»  tu  ivo,  anche  napoletano,»'  p  lisotpolo   W   Rosa, 

"*»hw  eb«  «  «"or* i  bvuc  BomminbtnTa  i  motivi  .•  taceva   col  Pernio 
■*■»  bdiianme  nullo  cumin-jdic  ». 
iioUo  o.  e.  p.  68-3. 


—  128  — 

guonte ,  lamenti  presso  l'attrice,  un  casa  d  olol 

Fibrilli  fu  costretto    a  riparare   ■  •"!   matrimi 
tempo  dopo,  egli,  Scara  ,  <■  la  moglie,  Ma 

latrarono  io  una  compagnia  ili  comici.  Il  1639,      mbi 
il  1644,  corto,  era  già  a  Parigi,  delizia  della  corte.  E 
:t  Parigi,  sempre  festeggiato,  non  stancando  mai  il  pud 
blioo,  per  più  -li  cinquanta  anni,  tino  .-il  1604 
ria,  vestito  tutto  'li  nero,  colla  spaila  al  Banco, era,  con 
magali"!    parie -lei  tipi  comici  nati  ia  Napoli,  un  l 
vigliacco.  Ma,  in  Francia,  nn  le  mit  à  toutea  sni/rrs.  »>. 

Nei  libri  D?appuntamenti  e  conclusioni  del  Governo 
di  lininal.ili  del  1641,  45,  46,  47,  si  trovai  io  v.uii 
«■rum  a   filli  e  bandi,  che  si  tacevano  pel  'JVain  -  di 
Bartolonnneo.  Nel  1645  era  fittalo  a  un  Gaspero  de  S 
ed  altri.  11  venerdì  (5  aprile  1C4G  si  stabili:  "  Si  è  coni 
duta  la  HcenzQ  alla  compagnia  dei  Comm 

di   recitare   nella  Man/.;i    di   S.ni    1 1 . 1 1 1 •  •  I < •  1 1 1 1 ■  i  ■•t,tl 

detto  Compagnia  sia  PoiicineUa,  con  pagare  il  solito  di 
ritto  alla  Casa  Sanie  inaino  a  tanto  che  si 

lai'  la    i  0  si  C  dati»   facoltà  al  dello   Polii-inclla 

distribuir  le  porzioni  di  quello  che  proviene  a  detta  <  a 

pagaia,  secondi»  l'haliilii;i  di  ciascuno,  i 
proposito,  8  si  e  commesso  ai  caporale  E 


•)  M.  Sand.  Matqutt  et  bou/fòns  II,  257-72.  E  fig.  45.— Cfr.  Ammollo; 

Una  fam.  ti»  OOtlì.  ihil.  «ce.  pag.  X.LI1I.  —  Nella  *ita  di  Scaratni 
«(-ritta  in  francese  dal  «io  compagno  Costantini  rist.  «ini  Ha  itoli , 
ti:*  dei  comici  ecc.  Il,  I86-S3S,  ili-  I  un  tessuto  «li  sciocche  in 
limi,  "i  luaOBbi  olle  il  padre  «lei  Kiorilli  era  esule  da  Napoli  per  ai 

BCdsO  U  frittilo  dui  Vewow  >li  * •■•■  |"i.i.  i   l'efa  dato  a  fare  il  ciarlatano; 
cosi  Tiberio  andò  a  Roma,  a  Ancona,  fu  mosso  in  galera  per  uba? 
a  Fano  a*  uni  coi  comici ,  tornò  poi  a  Napoli,  dota,  Botti  i  danari 
a»UTa  rubali  in  varii  modi,  *i  dette  a  recitare;  fu  chiamato  u»a  wri 
casa  dui   Duca  ili  Satrino  (bìc)  ,  e  un'altra  in  casa  del  Dnea  ih  Qaj 
(sic),  ecc.  eoe.  —  1>  poi  certo    uno    sbaglio    dal    Basche!  (o.  e.  ESt] 
fosse  figlio  «li  Silvio  PiorOla 


-  129  — 

ida  alla  ■  di  quello  pervi*  lotta  Co- 

li'1 -i  recita.  »  ')  Senza  dubbio,  Pie 
Ire  Andrea  Ciuccio, 
io  la  rivoluzione  del  L647.  Il  leali 
San  Bartoiomttieo ,  al  posto   dov'era,   rum   pai     > 

i.    a  Essend  rodotti    soldati   nelle 

e  palazzo  ili  sopra  enunciato,  Quelli  demi- 
lutto  ,  brugiando  quanto  \i  ern   «li 
■  la  notte,  o v)  Dopo  la  pacificazione  deBa  catta , 
luoghi  sotto  il  tiro  dei  cannoni  di  Caeteliiuovo,  arano 
...  di  ma*  ei  ì  '.  a  Dentro  della  rua 
Catalana,  dal  pontone  all'incontro  la  detta  chiesa  ili  VI- 
1 1  sin»,  .ili-'  jr.ni  ■  di  San  Gius  metti  \i- 

dia,  la   strada  del  Corrigìio,  il  Piscia- 
trangolo,  la  Piazzetta,  tutte  te  i 
dirute»,  dice  un  contemporaueo.  3)  Il  teatro  fu  vuotato 
Lituito  il  6  aprile  1648  atfospedalfl  '), 
■  " 


i  Sii  Incur.  — Libro  d'app.  20  A.-.  1544  I64fl  -Vedi  I  giorni 

Sotto!,.   1644,  24  marzo,  29  aprile,  I  '  «t- 

1a»l««. 

*)  liiUxi  [atrimouialf  «oj>i;i     II 

*|  Poii.1  favonio  fot  colile  <r  Qgnaltc 

953 

■  _■    \    B.   «.'..  —  fol.  44. 
i  comunicatami  «tal  eli.  Prof.  Amabile,  che  la  trasse  da  una 
*»td»k  aUcgajiaue  forvnw. 
*)Ur..  Ne]   HIT  (u    roviuato  dui 


—  130  — 


IX. 


Commedie  in  musica  e  Febi  Armonici  —  Dromi' 
Qpagnuoli  —   AY-7   Largo  del    Castello  —  Cronucu 
(1G47-70). 

Il  Conto  d'Ognattc,  vincitore  della  rivoluzione  e  DU 
viceré  ,  era  anch'  esso  ,  per  buona  fortuna  ,  lìlodram- 
m.iiico.    E    fu  quegli  ,    dice    il    Panino  ,   che  «  rinnovò 
l'uso  antico  dei  passatempi   delle  m.is.l,  ;  •    d  I  Carne- 
vale ed  introdusse   V  uso  delle  commedie   in 
nella  città  «  i). 

Il  dramma   musicata   fu  introdotto  a   Napoli.    Ini 
alia  meta  del  secolo  deeimoscttimo  il  centro  del  9110   li'»- 

era    Venezia.    A    Venezia  ,  poeti  ,    COBtttì    il    [ 
lo  Strozzi  ,  il  Busenello  ,  il  Faustinì  ,  il  Cicognini,  O 
il  Minati,  il  Noris,  l'Aureli:  a  Venezia,  -  lori  comi 

il  Montevordc,  il  Cavalli,  il  Cesti,  il  Boretti.  I  primi  mc- 
lodrsmnti    vennero  e   Napoli,  musica  e  poesia ,   belli  «■ 
f/itti.  li!  vennero   con  tutte  quella  pompa  di  spai 
di  macelline  teatrali  ,  che  ne  formavano  allora  pari 
tegrantc.  a  Stupori,  stravaganti  mutazioni  di  voli 

non  sulo  d'uomini,  ma  ili  cavalli  vivi  ■,  cose  non 

e  potuto  operare  la  stossa  magia!  »  -')  Il  g 
del  vedere  era,   nel  seicento,   molto   più   vivo 
presso  Ui  noi,  che  L'abbia  no  relegato  quasi  tra  i  di 
interiori  ;i;  te  icone,  le  apparenti  ,  si  notavano  e 


')  Panino  Teatro  eroico  e  politico,  wl.  cit.  II,  460. 
*)  Porr  ucci  o.  e.  p    I 
*)  C.  Ourlilt.    Gcsehichlc  des   Barockstiies  ih  /t.tiirn.  Stuttgart,  lì 
p.  187. 


—  131  — 

^avario  e  giudicavano ,  alla  pari,  se  non  più,  delle  pa- 
iole e    della  musica. 

E  compare  anche  allora  la  genia  dei  castrati  e  delle 
virtuose  '. 

Dove  8*  udiron  mai  siffatte  cose  ? 
Dove  il  canto  virtude,  e  le  puttane 
Il  nome  millantar  di  virtuose^ 

Appunto  in  Italia,  nel  seicento  ! 

Si  vedon  ir  peggio  che  matti 
I  Principi  in  cercar  questa  canaglia, 
Scandalo  delle  Corti  e  dei  Palazzi  ! 

E  Salvator  Rosa  prosegue  : 

Bella  legge  Cornelia,  ove  n'andasti, 
In  questa  età,  che,  per  castrare  i  putti , 
Tutta  Norcia,  per  Dio,  non  par  che  basti  !  ') 

La  prima  compagnia  di  cantanti ,  venuta  a  Napoli , 
s' intitolava  (  o  bel  nome  seicentistico  !  )  dei  Febi  Ar- 
monici Il  Celano  dice  che  il  Conte  d'  Ognatte  ,  «  aven- 
do introdotte  le  commedie  in  musica  all'  uso  di  Vene- 
zia ,  rappresentar  le  fece  dentro  Palazzo  ,  nel  luogo, 
che  serviva  per  lo  giuoco  della  Palla,  eh'  è  quello  dove 
sta  1'  officio  delle  galee.  »  2).  Il  Pacichelli  accenna 


')  Sahator  Rosa,  Satire  -  La  Musica.  —  Intorno  ai  castrati  e  alla 
piedilaione  per  la  loro  voce,  cfr.  La  Grillaja  Curiosità  erudite  dì  Sci- 
pio Glareano.  In  Napoli  md'clxvhi.  p.  310-334  Della  Barbarie  di  castrar 
gli  nummi.  —  L'autore  è  il  noto  Padre  Aprosio,  genovese. 

s)  Celano  o.  e.  IV,  340. 


—  138  — 
a  questo  teatro  «li  Palano,  a  formio  di  pali 

.     pi    fi        I      l), 

Quale  fa  il   primo  dramma  rappresentato  1  —  Qu< 

fu,  certo,  uno  dei  primi:  «  Il  Nerone  "vero  l 

ili    Poppea     I trama  music  all'  }llii- 

strìss.  et  Sccelientiés.  Sign.   i).  Btigo  de   G       tra  et 
Tassis,  Conte  •/'  Oliate  In   Nàpoli,  per  Ro- 

berto Mollo  ìtt.ìl  »  *).  Era  staio  già  recitato  a 
al  teatro  «lei   ss.  Giovanni   e  Paolo,   nel  1G42   e  1  r>4« 

sia  di  Gio.  Francesco  Busenello  .  musica  di  I  I 
Monteverde  ■). 

Nel  dicembre  1652,  giunse  a  Napoli  la  notizia  del  ri* 
quisto  -li  Barcelona  sui  francesi.  Il  iii  dicembre, s 
la  cai  oleata,  la  funzione  al  Cannine,  il  festino  In  Pulazzc 
e  una  dalle  sere  Beguentì  ;   a  Dalla  compagnia  dei 
Italiani,  chiamata  dei  Febè  Armonici,  che  rappre- 
rano  in  musica  uri  proscenio  formato  nel  Palazzo 
Regio,  fu  recitalo  fl  soggetto  intitolato:  V Amazzone  d'A- 
li con  grandiose  apparenze,  come  a"i  citta,  pala 
cii,  mesciute  .  gioì  àini,  battaglie,  e  simili,  con  voli  di- 
versi,  balli  olla   spagnola,  formati  .In  ntt«>  persone  so- 
spese pai  ■  sovra  otto  I  hi  e  draghi, 
e  smontati  con  spade   mule  nel   suolo, 
scambievoli  fra  di  loro,  con  bell'ordine  Indiarono   a 
bene.  Vi  fu  anche  un  altro  ballo  alla  moseica,  da    >i 
altiv           »  .  con  \  ani  istruraenti  ,  usati  da  quelli 


•)  lùmarit  'i  fu  ■  T  /•.'"■■. 

T.  l.  —  In  Napoli,  Dilla  Regia  atamp.  1085— p.  3«39. 
*)  K  ikIIh  pivucsa  ootlflclooe  •  1  i  lìlirotii  dell'Arcuino  musical.' 

i  M.ij.-n.i.  E  colga  mu'  :  rito  all'c- 

•  i  Big.  H.  B.  Pagliai 
rhù  mi  ha  dato  tatto  Pigio  'li  studia  ri*. 
*)  Livio  Nìho  Galvani  (Giovanni  Bainoli):  Ittatri  A    Ita 

I  •■-..'    vi//.  (1037-1700).  Bd,  Ricordi,  pagg.  31, 


—  133  — 

•  mi  boston*  t'or- 

alo varie  lontananze,   e  postovi   alcuni 

solito,  s.  E.  con  e  invìi  •  «li  dame 

i).  il  tii  ■•ì'i  r  .1. 

,  .•       i  i  ai   attril 

tal  i   rid  ita  da  un  Luigi  Zorzisi  -, 

nusica  da  Fraooe  avalli,  b  adornato  con 

apparenze  -li  scene,  macchine  e  balli  da  Giambattista  Bai* 

urtata  a  Vanezia,  m  I 
mia  del  1658  •). 

di  altri  generi  di  i  ecite  trovo 
del  tempo  deU'Ognatte.  —  Cosi  il    l  luglio  1049, 
ni  i!   di   Corte,  si  fece  una  beta  in   Palazzo, 

n  Mila Iella    reale  sp  isa  del  oat- 

tlico  i  re   Filippo   l\ ,   a  con  L'assistenza  deJFE- 

Cardinal  Filomarino.  Dopo  un   prologo,  fu 

min. m1i;i  spagnuoia,  la  quale  l'u  ili 

d'ogni  atto,  si  lece  un  intei  alle- 

uhiusura,  la  Gloria,  la  Fortuna,  il  Ten 

tarono  le  lodi  del  Viceré  ,  interrotti  poi  dalla  l'ima, 

notizia  del   matrimonio.    E  scesero  dodici 

gei iiihiDH lini  da  una  nube  e  fecero  un  ballo  '.». 


■ 

•i  cita    il  titolo  deH'ulizioii-'    «li  Napoli  par  Rob>\ 
I  T5Ó,  col.  B  !  I 

li  -      M-.     Bibl.   di  rio  ,    voi.    Il    in 

***  —  In  ila  Bibl.  ffautdgn.  l,i-:  u  <<,m«i,abur- 

^**   d  'iùa  ff    tu  armada    a   CasU'lamai: 

Mortsieur  Pfoss^ 

Ij  . 

'  '-uiìiia  ,  dot  arcaburervt .    Luaxcia  dami ,  uh  paxe.  —  11    nomo 
•eli  «  xj  lapj  non  ,j  j^jnp.  bea*. 


—  i:w  — 

Ni  :  anche  del  1649,  fa  rapi  resentalo  a  Pai 

.i.i  i>.  Giovanni  Sanseverino, Conte  della Saponara  o 
altri  cavalieri  sud  parenti  e  amici,  un  dramma  di  Fr 

.ni.   il   Fuidoro   oe   ne   la   una  lunghissima 
esposizione.  Cominciava  con  un  prologo  in  musica,  un< 
dei  soliti  pasticci;  nel  quale  la  Notte  non  vi 
pire  i"  Sole  «•  se  se  rallegra;   l'Aurora  giunge  e  dch 
sa  darsi  ragione  del  rifardo;  Giove  dico  che  castLi 
Apollo.  Ma  ceco  Apollo  arriva  e  si  scu  ' 

-i.-ii..  in  i  .  'l  ammirare  le  due  lumi  ■   ani)  ! 

iris  altre  freddure  simili ,  e  i  «ioni   >i- 

i  Ognatte.  La  oommedia  poi  è  la  seguente.  Valdemaro, 
Dsurp  di  Persia,  pessimo  ■•  ■ 

d'avere  in  suo  potere  Alvina,  •  liouestissirna  geiitikli 
destinata  per  moglie  ad  un  valorosi.»  capitano,  chiamata 
lo,  o  Dinesio  è  mandato  alla  guerra,  e  Valdom 
STO]  intanto,  a  Alvina  uu  finto  messo,  choaunuu- 
eia  che  Ginesio  s*é  ffiato  con  una  sua  rivale.  Al- 

vina si  dispera;  vuole  uccidersi;  viene  geni  ivi 

col  pi  '   in  un  luogo  ,    '"!"■• 

corpo  d'un  ammazzato.  Creduta  colpevole,  ó  condotta 
prigione;  confossa,  ed  ■■  condannata  a  i  tfa  la  su 

innocenza  bì  scopre;  un  Nume,  suo  pr 
in  un'isola  incantata,  dove  sposa  Ginesio,  a  concoi  ■ 
deQa rivale,  ohe  s'ora  fìnta  Alvina  per  arte  d'iiica 
Ginesio  toma  trionfante;  il  tiranno  finisce  in  prigione;  li 
vera  regina  è  rimessa  sul  irono.  Tra  gì1  intermessi,  ol- 
ii i  madrigali  alla  line  del  primo  e  terzo   atto  , 
odo  comparve  "  il  Governo  politico,  qi 
vantandosi    dei    suoi    pre;_'u;i  ,  eonehiudo    ritrovarsi    mai 
pre  con  PEoctto  Conte  d'  Ognatte  ■■:  e  alla  fine  del 
quarto,  venne  fuori  Partenope,  «  la  quale,  rimcn 
le  SO  iure ,  in  ■  pfelio  tumultuavi 

.r aver  rì* avuti  i  frutti  della   desiata  pi 


—  L35  — 


a  il  suo  Re,  che  lo  con-  l  BUOgO- 


\o,   pi  »  i) 


iddisfare  alla  pompa  e  varietà   delle 

»,  del  tempo  per  co  iforniarel  con 

ignuoli  iratissimo  Lope  de 

I  ire  gravissimo  in  questa  professione Gli 

e  gli  ornamenti  non  disi  i   i'  unita,  coma 

il  ••,<■  una   volta  in  cattedra  dagi  [ernie!   Infu- 

,.  ».  -•).— Ma,  in  i  lata 

.  .    egue  il  gusto  clas- 

i     ti  un       chiava,  amala  ila  due   vecchi  6 

ani.  .?  che  sposa  r  u  io  di  Questi .  i  osandosi 
l'altro  e  figliuola  'li  un  >  dei  due 

i  lino,  ma  di  la  della  saZSetal  I 
tessa,  Sproposito,  e  il  napoletano 
lo.  —  Un*  altra   sua   fu  rappresentata  in 

I.  C  è  ,   difetti  .   all<' 
mila  ,  tragicommedia  rappi 
a  di  Maddaloni   t656.   In  Napoli 
to   Mollo  s). 

i  Reali  ti  medie  in  musica 

al  teatro  di  San   Bartoloiumeo,  che,  a 

sto,  fu  «con  molta    >pesa  rifatto»,  ilice  il 

I.  —  Nel  1653  fu  stampata  a  Napoli  V Arianna, 


')  Statiti  hisiorki  ecc.  Ma.  eil.  p.  263-8. 

ri  Ciacconio  1053  —  fi  dedicala   al  Principe  di 
ira  i   pwl.  loili,  <■'.•   Andn-.i    Vitl-n.  Ili,  !.«>- 

1  '-ratuo,  Onofrio  <ii  Coalro  ecc.  Poni  'Ima  fa  ranagram- 

ll'autore,  aecondo  l'uso  del 
rrino  o.  e.  H.  41 
'cri.  o.  e.  ed.   I7i  16. 


—  13fì  — 

dramma  musiralr  >l  r  Don  Giuseppe  di  Pale 

iK-i!ir:it.)  :ill'{  guaite  ').   F,  rosi  il  Gigante  abbattuto,  lo 

l 'Arianna,  di  Francesco  Zucchi,  anche  rappre* 
sentale  in  quei  torno.9)  —  Ma  «li   recite  notevoli 

il  i  (  icognini   :).   melodraa 
«lain a  Venezia  il  1649,  cori  musica  del  Cavalli  '>.  —Il  Giar 
fi  un  esempio   tipico  del  melodramma  italiano  dal 
sei  ento.  Par  di  leggere  una  parodia!  Tutti  quegli  en 

i.    gidi  (  •-•■■!■•-'.  i-i'  I  •.  E  geo,  ecc.  sodo  ci 

-munite  volgarizzali.  V'é  introdotta  la  Nutrice,  sospii 
ai  Fuggiti  aiuoli,  a  il  Demo,  che  balbutisce  in  mus 
La  catastrofe  tragica  verrebbe  fuor  di  luogo;  e,  alterando 

la  (avola,  un  duchee  matrimonio   Ira  Giasoi leifile, 

,   rhiudo  il  dramma  musicali  . 
più  onesta  delle  commedie,    i  —  Nel  1653,  <-i  fur 
che  te    Magie  amorose  del  Sorrentino,  con  lo  macchine 
rospeuive  del  Balbi  "). 

Nel  1654,  YOroniea  Regina  a? Egitto  del  Cicognìnii 
«ii. ila  a  Venezia  nel  1649  con   musica  del  Cesti  e 
volte  replicata  ;».  A  Napoli  fu  arricchita  di  nuooa  mi 
da  Francesco  drilli*).  Il  Cirilli  musicò 
seguente  (1655},  il  Ratto  aV Elena  di  Gennaro  Paolella  *)t 
Nel  quale  anno  si  delle  audio  la  Fedeltà  :  -te 


')  Stampella  d'  Honctóo  Sarta,  MnCLllI. 

f)  Qundi  do  1653  io  9  —  Sotto  lo  »t« 

!..  Italo:  l-<t    Vktoriù  fuggitiva.  Dramma  saero  di  Giuseppe 

Qutaido  Napoli  (n.  r.  HI).  Kra  pei-  musica? 
s)  Per  Roberto  Molto  Ì658.  Alla -i,  oA.  17»,  COL  tOL 
>i  Ottani,  0    e,  p.  22. 

l)  Il  i  del  Do'ior  Giacinto  Andrea  Cteogni 

i.  li.  Veneti*  MDCLJUV. 

*)  CI  i    ii.   A  IL 

•)  Ottani  ...  ,•.  38,  IT,  T.t. 
■j  Per  Roberto  Mollo  1054  —CI  fr.  e.  C 

le  Mollo  tO  Aitasi  o 


—  137  — 

Sorrentino  con   musica  di  Gi  A.I- 

l.  La  dedica  6  firmata  da  A  Ga- 

ia detto  ohe  bisogna  as]  Bua   al  1678  per 

ire  un  libretl  i  o  lino  al  1684  per  Irai 

•nti- 
Paoi     i    ;  I  i  illi,  l'Altiero,  in  (anto  di  ■■ 

sono  i  primi  timidi   librettisti  e 
i  etani.  Librettisti,  raramente,  di  pochiB- 

Impositori,  ce  lo 
dtt  coi  si  darà   la  pena  di  rintracciare  ì     re  i 

loto  spartiti. 

ioli  de]  «  lonservatorio  di  Loreto,  dice  il  Celano, 
presenta  -urrà  in 

musica.  »  \i  — Nel  1656,  sseguiron  ondo  il  Plorimo1 

unii  ■  ,.o.  della  dic:n« 

'tsa,  musica  di  Andrea  Marino,  maestro  di  cap- 
i-io •).  Ma  ceco  il  vero  titolo  e  il  no- 
tlt'l  poeta:  Il  ampione  ooì  tro  il  li.  Gac 

ramnintun  in  musica  di  Ginran   Francesco  del 

tei  re- 
ila  Madt'K  di  Dio  delle  Scuota  Pie*). — 
le  provini     .  l    >pcra  in  musica   andava  pene* 
[lo  piccola  melodramma,  intitolai  i  I'  Orfeo,  o  di- 
iso  hi  quattro  atti,  di  Carlo  d'Aquino,  fu  recitato  io 
iodio  'li  una  delle  commedii 
.,  pei  la  resa  di  Barcellona;  vi  cantarono  sette  rad 


«leti.*  a  I>.  Fraw>*ro  Mnrino  Caracciolo  Are. 'Ila  l'rìncìpo  d'A- 
Iìdo  ■  Gran  Cancelliere  del  Rcguo  «ce.  Napoli  jtr  Roberti)  Mvtlu. 
f6.—  EmpL  o.  :  all'Arcb. 

Ploriroo  o.  e.  IV.  T>82. 

Fiori»©,  o.  e.  Il,  28, 

Napoli,  per  Giacomo  Gaffoio  1650,  in  12.  —  Quadrio,  o.  e.  Ili,  II. 


—  138  — 

•■  i  cori .  /""  uto  ragione  eUL 
■  ho  l).  — 

Mu.'-i  .  i.  iiijim  iì  regno  'li  q  i 
italo-spagnuoU ,  perché  Bono  traduzioni  doni, 

i/ii -in  ,  ili  ih  Delle   coin 

sul  del  d'Isa,  quasi  non  si  trova  pia  ira 

ultima  eoo  à  la  i  .  che  ho  accennato,  del  Zacca 

i  ih  risuona  ap|  !  frastuono  e  nella  gaxzai 

del  drammi  del  Celano,  del  Tauro,  del  Pa 

.  di  l  'li  (  astro ,  ecc.  ecc.  ;  perei si  si 

vano  quei  suolimi  Ingegni,  che  ora  nessuno  ricorda  pH 

Chi  « eco  un  po'  la  letteratura  drammatica  spag 

•  queste  imitazioni  italiane,  non  può  li 
dall' esclama  re  :  Pro  thesauro  mrhunes  /  Quello  I 
ii, .-.-III  creazioni  dicarattei  i,di  ;,  dei  drammi 

spagnuoli    <|U',l  lui  "linlogo  in  versi  arn 
ii-'l  più  puro  casttgUano  ;  l'a  i  ili  moi 

d'interesse;  tutto  ò  sparito.  Nei  drammi  italiani,  uni 
pida  successione  di  stupide  scene;  un  dialogo,  in  calili 
prosa,  in  pessimo  italiano,  a  contrapposti,  giuochi  di  pi 
!••  ile,  |';n;ill- h-nii,  roMSO  'Iettata,  pro| 

q  li  Ha  dell'  aoon  mzoniano!  Il  gn 

inali» coilè  sui'  osservazioni,  dà  rilievo  al  dramma 
\ i  iii.-i  quél  napoi   ■  ciamo,  ••  ii 

concludente.  Un  minuto  confronto  proverebbe     I       ili- 
i  barbari  eravamo  noi!  Degli  originali  non  sì  ritrova  ci 
igerazione  <li  alcuni  difetti.  Dall'  un  lato  era  un*  ai 
rlit'uit  !  i  Forma,  aia  pensai  Irò, 

i  completa  'li  pensiero  e  <li  sentimento  I 


||  ì.  ili  Parnaso  Poesùs  di  Carlo  d'Aquino  in  Co 

1054.  _  pagg 

*)  Cfr.   /•'  dt  la  cor, 

latine  ecc.  j«r  Loin  l'ari»  1728—  Pag.  47  *  ag. 


—  189  — 

Il  migliare,  «li  lutti  questi  pessimi,  In  il  cenonìi 

;e  una  Ir  di  drammi  sotto  il  nome 

Vb/i  '"■  podi  i  — /« 

t—  Gli  ■ 
-  Sopì  a  ade  tingiamo  —  la 

ice. — Altri  drammi,  olie  Bbb  irò 

.      :■      !'!       '   ',,11- 

Uona,  «li  Rai  iato;  l. ' <>- 

tei  ninrio  h->i, àrida  del  vivo  del  <li- Vii  >:  ecc.  '). 

IO  moli  i'.l'.    r   B       II         'lai  «Irai i 

ali  si  rid  ici  ri  i  Facilmente  a  uno  1 1  due  lipi. 
Sopra  i  ■  i  si  traila  di  un  Conte  Lo- 

I  a. 'iv  r.i     ..        Un  Me- 
ndica ,  con  andò  ili  tarla  com- 

:  'I   He  con     ih'      -  i  i    paggio. 

lo nna,  e  I'  onore  è  -alvo,  e 
!  iglio  delle  battaglie 
•  ili  l.v,  vissuto  contadino  Ire  poveri 
.  portato  -I;.l'1i  ini|.uUi  «I 
.  vìnce  una  baUaglia  pel  I.''-  d'  [ngliilten  a,  di'è 
.     i  .'•  riconosciuto 
Iron  .    Di    ,  nere  le  azioni  :  ma  t 

iitiilcnli  e  «lei  ruvvolgimoiiti,  nei  (ju  il1 
i  e  pi  "l'  i  dialoghi  p<  su  que- 

■Caci  i  dramma  i  i: 

D.  < >  i.'ln,  ti  ringrazio  ! 

cono.  Fortunn.  te  so  schiavo! 


torelli.  ■  '/•  noli,  v  300 7tt  Pomirri. 

r.i/./n-  v,i'.. 'fu  i,  |>.  '"•:'  :'.  I"  T. ippì,  Nieodnmi,  Alinoci,  Quadrio  a  gli  altri 

,»-r.j  sren ■■  a  per    fli*como 

ara.  tftW. 

prw  scenica  di  Oio.  ttttuijtu  Pasca,  lu  Napoli  por  Franw- 
-.-«,  |fif>5. 


—  140  — 

D.  Ottavio.  Che  dopo  lungo  agitamento  di  mare, 

Ciccone.  Che  dopo  pericolosa  tempesta, 

D.  Ottavio.  Stampo  1'  orme  su  questo  lido, 

Ciccone.  Metto  li  piede  a  sta  bella  Shiannana ,  ecc i 

E  la  scena  di  un  altro,  tra  due  amici,  finirà: 

Arrigo.  Grazie,  o  stelle, 
Lisardo.  Grazie,  o  cieli, 
Arrigo.  Se  in  un  punto 
Lisardo.  Se  in  un  istante 
Arrigo.  Con  1'  amico  Lisardo 
Lisardo.  Col  mio  diletto  Arrigo 
Arrigo.  Felice  mi  rendete. 
Lisardo.  Mi  rendete  beato  s). 

0  talora,  anche,  con  le  chiusette  in  versi,  che  fanno 
beli'  effetto  ! 

Le  recite  di  queste  Opere  regie,  Rappresentazioni  se, 
niche,  Opere  sceniche,  Opere  comiche,  Azioni  regioce^^ 
miche,  o  com'altro  si  chiamavano,  erano  frequentissime^ 
I  teatri  pubblici,  le  case  private  no  erano  invase.  Le  col  " 
ezioni ,  che  ne  restano ,  stampato  dai  librai  teatrali  de>J 
tempo,  sono  spaventosamente  numerose!  — 

A  questo  tempo,  di  comici  lombardi  non  trovo  quasi 
nessuna  notizia.  —  Un  Fabrizio  napoletano  era  a  Napoli 
intorno  il  1630,  e  aveva  nella  sua  compagnia  un  Nicola 
Biancolelli,  che  poi  divenne  scrittole  drammatico  3).  —  In 


')  //  Cavaliere  Trascurato  di  Gio.  Battista  Pasca  Napoletano.  In  Ma- 
cerata per  li  Grifei  e  Piccini.  MDGLXX.  A.  1.  Se.  1. 

*)  Colcolona  E.  La  sofferenza  coronata.  Opera  scenica.  Napoli,  I7Ì9— 
A,  IL  s.  28. 

3)  F.  Bartoli.  Notizie. — ad  nom. 


—  141  — 

?de  dì  Cintia,  comica  famosa,  è  un  sonetto  nelle  poesie 
ei  d'Aquino  : 

Non  cosi  vaga,  o  Cintia,  in  ciel  tu  giri, 

Ricca  di  tanta  luce  il  volto  adorno, 

Quanto  quest'  altra  Cintia,  ond'  hai  tu  scorno, 

Gira  degli  occhi  i  lucidi  zaffiri. 
Ne'  più  vaghi  concetti,  o  Cintia,  spiri, 

Qualor  tu  sei  alle  tue  suore  intorno, 

Di  costei,  che  non  so,  quando  a  lei  torno, 

Se  più  bella  o  faconda  il  ciel  la  miri. 
Al  gratioso  suo  girar  dei  lumi, 

Languiscon  l' alme  e  van  le  grazie  ancelle, 

Apprendendo  da  lei  leggi  e  costumi  ; 
A  le  mutanze  sue  leggiadre  e  belle 

Sian  palchi  i  cieli  e  spettatori  i  Numi 

E  per  lampade  e  faci  ardan  le  stelle!  ') 

E  nelle  Poesie  del  signor  Bartolo  Parti  valla,  stampate 
il  1651 s),  e'  è  quest'altro  sonetto  :  Alla  signora  Horetta 
Vigliarli,  comica  famosissima  : 

Mille  avvien  che  in  te  vegga  e  ch'in  te  miri 

E  prede  e  furti,  ond'ogni  cor  ti  cole, 

Qualora  in  me,  tra  lascivette  fole, 

I  lumi  soavissimi  tu  giri. 
Non  bastavano  i  lucidi  zaffiri, 

Ch'  anco  volasti  in  su  l' eterea  mole 

L' oro  d' un  crine  ad  usurpar  del  sole, 

L' arco  d'  un  ciglio  ad  involar  de  l' Iri. 
Era  a  te  poco  impoverir  gradita 

Un  vastissimo  mar,  che  il  nome  ancora 

Da  1'  Hore  stesse  a  depredar  se'  gita. 

')  Rugiade  di  Parnaso  cit.  p.  127. 

s)  la  Napoli  per  Honofrio  Savio  MDCLI  —  p.  16. 


—  142  — 

Felice,  o  me,  se  pria  che  in  tutto  io  mora 
Mi  sarà  dato,  anzi  il  partir  di  vita, 
Un  momento  goder  di  si  beli' Hora! 

Andrea  Ciuccio,  il  gran  Pulcinella,  mori  nella  pestilenza 
del  1656  1).  Titta  Valentino,  lamentando  nel  suo  poema  : 
Napole  scontra/atto  dopo  la  pesta,  gli  onori,  a  cui,  dopo 
la  pestilenza,  era  salita  la  più  vii  gente,  esclama  : 

Dov'  è  Tartaglia  mò?  dov'è  Scatozza  ? 
Addov'  è  ghiuto  Pascariello  Truono  ? 
Dov'  è  co  li  compagne  Luca  Vozza  ? 
Addov'  è  Ghianne,  Parmiere  ed  Antuono  ? 
Perchè  mò  tenarriano  la  carrozza, 
Mo'  se  sarriano  puro  puosto  ntuono 
Ca  de  chissc  cchiù  zanne  e  cchiù  sciaurate 
Erano  da  carrozze  strascenate  !  2) 

Tutti  nomi  d' istrioni  o  buffoni.  Successori  del  Ciuccio, 
nella  maschera  di  Pulcinella,  furono  Francesco  o  Ciccio 
Baldi  e  Mattia  Barra  3). 

E  ora,  uno  sguardo  al  Largo  del  Castello.  Vi  ritrove- 
remo subito  Cooie/lo  e  Scatozza  : 

Come  voggiam,  nel  Largo  del  Castello, 
Con  qualche  sgualdrinuzza  infranciosata, 
Cantar  Scalosza  ed  atteggiar  Cociello  ! 

dice,  spregiando,  Antonio  Muscetlola  in  una  sua  epistola*). 


')  Ferrucci  o.  e.  p.  293. 
'•)  Coli.  Porcelli  —  Tomo  XIX.  p.  340. 
3)  Pernice!,  o.  e.  p.  332-3. 

*)  Epistole  famigliari  Poesie  di  I).  Antonio  Museettola  ecc.  Napoli  1673 
appresso  Antonio  Hulifon.  Epist.  VI.  (pag.  37-43). 


—  143  — 

riamente,  dei  teatrini  di  Ic^no.  Di  teatri  • 
fcbbrica  i'  lo  notizia  l)  «  Frequcnfcui^iuio  il 

•r  lo  passeggio  delle  carrozze  e  per 
la  quantità  dei  monta  in  banco  e  ciarlatani,  che,  in 
giwii".  vi  ire  i  lor  iti  ■ ,  dice  il  Ce- 

lano ';.  Vi  si  'nostri  e  altra  curiosità  *)  : 

Quante  a  Napole  songn  ciarla 

inalo  vertoluse , 
Qal  none,  scigue,  crapo.,  e  ccane, 

Che  fatte  sanno  fa  redoculuse  ')  1  — 

-mio  a  quel  largo.  Anche  i  predica- 
:    licere  in  pubblico.  Un 
atante, Q  Burnet,cbe  votine  in  quagli  anni  a 
.1    i  i-  un  JtJsuHe,  aBant  A  une  man 
I,  quoique  bion  accompagné,  ne  lais- 
pas  d'apéUer,  tona  ceux  qu*i]  royoil  et  lee  exhortott 
etani  arrivò  u  uni  "ù  un  ci 

luail  scs  drogues ,  il  y  pril  p 
pie  bouffonnemi  |u'à  ce  quo  le charlatan e'é- 

nt  retire,  il  quitta  aussi  la  partio,  craignaot  uue  le  oom- 
nt  j.Iii-  que  lui  pour  acteur,  tua  t'ennuyAt  et 
:.i  ■    ».   \n/i.  una 


Matanwllo,  |>o>w<].  -riu 

ior.i',  rappreseli  Link;  il  targo  ilrl  Cutflllo        1  \ùAo, 

V  mitro,  nn.i  i 
stano  iv. 

>h>  umani" lo         i 

nuxL  Affn  ,  — CoU.PoraaUi.  T.  XVI. 

.'ditello)    a  nullo:  ai    legga  nel 

».  Cn n lo  II.  (Coli,  l'ore.  T  \\W 

Voyafi*  da  SkÉ$$  magne  et 

é*  Fraiict.  flit  tu  an  hoeteur  on  théo- 

lof**,  À  r*  Rotterdam.  MI"  :l  SA  \  \ 


—  144  — 

che  fu  proprio  al  Largo  ilei  Castello,  che  quel  tele  pi 
itors,  abbaini,  .nato  «lai  suoi  uditori  per  unPuWnefi 
hiiHi.  mostrando  il  croeefisso.lt>  famosi.-  parole:  #r 
'/l'i,  chi  questo  >'•  il  pero  Pulcinèlla/1). 

Sorta  -li  ciarlatano  iche  il  ciaravoto  o  dar- 

che  siiic-va  andar  girando  i  con  une  scattola  ili  serpenti  in 
dosso,  facendone  mostra  o  giuochi,  e  vendendo  empia- 
si ri  ».  *)  —  Una  viva  dipintura  dei  ciarlatani  di  quel  tempo 
i  sonetto  seguente: 


Olisse,  che  vanno  a<-.«-'iii.|Minonno  fahole, 
E  ic  vennero  Mietente  e  carrafòHe, 
So  tarila  troffaiuole,  e  birliantielle  , 

Ha     T.i    1],    rlli     Ir    .n-ili",    all'  I  III.'.  UmI.k.I.' 

Non  se  pigliarlo  scuorno  'ncopp*  a  labole 

De   la  BAgllft*  lo  ■   l)«*ll r». 

Che  ,  cantannn  mniteite  e  bellanelle, 

Fanno  sta  rnnn'  apierte  li  diabole. 
Si  no  In  ililiiii,  no  moro  retrubbeco  : 

Sagliernmanche  de  buono  autro  non  hiinu-  •. 

Che  bennere  vesciche  pe*  lanierm-. 
Su  pe  Legge  nfamisseme.  A.  lo  prubbneo 

Non  fanno  atei*'  i>  fanno 

Ulele  a  lo  vordiello,  et  à  le  taverne!  3) 

Ani  in'  da  quatti  percepiva  un  diritto  ta  logl'Ii 

curabili  —  I  ciarlatani  usavano  di  lare  dette  farseli 

')  Cfr.  S.  Sluiru.  LtUtn  front  Jlaly  ecc.  in  the  year*   i?65  and 

London  ».  a.  —  p.  1SJ-4. 

«)  roeateii  ii  p .1-. .ni.  r.  wvi.  |,  i- 

Vaiti  penne«i  per  questi  nano  all'Ardi.  Muaicipal 

*)  i>-  'li  I '••r.liimiido  Hoccu-ù.  —  La  Cent.  I  è 

dotta  ali,-!  liiimrirktiiUÌ    d  Nps  (Napoli    |m-«so  Giacomo  Raillat 

MDGC3UI)  I  II  Cent.  II  allo   Velocità  della  Penna.  (  presso  Paolo  So, 

■  MDCCaUV)  —  Ont.   I!  .  p.  QB.   D*  &iyti<>n>minchs  wm  *' . 

maje  cose  dt  !"■ 


-  1 15  — 

cdic,  per  attirare  l'attenzione  dai  passanti  e  9paoci 
lio  le  loro  merci1).  Il  Perrucci  fulmina  nel  suo 

i,  die  rappresentano  «  nelle  pubbliche  piazzo 
.  e  all'iiiip  orpiandi  i  ì  sogi  iti .  parlando 

allo  sproposito,  gestendo  da  matti ,  e,  quel  eh' è  peggio, 
facendo  mille  oscenità  e  sporchezze,  per  poi  cavar  dalle 
>rdo  guadagno,  con  venderli   le  loro  impo- 
sture d' ogli  eotti ,  conlra veleni  da  avvelenare,  e  rimedii 
far  venire  quei  mali,  ohe  non  vi  sono»  ').— Cosi, 

:  :l  a   Napoli   o  un   monta   in  baQCO  snvo- 

lo,  chiamato  il  Tamborrmo  o  Tabarrìno,  il  quale,  pub- 
i  detta  il",  ha  Batto 

io  i,  che  i'i  recitare  da  circa  dieci 
lo  suo,  eomsdìe,  et,  per  il  co 

ce,  egli  vende  una  e  «serva 

nepro,  la  quale  è  contravelenOi  et  di  questa  egfi  no 

luantita,  b  sana  ancora  lo  scrofole  o  sia 

,  confonne  egli  mostra  d'  averne  guariti 

alcuui  in  Napoli ,  ed  è  intrinsecamente  lutei 

nini   o  di  tratti,  ina  sa  far  danaro  ' 

Del  i  ttatia  muiandis,  l'uso  c'è  ancora:  i  bagni* 

'ì,  pur  esempio,  che  girano  coi   castelletti  dei  pupi, 

■  i  irò  i  ■  eh  •    con  lotterìe  o  ri/fe  ;  e 
non  ha  visto  poi,  talvolta  ,  tre  o  quattro  maschei 
per  le   vie,  seguiti   da  una   l'olla  di  monelli,  e 
■i  di  tanto  in  t  into,  e  fere  dei  dialoghi  e  delle 
,  che  servono  a  preparar  la  vendita,  che  segue  poi, 
l'oggei  irta,  a  buon  mercato  1  — 

Ina  buona    •  ■ompagnia  spagnuola    venne   mi    L659  ai 


.  Ottone! li.  Della  cristiana  moderazione  del  teatro:  passim, 
micci  o.  e.  e.  189. 

ornali  ma.  Bibl.  N*z.  Seg.  X.  B.  15.  fot.  "9.  —  Tabi. 
uu  mwlia  licitarle.  Vadi  M.  Saint.  Masquetd 

1*.  ;u 

10 


—  146  — 

Fiorentini.1)  Il  capo  era  no   Adriano,  che  aveva    i 
compagnia  un  fratello,  duo  sorelle,  e  la   madre    Ei 
stati  comici  del  He  Cattolico,  e  ne  avevano  ricevuto  molti 
doni:  tra  gli  altri,  molti  vestiti  proprii  del  Re.  il 1 
I'  óaranda  dava  loro  cento   ducati   al    mese   d'aiuto 
costa  e  altrettante  cavavano  dall'affitto  dei  palchetti.  Un j 

delle  solvilo  d'Adriano  ««  slava  con  tanta  superbia,  che 

.a  impegnato  (atte  le  sue  vesti, per  causa  ohe  d 

cfae  in  Napoli  non   trovava  persona  di  suo  geni 
gradisse ,  e  ricusò   Genio  doble  da  mio  spagnuolo, 

..i  dormir  bob  essa,  con  dirli  ch'ella  ne  pagherebbe 
altrettante  per  un  uomo  di  suo  gusto;  eppure  Napoli  noi 

era  rasalo  !  ■  s». 

Ho  cercalo    per  un  DOSSO  'hi   tosse    ipii'st*  Adi  i 
forse  l'ho  trovato.   Proprio  In  questo   tempo,    visse  ui 
Adriano    Lopez  ,   nulla    cui  compagnia  faceva  primeras 
damoB  sua  sorella  Damiana  Lopez,  ■  dij    '  • 
bus  habilidades comioas  y  por  su  virtud.  »  3). —  Il  Peri 
aiì'li'j  Hcord;i  Adriano,    senza  dirne   il  cognome:  «  Ut 
Carnoso  comico  ilo,  detto  Adriani»,  venuto  con  alt 

a  rappresentare  a  Napoli  le  loro  commedie ,  non  potei 
capire  come  bì  potesse  rare  una  ooraedia  col  solo  <• 
di  divani  personaggi  e  disponeria  in  menodiun'oi 

La  Casa  Santa  degli  incurabili  il  88    ii"\embro  1( 
delibero  di  far  istanza  al  Viceré  per  costringere  appunt 
questi  a  comedianti  spagnuoli  al  pagamento  del  4.°  ; 
ni-li/io  della  Rcal  Casa.»  s)  —  Il  povero  Adriano  fini 
Napoli  la  sua  carriera,  ed  ecco  in  che  modo. 


mera  forse  n  oo*  antecedente   corop.ign;a  spegnutila  comi 
Maria  ile  Heradia,  ohe  m(Hrf  a  Nugoli  n.rl  |f)i>8.  —  Sopùlveda.  o.  e.  \.. 
*)  Fuidoro.  ni».  «■(:.  X    B.   lì    U.  9T-& 
*)  S«i)ùlvoda  .  o.  e.  p.  411. 
*)  l'erruecì  o.  e.  p.  187. 
a)  Arr-h.  d«gli  Inc.  —  Libri  d'  appuntamenti,  ad  an. 


—  147  — 

•ima   commediante    spagnuola    ora  anche  a 

poli,  detta  la  Guzman.  Adriano  ne  Bra  ramante.  Ma 

un  diro  amante,  Don  Luigi  Sobramonte,  capitano  <li  fan- 

fece  minacciare  della  vita.  La  madre  e  le  sorelle 

li  ne  diedero  parte  al  Viceré,  «  il  finali;,  fidalo  nella 

prof-;  za,  li  replicò  che  qod  L'aroxnazzerebI 

la  sua  parola. l)  d  Ma,  nonostante  la  parola  vicer 

uio.  ima  domenica  .  il  2i  ottobre  1660,  a  un'  ora  «li 

iii  aggredito  da  venti  pi  al  Largo  del  Castello, 

al  j'  love  si  vendono  li  Dimazzato!  — 

\-a  sorella,  Damiana  (se  è  quellal),    nel    1671    recita- 

>ra  nella  compagnia  «Iella  Comica  detta  ì'AIqui- 

o  poi  si  ritirò  a  vita  religiosa  a  BarceBona,  dove 

mori  •). 

u  rappresentato  a  Napoli  il  dramma  Tea 
i  incostanza  trionfante^  poesia  «li  Gregorio  Chia- 
ma dì  Francesco  Provenzale,  da 
16  ili  Carigtio  •).  E  il  Trionfo  della  Pace  iter  le  lascia 
■  Principe  delle  Spagne ,  poesia  di  Giuseppe 
1 1659,  la  Costanza  di  Rosnumda,  poc 
ila  I"  stesso  anno  a  Venezia  con  mu 
Rovettini  l).  E  anche  V  Ericrea  del    Faustini ,  dedi- 
aD.  Antonio  Funsecha,  Conte  del  Vasto,  e  M 
di  S.  :  co,  Capitano  della  Guardia   di  Su 

lonza: 


loro,  fui.  97-8. 
x)  Saputala  Le 

tortino,  o.  e,  IV.  B76-7. 

ip.  1686.   Curioso   froulespixiii  l' recedo  una 

-.  dati' Ek  I  -taMo  l'in 

ini.)    Nili' avviso  dell'mil..  collo  solite  scuse,  si 

i:  «  appciia  uwili    gli    abbozzi  della    mia  prima,  p*r  dar  luogo  al 

■peaitorv  della  .Munì cu,   furono  in  mi i IL-  spiarci  comi:  aleno 

ito  ancor  io,  ace.  acc  ». 
■■)  Aliarvi,  ed.    I 


—  148  — 

Illustrissimo  Signore , 

Sbbfl  gran  mancamonlo  non  riconoscere  il    Padrone 
Tributo  (Invilii)  al  nostro  Vassallaggio;  e  vero,  che  le 
forze,  hanno  grandissima  sproportione  co' meriti  di  V.  S.  fili 

i  ogni  modo  la  grandezza  dell'animo  suo  poi 
aire  fbumiltà,  con  la  qualo  le  dedichiamo  la  presente  oj 
Siamo  in   un  maro    tanto   tempestoso ,  che  non    potiamo  con 
durci  in  Porto,  se  non  col  l'aura  della  sua  gratia  è  proto- 
ne (sic);  se  questa  non  ci  spira  più  ohe   l'i-  il  ".ole  è  certo  il 
naufraggio.  Corro  per  obbligo  ad  ogni  gran  Signore  l'aia 
suoi  servitori.  La  supplichiamo  dunque    di  non  abbandonare 
mentre  s  noto  a  tutto  il  mondo  esser  noi 

In   V    S     l ll,i-i rissima 

Napoli  20  Dicembre  15C9  (sic!) 

Httmil.  Dceof.  e  Oòlig.  Serri 
GÌ  1    -VKMONICI  •) 

Nel  1G60  é  stampata  eolla  data  di  Napoli  la  Clorìdea 
Pietro  Sbdz  di  Palomera  y  Velasco,  della  quale  e  e  anche 
una  traduzione  spagnuola  8). — Ai  3  d'agosto,  su  una  gale 
oapilaiia  genovese,  ch'era  nel  porto,  furono  invitati  cavi 
lieri  o  dame  della  nazione,  dimoranti  in  Napoli,  e  si  fei 
tra  l'altro,  una  eomedia  :ll.  Nel  <'.'inic",:ile  del  l(jf>l,  :. 
comedic  una  conversazione  di  fiorentini,  cosi  gentiluc 
mini    come  smlturali    e  copisti,  all'  incontro  del  pai 
già  del  Marchese  del  Vasto   e  allora  del  Duca  di  M.  <l- 
rialoni, atto  Spirito  Santo  k).  —  Nell'aprile  del  1662, 


')  In  Napoli  per  gli  Iterali  del  Cavalln,  1050.  Con   lift  dd  - -!.i|>. — Bi 
Arili.  Muh. 
*)  Aliarci,  ed.  1755  Col.  201  —  In  conosco  solo:  Tm  Ctoridea 

pnr/i  musica  de  1>.  Pedro  San:  de  Palomera  y  Vela*co  dirig 
al  Illusi,  y  Excelltrnt.  Seiwr  D.   0<M/*ir  d.r  Ih  ,  Ou-tinan 

I  'Ttaranda  ecc.    I  no  en  etpafiot p  .o  Ai 

tor.  En  Najtoltrs  «.  d.  Ardi.  Mi». 
)  Puidoro.  f,.l.  77. 
<>  Fuf&aro.  W.  Ite. 


—  149  — 

Barlolommeo  (forse  perdio  di  quaresima),  •  ■'  era  una 
ipagnia  di  due  donne,  due  ragazzi,  e  un  giovane,  che 
ìu  qi-  ■  «  faceano  salti  io  tanti  modi  a  tanti,   che 

parcati"  av<  i   dcB'  i  op  issibile,  che  non  si  posa  oo  spie- 
gare, e  le  loro  vite  paravano  falle  senza  Monture,  i 
sulla  coni  do  giuochi  meravigliosi,  ch'erano  stali 

o   i). 

il  s.  Bartotomn  te  I'  o- 

--  \el  1662  la  compagnia  dei  Febi  Ar- 

non«  e  erano  molte  donne  forestiere  contatrici, 

rajijv  .  a  comedie  otta  stanza  pubblica  in  musica»  *). 

Odano  dice, di  quell  trine,  che  »  in  ogni  anno  vi 

ualche  casa  a  male  per  cagion  delle  Cantari  ne,  ci 

sentano  e  che,  cantando,  incantano  »!  3). — Colla 

degli  8  ottobre  l  da  Li  Armonici  la 

i  al  Conto   di    Peiìaranda  del  libretto  :    Alessandro 

di  sé  stesso  ,   drama  musicale   di  Francesco 

rra,  g  lucchese*)  —  Sui  littuarii  d-.-l  teatro 

ro  le  seguenti    notizie  nell'  Archivio  degli   Incur 

.   nel  1658  era  n'Unto  ad   un'Angela  Anselmo j 
IO  a  I).    Francesco    Uscio  due.  860;  il  1661 

pTCno    di-  UO    Giovanni    del 

Udo  l"  Otto  per  un  anin»,  da  Pasqua,  por  due.   1510; 
1863,  Salvatore  Turri  e  Giuseppe  de  Gennaro  per  du- 

n  Pietro  Bernaudo  per  ducati 

•  <  laliste  per  due.  850;  il  1667  D.  Ani 

due.  85*);  il  1669,  Giuseppe  Negro  per 

[toc.  810. —  (in  palchetto   restava  a  /ione   della 

ta,  che  una  volta  lo  fìtto  per  due.  200.  —  Nel 


Infero,  ibi.  211 

ì&Uno.  ,   ,     tV, 

Kapli  per  gU  Hcrcdi  di  Cavallo  1662  —  Arch.  mu. 


-   1.VI  - 


icr- 

ma, 


1662  la  Casa  ricorsa  al  Viceré,  perchè  il  Capitano 
Guardia  Badava   prendendo  un1  ingerenza  i   nel 

teatro,  e  aj  Berviva  come  di  diritto  <*dei  Balchetto  ri 
baio  a  dispositionc  dalli  ss.  Governatori ,  il  quale 
primo  in  ordine  di  detta  stantia,  •  '). 

La  giurisdizione  e  la  polizia  teatrale  spellava,  vararne^ 
di  dritto  alla  Sai  ù  suoi  Delegati  Ma,  già  prlm 

l'Uditore  deff  Esercito  aveva  avuta   più  volte  oooasio 
non  so  come,  <li  »u  mj  li:  inani.  In  q 

veniva  a  aggiungersi  il  Capitano  della   Guardia. 
l' uno  e  l'altro,  lottò  continuamente  la  S.  Casa,  e,  nel  16 
e  nel  168SS  Ira  l'altro,  ottenne  decisioni  e  sentenz  i  del  I 
l:ii"i;i!c  v.  -.li-I  S.  R.  C.  ir.  sud  t .  e  ■.  •  >  1 1  - .  Mi  restarono  la 
mona;  e  l' ingerenza  continuò,  finche  non  fu  poi  , 

piatente  stabilita  l'assoluta  giurìsdizii 
l'Uditore.  Coma  c'entrasse  il  Capitano  della Gua 
capisce;  o' entrava,  press' a  poco,  come  il  Vici 
quale  soleva  essera  intrinseco  e  persona  di  fida* 
po' più  difficile  è  il  capire  perché  c'eutrasse  I'  Udito 
dell'  Esercito,  che  abbiamo  visto  dar  sentenze  fin  dal  1639. 
Chi  sa  quale  .strana  interpetrnzione  delle  leggi  ronj:uic 
l'aveva  persuaso  di  quel  suo  dovere,  o  meglio  (comesi 
apivano  allora  lo  cose!)  diritto ì  *> 

L'il  febbraio  1665,  ci  to  i  del  Duca  di  Girifalco  una 

comedia,  tradotta  dal  Calderon,  rappresentata  da  Calabre- 

'■■  in-  di',  vedi  Ubi  ni  sotto  U 

dal*  8  novombr-  B69,  20  felihr»- 

io  1600.  4  gennaio  lesi,  I".  16  M  1602,  88  inarw»  1663,  21  nume 

1065,  18  i?<?nnaio,  3  faUfl 

li.  di   Bt  Teatri.  V.  I.  —  V.spw-ialm.  una  Relazione  .Ini  Delegato 
rgia  giugno  173*.  —  Ni   |:,\h  ••  82  i  Deleg.   degTIncur.  A 
fallo  Joi  bandi,  proibendo  lo  n  li.    s.?n/a  ignite**" 

d'ordine  eoe  —  Goal  appunto,  :uar*i  al  din  ito 

romano,  un  posteriore  Uditore  dell'  Esercii  ragionava 

la  sua  giurùdùiom:. 


—  151  — 

*')—  lì  15  febbraio,  i  Fedì.  Armonici  rappresentarono  a 
Palazzo  *> — Pel  1067  e'  è  a  stampa  X Argia  Drama  manca- 
It*\.  V.  il  6  novembre,  pel  compleanno  di  Carlo  il,  fa  «  rap- 
pnsentata  in  musica  la  storia  -li  Scipione  Afrù  wc  ') —  Nel 
al  S.  B  lieo,  L'amor  della  patria  di  Fi-m- 

Sbarra  ■'•(.  ivi.  egualmente,  l'Amor  guerriero,  la  cui 
a  Don  Ferdinand  tosso  Ossorio  ecc.  ò  fir- 

l' impresario  Matteo  Longobardi •)  —  Il  27  feb- 
1669,  fu  rappresentata  da  alcuni    virtuosi  una  co- 
media  in  musica,  in  casa  d'un  Dottore,  al  vico  Raggio 
)  i!  Imi-  h     i       n   molto  Concorso  ').  In  quel 
.  furono  molte  le  commedie  date  e  replicate  in 
ìi.'.  Un'opera  in  musica,  quasi  tutta  oompo 
dal  Dottor  Ciccio  de  Pace, e  recitata  tre  volte  in  casa  .li 

Hloro.  Ma.  seg.  X.  B.  14  fot.  lOó.  —  Con  chi  tango  vctujo  Com.  di 
:ro  Ctildrrtme  (rad.  in    /tal.  e  rapp.   wlln  rasa  di!    tii/j.  Diteti  di 
Genito  da'  tuoi  Familiari  alt-  /.'<.••   Card,  il'  Anujona 

Timi  etc —  In  Nap.  per  Novell"  de  BodU  1665.  —  La  dod.'  è  finn,  da 
D.  Mietute  Jvlla  Marra,  Segr.  dd  Duca.— *  Co  uu  auliprologo.  eli  h 
Molilo  iì>l  Darà  d'Orla  e  da  0,  GKtdamo  Caracciolo,  nipoti  del  Duca. 
tto  dialogo  in  musica.  Alta  fine  dd  t'aito  la  nana  ni  inula  in  uiu 
•  lift  uu  ballo  di  *nliri,  sciroie  ed  orsi.  Alla  fino  del  2",  Imi  Min 
rocchio,  «  facendo  una  biscia  ».  E,  in  ultimo,  UeetcfoM  <•< 
■uova,  nella  quale  un  Caiabrese,  un  Napoletano  e  un  Toscano  si  pro- 
w  i  para,  nella  loro  lingua,  u  dir  lo  lodi  del  Viceré. 

I  >n4oro  Ibi.  106 

*)  Nip.  per  Ludovico  Cavallo  .  1667.  Ded,  al  sig.  I).  Francesco  Giu- 

i  dal  libraio  Rartolnmeo  Moreschi.  Vi  si  dire  che.  apponi»  uscito  alla 

W  rooado,  fu  rirotcrato  solfo   '  ont  d'un  manto  naie.  — 

Air*,  mas. 

')  Fnidoro.  mi.  844.   Porae  quello  di  Minato  con  musica  dt>l  Cavalli, 

aia  il  10G4  —  Vedi  Qalvani  o.  e.  p.  38. 
*)  Flmuio  o.  r.  IV.  ì.  —  Par  ano   strano  orrore,  il  Fiorino    netti 
■  auatlo  uno  la  recita  al  S.  Bartolommeo  del   SBtrfta  di  Apostolo  Zeno, 
•*•  fa  wriUo  mezzo  secolo  d 

Napoli  1668— Arch.  Mus. 
ndoro.  Ma.  acgn.  X.  li.  15.  fol.  : 


-  158  — 

■  etili,  -i  canta  poi  io  casa  della  Duchi!  della  EU 
il  da  Pace,  sulle  prime,  non  voleva  dare  il  consenso 
il  manoscritto;  intervenne  a  minacciarlo  il  Conte  d*  0| 
pidoi  >  spiantato  e  prosuntuoso  »;  ma  I 
darono,  senza  le  solite  bastonature  o  pugnalate  dal  tei 
pò1). —  La  sera  ili  Natale,  hi  recitata  «la  alcuni  amatori 
Una  fon,  intitolata:  A7  Cnerpo  de  guardia,  dì  Luigi  EOr 
rupie/,  de  I*'u|isrca,   in  oiu  in-  della    Kegìna di  Spadini  s).— 

Nel  1670,  l' lidmiro  creduto  Uranio,  al  S.Bfl  nc< 

poesia  di  l'arllicnio  Russo,  musica  ili  I  ìiuseppe  Tricarico  ai 


X. 


Drammi  sacri;  die  di  Sardi  —  //  Verbo  Urne 

Recite  a  i-i  culi, 

Un'altra  produzione,  abbondantissima,  del  seicento  chi 
i  diamiii  La  vita  di  quel  tempo  consisteva  in  p< 

chisaime  eose.  Basta  leggero  le  numerose  cronach 
descrivono   H  giorno  per  giorno.   Una   di  queste  pool 
cose?  erano  le  pompe  o  feste  religiose. 

Fortunatamente,  non  6  nel  mio  assunto  di  'ai'  la  di 

seri/ione    di    « jiiculi    Apparati ,    stupidi  e   magnifici,    d( 

San  Giovanni  e  del  Corpus  Domini.  E  Deanche 

dei    (eulri    (in  sensi,  improprio),  i  In-   -.i    facevano    nelle 
chiese,  specialmente  in  quelle  dei  Gesuiti.  Scelgo  una  sol 


')  Puidoro.  i'.'I.  53-4.  —  Nvl    Florimo  o.  e.  rappr.  al  S.  Bari,  il  1( 
C'inrse  (?)  nins.  ili  Qìtuappa  Botto:  eb'è  il  dfMUM  ójoI  M. 
t  appurilo  colta  mm.  del  Bornio,  ■  Schflnbrunn,  I7.VJ! 
*)  Tioknor.  0,  •■    !l.    ITt-Ti  —  i;  |'Mn,|ii,/  :iv.a.i  m,i.i  rottodrn  di  sciot 
li*  all' Univtmtà.    Ooacoco  bIoqiu  ■•■  nn.xlii.ht; .  htamj 

a  Napoli 

*}  Florimo.  o.  e,  1V-4  —  Il  libretto  fu  stampalo  I.i  Napoli  ptr 
caco  l'ac,  1070  m  12  (Quadrio  o.  e  IH,  H,  175) 


—  153  — 

a    Domenica,  21  l*cM>rain    1064,   tu  latin  il  teatro 
Gesù  nuovo  per  le  quarant'hore  ili  qui 
tre  giorni  ultimi  di  ale,  senza  lumi  di  cera,  ma  tutti 

•  e  fu  la  prima  volta  che  detti  Padri  intieramente  lo 
>to  modo,  all'  uso  delle  loro  chiese  di  Roma, 
-imo.  Il  mistero  tu  la  sommersione  di  Fa- 
>•<■'  mar  fiosso;  il  di  seguente,  ci  fu  la  sera  il  Vi- 
■■  regina,  n  l) 
i  Napoli  ,   a  somiglianza  degli    autos  snrrunte.ti- 
deila  festa  del  Corpus   Domini  in  Ispagna  ,  per  le 
rmavano  teatri  ed  altari,  si  recitarono   drammi, 
si  canlavano  dialoghetti  spirituali.  —  Di  questi  ultimi,  ho 
io  varii,  manoscritti,  del  Padre  Glielmo.  Cosi  la 
ettione  dillo  li.   V.  «.<  rappresentato  in  mio  degli  al- 
di Palazzo  l'anno  1642  «  ;  cosi  YAnnuntìatione  della 
B,  V.  pel  1013,  eri',  ecc.  In  questo,  Maria  comincia  col- 
hdorare  in  mente  sua  la  Vergine,  cho  sarà  Madre  del 
V<tIu,.  i  !i  ,  oro  d'Angeli  e  Gabriele  le  annunziano  che 
rgine  sarà  lei.  Come  mai  ì  E  l'Angelo  le  risponde 
brevemente.  Allora  Maria  ripiglia: 

Beco,  Signor,  I'  Ancella 
Al  tuo  \oler  apparocchiata  o  pronta; 
S'eseguisca  a  tua  voglia  il  Verbo  Estorno, 
[atto  linoni  nel  mio  seno  il  Verbo  Eterno! 

E  il  coro-' 

0  d'eterna  pi 

0  di  rara  annuita, 

l'ompa  sublime  e  bella, 

Servo  è  fatto  il  Signor,  madre  l'ancella  *). 

IU.  Mgo.  X.  B.  11.  fol.  9. 

1 1  no.  Sanato  1,  41.  ••  altri  seg.  I,  4'.',  48,  44  — 
Altri  intorni  ma.  del  Glielmo  nlln  Bibl.  Nm.  Ood,  XIII.  E.  50.  —Sullo 
Gtìrfmotfr.  L,  Crasso  EL  degli  hvom.  {etterati.  —  P.  II.  Ve  «cria  1606  — 
PP-  38M.  Nacque  u  1596,  mori  il  1044. 


-  154  — 

Cosi  ne  restano  di  Giuseppe  Castaldo  :  «  La  pia  e 
tesa  nel  solennizzar  la  festa  defili  otto  m/uri  Snitri  e  /-•'• 
dell'Ordine  di  S.  Domenico  nelC altare  erutto  a  loro  >■• 
nave,  dal  tribunale  della  Regia  Camera  nei:  di  \n- 

poU  a  Sfebbrino  t$73.1)  »— Nella  Congregazione  dei  mei 
canti,  ch'era  alla  chiesa  del  Gesù  Nuovi  evano  spi 

gl'ululi  leste  museali  :  «  Vi  sono  sempre  delle  i 

Dgegn086  et  erudite  composit'mni    di  beili   ingegni 
Napoli,  corno  del  poeta  D.  Giuso|.|n<  .lui  Pa- 
dre Giac.  Antonio  Lubrano,  Gesuita La  composizioi 

della  musica  ft  del  Veneziano  Don  Christofaro  .  . 

discepolo  del Ziani,  Bimilmenle  veneziano, 

per  l' armonia  et  intrecci  delli  strumenti,  ci  ire  a 

proporzione  le  parole  con  la  musica,  tiene  grado  di 
in  questo  siilo  recitativo  noggidJ  in  Napoli.  »  '). 

11  7  agosto  1070,  si  celebrò  con  gran  pompa  la  k 
del  Beato  Gaetano  Thienc  :  «  la  quale  (dice  m  Break 
poi  santificato  ,  se  cRBDMBSa.  »  Si  fecero  dei 
fronte  allo  chiesa,  due  altri  al  seggi"  di  Montagna,  e 
altri  luoghi  della  citta.  En  quello  innanzi  alle  chiesa) 
recitarono  commedie  spirituali  :I). 

E  il  Bulifon,  parlando  della  processione  per  la  Madoun 
degli  Angeli  di  Pizzofalcone,  il  5  agosto  1671  :  «  si  recai 
luminarie  per  tutta  la  città,  come  si  faceva  prima  della  pesi 
in  qua,  che  ai  laccano  Baste  sontuosissime  con  comedù 

Spirituali  recitate  per  le  strade    sopra  diversi    teatri , 

particolarmente  ov'era  qualche  figura  del  beato.  »  *). — 

1  drammi  sacri,  lasciata  da  un  pezzo  l'ingenua  foi 
delia  sacra  rappresentazione,  lasciala  da  pò 

')  Poesie  'li  QJuappt  Castaldo.  Mj«.  Bibl.  ili  S.  Martino. 
•t  Fui.l.M-...  ÌS*  MgB.   X.  B.   il    fot.  UT,  anno  ÌB76. 
I    I.  ili'uii     Iharii  nd  an.  Mi  son  nrritO  ili  una  copi*  fattane  dal 
inorilo  S.  Volpiceli».. 
*)  Bulifon  ad  an. 


—  155  — 

assica,  erano  divenuti  imitazione  delle  co- 

lias   de   santo*  della   letteratura   spagnuola. 

>e  esposizioni  drammatiche,  diviso  in  tre  gion 

vita  del  santo,  nelle  quali  piglia  vano  parte  b  angeli 

e  demolii i   e  figure  iche,  come   X  Autor  divino, 

/Amor  profano ,  fa   Parità,  in   Lussuria,  e  personali 

,  corno  i  genitori  del  santo,  o  gì'  innam 
della  .   e  i  soliti  groctOSOS  -magliuoli,   mu- 

tati nei  soliti  napoletani.  Varie  tentazioni,  varie  vittorie, 
qualche  miracolo,  un  trionfo  Anale,  ne  erano  iltessuto.  Si 
leggami  il  .s.  Pasquale  Baylon,  il  San  Gregorio  Tau- 
maturgo .  il  -V  Romualdo ,  il  S.  Vito .  Ifl  &  Stai ta 
Maddalena  dei  Pasti,  te  Santa  Elena  Romita,  la  '!■ 

■:,  il  S.  Giooan  Battista,  il  S.  Pietro  d'Al- 
.    I   v.  Eustachio,  la  S.  Teodora,  ecc.  ecc.  (Hi 
ri  più  famosi  erano  in  Napoli  e  il  Sorrentino  ')  e  il 
De  I  *  o  il  Castaldo  ,  <;  un  secondo  Zaccone ,   do- 

menicano •) ,  ••  ;l  Gizzio,  e  poi  Andrea  Perrucei  e  tanti 
—  Molti  drammi  ebbero  poi  anche   una  redazione 
fi,     Conservatorii,  le  società  di  dilettanti, 
.  talvolta  i  comici  -li  mestiere,  ne  erano  gli 

•i  1664,  ai  6  novembre,  innanzi  ni  Viceré  Car- 
dinal d'Aragona,  gli  alunni  del  Conservatorio  di  Loreto 

rappresentarono  il   martirio  dì    S.    Gennaro  'i.  —  L'8 

■ni  m«.  (XV,  F.  72)  che  ne  conttene  ti-,  >•••'  Sorren- 
tino:  CHj'  ■;/.,.  I.i  M  ed  il  San- 

to**, fi  ha  la  data  dal 31  dicembre  1CG1,  od  e  scritto  i-i  '•"rm.-tti 

ottonarti,  rimati  aneli»  come  nei  drammi  spagnooli. 

>l   Calai,  dei  m  ieri   Riccio  (II,  34)  <•  indimto  un  dramma 

Mero  Onofrio    di  Castro  <  composta  giusta  i  cenni 

•iella   !  •  Maria  Cecilia  Caracciolo,  monaca  civmitana 

Dgmiimann  n>  ndrea  ili   Napoli  ». 

•uadrio  o.  e  Ili,  li,  351. 
«>  Foid.  nu.  »eg.  X.  U.  14.  fot.  7». 


—  150  — 

febbraio  1666,  alcuni  virtuosi  napoletani  ,  recitarono  ii 
Danzi  al  Viceré  In  seconda  parlo  della  Santa  Olin 
E  1!  ■  '!  dicembre  a  Palazzo,  pel  con iitl'^nui,,  dalla  Regina 
Marianna,  dai  comici  italiani,  la  Conversione  di  /' 
liai/unfo  ramoso  mago.  -)  —  Nel  1668,  si  stampava  f'A- 
ni'/r  f,:.,n  fante,  Ftapjiresenlazionc    sacra    della    rifa 

morte  della  lì.  Maria  Maddalena  dt    Paoni  • 

tana  del  Padre  Francesco  Gizzio  dell'Oratorio;  «Lilla  cui 

prefazione  si  rileva  che  fu  rappresentata  in  i 

nel  ohiosCrO  di  Sanf Agnello  ,  e  ultimamente,  per  soli 

mia  decotionc.  dentro  la  chiesa  del  Venerabile  <  i 

di  Santa  Maria  alla    Vita  ■).  —  Nel    1671,   il  sabato   19 

giugno,  r^ta  ili  S.  Antonio  di  Padova,  fu  rapi 

ito* opera  spirituale  della  vita  ili  S.  Rosa   Doraenicao 

Indiana.  L'autore  <  condo  Francesco Zaccone,  che 

la  concertò  ad  alcuni  giovanetti.  Vi  concorse  >  LO- 

biltà.  Ci  furono  balli  ,  intermedi!  ;  ma  il  Cardinale    a  non 

volse  dare  il  permesso   che  si  (acessero  li  giochi ,  che 

delle  volte  la  .Santa  giocò  con  Nostro  Signoro  Giesù  Chri- 

stro,  come  si  narra  nella  sua  vita.  »  ')  —  E  gli  alunni 

S.  Onofrio  recitarono  il  Ritorno  >'  io  in  putrii 

no  di  1).  Tomaso  Valuta,  dedicato  a  G 
mer.  *)  —  Nel  1672*  e  S,  Maria  di  Loreto,  il  80  novembre, 
rappresentò  in  musica  La  /  Arila  Teresa  diGea 

composta  da  Don  Giuseppe  Castaldo,  0  v'intervenne  il 
Viceré,  «   il   quale   l'intese  con  gusto  pai  »,  e, 

;ille  '*»  ore  di  notte,  fu  riaccompagnato  a  casa,  con  canti 
suoni,  dai  capitani  delle  ottinc  e  dagli  alunni  del  Consci 


•)  Fuidoro  Col. 

•)  Fuidoro  fol.   1 1«. 

-)  In  Napoli  per  Novello  di  Boni»  1668. 

*)  Fui-lor.i,  ni--,  .-. ..mi.  X    B.   l.">.  —  fol.   I<>. 
*)  Florimo  o.  e.  Qfe  Quadrio  o.  <•.  Ili,  II,  475.  Il  Valuta  compose  ai 
cho  il  Rocco.  Nap.  MH& 


157 


Fu  poi  ripetuta  due  volte  ;i  Palazzo  Reale.  s) — Ne 
a  S.  Maria  di  Loreto,  la  Vito  di  S.   '■ 

iti  illusici,  1 1* ■  l  Castaldo,  «che  ne  h.i  t.xt  altre  » '), 

il  10  e  26  novembre  a  Palazzo  Realo  ')  —  Il  20 
Ito,  nel  Collegio  dei  Nobili  dei  Padri  Gesuiti  gli  alunni 
'  'lono  «  una  grandiosa  opera  »,  clic  poi  fu  ripetili 
le  sole  damo  "').  — 

Uà  Uosa,  scritta  dalZaccone,  c'è  conservata  in 

lo  della  Biblioteca  di   San  Martino  r'.).  Oltre 

i   sono    Gesù  .    S.    Rosa, 

Gaspare  padre  e  Lui      i     Ho  di  lei,  la  Povertà  diSpi- 
i,  l' Inquietitudine,  la  Cupidigia,  due  De- 
li Agbilar  a  Scarab  ,   il  capitan  PiaocamoDdi ,  I . 
ito  di  Rosa*  Scatolino  e  Froncillo  napok" 

•ni.  Ecco  una  delle  scene,  che  furono  proibite: 

Gesù.  Io  so  venuto  per  tuo  ristoro  a  diportarmi  teco  ;  gio- 

<  limino  un   poco. 
/tosa.  Voi  giocar  volete? 

-<c  e  cosa  nova, 

■loll'Orbc  terrea  costumo  il  gioco? 
Giocaremo  alle  carte  questa  fiala, 
le  carte. 
{Uh  Angelo  porla  il  libro  dei  Vangeli). 
/iosa.  Queste  BORO  le  carte?  Quest'è  un  libro! 
Gesù.  In  cui  sou  !•:  carte  e  sono  i  fogli.      Se  vinci  *  ascolta), 

•  «laro  il  guadagno    Se  perdi 
Rosa.  H  e  voi,  che  vi  dardi 

Gesù.  Mi  prenderò  quel  ch'Ai. 


')  Arch.  St.  N«|  \IV.  340. 

axLnu.!.  IO.  —  fot.  78, 

- 
«)  M.  —  QÀ.  G5. 
*)  Aoon.  nel  l.°  toI.  m*.  dell*  Poesie  fai  Cftslftldo, 


—  158  — 

Rosa.  Mio  solo  o  L'arbitrio,  ma  questo  pan  -.  che  in 

vostra  man  gran  tempo  o  eli"  io  lo  diedi.  Riman* 
il  nulla. 

Gchù.   ì']  questo   nulla  io   VQgliOj 

Che  fabbricar  sul  nulla  a  mio  costoni 

Giochiamo  adesso. 
Rosa.  Et  a  qiial  gioco,  Sire  ? 
Gesù.  Lo  carte  lo  diranno. 
Runa.  Aprite  il  libro. 
Gexù  Aprilo  to,  figliuola. 
Rotta,  lo  v'obedisco  e  l'apro. 
0*80,  il  gioco  i  beUo;  giocheremo  a  Primiera;  dove  ehi  noi 
ha  quel  ah' egli  vorrebbe,  ha  da  dir:  passa!  —  li 

•.  [stendo  ben;  ma  ohe  pittura  e  questa! 
Gesù.  K  un'aquila,  che  scrivo  ó  il  mio  Giovnuni.— Log- 
Rosa.  Ledete. 
Gcaù.  Eleggendo  giochiamo.  Pria  era,  quando  il  tempo  ancor 

non   ora  vi  era  il  V««rl>o  Dio,  quel  Verbo  die  son  I 
lo  queir  istesso  fui  che  trino  al    UDO 
Nei  reconditi  miei  celesti  &bi>n 
Con  caratter  di  luce  il  tutto  scrissi. 

Rosa.  Ma  com'egli  >■,  Signore,  che  trino  sia  queir  u 

Di  :    pass*  !    e    -carli    al   gioco. 


Questo,  por  darò  un'  idea  di  ciò  che  contenevano  qi 
drammi.  Tali  miracoli  produsse  l'arguzia  seicentisiica  ap- 
plicata ad  ogni  iiianilesta/.ione  del  pcnsierol  l'or  uno  .strani; 
sconvolgimento  estetico,  pareva  di  raggiunger  cosi  la  mas 
«ima  eflioaria  dell'espressione  !  —  Se  non  che  ,  bisogna 
OOnveoire  anclie  die,  alla  mmizione  della  l'orma  lettera- 
ria, s'accompagnava  un  gran  materializzamento  del 
timcnto  religioso. 

E  forse  appunto  per  questo,  per  la  forma  coni 
<     '    i  ii.i,  per  l'abbassamento  religioso,  i  drammi  st 
ustìd  sopravvissero  alla  voga  del  loro  secalo,  duro 


-  159  - 

scolo    ■■     mte    ersistono  anche  ora  pi  pò- 

nocche  se  ne  dica  .  ama  l'esagerato  o  il 
mate  (juei  sai  li  angeli,  quei  demonli,  a] 

i  tanto  facilmente,  e  parlano  poi,  a  senso  loro, 
»  bene  I  Anche  ora,  i  teatri  secondarli  rappresentano, 
<Ii  tanto  in  i  ni.,  il  Grand 'apostolo  San    Vk  '""/•- 

o  il  San  Francesco  di  Sales,  a  che  so  i<>.  Ma  uno 
speli  istico,chì  vogiiavederlo,  è  //  cero 

ombre  ossia  la  nascita  del  Vèrbo  fjmam 
i  ogni  anno,  la  notte  di  Natalo,  alla  Penice,  al 
ate,  albi  Partenone. 
\hiini'!  quanto  decaduto   dai  primi   onori!  Una  volta 
;,    pi  le  i  fa,  i  palchetti  del  teatro  erano 

>si,  venuti  a  osservare  il  grottesco  spettacolo 
olare,  e  di  giovinotti   e   giovinastri,  che  facevano  il 
Tra  gli  urli,  le  apostrofi,  le  comincio  e 

ita/.ionc.  Ma  noli'  altri  i/ mi  ir-    intonsa 
degli  spettatori  ■•<  o  dell'ultimo  lile  della 

ei  loro  sforzi  per  ottenere  il  silen/ io,  ora  la  pro- 
lesta di  una  fantasia  e  di  un  sentimento,  vati  puri 
la  ".                 -•  modificazione,  dal            i  in  poi.  Era 
('anima  della  plebe  napoletana  del  seicento,  che.  assisteva 
p    sp               come  quelli,  «-mI  più  vivo  interesse,  ora  colle 
kgrime  sugli  oc-in,  ora  abbandonata  a  un  riso  ingenuo 
te! 

i  del    Verbo  umanato  è,  difètti,  d'uno  seni; 
timo,  Andrea  Pernice!  , 
cei'  il  nome  di  Casimiro  Ruggiero  Ugona,  Nel 

>rok  ino  di  spropositi,  che  u-<\i  e  certo  dal  Per- 

ii   sia  tutto  contesto  di   ['rasi  gonfie  e  non  vi 
Plutono  con  le  quattro  Furie,    Vsmodeo, 
Ifegor,   Vsta         I  IzebU,  stabilisce  di  opporsi  all'opi 

iiincia  il  dramma.  Il  l'aston»  Ar- 
ilo, con  un  gran  pelliccione  addosso,  e  una  grande 


—  160  — 

barba  bianca,  che  gli  scende  ai  piedi,  sveglia  il  figliuolo 
Benino,  che  dormendo,  sogna 

Un  bellissimo  infante, 
Che,  nel  leggiadro  viso, 
Portava  epilogato  un  paradiso! 

Anche  Armenio  ha  sognato  cose  simili.  Sopravviene 
Raz sullo,  tutto  vestito  di  nero,  napoletano,  già  scrivano 
del  preside,  venuto  a  fare  il  censo  della  popolazione.  Nella 
scena  con  Benino,  dicendo  questi ,  al  sentire  eh'  è  scri- 
vano :  Oh  brutto  officio  fai  ! ,  Razzullo  risponde  : 

Neh  ?  tu  puro  Ilo  saie,  ca  gimmo  triste  ? 
Mannaggia,  comme  simmo  canosciuto  ! 
Vi  quanta  songo,  ca  puro  Ile  sanno 
Le  mbroglie  de  Hi  scotola  vorzillo, 
Tra  li  vuosche,  porzi,  li  peccerille! 

Tu,  naturalmente,  hai  imparato  a  ben  giocar  di  mano! 

Chesto  no  ;  a  procacciarence  quaccosa, 

A  fa  spari  la  gente, 

A  farele  trovare  addò  non  songo, 

A  battejare  n'arvolo  fronnuto, 

E  a  stutà  no  fuoco, 

E  allumarne  ciento, 

E,  si  accossl  non  fai,  tu  riesto  stritto 


Ma  ora  vuol  cambiar  mestiere.  Il  cacciatore  Cidonio 
e  il  pescatore  Ruscello  lo  invitano  a  gara  a  unirsi  con 
un  di  loro,  e  poi,  tutti  due  lo  respingono  e  lo  piantano. 
Ed  ecco  s'avanzano  Giuseppe  e  Maria  : 

Gius.  Maria 

Mar.  Sposo  diletto 


—  1G1  — 

slanca? 

Lasso  sei  ? 
nera  elade 
Mar.  La  Uia  debole  salmi 

.  Non  ■•                  il  vinggio 
Mar.   Non  s'adatta  al  disagio 
'■-.  Ma  so  il  Ciel  vuol  cosi 
Mar.   Ma  se  Dio  il  comanda 
tur.  So  che  contenta  goffri 
Mar  So  cbe  Boto  patisci 

K,  Unito  questo  fuoco  d'artifizio,  s'addormentano. BeU 
i  lutto  po         [>re  il  baratro  internai 
quittamente  per  le  scale.  Gabriello  viene  dal  cielo. 
Contesa  intomo  ai  duo  dormenti: 

Bel/  Spalancatevi  abissi 

d  il  Mar,  tremi  il  Ciel,  paventi  il  mondo! 
Gab.   hi.-KiTratevi,  o  oiaU. 

lì  il  Mar,  goda  il  ciel,  tremi  la  terra! 


Viene  Gì        lo,  e  Belfogoc  sprofonda;  ed  &  Unito  il 
ivo.    Ne  segue  subito  un  altro.  tr  coi 

compagni,  travestiti  da  masnadieri, scorrono  le  cam- 
pagne. Legano  a  uo  albero  Razzullo,  obe       -ci. .ito  da 
Quando  I  e  Mari:  per  passare 

no  nume,   guidati   da   Ruscello  e  Cidonio ,   Beiregor  fa 
re  una  tempesta,  clic  li  sommergerebbe,  so  non  fosse 
ito  di  Gabriello,   i  pastori  combattono  e  cacciano  i 
ì  ire   a   mi    nitro   mezzo.    Motte 

ebbouo  ricoverarsi  Giuseppa  e  Maria, 
'tTido  dragone.  Cidonio,  Benino,  b  altri  pastori, 
inali  Razzullo.  vestito  dU  atore  ridicolo!  andando  a 

invano  di  abbatterlo.  RazzuDo,  con  un'altra 
letamorfosi  .  divi  >i  servo  «li  BelfegOr,  tavernaro'. 

11 


—  102  — 
III  bene  mio,  eh' adderà  de  zoffrilto  ! 

Per  suo  consiglio,  Maria  a  Giuseppe  stanno  per  em 
nella  grotta;  LI  dragona  -si  precipita  fuori  vomitando  fuoco; 
Gabriello,  con  scudo  di  diamante,  \<>  ricaccia  negli  al 

E  tu  sprofonda,  o  mostro, 

resta  di  poter  tua  forza  vota, 
Spira  tosco,  astio  vibra,  e  i  denti  arrota; 
Ch.',   .-.«■,   s.uilih-iilo  tu   In  glorie   primi'. 
Kva  ingannasti,  oggi  Maria  t'opprime! 

Belfègor  da  Satiro  e  Gabriello  do  Sibilla  hanno  un  al- 
tro contrasto  ;  o  ricorrono  all'  Eco  : 

Gab.  Caro  Lume,  cu  all'  uomo  che  darai  ?  —  Eco.  Rai. 
Del.    E  l'abisso  da  to  che  averne  ha speue  ?  — Eco.  Pene. 
('•ab.  Che  apporta  all'alma,  se  ha  speranza  in  vita  t  Eco.    Vita 
liei.    VA  a  l 'lutou,  che  le  potenze  ha  smorte  1  —  EOO.  Morte. 

E  cosi  via.  Ma  Belfègor  da  Satiro,  Ungendosi  Deità 

promettendo  fiochezze,  ha  quasi  sedotto  Ruscello  ,  che, 
solo  quamln  santi   che  vuole  fargia  uccidere  i  due  ri 
verati  nella  grotta,  l'abbandona  e  fogge.  Col  suo  ultimo 
inganno.  Belfègor  addormenta  tutti  i  pastori,  perchè  cosi 
inni  ;  il  al  nascere  del  gran    Lume.  Ma    Gabriello 

ipa  anche  questo;  e  sorge  a  vista  il  presepe,  e 
menzio,  Cidonio ,  Ruscello,  Benino,  Razzullo ,  por 
doni.  Razzullo  dire  : 

E  io,  che  songo  n'  Rifrìtto  e  Bbeotorato, 

Ch'aggio  tante  passale 

E  disgrazie,  e  pericolo,  e  travaglie, 

Tutte  Ile  benedico, 

Perché  aggio  visto  a  prova, 

Ca  ppe  via  de  travaglio  DÌO  BB  trova. 


—  1G3  — 

o  noti  aggio  che  le  dure, 
M-rio  che  C  approdato 

Te  11'  ha  marinato  lo  palroQe  mio. 

Tu,  Nennillo  e  Dio  in: 

Accettane  da  me  II'  arma  e  Ilo  core 

Ta\oi-a  a  Rtumtlc  un  altro  napoletano,  Sar- 

.fiiapone,  che  fa  lassi  a  $o&  td  carato  dèflarappre 

tentazione,  e  conchiude  : 


1   ricolta  te  porto,  magnateli!!, 
Hefrescate  la  ponza  o  ghieBCAtellaJ 

Cosi  sé  perpetuato  questo  dramma  del  seicento:  [fi 

«.•ili  recita  la  notte    proprio  di  Natale  ò  un  usa  piuttosto 

nie,  non  anteriore  ,  credo,  alla  prima  meta  di  que- 

olo.    Ma  il  libretto  è  Baltica  ;  e  resta  come  uno 

dei    pochi    superstiti    di  quella    folta  schiera  di  drammi 

;i,  che  il  seicento   produssi',  il  settecento 

lare,  e  il  secalo   nostra   vede  a  poco  a  poco 
Mire  ').  — 

Alle  recite  spirituali  o  .ingiungiamo  le  recite,  che  si   fa- 
soDegi,  e  specie  in  quello  dei  Nobili,  tenuto  dai 
miti,   e,  nell'  altro,  dei  Gerolomini. 

io  dei   Nobili  erano  rappresentazioni,   nelle 

mo  dar  prova  delle  più  vari. 

I  ni  e  studii.  Esempio  sia  il  Ciro,  tragicomedia  dello 

Sgambati,  che  si  rappresentò  il  1670.  L'Argomento,  che  è  a 

stampa,  ò  eh  ti  Viceré  Cardinal  d'Aragona  da  D. 

raleota,  e  convittore  dell'  istcsso  CoBeg 

gente  Don  Giacomo   i  Galeota, 

»>  Proprio  iu  questo  Nalalv  (1889),  con  decreto  del  Prefetto,  couto  Co- 
Irooc!  :  iDUtxioo*  dnl    Verbo   Untanato. 


—  1G4  - 

l'i-,..!  .li  s.  Angeli i  ;i  i.  Isaia  era   D.  Girolamo  d  ai.'  - 
Sandro, Astiage,  Gr,  B.  Mari,  Marchese  d'Assigltanoj 
I).  Ettore  Capace  Galeota,  ('t'arare  D.  I  do  Poih 

de  Leon,  ecc.  Nella  recita  sono  intercalali   un  gioco  dì 
battimento  (12 convittori), un  Halli  Ha  <*  conviti 

Lullo  di  Mantova,  gioco  della  Moresca,  torneo  di  di 
quadrìglie  di  40  convittori,  Hallo  dell* /agitai,  del  Cg 
norio,  della  Barriera,  salto  del  cacalletto,  giuo 
scherma,  patini,  o  comparisce  ira  Esercito  intero,  rapii 
generalo  D.    Ottavio  Carata,  Alfiere    D    GHuseppe    Alvi 
rez,  ece.'Tutii  nomi   ili    rantolìi  di  nobili  famiglie, 

j_'ià  pcini  .1 li  i| nella  pompa,  ehe  dovila  i---n 

i.i  loro  vita  nel  mondo.  Oh  i  gesuiti I  — 

Pei  Gerolomini,  scrisse  varie  composizioni  p 
inulto  graziose,  il  padre  Gliclmo.  lira  come  il  B 
il  Giulio  Genoino  del  seicento.   Il  Toppi  diro  di  lui,  obi 
oltre  r Incendio  del  Monte    Vesuvio,  scrisse  «  mei 
altre  opere    spirituali    anche  .  che  si    fanno    reci 

tata  da  giovani,  per  loro  trattenimento  e  profitto, 
I"  indirizzo  e  BNiJ  i  'l'i  Padri,  ■>  Ho  letto  manoscritta,  u 
l'altre,  La  >  m  ■■<!■   (1649),  che  è  una  vivace  pi 

tura  degfi  ultimi  giorni  di  cai  aquad        io  un 

eie  'li  . --lilla  Ira  Carnevale  e  Quaresima.  Vani  giovi 
netti  giocano,  gridano,  si  strapazzano,  mangiano  più  ài 
necessario;  ma  le  rauche  e  i  pericoli  di  quei  divertiment 
li  menano  chi  ferito,  chi  cofl  i  febbre,  chi  toi  o  di 


')  Argomento  del  Ciro  eh*  si  nanfa  i  '  Collegio  d 

in  Napoli  sotto  V  E>Jucatione  de'  PP.  della  Compagnia 
In  Napoli,  par  Novella  da   Boni*,  iltmj».   ardr,    UJ70. —  I>e*licn  5 
vembra  107''».  —  DJ  gMBtj  argomtnti  u  ho  vista  moltiuimi,  ma  per 
legi  di  altro  citta.  :  anello  por  Napoli  so  ne  dovrebbero  trovar  molti.  Por 

i  Nobili  fu  rapproientata  ZStno   Tragoedia  Io» 
moni*  Augi  ''te    lesti.  Uomu.-.    I'".1S:  A,i\,  ;•  .1.-» i * >  chfl  fa 

a   Napoli  :  rum  pìf  ita. 


—  165  — 

l'indigestione,  nelle  mani  del  medico;  e  Quaresima  trionfa 
prima  del  tempo!  Nel  prologo,  eh' è  in  lode  delle  cose 
piccerelle,  è  l'allusione  ai  fanciulli-  recitanti  : 

Diceno  sti  catarchie, 

Che  l'opere  ca  songo  recelate 

Da  nuie  autre  Fraschette, 

Non  so' cossi  gostose, 

Né  accossi  speretose, 

Come  chelle  che  so  rappresentate 

Da  l' Uommene  varvate 

Questa  farsetta  è  curiosa  anche  pei  costumi,  che  vi  si 
descrivono.  Uno  dei  giovani  dice  :  «  Potremo  andar  re- 
citando versi,  sputando  sentenze,  cantando  storie,  e  re- 
citar la  lettione  cavaiola.  »  E,  in  una  scena  seguente,  ven- 
gono, infatti,  due  maschere,  che  fanno  a  gara  per  par- 
lare. La  prima  comincia  una  sua  filastrocca  sul  testa- 
mento di  Carnevale  : 

Vos  quibus  non  habbebitis 
Senape  a  la  cucurbita, 
State,  de  gratia  quesumus, 
Attenti  arreptis  auribus  ecc. 

E  l'altra  :  «  E  sta  zitto  né,  lassa  dicere  a  me  »  : 

State  tutte  a  senti  la  Craaccata, 
Che  farrà  Quarajesema  squartata, 
Ca  se  ne  trase  tutta  gr  olio  sa, 
Corame  na  bella  sposa  maritata  ecc. 

E  la  prima  :  «  E  fermate,  frate  ;  decimmo  no  poco  pe- 
duno  »  ;  e  cosi  continua  Carnevale.  Quaresima  parla  col 
verso  solito  delle  farse  cavaiole  : 

Ora  sentite  mone  o  sponsalitio, 


—  166  — 

Se  n'  havite  juditio,  e  ausoliate 

Come  fece  l'entrata  Quarajesema, 

Ca  nce  vorria  na  resema  de  carta 

Pe  descrivere  a  parte  e  sue  bellezze, 

Essa  porta  e  trozze  de  radice, 

Doie  varrile  d'alice  ha  pe  chianelle, 

D'  aulive  e  lummongelle  so  i  scioccaglie, 

Et  ha  una  nzerta  d' aglio  pe  collana, 

Se  veste  na  sottana  cupa  e  verde, 

De  foglie  che  no  perde  mai  colore, 

Se  mette  pe  o  colore  a  e  guancie  smorte 

De  mostarda  cchiù  forte  na  scotella, 

E  porta  p' anello  pretiose 

Zeppole  groliose  a  tortanette, 

Trase  senza  sospetto  tutta  na  botta 

A  cavallo  a  na  votta  de  sarache, 

E  ha  doje  pas  tonache  pe  pennacchio,  ecc. 

Alcuni  fanciulli  rompono  delle  vesciche  gonfie  in  testa 
dei  recitanti.  Essi  vogliono  continuare  : 

Gac.   Dalle,  dalle,  a  sto  trastullo  chiacchierone! 

Dom.  Datele  ncapo  co  no  cocozzone  ! 

Vin.   Cca  no  stammo   buone ,    ca  sti  fraschette   n'  hanno 

assassinato  co  le  bessiche. 
And.   Iamm  'a   n' autra  parte;   jammo  a   n'  autra    parte; 

che  frusciamiento  è  chisto  ?  — 

Allo  Glielmo  successe  il  Padre  Francesco  Gizzio ,  an- 
che filippino,  del  quale  e'  e  un'  intera  raccolta  alle  stampe 
di  drammi  spirituali,  eh'  egli  faceva  recitare  alla  congrega 
dei  giovani  dell'  Oratorio ,  di  cui  era  prefetto.  Citiamo 
qualche  titolo  :  La  spada  della  misericordia  del  Seoero 
Flagello  della  Peste,  che  afflisse  la  città  e  regno  di  Na- 
poli nel  1656;  il  Cielo  in  Terra  Rappresentazione  della 
dolcissima   Natività  di  Gesù   Cristo  N.  S.  ;   la  Conca 


-  167  — 

fatta  rannle    delle  gratie   della  ni  (a    e  morte  del  Pa- 
triarca Sari  Filippo  Neri,  ecc.  ecc.  '). 


XI. 


.  (u  fina  <■  capocomico,  —  Cronaca 

teatrale  (1670-81) 

\el  1671  compare,  per  la  prima  volta,  tra  le  cantanti  della 
ipagnia  dei  Fobi  armonici  del  Teatro  San  Bartolom- 
uli.-i  o  dulia  de  Caro. 
-tei .  figlia  ili  un  cuoco  di  Viesti  nel  Gargano  ,  ve- 
nuta a  Napoli  gì' «villetta,  era  caduta  nella  peggioro  dia- 
mo padi  bob  sposare  uà  ciarlatano. 
imHimffflin*fi ,   e  burattinaio  di  Roma,    ili  passaggio  por 
ito  l'abbandonò;  sicché  essa  t^rnò  alme- 
prima.  Ma.  dal  liasso  meretricio,  in  cui  viveva, 
i   oan   nano  sollevando  nelle  stero  della  comi- 
zi or                  ce,  coll'imparare  musica  e  diventare  vir- 
tuosa. E  quella,  cho,  prima,  sapeva  appena  cantìoefaiare  le 
•  più  volgari  : 

la  s/ac 
anco  l'aer  nuovo  e  In  carchet 


:  raccolti  con  molti  altri  nel  libro:  L'Eco  'titnoniota  tirile 
gfert  aitati  ecc.  oec.  ecc.  Napoli,  di  Boni»  1603.  in  t  .  —  Cfr.  VUltfoaai 
Ifent.  degli  tcritt.  Fitiftp.  —  Napoli    I  I.    1 18-8,  —  db«  'li  molti 

parti- 

ii orno  alla  «un  vita  e'  «•  un    poemetto   biografico   del  Musccttola. 

i  tempo,  finii  che    più  no    parli  fi  il    Fuidoro.  Cfr.  una 

■■rie  «li  articoli    pubb  eh,    A.    Broo2olì   nella  /««/«*  tW  Bene, 

!.  N.  10.  11.  12,  13.  li.  15.  In  numeri  «iraonHaaru  óVl  lo  starno 
jrioniale  fa  atamj'-itn  tutto  il  pooinctto  «lei  Mumitlolo.  ebo  si  trova  ma- 
noscritto in  varie  biblici 


—  168  — 

si  Seuil  a  un  tratto  consolar  la  polite  «'►II' 

Amor,  eh'  io  cica  più  non  ò  pozsibile  ! 

Intorno  alla  nuova  virtuosa  s'affollarono  gli  am. uiti. 
Duca  di  Bfaddaloni  ,  Don  Antonio  Mioutolo  ,  il  Du 
della  Regina.  Lo  zio  di  quesf  ultimo  ,  il  Reggei 
Giacomo  Qaleota,  la  fece  chiudere  in  un  Co 
dal  quale  uscita  dopo  un  mese,   col  patì 
rotte  le  Pelasi  mi  a  Iduchino  di  Regina,  fu,  poco  staine, 

Mata  da  Napoli. 

Tutto  questo  avvenne  pi-ima  dal  1671.  Nel  mezzo  d< 
•[uale  anno,  scrìve  un  cronista  :  «  r.  stata  ad 
di  alcnni Cavalieri  a^'gratiata  la  ramosa  cantatrice  Giulia  di 
i .  di  potere  ritornare  a  stani  i  questa 

poli,  havendone  avuto  mesi   sono  io  sfratto  ;  pere   I 
tutti.'  à  stato  concesso  con  diverse  condiboni.  »  ') 

IV-  Mi.,,  dunque,  di  nuovo  a  Napoli.  Nel  viaggio  avevi 

.•malo 

La  nana  lìngua  a  ripulire  alquanto; 
Onde  disse  in  tornar:  Vanne,  ragazza. 
Vanne  le  spille  ad  accattarmi  in  piatta  ! 

Prese  abitazione  a  MergeUina  al  Palazzo  dei  Na 
raffi,  e  ricominciarono  i  auoi  Mandali.  MergeUina  era 
passeggio  delle  dame.   E!  la  sfacciata  (india  vi 
trionfalmente,  salutata  e  cori  ,  in  pubblico,  dai 

animiti,  lùa  j  noi  atta,  allora  tra  gli  altri,  dal  Cavatici-  \  allo 
vi  inviano  ,  comandante  generale  della  cavalleria  in  Ni 
poli,  e  did  Duca  della  Torre  Filomarino,  nipote  dell'Ai 
civescovo  '•     '  '"     )• 

')   Framm.  d'un  diario  >uip.   in    \i'  h    Si.  Ns|>.    \lll,  N|Y 
*)  Fuid.  ni*,  wp  X.  H.  ir»,  fui.  204,  cha  la  chiama  :  «  Comcdiaule  Can- 
tarinola  Armonica  Puttana  ». 


—  169  — 

<i-\  novembre,  ricominciavano  te  recite  in  musi 
andava  lutto  il  giorno  a  io,  oon  carrozza  propria, 

kion  magnifici  cavalli,  restita  come  doi 
mparire  la  sera  sul  stoffe  '.li  lusso,  capj  elio  .  mi 

•l'in-,  il  bastone  in  mano,  «  facendo-; 
•  Domandando  i  cuori  deOì  effetnuiinati  amanti  e  pi- 
gliando nuovi  clienfi.  »  '). 

afa  prove  sul  teatro  dod  furono  fauci,  li  tea! 

'^mmeo  era  fitiat«>  allora  a  no  Giambattista 
ignita  per  800  du  '.la  impresaria  era  un. 

>mmec;  :  >  le  dedi  libretti  col  Dome 

Siry  Chigi.   Cosi  è  Ormalo  \    L'Annibale  iti 
"mina  per  musi* 
"oso  in  ìc   ecc.  I  i>7 1  , 

:o  Maria  Carafa ,  Principe  di  Be 
laio  dell'anno  dopo,  il  Demetrio, 
li  Giacomo  'fjc/'j.  dedicato  a  D.  Giovanni 

pe  di  Troja.  ')  —  ls  Giulia 
1  itttar  tosto  propone 

Fare  alla  fama  sua  l'ale  col  cani 

ita  sua,  nuova  Sirena, 
•  •  ;il  Teatro  u  cavalcò  la  Soou 

B'awide  subito 

ie  eoa  6  tutt1  ano 
Cantare  in  palco  e  sospirare  in  leti 
Mentre  congiunto  iu   lei  miri)  ciascuno 
Godo  gestire  o  portamento 
Stride  mandando  so  la  voce  estollo, 
E  confonde  il  B.  quadro  col  13.  molle. 

v  degli  locar  —  Àppuut,  ad  an. 
Voltola  1664,  ESI  lo  Napoli  1671.  —  Area.  Mas. 

alani»  perii  Bua  e  Caroogna  1668.  Et  in  Napoli  MDCL.XXJI.  — 
Axvb.  Mu. 


—  170  — 

1  poeti  facevano  sonetti  io  sua  lode;  i  suoi  unici 
cavano  di  soffocare  coi  lor->  applausi  i  fischi  altrui: 

Ofa  con  Qua!  doglia  il  popolo  galano 

I   f\io\  slirclcHi  ad  osservar  si  pone, 
Tentando  ognun  QOJ  danti  6  con   la  ni 
I  sibili  frenar  di  Giovannone  'i. 
Aìi/,1  s'odon  per  lor  l'inclite  scene 
Tutte  suonar   di  mendicali  :  Oh  bene  ! 


1  suoi  amanti  cresosvano.  Ss  te  riattacco  il  Duohino 

Regina,  s'aggiunsero  Andrea  Cicinelli,  Prospero 

DO,  latto  in  quel  tempo  Marchese  di  Caggiano,  lo  stest 

\  [core  tfÀfltorga.  Essa  «  lo  domina  in  molto  cose,  ed 

riera  .   Iienr    musica  in  casa  ,  et    Ogni  allra    nobile 
modità.  »  *)  11  marito,  saputa  la  sua  fortuna,  s'affittito 

foi  naro, 

Cogli  alberetu  e  cai  Papassi  - 

ma  fu  rimandalo  a  Roma,  con  una  pensione  mensile. 

Dalla  sua  cattiva  riuscita  sul  teatro  la  Giulia 
alla  direttrice  Chigi,  che  le  assegnava  sempre,  essa  dù 

parli,  elio  non  le  convenivano. — Alla  Chigi  .  almeni 

imII.:  Orma  dei  libretti,  pei  l'annata  1672-3,  un  Vito  /. 

—  Nel  Carnevale  78*  fu  preparata,  ma  non  eseguita, 
ima  commedia  pfl  •'  Reale;  in  città  se  ne  I 

in  He.  ma  non  da  conversazioni  scelte.  a)  La  conine 
preparala  si  dette  invece  il  21  aprile,  ed  er  >-oi 

posta  da  Don  Gennaro  Pantclla.  Gl'intermedii  furono  fat 

')  D.  'uovanni  di  Cnrriglio —  avverte  la  ekteM  del  poemetto. 
»)  Kuid.  ms.  seRn.  X.   !'•    18,   lui.   L'I. 
»)  Fuid.  mi.  X,  B.   16,  fol.   l.V 


—  171  — 

■  i  storti,  uno  dei  quali  ora  del  Viceré,  l'-ii- 

Principe  Savelli  ;  ed  era  figlio  di  un  calabrese  del 
pesatosi  in  Precida,  generò  questo  me 
Imi  i  e  motteggia  con  gran   prontezza  e  Ali 

»  -Tutta  la  spesa,  più  d'un  migliaio  ili  ducati;  l 
tenuta  dall' Eletti)  del  Popolo  ,  «  non  per  altro  Bue  che 
•si  nelTofflctOi  »  Fini  allo  ore  10  del  giorno 
;uente  ;  *  cosi  (osserva  il  Puidoio)  la  notte  si  fa  giorno, 
et  le  speditionl  dei  memoriali  ed  altri  negotii  si  ritardano; 
il  che  è  un  disordine  assai  pernicioso  al  pubblico  »  ]) — 
tri  maggio,  «  bellissima  commedia  spaglinola  in  Pa- 
•  iiain'/.  intei  medii  napoletani  ••  spagnudi 

Tel  luglio  e  ago-  Urerltmentia  Postbpo.  li 

reca  v  a  i  n 
(\a  musica  di  palazzo,  diceva,  era  buona  per  le  chiese), 
noè  un  bricconi  <    dicono  ,    li  Pulcinella, 

•  un  suo  compagno  vestilo  similmente  da  ridicolo»  COI] 
«nati  insieme  come  pobfici  parashl  'li  plebe,  et  in  ima 
la  guitti,  ntano  per  le  taverne  >•>.  E  una  dome- 

rà una  comedia,  colla  scena  fatta  sopra  due 
barconi,  a  vista  delle  dame;  e  altra  volta  erano  dei  fu- 
namboli, c!k'  io  il  volo  dalla  montagna  al  basa 
«Km  volta             •adii,  halli  et  'fiorili  ni  la  sparinola;  e 
L-lic  Onte  e  giostre,  e  finanche  (guardate  che  gu- 
sto !)  il  passatempo  e  dere  «  sparare  alcune  me 
bombe,   allo  quali  in  ognuna   sfava  legata  o  una   gatta. 
o  un  poi;                       ■  forza  della  polvere  ciano  por- 
londe  poi   precipitando  a  basso  ,  ami  i 
are  parte  in  terra  e  parte  in  mare,  con  di- 
letto grande  della  gente,  cosi  nobile  come  popolare,  con- 


-ov.  al  ii.  st.  Nap.  xiv,  m  Qu©- 

*)  Ardi.  Stur.  Rap.  XIV.  300. 


—  172  — 

■  vi  in  gran  numero.  »  ')  —  Ciulla  di  Caro  ce 
indarno,  che  se  le  permettesse  di  vanirà  al   p 
benché  donna  pubblica.  ')  Il  27  novembre,  giorno  naiu- 
lizio  .|(  I  Vìoeré  ,  Biconi  gentiluomini   capuani  recitaron< 
la    commedia  Ir.   due  fiosaure.  3J  —  Nel  lt>72  si  rcii 
anche   al  S.  Bartolommeo,  Y  Ercole  in    Thefa  dra 
per  musica  del  Dottar  din.  Andrea    Maniglia  Fiorenti- 
no, riformato  all'uso  di  Venetia  da  Aro''      1   .    U  ')  — 
i.s  gennaio  if»73,  i  Febi  Armonici  lori  o  a  Pj 

lazze.  ■) — Il  21)  gennaio  rlelten»   amebe  a   Palazzo,  i*   p< 

al  San  Bartolommeo,  il  Caligala  delirante,  '>    La  al 
io  si  chiuse  coi   Girello   Drama  musicale  dot 

X.  A',  rappr.  per.,  o  dedicato,  mine  gli  altri,  dull« 
Zazzara  al   dui  r  Astorga.    Opera  questa   del  fa 

mono   Filippo    Amameli,  la  cui  musica,   è  attribuita 
un  F.  A.  Piatocbino  '). 

Giulia  di  Caro  dovette  cantare  in  questa  annata; 

preparava,  intanto,  una  rivincita.  Uno    dei 
manti,  il  Barisano,  apint"  <la  l"i  o  per  farle  cosa  gradita 
B  r.i|.| .alto  del  teatro  di  S.  Bartolommeo.  E  la  Giulia, 
^etta  già  alla  tirannia  alimi,  divenne  direttrice  il. Ha  «-oi 

pagnia.  Il  suo  Poeta  ce  ivo  affaccendata  ,  prit 


')  Fui.1.  ivi  — Col.    :  ;--'  —  Hiilitbn.   IO,  17  luglio,  14, 

21  mwuo.  —  Aivhiun  Storico  Ntpol   u.  XIV.  3»,  381,  322, 

:)  Fuid..  ivi. 

')  Arch.  Stor.  Nap.  XIV,  811, 

*)  Io  Venetia  1661   B   ...   Napoli  HO,   1072.  —  Arch.  Min. 

>)  Arrli.  8t  Nftp.  XIV.  348. 

")  Ivi,  XIV.  350.  —  Il  libretto  die*:  Rapprcs.  «ti    Famoso    Teatro 
S.  Bartolomeo.  l)<*\.  aU"A»torga.  In  Venetia  167H  et  in  Napoli  «ce.  I 
Arch.  Min. 

*)  Vedi  libr.  all' Arch.    Mia.  —  Sul  Girello.    Cfr.  Ammollo.    Knnf. 
dom.  1889,  /  primi  fasti  dot  Tordmona  o  1  Teatri  di  Jioma,  \>.   121  -'i 


—  173  — 

di  tutto ,  nel  formar  tale  compagnia  da  superare  ogni 
aspettazione  : 

Le  voci  più  leggiadre  e  più  perfette 
Con  larghi  doni  supplicando  chiama  ; 

cosicché  : 

Venner  Sonetto,  Marmetta,  e  quella 
Gloria  d'  ogni  teatro  e  d'  ogni  scena, 
Pora,  che  par,  se  canta  o  se  favella, 
Un  nobile  scolar  del  Padre  Aena, 

la  quale  Pora  è  la  famosa  cantante  romana  Caterina  Por- 
ri ,  *)  come  il  Padre  Aena  è  il  Padre  Enea,  direttore  dei 
musici  di  San  Pietro. 

Tutti  questi  cantanti  giunsero  a  Napoli  e  furono  ospi- 
tati in  casa  di  Ciulla.  Grandi  furono  i  preparativi  per  as- 
sicurarle questa  volta  il  trionfo  : 

Sorgeano  intanto  a  più  potere  ornate 
Del  gran  Teatro  le  superbe  scene; 
Degli  amatori  suoi  fra  le  brigate 
Chi  assiste  al  lavorio,  chi  va,  chi  viene  ; 
E  già  le  trombe  additan  d'ogni  intorno 
Sacro  a  Carilda  il  sontuoso  giorno! 

Era  stato  stampato  il  libretto.,  con  questo  titolo  :  Mar- 
cello in  Siracusa  Melodramma  per  lo  Teatro  di  S.  Bar- 
tolomeo. Consecrato  all'  Eccellentissimo  signor  Mar- 
chese d'Astorga  Viceré  di  Napoli  ecc.  In  Napoli  per 
il  Roncagliolo  1673.  Era  poesia  del  Noris  2),  musica  del 


")  Vedi  Ademolfo.  I  teatri  di  Roma.  Pag.  32 .  Il  1681  cantava  a  Bo- 
logna ed  è  nominata  Porri  Mezze t ti.  —  Ricci  Teatri  di  Bologna.   P.  44. 
*)  Galvani,   Teatri  musicali  di  Venetia,  p.  166. 


—  174  — 

Ziani  ;  il  prologo  composto  da  Giovanni  Cicinello.  Giulia 
di  Caro  Armonica  firma  la  dedica,  nella  quale  dice  tra 
1'  altro  : 

Gradisca  dunque  V.  E.  che  nelle  malegevolezze  di 

queste  imprese  si  è  il  mio  nume  tutelare,  le  mie  incessanti  fa- 
tiche ,  che  meritano  d' essere  celebri  almeno  per  haoer  con 
applausibile  stento  uniti  su  questo  nobil  teatro  tutte  le  Calliopi 
e  gli  Or/ei,  che  hanno  indotto  stupori  di  Cielo,  non  che  all'  I- 
tatia,  al  mondo;  ed  honori  colla  grazia  d'un  guardo  quest'  in- 
chiostri, non  solo  per  esser  sudori  della  virtù,  ma  perchè  anche 
le  recano  catenato  insieme  con  tutto  il  potere  del  mio  poco 
talento  un  Gerone  tiranno  di  Siracusa J). 

Ed  ecco  nel  Novembre,  la  sera  dell'inaugurazione,  tutto 
il  teatro  pieno,  ed  essa: 

Aspettata,  mirata,  inorgoglita, 
Calpestando  tesor,  move  il  bel  piede; 
Ma,  mentre  ai  plausi  canticchiando  invita, 
All'  improvviso  ammutolir  si  vede, 
Perde  la  voce 

Tenibile  incidente  !  Cosicché  la  disgraziata  : 
Usci  pallone  e  se  n'entrò  vessica! 

Gli  amanti,  che  la  circondarono  dentro  lo  scene,  videro 
la  sua  disperazione,  udirono  le  sue  esclamazioni,  tentando 
invano  di  consolarla.  Ah  !  dicova  col  suo  accento  pu- 
gliese : 

Già,  già,  fero  destin,  ti  voglio  cedere  ! 
Dateme  un  stile,  che  me  voglio  accedere  ! 

')  Arci],  Musicale. 


-  175  — 

mente,  l'arte  del  medico  Pignalarole  fece  ri 
juisLir  la  voce.  E  1  I  lidi  di    Mei 

quand'essa,  in  mezzo  b  girsi)  folla  di 

•ri: 

Lega  coi  labbri  e  fulmina  cogli  orchi  ! 

•in,  il  Viceré  andò  la  notte  a  sentirò 
Felli  armonici  o  si  disse  che  fosse  «Ulto 
la  Giulia  di  Caro,  eh? è  dama  di  Bordello  o 
ti  foce  vedere  in  un  palchetto  del 
tiro  -liaro  et    far  coUafione.  n  ) 

Al  Marcello  successe  ì'Kraclio,  che  e  dedicato  anche 
ron  una  lettera  all'Asterga  : 

Eccellentissimo  Signore, 

l„* ambili.. in--,  che  ho  avole  -li  festeggiar  con  più  Drammi  il 

'arno va  le  per  diporto  di  V.  E.  e  della  citta,  se  a  procacciarmi 

tento   sarà  valevole,  io  non  istimo  che   putenti 

opra  più  degna  il  mio  danaro  e  la  mia   fatica    impiega 

pero  doppo   il    Marcello  a  presentargli    1'  Eraclio   con 

mtl  re  il  secondo  Dramma  non  menu  del    primo 

V.  K   hiumraio  e  dalla  frequenza  del  Nobi  (ditti  vi  e 

>m  favorito.  Questo  rileva  e  me  ed  a  virtuosi  mini  compagni, 

sono  accorsi  per  favorirmi,  a  si  In    ne  la  co- 

ooaciula  loro  grande  abilità  nel  canto,  nella  poca  preson/ione 

li   avvidi  d'applausi  pi  i  rende.    Viva    intanto   I'  E.    V. 

[bi  e  prosperi  anni,  come  io  gliele  desideri»  in  qaalìti 


hi 


Ima  Serta 
Giulia  di  Caro  Armonica  9). 


•)  r  nidore  m*.  «*n.  X.  B.  IO.  —  fol.  130. 

ioli  per  Carlo  F'orsile  1673  ecc.  — Anh.  Mn.. 


-  170  - 

Nel  febbrai-^  1674  BJ  dicava   cbfl  irebbe.  = 

sfrattata  Era  caduta  dalla  grazia  del  Vicari 
con  un  Gusman  Dipolo  dì  lui,  il  Regente  Gali     i 

;il  solilo,  per  salvar  da  guai   il  Duca  di 
Prospero  Bariamo  li'  impetrò  la  grazia  «li  parure  in  i 
docente,  Botto  pretesto  di  un  pellegrinaggio  a  S.  Ni 
di  Bari.  E  il  H  aprile  parti  «li  fatto,  accompagnata  «  con 
piti  carozze  e  galesse  e  gente  coi  I  Signora  di  Bor- 

dello     ' 

Ma  tornò, dopo  qualche  mese.  —  Nel  giugnu. 
il  Wcrù  a  passeggio  b  Posilipo,  invece  della  soli!  ■ 
mcii,  in  Eatta  venire  «  dal  sensuale  vecchio  Cicinel 
Ciula  di  Caro  con  un'altra   Mia  pari,  b  clie  cantai 
con    far  stendi  tc  la  lor  voce  dalla  bocca  <li  due  iustru- 
menti  mattemati  (I),  come  due  muli  i  imbuti)  di  >! 
alquanto  lunghi  di  canna,  o  grossi  nel  fiink,  del  quale  •■ 
come  duo  muti  da  taverna,  ma  grandi  da  dodici  p 
di  rtu  ia.  il  \oli,  ohe  porta  la  voce  due  miglia  Ioni: 
a  piti  col  silenti'»  della  notte  ;  invelinone  nuova  venuti 
G     natii;i,  snmiiiia  et  allignata  in  N  lo  'li 

tutti  li  dispendii  pia-  impoverire  ognuno,che  vuol  t. 
simile,  a  gara  dei  maggiori,  senza  pensare  a  - 

il  2  settembre  1674,  il  Principe  di  Curai  (Vinelli   I 
i:i  -in  casa  d  MiT.L'i'iliua  ima  commedia  in  musica.  Capo 
dei   recitanti   era  Giulia  di  Caro.   Egji  convitò  il  Viceré 
e  cavalieri  e  dame.  Queste  non  volevano  andarci,  p. 

')  PnldOTO  W  Mi   141  11  Puidoro  ,  che  avara   contm  rj  par- 

ticolare odio,  «crive  a  un  l'imi  ►.  dui   «  w«*eiido    vivente   il  marito 
vento  in    Roma  «  vi  ;>'iim   ili    tempo  a  pigliarsi  irrotto  I 

della  vendila  dovitias*,  che  f»  sua  mogli'1,  potrà  iDqminmi  d'  adulterio 
dal  Vitro,  «  ipportare  un  guadagno  alla  Camera  Hopia  (se  ramina»*» 
la  giustìzia)  di  DsnlomiU  liticati  di  facoltà  che  ii"noquwU  bratta    |>ut- 

tana  di  Bapitalff,    iiptltattfli,  ai iti,  o  giù  ou.  X     le 

17.  —  fot  U> 

-')  Filiti,  ivi,  mi  oh. 


—  177  — 

ricaverie.  E 

con  su 

pi  jaki  vane  centinaia  di  ducali .  e  <-1  si 

■  ■  re  gì1  invitati.  Degi  Eie  '.li 

tal  ii  tolte,  un  paio  d'oro,  Lacora- 

i  rapi  .  il  9  settembre  »). 

Il  i  LG74,  |>ri   [ileanno  di  Cork)  II,  si  rc- 

,  poesia  del  Beregani,  patrìzio  veneto,  e 
ti  musica  Ri  l'ultima  composta  dal  Cesti!  ->  Lade- 
all'Aslorga  è  questa  : 


;ig.  , 

tu  disse  ci»-  i  Grandi  b i  ilei  Sole,  i  b  i 

nella  pio  alta    sfera    dell  aria  i  più   bassi  vapori  'lolla 
:  ì  unto  ha  voluto  mostrarsi  con  noi  V.  1' 

ieri  C:ii(oli.-M  Monarca  delle  Spagne  Cario  ee- 

levandi Btridole  Cigale  nel  cielo  della  sua  grafia 

li  quello  imparamo  a  formar    oaaor 
piata  armonia   Presentiamo  però  ai  piedi  di  V.  E.  in  giorno 
«SI  festivo  un   Massimo  abbattuto  dui!' invitti'  ago* 

lo    che  un   giorno  .  pìO  d'  un 

ia  'li  servir  ili  sgabello   a* suoi  piedi; 

Gradisca  intanto,  sovrano  Pronco,  I'  affetto  di  i    dovuto 

uiO. 

Di  v.  B. 

Decotti,  oblig.  Servitori 
Gl'  Armonici  di  Mai». 

Il  <|u:il  dramma   fu  |i  h  |iroscguito  al  S.  Hartolorniiic.i, 

1       <nici  rappn  sentavano  nel 
iiite  V Attila,  quello  del  Noris,  con  la 
ica  el  Ziani.  *)  Nel  I6743  forse  in  casa  privata 

f)  In  N«i>nl«  pec  urlo  Pei         I  »74 —  Airh. 

*j  In  Najioli  jier  Cario  Pomi  le  1075  —  Arda.  Mus. 

12 


—  178  — 

recitava  YOronfea  del  Cicognini,  che  è  dai  Fi 

7"   iii.i  l'i  ini  i|  icssa  d'Avellino»  Donna  Geronima  l*i- 
tello.   La  musica  «   «l.-l  famoso    in 

(  i  -h  d  i-i-.-i  aiata  rinnovata  par  bti  terzo.  0 

Giulia  'li  Caro  doveva  essere   certo  compresa    tra  gii 
Armonici  di  Napoli  Ne!  Febbraio  1675,  corse  il  riseli 

■  •re  di  nuovo  sfrattata.  Lo  istanze  venivano  senapi 
-lai  Kri:i:'.'iii  ■  Gaieota:  m  temeva,  tra  l'altro,  che 
dessero  scandali  ti"»  il  Guzrnan,  e  il  duca  di  Regina, 
amanti  e  rivali.-)  Ma  il  duca  di  Brunswick,  ch'era  a  \'a- 
poli,  e  l'aveva  vista  a  teatro,  dove  era  and  iut 

la  sua  comitiva  di  tedeschi,  a  un  pranzo  del  \ 

edette  per  lei a).  Tuttavia,  la  Giulia,  nel  in;  _ll  ■  ■  i 

tanò  da  Napoli  e  ondo,  a  Roma,    i  Venezia  e  altrove. 

Il  l'i  luglio,  pel  naialixi"  della  Regina  Donna  Maria 
d'Austria,  ai  rappresentò  la  comedia  spagnuola:  El 
pio  de  Patos,  dì  don  Fra»  3CO  de  Avellaaeda  dola  Guavi 
y  Guerra  ') — L'i!  ottobre,  dulia  tornava  a  Napoli  Dos 
giorni  dopo,  il  Viceré  Marchese  d'Astorga,  già  suo  aman- 
te, lasciava  Napoli  \i 

Botro  subito  nelle  grane  del  nuovo,  i  he  fu  il  Marchi 
de  loa  \  l'i-/,  li  6  novembre,  festa  di  corte,  pel  S.  Leo- 
nardo «•  pel  compleanno  di  Carlo  II,  si  rappresentò  la 
la  Dori,  dalla  eom|>at;nia  dei  l-Vbi  annoniiM.  Giulia  di 


')  In  Napoli  pur  Carlo  Ponila  MUCl.XXIY  —  Ardi.  • 

')  Fuidoro.  X.  B.   17 

»)  Fuidoro,  ivi   fui.    15,    1K. 

')  Dativi  y  Laìrado,    Catalogo   bibliog.  y  binar,  del  i<atm  ami 
■'.  Madrid,  lawi.  pop.  :.t:i.-\  p.st'Mu  li  un'altra  eoa.*  ipaga. 

Coree  rappresentato  a    Napoli  il    11570  —  A    F\    117    dulia    eoitmu-dia    di 
b.  Antonio  do  la  Cuc-vn:    A'o  fuxjf  druda  donde   agraria.  d«I.'  al 
di   Mftddaliuii  >•  «lanip,   NiipoM    1678, 

'•)  Fuid.  ivi—  Ilo  furioso  aneddoto  intorno  a  (Malfa  do  Cam 
cere  racconta  il  Clangila.   •Si»/.'/'  &i  diverse  rap/jresenta:ùmi  teatrali  Na- 
poli   1810,  voi.  III.  prof.— 


-  179- 

iodati  da  compagne  degne  di  lei;  >vir- 

tenuto  per  infame,  se,  nel  pubblico  teatro 
nercenario,  in  qi  i  opagnie  si  mischia!  volle 

'<  ardine  del  \  ii  ere,  perche,  per  quelle  fissi  t, 

di  Palazzo,  n  Alla  Prim  ipessa  finii.-,  venie  peo- 
far  donativo  al  Viceré  «li  due  lil.r 

isultata  da  uno  ilei   -uni 
i  he  non  lo  t  &a  in  casa  Ri 

propria  del  Principe,  che  taceva  lei  con  l'altre  recitare 
•  »j  mt,i  per  su<>  comandai  '). 

tu  i  tempo,  fu  composto  e  and  i  in  giro  per  Na- 

><>li.  >,  il  poemetto  «lei  Muscettola,  Dirti 

■I  nostro  tempo,  sulla 
di  Ciulla,  Era  intitolato  la  Carilda  o  U  Bordello  so- 

f'-n  -In-   Venere,  mossa  a  pietà 

di  Bordello,  figlio,  .uli  avesse  dal..» 

un  sostegno,  una  propugnatrice,  che  fa  appunto  finiia 
..   E,  sotto  ali  facilmente  traspai  ami, 

linaii  tm  '  ali  ve  avventai 

ma  fu  quasi,  per  cosi  dire,  l'elogio  fune 
sua  n  Si  -.  —  Nel  5,  Ciulla.  che 

anzi  ''in'  avesse  latti i  aul- 
ir-», sposava  un  gfo)  .  cui 
li  anni  poteva  «.'sser  madre,  di  buona  famiglia  oa- 

:  i  ì  ira  i zza.  I."  spoa  »,  n  I  maggio, 

fu  mandalo    i  Baia;  ma,  imi  lugli)     fu 

Staro,  •  'e  «.osi  si  gode  la  sua  Prirn  Giulia  di 

Diro  o  !  *) 

i  di  venti  anni  dopo,  sotto  il  £3  novembre  I0'.>7,  Do~ 

menico  (  a  cosi  nel  suo  l>  i ,  morta 

1    .      ;  munte  ,  ove  abitai  a    <•■"!  bu  i  inani'. 


M  FuiJ.  ivi  —  t-.l.   129. 

1.  ne.  cil.   \.  II.   17  -(■>!     i:3,  207,  218. 


-  180  - 

Luccio  Mazza,  sin  dal  tempo  -Ih-  -i  maritò,  la  famos* 
un  tempo  puttana  e  cantarina  Giulia  'li  (".-in»,  ohe,  pi 
■  li  maritarsi,  fa  il  sostegno  del  Bordello  di  Napoli  con 

imo  proveecio  (essendo  statai  dopo  chi;  si  marita 
co!  vi  «zza,  persona  assai  civile,  i 

ed  ha  laseiato  riera    la.  lillà  ,  nseemlente  a  umile  «I 
•li  migliaia  di  scuti,  non  vi  essendo  altri  che  l'uni,  i  SUI 
ligliiu  la  prooreata  col  detto  suo  munii'  d'età  nubile 
è  stata  sepeQtta  miserabilmente  nella  Paroccbia  del 
dotto  Casale,  solo  con  quattro  preti,  una  che,  ai  tempo  del 

sud  puttanesimo;  dominava  Napoli,    et    sic  transit  g 

mundi!  D  Mazza  si  e  impossessato  del  tutto,  col  nome  di 
padre  e  legittimo  amministratore  della  figliuola.  »  '»  — 
Nel  lf>77  erano  a  Napoli,  al  solito,  i  Comici  spagnu 

i-odla\aiH'  nel  teatro  dei   l"i< •reatini.  Il  Gsettembj 
\  icerè  «  In  a  favorire  li  comic!  Spagnuoli  evi  fu  ancora 
il  marohese  di  Han.ua  (figlio  di  Badona,  che  per  fortuna 

ereditato  il  marchesato  di  Santa  Croce  e  pochi 
sono  jiarii  per  [spagna,  come  a   iì-  lm  igo  in  scritto),  quali 

fece  apparseci L'acqua  gelala  per  S.  E.  e  camerati,  e 

S.  E.  ha  sovvenuto  la  detta  conversatone  spagnuola  «ri- 
striond  di  molti  contanti  pei  aiuto  di  costa  el  imp 
•li  faili  affittare  da  particolari  dodeci  palclietti   Ssai 

ettembreì  sbadì  nuovo  favorite  la  comedia 
spagnuola  nel  teatro  di  S.  Giovanni  dei  : 

Il  0  novembre,  compleanno  del  Re,  invece  della  s< 
commedia  in  musica,  ci  fu  festino  e  una  commedia,  re- 
l'itata  da  questi  comici  spagnuoli.  a  Quello  che  si  nota  ò 

molli  non  approvarono  per  conveniente,  in  presi 
d  II  >  Vieereginac  delle  dame  concorse  al  festino,  eh 


')  Conforto  voi.  r. 

u.i.i   i  I —  r    100-410 

«)  I-'ni.i.  Ms.  eli    K    B    18  -i-.-i 
I  ivi  —  r.ii.  %. 


.In 


—  181  - 

1  ioti,  che  sono  remino  pubbliche,  (ossero  interve- 
nute o  chiamale  a  rappresentare  in  Palazzo  d.  Fu  anche 

che  ,  Ciommo  de  Martils,  a-, 

uo  i  ricco,  come  neanche  il  Re,  «  seguo  e 

li   estorsioni  commesse.  »  ') 

irono  qui  li  ultimi  fasti    «lolla  commc 

nuola  in  -  ìì2:>  maggio  1681  moriva  Calderon,  a 

annunziarono  pubblicami 
ome  una  sventura  nazionali-,  a  Napoli)  a  Lisbona, 
infilano,  a  Roma,  ecc. ').  D'allora  in  poi,  decaddero  in 
iiai'.-i  o  compagnie  drammatiche,  e  (juosic 
ultime  non  u         n    più  dal  loro  paese. — 

apo  della  compagnia  musi. -aie  do]  San 
io  un  genovese  «  virtuoso  mu  tuto  dalla 

1  dilettandosi  l'Imperatore  delta  musica,  a*) 

nbrc,i  musi,  i  .Iella  <';i[)|n'll  .arai-.. ih., 

ipleanno  i  a  loro  spese  il  Teodosio,  opera 

lata  in  musica;  ciascun  d'essi  spese  lar- 
gamente per  comparir  bene  nei  vestiti,  «  avendoli  S.  E. 
buoni,  trovandosi  oppressala  compiilo 
alti  .i     -ina.  »  *)  Nel  1677,(u  recitato  al  San 

i  r  Amor  stravagante,  e,  pel  compleanno  del 
u  :  i»..']  1678,  Chi  tal  nasce  tal 
a  del  Perr ucci,  con  musica  di  Fran- 
i  della  1 
Ma,  prima,  dello  slesso  Perrucci,  con  musica  diFran- 

recitata  a  Palazzo  la  Sicl- 


ud.  ivi—  f.ii.  no. 
li 

i,  : 
ivi—  bl.  238. 
lorimw.  IV,   L  — Vedi    Krdi.  tfua.  libretti. 

I.  Cavallo.  1677-  —  Es.  Bibl.  San  Martino, 


-  m  - 

•  ■aia  i),  —  Andrea  Porracci  iano, 

tonm  a  questo  tempo,  divenne  il  poeta  del  teatro  S.  Bar- 
tolommeo:  «  constitutus  —  dice  un  suo  biografo  —  a  Nca- 
politani   Regni  moderatoribua    Marchione  de  los  A. 
•Marcinone  del  Carpio,  Coraiiistabili  Columna,  et  tornii 
S.  Siephani,  quibus  gratissimus  Riit.  »  *)  Forniva  special- 
tei  prologhi  o  gì' intermedi! :l).  Di  lui  si  recito  anche,  n 
primi  anni,  la  Zenobia.  ')  — 

i  rn'opera  lo  music:     u  rj  ppret   itfata  il  36  mai 
innanzi  al  Card.   Portocaifero  .   in   una  sala  d  ifla  l 
dell'Annunziala,  ')  —  Ma,  il  12  febbraio  1679,  ci  fu  a 
poli  uno  spettacolo  nuortf :  un'opera  i  <■<>!< 

o  Fu  la  prima  volta  che  in  lingua   Castigliana    in  poesii 
fosse  recital  i  io  musica  nel  Palazzo  Regio  ut  in  \ 
>pera  intiera.  »  L'autóre  del  dramma,  stampato  col  titolo! 
Et  robo  de  Proserpina  g  sentencia  de  Japiter,  Ri  il 

crctario  di  S.  B.  Don Bustaraente;  la  in 

-ili  Filippo  Coppola.  Avrebbe  dovuto  re 
mese  prima  pel  compleanno  della  Regine  Marianna,  ma- 
di-.:  ili  Cari»)  II.  «  Alnmi  ilei  musici  ili  Palazzo,  che  Danni 
voluto  rappresentare  lai  »ro  parte  con  ogni  perfetta  •  -pres- 

s ■  castigliana  sisono  trasportati  a  queste  note; quali 

r  riuscita  i  •  >ii  loro  bonore;  le  apparenze  diverso  et  degni 


')  Il  OttUud  [Dtt  'Hai.  nap.  ed.    BÌL   [85]    sita    Vai.  per  Cario 

|:i    .  1 1 ,  <  ■    u  ,•.-■•'      t  i  n  1 1  .ri  I  ■     il     ll'.TD.   —  Imi     ,|     pmim     in.  l.-ll-auiuin    ilei    IV 

Un   MMMftO  salii    St  Della  Idee   (Ulte  muse   poesie 

/»-".    I  1086,  p.    99.  11  'ninni*  {Stogi.  N«j 

Mln'.rili,   II.  ."ir,)  la  il:  in  rana  >\e\  Prin<i|--  «li  i 

r)  Mungitore,  ivi.  K  bìA  prima  ilGinuni  P.  o>  11,55. 
')  I'  178  —  V'Ha  Uibl.  Nax  i 

:  «-ori  molti  proto  KJ1I    E    56,   intitolato:    I 

Aganippei  008.P.  quarta,  UDGLXxn. 
||  I'-m   ii  .  :  nobia  proL  noi  otti  a 
ibi  I  il 


-   183  — 

«li  t  Iute  dalla  presenza  delle  Maestà  loro;   por 

«iti  sei  bore  di  notte,  o  '> 

il   li  ino  di   Marianna  d'  tVustria,  Rj 

ito  a  P  il  Candaule  He  di  Lidia  *),  ed  era 

allora  appaltatore  un  Gennaro  dalle  Chiavi,  che  era  anche 
ardi  strale,  li  6  novembre,  l'opera  ài  Alessandra 

Mag  poi  continuò  al  Teatro  di  S.  Bartolommeo  3). 

1  musici  erano  ì  Febi  Arm  introdotti  a 

:  I  tempo  del  Conte  d  le,  viceré.  ■>  ')  — 

i  !  febbraio,  si  rappresentò  a  Palazzo  la  co- 
med  la/iOj  dai  capitani  «-■  altri  ufficiali 

del  terzo  «li  Napoli  *).— Nel  marzo,  in  case  del  Duca  di 
iddaloui,  gli  L\  dei  Sembiante,  ".)  —  Nel  Maggio, 

f  Etù  bosci  cantata  ;i  Palazzo  pel  nata- 

delia  Regina  Maria  Luisa  di  Borbone,  per  opera  del 
Maestro  e  <  dia  Jieal  Cappella'').  —  Al  S.  Bar 


X    B    1'.'.—  fbl.  ITO  —  vi  g  ,     «  1670  mori  Pran- 
<  Faleouiu  Aiinuzie*;,  Decano  U>  Ma  ^appalla  Reale  <  o  che 

jirin  -11'  arte!,  corno  nella  profonda  voce  di  basso,  oli 

naca  aotui  i  tutte  le  altre  ma 

olirò  In  buona  ijiuililà  sua  ili  civile  nascita  e  ronveraatioiu!,  ohe  Iddio  «0- 
lamoote  pno  farne  un  altro,  llug^i  ha  il  primo  luogo  Poppo  di  Troia, 
becctiè  la  sua  vote  min  e  grande,  ma  alquanto  autistica,  ina  noi  reato 
i— :  «ag»  atar  perito,  unùlmanb   di  boom  (ooliti  <ii  co 

I    "  si  uio  in  Napoli   pili  'li   15  anni  <•  venne  «la  Roma  e 
«mofirv  mento  da  tulli  e  lwn  viato  »    fui.  30, 

jp.   1679—  Arch.  mus. 
■    raro,  ma.  Bega   \.  ìi.  t'J.  —  fol.  6 
74. 
i icariane*  da  Goto ,  cetebrada*  ea  Najyobss  por  ri 
eaaamiaii  use  inserito  nel  ma.  dei  Giornali 

Bibl.  —Sul  .!  ,  p.  m,  il  Gran  TamarUoto,  cfr.  Qal- 

|     '**• 

ic.Stor.od  <tn.  —  Nel  1679  ara  alato  dolo 
Roma  eoa  musica  di  A.  Scarlatti  mollo,  o.  e.  p    lòti. 

rf  in  —Arch.  Mas. 


-  184  — 

tolommeo,  il  Giulie  Cesare  in  Egitto  '),  delBussani,  nw 
Lea  del  Sartorio   i.  Ti  i  i  musici,  era  la  canterina  »'«iulia 
M  esco   Zuffi  ,  una  di  «|ii"'ll'3 ,  chi  con- 

ol  Noi  libretto  e' «'•  od  sonetto'  Per  /V/w/, 
i  dolcezza  del  Canto  delia  Sig.  Giulia  Fra  Za± 

Famosissima  Armonica: 

Mintcol  dì  virtù,  stupor  dol  canto, 
S.ui  pili  dogli  Orbi  i  I 
Alma  doli'  armonia,  doli'  almo  incanto, 

La  dolco  voce  tu  ••  >ì'  a i. 

piaga    col  boodo  altri  ebbe,  raato 

Il  gran   PelttJO  ira  bellici   furori  , 

l'';i    (ìialira   ;ii-iiiniii;i,   OMIBfl   di   piai 

Ne  le  /iij'/r  il'  Ami  n-  preda  da' 
Tinto  accolte  m  i    abro  bai  le  <  '  km  ae, 

Che  legaa  l'alme  e  cor,  mentre   ni centi 

ini  ri-  ii.iii  <r  armonia  tacci  e  catone. 

Rinoviili  del  (race  ecco  i   portenti, 
Se  mulo  e  vinto  ascoi lan  lo  Sirene, 
i Estatiche  d'umor,  tuoi  dolci  accas 

Noi  dii  l'ini. iv  ,j  dette  V(fidt  greca  l).      Nel  1681, 

l  arnevale,  o  -.  guita Itavi*  i  I  Bultfon)  li 

tonni  ''"ii  L'opera  in   musica,   che  si  rappi 

questo  traini  di  San  1  ». 1 1 1 •  - 1  ' i:.ou  le  commedie 

rodi  San  Giovanni  -U.-i  Fiorentini  ed  altre  io 
particolari.  »  ') 

Ma  il  7  febbrai- 1    1681  un  incendio  distrusse  il  Teatro 
di  San  B;irtol<  nimico. 


i)  tach.  Bitta 

*)  Oalraui,  u,  <.  |i.  90, 

*)  Dod.  finn,  da  (Hovaani  da  Liguoro  — ardt  hi 

')  -A  'Palio 

N.  :',  SI   pannalo  1081.  —  EEb.  alla  BihL  Naz.  Amelio  per  «inali 
mi  servo  d'una  uopi  |    M    latti  0*1    Vélpioalla 


—  185  - 


MI. 


In,  ,  — 

Crtu  tirale  (1681-06). 


lesto  IÌo3  come  tutti  gì' ineendii ,  non  • 

dm  avvenisse.  Si  suppose  ohe,  a  essendosi  per 
o  issivi,  che  ha  latto  ipn-sti  gii. mi,  piglila. 
ire  dentro  i  palchetti  le  testerò  piene  di  fuoco;  essendo 
ià   Anita   ifl  Commedia;  et  lasciala  una  di  queste  col 
dentro  un  palchetto  assai   vicine  a  quella  parete  di 
il  fuoco,  .  h'i  i.i  limili i  hi  f.-.-ici:i,  in  esse 
appicciato,  •  ido   materia   secca ,  e  combustibile , 

i  di  mano    in  mano  in  poche  bore  arso  quanto  ivi 
i'   detto  incendio  »  '  >. 
Quel  <•  ',  la  notte  Ira  il  6  e  7  febbraio,  e  rap 

presentazione  finita,  si  manifeste-  il  fuoco;  la  mattina,  il 
teatro  e  le  case  contìgue  erano  tutto  un  mucchio  «li  mi- 
ne. «Si  brugiomo  lutti  li  palchetti,  sedie,  scene,  tavolato; 
6  il  su/fìtto,  e  si  rovi  oto  in  esso  era,  e  tutto  si 

ancora  il  fuoco,  con  gran  pe- 
dali        i   del  contorno,  se  la  p  nt  •  di  Ha  I 

-.-corsa  a  spegnerlo.  La  Casa  Santa    mando 
subito  sul  luogo  dei  lavoratori  asbarazzai-o  il  terreni    e 
metter  mano  alla  riedifica/ imi  e  :1). 

juesto  ijuov.»  guaio, avrebbe  l'alto  meglio 
noi  Itro  danaro!  Ma  gli  anunimstratori,  pei 

quella  regolarità,  eh' 6  loro  obbligo  e  ch'é  tanto  lontana 
■,  non  la  pensaron  i  cosL  —  Il  poeta  «lui 

—  mi  OH. 

.     \|.  !..   .1  ..lidi. 

*)  Conforto   ad  an.    cfr.    Avvini    Giornali   ili  Napoli    citali.  N.  0  .   Il 


—  186  — 

(eatro,  Andrea  Peri-ucci  Borisse  Bull'  incendia  il  seguent 
sonetto,  o  indovinello,  che  si  voglia  dire: 

Teatro  de'  Musici  incendiato  in  Napoli  nel  168 1. 

Nuovo  inganno  di  l'Imo!  il  canto  istosso, 

Contrasegno  a  goder  1'  Sterno  Bene; 

Fatto  istromento  al  mal,  gli  \  <*8o 

l'ar  passar  e "ii  passaggi  a  Stigie  Arene. 
L'un  voce  di  Ciel  con  strano  eccesso 

Condanna  a  nere  note  il  core  in  pene 

E  se   I'  alma  «la  iuta  tu  .   in  •-(, 

M'  abbia  l'Abisso  ancor  le  sue  Sii 
Dan  le  minime  massimo  il  marliro, 

l'inno  lungo  lo  brevi;  il  duolo  eterni  i 

Duna  eierni  sospir  mezo  un  sospiro. 
Al  foco  d'  un  teatro  il  ver  discerné; 

Se  meta  al  pianto  è  I'  armonia  d'  Empirò, 

Termine  al  canto  e  stropito  d'Inforno!  'i 

«  Per  causa  dell'  incendio  sono  mancati  li  trattenimenti 
dell'opera  in  musica,  ma  non  quelli  di  belle  comedie  par 
ticolari.  »  ")  Cosi,  nei  primi  giorni  del  febbraio,  il  Principe 
di  Piombino  fe'  recitare  nel  su<.  appnriamento  in  <";> 
nuovo  una.  oomedia  Bpagnuola,  dove  intervennero  le  LL. 
Eccellenze. 3)  A  Palazzo  si  dette  un'opera  in  musica  ita- 
liana e  un'altra  spagnuola. 4)  Fu  forse  l'italiana  VA 
mim,  melodramma  da  rappresentarsi  nel  Retti  !*<>' 
n >n serrar»  eoe  al  Marchese  de  los  Vele/,,  la  cui  dedica 
6  firmata  da  Giovanni  do  Liguoro  1  ')  —  Nella  Sala 
Mita  {•)  si  r;i|-|iii'-i'[itò  una  commedia  di  particolari 


')  Idée,  dette  muse  occ  p.  169. 

*)  Amiti  Giornali  (tòt 

')   «vi, 

*)  Ivi  N-  7,19  f-hhr. 

*)  In  Napoli  per  Francesco  Benzi,  1081  -  Bibl.  GolL  di  Mus. 


—  187  — 

del  Viceré   o  Cortiv  Ma  .  quello  ci 
iin[i<  te  pubbliche  in  musica  ,  interrotte  ;«l 

B.  Bartolommeo,  furono  riprese,  dopo  piccolo  intervallo, 

dì   San  Giovanni   dei   Ri  trentini  l).  E ,  P 
hi  alW-a  la  prima  rotta  che  in  questo  teatro  risuonarono  i 
"aiiii  dell1  opera  in  musica 
Il  •  lo, le  genti  di  casa  'li  s.  E.,  pel  compleanno 

gina  «li  Spagna,  dettero  a  Palazzo   una  comedia 
ila,  intitolata  il  Secondo  Scipione.  -j  E  un'altra,  nel 
ettembre,  pel  natalizio  della  \  iceregina.  'i  —  Noi  novera 
1681,  si  rappresentò  a  Pala//,-)  la  commedia  in  musica 
lìti  ;-o/iì,  «  che  riuscì  assai  ma« 

Eufica  nell'intervento  delle  LL.  Eccellenze,  detta  Corteo. 
«•ili  (  avsiierìe  Dome,  che  comparvero  con  ricehegale 
<ra  del  l'orni. ti.  *) 
l'i  .  anzi  è  quasi  certo,  che  per  la  nuova 

te  il  teatro  di  San  Bartolommeo  fosse  gì&  riaperto, 
tuttavia,  pel  1682  non  Irovo  notizia  di  recite  io  qneltea 
tro.  i  musici  della  Rea!  Cappella  recitarono  a  Palazzo 

feo,  dramma  di  Aurolio   Aureli,   mu  u»ii>ii-a  ili   Au 
i  ;-.>rio.  •)  —  Nel  febbraio,  ad   istanza  di  l>.  Do- 
aico  e  D.   Adriano  Acqoaviva  ,   fratelli   del  Con. 

ra  una  commedia  in  musica 
i  :      iccesse  che,  andando  gli  Acqua- 

ta pei  ervi  e  una  trovando   posto  per  la  molla 

[ridai  >no  che  lo  spettacolo  era  pei 


Anisi  Oiarn.  eiU  N.  3,  28  agosto  1081. 

Ivi.  N.  15,  il  oovembj  10  aovunbre  LflSl. 

eoa  P.  [31,  do»'i  un  ^uautto  di  dedita  della  Mi- 
mi Marcbxse  de  Ine  \'..l 

.poli  per  Carlo  l'orsi].'  K'.sj.  —  |jii.i.  Coli,  di  Mu«.-  Era  sialo 
ilo  la  prima  Tolta  a  Venezia  nel   |( 


—  188  — 

cavalieri;  chi  non  fosse  tele,  uscisse.  M< 

alcuni  gentiluomini  <li  Palazzo  spagnuoti,  pensando, 

turnhnente .  che  Cordine  non  li  le  non  si  do 

Gli  taquaviva  fecero  uscire  anche qu  n  mal  mod( 

li  v  i-  !■<  .  -'i'  -''i.ai.sHtno,  ordii»"  i-li-.:  l;Iì  \cquaviva  las< 
Napoli,  e  li  eoofinò,  come  in  carcere!  a  Tiropea1^ 
Il  teatro  di  San  Bartoiommeo  fu  rifatto  cotta  spesa  <!■ 
circa  ottom3fl  ducati  ■).  Il  PacichoUi ,  che  fapoll 

iutoroo  a  quel  tempo,  dice  :  gli  Armonici  pi  io 

pago  teatro  dietro  lo  Spedaletto;  non  pochi  gl'Istrioni, , 
Pure  questo  oago  teatro  non  aveva  se  non  due  i 
•  li  palchetti,  e  «  la  nobiltà  tutta  indifferentemef] 
a.i  as.-ditar  l'opera  nello  sc.ii.-  di  platea*  d   )  —  Quaodj 
il  teatro  tu  bruciato,  i  loealarii  erano   (in  dal  L679 
naro  deOe  Chiavi  e  Francesco  detta  Torre,  «Uè  lo  av< 
vano  fittali»  |h.t  setto  anni  e  |ii'i- (iiiO  ducati.  Oca  che  lo 

va   i-i  fatto  iiimvo,  la  Casa  Santa  intenti'»  U'iudi/.io  par 

adesione;  tanto  più,  che  c'erano  offerte  di  1300  ducati. 
Ma,  o  che  la  lite  fosse  persa,  o  che  si  venisse  a  ui 
composizione)  cerio  »'■  ohe,  nel  1683,  Gennaro  delle  Chiat 
(architetto teatrale, come    appiamo)  era  an<  >raimpre 

Infatti,  in  quell'anno,  dedicava  al  marchese  del  Carpii 
la  Ficrdispinù  dramma  per  musica   ranni  io  di 

:,-,,  .li  s   Bartolomeo  di  Napoli.  *)  —  Neil"    - 
anno,  al  s.  Bartolommea,  il  Lisimaco  '•). 

')  CoDforto.  fd  an. 

*)  Libro  puiriinoiiialv  di 

*)  Memoriti  dei  vieu/i/i  toc   l    ài,  P    101. 

•)  Ai.  In. ...  di  Stato.  Carlo  T.»tri.  F.  I. 

*)  Da  -aiioDu  forense,  .Idia  qua  Ir-  debbo  il  MBtO  -il  i  I.     ' 

Arinl'il'-. 

°)   HÌR  .lei  Coli,  .li   HQt. 

1)  Il  Plorino  (IV,  li,  .la  .in  tolgo  la  oot 

.■ini  Sìiiil.iililn.  Ma  non  saprai  Adami  'li  l'ili  indù 
chi)  per  prova  ho  ricoaonciuto  spemo  sbagliata.  N«l  1GT.)  »i  mito  a 


—  180  — 

b  gli  impresari!  Nicola  *•  accar  mo 

■agni  l'architetto  Filippo  Schor,  e  Francesco  della 
\  «t  ili' ilo  di  Andrea  o  pittore 

ime  il  padre;  ma,  «  invaghitosi  «li  una  cantatrìce,  restò 
preso  al  (  i   maniera,  che,  posto  .la    parti; 

i  m-ili,  divenne  impresario  del  teatro   pei  e  impiat 
,.  »  »)  C  •  il  <lo  Dominici;  6  lecito,  non  dico  cre- 

charloT 
In  quell'anno  -i  dette  la  '/'  ■>«,  poesia  f'-r.sc  del 

musica  del  Draghi.  *)-— Nel  Palazzo  Reafej  ti  fu 
ita  del  Pompeo,  fon  ■  quello  de  I'  Mirali   I,   oa  aro 
i     '   limono,  la  prima  o  a  Napoli  ili  \ 

i  atti .   ma*  stro  Iella  Afa 

allora  dì  86  anni.  E  aap 
moli  a  rassegna.  —  Pbm- 
i  «ti    .    musico  del   Principe 

sere,  il  sig.  Giovanni  rlereok  .  a 
di  Marino  del  Contestabile  Colonna;  Sesto,  il 
«g.  Giuseppa   i  Giulia,  la  si».-4  Teresa  Laora 

.  la  sig."  Maria  Rosa  Borrìni;  Scipi 

Besci  .  della  Maestà  della 

Regina  ili  Svezia;  Mitridate,  il  sig.  G 

musico  del  Serenissimo  Duca  di  Modena;  f&sicrate,  la 

'udì  :  Farnaa  .  il  sig.  Giulio  Cavalletti  :  ffarpa 

Di       dico  Gennaro,  musico  d*  \  Duca  di  Gua- 

Capitano  Generale,  la  sig.a  Ortensia  Pala- 


on  Usin,  .li.  Ni  I    I68S  un 

l*Mtnaro  ritmi-  -     I 

—  In  Napi  1684.  liil'l.  >lel  Coli. 

J,  Monca,  rfr.  Oalvul,  i>.  a.  p.  10U    Florimo,  0.  e    IV,  I7M. 


—  190  - 

«lini.  —  Il  Grossi  é  degli"  di  nota.  Era  il  famoso 
m  i  pieno  della  sua  gloria  '  I. 

E  da  supporre  ohe  questi  cantanti  si  faces  ->ui 

Buche  sul  teatro  di  s.  Bartolommeo,  essendo  il  Kb 
Brinato  dagli  impresari}.  —  Vale  lo  et   r  Ejpemt- 

odramma  del  Dottor   Andrea  Perrucci  da 
rappresentarsi  nei  Regal  Paleggio  per  lo  i 

della  Maestà  di  l>-  Mnriatmn  il  Ausi 

to  ecc.  In  Napoli  MDCLXXXIV.  E  qui  la  musica  fa  'li 
Severo  de  Luca,  -i  tili  attori  furono  Antonio  Carra 
Paolo  Beaci,  Nicole  Ferretti,  Domenico  Graxiani,  Giulio 
alletti,  Rinaldo  <  alani"  ;  e  delle  donne,  Agata  I  barrano, 
Giulia  Francesca  Zuiìi,  Caterina  Scaraoi. 

Si  continuavano  sempre  ie  feste  di  Posilipo.  Quel  grazi 
gissimo  Ubretto  in  dialetto  napoletano,  ch'eia  Posiì 
ili  Pompeo  Samelli,  si  chinile  con  la  descrizione  -li 
data  dal  \  iceró  il  26  luglio  1684.  il  mare  eracopei 
feluche,  venuto  da  Napoli  e  dalle  isole.  Presso  il  p 
Medina   era  poeto  un  carro  lutto   imi  Hat-,  con  qu 
ruote  rosse,  e  tirato  da  due  cavalli  marini  : 
Nettuno  e  Teti,  e  suonatori  e  cantanti.  Più  in  qua,  a    ' 
lina,  una  gran  macchiiia,  in  forma  'li  teatro.  E  descrive 
lolla  delle  carn  ././e  sulla  piva,  pione  di  cavalieri  edam 
prendevano  sorbetti  e  gelati,  e  la  illuminazione  dalle 
la  sera;  e  i  fuochi  d'artifizio.  Il  marchese  del  Carpio  - 
Care  due  di  questo  feste,  pei  nomi  delle  due  Regin 


'i  <:ft\  intorno  a  lui  AdcfflOllO-  /  '  ■  III.      •■. 

La  i  estuante  Balla  Xuuva  Anioiagta  tfi  api  Qe  88.  — 

■  EUod  nel  Fanfittta  itila  iommka  anno  XI  (1889)  82,  83,  24,  25. 

*)  Vedi  libretto.  Arci»,  bla.  —  I  iV    il    Plorimo  a Henna   eì 

la  musica  fu  ik-iio  Scarlatti,  0.  a  IV.  178-*.». 

»)  PóttUetueta  <ì>  Potr&to  SanulH  MDCLXXXIV.  Rial  rapa  i 
ImManl    Napoli  D.  Morano,  MDCCCLXXXV.  Pagg  :  -die 

lustrazioni,  i>.  830. 


ai  - 

Per  la  stagione  1685-6,  dal  novembre  ti  marzi  ».  fu  an- 
ce 5)  —  Il  23  dicembre,  fu  recitate  1 1 
trmooici  a  Palazzo  la  loro  prima  commedia  dell'anno!  il 
■).  —  C  è  un  libretto  della  Si  ì«-l  1685, 

li.i    «I.-/1  ::l    Vi.       ■  ,  Urinala    il;i    I  >.    <  .  h't  :  i<  >    Si  Oppa,  e 

•«  ilU'indicaziono  degli  allori,  dia  furono,  olire  un  N.  N.  : 
sig.  Fatica  Mastrangelo,  lasig,.a  Antoni..   Balestriera*  il 
»,   Domenico  Ferro,   d  ii  sig.   Nicola  Grimaldi. 
in  .e  il  Futuro  Nicolino,  il  Cavaliere  di  S.  Marco? 

Zoafèseo  che  ne  dubito. 
Nel  1680,  forse  ii.-l  r/.oVE- 

,.  ')  —  Nel  mag  i  Napoli  il  Duca  di  Mantova, 

àone  all'ali  ni  Tre  He.  Il  \  li  ero  lo 

ma  ai  napoletani  non  fece  buona 
tanpr  Fu  notato  dì  troppa  temiliarità  a  poca  gra- 

l 'n  cronista  sotto  il  22  maggio: 

in  l'i  questo  Principe   molto  libidinoso  e 
Itìonl  spropositato  e  sce- 
ne quello,  rho  non  si  è  rimilo  di  levar  dalla  sua 
■ii.  bella  pezza  dei  suoi  Stati,  quaF  à  Casale  di 
[errato,  vendendola  al  Ré  'li  Francia),  ^i  ha  fatto  cen- 
ali appetiti  Nina  Scorano  canterina, 
;  i   rilo  lia  dormito  I-'  notte,  aM»nd"  latto  In  stessi • 
•ii  Giulietta,  ancor  lei  canterina.  »  ■) 
uiUi   della  Giulicttn  Zuffì  e  della   Caterina  Scorano, 


'l  Archivio  di  Modena.  Lèttere  da  Roma  di  II-  1% riroti  al  Dwflfl  . 

I  »»rii  lir»QÌ,  elio  attestato  la  venuta  di  Sifiue  a  Napoli,  mi  sono  stati 

i     uni    ii     '  .     \i|    ■  Millo. 

•fodere  i' offensore  ovvero  la  Stelliduura    Vendicante  wr,  ere.  In 
i       ..>  Pureile  1085.  — Hihl.  del  Coli,  di   Uà 

1688,  del.*  .li  N    Vaccai*  e 


—  192  — 

ohe  M  è  avuto  già  occ  di  nominare  —  Cosi 

....  cantavano    di  i    i  a  Napoli  ! 
Le  cronache  cii  i  ardano,  di  tanto  in  tanto,  le  ''■ 

avvenivano  i ice  ione  ili  recite  di  e  in  raso  pri- 

Per  provvedere  a  questi  inconvenienti,  fa  ratto  il 
1."  febbrai  i  1086  il  seguente  Bando  dalla  Gran   ' 
della  Vicaria:  «...  die  nessuna  persona  «li  qualità, 
et  condjtiooe  si  aia,  possa  far  Comedta  ia  sua  casi 

isso  ordine  di  s.  k.,  navendo  pi  [uesta  risoli 

zinne  per  giusti  motivi,  el  per  svitare  U  disordini,  ohe 
occasiona  di  tali  Comedie,  succedono  ;  conche,  la  i-m 

Contro  quelli,  che  conli'Mvoncrauuo.'i  dolio  Ranno,  resti 

serbata  -il  supreme  arbitrio  di  s.  K.  per  mandarla 
eseguire  a  proportione  del  suggetto  o  suggetti ,  che 
tino  néD'osservanza.  »  l)  — 
Duo  libretti  si  trovano  pel  Couipleannos  della  Regia 
madre,  Donna  Marianna,  del  dicembre  L686. 1  (noè il  Ci 
co  'a  Negropontti  l'atro,  ['Olimpia  Vendicata. 8)  Entrami. i 
erano  Btati  rei  itati  qualche  anno  pi-ima  a  \ 

i  «li  Antonio  Arcoleo,  musica  del  Gabrieli,  nel  l< 
L'altro,  poesìa  dell'Aureli,  musica  del  Fin  i  1661 

A.  quello  d<-i  Clearco  precede  la  seguente  dedica  di  Nicol 
Vaccaro  ai  Marchese  del  ('arino: 

Eccellentissimo  Signore, 

Imbarr.nl osi  già  Cleniv.u  nel   Teatro  di  Partano] 

■  >  sul  mar   di   Negroponte,   gli  conviene   passar  prìi 
Mar  Negro  delti?  ttampe    Venga  pur  egli  I 

delle  censure  dai  Satrapi,  o  bersagliai  >  dai  fulmini  delle  lìngue 


')  A.  ione dsilt. prammatiche  eec.  già  cit.  voi.  VI,  lite 

/nlerdktum  prmaUa  Comoedias  agore. 
*)  Vedili  .i,'il:t  l'.ibi.  da)  OolL  di  Mn 
*)  Galvani.  ».  .-.  68-3,  100. 


—  193  — 

ohe  non  teme  naufragij,  navigando  solto  la  Cinosura    hi 
Ftasl  V     l'i.  Io  gli  auguro   il    buon  viaggio;  e  so 

i;i  del  «li  lei  benigno  gradui  li  gius 

S*t  felice  al  l'orlo  della  sua  gloria,  ed  io  contento  all'i  mi 
4*1  mi  ;  io  ;  conche  pre-fondamento  m' inchi 

in  \.  li. 

oli  33  Dicembre  1G80. 

dtaMftf,  et  ossequent.  tenitore 
Nicola  Vacca ro 

■ 

f*wl  compleanno  del  Re,  bì  recito  od  Palazzo  Reale  il 
Nerone  t). 

i  1687 ,  pel  compleanno  di  D."  Marianna  si  recitò  in 

la  comedia:  dal  Male  il  Bene  •)  —  Nel  1888,  il 
*),  e  la  Rosmene  *);  il  6  novembre,  al  S.  Ilari' »- 
il  Flavio,  mosso  in  musica  dallo  Scarlatti,  l 
dedica  è  firmata  dal    Vaccaio  e  da  Andrea   del   l'o'  *); 
nel  «i  ,  la  solita  Don,*)— Nel  UJ89,  il  Tulio  0- 

i  'ala//.'.  Vi;  al  S.  Bartolommeo>  nel  camerale,  i'A- 
' ranno  *)\  il  6  novembre,  a  Palazzo,  V  Ama- 
tone Corsara  onero  l'Aioida,  musica-dei  Patatài  ino  ').  K, 

)    L'Allacci  (J>rammai.  od  175G.  col.  054)  dica:  ili  Nii»b   * 
:°,t    il  Signorolli:    Vitndr  «i.  v.  '.Tri. —  Ma,  CVTtO,  MAO 
iiauw  per  l'autore.  Un  Ntrotu  di  G.  C  Corradi,  musica  del  Pallaririrm, 
■•  iia.  —  Galvani,  o.  e.  p.  I 

"i  furto,  mi  an. 
1    r'Jurimo,  o.  e.  IV.  480. 

IL  di  Mac  —  Cfr.  Plurimo,  IV,  ». 

'  ^u  «eguitala  nel  carnevali-  Ufi.  Conforto,  ad  an.   Veli  UbMttO  india 
*L  Cd 
TJ  Glorino,  IV. 

del  Coli 
*•  ''lociu.o  IV,  180-1. 

13 


—  194  — 

non  so  su  qual  teatro,  il  Figlio  delle  Selce,  dramma  di 
('•irlo  Sigismondo  Capece  i). 
Nella  dedica  dtìlF Anacreonte  c'è,  r ultima  voli 
i,  la  Orma  di  Nicola  Vaecaro.  1.'  impresa  non 
aveva  fruttato.  Continua  il  de  Dominici  :  «  \  enne  a  coi 
sumarc,  non  solo  ciò  che  il  padre  gli  aveva  lascialo, 
perde  notabilmente  del  primo  valore  mostrato  noli:. 
tura.  Perciocché  ,  cessato   dopo    alcuni  anni  1*  im| 
tardi  s'avvidi?  del  peculio  dilapidato,  e  del  danno,  riw 
del  non  aver  <lato  opera  ai  pennelli;  onde,  per  rimetl 
e  per  sostentare  la  sua  famiglia,  cominciò  di  nuovo  a  di- 
pingere, ma  non  già  col  primiero  studio,  ecc.  » 2)  Certo,  dalle 
carte  dell'ospedale  degli  Incurabili,  appare  che  ncll- 
il  Vaecaro  non  pagò  il  fitto,  e  gli  furono  se 
Beanti   Egli  sulle  prime  oppose  eccezioni  ,  ma  poi  fece 
proposta  di  cedere,  loco  Jacilioris  exaciìonis,  un  annuo 
censo  enfiteutico  di  ducati  2l>,  d.-i  lui  posseduto  su  una 
casa  a  S.  Maria  (Ielle  Grazie:  proposta  accettala.  — Nel 
1G89,  lasciò  l'impresa  con  un  forte  debito  s).  Ecco  che, 
almeno  una  volta,    il  de  Dominici   non    ha  del   tutto  in- 
ventato ! 

Il  che  mi  dà  animo  di  continuare  a  sentirlo.  Con  ti 
i  danni,  ohe  gli  aveva  cagionati  il  teatro,  pur  -  Nicola  Vi 
caro,  egli  dicu,  i  non  sapeva  astenersi  i"  tempo  del 
nevate  dal  far  rappresentare  delle  commedio  in  casa  : 
pria,  eoi)  non  poco  dispendio  delhi  sua  borsa  'i  ».  —idi 
artisti  dilettanti  d'arte  drammatica  furono  molti.  11  de  !•• 


')  Vedi  Giunta.  Baffi,  il.  H 
»)  d«  Dominisi,  ••-  a.  ni.  Mfl 

*)  Vedi  libri  d'ri|ipuntameuti  sub  7  sol  triniti*  1688,  14  ottobre  1( 
Domandò  ed  ottenni'  eho  nudassero  in  conio  del  suo  debito  ciò  che 
■ptMAYt  per  avare  ingrandita  la  bocca  d'opera  e  l' indegno  del 
lo  «con*. 

*)  Ivi. 


—  195  — 

racconta,  spezialmente;,    di  Micli«"'laii^  aii- 

udo.  — Costui  era  figliuolo  'li  Cesare;  ma  poco 

pittura,  perchè  «  si  diede  con  una  brigata  d'amici 
•i»p|  die  all'improvviso.  ••  Faceva  egregia- 

meni  il  ohe  aveva  imparato  prima  ,  fan- 

,  >la  Andrea  Ciucci",  poi  da  Ciccio  Baldo;  anzi, 
'1  iiildo  ^li  aveva  regalato  una  maschera  de]  Pulcinella, 
fifoe.  di   Andrea.    Alcuni  signori   francesi  lo  senti- 

p  gnoi  i   e,  tornati  in  Rrau 

ne  parlarono  in  corte;  cosicché  Luigi  XIV  ,  m 

Ile  notizie,  l-  chiamò  ai  suoi  servigi  eòa  ricco 

s^Speodio.  •■  Andò  egli  con  due  suoi  compagai,  DM  non 

•Ho  applauso,   dappoiché  i  Francesi,  non  in- 

la  frase  napoiilana ,  nò  le  seompiozzo  del  Ptlt 

parte  goffa,  altro  dilette,  non  aveSDO  se  non 

'liael  che  nascea  dagli  utlcggiamonli  ridicoli  di  Mi 

<  nulo;  e,  peraltro,  egli  non  era  grazioso  so  non  quando 

.   co' suoi  compagni  napoletani.,  poiché  ì 

rancasi  non  s1  adattavano  al  nostro  modo  di  rap- 

aro  all'improvviso,  nò  capivano  la  di  lui  inteusii , 

egli  penava  a  muo\  i  II  Re,  tuttavia»  gli 

iììduò  la  pensiono  ;  ed  egli,  «  vedendosi  con  mille  luigi 

o  con  servidori  » ,  fece  ve- 
Francia  Cesare  sud  padre,  la  madre,  e  il  i 
uniglia  ;  preso  moglie,  ebbe  molti  figliuoli  e  mori, 
ffin  vecchio,  circa  il  —  Ma,  veramente,  il  Fran- 

gano non  mori,    anzi  appunto  esordi   in    Francia,  il 

■  .11  comi  a  (ranoesi, 
perchè  faceva  parte  della  compagnia  italiana;  la  quale,  allora, 
W  resto  quasi  interamente  francesizzata.  E  wris- 


l)  fr  Oominin  ll[.  8 

ì  Birtoh  Adolfo.  Scvnarii  ecc.  \mir.  CLXXXI,  ehfl  tra»  le  b uè  notizie 
*»N'op«ri  del  Campanlon,  *  <l»l  DictioHtwirt  des  thàUret 


—  196  — 


amo  die  piacque  poeo;  trovo  memoria  'li  Im  come  i  ì 

medito  re.  ')  —  Egli  introdusse  una  variazione  noi  co- 
stume di  Pulcinella .  imo  scrittore  francese  d*  ■  esa- 
gerò lo  due  gobbe,  mise  In  testa  un  cappello  ili 
con  due  peone  di  gafloj  e  divenne  cosi  simile  aJ  Puid 
nella  de  laJbire.Ma  un'immagine  d  i  rapprese*] 
invece,  3  Pulcinella  rolla,  mezza  maschera  i 

ette  mezzo  gialla  e  mezzo  rossa  intesta,  e  dogli  >' 
colori  il  largo  panck»tto,eioalzom.*)--Quando,  nel  vyji, 
i  comici  italiani  furono  licenziati  e  chiuso  il  loro  teatro 
per  quella  tale  Fauaae  prude,  che  parve  un'  allusione 
Madame  de  Maintcnon,  nella  compagnia  ira  ancora  M 

cbelangele  Finca  n/..-mo.  Cera  anche  un  Giuseppe  Torlordi 
Pascarieilo,  probabflmente  uno  dei  napoletani  partii. 

lui.  Il  l'Vacan/ano  ebbe  un  figlio,  ebe  fere  1"  Arlecchino. 

Il  do  Dominici  parla  anche   del  pittore  Onofrio  Loth, 
a  rappresentò  assai  bene  la  parie  'li  CooieUo  nelle 
comedie  all'improvviso»,  e  compose  degli  scenari.  U  suo 
scolaro,  Domenico  Grosso,  rappresentava  il  Dottor  i 
siano.  Girolamo  Cusati  era  biavissimo  nel  serio;  il  su 
forto  era  la  parte  di  San  Pietro  nell'  Opera  della 
sionc  ;  "  contribuiva  in  lui  la  sua  propria  figura,  •>! 
L'atte  e  L'attivila,  e  'I  suo  volto  rugoso  e  testa  calva,  che 

imodata  con  barba  fiuta,  »  ne  faceva  un  ottimo  S 
Pietro4). 

Pochi  forse  sapranno  che  Domenico  Antonio  1" 
l'autore  della  noti  dei  viceré,  era  un  com 

diante.  Si  chiamava  sul  teatro  Florindo  (  l' innamorato) 
e  recitò  non  solo  a  Napoli,  ma  anche  fuori.  Era  comi 


•)  tri. 

')  M.  Sand.  o.  o.  I.  133.  Vedi  tìK.  n.  fi. 

BtrUtli,  1.  '•.  —  Cfr.  Adcniollo.   Una  famiglia  di  comici  itatia 
cit.  paK.  X.LV-V], 

")  Dt  nominici,  o.  e.  Ili,  567,  568,  BTO 


-  197  — 

«Mia  Regina  di  Svezia  Una  sua  commedia,  tradotta  dallo 

stampata  a  Napoli,  colla  falsa  data  «li 
dcos,  167.%  '):  Amare  e   fìngerei  e    ni  Irò  o  é 

eruca  Antonio  Parrìno  detto  Fiorii* (in  Ce 
a  far  l'editore,  e  speriabnenta  l'e- 
ditore teatrale,  in  società  col  Muzio:  lino  al  1689,  o  II  in- 

.  i  libretti  teatrali  ei  rapati   dal  Persile  ;    i 

1689,  cominciano  il  Fan-ino  e  Muzio.  Facendo  il  libraio, 
compose  anche  e  Stampò  (1692  e  BSg.)  il  Teatro  eroico 
e  politico  dei   Viceré,  e  poi  le  altre  oper 

aedia  stampata  a  Varsavia  il  1699:  Im  tom- 
mtd'-  iu-rata  ovvero  i  Comici  eswninad,  appare 

'•ire  Ger  \<i/>n/etano  detto  Covi. 

■''  S.  .1.  S.  il  Dura  <ii  Brunewick,  Lùuneòui 
Gennaro  Sacchi  aveva  recitato  prima  a  Na- 
|t'li,  poi  era  Lombardia  ,  poi  a  Venezia,  e  nel 

168''  ìbblicato  :  Sempre  pince  la  ragione,   oj 

ernicotragisatirocomica,  e  nel  1C87,  la  Luna  ecclissata 
dalla  fede  trionfante  ecc., opera  anagrajnmalicomica*). — 
nirabile  Tartaglia  era   Carlo  Merlino  ,  portiere   del 
Consiglio  di  Napoli,  del  quale  fa  molte  lodi 
arii  motti  arguti  il  Perrucci  '). 
Carnevale  1690,  si  recitò  nel  Regio  Palazzo,  con 
•  a  dello  Scarlatti,  La  Rosaura.  Era  impresario 
»ra  Andrea  -lei  Po'.*)  —  Le  paure  delie    peste    feo  P 

!valo  del  1691,  le  commedie  e  le.  pn 
ioni.  M;i  poi  il  Viceré  dette  il  permesso  e  i  giorni  25  , 


')  Bartnli  F.  AV/;«-  «ve.  11,  7!  1-80. 

*)  Alla/v.  Il   —  Proprio  allora  forava  parte  (lolla  compagnia 

I»u«-a  di  Modena;  cfr.  Adolfo  Rartoli  Scenarii  «?cc  Pref.  pag.  CI.. 

ertoli,  o.  e.  Il,  140-  I 
.    332-3. 

-I  Bil.1    .1-1  roll.  di  Ma». 


26  0  27  febbraio    si    recitò  al  8.  Bartulommeo    V  opera 
dèH'Umawtù  ■'.  come  altri  se 
re.  lJ  —  Nel  10<>2.  rimi  ivatesi  le  paure,  il  2  febbra 
n-.it..  r  unica  opera  in  musica  da  cinque  personaggi  | 
lu  prima  volta,  non  avendo  S.  E.  voluto  permetterla  pri- 
ma •■  ")  —  Nel  1693  fu  rappresentai  ►,  I 

1.' umico  dtiU'ami'  <>  e,  il  /inmiro  <>'  so  3).  —  l'u  mu- 

i ni'.,  che  s'andava    !  (instane  no- 

mo a  Napoli,  era  ftfii  io*  Era  stato 

probabOmtote  feroe  <li  queste  ultime  recite,  i 

aiate.  Nel  febbraio  1)3,  finita  la  stagi 
Roma,  chiamato  dalla  Duchessa  «li  Me  -eia- 

ii;.v  catioliea,  «per  sentirlo'  qualche  giorno  n 

corrente  quadragesima,  ■  '). 

Lo  Scarlatti  continuava  a  darelsUOÌ  Capflavorì  al  8 
Bartolommer).  Nel  gennaio  1604,  si  rappre 
doacrc t  \  le]  ile  H'uns.  Era  impresario  -ili 

cola  Serino.  ') — Nel  rebbraio,  il  Pirro  e  Demetrio;  poi 
del  Morselli  ').  Tutti  e  due,  musica  dello  Scarlatti.  Il  Pirro 
e  Demetrio  specialmente  a  riuscì  mirabile.  »  —  Una  delle 
•  li  recita,  il  81  febbraio,  il  teatro  era  pi<  »:  if 

rè  era  nel  suo  palchetto;  molti  cavalieri,  per  dar  pò 
alle  dame,  s'erano  seduti  nella  prima  fila  di  Fra 

')  Conforlo,  aub  3  gnnnnio  25  febbraio   1601.   i'.ulifon,  a.l  arni. 
»)  Rulifnn.  —  C'A  un  libretto  dol  1692,  senza    ladicuì  I  -»tro. 

La  Pastorella  fida.  (Platino  0,  0.   IV. 

ni.  .-ili*  \r  h  Muli  Li  ded.1  allo  contessa  di  S.  Stefano  e  Armata 
ita  Antonio  di  Castro  Capitano  Tenente  dotta  Guardia  Ai-manna  occ;« 
vi  «i  toonU  ■  n-.-ite  antecedenti. 

«;  (JTiu'orto,  ad  an.— Noi  maggio  1603  mori    .  ino  Gaudioso, 

canonico  eunuco ,   àsA  quafo  parlano  tutti  i  diarati,  <•.  che  nuiu.it  A    uu 
tptUHaaé  «urioaiaaimj    — 

'•)  Flihl.  lai  Coli,  di  tnus.  —  La  dedica  al  conte  di  Santo  Stefano 
mata  da  N. Serino,  5  gennaio—  Galvaui,  o.  e 
")  Ivi  -  Galvani,  125. 


-  199  — 

Duca  di   relese,  suo  rio  D.  Wich  la  0  imaldot 
«ce,  fratello  del  Marchese  di  Etofca 
Alla  fine  del  primo  atl  laro  nel  teatro  D«  P  un 

ico,  ricco  mercante,  oh' ani  stato 
Eletto  del  Popolo  ,  e  con  lui  D.  Gennaro  e  D.  Man 

I  un  Lucina  ,  Capitano  di  Fanteria   suo  /io. 
fi   Lucina  prese  posto  nella  quinta  fila;  il  D  Anna  e  i  de 
'.no  sì  situarono  in  piedi,  innanzi  alla  scena.  Ma.  cosi, 
•modo  ai  cavalieri;  e  il  D'Anna,  Mite, 

.■il    Duca  di  Ti  ontochei  li  diase  di  scostarsi.  Il 

a  del  Cavaliere  ».  gli  risposo  die  ave- 
pagato  irò,  o  non  so  che    Itrol  H  Tdesc  gli 
?olto  colla  guardia  del  ;  imo.  Il  giovane 
.  ma  D.  (Jiuseppe  Capre.-,  pronto 
il  lampo  .   li»  trafisse  con  una    profonda   stoccj 
Cadde  il  i           ;  i  suoi  compagni  -    smarrirono;  il  Lu- 
cina  si  precipitò    dal  suo    posto   eolla  spada    sguainata. 

1*0  lo  l'Ofto  del  teatro;  tuttavia,  il  Caj 
*  il  Telesc  furono  lasciati  scappare  e  si  rifugiarono    in 
chiesa.  Il  tumulto  era  gì  mo;  ma  il  Viceré  ordinò 

utinuasse  la  rappresentazione.  Il  povero  d'Anna 
fu  h  a  ii,.|  padre  .  che,  al  vederlo  mori- 

la.'  giorni  il 
•  molto  rassegnato  in  Dio,  pregando  suo  padre  a  | 

essori,  poiché  lui  se  l'aveva  merita- 
lo. »  Il  delitto  eia  laeaae  rruyestatis,  essendo  a\ venuto 
alla  a  del  Viceré.   Il  Telesc  e  il  Capace  si  disse 

che  fuggi  ali  uni  giorni  dopo  a  Benevento.  Duecom- 

pagii  kluli   spalimeli  furono  mandati    par  castigo 

jlla  terra  di  Telesc.   Furono  sequestrati  al  duca  tutti  gli 
felli  feudali  e  burgeusatici.  ') — Nel  luglio  95,  Don  Ci u- 

^ooforto  sub  21.  20  febb,    !  "ssit/i.—  Unn  umile    notizia  è 

natia  Cranica  Al»,  di  Km  Co-Uovo  «io    Napoli,    predicatore  Cappuccino, 
WM-  Nat 


—  300  — 


seppe  Capecc,  tornalo  di  Germania,  Fu  arre  ;  Avi 

travistili)  da  villano.  Si  diceva  .  bbe  mandato  ni 

castello  ili  Baia,  «  ove  purgare  il  suo  peccalo,  massimi 
in  questa  stagione  calorosa,  senz'andarlo  a  purgare  uel- 
l  alno  mondo!  >■  Ma,  invece,  ta  mandato  a  Portokmgone  ') 

I   lettori  avranno  I acilmcntu  riconosciuto  in  lui  quel  Giu- 
seppe  Capece  ,  destinato    a  una  parte   importanti:- 
nella  congiura  di  Macchia,  e  morto   poi,  eroicamente. 
nella  KaHnglift  di  Montevergino  *). — 

Il  Principe  'li  Caramanico,  Don  Domenico  d'Aquino 
passava  a  Napoli  per  un  grando  avaro.  Neil'  aprili 

i  scopri   incinta  sua  moglie, D.  Teresa  Migliaia 
Egli  prese  quest'occasione  per  rialzarsi  nell'opinione  de 
suoi  concittadini.  Fece  (are  tot  Teatro  famoso  di  come- 
dia  nella  sua  casa  a  Ghiaia,  presso  Piedi;  Qui,  pei 
tutta  Testate,  due  volte  la  settimana,  furono  recitate,  cou 
grande  magnificenza,  scruta  risparmio  d 
delle  comedie,  dai  migliori  comici  della  città  3). 

Mattcuccio  lasciò  Napoli,  noli'  aprile,  chiamato  in  Gì 
mania  dall'  Imperatore  a  cantare  nella  sua  cappella,  con 
tremila  scudi,  comesi  disse,  di  stipendio.  Ma,  nel  giugno, 
era  già  tornato,  perché,  al  contine,  nell'entrare  in  Gei 
nia,  si  tìnse,  ammalato,  disse  che  quel  clima  non  gli 
faceva,  e  mandò  le  sue  scuse.  Scuse  ;  perchè  altra  era 
la  oera  cagione,   Se  ti ihe,  il  rosignuoìo  di  Napoli 


•)  Conforto.  IV  voi.  in*.  Bibl.  .li  S.  Martino  (lO&ó-U)  p.  82-3. 

*)  Cfr.  A.  Granito.  Storia  della  congiura  (lei  I*rincipe  di  Afacrhta. 
Napoli  1801,  voi.  1.  p,  39-12,  che  cava  corto  il  «uo  ragguaglio  da  do- 
i-uin.'iii  -1'  n  :  Invio,  tu  e**»,  il  seguito  dell'  aflutv,  v  gli  ulteriori  dealiai 
dui  Telino  t«  d»l  Capece:  ptm< 

J)  Conforto,  voi  11,  ms,  di  S.  Martino,  p.  44 — Il  Conforto  nota  n*l 
naiii  1004,  l'intartoatO  dal  Cardinal  Ottolioui  al  teatro  di  S.  Bari. 
hi  «lice  ftt  mio  olia  IMO  v'iiit«'ivéniw«»iv  di  uawo^to  Cautelino  (arci*. 
ftp.)  «•  Orsini  (orciv.  di  Bah  evento)  ecc.  p.  6. 


-lini 

? 


—  201  — 

■    i 

ivi.1  vi   m  i  noo 

i  :  •    Ai,  perché  aventi"  una   .  :  Vngelo,  e 

demente  favorito  dal  signor  Vii 
,   \nlini  .  qui  ,  e  ito  dalle  Dame 

ride  la  medesima  fortuna  a  Vienna 
In  quel  novembre,  si  rappre       uva  a  Pai  tós    ti  V.  .• 
■  i  Cantori  d'Italia ,  fatti  d 
oggoii"  venir  qui  da  S,  E        1  —  Nel  dicembre 

al  s.  Bari  1    1  tifassimo  Buppiene^  music*] 

i« 


XIII. 

//  Mi  nocamento 

mméo  -  Cronm  &-1707) 

a,  Duca  «li  Meójnaeeli,  è,  per  av- 

1  io  i-  il  maggiore  dei  V  pagnuoli  filo- 
dravmniatici  :  *  gran  protettore  di  Hit 

dai  -11  .  quando 
B    Roma  nel   ISOfi ,   menava  scoi  la  famosa  An- 
dana la  Giorgina,  col  titolo  di  prima  dama 
moglie.  Le  avventura  delle  Gioì 


ol.  IV,  p.  1:,  W,  127-8. 

Giornali  di  Naji.  pressa   I».  A.  Panino  o  Cnm.   Cavalli.  — 

ubr«  I  libretto  adii  Bll 

i-  riferirsi  u  questo  tempri  la  | 
«  dell1  i^ra  dal  .  del  Minotauro  <>  sin  Arianna  >;  ili  noi  : 

lei  l''\  i  in  :il  s.  Bur- 

tatoangiao,  «  à  diletto  di  farà  stravasali!:  ni   natta 

ri  oca,  IV 

11 


tacconiate,  col  garbo  che  gB  è  proprio,  dal!  Vi- 
nella  ,  brava  canterina,  cosici,  fin  da  giovinetta,  era 
.   ;  i    ut-I  bel  infililo   romano.  Capito  a  Roma 
168*3   iju<  i  ■  ile  i  >u<  a  d  Mani  isla  aro  l 

per  Napoli  qualche  prodi  musicale.  I  b  i 

rtare,  ne  restò  pre  che,  cjd 

andò  a  baciare  il  piede  ni  papa,   eli' era  In  ■  ■•    X — — 

avendogli  il  papi  iodato  che  cosa  :  ■  placiu^K 

<li  più  s  Roma  (e  s'aspettava  per  risposta  quale!  ^ 

o  qualche  reliquia  insigne!),  ['  ingenuo  duca  ■:  ■     ! 

canto  di  una  Eanchilla,  che  ai  suoi  giorni  non         i  se 

l'ugnale!»,  li  papa,  fuor  di  sé  per  la  meraviglia  rie    -A 

risposta,  dette  ordine  che  tutte  le  cantera]  «-s 

ero  in  monastero  o  uscissero  da  Roma.  Ma  laGiow    " 

i,  causa  dell'ordine,  seppe  sottrarvisi.  Quando   and 

gente  in  casa  per  prenderla,  disse  «li  voler  i  ,— '' 

i    .    antro  in  un'altra  stanza,  passò  per  un   corrid ~ 

□o  in  una  casa  vicina,  e  corse  a  rifugi  Ho  k 

idi  ali  «li  Cristine  di  Svena.  Con  la  Regina  ili  Si 
resti»  fino  al  16603  nel  qua!  anno,  morta  Cristina,  il  M 
naceli,  ambasciatore  di  Spagna  --i  Roma,  che  già  le  tenei 

gli  occhi  addosso,  tanto  sep| p  iddi  tori 

alle  pereecuzìon]  detta  curia  .  la  disputò  vittoriosamenl 

ni  luu-a  -li  Mantova  .  •  J 

sioni  soprai  e  le  dette  post.,  nella  Bua  famiglia  La  Duci 

■  li  Medinacell,  la  buona  Dona  Maria  de  lae  Nieves,  OS? 

l'in  )  Sandoval, 

dova  indursi  a  pregare  in  suo  nome  il  Duca  di  Mantoi 

«li  rinunciare  ai  tentatU  I     i    di  riacqu 

di  vendetta.   —  Il  Mi  i  di  Coulanges,  descrivondo 


i.  A.lcmollo.  LnueaturtTWM  tanta  mi  tempo  d'Inni- 

12  (ì  XXXIII.  — 1880  d.  206)  —  Ia  [Pan. 

filila  dell.  .,.  A.   111.—  1681   „. 


—  203  — 

i  i  principali  personaggi  della  società  Roma. 
■  «li  Porla  Pia,  di<  i ,  tra  r  il 

tur  d'  Espi 
l'air  piafli  levami  ; 

Madame  suri  ópon 

I  iiofgina  jaliui-sc, 
Y  vieat  avec  un  magnifiqua  Irain 
Apporrei-  son  chagrinl  ])  — 

i  ..'  I  Korgina,  vennero  il  suo  second 
Cari  ini  (donde  il  Dome),  e  sua  sorella  ,  Barbara 

::  J  VTeei ■•  :  i 
'"«•h...  chiacchierare  i  napoletani,  ai  quali  non  mancava 
suoi  andamenti  ». 
N  .'i  ca  i  citato  al  I 

■***otnoo,  tra  gli  altri  drammi,  Penelope  la  Casta,  poesia 

I''1  -Matteo  Noris,  musica  di  Alessandro  Scarlatti  *),  una 
'^•1U-  opere,  che  più  incontrò  a  quel  tempo  il  gusto  del 
lM*t »r»ii, ,.  •).  —  il  Medinaceti  •  nel]  aprile.   I  no  del 

i  di  e  aminare  il  teatro  rli  S.  B 
*'«':  Questo,  come  s' è  dòti  «io  due 

di  palchetti  •■  ').  Il  Medinoceli  ordinò  che  «  ' 
forma  più  cospicua  e  ni  i.  in  conformità 

-»-t«i  d'altre  i  I  governatori  degli  Incurabili 

idiscendere  al  gustoso  desiderio  del 


««.« 


_#     Ammollo,  /  teatri  di  Roma,  p. 
>     Ptmlopi   in  Quia  ,  D  ita  da  rappres.  nel  teatro  ài 

Bartolomeo.   Consacrata   air  I.  Signora  cw.  />.  Amia 

ina  la  Cerda  ed  Aragona,  redota  della  Felice  memoria  deli Eteri- 
*j.  j  ■  co    In  Yi,h>!    U190, 

—  I  m  dedira  di  nata  ila 

imi.—  Allo  Bcarìnttl  l'attribuisce  il  Florimo,  a   e. 
124,  /       i  i        ;  . 

"*>    V.  «prm  Gap.   XII. 


iva 


—  204  — 

fecero  il  teatro,  diroccarono  motti  mi 
l«i  cisterna  dell'olio,  e  altre  officine;  ì  deputati  della 
tificazione,  acqua  e  mattonata,  per  effetto  di  biglietti 

cereale]  ronrossero  gratis  una   vincila,   *  <ho  «lìllà  stradasi 

di  5.  Bartolommeo  andava  nel  vico  "~- 

c  clie  era   necessaria  per  allungare  il  teatro.  La   pi 
l'u  formata  «  dai  maggiori  ingegneri  della  I  rata 

come  ili  Palazzo  ■•.  Mi  i -    inizio  non  basi  ora    z 

cosicché  si  fu  costretti  ire  una  casa,  ch'era  ac — 

cani"  alla  vinetto,  ili  proprietà  <i'vi  monastero  ili  S,  Chiara, 
e,  non  bastando  anroraj  un' altra  casa  contigua,  che  d 
sulla  strada  di  S.  Bartolomraeo  e  appai 
stai  o  'li  S.  Luigi  'li  Palazzo  '.). — 

Il  f>  maggio,  il  Viceré  andò  con  gran  pompa  alla  ' 
.lei  l'ivi,  i  thirlaodaij  nella  chiesa  dei  Gcrolomini.  Qui  I  ■■  e 

I:l  sua  appai  u  una  il  •//.•  ricchissime  dette 

-i  ime  della  Viceregina,  -  io  p>nin  luogo  .  .  .  la 
Vogala  Giorgi  (su  i  detta  la  Giorgina,  eccellente  coota- 
o  *). 
Ma  cominciarono  subito  anche  le  satire.   Poco  lemp< 

dopo,  di  latti,  si  disse  che  s'era  Irò \ alo  affisso  al  «li-' 

di  Palazzo  (che  fu, In  certo  modo,  il  Pasquino  -li  Na| 
un  cartello,  che  diceva: 

Se  a'  ò  ghiuLn  lo  mi. coglione, 

•liuto  lo  coglione, 
Che  se  cene  la  Giorgina, 
E  n.ii  pensa  alla  farina!3)  — 

')  A  reti.  'k-Jfli  Ino.  Ubro  patrimoniale»  I.  e.  —  In  questo    rifiutili] 
i  tolto  «  un  «pitaffio  «li  raanoo,  ch'orari  mila  porta  antica  »  t 
che  contoDovn  il  pririlegio  di  Filippo  11.  —  Gfr.  Parrinol 
rtom  notisti  ■'>  1716,  p, 

*)  i  l'imi,!,  m*.  Hit)].  S.  Martino,  roL  IV.  p, 

i 


-  205  — 

l   igiio  Ionio  a  Napoli,  da  V  ien    i   M  ;  ■  Aveva 

lolle  scuse,  che  gli  b'  orano  mandali  Me 

!  che  non  sapeva  star  lontano  da  «    questa 
i  e  era  amato  da  lutti,  e  parli'  •  • .!.  He  d: 

r  bel  giovane  ed  eunuco  <  al 
ora  i  "■«..•  >  l). 
i  >  i  omiuciata  la  sta- 

silipo,  il  \  )  I  il  par 

lazs  i  Cantalu  i  i  ti  sue  seguila  alle 

solile  mai  li.  il  15,  si  canto  una  serenala 

declìcata  alle  dami  he  vi  concorsero  tutte, 

il  fiore  dei  aUtighe  bene 

l  •  ibbate  •.  Matteuccio  foce  Adonéi  l'Aquilano  (t),  Am 
«•   I- i    canterina Bombace,  Venere  *)►  Quest'ultima  sì  cbia- 

Mni.-«  x;i  \  rarquini,  dotta  la  Bombace. 

I  i    86  luglio,  per  S.  Anna,  nome  della  \'  agoa, 

il     X  ne  ;i   Largo  di  Palazzo  lochina  a 

foi  »  taa  d'anfiteatro,  illuminar:»  da  700  I  irete  e  700  lam- 
pK>i  w ,  do  canto  il  Trionfo  delle  Stagioni,  eoa  50 

i  e  150  strumenti  B).— 
&  ì  badava,  intanto,  a  riunire  una  bella  comy- 
\":»V •  «•Mura  del  nuovo  teatro.  Il  Sassano  non  ne  fere    . 
'    .»  ■•  —  dice  il  Conforto,  l'iucllo  stesso  ' 

c  suole  chiamarlo  ordinariamente  il  roeignuolol},— 

>V  suo  ritorno  qui  da  Germania,  è  montato  in  gran  su- 

ofirbìa,  non  faceii'i"  stima  di  personaggio  alcuno,  benché 

Sulla  fino   dell'ottobre,  il  Viceré,  un   giorno, 

li  malumore,  'li-  «  •  i«  ì  ii  i  •  *  al  Capitano  della  Guardia 

i  '  manda  >se  a  chiamare.  Il  Matteuccio  si  scusò,  porche 

indisposto.  1  ii"  non  ammise  la  scusa»  e  mandò  la 


ai  i 

•)  Ivi. 

p.  851. 


—  806  — 

seconda  e  terza  volta;  ma  invano.  Intanto  il  \  i 
fastidito  dell'indugio,    ne  chiese  la   ragione.    Figli 

'  Subito,  MaUeuccio  «  andasse  a  . 
in  galera]  ■>  Ma  la   Viceregmn   intercedette,  mitigò  l'in 
del  marito,  venire  Matteuccio,  gli  disse  tutto,  K 

rimproverò  se  veramente]  e  I"  condusse  al  Viceré,  eli 
Beaza  guardarlo,  gli  volse  le  spalle,  contro  nelle  sue  et 
e*).  Dopo  questo,  (a  meno  meraviglia  il  non  vederli 
nella  coinpagnia  dei  cantanti  del  Novembre. 

Questa  i  ompagoia  ei  a  composta  del  flore  dei 
dltalia.  —  C'era,  prima  'li  tutte,  I;'  bolognese  Slaria  Madda- 
lena Musi,  detta  l^i  Mignatta  1  del  Serenissima  Dm 
Mantova:  la  migliore  pròna  il  cui  prezzo  si 

lutava  •■>  -"'in»  doble  9«  (  rl  < 

del  Serenis.-imo  di  Mantova,  o  la  Bombava.  Il  primo  uomo 

Domonico   Cecili  detto  il  Cortona, 
di  Mantova;  inoltre,  Giuseppe  Scaccia,  del  Serenìssima 
Parma,  Francesco  Sandrì,  Antonio  Prodieri,   noto  anch< 
come  compositore,  e  Giamb  Cavana,  del  Seri 

BÙno  di  Mantova  •). 

Il  Modulaceli  dava  3000  ducati  d'aiuto  ili  costa  al! 
paltatore.  Fu  allora  clic  crebbe  V  ingerenza  dell'  Uditi 
del  <  apitano  della  guardia  nelle  cose  del  t« 

betti  erano  destinati  per  ri  dir  ire,  pel  Capitano,  pi 
leni  nte  'li  costui,  e  pei  Giudici  della  Vicaria  '). 

Il  nuovo  teatro  era  bello  e  ricco,  e,  special rtte    a 

pace  d' ogni  gran  macchina  teatrale  »  :;t.  Le  file  dei  ps 

•)  Conforto,  294-0. 
■>  iti. .  i  T.nin  di  Bologna,  p.  96,  «  cfr.   aneto  p,  [SS-6^  1S9,  370, 
374,  407. 

i  <  iv.  A'ì.iiimIIii  a  EUcd  opp.  dt 
•)  IUpprafl*nbiiiotit-  d«0a  C.  S.  a  parere  dal   Dm  i 
—  Cai-te  Ti-nii  !.  I.  Ai.  ha..  .li  I 
I  '     uforlo,   . 


—  207  — 

dati"  i  divenute  cinque  V'erano  annessi  In  ap- 

paiamenti, una  parte  dei  quali  per  gli  usi  del  teatro  La 

•  ..si  Snni.'i  vi  aveva  speso  6614  ducati,  più  un  ani 
causo  di  84  ducali  *).  Ed  ecco  un  altro  servigio,  fòrtu- 
ultimi,  reso  dal*  Ospedale  al  Teatro  I 

li  i  ito  la  prima  opera  vi.  il  libretto 

*  questo  I  Comodo   Anioni/io,    Iiiaw  de- 

dicatc  off  RI  toc.  Donna  Maria  ile  Gir 

I  .a  poesia  ora  di  1' rau  Ilaria.  Bs 

Indi  Scarlatti  la  musica/  La   Rìeciooi  fece   GìuUa'.  la 
atta,  Pompeiano;  la  Bomba*  :  il  Con 

iri,   Elio,  il  Ca 
no ,  il  Prodieri,  Lisa,  a  Li  musici  recitanti  sono  li 
■>glìori,ehe  s'abbiano  potuto  Ira  l'Italia, fatti  ve* 

i|ie     cor»  grossi  stipendii  da  questo  signor  '■■  i  'i. 

U«i  ;  del  Viceré  no  i  ara    iti  <  li  ale. 

'•••  1  »  Dgue  satiriche  chiacchieravano  sulla  hfig 

He*    toni  "ini    l'ini'.    Col    Mulinaceli    Napoli 

ra    diventata  una  specie  d'isola  di  Giuro  '),  —  Nel  geni- 
;  parlava  di  un  mati-inuuuo,  r\,<>.  era  per  i 

vaglia,  sorella  della  Giorgina*  o  Don 
Galiano,  d'ottima  famiglia,  figlio  d'  un  regio  C 

-ornila  ducali  di  dote;  D.  Martino, 
i   ii  itei  stato  promossi  i 

I  ».  Emanuele,  dottore  di  le.  ara- 

ta, a  Non  -i  può  ne- 
1  6  disparita»  di  qualità,  ssaendo  anche 

l«Me  sorelle    di    poco   buon  nome  e  particolarmente 
'la  detta  la  Giorgina,  ma  cosi  buona  date  In  contante 

(egli  Ju'rur.  Libro  [uti  ini.  1.  v.  —  V.  An:h:  di  Si.  Carlo  Teatri, 
]  S.   Bari 

li.    MI  US. 

ir.  T.  Corafr  Dalle  oc.  Stor.  Libro  III. 


—  208  — 

e  l'ai  <1"  avanzamento  ili  posto  n 

di  toga  ogni  disuguaglianza  uguagliai  9  x)  —  Le 
mnrono:  mala  Barbara  non  1 .  perdette  Diente;  perché  s\ 
poco  dopo,  I).  Bartolommeo  di   Specchio,  che 
d'Orbetelloi  II  88  settembre  1698,  | 
1  del  loro  primo  figlio,  (cui  fu  postoli  nome  di  Lui 
ce  gran  rausioa  neHa  cappella  «li  Palasse  ,  fuoz 
«pollano  Maggiore,  v'intervenoero  il  con  «noci 

1,  tutti  i  ministri  dai  tribunali  militati 
e  togati]  0  'I  Bere  dei  titolati  e  cavali  non 

-1  pò  e  al  rosse  bi  •   ui 

in  tante  di  Spagna  !   »  *) 

'l'air  la  fortuna  di  quelle  plebee  donnette  romane. 
Giorgina  maritava,  intanto,  une 
1000  ducati  «li  dote;  da  protetta  diventata  pi 

Il  Viceré,  COSa  strana,    dopo  tanti  anni,  ne  ora  sernj  1 
gelosissimo.   Era   romito,  sulla  Bue  del  1696,    1 
l'inverno  in  Napoli,  il  Prìncipe  dì  Santo  Buono.  1 
del  febbraio  seguente,  stando  al  teatro  n  sentiri 
al  Comodo    Antonino  no  seguirono  certo  alti* 
quali  mi  monomio  le  notizie  —  si  nfisc  a  guardare 
curiosità  0  inaisi  in  un  piccolo  le  di  lun 

chiara  vista,  vite  sa  lo  rac  1  nel  pugno,  la  Gioì* 

lava  in  un  palco  di  fronte,  con  altre  di  stu 
taglia.  Il  Modulaceli  se  ne   ;  •   Ki 

nita  l'opera,  mandò  a  Bara  un  reciso  e  rigoroso  mai 

al  Santo  l.iii'Hin  r\u-  ••  subito  jtul  SUO  feudo  d'  \- 

bruszo.  Il  Principe  si  scusò  che  -1  iva  trattando 
fa  1  onde,  che,  a  lasciarle,  ne  avrebbe  avuto  infinito  danjM 
Ma  Ir  suppliche  non  valsero,  fi  l'ordine  fa  replicato.  S 
il  Principe  di  Cellammare,  amico  del  Santobuono, 

>)  Contorto,  p.  ''17-.-.  1  [H.i  p,  :!ii). 

■)  iv,, ,,.  Eses-s, 

1  Iti,  :;;>g-8. 


tifi  — 

■.  istodaM  petto  ai  piedi  di  q  im- 

pHn»  In  grazia,  a  Queste  i       .  a  parer  d'aasetniatij 

in  Prin<  ìp        rei  nante,  ohe  «love 
ael  governare  e  I  in 

li  saiti plici  occhiate  :  forse  ai  ave 

ia ,  col  mirare  attentafloente  la 
glie)'  avesse  rapita  !       | 

6)  B   vcniifo    B  Napoli 

un  Inglese,  ci  i  orso,  «  qual  I 

».  L'ii  •  I  «  -  \  r  i  nini  si  r  esporlo  al  pun- 

ito buon  senso,  pens<  [ueUadiSan 

Bartolommoo  faceva  proprio  al  suo  caso.  5?avv!ò,  dunque 

1 1  il  musici  ■  <  lorfooa,  che  abitava, 
;!tri.  in  uno  degli  appartamenti  Bnnessij  gli  eep 
11  richiesta.  Il  Cortona  montò  sulle  (urie,  lo  cai 

a  ardito  di  pensare  di  servirsi 
d'un  teatro, oos!  magnifico  a  reato  per  una  urtceonerii 
di  giochi  rii  un  animale  1  »  Il  povero  Inglese,  cosi  inghi- 

iVIIora  il  Cortona  die  ordine  ni 
d  "1  rompe  come  fu  hi 

!..   .lll'l  I- 

;     -  1     mo.  Il  1  !orton;i,  il  qualti,  comi' 

un  gran  Pi  li  ranl  iva  del  fatto,  e  difendeva  I  servi, 

m  .  fu  e fotta  il  ilia 

ili  :ii  corpo  di  guardia  di  Patata.  l>i 
igg    (0,1  ì  disse,  fu  fallo  (uggire  dal  Viceré) 

1      forno  :il  sii  1  :). 

1  ìiungeva   in  qi  mp        Napoli   la    notizia   d 

,'.  ratto  ardii  bugiare  sulla  pube 
ria  Ira  Rolog  irrai  a    1  il  ma  MarsUI,  p  n   un  1 

con  una  sua  sorella  ■).  —  I 

«)  Confai  '  -fl. 

yi-5  sub  marco  I0U7. 


-  21"  - 


compagnia,  fnrmafa  per  l'anno  seguente,  ava 

Musi,  la  Borabace,  il  Sante  e  il  Cavana,  Dei  i  i 
Nfto  chiamati  .\:  !  Grimaldi,  d 

virtuoso  dalia  lì.  Cappella  di 

■  li  S.  Marco:  venne  Lu  >inì  bolognese, 

la  J^'/'iciiiiua,  virtuosa  del  Duca  di  Mantova;  Gtov.  Bu 
DÌ  ,  miIuoso  di  S.  M.  Cesarea;   Giulio  Cavalieri,  v 
tuoeode!  Principe  Cardinal  de  Medici. 

Con  costoro,  fu  data,  nel  novembre  1687,  la  Cu 
Decemviri  detta  Stampiglia,  pessimo  dramma,  sul  «j 

Ito  Scarlatti  recala  sua  più beDa musica.  l)  M 
touccio  foco  Appi'*.  Nhnlmo  Icilio,  la  MignaHi  Valeri 
Lucia  Nannini  Virginia.  —  F. ,  nel  Carnevale  del  98,  il 
mìo  Scevola,  nel  quale  M  ,  NicoBoa 

femenoi  Muzio  Sceooìa  la  Mignatta,  Elisa  la  Nannin 

La  Giorgina,  manco  a  dirlo,  non  era  cantante  da  teal 
11  5  agosto  1698,01  un  gran  festino,  eoe  si  dette,  pel  i 
pleanuo  della  Vieeregina,  nel  Palazzo   «li  Cantahipo,  nel 

oketto  alla  reale,  «  la  signora  Giorgina  cauto 
Ange  ■  e  maestria  duo  ariette. «  3) — Com'è  noto, 

intorno  a  questo  tempo,  per  causa  indiretta  di  lei,  il  Duca 

d*  Air*. la  era  mandati,  in  castello,  •    sua  moglie  coni 
nelle  sue  terre.  Perche,  una  Bora  choc*  era  commedia  a 
Palazzo,  cercando  tf  enti-aro  la  Duchessa  d'.\  una 

scala,  per  la  quale  saliva  la  Duchessa  di  Popoli,  la  soi 
falla  Giorgina  voleva  passarle  innanzi.  1  servi  della  Du- 
chessa  bastonarone  i  su  ti    seggettieri.    fndi  ira/  ;   --li 
produssero  una  questione  politila  '), 


•)  La  Caduta  dei  Decemviri.  Napoli  10C*7  .   dodica 
altra  di  N.  Sei-tao,  ofr.  Florimu  o.  e.  IV.  8-7 

•)  // ifutiù  Semola  -t.-.i."  atriì  In  Nij 

1608,  por  Fa  n-i  u  ii  ••  Biotto.— Il  r*lorimo  l'attribuisca  allo  Scarlatt 

!)    Cullimi,,.    [Vi,    p.    492. 

*)  Uanerifl  U  Tilwria  Carato.  Ma.  L.  ili  —  Ofr.  A.  Grauiioo  e.' 


-  211  — 

M.v  ; li  Ila  ria,  di  quella  gloria, 

proverbiale  il  nome,  cosicché  -*  in- 
l'onu  lino  di   paragone  noi  nostri   scrittori  'li 

ni  dopo.  Cantare  rome  Matteria 
o  poeta  dialettale,  un  kù\  1 1    l  i 
■  ili  Vicaria,  componeva  il  a  <-u- 

in  sua  lode  : 

'^he  lu  scisto  a  cheile  prìmule  tceo 
iju  echio  d'uno  comrne  a  maccarone  . 
D'egira  lengoaggto,  d"  "^m-'  unzioni», 
le  laude  loje  chiù  dell'  ni 

atis'io)  disse:  Bèta  tiene 
Orfeo  '/  de  Anfinnt>; 

No    I  ":ih 

imme  <-rjnta  Ixjne  ! 
IO  flW  moiì'h,,  iii.i  no  p  !<•■•  chiedo 
Disse  no  vecchia'  ietto  (Uno, 

-■  ma/  »/  n 
Mi  Gioì  «disco  delle  ncbino, 

E  per  Dio,  disBo,  per  tgntir  StfWd 
Hi  «tóm  */  rioriM  «enj«  pmio  /  l) 

Finite  te  recito,  parli  per  le  Spagna,  e,  nel  noven 
;i  Madrid,  a  ben  veduto  o  accarezzato  »do  »  *). 

il   Tito  Manico  di  M 

iì  •!   iN.IIiirnli  ;  nel   iliroi libre  ,  il   Prigioniero 

fortunato  di  Fi  Viaria  Paglia,  musica  dello  Si 

i.   '  Oliato  e  febbraio,  hi  Partenope  'li  Silvio  Stani- 

ii  di  Luigi  Manzo. 3) —  L'Abate  Paglia  ò  raf- 

ii.»  del  tempo  in  un  Mida  con  ìeorecchic 


•ito  «lai  M:.i «.oraria.  MA.  —  p.  LO&-10& 

•)  Conforto  i»i,  513. 
»)  Cfr.  Plorin-i'  Il    biogr.  Scarlatti. 


—  212  — 

d   [sino,     d    i 

amori  e  'li  un  possìbile  matrimoi 

Questa  canterina  aveva  lumi  di  gentildonna.1)  1  n'ali 

Maddalena,  la  Manfredi,  nuo  a  di 

mera  dell'  Altezza  Reale  'li  Sa 

smori  oon  Placido  Dt  d  ò  raffigurata  itimi  Amori; 

■  he  si  trastulla  con  Vulcano  s>.  Oli  alir  iti,   oltre 

:  .collii  Grimaldi,  Cavana  e  Prodieri,  erano  la 

Ionia  Merzari,  il  sig.  Domenico  Sarti,  vii  Sei  Di 

d'AiroIa;  8  Luigi  Abbarelli,  virtuoso  del  -imo 

Modi 

Il  Viceré  aveva  pre  i   l     so  quest'anno  l'appalto 

Nei  libretti,  la  dedichooon  s  >no  [iiù  Ormate  dall'Imp 
La  compagnia  del  nuovo  ano  «  comprendeva  la  Miguatti  l« 
duo  Polaoohine  (perche  renne  aud  i  Nannini),  Mad- 

i  Giustiniani  e  Angela  Gheriug,  virtuosa  del  D 
'li  M  uomini,  X.  Pan 

Mi  Napoli,  l'Y.  Sandrij  Severo  Frangioni,  il  — 

Altri  attorìa  come  Vittoria    Rizzi,  ■■  Ftegini  P< 

tastai,  virtuose  de  <l!  Mantova,  I  iiu 

virtuoso  del  Principe  'li  Toscana,  ■<:•  Annibali, 

Principe  di  Palestrìna,  presero  parte  solo  in  qualcfa 

Ma  una  grande  attrattiva  '.lava  il  nome  del 
etntetto  decoratore  teatrale,  Ferdinando  Galli  del 
biena.  Qu<  ito  nome  illusi  sul  libre  l'Ingoi 

Nel  Li 
che:  «In  questo  arnie  1699,  per  altro  modo  inveì 
un  architetto  bok  ■>■  r  re  nparire  più  i 

detta  macchina,  si  fi  disfatto  'li  nuovo  il   tavolalo  a 
rifallo  in  altra  forma  ».  E  un  cronista  scrh  I  Bìbk 


')  Cfr.  Hi  96. 

')  Vedi  più  rilire. 

b.  di  SC  T  ii.  ■  ni,  Jel  Borgia. 

•)In  i   m.iu.  Ani.  l'ami, 


—  213  — 

renne  «  per  ordinare  uuov<  sionl  'li  scene  per  Top 

da  rappi esentar»  nel  teatro  'li  S.  Batr 
vendo  :i  tal  efletto  riformato  tutto  il  tea 
•  perù  del  Pubblico.  »  ') 
Ferdinando  Galli  (ICN   I  i  i  ;>  era  il  Bgliuolo  primogenito 
i  Maria,  e  '1  vero  perfezionatore  dell'indirizzo 
cel<  ''    genera  sione  d'artisti,  architetti 
pei  molti  anni,  ai  servigi  del 
luccio  II  di  Parma.  Nelle  bus    Varii  •  di 

■  delle  sue  fantasie  di  d 
!       passano  Bott'occuio  maestose, 

ardite,   vedute  d'effetto  pittoi  una  quantità  ili 

u  i  ora  ir  ora  sfrenali,  die  doo  la  cc<i 

locatori  lombardi,  un'in- 

.   dio  lia   a  sua   dtSPOSKBOne  UH 

tale  d'idoe  barocche.»*) — Napoli  vide  qufi 
leravi.  tro  di  S.  Bartolommeo. 

rono   Creonte  iii -anno  iti    /'.  hr, 

re  in  Alessandria  di  Francesco  Maria  Paglia;  gì'/n- 
mtu  che  fu  il  prime    componimento   teatrale  di 

ro<  italo  a  Venezia  nel  1699,  et  u 
al  Poli       ».  E  poi  l*  Eraclea  di  Silvio  Stampiglia, 
ca  dello  Scarlatti'). 

al  solito,  la  domenica,  divertimenti  a  Posi- 
►.  Il  \  la  Viceregina  vi  andavano  in  gondola, 

altre  gondole  da  quantità  grande  di  dame 
serviti  da  musicali  islromenti  et  armoniose 
?i  »  *).  —  Nel  giugno,   opera  in  musica  al  s.  (Sarto- 
casa  del  Dottor  Mattia  di  Franco ,  va 


-  ii.  io  4  voi.  col  tu  ilo  htoria  Voi  I, 

..  «;.  OorliU.  (!'■<  Jùchu  ./. .  BaroclutiU»  te  ùaUtu,  StoM  fui, 
f7.  Caj>.  XXI  IX-r  2  «g. 

i     cfr.    l'In;    •    ■■     ..     .       I 

i.  fot.  I 


nate  della  R.C.,  un  melodramma  Baerò  in  mu 
lolfltò:   //  Martirio  di   s.  pa 

ammirabile,  cosi   perii  virtuosi   giovani  che  i 
De  poi  la  musica  ed  atiro  •    ». 
Brano  afiora  in  Napoli  il  ('cui.-  e  la  Coni  ibernai 

che  abitavano  a  Posilipo,  nel  Palazzo  del  Princi 
vedere,  Nel  luglio,  pel  nome  della  Regina  di  Spa 

H  i  una  bellissima  serenala  a  quattro  vòei  »)—  l'i  l 

pleanno  delle  Contessa,  -\  fa  e  un 

del  l.*<  ggante  Carrfllo  a  Pizzofalcone  'i.  —  Nell'n 

mio  della  Viceregina  si  i  ipel  tue  più  rolto 
Palazzo  «lei  t  lantalupo,  una  commedia  in  musica,  tritìi 
l)ii!ì".  con  '•  ■■•  me  armoniche  voci,  posta  in  ni 

di  I  •  di  ore  maestro  di  captila  ,  Alea 
latti  »  *).  —  il  2.)  :i  i  dei  Lomos,  una 

media  spagnuola  ;  vi  re  i   il  Conte  e  la  i 

e  o  fu  cosa  veramenl     notabile   cedere  quei  due  Si 
recitare  con  tanta  grazia  e  leggiadria  ».  La  Co 
I*  intermezzo,  vestiva  da  ritlaneHa;  il  <  tonte 
Nel  -  -i  rappreseli»' ■  i 

music  tasale  di  Giugliano,  dedicata  allo 

Dos,  che  vi  sndd  più  voli  n      randi      imiti 

dama  g  cavalieri,  e  tu  di  mediocre  riuscita  »  ')-  K  cosi  *"t\ 
<ia  di  varie  altre  recite,  procurate  da  questi  Sigm 
A  principio  di  novembre,  le  notizie  della  ifennl 

del  Re  fecero  sospendere  i  concerti  dell'opera,  che  d 
rapprcscntar-M    pel  suo  nome  ').  Ma,    giunte  buoni 

pfem  del  Parino,  n.  22,  2  giugno;  n.  23,  8  giugno  ITI 
')  Istoria  Xapol.  ma.  I.  & 
»)   Ivi. 

*)  IrL—  Avviai  giornali  cit.  n.  32,  iO  ng.;  n.  34,  24  «gusto. 
»)  Ivi,  I,  9. 

«)  Iri.  I,  14.  —  Vedi  aneli*  Giornali,  n.  36,  7  wlUwnbre  1700. 
ivi.  I,  18. 


I 


-  215  - 


.  Mirino  gli  Armonia  la  Musi,  la  Mau- 

ecc.  Il  G  novembre,   nello  feste 

uperata  salute  del  Ke,  si  recitarono  a  Palazzo,  la 

i  dalla  nobil  penna  dell'ab. 
i  a  :a  Paj  'i  egregiamente  in  musk 

Filippo  Maria  CoDìneDi  t,  e  furono  agliata 
ili  al      Bartolommeo  *)•  Per  tutta  la  città,  i  teatri  co- 
minciai l'iio  la  loro  stagione.  I  Lemoa  davano  i  aoiitì  ti.it- 
lenimenti  drammatici  e  musicali 

tizia    della  morte   di    (  ario    li  e   tutto 
ùe.  —Nel  dicembre,  si  ricominciarono 
•  uj.it  .ili  t  ma   furono    sospesi  per   ordii] 

Liuti   li i j  ono   licenziati,  <•.  pi  ima  «li  tutti, 

nini   »,  taleiIB  Musi.   Il  \ 

mando  a  il  ire  •  m  grandi  impegni  .tifi 

trattenuta  a  Napoli,  perche  egli,  l'esl  l'ura, 

f:u'c  rappresentare  un'  opera.  La  Musi,  di    I  ranando, 
il  paga  lolle  tre  opere,  per  le  quali  et 

tua  colpa  se  non  si  recitavano:  più 

ducati,  pei  restaro  fino  all'estate.  AI  che  il  Vii 

a  parte  tutto  lo  efletto  dell'armonia,  »  dette 

nandò  subito  il  terzo  della  paga,  colP  ordine 

la  Napoli.  Se  non  che,      mise 

la  Duchessa  di  Maddaloni, 

e,  con  pi  in  quei  giorni  '>. 

i  la  proibizione  delle  comedie  nei  pubblici  teatri, 
o/iosa  —  dice  un  diarista  —  andava  ■•'  divori 

iversazioue  dei  buoni  comici,  rlio  maneg- 


'>An>.,  i  no».  1700.— Il  B>  BtftftL  stara  «porto 

livertimenlo  di  music»  e  ballo  »  ni  Mor- 
—  Antri  cit.  il  16,  16  ooi     1700. 


—  216  — 

gjav&no  bambocci  oel  I  istallo.  S  n — - 

i  •  a  lesta  e  vi  era  gran  concorso  di  gonte,  co 
ido  1'  opri-a  verso  le  ore  ".'  I  e  Qoh  d  *  — 

bambocci  cantarono  anche  I'  >|  tra  in  musica;  oc*. 
per  verità  .  non  nuova  '».    Un  Carlo  di?  Petris  i 
in  dodici  giorni,  un  libretto  apposta  por  ossi!  La  donna 
*«•/,. ,  •.'</  ni  pé  i  bambocci  usclvan 

teatro,  e,  di  liinlro  le  scene  ,  eai  i  i   virtuosi.  Il  di 

Peuis,  dice  l'avvertenza,  «  bavendol 
recitar  da  bambocci,  i  quali  non  possono   far  luti- ■ 
rorreltbc  l'è  stato  d' uopo  esser  tanto  -  •getfc 

e  d'episodii]  quant'essi  -  di  lingua  o  di  me 

La  musica  lìi  'li  Tomaso  di  Mauro,    «  del 
parlo,  perché  sai  obi  è,  e  in  che  | «radicamento 
nnissn  la  città  tutta.  K  giovane  e  si  contai  mo  i 

'•hi  della  sua  professione  d'imitarlo, se  non  d'uguaj 

Il  Carnovale  non    Fu  celebrato:  u  proibito  ; 
eomedie  nel  teatri,  ma  anche  la  maschera 
In  qualche  casa  particolare,  per  mantenersi  in  al 

iiiim-i.   -i   recitò  qualche  commedie  da  dilettanti 
la  più  riuscita,  recasi  io  casa  del  Dottor  Nicola  Amenti 

ino  la  di  ì  SS.  Apostoli,  intitolata  la  Fot- 

Basendone  lui  l'autore;  ed  un'altra  nel  Castello  del 
in  Casa  del  I  IO ,   in  tingila    napoletana,  ioti 


')  ivi.  I,  38. 

')  Sul  nolo  Attùiiiuoli  «  i  suoi  Lumicini  virtuosi,  efr.  Adcmollo 
/tome/,  p.  123  «  ag. 

*)  Drama  per  musica  del  affitto?    Catto    de  Petns  dedicato   al 
più  c/u  grande  ddl'  Illuslr.    rt  Eceell.   Signora    la  Signora  D.  Emik 
Caraffa     Duchessa    di  Maddalvni    de.    Musico    del   Signor   To'» 
Mauro.  Da  rapprtaenlarsi  in  questa  protmte  anm>  17  oi  >  dtl 

de  Bambocci  da  alcuni  >  , /alitano,    hi   .V 

poli  1701  /.  r  Michele  Luiiji  Muti».  —  N.  l'a^a 

deMaurti     Un    il    Ini    .1.-1    lini     M     .1, ,,,-.•    —   Bibl.  <li  S.   M.-irlim 

'i  ....  I.   ::<  -M). 


—  217  — 

i     ..-i-ita,  riuscirono  a*sai  «I. 

/.a  e  novità  dello  stile  non  mai  inte- 
o  ]). —  La  commedia  neockisaica  dall' Ameuta,  la  cora- 
li ■  mi-'  che  -ia  aori 
ito  letterario.  Nel  tempo  stesso  defi'Amenta,  co- 
lava a  Borire  l'Abate  Andrea  B                  id  la  sua 
accademico. 
Ni-i                       mo  da  Vcne/.ia  i  Lem         I)1  erano 

ale,  o  venne  anche  «  il  meu 
Grimaldi,  che  da  molto  tempo  mancava  da  Na- 
>li  «  ■)•  Il  9  marzo,  ael  teatro  di  S.  Bartoiommeo,  sire- 
uni  virtuosi  accademici  la  Rappresenta 
ne  del  Redentore,  che  riuscì   devotamente 
•ile;  e  tuttavia  si  continua  la  recita  con  gran  con- 
»rso »■).  Nell'aprile, il  Viivi  RSOttO 

pitaoo  delle  sue  guardie  signor  Mar- 
zolini, una  famosa  opera  in  musica,  intitolala  l.""- 
e  Berenice,  col  Qore  (.Ielle  voci  od  (Strumenti,  i -I; e 

avere,  di  cai  so 
anno  allo  -,  facendo   le   prove  con   plausibile 

.  p|>arecchiava  per  la  venuta  'li  Filippo  A": 
u  poi  recitata  al  S.  Bartoiommeo.  Oltre  il  Cavana  e 
.  .  -,  i  1 1  la  bolognesi  Lucia  Bo- 

tfaddalena  Bonavia;  la  signora   Fran- 

—  In  tari  provincia  ai  fecero 

igltando  occasiona  dalli  proelauuuDonadJ  Filippo  V.  Col  i  Hoo* 

ind  febbraio  mì  no  fero  ima  «  tutta  allusiva  itila  stessa  cerimonia  ». 
*\   *  Chi  t  ili  l>.  Fabrizio  C  no. — 

H.   i  -l.br.  1701. 
-giunga:  «  &'iut«so  «imilnwnUi  che  l'altro  famoso  rau- 

,  mandato 
wl*  lUtgiaa  al  Santuario  di  Loreto,  per  ab-uni-  gioii  di 


v  t'-.  '.»  nano  noi. 
■pr- 


tG 


—  218  — 

:t  Venirti,  virtuosa  del  Duca  di  Mantova,  NicoCi 

Grimaldi  o  Antonio  Lauri,  della  Roal  I  app<  Ila  di  Napoli 
Nell'agosto,  pél  compleanno  della  Vicei 
:i  'I  casino  del  Viceré  a  Posilipo,  «  una  commedia  in 
musica,  intitolata  il  i  Corinto,  opoi 

da ,  la  quale  riuscì   di  qualche 

aia  si  foco  in  casa  del  Reggente  d'Andra 
Mi'-  giardino  sopra  S.  Cail.i  alle  Mortelle.»  *) 

Nel  n   -<  >ppio  la  congiura  di  M 

qua!  dando  dal  ftolo  lato  teatrale,  Doteremo  ol 

i  congiurati  volevano  uccidere  il  ^  <  Me 

dina,  «  per  dove  solito  era  ogni  sera,  verso  le  tre  o  qui 
ore  della  notte,  il 

chese  Azzolini  suo  cavalle]  tuo,  a  da  due  cavalieri,  : 
tarsi  alla  casa  della  cantairfee  Maddalena  Donavia,  sua 
•nata.       I  I  5  noteremo  anche  che  le  fon  -on- 

giurati  dovevano  appiattarsi  nella  Hiiosa  di  .\f onserralo  e 
nel  teatro  dì  S.  Baffolommeo,  per  piombar  di  li  su  Castel- 
imi.ivo.  M  E! noteremo  che,  nel  punto  culminante  della  ri— 

[zione,  apparve  sulla  scena  il  poeta  tragico,  ìk s 
rio  Pananti,  creato  eletto  del  Popolo,  die,  al  Mercato, 
dito  su  una  botte  di  oastagnaro,  arringò  a)  pop 
pessimi  risultati.  Un  vecchio  popolano,  ruoli.,  accredita 
che  si  ricordava  il  1647  a  Masaniello,  >mpagui| 

(lupo  averlo   un  pezzo  ascoltato  :   «  Ce  so  li  Dobde  ;  la 

Diente  bona;  lassammele fare  a  111 
quanno  I  iccaje  o  nuje  per  causa  justa,  non  ce  ai 
a  niente;  jammonceone,  Hgliuli!  »  K  tutti  so  ne  and 

')  Vadl  lil>r.  Airh.  mus.  —All'Aquila  si  recitò  il  1701,    p*|   turni»  «li 
Filippo  V,  una  oomedia  :  //  tri  Ed    virtù  [€Hom.    cit,   a.   22,  SI 

moggio  1701). 

i  Istoria  ■'.■  v  ,,    tf    I    it. 

')  ivi,  i,  KM. 

M  Ivi,  l.  W-i, 


ito, 


—  21'.)  — 

■  Pansuti,  col  suo  bel  discoi 
'  i). 

;iura  attirò 
ii   contro   il  Medicaceli.   Le  satire   più  crudeli  e 
aro  per  la  città;  la  sua  lib 
il    tema  principale.  Nella  luti;.  ooliti,   la 

,  ,t  dalle  canterine  ! 
In  .  ittobi  e  1701  'li  Grà  I  irarùia 

1  i   lioal  Pigni  i   notizia  :  «  S'è. 

■  ia  del  Gigante  'li  Palazzo  uoa  scomunica 
aore:  ll><  via  ordinario,  declaramas 

llenIÌ88Ìmum  Do  ii  et 

Angelom  Gei  tomquom  publico*  eoa 

di   questo   ordino ,  to'  pubblic  ire   una 
ila  scudi  a  chi  p 
mattina»  ròi  il  medesimo  Luogo  un'altra 

a  ili  taglia  di  80mila  scudi  a  chi  portasse  la  testa 
ito!  o  ■) 
Il  22  novembre,  i  S.  Giovimi  a  Mare  un 

ie  più  popolare,  che  diceva:  Duca  di  Mtdi- 
i  farina  e  lassa  la  Giorgina;  <t  hav&no 

iure  un  giardini 
ra  0  di  ritatti  mi,  ti  .  '•/  capo  co- 

la tonti 
\  erse  la  line  dell'anno,  i  iute  la  sfuriata  di  qualche 

i  ma.  tornò  a  Napoli   la  Mignatti.  Il  19  dicembre, 

')    "i,  I  I  ,  I  ,  4)  i  il  vecchio 

io  un  magniloquente    livoreo,  chu  non  pntr  pronuniinre , 

lie  ìojio  trovalo  aalelL  Afa. — 
«3p<l.  I!  •••-•    \.  P.  in:  DìscvrtQ  intorno  alta  - 

trio  il  M  <-<>" 
<uti. 
'>  Rdcih  b  ottobre  1701.  —  Tra  le  lettera  >  gli  avvisi  autografi  «lei 
ima  ni  Cani.  l'igaateUi  ;  che  tono  alla  Bini  Nat. 
700-9.—  Aroh.  Stor.  Nap,  X.  il.'. 


—  220  — 

in  un'  opera   in   iiiiism;i,  elio  si    l'oro  a   l'alaZJ&O,  6880  Cr. 

la  prima  donna;   e  la  Manfredi  .    le  'I 

I'iiL-hwIiìih' ,   «mancandovi   il  signor   Grimaldi,   del 
Nicoli  no,  ohe  rii  ri  »v. -nasi  in  Venezia  a  l). 

Finalmente,  il  Duca  di  Medìnaoeli  fu  richiamato  e  la 
sciò  Napoli.  Delle  molte  satiro,  a  cui  questo  fatto  i 
occasione,  ne  noterò  alcune,  quasi  rie  Ioli 

sua  vita.  In  un  Testamento  fatto  dal 
Medinoceli  nel  lasciare  il  suo  Vie*  to  di  Nap& 

tra  gli  altri  lasciti  burleschi,  ce  alla  signora 

Angiola  Vagli»»  (.s/>),  •<  nostra  prima  moglie 'li  coscjeim 
e  alla  sorella  Ih'  Barbara,  a  seconda  moglie  di  wscien 

quello,  che  per  messo  nostro  possiede  p,  e  i 
Maddalena  Bonaria,  terza  moglie;  8  poi  ■  alle  signo 

■  Canterine,  parimenti  mogli  -li  cos  ».  Si  al- 

lude,  deplorando,  al  matrimonii,  che  non  ha  avu 
pò  di  far  seguire  tra  la  Musi  e  n.  Luzio  di  Sangro, 
Manfredi  e  1).  Placide  Dentice.  —  In  un'ultra  satira:  Nói 
dclli  libri  ritrurnii  arila  biblioteca  ecc.  c'è,  per  esempi 
mi  De  Coneubinis,  <licribux> 

i/ìissis  —  De  incesto  aliquandopermittendo  —  Rijlo 
•fiche  ed  UtUt  sopra  li  modi  e  figure   dell'  Ai 
delia  aignora  h."  Angiola    Vaglio  —  A4!  l'in- 

durre la  moglie  a  predare  il  marito  che  ami  la  pai 
del  medesimo  wv.  In   Un'altra:   Gallerìa  da  ritratti  <lrl- 

l'eci  .>'•■  Sig.  Duca,  ecc.  compariscono  ancora  i  sòliti  pe 

i.iggi  «lolla   cronaca  scandalo  '•!  nMalcnina  a 

Medinaceli  e  il  Conte  d'Etra   sono  figurati  in  una   S 

ma  insidiata  dai  due  cerchi.  Un  Aiteone  tra 
in  cerco  con    Diana  nel  bagno  ò  il  Governatore  d'Or* 
betcllo  o  la  sua  <1o-ii;i  consorte.  Un  Rinaldo  e  Armida 
giardino  incantato  sono  il  Medinaceli  e 


•/- 


')  istoria  di  Nap.  m*.  I    09, 


•  la  Giorgi 


—  221  — 

•l  quoto  giardino  pensilo  del  Rea]  Palazzo. Uà  Èrcole 
t/  Jole  :  il   Medinacel    circondato   dalla 

G  a,  dalle  due  Polacchine  e  dalle  Ire  Maddaleomea 

la  Duchessa  ■  ! 
'.'.  oli<         dalla  Ià  ■'■  l'a- 

usano degli  amoi  colta  Giorgi- 

■).  &  innocenza  perseguitata  dalli  sette  peccati 

i  rìti'atti  del  Principe  di  Torcila,  delle  due  Polac- 
ili'lld   !■•  Miildalenine,  <li  Francesca   Ventni,   o 
di  Lucia  Bonetti,  cantei  ine  '  '). 

In  sonetto  ano  diceva,  alludendo  alla  venute 

del  nuovo  Vie 

i.i,    diesi    che  '■'  I  •"  Vene  Agatone  . 

no  Palrtiru  è  lutto  revotal 
Ogn  uno  il.-  I     coi  M  à  desipei. 
E  Ifl  Giorgina  chiange  a  lo  pontone! 

E  un'altra  poesia  : 

Lo  Prospero  e  lo  Vescovo  e  accordato 

partenza  vosta,  sio  Medina; 
Uscia  sia  consolato, 
ir  parte  abbi 

Co  la  l         ma  o  co  l  iii.i. 

U  nu.f  oiron  Picaroru 


diario  napoletano  1700-30,  importali  te  ma.  posseduto  dal  eh.  Hart. 
Ipoaso  a  fu!  .i»  questa  qualità  del  Mauro. 

,    r  questa  «atire  un  ms.  dolio  Soc.  Stor.  iutit.  Varie  noti 

QD    ■  >."_'n.    \.    11.  SI',:    ;-:.i  ,i|i[>  il  I.  nulli    V     M    : 

.,1*.  .1/.  A".  |i.  110  e 
i    Ffa       m    V.  li.  96.  -  in  quello  della  Soe.  Sta 

.    «    Napolod  c*tà  niiiy  f<-li  BOB  la  idi  da] 

1  i      imo  iwcuJos  mortalo»,  respecto 
d*  qar  la  «oberbin  y  la   lux  uria  se  la»   lleva  cunsigu  ». 


Ilio 


-  m  — 

Difètti,  la  Giorgina  so  ne  andò  In  Ispngna,  doi 
anclie  una  parte  nella  tristo  fine,  die  fece  il  Medinaceli  ')■ 
A  Napoli  restò  la  sorella  Barbara  colmarli 
iI'OHm  irili i.   \n/i ,    quando  Filippo  V    venni 

andò  per  Orbetello,  il  Conte  <li  Lemoa  gli 
Donna  Barbara  Voglia,  moglie  del  comandante,  «quale 
ebbe  la  Ih. ma  di  salutare  co]  cappello  e  l'ammise  sì 
ciò  defla  mano  !  •) 

Forse  nel  Carnevale,  il  1702  fu  recitato  alS.Bartalommeo 
il  Tito  Sempronio  Gracco  dello  Stampiglia .  musica  «li 
Alessandro  Scarlatti  *).  --  Nell'aprile,  veon 
dicevo ,  Filippo  V.  Il  19  aprile,  ci   fu  a  Palazzo  Reale, 
a  osila  camera  del  Belvedere,  che  costa  cinquantamila  du- 
cati »,  una  famosa  Baronata  in  musica,  a  con  istrutti 
dalli  recitanti,  quafi  cantarono  le  ariette  dell'opera  i 
Quando  li  musici  lurono  pronti,  disse  il  Re:    l 
(rare  li  Cavalieri.  Uno  Spaginici 
detta  musica.  Risposo  :    ,SV  non   r/n> 
sica,  gusteranno  della  mia  persona; fateli  entrar 
Il  %  maggio,  mentre  il  Re  era  a  cena,  a  canto 
beo   concertata  Serenata  in  musica  del  virtù 
-li  cappella  Alessandro  Scarlatti  '■).  ES  l'8  maggio,  ci  fu 
ima  grande  recita  a  Palazzo,  un  dramma  intitolalo:  77- 
berio  ImjK  rotore  d? Oriente;  musica  di  Alessandro  S 
latti.  Magnifiche  le  decorazioni,  l'esecuzione,  uni.):  «  riu- 
sceiul<»  l'oiiera  cu  applausi»  unii 

•)  È  nolo  camp  finisse  il    Medi uatwli ,  divenuto    ministro    di 
il  Ì70U  .  imprigionalo   per   allo    Lradimuuto  ni  mano  1710,  mt-i 
prigione,  si  diflM  di  teli  no,  1*11  ITI".  La  Gioì  impri- 

I   ni.-ii/o  1711,  ii  Ii.miu  («'ir  li  ,  i  obbligata   ••■   riaci 

na  il  ITI  i    ini-..-  fini  li    ni  trita  In  Roma.—  -  Ilo, 

|  G  pò  V.  dal  iiulifoa. 

|    I  Imin.u.    p,    0.    IV.    I'l-ll. 

4i  l'i; u  io  i  i  BoMfoa,  LO  aprile  ito:.'. 
il  tfap,  ma,  l,  !«>'.'. 


22,'J . 

che  fu  del  maestra  della  Real  Cappella  Alessandro  Scar- 
latti, ma  ancora  per  le  i  Lecorazioni  delle  Beane  ■>■ 
82   oro   e  fini  a  un'ora  di    notte.    II  R 

'i,  Il  17  maggio,  ni  Oastel- 

Governatore  fece  recitare  uno  commedia   Bpa- 

iola,  intitolata:  Rendiersi  ccio/i,   dove  in> 

tervencero  l' ambasciadrice Duchessa  'li  [Jzoda,  la  Con- 

di    [.'•ii;»,    quella  ài    S.   Stetauo  ,    nuora   del    Vi- 
ecc.  8). 
U  lo  novembre,  S.  Bario]  >mmeo  riprese  le  sue  ri 

i,  musica  di  Francesco  Mancini  :,i.  Il  10 
recitò  il  Rodrigo  in  Algieri,  musica  di  Tom- 
maso Albinoni,  e  in  parte,  di  G.  B.  Studi,  virtuoso  della 
a  di  Lemos  ').  Eia  di  nuovo    impresario  Nicola 
Quanti  :iil.« «fi ,  (•'erano  il   Lauri  e  Nicola 

te  le  altre  erano  donne  :  la  Manfredi,  Virtuosa 

laniera  dell' A,   \l.  di  Savoia;  e  le   Maria  ('aterina 

Gohsariu,  detta  la   Todeackina,  e  Isabella  e  Anna  Maria 

Piedz,  virtuose  della  Contessa  «li  Lemos,  e  Angela 

<  il  Ser.mo  di  Mantova,,  e  Margherita 

i/./.i,  e  Ri     i  i .  Mitili-,  detto  lo    Vene 

Il  Dina  di  Medicaceli   aveva  badalo   un   debito  cogli 

li  di  ducati  3628*).  —  A  Nicola  Scrino  nel  1704  fa 

md  i  Fare  reeita  armonica  nel   teatro 

♦li  S.  Bartolommeo   o  maggio  prossimo  venturo,   Cs 

i  musici,  affine  di  rendere  detto  Teatro 
ij  il  che  non  facendo,  non  ritroverà  la  proni 
d'affittare  li  Baici  in  ti  che  per  |iriina  si  locavano;  et,  suc- 


')  I  io  t702  —Istoria  ili  Nap.  I,  111. 

MI 
if  I-.i  I,  alla  Coni  -   i  .li   S    Stilano. 

*,    Bolifeo.    1.   <■.    V.    lilir.   An  li.   M«.  —  Uciliirato   al    marcii,   di    Vili 
libretti.   Ar.li.   inUB. 

*)  Arch.  degi' locar.  Libro  d'appuntamenti.  22  giugno  17i>-.'. 


cedendo  deininuzione  nell'affitto  di  detti  0  la 

Santa  adesso  p  a  si  dichiara,  ecc.;  il  rianima    ^ 

detto  teatro  depende  dall' elettione  di  i";  >ni  virtù  ««■■ 

com'è  tenuto  fare  detto  Nicola,  affittatola  di  di"- 
pò.  j  M  -   i:ui-  ntemente  col  ;i  teatro  non 

più  all'altezza,  alla  quale  l'aveva  portato,  coDe  3ue  ti 
spesej  il  Pedinaceli. 

Negli  anni  seguenti,  s'ebbero  drammi  veneziani,  t 
quali  comincio  a  spuntarne  qualcuno  buono,  eli  Ape 

'i.  A  Napoli,  erano  adattati  all'uso  di  Napoli,  da 
Carlo  de  Patria,  poeta  teatrale,  ohe         m  aggitu 
le  scene  buffe,  E  dire  che  il  povero  Zeno,  per  riformai 
il  un  fodramma,  aveva  cominciato  appunl 

■  ii.:-  buffe  !  —  Noi   1700  c-urn|.i.n  i 
Andrea  del  Pò.— Francesco  Mancini  nm. 
Nella  fh  dello  Zeno,  del  1706,  parte  della  mu& 

i  d:i  Homeoko  Sano,  altro  gran  nomo  di  coi 
napoletano,  "«li  cui  tafama  n'èpur  troppo  chiara  (dà 
l'avvertenza)  in  occasiono  di  teatri,  oratori 
chiesa  ed  altro  d  *).  Il  del  P  '.in  un  altro  libi 

la  stravaganza  de  i  teatrali:  «Intorno  ali  di  al* 

cuni  dei  rappresentanti,  o  degli  altri,  che  comparirono 
teatro,  se  non  vedi  l'osservanza  dei  costumi,  ascrivi  «ut 

-  dìo  de* medesimi  '  »  ')  —  Degli  nitori, 
volo  a  Maria  Angelica  Bracci)  virtuosa  del  Cardinal 


»}    ivi.    m.!  ••    17IM. 

'•)  Yadi  Fiori  mo.  n.  r.    IV.   Ili-li.  —  .V  i  pei  calai 

della  opp.  in  mus.  n  ALPtoldruH 

1  .  -.1  ufo  ii|.|iorliiiu>  ili  rtCOOg.MI  li.'  Itili'  i     io»  Ma 

seguito,  metterò  solo  quelle  ehi  mi  ornirrono  . 

'   noi  UitO,   ik'Ul'  noto,  lo  opere  che    rn.m     n  >    i!   I  I.huu,».    V. 
mini  io.  Nat  giugno  1704,  ni  —  Ve 

flaa   H  alfti».  N.  B4,  Itibl.  .li  6.  Marti 

*)  Vedi  libr.  Griselda.  Alili,  tfu*. 
«)  /  1 706  —  \ 


-  225  — 


a  Vittoria    Nasi  notano   dei  Ser."»  £  Mantova; 
ioli  ;  ad  Angela  Caterina  Liti  la  la 

Pompilia  Jozzi;  a  Margarita  Salvagnini 
.ii .  ad  Anna  Maria  M  ini;  a  Ludo* 

v  •  iseppe  Ferrari;  ad  Angela  Magfiani;  ad 

_\  .  M.  «  -n  u  ina  V  b  i  ' i •  ■  >  i .  1 1  karofatina;  a  Do 

•  coli    •  'I. 
i  ii  pò,  ara  allora  b 

•li;  e,  nel  maggio  1704,  sin  i  Palazzo  una 

»  i    i  c&|  i  icciosa  favola  li" 

•HIJIII. mi      >';:.■ 

latro  dei  Fiorentini,  I  lorapagnii  Duole 

ne  vanii  ili  della  i  in  ago- 

.  I 
passionai  ognor  oresc       .  del 
lampo.  Che  rare!  —  /.'  Ergosto  droma  per  musica 
i  de  Petris  'In  recitarsi   nel   Teatro  dei  Fioraie- 
<  ,  ■  .  f>re  di  q\ 

<•  «I   primo  libretto,  cantal  routini.  Umnzio  Apicella 

.  un  bambino,  nipote  dal  Viceré,  ■■■  gi 

lice  che  fu  coni]       i  dall'  autore 

:i  non  con  altra  mira  «tivo  diporto  animare 

tjwn  gli  impieghi 

'.  »  Vale  a  dire  ,  interpetro    io,  n  passare  dalai 

prò»  i  e  che  non  fruttava ,  aita   n  eoe 

li  ti  danaro.   Al  drainmetta    pigliano  parte  varie 

,   che  sospirati hìs  i  di 

ì  sposano.  A  (.'.-irle  de  i: 
ìì  ato;  imposi  i  molli  i  iratori,  trenta 

La    musica,  dì  Tomaso  di  Mann». 

i   iilir.    \i.li 

■     ;  1704 

li p      ì    '■''    ì      M    io.  —  Arch.  rau*.  —  K  ila 

targarci  la  curiosa  distica  dell'  ^pic«Ua. 


—  888  — 

Manca  L'indicazione  degli  attori,  che  parrebbe  di 
ere,  io  parte,  la  stessa  compagnia  comica  del  ti 
Segui  subito   il  '  andatile   !•'■    di  Lidie  ,   i 
Sarro,  e  poi  nel  1707  I'  Amore  fra  gt  impossibili 
quali  i-'li  attori  erano  il  Ftistorini,  il  Lo  vero,  il  i 
il  Corrado,  le  Salvi  mini,  la  Galleraii,  la  Bracci,  la  P 
ec.      il  stessi,  insomma,  del  s.  Bartolommeo.    N 
mo  Gioacchino  Corrado,  cantante  buffo,  che  d 
pagneraVdal  170G  in  poi,  per  circa  quaranta  annil  '). 


XIV. 

Gli  Austriaci  «  Napoli  —  Cronaca  di  due  anni  (ITI 

/  Fiorentini  e  l'  opera  buffa  —  Lfl  -  Cor 

itoti  e  cantanti  al  s.  Bartolommeo  —  Due  nuot 
teatri  (1707-24). 

Nel  1707  Napoli  cambiò  padroni,  perche  vennero  & 
:    Vennero  —  coma  disse  un  poeta  dialettale  — 

senza  maticti  Sparare  no  renetta  !  s).  1  drammi  ora  ih 

si  rappresentano  più  pel  natalizio  e  |iel  noma  d'un  J  ■- 
.li/ìi  e  |  nomi  'li  un  Giuseppe  e  di  un  (orla. 
Non  sono  più  dedicati  agli  Ascalona,  e  ai  Portocan 
ma  ai  Martinits,  ai  Dami,  ai  Brimani.  E,  a  'lire  il  •. 

ona  delle  principali  novità  di  quel  cambia 
monto  di  governo  ! 

Era  impresario  del  San  Bartolommeo  Andrea  del 
che  dedico,  Bulla  (ine del  1707,  un  li1  Wn 

•  li  Paini,  e  un  aliro,  sul  principio  del  17<>s,  alla  l 
i      : .  irbaj  a  «r  Erbenstein.    E,  con  questo  do| 


')  Cfr.  Plurime  o.  e.  IV, 

»)  fa  ■..,.   u  i;ì.,.. .-.ii.-i  Sitalo,   Ab.  Mii.i.  \«/.  v 


dovere.  Il  primo  libretto  è  la  /  \  ' 
//  storpiato,  psr  adattarlo 

Carlo  do  l 'etr  -.  l  .a  mu  sica  fu  del 
O-ii'i'ii'.ii,  cou   \  'la.  L'altro:  L>-  /•'. ■- 

\lacedom  posi i  ali  i   iti     ••>  Lrattam 

«■     »,  impresario  allora  dei  Fiorentini,  d  >n  i 
•  il  13  i  offei  se  al  Daun  il  Imcìo  V{ 

r-anima  detto  Zeno,  cui  me  tonatale  a  tolte  u 

ni-,  specialmente  le  partì  giolleresehe'del  (  •- 
iil'i  g  della  2  '«.  »  -j  Ni  l  piente,  • 

tpiglia.  La  compagnia  del  S.  I 
min  ava   Innato  Vacca,  G.  Beynstetter  e  la  G 

detta  la  Todeschina,  a  la  Marchesini,  o  la  Corti] 
l'etri  e  altri.  Quella  dei  Fiorentini,  Pietro  Mozzi,  GUi- 
udo  Albertini,  g  la  Solvagnìni,  la  Bri  indìda  Ri 

►rgognoni  e  altri  ■). 
l'i:  mina  latino  d'uo  poeta  contemporaneo  ■'•  iu- 

nia  ante  dictam 
Uissam.  So  —  dice  —  che  lono  più  gli  spel 

ti    ogni  cosa  a  suo  temp 

Nane  de«  i -i-,  m  iguo  pule!  aula  II 

El    Mimi  saltane   plau 

teutua  aures, 
Ft  jaolant  lata  luaehia  Ch 

.  plures  spoetare  deoebit, 
Cernere  vel  Pyladein    »  i  Thkneim. 


M  h  ait- 
i    di 

1  |  I pj 

BUeboogli  matta  il   librutlo  ori:' inni.  '.li-Ilo  / 
palo  a  Vci,  lai  posseduta,  n  <■•  .li  ehi  vuol  |.--:-.-i  !..  '  — 

Lio i  II  J.u.  io  1         ■  '  il  1880. 

e.  IV.  Ifc-tfc  34-5. 


—  228  - 

Vix  per  quinquo  dies  isti*  retinehere  Ini 
Dcin  Floraliiio  penitct  esse  foro  l). 

In  quel  Carnevali'.  1.1  -.- 1.  :-\\  alin  divertimenti,  ci  tu  «  ur 
arrischiatissimo  volo,  Gatto  da  un  ardito  funami* 
rendo  egli  (uriosami  i  capo  all'  ingiù ,  io  abito  di 

iiii'l"  .nato,  cui   i>oltu  sopra   un   too  ,  dalla 

dall'  oriuolo  dal  Seal  Palazzo  terminando  al  fondo  dola 
■-a  ivi  dai  PP.  Minimi  ili  S.  Luigi ,  il  cui  Bpettaoolo 
rioscl  grato  a  S.  E.  il  Viceré  ed  all'Eco.'  Vie  •>  ■), 

Una  commedia  all'improvviso  Fu  fatta  prej 
menico  Fiorillo,  Segretario  di  stato  e  Guari  I  n 

appartamento  al  Palazzo  Reale8). 
Pel  S,  Giuseppe,  nomo  dell'Imperatore,  a  Palazzo  una 
■no  b  cinque  voci,  poesia  delGiuvo,  musica  I 
«•ini  ').  Netta  Quaresima,  io  casa  del  Regio  Monizioi 
dell'Arsenale  D,  Nicola  Ba*bapiccola,  si 
volle  da  buoni  attori  ['Opera  della  Passione  del  Re 

i    \fars  Gennanicujt  seu  de  felicitate  Austriacomm  in   ltegno  Neapo- 
dd  Pannandolo.  [Naap.TjpisIUUlard.  MDCGXII— Pagg.  '20-30. 
■     .  In  Infitti  in-.  \ i  p. ».  i.    dq* infinil  lì  dai 

a  uni  d-.il  governo  austriaca  in  Napoli:  a  fot* 

ne,  e  il  luterano  chi     i  coni  lionata 

dal   Man-In'-     .li   I \ - 1 1 1 1 ■  1 1 1 ■  ■  the   li   I  i  I 
.    li  farti  di  S.  Antonio,  e  la  barca  volaulu.  •■  il  piv*  p 
<■  i  tornei,  a  i  fanoni  predicatori  della  Quarantina,  i  il  ano  u<  ili I 
naro   chi  li  nell'occasioni-    d'una  I'aun,  e  I 

tauio  altiv  wriontta,  eba  dai  •  i  cbe»ia  rimonto  ooi 

o  ni  '  altari  dalla  con  patria. 
f)  Gazzetta  -li  Napoli.   In  .Vy./.  170$  jmsto  Uoinenu-" 
rino  ■  ''••'  SU]),  e  privili   del   He  cita   dk 

del  ParrVm».— En,  i  -  N.  '.'.  -  170R  -  Il 

dolo  boi  ii ii    ■;  mi  queste  funambolo  :    I  ■  "»  nr 

I  f  Cuti  1. 1>.  . .  \<   V. 
Osta.  ••il.  i.i. 
*)  Osti,  «il.  u.   le,  20  marzo  1708. 


—  229  — 

:  i  recitativi,  li  Martedì  santo  fu  ripetuta  a 
•  •>.  Il  Paras  descrive  questa  recita.  La  l 

era  qui  Bui  suo  terreno  : 

Heroina  sedei,  graviboB  data  ugna  tragoedit, 
volvunl  Bdaa  nobile  mentis  opus  ! 

bì  azione, 

Et  Comitissa  Btupet,  lacrymai  undit  amarao, 

Cimi  Plaebfl  in  Dominimi.  Maenns  ut  acia,  furit. 
Tcutndinum  formosa  cohors,  gemnere  PuellM 
aollent  sic  tali 

M:i  :   ijn  so  i  :  uiiiii:!    un  giornali  .1  ■ 

del  L708  e  17001  che  ci  (braisce  una  miautissii&ai 
>ca  teatrale.  Riceviamola  tutta,  s  cosi 

oli  allora  usuali  <>  il  toro  [otreocìarei 
la  relativa  frequenza  ili  ciascuno. 
Dopo  '  ima,  cominciavano  urli  spettacoli  di  pri- 

mavera: nel  i  1708,  andóiniscena  ai  Fiorentini  un 

■  dramma  pastorale  in  musica,  YAtteane   1,  Nel  giu> 
-.  Bartolommeo,  un  famoso  dramma  in  musica, 

.  Nel  giugno  e  nel  luglio,  si  recarono 
■     :    e  poi  il  nuovo  Vicer  1  Cardinal  < 
:  '-».  Nel  Ili-in  .  Serenala  a  Palazzo  [»(-•!  natalizio  dol- 
ina] ■  *    Neh"  agosto  ,  si  1  una  commedia, 
:a  del  sangue,  in  rasa  del  ('•  mei  ali 

')  Gma,  di.  a.  15,  10  •] 

i    di,  N.  19,  8  maggio   1708. 
*>  »'  :   Mara  Germonicua  j».  51  ,  c'è  un 

ritorna    lk  fatti*  regia  !'■  ■ 
ri.  26,  27.  30. 

■  .  d.  31,  3!   luglio. 


-  230  - 

Cavalleria,  Principe  di  Klbenf1).  Il  i"  i   lobr  la  na- 

scita di  Re  Cario,  un  trattenimeiii"  ■ 
poesia  del  Papis,  musica  dol  maestro  della  U.  Ca| 
Francesco  Mancini ').  E,  nello    i<  iso  me   •.  nuove  i 

dell'  Elbeuf,  .li  una  cui 
'/  farsa9)-  Il  4  novembre,  pel  nome  «li  Cario,  a  Pali 

nppina,  poesia  dell' ab.  Giuvo,  mui  "^ 

che  poi  >c^iiiii'»  al  S.  Bartolommeo,  col  «   ** 

del  Viceré  ').  Km  la  compagnia  composta  da  Frane 
il  •  ( rrandis,  Giuliano   libertini,  G.B.  Tamburrioi,  Mi 
langelo  Pomelli,  Giuseppa    Fewaro,  e  dalle  donne  Mar- 
chesini, Salvagnini ,  Pietri,  Costi').  Ai  Fiorentini  cornili* 
ciò  invece  il  dramma  per  musica:  Y  Inganno  vini 
Ragione*),  dramma  deDo  '/Amo,  must  i  del  Loti    <v  del 
Vicinila.  —  Il  libretto   fli  questo   porta  l'indicazione 
rafipn  tentarsi  nel  nuovo  teatro  detto  di  S.  Giovanni 
dei  Fiorentini  1i. 

Perché  nuora?  —  Perché,  essendo  passato  dalla p 
alla  musica,  era  stato  necessario  rifarlo*).  Prima,  d< 

:•<■   piii-n   un'elio    di    uri   lungo  ramei'One.    Già,    ai 

dopo  la  rifazione,  non  era  proprio  l'ideale  archi     * 

')  ivi,  u.  33,  14  agosto. 
!  ,,n, .!,,-.•. 
>)  hrl,  ...   il,  B  ottobre. 
')  i«i.  ...   15,   111  uosombrw 
*)  .    .  o.  .-.  IV,    . 

iit.  ii.  48,  27  hot. 
7)  V.  libr.  Aldi,   v 

*)  «  K  stato  i  nuovo  par  miuìch», 

Parrìno.  Le  isteriche  e  curiose  notizie  di  Nap.  ."I    1716,  p.  88.—  ti 

ìi  Ji  <£u-'l]a   zona,  che  sta  tra  li   carta  dal   coavaato    iti  S. 
Martin 

la  diiln  dal   18     Alombre   1727  ,  In  strada,  cho  pasrn   innanii  al 
La  l'indi- 

:      •    i-h«       il     li  ..fin    il.   l      I-  MH  lllilli      |M'J    T..I  :il    COD.1 

il  ocuìo  di  D.  2&8A 


—  231  — 

d'un  teatro,  il  Napoli  Sigi  aitando  all'altra  rito- 

lsi l'aotico:  «  Sconcia  da  prima 

■  :     gur  i    'i  un  ; a  ingiunto  i  a  d 

tonili,  sproporzionatamente  più  Imi;  Milo 

il    rimanente,  scalo,  ingressi  .  corridoi,  retroslanze,  tulio 
indicava  una  i  i  proprietarii  orano  forse, 

lie  signore  1>.  Giuseppa  Tan- 

i  i   i).  Oimpia  do  AngaUsj  che  troviamo  come  lali 

1721  e  31  i).  E  pagava,  oltre  il  censo  a S.  Pietro  Mar- 

,  un  centinaio  «li  ducati  di  yas  rapr\  al  S. 

OlOD 

ano  nel  1708  era  Nicola  Pagano,  e  la  comoa- 
donoe  la  Poli,  la  Barlolioi,  la  Mm- 
Ili-Tobaldi,  la  Piedz,  la  Bartoletti,  la  Giorgi;  la  Abb 
'■  un  sul  iion  I-.',  '-li'.',  in  verità»  non  credo 

romeno  ■  0  un  uomo. 

Il  27  -li'  al  S   Bartolommeo,  andò  in  isoena  il 

anima   della  stagiono  ,  il  M  del  MÙ 

li  Antonio  Orefice.  E  il  31  dicembre,  ai  Fioren- 
\  Amor  Generoso  ').  —  E  queì-i"  1 
gennaio  1709,  in  casa   do!  Principe  d'Eibeuf,  fu 
[lunedia  del  giurista  Nicola  Amenta,  ini i- 
faxata  la  Carlotta,  ch'a  riuscita  dello  più  belle  0  plausìbili 
ili  '\\  <  composte  l'autore  »,  si  ri  tolte 

del  Prinnpo  'li  T.i rulla,    la  Contessa  di 
//-a,  che  pure  «riuscì  plausibilissima».  E  in  quella 
el  Principe  di  Cariati  spinelli    {'Amante  nemico  ').  Sulla 


*i  Napoli  SignoraUi  vip.  V.  Oivino,  ini;',, 

X.  p.  II.  p.  107  sg.— Altri  particolari  «  suo  luogo, 

I    di  QUO  dal  5.  BartoL  1 7 ■_•  1  «■  :u,  noli  «uper- 
liti  oelTArdi.  dagli  In 

170B    Bra  impres.  del  S.  Bari.  .Nicola  Su- 
ino, vali  Ubr. 

•.■un. 


—  232  — 


ino  de!  i  3.  Bari  >lomm< 

..  uiii-.ii-.-i  del  celebi  e 
Scarlatti  ,  ohe  da   Roma  fu  nei  mesi 

ire  al  servizio  -li  questa  Real  Cappella  da  S 
a  »,  Ai  ì  ii,  la  Re  <-  Nel  ra 

-vi  Pignatelli  fece  rappresentare  l*Oj  <acrn 

uro  sceltissimo  roci,  opera  del  Canonico  I 
ji-llo  ,  musica  del  maestro  «li  Cappella  del  Duomo 
lotti.  E  il  Barbapiccola  fece  rappresentar* 
deUa  Passione,  nel  Palazzo  del  Colonnello  Lucini  a 
zofalcone  >).  Nel  marzo  ,  pel  S,  G 
oratorio  ;  //  ausica  Scarlatti  ; 

•!.-••  il  virtuoso  del  Ser.mo  di 

Wll"  aprilo  ,    andò  ii  | 

routini  la  Teodora  Augusta ,  musica  del  Vìgnol 

ni   -;i-.-i  ilf]  reggente  D.  Gennaro  d'  ' 
lo  nozze  «li  suo  figlio,  si  cantò  «  una  be  <i^mxt.i 

alili. lento   COI)    Ir  CÌ  ,     Che 

Imene  e  la  Notte  ').  K,  sul  finire  del  me 

s.  Bartolommeo ,  l'Amor  oc 

Pioli .  musica  Scarlatti.  Per  la  Festa  di  S.  Filippo 

sa  dei  Qerolomini  si  fece  inolia  musica  .  nella  cjiim^ 
roiio   le  amabilissimo  voci   delli  virtuosi    M 
ino  ...  Prenci  sco  de  Orandie 
della  Due  di  Monteleone  I».'  Giovanna  Pignateffi,  fu 

fatta  rappresentare  «una  nobilissima  comedia spaguuoU 
intitolata  ì  Los  emp\  isoo  °).  Noi  lugli 


'i  r.i,  n.  5,  29  genn. 
.  i,   a.   IQ,  "»  manco, 

L    i    ;•■   ;■ 
U  ivi.  a.  80,  1 1  maggio. 

ili.  '    maggio.— M  ai  iiarclvflae  MnlbsoScr»- 

Mni.— Cfr.  Aln,> 

ri,  n.  20,  SE  giugno. 


ioinini,   poesia  del  PeiTOOe,    musica  del 
D.  Michelangelo  Fagioli 
■  è  da  credere  ai  suoi  biografi,  ; 
B  Napoli  lo  Macinici.    Qui  avrebbe   fati  I  H '■- 
lastorale:   Aci,    Galateo   <■  Poltfemo,  che 
iU86il  .in  dclà  de  toute  oliente  ».  il  />rtsso,  Polifi 
«li  v  a,  i-are  tano  Dosi 

Clw  poi  Venezia  o  a  Londra.  Compose  ambo  ,i 

')  —  Ma,  di  tutto 
i  ili  noti  essermi  potuto  accertare. 
D  28  agosti,,  per  la  Regina  Elisabetta,  ci  fu  a  Palano 
a  i piatirò  voci  del  Papis,  musica  di  Scarlatti 
intermezzo  di  duo  giardini 

un  orai finn  alla  chiesa  dei  .SS.  ApO- 

'»:  ■<  Sono  alcuni  giorni   die  -i  va 

o  dei  Fiorentini  una  graziosa  e 

comedi»  in  musica,  tutta  in  lingua  napoli  - 

i  :  l'atro  Calie/ino  de  fa  Catta  l).  »  —  Il  4  no- 

Engelberta  o  sìa  la  Forza  dell' fn- 

icii  di  Antonio  Orefice  e  Frai  Mancini, 

ii  da  ì  tìi  continuata  al  S.  Bj  oso, 

di  tutta  la  Nobiltà,  «ritrovandosi in  esso  D 

i  ibile  la  musica  .   celebri  le  rodi ,  e 
ne  le  mutanz<  '  )  »  La  compagnia.  0 

antichi,  il  lis,  la  Costi   e  la  Mandali!, 

\  di  nuovi,  Vittorio  Chicheri,  Giovanna  libertini  detta 
atta,  G.  B.  Koberti,  Santa  Marchesini.  Con 

8  luglio. 

rucftnt*  opuscolo  «li  A.  AAamollo;  G.  1 •'.  Hawtfei 

r  Italia  1889  — Paga;.  23-4. 
Oux.  ■ 

ti,  a.  45,  5  dov  .  D.  47,  19  nov. 

16 


1  - 


nel  Decembre,  si  dette  Y Astone  *X  e  ai  Fiorentini,  «. 

la  prima  volta  in  iscena  la  graziosa  «. .media  in  mu- 
sica intitolala  :  Lo  8/wllecchia  finto  ilozzullo,  ave; 
«lue  gioì  i  i  (atta  rappresentan  I ""  • 

ili  Monteleom    Pignatelli  Grande  di  Spagna  e  del 

•li  Slato,  impartendo  ai  rapi        alanti  marche 
gran  generosità  »  8). — 

Como  ai  vede,  si  era  in  un  mondo  unto  musicale 
quale  è  magna  pars  il  gran  nomed'Alessandro  Scarlatti. — 

Il  teatro  di  prosa    qui  appari;    ridotto   allo    •  ito  ili 

dilettanti  oeUa  case  private,  I  duo  teatri  della  città  g 
giano   nella  grand';  opera  iu  musica,  dandone   eia 
d'essi  quattro  ogni  anno,  e,  questo,  oltre  gii  orato* 
serenate,  lo  emirati',  \  ^•ottenimenti  man*  ai  ti 

i  nelle  chiose,  a  Palazzo,  nelle  ignorili. 

il  lettore  avrà*  notato  che  nelT  ottobi 
ai  Fiorentini  una  commedia  in  musica  in  dialetto  na- 
politano :  Potrà  '  'olii  nn  Costa 
distanza  da               lo  SpeUecchia,  del  solito  Carlo  de 
Patria.  Con  queste,  era  nata,  nientedimeno,  l'opera  bui 
napoletana:  ch'ó  un'apparizione  importai 

Ma  il  Potrà  Cotienno,  com'è  la  prima  nomina' 
in  anche  nel  fatto  la  prima  delle  opere  buffe?  P 
mente,  si  ').— -Il  suo  autore  ora  un  pseudonimico  e 
Agasippo  Mercoteflia  V.  Francesco  Ricciardo,  im 

I)  In  (}ii''Bt(i  ih  il  il  librati  \  ■  i  t'umiio  ilm  talli  (alti 

da  Mon^ni  0.  0.  Gntibrl  BalUrfno  dal  collodio  Ducale  di  l'aniit< 
Anln  1  S.mo  'li  Mòdjtfl  L 

i)  ivi  —  n    f.l,  17  -In  riiihre. 

»)  Cfr.  IL  .Schei-ilio.  Storia  léUawta  dell'opera  buffa  napolitano.  '. 
poli,  1883,  |«gg.  40-1. 

4)  lx>  Scberillo  (p.  -Il)  impila  db  t  un  GtOMpjut  ( 

li  S,  Martino  è  umos.   intit.  :  Im  Perno 
ed  altre  poesie  di  Nicoli  Corto  ama  tali  autagi 

prie'à  'h   i  ma  non  è  se  non  il  l'atri-  Catini 


—  235  — 

(entro,  dedica  il  libretto  ed  Prìncipe  Don  Luigi   Pio 
•  li  Saroja  .    Duca  di  N«  i  .1.'  aul 

.1!"  comporìa  in  gran  fretta,   ■■■  ^ssennonie  at- 
emedeà  na  chelleta   «-f >  do   soeutorio   do 
nf  foggio  potuto  fa  de  meno  ».  11 1  bba  -  ipporre 

che  l'opera  buffa  tata  come  una  bizzarra;  idea  im- 

,  per  rimediare  a  un  bisogno,  a  un  vuoto 
1    si  noti  chi  alcuni  anni  si  scrivevano  e 

dialettali  in  prosa;  come  si  rappre- 
si-, ch'erano  comedie 
to,  per  esempio)  ;    -so  tu  meno  ar- 

ilo di  quanto  parrebbe  a  prima  vista  ').  —  La  mu 
I  fu  coni  ilo  Oretìce. 

'I   fondo  il1  u  lod  1   è  il  solito  motivo  della  bella 

■M  l'i-  intrighi 

ttmore,  finché  la  schiava  non  si  scopre  figlia  del 
i"  ecc.  Ma  i  pi  1  som-,  rome  1  loro  nomi,  tutti 

Lli.  n  Senex  latino,  il  1  Rimedia  cin- 

;  la    sci 

capitano,  '  ìciarrillo;  gl'innamorati,  Fortunato, 

,  tri    queste  ridazi'  invenzioni, 

lime,  ispirate  direttamente  dalla  rea] 
•pera  buffa  una  rappt  ione  immediata 

1  napoli""!.-!  ■■  un  errore;  ma  sguarnì 

la  un  prodotto  interamente  letterario.  Sulla 

'•"ii  iia  il  ricamo  è  spesso  nuovo,  e,  talvolta,  nei 

►ri .  il  ricamo  copro  del  tutto  la  Iran  san 

■  che  si  va  innanzi,  ^li  scrittori  si  ninno  pia  franchi, 


•Icone  toppre»!"  fiumi'    i  <|>ii  .-.i  i  i<>  '.  —  Ni 

vantazione  del  1713:  //  I  nitidi 

■tìo,  data  noi  Conservatorio  'Iella  l'idi  dei  Turchini,  eoo  musica 

i    .  n.  1701,1 iella  corno» 

N notte.  V.  nap.  proecd.  Di  altro,  io  segnilo. 


—  236  — 

o,  anche,  cominciano  a  ricevere  altre  ispirazioni,  da  altre 
letterature  i). 

Se,  a  mo'  d'  esempio,  nel  Patrò  Calienno  Y  intreccio  è 
vecchio  ,  questa  scena  tra  la  vecchia  Renza  e  la  gio- 
vane Perna ,  che  si  dicono  improperii  dalle  finestre ,  è 
ben  napoletana: 

P tu  te  nsuonnel 

Ca  sibbè  so  na  schiava, 

Aggio  tanto  a  ste  pèttole  d'annore, 

Che  pe  tutta  la  Loggia  va  l'addore! 

R.  Meglio  era  se  decive  a  la  Chiazzetta!  2) 

P.  Ente  vecchia  mmardetta! 

Si  nce  scenno  lloco  abbascio  .  . . 

R.  Si  nce  saglio  lloco  ncoppa  .  . . 

P.  G  viali  arosa  .  .  . 

R.  Lennenosa  .... 

P.  Te  l'agghiusto  sto  scartiello! 

R.  T'arrefilo  lo  cottone! 
Zitto,  faccia  de  vordiello! 

P.  Ora  chesto  è  troppo  mone! 

Piglia,  brutta  fattucchiara  !  (le  tira  prete) 

R.  Perchipètola,  janara! 

P.  Va  a  la  forca  ì  , 

R.  Guitta,  porca  i  P"'  P"'  P"! 

P.  Strega,  vómmeca  vracciòlle  ! 

R.  Perchia,  sòmmene  pezzolle  ! 

P.  Saglie,  saglie! 

R.  Scinne,  scinne! 

P.  Carpecata  ! 

>)  Lo  studio ,  ora  tanto  in  voga  ,  delle  fonti  in  questo  caso  sarebbe 
davvero  importante.  Il  libro  dello  Scherillo ,  occollento  per  molte  parti, 
in  questa  ò  manchevole.  Il  che,  del  resto,  non  son  io  il  primo  a  notare. 
Cfr.  art.  bibliografico  dello  Stiefel  in  Litcrat urblatt  fur  germanischc  unii 
romanische  Vhilulogic,  1884,  n.  9. 

*)  Piazza  Francese,  ch'era  uno  dei  centri  della  bassa  prostituzione. 


!87  — 


it.  Scrofolosa! 
I».  Viene,  saglie! 

H.  Sciime  tu! 


il  genere  nuovo  dovè  piacere.  E  subito,  come  s'è  vi- 
sto, quel  guastamestiere  di  Carlo  de  Patri     componeva 

il   suo  Speli  i«-.i    da    Tommaso  <li 

Mauro.  B,  col  nuovo  genarai  appaiono  nuovi  attori;  ca- 
'ani,  probabilmente  plebe;  erano  un  Giuseppe  Carpar 
aro  Oliviero,  un  Giovanni  Grieco,  un  Salva- 
toro  de  Luca,  Gioacchino  Corrado;  e  una  Vittoria  Croco, 
una  Catarina  de  Mora,  un'Orsola  Baldini  Forchetti  '). 

_:ui,  nel  Carnevale  1710,  V Alloggiamentwe  diNicola 
Gianni,  musici  di  Benedetto  lìiccio,  cogli  stessi  attori,  o 
che.  r  dedicata  alla  duchessa  «li  Monteleone,  fu 

settata  prima  in  casa  Monte- 
leone  *).  Sì  dica  lo  stesso  dell'altra,  anonima  e  senza  indi- 
li uè  d'attori,  intitolata  la  Camilla,  musica  dell'Orefice  *), 
La  stagione  del  1710-11  ci  la  conoscere  uno  degli  artisti 
più   fecondi  e  fortunati  d'opere  bulle,  un  artista  vero,  clic 
risce  dopo  il  mediocre  Mercotellis  e  i  cattivi  Gianni 
intendo  Colarituono  h'milmìi '•<  >>,  lini''   Fran- 
cesi' io  Tullio.  Nel  1710  si  recitarono  di  lui  li  I 
chic  cu£fejate ,  e,  nel  Carnevala  del  1711,  la  danna.  .Sug- 
o  della  prima  sono  i  due  vecchi  innamorati,   che  si 
promettono  scambievolmente  le  proprie  figlie,  e   restano 
finalmente  beflati  da  queste  e  dai  loro  amanti,  coli'  aiuto 
dei  siivi.  Soggetto  dell'altra,  due  coppie  d'amanti,  tra  le 
quali  avviene  conio  uno  spostamento  e  una  nuova  cmn- 

>)  Cfr.  Hbiwtto  BibL  S.MarU— La  Jod.  é  ritmila  Vìa.  (Stami.  L'ani. 

mUV  •  l'aggio  falla  n.juimi.i.  juoruv,  e  buochù  »tu  napoletano, 

tuit->  U  rocabbolu  nou  uccio  ». 
Lil.t.  BibL  s.  Mutino. 
*)  D&lic*  firmala  dfl  Monaca.  Mus.  Orefice.  Arch.  Mua. 


inazione  chimica  per  Astuzia  d'una  delia  donne, 

rata  dell'amante  dell'altra,  La  compagnia  era  Ebron 
1     Giuseppe  do   Liftis ,  Gioacchino  Corrado,    « 

Gj  ieco  .  I  ìaefa I  fc  ittonieDo  ,  I  tarmine  d 

maso  Scartato,   q  da  Maddalena  Conti   e  Teresa   ! 
1 1.  Clio  inuiii  napoletani  " 

Nel  1712  conosco  il  Mnstllo,  di  cui  il  secondò  allo  fu 
musicato  da  Michele  de  Falco,  e  il  primo  e  il  terzo  da 
un  maestro  «li  costui  ,  del  Conservatorio  dì  S.  Onofrio, 
che  non  si  dice  chi  fosse,  ma  dovevi  ire  un  p 
■  so.  Efu  fatta  rappresentare  per  cura  del  Doti.  D.  i 
.li  Franco,  razionale deDa R.  Camera  della  Sommaria 

Dal  1718  ricompare  come  impresario  Nicola  Si 
ii  una  specie  Mi  sosta  nella  produzione  nulla.  Noi 
.  //  Comando  non  inteso  ed  ubbidito  del  Giuvo,  musi» 
del  Sarro;  nel  Giugno,  il  Basilio  Re  a*  Oriente,  n 
del  Porpora!  e  poi  la  Caseandrc  Ina  del  Giù  vo,.  un 

sica  del  Pago;  i  Gemelli  Ricali,  musica  del  Sai 
delusa,  musica  dell'  Orefice.  Anche  nelt  te  del  171 

ci  tu  il  Sidonio,  musica  di  Carlo  Monza.  I  Irai 

mi  furono  recitali  da  attori  come  Gaetano  Borghi  . 
Paoli,  de  Domenico,  l'Archi,  il  Cavana,  Pietro  Matrooi 
il  (  in  rado  :  e  poi  Angiola  M  iddol  me  Til 

Silvia  Lodi,   Livia  Nannini   o  Costantini  detta  la  P 
china,  Siene  Garofali,  Elena  stomi  detta  la   ( 
Virtuosa  uVIIii  <>■■■-.  r  ('alt.  Maestà,  eia  Pietri  e  la 
Morelli  e  la  1 1  v  une  Marchesina 

Ma.  «lai    1714    iti  poi,  1'  ujiera    buffa    trionfi 


')  Cfr.  Floriino  a  S.  li.-rilt...  Opp,  i    i   I 
Muse-  il      I  '  'ni. 

*;  In  Napoli   1712,  prono  Camillo  Cavai 
tenga  o  doro  fosso    radiata  La  Ciiln    .1.-1    Tullio,    ded 

.i    agmtaria  di  gitisi 
gelo  Faggioli.  —  Ani,.  Mas 


—  239  — 

e  il  teatro  dei  Fiorentini  diviene  ,  quél  che  fu  poi 

ir  un  pes  a  buffa,  EE<  co,  per  dirne 

•  il             I  iti  i,  due  m  i   de)  bfercoti         ;  otrù 
/..•'.                     lullutanuu  >i. .  recitata  mi 

lenobre  e  lo  Mbruagtia  de  linomme.  Potrò  Tonno  •'•  un 
iltivo  marito,  «'li»-!,  abbandonala  la  m  ,>'i- 

'  altra  j  ma  la  buona  moglie  Onisco  per  viueei 
la  comcdia  termina  con  la 
N"el  1715,  lo  Pippo.  —  Nel  1717,  nella  primavera,  lo  flato 
-\  idia  <1'1  Tullio,  la  cui  l'avola  SÌ    | 

iti  intorno  :i  un  lale,  eli  lo  par  aaulragio,  è 

aorte  alla  sua  amante  da  un  rivale,  a  il  modo, 

«•1  <•  al  i  in  patria  ,  per  riconquistare  r  amore 

«i  qo  •/,  che  poi  si  riconv 

.  E  l"  Mi  o  aV ammore  d'Amelie  Piacopo, 

lt  «I    cui  rondo  è  H  vecchio  rapimento  a  il  non  men   i 

frùo  pericolo  d'innamofaA  i  \n  la  propria  sorella. 

/.  Tollio  .  «'in1  sono  due  ragai 

manti,  che,  Li  '  listano  il  loro 

■I  ìTis,  /"  Tenta  Posati  e  t  Molato, 

-<  tema  <i  •!  I  iet  ■  hie  i  .  Ma,  in  Quest'an 

■  r  i  .lei  Tullia,  eh  sulla  -  ibbe 

o  iraiche  in  lingua  toscana. 
In  altra  l'impresario  m'Ha  dedica  — 

•  'li,;  i  uest'anno  le  commedie  nel  piccolo  teatro  dei 
lorentini.    Son  esse  passate   dall'idioma  napoietan 

già  con  Azioni  eroiche  e  RegaK,  ma  i 

';  i   o   familiari,   nei   '|iiali   li.'  i    personaggi 

;         I    •!'.   ai  spera,  d  ite  piaccv 

■  la  l«i'  Tali  furono  il   '  ■  a- 

,  o  il  Ti  dell' onore  <  musfc  a 

■i.i  dei   |'  "inni 

io  invasi    >li  nuovo    dalli,-  virtuoso  nobili:    Caterina 

\l;'  In  I.,  i    ■-■'  m  i  Posteria. 


-  -Il»  - 


Nel  17J9 ,  due  belle  comedie    del   ! 

o  e  la  Lisa  Pontegliosa.  Nella  prima  è  la  g 
Liiti/i",  maritata  b  un  vecchio  geloso  Q  < -i-i l ■  I  •  l 
Unge  cieco  per  sorvegliarla  meglio;  la 
assediata  da  un  altro  amante,  onesta  e  sventurata,  vuol 
uccider&L   allora  il  mai  ito  rico 

.mante  si  acopre  fratello  di  Limpia   e  sposa  Al 
tetta.  Sono   mollo  granose  le  scene 
vniiil.!  ì     VastoUe  con    Mucchio1).  L'altra  ò  una  i 
!  e  napoletana,  sul  genere  della  A 

Nel  1720, 1"  Si  ossone  e  il  Funn* 
No)  1721  ,  lo   Barone   de   Trocehia  e  I 
cencc.  —  Nel  17J8B  la  Voce  de   I  dell'Olivi 

ole  Zite  ngalera    del  Saddumeue,   nuovo   autore.  Coi 
[adda  comincia  il  i  ielle  com 

naanzesebo,  ohe  rappresentano  un  mondo  d 
convenzionale,  curiosamente  mescolata  i  atì  ili 

un  niomlo   concreto  e  vivace,   qua!'  è   l'esatta  rtprodu- 

dcll.i  vita  della  plel     i  ^  •■■  ■!■  -inn.i  :  nello  Mi''- 
vi  sono,  pi    ■■■  u   Dguenza,  parti  V 
ne.  Nelle  Zite  ngalera  w  fa  uso  della  situazione  raman- 
ti hit?  altro    ohe  nuova  e  poi   tanto  sfruttata    nella 
opere  lui  Ile,  della  giovane  abbandonata  da  un  tale,  ci 
le  aveva  dato   Cede  di  matrimonio,  che  s  sto 

Uomo,  e  ne   VB  in  OOTCa,  e  laol  :\. 

Oltre  a  queste,  nel  1722,  vi  fu  oche  La) 

Bacco,  nmietlia  [>.-i:  l  Li  str/i 

nate  del  Tulli*.  r  e    '  i  II'  Oliva.   Il 

tema    -li    [U<     I    iHima    Ò    un  -unir,,   dlO  si    l';im.i:i  N 

riproduce  sulla  scena,  di  Turchi  e  Cristiani,  il  quo) 


I 


')  Ci'r.  BefaeriOo,  o.  e. 

')  Martoraiia,  A  b  p.  410 

si  v.  libretto  Dibl.  3,  Martina 


—  211  — 

i  ii.  ■  a  risolvi  moro, 

q  conchiudere  vani  mairimonii  '). 

Nel  172:5  una  Iragicomedia  dal  Tullio,  LaLocìi 
&    no  m<  .  i  orna  dico  lo  stesso  autore  ,  da  \  ir- 

li» >,  dui  Sonnazzaro,  dal  Guarino.  Soli      01     pastorali, 
k"  ìi iti ì  iiij.1.   lo  sii  ti  pastorella  é  amai 

•  Ivi»-  pastori,  o  ii'   riama  uno,  mentre  l'altro  è  amalo  da 
u »  bio  ama  una 

innata  da  un  villano.  L'azio &  generata  dalie  diffl 

«    qu  :  <  Ti  1 1 1 .  ■  j  1 1 . . .  Tutto  ritorna  al  p 

•  i  «  i  .ii  .1  .  uno  de   due  pastori  Ilo  di  1  lOcinna 
.  i.,  a     i         vale,  l<>  Labborinto  dal  Saddumene,  e, 

le  Pa  'Ili"  ;  e,  nel- 

Ui verno,  (a  .1/  lell'Oliva  9). 

Il   I  ripetono  (  tè  Zingare  del  Tullio  e  q 

•  nuovi  lie:  Lo  'ngiegno  a  ■■<  di  I  Tullio, 

all'  Oliva  ,  e  lo  Pa  :  io  a  e  lo 

il;  opera  buffe  non  macchine,  non  voli,  non  sceno 
tbili.  La  ipi  oduceva  lo  stn  i  luo- 

I  ii  .  in  più  noti  ili  Napoli:  il  r,         Loreto,  il 

■   Ila  Maddalena,  Porto  Capuana,  Taverna  i1 

pi,  lu  Duchesca,  Posilipo,  il  Vomoro. 

I     compositori  della   musica  erano  sui  ipio   gente  'li 

nomo  ■   di  poco  valore,  poveri  maestri  'li  cappella 

soni'  qì,  Michele  do  Falco,  Antonio  Ore- 

*)   Fra  lurchi  e  cristiani;  coma,  ,ii   Uimpl   nostri,  i   BlBchtlM   .i'x-ano  a 
ilo  •'!   Klnriino.    ''•    ii'  lui   un   o-.fi n pi 

...  '- .  Lo  mi.  di  Leonardo 

—  P«r  gMta  «  aliru  (adioaoùooSj  tratte  dalla  dotta  Lsiblietwa,  peo- 
10  U  mia  grati  pregio  wg.  ; 

udio  io  V  .  ignoto  al  Florimo.  Musica  di 

.radino.—  Bibl.  Angli. 


fice(.W'i/vr  .i Moltìilie;  m.-i jm » i,  man  mai 

;  strada  qua 
Vinci,  che  ii*'  in  i  "  ir:  lo  <  '  >  ^  * 

le  Zite  /"fili ■/  e  ,  !•>  li«  Xm  ! 

. .,  ree  B,  Ira  i  compositori 
paolo  de  Dominici,  Fratello  <li  l'- 
attore, e  vedremo  tante  altro  cose.  Tipo  bi7.zam>cr 
che  (a  riscontro  ;il  (rateila  Bernardo,  $  falsario  \ 
triotfisroo. 

Furono  impresarii  del  teatro,  dal  1714,  Domenico  \,  , 
/'unii,  Salvatore  Toro,  Antonio  .Mango  ••  lia*- 

tono,  che  lo  tenne  per  rarii  anni1).  — Gli  nitori  erau 


come  s'è  già  accennato,  quasi  tutti  napoletani.  Quaud     - 
cominciarono  a  mescolarsi  le   parti   toscane,    tu  necct^»— 
eario  premiere  lo  canterine  nobili:  onde  [l  dualismo  dell» 
virtuose  toscane  e  delle  patti  napoletane.  M  me- 

sti  .-mai.  ;  chiamano  Tommaso  Saracino, 

numi  G  I  rtfl  Palummo,  Francesco  Toro, 

Nico  imi  i  d'Ambrosio,  Nicola  Lo 

mone  de  Falco,  Domenico  Prancescone  io  Cibin- 

ilra;  eie  donnei  Chiara  Agnelli,  Maddalena  Conti,  I» 
Dica  Giacomina,  Ippolita  Baldini,  \nna  Maria  o  Marianna 

0  Marioccta  Monti"),  Rosa  Libritti,  G 

Ippolita   C'osta,   ROSS    « 'irill".    PirtUOSfl    'Iella    l 

Laurenaano  •>,  AnnaGaub',  Ma  Id  Jena  MoIarinS.  Bd  er 

')  Vedi  libretti.  Velardino  Bottone,  ni  solito,  è  foto  speaao  dai 
roma  autor*  «lei  drammi.  Ma  ora  1'impNMFÌQ 

*)  Qmsslo,  Yerameniv.  ft  ..tatto  :  aliaste  lo  Locchuino.  Vodi  illibr.  dalla 
l'-'iiitv/liosa. 

')  U>  s.-IutìiIo,  odia  ■»■  gii  .  il.  np.,  In  iitoaa  i 

nim.-i.  Iji  quale  <  orni  in  io  ad  operare 

1  '  una  appi  ■  volta  ai  Fiorenti ui  il  17I~       i       | 
l'altra,  la  prima   volta,  ai  Fior.,  il    1748  ««  recitò  awua  interruzioni  fimi 
al  1180.  Bob  la  distingue  il  Napoli  Sigi.  :■:..' 

*)  Libr.  Lt$a  fonUgliosa: 


—  243  — 

questi  quei  Luccio ,  Micco  ,  Masillo ,  Colarienzo  ,  Co- 
l  occhia,  Ciommo,  Fonzo,  Marconi,  Cienzo  Nardillo  :  e 
quelle  Rita,  JTella,  Chiarella,  Graziella,  Vastolla,  No- 
r^lla,  Nannella,  Palomma ,  Dianella  :  e  quelle  orride 
vecchie  Popa,  Zeza,  Teuza  (rappresentate  per  lo  più  da 
Simone  de  Falco),  che  formavano  la  delizia  del  pubblico 
dei   Fiorentini. 

Un'  opera  buffa,  intitolata  la  Cantar  ina  1),  ci  dà  modo 
eli  penetrare  nell'  interno  di  questo  mondo  teatrale.  Era 
grande  l'attrattiva  di  quella  professione  di  canterina: 

ire  a  recitare  a  ssi  triate 
E  pigliare  da  mo  mille  docate  ! 
Pocca  n'  è  pe  la  paga, 
Ca  se  nce  spenne  cchiù  de  janco  e  russo  ! 
Non  saie  tu  che  bò  dire 
Saglì  ncoppa  a  le  tavole  !  è  na  cosa 
Troppo  troppo  gostosa  ! 
P  ogne  pontone  siente  : 
Eccola  Uà,  la  vide;  chesa' è  essa; 
E  te  mostrano  a  dita, 
Decenno  :  Comme  canta  saporito  ! 
Chi  te  manna,  chi  porta,  e  chi,  speruto, 
La  seggia  t'attornea,  miezo  partuto  !  *) 

Accanto  alla  canterina ,  e'  era  la  vecchia ,  la  madre , 
vera  o  finta,  ma  più  spesso  finta  che  vera: 

Quant'  è  buono  ave  attuorno 

Na  mamma  trevellessa , 

Che  spanne  le  bertute  de  la  figlia! 

i)  La  Cantorino  Commeddea  pe  muserà  da  rappres.  a  lo  teatro  de  li 
Sciorentine  nchisto  carnevale  de  lo  1728.  A  Nap.  1728.  —  Il  primo  atto 
musica  Caballone,  e  il  2.°  e  3.°  di  G.  Ruberto. 

*)  Atto  I,  S.  9. 


^ 


—  244  — 

Sempe  le  siente  di:  sta  fraschetella 

È  figliola  no  rata. 

Campa  co  lo  cantare, 

E  mantene  la  casa 

Co  la  vertuta  aoja;  e,  ncroseone, 

No  rotiello  te  fa  p'ogne  pontone. 

Ma  po',  sott'acqua,  fa  lo  (atto  sujo; 

Vaco,  vene  e  te  dice 

Lo  mmodo  de  portarte  co  la  gente, 

Chi  dive  salutare  e  tenò  mente, 

A  chi  fa  no  ciancetto  e  no  resiilo, 

A  chi  no  gnoccolillo; 

Essa  te  sape  a  dire  . 

Co  chi  te  llaje  da  fare, 

Chi  stace  asciutto,  e  chi  ave  li  denaro!  *) 

Non  meno  importante  è  la  servetta  della  virtuosa,  sulla 
quale  ricade  tanta  parte  di  gloria  e  celebrità: 

E  tu  non  saje 

Che  bo  di  a  sta  cetate 

Servi  na  canterina!  Notte  e  ghiuorno, 

Te  vide  sempe  attuorno 

Segnure  e  tetolate, 

Arfiere  e  capetanee  reformato. 

Non  t'allecuorde  cchiune, 

Ca  si  nata  a  no  vascio 

Figlia  de  portarrobba  o  seggettaro, 

De  sbirro  o  potecaro,  e,  ncroseone, 

Te  scuorde  de  la  paglia  e  lo  saccone  1 

Non  pienze  ca  si  ghiuta 

Scauza,  scarosa  e  co  no  panno  cinto, 

Ca  si  stata  dejuna, 

0  magnato  carcioffole  e  cepolle, 

E  pe  ssi  bancarotte, 

>)  Atto  III,  S.  7. 


—  245  — 

Rosecanno  lo  scorze  de  mellune. 

Po  nce  mettimmo  ntuono, 

E  chello,  eh' è  lo  buono,  tu  porzine 

(Mme  schiatto  de  la  risa  nche  nce  penso) 

Deviente  Cantarina  pe  consenso  !  ') 

^d  eccoti  gli  adoratori: 

li  puze, 
La  parucca  ncipriata,  co  la  vorza. 
L'ali uorgio  int'a  la  sacca, 
A  lo  dito  1'  aniello 
E  li  lazze  d'argiento  a  lo  cappiello!  *) 

Tra  i  quali  cominciano  ad  apparire  i  milordi,  presi  in 
senso  di  ricchi.  E  come  assediano  la  casa! 

Mo  vene  no  Milordo 

T'afferra  pe  la  mano,  e  te  regala; 

E  pò  no  militano 

T'addemanna  che  face  la  segnora , 

E  te  molla  lo  vagno. 

Reveruta  da  chisto, 

Da  chill'auto  ncrinata, 

Se  fanno  a  poneata 

Chi  pò  esse  lo  primmo  a  dirte  schiavo. 

Tu  nfra  tante  gallie, 

E  binne  a  pise  d'oro  le  boscie  I 

Uno  dice  :  Sia  Mene  I 
Che  se  fa  ?  se  pò  sagli  ? 
Tu  respunne  :  Segnortiò, 
La  segnora  sta  a  dormi. 

»)  Atto  I,  S.  2. 
«)  Atto  I,  S.  6. 


—  246  — 

Cu  sta  notte,  monetate, 

L'è  afferrato  no  descemo  f 
Che  la  tene  irommeniata. 
Sle  parole  quanto  fanno  ? 
Chella  Uà  te  lo  pò  di. 

N'aulo  saglta  a  tozzola  ; 
Che  boliteì  —  Addio,  bonni. — 
Serva  sua  —  Se  pò  sentì 
N'arietta  ì  —  Nun  se  pò. 
La  Segnora  sta  abbrocata; 
Non  ha  boce  pe  canta. 
Vuje,  milorde,  ar  retinate  ! 
N'  è  lo  pero  ?  Signorsì!  l) 

Il  fattore  de  lo  triato  de  li  Sciorentine ,  viene  a  faro 
i  patti.  È  personaggio  da  tenerselo  amico: 

....  sa  che  bo  dire 

Aver  uno  de  chiste  a  costa  toja! 

T'appicceche  co  n'aula  Canlarina? 

Tene  le  parto  toje, 

E  de  chella  carosa 

Nce  fa  stuppolo  cierto  de  cocina! 

Non  vaje  a  lo  consierto? 

Chillo  fa  ponte  e  passa;  e  si  qua  sera 

Recetà  non  volisse, 

P'avè  appuntato  quarche  spassetiello, 

Tu  te  tigne  malata, 

E  subito  isso  fa  vota  cartiello  9). 

Il  fattore,  vista  la  canterina ,  profetizza  trionfi  : 

Vedarraie  ogni  seVa 
A  la  primma  felera 

')  Atto  I,  S.  2. 
*  Atto  II,  S.  1. 


—  247  — 

Na  mmorra  de  patute 

*  Stare  ricantate  e  miezo  addebolute  1 
Sa  quante  corraranno 

Pe  bedere  e  senti  na  cosa  nova, 

Quanta  tocche  e  fasane 

Pigliano  bollettino 

Pe  fa  li  Don  Chisciotte  e  pe  d'avere 

No  pizzo  arriso  de  sta  Canterina  1 

E  sa  quante  mrnestute  c'avarraggio 

Pe  ttrasl  senza  niente: 

Ma  non  nce  so  cchiù  araice,  né  parientel  *) 

Sicché ,  naturalmente,  farà  i  suoi  guadagni  : 

•  Venarrà  no  Milordetto  : 
Nc'è  barchetta 

A  primma  fila  t 

Si  me  molla  la  manteca, 

Io  le  dico:  Signorsì  ! 

Si  lo  vedo  che  ntartaglia, 

Le  responno  :  Segnornò  ! 

Le  parole  so  perdute, 

Le  mmasciate  so  scompute, 

S'aje  donare  può  trasi  ; 

Ca  si  staje  senza  la  maglia, 

Datte  pace,  non  se  pò!  2) 

Ma,  quando  si  viene  ai  patti,  nascono  le  pretensioni  dal- 
l' una  parte,  e  le  difficoltà  dall'  altra  : 

Rita.    Che  parte  aggio  da  fare  ? 

Fabio.  Chella  che  te  darrimmo. 

Rita.    Pe  primma  donna  voglio  recetare. 

J)  Atto  I,  S.  il, 
*)  Atto  I,  S.  11. 


—  248  — 

Fabio.  Facimmo  comme  vuò.  ... 

Rita.    Quanto  rame  date  ? 

Fabio.  Vuje  quanto  pretennite  ? 

Rita.     Lloco  nc'è  la  pannetta;  me  darrite 

Quattociento  docate, 

Quant'  hanno  avute  ll'aote. 
Fabio.  È  troppo  chesto! 
Rita.    E  non  nce  miette 

Quanto  se  spennarria  de  marchesiglia, 

Alacca  e  bezzovino, 

Celeso,  scorza  d'ova,  acqua  de  fele.... 
Zeza.  Aco,  spingole,  porve  e  zagarelle, 

E  pezzill'  e  chianelle. 
Menella.  E  pò  no  nce  mettite 

Lo  regalo,  che  spetta  a  lo  copista.... 
Rita.    Siente,  si  Fabio  mio,  ca  li  vestite, 

Che  rame  dà  lo  Triato 

Non  servono  pe  mraene. 
Fabio.  Chisse  te  le  farrà  lo  nnammorato. 
Rita.    Ma  li  patte  sgarrammo. 
Fabio.  Lo  soleto,  che  dammo: 

La  seggia,  di  cauzette, 

E  le  scarpe  che  face  lo  partito. 
Rita.    Chesso  non  sia  pe  ditto: 

Quatto  para  do  cauze,  co  di  segge, 

Una  pe  mene  e  n'auta  pò  la  gnora. 
Menella.  Secure,  ogne  Commeddea 

Besogna  c'aggia  le  cauzette  nove. 
Fabio.  La  gnora  è  troppo  chiatta  ; 

No  nce  ponno  passa  li  seggottare 

Pe  chello  che  le  dace  lo  Triato. 
Zeza.   Datencello  ndenaro. 
Fabio.  Gnernò,  ca  non  nc'ò  st'uso,  e  le  cauzette 

Doje  pare  se  ime  danno; 

Ca  si  no  nce  pò  nascere  n'aggrisso 

Co  d'ogn'  una  de  chelle. 
Ciò.     E  lassa  ghiro,  ca  so  bagattelle  ! 


via,  ll'aole  patte  :  la  Comandi 

S'ave  d:i  nfi'iolure 

Comm'  ù  Io  nornnie  de  la  prima  doiiiui 
Manetta.  E  i»o  a  la  lista  do  li  perzonaggc 

Se  neo  ha  da  motte  :  chetata  bertoooaa 
Do.  la  Prenctpestella  Scannagatte, 
Fu'  'Jta,  chesta  cosa 

Co  lo  Poeta  te  la  può  vedere  ; 

Seduurn:  h  falanca, 

Ca  la  cosa,  eh  e  negra,  la  la  janca....  ') 

Ma  il  Fattore  sa  anche  tutti  i  loro  segreti,  o  ai  suoi  oc- 
k>d  possibili  certe  illusioni 

Si  le  bidè  la  matina, 
Te  fanno  gperetare, 

parano  Incerto  vormennro. 
• 
Chi  pavonazza,  o  puro  giallinoro, 
(/hi  la  tene  ol  ira  nera, 

cammino  de  la  cemmenera, 
de  d'e  ?  ncopp'a  le  scene, 
i  caudo  che  face, 
Lo  cuoncio  se  nne  scola, 
B   la   fucce  &e  fu  cmume  a  gratiglia, 

E  bWogouna  uddeventa  purdigha  !  *) 


migliori  poeti  d' opera  buffa, 
innamoralo  d'uno  ;  i     >      •  ;  i  ;  i  r  •  1 1 1 1  ■   dei  r'iorentmi , 
ho  e  -unito  e  face\  ielle  Bue  opere.   La 

\ul  Pernacchie3)  è  un   Be- 


»)   Atto  II,  S.  3. 

»)  Coli.    Porcelli.   Tomo  XXII.  —  Che  sia   diretto  contro  il  Piaoopo 
provò  già  1"  :  Storia  Utlcrnria  tbll'oj.  .   i 

IT 


—  250  — 

rissimo  libello  contro  il  Piscopo,  nella  cui  seconda  parte 
la  serie  dei  sonetti  forma  una  specie  di  poemetto  sati- 
rico di  quegli  amori.  Sentiamone  qualche  tratto.  Ecco 
come  T  andava  istruendo  : 

Le  decea  pò,  quanno  la  concertava  : 

Virtuosa  Donzella,  animo  e  ccore  ; 

Penzate  al  mio,  penzaie  al  vostro  onore  ; 

E  co  chili'  uocchie  smorte  sgargeiava  I 
E  quanno  quacche  bota  la  toccava, 

Pe  la  mparà,  deceva  :  O  dolce  Ammore, 

Che  contento  è  cotesto,  e  che  dolciore! 

E  lo  vedive  proprio  ca  squagliava. 
Cbella  cantava,  ed  isso  a  canna  apierto 

La  stea  sentenno;  e  pò  deceva:  0  bene! 

Faravvi  una  gran  donna  il  mio  concerto  ! 

E  la  sera  della  recita  : 

Quanno  se  recetava ,  a  ll'ora  j usta , 

Che  s'avea  da  vesti,  se  consegnava: 

No  mazzone  de  sciure  le  portava, 

Ed  isso  'n  capo  e  'n  pietto  lice  l'agghiusta. 
Po  decea  :  Questa  Uosa  non  va  giusta  ; 

Questo  fior  non  va  ben,  qui  vi  mancava  ... 

E  ,  mentre  si  recitava ,  lui  stava 

ncoppa  a  la  scena  ;  e  se  metteva 
No  moccaturo  'ncanna,  e  so  chiavava 
'N  capo  no  coppolicchio,  e  attuorno  ieva  ; 
Decea  ca  p'aiutà  chi  recetava 
L'addore  de  lo  masto  nce  voleva 

E ,  quando  cantava  la  sua  bella , 

isso  da  dinto 
Le  teneva  la  parte,  o  le  dev'armo  ; 


—  251  — 

E  mmaie  da  Uà  non  se  movea  no  parmo, 
E  tanto  tuosto  stea,  che  parea  pinto. 
E,  n trasenno,  decea  :  A  cete  vinto, 
Figliola,  a  tutti 

E  ,  all'uscir  dal  teatro  , 

Isso  appriesso  a  la  seggia  trottolava, 
E,  arrevate  a  la  casa,  'nquatto •botte, 
Facea  da  cammarera  e  la  spogliava. 

Po  de  venino  s'agliottea  na  votte, 
Quanno  pe  ghiresenne  la  lassava! 

La  canterina  n'  era  tutt'  altro  che  contenta  : 

A  chella  ('n  zanetà!)  1  l'era  no  nfietto, 
Pocca,  o  a  la  casa  steva,  o  a  lo  triato, 
Vedive  sto  sio  cacapozonetto, 
Ca  U'era  setnpe  attuorno,  e  sempe  allato. 

E  si  narrano  le  gelosie  del  Piscopo  ,  e  i  consigli  che 
dava  alla  canterina,  una  serenata  che  una  volta  le  fece 
fare. -Ma  chi  era  questa  canterina?  Si  potesse  saperlo ?- 
A  un  punto  il  Piscopo  dice,  rivolgendosi  alle  donne,  che 
recitavano  nella  sua  commedia  : 

Tre  donne  siete  voi,  che  recitate, 

Benché  a  voi  tocchi  il  pregio  di  donzella, 

.    .* ma  di  voi  più  bella 

Non  v'è  l'altre  da  voi  sono  oscurate. 

E  a  un  altro  punto  : 

Vedrete  nell'autunno  e  il  Carnevale, 
Che  parte  v'  ho  da  far  !.... 


B,  a  un  altro,  Soalmeote,  l'ignoto  satirico  d 
iterina  : 

Sia....  lo  oomiM  TOOetO  io  no  lo  saccio, 
Ca  no  lo  ¥00  stampato  a  chella  ioia....  '  | 


Qui  s'alludo  chiaramente  alla  commedia:  io  Cecatojbuua 
del  Piseopo,  ohe  fu  recitata  nella  primavera  del  1719,  e 

dov'orano  tre  donne  :  Giacomiua  Ferrai",  Muriella,  \ 
lita  Costa,  Vaatolla,  o  Limpia,  ch'à  la  parte  priiia. 
segnata  x.  x.  Dunque  A'.  .v  cela  la  canterina  amata  dal 
Piseopo.  —  Ma  non  si  pad  scoprire  i  hi  oasi  01 
X.  AT.f  —  Credo  che  al.  Nel  libretto  seguente,  alla  I 
e  alla  Costai  data  par  compagna  Rosa  Cirillo,  mi t uosa 
della  Duchessa  di  Laurenzana,  che  aBora  si  tr 
minata  la  prima  volta,  e  recitò  poi,  a  intervalli, 
teatri,  per  molti  e  molti  anni.  i-M  era  questa  (orso  la  gio- 
vane, portata  innanzi  dal  Piseopo. 

Al  San  Hartolominco,  Nicola  Sorino,  il  vecchio  impre- 
sario che  abbiano  visto  in  azione  fin  dui  1693,  contai 
tener  l'impresa  fino  al  1721,  nel  qual  anno  mori.  I  viceré 
seguitarono  a  dare,  dal  tempo  ili  Medinaceli   In. 
condo  governo  del  Conte  di  Daun,  un  aiuto  di  rosta  *). 
Un  Salvatore  Caput",  che  fece  offerta  di  Quo,  pressalo 
un  bilancio,  dal   quale  risultava  che  la  spesa  del  U 
p' i  soli  cantanti  ora  almeno  di  d.  7483  e,  tutto  compi 
di  d.  n-         iosicchè  chiedeva  un  aumento  dell'aiuto 
Ma,  non  concesso  l'aiuto,  il  teatro  fu  litt.tlo  im 
lettembre  1721 ,  a  Nicola  G  ed  Aurelio  del  Pò 

')  0.  e.  p.  81,  87,  03,  06. 

»)  Anh.  -li  Si.    T.a,,K  V.  i.°  —  Rei.  del   IM.  Boq 
»)  Carlo  di.  F.  2.°  Parerò  dall'Ut!  io  l  Ilo*  BfferfM  9 

1737.  —Sorse  allora  uua  lil«  tra  I».  .  .  ida, 

di  Nicola,  a  I  l ri  ìmpwaarii    Poi-  tjuusU   lite  0.  fottio    *criw 


-  ?:>3  — 

I  pìccoli  Donservatorìsti  dei  Poveri  «li  Gesù  Cristo,  ili 
,  Onofrio,  'li  S.  Maria  di  Loreto,  della  Reta  dei  Tur- 
inni   fornivano  un  esercito  ili  compositori   -  Sul  San 
otommeo  passarou  man   mano  lutto  le   opera  dei 

■  '  .!   questo  primo  splendido  periodò  daUa   scuola 
icale  napoletana.  Alessandro  Scarlatti  dava  il  1709 il 

Teodosio,  il  L710  la  P 'ri '/u-ipessa  fedele,  il  1713  il  Por* 
aenna,  il  1711  V Armàrio,  é  Scipione  nelle  spagne,  e 
XAm  nerosot  il  1715  il  Jìgranet  il  171 G  Carlo  ite 

/l'Ai  e  la  Virtù  trionfante,  il  1719  il  Combiae,  Do- 

■  o  Serra  ì'Arsacee  In  Fede  nei  tradiménti  (1718), 
esonero  Severo  (1719),  la  Ginevre  Principessa  di 

(1720),  la  Partenope  (1722),  Francesco  Mancini 
•  1700),  il  Mario  Jut  (1710),  il  -Se  lini 

h'  d'Orma*  (1712),  il  Gran  Mogol  (1713),  il  Vincii 
LT 1-4),  YArtaxcrse  (171Q),ìa  Fortezsa  al  cimento  (1721), 
Traiano  (1723),  Leonardo  Le»1)  la  Sofonisba  (1718), 


Hfe*«  per  Dom.  Seaf.  Ser.t  Nap.  1721,  22,  24  in  tol.  eh»  sono  segnato 
Catalogo  dei  libri  a  stampa  d«l  Minieri-Riwio,  p.  l'J.  Ma  non  m'usuilo 
tìtUt  ritrovarli'.  11  Minieri-Riocia  dico:  *  fa  ijuosto  il  Fasulo  fa  la 
ijatri  dulia  Grecia  e  di  Roma  a  ili  Napoli  o  poi  quelli  il 
tiro  San  Kortolomrnoo  o  dalla  Ma  varie  rieoetrnxiota  e  del  BO0  iSgniD  • 
tll  ;>.'"  ai  legga  un' intera  offerta  di  appalto,  dalla  ijualc 
rileva  tutto  ciò  cho  possa  iutorcssuru  lo  stato,  il  costumo,  e  lo  u 
•trai i  lampo».  Del  resto,  ho  ragione  di  credere  cho  poco  so  ne 

tra  trarre.  —  Noli"  Archivio  degli  Incurabili  è  superstite  la:  Copia 
in  data  del  iO  settembre  H2I  dell'affitto  fatto  "  Nieoh  Gal- 
li ed  Aurttm  drt  Pò  zio  <•.  nipote  del  T.di  S.  lìurt.  /it tutu  per  4  mini 
dm*  di  napello.  Riaiwiiiikendo  i  falli:  a)  i  litluarii  pagavano  agli 
jrur.nl. ili  2300  ducati  ull'auiio  di  (ilio,  b)  la  Gasa  ai  riseruava  due  pali  In 

uu   altro    dov'è  V  imjnt.-sn    drlhi   S.    C.    <■}  i  lidiiii 
lanuti  di  far  comedio  buoi.,    età  sodiifalionodol  Pub.'"   ».  d)  il  I 
fi  t  lato  insieme  al  f*u  rapi  .munito  dui 

imi  '".a  rilasciata  ni  fittll 
')  Esordi  col   Trionfo  della  Castità  giù  cit.  cap.  preced.  ;  e  vario  suro  - 
ite  nel   ITir.,  17,  18,  cfr.  piorimo,  o.  e. 


—  854  — 


dot, 


il  Caio  ('.racco  <  1720),  il  Bajaiette  e  il  Tamerluno  <  17 

Di   Leonardo  Vinci  si  ebbero  il  Publio  Cornelio 

pione  (1722)  o  il   Siila  (1788),   Nicola    Poi 

17U  il  Flavio  Anicio  Olibrio,  il  1710  il  /■  lo,  il 

1783  I'  Amare  per  regnare.  ì\  1729  esordiva  col 

quel  tedesco  napoletano!  ohe  fu  Adolfa  Basse  dello  il 

ione-  DI  grandi  rompi:»:  tranieri  si  recito 

1713  Y Agrippina  e  il  1718  il  Rinaldo  «li  Giorgio  Hai 
Al  scilito,  indilo  *ii  queste  opere  si  rappresentavano pri 
urlìi!  occasioni  festive,  nella  Gran  Sala  del  Palazzo  Rei 
■  1  eran  continuate  poi  sul  t e. 1 1 r ■  »  ili  S.  Bartolorn 

I  libroni,  sui  rjuali  si  componevano  qu 
siche,  erano  ancora  lo  povere  cose  dello  Stampiglia,  i 
l.nlli.  o  dei  librettisti  del  seicento,  trasformi 
per  le  continuo  aggiunte  o  cambiamenti.  Solo 
in  tanto,  appariva  qualche  opera  dello  Zeno.  Ma,  su 
pei  libretti,  et  aliare  aUguisl  —  Quanti'  ut.  in, 

troviamo  appunto  nel  massimo  fiorire  del  virtuosismo. 

V.  virtuosi  o  virtuose  'li  primo  cartello  cantai 
S,  Bartolommeo.  Eccovi  Nicola  Grimaldi,  Cava 
Croce  di  S.  Marco,  detto  il  Niccolino, 
1713-15, 1718-19, 1721-23.  Eccovi  Fran*      ^oB< 
il  Senesino,  il  i7ir»-ir>.  Eccovi  il  tenore  Annibale  Pio  Pa 
detto  VAnnibalino  il  1728-23.  Li  lo  virtuosi  di  orini 
toiio,  Marianna  Beoti  Bulgaretti detta  la  Romanàia  il  17 
1719-21,  il  1723-21  ">;  0  Faustina  Bordoni,  virtuosa 
s.  A.  l'Elettor  Palatino,  il  1781-88*);  e  Vittoria  Ti 

')  Klorimo,  <:  e.  IV,  482,  segna  per  autore  Aurelio  del  Ho  « 

ira  Ni.vi.i 

')  Cfr.  Florimo.  o.  C  jìassi^n. 

Sol    1719  la  Romaalna  ool  PKcolinn  cantarono  in  mia  aeranti 
loda  dal  cbTalfara  Goorgio  Bingh.  pleuip  tra; 

del  Leo.  —  Florimo,  o.  e.  II. 

')  Per  Ire  «ole  euininedie  fu  periti  unta  por  seicento  do]  ihim 

Antonio  IWi  fu  imitate  por  D.  1900.— Vedi  V  i  p. 


—  255  — 

comparisce  il  1723,  giovane  allora  di  veli- 
li '). 
V,  intorno  ;  inora  dì  min  ne  Do- 

:  (1 71  o-ì2>,  Andrea  Guerra,  virtuoso  dell'  \. 
■  :     i.- ■-...■.,   (1712-13).   Gaetano  Borghi  (1713-16, 
1718-19),  Pietro  Gasati  di  Novara  (Ì715-10),  Fraocesco  Vi- 
le |  i  1720-21),  e  Stefano  Romani  dell...  il  J '{(/nat- 
io, e  Alessandro  Gordon  britannico  (1717-18),  e  Fran- 
imi, eG.  B.  Minelli  (1710-20).  E  le  dm  m,  :  I  ... 
:  Astori  Sticcotti  (1710-12),  Giovanna 
una  (1710-11  ) ,  Anna  Martelli 
ii7ii-i2),  Margherita  Dnrastantl  :  17 ir.- ir. ,,  Rosa   Patii- 
:hrsìim  (1717-18),. e  Costanzina  Po- 
.  virtuosa  di  s.  A.  il  Principedl  l 'arasi  idi  (1720-21), 
ciara  Pio  Fabri  (1722-23),  Antonia  Merìghi, 
1  della  gran  Principessa  di  Toscana  e  Maddi 

dì  Modena  ■'  ■'-■'-  tralascio  gli  atei 

appelli  (1711»),  Roberto  Clerici  (1714),  Ft 

.  G.  15.  Olivieri  (1722)  furono  gl'in» 

km  i  o  |  li  i  succedettero  ai  s.  Bartotom- 

N<  l  1710  e  nel  1713  si  trova  nominata  anche  una 

Uerini,  capo  della  quale  <  Giambattista  Dufort, 

iè  un' Anna  DauOn.  Ma  il  tempo  dei  baDi, 

Riportante,  non  è  aurora  venuto. — 

Due  puoi  Napoli  quasi  contem] 

i  te. 

imo  il  Teatro   della  Pace  o  del    Vico  della 
wa.  ne  il  Florimo,  *al  tempo  dalla  Commedia!  a 

ima  d  0  di  S.  Bartolomraco  si  nomina  il  Teatro 

•■-..  e  non  «-onosce  l'anno  di  fondazioni 


Sulla    Ttwi  Cfr    il   li-II*arl 

Sul  Cappelli  fl  sul  Saracino,  cfr.  De  Doraiuid,  o.  e.  IV  ,  1WJ,  WS. 
*)  O.  e.  IV,  |>.  Vili. 


Mail)  una  relazione  dell'Uditore  dell'Esercito 
Donati,  ilei  19  npv.  1749 1  ho  trovalo  «lotto  esplicitati 
te:  «  che  il  sudetto  teatro  della  Pace  fu  I  per 

divertimento  del  pubblico,  nell'anno  1718,  prima  dell' altro 

sopra  Montccalvario  denominato   il  Teatro 

ed  permessi  del  Viceré  <li  <|ucl  lemp 

in  musica  »  '•).  E  in  un'altra,  dello   stesso:  che  •«  i 

prima  si  tornio  nella  sala  d'una  Basa, che  si  p 

-•  di  Cliiusano  Caratò     *).  So  non  che, 
fu  aperto  lo  stessi  anno  1718,  o  vi  recitarono  proi 

riamente  compagnie  d' istrì o  (eh'  è  più 

«lata  non  6  esatta.  6  che  (a  prima  opera  in 

■  ,  che  vi  si  recitò  è  del  1724.  11  libretto  ha  per  I 
La  ritogliere  fedele  Commedie  mppr< 

'arese  a  lo  Teatro  Nuoro  de  la  Pace  a  Ptimmc 
de  chia fanno  Ì724  addedecaia  a  è  •  nlisaimo  v'agq 

lo  sto  Conte  Carlo  Manuele  d'  Alt/mn;/,  Xcpote  de 
ecc.  Napole  Ì7B4,  A  spesa  de  lo  mpreex  I  ecco 

dedica  degli  impresarii  : 

Accellentissimo  Signore 

llavennosc  d'aprire  sto  Tcniriullo  p'agghiogn  laattomi 

a,  sta  Celate,  mo  che  stammo  mpace  jmj  gn  & 

pe  prodenza  de  lo  Mperafmv  ,  g  Re  nuostn,  noe  f" 

aarva  e  manten<-ii  mÙTanne  ,  :.a/ù  che  nujo  non  haggiamuio  fru- 
aciamìento  de  cierte  dotatitela  .   che  non   haveooo  D€  urte 
pparte,  se  scrivano  a  >.  venimmo  a  li  piede  da  V.  E.i 

euppreeareve  da  protesaeone,  pe  poti  campa  Bojete,  <■■ 

■lutammo,  havenno  fallo  apposte  età  Teatriello  a  hi  1', 
Segnoro  AccellenlisHiine ,    bla  ^ra/.ia    nujo  la  epfffHllino  de 
B  ni'gnotate  Vosta,    pecca  ne  sito  tanto  (oberale  ( 
beppreaentammo  sta  primma  eomm  ^he  nco  facu 

')  Archivio  di  Stato.  C».  ...  8.° 

'»  i:.i.  88  gena.  1788,  darla  <'it.  p  ft 


—  257  — 


.„  lo  retratto   de  na   povera  mogliere  Fedele  persecotata  a 
to,  ecc.  ecc.  Napole  li  15  maggio  1724. 


13 .  V.  Accell. 


Umilisseme  e  Deoot.  Sero.  Obbr. 
Pietro  Farina  e  Gnazio  Manfrede 


Il  dramma  era  preceduto  da  un  prologo ,  fatto  dalla 
i  rena  di  Napoli ,  a  che  bene  pe  mmaro  'ncopp'  a  no 
arro  tirate  da  duje  Cavalle  Marine ,  accompagnata  da 
quatto  uommene  marine  ».  Il  prologo  è  il  seguente: 

Fermammoce  a  st'arena, 

Viecchie  mieje  graziuse,  e  ghiammo  nterra; 

Ogge  che  sto  de  vena 

De  passiare  a  Napole  no  poco 

Vogl'j  a  bedè  no  luoco,  addò  s'è  fatto 

No  Teatro  novfello 

Pe  farece  canta  Commeddie  nove, 

Ntrezzarce  balle,  ed  aute  belle  prove. 

Chillo  è  lo  tempio  de  la  Pace,  e  chillo 

È  lo  nuovo  Teatro,  io  Uà  bogl'  ire 

Pe  gaudere  e  sentire 

La  poesia  de  Napole  e  la  muse  e  a 

Competere  coll'aute  de  gusto  ; 

Io  che  so  la  Serena  de  sto  mare, 

Tutto  l'aiuto  mio  lo  voglio  dare. 

Vuie  nfratanto  pescate, 

Ddò  meglio  le  trovate, 

Perne,  e  corallo  pe  guarnì  la  connoia 

Da  parte  mia  a  chella  bella  Nenna, 

Che  lo  Cielo  ng'  ha  data, 

A  la  figlia  eh'  è  nata  a  Carlo  sesto, 

Chillo  eh'  è  Giove  nterra,  e  a  Lisabetta, 

Che  fa  scuorno  a  Gionone  ; 

Io  canto;  e  buje  ballate  a  sto  pontone. 


—  858  — 
Bolla  Nonna,  che  si  «cima 

(  '..uni 

I  luaru  i»  bella, 

Sinché  tu  la  bemnionuia 

Pfl    In    Mi. I1U>    COIlZOli   ! 

Comin1  air  arba  puosczn  laro 

Che  lo  Sole 

l»-i  nce  sóle; 

Tu   no   Mirimi   Imji!  da   portare 

Che  la  Gàora  ng'ha  ila  fu! 

Dopo  '!'  '  i.u  Serena  Be  ne  Irase,  e  l'u meo 

abboHano  v  |"-  se  j ottano  dint  o,  —  La  nasica  del- 

L'opera  in  di  Leonardo  Vinci;  gli  nitori  anche  più  vol- 
gari «li  (juclli  ilcjjli   altri  teatrini]  Francesco  Ciampi,  Gio- 

i  I.'miii.'iiiìcUo,  Cannine  d'  An 
gnacaso  (prima  donna! )  e  Brigida  Alficro.  —  Il  Teatro  della 
Paco  non  ebbe  vita  fortunata.  «  Il  luogo  non  solo  non  è 
ampio,  ma  è  ttolto  angusto,  e  la  Spese 

lunga  al  profitto  clic  se  ne  ritrae  dall'appalto  'i"i  Pal- 
chi, clw  consistono   in  sdì  Ire  ontani.  ■  ')  Si  contìnui 
rappresentarvi  a  sbalzi,  »  contentandosi  gli  appaltatori, 
per  ii. in  soiìi'ii-  grave  ioteressei  >li  farw   rappn 

i"  [ i i Ti  commedie  burlesche  in  idioma  napoletano  & 
•  •ani. imi  .li  mediocre   abilita*.,  con   aod  ine  defl 

gente  Diano  i  ulta,  e  «li  quei  lunghi  che  vi  son  '  all'intorno, 
.•il  abitano  molto  distante  dagli  altri  teatri  pubblici.  »  s). 
Oltre  b  ciò,  i  i/* erano  un  cortile,  certe  camere  inforku 
e  superiori,  nelle  quali  per  l'abbuso  della  gente 


')  Rei.  ril.  13  dot.   t~r,>.  —  Il  Donati  dice  che  e  pel  principio  ai 
(Opere)  oroii'lio  buuiK.-  ».  Ma,  wil  primo  lilut» Ilo  ù  II    M 

I,,       li. Mi      -,    ■',.,:  ,       il    .:         l'in 

meuif,  il  Doiioti  rarroltf  le  jatormarioni  da  ii'".  <-ho  gli  lidia*: 

dev*  far  DMfvrigiia  qualclir  limati 
*)  Rei. 


•rrn  voce  che  si  commettessero  delle  laidezze  ■  '.).  Il 

rio  «Iella   Madonna  dei 
.<?tte  dolori;  I*  entrata  bìT  estremo  del  vicolo  della  Lai 
eira  anche  del  chiamarsi  Teatro  della  Pa\ 

Vita  più  florida  ebbe  l'altro  teatro,  che  sorse  il  1784 
i«  -i    quartiere  ili  Montecah  i  a  detto  il   Teatro  Xuooo 

ti     Mi  arto  o  sopra  Toledo,  nome  die  poi  è  re- 

-i.ii«.  cosi:   Teatro  m  Fu  edificato  in  sedetti 

I  ».    Giacinta  do  Laurentiis  e  I).  Angelo  Carasale  '»: 
1-  Ho,  Domenicani  mìo  Vaocaro.  Lo  spazio,  'li  cui  poteva 

tporre  il  Vaccaro,  era  i lissimo:  ottanta  palmi  qua- 

iti.  E  fu  menu  ì  e  metterci  un  teatro  con 

ci  ique  ordini  «li  19  palchi  ciascuno, 
mode  -  irridoi,  posti  per  mille  persone,  e  tanto 

ben   ordinato,  che  dai  palchetti  Laterali 
aie  da  quei  di  fronte.  Il  De  Dominici 
icco  .  andando  a  visitarla  col  celebre   Antonio 

cbitetto  di  Filippo  V  e  ili  Cario  III,  questi, 
mudando  di  fuori  ,   non   voleva  credere  che  dentro  ci 
M  un  tea  [uan  lo  lo  vide   disse  ohe  il  \  accan  i 

ìslbile  dalFimpt  '). 

:  i  asa  Santa  degli  Incurabili,  che  aveva  sempre  il 
lisi  >gnò  venire,  al  solito,  a  patti. 
Lisioni  del  governo,  leggo  sotto  il  14  settam.- 
1724:  «  S' è  appuntato  che  per  il  Teatro  Nuovo,  Tat- 

■)  Rij.  28  gonn. 

*)  K  incaatto  ciò  elio  dico  il  Flonmo  che  «  i-istaurato,  fu  dotto  perciò 
pfuoto  »  o.  e.  IV,  p.  IX. 

ili      d  no54,  a  altro  carte.  A  irli,  di  Stato,  Teatri,  f,  10. 

unii         e   IV,  265-6.  —  Cfr.  Contratto  di  fitto  dal   r«atw 

ramo  «I  &  li  Si    r.   tn.  F.  1  —  Dal  Teatro  Nuoto 

.•4t  lell'  ari  b.  ea».  Co  I  M  'Hi. 

juL:    '  '  '  X  V  V  V 

iUtmjxria  dei  Casotto».  Vi  rip  odoltJ   Loft   Ianni  tantri  d"  I- 

•  Napoli,  ti  Uatre  di  Napoli  architittura  d«l  Vaeeari. 


tosi  sopra  ti  quartieri,  T  Impresari!  se  l' intendano  coi  no- 
stri apparatori  del  teatro  «li  8.  Bartotommao  ,  e  eoo  u 
medesimi  convengano  per  quello  riguardi 

Blando  in  arbitrio  della  nostra  Santa  i 
afflilo,  far  detto  aggiui  temei 

NuXM  _li    Incili  abili  un  diritto  «li  ducati  90, 

quell'oca sionc,  il  pagamento  dei  Fiorentini  fa  ridotto 
da  200  .-.  156  ducati*). 

i  .  subito  ,  nel  1724  ,  bì  recitarono  lo  opere  buffe  :  lo 
Sagliemmaneo  fallato ,  poesia  e  musica  anonim 
Sitamele ,  poesia  dal  Saddumeuc  ,  musica   deQ'Orel 
con  Filippo  Giorgi,  Giuseppe  Fiorilo     G  -  il'  Am- 

brosio, "  •  della  Curi  .  i .  ;  i   : 

trina,  Antonia  Oermenale  3). 
Ma  6  tempo  di  parlare  un  po'  della  commedia  di  prosa. 


XV. 


V  Abate  Andrea  e  I    Amenia  ■     l  <  — 

Coi.  -licito  —  Con  ll'arte — Al  I 

dei  Nobili — Il  dì  Licefi. 


<.<  ....Co]  terminare  del  diciasetteaii  cocnin- 

i  'Lu- luogo  la  pestilenza  di  tali 
«  gliaronei  ad  uno  ad  uno  gì'  ingegni . .  .  né  più   che 
<■  alcune  poclii--i  o  vedute  di  poi  in  pr 

i  apparire,  come  le  reliquie  aoglion  'Ir  un  a\ 

■  che  morbo  per  qualche  tempo,  dopo  le  cessùsio/u 
•  esso,  i  '). 

')  Archivio  degli  Incurabili. 

*)  Carle  di.  Ani,,  .li  st.   Teatri,  • 

f>r.  Arcb.  Mas.  Ded.  (imi.  di  -'enaaro  Dooatiello. 
*)  Quadrio,  o.  e.  voi.  HI.  1\  11,   pag.  117. 


I  » 


—  2G1  — 

Cosi  il  Quadrio.  —  E  l'immagine  defla  pestilenza  ,  non 
i  troppo  tori*  a  chi  esca  da  quella  farragine  di 
cL  fammi  snicenti.stici ,  senza  significato,  senza  verità, 
sonza  forma,  strane  aberrazioni  <1'  ingegni,  che  hai i  latin 
■  1«  -il  arzigogolo   e   del  gi  Ho   il  loro    unico   id« 

api]  del  Becoio  decìmoitavo-,  colla  raazioi 
aì<2a  o  arcadica  ,  ritorna  il  buon  senso  ,  >i  comincia  di 
miovo  a  scrivere  per  dire  delle  rosi-:  .  effetto 

elei  modelli  classici.  Oh  come  si  respira  Innanzi  a  <\ 
1 1 -«godi e  e  comedi?,  Doverosi,  m.-i  penante!  Torni 
1 1 1  tenderei  I 

Dna  d  larono  piincipalmente  a  Napoli 

l.-u    coazione.  L'uno  fu  Nicola  Amenta,  l'altro  l' ah. ite  An- 
drea Belvedere.  Grazie  ;«i  famosi  ai 
è    abitasti  a  riguardare  questi  due  uomini  comò  dna-re- 
cisi ppurc  erano,  principalmente,  dei  colla- 
bo                lo  per  piccola  parte,  avversarli. 

i.'  dna  Belvedere  fa,  come  si  sa,  un  piti 

anzi  un  gran    pittore  di  frulli  e  fi  rio  11  lo  chiamò 

&  Madrid  nel  169$,  dove  a  allora  anche  Luca  Gior- 

onta  il  de  nominici,  cosa  a  cui  non  so  sesia 
[•restar  fedo:  che,    Stando    una  volta   il    Belvedere    e 

talea  innanzi  ;il  Re,  Loca  affannò  che  il  pittore  di  figuro 

«se  far  tutto  e  anche  i  Bori  e  i  frutti,  laddove 

il  pittore  di  Bori  e  frutti  difficilmente  riuscive  nette  ligure; 

fli  replicando  l' altro  che  mai  potea  darvi  quella  perfezione 

die  vi  dava  chi  sV  a  solo  in  quel  genere,  Luca, 

freso  da  puntiglio ,  dipinse  un  quadro  di  frutti ,  fiori , 
uccelli,  verdumi  e  ligure,  DOSI  beli  >,  che  tulli,  e  I  B  I  prima 
PO  che  non  poteva  farsi  meglio.  Piccato  l'abate 

lesta  piccola  mortificazione  d'amor  proprio,  efa 

a  al  Ro,  e  so  ne  tornò  a  Napoli  '). 

•)D"  ,  od.  di    iv.    HO-4. 


lapoli,  continuando  a  tenero  il  brom  tira, 

bj  dette  allo  lettere  e  all' arte  drammatica,  pei  la  q 

•uè.  Egli  raccolse  iufc 
i:  ..       igata  di  disi  epoli  ,  che 
i  mintile  ili  cappa  d  tre 

i  •  limili  in  del  (-'ciano.  Contro  ■  1  i  be 
volse  il  B  e,  «mentre  quel  buon  virtù 

(il  Celai  il-»  in  ni. 

b  composte  alla  rode,  biasimandoli 
li  del  naturai  costumo.  »  Anzi,  tanti»  si  riscaldai 
gli  animi  che  il  Belvedere  ai  suoi  pi 
Celano  pei  libri   delle 
i  da  faroelo   m  n  ire  di  ;  i  quali  libi 

morto  l'autore  ,  il  Belvedere  lesso  per  la  prima  roB 
s'accorse  d  aver  avuto  tori  usurarli  cosi  ss] 

mente.  l)  Cosa,  che  -pesso  nelle  poi' 

11  Belvedere  dichiarava,  dunque,  la  guerra  al  'Iran 

■  I  aalorapagnuol)  io.  fuori 

di  quelli,  erano  moli  i  parie.  l\:  :  irali  del  secolo  XVI. 
comedie  Italiane  del  Becolo  Wll,  anteriori  al  gusto  epa* 
gnuelo  come  quelle  del  d'Isa  e  compagni;  le  nuove  tra- 

polari,  ohe  si  < ti    lavano  a  comporre;  opere 

aiuole  anche,  purché  fossero  di 

no  alla  regolari^  ice;  tutto  questo  accogli 

il  suo  ccloltirisino.  Tutto,   fuorché   il  non  naturale. 

Cosi  tradusse  e  adattò  in  I'  Amparar  «l  i 

fni'/u  di  \iiiiim.  s ..;- ,  .li , Mii  fece:  Proteggere  l'inin 
Cosi  noi  inni   spagnuoli ,  «'omo:  Chi  non  sa 

/ini/rrr  non  .sa  i  rtuna,  ì 

io  tra  co*).  — A  lui  si  ■ 

urrozionc  dc\Y  Aloicia  dell'  Isa.  A  lui  la  r 


')  D«  Dominici,  L  t, 

»)  Napoli  Siinmivlli,    Vktnd*  itUa  cult  ed.  cit.   V.  435. 


—  203  — 

m-trita  del  Tasso.  A  lui  quella  del  Trespolo  Tutore,  del 
sei*  sentiste  Ricciardi. 

CI  i  i  invece  l'ÀIUOQta  ì  —  L'Amento  odiava,  come 

X3cl vedere,  i  drammi  spagnuoli,  le  o/>< 
►x.1'  i  mi  oltre  e  involgeva  anche  d'Isa  egli 

Itri  di  quella  ■    più  gli 

la  dizione  gonfia  e  la  lingua  impura.  —  Nato  l'Amenla 
\i»    Napoli  il  18  ottobre   1650,  aveva  cominciato  col  I 
V;i\  <,  cato  noe  troppo  felice,  se  bene  Inter- 

p«Btro  le  parole  del  suo  nipote  e  biografi»  Otto:  «  nella  qual 
professione  non  poco  pregiudicollo  la  stima,  che  di  lui 
i\\>A  d'esser  nelle  altre  scienze  addottrinato  e  di  varia 
.:  iiiito'»1).  Passava,  insomma,  per  quel  che  si 

imi       'o/o.i    «sicché,  a  oon  essendo  ii  più  oltreavan- 
■  in  tale  BCceUente  professione  »,  si  dette  per  passa- 
''•:iij."  a  leggere  commedio  greche, latine,  francesi,  e  ita- 
liane, e  a  di    H".  La  prima,  che  compose,  tuia 

dotata  in  Napoli  r  anno 
161H»  n  •).  Invaghito  dal  plauso  comune,  si  spinse 
altre:  e  cosi  «  die  fuori  nel  1700  la  seconda  detta  il  Forra, 
\>*  [ìtata  parimenti  in  N'aprili  ; 

e  qui  { maggior  grido  delta  prima, 

ìit'ii  iti  questa   a     ra     iti fi  sul,»,  ma  in  più  -li  <iu 
ttttghi  del  i  Regno,  di  Sicilia  e  d'Italia,  uve  fu  in 

un  ani  itala  »  '). 

L'Amenta  andò  a  prendere  la  sua  commedia  od  cin- 
' .     iì-  trami  soni  i  qui  He  de  li  fngnnnati  dal- 
l'//, della   Fantesca  e  di  tante  altra  notissime 
nmedie  cinquecentistiche.  Ma,  gli  sia  resa  la  lode  che 


>)   Vita  di  NiùCùlà  Atnenta  <*  ■■'.•"  Arcadi  Pimndro  Antiniano 

scritta  dall'Abate  algnor  Don  Giosuppo  Cito  «OC.  In  Napoli,  MUCCXXVII. 
»*-lU  itnrap.  <li  Genti.   Mn/iu,  p.   11. 

«)  ivi,  p.  14. 

*)  fri    —      i     -opra  csp.  XIII. 


—  264  — 

gli  spetto,  nel  trattarle,  seppe  portarvi  dei  veri  raigì' 
nienti  :  resi;  gì' intrecci  più  semplici,  il  contenuto  più  casto, 
il  dialogo  naturale,  senza  gonfie/  enegg 

tura  molto  più  abfle  :  lo  suo  commedie  sono  una  punti 
eoe  del  tetano  non  vi  manca  mai, 

paria  UO  buoi!  dialetto  ')■  Nella  Giustina  si  fa  'li- 
por  e  un  |    reonaggio,  Paganino,  con  frasi  Ieri 

lotte  dal  d' Isa,  -,i  —  Ceri  i  .  r  Amenta  non  6  un 
comico  originale  ;  ma  la  guerra  ,  pei  le  ragioni  per  lo 
quali  pli  si  l'eco,  fu  ingiusta.  L'  accusa  ili  pi:;  i  '  .  i  lie  ò 
la  più  frequente  ,  sarebbe  meritata  egualmente  da  ■  i 
tulli  gli  scrittori  comici  'lei  niii[ueeenfo,  che  pigliavano 
soggetti  gli  uni  dagli  altri.  Di  esagerazioni  linguisti 
di  toscanesimo  irragionevole  e  ridicolo,  non  si  può  dargli 
colpa.  E,  in  punto  di  verità,  chi  digeriva  il  d'Isa,  do  vov 
uro  molto  più  facilmente  1' Amenta  ! 
Cosi  erano  a  fronte,  .il  principio  del  secolo,  questo  d 
scuoio,  unite  contro  i  brutti  drammi  del  seicento,  divi- 
negli  altri  particolari. — Quasi  ogni  anno,  1* Amenta  met 
teva  fuori  la  sua  commedia,  che  si  rappresentava  in  cas 
sua,  o  in  qualche  gran  casa  signorile.  Il  Napoletano  c\ 
fatto   egregiamente  da  mi   Nicola  ili   I.ema  3). 


')  Beco  come  graziola  mento;  nella  Somig  napoletano  Don  i 

nandiva   Marramaldo    racconta  ni  suo  famiglio    Buontempo  le  sue    arti 
per  darai  aria  d' importanza  l  denOTI  :  <  Ajp  aentuto,  ai  mma  vuoje  bone. 

le  cortwie  ch'io  aggio  fatto  a  Horo A  li  titolate  aggi  acoomenzato  a 

dicarw:  Turai,  a  la  gmieja  boa  ni  !   Marchinoli» 

•©fa?   Prencepo  mio,  «lamino    buone?  Conto,   BOB  •■■'■'  da  celio!  Doca 
mio,  arnain:iinn.  !   i  '..-unerata,  commannann 

fichi»''-  ■  avallerò  nzcnuglio  :  giovano  mio,  vi'  a  che  tu  pozxù  torvi 

Eco  aa    guaucialclla  de  facce ,  u  co  ni  mano  ncoppa  a  la  «palla ,  lo 
l'aggio  fatto  Begnure!  »  —Atto  1,  »c.  III. 

»)  Cfr.  Cito.  o.  e.  p.  17. 

*)  A  proposito  -li  oottoi  »ì  loggo[  in  una  lotterà  dui  Barone  di   I 
al  [luca    <li   Btl  min'.-    1742:    «  Al  Calabre   niaeatr 


A  '  D'  Amenta  s'  adii:  re  ,  una  società 

Ii    di  Lei  quali  <■'••  li  no  Filippo 

ti,    e  spiritoso   ©   leggiadro    poeta  »,  che ,    nel 
riii'vui.'.  <s  particolarmente  udii-  commedie  che  dìcoosi 
n-  'te,  e  meraviglioso  ,  cosi   nella  grazia  come 

aeDo   eloqaenlÌ8simo  arrin  '.i ungendo  alalo  I'  acu- 

ità clic  ha  in  ciò,  clic  improvvisamente   arringa,  e  da 
vecchio  o  da  giovane,  e  da  padrone  e  da  servo,  sino  ' 
r  de  pedante,  con  tutte  quelle  formolo  e  latinismi, 
modi  di  dire,  che  fon  ridicolo  un  tal  personaggio  in 
dia  »  '). 

dare   aveva  nella   sua  compagnia   «  un 
tra  negoziante  ili  lana,  per  nome  Ignazio  Maratta, 
ic   solca  —  dice  il  Napoli  Signorelli — frequentai 

I  mici  genitori  nella  mia  prima  adole»  Nel 

egger  l'inimico  *)t  faceva  la  parti:  ili  l).  Pietro  do 

La  di  lui  attiva  v  bile  fierezza 

ava  la  spada  ed  il  pugnale  ,  l'energia  e 

della  di  lui  azione  < ■  o .- 1  senza  <•..  ili! 

dolce  e  il*-  anza   mollezza,  tutto  in  lui  cospirò 

unenti  di  dere  a  reuderlo  meritavi  il  - 

•  lodi  universali  ».  Nella  recito  àtWAmirUa.  faceva  la 

molti  anni  dopo,  la  ripeteva  al  Napoli 

a  h  naturalezza  ebe  sapea 

dere  anche  in  un  carattere  poetico 


Am--nUi,  «ortito  lo  staMO  caw  di  esser  venuto  meno  un  tal  Nic- 

ii  L-ma  ,  i  i  il  Napolata iella  ino    rinomato  comedio, 

quello  arando  perduto  non  li  venni)  più  tatto  .li  rimpiattar  tal  porto  ».  — 
A**  atri  f.  4." 

Niccolò    '.  \wocato  Napoletano    Di 

XXI.  p.  194. 
tomo  un  ma.  seg.  -li.  3,  B.  t  i  ><'/'■ 
Opera  di  B.  Antomio  dr  So/is  eateòt  tota  ridotta  -il 

dello  tremi  italiana  abbate  Andrea   Iklvefare  ». 

18 


—  266  — 
tastioo.  »  ').  —  Fra  gli  altri  attori,  bì  distinsero  quel  G»é 

tono  La  Plaiv.i,    «  allevato   nella  .li  lui   <;isi    i 

ciullczza  o  da  lui  nominalo  erede  ili  quanto  ei  possed 
va  '■')  i\  o  Giampaolo  de  Dominici,  che  egli  amava  >u>^o- 
larmente,  «  si  per  le  sue  virtù  nelle  lettere,  nella  musi 
e  nella  comica,  come  per  i  su<»i  buoni  costumi;  e  spot 
\.il  i  dire:  un  allro  Giovai]  Paolo  di  lauti 

nuii  si  trovai  •> 3.)  —  Giuseppe  Pasquale  Cirillo,  altare 
vinetto 4  Taceva  da  Cooéllino  in  una  compagnia  <li  d 
tanti  '.>  ;  ma  non  saprei  din'  se  in  ipiesia  del  Belve 
o  in  quella  dell'  Ameotgu 

Le  rappresentazioni  dui  Belvedere  si  davano,  per  lo  pi 
nel  monastero  di  Monteoliveto  «  per  soddisfa  aia 

mcrcvoli  uditori,  incorrevano  &.  V 

potevano  entrare  donne,  soleva  farne  anche  altre  idi 
private.  Cosi,  specialmente,  in  casa  del  Duca  di  Maddaloni, 
dove  nei  primi   anni    recitava   aneli'  esso  ,  e  in  casa  del 
Principe  di  Torcila,  d-  ■  l' A:  ni  i  in,  e  «ultimi. 

Laurenzaha,  ove  for  Ile  più  belle  eh' ei 

rappresentare  »  *). 

il  Belvedere   cercava  con  ogni   mezzo  di  raggiungere 
h  massima  naturalezza  e  verità.  Il  Napt  I 
conta   il   seguente    particolare,    riferitogli    dal    Marol 
«  Nella    sjtarjtwlata  ,    eom'  c#li    chiamava    la    eomnic 

Proteggere  I' inimico,  per  evitare  la  sconcezza  di  far  n 

raro  a  ■■■  i   proprn   Bvenli    l'assali  all' innamorai 

apriva   la   scena    con   un    monologo  ,  1' in  : 
Abate  poscgli  in  mano  il  i ma  dell'Ariosto,  fai 


>)  Napoli  Signorelli.  o.  e.   V    133 
*)  Napoli  Signorili,  ■'■ 

|  Dt  Daniald,  1.  a 

*)   I  S'in,  th 


(li.il.  na/>.  .li  Niccolò  Capa*».   Napoli 


p.  78. 
'-)  Da  Uouiiuici.  !. 


—  2G7  — 
.-iio-  bì  tratto  on  molte   veristmigfianza  a  leggere 

'! 

pOU«  ii   pi'-  nell'amorosa  pania 
Cerchi  ritratto  e  Don  \  ni.   -«ili  l'ale  ecc. 

tratto  tratto,  interrompendo  la  lettura,  u/propriasse  ai 
toi  ca     i  .    ;.i.  39»  ni  del  poeta  »  ')■— Una  dette  reciti 
nix  i.  del   Belvedere  tu  quella  dell' Al  rida.  U  Ca- 

gli :i  questo  proposito,  un  sonetto,  dove 

diceva,  tra  l' ali: 

Giunta  «•  Alsi-la  a  lai  segno,  ove  non  ai"   • 
Portasti  altrui,  Tu  dir  l;i  bosso  apristi 

i  onor,  già  chiosa  ;<1  volgo  diaozi. 

E  s'altro  ai  gommo  suo  non  fia  ch'avanzi, 
I.'.  i  i?m,  non  il  valor  tuo  stanco; 

Tanti  doni  in  un  sol  Natura  ha  misti I  2) 

Ma,  quante  lodi  al  Belvedere)  tanti  improperii  scagliava 
>  contro  r  Amenta,  ini  gran  parte  <lell"  Altuc- 

i  ■  min-  per  ini ,  clie  v"  •'• 
ropo,  iì  Ciclope,  perdio  aveva  un  sol  occhio] 
i;i  detto,  l'accusa  preferita  era  il  plagio: 

Ntercsto  a  Cola  Sicco, 
mia,  Cola,  te  eciacco  !  3) 

Tuttavin,  malgrado  lo  zelo  <-ompromettcn(<  de]  Capasso, 
non  pare  ''li-;  l'Amento  e  il  Belvedere,  personalmente,  fos- 

•  apoli  Signorvlli,  o.  ,  di  dalli  Bili),  Oom. 

■<-tit  varia  di  Niccolò  Capai  i.  Primario  prof-.-woro  di  leggi  n'Ha 
lenita  ili  Napoli,  lu  Napoli ,  MDcCLXI,  oolla  itamp.  Stuo- 
ia. i*e. 

.««■/fi  alti  ti  in  diti,  nap.  —  p.  1 1. 


—  268  — 

scro  oenticL  Almeno  fAmeota,  nel  suo  libro  <lci  Roj,r 
di  Parnaso  l),  parisi  cosi  del  rivale;  :  ci  Quanto  il  Belvedere 
del  dipingere  uomini  e  animali  bruii  dui  Solimeli:» 
trapassata  e  vinto  ,  tanto  il  Sotimeoa  dal  Belvedere  nel 
ogni  sorta  di  Bori;  senza  dia,  aoo  grandi  ama- 
tori di  lettere  od  in  motte  facoltà  assai  più  che  mozza- 
nanv  ■  i.  »  —  E  benevola,  anzi  Famigliare,  mi  sem- 

bra quasi'  allusione,  che  la  nei  Capital/,  parlando  di 
tal  taciturno: 

Un  Saturno)  Socratico  parca, 
Nò  parlar  l'ama  fatto  (boacbè  i  sassi 
Di  far  parlar  si  vanti)  Abate  Andrea  i). 

L' Amonta  nei  primi  anni  del  secolo,  die  fuori,  luna  <U<\ 
ra,  e  la  l'ante,  e  la  Somigliatila,  e  la  Cari 
Giustina  e  le  fremette.  Molte  di  queste  furono  tradotta 
audio  in  francese    ed  in  inglese.    Quanto    alla  Carlotta, 
s  q.piamgià  che  fu  recitata,  con  grande  applauso  il  17i 
in  casa   del  Prìncipe  d'  Klbouf ,  che  vi  fece  la  spesa- 
pi  u  di  2000  ducati  s). 
Il  poveri»  Amenta  mori  il  1719,  e  tini  la  rivalità.  Nu 
oli   '■         so  scherzò  anche  su  quella  morte.  *)  —  Un 

imosa  ,  fetta  dai  comici   deD'  Abate  Àj 
ipn  Ila  della  tragedia  l'Orasia  di  Saverio  l'anditi,  il  poi 

la  butte,  come  lo  chiamavano I ')  —  Le  tragedia  del 
Panatiti  sono eceoeggiate all'antica:  i  personaggi  si  pn 

i  ino  sul   teatro  a.  uno,  a  due.  a  tro,  sur 


')  N»[Kili  1710,  proso  Giacomo  EUBlard.  ftapp.  Vii,  pag.  40. 
*)  '  ?    Gap.  XXI,    pif,   I 

■')  Cito,  in»,  p.  16-6,  t;-ls.  t:  .fi-,  upra  oap.  xiv. 
*)  I  xoiwtii  mi,  i-d  in.  r.  quello  che  comincia:  «Già  lì'*»  Col\ 

manta  Marco  siila  »,  p.  30. 

'-)  V.  uopra  caF.  XIII. 


—  260  — 

a  parlare,  a  d  e,  e  cosi  procede  lo  (volgimento.  Ma 

sudo,  siamo  li,  ben  pensate,  studiate  ••un  molta  dottrina 

ics,  e  concepite  con  une  certa  vivacità  e  freschezza. 

1  dialogo  6  semplice,  pieno  «li  cose;  i  ver»  mediocri,  ma 

i  o  reminiscenze   dantesche ,  ohe  è 

dazione  ■•'  risentirle,  dopo  il  profondo  oblio  de] 

-   i  pei--!  iliaci  del  l'i  nauti  sono  grandi  seiorina- 

lori  di  sentenze,  e,  per  far  peggio,  nella  stampa,  te  son- 

>  messi'  in  corsivo!  La  migliore  delle  suo1 
itediv  i  l  '>■■.■■  ■,•     iella  quale  conosco  una  prima 

edkiono  di  Firenze,  1719.  V.  la  rappresentaziose  del  Bel- 
vedere le  dette  molto  nome. 

•ìc  tu  l'atta  nel  monastero  di  Mou- 
leoliveto ,  e  o  no  rimarrà  per  motti  e  molti   anni  la  me- 
lerì  —  dice  il  de  Dominici  —  dappoiché  ra- 
presentazione  più  magnitica  o   vera  o  perfetta   in   tulle 
1  ioni  degli  ascoltanti  non  mai, 

te,  si  vedrà.»  La  cosa  più  notevole  fu  che  il 
IM  vedere  concertò  in  tal  modo  il  verso   ohe  'piasi  non 
-'vmeva  -se  era  prosa  o  verso,  togliendo  tatto  ciò 
cosa   difficilissima  e  «  della   quale  ri- 
mediato chiunque  l'intese,  e  fu  lodato  da  lutti 
i  letterati  »  '). 
D  Pansiiii  scrisse  anche  il  Sqjana,  la  Sqfomabat  la  Vir- 
Bruto9). — Ma  un  altro  tragico,  alcuni  anni  prima, 
ama  pubblicato  le  sue   tragedie  a  Napoli,   suscitando 
e  ima  (ferissima  lotta,  protagonista  di  nuovo  Niot 
t  -  iva,  difatti,  a  Napoli  il  1712  il  seguente  li- 
bro: Di  I  i  Gravina  Giuresconaulto  Tragedie  cài  - 

o.c  tv.  :«». 

:J  Pvom  pubblicata  il    1721,  25,  25),  e  tutta  Inna il  1748,— la 

Ul   ««mj'1  ragodia  i'/  Ssjoho.  da  m»  visto,    lessi  la  Mgattlt 

■*•*  '"•«"eritta  :  «  I  Q  R.  Coni.  '  io  Pansuti,  Caporota 

«WU  Caarn  di  s.  C,  morto  il  14  giugno  1730  » 


—  270  — 

quc  ')•  1!  prologo  di  esse  era  una  delle  coso  più  bislacche 
elio  si  possa  immaginare,  e  non  tanto  per  le  idee,  in  parte 
diritte,  in  parte  storte,  quanto  per  la  l'orma.  Vi  si  face \  a 
prima  di  tutto  un  quadi'o  dei  drammi  del  tempo,  ehe 

Tetate  e  il  costume  confondono 
E  di  natura  ogni  legge  pervertono 


Accidenti  nati  senza  origine, 
Accompagnati  da  veleni  e  carceri, 
Abbattimenti,  anelli,  bende  e  lettere. 

Egli,  il  Gravina,  un  Legista,  Oratore  e  Filosofo,  con 
la  lucerna  critica  e  la  ragione  poetica,  rivoea  la  tragedia 
al  primiero  sembiante,  la  tragedia  del  saggio  Trissina. 
E  espone  la  forma  usata,  e  uè  discute  le  ragioni,  sempre 
In  quei  DUTÌ08Ì  versi  sdruccioli.  Ecco,  dico,  io,  nuovo  in- 
staurator  della  tragedia,  ve  ne  do  cinque, 

Che  riducono  al  mondo  il  greco  genio 

e  furono 

Nel  corso  di  tre  mesi  addotte  al  termine, 
Senz'alcun  pregiudizio  della  cattedra  ! 

Donn'  è  stato  cacciato  a  cauce  e  scoppole  !  —  postilla 
Niccola  Capasse  Che  la  sua  pazienza  non  era  tanta  da 
durare  a  questo  spettacolo  !  E  fece  una  parodia  di  quel 
prologo  ridicolo,  dove  erano,  a  suo  dire, 


Cose  che  le  darrisse  ciente  punie! 


l)  Napoli  per  Felice  Mosca  1712.  —  Gfr.  A.  Casetti.  La  vita  e  le  opere 
di  G.  V.  Gravina.  Nuo>m  Ant.  Febb.  Marzo  1874. 


—  271  — 
tragedie  d  il  Gravi 

'tulio,  che  nc'e  do  buono,  lui  ironia  bo<  ofa  . 
<  1 1 ■  •  1 1  ■  • ,  che  il 'ha  fatto  Ì8SO,  e  Stroppejànl    ' 

^  ne  il  COBI  il    -i- ma  di  composi/ 

Isso  afferra  na  storia  co  na   i '■•■  . -Li 
Dapo  nco  chiamma  quatta  lABti 
fusto  «pianto  nce  vonno  a  fa  na  «tlpula, 
Co  ire  parole  ognuno,  quante  avastano 
l'è  te  conta  lo  fatto,  e  a  rev. 


-(  vera  e  significativa,  ohe  ci  <\\ 
in.    intorno  a  qi  [io.  —  Cu. 

quali  il  Ca|  i   non  solo  colta 

»'i  un  lungo  e  dotto  di    orso  teoretico,  e  coli' esempio 
li  una  tragedia,  /'  Ottone,  restati  inediti  I"  un 
.   ino  al  i8i  J,  che  Euro  i"  pubblicati  dal  Mormue1). 

Oltre  il  Pausati  ,   scrìveva    tragedie    in  Napoli  il   I 

tnoibale  Marchese  dei  Marchesi  di  Cammerote   F Biuf, 

talmente,  autore  di  tragedie  cristic  ;ii  queste 

.-'  una  magnifica  edizione,  in  due  trottimi, 

rami  del  Solimcnn,   del  de   Mura,  di   D.  \. 
pala  da  Felice  Mosca.  Nell'antiporta,  vediamo  l'aul 
•  lo  ritrasse  il  Solimena,  in  atto  da  ispirato,    eduio 
i    pr  >pria  dell'arte  ih  'pici  tempo,  con 
i cesa  iii'i"  poggiato  ai  dono  di  un 
seminudo  e  incatenato  ,  la  penna  lev.  ta  in    <>i",  la  testa 

EWf  varie 
*l  Le  Opere   di  .V.  C  lite  ecc.   occ    voi.   t.*  In 

piajk.  1811.  pruno  Doni.  Sangiaroino. 

'/  lolorno  nll<r   ulliv.  «uè  o|>.  etr.    Napoli  Siujuorelli,    Vicende.  V.  548 

M$.  •  &or  .  S,   P.  |,  18  $g. 


imparruccala,  ti  vollo  pienotto,  intento  alle  suggestioni 
noti  so  elio  femmina  allegorica,  che  gl'indica  il  busto  di 
Cario  VL  Era  la  sua  ■  la  tragedia  propria  della  repnbl 

cristiana  »,  la  quale,  come  disse  nel  suo  dati 

battista  Vico,  che  fri  il  een 

della  Religione  ».   -  Le  dieci  tragedie,  ■ 

«  le  morti  di  alcuni  persecutori  del  cristianesimo,  comi] 
Domiziano,  i  Mussimi/li,  il  Massimiano,  il  I 

la  Draomi'r-n:   Q  alcuni   martini   B  fatti    illustri   d'  eri 
cristiani,  come  /'  Eustachio,  la  Sofronia,  V  ; 
il  Maurizio,  il  Ridolfo  i> ,  sono  anche  giudi  nani 

pensate,  ben  disegnate,  scritto  in  buona  l'orma,  con  tratti 
-|k-sso  eloquenti,  talora  anello  commoventi.  Bella  e  de 

ione  agli  sconci  drammi  Bacri  del  seicento,  oscillant 

tra  un  sublime  goti o  o  nn  faceto  Inviale!  ('erto, 
lavori.   Ma,  di  qua  dal  cajmlavnro,  (che  ó  ti 
dì  fillio)  c'è  il  lavoro  dell'uomo  d'ingegno  o  di  gust 
quale  era  appurilo  il  Marchese.    \  ielle  sue  Ira 

fecero  la   musica  il  Sacro,    il  Vinci,   il  Loo,    il  Ci 
il  Porpora,  il  Durante,  lo  Hasse,  il   Fago,  il  Man- 
l*riiici|M-  d'Ardore.  Certo,  Ini'' ino  recitate  nei  coli 
oratorli,   in   qualche   casa   privata.   Dai   quali   luo 

urna  sacro  scicentislii  ito  BOanditO,  0  s'era 

invece  ristretto  presse  la  plebe, 
ira  colle  reliquie  dette  antiche 
Il  M  o  fil  per  un  pazzo  Preside  di  Salerno;  nel  17- 

entrò  tra  i  padri  dell'Oratorio,  detti  dei  GerobminI 
t'ertogli  l'arci  Ito  di  Salerno  e  il  ve 

ricusò  sempre;  e  mori  317&3,  «  ammirato  per  le  sue  virtù.! 
Che  dire  degli  altri  scrittori  tragici,  -  ero  Intoni 

B  questi  principali  !  Nienti',  se  non  noi 

•)  Nap.  Storia  critica  co-.  I.  C.  Cfr.  Villani»,  Memorie  d*jt 

xrittvr,   |  Napoli,   1846-8.  l'ari*  I,  pgff,   H0-7O. 


: 


oldvàte piuttosto  largamente  la  tragedia.  ') —  Mi"    lesso 

(tori  *li  comedie,  die 
ino  I  A  i  continuarono,  regolar» 

il       dramma  spaglinolo,   0   si   |  COD    |USJch€    I1 

•  1     invenzione    >.  Mi  ciò,  su  cui  dobbiamo  fermarci  un  do 
il  »,  5  la  comò  in  dialetto. 

Cjue.siu.  nacque  quasi  a  un  parto  colTopsra  bulla.  I-M  è 
l»ì»i  realistica  e  più  originala  dell* opera  liuti...  nell'intrec- 
cio ò  nei  tipi.  Le  commedie  napoletane  «li  quel  tempo  e 
iti     questo  genere  bou  pochissimo  unii-;  restano 

•  I'1  in  esemplari,  perlopiù  unici.  Non  arano com- 

1  tatri  pubblici .  ma ,  o  per  qualche  I" 
«li!  mie ,  per  la   stampa  >.•  la  lettura. 

.  i  mia  forma  d'arie  e  scria:  non  buffone 

«  *  »  dia  <li  COStlimJ. 

t    no  dei  primi  scrittori  di  esse  lu  Nicola  Marasca,  morto 
i.  che  firmava  talvolta  Forecnc  r 

se  l'i   buina  e  lo   Lacunari* ,  stampala    il   17<M*.; 

i '*     Lina,  finita  >la  altri  •')  e  la  Milla,  puVbft         ostu- 
ax&aat«  >> —  La  Milla,  per  dirne  qualche  cosa,  è  una  bella 

*  )      V«K,     I"'1'    I  "     iMgttUfl    '•'     ^  "■     l'illil.l:    i. 

•  jre  ili  liloHofij,  co.  U    1727.  Il  quali  ini  Alci- 

Kie»«  /  _i    cfìr    Napoli  Signorelli.  i    8kiria  a  ,  p.  I: 

—  V<meggo  i  La  CUop 
àt'    Principi  '.  InNtf    1736, 

!'<*»r  mwout  nocanlo  »  qualle,  jnor ,  i  l.i.ili,  .  3«- 1  Fan 
*)  Cfr.    fi..  ■  il.    i.   .! 

V  Pniig  'Commedia  (in  pmsa).   In  Napoli  \*>v  Carlo 

708  In  13,  'li  u    Fsnballo   M.i-hi;ii ,   Napoletana,   accad 

ìbrigtiano,  n-i  tinàia 
rpxtta  prima  fati™.  — Alluci,  od.  Vani  -e.  M7. 

i  i  ho  la  «tantpoi  no,  dedicandola 

in  I7L'0.  —  Milli,  .li  s.   M   iiin  ,    i  .i 

ioì.  N.ip.  1874,  p 
')  I  MDOGXLI.  —  K  la  «Urna  cosa 

àf    i  ■  ma. 


—  074  — 


0  ili  scene  popolari,  comò  oro  si  direbbe,  scrii 
dialetto  schietto,  con  dialogo  vìvo  e  naturale,  l  persona 
i    oi  ttta  una  popolazione  marinaresca.  Certo,  t**zÌoB 
della  commedia  è  ki  solita  invenzione  della  donna  vi 

da  uomo,  che  cerca  l'innamorati  »  itilVdde.  M;i  don- 

i-ostacomc  dimenticata  Della  foOa  dei  particolari  e 
a  vere  a    fresche.    Il   vecchio    pescatore   avarissuno 
Cuosema,  i  due  suoi  garzoni,  Titta  e  Vasteona,  il  lacchimi, 
Parwaceo,  sono  tutte  figure  riuscitissime, — 
il  1711,  fu  stampato  lo  Titta  o  puro  elicilo  eh*  è  «to- 
nfo ha  'Ida  soccedere  di   Gennaro   Caccavo.  ')  — 
:     ha  gli  stessi  pregi.  Fu  recitata  da   una 
società  di  dilettanti,  i  cui  pomi  sono  stampati  accanto 
inaggi.  1/  autore  faceva  Sarchiapone  •  ;  A 

andrò  Mamello,  anche  scrittore  comico,  il  ve 

gli  altri,  che  recitarono  anche  da  donne. 

M.i  il  più  grande  di  quegli  scrittori  fu  Notar   Pietro 

Trincherà.  Più  innanzi  lo  vedremo  autore  d'opere  bufle. 

ivi  Ti  indici. i  6  la  Gnoccolara,  stampata  il  1733 l).  Che 

rosa  e  la  Gnucca/arri  f  —  Fa  gnuoccole  e  vrr 

•   dialetto,  occole  è  anche  una 

di  pasta   La  Gnoccoìara  6  una  donna  civettuola 
singatrice,  gì  ra  in  fatto  e  in  mei 

bella  giovane  popolana,  abbandonata  dal  marito,  ap 

.  ìi,.  l'aveva  sposata,  per  una  ceri  ibi 

nella  commedi:«   circondata   da    una    turba  d' 

morati  di  varia  condizione  • 

.  il  marito,  incognito.  La  Gru  ra  li  tiene  tutti  in 

iscaoco ,  profitta  di  tutti ,  vivo  allo  loro  spallo,  ne  ri 


ia 


,  ii      a  te  mento  mparqfgfabik  •<■ 

V  una  e  ICauta  lwj<j:.   l'i   ROBU  jrt  lo  !■ I      ITU. 

*J  La  Un-  f.-ro  /,'  tuwmmt$rat4   fcorccglùltf.  Cvmtncddrtx 

!'*!•■  QMDMO  Muto  —  All'. \ i-i  li.  Nolani 

»ouo  i  protoooUJ  dal  lYtaehra,  ehi  vanno  .lai  1727  al  I" 


—  275  — 

doni  ;  ma  si  conserva  onesta  ;  secondo  il  concetto  clas- 
sico dell'onestà  !  Ciascuno  degli  amanti  crede  d' essere  il 
preferito ,  finché  il  caso  non  li  disinganna  tutti.  Ma ,  a 
buon  punto ,  perchè  il  marito  ,  rassicurato  da  quanto 
aveva  visto,  si  svela,  e  ripiglia  la  sua  Graziella: 

Bellezza  mia  e  cara, 

Viva  la  Gnoccolara, 

Che  t'ave  scorcogliate 

Tutti  sti  poverielle  nnamorate  ! 

C'  è  qualche  motivo  vecchio,  come  la  solita  donna  tra- 
vestita, un  abate  pedante;  ma,  malgrado  questo  ,  la  co- 
media  è  molto  bella,  piena  di  scene  verissime,  di  mac- 
chiette indovinate.  Ecco,  per  esempio  (cedo  alla  tenta- 
zione di  citare:  quella  commedia  è  cosi  rara!),  come  co- 
mincia la  scena,  nella  quale  Rina,  travestita  da  uomo,  va 
dalla  Gnoccolara,  sua  rivale.  Entra  nella  bottega: 

Rin.  Chi  è  ccà  ? 

Gra.  Na  serva  vosta. 

Rin.  Patrona  mia  ; 

Gra.  Che  bolite  ? 

Rin.  No  paro  de  rotola  de  gnuoccole. 

Gra.  Si  volito  ponta  d' ache,  nce  so  ;  ca  li  gnuoccole  sO 
fenute. 

Rin.  L' aggio  provale  sse  ponta  d' ache  toje,  aveva  golio 
de  prova  quacch'  auta  sorte  de  pasta. 

Gra.  E  quanno  ve  l'aggio  date  ? 

Rin.  Da  no  piezzo;  via,  damme  chello  che  buò  e  fenimmola. 

Gra.  E  aspettate,  che  venga  mamma,  che  ve  le  pesa. 

Rin.  E  addov'  è  ghiuta  ? 

Gra.  Mo  è  ccà;  te,  assettateve!  ca  tanto  se  pava  a  la  lerta, 
quanto  a  rassettata! 

Rin.  Co  lecienzea. 

Gra.  Patrona;  fenimmonce  ccà  sto  poco  de  pasta.  (Incap- 
passe chist'  auto  puro  !). 


—  276  — 

Uin.  (Amraore  •  quante  tome  Rione  i  ) 

Gra.  Tonilo  mente  a  mine!  Mp  ruje   poro  de  El  li 

loceole- 
Hin.  CIm  bella  pesta  janca  e  polita! 
Ore,  Pe  lapoiezzie  oca  veneno  luti 
Etin.  Quanto  l'abuache  lo  juorno  <•■•  fa  ebeasot 
Gra.  Eh,  a  primmo  correva  sso  nenzeo,  me  in  0  Bù  Bl 

tanta  fonimene,   chfl  fanno  st'  arte,  oh'  è  na  porcariu. 
Hin.  Ma  piire  T 

a  plii  pigliamo  li   partite,  e  lo  a   Eateoa 

m'  al  Hiscarr  aggio  no  duje  carrino  lo  juorno. 
Uni.  E  chi  fammene  a'ebi  itol 


i .  cosi .  nuli  mi.  lai  mveraasìone,  semplice,  naturai»  •!  \>  — 
Noto  l'ettolone  e  un*  altra  commedia  del  Trinchen 
l>;ii.i  il  1738  2).  C'ò  in  questa  commedia  un  afosi 
scorporo,  sanaoro  demot  femoneo  e  un  ragazzo,  Asti 
che  ra  véndendo  storie  a      izoni,  e  porta  imbasciate  agli 
innamorali,  comicissimi  'i-  li  Notaio,  sciocco  ,  colta    StM 
formata  e  il  suo  repertorio  d'atti,  è  molto  cariot 
fato  dalie  sue  innamorate,  istu  tea,  alla  Bue  deOacommedin 

irli  «'aula  «|tioMa  canzono: 

i   i  -i  Notavo  ardeva  eeaunJ  a  aeìvo 
Pe  e  belle  giuvene  b  squagliava 

Le  eore  buJo  teneva  couim1  a  co  ivo, 
notte  0  ghiuorno  sperava  '■ 

Quanno  credeva  po'  tocca  a  lo  l»i 

E  mmel  aguienta  addò  abrosciava, 

»)  Atto  I.  So.  XX- 

*j  Dai1  ■  D   Soai  ■  pan VCDi  /DJ. 

I.  So.  \  IH.  I Si  i  dio  •  '^» 

mire    moti  ■"»''    Aviinim»  /a   gloria   de  rh    « ^ 

.iu  /•  patrio*  i  MA 

'    li»   <|>UD£Olo  ,   OCC   >. 

altrove  /o  Mondo  Confuso,  o  /a  «fona  dr  Catone. 


\ 


V  fi  restato  Io  misero  corrivo 
K  Ssalierno  ha  perduto  co  la  Cava! 
E  DA,  si   Noti  no  moglicro 

Co  na  vecchia  te  pud  acconcia, 

<  ,1  l«i  femmeii.'  tonaerelle 
Carna  tosta  non  ponno  in.i..im; 
Chesso  mparate,  si  NoUi  !  — 

^Ma  ine  ta  un'  altra  b  più  importante  «"media 

con  questo  titolo:  La  Monaca  fausti  0  la 
Cor' sa  de  lo  Sanrjo  <  chinnuna  de  Tcrendo  Clitr- 

'"/>    fatta  a  marzo    t726  '). — Nella   pi  H'a/iiuin,   l'autore 
•Ui-o  d'averla  ere,  ca  sto  dia- 

•ie  do  Bezoelh'.  che  hanno  casareonno,  songo  tanta ruf- 
•  «aiie,  scapizzaouolle,  ntressere,  m malore ,  ca  se   no  Èpa- 
co  in.    Deo  Grattato,  e,  pò,  si  lo  povere   remmene 
"iiniii'  a  Penelope!  non  raancarriano   il 
lenze,  de  Carole  retornare eomm'a  Luigi 

uo  fare  che  la  trova  dinto  Poggia  do  po- 

v"i-.  1  mar  lo a  mo  sac  siale  -e  bone 

monechc  fau/.e,  e,  si  mrnevuò  la.  do  piacere,  chesto 

'•«;    faggio  scrìtto,  dillo  a  quarche  anunico   tujo,   azza 

^faille  lo  decesso  a  quarch'aoto  ammico  bujo,  o  se  n'an- 

fftì  moscere  ste  ramardette  moiiechel  » 

■  ■  monache  Dora  un  dementa   della 

iota  napoletana.  Le  famiglie  dal  volgo,  <:   anche  «lei 

mia  terziaria  Irai 
iia.  alcantarina  0  cappuccina,   frequentata  confinua- 
l,r*t-'i»t(j  da  itati  e  proti.  Poco  tempo  dopo,  queste  piozoc- 
cl  »^r-0  c  ,|  giudizio  del  Trincherà  prendevano  una  figura 
amosa  Isabella  MUonel  *) 


1  >     II  ra<.  e  pi»»>iiuto   «Inlln  Società    Nnpol.  di   Storia    Patria.  S«  non 
m    *  «nonno,  è  autografo 

Boari,  NapoU  nell'amo  (704.  Nap.  186&  p.  -'72-50. 


—  278  — 

I..i  Monaca  fauxa  del  Trincherà  6  une 

femmina,  una  Soft  Posino  'li  Lucca,  venuta  a 
poli,  Jove  penetra  in  una  famiglia,  facendo  la  ruffiana 
«li  un  tale  Innamorato  di  Cintino,  giova  Ito   di  0 

k>,  -•  ili  un  altro  innamorato  deOa  figlia   ili   Orazio. 
Finge  visioni,  miracoli,  fa  mandar  via  un  bc 

potrebbe  darle  impaccio— Ma  questo  servitore  e 
tale  intrigo  (un  po' sfors  trenta)  che  Sore  Fé 

impaurita,  è  costretta  a  ronfo-arsi   pubi 

snze  anche  del  credulo  vecchio   Orazio:  che  figu 
Orgt  itiamo  un  po'  della  sua  oont 

eiono  : 


Fo.  In  Lassa,  dalli  sei  anni,  Bine  alli  dodecì,  m 

vita  tutta  apensier&la,  rubando,  bioslcmaodo,  far- 
l.i  mezzana  all'amanti,  e,  similmente,  mi  pigliava  al- 
ni  ili  se  non  di  carne,  ma  «li  una  cosa 

Mimi*.-. 
Or.  M  malora  !  Tu  sì  la  monaca  «ami  I 
De.  Chisto  è  lo  primmo  articolo;  di  appriossol 
Dalli  dodoci  nino  alli  vaotiqaa<  brio  in  ni 

rota,  mi  ili<'<li  tutta  alla  libidine. 
Or.  Mmalora  !  Tu  si  la  monaca  santa  ! 
De.  Via,  lo  terzo  articolo  ! 
Fé.  L'amia  ventiquattro,  per  havere  ammorbala  mezza  lii 

DtUA  di  Lucca,  mi  diedero  lo  strallo. 
Or.  Che  lenivo  la  pesta  ncuollo  1 

Teneva  la  pesta  gallica. 
Or.  Già  lo  nlenno  ! 
De.  Di  lo  riesin  l 

Fé.  Dal  primo  anno  che  venni  aNaj  all'anno 

•  che  mi  ritrovo  in  casa  del  signor  i>i 
commosso  quu.stj  altri  scrupolini  perdonabili 
Or.  Piccolo  scrupoline!  Tu  si  dannata! 
Fa.  Mei  fondaco  di   l'iute»,  con.  .  |»ovora 

ilerc  l'onore  con  un  amante  In  san- 


—  270  — 

temente  sta  piangendo  la  sua  vita  coi.  molo 

e  senza  sposo;  due  sorelle,  abitanti  ni  lAt  ran- 

coficu,  per  me  san  m  mata  dne donne  pul 
portati  mirili  amanti  da  donne,  cere  chi  ave- 

va i  »j  del  reato,  il  Borgo  dell'i  Irete 

la  Conciaria,  il  Lavioaro  tana,  il  B 

di  Chiaja,  <•  buona  parte  'li  Napoli  l'ho  ridotto  pe 
di  (|uel  luogo  detto  la  D-" 
Or    Mmalora  !  Tu  si  la  monaca  santa!  .  .  .  ') 

Milita  comodìa  dell'ardito  Notar  Trin- 
cherà, —  D'Ile  altre  commedie  in  dialetto,  noto  /.</  Se 

v,  ridazione  napoletana  delle 
lime  del  Molière  s).  K  duo.  untilo  balle, ne com] 
naro  Antonio  Federico  .  i   ;  tìtoli  U  Birbe  e  lo  Cu- 

"atfjrc  J).  — 

La  iia  dell'arte  occioh*.  Lo  miserande 

condizioni,  alle  quali  rei  ridotta,  Bono  descritte,  con  molta 

,  nelle  -V  I  ioldoni.  Quelle  relìquie  di  un 

accenna  0  Quadri  • 

c«nto  o  su  quel  gusto,  erano  specialmente  restali  nell'uso 

'j  Alto  IH,  w.  ultima  —  In  uua  sceua  antecedente  (111,  se. IX),  rii-liie- 
àmiù  d' amore  un  giovano  giA   ammogliata:  Sa  conoscici    lodi    i 
fallace  —  dice  —  mi  preodereati  per  moglie! 

tallo.    V.  |-o"  avorii.i  dole  mogliero? 

Ftthta,  Con  li  miei  lecred  fhrrla  che  fossi  solo  sposo  di  me. 

Le.        Che  rapisse  fa  l'acqua  tofania  puro  f 

Fé.  .      CSM  ledi*  <:l  lioneate! 

Kra  quello  il  tempo   degli  avTelenamentj    coli' acqua  tofana,   e  della 

*)  Orarci  tht  torna  di  Tofano  Rotontiano,  Dod.4 

■  Francesco  Carafa    Principe  di  Colubrauo.  A  JSnapofe  a  I" 

Oee  Musaci,  1720-  Ln  ded  .ala:  Antonio  l'or p ora.  —  Nelli 

□  il  ma.  segu.  41.  2,  l  <■:  Lo  Spacw  trTinàitorc  Contmc<i-' 
fr   lo    S,"    Tofano    Koi-mlinno. 

n<l<;    V.   550. 


—  B80  - 

ri«-i  commedianti  pubblici  —  1  quali  rappresentavano 

i  Napoli,  al  solito.  Non  biaogna  immaginate  cha  i 
Fiorentini  e  poi  il  Nuovo  d  »ero  sempre  opera  in  mu- 
...  Molti  ntirrrnlli,  >•  forse  alcuni  giorni  dada  setti- 
mana, orano  dedicati  alle  compagnie  degli  istrioni.  I". 
oltre  quei  teatri,  i  comici  avevano  anche  delle  sedi  prov- 
visorie. Cosi  sappiamo  che  la  Con 

'''ardi,  il  1712,  domandava  <Ii  poter  taro  «  il  solito  Bal- 
chetto  per   rappresentar   commedie  nel  Casino   fuori  la 
Porta  deOo  Spirito  Santo  o  ').  Cosi,  egualmente,  tuoi 
porta  Nolana,  fuori  Porta  Capuana,  si  costruivano  d 
tri  estivi 

Un  amico  di  Niccolò  Capasso,  un  tal  Filippo  A eh 

il  Capasso  chiama    \fcrbetto,  era  innamorato  di  ime 
mica,  ili'-  a  nenie  disimpegno  la  parta  di  Lucrezia, 

in  ima  tragedia,  intitolata  il  Aneto,  l'appresemela  fìiori  la 
Porla  dalla  spirito  Santo 

Mori. oifi>  mio   voli-li  piglia  na  • 

B  la  volea  spasi  ISo; 

1'."  già  java  ammanBnnoee  lo  stigli". 

Co  tuli"  ohe  ne'  <■  posta  ed  ò  amoca^h  > 
«.'uauiiM.  clifd'Jr-  .' — Nini  no  momento  squaglia, 

E  sotito  ih  :  '/lifij'j  lo  nifi 

il  quel 'nibbio  fu  un  certo  Marchi  -    P,   .'in-  la  poi 

0  a  Nisi.la: 

Tu,  ninfa,  Un  starraje  ncoppa  n  no  scuoglio:  — 
sfa   Mortici i.i  mio  •Imi.' a  In  nìglia, 
Ohe  non  su  elio  no  fa  de  clùllo  I  » 


•)  M  \rrh.  Munii: .  T.  XIV,  f.  141.  — 

itomi  «lui  di.  Capono. 
*)  Arcli.  di  .SI,   Teatri,  f.  la  — Suppl    (1754)  di  (Ha*  d'Amato. 
'>  l  tu  '-ii  i>.  36-0.  —  li  i'...  don  otti 

i(in  i  t:-ni|  i.  poni  -li  '..•!  Ni:-i-ln.  V'alia  lombo  di  qnost 
li*  MOO  D  li  MaiJouua  d*»i  Sotti-  L'olori. 


—  2S1  — 

Antonio  Fiorillo,  che  facevo   V innamorato  in  commc- 
U;>,  ed  era  capo  d'una  compagnia  comica;  Placido  Grani 
Bua  i  migliore 

m   Me    ili  e  app  tifare  ■  •   '  «iacomo  Ristori, 

mamoraii         p  icomico;  Pietro  Spolverini,  Pari- 
li glie  Ann:),  delta  la  i  a 

!i    recitava  braramente  da 
to  col  Fiorillo,  e  una  sera,  tuffa  un  tratto,  p< 

dal   teatro,  mori   in  un  ospedale; 
Wti  Uori  trovo  memoria  che  recitassero  a  Napoli 

ri   primi  decennii  «lei  secolo  '). 

I  Jn  bra  Ho  era  Giacomo  Ragi  Uè  «  aveva — 

dice  i  li  —  un  raramente  mar- 

ioì  discorsi  arano  sostenuti  da  frasi  alto  ed 
{gio  d'invincibile  guerriero  ». 
della  *  \  in  hi  poi  in  Francia,  nella 

ia  chiamata  dal  Reggente  e  diretta  «la  Luigi  Ric- 

Jh  una  iche  .    che  recitavano   bJ 

quella  comica   l  a ,  eoe   Fece  gl- 

ia lesta  .-il  pittore  Domenico  Brandi,  secondo  narra 
Dominici,  Egli  se  ne  invaghì  fortemente,  «  e  molto 
a  ebbe  a  BotTrire ,  perciocché,  essendo   eBa  in 
i  e  la  prima  dello  compagnia  e  che  assai  bene  rap- 
inava farle  regali  adeguati  ;lI   boo   me- 
tto, per  avere  il  ravore  'li  visitarla.»  Quando   Ortensia 
rapoli,  il  Brandi  la  se^ul  a  Roma,   ad   Ancona, 


M  ftarloli  F.  A  .  parrim.  ad  noni. 

»)  tortoli  F.  Notili   li.  102;  e  Bartoli  A.  Segnarla  Pwfc  pag.  C\1A 
—  Il  Ragozzini  non  dorava    far  parte  dui lu  compagnia;  ma   con 

a  Napoli   un    buon    .*i-. 

ottenne  b  prefarema.  1  duo  primi  anni  i  con  pa    mode 

idatfiio  a  Parigi  ;  a  Rngoz/ini  «  prit  varroue  tft  At  boaucoup  do  dw- 

».  v,  . 

19 


82  — 


sino  a  Venezia   LÀ,  vedutosi  tradii  i  e  pre- 

feritogli un  Giuseppe  Antonio  de   Lai  .   che 

ani  to'  et 
.  perdette  la  pazienza,  cario  ma  d'impro- 

perii  a  se  ne  torna  a  Napoli.  E  mise  I 

Chi  non  i  queir  allegro  viaggio,  p< 

già,  con  una  compagnia  eli  comici,  che   Ca  □  Goldoni 
ci  descrive  in  uno  dei  primi  capitoli  «lolle  sue  Mèmori* 
il  braV  omo,  dir  Ila  compagnia,  a  i  nervi  e  il  : 

[<      prima  amorosa,  e  la  s<  rvetta,  e  i  gì 
e  lo  j  al  dottor  Goldoni,  e  il  suo  incontro  col  li; 

lo,  enfi      ppo  rabbonirlo? — «Su  oe  sei  venuto 

qui  '      Per  mare.       I  !on  chi  ì  --  Con  una  compagnia  di 
comici.-  i  Padre  mio,  sono  gente  di  garb 

i  ime    i  chiama  il  direttore  f  —  In  is  id  .  e  si 

chiama  Fiorinolo  dei  AG  ini   Ah  !   lo   co- 

'■  un  i n ■-■  i \ *  uomo  :  i  ecil  iva  1 1  parte  'lì  Don  «  »io- 
vanni  nel  Concitato  di  Pietra.  Si  mise  in  testa  di  man- 
giare i  n  ni,  che  appartenevano  ai 
ecco  l'origine  del  suo  cognome....  a  a) 

Fh  'lei  Maccheroni  era  napoletano,  e  fii 

il  1720.    Recitò  per  un  pezzo  a  Napoli.  Agostino  Fi< 
il  famoso  Tartagliat  ntava  a  Francesco  Barti 

gesta  m<>  niche  di  Florindo.  La    sua 

.  che  gli  fu  appi<  i  nel  sopì 

dimenticare  il  sui     vero    i  ime.   «  In   alcuno    e 
■  ridicole  '•■  dove  la  mensa  aveva  luog< 
loro  appo  ì  macchei  vano  da  lui 

<i  voratì,  non  che  mangiati,   Nella  tr  Gran 

Coir  i  ben  conditi  n 

abito  e  mai  iza  soggezione  alcuna  in  o 


D    i' I   ".  e  iv.  374-S. 

«)  l&nurfa  Piala  is-20.  P.  I,  Cap.  IV,  V.  \  l.  VA  I.  2 


»■ 


«  i 


—  283  — 

.il.  i    -il  Goldoni  lo  rivide  poi,  iulorna  al  11 

'  :  arie  Veroni  Io  v» 

etifo,  i da  re  noli;»  tragedia  e  d 

>,■'/,■   noi  .  '). 

Alcuni  attori  'li  maschere  napoletane   sono    inane  ri- 

,  morto 
IO;  Nicola  Boniti ,  che    faceva  il   ( 

Un  Sii- 
l  secondo  Zanni,  ••"!  nome  «li  l'au- 
tor Chi*  -iit" 
,u'                                                       e  portava   certi  i 
c"iaJi                    (ondi  e  concavi  8). 

Qu  popolari.   Ne!   Largo  del   Castello, 

upi,  i  casotti  di  legno ,  i  banchi  dei 

ii  questo  V  n  I  Latro 

oinci  ad 

■  posto  SoUo  I 

'-     I  \  rimili. 

di  S.  Giace 
'4,,.-t  forn  da  quella,  che  Ita  ora.  Nel  I 

indo  I  dalla  Sicilia,  il  Pai  Mi- 

ste dell'  edilizio  \i.  Accanto 

L*l-i    ci  ,,a   sotto   la  • 

terraneo,  che  fu 
del  Futuro  S.  Carlino. 
I  uia   di  quel  teatrino,    ia  una  supplica  che 

;.  i  quaranl 

:omedic  in  quel 
l,",«i'i  in  ogni  gioì  Cosi,  dunque, risaliamo  al  1719 

1.  cit.  I.  107. 

ari   uuin.  Cfr.  i.   VI. 

*j  ;,  mia  N'.'i».  S     oy.  Ri  ile, 

iUto,  Teatri,  (   li. 


—  284  - 

In  una  supplica   della  famiglia  Tomeo  si  dico  che 
tanti  anni  dai  loro  antenati  o  dai  supplicanti 

lo  tenuto  raffino  e  l'impresa  o  ').  Ma  i  tanti  ano 
mia  frase  molto  vaga;  e  non  con  <• 

aginariH  -  <]i-m  ..inin..,  fin  da  questi  tempi,  uno 
famiglia  Tomeo. 

Che  cosa  raj»i  ie>ontassero  questi  comici  ò  un  | 
BcOe  detoni  Btnzi    d    ogni  boi  I 

mone  relative.  Probabilmente,  comi1  -i  : 
teatrini  minori,  storpiavano  un  po'  di  tutto,  afa  il  li 
neri  ilare  doveva  essere  la  commediola  d'am 

Irimonu  col  Pulcinellax  il  Tu  ,  il  Colo,  la 

ihia  /.!■:<:  <>  Pepo,*  E,  in  quegli  attori  volg 
la  vena  comica,  che  rese  poi  famoso  il  k- 
L' estate  andavano  a  recitare  mori  Porta  Capuana,  .. 
alcun  ahro  «lei  posti,  che  sappiamo. — 

le  vacanze  del  carnevale  1703    si  Coli  igio  di  i  Mi 
l»ili  —  elio  bel  salto  da  Porta  Capuana  al  Collegio 
Nobili  1  — ,  i  convittori   rappresentarono  la 
Dramma  traffico  per  ti  "-').   Solite  prove  di  stiu 

e  esercizii  svariatiasimi:  minué,  sebi  iti   b 

salto  del  cavalletto,  giuochi  della  bandie  |,  Citta 

nestra  Tu  lì.  Giustino  Garofalo  dei  Marchesi  della  R 
Oreste,  D.  Berardino  Cappa  dei  signori  diTussi  e  O 
piato;  Pilade,  D.  Domenico  Luigi  Barone  dei  iri  di 

Livori. 

Trentanni  dopo,  ritroviamo  Don  Domenico   Barati 
i  d  -li  Liveri.  ^*  era,  senza  dubbio,  cangiata 


'.i  ivi  —  f.  H. 

*J  In  N-ip-  ]•  ifcri,  170  '  —  Btbl.  /una.  mia. 

3J   Nel  libretto  wMio  iiiiii  <li   lingua  i'rnnraM  a 

1  •).  ! i  OMfllflM  .  UBO  di  M' louo-lli),  iiiìo  ili  .-m-iliulo, i 

horoMi  uno  di  hallo  iranc***.  a 

dura,   Btl  corpo  imeg-aauU'  1 


—  285  — 

Iti    Bgli  ;    povero   <li    fortuu  t, 
i  *  grandi  strettezze  e  difficolta.  Ma  il  convitto 

■  le ,  era  diventato  uno  dei  pio  appassì  i  iati 
1  ili  .'Hauti  .li  drammatica.  Nella  sua  terra  di  Livori,  pw 

i  intorno  a  sé  una  brigata  di  gente, 
■  nv:i  nella  dedamaz  'ila  rapp  izi  me. 

*  -•-•   com  h  •  fa»  ■•  ■  il  e,  'li  a  u ip 

«  Mtì  r.i\aip>  molti  >ri  da  Napoli,  e  dai  luoghi  vicini *). 

l*-     tuni  uè  |  »,  come  di  -  • 


XVI. 


"  Nàpoli  —  La  Didoue  abbandonata,  — 
-  hì'jil'i  Caratale  impresario  -  Cronaca  —  Teatrini 
doperà  buffa  —  Rosa  Allenirli— La  star/ione  1733-4. 

postolo  Zeno,  fu,  come  si  suol  dire,  Va;  del 

a  comparve  un  po'  pia  tardi ,  o 
l»c*t,t,,  a  Napoli,  sul  San  Bartolomraeo,  Ó  L7384. 

'ii.it,.  Melasi  i -i  •,  poco    lopo  la  morte 

ina  1 1718),  speri  orata  la  rio  -ii.- 

••  viir](.iiM  i;.m:  a  NajMili.  A  Napol  >nciò 

■mi  un  paglietta^  odiatore  di  poeti  ,  ohe  voile  da  lui  la 

promessa  solenne  che  non  avrebbe  scritto  pio  versi,  I  '  i  il 

la  prò  me  q  tu  data, 


l)  Il  '  '  V\  diceva  :  «  ....  ben  raccontando-i  ogni 

ilaniii  i    [ii.   1 1    citta  d'ararmi    plij   rotta    (armilo  sai    mìa 

i  aitali  cou  proprietà....»  —  Ttatri,{,  7." 

I-Ilo  Opp.  (V.-n-via.  Zatla, 

!  le  »g.)  K     I      I 

M.fltW«» 

al  Hai  1772,  75,  80)  :    a  Non 

a»*fc  incognito  il  prowlluso  more  del  Poro  P  :  ino  no  ao>t|>i-i  i 


—  286  — 

dovette  più  volto  violata.  Il   Motastn 

il  1720  l'epa  'li   D.   Antonio    P 

itili  Principe  <li  Beino  ri  D.   Anna    I 

pelli  di  Sangro.  K.  per  la  si 

nata,  che  dedicò,  con  K-t  t  ir 
n.  Marianna  Pignatelli,  Contessa  d'Althaon  '). 

Il  -j  IT-.'!,  ->i  doveva  ed 

della  nascita  defl'  In  i  •  Elisabe 

.  e  tulli  speravano,  o  professavano   .li  sparare, 
dentemente,  che  facesse  un  figlio  masi  i 
no.  Oli  se  foa 
ebbe  avvenuta  la  guerra  di  suo 
Il  Viceré  di   Napoli,   D.  Marcantonio 
dunque,  celebrare  con  pompa  maggior.'  del  solito, 
fausto  giorno.  E  conoscendo  qualche  ■  oc  ài 

pensò  di  affi  I  i  rincari) 

lata  da  musicarsi  ;  «•  In  man<l<i  a  . 
il  suo  pensiero.  11  Meta  die  prime,  disse  di 

non  voleva  mancare  aHa  pr  imcsi 
fiali' altra  promessa  fallagli  dal  Viceré,  che  il  D 
r  autore    arebbe  re  igreto,  accettò,  •     cri 

gli  Orti  Espia  idi, 

cu  oh 

parte  di   Venere  fu  cantata  dalla   w  III, 

Rómanlno,  che  ali)  ■  itiolu 

('..  B.  Pmacci,  Antonio  Pasi,  Antonia Merigl 

n    i 
■ 
T.  VO,  p.  X"  K)— Del  t: .   i , 

legali-.  !•'.  Imim  notai*  che  M  i  i  utl'oUi'u  rh 

n'ariiiaava   l> 
(Jaliaui  :    I 

..    .  - 
')  Fu  stampalo  il  1788,  Napoli  |.tv*-o  I>.    \  0  S'icola 


—  2X7  — 

•  apptau  •  quella   n  pj 

o.  il 
i  i  ncìpe  Borghe 

da  Roma.   Ma  nessuno  ci  credeva.    La   / 
ertii.  ch'era  Heto  del  trioni  i  e  curiosa  più  d'ogni  ali 

re  la  ve 

[no  Meta 
il. 

no  andii.'  i  biografi.  •')  Ma  cono  i  va,  i   ■ 
che  se  ne  ignoi  ,  Be  il  libretto  degli  Orti 

o  da  una   lettera  di    dedica   del   88 

IO  1781  alla  PrÙT  BOI  W  taOtO  «li  liiMi.i. 

06%. 
i       Comunque  sia,  l'importante   é  questo,   (jli 

'io  la  Bulgsrelli  b  P 
Tra  l'illu  e  e 

!  me,  latta,  un  po',  di 
'".d'amore,  li  Metaslasio  fini  eoi  lasci 
;  !  _'li  studii  di  legfl  ila  tanii- 

^  colla  Mai  Domenico,  il  marito  di 

I  i  ila  quale  si  trovò  pori  s  lineila,  che 

ii  gusti.  Poeti,  maestri  di  cappella, 
Oir*tuo$i  illustri;  il  Ver!  000 

■     ''ridi  Componimento  drammatico  da   cantarsi  in  otxa- 

i  in.  t  ,i/i. 
■     ■ 

ltorghcs*   ecc.    D«d.    a    I).  Mari» 
noli  Barghaac.  lu  Nap.    MDCCXXJ    por  Frane.  Rùttianto,    -t..ni|..  .1.1 
Bea]  PaU/.  io  uaapsee   alcune  finora:  li  •■u.v.tmiìi     1  '  -■ .  ;  >  [  ■ 

tUIs  Mia  o  palco,  il  rinfresco  (diremmo   udì:  il  buffet).  Ila.  allo  Hiiil. 
ino. 

■.  la  aeconj 
■ 

,-ura  ilei  Caini"  li   1884  - 


giusta  intuizione  storica,  ta  fa  rivìvere  in  alcu 
pagine2). 

Il  1722,  anche  pel  28  agosl 
r.iniponevii  {'Angelica,  musica  .1,1   Porpora  ■>.  Le 
di  Medoro  Ri  cantal  i  da  un   giovane  diciassette 
nome  Cacio  Bronchi  e  'li  soprannome  Farinello,  i  Iw 
minciava  a  farsi  l'ama  a  Napoli.  •)  Cosi  il  più  gran  a 
tante  o  il  più  gran  poeta  teatrale  del  secolo  Wlll , 

ino  insieme  alla  vita  dello  scena.  Il  Mefastasio,  net- 
l  amicizia  che  lo  legò  poi,  por  più  di  cinqui  ni,  ed    | 

Farinello,  non  Lo  chiamava  altrimenti  die:  caro  geméU 
gemelle  adorabili',  ecc.  In  lì  lettere,  me  ■!  /• 

tempo  passato  insieme  a  Napoli  iva  in  dù 

poletano  !  m 

Nello  stesso  1722,  fu  recitata  la  Galatea  del  Metastasi 
in  casa  del  Duca  di  Monteteone,  ')  E,  sempn    pi  I  gru   ■ 
mondo  napoletano,  ci  componeva  gì    epitalami]   p 
nozze  di  Giambattista  Filomarino  con  I>.  Maria   ViO 
Caracciolo  dei  Marchesi  di  S.  Bramo  1 172£),  o  per  quelle^ 
<li  1).  Francesco  Gaetani  dei  Duchi  di    Laurenza!  io 
D.  Giovanna  Sanscvcrinod-ji  Principi  di  Btsignano  I 

l'arnia,  dopo  9  Carnevale  del  L783,  la  Pausi  uà,  ricon 
parve  al  San   Bartolommeo  la  Bulgarelli  col  Nicolino 


sio,  af 


')  Vtìrnon  Loo.  Il  Settecento  mi  bdfoj  Milano,  DuinoLml,  tHHi.  \  ,,! 
p.  34  e  Kg.  dalla  inoslutira  IndaJBOBfl  italiana  di  ., 

I   M    'i.  ]  .    B  .•ìtntUi,  n-ll.i  ■  it    "'I.   1 1 a j  mietati 

T.  \lll,  p.  l  \  il.  Fu  rtwapM*  per  Peliea  Ma 

5)  Tolgo  questa  notkia  da  uua  noia  dui   Odala  «l'Alai  -Ioli* 

Lcttcr-   del    M'-ia«ta«io  (Vienna  1795),  riportai 

lì,    Lor.  I.n,.rKna,    1865)  p.    T.ll.    11   Flottalo,  O-    C    Il, 
olio  il    PuÌImUd    I  uitaaiw    in-HV 
mciiLi    '•   •■  1 1  i<-   ni.-  illmt   -'i 

•)  I.ctlfit    disparte  ecc.  od.  Cardilo  i ,    cfr.  |i 
cembro  17-tR.  6  adombro  49,  I  00. 

•i  bUttai,  1.  d. 


■ 

■  in,,  i  - 


—  289  — 

coli'  Annibalino,  cantarono  nella  primavera  e  nell'autunno 
il    Sifacc  .  cX  Amare  per  regnar  e  del  Porpora. — 

M.i,  :  .  un'altra  ignia  si  trova  al  s.  Bar- 

t«  »  >gH  uomini  Antonio  Barbieri  b  G.  B.  Mìni 

le  donne  Vittoria  Te-si,   r- ■  i .   a  Pieri,  Livia  Bassi,  Anna 
Maria  Mazzoni. 

11  Metastasio,  intanto,  aveva  compiuto  un  dramma 
la  Romanina.  Bra,  nientedimeno,  la  h  aia. 

il,  nel  del  172-1,  i'n  rappresi  r]  s.  Rnrto- 

lonimeOj  con  musica  del  Sarro,  colla  Bulgarefli  che  beava 
Didone,  col  Nicolino  che  faceva  Enea,  ')  —  Il  librai 

la  Francesco  Ricciardi,  e  distribuito  la  prima 

sera,  era  dedicato  cosi  al  Cardinale  d*  Alllianu: 

Eminentissirno  Signoro, 
I  presentare  all'  eminenza  Vostra  questo  drammaii' 
poni  me  n  siamo  co  lo  d'una 

volontaria  offerta,  poich< .  per  snare  il  medesimo  nato  sotto  il 
l'-i  bellissimo  go\  ii  iim,  io  appartiene  come  cosa  propria,  non  come 
nostro  tributo.  Possiamo  però  giustamente  sporaro  che  \t  do 
unii ii Svi, ,,,■  suppliche  l'Ii  procurino  Q  ln-nigno  oompatimeal 

dìo  dell' Eminenza  Vostra,  sicuri  che,  dove  cto  avvee 
'"vni  anche  incontrare  la  pubblica  approvasi)  ne    I  d  al  bacio 

I  protestiamo 

di  Vostra  Eminenza 

Nicola  Galtibm,  Aurelio  oel  Po.  *) 


'•     "\l.ti.i,  ri.  II-LXI,  dia  ebba  lo  notici  .  PriU' 

éfommat.  j.  mollo  :  A 

tiO  n-ll"  wniu  XXXV,  „.   19,   1S  febbraio 

Paris, 
*.»-■»  p.  214)  la  dicono  rappresentata 

0»*u  •  il  Pui   i  i<  Ili,  'i  ilio   ohe  li  ''ni 

i  icrircre  il  dramma  <  ea  tal 

ibìll  il  [in  12  tg. 

um  racroltiua  •  1 1  lottera  !■  riproduca*  il  Carduccio,  a  \>.  4'Jl-5. 


—  20fJ  — 

Questa  rappresentassiotie  segna  la  prima  data  gloriosa 

nella  storia  del  melodramma  italiano  e  nell'  opera  di  Pietro 
Mu1:inI;isÌo.  —  (Jlii  può  immaginare  l'entusiasmo  del  pub- 
blico napoletano  al  sentire  quel  dramma  rapido,  chiaro, 
logicamente  connesso,  senza  inutili  buffonerie  ;  dove  lo 
situazioni  sono  cosi  argutamente  scolpite,  dove  lutto  ù 
detlO  COD  mirabile  eleganza  e  facilità  e  lei  ietta  ?  Quelle 
sentenze,  quelle  espressioni,  lineile  risposte,  calzanti,  epi- 
granmiaticlie  ,  divciilarouo  soluto  popolari,  passavano  di 
bocca  in  bocca.  E  Didone  —  Bulgarelli  innanzi  a  Iarba 
(Annibalino  ?)  col  suo; 

Quel  che  ora  ó  don,  può  divenire  omaggio  ! 

{Coni*  aliterò  è  costui!) — Siedi  e  favella 
Arbiiee.  Qanl  li  sembra,  Signor  t 
Iarba.  Superba  o  bella  ! 


e  I"  arietta: 


Son  Regina  e  sono  amianto, 

E  T impero  io  sola  voglio 

Del  mio  scettro  e  del  mio  cor  ! 


e  l'altra  di  Iarba: 


Son  rjual  fiume,  che,  gonfio  d'umori, 
Quando  il  gelo  si  scioglie  in  torrenti, 
Selve,  armenti,  capanne  e  pastori, 
l'orla  seco,  nlegnu  non  ha  ...  . 


e  Enea-Nicolino  col  suo: 


Io  sono  il  traditor,  son  io  l'ingrato; 
Tu  sei  quella  fedele 
Che  per  me  perderesti  e  vita  e  soglio; 
Ma  tanta  fedeltà  veder  non  voglio  ! 


ai'j 


—  291  — 

Tutta  quest'  ultima  scena  —  scena  cosiddetta  della  ge- 
losia —  fu  suggerita  al  Metastasio  dalla  stessa  Roma- 
nica. La  quale  era  grande  attrice  e'  rese  efficacissima  la 
parte  di  Didone.  La  musica  del  Sarro  valeva  poco. x)  — 
Alla  fine  del  primo  atto,  dopo  il  soliloquio  dell' Enea-Ni- 
colino,  e  l'arietta: 

E  intanto,  confuso 
»  Nel  dubbio  funesto, 

Non  parto,  non  resto; 
Ma  provo  il  martire, 
Che  avrei  nel  partire, 
Che  avrei  nel  restar! 

**'  rialzò  la  tela  e  cominciò  il  primo  degli  intermezzi 
^>ufrì  ,  composti  dallo  stesso  Metastasio  e  cantati  dai 
"UfìR  del  teatro  ,  Gioacchino  Corrado  e  Santa  Marche- 
sini 2).  Erano  le  solite  scenette  della  vita  teatrale  :  l' impre- 
sari o  Nibbio,  che  viene  a  impegnare  la  virtuosa  Dorina, 
"tee   questa: 

Ilo  quattro  o  cinque  impegni  ; 
Ma  vedrò  di  servirla,  ove  m'accordi 
Un  onorario  comodo  e  decente! 

)  ^lattei,  1.  e.  —  Della  musica  del  Sarro  esisto  la  partizione  nell'Ai--, 
eluvio  musicale,  cfr.  Florìmo ,  o.  e.  —  Sul  buon  successo  della  Bidone, 
ffr.  a»icuo  Yita  cit.  p.  43-4. 

")  *-*llo  siano  del  Metastasio  rafferma  con  qualche  fondamento  il  Mattei, 
1-  c-  I*«  LX,  e  ancho  Man.  per  la  vita  del  Mei.  p.  XLI-XLII.  Vi  sparse 
?u  dei  dubbii  lo  Scherillo.  Si.  leti.  op.  buffa,  p.  105-G  Quanto  al  loro 
vaio****  ,  essi  sono  infìuitameiito  superiori  agli  intermezzi  eoliti  a  quel 
l.-iuV**  :  e,  se  la  forma  letteraria  non  parve  troppo  elegante  allo  Sche- 
|.\\V'>»  «  da  considerare  che,  pel  loro  stosso  argomento,  debbono  riprodurre 
^ct^  e  frasi  del  modo  di  parlare  corrente,  e  tutt'altro  che  elegante,  del 


—  292  — 


E,  alla  difficoltà  dio  non  conosce  la  lingua  del  paese, 
dove  dovrebbe  andare  a  ruiitare,  Nibbio  la  rassicura,  ri- 
spondevi, i  : 

■ 

11  libretto  non  dove  esser  capito; 

il  gusto  è  ripulita, 

E  non  si  bada  a  questo: 

Si  canti  bene,  e  non  importa  il  resto  I 

Questo  per  le  arte;  quanto  ai  recitativi:  '■ 

allor,  com"  ella  sa. 
Per  solito  l'udienza  ha: di  ciarlare I 

E  dopo .  il  secondo   atto ,  quando  la  Bulgarelli    ebbe 

r: il  italo  : 

. 

Va  lusingando  Amore 
Il  credulo  mio  coro; 
Gli  dice:  sei  felice; 
Ma  non  sarà  cosi  .  .  .  . 

ricomparvero  Dorina  e  Nibbio.  La  prima,  in  abito   da 

teatro,  litigando  coi  sarti  : 

Quest'  abito  vi  dico  che  sta  male; 
Da  Regina  non  è,  non  è  alla  moda; 
•  Un  manto  alla  reale 

Deve  aver  dieci  palmi  e  più  di  coda! 

Nibbio  le  fa  cantare  per  prova  la  parte,  che  deve  re- 
citare: 

Sarà  per  me  bastante 

La  parte  d'ascoltante; 

Questo  il  cerino  sia,  questo  il  libretto; 

Faccia  conto  eh'  io  stia  dentro  un  palchetto. 


—  203  — 

L;i  done  fu,  quel  die  si  dice,  un  ai 

i,  Si  ripetette  Della  quaresima  seguente,  con  ap- 
pbui  ino  hi  recitata  a  \  e 

io  la  musica  del  Sarr  i,  e  a  I  m  quella 

riatti.  !i  li  Metasta  che  partisse  subito  per  Roma 

con  la  Famiglia  Bulgarelli.  *) 

i  al  novembi  la  BujgareOi  non  ni  i 

teatri  'li  Napoli.  Albi  grandi  cantanti  ricomparvero; 

su*  astri  maggiori,  Farinello,  e  Vittoria  Tesi,  virtuosa 

('i  s.  A.  Sci-.""  il  Principe  Antonio  di  Parma;  e  poi  Diana 

•,  virtuosa  del  SerJ1»0  Elettore  di  Baviera  .  a  Giovai) 

e  Anni  Strada,  detta  la  Stradina,  e 

i   r-r.i    lYrliri  ili  Fircu/f,  C  Amia  Gì]  ili  Rolo- 

r'i.-i.  casco  Guicciardi,  virtuoso  del  DucadiMocl 

Mei  17  nozze  ili  n.  Andrea  l  Duca  'li 

aracciolo  dei  Marchesi  dell'  A- 
itò  il  FtorindOf  Tavola  boschereccia  *J 
j)>>r-t  Ui  \  resechi  iche  Diana  nel  Prologo. 

j-'I'jritid'),  Carlo  Broschi,  detto  Farinèllo.  Gli  altri  pi 
p*£gi,  la  Vico  e  la  Guglielmini. 

v)  Mnltoi,  I.  f.   p.  LX-I.Xl.  —  Il  quali  .  I mo- 

•«•rilla  di  un  cootemporai  iunge:  «  Si  avverta  ohe  ri  I  li 

•?n  i  ipolo  in  Napoli  «li  far  li-  "i>  io  in   tempo   li 

Q'ureeimr,.  in  questi  tempi,  i  i.       i  ■     ■  s  >:-'•  piii  i"'iolli ,  non  ai 

K  pur  non  si  v. 'l'ili    i  [noll'etil  P  mio  sistema  di 

amlar*  al  teatro  collo  «tesso  niodf^i  dia  ■ 

une  ».  0  bravo  Mattai,  la  tua  estetica  ha  ragione,  ma  il  tuo  buou 
muso  ha  torto!  —  Pel  reato,  confisso  che  11  coso  dello  bidone  e  unico, 
a  mia  notizia.  Ni  ito  e  in  tutto  il  settecento,  iu  quaresima  i  teatri 

crann  aolo  recite  d'opere  sacre.  So- 1 

Coni  Pallente,  cui  si  rifiariace  il  Mattai,  a  quatto  punto  ricordasse  male 
o  volani  o  dire  che  l'opera  si  ripetette  'lopo  Ouareaimn, 
*)  Secondo  i  signori  Glement  et  La  Mousse  o.  0.  p.  ^1 1. 
J)  Da  Roma  b  datata  una  lettera  dal  15  eettembre  1728.  —  ; 

docci. 

'I  II  pruaso  Francesco  Ricciardo  in    1.  —  Ardi,  mus. 


—  m  - 

I  .■•  trilline  splend 

ri    succeduti  il  Senno,  Nicola  Galdieri  ed  Ai 
doJ  Pò.  Ma  questi,  come  lutti  gl'in  i   splene] 

contentano  il  pubblico,  oe  uscir*  io  male.  Mali 
o  questo  punii,  curioso,  elio  Aurelio  del  P 
debitore  dell  ma  di  ducati  duemila  alla 

eia  Strada,  alias   Stradina,  Don  ai  indo  modo  i"  : 
disfarla,  la  contentò  con  prendersela  p  r  moglie, 

illa  cau  q  deOa  celebrazione  del  matrimoni 

lima  faina!  ».  —  In  la  ni ,  la  Stradina 
ÌG  abbandonava  i  t-  otri,  •  ottoni 

por  dispaccio  vicereale  spedito  por  la  Segre  Sta 

Quei       era  sui  rogato  nelT  im  ti  S.  Bari 

D.  Angelo  Carasale.  ') 

li  nome  <li  Ai  ale  6  un 

mo,  dunque,  di  vedere  noi  suoi  principii  il  por 

lo  portava.  —  Angeli  i    '  ar  i  iali     ■■■  a  uni     lo     i 
pilli  lavoriti  ili  quel  Viceré,  Cardinal  d'Althann.  L»'  cri 
nache  del  tempo  ce  no  raccontano  la   vita  e  le  { 
Figlio  di  un  ferraio)  aveva  attesa  egli 
anni  .-i  quel  mestiere.  1»'  ingegn  i  versatile,  d'ai 

in  lancal  le ,  si  venne  man  mano  sollevando  dall'  ; 
lavoro  manuale,  <■  pre  appalti  -li  ferro,  e  fa 

qualche  fortuna.  La  guerra  <li  S«cil  approi 

Ramanti  dell'  armata  gli  giovarono  moltiss  mo.  Il  Cai 
d'Althan  pilo  por  lui  quale) 

affetto,  gli  dava  continui  incarichi:  rifazioni  de 

dei  castelli,  accomod  dei  ':i ni,  i;>  i  itatura  <li  ■ 

n/a  casse,  ecc.]  e  la  Tesoreria,  per  suo  ordin 
omme  in  '-omo.  Il  favore  crebb 
.  le  ottenne  finanche   più 
condannati  alle  galere  e  ai  presidi!  ;  i 


')  Relax,  «oprar.  Ud,  tllloa.  —  Toatri 


.  \  d  ranesl  i .:  tonno  a  i>.  I  un  figlio 

Bw*  «  '.  kBaterala      alce  un  i 

ina,  -  pregand  ila  di  03  di i- 

1  H"'  'ii.  che  faceva  il  Vice  (ansa  di  I 

■    altri  birbi,  io.5) 

*72 1,1  ili  col  da  Laurenliis  il 

b  .  li'  q 
'andò  il  trienn  spettava  die  il  Cardinal  TAliliami 

ma  venne  la  ricontai  i  uni- 

ti se  ne  rallegrarono  gelo 

■\\  altri,  «  per  tre  sere  reca  lumi  nella  sua  casa, 
anche  molti  luna  di  •  li  ritratti  dell'  Inope- 

torce  dell  e,      i  >tto,  quello  del  Viceré,  collo- 

azza  del  Largo  del  Castello, 
ttto  sparo  di  fuochi  artificiali  ».  E,  al  Teatro  Nuovo,  «  fece 
i  «citare  un'opera  in  musica  in  lodo  del  VI- 
:■  scohai li  ad  i igni  ordine  d  nza 

(ini'  del  primo  atto,   fece  d  i  molto 

li   rinfresco.  »  *) 
Era  questa  una  delle  prime  prove  della  sua  magnifl- 
8  e  delle  sue  arti  >.li  colpire  la  fantasia,  —  Fallili  quasi 
ì  Galdieri  e  'IH  Pò,  il  Viceré  pensò  al  <  '■ 
me  uomo  adatto  a  sostituirli. — Nel  1726-7,  la© 
.  ili  nuovo  la  Bulgarelli,  i  "I  Berexistadt, 
.  del  Re  di  Polonia  o  Elettore  di  Sassonia,  con  Carlo 
.Anto  MaddaJ<  a  ai ,  virtuosa 

gannente  ili  quel  di  lia. 

.-è  tornare  Metastasio.  Nel  carnevale 
i  del  San  o,  il  suo  secondo 
una:  i!  Su  Bulgarelli  fece  Emira.  —  In   una 

")    Cavo   iy;  t>l,    N'-i.'.    Ini 

.1.  Ul.  fa).  66  oif-c  iU  unu  Cromie  I  .  ]«ss.  dal  oh. 

r.  1U5. 

1700-30.  n...  rii    p.  50 


—  896  — 

lettera  dà  Vienna,  del  83  rebbi  asio  ri- 

cordavi ici  .li  aver  veduto  insieme  a  Napoli  ••  la 

prova  della  commedia  il  Citiso*  -li) 

i  dell'abate  Belvedere.  ■■  ')  Credo  ci  'ita 

appunto  il  1727,  perché  questa  data  ha   un  manoscritto 
napoletano  del  lampo  di  quatta  commedia.  »)  —  Ma,  ri- 
partili, né  la  Bulgarellr,  né  il  Metastasi  rividero  più  Xa- 
L  — 

\H  giugno  del  1727,  il  Cam  tenne  uà  bi 

Viceré,   che   ordinava   al  governatore   degli   Incurabili, 
D.  Gaetano  Argento,  d'esentarlo,  dalla  stagione  ute 

io  poi,  dall'impresa,  perchè  era  occupa  tos 

partìdes  afa  hierro  //  '« 

Marina,  Plnzus  y  tren  de  Artilleria.  Naturalmente,  SÌ 
obbedì  al  Viceré,  e  il  teatro  fa  fittalo  a  Salvatore  «li  No- 
larnlcola,  che  non  si  obbligò  di  taro  altra  spesa  per  In 
opagnìa  se  non  quella  ili  B000  ducati  e/per  ogni  opera, 
«due  DUOV6  veduto  solo,  una  fondati!  o  l'altra  oorta.  «>  aJ 

Nel  1727-8,  il  S.  B  ui oh  anno  ebbe  la  Giustina  Turcotti, 
Antonio  Barbieri,  virtuoso  del  Principe  di  Darmstadt,  e 
la  fiorentina  Barbara  Stabile,  dette  la  Bare 

Noi  88-9,  oltre  il  Barbieri  e  la  Stabili,  vennero  Giovanni 
Careatini,  virtuoso  di  Cam  Dura  di  Parma,  An- 

ioni.. Bernacchi,  virtuot  ra  doli' Elettore  di  Ba- 

viera, e  Antonia  MerighL  —  Nel  89-30  con  ('«.  B.  Mìnelli 
■   i  'i  Barbieri  c'è  di  quovo  la  Tesi,  conia  Ma  la 

Pieri. —  Nei  libretti  si  cominciano  a  indicare  anche  i  ili- 
rettori  a  battimenti  o  dèi  giochi  gladiatorii ,  o  i 
mar           ìcherma,  enteindis    •      tile  dui  pi 


')  Lttun  ....  Nap.  1860). 

*)  H  natia  biblioteca  VolpioaUa  a  ne  ho  arato  noi 
gnor  Loigi   Vo!|iii.'ll.-i. 

i  R«L  ■■ii.  OUoa.  —Il  dispaccio  •'■  oall'  \rebJ*io  dogli  ti 
appunti .ih,    ah  gg  giugno  ITSì. 


—  297  — 

teatrale.  Cosi  Nicola  Gigli,  Matteo  Zaccaria,  ecc.  ')  — 
ora  i  soliti,  d'autori  innominati  o  iono- 
;■  aspettare  sino  al  1730]  :  e  'inolio, 

quarto  «Iran, ma  del  Metastasio  '.  Vi  dm 

i  andrà  a  Vie 
■   ilo,  e,  dissipando  tutte  I  altrui  . 

\  tutto  il  secolo,  unica  luce,  la  sue.  — Qu 
ìi,  siamo  ii.  ii;i  massima  foga  ili  produzione 

:  opero  del  Porpora 
\  ■  •■\.  de)  Leo,  del  Sassone,  del  Pargolesi 
il'  Ezio,  Esìq  fu  Carlo  Scalzi,   Massimo,  Francesco 
rolve,  Vateniiniano  III,  Elisabette  Otturi,  e  Fulda,  la  iV 

!  :   CUZZODJ  Saudnui,  rivale  illustre  della  il- 

a  Bordoni.  La  Cuzzoni  «  se  distinguait  sur- 
itti    ilaus  le  ebani  pathetique  et  d'expressù  Idove 

Bordoni  «avail  une  nobili  aordinaire daos l'oxé- 

I  aits  brillantsel  difflcites.  »  Jj  I  primi  decennii 
secolo  decimottavo  sono  pieni  delle  gesta  della  loro 

ro  del  Po ,  figlio  del  pittore  Giacomo,  •  contro  il 
li  da  Niccolò  Maria  1 1  da  Bar- 

de Don.  con  Alessandro  Galdieri  Min- 

lei  S.  ;  lai  li  ilo  mica  il  1780,  i  r  lutti  e  due> 

i  sostituirono  Francesco  Ricciardi  Q  «'ari.  Barone,*)  li 

":,i.  la  Sallustio    lei  Pergolesi,  col  Niccoli i 

i<  li:,  la  qualo  si  i  ice  applaudire  specialmente  par 
a:  Per  ■  .  i:,  dopo,  il  Ricimero,  anche 


tib.  delta  Caduta  dei  Decemviri  [1727),  dui  aitano  (1728) 
1  'I  terzo,  il  Catone  im  fa   rappr  Mutato    i    Napoli   pih  tardi. 

..  passim. 

■ -,    308jg  _  NeU'Arcbivio  degli  Incurabili  I  l'iati- 
nano  1730  —  per  3  noni  e  D.  2718  tonili.— Bcfr 

N 


—  298  — 

del  Perg  dia  dod  piacque,  corno  p< 

la  Sallustio.  l)  —  Nel  novembre  1732  ai  rappresentav 
('ninne  in   Uticade)  Metastasi»,  musica  del  Vinci.  Cesare 
ora  la  signora  Lucia  Facchinelli!  Mursia,  Faustina] 
doni-Hasse,  Arbace,  il  signor  Gioacchino  Conti,  atti 
del  signor  Domenico  Gizzì ,  il  noto  (li  zzi  din, 
CafiarieUo  e  il  Farinello  forma  la  triade  dei  grandi 
prani  del  secolo  XVIII.  Il  resto  delle  compagnia  i  ra 
pìuto  'lai!       'i     i  Scotti,  dal  Tolve  e  dalla  Massoni.  -> 
tesai,  si  dava,  nel  carnovale  1733,  l'Ari  mu- 

sica del  Vinci.  —  Ma  i  terribili  tremuoti  di  quel  tempo  fe- 
oero  mandar  fluori  al  Conte  d'Harraco  il  15  gennaio  173:? 
un  bando,  ile,  per  pubblica  e  privala  penile 

a  supplica  anche  degli  Eletti,  si  proibivano!  «per  lo  Im- 
minente Carnevale,  le  pubbliche  e  privai  ■  i  aedi)  .  k 
ibi  i.  idi  Re  'ini  anche  privati,  permettendo  solamente 
i  quattro  Carri  coi  loro  soliti  accompagnamenti  ....»*) 
S'era  appena  recitato  per  intero  il  Cat"  >  ,  e 

ratte  poche  recite  del  dramma  seguente.  *) 

vi  Prigioniero  Fortunato  del  Pergoleei,  dato  P 
st<.  33  pel  Natalizio  dell'Imperatrice,  luca  prui 

volta  l'Intermezzo:  /  a  Padrona,  I  b  poe 

Gennarantonio  Federico.  E  Incantarono  Gioaccl 
rado  (  fini/rifu)  e  Laura  Monti  (Serpillo).  — GV  interi 

consistevano  in  due  brevi  scene,  a  due  personaggi 
parlanti  e  gii  altri  muti,  che  sin 

primo  e  del  sec lo  atto  dei  drammi.  Nei  melodra 

del  seicento  le  parti  buffo  — la  vecchia  nutrico,  il  pag 


')  Cfv.  Fiorino  o.  e.  II.    ( 

"i  l."  i 1 1 1 1 .. ■  1 1 - 1 1 1 1 •  ■  hin-uttoà  ignote  al  Plorino.  Ek.  Bibl.   ! 
Manin  il  Fiorini.'    il  |       i«art.  prim. 

•.  du  P.  Mandai  (ivi,  C 
')  CbtUs.  del  OhnttaianJ   Voi  Vtf.  Titola  CLX.  Pr.  9. 
>l  ii.-i.  di  dell  i  .: 


—  399  — 
f.-iloru  il  servo  Bciooc  i  i  il  balbuziente  —orano  mescolati 

ili*  aziono.  Man  man",  sulla   lm<:  'lei  BCCOlo ,   SÌ    COOCen- 
1 1  -■ 

ii  .le!  dramma.  Sul  princìpio  dal  secolo  dei 

%.►,  ne  divennero  affatto  indipendenti.  Il  Sadduracne  e 
I ..  .1  il  Federico  Eun  ino  tr  1 1  principali  scrittori  i 
Il     coi  •■  press  simile  a  quello  delle  do 

.  Nella  Contadina  .lei  Saddomei  ì  più  li- 

ne è  un  contadino  ricco  e  goffo,  che  fa 
I  r amoro  con  la  contadina  Scintillino,  che  ama  un  altro, 
li  strappa  regali,  li>  biuta,  b  chiede  sempre: 

Tal).     Cani  !  .st-i  troppo  cara  ! 
Scint.  Caro  !  sei  troppo  avaro  ! 

«Questo  neii  parte.  Nella  seconda,  Tabarronecon 

ui»  suo  servo  ed  alici,  travestiti  dai  bareschi, 

>£liono  rapire  &  .  'In'  vaa  iml-ar'-u-i  ••>•: 

ppa,  e  Tabarrooe  sposa  Sclntillina. —  L'in- 
taeccio  delia  Serva  Padrona  — la  serva  'In  jpo- 

dal  nadintir  —  /•  abbastan/  I  al.   ripe- 

e,  qualcuna,  imi 
lalla  musica.  —  A  Napoli  la  parte  bufla  d'uomo  i 
i  !        !      ita   |>  T  i  in  a  quaranta  anni  «la  GÌ 
do.   Ma   mutarono  le  compagne  .  d 
■  ani,  ai  tenenti,  vivaci  o  non  r 
larant' anni.   Dal   1711  al  24  fu  la  Santa  Marchesini; 
rial   1721  al  ;',1   la  Celeste  liesse;  dal  1732  in  poi,  la  Laura 

Monti.  — 

)  pia  fecondo  d'opere  bude,  dal  1724 al 
fu  Bernardo  Saddumene,*  la  Vecchia  sorda 

(26),  li    Bai  Ila  Amai' 

■I.  la  Rina,  le  Z\ 
,  li  Morite  a  '  <!<■ 


-  :too  — 


.  fa  (84).  Tommaso  .Mariani ,  romano    i 
88,  con  la  Cicisbeo  Caffi  aio,  e  prosegue  ■ 

dòpo  il  30.  Quali  ii"  ultima  opera  -1 
il.-l  i'i-.-n|,M,  iioiroiiva,  si  rappresentò   I  39,  P  87, 
Il  L790  appare  Gennarantonio  Federico,  con  d  FV*t- 

fetfo,  »!  prosegue  con  hi  Zita  (81),  I* Ippolita 

nnamorato  (34)  '•«•<■.  Si 
carattere  bastardo,  che  prese  l'opera  buffa, 
per  opera  doi  Saddumeòe  e  dd  Mariani  '>. 

I  e )  :■  ino,  furono  Riccardo  Rr<»- 

I  trofico,  Giusepp  ■  Majo,  M 
chele  l  •  .  Costantino  Roberto,  Gaetano  Lattila, 

anefae,  talora,  il  Leo  e  il  Vinci  a  il  Pi  I 

[QO  OgU   attorce  no  ai  Fiorentini  e  --'I  Nli« ■ 

uomini  Simone  de  Falco.  Girolamo  Pi:  li  R« 

mantello,  Giacomo  d'Ambrosio,  Ai  llpi 

Giorgi,  Giuseppe  Fiorillo,  Francesco Tol ve, Carmine  d'Ar 
brosio,  o  lo  donno,  Ippolita  Go  cornine  Ferrara 

Marianna  Monti,  e   I.anra    Monti,   e    Lai] 

ti  mia  Colasami,  detta  la  FaU 

irina  Politi,  Maddalena  Gerardini,  detta  la  S 
Sani  acci,  detta  la  Santina^  Rosa  Aìbertini 

1         ima  Pozzi,  i 
-l'ili  principessa  Strangoli  Pigna  -resa  de  Paia  * 

ima   Loi  i,r 
Margherita  Pozzi,  Marianna  Ferrante. — Vario  di  q  ■ 
che  facevano  Io  parti  toscane,  erano  forestiere,  e  » 
romana  Ma  anche  le  napoli 

loM-auo,  storpiandolo  alla  po>ri:io.   Al    I  PfltfS 

li  compagnia  o  era  lo  scarto  degli  altri  teatri,  o  era 
mata  da  persone  della  pe^gior  condisio] 


»)  Ctr.  Bekaritto  o.  e.  — Mancano  al  Pie*    i    I     Ptutonila 
tuia,  ili  T.  Mariani,  bui».  >li  0.  La<lt>l  (Teatro  Nuovo,   Ann. 
e  1 '.l»iorr  mette  sùinu,  mus.  Leo  (ivi.  pi  Ugni.* 


—  301  — 

ri  il<\i>li  imjìi-c.surii  'I.  —  Un  I 

i  venne  e  turbare  L'aOegria  dì  queste  rappresenta/' 
..  quel  dietroscena  di  corteggiatori  e  amanti,  ■ 
buio  le  facili  canterine  d' i  ip  sre  buffe.  I  .-•  nny 
i  Sun  Bartolommeo,  specie  le  prime  pad  ano  più 

in  alto.  Ma,  noi  teatrini,  virtuosa  e  meretrice  erano  addi- 
rittura sinonimi,  Nel  carnevale  del  1 7^'j,  ira  le  donne 
che  recitavano  ai  Fiorentini  YAmtnore  va  ■■>/>■■  mu- 

sica 'li  Michele  Cabali  irano  Rosa  Aibertioi,  detta  la 

j k  mene  le  Trentossa,  che  Ricevo  la  parte  di  Cau- 

te, -"li  i      ■■  wa  quella  'li 

Ferrante,  La  Rosa   libertini  ora  Bglìa  naturale  del  Prin- 

imitUe  libertini;  molto  giovane,  da   poco 
comparsa  sui  teatri.   Tra  lo  due,   nacque  rivalila   (l'a- 
manti, e  anche  di  a    tìere,  n  perche  1 1  Rosa  aveva  più 
plausi  'lolla  Glia  eanto  ».  Qu  iroò  'li  feria 

sfregiare,  ma  non  vi  riasci;  la   /'■■ 

mano  e  fu  solo  Leggermente  ferita.  Per  ordine 
/io  è,  fu  imposto  alle  due  canterine  mandato  di  non 
i  ..   I     .    tuttavia,  temeva  e  non  voleva  andare 
re  'li  notte,  per  evitare  gli  agguati.  Ma  il  Vi- 
ceré l'obblig'"'  a  continuare,  e,  por  assicurarla,  l 

quando  I  >ruava  a  casa,  d  di(  Sorte, 

.1  i  dui  •  quattro  soldati.  —La  sera  del  i  I 

re  rientrava,  e  la  sua  sedia  (lettiga)  si  ari 
mata  dinnanzi  la  porta  della  casa,  le  fu  arata  un' archi- 
bugi.  dia  con  sei  palle,  una  delle  quali  le 

sul  oilpo,  I  ba- 

lorditi  i  dm?  scrivani  <-•  i  quattro  soldati;  e  l'uccisore  ebbe 
■**£5io  di  fuggire.  Il  caso  era  crudele  e  commosse  tuttL  La 

lei    "'.  ibi  v l DM  Bailo,  'ii" 

v*»«mi  <■  lìalbo,  Angelo  Vooola,  I'  ahi  B  ;«l 

Mno,  jI  CwmoI  de  Sia,  Qio.  Vi»  ■>.   K.  b'or- 

1     '  ioo.  —  SaJ»o  omissioni 


—  302  — 

Grieco,  cui  si  dava  la  colpa,  si  ricoverò  nel   monastero 
delle  Pentito,  'i 
L'omicida  i'u  Bcoverto  Bubito!  era  un  '.  Giulio 

...  nipote  Lei  Razionale  d<  Il  i  I  un  tra  Michele  l arideo, 
e  parante  del  Giudice  della  Vicarìa  Don  Marzio  Cirilla»  Il 
Lerro  si  mise  in  salvo  con  molta  facilita.  «  Laoausi 
d'impegno,  a  vi  furono  danari  da  spendere,  riuscendo  la 
cause  Etile  masseria  par  il  commissarioj  bctn 

e  carceriere.  0  *)  —  La  Rosa  non  I  parenti  e  il 

0  s'impadronì  <li  quel  poco  di  roba,  chi         va  in 
casa*  —  Qualche  tempo  dopo,  l'omicida  pagò  una  eoa 
in  danaro  per  multai  il  ohe  Ito  credere  che  I  isciato 

tornare  in  tutta  pace.  E,  del  danaro,  che   ago,  -i  rifece, 
per  ordine  del  Regio  Consigliere  Muzio  di  Maio,  il  sof- 
fitto della  Sala  della  Vicarìa  Criminale.  Nicol 
richiesto  dal  Maio  di  comporre  lu  iscrizioni,  ubbo  il  co- 
raggio di  scrivere  questi  due  distici  : 

I. 

Suol  dova  de  cono  tni&ed  i.i<|iiearia  scorti; 
Majus  opus  juaait,  lultus  aera  dedit. 

11. 

Flora  libi  morieui  murot,  Urba  Martia,  fecit; 
Tecla  Ditoni  rio-bis  morta  rettala  Boaae.  *j 

Dico  <-lie  ci   volle   coraggio,  e  non  -1  può   non    fre- 
mere, pensando   u  quella  giustizia  0  n  quei  giudici!  — 


')  Cronncn   ma.  1700-30  posa,  dal  Ca  passo  pi       LOS 

»)  ivi  ,,    165. 

»)   Varie  Poesie  tli  Xityolfi  Caputi  ed.  i  il  |>.   50-1.  —   Dica  iu  nota: 
rfocta  Rosa  Trento»»  Psoltria  a  quodani   luì. 
de  Majo,  «   pMQnia,  qua   ili,;  est  mulctatua,  laeuuur  M.  C.  V.  criminali* 
instauratilo)  est,  eco.  > 


—  303  — 

rato  BÌ  Capi  >>ons  mots ,  mattrais  ca~ 

radere  l  — 

oratorii,  si  recitavano  con- 
tinuamente in  case  private   e  nel  CI  ii  s.  Agnello 
Magg           'i  Cullici.)  <ioi  Nubili,  e  nella  Casa  delle  Scuole 
alla  Duchesca,  nei  eonservatorli,  e  m  Unni  altri  luoghi.  ') 

scentrato  :  ocora  «lui  lutto  nei 

•i  pubblici'  Ma  questi,  die  erano  luoghi  secondarli  <li 

spettacolo  Bn  oltre  li  metà  del  seicento,  man  mano  ave- 

impre  più  importanza.  Et  Teatro  di  San 

Bartolomraeo  accoglieva  il  l'i  alta  società  napole- 

i  Ogni  nobile  ri  aveva  il  suo  palchetto.  "> 

il  1783  n  -i  reatro  ili  San  Bar- 
tolommeo  in  una  sera  «li  prima  rappresentazione,  girando 

le  prime 
fami^lii!  'I.  I  l'.Lii'i    Bavrebl  •  .  in  prima  fila, {pal- 

chi de!  ('"ni-  rii  i  i  Principe  <3i  Crasso,  del 

Marchese  diGenzano,  del  Principe  d'Ischitefla,  del  Prin- 
cìpe  di  Teora,  del  Duca  ili  Castelminardo.  E, in  secondai 
.  'hi  del  Vicerèj  e  del  Principe  della  Riccia,  del  Prin- 
cipe 'li  Colubrano,  <1>'I  Principe  d1  Vvelino,  del  Principe 
fli  Stigliano,  «lolla  Principessa  -li  Belmonte.  IC.  \i;i  ria,  i 
Duchi  ili  Traette,  >li  Gravina,  <li  CasteOuccia,  'li  Moni 
i  Principi  di  Cardines,  <h  Belvedere,  d'Ottaiano, 

')  Cfr.  Plorino,  Il  100.  o  jMufm  altrove. 

*)  I  palchetti  erano  «  tenuti  ii  l  a*in*nte e sn<n*a  pro- 

be realmente   non    imporla    altro    (Kn    a  titolo  CM 

una  ondu/iotia  |>oipotun,  o  i>ia  n  lungo  tempo;  ma  siccome  ([in  <li  <•  ir- 
ivorabile  e  ni  può  il  ni    -uinlii  [n    altri    DOT    <lis  posizioni 

tanto  ■  he  |v  r  ullirnji    vulonl.'i,  ■■   unii  diftpOMlldO 

«■redi  ab  intestato:  perciò  il  conduttore  o  aia  eenauario  e  posaeaaore  dei 
otti  ti  reputa  e  die.1  UMIlta  proprietario  d  mi;»— 

del  16  moggio  l~-;i'  dell'Uditore  dall'I  i    Mar- 

rtiaot  sulla  ijueatici no  dal  palchetto  da]   l'ina  d'\.[u:tra.  —  Àrch.  ili  Se 
!       I. 


304 


ilda,  di  s.  Nfcandro,  eoe.  —  Nei  d.  '-■,  primi 
i   i!  palco  della   Vicaria;  al  n.  6,  quello  i 
dell'  Esercito.  Al  n.  19  eia  il  pal<--»   delle  canterine,  ••  .li 
■  odono  l'opere  con  i  ili  loro  parenti  e  amici  e,  alle 

mi. il-.  I    In   .--.•■Minia    lila,  n.    17   e    18, 

i  palchi  della  Sania  Casa.  —  Nella  platea  i  eignori  anda- 

coii  un  certo  ritegno,  b  solo  nelle  gerste  «li  pi< 
Dei  resto,  le  persone  oiii  non  vi  potevano  entra 
Nel  1738-4,  al  Teatro  dei  Fiorentini,  Furono  recitate  Vip* 
i-  !',  Frate  nruvnmoratottee  opere  buffe 
del  Pi  Lerìco,  con  musica  del  Conti,  del  Latina,  di  Giam- 
battiste Pergolesi.  «  Federigo  e  Pergolesì  congiunti  in 
medesimo  componimento  <'i  Fanno  riflettere  a  quel  che 
avrebbero  Catto  nel  teatro  ateniese  un  Monandro  ed  un 
rimote<    ss  avessero  lavorato  <li  concerta  »  ?)  Tra  gli 
aM-»ii,  far  ce  a  Jurore  una  servetta  buffa  tata  Mar- 

gherita '■'  zzi.  Quanto  'lava  da  pena  'loie 

all'Uditore  dell'  Bsereìto  I  —  Al  Teatro  Nuovo,  la  U-isiila, 

< musica  dell'  Orefice  e  Leo,  e  il  Dm  Aaprwio,  con 

niusiea  del  Mandni.  —  il  San  Bartoiommso  era  stato  lit- 
talo  a  Michele  Palermo  e  Francesco  Ricciardi,  che  liti- 
gavano tra  loro,  e  amministravano  malìssimo  :1  teatro.  *) 
Vi  -i  rappresentò  il  Prigionier  Superbo  d 
ii  Seroa  Padrona',  il  Caio  Fabrizio  dello  Zeno,  mi 
del  Basse,  e  il  Caio  Marzio  Coi  Panati,  mu- 

sica del  'onii.  Brano  gli  attori  G.  I'..  Pinacci  e  Ani  i 
Castoro  detto  il  Castorino;  e  le  donne,  Giustina  Ture 
Anna  Bagoolesi,  Lucia  Qrimani,  Anna  Mazzoni;  e,  parti 
bulle,  il  Corrado  e  la  Monti. 


'.i  Arab.  di  Si.  i.'  —  >iM  pi.  ,iei  prò  *peC» 

i  in.  ti.,  dai  pvopr.  ■•  alio-  i 
*)  Napoli  Sigi.iMvIli.    Vkm&a  ««.  V.  Tà^K 
J>  Kel.  .-il.  .1-  lf  Dite. 


PARTE  SECONDA 
1734-99 


1. 


"'/  /// —  Riforme  al  &  Bartoìommeo  —  Angelo  Ca 

'■>  —  L'  Arlecchino  Costantini  e   il 
Bai', n  «a  JJeeri  -   Si  costruisce  il  '<  784-87) 

Cario  IH  dello  un  nuovo  impulso  alla  vita  teatrale  na- 
\ll;i  dignità  de]  DUOVQ  Sovrano  e  «lolla  DUO 
Corte,  al  decoro  della  citta  divenuta  capitale,  era  in- 
amabile un  bel  teatro  .  con  pompa  «li  màcchine  e 
e,  con  cantanti  a  ballarmi  ài  primo  cartello.  — Così 
la  pensava  certo  il  Capitano  deHa  Guardia,  Don  Inolio 
Carafa,  Marchese  d'Arieozo,  '»  ohe,  ad  maggio  I7.:i 
in  i  -  -il"  ingerenza  avuta  >ri  oeue 

co»'  lei  teatri,  rivolse  subito  la  sua  attenzione  al  •   e  i 
li  mmeo. 

*  potevi  :  fondi/.ii  ini  i.   I .'  impresario 

era,  come  s'è  detto.  Mi  lermo,  ma.strodatto  del 

EL  R.  C,  mezzo  fallito;  la  compagnia,  composta  ili  .-an- 
i.uìii  lutti  fi  o  eattivi;  ;  <n  guarii,  le  vedute  di  scena, 

pessimi;  di  oiiK|uanladur'  irrite,  i-lic     ì  ino  fare,  di 

quattro  nell'  ultima  stagione  .so  D'erano  ratte  sol 

')  Intorno  a  D.  Lelio  Caraffe  i.  Oaruier  T.  I 

:  i  ! 

«fella  domouica .  1890,  n.   I  ito  ,  ulti  io  p 

•ogrreteria  Ui  Casa  Reale,  sono  lo  carte  dcll'Amministraziono  d-i  t.atri, 
dui   1734  lino  al  1798,  31  grcnwi  lattei,  da  qua     li 
lo  apoglio  e  che  da  questo  punto  in  |XM  mi  (torniranno  In  IMggioi 

ile  per  la  niù»  ^posi/ioui-.  Col  par  i  iiuTatiaro 

il  «olrriV  Archivista,  Cav.  Uaffaele-  Hall:  Ila  corteaia  ni'  ha  aiu- 

tato in  quatta  e  io  alti  i  jIm. 


quarantadue;  infine,  benché  la  stagioen  fot 

infanti  i  incora  pa  m  di- 

teatro  e  dalla  città.  Don  Lelio  Carafa,  do] 
Llative,    ^  indo  rimedio,  indusse  il  Palei 

a  rinunziare  ali1  impresa.  Chi  lo  sostituì  fu  quel   Salva — 
tore  Netarnicola,  die,  impresario  negli  anni  precedenti 
aveva  lasciato  buon  ricordo  di  se.  l)  Il  Re  accordò  ì  Ire — 

mila   ducali  (l'aiuto  di  costa  ,   rh<>  ^ià  art-ori  lavano   i   vi 

spagnuoli  e  che  b  tolti  negli  ultimi  anni  de  — 

i.  s)  il  Capitano   della  Guardia   fu   incaricate^ 

di  seguitare  a  ispezfone  dei  musici  e  comme — 

,:<i,  e  di  lutto  rio,  clic  riguardasse  il  buon  aridamente» 
del  teatro  »). 

Il  nuovo  impresario  si  mise  subito  alf  opera.  La  sta- 
gione era  avanzala  e  dovei  biare  in  betta  h 
pri             i  e  entrare  in  Irati  ti  nr- 

iggL  II  2r»  ottobre  it::i  -.i  recitava  V Adriano  in 
ria  ,  con    musica  di  G.  B.  Pergolesi.     Tra  gli  a" 


')  Rappr.   di  D.  Lolio   Carato  .    nia'iririu    1734.  —  Ardi,   di    St.    Tea- 
tri r.  !• 

»)  Borgia,  Rei.  cit. :  «  dot  gonna  dal  signor  conte  di  D.iun  a  questa 
parte  li  Viceré  cenarono  di  duri:  all'appaltatore  irli  auuui  D.  3000  et  al- 
l' incontro  si  seguitarono  a  teucro  quattro  palchetti  franchi  e  le  u 
unto  guardie  do  scrivani,  e  cosi  la  Casa  Sunti  incomincio  n  perderò  n« 
l' nifi t Ut  et  a  non  trovare  quasi  appaltatore,  Si  fecero  dei  rieorsi  in  Xapol: 
vernate-ri  e  si  ripetevano  di  lampa  lo  lampo,  sua  wiu|>n?  il  rispon- 
deva che  si  sarebbe  data  provi  maro  Una  >v«»m»tori 
alla  Corte  di  Vienna,  dalla  quale  si  ordinò  .il  Viceré,  che  avena*  fatta 
■ne  a,  menti»  questa  dove*  fami  .  ebbe  il  Regno  la  sorte   di  «aver 
»to  con  L'i                         6    U.  eoa  —  I.  "ornilo  era  per  due  2788: 
i    ii  i,    solile  coudizioni. —  Teatri  f.  I," 

:  li.Iio  34. —  Colla  tenuta  di  Carlo  HI,  ci  furono  molta  ri- 
Otanl    li  i  stati  confiscati  cogli  altri  loro  beni 

a  moli  ivevano  parteggiato  per  Spagna.  Cosi  il  Duca 

rivendicò  il  suo,  potu-ilul.»  dal  li  Tortila;  >-u*ì  la   lluchncsa  di 

Giovimuxo,  il  1    in    |       .  Bm  •■ .  —  Teatri  f.  I* 


—  309  — 

l*i   ima  li  tajorana,  doti  etti.  E5  paro 

/  i  •  •  q  i   sua  prima  »a  sol  (estro  Ji 

Bartolomraeo.  Brano   ^li  altri  il  Tolve,  la  Turo 

>  i  ;  aria  Monticelli ,  M  rina  Furaa- 

&£*'*.  l\\,  a  del  Pergotesi  «  non  iucon- 

(•   molto  ■'.  '•      Segui  3  DemofoorU*  i  del  Sacro 

3      «_M  Leo  8). 
ISelT  estale  del  17:j:>  ,  al  ritorno  di  Carlo  III  dalla  Si- 
bili .' ,  musica  'U  Leonardo  Lieo.  Oltre 
1      "2'olve  ,  c'erano  la  Caterina  Visconti  detta  la    \'< 
C&n.d  t  Agata  I           i  Chimenti,  i  Carnali»  — Ma 
i  ««-».-  mche  .•■,!  Notarniooia  le  cose  andavano  bene;  laeom- 
gnia  non  piaceva;  il  Nolarnicola  era  a  molto  secco  e 
►r*t*l tenuto  •■').  Mi'iili''  ancora  si  P  I'  l\w<ra,  un  di- 
I  »  .-  i              jale   ordinò   che  prendesse  l' appalto   \ngelo 

•  *) 
E  qui  torna  in  campo  Angelo  Carassia.  il  quale,  par- 
»    l'AItliano,  .-ne'. a  avuto  dei  grossi  rovesci  e  per  spe*- 
cuIfiizioQl  mal  riuscite  e  per  perditi  egioco < 

\>a  t  era  la  sua  passioni-.  Ma  si   rialzo   subito, 

•.  \.  omii  gli  ultimi  anni  degli  \usii 

auan  ì  cosi  abilmente  nella 

b  no  rese  in  breve  familiare.  •    Mise 

vati;,  suoi  crediti  verso  l'erario  per  le    fabbriche 

castelli  e  n'ebbe  in  :  ito,  olire  una  sonni 

.  una  gran  quantità  >h  ferramenti,  oh1  erano  nel- 

\' \  ~  «  E  su  di  lui  s'accumularono   gl'incarichi: 

«  Nel  feti  ingresso  <ii  S.M,  (che  D.  ti.),  —  die* egli 


x)  l.  |oi  Severino  0  ■attaoto*  IT  ;T.  —  Tviiri  f.  2.' 

'•ani.  di  NapL  preisa   /-Vai  ■■  > ■>.    I  736,0  cfr. 

|.:lt*ro  <i,  m  dei   Teatri  2  agosto  1741. i-  Ttoiri  f.    I 

.  Uan  ••ii. 

8  agosto  1735.  Il  marcii.  d'Arioo»  »1  Monialagre,  —  Teatri  f.  t.* 
i.  Bibl.  Sai.  Storia 


—  310  — 

in  una  sua  lettera  —  si  degnò  per  sua  Rea)  eternai 
ranni  di  (ante  cariche,  e,  fra  L'altre,  di  quelle  delle  fab- 
briche p>  Il  fortifica/' ii un.  \i  i  Gaeta,  Pre- 
-irlii  di  Toscana,  quartieri,  Elea]  rìlla  ili  Capodimonte,  ed 
altri  luoghi,  a  tenore  dei  partiti  latti  tanto  nella  Rea!  Ca- 
i   della  Sommaria,  quanto  neBi  >prin- 

1 1  d'avermi  incaricato  -li  d 
prestezza]  ponendo  abbondanti  operaj  b  proviste  di 
materiali    con  facenti  all'  opere  sudelte  ....•>  l> 
Tu  uomo  di  tante  attivile    trovava  grazia   press  »    un 
1  ni",   elio  voleva   far  moli'»  >■  pre  sto  I    ' 

Per  l'impresa  «lo!  S.  Hartolomnu  •,  gli  -i  davano  al 
/min.  che  erano  queste.  Doveva  lare  quattro  opero 

",  l'ini:'   ili    maggio,  l'alila  a   S.  <  !fl  I  >,  -  dttS  'li  fai  - 

[levale.  Il  libretto  e  lo  spartito  sempre  dei  primi  i 
quali   il  Sassone,   Porpora,  Sarro,  Leo,  Orìandinì,  ecc. 
Quanto   n  cantanti,  ■    in,  un  un  homo  e  una  donna  siano 
dei  i>iM  eccellenti  •:  tali  i  aopra  Sarestini, Carli 

i/i.  f'aftarelli  :  i  A  ino,  Pinacci,  Amore- 

voli: le  donne,  la  Faustina,  le  Ouzzoni,  la  Tesi,  la  I 

hierìna.  L'orche  e  due  balli  almeno 

per  opera,  «  composti  ed  eseguiti  dai  primi  ballerini  di 
Lombardia,  e  che    vi    ballino   quattro    uomini  e  qua 
donne,  con  gli  abiti  di  mano  in   mano  coi  alla 

lentanze.  »  Primarii  compositori  «li  balli  e 
indicati  A<|uilanto.  Testagrossa  con  le  Parmigiane,  Mio 

')  Lettera  .1.1  Cerasele  30  dicembre  38  al  Montai.  —  Tttatri  f.  2.°. 
11  Carnsale  non  fu  accolto  con  molta  aimpatta  dagli  amministratori  dogli 
a. ili.  Il  Marchese  d'  KtUauè  |  l'1  iati  35)  si  lamentava  dal  modo 
comò  lo  avevano  trattato;  dotavano  considerare  Bimani 

donerai  d«  su  Mag.  con  «orno  honor  dicho  Ca- 
!•  Impresario  >.  V.  anche   rappr. 
dal  Deleg.  dogli  lu'iir.  I).  Orazio  Rocca.—  Tmtri  f.  1. 
I  Mapcailiooi  OOmanicate  il  ISott,  l~fó  ni  marchesa  d'A  rie  o*o.  Pone 
.jii.  -lo  regolamento  fa  «.-ritto  dal  Principe  Corsini.  Il  Carenale  chiese  di 


—  311  — 


Caposale  si  gettò  sul  nuovo  uffìzio  col  suo  solito  zelo 
ed  abilità.  Era  in  preparazione  il  Ciro,  che  si  stava  mu- 
sicando dal  maestro  Perez.  Per  render  migliore  la  coni- 
li <  are-tini ,  che  non  poteva  trovarsi  a 
Napoli  pel   novembre,  e  disse  inoltre  che,  vistala  de- 
della  compagnia  ,  «  la  sua  persona • .  ■  sarebbe 
di  poco  pi  onde  fu  impegnato  per  l'anno 

seguente.  Scrisse  ■  Dresda  alla  Faustina  e  al  Sassone, 
kOD  potevano  muoverai  oé  per   rmell'anno,   nò   pel 
muro.  Scrisse  alla  Tesi,  che  allora  era  impegnata  per 
"V<  ai  ecritturò  per  V  anno  seguente,  per  settecento 

cfojtpie  ,  rompendo  le  trattative  con    Londra.   A    Napoli 
aSbili   Caiforelli  e  la  Turcotti;  ma  sì  sareb- 
dovuto    togliere    la  Visc.ontini  e  il    Monticelli  :    come 
i  nel   Egli  ai  restrinse  per  allora  ad  arricchire  il  teatro 
'  *  ì       dei  mi  o  macchine,  ordinare  abiti  magnifici   pei 

r  »  »  »  ■  sici  e  le  comparse;  aggiungere  all'opera  un  prologo, 
:*I1  i  bst  i  nome  del  He.  Pei  baili  aveva  for- 

r*~*  alla  meglio  una  coni] lagnia  di  otto  personaggi,  cioè 

É"  '  I  uà  moglie,  dello  Scaramuzza,  d'altri  gio- 

:  «  i  ii  napoletani,  e  d'  una  donna,  fatta  venir  da  Bologna1». 
Inolia    soprintendenza  del  teatro  era  succeduto  al  Ca- 
■  della  Guardia  il  Principe  Corsini.  E,  per  la  pane 
ST»  *-»  «liziaria.  continuava  sempre  l'Uditore  dell'esercito,  Fran- 
^-^stco  Marchant s)  —  Fu  dato  ordine  al  Carasale  che  met- 
**^^se  da  parto  il  Ciro;  scegliere  un'  opera  già  applaudita 

><**^x"  metter*  tra  le  migliori  donne  del  secondo  rango  la  Tureolti  e  la 
^^<?o:ninelli,  c,  ira  gli  uomini,  Bavarese,  Tolve  e  Giorgi.  Il  che  fu  appro- 
*"•*<>.  corno  pare,  difltK)  altra  domanda  del  Carai-ale:  «  bì  giudica  buon 
rrv*^»«tilo  di  cappella  Pergolosw,  beuchò  In  »ua  opera,  fatta  per  l'anno  pas- 
•**«,    non  incontra»»»  molto  ».   Tentri  f.  1." 

1  >     II»  <lu>-  lettore  dal  Carasale  al  marche.*::  d'Arieti]»  dell'ottobre  1735  — 
i.  I.' 
Quarti  appaiono  nelle  carte  del  35,  36,  fino  a  marzo  37.  —  Teatri  f.  1." 


—  312  — 


in  altri  teatri  con  una  parte  di  più  per  C'affai  di.  <\ •>    >-- 
giungerai  al! a  compagnia.   Il  prologo  non   fu  approvati 
tirava  io  lungo  l'opera,  riusciva  noioso.  Perla  sti 

giacché  ''era  ima  compagnia  -li  dieci  ballerini,  bi- 
sognava toglierà  le  pani  buffo.  Quanto  alle  scene:  «Se 
accomodare  un  bel  teatro  di  scene  all'uso  me- 
derno,!  potrebbe  far  vanire  certi  Parmigiani,  allievi  del  ! 
biem  i  i  ccellenti,  mentre  pei  teatri  vogliono  ea 

!i  particolari,  e  te  scene,  vedul  -i  qui,  sono  tutto  al- 
l' antica  ». 

Il   l  novembre  ai  recitò1,  come  seconda  opera,  fa 
nùcc  Amante,  dove  per  l'ultima  volta  comparvero  le  pari 
buffe.  E  cosi  si  dettero  le  altre  due,  la  Merope  e  il 
sm-c  in  i  eel  care  male  a  nel  maggi  i  36   i.  il  i 

.•nino  si  chiuse  con  un  deficit  di  olire  4500  ducali, 
che  furono  pagali  dal  Ho  *). 

,  nella  nuova  Btagione,  il  Cs  ivrebbe  moatrak 

tulio  ciò  che  sapeva  Dare.  Sa  non  che,  ai  calcolava  un 
fortissimo  aumento  di  spese.   Si   propot 
dienti'  delle  serate  straordinarie,  appalto  sospeso,  a  van- 

ìo  dell'impresario:  ma  la  cosa  ora  malagevole;  i 

irli  dei  palchi  avrebbero  dovuto  cedere  le  cbim 
loro  palcni,  e  »  temendo  estos  en  anos  bus  propria 
modìdades,  pudiera  facilmente  l'aitar  y  i 
convciiicntrs,  con  motivo  de  quo  los,  que  los  tomai 

gente  de  vaxa  (bajnì  coudiciou  ».  Si  pi", 
che  eli  radunare  dodici  cavalieri  dei  principali  ed  indurii 
ad  acconsentire  all'  aumento  di  alcune  serate  e  dei  prezzi 
corrispondenti;  cosa  non  difficile  «  por  tener  olra  noche 
de  divertimiento  y  mas  ahora  quo  no  hay  conversa 


» 


')  Oh».  <Ii   Nnp.  «'it.  li-  6,  24  gennaio,  e  D.  22,   15  maggio 
')  Rapprr».  Gn rasale  10  maggio  1730.  \\a\<\  'rlncipi  Corvini, 

21  febbraio  :it  e  Bjgliatto  dal  Re  .i  mano  87.—  Teatri  f.  I.* 


* 


—  313  — 


>.  Anche  B  dare  neh"  inverno  qualche  foste 

da  baio,  a  ohe  per  la  novità  può  partorire  (rotto  oonsi- 
ibile  e,  <iuan>l>  vi  si  sortii  Ihmh  ordine  '":  M 

dubita,  non  vi  oda  temer  disordini  (I),  <■■  i  io  questa 

i  non  nel  teatro,  ma  in  altre  osse,  fatte  deU  I 

ballo  ili  maschera,  Beoza  "--servi  aatoalciu  remante.  » 

'  ioltre ,  il  Re  avrebbe  potuto  istallare  ai   cavalieri 

ci  andati  anche  in  platea;  comesi  usa  in  o 

i  paese.  —  Il  Re  feee   fare   questa  in.sinua/.i..i,e.   per 
t  nezzo  «lei  Conte  e  dalla  Contessa  'li  Chamy.  Quanl  i  al 
sto,  pare  ohe  non  se  ne  tacesse  niente;  e  solo  si  au- 
6  «li  mela  di  prezzo  <lei  fìtto;  senza  giungere  p<  pò 
r  j  ;  «  lare  1"  introito  a  I'  esito   >• 

ato  i  '  Bufanti  e  i  ballerini  Venivano 
"^  «lo  Amorevoli.  Giovanni  Carestioi,  Vittoria  Tesi,  per 

r*  «_  :>  •  i  dir  d'altri.  1  ballerini,  diretti  da  Francesco  e  Chiara 
v.  -   |  «  .  -esco  Solvetti  ,   Elisabetta  Saponi 

f*"  «  --_  auicssco  e  Rosanna  Sabioni,  i  .tir- • -ppe  e  Lorenz:»  l-'ur- 
«»■*■_  Que  ballerini  costavano  6276  ducati.  Il  Care- 

-  *   »  i  i  i  era  scritturato  pei  Bi  pie.  Vnzi,  n'era  stata  quasi 

l*  ~  *  x  ara  che  non  venisse.  Alla  prima  proposta  del  Carasale 
^^-"<^vu  risposto: 


Milane»  i?.s  dicembre  I 


rvii  giunge  il  su»  sluii.ais-.niiu  foglio  colla  data  15  novembre 

ni  a  Pesaro,  '■<!  io  la  ri  aoleate  oggi  alla  quale 

BJXmdo  con  sommo  dispiacere,  che  .se  lei    pensa    alla    p 

-5  lia  eho  io  ebbi  in  Napoli  non  potrò  mai  avere   il  contento 

"*■      *5frvirla,  quando  che  li  dissi  in  altra  mia  che  poteva  infor- 

I        eppe    Brivio  «e  lui  mi  A    seni]. re    aecor- 

**»•  ro  opere  settecento  doppie  di  Spagna,  e  avendo  avuto 


ifl  1736.  —  Teatri  f.  I." 


—  314  — 

il  tempo  di  fare  ancora  altri  guadagni,  come  a  dire  prima  v« 
imì  aatUlH)  ;  onde  per  farli  vedere  la  stima  che  0  di  lei ,  e  p« 
avere  la  sorte  di  servire  tutta  questa  città,  per  le  quattro  o 
lei  mi  darra  ottocento  doppie,  altrimenti  la  prego  la- 
li  berta,  avendo  da  conchiudere  altri  trattati,  spero  che  1 

Ti  il  mio  uregiuditio  sapendo  molto  bene    che    in    oggi 
Italia  so n  solo,  onde  posso  guadagnare  da  mille  e  cento  doppM 
in  altra  congiuntura  io  fan»  per  lei  tutto  quello  che  potrò, 
favoriscili  di  subita  risposta,  e  divotameute  li  bacio  le  mani 

U.mo  S.re  vero 

Qio.  Carestini.    | 

E  il  Carasalc,  fatto  osservare  al  ministro  Man 
Montalegre  ohe  il  Carestini  «  non  è  egii   solo   in 
porcili'  si  dovrebbe  —  i  Ite  qui  avemo  Caffi 

il  quale  non  solamente  noi]  6  e  lui  inferiore,  anzi  god< 
il  vantaggio  d'avere  incontralo  !'aggradtmento  e  il    pie 
di  S.  M.  (che  D.  G.)  e  di  tutta  la  Nobiltà,  e  per  il 
suo  onorario  so  li  ria  cinquecento  doppie;  osidovrebl 
altresì  raccordare  che  non  è  già  quel  ' 
per  aver  m  (luto  nella  voce  »,  chiedeva   di    n< 

esser  costretto  a  pigliarlo  a  quel  prezzo  esorbitante: 
che  ^rli  lu  ami  .  Ma  poi  imodarono  pei 

doppie.  Si  redeche,  comunque  il  Carestini nonjbssi 
quello  d'una  mila,   il  Cerasele   teneva  ad    averlo. 


»)  Autografo    Arcb.    di  Stalo.  —  Teatri  f.  i.'  —  Cfr.    V.   d'Ai 

■ti   sulla    Lega   del  bene.  Il,  10.  Il  sig.   d'Anna  ,   studioso  ricer- 
ca  101*0  di  memori»  atoriclio,  ò  venuto  pubblicando,  in  <ju»ti   ultimi 

ornali  di  Najioli    vani    diligenti  articoli  di  aneddu' 
secolo  scorso,  attingendo  alta  stesso  carte  dall'  Al  ito,  dulie 

mi   servo  io.  Li  rii.ru  volta  per  volta  ai  loro  luoghi 

■)  Carasalo    al    Mont.    10   genu,    '.$6.   Bigi.  Reale   12  gena.  —  Tea- 
tn  f.  1°. 


—  318  — 


irio  ni  aveva  ai  suoi  stipendi!,  quando  venne  in  Na- 

una  compagnia  comica,  che  recitava  nel  teatrino  di 

Corte.  Quali  nessero,  non  sappiamo;  sap- 

boIo  che  costava  022  doppie  alTaimo.   Sulla  line 

del  1734,  il  Conte  Zi  tri    li  Bologna,  «  corno  sujeto 

icarico  di 
trovarne  \xa  n  Zambeccari  propose  quella  'li  Ga- 

briello  Costantini,  che,  pei  staio  dodici  anni  ai  sor- 

gi «li  Filippo  V,  era dettol1  Arlecchino  di  Spagna,  come 
«r  la  mejor  compaftia  de  Bujetoe  mas  nombrados  en  està 
t'n€'\.\\uv\    i    Dopo  varie  trattative,  il  Costantini  s'accordò 
f  •*-/    (000  doppie  fanno,  e  cento  pel  viaggio,  obbligandosi 
i   la  o  impagina  con  donne  (compresa  la  Ca- 

■  n. i  Cottoli,  a  Napelli,  quattro  maschere  (Pan- 

t  «  ■  y  --.    .  Dottori ,    !/    echino  e  Brighèlla)  e  tre  amorosi, 
I    -  -  *     undici  persone,  che  componevano  la  sue  compagnia] 

■  [Masi  tutte,  lo  seguirono  a   Napoli,  furono:  Pri 

g£ *zz»^ma,  Marta  Focari  detta  la  Bastonai  primo  amoroso, 

ta»loranDÌ  Ven         Pantalone,  Giambattisl  \a]  Bri* 

!f  S'*  «  ila,  Andrea  Melva;  seconda  donna,  Francesca  Dima; 

?«symefo  amoroso,  Cario  tre,  Andrea  Pa- 

*-*ali;  servetta,  Angola  Nelva  ;  tersa  amorosa,  Pii 

*  «  Pasquale  ■).  Varii  di 

li  romici  boiio  lanuti  nella  storia  teatrale  del  secolo 


knche  nelle  Memorie  del  Gol- 
•^ *  >  i  ji.  Cosi  la  Bastona,  e  quel  Cario  Veronese,  che  fu 

1\  *'-  •  <  Ire  .li  Camilla  g  di  Corallina,  ■)— Il  Costantini  «  aveva 


*  >     Mar.)..  .l'Ariamo,  18  nov.  3^1  «  altre  carte.—  Teatri  f.  l.°  —  Nel  f.  ó.° 

la  «dola  d'appalta  Jol  Costantini. 

■  >    Sulla  a  figli*  cfr.  GoModì,  Mew.  I,  828.  OariO  Va- 

***^a»  intorno  ni  1730  ara  rapo  di  ia,  ivi,  I.  lUT  a  ag.  F.  cfr. 

°*>e  .  «lei  Rousseau  e  i  .tfim.  del  Casanova.  Per  lui,  conio 

uà,  Andren  Nel  va,  Giovanni  Vender  v.  i  noi  tir  Vùf,  Ai 

■Bainoli.  I,  112-3,  II,  62.  2W-8 


—  316  — 

molta  cottura  e  possedeva  l'uso  'li  varie  lingue  eoa  ur 

•/.a  mirabile;  disputava  aopra  varie  mai 
uomini  dotti,  ohe  i  od  lasciavano  di  lodare  il 
Dopo  aver  fatto  la  delizia  di  Filippo  Y.  piacque  ani 
a  Carlo  IH,  il  quale  una  volta  gli  dette  uno  specialissn 
segno  di  favore  eoi  dirgli,  nientedimeno:   Vot 
pulite  Arlecchino  '  l)  —  ■  >  1  *  Corte 

una  novantina  'li  recite  l'anno  -). 

Ma  al  pulito  Arlecchino  sorg  itro    un 

rivale  nel  Barone  ili  I  iveri.  I  V  me  i  lari  i  U 
Bcerlo  i  non  con  pret  isiona,  I  "  à  chi  narra   cui 

lamentandosi  una  volta  Carlo  III  di  certe  sconcezze  ti 
trali,  'li'-  i-c I ì  enni  «li>['ia«  iuir,  la  Princincssn  di   Rei  i 
gli  i  delle  commedie, 

il  I.i\.  e*  bé  il  Re,  invogliato,  lo  fece  venire  a  Napoli, 

ali  la  sue  prima  i  ommedia  ').  Altri  narra  che  Carlo  III 
Beoti  la  prima  commedia  a  Nola  in  casa  del  Livori,  e 
gli  piacque  cooltissnuo,  o  lu  animò  a  prosi 
trambe  que  ioni  uon  so  donde  provengano 

vani  pa  irei La  coi  Ir  idii  I    I  ! 

la  prin  i  dia.  del  Livori   che  senti  Carlo  III, 

Contessa  t  il  1  T:5r>,  a  Palazzo  reale.  K  il  Et  gnó 

tollerarne  la  rappresentazione  non  una ,  ma  ben   >h. 
volte  *).  La  Contessa  fu  subito  stampata  •);  gli  .V 


')  V.  i;  U.  I,  189-90. 

*)   Ttutti,  f.  1 ."  —  i   fu  nominola  redbidora 

dame,  ivi. 

ima,  Jfytùrit  biegr,  e  H&&  p.  IO 

«I  VOlanaa,  note  allo  Open  Napoli  1834,  II.  i 

|  Dedica   del   I  ri   stemo  (19  genn.  46)  dico:  e  fin 

dall'anno  1735  tbbl  l'onora  di  condurre  dal  mi  B  Na- 

poli  1"  mia  comodio  per  rappre»uta> 
dalli  ovali  fu  U 

*)  Napoli,  per  il  Mowa  17.'..".  Non  m'è  riunito  di  veder  la  prima 


—  317  — 

04X081  pubblicarono  una  raccolta  di  componimenti 
ni  lode  dell'  opera  e  doli'  ani  ire.  Fra  i  quali  03iosi  era 
il  Vico,  che  dicova  al  Livori  in  un  8006 

Dì  guardai  tu  ne  dui  Putii  piacere 
De  Ift  vha  privata  i  varii  «'venti. 
Amor,  tema,  speranze,  irò  o  contenti. 
Finte  cosi,  che  sombran  cose  vere  ì\. 

Segui  il  Cavaliere:  che  fu  stampato  and  io  allora  e  ha 
nella  stampa  una  figura,  che  rappit -iiiia  il  Bafondi  Li 

un  ginocchio  in  terra,  che  offre  un  libre  al  giovane 
lungo  magro  Cario  III,  e  tra  di  loro  una  terza  persi 

ere  il  ministro  Montalcgre  ').   Nicola    Maria 

Salerno  diceva,  in  una  sua  lettera,  rh'era  slata  lodntissiuin 

li  genere  di  persone,  che  nella  casa  (del  Livori) 

l'anno,  e  ne  può  far  testimonianza  il  gran  disa 

che  si  avea  si  dal  cammino,  come  dal  dover  velina  re 

una  notte  intera,  con  lunghezza  di    più   ore   noli'  ascol- 

taria,  e  chi  che  sia  che  l'ascoltava,  non  solo  non  se  ne 

fa  ristucco  ,  ma  rimanca  si  contenti»    della    durata 

letica ,  che  ben   volentieri  di   nuovo  era  desideroso    d'fl 

irla,  e  non  una,  ma  più  volte,  venendoli  permesso, 

l<  rnava.  d 

Perche  le  commedie  del    Liveri   duravano   ordinai  n- 

'iu  ,■  nella  recita!  J)  Nella  stampa,  ciascuna  di 

«cupa  un  paio  di  centinaia  di  pagine  fitte.  E  sono 

-  e,  a  dire  il  vero,  pessime.  Ina  quantità  straor- 

fh/jaria  di  personaggi ,  che  intervengono  non  si  sa   per- 

Ifìpm  ed.  15  e  435. 

*|     In    **,'•  MDCCXXXV1   nella  itamp.  di  Pai.  Mosca.  —  Ci  sono  duo 
^^f»  "no  «  0    P.  Cirillo  intorno  alla  comedia  — Ksempl 

}    €  l'Afflitto.    K.    Uèm.  scr    del  Reg.  di  Nap,    Nap.    178S 


—  318  — 

mplicato,  ma  senza  Interesse;  sceno,  die 
non  fanno  muovere  d'uu  passo  fazione,  piene  di 
-■•iucche  o  inconcludenti.  Ma  il  più  curioso  é  il  dialogo. 
.ori  non  si  può  dire  che  scrivesse  male,  perchè  non 
.a  scrivere  addirittura,  i  suoi  personaggi  parlano  con 
una  lingua  e  con  una  sin  tutta  particolare,  l/.ggere 
due  pagine  di  quel  dialogo  è  una  vere  fot  pro- 

ri  in  i.  caro  lettore,  compatirà]  me,  che  ne  li"  letto  vara 
volumi,  per  farti  servizio  '). 

Tuttavia  piacevano,  <;  Ciarlo  111  si  sorbivo,  n  minuto  e 
godente,  le  sette  ore  di  recita.  Ma  la  ragione,  che  -piega, 
fino  a  un  certo  punti»,  la  tolleranza,  bisogna  cei 
aldo.  II  Liveri  para  chi   fosse  un  valorosissimo  conce 
tore  «Ti  EappreBentaaoni.  Il  modo  come  appi 
s.ciia  èva  una  morsi iglia.  Era  cosi  ordinala   die 
potevano  «  indicare  a  un  tempo  diverse  azioni  e  più  col- 
loquii  »  e  presentava  «  l'immagine  parlante  di  una  parte 
della  città,  ri  ili  una  gran  rasa  »  ').   Il    Barone   moveva 
da  Liveri  coi  suoi  attori,  che  aveva  eseccitato  per  un  anno 
intero,  ogni  giorno,  per  più  ore,  per  la  commedia  annuale 
da  rappresentare.  11  suo  ideale  dell'attore  era  altissimo 
he  ii  sembiante  con  le  sue  trasformaz  mi  parlass 
dalle  parole.  Quando  le  passioni  giungono  al  col.  1  ■..    li- 
ceva, 0  la  lingua  resta  inceppata,  «  I*  annua  a  Cor  me 
di  quel  che  Beota  1  allaccia  nel  volto    .  E  allora  pai 
Barabba  improprio    \, 


')  Il  SiRnoiviii,  per  oc,  non  do' 
lodato  cotti.  552-3.  —  1 

giudizio  ne  dà  il  d'Afflitto  1.  e.  TI  LI  per  dar  un  esempio, 

di  BcrÌTere  frasi  come  qu«te:  «  Ed  animo  bai  *  ►  Rbp.:  «  Di    fai  ti 
guardar  {spagn.  nttandorA)  lo  che  (quelli  Elga  . 

non  l'agguanti  !» 

*)  Nap.   Sì:_- 11.  .j  .11  i .    Si.  rrii.  ì.  e. 

:■   l.  AMatt.  li.  Napoli  \iM;c\!.l. 


—  319  — 

mcesco  Cerìono  racconta,  molti  anni  dopo:  «  Un  so- 
spiro (ed  io  ne  fui  testimonio  di  vistai,  un  sospiro,  che 
Lar  doveva  un  personaggio,  concertato  dal    fu   mar- 
chese di  Liveri,  sempre  Ors  neri  di  gloriosa  memoria,  no 
lospi  la  lui  concertato  una  sera  32  volte,  <;  n»-mmcn 

ise  il  povero  personaggio    ohe  versava  fred 
dalla  ironie,  por  compiacere  f insigne  concertatore,  che 
in  quel  sospiro  cento  cose  volea  che  esprimesse  in  esa- 
Inrìo;  onde  passò  avanti;  riserbandosi  e  meglio  perfezio- 
i    appresso.  Un  sospiro  ì  —mi  dirà  taluno,  l  i 
in  me  preseni.  mi-  mio  lo  giuro!  »  ')  — 

quando  più  si  vedranno  .   dice   il  Napoli   Signoretti, 
*■■    Un'adunanza  grandi;  di  cavalieri  come  nella  Conti 
un    abboccamcnio  di  due  signori  grandi  col  seguito  ri- 
attivo a  me  nel  Solitario;  una  scena,  dotta  del  /mdì- 
■rsf'~Gney  nuli'  Errico,  i  he  metteva  BOtto  f-'li  occhi  una  Corte 
r*^#a^ale  in  attenzione  d'un  grande  avvenimento:  i  persn- 
'  *  't-ì-z^.i    'mi  tutta  la  proprietà  e  con    destrezza    pittoresca, 
r*~»-»-  naturale,  i  quali,  tacendo  e  parlando,  facevano  ugual- 
f"*"»^  ut-'   comprendere    i    propositi    particolari    «li   ctascmi 
ppo  senza  veruna  confusione  ,  sin   anco  l'indistinto 
rmorio,  che  nulla  ba  di  volgare,  prodotto  da  un'adu- 
-  »  *  iza  polita  ì  p  ■)  — 

<  Questo  mirabile  apparecchio  scenico  ,  questa  cura  fi- 
deli' esecuzione  i  BOpporlabfll ,  anzi   pia- 
^  ^.  oli,  le  brutte  commedie  del  Liveri.  Nel  1737,  il  Liveri 
^^  * me  a  tur  recitare  innanzi  a  Carlo  III  la  sua  terza  com- 
"*  ^^dio,  che  fu  il  Portento.  — 

Ma  compagnia ,  riunita  dal  Carasal'-.  rapprese] 
**<ftiuk  applauso  al  S.  Bartolommeo  nella  stagione  36-7. 


J  Ùmtdù  di  Farnetico  Cerio**  Napoletano.  T    XIV.    In  Nap. 

'■■.  Ant.  Vinaccia.  —  l' relaziono. 

.    1.   r. 


—  320  — 

Nel  novembre,  I *  Aleeeandro  nelle  frutte*  musica 

Sarro  ').  Il  19  dicembre,     io  Dotalizio  di  Filippo  v.  ii 

Fornace,  nousioa  del  Leo.  Vi  presero  parte  l'Amore* 

il  Carestini,  Francesco  Bilanzoni .  .\lessan •'• 
Vittoria  Tesi,  Margherita  Giaeomaz/.i. 

Bra  una  nuova  vita  pel  teatro.  Cantanti  e  ballerioi  «li 
prim'online,  «  balli  speciosissimi,  giammai  in  questa  ca- 

Ma,  naturali!  i  BOI  a,  bisognò  pa( 
Malgrado  gli  aumenti  dei  fitti,  ''era  sempre  una 
di  6400  ducati.  E  rjuesta  perdita,  p  km  più,  por 
dovè    Unirò  eoi   pagarla   il  Re.  Almeno    cosi  propo 
l'Uditore  Generale,  die  non  trovava  da  toglierne  ae 
ùo  di  ducati  da  metterai  a  •  anco  >': 
( 'a rasale  [icr  un  palco  di  quinta  fila,  '  addetto  al 
dalla  moglie.  Ji  i)    Vogalo;  ••  e,  quao 

un'altra  piccolissima  partita,  per  la  quale  maooava  la 
stillazione,  diceva  die  e  non  e  da  pn  vatH 

per  l'indole  dei  detto  i>.  angelo,  onde  n 
Etrgoxneoiara  »  ');  documento  della  stima,  in  cui  era 
auto  il  Carasale. 


')  Cfr.  Gazzetta  riL  n.  47,  0  nw.  36— »E  leti,  della  Giunta  dèi  tra 
17  luglio  174:.'.  -  Teatri  (.  \.° 

*)  Nel    Mario  fiorentino  del  K.-ttini  inni    Ai.  li.  ili   8t  di   Kiron/. 
17.  .  l'arte  11,  (1735-7),  pag.  CUT»  e  sg.  sotto  il  30  »*IL  36,  ai  racconta 
una  slranisMiua  storia  di  amore  a  drlilto  della  Principerà  d 
roto  oilcl  conte  Neri  Lapi  fiorentino.  Ne  debbo  la  corannicaxiuno  olla  cor 
Uria  dell'amico  A.  Ad.  mollu.  Tr.»  '--li  altri  particolari,  »l  ri 

HM-wa  <  aveva  contratto  una  nuova  amicizia   con   un  certo  Amo- 
revoli muiico  »,  che  il   Lapi  voleva  Caro  uccider»,  tauto  cho  per  ordì 
del  Re  fu  costi-otto  o  dar  cautela  .li  :  rio,  La  storia,  strauiaai 

liei  seguilo,  merita  qualche  ricerca.  Qni  voglio  solo  notare  l 

riferisce,  è  contenuto  uri  un.  miicvll.  Bibl.  Com.  «ego. 
.    18. 
QM  Severino,  8  manto  37—  Tutti  f.  1." 
*>  I  I.   1.'  —  Ln  Gaxx.  più  rullo  cit.  ò 


—  321  — 

già  che  gli  mancassero  nemici  e  dispiaceri. 
Una  sera  del  gennaio  i~:  no» 

Ciarlo  Oratori,  Blando  sulle.  Bcene  del  s.  Bartoiommeo,  a 
proposito  di  un  batto   owìinate   dal  Caratale,  diceva  a) 
<saiit;uite  Monticelli  e  all'Agata  Ehni  :  a  Mi  pan  una  bì 
onata,  non  mai  veduta  se  non  ira  burattini, che  I:  a 
abbiano  a  stare  in  isccna,  mentre  si  balla!  i  DO 
t~~asale ,  ch'era  poco  discosto,    ai  i  !     sentito, 
«a*  Che  entra  Lei  su  questo  Catto,  sempre  òhe  non  c'incon- 
•m  ran  difficoltà  i  cantanti  e  gl'imer  miei  ■  i  ti  Sidro 

"  '.  plica  l'altro  —  e,  caricandolo  d'improperi!, 
■szti  tolse  il  cappello  da  lesta,  e  lo  buttò  in  terra,  dicen- 
i  Sogli  che  avesse,  parlato  eoa  più  rispetto  con  un  onva.- 
i  »         uo  pari.  11  Carasale  raccolse  il  cappello  e*  se  tori- 

i  dia  del  corpo  gliela  tolse  di  mio* 

«'  .  sogg  ni  egfi'  stavti   col  cappello 

'!..  il  braccio  .  non  doveva  esso,  eh'  era  un   ferraro 

^''iecone  ,  lecerlo  in  testa.  K  tutti  due  posero  mano  allo 

1 -*de,  ma  furono  divisi   da   uno  scrivano  dell'Udienza; 

I  dia  del  corpo  ,  che  non  voleva    ubbidire  ,   Tu  poi 

•  i  «dannala  per  tatto  il  carnevale  '». 

te  altro  dispiacere  glielo  procurò  il  Careet&oj.  Co- 

- x  i  i  i  ora,  a  suo  dire,  insolentissimo.  A  Napoli  aveva  la 

te  del  Prìncipe  d'Avellino  e  del  Duca  di  Madda- 

»  i.  Finito  il  sii'»  tempo,  il  Carasale  non  voleva  pagarlo, 

&\:  «tire  i   che 'allora  l'avrebbe  pagato,  quando 

*-•   snoi  protettori  se  li  pagava  l' affitto  dei  palchi,   cosi 

"Iranno  passato  1736     ome  dell'anno  terminato  a  Car- 

;        i  stini  ricorse  al  Re  ;  che  ,  naturalme 
1    *  i        che  il  Carasale  pagasse  il  '  •-'  il  Duca  di 

vi-"a1>  il  Prìncipe   d'Avellino   pagassero   il   Ca- 

le «). 

x  >  I.  t  J.  dell' Kv  Praacweo  Marcbut,  21  gennaio  30  —  Teatri  (.  I." 
*>  L'I  Km,  87  npr.  37—  Tauri  l.  I* 

22 


—  3*2  - 

sin  il  Carasale  era  chiamato  a  un'opera  ,   alla 
quale  rimi         Negato  il  ^uo  nome.   Fin  dalla  meta  de 
1736,  Carlo  III  volgea  lu  mente  a  p 
gran  teatro  ').  Il  San  Bartoiommeo,  con  tutti 

Ioni  avuta,  non  contentava  ancora;    non  era  abba- 
iza  ampio,  era  mal  situato.  Nell'agosto  L736  3  K 
restare  aBa  Casa  degl'Incurabili  I"  idea  «li  i.u  coati 
un  nuovo  teatro  con  14  palchetti  e  213  sedie  più  dal  s. 
BartotonuneOi  Che  voleva  lare  In  Santa  Casa,  costruirlo 

.  o  lasciarlo  i  ostruire  sia  a  s.  m.,  sia  ad  aKr 
laodosi  ili  un  rendita  equivalente  a  quella,  cbeca\ 
s.  Bartoiommeo  '.  —  La  S.  Casa, 
della  costruzione,  scelse  quest'ultime 
trattative,  condotte  dal  Brancaccio,  l'assegno  fu  stabil1 
ducati  2500"). 

In  una  delle  Giunl  .  obi     i  tennero  per  é 
modo  della  costruzione,  il  Marchese  di  Moutalegre  disse 
che  il  nuovo  teatro  bisognava  farlo  ■  «le  la  mcjorar<|ui- 
letura,  simetria,  proporcion,  j  oomodidad,  eaccediendo  eo 
las  ventajaa  a  los  oiros  Teatros  de  Italia,  con  la  pre< 

a  que  todos  viessen  y 
y,  estando  en  al  prìncipi  ti  execucion,  facO  seria  re* 


j 


•)  Cado  co«l  la  storiella,  che  raccoota  il  Floriroo:  «Avvenne  una 
che  o«l  recarsi  (il  Re  al  <ium«o),  rasando  diaagovu: 

quella   strada  ,  in  i  tti   la  i  i   stento   potoano   penelran 

malamente  i  cavalli.  La  rcjfinft  si  spaventò,  ed.  appena  riavuta*' 

'•Instando  al  manto  una  sagriti-  ><•  delta 

'■ l'i"    irebbe  andata  in  quello  di 

lnmmeo  ».  E  oasi  Carlo  III  avrebbe,  fatto  coalruire  il  S.  Carlo.  0.  i 
P    X  —  Il  curioso  «•  .io.  ud  i»'  più  innanzi,  rara 

costruzione  del  S.  Carlo  al  178?  ••  il  matrimo  >1  173H'. 

»)  Il  Brancaccio  al   :  30  —  Ordina   di   riprender  le  trattativa 

(l  fobbr.  37.  —  l»i  ■    limi  i. 

aprila  [TM.    Culi»  canta»  del   teatro,    ondò  compresa  quella   del  jus 
■'    I 


I. 

V. 


—  323  — 

iar  alguna  folta,  que  se  podria  encontraren  el  piai» 
■  pi  ■  S.  M.  havia  aprobado,  mavormente  i|ue  a  osi 

i  liecho  venir  de  afucra  losplanos  y  profiles  dei 
de  Argentina  de  Roma,  y  del  Teatro  de  Verona, 
ambos  jusgados  por  les  mejores  do  Italia  »,  K.  esami- 
Dati  questi  piani  e  quelli  del  S.  Bariolommeo  e  dell'  Ali- 
berti,  si  conobbe  che  ,  nel  piano  presentato  ,  opera  del- 
T  ingegnere  Colonnello  Giovanni  Antonio  Medrano,  la  bocca 
dei     palchi  era    ini     po'  stretta  e  SÌ  propose    ili    l'aria     al 

auto  quetta  dai  palchetti  piccoli  del  S.  Bartolum- 
meo;  ma  bisogno  ridurli  dn  31  a  29,  largo  ciascuno  otto 
i  ino  più  alti  di  i|ii"lli  del  S.  Hartoli  unnico: 
dodici  palmi:  ma  gl'ingegneri  giudicarono  impossibile  ca- 
lia  settima    lil.i  C0Ì   In  li  più   bassi    Si     -labili  ait- 
ile, se  nel  maggio  l'opera  fosse  abbastanza  ; 
sarebbe,  nel  luglio,  smantellato  il  S<  Barioloaimeo, 
virai  del  legname   eh'  era   buono,  il  23   marzo  il 
M.i  approvato,  a 

D.  Giovanni  Brancaccio  l). 

Il  contratto  dell'appalto  era  stato  Ormato  il  4  marzo  37. 

Era  l'appaltatore  Angelo  Carasale,  accettato  senza  che  si 

tra  di    sorta.  Il  disegno  portava  una 

Itantacinque  mila  ducati.  Il  Carasale  ere  il  solo, 

clic  ;  i  ei  lavori  seozaaver  bisogno  di  somme 

anticipate  -K   L*  11   mar/o  si  obbligava  a  metter  mano  ai 

;-rlacitm  de  lo  que  se  prvpuso  <n   la  lunta   que  S.  31.   mandò  te 
ex^cutatr  p  ,  A  targo  si  hggH  «   9»  disrou 

tua  ordenca  a  lì.  !u.  Ant .  '  At  li.  tu.  Urancacliu  v  LI.   Kiasrno 

Ulloa  eoi  19  de  nano  d«  1737  a  i  a  nido  en  està  nota,  sogna 

parece  «le  tu  registro  ».  Teatri  f.  1."  —  Il  Taddoi  avi  suo  scritto  :  Del  real 
teutr-  ■■io.  Cenno  storico.   Napoli    1817,  dire  i-lm  •<!  era   proposto 

ili  far  di  pietra  i  palchetti:  ma  il  Mediano  s'oppose,  perchè  no  avrebbe 
«offerto  la  sonorità   della   sala.  1£  dovette    aoalunero    altre   lutto  f 
adottare  la  forma  del  semicerchio.  Cfr.  p.  5-0. 

•)  Brancaccio  al  MoDltlagrs,    I!   mmvo  .17:  <  jiorqué    no  w>  Un: 


—  324  — 

lavori,   e   consegnare  il  teatro    completo    itr.uitn 
ne,  che  erano  a  carico  del  futuro  imprsc 
d'ottobre.   Alzaie  le  mura,  gli  si  sarebbero   dati   fi 

ducati.  Poi,  nel  luglio, avrebbe  avuto  39.Bc 
meo,  il  cui  prezzo,  stabilito  da  perizia,  andava  in  CODto 
del  suo  credito.  Il  resto,  sul  lìti  alchi,  e  quando 

Re  si  sarebbe  ripagato  del  suo.  —  Il  contratto  01 
eh"  è  all'Archivio  di  Stato,  ò  scritto  in  due  colonne;  in  una 
Bono  te  proposte  del  Carassio,  nell'altra  li   riduzioni  del 
Mediano,  e;  ciascun  paragrafò  è  Rn&afe)  da  entrambi  *) 
K  ,  mentre   si  fabbricava  ,  si  pensava  al  resto.  Scelta 
dai  libretti.  —  D  Metastasìo  grandeggiava  a  Vienna.  LM 
toro  dell'esercito,  Erasmo  Ulloa  Severino,  nel  q 
3  marzo  1737,  erano  stati  concentrati  tutti  i  poteri  sui  tea- 
tri 9),  fermava  questo  primo  punto:  ohe  il  libretto  dovesse 
essere   del   Metastasìo.  «  Non  ù  dubbio  —  diceva — eoa 
Ira  i  Poeti,  i  quali  ne!  secolo  presente  fioriscono,  netta 
composizione  dei  drammi,  il  più  concettoso  e  che  il 
ratiere  dei  finti  sovrani  e  delle  parti  eroiche  meglio  vesta 
v.  fornisca,  egli  ò  il  rinomai'  (abbate  Melasi 

che,  sebbene  sotto  altro  rimoto  ciclo  soggiorni,  nulla  di 
mainn  in  questa  Capitale,  dove  principalmente  ! 
apprese,  può  dirsi  ancor  tra   noi  per  rapporto   alle  BUI 
opere,  che  da  tempo  in  tempo  si  son  qui  sparse  e  : 
fono  ».  — Dei  libretti  del  Metastasìo  si  scelse  ['Adatte 


eocontrado  otrn  perdona  .  que  Inibii*»»  porlido  tastar  cerca  U">  mi 
de  laa  fabricas  KB  uinguna  anticiparion.  ni  accorso,  y  acaharlo 
brieve  tiempo  >  —  Ttatri  f:  t.° 

')  Chi  dc  foaax)  curioso,  ecco  i  pronti  principili  .  P«r  ogni  canoa  cui 
di  carsmento.  'arimi  5.   Per  ogni    canili     li    Illirica  tino  al  tetto  19 

iirridoi  fl  atante  eoe.  21  '/,.  Per  ogni  rannn  d'astrino  battuto  10. 
Per  ogni  incavalcatura  e  vauo  460.  Restavano  i  palchetti,  cu*  sarebbero 
•tati  valutali  dal  Medrauo  —  Teatri  f.  1.° 

1    Bigi.  3  m»rco  37 


—  325  — 

0  ,  la  Clemenza  di  Tifo,  8  \' il  impiade,  nessuno 
■  •  nolo  a  Napoli  '). 
Passando  ai  maestri  di  cappella,  T.4cAl7/£,che  era  Yo\ 

-  e  per  celebrare  l'onomastico 
del  Re,  doveva  ossero  posto  in  musica  a  da  un  uomo 
nell'arie  molto   sperimentato,  »  e  nessuno  meglio  di  Do- 
ra U  secondo  dramma  si  affidò  a  Leonardo 
Leo.  Pel  terzo,  ò  a  Niccolò  Porpora.   Brano  già 

quìndici  anni  che  il  Porpora  viveva  lontano  <];tlla  sua  patria, 
u  chiamato  seni]  'tenuto  nei  principali  teatri  d'Eu- 

ropa, »  e  allora  era  a  Venezia.  A  Napoli,  -invanissimo, 
•alo  molte   commedie,  a  e,  quantunque    non 
-..•  riportato  no  applauso  generalissimo,  pure  dagli 
sensati  furono  ricevute,  e,  per  la  gran  fama,  sorla 
da  lui  in  fanti  regni,  si  deve  formar  giudizio 
-er  molto  più  migliorato,  e  succedevolmente  che  possa 
far  non.'  qui  le  parti  di  buon  compositore  8)  ». 

Pei  cantanti  c'era  la  Tesi  6  la  palle  d'Achilia  pareva 
fatta  proprio  per  lei.  La  Tesi  andava  a  cantare  a  Man- 
tova L'estate  e  tornava  per  l'opera  di  Novembre.  Le  fu 
data  la  parte  di  primo  uomo  e  si  convenne  la  paga  di 
2812  durati  J)  Per  prima  donna  e  era  Anna  Peruzzi, 
rucchierina  *).  Questa  aveva  avuta  qualche 
gara  colla  Te  turata  per  primadònna,  non  voleva 

di  fronte  un'altra  prima  donna.  Ma  le  fu  fatto  osser- 
vare che  Achille,  quantunque  vestito  da  donna,  era  parto 


Ina,  10  maggio  37.  Biglietto  reale  del  9  dicembre,  ivi. 
')  ivi— V.  sopra  C.  XIV. 

Iloti.  12  marzo  37.  Ne  riscosBe  poi  per  tutta  la  stagione  3825.  — 
nov.  38. 

la  dice  che  la    I  sequo    a  Bologna  sui  principi!   del 

ili  ;  vorso  il  1722  sposò  il  cantante  Antonio  Penati  col  quale:  il  W2S 
andò  a  Praga  ai  servigi  del  conte  di  Bporck,  e  vi  reato  fino  al  1735  — 
Biographie  uniixrtelU  ecc.  Pari».  Didot.  1870  L  VII. 


—  320  — 


ri  i  uomo.  E  doveva  rappresentarsi*  da  persona  di  fui 

voce,  di  competente  afta  statura  e  di  propoCZÌOOatO   Spì- 

proweduta,  onde  neJT  n^in  olleeitu  e<l  arden- 

te, i  com'era  proprio  la  Tesi  .  un  donnone,  laddove  la 
Peruzzij  a  virtuosissima  cantatrice  soprana,  »  non  ;> 
voce  di  molto  corpo  ed  era  di  statura,  anziché  mediocre, 
lioeola  '). 

Resto  per  tenore  l'Amorevoli,  il  secondo  uomo  Fu 
riano  NiccoKni  il!,if"  Marianino  lava  l'Agata  I 

una  piccola  parte  fu  affidata  al  soprano  Giovanni   > 

,  che  aveva  già  recitalo  ai  Fiorentini,  e,  avanti  al  Re, 
nei  prologhi  del  S.  Rartolommeo. 

Fu  modificata  in  parte  la  compagnia  dei  ballerini.  Di- 
rettori, seni  prò  Frnnceso  Aquilantc  e  sua  moglie  Chiara. 
Erano  gli  altri  l-Yancesco  Salvetti  < Checco  il  Torinese), 
a  Prediano  suo  nipote)  Rosanna  Saroni  Sabioni,  Fran- 
cesco e  Elisabetta  Saloni ,  la  parmigiana  Maria  Broli, 
altri  minori  :iì. 

l'i  le  scene,  si  fece  venire  da  Torino  il  più   celebre 
scenografo  ilei  suoi  tempi,  Pietro  Rigbini,  con  cento  li 


', 


')  Zambcccari  da  Bologna  8,  18,  20,  2tt  giugno;  9  luglio  37  —  redola 
del  Caratalo  24  agosto,  por  000  luiiri   d'oro  allo  aorello  Anna  e  Vii 
tona  Peni,  iugno  37— In  una  lettera  ad  Anni 

Genova-  del  7  moggio  37  il  Co  rasalo  diceva  tra  l'altro:  < .  li  fo  m- 

pew  come,  doppo  tcrininutu  lo  recite,  cesi  detta  Tesi,  oome  Carestl 
niiiu  Hi  ■  innati,  b  prima  porche  avara  'empiito  al  »uo  dorerò  od,  il  se- 
ooodo  per  lo  roxze  buo  procedura  fu  necessitato   partire,  noi 
suo  roaaore,  non  ostante  aver  fatto  impegnare  molto  |>or*oue  di  disti n 

tione  per  restare,  ma   fu  il  tulio    vano ».  K  le  data  la  uotuia 

la  Teaì  era  slata  appallata  pur  primo  uomo,  emendo  la  prima  donna 
li  Ptrnad      ''    '•!.  f.  I."  —  Cfr.  V    d'Aura,  Aiuta  fV       ■       Fi 
olla  Lega  del  bene  II,  0.  —  Teatri  t   1  ■ 
r  TiOO  Bocchini.  Ulioa,  21  apr    36, 

*)  Ulloa   10  apr.,  20  agosto  37.  Tra  lo  ballerine,  la  giovinetto  quattor- 
dicenne napoletana  Giuseppa  Corrado.  —  Teatri  f.  t." 


88- 
OCO 

z 


—  327  — 

e  opere  ').  Lo  accompagnava  Vincenzo  Re,  che 
n  ingegnere  del  teatro  *)• 

Intanto,   quasi  lutti  i  signori,  che  avevano   palchi  nel 
tf  i  S. Bartolommeo,  si  affrettavano  a  far  domanda 

f  nsr  averli  egualmente  al  S.  Gario.  Ci  son  fasci  Interi  di 
esmjpphc  he  furono  raccolte  lutto,  per  provvederci, 

«  >  i  entre  1 3  regolamenti  '). 

\.  i  quali  fu  stabilito!  che  i  cinque  palchi  a  destra  e  i 
«^■itK|u.-  a  sinistra  del  palco  reale  dovessero r  a  di- 

-  I  v.si/.i'Mn  del  Re,  in  compenso  delle  molte  spese  da  lui 
t  s  •  Ite  e  cheaarebl  u-r\  (juat.tr  o  nella  prima  e 

r»*  -ila  terza  Bla  dovevano  Rttarsi  anno  per  anno  coll'appro- 
•v  .-  maàoìM  del  He.  Il  primo  palco  di  prima  fili  fu  destinato  al- 
l  w     kUditon  qo  1  il".:  Severino.  DI  Ih 

«    -  parato  con  un  muro  dagli  altri,  il  palco  'l'Ili1  i-antiTÌue 
tollerine,  che  non  potevano  andare  pei  palchi  delle  damo 
«    -  n/.a  il  permesso  dell'Uditore,  e,  in  questo  caso  rarissimo, 
o     spegnate  dallo  scrivano  e  dal  capitano  della 
^^  »    lardia  d'esso  Uditore.  La  quarta  Bla  era  dichiarala  no- 
*^> -*-">■•  come  le  precedenti. 


■  I  t  lloa.  24  apr.  37.—  Teatri  f.  1  • 

*)  Ulto»  19  cit.  38.  Con  «mo  Rè.  —  ivi. 

=*J  Ne  prendo  un»,  frn  lo  Uinte  (conservo  l'ortografia  dell'originala): 


Au  Roy 


Sire 


Charlotte  Gaetani  d'ArraRon,  Princamt  do  S.t  Soféro,  reprownte  tre» 
mcut  à  V  BJ    ivant  >lonné  esperà  noe 

Qvoir    un«  Ioga  au  stcrond  étage  pre*  de  soa  amica   pour   polivi; 
»*Onnc  compagnie,  mais  aotondul  dira  *  prtwant  fju*  nn  vaut  li 
**Kìr  un  au   premier  stage ,   olle  a  recours  a  1'  B  i  Alga  de  la 

^y«l«  Clemenr*.  de  V.  M.  ;  affla  qu' Ella  d"  cigni  uno  *»tiab- 

nte  a  la  «applicante,  qui  ne  cenerà  de  faire  dea  voenx  pour  la 
■     turbile  MI 


—  328  — 

La  proprietà  dei  palchi  ui  rendita  e  a  questa  a 
Tutta  la  spesa  pel  S.  Carlo  si  calcolò  che  sarebbe  st 
intorno  a  centomila  ducati.  Il  Re  vi  metteva  di  enli- 

inila  già  pagati  aJ  Carasale  a  il  valore  delS.  Bartolo  doioeo, 
che  era  di  ducali  12086.  Resto.  irsi   alt 

ducati  67914.  E  qu  m  darli  là  vendita  defla  pi 

prietè  dei  palchi  delle  prime  quattro  file:    il 
per  ogni  palco  «li  prima  o  seconda  l'ila  Fu  fissato  indu- 
cati 770;  di  terza,  ducati  677;  di   quarta,  ducati  ó80.  Li 
proprietà  era  inalienabile,  senza  il  permesso  del  Re. 
Quanto  al  fitto  annuo,  caie  ilato  che  la  spesa  sunti 

nt'M-iK»  ai  2(5<X>il  du«:ali  ,  elio  il    !•' 

dato  il  solito  aiuto  -li  ducati  8000  (2W0  dei  quaJ  si  pi 

kno  all'Ospedale  degl'Incurabili),  il  fitto  di 
seconda  (ila  si  stabili  in  ducati  830;  della  terza,  81 
quarta,  180;  per  la  platea,  3  carlini  la  sera. 

Quanto  alla  polizia  del  teatro,  ne  era  si  ncarw 

il  dìtore  dell' Esercito  ]  escludendosene  la  Vicarìa.  I 
bili»  »  vii  unente  a  tutti  «li  andare  sulle  scene,  pi 
dopo  li  recita,  sotto  pena  di  duo  anni  di  castello,  se 

>oie  era  cavaliere  o  ufficiale;  di  anni  tre  di 
cere  in  S.  Giacomo,  se  persona  «li  minor  conto;  e  qu 
sta  pene  avevano  effetto  senz'alerai  proa  ss  •  .   pd  l'att-, 
solo  della  flagranza.    Proibiti  rigorosamente  i  battimani, 

ondere  i  lumi,  ecc.,  sia  pel  rispetto  cbfi  si  doveva 
Regio  Teatro,  sia  per  non  dar  luogo  alle  proi 
bis  era  solo  ad  arbitrio  dei  sovrani,  die  l'ordinavano  pr 
mezzo  dell'Uditore.  In  loro  assenza,  proibito  di 
li-  arie  «  ad  insinuazione  di  qualunque  raggi: 
personaggio,  non  meno  per  evitare  la  lunghe 
opero,  che  per  distogliere  le  particolari  1   1 

tanti  e  por   non    far  campeggiare   alcune  poco    lod 
protezioni,  le  quali  davano  bastai 
morarc.  »  Fu  proibita,  sopra  e  sotto,  l'osteria  doi  e 


—  329  - 


natati  bili  e  vino,  ch'ora  al  S.  Bailofommeo:  i  ripoi 
il-  cuparo  più  della  mela  dello  dei  cor- 

ri •  ioL  'i  In  platea  non  vi  potevano  entrare  gente  storpia  di 
pJ^ibo,  né  servitori  di  li\  uelli  di  S.  \I.  Le 

I   Bftrdie  del  corpo  avevano  ;i  loiv    disposizione  wntiein- 

•  i  «  ■.€  sedie  in  ottava  fila,  per  le  quali  pagavano  i  duo  terzi 

•  ì  «  -  1  prezza.  La  platea  si  Aitava, aera  perseraiper  mazzo 
«lì      biglietto,  alToso  di  ■  va- 

'  *  »  «       dal  largo  del  Castello  e  sfilare,  per  S.  1  o  *). 

discusse  anche  se  bisognasse  fai-  pagare  la   porta 

-  *-        Cotti,  o  solo  :i  entelli  'lolla  platea,  L'Uditore  fa  contro 

*■*=*»  '.    \    Napoli    non    ce  n'era  mai  slato  l'uso. 

*  *  la   pori  Mio  cagione   che    moltissimi 

1  •■«"->■  ii  andrebbero  am  comedian!  corteggio  delle  dame  . . . 
*  «j  io  tal  guisa  rimarrebbero  prive  del  di  loro  oneaDs- 
1   «   no  piacere,  di  non   aver   corteggi   di   dipendenti  ed 

i,  che  impreteribilmente  non  te  lasciano,  ovunque  la 
lino  '•■-  Una  dama  giungeva  per  lo  più  con 
e  gentiluomini ,  duo  paggi,  duo  servitori,  almeno,  da 
**  'v^a-ea,  uno  o  due  volanti.  Come  potevano  tutti  pagar  la 
l  »<=>rta  unica/  —  Maggiori  difficoltà  recava  il  pagamento 
^-lla  porta  por  r  uà  i  cavalieri,  di  cedere 

Ita  la  chiave  del  loro  pali  i         :  irò  avvocati,  medici, 
ministri  dei  loro  st.iii.   negozianti  eoi  quali 
aio,  e  ad  altre  persone  dell'ordine  ovile,  per  obbliga- 


li permeraa  in  cambio   una    taverna    odia  via   «falla   Cagliatala**, 
fronte  al  teatro,  che  doveva  alare  aperta  solo  nelle  aero  di  recita,  come 
quella  del  S.  Barlolomraeo.  —  Cfr.   V.  d'  Auria.  La  taverna  del   8, 
[Ina  23). 

J  V.sli  per  tutti,  questo;  Pian  -Iona 

dotto   mi   nuoto   teatro  errilo   in   Corte  per  le   tre  rappretcnt»- 
I  "i matk In-  che  ogni  anno  si  dovranno  fare  con  compagnia 
t  tinti  e  'ferini  ecc.  ecc.  giusta  gli  orarvi»  •!"''  >ia  S.  M. 

f.  i.o 


eue 


—  330  — 

/.ioni  particolari  contrattai  e  cosi  vengono  ad  esimersi 
albi  obblighi  e  disborsi  di  maggior  somma,  re] 
qui  per  Scassa  molta  particolare  aversi  dall'ordine  deOe 
persone  espressale  un  paleo  imprestato  dal  cavalieri 
pili  dello  voli-  sud  oomplire  esche  eoi  rinfreft 
tutto  se  vi  sieno  le  gentildonne,  mogli  degli  awoc 
curatori  ed  altri  come  sopra  ....  ».  Alla  fine  dal  pruno 
atto  ni  ogni  palco  giungevano  i  rinfreschi:  entravano  on 
paio  di  facchini,  il  riposKere,  un  aiutanti-,  il  seri  Ha 

torcia,  avrebbero  pagalo  la  porta?  Ali!  —  diceva  con 
i    sente  l'  Uditore  —  «  e*  im  >bbe  in  tal  easo  grande 

amaretta  <l:i  non  far  comparire  affatto  la  melodia  d 
musica  !  »  '). 

vi  distribuire  i  palchi,  furono  preferiti  i  proprietarii  a 
tichi  dal  S.  Bartototnmeo,  le  persone  ad  :  raal  s 

-,  iado.  e  quatti  che  avessero  qualche  tiistìn'n  . 
Nella  seconda  fila  i  palchetti  da  n.  Il)  a  n.  19  ftiroi 
serbati  pel  He  e  la  Corta;  il  ti.  9  toccò  al  cardinale  \.-.| 
viva  d'Aragona,  il  n.  B  al  Principe  ili  FrancaviNa,  il  n. 
al  Duca  di  Maddaloni,  il  n.  G  al  Principe  di  Stigliano,  il 
n.  20  al  Principe  di  Avellino,  il  uum.  3  al  Principe  delta 

i.  il  num.  1  al  Duca  di  Belcastro.  Eco- 
intorno  a  Uè  Carlo  III  tutta  la  nobiltà  del  Rogin 

Nel  giugno,  il  lavoro  del  S.  Carlo  era  già  molto  binai 
Carasale  chiedeva  «*  gli  si  pagavano  i  ventimila  - 

i  dopo,  fu  smantellato  il  S.  Bartolommao.  Del  t 
il  Carasale  fece  una  chiesetta  dedicata  a  S.  Maria  delle 


')  Ullon  tu'  wtltaibn  1737.  —  hi. 

*)  Piano  di  distribuitone  dei  pitch-  ecc.   Ci    uà  sono  rarii.  Piglio  qu«-Uii 
che  mi  ftemi  |      w       unitivo.  —  F.  I*  Gfr.  V.  d'Aorta.  &  —  /. 

rafa  (nel  giornali-;    Vita  MtyWfrtMW,  I  (1886),    ■ 

*)  12  giugno  t737       vi,,,     \i  pagamento  —  M    loglio  il  Cara- 
Tatto  Ingegnere  ordinario  del  Re  col  grado  corrispondente  di  Capitano  — 
Oan.  rit.  n.  33,  30  luglio  37.  —  Ttatri  f.  t. 


Ilo 


—  331  — 

faste  pei  PP.  Riformati  dèlia  Mercede,  che  è  la  Graziella, 

le  ').  Le  opere  si  stavano  muskencl 
Parrucchierina  e  la  sorella  ,  che  non    potevano 
prima  dell'ottobri  .  avevano  mandalo  ai  maestri  Sarro  e 
<  i  loro  tuoni  ed  il  più  virtuoso  di  cantabile,  die  le 
medesime  posseggono  !  «  *)  Il  Porpora  rispondeva  da  Ve- 
uezia,  accettando  di  musicare  la  tenui  opera  *)<  —  I  i 
itavano.  Il  colonnello  D.Giuseppe  de  Leoni,  gover- 
ella  Piazza  di  Port' Ercole,  rimetteva  al  ministro 
Monlalegre  un  suo  dramma  intitolato   i'  A>jvs,iao   o  sia 
l'Amante  dello  Patria  ,  che  fu  passato  all'I Illoa  pel  pa- 
li povero  Ulloa,   in  qualità  di  Uditore  didl'  l*',s.:rcit« i, 
uto   dare  giudizii  di  poetica!  Vedete  un  po' 
Dose  capitano  certe  volto  ai  magistrati  '  l'Irli  si  rivolse 
al  suo  oracolo,  D.  Luigi  Stampiglia  (figlio  «li  Silvio.  ..-redo). 
rafiàzzonatore  teatrale  di  versi,  scene,  libretti.  Lo  Stam- 
piglia giudicò  che  vi  orano  dei  diletti,  «  tra  cui  assai  ri- 
ile  quello  contenuto  nella  scena  ultima  dell'otto  II, 
de  composta  una  satira  a  tutti  i  Principi  i 


li  He  Dominici,  o.  e.  IV.  '">tO  —  ì,n  chiesetta   fu  «parta    L'anno  dopo. 

^■IIj  eiu  Gazzetta  n.  U  38:  «  Giovedì  scorso  da  Mona.  D.  Cai- 

■ìm  Qofib,  Vescovo  «li  Aniinopoli.  <•  Vicaria  G  Sorte, 

f»  C«»U  la  solenne  (unzione  di  1  la  nuova  chiosa,  oretta  ove  prima 

"»*  il  T.  di  S.  Bari. ,  dal  Tenente  Coronello  D.  Angelo  Ga rasale,  sotto 

S.  Carlo,  e  poetala  sotto  la  l\.   Vrol-r.ìm\»  del   Re  N.   S.  ,  h,. 

D.  (.  qui  funziono  riuscì  assai  devota  ecc.  Quel  chiesa  da  dotto  Tenente 

Cetondlo  por  divozione  ò  stata  data  alti  RR.  PP.  Scalzi  di  N.  S.  della 

Mattai*  con  diversi  peai  ed  in  particolare    li  celebrare  detti  11\  quoti- 

lanota  una  messa  perpcluu  con  tulli  li  su  ti''  lotta  Re- 

lig»»  per  la  salute  e  prosperità  delle   LL.   MM.,  con  fare  siiuilm»nl» 

aoa  l«u  Ktlenno  nel  giorno  di  S.  Carlo;  e  detta  chiosa  si  apre  domo- 

steggiare  il  solenne  giorno  di  M.  V.  N.  Si- 

'un:iliilisaima  Regina  ». 

■)  Uttoa,  3  i  luglio  1737.  —ivi. 

»)  UUo»,  l  ottobre  37.  —  ivi. 


—  332  — 

ilei  munii  ta  che,  d'altra  parte,  «  pur  talode  ali' 

.  per  esser  soldato,  sembra  un  miraool 
amico  dette  muse  e  di  Parnaso,  ove  non  giung 
cure  mordaci  a  ').   11   colonnello  tornò  alla  corica  'I  26 
agosto;  o  son  certo  ohe  piacerà  afli  Signori  -m 

Certe,  quasi  hiltì  guerrieri,  che  giudioaranno  eoe,  m 
non  sono  Poeta,  per  1"  mono  sono  soldato».  E  desiderava 
che  lo  leggesse  «  S.  E.  la  signora  Marchesa  O.BJarìa  di 
lei  consorte  e  mia  venerata  padrona,  e  sarà  mi- 
se ottiene  dal  *uo  bel  spirito  il  compatimento  »  *).  Ma  il 
Montalegre  gG  rispose  cortesemente,  ringraziando:  erano 
già  stati  scelti  da  un  pezzo  i  drammi  da  rei 

Dopo  questo  colonnello,  ecco  un  iogegl  (ipe 

Papis,  che  mandò  no  suo  Prologo  per  l'inaugurano 
cattivo  come  poesia,  m:>  che  poteva  passare  come  alletto 
scenico.  Il  Prologo  ,  con  alcuni  ritocchi  di  D.  Luigi,  fu 
dato  a  musicare  *). 

Furono  presentate  due  iscrizioni  latine  da  mettere  sulla 
troni.'  del  teatro.  Il  Re  approva,  delle  due,  questa  de)  Ti 
nucci,  che  fu  scolpita  : 

Carolus  .  rnut>.,,i  e  .  SicauAB  .  Ri 

Pri.sis  .  HOSTIBGS  .  constiti1  ns  .  i.ki.ii.i  s  .  m.m.isi  i 
Ornatis  .  LlTERis  .  aiciiius  .  e.\«  ita  i  is  .  .unir:  .  PACATO 
Tlir.ATIlUM  .  QUO  .  SE  .  PoPULUS  .  OBLBOTARI 

Edbndilm  .  GBNsnrr . 
Anno  .  Regni  .  IV  .  Cu  .  A  .  MDCCXXX.VII  .  *). 


,  I  Hot.  Si  luglio  37.—  ivi. 
')  'jf>  agosto  1781  da  l'in  r  Bri  olt, 
*)  Ulloa,  3  oti.,  IO  -tt  :;:.  — ivi. 

')  Passili*  al  Brancaccio  il  23  giugno.  L'alini  ora:  Sugata*  Pali- 
trophaeum  dtvictìt   hoftibus— primo  regni  anno  mstitutum  —  altero  to~ 
gatae  —  Lyexum  mstato\mdis  artibun —  ifttitulum  —  hor.  drmum  Urlio 
A.  R.  MDCCXXXY1I—  Thtatrum  purgandis  moribus  —  &• 


—  333  — 

E  cosi,  provvisto  a  tutto,  fatto  il  teatro  ,  stabiliti  i  re- 

s^ol.-mn-iii ,   pronti  i:  tgnia,  cantanti  e  ballerini,  il 

ottobre  si  scoprì  «  la  maestosa  {acciaia  del  teatro  — 

1 1  .su  della  porta  una  grande  arme  con  quattro  statue 

ì  laochi,  ronnate  per  ora  di  stucco  somigliante  al  marmo, 

alludenti  all'  iscrizione  •>  ;  il  28  ottobre  si  fece  la  prova  ge- 

rale ,  coU!  intervento  del  Re  o  di  varie  damo  o  cava- 

ii  ')  ;  e  il  1  novembre,  giorno  onomastico  del  Re,  s'. 

Carlo. 


II. 


Prima  aera  del  S.  Carlo  —  Tre  stagioni  teatrali  — 
//  Presidente  de  Brosses  a  Napoli.  (1737-  IO) 

Fu  una  bella  serata  quella  dett'apertura  dal  S,  Cario I 

Immagini  Chi  vuole  i  cortili  dorati  affollarsi  d"  innanzi  al- 

latro,  e  discenderne  le  dame  Inceriate  dagli 
enormi  guardinfanti ,  i  cavalieri  imparruccati  in  bei  co- 
stumi di  cortèi  coBa  spada  al  fianco  e  bitta  la  pompa  e 
il  cerimoniali  i  tempo.  —  I  paUfthi,  la  platea,  l'unum 

subito  pieni  •).  il  gran  teatro  era  splendidamente  Diurni- 
ompiuta  in  i  .  tempo,  pai 


usque  Sicilia*  rtpù  —  poputorum  luorum  —  paeem  mlutsm  fitUtai 
ptrptiUO    curanti*  —  libri  alitale    hiunificoitiu  —  «  fumlifnenti.r   toniti- 

lutuin.  \:  wrii ■  .LI  Tannivi  rima*!  fino  All' incendio  ikl  181 

•|  AlChi  -li  St.  ili  Pireo».  Filza   medi  rrfaj  di  Napoli;  29 

vl.-moilo)  — CtV.  Ulioa  87 ottobri  1737.— 
Teatri  t.  l,*Nh  topraduti  si  parlo  anche  di  corti  guasti  fatti 

ai  palchf-tti,  per  golosi.-  in    pittori     iteri  i    napoletani. 

"j  *  Vi  era  acromo  di  persoli  : iLulo  Minerò,  -i  vi- 

dero luto  i  palchi  riempiuti  di  dama,  adorne  'li  rlochiaaiini   obiti,  e  di 

-.iuimo  gemme,  com' altresì  di  cavalieri  in  ubiti  di  starnai 
gala  ad  uggvllu  di  appalesare  iu  sd  gioiosa  congiuntura   l'interno  gìu- 
lOT0  ».  —  Gerì,  cit.   ii.    1".  3  dot.    1737, 


—  334  — 

vero  un  miracolo.  E  quella  l'osta  simboleggiava  qi 
il  definitivo  stabilirai  in   Napoli  d'una  corto  sovrana,  li 
mutazione  da  provincia  a  capita 

Nel  gran  palco  centrale  comparve  il  Re.  Nessuno  «red< 
che  battesse  te  mani, «perché  P etichette  lo  proibiva.  Ma 

s'alzò  Li  tela,  e  il  Prologo  dÌ886  le  impressioni,  COS  erano 

nel  cuore  'li  tutti  In  una  gnu  Reggia,  innanzi   al  Genie 

,',  vennero  la  Mafjniflcetua,  la  Giuria,  la  aderita. 

Disse  la  Magnijicenza: 

• 

Genio  Rcal,  di  già  compita  e  l' opra, 

Beppe  concepir  tua  vasta  idea: 
Ecco  il  nuovo,  sublime,  ampio  teatri  •. 

ii  i-m  vasto  Europa  ancor  non  vide. 
Ben  da  me  si  provide 
A  quanto  uopo  facea 
Per  superar  doli' altre  Etadi  i  preggi, 
Nò  Roma  ne  vantò  chi  lo  pareggi  '). 

E  la  Celerità: 

Ma  di  tale  edificio  il  maggior  vanto 

A  che  tacer  1  Io  forse 

Compagna  a  to  non  fui  nell'opra  .'  Api 

Sette  volle  nel  Cielo, 

Della  luce  non  - 

Cmiia  Qftmpwyi  d'ogni  intorno  adori; 

Che  da  profondi  Abissi 

Eguni  al  Mar,  attorni   'alta  Mote 

A   contrastar  con  la  Regimi  d»-l  Sole; 


')  «  ....  per  l'ampiezza.  magniflosnsa  e  perfetta   ina  ura  • 

in  non  ha  nell'Italia,  ami  nell'Europa     bl   (>o*ui  greggi» 
svegliando  la  veduto  !   Ili  |  ili  quei  superbi   adlflcìi  ,   rbe  sape* 

pestare  ed  aaagnin  la  potata  dagli  ai  noi  ».  —  Ora.  ciu 


—  335  — 

Et  il  tempo  fugai  i   . 

Padre  dell'  opra  stessa, 

Mentre  l' ampio  edificio  eretto  vedo, 

Fra  suoi  stupori  involto,  appeoa  il  crede! 


:»- 


E  riSQOOÒ  io  tutti  il  grido  (ìnule  del  co 

Viva  Carlo,  Carlo  viva!  ') 
U  opera  fu  uno   dei  più   boi  drammi  del   Meta&tasio, 

'É    Ar//,!<  m.   La    so-nn   'I<1   primo   allo   BTfl  tale  da 

•«  apprezzare  la  grandezza  del  palcoscenico.  Un  magai- 

£<z>  tempio  e Ili'-  spasosi  .   circondato  da 

:I,  ci  no  una^ran  piazza;  e,  tra  gì  ' iiitt'n    •lonnii, 

orgeva  da  un  lato  il  bosi  o  Mero  alla  Deità,  dall'altro 
irina  di  Sciru.  Il  coro  delle  baccanti  cominciò: 

Ah  di  tue  lodi  al  suono, 
Padre  Lieo,  disc 
Ali  le  nostro  alme  accendi 
Del  sacro  tuo  fin 

nero  innanzi  I' Anna  Pernz/i  (lJ> iilttnxia)  e  la  Vit- 
resi  (Achille).  Ah,  come  palpita  Detdamia  al  veder 

navi .  ivano  li 

Oh   Dei  !  Vii'ii  mi 

he  temi,  mia  viia  1  Achille  e  teco! 

-^^Ila  fine  del  primo  sito,  imllu  me  io  'li  ma 

Miogali.  All.i  fine  del  secondo,  le  quattro  stagioni,  con 

nna,  Sabione  e  Bettina,  di  Ch 

>     M«.  tra  1'-  .1.   I  '  —  Fu   pul.l.l.  p*T  intoni  dui  d'Aurin: 

■s&'o  del  B*m,  rv,  4 


—  336  - 

e  Chiarei t a.  Mi.i  Rne  del  terzo,  un  ballo  di  credenzieri 

la  scena  tutta  formata  «li  credenze  i 

\  ito.  Dall'  mi  capo  della  sala 

Rosanna,  dall'altro  Checco  e  Bettina  e  la  Chiaretta:  e 

furono  padedù  e  terzetti  '). 

Fu  mi"  spettacolo  magico  per  molti  riguardi.  E  li  E 
tasta  ne  rimase  colpita  ne  si  gitfcò  addirittura 

nel  pegno  del  mirabile.  A  tutti  é  noto  l'aneddoto,  die  ri- 
ferisco colle  paiolo  '!<■]  Collette:  «  lo  mezzo  all'univa 
allegrezza,  il  Re  Esce  chiamare  il  Carasale,  e  pul 
mente  lodandolo  dell'  opera,  gli  api 
palla  come  segno  di  protezione  e  benevolenza,  <•  qui 
non  per  natura  modesto,  m  -ite,  con  gli  atti  e 

le  parata  rendeva  grazie  atte  grazie  del  Re.  Dopo  le 
cose,  il  Re  disse  «li-,  le  mura  del  teatro  toccando  alle 
mura  della  reggia,  sarebbe  slato  maggior  comodo 

i  famiglia  passare  dall'  uno  ili  altro  edifizfo  per  cam- 
mino interno.  L'architetto  abbassò  gli  occhi,  e  Cari  i 
giungendo:  «  ci  penseremo  »,  lo  accomiatò.  Finita 
praseetanza,  3  Re,  siili'  uscire  dal  palco,  trovò  il  I 

di  rendersi  alla  raggia  per  interno  passag- 
gio da  lui  bramato. In  tre  ore,  abbattendo  nr.ir;. 
sinir,  formando  ponti  e  scale  di  travi  e  legni,  cop 
di  teppe  azzì,  le  i  lividezza  del  lavoro,  con  pannegj 

-talli  e  lumi,  l'architetto  ><■<■<■  bello  ••  scenico  quel  ci 
mino;  spettacolo  quasi  direi  più  del  primo  lieto  e  maj 
per  il  Ite  »  8). 

L'aneddoto  mo  Ma,  purtroppo,  come  quasi  tutti 

gli  aneddoti  belli,  non  è  storico.  Già,  a  pei 

•}  Ulloa,  ti  oti.  37.—  Teatri  t   !.•  —  Arch    di  Pi  .  Nap. 

5  uovembre  1737  di  II.  Iutieri  all'Ab.  Turnaijuiud  :  «  11  nuovo  Twit 

Carlo  ••  ii'i-i(o  «li  Bodiafaxione  uaiveraale  [wr  in  «un  m 
u  buon  guato  dell'arvliit.  r 

*)  Coltali.   Storia  Jet  reame  di  Napoli,    l,    '     10 


—  337  — 

ile  'i  e,  raceodosi  no  teatro  regio  ■  alla 

Reg^  liretta  GOinuntca- 

■  i  due  edifìcio  K  come  fi  mai  possibile  ohe,  in  tre 
di  notte,  il  Carasale  p  i6 ■->•  raccogliere  :  lavorai 
Bsploran  .  3tabiKre  il  lavoro  da  Éarsi, eseguirlo 

i,  i  lumi  I  Mi.  ido  questo,  il 

miracolo  non  ebbe  luogo  per  una  ragione  semplicissima: 

,  sappiamo  di  certo  che  il  corridoio  fa  Patto  prima 

del  S.  Cario.   Bd  è  da  meravigliare  che  il 

Colletta  abbia  potai  »  raccogliere  una  cosi  assurda  tr 

•i  Piana  efu  /emù  ecc.  si 

che  il  Re  m  a  i  SS  mila  e  lami 

ducati,  "  riflettendo  colia  sua  gran  munificenza  alle  spese 
parti"  gate  in  detta  fabbrica  per  maggior  suo  do 

cosi  nel  corridoio  per  passar  io  dalla 

'Uro,  come  noi  piccolo  appartami  Irò  il 

palco,  maggior  magnificenza  degli  ornamenti  della 

[torta  grande  od  appedamento  negli  appartamenti  vicini  di 

Mi  par  chi;  P 

Col  S.  Cari"  Napoli  aveva,  e,  si  può  dire,  ha  ancora  il 

maggior  teatro  del  mondo  *).  intorno  a  questo  tempo,  in 

i  Princi]  a  quelli  che  erano  In  auge  di 

orlo  Emmanuete  III  di  Savoia,  Pederìco  di 

,  provvidero  le  loro  capitali  di  teatri  monu- 

lei  nuovi  teatri,  nessuno  agguagliò  il  S.  Carli. 


ulteriore  all'apertura  del  teatro,  peroh<   fi  -•>  ata- 
ìaìiatx  il  regolamento,  i  preui  ilella  proprietà  e  ti  .  El  pai.  In 

erano  «tali  già  venduti  il  'J9  ottobre  37.  (V.  .-v  <■>•/.,;  An-li.  -li  Bt. 

i.  E  si  noti  anche  che.  nelle  carte  d' amministrazione ,  lettere 
del  Ca rasai»',  dell'  I  ditort  ecc..  non  ai  fa  inai  uessunu  alt  il   pat- 

teggio, aperto  in  modo  l  maa  qnel  fatto  non  avrebbe 

natia     it    Gazi, 
anni  è  alato,  «li  poni,  *u|M»iato  da  quello  di 
Chi-  mò  contenere  8000  spettatori. 

23 


—  338  — 


\ 


Vero  6  che  l'ambasciatore  Sardo,  venato  qualche  ai 

ilo|.i>  a  Napoli,  scriveva  al  suo  sovrano,  facend  •  DO  pa- 
ragone col  Teatro  Regie  di  Torino,  costruito  allora  da  Be- 
nedetto Alfieri,  zio  di  Vittorio:  «  Ho  veduto  i  ■ ->gio 
Teatro,  il  quale  non  6  perà  riuscito  nella  pn  ie  e 
I  non  gusto  eguale  a  quello  di  V.  M.,  anche 
degli  ornamenti!  d  1i.  Ma  era  un'adulazione  troppo  na- 
tle! 

Il  s.  Cai-io,  catalogate  subito  Ira  i  più  celebri  monu- 
menti   d'Europa,    fi]  tante    volte  descritto  o  giudicato.    11 

Milizia,  architetto  e  autore  dei  laro  famoso  Del  Teatr 
alcune  decine  d'anni  dopo,  nel  p 

d'Europa,  ne  dava  quasi»  cenno:  o  II  S.  Carlo  è  a  fen- 
di eavallo,  vale  adiro,  è  on semtctrcolo,  i  cui  estrei 

prolungano  in  linee  quasi  retto,  che  si  vanno  fra  lor< 
costando  a  misura  che  si  avvicinano  alla  scena.  11  ma.. 
.1  anetro  della  platea  ò  di  circa  73  piedi  parigini,  ed  il 

minore  di  67,  e  vi  sono  sei  ordini  di  palchetti,  con  u 

superbo  palco  reale  in  mezzo  del  secondo  ordine  :  I 
Btruzione  è  tutta  di  pietra;  I  sonomagnil 

Biodi  gli  accessi,  i  vestiboli,  i  corridoi;  l'ingresso,  ripar- 
tito in  tN  parti,  ha  qualche  de.., razione  che  p- 

più  maestosa  e  più  significante  »  ■).  Bralgaquesl 
lino  tecnico  pei  tanti    altri. 
11  19  dicembre  37  si  rappresentò  rOfóty>ùzcte.~  ti  Por- 
pora non  potè  musicare  la  terza  opera  per  la  brevit 

tempo  e  proposo  dimandare  un  suo    Teseo  ed  Arianna 
già  dato  anni  prima  a  Venezia.  Ma  non  si  i  i 

pi.  e  il  20  gennaio  si  dette  invece  Y  Artaserse,  « 
stessa  musica  del  defunto  maestro  di  eappella  Leo; 


J)  iMterr  ministri  due  Sicilie.  Coni.-    U    M..uaal<«rolo  t?  ult.    II. 

ti  Torino. 
»)  Del  Teatro.  Venezia  1774,  pogg.  75-80. 


—  339  — 

Vinci,  che  <|ui.  con  piacer  grande,  fu  intesa  da  tutti,  or  mai 
son  già  sette  anni  >>  ').  Il  Carasak»  vi  lece  taro  uno  BpeV 
loso  prologo,  per  I"  umani/io  del  matrimonio  del  Re  9). 
Cosi  passò  la  prima  stagiona  del  S.  Carlo.  —  Vittoria 
tò  a  Napoli  e  abitai  b  al  Vico  di  &  Spìrito  V 
suo  marito  un  tal  Giacomo  Tramontino  :   pessimo 
getto,  che  aveva  «  una  corrispondenza  in  Firenze  con  una 
donna,  a  cui  inviavi  dclki    molta  roba,  anelando  sempre 
di  portarsi  ivi,  anche  con  abbandonar  la  moglie  con  voler 
portare  seco  tutte  lo  sue  gioie.»  Un  servitore  bologn 
un  tal  Giovanni  Cavallo ,  e  un  mozzo  di  stalla  gli  tene- 
vano mano.  La  Vittoria  licenziò  l'uno  e  l'albo*  Ma,  «ouao> 
tunque  questo  servitore  stesse  fuori  di  casa,  pure  non 
era  sostenuto  da  suo  marito,  ma,  inoltre,  fendutosi 
baldanzoso,  sparlava  con  tutta  1"  improprietà  contro  di  lei 
e  la  lavano  di  volerla  sfreggiare  nel  viso.   t>  La 

Tesi,  sul  principio  di  gennaio,  una  sera  di  recita,  chiese 
'3i  parlare  all'Uditore  generale,  entrò  net  palchetto,  e  gli 
contò  i  suoi  guai.  Messa  in  chiaro  la  cosa,  assicurar 
tosi  della  verità.  l'Ulloa,  riflettendo  tra  l'altro  «  che  lo  vir- 
ippresentantì  dei  teatri  debbonsi  difendere  e  guar- 
dare assai  esattamente,  acciocché  possano  adempiere  alla 
loro  incombenza  con  ogni  franchézza,  a  di  buon  animo, 
ora  dell'infausto  caso,  e  purtroppo  fresco,  ac- 


;  'rincipe  di  Campoflorido  da  Veneri*  21  dicembre  37 ,  e  Ulloa  30 
•  MuutaU-irra  a  Cainpullorido  31  dicembre.  —  Teatri  f.  1  .• 

noto  diario  ramano ,  da  Napoli,  21  g«n- 
&»io  1738  — Cfr.  Gai*,  dt.  n.  fi.  21  genn.  —  Sulla  scelta  dell'Aitasene, 
»,  20  uov.  37.—  Ttatrit.  1." 
^  Anna  Parasi  abiterà  ■■>  via  Sargauta  maggiora;  A.  Amorevoli  nella 
Urada  di  S.  Giacomo;  Mariano  Niccolini  alla  strada  di  S.  Bartolonimeo 
«*.—  Ulloa,  9  febbr.  38.  La  Te«i  ora  stata  appallata  pel  38-39  por  700 
doble  d'oro  più  vestiario,  abitaziona.  uso  di  mobili  ecc.  Vedi  Gei.  di  Ca- 
rasaW  4  ««miaio  3S.  —  Teatri  ! 


—  340  — 

loto  ii!  jHMson.'L  .li  Rosa  Trentossa,  mi 
sta  citta  uccisa,  mentre  io  eódia  con  mediocre  • 
pagaia  ritiravasi  dalla  recita  del  teatro,  »  fece  arrest 
il  servitore,  che  poi  fu  fatto  uscire  dal  regoo 
Una  salirà  del  tempo,  ndla  sotòaforma  del  ì 

ra  la  Tesi,  circondata  dai  suoi  principali  .urini 
adoratori  ri.  Basa  rogala  un  abito  a  Careatini:  a  C 
sale  la  veste  di  Didonc,  altri  abiti 

A  qtnol  forte  tedesco  capitano, 
Che  m  Firenze  per  me  fece  da  Marte; 

Item  lascio  a  Maone  'Stellano 
Il   min  ritratto,  posto  in  un  anello, 

e  cosi  a  Roccella,  a  un  1).  Bartolomrneo  (f) . 

A  Torrecuso  mio,  che  s'è  accasato 

Acciò  che  uso  ne  faccia  con  sua  moglie, 
Gli  dono  una  pazienza  in  or  gemmato; 

Al  Conte  Vitelleschi,  che  a  mie  voglio 
Giammai  lo  riconobbi  renitente, 

non  so  che  altro,  e  cosi  al  Duca  delle  > 

A  Francesco  Caracciolo  si  dia 
Un'occhialone  mio,  e  >  vale, 

Sapendo  che  a  lui  necessario  sia; 

Sfbben  dovea  lasciarlo  a  quol  Sersale, 
Che  ne  consumò  tanti  a  rimirarmi. 

■)  Ulloa.  14  gennaio,  l'J  opr.  1TJ8.  Supplica  di  Gio.  Cavallo.  —  Cf 
:..i.  di  dall'  Idamolla  falla  Tati  (Nuova    intol    15  I  i 
*)  Mb.  Bibl.  Coni.  seg.  È0,  8,  ls.  Si  (a  dir  olla  tea  la  Lr  ice  : 

K  perché  resti  eia«  -lieduii  imiti-nln. 

V.  nawuuo  si  passa  lamentare, 
•a  Nicola  Anione  in  uu  moiu 
Ch'essendo  quaalo  un  uom  particolare 

N«l  «a pera  gli  fatti  della  gente, 

l'uiramnti  molto  1*604  la  dò  giovare. 


—  341  — 
a     CéUammare,  a  Santa  Croce, 

un  lascio  a  quel  Sciami  {Ckarny)  vecchierello 
Un  bustone  assai  ricco,  perche  andando 
Di  Ghiaia  per  la  via  s'appoggi  a  quello  ! 

Ma  basta. — Nell'osi      dei  38,  Cado  III  conciatisi;  il 

i  matrimonio,  •  venne  a  Napoli  la  sposa,  Maria  Amalia 

ài  Sassonia  ').  Formarono  cosi  la  più  brutta  coppi.- . 

>i  possa  mai  trovare, dice  il  poeta  inglese  Tommaso  Gray, 

li  vide  a  Napoli:  <■   uii.i  regina  pallida  e  butterata,  il 

re  un  ragazzo  bruno,  magro  in  viso*  con  tanto  di  naso, 

e  sgraziato  quanto  mai  I 

Ad  Aveisn  ai  recitò  innanzi  alla  nuova  Regina  una  btu> 

prese  parte  la  Laura  Monti.  —  A  Napoli  s'era 

nato  il  Demetrio,  con  musica  del  Leo f). In gua/Ue 

amarene  pose  il  Leo  il  povero  Uditore  Ulloa,  che  dovè 

«Stringerlo   sequestrato  in  casa  culla  guardia,  e 

pure  non  compi  raperà,  e;  si  ebbero  lo  arie  da  far  com- 
pone a  spezzoni  da  molti  I  »  *).  Altro  amarezze  gli  det- 
•si  e  la  PeruzzL  Quella  non  voleva  recitare  da 


'i  Ij  Regina  varcò  il  confina  :1    hi  giugno.  Il  padiglione,  n«l  qual>-   il 
R«  U  ricevette,  era  stato  fatto  costruirò  dal  Carasak.  Osa.  cit.  a,  SS, 

.&.  Il  Re  foco  molte  promozioni  a  distribuì  molte  un 
Con  qurstVcasiomv  «  S.  M.  ha  conferito  a  D.  .  i-anale  il  grado 

mente  Coloncllo  do' suoi  eserciti  col  soldo  di  vivo».  Gaz/,  cit.  n.  SO 
I  loglio  38. 

•a  bo  a  roano  il    Viaggio  del   Gray.  Cito  «la  un  art.   di  E.  Teza, 
Aiaw  Antologia,  16  setL  1880,  p.  3 

ili  Demetrio  dot  Vinci;  ma  una  Iutiera  del  maestro 
Istilla  da  Roma,  7  maggio,  diceva  che  tale  «partito  non  «intero  —  I  So- 
m&»  iridarono  al  teatro  la  prima  volta  il  30  giugno  per  una  fetta  t*a- 
1"1k  Le  none  d'Amore  e  di  Psiche,  mus.  del  Leo.  Gaza.  cit.  n.  20,  1 

Dot,  li  ..u.  38. 


—  342  — 


primo  uomo  perché  «  il  far  da  uomo  porta  a 
meato  Bella  salute!  >.  Ma  da  prima  donna  volev. 

i/zi.  D'altra  parte,  la  Bavarese  non  roda 

seconda  donna,  so  la  prima  non  era  la  Tea 
naggio  della  Tesi  —  diceva  l'UItoa  —  in  questo  negai  ' 
è  molto  propri",  cosi  per  il  corpo  della  sua  omo 

del  suo  agire  e  personaggio  ».  Dn  ordine  del  Ri 
Tosi,  che  cap  tassa  da  uomo,  mise  termine  allo  di- 

spute, il  tenore  Amorevoli  ebbe  il  permesso  dì  «  « 

lina  aria  suva  quo  sol>r  • -:iln  >,  •  •uamlo  SSta  opera  se  re- 

presentò  en  e 

All'opera  seria   successe  nel  luglio  un'opera  butta: 
In  Locandina,  poesia  del  Federico,  musica  dell' Aul< 

con   traine/./!  ili  balli.    La    parte  di  \ occhia   decrep 
gelosa  la  taceva  il    tenore    Francesco   Ciampi:  la  I 

diera,  Automa  Cotonanti,  che  cantava  molto  bene:  la 

i,  amata  a  un  t'-nipo  «la   Malizili   Piante  ,  dal   I 
e  dal   vecchio  (Giacomo  ri"  Ambrosio  ,  Girolamo  Piai 
Gioacchino  Corrado),  la  fece  Laura  Monti,  ch'era 
e  bella»). 

Fu  questa  la  prima  e  l'ultima  opera  burlesca  in  S.  Cario* 
Si  tornò  agli  intermezzi  o    si    conservarono    pei 

«Saggi  buffi,  il  Corrado  e  la  Monti,  il  P 
elaColasan  ..  qualche  armo  dopo,  nel  1741, 

I   stali  aboliti  audio  gl'ioti tuhv./ì  *i. 


•)  BfgL    tfl  maggio  38.  E  ffr.  I.'llon  li  marzo  38.  Bigi.  r.  19  apr. 
l.'llon  25  apr.—  Teatri  f. 

*)  Supjil.  «ii   Laura  Monti    PaMTC  dall' UU»  ".*.  Il  po*l*  obi* 

io  pagam*nt/i  100  durati,  e  il  maestro  110.—  Teatri  f.  2." 

*)  C'è  nelle  carte  dei  teatri   una  lunga    lui  •  > -rateai ,  che  ai 

potrebbero  rwilatv.  ott.  '.IH.   Acanto  .>i   titoli  dogli  intarmi 

del  Pergole**  «  «rei Ito:  «  Questo  ani  ina  fu  uomo  grand*» 

Se  ai  voleva  poi  la  0MB.'  burlerà,  dorerà  comporta  il  Federico. 

•J  I  llav  16  febb.  —  Tmtri  f.  2.° 


Pel  1738-9  si  reato  l;i  Clemenza  di  '/)?•>,  con  modifi- 

!el  maestro  Antonio   Palella  ').   Sorse  al   solilo 

im.'i  gara  ira  la  Tesi  e  la  Peruzzi,  suD1  ordine  col  quale 

lamparsi  i   loro   nomi   nel   libretto.   Si   fini, 

per    evitar   liti,    <;ol   farli    stampare  a    duo   colonne!   '). 

Nella  compagnia  erano  anche  Gaflarelli  e  Mm-ianino  3). 

li  seconda  opera  fu  rappresentato  il  Temistocle, 

musica  del  Ristori,  «uomo  di  gran  conto,  o  d'età  ma- 

:i.  Nel  'li'-embro  a  Palazzo  le  Nozm  ili  Teti 
leo  del  Giuvo,  musica  del  Sarro,  ripetute  poi  a  S.   « 

t/irmis.  "  affinone  tutti  possano  goderne  » s).  Perla  l 
i.i   Semircunide,   musica  del  Porpora  a). —  La  passione 
«li  farlo  in  era  il  baflo>  Sono  frequenti  ^li   ordini,  <-"i 
«jUaU  la  sua  nudata  a  teatro,  e  dispone  per  avere 

ini  sol  atto,  ma  almeno  due  halli!'). 

tj  Vedi  nota  «li  pagamento  pel  1738-9. 
u.  38. 
Uè  doveva  andare  in  carcero,  ma  poi  ebbe  il  ina  «iddio  in  casa  ]■>■ 
I  iO(«tl     -miliare  la  parte,  (t'iloa  22  nov.  38  e  carte  rei.).  Del  Mariauino 
aa*rr  i    Broescs  do  Roma:  «  Man.-mini,  aTMBh  piedi  ■!•■ 

"^n  nMe  de  femmo  sur  1«  tkéatres  d'icy;  c'est  la  plus  «rande  princeaao 
^qo«  j*  Terrai  Hans  mes  joure  !  >.  De  Broenes.  Lettre*  hutoriqutt  «t  criti- 
rjues  <ur  i  Italie. —  A  Paris  che*  l'onthieu.  An.  VII. — 

P|  riloa  20  seti.  38.—  Teatri  i 
u,  da  Nap.  88  28. 

*)  Il  Leo,  por  la  musica  del   Ttttmtrrio,  ebbe  D.  200.  Il  Ristori  e  il 
l'oi-pora   D.  280.  t  del  libr.  dico   Carasale  a  8.  IL:  elio  gene- 

arreaimmti-  rn'  iipruA  pi ii  largo  e  spaziato  <-ani|io  (pur  «ver  già  ter- 
^tninaLa  rineumbenza  del  teatro),  in  altre  congiunture  «per  farle  por- 
«S*ro  .  quanto  oltre  modo  sia  grande  ed  immensa  la  devozione  del  mio 
«more  ». 

r.i  lo  ballerine  c'ari  la  naptletanìna  Giuseppa  Corrado.  Vedi  ri- 
«jtfrao  della  madr-  'li  quaata  (t">  Gabbr.  39)  oOOtlTj  - 1 ■  i  untava  di  sedurle 
Sa  figlia.  Il  Re  dispose  che  si  scritturasse  il  ballerino  Antonio  Orlandi, 
«letto  Pastinino  (1  nov.  38).  Nel  febbraio  tu  in  n.nt.i  1°  Aquilante ,  che 
aton  voleva  contentarsi  della  paga  di  3500  ducati- 


—  344  — 

In  questa  stagione  il  prezzo  delie  sedie  in  elevato  a  5 
udo  rli  tre  per  l'opera  buffa ')•  —  Nella  terza 
renne  il  famoso    S<  Francesco  Bernardi.    Il 

rasale  g&  offri  800  doppie   sulle  prime  i!  s  i  iwu 

voleva  .  ma  poi,  o  depoeto  Q  ooneicale  orgogli... 
anfanante   determinalo  d'ubbidire1) ••In  una  lettera  al- 
iMiii/zi   da  Siena  »  97  luglio  i   scrìveva,         n  ne  rato 
Cai'  •s"  bene  che,  avendo  inteso  clie  qualcbedun 

di  questi  virtuosi  che  l'I  rvHo  abb  ^ato  qual- 

disturbo  sopra  1  intera;  ti  io  per 

lif  \nlii'  Millo  che  la 

quale  io  vai!*,  cola,  e  la  protezione,  che  spero  godere  per 
Ego  .li  v.  s.  ili.1»  diS. E.*  il  Marchese  di  BdontaUegraj 
mi  liberi  :  •'   1  '  sinistri  il  il  nw  d  sin*  la 

nsapiita    donna  .  la  quale   non   è  |"i"  ani  .Tibilo 

dalia  mia  delicatezza.  Mi  rao 

rozza,  non  per  Interesse ....  » 
La  consapula  donna  et  nel Ili,  ohe  era 

stata  scritturata  per  Napoli;  ma  poi  era  partita  por  M. 'idi 

A  Madrid  .si  celebravano  quell'anno  con  grandi  reste  In 

nozze  dell  intanto  Filippo  ci  andarono  la  Tesi,  la  Pei 

la  PacchineUi,  il  CalTarelli  *).  La  compagnia  di  Napoli  fu 


')  BlgL  18  marzo  38.  —  Teatri  1 

»)  Utan  dal  marchese  degli  Alhttri.  Firenaj  30  luglio   1730. 

■  Itera  del  18  giuguo,  2  luglio. 
*)  L'Albuzi  (15  ag.)  dice  clie  il  Sennino  «ara  molto  ront«nl« 
I>*rtenz*  della  Farchi  nulli,  <  essendo  la  presenza  di  questa  donna  alato 

10  l'abbia  trattenuto  dal  sottomettersi  con  quella  p 
t*«a  che  doveva  al   piacer*  di  S.  M.  ».  Sulla  noce  della  l*a. 
in  i|ii.:<ile  carte  un  attestato  del  Porpora. —  Teatri  f.  2.* 

»)  Lo  tratta  lire  furano  falt«  in  gran  parte  a  Napoli  dal  Carasale.  Da] 
carte  di  queste  trattatim  cavo  alcuni*  noli/i».  Il  Caflandli,  quando  aa 

terra,  ebbe  1000  ghinee,  e  150  pel  viaggio.  La  Peruzxi,  nel  Por  toga] 
In,  per  18  mesi,  1000  doble  e  100  pel  viaggio.  Montic 
a  Milano.  Il  Seuesino,  essendo  avanzai»  m  accettata  l'invito. 


in 


alla  meglio;  col  Sèneaino,  l'Amorevoli  '»,  Fi 
sco  Tolve,  il  Man7.uoli,  Tctoai  Baratti,  Ann;i  Strada  e 

Maria  Cataneo  *)  L'Anna  Stra  -ola 

volta,   da  quando,  come   sappiamo,  .*-'  era  ritirata  dal 

teatr" 

Il  primo  dramma  .  che  ai  rei  ito  3  J  novembre,  fu  la 

/  •  <é  dello  Stampiglia,  musica  del  Serro.    -  Bra  a  Na 

I  ioli  in  quei  giorni  il  Presidenti'  rie  Broasee,  il  più  acuto  e 
rgitto  dr  littori  di  viaggi  in  Italia  dal  eeoale  XVIII. 

II  tises  ini  all'apertura  della  stagione  dal 
.   lo. 

Il  teatro  gii  foce  grande  in  ;  tue.  «  Le  théatre  du 

»  > .-  èco,  qui  i.'-pouvante  par  sa  grandeur,  eoa 

<j-  schaussemenl  noe.  Il  y  a  cent  qualre  viugt 

j<^ges,  olia  rande  commi"  un  petit  cabinet  d'a-^iii- 

i  »  1  -»>e,  le  tout  desscrvi  par  degranda  corridore  el  de  beaux 
&>^-  iiente,  qu-lli  •  l'Argentina  e  d'Aliberu  gli 

p-n  moina  grande,  plus  coramodes  et  miei 

r-.  ìséa.  »  Ma  che  differenza  con  quelli  ài  l'augi!  Il 

luco  del  S,  Carlo  era  più  grande  «  rjue  i 

Jt*^     saUe  de  l'opera  de  Paris  et  large  à  proportion;  et  voflft 

«^^^  qu'il  taui  pour  deployer  dea  decoratone  !  Eoòore  m'a- 

*- —  «rin  dil  que  le  l'ond  du  théatre  n  ctait  fermò  que  par  une 

"il  qui  donne  sur  les  jardiua.  »  «)•  Nella  rap- 

i  *  ni. ito  il  contegno  del  He.  «  Le  roi  y 

lant  une  moitié  de  l'opera  et  dormft  peu- 
*■  -^fc-iu  fautre  : 

nomine  assurément  n'aime  pofl  Ifl  mo-i^ur  ! 

L'Amorevoli  em  io,  •-  "  volle  il  bello  e  il  buono, 

'«Mu-  foan  ludato  lifcaro,  W  luglio    I  agoato  38,   noti  l  3." 

r|  fi» tv-  tra  In  Cutaneo  a  la  Baratti.  Carasale  25  febbraio  40  eoe 
■•lira  cap.  XVI. 

104. 
.•II.  IX*  —  i  isanova.lfArt.C.II  .  i.leCarlo  III 


—  346  — 

Bd  i.Seqon  che,  la  Partenope  uon  fa  testini» 

niaoza,  perché  fu  un'  opera     che  generalmente  non 
equo  ').  E  non  piacque  neanche  al  de  Bross  soj 

giunge:    o   La   eomposition  do  Sarro ,    musici  unii' 

mais  sec  et  tristo,   n"  cu  •  tah   pas  fort  botUie,  mai- 
récompense,  elle  fut  partanomeli!  executée  »  *). 

il  Seneaùto  destò  specialmente  la  sua  ammirazione. 
pel  «-auto,  come  por  l'ai  atrale.  Ma  s'accorse 

i  napoletani  nonne  erano  soddisfatti.  Si  lamentavano  chi 
cantasse  in  (siile  antico.  A  Napoli  il  gusto  della  musi» 
cangiava  almeno  ogni  dieci  anni  •■»). 

Tutti  gli  applausi  Brano  per  la  Teresa  Bai-atti, 
velie   actrico  jdlie  et  deliberée,  che  recitava  da  uomo: 
drconstance  touchante,  qui  twi  peut  étre  pas  peu  con 

i  réunir  polir  elle  une  si  grande  quantite  de  suflTra- 
ges.  Eh  verità,  elle  lee  mente,  mènie  eomme  fille;  mais 
la  vtvadté  avac  laquelle  on  lui  a  prodigue  Ics  acclami- 
none publiques,  a  si  fort  fait  monter  ses  actions,  que,  quand 
■  i.  elles  étaient  ;'i  L80  sequins  la  pièce!  ■>  l) 

Allora  erano  in  uso  i  battimenti.  Abbiamo  già  noi 

ni  .li  Bcherma  facevano  paite  del  perso- 
nale artistico.  Nella  Pai  ■vait  une  action 
de  cavalerie  effeclivc,  qui  me  plut  intiniment.  Les  deux 
mestres  de  camp,  svasi  que  fon  venir  aux  maius.  chaii- 

■  Madrid  Dfll   1768,  scrive:  «  ...  1»  roi  n'arai!  aurun  gout  pour  la  mi 
»ique.    Co  rat    r.nit  la  phy.«ionomiii  .-l  t*0Xpraa«Ì0n    d'un  ni 
M'iiildiiit   nvoir  gOttmi   OOOlbrmité  d'  organa»  a  vec  net  animai,    qui 
«JejK)'  "»l«'  MStttfOO  d'harmonie  orale  ecc.  ». 

')  «  Sun  limaiito  oltriMDOdo  mortificalo  in  sentir  In  con  forma  del 
o  niun  gradimento  di  S.  M.  a  rispetto  della  niUBica  della  Partcno^.   W 
compositore  Sarro  ò  alato  tempra  mai  celebrato ,  u-li  i  raro  [> 
m   tempo  volitelo  ».  Ulloa,  7  novembre  1739.    Teatri  f.  2.* 

*)0.  e.  IH.  155. 

»)  0-  e.  III.  155-6. 

Ó  0.  e.  III.  158. 


—  347  — 

al  :ì  cheval  un  dna  eontradictoire  d'un  chroraatique 

parfait  et  tréa  capatole  de  faite  caroli  mix  longuea  ha- 

rangues  dea  héros  de  X  V'unì  e  »,  in  questi  combatthneoti 

entravano,  per  la  più,  a  deus  ceni  galopina  lani  depari 

o,ue  d'autre  ....  mais  on  a  soin  do  metlre  en  première 

un  certain  oombre  de  Seigneurs  spadasskis,  qui 

bien  faire  dea  armes.  Ceci  aalaiase  pas  d'otre 

tsant,  au\  moina  n'asti]  pas si  ridicole  qua  nos  i 

iota  de  Cadmus  et  de  Thésée,  qui  se  tuent  m    1  m- 

Il  de  Brossea  non  alee  nulla  dei  balli:  erano  nella  com- 
pagnia il  PtUtanino,(àoè  Francesco  Fabris,  e  eoa  moglie; 
la  Rosanna,  la  Bettina,  Sabione,  Gennaro  knbimbo,  la  No- 

no,  ecc.  *).— L'architetto  Pietro  Uighini  era  partito 
e  lo        lituiva  Vincenzo  Re  J). 

Furono  gli  altri  du  stagione  X Adriano 

in  Si  tisica  del  Ristori,  e  il  Trinnfn  di  Camilla  del 

Porpora  4)  —  Ne!  dicembre  30,  per  rispondere  alle  feste 
che  si  facevano  in  Ispagna,  si  rappresentò  un  prologo 
pel  matrimonio  dell'Infante  Filippo.  Lo  compose  Niccola 
Giuvo.  F  questi  ne  prese  occasione  per  domandare  d'esser 
fatto  poeta  della  corte.  E,  sul  parere  favorevole  doH'Ulloa, 
ebbe  la  nomina.  *>   Nel  luglio  40,  nel  giardino   del  Pa- 


1  0,  Si  MI,   156-7., —  Ignori  spadaccini  sono  una  piccola  inesattezza. 

I  giugno  39  — Ulloa  2  ruarxo  80. 
*)  Carte,  giugno  39. 

4i  Tra  le  altre  scene,  si  notò  «  un  fiume  con  l'acqua  naturale,  tirato 
«la  quattro  bizzarri  destrieri  ».  Chraras  da  Napoli,  26  gennaio.  Cfr.  tet- 
ri. Carnale,  Ferrante  dal  luglio  al  Mtt  30. 

30  —  1/  l'Ilo*  ■rara  detto  (0  dir.)  :  <  ....  couronvndo  s«lla 
persona  del  «applica:  i   nascita,  una  Milli 

dare  scienze  che  riguardano»  richie  -'ino  per  ben 
maneggiare  e  comparir  lai  uno  nella  Poetica,  siccome  ne  ba  dato  saggio 
ron  fi»  gloria  in  diversi  componimenti,  ed  in  particolare  nell'ultima 
«pera  u*cita  alla  lnc«  concernente  all'eruzione  «Ir-]   Vesuvio ,  per  ni  la 


—  348  — 

lazzo  Reale,  si  rappresentò  una  commedia,  I  travestimenti 
amorosi,  musica  del  Perez*  col  Caflarelli,  G.  B.  Ma» 
i  Baratti,  e  Maria  Broli  '). 

Per  farci  un'idea  dello  sialo  econom lei  sai   i  | 

deremo  come  saggio  il  bilancio  di  questa  stagione  173'.»- 
40. —  Il  S.Carlo  ebbe  daS1  affitto  dei  palchi  la  rendila  di 

1660,  e  delle  sedie  D,  1708  .  e  dal  lerale  di 

li  e  sedie  D.  8685.  Alcune  ceni 
nivano  dal  ji  (eatri  minori.  Per  la  compagnia 

cantanti,  i  prezzi  lurono  questi:  al  Senesino,  D.3 
all'Anna  Strada,  600:  all'Amorevoli,  1053.2.10;  alla  • 
iiiK.i;  al  rota    750    dia   rer  sa  Baratti,  uhm 
al  Manzuoli,  618-2.10.— Pei  ballerini,  a  P.Sabioi 
a  Elisabetta  Sarooi,  942;  al  Pahri  e  su;' 
Giuseppe  Brunoro,854;  al  Lenzi,  568 
866.2.10;  a  Maria  Broli,  312;  a  Gennaro  Imbimbo,  1 13.2 

a   Melilde  Franchi,    178.2.10 

Al  Sani,  al  Ristori,  al  Porpora,  pei  loro  spartiti, 
dati  200  ducali 


HI. 


Il  Carasdfc  e  la  società  napoletana  —  /  conti—  La  sta 
gÌO/16    I<)-1  —  Il    Barone    di   Lircri —  Fine   dti 
/"sale. 


Angelo  Carasale  aveva  raggiunto  in  questi  anni  il  som- 
mo della  sua  fortuna.  Subito  dopo  la  w< 

Repubblica  lotUirarui  viepiù  {'  ha  riconosciuto  per  uomo  culto  ed  addai- 
trinato ». 

•)  Chracas  da  Nap.  12  la 

*)  A  irli,  di  BL  Uff.  Finanw.  Diprnd,  della  .fommaria  Conti  8. 
Tra  i  conosrtalon.     '•    (KOVU  Paolo  de  Dominio:  d.  45. 


lo,  in  insignito  del  grado  di  Capitano  ')  Nefl'o< 
«.lei  matrimonio  del  Re  divenne  Tenente  Colonnello.] 
Liraccio  destro  del  Re.  Tutte  le  magnificilo  opera,  clic  con* 
"t-gevano  rapidamente,  quasi  par  in- 
canto .  per  mezzo  del  Caraaale.  Questo  ■■■:.<-  ferrato  fu 
\  isto  con  grande  scandalo  :i  ben  spasso  accompagnare 
il   Re  pubblicameli  lo  in  piedi  appigliato  agli  orna* 

poetiti  della  raal  carrozza,  discorrendo  con  qualche  con- 

I  i 

B,  naturalmente,  non  gli  mancavano  invidiosi  e  ne- 

i  t  li-i.   3p<  te  ira  i  nobili.  K-li.  i  ome  tutti  i  parnenus, 

mente  insopportabile  pi  onta.  l'-< 

I  kflresso  il  Re,  libero  secesso  presso  i  primi  ministri,  tolto 
-»«'■  L'Ii  aveva  l'atto  perdere i.i  lesta  >. Si  mormorava  contro 
ì  1      governo  di  Carlo  III,  come  già  contro  il  Cardinal  d'Al- 
i  .uiii.  Il  l  abitava  in  un  palazzo  di  fronte  alla  porta 

i  •  ì<cola  della  chiesa  di  S.  Giacomo  degli  Spagnuoli.  Qui 
o^ajni  sera  veniva  gran  l'olla  di  gente  a  corteggiarlo,  che 
«->  ì  trattava  splendidamente.  N  ìveva  con  gran  fasto  di  car- 
t-<  cavalli  e  servitori.  Faceva  i  spese  esorbitanti  per 

1  *  -  lari  amicizie  di  donne,  che  nutriva,  e  le  continuo  per- 

<-*  «  te  al  gioco  »  ').  Tutte  cose  i  beaceli  ••-•- 

*'  ci  sospetti.  —  In  mezzo  del  buo  splendore 

•  *  »     latti,  un  punto  oer  i. 

ale  aveva  le  mani  in  cento  lavori;  chiedeva  e  ii- 

^  *  mtinuamente  somme  di  danaro  dall' mano.  Ma 

<2omi  1  Li  aveva  mai  presentati  t  —  Nel  1788  gli  si  or- 

Kdi  presentare   i  conti  del  5.   Hnrtoloromeo  e  del 
*rt  è  iletlo  in  una  lettera  dell'  l'Uoa,  31  gennaio  1738. 
a  Napoli,  IH,  65-8. 
Uoa  3  dot.  37.—-  Il  Caraaale  ebbe  un  diverbio  colla  Ducliwaa  «li 
•       taoo,  ebo  lo  cbiai  I  Cd  egli;  Questo  Sparlare  da  Laiyj 

■'ri    f.    1.9 

Hi   dt 


-  350  — 

S.  Cario.  La  revisione  era  commessa  a  ima  Giunta,  e* 
l'ili'».-!,  il  fecale  de!  R.  Patrimonio  coos.  D.  Matteo  Fei 
rante,  e  il  fiscale  Francesco  Orlando.  Ma,  afla  line  di  ot 
tobre,  non  li  aveva  ancora  presentati,  e  chiedeva  altre 
me.  La  Giunta  rispose  che  presentasse  i  conti  particoli 
<•  documentati,  e  solo] s'indusse  a  proporre  ohe  i  propria 
tarii  dei  palchi  anticipassero  una  quarta  i  im 

Nel  dicembri' ,  -,li  BJ  dette  una   nuova  dilazione  di  di< 

Se  non  che  ,  il  :»'>  dicembre  il  Carasal  iva  una 

lunga  lettera  al  ministro  Moni  >rdava  i  nu- 

merosi incarichi,  che  per  ordine  del  Re  aveva  dovuto  as- 
sumere. Per  far  tante  cose  era  stato   necessario  —  di- 
ceva-   vdìspooere  in  lutti  li  rispettivi  luoghi  le  pera 
che  dovean  tener  conto  ed  invigilar  delti  miei   ni-  :   -s>i:il 
DOC  potessi  lare  a  meno,  a  cagione  che  non  poteva; 
io,  in  uno  stesso   tempo,  trovarmi  ad  assistere   in  tutti  i 
luoghi  distanti  e  vicini.  »  Ora,  nel  fare  i  conti  per  la  Et 
già  Camera,  aveva  trovato  «dette  persone, chi  più  i 
meno,  in  molte  mancanze  in  mio  danno»,  delle  «inali  qi 

avevan  dato  la  colpa  ai  ragli  ingegneri,  pei   loro  ordini 
irregoiari  ••  capricciosi.  Ma  i  pegii  ingegneri .  8  sp 
mente  il  Brigadiere  Medrano,  pur  CO  lo  delle 

gravi  perdite,  gH  avevano  dimostrato  .-he  aeraiw  qui He 

ite  dalla  mala  i animi  lustrazione  delle  dette  mie 
sone,  con   avermi    fatto  .^servare  ■  Miliarmente   la    R 
che  mi  si  £  latti  :  la  quale  difficilmente  può  venire  olla 
luce  per  consistere  nel  conio  d'  operarj  aumentati  ,  nelle 
compre   di  materiali    non  fatte  e  dieerso   altre  su  pi 
e  ecc.  d.  Il  Cerasele  chiedeva,  dunque,  ili  essere 
alo,  dal  giugno  39  in  poi,  di  una  parte  dei 


')  High  reale  ai  fi- ;.li  9  oli.  173*.  Pareri  .li  quwti  ik-l    I  ! 
Carasalo  li  di.',  li'..».  Giunta  SS 


ioò  lidie  fabbriche  dello  fortitiea/.i  .  in  di  Gaeta,  dai   pre- 
dei  quartieri,  e  della  villa  dj  Capodimonie.  si  sa- 

i  la  misura  dei  lavori  eseguiti,  e  egli  ne  avrei 
itato  il  conto  per  riscuotere  quello  che  gli  spettava. 
Conserverebbe  gl'incarichi  delle  fabbriche  di  Casa  Reale. 
delle  forniture  dalli  i,  dei  reali  ospedali  del  Regno, 

del  vitto  dei  disterrati t  delle  fortificazioni  e  piazzo,  dei 
forag^  'ti  delle  truppa,  della  1'.  Ferrarla  e  Fonderia 

d'artiglieria.  E  conchiudeva —  e  questo  6 /caratteristico  — 
•  losi  degnata  -S.  M.,  a  rifletto  della  serulu 
iii  tonte  occasioni  da  me  fattale,  concedermi  benignamente 
l'onore  di  Tenente  Colonnello  col  soldo  di  vivo,  grado 
molto  nobili  lime  a  tutti  ,  ed  in  particolare  a  me, 

«•ir  eoa  ini  ■  un  niente,  me  ne  ha  Eatto  meritevole  per  solo 
Ito  della  sua  R.  Clemenza  e   bontà  di  V.  E.,  per  la 
graduazione  par  che  non  convenga  d'essero  auno- 
lartitarii  di  fabriche,  qualità  che  viene  indubi- 
tatamente a  deturpare  l'onore  suddetto,  potendo  bastarmi 
(a  marea  di  restare  col  carico    della  Casa  reale,  provve- 
ditore della  Marina  ed  altro  'urne  dj  sopra,  giacch 
ni  ono  confacenti  a  qualunque  nobili'  persona,  dal 

•  /ual  rango  si  stanno  al  presente  udo,  e  si  è  pur 

ircitatO   per  il  passato  u  ').  ECCO  CpielTarid   Oli  S08- 

era  insopportabile  alla  nobiltà! 

I.i  >ua  supplica  fu  esaudita,  ed  egli  esonorato  dell'ap- 

I  »  a  Ile  fabbriche  —  Intanto,  si  procedeva  alla  li'iuida- 

<_jike  dei  conti.  Gl'ingegneri  D.  Giuseppe  Tapis  e  D.  A. 

V.  vano  la   misura  del  S.   tarlo  -).   Il  Cara-ale 

i  ci         ilo  pel  teatro,  gli  spettavano  ani  ora  Ir 


irmiale  30  die.  1738.  —  Teatri  i.  2J  —  Sul  Carasale  e  s|K\:ialmento 
1»  Capodimonte  cfr.  La  Lande    Voyage  en  Iialie ,  3*  «I. 

-  0  ■:.  i.  v.  p.  3oy. 

-ollecitaawro. 


—  352  — 

duemila   ducali,  E,   dietro   vario  sue  domande   i 

tenoni  palliali  di  conti,  nel  febbraio,  mare 
gli  si  dettero  ora  i^>.   ora  10,  ora  5miln  di 
mano  "liceva  in  unii  sua  lettera,  che,  pel  solo  t>    > 
costruzione  o  amministrazione,  era  e  in  -.0 

sommn  tanto  .«    ...  1  mtùia  d 

più  di  80  mila  ducati.  Aveva  ricevuto,   a  più  pipi 
dall'  un  miKone 

presentali  i  conti  por  un  milione  e  centomila.  Li  pi 
terebbe  pel  resto;  m  ammana  gli  aveva  dai-. 

torio  cui  termine  di  un  mese.  Perchè  1  Egli 
ditore  e  non  debitóre.  Il  termine  gli  faceva  danno  >■ 

■a:ioncì).  Il  l'errante  rimisi-  le  1 
pose  che  il  termine  si  allungasse  a  due  mesi  ;  ma,  in 
due   mesi,  i  conti!  •)  Nel  luglio  39  pendeva  una  ci 
criminale  perle  gravi  (rodi  fatte  a  danno  del  Carasale  '1 


»)  Cari*  del   12  febbr. ,   20  mar. ,   4  ,   18  Apr.   Pel  S.  Rartoloromeo  il 
Cannalo  era  creditore  di  D.  0090,  intonili  alla  <jual  suoima  il  finta 
Urlando  foco   rarie   owwrrazioni ,  12  genn.  39.    Tra  i  suoi   dal 
S.  Itortol.  e  pel  S.  Carlo  ugli  indicava  il  Duca  di  Maddalena,  il  l'nncip* 
di  Saueevero,  il  Duca  di  Caatrnpigria.no,  ecc.  ecc.,  i  -  randi 

.  Ragno  ['■ 

f)  taratale  11  marzo  30.  1  d.  ftOOmila    erano   rappresentati  ,   «-conda 
lui,  di  LI  CepodimonU,  'li  Gaeta,  provigiov]  di  marina,  nu« 

galera,  ui'mamenti,  viwliaiii  di  troppa,  oootUoooli 

3)  Petronio,  23  apr.  .5'.». 

')  Dao  'l'i  carcerati,  un  tal  Niccoli  Baccoli,  scritturale  in  casa  di  Ca- 
rasale,  s'offerse  a  «  porre  in  chiaro  lutto  Ir.  frodi  ««risate 
i  "inplii.iii    [iin  furti  e  falsità,  accennando  tai  delitti  ia  ia  un 

foglio  di  auu  caratteri)  »  ,  pur  d'averne  l'impunità.  Il  che  gli  fu 
dato,  purché  non  fosso  dei  rei  principali  e  colla  facoltà  di  usar  coni 
Ini   la  tortura  iti  confronto  coi  suoi  correi.  —  Ulloa  al  Moni,  tifi  le 
30.  Bigi,  r.    89  luglio.  —  L'u  nitro  carcerato  «  per  le  molte  frodi 
mesa»  in  diaTonlaggio  del  Tenente  Colonnello  I».   togato  Caratale  a 

Antonio  Buonoeore.  che  era  stoto  anche  impresane  del  Na — 

io  luglio  80. 


—  353  — 

Altre  somme  gli  si  pagavano  il  novembre  39,  e  dutran- 
<  40  i). 
Continuava  sempre  intanto  a  «lirigere  il  teatro  di  San  Car- 
li >.  Il  ubre  1740si  dette  il  Sire1 .  unisca  del  Perez, 
con  Pietro  Baratti,  Caffaralli,  Manzuoli,  M.i/./.iotii.»  la 

Baratti. — Il  19  dicembre,  la  Zambia,  il  nuovo  dramma 
del  Metastasio  ,   giunto  allora   da  Vienna  ').  I  balli,  che 
l'accompagnarono,  furono  :  1°  I  quattro  elementi  grotti 
Sabbione  e  Rosanna  espressero  la  Terra  e  fecero  un  ballo 
serio  lo  e  Giuseppa  Corrado  ?  Acqua]  Bettina, 

i  e  GennarieDo  VAria\  Fabri,  Annetta  e  Matilde  il  Fuo- 
co. 2°  Ball'.'  dei  tirolesi,  3  I  asari  e  zingare.—  maio, 
fu  re                      ■■■>  nei? isola  d*  Ebuda  de!  Trabucco, 
■ri  del  Lattila. B)  Il  poeta  ara  napoletano.  Ma, 

iziato  e  della  poesia  ben  inteso  <\  pure  «  la  sua 

•  .pera  fu  mal  m  «bastanza  riuscì  infelice  p4). 

intò  anclie  in  questa  opera  CaflareUi.  £'.  noto  che  lo 

illustro  castrato  era  d*  un'  iosolSQZ  i  straordinaria.  Figlio 

•  li  contadino ,  alla  Datura   villana  aveva  aggiunto  quello 

■rgoglio,  eh'  è  tutto  proprio    del   cantante.    Nelle 
Memoria  del  I  ioktonì,  nelle  Lettere  del  Metastasio,  resfatto 
•  li  delle  gesta  della  sua  Insolenza.  A  Napoli  <'iibc 
l'attirarsi  l'odio  vini--.hi"  del  pacifico   I  di!  ire  del- 
l'Esercito, D.  Erasmo  Dlloa  Severino. 
L"  UUoa  cercò  di  farli •  li^  il   CaffareDl  s*  era 

30  stufo  per  il  suo  malconcio  costume  e...  in  oggi 


■I  fui'-.'    3d  Paterno.  18  nov.  30.  Giunta  29  nov.  20  nov.  40  ecc. 
:    i  recitata  sotto  il  titolo  .li    ZWtifeCff.  —  UHM 
«tu  prima  alla  (Unterà  fìrMOpMM  del  Salti. 

i.  40. 

ante,  che  costituiscono  la  Giunta  dei  teatri,  28  apr.  41.  Il 
Tributai»  m  rare  un  compenso, e  l'incarico  di  pò u-.r  .seguitare 

a  provvedere  diopere  il  Real  leatru.  Per  compenso  ebbe  cento  ducali  ;  ma. 
quanto  a  incarico  ,  dopo  quel  risultato  ,  ci  voleva  coraggio  «  chiederlo. 

■21 


-  354  - 

'le  in  qualche  modo  deteriorato  neDa  voce  o  •>.  E  una 
mettere  in  carcere.  Il  13  febbraio  seri 
Montategli  : 

*  Quantunque  nel  principio  della  terza  opera,  rappreseli 
nel  regal  teatro  di  S.  Carlo,  iionito  io  se- 

greto il  musico  ('afl'urelli  a  dover  procedere  con  buon  costume, 
almeno  quando  era  sul  teatro,  per  .  •  alle  sue  ino 

berne,  pure,  tra  un  giorno  ed  un  altro,  si  riconobbe    infruttuoso 
,  iiiifi-u -i ioct 'Me,  quasi  in  ogni  notte  di  recita,  ha 
dato  in  ani  imlecenti,  cosi  da  dentro  comoda  fuori  delle  scene, 
ora.  perturbando  la  quiete  degli  altri  rapprooea  tanti  odo 

ulti  attinenti  a  lascivia  con  una  dell 
dasime,  ora  parlando  da  sul  teatro  con  le  pi  rari, 

che  arano  nei  palchi,  ora  Dicendo  l'eco  anche  sul  lei 
della  compagnia  cantava  l'aria;  ora,  finalmente,  a  non   voler 
cantare  il  ripieno  con  gli  altri,  sebbene  ne  avesse  ricevi: 
mio   ordine  con   atti   reiterati;   ed  avendomi   V.  E.    anchi 
nomo  di  S.  M.  ingioino,  non  ha  guari  di  tempo,  eh'  io  badassi 
a  raffrenare  la  scostumatezza  del  sudetto  musico  .  non  intra- 
lasciai d'adempiere  ad  untai  comando  di  bel  iun>v<»  nei  giorni 

trascorsi  col   Tarlo  privatamente  ammonire  col    mezzi»  del  Se- 
gretario di  questa  reale  Udienza  dell'  Esercito  D-  Girolamo  I 
ma  n«>  pur  per  questo  volendoci  cor  reggere   per  modo  e!' 
ognuna  delle  seguenti  notti  di  recita  ha  ripetuto  con  poi 
conosciuto  disprezzo  le  medesime  discolezze,  se  non  in  tu' 
patte,  tanto  che,  in  quest'ultima,  avendo  io  unito  assieme 
detti  MOJ  traaeora'j  ho  stimato,  non  dico  già  per  decoro  della 
mia  carica  e  della  sodisfazione  del  publico,  ma  principalmente 
dei    u!iieniti*simi  ordini  di  S.   M.  per  mazzo  di  V.    E.  commu- 
ni Datimi,  (arto  arrestare  e  trasportare,  unmanUoeotì  compita  l'o- 
pera, nelle  carceri  di  S.  GiaeOD  -r  sua  do- 
vuta mortificazione  tino  ai  tempo  che  stimer     r 

Ma  il  Ciiflarelli  divenne  subito  umilissimo  .  mandò  ;il 
Montategre  una  supplica,  dove  dice  di  -  protestar. 

»)    I  lloa.  Tt   geni,.   41. 


—  355  — 

dato  per  avventura  occasione  -li  dispia- 
i ito,  da  tuo  per  altro  non  avvertita  né  considerata,  per 
la  qi  :    mi  conosco  piuttosto  imprudente  die  reo  i 

epn  'l  •  u  indursi  diversamente  a  sfuggire  iquei 

motivi,  benché  nsab'tra  musici  e  non  accagionati  ti 
altri  issano  recare  alterazione  ecc.  •  B 

ii  16  febbraio  tu  dato  ordini',  ohe,  riconfermando  il 
pentimento,  rosse  mess  •  in  libertà  '>. 

In  quell1  unno,  furono  licenziati  tutti  i  cantanti  o  balle- 
rini forestieri,  per  rinnovar  la  compagnia.  Parti  per  Bo- 
i  Baratti,  portane!  ì  cuori  dei  suoi  mille 

innamorati   i  L'UBoa  proponeva  di  cambiar  anche  Cai- 
farclli,  che,  oltre  i  suoi  difetti,  era  venuto  a  noi;»,  dii 

untava  già  a  Napoli  da  variianni  di  seguito. Me* 

giio  Gizziello,  a  il  quale  presentemente  ù  l'uomo  più  vif- 

i,  che  sia  in  Europa,  dopo  de)  Pannelli;  ed  essendo 

questo  pur  anche  vassallo  di  s.  M..  per  esser  nativo  di 

Sora,  parrebbe  rosse  molto  proprio  dovesse  i  ser- 

I.  S.  in  «lotto  K.  Teatro,  e  sicuramente  per  sen- 

rirtuoso  (che  da  qui  é  lontano  da  anni  quat- 

gni  ordine  di  persone  renderebbe  gr 

-i  S.  M  »,  Ma  il  Re  ordinò  che  si  prenda 

Caffarellì  ').  —  Per  prima  donna,  si  ricor- 


')   Teatri  f  3."  —  In   un  giorno  dal   {bagna  'A'.ì  il  Caffarellì    venne  alle 
mani  nulla  olitavi  di  Donna  Romita  col  non  men  famoso  Etaginelli,  rou- 
Moltwuina  carte.  Rimando  a   un   artloolo  di   V.   fAuxiw  £*o«» 
,UI  btn  ,11     : 

Maggio   Il     La  fa  ufficiata  .    parchi    t'accompagnasM ,  la  giovinetta 
Anna  Codini,  caotsriaa  b  lNilIuriua  —  Sulla  Harulli  efr.  Ricd 

; 

13  gniii.  41.  BigL  1  febbr.  —  lu  una  Ibi 

Galatlrigi  da  Nup.  2'.l  a  or.    1711  al  Sala»,  -i  |  mI   drammi, 

ctiati  pai  S,  I  impegnati  pel  teatro  Alitarti  parlBOMe- 

«  Non  l'avanzo  per  vantare  la  pre-dositi  del   nadaninl    drammi, 

■'Ouoaco  abliaglauxa,  ina  por  mettere  in  vi*ta  all'  E.  V.  di  qual 


—  866  — 

ill.i  Tesi,  a  che  per  l' addietro — diceva  1 
tore  —  ha  riempiuto,  non  eh  mulo,  l'ani] 

Teatro  di  S.  Cario  ■>.  Il  Carasale  le  maini"  la  cedola    di 
appalto  che  essa  ricuso,  perché  impegnata  già  eoi  5rf- 
mani  «li  Venezia  ').  La  Luciana  Faccbinelli,  della  la 
cheretta, diceva  dì  non  roierpiù 

perchè  pati  molto  in  quale  ili  Spagna»*).  Si  penso  allora 
tir  Astma,  Per  tenore  si  sarebbe  voluto  il  Babbi.  Per 
h:ilhi  ini,  il  Carasale  ricevette  l'ordine  d'invitare  di  nuovo 
l'AquQante  '). 

Per  qualche  anno  il  Barone  di  Liveri  non  era 
a  far  recitare  la  sua  commedia  ••>  Pi  I; 
l'aprile  1740  gli  si  mandò  V  ordino  che  andasa 
rande  la  commedia  '!  la  compagnie  per  rappresentare 

DSOZi  a  S.  M.  *).  E  il  Baroni:  rispondeva  subito  da  Li 

« non    prima   di    ier  la  sera  ,    dopo   mille    diffieolU 

rate,  (atto  mi  venia:  di  unire,  con  speranza  di  qua 
riuscita  lo  Utero  numero  degli  interlocutori  per  la  con- 
saputa oomedia  ,  scelti  parte  da  Napoli,  parte  da  lu 
qui  più  vicini.  Quando,  dopo  od  convenevole  assaggio  fai- 


conseguenza  mi  sia  il  ritirarli;  a  me,  elio,  per  fatalità  ili  aorte,  sono  eo- 
Ht retto  di  andar  cercando  il  sostegno  decoroAO  coi  versi,  a  che  ho  : 
«offerto  nella  mia  qui  luuga  dimora  ». 

')  Api-.  41. 

*)  Lettera  dì  0.  Zon  31    lift    10.    Che  dire    die   1* 

altre  d  li    allora   erano:    «  ta  aig.*  Antonia   Turni  delta  la  Vc- 

.  voce  soprano,  la  sìg.*  Qt  i),  liora  prima  donna 

in  Sant'Ai^" do  ,   A»  dice   awrebbe  il  permeato  di  partire  dal   MS 
precario....  ». 

s)  UUoj.  V  il      it   —  Sella  lett.  cdt  del  Zomboiicbi.  u  proposito  dei  bai- 

leriui.  dico  :  *  qui  presentemente  delti  famosi  non  ce  ne  tono  che  ballino; 

r'e  bensì  un  maestro  componi  lo  r  di  balli  rlia  ti  chiama  Bastiano  Uobis, 

quale  più  volle  ha  composto  i  balli  in  questo  famoso  teatro  di  San.  (Ho, 

DM  et  b  altri  et  ha  esigeste  applausi;  ma  non  balla i 

*)   Du    Pollici   E  sur     V\ 


—  357  — 

tone,  vedrò  il  desiderio  folto  più  ielle  urie  speri 

mi  porterò  in  persona  a  dargliene    un   più  distinto  rag- 
guaglio . . .  d  •).  A  dicembre,  la  commedia  si  slava  ancora 
preparando ,  ma  sarebbe  pronta  per  la  fine  del  mese.  Il 
ne  scrìveva  il  7  dicembre:  «  Allorché  poi  si  com- 
erà  la  M.  \i.  di  ordinare  la  commedia»  si  compiacerà 
iute,  con  la  sua  solita  benigna  i  a,  di 

cedermi  il  tempo  necessario,  così  por  lo  trasporle 
teatro,  come  per  piantarlo  e  ritoccarlo  ,  ed  essendo  egli 
di  rilievo  e  di  competente  grandezza,  atto  appi  Da  da 
condotto  in  dieci  carra,  ed  atto  facilmente  per  le  strade 
<•  tempi  rotti  a  guastarsi ,  stimo  io,  col  sentimento  degli 
artefici,  die  appena  per  ciò  tare  bastar  possono  15  gior- 
...>->  Il  1°  gennaio  avvertiva  d'esser  pronto  a  mun- 
si lui,  il  teatro  e  gli  attori. 

E  la  commedia  fu  recitata  nel  carnevale.  Era  l'Aòth 
una  delle  solite,  pessime  *).  —  Tuttavia,  dovè  piacere  molto. 
Il  Livori ,  animato  dall'  accoglienza ,  faceva  la  seguente 
•  al  Re  : 

Signoro 

Il  Barone  di  I.iveri,  prostrato  a  Vostri  Reali  piedi,  umilmente 
icando  espone  alla  Maestà  Vostra,  come  sopraffatto  e  con- 
fuso da  tante  grazie ,  che  ha  ricevuto  dalla  vostra  Real  Cle- 
menza, in  essersi  compiaciuta  delle  sue  debolezze  ,  6i  è  mag- 
i nenie  acceso  di  desiderio  d'impiegarsi  in  tutto  quello  che 
da  V.  M.  sani  stimato  di  Real  Servizio;  e  sebena  per  tal  ef- 
fetto sia  pronto  ad  offerire,  con  tutto  se  etesso,  quanto  egli 
possiede  ,  viene  però  inabilitato  dalla  sua  impotenza  a  conse- 
guire il  desideralo  intento.  Onde  umilmente  la  supplica  a  vo- 


')  Barone  di  LiTori,  12  aprilo  1740. 

*)  L'Abbate,  corniti.*  di  Domenico  Barone.  Duron  di  Liveri.  Consacrala 

.11*  s.  r.  M.  «-e.  In  Napoli  MDCCXLI. 


—  358  — 

lersi  degnare  di  abilitarlo  con  dargli,  e  modo  da  potersi  man- 
ce in  Napoli,  a  luogo  nella  sua  Real  Corte,  por  islare 
contrattamente  a  suoi  Reali  piedi,  pronto  ad  eseguire  quanto  la 
M.  V.  Bar*  per  degnarsi  d' imponerli  e  il  tutto  lo  riceverà  ut 
Deus  eie.  '  i 


Il  Montalegre  "li  rispose  conBdenzialmente  il  14  mai 

"  «hip  ha  lioclio  presento  al  l'ex   su  suplien,  pei 
es  genér  preciso  individue  el  empieo  00  •. 

olocado  ».  Al  che,  Ire  giorni  dopo,  il  Barone  dì  Li- 
veri,  dopo  vai-ii  preamboli,  «-osi   rispondeva  : 

«  .  .  .  .  Chiedo,  adunque,  giacché  V.  E.  mei  permette,  ami 
comanda  che  liberamente  in  nel  tpt  >.  M    ai  degni 

«armi  d'impiego  nella  sua  Corte,  per  darmi  la  gran  gioì 
essere  annoverato  nel  suo  Fleal  servizio,  con  P  accrescili' 
del  carattere  di  sopraintondente  alli  Reali  divertimenti, 
tempro  |>iù  impiegarmi  nel  servizio  dulia  M.  s.,  quando  di  tanto 
degnarsi,  e  per  ciò  fare  m'è  assolutamente  necessaria  la  stanza 
di  Napoli,  dove  la  tenuità  delle  mie  forzo  non  mi  permei' 
potermi  senza  il  sovrano  aiuto  situare,  prego  V.  E.  che,  con- 
siderandomi come  sua  creatura  ,   voglia   ottenermi  dalla  gran 
clemenza  del  He  quanto  a  questo  effetto  nel  nuovo  memr.i 
di  una  supplica  a  8.  M 

'  un'  annua  pensione.  Ma  a  questo,  il  25  mar/- 
rispondeva  cho  non  si  voleva  creare  un  nuovo  impii 
con  tìtolo  ,  che  al  Re  non  pe 

niente;  chiedesse,  dunque,  allro.  Il  Barone  1U01 

di  esser  fatto  Maggiordomo  di  Settimana  con  l'onore  della 
■•.<•  d'oro,  o  di  avere  altro  uffizio  in  corte,  e  un'an- 
nua "■,  per  potersi  occupare  nel  preparar  la  com- 
medie *). 

')  ''aito  a  questa  supplica,  *  un  memoriale  di  tutti  gli   afflai  8  odo- 
riflceaie  goduti  dalla  famiglia  Barone.  Avviso  ai  genealogisti! 
*)  Dice  che  fin  allora  ne  aveva  scritte  quattro. 


Ma  il  Re  pensò  invece  d'affidargli  la  direzione  del  San 
,  Noi  maggio,  «  coirviniendo  (dice  il  Montalegroi  fi 
pel  Carasale  relirarse  desde  luego  de  las  depen- 
i!s  del  Theatre  paia  stender  mas  libremente  à  su< 
proprios  ■».  l'Uditore  ricevette  l'ordino  d'  inten- 
ela  '-"i  Liverì1).  Il  L3  maggio,  1*  Uditore  aerò 
kveva   avuto  lunga  conferenza  eoi  1  averi  per  istruirlo 
sul  R.  Teatro.  Il  17,  il  Barone,  da  Livori,  oc  I  in- 

..i  i  .sin li  buoni  propositi,  e  chiedeva  che 
nere  dovesse  rivestire.  L'I  II  >a  i-i  maggio)  dava  lodo 
ntalegra  <ii  avere  scelto  i  tal  soggetto,  il  quale  tra 
>er  esser  sgombro  ili  qualunque  affannosa,  non  che  altra 
Mediocre  incombenza ,  tra  per  essere  intesissimo  della 
imitante  ancora  di  musica,  o,  finalmente.  Ira 
per  •       '     ni  uomo  minuto  e  di  bu  to,  •»!  che  si 

accoppia  la  i  i  del  suo  sangue,  potrà   induri 

ire  avventuroso  prognostico  ».   Approvava  molte  delle 
ui  drammi  da  scegliersi  e  sul  resto;  cre- 
■  le  cedole  potesse  firmarle  senza  disdoro,  pei 
altre  città  i  gentiluomini  dirigono  1  teatri  :  cosi  i  di- 
lani a  Venezia,  cosi  a  Milano,  a  Londra.  1  ministri  dalla 
Iota  avrebbero  discusso  o  dato  i  conti.  Il  titolo  del  Ba- 
rone '.n  "ore  odi  Regio  tspett 
ttere  di  I  di  campo,  e  un  sOii  scudi  di 
.  I.'s  giugno  si  comunicava  al  Liverì  lasuano- 
con  mille  durati  di  pensione,  lasciando  a  piacer  suo 
l'intitolarsi  Direttore,  ispettore  o   Sqprainiendente.  11 
Baroi              ùò  da  Liverì  il  17  giugno,  scusandosi  di 
■  ..  |.  srehó  ammalato  ;  scelse  il  titolo  d'Ispet- 
eatro  di  S.  Carlo.  E,  intani.. .  comim 
subito  a  pio            irdini  e  a  dare  disposizioni. 

'.  fml  1737  lino  ni   17  II,  filino  del  ritiro,  orano  siati  dati  al  Canuto 

dalla  Twoiwia  Roatc  D.  64  ftu InktrttiOtte  Ad  s.  Barto- 

lomnM  b  s    Cario   GiuoU  ■■'<■>'  f.  4." 


fai 

t 

de 

in; 


—  360  — 


E  Carasale?  Che  cosa  determinasse  precisi 
sua  caduta,  non  so.  Parrebbe  da  una  vaga  allui 
nel  dare  i  conti,  alterasse  i  suoi  bilanci,  e  fing 
diti  che  non  aveva  l).  Nella  primavera  del  1741  er 
impresario  del  Nuovo  ;  ma  il  giorno  5  luglio  41 
stato  e  portato  nelle  carceri  della  Vicaria  ■). 

Figurarsi  1*  impressione  elio  questo  fece  a  N 
Avvenne  cièche  avviene  in  simili  casi.  Nicola  C 
vinato  e  presidente  della  Sommaria,  descrisse  q 
tazione  di  fortuna  in  questo  bel  sonetto  : 


Povero  Carasale  !  —  Dalie,  dalle, 
Dicono  tutte  gruosse  e  peccet-ille, 
E  co  attaccate  e  bierze,  a  mille  a  miiip, 
Le  contano  la  vita  li  sciagatle. 

Mo  eh' è  arreddutto  senza  no  treccalle, 
Ognuno  lo  canosce,  e  porzl  chille, 
Ch'  hanno  mangiato,  e  chine  Ji  vorzille, 
Ad £os,  adios,  le  votano  lo  spalle. 

Vecco,  ca  chiagne  dinto  a  nu  mantrullo  ! 
Non  e  chiammato  cchiù  sto  Colonnielto, 
E  de  Napole  è  fatto  lo  trastullo; 

Ma  serverrà  de  sebiecco  a  chi  ha  cerviello, 
Ca  maje  fedele  è  la  fortuna  a  nullo, 
E  quanno  abbotta  troppo,  rescie  a  piello.  3) 

Tre  mesi  dopo,  Carasale  fu  trasferito  al  Castelli 
l' Elmo,  pel  grado  che  aveva  di  tenente  Colonne 


l)  Giunta,  9  giugno  1742. 

*)  Ma.  cit.  Indarno  ho  tatto  ricerche  all'Archivio  del  proc 
rasale.  Avrebbe  dovuto  stare  tra  i  processi  della  Sommaria;  i 
pandette  di  queBli,  né  altrove,  ho  trovato  niente.  La  caduta  d 
è,  dunque,  in  parte  ancora  avvolta  nel  mistero. 

3)  Poesie  varie.  Ms.  Bibl.  di  S.  Martino. 


—  361  — 


dopo  pochi  altri  mesi,  la  mattina  dal  12  mano  1742. 
improvvisamente  d'apoplessia  '  >. 

ilito,  la  voce  che  a  per  ordine  dalla 

inalo  »  \>.  Sul  suo  cadavere  —  so 

bisogua  credere  a  una  cronaca  del  tempo  —  surse  una 

ile  aveva  una  figlia,   D."   Dorotea ,  maritata 

un  D.  Angelo  Fernandez.  Onesta  voi         tie  gli 

si  facessero  pomposi  funerali ,  confeeenti  al  suo  gì 

Ma  i  militari  «ero,  perché»  dieevan  ndo  stai" 

iato  •  a  cagione  d'  dht   siasi  potato 

b  degrad  ni  titolo,  che  per  tanto 

:  paisà  in  conto  alcuno  per  la  bassezza  doli.» 

sua  sioue  primiera  ».  Duravano  da  nove, 

ni  le  dispute ^  quando  vanne  ordine  che  fosse  subii" 

tepoMo,  senz'altro.  I  di  notte,  con  due  sola  torcoi 

«^scompagnato  il  cadavere  di  Angelo  Carasale  netta 

chiesetta  della  Graziella,   e  seppellito  seti/.' alcuna  ccri- 

mOnia  ^). 

£*Je|  giugno  1742  l'Uditore  faceva  parti       b   Napoli  una 

eh'  era  slata  scritturata  pel  teatro   della  Pace, 

■'l«'»  1 1,  .i.i   Teresa   Passaglione  :  «  per    mia    insinuazione 

E<««io*  egli)  e  col  suo  consenso  per  Palermo,  poiché,  avene  i 
^ Soprannome  di  Carasale,  con  cui  comunemente  si 
-'■•ai  ma.  da  tutti,  per  aderenza,  qualunque  fosse  stata,  che 
•>  a* 

'     "X*utln  questo  nel  ras.  cìu  lì  Chiarini,  <>.  e.  IV,  744,  dire  imocs  eh» 

*«t»olto  nellu    ChiwrtU    di  5.    Maria  dal    I'ilar  «opra    S.  Elmo.  Ma, 

*1  tornio  tempo,  mancano  i  r*fti«lri  della  parinc-hia  di  S.  Klmo,  e  non 

■'■ati*  accertarmene.  Natia  chiesetta  del    filar,  del  resto,  non 

l"'l»ura.  Indarno  aaohfi  ho  fatto  fare    ricerche  alla  Graziella.  Noto,  di 

^*R  Da     itflBM  "p.  dal    Gbìarioj  (V«B86)  il   C»  rasa  le  è   fatto 

Iella  chic»*  «li  S.  Gioranai  e  Teresa,  che   fu   edificata,  rome 


die* 


lo 


Chiarini,  il  1757 


—  362  — 

ra  eoi  mede» ad  essendo  ultimameli  la  di 

fuori  ,  affli»  I  è     'i  rinnoveuata  la   (une 

i  -li  oueB'uomo  e  denigrarne  la 
donna  qui  o  menare  vita  scandalosa  o  puro  recitare  in 

questi  teatri  piccioli,  la  feci  assistere  e iomped 

corso  e  la  disposi  ad  andarsene  <li  nuoi  ra  parte, 

siccome  di  già  h;>  I ». —  Nell'ai]  icnt 

Passagliene  era  «li  nuovo  a  Nap 

tata  in  i-i  il  i  Teatro  della  Pace.  Bl*t 

lo&j  il  23  aprile  1743!  •  I  ra  le  donne  vegg  la 

Passagli,  «ne ,  volge  .man 

la  Corneale,  perchè  nipote  del  q.m  Colonne 

Sj  eebbeni   io  |  nell'anno  passato  < |tn 

induzione  farla  i  lutare  in  tnu  i'aler 

qm>i  donde  è  qui  ritori iato,  con  avei  preso  per  mar; 

i  lo  mastro  di  casa  dal  consigliere  D.  On  asse 

con  tutto  ci6  non  istfano  ohe  lai  donna  comparir  deb! 
su  questi  teatri.  | 

rivali  della  casa  di  Carasalti  ire 

era  moglie 
otv   i   Don  Angelo  Fernanda  !  » 
Questa  fa  la  fine  di  A  n  trasale,  il  cui  nome  A 

comandato  al  Teatro  di  S.  <  alla  pietosa  leggt 

a   milito  garbo  artistico,  il  Colli"    i 


')  *  ....  l'invidialo  architetto,  richiesto  dei  ronti,   non 
ai  suoi  ragionieri,  fa  minacciato  di  carcere.  Andò  a  corte,  parlò  al 
>ir.uiir.nlo  le  grati*  sovrane,  il  plauso  del  popolo,  la  bellezaa 
»  pari)  lieto  sorgendo  nel  viso  dol  Re  alcun  regno  di  benevolenza.  Ma 
eoi!  non  «ra.  perciocché  doppiarono  Ih  inchieste  del  magistrato-,  e 
appreaao  il  Curatale,  menato  nelln  forUmn  di 
gione,  deve  campò  nei  primi  mesi  per  li  stentati  aiuti  della  famiglia, 
poi  dell'amaro  pane  del  fisco.  Reato  nel  career     alenai  anni  e  vi 

i  figli  si  perd*rono  nello  porsrtn;  varrebbe  «I 

Caratai»-  ai  di  nostri,  so  l'eccellenza  eie  meraviglie  dell'opera  non  r»r»i- 


—  363  — 


IV. 


v  piccoli—'  Porti  e  compositori —  Leprommaù 
e  le  donne  da  teatro —  Detti  e  fatti  di  canteri M 
(1734-45). 

In  lutto  questo  rinnovamento  teatrale,  i  teatri  piccoli 
tonarono.  Carlo  m  era  troppo  aframente  compi 

tdade  di  dignidad  Ha  abbassarsi  a 
irli    ».  —  Appunto  per  questo,  ['impresari) 
reatro  Nuovo,  Domenico  Catini,  chiedeva,  nel  maggio 
.  di  poter  ridurre  il  palchetto  reale,  che  ora  nel  mezzo 
,  alla  forma  de#li  altri,  e  Pittarlo,  il  che,  vera- 
lente,  non  gli  fu  concesso,  <  inulti  I'  Uditore  che 
ìoto  era  simbolo  della  Maestà  del  Reogl 
«ite,  e  anche  che,  forse,  in  seguilo,  Carlo  III  poteva 
mutai          iero  e  servirsene.    >.  recandosi  in  Sicilia,  la- 
sciar a  Napoli   un  Viceré  ,   che  se  ne  sarebbe  servito^ 
come  fin  allora  i  viceré  *). 

i  buffa  ebbe  suoi  principali  poeti  in  quel  tempo 
intaso  Mulini.  Gennaro  Antonio  Federico,  e  Pie 


sro  nella  memoria  1*  artefice  infelice  >.  Colletta,  Storia   i.  4,  4'J.  lo 
itira  contro  la  Reggenza,  Ms.  Rihl.  Naz.   MgA.   XV,  \.  13,   ini.": 
'""*     Confessione  generale,  si  dice  : 

Son  troppo  fresche  ancor  «li   tanti  «  tanti 

niuoelc;  i  Caratali 
I'oskod  twn  diro  su  gli  onori  a  i  vanti 
i'i  «ou,  te  ili! 


Stefano,  suo  istitutore,  gli  avevo  inculcato:  <  Signore, 
•  —  Co*»  nella  Rttaritm 
Lodovico    Solaro  ili  Monustaroto ,  amba.«iatorv  wirHo  a  No- 


li 


•Uno  Ri-,   1742. —  Aivl,.  .li  Stato  di    I 


f.  1." 


—  354  — 

Trincherà.  Qualche  comedia  butta 

Fabozzi,  Domenico  Carnea,  Antonio  Villani.  E  con 

a  fiorire  Antonio  Palomba.  —  Quanto  a  compositori  ,  il 
Sauro,  il  Lattila  ,  il  SeBitti  .  il  Fischetti,  il  Leo.  il  Pei 
golesi ,  il  Logroscino  ,   il  Porpora  .   il  Jommelli  ,  I'  A 
letta  »). 

Il  vecchio  buffo  napoletano,  Gi 
aveva  vi  I  opera  bufTn  ,    taceva 

detta  compagnia  dei  Fiorentini  il  1741.  Prima  di  I' 
ritirarono  Giovanni  Romaniello  esimono  de  Falco.  I 
più  giovi         ino  Girolamo  Piano,  Alese  itenda 

mano,  Nicola  de  Simone,  Giuseppe  Fiorillo.  In- 
cantò al  Nuovo  Gioacchino  Corrado ,  restato   libero  di 
S.  Barlolommeo.  Le  prime  parti  d'uomo  e  di  donna  es- 
sendo  Multe  in  toscano,  gli  attori  per  esse  venivano  pc 
lo  più  da  Inori,  come  abbiamo  già  deUo ,  e  specie  ài 
Roma  e  Bologna.  Cosi  do!  1734  era  ai  Fiorentini  Antonia 
Colasaoti,  detta  la  Falegnamina,  romana;  cosi  Santa 
scucci,  anche  romana;  e  nel  1738-9,  Barbara  Narici 
lognese   s).  —  Nel   1735-6  cantò  ai    Fiorentini   I 
Aschieri,  romana,  che  divenne  poi  prima  donna  di  grandi 
teatri. 

Con  Caterina  Aschieri  recitava  qualche  piccola  parti 
bus  sorella  Albina.  —  Cominciò  anche  a  Napoli  I 
gionc  1736-7.  Lv  n-.\  comp  ne  sopì 

ii  Manzuoli.  Ma,  nel  luglio,  tulio  a  un  tratto,  un  or- 
dino secco  secco  la  cacciava  dal  Regno.  •  S.  R.  M. 
Signore  —  (scriveva  l'Uditore)  In  esecuzione  dei 
tissimi  comandi  di  V.  il.  M.  si  è  di  già  arrestai  ■ 
teiiua  del  Teatro  dei  Fiorentini ,  Caterina  Aschieri  ,  chi 
devo  uscire  da  questo  Regno,  e,  necessitando  per  ài 


')   Cfr.  opp.  e -it.  il<l    Fiorano  «  dello  S<-h.-rilln,  paxsim 

*)  Cfr.  intorno  a  costai  Casanova:  Mém.  II.  183  ag.  e  C.  Ricci  o,  e 


—  :ìc,:>  — 

l  i  iplimcnto   ai    -ii"i   v< |  ni   ordini   i   passaporti, 

oc.  ec.  —  12  luglio   1780  —  Francesco   Mar- 
'  l  »  :  Knt  o  ').  Le  ragioni  dell'  espulsione  s' immagin; 

■Margherita  Pozzi,  Anna  Cialfleri  detta  la<  Ca- 

■  Castelli,  Elisabetta  Giani  detta  la  FrùhriteUat  Eli- 
betta  Ronchetti,  Teresa  de  Palma,  Caterina  di  Gennaro, 
I  mi.-i  Pieri,  Girolaraa  B<    sabianca,  Vittoria  Pasi,  Antonia 
ara,  queste  e  altre  e  ie  e  napoletani-, 

impari  vanii,  a  volta  a  vi. Ila,  ora  sul  teatro  dei  Fioren- 
za sul  Nuovo.  —  Ed  esordi,  si  può  dire ,  a  Napoli 
sul  T  o,  la  Colomba  Mattai,  detta  la  Colonna, 

na,  che  ebbe  poi  tanta  celebriti    i    I  ondri      rome 
|>rima  donna  *j. 
Talora,  come  nel  1738,  gl'impresari!  ottenevano  il  per- 
o  di  formare  due  <  ompagnic,  l'una  toscana,  e  l'altra 
napol  i  lo  i  due  generi  di  opere  ").  —  In  que- 

uio  ordinariamente  uno  o  due  ballerini, 
.,  talvolta,  con  permesso  speciale,  se  no  appaltai 
-ei  o  otto  per  fare  i  balli  4). 

~  ai  dette  :>1  Teatro  Nuovo  YKrrore  Amoroso, 
}>"..-s!a  del  Palomba,  prima  opera  del  .lommelli,  odia  quale 
cantarono  il  Corrado,  il  Romaniollo,  Geronima  Tearelli, 

partirono  la  madre,  Maria  Mozzanti,  e  un  fratello  e  la  so- 
lvi 'ri  f.   1." 

*)  Cfr.  Florimo  \ .  IV  a  jxuxim  le  carte  dei   Teatri  i.  l"-4." 

•aio,  ó  ina  ito  38.  &c.  —  Teatri  f.  1."  «J  ut-Ila  per  l'opera 
era  composta  cosi:   Caterina  (]:«t«rlli,   Agnato  Imbert,  Santa  Pa- 

i  mi .  Nicol  >  de  Simon      F  ai      »  CS  rapi ,  e  due 
no«-  Kiloirne«i  mandate  da  Giustina  TaroottJ    Quella  per  Pop.  napi 

■  ,  N.    Pellegrino,  Paola    Paruandex, 
lena  Ricoi,  Antonia  Spina,  Tarati  Amoroso.  AnlOQil  Nov.ir. 
*«ppa  de  Marino.  Petronilla  Rossi.  L"  lid.    nota    che    quota    compagnia 
«a  ìoom  di  il"  altra.  » 

i  Fior.  cfr.  L'Iloa  5  maggi  1  seti.  Il  —  Ttatri 


—  366  — 

Cateiina  Castelli,  Elena  Pieri.  Nel  1738,  ai  Fiorai 
(hurdu,  altra  musica  del  Jommelli.  '). 

Quando,  nel  1738,  dove \;i  darsi  wl  Nuovo  lo  Secret 
del  Trincherà,  succe  a   itto  curioso.  Il  Bb 

staio  stampalo  8  portava  per  titolo  lo  Sì 
s'io.  C'era  a  Napoli,  per  avventura  ,   un 
nome  appunto  Nioooki  Pabozio.  Costui  p 
moriate  ;il  Eie,  «  supponendo  egli  che,  per  mezzo  >li  quella» 
non  a  caso  ma  condolo,  venghi  deturpato  il  suo  «.:  ■  •  ^  1 1  *  •  n 
non  che  la  professione  di  medico».  Chiamati,  tanto  rim- 
ino Antonio  d'Errico,  quanto  il  Pabozio  in 
l'Uditore,  si  convennecheil  nome  sarebbe  mn' 
i"  -  ■  »ple  già  stampate  distrutte 
Ine  terzi  il  Faborio  e  i 

,  contento  del  risultato,  l>.  Nicola  Pabozio  la  st 
della  recita  prese  tre  bollettini  per  so  e  pei  figli  !  ') 

era  del  6  febbraio  1739  si  recitava   ai  Fio 
['Ortensio  del  Federico:   due  monaci   carmelitani  e 
francescano  ebbero  il  ghiribizzo  'li  andare  anch' 
l'opera.  Pittarono  un  palco,  e  vi  si  trattennero  fino  ni 
scrollilo.  Ma.  tirH'ws.'irr,  furono  urrestali  dai  eurso 
Nunàatura,  che  avevano  spie  Del  teatro.  L'Uditoi 
Ijìio  avvertito  ,  fece  arrestare  le  due  spie.  Nonacque,  al 
solito]  una  questione.  L'UUoa  afferma:  «  giammai  agli  Im- 
prs  judetti  Teatri  pubblici  - 1  -ttei 

i  monaci,  né  all'incontro  hanno  attrivito  (ardito)  i  curso 
fai  si  dappresso  a  teatri  per  irli  all'usi  il        I 


!)  Cd    M.iii.  i  I  Jomnutli,  i'i   Opp,  ilei  Mei   e<l.  nap.  p 

■  10.  —  Noto  ctu  il  Signoroni  dft  oorni;  rappr.  ai  I 
il»  1  Padarioo,  oo*  «ii i j— i ■  -;e  "  ii"  dal  Baldi,  «attori  il  d'Ami 

i  i   Inizi,  In  Catarina  di  Gennaro.  —  Yèutuie  «I.  ài.  \ 
*)  Ulloaj  11  (fogno  3&—  Teatri,  i.  .'.  -  Cfc  V.  d'Auriu.  l>.  ftk 

Ut  t«$T). 
I  I  Un  Auria.  /  moneti  al  teatro  dei 


—  307  — 

■  carnevale  seguente  —  ecco  un  altro  aneddoto,  ca- 
uti r  tei  tempo  — recitandosi  l'ultima  comedia  ai 
enunciato  la  gente  bella  l'ine  dal  primo  atto 
a  rilasciarsi  un  poco  dalla  dovuta  modestia,  menando  delle 
icfetture,  e  gridando  eoo  appianai  di  vitto;  ma,  essen- 
qualche  maniera  riparo,  si  6  «•ontinuata  bene 
comedia  nel  secondo  aito,  l'i,  come  che  si  &  avanzala 
temerità,  verso  la  fine  e  nei  terminar  del  secondo 
atto,  a  Dar  delle  maggioiì  grida,  e  a  gettar  con  più  vio- 
Ea   del  ito  dall'.'  io  (del- 
calare  il  tri' me,  |ier  non  dai'  luogo  di  Bar 

e  si  ritr  n  un  paleo,  ha  gridato  con  strepi!  ■. 

>i  rosse  di  nuovo  alzato  detto  telone  affinché  si  fusai 

in  quelli  della  platea; han  fatto 
alle  voci  drl  Principe,  domandando  V  Istesao^  tanto  più 
»e  vedevano,  che  il  medesimo  colle  proprie  mani  dal  sli- 
tto pah  o  l'alzava.  Ma  lo  scrii  ■  teeorfa  i 
latto  andare  i  cantanti,  e,  dopo,  ha  latto  alzare  detto 
-.  dicendo  di  non  esservi  più  nessuno  la  l) 
teff  autunno  del  1739  il  de  Brossee  trovo  a   Pfapo- 
uatre  opéras  à  la  foia   sur  unau-e  thóàfres  -lilTu- 


inll«  Lega  <l<-l  bene  II,  IT.  —  Intorno  ai  (ratti 

tiiUani  o  sia  nlaiione  ecc.  tini,   il,   Mil.   L818.  —  p,   l!'l-:i):  «  Noi    do- 
I  |M         i     ni  dui  lon.»  «ujMU-iori  [iruiulonii  In  libertà  di  n 
era  «fi  alla  ia;  ma  un  Minplir*  frate  non  ntli-.'n  m:n  quatta 

•    In    Napoli  godono  pure  d'  nienti   privilusiu  'li 
Dalla  .<  Iia.  m,  |iartioiLii-ui>  ;  ouoiilc  .  IIIITIII 

'  il.il  |tO|K>la  noi  pubblici    spelta  Msia  ■■   l-> 

«la  atta  «in  i  frali  ,  molta  Libarla;  il  ohe  i«  din  eba  Voo 

U  pm  IU  p.„.  I  gesuiti  ••  i  frauencani  000   vi  O  "■- 

jjooo  mai  maairberat  > -.  » 

-  Simili  diaordiai  al  Nuovo— Tastai  f.  3A- -Il  gatta 
o  d'apptaud  iati  pontifii  'ó   Gir. 

i 


—  3C8  — 

retta.  ■  Brano  .1  san  Carlo,  i  Fiorentini,  il  Nuoto  t>  quello 
della  Pace,  i  .\|>rès  fesavoip  assayés  8ucce8sivement,j*en 

quittai  b  plus  manquer  une  seule  re- 

ti -utation  de  li  Fi'iscatana  ,  coii  i    de 

Lei..?.  Forse  si  recitava  ai  Fiorentini.  •  Quelle  ì 
quelle  harnoonie  '  —  ■...,.!■■  i 

i  «  limite  plaisauterie  musicalo  !  Je  porterai  cet  op« 
Prence  ...»') 

Le  canterine  dei  teatri  piccoli  erano  un  gran   ; 
per  la  pubblica  morale.  I  "no  dei  pensieri  del  governo 
•  ili  fu  di  renderle  il  meno  posa  a.  — 

iuipn-sani  dovevano  presentare  volta    per   volta    la    li- 
dei  recitanti,  per  otti  !"  approvazione.  Sono  no 
prammatiche  del  1~'M,  :m,  89  <  <  legs 

DO  in  alcuni  punti  lu  ■  i  In  città  le  meretrici  ').  Le  dot 
di  teatro  ne  venivano  quasi  tutte  colpite.  Cosicché 
cessano  esentar  dall'effetto  delle  prammal  olle, 

erano  impegnate  pei  pubblici  teatri.  La  nota,   approvi 
volta  per  volta  ,  ani  passata    alla    Vicaria  ,    che   curai 
l' esenzione. 

Ma  iK-l  febbraio  39,  que  lenti  e  ballerine  del  Fu 

reutini  e  del  Nuovo,  eh'  arai 
e  afiora, non  Basendo  in  '.ano. 

o  al  Re,  adducendo ,  tra  l'alti 
doveva  durare,  perdio  connessa  ■•  al  cara!  •rote 

ne  «li  cantante  e  ballerina.  »  L'Uditore  jjiw 


')  Di-  Bro§«cg.  o.  e.  Ili,  157-8.  K  v.  t  io  eho  dire  del  dialetto  napole- 
tano, dei  conservatorii  eoo.  —  Neil'  autunno  39   si    recitava   al    Nuovo 

noi  sofferti!  sa,  poesia  del  Federico,  mus.  Jet  Leo.  Il  Fior 
nella  biografia  ài  L»».  dice:  «Nel  1745  compose  una  porzione  dell' 
tiraa  sua  opera  La  Finta  Frastalatta  pel  teatro  Nuoto,  con  poesia 
Federico;  ma  fu  colpito  d'arrapi.**!.'  re.  l'aria  Luta 

Cfr.  o.  e    IH.  30. 

.11.  <M  i.uisliuiaiii.  —  Tomo  VII     ."  ,Aw. 


—  3C9  — 

Ma  il  M  re  non  ammisi-  la  teoria  ite!  carattere  in- 

cantanti e  ballerine  stavano  por  essere 
PO  esenti;  se  do,  no.  Anche  ranno  <ì 
rCdh  Ile  disgr  lon  vera- 

mente per  comp;  ma  pel  puntilo  che  noi 

sottratte  alla  sua  giurisdizione!  Presentando  lanotecti  quelle 

disoccupate,  dm  Ielle  medesime  Una  buona  pa 

principalmente  Blena  Pici-i,  romana,  non  vi  è  quél 
tivo  odore,  che  taluno  crede  ;  di  alcun'  altra  si  suppone 
qualche  libertinaggio,  come  si  diesi  »  '.)  Ma  fu  ripetuto  ré- 
oente  Pordine  precedente.  *)  —  In  quel  mese  appunto 
di  giugno,  la  G.  C.  della  Vicaria  esecutrice  del  bando, 
da  una  parte,  e  PUd  aerale,  protettore  delle  cante- 

I  i     iron  i  alle  prese  io  d 
abitava  di  fronte  alla  locanda  della  Croce  di  Gc- 
i  una  miserabile  canterina   li  ,  uè  giovane  né 

e  l'anno  aveva  recitato  solo  per  la  prima 

opera  al  Teatro  Nii"  DL  lo- 

Morosini  ricorse  alla  Vicaria,  elio  la  In- 
ani.u    via,  perchè  era  «  una    pubblica    coiti; 
n  rivà),  la  quale  per   il  scandalo,  che  pubicamente 
dà,  si  ai!  ogni   persona   onesta  insoffribile   ed  in 

il  tre  alle  |  «re  ,  che  sono  allodi 

nella  locane!  i  del  medesimo  supplicante  il  tutto  6 

anche  ben  noto  al  K.  Parroco  di  S.  Giuseppe.»  La  Vi- 
caria mandò  uno  scrivano  a  prendere  informazioni;  ma, 
i  ,r  una  i  ',  ordinò  si  sospen- 

la  procedura,  e  si  rivolse  al  Re  pc  ire  come 

regolarsi,  lì  i«  he  la  canterina,  che  disse  che 

per  essere  scritturata,  addusse  prove  della  sua  onestà,  ecc. 
La  Corte  della  Vicai  ia  fai  ervare  che:  «  lo  suddette 


■»o  40. 
«)    |2   (  ; 


20 


—  370  — 

cautelino  e  ballerine*  ]  no  biglietti  ioterpeOa- 

lamento,  ed  m  tempo  che  le  medesime  sen  teatri 

di  questa  capitale,  spediti  per  la  vostra  segretaria  'li  s- 
grazia  e  giustizia,  che  non  si   molesta-  »■- 

tntazione»  che  dovevano  (are  alle  vicinanze  de' detti  teatri, 
i  al  numero  «li  poco  meno  dì  quaranta,  e  quantui 

iggior  parti;  d'  i  «800  I rminato  I 

di  presento  non  siano  addette  in  niui  tiri,  hani 

tìnuato  e  continuano  ad  abitare,  non  solo  nell'- 
ilei medesimi  teatri  ,  ma  in  altri  luoghi  onesti  di    -, 
metropoli,  facendo  lo  pubbliche  meretrici,  anzi  qua 
di  eese  tiene  in  Bua  eaaa  altre  donne  libere,  chi 
sOBodalosamenl  landò  la  loro   turpe   pr 

per  le  quali  continuarne  itano  al   sudetlo   v> 

ricorsi  delle  pei'sonc  oneste,  che  abitano  io  quelle 
nasse,  senza  che  si  possa  dare  la  minima  provid 
li  procedenti  reali  ordini ....  »  Ma  I'  Uditore,  dopo 
rettificato  rio  che  riguardava  la  Caterina  Dons,  chi 
ritrova  in  estrema  miseria  ,  né  le  sue  fattezze   nò   I" 
danno  molta  incentiva  ad  aver  dei  concorrenti  \  e  del 
cln>  le  canterini    disoccupate  erano  appena    una   ventini 
soggiunge  che,  quanto   i 

scritte  per  onesti',  portando  seco  la  professione   di  can- 
terina La  dura  necessita  di  trattar  c< 
•■appella,  sonatori,  poeti,  ed  amanti  del  canto,  e  chiunqi 

iffico  in  casa  d'una  donna, .  in- 

duce a  dire,    the  aia  disonesta,  o  che  vi  sia,  o  die  non 
vi  sia  effettivamente  il  male,  ma  quello  che  senapi 
invigilato  da  me,  ed  ho 

punite  talune  di  q  leste  con  cai  li  evitai 

ilo,    i     •  troppa  publicita  to  copia 

o  qualora  s'è  dubitato  di  qualche  disordini 
che  poteva  produrre  grave  danno  alle  fain 

moderazione  e  per  timore  di 


-  871  - 

»  p  per  uni.  rendersi  diffamate,  ci        ii        i  pono  ri- 
cusate dall'  impresari 
Nel  1741  la  quistione  si  riacoeodeva   por  un'Anto 

tato  per  otto  anni  nei  teatri  della  Lava 
a  Nuovi»,  e  allora  restava  disoccupata.  La  Vicaria  voleva 
irla  fuori  le  porte.  *)  L'  Ulloa  diceva  che  ora  liber- 
timi,  «'"M  «  La  maggior  parte  <li  detta  gente 

uno  stesso  carato,  e  quello,  che  da  me  - ■'<'•  pn 
ivitare,  ò  stali»  la  pu Mirila  scandalosa,  ed,  in  Br- 
uto oneste,  non  ha  dubbio  die  si  son 
liscrelamente,  mentre,  in  niuna  delle  cisedi  dette 
mi.  '. :.  •'•  stata  alcuna  rissa,  né   si  sono  intesi  certi 
iudiziali  •••in  rovina  delle  famiglio,  ma  solo 
alcune  corrisponden»    di  pochi  amici,  i  quali   con  tutta 
1  han  praticato  ...  ••>  1  ' 
lire  i  teatri  piccoli,  né  renderli  obbrobriosi  alla 
r  sentire  di  Mini  e  ballerine,  che ser- 

qi    i  simi  'il  da  fuorile porte,  né  interessarti 

gì'  impresarii  «''in  obbligarli  ili  fare  venire  cantanti  ili  l'uuri 
».  non  potendo  la  piccolezza  d'essi  soffrire  la  Bpesa, 
»lesse  per  .«cui"  portico 


!  :       •    ,  i    :  :  IO. 
mente,  80  aett.  41.  Bigi.  iv<nl<>  34  MB,   —  I 

*/7  *ett.  Una  lunga  relaziona   del    Principe  di   Cantati    EUggenk  dalli 
.i,  J'I   17  oli.  'Il  ,  ([uuliiir.-i  »fft»oit3voluiouUi    tutu»  In    donne  pra- 
*entet  a.  Di  alcuno  anzi   dice  eoa  fono  e  pubbliche 

il   teatri  -i     "ii..'  contentato  non 
«ola  ài  ballar*  lonza  raoreede    ma 

ooaiii  con  loro  devono  ballare  ne1  teatri  predetti,  noa  ad 

allru  dna  se  non  o\\*  per  tram  .iil  aliiur.-  le  ipuMfl  •in.. 

gik  1  «ameni  \«h«  dell»»  % 

idate  n.l  abitare,  anzi  l'ultimi.'  li 
■ano  tenute  dal  Quartiere  'li  Ponteacùro,  dove  Lottavano  coll'altra  donni 

1711.—  Teatri  ;    I 


—  372  — 

giacere  a  detti    in*  r  io  che  non  può 

mai  avat  a  ini    perfetta  virtuosa,  e  chi  si  mu< 

patria  con   picciolo   i nino  viene  certamente   i    i 

di  lucrare  per  altra  strada,  onde  sempre  non  sì 
male  e  si  pregiudica  alle  naturali   del  paese      inzi 

-la  cagione,  si  andranno  dimettendo  detti  i 
..une  e  sortito  in  questo  anno  che  non  si  son   fatic 
te  due  opere,  né  in  quello  dei  Fiorentini,  uè  ;  ioli"  ali 
sopra  Toledo,  perdio  avendo  preciso  ordine  l' impr> 
<li  non  prendere  donne  [leena  .   lenendosi    da 

una  cattiva  idea  di  dette  cantanti  e  ballerine,  niui 
in.  no  si  applicherà  in  avvenire  ad  in  di 

né  di  halli»,  per  lo  timori1  concepito  elio,  comparai 
di  detti  teatri,  abbia  subito  ad  avere  lo  sfratto  come 
pubblica,  quando,  tacendo  lo  stesso  male  senza  tal  cai 
tare  in  casa  propria,  sta  sicura  di  non  ess 

con  india  difitcultt  le  sopraviene  qualche  d 
sopratutto  SS  abbia  protezione  (come  s 

alterno  di  Vicaria,  •■>  E  conchiudeva,   i  i 
gliando  di  fare  un  avvertimento   alla   Spina   e  lasciarla 
quieta.  ') —  Nel  febbraio  seguente,  per  simile  occ 
tornava  alta  carica,  ripetendo  i  suoi  argomenti,  e  con 
gliando:  0  ferie  obbligare  in  questa  I 
pena  dello  sfratto  del  Regno  0  di  tre  anni  di  penitenza, 
a  vivere  e  vestire  con  modestia  senza  sfoggi,  e  di  non 
andare  al  passeggio  di  t'Inaia  0  di   altro   concorso   fe- 
stivi», per  evitarsi  qualunque  inconveniente,  che  potrebbe 
caggioaar  la  loro  veduta  ...»*)  —  E  in  tatti ,  fu  scritto 


'i  niofl  v>  ui»  :  11. 

*)  DQ  r  li-   le  Ciotte 

1 *i  i'>tlr  in  Un  quatta  «ltre  che  go»ii-ano  pretto 

.1  romani  coloro  i  he      i  rivaao  al   Principi    ne'  uublid    •puttacoli. 
rioconM  lungamente  irpo  delle  leggi  <•'■ 

ed  in  particolare  >>,  1  i:.ì.I  mm,  in  •  ui  fra  l'allro   ti    ode  con 


—  373  — 

rimettendogli  la  nota  de&e  donne,  ohe  rcsta- 
izio  dei  teatri  pubblici,  «Qua  bus  sub&lternos 
inviglieli  en  que  vivan   modestamente  y  sin    lai 
dalo .   svisando  la  que   raltare  para  eschiirla  do  la  lista 
de  l">  Iheatros.  o  \i 

t  '<'i  se  e  le  servette  e  te  6cj^%  dei  teatri  pio 

non  contribuivano  alla  <iniete  delle  famiglie.  Le  carte  dell'Ar- 
chivio di  Stato  ci  conservano  un  non  piccolo  sagi 
scandali,  degli  intrighi,  dei  guai,  chi  •  no  nascere. 

Una  delle  canterine,  che  più  dettero  da  fare  all' Udii 
il  Marchese  di  Monlale^iv,  fu  mine 

esordito  nel  1729  al  teatro 
Nummi,  facen  lo  Rinuccio  uéu"  Erminia  del  Saddumeue. 
Dal  •  5  a  ritroviamo  /'r  <  .  Afartno,  .1/" 

irVw,    VannellOi  &opa,  Chiarella, 
vetta  buffa,  a     iorentini.  Nel  35  riappare  al 
Nuovo;  dal 37-40, ai  Fiorentini. Godeva  «alte  protezioni  ». 
Nel  1737,  il  Barone  d'Ascea,  D.  Stefano  Marasca  ,  già 
amante,  quantunque,  rosse  ammogliato  ili  fi- 
iato  agli  antichi  amori.  11  padre  della  sposa,  D.  F 
cesco  Santoro,  andò  a  raccomandarsi  all' Ulloa  pei 

limarlo.  ET  Ulloa  impose  al  Marasca  il  mani- 
ci  quattromila  ducati  b  carcere,  se  andasse 
ptiì  a  casa   della   Margherita  o  parlasse  con  lei.  Invano 
D.  Stefano  supplicò  perche  I  mandato  5). 

mem  I/i  Imperatori  cristiani  ni  vietava  all'  Istrioni  di  abbrac- 

ciare la  novella  nascente  fede,  che  ossi  rcligiosameni  i  profanava! 
non   privare  il  pubblico  di  uenti,  perchè   doveau  ili    pn.^-nt"  ab- 

bandonar quali'  «aerdrio,  latti  cb  ù». 

')  1  mur/o  -li. —  Alta  Vicaria  fu  avvisata  lo  BteBSo  il    10    fobbr.  ag- 
giuni.  •  — Questa  lotta  tra  la  Vicari»  *  l'UdìtnM 

trova  rincontro  in  ciò  cha  avveniva  in   arancia   tra  i  (ienlitehom:-. 
la  Chambre,  cui  erano  sottoposti  i  comediaoti,  ■  la  Pulic*.  Cfr.  Maugraa. 
•omnibus  hors  la  C   Léfj.  18H7,  p.  217. 

ato  37.  —  Bigi.  ì>3  ag.  —  Teahi  l  !.• 


—  374  — 

Nel  1 738 ,  la  Margherita  aveva  persuaso  D.  G 
Spada,  Marchese  il  Santo  Mauro  a  sposarla.  Ma,  n 
ire  ritardava  e  discuteva  per  assicurarsi  una  do 
p  Uditore  ebbe  sentore  del  rati  »,  e 
die  aBa  eoa  porta;  intanto  lo  Vicaria  faceva  un  mandalo 
severissimo  al  Santo  Mani.,  'i. 

Non   basta;   nel  gennaio    1739   giunse  al   Montali 
una  supplica  di  Francesca  Zusarini  e  G  CancsJ- 

lion»,  dio  i-liiii!<-'..iii"  in  .---e  collocata  nel  Conservatòrio  <ii 
s.  Maria  sua  .-  Margherita  Pozzi,  I 

■  la  quale]  '  hd  '  me  i  he   recita  nel  Teati 

Matteo,  ha  contratto  delle  strette  amidzii    • 
diverse  persone,  b  con  !  appaltatore  del  dotto    leali  •. 
tra  -li  assi  ve  ne  Bone  dei  sgherri,  ed  oltre 
similmente  contratta  stratta  amicizia  con  quattro 
di  distibuone  ,  le  quali  si  conoscono  in  -ir-  issi 

e   ingelosite  della  detta    Margherita,   che  non   può 
lìngua  spiega]  scc,  »  Se  non  che,  l' Uditore,  incai  i 

d'intbrmare,  seppe  che  la  Francesca  Zusarini  non  aveva 
acconsentilo  atta  supplica,  a  cosi  perchè  i  fatti  n 
vi  ri,  '  h  n  idea  «li   pregiudi* 

cari-  la   nipote,  nella,  cui  casa  essa  i 

re  'i'i  Caucelliero,  a  uomo  assai  vile,  discolo  e  di  p 
sima  indole,  e  si  può  dubitare  che  piutto 
rione  oTaitl  i  si  ad  avero  qualcli 

dalla  nipoti .  si  fosse  indotto  e  fai  Poi  a  i    iena 

naie,  |>er  .-fogo  piuttosto  della  propria  o  dell'altrui  | 
stona ,  che  perefc  ro  veri   i  t'aiti,  che 

SCOno.  -  n  •)   Ma,  a  ogni  modo,  all'  !  Non   in    dato 
rico:  o  qua  il  lobre  los  pasos  de  M  a  Pozzi 

E  ce  n'  era  l'isogno  !  —  li  5  giugno 


')  t'iln   81  febbr.  38.—  Teai. 
')  Ulon  5  iVl.l-, 


—  375  — 

quattro  e  mezzo  di  notte,  due  persone  non  conosc 

andarono  solto  le  finestre  della  sua  abitazione  alla  piazzetta 
ni,  e,  dopo  aver  profferiti  i  ad  alta  roce  d 
urie  contro  -li  lei  .  spararono  un  colpo  di   fucile  II 
■  fu  senza  danno,  |  Margherita,  nò  la 

a.  Il  giorno   dopo  .  I  I  fditore 
lo  n  chiamare  la  Margherita  per   Interrogarla  ;  ma 

te 'li  iter  dare  nessun   lume,  di  «non 

do  I  L'Uditore  dispose  ,  per  cani 
dhe  la  sera,  all'  andata  o  al  ritoino  dal  teatro,  fossi- 
lagnata  da  birri.  Continuarono  le  indagini,  ma  senza 
un  risultato.1)  —Come  Dio  volle,  qualche  anno  ap- 
-II,  a  prircipio  del   ITU.  la   troviamo  maritata  al  fa- 
moso bullo  Antonio  Catalano.   ')  E  col  Catalano,  campa- 
nella compagnia  del  Nuovo  del  1743-4  E, l'ultima 
la,  il  44-5  ai  Fiorentini, 
ria  Cialfieri,  detta  la  Cordova,  perdio  figlia  naturale 
di  D.  Ferdinando  di  Cordova*),  faceva  girar  la  testa  al 
Principe  di  Canosa.  Dal  17:*:$  al  36,  aveva  can- 
tato al  Nuoi  .730  era  ai  Fiorentini.  Il  Principe  tu 
dal  Benthia  a  teatro,  poi,  cominciò  a  an- 
dare in  sua             Ora  si  vedo  giunto — scrive  1* UUoa 
all'ultimo  segno  di  smoderata  passione,  mentre  diporta 
ra  e  il  gioiti,   in  casa  della  medesima,  visitrat- 
lunghis  ite,  senza  die  vi  vada  altra  per- 
ii mini  memento  era  solito  prima  taluni  altri  bazzicarvi  o 
.li  professione  di  musica  o  d'altra  condizione,  e,  per  tal 
effetto,  comunemente  si  dice  i  he  l'abbia  assegnato  ducati 


0  giugno  1 
*)  2t>  giugno  174 1  -  Parerò  del]1  UUoa   11  'li   Hat  •■oiitruvemia  per  pa- 
gamento coli'  impres.  dei  Fiorentini.  K  anche  fcbbr.  42. 

1.1      onaii'Jo  di  Cordova  «ra  impresario  doi  Fiorentini. 
aneanona  Ira  lui  n  l'impresario  del  Nuoto  a  proposito  di 
iterine.  —  Teatri  f.  5.° 


—  : 


di    lei    quotidiano   man 
io  al  mese,  »  Inoltro  ,1; 
pria  carrozza,  a  con  di.  ia  livrea  ;  6 

«-•olla  madre  ÌJ>>.  i  un    fi 

I    i>.  Ferdinando,  -  m  scarrozzare  per 

la  città.  della  casa  di   Caiiosa   non 

grandi;  il  Bgtiuo 

maro  e  di  decora  Mi 
cine  risposa;  ■  che  attendessero  ai  falli  loro,  ahrio 
qualora  si  vedesse  in  disperazione ,  se  ne  •?  au- 

in  Vioegia  con  detta  d  avrebbe 

'»  ') — Anna  ^alfieri  fu  sfrattata   dal  .   Nel 

1748  supplicava  di  ritornare:  «  da  malevoli  di  il 
ute  fu  alia  M.  V.  rappn  un  fatto   pi 

ideale,  die  poi  s'  è  e  ilo  ripugnante  alla  ragione,  o 

i.  i  i  Doa  avvisava  favorevolmente.  Il  P 
sembrava  che  nop  ci  pensasse  più;  aveva 
alice  ' 

Meco  la  Maria  Broli,  panni  che  venne  a  Na 

ballerina  e  per  tre  anni  ballò  a  S.  Carlo.  E  fin  d'allora, 
«sii  mpenva  ella  assai  apparii  /osa,  cosi 

d' altra  parta  andava-  indo  che  imparava  la  musica 

lizione  ,    passane"!,,    di 
ceto  di  ballerina  (nella  cui  professione  per  altri 
troppo  ita)  a  quello,  se  non  altro,  al 

pio  lucroso,  di  canterina.  r>   I\  dopo  un  poco,    si    sep; 

a  divenuta  canterina,  e  comparve  sulle  scene  del 
to  Nuovn.  Subito  canterina  .  le   sì   mise    intorn 

ne  cavaliere,  D.  Ciro  UUoa  ,  che  r  applaudiva  0{ 
sera  a  teatro,  che  «ila  di  fuori  e  cond 

a  casa  nella  sua  carrozza.  Durante  il  carnei 


lai 

: 

DI 


DM  24  ngo«lo   1740. 
*>  Ulloa  10  luglio  L748. 


—  377  — 

-.iva  quasi  tulle  le  notti  nella  casa  ili  lei:  ma,  durante 

i,  era  solito  «  trattenersi  con  lai   lino  ad  una 

competente  ed  indi  nella  casa  propria  si  ritira  a  dor- 

mire.  b  Pie  distinzione,  che  fu  riferita  all'  i  ditore,  non  solo 

ila   un  abitante  'runa  rasa  ili   fronte,  ina  anelie  a  dal  Re- 

roco  -li  S.  Anni,  <he  tra  gì  i  de' 

PO  clero,  non  vi  •'•  chi  l'uguaglia  nella  probità  e  dot- 

i  e  nel!'  adempiere  al  suo  istituto.  »  Talora  Don  Ciro 

andava  in  calesse  fuori  la  grotta  di  Pozzuoli,  e,  dopo  un 

iva  la  Broli  in   carrozza  d'affitto.    I   ta 

si  sparse  la  voce  che  l>.  Ciro  la  sposertbbe,  I 

valiere  era  davvero  i  (coppo  chinavole  a  al  fotte 

umane  debolezze  e  nulla  spezie  presente non  par  che 

possa  rivocarsi  in  dubbio  di  vivere  BgH  quasi   clic  affa- 
scinato, non  che  di  cieco  amore  preso,  dalla  sudd'" 

l    i  cantarina.  »  ')  —  Il  Duca  di  lamia,  fratello,  e  i 
.  zii  di  I).  CirOi  Fecero  supplica  al   He  perché 
provvedesse.  Il  Re  ordino  ohe  la  Broli  fosse  mandata  via 
da  Napoli,  l'.ssa  pregò,  supplicò,  disse  e  D.  Ciro 

ntorno,  che  essa  noti  gli  dava  retta.  Invano. 
Allora  la  Bruii  chiese  d'  esser  chiusa  piuttosto  in  uq  mo- 
nastero. Ma  1>.  Ciro  avrebbe  voluto  i  he  fosse  I 

irtin.'....  per  seguirla;  ed  ebbe  il  »  iraggio  li  rame  supplica 
al  Re!  L'Uditore  si  mise  in  giro  per  trovare  un  monastero* 
luello  di  S.  Nicola  a  Nilo  non  volle   riceverla j  «  ail 
in  detto  convenl  trattengono  persone  moti 

mogli    di  regi  ministri  »  ,  e    neanche   quelli 
<h  S.  Maria  del  Consiglio  e  di  S.   Maria   suceurre 

nalmente,  trovò  un   posto  nel  Cooservatorio  'li 
s.  Nicolò   dei   Pii  Operarii  ;   donde,   passò  in   quello  di 

8.  Man.)  del  Presidio.  Ma,  giacché  aveva  ui tratto  col 

teatro  di   Malta,  nel  luglio  Ri  t'aita  uscire   B,   -libito  ,  im- 


i)  Ulloa  7  mano  17-41. 


—  378  - 

bareni r  '  '*  —Anni  dopo,  nel  46  o  47,  tomo   al    tei 
Nuovo. 

Un  altro  fior  di  virtù  era  la  canterini   Angiola 
•  ■hi.  Ganciata  dal  Rugno  al  tempo  della  venuta  di  Cario  III. 
lii  riammessa  por  grazia  sulla  tino  del  1738. E  di  questi 
grazia  profittò  subito  per  |.-_-  (u  s<>  quanta   tre 

Coti  signori  dell'  aristocrazia  ,   con   bravacci,   eoe    Um 
•  di  BUbllgli  .  nati     pet  lei;  assalti    notturni  alla  mi; 
rasa,  aggressioni  di  mi  la   frci|uentava,  ecc.  di 

tenninaraoa  il  Re  a  mandarla  ria  &  nuovo  dal  Regno.*} 

M;i  line,  «lei  sin ii  amami,  1).  Francesco  Sorsate  o  il 
obese  di  Montepagano ,  la  fecero  accompagnare   da  di 
loro  agente,  che,  dopo  un  bel  giro,  lariconduss 
poli,  a  la  misi'  nei  Conservatorio  'li  S.  Antoniello  alla  Vi- 
caria. Grande  stupore  per  l'audacia!  La  Franchi  fu    Ioli 
di  li  e  messa  in  carcere.  1  suoi  amanti  chiusi  in 
stolli,  eoo  grandissimo  rigore,  Bensa  permettere 
dessero  nessuni,.  Alla  liiii-  ilei  settembre,  furono  libei 
dopo  una  severa  ammonizione.  La  Franchi  eoo  la madi 
era  intanto  all'  ospizio  .lei  1M\  Gesuiti  ad  aspettar  la  buoni 
stagione  per  partirei  Dopo  vane  suppliche,  il  Kopermu 

restassero  a  Napoli,  ma  sen 
Ma.  neanche  nel  Conservatorio,  stavano   bene.    L'  [Illoi 
scriveva,  il  15  gennaio  1740,  che,  essendo  andai  • 
Conservatorio  ossia  ospizio  dei  PP.  Gesuiti  aveva  l 


')   vii'  tlllon  11  mar/o  41.  —  Suppl.  de  Ih  Broli,  Stimano.  Nuovo  or- 
dini» del   Re.  3  apr.  — V.  aneliti  carta  7,  8,   18,  'Zi  aprile,  e  5  ma'.-. 
La  «uà  chiusura  nel  OOMMOtOTtO  impali  al    Caratala,    impnwar 
Nur.v...  di  metteri»  in  i.irena  l'opera  di  primavera,  di  che  il  punti  l 
malcontento.  —  V.  india  nulla  Broli  un  articolo  di  V.  d'Auria  (V 
29  aettemlm-  1889). 

*)  Il  31  maggio  1739  IT'Ilna  ehieae  il  passaporto  per  Angiola  Franchi 
e  parsone  di  famiglia,  sfrattata  «otto  pena  della  frusta  e  del  luogo  di 
penitenza,  «e  torna ra. 


—  370  — 

palo  isolo  a   ■  era  rappresemelo,  a  rispetto 

4 t**l  poco  decente  modo  di  vivere  di  Francesca  Signorile 
e  di  Angela  Franchi,  madre  e  figlia,  e  dello  scandalo  die 

•    .ITI 

ide  :t-i  un  palazzo  rimpetto  del   cavaliere   ben 
aJT  Ecc.'   V*  »  Pi  mettere  in  un' allea  care 

dispose  poi  che  passa  >ii-.ivaiorio  diS 

alla  Pignasecca.  Intanto  .  «  te  suddette   due  i<  mmi- 
nc,  per  eOa  mutazione  dì  sta  iza  ,  inquietano 

•  ii  parole  licenziose  non   menò  la  Ba- 
li; •  della  Comminata  !  •>    Nel    mar/,.»,   QO 

r  (   suppliche  >•  Analmente  ftirono  fatte  uscire  dal 

itorio  per  Ire  o  quattro  mesi.  Ma,  nel   maggio 

un  F>.  Vincenzo   Giuliano  e  sua   moglie   supplicavano  il 

In    li   Franchi  o  fosso   sfrati  no  o 

e  al  conservatorio:  aveva  legata  lina  srauda- 

i   col   loro   figlio  h.  Nicola.  Ma  l'accusa  era 

i.  una  vendetta  di   D.    Nicola.  Nel  luglio,  la  Franchi 

finanche  il  permesso  di  ritornar  sulle  scene.  E,  colla 

anza  che  dopo  i  guai  sofferti,  avesse  n,       i    i  testa 

i    ibi  \  '■  ai  Fiorentini  il  40  e  41.  ') 

Antonia  \<>v  uà,  ballerina  ai  Fiorentini  ,  pòi  canterina 

su  varii  teatri,  tentò  di  maritarsi  il  1784  col  ca  valici-  D. 

raro  Gruther.  Ma  il  matrimonio,  per  buòna  sorte,  fu 

impedito.  '-'<      Margherita  Giacoraazzi  nel  1742  stava  per 

il  i  tonte  I  cugino  del  tenente  generale  Conte 

Trivubio,  che  ottenne  che  il  L'escale  fosse  imprigionato 

i  <ua<<.Mia/./.i  messa  in  un  e  storio. 

Ma  parti  subito  ,  perchè  aveva  Bnito  il  suo  tempo.  ■)  — 


•l  Rin.*-nii;. -  dalle  carte  che  In  riguardano   del   1188  «  40. 

i  ode.no  di  quosU  Novara  rfr.  '-art»»  28  ng„  6  aetL  1734, 

Big!,  reale  10  nov.  42  alla  Vicarìa  —  Prindpo  3]  beatola  12  nov. 
•itola,  13  nov.  —  Teatri  f.  4.°. 


—  380  — 

Mi,   -li  tutti  i  tentativi  matrimoniali  di  canterine  8  ballfr- 
rioe  con  giovani  signori,  uno  usci,  eia  storta  i 

abbastanza  curiosa. 

Nel  1741  veniva  a  Napoli  mia  cantante  ti"  Ga- 

spara PaUerini,  che  era  scritturata  pel  Teatro  Nuovo.  C'era 
allora  a  Napoli  un  Marchese  D.  Antoni.)  Montalvo  Ra- 
mireZj  anche  fiorentino,  parente  degli  Strozzi,  eoe,  al- 
meno secondo  il  suo  i  q  dopo  la 
morte  del  tu  D.  Bernardino  suo  padre  cosi  estenuato  il 
patrimonio  'li  sua  casa  «-he  in  conto  almeno  potea  so 
ministrargli  quel  tanto,  che  gli  era  non  già  convenir 
ma  necessario  al  suo  mantenimento  nella  propria  patria, 
mdnsi  arila  medesima  ingiustamente  e  eoo  molle 

diverse  liti  travagliato  dai  suoi  eoiigiunii.  per  i-limgire  11 
loro  persecuzione  si  ritirò  in  questo  Elegno  e  città  di 
poli  per  vìvere  cotte  poche  rendite  rimastegli  in  esso  pri- 
vatamente sotto  il    reÌÌCÌS8ÌmO    dominio    e   governo    della 

il.  M.  V.;  e,  quivi  \  ervenuto,  considerando  che  non 
possibile  trovar  moglie  di  sua  condizione  ad  oggetto 
non  potoria  mantenere  con  quella  proprietà  che  do. 
s'invaghì  d'una  donzella  o,  che  fu   Qaapara  PallerinL 
le  cose  giunsero  '.uno  oltre  che  i  di  ti  -•  pr 

tarano  al  parroco  e  fecero  fare  le  pubblicazioni.  Ma,  pi 
a  terza  pubblicazione,  nel  novembre  1742,  ecco  gi 

una  lettera  da  Roma  del  Cardinal  Aemiaviva    al   Mo 
legre,  pregandolo  che  impedisse  il  matrimonio.  L'Ao 

rivi  stato  officiato  dalla  Duchessa  Strozzi,  cugina  d< 
Moutalvo.  si  era  ancora  a  tempo.  U  matrimonio 
dito.  Al  Moutalvo  fu  fatto  mandato  di  4000  durati  i 
stollo;  alla  PaDerìni,  carcere  e  sfratto.  La  PàQerini  ree 
supplica  al  He;  che  non  si  può  riferire,  ma  ch<  i»e  ut 

beli'  esempio  dello  cose,  che,  una  volta,  doveva  stare  a 
lire  un  He  !  Un  altra  supplica  mandò  il  Montalvo.  Ma  il 
-piccò  l'ordine,  per  più  sicurezza,  che  il  Montalvo 


—  381  — 

chiuso  nel  castello  diCapua;  eia  Paflerinl,  subilo  finito  Q 

ohMi^M  uri  tratn»,  sfrattata  dal  Regoo.  Ma  questa  volta 
l'ordino  non  ghinee  in  tempo;  i  due  avevano  già  pre 

Si  spedi  gente  dietro,  si  suppose  che  fossero  an- 
•l.'tti  a  Beni". <-ut<>.  il  [in;sifji!  ili  Monte  fosco  si  recò  ivi  ili 
persona.  Ma  anche  qui  i  due  avevano  latto  presto.  Il  17 
dicembre  erano  andati  incogniti  alla  chiesa  parrocchiale 
di  s  i'i,  mentre  oli  bvo  messa  il  | 

Ramu ,  abbate  rocchettino.  Noi   voltarsi  che  questi   fece 
dire  il  popolo,  il  Montalvo  e  La  Paflerlni  gli  dis 
prontamente  in  viso,  rome  Renzo  e  Lucisi:  Qut 

e  mia  moglie',  questo  é  mie  marito!    Figurarsi    la 

■  •i  parroco   gridò,  strepito,  b  poi  se  andò  a  ri t « ■  - 
air  Arcivescovo,  il  Montalvo  si  rifugio  subito  in  un 
vento  e  la  donna  in  casa  del  canonico  Mariella;  e  fu- 
rono fatti  guardare  dal  preside!  di  Montelusco,  che  aveva 
ricevuto  avvisi  ed  ordini  da  Napoli.  La  fuga  e  il   resto 

)O0a  famiglia  Trabucco  dì  Benevi 
e  vi  avi       luche  tenuto  mano  in  Napoli  quel  canonico 
■■ .  ì  i  d    I  co,  che  abbiamo  visto  poeta  al  S.  Carlo 

coir  Olimpia,  Il  Trabucco  tu  sfrattato  dal  Ragno.  Tutto 
i  i  fece,  le  dimostrazioni  che  tentò,   riusoi- 

ne:  «  A  dire  il  vero  a  V.  B.  —  scrivevi  l'I  Ilo 
avrei  incontrato  tutto  il  piacere  per  non  nuocere  ;il  Mi- 
detto  canonico  Trabucco,  cosi  per  essere  un  uomo  •• 

con  esso  lui  in  da   più 

anni  una  qualche  buona  oorriBpond*  te  del 

dramma  che  compose  per  il  It.  teatro  di  S.  Carlo  •>.  me 

ponte  al  vero  '  \i  —  Qualche  tempo  dopo,  confermato 


')  Card.  Acquiriva  da  Roma   13  nov.  12.  —  Risposta  17  nov.  —  Sup- 
plì.» della  Pollorini  —  Parati  doli'  Uliva  3  dicembre  lì  —    I 

•1-,'  —  I  li        !  •  «ride  di  Monto  fu  sto   16  -li'-.  —  Pro- 

;  Moi.U-fu  <h    D    Matti»  Capano  19 die  —  Llloa  23  die.  —  Ordino 


—  382  — 

il  matrimonio  ,  il  Montalvo  e  la  moglie  ebbero   I'  01 
di  andarsi  a  stabilire  a  Bari,  dove  il   Marchese   posse- 
deva «la  mastrodattia  in  burgensatico  o.  Ma  il  Monti 
andato  a  prendere  la  Gaspara  a  Benevento,  la  troi 
ferma ,  ed,  essendo  anche  lui  infermo  si   fermarono  ac 

e  chiesero,  con  un  certificato  medico,  di 
dimorare  in  luogo  d'aria  più  dolce  l).  Enel 
obbero  il  permesso  di  Fermarsi  a  Caserta  «  basta  qui 
riendose  curado  y  mejorada  la  estacion,  continue  su  ( 
a  Bari  •>  9).  Ma  neanche  l'aria  d 
vollero  «-ho  giovasse),  e  il  Montalvo  nell'aprile  supplii 
ili  «potersi  trasferire  ron  sua  moglie  a  Napoli    pei 
far  curare  la  sua  consorte  col   consulto  dei  primi  pr©J 

ori    ii  detta  città,  e  frattanto  il  supplicante  avrà  tulio 
il  comodo  di  ultimare  l'aggiustamenlo  dei  suoi   intei 

si  del  Regno  come  di  Toscana »  Il  i  tie  non    ^h    li 

>.  Erano  allora  a  Napoli  a  cantare  buì  teatri 

•Ile  della  Gaspara,  Rosa  e  Caterina  ballerini.  I 
tore  proponeva  ohe  il  Montalvo  dovesse   <«  a  su 
lar  porre  in  qualche  monistero  le  sudette  due  sue 
filale,  o  ii)  altra  inanier  K  cosi  fu  ordi- 

nato al  Montalvo.  —  Nel  lugli",  nuovo  insistenze;  il  • 
talvo  mise  ili  uie/./.o  la  Duchessa  Strozzi  sua  C 
Cardinale  Acquaviva  di  lei  fratello,  e  gli  fu  perni 
poter  soggiornare  a  otto  miglia  da  Napoli.  Ma  vota 
nire  proprio  a  Napoli;  il  Cardinale  Acquaviva  mi 

di  sfratto  «lei  Trabucco  5  gena.  —  Supplica  ili   A    Trabocco  —  t'Ito* 
w.'uuaio  43.  —  Teatri  i.    1. 

'j  «  L'Eocmo  sig.  MarclwM  D.  Antonio Ramiro alootalvo  a 
signora  Marchesa  1)  Montalvo    ■  ,  di<  •  il 

I  1/ I  iliion-  I  l.  proponeva  Caserta  o   S.    Maria    «li    C 

<  luoghi  untemi  uè  aporti,  e  di  uro  DM  marci 

lonta     i  da  militili  i 
Capua  ai  tratteugouo,  ■  nazione,  dio  passa, 

hUM  ih  .Ii-wu.Iul-l-u.  .i.-l  mdtttO  Marche**.  > 


-  383  — 

per  conto  dei  parenti,  di  non  averci  difficoltà;  e  il  1  ag 
1741  il  Re  da  Velietri    scriveva    a    D.    Michele    Reggio: 
«  Qua  no  ha  dexado  de  ebservar  asta  sua  inobediea 
)ero  al  misnio  tiempo  me  ha  rnandado  decir  a  V.  E.  que 
no  tiene  reparo  alcuno  60  que  demone  àBi  el  rei.''  Mann 

lihibido  por  adlierir  unicamente  fi  Las  in- 
starli le  lii/"  el  Cardinal  Àcqueviva,  y  otroa  pa- 
ss de  distincion  que  tiene  en  essa  oiudad,  loaqnalesi 
«■uan              >iiteiiteii  do  vierlo  con  iodiferencia,  la  teodrà 
tambien  el  Rey  sobre  su  peraianencia  ■  'i.  Nefl1  aprile  15 
il  Mootalvo  Faceva  isteni  duecogaatefoè 
aera  chiuse  in  un  Conservatorio,  ipara  evitar  qua  oon- 
tiuuen  el  exercicio  de    su  professici)  ,  y  salvar    assi    su 
bonor  y  su  i                  ;i  fin  de  que  en  vieta  y  a  la  earta 
nnienda  està  instancia  la  Duquesa  Strozzi.» 
►'  era  messo  d'accordo  col  Padre  Pepe  per  farle  elnu- 
»re  nel  Conservatorio  dei  1*1'.  Gesuiti)  dove   si   vi 

ni  e,  e  come  in  un  carcere.  Ma  una  delle 

ragazze,  la  Caterina,  s'era  un  unVinle    il  I 

Banco  di  S.  Salvatore;  l'altra,  doq  voleva  sapente  di  i 

rio.  In  mezzo  a  queste  trattative,  nel  luglio  45*  il 
dvo  morì,  e  non  se  ne  parla  più  *)• 
Girolama  Boccabian<  a  delia  la  Lori,  ohe  per  più  anni 
ito  ai  Fiorentini  e  al  Nuovo,  era  stata  sedotta  dal  l 


Uoa  IT  marzo  43.  Carte  intorno  al  Trabucco.  Altre   molte  con- 
ti Mootalvo  f.  (J* — Supplici»  da  Arienzo,  Ulto»  I  geoo    14— > 
reale  2  genn. —  Altra  supplice  del  Montata).  Ulloa  BSnpp; —  La 
a>»Jrr  della  l'ali. tìhì.  0  moggio  il.  —  BigL  renio  31  tnaKKiu  —  Soppl. 
'■-'Ho  —  VelMri.  '.'il  loglio,    I   igoeto.  —  Card.    Acqua  vi  va  «la 
J4  —  Ttatn  i.  d." 
i  iodato  per  parere  all'I  Illoa,  ch'era  informalo    .li    tutta    la    fac- 
cenda. —  Varie  lettere  «Iella  Strofi.  —  Ulloa  23  luglio  40.  —  In  raar- 
a  uoa  carta,  con  dato  «Irl  ili  loglio,  e  acritto:  «  qa»  boriando  «n- 
ido  baver  mikirtu  ci  Marq.    Mootalvo  y  mudado  ani  al  sistema,  re- 
preaente  de  nuevo  lo  qut-  ne  le  offOOt.  ■  —  Teatri  L  b\" 


—  384  — 

di  S.  Mai-lino,  «  dandole  ad  intendere  che  l'aver 
mai  -itala  cui  un  uomo  di  qualche  riguardo  ,    Inedie  p< 
non  fu  eseguito  per  li  maggiori   travagli .   die   pa 
Ititi  Principe.»  Tuttavia,  la   Boocabianca    vi 
somma  modestia,  se  non  onestamente  ,  poiché 
dato  scandalo  uè  con  sfoggio  d'abiti,  né  coli' ai 
continuo  per  la  città  ai  passeggi  o    in   altri   luoghi 

.itati.  »  ') — Tra  Iti  ORBt&r  ite,  -si  presenta  all'in 

mira/.ione.  dei  posteri  Caterina  di  Gemi • 
37-8  al  Nuovo,  il  38-0  ai  Fiorentini  ,  o  nella    primavera 
dfli  39  aveva  ricominciato  al    Nuovo,    a  Vergini 
pillis  »  come  giudica  un  suo  pretendente,  e«  reputata  da 
tutti  per  zitella  e  d'anni  20,  parendomi  vistosa»  ,  e 
diceva  l'Uditore,  perito  designato  in  siffatte   mai 
giovane  Francesco  Barralo!,  maestro  di  casa   de]  DtM 
di  Perete,  se  n'era  invaghito  e  avevano  scambia 
per  iscritto,  promessa  di  matrimonio.  Il  padre  della 
Ieri  ii,  un  miserabile  copista  di  musica,  non  volendo 
la  figlia  s'allontanasse  dal  teatro,  la  condusse  inni 
io  Uditore,  e  le  fece  disdire  la  promessa  come  e 
palale  per  l'orza.  Il  Barrami  ebbe  mandato  di   non  sp, 
Berla.  Ricorse  al  Re.  La  Caterina  aveva  fatto,  intanto, 
pere  all'  Uditore  che,  se  l'avesse  tolta  dalla  casa  di 
avrebbe  manifestato  la  sua  vera   volontà.    L'  l  ditore 
mise  in  casa  «li  Gioacchino  Corrado,  «  uomo  oue-in.  chi 
tiene  moglie  e  più  Bglie  zitelle  da  marito.  »  Qui  Ut  I 
lina  dichiaro  che  voleva  sposare  il  Barrami,  e  rosi  tu  fatto' 
Quol<  Ih-  anno  dopo,  recitavano  al  Muovo  dui  >r< 

delle  quali  anche  l' Uditore  diceva  molto  bene  3). 


•)  UHM  3  DOT.  41. 

')  L'Ho»  16  giugno  31».  —  Supi-1    Ramini.  -  Cfr.  L'Ilo»  18  lu-' 

'••'iLbiojrr.  sovra  oil.:  «  EtoMi  'li  Q«ao»f0  ••  u  ■  «Uk , 

vergine,  ligi»  di  padre  e  madre  onestissima,  abita  presso  la  «•hi*»» 


—  885  — 

ita  potrebbe  seguitare,  parche  è  lunghissima»  Si 
tratta,  come  bì  vede,  (par  usar  la  frase  del1  Uditore  dal 
feaercito),  di  debolezze  umane,  che  son  'li  tutti  i  tempi. 
Ma  certi  giinìizii .   certi  ti,  certi  provvedimenti 

-ione,  sono  propini  di  quel  tempo  e 
degni  di  storia. 


\ci  di  prosa  —  Teatrino  e  baraccone  al  Largo  del 
(i-Ilo  e  il  giardiniello  a  Porta  Capuana  —  Il  /»  i 
San  Carlino  —  Reciti;  a  S.  Chiara  —  //  Teatro  della 
Pace. 

La  prima  meta  del  settecento  è  il  periodo  del  massimo 
-Iella  commedia  ili  prosa.  Goldoni  non  l'ai 
scora  rinnovata.  Le  compagnie  comiche  non  avevano 
ire  la  concorrenza  all'opera  seria  in  musica,  al- 
ia buffa,  agli  spettacoli  di  ballo,  clic  piglia vau  sempre 
maggiori  proporzioni. 

•li  non  e'  era  un  buon  teatro  per   le  recita    «li 

i.  Qualche  anno  o  qualche  stagione   il   Nuovo  o  i 

n  iitini  sospendevano  un  po'  la  perpetua  music  > 

nel  1734-5,  da  Pasqua  di  risurrezione  al  Carnevale,  recita 

al  Nuovo  la  compagnia  di  Girolamo  Mcdcbach,  Lorenzo 

ppe  Tago.  Salutiamo  nel  Medebeeh  il 

predestinato  campione  della  riforma   goldoniana  !  Brano 

■il'  improvviso,  degli  ultimi  valorosi  di  quel  genere, 

i'ietf.  ««I  L>  aor.lla  di  Caterina,  Atetifta  situila,  e  si  marita  tino 

anui  aono  eoa  >  —  l 

'l  11  M'.'I-.'l>:i<-,  romano,  ò  abbiu»tuu*n  noto.  Ma  lo  uoli/ie  uliv  si  hanno 
»]»  lui,  cximim-tuiio  dal   IT.SH.  quando  comparvi    ;•   V  .  BartoliF. 

Hot    li.  30-42,  —  Lorenz"  BelloUo,  d«lto  T,  iUiva   da  Panta- 

-  I,  il'.» 


—  386  — 

e  stato  '-•'<  pia  doli'  Italia.    Ho   avuto    sott1  o 
contratto,  che  recero  col  proprietario  del  teatro, 

ii/iis.  I!  di-  Laurenzio  Forniva  tre    veduta;  una 
«li  ritta,  mia  <li  bosco,  e  una  di  camera.  E,  per  prc 
ih  litio, aveva  il  godimento  di  nove  palchetti,  che  I 
per  suo  conto  sera  per  sera.  Forniva  anche    "gai   sei 
per  trcntarpiattro  carlini  l'orchestra  di  sei  violini 
bassi.  La  compagnia  non  poteva  recitai  a  km 

suna  casa  o  teatro,  salvoche,  chiamata,  a  1 
e  L'estate,  nei  mesi  di  luglio  e  agosto,  col  peri 
proprietario ,  in   qualche   luogo   più   fresco    del     I 
Nuovo.  ') 

Cosi  ai  Fiorentini,  nel  1738,  recitava  all'  impiantii  una 
:  pagnia  quasi  tinta,  n 
Nicotina  Bonanni,  liglia  o  sorella  l'orso  di    quel  Viti 
che  tu  buon  Pulcinella;  seconda  donna,  Maxj  Gì 

maldi.  La  servetta  era  Grazia  Bu  »  I  tre  amorosa 

Francesco  Gattini,  Nicola  VHolo,  Saverio  Fusco.  I  >■  i  /', 
■  fn  il  Dottor  Graziano  era  rappresentato  «la  Pici 
Gabrieli;    Tartaglia,  dal  noto  Ni  fio.  I  due  - 

erano  Cornelio,  Ferdinando  Diego,  e  Pulcinella,  1 
meo  Antonio  de  Fiore,     i  Co-i    hieeiamo    conoscenza 

de  Fiore,  eh* «fi  il  gran  Pulcinella  del  settecento.  Nel  it:j 
ora  giovane,  forse  di  2'A  a  24  anni.*) 

Ma,  salvo  queste  brevi  invasioni  nei  teatri  di  musi 
la  vita  degli  istrioni,  o  stregoni,  era  miserabilissima.  Il 


')  \Vdi  earte   Teatri  f.  !.• 
*}  Doveva  «Mere  prima  un'  Angiola  Testa. 
»)  l.lloa  '/.$  IIIAggk)  1838.  —  Teatri  f. 
')  Darteli  l'.  Notisi,   i,  W7.—  Dice  dia  inori  nel  1707.  «  avendo  del- 
l'irta auu  oltrepassato  il  [OantttlfflO.  » 

j  l  Un  0  flrfdir,  3ft  «  Noi  T    Nuoro  a  nei  Fìom  I  iato  «olito 

enervi  due  ronipairni";  una  però  dei  rantolili  e   l'altra    de'  Istrioni;  ma 

Iti  in   uno  stesao  teatro  giammai  »'è  u»ato.  »  —  1 


-387  - 

ditoi  i".  il  19  agosto  1740,  diceva  die»  allora, 

due  compagnie  rappresentavano  a  Napoli  in  prosa:  Pùna 

in  quel  tale  •  luogo  quasi  sotterraneo ,  calandosi  diverse 

■   lei  Castello,  presso  dalla  chiesa  di  S.  Gia- 

como  »,  e  l'altra  «  in  un  giardino  fuori  Porta  Capuana.» 

Queste  compagnie  •  sono  in  estremo  miserabili  e  (anno 

lai  vile  professione  solamente  per  vivere,  non  lucrandosi 

in  poche   grane  per  ciascheduno  il  giorno,  li  quali 

ira  li   mancano,  si  riducono  in  una  strettezza,  che 

•  ',i.  [comici  'li  fuori  Porta  Capuana  «  pos- 

■  solo  rappresentare  1<"  comedie  fino  al  di  otto  di  set- 

slato  sempre  solito,  poiché,  por  ca- 

.  dell'  inni'i  ».  che  rione  a  cader  la  sera  in  detto  li 

inetto,  non  •■•■      la  gente,  siccome  con  lediti 

:ui  calorosi  estivi  per  divertirsi  al  fresco». 

I  .Mini.  atrino  di  s.  Giacomo  andavano  a  mei- 

noesi  'li  luglio  e  b  id  teatrino  della  \l.  Pieni, 

in  quei  mesi  nel  Largo  di  Palazzo  a>. 

Fuori  Porla  Capuana  recitava,  netta  pi  e  osta 

del  1739,  una  compagnia,  dove  il  primo  amoroso  era 

ico   Barese,  gli   altri  due   Domenico  David  e  il 

Pasco.  Ferdinand»    Diego   r.-uwa  -l  ('uhi,  il  de  Fior..!  il 

;  i  Margarita  Gallegara,  A- 

gata  dia,  Maddalena  RaganieQo.  La  prima  di 

delle  antiche,  che  ha  rmiato  altre  volte,  ed  anche 

nel  prossimo  caduto  anno  in  questa  Capatale  nel  Teatro 

i  ,  ma  Agata  CiavareDi  e  Maddalena  ltaga- 

pfeilo  sono  nuove,  sebbene  mi  ai  dice  che   la   suddetta 


')  Uliva  10  agosto  1740.  A  proposto  d'una  sospensione  di  recite, elio 
m'  er*  ordinaUi   nella  città.  L"  I  llo;i  .  ,i  la  causa  dei  po»< 

mediatiti. 

*)  T.  Toiihxi  dico  in  una  sua  supplica  d«l  1779  rhu  la  sua  compagnia 
da  tamtam  anni  recitava  nel  R.  teatrino,  nolito  ad  erigerai  neli 
Dunque,  dal  1743  —  Teatri  f.  t2* 


—  38*  — 


ir   più  anni 

■ 


Agata  sia  d'età  avanzala  ,  abbia  IDB 
abbia   lecitalo   in   diversi   luoghi    fuori 
gno  »  «). 

[  comici  di  fuori  Porte  Capuana,  diretti  da  D.  A.  di 
Fiore,  nei  mesi  non  estivi  giravano  di  teatro  in  leale, 
si  accomodavano  alla  meglio  dove  potevano. —  Ma,  nello 

>to  1740,  nel  quale  VUUoa  fa  la  sua  relazl  i 
a*  ha  dotisi  d"un  Giuseppe  d'Amato,  che  aveva  preso  in 
fitto  per  conio  ducati  un  post.»  noi  largo  del  Castello,  «in 
cui  aveva  piantato  un  casotto  >li  (avole,  entro  del  quale 
ai  fanno  commedie  e  vi  ai  espongono  alla  pubblica 
varie  novità  e  spettacoli  »  '). 

F..  poco  dopo  il  1740..  sappiamo  di  certo  che  nel  largo 
del  Castello,  proprio  'li  fronte  alla  porta  del  Castelli 
era  ■   DO  barrammo  st'it   <■■<  ìi   tavole,  00- 

«estO   BOpra,  dentro  del  rpi  situato  tre  file  *•?«  r 

bistri  di  palchetti  » 3)  Questo  barraccone  si  i  S 

Carlino'). E  potrebbe  anche  essere  tutt'una  c>     < 
QUeDo  di  Giuseppe  d'Ann 
lu  questo  baraccone  una  compagnia  di  comici  ali 
ito  recitava,  «  cosi  di  giorno  come  di  notte,  comm 
all'impronto  ed  altri  spettacoli    .  Capo  ili  essa, 
Qomejiieo  Antonio  ài  i-y 

:io>  fi  apr.  30.  L*  nota  fu  pitulji  .1  12    apri!»    «1   aognet*. 
giustizia,  pcrchù  le  tre  donne  fossero  escluse,  dal    bando  concernente  U 

*)  tappi,  di  Giuaeppo  d'Amato,  ag.  40.  —  Cfr.  lett.  Ulloa  19  agnato. 
i  Carte  varie.  Teatri  f.  10."  Le  notizio  sono  del  1754.  Ma  un  D.  Gen- 
naro Brancaccio,  fi  Union»  dot  lar^o  del  Castello  da  14  anni,  d 
visto  costruir»'  lui  il  banan-òu.     duna,  prima  dal   1740.  K,  d'altra 

parte,  i  comici  della  compagina,  lì.    \.  di  Fioro  e  gli    altri ,   affermano 
r  recitalo  in  quel  caiotto:  per  io  sposto  di  molli 
4\  Nella  cutfi  jnà.  (JA  9  nor.  54  dio»  che:  «  qu#*tn  piccolo   few  tri  do 
è...  pream  del  TetlTO  Reali*  »  —  Il  che  'piega  il  nome,  dato  o  por  baffo- 
neria  dal  costruttore,  o  per  ironia  dal  pubblico. 


—  389  — 

irapo  sempre  il  Ciotto  è  Gennaro  d'A- 
rien/o,  e  forse  Onofrio  Mazza,  e  FranccscoBarc.se.  —  I 
cesco  Barese  parli  pòi  per  Roma  nel  17  lo  come  Pulci- 
nella ,  per  sostituire  al  Vallo  il  Pulcinella   Bartolommeo 
!ci,  allora  morto.  ') 
Il  di  Flore  colla  sua  compagnia  in  alcuni  tempio,  ine 
alcuni  gii  mi    recil  iva  in  altri  destri.  Goal  nel  1.748 
reatro  Nuovo.  '-')  Anzi  fu  proprio  lui   chi    introdusse 
i  teatri  piccoli  di  musica  'li 
cune  sere  della  settimana,  per  lo  jm'i  il  martedì  e.  il  sa* 
i.  Nel  1~.  i  sposilo  deBa  e  i  one   dei  teatri 

par  la  peste  'li  Messina,  PI  ditore  'liceva:  «Nei  teatri  pie- 
eoli,  q  che  si  attenda  al  complesso  dell'  open» o  n Ile  pani 
bufi'  lell"  idioma  napoletano  Si  Spiega  ,    VI    annida 

iritn         :  lente  un  qualche  piccolo  libertinaggio,  chi 

il  va  serpeggiando  in  cattivi   pensieri    tra   la   genie 

minuta,  che  più  Facilmente  nei  sudi  tu'  piccoli   I  latri  con- 

sopratutto  qualora  in  essi  nelle  sere  oacue  di 

nwsira  si  rappresentano  le  con  piullereache  al- 

inella,  ionie  già  seguir  dovea....  »  ») 

Nel  I T43,il  de  Fiore  era  ai  Fiorentini,  e  rap- 

.•iitò  ima  buffoneria  in  musica,  intitolata:  Nerone 

Galèa,  musica  ilei   signor  Non 
si  sa.  Nerone  era  I  dei  Bisognosi;  Ottone,  Pul- 

ii    Galba,  Coviello  Ciavola;  Poppea,  Angela 
•■in.  Brunetta  Menarella,  ecc.4)  Nel  1744 
i  a  dei  comici  all' impronto  chiedeva   il 
me  recitare  ai  Fiorentini 

irte  varie.   Teatri  f.  8."  —  Il  Goldoni  trovo  a  Roma  noi  Ì739  una 
com|  .1,  composta  in  gran  pari     da       ipoletani  .   col    P 

nWk  la  Papa  6CC.  Cfr.  ìiem.  II.  L'I 3  «g. 

lì  Bigi.  26  agosto  1742  a  I>.  PraoetKO  Ventura  «ce. 
unte  31  oli.  IT t:'..  —  Ttat     E  19 
Fiorino  o,  e.  iv. 

1 1  _  Tmtri  i".  5.° 


—  390  — 

Nel  1746,  nel  carnevale,  il  Don  Marfoi 
drammatica  per  musica.  ')  La  dedica,  infoi 

lì  latine  ,  è  firmata  da  Domenico  Antonio    d 
E  i>-'!i  Martorio  era  rappresentato  dal  tignar  Pulcii 

ùtoso  f(i  camera  delf  Isole  Canarie,  e  Fla- 
minio dalla  signora  virtuosa 
degli  'frn  Esperidi,  ecc.  La  musica  a  dittiti 

sture  «li  sopra  e  di  sotto  ecc.  ■   o   diretl 
balli   il  signor  Alicnrnasseo   Sensapiedi.  —  E    nel     ' 
itane  Gì  i  Lello  Se  ìel  quale 

e  il  de  l'i"!  "•»  Orati  e  Mar- 

gari  B  Anna  Cavallucci  e  Gennaro  <l 'Ai  lonzo. 
VI  teatro  Nuovo,  nell'inverno  nì,  la   stessa  compa* 
gnia  dato  I"  scherzo  Fra  lo  sdegna  nasce  am 

del  <ii  Fiore,  musica  ili   Onofrio   d'Aquino,   nel   qi 
oltre  la  Cavalluccio  e  i  due  tirati,  notiamo  Niccoi 
•  in    reca  Rambalda,  i  Francesco  Massaro,  che  Reca  An- 
dronico 3). 

É  questa  la  piti  antica  menzione,  che   io 
Pran  Massaro,  ramoso  poi  nel  carattere  di  s 

stidio.  —  Secondo  il  Oimaglia,  il  tipo  di  Don  Fastidiosa^ 

robbe  nato  nel  teatrino  di  dilettanti  d  iu»le 

Cirillo,  l'u  giorno,  che  il  Cirillo  voleva  mette 

ud  suo   collega 

D.  Fastidio  i  ad  affidar  bene  la  parte:    •  un 

bìere  alto,  -'•  1 1  bito,  allampanato,  e  i  on  un  n 
raviglioso:  proprio  tal  quale  il  paglietta,  ili  cu 

■ura.  ..  Il   parrucchiere  era  Franco 
che  poi,  animato  dagli  applausi,  si  dette  tutti»  al  teatro.  ')— 


')  Ded.  a  IL  Filippo  Palombi  dei  Har.  di  Pa«scarola.  —  In  Xap,  17 
T)  Ded.  al  Marchese  d'AuleUa  e  Principe  di  I  I 
>)  Cfr.  Florimo  o   a    IV, 

i     M.  Sòbcrìllo.  La  commnlia  deli'  arte 


—  w  — 

bo  argomenti  da  confermare  o  rigettare  questa  vw- 

a  potrebbe  darsi  che  fosse  eo6i;  il  Massaro. 
diventi  portò  sul  teatro 

blico  il  tipo  nato  noi  teatro  privato;  e  nel  teatro  pubblico 
lìi  il  primo  e  il  solo  a  mettere 
"•    iscritto  i  detti  e  fatti  di  D.  Fastidio.  —  Se  la  rei 

i  atta,  nel  1740,  essendo  già  attore  il  Mas- 

t,  doveva  già  esistere  Don  Fastidio. — 
"nventi  e  i  monasteri  non  avevano  smessi,  l'uso  ri 
le    drammi. Nel  convento  'li  3. Chiara,  nel  cai 
1735,  si  rappresentò:  //  trionfo  delie  lede  nel 
><3!tirio  di  S.  Lucìa,   in   versi,   e<ui  la  parte  napoletana 
•  omero,  e  intermezzi  napoletani.  *) — Nel  1738,  anche 
ara,  Giuseppe  il  Giusto,  rappresenl  di- 

'rnmento  di  quelle  Dame  religiose.  *) 
Mi  le  monache  a  rappresentarli.   Veni 

ano  comici  di  fuori  e  li  davano   innanzi  alla  pori,    i    I 
ero.  —  Nell'anno  seguente,  1739,  la  Badessa  ri- 
al aolito,  il  permesso  col  seguente  biglietto: 

Il  Lina  Signora, 

lere  il  signor  Cardinal  Spinelli  ritornerò  a   parlargli 

ii  confessori  e  vedrò  s«  earfi    |>u-mI.iIi-    li 
"nv  Une  ad  una  pendenza,  che   dovrebbe  esser   terminal 

-lupo. 

ii  a  permettere  il  consueto  divertimento 
i  del  monastero  ,  non  dubitando  ohe  la 
l'rudeota  di  V.  S.  Ill.ma  In  farà  eseguire  nelle  i  trite  e 

'>  olito. 


».  .ri*  ecc.  (<lol    Mioiori    Riccio)    Napoli  A 


—  392  — 

La  patente  di  confessore  per  il  Padre  Girolamo  di  Fossom 
brone  è  stata  da  me  trasmessa  alla  persona  che  me  l'à  diman- 
data, e  pregandola  dei  suoi  comandi,  mi  confermo. 

D.  V.  S.  Ill.ma 


Roma  29  Xbre  1739 


Ser.re  ob.° 
Il  Cardinale  Acqua  viva. 


e 


Sig.1  D.'  Ippolita  Carminano  Badessa 
in  Santa  Chiara.  (Napoli) 

La  Badessa  fece  parlare  al  Marchese  di  Montalegre, 
per  avere  la  compagnia  di  Gaetano  La  Planca. 

Il  La  Planca,  come  sappiamo,  era  stato  scolaro  del 
Belvedere,  allevato  nella  sua  casa,  e  fatto  da  costui  suo 
erede.  —  L' Uditore,  che  ebbe  l'incarico  della  cosa,  rispose: 

Ecc.mo  Signore, 

Per  quanto  mi  è  noto,  la  comedia  concertata  da  Gaetano  "* 
Planca,  ella  è  Planipedica,  cioè  di  spada  e  cappa. 

La  conversazione  si  compone  di  officiali  di  Banco ,  not^"l 
di  un  Dottore. 

La  sudetla  comedia  si  rappresenta  fra  brieve  in  casa  del 
gnor  Principe  di  S.  Severo  a  costo  del   medesimo. 

Giamai  il  sudetto  la  Planca  con  la  sua  conversazione  e  r>-r 
dato  a  recitare  in  S.  Chiara ,  ed  è  cosa  un  poco    rnalagevt 
per  essere  persone  oneste  i  rappresentanti.    Nelli»    stato    pr^** 
sente  mollo  più,  perchè  si    troveranno    impegnati    con  d.    si^^"" 
Principe. 

Mi  onori  V.  K.  di  altri  comandi,  ed  ossequente  mi  conferii^ 

Casa,  li  31  di  Genn.  del  1740. 

Umiliss.  e  dev.  serv. 
Krasmo  Ulloa  Srveri.no 

Eremo  sia.  Marc/use  di  Salas  «ce. 


—  393  — 

Tui  ministro  replicò  Ohe  tacesse   un    tentativo, 

pattuì  !'•  si  voleva  <■  dicha  representaefon  por  una 

y  deviando  ser  a  puertaa  cerradas.  »  ')  Ma  non 
ipiamo  se  le  povere  monadi,    fossero  contentale. 
Nel  1746  il  Padre  Guardiano  della  Croco  dì  Palazzo 
..  istanza  al  B te  d   a  ricevere  13  abiti  Impronto  dal 
darobe  del  lì.  teatro   per   servirsene    in   una   © 
ìedia,  clic  si  h  nel  monastero  ridia  Croce,  per   onesto 
rumente)  di  quei  religiosi...»  K  il  Livori,  pur  di' 

l'introdurre  prestiti  d'abiti  nel  Real  teatro  era  cosa 
indiziale  e  si  deteriorava  la  robba....  •>,  credeva  clic  in 
to  caso  «  la  pietà  del  Re,  volendo  laro  uso  della  sua 
sia  dementa.,.,  potesse  accordare  b  grazia  a  questi 
poveri  religiosi,  impotenti  a  potere  spendere  danaro,  per 
nel  loro  onesto  divertimento  benidièbino  la  li- 
beralità di  S.  M.  e  preghino,  siccome  s'offeriscono,  per  la 
sua  preziosa  saluto  ed  esaltamento... .o  improntare  da  detto 
guardarobe  quanto  cercano,  senza  toccare  quell'abiti,  clic 
i  servibili  per  le  future  commedie  o  decorazioni,  eon- 
una  mecft  di  vestiti,  che  far 

proposito  por  loro  uso,  senza  pregiudizio  di  qusDij  i  OS  sono 
itti  :■  par  proprio  uso  del  teatro.»»  E  cosi  hi  rati 

.godevano  specialmente  fama  di  buoni  a 
i  monaci  Celestini  /li  S.  Pietro  a  Maiella.  Lo  Sharp  parla 
di  una  comedia,  che  facevano  quando  egli  era  a  Napoli, 
dice  che  recitavano  con  molto  brio  e  verità,   e  non  si 
icev  :  upolo  d' indossare  abiti  femminili  e  compa- 

rire in  i  ,ry  lascioious  eh  s  •')  -*  li  portar  le  co- 

da  Mar.  .lei  1740. 
1    l  febbr.  46. 

rt  from  Jfaty.  |>.  9G  buon  prestante,  fa  la 

•sa  meraviglie  rlw  la  lhi«M  cattolica,  ll<-va  a  Napoli 

«li  frali  ili  recitar  coiuedie,  negasse  agli  attori  a  Parigi  In  sepoltura  in 
consacrata. 

27 


—  394  — 

media  nel  carnevale  nei  conventi  e  monasteri,  ■■ 
u   più  tardi,  un'industria  degli  impresarii  dei  teatri  pu 

Mici  '). 

In  un  convento  o  monastero  si  sarebbe  anche  reci 
a  quanto  si  dice,  intorno  a  questo  tempo,  la  più  noi 
opera  buffa  del  periodo  re  al  Lorenzi  :  la    7 

abbentorosa  <li  Pietro  Trincherà.  —  Riei   i 
litO    genere   Batirico   del   Trincherà.    Si   tratta  di  un  tale 
Uzzacchio  ,  che  fa  l'eremita  col  nomo  di  Fra  Macario,  e 
domi  'rie  famiglie  di  gente  bassa;  combina  amori, 

porta  Imbasciate,  riceve  incarichi  delicati,  ed  >,  re- 

galato  da   tutti.  A  un  punto,  due  ragazze  gli  dann 
mangiare  e  da  bere  tanto  cho  a* ubbriaca,  e  esce  fuor  di 
sé,  e  comincia  a  perdere  ogni  misura.  Mase,  w 
trae  in  inganno,  camuffandosi  da  donna,  e  ndofo 

in  casa.  Ma,  con  l'abilità  di  Tartufo,  Macario  sa  COI 
tire  a  sua  lode  il  suo  fallo,  e  persuade  la  gente  contr 
Mase.  I  varii  pi  gì,  giovani,  ragazze,  una  v 

e  finalmente  lo  stesso  Mase,  disgustati,  chi  per  una  ra- 
gione, chi  per  un'altra  dai  loro  amori,  BnisooD 
sa  bene  perchè,  col  farsi  eremiti ,  sotto  la  dire 
Macario  : 


Uix.  Suora  Madre  Reverenda, 
Figli  cari  di  buon  cuore, 
Tutti  uniti  replichiamo 
Tutti.  Grazta  al  Cielo,  e  il  Ciul  difenda 
Queste  belle  pecorelle, 
E  conservi  anche  il  Pastora  I 

La  comedia  6  curiosa  per  l'argomento,  ha   qualcbt 

bella  scena,  ma  i  è.  un  vero  organismo  artistico. 

si  capisce  che  cosa  abbia  voluto  fare  l'autore,  non  si 


')  Vedi  in  seguito. 


—  395  - 

ptecono  bene  i  varii  caratu-n  e  il  lignificato  dell' aziono. 
è  qualche  cosa  di  monco  o  <li  non  esplicato. 
La  sola  edizione,  che  se  n'ha,  è  un  volumetto  intito- 
lati!: Za  Tavernola  abentorosa  Melodramma  addede- 
!.'■■  a  />,  muto  Lustri:  segnare  1).  Ghiennaru  Fineìli 
cato  napoletano.  —  Napole,  La  dedica  é  Ormata 
•  li  Terenzio  Chirrap  (Pietro  Trincherà).  —  Fu  mai  re- 
II  Signorelli  dice  che  «  fu  scritta  per  recitarsi  nel  rea! 
istero  di  Santa  Chiara  verso  il  1740.  »  B  soggiunge: 
«  Il  Trincherà  ne  fu  perseguitato  o  gli  convenne  rifu- 
giarsi nella  <  lei  Cannine.  »  ')  E  altrove  dice  ohe  Ri 
messo  in  carcere,  e,  disperato,  si  uccise  coi  frantumi  .li 
un  piatto.  *)  So  non  clic,  lo  Scherillo  fa  osservare  giu- 
stamente che,  si  cera  sunt  exposita,  la  comedia  avrebbe 
dovuta  esser  composta  dopo  il  1753,  noi  (male  tempo  il 

tTrinchera  era  ancora  vivo.  *) 
Ma  basta  avere  un  po' l'occhio  addestrato  nella  cono- 
soenza  delle  stampe  del  tempo  ,  per  giudicare ,  a  prima 
, -i--t;i,  che  l'edizione  della  Tacernula,  per  la  carta  e  pei 
t  i  f»i.  non  può  esser  stata  fatta  dopo  il  1753  e  deve  esser 
j .  i  ut!'  moro  che  posteriore  al  1740.  —  D'altra  parie, 

ti---»  i  molti  documenti  che  ho  trovati  sul  Trincherà  nello 
cetile  dell'ami'  .ione  dei  teatri  dell'Archivio  di  Stato, 

1 1  eesuna  traccia  della  Tavernaio,  e  di  persecuzioni  ,  che 
avesse  sofferto  per  essa.  E  siche  quello  era  il  posto  op- 
portuno ! 


*'    Set  ed.  dallo  Vicende,  VI,  316-7.  323. 
*>    Rapo:.  02-3.— L* «L  della    Opp.  di  G.  B. 

'ore«'  H  fti  rapp.  in  Nap.  noi  monistoro  del  Carmina  al  lampo 

di    Carlo  111 

S.  berillo  Storia  lftt(rmi<i  il.il'  op.    buffa  ecc.  p.  178  —  Anzi ,  dico 
■  <3o|a  il  lT.r>4 ,  perrhò  fino  a  queir  anno  giungono  i  suoi  rogiti  oon- 
»;  ull' Archivio  NoUril 


—  390  — 


Si  sarebbe  tentati   di  supporre 
'irosa  non  fosse.  stata  stampata  por  esser  recitata  3 
che  la  tragi<  del  Ti  lo  nella.  — 

Ma  i  so  6  wro  die  odia  stampa  accanto  ai  personagf* 
non  son  messi  gli  attori,  è  che  v'è  i  l* 

musica  è  de  lo  aio  Carlo  Cecero  ,  violino  Napoletano   ■• 
!•:,  d'altra  parie,  3  Signorelli  era  quasi  un  coni  n0** 

e  non  si  spiegherebbe  il  suo  errore.  —  O  dio  il  Trio 
davvero  fosse  morto  in  carcere,  e  l'equivoco  cadesse  sc3^° 
-ili  aver  Litio  della  sn;i    morte   una   conseguenza   de 
persecuzioni  avuto  per  la  stampa  della  Taeernoh  *ì° 

furono  forse  tuli'allra  cosa?  Fosse  morto  in  carcere  per  •? 
bitil — <  di  non  poter  far  luce  su  que  ^^ 

l'i'  volse  le  migliori   forze  del  suo  ii 

gegno   sul  teatrino   della    Pace  o  della  Lara,    il 
come  sappiamo.,  aveva  sempre  infimi  al 
latori.  Ni  i  L736  ri  si  n  moi\ 

musica  ili  Eduardo  Carasale  pisano,  e  lo  Corr 

mbe  del  Trincherà.  Ut 
poteva    aprirsi  per  mancanza  di  cantanti,  o  perchè  t:. 
che  1'  Uditore  non  poteva  proprio  ammetterli 

Nel  1738,  nei  giorni  della  Fasi] ii.i  vi  sì  recitava,  come  ari- — 
che  ai  Fiorentlli),  1'  Opera  della  Passione  di  Gesù   Cristo  _ 
Ma  l'Uditore  seppe  di  tali  disordini,  che  subito  ne  ordinò  Ina. 
sospensione  ').— Nel  marzo  17:{'.>  si  tentò  di  nuovo  di  re- 
tare quest'  Opera  ,   ch'era   già  stata    proibita  anche  al 
Fiorentini  e  «il  Nuovo.  Da  qualche  tempo  non  v'ora  im- 
presario e  il  e  msenso  era  stato  dal  »  direttamente  dal  pa- 
drone d«'l  teatri».  L'UHoa  avvisava  che  la  cosasi  riduce 
a  chiasso  e  a  scandalo,  e  il  fino  non  no  era  la 
ma  il  voler  fare  un  piccolo  lucro.  «  Rii  Be- 

ni oria  dogli  uomini  ^istoria  della  passione  di  nostro  S 


\ 


»)  Ulloft  4  aprilo  38.  Teatri  f.  SLa 


—  307  — 


,li 


loro  per  riscatto  dell'umnu  genero,  è  stata  iKta 

farsi,  o  in  alcune  case  private  di  gentiluomini,  con  somma 

decenza  e  compwigimcnto  degli  ascollanti  o  in  oratorii, 

q  aleno  congregazioni  di  luoghi  sacri,  ladove  scandalosi 

minienti  incontrar  non  si  possono  e  *).  Col  perni 

ili  Ali  r  Vicario  era  stato  conceduto,  talora,  alla 

qualità  delle  persone,  e,  otto  anni  sono,  —  dico  I'  Ulloa — 

Ita  ne  fui  Spettatore  in  una  casa  vuota  di  Sui 

III-  dal  marchese  de  Simone,  e  da  altre 

IDQ  dislnn  .  i  i.»pi  icl.-ì  i  '/.ione,  clic  quasi 

►ijtiiin.iii  ose  »  ').  Ma  sui  teatri  pubblici  non 

i.  I  recitanti  ricorsero  di  quoto  dicendo 

er  tutti  galantuomini,  un  D.  Giulio  Cariano,  un  Fran- 

Giordano,  Un   D.r  tisici.  G.  B.  Cataldo,   un    \i. 
•iapuoti.  Avevano  concertato  per  più  mesi  sotto  I 
'.ione  .li  Don  Gennaro  Federico  ,   avevano  tatto   delle 
.  il  Teatro  della  Lava  non  era  fittalo;  si  permettes- 
neuo    duo   o   tre  rappresentazioni.   Ma  l' Ulloa, 
rabile,  ribattette  che   la   spesa  era  stata,   al    più, 
di  un  paio  di  carlini,  per  la  spazzatura;  quanto  alla  pre- 
'ione,  se  ne  sei  ilare  w  luoghi  pri 

oratorii.  Non  era  vero  elio  la   recita  non  era  a  paga- 
tando  a  me  i  he  nell'anno  passato  segreta- 
mente BÌ  affittavano  i  palchetti,  anche  per  temine  disoneste, 
e  Coi  scavasi  nel  tempo  .stesso,  in  cui  ognuno  dovea 

piangere  alla    dolente  memoria    della  passione    di  Gesù 
Cristo!  o  J)  —  Carlo  IH,  che  dovea  abolire  in  [spagna gli 
cntales  e  le   altre   recite   sacre ,    cominciò 
coli' esser  severissimo  a  Napoli  in  questa  materia* 

39  e  nel  carnevale  40  vi  fu  r< 
T.ir,  ma  'li  Musiaccio  di  B.  Sedatimene,  musica  di  Pietro 


N  0  mano  39. 

M  i  H.v.  21  man 

Im  18  manto  39. 


:> 


—  398  — 

Comes;  Tommaso  Scarlatto,  G.  Riccio,  il  do  Falco,  Gè- 
BUaldfl  d'Amore,  Maria  Crasso,  Antonia  Spina  ne  orano 
gli  attori  '  ). 

Nel  giugno  1742  un  Domenico  Antonio  Arcioro  p 
lava  la  lista  della  compagnia  che  aveva  composta,  olire 
che  del  de  Falco,  del  Losi,  del  Riccio  e  Francesco  d'Angelo, 
delle  donni;,  Teresa  Passagliene,  Teresa  la 

so,  e  la  Spina,  o  le  quali  per  li  loro  moderati 
Stumi  e  per  non  essere   stale  causa  di 
abitavano  presentemente  in  citta  ed  hanno  più  volte 
tato  nel  SudettO  teatro  ».  La  firma  della  supplica  era 
tcnticata  da  Notar  Pietro  Trincherà. 

Ma  l'Uditore  ti  i  che  le  quattro  donno  erani  >  i 

peggiori  e  «  per  tal  elTetto  ho  procurato  sempre    di 
farle  ammettere  e  molto  più  di  non  unirle  tutte  a  un  luogo». 
Il  teatro  era  «  molto  angusto,  ed  assai  abbondante  di  . 
bassa  »,  cosicché  a  di  rado  o  non  inai  facile  vi  coni 
detta  nobiltà  e  per  contrario  tutto  il  concorso  a 

gente  minuta,  che,  | ter  esser  di  sua  natura  scori 

lascia  di  ess*  sa  e  impertinente,  in  maniera  «he  o>n- 

vieno  tenervi  guardie  doppie  per  evitare  i    disordini 

to  Colà  pio  fac  ili  ad  ari  adoro,  che  in  ;iltra  parte,  e  in; 
giormcnte  quando  vi  sono  di  siffatte  persone  dissoneste, 
indo  ciascheduna  di  esso  degli  amici ,  che  proten- 
dono di  vantaggiarla  sopra  l'altre  ■.  In  4l  <me  sap- 

kO,  Teresa  Passaglione  allontanata.  Ani 

spina,  a  bastantemente  la  »,  si   sai 

voleva  recitarvi,  o  per  non  accomunarsi  colle  altre  due, 
perchè  sono  assai  più  debili  in   musica   e  una  sol  voli 
hanno  recitato  per  ultime  parti,  e  perchè  sono  un  po' pii 
e  e  ili  cattiva  fama  ».  Fvidentemente  la  noi 
o  per  ottener  la  licenza  e  poi  surroj 


')  Pcrmraso  accordalo   1  .li <:.  :'•:•. 


r 


—  399  — 

forse  altre  sotto  il  pretesto  di  mancanza  di  esse  ».  ')    Il 
permesso  non  fu  dato.  L'Arcieri  ricorse  di  nuovo,  cam- 
biando in  parte  la  nota;  ma  la  proibizione  fu  mantenuta 
e    le  commedie  non  furono  fatte8). 

1/  anno  dopo  un  Francesco  d'Amato,  disse  d'avere  af- 
fittato il  Teatro  della  Pace,  e  chiese  il  permesso  di  farvi 
recitare.  Oltre  il  Losi,  il  Riccio ,  il  de  Falco ,  e  un  An- 
tonio Paduano,  le  donne  sarebbero  state  la  Passagliene, 
Antonia  Cavalluccio,  Caterina  Tedesco.  Ma  la  Passaglione, 
come  anche  sappiamo,  si  volle  che  non  comparisse  più  sul 
teatro.  E  P  Uditore  sapeva  inoltre  che  l'Amato  non  era  «  che 
un      miserabile  barbiere  »  e  finto   impresario  ;  l' impresa 
correva  invece  per  conto  di  due  gentiluomini  di  cognome 
de  fetris,  «  giovani  malviventi  ed  immersi  nelle  debolezze 
umane  »  *).  E  il  teatro  restò  chiuso  anche  queir  anno. 

VI. 

Il&aron  di  Lioeri,  Ispettore  del  San  Carlo — Commedie 
del  Lioeri  —  Gabriello  Costantini  —  (1741-47). 

«    Baron  di  Liveri ,  coi  due   componenti  della  Giunta, 

UiJo^,  e  il  fiscale  Ferrante,  tenne  la  direzione  del  S.  Carlo 

da*    a.^41  al  1747. 

^eU»  prima  stagione,  41-2,  furono  scritturati  il  musico 

£°stiìno   Fontana  di  Torino,  il  Pompei,   cioè  Gaetano 

0fr*I>^o  Basteriis,  la  Costanza  Celli  detta  la  Milordina, 

lo ^^-nna  Astrua 4)  e  Francesca  Signorile  e  Vito  Romito. 

*J    J^loa  25  giugno  42. 

*    ^Hoa  1°  settembre  42. 
/    ***1  oa  9  apr.  43.  —  Teatri  f.  5.° 

^*  «-tre  lo  stipendio,  alle  virtuose  ai  dava  alloggio,  vestiari,  ecc.  Ecco, 

.  .^^^fcnpio,  i  mobili  che,  pel  41-2,  furono  dati  all' Astrua:   un  letto 

*     «3on  cortine  por  lei,  un  altro  pel  fratello,  due  letti  pei  duo  ser- 


—  480  — 

C'era,  al  Solito,    Caflarolli:  perla  «('ili  Pi 

izziello.  Per  ballerine,  oltre  Io  due  napolitani  Glu- 
b  Corrad  >  e  Matilde  Franchi,  e  il  Land,  9  Gannii 
e  il  Sabioni,  •'!■<-  era  il  direttore,  furono  scritturati  il  v 
un'Anna  Maini  Giusti,  0  due  piccolo  a»  io,  la  Ti 

gliavini  e  la  Pantalonàna  '). 

Vero  è  che,  quando  si  fu  a  metter  l'operi  -ci 

li  [  osò  che  le  due  fanciullo:  «  quantunque  dò 
dell'abiliti  poi  la  di  loro  età  e  statura,  od 

tu  olare  le  Tagliavini,  ohe  è  molto  ragazzina,  e  per 
dczza  del  Teatro  ,  mollo  poco  potranno  risaltare. 
sicché,  si  voleva  far  restare  la  Bettina,  che 
e  dove  partire  par  Londra.  *)— Una  questione  diploi 
nacque  per  le  stampa  dei  nomi  degli  attori  sul  lib 

he  i  uni  itana  e  il  Pompei  volevano  1. 

pare,  accanto  ai  loro  nomi:    1  di  S,  Ai.  Sarda 

Carlo  IH  ciò  pareva  un  riconoscere  questo  titolo  di  Maestà. 
Si  evitò  la  difficoltà,  col  togliere  i  titoli  a  tutti  1  virtuosi.   | 

Neil'  ottobre,  .si  canto  al  S.  Carlo  una  Serenata  in  due 
atti  par   l'Ambasciatore    Timo,  allora   a  N 

Vi  presero  parte  il  Tolre  e  il  Manzuoli.  ')— Qtte 

.ìlmv  turco  fu  l'avvenimento  di  qu.- 
il  30  agosto  ed  andò  ad  abitare  nella  casa  del  l'n 


..  un  tavolino   indorato,  4  tavolini  ili  pero  e  duo  di  acero,  4 
di  vacchetta ,  sci  quadri,  due  specchi  indorati,  duo  portieri  di  durant 
due  tavoli  di  pioppo  per  La  cucina,  un  canapi:,  un  Cantarano,  sai  i 
•ai  sedie  di  paglia,  un  cassetto  di  vacchetta  ecc.  Dipenderne  ■■ 
maria.  Arch.  di  St.  Inv.°  &•  F.  N.  402. 

')  La  PnnUiloncina  vpnnu  con  la  madre,  il  padre  la.'  IH  ser- 

vitore. Vedi  Conti  -il -2.  Dijrmdenze  della  Sommaria  ©oc 

*)  Giunta  5,  H  oMobN  41. 

s)  Arch.  di  St.  iìi    Torino.  Lettere    Minutri  due    Su-ilie.   Me 
7  nov.  41  al  d'Orma*.  E  uell'Axch.  di  .Napoli  —  Livori  30  otlohro  41. 
bigi,  dd  Montalegre. 

4    Livori  7  ottobre   li  a  cario  li.  —  Teatri  F.  4.* 


—  401  — 

li  Teora  a  Chiaia,  ch'ero  stata  arredala  apposta  per  lui. 
■    onorificenze.,  ohi   ebbe,  furon  da  molti  giudicate  ec- 

e.  Tanto  più,  che  si  diceva  che  il  Gran  Sultano 
ittato  molto  diversamente  il  Conte  Finocchietli,  ambu- 
iatoro  ii.  i;  lo    ivi:\a  iir'vuto  sdraiato,  e,  ai  suoi 

miplimenti,  aveva  risposto  soltanto:  Dite  al  vostro  sor 
Orano  prendo  sotto  la  mia  protezione  con  tutti 

i  suoi  sudditi!  —  L*  ambasciatore  era  uomo  sui  66  anni, 
tura  mediocre i  pelo  castagno,  di  aspetto  tetro,  di 
color  livido  bruno.  Prima  della  sua  venuta,  «  eia  in  pre- 
ebeamento  di  uomo  rustico  e  fiero,  adesso  è  in  quello  dì 
1  ila  e  discreta,  ed  avant'  ieri,  il  Conte  Coppola  ne 
diede  un  tocco  di  questa  discretezza  a  3.  M.  all'ora  di  pran/'  >: 
].-  udo  stato  dalla  M.  S.  interrogato  circa  il  modo 

di  agire  di  detto  Turco,  rispose  egli  che  aveva,  con  somma 
discro7.ii 'no,  «li  già  stabilito  di  portar  seco,  nella  sua  partenza, 
tutto  l' amili' )bigliamento  della  casa,  in  cui  abitava;  lo  che 
fece  ridere  S.  M.  e  tutti  ^li  astanti!  »  —  1  cavalieri,  che  an- 
:'ono  a  visitarlo,  furono  <>  regalati  prima  con  giulnppe,  e 
oì  i  on  caffè;  indi  se  li  sono  presentate  defle  pipo  ;  posola 
hanno  portato  acqua  rosa;  successivamente  H  hanno 
itto  odorar  balsamo;  e  finalmente,  con  una  specie  d'in- 
li  hanno  profumati  con  legno  d*  aloe;  il  che  tor- 
linato  ,  sono  stati  congedati.  ■  —  Neil'  udienza  solenne, 
elio  ebbe  il  18  settembre,  in  tutta  quella  pompa  del  ricc- 
i  imeni  ■.  i  abbagliato  dalla  quantità  innumerablla  dei  varii 
orbi  a  nuovi  oggetti,  cheli  avevano  confusa  la  mente, 
-alito  da  uno  svenimento  »;  confortate  da   qualche 

intró  nella  sala  \  qui,  «sorpreso  da  pari  e  firn 
ipore  »,  pallido  e  tremante,  fece  gl'inchini  e  lesse  il 

ti  .ria  <\>-\Y  nlui  f,r'iir:ini'r  del 

Signore,  E  tornò  a  casa,  semivivo,  —Giorni  dopo, 

pranzo  datogli  dal  Montalegre,  bevve  di  grande  sciam- 


—  402  — 

pagn.'i,  chiamandola,  e  costrìngendo  gli  altri  a  chiamarla, 
col  nome  di  limonata  !  ')  — 

La  prima  opera,  del  i  novembre,  fu  YEsio,  con  musica 
del  Sarro.  —  H  re  aveva  due  camelli  e  la  Giunta  lo  Bop- 
plico  «  a  volersi  degnare  di  farci  goderò  «iella  due  ca- 
meli  sopra  delle  scene  per  maggior  decorazione  dell'ope- 
ra. »  l'I  il  He  rispose  che  la  Giunta  se 
Duca  di  Bovino  «  pam  versi  es  practicable  »  :>.— In  que- 
st'opera, essendosi  ammalata  la  Celli,  fu 
tuirla  Teresa  di  Palma  '). 

Il  Pantana  orava  ottima  voce  e  buon'arte,  ma  era 
«  molto  scarso  nella  comica  •  ')  —  La  seconda  opera  fu 
il  Demofoonti' ,  0OD  la  stessa  musica,  eoo  la  quale  fu 
dato  il  1730;  e  il  Ciro  riconosciuto,  del  Leo  ■>. 

Nel  febbraio,  fu  sfratti  .  i^iih.  nel  termine  di  Z4 

ore,  la  ballerina  Anna  Maini,  e  il  Barone  di  S.  Nicola  e 
D.  Pietro  Lambiasi  ebbero  il  mandato  in  casa*). — La 

>)  Quotii  o  altri  curio»!  particolari  Dolio  lettore  del  ITU  d>l  Conto 
di  MoiMAtorolo,  ambasciatore  «ardo.  —  An -.li.  di  St.  di  Torino.  LetUrt 
Ministri  due  Sicilie  F.  8.°  o  Carlo  varie. 

*)  «limita  1  luglio  11.  Livori  30  maggio. 

'J  A  proposito  di  costei .  Un  I).  Pietro  A.  Coline t,  ricorsa  al  Re  dicen- 
do che  D.  Giovanni  suo  tiglio  <  abbia  molto  sottratto  da  sua  casa  di 
beni  mobili,  argenti  <*  gioie,  che  deacrivu  (ed  a  cui  dà  gran  valore),  col- 
l'averll  dati  alla  canterina  Teresa  di  Palma  .  oltre  alto  grosse  somme 
di  danaro.  >  L"  Ullna  propose,  e  il  Re  ordinò,  che  si  metterne  il  sequestro 
Ila  di  Palma.  7  Nov.  -II. 

*\  Livori  17  ottobre  41. 

*)  Giunta  2  agosto  41.— Il  Oro  (per  dare  un  esempio)  «i  rappresentò 
20,  21,  22,  24,  25,  27,  28,  30,  31  gennaio,  I,  3,  4,  5  febbraio  42,  ortli 
nanamente  il  Mercoledì,  il  Saboto,  e  la  Doineni'/i;  il  Vinati 
teatro  mai,  o  solo  jwr  qualche  rari»ima  occasioni;,  come  uel  novembri 
45,  che  cadde  di  Venerili   B  Ila  Regina  di  Spagna  e  del  Reato  In- 

fante (  Teatri  F.  •',.»).  Cfr.  Bilancio  20  febbraio  42;  dove  sono  anche  varie 
notizie  sull'  introito  serali   dei  III  e  delle  sedie 

■)  UllM,  LB,   11   ! 'bbmiu   ti. 


—  403  — 

Ad  S.  Carlo  era  sev  .  Uà  ufficiale  dell»  reali 

fu  punito,  perchè  guardava  con  insistenza  le  fin 
me.')  Proibiti  rigorosamente  gli  applausi.    l'in  sera  del 
gennaio  42,  riteriva  P  Uditore,  mentre  li  recitava  il  Ciro, 
tacquero  tutti,  cantandosi  il  duetto;  mapoi,  catilanilo  solo 
ifai'olli  h  a,  cotanto  piaciuta]  nel]  attoj&°,  si  batteri  i 

io  le  mani  in  un  palchetto,  sovra  quello  della  mia  guardia; 
far  la  diligenza  coti  riserva  e  rilevai  che  stata  fosso  la 
signora  Duchessa  di  Castropignano  con  altre  due  dame.se 
non  per  v  .ìinitù.  Bimana  per  picea,  non  volando  una  com- 

Éarir  meno  dello  altre.  »  E  soggiungeva:   V.  E,  w'  Mu- 
lini! E  il  Montalegre  fere  replicare  gli  ordini  reali.*) 
'  n  »iso  curioso  dei  teatri  d'allora  era  la  celebra/. e 
«iella  festa  (fi  8.  Autunno  (S.   Antonio  Aliate  i,  patrono  del 
il  fuoco,  17  gennaio.  A  S.  Carlo,  nell'  atrio,  si  faceva  un 
arato  eoo  un  altarino  o  luminarie  ').  I  teatrini  piccoli 

lo  stesso  e  Cacavano  innanzi  alle  loto  porte 
delle;  grandi  fiammate.  — 

11  Iìaron  '.li  Livori    continuava  ad  apparecchiare    ogni 

la  sua  commedia.  Gli  attori,  che  addestrava,  nel  41 

io  quindici,  otto  «dell' astica  noia> conversazione», — 

il  Livori— o  «  i  rimanenti  galantuomini  napoletani  ■.  Oli 

«'l'ano  in  cosa  del  Barone,  alloggiati  e  mantenuti 

lana  al  giorno  per  ciascuno,  e  'li  questi,  qualcuno 
poteva  impiegarsi  D6l  S.  Carlo.  Dogli  altri  sette,  tre  pr  i- 
ponevs  che  s'impiegassero,  e  quattro  o  restali  sono  US 
me  volentieri  accordali  a  recitare,  al  solo  sapere  che  si 
trattava  della  Maestà  del  Padrone  »  '). 

i  i  Ilo»  12 novembre  12  4>cc.— A  un  itarone  S.-un-IIi,  <  l  H.  I 

•no,  dio  guardava  ni  palco  dVlì  ine,    Ciotti  dal  »ogait  eco. 

fu  proibito  di  HHN  nel  S.  Corto.  Ulloa  1  febbraio  43  —  F.  5." 

«)  Ulloa.  SS,  88  panalo  42. 

/.  i  fiuta  di  8.  Automa  «ulta  Lsga  d*l  &•«••  III.  3, 
giugno   1741    La  classificazione  dipoi   cambiò  un  poco,  o  quei 


-  404  — 

Erano  da  impiagarsi;  Gioì.  da,  figlio  «ii  un  i. 

te  di  livori  ;  Francesco  Mondo,  figlio  d'  un  ufti 
«lei  taham»  «li  Nola;  Donato  Caputo,  figlio  d'un  do 
di  Brindisi;  Domenico  Vaccaro,  fratello  d'un  lodi 

medicina.  ')  —  Il  Vaccaro  arala  perla  della  compagnia.  Pi 

I  il  Napoletano,  Nel  ITU,  essendosi  amo  n- 

sava  di  surrogarlo  ;  ma  1'  Uìloa  disse  che  bisognava  lare 
il  possibile  per  non  perderlo,  a  atteso  riuscirebbe  di  non 
piccolo  discapito  alla  conversazione,  che  può  dirsi  prin- 
cipalmente animata  dalla  grazia,  dalla  fiMiii-lnv./.a  e  dal 
visaggio  del  deUo  Vaccaro.  »  '). 

I  concerti,  come  ho  già  accennato,  erau   languissi 
o  duravau    tutto  l'anno.  *)  Vani   mesi   prima, 

ciava  a  preparare  lo  scenario,  il  teatrino.  I  felegnai 

volavano  nel  teatro  di  S.  Carlo,  'ho  Testa  e 
Delle  carrozze  erano  addette,  durante  i  concerti,  a  rico; 
durre  alle  loro  case  gli  attori,  che — ripete  som; 
veri— «  son  tutti  galantuomini  »  *). 

E  la  commedia,  che  Me  nelcan  fa  UG 

vernatole.  ■)  Il  Vaccaro  faceva  il  A'*, 
Bisesta  Lete.''  tsqualeBi      la  Vincermi/io,  Gk>.  Pao! 

do  Domini<'i  il  Afarchese  Rubini,  Francesco  Mundo 
rido, Donato  Caputo  Tartufo'1).  Non  essendo  |  iti 
stribuiro  gli  impieghi  ri  propose  e  (u 


pochi ,  che  «orti va uo  gratis ,  sparirono  d»l  tutto.  Vedi  Ultore  Li  veri 
1  febbraio. 

I)  18  luglio  4L 

*)   I  lina  2\    anglio  4L 

J)  Il  Livori  (SO  die.  43)  allude  alli*  Batto  ora  e  messo  «li  concerto, 
faceva  ogni  nora  coi  suoi  attori.  K  propone  che  si  dia  loro  una 
rotazioni',  por  non  farli  cadere  la  tot*  init-nto—  Teatri  i. 

')  I-i-,  -m-ì  30  giugno,  6  luglio. 

R)  Livori,  3  agosto  41. 

')  Li»eri,  19  dicembre  42.  So  ne  fecero  Irò  recite  nel  Cairn,  e  duo  i 
m  di  spaso,  eec—  Tauri  f.  4." 


—  405  — 

scordati  degli  stipendi!  di  10,  9,  0,  3  ducati  al  mese  ai 
ani  attori  '.).  Egli  stesso  chiose  ;il  Ré  un  migHoiatni'nt* 
li  condizione;  la  famiglia  era  numerosa  ;  aveva  abbando- 
nili i  suoi  affari;  aveva  dovuto  mettere  casa  a  Napoli  e 
luogo  centrale  *). 

Il  C.noernatorc  fu  ripetuto  nel  novembre,  al  ritorno  del 
frani  dalla  villeggiatura  di  Portici.  ;,i  —  lira  sempre  a 
la  compagnia  de  lòt    Trqfaìdines  del  Costantini. 
Giacinta  Bastona,  eh*  era  nella  compagnia,  avendo  fi- 
nito il  suo  tempo  nel  1788,  fu  ritenuta  il  89j  ma  il  Co- 
Ì&tantini  voleva  poi  licenziarla,  dicondola  non  abile  per  la 
sua  parte,  e  «  a  tuli'  altro    dedicata,  per   una   protezione 
da  lei  presa  di  un  Battista  Acreman,  mercante  alla 

Carità,  avendosi   fatto  lecito  con  si  scandaloso   mezzo   'li 
mettere  molti  susurri  in  una  cosi  quieta  compagnia,  die 
in  tre  anni  e  mozzo  che  la  troppa  ha  l'onore  di  servire 
M.,  non  vi  è  stato  un  minimo  richiamo.  »   Ma  erano 
■alunnie:  e  f  I  ditore  dieova  che  poteva  bensì  rimandarla, 
va  pagarle  ciò  che  le  spettava4).  C'era  anche,  col 
Costantini,  una   Teresa  Gattini  col  marito   Francesco  *>. 

ti  febbraio  41),  il  Costantini  ebbe  licenza  di  andare  a 
zia  a  prendere  la  moglie  e  la  famiglia.  •).  Nel  luglio 
11,   essendo  morta  la  Caterina  Datoli;  .-lneso  di  surrogarla 
i  aterina  Rodolfini,  buona  attrice,  ma  accusata  di  vita 
un  po'  Ubera;  che,  a  ogni  modo,  fu  accettata  ').  — 

marzo  42. 
*)  Liveri,   1  roano 

»)  Livcrt  9  aprite,  87  «greto  42  eoe.  31  ottobre  ecc.— Ttatrt  (.  4." 
*f  DUm  10,  85  D  ■  'li*  Giaciuta  Uaatoua  Cfi*.  Marioli  K.  Nbt, 

(,  Ili.  Sorella  <li  Maria ,  recitava  da  donna  scria. 
'•luciate,  minane»  «Ivi  manto  «OC.  «-fi .  B.  Oli»  ni  Woiitatagre  8  wlt,  39. 
bbraio  40.  Uà  Uomonico  GlannelU  arerà  l'incarico  di  «  formar.! 
•lo  dal  soggetto  della  Commedia  che  ni  rapprwnl  i  in  gud  giorno  • 
ecc.  gratiflcai'.ioae  chiesta,  ecc.  Apr.  -II. 
Parere  Ulltt,  luglio  41, 


—  400  — 

Nel  settembre  42,  V  ingegnere  Giov.  Marta  Bibbie 
sentava  lina    BUS    proposta   par  rendere  il  S.    Carli  pU) 
sonoro.  Fu  radunata  subito  la  Giunta,  che  volle  e 
«  l'esperto  e  rinomato  architetto  l).  Ferdinani  i-li- 

Il  progetto  fu  appi  ovato:  la  spesa  era  in  lutto  un  - 
doble.  So  non  si  terminava  pel   novembre,  poco  malo, 
perchè  si  sarebbero  turati  i  buchi  e  sospeso  il  lavoro   I. 
Nell'ottobre,  mentre  si  I  .  in  uno  di  questi  buchi 

lo  o  mori  un  giovane  suonatore  ili  26  anni,  del  Con- 
servatorio dei  Poveri  di  Gesù  Cristo  *). 

Nella  stagione  del  S.  Carlo  42-3,  restarono  il  Caffarelli 
o  1*  Astrua.  Contro  L'Astrua  è  diretta  una  satira  giova- 
nile di  Pasquale  Carcani  ').  Per  tenore  venne  un  Ottavio 
Albuzio,  da  Milano,  non  essendosi  potuto  amo- 

revoli né  il  Babbi  Altre  parti  di  donna  furono  Giuseppa 
Barbieri  e  una  Giovanna  Tozzi,  che,  per  farla  venii 
vollero  tutte  lo  arti  del  Cardinal  Acquavival  *)  Dei  ballerini 
oltre  i  soliti  e  la  Tagliavini  e  la  Pantaloncina,  ci  furono 
il  Fabris  e  la  mogiio   '). 

Pei  drammi  si  tentò  di  uscire  un  po' dal  Melaste 
«  Quantunque  sion  commendevoli  i  drammi  dell' Ab.  M 
stasio,  nulla  Hi  meno,  per  esser  tutti  qui  comparai  sulle 
scene,  e  taluni  di  assi  due  volte,  non  cagionando  i  me- 


«)  Bigi,   alla  aiutila.  28  «rtUuubw  42.—  aiunta  1*  ottobre.  BigL  9 
ottobre.—  Teatri  f.  Bfi 

«)  Ulloa  24  oli.  Vi. 

*)  Ptisralis  Cor&Bti   Vita.  Napoli    1784.    Fri   le  poesia    in   ap[> 
p.  307-9.  L'Astrila  r'ò  detto  una  vii  donna.  Che  d'  ingannare  ognun 
riporta  il  .  tuttavia,  di  btltà  non  ha  alcun  tanto  occ.  ecc. 

*)  Vedi  Corrisp.  giugno  42.  —  Il  Gai-di  nal  Acqua  viva  acme,  28  giugno, 
che  l' arerà  ridotta  «  man  con  BBWMM  quo  con  lu  bueuas  a  «  «  m 
me  ha  coetado  el  indurir  està  muger  porque  ora  grande  au  repuguancb 
r  demariadoa  loa  aublorfugio»,  i 

*)  Sott.  42.  Supp,  di  Matilde  Franchi,  esclusa  dalla  nuora  compagni 
M  hnlleiini  di   S.  Carlo. 


u  novità  alcuna  ed  essendo  per  lo  più  sprovveduti 
BOÌmeoti  0  siami  decorazioni  fastose,  peroaiìspol 
incontrano  maggior  piacere  e  rendesi  I'  opera  più 
diile,  perciò  repotaressimo  proprie  e  doveroso  rap- 
presentar drammi  più  antichi  e  da  accomodarsi  al  buon 
lo  presente.  »  l). 
Cosi  'furori  proposti  I"  Andromaca  o  sial'  Astianatte  del 
Salvi,   i  di  chiarissimo  nome  nei  tempi  suoi  »,  musica  del 
Leo.  E,  del  Mctastasio,  1*  FssipUe,  musica  Hassc,  adattata 
dal  Leo,  e  T  Alessandro  nelle  indie,  musica  del  Sano  *). 
Carlo  III  aveva  avuto  in   dono  dal  Gran  Sultano  un 
elefante a).—n  13 dicembre  la  Giunta  .scriveva: 

Dovendosi  nella  terza  opera,  che  deve  rappresentarsi  nel  Real 
Teatro  di  S.  Carlo,  fare  la  commedia  intitolata:  Alessandro  nel- 
t' India,  e  tra  gli  avvenimenti  che  seguono  in  iscena  vi  è  quello 

i)  Giunta  5  febb.  42. 

■festa  17  luglio  42. 
i  V.  Desrritione  deir  Elefante  pervenuto  in  dono  dal  Gran  Sultano 
alla  Rea!  Corte  di  Stipili.  Il  primo  novembre  itDCCXLJI.  Nap.  pretto 
Francesco  e  Cri.tt.  Rùriardo.  (rfatamp.  anche  Opusc.  di  Fis.  argom.  Na- 

Époli  17C6  per  de  Boni»;  ed  è  opera  del  Serao).  Alla  fine  ci  è  il  ritratto  att- 
inta. K  Insogna  sentire  il  tuono  magnifico  della  deaeri/ione  !  l'I 
aspettato,  «ospitato,  seguito  colla  fantasia  durante  lutto  il  suo  viaggio  ! 
Giunto  a  Portici,  i  Sovrani  «  ai  OOtnpiacqoaro  •gradmaatl  ili  farlo  menare 
tre  o  quattro  volto  al  loro  Sovrano  cospetto  a  trattenersi  a  veder  le  destre*» 
•  i  giuochi  «oliti  a  farsi  da  questo  moli  animato  che  di  tonerlo  «spoeto  alla 
giusta  curiosità  di  tutto  il  popolo.  >  —  Da  questo  elefante  piglia  origine 
a  <1  lice,  il  motto  popolare:  Caponi,  imuorta  CaUfa>tte\  F'orchò 

•sembra  che  1  arasse  a  %  a  vecchio  soldato,  che  riceveva  continuo 

mance  dai  curiosi,  che  venivano  a  vederlo,  Morto  l'elefante ,  finirono  i 
guadagni  !  —  Aggiunge  tra  parentesi.  Un  altro  defunte  era  stato  a  Napoli 
un  secolo  prima.  Il  cronista  Mucca  ,  nell'agnato  1030,  ne  parla  dicendo 
era  «tato  «  portato  da  certi  francesi ,  quale  e  stato  in  Napoli  molti 
{riorni  dentro  una  casa  per  farlo  vedere,  ot  ora  cosa  curiosa,  atteso  si 
-vedeva  una   cosa  mostruosa ,  ■  poi  vedendo  che  iutondimoato    Iiaveva  e 

ite  obbediva,  pareva  che  «te**!  più    :.  ir  um ri»-  del  Instiate,  e  ll 

•  diversi  giuochi,      quasi  che  non  parlava». 


—  408  — 

doi  doni  che  si  presentano,  si  è  considerato  che  riuscireb 
un  gran  plauso  il  far  tra  di  essi  comparire  1'  Elefante,  e 
rarità  e  bellezza  doli'  animalo  e  per  la  novità  che   farebì 
vedersi  sopra  il  Rea)  Teatro  una  figura  cosi  grande  e  I 
waì  raro,  onde  in   lutti  O  e  sarebbe  prò 

il  dono,  figurandovi  la  «cena  nell'Indie,  dove  di  detti  elefani 
u'è  l'uso,  e  si  stimano  moltissimo,  credendosi  da  noi  eh 
lui  veduta  possa  apporterò  anche  dell'  utile  per  il  concorso  dell 
maggior  gente,  che  verrebbe  all'opera,  e  per  il  tempo  di  carne» 
le,  che  stimola  tutti  al  venirvi,  e  per  la  voce  che  ai  spargerebi 
di  vedersi  cosa,  che  solo  per  la  grandezza  di  S.  M   pud  aver» 
non   avendosene  altra  memoria  di  esserne  siati  in  Italia  che 
tempo  dei  Greci  e  della  Kepublica  Romana  e  si  vider  guerr 
fini  re.  —  Sempre  che  perù  S.  M.,  per  sua  real  benignila,  vogl 
compiacersi  di  condiscendere  in  dar  questo  permesso,  dovrà 
vi  iiiivaniente  farsi  non  una,  ma  più    pruove,  con  l'ispezione 
prudenza  del  misi  in  collega  il  Barone  di  Livori,  per  vedere 
stia  saldo  e  allo  splendore  doi  lumi,  e  allo  rumore  degli  eli 
menti  da  suono,  mentre  siccome  da  noi  si  considera  che 
possono  riuscirli  noiosi,  cosi  all'  incontro  potrebbe  darsi  il  ca* 
che  l'irritassero,  donde  senza  un  esatto  esperimento  potre 
provvenire  qualche  sconcerto  »  '). 

Prima  si  disse  di  no  *);  ma  poi  s' accordò  il  perni 
80.  E,  a  quanto  sembra,  elefante  e  camelli  comparvero 
S.  Carlo  nel  gennaio  43  3). 

La  commedia  del  Liveri,  del  carnevale  43,  fu  il  t 
Il   Napoletano  fu  il  Vaccaro  :  i  vecchi  Giorgio    Sca 
Giovan  Paolo  Do  Dominici,  Cristofaro  Russo;  amaro 
Francesco  Mando  :  donne  Casimiro   Bisesta  ,  Pasqua 

»)  Giunta  13  Die.  42. 

*)  17  Die.  42  €  no  pareo»  al  Rey  qaa  pueda  toner  «facto  <-*U  idra 
grave  molestili  (tal  Elefante  j  tal  ve*  inronreniiintea  aobre  la  leena 

>l  13  l'Y'LL.  13.  QapeManco  (in  lostfUufoM  o"  I  ■>-.  «  Mw 

ledi....  un  accidente  occorso  sopra  detto  Teatro  tra  nno  dogli    iad 
orernano  l'elefante  ed  una  sentinella  svizzera;  l'indiano  chiama* 
ecc. 


—  409  — 

I Marino,  Domenico   Màcchia  ;   ragazzo,  Antonio   \w 
Il  napoletano  Vaccaro,  per  la  sua  malattia,  «  è  -Il  tutto 
inabilitato  ».  Cosicché,  il  Livori  cereo  ili  tonar  pronto  qua!- 
da  surrogargli.  E  trovo  un  Giuseppi  I  ,  di- 

pintore, il  quale,  a  oltre  di  essere  atto  por  la  figura  o  |  tr 
la  voce,  da  me  comiih  Kit'  a  provare  l'ho  trovato  non 
isearso  di  grazia,  ma  di  abilità....  »  -I.  Il  Ho  voleva  che, 
ad  ogni  modo,  al  Vaccaro  si  conservasse  il  suo  stipendio a). 
Vaccaro  fece  istanza,  dicendo  i  pronto  ad  abile 

recitare.  E  il  Liveri  rispondeva  che  era  simo 

ic  potesse  ancora  continuare,  «  essendo  il  tempo  cortis- 
o  »;  avrebbe  tenuto  il  Luciano  pronto  per  ogni  evento  4). 
a,  nel  febbraio,  era  fuor  di  stato  di  poter  recitare  ''). 
lì  Liveri  aveva  un  tìglio,  ehedovò  fare  un  matrimonio  con- 
tro la  sua  volontà;  certo  è,  che  tra  padre  e  figlio  c*era  stata 
ione,  che  il  primi  •  bbe  all'altro  inducati 

affanno,  con  alcuni  patti,  ■  j  afl  particular  el  deber  vivircon 
parlo  niiMtoscijat.ro  QQìHas  lejoa  da  Naples,  j 
-  ".  Pu  dat"  ordina  al  Tanacel  oha  feceaaeosser- 

vare  la  convenzione').  —  Un  altro  figliuolo  de)  Liveri  sup- 
annodop  gli  anticipaaaeatres  al 

tas  de  su  asignamento,  parapasar  a  predicar  a  M  -- io i  >•')- 

.turioao  ■  iii'HVfijrjyo,  che  sa  ne  fece  il  31  gennaio,  fu- 

n»>  '  introdacswero  «  la  duqu«*a  da  Mangliano  y  lo* 

demaa  perito  Pt&Qooen  iieeeroD.  3fó*<.  I  l.">, 

«  pel  Canale  D.  2343. 1.  5,  •  por  soldo  *gU  100.10—  Teatri  ■ 

«)  I.iv«ri    IO  .li'-.  42. 
LI   .li- .  42. 
li  12  dicembre  42.  Bigi,  reale  17  dia  f.  «. 
Lhari  8  fobb.  43.  N •■!  j,'li  fu  rnddopuiuta  la  pmiaione,  da 

6  a  12  «turati 

\l  Tanurri,  15  ma?.  43. 
■  i  k.  ''•  — Fu  tras«rt«a  all'Uditore.  Molle  carta  latorm  .i  tpiata  >li- 


—  410  — 

V-l   luglio  furono   accresciuti  ni  Livi-n  300  scudi  «li 
stane.  ESgti  tornava  spesso  alla  carica  pera. 
ciò  più  allo,  per  esempio,  «li  Maggiordomo  maggio 
Ma,  a  questo,   non  gli  si  rispondi-'. 

Pel  prossimo  sgravi»  d 
runaia  ['Asilo  d'Amore,  messa  in  dal  Sassoni 

Vi  dolevano  cantale  Maria   Carnati  detta  la  Fai'ìncU 
In    venne  da  V  e  Colomba  Mattei,  die  fu  pr 

dal  Teatro  Nuovo,  dove  n    ilava.  '). 

1  Irò  drammi   del   43-4   furono  1'  Artaserse  del  Vinci 
l' Olimpiade  del  Leo,  a  che,  anni  prima,  fu  tu 
dita,  e,  per  tBBBnà  rappresentate  poche  volle,  ne  rimase 
tutta  la  nobiltà  e  il  pubblico  con  sommo  desidsi 
derla  replicare  »  *);  e,  quanto  al  terzo, 
detto  al   Li  veri  di  «  tenere  in  suo   potere  re  d 

MctasUx-io  colla  musica  del    celebre  Sassone.  »  2)  Qu 
st'opera  si  supp  ed  era,  la  Bidone.  La  Giunta  su 

plica  per  averla,  e  la  Regina  la  detto.  ■*) 

Furono  i  cantanti  il  Caffarelli.  l'Astrua,  l 'Albuzio.  )  Per 
seconda  donna,  la  Furi/iella. n)  Per  ultima  parte,  Giovanna 

ImmikIiì,  romana,  •  che  hu  recitato  conapplauso  prima  In 

Firenze,  8  poi,  per  lo  Spalto  di  due  anni,  in  Portogallo.»') 
\.  ii  ['Olimpiade  canto  il  Ti  live,  ch'era  allora  a  Napoli    I 
renzo  Gliirardi,  che  doveva  cantare  nella  Didone,  fu 

UlHo    dal    UanZUOti.  Fra  i  ballerini,   con 
nuovo,  il  Mion  ,  ma  restano  i  Fabris ,  la  Peppa ,  la 
gUavini,  e  la  PantaJi 

')  Molte  carte  «pocialcnente  del  luglio  1-'. 
*)  Giunta  12  luglio  43. 
s)  Giunta  22  maggio  43. 
«)  Giunto  28  luglio  43. 

fl)  Quest'ultimo  restò  porche  non  si  era    potuto   avere   il  Babbi  ,  i 
«  con  poco  pincere  pel  Re  »  Giunta,  aprilo  '■ 
")  Giunta  7  giugno  43  ecc. 
"I  r.iunt/i  6  giugno  43. 


e- 

l 


—  411  — 

foretti  ora  sempre  I'  insol  iota  e  indisi  ipttro  >na 

■iamo.  Nnii  rotava  assistere  ai  concerti,  arrivava 
impre  l'attimo,  ecci  Ma  il  Montalogra  era  disp  iato        p 
portar  lutto.  «  Gli  si  faccia  un  a\  «ito  muy  sei 

se  non  si  corregge, si vedr&l  ')  »  —  Il  I  aiiai-Hi'.  Eaita 

allora  una  casa  a  Napoli  in  ••  ia  Carmlnello  sopra  Tol 

BNcl  le  44,  la  oommedla  del  Lìveri  fu  la  Cbrt- 

'.  Il  Mundo,  ii  B  -  ti;,  Francesco  Addaric  il  Marino, 
il  Macchia,  Francesco  Vicedomiai,  Antonio  spada,  Felice 
Perh.  Ciiuseppo  de  Martino,  l'Azàrboni,  il  Luciano,  fu- 
r  .no  gli  attori.  *)—I  pochi  attori,  duo  o  tre,  clic  ancora 
servivano  s'erano  iirrn/.i.-iti.  QuelK,  presi  in  Bostr- 

tuxione,  non  erano  buoni.  Il  Livori  proponeva  di 
Rosso,  il  de  Dominici,  1 1 
Altre  società  di  dilettanti  <■'  erano  a  Napoli .  che 

in  case  signorili. — S' ò  già,  accennato  alla  compa- 
gnia del  Laplanca,  scolaro  del  Belvedere,  e  all'altra  di 
Giuseppe  Pasquale  Cirillo,  che  recitava  da  Covi  elio. — Un 
altro  buon  Cornelio  era  Gaetano  Giordano.  Nella  parto 
dell'  innamorato  <\  segnalarono  Carlo  Landi,  poi  gfàdfca 
dola  Vicaria,  Giuseppe  Santoro,  avvocato  celebre,  e  Do- 
menico Macchia,  che  fu  il  miglior  di  tutti.  Il  Liveri  stesso 

')  Giunta  14  die.  4  ;  .l ,.-.  f.  5.» 

*)  V.  por  una  causa  che   ebbe  col  Monto    ilei  C  a  poro ,   rei.  della  Vi- 
carìa fimi,  da  '  ■'  t'ora.  Cardamone.  —  La  casa 
che  ancora  esìste,  colla  fumosa  I  phyon   Thcba* .  ego  do~ 
munì.  A.  D.  MDCCLIV    V.  notissima  la  rispaela  cho  fu  fatta  a  questo 
«uporbo  paragoni;  11U  r.um,  tu  SÒt$S  La  rittrÙCOBO  «ià  nel  MOOlo  scorso 
il  Lalaada,  l'Artoaga,  ecc.  I  otte  argot  :    at- 
tribuirla a  N  ironia    Capano.  Ma  la  data   dell' i.-nizinnc!  del  Cauarelli  ó 
SI,  «  il  Capano  era  già  morto  il  1745.  L'Ab.  Scarpelli  la  «là  come 
onta  sua  nel  libro:    Vot/agc  «i  Ita!                  ■•■1  dentiera               tòlU,  À 
N-uchatol,  fan  4130  après  lo  Dolugo.  —  P.  Il,  p.  10-1.  Ma 

*|  Lire  ri  7  agosto  44. 
4i  Uvei  i  3  marzo    1 1 


—  412  — 

ava  talvolta,  molto  bene,  da  innamorato.  i  Ài 

Ionio  Federico  rappresentava  all'  improvviso,  «  con  grazia 
o  mar  ii  i.i.  un  carattere  <ii  aurate  ili  buon  cuore,  ma  bur- 
bero e  misantropo  ai  che  si  «lice  in  nap<-i 
nf  aduso,  in  francese  ÒOUWU,  6  in  rastigliano  mai  ijrnio  » l). 
Il  genere  del  Livori  ebbe  molta  voga  Ira  questi  dilet- 
tanti. Vi  furono  anche  degli  imitatoli,  e,  tra  j:li  altri,  un 
Giovanni Tucci,  prete  napoletani»,  ohe  composo  varie  com- 
medie, come  la  Ragione,  il  Dooer<-  iettale  io  casa 
particolari  «  e  specialmente,  con  moltissimo  applauso 

quella   del  marchese  di  S.  Giorgio   o  *). 

11  carnevalo  del  1744  fu  l'ultimo  passato  alla  corte  di  Ni 
poli,  dalla  compagnia  del  Costantini.  L'  11  gennaio  trovo: 
a  El  Rey  ha  resuelto  y  manda  que  se  despida  la  compa- 
gnia de  Trufaldinea,  que  vino  à  Napoles  an  Bn  del  alfa 

ss'  Intendeva  licenziata  So  da  quel  giorno  *). 

Si    pensava,  pel  44*45,di  rinnovar»;  la  compagnia    del 
S.  Carlo  lasciando  solo  il  Caftarclli,  voluto  sei  •  dal 

Re.  Ma  la  Visconti  era  in  Inghilterra,  la  '1 
la  Fumagalli  e  la  Pierini  a  Venezia,  la  Stabili  a 
La  Tesi  era  pronta  e  venire,  per  le  500  doble,  che 

vano  all'Astni.i   ').  Ma  il  Re  preferì  l'AstrUSL   R 
eoo  lei  il  Manzuoli  e  Caffarelli.  Per  ultima  parto  di  doli- 
la Colasanti.  Per  tenore,  per  la  prima  open 

')  Cfr.  Napoli  Signor.  II.  66-7. 

*)  Intorno  ad  esse,  Napoli  -Signoroni,  o.  e.  V.  K>4. 

*)  Al  Duca  di  Sora  11  11. 

')  Giunta  «M  geminiti  44  Le  trattative  pel  44-5  si  cominciarono 

i  9  iiov.  43:  «  essendo  pochi  li  cantanti  virtuosi  di 
maggior  grido,  che  «no  gencralroonte  applaudili  da  per  luti..,  e 
i  teatri  che  hauoo  da  prò v cedersi , ...  avuru  i  migliori  pel  venturo  anno 
in  questo  K.  T   i  Carlo,  elio  ha  In    frlorin   d'essere  considerato 

i  primo  d'Europa,  non.hu   d"  Italia  <•  .li   piti    buon    i;usto  ».    Il  li,- 
M|.|>mvaTa  le  trattative;  ma  purché  no  se  tinga  novediul  non  •/  C*iflà- 
16  nov.  4L5.    Teatri  E 


—  413  — 


«esco  Boschi,  per  lo  due  altre  il  Carlani  •),  e  poi  fu 
imi"  il  Feri  i 
Andò  via  dei  ballerini  la  Tagliavini ,  o  la  compagnia 
di  dieci  persone,    eoo  Ronzi,  Bettina,  Frani, 
Turchi,  la  Peppa  (Corrado),  Francesco  e  Anna  Fa 
A.  Calanco,  (i.  Imbimbo,  e  la  Pantaloncina ').  L'Amia  Far 
bris,  valente  ballerina,  aveva  un  occhio  solo. 

li  i  novembre  si  dette  l'opera  la  Semiramide  dtà  Vin- 
ci; il  19  dicembre  ['Antigono  dello  Nasse;  il  20  gennaio 
V A<  !   I   Manna. 

N.'l  dicembre  41, 1'  Uditore  D.  Erasmo  Ulloa  Severino 
mosso,  e  Al  nominalo  al  suo  posto  D.  Saverio  Do- 
nati. \i —  E  il  D'itali  ebbe  subito  da  fare  ,  per  colpa ,  al 
solito ,  di  Cafìarelli.  Scriveva  il  5  gennaio  1^45  : 

(.  lori  sera  nell'Opera  del  Teatro  Reato  di  S.  Carlo,  quan- 
do si  giunse  al  termino  di  cantare  il  duetto,  che  6    nolla  une 
ito  secondo,  il  musico  Caffarelli   principiò  con  proporre 
■  flarelli,  500  doppie:  Manzuoti  300-,  la  Colasanti  100  ecc.  Vedi  car- 
frbbraio,  ott.  44. 
[aggio  44,  e  le  altr.»  carte.  —  Il  Zamheecari  arrivava  ni  Montalegro 
da  Bologna  IH  Lugli1-1  1744  :  <  La  Bavlnriiia  Thereaa  CoIona  rennziaua, 
ho»,  pero  do  adruirable  abilidad  j  que  paro»  rouy 
bien,  «oliata  por  mi  medio  la  honra  do  sor  admitida  rn  la  compniiia  de 
di  -  il  I   Ueal  Tueatro  de  S.  Carlos  de  Napolea,  y  porque  yo  me 
aaeguro  de  que  encouti-ara  en  d  J    al    ninno  kplano  ffu  ha 

merecido  aqui  y  porque  eé  que  uu  nmchacho  do  su  tale,  destinata  por 
no  Tbeairo,  gustai i  macbiaima  <*l  tenaria  eompajisra  an  l-1  IJaylo, 
me  alrero  no  solamente  à   \  la.  i  V.  V...  sino  M  tambi  n  I  cnco- 

Dt«odur»ela,  bivn  «eguro  do  quo  e  un  trio  i 

lexaran  salir  |  pò  da   NapolM  ».  Fu  bw  li 

«arebbo  puntato  come  collocarla.  Ma  quell'anno  uou  trovò  posto.  Zambac- 
cari,  22  agosto  —  Teatri  f.  0  ° 

')  11  22  die.    ti   -i  dispose  «  que  intervenga  à  la    lunta    del    Theatro 
durante  ti  Sindacato  del  Dtiero  Aud.  Gen.  »  —  Teatri  f.  0.° 


-  414  — 

«•!)<•  <  i.  '.lai  Sassone:   e  se1 

|v  Astrae  che  :  spandere,  si  vedesse  colta   all'  improv- 

bì  disimpegno  niente  di  meno  nella  miglior  maniem  eh* 
i  riuscirle,  tanto  che  si  termino  quietamente   la  prima  o 
la  seconda  pati--';  ma  nel  replicarti  poi  la  prima  lo  stesso  Caf- 
.  propose  un  altro  modo  diverso,  assai  dal  primo,  tutto  di 
controtempi  e  sincopato  ,  ed  anche  coli'  anticipazioni 
battuta  di  tempo.  E  poiché  l'Astrua  .  mctere  and 

curando  di  veder  comò  dnveva  rimetterei  nel  tem 
noto  a  mancarle,  il  Caflarellì  ebbe  l'audacia  «li  non  solameni 
designar  colle  mani  come  doveva  regolarsi  il  tempo,   ma  pa- 
rimenti   colla  sua  voce  suggerì  la  maniera  di  risponderò  alla 
,  ch'obli  aveva  futi-    i  io  vi  luto  od  inteso  da  tutti,  non 
posso  con  efficacia  esprimere   di   quanto   scandalo    fosse  riu- 
scito tale  accidente,  perchè  subito   s'  inteso  un  fremito 
mormorio  universale  per  la  sensazione  cagionata  nella   gent 
che  ingombrava  i  palchi  ,  e  la  Platea .   Tanto  più    che  vi  fu 
ohi  disse  ohe  il  Cantarelli  era  venuto  con  qualche  prevena 
di  fur  rimanere   affrontata  l'Astrua  sul  team.)  ;  mei  ' 
anticipatamente  avvertito  i  suonatori  dell'orchestra  di  star  con 
tutta  l'attenzione  nel  toccar  l'arie  e  precisamente  il  da 
circostanza  non  Estimai  d'apparar  giudiziari 
dare  occasione  di  un  maggior  rumoro  ...» 


La  mancanza  era  grave  o  si  sarebbe  dovalo  mandi 
subito  iti  prigione.  Non  -so  che  provvedimento  si  prc 
tua,  trattandosi  di  Caffarelli,  probabilmente  si  passò  a 

Il  19  gennaio,  il  Donali  assisteva   al  concerto   dell'.-l 
.  bilie,  clic  doveva  andar©  in  isccna  il  domani:  «  L 
sica  e  vivace  e  spiritosa  e  l'arie  hanno  motivi  e  p. 
clic  possono  riuscir   plausibili»,  ma,  a  teatri    pici 
forse  se  ne  pei  ne  finezze;  «  1'  arie  di    < 

retti,  sebbone  sono  stato  fatto  con  buona  idea  del  Ma 

li  <  api"  Ila,  ad  ogni  modo,  non  molto  e 
perdio  il  suddetto   musico  si  disimpegna   assai    moglie 
nel  contabile  \<  dante.. 


razione  del  primo  ballo,  che  sarebbe  ci' 

^presentare  l'est. •norc    di    una    grotta    il 

debbono  uscire   Orfeo   ed   Euridice  ,    d 
>  Vincenzo  del  Re  clic  non  era  interamente  ter- 
ni mata  ...»*)  Ma,  tuttavia,  l'opera  sarebbe  riuscita  be- 
nissimo, come  riuscì.  ') 

gennaio  tu  recitato  la  commedia  Gianfecondo  del  l.i- 
wri,  che  fu  anche  più  magnili- sa  delle  altre.  Vi  .si  spesero 
migliaia  di  ducati.  \"  era  une  Baronata,  cantata  da  due 
voci  cou  se-1:  menti. 3)  Gli  attori  furon  quelli ,  che 

aprasi  il  Russo,  il  Macchia,  il  de  Domi- 
ci i  migliori.  Si  rappresentò  per  undici  sere.  *) 
Trai  quali  attori  dui  Livori,  n'era  il  giovinetto  Pasquale 
DO,  che  in  questo  tenni..'  ricorse  al  Re,  perche  il  Li- 
ari  gi' impediva  ili  imparare  il  balla  11  Livori  risposo 
8  veros  perché  il  ballo  io  «li --trae va  dai  concerti  della 
vile  non  conveniva   che  usasse  la  ci  ni- 
di siimi  scile  di  gente,  quid  sono  i  balle* 
rini  e  ballerine,  che,  coi  occasione,  bazzicando  in 

casa  delle  medesime,  può  vanirne  ili  molto  deteriorato  il 
uo  costume,  tanto  più  in  un  giovinetto  di  freschissima 
t.-i,  com'è  il  detto  D.  Pasquale  ».  Finito  il  suo  obbligo, 
poteva  abbfl  la  compagnia,  ed  era  un'altra 

-..  *)  Ritn  i,  più  oltre,  questo  Pasquale  Marino. 

Il  nuovo  Uditore,  cogli  ahi  ni -ila  Giunta,  fece  la  propo- 
!  marzo  di  togliere  allo  cantanti  e  ballerine   il  pal- 
i,  che  avevano,  dandolo  «aqualche  nobile  di  som- 


" 


')  Donali  19  gratin  io    U 

dato  il  pormi  mo  .>i!  tatraaa  ni  Mai  <rehè 

un*  solo  rolla  potessero  interMkirfl  alla  funzione  il  Card 

Cloada  e  «  fliu  quo  «lo  tuta  «lo  oxeojplar  para  olroa  a—  l'attri 
rari,  Il  Stonai 

otL  45  —  Teatri  (.  0.° 


—  416  — 

mo  riguardo,  a  Quel  pali 

sturbi,  •  sì L'è  li  dimostrato,  o  Di  sol 

ili  i  -ano  a  alcune  sedie  appallate,  nelle 

l>>  più  vi  ■  >  alcuni  giovani,  non  poco  rila 

dosi  impronta  i  per  poco  tempo,  in  man 

vi  .si  velarono  in  una  BStesBa  sera  sedate  più  persone,  cto 

vicenda  si  cambiano  ;  ma,  in 

i  -i  trattengono  anche  varie  persone  all' ina 
por  star  più  dappresso  a  dette  donne  e  tata  ■'■'  ro 

<\w;  i-cntc  in  ariae  come  discorressei 

.li  loro  di  reati  ri  •  non  convi  nevoli.  »  Il  palchetto  p< 
le  cantanti  e  ballerine  si  sarebbe  fatto  da  dentro  alla  sce- 
na, e  il  Liveri,  sul  parere  di  Vincenzo  Re, 
starebbe  inno.  —  il  Re  approvò,  solo  osservando  ohe  (ano 
ara  Deceeeario  farne  un  altro  di  fronte,  per  Bitume 

Por  il  sesto  anno  restò  a  Napoli  Anna   Aslrua.   Le 
aumentato  'li  SO  doppie  lo  stipendio.  Il  primo  uomo,  sempre 
< 'af farcii i.  Per  seconda  <\< a  fuchiar  ita]  a  Bar- 

inoci. Per    tenore,  venne  X  Annibali  no  i)   Il  Man/ 
bava  ancora  a  Napoli.  Catarina  Zipoli  ere  l'ultima  parte 

Aiicbc  questa  volta  si  tentò  di  uscir  dal  Metastasio. 
maestro  Sassone  fu  scritto  ohe  mandasse  le    i 


')  Giunta  27  marzo  45.  Bigi,  reato  G  aprii-.  —  N-.-U'oltobre  4ò  tro*o 
•eguente   biglietti»:  *  Le  S.  Fotti n,  erebitecte  francois,  voyageur  en  Itali* 
par   ordre  <lu  Roy  pour  UfW  d  *  piwipau*  théatraa,   le  Mar- 

quise ti.-  I'  I  liwjiilil   pelo  MB   ES  W     !--  Ime  de  Sai»»  do  fOttloir 

liicn  donnor  se»  ordre»  pour  quo  cot  Archinole  ait  la  liberto  da    prende* 
■  -In  grand    Thdflicu  da  Naplas  » —  Teatri  f.  6." 

*)  Nou  w»*i'iidoKÌ  potuto  urcro  il  Uabbi  (che  voleva  che  canta»»  anche  la 
mogli,  i;  t'AmoitMil  stava  in  Polonia;  I  impegnato  per  Voooxìa; 

l'Annibalino  aveva  cantalo  u-l  17_':j  al  S.  Hartolommeo.  Poi  aveva  girato 
p«  l'It  iha  ad  i-ii  itato  ;i  Madrid  per  più  anni  e  filialmente  a' «ni   i 
tiralo  in  Toscana.  Aveva  circa  45  anni,  voce  ottima,  Giunta  1?  luglio  45.  - 

»)  Giunta  6  luglio   1      - 


—  417  — 

di  due  opere,  «  che  stima  le  migliori   fuori  -li 
quelle  del  Metistasio,  e  che  sieno  piene  d'avvenimenti 

•  è  quella  che  maggiormente   tiene  dal  co- 
rnile applaudito  in  simili   rappresentazioni,  nelle  quali 

a  più  rocchio  nati  deliamente.1) — 

«citarono  il  Tìgrane,  il  Lucio  Vero,  V 
La  Paotaloncina ,  dopo  quattro  anni ,  ora    partita»  La 
COBO]  i  tutta  rinfiorata,  aveva  per  direttore  Gae- 

i  Grossatesta  e,  prima  ballerina,  -sua  moglie,  M 
irano  il  Mondin,  Anna  e  Luigi  Ronzi,  Gabriele 
Borghesi,  Anna  la  Massose,  Pranoasoo  Tedeschi,   Anna 
i  la  romana;  I  Corrado,  Gennai-elio,  la  Rossa, 

Pasquale   Baii^i. 

Gaetano  Gn  iBBatoOta  o  Testagrossa  era  modanese,  «  uo- 
mo di  molto  spirito  e  editissimo  »,  «lice  il  Goldoni  ,  e  la 
mogi:  odane,  o  eccellente  ballerina.  •»  s)  Era  fratello, 

>.    li  quell'abate  Testagrossa,  curiosa  figura  di  agen- 
ti- politico,  dt  I  I'    dfiimoUavo.  a)  Por  molti  anni,  ave- 
da    direttore  dei   balli  nei  primi   teatri  d'Italia. 
\  BOUfO  a  Napoli,  vi  resto  definitivamente. 

Nell'autunno  dal  45  si  rappresentò  la  Claudia  del  Li- 
arnerale  del  46\  si  ripetette  Portento,  ras 

—  Cosi  fa  sedilo  il  8  .'iprite  al  Conto  Uolo- 
gnino.  Vedi  audio  uiult':  lettere  del  Maggio  e  Giugno  col  Bolognino.  Il 
qualtf.il  10  «nag^iij,  *|i«!tlivn  r:u-i  di. ninni  (La  Senatrrila,  ì  Vt,mo, 

•  e  tre  pastorali  {FAtakutt  k  cho  pole- 
tauo  l                    Teatrino  di  Portici.  Tutti  questi,  tranne  il  duo  Fabrizio 

ti  «  ilal   i  tiara  Pallavicini,  Poota 

Ì    PolOMM;  Innniì  qui  irifoutrntn  .  ipplauso,  ma  più 

fatto  al  buon  gusto  dilla  munirà  dm  ,i  quello  della  poesiii  .  •     il  l'.illavi- 
rini.  uomo  di  somma  ■  m  non  troppo  i      no.  «Tutto 

ma.*,  del  Saaaone,  Iranno  le  Piate,  di'era  muaira  del  Ristori.  Mi  B 
reno  trovati  opportuni.  4  giugno  15. 
*)  Mmmm  i    I,  140-.j0.  1  lettori  dilli  Mentori*  ricorderanno  la 

natta  fatta  in  «uà  casa, 
i  BalTAk  Testagrosaa  cfr.  Casauova.  M4m.  ed.  efi  V.  311  e  Mg. 


ils  — 

breve,  e  .'ritentandolo  colla  Claudia. l)  Tra  gli  attori  di 
ste  non  ritroviamo  più  quegli  eh  'ian- 

j'econdo  e,  ch'era,  a  quanto  sembra,  IV 
•  quale  por  non  esserti  j'iù  atto  a  recitare  da  doma  e.  Don 
aver  personale  il  re  da  huorao,  mi  si  n  larvi" 

bile  » '■',).  Bastavano  Senape  il  Russo  o  il  de  Dominici. 

sempre  architetto  'lei  Teatro  di   S.  Carlo    lo  set 
laro  del    Kighini  ,   Y  nren/o    Ke.  DireH  li    abbsl 

nienti,  Matteo  Zaccaria.  ')— Per  la  nuova  stagio, 
tutta  la  compagnia  precedente,    tranne  l'ultima  parte. 
conte  Galeazzo  Attendolo  Bolognino  scriveva  da  Dresda 
il  ;*i  gennaio,  proponendo  L'Amorevoli,  (che  sparava  d*e 
ser  libero,  ma  non  fu  -Ilo 

•rso  autunno  passò  per  questa  città  una 
minata  Teresa  uner  Pompeati,  stati  chiamata  a  Londra 
por  prima  doona,  ESssa  pur  bramerebbe  ili 
di  recitare  per  quest'altro  anno  ,  che  sarà  • 
dal  Teatro  d*  Inghilterra,  in  codesta  dominante.  La 

ma  fu  qui  più  volte  invitata  a  cantare  all'Assetili 
di  questo  sig.  Conte  di  Bruiti,  dove  fu  applaudita  e 
lodala  la  di  lei  voce,  che,  per  essere  assai  limpida  o  foi 
te,  mi  pare  BBF<  bbe  B  [ » i  «  ■  ]  ■  u^« 

e  pei"  avere  una  molta  ragionevole  abilità  ,  un  1  ^"- 

cho  verrebbe  costi  sommamente   gradita  coni. 

')  Li  rari  8  maggio  45.  l'articolari  «ulta  Claudia  iu  una  lettera  J«-»J 
14  ottobre  45  del  Uteri  K  io  una  ilei  13  oett.  dicera  che  le  due  eotn  ■** 
Dindio  erano  quasi  pronte,  «  e  medraimamonte  il  Teatro  a  parte  di  ognun  ■** 
di  esse  Mene,  tutto  o  duu  lunghe,  e  tra  di  loro  diOurentiaaiiue,  cuatruìt*^  J 
iu  modo  che  poaaan  cjuibiarai  uo  giorno  per  l'altro,  perchu  rerti  a  Ut  «••• 
neplacilo  della  M.  Sun  ordinarne  la  rappresentazione  dell'una  a  dell'i 
B  e  quando  l'aggradir*  ecc.  # 

»)  Liv.-n  :■:   marzo  45. 

3)  Vedi  noto  d'attori  di  questo  duo  commedie. 

«j  niunta  7  gennaio  40,  Un  Carlo  Fabri  foco  l'offerta  di  preadorai 
palio  n  minor  ragiono —  Teatri  f.  €>.* 


—  410  — 

l'ima.  »  Era  la  famosa  Teresa  Imcr,  notissima  ai  lei 

10  melimi  iaoo.  Ma  da  Napoli  bì  rise 

l'ultima  paite,  che  era  la  sola  libera,  e  elio  essa 
jon  poteva  accettare  '). 

Nel  46  ci  fu  una  novità.  Tomaso  Gnr/.ia .  appallai 
della  platea,  e  delle  tre  ultime  filo  del  S.  C-arto  ,  chi 
Oli  niteuiie  il  permesso  di  poter  (are  rappreseotars ,  nel 
maggio  e  giugno,  «  un  dramma  eroico,  non  per  anco 
posto  in  iscena  in  dotto  Real  Teatro,  da  cantanti  affitti) 
esteri  "•  La  cosa  era  i  'li  gloria  aJ  Ro  e  divertimento  al 
pupillo  »  ').  E  l'opera  fu  data  e  fu  il  Catone  in  Ulioa, 
lei  i»i. ni,  oon  l'Aglina  (con  permesso  speciale dal 
Ilo,  CO]  Babbi  e,  per  ultime  parti,  la  Mar- 
rita  Cliiiiienti    e  I  Ili,  e    un    l'oiitraltu. 

'•ppe  Giovaniiiui  *).  I  ballerini,  gli  Stessi  del  5.  Carlo; 
la  cui  compagnia  era  stata  in  parto  modificata! — 

11  Baroo  dì  Livori  era,  infantOj  in  una  cu  «idi- 

•  un  suo  ardente  desiderio,  fin  dall'aprile 
i  sonerata  dall'  arnmaiìstrasione  B 
8«  Carlo.  Fu  poi,  a  sua  richiesta,  discaricato 
anche  di  quefls  dal  Teatrino.')  Come  sappiamo^  «vera  il 
li  Cavallerizzo  di  campo.  Ma  il  tormento  dell i 
ii;i  era  D  desiderio  di  avere  un  posto  più  alto.  Cogli  io 
■  i\ Mti  e  l'ufficio  di  Q  ,:/.",  —  scriveva  al  Re  — 

tutta  la  nobiltà  di  questa  Sua  città  o  specialmente  dai 
ori  della  Sua  Real  Corte,  non  solamente  non  fi 


itrl-t.  &•  —  Al    Bolofcnino    12  febb.  40.    Nò  fu    accettata   per 
ragione  Il  gio,  prima  ballerina  di  S.  M.  Poloaoao.— Bo- 

ni  14  '-I.I'.    IS. 
*)  (Usata  13  nano  46  occ.  —  (.  6.° 
Haota  9  aprila  »7  —  £  7.» 
1  i  1 1  nano  4fi  —  (.  '.■ 

'-)  Fu  «sentalo  o  invitalo  ad  indicar  la  persona  cui  uifidarlu  l'incarico 
coma  egli  fece.  —  f.  6." 


—  420  — 

gh'  io  considerato  da  più  di  quello  che-  in  a  vt 

tava  di  essere,  ma  degradato   ancora  da  queffi   E 
'1  a  mia  moglie  venìvan  fatti,  ben  rs 
:  ogni  dama  e  cavaliere  di  rpiosla  città  ni  pH 

volte  favorito  nel  mio  feudo,  e  i 
eoo  proprietà;  ili  ciò  niente  memori,  veggoraiii 
ognuno  posto  a  cantone,  escluso  da  ogni  adunanza, 
vilu  e  serata,  clic  in  ognitempo  si  sia  l 'atta;  e, 
lo  stile  di  chiamare  nei  conviti,  sia  il  i  ih 

«li  quelle  dame,  che  la  afaests  d  si  Padroni  am  i 

io   delle   loro   Reali   mani  ,   una  di  col 
mia  moglie,  per  grazia  dei  medesimi,  restata  n'  i 
(ire  esclusa,  niente,  a  Lei  essendo  giovata  l'essere 
ammessa  dalle  MM.  loro,  niente  a  me  avere  la  dec«  i 
livrea  del  He  indosso  o.  Il  buon  Barone  se  ne  involava 

aspramente.  «  Muovasi  S.  M a 

infelice la  una  dorelizione  . . .  la  mia  abiezione... 

avendo  altro  reato  da  addossai  ini,  che  il  vedermi 
poveri  sudori  aprire  strada  nella  grazia  del  Re,  e,  qi 
credea  di  far  cosa,  che  ridonda  in  gloria  del  He  e 
ridia  Patria,  qual' é  il  disotterrare  io  quella  comi 
per  l'addietro  avendo  avuto  sede  in  questo  paese  al  pi 
sente  sepolta  vedessi,  no  ho  raccolto  amaro  fruf 
il  He  l'avesse  fatto  Maggiordomo,  la  gente  avrebbe  i 
vuto  paria  diversamente I  E  il  -'stri'. 

mandava   un  titolo  pel  suo  feudo,   e  il  posto   di   (  omo- 
re  rli'l  Supremo  Tri  hi  male  di  ( 'mimmi  ircio.  Ma.  malgrac 

queste  e  altre  insistenze,  nò  Maggiordomo,  n    i 

glicre  In  mai  II  titolo  pel  feudo   l'ebbe  subito:  Coi 
Marchese  a  sua  scelta,  e  cosi  il  Barone  dì  Livori  <i 

il  Marchese  .li  l.iveri.  ') 


i  Und  M,  ÌS  febb.  10  — Bigi  5  nano,  f.  O.o  EU»  «neh»  uu 
varalo  di  »t»»i<  <l  nwae,  30  apr.  40  Liverì  lur 


—  421  — 


Fu  impossibile  intendersi  col  Babbi  per  la  stagione  46-7. 

aodo  un  ulti  ,  si  preso  il  Pignotti,  e,  pei' 

ltima  donna,  Maddalena  Casella  '). 

Le  due  prime  opere  della  stagione  furono  il  Lucio  J'a- 

mus.  dolio  Hasse,  diretta  dal  di  Majo,  e  il  Cajo 

*)  —  Nella  terza  opera,  Y Arianna  e  Teseo,  che 

recitò  nel  gennaio  47  ci  fu  un'altro  exploit  di   CalVa- 

iii.  Perchè:  ndosi  nel  terzo  atto  la  scena  del  con> 

ìeuto  che  si  finge  col  Minotauro,  nel  mentre  chi 
lesto  si  scoccavano  i  dardi  contro  il  musico  Caffarelli, 
che  rappresenta  la  parte  di  Teseo,  uno  di  essi  con  tutto 
che  si  fusse  riparato  con  lo  scudo  dal  Caffarolli,  pure  o 
per  la  li  a  del  dardo  o  perchè  rimbalzò  da  sopra 

lo  scudo ,  colpi  da  sopra  all'  occhio  al  detto  musico  ;  o 
sebbene  il  fatto  fosse  stato  puramente  casuale,  nò  quello, 
Ange  il  Minotauro,  aveva  niente  ecceduto  dal  concer- 
talo tra  di  loro,  secondo  le  varie  prove,  che  si  sono  an- 
tecedentemente fotte  ,  pure  sdegnatosi  il  Caffarelli  o  per 
cagione  del  doloro  stesso,  o  per  altro  motivo  della  più 
naturale  alterigia,  terminatala  scena,  essendo  andato  Mat- 
teo Zacc  e  fa  la  Qgura  del  Minotauro,  e  farti  uà 
itto  di  ossequio  per  scusarsi  deH'm  volontario  avvenimento, 
vece  di  ricevere  a  grado  tale  attenzione,  si  avanzò  a 
ile  pugne  nella  faccia  e  V  avrebbe  maggiormente 
il  si  fosse  frapposta  la  gente, che  subito 
Se  al  rumore...  »  Il  Caffarelli  ebbe  gli  arresti  in  casa    i. 


luglio.  26  uett.  -16. 

Dov.,  e  ri  3,  dio,  1746. 

aio  17.— Il  Caffarelli  ondò  poi  a  Vienna 
maggio  49  al  Farinello  si  riferisco  dico  eh» 

.ino:   *   la   xua    voce  inulta,  ma  falsa,  disubbidiente  a 

legno  eie,  non  «forandola,  non  attacca,*.1,  «forcandola,  riesca  p«r  lo  piti 
*»|ira, . .  .  cattivo  gusto  ad  aulico,  «»  prttoadoikO  di  riconoscerò  in  lui  li? 
rancide  gin-I;.'  .li  Ni  Matto*    m.  IM  n'ornai  rap- 


—  422  — 

In  quel  carnevale  si  recitarono  gli  Studi 
Nel  ghigno,  quel  Domenico  Giannelli,  che  faceva  i 
delle  recite  del  Costantini,  o (Tri  :il  He  una  compagni 
Comiri  Lombardi,  compagnia  senza  par  nero 

il  posi  >,  i  be  aveva  prima  il  Costantini.  Kssa  era  comj 
sta  cosi: Pnni:i  donna,  Elisabetta  Passalacqu 
l-'mncesea  Dina;  terza,  Elisabetta  d'Afflisio;  prw 
Federico  Rubini,  ascondo,  Gioacchino  Lli  r,  U 

Giuseppe  Franreseliini  l)j  servetta,  Angiola   Nehra, 
(ore,  Andrea  Nelva  (quoti  due   erano  già 
stanimi);  Pantalone,  Rospizio  de  Antoniis  e  Arlecchini 
(iimuuui  Raffi,  9  aBSsi  più  bravo  del  Costantini 
t'orni  osi  tutta  d'elementi  che  avevan  f;;t 

compagnie  dei  teatri  S.  Samuele  e  S.  Luca  di  Ve 
Ma  il  Re  fece  rispondere:  e  quo  no  necesita  por  ;«li 

Anche  il  povero  Arlecchino  Costantini 
lermo  per  essere  ripreso  ai  servizi  del  Re.  Ecco  1 
pietosa  supplica  : 

3.  R.  M. 

Gabriello  Costantini,  detto  l'Arlecchino,  prostrato  a  piedi  del 
Ficai  Soglio  di  V.  M.  con  profondissimo  ossequio  l'espone 


presentata  cor)  male  coni'  egli  rappresenta,  che  nei  recitativi  pare  uai 
monaca  »w. -Ina,  the  Intatta  quello  eh*  egli  cauta  ivgnaaempru  un  UlOOt 

revole  di  lumen turione talvolta  può   dilettare  all'eccesso  ,  mi 

questo  caso  è  molto  incorto  ecc.  Ma  è  «ridante  l' intensione  di  dar  mI 
gonio  al  Fai  inrllo.  —  I.ett.-rt  .ri.  Cani.  p.  368-9.  Cfr.  anche  lottar*  alla 
Boi  monto  IO  maggio.   IO  loglio  49.  (in  Opp.  od 

')  Li  Studenti  C.  di  D.  Barone  ecc.  In  Nap.  ITI'-  per 
Nella  dedica  parla  di  una  sua  malattia,  Delta  > [ 1 1 .i  1  *,  tuttavia,  • 
commedia. 

*)  Sulla  Paxsalatqua  e  le  suo    avventure    col    Goldoni.  Cfr.  Mr*mm 
■■■  I,  207  e  sg.,  e  F.  Ilari  !,  1-2. 

«)  F.  Bartoli.  Hot  I.  238-0. 

*)  ld.  II,  123-1. 

»)  Nota  ero.  Bigi.  8  giano  47  — f.  7.° 


-  423  — 


P 

BUI 


do  slato  con  somma  sua  gloria  .  pei  lo  spazio  di  anni 
ni  a  servigi  dolta  fu  Gloriosa  Momoria  dell' Invilisco  Pj_ 
ippo  Quinto  Augustissimo  Padre  doliti  li.  V.,  (laddove,  con  al- 
trettanta sua  buona  sorte,  passò  a  quei  di  V.  M.  in  codesta 
1  Corte  di  Napoli  per  lo  vpKÙa  di  anni  dicci  collo  stesso 
piego,  che  in  quella  di  Madrid  aveva  tenuto  nelli  reali  di- 
vertimenti delle  Commedie,  e  finalmente,  per  sua  dJtft' 
no  già  scorsi  anni  tre  da  clic  fu  licenziato,  ed  e  staio  il 
l"0  BBf  <nen  e  l'incisalo  per  sostentarsi  andar  ramingo  eser- 
citando il  suo  mestiere  per  diverse  citta  di  questo  regno  di 
i  col  poso  di  una  compagnia  di  comici ,  nulla  o  poco 
[ioti: rido  profittare  per  la  scarsezza  dei  tempi  calamitosi,  come 
neppure  presentemente  in  questa  vostra  capitalo  di  Palermo  può 
arrivare,  a  forza  d' immensi  sudori,  a  guadagnare  tanto  quanto 
fosse  bastante  al  sostentamento  della  sua  meschina  famiglia, 
e  considerando  per  altro  l'esponente  gl'incomodi  dei  viaggi, 
che  porla  seco  il  suo  mestiere ,  ma  senza  il  corrispondente 
fruito,  il  peso  della  compagni.!  dei  confici  che  tiene  sopra  le 
sue  spalle,  sopra  ogni  altro  il  numero  degli  anni ,  che  oramai 
lo  rende  increscevole  a  sé  stesso,  non  che  a  poter  reggere  alle 
sollecitudini  delle  spese,  alle  quali  bisogna  soccombere,  e  per 
le  quali  l'esponente  si  conosce  inabile  a  poter  tirare  più  avanti 
sen  potente  aiuto:  ricorre  alla  somma  Clemenza  di  V.  M. 

acciò  si  degnasse  accordare  la  grazia  di    rimetterlo  ai  servizi 
di  codesta  Reali  por  li  reali  divertii» rati  .  tenendo  «gli 

per  questo  oggetto  una  compagnia  tutta  nuova  di  comici ,  e 
se  tanto  S.  M.  non  si  degna  accordargli  almeno  gli  faccia 
grazia  di  qualche  reale  merce  acciò  colla  medesima  possa  ri- 
parare alle  sue  miserie  e  sostenere  i  suoi  poveri  figli,  giacchi; 
trovasi  spesi  gli  anni  della  sua  gioventù  in  servizio  dell'  In- 
no Genitore  ed  in  quei  di  V.  M.  ed  ora  in  quella 
vecchiezza  che  cerca  aiuto  per  non  errar  mendicando.  Questi 
è  la  grazia,  che,  lagrimando  a  piedi  della  M.  V.,  ne  implora. 
Della  medesima  è  il  miserabilissimo  supplicante  sicuro,  mentre 
si  resta  genuflesso  avanti  al  r.  suo  Soglio,  pregandola  arden- 
temente ut  Allis."'"». 


—  424  — 

Ma  fu  risposto  anche  queste  volta;  «  que  su  compa- 
rila no  es  necessaria  por  allora  »'n  el  II.  Si-rvieio.  a 
Palermo,  il  povero  Costantini  fu  anche  derubato   U  tutt 
ciò  che  possedeva,  frutto  delle  sue  lungho  fatiche 
e  andò  a  morire  a  ia,  sua  patria  •)• 

L'Astrua, dopo  sette  anni  ch'era  stata  a  Napol 
per  Berlino  :l>,  dovi  per  molti  anni  la  delizia   dadi 

corte  di  Fedri  ili.  il.  —  Ma  già,  fin  dal   io   dicembf 
S.  Carlo  era  stato  dato  in  appalto,  e,  nella  quar 
l'  [mpresario  D.  Diego  Tufarelli  si  faceva  la  consegi 
teatro,  dei  vestiarii,  e  delle  SCCOi 


VII. 


Diego  Tulurclli,  primo  impresario  del  S.  C> 

(1747-u3) 

Notar  Dir-'i  Tu  fan-Ili  fu  il  primo  impresario  del  S. 
prima  erano  stato  fatte,  ma  non  accettato  varie  alt 
'.:  d' impresa  s).  Il  cootratto  era  per  sei  anni,  con 


')   Teatri,  f.  7." 

«)  Bartoli  F.  Noi.  1,  189-90. 

>)  Febbr.   17. 

'-)  Cotti  il  22nov.  3H  fu  trasmesso  alla  Sommaria  un  profeti»  <H 
concordalo  dall'Uditore  col  Marchese  Ferrante,  da  andare  in 
39-40.  Ma  la  cosa  non  ebbe  seguito.  GÌ'  introiti  certi  del  S.  Carlo  ai  fis- 
savano in  ducati   16670,  e  gl'incerti  io  due  5960.   I.' iraprwano 
spendere  9000  ducati    pei  cantanti,  IdtiO  pei  balloriai;  ogni  tedia  -li 
tea  da  poKarei  noti  piii  .li  .",  Barilai  ecc.  Cosi  nell'ottobre  42  il 
Siciguano,  facendo  notare  cita  il  S.  Carlo  dal   1737  ul  -12  avitva  portato 
62800  ducati  di  tis/ìrit,  doè  lO.'VfiO  per  anno,  ai  offriva  a  prender*  l'ap- 
paltò  del  teatro  con  soli  8000  ducali  di  aiuto  di  tosta  l'anno.  Ma 
nllnhre  gli  m  riSDOOdi  nulo  cu  li»,  i  i    n 


na- 

5 


—  426  - 


;  d'aiuto;  l'obbligo  'li  far  70  recito  a  altri  patti 
taril  '). 
Cosi  l' ufficio  doli'  Ispettore  cessava.  Ma  all'  Uditore  re- 
va  sempre  la  giurisdizione.  Il  Re  «  non  ha  enten- 

ìmiiÌi.iiu-  'mi  l;i  menOJ  parto  su  Iiiiisdicion  conio  mini- 
slro  de  èl,  en  consequoucia  de  lo  qual,  para  quotar  to.la 
duda  y  dispiH  ìombra  desde  ahora  para  Jmv 

it.'   -ii  In--  i-ausas   ilei  impresario  j  Biibahonios  »  •). 
Facciamo  una  rapida  rivista  di  questi  sei  anni  d' im- 

i.  —  Passata  la  '|ii.ii''--ima,   il  Tu  l'anali   eoiumciò  su- 
bito con  l'opera  di  Primavera.  Qucst'  opera  non  era  d'ob- 
»,   1 1  r  per  l' impresario,  ne  porgli  abbonati  di 
ila  volta  fu  V  Eumene  del  Zeno  con  musica  -Il  .lom- 
mt'iii ,  i  fan. i  venire  da  Venezia  per  lep  iste  espressiva- 
mente.  »  Vi  cantarono  Gioacchino  l   mtì  letto  l'  EgU 

tanca  Celli,  il  Man/noli  .   il  tenore  Pinacci  t  che  non 

piacque),  e  Angela  Conti,  romana,  «letta  la  Tacoarina.  V. 

.alarono  ,  oltre  la  Grossatcsta,  il  Badia  B  l'Andrea 

Ubarti  detto  il  Tedeschino ,  il  grottesco  Monti,  Santina 

Olivieri  detta  la  ttef/r/itma ,  Luigi  e  Maddalena  Bisc 

ti  i  Lucchesini  3)  e,  si  noti,  la  Margherita  Grisellini, 

la  Ti " (oretta. 
Costei   è   un  altro  personaggi. i    rasanoviano.    Quando 
iobbe  il  Casanova,  ess:i  tra  i  varii  amanti, 

Prìncipe  'li    Waldcck,  un  vecchio  gentiluomo  della  fa- 


det 
del 


<»n  ftt  ■Stani  dfl  la  Imita  t  del  Inapéctor.  »  K,  anri,  il   SiHgnano 
lasciar.-  i  I"  impresa  dal  Taatro  Nuovo,  cho  aveva 

>  i  nel  dicambra  li  offerta  di  appalto  di  Giuseppe 
soli  6000  due.  d'aiuta  Parare  favorevole  dal  Mar- 
mate. —  f.  6.° 
174ti-r.  7  • 

arro  1717 -t 
z)  Li  Biscioni  aveva  una  lettera  di  raccomandazione  di  Loivuio  I 
to  aaibaarintore  •!  Napoli.  Lucca    i  apr«   17  —  f. 


—  42T,  — 


a  Lio,  ecc.:  «  danseuse  mediocre,  dì  laido, 

Bile  d'esprit elle  aimait  la  poesie....  » 

ri  i   da   un   nobile   re  ■>.   l> 

rozc  Cappello,  n  conquistò  subito  I).  Ginsopi 
•l-i  Duca  'li  Mondragone   >,  i 
r impresario  gridò  d  ingannalo,  '-li1'  la  Gii- 

aduni  •  non  principio  veruno  dell'art  tllare, 

non   elio   il   grot  ma   né   lai 

pe  »    B).   E  cercò  di   ottenere  un  ordine  reale  . 
sciogliesse  il  contratto.    Ma  il    Ministro   l'i  -li:im    ri: 
36  la  sbrogliassero  tra  loro  *),  —Ni  •.  per  Di 

che  quistiooe  *li  vestiario,  era  venuta  a  contesa  col  di- 
rettore Grossaiesta.  Il  quale,  irritato  dal]  sa  della 
Tintoretta  «  proruppe  non  solo  In  parole  po< 

detta  donna,  ma le  dette  un  pugno  dietro  le 

La  Tintorctia,  ziPTerrò  «  una  teanella  (sic)  ili  -.reso 

por  tirarcela  ».  Ma  si  Ars*  i  ■  i  » •  ■ 

ordine  dell' Uditore,  ebbe  il  mandato  in  casa.  B  un  altro 


mandato  fu  fatto  alla  Tintoretta  e  suoi  protettori,  pi 
non  i'  -il end  Pochi  giorni  dopo,  clarappa 

citii-arli,  «  dichiarandosi  questa  non  essere  stai 

Mfl  il  TuiareUi  ebbe  subito,  come  impresario,  al 
lori.   Le  compagnia  degli   istrioni,  diretta  do   Doni 
Antonio  -li  Fiore,  ci  »enk\ 

iiell'otlobre  47,  uhm  rimedia,  intit 

Impresario,  in  tre  atti,  il  terzo  in  m  -od» 

«•(unici  ili  dare  di  tanto  in  tanto.  Ma,  questa  \  i 

a    Don  Diego,  «  e 
circostanza  —  scrive  tutto  commosso  il  Tufi 


•)  Calanuta,  Mèmoirrs  ed.  oil.  J,  1^4-5. 

47,  —  f 
')  Tuf«rclli,  19  loglio  47,  —  t 
*)  hi. 

Ugno  47  —  All'  UrfitOft  tO  piui?no  —  f.  7.* 


—  427  — 

--ero  Don  Diego  un  Impresario  nuovo,   per 
anni  fi,  con  essersi  piccato  il  finto  impresario  (chechia- 
i  Giusep  i  averlo  Pulcinella  trattalo  bob  il 

l>  >u  .  avendo  »  questo  oggetto  egli  preso  il  teatro   per 
anni  •'■ ,  la  prima  volta;  atterizzato  il  Don 

o  per  un  impi  ciocco,  povero,  tallito,  truffa 

che,  tra  poco,  avrebbe  dovuto  fluire  i  suoigiormo  io  un 
ircere  e  in  una  chiesa]  Fu  pienamente,  scandalosamen- 
astutamente  trattata  questa  satira,  questo  libello  famo- 
so, nella  prima  d  ammirazione  di  un 
latore:   indi  ,  nella  scena  stessa,  furono 
irai;               ].i  Ceffi  sotto  il  nome  di  Celila,  ed  Egizio  BOtfa  i 
il  nome  di  Egiriù,  e  gli  altri  principali  attori  ed  offiziali 
lei  Rea!  Teatro  sotto  figure  troppo  manifeste  aU'ud  bb 
Lo  scrivano  defl*  Uditore  mandò  subito  in  carcere  Tat- 
are Rao,  e  un  Onofrio  D'Aquino,  compositore  del  sog- 
tto  a  che  aveva  messo  in  musica  lo  arie.  —  Ma  il  Tu- 

lirittura  ci  ola 

proibito  di  più  recitare:  a  E  eccessivamente  sciocca, 

■candii  a,  e  che  colla  detrazione,  con  i  termini 

siml  e  eofl'  indicazione  delle  persone  ial- 

mente  delle  povere  donnej  qualunque  bìouo,  ceree  sodi- 

r oziosa  librriina  gioventù,  covar  loro  le  risa  •■  il 

K-'enaro.  !•'.,  sopratutto  in  questo  .  il  quale,  da  30 

solamente  Fanno  scorso  ed  in  que 
to  rappresentato  d  •<    volte,  appunto  perché  i  e. unici, 
andosi  dello  ione 

>  mente  incori  i  n    n<  Sa  jatii  a  a. 

lunisca  se  giustizia ,  ma  non  »  la 

con  i    posta  del  ministro.  E  il  Rao  e  il  D'A- 

nni una  sentina  di  giorni  in  carcere,  finché  fu- 

ti ad  intercessione  dello  stesso  Tufarclli  '). 


')  Tufnr*lli  13  ottobre  1747.  F.  rfr.  Uditore  h.  d.  ecc.-- E  7.° 


—  428  — 

Foste  splendici  abber  luogo  nei  noi    i 

la  nascita  «lei  primo  Reale  Infinito. 

Il  4  novembre,  gran  gain  <•  festa  di  ballo  di  parvità  in 
Palazzo.  Il  5,  il  Slroe,  mustca  del  Sassone,  al  S.  Carlo, 
con  ingresso  libero  a  gratuito.  Il  6,  nella  gran  sala  del 
Palazzo,  detta  delle  Guardie,  sì  cantò  una  sei  .pera 

di  Ranieri  dei  CaJsabigi,  musica  di  Giuseppe  de  Maio,  col 
litote  il  Sogno  di  Olimpia  ').  Nel  prò  da  sala 

magnifica  scena,  una  Deliciosa,  grandioso  edilizio  ad  B 
colonne  e  cupola;  e  varie  tile  di  ponici,  elio  si  per 
nel  fondo,  e,  in  mezzo,  una  fontana  con  Nettuno  e 
lini  e  Tritoni.  E  in  alto  ,  si  librava  una  deità   circo 
da  amorini  ed  altre  figure;  e,  sul  davanti  della  scena, 

lutarono  Vittoria  Tesi,  con  una  gran  gonna,  a  due 
ali,  con  ricchi  disegni,  e  Cantarelli;  e  l'Angela  Conti,  ap- 
poggiata  a   una   balaustra  ,  pensierosa;   e  si    inoltra 
intanto  e  Gizziello  ,  e  il  Manzuoli  e  il  Babbi.    I 
i   grandi  artisti,    chiamati  per  I*  occasiono!   E  lo  damo  e 
i  cavalieri  erano  liti  in  ricchi  palchi, 

liln   laterali   di   sgabelli  ;   e    l' uditorio    era    coronai 
Carlo  III,  e  dalla  Regina,  accanto  ai  «piali  era  una  sedia 
vuota  per  l' Infante.  — 11  Sogno  d'  Olimpia  alludeva  ai  so- 
gni di  grandezza  della  madre  d'Alessandro,  ohe   era 
stessi   ohe   potevan  farsi  pel  nato  principino.  V. 
si  trattava  proprio  di  Filippo,  il  povero  duso 

dalla  successione!  Desiò  entusiasmo  un  duetto  tra  Giz- 
ziello e  Caflarelli.  ■  Ij<  superarono  r aspettazione.  Il  S 
15,  la  screnata  si  replicò  al  S.  Carlo,  e  il  (6  a  Palazzo.  Il 
18  ci  fu  una  gran  festa  al  .s.  Carlo.   E  non   parlo 
cuccagne,  dei  fuochi  d'aitili/. io,  eoo.1). 

>)  l'aria  di  qneata  serenati  la  lettera  dot  Mclastaaio  30  gennaio  1743 
■1  Calaabigi.  (in  Oi7).  Ed.  nap.  18C5,  p.  917-8). 

*)  Quale  feste  furono  diaconato  da  V.  Re  e  inda*  iu  quindici  Ut*!* 
da  0.  Vftat      AfamUKMW  (Mie  tofani  rtaii  finte  fatte  eelebnnv 


—  42y  — 

Patrino  dell'  Infanto  fu  il  Re  di  Spagna,  che  ebbe  suo 
procuratore  a  Napoli  il  Duca  di  Medinaeeli.  In  qaefl-'occa- 
>ione,  il  Medinaeeli  fece  cantaro  in  sua  casa  una  serenata 
Le  glorie  d'/bero  partecipate  a  Pnrtenope,  musica  del- 
l' tboe,  diretta  dal  De  Maio,  eoa  QizzieUo,  G.  Croce,  Gi- 
rolarna  Tcarelli  di  l'orna,  A.  Cotizzì  detta  la  Romana  e 
balli  e  scene  del  Gflossatesta  e  di  Vincenzo  Kó  '). 

Ère,  al  S.  Carlo  s'ebbe  l'Adriano  in  Sii 
a  del  Istilla;  nel  carnevale,  la  MtìTOpi'  d'I  Malici  (f), 
•  ■il  DUI  ■  Ili.  —  Si  mutò  solo  il  Pinaeci ,  che 

iu  sostituito  da  un  Giovanni  Croce  o  s' aggiunse  una 
settima  parte,  Pasquale  Potenza.  Il  Maozuoii  ora  dei  can- 
tanti, clic  allora  p;  ano  s).  Dei  ballerini,  fu  mandato 
via  il  Monti,  clic  non  era  piaciuto,  e  venne  invece  Mr.  J.  B. 
Denis ,  gran  ballerino  grottesco.  Per  Y  ultima  opera,  es- 
sendo gravida  la  Testagrossa  ,  venne  da  Firenze  la  Pane 
loncina. 

E,  nel  carnevale,  si  permise  di  a  fare  entrare  setta  platea 
del  Keal  Teatro,  dalla  seconda  soia  di  recita   dell'  opera 


patì  da  S.  M.  il  Re  delle  due  Sicilie  Carlo  Infante  di  -Spagna  ece.  Per 
la  nascita  del  suo  primogenito  b'ilipjxt  eco.  In  N:ijx)li  MDQQXXXXV11I. 
E  da  questa  pubblicazione  sono  tratti-  lo  Agar»,  che,  riprodotta  in  zin- 
cotlpia, accompagnano  quarto  fascicolo,  cioè  la  pianta  del  S.  Carlo,  hi 
festa  di  ballo  in  S.  Carlo,  e  la  rappresentazione  della  Serenata  nel  Tea- 

')  In  Napoli  MDCCXLV1II. 

ICMCO   QatUppO    l'iiliilio  di    Trojyi    in    Unir,   ili  fini- 
■  iiuoli  celebre  virtuoso  della  Read  Captila  di  Napoli.  Ma.  dalla 
i:.   Nap.  Il  Caluppo,  strnuo  uomo,  negli  ultimi    anni    della  sua 
vita,  «  si  compiai-qup  oltrjiuodo  della  musica  o  particol 
Mann  ridusse  a  divenir  i>iwta  TQM*H  V  pre- 

iUm. ,  la  qunli,  aicooma  egli  andava  «crircndo,  cosi  co  le  presentava, 
dunque  fòsse  dai  buoni  amici  ripreso,  ecc.  ecc.»  Pare  che  fossero 
i-ate  a  Moina   1749.  *ono  ranetti,   o»l>  soft,  in   lodi 
;ili.   della    Malfa 


—  430  — 

di  carnevale  sino  all'ultima,  le  maschere,  non 

,  8  lori»  liberto,  conili  praticasi  in  lutti  li  I 
più  famosi         bili  di'  Europa,  ed  anche  in  quello  di  Monta 
sudo  l'occhio  del  Sommo  lV)nidi<-i>  ■>.  Ci  fu  insomma,  una 
da  ballo  ,  un    veglione ,   il  primo  che  -o  al 

S.  Carlo   '). 

Il    Livori    mise   in  1 9  h'rriro,  coi  solili  '). 

Per  la  seguente  stagione,  due  primi  soprani,  Fili 

Elisi  e  Giovarmi  Tedeschi  -  detto   AmadorL  Per  pi 
donna,  venne  da  Vienne  quella  Caterina  Aschierì, 
dodici  anni  prima,  ara  stata  sfrattata  da  Napoli     D 

miglioro  e  di  grido,  che  giri,  non  vi  e,  né  si  seni 
vi,  perchè  tal'  una  altre  bì  6  hmp  altrove,  o  in  età 

che  polla  alla  declinazione  non  più  all' aumento  o 
della  imi  taluna  ha  la  voce»  le  manna  il 

sonale,  e  la  scena,  e  se  tal'altra  ha  tutte  queste  cose,  che 
&  difficile,  Io   inaura  la  musica  »  •).  Per  tenore  rei 
i.  con  la  moglie,  Giovanna  Guaetti,  che  fec 
.  per  la  prima  opera,  ed,  essendo  u  i 
vida,  fu  surrogata  por  le  altre  da  Maria  Maddalena  I' 
da  Firenze.  Ultima  parte  la   Taccarina,  -  Andar 
da  ballo]  ini.  la  Tintoi  u  presa  l  i 

a  Miranda  (Bettina),  la  Costa,  la  Cateri 
La  Panialoncina  sposò  in  quell'anno  a  Napoli  il  i> 
e  divenne  la  famosa  Madame  Denis  ')■ 
Le  quattro  opere  furono:  il  Sif'ace  del  Zeno,  mu 


i   i  u  ;  •  .:  i,ii.-;ito  un  regolamento  a  fttfl':i|>.>.  di  cui  •    Il  copia  mi  L  S*, 
e  ulti»  copie  uel  f.  18". 
«)  Ripnta  la  «un  solita  domanda,  29  ft*br.  W— l  8". 
*)  TuaroQI  8  ago«to  48— f  B.« 

'i  Cfr.  Tularelli  H  ago*<"  IT  |7    Sulla  Pi 'ifoncitu*  o  Matti 

(da  i  liciti    coli'  oh, ..iih.i  i   ni|i. 

Mémwrrt  vi.  di.  VII.  110-118  ,  «  Vili.  883.  li  Casanova  la 

lTi.i  a  Hviiinu,  «•  d«I  1770  a 


131 


! 


del  Cocchi;  I'  Lsìo  del  JommeDi  lj;  il  Demetrio,  musica 
di  Egidio  Lasnel;  l  se  del  Perez  *). 

Il  Livori  Est  itare  il  O  l  carnevale 

•  >u  fu  dato  il  permesso  'li  ripetere  la  resta  <li  ballo  nel 
.  Carlo    i. 

Nel  49-50  restò  rAschiari;  venne  per  primo  soprano 
A    M.  Monticelli,  per  secondo  Giuseppe  Sidoti  ') ,  il  te- 
Babbi  e  le  moglie    );  e,perultim    parti,  Nicola Gori, 
T.  O.  Cai-noli  *). 

Si  recitarono  la  Zenobìa  del  Lattila  ;  I" Alcs.su/idro  del 

['Olimpia  del  Burancllo;  il  Dcn>>  lei  Sassone. 

irano  più  il  Denis  e  la  Paniate  ■  |>tirlirono 

Berlino!  I  alpe  del  1 1  —  dicova  il  Tu- 

i  il.  La   Pantaloncina   pretendeva  di  alternare  d 

rossatestSi  e  queste  non  volle,  por  non  pregiudicarsi. 

')  «  Scria**  l'Ezio,  in  cui  la  ncona:  Misera,  dove  soni  coll'aria,  Ahi 
non  tono  io  the  parlo!  ebbe  un    incontro  n.-ra  Tiglioso,  eguale  h 

Maasimo:  //  i/  /V/mi-b — So  porsero  un  ru- 

milo—  Va  dal  furor  portata,  nullo  quali  m  disliuEo  il  famoso  Babbi.  » 
'  i  •'■  |    i    L  ■•    V   IAIX. 
T)  Tufarvlli,  H  tgOll  del   loiumelli   <  uomo.  ehi  l  ha  luto  saggio 

se  in  tutta  la  Lombardia       in  ilo.»  Del  secondo  (il  La- 

ici T):  «  Quel  personaggio  a  V.  E.  ben  noto,  che  a' è  gentilmente  of- 
.  -  III  'tanti  stava  da  molti  anni  a  Falurmo.  — 
ttri  t 

*)  Q  — Il  Livori  cbiOM  d  in  B  ioHoaI  noi  ■ 

Negato:  e,  invoco  della  commedia  mi  lino  eh*'  l'anno  dopo  «i 

HpHr*>-    ■  Tfatri  f.  8.» 

1  affamili,  8  agosto  48  «  dJ  merito  raffici 
tato  rtl  l'unno  «corno  di  imi 

iflarvlli.ciii'  recitavi  da  primo  unni..:    j  Teatri  di  Roma  tono  giunti 

I    llabilirs    >    in;.  n.;ml.-voli 

II 

ibnonte,  IO  mag.,4t}(  17  gii  IJ-  • 

Questa   coppia  costava  da  0000  dittati  II  T  .  :    uhm  iìu- 

lovaro  Tapinilo.  Ma  dovè  oederonlln  volontà  «lui  Re.  7  nov.  40.—  Toatrt  (.  8." 

*)  Tufarelli  17  marzo  49,  —  Te 


—  432  — 

L'astio  Ira  il  Tufarelli  e  il  Grossatesta  cresceva,  i 
1748  il  Tufarelli  faceva  osservare  che  pagava  loro  ! 
ducati   a  paga».,  forse  non  i  quella, 

il  Re  N.  >.   contribuisce  ai  suoi  signori  Tenenti   Gene- 
rali •>,  e  domandava  di  poterli  licenziare,  se  non  si  ronten- 
tavano  di  mono.  Ma  non  gli  fu  concesso.  Inveì-  del  Denis, 
venne  un  Michele  'Hi  àgata ,  che    non  piacque  ;  e 
un  Pietro  Mitrine]  da  Londra.   Pigliatevela 
testa!  rispondeva  Tufarelli.  <«  Il  signor  QroanatOOta, 
un  professore  vrcrliio,  che  ha  il  carteggio  000  tulli  i  bal- 

:  òV  Europa .  ohe  tutti  a  lui  sì  raccomandano 
venirsene  qui  a  ballare,  perchè  non  suggerirmi  lui  un 
ballerine  famoso  grottesco,  da  tanti  mesi  ohe  v.idi 
gandonelo.  i  gli  all'orecchio,  che ,  se  pei 

I  vi  is,  nell'anno  venturo  saressimo  andati  a  ' 

II  dell'Agata  ò  su|HM'iorc  a  GabriHiuo  Borgl 

i  prima  dell*  impresa,  e  che  oggi  sarebl  ito 

ultima  Bgura Superiore  però  a  tutti  è  il  Dèi 

qui  par  anni  due,  e  per  me  saria  mancalo  dì 

ire  per  lutto  il  corso  della  mia  impresa!  *) 
Nel  1750-1  att'Aschieri,  che  parti,  a  matveduta  e  pi 
cinta  •   i,  fu  sostituii  gina  Valentini  Affagotti,  nata 

Napoli  nel  1728,  ma  allevata  e  cresciuta  io  fama  all'est 

>)  Mi.ii.-lr.  doli1  Agata  era  il  marito  della  ballerina  Augusta  GardaUa. 
favorita  dot  Pura  del  WiirVmberg.  Cfr.  Casan.  i.  l.V)e  pattim. 

Ed  anche:  F.  W.  Banhold:  IÌU  gcschkhUichen  I'cnOnlirhKattn  ùi 

•tMm     '■  ri  b,  IS48,  i.  78,  888), 

*)  Tafanili.  7  mano  1749—  Tmtri  f.  8.' 

')  Tufarelli,  gj  noverabr.i  51,  —  Teatri  f.  9.'  —  Da  una  tettar»  del 
beccar  i.  Boi-  9  luglio  .r»7,  «a|<[>i  l 
di  non  più  cantare  in  vcrun  teatro.»   Ttatri  — f.  18.* 

*)  Cfr.  Fótia.  Biogr.  T.   VX  —  V.  ritratto  e  biogr.  nella    Biogr.  drgti 
uomini  tHrnhi  dui  Regno  ti '•  lila  dal  G6T*MÌ,  —  Vanti*  coti  to- 

tem ili  raccomandazione  del  Motastasio,  13  die.  49  alla  Belmont 
Beo.  Lo.  XXXI -II. 


—  433  — 

ine  da  Dresda:  «la  prima  donna  che  uggì  monta  lo 
scene.  »  li  Restarono  tutti  gli  altri.  s) 

K,  colla  Minirotti,  si  dette  Ifi  prima  opera t YOfimpìn'fr, 
tltsica  del  Buranello.  a  Sento  con  piacere  l' incontro  della 
si/;."  Mingotti —  scrive,  con  poca  grammatica,  il  Burancllo 
da  Venezia  —  e  mi  consci')  della  giostizia  le  vengali"  l'atto 
ed  lo  prima  d'ogni  altro  ne  ho  una  particolare  stima  de)  suo 

merito,  come  V.  s.  Parrà  ooooecioto  dalli  prima  relazione 
.ii.-  i..  le  diedi  lo  spicco  che  a  fatto  duo  delle  Arie 

nell'  OUmpìade  nella  persona  della  si^."  Affagotti,  e  aorta 
che,  quando  la  musica  è  in  bocca  di  persona  che  ne  abbi 
un    tal  inerito,    t'acil    cosa  ne  è  il  felico  incontro  .  .  .  »  J) 

Ma.  nel  novembre,  dopo  novo  recite  del  Ciro,  mu 
del  in  Leo,  la  Mingotti  cadde  gravemente  malata,  e  il 
•  rolli  dovè  correre  in  Roma  per  prendere  un*  altra 
donna  da  sostituirle.  —  E  BÌ  prosegui  co\VAntif/ono  del 
Conforto;  e  colla  Semiramide  del  DJ  Maio  *)— Nel  1751 
fu  ri  ancora  una  volta,  il  Cavaliere  del  Liveri.  *) 

I  51-2  venne  il  >    napelli,  e,  per  prima  donna,  Dot 

rìca  Gasarmi,   veneziana:   -«   giovane   ben    latta,  di  pro- 
torzioiiata  statura,  di  circa  anni  30,  di  buona    voce  SO- 
e  sufficientemente  abile  nella  musica  e  nella  comi- 
Era  ■  da  una  prigionia  &  varia  settimane  sof- 
fèrta a  Torino,  per  aver  fatto  bastonare  da  quattro  o  cin- 
que suoi  emissari  uno  dei  cantanti  dell'opera  ').  Tenore 


»)  TufaitJli  li  Ottobri  48    Teatri  f.  9fl 
*)  Trattali™  —  f.  8* 

•iMoia  6  ntt.  50.  Con  altro  du«'  Iettare  uUogi  del  l  tranello  -  I 
itaatasìa  alla  Itelmonte  i'3  luglio  50.  Murida    uu    du<.tlu,    cbioalo 
il  Tufarvlli  pel  Moni  Ha  Semiramide.  Mattai.  Mem    —  \\.  XI.. 

le  50.  —  f.  9."> 
il.  Tufan-lli.  —    Teatri  L  9.* 

di  Si.  di  Tori»"  Uttar*  Mmi$th    0  Re  al  MoamMuo 

10.°  Ossorio.  17  mano  1751  :  «  Portati  a  cantare  in   cotesto  Teatro 


—  431  — 

ii  Babbi;  ')  seconda  donna,  la  Parigi; secondo  Maria 

Masi  Giura,  detta  la  Margarina,  fatta  venire  ria  Copena- 
ghen, e,  ultima  parte,  Timoteo  Vassetti 

Quella  •  muenacha  do  dio/,  afios  p,  propoi 
ma  dal  Zambeccari,  venne  a  Napoli  ballu  tornala  »li 

0  carattere:  ara  Teresa  Colonna,  che  «  <i  • 
latin  in    pochi  anni  il  giro    di  lutti  i  teatri    d'Italia, 
1  ultimo  biennio  aveva  travaglialo  ni  quello  'li  Y 

a  ne  Giuseppe  Salomon ,   il  celebre   GiusappettO 
Vienna,  grottesco,  col  padre  l  >.  buon 

e  'li  baffi,  e  Pietro  Boudin  con  Luisa  Geoffroy,  i 

e    Vincenzo  Sabatini,  e  Marirlu'.rihi    Irasparini.    (iael 
Grossateeta  restì)  solo  come  direttore.  *) 

Nel  luglio  successe  t -Ili  e 

i  Boudin.  La  Luisa  i  ballerina  giovai 

dice  il  Tufarolli  —  non  obi 

spiegarsi  che  ino   no  avrobbo  lati  i  pentire,  p  Infatti, 


la  «ignora  Omarini,  In  qu.-ilr  mulo  nel  passato  Carnevale,  in  questo 
Teatri'.  E,  siccome  potrebbe  parlarsi  «unii  d'un  incutili. > 
medesima,  stimo  mire  l'B.  V.  ailiin-h-j  Ella  sappia  U 

rita  del  fatto  e  possa  discorrermi  nelle   occasioni.  »  E  soggiunge   che 
«campA  con  «x*l  poco  aia  per  grazia  chiesta  al  Re,  ala  «porrla  S.  Si 
sapeva  ch'era  impegnata  al  Hrriikl  di  cotesto  Regio  Teatro.  » 
«)  TufnroUi,  8  ottobr».  50—    Teatri  f.  9« 
l  Nel  hot.  51  fu  ordinato  alla  ballerina  Santa  Olivieri,  detta  la 
giano,  che,  giacchi)  non  era  occupata,  acida»*  I mi 

ecc.  Ma  ecco  una  supplica  del  <  Cav.  Conte  Giorgio   Azza   Migliorami 
di  [viivila  Nieutilawaki  strialo  del  R>  I  i 

bero  Barone  del  Palatinntn  di  Cracw  a    -.   ' 
Nn]«f»li  col  Agli"  Antonio  , 
questo  signore  otta  tanti  nomi  non  fu  data  il  permeano. —  Tottr»  t.  ti 

1)  Tufarolli    8  ".iwalcata. 

moli»'  Italo  dal  Tu 

nndò  ia  Franein  r.  malgrado  l'impegno,  non  ■  Cfr,  varia  ! 

in..  d'Ardore  da  I',  I  qu<wtn  l'andata  in  Francia  in 

paguia  del  Casanov  L  817-fl  e  *eg. 


—  436  — 

coff  immani  un  doloro  et  «nico  a  una  gtfmbft, 

eoi  pretesto  del  quale  interrompeva  i  balli,  tralasciava  i 
pas-de-deux ,  non    interveniva  al   teatro  .  mettendo  alla 
lisperazionc  l'impresario.  Una  volta,  questi  le  mando  il 
co  in  casa,  ohe  osservò  la  gamba  e  trovò  che... 
i  molto  ben  latta.  <■  Atterrita  dalla  libera  assertiva  di  que- 
ir infretta  vestirsi  8  estere  in 
1  •,  incoi  ballo  ambedue  i  balli  colla  sua  solita  forza 
"Itura ,  tacche  fu  attribuito  a  un  puro  miracolo^ 
•ece  il  medico  Ora  pochi  momenti  1  d  ') 
li    ;  ,  ■  un  ben   cascoli  i  mazzetti  •  di  : 

Bori  ••  del  Salvi,  musica  defl'Aboa,  fu  l'opera  di  primavera  \, 
tre:  il  Fornace  del  Zeno*  musica  'l'raetta;  1* /- 
perv  musica  del  Cafaro;  e  V Aitalo  del  Salvo,' mu- 

aSca  del  i 

Il  Tufarclli  ,  nel  di' ombre,  av  ehe  la  stupenda 

ila  di  Saltatori  di  S.  Germano  dì  Parigi,  al  sor- 
vizio  di  S.  M.  Cristianissima,  era  pronta  a  venire  in  Ra- 
ttorta far  vedere  una  dozzina  di 
ai  S.Carlo.  Ma  tu  risposto  enei  a  noee  de  la  mageeCad, 
►coro  del  Rea!  Theatro. 
lei  Carnevale  58  una  commedia  nuova  del  Livori,  1 
•ico,  che  n"ii  è  B  stampa.  SJ — Nella  sua  compagnia,  noto 


»)  Ortaggio.  W  —  f.  9.9 

*)  Tufanl'.i  .  91  luglio  M.    Teatri  f.  9* —  Sul  Boudin  e  la  Geoft-oj 

rfr.     '                  i,  «  li--  li   »i.l..  il  I7.V)  a  Torino,  «•  poi  *  Vi  •mu.  ••  ;•   Pa- 
ine a  Orléans  il  1767,  che  s'erano  ritirai 
«ano  vìIa  tavola.  La    balla  Qeoflrog                 >  alluri  «  phfl  laido 

A  :voto  poni-                    i  >•  ;ni  fa  nari. 

Di  ainn  >•  DlflU    le»   reste*   rfu  dialile  !  »   offri    D  VII, 

r^fanlll  I  :  mi  no  51.  -  l»."' 

*l  Cari*-  v.  9.° 

,    1    Lucili,  7  db»,  61,  e  rfapo 


—  «36  — 


Ha  i  nuovi  un  Giuseppe  Mililotti  ').  Un  Francesco  Ade 
comincio  a  faro  il  Napolitano. 

Teresa  Colonna,  Unito  le  recito,  mi  e  nel  settem- 

bre 52  il  Re  ordinava  al  Duca  di  Cerisano  che  non  d 
più  passaporto  «  a  la   baylarina    Teresa  C  non 

conviniendo  <me  vuelve  A  està  Capital  !  ') 

Nell'ultimo  anno  della  sua   impresa  52-3.  il  Tufarelh 
meditava  grandi  cose.  Egli   app  ra   alla    categoria 

degli  im|'t    -ìiii  entusiasti.    Per   tenore   voleva  chiamare 

Gaetano   'inani  o  il  più  accreditato  c-heoggi  ì 

Questo  bisogna  elio  Io  faccia  sentire  io,  perdio  oggi 
più  bravo..  ..  Non  vorrei  che  toccasse  al   mio   sue 
Boia  la  sorte  di  presentare  al  pubblico  l'Ottani,   musii 
nuovo,  ben  fatto  e  assai  virtuoso.  »  ')  La  difficolti 
nella   prima  donna,  a  Qui  mi  confondo  da  dovero, 
che  non  veggo  io  tutta  la  musica'  bre  quo! 

soggetto*  che  almeno  possa  essere  compatito!  a 
era  «  già  decrepita   con  55  anni   di  età  »    e    viv._ 
Vienna  ritirata  ;  ')  la  Faustina   anche  era  stata  giubilata 
dalla  Corte  di  Dresda;  la  Celli  aveva  lascialo  di  cantare, 
«  perchè  con  sommo  giudizio  vuol  godere  le  sue  i 
e  quelle  di  Veronica  sua  zia  ».  Dell'  Aschieri  non  al 
neanche  sentir  parlare. —  L' Aslrua  è  da  cinque  ani 
Prussia,  e  ci  si  trova  benissimo.  La  Mingotti  ha  avun» 
la  licenza   per   uu  anno  per   andare   in    Ispagna , 

•)  I.iveri,   17  die  r»l.  luniciiia  oOn   C.   Rumo    ebbe    *lraordinariaa*<*t* 
il  permesso  di  andar  a  recitare  una  sera  in  casa  del.  Pri  fa*  *■* 

Livori  ora  «Jifflcilissiuio  nell'accordare  quarti  permeasi.  Gli  adori  .• 
i.Uuud  di:  <lurara  gran  fatica  §k>ì  a  ridurli,  «  t.int>. 

faro  Russo  specialmente  che  all'invecchiato  ano  iati  'lire  bisogna  g*^ 

mi  consumarti  più  tempo  por  ridurlo  con  tornare  poi  ai  bu 
b1I»«  volte  che  i  concerti  ai  allunghino  >   10  die  51.    Teatri  I 

»)  16  aatt  1782.—  Teatri  i.  9.° 

')  Tufo  «-ili,  0  nov.  M  —  Teatri,  f.  9.» 

')  .V  «viva,  veramente, 60.  Cfr.  ai-L  cit  dell' Ademollo  sulla  Tea» 


—  437  — 

guadagnerà  3000  doble  ;  e  non  farà  il  cambio  con  Na- 
poli, dove  avrebbe  3000  ducati.  Resta  la  Viscontini,  di  48 
anni  di  età,  grassa,  di  bassissima  statura,  orrida  d'  a- 
spetto.  Cantò  17  anni  prima  al  S.  Bartolommeo ,  e  non 
le    si  lasciò  finire  l'anno. 

Questo  era  lo  stato  delle  virtuose  celebri  —  Restano  le 
gio-vani,  —  soggiungeva  il  Tufarelli  —  «  che  a  tutt'  altro 
baciano  che  a  divenir  famose  e  a  meritare  il  titolo  di  vir- 
tuose !  »  La  migliore  di  queste  è  la  Colombina  Mattei, 
che,  anni  prima,  aveva  cantato  al  Teatro  Nuovo  di  Na- 
poli. —  Ma  il  Re  indicò,  come  le  meno  cattive,  la  Tesi  e 
la.   "Viscontini  *). 

Per  primo  uomo  il  Caffarelli;  per  secondo,  il  Cornag- 
gia  detto  Cornacchina  milanese  ;  per  seconda  donna,  re- 
stò la  Masi  ;  per  ultima  parte  fu  proposta  da  Roma  la  Te- 
resa Venterelli,  detta  la  Carbonarina,  «  non  solo  dotata 
di    ottima  e  gran  voce  di  soprano ,  spiritosa ,  leggiadra 
di    personale ,  di  alta  statura ,  non  brutta ,  e   sufficiente 
nell'  arte  a  proporzione  del  posto  ;  ma  sovratutto  savia , 
giovine   ed   onorarissima.  »   Ed  il  Tufarelli  soggiunge: 
«    Nella  compagnia  dei  cantanti  trovansi  sole  due  donne 
e    non  già  tre  ,  piuttosto  brutte  che  no ,  e  non  giovani. 
Per  condimento  della  mensa  teatrale,  è  un  sale  necessa- 
rio che  una  almeno   delle  cantatrici  non  sia  un  oggetto 
dì s&piacevole  alla  vista;  nello  scorso  anno,  vi  erano  tre 
do  une  e  due  di  esse  appariscenti,  perciò  con  ragione  fu 
a* lontanata  la  quarta  ....*)»  La  Carbonarina  venne,  e  la 
rir*  onsa  teatrale  ebbe  il  suo  condimento  ! 

11  Tufarelli  chiamò  anche  da  Praga  un  maestro  di  cap- 
t*^Ua  a  nome  «  D.  Cristoforo  Klug  (sic),  Boemo  e... 

*3  Tufarelli,  21  nov.  51  e  cfr.  lettera  antec.  30  nov.   50   Bigi,    reale 
^     die.  55  e  altre  carte.  —  Teatri,  f.  9.° 
"*)  Tufarelli,  18  uov.  51.—  Teatri  f.  9." 


—  438  — 

da  questo  compositore,  nuovo  qui,  ed  olir*  modo 
del  suo  mestiere*  spero  una  musica  «li  stilo  lutto 
e  maippiù  inteso,  >  'i 

Ma,  povera  TufareHi,  fu  sfortunato  t  L'opera  <li  prim 
vere  era  il  Sesos&ri,  He  d'Egitto,  •  he  doveva  esser 
in  musica  dal  Cocchi.  L'opera  andò  in  i 
nel  Giugno,  e  il  risultato  Fu  pessimo.  Il  Tufarelli  - 


dignato,  al  Ministro;  «  che  li  maestri  <li  cappella  non  tu 

!  urino  le  loro  musiche,  a  me  non  giung- 
ih     arrivato  bltf  affatto  insolito  ,  che  un  maestro,  da  ne: 
latto  venire  espressamente    da  Venezia    qui,  e  giù 
all'otto  di  aprile,  siasi  divertito  per  lo  spazio  di  pi- 
ne in  Pranzi,  Visite,  Divertimenti  e  Comedie  n< 
(ili  K-atri:  ed  in  comporre  prima  e  di    soppiatto 
parta  detta  musica  del  Teatro  Nuovo,  che  andò  in 
dentri  il  passato  maggio,  per  lucrare  un  buon 
Personaggio  protettore  «li  una  di  quelle  oantatrici*  ■  I-'1 
pera  è  alata  pessima.  Ma  poteva  e  liversaco 

Si  Bcovrl  «  aver  egli  formato  un  insulso  e 
sticcio,  ripieno  quasi  interamente  di  farina  non 
cattiva,  tanto  vero  che,  a  tutto  fare,  e  con 
Sto  travagliando    in  puntellare  la   cadente  casa 

e  <li  altri  maestri  che  si  uno  fra  pi 

invece  delle  più  noiose  e  lunghissime  composte  del  sig. 
r</-  .In.  Ila  egli   imperterritamente   disgusl 
me,  ma  tutta  l'intera  compagnia  e,  sopra  lutto,  l 
lorosa  signora  Viscontini,  ed  ò  stato  u  i 

l'arte  sopraflna  «li  questa  bravissima 
caduta  a  piombo,  rome  ó  avvenuto  al  Caffarclli,  al 
re,  alla  Ma-i.  ed  alla  povera  Venturclli,  qua!  aliati 
non  si  riconoscono  per  quelli  clic  realmente  son 

',i  Tm.tr.lli,  25  agosto  52 -iti  *f.  0°. 

*)  Tu Ù! .vii,.  ] ■  tri  f.  9.» 


—  439  — 

Sulla  fino  dell'agosto,  giunse  ;t  Napoli  Cristofaro  Gluck. 
s.-ijii  ;  ilo  il  libretto  >\'-\\'.\r$ace, 

il  <;in-  k  «  con  -■  'ni  o  eoo  pressante  impegi 

r  impi  -  fargli  musi         nvsce  la  Cle 

a  arricchito  <li  Strepitosi  avvenimenti 

!•  d  -li  un  pia  vag  i  b  i  trio  scenario.  »  ') 

La  Cle>  musica  del  Gluck,  andò  in 

:il  s  L758,  l  -imo  ru- 

Doore.  Il  Mait-i  ricorda  la  belliasimfl    aria     ohe  cantò  il 
Caflaielli  : 

Tra  stupido  e  pensoso 
Dubbio  cosi  s'aggira  ') 

:  Se  mai  sento  spirarti  sul  volto,  in  DOS  lunga 
pausa    del  CalTarolli  «  Ics   mstrnmonts   no   Inissaicnt  pas 
:ompagner   avec  une   própondéram  itée,  jns- 

•juc-là.  d  Le  critiche,  che  fecero  i  compositori  napoletani 
juesto  ardimento!  furono  A  Ne  nacque  una 

io  di  lite,  ohe  —  a  quanto  narrano ,  —  si  convenne 
ittomettere  al  giudizio  del  vecchio  maestro  Durante. 
•lieo  che  il  Duranti .  est  minato  lo  spartito]  pronun- 
•  questo  punto  è  o  non  e  conforme 
Da  regole:  ma  vi  dico  che  noi  tutti, a cofninciar  da 

iuperbi  di  averlo  immaginai  Ito  »  3). 

I  duo  d  seguenti  furono  il  Licia  Vero  o  il  Volo- 

so,  musica  dell'  A  boa:  e,  nel  gon  ,  la  Didk 

««  il  più  vago  e  populei*  dramma  dui  Metastasio  »,  i 
■  aiusioa  di  G.  15.  Lampugnani,  di  Milano,   a  Questo  sono 


')  Tufarwlli  t  «oli.  52  -  Teatri,  f.  9.'  -  V.  gli  articoli  dal  oli.  A. 
t*t  il  FnHfut.'a  (Ulta Ùom. fri 

«•»    marzo  1890. 

Elogio  d  Clf. 

•)  Deano! rw»t/rr«  Ghiri  .,-.  Pani  i 


più  d'anni  20,  che  goral'  cimili  Corapoanm 

nù  vi  6  rimasto   teatro  in    cui  non   abbia   scritto,  ed  i 
quello  ili  Londra  vi  compose  per  pio  anni.  Mie  sembrai 
produrlo  ancora  qui  per  chiudere  la  mia  malagevole  il 
presa  con  lo  strepiti)  e  a-p.-itativa  maggiori1,  sebbene 
dispendio  notabilissimo.  »  ") 

Le  ■.ioni  dell"  impresa  del  Tufarclli    era.! 

splendidi;  pel  valore  dei  cantanti  e  ballerini,  per ltooce&enz 
delle  musiebe.  Beco  alcuni  dei  prezzi,  che  il  ì 
ai  virtuosi  cantanti  e  ballanti.  Al  Gizziello  ducati  3818*.  all'K — 
lisi  e  all' Amadori  ducati  5606:  al  Monticelli  una  volta  356e 
o  un'altra  3658;  ai  Cafiarefli  8663.  Delle  prime  dotw 
M  ingotti  ebbe  ducali  3298,  1' Aschieri  2963,  la 
1900,  la    Celli  1800.  E,   degli  altri,   il  Manzuoli  2850, 
Babbi  2953  e  2475,  la  Morsarina  1200,  la  Pari 
il  Sidoti  900,  laTac  18.  —  Dei  ballerini,  ! 

fetta   durati    |284  ,  il  Denis   1688;  i  Testagroe 
la  Caterina  Anichini  1210  e  1250  e  1380  ,  la  Rey 
1244,  Pietro  Michiel  1380,  (  ette    xA  padre  1741, 

e  Teresa  Colonna  1040,  e  i  Sabbatini  2491  e  .1 
ria  Oeofltav  2332.  — Ai  maestri  di  cappella  ìoo,  150, 
più  200  ducati. 

Al  Tufarelli  successe  nell'impresa   proprio  il  suo  ne- 
mico Grossatesta,  che  ebbe  il  S.  Carlo  pei'  4  anni,  3200 

iti  d'aiuto  di  costa  e  nitri  1000  come  premio,  nel  ci 
ebe  facesse  V  opera  di  primavera  '). 


11, 


'(  Tufarelli  BS  IgUtO    ~>\!.-r.-atn  f.  o.« 
»)  Contratto.  —  Teatri  f.  9." 


—  441 


Vili. 


Intanto  Catalano,  Giuseppe  Casaccia,  Marianna  Monti, 
e  l'opera  buffa.  —  fine  del  'fruirò  tirila  Pace  —  li 
primo  S.  Carlino;  teatrini  d'  Istrioni  —  (1711- 

II  buffa  Antonio  Catalano  canta  la  prima  volta  al  Teatro 
Nuovo  il  1743.  Era  <la  poco  marito,  eoipe  sappiamo,  ti 

I       ramosa  sentettù  Margherita  Pozzi 
Il  Catalano  cantò  ai  Fiorentini  dal  i4  al  46,  a,  con  par- 
te prepou  ■  dal  -Jk;  in  poi.  Nel  49  gli  >'■  dato 
cigno  il  più  giovane  Giuseppe  Casaccia.  E  Antonio 
Catalano  e  Giusoppe  Casaccia  furono,  insieme,  la  d< 
dei  Fiorentini,  |>er  otto  anni,  fino  al  1756.  Nel  50-7  il  Cata- 
lana •  passò  al  Nuovo .  nel  58-9  ricomparve  col  Casaccia 
ai  Fiorentini:  e  le  ultime   volte,  dal  60  al  04.  11  Casaccia, 
ancor  giovane,  continuò  per  un  pezzo  i).    • 

Come  il  Catalano  fu  il  più  gran  buffo  napoletano  di 
questo  itunpo  ,  cosi  Marianna  Monti  fu  la  prima  delle 
buffe.  Nel  1743  e  ancora  una  volta  presentata  in  lista,  pel 
Nuovo,  Laura  Momi  romana,  «donna  casata  ila 
più  tempo  in  Napoli  »  ').  Nel  giugno  ,  chiedeva  invano 
d'essere  ammessa,  come  ultima  parte,  al  S.  Carlo  3).  Ne! 
45-6  fu  presentata  in  lista  pei  Fiorentini  .  e  poi  non 
se  no  parla  più  *).  —  Bt  a  sub  parente  i  Monti,  che 

es"r'ltM\'  nel  1746  ai  Fiorentini  nella  parte  di  Bettina, 
la  Finta  cedoca  del  Trincherà  ? 


•)  Cfr.  j  cataloghi  del  Fiorino  o.  o.  T.  IV. 

Ioa  18  marzo  43.—  Teatri  f.  5« 
■)  Parer*  contrario  della  Giunta.  6  giugno  43.  —  Tcttri  \ 
21   «|»r.  45.—  Teatri  f.  6.° 


— .  442  — 

Marianna  Monti  stette  per  più  di  trent'anni   sui 
percorrendo   tutto  il  gamma  teatrale  ,  dalla    brio 
gasse  i?  Berretta  (ino  alla  vecchia  fastidiosa  e 
Nel  4G-8  cantò  ai  Fiorentini,  nel  48-9  al  Nuovo,  da 
al  51  ai  Fiorentini,  il  51-2  al  Nuovo,  dal  52  al  5 
routini,  dal  55  al  60  al  Nuovo,  dal  61  al  63  ai  Fiorenti- 
ni, B  COSI  via. 

-li  lr<-  grandi  artisti  fecero  la  fortuna  dei  dramt 
di  quel  pessimo  poeta,  clic  tu  Antonio   Palomba.  Il  P.1 
lomba  e  il    Trincherà    teonero  il  teatro  in    questi   ulta 
pi.  Cosi  ai    Fiorentini  si  dettero   V Amore  ingegni 
(1745),  la  Faustina  (1747),  l'amore  in  maschera 
lana  nobile  (1748),  la  Serva  ba  a,  la  Celia  (IT  r 

la  Qlamonda  (1760),  la  Griselda  (1752)  V Olindo.  d  Ffr 
Turco  (1753),  lo  Donne  dispettose  (1754),  il  Curioso 
prudente  (1761),  la  Donna  di  ■  aratteri  (17( 

Pupilla  (17G3),  la  Don*  (1764)  del  P 

Finta  vedova  (1746),  V Emilia  (1747),  mte  innanx- 

morato    (1750)  ,    il    Corrivo  ,   il    Finto  innamorato   del 
Trincherà. 

E,  al  Nuovo,  le  Di/,  tre,  il  Chimico  (1742).  il  Bt 

rune  di  Yitjnulunaa,  la  Costanza  (1744».  MonsléUi 
tifone  (1749),  Amore  figlio  del  pia 
dèi  matti  (1754)  la  Rosmonda,  il  Finto  ! 
la  Fante  furba  (1756),  la  Furba  burlata  (1762),  la  Gii 
catrice  bizzarra  del  Palomba.  E  il  Concerto  \\\i 

relio  (1748),  il  Cicisbeo  (1751),  il  Finto  Cieco,  Li  nnt 
murate  corrioate  (1752),  Elmira  Generosa  (1753),  le 
C/naiese  canlarine  (1754)  del  Trinchi 

Il  Palomba  non  era  un  artista,  ma  un  puro  e 
mestierante.  Le  musiche  del  Ciampi,  del  Cocchi,  del  Coi 


')  Varie  olire  opp.  il  Nipoli-Siguorelli  attribuisce  «1  Palomba, 
quali  tulle  rfr.  Scherillo.  St.  cil.  p.  187  «gg. 


—  44.1  — 


foiio,  dello  Stiroli,  del  JommeUi,  del  Latilla,  del  Traetta, 
del  Logroscino,  dell' Insanguino,  del  Picc'umi.del  Gugli 

lini,  salvavano  le  sconciatura  poetiche  sue  e  di  al- 
tri, simili  a  lui.  Ma,  più  ili  tutto,  l'abilita  di  Antonio  Cata- 
■  Il  quale  — dice  il  Napoli-Signorelli,  —  benché  >m- 
mamente  idoneo  per  la  sua  grasìa  nativa  ;i  rappresentare 
con  verità  ogni  carattere  ben  dipinto,  pure,  per  alcune 
buffonerie  stravaganti  ,  perd  nategli  dal  pubblico ,  anzi 

roditele  COff  applauso,   divenne    un    Pulcinella    musi- 
ale.  I  'Idilli  della   poesia   del   Palomba   trovarono   una 
ic  di    discolpa  nel  IÌSO  ,  CO1  '.•citava  il    Catalano;  ed 

pruova  in  seguito  si  abbandonarono  alle  stranezze  il 
poeta  e  1"  attore  ')  ».  E  ne  avvenne  che,  quando  si  vollero 
care  dei  drammi    antichi  ,  specie    quelli  del  Federi- 
ti gusto,  cosi  pervertilo,  del  pubblico  parvero  freddi 
e  sbiaditi,  9) 

Il  1755  spunti  ai  Fiorentini  Pasqualo  MUilotti  coli'  In- 
edulo.  Vari  melodrammi  sono  dovuti  a  Domenico  Mac- 
chia .  buon  attore  filodrammatico,  che  fece  parte,  come 
abbiamo  visto,  della  compagnia  del  Li< 

I,  nella  commedia  del  Palomba,  intitolata  la  Com- 
mediante, fu  inserito  un  intermezzo,  col  titolo  La  Cante- 
rina. Poche  scenette,  piene  di  verità.  La  poesia  ne  fu  attri- 
buita, appunto,  a  Domenico Macobia.  Pece  la  musica  .Ni- 
cola Conforto.  ■<  La  grazi"  Mai  i  tona  Monti  trionfò 
nel  carattere  della  Canterina;  il  Catalano, deposte  tuti 
pulcinellate,  imitò  a  meraviglia  il  carattere  del  Maestro 

torelli.  Vkend« 

■  '•■•l  48  ai  Fior,  il  Fantastica,  del  Federico,  con  modificazioni  e  col 
titolo:  Il  nuovo  Don  Chisaottc.  Al  Nuovo,  48  e  49,  lo  Frate  innamoralo 
e  il  Flaminio,  musiche  del  Percolasi,  il  56  «  57  ai  Fior,  del  Saddume- 
oe  lo  Funnaco  recatalo  i  ripetuto  il  00)  e  la  Marma  di  Chi 
al  Nuovo  lo  Copista  l/urlato,  mus,  del  Sacchini ,  e  l'Ottavio ,  inus.  del 
Guglielmi,  p  il  02  ai    Fiorentini   /.»  t  opina  burlato. 


di  Cappella,  dando  a  divedere   quanto  egli  valesse  nel- 
l'imi orale:  Giuseppe  Casaccia  spiccò  mirabil- 
mente nel  rappresentare  una  finta  madre  dell.  ina». 
Donna  Apollonia,  ch'era  questa  madre,  definiva  se  9\ 
dicendo,  tra  l'altro  : 


Io  ho  fatto  la  Madre 
A  quattro  Cantei 

E  la  quinta  sei  I 

Questo  breve  componimento  fece    balenare   agli  « 
del  pubblico  un  esempio  di  comico  naturale,  senza  gof- 
faggini istrioniche.  ') — Un  altro  o  in- 
dirizzo, fu  la  Fante  Hurìatu,  rifacimento  di  un'opei 

ruba,  con  musica  «li  Picchmi.  Qui  apparvero  la  prima 
volta  a  Napoli,  Dell'opera  buffa,  ijffno/i  lunghi 

ino  nel  resto  d'Italia.  L'opera  si  replicò  ni  Fioi 
per  ottanta  sere;  e,  nel  1762,  al  Teatro  Nuovo,  duratile  tutta 
la  stagione  teatrale  ').  Nel  1761  ,  ai  Fi<> 
balordo,  anche  del  Piccioni,  con  le  arie,  fai 
ma  me  I»  dicevo,  EM  iradiman,  il  liliale:  Paisan,  OCC  *) 

l'ino  al  1749  troviamo  sul  leatro  il  bullo  Girolamo  Pia- 
no, e  fino  al  1759,  Alessandro  Renda.  V.  altri  buffi  fo 
Domenico  de  Amir.is,  Nio  ic,  Onofrio  d'Aquisa, 

Nicola  Savastano,  Carmino  Bagnata,  calte, 

Francesco  Torelli,  che  cantarono  al  Nn  ,    in  qua 

pochi  anni  che  il  Teatro  Nuovo  potò  procurarsi  il  Cata- 
lano e  il  Casaccia,  Buche  ai  Fiorentini. 

Gioacchino    Corrado  nel   1748    chiese  il    permesso 
andare  a  Palermo:  a  sebbene  —  dice  I'  Uditore  — 


iwli  Siguorclli.    Vkmdt  V.  565-0. 
-I  Ivi  V.  G66-R 
I  V.  5ft0. 


—  44:.    - 


I 

: 


parte  molto  graziosa,  e  con  gusto  Bl  sente  dalla  nobiltà 
sempre  che  bel  recitato  nei  teatri  piccoli  e  dopo  che  si 
sono  dismessi  gì'  intermezzi  buffi ,  nel  Teatro  Reale,  ad 
ogni  modo  non  si  ritrova  a!  presento  appaltato.  »  ') 
17  1 1-5  «omparisce,  per  l'ultima  volta,  al  Teatro  Nuovo. — 
La  beh  a  Marianna  Monti  aveva  \\u:i  /tronfione 

del  Ma:  obese  di  Gerace.  Il  quale  frequentava  assidami 
la  sua  case*  ependeva  m  concerti  Issi  vc- 

:  iparire  i  rioeameote  adorna  ».  La  Monti  non 

maritala,  ma  ma   numerosa  famiglia, 

e  la  8os1  >•  non  precisamente  coi  450  o 

ducati  all'  anno,  che  poteva  guadagnare  collo  recite  sui 

iti. 

Neil'  agosto  del  1700.  a  un  irai'..,  uv  nel  tor- 

nare a  casa  a  pranzo  ,   fu  fatta   arrestare   dall'  Uditore 
ito  e  mollerò  salalo  nel  Conservatorio  di  S.  M.  del 
i  Principio,  ossia  di  S.  Antmiiello  fuori  porla  S.  Gen- 
naro. Il  Marchése  di  Gerace  fu  nel  lampo  stesso,  per  or* 
dine  del  Tanucci,  messo  agli  arresti  lo  Oastelirai 

Ma  la  Marchesa  di  Gerace  fece  supplirà  al  Re  par  la 
liberazione  del  manto  *);  questi  fu,  infatti,  una  decina  di 


«)  L'Ilo».  15  febbr.  12. 

*)  S.  R.  M.  Sig.'  La  marchesa  di  Gerace  supplicando  umilmente  ftpMM 
•1.  corno  per  adotto  di  suo  sovrano  ordino  trovasi  detenuto  nel  Ca- 
ctelnuovo  il  Marchese  suo  marito.  Y.  bruche  non  se  sappia  il  motivo, 
nondimeno,  ««sondo  sicurissima  di  non  aver  suo  inarilo  commesso  reità, 
va  a  pensare  dalle  circostanze,  nelle  quali  fu  eseguito  dotto  arrosto,  la 
causa  per  cui  ha  creduto  la  «uà  suprema  Autorità  a  prescriverlo.  L'ar- 
resto per  fi  inaspettato  o  la  maniera  di-Ila  sua  esecuzione  fa  temere  alla 
snpp.  di  onorai  creduto  della  persona  di  suo  marito  più  di  quel  che  ci 
è. —  Comunque  però  aia,  •MMbJjUo  9  grande  *  l'afflizione  della  suppli- 
cante ,  che  non  mai  ave  nvuto  ne  ave  motivo  di  dubitare  della  somma 
stima  che  per  lei  suo  marito  ave  avuta.  Ricorre  perciò  a  V.  M.  e 
dalla  sua  somma  dementa  implora  che  si  degni  accordargli  la  grazia 
di  essere  dall'  arresto  liberato,  che  l'avrà  a  gratis  ut  Deus.—  Teatri  t.  t2.» 


—  440  — 

giorni  dopo,  rilasciato,  col  patto  che  passasse  sette  ducati 
al  mese  effla  Marianna  Monti ,  per  mantenersi 
.servatorio. 

Marianna  Monti  era  stata  scritturata  allora  dall'Albe 
impresario  dei  Fiorentini,  il  quale  coll'aggiunta  di  una  cosi 
brava  cantante,  voleva  rimediare  alla  e  ittiva  rras  sita  d< 
opere  precedenti  ').  Figurarsi  se  so  no  sletta  n     I 
torio  !  È  vero  —  essa  diceva  —  che  aveva  ricevuto  delle 
r-ihifire  sovvenzioni  del  marchese  di  Gerace,  ma  l'avi 
(lattato  sempre  con  tutta  la  propria  onestà;  il  Pi 
di  S.  Giovanni  dei  Fiorentini,  pel  temp 
Parrocchia,  dal  1753  al  r>."«,  e  quello  di  S.  Matteo, 
in  poi,  attcstavano  coi  loro  certificati  che  a\ 
sempre  onestamente,  senza  dar  niuno  si 
delle  molte  elemosine,  e  con  aver  (•  li  i   SS. 

cramenti,  ed  adempito  ni  precetto  Pasquale  «>.  I 
rati    ni  mese  non  li  voleva    «  per  non  acquistarsi 
d'aver  per  lo  passato  sinistramente  operato  ■  ').  Pigli 
infórmi  sui  suoi  costumi  e  condotta. 

•  Iure  ?  —  diceva  1'  Uditore,  lo  non  so  i  motivi  pr 
dell'arresto.  La  sua  amicizia  col  Gerace  ò  certa-  Di 
natura,  lo  sa  Di"!  si  potrebbe  (aria  stare  nel  Conserva- 


lANb      ' 


')  Annunziando   questa   aggiunta   fatta    ai   Fiorentini.   l'Udii.  diee- 

va.-  «  negli  nitrì  anni  non  ha  dato  ninna  inquietudine,  ma,  dal  rìras- 

,  «H' è  con»    tutto   le  altre   di  tal  mestiere,    ohe,    sparialrorote  ai 

teatri    piccoli  sono  addotto  ,  dovo  aono  tenue  e  scarse  lo   paghe ,   pouba 

di  rado  non  hanno  almeno  qualche  protettone  »    87  loglio  1700.  —  Ttm~ 

13.° 

*)  fi  curiosa  questa  parte  d' informatori ,  che  facevano  coatautoraaata 
i  parroci.  Intorno  allo  «tono  tempo,  un'ex -cantoriua,  chiamata  Ooltrod»  Va- 
leri, era  accusala  di  vita  poco  onesta,  liarofan  >  '.'1  .9:  ■•«•da* 
ne  domandato  ai  Parroco  di  S,  Matteo,  «  uii  Ita  fermamente  anrarsia 
di  non  esser  varo,  e  che  Ueltruda  Valeri  mena  una  «ita  mollo  oexsU 
•t  religiosa  ed  assai  sovonto  si  confessi  e  li  comunichi ,  Unto  che  ««de 
cha  sia  ridotta  in  gran  povertà  '  »  Teatri  f.  12.° 


—  447  — 

torio,  finché  prenda  marito  o  s-i  faccia  monaca,  ovvero 
sfrattarla  dal  Regno,  o  rimandarla  a  casa  col  mandato  di 
non  rivedere  più  il  Gcuace.  —  11  Tanucci  dispose  che,  «  per 
correzione  dello  scandalo  dato  »,  stesse  chiusa  per  sei  mesi 
in  S.  Antoniello  alla  Vicaria. 

Gli  onorari,  che  perdeva,  li  avrebbe  pagati  il  Gerace.  — 
Il  lì'ottoliiv.  I,    Milito  malattie  gravi  con  pericolo  di 
ulificati  dei  medici  la  faeevAQO  liberare.  Tornò  a 
ma  col  mandato,  che  le  pendeva  sopra.  Nel  novem- 
di  potere  andare  a  sentir  la  messa  e,  trovan- 
Idm  appaltala  nei  Fiorentini,  dova  ba  da  l'are  la  recita,  non 
rendo  altro  modo  da  sostentarsi,  domanda  il  permea 
di  poter  recitare,  'Ompromcttcndosi  di   non  dar  veruno 
motivo  di  lagnanra»  »  li  fu  lasciata  libera;  e  tornò  a  can- 
delizi  osamente  le  Laure  e  le  Lieette  '). — 
Sui  Fiorentini  e  sul  Teatro  Nuovo   fecero,  inoltre,  da 
ne  e  seconde  donne  e  bulle  e  servette,  Maria  Me- 
orentina J),  e  Teresa  di  l'alma  e  Teresa  Gli  ulivi  mon, 
detta  la  i.ì  andini,  milanese  e  Marglirntu    Laudi  e  Anna 
lanti  e  Agata  Colizzi  e  Ippolita  Duranti,  e  Anna  Bea- 
trice de  Cordova  e  Caterina  Flavis ,  e  Eleonora  Castelli 
detti  la  Paoli  e  Margherita  Merghcr  dotta  la  lodesrhina, 
In. i-I'    Flavis  e  Marianna  Franchellucci  detta  la  Sar- 
torina,  e  Caterina  Catalli  ecc.  ecc.  3) 

')  Uditore.  3  agosto  60.  Supplica    Marchesa    di  Gerace.    Garofano  25 

agosto.  deli1  Impr.  Alarico,  della  Monti.  Certificati  eoe.  Garo- 

teno 6  ottobre.  Supplirà.  Ordina  di  libcrazionu  23  nov.  00.   Teatri  f.  L8,« 

sdi  per  certi  guai  che    passò   con   suo    punito      suppliche  di   Ifll, 

partir»  dell'  Uditore  ecc.  Teatri  f.  6.° 

»)  Cfr  Plorino  passim.  Teatri  ad  an.  Nel  f.  10°  carte  riguardante  fac- 
cende privata  delle  canterine  I.  Durante,  «I  E.  Castelli.  Le  due  «ornilo 
Clona  o  Vittoria  Pieri  nel  47  andarono  ai  servigi  dal  Re  di  Spagna. 
■T  7fi  »1  maggio  60  carte  intorno  alle  canterino,  figlie  di  Gennaro  do 
rSotoriia  e  nn  tentativo  di  matrimonio  .li  una  di  case  col  Duca  di  Tocco. 
12*—  Agosto,  1751,  carte  intorno  la  canterina  Caterina  Basai,  chs  vanne 


—  448  — 

Cantava  al  Nuovo  nel  64-5  una  tal  Marte  Gemmi 
stri,  una  Bava  dell'agosto  64,  sì  vesti  da  uomo,  e,  in  compi' 
gnia  del  cadetto  del  Reggimento  della  Regina  D.  Gaeta  n 
Violante)  se  ne  andò  al  S.  Carlo  ni  platea.  L'I 

-ato  da  uno  dei  suoi  subalterni,  e  ordinò  subito  l'ai 
i'    lo.  Ma  la  Gemmi  col  cadetto  erti  krià  uscita  dal  teatracr 
e  gli  scrivani  li  raggiunsero  in  casa  della  cantante,  e 
arraetarooo  tutti  e  due.  ')  — 

Il  Teatro   della  Pace   ebbe  fine  in  questo  tei 
Nel  marzo  1744  un  D.  Giovanni  de   Mauro  ,  impresari* 
del  teatro,  diceva  che  gli  si  era  impedito  Si)  d 
far  commedie  a  cosi  in    musica   corno  SU' impronto  » 
chiedeva  di  poter  dare  ai  di  rappresentasi) 

Pasqua.  Insolitamente,  si  rispose:  a  Quo  noseimpida  ■ 
E,  poco  dopo,  da  approvata  la  lista:  Caterina  Todes 
1.'  donna;  Antonia  Cavalluccio,    1.°  uomo:    An^elaross 
Grieco  ,  servetta  ;  Onofrio   d'  Aquino  ,  vecchia  :  i  '.iaeorao* 
Riccio,  tenore;  Nicola  Losi,  buffo:  tutti  napolet 

Cosi  si  recitarono,  nella  primavera  e  nelT  autunno 
ti.  li  Despiette  d'Ammore  del  Palomba,  niu  ines; 

all'aggiunta  di  un  Nicola  Pampa.:  ì;  Nicola  Sa- 

mo,  Ciommetclla  correvata  del  Trincherà ,    music 
del  Logroscino. 

Nel  1745,  //'  Zite,   Don   Parfttann,  le  Fenseune  ni 
turate  del  Trincherà,  musica,  le  due  prime,  del  I. 
scino,  e  la  terza  del  Comes.  Di  attori  nuovi  .  M.« 

Antonia  da  Ponte,  1.°  uomo;  Anna  Cavalluccio.  Àntol 


a  Napoli  con  un  corto  conto  Androoli.  Avvisi  giunti  da  Roma.  La  Bacai 
«Uva  in  una  ca*a,   «  dove  abita  ancora  una  corto  Giacomina   Ferrarcv- 
«lì  olà  prr*<>ciU?rii<Mit«  «vantata  ,  ohe  ancha  a  suo  tempo  ha  fatto  il   DM 

n.i,  o  non  fu  punto  di  buon  nome  uu-lli  ''onduliti 
sua  vita  »  f.  10". 

')  A(K«to  e  sctt.  64  suppl.  dulia  Maria  dorami  oco.   Teatri  t.   ti.9 

*)  3i  marzo  ti.  .All'  Uditore    Teatri  f.  5.» 


—  449  — 

Spilla  e  il  de  Falco  o  Diego  Parifico  o  il  tenore  Giovanni 
Cienzo  ') 

ITottObfe  47,  silenzio;  nel  quale  mese  fu  presen- 
tata in  lista  la  seguente  compagnia  :  Gesaalda  d'Amore, 
1.*  donna  :  Angela  d'Alessandro,  1.°  uomo;  Berenice  Petì- 

.\°  uomo;  A.  R,  Grieco,  1.  Buffa;  Chiara  fcapi 
buffa;  o  il  Ricci  e  il  Savastano  o  il  Cornilo.  *)  K  si  recitò 
nel  carnevale  47  il  Barone  Landolfo,  di  Giovanni  d'Ar- 
no, musica  del  Calandro.  '»  — -  B,oon  ili.  snia, 
Isidoro,  W.  Pellegrino,  Rosolina  Roani,  Marianna 
Padda,  l-rancosco  Moroni,  e  la  Grieco  ed  il  Riccio»,  nella 

a,  hi  Moijliera  traditili  del  Palomba,  musica  del 
Calandro,  e.  nell'autunno,  la  Vennegna  del  Trincherà,  mu- 
sica del  Comes. 

Il  Trincherà  (sia  detto  fra  parentesi)  era  impresario,  in 
quel  tempo ,  «lei  teatro  dei  Fiorentini  Infatti ,  nel 
vale  48,  presentava  la  seguente  supplica: 


S.  R.  M. 


Sigi 


N.  Pietro  Trincherà,  impresario  del   Teatro  dei   Fiorentini, 

posto  a  piedi  di  V.  M.  sup.do  Pospone  come  il  sup.te  f  per  so- 

ire  l'ardente  genio  del  pubblico  «li  e!.*  Citta  di  .Napoli,  desi- 


'.J.  30  aprile  45.  Teatri  f.  6."  Cfr.    Florimo  le;  dove  sono  in- 
corai varii  errori. 

!it.  8  ottobre  40.   Tratri  f.  7.« 
3)  Quantunque  il  frontispizio  porti:  A  Napoli UDCCLX VII:  co»'' 

con  osso  la  vita  del    Teatro  dotta  Lava.  Ma ,  oltnvhè 

"l!7  il  Teatro  della  l'acc  già  uou  esisteva  più  da  18  anni  ei  dis  uno 

»puor  la    degli   Ettori,  di' è  integralmente  quella  del  Ì747.  E, 

dopo  18  anni  ,  il  caso  sarebbe  curioso!  Questi  aliagli  di  data  sui  fron- 

teepixi  sono  più  Qraqatntl  'li  quanto  »i  credi»:  specialmente  quando  si  tratta 

ri  romani.  Evidentemente  il  X  andava  messo  avanti  il  !.. 


dera  che  dalia  M.  V.  benignamente  se  le  dia  il  permesso  ohe 
da  esso  eup>  si  possano  introdurre  in  d.°  teatro  le  persone  ma- 
scherate all'  uso  di  Roma  nel  tempo  si  rappresenteranno  le 
commedie  in  musica  nel  teatro  sud."  per  tutto  il  eorso  del  prò»- 
simo  venturo  Carnevale  del  corr.te  anno,  non  considerandoti 
in  ciò  veruno  scandalo  o  inconveniente,  ecc.  ecc. 


E,  gli  fu  detto  di  no,  pel  solito  rigore  che  s'aveva  contro 
i  teatri  piccoli  l)  —  Nel  48,  al  Teatro  della  Pace,  si  rap- 
presentò lo  Chiacchiarone  del  Palomba,  musica  del  Comes. 
e  si  ripetettero  Li  dùpùtte  d  Ammore. —  Nel  16  l 'Abate 
Collarone,  e  lo  Tutore  nnammorato  del  Tnm-hera,  mu- 
siche del  Fischetti  l'uno,  e  l'altro  del  Calandro. 

Ma,  il  13  novembre,  l"  Uditore,  per  online  del  Minis 
va  una  relazione  .sull'origine  e  si  della 

Pace.  E  sull'  origine  diceva  le  cose,  che  già  sappiamo. 
In  conseguenza  della  relazione,  l'Uditore 
dine  :  «  Se  le   previene  no  pei  unta  «jue    para   desdo  el 
venturo  carnaval  en  addante  *o  renueve  al  arricndo  al 
Theatro  de  la  I^ava,  ni  I  expectaculos 

publicoa  de  ninguna  naturaleza  »  *).  E  il  teatr 

L'Uditore  di  Itra  occasione  che  non  gli  era  noto 

»  il  motivo»  che  ebbeS.M.  di  far  serrare  detto  Teatro». 
M.    allude  poi  a  quelle  tali  inferiori 

o  nelle  quali,  per  l'abuso  della  gente  scorretta 
che  vi  si  l'ussero  commesse  delle  laidezze  ».  l'n  I- 
d'Amato,  che  aveva  comprato  anni  prima  «  di  male 

della  Regia  Camera,  presso  gli  atti  del  Patrio 
Principe  di  Chiusano  »  un  «  comprensorio  'li  case. 


KUtTjm, 

eri. iri, 

mi 
icesco 
limale 


>)  8  febbr.  48.    Teatri  f.  8.° 

»)   B  .    Teatri  f.  8.* 

*)  Il  Fiorirne  veramente  segna  ancora  un  melodramma  del  Triti 
lo  Conilo  mpf.r.  al  Teatro  d.  !  .il  libretto  (a*  d  è) 

dovette  etaere  stampato  con  la  speranza  di  ottanere  il  pwin>aao  dalla  ra 
cita,  che  poi  non  si  ottenne. 


—  451  — 

..  era  il  Teatro  della  Lava  »,  accenna  a  un'  altra 
ragione   dell'  abolizione.  Esso  «  arrecava  incomode» 
monache  del  Monastero  della  Madonna  dei  Sette  Dolori, 
mentre  nel  finire  dell'opera  e  col  parlar  della  gente  e  col 
rumore  delle  carrozzo,  le  medesime  non  solo  si  venivano 
a  svegliare,  ma  ben  anche,  ritrovandosi  in  orazione,  < 
distolte  ».  Come   che   sia,  Francesco  d'Amato  nel  1752 
deva  di  poter  riaprire  il  teatro,  rifacendolo  di  pianta, 
ndo  quegli  accedi  iti  ebe  davano  luogo  ad  incoi. ve- 
.  lasciando    innanzi   uno   spiazzo   per  le  carrozze, 
chiudendo  la  porta  nel  «CO   dalla  Lava  ed  aprendola  in 
quello   seguente  di  S.   Maria  Agnone.  E  pr  una 

pianta,  formata  dal  celebre  architetto  Mario  Giollredo 
(quegli  che  rifece  la  chiesa  dello  Spirito  Santo),  che  dise- 
gnava una  platea  di  168  sedie,  e  cinque  ordini  di  palchi  '). 
Ma ,  per  quanto  la  supplica  fosse  favorita  dali'  Uditore, 
per  quanto  I;  mze  si  rinnovassero,  ai   risposo  sem- 

pre :  «  El  Rey  no  viene  en  que  se  restablcsca  este 
Theatro  para  el  uso  y  represe nlacion  de  publicos  expe- 
ctaculos  » 

Due  anni  dopo,  il  He  domandava  a  si,  despne^  de  la 
prohibicion  del  Theatro  de  la  Lava,  se  ha  hecho  ò  hace 
algun  uso  de  él  ».  E  I'  Uditore  rispondeva]  che  no,  anche 
perchè  il  luogo  minacciava  mina  e  ne  era  stata  proibi- 
ta la  rifazione  :  «  È   rimasto    un   semplice  piano  vuoto, 

oche  mura  malconce,  e,  per  quanto  ho  ini 
ha  in  pensiero  il  sud.  Padrone  d'avvalersmi-  per  uso  di 
botteghe  e  magazzini;  ma  questi  finora  non  si  son  fatti 
e  tuttavia  si  mantiene  cosi  disoccupato  quel  vano  anche 


')  Supp.  dui  d'Amalo.  Par.  dvll'Ud.  28  gonna  io  52.  Pianta  d«l  Gioffredo 
Teatri  f.  9.» 

LI  agosto  52.  Teatri  f  0».  Altra  supplica  con  la  stossa  risposta  nel 
f«bbr»io  53,  f.  10°. 


in  riguardo  d'alcune  controversie,  che  sono  surte  per  la 
nuova  fabbrica  col  Padrone  dàlie  casa  contigue  '}  ».  Il 
Napoli  Signorolli  e'  informa  elio  fu  convertilo  in  un  col- 
legio ').— 

Il  Pulcinella  Domenico  Antonio  Fiore  ora  sempre  capo 
di  compagnia,  e  recitava  nel  casotto  'lei  Largo  del  Cast 
«i  Del  teatro  sotto  S.  Giacomo    ),  e  talora  noi  teatri  di  mu- 
talora  in  baracconi  provvisoria 

Nel  1751  Giusep|>o  d'Amalo  esponeva  che,  «  rappra- 
Notandosi  per  suo  conto  noi  casotto  del  Largo  del  Ca- 
iedifl  burlesche  degli  istrioni,  fu;  --lotti 

alcuni  personaggi  da  Federico  Rubino  ed  Elisabetta  d'Af- 
llisio,  detta  la  l'assulnct/ua,  ad  andarsene   86CO  lor 
Palermo,  dove  li  diedero  ad  inlei  fa  avrebbero  lu- 

crato maggior  danaro  »  '). 

Nel  1754  vani  comici  napoletani,  chiamati  per  testimoni 
in  una  controversia,  dichiara'  molti 

anni  noi  S.  Carlino.    Basi  erano  :    Domenico   A' 
Fiore;  Nicola  (  o   Mazza;  Gennaro  Ari- 

Francesco  Trivelli.  Il  Ciotto  faceva  il  Tartaglia  *);  On 


!it.   J3  apr.  54.    Teatri  t.  10.» 

*)  Storia  iti  Teatri.  Ed.  f it.  T.  X.  V.  il.  p.  107. 

*)  In  un  attestato  firmato  da  vani  attori  e  frequentatori  di  Uatri  dal 
20  maggio  1774  per  Not.  Brltrano,  *  dati  intiramenU»  tanna* 

pagnia  di  D.  A.  di  Fiore,  che  incitava  net  teatro  rotto  le  arati 
corno,  passava  a  recitarti  le  comedie  di  prosa  in  uno  dei  teatri  (l'i 
Nuovo)  con  dara  una  «ottima  certa  all'  impresario  deUa  mu«ica  ,  •  p»r 
à.  loro  rappresentanze,  e  lotto  il  di  più  eba  si  f»™va  andava  a  conto 
di  d.  compagnia,  e  rappresentavano  d.  comedie  in  prosa  due  volt»  la 
settimana,  quando  ai  riposavano  li  comici  della  musica,  cioè  sol  martedì 
o  venerdì,  ecc.  ».   Tub  <,  i    18.° 

*)  Fn  scrino  al  Virerò  di  <1.  17  luglio  Èri  f.  9.»  La  !•**- 

salacqua  a  Palermo,  eseguendo  un  volo, cadde  e  ai  storpiò;  il  eh* 
fini*  alla  «uà  carriera.  Cfr.  Battoli  F.  A 

*)  Fa  maestro  di  Agostino  Fiorillt.  Cfr.  Bartoli  F.  Ye*.  1,  172-3. 


—  453  — 

Mazza  l' amoroso  '):  Gennaro  Arienzo  ebbe  poi  lunga  vita 
artistica.    Incontreremo    di    nuovo  il   Trivelli.   Frani 

•aio  l'anno  prima  era  partito  par  Ilenia,  .soiotrli'.-n- 
dosi  dall'  obbligo  contratto  con  la  compagnia  degli  istr 
ili  Napoli,  ed  era  andato  «  a  servire  per  guida  e  per  rap- 
[nvs-Mii.iri-  li'  opera  i .  i  :  e  i .  ■  - .  -  i  ^  ■ ,  che  si  recitane  in  odo  di 
quei  teatri  dopo  la  (estivila  del  Natale  per  tutto  il  car- 
ile del  1754  d.  *)  — 
Ma  nel  1754,  il  S.  Carlino  di  legno,  preso  in  Atto  da 
un  Giuseppe  Pepe,  fu  rifatto,  ampliato,  abbellito.  Fu  in 
questa  occasione  che  nacque  una  quistione  gìurisd 

tra  ìt  Uditore  delP  BeercNe  fi  il  Comandante  dui  Ca- 
fttebuovo,  il  quale  ultimo  pretendeva  che  gli   spettasi 
polizia  e  la  sorveglianza  ili  quel  baraccone.  Ma  1*  Uditore 
fini  coD'averla  vinta  3). 

Il  Pepe,  nuovo  impresario,  sembra  clie  rinnovasse  non 
solo  la  parte  materiale  del  teatro,  ma  anche  i  comici  e 
le  commedie.  Certo,  nel  1758-9  sappiamo  ohe  recitava  al 
urlino  UH  «pagnia  formata  in  Lombardia.4)  La 

maggior  nobiltà  di  quél  teatro  foco  più  vivo  la  rivalità  e 
la  concorrenza  col  teatro,  eh'  era  poco  lontano  :  «  ci  otro 
io  de  histriones  contiguo  àia  Iglesia  de  Santiago», 
in  quello  stesso  anno  1754:  «  Dalla 
gente  ilei  nuovo  casotto  si  vanno  seducendo  le  persone 
che  vogliono  entrare  colà  (cioè  nel  teatrino  di  S.  Gia- 
como) col  dirle  che  quello  fi  luogo  per  la  gente  vile,  ••  ohe 
il  di  loro  teatro  é  decoroso,  e  nobile,  e  die  le  comedie 
sono  gustose  ed  eccellenti ,  e  l'altre  sciocche  e  disgra- 


')  Anchf  intorno  a  costui  cfr.  Bottali  K   0,  o.  Il,  38. 

3    Dolati,  12  dio.  1753.  Tauri  f.  10.» 
*)  Vali  UdiU  Saverio  Dcuoti  U  nov.  ,71.  Il  MarcluM»  di  Montovergloo 
0».  al  Duca  di  Castmpigiiano.  Quwti .  18  nov.  Bigi,  n-alo  14  no». 
Vari  certificati  «oc  ore.  Teatri  f.  IO." 
«}  Di  Pir»Ui  31  die.  09.-  Teatri  f   12.° 


—  454  — 

ziate!  »  Il  che  non  avveniva  prima,  «  attendendo  ognuno 
quietamente  a  lucrarsi  il  pane,  senza  invidiare  o  avvilire 
la  fortuna  del  compagno  »  '). 

I  comici  dei  due  teatri,  alla  recita  delle  farse  e  buffo- 
nerie in  dialetto  napoletano,  univano  quella  delle  comme- 
die serie.  Goldoni  fu,  certo  ,  storpiato  le  prime    v. 
Napoli  da  quei  comici  !  •) 

Gli  scenari  della  commedia  dell'arte  formavano  sempre 
il  t.  nido  del  repertorio  *).  La  servetta  comica  nel  libretto 
del  Palomba,  che  si  è  nominato  pio  aopra, 

PORCO  Don  m'aggio  LaUo  ouore 

Po  tutto  addò  so  stata? 

Le  Commoddia  dell'Arte 

Forre  non  saccio  tutte  T 

Quanno  aggio  fatto  la  mia  Serca  Maga, 

Lo  Spirito  Folletto, 


1.  9  nor.  54—  Teatri  {.  10.°  In  un  romanzo  dì  F.  Mastriani:  li 
o  la  Spigatola  del  Pendino  (giorn.  Roma,  anno  XXVII  n.  309.  10  dot. 
88)  tono  descritti  rari  u»i  dei  teatri  dei  comici  napoletani  della  metà  del 
par  esempio,  un  monaco  del  convento  ili  S.Pa  «  fa- 

ceva ogni  giorno  il  giro  dei  teatri  per  riacuotere  la  paga  di  una  netti, 
da  15  a  20  grana.  »  Che,  uua  mezz'ora  prima  .lello  «petlarolo .  i  co- 
mici recitavano  il  rosario,  a  telone  calato.  Clic  in  quasi  tutti  i  Inai 
c'era  nello  spaccio  dei  biglietti  un'immagine  della  Madonna,  lai 
alla  quale  1'  Impresario  curava  che  ci  foaae  sempre  uua  lampada  accasa; 
e,  le  «era  di  primo  rappresentazioni,  quallu»  Deci  p«r  impetrare  La  buoi 
riuscita.  Che  nei  giorni  festivi  ai  faceva  un  altarino  all'  ingresso  dei 
teatro  «otto  S.  Giacomo,  con  ceri  accesi,  e,  prima  della  recita  ,  ai  «pa- 
ravano fuochi  artificiali;  il  gioì  i  «covano  ardere  boti 
di  pece.  Questi  particolari  mi  paiono  genuini  e  provenienti  dalla  trad 
ziono  di  qualche  comico:  ma,  tuttavia,  credo  bona  relegarli  q 

')  Per  queste  compagnie  d'istrioni,  vedi  anche  il  bel  libro,    iUu» 
con  molto  gusto  e  finezza,  che  va  pubblicando  Salvatore  di  Giacomo:  Ora- 
naca  del  teatro  S.  Carlino  (Nap.,  Tipogr.   Bsderì,  1890  sgg.), 

»)  Cfr,  Napoli  BlgaoraUi  v.  550  n. 


—  455  — 

Il  Coca  immaginér,  le  mie  Panie 

Le  cascette  Io  osanno 

Si  aggio  fatto  tesoro •) 

L'estate,  i  comici  andare  a  recitare  in  luoghi 

più  treschi  dagli  angusti  teatrini  di  Largo  del  Castello, 
■ompagnia  Tomeo,  d  .èva  più  bisogno,  perchè 

recitava  in  un  lungo  senz'aria,  sotterraneo,  soleva  recarsi 
fuori  Porta  Capuana,  nel  posto  detto  lo  GiarcliiUello.  Giu- 
seppi' il  Amato,  proprietario  di-1  primo  San  Carlino,  espose 
nel  marzo  54:  «  come  essendo  solito  ogni  anno  dalla  corn- 
ila di  comici  istrioni  rappresentarsi  nelli  tre  mesi  i1 
le  comedic  io  qualche  giardino  o  luogo  aperto,  come  si 
è  praticato  fuori  Porta  dell'»  Spii  »,  Poila  (  apuana 

ii   \  liana  :  e  come  di  presente  han  ritrovato  fuori 
te  di  Chiaia  in  un  giardino  dove  teneasi  giuoco,  de- 
i  s.  Maria  a  Coppella  Vecchia,  eh' 4  molto  atto 
per  la  rappresentazione  di  dette   cornedie  burlesche  »  ; 
solcano  fatarlo.  Ma  il  Ite  non  volle.  ") 
Questi  due  teatrini  non  erano  i  soli  del  Largo  del  Ca- 
stello. Nel  17."ìX5  ne  sorse  un  altro  ■  della  Cavalle- 
.  die  viene  ad  essere  all'  incontro  la  porta  principale 
del  castello  ,  dove  si  sono  fatte  delle  commedie  con  bu- 
con  personaggi  ».  8)  L'  Uditore  accenna,  inoltre, 
:i  «jiiei   'i  che  fauno  circoli  nel  mezzo  al  largo  del  Castello, 
le  cornedie  di  giorno  sulle  panehe,  per  far  con- 
correre della  gente  a  vendere  i  balsami,  Q  altro  ohe  por- 


>)  La  Commedianti.  C.  p.  m.  da  rappr.  nel  Teatro  dei  Fiorentini  nel 
Carnevale  1754.  la  Nnp,  t7.r)l  per  Carlo  Cirillo.  A.  I.  S.  I.  — Dice  an- 
che «  Io  dui  «ougo  «tata  Roveruta  «  appratiate  Da  tutta  ("arte  comica 
lommarja  «co.  » 

= 1« rado  parere  favor-.        !  Il'  Ud.  2  apr.  &1    TtOtri  t    10.° 
1751    Teatri,  (.   10." 


—  456  - 

lano  per  loro  specifici,  ecc.  »  ').  Insomma,  le  nostre  v< 
chie  conoscenze! 

Nel  17. Vi  venne  a  Napoli  «  Cornelio  Magragli,  di  sta- 
rni a  gigantesca  e  di  Nazione  Olandese»,  come  die' egli 
stesso  in  una  sua  supplica.  E  nel  1762  1'  altro  gigante 
Bornardo  Giglio,  alto  8  palmi  e  tre  «piarti,  senza  contaro 
i  capelli  e  la  pan  m  io  il  Ho  volle  vedere  E 

Uno  sfortunato  intra  prenditore  di  spettacoli  popolari 
un  Domenico  Masava,  ohe,  ogni  pochi  mesi,  av 
idea  nuova  da  proporre  al  Eia,  idee        I    {temente  r 
tata.  Nell'ottobre  4S,  «  la  compagnia  dogli  niei  Oro 

tori  t  voleva  mettere  in  iscena  ai   Fior. 
spirituali,  e  si  rivolse  all'Arcivescovo, 

i  tratt:iv;i  .ili  ftlbbtici,  ma  acconsenti  pei  pri 

ì\   gli   accademici  oratori  trovarono   un  luogo   «  BOI 
venerabilissimo  moniste-io  dì  8.  Giorgio  Maggiore  »  e  vo- 
levano cominciare  coli'  opera  del  Glorioso  S.  E 

idendo  ad  ascoltanti  onesto  divertimento,  aut-'in 
della  S.  Fede,  per  essere  martirizzato  d  sua 

moglie  e  due  teneri  liglinolini,  b  i  dentro  mi 

di  metallo  ».  L'Uditore  non  era  avverso, pur 

.  mi  agissero  di 
Kistniza  di  un  subalterno  dell'Udienza  a). 

Sotto  gli  accademici  oratore  (elio,  il 
pagamento),  c'era  di  corto  Domenico  Masera.  —  Il  q 
subito  dopo,  nel  _•  recitare,  a 

alcuni  suoi  compagni,  alcune  vite  di  .Santi,  *  per  le  quali 
ha  fatto  anche  la  spesa  di  un  piccolo  teatro  ».  Afa 
gli  fu  concesso  4).  Nell'aprile,  rinnovava  una  supplica 


')  L«U-  cit. 

*)  Suppl  del  Migragli.  — f.  li."  Sul  Giglio  v.  ladaacr.  maad.  dati  L 
22  apr.  02 -f.  13." 

')  l.l.   IH  ult.  48.  Supplica  cit.   Teatri  f.  8.» 
«)  4  gennaio  -19,  —  £  8.° 


—  457  — 


aveva  fatta  Tanno  prima,  «  a  richiesta  della  Piazza  d' Ore- 
li  e  altri  gentiluomini  eomplatearii  <I c-I l«m  l1 
del  Pesce  »,  per  costruire  un  «  casotio  «li  tavole  dall'a- 
rena all' andare  a  m.  i  punto  impedire  la  su  : 
strada  ,  d' otto  al  più  nove  canne  quadrate,  ed  ivi  farci 
fare  qualche  comedia  dalla  conversazione  di  Domenico  An- 
tonio Fiore  o  altra  de  Stregoni  per  lo  spazio  di  quattro,  al 
mquc,  mesi  d'està  calorosa  e  poi  disfarsi».  Sarebbe 
frequentato  da  quei  genti  H<  hai  sa  delle»  loro 
botteghe  »,  quando  uscivano  »  p  teggtare  le  del 

della   vaga  QUOVi  I   marittima  »,  E  Deanche  Fu  con- 

cesso '). 

febbraio  51  domandava  di  tare    nella   qua 
colla  sua  solita  compagnia  «  di  accademici,  gente  oro 

anni  sono  rappresentò  l'opera    della   passiono  di  N. 

-to  nel  Teatro  dei  Fiorentini  •  la  rappre 

fazione  m  ta.  E   non  gli  fu   concesso.  *) —  Ma  nel 

CO,  l'Uditore  riferiva  ebe  o    nella  strada  ,  da  sotto  il 

ro  dei  Fiorentini  che  conduce  al  Largo  del  Castello, 

in  un  luogo  terraneo ,  si  recitava  appunto  1'  opera  della 

ido  i  biglietti  senza  esigere  il  prezzo  del- 

E  tirata,  «per  potere  con  frode  asserire  ohe  Tonerà  non 
faccia  per  prezza  »  Fu  subito  pr-.i 
i 
'tu  dire  ni:  .i  ''.tu  Qella  rilleggeatui-a  di  Ponici  dc-aidetvrobburo  qual- 
che comedia  o  sia  premeditata    in   prosa  all'uso  accademico  o   all'im- 
pronto all'ubo  di  «tregoui  »  L' Uditoiv  arrisa  (26  otta 

»r  prima  i  nomi  degli  ftttol  -  f.  8.°— Dei  00D torsi  di  Napoli,  aneliti 

Antignano,  in  tempo  di  tara,  >i  Gai  .vano  contadi*.  Nella  Hibl. 

Mart.  è  un  M«.  ita.  Aj    Vommaro  17 '42  recitata  nella  villeggiatura 
d*  ■  Bella  corame  Mpnlaii. 

*)  Febb.  51  -  f.  9.* 
»)  Uditore  II  mano  51  —  f.  9.» 

::i 


')  Fu  fatto  in    quel  tempo  un  teatro  a  S.  Iorio.  Nell'ottobre  49  una 
«pagaia  di  commedianti  «  a  richiesta  di  alcun*  dame  e  ravalieri  par 


—  498  — 

Nel  giognO,  il  Mastra  supplicava  a  ad  istanza   di 
compagnia  di  commedianti  ili  Stregoni  di  questa 
che  volevano  rappresentare  le  loro  solite  burlette  (di 
Ant.  Piote  o  altre  consimili)  «  sopra  una  li  ggia  del 
drone  sito  alla  Zavatteria  di  questa  -^o  di 

tre  mesi  d'està,  allo  scoverto,  per  potersi    divo: 

■  mi.  »  Ma,  malgrado  1anto  intercessore,  non  fu  con- 
cesso !  '  ). 

Ma,  nella  primavera  del  1755,   lo  troviamo  finalmente 
direttore  di  una  compagnia  comica,  che  recitava  ai 
rentini  ed  era  composta  -osi:  Domenico  Qf  tradì 

Montefusco,  Gennaro  Giugliano,  farlo  Casaccio,  Anioni 

ledo,  Onofrio  Ni  Michele  Falanga,  Ai 

ti  .rei,  Margherita  ile  Laurenzus.  ■)  Era  questa 
compagnia,  diversa  da  quelle  del  S.  Carlino  e  del  teatrii 
di  S.  Giacomo?  Di  tali  compagnie  di  prosa  .  die  si  for- 
mavano o  si  scioglievano  e  recitavano  o  in  un  I' 
provvisorio  o  alternai  l<   nei  teatri  <li  musi<  mj 

sanile  ed  imitile  seguire  la  storia.  Nel  Teatro  No 
Fiorentini  c'erano  anche,  di  tanto  in  tanto,  dette  cor 
gnie  di  saltatori;  cosi,  nel  maggio  17">3,  al  Nuovo,  qtu 
di  un   Giambattista  Rossi,  ecc.  a)  Nell'autunno  del  17.' 
nella  compagnia  degli  istrioni  del  Nuovu  . 
mica  Anna  Eugenia  Marfìso. 4) 

Nei  teatrini  si  era  soliti  la  quaresima  dira, 
opere  sacre  coi  pupi.  Ma  Carlo  111,  piissimo  e  serupi 
simo,  venne  sempre  più  restringei  stilisi. 

il  S.  Carlino  domandava  il  permesso  di  tare  appunto  qi 
ste  opere  coi  pupi;  e  fu  negalo,  o,  meglio,  non  si  dette  ne»- 


')  4  Giugno  51— f.  9.° 

*)   ÙWA  ■■■•   ["il      -V».    Tr<itri—  i.    10.° 

»)  Ma^po  53,  Teatri— f.  tO." 
*)  Suo  memoriale.   Teatri  —  f.  10."  —  E  avi  1758    «  una  delle  ooauM 
dianli  defili  Istrioni  >  era  Eugenia  Caputo.  Carte  t.   il." 


sima  risposta.  l)  De^li  altri  permessi]  «li  recite  con  pei 

■ti  era  neanche  ila  parlare.  Furono  sempre  negati  *). 
Cerio  DI,  in  I spagna,  mise  termino  alle  rappresentazio- 
ni  sacre:  comediaa  de  santos,  autos  sacrata  >ntaies,  ecc. 3). 
Ma,  come  si  vede,  aveva  cominciato  da  Napoli.  —  Uno 
degli  Bpeftaeofi  sacri,  allora  in  uso,  era  il  cosi  d 
Presepe  che  se  friccecn. 
Il  Presepe  che  $eJWccec(h  abolito  solo  ai  nostri  giorni, 
in  uso  antichissima  Noi  1791f  la  Efeeputazi  ine  dei  iea- 

I  •    reso  informi,  seppe  <  i  »o  imm 

.  in  questa  città,  nei  ricorrenti  tempi  («j 
fanno  in  talune  botteghe  alcune  macchine,  che  con  Pupi 
ifli   rappresentano  i  Pastori  e  il  Presepe,  e  vdgar- 
"mcnt.-  rien  -Innominato  questo  spettacolo  :  //  Presepe  che 
».  i1".,  avrudi»  domandato  chi  desse  la  licenza 
<!i  fari  risposi  questo  era  l'antichissimo  so- 

lilo—  e,  non  esigendosi  che  un  tornese  ma,  era, 

come  lo  è  in  affetto ,  un  divertimento  puerile ,  che  non 
lauderà  se  non  che  a  serbare  u  chia  costumanza 

tra  la  popolazione  ■>.  Quei,  che  facevano  tale  industria. 
erano  allora  (cioè  nel  1701)  ire  falegnami,  e  lo     ; 

iva  alla  Carità,  alle  Fosse  del  Grano,  a  s.  Nicola 
«m  Pii  operarti,  e  di  Ironie  alle  case  del  Nunzio.') 


Gorofuuo  30  gennaio  170).  —  Teatri  f.   !  - 
r)  Vedi  pastini  nelle  carte  di  (Tool    p*TÌ040  •  Cfr,   1  ■  - 1- 1 _  'l'IT  I  fd.  li.jruf. 
i    00.  NI  tVlilir.  1756  «a  Montdfusco  voleva  rappreaen- 

!uogo  privato  o  «acro  la  Pnaaiono  di  Cristo:  e  gli  fu  noRato— f.  11.0 
"JC.fr.  Napoli  Si^norelli.  Storia  critka,  X    I'  I   p,  67,    \.  Sepnlrada 
t,  e  Tiknor,  o.  e,  li.  305  —  Oli  BQ  li   Javano 

qu««te  rappresentazioni  fiacre,  erano  gramli    Imi    l'-jr  esempio,  nella 
it*   di  una  di  esse,  la   famosa  Mariquita   Lavenant.  facendo  la  parte 
all'annunzio  dell'Angolo,  dora   riapondm  in  boi   ca- 
^"•«0:  Qnomodo  fiat  istul  quoniam  virum  non  cog  nosco?  E  a' ini  ina 
«1    baccano  del  pubbli' 
*-»«-put.  25  dicembre  1791  e  altre  carte.  —  Teatri  f.  31." 


—  4»ì0  — 


IX. 


Abolizione  del  primo  San  Carlino — Compagnie  di  j 
sa:  morte  di  D,  A.  'li  Fiore  —  Francesco 
D.  Fastidio— La  Cantina  (1750-65). 

Nel  1758  fu  decretata  1'  abolizione  del  Teatrino  di  S.  Car- 
lino. Potè  tirarci  ancora  Bno  a  tutto  il  I 
ma  nell'aprile  di  quell'anno  fu  abbattuto.  Le  ragioni  dal- 
l'abolizione  furono,  al  solito,  ragioni  morali.  ')  Là  rom- 
pagaia,  cacciata  dal  suo  nido,  se  ne  andò  al  Giardir 
fuori  Porta  Capuana.  Neil'  estate  del  50  si  sarebbe  dovuto 
recare  a  tjuel  posto,  secondo  il  solilo,  la  compagnia  To- 
meo. Ma  trovò  il  posto  occupalo. 

Il   Tomeo  cercò  allora,  col  permesso  dell'Uditore,  un  al- 
tro luogo  estivo,  e  lo  trovò  fuori  Porta  Nolan 
prima, s'erai i-i  anche  recitate  commedie.  Ma  : 
meglio,  sa  ne  andò  fuori  Porta  Capuana,  e  i  afftr 

costruire  un  teatro,  distante  circa  un  70  canne  da  quello  del 
(linrtfinii'llo.  Sorso  una  quistione  tra  lo  duo  oompd 
nella  quali;  intervenne  l'Uditore  dell'  Esercii 
il  parere  di  un  ingegnere,  e  consideralo  die  il  luogo  foon 
Porla  Nolana  era  un  orto,  clic  ura   si  trovava  lutto  semi- 
nato; v  che  non  vi  sarebbe  stato  altro  luogo  da  fot 
un  altro  teatro,  se  non  in  una  strada  accosto  alle 
di  Porta  Nolana  ila  dentro  la  città  ,  ma  sarebbe  al 
ad  appoggiare  ad  una  muraglia  del  coro  della  Chiesa' 
s.  Pietro  ad  Aram,  ed  avrebbe  dato  impedimento  alprim^ 
piano  di  varie  casette  ,  che  vi  sono  ,  onde  tacita 


i)   U.i.  Pirelli  31  dicembre  1760—  Teatri  f.  12."  Ne  era  sampr»  \**~ 
prestano  il  Pepe;  Della  sua  compagnia    era,  tra  gli  altri,  om  dose*» 

nomi-  DomtMiim    Ruini. 


—  4fi1   — 


sarebbe  potuto  nascere  lite  e  control  mia  »;  consi.i 
che  la  dista na  In  il  t>;>irdiniello  ed  il  teatro  da  costruirò 
li  686  palmi |  laddove  tra  quello  del  Largo  I  il 
<  e  il  dismesso  San  Carlino  era  Boto  dì  150;  per  tutte 
queste  ragioni,  propose  che  si  permettesse  dì  edificarlo.  ') 
Ci  Hi  qualche  allarmo  che  si  sarebbe  permesso  di  nuovo 
il  S.  Carlino;  tanto  clic  un  Baron  Girolamo  Massaio,  nel- 
1'  aprile  17G0,  faceva  la  seguente  supplica  : 


S.  R.  M. 


Signore, 


i  apnn: 

lagnò  V.  M.  benignamonto  nell'anno  scorso  ordinare,  cosi 
per  sollievo  degli  abitanti  della  contrada  del  Largo  del  Castello 
di  celesta  Capitale,  come  per  evitarsi  li  gran  scandali,  che  mito 

recavano  in  quel  luogo,  che  non  vi  si 
fosse  mai  più  eretto  il  Teatro,  seu  Bariaccmi"  pul. Itticamente  det- 
to; qual  santa  provvidenza  non  può  credere  V.  M.  quanta  utilità 
a  giubilo  avesse  recato  a  quella  piazza  e  suoi  convicini:  ma 
non  ostantino  pero  tali  vostri  reali  ordini  si  preintonde  ora 
che  da  taluni  oziosi  con  impegni  e  con  falsi  esposti  8Ì  voglia 
far  nuovamente  edificare  il  detto  abolito  Barraccone;  che  per- 
itrovandomi  io  uno  dei  maggiori  possessori  di  caso  e  bot- 
teghe di  mi  erodo  nella  necessità  di  supplicare  la 
gran  clemenza  e  giustizia  di  V.  M.  acciò  si  degni  ordinare  al 


')  Garofano.  7  i  >  —  lo  margine  è   notato.   «  Si    resa-ira  eh» 

S.  M.  e  rimasta  inVza,  ma  prima  di  risolver*  quello  stimerà  dì  suo  Ratio 
aggrado,  v«  fasore  informata  non  meno  «3,  nitrii  lo  cerniate  duu 

d'uti ioni,  va  «e  «ano  ulti*  in  questa  capitale,    che  ra| 
«.•ut I.  ogunl   genere  a  quella   che  *i  r.ipprescntano  dallo 

compagnia  .-ho  del  costume  di  tuli  dna  compagnie  a  delle  com- 

i-appreaeutano  e,  flnalni'ni",  da  che  t>inpi>  lo  stesse  sien 
piagato  in  tato  rausliera ,  se  ri  siano  donno  in  tali    compagnie,  »«  for- 
mino baracche  par   rappresentare  le  oomedio  e  dove   sieno  stato  salite 
l'ararlo  ».  Teatri  f.  14» 


—  462  — 

nostro  integerrimo  Uditore  dell'  Esercito  D.  Niccola  C 

o  a  altri  meglio  stimerà,  che,  sotto  rigorose  pene,  proibisca  tal 

edifìcio,  il  quale  oltre  di  togliere  il  lume  ad  il  prospetto  tanto 

necessario  a  quei  poveri  abitanti  per  il  inercatantare,  é  causa 

ili  mille  altri  inconvenienti  ben  noti  a  V.  M.  Tanto  ■ 

la  supplico  e  prego,  mentre  umiliato  al  vostro  Real  Trono 

profondissimo  ossequio  mi  ripeto  fino  alle  ceneri. 

Di  V.  M. 


Salerno  li  4  aprile  1760. 


Umilissimo  raiutaUo  ì 
Barone  Girolamo  Massaro 


M;i  Fu  risposto  ch'era  stato  negato  il  permesso  di  rifi 
bricare  il  teatro  a  quel  luogo.  0— Se  non  che,  poco  ti 
dopo,  la 1 1  Salvatore  Braghetti   rinnovò  la  domanda  «di 
costruire  un  Barraccone  nel  largo  del  Castello,  vicino  ai 
pioppi,  che  non  pregiudichi  né  ;il  Castello,  né  alle 
jjioni,  per  ivi  far  recitare  commedie  o  pren  "  *** 

l'impronto  da  una  compagnia  di  comici,    che 
tenere  a  suo  conto  e  offerisce  di  pa 
separazione  l'annuo  estaglio  di  ducati  168.  »  La  li 
fu  sfavorevole,  considerando,  tra  l'altro,  che  «  le  com 
gpÌB  di  comici  o  siano  istrioni,  sinora  perni 
poli,  non  sono  che  due,  e  queste  già  in  atto  vi  si  trova) 
quella,  che  asserisce  di  tener  per  suo  conto  il  B 
ghetti,  sarebbe  la  tersa,  e   che  questi  piccioli  t 
Istrioni,  tra  per  la  qualità  degli  attori  e  delle  atti 
per  quella  degli  uditori,  che  sono  per  lo  più  gem 
plicata  e  dissoluta,  non  lasciano  di  esseri 
clic  in  essi,  all'ombra  del  divertimento,  si  fomentano 


')  14  maggio  60.   f.    12°.  Chi  aveva  chinato  il   pannano   era   api 
Giuseppe  Pepo.  Vedi  Giunta  3  gennaio  62,  f.  13'*. 


—  463  - 

solutezze  e  vi  si  trova  una  scuola  d*  iniquità;  onde  par- 
rebbe di  non  doversene  moltiplicare  ».  ') 

Non  sappiamo  se  il  di  Fiore  ,  in  questo  tempo ,  reci- 
tasse nel    teatro  «li  S.  Giacomo,  o  eoITanticB  compagnia 
San  Carlino.  Ma  il  1767  moriva  *).  Nicola  Cioflb.,  più 
irecebio  di  lui  mori,  forse,  anche  prima.  Francesco  Mas- 
i   Mazza,  Gennaro  d'Arienzo,  Francesco  Tri- 
•,  prima  e  dopo;  della  compagnia  Tomeo. 
Delle  commedie  burleschi  di  Epe!  gran  Pulcinella,  che  fu  il 
di  Fiore,  durò  per  un  pezzo  la  memoria  e  il  desiderio. 

Allora  si  tv  ni  anno  una  gran   fiera  Bèi  mesi  di 

luglio  e  agosto  al  Largo  di  Palazzo.  Tommaso  Tomeo, 
l'ho,  con  sua  cognata  Elisabetta  d'Orso  *),  teneva  l' im- 
presa del  Teatrino  del  Laru  -'..-Il  i,  soleva  (il  tare. 
come  giù  sappiamo,  una  delle  baracche,  e  menarvi  a 
recitare  la  sua  compagnia  ').  Brano  quelli  i  più  bei  giorni 
della  povera  compagnia  del  Teatrino  di  S.  Giacomo.  1 
tanti  visitatori  della  Fiera  riempivano  il  teatro,  e  gli  attui 
erano  applauditi  e  pagati. 

inni  Masgomieri,  che  «  aveva  girato 
il  mondo  a  ed  era  venuto  a  Napoli  con  la  moglie  e  una 
figlia  di  quattro  anni,  otteneva  di  esporre  nel  Teatrini» 
del  Largo  del  Castello,  in  quella  quaresima,  un  edfflzio 
matematico  di  figuri  imposte  di  pezze,  che  a  a  forza  di 
lumi,  tàreva  mille  dimostrazioni  »,  e  di  far  rappresentare 

')  Giunta  3  gennaio  61,  Teatri,  f.  12." 
Rartoli  F.  Notf.ie  —  I.  2W 

i  lieto  Tomeo  mori  nel  1762.  Il  mirilo  «Iella  d'Orso  si  chiamava 
Carlo.  — Vedi  per  alcune questioni  Ira  il  teatrino  h  il  S.  Carla  Teatri, 
f.  12*  o  13.°  Sembra  elio  nella  comuugriiu  ci  fossero  anche  talora  delle 
caut"  una  causa  del  Tomeo  con  la  cauterina  fiorentina  Ceti  Io- 

idi, v.  r.  i4.o 

■  .«rotano  7  maggio  1750.  Una  volta,  nel  1763,  codette  il  suo  bar»c- 
cone  al  francate  Carlo  Duclo»,  conduttore  Jun  leone  •alcuni  cani  adde- 
strai Cfr.  Teatri  t.  !  1. 


—  4ft4  — 

siila  sua  figlia  fli  quattro   anni  a  forze,  equilibri,  o  salti 
mortali  »,  e  lui  e  la  moglie  bettan  sulla  corda 

Nel  1701  \  eoi  va  a  recitare  al  teatrino  sotto  8.  Biaooftro 
un  comico,  Antonio  Francesco  Maria  Sei  kofc 

nio  Ruggieri,  che  ronduceva  con  so  la  moglie,  i 
cerosa  Bolognesi,  d'Imola,  e  un'altra  comica,  m 
fiorentina,  Violante  Beatrice  Prefetti.  Qualche  ni 
putiva  colla  moglie  per  fare  un  giro  artisti 
laln-ie.  Il  comico  Onofrio  Ila  he  allora  lÉi 

stessi»  teatro,  interrogato  XÌulT  Uditore,  dissodi  «  a\ 
lui  ricevuto  una  lettera  da  Cotroue,  in  cui  li  scriveva,  che 
aveva    incontrato  culle  opere  ,  elio  andava  facendo  . 
che  era  succeduta  la  disgrazia  alla  di  lui  moglie   di 
dcre  da  cavallo  ,  onde  i  medici   l' avevano   disperata 
vita,  6  chiedeva  so  un'ahra  donna  chiamata  Viol 
qui  recitava  ncll'istcsso  Teatrino,  stava  in  istato   di 
ritarsi  .  prevenendolo  di  mandarli  la  risposta  dil 
Catanzaro.  VA  il  M;r//a  non  istimò  di  risponderli,  né 
allora  ha  avuto  più  novella  di  lui,  uè  si  sa  se  stia  ance 
nel  Regno!  ».  ') 

Nel  luglio  1765,  capo  dei  comici  Tomeo,  che  ano 

alla  Piera  ,  è  Francesco  Trivelli,  che  dice  d 
coni.  '■    sedici  personaggi •). 

Nel  1759  Gennaro   Davino    conveniva  «""ir  impresario 
dei   Fiorentini,    Tommaso  Storace,   di  far  lo  coi 
quel  teatro  4).  Gennaro  Davino  è  l'autore  della  I» 

')  Febbraio  ut.  — Voleva  anello  farlo  nell'aprile  ia  un  luogo  ai  Un- 
i>ili:  o  quatto  non  gli  fu  coneewo.  —  f.  IX' 

*)  Giunta,  12  Nov.  1705  «ni   [|    .iniandava  datinola  , 

gli  altri,   un  D.  Antonio  Marchi,  pretore  o  giudici  iu  quella  ci  HA  . 
scolaro    dol    Tatiucci    u    Pi  «a  ,  che  ili:  ■  il;     mi  :    co; 

«  le  dolcissimo  opere  di  V.  E.  sulle  PanJrtu  In  q  iella  n  -«identn 
rial»  «otto  una  campana  di  cristallo  ».  4  Genn.  60. —  Teatri.   E    14 
Su  .inpp.  —  N.  Pirelli,  25  loglio  55.—  Entri,  f.  14°. 

•)  Dito  tra  loro.  Garofano,  0  sett-  1759.  Teatri  f.  12°. 


—  465  — 

commedia  di  costumi  popolari  :  Annulla  Tarernara  a 
Porta  Capuana,  stampata  il  1767  ').  Nella  stampa,  si 
dice  ch'era  stata  -in  rappresentata  qw  Ma 

Uu'allra  bella  comedi ;i  dialettale  è  anche  Lo  Baiiareota 
<\\  Domenico  Macchia  »).  E  Pasquale  Starace,  Altro  di- 
li  compagnie,  pubblicava:  La  /ima  Schìaca,  a 
•mmedie  J). 
Nel  176<»  raspi  mo  par  L'opera  io  prosa  ai  Fio- 

ini  Teresa  Pcn/a,  Eleonora  de  Marco,  Andreau 
Jniuiu,  Gaetana  Mnlzana,   Vi  Anastasio,  VÌUC 

Sincondolib,  Vincenzo  Gatto,   Pasquale  Galasso,   Fran- 
ai Pepe,  Domenico  Cirillo,  Cado  di  Marino  '). — Nel 
era  impresario  al  Nuovo  per  la  prosa  un  D.  Save- 


')  L' Annella  CmnmtddM  de  Giovanne  d'Arno.  Napol.  A  Sa/mie 
MOCCI, XVII.  per  (  ì  ian  fra  n  casco  Paci.  Nell'avvertenza  ai  dice  che  G.  d'Ar- 
no è  pseudonimo  di  Gennaro  d"  Aviuo. 

')  Lo  Ba: ;areota  ,  commedia  secondo  il  buon  guaio  moderno  dal  sig. 
D.  Domenico  Marchia.  In  No|>oli,  a.  d.  —  Neil' «a.  dulia  Rihl.  di  S.  Mar- 
tino una  nota  ma.  dice:  €  Compi-,  il  SS  fehbr  appena  uscito  dai  torchi 
J754  »  —  Dalla  prof.  m  «a  eh*  ora  aiata  applaudita  <  sulle  scene  o  dei 
rinomali  teatri  o  dei  privali  ». 

J)  La  F,  S.  catnm.  di  P.  S.  napol.  Ded.  al  sig.  D.  Giovanni  Colomba 
lo  di  questa  fedelissima  diti  di  Napoli  In  Nap.  MDCCI.XI  nella 
ulani]),  di  Carlo  Cirillo.  Alla  fino  noIlV-a.  della  Bibl.  di  S.  Martino ,  ai 
trovano  ma.  sei  titoli  di  co  medie,  olio  sono  quelle  che  il  Martora  uà  at- 
tribuì** allo  Starace.  Cfi  é  bibliogr.  p.  389.  Nel  1766  lo 
Slara'                             della  prosa  ni  Teatro  Nuovo.  Carte  nov.  66.  Tea- 

*)  Carte  nov.  71.  f.  19°.  —  Su  Teresa  Ponza,  molte  carte  f.   14°.    I 

A:  «  faceva  la  pubblica  meretrice,  abitando  in  luoghi  più  di- 
stinti .I-Ila  dttè,  ed  nveva  da  molli  anni  attaccato  commercio  con  1' 
dote  Zicari,  figlio  del  fu  precidente  D.  Nicola,  ammoglialo  con  figli,  cho 
ha  colia  medesima  dissipala  la  sua  robba  ».  Nel  61  il  Pirelli  le  impedì 
di  recita  re  ai  Fiorentini,  se  non  lasciava  la  tresca  col  Zicari.  Ma  pro- 
feri  di  perder  la  recita.  Nel  settembre,  V  Ud.  riuscì  a  mandarla  via  da 
Napoli. 


—  466  — 

rio  Scaleso  ,  che  aveva   scritturato   per  gì'  interine/ 
musica  Antonio  Catalano  ').  — 

Tra  queste  povere  compagnie  comiche,  s'aggirava  tra 
il  1750  e  60  un  giovane  appassionato  di  cose  dramma- 
tiche, che  si  chi  univa  li  ttocesco  Cerlone.  Compagno  io 
questi  divoi-timonli  gli  era  quel  tal  Pasquale  Marino,  che 
abbiamo  visto  nel  1745,  ragazzo  ancora,  nella  compa 
del  Liveri  *).  Il  Cartone,  ;i"ni  dopo,  ricordava  cosi  all'a- 
mico quei  loro  anni  giovanili  : 

Di,  ti  ricordi,  amico,  nel  fior  degli  anni  nostri 
Come  valer  facemmo  ambi  toscani  inchiostri  t 
Or  con  Bonetti  eroici  lodando  un  degno  atloro, 
Ora  il  pensier  fecondo  di  un  nobile  oratore. 
Or  la  beltà  d'  Eurilli  che  reso  alcun  IV: 
Or  la  fierezza  indomita  d'una  superba  Niee. 
Poi,  reso  il  Doetro  ingegno  indebolito  e  fiacco, 
Prcndeam  ristoro  insiem  col  dolce  umor  di  Bacco. 
Sedendo  alcuna  volta  in  pubblica  platea. 
Ogni  prescelto  attoro  il  buo  dover  facea  ! 
Kra  l'aspetto  nostro  ai  comici  di  sprone 
Per  riportar  la  palmi  nel  teatrale  agone! 
Anni  felici  e  cari  I  che  il  genio  allor  pudico 
Era  l'amor  sincero  d'un  letterato  amico  I  ') 


La  vita  del  Cartone  è  restata  nell'ombra.  La  voga,  che 
ebbe  nel  repertorio  teatrale  fini  tempo,  le  decine 
di  volumi  delle  sue  opere,  non  han  prevalso  conti 
congiura  del  silenzio  dei  letterali  del  suo  temi  lra<fi- 

zione  vuole  òhe  tosse  un  povero  ricamatore,  pool;; 

')  Garofano,  23  maggio  60.   Teatri  f.  12°. 

*)  Vedi  «opra  cap.  XXII. 

»)  Cam.  di  Fr.  OW,.,«--  y,,,,.  T.  XII  Nap.  1786,  Vinaccia.  Ded,— Il  Mo- 
rino allora  stava  a  Roma:  «  Cd  arricchir  ti  piacque  ,  dal  bel  deeio  tpro* 
nato.  Con  l'opro  tue  fatuo*»  il  Tobro  fortunato  ». 


—  567  — 

perso.  Il  Settembrini  vi   gettò  sopra  qualche  dubbio,    fa- 
ci notare  che  nei  registri  dei  laureati  in  legge  dell'  l  - 
.  molti  di  cognome  Cerlone,  e'  è  sotto  il  1750, 
nuche  un  Francesco  Cerlon 
Ora  ecco  i  dati,  che,  dopo  alcune  ricerche,  io  credo  che 
ssano  stabilire.  —  Francesco  Cerlone  nacque  intoni  • 
al  173().  Infatti,  fu  compagno  di  giovinezza  di  Pasquale 
Marino,  ch'era  un  ragazzo  quindicenne  il  17 lo.  Prance- 
sco  Cerlone  non  fece  studi  regolari  e  noti  fu  un  d 
in  legge.  Basta  leggero  poche  pagine  dei  suoi  scritti  por 
sentire  continuamente  r  ignorante,  <r  Ingegno  si,  ma  igno- 
rante! E  quel  Cerlone,  ch'é  scritto  nei  registri  dei- tour 

dovette  essere  un  SUO  omonimo.   La  tradizione,  che  ne 
fi  nn  rieamatore,  è,  secondo  me,  conforme  al  vero.  Il  Mar- 
i  .   in  un    esemplar-'  delle    Satin?    del  Napoli 
;ii,  la  postilla  ros.  del  tempo:  Centone  buon  r 
mata  lim  comico  "a.   Testimonianza   da  non  "fi- 

Si.  li  Napoli  SignoreUi.  in  una  nota  alla  prima  edi- 
delle  sue  Vicende,  dice  che  gl'istrioni  napoletani: 
«  oltre  ai  loro  antichi   canovacci  dell' a-  valevano 

delle  commci  Goldoni,   e  poi  del  Cerlone,  che  fu 

\llaiis  Sachs  del  nostro  pae  8  ».  'i  Tra  i  punti  «li  oon- 
tra  il  Cerlone  e  Hans  Sachs  ci  potrebbe  esser  que 
lurono  entrambi  artigiani  poeti  :    rieamatore  l'uno, 
calzolaio  l'altro. 

>no  fosso  rieamatore,  '-e  lo  faremo  dire 
■  Li  lui  -tesso.  In  una  risposta  inalila,  a  un  critico  delle 
sue  commedie,  che  pare  gli  avesse  consigliato  di  tornare 


')  Le  corto  della  scuola  di  Salerno,  e  gli  autografi  d' illustri  napole- 
tani, laureati  nelC  Università  di  Napoli,  (in  Nuova   Anlol.  1874,   rol. 
-  p.  958). 
*)  y oline  btogr.  e  òibliogr.  p.  106  e  seg. 
"j    Vicmit,  *l  àt.  V.  550  a. 


—  468  — 

.il  mestiere  «li  prima  e  di  lasciare  l'arte  drammatica, 
Cerlonc  dice  : 

Io  tornerà  al  disegno  :  ti  ubbidirò  fra  poco, 
E  lu  occupar  potrai  il  mio  lascialo  loco  '). 

Nel  17G1    compare    la    prima    volta    io   istampa  il 
nome.  B,  appunto  io  due  sonetti,  l'uno  italiano,  bruttissim 

itni  napoletano  a  grarinsiwftimo ,  inessi  io  n* 
Finta  Schiava  del  suo  amico  e  capocomico  Starace  '). 
Starace  vi  risponde,  e,  si  noti,  non  ricambia  al  Cer- 
lone  la  lode  di  scrittore  drammatico  ;  il  che  potrebbe  far 
supporre  che  il  t  tortone  adora  non  avesse  per  anco  proso 
in  mano  la  penna. 

Ila  nel  1765  gtft  lo  troviamo  scrittore,  o  scrittore  e 
lebre,  di  una  ventina  di  commedie.  Nella  Gazzetta  di 
poli  dei  1765,  n.  20,  14  maggio,  si  legge  quest'annunzi 


so 


Si  fa  noto  al  Pubblico  Letterario,  qualmente  6  uscito  dai 
nostri  Torchi  il  primo  tomo  dello  famose  ed  assai  commondate 
Commedie  del  celebro  Francesco  Codone,  continente  quattro 
di  esse,  che  sono:  GC  Inglesi  in  America,  o  sia  il  Selvaggio, 
La  cera  Confessino,  la  (rara  fra  V Amicizia  e  C Amore,  e 
l'tmela  nubile.  Intanto  stanno  sono  il  torchio  le  altre 
che  verranno  contenute  in  altri  quattro  Tomi,  i  quali  si  daranno 
inori  con  tutta  la  maggior  sollecitudine  e  polizia,  e  sono.  Nel 
secondo  Tomo:  La  Pamela  maritata,  L'Ippolito,  La  Dama  di 
ipitftO ,  e  la    Filosofante   riconosciuta.    Nel    terzo  /x» 

Filosofante  fortunata ,  L'  apparenta  inganna,  La  DvOora  o 
hìh  il  Difficile  fatto  Facile  dall'  Impossibile ,  Lo  specchio  dei 
Cavalieri.  Nel  quatto  Tomo:  l'Albumasar,  Il  Cacalier 

l)  Questa  risposta  a»,  ò  posseduta  dal  sig.  Un  ria  vie  d'Ambra, 
comunicò  al  di.  Con»,  Fr.  Cuculia,  al  quale  io  delibo  d'antro* 
teina  copia. 

*)  Ristamp.  nell'opera  del  Martorana  p.  107. 


—  469  — 

politano    in  Parigi,  Il  Muleas  He  di  Marocco,  II  Caoalier 

iitano  in  Costantinopoli  E  nel  quinto  Tomo:  La 
in  Napoli,  La  Ninetta,  La  Finta  Cantatricc,  La  Virtù  fra  i 
Barbari.  Quanto  siasi  reso  famoso  il  suddetto  Autore  in  lai 
difficilissimo  gr-iii-ii1 'li  oojppoDimenti,  6  inolile  il  ripeterlo:  sic- 
come  anche  l'approvazione  u  uVreraalinante  ricevuta  nelle  rap- 
presentazioni fatte  delle  commedie  suddette.  Onde  chiunque 
vorrà  far  acquisto  di  e  cari,  gustosi  e  profit- 

tevoli per  lo  costume,  che  nei  medesimi  si  vede  esserne  l'og- 
prfncipale,  che  niente  offende,  o  punii:»  adombra  foneato 
.usi  il. il  pubblico  Libraio  Giacomo 
Vnii'tiio  Vinaccia,  nel  corridoio  del  Consiglio,  da  cui,  siccome 
Bri  il  suddetto  primo  Tomo  Iigato  in  carta  pergamena  e 
tassello,  per  carlini  tre,  cosi  riceverà  per  lo  prezzo  stesso  ogni 
altro  delli  quattro  susseguenti  »  ')• 

In  un  altro  annunzio,  il  £0  suth'inbro  ,    si  soggiunga: 

HOpradette  commedie  quanto  sieno   graziose  ,  belle 
•fievoli,  ognuno  lo  aa  a  pruova,  e  per  esperienza;  e  po- 
tendo molto  contribuire  all'Ozio,  che  per  lo  più  si  prova  nella 
•futura,  vengono  lutti  coloro  cui  1'  Ozio  suddetto  è  nemico, 
•vedersene  per  divertimento  nella  presente  villeggiatura8). 

(boti  ilelhì  commedie  del  Celione  sono  i  cattivi  !«•- 
muoD  del  tempo-;  Bpecie,  quelli  dell'  abate  Chiari.  —  La 
passione  dell'  autore  6  di  trasportare  la  scena  in  lontani 
paesi,  e  mettere  molti  personaggi  dai  nomi  inglesi,  spa- 
li urlìi  ecc.  E  non  senza  un  perchè)  «  Ho 


tal  N.  •-!,  24  maggio,  «  ripete  l'ano.  Nel  n.  26,25 giugno  i> 
g-ift  seguita  dai  duo  primi  volumi.  N«l  N.  32,  0  agosto,  tro  roll.  e  si  «li- 
ce :  «  essendo  l'intero  corpo  di  esse  cinque  Tomi».  —  Questa  prima  odi- 
xiooe  è  assolutamente  sparita..  L'edizione  più  antica,  che  io  conosca  ,  6 
quelli  u  seg.,  della  quale  è  un  esemplare,  non  completo  ,  alla 

BIU.  .li  S.  Mari 

ih.  dt  u.  38. 


—  470  — 

per  esperienza  veduto  —égli  Mire — che  quando  piò  per 
luogo  dell'  nzione  ci  allontaniamo  dalla  nostra  Il- 

io pili  gr&dita  riesce  ad  ogni  spettatore  .   olire  ■•tir  ut 
che  si  ricava  dal  veder  sul  teatro,  come  in  uni  fto, 

i  difetti  ili  alcune  nazioni  o  barbare  0  infedeli   ».  ') 

Tra  i  personaggi  forestieri  delle  suo  commedie,  prin- 
cipi, principesse,  milordi,  miledì,  sultani,  Dervis 
ecc.  ecc.  si  l'orma  un  intrigo  d'amori,  infedeltà,  ricono- 
nti,  gelosie,  tirannie  ecc.  ecc. É  l'intrigo  si  svolge  in 
una  serie  di  scene,  scritte  con  facilità,  con  un  eerto  l_.i 
ma,  naturalmente,  tult'altro  che  belle,  l'aloni,  il  Ceri 
usa  un  dialogo  tutto  contesto  di  versi  e  emistichi  m- 
drammatici:  nella  soia  ;  ,  del  pròno  atto  della 

prima  commedia —   Gì'  Inglesi  m  America — ho  i 
une  ventina  .li  versi.  Ordinariamente,  il  suo  stile  «• 
rato  di:  Cieli I  Stelle!  Barbara    Tigre  fr canal  Oh  De- 
stino! Oh  fatalità!  —  Alcune  commedie  sono  scritte   iti 
versi  inartelliani,  come  Dio  vuole  ! 

Ma,  a  Parigi  0  a  Costantinopoli,  a  Londra  o  in  Amo 
tra  lo  foreste  o  nei  serragli ,   al   personaggi    eroici 
si  veggono  mescolati  alcuni  personaggi  buffi,  che  re* 
per  noi  la  sola  parte  viva  dell'  opera  del  Cerlone.  t 
non  era  ..-.usi  pel  pubblico  doi  teatri   napoletani   d'allora, 
che  s*  appassionava  e  s*  inteneriva  e  piangeva  alle 
In  queste  prime  commedie,  i  personaggi  bulli 
il  pìccolo  paggio  o  il  garzoncello  napoletano,   Pulci  i 
la  servetta  amante  di  Pulcinella,  qualche  volta  un  napole- 
tano gnuioso,  (cioè  goffo,  vigliacco  o  sprop  a  tal 
quasi  sempre,  il   Maestro  di  Casa  o  sia  Don  Fastidio. 

Don  Fastidio  piglia  parte  solo  in  queste  prime   e 
modio  ccrloniano.  È  stato  detto  ch'esso  atura 

del  Paglietta  oapoletano,  Siamo  giusti  coi  paglietti 


')  C  di  F.  r.  tfap,  _  Tomo  Vili.  —  VinaccU,  t77ó. 


—  .471    — 

:  Don  Fastidio  ,  per  essere  il  loro  comico  rap- 
presentante ,  dovrebbe  avere  un  po'  più  di  quella  loro 
famosa  sottigliezza  e  di  quei  loro  famosi  imbrogli  '). 

Una  Boia  volta  comparisce  veramente  in  azione  di  pa- 
glietta: 


Petruccio.       Dove,  signor  Maestro  di  casa? 
Don  Fastidio  Vado  ntribunale;  mmalora  ramine  spicciai    io  so 
aspettati!  iti  mia,  ca  devo  questa  manina    parlar 
per  causa  d' importanza. 
/'.  E  vi  siete  preparato  f 
D.  F.  Io  sto  sompre  preparato:  accossi    mme    ntennes- 
sero  i  ministri. 
P.  E  fatevi  intendere,  fatevi  intendere! 
li.  V.  Io  faccio  quanto  pozzo,  rna  lo  talento  lloro  n'arriva; 

chiara  mance  Ponzo  vi 

P   (Che  bestia....)  Il  signor  Conte  Ottavio  nemmeno 
vi  capisca. 
D.  F.  E  cbisto  e  dell'  istessa  taglia  de  chillo. 

/'.  La  causa  in  ohe  OOOSÌStof  Falerni  la  tinozza  dir- 
mene il  contenuto. 
D.  F.  Ca  te  lo  dico,  tu  mo  mietine  ste  cose  f  La  causa 
est;  UDO  pisciava  nfaccia  a  no  portone;  al  rumore 
del  piscio  un  cane,  che  se  Irò  vaie  Uà,  se  mese  a 
fuire,  urtò  fra  le  gambe  di  uno  che  vendeva  \ 
e  cristalli  in  una  sporta,  che   aveva    sul  testioro; 
questo  cadde  e  si  rompone  ogni  cosa. 
P.  E  l»ene  ? 
l>.   F.  IjA  causa  è  mo ,  chi  deve  pagare  li    vetri  e  cri- 
stalli, si  chillo  che  pisciava,  si  lo  patrone  de  lo 
cane,  o  lo  vriu> 

/'.  E  che  cause  andate  pigliando 

D.  F.  Cause  d*  impegno;  e  si  la  perdo   Nimicarla  civile, 
l'appallo  lunno  de  pall.i. 

')  Cft*.  sai   D.  Fastidio  il  profilo  ili  M.  Scherillo  nel  libro  citai 
immettili  dtU'artt  in  Itali» 


—  572  — 

P.  Voi  chi  difendete  1 
D.  F.  Chillo  che  pisciava;  sarda  bollo ,    uno   pò    | 
paga  otto,  dioce  docato;  che  te  pare  T  ') 

.  ìli  o^ni  altro  raso,  la  professione  di  paglietta  è  per 
lui  un  lontano  passato:  «  A  Napoli,  quatino  io  ...»  — 

Don  Fastidio  è  piuttosto  il  tip"  'li  quei  tanti,  che  a 
poli  nel,. m»  .li  parlar  bone,  dando  al  dialetto  des'men 
toscane,  storpiando  la  grammatica,  inventando  p 
Perpetuo  tto  di  riso  detta  nostra  comm 

Anch'-  ora,  ognun  «li  noi  conosce  tanti  Don  Fastidii! 
sa  che  il  dialetto  è  un  parlar  volgare,  si  ha  un  vag. 
toro  di  ciò  che  sia  lingua  italiana,  ma,  mancando  la 
tura,  si  parla  come  Don  Fastidio. 

Luigi  Serio  accenna  nel   Vernacchio   a   corti    oap 
tani:  »  che  la  festa  si  mettono  ta  perucca  ,   pe  pare  ga- 
lantuommene  e  dicono  :  io  mi  mangiò  !»  s)  —  < 
punto  paria  Don  Fastidio,  che  ha  un  intero  vocabol 
di  spropositi  curiosissimi:  profarare,  risarciti-- 
capiselo,  con  esso  seco  ooi,  ammafarare,  io  l'amò, 
tera  ,  eccetera.  Ma  questi  spropositi  sono  accresciuti 
molta  boria  erudita  o  pedantesca.  D.  Fastidio,  in 
giona  sopra  ogni  parola.  Dirà:  io  V  amò. 

Paggio  Prima  ? 
D.  F.    No,  adesso. 

')  lM  BaUé  «i  Napoti  A.  E.  S.  3. 

*)  Cito   dalla    ristampa    (aliane  «ilio   Gramm.    del   diale!,  nap.  N'ep. 

J)  Noi    Vco.  napolitano.  II.  65:  <  Dubbiamo  questa  curiosa  voce 
pareggiabile  o  di  sempre  compianta  ricordanza  uostro  D.  Faaii>) 
nel  recitare  all'  impronto  la  erto  e  adoprò  in  neuo  dot  far  et»  uni 
i  gran  personaggi  certi  tortati,  e  finti  sogghigni  J' avvenenza  per   na> 
BoUerare  la  dureiu  del  cuore.  Esiatendo  per  disgrazia  la  cosa,  era 
inventar  la  parola.  Si  trova  adoperata  nelle  commedie  del  Ciarlone  (i 
U  .'ll'j  quali  quoflto  illustre  attore  recitò.»  —  1/  articolano  e  del  «ìalu 


—  473  — 

Paggio  E  perchè  dite  V  amò  1 

D.  F.    E  come  ho  a  dire  ? 

Paggio  Io  l' amo. 

D.  F.     Che  sai  tu'  fraschetta  ?  queir  accento    sull'  o   dà  forza 

alla  parola.  ') 

Dirà,  per  complimento,  a  una  signora:  voi  siete  me- 
retrice', e  spiegherà  che  significa  che  merita  tutto.  Dirà: 
a  Eccellenza,  Milord  non  saprà  che  voi  siete  qui  deca- 
pitato x>  : 

Conte  —  Decapitato  1 

D.  F.  Eccellenza,  si,  decapitato;  e  dissi  bene:  nel  mio  idiomola 
decapito,  decapitas,  decapitavi,  decapitatane  sta  per  ar- 
rivare, giungere  e  partire.  »  *) 

Una  volta,  dopo  uno  di  questi  accessi  di  spropositi,  Ba- 
bet,  stupita,  gli  domanda: 

Babet    Favoritemi,  voi  di  qual  città  siete  ? 

Mastro  De  Napole. 

Babet    E  parlano  cosi  i  Napoletani  ? 

Mastro  Accossl  tutti ,  no:  sar ria  troppa  felicità  e  gloria  della 
nazione:  vi  è  la  gente  di  bassorilievo ,  le  anime  vol- 
gare che  parlano  corrotto  ;  in  fra  di  noi  pò,  ceto  ci- 
vile, nce  truove  na  polezia  de  parlare ,  na  cosa  affi- 
nata, n'  allimmatura,  un  discorso  terzo. 

Babet    Come  il  vostro  ? 

Mastro  Appunto.  s) 

A  questa  ignoranza,  convinta  d'esser  dottrina,  accre- 
sceva comicità  l' aspetto  serio ,  accigliato ,  burbero  del 
personaggio.  Si  chiamava  Don  Fastidio  de  Fastidiis;  ed 

•)  La  Filosofante  riconosciuta.  A.  II.  S.  5. 
*)  L' apparenta  inganna.  A.  I.  S.  4. 
3)  La  Vera  Confessino.  A.  III.  S.  7.' 

32 


in 


—  474  — 

vi.  Andava  Destato  paglietta  *■),  tutto  di  nere 
all'  antica  *). 

L'attore,  che  faceva  I).  Fastidio,  i  Ma-s 

sarò.  E,  certamente,  il  Cerlone  non  fece  che    ■ 

Ko  quel  tesoro  dì  motti  e  frasi  ridicole,  che  il  M.»- 
sarò  era  venuto  riunendo  noi  suo  lungo  esercizio  di  co- 
mico improvvisante. 

Le  commedie  del  Cerlone  si  recitavano  dalle  cooap 
gnie  di  prosa  della  città.  E,  giacché  una  sola  compa££  i 
fissa  di  prò-  mi  t  air  i,    era  li      jbI" 

lora,  quella  del  Tom  tirino  sotto  S.  Giacomo    «fi 

Piero  del  Largo  di  Palazzo  furono  «orto  il  campo  «l* 
prima  attività   dal   Codone.   B,  infatti,  nella  compaur  »  ' 
Tomeo   recitava  Fi'ancesco  Massaro. 

Nel  1765  venne  a  Napoli  l' inglese  Samuele  Sharp,  cg,\ 
tale,  cui  rispose  Giuseppe  Harem*  col  suo  libro  sui 
stumi   degl°  Italiani.   Secondo  il  Baratti ,  lo  Shai  [ 
ceva  guidare  e  attingeva  le  sue  notìzie  e  giudizi   da 

i,  che  aveva  con  sé  a  Napoli  ').  Dobbiamo,  dune|  '  ' 
essere  grati  a  questo  servitore,  che  condusse  lo  Shj^-r 
dove  non  andava  nessun  viaggiatore,  ni  'ina,  o^ 

nel  teatrino  del  Largo  del  Castello. 

o  Questo  teatrino  —  dice  lo  Sharp — ù  mollo  p 
sciuto  col  nome  di  Cantina.  Scendete  dieci  gradini 
in  un  fosso,  che,  quando  ò  pieno,  può  contenei 
o  ottanta  persone.  Ciascun  posto*  si  paga  un  cari  no. 


')  /.'  apparenta  inganna.  A.  t.S  6.  —  F.a  Vera  Contessiti,!.  A.  1-  S 
v 'L'opera  del  EUhfaea,  Gvmiihldi  am  tf capei  (Zùricb,  1808,  I.   I  •'•:>  **"  ' 
è  un  oapit  ;  «love,  tra  l'altro,  si  dice:  «  Il  D.  Fjuù  •**  *  . 

ba  otti  l'in  .a- a  figura,  no  groaao  ventre,  gambe  straordinariamente  Mi**** 
un  vestito  antiquato,  e  un  gran  naso  provvisto  d'occhiali  ». 

!)  «  BeoaHanra,  un  uomo,  vestito  di  nero,  ed  all'antica.,  dritto  di  j 
larvi  con  premura.  •  —  La  Filosofante  riratasciuta.   A.   II.   S.   Il 

*)  Barato.  OF  Italiani  ecc.  ed.  -  IL  p.  801  «  un  galante  servitore,  \xa — ■ 
nomi-  Antonio,  ch'agli  arava  proao  al  mio  servino  in   N 


—  475  — 

Som  intorno  una  i  divisa  in  dieci  o  doglio 

mio  dei  quali  può  contenere  comodamente  quattro 
lersonc,  e  si  paga  otto  carlini.  Con  questi  prezzi  non  è 
ile  immaginare  eh  no  essere  scene,  co- 

stumi ,  attori  e  decorazioni.  Quello  elio  ò  difficile  imma- 
ginare  e.  la  volgarità  del  "  udienza   che  consiste  princi 
mente  io  pellaoci  sporchi  e  fri  maniche  di 

camici;!,  nelle  platea  Quanto  ai  palchi;  essi,  generalmente; 

vuoti.  Tutti  i  •  a  le  damo  hanno  in  Rai 

brutto  uso  di  sputare  innanzi  a  sé,  senza  far  mai  uso  di 
fazzoletto,  o  cercare  un  cantuccio  in  disparte.   Ma  nella 
tino  la  loro  sporcizia  è  veramente  ributtante:  sputane 
i,  ma  sui  muri,  cosicché  è  impossibile 
'carsi  i  rastìtfa  E!  sputano  son  tale  e»  .  dio 

!   posso   attribuire  la   magrezza  e  l<  ■! 

tolti  napoletani  se  non  appunto  alTabbondanza  di  questa 
:rezione  ».  !) 

11  dramma,  secondo  lo  Sharp ,  8EB  in  Italia  m    cattive 
i  /.ioni,  perdio  non  destava  L'interesse  deU&geDte  colta. 
lon  si  recitava  mai  una  tragedia.  I  comici  delta  cantine 
no  sbadatamente:  spesso  ntìva  suggerire  ia 

»arte  a  parola  a  parola  !  a  Ciò  che  sembra  indispensabile 
pubblico  napoletano  Bono  due  o  tre  caratteri,  come: 
Pulcinella  o  il  servo  del  Dottore  (ì),  che  partano  il  dialetto 
dell'infima  plebe,  inintelligibile  allo  straniero».  Pure,  c'e- 
i  alenili  attori  di  molto  Ingegno,  a  cui  man- 
solo  l'arte,  o  la  buona  volontà.  K  l'aiteozione  delio 
fermata  da  quello,  che  rent.-n.-i  il  curati. 'ic  .li 
D.  Fastidio:  ch'era  appunto  Francesco  Massaro:  a  Costui 
pale  e  senza  "licitazione  in  lutto  ciò  che  dice 
1  scena,  che,  con  podio  correzioni,  farebbe  una 
i  figura  sui  teatri  di  Londra  0  di  Parigi  » 

')  Leturi  frv.m   ltaLj  —  I..  \XIII  e  cfr.   L.   IX. 


—  476  — 

Il  Pulcinella  della  compagnia  non  sappiamo  chi  fosse. 
Forse,  nelle  prime  <ommedie  del  Cerlom 
re,  allora  vivo.  Godeva  anche  bella  t'ama  come  comico  in 
quella  maschera  Francesco  Barese  ')  —  Ma  nel  1764  giun- 
geva in  Napoli  dalla  Sicilia  un  comico,  chiamata  "•• 
Cammarano,  che  venne  a  far  parte  della  compagnia  de) 
Tomeo.   Portava  seco  un  suo  figliuoletto  di  pochi  □ 
Filippo,  che  fu  poi  od  nostro  secolo,  per  un  pe  ittoi 

di  commedie  al  S.  Carlino.  Altri  suoi  figli  furono  il  pittore 
Giuseppe,  alava  anche  bene  da  Pul\  .Automi 

che  faceva  da  Cornelio,  e  fu  suo  nipoti  odo  ni- K 

drammista,  Salvatore-Vincenzo  Cammnnin»,  .sul  1 
pi",  recitala  senza  maschera. — Ora.  accadde  che  una 
andava  in   isceua  una  commedia  del  Celione,    itili'- • 

Im  vedova,  donxella  e  mmarctata, 
E  echino  le  mancava  essere  prena! 

Cammarano  portava  annommonata 
Masscme  quanno  sten  de  bona  vena; 
Maschera  ancora  non  avea  portata, 
E  d'Abbate  facea  ammalappena. 

Do  Miteni  Zambie  stanno  a  la  casa 
Ave  a  mori  !...  Né  nc'ó  chi  lo  conzola 
E  a  lo  cerviello,  e  'n  pietto  ne*  ha  DI  vrasa. 

«  Dimmi  il  tuo  poi  da  me  l' invola! 

Dice  Milord  —  n  Don  Giuricela  Spasa  I  * 
E  da  ccà  Cammarano  fuje  Giancota. 

Cosi  il  figliuolo  Filippo  dà  ragione  del  soprannome  pa- 
terno. *)  E  il  Cammai-ano  rcslù   Giuncala,  anche  quando 

')  Il  Bure*»  mori  intorno  al  1777  — Bartoli  F.  o.  e.  I,  73.  Cfr.l 
Sigm  Hdé  V    :Cj6  n. 

')  V.  di  Giacomo,  Cron.<  ."O  —  Questo  sonetto  è  coatenat 

Yitrjc  strambe  e  bisbetece  de  Filippo  Cammaranv.  Nap.  itamp.  reale  18 
p.  6*7.  Nell'op.  dot  di  Giacomo  v  ri;  in  curioso  ritratta  di  Gio- 

cola, delincato  dal  figliuolo  GiuMppo  fp.  W7). 


—  477  — 

die  famoso  Pulcinella,  legittimi  successore  del  di 
Fiure  : 

Dei  suoi  merti  l'Europa  è  tutta  piena; 
Fa  il  Pulcinella,  e  ha  quasi  del  divino, 
Per  la  grazia,  che  esterna  in  su  la  scena  ; 
Gareggiando  col  veneto  Arlecchino, 
D'entrambi  il  metta  in  ogni  suol  ne  vola 
Quel  col  nome  di  Sacchi,  ei  di  Gtancolaì  •) 

Questa    trasformazione    in    Pai  durila    avvenne    intorno 

;tl    1771'. 

Francesco  Massaro  mori  d' apoplessia  sulla  scena  del 
teatrino  di  S.  Giacoma  il  1768*).  E  nelle  commedie  del  Cer- 
nila si  trova  più  il  Don  Fastidio,  se  non  una  sola 
villi:»,  e  mollo  più  lardi,  (piando  comparve  un  attore,  ébfl 
e  di  potere  per  un  momento  far  rivivere  l'inimitabile 
Francesco  Massaro.  ') 

»)   Vùrit  cit.  p.  7,  cfr.  p.  75. 

*)  F.  Untati.  s<>t,:{r.  n.  30-7. 

•)  Fu  costui  Luigi  Parisi.  F.  Rartoli.  nelh>  Noi.  cit.,  parlando  della 
i  Alessandra  Parisi,  la  San/trina,  napoletana  d'origino,  ma  uata 
a  Torino,  dico  ch'era  «  di  figura  ansi  >  «emhiau/«  geniali ,  • 
gli  occhi  suoi  tono  dua  rivi  tparchi  in  i  esna  conosconsi  chia- 
ramente gli  alludi  Intorni  dall'antno Tali;  appunto  si  mostrò  nello 

Arvsnturt  di  Thinnu  Irtrnr  ,  nu.-.lia  di  Francesco  Codione,  falsamente 
intitolata  dai  comici  :  La  sepolta  cica  >.  E  suo  marito,  Luigi  Parisi,  fa- 
ceta il  D.  Fastidio,  «  faceto  a  ridicoloso  personaggio  napoletano  ....  • 
vi  i'M«cR  roo  molta  gni/.ia,  piacendo  univeraalmenla  in  molte  città  >.  Il 
Bartoli  stampava  la  suo  opera  il  1784.  —  Anche  noli'  o.  e.  del  Rehfuee, 
*i  dice  che ,  dopo  la  morte  del  Massaro ,  era  divenuto  molto  rara  sul 

(miro, 


-  478  - 


5.  Carlo.  Gaetan  atcsta,  impresario  —  Morte  del 

Marchese  di  Liceri.  —  La  Compagnia    i  dei 

Dura  di    Waddalani.  —  Ceu  ioni.  —  r  adi 

Carlo  IH  —  (1753-59). 


Gaetano  Grossatesta  cominciò  il  suo  appai! 

del  1758 ,  coir  Eroe  cinesi:,  musica   del    Hura- 
nello,  eseguii  •  dai  Babbi  ido  Maxsan 

(iui/./oiii,  Rosa  Tagliavini  e  Giù 
tini  erano  M.  Pitrot,  >!•  li,  M.  Michel,  l'\ 

si  Brigbeoti,  Rosa  Loli.  l) 
il  Riamerò,  musica  del  Buranello,  ['Ifigenia,  '/. 
mrlli,  e  Y  Alessandro  del  Buranello;  cogli  al 

/.anti  e  più   Stefano    Leonardi,  e  Giuseppe 
Aprile.1)  n  Abbiamo  un'opera  cattivissima—  ioel 

carnevale  Castracelo  Bouamici  all'amico 
s.ivini  —  e  molti  festini,  ma  sul  gusto  i  io!  »  ') 

Nel  ■  54,  [' Ar&ace ,  musica  ili 

col  Caffarclli,  la  Gui/zrtti,  il  Babbi,  Cosimo  Abate,  Man 
Masi  Giura,  Caterina  Flavis.  *)  Si  offe 
.  per  S.  Carlo  quella  Peni/vi,  dea 

')  Tmfri  f.  10"  —  Per  ciucata  recita,  il  Metaatasio  acri»  una  tettrr» 
«li  consigli  da  Vienna  '*J  Gnau.  1753,  dir.  alla  Coatcasa  di  S&ngru.  {OpfK 
ed.  di  Napoli  p.  IMS 

»)  Teatri  t.  10.» 

JJ  20  ii.-ini.  EH  —  Iu  un' allr«  Iutiera  del  26  Marzo,  dica:  «  Deputato 
l'altra  aera  con  Caflarollo,  «pirito  «  limo,  oli*,  non  valendo 

primo  cantare  a  un'accademia,  dove  ci  ritrovatamo,  stracaoto  poi  (dstt*« 
por  amor  della  min  tetta.  Discorse  molto  di  Francia,  e,  por  noatrare 
aver  dolio  «pirito,  uegòla  Provvideuza  di  netto  >.  —  d.  coi 

.  in,.  |.-ul.j..    la    l  Ilo.  Coritta  Fir.  1888  — p 

4)  Groaialata.  12  aprile  54  —  Teatri  f.  IO.» 


—  -17'.»   — 

i  prima,  e  ohe  tornava  allora  dalla  Coito  di  Spagna, 
doV  era  stata  quattordici  anni.  ') 

Il  -1  novembre,  I'  Adriano  in  Siria;  nel  dicembre,  1'  /s- 
sifiilc,  musica  'li  Pasquale  Brriehelli,  e,  pel  gennaio 
la  Mario,  musica  di  Giù  Sea  i-latti,  a  giunto  da 

|K>clii  giorni  dalla  città  di  Vienna  ».  Cerano   il  III 
pagnia  i  soprani  Marianino  e  Luini,  ri  io  .ili  -rilavano  "). 

Il  Marchese  di  I  iveri  faceva  recitare  di  nuovo  nel  mese 
iii  novembre  la  Claudia  e  preparava  intanto  il  Solitario  '). 

La  compagnia  deJ  55-G  fu  composta  da  Filippo    1 
ohe  tornava  di  Spagna,   primo   soprani» ;    da   Colomba 
Mattei,  tornata  a  Napoli  prima  donna  •);  dal  tenore  Do- 
moni< 30  Magnili  di  Firenze;  da  Caterina  Raimondi,  detta 
in    Tesi  nuora;  da  ('aterina   Flavis,    ultima  parte.  \. 

uni,  da  Luigi  Biscioni ,  Anna  Ricci,  Gasparo   Cieri, 
V  \iii'.n  inni,  il  Galantini,  Maddalena  Ricci.  ') 

Nel  maggio,  s'ebbe  Y  Antifona  Regina  di  Tebe,  del- 
l'Aliati;  Rocbaforte  romano,  musica  del  Buranello.  Nel 
novembre,  la  èierope,  di  Apostolo  Zeno,  musica  di  Giu- 
itti;  nel  dicembre,  il  Demetrio,  musica  di  Gae- 
tano Piazza,  maestro  di  cappella  a  Milano;  e,  nel  gen- 
ia Disfatta  di  Dario,  del  Morbillo,  musica  di  Pa- 
squale •  orna  spettacoloso,  uno  dei  pochissimi 
«iati  al  S.  Carlo  su  libretto  d'autore  napoletano.  cj 

>)  Vedi  Ietterò  di  U-    in  apiKMi.1. 

*)  l  ,.t  -  Teatri  f.  10.« 

»)  Liwri  30  No».  51.  —  Teatri  f.  10.° 

i  di  Colombina    Mutici  f«  il  Molfl- 
.  vendo  al  Farinello,  28  Maggio  1719—  Cfr.  Lettere  dispersa  od. 
Cartlurci  p.  "iOO,  e  passim. 

Pitie  55.—  Teatri  f.  10.« 
•)  2»       ;  [6  Ott  55—  Teatri  f.  10°.  —  Posseggo  tra  i  mio» 

m»  una  oarodia  ilei  dramma  del  Morbilli,  ini:  La  Disfatta  di  Dario 
Dramma  per  il  Calascione  comporto  solamente  per  firn  ridere  la  Si- 
gnora iVincipessa  Calamita  ti,'  da  mutiri  rauchi    ad    uditorio 


—  480  — 


il  M.inìn  >c  Hi  l.ivcri,   nelP  ottobre,  era  molto  malat 
Pure,  aveva  quasi   (ìriilo  di  appareroliiare  il   Sol if arto.  E 

chiederà,  t  se  mei  i  "> i *">  non  si  compiaccia  che  io  possa 

dare  alla  medesima  1*  ultimo  compilivi!'  i  a  da  me 

restar  ciò  commesso  al  mio  allievo  D,  I  Varo         Mi 
con  caricarlo  dell'  incombenza  di  tutto  queDt  ,  che  io  simili 
ioni  stava  a  me  caricato  ».  l)  Nel  recitare 

una  sua  nuova,  ed  ultima  commedia,  intitolata  la  Sirerin  "'). 

Nel  56-7  il  Manzuoli  ■),  la  Guizzetti,  la  Teresa  .S 
di  Torino,  il  tenore  Magalli,  «  non  essendo  stato  pò 
bile  di  avere  il  sig.  Antonio  Raafi  i  ritrova  fermato 

in  (spagne  »  e  il  Magalli  era  il  più  capace  in  Italia.  Se- 
condo uomo,  nella  primavera,  Antonio  Ma/./.ioti  ,  in  se- 
guito Giuseppe  Guspeldi.  Ultima  parte,  la  plavis.  'i 

E  si  recita  lì  Antigono,  musica  del  Conforto,  il  Soli- 
mano, musica  di  M.  A.  Valentini,  e  la  Zenobia,  musica 
del  Picchiai;  e,  nel  gennaio  57.  P/m  li  Tmìa  del 

Morbillo,  musica  del  Cafaro.  'i 

Nrl  maggio  .'.7  andò  in  iscena  il  Fornace,  musica  del 
Perez  e  del  Piedoni.  Oltre  il  Manzuoli  e  il  I  Per- 

ei patiniti  n  tordi  usato   lì  t>  di  febraio  17 5  fi ,  op*r»  <1«-1  Duca  di  !'•- 
reto.  Alla   Ano,   SU  MBMttO   napolitano  del  Duca  di  Maddnloni ,  •or 
contro  il   dramma  'l"l   Morbilli. 

l)  Liv.-ii  SS  Otfc  55  —  Teatri  f.  10". 

r.oit,\   Trutri  f.   11°.  Non  fu  Btampata,  e  ai  trova  mauot'ritta 
Hill.  N;»z.  X.11I.  C.89.  La  lista  dei  personaggi  è  autografa  d*l  carati 
a  me  ben  noto,  del  Livori. 

3)  Mottiawme  carte  di  trattative  e  quistioni  per  questa  venuta  del  | 
xuoli,  L'ElUi  parti  per  la  Spagna.  Anche  il  CafforeUi  era  a   M.. 
Teatri  f.  11°. 

')  GroMatcala.  Apr.  56  —  Teatri  f.  11°.  —Nel  Solimano  fa  aggiunto 
il  inora  Folta  Wl 

sl  CnrU-.  Ivi  f.   II».  —  N.  Garofano,  con  lett.  «'■  ottobre  175:. 
che  {'Incendio  di  Troia  sia  da  ammettervi  pel  S.  Carlo.  V.  anche 
•upplica  del  Morbilli. 


i  ■- 
Uefa 

S 


—  481  - 

ilo  Tcnducci,  e,  dello  donne,  la  Caterina  Pllaia  detta 
Pai/ade,  la  Margherita  Mergher,  detta  la  TedeaeAàta, 
e  la  Geltrude  Landini  ')  —  U  Tenducci,  buon  soprano,  ebbe 

.colo  scorso  una  celebrità   d'un    genere    tatto 
date.  Quantunque  sopra/io,  si  maritò  ed  ebbe  figli.   Égli 

>reseinava  a  Londra  il  Casanova  la  sua  /emme 
a  due  tigli.  *) 
Il  M  a  di  Liveri,  sempre   malato,   continuava  a 

scriver  da   Liveri,  dando  disposizioni  per   la  p 
commedia.  I£,  «  non  essendo  in  istato  di  co  il  li- 

■  i  lolla  nuova  ron  un  odia,  ne  aveva  richiesto  D.  Gae- 
Ciccarelli,  avvocato  napoletano,  del  di  cui  buon  gu- 
iveva  speriènse   a  da  questo  se  n'era  composta  an- 
che buona  parte,   che  gli  era  piaciuta  t>.  —  Ma,  ne! 
bue  1T57.  la  Marchesa  sua  moglie,  D.*  Vittoria  r 
annunziava  al  Re  la  sua  morte  ooo  una  pietosa 
ìtlera,  nella  quale  si  vede  il  povero  Liveri,  che,  sul  letto 


i    un  giudizio,  su  quest'opera  in  data  del  19  maggio  57  leggo,  che, 
essendo  il  libretto  pieno  di  tristi  r. .  In  musica  corrispondo  alle 

parole,  <  ed  in  questa  città  ai  va  a  vedere  cho  più  presto  ni  desidera  a 
placa  una  musica  elio  aia  andante  ed  allegra  >.  La  Pilaia  era  buona,  ma 
il  Tenducci  stava  quasi  sempre  in  tale  stato  da  non  poter  cantaro.  — 
Teatri  f.  li".  V.  uello  stesso  fascio  una  lettera  dal  Babbi,  Fir.  19  ot- 
tobre 56. 

»)  Casanova  Meni.  VII,  43.  — Il  quale  soggiunge:  <  IL  se  moquait  de 
ceux  qui  pruteodaiont  qu'en  sa  qualità  de  castrai,  il  aopournitpns  pro- 
crear moti  seniblable.  La  natura  l'avait  fail  monstre,  pour  la  conno r ver 
nummo;  il  était  triorchìs,  et  cornino  dans  l'opcration,  eoe.»  —  Nel  curioso 
libro  del  Goudar:  Le  brigandage  de  lamusiqite  italienne.  MDCCLXXVJJ 
ai  dio»  di  lui:  <  C"  est  ce  uique,  qui  s'osi  marie  saus  avoir  Iob 

deox  témoins  necessaire»  pour  le  mariag- .  »  p.  75  —  Vedremo  più  oltre 
no  processo  d'adulterio,  che  gli  fu  intentalo  qui,  in  Napoli.  —  Sul  caso 
analogo  del  castrato  Balani  |'i  n.  Anli-nlniU:  Tableau  de  V  Angle 
tare  et  de  f  Itoti,-  —  À  Gotha.  Q.  li.  BtttngK  I78N.  Ili,  p.  336-7  —  Il 
Balani,  a  un  bel  punto  della  sua  carriera,  si  senti  mancar  la  voce  e  ri- 
•iiieune  uomo. 


'IO 

iva 
a  con 
o   del 

a»e- 


-  482  — 


di  morte,   pensava   o  provvedeva  ancora  al 
i  di  corte  '     > 

11  Livori  aveva  disposto  «  acciò  non  fui 
l:i  11  s.  iti  quest'anno  del  solito  divertimento  delta  i 
media».  La   vedova  voleva    provvedervi   i 
Mtiodo  Coliteli i]  nule,  il  Ciccai-elli  eliirwlr. 

cedere  Dell' incarico.  E  simile  domanda  presene 
cattivo  soggetto   dal  Qglio  del  LLveri.  Ma  il   Re  fece 

nlcre  a  tutti:  non  occorre.  Alla  vedova  fui" 
gnati  500  ducati  l'anno.  Gli  attori  furono  giubilati,  o  ac- 
cordandosi ai  recitanti  antichi  il  mantenimento  • 

Scioltasi  la  compagnia  del  Liveri,  i  migliori 
di  essa,  accresciuti  con  altri   nuovi,  comparvero   sotto 
nuova  faccia  nella  casa  del  giovane  Duca  di  Madd 
Carlo  Carata.  La  formazione  di  questa  nuova   ed  eletta 
compagnia  di  dilettanti  «leve  porsi  intorno  al  IT 
Carafa,  nato  il  1734,  fu  il  penultimo  dei  C'arala,  l>ii 
Madilaloni.  Amico  ili   Giacomo  Casanova,    che 
conta  intorno  a  lui  cosn  eiiri'.sissun. 

Lo  Duca  recitava  molto  bene  da  innamoralo, 

Cristoforo  Russo  da  Pascariello;  non  l'antico  tipo 
commedia  dell'arte,  ma  uno  tutto  nuovo  e  diverso. 
Russo  era  <«  fli  professione  pittore  «li  paesi  non  igno- 
bile». [FSignorelli  ne  fa  questo  magnifico  elogio  :  «Con- 
traffaceva con  verità  o  mirabile  ogni  pii 


rac- 
to. 


* 


')  Carte  varie  f.  ti ."  —  Nel  suo  testamento  c'è  un  codicillo,  24 
60,  Mi  i|u;>li'  itaMlliee,  dia,  se,  per  cibo,  al  tonino  della  >ua  morir, 
si  trova»»  creditore  di  tutto  o  p*rte  del  *uo  Bti  pendio,  questo  non  po- 
tesse reclamarsi  o  s'iutendesse  donato  al  K.  I  Rimati  come 
testimoni  due  suoi  attori:  D.  Vulifuoco  o  P.  Mundo,  e  F.  Ciecexelli,  ani- 
aiinistiat.-i     —    .'   ..  ,i   f  17". 

*)  Carta  nel  f.  1 1.» e  lettere  della  Marche»*  di  Limi  IT  ;7  ex 

Team  f.   17.« 
3)  Méta,  passin).  Cfr.  art.  ciL    Un   am^  ,   C. 


—  483  — 

qo  nelle  commedie  del  Li  veri;  ma  b 
'•Ilario nelle  commedie  all'improvviso  setta  parto 
'(scarif'l/n,  cioè  di  uno  chfl    (avella    senza    conchiu- 
o  coneliiude ,  passando  di   pensiero   in   pensi 
mtt' ultra  cosa  del  disco»"  incominciato!  Ninno  conobbe 
eeme  il  Russo  l'arte  di  sceneggiare  con    tempo  ;   ninno 
Dava  il  dialogo  ;  ninno  ebbe  maggior  pro- 
di spirito,  penetrazione^  Baturalazaa ,  copia  di  sali 
i'i  ed  atteggiamenti  ed  espressioni  eoi  folto,  parlante 
al  pari  «Iella  piti  ferole  eloquenza  ».  '> 

i  era  Francesco  Banci,che,  «noioso  attore  nelle  parti 
.studiate  col  Livori,  riusd   piacevolissimo  nella  parte  di 

:  ole  barese  i   col  no di  Don  Vitantonio  P 

ea.  *)  E  Giampaolo  de  Dominici  da  vécchìo\  il  quale  morto 
nel  1758,")  fu  poi  sostituito  da  Gennaro  Salerno.  Inoltre^ 
la  Buon  de  Marco  PacehioUa'.  Pran- 

•  \"\\\Mì\,da.petir-mai/n-  affettato  ;  Giuseppe  BiseegUa, 
da  vecchia  caricata;  l  Antonio  Castigtia,  da  don- 

Gè  -     rdano,  da  jervo  astuto;  Nicola  Cureio, 

da  servetta;  Pietra  Na  poli  Signorelli,  allora  giovanili  mi  », 
Ha.  E  da  innamorato   Giambattista  Lo- 
renzi, che  cominciò  a  svolgere  qui  te  sue  Incotte  dram- 

11  Lorenzi  era  nato  intorno  il  1719  *),  e  aveva,  dunque, 

•)  Napoli  Sigi.  ade  V.  557-8. 

*)  l*i  —  Cfr.  Prat  alla  Oj/p.  teatrali  di  0.  B.  Lorenzi.  Voi.  I,  Na- 
poli w»\  — 

*j  Con  dUp.  reale  del  22  luglio  1753  il  Re  ordinò  che  fossero  conti- 
nuati d.  6  di  pensione  alle  doOSell"  Ippolita  e  Rosa  de  Dominici,  figlie 
dal  di:  n  paolo  —  Teatri,  i.  18." 

4)  1.  /uorelli  acrivo  che  «  maucò  nel  1807,  avaudo  ollreuas- 

sato  gli  aiiui  ottanta»»  deUa  *ua  «lA  »  (Storia  Oritiett,  X.  P,  Il 

:)  stimo  di  ill.i  data  della  morte, 

che  è  nella  prot  al  11  rol.  dello  Opere  teatrali  del  Loraaa  (Nap.  1813), 
cioè  il  1805.  Il  d'Attila  (Lcya  del  tene,  V.  29)  fa  notare  che  nel  1800 


1 


—  484  — 

circa  trentasettc  anni.  La  sua  vita  letteraria  ora  stata,  fi  e 
allora,  quasi  nulla.  Un  suo  biografo  oi  h  sapere  che 
appartenuto  a  varie  adunanze  di  Arcadi,  e  che,  giovane» 
a  scritti!  una  risposta  atta  canzonetta:  Oraste  agi 
inganni  tuoi  dei  Metastasio,  che  piacque  molto  al  gran  ; 
la.  Adulto,  si  diede  tutto  agli  studii  di  drammatl 
mila  lettura  dei  drauuni  greci,  e  latini,  e  italiani,* 
gnuoli,  e  francesi;  finché  le  recite  nella  compa^ 
Maddaloni   non  dettero  un  avviamento  pratico  a  qu( 
sua  passione.  —  Pare  anche  che  avesse  fatto  il  negoziaut 
o  qualche  cosa  dì  simile.  Certo,  era  indebitato   fino  alla 
cima  dei  capelli.  *) 

Questa  compagnia  foce  rinascere  più  usto  de 

società  di  dilettanti,  E  nelle  case  di  D.  Raimondo  di 
Principe  di  Sansevero,  e  del  Cons.  D.  Vincenzo  liei 
gine,e  di  (i.  P.  Cirillo,  e  nei  conventi  di  S.  Severino 
Monleoliveto,  si  recitavano  commedie  di  dilettan 

I  soggetti  erano  forniti  talora  dal  Duca  .li    Maddal 
O  da  Giuseppe  BÌSCeglia ,  o  da]  Principe   di    San- 
ma,  più  spesso,  da  G.  P.  Cirillo  e  da  G.  D.  Lorenzi. 

II  Lorenzi  ridusse» a  suggerimento  del  Principe  «li  S 
severo,  il   Tamburo  dell' Addison  e  •  della 
moda  di  Nivelle  de    la    Ch                 E,  oltre  questi    e  al 
soggetti  perduti ,  resta  di  lui   una  commi-dia  scrìtta  p< 


: 


musi  am  ancora  vivo,  come  appare  da  Hoc.,  e  erodo  giusta 
che  la  data  ««atta  sia  quella  rolli.  Io    <  iio   la  data 

dal  1806,  rifar,  orila  prei  'irò  errore  di  stampa, 

perdio  nel  I  voi.  dflle  stesse  Opere,  Btamp.  il  1806,  ai  parla  del  Lorena! 
rome  vivente. 

')  Cfr.  I'r.-f.  cit  — Nel  1760  aveva  contratto  un  debito  di  300  ducali 
con  l'architetto  D.  Vincenzo  Rè  per  un  negozio  di  panni,  che  voleva 
impiantare.  Poi  spari.  I  suoi  creditori  non  avavuno  altra  speranza,  come 
dicono,  dia  «  la  sua  abilità  ».   Tratti  f.  14.° 

•)  Cfr.  prof.  rit. 


—  48T>  — 


inloro:  Don  Anchfse  Campatone  0  sia  il  Coneerto,  re- 
citata in  rasa  del  Bòrragin 

Il  Cirillo  era  quegli,  che  ne  scriveva  di  più.  La  Mar* 
rfwsn  Castracani  fu  recitata  in  casa  del  Principe  di  San- 
eevero.  E,  dopo  aver  girato  manoscritta,  messa  a  stai npa 
senza  sua  saputa,  cosicché  egli  la  riliutn.  *) — In  casa  del 

lillo, si  rappresentarono  i Malocchi:  ^radiosissima  com- 
media, che  ha  per  tema  la  iettatura.  y)  Si  vede  in  essa 
un  D,  Tarquinio  Malacarne,  che  scappa  da  Salerno  con 
tutta  la  sua  famiglia  per  la  paura  dj  Da  terribile  jettatore, 
chiamato  D.  Paolo  Verdicchio.  Il  jetlalore,  che  non  ap- 
pare mai  sulla  scena,  lo  perseguita  in  Napoli ,  ed  ò  l'e- 
spediente, al  quale,  secondo  i  loro  interessi,  ricorrono  L 
vari  personaggi,  per  far  nascere  utili  complicazioni. — Ba- 
da che  D.  Paolo  non  sappia  niente  dello  tue  nozze!— dice 
U.  Tarquinio  al  figlio — u  Vasta  che  isso  sappia  che  pe  sso 
matremmoiiio  sonino  venute  a  Napolc  e  coli'  intenzione 
de  farci  malo,  che  non  le  manca  mai,  si  metta  sopra  un 
campanile ,  e  guarda  verso  Napoli,  I'  aje  jocata  la  mo- 

gtiere  I  >  '.• 

Il  dialogo  è  bello  e  vivace;  l'azione,  piena  di  brio.  Fra 
i  pei'sonaggi  e'  6  un  D.  Tiburjio,  seccatore  cerimonioso, 
che  parla  sempre  del  buon  guato  dei  forestieri. — Queste 
due  commedie  e  moltissimi  titoli  di  scenarii  sono  ciò  che 
ci  avanza  deli'  Opera  del  Cirillo.  8) 


»)  Commedia  nuota  e  piacevole  secondo  il  buon  gustò  moderno.  Io 
N»p.  preuo  Dota.  Sangiacorao.,  >.  d.,  ma  del  principio  di  quatto  Meolo. 

»)  Napoli  Signorili  V.  564  «g.  —  Nella  Uibl.  Ntt  BM.  *•?>..  XV.  P. 
20,  col  titolo:  Gì'  tmpMori  di  G.  P.  Cirillo,  eh' è  appunto  la  Marchesa 
Castracani. 

')  l  Malocchi  i-omiiu-di»  il«*ll*  avvocalo  •  Ufo  «ig.  D. 

Giuseppa  Pasquale  Cirillo.  Venezia  MDCCXCII. 

«)  4L  I.  B 

s)  i'er  qxtBàtà  titoli  efr,  Napoli  Signorelli  1.  e  eC  A.  il«'Ro*i,  M  *  di 
VUlaruu:  Baratti  'i  alcuni  uomini  ih  lettere.  Nnp   1824 


—  4R6  — 

Qualche  commedia,  di  queste  dì  dilettanti,   doveva 
sere  portata  anche  sui  teatrini  d 
pagaia  propria.  Nel  1758,  per  ss.,  sappiati]  ca  ut 

oonxmedla,  per  ordino  del  Re,  alta  Paggeria.  ')  —  Sul  | 
oipio  del  1759,  Carlo  Goldoni  tu  iti  trattative  pei 
Napoli  Era  a  Roma  nel  marzo  59  *),  quando  gli  gin 
offerti'  a  ad  istanza  del  Cavai ier  Fuga  e  d  >1 
Tc-stagrossa  ».  Avrebbe  lavorato  a  Napoli  da  Paa 
novembre  o  con  buone  condizioni.  «Ho  (irato  si  in 
le  mie   risposte  —  scrive  il  17  marzo   al  Vendi 
che  il   sig.  Testagrossa  non  6  più  in  grado  di 
il  progetto;  ma  il  diavolo  tentatore  me  ne  fa  giungere 
altro  da  Napoli   parimenti  ,  al  quale   non  ho  ancora 
affermativamente  .  ne  negativamente    r 
forse  degli  impresari  del  teatro  dei  Fiorentini  o  di 
Ma    il   Vendramin,  proprietario  del  teatro  S.  Luca,  col 
quale  egli  aveva  un  contratto,  negò  il  permesso,  e  Carlo 
Gotdodi  dorè  tornarsene  a  Venezia.  ')  — 

Nel  novembrv  :,?  tu  rappresentata  a  S.  Carlo  la  .Y> 
teti,  musica  Piccioni  e  Cocchi;  nel  dicembre,  il  T 
del  Jommelli.  Il  Jommclli,  come  è  noto,  era  ai  - 
Duca  del  Wiirtemborg,  e  ogni  tre  anni  avevi 
di  scendere  per  sei  mesi  in  Italia,  Ne  profittò  qu 


')  Nota  di  apene  rimossa  «la  D.  Vincenzo  Re  pel  Teatrino,  formato 
p.  ordine  dalli  Paggeria*-  T'astri  t  Ifi». 
*)  A  Roma   «gli  trovò  nella  pouiju  ornici  all'impronto  varfi 

i  oapolelanl,  tra  «li  nitri  un   Puttanella  >nni 

I         rumante  di  Roma.  Cfr.  Man.  P.  11.  C.  XXXVI. —  Un 

dal  carnevale  5D  fu  o    la  Augelo    QabriellI  ••  lì.  B. 

per  recitare  nelle  opera  all'impronto  in  Roma.  Con  lui  erano  «tati  *-' 
l'i'  iti  Qumppe  MililnUi  <••!  altri.  Il   N'itolo  poi  non  pnt.-  andaro.—  T*atr. 
■ 

ini  e  il  teatro  di  S.   Lue.  i.  Cariaggi 

(1755-66)  eoa  prtt  *  nota  di  b.  Mantovaui.  Milano,  Trerea,  1883.—  L*tt 
3,  10.  17  marzo  60  — pp,  91,  Iti.  —  Cfr.  Mtm.  ed-  cit.  11,  2284. 


—  487  — 

per  mettere  in  ìsoetia  il  Creso  a  Roma,  e  il   Temistocle 
b  Napoli.  *)— Nel  gemuì  zanna  e   Teseo,  mu- 

sica di  Antonio  Mazzoni. 

La  compagnia  di  batto,  par  quella  stagiona  f>7-8,  ora 
giudi  Ito  debole,  non  essendovi  di  veramente  buoni 

Km  un  lai  Miceli  e  una  Teresa  Morelli.  Il  Conte  Fi- 
nocchictti  scriveva  da  Venezia,  esaltando  una  ballerina 
francese,  die  ivi  era,  chiamala  Anguste  Moisel.  Por  op- 
ime della  Corte,  il  Conte  condusse  le  trattative;  si  ebbe 
una  '.  ili  questioni  de  re-j  lilialmente,  la 

Moisel,  desiderata,  venne.  Ma  la  prona  seta,  che  esordi 
al  S.  Carlo,  proprio  il  4  novembre,  essendovi  presenti  i 
Sovrani,  la  tanto  esaltala  ballerina  (eC6  IH)  raro  fiasco, 
B  dispiacque  al  Re,  e,  socialmente,  alla  Regina.  I  Sol 
mandarono  una  persona  a  dirle  sul  palcoscenico  ,  che, 
se  ballava  a  quel  modo,  1*  avrebbero  subito  subito  riman- 
data a.  !•'.  tìi  ilato  online  di  senvere  al  Finocehietti, 
partecipandogli  la  bella  notizia,  e  dicendogli  che,  pur  l'av- 

:  lento,  In  simili  trattative,  perché  a  Na 
l'inverno,  non  e*  era  altro  divertimento  se  non  l'operi 
I  Carlo;  che  il  essere  buoni  !  La  pi 

Ma  demo /sci /e  Auguste  sì  presentò  tre  volte  al  ministro  di 
Casa  Realee  non  fa  ricevuta  ;  finalmn  dicendo, 

tra  l'altro:  «  Arrivata  in  nessuno  ha  degnato 

armi    il    genio    della  Nazione,    e   mi    è 
i  dato  per  compagno  un  ballerino   grottesco   e  non 

A    meraviglia  se  quello  elie  ha  piaciuto  in  un    paese,  non 

abbia  l'istessa  sorte  in    un    altro   paese,    onde   sarebbe 
mio  pensiero  di  esplorare  il  gustò  di  questo  n 

Publico,  aline  mi  uniformi!»  Il  Conte  Fi inietti 

cubilo,  tessendo  la  biografia  lisel. 

e  mostrando  «pianta  gente  competente  si  sarebbe  dovuta 


«)  Man  ■■  ■  — i-  LXXVtl. 


—  488  — 


ingannare  con  lui  ,  s'egli  s'era  ingannato  !  Ma  qt 
,  il  Re  gli  fece  rescrivere  Moi 

avendo  mutato  carattere  nel  ballare,  e  ballanti 
ha  Incominciato  od  avere  del  giusto  si  -ap- 

plauso ».  'j 

Il  Grossatesta  contimi'1»  Dell'  appalto.  E  nel  58-9  ai  el 
baro  del  Latilla,  il  Demofbonte  dello  Has 

roe,  defl'Brrichefli,  e  la  CI  di  Tito,  dello  Basse.  ')  - 

Col  Babln  nnaso   Guarducci ,    Carlo    Ambrogi 

e  la  Catarina  dalli,  prima  donna  Francesca  Cabra 

i!  Maddalena  Vallai 

Nel  1759  si  radiava  al  S.  Carlo  l'Adriano  in   Sii 
musica  del  BuraneQo  ariani,  tenore,  e  Calai 

gnoli,  Giuseppe  Belli,  Pietro  Santi,  Dorol 
torma  Flavia.  I  ballerini  erano  i  tre  Sabatini,  prim 

•tesca;  Anna  (sic)  Grisellini,  «letta  la  Tìntoretta  e  Fi 
cesco  Martini,  seconda  coppia;  Luigi  Biscioni  e  An 
Guidi,  prima  coppia  seria,  e  6  figuranti.  *') 

Fu  questa  l'ultima  opera,  die  Carlo  IH  trio, 

perdìo  nel  1759  fu  chiamato  a  racco  P  eredita  del 

trono  di  Spagna   »  E  Gaetano  Grossatesta  gli  faceva  su- 
bito la  seguente  supplica  : 


S.  li.  M. 


Gaetano  Grossatesta,  umilissimo  servitore  «Iella  M    V    Cat- 
tolica, prostrato  ai  suoi  Reali  Piedi   con  il  più  profondo  oua. 


>)  V.  moltip.  cario  f,  ti.0  La  leti,  della  Moisel,  N'ap.  0  nov.  57,qt»cU» 
biograf.  del  l'in.  V«Mll,  19  nov.  57. 

*)  Corto  —  Teatri  f.  li.« 

»)  Sulla  Oaili.  V.  informi.  —  Teatri  t.  Il 

')  Carlo   Teatri  f.  i2°. 

s)  Tra  i  tanti,  CìiarahaltiNt*  I^reoal  «tata  pò  io  qua»  t'occasiona  iu 
festa  teatrale,  int.  //  aiudùio  di  Giove,  Nap.  p*r  Vlncwnxo  Plaato 
17.7.».  —  cfr.  pref.  voi.  Il  Oper-    cjl    (Y. 


qa«Ua 


—  480  — 

quie  gli  rappresenta,  che,  avendo  abbandonato  qualunque  suo 
interesse,  noli'  atto  di  assorsi  interamente  dedicato  al  suo  So- 
vrano servizio,  epera  mediante  la  sua  Ileal  Clemenza  di  non 
«esere  abbandonato  nella  presente  gloriosa  Epoca  della  M.  V.  C; 

che  perà  umilmuiitt.'  la  supplica  a  degnarsi  di    per ti-  Vgìì  di 

passare  in  [spagna  nella  continuazione  del  suo  impiego,  giacché 
egli  in  tale  occasione  si  preflfisse  di  voler  morire  al  suo 
servizio.  E  se  mai  l'impresa  di  questo  Ileal  Teatro  potesse  es- 
sere di  ostacolo  all'  umile  sua  istanza,  in  tal  caso  e  pronto  fin 
da  ora  a  dimetterla,  e  quando  mai  la  M.  V.  C.  credesse  op- 
portuno ch'egli  la  dovesse  continuare  in  conformità  del  SUO 
contratto  fino  a  tutto  il  Carnevale  dal  L761,  egli  sostituirà,  fino 
mpo  suddetto,  suo  cognato  e  sua  moglie,  li  quali,  mediante 
ittica  che  hanno  del    teatro  ,   sapr  impegnarsi  di 

tale  Incombenza,  che  della  Grazia  ut  Deus  etc. 

I    Ma  Carlo  IH  gli  fece  rispondere:  «  Rimanga  a  servire  il 
Re  mio  figlio!  »  ') 


Ferdinando  IV  fanciullo  —  L'  Arlecchino  Sacco  — 
Cronaca  del  S.  Carlo —  Viaggiatori  a  Napoli  (1759-63). 


Partito  Carlo  III,  il  teatrino  di  pupi  del  piccolo  Ferdi- 
nando prese  il  posto  del  teatro  di  Coarto.  Lo  Sharp  dice: 
•  i  suoi  educatoti  lo  lasciano  giuocare  coi  pupi  e  non  m 
vergognano  di  far  vedere  ai  forestieri  in  che  consista  il 
suo  principal  divertimento.  In  una  stanza  del  Palazzo 
Reale,  voi  trovate  Pulcinella,  e  tutta  igni*  comica, 

sospesi  a  un  chiodo,  e,  accanto,  un  piccolo  teatro,  dove 
sono  dati  in  spettacolo  non  al  monarca ,  ma  dal  mo- 
narca !  o  Accanto  al  teatrino  dei  pupi,  il  Re,  la  settimana 
santa,  faceva  il  sepolcro.  *) 

i)  14  Bttt  1780  -  TnM  '"■  : 

■)  Sbarp,  UUeri  from  ìiMy.  —  L.  XXXVIII  p.  176-7. 

n 


—  490  — 

Antonio  Sacco,  uno  dei  due  ultimi  e  sommi  Arleo 
del  secolo  XYlll  (P  altro  era  Carlino)  '),  di'  era  fuggii 
dal  Pprtogaflo  pel  tremuoto  »li  Lisbona,  s'offerse  ai 
vigi  del  giovane  Re.  Ecco  la  sua  supplica  : 


Eccellenza 

La  Fuma  delle  virtù  pregiabili,  che  Dell'  Amino  di  \ 
in  proprio  Irono  risiedono,  mi  ronde  ardilo  di  presentarmela 
questa  mia  umilissima  supplica  con  sicurezza  di  ottonerò  a  questa 
un  favorevole  rescritto,  ed  al  mio  ardimento  un  generoso  perdono. 
Qui  è  precorsa  una  voce  che  a  divertimento  del  nuovo  sovri 
debba  scegliersi  una  compagnia  comica  Lombarda;  e  ch< 
abbia  già  dati  gli  ordini  opportuni  per  il  rifacimento  dei  teat 
di  Corte.  CiO  supposto  per  vero,  ardisco  io  prima  d'ogni  al 
offrirle  la  mia  Comica  Compagnia,  in  quel  grado  medesimi 
ella  ebbe  l'onore  di  servire  per  più  di  due  anni  la  Maestà  Fé. 
delis."  del  Re  di  Portogallo  e  sua  Reale  famiglia ,  e  che  ser» 
virebbe  ancora  se  la  fatale  disgrazia  non  avesse  turbato  il  corso 
di  cosi  bella  servitù,  l'osso  di  più  assicurare  ch'essa-  compa- 
gnia è  mollo  migliorata,  e  che  i  soggetti  comici  ridi 
compongono,  capaci  son  di  divertire  qualunque  principe  Catto- 
lico anche  severamente  educalo.  Con  tale  certezza  aduii 
replico  umilmente  l'offerta  poi  divertimento  del  nuovo  sovrano, 
e  la  supplico  in  caso  seguir  debba  una  tale  scelta,  a  degnarsi 
benignamottto  di  preferire  la  mia  compagnia  a  qualunque 
con  sicurezza  d'esserne  sempre  pienamente   contenta-  In 
probazione  di  quanto  ardisco  asserirle,  potranno    a    mio 
faggio  valere  le  informazioni  che  ritrar  si  ponno   dai  teatri 
Milano,  Torino,  Genova,   Bologna,  e  Venezia,  da  me    issrv 
dopo  il  mio  ritorno  di  Spagna,  e  particolarmente  quest'ul 
dove  a  confronto  di  quattro  teatri  mi  sostengo  col  SO 
ridicolo.  L'  Ecc.*  V.*  come  dotata  d'  una   incomparabile    Gè 


')  Sul  Sacco  cfr.  lo  memorie  del  Goldoni  e  del  Goal,  passim;  Fr.  Bar- 
tali  ad  nom.,  e  anche  il.  Baratti  Scritti  inediti o  rari.  Milana  1822-3 
II.  50-1. 


—  491  — 

ner  ositi,  noi  tempo  slesso  che  perdona  l'ardire  dell'  offerta,  si 
degni  d'ingrandire  il  perdono  per  chi  con  ossequiosissimo  ri- 
spetto ardisce  segnarsi. 

Venezia,  20  ottobre  1759 

Di  Vostra  Eccellenza 
Uìes.nut  L>cpotias.mo  obbligalù.mo  genitore 
A.ntomu  Sacco  Capo  Comico.  *) 

Ma  non  si  pensava  niente  affatto  a  formare  una  com- 
pagnia comica,  o  il  Sacco  restò  a  Venezia  a  co 
nella  guerra  tra  Gozzi  e  Goldoni. 

il  S.  Carlo  continuò  mediocremente.  Intorno  al  1700  si 
nota  una  spo.it!  <li  decadenza  della  musica  o  degli  ar- 
. — Il  4  novembre  1751)  si  recitò  V Achilie  in 
.musica  dello  I lasse:  e  poi  il  Ciro  riconosciuto  del 
inni,  e  YArtaserse  dello  Masse.  ") 
Nelle  feste  di  Pasqua  ci  fu  una  novità.  A  richiesta  del 
cav.  Gra% -.  inviato  d'Inghilterra,  fu  concessa  «  au  sieur 
i  la  permission  de  faire  exécutcr,  pendant  Ics  troia 
de  Pàques,  sur  le  theatre  de  Saint  Charles  un 
cert  de  masique,   où  il  axécutera  .liverses  piéces  de  sa 
oompositlon  sur  riostrument  nomale  le  Pantalóon.  »  Ma 
■ti  concerti  non  piacquero,  e  non  >«•  ne  fece  più  d'u 
L' opera  del  Maggio   fu  il   Trionfo  di  Camilla,  acco- 
modato da  G.  D.  Lorenzi   eoo   musica  del  P  ■.  Vi 
rouo  il  Mau/.uoli .  la   Rosa  Tartaglila  Tibaldi  ,  ')  il 


»)  Tàotri  f  12.° 
«)  Carte  rorio  —  Teatri  (.  t2.° 

3)L*  Sieur  ìioèl  ara  un  Giorgio  Natali.  —  Gravai  Taouoci,  21  marzo, 
7  apr.  60  ecc.  —  f.   I 

'i  ijrossatesta  16  die.  50,  o  5  fobbr.  CO.   It  Sassone   racco  in -in  da  la 
Tartaglila  e  cara ttoriizau dola  per  vera  caulatilo  di  scuola,   vaio  a  diro, 
«sifdo  a  fondo  la  muxka  i-d  ha  ìtuittaé  la  facilita  di  porro  colla 
voce  tutto  in  c*wuxioiK!  »  —  Teatri  f.  12.° 


—  49->  — 

Ir  mire  Giuseppe  Tihaldi  ,  Giovanna  Carminano,  Filippo  « 

Mesciangeli,  e  Caterina  Flavis.  —  Non  piacque  ,  e  prò 

prio  per  la  musica:  cosicché  si  dovè  ricorrerò aff  espc 

diente,  solito  in  questi  casi,  'li  ordinare  alle  prime  parti.*. 
«  di  mutare  le  arie  ,  che  non  incontrano  ,  e  io  luogo  di  I  j 

quelle  pongano  le  arie  da  loro  stessi  io  altro  luogo  can 

tato,  che  abbiano  incontrato  il  pubblico  gradimento  ».  '> 

Vinili'  in  questo  tempo  a  Napoli  il  famoso  tenore  An-  — 
ionio  Raaff;  che  cantò  nel  maggio  1760  in  una  festa  mu- 
sicale, data  dal  Bali  fra  D.  Pasquale  Gaetani,  dei 
di  Laoreozana,  Generale  delle  Galee  di  Malta  e  Amba 
tore  straonlu  in  rio  del  Gran  Maestro,  pel  nome  «li  i 
nando  IV  e  il  suo  avvenimento  al  trono  »)• — H  M 
dopo  lunghe  trattative,  fu  lasciato  partire  per  Vìe 
cantar  nelle  feste  delle  reali  nozze.  Lo  sostituì  nello  opere 
seguenti,  il  rinomato  Giacomo  Veroli,  che,  veramo 
Napoli  piacque  poco  3). 

L"  incarico  del  teatro  capitava  nel  i  ipartimento 
nucci,  che,  in  fatto  di  musica,  non  era  veramente  il 
nistro  più  illuminato,  e  poi  aveva  tanto  da  farei  si 
conta  che,  una  volta,  il  Picei n ni  si  recò  al  Ta nucci,  e  gli 
disse:  «  V.  E.  taccia  cambiare  quest'aria  della  cantata, 
perchè  unii  posso  metterla  in  musica.  Il  poeta  . iol 

cambiarla  senza  l'ordine  reale.  »  Tanucci,  circondi 
togati,  cavalieri,  ministri  esteri,  usciva  ad  accompagnare 
1"  ambasciatore  di  Francia.  AH' interrogazione  de  mi 

si  rivolse   gridando  :  «  Andate    via  !    Perche   non   pot- 
metterla  in  musica?  Chi  ve  lo  ha  detto?  »  Piccami  rispose: 
«  Non  ho  bisogno  che  me  lo  dicano,  lo  so  io  :  ci  sono 
due  versi  disarmonici  ed  aspri,  incapaci  di  modulazione 


')  Carte  varia  —  T&ttri   f.  12.» 

*)  V.  libr.  Enea  in  Cuma.  nella  Bibl.  dello  Soe.  Storica. 
i  rissime  carte  nei  f.  12.°  e  13" 


—  493  — 

Tanucci  s*  appoggiò  al  suo  bastone.,  pensò  un  poco,  quasi 
deliberasse  della  guerra  e  della  pace;  poi  sorridendo: 
«  Sapete  che  volete  fare*  Mettetela  in  canto  gregoriano  e, 
n'entrò  !  l>. 
Ma  L'amministrazione  dei  teatri  ebbe  una  riforma.  Al- 
litore  Garofano  furono  dati  compagni  due  Consiglieri, 
>.  Salvatore  Caruso  e  D.  Bernardo  Buono:  creand 
la  Giunta  dei  teatri.  Poi,  noi  novembre  60,  il  Garo- 
10  fu  promosso  Consigliere  di  S.  Chiara  e  gli  successe 
Nicola  Pirelli.  ') 
Spirato  il  contratto  col  Grossatesta,  so  ne  trattò  un 
Uro  con  un  Giuseppe  de  Angclis.  Ma,  poi,  fu  riconfer- 
mato il  Grossatosta,  per  altri  quattro  anni,  con  un  rispar- 
mio ,  perchè  non  si  dette  più  il  solito  aiuto  di  costa  di 
D.  4200,  ma  si  faceva  solo  la  promessa  di  un  regalo, 
quando  il  Re  restasse  soddisfatto  della  riuscita  delle  ope- 
re 3).  Tanto  che  il  Tanucci,  in  premio  del  risparmio,  ac- 
cordava ai  tre  ministri  della  Giunta  1*  onorario  di  40  du- 
Icati  ciascuno.  *) 
11  Grossatesta  tolse  via,  dai  suoi  contratti  con  cantanti 
e  ballerini,  1'  uso  di  fornir  X  abitazione,  come  di  troppo 
fastidio  e  dispendio.  ')  —  Si  mutarono  anche  i  giorni  delle 
te  recite.  S'era  pensato  prima  di  ordinarli  cosi:  la, 
al  l,  al  4  novembro,  giorno  di  S.  Carlo; 

3*.  il  12  gennaio,  natalizio  del  Re.  Ma,  sulla  rimostranza 
Grossatesta  che,  nel  settembre  e  ottobre,  «  la  maggior 
parte  dei  nobili  sono  nelle  rispettive  loro  villo ,  e  che  nel 
settembre  cade  Tettavano  di  Si  Gennaro  »,  furono  sta- 


«)  Cori  S.  Mattai.  Elogio  thl  JommtUL  \>.  LXXV-VI  — 
»)  8  Nov.  60  —  Teatri  f.  12.° 

"fatti    ii  accontarono  por  più  acmi  200  doppio  di   gratificazione. 
,\  certi 
•)  Tanum  fi  maggio  1760  —  Teatri  t.  12.» 
»)  Carte  Tari*  —  Teatri  f    Iti.  ' 


tuam 

>i  la 
ìrza. 


—  494  — 

bilito:  la  prima,  ai  5  novembre:    la  seconda,   agli  8  di- 
cembre: la  terza,  ai  12  gennaio1) 

Il  2t)  Giugno  1700  mori  la  Regina  Amalia  —  La  seconda 
opera  non  cominciò  se   non  alla   fine  dal  D  >■.  ombro » 
fu  il  Caio  Fabrizio  dello  Zeno,  musica  del  M 
Zenohia,  musica  del  Sala.   E,  con  mollo  ritardi»,   la 
oho  tu  P  Attilio  Regolo  del  Jommelli ,  nel  qual" 
RaafT.  ») 

Tra  i  ballerini  orano  i  Sabatini,  e  Rosa  Pali  Gu- 

glielmo Vincent,  M.  Costa,  e  la  Persini,  delle  la   Tede- 
schina.  ■)  Per  l'anno  seguente,  vennero  da  Turili- 
Spaccataoole ,    cioè  Colomba   Beccari ,  ottima 

ivoto  sommo  applauso,  spc' 
un  mere,  ab  i  somma  leggerezza  e  grazia  », 

e  il  fratello  Filippo,   mediocre.  «)  Prima  coppia  seria  fu- 
rono Francesco  Salomon  e  sua  moglie,  Costanze 

ila  primavera  61,  si  dette  YAndromaca  del  Sac< 
vi  miniarono  la  Clementina  spaginili ,  Tommaso  Gui 
ducei,  Salvatore  Consorti,  Luigi  Costa,  un  tenore  i 
Brode  (che  fu  poi  mandato  via),  c<  aterine  Nicoli 
quale  fu  poi  sostituita  la  Flavia 


')  30  Giugno  60  —  Neil'  agosto  il  Grossa  tasta  esponeva  al  Ro  <  U 
cisa  Decessila  che  gli  corre  di    portarsi    sollecitamente   iu    Modena   per 


avere  la  conwlnzion--  m  prima  che  muoia   1'  Abate  Gì 

suo  fratello,  che  trovasi  gravamento  infermo,  o  per  disperalo  di  salale, 
e  [ter  dar  sistema  in  queet'  occorre&ia  ai  suoi  gravissimi  interessi.  »  Il 
24  agosto  fu  data  la  licenza:  ma  la  moglie  restava  a  Napoli  a  badare 
al  teatro.  —  Teatri  f.  12»  —  Sull*  Abate  Orosaatesta  v.  a.  cap. 

*)  Oro»,  ott.  fW  ecc.  —  Teatri  L  12.°  e  13.»  —  Cfr.  Ioli 
alla  U.lmonte  1  die.  00,  27  apr.  61. 

3)  Grossa  testa  11  apr.  60.  —  Teatri  f.  I 

*)  Cosi  il  marchese  Caracciolo,  Torino  4    manto  01 ,  che  metteva 
guardia  il  Tanu  atro  la  mala  fede  del  Grossa  testa  —  7 

s)  F.u    Nif  oli  aveva  cantato  sui  teatri  piccoli.    Ottime  rifereiiM.    Tea- 
tri f.  13.°  — S'erano  fatte  per  questa  stagione  trattative  col  hoioao  Qua- 


11  teucre  per  In  opere  seguenti  In  Antonio  RaalT,  Il 
era  protetto  dalla  Principessa  di  BébBOOto.  Si  rac- 
;  i ,  dopo  la  morto  di  suo  marito  ,  era 
caduta  in  un  dolore  muto,  che  faceva  disperare 
sua  vita.  Kra  passito  un  mese,  senza  che  versasse  i 
lagrima  ;  ogni  giorno  la  portavano  a  una  sua  villa,  per 
ntare  ,  invano  ,  di  divagarla.  Ma  qui  una  volta  capitò 
IT,  che  pregato,  cantò  la  di  Rolli  :  Soli' 

ario  bosco  ombroso  ecc.  E  la  Principessa  pianse  e  fu 
.  ■) 
Nel  settembre,  giunse  a  Napoli  Giovanni  Bach,  ultimo 
fìllio  del  gran  Sebastiano.  K  prosentò  al  Tanucci  questa 
ttera  del  Conte  di  Fitraian  : 

Eccellenza 


andosi  costà  il  signor  Bach,    celebre   maestro    di    cap- 
ala a  comporro  per  codesto  Regio  Teatro ,  ha  desiderato  di 
sre  da  me  raccomandato  a  V.  E  lo   egli    un  uomo 

li  molto  merito,  tanto  più  discendo  a  compiacerlo,  (pianto  che 
ho  tante  riprova  dell'  amanita  di  V.  E.  e  posso  con  fondamento 
lusingarmi,  che  gli  accorderà  quella  protezione  che  desidera,  e 
per  cui  le  ne  porto  le  mie  preghiere;  si  accresceranno  con 
ecc.  ecc. 


Milano  15  seti.  1761. 


Dee.mo  obblig.mo  aere,  aero 
Conte  C.  n»  Firmian. 


i,  che  non  era  voluto  venire  Tanno  prima,  confessando  che   la  sua 
lera  troppo  piccola  pel  teatro  8,  Culo.  Questa  volt*   chiosa  1200  xec- 
i,  eoa  la  stravagante  condiziono  elio  con  lui  dovessero  essere  sent- 
ili la  Tartaglini  e  il  Tihaldi.  E,  non  accadendo  questo,  chkvlovn  in- 
1800  «occhiai.  —  Luglio  60  —  f.  12° 
.,/„.:—  Voi  VII  ad  nom. 


-  496  — 

Il  Bach   musicò  il   Catone  pel  4   novembre.    L'  oj 
piacque  tanto  che  il  Tanucci  credette  di  doverne  so 
al  Firmian  :  «  L'applauso,  che  ba  qui  meritato  la  musica 
del  Catone,  fatto  dal  maestro  di  cappella  Bach  i  -he  da 
V.  K.  con    suo   gentilissimo    foglio  mi  viene  raccoman- 
diito,  fa  sempre  più  ammirare  il  buon  gusto  e  la  giudi- 
ziosa maniera  di  passare  della  E.  V.*....»).  E  il  FU 
iiaiuralmciito,   rispose:  "   Mi  piace  sommameli!'' 

derc che  il  maestro  di  cappella  Bach,  sia 

l'applauso  d'una  otta,  che  in  materia  di  musica  tanto  pi 
vale  a  tutte  le  altre,  ecc.  »  '). 

La  seconda  opera  fu  1*  //>< 
E,  nel  gennaio,  V Alessandro  del  Bach. 

Giovanni  Bach  era  uomo  di   vita  allegra.  Anche  a 
poli   dovè   rivelare   il  suo   carattere.   S' ii:  'Ita 

ballerina  Colomba  Beccari,  o,  come  dicono  gl'informi: 
«  ha  dato  motivo  ai  Bfacendati  ili  parlare  del  suo  amore 
per  la  ballante  Beccali  ».  L'Uditore  lo  chiamò,  e  gì: 
un  avvertimento  per  suo  governo.  Ma,  una 
naio,  nel  tempo  dei  balli,  fu  visto  «  assister 
dei  cantanti  e  ballerini  dentro  della  scene  ».  L'I 
gli  mandò  lo  scrivano  del  teatro,  ■  che,  senza  far  romor 
l'avesse  detto  che  quel  sito  non  era  per  lui  ». 

Il  giorno  dopo  non  si  vide   comparire  al   cembalo 
Bach ,  ma  un  altro   maestro   da  lui  messo  a  s< 
Ma  ecco  che  il  Bach  fa  capolino  dal  palco  delle 
e  ballerine.   L'Uditore  lo  mandò  subii»  a  eh  amare  »e 
buonamente  gli    ili—     che   S.  M  aveva   reiteratamente 
proibito  a  lutti,  e  finanche  agli   ufficiali  delle  suo  reali 
guardie,  di  entrare  nelle  scene  e  di  trattare  colle  donne 


')  Tanurci  Portici ,  24  nov.  GÌ  —  Firmian  ,  Mantova ,  7  die.  61  — 
S.  Caruso  «Ila  marna,  Tanueci,  |>«rctiè  acri*»  :>1  Pinola»  ,  scusando  il 
Bach  per  la  sua  mancanza  al  Duomo,  cui  ara  addotto.  —  Tauri  I 


—  497  — 

del  teatro,  in  tempo  che  si  rappresentava  1'  opera.  »  Il 
Bach  senti  l'avvertimento  di  mala  voglia,  ma  dovè  ub- 
bidire e  andar  via. 
So  non  che,  andò   facendo  lamenti  dovunque;  diceva 
in  tutti   i  teatri  si  permetteva  ai  maestri  di  andare 
sulle  Beane;  l'Uditore  In     al  iato  dall'impegno  dei  Btioi 
i  ttori  »,  che  volevano  gli  si  permettesse,  per  un'altra 
almeno,  di  star  sul  palco  delle  scene,  «  sul  motivo 
iii  togliere  un'idea  di  mormorazione  nata  per  la  proibi- 
zione ».  Ma  gli  ordini  raafi  Brano  precisi.  *) 

Intorno  a  questo  tempo,  capitò  per  la  seconda  volta  a 
Napoli  Giacomo  Casanova.  Il  duca  di  Maddaloni  lo  con- 
dusse al  S.  Carlo:  «  À  Saint  Charles,  on  me  presenta  à 
ieurs  dames,  mais  pas  à  une  seule  passable.  Le  roi, 
fort  jeune,  éteit  dona  sa  Ioga  du  milieu,  entourc  d'une 
-  vétlM  sana  goùt  ».  Giorni  dopo,  fu 
nesso  a  baciare  una  piccola  mano  regale   fatta     " 
perta  di  geloni.  *) 

Samuele  Sharp,  qualche  anno  dopo,  cominciò  coll'a  tu- 
re l'ampiezza  del  teatro  di  S.  Carlo.   Ma,    colla  sua 
mania  critica,  Dota  subite  ohe  ò  un'ampiezza  che 
fa  danno  al  buon  effetto  della  musica.  Ma.  o  che  forse 
pi' Italiani  vanne  all'opera  per  Bennr  la  musica?  GÌ'  Italia- 
ni vanno  per  chiacchierare,  e  la  chiacchiera  non  « 
oche  quando  si  canta  un'aria  favorita,  operlaprr 
del  Re.  E  lamenta  il  p  costume  d' illuminare  solo  la 

.  V.  vero  cho  sf  ne  aiMnrovano  delle  ragioni  di  gusto. 
Ma  il  gran  piacere,  che  dimostrano  gli  spettatori  nei  giorni 
ila,  quando  tutto  il  teatro  6  illuminato,  prova  ohe 


i    Pirelli  —  7  febbr.  1762  —  E  rwp.  al  margino.  —  Teatri  t.  13.» 
to  incerto,  se  la  Tenuta  forno  nell'inverno  00-1  o  61-2  —  Mton.  V. 
■*g.  —  A  S.  Carlo  «  ai  Fiorentini  cominciarono  i  suoi  ainoi 
propria  figlia  !  Cfr.  art.  eit.   Un  amico  napoletano  del  Cata>, 


—  498  — 

Atta  di  gusto,  ma  d'economia  !  Del  resto,  ancho 
luiiima/i'in'  ni  di  gain,  credete  che  sia  una  beBa 

SOQO  grossi  come  dello  piccole  torce, 
- ■hi.i  ma]  situati  ai  lati  dei  palchi;  il  luccichio,  il  calore, 
il  gocciolare  della  cera,  danno  noia  alla  gente  dei  pa 

Iti  li  spengono.  Farebbe  tutt'altro  effetto  un  bel  lam- 
padario, pendente  In  mezzo  alle  platea.  Le   dame,   n« 
palchi,  non  l'anno  cosi  bella  mostra,  come  n 
Una  foolish  sini/uiaritif  è  poi  quella  delle  balli' 
per  ordine  dell'ultimo  Re,  portano  delle  mutande  w 
che  sarà  fatto  per  un  eerto  concetto  di  modestia,  ma 
brutto  e  ridicolo  !  ') 

Quest'  ultimo  particolare  e  accennato  anche  da  qi 
altro  scrittore,  come  dal  Lidaiulc.  ohe  dice  :  «   Oli  assi 
jetit  Ics   danseuses  à  porter  des  calecons,  comm< 

aetrìces  méme  ont  la  gorge  couverte,  mais  et 
avec  une  gaze  légère,  qui  accuse  le  nud  et  ne  reud  pas 
l'habillement  moins  agréable  o.  *)  Quanto  al  resto,  o'è  qual- 
che cosa  di  mio,  specie  riguardo   al  chi: 
spettatori   Francesco  Milizia  aerisi  te   vivaci     - 

sui  cattivi  usi  dei  teatri  italiani  del  suo  tempo.  *)  Il  Duci- 
che  venne  anche  allora  a  Napoli,  non  sapeva  far  di  m« 
glio   che    girare   anch'  esso    pei  suoi   amici    dei    | 
a  Aussi,  quand  les  plus  grands  wnateurs  me  eterne 
reni  ce  que  jo  pcnsais  de  l'opera,  je  répondis  qu 
teressoit  autant  qu'eux,  puisque,  ni  cux  ni  moi,  ne  l'oca 
tions  ».  ') 


')  0.  e  Lelt.  IX.  "  XXI.—  Multi  particolari  poco  Malti  «ull'ammini- 
slra/.iorm  Avi  tettili  i   |iir,-./i  degli  artisti,  ecc.  a  p.  93.  — 

f)  I.alandfi.  o.  a  p.    ^  17. 

•'i  iTr.  Del  Teatro  —  Venezia  1774.  p.  33-4.  —  Coulro  lo  Sharp 
il  liarelti;    Gf  Jtuliani  oro  p    18T. 

•;  Duole*.    Voijage  en  Italie—  A  Lauaanne  1791.  p.  137. 


—  499  — 

Altre  critiche ,  quasi  dira   prooetblaU ,    riguardano  il 
modo  di  vestire  e  di  comportarsi  degli  attori  sulla  scena: 
Quando  di  Berenice  il  pianto  ascolto, 
E"  por  l'osservo  rubiconda  in  viso, 
Costei ,  dico  fra  mo  con  un  sorriso. 
Costei  forse  mi  crede  o  cieco  o  stolto  ! 
Quando  Caton  veggo  attillato  o  colto, 

I  ferro  in  man  del  proprio  sangue  ìntrj 
Il  suicida  in  lui  più  non  ravviso, 
Poichò  la  man  non  corrisponda  al  volto.... 

Cosi  Carlo  Pecchia,  che,  oltre  all'essere   un  valente 
ito,  fu  non  mediocre  poeta  oapototanoi l) — ivi  resto, 
questi  difetti  erano  comuni  a  tutti  i  teatri  d'Italia,  e  oltre 
•  be  nel!'  opera  del  Milizia,  erano  siali  satireggiati,  qu. 

.,  in  quel  gr  imo  opuscolo  dal  Teatro 

alla  Moda  di  B.  Marceli". 

I  1762-8]  prima  donna  fu  la  Marianna  Moser  o  Mor- 
.  La  vecchia  Vittoria  Tesi  scriveva  eosl  alla  Maria 
«  Toccanlo  alla  Morseri  di  Baviera,  vi  dirò 
che  nel  mio  passaggio  fui  di  la,  la  viddi  et  era  più  pn  Ito 
bella  giovine,  la  voce  di  soprano  buona,  e  assai  pfl 
fcffle  nella  fortezza,  un  cantare  chiaro  e  mi  dicono  au< -li a 
che  per  il  teatro  rappresentava  bene;  sa  lu  musica  a  fondo 
e  canta  tutto  a  prima  nota,  e  si  accompagna,  ed  è  una 
bella  figura  ».  *) 

Fui  altri,  principali,  Domenico  Luciani,  il  tenore 

Pietro  del  Mezzo  e  Maria  Diamante,  dettala  Diamantirn 

«)  flftftfc  di  C.  P.  —  Napoli  1767,  p.  1 15. 

*)  Carte  f.  13.°  —  SfuToruroli  gì'  informi  da  Roma:  e  è  di  buon  per- 
•or.» lo,  ciò*  grande,  ma  aecra  o  pi ut  tonto  brutta:  mostra  Tota  di  50  anni. 
Ha  fetta  -1  marito  canta  il  tenore.  >  Ma  erano  calunnio,  pro- 

curate dalla  Spagnoli;  che  perciò  non  fu  inai  più  scritturata  por  Napoli 
Giunta  14  maggio  64.  —  Teatri  £.  14." 

*)  Carte  vario  — f.  13.° 


—  500  — 

Cosi  nel  maggio  si  dette  il  Sesostri,  musica  dalla 
roti;  e  poi,  nel  novembre,  Y Antigono,  musica  del 

1  ballerini  Sabbatini  e  i  Beccari  avevano  diviso  il 
blico  del  S.  Carlo.  Nel  luglio  scrive  l'Uditore:  «  Nel  II.  Teatro 
si  e  inlrodoilo  lo  spirito  dei  partiti ,  uno  per  li  Beccari, 
e  l'altro  per  i  Sabbatini .  «li  cui  vi  sono  ■  capi    B  i  pro- 
tettori, i  quali,  oltre  al  tenere  gente  nella  platea,  che  bouo 
le  mani  in  seguii  d*apB]aUSO,  mandano  ben 
rito,  come  s'è  detto,  per  i  palchi  per  fare  lo 
die  nella  passata  sera  di  lunedi,  si  6   l'atta  un'  ine 
dante  chiassata,  importuna  per  la  quiete  di  molti,  ì  quali 
vogliono  unicamente  sentir  L'opera  e  vedere  i  balli,  ad 
impropria  per  lo   riguardo   che   si   deve   alla   casa  di 
S.  M.  »  '). 

Nel  luglio  1762,   essendo  morto  1  tuo 

Rè,  fu  eletto  al  suo  posto  in  S.  Carlo,  Antonio  Jolli,  i 
mo  reputatissimo  pei  primi  teatri  di  Spagna,  Inghilterra, 
e  Venezia,  e  altri  luoghi  ».  ") 

Le  altre  due  opere  furono    il    Demetrio ,    mu 
Sala  ;  e  la  Clelia,  musica  del  Sassone.  3)— Il  Tanucci  a- 

i  introdotto  ['  uso    di    far   precedere    da    pn 
drammi  la  prima  sera  della  recita,  che  coinè id 
coll'onomastico  o  la  nascita  di  qualche  principe.  *)  E  •> 
trovalo  il  poeta  ad  h.oc>  un  toscano,  abate  Giambattista 


')  Ud.  27  luglio  62.  -  Teatri  f.  13° 

»)  Carte.  —  F.  13*  «  15  una  sua  suppl.  che,  «  ritrovando*! 

Inghilterra,  fu  chiamato  In  (spagna  per  lo  foste  ilei  matrimonio  dell'In- 
fanto col  Duca  di  Savoia  »,  o  vi  dimorò  sotto  anni.  Venuto  a  Napoli  par 
curarsi  di  una  malattia,  vi  restò  definitivamente,  e.  morto  Vincenzo  Re, 
fu  nominato  architetto  del  S.  <  ' 

')  Prop.  Urossntesta  e  altre  carte.  —  Tratti  t  i3.° 

')  Un  tal  QtannattaaiOi  noli'  occasione  dei  prologhi,  faceva  i  voh  par 
presentare  i  libretti  —  Suppl.  gonn.  (11.  —  Teatri  l.  13.»  Moltissime  «-art», 
riguardanti  i  prologhi,  nel  f.  14 ". 


—  501   — 


isso  Bassi,  che  a  Napoli  era  occupato  nel  far  vi 
nel  morire  di  fame.  ') 


XII- 


A,  tirino  di  Corte — S.  Carlo:  impresario 

Amadori  —  Le  due  Gabriela  (1763-7). 


(tuoi 

linando  un  po'  più  grandicello,  a  Palazzo  si 
stabili  di  nuovo  qualche  cosa  di  simile  della  compagnia 
Livori.— Nel  carnevale  Ì76S,  si  rappresentarono  commedie; 
gli  attori  furono  press'a  poco  gli  stessi,  che  convenivano 
in  rasa  del  Maddaloni.  C'erano    l>.    Francesco   Quarto, 

persona  assai  civile,  che  vive  del  suo  »;  D.  Frane» ìi 
Casti  glia,  «  figlio  di  dottore  e  che  fa   la   professione   di 
uratore  »  ;  D.  Nicola  Buonocore  ,   ingegnere  carne- 

rio;  D.  Francesco  Frangione,  ascrivano  di  oonsigiio, 
molto  accreditato  »  ;  D.  Giambattista  Lorenzi,  «  persona 
civile  •>  :  I>.  Francesco  Villani,  «  persona  civile  »  ;  Domo- 

CO  Macchia,  «  scrivanotto  di  camera  »  ;  F:  i  Barici, 

figlio  di  un  sarto  e  pensionato  del  Livori  ;  D.  Giuseppe 
Bfotargiacomo,  «  stipendiato  della  Cassa  militare  »  ;  e  D. 
Bernardo  Torre,  figlio  del  pittore  Francesco. 

Queste  die  piacquero  molto  al  Re.   Il  prfoi  : 

di  s.  Meandro  scriveva  al  Tanuccl!  «  Me  parece  que  S. 

M.,  imitando  ;'i  esemplar  de  su  aug.m°  Padre,  deba  en  su 

IReal  Generosidad  gratificar  fi  laa  peraonas,  <juo  se  han 
rado  à  darle  gusto  eu  ellas ,  corno  S.  M.  Cai.0*  se 
')  la  una  leti,  del  Masso  Basai  12  maggio  1767:  «  la  consueta  R.  Be- 
neficenza, procuratami  da  V.  B .,  DOK1  onoraria  dolio  due  cantato  da  DM 
composte  pel  Teatro  Reale...  L'idea  di  queste  cantate,  avanti  l'opera, 
perciò  alpLi!*i\;i::i.Kt<  chiamate  Protogì,  e  che  furono  pensieri  di  V.  B. 
in  timaggio  ai  Sovrani,  è  ntata  oramai  adottata  da  atiro  corti,  e  special - 
mani*  ila  <(tiella  ili   Toscana  con   universali)  applaudo.  »  —  Teatri  f.   15." 


—  502  — 

ha  dignado  practiear  con  Los  que  ropresontaron  en  1*8 
comedias  del  defunto  Marqués  de  Livori  »  ').  E  si  sta- 
bilirono difatti  degli  -!i|»endi  mensili  dì  9 .  B,  ó,  4  du- 
citi a  ciascun  recitante  secondo  la  sua  importanza.*).  E, 
volta  per  volta,  si  aggiungevano  degli  attori  straordinari'-. 

Catarina  Gabrielli  aveva  conquistato  b  li  prima 

«antanlo  d*  Italia.  3)  Fin  da  quando  stava  a  Viei 
17G1,  il  GroSSatesta  entri')  con  lei  in  Imitative;.  K  |\. 
si  i ilturata  pel  G3-4  per  1800  zecchini.  —  La  Gabrielli  era 
stata  già  cacciata  una  volta  da  Vienna  4);  nel  63  Ita  cac- 
ciata da  Milano.  *)  1  sto  faceva  girare   coli' arte 
del  suo  canto,  e  le  grazie  della  sua  persona  ! 

Mentre  era  aspettata  a  Napoli  6),  all'  impresario  Gros- 
satesta  giungeva,  nel  marzo  63,  questa  letterina  : 


Milano  li  20  marzo  1703. 


Monsieur, 


La  determinazione  presa  di  entrare  in  monislero   per  tarmi 
monaca,  merco  l'alta  assistenza  di  Dio,  fa   che    non    possa  a- 


')  Al  Tnnucci,  22  marzo,  20  ap.  63,  —  Por  una  nota  rolt*  furono  dal» 
gratificazioni  «  a  la»  deraas  persona»  meno*  civilea.  »  --Teatri  f.   ti 

*)  (ìi.tihli.  Lomoi  impegnò  la  meta  del  tuo  soldo  (A  ducati  al  mesa 
per  soddinfart-  i  suoi  creditori.  Ad  ouor  dot  toro,  bisogna  diro  dio 
suoi  compagni  erano  nulla*  stessa  sua  condizione.  —  CarU*  Teatri 

')  «  I.n  BabrieUl  lllail  depuis  ti  b  Juscru'en  ut  do  ploiuo  yoìx  ot  ju- 
squ'  ft  fa  ou  fausset  ;  colto  voix  e*t  tré»  raro;  sa  voi*  l' étail  «galom 
pony  la   pltallude,  l'égalité,  la  aouplrtsso,  et  la  lAgoroto;  collo  voi*  ei 
faite  pour  étre  aa  desu*  dea  roaalgnols:  elle  a  gota  los  chanteuse*  d* 
talio,  qui  tuutes   out    voulu    Limitar.  >  Do    LalauJc—  Voyogt   cn  li 
He  V.  443.  —  V.  la  b«dlfl  biografia,  euo  ne  ba,  or  ora,  pubhlii  ito 
mollo  :  La  più  famosa  dallo  cantanti  italiane  mila  seconda  metà  del  set- 
tecento (Caterina  Oabriolli).  Milauo,  Ricordi»  1890. 

«)  Codola  2  uov.  02  —  f.  14.» 

»)  Lalande  —  ivi,  444. 

•)  GroacaUsta  12  apr.  93—  Tauri  t.  14." 


.  fai 

'  , 

aeu!) 

molli 

14» 

in- 
ietti 

2 


—  503  — 

dompift)  all'  jmppgno  incontralo  con  V.  S.  Cosi  li  potrà  ser- 
virò t'avviso  per  pensare  ad  altro  soggetto  in  mia  vece,  assi- 
curandola perù  che  por  il  rispetto  che  ho  per  questo  Reni 
io,  e  per  corrispondere  al  buon  genio, che  Lei  mi  ha  di- 
lato, d'avermi,  ogni  qual  volte  debba  'li  nuovo  esporrai 
sopra  il  Teatro,  non  cantero  En  altra  priroacchà  non  abbi 
tato  in  quello  di  Napoli,  se  co-  l  a  chi    comanderà  in 

quel  tempo,  fra  tanto  Lei  ini  potrà  graz:  i,  la  quale 

servir  deve  per  metterci  ambidue  in  liberili,  e  con  ciò  annul- 
lare le  nostre  scritture,  la  supp.0  di  pregare  Iddio  che  mi  man- 
ierigli! in  questa  buona  e  santa  VQOaOfMM  e  con  ogni  stima  mi 

protesto 

De  vous  Mona. 

Dec.ma  terca 
Caterina  Gabrielli.  l) 

Figurarsi  la  [mura  del  Grossaiesta  !  Capi  -libito  che 
ai  trattava  «li  un  pretesto.  A  sua  richiesta,  fu  scrìtto  agli 
agenti  napoletani  in  varie  citta.  Si  diceva  che  la  Gabri 

critturata  pel  nuovo  teatro  di  Bologna  *).  Co- 
munque sia,  la  Gabrielli  fini  col  metter  la  testa  a  segno 
e  venire. 

La  prima  opera,  nella  quale  «auto,  fu  ['Armida,  mu- 
dai Trafitta.  Aveva  per  compagni  i  due  soprani  An- 
■  Priori  e  Antonio  Perellino,  e  il  tenore  dei  Mezzo;8) 
e  Caterina  'ribaldi ,   Barbara  Bagi   e  G.   B.   Turetla.  Di 
dì,  c'  era   la  coppia    grottesca  di  Giuseppe 
Forti  e  Giacomina  Bonomi.  4) 


•)  Cfr.  A.lemollo.  o.  e.  p.  '-*<>.  —  Carte.  Teatri  f.  14.»  Quatto  tratto 
ricorda  il  caso  dui  commediante  Rauipoueau,  che  dette  origine  al  noto 
Lk  Piaidoì/er  di  Ramponimi. 

*J  UroaaatenUi  9,  12  aprii.;  ti:*.—  Bart.  Foggi  d*  Genova  22  apr.  63 
ecc.  —  Tmtrì  ù  M.a 

')  Sul  Priori  e  il  l'erelliuo  cfr.  Grossa  toste,  die.  02.  Zaoilwccari  iu  carta 
««Ha  —  (  a.» 

«)  Carte  nov.  62.—  Teatri  {.   IV 


entusiasmo,  che  eccitò  a  Napoli,  fu  gw  uo. — 

La  Gabrielli  era  romana,  figliuola  di   un  cuoco,  e  pi 
detta  la  Cuochetta.  ')  Nata  nel  1730  ,  era  allora  sui  33. 
anni.  Bella,  vivacissima,  quantunque  di  statura  piuttosto» 
piccola,  e  col  difetto  di  lieve  strabismo  all'occhio  destro  *) —  «j. 

Suo   padre,    Carlo  Gabrielli,    fece  nel   1768  una  BUp —  - 
plica  al  Re  contro  sua  figlia  e  le  persone  che  la  circon —  *  wt 
davano,  e  chiedendo  che  la  si  costringesse  a  dargli  un  as — ^=*s 
segno  mensile.  s) 

Neil'  ottobre ,  in  uno  dei  concerti  al  S.  Carlo,  per  Y  o — «o  C 
pera  del  novembre,  clic  era  P  Oli mpiadc,  mtisioa  del  Gu — «_»  u 
_,lic  Imi ,  uno  dei  consiglieri  della  Giunta  trovò  che  riti 
teatro  era  (Mitrata  molta  gente  Ma  se  ne  slava  tranquilli!  •  -  !!■, 
e  perciò  egli  lasciò  correre.  Finito  3  primo  atto,  qualcun.  •  *  w 
s'  alzò  e  s' accostò  al  proscenio  a  discorrere  e  scherzar^»~',*,e 
colla  Gabrielli.  Il  consigliere  fece  dire  a  costei:  che  «  con—  « 
veniva  di  stare  con  serietà  e  badare  al  concerto  ». 

Ma  con  poco  effetto.  Chi  più  di  tutti   turbava  Tordine^^*^ 
era  un  cavaliere  inglese  del  seguito  della  Gabrielli.  Il  con 
sigliere  gli  fece  fare  anche  un'  insinuazione',  ma,  ril 
infruttuosa,  gli  mandò  l'ordine  preciso,  che  si  sco.-' 


•)  Cfr.  Barelli,  o.  e.  134-5,  dove  fa  anche  varie  osservazioni  sui  *>- 
prannouii,  elio  avevano  allora  i  cantanti  ecc. —  FaUo  ciò  che  affamino 
tutti  gli  •srittori  di  storia  musicale  che  la  Gabrielli  c«nUae  a  Napoli», 
noi  1750  nella  Didow.  Cfr.  Adcnollo  0.  0.  T.  9-i&, 

*)  Vedi  un  suo  ritrattino  uol  '.-il.  opu*.  dell' Ademollo.  Che  fosw 
cola  di  statura,  ricaro  da  un  accenno  di  un  docunv  ntn 

Bteta 

*)  Suppl.  Dice  che  la  figlia  aveva  una  cameriera,  Rosalba    Giannell 
«discola  ed  inquieta,  di  pessima  vita  e  che  ha  procreato  trofici 
e  a  Vienna,  e  gli  altri  due  non  ai  sa  ove  Bono,  se  gli  abbia  li  ut  La  ti  m 
0  altro,  con  aver  fatto  quattro  aborti,  imo  dei  quali  un  ineee  fa.  »  Ch*,—   * 
per  consiglio  di  n  stato  sfrattato  da  Vienna,  da  Torino   e  da-^a»-' 

Parma.  —  Altra  sua  supp.  nel  febb.  66,  pareli 
8  tacchini  al  mese,  che  gli  erano  stati  accordati. —  Teatri  f.  14.° 


-  505  - 

da]  proscenio.  L'inglese  rispose:  «  che  non  conosceva 
ni    nitri   ohe  il  suo  Re,  che  stava  io  Inghilterra!» 
il,  nel  termine  di  cinque   giorni,    fu    sfrattato    dal 
Regno.  ') 

La  Gabrielli  era  una  grande  artista;  ma  Ingente  si  la- 
mentaci a  dulia  libertà,  clic  si  prendeva,  di  Cantare,  quando 

le  piaceva,  caratteriraaodola  per  un  altiero,  audace  cUsj 
IO.  ■  Mutava  lu  arie  a  suo  piacere;  cosa,  die  fece  sorgere 
indie  una  briga  tra  lei  e  il  maestro  Guglielmi.  *) 
Nel  dicembre,  ÌUastpUe  del  Sassone,  non  essendosi  po- 

ita  avere  da  Vienna  la  musica  dello  Scarlatti. s)  —  Nel 
moaio,  dopo  il  profegPi  musica  del  Rlajo,  la   Bidone 
abbandonata,  musica  del  Traotta.  *) 
In  <|uci  mesi,  la  carestia  era  nel  suo  torte  :    a  cela  ne 
encore  la  fureur  des  spectaclas:  parco  qua 
bornie  compagnie  n'  a  pas  encoro  faim  ».    > 
L1  ab.  Cover  assistette  alla  Didone  in  una  sora  di  gala. 
Colla  solita  pompa  di  spettacolo,  «  on  y  voit,  d'un  coté,  É- 
née  avec  des  Troyens  et  sa  Botta ,  et,  de  l'  autre,  Jai'be 
Bea  Africaios  et  ses  Éléphans.  C  est  la  fameuse  Ga- 
li -itili,  qui  fait  le  ròte  de  Didon;  il  faut  imo  le  pioux  Ènee 
le  ladévotion  pour  resister  aux  charmes  de  sa 
•  lo  sa  ligure  !  o  —  (j  pa,  al  S.Carlo,  «  on 

regardait  beaucoup  une  sposa:  la  seule  personne  de 

' jui  fui  cu  diainaijts  et  cu  robe  de  couleur,  car  on 

Mail  an  deufl.  C'étail  uno  jeune  viergo,  baritiòre  d'inu- 

mda  maison,  qui  toute  couverte  des  pompes  et  des  va- 


sai». Curuw)  29  o».  03  al  Tanucci.  Nota  Jvl    Taiiucci    30  oli    — 
Vmlr,  i.  il.'  —  Ofr.  Ammollo,  0 

Itali  21   nov.  63.  —  Teatri  f.  14." 
>)  Die.  03.  —  Teatri  f.  i4.° 

«mUmU  18  loglio  03.  —  Teatri  f.  14.' 

\bb»  Covor.    Voyage  d'  Italie.  A  Paris  1770.  —  Napoli   11   fobbr. 
—  f    J-.l 

34 


—  506  — 

nités  du  monde,  vcnait  leur  dire  adieu.  poli 
le  le  deus  un  cj  giorno  dopo, 

assistette  all.i  cerimonia  deDa  vestizione,  oeUa  -inalo  canto 
Callarelli.  ') 

Morto,  nello  stesso  1703,  D.  Francesco  Quarto,  fu 
malo  a  succedergli  nella  direzione  'lei  teatrino   -li  Corte 
i    Giuseppe  Pasquale   Cirillo.  A  gli    ali  aggiunse 

un  Geunaro  Salerno.  *)  —  Fu   pel  teatrino 
compose  la  maggior  parte  dei  suoi  soggetti:  il  Doti" 
«  satira  della  ignoran/.a  privilegiata  per  -I 
lago  o  il  Saturno  .   il  Metafisico  o  in  beffa  dei   pirronisti 
stravaganti»,  il  Politica  in  camera',   il  Politico  h 
tà  c< 

aspettava,  uefla  quaresima,  a  Napoli,  il  card 
<li  York,  e  per  quest'occasione  ò   la  rappre- 

sentazione al  S.  Carlo  di  un  oratorio  sacro:  V  hacco 

hi  Cafaro.  Il  Jolli  —  diceilcons.  Caruso  —  ha  su?* 
la   la  maniera   come  si  fanno   simili  rappresentante 
sacre  iti    Inghilterra,  e  si  ò,  che  non  vi  ù  bisogi 
scene,  nò  di  abiti  per  cantanti,  ma  si  forma  un  anfiteatro 
nel  leali  <>:  ed  i  cantanti  siedono  in  una  orchestra 

formata  a  semicerchio  ».  Ma  il  duca  di  York  ve' 
auro  tempo,  e  in  suo  onore  furono  fatti  prolojj 
(ala,  4) 

Il  nuovo  appalto  del  S.  farlo  era  Stato    preso   da. 
cantante  emerito,  Giovanni  Tedeschi,  detto  YAmadof 


')  Ivi,  252-3. 

•)  Not.  63.  Suppl.  vedova  di  K.  Quarto—  Al  Cirillo  fu 
itipendio  di  ducati  120  l'anno  ecc.  —  Teatri  (   l  i 

-)  V.  sopru  Cnp.  XXVI.  —  Nul  cara.  67  furono  rveiute    Ir*  Va 
le  commtsli.-  del  Cirillo,  intitolata  il  Stiraggio  u  la  Mogli*.  —  I 
del  Cirillo  28  die  1768.  —  Teatri  f.  15.»  bis. 

25  mano  1761  e  altre  carte  .1-1  1  : 

'')  Carte.  —  f.  14." 


—  507  — 


ba 


La  compagnia  fu  formata  COBL  Restò  Caterina  Ga- 
brielli l)  :  primo   soprano,  Andrea  Grassi,  ■'giovine  di 

mono  aspetto,  di  blIOOa  voi  -unta  di  buon  gusto 

ed  attualmente   si  trova  al  servizio  della   Corte  di  Bay- 
i  »  *);  seconda  donna,  Maria  Brogli;  ultime  parti,  An- 
tonio Mu/.ii,  N.  Coppola.  Por  la  prima  opera,  tenoro  il 
Tibaldi,  per  lo  altre  Ire  3  Raaff.  —  Direttore  dei  balli  M. 

in,  e    prima  ballerina,  la   Mantovani  iu< 
lattato  in  compagnia  del  Salomoni  ;  il  clic  era  tutto  duo.  ') 
Si  cominciò  con  la  Nitteti,  musica  del  Mazzoni.  Ma 
carestia  e  V  epidemia  del  64  fecero  sospendere  le  recite. 
Appena  riprose,  ecco  Caterina  Gabrielli  cada  malata*  La 
Èttul  ii  fretta  o  furia  sua  sorella,  Francesca.') 
La  Caterina  ano  nelle  altro  opere,  che  furo  ! 

Lucio   Vero  o  il  Vologeso,  musica  del  Sacchini;  il  Catone 

Badi;  e  il   Caio   Mario,   del   Pirrniui.    •) 

Nel  prologo  del  20  gennaio  le  due  parti  furono  can- 
tale dalla  Gabrielli  e  dal  vecchio  CaffareUL  °) 

Qui  segue  un  ampi  di  riposo  per  Caterina  Gabrielli. 
Quantunque  chiamata  a  Pietroburgo,  a  Berlino ,  a  Ge- 
nova, a  Parma,  a  Firenze,  le  suo  condizioni  erano  cosi 

esorbitanti,  si  era  fatta  cosi  diffìcile  che  non  and" 

fona  parte  e  fini  per  restaro  a  Napoli  ,  il    65-6.   Diceva 
he  v  ipcearsi.  Ma  come  va  dio  la  Caterina,  cosi 

2000  tacchini,  die  03.  f.  14." 
Unta  14  oli.  63.  f.  ti.' 
3|  Carlo,  marzo  84   eec.  f.  14."  — La  Brogli  «  e  scolara  del  maestro 
Maxioni,  cauta  bouo  ed  ò  di  buonissimo  personale.  ». 

«)  B«pp.  tauri.  Or.l.  17  ag.64.  —  Giunta  29ag.64.  —  Teatri  f.  14,»— 
L'  Adcmollo  si  mostra  non  del  tutto  sicuro  che  Francesca  O.  fosse  sorella 
Certo,  egli  stesso  nota  die  passavano  dappertutto  per  sorelle, 
eoa!  anche  o  Napoli.  —  o.  e.  p.  23-4,  33. 

JUla  28  luglio  61.  u  altre  carte.  —  Teatri  f.   II.0 
luta  3  genn.  64.  —  Tanucci  al  Caffarelli  25  die.  63,  o  Caflarelli 
Tanucci,  27  die  63. —  Vedi  in  app.—  Teatri  f.  14" 


508 


restia  a  venire  a  Napoli ,  ora  non  su   no  staccava  più  T 
Pare  che  e'  entrasse  anche  un  po'  il  cuore:  o  Elle  portoit 
a  son  còte,  dice  uno  scrittore  francese,  comme  un  litro 
<1* honneur ,  Ics    chifires  eo  diamante  d'un 
liommc,  qui  lui  plaisoit,  et  qu'elle  aimoii  saiis  intórèt  ».  'j 

il  •  utò  a  Napoli  Giuseppe  Aprile,  «  senza 

trasto  il  primo  clic  giti  peri  teatri  ».  Da  secondo  o 
Antonio  Muzio.  Tenore,  un  Salvatore  Cassetti. 
parie,  un  Giuseppe  Fabrizii.  Prima  donna,  Antoni. i 
relli  Aguilar ,   che   aveva   cantato   in    Pisa,  Lucca,   Li- 
vorno, a  Bologna,  nell'apertura  del  nuovo   teatro ,  e  dcJ 
64  a  Venezia,  al  S.  Luca.  Con  molto  applauso:  «  per  la- 
bilità che  ha  nel  canto,  accompagnata    da   buoii  perso- 
nale, da  voce  torte  o  da  bellissima  :  >.  ')  Seconda 
ia  fu  la  Francesca  o  Checca  Gabri 

Pei  ballerini  restarono  la  Bonomi  e  il  Forti.  Fu  preso 
«  il  Magri  nostro  napoletano ,  detto  Jennariello  ,  per  la 
la  del  ballare  e  forza  e  agilità  nel  si  preroga- 

tive delle  quali  fin  dalla  sua  prima  uscita  nel  R  Te 
ha  dato  chiari  segni  ».    <  Per  l'opera  di  maggi"  . 
nuarono  i  Sabbatino  Ma  per  le  seguenti    vennero 
betta  e  Domenico  Morelli. 

Anzi,  successe  questo  caso  curioso  :  l'Amadori  aw« 
l'atto  il  fontratto  coi  Morelli,  salvi'  approvazione  reale- 
Quand'ecco  cominciarono  a  giungere  cattivo  notiziedale 


')  Lalandf  o.  <•.  |i    444-5.  •  E   nota  ignita  mania:  «  Au  r**t« ,  il  ■"■ ■ 
pai  pormi!  A  Naples  d'entreleuir    publiquetnent  \m   artrifM   ni   •*• 
d*  allei   MOT  II  IMUn  &  l' beuro  da  apectacle  ;  ti  oa  i    una  fili*  e»*** 
tenue,  on  fait  pour  elio  beaacoup  moina  do  dépenae,  que  fon  a*fl  **' 
a  Paria  ».  —  Sulla  domande  della  Gabrielli  per  Genova,  per  Berlin" 
carte,  giugno  66.  —  Tettili  f.  M.° 

*)  Giunta,  Za m  becca  ri,  Priori,  Viviani,  ni  aggio- giugno  64.  Altre  i 
Teatri  f.  14.» 

i  badia  64—  Teatri  t.  14.» 


—  509  — 


vario  persone,  con  le  quali  era  in  relazione  la  corte   di 
nli.  È  vero  che  il  CODÌ6  Finocchictti  scriveva  da  Ve- 
lezia  che  la  Morelli:  a  è  una  brava  ballerina    nel   grot- 
ti fratello  6  ragazzo  ancora  e  non  è  gran  cosa  >•.  •) 
la  il  duca  di  S.  Elisabetta,  da  Vienna:  «  Li  Morelli  hanno 
il  passato  Carnevale  in  questi  imperiali   teatri 
Midi  ballerini  e  di  mezzo  carattere,  avendo  la  Elfi 
betta  in  particolare  dimostrato,  molto  fuoco  e  molla 
lità  e  vivezza,  ma  essendo  questa  sprovveduta  di 
è  stato  motivo  che  non  ha  incontrato  negli  animi  di  que- 
sto pubblico:  Domenico  e  (in  mediocre  saltatore, ma  di 
caldea  figura  sul  teatro,  p  *)  Peggio,  il  Zambeccari.  da 
Bologna  :   a  Ila  il  difetto  di  ©ssere  alquanto  gobba:  ma 
è  una  valentissima  grottesca  e  che  aiuta  e  fa  comparire 
assai  il  fratello  Domenico,  eh'  e  di  minore  abilità 

Il  Ile  non  voleva  approvare  il  contratto  ,  e  I*  Amadori 
ne  scrisse  le  ragioni  alla  Morelli.  Costei  rispose   subito: 

resto  molto  maravigliata  in  sentire  dalla  sua  de  29  scorso 
come  da  questa  Reale  Corte  non  sia  stata  approvata  la  nostra 
scrittura  stante  lo  poco  bone  informazioni  di  Vienna,  il  che  non 
può  essere  e  rum  mi  adatterò  mai  a  'trmlrrlo,  mastra  se  cosi 
fosse  non  avrai  Ottonato  r  uUosiato  di  sua  Ecc.  signor  Conto 
Imrazzo,  credo  bensì  che  codesto  non  divenga  da  codesta 
Ileat  Corte,  nò  dallo  informazioni  di  Vienna,  ma  da  lingue  in- 

Knìi  che  temono  le  mie  gambe,  e  forsi  anche  V.  S.  che  avrà 
eroderà  di  trovare  più  il  suo  interesse  con  altri  soggetti,  perciò 
questo  a  ma  fa  |K>ca  specie,  e  se  lei  mi  avesse  prevenuta 


Mantova  li  14  febbraio  1765 


Monsieur 


')  Fiooochietti,  3  gennaio  1705. 

*)  S.  Elisabetta.  Vienna  7  gennaio  1765. 

»)  Bologna,  24  die.  1764. 


—  510  — 


MI* 

li 


per  tempo  io  di  boti  grndo  avrei  annullato  il  Lutto,  ma  ora. 
*■  più    tempo  da   produrre   tali   chimeriche  invenzioni,  mei 

il  mondo  sa  che  io  era  impegnala  per  detto  teatro,  e 
tale  effetto  ho  licenziati  tutti  li  trattati  propostimi,  come 
nitri  il  Carnevalo  «li  Torino,  che  appresso  di    rae   tengo  ' 
le  lettore  per  mio  giustificazione,  per  il  che  di  lo  que^ 

Corte  non  son  persuasa  cho  intenda  di  danegiare  le  orw- 
p<\p  con  ai  frivole  prettesto  ...» 

ì'.'t  continuando  a  parlare  dello   cattive  lingue  ,    dio»   -=eva 
;i  ir  impresario  di  prendere   informazioni  no   o*^K>nlc> 

dal  marcsi'ialln  (  '.i\  alirri,  <:ho  allora  era  ;i  Ni  II 

general  maresciallo  Cavalieri  fece  molte  lei, 

aveva  visto  ballare  a  Mantova;  «  non  avendo 

personale  nella  stessa,  e,  per  ma 
vendo  chiamato  i  suoi  familiari  e  domandatoli   se   n— * 
persona  di  D.a  Effe&bdtta  vi  era  alcun    diletto  ,  li  me^*3°~ 
simi  risposero  cho  non  ce  ne  avevano  con-  ina- 

imi ve  n'era,  ora  cosi  bene  accomodi  ^^ 

parivi  ».  ')  Dopo  queste  assicurazioni,  i  Morelli  fui 
fatti  venire;  o  fu  bene;  chó  la  Elisabetta  era  da  &■ 

delle  primo  ballerine  grottesche  del  suo  tempo. 

Le  quattro  opere  del  1765-6    furono:    il    Re   Pasto 
musica  del  Piccinni;  il  Creso,  del  Sacchini;  il  Romolo  d 
Sassone;  e  V  Arianna  e  Teseo  del  Cataro. 

Nel  6G-7,  brillarono  le  due  Gabrielli,  attorniati:  da  Ai 
Ionio  RaafT,  da  l-Y-rdinando  Ma/.zanti,  la  Angelo  M»nann 
Ultime  parti,  G.  Coppola  e  G.  Benigni. 

Caterina  (labrielli— dice  la  Giunta, — «oltre  essere  sog 
getto  superiore  pel  suo  merito  a   tutto  le  cantanti  eh 
girano  pei  teatri  più  cospicui,  si  è  qui  intesa  con  plau 
universale,  <•,  se  qualche  volta  non  ha  cani;  rodo  il 


»)  Carte  «rie,  mino  65  ecc.—  Teatri  f.  14° 
«)  Carte  Tane.  Teatri  f.  1 1. 


olito.  avvenuto  non  già  per  puro  capriccio,  corno 

la  geote  non  intesa  di  musica,  ma  solo  perete  la 
uà  maniera  di  ■ .  sigc  fortezza  di  patta ,  nettezza 

ila,  e  che  lo  stomaco  e  la  t<  perfettamente 

igombri ,  cose  tutte  che  a»  a  sempi  obioano  so- 

iderio.  ')  » 
Nel  maggio,  si  dette  ['Antigono,  musica  dolio  Scolari; 
e)  novembre,  il  Orati  Citi,  dell'Ab.  Pizzi  romano,  musica 
ni,  Nel  dicembre,  il   Vologeso.  B,  noi  gennaio,  il 
Bello}  del  Console  D.  Giuseppe  BoneofìL  Una 

dell  ttive  di  quest'ultimo  dramma  o-a  il  gran  com- 

battimento di  l'-ll'  i    i-iitu  e<ni  la  Chimera,  sostenuta  dall' 
Kumcnidi,  che  erano  fugate  dai  Genii.  •') 

Il  Dudos  senti  la  Gabrielli  nel  Bellorofonte:  «  La 
■re    Gabrielli  me  parossoil  raoins  chanler   que  jouer 
dola  i — Finita  la  stagione,  il  Grnssatesta,  impre- 

sario di  nuovo,  voleva  fin  d'allora  scritturarla  pel  G8-9  : 
o  non  trovandosi  ora  altra  cantante  del  suo  merito  o  della 
sua  voce,  ed  essendo  fuor  di  dubbio  la  prima  o.  Ma  In 
ito:  «  Il  Re  dico  che  si  proponga  altra  in  luogo  della 
.li  f>.  *) 
Era  per  la  noia  di  sentirla  di  nuovo?  No,  di  certo.— 
nino  dopo,  la  Giunta  sapeva  che  le  due  sorelle  da  To- 

K      andavano  a  Palermo,  e  passavano  per  Napoli,  dove 
noia  —  IO  mano  1786.  —  Teatri  f.  14.*  —  L' inglese  Brydono,  che 
a  Palermo,  dice  lo  stesso.  Cfr.  Ademollo.  o.  e.  p.  41. 
l'ili    a  ilicembro  CO:  Altre  carte.  Doveva  essere  mutato.  Lettere 
«lei  Bonechi,    8  Germino    07.    Quiwti   dfoe    in  un  ps.  :   «Non    so   se  sia 
di  V,  R     In'  questo  è  l'istosso  Btttoroflmtt,  elie  tanta  fortuna 
«sbb*  alla  Coili   -U  K  usala;  e  che  Molastasio  hn  Unto  approvato,  lo  tengo 
«o  di    m-  50  lettere  di  questo  •Limabilissimo  amico,  e  fra 

sto  alcune  in  cui  ha  la  bontà  di  parlarmene  cosi  vantaggiosamente, 
\m  non  ardisco  ripeterlo  ».    T'astri  I".   14." 
*)  Ducloa.  o.  e.  i 

•mia  10  moggio,  24  maggio  1767   Teatri  f.  15.° 


volevano   formarsi  por  qualche  tempo.  E  espone^ 
trito  «  il  pericolo  che  v'era  del  rinnovamento  colla  loro 
permanenza  qua  di  quegli  scandali ,  e  romori,  dei  quali 
erano  esse  state  cagioni  per  lo  passato  ».  ')  Fu  ,  dunque 
ordinato  a  Roma   al  Card.  Orsini  che  non  desse  loro  il 
passaporto  per  Napoli,  ma  solo  per  Gaeta,  per  imbar- 
carsi di  II  e  andare  per  mare  fino  a  P  tanta 
questo  ,  il  legno  francese,  che  le  portava,  «  o  per  tem- 
pesta  o  per  determinata   volontà  »,  si   fermò  a  Baia.  E 
le  due  sorelle  «  s'avvanzarono  finanche  a  scendere  t 
ramante  qualche  sera   In  terra  per  quello  vii  à 
Lo  seppe  la  Giunta  e  dispose  »  tutte  le  nece> 
genze  per  arrestarle,  ma  non  fu  possìbile  ,  \< 

opportuni,  che  non  mancano  mai  a  tal  frema  d  • 
donne,  ed  a  queste  due  sorelle  agiot^*! 

delle  quali  tanti  gravi  disordini  e  romori  sono  frequenti* 
volte  addivenuti  in  questa  città  ,  siccome  u  \ 
noto!  o  •) 

Nel  ritorno ,  nel  maggio  C9 ,  da  Palermo ,  la  CAecca 
Gabrielli,  malgrado  gli  ordini,  si  ferra  •  a  Napoli  all' Ai- 
ri) degli  Inglesi  a  Chiaia,  a  ove  non   m 
traffico  dei  suoi  antichi  parziali  ».  Fu  subilo  •inpa- 

gnata  al    0011000. 

Invano  la  Checca  supplicò,  dicendo  che,  se  la  raj. 
della  proibizione  era  la  sua  amicizia  con  D.  Amico  d' 


31. 


')  11  Gondar  scriveva  nel  1773  :  «  On  sail  son  «ventare  da  Kaplan, 
«Ilo  (Catarina)  r.-,ut  <1m  coup*  d'un  minutre  ».  Cfr.  Ademollo  o.  r.  p.  31. 

*)  Si  racconta  che  Caterina  Gabrielli  a  Palermo  arava  in  grani-  an- 
tipatia quel  rioer*.  Marchesa  Fogliarli.    Ricusò  un  ..  ■  prnna»; 
e  quando  il  viceré  compariva   in  teatro,  cantava  a  mena  tomi  o  il  pn»- 
hlico   ridava.  Fn  m««  in   • -arcar*,  dove  «tatto  dodiri  giorni,  eba  fui 
dodici  giorni  di  baldoria  pai  detenuti,  ai  quali  Catarina  diede  lauti 
trattenimenti  musi  cali,  e  pago,  perfino,  i  debiti  ai  falliti,  che  ivi   tror*- 
Cfr.  Ademollo  o.  e.  p.  36  sgg. 


mico,  costui  era  morto,  o  essa  avrebbe  pomi 
Invano  le  suppliche  si  ripetettero  nel  fWO  <■  71.  ') 

XIII. 


Giambattista  Lorenzi  e  l'opera  buffa — Abolì  zio/ir 
Teatrino  sotto  8,  Giacomo  —  //  secondo  S.  Carlino  — 
Comicifrancesi  e  comici  lombardi  a  Napoli — (  1 76&-74). 

Giambattista  Lorenzi,  attore,   inventore  di  arenarti, 
sorittore  di  comedie,  nel  1706  diventa  i  meta  d'opera  bufo. 
>iù  volte,  gì' impresi  Fiorentini  t  del   Nuovo   gli 

pano  (atto  instano*,  peroni iscrivesse  qualche  dramma 
pei  loro  teatri.  Ma  il  Lorenzi  (come  raccontava  negli  ultimi 
inni  della  sua  vita),  rimi  voleva  saperne  per  le  tristi  con- 
dizioni di  quel  genore  d'arte.  I  capricci   dei   maestri  di 
cappella  e  di  tntt,  i  cattivi  abiti  del  pubblico,  ridu- 

cevano il  poeta  a  lavorar  continuamente  di  espedienti  e 
mezzucci.  Le   cosldette   conveniente  teatrali  :  il  quare- 
\   ili-  cantanti,  CÌOÒ  quel  gruppo  di  arie,  che  sa- 
pevano cantare  e  che  volevano  ficcare  daperlutto  ;  i  punti 
obbligati,  cioè  l'apertura   del   dramma    a  a   più  voti  e 
sempre  chiassosa  o;  lo  uscite  dei  buffi  e  degli  altri  can- 
ti in  luoghi  ri  l'  irosamente  pi.  sibiliti;  Varia  del  sor- 
ì,  che  si  doveva  cantare,  quando  i  riposticri  porta- 
raoo  nei   palchi  io  guantiere  dei   gelati  ;  e  tante  e  tante 
altre  catone,  gli  facevano   passai-  la  voglia  d'entrare  in 

Il  a  pelago  burrascoso  »  *). 
Ma  il  fatale  andare  del  suo  ingegno  fu  impedito    p  r 
poco,  i  ii  caso  lo  spinse  nel  pelago  tomaio,  il  lì 
•)  Oiunta  8  febbraio  08.  Card.  Orsini  da  Roma,   18  mano,  29  l| 
Leandro  Lariolla  12  mono.  Giunta  9  Maggio  69.  Caruso  24  Mttombro 
70.  Atira  suppl.  Gennaio  71  ecc.  —  Teatri  f.  16.° 
»)  V.  pref.  Voi.  2.»  Opera  ciU 


—  514  — 

in  casa  del  quale  s'era  recitata,  molto  volte,  con 
applauso,  la  commedia  in  prosa:  1).  Anrhist'   Cam} 
none,  voleva  assolutamente  che  questa  con 
di  un  teatro  pubblico.  Mfl  -  Il  piccolo  teatro  degl'i* 

strinui  era  poco  adatto,  perché  «  vi  si 
media  con  mascarc  ,  voli,  trasform  , tutta  dr 

da  quella  di  buon  gusto.  11  Roragine   propose    allo 
Lorenzi  di  unirci  delle  ano  per  musica.  Il  Lorena, 
non  sognava  i  moderni  wntdeoilies,  ricusò  indignato.  W 
dopo  averci  pensato  meglio,  ridusse  la  commei 
rittura  a  un  libretto  musicale:   Tra  due  / 
gode  '),  che  fu  il  suo  primo. 

li  dramma ,  Alza  di  buffonerie  non  sempre   di   i»uor 
gusto,  si  cantò  ai  Fiorentini,  con  musica  di  Gennaro  A — -" 
starila,  l'aulunnodel  17G6.  E,  nella  primavera  del  67,  BQgutf 
al  Nuovo  r  idolo  Cinese,  co  a  del  Paisialo. 

Questa  seconda  opera  piacque  moltissimo.  Ti 
un  biografo  —  «  chiamò  nel  teatro   Sino  l'ai 
Ognd  del   Marchese   Bernardo  Tanucci:  un 

dal  medesimo  ascoltata  in  tempo  di  sua  vita,  e 
della  quale  tanto  si  compiacque,  sino  a  farlo  ridere 
lagrime,  o  che  fé'  rappresentarla  a  «orlo  »  *).  Ui 
reale  del  6  giuguo  dice,  infatti,  che,  avendo  il  Re,  int< 
che  si  recita  al  Nuov..  un'opera  «  de  vai  -rraciosos 

tómentos,  y  <m<:  ni  dia,  ni  respecto  al 
nada  de  indecente,   ni  contra  la  buona 
ordina  che  sia  trasportata  a  Corte;  e  fu  re  tal 

nella  R.  Paggeria.  ') 

E,  da  allora,  pur  non  tralasciai  io  occupazi* 

nel  teatrino  di  Corte ,  Giambattista   Lorenzi   scrìsse  ui 


')  Pwf.  di 

*)  Prof.  voi.  1°  dall'. 

J)  Carte  —  Tmiri  f.  UV 


—  515  - 

gnu  quantità  «li  libretti  buffi.  Cosi  il  Furbo  malaccorto 
(1757),  la  Luna   abitata,  b   Finta  Ma  ì),   il  D. 

Chisciotte  (1769) }  Gelosia  par  Gelosia  (1770)',  la  Car- 
tola (17  71).  Le  f/'ame  ;/«'/  .  i!  f'mnburo 
(1773),  la  PaJJi'a  giudiziosa,  D.  Taddeo  in  Barcellona, 
il  Duello  -1774).  Ed  fi  poetala  il  più  gran  nomo  nella 
storia  letteraria  di  questo  genere.  Non  che  il  valore  della 
sua  produzione  sia  molto  grande.  Ma,  rispetto  ai  suoi 
antecessori  e  co  anei,  aveva  un  po' più  di  varietà 
nella  Boatta  dei  soggetti,  qua  e  là  del  fero  spirito;  «poi 

•i  drammi  furono  quasi   tutti    messi  in   musica  dal 
Paisielio;  e  poi  il  suo  nomo  è  congiunto   alla  celfi 
non  tutta  letteraria,  del  Socrate  immaginario. 

Contemporanei  del  Lorenzi  furono  Pasquale  M  ili  lotti, 
Giuseppe  Palone  Orio  Zini,  e  Francesco  Cerione, 

il  quale,  anche  lui,  alle  molte  fatiche  della  prosa  accoppiò 
quello  del  melodramma.  Nel  68,  scrisse  pel 

Nuovo  il  lìarone  di  Trocchia,  musica  del  Gazzaniga,  e 
nell'  inverno,  ai  Fiorentini,  I'  Osteria  di  Munckiaro,  cho 
fu  data  per  sessanta  sere  di  seguito. 

Questi  libretti  pigliano  la  loro  materia  un  po'  daper- 
tulto  :  dalle  commedie  del  Goldoni  e  del  Chiari ,  dai  ro- 
manzi sentimentali  inglesi  o  francesi,  dai  drammi  larmay- 
ants ,  da  tìabo ,  ecc.  ecc.  La  parte  comica  ò  di  rado  la 
rappresentazione  della  vita  popolare  e  comincia  a  diventar 
la  satira  del  filosofo  <>  dello  scienziato,  dev'amante  ^ielto 
mode  francesi,  e  cosi  via.  E  >  in  quel  pandemonio 

internazionale]  che  tu  la  letteratura  della  fine  del  settecento. 
Pkcinni  o  Paisielio  sono  i  due  compositori  più  valenti 
di    opere  buffo  in  questo   tempo,    a  La  seule    chose     — 

èva  il  Galiani  alla   d'Épiuay — qui  m'ait  fait  plaisir 
dépuls  quo  je  suis  ici ,  e'  est  un  opera   comiquo  do    M. 

ani,  qu'  on   donne  ù  prósont  :  il  a  atteint   le  but  de 
la  perfoction.  Il  m'  a  appris   quo  nous  chantons  tout  et 


—  516  — 


loujours,  quand  nous  parious.  Le  difficfle  est  de 
notre  ton  ci  notre  modulatimi,  lorsque  nous  i  ..  As- 

sillo/.-vous  que  cet  opera  de  Pici  inni  est  quelque  chosc, 
doni  vous  n' avo/   paj  memo  l' idée,  tant  il  BBl  supérìeur 
a  tout  ce  que  vous  ave/,  jamais  cntendu.  Toute- 
quc  je  vais  à  ce  spoctacle,  il  me  prend  un   d< 
il  avoir  Grimrn,  Diderot  et   vous    6    m8B  còtes,    que 
chagrlu  de  ne  pas  vous  y  voir  tue  trouhle  tout  I 
du  spoetarle!  »  l).  Qualche  anno  dopo,  annunzia:  «  Note 
avons  eu  tous  Ics  opóras  bouflbns  excellente  :  e'  osi  a 
dui',  detti  du  Fiocinili,  et  doux  de  l'.nsiello.  Coux  do  ce 
second  out  eté  moine  superieurs  a  l'auU'e,  qui  coiinnonce  è 
viellir  o.  Ma  non  volle  mandai*e  nessun  petzo  per  saggio, 
dicendo:  é  inutile ,  €  est  trop  napolitain  !  *) 

11  celebro  critico  musicale,  Carlo  Burney,  che  fu  a 
poli  il  1770,  senti  nell"  ottobre  ai  Fiorentini  ,  I'  opera  del 
Picciuni:  Gelosia  per  Gelosia.  «  Les  airs  de  l'opera  a 
plein»  de  passages  jolis,  et,  eu  general,  il»    ont  éte 
compagnès  avee  esprit  ».    Ma  il  libretto  gli   parvo 
tivo  ;  il  modo  di  cantare,  détestable.  «  Il  y   avait   eepen- 
dant  un  róle  assez   comique ,  et  qui  était  joue   par 
da,  hoinme  d'uno   gaietó  inépu  mte   la 

se  mìt  cn  nirneur,  quand  il  parut.  Le  comique  de 
leur  ne  consistait  pas  en  bouffonerie  ,  elle    n'  était  pas 
locale  ,  co  qui    arrivo  Bouveot  cn  Italie  et  ailleurs  ;  mub 
e'  était  de  cette  bonne  gaieté,  qui   excitcrait  lo   rire 
tout,  et  en  tout  tems  o.    > 


i)  22  giugno  71  —  Cfr.  0  dot.  71:  dove  dia?  du  ooa  c'è  tparaaj 
l>  OHBl  buffe  napoletane  possano  giungere  iu  Francia:  «  Uà  ae  Yoot 
memo  à  Rome.».  V.  L'Abbi  Qalùmi  Correspondane*,*!.  Perey  «t  Man 
graa.  Pam,  Cuarnentier.  1884.  E  cfr.  anche  l'ediz.  curata  da  E.  Aam 
(Paria,  1884). 

')  13  marzo  1773. 

»j  Burnet.  De  Filat  preunl  de  la  mus*ju*{Qèn*:  1809)  I.  fiSfrS. 


—  517  - 

Giuseppe  Casaccia  seguitò  a  cantare  sui  teatri  fino  al 
1782.  Gli  sorgeva  accanto  Antonio  Casaccia,  detto  Casac- 
dello,  che  dal  1770  tira  fino  al  1798.  11  terzo  gran  buiFo 
1  .ennaro  Luzio,  che  compare  ir  1766,  e  continua  per 
■anta  anni.  La  Marianna  Monti  si  ritirò  dal  teatro  il 
1780  ')  ;  ma  nessuna  glande  prima  buffa  prese  il  posto 
della  sua  celebrila.  <  i  furono  e  Rachele  d'Orla,  e  Gel- 
ii  (i-li  i-'iavts,  o  Nicoletta  Mondarsi,  e  Vittoria  Moreschi, 
e  Emmanuela  di  Nardo  o  una  gran  turba  mìnorum  gen- 
tium  ;  ma  nessuna  veramente  notevole.  *) 

Un  altra  viaggiatori.-,  che  vide  la  stessa  opera,  esalta 
;  il  Casaccia.  :|)  — 11  Burney  senti  al  Teatro  Nuovo  Le 
•\e  d'amore  del  Paisiello,  la  cui  musica,  piena  d'im- 
maginazione e  di  brio,  li»  rapiva,  ma  nota  sempre  che  il 

■)  A  proposito  di  cost-.-i.   N"ll' ottobre  71,  una  sera,  all'  uscita  dai  Fio- 
i.  suo  fratello  Dona>lo  Monti,  in  compagnia  «lei  vico  console  di  Francia 
■Kirrvdl  un  figurante  Mi  teatro,  cho  nvova   pronunziato  parola   ignomi- 
niose contro  la  Marianna.  It  nuovo  Uditori*,  Cesare  Ruggiero,  annunciava 
d'aver  fatto  arrestare  il  Monta,  ma  domandava  corno  dovesse-  regolarsi  ri- 
guardo al  viceconsole.  Ecco  la  risposta  dui  Tauucci:  e  l'orlici,  15  otU  71 
La   sua  relazioue  mi  ha  fatto    dotermiiiaro  a  non    farla  prroeut*  al  Ke 
Ilvo  alla   M.  B.  di  credere  che    V.   S.  I.    non  sappi. i  1 - 
leggi,  o  non  sia  disposta  ad  eseguirlo.  Noi  farle,  adunque,  questa  confi- 
denziale prevenzione,  U«  rinnovo  ecc.  »  Il  |K>vero  Ruggiero,  sbigottito,  scrisse 
•  una  lettera  umilissima  (tutu  ili  suo  pugno,  questa  Tolta)  ringru 
tiaudo,  se-usandosi,  dicendo  che  non  ignorava  cumuli 

esteri  sono  sottoposti  alla  giurisdizione  ordinaria:  ma.  tuttavia,  aveva  vo- 
lato sapere  i  sentimenti  predai  di  S.  E.  (16  ott.  71).  Ita  il  Tauucci,  dflK>, 
(Portici  16  ott.  71)  :  «  1.*  soggiungo  con  questa  . . .  che  ove  son  lo  leggi 
non  son  necessairi  gli  ordini  particolari  che  ai  son  da  V.  S.  1.  ricercati 
Sono  colla  stima  maggiore...»  —  Teatri  f.  16.'* 

i  eatal.  ,j.  o.  e.  IV. —  Sulla  Mondorsi  e  la   di  Nardo 

arte,  f.  18."  Di  quest'ultima,  si  raccontala  vita  libera,  le  frequenti 
gravidanze,  uno  «gravo  accaduto  proprio  sul  teatro,  le  iuquietudini  che 
roc&va  ad  un'illustre  famiglia,  occ. 

')  Voyage  de   Henri  Susinburne.    dans   les    deux    Siciles   e»    1777-80 
Ina.  frane.  Pai-in   17864— T.   IV.  n.  del  trad,  p.  234. 


—    DlS- 


C'UltO  fu  cattivo  onou  e'  era  «  pas  raérae  uno  voix  e 
laute.  »  ') 

Un  ammiratore  della  opera  buffa  napoletana  fu, 
temeno,  Vittorio  Altieri,  che  a  Napoli  si  trattenne  durante 
il  carnovale  del  1767.  «  11  carnovale,  si  per  gli 
pubblici,  che  per  molte  privale  feste 
varamenti,  mi  riusciva  brillante  e  piacevole  più  clic  altro 
mai,  che  io  avessi  veduto  in  Torino.  Con  tutto  ciò,    in 
mezzo  a  «|uei  nuovi  o  continui  tumulti,  libero  interamente 
di  me,  con  bastanti  danari,  d*  età  diciotto  anni,  ed  un 
figura  avvenente,  io  ritrovavo  |>r  tutto  la  sazietà,  h 
il  dolore.  11  mio  più  vivo  piacere  era  la  musica  burletta  d 
Teatro  Nuovo:  ma  sempre  pure  quei  suoni,  (''di- 

lettevoli, lasciavano  udì'  animo  mio  una  continua  romba 
di  malin  i  mi  venivano  di  a  centinaia  le  id 

più  funeste  e  lugubri,  nelle  quali  mi  com;  non  poo 

e  me  lo  nudavo  poi  rumi-  lo,  alle  sonanti  s; 

di  Cluni  a  di  Portici  ».  ')  Si  davano  allora  su  quel 
/  matrimnnii  per  dispetto,  musica  «li  1\  AnH 

col  Casaccia,  la  Mondorsi,  e  la  d*  Orla. 

Le  compagnie  di  prosa  cominciano  a  prender 
ad  occupare  per  varie  sere  i  teatri 

Fiorentini  e  del  Nuovo. 

Nel  1767  era  impresario  della  prosa  al  Nuovo  Pasquale 
Starace.  Nel  1771  la  compagnia  di  prosa   dei    Fior 
era  diretta  da  Domenico  Piterà  e  Giuseppe  Moscatelli. 
Al  teatrino  sotto  S.  Giacomo  erano  sempre   improf 
Tomeo. 

Francesco    Cerlonc  torniva  ,    instancabilmente  . 
■  a  quasi  iBgnia  —  Nel  17"! 


')  Burnuj.  o.  e.  I.  264. 

*)    Vito  di  rifioriti  Alfieri  ferina  >ln  «**>.    Kp.  III.  Qtf 

')  Teatri  —  f.  15.»  e  t7.» 


.  —  519  - 

volumi  del  suo  teatro:  cioè  37  commedie.  Nel  177ó,  13 
volumi,  cioè  52  commedie.  ')  Al  D.  Fasti/Ho,   finito    col 
uro,  erano  succeduti   come  tipi   comici ,    nelle  sue 
napoletani  granosi,    l>.  l'i  liattipa- 

1).  Saverio  Pacea,  D.  Marcantonio  Salienza,  D.Pom- 
>Hio  Pecegreca,  D.  Cristoforo  Cipolla,  D.  Saverio  Momma 
;  e  le  napoletane  grajio.se  ,  Pai-mctclla  ,  Mariuletla, 
mta,  Lauretta,  eoe  11  tipo  del  golfo,  come  il  Hnrono 
li  Trocchia  e  simili,  i- aneli"  piuttosto  frequente»  Di  rnag» 
valore  comico  e  1'  Abbate,  per  lo  più  cavalier  scr- 
..•iitr,  ohe  vive  alle  spalle  di  una  vecchia:  si  chiama 
>.  Teofilo,  D.  Tiberio  Menzogna  ,  D.  Fulvio  Mangioni, 
l  >!gori,  l'Abate  Ciarlctta,  e,  pia  famoso  di  tutti, 
\bato  Taccarella.  Ciascuno  di  questi  ha  il  suo  tir:  la 
vanteria,  la  ghiottomia,  l'erudizione,  lo  sentenze  morali, 
la  parlantina.  Come  rabbrividisce  la  gente,  quando  ce- 
rimoniosamente si  presenta  l'Abate  Folgori  o  l'Abate  Tac- 
carella : 


Oh  al  merito,  meritante,  meritevole,  meritoso,  del  sublime, 
impareggiabile,  distinto  marito  vostro  si  umilia,  si  concentra, 
lofomia,  abbarbagliato,  confuso  ed  oppresso  sino  alle  sol- 
terranee  catacombe,  lui..  devotissimo  ed  obbligatisi 
servo  di  buon  cuore,  l'abate  Taccarella,  nato  sulle  sponde  del 
Tevere,  cresciuto  all'  aura  trionfalo  del  Campidoglio,  ed  eva- 
cuato dal  Culiseo  Romano  I  ') 

«   Ma  eh'  6  teròcciola  2   zerre-zcrrc  f   battaria  ?»  — 
esclamano  sbalorditi  gli  astanti  l 

Nel  1769  si  dava  ai  Fiorentini  il  Colombo,  elio  piacque 

«ordinariamente.  11  Cerlone  avrebbe  dovuto  farne  il  so- 

àlo:  «  rna  gì'  interessi  dell'  Impresario  mi  fecero  cangiar 

•>  V.  Ed.  originate;  avvini  in  fino  dei  rolurai.  L'es.  della  Bilil.  S.  M«r- 
BnlflOi  ch'io  cono**t),  manca  del  9."  voi.,  a  non  vn  otttV  il   15. 
«)  L'Aladmo  II.  5.  —  Sull'Ali.  Toocarulln.  cfr.    Voc.  Nup.  li 


7. 


—  520—. 

pensiero;  perdio,  essendo  le  mie  comedio  piene  di  deco- 
razioni» portauD  grandissima  spesa  al  medesimo  ».  Co 
compose  invece  :  Gli  empii  puniti  o   sia  il  intorno 
Colombo   nel  Mn>sim  ,  quarto    atto    del    Colombo,    C- 
non  ebbo  minor  successo.  Poi  il    Vasco  di  Gama:  a 
questa   comedia  vi  6  quanto  di  .sorprendente  e  sublimane 
ho  potuto   pensare    per  darle   aria  di  quello   spettacolo, 

dì  CUi     oggi    tanto  il  pubblico  si  appaga  ,  0  che    la 

torlo  vien  malmenato  da  moderni  scrittori*  Costoro  pò» 
o  non  sanno  ,  o  fingono  di  non    sapere   che  le  anti<-l.- 
tragedie  furono  inventate  per  accompagi  spettaci 

midi.'  i  spettacoli  erano  il  principale  e  la  poesia  Y acces- 
sorio. »  ') 

Tra  il  1771  e  73  al  teatro  Nuovo   si   dettero    1"  A 
rrndicatwo  e  il  Kouli  Kan,  tratto  da   comedi  e   dell* 
comparabile  Ab.  Chiari  ,  e  Y  Aladino ,  o  il    Tiranno     ' 
neèe,  e  YArsace.  L' Aladino  fu  recitato  cinquanta  ser«- 
seguito;  il  Tiranno  Cinese,  trenta  sere:  «  credo,  —  -sog- 
giunge modestamente  il  Cerlone, —  per  le  gran  decora- 
zioni che  far  le  piacque  al  signor  Impresario,  che,  a  à 
il  vero,  non  trova,  in'?  troverà  I*  eguale  in  decorar  come- 
e  per  l'abilità  dei  personaggi,  ognun  dei  quali  i1* 

tempo  ilal  pubblico  acclamati  i  e  ben  veduto.  L'  'u 

posto  in  scena  con  tal  fasto  e  magnificenza  bi  "*'ia 

l'idea  presente,  non  potrà  certai  ffl  stupirai, 

in  un  teatro  di  mediocre  grandezza  far   tanto 
tra  l'altro,  l'assalto  della  gran  città  d'  Issodimo  sorpi 
ì  pm  delicati  ingegni  :  cento  e  più  combattenti,  • 
smisurate  muraglie,  ridotte  in  pietre,  percosso  dagli 
lieti;  macchine,  scalate,  o  altre  mille  azioni  diverse  i»«— 
sol  colpo  d'  occhio  vedute....  »  ') 


')  Pref.  al  T.  Vili.  ad.  1771. 
f)  Voi.  X  e  XI.  pref.  ed.  orig. 


le 


—  521  — 

lama  del  Orione  ora  uscita  da  Napoli,  trasportata 
|ua  e  là  dalle  compagaie  comiche,  die  sodavano  recitando 
opere.  Gì'  impresarìi,  olio  formavano  lo  coi 

-i-  le  provinde     !  -levano  ordinai  tal  permesso  ili 

mi  tare  «le  0]  (Goldoni  o  del  Ciarloni  J)— 

tesso  racconti  che  una  volta,  stando  al  1. a 
listello,  i  irai  alcune  //arsone  di  qualità^  ohe 

facevano  atti  di  meraviglia  al  E  si  dettero  a. 

per  sceltissimi  comici,  che  avevano  recitato,  con  gran 
(betona  e  guadagni,  le  Bue  comedìe,  per  tutta  Italia  od 
I  —  Altrove,  allude  al  teatro  \  aDe  di  Roma,  dove 
si  recitava  la  sua  Pamela.  3) 

l »-'l  resto, la  Bua  teoria 
tenuto  per  tei  ni.,  che  lo  scopo  principale  di  uno  b 
tealnile  sia  quello  di  t'arai  doli'  onor    popolare,  o  quello 

Éicquistarsi  dell'  utile;  e  che  l'una  e  l'altra  di  queste  in- 
:ioni  nelle  ope  ia  soltanto  nel  far    popo- 

uu  teatro  parecchie  sere  ad  un'opera  prodotta.  ..  . 
ìprc  ho  riputato  le  mio  composizioni  mene  ili  niente; 

non  posso  Òhe  li1'  avuto  il  bel  piacerti  di  ve- 
re affollarsi  (ancor  col  solo  in  cielo)  nella  porta  'Iella 
platea  la  numerosa  gente,  per  aver  silo  nel  teatro  la  sera, 
ed  ho  veduto  affittar,  due,  tre  giorni  [«rima,  i  paiola,  a 
prezzo  più  della  musica  per  una  comuiedta  in  prosa. 
An/i  più  :  ho  veduto,  con  gli  ocelli  propri!,  0011  I  oro  e- 
ttto  dalle  mie  prose,  l'istaurar  le  piaghe  della  decaduta 

riisie.'i.  »  *) 
argomenti,  rispondeva  a  un  ;  a- 


')  Co*»  in  varia  carta  UT  Ardi,  .a     ■.  lo    Teatri. 
XI.  —  afe  Bcharllla  0)  800  i. 

*)  Il   Qrmediimte  onoralo  I,  1. 
•)  Voi.  XIII.  pi 


—  f>22  — 

Al  i'onlor  superbo,  ai  Critico  mordace, 

Risponde  quel  Orione,  eh' è  D  «col 

Contro  un  torranlo  pieno,  che  in  mio  favor  disc 
Il  gran  sonetto  tuo  argine  far  pretende  ? 
Ne  ho  mille  in  lode  e  sono  d'Illustri  Letterali, 
E  Cavalier  sublimi,  di  to  più  dotti  e  grati. 
Che  mal  può  farmi  il  tuo,  d'atro  livor  ripieno? 
Cagion  per  me  di  gioia  diventa  il  noi 

Fin  Bull'  adriaca  riva  l'opere  mie  mandai 
A   preXZO  'li  zecchini;  iappito,  se  noi  sai! 
E  i  primi  gran  Soggetti  han  fatto  un  attestato 
Che  qui  lo  etile  mio  mollo  gradilo  ò  stato- 
li Residente  stesati  n'o  stato  il  pagatore, 

Veiit'/i.)  -■■)  mi  vuol  comico  ani 

Ov' 6  un  Goldoni  e  un  Chiari,  autori  ri 
I  scritti  mici,  che  sprezzi,  son  stati  ricercati. 

Che  i  miei  comedianti  non  vidi  mai  dolere, 

Per  me  la  sol  memoria  mi  recherà  piacere; 

Che  in  |  colui  tardo  arriv.: 

E  che  ogni  p  enti  due  giorni  era  affittato. 

l»ir.-ii  erano  pazzi;  rispondo:  il  ere'1' 

Se  stati  fosser  cinque,  se  stati  fosser  sei. 

Ma  quei  pazzi  a  migliaia  grand' utile  portoni' i. 

Se  dici  da  Romanzi  che  ho  le  comodie  estratte 
Questo  (ss  colpa  sono)  Goldoni  ancor  le  ha  f. 
Un  Mniasiasio,  un  Chiari  prandon  da  libri  anc 
E  che  perciò  t  il  mondo  l'opre  lor  non  onora  f  l) 

Olive  quelle  del  Cartone,  ivano  sempre  l<;  • 

die  del  Goldoni  e  del  Chiari.  Il  Vinaccia  ne  sten 


')  Veni  iii'-'iiti,  m*.  .il.  —  i ■. .t ! ._■  t.i i. -  danJ  <he questi  verri  tornata 
stianti  n  preceder*  redi/ione  delia  QiitMi.,  n  lOMfu  im»  >'■ 

0  che,  n  ogni  modo,  non  ho  potuto 


—  5JM  — 

vicina  ii  spettacoli  della  superiore  chiosa  di  S.  I 

corno  '). 

L'ordine  dell'abolizione  fu  dato,  e  V  Uditore,  I'  B  dio 
io  annunziò  1"  esecuzione:  o  con  avere  ai  mede&i  ■  ni 
ordinato  che  più  non  si  uniscano  p 
aver  fatto  obiudere  il  luogo  «Idia  loro  adunanza,  i  *  6 

restituire  la  chiavo  al  padrone,  con  impolli  '1  Bervir&i 
detto  luogo  per  magazzini,  rome  prima  si  taceva  •. 

Ma  Tomaso  Tomeo  e  Elisabetta  d'Orso  chiesero,  qusa.1- 
ohe  giorno  dopo  «li  voler  formare  «  un  teatro  ili  ;  < 

ì  delle  loro     i      tei  Largo  «lui  Castello  , 
rappresentare  comedio  premeditate  ".  Il  che  fu  coi 
ma  OOD  alcuni  patti:  die,  prime,  il  teatro  d" 

luogo  profano  ;  secondo,  le  commedie  .  .. 
scritte  e  rivedute  dall'  I  fditoi  .  che  ogi 

sfilare  la  lista  dei  recitanti,  uomini  e  domati 
per  l'approvazione.— Tutta  l'antica  compagnia  «li  S.  G 
ino  poteva  passare  nel  teatro  da  costruii  e,  iranno  dueaxtc*  i 
i  .-ii  quali  •  ;  starnava  non  doversi  permettere  i!  i  *> 

I  duo  attori  erano  una  tal  Maddalena  Scazzocchia  «  d 
doma  —  dire  l'Uditore  —  di  reo  postume,  la  • 

altro  non  sta  più  in  questa  città  ed  o  passata  in  Sicii 

ove  ora     ili):  Giovanni    VltonomOO  ,    'piale    t<'ll«^ra 

eoa  pazienza  le  di  sua  i  9<>~ 

pera,   e  alle  ili  lei  :on tento   vive».")  Con  qu»^*^8 

restrizioni  tu  dato  il  permesso. 

II  teatrino  sorse  nelle  cas<    dei  Tomeo,  che  vi  spessa* 
tarlo,  ottomila  ducati*).  E  prese  subito  il  nome   *^ 


')  Rappr.  Pirelli,  Novembre  1769. 

*)  Bigi,  di  Tnnurd.  Caièrta   23  marzo  70  «Ila  Giunti.  E  «oppi 

<l oruio  dirai    ut- Lia  rappreaonli 

il    .li    .|in i    dlU   /ilt.iri.    »  —    ■ 
Hi.    11  aprila  1870. 
•)  Vedi  nippl  del  1776  di  T.  Tomeo  e  cognata  •«.  —  f.  21.' 


ioo  abolito  teatrino  del  Largo  «lei  Castello.  &  Carlino'. 

K (u  questo  quel  glorioso  S.  Carlino,  che  ricordiamo  tutti. 
li  aperto  l'anno  stesso,  1770  '). 
La  compagnia  era  t'ormata  a  quel  tempo    da  Onoi 
azza,  nostra  antica  eouoaoeozB,  ahi  un  tempo  f.-< 
P  innamorato  naH'autìco  s.  Carìino*);  Vincenzo  Camma* 
ranri,  detto  la,  Vincenzo  de  Romania,  Genti 

Àricnzo,  (Giuseppe  T'p  rinn,  Baldassarre  Martoriai,  Te- 
resa Mai-tonni  3) ,  e  forse   Frani  isola,  Ludovl 

ni,  Giuseppe  de  Falco,  ch'erano  nella  compagnia 
liane  anno  dopo  «). 
Il   Bui  :ioy  .  ad  mia  rerila  del  S.  Carlino.   V.  sotto 

la  data  di  ^novembre  1770,  scrive  nel  suo  dlai 

«  Le  soir,  jeauisalle  à  un  |  Aire,  nouveUemenl  eoo- 

slrnit,  qu'oo  v.-nail  il'i  m\  rir.  .lo  I'  ai  tr 0U1 6  ]■  lì.  I  Mi  y  «  1  ■  »i i  — 
nait  une  comedie  en  prose.  C  étaii  un  trait  de  T  histoire 
tnrqiie,  qui  l'ut  mal  duhitóe  ot  mal  jouée.  s)  »  Era,  pn»hatiil- 
menta,  una  commedia  del  Gei-Ione,  che  ne  compose  tanto 
coi  Turchi,  gei  prediletta   dalla   fantasia  popolare. 

Certo,  per  la  compagnia  dal  T><inio,  che  I  a,  al 

solito,  a  recitare  nella  R.  Piera,  io  tutta 

mia  serio  di  opere.  S  <  ra  intorno  al  1774.  I  soliti  amici, 

'l   V.-li  «appi,  del  tomico  Vinnonzn  do  Romani!»  8  no*.  70  — f.  16.° 
I   Maxra.com.,  chiede  ■BSN  protetto  preaso  il  suo  impresario— f.  16*. 
ddaasarro  Mortorini,  milaneso,  fu  prima  polla  compagnia  di  An- 
a   Molla  •"  .  tornato  da  Malta, 

fanno  a  Napoli,  e  poi  a  Roma.  Lavorava  ancora  nel  1781 ,  quando 
scriverà  K.  Rartoli.  (M>fi  ad  non».  Avo  va  una  figlia,  chiamo  ta  Klisa- 
botta,  cito  fu  prima  donna  odia  compagnia  del  Mwlebar, o  poi  inquisi- 
ta del  Sacco. 

*i  Vedi  n  pi.  o  altre  corte  — f.  18°.  Dello  donne  non  si  sanno  I 
Ire,  Urinarono,  perchè  Coivo  uon   sapevano  scrivere.  —  V.  carte 

I"  ii  -  sistema  d<  i  dire  i  subalterni,  dfll' Udk<u/>. 

—  (.  17°. 
■  uraey  0.  e.  I.  2«0. 


—  506  — 


che  non  mancano  mai  agli  scrittori,  ; 
una  commedia  pel  teatrino  della  Fiera.  In  quella 
pagaia  c'era  «  un  graziosissimo  Pulcinella un  incom- 
parabile famoso  attore  »,  certamente  il  Cammarano  l).  Il 
Celione  scrisse:  La  Forza   de!'             :sa  o  sci 
miro  Amante,  col  Pulcinella.  Pu  replicata  10  se 
poi:  La  morte  del  Conte  d'Upsal,  tragicommedia:  < 
colpo  reco  (]iie.st'es('in|)l.-ir  iragicommediail 
barite  e  il  Zingaro  per  amore.  *)  C'osi,  per  la  K. 
sciisse   poi:   la  Cunegonda   in   Egitto,    ['Anne/ indo ,  il 
Vassallo  fedele,  Sopra  Vingannator  cade  V inganno 

Nella  quaresima  ^i  'Invano  vani  spettacoli,  quasi  d, 
fanciulleschi.  Cosi,  qualche  anno,  comedio  con  pupi  con 
le  leste  di  legno:  un'altra  volta  venne  da  Roma  un 
tonio  Chiesa  con  22  tra  cani  e  vi  rapprec 

vani  giuochi  '). 

Ma  la  quieto  e  la  povertà  di    |uesti  teatrini  na| 
fu  turbata,  sul  principio   del  17?:{,   da    una      >n  ,><ignii 
francese,  che  venne  n  Napoli,  al  Teatro  dei  Fiora 
Ne  era  capo  un  M.  de  Senépart;   ira  gli  attori,   c'ora 
il  d'Aufreane,  un  M.  Bussete  una  giovine  o 
dici  anni,  M.|1,;  Teissier.  L'entusiasra  »,  testa 

compagnia,  spopolò  tutti  gfl  ahri  teatrini.  ■) 

Gazzettiere  delle  recite  di  qu  «ti  comici  francesi  fu  I 
baie  Graham';  che  ne  scriveva  minul 

quello  «  un  evénement   bien   singulier  et  ! 
pour  les  Napolitainsl  o  Bisognai  re  i  napolel 

'j  I.o  SoIn-riJlo  credo  che  forno  il  di  Fiore,  ma  sbaglia.  Il  di  Fior*  ( 
morto  da  uà  pezzo  —  Cfr.  /.a  comedia  dettarti  in  Italia  p.  39. 

»)  Comm.  T.  XII.  od.  orig. 

»)  T.  Xlll.  ad  orig. 

•)  D&  26  genn.  73  ed  altre  rarl.-.  —  f.  W. 

*)  2  getmaiu  73.  Il  permesso  fu  dato  por  intercessione  dell'ainb.  di  Pran- 
cia,  Bar.  di  Breteuil,  La  Giunta  domandò  co  doveva  riveder»  i  Li' 
le  fu  risposto  :  come  ai  solito  —  Teatri  f.  17°. 


—  527  — 

ridereste:  «  Vpus  verriezvna  eooled'enfantsl 
1  le  monde  a  soli  fivre  devant  les  yeox,  lète  bai 

ut-i-  jamais  Isa  yeux  poor  voir  la  scéne;  ila 
paraissi-nt  contenta  d'appre&dre  a  lire  le  francais...  Bn 
morale,  il  laut  la  regarder  comma   ime  mission  que  1° 
nói'.il  Voltaire  ;»  eovoyee  de  geo  100  ordre 

pour  convertir  uno  n.thou  et  \  piantar  r  éteudard  da  se 
croyance.  L  de  Voltaire  améaeront  a  sa  prosai 

et  e'  est  où  il  les  al 

mneiarono  col  Pére  de  Fami/le  del  Diderot;  la  po- 
lizia impedì  il  Mah 01  net ,  ma  permise  la  /.atre.  «  Vene 
ne  sauriez  imaginer  la  justesso  de  goùt  et  de  critique  qu'  un 
peonie,  qui  entend  (ree  mal  le  (rancais,  el  qui  a  anoore 
des  et  imedies  barbare*,  a  fait  paraitre  daos  cettc  occasion  ». 
I  giudizii,  che  egli  riferisce  b  cementa]  sono  quelli,  ohe 
Uva  dagli  spettatori,  damo  e  signori  napoletani. 
Piacque  poco  Lebaurru  6i  imV  moltissimo,  fito- 

t  del  Bea  niente  affatto,  V Abòrti  Le  Misan- 

thrope  in  applaudito,  «  quoique  toute  le  monde  n'  y  trou- 
vftl  rien  de  nouveaU]  psree  que  Moline  a  tant  ctó  fole, 
.  imitò,  par  nos  comódiens  italiens,  qu*  il  sn  est  de- 
lé  à  nos  orcilles  ».  Gran  successo  X Adelaide  du 
di  Voltaire.   «  Aufresne  jouait  lo  ròte  du  sire 
de  Coucy,  et  nousavons  une  actrice  1 1  Balze  anSj  appelóe 
reissiei  ,  qui  est  tout  a  l'aii  intéressante  >.  B  cosi 
■ntinuò  con  le  Glorieux,  Hf/rnalyon,  l'  Enfant  pro- 
fanine, ecc. l) 
il  Re  volle  sentirli  a  corte ,  e  il  curioso  fu  che 
egli  aveva  dichiarato  che  si  sarebbe  oeito  seccato,  \\ 
amava  il  riso  e  non  il  pianta  AVVISO  al  cortigiani:  i  quali 

durante  I  sbadigliavano,  s'annoiavano,  mentre  il  re, 

.radi,  la  sua  d  me,  piangeva  dirottamente] 

ir.  jmm"  tulio  questo  nottata  o  i  particolari  «l'offni  recita  che  tra- 
lascio, I»  •  anaa  del  QalSaoi  dal  16  geun.  al  27  fobb.  73. 


—  528  - 

Per  la  quaresima  73,  D.  Gennaro  Bla 
-lei  Teatro  Nuovo, 
per  ii  danno  gn  o,  ehe  gli  recavano  iianti 

francesi  P.  cosi,  il  Tomeo  *).—  Ma  i  grossi  guadagni  bui 
in  pochi  giorni  a  Napoli  —  più  di  6000  ducali  —  indusse- 
ro il  Sénapart  a  chioderò  il  permesso  di  formare  una 
nuova  BOmpagnlaj  a  venirsi  a  stabilire  per  ti*o  anni  a  Na- 
poli. La  sua  domanda  era  raccomandata  ai»  be  ,.ll  amba- 
sciatoro  di  Francia  \). 

Tutti  i  propriotarii  •  .li  -i    ribellarono 

strepitarono;  tranne  quello  dei  Fiorenti  .  in 

moti  '  latto  i  suoi  guadai.'in.  B In 

siderare,  prima  di  tutto,   il  gran  dao 
cosi  use  ito  dal  Regno;  a  il  danno,  che  da  quelle  rat 
niva  alla  nostra  batta  lingua  italiana;  e  l'interess- 
prietarii  dei  •  ronchiti  Don    dovesse  accor- 

darsi il  j>eniiesso.  Il  Tanucci  ordinò:  «  Nella  mi 
nieni,  si  risponda  all'ambasciatore  di  Francia.  » 
scongiurato  il  pericolo. 

Ma,  poco  dopi.,  ne  sopravvenne  un  altro»  L' impresario 
q]  «Inaino  sul  principio  del  177-1  una  compa- 
gnia comic;i  lombarda4)  Brano  tanti  e  tanti  anni, 
un  mezzo  secoli»,  die  lo  compagnie   comiche   l>mbank 
non  venivano  p.ù  a  Napoli,   I 

in  prosa  e  il  prevalere  della  musica  ne  le  a  w& 

lontane.  Ma  orai  dopo  Goldoni  e  Gozzi)  e  col  ricco  re* 
P'iiorio  francese  penetrato  in  Italia,  le  compagnia  dell'  ti* 


»)  Carle  f.  17». 

B8  ranno  73  e  altre  carte  f.   !7.« 

')  V.  ..li  nppttalM  —  Giunta  B8  nprUc  ì 
4\  Kra  raramente  composta  di  pcrtonuggi  ili  ì  diversi  w 
mata  J^/mbanl/i  4  |ior  darle  un  ceri  a  n  Pietro  C****** 

bini  con  sui»  moglie,  l'Arloccl.  •  toorln  ,  l'  .  con  I»  *•* 

figliuole  Anna  ed  Orala,  ore.  .**.  —  Orto  f.  28.° 


—  Ò29  — 

Italia,  die  avevano  sulle  m  ili  il  van 

lingua  e  della  pronm  Udrai  in  : 

antera'  'tare  dui  iiap>>lc>tani  ave- 

stato  il  pubblico  '). 
1  comici  Lombardi  ebbero  intani  un  ottimo  bui 

«so;  tarilo  che  l'impresario,  invece  di  farli  nei 

mi  soliti,  il  martedì  e  il  venerdì ,  li  fece  ro- 
■itare  quattro  o  cinque  volta  la  settimana,  e  la  sera  e  il 
.  I .  più  volle  la  settimana  recitava  anche  la  eom- 
Mgnia  del  Nuovoì  Questa  trotta  i  pio  danneggiati  orano  i 
ornici  del  S  i  iMecco  supplì  pauriti,  • 

(ingraziati,  dicendo  «  essere  lei  pane,  che  hanno 

i  dia  R.  Cleu 
che   lucravano  con  loro  sudori,  lo  spendono   m   questa 
ra  e  loro  Padria,  e  non  gii  le  nazioni  estere  che,  dopo 
impingua  niinii,  altrove  estragono 

moneta  »  ').  —  La  Giunta  ordinò  agli  imprecarli  del 
i     Ini  di  limitare  le  recite  a  due  giorni 
,     [uesti  non  volterò  ub         .  >J  i.'unpre- 
del  Nuovo  ne  «  quattro  stregoni  e  sahim- 

10  costituire  un  diritto  proibitivo  »;  che  i 
i  in  tempo  di  Carnevalo  andavano  al  Nuovo,  mfl 
no»  potavano  andare  al  s.  Carlino,  »  alt  >nta  l'osccnit 
medesimo,  pi  libri  non  si  rivedono,  né  disaminano 

ita  ».  E  infine,  osservava  che  i  suoi  comici 
erano  «  tutti  napoletani,  ad  infuori  della    prima  doni 
quelli  pò  del  Castello,  nella  maggior  parte,  fot 


i)  i  rx  Stanti  U  MtL  f.  18°. 

irninuo  F.  Oc*"  I  "\   V    ''■■ 

Giummi,  0,  >!•>  P«le •,  V ,C  .mutarono,  B. Man  i  betta 

d'Ono  e  T.  Tomeo,  i 

«  nota  BOP]  .    Fra  i    nuovi   scanalarli 

mano  Salvatore  Tomeo,  VioOMUO  Menna.  0.  A  i,  0.  B.  Ca«ini, 

•  mancano  il  Oiunaui  e  il  De  Falco  f.  t8.° 

86 


590 


i       jui-ti "ne  si  fece  grossa;  nella  Giunta  si  di 
pareri;  n  fu  ohi  era  d'opinione  die  si  v  •   ai' an- 

che i  •  napoletani  «per    hi   gru' 

ià  <L'i  caratteri  propri!  del  paese  sono  stati  sempre 
-ni' liti,  quando  gli  allori  sono  stati  abili  •>.  Ma  il  Cons, 
l>.  Salvai  proclamò:   •  quelle  cose 

dipendono  dal  gusto  del  pubblico,  doveva  al   . 
stesso  lasciarsene  la  decisione  ;  né  decidendo  mai, 

r  sempre  la  volontà  di  decidere  »  ').  <.' 
tc-farc   e  In  ire   fu   la  soluzione  prati 

quistionc. 

Certo,  non  si  poteva  negare  che  i  comici  pai 
rano,  prima,  (ulti  artigiani  e  rozzi,  ondo  *' uia-odusse  a 
soldo  dagli  impresarii  qualche  forassero,  che  ha  serrilo 
di  lume  ai  paesani  «  Né  bì  poteva  negare  com- 

pagnia Lombarda  «  reciti  con  vivezza  e  con  otó« 

che  abbiano  inin.>  lotta  un  gusto  migliore  neOa  ■ 
zione  o  nel!'  azione  ».  E  l'effetto  era  buono  :    nasct: 

!"  il  emulazione!.  1.  ignia  napoletana  del leaW 

Nuovo  mise  in  iscena  in  quel  tempo  un'opera  in  prò* 
che  piacque  moltissimo  '). 


')  Giunta,  Carte  vario,  1774  f.  18°.  Nel  f.  19.°  c'è  il  para» 
nov.  74.  Ecco  la  risoluzione  in  margino  «  Vuole  il  Re  che  si  ùcria  i 
regolarmente  e  ««conilo  le  leggi  a  tenore  degli  ordini  generali  •  àtn& 
doai  far  legge  nuora  o  spiegazione  ai  proponga,  boa  inteso  d»e  prii  *f 
puntamenti  e  le  parole  a  voce  non  sano  nò  decreti  né  voti,  ni  allo  alo** 
legittimo.  >  15  uov.  74. 

!j  Carte  come  sopra.  Nel  72  era  tra  gli  attori  del  Teatro  Nuow»  m  Or- 
nare >1    N ■••.-. -Ili    :.  IT'   I".  l'armo  dopo,  Ira  le  atlriei,  una  Roaa  Miaei*»»1 

-  Noi  set t.  74.  i  comici    uapolulani  al  Teatro  Non»  • 
H  va  n  contro  il    \  i  ai  hi  rolesae   muli»  lui  appaltai** 

I-oinbar-li  —  Tfatli  I",   IR". 


—  531  — 


XIV. 


//  Grossatesta,  impresario  dì  nuovo  — 
Matrimonio  del  Re  —  Cronaca.  (1767-1771). 

Il   Grossatesta  ripigliò   t'impresa  del  s.  Carlo  il  67-8. 

>  impresario   del  teatro   per  11   anni  a  con  ap- 

ilauso   del  pubblico  —  dic'egli  —  ed  per  lo 

Bario  e  vestiario  del  medesimo  impiegato  vario  somme, 

elio  devono  essere  il  i  i  di-Ila  di  lui  avanzala  età 

La  De  Amiate,  invitala  a  far  da  prima  donna,   rifiutò) 

ivava  stabilito  di  non  cantare  più  atti  teatri.  Pro- 
li da  cantante!9)  Fu  raccolta,  invece,  una  compagnia 
aoinposta  dalla  Girelli,  di  Carlo  Rama,  1."  soprano,  di 
ìiipa^mieei ,  di  Kreole  Ciprautli  leQOFO,  <U 
Clementina  lini-letti,  e  di  Celiando  Speciali.  T)  Il  primo 
ballerino  fu  il  celebro  Giuseppe  Salomoni,  detto  di  l'orto- 
galio;  che  ebbe  per  compagni  l'Anna  Elicei,  il  Vigano  e 
la  Beccati.  *) 

Nella  primavera  si  recitò  la  Semiramide  ,  musica  del 
Bertoni,  che    non  piacque.  *)  K  se<;ul  il  Lucio  Papiria  del 

Ilio,  dove  cantò  anche  il  Ma/./.an'i. 
tri,  f.  ir. 
*)  Cosi  tcriveva  in   data   J'.-l    18  agosto  1705  a  Praucesea  Guizziti , 
già  prima  donno  a  San  Carlo  n.-l   1753*1  .  e  nuora  del    Grossi»  teste.  — 
Teatri  l  15.°  Varie  lettere  del  Metastasio  alla  De  Ainicis.Uel  1705,  06, 
uno  alla  Biblioteca  di  S  Martino;  e   furono    stampali-    mU* 
lettere  disperse  e  inedite  di  P.  il.  a  cura   di  C.  Anton/1  Trasenti,  Roma, 

Ì  Molino.  1880.  p.  307 
unta.  Carte,  Sott.-Nov.  00  —   Teatri  f.  lo." 
ianta  10  maggio  67  —  Teatri  f  15*  —  V.  libretto  Bibl.  Angal. 
•')  Apr.  87.  Era  stato  proposto  prima  lo  Scipione  del    B 
ma.  dello  Seipioae.    l'.ntri  (.  15.°  Gfr.  giugno 
W  i 


Si  annunziava  allora  3  matrimonio  di 
ascilo  di  minorila,  con  l"  Arciduci)  3sa  Maria  Giuseppa  J 
'i  taalria.   Il  SO  ibre  si  fece 

gl'annunzio,  una  gran  Testa  teatrale,  intii  <>opc 

ool  Ubatiti,  la  Tefkbar,  B  Ranzzini  ed  altri.  »)  — 

Il  Tanucd   aveva  scovato  un  altro  poeta  di  prologhi  , 
il  suo  Basso  Bassi,  fra  questi  un  Saverio  Ad 

I  Calabria,  a  Squilbce.  Il  Mattel  mandò  un 
prò]  la  nascita  di   Cario   HI.  Egli   - 

''-.•  di  Calabria:  «  La  dura  mia  sor     — 
agli  \  —clic  mi  costringe  a  passar  qui  i  migliori  anni 

.Iella  imi  \<ui,  impedisce  che  in  me  si  i 
alla  idee,  che  possono  aver  coloro,  che  si  vivon 
BMnte  O  in  Corte  o  nlin.  '  ittà  »  s).  Infatti,  il  Tal 

tini  aario  a  Napofi  con  rincarioo  di  delle 

cantate.  *) 

Il  pretto  d'otr  ila  soleva  essere  di   ducati  set- 

tanta. V.  il  curioso  è-  che  il  IS«Ì,  al   >pi 

slava  assai  poco,  (era  l'unica  sua  r  iveva 

preso  roso  di  richiedere  il  pagamento  con  una  domanda 

in  versi.  K  in  margine  alla  consone,  al  madri  »  allo 

il  Tanucd  annotava:  Si  dio  Verdine  sola"'. —  l»i 

queste  domanda» ecco  mia, come  saggio.  È  diretta  b 

mi ,  che  aveva  X  incarico  del  pagai 
poi-la  l'epigrafe:  Rìdentem  poscere pane  iti 


Come  augelletto  non  pennuto  aurora 

Che  dal  nido  sov< 

Famelico  ,  digiuno , 

Chiedendo  l'esca,  pigolar  si  sente, 


')  Fiorirne  o.  e.  IV,  238-9. 

*j  I>uo  ma  latterà  t2  oor.  17G7  e  SO  awan.  68  al  Tanu 

tv.  dd  JemmttU,  t>  LXXix. 


—  533  — 

E  del  provvido  padre 

Col  flebile  suo  canto  il  tardo  accusa 

Sospirato  ritorno. 

Se  alfin  lo  vede  rivolargli  intorno, 

Come  può ,  gli  si  appressa , 

Col  rostro  aperto,  e  l'ali  inerti  ignudo 

Scuote  festoso,  e  d' ingoiar  s' affretta , 

Poi  tace  e  dorme  ed  altro  cibo  aspetta; 

Io  cosi  del  gran  Padre,  *) 

Che  pur  è  padre  tuo,  giusto  ed  umano  , 

Mercede  attendo  e  non  l'attendo  invano; 

Lunghissimi  lamenti 

Spargo  anch'  io  dal  mio  nido,  e,  se  non  lice 

Vederlo  ed  accostarmi,  io  porgo  i  voti 

A  quella,  che  mi  nutre  amica  Dea , 

Dolce  Speranza,  onde  cortese  alfine 

M' imbocchi  per  tua  man.  Priego,  e  contento 

Tacer  però  non  voglio.  Il  premio  accresce 

Estro  e  vigor  ;  ma  più  l'accende  il  nuovo 

Lietissimo  vicino 

Nuziale  argomento.  A  Febo  io  chiedo 

Or  la  sua  cetra,  e  sostenuto  a  volo 

Da  Bernardo  e  dal  Nume 

All'alme  suore  accanto 

Già  mi  preparo  nuovamente  al  canto. 

In  segno  di  rispetto,  di  stima 

e  di  cera  fiducia 
Giambattista  Basso  Bassi  8). 

E  gli  era  stato  dato,  infatti,  l' incarico  del  prologo  per 
!  feste  nuziali'). 
Ma  l' Arciduchessa  Giuseppa  mori,  e  Ferdinando  restò 

])  In  margine  :  S.  E.  Il  signor  Marchese  Tanucci. 

*)  Del  1767  —  F.  15°. 

3)  Basso  Bassi,  12  maggio  67  —  Tanucci  2i  maggio  —  Teatri  f.  15°. 


—  534  — 

senza  fidanzala.  So  non  che,  Carlo  111  i 

si  misero  d"  accordo  e  sostituirono  sul. 

la  sonili  della  defunta,  l'arciduchessa  Maria  Ca 

lOvembre  1767  si  ebbe  a  S.  Carlo  il  Fan  mti- 

lel  Mislivececk;  i 
nel  gennaio  68  (a  quanto  sembra),  VAI 
del  I'aisiello.  ') 
.Si  cominciarom  itivi  per  ; 

16  caca/>  (ali,  per  dispori- 

D,  Salvatole  e  D.  Bi  ''-unii  Francone. 

-upplieavauo,  e  e 
anticipatamente  un  palco  d  un  posto*). 

Nel  maggio  176S  ,  si  ■  .   musici 

il  I  Sacchinì*).  Prima  donna  era  la  TeOber.  «  io  I' I» 
sentita  cantare  —  scriveva  il  Finocchietti  —  e  per  veràA 
canta  mollo  bei'  »po  In  Gabrielli,  non  poi 

oggi  trovar  di  meglio,  e  per  quanto  mi  o 
di  cappelli  Peppo  dì  Maio,  possiede  quasi 
più  della  Gabrielli.  Non  e  bella  di  • 

ìza  e  bona  grazia,  ed  è  di  ottimi  i  ')  ». 

altri  ran  Giuseppe  Afferri,  1 . 

o  Mandolino,  El  inai  1 1  i  IperJ» 

Coir  uscire  Ferdinando  di  minorità,  fu 
innovazioni  al  S.  Carlo,  modificandosi  il  proscenio,  e 
Dandosi  tulio  il  teatro  di  specchi.  Ogni  ,  .èva 

specchio  di  dentro,  e  un'  altro,  più  grande,  di  i 


')  Carlo  vario.  31  agosto  67  ©ce.  —  Teatri,  t.  lo'. 

')  Vedi  11  lauto  domando  nel  f.  15.°  La  Do  Amici»,  cui  ora  toraaU 
I  di  cantare,  acrimo  noi  marzo  C8:  «  Emendo  in  trattato  di  al 
ro  o  cantare  in  Genova  nulla  prossima  primavera   od    in  Mantova  a^*" 
pò  «gaggio  dulia   nostra  Sovrana  ,    m  dorando    rispondere  prontamente  aa**"* 
riapottivi  Impresari!,  chiede  il  coatouto   ' 

»)  Ud.  l'i  maggio  D8 

*)  Flnooehl  ria  tfl  ale.  77—  Teatri  f.  10* 


—  535  — 

irai  un  braccio  con  duo  candele.  I  giorni  di  gala; 
illuminazione  generale  e  si  scovrivano  gli  Bpecchi:  il  che 

troduceva  una  luce  o  un  risalto,  elio  era  lo  stupore    ! 
Per  la  venuta  di  Maria  Carolina,  a  Caserta,  in  un  tea- 
gpedale  ,  si  recitò  l' Idolo    Cinese  del  Lorenzi  ;  al 
,  Cario  poi,  ci  tu  la  multala,  il  Pelea,  poesia  del  Ba 
Bassi,  una  delle  più  belle  musiche  del  Paesiafto.  Fn  chia- 

er  questa  castali  i  prima   donna,  Lue 

Agujari,  detta  la  Bastardella* (  on  la  quale  il  U ■■  -:"  i: 
bba  una  kmga  lotta  d  i  ,  Prima  «li  tutto,  la  sufi 

oonaposiaone  poetica  dovè  soffi 

■sioni,  a  per  la  nota  pari  debolezza  di  Lu- 

'/aa   Agttjarì  ,    elio    tisicamente  e  maediinalmeiito   non 

a  è  convenuta 
più  lungamente  in  riposo  e  fuor  di   scena  ». 
.ija  Bastardella  cominciò  a  volerlo  costrìngere  a  ra- 
nella poesia  ceri>:  ariette  del  suo  repertorio.  11  Basso 
intócol  Ministro.  «  Ma  costa  troppo — gli  fu 
sposto—  questa  donna  al  Re  !  p,  e  non  biso^  -gu- 

i-o  parmigiano  detta  Bo- 
ra L'altro,  per  forza,  una  brutta 
ne  le  corde  basse  di  quella  cani 
iella  duplicata pa  "  il  Bassi,  dopo  un  podi 

imitimi!",  dora  acoon  barrisi,  contentandosi  di  far  le 

•Ir  ai  Tanimi:  <.  Tutto  no  mi  serva  d'  apologia  a 

presso  V.  E.;  la  quale  io  supplico  a  non 

li  il  torlo   di   creilenni    capimi    >V  un  si  stravolto  od 

ifelii  ire.  Quando  compong  .  so  cer- 

ute  pensare  e  so  comporre;  ed  ogni  qualvolta  l'I- 

per  le  pubbliche  stampe  in  quattro  diverse  coi 

in'  ha    equivocalo    con    Metastasi  ì 


>)  Cir.  tra  gli  ali  ri  La  Lande.    Yoya/je  en  Italie,  L  e.  436. 


—  53T>  — 

questa   una  sufficiente  riprova  di  qualelni   uiia 
nel    drammi  Beo  e  so  che  niun 
ili  un  si  bel  vanto.  Mi  giustifica 

lizza  in  tal  genere,  la  chiamata  eh'  ebbi  gi  ntun 

anni  dal  a  i  Re  I  ',  per  vi 

a  comporre  in  Napoli  la  cantata  sulla  '  U.  Pri- 

mogenito, ni  qua!  comando  io  non  potetti  u 
vandomi  □  poco  buono  stai  ed  ess>. 

già  inoltrala  la  imi'  pi 

•li  mia  gloria  l'invito   ch'ebbi  già  - 
1'  Blettor    Patatine  per  din?:''  ieat 

quafio  Beppi  generosamente   r  lasciare 

<li  servire  il  Re  delle  S 

ili  prove  non  fanno  forse  veruc  mio   meri 
sondo  pur  troppo  la  mia  disgrazia;  e  eli--    !j 
irati*  natue,  facciano  almeno  presso  V.  K.  ^cusi 

per   quelle  eoa  mie,  e  che  ho  ite,  coro» 

ijui  troverà  acchiuse,  il  signor  Colla  su  -Lsuto 

ostinatamente   che  si  conservi  la  rima  in  ante ,  | 
stando  elio   sarebbe   ricorso  da  V.  E.,  se 
mutava.   Ella  non  ha  pratica  di  questa   virtuosa  caprfc- 

agUs,  capace  di  fare  ini; 
Ne  avevo  già  io 
masto  convinto!  »  *). 

La  cantata  ebbe  un  successo  memorabOo.  La  fi 
tifila  foce   Tetide',  Luca   Fabris   Peleo',  il 
il  Monanni  Apollo  ;  il  1  e  un  G 

'ieo.  Restarono  famose  le  arie:  Ora  ci  /w*0 

amato,  e  Già  ti  redo  in  campo  armato,  «  ehanlécs  p**" 
la  Bastardella  ,  et  quelle  seu 


i)  Basao  Bassi.  Apr.  17*58;  lelL  2  maggio  08  —  f.  15*. 
*)  Vedi  l'opuscolo:  dar    tlirrrttsstmenl*  «^  ^*** 

tonine  de   l'ottona  ecc,  di  Sara  iìoudar. 


—  537  — 
Tetide  (adombrante  Maria  Carolina),  diceva  a  un  punto  : 

Popoli,  udite.  A  voi 

Mi  propongo  in  esempio.  A  dar  di  fede, 

A  dar  costanti  e  vere 

Al  mio  sposo,  al  mio  Re  prove  d'affetto 

La  primiera  sarò.  Con  la  Regina 

In  me  la  Cittadina 

Troverete,  e  la  Madre.  Ah!  questo  io  bramo, 

Da  voi  tenero  nome,  e  sul  mio  labbro 

Quel  tenero  non  meno 

Nome  udrete  di  Figli;  e  tutte,  il  giorno, 

Divideran  fra  lor  lo  sposo  e  i  Figli, 

L'opre  mie,  le  mie  cure,  e  i  miei  consigli  ! 

Nella  seconda  parte  veniva  Giasone,  con  seguito  di 
gladiatori ,  atleti  e  popolo ,  al  suono  di  molti  strumenti. 
E  si  facevano  varii  combattimenti,  terminandosi  con  un 
quartetto,  cantato  dalla  Bastardella,  dal  Fabris,  dal  Ràff 
e  dal  Monanni  : 

Or  tempo  è  di  riposo, 

È  tempo  di  goder  1 
Non  oda  il  regno  intorno, 

Non  veda  in  s)  bel  giorno, 

Che  fortunati  accenti, 

Che  oggetti  di  piacer!  ') 

Il  13  agosto  68  si  dava  l' Ipermestra ,  del  di  Maio;  il 
4  novembre,  1'  Artaserse,  del  Piccinni;  il  12  gennaio  69 
1'  Olimpiade  del  Cafaro. 

Con  questo  spostamento,  fu  provveduto  a  che  fossero 
celebrati  i  nomi  e  le  nascite  dei  sovrani  di  Napoli  e  di  Spa- 
gna. I  prologhi  erano  scritti  dal  Mattei  e  dal  Basso,  press*  a 

-■ 

')  Vedi  libretto. 


-  538  - 

poco  alternando.  Nel  gennaio  se  ne  avevano  due,  uno 
ai   12  i  nascita  di  Ferdinando),  l'altro  ai  20  (nascita  di 
(  urlo  IH)  !).  Ma  il  Mattoi,  B  poco  poco,  datosi  alla 
tica  dell'avvocheria  e  poi  alla  magistrata 
solo  padrono  del  campo  *). 

A  Caserta  fu  costruito  un  teatini"  stabile,  dal   \  anvi- 
telli.  *)  E  cosi  in  nitri  siti  reali,  come  a  Portici, 
ne  fece   uno  nel  17ii(j  ')  :  e  gli  attor  mo  i 

giovani   sovrani    nelle  loro   escursioni. — La  coi 
di  Corte  passò  sotto  la  direzione  effettiva 

enzi.  D  Cirillo  non  ricevette  alno  disj  .  dalcar- 

ii.  vai"  del  <>7  in  poi  *).  E,  invece,  il  28  dicena 
al  Lorenzi,  giungeva  un   biglietto  del  'ì 
ceva  cosi  : 

Volendo  il  Ro  per  suo  real  divertimento  che  si  facciati 
Caserta  dai  20  del  prossimo  mese  di  gennaio  in  poi  le  eoa- 
medie  all' improvviso  il  Lunedi  e  il  Venerdì  di  ogni  *eU» man». 
e  considerando  la  M.  S.  non  esservi  rosa  piti  contraria  ali* 
riuscita  di  tali  rappresentazioni  che  il  dispoi 
bligbino  i  recitanti  a  far  parti  non  corrispondenti  al  lor  cara.*' 
«ere,  ha  risoluto  che  V.  S.  s'incarichi  cobi  dell'  i  ne  òi 

soggetti  delle  coroedie,  come  della  disposizione  e  concerto  | 
iiumIi -simi,  e  che  V.  S.  anche  scelga  tra  i  comici  del  Real  S^ 
vigio  quelli  che  stimerà  più  proprii  secondo  il  far  di  ciascun 
perche  le  comedio   possano  incontrar  bene.    Glielo    \>r 


•)  Quello  del  12  gonn.  60  fa  dui  Mattai,  o  quatto  dei  20  dal 
a  ciascuno  furono  pagati  due.  •  ""\  fu  qu<  -nnaiol 

.•,  nill»  domanda  pel  compenso,  il  Mattoi  ai  dice  :  Proféuor* 
He  regie  tettole  del  Salvador*  —  f.  15."  bis. 

')  Nell'ottobre  71  il  Basso  scrivo  dio  il  Mattoi  «  a' ara   profoanto 
molte  volte  di  non  volerne  fan»  più  ».  I. 

bis. 

*)  (.'.arto  varie  —  f.  15* 

&)  Lettera  del  Cirillo,  28  dicembre  1768,  o  altre  carte.  In  marfia*  al 
Iattura,  ù  notato  :  iYoh  ji  risponde.  F.  15.*'  bis. 


—  rag  — 

al  nomo,   perché,  intendendosi   coi  Cavalieri   Nasolli  n 
'rancono  no  disponga  1'  adempimento  —  Porgano ,  28  dicem- 
S  — Sig.  D.  Gio.  Battista  Lorenzi. 

E  ranno  seguente,  il  1  1769,  riconfermanti 

HUt.'sti    ordini   si    aggiungeva:    «  Mi  comanda    ora  il   Rfl 
che,  siccome  V.  S.  ò  responsabile  della  buona  riu- 
iidle  comedie,  cosi  disponesse  ancora  di  chiamare 
sua  casa  quei  comici  del  Rcal  Servizio,  cho  conosce 
•l'poriuni,  e  ohe  ivi  si  {ancia  da  V.  s.  la  lettura  dai  sog- 
da  me  veduti  ed  appi-ovati  e  dei  concerti  corrìapoiH 
denti  nella  ra|>|»ivs(Mii:iy.intic  'li  dette  comedie  non 

eseguisse  dai  comici  quel  elio  si  <■  io  nei  con- 

debba  \  .  S.  riferirmelo  per  darsi  dal    Uè  Io  provi- 
te opportune  ■>  '  >. 

ivano  parie  della  compagnia  Nicola  Buonocoro,  i 

da  Marco  Pacchietta,  il  Villani,  Don  Greco,  il 
Don  Vitantonio  Patacca,  Gennaro  Stesine  da  Ici- 
lio 5),  il  Casti  glia,  il  Notargiacomo,  60C 

',  l'ersano  20  dio.  69;  Pori  d    16  aprile  17C0—  Tmtri,  f.  15  bis. 
*)  Coscui  nel  1771  fu  licenziato,  perdio  incapace  di  recitare  nelle  co- 
medie  promoditate,  non  sapendo  leggere:  bddoi  ■•'.   OgìJ  diceva ,  «  a  di- 
sunpegnar tal  carattere  non  nhblaogna  saper  leggero    montro  cor.  i 
■ola monta    nell'abilità    di    parlar  molto  e  non  farei    capire  ».  V.  carie 
Ott  71,  f.  l'i:' 

»)  Jl  Lemuri  volava  escludere  il  Bisceglia  per  la  sua  incapacità  ,  e 
anche  per  la  *ua  bassa  conditione;  <  niente  corrispondente  alln  qualità 
della  compagnia,  da  S.  M.  coutradixtiuta  culi 'nuora to  titola  di  Oalaut 
addetti  alle  comedie  della  Camera  del  Re,  tra' quali  niuna  figura  pan 
ire  il  Bisceglia,  eh* è  un  dipintnr-3  di  carrosoe,  ed  impertinente  a  segno 
il  padre  b tesso  fu  costretto  a  maledirlo  in  una  publica  piana  a  piena 
voce  >.  Lettera  al  Tamii  ri  27  maggio  69,  f.  15.%'*.  —  Questi  comici  non 
no  meno  allo  loro  tradizioni  di  mendicità,  o  peggio.  Cosi  nel 
iliaAloja  muoreva  ricorso  contro  il  Notargiacoiuo,  cui  ella  aveva 
ii  orologio  «l'oro,  perche  lo  facesse  accomodare,  e  il  Notargiacomo 
l'era  venduto  !  — Carte,  f.  15°  bis. 


—  540  — 

Il  Lorenzi  era,  al  solito,  indebitato  Bino  alla  cima  de 
capelli.  Egli  aveva  un  soldo  come  r 

Iti  del  Carmincllo  al  Mercato  e  di  S.  Giuseppe  a  CI 
e  un  tanto  come  atto  lie  faceva  in  tutto  32  d' 

mese.  Più  volte  il  He  gli  aveva  fatto  dare  unti 
perché  pagasse  i  suoi  molteplici  creditori.  I  I  altri, 

nel  1771    domandava  un  sussidio,  (Scendo  di  OOO  av« 
come  alimentarsi,  perché  i  suoi 

i i-aii.  Il  Tarn*  '  ilieri 

putati,  scrivendo  di  asaminare:  a  questa  nuova  im 
lucane  di  uno,  che  non  si  !  te  mai  di  tante  gn 

nel  Eteu.  i  '). 

I  Cavalieri  deputati,  il  Naselli  a  il  Francone ,  nominati 
per  te  aozze  reali ,  restarono  in  ufficio  cott"  inca 
reali  divertimenti.    Essi   stabilivano  col  Lor- 
da i  re  ai  sovrani.   Oltre  lo  recito  ordinarie  itela 
compagnie  di  camera,  erano  chiamate  a  corte  e 
siti  le  opere  dei  teatrini,  e  altre  avventizie  :  e  Jcbo 
commedia  recitata  da  dilettanti  in  case  private,  e  - 
plachila  molto. 

Cosi,  nel  1768,  nel  novembre,  si  detto  a  C 
can  ili  era  di  spirito  ,  e  nel  carnevale  6'J .  la  Urna  abi- 
tata del  ,  musica  del  -IV* 
del  1769  venne  a  Napoli  (iiuseppe  11;  e  in  quell'ooca 
fu  ripetuto  l' Idolo  cinese.  1-.  >\  racconta  che  il  Lorena 
coi  comici   di  corte,  rappresentò  innanzi   a  lui 
-rhclto  di  Portici    una  comedi;»  all' impronl 
tore  D                       dorè  che  fosso  improvvisata; 
Lorenzi  gli  chiese  un  soggetto,  e  su  quello  n 
un'  altra 


•)  23  Maggio  71.  Carlo  f.  18.°  —  Altra  carte,  di  rimile  natura,  M  f*« 
in  f.  15." 
*j  Prefazione  «Ilo  Op*r*  dòl  Lorenzi. 


—  541   — 

ale  «IH  70,  a  (  aserta,  si  dettero  cinque  fa 
ballo,  sei  recite  di  iperedel   realro  \uovo,  un'opera 
di  S.  Carlo,  quattro  oomedta  all'  impronto,  e  duo  recito 
della  Claudia  Vi. 

wdia  era,  come  il  lettore  ricorda,  un'  antica  com- 
media del  Livori.  Casimiro  Bisesto,  il  Vali  fuoco  e 

.•litro  avanzo  della  I  ompagma,  l'avevano  pre 

parata  per  divertimento  dei  Padri  di  Monteoliveto;  quando 
il  Re  ac  a  sentirla  a  Corte  *). — 

Il  Risesto  fece  la  proposta  di  preparare,  poi  carnevalo  71 , 
Abbate,  anche  del  Livori:  ma  i  Cavalieri  deputati  oa- 
irono  che  tutto  ciò  era  una  manovra  per  Barai 

il  Eia,  e  metter  ftiori  poi  pretensioni  «li 
tensioni.  Volendosi  l'opera  premeditata,  «  potrebbe  dal- 
l' incarico  a  Don  Titta   Lorenzi .  ohe  già  si  trova 
eli' esercizio  di  tali  direzioni  comiche,  ecc.  ••; 
e  cosi  fu  fatto  3>. 

del  Lorenza  si  recitarono,  tra  l'altro,  e  con  sorpren- 
;ontro  ->,  //  Bugiardo,  «  rifatto  sul  gusto  dell' 

il-.  BUll'  Origli  :ii:iiiiI;iI.  |  mi   »,  C  I'  /«- 

lento  oi  ì  ro  autore  sul 

L ivoriano  assai  migliorate  »  'i. 


10.o 
l  15."  bit.  Sul  principio,  il  Ro  ricusò,  e  f.  10.° 
')  Carte  f.  10.°  Due  anni  prima,  il  Bissato  Nettava  OCA  attimi  suoi  <oiu- 
c'erano  del  Li  vari  D.  Vi  •  Torre  ecc..)  l'Abate.  Il  ilons. 

iruao,  83  Apr.  68,  dico  di  avere  assistilo  al  concerto:   «  La  comeiia, 
I   l'iutrìgo  «per  lo  ridicolo,  e  tra  per  «asaro  concertata  collo  «tasso 
.levato  da  nn  concerto   elio  s'è  fatto  In 
Htza  mia,  potrebbe  senza  mono  incontrare  il  piacerò  di  S.  M.  ecc.  » 
»i  «ardili-  lanata  presente.  Carte  f.  IO.0 
'i  l'ref.  Voi   I.  Opere  del  Lorenzi —  L' Inganno  fu  slamp.  nel  T.  VII, 
Collezione  di  commedio  pubblicata  a  Napoli    sulla  fiuu   d-l  ««colo 
da  D    BftBgfMOII 


—  542  — 


Il  3  dicembre  70  si  recitò  al  teatrino  di  Corto  Gelosi* 
per  Gelosia,  del  Teatro  dei  Fiorentini.  Il  3  e  23  re 

le  due  comedie  in  prosa  dello  stesso  teatro,  la  Carlotta 
o  la  Geneoieoa.  E  il  4  dicoinbro  a  Portici  il  /Rodolfo,  co- 
raedia  del  Principe  di  Cannolo  ■), 

Nel  carnevalo  del  72,  olire  due  comi  lei  Gold 

BÌ  ebbe  la  Merope,  con  la  traduzione  in  prosa  fattane  da 
Michele  Saroona,  Il  Lorenzi  fu  incaricato  di  concertarla. 
«  Per  la  sola  tragedia  —  egli  scrive  —  non  basterebbe  iJ 
concerto  di  un  anno,  secondo  il  praticato  del  fu  Abnte 
Andrea  Belvedere,  dopo  del  quale  niuno  si 
entrare  nel  difficilissimo  azzardo  del  coturno  L'essai 
di  quella  scuola,  ed  il  coraggio,  che  prendo  dal! 
clcmentissimo  compatimento  di  S.  M.,  non  diffidi 
entrare  nell'ardimentoso  cimento  »  *).  Vi  :  »\in 

gli  altri,  un  Antonio  Puzio  e  un  Tommaso  La  Rosi 

Nel  carnevale  del  73,  il  Sarcone   -  il  Teodosio, 

tragedia    in   prosa ,   per  la  quale   furono  chiamati  van 
attori  dei  teatri  pubblici,  come  l'amoroso  Francese 
tonomea,  Sebastiano  Ricciardi,  Vincenzo  Guerrieri  e  una 
donna,  che  fece  Eudossia.  Per  le  tragedie  ci  voleva 
donne,  non  uomini  che  recitino  da  donne,  cho  noi 
mai  naturali,  e  danno  alla  recita  Parta  di  una  cosa  di 
seminario  *).  11  teatro  di  dilettanti  cominciava  a  decada* 
•  li  Ironie  alle  agguerrite  compagnie  dei  teatri  pubbli' 

he  Ferdinando  ordinava  le  trattative  re  la  com- 

pagnia ilei  Sacchi;  die,  questa  volta,  non 

Il    Teodosio    non    dovi    piai 
Cavalieri  deputati.  11  Tanucci,  letterato  oltreché  min 


»J  Carte  Teatri  (.  ir,.* 

*)  Lorenzi,  Napoli   il  setL-mbro   ITTI.  i.   IT 
:ij  Cav.  dcp.  api  17  • 

•)  Cari»,  f.   17." 


543 


Iva  in  margine  eli  un  momoricalo  questo  giudizio  let- 
II  Ho...  vedo  che  il  gusto  italiano  non  è,  e  WD 
lo  mai  per  I  die  60  da  Bdooli  remoti:  onde  ò 

HUto  introdotto  un  leso  spettacolo  eh* è  l'opera;  sa  che 
poo  ('■.  stata  bene  accolta  Dette  nazioni  ••.stero  la  trugedia 
in  prosa;  laonde  vuole  che  li  due  Cavalieri  propongano 
il  divertimento  più  plausibili-  che  si  possa  »  ').  — 

Il  30  maggio  17G9  andò  in  iscena  al  S.  Carlo  il  Deme- 
trio del  Piccioni ,   che  non  piacque ,  e  fu  sostituito  su- 
data  Zenobia  dello  stesso.  Il  J3  agosto,  la  Merope 
IH  Zeno,  musica  del  Sala;  il  4  novembre,  1*  Adriano  del 
;ennaio  1770,  \& Bidone  del  Monopoli.  *)Pr> 
donna,  la  Tetìber,  e,  per  le  opere  d'inverno,  la  Do 
acondftj  la  Apollonia  Marohetti  (questa,  amm&p 
nel  gennaio  70  fu  sostituita  da   un*  Anna   Le 

I uomini,  il  Tonnarelli,  i  be  aveva  cantato  a  Firenze,*  all'A- 
liborti  ili  Roma,  il  Benedetti,  il  Monanni,  il  Tibaldi,  il  Sar- 
tori ni,  ec« 
i  giugno  73  —  Teatri  f.  17.» 
«J  Carle  f.   i&fi  bis  «  noi.  f.  20.° 

')  Un  curiato  aneddoto  di  quell'anno.  Noi  munto,  poi  forti  venti,  che 
ci  furono,  restando  aporte  lo  finestre  del  teatro  S.  Carlo,  la  guardia 
Slitterò  Mittivauo  continui  rumori  nel  teatro.  N'ebbero  spavento;  na 
parlarono  tra  loro;  ma  l'  Uditore,  rimediò  subito  col  far  chiudere  le  <i- 
aesti-e!  Ma  creo  cominciarono  a  spargersi  le  più  strano  dicerie  per  la 
citta;  clii  diceva  che  la  fauna  dui  rumori  era  lo  spirito  di  Maria  l»roe- 
aatasta;  altri,  lo  spiri'  ..dangelo  Ausante,  afforcato  e  bruciato 

atli  i/o  di  quel  luogo,  por  l'assassinio  da  lui  commesso  nel  l'a- 

lano reale  del  Tesoriera  Kcciavarria  ;  altri  ancora,  1'  essersi  dato  pm 
tolto  il  ballo  di  Doti  Giovanni  Tenorio,  o  affermavano  che  simile  effetto 
■'era  visto  in  altri  teatri,  dopo  la  rappresentazione  di  quel  ballo.  A  farla 
la  voce  si  sparse  talmente  e  fece  Unta  impressione  «  che  la  gente 
gUore,  ma  disaplicata,  del  paese,  e  specialmente  alcuno  dame  brillatiti. 
dalla  curiosità,  ni  andavano  da  aera  in  aera  piantando  avanti  del 
'«atro  per  sentire  la  voci,  non  curando  di  sUr  esposto  alla  pioggia  di 
1  allora  fu  che  uscirono  tanta  cose  sentito  satira  che  1'  una 


—  544  — 

Dopo  molti  anni  di  affi  poli 

JommeUi.  Egli  non  Ir  ivava  più  i  tei 

Mi.  «  Una  disaipazioi  tinua,uncica 

tinto,  un  gusto  per  una  musica  mollo  e  snervata,  un'a* 
versione  per  tutto  ciò  che  costa  fatica ,  o  una  liberti  di 

are  a  capriccio,  un' ostentazioni  di  abilità  fuor  ili  h 
e  «li  tempo  in  oerti  ornamenti  snpertlui, 
« .pprimono   le  note  e  le  parole,  e  specialmente  la  Degfi- 
ganza  dell' azione  e  il  nessuno  interesse  pei  recita 
quali  dipende  lo  sviluppo  dei  re 

senza  alcuna  connessione  ».  Vi  ' 
medio  e  reazione,  scrisse  I*  Armida  abband  o»» 

di P.  s.  de  K>gati,  che  fu  rappresentata  il 
Duo  grandi  cantanti  la  sostennero:  la 
C  erano,  inoltre,  il  tenui  li,  la  secondi 

ci  ietti,  ecc. 

E  colli  sta  ri  tu  dato  il  13  agosto  V Antigono  delCa- 

faro.  Il  JommeUi  preparava  l*  Opera  del  4  noi  -M:i. 

in  questo  intervallo,  capitò  a  Napoli 

lo  Burney.  ■)  Il  JommeUi  lo  c->  seco  al  con* 

confront.iR.vi  coli' altra  ,  ed  il  meglio  li  è  che  delle  di*enw  coee  dell»  •»■ 
se  no  può  appurare  giatnai  1'  autore  t.  Paro  poi  che  i  servitori  41  «p**0 
i  A  i  •  i  '  '  :  '  •>  perchè  i  padroni  ai  sbrigassero,  getta— PO  dai  ad" 
contro  lo  mura  del  teatro,  producendo  i  rumori,  o  che  L  lamenti  fa*" 
Opera  di  qualche  cane  ,  die  *  ftlrodoUO.    1    •  urioai    gianam  *• 

punto  di  penetrar  di  -ilchAtti,  dal  che  nacquero  compbouòeoi. ' 

una  apode  di  processo  dell'  l '■■  lltora,  5 maggio  1770— 

i)  Riattai    Et,  <Ul  Ann.,,,-!',.  Ed.  . -it.  p.  LXXX— I— Nel  (.  tft»,  a»* 
il  genn.  1771  —  c'è  il  aunto  d'una  proposta  fatta  d  haleAAif 

e  II   timore  della  totale  decadendo  della  musica  ii  fa    »niiU  *J 

umiliare  un   progetto  per  l'esercizio  della  gio.  lossmW1 

Propone  un'  opera  da  farai  da  quei  giovani,  e  ne  deaerilo  rari  capri»» 
E  aoggiugne  ch«  da  un  secolo  a  questa  pari'/  •  abbia  purtas»* 

Regno  di  Napoli  un  milione  ». 

*)  Nel   1770  «ru  anclu  a  Napoli  il  Mwarl.  Cfr  Ani  QtU»ù& 

d'Épiuay,  7  luglio  70-  K.l.  Perej  «t  Maugi.  -    I     !•■: 


—  546  - 

ii  ili.-mi  eri  do  tutte  di  g  mere  allegro,  piuttosto  d 
I  automimici  che  altro.  Cosi  i 
di    \  "■ 

Nel  -canaio  Ti  si  dette  1'  Eumene,  cominciata  a  uau- 
"sco  di  Maio  (che  mori  .  quando  ave» 
•  terminato  il  primo  alto),  e  terminata  da  altri.— E 
nuovi  impresari]  dei  teatro  certi  Notarangeli,  e  Fu. 
l'Amadori    i< 

L'AmniloH,  entusiasta  del  Jommelli,  \  'i  unire  si 

di  lui  il  gusto  dei  napoletani,  S  recò,  dunque,  a  H 
dov'era  il  maestro,  e  *.rli  fece  scrivere  I'  Iftyew 

ita  in  fretta  e  furia,  e  u  isteria 

Corruptio  boni  p  Mattei.  >I 

più  orrido  di  una  musica  del  Jommelli  mal  ù  i  ».  D 

gioì  ina  soprano  Pacchiarolti,  che  con  la  1 1 
Ioni  eseguiva  l'opera,  contribuì  alla  pi  >  U 

semplice,  toccante,  natur  tiri» 

legame  alcuno  :  qualunque  ornai  so,  qualanqus 

sforzo  o  l'avviliva  o  guastava  lutto  il  bello  d 
seducente  ».  Lo  stesso  Saverio  Malici  il  testi! 

t  'lucila  primo  impressione,  esclamò:  «  Ma  che  Jom 

iszzof  ».  Ma  il  vecchio  t  laffarelti,  che  gli  sedeva  accanto 
in  platea  ,  andò   sulle  furie  :  «  Paz.  sono 

cantanti,  non  ci  sono  cantanti!  Ah,  tempi  d  i  gio* 

ventù!  Ma,  non  dubitate,  si  conoscerà  lret« 

que.sta  musica  adorata  venerata  e  sonata  per  tulli  i  can* 

tato  d*a  •  ■) 

L'opera  fu  tolta  e  si  voleva  sa  /enofa 

del  Piccioni.  Ma  i  sovrani  non  permisero  u  •  Tronto 

«I  vecchio  maestro  e.  per  corregge; 


»)  Ivi,  ,».  297  8g. 

iti.    IO    loglio    ('/.'.   I-    lo.*   bit. 

•  nei,  o.  C  LXXXIII-IV. 


—  547  — 


nielli,  fu  rimessa  io  iscena  YArtnida.  l)  Nell'agosto,  ci  fu  la 

Vfitieti  deirAfllbssi,  a,  do]  novembre,  YEmìo  del  Sacchini. 

Con  lettera  di  adozione  del  M  bt  la 

l'ini'  llvano  per  I*  Italia  le  due  sorelle  Marianna  e 

^eilia  Davis.  Marianna  sminava  un  (Strumento  -li  nuova 
invenzione,  1'  Armonica  :  «composto — dice  il  Metasta- 
sio  —  ili  tazze  ili  cristallo  e  di  vetro  li  varia  progressiva 
grandezza,  ordinate  in  filza  e  fermate  in  un  ;  -the 

i  rivolge  soflecitameoie  in  giro 

.ilo  punte:  o  queste  toccale  a  -Musa  d'organo  di  gravi 

mbalo  olle  nudo  inani  dall'  '..'suerta  suoualn  fflO 

un  nuovo  soavissimo  suono, eoe  particolarmente  aeLpa- 
scQi  di' è  il  genio  dominante  di  questo  struraentOj  ha 
/a  impai  ile  »  '). 

L'altra  sorella,  la  Cecilia,  detta  YlnglesiM,  taceva  la 
cantante.  Ora  accadde  che  la  De  isri- 

uita  a  un  dottor  fisico  Buonsollazzi)  usci  gravida;  ed  era 
■,  impossibile  che  comparisse  sul  teatro  nella   porte 
dell'Amazzone  Bradaniante  nella  quarta  opera ,  il 

era,  musica  dello  1  lasse.  L'IngUaino,  eli'1  aveva  buono 

raccomandazioni,  specie  d  l  lasse,  che  le  era  stato 

ro,  Ri  «rinomata  a  sostituirla.  Il  Mot:  quando 

■e.  dette  un  grido  dorrei  e.  A  s.  Carlo  Y  In  <j  lesina 

e  con  la  sua  piccola  figura,  tenue  spirito  ed  abilita,  e  voce 

limitata!  •>  ').  Intatti,  foce  fiasco. 

•  fa      u ita!- v  al  S.  Carlo  un  oratorio:  la 
!  Sepolcro.  —  Il  90 ,  la  Ctemerun  di    1 
-si.  Noll*agost.>,  V  Achille  in  Se  irò  dell'Amiga 
in  seguito,  Vipera  lei  Piccioni,  e  Y  Arianna  e 


ir.  —  Il  Jommelli  rewlilui  all'  Amatlori  i  650  scudi,  che  avera  h- 
-vii ti  p«r  compenso. 
•)  MilWiij  Ifiwiw  fa  jwr  mi  vii*  ufftì  otta  ■<•'  Uetartano,ì.  e.  j>.  xxxvn- 
XXWIIl. 

1  Kftttd  I.  0.  XXX  Vili. 


—  548  — 

Teseo  dell'  Insanguino.  •)  [Prima  <1< 

pria  l'Aprili    tenore,  il  Cassetti;  seo  <tia*. 

la   Marchetti, 

11  nuovo  impresario,  Gaetano  Sani  -ed  ese- 

gui   grandi  Innovazioni.')  ;  ,.    o   vestiarii 

iiii-ivi;  prese 7% .valuti,  invece  dei  oa 

•  a  doppio  i  corri< 
sospeso    un  gran    lampadario   in  mesto  al 
voglia  —  a  a  questo  i 

mpadaro  non  abb 
causa  di  qi  agedia  nel  r  mot 

protestai  in  G  llorehè  '•    »1dd  costruire  di 

stallare,  elio  alata  sotto  lo  mie  case  avanti  d.°  R. 
ciò  nonostante,  confesso  anch'io  che  sia  beli 
la  un  ....  aj) 

La   compagnia  dei   cantanti    tu  formata  Primi 

donna,  la  he  Amicis.  Seconda,  Mei  'iti,  data 

la   Vixciolctta. — Di  costei.  ina  virtuosa, 

asauova,  re  'li  BOI  •  ■.  ?tt 

I  Napoli,  s'era  fit  Cfg06  «Lillo  braco» 

di  Monsignor  Buoncompagni ,  ch'era  allora  il  suo  i* 


virtuosa 


>)  Carte  f.    \' 

*J  Neil*  sua  offerta  (a  concorrati/a  del  Vignaò,  dot  Bianchi  •  J*  i 
il  Sautoro  pronw>iu*va:  I)  bmm  «  roatiani  nuovi  —  2>  Sanano  pttff^* 
courenJtmU— 3)  Uattuneati  storiati  (l'ioù  con  costami  sloricaiuaoU'  «*• 
4)  Alberi  isolati,  boschi,  ^iarilìui,  acque  vere  e  uou  dipinto  r 

•ilo  alla  proposta  del  Bianchi,  di  dare  ogni  anno  dn~  1 
e  duo  del  Metastasio  diro  che:  €  Considerandola  da  uomo  onesto  »* 
trovare  poeti  in  Napoli  che  possano  coni  facilmente  comporre  in  «gol  »■•• 
•lue  porrai  da  staro  a  confranto  di  quelli  del  «lo*  •  l— 

T«ro  però  si  dichiara  prontissimo  di  pag.'  nuovi  drammi.  eJMbw 

questa  Giunta  li  rìtrovaMe  siccome  promette  ecc.— fi)  illnmiaaiioanl'"w 
fsle  ili  lumi  per  ogni  scena,  ecc.  —  Giunta  I  febbr.72  «altr«o»rW  f- I""- 
Carte  f.  18.  Il  contratto  a  «tarai».  iu  daU  **  korembre  ! 
I  B  Bi    no,  t  «Kosto  I7TJ  —  f.  18.° 


—  519  - 

mante.  ')  —  Degli   uomini ,  il  Pacchierotti  ,    Pietro    Santi, 
il  tenore  Tibaldi.  Quest'ultimi!  non  voleva  contentarsi  de- 
gli 800    zecchini,    che    t^li  offriva  1' impre-;iri<i,  II  Tannivi 
«  Il  Re  dico  che,  se  non  si  contonta  degli  800 
,  hi   punisca  Gol  u"ii  poter  essere  più  chiamato 
nei  teatri  «lolle  Stallie  ».  Bell'espediente  I  Fece  tante  scuse, 
e  coree  entrilo.  *) 
Ma  la  compagnia  dei  ballerini  ebbe   anche  maggiori 
La  prima  coppia  furono  Charles  Lepioq,  e  Anna 
coppia,  la  lìa.laelli  e  Francesco  Mon- 
Gennarìello  e  la  Cocchi.  Fuori  con- 
no Cesari 
Il  30  Diaggio  73,  andò  in  iscena  il  Trionfo  di  G2 
del  Borghi  ;  poi  il  Romolo  ed   Ersilia  del  Misliveoek;  il 
ivembre,  V Adriano  deH'Insauguioe. 
Il  1  la  Bonetti  introdussero  a  Napoli  la  danza 

.  Le  danze  italiani!   erano  balletti  e  pantomimi 
ti,  c.Dine:  scene  pastorali,  danze  di  marinai,  di  ci- 

I  ballerini  e  le  ballerine  w  mettevano  il  n 
movimento  e  forza  che  potevano,  fino  a  cadere  este- 
nuati.   «  ;  .il.  n"  ont   de  goùt  quo    pour  la  dausi* 

haute  L-t  pantomime,  qui  set  Boóompagnée  de  pas  extranr- 

dinaires.  de  contorsions  et   de  lours  de  torce  ».  Cosi  si 
spiegava  anche  la  passione  pei  g  ii.  *) 

Il  Lepicq  ,  con   la  danza  terre  terre  dei  Ventri 
Novi'ne,  pollava  ima    rivoluzione!   «Il  a  pensò  ótre 
au   commencernent.  Les  Napolitani*  ne  B*  aperec- 


If,  Casanova.  Mém.  VTIT.  328-30.  Bdò  cho  dico  di  lei  il  Winkolinann 
in  una  sua  lettera  del  1767.  Cf.  Barlhold  <>.  0.  II. 

*)   \  .    19  dSotObN   7?  EOA   f.  17.° 

•Ila  Binelti  parla  il  Casanova  Mém.  IV,  24»  sg.,  VI,  381  sg..  VII, 
222  sg.  Ed  t  noto  il  duello  cho  ebbo ,  a  camion  sua ,  col  polacco  Conto 

*)  La  Lande  o.  e.  445-7. 


'M-p- 


-.ra 

■tt; 


-  5J>0  - 

vaicnt  pas  qu'  il  dansàt,  dans  uu  aussi  enorme  et  inoaB^n- 
strueox  thèatre  que  le  nòtre,  puisqu'  il  ne  sautnl  ponMBCA; 

mais,  cornine  il  esl  d'une  très  jolie  taille,  il  a  coramelle» 
apprivoiser  tea  Napolitani:  et  la  Nation  pau  s'e^aesl 

convertic  ».  Cosi  il  Galiani  alla  d'Epica?,  e  soggiunge»- 
col  suo  solito  spirito:  «  Voyez  Ics  progi 
nous  tombons   dans  la  monotonie,  grace  a  vous  atitre^ 
nipssicurs!  »  l'Va  breve,  tutta  l'Europa  Bari  Parigi,  e 
mondo  Bara  diviso  in  due   parti:  gli  Europei  dall'una, 
i  Cinoi  dall'altra I  ') 

Il  napoletano  Ccnnariello,  die  ballava  nella  lenta  coi 
pia  ,  era   Gennaro    Magri  ,    autore  di   una  curiosa  ope 
sul  ballo,  dove,  chi  vuole,  troverà  notizia  minuta  d 
i  generi  di   (.rissi,  salti,  capriole,  giochi   di  braccia, 
balli,  che  allora  s'  usavano  :  a  Oli  volesse  il  cisto— -di» 
l'autore  a  un  punto— che  io  tornar  potcs 
.l'Ili,  ma  con    lo   stesso   discernimento ,   che   per    la  I)-^»io 

ia  tengo  ni  presente,   vorrei  divenire  il  pri 
piente  del  inondo  e  nella  in  ■stia  bell'arte  un  -involar  po-«"»r- 
tento!  »  ') 

I  Cavalieri  deputati,  che  erano  stati  incaricati 
sare  a  qualche  nuovo  divertimento  pel  teatrino  di  f\»ra«»', 
proposero,  pel  carnevale  74,  a  uno  spettacolo  in  music=s, 
intrecciato   con  balli...  mollo  applaudilo  ».  Questo  sp< 


»)  Loti.  24  Luglio  177'.*. 

*)   Trattato  teorico-pratico    di  bailo  di  Gennaro    Magri,  Sape! 
maestro  di  Ballo  de'  Reali  dicertimettti   di  sua  maettù 
Reale  Accademia  militare,  ed  alla  nobile  Accademia  di  matita  e  di 
la  dei  signori  Cavalieri,    di  cui  h"  J  pur  maestro,    dai 
1770.  V.    Orsino.  2  voli.  —  Io  una    sua   supplirà  del    : 
corn  d'aver  ballalo  por  più  anni  a  S.  Carlo  comò    primo    b 
d'essore  stato  coro  pi  I  :  halli  neU'ooca-  -  reali. 

73  in  poi,  maestrn  di  hallo  dei  regi  dtvertiniiMiti  pei  natali  del  pei 
ereditario  o  dcdle  r.  principesse,  el  altre  ricorrenze.  Chiedeva ,  due 
di  succedere  al  posto  del  Mae»!  ali,  ae  questi  premono©.— F. 


—  581  — 

feo  del  Gluck,  poesia  del  C;>  cui 

fu  aggiunta  una  burletta. 
ÌJ  Orfeo  fu  recitato  a  corte  nel  gennaio  74,  e  piacque 

moltissimo.    1  {•alitanti   AjTODO    la    De  Amiiris  ,   il  Pai 

,  e  un  Innocenzo  Lucci.  Seguiva  un  ballo  del  Lepicq: 

^it'ìc  di  Pimtieu  ').  Intanto,  a  S.  Carlo  Guidava  in  iscona 
Uessandroiit/!*    Ji!>>';'r,  'I-I  PicOHMlL 
Queir  anno  .  inoltre,  fui' mio  permessi  nel   carnovale  i 
balli  in  mas  ;1  S.  Carlo.    Dal   1718,    'lai  tempi  del 

i-'-lli.  n.  m  se  ne  erano  più  fatti.  Re  chic  i  re- 

rapa ,  <-ii"  s'affissero  per  l  i  te.  s 

sarebbero  dati  il  Martedì,  e  gli  altri  giorni,  che  avrebbe 
stabilito  il  Ho.  La  gente  doveva  intervenire  mascherata: 

o  di  carattere  o  in  domino  o   in    bautta   alla    Veneziana. 
Cominciavano  alle  ore  11   di  notte.*) 
Il  I  le  in,  a  onesto  modo,  più  splendido  del  solito. 

L'avventuriera  Sara  <■ lar,  ch'era  allora  a  Napoli,  <:i 

descrive  le  mascherate ,  le  cuccagne ,  e  gli  altri  diverti- 
ti «li  quella  stagione.  Andò  ai  ih  del  s. 
!-'.  E  dice  che  sentiva  intorno  a  sé:  «  Ecco  Madama Gou- 
dar,  ecco  la  bella  inglese!  •>.   Nel  primo  balli,  >i  ma- 
■róda  nestaie;  poi  da  inglese  viaggiatrice,  da  greca 


li  «ri.   ni.  dall'  A.l -mollo  <kl  Funf.  dèlta  Dom .  e  *pw.    XII 
11. 
T)  !•'.  18.  11  Oaliani, 29  gennaio  74:  «.Teserai  fori bro fra aoir.  J«  vois  an 
■  l'Opera.  Spille/,  qa'i'u  17  is  Naploa  flt  pour  la  premiata  «I  i 
niero  foia  le  apertalo  d'un  bai  public.  Lfla  prMrea,  lea  Ostrogotha,  lea  aou- 
tieus  de  la  barbarie  uationalo  seutirent  les  ofl'ots  terriblw  d'  uu  bai  libre, 
pare,  catholiquo,  c'est-àdire  universel.  Un  s'y  oppotArent,  aree  une  force 
incroyablr  et  les  firent  defondro  a  jnmais.  Il  en  a  contò  dea  pcines  irn- 
moaaee  pour  Ice  rétablir.  J'y  ai  eu  plus  de  pari  qu'on  ne  s'  iniagine.  En- 
hngard  Ikmu-.-ux    qiM    le  roi  passe  lo  Caronvul    ici,  «I  d'nutrn*  cir- 
eottannea  favornblea, ont  hil  rtimlr  nnsduhM  ■■■•>'  on  rrojnit  déaesporén. 
J'oo  «spòre  un  grand  h>eu  pour  in»  patrie:  la  galanterie  e*l  la  pierre 
ponce,  qui  polit  lea  nntioua  >. 


—  552  — 

di  Scio,  da  inglese,  da  Flora,  da  maga.  Rissando,  uria 
delle  volte,  innanzi  al  palco  degli  ambasci 
mandò  al  ministro  di  Sardegna  chi  essa 
rispose:  v  l\  Madama  (  roudar,  di 
della  beltà  !  »  •■'■  J'aiu-ois  peut-ótre  pu  le  di-  fot,  - 

soggiunge  essa  —  si,  daos  cette  moine  assemblée,  il  n"y 
eu  la  bella  Marquise  de  S.  Marco,  la  belle  princsiM 
de  Belmonte,  la  belle  Duchesse  de  Cassano,  la 

Blanch,  la  belle  duchesse  de  Popoli,  la  '--esse 

do  Caramanico,  la  hello  D.  Magdi  -.ielle 

duchesse  do  LuscÌAno,  la  balle  duchesse  da  i  m  >i,  la  baie 
duchesse  da  Riarie),  la  bette  Marquise  Cavale  lidie 

Marquise  Carignani,   la  vincesse   d«-  ,h 

jeune  demoiselle  D.  Marguerite  Bi  i,  lille  <lu 

due  de  Bufera,  la  lille  du  Princ     !  ida,  D 

Chiarina  Marini  lille  de  Ganzano,  L>.  Bealrìi  agra 

et  plusieurs  autres  Beautós  qui  al  la  mietine,  eJ 

me  renduieiit  laide  a  taire  peur  ».  ') 

Il  battesimo  dell' infanta  Luisa,  f'aUo  dalTambasciadofe 
di  Francia  De  Breteuil,  per  parte  di  Luigi  XV,  enne  luogo 
il  pj  braJo  e  accrebbe  la  dì  quel  camerale. 

A  proposito  dei  De  Breteuil,  un  fatto  tragico  aveva  tur* 
allora  Napoli.  Suo  genero,  il  giovaue  Conte  di M«- 
tiguou,  nudando  a  caccia,  s'uccise,  per   disgrazia,  eoo 
un  colpo   di  fucile.  Ma  di  ciò  non  è  qui  il  luogo  d 
scorrere.    > 

A  SaraGoudar  la  De  Ami  ire  che  ca  M*8 

autant  d'art  (pie  d'agrémens  »;  il  castrato  Pacchiar' 
que  poco,  e  la  ragiono  la  dice  lei  !  Quanto  allo  dan 


')  Relation  hislonque  dts  divertùsomenU  c/m  Carnatnl   de  Jiapta  ** 
l*Urr  ile  madame  Gouilar  tur    ce  xuj.-t.      I   Lneques    11 
mio  articolo:  Sara  Goudar  a  Napoli  in  Lettere  e  Arti,  II,  22. 
Br  leu.  d-1  Oaliaui  ì  gena.  7»  —  .  ..  Botte 


—  568  — 

balletto  no  atto  ma  Ottica  e  pastorale  (Aminta  e 

t);  in  qu  Ilo  del  aecojidevla'Binetti  ISO  UO  Ud- 

ii uet  uvee  tOlttóS  tee  gràces  nalurelles,  qui  eOttJ  toujours 
eupericures  a  eelles  de  l'art  ».  1  grandi  combattinn 
con  soldati  veri,  le  pi.-n  quero  oltremodo.  Direttore  no  era 
sempre  Pietro  Capone,  die  fino  al  1751   (per  15  anni) 
aveva  servito  da  prima  figura,  e  d'allora  in  poi  da  hit 
"foie  di  essi  l). 
74-6  --i  furono  {'Olimpiade  del  Piccinui,  e  Y Ario- 
se/se, musica  non  so  di  ehi    M.i,  Dd  novembre,  fu  ripa* 

tuto  ì'Or/co,  cresciuto  ed  opera  di  tre  etti,  ao mi  mu 
del  Gluek  e  del  Bach,  mista  insieme  -)  —  Mei  gennaio  i 
il  Demofoonte  del  Mislivccek.  La  l:  ni,  il  Tendu-- 

il  Tibfl  'li  nani)  la  prima  donna,  il  pnmo  il-iiio,  B  il  I 

Pei  ballerini ,  il  Lepioq  e  la  Binarti,  il  Vigano  e  la  Bec- 
cari ,  e  il  Sabbatini  e  la  Cocchi.  Nel  gennaio,  por  d 
un  esempio ,  il  primo  ballo  fu  fatto  dal  Lopicq ,  ed  era 
tragico;  seguirono  poi  i  grotteschi  con  Vigano.  Pulci-' 
mila.  U  secondo  ballo,  grande,  di  grotteschi ,  diretto  dal 
Vigano,  e  fu  la  Partir  de  C/iasac  de  Henri  IV  '), 

Il  soprano  Tenduoci,  come  aveva  preso  moglie  '),  cosi 

8  Napoli  si  fece    fare    quasi    un    processo    di  adulterio. 

0  abitazioni:  in    Napoli   in   casa  d'una  Teresa 

•}  Luglio  17(10,  tebb.  70,  Sue  aQpplicha,  par  timore  elio  altri  lo  sop- 
pia n  tasso. —  F.  15.'  bit. 

i  aspettava  il  nach  «la  landra,  ma  questi  dorò  scusarti  di  nou 
potar  venire  a  Napoli  <  la  sue  opere  erano  stata  molto  applaudita  .... 
la  ano  doli'  Altnandro  girano  tuttavia  pei  cembali  df  tutti  i  dilettanti 
Mia  nostra  capitalo  ».  Giunta,  2  aprilo  74.  V.  lotto»  dui  Bach  dui  20 
febbr.  74  e  altre  carta  f.  18."  Qui  anche  parere  del  Mislirecok  taìT  Orfeo. 
iol  lo  art. 

')  Carlo  f.  IP.0  Fu  mandata  via,  nel  75,  la  Yiscioietta,  che  non  ara  oc- 
cupata a  \vr  In  «pialo  «  si  senti  qualche  incouveuienk-  in  qualche  fa- 
miglia ».  —  Ma  per  coatei   v.  Appendi: 

*)  V.  a.  cap.  X,  |>.  11. 


—  554  — 

Gatti,  parmigiana,  moglie  di  un  Pietro  Lftfon,    francese, 
i     aveva  una  trattoria,  o  allora  ora  assente.  11  Ten 
prese  p0S66880  della  casa  e  della  moglie.  Tornato  il  ma- 
rito, da  quel  die  gli  si  disse  e  da  <|U'_il  che  vii 
a  conoscenze  di  tutto.  Ricorse;  strepitò;  ma  la  Teresa 
un  suo  fratello  spari  da  Napoli.    Fu  cominciato  un 
cesso  contro  il  Tcnducci  (giugno  7".).  maq 
tato  h> ispiri',  andò  via  anch'esso  da  Napoli,  B  si  riunì  alla 
sa  e  proseguirono  per  Venezia.  A  Venezia,  dopo  varia 
pratiche!  la  Teresa  fu  arrestata,  e  ri 

dei  teatri  furono  aggiunti  due  altri 
stinti,  i  Gons.  Crisconio  e  Danza;  e  ad  ossa,  per  di 
disposizione,  sì  poteva  portare  appello  dei  decrei 
ditone.  A  I).  Cesare  Ruggiero,  con 

1>.  Ferdinando  Dattilo  ').  —  Voglio  notai  ►.  Gaetano 

Grossatesta  ,   antico   impresario   del   S.  Carlo  ,  mori  in 
questo  tempo  J). 

XV. 

//  Socrate  immaginario  —  Comici  di  prosa — -S.  Ca< 
Il  Teatro  del  Fondo  — Nuova  amminiaù 
Irate  —  (1775-9). 


Il  St  m/nantnario  fu  l'avvenimento  deirautuoiw 

1775.  Il  Bianchi,  impresario  del  Nil  n  carico  »l 

Lorenzi  ili  'imporgli  una  commedia,  e  al  Pai  mel- 

ica. 

>)  Suppl.  d«>l  La  fon  :  rei.  7  mano  75:  parere  dimeni  Reale  28  gi- 
glio: e  moltissime  altre  carte,  (.  10.n  —  Del  retto,  il  La  fon  non  «  "* 
bel  Boggetto.  E  la  Teresa  diceva  che  era  fuggita  perchè  egli  robn  *" 
•«lingeria  a  far  merci  (nonio  di  »£%  eco. 

■)  Keg.  reale  al  Caruso  :  ! 

*)  Nel  1771  ora  ancora  tìvo  :  nel  75  se  ne  parla  rome  morto.  A»*1*" 
un  figliuolo,  D.  Cu  rio  Groaaatesta,  che  nel  75  era  •oltobrigadiere  del  Ut- 
taglione  R.  Ferdiuaado,  f.  20.° 


—  556  — 

tano.  Ciò  clic  accrebbe  il  buon  successo  furono  i 

paro  discoprirvi.  Il  Qaliani,  in  modo  vera- 
biara  chi  ini  erano 

tutte  arbitrari-  l),  tda  u  ione  costante  ,  o  alcune 

allusioni,  ohe*  paiono  i  ohe  a  noi,  p->  an- 

nali" alla  penosa  di  Saverio  Mattai,  come  [■. 
in  quella  burla.  Il  Mattei  era  uomo  di  molta  esoda 
trina  e  d'in;:  vaco  e  di  gusto  fino:  m  i  ì  eu- 

tusiasmi  pel  greco  e  por  la  .me- 

alici;  che  gli  dava  la  moglie,  l».  Giulia  PiacioaUi, 
no  al  ridicolo.  Ridicolo  innoceot  --ni  modo 

S'  ero  giunto  alla  quinta  recita,  e  il  boti 
Nuovo  era  ,  si  può  diro  ,  assediato  ,  quando  il 
sentendo  parlar  da  tutti  di  questa  c>  .  \  ilio  averla 

«la.  I  .  intani,  fu  recitata  a  Corte  il  23  ottob 
subita  dopo  le  recita,  BTanu  ndino  di  seri- 

questo  biglietto  alla  Giunta  dei  teatri: 

Portici  21  oUobro  1775. 


Il  Ite,  ascoltato  l'opera  dol  Teatro  Nuovo,  intitolala  Soereb 
immaginario,  l'ha  ritrovata  indiscreta;  né  da  doversi  rappf* 
sentaro  al  pubblico.  E  mi  ha  imposto  perciò  dire  alla  V 
alla  Giunta  che  non  se  ne  permetta  più  la  rappresentanza  ')- 


Trovala  indiscreta/  C'ò  chi  vuole  che  fosse  il  Ma***1 
a  richiederne  la  proibii  ■•>  *'": 

apparo  come  un  motu-proprio  del  Re,  dopo  averla  ae^-1 


>)  «Je  veux  inourir  li  j«  unii  rwo  da  oe  qu'on  Irouvait  daa»  vm i 
y  «vaia  fait  ».  9  dir 

*)  Cfr    Kapoli-Signoralli    II  r<yno  di  Ferdinando  IV  (Nap.  Ì7W) 
(,  II,  124-5;  iipert  del  Lorcnu ,  pivf^  Ma 
Gattoni  I  ■  ttuittnpL  Nap.  t«7i»  |..  7" 

3)  Al  Cobh.  Canuto. 


,i. 


—  567  — 

lui,  di  persona.  Il  eh--.  non  «scio  I 

so  mosso  a  sentirla,  dopo  le  supposte  Bagna 
[e]  Mattai.  Il  curioso  é  che  il  Galiani  erodeva,  o  vola 

ci-  ihi/ionc  fosse  in  odium  auctoris,  quando 

ara    saputo  die  egli  ci  aveva,    avuto  park',   «  Telili  • 
-ituation  Icì,  dia  frayeur,  <|u  exeite  mon  esprit  dans 
lee  létes  dea  imboeilesl  »  '). 

tL' impresario   Bianchi   gridò  che  egli  era  rovinato,  e 
n/a  -ii.  «etto  per  autore  ci  uno  dei  mi- 

lori  Boggetti  su  t.ili  materie,  ripieno  ili  probità  od  onc- 
iali i  sottomesso  alla  Giunta  e  «  d  db 
medesima  corretto  ed  approvato  »;  ottenuta  cosi  rego- 
la licenza,  «  preso  o  dei  migliori  m: 
-li  e              per  metterlo  In  musica,  né  parmiato 

Kese   per   decora/ioni  ed  abiti  in  guisa  che  ha  dovuto 
attrarre  ducati  8008  e  più  di  debito  b.  La  GHunta  e 
venivo  deDa  \ orila  dell'esposto:  essa,  da  sua  parte.  Pavera 

t  sminati n  qin-ir.Hrlno,  come  sogliono  i  Imiti 

se  i  magistrati  »,  e  non  ci  aveva  VJStO  niente  di   n 

Afli  io  fu  invitato  a  presentare  il  suo  bilancio 

d        ito  e  d'introito:    aveva    dati   UH)    ducati  al   Lorenzi, 

iti.»  al  PaìsieHo,  180  ali*  aj  B  idi.  L50  alla  Monti, 

0  al  Limo,  ecc.  ecc.;  e,  con  tutti  gl'introiti,  perdeva 

D.  112V).  Il  teatro  en  chiuso  por  20  sere;  e  poi, 

in  fretti  -siili  iscena  :  //  Credula  deluso  e 

IDue\ 
Dopo  matura  considerazione,  la  Giunta   propose  che 
dessero  al  Bianchi,  come  equo  eanpense,  D,  450.  Ma 
-tare  quei  consiglieri,  quando 
giungere  questo  biglietto  dal  Tanucell 

■  eoteeta  dai  Tesili  eoli* aggina  ''aria 

lo  «corso  che  le  perdite  fatte  A  mora  Bianchi 

•j  Alla  Belatine*,  ti  Nov..  a  alla  d'Épiaaj,  9  die 


—  558  — 

Impresario  del  Teatro  Nuovo  per  la  proibizione  sovrana  del! 
rappresentazioni-  ilei  dramma  intitolato  il  Socrate  possono 

alla  somma   di    ducati    450.  Ed  ,  avendoli' 
conto  al  Re,  lu  M.  S.  mi  comanda  ili  dira  a  V    8.  Ill.inaci 
si  paghi  questa  somma  da  quei  Ministri  teatrali,  che  appro- 
varono tal  libretto  *). 

Palazzo,  12  febbraio  1776. 


Xi'll  75,  la  compagnia  di  prosa  d 

i    recitato  a  Procida  innanzi   al    Ite.   E  coi    mig 
attori  di  questa  :  Amia  ed  Orsola  lii/.zi,  Nicodemo  Mai 
Gaetano  Buoiiamici  •),  e  coi  migliori  della  compagni 
Fi.  .ivi, riin  :  Uessandr  >M 

Giulietti J) ,  1\  A.  Rossi,  Giuseppe  Gì  '  «.  I!-  M 

Lucia  Rubini,  tu  formata  una  compagnia  mista,  che,  per 
un  anno,  doveva  essere  pronta  a  o  amata  del  Re 

a  Napoli  e  ai  reali  siti  e  cacce  reali  '). 


>)  Tutte  queste  carte  io  Teatri  f.  20." 

-)  Fu  direttore  di  compagnia,  e  Krìssa  la  commedia ,  intitolila  U 
Fanny  —  F.  Brutali.  Nat.  ad  nom. 

*)  N«l  I7HT)  QOBtOJ  art  am-ora  a  Napoli,  e  sua  madr  ,  Caleriai.dl 
Firen»  ,  si  rivolgeva  al  Re  ,  pendio  la  faceaaa  faro  uà  asaef  no  dal  ** 
glio.  —  F.  26  «  —  Nel  1796  reciUva  al  S.  Carlino.  \X. 

*)  Costui  «ra  bolognese,  e  nella  sua  patria  recitava  da  prima  doao*- 
A  Napoli  fera  da  innamorato,  «  Imprimeva  egli  talvolta  un  rU;«l»r*" 
Booaggio  per  nome  il  signor  Pasquino,  «cbitanoso  ed  «fliluw,  ^  ,n 
cosa  assai  piacevole  il  vederglielo  rap  prose  ola  re;  e  ooat  pure  djn**U*n 
ni  vero  uu  uomo  oppresso  dalla  forza  del  vino  privo  di  ragione,  U»IH- 
ziente  e  mal  reggente»»  sulle  gambe,  cosa  in  vero  molto  ridi' 
F.  Battoli,  Noi.  ad  nom. 

Vacuo  pel  I  ..  Battoli,  ad  nom. 

*)  Impresario  dei  Fiorentini  era  Giuseppe  LebotU,  dnlla  prosa  » 
vo,  Filippo  Sartianl  —  Contratto  e  nltr..    carU*.    11  presto    < 
3500  dal  1775  al  70—  i. 


—  569  — 

comici  : 
Inglese,  e  nel  magg  E  a1  in 

«•lavano   con  Ilo  opero  buffo').  Il  tea- 

trino di  camera  era  in  sempre  maggior  decadenza.  Nel 
1776  mori  il  Cirillo,  e  il  Lorenzi  chiese  di  aver  il  soldo 
Igti  godeva  coma  autore  delle  commedie  a  sog- 
getto, «  le  quali  >i  scrissero  uer  molli  anni  dal  su 
Ctuita  il  Cirillo  vi  avesse  più  ingerenza  ».  Nel 

■m  *    Batti,  il  Don  Vitantonio;  poco  dopo, 
Di  B    \  ii  il  _'iacomo  ;  e  Francesco  Fra  «Il 

DO  vecchio  Diego  Vallefuoco,  di  età 
ili  ai  chiamato  dalla  M.  V.:  Lo  sf.  Gianni,  il  più 

ilio  dagli  antichi  attori  dui  lv  Urino  »,  che  però 

ì  della  nuova  coinp.ignia  del  Lorenzi, 
varie  suppliche  ohe  dimostrano  la  sua  miseria,  mori  nel 
:   Casimiro   Bisesto,  carico    di   figli,  con  la 
moglie  giovane,  il  padre  decrepito;  che,    come  varii  altri 
suoi  compagni ,  faceva  scoutare  alla  Corte  di  Napoli  gli 
antichi    divertimenti  con  le  continuo  seccature  I  4) 

tecedevano  attori  nuovi,  come  Antonio  Pnzio,  Gae- 

t ni- .  d'Armi nio ecc.— Qualche  altro  signore  dilettante  i 

parve  a  corte,  e  vi  I  itare,  come  già  il  Livori  com- 

Miposizioue;  e  fu  questi  il  Principe  di  Can- 

\t  .'in-  in-  dette  varie,  Bpeoiai- 


-;arte  vario  in  Ttatri  f.  20." 
*)  I  -ancariello  —    Teatri  f.  23.n 

s)  Vedj  tappi,  e  carte,  specie  nei  f.  20.,  lire  di  osai,  chie- 

devano poi  «occorso  lo  loro  vedovo,  i  loro  Agli,  i  loro  uipoti  ecc.  Fra  ti - 
«a  Rumo,  por  «j.,  nipote  del  famoso  napoletano  Cristoforo,  ■  1  ■  i ■  1  ■- ■•  • 
doto  per  BUfilwi;  oe&,  ••  Pastinile  Barone,  Mur.h.  ili  l.iwri,  ni- 
fi del  famoso  Marcano ,  nei  1770,  e  essendo  ridotto  nelle  maggiori 
angustie  dopo  di  e-sirrni  depauperata  la  sua  casa  iu  quelle  circostanze, 
domandò  di  «accedere  alla  successione  che  per  tal  riguardo  godeva  la 
Lfanta  suocera  »,  f,  22." 


—  m  - 

mente  a  Portici.  ')  —  Ma,  da  ora,  in  poi 
teatro  di  càmera  noti  è  quasi  da  te 

che  gli  diede  il  colpo  di  grazia  fa  che,  n.. 
s  .\t;iih.  attirali  da  una  musica  del  Paisiello,  < 
a  frequentare  i  teatrini  pubblici.  «  Voua  diraf-je  —  scrii 
il  Gnliani  -   qne  Paisiello  nous  a  donno  un  opera  bouflb 
d'une  moflique  teflemflnt  supériear,  quelle  a  engagé 
souverains  a  allcr  à  son  petit  Ihéàtre  I*  enteedre 
meni  noweaii  depnis  I'  établissement  do  la  mi  cb« 

nous?  «  s)  Era  V  Arabo  Cortese,  poesia  del  Mitili 
recitava  al  Nuovo.  Cosi  fu  ripreso  l'antic 
spagnuoli,  introdotto — se  il  lettore  ricorda  !  —  dal  Conte  i 
Montcrey.  E  la  buona  anima  di  D.  Erasmo  fj]  i  Tino, 

che,  nel  1737,  aveva  impedito  che  il  palchetto  reale  i 
si  disfacesse,  sul  dubbio  che  il  Re  un  giorno  potesse  I 
tar  pensiero,  doveva  rall<  l  olla  sua  preveggenti!  ' 


'i  Una  comedi*  ma.  del  Principe  di   Gami  M,  *  i 

Parigi,  nella  Bill-  Mazurinu  —  II  Orione,  in  una  m  prafaiion- 
«  In  una  comedi»,  scritta  dallWoditissùna  penna  «|» 

Canneto,  vidi,  e  restai  sorpreso,  uu  ca  veliero,  che  da  amoroso  rspp*** 
sentavi  la  parie,  intento  a  Caro  la  spia,  a  sentire  quel  cho  ai  di' 
torno  agli  amori  suoi  già  scoperti  ;  con  tal  vivo  sentimento,  eh*  m  m» 
parlava  ÌJ  labbro,  parlavano,  vita  il  tlielo!  gli   occhi,  il  pesata.  A 
cuore  ».  —  Comedi,- ,  T.  XIV,  1778,  prof. 

*)  Oaliauialla  d' Opina;,  6  luglio  1778— Cfr.  anobi  oart 

\nche  nel  1771  ora  stato  chiesto  di  potei  [.nlrbelli  r 

Nuovo  e  Fiorentini  La  Giunta  (20 mano  1771)  fu  di  parere  favotvW*- 
M*  il  COttfc  BubnO  "i  oppose,  per  le  atea*»  rngir>ni  «l.-il'I  ilio*.  E  il  TinSJO, 
il  3  maggio,  Annotava:  *  Sembra  che  non  convenga  approvare  la  ■•*■*< 
che  :  ì  Ili  due  ministri  togati.  (Huaiin.-i- ji"  Ioana."*** 

vedersi,  conoscersi  <•  venerarsi  la  sovranità  del  paese  ;  il  Re  di  l'riu""- 
mentre  aveva  occupato  la  Sassonia  o  risedeva  in  Dresda,  noi»  si  •ab"'' 
teatro  nel  palco  elettorale,  e  avvertì  il  Maresciallo  di  KsUiek,  osa* 
franchezza  francese,  vi  ai  ers  messo,  ad  ttsoroe  ,  essendo  quel*»  «a**" 
mente  poi  sovrano  del  paese.  11  giudico  Froda ,  proprietario  di  sa»  *' 
lah  tealh,  atri   mossa  quot'nrqua  ».  3  maggio  1771.    Teatri 


—  50]    - 

Rotto  il  ghiaccio»  i  Sovrani  cominotavaao  ad  andare  ni 
movo  e  ai  Fiorentini.  Ma  vi  andavano  in  iatretto  inco- 

o  ii'in  già  ufi  paleo  reale,  ch'era  in  mezzo,  ma 
il.] a  laterali  Alcuni  anni  dopo,  in  occasion 
-lauri  e  rifheimauti  dei  due  teatri,  i  sovrani  si  ri 
>arono  duo  paloni  in  ciascuno,  permutando  I'  uno  col 
Jco  reale,  che  fu  ridotto  alla  ferma  degli  altri,  e  com- 
pensando 1'  altro,  salvo  piccola  differenza ,  col  j'us  del 
meno  quarto  ,  che  i  Fiorentini  e  il  Nuovo  avevano  se- 
guitato a  pagare  al  S.  Carlo,  cioè  al  Re,  come  già  una 
volta  al  S.  Bartolomm  i  agl'Incurabili.  '»  —  E  ooal 

«risce  1"  ultima  traccia  della  concessione  di  Filippo  li 

;li  Incurabili  *). 
Si  ò  visto  quali  orano  nel  1770  i  migliori  comici  lom- 
bardi dei  Fiorentini:  bisogna  aggiungere  la  prima  donna 
Antonia  Albani 3),  e  le  ultime  parti  Nicola  Pianino,  Agata 
e  Gaspero  Rubino,  Giovanni  Budrek.  Nel   1777  c'erano 
Vltonomeo  e  il  Soriani,  ohe  abbiamo  incontrati  al  San 
tarlino  *). 
!..  nel  tempo  stesso,  al  Teatro  Nuovo,  s'ebbe  un'altra 
►mpagnia  francese,  attirata  dai  lauti  guadagni  della  pri- 
ia.  La  dirigevano  un  Joseph  Patto  e  un  Etienne  Lo  NeveUi 


>)  U  palco  reale  ai  Kionatini  aveva  <  un  doawillo  di  l««gu<j  al  ili  so- 
pra ,  ed  il  davanzale,  che  sporgeva  più  infuori  .h-gli  altri  palchi  »;  a 
corrispondeva  al  u.  8.  Quelli,  che  il  Ite  pruso  in  cambio,  furono  i  a.  19 
fila.  Ciò  nel  1779.  Al  T  uro,  lo  st«*-o,  «1  1782.  Vadi 

carte  in   Teatt-i  f.  29." 

*)  Noi  uovexnbi'D  71  S    le  Neytl,  proprietario  doi  Fiorentini,  esponeva 
die  la  Gata  Santa  degl'Incurabili  protendi  ...  || 

in  iO  amali.    B  il  Ni; tu   ohe  almeno  si  riducesse-  a  90   ducati, 

mto  ne  pngava  il  Nuovo,  «  essendo   anche   come  ai  roglia  d-momi- 
ir»  un  caritativo  itovveuimeoto  ».   Tmtri,  i   lft.' 

lattali  P.  Hot.  ad  tinnì . 
*)  Carte  i  w»  n  1   70  arano  fra  i  comici  un  P.  An- 

lio  e  una  Oaspera  Rossi,  nel  79  uoa  Maria  BelttfJ,  ecc.  f.  21.»  e  22." 

38 


—  562  — 


Oli  attori  si  chiamavano  Dumail  d'Ambrcville,  Duci 

aiutin.  P 
le  altrui:  Patte,  Desorme,  Lacombe,  Gerrnaucé,  De  S 
Neveu  fille,  Maulaud,  De  Saint  Cyr,  Desio- ibafl  '». 

Lo  stampai  francese,  stabil  ipoli 

noto  pei-  la  collezion e  da  lui  pubbli 
storia  napoletana,  ottenne  il  privilegio 
le  opere,  «  ohe  si  hanno  qui  da  rappresentare  dai  <  i 
francesi».1)  I  cotin.  ociarono  pieni  di  sperai! 

s'  affrettarono ,  anzi,  a  chiedere  che,  lei 
potessero  fabbricare  n  Napoli  un  teatro  a  loro  spese,  od 
luogo  che  trovavano   migliore,  e  col   privilegio  di  noe 
h    distolti  per  quindici  anni.")  E  sorgevano  contro 
di  essi  anclic  dei  rivali,  come   D.  ipote 

del  marchese  di  TurbiBv,  che  voleva  formare  u  n 

pagina  fran. se  se  per  suo  conto  *). 

Ma  questi  comici  francesi  erano  proprio  cattivi:  •  uo« 
troupe  Bori  mauvaise»,  >via,i  na- 

poletani cominciarono  a  frequentarti,  e  il  Ite,  specialmente, 
vi  si  piaceva  inultissimo.  A  poco  a  poi  Nò  anzi  il 

solo  spettatore  assiduo.  Il  Galiani  fu  fatto  censore  ddfc 
opere!  e  ne  proibì  tre:  VOI  (e  Galérienyc 

e.  «  Tonte  la  ville  crie  contre  moi,  de  ce  quefi 
un  censeur  trop  sevère:  et  vetri  absolumont  qu'on  d 
ces  trois  piéces.  Ani  cru  a  tant  de  pro^ 

nous?  N'allez  pas  croire  pourtanl  rjue  ce  soii  un  (irogt*5 
de  lumióres:  c'esl  un  progrès  de  stupidite.  Oc  oetn 
ricu  de  mauvais  dans  ces  trois  piòces,  pare 

>)   Tenti 

»)  Genuaio  T7.  Carte  f.  21.*  Si  trotano  una  grandi>«ìma  quatti *k 
drammi  francai  ■Umpctì  dalOrarór  nel  1777.  Molti  volumi  iwlif» 
wollonea  Santangelo,  ch'è  alla  1  tifa]     \     Aie*. 


—  668  — 

flood  gouite  ».  Nel  settembre  però  notava  che  a 

ilo,  la  Chasse  de  Henri  IV.  «  Le 

l'a    tcllement    goùtó    qu' il    l1 a  redMDMdéC 

oous  aviona  un  Sully,  nous  aurions  un 
i  :  o  '). 
Come  che  sia,  questi  disgraziati  comici  francesi  fecero 
mi  affari.  Finito  il  loro  i  io  indebitati  co- 

de] Nuovo,  e,  per  più  'li  8000  «lucati,  col 
Che  aveva  loro  somministrali  gli  alimenti,  e  fotti 
prosi  ili.  \L  supplicarono  il  Re  per  aver  qualche  soc- 
ìorsa  e  poter  partire.  Ebbero,  infatti,  alcune  centinaia  ili 
lucati  ì). 
\   I  1777  venne  fl  \a;.  io  li,  ai  Fiorentini,   li  flgBÌsdl 

1  ,  od  prillivi    innamorato    Cristoforo    Mi 

da  più  anni  arasi  su  colto  Tesi  e.  La 

■■<  ili  carattere  inquieto .  ali  -m  .  m 
1 1 — i - > •  i '  »so   collo  :  tibblico  »,  era  eccedenti 

lei  tragico.  Era  setta  compagnia  Giovanni  Valentin! 
uni  Morii,  fratello  dà  •  Cristoforo  ;ìi. 
rommaso  Tomeo,  detto  il  Moretto  ,  bm  sempre  nu- 
de! S.  Carlino.  —  Nel  7à  demandava  di  »  \ 

ntelligenza  dell'Uditore    teli  •   le 

fjior  parìe    I  npagnia  del  suoi  comici 

rosi  ormai  stucchevoli  al  pubblico  ».  Ma  questi  non  vo- 
levano andarsene,  e  Onofrio  Mazza  ed  altri  ricorrevano 
■lieo  ,  che  a  da  padrone  del  luogo 

love  il  teatro1  e  da  semplice  I  coluto 

in  impresario  ca]  itico  dello  compagnia, 

è  arrivala  Rno  ad  espellere  quaioheduno  dei  supplì- 


ir.  lettore  alla  D'fcpiaav,  8  febbraio,  5  luglio,  o  13  a»tt.  1777. 
s>  Carta,  M] 

irla  I       I      P.   i.iiioli.  .Vof.nd  nom.  Qualche  anno  prima,  recitava 
tiri  <Ji  Napoli  il  bi|  Mi  (Olii  v.  anche  B:<i  inli 


—  5T.4  — 

per  sostituirvi    persone  osate   vietala  dal 

Rei  »  '). 

Era  ancora  prima  donna  nel  177ó  la 
ni*).  Nel  77,  c'era  una  romana ,  Mina  Moreacanti  Bru- 
m  .(ti  ,  elio  era  il  tormento   della   huona  giovane  sposa 
1).  BteOB  Ih        ud.  moglie  dellavvocato  D.  •  dei 

Plori  L'avvocato  ,  prima  di  sposarsi,  aveva  avuta  une 
relaziona  eoa  le  Nin.-i  .  ma,  sposatosi,  cercava  d'essere 
un  marito  modello.  Eia  Nina  «  non  cessava  d' inquietarlo 
<"ii  ambasciate  e  biglietti,  e  dippiù ,  coi 
ardisce  anche  costei  di  andar,    le  cotte 

armata  e  con  altri  di  comitiva  ad  appostarlo  sor 
ione  di  casa,  di  maniera  eh' è  costretto  di  non  use  : 
non  incontrarsi  con  tal  donna  o  3). 

Furono  attori  del  S.  Carlino,  intorno  a  questo  tempo, 
Anna  di  Stasio,  Giovanna  Zanobuii,  i  coniugi  Basso  ecc. 
Vincenzo  Caramarano,  il  Pulci/'  vedeva  crescere 

intorno  la  sua -artistica  famiglia.  11  San  Carlino,  dai  i 
spettacoli  serii  italiani  e  francesi,  era  sempre  pii 

.  per  buona  fortuna,  verso  la  commedia  popolare  col 
Pulcinella,  li  La  Lande  dice:  "  On  y  douii' 
le  pcuple,  qui  aime  mieux  Poliehiuellc  qu'  Ariste  ». 
si  recitava,  come  fino  agli    ultimi    tempi,  duo    volte  al 
giorno. 

Nella  quaresima,  al  solilo,  si  accordavano  ai  teatri  di 
prosa  i  permessi  per  le  opere  sacre  coi  pupi.  M.i. 
quaresima  77,  ottennero  'li  recitare  «  0]  8  &»• 


»)  Corta  tane  nei  i.  19.°,  SO.",  21." 

*)  Volerà  ambirò  a  Palormo-,  ina  il  Tomeo  Lo  «licv va  obligaU  d»  '* 
iiuo  al  77.  f.  20.» 

BppL  dì   l-.i-  Hnnsard.  Lfitt.  .li  iU$tna*«J~ 

f.  81  .• 

«»  Corte  f.  20*  «  21*. 

M'    e    p.  447 


—  566  - 

,  che  punto  non  ledono  nò  la  religione,  nò  il  b) 
costume,  anzi  che  sono  istruttive  e  proprie  di  detto  tenu- 
to ».  Sul  loro  esempio,  gli  altri  impresari  efatesero  ed  ol 
tennero  lo  stesso:  e  i  pupi.  On'aflora  adoprati,  furono  so- 
tituiti  dagli  uomini.  Ma  ai  napolitani  non  fu  concesso,  come 
ancesi,  ili  far  recitare  nelle  opero  sacro  le  donne  *). 
Al  tempo  della  fiera,  i  comici  del  S.  Carlino  al  solito 
io.  E  nei  mesi  d'està,   andavano   por  1"  più  fuori 
Napoli  a  Nola,  Aversa,  Capua,  Scssn,  Benevento  ecc.  »). 
Quello,  che  Fu  sciapi      proibita,  in  prosa  0  in  musica, 
con  pupi  o  con  uomini,  con  qualunque  titolo,  in  qualuu- 

P  luogo,  fu  la  rappresentazione  della  Passiono  di  I  Yi- 
—  E  nel  1779  fu  promulgata  anche  una  prammatica 
ro  alcuni  resti  di  --acre  rappfeaootarionl  dei  Clio* 
enerdl  Santo  : 
essendo  pervenuti  a  notizia  di  S-  M.  (D.  G.)  gli  scandalosi 
abusi  di  taluno  del  basso  popolo  in  parecchi  luoghi  del  Regno 
che  nel  Giovedì  e  noi  Venerdì  Santo  invece  di  onorare  la  me- 

i  ii-.  in  .  Redentore  eoa  una  ve- 
ra interna  compunzione,    e  segreto    ravvedimento    dei  proprii 
falli,  la  disonorano  piuttosto  e  la  profanano,  por  mozzo  di  va- 
rie sceniche  comparse  e  spettacoli  popolareschi  ;   alcuni  collo 
andar  nudi  per  le  piazze  e  per  le  strade,  battendosi  a  sangue; 
altri  con  rappresentare  i  sagri  misteri  della  Passiono  ,  vestiti 
.i  da  Cristo  e  chi  da  Giudei  e  da  Manigoldi;  Quindi  lu  M.  S.. 
spinto  dallo  zelo  per  la  religione   e  per  ovviare  al  fanatismo 
.li  tati  falsi  devoti  ,  hn  risoluto  che  da  ora  in  avanti ,  non  vi 
sia  chi  ardisca  ,    cosi  in  Settimana  Santa  come  in  ogni    altro 
lampo  dell'anno,  comparir  da  Battenti,  o  rappresentare  i  mi- 
steri della  Passione,  sotto  pena  di  essere  condannali  alla  fru- 
stra. ...'). 

I)  Carto  f.  W  v  22». 

Tomeo,  «  nllre  n»rt«  del    1770.  —  f.  15.° bis. 
<oca  Coito  dclU  prammatiche  «ce  Voi.  VII,  Tit   CXLV1U.  In- 
ttrdkiwn  suerae  patskmis  mito  -lere. 


—  5G6  — 

Ritnrnaudn  ai  gì  [tettacoli  del  S.  •  Ima; 

gio,  per  la  nascita  del  primo  infante,  ci  fu  una  serenata 
Satetio  Mattai.  Il  qi  n<3  me  fl  a  nienti 

gè:  «  Ho  creduto  poi  «  ho  possa  formar  epoca  nel 
teatro  musico  il  procurare  cott'  uso  dei  Greci,  che  il 
nasca  dal  dram!  i   li"  in  para 

che  discorso,  che  'ito  l'onore  di  (are  con  v.  E. 

Tannoci).  La  serenata  sunì  una  festa  teal 
di  canto  e  'li  balli,  nascenti  dallo  stesso  arj 
il  ballo  grande,  chi  d'intermezzo  fra  la  pri 

onda  parte,  ancora  un  nodo  colla 

renata,  sansa  vedersi  ,  come  si 
con  cui  termina  la  prima  parte  dell'O 
cui  Bominci  inda  parte,  inserire  il  ba  iele 

lontìeu,  che  tu  tremila  anni  dopo  Bur 

•  di  ballo  a  Palazzo  e  a  S.  Carlu  celebrarono  qu« 
fausto  avvenimenti  i 

11  80  maggio,  il  solito  dramma,  che  fu  VEsiodd 
Stivacele  i  la  Nittetì   del 

dello  Schuster.  Cintarono  la  Do  Amici»  ,  il  Pacchierotti, 
il  Corloni,  il  Benedetti  i 

Gasparo  Pacchierotti,  non  so  perchè,  s'cracr- 
nemici,  tra  :  frequentatori  del  S.  Carlo.  IT' 

remore,  mentre  cantava  un'  ai 
prima  fila  della  platea  incominciarono  a  fargli  colla  bfl 
come  suol  dirsi,  il  sordi  Uno ,  in  gui 
cantante,  appena  terminata  l'aria,  e  rienl 
proruppe  in    un  dirotto   pianto  e  • 

ridurrò  a  terminare  l'opera  ».  Tra  qu 


')  Lettera  del  Mattai  23  febbraio,  23  marzo,  14  aprile  75  -  T*"*1' 
f.  19.°  La  cautela  fu,  corno  credo,  quella  intitolata  //  Nafte  «T  .tf*"*' 
per  la  quale  cfr.  Villaroea,  Buratti  poetici,  p.  237  *g. 

fj  Carte   Maggio,  Giugno  "u,  i.  : 


—  687  — 

tucesco   Ruffo,  uffiziolo  dello  R.  guardie  ita- 
liano tia  volta,  in'  Mitratolo  ai  Fiorentini,  lo  mi- 

li  avrebbe  tagliato  il  naso!  Il  Pacchiarotti  I 
dopo,  passeggiati!  >  pel  Mòlo,  scontrò  il  Ruffo  colPrin- 
cì|m-  (li  Valla,  o  appressatosi,  chiedendogli  la  sua  prote- 
.  gli  domando  in  <  s<_-    potuto   spiacergli.  Il 

i  dargli  COPtO  dei  l'atti  suoi. 

il  Pacchiarotti  :  Questa  è  mancanza  d'educazione!  II 
Luffo  cavò  la  spada,  e  cosi  il  Paochiarotti,  o,  lottando, 

ro  l'un  e  pò  e  vennero  alla  mani  Una  sen- 

ta stava  poco  lontano,  >  .dando  un  forte 

:olpo  di  bastoueal  Pacchiarotti:  alle 

'tuo.  Anclie  il  Ruffo  si  costituì  in  prig. 
v.'ln  giorni  dopo,  ti  Pacchiarotti  fu  cavato  di  carcere,  e 
i  casa  di  persona  elio  potano  risponderne, 
uti  del  Rullo  fu  fatto  mandato  di  non  offenderlo.  ') 
E,  terminato  l'anno,  fu  licenziato  e  noti  venne  mai  più 
Napi  >li. 

Tra  i   ballerini,  e' erano  le  coppie  Lopic'i-RiiuHti,  i  duo 
h.'lmiui,  i  due  Hauti.  K  <:"era  una  Maria  Miroui,  die 
capitò  a  Napoli  a  questo  modo  strano.  Nel  74,  a  Vienna, 
il  Valle ,  Giuseppe  Piccolomini  ,  le  fece  una 

',  scritturandola  i  orna  ballerina  del  S.  Cado  per  600 
Becchini,  e  viaggio  e  al  ••;  e,  non  volend  i  w 

V  Impresario,  pagherebbe  esso  Principe.  La  Mironl  venne, 

>)  Citile  varie  del  novembre  e  dicembre  75,  f.  19 "Anche  nel  giA  ci- 
tato: lirigundage  de  la  musique  italienne,  ai  dico  del  Pacchiarotti:  <  On 
(ut  l'omplojer  au  grand  tragique,  car  il  a  un  un  <lu«-l  Mi  Italie,  où  il 
ble»sé  un  aeignour  uapolitain ;  *  il  l  a»ait  tao,  on  l'eùt  appaio  messo 
|  a  75-6).  A  proposito  del  lJQchiamtti,  si  noti  anche  chea  Na- 
■  conosciuto  i-«t  nomo  di  Ptuehirwatu,  «  un  uomo  popolar*. .  . . 
•  ta  «u  di  una  botte,  che  seco  conduce  cantando  per  la  citta,  HO 
pannandosi  da  so  medesimo,  con  uno  imbuto,  un  cornei,  ed  una  zucca 
traforata ,  e  fregando  coi  piedi  eul  Unibaguo  della  botte ,  per  formami 
il  ba-«o  •  ■  /*■  .tjxntatiffnjto  rautumio  delCtuwo  1780). 


—  568  — 

ma  non  trovò  posto,  e  il  Principe  cercò  di  scioglier 
suo  obbligo.  La  poveretta  venne  •<■  transazione  -• 
rebbe  contentata  di  180  once,  che  non  basi  nem- 

meno pel  viag  gio.  Ma  la  Giunta  lece  ossei 
la  M'noiii  Vi  :  i  1 1 1 1  -  i  1 1  :  »  eccellente,  l' Impresario  avi  potuto 

prenderla,  con  utile  anche  d<  E  il  i . 

gìuetamente:  <•  il  He  lascia  all'impresario  la  lii 
giustizia  alla  Giun  la,  senza  annullai-  la  transazione,  la  quale 
Bussiate,  benché  sia  la  Donna  presa  dall'  Impresario  »  *U 

S'era    introdotto  lo  spirito  di  partito    per  la   Esili- 
la Teresa  Banti.  Un  certo  gruppo  di  S| 
aiente  la  prima  e  applaudiva 

Il  corpo  dei  ./  hi  e  fem 

sempre  più  numeroso  pe  1  nuovo  di  bauli 

Dire  elio  genie  fossero  anti  non  è  davvero  neee^=s 

sario  :  erano  quello  che  sono  state,  e  sono  sempre!  —  Tmarn^ 

le  varie  biografie  dio  potrei ,  poli/i  mii e, 

voglio  ac  e  a  quella  di  Maria  angelica  Salemitaa 

La  quale  era  figlia  illegittima  di  una  tale  Cina:  e, 

già  figurante  anch'essa  del  S.  Carlo  ive<"*»a 

ita  poi  mestiere  di  cuffiara  (modista)  in  una 
detta  SperanzeQa.  Qui  ebbe  il  suo  primo  amante,  che  a^u 
un  prete  ;  poi  molli  altri,  o  divenne  figurante  di  S.  ( 
ed  era  mantenuta  da  un  Religioso  Olivetano,  «  con  somna^  ' 
modestia  —  secondo  gì'  informi  presi  dalle  autoi 
petenti  —  né  riceve  altri  in  casa  che  il  nominato  Reli. 
Olivetano  »!  *) 


l)  Violina  9  maggio  74,   Cedola—  Giuota  2  ag«Mlo  75—  Tanottm. 
agosto.  —  Teatri  t.  19.° 

*)  Luglio  75— f.  19°— Appunto  per  una  rivalità  tra  ut  Uinelti  •  ua'a 
tra  ballerina  avvennero  al  Casanova  a  Varsavia    tutti   quei  guai  elisa» 
sanno.  Cfr.  Mtm.  VII. 

*)  AikIi^  di  '-ostoi  m  occupano  lo  carte  d«i  teatri  nel  1764  —  £  1*W  ■ 

«,)  Mflttfl  carte,  cho  la  riguardano,  1777  —  in    Teatri  f.    21."  Ut. 


—  509  — 

maggio  76  ci  fu  al  s.  Carta  il  Vologeso  del  Rubini 
e,  saltando  al  gennaio  77,  (perchè no q  ho  potuto  trov 
notizie  degli  altri  spettacoli  deCanno),  {'Arianna*  l'rseo 
del  Fischetti. —  Non  si  voliera  permettere  oel  76,  ufi  nel  77 
le  feste  da  benché  1"  Impresario  Ubasse  osservare 

••he  «tali  ."  dosili,  i  ■  :  ■  »1  Mtevoli  a  tutto  il  pub? 

litico;  svitano  lì  Bei  ii'-rrli,  iì  li  scandnli,  elio  sogliono  awi- 

oire  nei  festini  particolari,  a  sovratutto  li  gn  che 

battaci  rovinato  e  rovinano  laute  famiglie;  chiamano  in 
questa  Dominante  gran  quantità  di  forestieri ,  il  di  cui 
denaro  qui  resta]   lucra  eoo  tale  occasioi  povera 

gente,  addetta  a  varii  mestieri  di  calzolai,  miranti,  trisori, 
venditori  di  commestibili,  ed  altri  infiniti,  senza  il  men- 
interesse  del  rea!  Erario  e  senza  dubbio  di  piocotissinio 
SCO  vi  l'impresario  trecento  uomini  di  truppa 

regolala  ogni  sera,  cosi  nella  sala  da  baHo  che  io  Lutti 
i  corridoi  illuminati  a  giorno  8  porte  di  palchi  aperte 

Iichiodate  »  '). 
!  ie  il.'l  s.  i    rio  aveva  la  Teuber,  il  Rubin«lli. 
Costoni,  ecc.;  e,  per  ballerini,  i  l'avier,  i  Do  Rossi)  ecc.  '). 
i  del  Guglielmi,  la  Disfatta  di  Dario 
•I  PaisieOo,  l'  Efigenia  del  Traslta,  che  «  dovrebbe  pian 

cere,  essendo  nuova  in  Napoli,  tessuta  Bill  gusto  <Y-\Y  Or- 
feo »,  e  il  Bel/oro'  I  lMatania.— Quesf  u!i  i  un 
maestro  di  Palermo,  che,  per  quindici  anni,              calo 

Aogela  PùwioUa,  ch'ora  iiglia  di  Elisabetta  Rubino,  cantante  di  S.  Carlo, 
fu  sfrattata  dal  ragno  nel  1782,  come  do  •    Ho  sott' occhio 

Dna  tua  supplica,  dovo  si  permette  il  rum-ali  »are:  «  siccome  aprot  vista 
di  rapporti  od  impegni,  por  DM  atmeat&M  la  pudicizia,  (chuó  la  sacra 
«epe  deU'oQosU  e  delle  virtù),  le  eoo  venne  andarsene  ecc.  ».  —  CarUi  va- 
rie f.  27.°  V.  per  le  Trattone*!,  f.  29."  ecc. 

')  Bau,  1778.  Carte  f.  - 

■)  Carte  f.  5»'—  Mano  76—  Supplica  di  Anna  Binati!  por  poter  par- 
ure «  maeudo  tirata  da  suoi  urgentissimi  altari  ».  obbligandosi  a  tornar.! 
•  richiesta. 


—  570  — 

il  mondai    lavorando  pei   teatri  di  Milano,  di  Torino,  di 
Modena  ecc.  ;  il  Cafaro  ,  osservate  le  sue  coni; 
a  le  aveva  ritrovate  d'uno  stilo  chiaro,  aperto  ed 
nioso  »  '  i. 

Restò  il  Rubinetti.  Era  tenore  r 
unico  nel  suo  in  nato  per  Ui'  ria». 

l'riin:,  donna,  la  Guglielmi,  i  I  l  maestro,  i 

non  trov 
tutte  le  sere  insultata  da         iettatori  .  Bnai  b  fr 

sminate  »  »).  Sei- la  donna,  M 

coppia  dei   ballerini,  il  I . 

L'architetto  JoBi,  che  era  succeduto  a  \ 
dopo  aver  languito  durante  il  7ó ,  inori  Del    1777.  Fra  i 
tanti  successori ,  fu  proposto  da   Firenze  un  Dom  9 
I  ii'.'lli,  «  soggetto  di  abilità  nella  .  me  di  p 

uso  dei  teatri  ».  Il  Chelli  fini  per  averla  vinta 
risali  e  fu  il  terzo  ed  ultimo  architetto  teatrale  del  S. Carlo 
scolo  xviu  y). 

L'Ansala  piacqui;  tanto,  che  fu  subito  riconfermato  per 
l'anno  dopo.  Venne,  primadonna,  la  M 
donne  della  sua  sfera  la  pareggiano  nella  bellezza  od  a 

io,  ad  eccezione  che  la  -  i  6  tanto  forte 

ed  estesa;  al  che,  per  altro,  sembra  che  la   □  '(*>" 

tessi  ite  il  vero  fondo  di 

siede qualche   volta  pare  che  non  voglii 

ma  ciò  non  deriva  da  positiva  ostinazione,  ma  da  uu  cerio 
timore  elei  pubblico ,  che  la  investe  e  dall'  idea,  che  dto 
volte  le  viene,   di  non  poter   cantaro  coni''  si  QgUl 
[M'irebbe,  e  che  vorrebbe  a  misura  dell'abilità,  d 


')  Sua  stippl.  Parere  Jet  Cataro  ecc.  f.  20." 
«)  Luglio  77.  Or.!.  ■1TU&  f 

*)  D.  FrnnMHCO  Vernaccini.  FireoEc,  5  maggio  77.  «e  •  toTl^ 

ut  Chelli  efr.  lo  Poesie  carie  di  elemento  Piloniarino.  Nip.  1788    ^. 


V- 


I 

L 

..ii 


—  r>7i  — 

fondatamente  e  adorna»  ').  Il  primo  uomo  fu  I.m_M  Mar»- 
diesi;  e  gli  alici  cantanti,  il  Rubinscet,  In  Flavia  ecc. 

Nel  maggio  78,  la  Calllroe  del  Mialiveeek;  a  poi  ■!  Re 
Pastore  del  Platanfa,  f  Olimpiade  del  Misliveeek ,  1*  Ifi- 
di   Luigi  Si'ipi.   musica    dd  Martir.  — 
L'amministrazione  delta  cassa   militare  del  Pondo  della 
separazione  dei  lucri  volle  costruire  un  teatro-,  poco  di 

'o  da  Castcltiuovo,  del  quale  dette  l'iucun 

chitetto  siciliano  frani  <  -  oSecuro.  si  prevedeva  una  i 

II   L7000  dm-ali.  Il  ii    ii     •  ominoiata  ne]  78»  fu  speri  i 

del  7'.>    ).  ESd  è  il  teatro ,  detto  poi  brevemente 

lo,  e  ora   Merendante,  il   Re  se   commise  la  so- 

ndenza,  cosi  per  ^li  all'ari  economie]  ohe  'li  ghfr 

all'amministrazione  del  Fondo  dei  Inai,  epttateixtafa) 

|    Ci  furono   subito  offerte  di  litio  pur  8700 

Si  apri   coll'operu  X  Infedeltà  lei  Lorenzi ,  mu- 

dai Cimarosa  II  teatro  piacque  poco.  L'architetto  — 
il  Napoli  Signorelli— «  con  una  piena  libertà  d'imma* 
esegu  io   modo,  con  un  sito  sgombro 

ii  intorno  d'ostacoli  ed  abitazioni,  con  facoltà  di  spen- 
ni losi  per  la  corte,  i  teatro,  che  presenta 
ìicciatap              .lire  modo,  non  ampio,  non  magnifico, 
i  omodo  a  vedere  ed  esser  visto,  non  armonico  ad 
>!grado  dei  Sarti  e  dei  PaisieHi,  che  vi  perdono 

l>  Zaraba-cari  da  Rologna,  2  die.  TG.  £ 
«)  Carte—  TmM,  f.  22.° 

*)  Cari*  varie,  v.  f.  25.* —  L  "amico  V.  d'Auria  mi  comunica  corteae- 

cneute  alruuv  nutixie,  da  lui  dotuute  dalle  farlo  del  Fondo  della  Uefa- 

m-J;  Dip.  drll'i   Sommaria,   f.  145,  »u  tfli  artefici  del   U'alro.  Pnowi  lo 

appallo  della  fabbrica  Francesco  Corazza;  forni  i  pij>=  rni  lavorati  Fran- 

Cm0CO  Seni  ego  ;  le  op*re    in  ferro   furono  IktU  <1  >    '  uu»«pp<j    Celonlani  :  i 

[avori  ili  doratili  aio Pittarell».  Il  pi itore  Crescenzo  La  flamba 

dip****  il  telo»»  p*r  d.  360. 

*)    dot».  Veapoli,  14  die.  78  e  altre  carte  f. 


-  :.72  - 


due  terzi  della  squisitezza.  01"  interpilastri ,  che  i 
i  palchetti,  gì'  intugli,  le  centrature,  la  prop 

omnia,  lo  rendono  sord  i   B quando  sortirà  un 
tetto  circostanze  più  propizie  per  .segnalarsi?  »  *) — 

Nel  79  fu  tutto  rifatto  il  teatro  dei  Fiorentini.  D.  Sav 
de  Neyla  lo  iato  dal  suo  avo  mai 

ì        scredi.  Qualche  anno  dopo,  apparteneva  a  L>.  li 
de  Neyla  e  alla  marchesa  D.  Marta  Madd  Ristori 

Il  teatro  confinava  per  due  lali  colla  strada  dei 
tini  e  co)  vicolo  che  scende  ai  Guantati  :  pel  terzo 
case  dei  Valente;  e  pel  quarto  con  case  del  i 
■  li  Suor  Orsola  Ben  incasa,  e  con  altre  della  stes- 
Da  questo  lato  tu  ampliato,  «correggendo  la  t'orma  an» 
tica  ed  impropria  di  esso  »  *). 

Alcuni  anni  prima,  l'architetto  D.  Ferdinando  Fuga,  in 
una  sua  perizia ,  notava  della  platea  dei  Fiorentini  àn 
"  i  passeggiatori,  o  siano  pi 

angustissime,  a  segno  che  con  somma  fat: 
comodo  vi  passano  di  fianco  dui  tra 

lile  delle  sedie  «  che  appena  \  imi  'I 

fianco,  con  incomodo  grande  di  chi   sta  a  sederai 
olire  a  ciò,  le  sedie  so  ttissime  all'  ultim 

che  a  siculo  vi  si  può  sedere,  e  le  Spalliere  Ielle  mede- 
sime sonn  talmente  basse,  che  «(>«• 
sano  i  fili  della  rena  ■.  E  <-iò,  o  per  ricavare  maggior 
i  di  sedie  in  piai  i  pn>- 
porzione  della  medesima  per  la  giusta  cai  ■  oon 
già  a  capriccio.   Cosa  che   merita  una  savia  riflasskM* i 


')  Napoli  Signorelli.—  Storia  critica.  X,  U,  109-10. 

*)  Carte  per  prendere  danaro   in  mutuo  perle    rifa. 
Carte  del  die.   1783  f.  84.»  «  25.» 

s)  Carte  1.  29.°  —  Manca  al  Fiorino:   //  Raggiratore  di  poca  ftrt^ 

comedia  p  tp$  fnlomba nel  nuovo  teatro  dét^ 

retitmi  per  prima  opera  del  i?79.  Mu*.  Ouglielmi  (BibL  Angalka> 


-  573  — 

indiò  il  pubblico  che  paga  il  suo  denaro  possa  starvi 
con  un  comodo  moderato,  ma  non  già  esuberante.  Ho 

luto  di  bouu  I: ir-lielo  prosento  por  essere  uno  scomodo 
die  riguarda  il  pubblico,  e  corno  tale  da  considerarsi  -li 
maggior  diritto  e  preferenza  in  confronto  all'  utile  pri- 
vato »  ').  E,  nonostante  i  rifacimenti  di  I).  Saverio  o  quelli 

•eculivi,  la  condizione  della  platea  .l-i  Fiorentini 
cora a  capello  la  stessa,  che  descrìveva,  più  d!  un  secolo 

^enfinando  Fuga. 

1782  l».  Michelangelo  Fred     •-!  i    A.  de  Laureo» 
bis,  tarli  del  Nuovo,  rifecero  il  teatro,  ampliandolo 

dal  lato  di  dietro  ').  — 

i  1778  tutta  l' amministrazione  dei  teatri  tu  ri  muta  la. 
Si   e  e,  in  SUO  luogo,  ai  oblio  una  Depu- 

tazione dei  teatri,  composta  di  quaU  b-ri:  elio  fu- 

•  i!  Prìncipe  di  Ripa,  il  nuca  di  Noia,  il  Due     ; 
S.  Paolo,  D.  Vincenzo  MontaKo.  [/.Uditore  dell'  Esercito 
lo  pei  soli  sfiari  di  giustizia  *>• 

E,  nel  I7st.  rivendicando  il  Capitano  della  guardia  varii 
suoi  diritti,  fu  pi  »ibi60  all'  I  ditore  di  far  replicare  le  arie 
nei  spettando  ciò  al  detto  Capitano  »  *). 

L'  antica  Giunta  aveva  prime  r  incarico  di  rivedere  i 
libretti  delle  opera.  Ma,  nei  1777,  un  I».  Luigi  Serio,  che 
aveva  «  avuto  per  due  volte  l'onore  di  cantare  versi  estem- 
poranei  alla  presenza  delle  MM.  LL.  »,  implorò  la  grazia 


uga.  B  st-tt.   177 1  —  Teatri  t.  18.» 

•)  Carta  f.  24.»  .,  29.° 

s)   12  ott.   I77S.  f.  22.'  Cfr.  /'  ione  eretta  per  la  di- 

ayjt'O"  Frotutatio   Marat*)  (ciò*»  Domenico  Par- 

relli)  N«i>.  177&  Si  noti  ancho  che  ad  gennaio  77,  avendo  il  Ite  prwo 
l».-r  monte  e  del  Principe  d'Ardore, 

Alla  prima  fu  dato  il  Datai  dell'Uditore,  e  a  questo  fu  ordinato  ohe 
tMWUUse  in  tenta  dia.  Uappit*  .i.-UT.Iii   29geOU   77 «OC—  T.<ttni.'2\   ' 

•t 


-  :-T4  — 


di  ossorc  dichiarato  «  poeta  Regio  colTobbligo  di  fare 
prologhi  pel  R,  Teatro  ed  altre  cantate,  i  -te  teatrali,  ecc.  o. 
lì.,  infetti,  et)  mina  di  poeta  di  Corte  1). 

D.  Luigi  Serio  fu  destinato,  nel  novembre  78,  «  alia  re- 
visione delle  opere  di  tutti  i  teatri  »  e  ottenne  1'  entrata 
lihcra  in  essi  ■),  —  Noi  dicembre,  nacque  subito  un  con- 
tra  lui  e  l'Abate  Bassi,  eh  -liti  pro- 

loghi :  ma  il  Serio  pretendeva  i  far  lui.  Vu  disposto 

che  per  quella  volta,  essend  i  già  composi 

i  'correre  quelli  del  Bassi;  ma,  poi,  li  tacesse  sciupìi 
lerio  3). 

Se  non  che,  questa  lolta  tra  il  Serio  e  il  Basso  Basi 
ò  degna  i  fermiaiii  •  un  :•■  ><• 

i|  Alla  Otaria  88  taénùTl  — 18  g  nnaio  78—1  Bi.*  «  22.» Dopo  l'Ai. 
Giuro,  non  era  stato  piti  provristo  il  posto  di  poeta  di  corta.  V  rapati 
a.l  una  domanda  dot  Sacerdote  D.  Francesco  Cattaneo,  che  nel  1767  pi*- 
Molava  ia  un  ma  cantala  e  chieder»  ^nell'uffizio.  F.  l.~>.3  — Curioso  ob*,i 
proposito  di  una  domanda  del  Serio,  il  Maggiordomo  Maggiora  n*gna»<i» 
■  i  tosse  «tato  mai  un  Ali  Qiovo,  po<  la  di  Corte.  —  f.  8  ■  —  I  >i':»oéi» 
tra  gli  altri,  L  ;t.Po«his» 

1788),  BernouUi,  ZusOtit  -•«  d  l^r* 

R78,  il.  Lande,  Voyng«  en  Itoti  il  Beraoni:i 

s  Si  leste  rwoou  tomento  sui  giornali  che,  nella  primavera  del  1771 

a  il vuto  la  grana  ili  eeeer  presentato  ai  Sovrani,  e  in  un'ora  !«**> 
improvvisato  poesia  eccellenti  in  vario  metro,  tatto  che  fu  inùuiu  »!l» 
tavola  regale  ». 

*J  4  nov.  78 — Alla  Dcp.  e  maggio  7'.)  —  Sua  supplica  per  UH 
«nidi),  f.  82.8  — Noto  u_ui  che  nel    ITT'!,  un  Giovai.;  Hg  ^orù'*B9 

otteneva    il  jiormeaso   di    pubblicare   a    Napoli    una    G< 
<  .l.i  |.iu  célèbri  ••  cospicui  teatri  d'Europa,  pei  soddisferà  di  tatti  I  ^l" 
ù  di  teatrali  diverti  monti  ».  Giugno  77  (Carte  f.  2Ì.")  Mavr****"" 
mail 

»)  7  dir.  78,  £  '-'-' 


—  57. 


XVI. 


L* Ab.  Basso  Bassi  e  il  Serio  —  /prologhi  — 
Ungi  Serio  e  i  Carlo—  (1770- 

ipiamo  che   accenti  umili   sapessi;   trovare  il  Ba^s» 
-i  per  impietosire  il  Tanucci  I  Ma,  caduto  il  Tanucci, 
e  succedutogli  il  Ministro   Marchese   della   Sambuca,  il 
i  Abate.—  con  quella  vigli  no  PBggnm- 

solo  i  poeti,  quando  sono  vigliacchi,  —  cella  prima 

•i :  dal  solito  pagamento,  scrivov.;  ■  :  >lla  sua  bella 

rafia,  che  fa  supporre  una  penna  d'oca  magnifica- 
lemperata: 

I  chiederò  rispettosamente  a  S.  E.  il  signor  Marchese  della 
ibucfl  Primo  Segretario  di  Stato  ecc.  il  solito  onorari 

>ti  prologhi,  l'Abate  Giov.  Battila  B.ts-^»  Bassi  umili.i 
•  scherzo  poetico. 

Madrigale 

Ministro  passato, 
Signor,  fu  stilo  usato, 
Oh'  io  gli  chiedessi  con  giocoso  rime 
Dei  carmi,  onde  del  Padre  e  del  gran  Figlio 
Diodi  lode  al  Nata],  la  disiata 

leta  merce.  Deggio  avvezzarmi 
Al  medesimo  costi* 

•ii  ancor  con  voi.  Dunque,  soffrila, 
Cho  un  Cavalier,  che  Italia  Mina  onora, 

hi,  cantando,  alcun  son^ orso  !   Alfine. 

Marita  ogni  hi 

Lo  siahilf  suo  premio;  e  chi  dà  presto 
duo  volte,  Signor  !  Se  i  voti  miei 


—  576  — 

Tosto  paghi  faceva  il  giubbilalo 
Ministro,  che  pur  duro  era,  e  restio, 
Quanto  sperar  degg'  io 
Da  voi,  che  siete  la  dolcezza  espressa. 
La  pietà  siete,  e  l'equitnde  istessa  ? 

Al  suon  di  mie  preghiere 
Vi  miro  impietosir  ;  son  persuaso 
Che  pronto  a  Don  Tommaso 
Ne  darete  il  comando,  e  eh'  io  tra  poco 
Per  voi,  Signor,  riscuoterò  l' intera, 
Nò  l'ultima  sarà,  grazia  primiera  '). 

Poco  dopo,  il  comparir  di  Luigi  Serio  alla  corte  lo  met- 
teva in  ullarmc.  In  un  lungo  Irttei  itto  bene— perchè 
il  briccone  sapeva  scrivere!  —  in  data  del  14  marzo  1777 
al  Sambuca,  esponeva  la  sua  vita, 
servito  come  Accademico  Brcotaoese,  i  tredici  aaoi 
fatiche  de]  Prologhi',  edora  sentiva  dirceli 

à,  imo  sarebbe  affidato  al  Seno,  imo  ad  un  altro,  «  3 
terzo  a  lui!  «Agli  uomini  onesti  sensati  posso  a- 
rare  V.  E.  che  si  indiscreta  e  crudele  richiesi; 
sorpresa  ed  orrore.  Mi  sa  il  detto  pretensore  I  i 
sesso,  da  lungo  tempo,  sa  eh' è  premio  di  mio  h 
sa  che  non  ho  colpa  nò  demerito,  e  nonostante  n'i 
quel  boccone  di  pane,  che  godo  in  pace,   per  la 
reale.  Aggiungasi  che  egli  danneggia  me  con  poc 
utile,  privin':  dell'assegnato  inni  avivbbo  dicci 
santa.  Ma  Dio  buono  !  Non  ha  egli  il  Tribunal 
ubertosa  è  la  messe  ?  E  '-hi'  non  può  3perare  per  'piena 
carriera  dalla  beneficenza  del  Re?  Per*  n- io© 

nel  mi.)  piccolo  pacifico  po-sesso,  e  v  dar  chi 
riti ,  il  mio  lungo  duplica 


i)  <  Si  dia  l'ordina  solito,  17  felibr.  1777  »,  f.  21*  —  Cfr.  nucb*» 
Ut.  9  iiov.  76  al  Sambuca,  f.  BOJ 


—  577  — 

attenzione,  non  sieno  considerate  per  niente?  Piace- 
le a  lui,  se  fosse  nei  piedi  miei,  che  gli  fosse  fatto  un 
1  torto  ?  o  ') 
,  l' anno  dopo,  F  agosto  1780,  scriveva  in  versi  : 

Non  già  solo  il  bisogno, 

Mio  perpetuo  tiranno,  adesso  a  voi 

Perchè  della  cantata 

La  solita  merco  chiede,  Signore, 

Ma  il  favor  vostro  implora  anche  il  timorel 

Si  vuol  che  in  avvenir  per  le  festive 

Regie  nascite,  sola  occupi,  e  intera, 

La  Cantata  la  sera,  a  quattro  voci, 

E  in  due  parti  divisa.  Ah  non  vorrei, 

Signor,  perder  nel  cambio,  e  eh'  al  feroce 

Serio  Lion  la  noyitate  aprisse 

Varco  all'  insidie,  e  s'  aiutasse  in  Corte  I 

Temo  la  sua  gran  sorte, 

Non  l'arte  ed  il  saper;  parli   Veturia  *). 

E  parli  Ifigenia  ; 

Ma  temo  più  della  sventura  mia  ! 

Io  sono  Fra  Modesto  , 

Solitario ,  raccolto, 

Né  mai  sarò  Prior  :  l'avverso  fato 

Sempre,  oh  Dio,  m' insultò  fin  dalla  cuna  ; 

E  a  quello  arrise,  amica  ognor,  Fortuna  1 

Ecco  una  prova  :  del  Novel  Liceo , 

Ch'  opra  vostra  è,  Signor,  sta  nella  lista, 

Io  per  Estero  scritto ,  ei  Pensionista. 

Egli ,  in  somma ,  per  dono 

Del  Re ,  per  bontà  vostra ,  ha ,  come  dice  , 

Scudi  sessanta  il  mese;  infino  a  cento 

E  a  mille  ancora  glieli  accresca  il  Cielo  ; 

Io  non  l' invidio.  Ma  non  turbi,  avaro , 

-«nga  lettera  in   Teatri,  f.  21.° 

■*    suo  dramma:  come  V  Ifigenia  era  un  dramma  del  Serio. 

39 


-  578  — 

Chi,  dopo  lungo  e  duplico  Bfl 

Gode  scarsa  merce.  Di  va    i  ara 

<.)ue)  ricco  Possossor  toglier  furtivo 

Volle  a  >.  iterai  l'unica  agnolla  , 

Ch'era  tutto  il  suo  bene, 

Hi  il  il  fido  sostegno  e  la  sua  spene. 

Ma  il  Profeta  gridò.  —  Non  poro  credo  , 

Che  volga  di  Davidde 

Il  mio  compeiitor  la  trama  in  mente  ; 

E,  S'io  fossi  ammogliato. 

Per  cieco  affetto  sulla  me 

Diavol  fallo  ch'io  fossi  un  altro  Uria! 

Ma  il  prevenir  sempre  è  da  saggio.  Io  vivo 

Su  le  vostre  promesse  e  all'ombra  cara 

Dell'ali  vostro  amiche.  Non  perni  (aie) 

Sovra  di  me,  signor,  eoa  (atti  -.eri. 

Che  di  Natan  I'  apologo  s'avveri  I 

Il  Sambuca,  in  un  momento  di  noia,  uli  dovè  I 
che   smettesse  di  fere  il  buffone,  che  dicesse  chiar 
prosa,  ciò  che  voleva:  la  genie  non  aveva  lampo  daper- 
derel  II  Bassi,  umile  e  serio,  ripetette  in  prò 
ri'liiesto  e  i  suoi  timori.  E  in  prosa  seguiti»  d1  sfiorii» 
poi  a  (lumuiil.ire  a  volta  a  volta  i  suoi  sessanta  duca 

Luigi  Serio  si  mise  al  nuo  i  eoo  grande  ab 

e  con  precisi  criterii  lettorarii,  ila  far  valere.  E 
subito  a  trovarsi  in  discordia  con  la  Deputasti 

La  compagnia  del  79-80  aveva  la  - 
Bedini,  lo  Scovoli i,  e  altri  minori.  Nel  maggio  si  d«tte  i 
Mcdonte,  e  pieno  di  decorazioni  »,  musica  dell 

>)  Cari.'  vari,-    |780  <•  SI. — f.  23°  ■■ 

')  Giunta  5  gounaio  78  — Infoi  mi  ricavati  :  «  hn  ottima  vani.  «tU 

con  .1 -ilii  ...  buon  gusto;  è  attrice  più  che  m*liixw.  *  * 

aspetto  vantaggioso  o.cc.  »  Corte  vario,  t.  25.°— N.>lla  Ilibl.  di  S.  Mirti* 

e*  è  iju     to  foro,  Anacreontica  in  lode  della  nf*f* 

!ti-\ut  .1.1  : 


—  579  — 

Noli' agosto,  il  Demetrio.  Questo  dramma  del  Mi 
ido  un  pò1  lungo,  Tu  mandato  al  Serio   che  I" 
D  Serio  lo  ritenne  alcun]  giorni  e  poi  I"  restituì 

.m  mi  lustratore  del  teatro,  con  questo  biglietto  : 

Stimatissimo  Sig.  D.Nicola  —  L'incombenza,  che  ni  :ivete 
data  e  impossibile  ad  eseguirsi  por  la  brevità  del  tempo  e  per- 
chè non  ho  il  coraggio  ili  deturpare  un  bellissimo  Dramma 
il.'l  divino  Metastasio  ,  il  che  mi  tornerebbe  a  biasimo  gran- 
nò  presso  il  pubblico.  Se  cercale  una  persona,  che  possa 
prontamente,  e  senza  riguardi  soddisfarvi,  indirizzatevi  al  sig. 
D.  Giuseppe  Pagliuca,  il  quale,  non  avendo,  pubblica  carica, 
sarà  più  scusabile  di  me  —  E  sono  con  ogni  stima— Dev.mo 
-  ObblJne  ed  amico  —  Luigi  Bario  ')• 

E  proponeva  poi  al  Ministro  ili  ordinare  che  un  drammi 
lei  Metastasio  «  noi  a  alcuna  alterazione,  segnan- 

ti solamente  Don  virgolette  quo!  ohe  si  vuol  tralasciare  », 
poi,  pei  quelli  di  altri  autori,  al  giudizio  del  poeta 
le').  I  drammi  •  I •  *1  Metastasio  cominciavano  ad  es- 
s  :    «  comunque  celebri,    pure    pel    lungo    uso, 
e  per  la  comune  prevenzione  ,  pai"  che  cominciano  a  ri- 
oltreché,  essendosi  li  medesimi  scritti  più  o  più 
biella  d*  Europa,  é  impos- 
sibile trovare  chi,  scrìvendoli,  possa  immutare  una  mu- 
iva  ed  incontrare  a  fronte  di  imte  eccellenti  mu- 
do medesimi:  .  per  questa  ragione,  per  lo 
più,  le  opere  non  incontrano  il  piacere  del  pubbUco  » J). 
guai  davano  con  occhio  benigno  le  produzioni,  elio 
•  i  drammaturgi  napoletani,  D.  Giuseppe 
chioni,  D.  Benedetto  Barbefla,  D.  Giuseppe  Migliacci.».  I 


it.  4  Inglio  7*1  —  f.  22.* 

i    dot  S«rio  — Rim.  «Il i  Dspul  <  79,  f.  22°. 

la,   LE  Loglio  74,  f.  19.* 


—  580  — 

quali  erano,  prima,  giudicati  da  Saverio  Maitei,  e  poicad- 
doro  sotto  la  gturisdizfoas  dal  Serio  '). 

•  '.  79  si  stabili  ohe,  ogni  stagi*  irani 

mi,  dovessero  essere  nuovi.  Luigi  Serio  si  offri 
di  farli  lui  tutti  o  duo;  ma  poi  convenne  dio  «  pur  si  p 
sono  abilitare  altri  sudditi  del  Re,  contentandosi  egli 
esseme  il  censore.  E  siccome  an  ;  ritirarsi 

odiosità,  propone  stabilirsi  un  collegio  di  pei 
scegliendole   dal  corpo  della  \l.  Accademia   o  fuori  : 
circa  ai  presso  si  può  prender  norma  dall'  A 
Parma »  *). 

11  novembre  70  sì  ebbs  il  Creso  di  G,  Pagliuca,  rausi 
dello  Schuster,  nel  gennaio  80  il  Gran  CUI,  musica  di 
Ann  min  Rossetti. 

Finita  cosi  la  nuova  impresa  del  Santoro,  il  Ile  voi» 
ver  ili  nuovo  l'amministrazione  a  proprio  conio,  per 
mozzo  della  Deputazione,  come  già  col  Li  veri  e  la  Giunta. 
L'Amministrazione  non  fu  meno  rovinosa  per  1'  i 
i!  capila ,  non  riuscì   neanche  a  piacere  al 

Fu  prima  donna  In   Marina  Ik'Haldi,  dotta  la  Bai 
v  giovane  di  bellissima  figura,  di  voce  chiara  od  agile  t 
di  guisa  che  sorprende  e  può  dirsi  un  AgujarU 

ia  Bfleora  assai  bone.  Non  si  può  dire  che  possiod* 
profondamente  la  musica  :  ma  ciò  non  si  cerca  qi 
una  prima  donna  ■>  »).  Il  primo 

ohe  passava  pel  migliore  del  suo  tempo.  .  Aniooio 

l'i m;  contralto  Pietro  Santi. 

")  Carte  in  f.  I9.« 

»)  10.  20  luglio  75  ecc.  f.  22.» 

'I  COSI  a.  Cantelli  da  Milano  IO  wlL  70  o  lo  ate*ao  ripete  II  FU*- 
«Motti  -f.  22.»  Cfr.  lUppl.  di  Keiudetto  BartaMi,  j». 

Maria  Bertoldi  dette  te  Baldurci.  f.  23.°  Il  Iji  Lana*  (a  < ..  1  16}  «  »ttwl- 
leoirn t .  la  Baldood  pa**e  pour  In  più*  .   mniiw    Mar 

panni  Iti  mitrate  ►. 


e 

: 


—  581   — 

Nel  maggio  80,  V /pennesi  m,  musica  di  Vincenzo  Marlin 
detto  il  Valeniiano.  NdTagosto,  r  Armida  del  Joramelli. 
Nel  novembre,  Amore  e  Psiche,  musica  dolio  SchusteP. 
Luigi  Serio,  a  proposito  di  questo  dramma,  faceva  qu 

1 1 1  Re 

.  .  ini  li»  altre  incombenze  del  supplicamo  vi  6  quella 
di  riformare  nelle  occorrenze  di  questo  roal  teatro  i  dram. ni 
per  musica,  e  finora  ha  fatto  su  di  essi  gravissime  fatiche;  an- 

»zi  nel  dramma ,  che  e  attualmente  in  sullo  scene,  non  solo  si 
son  fatti  cambiamenti,  ma  si  6  composto  interamente  nuovo, 

col  solo  fino  di  render  meglio  servila  V.  M.  e  sonz  <  Alcun  de- 
siderio di  maggior  guadagno,  ancorché  abbia  la  R.  Munificenza 
promesso  di  compensarlo  separatamente.  Ma  oggi ,  Signore,  ò 
il  supplicante  in  circostanze  ,   che   si  oppongono  al  decoro   o 
alla  giustizia.  I  cantanti  e  i  maestri  di  «-appella  fanno  a  gara 
co*  loro  strani  capricci  sai  pretender  cose,  che  ripugnano  alla 
ragione,  e  Bono  d'impossibile  esecuzione.  Vogliono  'Mutar  cose 
flebili  in  occasione  di  sdegno,  e  protendono  parole  per  mu-i- 
ca  agitata  e  vivace  ed  agile,  allorché  la  scemi   BOB  lo 
de,  e  giungono   ancora   a  pretendere    le    ariette  di  tanti  \. 
«pianti  possono  soddisfare  allo  loro  stravaganze,  e  sovente  ac- 
cade che  uno  pretonde  ciò  che  l'altro  non  vuol  che  si  faccia 
e  in  tal  confusione   si  vive  quasi  fino   alla  prova  generalo  di 
tutta  la  musica  del  dramma.   1   Cavalieri   Deputati  dei  Teatri, 
hanno  intese  più  volte  le  lagnanze  del  supplicante   e  han  co- 
stala la  giustizia  della  dimanda   circa  il  raffrenar  tali  pre- 
tensioni; ma  senza  il  sovrano  oracolo  non  si   vedrà  giammai 
tal  necessaria  riforma.  Per  la  qua!  cosa  implora  il  supplicante 
dalla  M.  S.  di  ordinarsi  che,  allorché  si  ò  scolto  il  dramma  e 
ai  ò  approvato   e  ridotto  in  quello  forme ,   che  richiede  1'  uso 
corrente  del  Teatro,  non  sia  lecito  ai  cantanti  e  ai  maestri  «li 
cappella  di  pretender  altro,  ed,  acciocché  si  evitino  tali  incon- 
sienti,  ai  consegni  il  dramma  già  scelto,  quando  sari  ridotto 

in  modo  che  non  vi  sia  uniformità  di  carattere   nelle   arieti", 

t*  che  le  ariette  medesime  abbiano  tal  dolcezza  o  fluidità,  che 
i  maestri  di    cappella   non    si   abbiano  a  lagnaro  di  difficoltà 


—  582  — 

nell'udallarvi  la   musica.  E,  poiché  V,   M.   ha  Stabilito  por   ciò 

fur«  il  PodtB  di  Corto,  che  ha  pur  la  gloria 

lilù  di  Regia  Cattedratico  con  gran  concorso  di  uditori,  e  con 

pubblica  soddisfazione,  non  G  giusto  che  se 

ratiere  ,    facendolo  difendere   dagli    altrui  capricci  ,    che  SODO 

sempre  Iìl'Ii  dell'  ignoranza. 


Nel  gennaio  81,  I'  Aròace  del  poeti 
Francesco   Bianchi.   E,  a  proposito  di  q 

soceiune^     il  s 


soggiungeva  il  Serio: 


mn> 


Il  maestro  Bianchi  dramma  dell' Ah.  Ser*  *.<>r. 

e  eoli' approvazione  del  Poete   «li  Corte,  fu  offerto  alla  M  —  S. 
dai  i;iv.  Dopatali  e  so  no  ottenne  la  Et.  accettai  t,t  «ai* 

do  ui  tale  stata  le  co  >no  pretese  quattro  ariette    *>  H 

duello  totalmente  farti  di  nuovo  nel  1.  KM  dimani-* 

scene  intere  nuove,  ed  un  terzetto 

gran    cambiamenti   nei  recitativi  de' due  atti,   e  oltre  anc= 
l'intera    rifazione  del   terzo.  Questi  cambiati  un  dram 

t.'spre&ftamenle  nuovo  per  questo  teatro,  possono  r»« 
dispiacere  all'  autore  che  vive  ,    e  vive   nell'  Italia  ;   e  t  i 
danno  all'  ouor  del  supplicante  ,  porchò  ,  le  proprio    faiicbo 
confondono  COQ  lo  coso  altrui,  e  se  si  giudica  cattivo  il  dr*»n: 
ma,  si  attribuisce  la  colpa  al  Poeta  di  Corte,  e  se  riusi1 
pubblico  gradimento,  si  dirà  cho  il  dramma  ù  dell'ubalo 

quando  della  sua  opera  poco  affatto  ni 
carne  tutti  qU€  riti    «li    ha    fatti  ,  e  ne    b* 

congegnali   molti  al  maestro  di  captila;  ma  rici 
ma  giustizia  della  M.  V.  aflinche  sieri  noti    tali 
verità  *). 

ne  si  vede,  l'ufficio  di  poeta  di  coito  era         ilt-f 
che  una  sinecura;  la  fatiche  della  carica  er  »•• 

Il  Poeta  di  corte  funzionava  non  solo  da  un 


»)  Nov.  1780  f.  23.° 


—  583  — 

ina   i  l.i  .su  l'uni  .    poeta,    ■''(  hifioefa,  dn>.  do: 

I— Morto  ti  Metastasio;  para  ohe  il  Serio 

cambiasse  pensiero  sull'inviolabilità  dei  drammi  di  cosi 

1  ,  non  voleva  che  si 

loca  tlit'atti,  neh"  82  : 

......  A  lutazione   pretende   'li  prescrivere  ci»"»  eh*  e 

d'ispezione  del  Poeta  di  Corte,   e  proteo  limonio  che 

non   si  de  te  cambiamenti  nei  drammi.    Si 

la  melodrammatica  poesia  be  le  Bue  regole  fisse  e  invariabile 

Ini  quanto  e  scenica  poesia:  ma  per  la  varietà  dei  tempi  e 
i  può    e  deve  soffrire    alterazione    nella    fol  negli 

estrinseci  accidenti.  —  li  bullo  era  prima  un  leggior  tran 
0,  ed  ora  ó  uno  spettacolo  che  uguaglia 
l'opera:  le  arie  avi;  cinquanta  buituto  di   musica, 

ed  ora  la  cosa  e  dol  tatto  diversa,  e  perciò  si  trovavano  al- 
lora fino  a  quaranta  arie  in  un  dramma,  le  quali  oggi  fareb- 
bero orrore.  i?i  badava  prima  all' eecellenza  del  dramma  con 
molta  serietà,  e  perciò  la  principale  occupazione  ora  nella  con- 
dotta dell'azione;  ora  per  contrario  guardali  COQ  indifferenza 
tutto  il  dramma,  e  uttiMuli.no  con  impazie  In'  pezzo  di 

musica  delle  prime  parti,  ed  in  ÌSpecie  india  fine  degli  atti;   e 

perciò  si  guarderebbe  un  accorto  poeta  di  re  latto  con 

qualche  arietta  di  eeoond  ammi  del  Zeno  o  del 

Mstastasio  ai  son  fatte  die  cir- 

;:,|.i  .    del  luogo,   ('osi   si  fa  in  Roma  ,  cosi  in 
in  Milano,  cosi  io  Torino,  e  cosi  in  tutti  i  tea- 
tri dell'  Italia.  Il  supplicante  ha  avuto  ritegno  di  fcrln  vivente 
il  •  spetto  air  Autore,  che  zara  t  SI  mo- 

dello della  peri'  •  sarà  per  h  cara;  t  la    In- 

vola, pel  viluppo,  per  la  catastigli!  ,  pei  II  locuzione,  e  per 
mille  altre  doti  intrineeebe  alla  poesia;  ma  si  può  benissimo 
dar  forma  differente  alle  cose.  E  in  questi  cambiamenti,  se  occor- 
rono, i  il  perito  eletto  da  V.  M..  né,  senza  Ira- 
dire  al  proprio  dovero  o  decoro,  può  il  Poeta  di  I  pen- 
dere da  chi  non  profSSM 

pittore,  il  maestro  di  cappella  nel  lor  mestiere  uon 


—  584  — 

dipendono  da  altri,  cosi  il  supplicante  implora  U  ili  i    \! 

potere  esso  supplicante  far  la  proposta  del  ili 

alla  H.  Deputazione ,  e  a  V.  M. ,    e  colla   reale  approvai 

eseguirsi  quunto  surà-  per  proporsi  '). 

Neil' 81-8,  P  Antigone  del  Gazza  ni  ga,  i      ■  -  dd 

garelli,  la  Zemìra  del  Seriore  <  Bianchi,  il 

Fornace  dello  Stcrkel.— Era   prima  do 
rara,  che  aveva  cantato  i  lUSO  unh  Stuprimi 

teatri  d'Italia     i.  Gli   altri   Antonio    Prati,  il  Consolala 
Rosa  /annetti,  ecc.  — 

In  questa  stagione,  fu  smesso  l'uso  d  >ghi.  Ls 

Deputazione,  sin  dall'aprile  70,  espose  che  o  i  tre  p 
loghi,  ohe  io  ciasohedun  anno  si  rappresi". 
Irò  di  S.  Carlo  in   occasione  dei  tre  bacio 
agosto,  12  e  20  gennaio,  si  è  veduto  coli*  e  -j  ebe 

recano  piuttosto  tedio  che  godimento  ai  Sovrani,  ed  per- 
itano la  musica  dei  drammi,  pi 
da  quella  dei  prologhi,  come  ancora  perchè,  dovei 

ri,  dopo  terminato  il  prologo,  spogliare  d 
del  medesimo  e  vestirò  di  quello  del  dramma,  ro 
che  devesi  passare  qualche  tempo  senza  veruno  sp 
colo ,  o  puro  rimpiazzare  quel  vuoto  eoo  qualche  ba^0 
inconcludente  <>;  e  proponeva  di  abolirli.  Ma  il  Re  n 
Qualche  anno  dopo,  il  Re  stesso  faceva  significare  il  p*>«*> 
piacere,  ch'egli  avevi   dei  prologhi.  Il  Bosso  B  ì  jjì*1 

alla  difesa  con  l'ansia  di  chi  ha  tutto  da  perdere.  I  \*f 
loghi  non  piacevano,  perchè  si  eseguivano  male:  «  i»*" 
si  mettono  più  in  musica,  nò  vi  si  fanno  SC<  fcbw 

a  posta.  Escono  confusamente  i  tre  cantanti  :  dicono  * 


')  Suppl.  —  f. 

*>  Depul.   10  loglio  73,  f.  22."  Intorno  ad  ««a  cfr.  la  fi 
ifriistenwnu  de  l'autonuic  de  Tosarne,  dalla  Goudar. 


-  5tó  - 


•lacero  duo  o  tre  versi  di  recitativo,  indi  tìngono  di 
principiare  un'arietta,  ohe  mio  interrompe  all'altro,  cantan- 
do, di  i  a  braccia;  o  cosi  ridendo  e  sghignazzando 
I.  loro,  come  malti,  rientrano  nelle  scene;  ed  in  sei  o 
patte  minuti  e  fermato  il  prologo:  né  più  si  canta  laLi- 
B  il  migli  II*  omaggio  ».  Tutto  ciò, 
..  del  Principe  dì  Ripa,  suo  nemico.  Ma  il  Bassi  dovi 
star  ritto,  quando  il  Re  ordinò:  «  Non  sì  facciano  più 
li  prologhi  .itinui,  pero,  all'  Ab.  Bassi  t'importo  dui 
medesimi  a  titolo  di  pensiono  »  '). 

Se  i  prologhi  si  smettevano,  perdurava  1'  uso  di  alcune 

h altre  cantate  di  omaggio.  Ogni  anno,  il  1.°  maggio,  il 
Uegio  Portolano  della  città  di  Napoli  presentava  ai 
vraui  il  '.".si  detto  Tributo  di  frutti  e  fiori.  D.  Antonio 
«li  Gennaro,  Duca  di  Bel  forte ,  buon  verseggiatore,  di 
k molla  fama  a  quei  tempi,  introdusse  l'uso  di  accompa- 
gnarti l'omaggi  i  o  'ii  una  i  .minta  in  musica  ■).  No  no  in- 
0aOXÌ  una  del  1777.  Il  Trionfo  di  frutti  tono 

rappr  wiga   collinetta,  nella  sommità  delia 

quale  stavano  Flora  e  Pomoua.    L'  altro  Trionfo ,  della 
il,  rappr  SO,  a  piedi  del  quale  riposava 

iana,  coi  suoi  cani  intorno.  Fu  presentai  i  da  l).  Giu> 
eppe  Califano  *), 
Un'altra  «antata  annuale  si  fa- 

tannare;  la  più  antica  «:be  io  conosca  di  que- 

ic,  ò  del  1745,  con  musica  di  fi.  Abos;  altre  far 
in  mustea  dal  Ponaroli,  dal  Cafaro,  dal  Paisiello,  dal  Ci- 
roarosa,  ecc. 

»)  27  nov.  81,  e  altro  carta  —  LetL  del  Basai,  IO  nov.  81,  f.  84.' 
*)  V.   Pottit   <ì'  Antonio  di  Gennaro  ,    Duca   di  Hai  (òrto  ,  Nap. ,   17'.*'- 

III,    41 

Uro  «timile  ooropooimonto:  ìm  Primaoara,  pel  Ifi  maggio  1775, 

«critto  'lai  Di  Oeuaaro,  ò  nelle  Poesie  cit.  HI,  39  tgg. 


—  586.- 


E  un'altra  ancora,  sacra,  si  i'a  la  Bota 

Corpus  Domini;  come  questa,  «Iella  quale  rifi 
Coi  ufo  per  musica  per  la  solennità  del  < 

Domìni  ecc.  ecc.  sotto  il  governo  'l'  D.  Anto» 
nelli  </.  Cristofaro  Eletto  <1<  Popolo-, 

1765,  — ohe  fu  cantala  dal  I  i,  dall'A: 

'l'nUc,  il  ci  Mazzantl  ecc.  — 

Neil' 82-3,  tornò  al  s.  Carlo  la  Mai-ina  Baldacci  N«J 
maggio,  si  ebbe  la  Calipso  dell'  Insanguine  ;  poi.  I' 
Cinese  del  Cirnarosa;  la  Zulima  ')  del  Bianchi,  la  A 
■  Ir!  (invi  ì).  —  E  la  Balducci  eoa  Teresa  1; 
conda  il  per  la  stagione  seguei^  lucro 

il  teo Domenico  Mombelli,  il  primo  uomo  Frani 

Roncaglia,  e  il  Man 

L;»  prima  opera  fu  il  Medonte  del  Sarti.      I 
V.  I.  L.  Meyer,  che  era  allora  a  ."-•  'io  la 

voce  delta  Balducci  era  agilissima  o  di  grande  e« 
e  pieno   <li  ressiono  il  moiln  di   porjpere. 

Mente   tenore,  il  Mombelli;  il  Ronc 
vocl!  melodiosissima,  e  r«  .11'  azione.  «  Ma  che  fuo 

a  di  esecuzione  nell'«  a  del  S.  Carlo  !  I 

poderoso.,  che  spazza  tutti»  innanzi  a  <ù,  scorrendo 

igica  armonia.  L'andarti*  nani  -li  q 

cresce  di  rapidità,  a  poco  a  poco,  ì  i  & 

venta  un  allegro.  Questo  \&vé  un  d 
cbestra,  ma  serve  a  indicare  il  suo  carattere!  Li 
cantanti,    in  perfettissimo  u'«-< »i . I  .  '"li 
rio    conquide  lo  spettatore,  come  un  incantesimo J  0° 
oura,  bella  più  delle  altre,  del  Roncaglia  non  termi- 
na con  applausi,  no,  ma  con  un  g>  grido  di  gH>tt 
nella  sala In  quel  momento,  il  teatro  pareva  il  i 


l)  Era  alala  rupproontnta  noi  1775  ool  Ut.  di  OicotemaL 
*)  Allori  in  Fioritilo  o.  e. 


5R7  — 


del  Dio  dotta  musica:  la  cui  consti  .iva 

radunanza  daHa  terra  aff  abbrazsa  -li  un'  a  >vra> 

rrenal  «  ') 

Il  dramma  del  13  agosto,  Y Oreste  era  si. 
Luigi  Serio  : 

«  L'ho  composto   dopo   lungo   e   severo   studio    su  dei    ['in 
prandi  poeti  Drammatici  antichi  o  moderni:  dopo  avore  in 
gnato  per  sei  anni  i  principii  di  tal  genero  di  poesia  nella  U- 
nivorsita  Regia  ,  e  dopo  la  continua  pratica  l'ir»  dal 

rimo  giorno  irati  alla  gloria  di  poter  servire  la  M.  V. 

qualità  di  Poeta  di  Corte,    ini    sono  accorto  che   mi  no 

■  i  drammi  per  musica  | ntorcssano,  non  già  pel  ; 

eriio  della  poesia;  ma  pel  gran  voto  che  ci  ó  tra  i  recitai  ivi 
e  le  ariette  per  la  poca  economia  dei  Maestri  di  cappella  nella 
>ne   dell'armonia,  poiché,    rendendo  interessami    la 
ariette   di   uno  o  di  due    personaggi,   tutto   il    rimanent' 
dramma  riesce  negletto  e  noioso;  pei  capricci  dei  cantanti,  che 
ir  servire  il  poeta,  il  rimostro  di  cappella  e  il    pub- 
••o  isiesHu  ad  appagar  la  loro  vanite,  8  per  la  negligenza  ed 
uoranza  dei  cantami  medesimi,  che  si  fanno  cader  dalla  boc- 
ca le  parole  del  poeta,  senza  arte  ,  e  senza  ai  op- 
portuna espressione.   Or,  pensando   i<>  di  dar  a  tal  disordini 
.{ualche  riparo,  ho  corcato  di  ridurre  i  recitativi  al  minor  mi- 
tro possibile,  od  ho  sparso  il  dramma  do'  cori  per  risveglia- 
re l'attenti                                 id,  eteciocche  i  cori  dessi 
producessero  un  stimerò  eia              Drattenimeoto  .  ho 

ione  e  di  farla  servire  all' intreccio  e  allo    - 
luppo  ■  ole    II  più  delle  volte  le  ariette  riescono  iotipt- 

,  e,  se  sono  meraviglioso ,  dei 
•varia  abilita  del  cantante  .    che    dall' eccesso  della  musica  ,  e 
perciò  io  ho  procurato  di  far  cadore  lo  ariotte  ,   specialmome 
quelle  dei  principali  personaggi,  in  tai  circostaiu  ie  co- 

i  il   Mai  «ti     di  .servire  alla  poesia,   e  il  can- 

i  spiegar  le  passioni.  Ma  in  Iti  te  precauzioni 


—  588  — 

nei  miei  tentativi,  mi  son  ricordato  sempre,  che  Apostolo   Z«- 
no,  e  1  abate  Metastasi"),  con  infinita  giuria  del  teatro   italiani), 
sostituirono  alle  stravaganze  dei  melodrammi    la   regolarità-    e 
lui  coturno,  e  perciò,  camminando  i  loro, 

ho    promosso    lo  spettacolo    Senza  tradir    I'  unità  del  tempo  e 
dell'azione,  e,  per  quanto  è  stato  possibile,  anche  I'  min 
luogo.    Ho  cercato  di  lusingare  i  capricci    dei    cari  tonti  setta 
effondere  la  costanza  dei  caratteri,  e  di  dare  occasione  al  \*- 
letico  col  brillante   dell'  armonia   senza  violar   l'esattezza  dd 
costume  tragico,  e  senza  avvilire  la  dignità  della  locuzione  ',i. 

A  sua  stessa  richiesta,  fu  mandato  per  esame  ali 
domia  di  enze;  e  approvato').  Fu  messo  in  musi- 

ca dal  CiriKu-usn. 

Molti  drammi  nuovi  a  I  Poeta  dH Coi 

doveva  giudicarli  ■■).   E  non  a  a  dii  ri  facasa» 

doi  nemici!  —  D.  Benedetto  Barbella  era,  per  esempi 
poeta,  che  faceva,  di  latito  in  tanfo  ido  di  questo 

genero:  «Chiodò  prontamente  un  sussid  i 
per  pagare  il  padrone  di  casa  »!  *>.  I  suoi  drammi, ole 
altro  suo  composizioni,  fioccavano.  Il  povero  Serio  nt  tn 
addirittura  oppresso;  ma  a  sempre  resping 

tato  dalle  repulse,  il  Barbella  scrisse  tre  grò 
contro  il  Serio,  o  li  mandò  al  Re:  Difesa  dell'  ab.  D.  Be- 
nedetto Barbella  sul  temerario  equivoco  preso  per  troppo 
dai  revisori  del  suo  drai  T/n- 

riffa  Maestà  di  Ferdinando  IV.  ecc.  *). 


')  Serio  al  Re.  3  febbr.  1783.  t.  lfi« 

*)  Parere  1  aprile  1783,  flrm.  Giuaoppe  Carulli,  U.  Forge»  Dana*»"- 
e  M.  Barcone,  f.  25.° 

')  Vedi  alcuni  auoi  pareri  ia  appendice. 

*)  Apr.  1788.  —  f.  27.» 

"J  29  S«U.  87  f.  28°  —  Anche  Don  Onofrio  Galeota  acrbvff ca»B*  u 
Serio,  che  non  aveva  voluto,  diceva  hii .  accettar-  Iran»»  !" 

S.  Carlo.  V.  il  mio  opuscolo:   Don   Onofrio  OaUota   Poeta  <•  r*»to»«r* 
napoUtano,  Traui,  18t»0. 


-  589  — 
Ed  ceco,  a  questo  proposito,  una  lettera  di  Luigi  Serio: 

S.  R   M. 
Signore , 

In  esecuzione  dei  sovrani  comandi  della  M.  V.,   ho  letto  le 
,  di  cui  si  asserisce  autore  l' Abbate  D.  Benedetto  Dar- 
alla.  Alcune  contengono  progetti   di    politica  ,    e  alcuni  altri 
rogetti  di  economia  e  di  commercio,  promettendo  nientemeno 
'Autore  che  rendere  inesausto  l'Erario  Regio  ed  estirpare  per 
•nipre  i  delitti  da'  Vassalli  di  V.  M.  Alcuno  altro  carte  sono 
un'apologia  di  certi  carichi ,  ohe  non  vengono  riportati,  e- 

iia  se  ne  ricava  un  parallelo  tra  sé  e  il  medico  di  Alessan- 
dro Magno.  Finalmente,  tra  colali  carte  vi  fi  un  dramma  per 
musica  intitolato  Telemaco  in  Creta;  ed  essendo  questo  l'og- 
getto della  mia  mei  .  mi  dò  la  gloria  di  umiliare  a  V. 
M.  che  io  ho  cercato  colle  buone  di  indurre  l'Abbate  Barbella 
a  desistei!-  dall'  impegno  di  far  passero  avanti  il  Dramma  sud- 
detto, per  risparmiargli  quella  mortificazione,  che  avrebbe  do- 
luta per  una  giusta  censura,  e  repulsa;  ma, cotale  in- 
voco di  acquetarsi,  è  ricorsa  alla  M.  V..  esponendo  indecenti 
lagnanze  contra  rno;  cosi  mi  veggo  n  di  rivelare 
•II.  na  Regale  intelligenza,  che  l'Abbate  Barbella  è  un 
liserabile,  che  delira  in  prosa  e  in  versi,  e  l'alterazione  del 
suo  cervello  e  tale  che  non  so  se  muova  più  riso  o  compas- 
siono. Il  suo  carattere  è  universalmente  noto  per  la  strava- 
ganza, e  per  la  torbidezza  della  mente,  ma  la  pruova  maggio- 
ro può  averla  la  M.  V.  dalle  stesse  carte  che  le  respingo,  e  in 
ispucie  dal  ricorso  che  ha  scritto  contra  me ,  per  cui  suppli- 
cherei V.  M.  pel  gastigo  ,  se  non  fosse  evidentissimo  argo- 
i ito,  che  l'Abbate  Barbella  è  un  pazzo. 
Il  Dramma  intanto  ò  un  centone;  ma  6  accozzato  da  uno  cho 
m  001  il  teatro  né  la  musica,  ne  il  decoro  toatrale, 
é  cosi  sfornilo  dai  lumi  poetici  intorno  alla  Drammatica 
ie  non  merita  che  se  ne  faccia  particolare  riflessione  :  ma  ó 
ir  degno  che  si  osservi  ,  cho  molte  volte  I'  Autoro  corno 


—  590  — 

eroico  e  termina  in  bernesco,  ed  accade,  cho  ove  6  più 
gnato  •    far  i  li  promuova  egli  pia  ni 

Auguro  alla  M.  V.  I.-  D300ÙJM  felicita,    e  pien  d'  ossequio 
regal  solio  mi  prosiru. 


Napoli  il  di  27  luglio  1788. 


Di  V.  M. 


Umilia,  e  fedeli**.   Vassallo 
Luioi  Serio  '). 


Tornando  al  S.    Carlo ,   il  2  ottobre    1783    vi  SÌ 
La  Felicità  dell'Ari  friso,  componimento  aratura 
Pagliuea,  musica  del  Guglielmi,  sollenn  .e  dauna 

compagnia  di  dame  la  ricuperata  sai 
sta  la  Regina  *).  E,  Del  novembre,  si  ebbe  l'Ari 
musica  dell'Alessandri;  e,  nel  gennaio,  l'Adone  di  G. Boi- 
tri  *),  musica  del  Pugnai  n. 

Il  grave  danno  dell'erari"  per  l' amininislrazioti 
Deputazione  indusse  a  pensar  di  nuovo  a  un  ira 
Il  Principe  <li  Caramanico  ricevette  a  Londra  l'ìi 
sulla  fine  del  1782,  di  tare  qualche  trattativa  col  l. 
nessuno  miglior  di  costui,  che,  «  colla  sua  abilità  «tu* 
lento,  saprebbe  far  valere  a  suo  benefìzio  > 
e,  nello  stesso  tempo,  procurerebbe  d' incontrar 
no  o  pubblico  gradimento  ».  Ma  il  Lepicq  per  allori 
potè  venire,  e  continuò  la  Deputazione 


»)    Tratri  f.  28.° 

»j  L'«w6guii*ono  il  M,  nanni  (Prologo),  e  il  Mombelli,  il  Roncai!'»  * 
la  Balducci. 

3)  A   pt-opo*.  dell'  Artiuerse ,   v.  una    lotterà   <Ji   L.  Serio  ;  28  a|0*> 
1783.  —  F.  250.» 

«)  Sull'Aden»  dal  DolU-i.  v.  lett.  del  Serio,  22  «ett.  171 

:•)  I--tt,    ai  Cnniraanico  24  s.  l.-ti.    del 

aov.  82  e  poi  luglio  83  <vv.  f.  S4-W  Ecco  i  risultati  dei  coati  **!»  D* 


—  591  — 


Noli' 84-85,  il  Caie  Mario  del  Bianchi,  1'.!  del 

Trìtio,  il  Catone  dell'  Aiit'Hielli .  ['Antigone  del  PaisieM 

»NelT 85  genia  dei  Pieyel,  V  Enea  inia  del 

ugliclmi  '),  il  Lucio   Vero  del  Sacchini,  1*  Olimpiade  .11 
wsieUo  '). 
NelT  86-7,  si  ebbero  VOlimpia  del  l 'rati,  il  Gettito  Sa- 
de] Sarti,  il  Mcsensh  del  Bianchi,  3  Paro  del  Pai- 
I Niello,  poesia  di  Giovanni  Gamcna. 
Canlarono  io  queste  tre  stagioni  le  prime  donne  Anna 
Pozzi,  A.  MorìchaQi-BoseSi  e  Francesca  Danzì-LebruD.  E 
i  tenori  David,  e  Mornbi-lli  ;  e  i  soprani  Itubinelli ,   Ron- 
i.i,  Monanni,  ecc.  8).  Nominiamo  i  ballerini    Carolina 
f.  suo  marito  Pietro  Angiolini,  e  la  Redaelli,  e  l 
Jane  Gioia  ,  e,  più.  notevoli  di  tutti.  Sebastiano  Galli 
leonora  Dupré  '). 


,1780-1  I-.tr.  3603B.Ì5,  Erito  45587,42— Ì781-S.  I.  39x37,85,  B. 

>_ f76S-3:  1  i     n..,,.!.-  ma  i:  I.  :52ilv.;:  i 

l.  39420,35.  E.  4O202.8G.  —  flSJ-O.  I.  32875, 
■  ì  reatini,  altro  Introito:  1'.  1321^1)—  7'.  n.° 

nel  loglio  83  il  Lepi eq  un   prolungamento  di    Col 

gli   fa  accontato;  w*p<Mi  la  pensiono.   Teatri,  f.  25.° 

»)  ti   poeti  doli'  lìnea  e  Lavinia  fu  un  Vincenzo  do  Stefano,  p«H  qua  lo 

—  f.  26.° 
*)  Ferrari,   Am  ••   <it.i<uio  più    opporiunamuntu    più   oltre. 

Scrisse  il   GuB-lielmi   pel  teatro   S.   Carlo   l' Enea  •■   Latitati  •  ,.hbo  la 
InrichoUi  per  prima  donna,  Roncaglia   per  primo  uomo;  o  il  celebre  te- 
Motulx:lli;  un  tr:  BifiCQ  MataniM   tutta  l'opera.  Nel  carnevala 

inaaegaoate  scriase  Paiaiello  V Olimpiade  por  lo  stesso  teatro  ecc.  il,  lbo-6). 
3)  Attori  in  Fiori mo,  o.  e. 
'i  f.  libretti    'uvh.  Mot.,  e  carte  f.  24, 


m  - 


XVII. 

//  Serio  e  i  teatri  oV  opera  buffa  —  Ritorno  del  Pi 
stello  —  Celeste  Coltellini  —  Aneddoti  —  Una  rea 
curiosa. 

11  Serio  era  revisore,  come  si  è  detto,  di  tutte  le  ojm 
di  tutti  i  teatri  E  la  riforma  degli  a  n'opera 

l'occupò  non  meno  delle  faccende  del  S.  Cai 

I  disordini,  che  accadono  nelle  commedie  per  musica,  dipen- 
dono da  molte  cagioni.  La  prima  di  tutte  e  la  somma  ignorai» 
dei  compositori,  i  quali  non  solo  non  sanno  le  leggi  della  poeti» 
drammatica,  ma  non  conoscono  nemmeno  la  grammatica  ita* 
liana.  La  seconda  cagione ,  forse  non  minor  della  prima.  *  il 
capriccio  di  tutti  i  cantami,  che,   invece  di  servire  il 
divertimonto ,   vogliono  che  il  pubblico  sia  sacrificato  atU  k 
vanita.  A  forza  di  prolendore  chi  un*  aria  di  tra  carati*  r 
un  rondonino,  chi  una  cavatina,  chi  un  duetto,  chi   un  tra 
memo,  chi  un  altro,  riducono  il  compositore  dei  versi  con  mi- 
nacce,  o  con  seduzioni,  o  con  denaro  a  rinunciare  anch'*  «J 
senso  Cornane.  Finalmente,  tralasciando  le  altre   cose,  ai  <J# 
chiamare  in  considerazione  il  gusto  del  popolo,  che  si  compiace 
assaissimo  di  stravaganze  sorprendenti  o  di  laidezze  e  icnrhlit* 
contrarie  al  buon  costume.  In  questo  stato,  il  buon  edlodallt 
commedie  dipende  dal  caso,  o  da  qualch>-  sorprendente  ahBiii 
del  maestro  di  cappella  o  di  qualche  cantante. 


Il  guaio  era  che  ,  malgrado   gli  ordini ,   gì'  impr 
aitavano   i   libretti   .-il   revia  ilo   tre   o 

i  prima  della  recita,  e  quando  la 

falla,  hi  il  Seria  dovi  ringersi,  o  a  far  s.>lo  qualche 

'ione  delle  espressioni  più  scostumate  »  ;  altrimenti» 

I  maestri  di  cappi  lavano  I  Ku,  ripetuta) 


—  593  — 

1  ordinato  che  gT  in  presenta  I  libretti 

•  -no  prima  dì  darli  a  musicare: 

ilice    che  in  Napoli    non    ci  a  chi  scriva;  ma,   su  V.  E. 
ordinerà  che  i  poeti  non  dipendano  dal  capriccio  dei  cantanti, 
dalla  boria  dei  maestri  di  cappella   o  dalla    venalità  degP  im- 
presaci e  dalla  tirannica  condotta  dei  quattro  Cavalieri   D 
i   V.  E.  molli  ga!  ,  che  si  faranno  una  y 

servire  al  11  he,  poten  faticare 

l'onore  e  per  un  onesto  guadagno,  acquisteranno  coraggio 
alacrità  n<  »  tali  esercizi  :  il  che   non   riut 

i  resteranno  Dell'avvilimento  e  nella  ecniavitn,  in  sai 
no.  E,  perchè  V,  E.  ne  conosca  fin  da  ora  una  prova,  ri- 
in  Napoli  ci  abbiamo  l>  (Giambattista  Lorenzi,  uo- 
mo di  molta  cultura  nelle  cose  poetich.;  •;  di  rara  abilita  aell 
cose  Teatrali,  e  questi,  oggi,  non  ò  più  cmisiiierato,  poiché,  av- 
vezzo in  nitri  tempi  a  dare  esso  le  leggi  ai  cantanti  ,  e  al 
maestro  di  cappella ,  non  vuol  riceverle  vergognosamente  da 
loro.  E  come  i  cantanti  sono  nel  possesso  di  pretendere  mille 
stranezze,  cosi  non  vogliono  più  soffrire  l'ordino  e  la  regolarità 
di  un  componimento  Drammatico.  Quindi  6  avvenuta  la  diser- 
zione dei  buoni  scrittori  e  la  perdita  del  pubblico  divertimento, 
perche ,  non  essendoci  più  ragionato  viluppo  ,  né  interesse 
ila  drammatica  e  nella  condotta  delle  scene,  tutta 
l'attenzione  si  riduce  a  duo  o  tre  cose,  e  nel  resto  si  giace  in 
i  vuoto  :  e  perciò,  se  si  sgarrano  quelle  due  o  tre 
cose,  la  noia  e  lo  sconten lamento  è  universale.  L'  E.  V.,  che 
m  magnanimi  sforzi  procura  lo  splendore  della  nazione,  pren- 
da a  cuore  questa  parte  di  ani  liberali  e  di  decorazioni  d'una 
capitale,  e  vedi  più    il  pubblico   teneramente    anV- 

nato  al  suo  gloriosissimo  DOBM.   .  •  .  ') 


l'iti  volto  tornò  alla  carica 8U  quatto  punto.  Gli  ordini 
seguivano.   Ma  la  verità  ì  poteva 


')  L.  Serio, 27  gennaio  82.—  Teatri  f.25."Cfr.  Bario  M  giugno  82,  ivi. 

M 


—  594  — 

eseguirli,  (il'imprcsarii,  —  dice  la  Deputazione,  —  «  i  quali 
non  vivono  che  d'  imbrogli  »,  difficilmente  trovavano  un 
buon  poeta,  ed  eran  costretti  a  rivoli  no  poetastro. 

Varie  M-ttimane  passavano  per  intendersi  Con- 

vamito  il  prezzo,  il  ]K>etastro  cominciava  a  ;  ma, 

di  tratto  in  ti  odeva  e  domandava  tutto  o  parte 

del  prezzo.  Alln:   discussioni,  altre  SOttlO 
veno  senza  far  nulla.   Intanto,  il  maestro  strepil 
aveva  bisogno  del  libretto.  Si  pigliava  quel  ch'era  fatto: 
un  atto,  un  atto  e  mezzo;  e  si  inandava  al  revisor 
mai  questi  disapprovava  il  libretto,  non  c'era  tempo  (fi 
lune  un  altro  ').— Fu  allora  ordinato  che  il  tec- 

eentflssero  un  anno  per  V  altro  *). 

Ma,  nel  dicembre ,  ai  era  da  capo  !  Al  Fondo  dover» 
Badare  in  iscena  una  Somedia  !'  Astroiogia,  musici  dd 
I : [.-.i iclii.  Il  Serio  non  riusci  ad  averla  se  nona  spezzoni: 

«  Io  ho  dato  riparo  quanto  ho  potuto  agli  spropositi  eoorai 
dell'  autore  :  ma  non  ho  potuto  riparare  le  stravaganze  •  I» 
cose  nemiche  al  senso  comuni.':  porcile  il  maestro  di  cappelli 
minacciava  di  proiettarsi  e  di  andarsene  via  senza  proeeguif» 
il  rimanente  della  musica.  Tra  le  altre  cose  è  nel  drammi 
giocoso  destinato  pel  R.  Fondo  una  proghin.i  in  h.  i 
metro  simile  agli  inni  che  si  cantano  in  Chiesa.  Mi  parve  ir- 
riverenza e  la  cassai;  ma,  essendosi  raddoppiato  le  minacce  del 
maestro  di  cappella  circa  il  non  proseguir  la  musica,  ho  ri- 
mato di  far  tacere  la  mia  autorità,  e  di  permettergli  quanto 
iui|  l'iiusameote  chiedeva  —  Sire,  per  ridurre  per  I'  aviti 
potiti  dei  teatri  a  promuovere  il  pubblico  divertimento  «enu 
offesa  dell'onesta  e  del  senso  comune,  che  vitupera  la  Daiiooe, 
gli  ho  abbracciati  con  amicizia,  ho  fatto  loro  carezze,  e  Jw 
dato  loro  prieghi  e  non  ordini  :  ed  in  tal  modo  io  gli  «'« 
dodlisfiioìi  alle  mie  insinuazioni  ;  ma,  quando  il  caso  *  fi**. 

»J  l'c-put    18  luglio  ilB-j,  t. 

I   »  E  M.i 


—  595  - 

tutti  questi  rimedi]  sono  inutili,  se  non  si  mette  fine  alla  sco- 
rila dei  maestri  di  cappella,  ogni  -'spediente  è 
infruttuoso.  Potrebbe  duuque  la  M.  V.  degnarsi  di  rinnovare 
la  sovrana  risoluzione  di  presentarsi  i  libri  anticipatamente  al 
poeta  di  Corte  :  aggiungendo  ordini  ai  maestri  di  cappella  di 
non  iscrivere  lu  musica  senza  approvazione,  sotto  pena  di  non 
pretendere  pagametuo.  ...'). 


' 


«  Si  ripetano  ordini  severissimi  »  ;    era   la  risposta  a 

questi  lamenti  del  Serio.    Ma  gli  ordini  severissimi 

ili  troppe  volle  da  potersi  -lire  severissimi  ! 

Oltre  le  bruttezze  poetiche,  offendevano  il  Serio  le  scon- 

morali.  Ma,  su  questo  punto,  i  suoi  eriteru  erano 

curiosi  !  Nel  dramma  in  musica,  del  novembre  79  ,  del 

irò  dei  Fiorentini  : 


.  .  1'  autore  si  fece  lecito  di  mordere  nel  secondo  alto 
D.  Giambattista  Lorenzi,  ed  essendomene  io  accorto  nel  rive- 
•  il.i.  come  Poeta  di  Corto,  mi  chiamai  l'autore  medesimo,   e 

■  >i;li^rft  tale  scandalosa  un  dicenza;  ma,  nell'  e- 

birsi  l'atto  terzo,  mi  avvidi  che  si   volse  'ii  iliiiherato  propo- 
it<>   mettere  in    ridicolo    T  improvisur  ver~i  italiani  :  poiché    i 
uè  bufl'imi  del  dramma  vengono  senza  artifizio  e  senza  con- 
ione  introdotti  a  poetare  estemporaneamente.  E,  come  tal 
facoltà  6  stata  sempre  di  onore  all'Italia  e  di  somma  meravi- 
glia a  tutte  le  altre  nazioni,  oosJ  mi  parve  di  poco  decoro  per 
le  ecene  di  questa  capitalo  il  farne  un  argomento  da  ridere,  e 
ordinai  che  si  fosse  ciò  corretto.  Ma  invece  di  obbedire.  .  .  . 
Non  so  qua!  possa   essere   il   danno    della    musica   colla  mia 
proibizione,  poiché  i"  ho  proibito  d'introdursi  i  buffoni  da  im- 
provvisatori ,  od  6  troppo  deplorabile  la  povertà  dell'ingegno 
autore  ,  è   troppo  criminosa  l'ostinazione  dell'  impresario, 
ne,  dove  si  dice   che    improvvisano,  si  può  sostituire  che 
mio,  e  togliendosi  dal  recitativo  qualche  altro  verso,  che 


732,  *  altra  earte,  t.  24.°  Cfr.  D«puL  30  die  83  ecc.  f.  85.» 


590 


indica  I*  estemporanea  poesia,  tutto  può  mser  ridotto  a  buon 
ordine.  Spero  che  V.  E.  voglia  proteggere  l'onor  mio,  e  della 
mia  carie  •  n  <•  nata  dalla  sola  sapienza  a  p 
poiché  il  lasciar  correrò  il  dramma  come  attuaJmeti' 
sarebbe  lo  stesso  che  sepdlir  l' impiego  e  rendermi  l'oj 
della  derisione  di  tu  iti  i  mici  nemici,  i  quali  i    d'  un 

dia,  vedendomi  sotto  l'ombra  della  sua  protezione  » 

Nel  1780  l'impresario  del  Nuovo  ebbe  il  permessoti' 
rimetterò  in  iscena  il  Sacrata  immaginario  ').  • 
tista  Lorenzi,  dopo  alcuni  anni  di  riposo  ,  —  v 
anche  il  Serio,  —  tornò  al  teatro  nel  ITS-'J  '). — La  sua 
giore  attività   si  svolse  ai  Fiorentini.   Qui,  nel  carnevj 
83,  i  Due  gemelli  e  il  Concitato  di  Pietro,  nel'  84,  Li 
pareri  sa  inganna,  e  la  bellissima  Scuffiar  a 
Finta  Zingara  o  il  Marito  disperato;  nel  171)i 
gelosie;  06195,  la  Pietra  simpatica.  Al  Nuovo,  nel' 84, 
il  Tamburo. 

Ma,  accanto  al  Lorenzi,  era  ricomparso  nel  17 
.luce  dalla  Russia,  il  Paisiello.  Dal 
mise  io  musica  dieci  opera  ai  Fiorentini,   tre  al  N  ■■ 
quattro  al  Fondo;  e  forse  ho  contato  malo  ').  Gareggis- 

')  Sai-io,  31  ott.  70  ecc.  £.23.*  Noi  gennaio  85  il  Serio  venne  «!<•»- 
iliii'i  con  Giuseppe  Palomba,  per  un    libretto  del  Testi  'i  P»- 

lombn  diceva  di  non  avere  scritto  niente  «  che  lodo  di  diritti  «lilla  H«* 
galla,  Religione  u  buon  coBlume,  alla  di  cui  osservanza  è  «tato  «kb|« 
religioso,  religiosissimo  »,  ecc.  >■  et  l'approTnxiooe  «ri  f 

«  uuo  spirito  «li  Toudotta,  fomentato  da  altra  causo  ».  —  Carta  t  Sa.* 

*)  Deput.  28  nov.  7 

*)  Nel  77  dette   al  Nuoro  la  Fuga ,  noi  78  i  ire  Eugtnti,  mi  "M 
Fondo  la  fursa  del  Geloso  sinceralo.  Dal  78  aU'83.  riposa 

')  Malli  particolari  sul  Paiswllu  imi  li!.. 
rasanti  occorsi  .  di  Giacomo  Goti/redo  Ferrari  da  &>•****• 

Operetta  tcritta  da  lui  medesimo  e  dedicala  coi  dovuto  permuto  "  ** 
MatilO  Giorgi  •  1  V  Re  dilla  Gran  lìrrtUvjna.  Londra,  presso  Isolo» 
MUCOCXXX.  Di  «juixto  raro  libro  è  una  copia  nella  BlbL  UoiwniUfU 
Genova,  dove  l'ho  lotto.  Il  Ferrari,  giovai»,  veone  a  Napoli,  nel  no» 


—  997  — 

ino  col  Paisiello    Domenico   Cimarosa,  e,  fecondo  più 
tulli,  Giacomo  Tritio.  Hi  libretti,  il  più  fecondo  boi 
fu  Giuseppe  Palomba.  Di  altri  maestri,  nominerò  il 
iu^li»  imi.  il  ga,  l'Ànfosai,  come,  dei -poeti,  il  Cer- 

ne, i  due  Mililolti.  il  Zini. 

■  In  emerge  in  qiie-f'iilihiiu  perindo  dell'opera  buffa 
lori  fu  Pali  ietto,  u  Cimarosa  o  Lorenzi;  ma  una  grande 
intnnte,  il  cui  nome  £  indivisibile  «la  qaeSi  dei  primi  :  la 
►scana  Celeste  Coltellini. 

Celeste  Coltellini  .mi.    ijuasi  per  diaci  anni,  eoa  brevi 

ni.  ;ii   Fiorentini,    dui   1781  ni  1701.  o  Era  Ci 

e— dice,  in  certe  sue  memorie,  un  maestro  di  oappeDa, 

ohe  la  conobbe  appunto  a  Napoli,  —  i   I        più  naturale, 

a  e  perfetta,  che  ai  possa  desiderare.  Oltre  essere 

l'abilissima  attrice,  cantava  con  purità  'li  stata  e  d 

sioue:  In  •  :\<  bre  Mancini,  e.  Babbeo  poca 

non  fosse  agile,  nò  avesse  moka  estensione,  pure  il  suo 

•  giudizio  supplivano  alle  qualità,  che  la  nel 
jon  le  aveva  donato.  Nella  l'asiorella  nobile,  negli  Schia- 
ri per  amore,  nella  M<,lin<irclìfi,  e. -e.,  era  essa  un  gio- 
iello. . . .  Aveva  inoltre  un  bel  vieioo,  statura  giusta  e  il 
portamento  sciolto  e  senza  affettazione.  Fu  la  perla  «li 
Napoli  per  parecchi  anni o  •).  Lo  Scudo  poi  c'in- 
forma die  aveva  voce  di  messo  soprano  :  «  Cette  voix, 
just©,  pure,  d'  un  timbro  pastoso  et  d'une  ógalité  pan 

A  Trita  una  lettera  di  presentazione  per  Patsiello.  *  Era  allora  Paiaiollo  in 
52  anni,  avvenente,  grande  di  statura  e  con  una  Asonomia  dolce  come 
la  siu  musica;  liberala,  anzi  sfarzoso,  buon  amico,  come  buon  marito; 
vtam  sempre  in  perfetta  amicizia  colla  moglie,  ma  non  ebbe  mai  la  fe- 
licita di  avere  un  sol  figlio.  Era  puro  elegante  ael  vestire;  portava  un 
frontino  e  pattava  almeno  due  oro  il  giorno  alla  sua  toelotta  per  farai 
rodere  ed  acconciar  la  testa  >.  K  riferisco  lunghi  discorsi  avuti  con  lui, 
riprodotti  con  una  curiosa  e  efficace  mescolanza  di  lingua  italina  e  na- 
poletana, come  appunto  doveva  parlai-»,  il  I'aisu-llo  (I,  107  e  aeg.). 
')  Ferrari.  Atutddoti  cit.  1,  p.  126  aeg. 


—  598  — 

scmblait  avoir  6tó  faitc  axprès  pour  exprim< 

mente  déUoats,  les  nuancss  modéròes  do  la  passion  « 

l"u  essa  la  Madama  Perlina  della  Scuffiane 
tante  il' Ila  Frascatana,   e   la  meravigliosa    Afri  a  dt 
cantata  del  PaisieHo.    lo  spago* 

Ila  Anna.  —  Le  Coltellini  era |U&ftro  sorelle:  '.'•alcali- 
na, Costaotins,  Annetta  e  Rosina:  «  l'una  più  gai 
vezzosa   dell'altra   —  dice   il  già  citato   ma  cap- 

pella ,  eh'  e  il  Ferrari.  —  N  tulle  a  Fii 

avendo  viaggiato,  avean  perduto  la  gorgia  «lei  fiorentini, 
e  per  conseguenza  parlavano  cosi  pur.,  pronunzisi 
ed  articolavano  cosi  soavemente,  ch'egli  era  una  «letizia 
1' udirle.  —  Caro  quelle  Coltellini!  S  ilo  musul- 

mano le  avrei  sposate  tutte  quattro,  a  prima  cista!  ». 

Una  società  artìstica  si  accoglieva  Della  loro  casa.  - 
«  Casa  Coltellini  era  un  porto  di  mare  d'ai  Iterati 

e  nobili  viaggiatori,  i  quali  tutti  andavano  a  gara  peri 
der  della  società  amabile  di  quelle  interessanti  signorili* 
Ten'evano  esse  frequentemente  dello  piccolo  conversano* 
ni,  ma  non  di  quelle  conversazioni  italiane,  numeri 
noiose,  che  SOn  forse  peggio  di  certi/  dova 

non  si  va  che  per  vedere  o  esser  veduto,    per  ■•riticare 
o   sbadigliare  ,  o  da  cui  si  parte  poscia  insipido  e  per- 
plesso  rome  la  conversazione  stessa.    Ma  là  si  ti 
.li  goder  del  talento  dei  visitanti.  Or  si  metteva  uno  al 
baio  per  suonar  qualche  cosa  ;    ora   per  a<  -iarc 

dei  duetti  ni  o  pezzi  concertati  alla  Celestina,  all'i 
e  ad  altri;  ora  venivan  la  celebre  pittrice  Costantina 
la  Rosina,  per  fai-  vedere  i  loro  ritraiti  e  disc. 
uno  scultore,  0  un  pittore  mostrava  i  su  <\  lavori,  m 
I travisatore  vi  divertiva  tutta  la  sera;  un  lei   in 


')  P.  Scudo.  Celeste  Coltellini  et  Paisiello;  nella  JUvue dtt da* «* 
det.  Tomo  XIV.  A.  XXII,  1  Giugno  1852.  — p.  082-96. 


—  590  — 


an 

ne 

«li. 


perorava  sopra  il  ramo  di  letteratura,  di  cui  s'  o 
<:  i  viaggiatori  raccontavano  i  loro  casi,  gli  accid 
i,  or  veri,  or  ben  trovati,  ma  intanto  teoevai 
ia  desta  e  lieta  »  '),  E  a  casa  del  Coltellini,  il  Fer- 
rari conobbe  la  famosa  I  irte,  allora  non  divenuta 
i  Lady  Hamilton.  *) 
i  a  gli  ammiratori  della  Celeste,  troviamo  un  giovane, 
orto  poi,  insieme  col  Cirillo  e  col  Pagano*  sol 
abbaio  del  1799:  Ignazio  Ciaia.  —  Quando,  dopo  il 
nevaio  del  1705,  la  Coltellini  andò  a  Vienna,  il  I  i. 
diresse  una  sua  canzone,  che  &  Ira  i  pochi  versi  di  lui, 

Iche  ci  sieno  restati  : 
Come  privar  d'omaggio 
I  tuoi  teatri  ,  se  per  lor  s'aggira, 
Ornata  e  calda  di  pudiche  voglie, 
Donna,  che  solo  a  nobil  gloria  aspirai 
p.  126-8. 
')  «  Un  giorno  m'invilo  In  Celestina  a  cona,  a  mi  pregò  di  uovarroi  di 
buon'  ora,  acciò  potesse  farmi  conoscere  e  sentir  cantari»  una  signorina 
inglese,  la  cui  voce  toccava  tutti  i  ettari  ,  e  la  cui  bellezza  offuscava  la 
'jere  dai  Modici.  Sorrisi ,  listando   con  intonto  i  mici    ooclu  nei  .tuoi, 
ad  ella  soggiunse:  Vedrete,  vedrete  dwaon  ho  <l'tti>  ulilia.iLauia!  Accettai 
1* invito,  v'andai,  nò  fui  punto  deluso.  Era  questa  Lady  Hamilton,  la 
l>iu  bella  creatura  ch'io  a  vasai  ancor  veduto.    Babbea*  lu  sua  voce  non 
f'w«  irtala   ancora  coltivata ,  pur.;   ora  di  natura  «onora,  pastosa  e  giu- 
sta. Contava  essa  della  ariette  scottesi  con  tanto  gusto  e  con  tanta  ani- 
ma da  rapire,  e  lo  articolava  cosi  bene  o  cosi  chiara,  che  non  solo  da- 
vano piacete  agli  inglesi,  ma  a  tutU  i  forestieri,  benché  non  ne  inteo- 
Uewro  forse  una  Mila  parola.  —  Allora  il  Cavaliere   Hamilton   le  diede 
l-.ldic  alla   Dfopioli  ;••••   maestro  di  canto,  indi 
-Aprile  e  Million;  FenaroH  per  l'accompagnamonto;  e  Cimarosa,  Paisiollo 
«  Guglielmi  per  farlo  cantar  di  tratto  in  tratto    Io   nuovo  loro  produ- 
zioni ».  E  discorre  anche  della  buona  fama  che  godeva  a  Napoli.  E  Mg. 
f$iuuge:  <  Quando  la  bella  Inglese  andava  al  teatro,  alla  passeggiata,  in 
«-arroz/a  o  n  cavallo,  ella  era  ,  aempro  ammiriti  .  r.  dicevafU):    Eccola, 
eccola!  Oh  com'o  bella  t  che  (bonomia  divina!  Ella  ò  una  Vergine!  >; 
cioè  ■  diro:  Sembra  uua  Mndonua!  è  bolla  corno  la  Madonna! 


—  600  — 

Fuor  dell'  umane  spoglie 

Oh  quanto  volle  ella  mi  trasse,  e  q B 

Valor  mi  diede  d'appressarmi  ai  No 

Folle!  Ma  chi  mi  tragge, 

Col  rammentar  suoi  vanti, 

A  dar  novo  alimento  al  mio  dolore? 

P.ia  ci  lancia  ir..   | 

E  vola  in  altre  spiagge, 

Ove  la  chiama  alto  desio  d'onore  ! 


Addio,  dunque,  t'affretta, 

Vanne,  ma  tonni  p  li  !  Supplice  voce 

Io  porgo  intanto  al  sole, 

Onde  pei  giri  suoi  corra  veloce  ; 

Giacche,  di  te  qui  privo, 

Del  nulla  in  seno,  amaramente  io 

Andù  ;i  cantaro  a  Vienna,  «  col  permea  Re 

Napoli,  e  come  un  regalo  all'Imperatore  Giuseppe  * 
Fiorentini,  per  quei  mesi,  furono  prime  donno  a  vicenda. 
Clotilde  Cioffi,  e  Vittoria  Moreschi.  Si  dette  ,  i 
la  Grotta  di  Trofonto ,  con  musica  del  Paisiello. 
rappresentarono  tult'  e  duo  insieme.  «  La  Cioffl  canta*» 
bene;  ma  non  piaceva,  perchè  non  ora  attrice,  né  bflto; 

la  Moreschi   non  cantava  affatto,   ma  p]i  .  spellò  eT» 

ittrice  e  avvenente.  Il  celebre  CasaccieUo,  Geonn- 
ro  Luzio  ,  e  il  Morelli ,  contribuirò]  »  al  successo 

di  quell'opera  ».  ") 

L'anno  1786  tornò  ria  Vienna  a  l'amabil  Celestina,  ca- 
rica di  ghirlande  ,  per  coglier  nuovi  allori  .\  ùi 
cui  incominciò  e  troncò  la  sua  carri  ''oco- 
parve  nell'opera  :    le   Gare  generose  o  f*r 

'iaepp«  del  Re.  Ignaaio  Gioia  e  U  *u«  poesie.  Nap.  1860,  p.8-**- 
*)  P«noi  Aneddoti  cit,   p.  137-8. 


—  601  — 

amore,  colla  sua  sorella  Annetta,  che  saliva  allora  sulla 
» ,  con  Viganoni ,  CaaaccieUo ,  Trabalza,   secondo 
-,  e  Feiraro,  Imfl'o  toscano».  L'opera  era  una  delle 
deboli  -li  Palai) -Ilo;  tuttavia,  piacque  moltissimo, 

naturalezza  o  verità;  e 
ateouta ,  inoltre,  dai  talenti  rari  ed  ingenui  della  Coltel- 
lini, di  Casaooiaflo  e  di  Vtgaooni  p.  Per  seconda  o\ 
di  «j  nella  primaver  i  ,    il  Guglielmi    BCÓSSe    la    /' 

■le,  e  a  quei  vecchio  furbo  e  poltrone  vi  fece  un  quiu- 
Btiperbo  nel  prim'afto,  poi  un  dilettino  da  piazza  nel 
he  sostennero  tutta  l'opera  o  '). 
Nel  1779-bO  cantò  al  Fondo ,  e  poi  ai  Fiorentini,   So- 
na Maranesi,  detta  X Iiujlrsinu.  Curioso  che  una  delle 
prime  volte,  che  usci  in  iscena ,  al  Fondo,  «  le  fu  l'alta 
fischiata  da  certi  palchi  di  2.*  fila,  cosicché  dovetto 
rientrare,  qufl  .ronte»!')  —  Per  lei  fu  pubblicato  l'o- 

le: Susanna  Maraneai  '> -ir eata  da  Apollo  per  Vec- 
mntare  da  prima  donna  seria  nel  teatro 
dei   Fiorentini.  Ode  di  ('.  /«'.  i\tto  /ragli  Arcadi  .V.  A., 
ter  comando  di  persona  il  lustre  1780 

•)  Aneddoti  cit.  D.   Il 

*)  All'Udii.  13  igMtfl  1779;  onta  varie,  f.  23.° 
fai  tra  l'altro,  lo  wriltore  : 

Ah  fwo»'  io  del  liei  Tainixi 
Un  milonto  fra  la  genia, 
Oppur  fos*i  di  Pan 
Un  BMBftl  KcOO  e  potente! 

le  li  darei  un  monile  di  brillanti.  Ma  non  son  ideate  di  tutto  questo  : 


E,  frattanto,  da  lontano, 
Qual  ohi  guarda  dolci  frutta, 
Cui  non  giungo  la  sua  mano, 
Io  num  rvnto  a  bocca  aaciutta! 


—  eoe  - 

Ma  un  fatterello  grazioso  successe  al  Fondo,   n« 
state  83.  La  compagnia  di  canto  aveva,  tra  gli  altri  can- 
tanti ,  le  donne  Giacinta  Galli  e,  prima   bufo,  Vittori* 
Moreschi  Nel*  fine  del  secondo  alto  delToper 
rosa:  Le  astuzie  teatro  c'era  una  m 

oda  quale  le  due  donne  si  scoprivano  e  rinfa 
r  boi  coTakra  i  loro  difetti  e  se  ne  facevano  la  caricatura. 
D  pubblico  rìdeva ,  e  applaudiva;  la  Moreschi  era 
rabfe,elertsateeran  .  ;;.-i  lutte  in  suo  favore    ■  Lai 
oc  ebbe  una  forte  gelosia,  per  effetto  della  quale,  facendo 
uso  di  sua  solita  arditezza  »,  cai  aproperii  la 

resdu,  e  le  dette  uno  schiaffo.  Accorse  e  le  di- 

rase.  E  1  giorno  dopo,  la  Galli  cri 
di  S.  Giacomo  e  vi  restò  per  un  pezzo,  solo  recami 
i  aliai  i  oele  sere  d'opere  '). 

Ai  Fiorentini  e  al  Pondo    aveva   cantato  dal  '>'■ 
I* Annetta  Benvenuti.  Di  costei  s'  innamorò  perdutamente 
D.  Ascaro  Caracciolo,  figliuolo  del  Principe  di  \ 


t  V<L  t  Lagfio  83  e  aitn  carte.—  t.  25.°  Noi  Fcbb.  65  la   Galli  era 
atfeV  «acari  «fetta  pvùtmsu,  —  V.  anche  t  20».  Il  Ferrari   negli    anei- 
«jfe  ot  «t  M6-7),  rneeaato  cu*    quell* avventura:  <  Cantò  la  Galli  il 
mm  arte»  eoa»  tma  «iagaoaa  •  Al  stolto  applaudita;  declamò  la  Moreschi 
j|  t  cosai»  mio  cesi  Inrriaws.  ed  ebbe  i  suoi  applausi;  venendo  poi  i 
^y  £  sa«nle  «atta  aaaica  •  «alle  cauluuii,    piacque  e  fu  replicato  eoa 
far«r«.  Ripe  ss»  h  m  Galli  il  primo  solo  con  variazioni  e  fioi-etti  deli 
#  atea*»  a*  Maraschi  U  dice,  sotto  voce,  della  ingiurie.  S'arsala  la  Mo- 
ii  ai  em  -lineala  aolo,  eoa  grazie  ad  attitudini  seduceuli,  e  a  vicenda 
a,  «Ma  jfcitiT  «Va  della  altre.  Giunta  a  cantaro  a  duo,  pordou  la  tasta, 
^Baaaìu»  «a*  anno  in  presenza  del  pubblico  a  vengono  alla  mani.  La 
«jitajd».  «tracciali  fazapletto  «  la  veste  deUa  Galli;  sapealo  questa  cb« 
m  rivaie  portava  parrucca,  le  strappa  U  cappellino  e  i  capelli  finti 
T-jirr-vwM" .    aeaapre  intento  |ier  far  ridere,    esce  dalle    arene  con  usa 
_ak  asoa«  ia  spalla,  e  si  mette  in  positura  militare  tra  le  due  Am*.«- 

,  _-r  «epararle:  riuscì,  ma  la  povera    More*ci: 
-A,  aittimealir,  pokba  restò  colla  testa  calva  e  nuda,  più  che  natura  i 
r»v«««  creato  » 


-  603  — 

al  solito,  ve).  -aria.  Quando  andò  via  da  Napoli,  i 

>arenti  ,  e  spi  madre  di  D.  Ascanio  ,  respirarono, 

nell'  83  e  che  I*  impresario   del  Nuovo  i 

(turato  da  capo  la  Benvenuti.  La  Prim  li  Villa 

pagò  tu'1'  li'  spese,  rifece  le  perdite  ali*  Impresario,  pagò 
:>r.>o  ducati  alla  cantante; e  cosi  ottenne  che  non  Min- 
Ma  il  rimedio  fu  di  poca  durata  :  n<  11'  84  la  Benvenuti 
venne  al  Fondo*— Indarno  «  D.  Maria  Eleonora  Giudice, 
oKm  Caracciolo  ,  Principessa  della  Villa  i  supplico  ohe, 
a  compita  che  avrà  la  sua  incombenza  colla  recita  Della 
stagione,   non   venga  appaltata  arala  in  nessun 

teatro  ».  Questo  suo  desiderio  non  potè  esser  sodisfatto  '>. 
Giulietta  Bartolini,  bolognese,  cantante  al  Nuovo,  nel 
(0  fu  fatta  mandar  via,  per  opera,  non  di  una  madre 

ma  di  una  moglie,  la  Principessa  di  Ferolsto.   Mi.  dopo 
un  poco,  eccola  di  quoto  a  Nap<  li.  E  ricomin  te 
vere  a  spese  del  Principe  di   Kcr         ».  Abitava  in  Cfl 
un  diffamato   paglietti,    per  nome  D.  Felice  GoH> 
contro  del  quale  c'era  «  un  dispaccio  di  sfratto . .  .  non 
eseguii  essere  egli  protetto  dallo  scrivano  Zagari- 

no  p.  Ma,  sorpresa  la  casa  del  paglietta,  la  Giulietta  a- 
b  già  pn-so  il  volo.  Fu  acchiappata  in  un' altra  casa, 
ara  rifugiata,  a  Capodimonte.  Basa  dichiarò  su 
bito    «  di  essere    qui   venuta    per   divertimento     i  i  circa 
un  mese  e  che  se  ne  doveva  partire    per   tutto  il  27  del 
Corrente  ,    dovendosi   trovare   nel  prossimo   venturo   au- 
to in  Gralz,  ove  trovasi  appallata,  per  GÌnquantl 
chini  imperiali  r>.  Aveva  seco  un  suo  marito.  Messa  nelle 
carceri  di  S.  Febea,  il  Principe  di  Feroleto  andò  subito 
a  farle  visita.  Essa  le  rispose,  «  con   aria  p,  dì  ■ 
id  avvertire  il  marito  dell'accaduto,  ed  »  esso  poi  R 


')  Carte  vario.  Doput.  G  giugno  83.  f.  25.*;  e  «uppl.  e  carte,  febbraio 
1786,  f-  26." 


—  604  — 

nella  casa  del   Carceriere  ritornato ,  secondo  V  \i 
Prìncipe  ni  partire  crasi  compromesso  di  eseguire 
il  Magistrato,  «  non  sembrandogli  proprio  e  decoroso  ad 
un  Cavaliere,  che  dovesse  frequentare  una  carcere  per 
una  donna  da  teatro  »,  ordinò  al  carceriere  che  oc 
avesse  ammesso.  ') 

Cosi  fu  fatta   partire  una  ci  US  -Iella   Giulietta  al 

Nuovo,  la  romana  Teresa  Zuccherini,  rovina  di  ima 
ilei  corpo,  I).  Anselmo  Errichelli.  *)  —  Ma  6  inutile  cont'\- 
nuare  questa  cronaca  scandalosa. 

Marianna  Monti  sì  fece  sentire  le  ultime  volte  nd  79-9 
sulle  scene  del  Fondo.  Giuseppe  Casaccia,  al  Teatro  Nuo- 
vo, 1*82-  —  Continuarono  Gennaro  Luzio,  e  Antonio  Ca- 
saccia, e  Giuseppe  Trabalza,  caatanti  buffi.  —  Delle  don  i 
oltre  quelle  già  accennate,  nell'Sl-2  al   Nuovo  ca  DW 

Luigia  e  Marianna   Farnese,  tormento  dell'In  «*»<> 

*  In:  a  credono  di  dover  essere  pagale  senza  faUgo.i*t-> 
e  nulla  li  Mirini  i  conto  degli  obblighi  o  doveri  alla  lox 
pica  attinenti ,   incominciarono  a  darsi  sfh  ** 

divertimenti ,  con  andare  ogni  notte  a  Fosillipo  ,  e  lu 
della  città,  cantando  per  tutte  te  parli,  ov'elle  and  ivano, 
cosa  rigorosamente    proibita   dallo  leggi  teatrali ,  a  »olo 
fine  che  non  prendono  qualche  male  in  grave  fi  t«sl- 

1"  impresario  e  del  pubblico  e.  E,  infatti ,  varie  loro  ma- 
lattie gli  avevano  cagionato  grosse  perdite.  1',  quando 
il  Blaui-lii  (che  faceva  l'impresario  da  21  anni),  falli,  ,|;i 
1*  altro,  intentò  una  causa  alle  due  Farnese  3),  m 

state  tra  hi  cause  precipue  del  suo  fallimento. 

Badiale  d'Orla,  buffa  ai  Fiorentini  e  al  Nuovo,  da  irto 
anni  ,  fu  cacciata  di  seggio  dalla  Coltellini.  Basa  rico**5 


')  Ag.  80  Suppl.  —  March,  di  Fue«aldo  3  Agosto  80  f.  23*. 
:)  Manco  80,  e  moltissime  carte,  f.  S 
3J  Sott.  82.  Corto  varie  f.  24."  e  88 


—  605  — 

alla  Regina  pei  torti  che  le  erano  fatti  daFlrapresario  dei 
Fiorentini,  Bereditandola  presse  li  nobiltà,  e  I  l»le 

lu  parte  di  l.a  butta  per  darla  alla  I  oKeflim*).  —  l 
Trabalza,  Rosi        '■••,  Orsolina  Mattel,  meritano  anche 
una   menzione.  Neil' 88  cominciava   a  cantore  ai  Fior 
imi    Anna  Davya  de  Bernucti  ,  che  cantò  poi  anche  da 
seconda  donna  al  S.  Cario. 

11  teatro  del  Fondo   ebbe   una  vita  artistica  .li  minoro 
importanza  degli  altri  due  teatri.    Erti  Dal  eattiva 

stella;  i  suoi  impresarii  andavano  di  fallimento  in  falli- 
mento. Press*  a  poco,  scrissero  per  esso  gli  Stessi  | 
composero  gli  Blessi  maestri,  i  gli  stessi  ar- 

tisti, che  negli  altri.  Ma  nessun  nome  illustre  si  Ioga  ade- 
in  particolare,  come  quello  di  Celeste  Coltellini  e  di  Pai- 
fsiello  ai  Fiorentini,  di  Gennaro  Luzio  al  Nuovo  e  ai  Fio- 
rentini ). 
Negli  ultimi  anni  s'era  preso  l'uso  di  rappresentare,  io 
tempo  di  quaresima,  gli  oratorii  saeri  in  tnusiea. —  I).  Pop- 
pino Lucchesi  PaBi,  tìglio  del  Principe  di  Campofranco, 

grande  ai 'passionato  di  musica,  e  che  allora  aveva  l'impresa 

do,  raggiunto  abilmente  un  oratorio  '.La  Figlia 

,  con  la  musica  di  vani  autori,  e  lo  Fece  eseguire 

in  quel  teatro.  Riuscì  benissimo.  Vi  cantarono  la  Maria 

Man  un-  «  "li  che  bella  creatura,  echopau 

ril  Ferrari;  —  il  tenore  Mtangozzi,  il  basso  Rovedino. 
')  Albi  Oopul.  iii  Sett.  1781.  Teat, 

')  A  proposito  di  una  controversia  tra    l' Impresario  dei  F 
quello  del  Fondo,  udì"  Aprite  1788,  trovo  la  :  <  la  logge  tea- 

trale e  la  tfjstumauza  ù  che  nella  prima  atra,  in  cui  va  in  iacona  l'opera 
iti  uno  J«-i  teatri,  gli  altri  Uatrì  dclihouo   ■•«•  kilt  rappreaenta- 

Piioue  »    K  «-osi  fu  ordinato  all' Impresario  del  Fondo.  —  Teatri  (.  22.* 
L'oso  era  poi  costante  o  inorati  pel  S.  Carlo:  la  prima  sera  del- 

■  ipera  nuova  gli  altri  no  potevano  aliar  cartello.  Disp.   Reale 

26  febh.  1700:  Comunicatomi  da  V.  d'Aorte. 


-  006  — 

Ma  la  spesa  ora  grande  e  il  Lucchesi .  per 

dal   Ho  il  permesso  di  dare   in   quella  quaresii 
quattro  recite  nelle  prime  quattro  domeniche,  alle 
n  ii  erano  ammesse  donne,  ed  erano   invece  chiamati  i 

regolari  e  secolari  Questi  vennero  infoila:  «  nic 
te  era  più  curioso   quanto  il  vedere  un  teatro  pieno 
frati  di  tutti  i  colori,  di  preti  in  abiti  .li  .-.. -rimonta , 
aprivano   le  orecchio   per   sentire   Io  tenero   e  grazie 
melodie ,  i  b  Iti,   brillanti  della   Ni 

b  i  ini  padri  I  avano  cogli  occhi,  i  loro  petti  si  sol- 

levavaii  »  ai  sospiri,  l'or  estasiare  sempre  più  il  suo  sanlo 
uditorio  ,   la  Marchetti  di 

rinate,  ai  suoi  atteggiamenti,  ai  suoi  accenti  tutte 
gore  d'espressione   della  sua  follia  di  baccante.  E  i  re- 
ndi sospiravano,  con  un  ardore  veranv  i  inoo. 
Durante  le  quattro   recite,  la  sala  fu  sempre 
<li  pubblico  e   di  ecclesiastici.    I  preti   e  i  di 
pagavano  alla  porta;  i  Cappuccini   e  i  en- 
travano 'jratis.  Un  cappuo 

sporgeva  per  veder  meglio   la  Marchetti  :   una  caodeh, 
ch'ere  «li  sotto  acce  il  fuoco  alla  barb, 

racconta  il  Ferrari,  ed  io  ripeto  col  benefìzi-.»  dell'  il 
tario  l). 


')  Ferrari.  Aneddoti  cit.  p.  170-2.  Noto  tuttavia  che  natia  qw«*» 
1785  ci  fu  al  Fonilo  In  Figlia  di  Jcftc.  e  vi  cautarouo  il  Rotoli 
Meagoxxi,  iii.i  [ht*B«  l'Annetta   Bcu»-nuti    Fon» '» 

ripetuta  nella  quaresima  86  colla  Marchetti,  che  allora  (arava  parto  ^rtl* 
iguia  del  Fondo   NeU'B."> 
•  i  f.  26.» 


-  607  - 


XVIII. 


infiteatri  ,  corride  ;  bestie  rare ,  curiosità ,  statue  di 
personaggi  celebri  —  /  Rinaldi  del  Molo  —  fmproo- 
cisalori  nei  teatri. 


Un  Conto  Giovanni  Cccchelli  di  Bologna,  ufficiale  ne- 
gli eserciti  imperiali,  (  die  era  stato  direttore  di  tulli  gli 
spettacoli,  ohe  si  recoro  il  1764  in  Francofbrte,  per  1*  in  - 

I coronazione   di  Giuseppe  II),   chiese  nel   1777   di  poter 
formare   un  anfiteatri  i  »l  Ponte  dofla   Maddalena, 

dal  Iato  del  mare,  por  farvi  rappresentare,  nei  giorni  fe- 
stivi e  in  tempo  <li  >  cinquanta  cacce  all'  anno 
di  diverse  fiere,  come  leoni,  tigri,  orsi,  cinghiali,  cervi, 
ecc.,  con  cani  di  presa  ,  all'uso  di  Vienna.  La  Giunta 
dei  Teatri  oppose  che  quel  divertimento  non  era  «  adatto 
al  guata  dell  iw,  per  mancare  in  essa  bitta  quella 
parte  d*  ilarità,  die  costituisce  1*  unico  soggetto  del  dilet- 
tamelo, a  cui  ella  nelui  rappresentanza  degli  spettacoli 
Ia  ».  Ma  un  parere  del  Supremo  Magistrato  del 
Commercio,  Ormato,  Ira  gli  altri,  da  Ferdinando  Galiani, 
i  :  h  Lo  spettacolo,  proposto  dal  Conte  Ceccbelli, 
quanto  è  diverso  dai  giuochi  anlit  strali  dei  Romani  .  .  . 
e  dai  giuochi  del  toro  spaglinoli,  nei  quali  sempre  l'uo- 
mo combatte  cogli  animali,  tanto  e  Minile  ai  nostri  com- 
i . . 1 1 1 ; 1 1 1 « ■  n t i  di  bufali  e  di  tori,  eoe  solo  coi  cani  si  attac* 
i,  t  vero  che  egli  propone,  olire  ai  tori,  e  ai  bufali, 
dare  in  spettacolo  anche  orsi,  lupi,  cervi,  cinghiali,  ca- 
valli, tigri  e  leoni,  so  no  a\\->  :  m  I  la  varietà  di  queste 
io  non  ammetto  il  pericolo  d' inconvenienti,  nò  a  pa- 
rer nostro  rende  più  feroce  1'  aziono  ,  ma  soltanto  pio 
osa.  Noi,  dunque,  non  prevediamo  maggiore  effetto 
sul  carattere  degli  uomini  del  nostro  popolo  dalla  vista 


—  608  — 

di  questo  spettacolo  ,  che  da  quello  dei  I  ni  e  bufali,  ai 
quali  ò  lauta  avvezzato.   Prevediamo  anche    che    m 

denti  di  disgrazi  ino  esservi  in  q-. 

fido  ben  costrutto  e  ben  servilo,   che  non  »  al 

tualmente  in  quei,  che  per  le  campagne  e  luo_ 
a  Napoli  con  poca  avvertenza  o  poca  esperienza  grosse 
lanamcnte  si  tanno  dai  viHani.  udì  spesso 

dono,  risse  tumulti,  e  disgrazie  »  ').  Ma.  quel 

-are,  era  la  quistione  economica.  U  Ceccbellì 
speso  da  quarantamila  ducati  pel  solo  ediBzio:  coni 
leva   rifarai  da  cosi   grosse  spese?   Bisogna  dargli 

per  condizione  che  non  prenderebbe  per  soi 
del  paese:  «  abbiamo  creduto  dovere  di  un  buon  sovrane 
far  anche  da  padre,  e  non  solo  impedire  i  danni  a  e 
ricevesse  involontariamente,  ma  anche  a  ohi  fosse  ce 
forsennato  o  sciocco  da  farsegli  da  sé  stesso,  voloi 
mente,  ma  con  volontà  ingannata  o  sedotta  ». 

Ottenuti,  il  permesso,   il  Cecchelli  cominciò  il 
fece  venire  da  Vienna  un  architetto,  Gì  (vanni  S< 
da,  che   ira  stato  ispettore  nella  costruzione  dell' 
teatro  di  colà.  Ma,  dopo  più  di  un  anno  ili  lavoro,  il  Cec- 
ehilli  abbandono  il  tutto,  e  parli  da  Napoli   *). 

Un  Nicola  Vida,  nel  marzo  83,  aveva  un  baraci- 
al  Largo  del  Castello  con  molte  bestie  rare.  Il 
Domenico  Venuti,  direttore  della  Fabbrica  'li  pi 
di  Capodinionte ,  pensò  «  di  far  modellare  in  orala    p1 

'raspollarsi  in  porcellana  quelle  Sere,  p  ni  fai 

mille   occasioni  occorrermi   per  il  servizio  della  H.  Fab- 
brica o.  Ma  il  Vida  «  impertinentemente  m  ha  risposto* 


i)  Sulla  cacce  al  bufalo  nelle  nostro  campagne,  ••  0.  tìst 

in   Giambattista  Basile,  Arch.  di  leit     pop,   \.  i.  8. 

*)  V.  sue  «uppl.  Giunta  81  giugno  77  —  Su. 
tombw  e  molle  nitro  cari*.   Teatri  f.  21.°  e  S2J* 


-609  — 

di  iH'ii   voler  lasciare  e-  ile  cosa  seoza   UD  Et. 

isposta  proporzionala  ad  no  uomo  destinato 
a  conversare  con  indomite  '). 

Nello  stesso  anno,  un  Paolo  Bassi,  parmigiano,  giun- 
geva a  Napoli  neon  un  animale  —  d'wo  lui  —  chiamato  il 
aedario-..  di  un'  altezza  sproporzionata,  e  con  Un  allro 
animale/  chiamalo  il  Miotto  di  Barberìa  » 3). 

ni  anni  prima,  era  venuto  a  Napoli  un  eanerlno 
wirhuno.  Lo  portava  un  Pietra  Lemoine,  Brancese,  che, 
•  del  1TG7 ,  taceva  stampare  il  seguente 
so: 

Nobilissimi  Sigin 

fa  noto  alla  Nobiltà   loro    corno   è  giunto  In  questa 
il   virtuoso  Canarino  ,  il  t\,  vario  virtù.  I.a  prima 

sarà  sopra  la  Metamorfosi  d'Ovidio,  la  Geografìa,  l'istori.!  ili 
Trancia  e  T  Istoria  Homana,  per  il  meno  delle  carta  topografi- 
che, apportando  lo  lettere  elio  convengono  al  quesito  che  li  si  fa. 
Il  Canorino  conta  le  persone  che  sono  noll'Assemblea  ,  pur 
ebo  il  numero  non  passi  a  trenta.  Raduna  ancora  le  lettere 
che  convengono  n  formar  il  noma  «li  qualsivoglia  persona,  pe 

rò  che  non  siano  difficili  all'ortografia. 

Le  fa  vedere  le  quattro  regolo  dell'Aritmetica. 

Distingue  ancora  oso  li  colori  delli  abiti,  che  sono  ve- 

stiti, avvicinandosi  al  medesimo,  appartando  il  colore,  che  sarà 
proprio  della  persona. 

Di  pin  nel  vedere  un    orologio    far  a    il  immuro    delle  ore  e 

:     liti. 

Il  medesimo  Canarino  travaglia  tante  di  giorno  quanto  di  nott». 

Circa  poi  il  Sig.  ohe    possiede  il  Canerio  6  allogiato  :    nel- 
Calberyo  d."  di  s.   Giorgio  sito  natia  Carsoa] 

vedere  a  casa  sua  basta  il  menomo  avviso,  ohe 
saranno  serviti.  E  il  suddetto  travaglia  d'ogni  ora. 

20  marzo  1783.  f.  25." 
')  Fu  ammesso  a  mostrarli  il   B  •.  StUsmbM   17*3—  ita 

II 


—  610  — 

Il  BoddMtO  Big-,  che   possiedo    il   Couerino,  avviso  al 

Pubblico  cln-  i  »ca  (tic)  dimora  in  questa  città. 

1  giuochi  del  onerino  furo:  oche  ini  fa. 

Il  Lemoino  aveva  dite  eanerini,  rum»  noi  .  che 

b  addestrai  -  da  tre  anni  Egli  disp  • 
tavola  lo  lettore  dell'alfabeto  in  tanti  cartellini.  K  poi  da- 
i.i.iiiii.na,— comJDciaDdo d  die  lorfo&ié 

Fosse  l'autore  del  vello  d  E  il  canarino  | 

■'<  .  una  per  una,  le  lettere  dell 
e  le  mostrava  in  giro,  e  le  deponeva  tutte  in  un  i 
Cosi,  domandatogli  in  qual  paese  si  fosse,  compose  pri 
ma  i.'i  parola  Europa  ,  e  poi  Napoli.   Con 
nomi,  che  gli  s'  indicavano,  itonti.  E,  , 

:i ir. ii-ii 1 1 ii -t i > •: i .  faceva  le  quattro  operazioni  a  questo  i 
Domandatogli,  per  es.,  che  somma  facessero  5  e  ó,  an- 
dava a  prendere  subito  il  10.  E,  togliendo  4  da   IO,  ohe 
va  a  prendere  il  0.  E,  inviti  7p«r 

7  ?  Andava  a  prendere  il  49.  —  Et 
dose  abitudini,  acquistate  dafl  a  i  a  forza  della  pa- 

oza  prodigiosa   del  maestro;    nel   che  fare  qu< 
ale  di  una  piumetta,  colla  cui  punta  Io  guida,  ingoi» 
obi   appena  si  conosce  ».  ') 
i  n  torero  spagouolo,  Eraucesco  fbargoita,  che  arca 
ito  per  Parigi,  Torino,  Venezia  e  Roma  e  altre  prò- 
ili  città,  chiese  nel  1790  di  tare  un  e 
ridas  tic  funi*  alla   -pi.  .  di  fronte  al  pa- 

lazzo de!  Principe:  >li  Tornila*).  Gli  fu  permesso,  e  il  25 
maggio  ebbe  luogo  la  prima  corsa.  Ma  come  andasse  * 


')  Sappi,  lai    i    I        agno  07,  f   I 

-')  Noi  1786  qui  la   p  nnoeso  era  auto  negalo  a  un  ul  Cada' 
■  (atn  l'anfiteatro  al  Lai 
S»uto.  H.l  '2A." 


—  611  — 

finire  la  a    t,  ce  lo  tento  D.  Francesco  -Catalano, 

•li,    u  assistette.  Recatosi  sol  luogo  Terso  lo  ore  18  l/t: 

S.  .  .  .  ritrovai  moltissimo  persone,  che  nell'anfiteatro  intro- 
te ni  MUDO]  n  a  già  par  la  porta  principale,  ma  per  le  porte 
:Iclii,  che  tutto  erano  aperte,  scavalcando  le  tavole 
parte  di  fuori,  e  si  eran  situata  parta  no'  scaloni,  o  parto  nei 
palchi  medesimi,  mi  riuscì  oon    buone  maniera  persuaderle  ad 
thè  l'ora  6  na    a  dover    permettere  la 

ita  a  coloro,  che  cercavano  i  biglietti.  Ma,  come  di  già 
alla  porta  numero  bastante  di  persone,  eo3l  cercai  farlo 
Itrara  regolarmente  ,  ricevendosi  al  di  dentro  i  biglietti  it 
giovani  del  Devou\  destinati  ,  insinuando  a  oiaaoono  di 
tal  luogo  nel  biglietto  descritto.  Questo  regolar  modo 
potò  durare  fino  alle  ore  iy,  quando  tutto  a  un  tratto  fu  tanta 
la  gente  che  al  di  fuori  dalla  porla  si  era  radunata  ,  che,  ap- 
pena, all'aprir  di  quella,  poteronsi  ricevere  cinque  o  sei  biglietti 
giacché  s'incomincio  aou  Maniera    improprie    ed    ardine' 

.rtare  coloro  ehfi  -invano  addetti  alla  recezione  dei  bi- 
glietti ed  entrare  a  truppa,  senza  pagamento  alcuno  ;  e  queste 
impetuose  violenze  furono,  ittro  <">  cinque  volto 

ondo  per  evitare  qualche  disordino  maggiore,  non  potendosi 
resistere  agli  insulti  del  popolo  accorso ,  che  cercava  a  tutta 
possa  aprir  da  fuori  hi  poi  lai  proprio  di  Eira  aprirti  in- 

Ea  la  porta  onde  tutti  entrarono  pn>  unito,  ur- 

landosi l'un  coli' altro,  senza  rio  l' aaìbizi  gna  del  biglietto,  nò 
pagamento  alcuno  ,  e  senza  distinzion  di  persono  ,  giacché  vi 
erano  donne,  militari,  galantuomini  e  plebe.  Non  bastò  que- 
st'ex, ,  dappoiché  la  gente  non  si  contentò  di  entrare 
per  la  porta  solamonto ,  ma  volle  entrare  altresì    por  le  porte 

Éaé  fra  lo  giro  di  un'ora  fu  affollatamente  ri| 
interamente  il  parterre,  a  tatti  i  scaloni  Ma  quel  che  diede 
(o  a  temerei  e  che  la  (tensione  :  a  trage- 

si  fu  il  vedere,  che  un  numero  ttraboccho>  raone 

diedero  a  situare  sopra  I'  ultima  cuvertura  dei  pale  In       1 1 
quale  era  costruita  unicamente  per  riparure  il  sole,  e  non  giù 
sostenere  mi  peso  cos  .    ed  eran  salite  dalla  parte 


—  612  - 

ili  fuori, smantellando  le  tavole  per  loro  maggior  comodo.  Non 
ostante  tutto  ciò,  grazie  al  Divin  Facitore,   niente  di  pò 
addivenne,  per  guanto  e  a  mia  notizia. 

Gì'  impresari!  disfecero  subito  I*  anfiteatro,  e  restarono 
col  danno  delle  spese 

1  I  ii  del  Largo  del  Castello,  ordlnariameol 

la  R.  Fiera,  straordinariamente ,  accoglievano  - 
e  curiosità  d'ogni  genere.  Nel  1784  un  Andrea  I 
sani,  esponeva  in  un  casotto  una  su 
struzionc  si  curiosa,  essendo  tutta   tigrata  e  coperte  di 
pelo  ,  ohe  ha  meritata  1*  attenzione  di  molti  i  ')■ 

Passando   ad  altro   genere  di  spettacoli,  e  > 
qualche  RODO    indietro,  nel  1 77">  mi    tale  faceva,  dalla  R. 
Fiera,  questa  .supplica  al  Re: 


S.  R.  M. 


Signore 


Antonio  Bebber  Tedesco  ed  inventore  di  una  musica  Ang- 
lica, o  sia  armonia  allegra,  posto  umilmente  a  piedi  dilla  ^ 
V.,  L'espone  come,  essendo  capitato  in  questa  Domio&atSi f* 
divertire  questa  nobiltà  ni  rispettabile  pubblico  della  o4»m» 
Beai  Fiera,  col  mezzo  &|  punto  di  questo  suo  nu  aae- 

to,  composto  dall'  unione  di  cinquantacinque  bicchien 
per  maggior  meraviglia  vieno  accordato  a  forza  d'acqua; 
na mi  avere  ninna  cosa  nelle  mani,  qualunque  soru 

sonala,  cioè  arie,  minuetti,  lamonti ,  aperture,  e  tutto  qu.l^' 
che  si  può  idear  nella  musica ,   come  ancora  suona 
mente  due  nitri  Striandoti  in  una  volta,  I'  uno  da  6at0  e  l'ae 
Irò  da  corda.  Proetrato   dunque  umilmente   ai   piodi  del  Re***' 
Trono  della  M.  V.,  ardisci-  di  "fTrirle  un  tale  dilettevole  ec» 
divertimento,  affinché,  doppo  l'onora  ricevuto  di  aver  divert  -■ '' 
i  altri  Principi    Potentati  ,  in  diverso  para  della  nostra  Kuro| 

')  Calali 86  maggio  1790  o  molte  calte,  f.   8 

-,  !>,...(    !  ;  bbbr,   1784,  I 


—  613  — 

ancora  gloriarsi  di  aver  ottenuto  similmonlo  l'altra  onor 

robevole  di  aver  servito    la  M.  V. ,    e  fidato  alla  cennata 

lemenza    della    M.  V.,    spera   che  vorrà  degnarsi  concederli 

ina  soni-  cotanto  da  lui  desiderata  od  il  tulio  ricoveri  a  gradi 

singolarissima  quam  Deus. 

E  il  Cona  Caruso  espone  \ 

....  nel  dover  sentire  il  Bebber  con  i  suoi  istrumcnti,  per 
aggi  ore  accerto,  ho  chiamato  il  maestro  'li  cappella,  I).  Pa- 
nata I  nfaro,  ed  abbiamo  osservato  che  sono  questi  B6  I 

'li  varie  misure,  disposti  coi  loro  numeri  sopra  una  ta- 
lu ,  temperati  a  forza  di  acqua  per  tonnare  la  varietà  l-i 
Il  Bebber  poi  bagnando  le  dita  nell'acqua,  lambisce 
11-'  ilita  iatesse  gli  orli  dei  bicchieri,  che  rendono  uri  suono 
e  un  delicato  organetto:  Ha  fatto  in  presenta  nostra  vari-' 
nate  gratissime  all'  udito,  e  fra  questo  una  granosissima  pa- 
ralo. Non  ha  torto  si  è  detto  egli  inventore  di  quosta  ina- 
lerà di  sonare  i  I.  perCÙèj  sebbene  altro  volto  qui  in 
poti  il  maestro  ili  eappella  CI uk  (aie)  avesse  datoquesto  ili- 
ietesso  dei  bicchieri,  tuttavia  li  sonava  culle  baochet- 
e,  che  non  rendono  quel  suono  cosi  grato,  come  riesco  que 
del  Bebber.  Suona  egli  nell'istossn  tempo  una  siringa  o 
La  siringa  se  I"  adatta  in  petto,  e  coli i  t  trfi  moti 
Ila  testa  adatta  la  bocca  alle  fistole  dulia  siringa,  e  nel  me- 
desimo tempo  giuoca  colle  mani  le  bacchettine  sul  salterio,  in 
maniera  che  fa  concerto  tra  l'uno  e  l'altro  —  Tuttaduo  le  ope- 
razioni ci  son  parute  molto  grate  all'orecchio  e  dilettevoli  ;  e 
parto  di  gran  destrezza  e  di  molta  applicazione  '). 

Mi  il  Re  non  ebbe  voglia  di  sentirlo.  —  Di  n 
saltatori  di  corda  no  ho   citato  troppi  sinora  ;  e  mi   ris- 
parmio di  consegnarne  altri  alla  storia  (per  usare  una 
bella  frai 


')  Caru*>  30  loglio  75.  «1  altro  carte,   Teatri,  f.  16.° 


—  614  — 

i  ii  Luigi  Nardi  e  un  Giustino  M  itis  arano  et 

lora  i  più  noti  impresarii  di  pupi.  L'ultimo  aveva  par  mo- 
glie una  Marìangiola  Mallozzi,  che  supj 
sondo  ni i.i  povera  gentildonna,  caduta  in  bassa  fon 
in  necessitate  maritarsi  con  Giustino  MeterangeJ 
vane  «li  motta  abilhé  di  rappresentar  coi 
ed  applicarsi  in  detto  mestiere,  acciò  potesse  prò 
il  vitto  con  tutta  onorat  il  corso  di 

nove  ha  seguitato,  come  attuili  sgotta,  li! 

sfamato  essa  giovane  supplicante  ricorrere  a  piedi  doll'i»  > 
nata  bontà  dalia  M.  V.  con  fari'  rai  r- 

rcbbe  più  andju-  girando  II  mondo  in  lontau 
come  ha  fatto  per  lo  pass  ito,  soggetta 
al  della  vita,  come  del  proprio  on  »i 
ammesse  ■  Corte  «  per  dare  lieto  ed  onesto  dfc 
con  detti  Pupi  all'Altezza  dalli  lì.  Infantìni  »  ').  — 

Sappiamo  già  che  si  continuava  l'uso  del  Presep* 
sefricceca.  Nel  1791  esercitavano  quest' industria  tre 
legnami,  un  certo  Mariano  Pispoli,  che  uellospet- 

tacolo  alla,  strada  delle  Carità  e  alle  del  gran 

ice  Cappelli,  di  fronte  aS.  Nicola  di.* 
e  un  Francesco  Aprea,  di  fronte  al  Palazzo  del  Citi 
Nel   179JB,  tra  gli  altri,  un  Michele  Arnaud,  romaii" 

Fu  proibito  a  certuni  di  formare  *  Sepolcri  peritata 
trattandosi  sempre  di  spettacoli  che  si  riferii  p*** 

stono  di  Cristo;  e  poi  chi  sa  che  mostruos  >*ro 

.  producendo  il  riso  !  *j 

Fra  gli  espositori  di  statue  ,  troviamo  nel  I 
1*  Onofrio  Mazza,  già  comico  del  Di  Fiore,  e  poi  del  tea- 


')  Alla  iuta  /—OH.  1783  f.  25.°  é  rodi  domande  «  p*rra««u  Dei  ù  «8  "" 
Altri  lmrattinai  orano  Nicola  Diego,  G.  B.  Scaffini,  ecc.  £  36.° 
*)  Dopai  7.  17  dia  98  tea.  Teatri  i.  :<J." 
'j  D*paL  t  mano  1/00,  f.  30 » 


—  615  — 

inu  soiio  S.  (xiacomo  e  poi  del  s.  Carlino.  Bsponeva 
g  una  .statua  in  cera  de)  servo  <li  Dio  Benedetto  Labro, 
Banca  riscuoter  nulla,  eccetto  che  qualche  elemosina,  ohe 
graziosamente  gli  si  darà  »  ').— Altri  esponeva  •■  tre  statole 
i  ,  addimostranti  r  anatomia  dei  corpo  umano  »  '). 
Altri,  come  i  francesi  Rotta  e  compagni  ,  statue  di  cele- 
brità  del  tempo.  —  Kc co  il  loro  manifesto: 


Arrìso  al  pubblico 


Sono  giurili  in  questa  Nobilfesima  CÌU&,  provenienti  da  Pari- 
gi e  Milano,  ii  Monsieuv  Rotfa  Profeesore  nativo  francese  e 
Compagni,  quali  dopo  il  lungo  giro  a  diverse  Corti  di  Europa, 
hanno  seco  condotte  divora  stati»!  rap presentanti   al  vi\  • 

al  naturale  in  grandezza,  e  proporzione,  i  loro  Originati,  dal  mon- 
dti  tutti    ':  o  riconosciuti,  cioè  S.  8.  Papa  Pio  VI,  eie 

LL.  Maestà  Giuseppe  11,  Imperatore  Regnante,  e  Maria  Te- 
resa di  gloriosa  memoria  ,  il  Re  o  la  Regina  di  Francia  ,  il 
Re  dì  ma   Vittorio  Amadeo  HI,  il  Re  di  Prunaia,  e  la 

Regina  di  Danimarca  ,  il  gran  Sultano  colla  Sultana  sua 
favorita,  il  Generale  Americano  Vaahington,  con  i  loro  OHM 
monti  Reali,  ed  abiti  giusto  il  loro  uso,  con  tutte  Io  loro  bril- 
lanti decorazioni.  In  statua  si  rappresenteranno  pure  i  celebri 
tre  e  Gian  Giacomo  Rousseau,  il  celebre  abate  M<-tu- 
itasi o,  Madama,  detta  il  Cacalier  Deon3),  il  famoso  Beoifore 


•)  Alla  Deput.  luglio  83.  f.  25."  — Il  Labre  era  il  famoso", 
franrn*,  allora  Bervo  di  Din,  poi  beatificato  da  Pio  VII.  Appunto   nel 
i  gesuiti  cavarono  fuori  questo  loro  candidato  alle  santità  par  op- 
porlo  allo  npagnuolo  Palafox  ,    portato  da  i  loro  avversarli ,  o  m>< 
dal  Re  di  Spagna:  o  Palafox  o  l<abri!  divennero  segnacolo  in  ve? 

■  «nelln  lotta.  Ved.  a  questo  propos.  il  Saint  Privai,  lliituire  de  la  chul* 
','suìtfs,  Capolago,  1845,  pp.  131-3» 
*)  Gius.  Marchelini  piemontese,  f.  20." 

*)  Sono  note  lo  avventuro  romaiiMwclio  d«tl  Cavalmr  d'  Kon,  C.  I 
£on  de  Beaumont  (1728-1810),  militare  e  diplomatico,  che  destò  tanta 
<ii»pule  sul  suo  vero  sento,  e  per  molti  anni  di  sua  vita  ,  andò  vestito 


—  616  — 

Borgognone  ,    Ih  ibile  rarit -•  dalla  due  Teste,  a 

troncato  dal  Busto  del  Baron  Brande,  e  Conte  di  Statue,  i 
valieri  rinomatissimi    ;  i    la   Danimarca  ,  ed  altre  co* 

degne  deli'  universali'  ammirazione.  Si  faranno  vedere  in  qae- 
gran  placca,  «ima  la  Magona  del  Farri 

Nel  porgere  che  fanno  la  notizia  a  questo  rispettabile  pub- 
blico come  erudito  ed  amante  di  rare  novità  .  su,. 
onorarli  del  loro  grazioso  concorso ,  essendo  cord  di  ottener 
il  pieno  loro  aggradimento,  come  egualmente  inr.no  granati 
ed  approvali  in  altre  citta  ,  e  nelle  Corti  dei  Re  e  Principi, 
ove  furono  ol  a  prolungare  la  loro  dimora. 

("lii  amasse  o  desiderasse  vedere  le  loro  opere,  ed  aterno  3 
proprio  ritratto  in  statua ,    avrà  il  contento  Monsieur  Rota  di 
render   soddisfatta  e  contenta    qualunque  persona  aspirane*  a 
tal  opera  e  cosi  dare  un  saggio  delle  sue  fatiche  a  piaci» 
si  del  Nobile  che  del  Privato. 

So  vi  fosse  qualche  Nobile  ,  o  civile  Compagnia  ,  che  dea- 
derasse  di  veder  detti  ritratti  ji  suo  piacimento  per  non  ms* 
re  statue  facili  al  trasporto  nelle  cose  particolari ,   si    compia- 
ceranno darne   avviso  ahi  direttori  ,  acciò  possono  esser  ter- 
a  posto  il  luogo  in  libertà. 

Si  furatimi  vedere  dalle  ore  'J  della  mattina  fino  alle  ore  JO 
della  sera,  per  comodo  e  (Uvei 

siderando  pertanto  i  Viaggiai"  r  contento  pianarne 

pubblico  alla  vista  di  tali  Regi  personaggi  ,  e  sperandone  no 
numeroso  concorso,  il  prezzo  sarà  : 

Per  la  Nobiltà  la  loro  Generosità 

Per  i  primi  posti  sarà 

E  per  i  secondi  posti  -  .  .  '  ) 


li  dOBtM,  par  ordine,  a  quanto  sembra,  <li  Lui#i  XVI,  e  por  grafi  re- 
ijioai  morali  o  politiche.  Nel  1777.  tornato  iu  Francia,  ora  Btato  coatt**** 
a  pigliare  vesti  femminili,  che  portò  poi  MtD| 

■i  F.ra  scritto  a  penna:  qualro  craiie ,   tre  >i    cancella  *  "~ 

Dtpui.  9  OU.  83,  f  25.* 


—  617  - 

Qualche  anno  dopo,  un  Stefano  Commoglio  ,  pìemon- 

nuuiifeato: 

Arr 

ìi  fa  noto  a  tutti  i  Signori  I  tilt  Manti  ,  essere  quivi  giunta 
•lare  opera  dell'arte,  la  quale  eoneiete  In  'ni  gabinet- 
i  .  <nii  diciassette  figure  di  B6ft  'li  statura  d'uomo.  Rappre- 
sentano questa  i  cinque  capi  ribelli  della  Traneilvaaia  e  Valac- 
chia, i  quali  hanno  commessi  tanti  orribili  tumulti,  ed  omicidi, 
cioè  : 

Il  ora  e  Cloatha 


Cìrison  Giorgio,  aiutante  di  Mora,  il  quale  si  ò  da  sé  scorso 
appiccato    nella  carcere:    Demetrio  Jean,    padre    di  Closzka, 
•nasi  prigione  in  Karlsbourg;  e  Susanna,  sorella  di  Hora, 
rinchiusa  tuttaviu  nella  fortezza  di  Tomosvar. 

persone    reggami  ancora  i  più  grandi 
Malfattori  della  Francia  : 

Giacomo  Clemente,  che  sulla  buona  fede  uccise  Errico 
III  in  Si.  ('Inni  :  /ùirilac,  uccisore  a  tradimento  di  Errico  IV 
nella  str  lUbriferrai;  Roberto  Francesco  Da rniens,  che 

ute  un  colpo  «li  coltello  a  I 
gagli>  .  capo  'li  ""■'  li  ladri  in  Parigi;  Du 

let,  confidente  di  OarlOUobe;  /fa rie  a   Trooe,  orribile  di- 
voratore di  carne  umana,  della  tè  nutrito  per  lo  spa- 
zio di  dieci  anni,  di  Desrues,  che  ha  avvelenato  i  suoi  coniu- 
ganti :  (Jiocanni  Jeobet  parricida;  Madama  de  Beincille ,  che 
ha  avvelenale  io  Parigi  circa  3ÙO  persone:  Madama  Lea 
liat,  la  più  bella  donna  di  Parigi ,    che  fu  appiccata  per  aver 
ucciso  il  proprio  consorto, 
N.  B.  Queste  figure  sono  vestito  in  quella  foggia,  che  si  ri- 
irono  ii                     Catto   !<■!  loro  ari  e 
Oltre  dello  sopra-'  riti-  tigni  •■,     •    "  ■     \nc.ora  molte  al- 
tre da    rade  '•.  BO       irebbe  troppo  lungo  l'individuarlo.  Saranno 
lustrate  iu  ciaschedun'ora  del  giorno. 


—  018  — 

II  luogo  doce  st  faranno  vedere  le  suddette  figure  aa< 
Le  persone  di  primo    rango  daranno   la    toro  cortes: 

prr  ... 

Il  suddetto  tiene  appresso  di  se    l' istoria  di   tutti  li    per 
nayj-   in  !nrtc<jiia: 

Ma  l<>  s|.ci!;i.-<  i  ■  >li  .'i i i.--.—ti  mah  ri  pan 

educativo,  e  non  fu  p  i  V). 

A  \u\  altro,  che  nel  93  portava  tatuo  d- 

di  Napoli,  del  Re  dì  Spagna  ,  Ha  e  Regina  di  Fran- 

Turco  e  Gran  Sultana,  ecc..  fu  permesso 
esporle  tutte,  tranne  q  ielle     del  Re  di  Soeaia  e 
Biro  di  Ari.  ,  suo  uccisore  » 

11  bullonilo  di  conia  Loreuzo  Ferzi,  dello  il  I 

tooeva  una  macchina  col  Trionfo  dell' impet 
Mogol .   che  per  opera  d'un  meccanisi 
camminava    ). 

I  ii  altro,  un  tal  Gaetano  Peci,  diverse  staine  / 

decenti.    Ira  le  quali    un    Giudizio    di    Salo/none.    : 

Andrea  Currio,  una  macchina,  La  presa  di  B 

ohe  con  pupi  semoventi  *)• 

\iichc,  nel  1783,  1785,  1786,  furono  dati   p 

l'ilire  il  giuoco  chiamato  La  Caccia  ree  kM- 

ea,  ch'era  una  sorta  d'esercizio  di  tiro6). 
Nel  settembre  89  fu  fatto  un  grande  sbai  ;  barac- 

clic  al   Largii  .hi   Castello,  o   Questi    lui». 

ago-  io  affidati  alla  giurisdizione  i  Hent, 

formandone  una  commessa  generale 

Medici,  per  espurgarli  da  lenti  ladri,  specialmente 


>)  Teatri.  Die.  1788.  f.  28.° 

«>  S«U.  1792    Teatri  f.  31."  I!  Ro  di  Stoiìi  era  «tato  aaa*. 
marzo  di  quell'anno. 
»)  Carle  ott.  90  —  agosto  91  —  f.  - 

*)  Deput.  23  maggio  DO,  31  ott.  9t.  Deacriàoaa  e  figura.  : 
•)  Carte  vmio  f.  26V 


G19 

culai  ohe  gì' infestavano;  e  si  riconobbe  ohe  una  delle  prin- 
igioni,  che  davano  luogo  a  render  queste  contrada 
il  nido  di  borzaroli,  era  la  quantità  delle  baracche  poste 
vano  1"  intero  Largo  de]  Castel] 

«niol  (.ini  che  vi  si  situavano,  perehs\forn 

i  unione  di  genie  curiosa,  par  I  oe  che  pò 

alle  meraviglie,  che  gli  si  mostravano,  Pea  io  ai 

robbamentì.  Questa  ragione  fu  cosi  forte  che  V.  M.,  mo- 
li 'i  prìncipi!  del  pubblico  beoe,  si  con- 
tentò di  perdere  la  rendita  di  t-in-a  G<«)  ducati  all' a 
che  ne  i  o  rea!  Pondo  dei  lucri,  ordinando 

la  demolizione  di  tutte  queste  baracche,  ed  annullò  be- 
ai affitto  d'una  che  nella  strada  del  Mol  i 
era  affittata  ad  un  uomo,  ohe  leggeva  11  Tasso  per  Tisi 
motivo  di  evitarsi  l'unione  di  gente  ....»')• 

A  proposito  del  declamatore  del  Tasso  o  dell'Ariosi.., 
o,  pei  dir  meglio,  del  Rinaldo,  in  quel  tempo,  ees 

mava  u  Minichiello,  quello  che  legge  l'antica  storia  di 
Itmaldo  in  mezzo  al  Largo  del  Castello  »  '.). 
In  qi  rassegna   31  piccoli   spettacoli,   non  te 

ito  dei  concertisti,  die  davano  accademie  nei  teatri  o 
alti  ove  •).  —  Mei  1780  uu  poeta,  Angelo  'l'alassi  Ferra 

iva  improvvisare  dì  giorno  ai  Fiorentini,  «sopra quei 

soggetti,  che  gli  daranno.  per    tati    i  B  itto  un 

invito  1  ')  —  Nel   17SS,  uu  altro  iinprov- 

')  tJ'li.ju*  (Sanchw  de  Lana,  !..  da  Madidi  •»  8,  di  I  i  Ho, 

.—  Ttatrx  i   88.* 

*)  V.  l'opuscolo  burlesco  col  nomo  di  D.  Onofrio  Oal«ota;  Stori*  •""'- 
ivr/ok  ossia  Indice  astrologico  «e.  Il  So  rio  ,   circa  lo  stano  tempo,  noi 
Xemaeehio  (ed  cit.  2&{):  <  .luto  mMo  lo  chiuppc,  o  decite  a  no  laciarone: 
è  muorto  Linnrdo,  e  hi  ai  non  ve  fanno  vola   lo   mazzo  de  pesii  il 
l'ari 

Jj  Coni  nel   1783  un  Girolamo  Noi  Iettante  «li  mandolino,  e 

n-l  1735  una  Regina  Siriuoea'-ilii, al  |  li->e  nliui.  —  Carte,  f.  28.  ■> 

IO— Nob  '-onco«i0,  f. 


—  620  — 

ore,  EU  Luigi  Massari,  che  per  quindici    anni  . 
scorso  tutta  l'Europa  improvisando,  e  s'era  Esito  b 

ie  Corti,  specie  in  Russia,  in  Germania,  in  I 
e  dal  Principe  di    Àsturìas  ,  e  dagli  Elettori  ,  ecc. ,  fece 
una  pubblica   accademia  ai  Fiorentini.  Ma  «  il  pubblico, 
che  l'intesa,»  il  carattere  di  sciocco  esajthnba 

Biccbó  inerito,  invece  di  lode,   fischiate!   »   '). 

XIX. 

//  nitori,  repertorio  —  Con  prosa  —  Giovanni 

de  Gamerra  a  Nàpoli  —  V  Teatro  S.  I 

U  Cartone  continuò  a  scrivere  audio  dopo  il  1 

1782  le  sue  commedie  erano  cresciute  a  16  tomi  ').  Qua!—  #., 

nino  dopo,  a  20  tomi.  l)  — Neil'  ultima  sua  fise,  \T  1     \ 

Cerlone  segui  la  moda  del  tempo,  determinata  da  Carlos 
i'iozzì.  li  compose  mollo  lìaho:  La  Donna  serpente,  il  R*  "^Se 
dei  genti,  il  Mostro  turchino  ecc.;  e  scrisse  va 
•  -rii  spagnuoli.  '). 

Ma  il  repertorio  nuovo  soverchiava   e    dominava.   F« 
questa  la  prima   vera  invasione  di  •   francese  u 

Italia.  Oltre  le  tragedie  classiche  <l"l  Voltaire,  e  del 
billon  (  tradotte    in    Italiano  A^\^mw\ 

pittori,  come  il  Cesarotti,  G.  Gozzi,  il  Bettinelli,  Z)> 

eccovi   le  tragedie  domestiche  e  i  drammi   larmoyani 1, 

dell' Arnaud,  del  La  Chaussóe,  del  Lemercier,  dd  Beaii^*- 


')  Sappi,  sud.  Dejrat.  20  settembre  88—  Teatri,  f.  28.* 
*)  Annunzi  nel  T.  \,  ed.  1782  -  Llv"  (ITT,*;  dkfl  Al  m 

.•nm  posto,  tra  prosa  o  musica,  poco  meno  di  cento. 
3)  MirtoruM  p  o.  p-  113, 

*)  Su  quatta  risurrozioue  dei  drammi  spagnuoli  alla  fine  del  S.  XV^bW- 
.  te,  B.  Masi  prtf.  «Ile  Fiabe  di  (i.  Gaxsi  (Bologna,  1885)  e  G.  B.  }ètW-  •- 
gl'ini.  1  tempi,  Ut  vita  a  gli  terilti  di  G.  Goni  (Napoli  1877)  p.  246-^St. 


—  621  — 


. 


a 


arenai*  ,   del  Sauri  ti ,  del  Keuoillot  de  Farbaire.  E  lx 
uove  tragedie  italiane,  e  l  drammi  lagninosi,  di  Giovan- 

Greppi1),  delTAb.  WìIK  ,  del  Popoli  ,  e  h  con 
dell'Albergati,  del  Federici,  del  De  Rosai;  e,  di  un  gei 
più  volgare,  le  opere  drammatiche  dello  scrittore  e  C 
mediante  Praooe  do  evoltone,  detto  \\  Poetino.  —  B,  solo 
j.'i  parte,  scorgi  Vittorio  Alfieri. 

Nel  1770-80   era  ai  Fiorentini  la  compagnia  di   Tom- 
aso Grandi,  detto  Tommasino  il  Pettiu 
seconda  moglie,  la  Maria,  ch'era  Qglìa  del  famoso  gol- 
ontano  Pantoione  Ùarbes,  e  mori  appunto  a  Napoli. 
Il  Grandi,  oltre  all'esser  valente  attore,  era  abile  gioco- 
liere: a  Caserta,  una  rotta,  ballò  innanzi  al  Re  \\  fandango 
spagnolo,  bendato,  in  mozzo  a  gran  quantità  di  uova. 
sapeva  sliurare  senza  romperle*). —  Nel  1782,  venne  ai 
Fiorentini  una  compagnia  comica   francese  ').  Nel  1781, 
tra.  le  attrici  della   prosa,  c'era   una  tJiulia  Gasparrini  *), 
E  accadde  clic  sulla  line  del  1785  questi  comici  lombardi 
dei  Fiorentini  rappresentarono  no  d  die     intitolata 

ali  effetti  delia  mitica  educasìone,  presentata  loro  da 
un  certo  Vincenza  De  Stefano.  Ma  un  Giovanni  Ranieri 
Creili  si  rivolse  Bubito  al  Re,  esponendo  ch'era  quella 
M lame  satira  controia  sua  famiglia.  Il  De  Stefano  pre- 
tendeva in  moglie  una  figliuola  del  Rastrelli,  e,  non  . 
ottenuta.se  n'era  vendicato  a  quel  modo.  La  commedia  tu 
roibila,  il  De  Stefano  doveva  esser  messi»  in  carcere  .  ma 
gli  fu  fatta  grazia,  e  la  cosa  messa  in  dimenticanza    ' 


>: 


IJ  II  comico  Oiov.  Gruppi  coli' uniformo   di  soldato  dot  Papa.  Ag.  79, 
Mita  f.  22* 

I»)  Marioli   P,  noi.  ad  non».;  ofr.  carte  f.  83.» 
')  Carte  f.  24.» 
i)  P«Umio  hi.  i.  i5.» 
•io,  maggio  96  —  f.  l'I."  Il  De  BtefUkO acri**»  noli'  8T. 
U  dlUUM  buffi)  pel  Toalru  Nuovo    II   Bori 0,  il  9  ottobre  178fl,  •cribra 
in  una  sua  U-itera  al  He,  che  l'Autore  *  ò  •fornito  i 
I 


—  622  — 

Al  Teatro  Nuovo,  nel  1781  .  Ira  gli  attori  della 
era  Sebastiano   R  i.  *)  —  E  come  servett.i 

tana,  una   Giuse|i|>;i   Maria 

della  prosa,  un  Gennaro  de  Novelli».  •)  —  Sulla  fine  del- 
l' si  venne  una  compagnia  frane  retta  dal  M  I 
bc,  che  i-f.-i  stato  prima  a  Parma,  .1  Milano,  a  Gei 
a  Firenze;  dove  «  il  ;i  eu  le  bonheur  de  mei 
veifiance  de  LL.  AA.  RR.  et  S.  B.  ite  da 
Wiezeck,  qui  ;i  daignè  proteger  le  proi  ij 
compagino  Fi               en  Italie  ».  Avrebbe  p  Vi- 
poli  la  stagione  d'inverno.  —  E  co. 
1784.  *) 

Anche  al  Tondo    agivano  compagnie  di  prosa,  —  Di 
'i  di  Sangro ,   dei   Prii  for- 

mò noi  1779  una  compagnia  italiana,  che  \ 
volte  la  settimana    II  Certame  Drammatico  ,   promosso 


rl.i  principi!  pi"  Ovrii  dall'arto  drammati  'meoti  tWU 

poesia  e  della  cintassi  Italiana,  p<-rchd  commetto  positivi  errori  dina»™ 
nei  versi,  ecc.  »,  e  ricordava  ai  Iella  commedia  dal  Fiorel- 

lini. Ih  il  De  Stefano  ri  oontro  il  Serio,  dicondolo  «no  umin, 

t  netivjidu  in  'mimi  io  L'approruioM   late   il  ma  Bitta  t  Lmnkfi 
S.  Carlo,  o  lo  critiche  presenti.  In  margine  :  Il  Re  ruoleerd. 

»)  Settembre  SI,  f.  24.° 

•)  Agosto  82:  supplica  perchè  le  aia  restituita  I*  madre,  sfrattai»  <S*> 
Raglio  per  lenocinlo,  f.  24.* 

s)  Noveubr-  Su'.  E  21." 

*)  Su,.,..  ,1,1  Malhorbo.  Deput.21  luglio  81  «oc,  f.  2G."  — Di  vani  ceto*»* 
i  li-  Mattarono  a  Napoli  intorno  a  questo  tempo  fa  meo  lUrK* 

nella  nota  opera.  Cosi  di  Giuseppe  Anali!  ch'or»  tra  i  corf»" 

Lombardi;  di  Maddalena  Corticali!,  piena  d'avvenenza  e  di  brio,  eba 
per  molti  inni  In  servetta  a  Napoli:  r.  la  «un  figura  g  i  p 

ùngoloro,  la  rendono  anch'oggi  degna  dalle  puh!.;.  «d»*"** 

:  dal  tempo  ecc.  »;  d 
Luaio  Landi;  di  Stefano  Lombardi,  che  era  nella    compagnia  di 
domo  Mauui,  e  recito  a  Napoli  colla  moglii     Iona  >a  la 

tetta,  a  di  goalobe  altro. 


dalla  Corte  «li  Paini.;  Imitatori  Cosi  il  Di  San- 

grn  pn  m  *)  alcuni  premi  annuali  per  due  migl 

commedie  e  la  stampi  -li  un  Teatri'  Italiano.  I  più  inten- 
denti a  Napoli  di  cose  drammatiche,  si  erano  riuniti  in- 
umo a  lui:  D.  Luigi  Seno,  il  Duca  di  Be)forte,iI  Cons. 
Patrìzìi,  il  Marcia  ,  i».  Michele  Sarcone,  il  Ca 

PfoneOi,  Saverio  Mattei,  Aurelio  Bertela1). 
L'impresa   andò  a  male,  e,  quslch  dopo,  il  Di 

aogro  era  Bciolto  da  tutti  gli  obblighi  assunti.3)  —  Cat- 

Ittva  riuscite  ebbe  anche  un  altro  tentativo,  Òhe  egli  fece 
.il   reatra  Ni  m  un  I>.  Michele  Parisi     iinprcs.-inn 

della  prosa4). 
Tuttavia,  il  Di  Sandro  non  si  stancava  nella  sua  passione 
drammati  I  novombro  1784  e  nel  gennaio  85  si  pap 

pi  ai  Fiorentini  un   suo  dramma:  La  balla  de- 

linquente o  la  Donna  e  nell'ottobre  85,  A  Fa- 

natismo alla  berlina*).  E  al  Fondo,  il   L788:  //  genio  e 
il  ìiiùstn,  ansie  le  portentose  vicende  dì  Amore  e   Por- 

Ina:  favola  in  versi  sciolti,  di  genere  fiabesco,  ma  regola- 
ta secondo  i  procetli  dell'  arte  drammatica  classica  'i 
i  di  rifioritura  ebbero  le  recite  'li  dilettanti. 
C  era  a  Napoli  una  società  drammatica  di  Cavalieri,  della 
quale  era  capo  il  Principe  ili  FraocaviUa  ').  Nel  gennaio 
-il    gUestO   il    NapOlj    Siimi. nvlli  —  StoHa    OfHCO    X.    1,   93   %fC. 
*)  Lctt.  del  Principi  di  Franrnvilla  12  luglio  1779 e  altre  carte—  f.  23.° 
•-•nnaio  80.  Carte  f.  23.» 
,  agosto  80,  f. 
Ita  Civica  Napoletana  n.  7,  16,'  53. 
M  r*rso  sciolto  di  Francesco  di  Sattgro  de'  Pi  *in  - 

.    Arcadi   Politilo    l\  !  tappi-esentata 

t?88  nel  Iteal  Teatro  del  Fondo  della  Separaziotu.    fa   dipoli,   1788. 

')  Mol  mooe  «ni'  accademia  -li  moatei  di  Uomo 

e  Caralim.  Nel   1783  »i  ai  cantava  il  DM 

.  |MMJa  d«l  Serio,  uu».  del  Guglielmi  ,  eoa  la  Agata  Carrara,  il 
•oli,  il  Prati,  la  Oleata  Coltellini. 


-  021  _ 


impio,  aveva  in  ìstudio  quattro  tra 
linda,  l'Olìmpia  del  Voltaire,  il  Gustavo  Vasa,  il  Coti 
.    AH*  impresario    di  Fiorentini  fu    proibito    di    rack 

una  di  queste  quattro.  ') 

Nobili  Signori,  iu;i v i~ir.it i.  turali, 

organizzavano,  tra  la  gente  della  loro  condizione,  compa- 
gnie di  dilettanti  che  recitavano  il  repertorio  stesso  dei 
teatri  pubblici,  «;  alcuni  ancora  all'  impronta  ')  — 

La  massima  severità  durava  per 
relativi  alla  Passione  di  Cristo.  Nella  quei 

ipagnla  dal  Pondo  voleva  recitare  la  S.  Eteri 
vario,  ove  erann  necessarie  molte  decorazioni  di 
e  scenario.  Non  fu  permesso;   gli  oratorii  saci 
vano  rappresentare  Benza  pompa. J)  L'impresario  di 
rentini  voleva  rappresentar  la  tragedia  del! 
Luigi  Serio  scriveva: 


S.  K.  M. 


È  stata  presentata  alla  mia  Revisione  la  sacra  antica  T«- 
l  della  Passione,  ed  avendola  rigorosamente  esaminila, 
non  trovo  in  essa  alcuna  cosa  ,  che  promuova  neminen  p** 
minima  parte  scandalo  o  indecenza;  anzi,  per  quanto  io  M 
giudico  ,  e  per  quello  che  mi  ricordo  ,  la  suddetta  travedi»  ° 
opera  si  è  sempre  rappresentata  con  infinito  concorso  di  SpC1* 
tatori  tanto  nei  pubblici  teatri ,    quanto   nelle  case  privale  . e 

<:intemente  ha  prodotto  una  pia  universale  comi 
Nondimeno  ,   come    non  si  è  fatta  recitare  da  parecchi   an' 
forse   per  la  grande  quaniita  di  attori    e  per  la  molta  sj 
cosi  nou  ho  voluto    avventurar    I'  approvazione  ,    Ufi 

>)  Carte  gennaio  70,  f.  22.» 

•)  Kmcndo  stati  sottomessi  a  domandare  il  permaso ,   «eJi  una 
quautita  di  ria  lo  «pedo  a  31." 

!  lata  Galli,  Giovanni  Morelli,  e  ali 
l'.i'.'  -viih.i  i  :  -  j .  ] ni  a.)  in  lasagna,  ianatmi  a  S.  M.  GaU.—- Garta  f. 


—  625  — 

vrano  oracolo  della  M.  V.  E  nel  caso  che  V.  M.  si  degni 
per  sua  clemenza  di  permettere  che  si  approvi  da  me,  potreb- 
be degnarsi  ancora  ordinare  a  D.  Gennaro  de  Novellis,  Im- 
presario del  Teatro  Nuovo,  che  non  faccia  recitar  donne  ,  né 
personaggi,  che  sulle  scene  hanno  sostenuti  caratteri  ridicoli  e 
caricati  ;  essendomi  stata  la  suddetta  tragedia  presentata  dal 
Novellis  per  farla  in  qualunque  dei  pubblici  Teatri  sarà  più 
opportuno.  Il  Signor  Iddio  feliciti  sempre  la  M.  V.  E  sono  con 
profondissimo  ossequio 

Napoli  26  gennaro  1783 

Di  V.  M. 

Umiliss.  servitore  e  fedeliss.  vassallo 
Luigi  Serio 

Ma  fu  risposto  che  il  Re  persisteva  nella  convinzione  che 
la  Passione  di  N.  S.  non  era  cosa  da  teatro  *).  Nell'86, 
lo  stesso  Serio  dava  l' allarme  per  alcuni  che  avevano 
eretto  un  teatro  presso  il  Palazzo  del  Principe  di  Tarsia, 
e  volevano  recitarvi  l'opera  della  Passione,  vantando  una 
licenza  del  Cardinal  Arcivescovo  *).  E  veniva  proibito  e- 
gualmente  il  Martirio  di  S.  Gennaro,  sul  quale  egli  fa- 
ceva questa  relazione: 

S.  R.  M. 

Signore, 

Mi  fu  recata  alla  revisione  un  opera  sacra  intitolata  //  mar- 
tirio di  S.  Gennaro;  stimai  di  proibirla  perchè  scritta  da  scioc- 
co autore  e  per  V  indecenza  di  molte  espressioni  buffonesche 
in  lingua  napolitana.  Mi  fu  di  nuovo   recata,  ridotta  in  altra 

»)  Carte,  f.  25.» 

*)  Serio,  11  marzo  1786;  e  altre  carte  — f.  26.° 

42 


—  626  — 

forma,  cioè  senza  la  parie  giocosa  nazionali  meno 

volli  panai  la,  perché  non  6i  era  fallo  altroché  volgere  il  na- 

iiio  in  toscano,   ma  il  carattere  giocoso  era  rima*; 
nulmenu»  me  l'hanno  per  la  ter/a  volta  presentata 
ma,    in  cui  la  umilio  a  V.  M.    Per    la  materia    non  contiene 

oaizioni  contro  la  religione,  o  le  regalie,  m 
che  la  parto  del  demonio  ohe  esce  dalla  buca*  a  l'Angelo  et 
scende  a  volo,  sono  una  buffonata  da  I  varai  ora  u«Ue 

pubbliche  scene.    Ed  essendo   somma  la  lodevole   venerarono 

hanno  i  fedelissimi  vassalli  di  vostra  Maestà  pel  gloriosi) 
martire  S.  (".«imam,  non  mi  i>  ombralo  opportuno  di  conce- 
der la  licenza  di  rappresentarsene  in  pubblico  una  inetta  con»- 
posiziono  drammatica.  Umilio  questa  mia  esitazione  a  pie  del 
real  trono  ecc.  ecc. 


Napoli  21  marzo  178G 


Umili**,  ecc. 
Luigi  Serio') 


Neir  87 ,  e  negli  anni  seguenti ,   furono  dati  pe 
por  le  recite  ili  dilettanti   «lolla  Nascita  di  A'. 
Cristo.  *) 

il  teatrino   di   S.  Carlino    era  sempre    il  sola  leatrmo, 
clie  fosso  a  Napoli,  d'istrioni.  Nel  luglio  70,  ritrovivi 
nuovo,  ira  i  suoi  alluri,  Vamoro&o  l'Yancesco  Vitommi 
Il  Tomeo   aveva  fatto,    nei  77,  un  cont 
cogli  appaltatori  della  li.  Piera,  por  recitare  [a  quel 
trino.  *)    Ma  la  Fiora  andava  decadendo   e  dal 
non  si  ricavava  nessun  profitto.  Nell'osti 
si  dirigeva  altrove  colla  sua  compagnia 
teatro  angusto,  in  dove  r-i  goffro  gran  cai  i  i 


')  T.ni.-i,  r.  26.° 

-I  Depot.  80  Net.  QJ  81.« 

'/  Carta.  I 

In.-.  —  Ii.pul.  luglio  79  «  altro  curie,  ( 


—  627  — 

'ciò  incomodo  alla  compagnia  che  rappresenta  la  corn- 
iti ia  come  altresì  al  Pubblico ,  per  cui  non  vi  è  con- 
•so  e  per  conseguenza  niente  d'  utile  »  e  chiedeva  che 

si  permettesse  «  nel  giardino  fuori  Porta  Capuana,  e 
>prio  alle  case  di  D.  Antonio   Saggese ,  di  poter  ivi 

jpresentare per  quei  pochi  mesi  d'  està ,  per  poi 

Drnare  al  teatrino  del  Largo  del  Castello,  dopo  la  no- 
na del  glorioso  S.  Gennaro  alla  fine  di  settembre,  sic- 
me  si  è  pratticato  anni  sono  ».  Il  che  fu  accordato,  tanto 
i  facilmente  in  quanto  «  non  gli  riuscirà  portarsi  neppure 
Ila  R.  Fiera,  in  cui  nessun  profitto  se  ne  ricava  ».  ') — 
lora,  aveva  avuto  l'uso  di  erigere  Y  estate  un  casotto 
tavole  nello  stesso  Largo  del  Castello.  *)  Poi,  cominciò 

andare  fuori  Porta  S.  Gennaro,  di  fronte  a  S.  Carlo 
Arena.  3) 
Luigi  Serio  vegliava  anche  sui  teatri  di  prosa:  «  Questi 

nno  disordini  peggiori  di  quelli  di  musica io  casso 

cose  sconce  e  disonestissime  e  gli  attori  non  ne  fanno 
Ila:  anzi  fanno  peggio.  Io,  per  frenarli,  perdo  le  serate 
ere,  ora  in  un  teatro,  ora  in  un  altro,  e  specialmente 
I  teatro  di  S.  Carlino  ;  ma,  quando  io  non  ho  facoltà 
farli  punire ,  gli  attori  si  fanno  beffe  della  mia  vigilanza. 
zi ,  son  giunti  a  cambiar  molte  scene  alle  commedie 
pò  la  mia  revisione,  tutto  che  io  cifri  ogni  pagina....  »  4) 
Onofrio  Mazza,  escluso  dalla  compagnia,  ricorreva  nel 
36  contro  il  Tomeo  per  essere  reintegrato  nel  suo  po- 
i  5).  In  quel  tempo,  era  tra  le  attrici  una  Vittoria  Cre- 
mese  dello  Stato  Romano  •). 

l  Deput.  17  aprile  84,  f.  25.° 

I  Carte,  maggio  1782,  f.  24.° 

I  Anni  1788,  1789.  Teatri,  f.  27.°  28.° 

I  Dicembre  82,  f.  24.° 

)  Giugno  1786  —  f.  26.° 

)  Carte  nov.  1785  —  f.  26.» 


—  628  — 

E  nel  1788,  c'era  una  Rosa  Pelisìer:  contro  la  quale 
si  rivolgeva,  al  solito,  una  rao  rote,  D. 

Nfaaotti. 

nca»  col  marito  di  lei,  D.  Francesco  Manna; 
generale  le  aveva  ingiunto  mandati  penali;  ma  l>.  \r 
ne  chiedeva  lo  sfratto:  altrimenti  posta  lai 

collo  violenze  maritali  '»  a  doversi  disdiro  ,  ed  autorizzar* 
per  forza  l' illecito  commercio,  o  a  correr  pericolo  ndb 
<li  lei  vita  ».  ') 

Un  Giovanni  SchlAeri,  ballerino  eia  corda,  aveva  e  t 
nel  17S2   un  magnifico  casotto,  di  fronte  al  S.  Carlino. 
Il  Tomeo   Implorava  che  lo  si  costringesse  a  non  rap- 
presentarvi  commedie ,  o  a  subaffittare  a  lui  il  ca 
Olfatti,  furono  proibite  le  commedie *>•  ^',-'1  1781  un  HI 
Michelangelo  Pallino  ottenne  il  permase  'nareuia 

compagnia  comica,  da  recitare  fuori  Porta  Capuana,  ud 
tempo  che  non  tra  quella  del  Tomeo  •).  Giuseppe 

Teperino,  già  della  compagnia  Tomeo,  voleva  nell'86,r«p" 
presentare  opere,  comedie  e  tragedie ,  in  qualche 
del  Pendino.*)  K  cosi  Francesco   Vitouomea, 
Pignata  e  Eleonora  Radici,  anche  della  compagnia da' 
Tomeo.  *}  —  Ma  non    ottennero  mai  niente.  —  DTep 
<lava  le  recite  coi  pupi.  ')  — 

Nel  L786,  il  livornese  Giovanni  de  G  i  uoro«l« 

un'infinità  di  drammi  lacrimosi,  veniva  a  Napoli  per  pf*- 
sentaro  al  Re  un  suo  Mano',  col  quale  esponeva  -li  voler 
fondare  un  Teatro  Nazionale  tragico-co  formando 


')  Sappi  .-•<■<•..  mano  17B&  r.  27.* 

s)  Maggio  ancho  nel  1785  facora  li» 

collo  «un  coni  ì  saltatori  francesi  —  i.  20-" 

•)  Bop,  •_".»  ioti  IT-C;  a  cfr.  i  «aggio  ITE 

')  '.  aprilo  17W7,  f.  211"  e  87.« 

a)  Norciul.i-M  1780.  t.  27." 
•)  Mano,  |  iugoo  1788,  maggio  17*9.  f.  27."  e  28.» 


!9  — 


Ina  scelta  compagnia  d'attori  e  d'attrici,  e  Spegnandosi 
e  esso  quattro  nuove  rappresentazioni  Panno,  ed 
scomodare  'incile,  de]  vecchio  repertorio.  Avrebbe  pn 
ino  dei  teatri  della  città,  «inoli"  dei  Fiorentini,  dov. 
itebl  ato  il  Martedì  o  il  Venerdì,  e  gli  altri  gii 

scelta  del  Ito.  Ma  questi  avrebbe  dovuto  dare  un 
ridio  «li   5000  sondi,  perchè  P introito  della  prosa  allora 
he  di  6000  e  la  spesa  occorrente  toccava  gii  ttOOO 
li:  crescendo  l'introito,  il  Re  avrebbe  diminuito  il  ano 
li".  Anche  il  De  Ga morra,  come  già  il  Sangro, 
istituire  premii  per  le  due  milioni  tragedie  e  lo  dm; 
ori  comedie  nuove,  otjni  anno.— Il  Piano  fu  diaci 
colla    I  »t*| > ii!a/'n  me    teatrale,    ma    si    lini    col    non    farno 

.  E,  secondo  scrisse  il  Do  Gamerra,  il  Re  raanaò 
tua  sovrana  parola  ')• 

Tuttavia,  come  acant-goàt ,  nel  luglio  e  agosto  80,  si 

■l'ono   innanzi  ai  Sovrani,  t  due   Vedovi»  Le  a 
we,  e  I  due  nepoti  o  sia  l'uomo  del  secolo.  *)  —  Per  la 
sima  87,  il  Coletta,  impresario  dei  Fiorentini,   otte* 
ili  poter  far  rappresentar  dai  comici  lombardi  a  tra- 
cre,  domestiche,  familiari,  la  maggior  parta  prò 
•lotti  e  composizioni  del  noto  tenente  l  i  ••  ')  —  Noi 

febbraio  87,  si  recitò  il  Nòdo  Tartufo,  tragedia  domi 
pantomima,  dello  stesso. 
Queste  pantomime^  mescolate  nel  dramma  o  clic  con- 
ino 1"  azione  di  esso,  erano  una  delle  novità  del  Ga- 
fra, —  Per  la  pretesa  mancanza  di  parola  dì  Ferdinan- 
o,  Napoli  non  tu  sottoposta  alla  terapeutica  delle  opere 

')  Noto   Teatro  del  tig.  Giovanni  de  Uamerra,   Tenente  nelle  annidi 
»/.  /.  Pisa  1780-90,  8  voi.  li  Ptana    nel  voi.  1.  Cfr.   gU   argulÌMÌwi 
Alti  Mani:  Giovanti  tagrimori  in  Nuova 

-\nu>L,  fase.  15  g«nnnio,  1  mino  1889. 
io  Teatro. 

.   Teatri,  t.  r.T." 


, 


—  «30  — 


ine:  tragedie pati 
:esche:  I  8  domestiche  pai  "me 

dodici  generi  diversi.  —  Ma  le  suo  opero  ei 
in  parte  nel  repertorio  teatrale  ilei  tempo. 

Nel  carnevale  67,  fu  dato  al  s 
il  suo  Pirro  'i.  eoo  la  musica  del  Paiate  I  i 
la  lusinghiera  approvazione  di  S,  M.,  dell; 
e  de]  Pùbblico  ».  —  Il  Fé  ch'era    ai  Napo 

u  L'introduzione  dei  anali  in  un'ope 
moltissimo,  coni',-  pure  l'aria  di  bravura  della  Dan 
rondò  'li  Roncaglia,  l'arietta  scritta  in  amicizia  p 
Manzoletto,  il  duetto  e  il  lerzetl  poi  la  scena  oia- 

KiiihYn  di  David  portò  la  palma,  e  coronò  Q  <anianw  e 
il  compositore  ».  *) 

Il  De  G.imcna  si  offri  di  scrivere  o  io  un  noto 

libro  per  il  regio  teatro  »:    ma  ■  real 

dispaccio,  o  per  garantirsi  dalle  indece  odeinali 

termini,  e  dalle  derisorie  censure,  che  hai  D  'p 

sto  incontro  soffi  n  potè  spuntare  aean> 

questa,  e  andò  via. 

Neil'  88  venne  una   nuova   compagnia  di  comi» 
bardi,  capo  Giuseppe  Grassi  veneto,  che  g 
Napoli.  Ne  facevano   parto  gli  uumim:  Pietro  Ando! 
Luigi  e  Giovanni   •!■  *1   Ituoun  ,  Sim 
Cecaiini,  Nicola  Borni,  Giorgio  Frìtti,  G         , e  Danto- 

')  V.  sopra  c«p.  —  11  Forrari,  negli  Aneddoti  di.,  racconti, 
giorni  dopo,  «rrirò  dn  Vienna  il  tenenU)  Camorra  di  Mantova,  0*4  «■ 
famoso  poema  il  Pirro.  Veci  la  sua  conosconza  alla  eonrorsaife»  * 
donna  Coeilia  (la  moglie  del  Pomello),  e  m'inrilò  a  sentirgli  ]*0"*  " 
»uo  libretto;  8J  tu.  li  ì  «:  a«  fui  edificato;  mi  diss*  cho  partirà  lort»  p» 
liu-hia  (il  Patti  olla  famiglia    Tatltyrtind)  «JU  tj** 

ronza  di  sedurre  il  (,'ran  maestro  a  mettere  il  suo  poema  in  di  - 
il  Ferrari  lo  raccomando  al  Paiaiallo  (o.  e.  I,   197« 

*)  Aneddoti  cit.  I,  202-3, 

a)  Suppl.  cario  f.  27.» 


Bili 

d* 


—  631  — 

Gasparo  Mataliani,  Giulio  Baroni,  Giovanni  Àndol- 

iii.  Filippo  Morselli,  e  le  donne  :  Gaetana  ed  \iigiola  An- 
dolfati,  Ami:»  Cossi,  Rosa  Poggi,  Vittoria  Borni,  e  Fran- 
i  D  irdanelli.  il  Re  promise  d1  intervenire  alle  loro  re- 
bite   '  I.  .Nel  1789,110118  C(iiii|i;i^ni:i  Li  imbarda  ilei  I*'l  >!•  Mitili  i, 

era  un  Francesco  Pinotti,  ••ai-attenuta,  <  Uè  poi  fu  scritturato, 
i  della  compagnia,  per  recitare  nefle  Regia  viUeg- 

ìature  *). 

"..  ri. un!  esempì  delle   recite   che  facevano  questi 
cornici,  le  opere,  chela  compagnia  dai  Fiorentini  dotte  nel 

■  Teatro  di   ''asorta,  sulla  lino  dal  1?8'.»:   Clementina  ed 
Oroif/ni  dell'Albergati  CapaceQi  o  la  farsa  il  Pasto  Ha- 
esso  Curioso',  il   Tartufo:  il  Disertore 
Tedesco  e  la  farsa  il  (rassettino:  il  Conte  di  Cammingio 
rsa  I'     Convulsioni  *). 

il  dramma  dell'  Amanti  aveva  avuto  una  gran  fortuna* 
Ancia;  il  Do  G  ne  iveva  formato  un  sua  pastìccio 

pantomimico:  l  aolitarii.  Un  signor  Gualzetti,  detto  IC- 
rt  ■  ;se,  sulla  f i i n •  del  BCCOlo,  una  sua  trilogia:    I 
Ameri  <H  Comingio,  Adelaide  maritata,  A  'aloide &  Co- 
mincio romiti:  cose  volgarissime,  ohe  restarono  molto 
entusiasmo,  e  ancora  si  recitano  '). 

Tra  gli  scrittori  drammatici  D&poiitaai  *),  si  deve  ani 
rerare  Francesco  Mano  Pagano.  NI  1787  si  rappi 

e  sere  ai  Fiorentini  la  sua  tragedia,  il  Gerbino.  Com- 


; -»pj»e  Orasti,  novembre  1788. 

"'   ,.-i    •  1 1 >■  ■  ■  ir--" 

3|  DiKa  ti»  Noia,  gNinrno  0»),  rotiti  «ce 

•)  N.  In.  -iiU'.P    l.i<>  la  ■!*  ©dizione:  Nap.,  t807  p*r   Vìncenti)  Liquori.  F. 
orto,  è  lo  stesio  anturi- (1>'I  !  inur 

li    17W.    Piwm    Domenico   •Sangiacomo.  Ma 
i  0.   A.  OutlltMi  è  lo  ittno  di  qii'-ll'Auto: 
•criaao  un  giornale  repubblicano  e  fu  impiccato  il  4  granaio  1800? 
*■)  Cfr.  iat.  a  questi  il  Napoli  Siguorelli.  Storia  Critica,  X,  p.  I,  passi* 


—  632  — 


pose  inoltre  un  ■n,  i"  Agamennone,  mosso 

l'esempio  del  Pygmalìon  del  Rousseau  ').  FI  qual  Py 

iion,  —  ch'era  veramente  in  musica,  — fu  recitato 

innanzi  al  Re  da  Tommaso  Grandi*).  —  la 

sto  fu  la  scena  lirica  l' Idomeneu,  dell'    . 

dette  ai  Fiorentini,  con  musica  di  K.  Petrilli,  il  17 

Il  migliore  lavoro  drammatico  >    Pagano  è 

commedia,  VEn  citata  anebe  ai  Fiorentini,  e 

nemente  Sschiata  3».  L'eroina,  Emilia,  è  una 

nella,   lmou;i  donna  di  casa,   0  colla  al  tempo 

di  nobili  pensieri  e  sentimenti»  costruì 

Pagano.  Le  fa  degno  riscontro  il  suo  innamoralo,  1. 

•  h",  multare.  Ostacolo  al  loro  mairi 

lei,  il  Conte  Argiro,  uomo  all'ani  di  pn  _.i  i 

ol  ferie  sposa  aio,  uno  spiantata, 

ridicolo  imitato!'.;  delle  mode  e  inani' 

ha  per  sostegno  lo  zio  Anselmo,  uomo  fesso, 

e  la  cameriera  Lisetta.  L'intrigo  e  lievissimo;  1  •  'pposi- 

B  e  sfuma,  senza  dar  luogo  a  moli 
Ma  li  commedia  è  scritta  in  buoni  versi,  ben  dial- .- 

mente  e  semplicemente  condotta.  Il  Ca\ 
temio  è  un  vero  tipo  dell'epoca:  un 
spirilo,  che  pranza  sempre  ni  casa  altrui,  che  parla  n 
italiano  e  mezzo  francese.  Ecc  i  come  istruisce  un  came- 
riere per  trasformarlo  in  uu  yenio  : 

Ascolta:  ti  vo'  faro 
In  prima  un  buon  filosofo  morale, 
Politico,  economico,  sublime! 

')  Sull'altro  opp.  dnimmatiche  del  Pagano,   cfr.  Napoli  Sijnowlli  •■ 
<-.  X,  I,  147  «•«.;  E.  Rocco,  Scritti  ".-$,•  V.lt 

L'  Ai/anunnone,  ristampa  (1885). 

*)  Battoli  F.  ,Yu(.  ad  noni. 

ì)  U  Emilia  commedia  di  Fitiucoaco  Mano  Pacano  in  cinqua  atti.  N*P' 
MDUCXCU  prcaao  Fil.  Raimoi  Ntpoli8lgno«Uio.0.i,0iP-*' 


_  633  - 

Non  ci  vuol  nulla,  nulla  in  ver,  secondo 
Il  beile  caio  muiodo!  T'impara 
Or  questo  bravo  mio  vocabolario  : 
Umani'",  |«f|  'jtton  gusto, 

Popolation,  rapporti,  sentimento  ! 

Quanto  atta  morale  poi , 

Sappi  che  6  tulio 
Interesse  concentrico  ed  eccentrico  !  ')  — 

L'ultimo  teatro,  .  o   durante  il  BOCOlo   W1II ,  fu 

teatro  di  S.  Ferdinanda 

Una  storiella,  raccolta  anche  dal  1-Wimo,  vuole  che 
ad  una  Principessa,  figlia  di  Ferdinando  IV,  tu  dai  me- 
li- i    prescritta  l'aria  di  quel  rione   (di   Ponto  Nuovo)  o 
insieme  con  un  palazzo  addetto  ad  uso  suo,  e  della  sua 
corte,  venni    costrutto  questo  teatro  da  servir  di  passa- 
tempo aU'  inferma  ».  *)  I  medici  avrebbero  prescritto  vo- 
mente una  bell'aria;  ma  niente  di  tutto  questo! — Ecco 

iria  diplomatica  di  quel  teatro. 
Nel  dicembre  1788  il  Elogio  Notaio  I).  Gaetano  Fran- 
tone, con  due  sneii  ,  di' erano  l\r-i|iulo  l'innata  e  Gin- 
seppe  di  Giovanni,  attori  del  S.  Carini'»,  chiedeva  di  for- 
mare «  un  teatro  fisso  sopra  Tonte  Nuovo  in  strada  di 
.i  ».  Otteneva  il  permesso  nel  gennaio  B9,  «  ai 
ovato  cosa  comoda  e  propria  per  la  gente  di  quelli  recinti 
eh'  era  molto  lontana  dai  teatri  e  divertimenti  di  questa 
capitale  o  ;  e  faceva  metter  mano  all'opera.  L'ardi  iteti 

•)  Dello  starno  tempo  ò:  /  I'a::i  per  U  mode  comm.  del  tig.  ***  detto 
tr<>  Partenopeo  na,.  •  ip.  1790,  a  »pe*e  di 

Domenico  Smigiocomo.  C'ò  una  donna  modula,  uà  filosofo  atta  moda, 
riaggialora  alla  moda  «oc. 
*)  Fioritilo  o.  e.  IV,  p.  15.  Il  quale  nccenua  vorauioot*  un'altra  »or- 
m,  ebu  Tottae  sialo  edificato  dui  l'iin>  tj-o  di    Ripa   F  i-ancone;   il   che 
twancku  è  mallo. 


IVI 

il 


—  634  — 

D.  Camillo  Lionti.  Ai  due  attori  del  S. 

con  D.  Domenico  Caraffe,  dei  prò 

La  spesa  superò  i  S4900  (lucali.  Due  palchi  furono 

ball  al  Re,  compassandosi  l'ini 

obbligo  di  costruirei  b  pagandosi  per  l'altro  IS 

."ino  già  s'era  ratio  pei  Fiorentini.  H 

leva  mettere  ora:  Teatro  di  aiuto  IV*  M 

PUtazione  (4  agosto  90)  non  approvava  tal  nome,  [> 
«  non  è  stalo  costruito  per  R.  Comando  o 
proponendo  che  si  chiamasse  col  nomi 
condo  l'uso.  Cosi  divenne:  di  San  Ferdinando,  ') 

Come  si  sa,  e  un  bel  teatro.  Lo  dipinse  Fan 
S.  Carlo,  Domenico  Chelli  :  «  La  I  u& é 

ellittica;  nel  maggior  diametro  ha  palmi  40  di  1 

'/vili  altezza  dal  pavimento  alla  linta  volta;  la  scena 
che  in  faccia  agli  spettatori  ha  un  orologio,  è  di  lunglieoa 
p.  27.  Vi  sono  cinque  file  di  palchetti;  ciascuna  fila  di  M 
ognuno  di  8  p.  d'altezza.  La  Tacciata  regolare  DOB  of- 
fende il  gusto  con  tritumi  e  l'atrio  ha  due 
ralij  i  corridoi  sono  comodi  e  proporzionati  al  concorso. 
L'oggetto  di  beti  vedersi  ed  udirsi  6  pienamente  adem- 
piuto. Nulla  gli  manca  por  essere  in  ogni 
quentato,  eccetto  che  P  essere  «•••llooato  meno  lontano 
dagli  altri  teatri,  dal  centro  della  città,  e  da  .jnw 

della  Reggia  ».  •) 

Fu  aperto  il  1790,  e  vi  si  recitò  prosa  e  musica,  come 
negli  altri  teatri  piccoli.  ')  —  Nel  1791-2  venne  ai  Fiori 


')  Alla  Dop.  19  dicembre  1788.  La  Dop.  14  gennaio  89:  f.  28*-S<»rtL 
Ag.  91  ore,  Dop.  15  clic.  89  ecc.,  Islrtim.  20  gennaio  DO.  Dcp.  -4  ■g0*" 
1790  ecc..  f.  29.°— Una  supplica  .li  D,  Canifa  al  Re,  e»1*' 

ii  ni.       ii     in        ni:  I-  siala  comunicata  dall'amico  Vioonn 

d'Auriu,  che  l'ha  troviti  i  fauni  dai    Teatri. 

*)  Napoli  i.  Storia  nii   X,  II.  p,  110-1. 

3)  Carte  vario  m.  £  29.»  30.°  31.° 


—  635  — 

la  Compagni  i  lombarda  con  Antonio  Belioni,  primo  amo- 
o  Luigia  Lapy,  giovane  attrice,  bella  e  valente.  Il 
oltre  a  far©  il  comico,  a  aon  lrala&  ia  d'impiegarsi  nei 
SUOi  di  mode*.  lame 

nore  in  lutto  le  ìitté,  alle  quali  sapendosi  ben  pre 
taro,  viene  ad  esse  molto  gradito,  anche  per  l'avven 
•irlla  persona  ».  1) 

Nel  1792-3  erano  tra  gli  altri  comici  dei  Fiorentini  Gia- 
•<>ni<)  Caolini,  Giambattista  Pavoni,  e  la  Lucia  Girardi, 
nono  poi  fuori  Regno  con  la  compagnia  formata 
tal  comieo  toscano,  Àngiolo  Grifoni*). 
Nella  quaresima  90,  al  S.  Carlino,  recitandosi  op 
icre.il  Tomeo  vi  mescolò  alcune  arie  in  musica,  da 
da  fanciulli  Ma  ^rli  fu  proibito  per  l'avvenire.*)  — 
Nell'estate,  volendosi  recare  b!  s.  dito  fuori  Porta  S.  Gc 

gli  fu  risposta  di  no,  perchè  ormai  e1  era  io  quei  luoghi 
un  »•  <o.  *)  —  Nel  91  il  Tomeo  m  di  «  potersi 

;;  una  compagnia  volante  di  cantanti,  i  quali 
I  esentano  in  musica  vario  commedie  fatte  in  altri  I 
di  «li  <|ucsta  Capitale  ».  Il  suo  socio  era  un  F,  S 
mrcntiis,  che  aveva  messo  il  patto  che  sua  moglie  do- 
veva fare  da  1*  buffa.  &)  —  Del  1791  ,  si  trova,  infatti,  il 
libretto  Jl  Falegnatne,  musica  del  Cbnarosa,  cantato  al 
Carlino,  da  Elisabetta  Pappalardo,  prima  buffa  napo- 
letana, Teresa  Galiani,  prima  donna  scria,  Marianna  Gal- 
dani,  seconda  buffa,  Francesco  Buscò,  primo  buffo  as- 
soluto, Giuseppe  Vannelli,  e  Gaetano  Buonocore,  buffi 


•)  Bartoli  F.  Not.  ad  nom. — Por  ottooora  una  aerata  d'onoro:  Dep  18 
licwnbreyi,  C  '11.''  Nel  'JO-1  <?ra  servetta  a'Piorentini  una  Carmina  lluwtn 
Carta  vari*,  febbraio  '.)!,  f 

*)  Carlo  rane,  gennaio  1793.  (Comuni?,  il'  Auri.i). 
brmio  90,  Carle,  f.  29.° 

<)  Maggio  1700,  f.  KV 

»)  Carte  vario,  f.  29.' 


-  f>36  — 

ini,  c'GiuMM  iili  ').  Ma  duvova  venire  un  ti 

il  S.  Cai-lino  canterebbe  Lablachel 
\ei   lT'.'i!   i-  la  Compagnia  delta  dei  i 
e  che  per  molto  tempo  ha  rappi  o  comed 

pronto  noi    teatrino   al   Lji 

i  Pasquale,  Pigliata   o  G  I  fteoofl  d\ 

poter  farcoraedio  a  pagamento  ce  nella  villa  < 
per  divertimento  di  quella  villeggiatura  ».  ")    < 
Tomaso  Tomeo  o  i  suoi  nel  92  tornarono  a  chiederti 
solito  permesso  di  far  comedie,  ino  dirini[>ci^fcn 

a  S.  Carlo   all'  Arena   alla  Porla  ili  .S.  Gennaro  ». 

XX. 

W.   Goetht    a  Napoli  —    Cronaca  del  S.  Carlo  —  j 
Biìlington  e  la.  Grassi  ni  —  Compagnie  di  prosa 

lì  Lorenzi  e  la  Censura  (entrale  —  (17H7-17' 

W.  Goethe   capitò  a  Napoli   nella  quaresima    1787, 
s.  (urlo  a  recitava  un'opera  sacra;  La  disk  u     di 

tsatonme ,  di  Cario  Seri         ,  musica  del  QìopJIm 

niello,  eoi   Roncaglia,  il   Monanui  ,  la  Dan/i-Lebrun.   li  »• 
morso  nella  contemplazione  delle  grandi  scene  dell 
tura,  il  teatr  io  freddo:  Mir  ist  ein  groaserG 

Kasten;  es  scheint,  ich  bin  /tir  attiche  Dinge  center* 
ben  !  <) 


')  Lihr.  all'Arto.  Mas. 

-)  Dopai  18  atti  92.  f.  3i.» 

•)  Febbraio  92,  f.  31.°  Cause  del  Tomeo  contro  i  romici  Carlo  Catara-  ■§< 

(ìiiiBcppo  Zanne,  cho  non  venivano,  malgrado  i  loro  contralti.  Carte  w»  ni 

:J1." 

4)  «  Far  iiiu,  b  un  gran  panorama  ,  e  niente  altro;  sembra  ch'Io 
DBOrtO  per  tali  rose!  »  —  Italienischc  Rette,  od.  Dùntun*.  Hamburg. 
I"  In -lio  Ausgabv,  —  p.  18*3. 


—  697  — 

Non  sembra  che  si  recasse  a  teatri  di  prosa;  ma  dove 
ir  parlar  molto  del  Pulcinella  napoletano.  —  Nel   I 
,  raccontava aU'Bckeanaan  ;  ••  Uno  de"  ; 
capali  tratti  di  qu  iaggio  consisteva  nel  far  mo- 

stra, talora,  sulla  scena,  di  dimenticarsi  interamente  della 
.sua  j.aito  di  attore.  Fingeva  come  se  fosse  tornato  a 
9  sua,  parlava  cwulideu/.ialui'.uite  con  la  sua  famiglia 
del  dramma  nel  quale  aveva  recitato,  e  di  un  altro,  che 
doveva  recitare,  e  non  si  dava  soggezione  di  soddisfare 
alcuni  piccoli  bisogni  di  natura  —  Ma  ,  caro  marito  — 
gli  gridava  a  un  tratto  sua  moglie — tu  dimentichi  tutto; 
pensa  al  rispettabile  pubblico,  innanzi  al  quale  ti  trovi  !  — 
E  cero  è  cero!,  rispondeva  Pulcinella,  rientrando  il 
a  tornava»  con  grande  applauso  dagli  spettatori ,  alla  sua 
parto  di  prima  —  I!  teatro  di  Pulcinella  ha,  del  | 
tale  lama,  òhe  nessuno  ,  in  una  buona  società,  direbbe 
i  stato.  Le  donne  poi  non  ci  vanno  mai.  —  Il  Pul- 
ita e  una  specie  di  giornale  vivente.  Tutto  ciò  che 
accade  di  notevole  in  Napoli  il  giorno  ,  si  può  risen- 
tirlo da  lui  la  sera.  Ma  queste  aOuBÌoni  locali,  e  il  1 
dialetto  ,  che  adopera,  1"  tanno  inentiltigibile  allo  stra- 
niero 0  ').  — 

Il  Paisiello,  dal  1785  .  godeva  il  soldo  di  1800  ducati 
Tanno,  coli'  obbligo,  tra  l'altro  ,  di  comporro  ogni  anno 
un'  opera  pel  S.  Carlo  *).  Fin  dal  1786  ,  era  cessata  la 
ruinosa  amministrazione  della  Deputazione.  Il  Santoro , 
con  D.  Andrea  de  Benedetto  ed  altri  socti,  riprese  Y  ap- 
palto ibilito  un  ministro  economico  del  teatro,  elio 
fa  il  Barone  Ventepaoe»  L'Udienza  generale  di  guerra  e 

")  1.  P    Kck orinami.  G-tprSchr  .nit    Gvtthe.    U-iptig.  t*£>.  Ili 
N.  11"  JtaL  IL  c'ù  solo  1*  allusione  a  un  Pulcinella,  elio  vtdfl  al  Molo  sa 
4' IMI  Inumi,  od.  cit  p.  202. 

')  Disp.  7  murra  1785.  Carte  varie,  f.  29." 


—  638  — 

casa  reale,  ch'era  siala  riordinata  ci.  fa  in- 

caricala dei  soli  affari  contenziosi.  La  K.  Deputazioni 

vedeva  agli  altri  teatri,  e  dava  le  I 
tacoli  '). 

Una  nuova  compagnia  francese,  diretta  da  un  M  De- 
lormc,  fu  presa  agli   stipendii   della  Co; 
dall' S7  bO'89,  con  9000  ducati  I*  anno.  Oltre  il  Del- 
c'era  in  essa  il  Desi  oon  U:  àa 

inm-'isti,  e  Angélique,  Y  ingenua',  e  i  Saint  Auber 

enarito;  Destruval,  Thevenel,  ecc.  ecc. 

Neil' 87-88,  al  S.  Carlo,  il  LaocoonU  del  Ghigl 
Scipione  Africano  del  Bianchi;  YArianaitedéì  i 
la  Fedra  del  Paisiello.  Prima  donna  Anna  Cosentini* 
poi  Brigida  Giorgi  Banti J  i  ;  primo  uomo  ,  il  Crescenti* 
tenore,  il  David. 

Neil*  88-89,  oltre  il  quaresimale  Sisara  e  Debora, 
Guglielmi,  nel  maggio  ci  fu  la  Didone  d  ■  poi 

Y lùtea  e  Lavinia  del  «Invìi 'Imi,  il  /{inaldo  dello  Skoko/f 
e  il  Catoni:  del  Patsiello.  *) 

La  prima  donna,  B.  Giorgi  1 
lata  alla  seconda  opera,  fu  sostituita  dalia  cantante  d'o- 

»)  Corto  vario,  f.  'Z7.°£8.a,  30."  —  Nel  1793  il  Tenente  General»  D.  Fru- 
ecsco  I'ignatelli  Strangoli  da  Presidente  dell'  Udienza  Generale  fa  p1»- 
mosso  a  Presidente  della  Suprenu   Munta  di  Guerra    Al   suo  lunga  fc 
uominato  il  Tenente  Generalo  D.  Filippo  Spinelli.  7  aprilo  17'. - 
munic.   D'Auria). 

*)  Contratto  1  aprila  HI.  U  M.,li,i,  17  luglio  87.  a  molle  altra  art* 
,  28.° 

')  Sulla  Giorgi  Banti  cfr.  Itaiien,  hg.  poh  sevevn  reistnde*  lieutithn 
1\  I.  ttàkfìui  uni  I.  v.   Ttcharw.  Berlin,  I 

nel  Bologna  il  J7.'.:>.  Voo  :  (ntuonatistima  di  soprano  sfogato.  Ora0'' 
cantante;  ma  mediocrissima  ad 

*,i  Nell'ottobri;  88,  il  Paisiello,   uon  ricavando   aoooi  •' d* 

manicare,   scriveva  ni  Re,  protestando:  <  non  ai  fida  >ol*  J1 

OOmpOm    'ini   m  urica  di  un  dramma  in  DM»  *&* 

te,  {.  28.» 


-  m  — 


peni  buffa,  Anna  Davya.  Erano  Bempn  ballerini  il 

llet  e  la  Dui 

\Im  l'avvenimento  a  1789  fu  la  Ninapassa 

per  amore  del  Paisiollo.  Gli  Anziani  dalla  D  10V8  colonia 
di  S.  Leucio  vollero  rappresentare  un  na  in  occa- 

sione della  visita,  che  la  Elegìna  avrebbe  fallo  a  quel  luogo. 
Il  He  dette  al  Duca  -li  Noia  l'incarico  di  provvedervi.  11 
libretta  fu  tradotto  dal  francese»  e  accomodato  e  concer- 
tato dal  Lorenzi.  Vi  recitavano  ì  raaea1  Bastavo 
dì,  Giuseppe  Trabalza,  Camilla  Guidi;  e  Nina  era 
l' incomparabile  Celeste  Coltellini,  di  cui  questa  fu  la  mag- 
jior  gloria  teatralo  : 

Il  mio  ben,  quando  verrà 
A  veder  la  mesta  amica, 
Di  bei  fior  s'ammanterà 
La  spiaggia  aprica  !  '). 

1791  la  '  Coltellini  cantò  ai  Fiorentini  con 

la  sorella  Anna;  nel  1791-3,  l'Anna  foco  da  Prima  Buffa 
A  eoo  mille  ducati  di  stipendio  per  ciascun  i 

gioite  *). 

D'89-90,    al   S.   Carlo,    oltre  la  rip  oratorio 

dell' anno  precedente,  s'ebbero  [' Adenti  ra  del  Guglielmi, 
poesia  del  Moretti;  il  Reclinerò,  del  Siri;  torse  YAicssan- 
del  Guglielmi;  e,  certo,  il  Pirro  del  Paisiollo.  —  Vi 
vano  l'Anna  MoriHielii,   il  David,  D  Damiani.   Q   M>- 
nanni,   la   Rosa  Satiro.   Curioso  a  notare  clic,  essendosi 
ammalatala  ballerina  Dupró,  fu  proposta  a  .sostituirla  la 
Marianna  Riva  Valuntiiii,  ch'i         Dora  a  Napoli,  ma  .li 
.a  ballare,  il  Marchese  di  Pescopagano  pro- 
mtichi,  di  costringerla  a  baiare.  «Si 

»,  V.  lih.  In  Kip.  MDGCLXXXIX  par  Viiwen»  Flauto. 

»)  nitri,  di  Carlo  é»    '■  fflBLiflomnnlML  M d'Avvia). 


—  640  — 

ga  d* indurla  buonamente—* annoiava,  un  mese  p 
della  sua  morte  ,  il  March 

può  ooslringere  niuna  a  ballare  ;>  forzai  n  '). 

Nel  00-1,  ripetuta  la  li  <nme, 

dettero  la  Disfatta  di  Dario,  del  GiordanieBo,  la  Ve 
detta  di  Nino,  del  Bianchi,  il  J  >  nelle  Indi 

Marcello  di  Ceraia.  Vi  cantarono  la  Giorgi  Bau: 
moni,  il  Porro,  il  Fiam<ugiii. 

Nel  91-2,  la  quaresima  non  si  fece  oratorio;  e  la  com- 
pagnia dèi  S.  Carlo  cantò  al  Pondo:  La  Morte  d'Olo- 
ferne*). Noi  maggio,  il  Lucio  Papìrio,  del  Mar 
la  Bri  sente  del  Rol  l'Antigono,  del  V 

r   [lessandro  del  Piccinni.  Oltre  la  I 
MombeDi,  il  Roncaglia,  la  Lucia  Alberimi.  ES  la  co 
di  ballerini  era  costituita  cosi  :  1.*  coppia  seria  ,    ! 
nora  Dupré  o  Michele  Fabiani:  d\  mezzo  carattere,  ' 
ociardi  6   M  /teschi,   M 

Pasquale  Alimi-tini:  e  molte  altre  parli  seconda 

Nel  92-3,  hi  ma,  il  G fonata  del  I 

compagnia  precedente.  Poi  il  Medonte  del  Sarti  , 
minio  del  >  \'Elfridù  del  Paisiello,  I'  / 

Piccinni. — Prima  donna,  la  Teresa  Macciorletti  *).  — 


')  Giugno  89.  Carte,  f.  28." 
•)  Ho  sotlWhio  due  nonetti,  stampati  in  un  foglio  volani»,  in  lai* 
«Itila  Barili,  che  fece  Giuditta. 

'')  Noi  93-4  fu   andu!  prima  danna  l.i    M.ioriorleUi ,  a  primo  aopru<> 
l'Amia   Datja    K  ci  fu  una  delle  aolite  liti:  la  prima  voleva   che  i  coa- 
:i  farcafltM'u  in  sua  casa;  l'altra  come  più  antica  cantante.  M 
rodarci.  M  tijrto  tutte  due:   per  di*p'<  irto  III  **t 

SO  agosto  1740,  confermalo  ai  iia  a  'JO  maggio  17  ;> 

rama  farei  in  carni  dall'Impresario,  -  raase» 

la  niaKififiro   convenienza    di  questo    e  col  solo   avviso    del  ministra  ••** 

Teatro»,  che  poteva   intervenirci,  »e  credeva.  Solo  la  due  ultima  fW* 

dovevano  farei  nel    Latro.  Pel  tea  I"  poi,   con  dlsp,   Il 

I7S6  fa  llabiUlO   *  ebo  i  GODCerti   dall'opara  ■  brilli    farai    dovessero 


—  041  — 

■  iique  opero  nll'anno,  si  continuò  litio  alla 
•io.  I  drammi  elei   M  io,  dio  prima  re 

o  soli,  finirono  col  diventar  qua-i  I '<■■• 

nono  di  nido?  Sono,  per  lo  più,  ano- 
nimi od  ignoti  ;  il  che  riconferma  la  sempre  decrescente 
importanza  dal  libretto. 

Il  Paisiello  aveva  chiesto   nel  1790  di  ess  «italo 

dell'obbligo  di  scrìvere  l'opera  annuale.  ')  Ma  seguilo  a 

Rioto  in  tanto.  —  1!  Marinelli,  \\  P  Br,  Q  Btan- 
,  l'Himmcl,  il  Guglielmi,   il  Tritio,  il  Cimai  osa,  muoi- 
ono, chi  una,  chi  l'iu  opere,  negli  anni  seguenti  al  1792. 
irono  il  Roncaglia,  il  Mombelli  ,  il  David,  il  Mat- 
i  ,  il  Bruni;    e  delle   donne  ,    le    più  famose  di  quel 
tempo,  la  Dillington,  e  la  Grassini  *). 

Mistress  Elisabeth  Billington  era  oriunda  tedesca,  ma 
condotta  bambina  dal  padre  in  Inghilterra,  ed  ivi  educata. — 
Giuseppa  Grassini  «ira  nata  a  Varese  il  1773  ,  figlia  di 
Un  contadino.   Mandata  a  Milano   ri-  i  -aiuto  l'atieii- 

sione  per  la  sua  bellezza  e  le  sue   felici  disposizioni,   il 
Igioioso  la  prese  sotto  la  sua  protezione,  é  la 
fece   istruire   eccellentemente,  dai   migliori   professori.   I 
Oliali  tutti  divenivano  rivali  del  G  Ile  non   ù 

a  viglia, — dice  uno  scrittore,—  >lara  i'a« 

rapidi  progressi  per  ogni  versoi  *) 


l'intervento  dell'  Uditore  dall'  Ksorcito  ».  Rie.  dell'Icnpren.  Co- 
1793  (Commi.  d'Auria). 
')  Gart.    •  ...  ,  011001*0  90,  f.  29." 
JJ  A  queste  due  furono  finanche  coniate  delle  m  UattiH  i  it 

IS2. 

I    V.  sulla  Ora-'-ni!  eiò  i-In    -■•  u  ■  'lic  •  nel  libro  rVttyriMflttl  After /Co* 

Òm  au s  drm  Tagtbu  ,    \.  <■■■<>'.    \    (L'autore 

«li  questo  importanti  in  C.  0.  Stogiuaui.  1767-1837.  Gfc.   Ilei- 

•7'u-i'i  Kuj-vlìna  Ankiagm  ime   VertìMtdfguttg,   Wion  1884,  u.  83. 

.  «nlla 
XIII.  A.  XXII.  I  gennaio  1852  (p.  148— 

■13 


—  642  — 

La  Billington  e  Ja  Grassini    dividevano   in  due    portiti 
il  pubblico  italiano.  «  Io  sono  del  partito  della  Billingt 
dice  li»  stesso  scrittore  — ,  puro   non  posso  da 
che,  quando  ho  udito  la 

:  ,  nei  quali  la  sua  bella   figura  si  unisce  alla  magia 
sua  voce,  non  di  rado  restavo  dubbioso  nella  sedi- 
li ■>.   Ma  la  BQlingtOD   era  ''e   a  tutte  le  cao 
del  suo  tempo,  «  s<i  non  per  l'estensione  dalla  iroce,  t 
forse  neanche  per  1'  arte  ,  certo  per  la  roton«l 
nezza  dal  tono,  e  Ir»  naturale  delicatezza  e  finezza  detta 
recita  »  '). 

Elisabetta  BiDklgton  cantò  in  Napoli  ila  prima  danna 
in  sei  opere,  del  30  maggio  1791  all'opera  del  30 mag- 
gio 17'J">.  Vu  Ines  noli'  Ines  de  Castro,  musica  di  ! 
cesco  Bianchi  :  Ero ,  ueW'Iù-o  e  Leandro,  del  1 
done,  nella  musica  del  Paisiello;  Semirar,. 
dello  Himmel  ;  Debora,  nella  Debora  e  Sisara  del  Gu- 
glielmi, Caratila  nel   Trionfo  di  Camilla,  m 
del  Guglielmi. 

A  lei,  il  vecchio  Principe  di  Canosa,  D.  Fabri.- 
pece  Minutolo  ,    padre  del  principino  di  tri 
'liivsse  in  questo  tempo  il  seguente  sonctt 

Quella  cho  chiama  ognun  motempsic o 

Billingliiun,  io  Baor  ohiamai  follia; 

Ma  nell'  udir  l'angelica  armonia 

Del  tuo  nuovo  cantar ,  I'  error  doposi. 
Ch'io  risorgere  in  te  veggio  i  famosi 

Geni,  ondo  Tracia  e  Toba  un  di  Boria  . 

Che  di  possente,  incognita  magia 

Stempii  a  noi  lasciar  meravigliosi. 


150),  Ricordo  di  over  vinto  un  boi  ritratto   delta   Gnueini ,    I 
Andrea  Appiani,  nulla  gattaria  Ambrosiana,  ;i   Milano. 
')  1  -79. 


—  643  — 

Deh  perché  «don»  del  tao  raro  Incanto 
Euridice  non  fu  t  Chò  avria  potuto 

di  gioia  ia  magion  del  pianto 

E  nel  mondo  tornar,  senza  l'aiuto 

Del  triste  Orfeo  ;  di  lei  lasciando  intanto 
Proscrpina  gelosa,  e  amante  Pluto  !  ') 


Giuseppa  Gras&ini  venne  solo  per  due  opere  il  1797. 
La  prima  opera,  in  cui  cantò,  fu  Y Artemisia  Regina  di 
[ramina  del  Marchesini!  musica  «lo!  Cunarosa,  ohe 
fu  rappresentata  nel  giugno  1707  al  S.  Carlo  per  festeggiare 
le  nozze  del  Principe  ereditari'»  Francesco  con  Maria  Cle- 
mentina di  Austria. 

Fu  nell'occasione  del  matrimonio  di  Francesco  che  il 
S.  Carlo  ebbe  nuovi  restauri,  a  furono  tolti  ria  lottigli 
specchi ,  messi  già  —  vedi  combinazione  —  nell'  occa- 
sione del  matrimonio  del  padre  *)  —  Mirabili  le  scene 
de\\' Artemia  solo  1*  ampiezza  del  [.i.  >enico  del 

S.  Carlo  rendeva  possibili.  Si  vedeva,  tra  l'altro,  la  gran 
sa  d' Alicarnasso,  esattamente  secondo  la  descrizione 

travi. ».  col  tempio    di  Marte,  l'ambito    di  Timoteo,    il 
(ampio  -li  Apollo  SU  di  uno  scoglio,  e  la  veduta  del  mare, 
prodotti  con  un  grado  di  verità  che  gli  stessi   teatri 
•  li  Londra,  a  malgrado  d'ogni  sposa,    non  possono  rag- 
giungere per  mancanza  di  spazio  » 

L' 'Artemisia  fu  preceduta  da  una  cantata  dell'  Anfossi. 
Ma  l'opera  non  piacque  ,  e  si  narra  che  il  re  ebbe  un 
tratto  di  giustizia  molto  curioso!  Volendo  risparmiare 
l'autore.  Cimarosa,  il  giorno  dopo  fece  condurre  in  pri- 
gione  l'impresario  con  sei  uomini  di    scorta   Quando 

*)  Delle  Poesie  di  Fabrizio  Capoto  Minutalo.  Priucipu  di  Gauosa  ecc. 

1796.  II.  i 
»j  Fm  lì.  I,  260 

Ivi 


—  644  — 

ò  lo  sdegno,  si  vide  il  lato  ridicolo  «Iella  . 

ano  fu  messo  in  libertà,  d  >po  21  ore  «li  pri 
ri  fece  spargere  la  voce  ch'era  stato  punito  pei 
BOZZa  delT  illuminazione  1  ')• 

La  Grassioi  cantò  anche  od  Gontaloo  0  w*  o 

la  /.ulema,  musica  del  Curci  —  Donna  bella  e  trizi 
un  tedesco  che  l*  aveva  vis!  -7  a  Ve  dice 

che  a  allora  non  era  legala  formalmente  con  ni 
la  cronaca   scandalosa   raccontava    mille  aneddoti  deh 
bizzarria  dei  buoi  amari  spiccioli  •>.  Ma  a  Napoli,  appeal 
giunse,  ebbe  la  fortuna  di  fare  due  grandi  conquisi' 
dettero  non  poco  lu  iuo  soggiorno  in    |u 

I  conquistati  furono:  il  Principe  Ai  erra, 

che  da  più  anni  era  in  Italia  ;  e  il  siciliano  se  di 

Caltan [saetta,  figlio  del  Prìncipe  di  Pater 

Tutti  e  due  rivaleggiavano  per  la  Grassini  col  mai 
/rld.  ifi  finanze  del  Principi'  Augusto  :.  da 

suo  padre  solo  un  ti  ornila  l'anno,  e  poco  oh» 

dal  suo  fastello  maggiore,  erano  in  cosi  cattivo  stai 
quasi    non  aveva  più  credito   presso  i  mercanti ,  e  m 
era  in  grado  di  competere    nelle   offerte  col  suo  \. 
figlio  del  più  ricco  signore  di  Sicilia.  Tuttavia,  il  gio1 
rampollo  reale  la  vinse  sul  Caltanis  i  »m  •  sui  : 

tasci  anni  ;  e-  la  Grassini  .si  contentò,  a  quel  eh 
di  un  assegno  mensile  di  cento  luigi  d'oro. 

L'amante  respinto  non  sapeva  darsi  pace. Senza  1 
annunziare,  si  recò  dalla  Grassini,  li 
maggiori  di  quelle  del  Principe.   Ma,  |  .  ;estt 

avesse  tempo  di  mostrare  il  suo  di 
il  Principe,  che  dichiarò  al  Marohes  ,  eh'  i 
ritto  su  quella  donna,  e  doveva  pr 
Il  CaltanissoUa    ii  condusse  da  buon  co 


l,  270. 


--  (,r. 

:  onore,  che  non  sarebbe  più  tornato,  ra 
tal  modo.il  Prìncipe,  che  per  quel  giorno  lo  ritenne  a  pranzo 

11. 'Ih  loro  compagni;». 
M:i  la  passione  del  CaH  ■•  ;he  crescere. 

innamorato  'li  quella  donna  ,  i 
ri  aveva  disi  :  prima  por  la  stessa 

ita  di  ottenerli.  Malgrado  la  parola  d'onore,  fece  teo- 
:  per  leiù  riuscirono  vani,  e,  finalmente,  non 

"idone  più,  colse  un  momento,  che  ere 
sicuro  del  suo  rivale,  e  dusse  nell'abitazione  della 

sini,  al  Largo  del  Castello. 
Ma  il  Prìncipe  aveva  sempre,  li  intorno,  le  sue  spie, 
minuti  dopo,  riceveva  notizia  del  (atto,  e  accorreva  in 
tutta  fretta.  Inconl  Itanissoii  le,  che, 

va  potuto   far  Bolo  mi  vano  Colloquio,  8  | 

sa;  gli  rinfacciò  la  sua  mancanza  'li  parolai  lo  chiamò 
;  !•  me,  e  gli  dette  uno  schiaffò  ! 
Questo  fatto,  accaduto  un  paio  <li  giorni  prima  «lei  ri- 
i  della   Corte,  dopo  un'assenza   'li  di  .  fece 

gran  rumore.  Tutti  s'aspettava)  neno   un   duello.  Il 

al  Marchese  il  giorno  dopo:  circoli  ni 
trasporto  del  giorno  prima; 
che  ora  pronto  a  dargli' n  Mi  il  Calla- 

etta  rispose:  che  questa  dichiarazione  di  S.  A..  R.  gli 
[isfazione.   Gli  amici  delle  due   parti 
cercarono  di  presentare  nel  miglior  modo  la  cosa;  ma,  nel 
io  scoppio,  tutta  Napoli  era  stata  informata  della  ve 
li  Caltanissetta  non  fu  guai  pò  questa  avventura 

qtl   tir        lite  al  giorno,  quando  il  Principe  era 
assava  in  carro/za  sotto  le  finestre  della  Gras- 
Al  teatro,  durante  l'opera,  tutti  potevano   vederlo, 
immerso  nel  dolore,   guardare  immobile  pei   ore  intiero 
assini.  —  Finalmente,  la  famosa  presa  del  Principe 
tternò,  suo  padre,  fi  barbareschi,  che  lo  por- 


—  646  — 

larono  schiavo  a  Tunisi,  lo  gettò  iti  occupazioni  di 

'•  l) 
In  casa  del  Principe   Augusto  fu  eseg 
una  cantata,  che  il  Piccinni  a 
por  l«  nozze  del  Principe   Francesco  ,  e  17  ìwa 

piantato  con  'india  sua. 
Del  cesto,  anche  il  Principe  Augusto,  heu  quotiesjìdm 
iosque  de<>  Una  trentina   d'anni  dopo, 

ag li  ,  divenni  Sussex  ,  n  Lablacbe 

ila,  a  Napoli  per  punire  la  '  I  di  alcoli 

suoi  capricci,  ai  proso  <pu\>l;  Era  un» 

sera  d'està;  il  Principe  propose  alla  Grassini  di  foro 

poggiala  in  barca.  E  al  chiaro  di  li; 
i  si  cullava  sulle  onde,  e  la  Cra  i  af- 

ferrata di  peso  da  due  vigorosi  marinai  e  gì 
Ma.  raccontava  il  Principe  A  quel  di 

fommiiia  sapeva  mini ai-o!   !•:  ligi  gli  fece 

gare  molto  caro  quella  lezione  di  nuoto. 

Al  S.  Carlo,  nei  balli,  ibifilO  I 

gusto  francese.  Quei  salti  mortali,  che  prima  ersi 
cosa  principale,   furono  banditi   del  tu 

E  sempre  pia  si  pregiava  l'eloquenza  < 

e  muta  delle  passioni,  create  dal  N-nerreeit 
ns.  Il  soggetto  o  per  lo  più  dalla  mitob| 

e  dalla  storia  antica,  e,  veramente.  -so 

gerata  quantità  delle  mutazioni 
faceva  danno  idl'enetto.  Il  S.  Carlo ,  il  primo  teatro  (f 


')  Ho  tradotto  liberamente  quoti*  aneddoto  dai  Fmpnrnte  dL  1.  ZU-i1. 
L'autore  aggiunge:  «  Questo  fatto  forse  ricordo  quello  cb*  marn»  • 
Oottiogtu  a  uuo  strotto  parente  del  Principi  Augusto  ,  rbe  U  rio***» 
ciò  elio  questi  dette  a  Napoli  ».  Sulla  schiavitù  d»l  Principe  di  l'alma 
cfr.  Colletta.  Sloria  III,  I,  25. 

•)  V.  art.  cit.  di  P.  150. 


—  647  — 

non  aveva  Imente  più  di  due  primi  ballerini 

assoluti,  quattro  di  mezzo  carattere,  cinque  Grot- 
teschi a  vicenda.  Ma  poi,  almeno,  tretitadue  figuranti.  ') 
Cosi  nel  1791,  il  compositore  dei  balli  era   Domenico 
Lefevtc.  Primi  balla  i  assoluti,  il  Lefevre,  e  Lutea 

Bis.  Primi  ballerini  di  messo  carattere,  Ferdinando 
ita  Danti.  Primi  Grotteschi  assoluti ,  Giu- 
seppe Scaleee  e  A.  M.  Zannisi.  !  icAi,  Carolilo  Ca- 
ri  ia  Dellini.  Ballerini,  per  far  le  parti,  Luigi 
Marchiò;  <•  ventiquattro  figuranti.  E  nell'opera  la  Dio 

nata,  ci  furono  dee  balli,  il  primo,  diviso  m  ire 
alti,  intitolato  /Principi  a? Armenia  o  sia  l'odio  cinto 
dall'  amor  filiale.  E  il  secondo,  breve:  Le  Indiane  o  la 
Ila  gratitudine. 
V.  nel  1797 e' era,  come  prima  ballerina,  Carolina  Pi- 
trot,  «  buona  —  dice  il  Bolifo  Informatore  ma  già  troppo 
vecchia  b ')  — Era  con  lei  Gaetano  Gioia,  il  nostro  Prin- 
cipe di  t'anos.i  anche  per  essi  un  sonetto,  dove 
diceva,  tra  l'altro: 

Se  nelle  favolose  età  fallaci 
t'ossero  un  Gioia  e  una  Pitró  comparsi, 
E  altari  e  simulacri,  infranti  ed  arsi. 
Stati  sarian  coi  creduli  seguaci.... 

K  di  quei  piodi  l'arte  sovrumana 
B  la  grava  ammirando,  avrian  posposto 
Apollo  a  Gioia,  alla  Pitró  Diana!    i 


M  Fragmente  cit   260-8. 

«pmmta  o  e.  p.  272. 
Poesie  ài.  p.  123.  —  La  Pitrot  piaceva  Unte  «  colla  logiadria  del 
e  mio  ballo,  e  col  costante  impegno  di  toddi»fuiy  iiisu|>ei-tibil- 
rocnte  la  ma  pa  l>--ttacoli  »,  tàxt  il  Re,  in  premio,    le  accollò 

■ni  aerata  di  beneficio,  derogando  alla  leggo  teatrale,   proibitiva  .1.  il 
•eraU.i  di  beneficio-  (Commi.  D'Auria). 


—  648  — 

Il  Gioia  napoletano  fu  inventore  «li  molti  balli,  o 
lente  celebre  fu  la  sua  Andromeda. x) 

Il  pittore   teatrale  ora  sempre  il  fioreti  tmeok 

Chelli.  Al  quale  uno  dei  migliori   poeti   napoletani 
fine  del  settecento,  il  Duca  di  Belfoi  soc- 

corso citale,  dirigeva  questo  sonetto  : 


Or  luminosa  reggia,  or  care 

Ora  procelle,  ora  campagne  amui 
Ora  tende  guerriere,  or  folto  bosco, 
Offrono  al  guardo  le  fuggenti  scene. 

Credo  ciò  ver,  eh'  esser  non  ver  cono 
Qual  grata  illasìon  V  alma  trattiene  ! 
Ah  dal  tuo  grondo  immaginar,  o  i 
PlttOT,  l'inganno,  od  il  piacer  no.  vi.i 

Quanto  tua  dotta  man  le  tele  adorna, 
Natura  hai  sempre  al  pensier  tuo  pregente, 
Ond'  è  che  l'arte  al  primo  onor  ritorna  ; 

Anzi,  Natura,  in  rimirar  sovente 

Da  quel  raro  ponnel  la  figlia  adorna, 
Qualche,  invidia  secreta  in  cor  no  sente!  -) 

L'opera  buffa  ora  molto  decaduta .  NeJ  1 795,  dopo  un  lungo 
intervallo,  il  Lorenzi  riprendeva  la  perni  ite 

Pietra  simpatica  pel  teatro  dei  Fiorentini,  Hh-  fu  messa 
in  musica  dal  Do  Palma  '). — Celeste  Coli  :  rate 

')  Napoli  Signoroni  ritira,  X,  II,  p,  2S4-5. 

»)  Panie  di  D.   ànt   di  Hennaro,  D  ip,  1798,  l& 

3j  Nella  Pietra  Simpatica,  oltre  il  Lazio  e  Andrea  Ffiraro ,  htm* 
Alfonsina  e  Laureila  le  due  cantanti  toscane  Carolina  e  Caterina  Vota- 
I*e  quali,  11  fine  di  stagione,  furono  mandato  via,  malgrado  oa  MflW 
ron tratto  che  misero  innanzi,  por  «l'aitami  illecito  della  Caroliti  ^ 
Principe  di  Fiotrn  persia,  e  lo  scandalo  od  inconvenienti  che  pronago»» 
da  questo  attacco, .  .  ,  acandolosa  vita  e  prati  tea  con  un  casato,  t  il  d*r 
sarto  cagionilo  agi'  interi  ni  della  ca«i  di  Pi«tra]*;rsia  ».  Udiunn  p 
tale,  gonn.  1790 ,  al  Ut-.  (Cotuun.  d"  Aaria). 


(VI'.) 


dalli 
baiu 


8 

' 


dalle  scene,  e  sposava  nel  1795   Monsieur  MeuricofTre, 
anehiere  svizzero  BftabiUAo  a  Napoli,  «  faisant  succeder 
i  a  une  vie  pietas  il' enchantement*  .  iloux 

austéres  do  l'é-poiiso  et  do  la  mère  de  famille  »  ').  VI 
amata  e  rispettala   ila  tutti,  lino  al  1822.  —  P  a  in 

>.  lo  finitore  clie  ho  più  volte  citato  e  che  venne  a  Na- 
oli  nella  seconda  metà  del  1797,  c'informa  ampiamente. 
C'erano  quattro  compagnie  di  prosa.  Napoli  era  la  città 
'  Italia,  dove  In  prosa,  relativamente,  era  meno  spregia- 
,  La  prima  compagnia  era  quella  dei  Fiorentini  :  «  a 
mio  vedere,  la  migliore  di  tutta  V  Italia  o.  Aveva  una  pri- 
ma amorosa,  ottima  benché  un  po'  attempata;  un  biavis- 
simo primo  amoroso,  «  dei  pochi  italiani  che  rappresen- 
tano con  spirito,  ma  senza  esagerazione,  e  mettono  spesso 
più  cose  nel  dramma,  che  non  ve  ne  abbia  saputo  met- 
tere l'autore»;  e,  finalmente,  un  secondo  amoroso,  che 
a  è  considerato  in  verità  per  un  cattivo  attore ,  ma  pel 
iù   ball'  uomo  che  vi  sia  in  Napoli  »  *). 

seconda  compagnia,  che  gareggiava  con  quella  dei 
Fiorentini  ,  stava  al  Fondo.  Questa  aveva  un  medi 
rimo  amoroso;  ma,  in  cambio  un  vecchio  che  fa  eccel- 
(enlemenie  le  parli  'li  padre)  e  recita  anche  benissimo  il 
Tartutic  di  Molière.  E  specialmente  poi,  per  prima  at- 
i  ice,  una  bella  radazza,  che  aveva  molti»  talento,  spe- 
cialmente per  le  parti  d'  ingenua.  «  Se  questa 
donna  fosse  una  CB litanie,  tutta  Napoli  le  farebbe  la  coite: 

iiò  essa  supera  infinitamente  di  bellezza  e  di  gr 
le  dame  dell'Opera.  Ma  è  una  commediante,  ed'ètosoata 
irle  ad  un  negoziante,  che  la  mantiene  con  mediocre 
strettezza  »  3). 


')  FarnrL  Antidoti  cil.  I,  1*3  e  Scudo  art.  ciL 

,    n     .         ..•  MI 


-  650  - 

11  repertorio  di  queste  compagnie  era  formato  pri 
paknsnte  da  prodotti  stranieri,  che  scrittorucoli  mestn 
raccoglievano  dagli  starti  di  latte  le  nazioni  '  i.  Le  opere  del 
Goldoni,  seppure,  sì  recitavano:  una  volta  ogni  due  mesi. 

Lo  Stegmano  Beoti  .lì  Fiorentini  a  al  Fondo,  il  (Veri 
e  gì'  Inglesi  nella  Florida. — Che  cosa  è  il  Wèrthert— 
Werther  dramma  tradotto  dall'inglese.  L'  originale  in- 
glese ó  niente ,  ma  la  traduzione  o  travestimento,  i 
di  niente.  Jl  traduttore  vi  aveva  aggiunto,  con  un  colpo 
da  uomo  di  geniti,  mi  malvagio  maestro  di  rasa,  eli 
vendetta  di  un  rifiuto  avuto  dalla  sua  padroua,  la  signori 
Alberto,  istiga  contro  di  lei  il  marito.  \Vorther,  che  abita 
sa  d'Alberto,  dopo  una  lunga  conversazione  filosofica 
avuta  con  la  sua  amata,    decide  di  uccide! 
ola,  ma  col  veleno.  Ma,  per  salvare  la  gius 
prima  costringe  il  maestro  di  casa,  logli  la  pisi  li 

alla  gola,  a  vuotare  oon  lui  la  metà  del  bicchiere.  Negli  spa- 
simi  della  iDorteq  i  sue  calunnie,  o  finalmente 

.-i  scopre  che  un  ledei  servitore  aveva  messo  nel  bicchiere 
qualche  altra  cosa  invece  del  veleno.  «  Spei  cre- 

more di  tartaro!  »,  scappa  a  dire  il  nostro  informatore. 

QV Inglesi  natia    Florida  ora  il  titolo  di   un  dramma 
Il   Federici.  L'  autore  insieme  a  qualche   carattere 
mal  concepito,  comi,    quello  d'una  ragazza  in» 

specie  di  Gurli,  aveva  messo  nel  dramma  tanta  pompe  & 
scene,  tante  opere  di  forti6cazioni ,  (ante  scene  iu  grotte 
sotterranee  (si  vedeva,  tra  l'altre  una  miniera  completa, 
nella  quale  i  poveri  indiani  sono  costretti  dagl'Inglesi» 
lavorare  alla  ricerca  dell'  oro),  tante  battaglie  di  terra,  e 
di  maio,  che  lo  spettatore  stordito  dal  fumo  ere. 

appena  poteva  accorgersi  della  miseria  del  dran 

*)  0.  e,  p.  255:  «  Anslaudisditì  Pro<lukt.\  liiivliMi<ini»-rauadtì«  Pot»*- 
kaiumern  allei-  Nationan  nacligo*u<;ht  ». 
*)  Fragmenut  254-5. 


—  651  — 

Altri  drammi,  ohe  lo  Stegmann  <>  anche  a  Na- 

poli, erano:  un  dramma  lagrimoso  del  Destouches,  il  Di» 

"tore  di  Kundeschebe  dello    Stephanie,  1'  Oracolo  del 

ìllert,  il  Conte  di  Waldsiein  e  il  Marca  Ottici  no- 

bile, forse,  del  Brandes  '). 

In  Italia  POH  e'  era  allora  l'uso  ilei  manifestini  a  stam- 
-icrlie,  osserva  argutamente  il  nostro  autore,  il  pub- 
blico italiano,  ordioariaineate,  non  ó  in  grado  di  sapore 
a  qual  nazione  deve  la  sua  noia  ! 

Cu  tp.lcsco,  ch'era  a  Napoli  ila  più  tempo,  pensò  ili 
far  conoscere  qualcuna  delle  migliori  opere  della  scena 

lesca.  SfortunatàmentOj  la  sua  scelta  cadde,  a  causa 
dalla  pompa  delle  ducoia/ioiK.1,  sulla  Sonncnjungf'rau.  La 
traduzione  era  fetta,  gli  attori  dei  Fiorentini  pronti  a  rap- 
presentare, quando  la  Censura,  vista  il  manoscritto,  mise 
UO  veto  assoluto.  Non  v.-.n  •  permetterla  neanche,  ove  si 

•   le  scandalose   tirata  contro  i  proti.  Il 
dottore  passò  allora  al  Der  Herbsttag  (la  giornata  d'au- 
tunno)  dell'  Iflland.    Ma   lo    svolgimento    semplice,    quasi 
intrigo,  le   dipinture   di  un'amabile   sernpln  it 

stica,  non  erano  proprio  latte  pei  costumi  e 
il  gusto  degl'Italiani:  gli  attori  dei  Fiorentini  si  rifiuta- 
rono di  riceverlo.  Allora  il  traduttore  passo  agì'  Indiani 
in  Inghilterra  e  »  sia  pure  che  non  fortuna 

sulla  scena,  il  traduttore  vuol   brìi   stampare   come  nu 

<  al  libro  dell' Ab.  Bertela,  Idea  delia  poesia 
marmai 

La  terza  compagnia   recitava  sul  Teatro  di  S.   Ferdi- 


U 


'  )  Noll'aprila  1703  l'Impresario  della  prosa  dui  Fioraulini  chiederà  di 
i|H>P5»nU»tv  al  s.  C*rb  «il  dramma  intil.  Ftdtriro  Jf,ip\  r.ip- 
presontato    io  quello  dei    Fiorentini  Unto  ben  accolto   dal    pubbli 
onoralo  anche  dalla  R.  ProBonxa  dalla  M.  V.,  arricchendolo  di  maggiori 
decorazioni  »;  il  che  non  gli  fu  U'Auria). 

!>  Brafwmt*  I,  :.'ó5-tf. 


—  682  — 

naodo.   Non    era  un  gran  che;  ma  aveva  una 
servetta;  che  recitava  in  dialetto. 

La  quarta  compagnia  burlesca,  che  -lava  li;  recto 
Puteinefla,  recitava  ogni  giorno,  atlernativamen 

lino,  od   ul    lenirò  Nuovo  '). 

Nel  1798  sappiamo  precisamente  com-- 
gnia  i      i  i  om posta.  I."  impresario  era  semi" 
Tomeo.  I  comic:  diciotto:  tredici  uomini,  e  cil 

donnei  Tra  i  primi  si  notano  Vincenzo  Camm&rano  coi 
figliuolo  Filippo,  France 
l'amoroso  Carlo  Caiani,  Fi- 
ca, Camillo  e  Alessandro  Fracanzani,  o  Stefat 
Giuseppi  •  l!'i\»-i.  Giuseppe  di  Giovanni,  Giù 
Le  iloiiiu)  erano'  Rosa  Grignani,  Carlotta  Angiolini, 
Buonainici,  Orsola  Fracanzani,  Rosa   Pellis 

Ora,    dalla   compagnia  del  S.  Carlino,  lo 
Fi-mj,,):  me  senti  recitare  una  parodia  di  quel  Werther,?}* 

e  dato,  radamente  ridotto  a  dramma,  ai  Fioroni 
al  Fondo.  La  vena  comica  della  parodia  era  grossi  >i 
ina  potente.  A  raccontarla  non  s' irit 
leva  più  del  db  bxbhw  parodì.ii>  • 

Il  finale  era  che,  dopo  elio  Pulcinella  ha  tentato,  vele- 
no, pugnale,  e  pistola,  e  li  ha  messi  poi  di  nuovo  da  p 
finalmente  si  decide,  anche   morendo,  'ii  punire  la  sua 
amata.  S'impiccherà  di  fronte  al  suo  letto!   Tu 
parato  e  pronto,  irià  egli  sta  per  appiccarsi,   quand 
un  tratto  cambia  pensici  rra  il  suo  rivai       I 

picca,  ed  egli  per  Care  più  strepitosa  la  voi  I  co- 

rica nel  letto  di  Carlotta  I 

Queste  pai-odio  o  travestimenti  erano  mo!< 


>)  Lo  scrittore  p.  280,  dice  veramente:  «  wechulvrobe  in  finca  onte- 
rin lische»  Ila  urne  mi  Largo  del   Caatolliv,  uod  in   Tf.r.  ►. 

•)  Questa  .Vote  ò  stala  pubblicala  dui  Di  Giacomo,  O.  e  p.  Ht-o 


—  G53  — 
dette ,  i  quella  compagnia ,  una 

in/.ione  del  Matrimonio  -irò  '). 

Ma  gli  avvenimenti  politici  incalzavano.  Questi  unni 
rappresentarono,  com'è  noto,  il  ragno  della  polizia. — An- 
che la  censura  teatrale  divenne  severissima  e  conforme 
alle  preoccupazioni  dal  tempi).  Luigi  Serio  cessò  nel  95 

Idal  suo  ufficio,  di  Poeta  di  Corte').  Revisore  delle  opere 
in  questo  tempo,  Giambattista  Lorenzi! 
Tra  i  miei  libri,  io  ho   una   cosa  molto  ghiotta:  un 
ma  del  De   I  '..ihkìt:i  :   //  Corsaro  di  Mi  ,  che 

doveva  recitarsi  io  HO  teatro  di  Napoli,  forse  ai  Fioren- 
tini il  1798,  tutto  ricopivi;-  dal  censore  Lorenzi. 

Sul  dramma  è  scritto  :  Si  pasti  "l  rispettivo  Caca- 
Itera  Deputato.  E  più  -otto:  //  Big.  D.  Giù.  Battista 
/,'inrtji  /irrita  questa  romedia  e  ■  o pa- 

rere in  iscritto.  Dalla  li.  Deputazione  li  20  marso  1798 
segr.  ini.   E  in  line  :  Addi  detto.  Si  può  per- 
mettere  la  recita,  ma  si  badi  esattamente  alle   varia- 
,/.   Lorenzi,  Rei].  Revisore. 
Quali  sono  queste  variazioni?   Cominciami..»  dal  titolo: 
//  o  di  Marsiglia.   Ciò  ricordava  la  Francia 

pubblica]  più  repubblicane  aula  &ai 

Dunque  tolto:  di  Marsiglia,  E  cosi,  nelle  lei  per- 

sonaggi: Mr.  Dumont  Corsaro  francese;  tolto  francese: 
B  via  via  nel  COTSO  del  dramma,  a  l'urici  è  sostituito 
Torino  ;  a  Marsiglia,  Rarjusa  —  Italia  6  un'altra  pa- 
rola proibita.  All'  Italia  si  sostituisce  Napoli.  E,  dicendo 
un  tal  personaggio:  «  Son  d'  Italia  al  BSrvizi  i  'li  Mr 
Dumont  »,  si  corregge:  a  Son  tìarlettafi  vizio  del 

signor  Dumont  ! 

•)  /  L'ut,  liiwitftv*  di  m  vinto  r«upi\*enUro 

»  WuezU,  d»  uuu  ■  ■    burlesca.   V  A  toltili. 

■)  Cam»  tale  è  aegnato  Mi  0*1.  -li  ConrU    Ino  a  quello  .1  l   17'.' 
segnato:  Vaca. 


-  G54  — 

[  .:i  parola   J.<ì>  -,  dilige 

a  Non  SOI1  libero    di  me  stesso»:  con 
[unirono  ».— •  Vadasi  a  respirali.1  un  momento  di  Uè 
corretto  :  un  momento  solo.  Figurare  tiran- 

no '  Corretto  :  crudele.  Ma  la   correzione   più  gra. 
è  alla  frase  :  «  Siete  forse    uno  che  pa§  »  — 

Si  sa  che  allora  si  taceva  un  gran  parlare  delle  spie  della 
Regina,  e  quest'  odiosa  panila  era    un'  arme   nello  maui 
dei  liberali,  il  Lorenzi   surroga  alla  parola  spie  la 
parafrasi  :  i  chi  dice  i  fatti  degli  offri  !  » 

Collo  stesso  sistema  e  corretto   iì  dramm 
Hi  ')  — Nel  Teatro  Nuovo  une  sera  apparvero, 
dalo  !  —  cinque  giovinoti]  coi  calzoni  tanghi,  a  coi  quali 
facevano  pompa  -li  una  nuova  e  sii  interla»*). 

E,  ai  Fiorentini,  il  5  giugno  1798.  il  Re 
tir  la  comedia,  scorse  otto  giovani,  che  .\ipc11i 

alla  giacobina.    Furono  arrestali  e  manda 
Sicilia  a  fare  i  soldati  semplici  per  castig  i 

X.'l  1788  al  S.  Cai-In  ai  dette  nel  gennaio  \' An 
musica  ili  A.  de  Santis:  nella  quan  <  dd 

Guglielmi;  nell'agosto,  la  Vendetta  di  Med 
ticchio.  Vi  cantarono  il  tenore  David,  il  soprano  P 
Mattucei,  prima  donna  la  famosa  Luigia  Todi,  i 
Rosalia  Cammarano.  *) 


>)  Torno  VII  del  Nuovo   Teatro,  ad, 

*)  Brusco.  Anarchia  popol. 

*)  Marinelli,  Diario,  ui>.  Bill.  Naz.  sotto  queata  data. 

*)  A  prop.  della  Todi.  11  Fétis  (vai.  Vili)  la  fa  morir*  a  Lubuitf  •«* 
giugno  1703.  IVI  U2-4  essa  era  «tata  appaltata  per  Napoli:  nvr 
1790  cantava  a  Berlino.  Ma  noi  'JI  scrisse  da  Venezia  di  uoo  poUf  »*" 
nire,  adducami"  varie  ragioni  ili  «ilul**.  Ma 

Che  la  vera  ragione  era  l'essere  troppo  Uumi:  la  paga  ili   1 100  x. 
e  il  sentirsi  che  stava  per  prendere  Tappali  •  Ouufiui»i* 

gaiiò.    di  lei   mortaliasimi  Illa    Todi  15  ottobre-  91  & 


—  655  — 

Era  prima  ballerina  la  Maria  de  Caro*  scolara  di  Vestita, 
che,  dopo  essere   stata  \w  un  pezzo  a  Parigi,  il  1797, 

i  al  S,  Benedetto  di  Venezia,  il  L793  &Ha  Pergol 
BUperiore,  «lice  Q  viaggiatore  tedesco,  alla  Vigano,  fante 

alata  a  Vienna  e  a  Berlino.  «  La  De  Caro  ha  la  E 
tuna  di  parere  fuori  del  teatro,  non  solo  non  bella, 
appena  sopportabile.  Ma  sulle  scene  la  sua  figura  di  ninfa 
fa  interamente  dimenticare  questo  difetto.  La  Vigano  an- 
ih'ess  noto,  in. ii  ha  una  figura  molto  vantag- 

i  d  ').  La  raccomandava  per  Napoli  vivamente  Emma 
lamiltou  '). 
Con  la  De  Cam  ballava  Gaspare   Ronzi]  continuava 

I  oma  ballerino  per  le  parti,  Luigi  Marchiò;  erano  primi 
grotteschi  Giuseppe  Conti  detto  di  Prussia*  Teresa  Gra- 
nata, Francesco  Bernardi.  \\,  di  messo -<  .  Angelo 
Tinti,  Teresa  Farnó,  Frain-esr.a  i'.i in,    Ricorderò  ancora 
che  direttore  dell"  spettacolo  era  Pietro    Duretti  ;    archi- 
tetto teatrale,  Domenico  Chelli;  macchinista  e  custode  del 
R.  Teatro,  Lorenzo  Suiiraglia;  inventori,  direttori  od  ap- 
ilori  dei  vestiario  D.Antonia  Buonocore,  e  F.  Cuiiii  •; 
augi.  Impresario,  il  Dottore  Onorato  Balsamo. 
Il  4  novembre  andava  in  isceoa  a  S.  Carlo  I'  Ippolito 
del  Guglielmi.  Ma  l'esercito  napoletana  si  metteva  in  via 

so  Roma.  Ed  eccovi:  Il  voto  di  Partenopea  Com; 
mento  drammatico  del  etto,  Giuseppe  Pac/liuca  dei  Conti 
Manuppello  per  la  partenza  della  M.  di  Ferdinan- 


Bergamo.  Ud.  15  novembre  Attestati  aull"  oftalmia,  della  quale  soffrirà  ec. 
Carte  in   Teatri,  f.  31. ° 

'I  Fragmaiie,  ài.  p,  272.  L*  A.  nomina  ancho  delle  ballerine  migli  oi  I, 
ala  S|icrati,  Marianna  Sellinoli*,  tedeaca  di  origino,  Elisabetta  Bor- 
iati, Gaetana  Venuti;  batterà*  usaululc  |i  une,  di  méKMC  60Qt< 
t<n;  le  altro. 

»i  V.  Lett.  di  M.  Carolina.  30  maggio.  7  «iugao  1798.  Pallimi»  Cart. 
i    \1.  Carotina  con  Lady  Emma  Hamilton  (Nap.  1877)  p.  170-1. 


—  656  — 

do  IV  •  ••'//' rscrri/o  Napolitano.    Veni,  ridi,  vici- 
no]] 1798. 

Ma  coi  fatti  del  171)8-9  la  storia  ili  Napoli  divenne  essa 
a  uno  spettacolo  altamente  drammatico. 

XXI. 


/  teatri  di  Napoli  nel  1799. 

Il  General  Dui  tie  fu  tra  i  conquisti  Na- 

poli, era,— è  curioso  notarlo,  —  un  antico  comi 
teatro  di  Montausier.  Emancipato  «Lilla  rivoluzione,   - 
dato  alle  anni,  e  rapidamente  era  giunto   il  .^rado  di  gè— 
aerale  9>  Tenne,  nei  primi  tempi,  il  comando    !•  Ila  piazza 
di  Napoli. 

I  teatri  erano  restati  aperti  durante  quasi  tutti  i  gi- 
dell'  anarchia  '). 

II  12  gennaio  era  andato  in  iscena,  al  solilo,  il  nu 
dramma  del  S.  Carlo:  il  Nicaboro  in   fucatan,  pi 
di  Domenico  Piccirilli,  musica  del  Triti  ggfandi 
in  nascila  di  Ferdinando  IV,  nostro  amai* 

orano,  coi  «'alitanti  che  no   detto,    cioè    la   Todi,    il  Mal 

turai,  ecc.  1  due  balli  erano  il  prim«j    Giulietta  e  Romeo, — 
ballo  pantomimo  ti  inventato  e  direi'. 

Ronzi;  e  il  secondo  :  Li  Zingani  in  fiera. 

Il  Governo  provvisorio,  subito  costituito,  prese  possess 
nella  sala  del  teatrino  di  Corte  del  Palazzo  Risale  J).  ì 
i  teatri  si  riaprirono  .  e  solo  si  tolse   dai  cartelli  la  ca- 
rola: Real  Teatro  ■). 

')  lées  Comédiem  hors  la  lai,  par  flaMon  Maupra*.  ParU.  Galuiau  L*rr 
1887,  p.  431,  V<\  poi  Barone  e  Commentatore  dalla  Legione  .li  ooore^ 
')  Diario  m«.  della  Soe.  Stor.  Nap.  sub    ' 
3)  Minutare  Napoletano.  Supplam.  al  N.  I. 
')  Diatib  c-it.  sub  25  geuuaio. 


—  657  — 

Il  Teatro  del  Fondo,  prese  il  nome  di  Teatro  Patriot- 
tico. Il  Generale  Championnet  v'  intervenne  la  sera  del 
26,  ed  ebbe  grandi  applausi  ').  Pel  S.  Carlo  si  vedevano 
gli  affissi  cosi  concepiti  :  a  Nel  teatro  Nazionale  di  S.  Carlo 
si  dà  il  Nicaboro  per  sollennizzare  la  espulsione  dell'ul- 
timo tiranno;  nel  secondo  atto,  inno  e  ballo  analogo  »  *). 

Continuava,  insomma,  lo  stesso  spettacolo,  senza  mu- 
tarne neanche  l' indirizzo  :  in  luogo  della  nascita,  si  fe- 
steggiava la  fuga  di  Ferdinando  I 

E  forse  l' inno  era  quello  che  cominciava  : 

Lodi  ali'  eccelsa  ed  inclita 
Forte  nazion  d"  Eroi.  .  . 

Dove  si  diceva ,  tra  1'  altro  ^ 

Della  Megera  in  campo 
Son  debellate  e  vinte 
Le  ultrici  furie  tinte 
Di  livido  velen. 

Squallida  e  smorta  in  volto, 
Col  cor  tremante,  giace 
L' infame  coppia  audace 
Della  Sicania  in  sen  I  3) 

Figurarsi  gli  strepiti,  gli  urli  :  Viva  la  libertà  !  Morte 
al  Tiranno  !  E  poi:  morte  all'Acton,  al  Castelcicala,  ecc.  4) 

')  Diario  cit  sub  27  gennaio. 

*)  Ivi.  Il  17  Piovoso  (1  febbraio)  il  Governo  provvisorio  ordinava,  che 
in  tutti  i  teatri  vi  fosse  un  palco  destinato  pei  membri  del  Governo  e 
della  Municipalità,  che  doveva  essere  «  distinto  da  uno  stendardo  tri- 
colore e  da  altri  emblemi  analoghi  della  liberta  ». 

3)  Foglio  volante  nella  raccolta  della  Soc.  Stor.  Nap.  Porta  l'indie,  ms. 
«fatto  in  S.  Carlo  da  D.  Marcello  Revidori  >. 

*■)  Diario  cit.  sub  28  gennaio.  Gaetano  Rodino,  raccontando  come  fu 

44 


—  058  — 


Il   Traini  ì'  o,  commise  l'errore  ili  re 

tipatrioitiiM  tragedia  deW  Aristodemo  del  Mon  .  PD subii 
proibita  la  recita,  e  chiuso  il  teatro  e  morate  le  [>"rte  ') 

Qua  Fiorentini,  dove  si  dava  forse  /. 

raggirata,  musica  del  Cimi 

diarista,  il  20 gennaio:  «  M 

dei  Fiorentini  ieri  sera  .si  vide  ballare  la  pi  illerifl 

mezzo  denudata  quasi  sino  all'ombelico,  ed  essersi  repG- 
cntamente  baciata  col  ballerino.  So  ciò  6  vero,  mi  rincresce, 
perchè  DOD  mi  pare  che  corrisponda  alle  massime  d 
verno,  che  annunzia  virtù  e  libertà,  ma  non  Iiboriinaggin, 
ed  il  Teatro  corrompe,  anco  i  costumi  «rape- 

ranno, mi  auguro  perciò  che  si  dia  riparo  a  tali  laide 

Intanto,  nell'Istituto  stato  Co 

000  legge  del  :20  piovoso,  in  una  delle  prime  disCQSì 
«  Fu  l'atta  la  mozione,  perchè  coloro,  i  quali  'por- 

tatile di  burattini  van  divertendo  il  minuto  popolo  perle 

izze  ,  facciano  anche  da  questi  trattar  soggetti  deniu- 
oratici  ;  e  quei  cantaste!  milmenie  per  le  putta 

cantan  favole  di  Rinaldo  ed  Orlando,  cantino  detto 
tive  canzoni  napolitano  !  i 

Nella  quaresima  ,   insolitamente  ,   tutti  i  teatri  stettero 
aperti.  «  Lo  prediche  quaresimali  vi  sono,  giusta  il 
ma  ieri  sera  d'ordine  del  Generale  furono  aperti  i 
tutti,  dia  ni  Napoli  sono  stati  sempre  chiusi  di  q 
specialmente  nei  primi  quattro  giorni,  essendosi  solo  da 

tradotta  in  prigione  o  gli  oltraggi  che  soffri .  dico  che  la  gente  fi>  n 
peluva  minacciosamente:  «  SI,  sei  pur  tu  che  non  contento  di  arem  A"' 
dito  i.'.'o,  titolo  nlla  nobiltà  o  ad  ogoi  nomo  ai  caro,  ual  Tetto 

S.  Carlo  ed  in  ogni  grande  adunanza,  ultamente  gridari:  Muou  il  * 
ranno',  ecc.  »  Racconti  Storici  in  Arch.   Star,  Nap.  V(,  p.    I 

')  Monitora  Nap.  N.  1U,  lo  Ventoso,  5  marzo. 

*)  Diario  cit.  sub  29  gennaio. 

n    Nu,  N.  0.  i.°  Vontow  tO  fcbbraro. 


laiche  anno  in  qua  |» H  degli  oralorii  sacri  in  inu- 

sica  e  dello  prose  »  *). 

E  il  3  marzo    fu  riaperto  il    Teatro    del    Fondo,  a  Ila 
quella  compagnia  procurato  ili  rimediar  l'errore  con  rap- 
BOtare  a  più  riprese  il  Cafona  in  lìtica  ;  contempo- 
raneamente, si  è  rappresentato  io  quatto  dui  Fiorentini  la 
famosa  tragedia  di  Altieri,  la   Virginia.  Il  pubblico   eoo 
ipetuti  applausi  ha  mostrato  ai  comici  quali  siano  i  sog- 
getti e  i  sentimenti,  di  cui  solo  si  compiace  »  "). 

Al  S.  Carlo  vennero  intanto  nel  marso  il  Cittadino  ( 
dio  Aunlh  li,  cavallerizzo  con  la  sua  consorte  Carolina,  e 
compagni,  «per  dare  a  questo  Pubbli'  >  delle  i 
noni  e   spedacoh    di    maneggio    di    ("avalli  D.  Ed  «  Uà 
$li  poi-tato    una  scelta  dì  Cavalli  cosi  bene   ammaestrati 
;he  con  ragione  potrà  dirsi:  non  plus  ultra:  ma  quello 
io    più  recherà   meraviglia    sarà  il  vedere    fino  a  qual 
Ito  ivata  l'arte  di  questo  insigni  ore  nel 

igere  a  rendere  per  cosi  dire  ragionevoli  o  capaci 
d'intendimento  gli  animali  istessi  ecc.  ecc.  Salute  e  ri- 
spetto !  o a). 

kMa  il   Veditore  Repubblicano,  giornale  di  quel  tempo 
i   un  articolo  o nitro  l'Aui-illoii:  «  In  questa  sera 
4  Gerniile)    nel   Gran  Teatro   Nazionale  ai  ò  dato    uno 
spettacolo  di  cavalli:  il  eODOOieO    dogli    spettatori,  tanto 


. 


')  Diario  mi.  Bub  7  febbraio.  Furono  solamente  chimi  nella  «ttimana 
■asta.  V.  Ordino  del  Comit.  di  Polizia.  Nau.  23  Ventoso  (13  marzo  09) 
in  Proclami,  tegyi,  editti,  sanzioni,  ecc.  Colle*    di  A.  Nobile.  T.  II,  P.  I, 

f,  [60 

*)  Mon.  Nap.  N.  IO.  15  Ventoso,  5  marzo.  Ne)  Diario  ma.  mfe 

"l  Darne  «  onesta  mattina  ò  stato  veduto  afflaw  il  lag.  cartello,  scritto 
•  mano,  ma  a  latterà  cubitali  i  Domenica  24  marzo,  vecchio  stile.  .Som»  la- 
«ilati  i  cittadini  tutti  a<i  assistere  quest'oggi  alla  tragedia  dell'  Infame 
ni  sente  iu  seno  un  cuoio  di  Bruto  venga  armato  di  pu- 
pula!  » 

)  Annunzio  nel  Monit.  Nau.  N.  i2.  22  Vsntoeo,  12  marzo. 


Ik-ll  li, 
raeih 


frana    i  <|ii:inf<i  napoletan  uso,  egliapp 

stati  prodigati  :  si  crede  che  gì'  ira 
dal  lucro,   fra  giorni  vorraii   fare  una  e  ri, 

teatro  suddetta.  —  Napoli,  che  diranno  di  te  le  i 
pubbliche?  Tu  mentre  devi  principiai  mirti  la 

te,  pi  lo  ad  allettar  la  tua  vistai*  Il  tuo  Teatro 

zionale,  il  più  gran  teatro  d'Italia,  luogo  che  <sen 

ro   all'istruzione   pubblica,  6  ora  profanato  i 
dei  cavalli.  I  pedanti  dicono  che  anche  i  Gre  inani 

si  allettavano   di   giuochi  e  di  cavalli; 
sono  i  tuoi  giuochi  olimpici,  o  ueraei,  questo  ò  il  tuo  pa 
guato,  «   il  cesto  1  I  io;  è  questo  il  luogo 

limo  t »  *) 

La  Repubblica,  infatti,  concepiva  il  teatro  come  do  i 
tuto  educativo.  Il  ministro  dell'Interno,  I 
di  marzo,  in  un  proclama  «  ai  suoi .  Imi  e  a  li 

le  autorità  costituite  o,  parlando  dell'  isti 
«  Se  vi  ò  un'istruzione  pubblica  per  i  giovanotti,  ui 
n'  e  ancora  per  gli  adulti,  necessaria  sopra  tutto  a 
ro  .  che  sono   stati   avviliti  sotto   un  lungo  dispol 
Essa  è  appunto  l'istruzione,  che  si  pn 
sotto  il  velo  del  piacere.   11   Teatro  ,    ond'  paga 

egualmente  il  vizio  che  la  virtù,  a  misura  della 
che  gli  si  dà,  deve  tonnare  uno  degli  oggetti  più  gì 
della  cura  e  vigilanza   delle   Amministrazioni,    per  non 
solfi  ire.  che  il  popolo  venga  da  altri  sentimenti 
che  da  quelli  del  patriottismo  ,   della  virtù  e  detta 
morale  »  *). 

Noi  mese  di  aprile,  nel  Teatro  del  I 
giuoco  della    Tombola.  La   Fonseca  Pimento!  \ 


v  2  IO  I 
le  adta  iiihl.  detta  E  Gian. 

-;  Mera,  Nnp,  n.  i  ■■,  88  V«atoao,  12  nnrao. 


—  G61  — 

contro  un  severo  articolo  economi»  o-ukt.-iIc,  ttd   Moni- 
tore v).  Ma,  ni  un  numero  seguente,  dico  di  dover  rend 
iizi.i  alla  commissione  'l«-'i  Teatri ,  clic  l'aveva  ; 
a  :mche  prima  dol  suo  artìcolo  '). 

Ha  festa  del  bruciamento  delle  bandiere,  che  si  fece  il 
io  maggio,  si  cantarono  alcuni  inni  .  composti  da  Vin- 
cenzo Mando  e  da  Eugenio  Palombo,  e  messi  in  mu- 
cadal  Cimarosa  e  dal  Paisiello  J).  Ma,  in  questa  occa- 
siono, si  senti  quel  famoso  inno  ;  o,  poes 
Luigi  Rossi  e  musica  del  I  il  cantato  dai  giovani 
lei  Conservatorio  d:            i  4). 

I-.   N.  80i  17  r.wmimii.-,   ! 
».  Nap.  N. 

mi-ìo  di  sub.  19  maggio.  <  Form»  scriverò  iu  inargine  lo  parole 
li,  ecc.  »  dica  il  diarista.  Ma 

m|>.  N.  31.  6  Pratile,  25  maggio;  che  dice:  Vn  inno  patriot  ■ 

i,  poesia  dei  noto  Ci  t  Unì  ino  e  fotta   Luiyi  Rotti,  a  compotitione  del 

i  irosa,  Mi  d  concedi  baione,  chi  risolverà,  m 

non  erro,  la  questiono  ancora  agitata  'ioli'  inno  «tot  Cimarosn.  Il  si?,  l .iu- 

eeppe  Orlandi  donò  noi  1868  all'.V  foricela  un  inno  autografo 

'innroaa,  sulle  parole  Rfllti  Italia,  ormai  ti  desta,  o  sosteni. 
fosso  quello  1" inno  del  1799  (Fiori mo.  o.  e  aè  paa- 

,  per  qualche  tempo.  Ma  non  ri  vuol  molto,  leggendo  la  parole, 
tao  antigall.i  <>,  non  pub  anali  • 

Urano  del  90.  Ed  Bb  Rocco  ha  ritrovato  quello   strofe  tra  le 

HMcritte  di  un  VI  verseggiatore  sanfedista, 

com'egli  «lice  (v.  note  lette  all'  Arrad.  Pontaniana  il  17  giugno  1888,  e  il  2 
o  1889),  e  che  era,  soggiungo  io,  Consigliare  dol  la  G.  C.  delln  Vi- 
caria, a  i|u«|  tempo,  e  borbonico  Arrabbiato,  come  mi  risulta  dalle  carte 
dal   processo    fatto  nel  1799  dalla  Giunta  di  Stato  al  Pi  i  alli- 

brano (conserv.  nell'Arch.  del  Duca  di  Maddaloni),  dove  il  Malici  ap- 
par»e  come  testimone.  Dunque,  acui-tiamo  l'inno  dell'»  >i  UUldL  Quello  del 
CimnrrtoJi  fu  fatto  sulle  parole  di  Luigi  Rossi,  e  nell'  occasione  dalla 
fasta  del  19  maggio.  Ora  di  poeeio  dal  Rcwsi ,  che  potrebbero  convo- 
li™ al  nostro  caao,  ae  ne  conoscono  varie.  V  una  è  quella  camionetta: 
"i  dell'  uomo,  ristampala   dal  n    alludono  a  un  bru<  ri- 

lento di  prodami  rastiati;  il  fendilo  De  Riti*  diceva  al  Rocco  che  V  I 
Cimarosa  cominciava  appunto  colle  parole,  colle  quali  comincia  quella 


—  cr>2  — 

Nello  stesso  mese  al  Fondo  si  dava  il  Timoleone  delio 
Alfieri.  Ho  sott' occhio  il  curiosissimo  manifesto  del  tem- 
po. Ha  in  cima  il  solito  fascio  repubblicano,  e  dice  i 

Libertà  Eguagliai  i/;i 

AmÙÈÒ  per  it  teatro  patriottica  del  fonda  di  separaci 
la  sera  di  venerdì  5  pratile  24  mti?r>/i"  '    s. 

TIMOLEONE 

Gran  specchio  di  semplicità,  di  virtù  Odorali  B  Ropubblicwi» 
lu  <|iios(o  aulico  sostenitore  dei  diritti  dell'in-iim '.   l-<  NI  WJ 

l'anzoiiotia.  Conosco  m  un'altro  Con  tonétta  pafribftfea  iti  C&taiM  Uf 

Rossi  per  lo  bruciamento  delle  bandure  realiste,  «  die  forni ti'.'iu  :  Voti*) 
al  foco  le  inforni  bandiere.  Ma  né  quella  luciuioiinla  dal  Rocco,  n»  qwU 
ma  aco-nnntn,  risulta  dn  iiossuoa  cosa  ebe  fossero  musicate  dal  CJnum. 
Sono,  .1 . -1  risto,  canzonette ,  BOfl  inni,  L'/nno  patriottico  l'ho  rilivnto 
invece  udiri  preziosa  collezionu  di  logli  votanti  del  ITWj  conservala  M0I 
Bitd.  della  Società  Stor,  Nop.,  ed  ha  questo  titolo  :]  Inno  patriottico  ii 
iatlinu  Liiii/i  Rossi  per  lo  bruciamento  delle  Imagini  dei  Tiranni,  pMe<* 
mus-ica  dal  Cimmaroin,  da  cantarsi  nella  («sta  de'  30  fiorite  mtto  F  al' 
baro  della  libala  acanti  al  Palano  Nazionale;  il  che  rispondo  nnrhn  di 
tutto  punto  a  ciò  che  dico  il  Monitore.  Gontieno  iU  strofe;  e  comincia: 

Su  d' un  Sovrano  Popolo, 
Sovrano  più  non  v'ò; 
Al  foco,  indegno  imagini, 
Item    ornai,  dei  Re! 

Già  dalle  vostre  ceneri 
Sorge  la  liberta, 
Che  annunzia  al  mondo  lihero 
La  sua  sovranità. 

Con  questo  ini  pare  evidente  che  si  sia  messo  la  mano  sull'  inno  dal  E» 
maroso..  Ma,  chi  sa  per  quanto,  tutti  seguiteranno  a  ripetere  eh*  MW 
^pubblicano  del  99  6  quello  donato  dall'Orlandi  all'  Archivio  Mu»«le: 
dove  la   Francia  è  chiomata  terra  dei  delitti,  ecc.  ! 


—  683  — 

destia,  degna  veramente  il  un  cuore  filantropo  ,  anche  fra  il 
lustro  delle  su©  azioni  e  delle  acclamazioni  d'un  intero  pi 
conoscitore  dei    sublimi    suoi    democratici  sentimenti,  eh 
condussero  (oh  oggetto  u"nividia!)  a  soffocare  per  eroismo,  lo 
■nere  voci  della  natura,  merita  d'ossero  ammirata,  d'esser 
seguita,  e  di  servire  d'istruzione  a  tutto  il  mondo  rigenerato. 
Patriotti  di  Napoli,  cocete  ni  folla  a  rassodarvi  tempre  più 
il  cuora ,  a  rendervi  energici  !    L' Impresario  per  facilitarvi  la 
strada  da  in  questa  sorala    l'ingrosso  a    tutti  gratis,  e  quelli 
che  vorranno  pagara  alla  porta   faranno  un    benefizio  ai    loro 
indigenti  fratelli,  ai  quali  sarù  tale  introito  distribuito.  Cittadi- 
: latori  della  patria,  conducete  gli  artisti,  i  parenti,  gli  ami- 
ci !  L'azione  é  degna  di  veri. 
Si  avverte   che   chiunque  si  presenterà    al    Camerino   d'il 
^eatro  medesimo  per   avere  il  palco ,  gli  sarà    assegnato  il 
aglietto  numerato  gratis  !). 

Anche  nel  giugno,  i  teatri  continuavano  a  stare  aperti. 
11  4  giugno,  per  l;i  notizia  ili  una  prelusa  vittoria  Francese 

•sul  Po,  il  Pondo  S'ebbe  una  cantata  e  la  Marsigliese.  La 
latitata  aveva  per  titolo:  77  cero  Patriottismo»  «  Il  sog- 
li ii  è  ahro  che  un  giovano,  il  quale  vuole  allon- 
tanarsi dalla  sua  amante  per  andarsi  a  battere  con  de 
gli  iusurgertti  :  arriva  a  tempo  la  notizia  che  son  quelli 
battuti ,  ed  egli  rosta  ai  piedi  della  sua  bella.  Ecco  il 
vero  patrioltismo  ;  multo  poco  sa  la  stona  greca  e  ro- 
mana 1'  autore  si  riduce  a  questo  esempio  solo  il  vero 
riottismo  !  ».  Al  S.  Carlo»  festa  da  ballo.  *) 


')  £  curioso  notar»  che,  noi  1799,  Giordano  M  Bianchi  cambiò  Do- 
me, o  li  chiamò  Ti-no/eone  dei  Manchi,  com'è  firmata  anche  una  sen- 
tenza dì  morto  del  18  maggio  1799  dell'Alta  Commissiono  Militare,  della 
qualo  egli  faceva  parte. 

'.iiriu  in-,  -il  sub.  I  «  i"  giugno,  Nel  M'ii.  Ni  S2,  13  pi-alil> ,  I 
giugno.  Messa  del  Corpus  domini,  rn unica  del  <  famoso  Paisirllo,  di- 
chiarato già  maestro  di  Cappella  della  Nazione  ».  Noi  N.34  17  pratile, 


—  664  — 

Il  13  giugno,  tra  gli  u>  i  fu,  com'  ó  noto,   I 

Scrii  i,  che,  BOi  lìo  e  qui 

fece  condurre  da  due   nipoti  nel  luogo  della  mischia  a 
combattere,  e  mori  sulle  V  II  N 

SignorelU  ilice  che  fu  ucciso  II  Tori 

Carmine,  l'anno  fatale  1799  »  *). 

Che  diremo  del  Cardinale  Ruffo  1  —  Il  lettore  mi 
metterà  di  appercepir/o,  come  ho  fatto  pel  0  •.  dal 

lato  puramente  teatrale.  Il  Cardinal  Ruffo,  s 

nqwstò  Napoli,  non  è  racn  vi 
musica  e  del  cauto,  lo  l'ho  sentito  più  volto,  — 
&  fiitoro  tedesco  —  nelle  società  di  Roma  consolare  le 
orecchie  degli  uditori  col  su 

Col  Cardinale  Ruffo,  e  coli  ne,  si  i  •>  a 

centinaia  gli  inni,  lo  cantate,  le  recite,  nei  teatri, 
piazze,  in  case  private,  contro  i  vinti  e  in  lo*  vid- 

imo di  aver  Anito  il  mio  con, 
sul  punto  di  dover  rivangare  tanta  bruita  poesia 
ione  umana.  ') 


5  giugno  99:  <  malgrado  queste  spiacevoli    ri  olititi  (scontili.-  .li  MiJm. 
Spanò,  Stipulai,  Sdtipani)  non  ti  rolla  irati-  ara  «li  «li- 

brar le  vii  Dossi.  Yi  fa  cantata  corni  del  Foni». 

cantata  e  festa  da  ballo  nel  teatro  Nazionale,  ribassando  il  preso  di  1 
carlini  a  3,  per  facilitare  il  concorso  ». 

')  Storia  IV,  III,  22. 

*)  Storia  Critica  X,  11,  166. 

3)  Italien  hy.  von  fwetn    rtùmdtn    DeuUchen  ,    voi.  III.  2.*  Itti  <d 
Teatro.  1- 

4j  Ne]  Diario    Nap.    ma.  sub  3  agosto ,  mentre  il  Re  <?ra  od  Oo*: 
e  Ieri  aera  D.  Onorato  Gaetaui  portò  una  serenata  a  S.  i"fIB 

i  ih, .uni .-ii d  con  disegno  dol  Macchiaieta  di  S.  Carla  Itum-.-uico  CnsUi.0" 
incontrò  moltissimo  il  piacere  di  S.  M.  Detta  qualrhc    parola  al  pri"* 
buffo  Gennaro  Luxio,  costui  I»  pregò  a  far  aprire  i  teatri,  dteeadn*»*' 
car  da  «itera.    Il  Ito  gli  dissi  -V*  ' 

iiuje.',  rispose  Liuto,  a  il  Re  disto:  Non  <t  tempo  owor»  ' 


APPENDICE 


Farsetto  napoletana  del  secolo  XV. 

No  ho  dato  un  c.onnn  di  sopra  (p.  lf>-20),  e  qui  la  stAmpo  per 
«toro,  essendo  inedita.  &  questa  la  sola  farsa  napoletana, 
ù  conosca  del  secolo  XV;  perchè  di  quelle  del  Caracci"!".  QOD 
Manza  se  non  qualche  frammento.  Lo  altre  cosidette  farse, 
Ite  abbiamo  del  Sannazzaro  o  dello  stesso  Caracciolo,  appar- 
sngono  a  lutt' altro  genere.  Bendo  grazie  al  mio  amn-...  Doti. 
J  fon  so  Miola  ,  che ,  in  una  sua  andata  a  Firenze,  collazionò 
iilL-ontcmento  la  copia,  che  io  ne  avevo  fatta, sul  codice  ori- 
ginalo (Riccardiano,  2752  —  fol.  81-84  L°).  Conservo  l'ortografia 
jriginale  ,  e  solo  sciolgo  le  abbreviazioni ,  divido  le  parole ,  '■> 
pungo  la  punteggiatura. 

lo  j/atre  de  la  ala. 


lo  Mago  n  vuj,  mossero  baglivo, 
Ca  tao  che  aougo  vivo,  o  non  ao  morto, 
Non  voglio  oBsoru  attor  lo  iuJecato; 
Voixin  essere  spazat)  prestamente, 
Che  non  dica  la  gente  ch<j  non  sanno 
Io  maritai  quarto  anno  mia  figliola, 
Che  la  iua  fama  vola  per  lo  mondo. 
Corcava  in  ano  fondo  d' una  chiazza 
ijuale  cho  saetta,  o  aia  volante, 
omo  bonamento  uno  aaaznro, 
Kt  puoaaimillo  raro  nello  piatto; 
Portayme  alo  jovouetto,  eh'  ara  buono, 
Secundo  avea  lo  auono  e  Paparini 
Ma,  pò,  la  oqaJriuda.  lo  mancao. 
D'allora  clic  so  coccao  la  prima  sera 
P«V  *\  fatta  minn-ra,  con  sua  gran  doglia, 
Se  li  intonso  la  coglia  a  lo  stentino, 
Che  mai  pio  lo  tapino  poeto  fare, 
Cht  potesse  una  volta  usare  con  ao  moglie  I 


—  668  — 

Pensate  vuj  che  doglie  n'  a  mia  figlia. 

Che  sempre  seudo  sciglia,  et  sta  storduta, 

Che  vuli.  che  le  muta  lo  marito, 

Che  sia  molto  eomplito  o  che  Inj  facza 

Tutto  quello.,  che  piacza  a  la  un  turai 

Poi  che  la  mia  ventura  vols*'  gtMBtO, 

Però,  ve  prego,  presto,  j  udiente, 

Bt  od  questo  prevedale,  mu  ch'ò  caudo  ! 

Responde  lo  afte. 

Aspetta,  state  sondo,  et  ascoi  la  i<-. 
Poi  che  a  verrò  narrate  li  uioj  guaj, 
Forge  che  inuteraj  d'altra  Otti 
Lo  fatto  de  quella  sera,  clll   BUI  roccai 
Saczc  ch'io  lo  uotai  che  lo  pativo; 
Poi-  questo  son  restivo  et  inalic-e. 
Per  certe  cosa  fi  ce  costili  ne, 
Ca  volea  machariune  et  vermicelli, 
Et  ipsa  tagliarieUi  con  lo  caso, 
lo  son  poco  marvnso  allo  gridare; 
Andaimende  accoccare  corrodiate. 
Essa  avea  cocinato,  co  apetito 
Manginse  tutto  no  spito  de  crapitto, 
E  veucaendo  a  lietto  accanto  ad  mene! 
Nullo  fierro  se  fa  bene  senza  acuyua; 
Adforraymonde  a  la  pujna  et  a  capitle, 
Picile  gittar  strillo  con  gran  guai; 
Et  ipsa  subito  auzaj  uno  canale, 
E  dame  allo  pettenale,  et  quello  intonsa. 
Or  vide  che  forza  voglio  fare. 
Se  ipsa  megio  (m'  egioì)  a  guastare  la  naturai 
Se  mo  a  (ha)  mala  ventura,  e'  agia  pace  ! 

La  cita  allo  marito. 

Voi  fare  buono  tace  e  non  parlare. 
Io  me  givo  ullamcu tare  da  quell'ora 
Senza  co  fare  dimora  in  tardanza; 
Ma  tutta  la  mia  speranza  agio  a  mio  patre  ! 


»«£* 


—  669  — 

Lo  baglivo. 

Io  ve  agio  corno  frate  caramente  ; 
Non  dubitate  niente  de  sto  desastro, 
Ga  sazo  qua  no  mastro  de  rocino, 
Ch'  ò  '1  più  pernotto  e  fino  in  tal  mistiero, 
E  saccio  ca  volentiero  lo  farra. 
Se  Ho  sanarrà,  che  stenga  buono, 
Serri  te  d' uno  suono  ad  accorda re ve 
E  de  poi  con  fermare  ve  per  pariante. 

Lo  patre  de  la  cita. 

Singniore,  iman  tenente  te  prometto 
Amaremilo  perfetto  corno  ad  figlio, 
Puro  che  questo  sciglio  e  sto  dolore 
Me  nzano  da  lo  core  e  da  la  casa. 
Non  essere  marvasa,  ca  mo  puro 
Porrà  stare  securo  ongnuno  de  vuj. 
Dimmi,  dov'  è  quistui?  —  Mastro  gantiere, 
Viene  qua  volentieri,  senza  dubio, 
E  tocha  sto  marzupio  de  coglia; 
Non  le  fare  avere  doglia,  per  tua  fé  ! 

Lo  mastro. 

Dici  teme  che  mercè  n  aquisteragio, 
E  poi  che  veveragio  me  farrite, 
Quando  lo  vederrite  sano  e  forte? 

Lo  cito. 

Mora  de  mala  morte,  s'io  non  fazzo 
Cosa  che  satisfazo  al  tuo  volere  ! 
Ma  famme  lo  devere,  solamente 
Azò  che  si  acontente  sta  citella. 

Lo  mastro  toca  et  dice 

0  che  mala  novella  !  questa  è  preta, 
E  parerne  che  feta,  allo  tastare, 
E  vorriase  tagliare  prestamente, 
Inante  che  l'accidente  non  li  incauza! 


Chiavarne  so  naso  in  culo;  e  che  ndfl  sai  I 
Inpaznte  de  tot  guai,  e  fnrrai  bea»  1 
Sto  poveretto  tene  altro  che  tosse. 
Che  la  sane  corno  fosse  male  de  gire! 
Io  non  flo  che  to  dire;  che  voi  fare? 
0  me  lo  fa  tagliare,  o  me  da  liceucia  ! 

lo  cito. 

Age  pacienzia,  mastro  mio. 
Che  te  juro  per  Dio,  che  sto  in  pagura. 
Ma  Dio  et  alla  ventura  vada  che  no; 
Ecco  che  me  te  do,  adunco  bon  porto  : 

lo  mastro. 

Io  te  piglio  per  morto,  frate  mio; 

Sta  ciiii  la  pace  de  Dio,  e  non  dubitare 
Che  te  farro  provare  uno  sapore, 
Tutto  piene  d'ardore  e  de  dolceza. 


—  671  — 

lo  cito. 

Oymè,  Dio,  che  freza  e  che  bombarde! 
Orme,  ca  me  arde  li  cogliune  ! 

lo  Mastro. 
Voltate  a  Uà,  mpccune,  ca  n'  è  niente 

(mo  se  adebolesse  lo  cito,  e  parla  .    .  .) 

Spazate  prestamente,  orino  Pauluzo, 
E  caza  da  so  stuzo  penna  e  carta, 
Ca  voglio  che  safiarta  de  rimedij 
Ed  altri  maysterij  lo  cito, 
Che  ce  ne  verrà  apetito  calvacare. 

doi  bon  para  de  ventose, 

Che  siano  molte  unbrose  a  Ho  gettare; 
Et  fate  apparicchiare  prestamente 
Fine  ad  tre  dramme  ardente  de  ribarbaro, 
Amentecate  all'arbore  corrione, 
Doe  unze  de  drapunj  e  schamonea, 
Un  poco  de  jorgiolea  e  de  cimino. 
Ponitelo  allo  stentino  con  inpiastro, 
Demandatende  lo  mastro  che  le  pare, 
Se  basta  per  zanare  sto  difetto. 

Responde  lo  mastro. 

Ilio  è  multo  perfetto  in  ventate, 
Et  darele  sanitate  presto  presto. 
Or  suso  sinch'è  desto!  Marchionna, 
Levate  corno  a  fronde  liegio  liegio, 
Ca  tende  tropo  pregio  ca  lo  sane. 
Comenza  a  mettere  mane  alle  ventose, 
Et  a  tutte  l'altro  cose  a  ringha  a  ringhe. 

(mo  se  fanno  li  rimedii,  et,  fatti,  dice  lo  baglivo  allo  cito). 

Ad  me  pare  che  stingho  assai  megliore, 
Che  te  dice  questo  core?  si  sanato? 


Fatela  venire  ;  che  s'  aspetta  ( 
La  cosa  è  venata  necta  in  sani  tato; 
Poiché  site  ordenate  confirmare, 
Facitele  basare  inzucarate. 

Marchionna. 


Dice  la  verdate  lo  vaglivo; 

Vedite  inastro  vivo,  et  vuj  maystro, 
Ca  per  lo  corpo  de  Cristo  questa  cosa 
N'ò  venuta  fresca  comò  a  rosa! 


—  673  — 

II. 

Sonetti  di  Pietro  dei  Ricci. 

Ne  ho  riferito  già  uno  per  intero  (p.  8),  e  di  un  altro  ho  dato 
il   principio  (p.  9).  Riferisco  anche  questo  per  intero. 

Sonetto  di  Piero  de  Ricci.  Fello  in  Napoli  che  parla  in  nome 
di  Saturno  parlando  de  re  di  Raona  alle  noze  del  Conte  d'A- 
riano e  nella  sua  festa  fu  recitato  in  una  rappresentazione 
ch'elli  feciono  in  detta  festa.  Disseto  il  prete  Catelano. 

0  donne,  visti  udito  il  mio  clamare? 

Saturno  son  di  gran  circunferenza. 

Dato  m'ò  forza  di  somma  clemenza, 

Et  mia  cosstellazione  è  d'  sfiammare  \ 
Chi  in  alto  monta,  i'  lo  fo  rovinare, 

Non  li  valendo  riccha  diligienza, 

Ma  solo  Alfonso  Re  con  sua  prodenza 

Vinto  mi  tiene  e  follo  trionfare. 
Dillo  emisperio  ciel  son  discenduto 

Solo  per  humiliarmi  a  sua  persona, 

Che  tra  pianeti  vinto  è  per  partito. 
N'  ogni  uom  discenda  e  diegli  sua  corona, 

E  tutti  i  cieli  questo  han  consentito, 

Perchè  altro  nome  bu  tra  noi  non  suona. 

Monta  a  chavallo  e  sprona, 
Di  piombo  v'incorono  degno  honore, 

E  chon  voi  vengo  a  farvi  imperadore. 

Ch'ò  nel  cod.  Strozziano  cit.   (Classe  VII,  n.  1168,  f.  95). 
E  a  fol.  117  c'è  quest'altro: 

Sonetto  di  Pietro  de  Ricci  a  Re  de  Raona  in  Napoli. 
Parla  uno  gioghante  a  Re  per  Ila  festa  di  San  Giovanni. 

Della  cicoplea  schiatta  millo  semo, 
A  tte  suggietti,  d'  ubbidir  contenti, 
0  glorioso  Re,  pien  il'  ardimenti, 
Atti  a  ridurre  i  nimici  allo  stremo. 

45 


—  074  — 

Con  Marte  in  terra  e  con   Netunno  al   remo. 

Governatore  e  dell'onda  o  de  venti, 

A  noi  3ugietti  sou  tutte  le  gieuli, 

Rinlii  d'avere  e  di  saver  supremo. 
Piacciati  comandar,  se  niiesler  face 

Dibullar  Bacco  co'  seguaci  suoj, 

E  non»  il  dolce  mondo  tutto  in  paco. 
Altro  governo  non  si  attiene  a  noi. 

Che  di  scacciare  ogni  lupo  rapace 

Che  gloria  eterna  aia  di  te  e  de  tubi. 
Restaci  e  non  ti  noi 

Ch'amici  tutto  siamo  d'ogni 

Clio  vive  in  pura  leggo  e  hborta. 

III. 

Drammi  italiani  del  sec.  XVII  intorno  a  Maria  Stuarda. 

Ho  accennato  in  questo  libro  (p.  83-5) ,  alla  tragedia  , 
intorno  e  Maria  Stuarda  fu  stampata  a  Napoli  il  HSQi,  CroA> 
bene  di  radunare  qui  alcune  altre  notizie  di  drammi  italiani  JH 
sec.  XVII,  die  hanno  per  soggetto  la  celebre  Regina  di  Scozia. 


Alla  tragedia,  disegnata  dal  Campanella  (1598)  e  al  dramma 
de  Ruggeri  (1604),  segui  :  La  Reina  di  Scotio  tragedia  di  Fe- 
derigo della  Valle  al  Sommo  Pontef.  e  sig.  Nostro  Urbano 
Vili.  In  Milano  per  gli  Eredi  di  Melchior  Malatesta  stamp. 
Regi  e  Ducali  MDC XXVIII.  Costui  era  romano  ;  scrisse  altre 
tragedie,  la  Giuditta,  V Ester  (Mil.  1627);  che  sono  dedicate 
alla  Madonna,  e  la  lettera  è  sottoscritta:  Fattura  del  tuo  figlio, 
Federico  ! 

Tuttavia,  la  sua  tragedia  è  la  migliore,  che  io  conosca,  delle 
italiane  su  quell'argomento.  —  Comincia  con  un  prologo,  fatto 
dall'ombra  di  Francesco  II  di  Francia,  primo  marito  di  Mari»: 

Or  qual  serva  dannata 

Da  veni'  anni  di  misero  martire, 


—  675  — 

Verrai  tratta  a  morire. 

Deh  chi  giunse  a  veder  gli  alti  consigli  ? 

0  chi  acerner  può  il  fine? 

Adorate  e  tremate,  o  d'  Eva  errante 

Miserissimi  figli! 

Esce  la  Regina,  e  fa  un  lungo  lamento  sulla  sua  sorte: 

Reina  prigioniera, 

Vedova  sconsolata,  abbandonata, 

Madre  d' inutil  figlio, 

Signora  di  rubella  infida  gente, 

Donna  senza  consiglio, 

Povera,  inferma,  ed  in  età  cadente! 

La  cameriera ,  che  le  è  a  fianco  (l' embrione  della   Manna 
dello  Schiller),  cerca  di  darle  speranza.  Ma  invano: 

Mia  vittoria  sarà  la  sepoltura! 

Ivi  alzerò  trofei 

Dell'altrui  crudeltà  te  e  del  mio  danno 

Con  poca  terra  oscura; 

E  tu  che,  mossa  da  fedele  affetto, 

Gradito  e  caro  inver,  ma  inutil  forse, 

Argomenti  e  discorri,  e  ragion  cerchi 

Dal  variar  de  le  mondane  cose, 

Da  le  promesse  altrui,  dai  merti  miei 

E  dal  dritto  e  dal  ver  non  vinto  mai. 

Forse  altro  pensi  ed  altro  parli 

Rientrata  la  Regina  nelle  sue  stanze,  la  cameriera  continua 
il  discorso  col  coro.  Ma  ecco  s'annunzia  l'arrivo  di  due  regi 
ministri,  che  debbono  parlare  colla  Regina.  Maria  li  aspetta, 
e,  intanto,  la  sua  fantasia  vaga  su  quel  che  potrà  portarle  la 
loro  venuta ,  e  sta  dubbiosa  ed  incerta ,  sospesa  fra  speranza 
e  timore: 

Spero,  lassa,  o  non  spero, 

0  che  creder  degg'io  delle  novelle 


—  G76  — 

Poi  per  un  ttoSMUtO  si  abbandona  tutta  alla  speranza  e  fan- 
tastica di  esser  libera.  Questa  stessa  situazione  da.  luogo  ■  BUI 
delle  più  felici  scene  del  dramma  dello  Schiller,  quando  Mari». 
Stuarda,  passeggiando  i«-I  giardino  di  Fot  b  eri  n  gay  ,  e  ineb- 
briandosi  noli'  aria  pura,  nella  luce,  nella.  frotchOOS  dalla  cam- 
pagna, dimentica  la  sua  sventura,  rivede  il  bel  tempo  antico 
e  spera  ')■  Il  nostro  Della  Valle  neanche  se  la  cava  male  : 

0  k  Ha  mai  eh'  io  giunga 

A  rivedere  i  ramivi 

De  la  mia  patria  amata. 

Del  regno  ov»  gin  luogo  antico  rivo 

Del  sangue  mio  ben  t'inrioso  corea 

Tra  scettri  e  fra  corone, 

Ov'  il  cenere  g  : 

Di  tan  t'osso  onorate 

Ond*  ebber  carne  questa  carni  Bianche, 

Che  dirò?  che  Tarò?  qual  sarà  il  COW  ' 

Quai  saranno  i 

Vedran  qnest'  occhi  gli  ocelli 

Di  tante  limate  genti  a  sé  rivolti  ; 

E  la  letizia  mia 

Partita  in  mille  fronti,  in  mille  cori  I 

Onorerò  onorata , 

Più  gradirò  servita. 

Perdonerò,  tornerò  il  seggio  a  molli 

De  la  prima  fortuna  ; 

Ascolterò,  risponderò,  donando 

Or  grazie  ed  or  mercedi. 

Ahi  opre  lungamente  tralasciato, 

Come  in  lieve  speranza 

Or,  fra  dolci  ed  acerbe  , 

A  l' alma  mi  tornate  ! 

Ma  a  luti' altro,  eran  venuti  gl'inviati:  il  Consigliere  Beale 
la  chiede,  da  parte  d'Elisabetta,  ch'ella  riconosca  re  Giacora» 

')  Glanb'  mir,  niebt  u maona! 

lai  ineines  Kerkers  Thor  goóffnet  wordeu. 
Dio  Ideine  Omisi  ist  mir  dea  gritasern  Clùcks 
Verkiinderiii  '. 


^IW-Su 


—  677  — 

suo  figlio,  e  approvi  le  mutazioni  religiose  avvenute  nella  Scozia. 
Maria  rifiuta  tuttedue  le  domande,  e,  con  più  forza,  quest'  ultima  : 

Ma  eh'  io  confermi  poi 

Il  culto  rinnovato 

Della  religion  del  regno  mio, 

0  eh'  io  consenta  eh'  egli  prenda  altrove 

Fuor  che  dal  Roman  seggio  ordini  e  riti 

Ne'  sacri  ufficii,  è  empia  la  domanda 

E  vana  la  speranza  d' impetrarla; 

E  se  il  mio  contrada-  ha  da  pagarsi 

Col  sangue,  eccoti  il  sangue  .... 

In  un  altro  colloquio,  i  due  Conti,  di  Pembrocia  e  di  Cum- 
berlandia ,  le  rinnovano  la  domanda,  e  Maria  risponde  fiera- 
mente: 

Chi  nacque  Re  comandi,  e  sol  soggiaccia 
Alle  leggi  ed  al  dritto! 

Allora  quelli  le  consegnano  una  lettera.  Il  coro  s' illude  ancora 
che  sia  un  mandato  di  libertà.  Ma  il  Cumberiandia,  eh'  era  stato 
fin'  allora  silenzioso,  irrompe  veemente  : 

....  Perchè  si  tolga  a  te  la  noia , 

Che  leggendo  aver  puoi,  senti  ed  ascolta 

In  brevissime  note. 

La  via  di  liberarti  è  dura  via, 

Ma  pur  utile  e  dritta.  Si  disciolga 

Dal  collo  quella  testa,  e  l'alma  voli 

Poi  dove  vuole,  e  in  libertà  sen  vada  !.... 

Tutte  le  scene  seguenti,  —  il  dolore  e  la  disperazione  delle  da- 
migelle e  del  coro,  Maria  che  esce  dalle  sue  stanze  per  andare 
alla  morte,  —  sono  ritratte  con  tocchi  molto  efficaci  : 

Ove  ne  vai,  Reina  ? 

Ove  ne  vai,  mia  vita?  ove  mi  lasci? 

Me,  che  sempre  fui  teco 

Nel  corso  della  vita, 

Dunque,  or  senza  to  lasci 

Nel  passo  de  la  morte? 


—  678  — 

Ma,  mentre  il  coro  piange  e  si  dispera,  di  fronte,  a  un»  fi- 
nestra, il  carnefice  accenna  che  si  guardi,  u  grida: 

Vìve   Isabella  altissima  Reina. 
E  lungo  corso  regni,  e  raggia  a  pera 
In  questa  forma,  chi  d'oprar  presumo 
Contro  lei,  contro  i  suoi  giusti  decreti, 
E  le  suo  giuste  leggi  ! 

Il  maggiordomo  torna  piangendo,  e  descrive  tulli  i  [>•■ 
del  supplizio.  Curioso  questo  pUBMK 

Min  ■* 
Per  noti  so  qiinuti  irradi,  intorno  cinto 
E  coarto  di  panni  MHOfl 
Un  ralalnlro,  n  innanzi  |  iluo  gran  foci 
Pendaa  dm  sotlil  rordn  infra  dua  legni 
Ampio  ferro  lucente. 


ti    '■ 


È  la  descrizione  della  ghigliottina,  primi  di  Ciuillotin:  altra 
prova.,  se  fosse  necessaria,  dell'esistenza  di  quell'istrumento  <I» 
tre  o  quattro  secoli  in  Italia  •).  Il   maggiordomo    riferita 
ultimi  discorsi  di  Maria,  e  legge  una  lettera  di  lei  n  Re 
corno,  nella  quale  gli  raccomanda  i  suoi  famigliari  : 

La  famiglinola  mia,  che  meco  dura, 
In  si  lunghe  miserie,  in  tanti  affanni, 
Se  a  te  mai  torna,  tu  l'accogli,  e  sia 
Loro  albergo  il  tuo  albergo... 

E  descrive  il  supplizio: 

Il  fier  ministro 

In  rimirarla  tale  ha  tronco  tosto 

La  corda,  onde  pendeva  il  mortai  ferro, 

Il  qual  precipitando  s'  è  sommerso 

Nelle  candide  carni,  in  quel  bel  collo! 

Cosi  stese  le  membra  da  una  parte, 

')  Cfr.  Rertolotti.  Francesco  Cenci  e  la  sua  famiglia  —  Fir.  1879,  p.  15' 
sg.  e  A.  Ademollo,  Le  giustizie  in  Roma  —  Roma,  Forza  ni  1882,  p.  1»  «?• 


—  679  — 

E  dall'altra  la  testa,  ella  è  rimasa 

Cadavere  tremante,  onde  si  sgorga 

Per  grosse  canne  il  sangue,  e  s'è  veduta 

La  dolcissima  bocca, 

Con  trar  gli  spirti  estremi, 

Riaprirsi  e  serrarsi  graziosa 

Anche  nei  moti  della  morto  orrenda  '). 

* 
*  » 

Da  questa  tragedia  classica  del  principio  del  sec.  XVII  si 
salta  nel  dramma  italo-spagnuolo  della  seeonda  metà  del  sei- 
cento con  le  seguenti  due  opere  : 

a)  La  Maria  Stuarda,  opera  scenica  dell' Archidiacono  Sa- 
caro di  Mileto.  In  Bologna,  per  Giacomo  Monti  1663  2). 

b)  La  Maria  Stuarda  Regina  di  Scotia  e  d'  Inghilterra. 
Tragedia  di  Horatio  Celli  Accademico  Oscuro  di  Lucca 
dedotta  dall'  istoria  descritta  dal  P.  Causino.  Ded.  all'Ili. 
ecc.  Principe  D.  Camillo  Pamphylio.  In  Roma  per  Michel'  Er- 
cole 1665. 

E  forse  anche  con  questa  terza,  che  non  ho  visto: 
e)  Maria  Stuarda  Dramma  tragico.  In  Palermo  per  Pietro 
dell'  Isola,  1672.  Composto  da  Anselmo  Sansone  di  Mazzara  3). 
Qui  il  romanzo  piglia  il  posto  della  storia;  una  moltitudine 
di  personaggi  e  di  amori  ingombra  la  scena;  non  mancano 
neanche  le  scene  comiche.  Tuttedue  sono  scritte  in  tre  atti  e  in 
prosa,  e  tuttedue  finiscono  con  un'esposizione  della  testa  tronca 
di  Maria.  Cosi,  nella  prima,  Elisabetta,  nelle  sue  stanze,  aspetta, 
impaziente,  la  notizia  della  morte  della  rivale:  a  Non  si  troncano 
per  anco  queste  ritorte,  che  m'  appendono  l' animo  ad  una  pe- 
nosa tortura!  »  Viene  il  Capitano,  ed  ella  lo  rimprovera   del 

1)  Ho  sott'  occhio  T  es.  di  questa  tragedia  che  si  conserva  nella  Bibl. 
Barberina  —  Sul  Della  Valle  cfr.  il  Quadrio,  Storia  e  ragione  ecc.  II,  368, 
IV,  85. 

*)  Altre  ediz.  Milano  per  Gioseftb  Morelli  16G9 ,  e  Bologna  per  Gio- 
seffo  Longhi  1690. 

9)  Allacci.  Drammaturgia  od.  1755,  col.  503. 


—  680  — 

rilardo  e  dell'aver  concesso  a  Maria  un  brevo  spazio  pò; 
pararsi  alla  ninne:  «  L'ho  fatto—  rispondo  quel  povero 
volo  del  Capitano  —  |»i  I    breve   spazio    j>iu    lunga  ella 

sentisse  il  dolore  della  morte  »  : 

Elis.  Itanclià  ai  miseri  aia  morte  la  vita,  pur.)  più  lunga  non  la  bramiva 

Macia.  Il  (bnuÌ 
Cap.  Già,  coni"   im[HjnttU>,   nelle  ragie  stanzi  «  riposto  i« ,  «e 

bramato  fii  rio  spettacolo  agli  occhi  Tostri. 
BU$,  Bi  vegga  perclii-  :  ino  sicura  fede  al    ! 

•  ifirr-  /u  «•  r  olino  xi  i 

Elis.  ■■  i    m,    h  non  <»ia  sommerai  i 

timori.  L'aseìasione  dal  suo  rollo  miotloiM  intero  il  mio 

Ora  a  regnarti  comincio,  a  nulla  morte  «li  Maria   rinascono 

•  -.-li  rs» 

risa  nna  fronte  coronata.  (Ai  tata  la  tenda). 


Sarebbe  strano  che  questo  soggetto  non  a 
quel  lampo,  una  trattazione  musicale 

La    Barbarie  del    Coso ,   Tragedia   di  Doni' 
Consecrata  agli  Illustri**,  tic.  Federico  Cornar o  ed  Agot 
Morosini  e  dall'Accademia  dei  signori  A ngaatù  '-atra 

tata  in  Murano  nel  MDCLXfV  —  Vai  .-ane*- 

sco  Valvasense. 

Il  GUiberti  non  era  uomo  da  nulla.  Fu  segr<  Ferdi- 

nando Duca  di  Baviera.  A  Monaco  fu  fornitore  del  teatro  ili 
corte.  Ivi  anche  stampo  una  raccolta  in  '.)  libri  e  18  parti  della 
sue  poesie  ,  intitolata  :  Le  Noce  Muse.  Monaco,  per  Giovuà 
Jecklino  1672-5. 

Il  dramma  è  preceduto  da  un  prologo,  nel  qOale  il  Tcrron 
e  la  Compassione  disputano  su  qual  dei  due  debba  avere 
muto  ut-I  drai  cono,  per  risolvere  la  quistioue,  «I 

m-orrere  al  gioco  del  pari  e  dispari: 

Terrore,  Mi  OoatBBtO  a  giocar, 

Ma  al  già 
fMUMbfM.   SI,  ma  vo  •  ■priano. 

Terrore.  i  cosi  stabilito,  lo  per  me  chiamo. 


—  681  — 

Compassione.   Horaù,  vogliam  tirar? 
Terrore.  Giuochi  ara  si  si. 

Compassione.  A  noi 
Terrore.  Pronto  son  qui. 

Compassione.  Cinque  e  quattro  fan  novo. 
Terrore.  Ebben,  cos'  è  ? 

Compassione.  Uno  ! 

Terrore.         Senza  contar,  la  tocca  a  te! 

Dunque,  la  Compassione  prevarrà  —  Dell'  intreccio  dirò  che 
e*  ò  un  Hamilton,  che  finge  il  pazzo,  il  quale  in  realtà  non  è 
altri  che  Re  Giacomo  I,  cosi  camuffato  per  cercar  di  liberare 
sua  madre;  che  il  Paulet  è  un  gobbo  e  fa  il  buffone;  che  Que- 
neda,  dama  della  Regina,  è  la  solita  vecchia,  comicamente  inna- 
morata del  giovane  paggio,  Melvino  ;  che  Elisabetta  vuol  liberar 
Maria,  e  s'  adopera  anche  per  cercarle  uno  sposo  ;  tutto  va  a 
rovina  per  due  o  tre  congiure  ,  che  Elisabetta  scopre  in  una 
volta  ;  nella  sala  del  Consiglio  Regale,  dove  Maria  deve  esser 
giudicata,  una  mano  comparisce  in  alto  e  scrive  in  lettere  lu- 
minose: È  innocente  Maria;  si  scopre  poi  che  il  giochetto  era 
stato  fatto  da  un  paggio ,  ecc.  ecc.  ecc.  Apparizioni  di  spiriti 
demonii,  incendi  miracolosi,  Elisabetta  travestita  da  Maria,  e 
Maria  travestita  da  Elisabetta,  ecc.  ecc.,  sono  cose  che  si  veg- 
gono a  ogni  scena. 

Il  dramma  era  spettacolosissimo,  come  piaceva  a  quo'  tempi.  — 
La  musica  fu  di  Pietro  Molinari. 

* 

E  giacché  ci  sono,  noto  che  alla  morte  di  Maria  Stuarda,  due 
poeti  italiani  scrissero  di  lei.  Fu  l'uno  Carlo  Emanuele  di  Savoia, 
e  l'altro  un  giovinetto,  divenuto  poi  papa,  Urbano  Vili  ').  Un 
epigramma   su  Maria  Stuarda  scrisse  anche  G.  B.  Marino,  e 

')  Cfr.  F.  Sclopis:  Delle  scritture  politiche  e  militari  composte  dai  prin- 
cipi di  Casa  di  Savoia  in  Arch.  Stor.  Ital.  N.  S.  T.  II ,  p.  I,  p.  100. 
(Firenze  1855).  —  E  Maphci  S.  R.  E.  Con.  Barberini  nunc  Urbani  Pa- 
pae  Vili  Pocmata.  Parisiis.  Ex  Typ.  Regia,  1642.  p.  145. 


—  082  — 

rtd  epigrammi  Ialini  intorno  a  lei  sono  nel  libro  A 
paccio  sulle  donne  illustri  'i 

Nel  1638  fu  pubblicato  un  poema  italiano  su  Maria  Stuarda- 
.Maria  Regfaa  di  Scoria  Poema  heroico  d*l  p.   f'rior  D.  Bo- 
no Gatti  Monaco  di  S.  Girolamo  alta  Santità  di   V   S. 
bario  Vili.  In  Bologna  per  Nicolò  Tehaldiui  1G&J —  Il  poer 
tì  fatto  con  tutte  Io  regolo  tradizionali:  coucilii  di  diavoli, 

ii,  narrazioni  di  fatti  passati  ecc.  Si  trova  modo  anche  di 
ficcarci  la  genealogia  dei  Barberini.  Avendo  Urbano  Vili  com- 
posto la  poesia  che  si  ù  accennato,  movendo  da  ciò,  il  poeta,  fu 
predire  a  Maria  ch'essa  sarti  cantata  in  carme  alto  e  dirino  da 
un  Barberini ,  mirabile  cuitor  dei  lidi  oserei  ;  e  cosi  entra  a 
u.  Vi  é  ramno  i  vita  di  Maria 

St Hurdu,  secondo  la  versione  camitica.  Il  cattivo  gè 
>•  il  M ui :  ti  Maria  E 

lo  Spurio,  come  Elisabetta  la  \  Veli'  imprimatur  si 

che  il  poema  6  «  di  singolar  consolazione,  per  ofa  i  par 

lo  ». 
Un  altro  poema  sullo  stesso  argomento  o  il  :    Teatro  di  peri- 
pezie. Poema  Eroico  del  JJadrc  D.  Angelo  Maria  Lena    I 
tano ,  '''■ila  Conar  sa,   Nella  tra 

e  lagrimecole  mori'   dì  Maria  Stuarda  Regina  di  Francia  i 

D3 ia.   Napoli    1686.  —  Sono  tredici   canti   in  ottava  . 
quali  I'  ultimo  serve  di  moralità: 

Muovasi  il  dubbio  :  perchè  Klisabetta, 

•lo'  viiii  fu  coli  iHn, 

E  Maria  J'  opro  illustri  o  mento  retta, 
Altrettanto  depressa  od  i  ufo  lieo. 

Dal     :--.  I  r  I J  - 1 1  < .     ili.  Il   •    h.l     l   --  T    ili 

Ima.  rui  por  suo  amor  qui  peccar  lieo, 
■  •he  «ou  già    I  del  'Urino  Amore 
A  ohi  maa  meri*  ilur  maggioro  ohi 

Si  traccia  a  lungo  la  vita  ili  Elisabetta   e  quella 
con  un  continuo  parallelo,  e  un  continuo  ■ 

»)  La  dateria  del  Cav.  Marino  U*  ed.    Von.    Il 
pacii.  Iltuslhum  mulùrum  et  virorum  Elodia.  Nap.  1008. 


-  683  — 

opinioni  degli  oppositori,  o  distinguendo  e  ragionando,  eh'  É 
piaceri!.  La  risposta  al  dubbio,  conio  può  ben  miend> 

È  pazzo  chi  consacra  il  proprio  affisilo 
Al  momlo  elio  non  ha  Toro  diletto  '). 


IV. 


Il  prontuario  di  un  comico  del  seicento 


A.  Berloli  'lice:  «  Ogni  personaggio  dalla  Commedia  dell'arto 
aveva  quella  che  chiameremo  """  speciato  Eibaldose  ili  con- 

lihi'.n,  i  Frammenti  d'Isabella   \ i. '  1 1 . -ì (■  i 
Bravure  del  Capitar.  Spavento  <li  F» 
ne  i  saggi,  che  di  questi  pi 
sua   Arte  rappresentativa.  Io  posseggo  un  codicetto  m*.  COI! 
Lo  titolo:  La  Pania  di  Flaminio  nel  presupposto  tradimento 
di  Cintia.    -a    15   maggio  16S0 ;  che   contiene  appunto  una 
serie  di  soliloquio  parlato  e  dialoghi,  relativi  tutti  alla  parte  di 
Flaminio,  cioè  del  primo  amoroso.  Fccone  l' indicano] 

1.  Prologo  in  Dialogo  tra  Flaminio  et  Cintia  uno  bianmando 
le  donne,  l'altra  l' Uuomini — 2.  Prima  uscita:  Amanti  l'-r- 
sequitato  dalla  Fortuna  —  'ò.  Di  Notte—  4.  Belletta 
Donna — 5.  Amante  tormentato — 0.  Arrìt  ■■■< — l.Ar 

■  d'amante  in  città  —8.  Amante   Tacito  — y.  Amante  ar- 
dito— 10.  Amante  timido—  11.  Pene  amorose  lungi  dalCog- 

')  Tragedia  francati  del  «.  XVII  so  Kocrda:  V  Écostoite  ou  te 

Daastre  (1605)  dal  Moni,  hr  tion  ;  o  Marie  Stuart  (1036)  dal  Regnatili, 
e  collo  stesso  titolo (1683)  del  Bourseaul;.  La  i  It.  fu  tra.l   la 

ÌUl.  M.  S.    trae,  trini,  ti  llimrxettult  (in    pro- 

pt.i  Ha  Volpe   1724.  E  forse  •  la  «Urna  quella:  M.  S.  trad 

frane,  e  rappresentata  dai  sianori  Convittori  del  Collegio  dei  Nobili  di 
Sant'  Antonio  di  Brescia  dir.  dai  PP.  della  Camp,  di  Gesù  nel  Cani. 
t~ti;  —  In  Breaciaper  G   W.  Ristarai  i  '  :      le.  ">03-4>— 

r.  arL  miei  ciL  sopra,  p.  8è>  nota,  dai  quali  ho  carato  qu.-i-i   ti 

*)  Somara  mediti  ecc.  latrad.  p.  IAXX-1. 


—  684  — 

gettò  amato  —  12.  Hffetti  amorosi  —  13.  L>  Il   fu 

Nolte  nel  salir  la  scala  —  15.  Amante,  che  f articamente  ha 

tuo   Donna  —  16.  Discorso  di  Pania  —  Flaminia 

solo  —  17.  Prima  scena  ài  spropositi ,  Flaminio  ,   Pulcinella. 

Seguono  molti  oomplimer  ;■:  pò- 

polo  ;  u  due  poesie ,  una  amorosa ,  l'altra  :  1  ritratto. 

Darò  qualche  eaggio  di  queste  prime  uscite  e  dialoghi. 

Ecco  la  Prima  uscita  a"  Amante  ardilo: 

Lo  adeguo,  che  dimostra  bolla  «Ioana  a  chi  jrli  «applica  cor: 

tot)  <<"••-  'in  amante  a  proseguir»-  q  -  muti» 

(Iato  mapiriormonte   infervori;  che  ,  con  più  cauta  velie 

aspiri  al  conseguimento  'li  quelle  dul'.t'Me,  el  ■mìì  alt* ri* 

d'  una  crudele  contesa  iu  amore.  La  don  a  ha  peu- 

H  volubili,  che  non  ha  parole  eho  non  aieno   mescolale   con  la 
(ioti*'.  obe  per  celare  i  auoi  affetl 

si  dimostra  ritrosa  n  nn  amante,  non  aborre,  quan.l 
supplicante,  nò  ricusa  uu"  ultima  innamorata,   quando    da  segno  di  li- 

it  la  «un  corrispondenza.  ancho  a*IW 
suo  negative  servirla  ;  perchè,  essendo  di  voglia  incostante,  arevolmaat» 
li  quello,  .'ò,  trutta  dagli  orgof  h  rin 

U  sor  \a  belle!/*  Quind1  >o.  beuch*  »,, 

dalla  mìa  doma  aspramente  disprezzati,  questo  ho  int  ; 

ili'  Ili.  rango  di  nuovo  a  tentar  con  i  prieghi  quella  voglia,  casa 
dimostra  cosi  inesorabile  a'  miei  dolori. 

Ecco  la  prima  uscita  di  uotle: 

Uscite  Ornai  ad  iuhorridire  il  mondo   dalle  più    riposta   voragini  «iel- 

-ìo,  amatissime  teaehre,  segretario  fedeli  d  uh»- 

olitevi,  o  >'  natevi  dal  firmamento;  che,   a'  ho  da  striar** 

Il  netta  tra  la  mia  braccia  il  mio  sole,  egli  è  dover*  ch'alia  •*» 

presenta  ogni  altro  lom  tira  luce  svanisca! 

Seguo  la  prima  uscita  di  unito  nel  salir  la  scala; 


Cielo,  arresta  i  tuoi  fulmini  irti  per    veder- 

ascende:*-  ad  Alte»- 

questa  scala,  non  aspiro  come  voi  forse  v'irnaginate,  a  guisa  di  teraswrtl 
giganti,  a  turbare  il  riposo  della  magione  stellata  .  o  a  dapoaarv 


—  685  — 

dal  suo  11*00.0  immf.rt.-il.-:  ma,  par  randleSM  le  vanire  offese,  procuro  «li— 
bollar.-  l'alterigli  d'una  donna,  oh*  fn  srwnio  «I  cielo  con  In  Imitata  et 
tatto  1'  d  m  ni  gratti  al  i<i  kvgiudriu. 

E  questa  A  di  Amante  che  furtivamente  ha  godalo  la  xuu 
donna: 

Hor  si  che  ho  espenin.-iit.it",  cho  le  più  viglio  dolcezze  d'amor* nono 
u  che  di  furio  ni  godono,  hor  si  che  discerno  eh'  il  tiranno  d'amore 
rapine  et  non  ne  t  doni  voluntarij   ha  gli  estremi  de  suoi   i 
riposti!  Già  ebe  i  contenti  che  questa  notte  ho  furtivamente  rapili  dal 
seno  di  chi  m*  ha  rapita  l'anima,  sono  stati  cosi  immensi,  eoa)  do!> 
soavi,  che  m'  hanno  fatto  mille  volto  morir  di  dolcezza  ! 

Ed  ecco  la  scena  di  spropositi  ira  Flaminio  matto,  e  Poli- 
pi noi  la  : 


Te,  te.   Melampo,  te,  le,  Melampo! 
Cho  froeciaDiunlo  ù  chislo,  che  me  sento  da  dorata  ? 
Su,  M,  Pastori.  Ite  migliando  gli  occhi  col  corno.   Alla  taccia,   albi 
caccia,  cb'  e  tardi.  Non  vedete  eh'  adewo  spunta  il  sole  dalle  do- 
rato porto  doli' ori-. 

■Ho  mio,  tu  t'hai  ca  unito    1"  DOOohia  alla  murra,  perche  lo  sole 
tuo  so  va  a  corcare  a  lo  caso. 
Adio,  messer  Caronte. 
Schiavo,  me»sv  Paci  eco. 

Io  sono  un'anima  d'un   misuro  Alchimista,  OBjB 
curio  la  da  Venere,  ho  perduto  il  tempo,  i  danari, 

il  cervello.  Adesso  che  sono  restato  netta  paletta  et  non  ho  pure 
un  misero  qmdriao  p»r  rsgsJsjtì,  ti  prego  a  porrmi  da  l'alti» 
la  gratis,  che  poi  con  miglior  fortuna  salderemo  i  nostri  conti, 
'o.  Tu  si  l'arma  de  n' Arcbemista  ;  e  io  so  lo  cuorpo  de  no  scrovano 
cremmenale,  che,  senza  lo  suono  dallo  rooUlO,  DM   t$  M 
vaglia. 
il  |»-rdonami.  fratello;  ho  preso  errore, 
l'o.  Te  l'agio  voluto  dicero  chiù  de  dee*»  vote,  ca  non  era  che! lo  che  te 
macinavi. 

sitrlmento  Car 
i  vidi  ca    ii  Polla  insila  I 
Ma  «ni  ohi  *•>  ' 
Li    SOhgO? 


—  686  — 


FI.  Mira  l'orza  minore. 

Po.  L*  unto  !  Uh.  mamma  mia,  adorò  eia  ! 

FI.  Fermati. 

Po.  Vorria  che  parlassi  senza  rabaLluta,  ca  non  le  saccio   p«  muto  di 

museca. 
Fi.    Non  vedi  chella  stella  t 

Po.  E  davvero  m'  baie  fatto  vwli's  le  situile  co  ->•  t'otte^  '"-he  ra'baie  date! 
FI.    Quella  stella  dio  sia  diolro  la  coda  dell'or*  .  quelli  set  tu! 

Po.  Tale  che  non  so  chiù  Caronte,  ma  so,  bolla  faccia  mìa,  la  etella,  che 

sta  dorato  all'orali  menore  ? 
FI.    Taralli,  o  chi  vuoi  comprar  taralli '. 

Po.  Loco  so  date  il  Turchi  ?  ha  io  buono  garbo  a  fa  lo  tarallam  ! 
FI.    Bel  ragazzo,  vuoi  giocare  alla  mon-a  ? 
Po.  Chiù  pricsto  ,  iócarria  co    lieo  a  abracare ,  accio  tue  schiaffasse  ila 

facce  a  dove  me  sputaie  la  primma  vota  mamiuetun. 
Fi.    K  gioca... 

Po.  Tu  co  lo  iuoco  me  pare  che  facce  davoro  a  zollaremo? 
FI.    Che  vogliamo  giocare  ? 

Po.  Tre  cavali' a  venticinque.  Ma  tu  che  te  iuoch.  I 
FI.    Che  mi  gioco,  che  mi  gioco? 

Po.  Sia  accise,  quanno  maio  l'aggio  ditto.  Chesta  nn  è  chioppeta,  m«  di- 
luvio. 
FI.    Io  mi  gioco  lo  stato,  lo  «tato  del  gran  can  de'TarUri  al  primo  Atto. 
Po.  Cornimi  vuoi   tu;  pecca  me-  ce  trovo  arredullo. 
FI.    Hora  e*  incomincia  il  gioco. 
Po.  Io  vorria  che  fosse  feruuto. 
FI.    Dui. 
Po.  Cinque. 
FI.   Sono  i  poli  che  sostentano  la  machina  del  mondo:  Pol'artico  e  Pola 

antartico— Tre. 
Po.  Ventisei. 

FI.    Sono  le  potenze  dell'anima:  memoria,  intelletto  e  volontà  —  Quattro- 
Po.  Sette. 

FI.    Sono  gì'  elementi:  Aria,  Acqua,  Fuoco,  Etra  —  Cinque. 
Po.  Unnece. 
FI.  Sono  le  cose  che  s'osservano  nella  Anatomia:  pelle,  carne,  vene,  oss* 

e  nervi  —  Sei. 
Po.  Quinnece. 
FI.   Sono  le  gratie  e  le  furie:  Aglaia,  Talia,  Eufrosina;  Megera.  Te»» 

fone,  et  Aletto  —  Sette. 
Po.  Decennove. 


'o. 
FI. 


"". 


Po. 


FI. 
Po. 


—  6K7  — 

Sono  i  pianeti:  Luna.  Mercurio,  Venore,  Sole.  Mario.  Giove  e  Sa- 
turno—Otto. 

Tutte. 

■  e  parti  del  monda  "t  i  fiumi  principali:  .-Vaia,  Àfrica,  Europa 
et  America;  Nilo,  Gange.  Eufrate  et  Danubio  —  Ni 

Decedotto. 

Sono  lo  muse:  i  mono,  Polirania.  Talia,  Eulerpi,  Urania, 

Calliope  ,  KraU»  0  Tersicore  —  E  diece,  qua  odo  accoppienti  1"  I 
maiuscolo  dal  tuo  naso  allo  cero,  che  tiene  l'asino  sotto  la  coda, 
porche:  Dui  sono  i  Poli;  tra  lu  potenti  dall'anima;  quattro  l'ele- 
menti; cinque  le  parti  dell'Anatomia;  wii  le  grati?  e  le  furie;  eotte 
i  pianeti;  otto  le  parti  del  mondo  et  i  MW  le 

muso;  e  diece,  come  t' ho  detto,  quando  accoppiorai  1'  I  maiuscolo 
MIO  ai  aero,  che  tiene  l'aaiuo  sotto  la  coda. 

Hai  fernuto  tu;  basa  arcommenza  a  me,  tao. —  Dq 

Quattro. 

So  lo  coso  ballo  do  Nupolo:  Coceovaiu  do  Puorto,  e  A  Itala  o  te  della 
Sellarla  —  Tre. 

Cinque. 

So  l'Alamienle  della  forra,  che  te  m penna:  stentare,  funn  e  acala  — 
Quattro. 

Dna. 

So  le  cose  che  perde  chi   aeoota  le  pollane  :  Tieni  pò ,   Celle 
Denaro  e  Sanciate— Ciuco. 

Otto. 

So  le  dota  della  ninno:  monemi niello,  aciore  d'aniello.   luonpn  cin- 
>,  silicea  mortale  e  acci'' 
Uro. 

So  1*  incrodicnti ,  che  trnseuo  a  no  buono  pognnto  marotato:  Car- 
oefrosca,  carnevalata,  caso  d'ogue  sciorta,  foglia 
spiorce  d' ogne  qualota  e  grasso  aalato  o  frisoo  —  Setto. 

fora, 

■  della  semmana:  Dommeueca,  Lunedi,  Martedì, 

ladieSaba  glie  di  Poauolo. 

Bfl  li    (briglie  e  dece  vote  voglio  che   ini  chiari  s'  Avjdio  Nasone 
lo  «Un  abn  colo  mi  no,  che  me  sia  dento,  perche:  Doia 

sole  oom  belli  Gami  quattro 

li  spropositi  di  ohi  Bacala  le  pottJ  bla  della  n 

riocredieote  dello  pugnato    inimitato;    sello    li  inorili    della 
eommana,  otto  l'autocaglia  do  Penulo;  nove  li  sbriglia,  o  deca 


—  688  — 

vote  oomme  t*  agio  ditto  voglio  cho  no  schiaffa  e*  Avidi»  Kaauaa 
alla  sfera  tirilo  Piccolomiuo  che  tango  dereto.  Mliaio  anmoisneJe; 
tu  vuoi  cho  te  la  canta,  e  io  non  baggio  pile  alla  li  tura»  5 
FI.  Mira  cola  nulla  stellate  afera 

Verno  la  aera  al  tramonterà  del  nolo, 
K  di  queste  paralo  immantinente 
Vecuvkt  è  tutto    ardente,  et  io  aou  già. 
Perciò  mi  strugo  e  sfaccio  par  Colei, 
i  finir  miei  «f«ge,  I  «nlìene, 
tè  il  mio  bone  alcun  saper  dona 
Sappia  eh'  ugli  è  *l  inalati,  ohi  Uio  ti  dia  ! 
Po.  E  ti  vengano  MfSM  ptt  la  puri*  miai  ') 


Pulcinella  sul  principio  del  settecento 


Sul  principio  del  settecento,  la  maschera  dol  Pulcinella  aveva 
già  qualche  secolo  di  vita.  *)  K  la  rum  iuknel«»- 

')  Ancora  ai  ristam|>a  una  comediola.  intitolata:   Flaminio  patta  mr 
amorr  con  Pul  ottima  •- 

condo  il  buon  guaio  moderno  (  Nap. ,  d'  Ambra  ,1  <>  oarlo  fu 

manipolazioni*  dello  scenario,  del  quale  dovea  far  parte  la  acena  ri 

*)  Il  (lomm.  Giacomo   RaoiOppi    ha  pubblicate    i 

par  le  protineie  napoktone  (XV,  1)  un  garbato  articolo  .   Pier  fa  aV« 

di  Pulcinella,  nel  quale ,  fra  osservazioni  di  vario  genere  .  torna  arni» 

a  sostenere  l'antichità   di  queste  maschera.  —  Confesso  che  le  sue  •»■ 

gioni  non  mi  hanno  persuaso.  L'opinione,  sostenute  dallo  Sdurilb  ad 

suo  seggio .  mi  par  sempre'  la  più  giusta ,  perche ,  in  una  quwtione  il) 

fatto,  *i  limite  a  una  constatazione  di  fatti.  Pulcinella  appare  nulla  taf 

dol  «ecolo   XVI  con  tante  altra  maschere .  che  rallegrarono  la  cornei* 

ie  anteriori  non  ce  no  sono.  Il  laonn'  »tU»v» 

■tifo  variarono  in  molte   parti  durante  il  seicento  a  settecento,  s  avL 

.irse  restò  di  piii  saldo,  fu  il  su»  nome.  —  Ma  non  potrebbe  età*"* 

ornerai*,  e  le  maschere  da  **aet  usate,  »i  ria»* 

nettano  cogli  istrioni  popoliti,  e  questi,  per  una  he  «  *teni* 

imi,  si  ricon nettano  a  lor  voli 

i   modo  nel  Tenti)  itrttei 

tracce   di  antichissimi    personaggi  con. 
può  «lire  di  nof  Ma  ehi  no  sa  niente  ?  —  Le  somigline»  di  quali 


—  689  — 

conio,  e  i  grandi  aUori,  che  l'illustrarono.  (Fiorillo,  Calcese, 
Borra,  Baldi ,  Fracanzano),  fanno  pensare  che  fosse  giunta  a 
un  allo  grado  di  svolgimento.  Tuttavia,  le  tracce,  che  no  re- 
stano nelle  opere  letterarie,  sono  scarsissime.  Pochi  frammenti, 
che  furono  raccolti  con  diligenza  da  Michele  Schedilo  nel  suo 
bel  saggio,  più  volte  citato. 

-dentemente,  la  vita  della  maschera  si  svolgeva  quasi  fini- 
tanto  nolla  commedia  improvvisata.  E  quel  timi",  du  ne  pas- 
sava perle  atamj-  ichi  libercoli  di  eoa 
hanno  quella  rarità,  che,  come  sanno  i  bibliofili,  6  tutta  pi 
delle  opere  di  quel  genero.  Cosi,  dunque,  si  spiega  come  il  posto 
che  ha  Pulcinella  nolia  letteratura  (abnego  Boo  al  Cerlone, 
seconda  metà  del  secolo  XVIII),  sia  tanto  minore  di  quello,  ohe 

'lell'  arte. 
Ma  a  me  ora  capita,  per  buona  fortuna,  di  potere  allargare 
"Ito  le  notizie,  che  si  hanno  dell'  antico  i  u  Quando 

particolare  del  vestito,  o  dei  trulli  dui  carattere,  sarauuo  sempre  troppo 
|»oco  por  [stabilire  qiir»U  filiazione. 

Ouanto  ai  nome  di  Pulcinella  ,  il  Racioppi  credo  che  sia  moderno  a 
propugna  con  vario  ragioni  (alcun.'  dalli  quali  molto  bua  trovate),  l'etimolo- 
gia di  esso  da  pulci»  par  l'etimologi»,  il  pi»  delle  volte,  oda  ripe- 
tere la  ilomauda  :  Chi  può  dire  di  no  ?  Ma  chi  ne  .-a»  mento?— Quello,  però, 
che  posso   recisamente  eoo  tradire,  è  uà'  osservazione  del  Kaciopj  il 

ir  vedi  caso,  è  p«i  eaiol   Mi'  In 

rincontro,  sempre  e  dovunque,  la  immortali»  Colombina.  Una  Colombina 
«d  un  Pulcino  I  ,  ecco  Castore  e  Polluce,  emanali  alali"  uovo  di 

Leda».    0-  B  è  esalto.  La  più   antiche  amanti  di  Pulcinella,  che 

io  conosca,  sono  Luemtia  (cosi  nei  balli  di  Sfossarne  dal  Callot;  a,  tra- 
dureudo  in   napoletano,  ftn),  Hotsalta,  Ammoda,    Carmosiua,  Piuipa 
(questa  fn:-qu*ntwiina) ,  e  poi  Atyctitma,  Smeraldina,  ••■  ,   noto  talora,  6 
ra  le  prime ,  Colombina ,  che  non  è  neanche  servetta  napoletana. 
Lo  Scherillo,  a  proposito  del   nome  Pulcinella,  accennò  a  un  IL  ! 

iella  di   Sjpoiiara,   vissuto  sulla  fine  dtd  a.  XVI  j  il  che  prova  che 
un  cognome  Pulcinella.  Io,  grani»  al  mio  amico  boti,  li 
copo,  sono  in  grado  di  di;  Tesoreria  Aragonese, 

■otto  l'anno  1484  ''•.  p,  134),  c'è  no  pagamentti  fatto  »  uu 

•.ramo  altra  conclusione  so  non  una  riconfer- 
me 1«  etimologie  del  nomi  putrii,  quando  noti  s'ahbiauo  documenti 
impresa  mezzo,  u  in  tutto,  disperata  ! 

46 


-  cm  - 

meno  me  l'aspettavi.,  mi  boti  visto  comparire  innanzi  agli 
un  Pulcinella  negromante,  Pulcinella  finto  gioi 
nella  testimonio  per  semplicità,  Li  inetti  fn 

cinctta  podestà,  Pulcinella  in  giostra;  o  poi  II  tettami 

inetta,  Pulcinella  gracido.    Pulcinella  finto  statua, 
locanda  di  Pimpa  e  Pulcinella,  Il  barone  Sbrujfardt/ii  ocrer 
t»  disgrafie  nelle  fortune  di  Pulcini-  e  commedie  I 

e  recitate  in  Roma  sul  principio  del  settecento 

i'.  di  <|iieste  non  ho  potuto  leggere  se  non  le 
ser?  Sono  legate  in  un  volumetto,  che  il  mio  amico  SaJv 
di  Giacomo  ha  avuto  la  fortuna  ire  e  la  cortesia  di  re- 

galarmi. Delle  altre  si  ha  la  notizia   dagli    ano  ■■■uni, 

messi  alla  fine  di  ciascuna  commedia. 

L'autore  di  «piasi  tutte  queste  commedie  poi  beri 

chiamava  Cari'»  Sigismondo 

hi  lui  fa  la  biografìa  il  Gimma  negli  Elogi   accadi.' 
Spensierati  di  Rossano  *),  e  ne  parlano  anche  il  Quadrio*)* 
rescimbeni  s).  Nacque  a  Roma  il  1652  ;  andò  in  Ispagnswl 
padre ,  e  gladio  nelle  Uni  li  Alcahì  e  di  Valenza 

cupo  poi  iffici  presso  cardinali  e  principi;  e  fini  co 

venire  segretario  di  Maria Ca  i,'ina  di  Polonia.  Seri*» 

moltissime  opere  in  prosa,  in  tre  atti  e  con  persona., 
ed  anche  moki  drammi  per  musica,  che  il  \.:*im 

tra  i  pochi,  u  se  non  portelli,  sofferibili  alquanto  •. 

E  queste  sue  commedie  col  Pulcinella  furono    recit-> 
a  Roma.  Le  primo  quattro,  nel  carnevalo  degli  anni  1 
1722,  «  Dell'  antico   teatro  del    Mascarone  in  strada  Gii 
Le  due  seguenti,  nel  1723  e  24  anche  in  Roma,  noi  carnrti 

.  ••!  teatro  ilulla  Pallueorda  di  Firenze  ».  E  cosi,  cai 
le  altre,  delle  quali  non  conosco  i  libretti     II     I  k 
sua  nota  opera,  accenna  alla  recita  fatta  in  R. 

commedia,  intitolata  I  »  «p- 

partenere  allo  slesso  ciclo  *). 

ij  t 

*)  Storia  e  ragione  (T  ogni  poesia  —  111,  11,  3 

,,.  ,/,,_n,  362;  ^  l,  l'H». 
•)  Il  1',  ito  Dura   era   rommmlia  «li  P.  Per: 


—  691  — 

('•li  argomonti  dei  drammi  del  Caperò  sono  di  quelli  soliti 
ì'  arte,  misti  di  elementi  di  drammi  stiglinoli 
*•  ili  o  Lia  cinquecentistica  italiana,  non  senza  alcuni!  in- 

venzioni nuove  e  libere.  In  quasi  tutti,  la  situazione  fondamen- 
tale è  l' amante  abbandonata,  che,  per  lo  pia  travestita  da  uomo, 
*iene  a  cercare,  e  sorprendere  e  riprendere  l'amante  infedele, 
poi  anche,  quasi  sempre,  il  vecchio  o  la  vecchia  innamo- 
rivali  del  figlio  e»  dulia  figlia.  Tra  i  personaggi  secondarli. 

Iti  parlano  in  lingue  straluni'  q  ih  dialetti.  Cosi  e  assiduo  il 
francese  o  la  francese,  che  parla  con  una  curiosa  mescolanza 
di  francese  e  di  italiano.  Qualcun  altro  parla  spagnuolo.  C  6 
•  ma  volta.  J'nnxecera,  vecchio  genoveso  ;  un'altra,  Clarice, 
dama  bergamasca  ;  un'  altra,  Mei  tettino,  ecc.  Ma  protagonista 
li  tutti,  o  meglio,  strumento  principale  doli' aziono  in  tulli,  è 
Pulcinella. 

Cosi  noi  Pulcinella  negromante,  Pulcinella  e  il  servo  di  Cas- 

jdra,  che,  appunto  ttwveitka  da  boom,  viene  ■  Bucai»»"  a- 
mante  Errico.  P*r  ordine  di  Cassandra  ,  ai  finge  lui  padrone, 
e,  col  titolo  di  conte,  è  destinato,  ad  aiutarla  nei  suoi  disegni. 
Il  finto  padrone  si  vanta  per  un  gran  negromante  ;  e,  alla  fine, 

I innanzi  a  tutti  i  personaggi  raccolti  ,  evoca  Cassandra ,  che 
viene  con  vesti  femminili,  e  rimprovera  Errico.  E  segue  la  con- 
•ne. 
Nel  Pulcinella  finto  giocatore,  il  giovane  Errico  lo  fa  fa- 
voni ire  in  varii  modi  per  cavare  danaro  dal  suo  padre,  il  vecchio 
Anselmo.  E  una  volta  Pulcinella  si  finge  militare,  e  dice  di  avere 
arrotato  Errico,  e  va  a  far  baccano  in  casa  di  Anselmo.  Un'altra 
volta  si  finge  una  donna,  sedotta  e  abbandonata  da  Errico.  Una 


gravido.  Pulcinella  finto  statua ,  Il  Baroni  Sbruffardelli  sono  segnato 
tra  le  romiti,  ili  diverti  autori.  Tutta  le  altro,  che  ho  nominalo,  nono  del 
Capere.  Il  Pulcinella  ncgronuinte,  il  Pulcinella  testimoni'/,  U  dai  ■  Pul- 
limili  »ouo  stampali  in  lloma  /*r  Uaeturiu  Zmobi.  Il  Pula 
giocatore,  stampalo  per  Già.  Frane.  BuaanLW  l'ul  i,i.'ltapo<tettà. 
kmjtato  per  Ci«.  Freme.  Buaffni  t  QtU»,  i  ■■■■.■<.  Tutto  aoao  dedicata 
alla  Nobiltà  Romana;  traino  I*  prima  ch«  è  dedicata  al  elfi  Ottelioni;  « 
l»  'luinta  alla  signora  Marchesa  Gimtiua  Dona  Lancellotti  nob.   Veneta. 


—  G92  — 


iiìn-a ,  si  finge  gentiluomo  giocatore ,  e  Anselmo  A  ancora  la 
su:i  vittima. 

NI   /'!  haitmanto  per  semplicità  m  SulpLu 

o  la  sua  serva  Pimpa,  moglie  di  Pulcinella,  costringo) 
che  torna  dalla  Schiavitù  ili  Algeri,  ad  attestare  falsamente  la 
morte  del  ve<  lido,  schiavo  con  lui,  e  impedimento  al 

rimaritarsi  di  Sulpizia.  Scoperta  la  falsità,  è  messo  in  cai 
ma  poi  le  cose  si  accomodano. 

Nei  Due  Pulcinelli  /rateiti  si  ba  la  solila  ripeti 
neemi;  succedono   varii  equivoci  al  loro  incontro  nella  « 
città,  quando  V  uno  credendo  morto  l'altro.  I'  uno  sulle 
l'altro  annegalo,    rie  a  un  tratto   l'uno 

all'altro,  l'uno  come  servo  di  Qiroldo,  l'altro  come  se 
Ottavio. 

Nel  Pulcinella  fìnto  Podtmtù,  ricercandosi  un  Podestà  in 
luogo  nel  quale,  per  bizzarra  condizione,  il  nuovo  Podestà  doveva 
sposare  una  delle  orride  figlie  dell'  ontecess;  .  eso  come 

podestà  Pulcinella,  servo  di  Lucinda,  amante  tradita. 

Nel  Pulcinella  in  giostra,  Pulcinella,  contadino,  legnai*  • 
ha  sospeso  il  suo  vestito  a  un  albero,  e,  finito  il  suo  lavoro, 
viene  a  rivestirsi.    Ma  trova  in  cambio   altri  abiti ,  che  sodo 
quelli  del  conte  Ernesto,  e,  preso  prigioniero,  e  costretto  a  com- 
battere in  giostra  ;  finché  non  si  scopro  lutto. 

Il  Pulcinella  appare  in  queste  commedie  corno  uuo  sciocco, 
al  qualo  non  si  capisce  come  si  affidino  uffici  tanto  importanti: 
dire  bugie  ed  ingannare  la  gente.  Ss  non  avesse  sempre  » 
canto  qualche  suggeritore  por  aiutarlo  ,  e  se  i  suoi  intarog»- 
tori,  vecchi,  notai,  giudici,  non  fossero  sciocchi  anche  sei 
non  potrebbe  certo  cavarsela.  È  uno  sciocco  senza  redenzione 
non  capisce  mai.  Questa  stupidaggine  ò  il  fondo  del  suo  cant- 
iere. Alla  quale  s'accompagnnno  due  altre  belle  doti:  la  gbiotlo- 
neria  o  la  vigliaccheria.   E,  con  ciò,  è  latto  Pulcinella! 

Il  suo  stato  civile  6  già  stabilito,  com'è  poi  rimasto:  •  S« 

i  sapere  chi  Bongo,  te  lo  diraggio  ;  me  chiamino  Pulecenell*. 

so  do  la  Ciurru.  Palromo  so  chiamava  Paparuzzo  Squaqueru. 

tnatrema  havea  nomini-  Schefbrnia  Marumao;  e  sorema  se  fa 

dicere  Ciulla  Scarnecchia ».  (P.  in  giostra,  ì,  G).  Altrove,  in 


—  668  — 


(•'miratisi  i  due  fratelli,  f  uno  ei  didiiaru  per  Pulcinella  Cetruio, 
e  l'altro  per  Pulcinella  Scarciufalo  {P.  fratelli,  ita.  11).  Quando 
si  fingo  conto,  piglia  il  titolo  di  Conte  de  la  Cerra.  Ed  Errico, 
cavaliere  napoletano,  cui  è  presentato  osserva:  •  Non  ho  no- 
li.- in  Napoli  i  quitto  titolo I  ».  E  Pulcinella:  «  : 
,  che  n'hanno  dato,  doppo  ci  ito  »  (i,  W). 
rune  saggio  della  sua  intelligenza,  ecco  l'interrogatorio 
gli  fa  il  Notaio,  per  sapere  se  il  vecchio  Giroldo  ò  morto  o  no: 

Avete  voi  conosciuto  il  signor  Anani  ì 
(Pimjn  fa  segno  di  si) 

Pule   Onora». 
Not.     In  Algieri? 

{Pèmfa  di  si) 

Pulr.  (inorai. 

<Vofc     E  che  ftcova  in  Algori  il  sig.  Giroldo? 

(Pimpa  fa  segno  al  collo  per  dir  eh'  era  schiavo) 

Pule.  Faceva,  faceva....  lo  collararo. 

fot     Ma  voi  data  in  pazzia;  iu  Algieri  non  »i  portano  collari. 
ns.    Compatitelo  eh* è  una  bealia. 

(Pimpa  fa  «mio  del  ferro  ai  piedi) 

r.  Sì,  è  vero,  aggio  sbagliato;  faceva  lo...  lo...  (chella  che  d. 
i  lo  cauzatlaro. 

E  Questo  può  onora,  perche  tutti  i  lehiavj  lavorano  cai/ 
Kd  a<J«K«i  il  trova  T 

(Pimpa  fa  cenno  eh'  e1  morta) 
.  Se  trova,  ao  trova  (e  cliasto  ni  no  lo  ntiouuo). 
(rifa  il  cenno  di  Pimpa) 
Volati»  dir  eh'  è  morto  T 
orsi,  ò  mi 

(Pule.  Irstim.  ni,  fi). 

I  :  bisogna  vederlo  in  un*  altra  scena  a  far  la  barba  ad  An- 
selmo !  E,  nel   tornare  da  Algeri,  incontra!  m  colla   moglie: 

Pimp'i.  Sono  pomati  qua«  duo  auni  «mia  havor  data  mai  nuova 

«lei  fatti  tuoi. 


—  694  — 

Pule.      Io  non  t' aggio  scritto,  perchè  non  saecio  scrive;   ma  tu  cIm  ai 

scrivo,  perchè  non  m*  naie  reapuosto  f 
Pfmjja    Come  ti  avevo  <!a  risponderei  sa  non    m'hai   scritto'  •  poi  di» 

sapeva  il  paese  dova  tu  stavi  ? 

(Puk.  UÀ,  L  2). 

L'aritmetica  non  è  il  buo  forte:  «  Quanno  tu  stevi  a  Nnp'l'\ 
me  pigliasse  pe  creatiello  ca  io  era  picciotto  ;  tu  me  deci», 
che  ha  vivi  trenta  cinqu'anne.  A  Napole  ce  stassemo  sette  arnie, 
so  cinquanta  sei;  pò  retornaste  ca,  e  ci  si  stato  due  anno  prima 
de  nzorarte,  che  fanno  cinquant'  uno  »  (Pai.  frat.  i,  3). 

Ma  è  il  suo  forte  invece  la  cucina:  «  furo  che  uca  sia  da 
mangia  I  »,  è  la  sua  gran  conditione. 

Enr.      Non    dubitare  che ,   ae  la  cosa    riesce ,   bavera  i   twiupre  11   tirai 

ffiaccaroni... 
Pule.  Mammine?  Uh  hene  mio! 
Enr,    Il  tuo  formaggio  panne-giano... 
Pule    Pamiesano  ! 

Enr.    Buona  lagrima,  e  buon  greco... 
Puk.  Lacrema,  e  griecol  oh  gnorri  1  oo  jentelommo,  su  jc-uu-lommi» 

(Puk.  r/tomt.i  i,  4). 

E,  fatto  podestà,  la  prima  cosa,  di  cui  s*  informa,  nel  «edere 
il  palazzo  del  governo: 

Pule.     E  ne*  e  V  appartamento  pe  ma  ? 
Mezzet.  Segare,  e  l'è  bel. 
Puk.     E  commo  è  lontano  da  la  corina? 
Mezzet.  Questo  è  ver,  1'  è  un  po'  lontan. 
Pule.      E  io  non  ce  starraggio. 

Mezzet.  E  che  ti  haverà  il  servidor,  che  andrà  a  piar  le  vivande. 
Pule.     Ma  haveraggio  da  aspetta  troppo,  e  io  quann'haggio  fame,  do  m* 
pozzo  trattene.  Voglio  di  a  la  Contessa  ca  me  cagne  le  stan» 

(Puk.  Podestà,  i,  8.) 

Vuole  andare  alla  taverna  ;  ma  n'  è  impedito: 

Pule.     Che  lo  Podestà  non  pò  ire  a  la  taverna? 

Mezzet.  No,  zerto. 

Puk.     Se  e  accossinto,  non  voglio  chiù  sto  ofizio! 

(«DI). 


"* 


—  695  — 

Non  ha  idee  molto  esatte  dell'onore:  «  Quando  ancor  vi  fac- 
cia morire  —  dice  uno  dei  soldati  che  lo  arrestano,  credendolo 
il  conte  Ernesto  —  lo  farà  nella  forma,  che  conviene  alla  qua- 
lità vostra,  e  con  tutti  quegli  onori,  che  merita  il  vostro  grado  ». 
E  Pulcinella;  «  Io  mohaveria  più  caro  de  campa  desonorato, 
che  mori  co  tant'  hannore  !  »  (Pule,  in  giostra,  i,  3). 

Pimpa  vuol  persuaderlo  a  sposare  una  delle  bruttissime  figlie 
del  passato  Podestà: 

Pule.     Ma,  bene  mio,  chelle  facce  me  fanno  paura! 

Pimpa.  Per  l' honore  tanto  non  haveta  di  che  temere;  non  aon  di  quelle 

che  voglion  mosconi  attorno. 
Pule.     Pe  l' honore  no  me  empuerta;  la  reputazione  è  chella  che  me  preme! 
Pimpa.  E  questa  vostra  riputazione  iu  cho  consiste? 
Pule.      Consiste  che  io  haggio   promisso  a   cierle    amico  do  piglia   na 

raogliera  bolla,  e  se  pigliasse  una  de  chiuse  m*  abbesogneria 

manca  de  parola  ! 

(Pule,  pod.,  li,  15). 

La  sua  vigliaccheria  è  grandissima.  A  D.  Rodrigo ,  che  lo 
sfida  a  duello  con  la  spada: 

Pule.    E  ben,  donca,  piglia  lo  puosto ,  e  mettete  in  guardia  ca  mo  tu 

dongo  sfazione! 
D.  Ho.  Ya  estoy  en  mi  puesto. 
Pule.    E  boi  fa  costione  co  la  spata  ? 
D.  Ro.  Si,  te  lo  he  dicho;  acaba  o  te  tiro! 
Pule.    Aspetta  no  poco.  Se  boi  fa  costiono  co  la  spata,  eccotella;  io  me 

ne  vao  pe  li  fatte  mio. 

(Pule,  ffioc.,  i,  15). 

In  punto  di  amori,  Pulcinella  è  spesso  innamorato,  ma  an- 
che spesso  innamorato  sfortunato.  Pimpa,  che  in  queste  com- 
medie è  per  lo  più  la  sua  bella,  non  ne  vuol  saper  di  lui.  E 
spesso,  nei  tanti  matrimoni,  coi  quali  si  conchiudono  le  com- 
medie, il  solo  Pulcinella  resta  senza  compagna.  — 

Roma,  dopo  Napoli,  e  stata  la  città  d'Italia  che  ha  avuto 
più  Pulcinelli  o  teatri  di  Pulcinelli.  Andrea  Calcese,  detto  Ciuc- 
cio, il  primo  gran  Pulcinella  napoletano,  recitò  anche  a  Roma, 
come  sappiamo  dal  Perrucci  (Dell'arte  rappr.).  Nei  primi  de- 


—  696  — 

cettnii  del  secolo  xvw,  due  buoni  Pulcinelli  rom  irono 

a  Roma,  e  poi  in  altri  teatri  d'Italia.  Fu  l'uno  Bartolommeo 
Cavallucci,  e  l'altro  Nicola  Piazzani,  che  nel  1738  era  a  Venezia 
col  Medebach.  Il  valente  Pulcinella  napoletano,  Francesco  Ba- 
rese ,  andò  a  Roma  verso  il  1746,  a  sostituire  il  Cavai 
allora  morto  ').  E  un  Pulcinella   napoletano  trovò 

ini,  nel  17.r>5).  Di  un  altro,  sembra,  ri 
nel  y.iceiier  Rtimùche  Aufcnthalt. 

Fu  il  Cavallucci  o  il  Piazzani,  o  qualche  altro,  il  P 
che  recitò  nello  commedio  del  Capece  ?  —  Non  so;  e  forse 
dircelo  I'  Ademollo ,  quando   pubblicherà  la  seconda  parte  dei 
suoi   Teatri  di  Roma. 

Il  carattere  del  Puh  niella  posteriore,  del  I 
Ione  e  del  San  Carlino  ,  e  nel  fondo  ,  poco  diverso  da  q 
del  Capece.  Goffo,  ignorante,  vigliacco,  avido,  ghiotto,  egoista. 
Ma   quanto   diverso    per  valore  artistico  !   E  come  fa  rìdere  ' 
Certo,  quel  che  fa  ridere  non  sono  le  nobili  qualità  amidi 
ma  è  la  comicità,  che,  per  i  quei  grandi  artisti  ed  r. 

Cammarano,  Schiano,  Altavilla,  Petito,  Pulcine 
gamente  intorno  a  se.  Pulcinella  è  sciocco;  ma  le  sue  oss- 
Etani  sono  piene  di  spirito  e  di  significato.   La  sua  bi 
luna  guida  il  suo  cervello  in  modo  da  fargli  raccogliere  unii 
di  quei  contrasti  della  vita,  nei  quali  appunto  con*' 
DÙCO.  Il  che  mi  fa  pensare  che,  se  si  sono  ingannati  qu 
liei  che  bao  fatto  di  Pulcinella  uu  filosofo,  non  s'ingannerebbe 
chi  dicesse  che  spesso  dà  da  pensare  a  un  filosofo 
lafiloeofia  ci  guadagnerebbe  se  qualche  Blo  iiagwPil- 

.infila,  piuttosto  che  i  libri  i  dei  colleghi.  Schopenhauer. 

il  meno  scolastico  dei  filosofi,  avrebbe,  forse,  approvata  questa 
mia  opinione  !  'j 


>)  In  uà  opuscolo  intit.  Copia  d"  un  estratto  (dal  Giorn.  enekloftèif 
di  leti.  ital.  e  ottram.,   1TH2),  trovò  attenuato  «  quel  eh»  accadi!"  Ù 
sarò  molti  anni  .sono  a   a  Ha  napolitano  chiamato  Gituépp 

Cavillili'-' ■;.  rli<:  per  aver  burlato  alcun  pòco  in  commedia  la  Natii»' 

•la,  fn,   nel  dal  teatro,  bastonato  a  morte  da  alcuni  olfinat 

di  quella  nobile  nazione  ». 

*)  Dal  Fanfulla  della  Domenica,  A.  xi  (1890) ,  a.  fl. 


-  697  — 


vi. 


n  falso  Bellino 

Tra  gli  strani  episodi  delle  Memorie  del  Casanova,  6  notis- 
simo quello  del /a/40  Bellino.  Ripeterlo  qui  non  si  può  li 
conosce  un  po'  il  Casanova  sa  se  i  suoi  racconti  si  possano 
ripetere!  —  Giacomo  Casanova  .  giunto  ad  Ancona  il  BQ  f«h- 
braio  17-14,  a  Efrtf/no, Ifl  compagina  di  due  sue 

sorelle.  E  scopri  che  era  invece  una  giovinetta,  chiamata  Teresa 
itti  di  Bologna,  cantatrice.  Teresa,  a  quel  che  raccontava, 
era  stata  allieva  e  protetta  del  famoso  soprano  Salimbeni  :  — 
«  mort,  hélas  !  il  y  a  un  an  ,  dans  le  Tyrol,  en  vrai  philoso- 
phe  ».  Dopo  un  po'  di  amicizia  (diciatn  oo«1)  col  Casanova,  si 
separarono;  e  Teresa,  a  Elimini,  fu  scritturata  pel  teatro  di 
S.  Carlo  a  Napoli  dal  duca  di  Castropignano ,  col  quale  parti 
per  Napoli  nel  maggio  '44  (I,  325  sg.).  A  Napoli  fece  grandi 
cose.  Nel  1748  il  Casanova  sapeva  dalla  sorella  di  lei  ohe 
«elle  continuait  il  y  riliner  de*  'Ines  »  (II,  126).  E  stette  a 
ii  fino  alla  morte  del  suo  protettore  ,  il  vecchio  duca  di 
Cast'  io  (diiii']  17ó7).  Altro  suo  protettore  era 

stnto  il  principe  'della  Riccia  <  V.  160  sg.). 
Il  Berthold  ,  primo  e  diligente  critico  delle   Memorie  casa- 
dichiara  ••  •  1 1 «^  .  benché'  non  si  possano  verificare  l'e- 
roe e  l'eroina  dell'aneddoto,  pura  il  fatto  si  deve  metterlo  fuor 
di  dubbio  (Die  genchi  Persfinlichkeilen  ecc.  I.  8148). 

La  venta  delle  MttlW  Casanova  in    moltissimi  punti  B 

■strata;   in  niobi-  ri  è  agevola  dfanottrarla.  M 

quest'  episodio  ,  io  credo  che  sarebbe  più  facile  dimostrare    il 

rario.  Vario  contradi2ioni  saltano  agli  occhi. 


tutto,  il  faho  Bellino  sarebbe  «tato  allievo  del 
nel   1744  si  dicova  giA  morto  da  un  anno, 
lei  1743.  —  Felice  Salimbeni  fu  uno  dei  più  illustri    soprani 


—  G'J8  — 

dèi  suo  tempo,  Di  lui  si  discorro  anche  nello  lettere  del  Mei 
stasio.  Il  Metastasio ,   scrìvendo  al    fratello   da  Vienna   il 
marzo  1736,  a  proposito  della  prima  recita  do\\' Achille  in 

èva  di  doverne  il  buon  successo,  principalmente  a  « 
soprano  chiamato  Felice  Salimbeni ,    il  quale  ha  portato 
il  poso    dell'opera.    La  parte  e  fatta  per  lui.  io  Ih"  pe 
intereft.^0    istruito   con   molta   fatica;  ed  egli  e  riuscito  a  se- 
gno  ebo    sou  persuaso    che  in  nessun    luogo    dove   et 
sia,  questo  dramma  farà  In  strepilo,  che  dovrebbe  faro  • 
1731  cantava  a  Bologna:  nel  1739  a  Milai.  Il  a  fkg 

Stolto  poi  per  alcuni  anni  ai  servigi  di  i  II.  Ti 

ciò  risponde  bene  alla  frase:  le  célèbre  Salimbeni;  no 
e  la  cronologia!  Per  chi- ,    Felice    Si  ;<riau 

»  del  I       a  I 
do  le  proposte  pel  primo  uomo  per  la  prossima  stagiono,  sai- 

•  :  «  Per  primo  soprano   ho   invitato   li    quattro  s... 
elio  si  trovano  m'ir  Europa  tutta ,  cioè  Felice  Salimbeni 
senio  licenziatosi  dal  servizio  di  S.  M.  Prussiana,  ecc.  ecc.  • 
E  l  *  :  ■  ti-:,    dopo    ìl    novembre  1751,  annunziava:  «  Salimboait 
passato  due  mesi  fa  in  Lubbiano  all'  al  dute  a  V 

K    |>or  moltissimi  anni!  »    (Carlo   all'Archivio  di  State 
Indiana  non  è  nel  Tirolo  ;    ma  l'equivoco  del  Cosano»*  ad 
luogo  della  morte  si  spiegherei 

Appresso  :  Teresa  Lami  sarebbe  venuta  a  N  ><i*g 

gfo  1744  per  cantare  a  S.  Cari".  La  «uà  prima  stagiona  u»- 

avrebbe  dovuto  essere,  dunque,  il  1744-5    Ma 
che  cantarono  quella  stagione  e  la  seguente  al  S.  Carli  • 
rono,  coup.'  sappiamo,  l'Astrua,  la  Maria  Carnati,  la  Francai 
I3urlocci,  e  l'Antonia  Colasanti  e  la  Caterina  Zipol  a  pari 

hi.  m  tutti  ^'li  anni  seguenti,  fino  al  1757,  né    I  ne 

minori  (Fiorentini,  Nuovo)  si  trova,  i  una  Tfi 

Lenti,   ma  un  nome  che  ci  »  una  canta 

potrebbe  esser  qu 

ige   'ini  duchi,  fai 
cosa  poco  i  '  otto  il  pa 

le  sarebbe  i  unto  «a» 

afralto  dal  Regno  ! 


—  609  — 

Il  duca  di  Castropignano  era  il  I  «co  d"  Ev-.h, 

il  1088,  capitan  generalo  doll6  lapoleUne .  • 

ebbe  in  quell'anno,  17-11,  una  bella  pane  nella  vittoria  di  Vel- 
letri  (Il  agosti  II  Casanova  dico  bone  ch'era  vecchio:  per- 
chè aveva  più  di  56  anni. 


Diciassette  anni  dopo,  nel  carnevale   \"i'm.  o  1761,  Giacomo 
sanova,  quando  meno  so  lo  pensava,  rivedeva  la  Teresa  a 
nze,  sulle  scene  del  teatro  della  Pergola.  Si  recitava  allo- 
ra T  6,6  Tare*©,  face-.  tirarsi  la  eua 
iglia  !  Subito  l«i  si  presento,  t  (sugò;  com'era  solito,  on 

antichi  amori)  e  uè  trasse  qualche  nuova  sciu- 

i.a  Teresa    era   Allora  maritata   di  fresco    a  un  giovane 

intano,  un  tal  Cirillo    Palesi.    Aveva   un    figlio  di  quindici  o 

i  anni  ,  cho  rassomigliava  molto  al  Casanova,  e  eh'  essa 

k  passare  por  suo  fratello  (V.  169  sg.). 

kEcco  fatti  molto  circostanziati.        n  i   unieoj  si 

or  Alessandro  AdemoUo  ,    r  lompo  fa  di  far 

renze  la  ricerca,    cho  io  ho  fatto  per  Napoli  Ma,  risultato 
linimento  negativo.  —  Nel  17«i*>,   l'.l  ,  '62,  non  cantò   a  li 
8  nessuna  donna  di  cognome   LatUt,   i  Di    pi»  . 

nessun  teatro  fioreniino  fu  rappresentato  IVI"  sfa' è 

opera  dove  la  donna  *i  chiama  Muwlcnv.    Nel  carnovale  di.' 
i  é  ni  una  Teresa,  ma  di  cognomi*  Turre  (o  Torti T) 

che  canta   n  e  II  'A  lesta  n  Uro  ,  e  nel  Catone.  —  E  he  il 

atrimonio  della  Teresa  sembrerebbe  avvenuto  a  l'in  n/v.  IA- 
roollo  fece  la  ricorca  nei  registri  matrimiiimili  il<-l  uiHiriK 
un  signor  Palese  qualsiasi.  Ma  anche  invai 
Da  Firenze,  Teresa  i  cantar* 

per  Vattccnsa  (V.  186).  —  Due  anni   dopo,   nel  carnevale 
il  Cesanova  la  ritrovò  a  Milano,  già  separata  dal   i 
,  e  che  aveva  per  amante  un  (al  Greppi  (  V.  538  ,  536-7  l. 
uando    si  separarono  ,   essa   andava   a   cantare   a    Palermo 
12 1. 

renerebbe  far  la  ricerca  an  \Ii- 

o  Palermo.  Quanto  a  me,  posso  dire  che  mi  son  passato 


—  700  — 

sottocchio  le  migliaia  di  nomi  di  cantanti,  ed  attori .  e 
rini,  spogliando  le  carte  dell'amministrazione  dei  tea  > 
poli  nel  secolo  scorso.  E  ho  letto ,  fra  le  altre .  molle  capei 
stoni  di  quelle,  ch'erano  le  migliori  prima,  seconda,  •  Lem 
parli,  che  giravano  pei  teatri,  e  vario  del  periodo  proi 
pretesa  attività,  teatrale  di  Teresa  Lami.  Ma  il  suo  noe 
I'  In»  incontrato  mai. 

Dra,  come  ei  spiega  questo?    Io  confesso  che  no  una 
venzione  in  favore  della  veridicità  delle  Memoria  casanoriaae. 
Anche  in  questo  episodio,  vi  |  ai,  che  non  sono  in«eo- 

E  Ektti  che  non  possono  essere  inventali.   Ma  non  A  aia 
vero  che    varii  dati  importanti  della  narra/'  Casanova 

sono  in  contraddizione  con  fatti  accertati  e  sic  fatto 

Bellino,  o  la  grande  canfatrice  Teresa  [.ani'  -soaaggt" 

che,  per  quanto  si  cerchi,  non  si  riesce  a  acovarlo 


VII. 


La  Viscioletta 

In  quo  ho  discorso  di  molli  persona*; %  .ma' 

parla  il  Casanova  nelle  sue  Memorie,  i 
e  del  Duca  di  Maddaloni,  Carlo  Carafa;  dell  riera  San 

Goudar,  e,  passando  a  cantanti  e  bai  ila  Tintoretta,  della 

Colonna,  della  Narici,  del  falso  dettato,  ilei 
Madame  Denis,  della  GeofFroy  e  del  Boudin ,  di  Michel*  dal 
l'Agata,  di  Teresa   [mar     del  Balletti,  ecc.  •).   Di  alcuni  akri 
parler»)  altrove.  Intanto  ,  aggiungo  alcune  notizie  sa 
artisti,  dei  quali  si  discorre  nelle  Memi 

È  il  primo  lo  Schusa  ,  ballerino.    Si  ricorderà  I' 
nella  quale  il  Casanova  lo  nomina.  Quando  egli  ai. 
tare  a  Barcellona  la  terrìbile  Mina  Bergonzi,  trovò  eoa  lai  tua 
sorella  (sorella  e  madre),  «  personne  d'environ  insule-**  aa*. 


'i  Nella  Letteratura,  giornale  letterario  di  Tonno,  .Invito   da  P. 
*)  V.  pattern. 


—  701   — 


ci  mariée  à  un  danseur  ttalien  né  Schit$a,  parco  qu' il 

était  plus  camus  qu'  un  Kalmouk  »  ').  La  Mina  aveva   debu- 
tato a  Barcellona   intorno  al  1768 ,    nei   balli    diretti  appunto 
i  Sciti::1  -anova  incoili r'i  ili  nuovo  lo  Schisici  con 

la  moglie  in  Italia. 

Ora ,  noi  1771  ,  l' impresario   del  S.  Carlo  proponeva  come 

secondo  ballerino  pei-  la  stagione  teatrale  lo  Schùaa.    Ma  la 

l  ta  dei  teatri  (~MJ  febbraio  71 1  rispondeva:   «  Rispetto  poi 

all'altro  ballerino  ,  che  propone  ,  Giovanni    Grazioli ,  alias  lo 

Sghtita,  ha  avuto  la  Giunta  riscontro  >   e  di 

non  meritur  I*  onore  di  ballare  nel  R.  Teatro ,  e  l' Impresario 

lui  ni    suo    luogo  proposto   il  ballerino    Giuseppe  Trafieri ,  il 

uale  ha  ballato  nel  finito  anno  con  loda  ed  approvazione  a  '). 

Anche,  il  Casanova  conobbe  da  vicino  la  cantante,  detta  la 

letta,  Di  costei  discorra  nelle  sue  lotterò  il  Wmkelmann. 

he  scriveva  da  Roma  il  1767  :  «  La  nuova  più  interessante 

r  Roma  e  per  Londra   è  l' imminente    partenza  della  bella 

isciolettu,  per  far  stupire  nel  teatro  gì'  inglesi  intronati,  e  se 

va  con  una  buona   provisione   di  belletto  ;     o  poi  finito   il 

to  per  farsi  e taciturnamente  e  con   la  parola  fra  i 

mi  o  *). 

Il  Casanova  la  vide  a  Bologna  il   1772,  ch'era  nelle  buone 
ie  del  Vice-legato    Monsignor  Buoncompagni  ,   ed   egli    si 
ese  il  gusto  di  farle  fare  UH  tradimento  al  galante  prelato  ■). 
Ora  io  ho  svelato  già  il  nume  di  costei,  ch'era  Margln 

l'.saa  canto   a  Napoli  ,    come   aappiamo  ,    da   seconda 

nna,  il   1774-7!»*).    Ma  nel   settembre  1775   fu  cacciata  dal 

Il   Principe  di  Morsico  partecipava    (  Il  settembre»  ili 

eseguito  l'ordine  di  far  partire  t  la  contatrice  Margherita 

Iti  detta  la  Visciotetta,  la  quale,  non  trovandosi  impiegata 


■fSm.  VII,  031  «gfr. 

:     10.» 

Barthold    I  IJtMtar,  II. 

*)  Mém..  Vili.  323.  sggr. 
*)  v 


—  702  — 


noi  Real  Toati  lltequaleba  inconveniento  in  qualche  fa- 

miglia per  la  sua  ulteriore  dimora  fa  questa  capital 
Nel  1777-K  aveva  una  boi  Ma  fl  Re  noe 

Sae  che  venisse.— Vani  unni  dopo,  nel  1782  'da 

una  supplica  per  tornare,  dicendo  cho  i  medici  per  ragion 
salute  le  avevano  ordinato  la  dimora  in  Napoli;  ed  affé 
di  avere  ormai  quaranta  anni.  Veramente,  dalla  fede  di  ni 
che  spedi  come  prova  (Parrocchia  ili  S.  Marco  do  Uri»*),  appa- 
riva eiie  Margherita  Giacinta  Irene»  figlia  di  Cari 

Geltrude  l'unnri,  era  nata  n*>l  17  1 1;  ed  aveva  perei*' 

i  anni,  il  Re  neanche  permise 
Se  non  che,  oltre  questa    Viscioletta  un'  altra  sua  ornami 
(orse  una  sua  som  ito  a  Napoli.  Nel  1778-9.  fra  le 

ne  del  Teatro  Nuovo,  era  una  Caterina  Gibelii  »  detta  an- 
che per  soprannome  la  Viscioletta.  L*  Uditore  Dal 
marzo  1779,  Scriveva  :  a  Tra  lo  altra  cantanti,  che  han  ter- 
minate le  reciti!  nel  Teatro  Nuovo  in  questo  prossimo  passato 
carnevale  vi  e  stata  Caterina  Gibetti ,  per  altro  nome  I*  W- 
schietta.  Costei,  non  avendo  avuta  altra  recita  in  questa  ca- 
pitalo, invece  di  ritornare  olla  sua  patria.  ...  »,  dava  r 
di  scandalo  e  inquietudini.  Cosicché  l'Uditore  proponeva 
mandarla  via;  cosa,  •-  dilaniente,  non  approvai 


Vili. 


11  matrimonio  di  Paisiello 


Fu  moglie  del  Paisiello,  com'è  noto,  la  signora  Cecilia  I 
lini.  Il  Florimo  scriver    «  Aveva*  sposato    nnl     1778  la 
Cecilia  Pallini,  napoletana.  Costei  l'amo  moltissimo»  e  lo  **#" 
sompre  nei  anoi   viaggi  in   :  ed  in  Rum 

Mori  il  Sa  gennaio  1816  »  *). 

Teatri,  r.  in." 

*)  Teatri,  t. 
3Ì    ' 

«)  Plorino,  O.  C.  -  II,  272.  Orila  mogi  .  i  «ielle  di  scorro  a  lanf 

Fwmri,  nei  cltii  moti, 


—  703  — 

La  claiw  «le!  i  è  esalta;   quanin  ai  resto  .    pur   non 

pensando  minimamente  a  negare  l'amore  e  la  concordia  ira  i 
due  coniugi,  voglio  so'  die  il  modo  come   avvenne  il 

matrimonia  non  Al  un  degno  preludio    all'idillio   consecutivo, 
rse,  fu  un  uV  proludio,  so  e  vera  l'opinione  co- 

i  matrimoni  che  cominciano  senza  troppo  entusia- 
smo, sono  quelli  che  continuano  bene. 

Il   matrimonio  avvenne  nel  1768.    Giovanni    l'uisiello  •< 
allora  poca  più  di  ventisette  anni,  e  godeva  già  una  bella  ce- 
i  girato  poi  teutri  di  varie  città  d'Italia, 
u  Napoli,  fra  le  altre  opere,  aveva  music 
sappiamo,  V  Idolo  Cinese,  libretto  del  Lo  lo  la 

cantala  l'eleo,  per  le  nozze  di  Ferdinando  IV. 

Ura,  sulla  lino  dell'agosto  17ti8,  il  Paisiello  dirigeva  la  se- 
guente supplica  al  Re  : 

&  li.  M. 
Su  fiora 


rappresenta  a   V.  .M.  corno  fu 
introdotto  in  rasa  di  Cecilia  Pallini  per  darlo  lezioni  di  muwca,  sioco- 
ao  lo  un  dato  ,  alto  di  più  mesi;  olla,  essendo  sola  in  sua  casa, 

>vo  solevano    vanirò  molto  persona  o  forestiera  e  napoletane  ,  ai   di 

vidua  «lui  Tu  !■'  <lru  di  cappella  di  Livorno,  e, 

comò  tale,  aveii  |  rabbattile  inlondava  dare  per  dote  ascen- 

dente a  ducali  1800,  cotn'tdla  diOOfa.  Su  quealo  ptedo  eondtteetw  pren- 
derla per  moglie,  al  quale  oggetto  diede  anche  la  paralo  arami  il  Par- 
adiso—, Fra  il  corco  Paisiello,  padre  del  supplicante. 
[>tto  la  cui  potestà  viva  tuttora.  Ma  ai  Ò  scoverto    che  lu  dotta  Pallini 
»n  fu  alfatto  moglie  d«d  detto  Mazzinga ,  n'  ò  stata  mai  vidua,  ma  li- 
a  segno  che  dalla   Curia  Vescovile  *i  ti  denegato  il  «!•••  » —t«i  del   di 
si  stato  vedovile,  h  che  sie.no  fai*1  lo  eapositiotii  di  alena]  testimoni  da 
oltre  non   vii  stata  nò  vi  è  quella  dote  di  donati  1800 
i   promessa,  ©  eli*  prometteva  di  giorno  in  giorno  far  Venire  d*  l.i- 
vorno.  Attente  lo  quali  rose,  il  genitore  del  supplicante  non  In    inteso 
'end©  assentire  al  detto  matrimunìo,  od  &  ricorso  noi  8.  C,  ov«  ha 

i  ordini  di 
■yi    non  |. it.'i  -.1  ngtta  Al  (animili  conlrarni  inatri- 
■•en/B  il  pormaaso  paterno,  uè  il  «in  può  ottein 

contratto,  non  t-swiido  viUua,  ne  »v.  Pertanto, 


—  704  — 

supplica  la  M.  V.  ordinare  elio  il  S.  C.  faccia  al  supplicante  la  dorata 
giustizia,  avendo  protei) le  lutto  l' esposto,  e  l'averi  a  somma  grati*  ni 
Deus. 

Giot  icai  come  «opra 

Ita  est.  iV.  ./aniMtrmj  Gioia  eoe.. 

D."  Cecilia  Pallini  fece  a  sua  volta  una  supplica  ;  che  non 
ho  potuto  ritrovare  ,  ma  ne  ho  trovato  il  santo.  Diceva  che 
era  incinta;  e  che  il  Paisiello  le  aveva  dato  fede  di  mai 
nio.  «  Ma  nell'effettuare  il  matrimonio,  va  rilento,  e  dubita  che 
«e  ne  fugga  in  Roma  senza  effettuarlo  -  Chiedeva,  du> 
che  si  costringesse  il  Paisiello  a  mantenere  la  promessa ,  e 
che  gli  8'  impedisse  di  fuggire  a  Roma. 

Non  ho  trovato,  neanche,  la  relazione,  cho  l'Uditore 
al  Re  di  quei  fatti.  Senza  dubbio  essa  proverebbe  che  il  Pai- 
siello e  la  Pallini  dissero  ,  ciascuno  dal  canto  suo  ,  un  buon 
numero  di  bugie.  Paisiello  era  un  gran  compositore,  ma  anche 
un  gran  bugiardo  ').  Come  che  sia,  la  lite  si  compose.  Seme 
l'Uditore  al  Tanucci  : 

Eccellenza, 

A  dieci  dei  corrente   diedi  conto  a  V.  E.  minutamente  di  quanto  w 
areva    fatto   per  la  pendenza  tra   Gio».  PaiàeDo  a  II.'  Cecilia    Pi 
ora  mi  conviene  di    farlo  presente   cho  ieri    mi  riuscì  di  farli 
tanto  che  fu  eirli  ponto  in  liberta  col  mandato  eh*    urli  foci 

D    Offendere   la   nuddetU   .«uà    inrtffiii,  et]   immediatamente   ai  unir 

io  una  caaa  con  la  maggior  quiete  e  piacere  d'ambedue.  A  dm  otti 
ala  dunque,  die  far  altro  por  esacuzioue  dal  vuneralo  comando  di  V.l 
alla  cui  pi otez/.ioiu-  sempre  più  raccomandandomi  .-acquai 

rimango 
Vi  V    I 

Napoli  15  settembre  1768 

-«imo  Serrilore  Vi 

SteoU»  /W 
Ecc.mo  xig.  iiutrhese  Tanucci 

')  Cfr.  G.  de  Blaaiia.    In  auU  ■•    io    Arrh.  Sta*» 

Nupot.  IX,  306  agg. 
*)  Carte  15.° 


—  705  — 

Il  povero  Paisiello,  dunque  ,  fu  messo  in  carcere  e  non  ne 
usci,  se  non  per  isposare.  Ecco  quello,  che  io  diceva  un  pre- 
ludio strano  della  futura  felicità  domestica.  Ma ,  veramente, 
l' Uditore  li  lasciò  con  la  maggior  quiete  e  piacere  di  am- 
bedue! «) 

IX. 

Paisiello  in  Russia  —  Piccinni  in  Francia 

Questi  documenti  illustrano  quell'andata  del  Paisiello  in  Rus- 
sia ,  che  fu  il  più  importante  avvenimento  della  sua  vita.  Nel 
luglio  1776  Paisiello  presentava  la  seguente  supplica  : 

S.  R.  M. 

Signore 

Giovanni  Paieeello  (sic)  maestro  di  cappella,  umiliato  al  R.  Trono  rap- 
porta a  Y.  M.  come  col  corriera  di  questa  settimana  il  Ministro  di  S.  M. 
Imperiale  Regina  delle  Russie  ave  spedita  al  supplicante  una  cedola  colla 
quale  accorda  al  ricorrente  tremila  rubli  l'anno,  purché  passi  immedia- 
tamente a  Pietroburgo,  e  si  ponga  in  viaggio  per  giungere  colà  per  la 
fine  dell'  entrante  mese  d'  agosto ,  qual  tempo  elasso  e  non  trovandosi 
gionto,  non  rimane  concluso  il  trattato;  dovendo  giugnere  in  tempo  pre- 
fisso per  mettere  in  musica  l'opere  di  quel  teatro,  e  di  Corte.  Ma  per- 
chè il  supplicante  trovasi  contratto  l'impegno  di  servire  in  questo  vostro 
Real  Teatro  per  l'opera  dei  4  novembre;  qual  fedele  vassallo  implora  la 
grazia  immediatamente  da  V.  M. ,  dispensandolo  di  potere  partire  per 
Pietroburgo,  non  ostante  l'obbligo  contratto  coll'attuale  impresario  San- 
toro ;  e  ciò  per  non  far  perdere  al  supplicante  una  tale  sorte  per  tre 
anni  continui ,  ne'  quali  gli  vengono  accordati  diecimila  ducati  ;  onde 
trattandosi  una  situazione  di  un  vostro  fedele  vassallo,  carico  di  famiglia, 
il  quale,  subito  terminati  detti  tro  anni,  tornerà  e  verrà  con  più  spirito 
a  servire  la  M.  V.  e  questo  pubblico  ;  spera  dalla  Reale  Munificenza  la 
detta  grazia  di  potere  subito  partire  con  ordinare  che  si  dia  al  suppli- 
cante subito  il  passaporto,  ut  Deus. 

Giovanni  Paisiello 
(  segue  autentica  ) 

>)  Dalla  rivista  Lettere  e  Arti  (Bologna),  a  II,  n.  7,  1  marzo  1890. 

47 


—  706  — 

Lo  cedola,  foli*  quale  fi  unita  una  copta,  •-•>inincia:  • 

scritti  Giovanni  di  iella 

erettore   .  dì  8.  M  tinto  ls 

sio  etc  etc.  etc.  »    E  vi  si  dico  che  il  Paisiello   6    scrii 

«r  in  qualità  di  Maestro  di  Cappella  por  comporrò  tutte  lo  opera, 

Cantato  a  Feste  teatrali,  che  gli  saranno  ordinalo  per  3  «er« 

della  Corte  e  dirigere  l'orchestra  non  solamente  nel 
iim,  ma  anche  agli  concerti  di  Camera  di  S.  M.  ».  Aveva 

D  tre  rate;  i  quali  sarebbero  stati  ridotti  a 
se  gli  si  procurava  un  ufficio  per  1000  rubli,  Pur  i> 
50U  rubli  e  altrettanti  pel  ritorno  ;  gli  altri  viaggi,  a  sposa  di 
S.  M.  1/ alloggio  a  sue  spese,  «  e  che  sia  vicino  al  paleso 
Imperiale  ».  Doveva  trovarsi  a  Pietroburgo  por  il  principio  di 
agosto,  o,  al  più,  per  la  fine,  a  Questo  contratto  -,i  dal 

giorno  del  suo  arrivo  a  Riga ,   e  durerà   per  lo  H  u* 

anni  consecutivi.  Dato  a  Pietroburgo,  q  -nodi 

giugno  1776  —  vecchio  stile.  Sottoscritto  Gioe.  de  Yelag 


Il  Consigliere  D.  Bernardo  Buono,  con  parere  d 
1776,  avvisava  che  l'  impresario  non  aveva  diritto  di 
il   PaieieUo,  perche  il  contratto,  non  essendo  stato  ancora  *> 
provato  dal  Re,    ttOI)  era  ancora  valid  inasto 

scritto  dal  Tanucci  :  k  Di  nk  t* 

Rustia  e  gli  si  dia  il  passaporto,  25  luglio  ».  ') 


È  noto  che  Niccola  Piccinni,   nei  primi  mesi   del  1774     I 
chiamato  una  prima  volta  a  Parigi.  Di  quel    (•• 
sue  suppliche  ;  1'  una  (vi  si  qualifica  organista  della  Resi  Cif- 
l'Ii  <i    con  la  quale  i  andar  per  qualche  tempo  a  (V 

rigi.  L'altra,  che  e  questa: 

Eccellentissimo  Signora 
Se  Piccinni  dee  aver  presente  il  proprio  bisogno  e  rigttard.v 
nwnza  e  magnanimità  del  Sovrano,  il  bisogno  *  v  >  •ltU*:»> 

inenna  e  mageaaiaaili    è  molto    manrior*.    S^  riguarda    il  «no  wu* 

■Tta     Teatri,  f.  20.» 


—  707  — 


6  amai  tenue.  Comandalo  di  corra  re,  MB  fiducia  ohe  ai  dee  arsila 
solita  l' uUcrwriom»   I 

lapplkfl  di  \l  -li   iM>ii  -tini  ni -nttì  la  aomi 

i  uto  per  altro  ili  ■  ■  n  ■  l u n. | n.  dimionsìone  ogualmoni-  ohe  di 
qualunque  accrescano  ut".  Con  l'onore  a  la  carica  di  maestro  aopra nu- 
merario della  Kt-al  Cappella,  e  maestro  dalle  Reali  Infantine  p. 

Il  Tanucci  annota:    Devo   parlargli.    23   .  t774.  — 

Ha  da  un* altra  supplica  di  due  anni  dopo,  si  «a  che,  non 
jrvendo  ottenuto  noi  maggio  74  il  permesso  di  andare  a  Pari- 

i:  fu  detto  'ii  chiedere  alti  i  cosa  ehi 

i  i   100  ducali  ni  mese,  cui  si  riferisce  la  supplica  citala  )  non 
andò  più  acanti.  Noli'  ottobre  75,  chiose  il  permesso  di  allon  • 
tanarsi  per  un  anno;  il  che  gli  Fu  accordato  (6  N'>v.   i; 
»'••!  1?7(>  espose  di  dover  portarsi  por  «|  uno  in  Fran- 

orre  delle  opere,  e  chiedeva  la  licenza  e  la  con- 
sone del  soldo  mensuale  ,  che  aveva  ottenuto  nel    I 
Un  biglietto   dall'ambasciatore  di  Francia  al  Tanucci  accom- 
pagna questa   supplica  :    «  pour   la  permission  de  s'  abseuter 
ans,  qu'il  a  déjà  demandée  en  faveur  de  M.  Pie» 
•  .  —  Ciò  nell'ottobre  7tì.  Il  31  dicembre  70,  Nicola,  Pie» 
cinni  giungeva  a  Pan.  : 


X. 


II  teatro  in  provincia 


Ecco  un  bel  tema,  che  non  è  stalo  ancora  trattato  da  nes- 
suno, hi  non  posso  trattarlo  io  qui,  ma  voglio   raccogliere  al- 
rne  notizie,  in  servizio  di  chi  vorrà  occuparsene. 
I 


* 
»  * 


Come  abbiamo  visto,  il  teatro,  nella  sua  forma  più  alta,  na- 
cque nello  corti  dei  principi,  nollo  ce  «itti  E  nello  ci' 
ili  provincia,   fece  egualmente   la  sua  apparizione    nelle    caso 


»)  Carte,  iti. 


—  708  — 

tdali,  in  occasion-  ola vano 

Il  formarsi  delle  b  b  .  che  si  moltiplicarono  sinw 

riami  i  a  seconda  mete  del  s-  I  e  nel  m 

promosse  ancho  il  gusto  delle  recite  teatrali.  —  Quanto 
spettacoli  l'in  popolari,  le  confraternite 
seniationi,  il  popolo  a  rozze  farse  carnevalesche  , 

ancora  recita  in  molti  InOgbi  Lo  compagnie  comiche 
narie,  come  tsi  formavano  <»  venivano  a  Napoli,  cosi 
per  lo  provincie.  Ma  figurano  clic  razza  di  compari 
che  dovessero  essere  quelle,  che  nel  cinqueceni 
avventuravano  nelle  Calabrie  0  nelle  Paglie  ! 

Da  certo  carte  farnesiane  del  15&>  si  ha  n 
diami,  che  andavano  rapo  pei  paesi  del 

lano  ').  Aquila  ebbe  un  teatro  ,  che  app  I   all'  06{ 

di  S.  Salvili. ire  di  quella  citta. 

Qualche  città  di  provincia  aveva,  sulla  fine  del  seicento, 
teatro  pubhlico.  Famoso  era  quello  di  liiseeglie,  «  speciosa,' 
rappresentar  comedie  o  tragedie,  coi  a  psr| 

migliaia  di  spettatori,  che  non  ha  o 

nanamente,  i  commedianti  pubblici  nel  giungere  fitta  vana 
camerom  i  formavano   una  baracca ,  o  recitai 

all'osterie*. 

Ma  le  recite,  fatte  specialmente  da  dilettami  nei  palato 
guariti,  O  dai  presidi  e  dalle  altre  autorità  governati', 
siono  di  feste,  erano  seinpro  lo  più  notevoli.  —  Mi  restringo 
citare  la  recita,  che  si  fece  ad  Andria  nel  1619,  per  festeggi* 
re  la  nascita  del  primogenito  del  Duca  d'Andria,  degli  SUg» 
placati,  comedia  di  Antonio  Avitaja.  della  città 

')  Vi  •  Aggiunta  —  S  «dilazioni  <tramtuv 

Aquila,  cfr.  E.  Casti.   La   decade  festiva   celebrata    n*W  .ì^mi/u  dai  i 
febbraio  ai  5  mano  165U  ecc.  in  Solidi,  della  •'• 

\.  li,  i".  in,  gessi.  1890, 

»)  PadchcUi.  //  Regno  di  Napoli  in  prospettiva,  eoe. 

Ntp    !T 08,  11,  209. 

V.  r.iineppo  Ceri.    Una  rotila  ad  .\ndna  {ttmtgn*  rV 

,  VII.  4-5)  —  f/egr.  Conto  E.  Ragade»  mi  romanica  questa  mi'— 
«  A  di  28 


-  709  — 

E  nelle  Gazzette  napoletane  del  principio  del  MtMoinUl     I 
corrispondenze  dalle  provincie  <■  do,  «li  tanto  in  tanto, 

Bullo  recite,  che  si  facevano ,  e  eh'  erano  modellate  su  quello 

E  del  la  capital 
Nel  1738  molti  cittadini  di  Pozzuoli    volevano    recitare    una 
comedia  pur  la  venata  della  Regina  Sposa,  e  a  tal  effetto  desi- 
deravano «  ivi  ereggere  un  teatro  u  spese  del  peculio  del  co- 
mune ,  ed  indi  far  che  il  medesimo  in  un  luogo  del  pubblico 
lesse   sempre   situalo ,  per  potersi   la  gioventù  esercitare 
Ja  cornice,  si  fattamente  alienandosi  dall'ozio,  che  per  se- 
dlura  «li  uom  vivo  Ja  buoni  autori  si  dctTìnisce  ».  Ma,  fatte 
rie  considerazioni  economiche  e  morali,  non  fu  dato  il  pSP> 
sso  »).  — 

■  Nielrt  napolitano   romito ,  dimoratile  noli'  osteria  della   I 

rìsami,  mori  e  fu  eup-dliln  ordinariamente  nella  chiesa  di  S.  Giacomo 

stoln  in  ijuiwtn  citta  di  Hi  tonto  ».  A  Bilonto  fu  recitato  nel  seicento: 

Prodigio  della  Gratin  nel  Taumaturgo   San  Francesco,  opera  teatrale 

rappresentata  prima  rulla  città  di  Bitonto  nel  Itt<>  e  poi 

nella  terra  dì  «V.  Agata  >i  'more.  In  Napoli  ne?  Luca  Va- 

s.  a.  in  12  ;  opera  di    D.  Tomaso    Barbaro  ili   S.  Agata.  (Allacci, 

Coti  nella  Galletta  del  1708-9-,  n.  39  (86  soli    1708)   Il  una  com- 
media  i»   Mi-:./!!   .  i'i  un'  >  ro  Finiioewo  'I 

Iona;  ».  7.  1709),  a  Lecco,  il  Preside  aveva  fatto  fare  tre 

ime  comedio  in  musica  a  proprie  sposo  nel  carnovale;   n.  33  (13 
i    ili  una  comedia   a  Castellammare;   n.  Vi  (ott.    1709)  poi  giorno 
1      Contessa  di  Provenza,  «  dinilta  da 
discepolo  del  lotterà  to  Al».  H  ualo  riuscì  eccellentemente  »; 

a  Catanzaro  il  Praaide  face  tara  una  serenati  i  *i  rappresentò 

nobili  di  '  ta  una  comedia,  intit.  I*a  necessità  aguua  l'  in- 

un'opera    eroica  nobilissima,   intit.    Gli  amori  guerrieri  con 
li  obiti  <•   superbissimi   apparati,  o  replicati  copiosi   rinfreschi  »;  n 
(nov.  1709),  a  Foggia  il  Reggente  Guerriero,  Govcrnator  della  Rogia 
i,  fece  rappresentaru  due  opere,  fuM  intitolata  Amore  trionfa  fra 
ii,  a  l'altra'.  J  ^-inii  pro- 

i-a  ». 
I  I  litore  Ulloa  11  apr.  1738.  —  Teatri  i.  1." 


—  711  — 


- 


irano  pai  regno  collo  debite  licenze  ;    ma  por  la  musica  non 
possano  recitar  femmine,  e  la  ragione  e  che  lo  prime  mi 
passaggio  ,   le  Beco n do    sogliono    r<-     li  muto  dimorar  lungo 
tempo  o  prodarvi  degli  inconvenienti  ».   •) 

tempo,  l'Abate  Jeroc  tceva 

ilare  il  suo  PaUrineUa  quoterò,  nel  collegio  Tu/. 
aoendo  gli  scandali  e  rumori,  che  si  sanno.  *) 
A  Capua  e'  era  un  teatro,  che  nel  1788-9  fu  tenui»  in  tiri 

icesco  Volpini  e  dalla  canterina  buffa,  I 
Anche  a  San  Germano  .:'  era  un  teatro,  n  nel  1791  il  baffo 
rancesco  Buscé  s'era  obbligato  BOI  Padri  di  Moni  ecassino  di 

irvi  a  rnppreseniaro  comedi.-  pel  Carnevala  'j. 
Ri.1'  idoci  a  Napoli ,  nel  1777  a  Torre  del  Greco  un 

1  Tommaso  de  Uosa  aveva  concertata  con  alcuni  suoi  com- 
pagni un'opera  del  Cerlone,  intitolata  La  jinia  Cantatrice,  per 
itarla  india  villeggiatura  di  primavera.  Egli  obiedéva 
il  permesso  di  «  poter  esigere  alla  porta  duo  grana  a  tosta  da 
quelli  che  vorranno   ascoltarla ,  e  ciò  per  supplire  allo  speso 
he  vi  occorreranno  ».  *) 
A  Sarno  nel  1780  capito  una  compagnia  di  commedianti.  Il 
va  porche  fosse  mandata  via:  aveva  intenzione 
prolungar  le  recito  nella  quaresima!  c) 


•)  Giunta,  31  dicembre  1775  «  «Un»  parto.  —  f.  20." 

')  In  min  177...    solfo  COI  in,  ai 

li     <  il  Vescovo  attuale  si  è 
litigo  quale  ora  il  Tafano,  fondatovi  da  un  paesano,  interclusovi  lim- 
i.;  dai  Gesuiti,  ravvi. 

dal    Yoscovo    non  si  sa  comi»  oppresso  o  tralMlxato   mI    tribuni 
listo    u  sottratto    alla    direziono  di  questo   tribunale».   I.   B0,°  —  Tra  i 
Ila  Bibl.  Vnrgas  Maociuccn,  sotto  il  n.  3023.  ce  n'era  uno,  intit. 
Un '  giudtziarit  cifra  (' infermalo  rappresentata  nel  collegio   Tusiano  di 
nel  Ì776  i'iiitulato  l'idcinclla  Quakcro ,  contro   l'abate  Jeroaules, 
yfesxorc  in  detto  collegio  ed  altri. 
arto  fobbr.  89  —  f.  28 .• 
ansio  171*1.  —  f.  30.» 
*)  Apr.   1777. -f.  21.» 
«)  Fcbbr.  1780.  Carto.  —  f.  23« 


—  712  - 

Kcco  poi  il  libretto  di  una  recita  scolaresca  :  II  Gian/erran- 
te Scuola   Cavaiuolo  da    rappresentarsi   nel  Cam, 
nella  Terra  di  M  ugnano  alle,  falde  del  Monte  Vergato. 
alle  stampe  da  G.  A.  P.  Rad.  Poi.  —  In  Napol 


A  Salerno  nel  1763  non  c'era  ancora  un  teatru  stallile 
anno  un   D.  Michele  Vernieri,  un  D.  Francesco    Ba:1 
altri,  dimandavano  di  poter  faro  un  teatro  in  8  rap- 

presentarvi ogni  anno  due  opero  in  musi  I   bali 

Candia  ricorreva  a  sua  volta:  aveva  sentilo  cho  si  voleva  aprine 
un  t  nitro;  ora  egli  aveva  già  fittalo  il  luogo  e  trattali  i  bal- 
lerini e  cantanti.  Ricorsero  anche  il  Sindaco  e  gli  eletti,  eia 
conclusione  fu  che  non  si  dette  il  permesso 

Ma  nel  1773  si  parla  della  riapertura  del  teatro  di  Sak 
Come  anche  sappiamo,  un  Domenico  Tedeschi  aveva  ottonato 
sin  dal  1773  il  permesso  di  far  comodia  in  Salerno,  Fogjj 
Turni.  Nel  177-1  vi  voleva  andare  a  recitare  un  Carlo  Moti 
lognese,  con  la  sua  compagnia  3).  Nel  1775  ne  era  impresario 
DB  Pasquale  Bosco,  napoletano  *).  Nel  1777  un  D.  Lorenzo  è 
Sia,  dicendo  di  aver  (ormala  una  compagnia  di  musici  e  can- 
tanti a  sue  spese,  voleva  condurla  a  quel  teatro  s).  N 
orator  della  città  di  Salerno  faceva  istanza,  porche  si 
ossero  lo  donne  sullo  scene,  «  senza  delle  qua  li 
i  comici  o  gli  spettatori,  o  cresce  il  vizio  ilei  giuoco»  *). 

Nel  1788  andava  girando  una  compagnia  .  che  s'  iati: 
Compagnia  comica  Salernitana.  Questa  compagnia  lìnJ  mak 
Nel  1700  Domenico  M  '-apodi  essa,  esponeva  cto. 

nel I' 89,  «fra  lo  spazio  brevissimo  di  pò  airooo 


'J  A|.r.  1763.  fiiunU  30  giugno  1763.  — f.  14." 
»)  Carte  r.  19.° 

3)  Alla  Otaria,  28  aprila  177 1.  -  f.  18.° 
M  Dio.  177:..—  !.  ili.0 

Ila  Giunta  86  Bstlambra  1777—  f.  BL 
•l  Alla  Giunta.  30  apr.  1778.  —  f. 


—  713  — 

vivere  tutti  i  comici  suoi  compagni  e  congiunti,  restando  solo 
esso  supplicante  con  una  moglie  e  sette  piccoli  loro  figli,  oltre 
di  sette  altri  dai  rispettivi  defunti  ».  E  non  avevano  come  vi- 
vere, e  chieser  di  poter  metter  su  un  teatrino  di  pupi  ;  il  che 
fu  permesso  '). 

Nel  1789  un  D.  Francesco  e  un  D.  Clemente  Avossa  di  Sa- 
lerno avevano  pigliato  in  fitto  dai  PP.  Agostiniani  un  magaz- 
zino per  uso  di  teatro  '). 

Nel  1791  rappresentava  comedie  nel  teatro  di  Salerno  un 
Francesco  Amodio.  Costui  chiese  il  permesso  di  fare  i  festini 
nel  carnevale  in  un  luogo  più  ampio  e  comodo.  Successe  una 
contesa  tra  il  Preside  e  il  governatore  militare  intorno  a  chi 
dovesse  aver  la  giurisdizione  sui  festini.  L'ebbe  vinta  il  Pre- 
side 3). 

Nel  1792  era  cantante  e  affittuaria  del  Teatro  di  Salerno 
una  Luisa  Volpini;  e  D.  Clemente  Avossa  ricorse  perchè  colei 
aveva  fatto  perdere  la  testa  a  suo  figlio  D.  Saverio.  La  can- 
tante parti  per  Napoli  *). 

» 
*  * 

A  Cava  non  c'era  un  teatro  pubblico,  ma  si  facevano  spes- 
so rappresentazioni.  Cosi  nel  giugno  1765  un  D.  Gennaro  Ga- 
gliardi della  Cava  faceva  recitare  in  sua  casa  una  com- 
media, intitolata  D.  Tiburzio  Picheca  5).  Nel  1783  fu  negato 
il  permesso  a  un  D.  Francesco  M.  Apuzzo  e  compagni  che 
votevano  rappresentare  «  1'  opera  tragica ,  che  porta  il  titolo 
della  passione  del  nostro  Signore  Gesù  Cristo ,  composta  da 
Filippo  Orioles  di  Palermo  »  •).  Nel  1784  i  governanti  della 
città  domandavano  che   alcuni    particolari  cittadini   potessero 


»)  Carte  f.  27.°,  29.° 

*)  Dicembre  1789.  —  f.  25.° 

3)  Udienza.  5  marzo  1791  —  f.  30.° 

<)  Preside  di  Salerno,  23  febbraio  1792.  —  f.  31.' 

5)  Preside  di  Salerno,  20  giugno  65.  —  f.  14.° 

8)  Giugno  1783.  —  f.  35.° 


—  714  — 

rappretentatt  «  nel  luogo  solilo  detto  S.  Frauce&co  «I*  Assisi* 
l'opera  La  Gerusalemme  libera  i|<ata  a  iV 

Nel  1790  i  Cavaiuoli  tornarono  alla  carica   per   rappresentare 
l'opera  fi  Riscatto  d'  Adamo,  e  la  Deputazione  dei  teatri  du- 
bitò   giustamente    ohe  non    6)890  ullro    86    non  l'Opera   detto 
,  per  la  quale  s' ora  già,  negato  più  \  -o  '). 

Anche  in  altri  luoghi  della  provincia  di  Salerno  ai  lacerano 
delle  recite. 

Nel  1755  un  Sac.  D.  Cannine  Calvino  di  ftoccaglorksa  ri- 
va contro  'i      kCtrdota  D.  «CO  Savino  della  Terri 
isaja,  ohe,  armata  mano,  con  l'assistenza  d'altr: 
un  teatro  ,  ove  per  disposizione  di  esso  ricorrente  erasi  reci- 
tutu  la  ;  I  IU»  '). 

Il  14  e  15  agosto  1770  il  Popolo  di   Maturi  voleva  far  porro 
in  isoezu  'in  figlinoli  del  Consorvatorio  di  S. Onofrio la eoe* 
in  titolala:  U  medico  a  fona    L'Arcivenoovo  d'Amalfi 
s'n|  ipoie,  ,   non  convenire  Binilo  profana  rappresenta- 

zione colla  Festa  della  Madonna.  Il  governatore  della  citta 
fece  differire  lo  recite  ai  giorni  15  e  16.  Ma  l'Arcivescovo  non 
contento,  si  portò  in  quella  citte,  e  minacciò  l'indignai 
celeste  al  popolo,  se  fosso  intervenuto  a  quello  sconiche  rap- 
ontani».  *) 
Nel  73  fu  dato  il  permesso  per  la  recita  di  un'opera  sacri 
di  S.  Pietro,  a  Montocorvino ,  colla  condizione  elio  l' Arcive- 
scovo rivedesse  il   libretto.    «  Questa  popolazione    e 

<•  eulta  e  civile,  e  non  è  dedita  a  disturbi;  ohe 

in  t^mpo  del  mio  Governo,   che  sta  pei 

tata  di  cattiva  indole  ne  rissosa,  in  guisa  che  non 
<:i  é  seguito  in  dotto  tempo  nessun  omicidio  ;  ben  vero  perù 
che  ,  avendo  dotti  cittadini  per  1'  addietro  fatte  simili  rappre- 
sentanze di  opere  sagro  in  lode  del  di  loro  protettore,  in  al- 
cuno volte  piccoli  disturbi  ci  sono  accaduti,  nati  da  particolari 


')  l'i'ul-  IO  giugno  1784 -f. 
■j  Dq>ut  28  maggio  1790.  —  f.  SU 
lk   1756.  -f.    I 
ni.  ili  Maiurì,  8  agosto,  17  agovto  1770. —  f.  IO.» 


—  715  — 

del  convicino  slato  di  dimmi,  che  ci  sono  concorsi,  senza  es- 
serci seguiti  però  fatti  di  conseguenza,  ma  solamente   omuln- 
■     in  per  materie  ili  precedenze  di  sedili  ».  ') 
Nel  I77:t  AodrM   Pepfi  e  altri  di  Nocora  chiedevano    di  po- 

tneUere  in  iacena   L'opera  ih  SI  NwoUt  tti  Bari.  Fa  por 

inesso  :  «  quando  il  Vescovo  abbia  esaminato  ed  approvato  »  *). 

Ad  1,1"  li,  da  pìO  di  un  secolo  si  rappresentava  in  una 
lina  Inori  'Irli' abitato,  dov'ora  la  Cappella  del  Rosario,  un 
opera  sacra,  la  domenica  seguente  alla  festa  dotta  Madonna 
del  Carmine  ;  «  sul  motivo  di  estendersi  la  divozione,  attento 
il  concorso  del  popolo  e  dei  forestieri,  che  ivi  si  portano  nel 
determinato  giorno  ».  Noi  1776  Al  chiotto  il  permesso  per  l'o- 
pera L'empia  punita  o  sia  i  portenti  del  ss.  Rosario  ;  eh'  era 
stata  anche  recitata  I'  anno  prima.  K  fu  accordato  ,  purché 
ita  dall'Arcivescovo;  e  il  Tnnucci  soggiungeva: 
«  Beninteso  cho  non  si  rappresentino  miracoli  non  approvati 
esDressamente  dalla  S.  Sede  »  •). 

fe••• 
Lati-unico,  in  Basilicata,   md  1770  alcuni  cittadini  ebbero 
rmesso  di  mettere  in  iscena  la  comedia  sacra:  //  simbolo 
della  Grasia ,  opero  la  C-asilda  ,  del  dottor  Filippo  Itto  ,   che 
«  viene  diretta  alla  perfezione  del  buon  costumo  »   M. 

|\<l   1776    i  voleva  edificare  un  teatro  in  Solofra.    Ed  ecco, 
il  l 'nrato  ed  altri  di  Solofra  »  fann< 
Ita  «a  loro  pubblici  regimontarii  'li  proseguii  la 
fabbrica,  che  hanno  ivi  incominciata  d 
cono   dia  carica,  (acemlo   Urinare   «  il  procurati 
i  parte  dei  terrazzani  di  Solofra  »  3,. 
')  Governatore  23  giugno  1773.  —  f.  18« 
*)  Giunta,  10  luglio;  agosto  1773. —  f. 

CtporuoU  di  Salerno,  3  giugno  1774. —  f.   18.° 
•)  litania  15  settembre  1770.  —  f.  lo1 
Cam    E  I.'.1  o  20.° 


—  716  — 

i  1778  almmi  galantuomini  di  S.  B 
domandarono  di  poter  mettere  in  iscena  la  cornmedii 
lata  la  Critica  alla  moda  '). 

Nello  stesso  anno,  un  D.  Gaetano  Pasqualicchio  di  Montai- 
domandava  il  permesso  di  erigere  o  un  Ceair.    pobU 
un    luogo   di  sua  pertinenza,  e  contiguo  allo    mura  ili 


AH'  Aquila  e'  era,  comò  abbiati)  dotto,  un  antico  teatri*. 

pale  Antonio  Martinelli  ,  impresario  del  teatro 
maggioro  dell'Aquila  ricorreva  chiedendo  di  poter  rioinincia- 
re  le  recite,  che  il  Presili-  va  interdetto  per  la  a 

del  Re  di  Spagna;  il  die  fu  ac  ')■ 

Nel  1 78 ^  gli  improsarii  di  quel  teatro  ricorrevano  contro  ti 
Prende  D.  Matteo  Carascosa,  accusandolo  di  avere  occupato 
un  palchetto  ,  «  cho  si  estende  per  tutta  la  prospettiva  dello 
scenario  ,  nel  quale,  alle  serate  di  recite ,  suole  intervenire  U 
sua  numerosa  famiglia  con  i  tanti  pnrenti  per  parto  di  sua  fi- 
glia, maritata  con  D.  Giovanni  Pica 

il  segretario  di  esso  D.  Vincenzo  Calenda  aveva  anche  usur- 
pato un  palco.  Ma  il  Preside  si  scagiono  dalle  accus- 
cho  egli,  corno  delegato  del  teatro,  do\  re  un  palco,  e 

che  era  lo  stesso  palco,  «  del  quale  usavano  i  suoi  predeces- 

•ri  i  4). 

Nel  1784,  l'ospedale  di  San  Salvatore  esponeva  come  sì  era- 
no «  fatti  festini  a  pagamento  fuori  del  teatro  con  danno  di 
quello  »,    e  chiedeva  che  s'  acc  «  ad  esso  s 

dritto  proibitivo  pei  veglioni  dol  loro  teatro  solo  ».  E  il  Pre- 
side scriveva:  «r  Una  dello  rendite  dol  pio  luogo  è  l'affi  Uè  dal 
teatro  pei  pubblici  spettacoli ,  che  in  questa  suddetta  città  « 


»)  Cfcnn.-fobbr,  78.— f,  1 

«)  Mano  lT7a  —  f. 

»)  Ottobre  59.  —  f.  i 

*)  Prwide  16  agosto  1783  e  altre  carte.  —  f.  8M 


—  717  — 

rappresentano  nel  corso  <l  mi    tempo  di 

uè  si  è  speso  poco  por  ridurlo  a  perfezione,  giacché  si  ■ 

'  adattarlo  al  buon  gusto,  o  propmv.Mn  ti!  ■  al  numero  dell. i 
popolazione  di  questa  città,  ìli  Olii  sempre  vi  e  stato  il  sudetto 
teatro,  che  dall'ospedale  si  e  affittato  ».  E  fu  concesso  il  ju$ 
prohibendi.  *) 

Nel  1791,  finito  l'affitto  del  teatro,  «  vi  fu  competenza  fra 
duo  partiti  di  paesani,  che  vogliono  rappresentare  come- 
prosa  ».  Vinse,  natura  mi  solo  dei  (lue;  o  l'altro,  o  per 
Osso  un  Giuseppe  de  Nicola  ,  ricorso  al  Re  per  avare  il    por 

I mQSSO  di   far    come.die  altrove.   Ma  fu   dello  elin  si  permeiteli 
solo  se  si  trattasse  di  comedie  in  case  pmatOj  e  non  a  paga- 
i  *)• 
Dr  altri  teatri  di  citta  dogli  Abituati,  ho  le  seguenti  noti 
Nel  178*3  un  D.  Pasquale  Mortosi  ed  altri  di  Teramo  l 

-ere  un  teatro  pubblico,  «  e  ciò  per  render  più  eulta 
«iella  città ,  eh'  e  la  sede  della  provincia  ».    Ma  il  permesso 
ivette  ossero  nevaio  ;  perche-  il  Tanuoci,  nel   passare  la  do- 
manda alla  Giunta,  annotavo   in  margine:    «  che  si  facciano 
carico  che,  dovunque  s'  è  permesso  teatro,  sono  occorsi  disor- 
).  Tai  nottua  che,  in   Teramo.es- 

si   radunati  i  3G  decurioni,  che  governavano  la  città,   e 
rato  per  voti  segreti ,    veni]  ili  eoli  furono  contrarii  alla 
istituzione  del  teatro.  l) 

L'anno  dopo,  alcuni  cittadini  di  Teramo  vollero   ruj  i 

rogedia.  K  eoetasro  no  dramma  in  versi  del  Dottor 
Filippi  In.;    intitolato:   /.' uomo  angelo  ovvero  San  Luigi  (!nn- 
toga  (Napoli,  presso  Gian  Francesco  Paci  1751).  Uno  dei  ca- 
rie       'prannumerarii  della  Cattedrale  Aprii'm.i  ,   D.  Giovan 


'j  Prosi.!,..  24  loglio  1784.  R.  DtpOL  7  ago»**)  84—  Tubi  I.  30* 
-)  Beppi  ola  — DéBHt  81  gennaio  1791.  —  f.  30.° 

MB.  alla  Giunta  — 3  maggio  177*'..—  Retri  f.  30.° 
*)  Tomaio.  IO  maggio  1770.  —  f.  20.° 


—  71S  — 

>no  Costantini,  cominciò  a  tradurlo  di  verso  in  prosa.  Quan- 
d' ecco  giungono  a  Napoli  varia  suppliche  ■  innati*  da 

«  Li  celanti  -lolla  citta  di  'I  ie  chiedevano  «  si  ordi- 

nasse al  Preside  di  Teramo,  che  D  ta  il  rappresentare 

in  |'  una  tragedia  di  S.  Litici  Gonzaga  dell'abolita  Com- 

pagnia ».  Delle  suppliche  l'unii  eri»  tutta  con  nomi  filiti,  e  nei* 
l'altra  era  scritto  solo  cosi:  Li  scianti  cittadini 

tinalmente,  intorno  al  1792  Teramo  eli  '>ssh  un  teatro 

pubblico.  — 

A  Chioti  e     ri  un  teatro,  del  quale  nel    1781  era  propri 
taria  una  Maria  Aurora  t'asolo.  ')  In  quell'anno,  vi  recitava  una 
'■.impagina  comica,  venuta  dall'Aqm  i  quale  era  capo  un 

tal  Curio  Lanfi-nnvlii.  Il  quale  ricoree  contro  il  Preside,  pere 

non  gì    pagava  il  palco,  di  cui  faceva  uso.  E  il  r 
lava,  che  non  doveva  pagarlo;  ma  che,  tuttavia,  aveva  date  rool 
manca  al  Lanfranchi .   par  punti  della  sua  miseria.  «  E 
sorpresa  ho  veduto  il  di  lui  ricoreo  alla  M.  nato 

consiglio  di  chi  proteggo  la  di  lui  moglie,  che  in    un    vergo- 
latribolo,  unita  ad  ultra  canterinn,  placidamente  e  qcà 
domiciltatfl  »  3). 

Nel  1789  no  Biagio  Matleuo  eti  costruì  in  un  eom 

preniOri fabbriche  un  nuovi    teatro  ').  E,  nello  stesso  anno, 

un  D.  Domenico  dei  Baroni  AJibrandi  di  Peìiue  prese  in 
una  stanza  in  Chieti  ad  uso  di  lenii 

Un  pubblico  teatro  era  a  Civita  di  Penne,  noi  1772.  — 
D.  Giacinto  Mazzaccone  vi  fece  rappresentare    in  quali'  unno 
due  comedi*1  Ioni  (sic),  «  con  esporvi   i    ritratti  delto 

loro  Maestà  in  aito  della  Platea  con  docente  pompa   accom- 
gnata  da  cero  ».    E  ne  intendeva   rappresentare  un'  altr. 
Commediante  onorato,  per  lo  sgravo  della  Regina  *). 


ro 

M 


I 


')  Preside,  Teramo,  29  maggio  1777.  —  I.     I 
*)  Maggio  1781  —  f.  25,o 

ido  Ciro  Capanno,  Chieti,  0  aprile  1784.—  Deput.  2 1  apr.  —  1 29-' 
•j  Bicone  .1.1  Maturaci  Aprila  1700—  E 

".  H'J. -f.  28.° 
«)  Il  Gorernatore  «li  Penne.  Ma 


—  719  — 

E  per  lo  sgravo  della  Regina,  V  Università  di  Atri  chiedova 
di  poter  fare  rappresentare,  due  commedio  del  Goldoni  e  degli 
ari  in  musica,  nel  teatro  ch'ora  nel  palazzo  ducalo,  a" 
lora  del  Re,  capare  .li  500  0  600  persone,  con  platea  e  pal- 
chetti '). 

Anche  a  Lanciano  e'  era  un  teatro  pubblico,  del  quale  nel 
1787  era  proprietario  un  D.  Vincenzo  Giordano  ').  E  nel  1790 
ne  era  impresario  il  primo  violino,  D.  Nioi>i  Ili  3). 

Nel  1788  i  cittadini  di  leonessa  chiesero  di  poter  restau- 
rare quel  teatro  per  farvi  la  prima  rappresentazioni?  nell'occa- 
sione ili  un  altro  Sgravo  di  Maria  Carolina  ')• 

A  Foggia,  noli'  occasione  della  fiera  di  maggio,  si  solevano 
di  tanto  in  tanto  recitare  dello  opero.  «    fa  un    ricordo   beuis- 
reva  I' Uditore  l'i  aprile  17G6,  a  proposito 

di  un  permesso  domandato  a  quel  tempo  da  un  Girolamo  de 
Curtis  ,  —  che  moltissimi  anni  addietro  si  recitò  un'  opera  di 
questo  in  musica  Della  mentovata  citta  di  Foggia  in  tempo  di 
Fiera  ;  e,  per  quanto  allor  ne  intesi,  so  ben  ancora  che,  presi 
molti  di  quei  ricchi  massari  dall'  ingannevole  apparante  liscio  di 
quello  donne  da  teatro,  ne  pagarono  i  favori  a  cu  .,  e  no 

ritrassero  quindi  il  'ri  >Dnsamento  di  quei  feroci  malori, 

che  sono  inseparabili  dal  dissoluto  attaccamento  colle  n 
siine  ».  La  gente,  che  concorreva  alla  Fiera,  «  come  non  av- 
vezza a  vivere  nella  capitale,  non  è  affatto  intesa  del  caratte- 
re delle  donne  da  teatro  dell'infima  condiziono  »,  Ma.  BOA» 
K Stante  una  recisa  proibizione,  il  De  Curtis  alido  a  Foggia,  e 
1  tempo  della  Fiera  s'apri  il  teatro.  Ed  ami  ebbe  il  coraggio, 
aita  la  Fiora,  di  chiedere  di  poter  continuare  le  recite,  sul 
rateato  di  una  cantante,  cho  s'ora  maritata  a  Foggia.  Il  Gra- 


';  Giugno  1772.  — f.  17.° 
»  Carta  «tt.  87.  —  i 
»)  Maggk  L79Q.  -  f.  29.» 
«)  Carte  maggio  178S.  —  F.  27.' 


—  720  — 

ni  tu,  preside  governatore  di  Foggia,  ebbe  per  questo  fallo  una 
severa  riprensione.  E  per  molti  anni ,  ci  fu  il  massima  rigore 
nel  negare  il  permesso  ').  Nel  1768,  un  tal  Fedele  » 'or-i",  disse 
<-r  preso   rapinili..  .1  della  città   «li  Foggia,  per 

reri lare  delle  commedie  in  occasione  del  matrimonio   del 
e  aveva  speso  già  più  di  1200  ducati  ;  ma  gli  fu  detto  recisa- 
m.'iite  di  no  •). 

Nel  1770  fu  dato  il  permesso ,   ma  per  comodie   « 
uomini,  senza  mistura  di  donne,  per  lo  motivo  stesso  ili 
tare  il  male  nel  popolo  e  per  dare  a  tanti  musici,  non 
nella  Ioni  pn 

Nel  ITTI,  i  rappresentanti  della  citta  esposero  come 
do  la  città  medesima  una  tal  Regno, 

DM  0*11'  Europa  latta,  e  per  il  Tribunale  di  Dogana  che  l'a- 
dorna e  per  il  Commercio  ebe  la  rende  non  invidiosa  ad  altro 
piazze  mercantili  od  anche  per  la  principale  fiera  del  mese  A' 
maggio  n  erodevano  >  opportuno  di  riaprire  un  Teatro  d'opera 
in  musica  »,  Ma  I'  Uditore  rispose  implacabilmente,  che  qu« 
ornatori,  o  io  luogo  di  pensare  a  far  divertire  la  gente  e  di 
rovinarla  colle  rappre  cam- 

minanti, farebbero  assai  meglio  se 

,    con  farla  attendere  alla  coltura  della  campagna, 
mi  e  con  farla  abbondare 
altre  COSS  Ite  il  vitto  l 

Tuttavia,  bì  fini  poi  col  cedere  alle  inaistea 
Nel  1774  recitò  a  Foggia  la  compagnia  di  Domenico  Teifc- 
schi,  dov'era,  tra  gli  altri,  la  canterina  Sav  il  Te 

deschi  falli,  e  fili  fu  messo  una  specie  d  ratore  gioii 

i  Alessandro  Ravasco,  che  voleva  far  lui  le 
Nel   177"»  era  al  teatro  di  Foggia  una  compagnia  di  musi* 
con  le  donno  Maria  Marsusi,  Teresa  Masn: 

idida  Mima   Pappalardo  e  Vincenza 


I)  Api-.  W4  Suppl.  'li  Girolamo  de  Curii*.  IM.  21  apr.i  bis  a 

*)  Carlo,  f.  !.V  M  ••    Vlfi 

3)  Ud.  10  muglio  71  e  altre  carie,  f.  16.* 

<J  V.  causa  della  coU'Imptm  Carlo,  f.  18» 


—  721  — 

rado  :  impresario,  Orazio  Corrado.  Il  carico  della  sorveglianza 
era  stato  affidato  al  fiscale  della  R.  Dogana,  D.  Carlo  Maria 
Valletta,  che,  vecchio  e  malato  com'  era ,  lasciava  che  ne  di- 
sponesse la  sua  giovane  moglie.  Costei,  ambiziosa,  desiderosa 
d'  esser  corteggiata ,  non  vedendosi  ossequiata  come  voleva 
dalla  prima  attrice  Maria  Marsusi,  cominciò  a  perseguitarla. 
E  una  volta  le  fece  intimare  l'arresto,  e  sospese  le  recite  per 
quindici  giorni  ;  e  1'  accusava  di  contravvenir  agli  ordini  col 
ricevere  conversazione  in  casa,  e  coll'andare  in  casa  d'  altri. 
L'  accusava  d'  essersi  recata  finanche ,  col  suo  corteggiatore 
il  capitano  Vincenzo  Bruno  ed  altri ,  al  convento  dei  Padri 
Francescani  di  Gesù  e  Maria,  dove  erano  stati  complimentati 
da  uno  di  quei  Padri,  chiamato  il  Padre  Guerra,  con  non  poco 
scandalo  e  meraviglia  di  tutti.  Il  partito  della  Marsusi,  ch'era 
valentissima  attrice,  rendeva  pan  per  focaccia  alla  moglie  del 
fiscale.  E  il  pubblico  le  dava  braccio  forte.  Una  sera  del  no- 
vembre 75,  recitandosi  La  Locandiera  di  spirito,  «  dopoché  da 
una  delle  cantanti  si  dicevano  nei  recitativi  le  parole  Mamma 
Signora,  queste  medesime  parole  si  ripigliarono  poi  con  affet- 
tate voci  d'applauso  dal  capitan  di  cavalleria  Dragoni  Borbone 
Don  Vincenzo  Bruno  ed  altri,  in  dispregio  della  moglie  di  esso 
avvocato  fiscale,  che  con  i  termini  appunto  di  Mamma  Signora 
soleva  chiamare  la  madre,  e  cosi  ancora  si  faceva  lei  chiamare 
dal  figlio  ».  Il  povero  vecchio  Valletta,  stanco  di  queste  lotte, 
ottenne  di  essere  esonerato  dall'  incarico  del  teatro ,  che  fu 
affidato  al  nuovo  Preside,  Marchese  Danza.  ') 


A  Lecce  sorse  un  teatro  nel  1759.  Nel  1759  un  tal  France- 
sco Pascalino  di  Bitonto  aveva  fatto  un  teatro  ,  nella  sala 
grande  del  Castello,  fornito  tutto  di  palchetti  di  legno.  Le 
opere  vi  furono  recitate  da  buoni  e  scelti  cantanti,  convenien- 
temente pagati. 


»)  Carte  varie  1774.  Teatri,  f.  i9.° 

48 


—  722  — 

Tolto  di  li  i  si  cominciò    a    farlo  in 

sollano  del  palazzo  del  Burouu  D.  Carlo  Tafuri.  Ma  il 
era  mollo  umido  e  freddo ,  e  gli  spettatori  ne  avevano  > 
to. 
Onde  un  F.  A.  Bernardini  e  un  Gaetano  Mancarcela  pensa* 
rono  di  edificare  un  teatro  a  proprie  spese,  nella  piazza 

Lo,  con  direzione   dell'ingegnere   G.  B.  ira  Ù 

bene  architettato,  esimile  al  teatro  Nuovo  di 
e'  era  la  seguente  iscrizione,  imitazione  di  quella  del  S.  < 

Carolo  Bùrbonio  Ad  flispaniarum  regnum  proJìci*cc*l(  i 
Ferdinando  Rege  eius  filio  ad  hujus  regni  habenas  reget 
electo   Thealrum  hoc  excttatum  et  ad  finem  uxrjue  perdat 
Anno  Domini  MDCCL/X. 

Dal  1759  in  poi  vi  si  rappresentarono  le  opere  in  musica,  < 
vi  cantarono  Nicola  Grimaldi,  !  ■,  Filippo  i 

pollano,  Sarafina  Maurilio  detta  la  Tri  Barbara 

hiI  altri  '). 

i  765  ne  era  affi  t  tu  toro  quel  tal  Girolamo  de  Curiis.  Ej 
una  supplica  a  nome  del  popolo  Leccese,  nella  quale  si 

1     ile  opero  in  musica, che  vi  sono  rappresene 
anno  da  canterino  le  più  licenziose  e  disoneste,  i 
si  sono  rovinati  nell'anima  e  nella  roba,  e  lotti 
han  sofferto  interesse,  sono  rimasti  pregiudicati  nella  et 
za  per  lo  scandalo  che  han  riportato  dal  vivere  troppo  iib« 
e  dissoluto  di  simili  donnaccie  ecc.  »  L'anno  prima  c'era  i 
la   carestia.  >  Ed  era  il  Regno   tutto    flagellato    dalia 
Giustizia  con  universa!  penuria  di  pane,  quando  faiteìi  in 
ce  le  sacre   missioni  per  impetrare  la  Divina   Mi) 
congregatosi    il  popolo   supplicante   entro  la  sua  Chiesa 
drice,  promise  risolutamente  al  Signor  ld 
il  maledetto  Teatro,  e  tanto  vuol  fedelmente  osa 

atti,  i  missionari  s'orano  scagliati  contro  il  tea 
popolo  s'era  unito  loro  per  maledirlo.     -  Da 


')  K.  Doanwt,  Uoce,  IU  aprilo  1765,  f.  IV 


—  723  — 

al  Preside  di  vegliare ,  cercando  di  evitare  gì'  inconvenienti 
colla  buona  disciplina. 

Ma  seguitarono  a  giungere  suppliche,  firmate:  Un  servo  di 
Maria,  o  in  altro  simile  modo.  *) 

Nel  1769  nella  compagnia  che  recitava  a  quel  teatro  ,  era 
una  canterina ,  Emmanuela  Cosmi ,  detta  la  Positanella  ,  che 
faceva  da  primo  uomo.  D.  Vincenzo  Mellone,  figlio  di  D.  Giu- 
seppe, stava  per  isposarla;  quando  un  ordine  del  Re  cacciò  la 
prima  da  Lecce ,  e  mise  l' altro  in  carcere ,  a  disposizione  di 
suo  padre  *). 

* 

A  Trani  era  un  teatro  antico. 

Nel  1766  la  compagnia,  che  da  Lecce  andava  a  Foggia  per 
la  fiera,  si  fermò  a  Trani  e  fece  alcune  recite.  Essendo  pia- 
ciuta molto,  tornò  dopo  la  fiera,  e  vi  s' insediò  stabilmente.  In 
questa  compagnia  vi  era  una  cantante ,  chiamata  Maria  Ce- 
cilia ,  che  conviveva  con  un  tal  Moretti ,  che  poi  sposò.  In 
questo ,  per  ordine  del  Re  ,  fu  proibito  il  teatro  pubblico  in 
Trani.  Ma,  nel  fatto,  non  essendo  stata  comunicata  questa  no- 
tizia all'  Uditore  di  Trani ,  le  recite  continuarono.  Nel  1768, 
proibite  le  recite  a  Foggia,  la  compagnia  di  là  venne  a  Trani 
e  vi  era  ancora  in  essa  la  Cecilia  col  marito.'  Ma  i  soliti  cit- 
tadini supplicarono  perchè  si  abolisse  il  teatro.  Una  gentil- 
donna della  città  di  Trani  esponeva  che  «  le  donne  recitanti, 
non  solo  hanno  deviato  la  quiete  della  supplicante,  che  han 
tirato  il  suo  sposo  al  di  loro  scandaloso  amoreggiamento  col 
mezzo  di  notabilissimo  dispendio ,  ma  han  tolto  la  quiete  di 
molte  case,  li  di  cui  giovani  per  tal  motivo  hanno  abbando- 
nato lo  studio ,  la  propria  stima ,  ed  il  profìtto  confacente  al 
di  loro  stato  ».  Un'altro  supplica  comincia:  «  In  Trani  vi 
sono  due  gran  mali,  il  gioco  pubblico  della  Bassotta  nelle  pub- 

>)  Teatri,  f.  14.o 

*)  Luglio  1769.  Altre  cario  sulla  Cosmi ,  e  suppl.   dol  padre  di  lei, 
Gaetano  Cosmi,  f.  15.°  bis. 


—  724  - 

Miche  conversazioni  e  privale  della  nobiltà,  0  lo  cantatine  co- 
nti. Dna  rovine  delle  Ielle  famiglie,  due  pu 

mlali  ». 

D'altra  parte,  il  sindaco  e  gli  Eletti  della  città  di  fende  Tane 
mmedie,  negando  le  accuse:  «  le  famiglie  piuttosto  desi- 
deravano un  tal  divertimento,  per  evitare  ogni  qualunque  svia- 
mento ». 

Tuttavia,  furono  ripetuti  gli  ordini  di  proibizione.  E  la  gen- 
tildonna  anonima,  ottenuto  l'intento,  scriveva,  cominci 
Misericordias  Domini  in  aeternum  cantaòo  !  ') 


Allo  stesso  modo,  qualche  anno  dopo,  il  teatro  e  la  citta- 
dinanza di  Lecce   furono  messi  Bossopra  per  la  venuta  cTuaa 
rina,  chiamata  Cecilia  Coletti.  Alcuni  cittadini  fecero  una 
supplica  al  Re,  raccontando:  «  negli  anni  passati,  men 
erano  le  opere   in  musica ,   tra  le  cantanti  vi  era  anche   unn 
canterina,  nominata  Maria  Cecilia  Coletti,  prima  buffa,  e  costei 
a  delio  tante    maligne   maniere  e  belli   allettamenti .  cbt 
tirava  a  se  tutti  i  giovani ,  per  cui  vi  furono  delle  moltissime 
case  di    cavalieri ,  die   si  rovinarono  ecc.  ecc.  »  Per    cagion 
di  costei,  il  teatro  fu  abolito.  Figurarsi  la  paura  di  quella  geni 
quando  seppero  che  slava  per  tornare  questa  maledetta  dont 
Supplicò  anche  r  I'  infelice  Maria  Maddalena  Perr 
di  Giacinto  Viva  »,  dicendo  che  la  Coletti  «  fra  gli  altri 
rovinare  mio  marito  ,   dissipando   tutto  per   detta  canterina 
Ora  tornava    «  per  finire  di  rovinare   le   case   leccesi   e 
cialmonte  questa  mia  piccola  casa  ,  e  deve  sapere  V.  K.  eh' 
tengo    nove  figli  grandi,  e  per  grazia  della  Divina  Misaricnr 
dia  non    fanno   peggio  del  padre  ,   e  tutto  ciò  proviene 
mano  onnipotente  di  Dio,  il  quale  me  li  mantiene  buoni.  Oggi 
ò  preinteso  che    delta   Maria  Cecilia  Coletti  avesse 
antichi  amauti  e  fra  gli  altri  a  mio  marito  che,  terni  inalo 
avrà  di  cantare,  che  sarà  al  primo  di  quaresima,  se  ne  ver 


')  V.  anche  Giunta  24  gennaio  ITiW  eoe. 


725 


a  staro  in  Lecce.   Knvllrnza,  non  credete  qual    fuoco  mi  sia 
cascalo  sulla    testa  In   «emiro  questa  notizia,  perche  la  male- 
donna  col  venire  in  Lecce  rovinare  unente  tutti, 

<■  paro  -"Ile  lagrime  agli  occhi  ecc.  ». 
E  I'  Uditore  (19  febbraio  76)  avvisava  elio  si  ordinasse  alla 
lo  le  ni  di  non  metter  più  piede  in  Lecce,  ma  che,  terminati 

Ìre  in  Trani,  «  prenda  la  sua  direzione  per  altrove  »  ')• 
Anche  contro  un'altra  cantante  ch'ora  in  Lecce  ci  fu  un  ri- 
corso, di  un  anonimo ,  che  additava  «  lo  scandalo  della  can- 
terina Tummasina  Starapacchiu  ,  don  sella  «  cantante  di 
benone,  che,  finite  lo  recite,  non  ha  voluto  partire,  e  vive  in 
concubinato  con  Vincerne  Mattone  »  '). 

Nel  17K7  si  trovano  altri  due  memoriali   anonimi  contro   il 
teatro  in  Lecce,  delle  solite  persone  timorate 
Nel  1989  il  napoletano  Filippo  Izzo,  che  dimorava  in  Lecce 

Hrreva  perchè,  volendo  far  rappresentare  colà  un  oratorio 
ecro,  i  sacerdoti  secolari  e  regolari  cercavano  d' impedire  alla 
gente  di  andarlo  a  sentirlo  *), 

E  questi  •'  sacerdoti  zelanti  della  diocesi  di  Lecce  »  ,  nello 
Etesso  anno  1789,  ricorrevano  contro  a  alcuni  giovani 

sogliono  erigere  nelle  notti  d'estate  nelle  pubbliche  strade 
teatro  portatile,  ed  ivi  rappresentai  (Moefli  con    parole 

scandalose  e  colla  confusione  d'  uomini  e  donne  »,  e  implora- 
vano dal  Re  di  far  cessare  lo  scandalo.  ') 

Varie  compagnie  ottenevano  il  permesso  di  fare  il  giro  por 
Provincie,  recitando  comedie.  I  permessi  erano  più  o  mimo 

aitati.  Cosi  nel  1709  a  OH  tal  Francesco  Basse,  fu  permesso 
recitare  nel  regno,  e  nel  1770  capitò  in  Trani  u.i.  In  quello 

')  Tauri,  t.  »• 

»)  Aprile  1773,  f.  i 

*)  Carte,  oor.  87,  f 

*)  Marzo  1789.  f.  28." 

*)  AgMto  1789.  f.  28.» 

*)  Trani.  E.  Dusmet,  22  settembre  1770. 


—  726  — 


stesso  anno ,  un  Domenico  Morelli ,  capo  della  compagnia  di 
comici  istrioni,  si  trovava  nella  città  di  Montopoloso  (Basili- 
cata) ;  e  un  Carlo  Centofanti,  nella  stessa  qualità,  a  Gramo  in 
Terra  di  Bari.  E  chiedevano  entrambi  di  non  essere  eolpwì  da^li 
ordini  di  sfratto  dal  Regno,  emanati  perla  comf 
del  Moretti  di  Trani  '  ).  -Nel  1782  il  Rasce:  chiedeva  la  riconferma 
dfll  suo  permesso  *). — Cosi  noi  1770  la  compagi  fiato 

Quinta  valle  da  Maddaloni,  ch'era  stato  per  due  anni  in  Oatum, 
.1  permesso  di  andare  a  Bari  a  recitare  commedie  dal 
Chiari  o  del  Goldoni,  con  intermezzi  in  musica.  *)  —  Nel  ITTI 
un  Domenico  Tedeschi  aveva  ottenni'»  il  | km- messo  di  girani 
colla  sua  compagnia  pòi  Balera  ia  e  Trani,  ebe 

fu  esteso  i>i'r  la  propri  ten  ili  Bari  '.ì.  —  -Nel  1773,  lo  stano 
perimmo  di  Salerno,  Trani  e  Foggia,  ad  un  Matteo  Benvt* 
nulo  D). — Nel  1778 un  Gaspare  Rubini,  capocomico  ,  otteneva  il 
jiermesso  di  giraro  pel  regno  8). 

Nel   1778   c'era   a  Casalaoovo    in    Pi>  i  Lecce  una 

compagnia  d'Istrioni.  Tra  questi  uno  ferrarese,    un  tal 
vanni   Furiasi,  che  disse  uà  giorno  elio  il  Ile  d  era: 

«  un  \illan  f...  ,  un  lazzaro  e  un  birbante,  soggiungendo  cho 
lauto  dico  questo,  perchè  tutta  Napoli  lo  dice!  i    I1 
da  un  compagno,  fu  imprigionato  e  trasferito  a  Leo 
cavano,  veramente,  altre  pruove;  e  si  d  'tied 

da  Napoli.  Ma,  sulla  semplice  denunzia,  fu  rispo- 
sassi* istrione  dai  dominìi  del  Re  i. 

Nel  1777  era  a  Modugno  una  compagnia  ,    contro  1 
ricorreva  un  tale,  dicendo  che  piotano  l'altrui  pacr 

no  lo  famiglie  t;  mettono  a  pericolo  la  riputazione,  il  de- 
coro e  la  vita  dei  galantuomini  li  più  distinti I  *  ')  i. 

')  Qarsa,  f.  in.0  bis. 

«)  Deput.  24  maggio  1782,  f. 

Brine  1770.  f.  16.° 

<)  Cari.:.,  f.    1,  :t.« 

»)  Carte,  f.  18.° 

")  Mai-zo  1777.  f.  Ufi 

7j  Febbraio  17 

*)  Suppl.  di  D.  Domenico  Dorotmicbiollo,  lugJ  '  81.* 


—  727  — 

rivolgeva  in  particolare  contro  Pietro  Boludi  e  sua  moglie 
erosa  Vitolone,  commedianti  '). 

Nel  1787  era  a  Gravina    una  compagnia   d' istrioni  ,    della 
lo   eran   capi  Domenico    Cornelio   e  Francesco  A  vallone  , 
io  il  Poetino,  molto  noto  scrittore  di  drammi  à  scnsaiion. 
itarono  a  Trani  e  a  Bari.  Qui  il  Governatore  del  Castello 
toro  il  permesso  di  r<  ohe  fecero  mi  leati-ino 

mezzo  della  città,  nel  luogo  detto  il  Sedile.   Il  Governatore 
contro  il  Governatori!  del  Castello,  e  sorso 
giurisdizione.  ■) 
1  1792  il  Ro  donò  ali*  Università  di  Francavilla  la  fabbrica 
nel  teatro,  c>  fiscale,   coli' obbligo  d'un 

palco  gratis  al  governatore,  cho  n'  era  il  delegato 

••• 

!  1792  fu  eretto  un  altro  toatro  in  Trani.  Lo  costruì  una 
società  di  benestanti,  promotore  tra  ossi  un    D.  Cataldo    Lo- 
fi Preside  aveva  appoggiata  la  domanda.  La  città   vi 
avrebbe  guadagnato.  Per  fare  il  teatro ,  si  sarebbe  disseccata 
una  laguna,  causa  di  mal'  aria.  Il  disegno  era  stato  preso  da 
anello  di    Codogno    in    Lombardia,    «  riuscito  di  squisito  gu- 
ato e  di  notabile  perfeziono  ».  E,  inoltre,  o  la  cittadinanza  era 
di  nobiltà  e  di  civili ,   ed  audio  di  maestranza 
i^ente,  inclinata  alio  nq>preeentaziani  teatrali,  a  che 
non  avrebbe  risentili'  veruno  io  dal  teatro  fisso, 

>roe  non  1'  aveva   ricevuto    per  l' innanzi    dal  teatro  volante; 
jiacc-h  ;i  colà  esiste  una  compagnia  numerosa,  che  rap- 

snta  comudii;  in  musica  ». 
l'u  uat<-  il  permesso,   ma  collo  stette  Condizioni,  mosse   a 
ìello  costruito  di  recente  in  Teramo.  Cioè,  cho  il  Prosido  era 


•  ppo  Fiaschi.  Adotto  1777.  f.  21.° 
»)  Carte,  t  27.« 

ti    179B,  f.  31.»  Il  teatro  era  stato  edificato  n-l  I71C  dagllmpa- 
vveduto  ili  scenarii  dipinti  dai  maestri   Mollisi  e  Pnppadiè. 
Palumbo,  stona  iti  FrancaviUa,  p.  286. 


—  728  — 

ito  delegala  perpetuo  del  teatro,  e  per  esso  si  destinava  uà 
palchetto,  come  audio  due  lu-  piate*  per  due  miei 

ni.  Tra  la  disposa  ia,  si  proibiva  ospressaraoilo  il 

gittaro  noi  palcoscenico,  come  testimonianza  d'applaudo. 
tocci  di  danaio  !  ') 


A  Bari  era  un  teatro  ab  untico ,   ma  uhi  anni  wW 

chiuso  *). 

A  Burletta  ce  o"  era  uno,  intorno  al  1788,  che  non  sappiano 
da  quando  osistosse.  Nel   i  i  rappresentava  : 

sta  raggiratrice,  Comedia  per  musica  di  Giambattista  Uirrn 
si  P.  A.  da  recitarni  nel  Teatro  della  atta  di  Barletta,  «l 
neeale  1789,  Dedicata  al  ritpeti  imo  public»  di  fitti* 

In  Napoli  1788  (presso  Vincenzo  Mazzola  Voccola),  U 
musica  ora  del  Paisiollo.  E  furono  gli  attori  :  Paola  Coiai, 
prima  buffa  ;  Maria  del  Moglio,  prima  donna  gioco? 

:nnza  Pesce;  Francesco  Luzio,  primo  buffo  napoletani' 
ceuzo  Trnbaizn,  primo  buffo  toscano;  Salvatore  v 
mo  tenore;  Gaetano  Colomoda,  secondo  buffo. 

11  teatro  era  intitolato  di  San  Ferdinando,  L  ne  et 

proprietario   un  D.  Francesco  do  Fazio.  Il  quale  De  Fazio 
correva  in  quell'anno,  porche  la  prima  fa  ria  Giusej 

Mi-liozzi,  se  n'  ora  fuggita  3).  E,  l'anno  dopo,  porche  alct 
malcontenti  avevano  formato  un  altro  teatro  in  un  magazzino 

A  Putignano.  in  Terra  di  Bari,  nel  1783  due  compagnie 
giovani  preparavano  ciascuna  una  commedia  ;  l' una  \ 
rappresentare  V  A  ladino,  e  l'altra  i  Selvaggi  del  Cerlone.  E  fu 
ti i<  la  gara  e  la  gelosia,  tra  le  due  compagnie,  che  fu  proi- 
bita V  una  e  l'altra  recita    i 


i)  Deputar,  £8  aprila  1792.  Teatri,  f.  31  « 

*)  Donameli)  perchè  ai  riaprine.  Agosto  1792.  f  31." 

l.  30. 
Ó  «urte.   Maggio  LW,  I 
s;  Seti.  83.  Carlo,  f.  25." 


—  729  — 

Nel  1789,  a  Caroviti  I ladini    volevano   rappresentare 

un'opera  Baerà  nel  salane  di  quel  Palazzo  Baronale  '). 

Il  15  o  16  agosto  1780,  nella  terra  di  rii  citta- 

dini rappresentarono  la  coraodia  II  Barbaro  peni  ilo  *). 


A  Catanzaro  costruì  un  teatro  il  1775  un  1>.  [gftaxlo  Schi- 
ini,  patrizio  di  Taverna.  Lo  fece  fare  nella  sua  casa,  e  per 
jpetrarne  l'approvazione,  s'obbligava  alle  seguenti  condizioni; 
ebe  avrebbe  tenuto  uperto  il  teatro  por  suo  conto,  B 
li  riusciva  di  Bttarlo;  2)  ohe  16  opera  da  recitare  sarebbero  del 
Ietiistasio.se  in  musica;  del  Goldoni  o  del  Ciarlone  (sic),  se 
prosa;  3)  che  gli  al  rebbero  presi  da  Napoli  o  da  ai- 

luogo  della  provincia,  precedente  l'approvazione  della  Giun- 
i  )  che  farebbe  pagare  un  carlino  per  la  prosa  e  due  car- 
per  la  musica.  —  Scurioso  notare  che  il  Preside  scrisse  che 
ladini  erano  molto  contenti  del  teatro;  e  che  solo  avreb- 
bero desiderato  di  pagare  un  carlino  tanto  por  la  prosa  quanto 
la  musica;  pretensione,  che  a  Napoli  non  fu  trovata  am- 
missibile ! 

La  Giunta  di  Napoli  aggiunse  la  condizione  che  nello  com- 
pagnie «  non  possano  mescolarsi  donno  di  sorta  alcuna  ,  es- 
sendo da  temere  che  donne  di  teatro  in  una   capitale  di  pro- 
>  possano  produrre   degli   sconcerti    e  della   rilassatezza 
bì  costumi  ».  *) 


')   Mar/,,  1789,   l  28 « 
9,  f.  28.° 
ii!  i.  ni ..oo  1775.  f.    'H'    D    Bernardo  Buono,  poro,  con  separato 
parere  opinava:  «  che  sia  la  domanda  «Mio  Schipani  imperli; 
immlogli  ohe  convenga  in  ano  stato  n  dove  regna  il  legit- 

•ovrauo ,  che  un  vassallo  faccia  costruire,  in  sua   caia,  un  teatro, 
nr  prepria  affittarlo  a  lucrarvi ,   facendosene 

i;  il  ohe  sa  avulso  rtTultv,  non  mancherebbero  altri  di  alti' 
<  li"  domanderebbero  lo  «tesso,  o  eoa)   andrebbe  a  crescerò  il  lusso 
pregiudizio  dello  famiglie,  e  seau  vantaggio  dello  stato  ». 


—  730  — 

Su  quest'ultimo  punto,  lo  Scbìpani  rappresentava  che 
Ma  maniera  non  poteva  .  ;  o,  e  domandai 

;ii  poterai  valere  di  quelle  che  girano  pel  Regno  conia  debita 
/.n,  Il  chi-  gli  fu  accordai  aitandosi  di  compagnie 

stali  bè  in  tal  caso  «  non 

vinciìile  introdurr*1  di  permanenza  donne  di  teatro  ».  E  gualcii- 
mese  dopo  ,  il  Preside  D.  Manuel  Coroued.  suoi 

argomenti  collo  scrivere:  «  Siccome  in  questa  città  sogliono 
spesso  capitare  dello  compagnie  ,  lo  quali,  fornite  delle  debita 
licenze,  vun  girando  |><"r  lo  Regno,  e  poi  in  casotti  rappre- 
sentano quello  commedie,  che  sono  slate  approvate  dalla  Gràa- 
i  i,  e  nelle  compagnie  sudetto  vi  sono  delle  donne,  mogli,  Ba- 
relle e  figlie  degli  uomini  attori,  cosi  invece  di  recitar  le  eoo 
io  nei  casotti,    potrebbero   rappresentarla  nel  sudetto  tes- 

')• 
gualche  anno  dopo,  uno  dei  soliti  anonimi  ricorreva  por  far 

io  che  il  palchetto  reale  di  non  restava  u 

i  urne   di   dovoro  ,    ma  era  occupato   dai   ministri   di  quel  ut 

bunale  '). 


Le  preghiere  "are  dal  Cielo  la 

ik'1  1775  anche  a  Castrovillari  in  Cala!  ..ne 

tro  il  (eatro.  Inflitti,  nell'agosto  di  quell'anno,  i  do 
cesco  Principe  ,  D.  Francesco  Barotto,  e  D.  Vincen 
grino  di  Castrovillari   esponevano  i    fatti.  Essi,  per 

festeggiar  la  nascita  del  primo  figlio  di  Ferdinando,  avevano 
recitato  con  altri  sotto  galantuomini,  la  commedia  l'Alchimut 
del  dottor  Sigismondo  ui  coll'approvazione  della  (  > 

Nel  farsi   le  preghiere  per  la  pioggia  ,  si  espose  il  San' 
in  chiesa,  e  si  fecero  delle  prediche.  Ora  il  parroc<- 
villari,  D.  Vito  Chinromoiite,  «  invece  di  trarre  gli  argo: 
dal  fonte    della  dottrina   di  Gesù  Cristo  Signor    Nostro   e  dei 


')  Agosto  1775.  f.  19.»    . 

*)  Ritorno  anonimo,  ottobre  1777,  I 


suoi  evangelii  ,  rolla  trarli  da  un'  infamante  dottrina  el- 
ettiva contro  degli  oratori  e  compagni,  e  degli  altri  galan- 
tuomini, ohe  furono  spettatori  della  detta  corrimodia,  ed  anche 
contro  del  magistrato,  che  non  l'aveva  impedita,  concitando 
contro  di  loro  la  plebe,  e  caratterizzandoli  per  iniqui  ,  di 
luti  ,  indisciplinati,  Mandatosi  6  miscredenti,  assegnando  essi 
Ila  divina  imi  he  l'effetto  di  ciò 

stato  che     h  oratori  Oggi  tono  mostrati  a  dito,  e  sono  cre- 
1 1    rei    di  gravissimo  fallo ,    non   avendone    potuto  ottenere 
niun  esito  di  giustizia  dal  Vescovo  Diocesano  ,  supplicano    la 
.  V.  di  commettere  un  esatto   informo   all'  Udienza   provin- 
e  ili  Cosenza  eoo  ordine    esproatt)    di  trasmetterò  le  carte 
alla  Giunta  degli  abusi,  ecc.  »  '). 
Vedete  in    che  disporazione  V  ignoranza   del  parroco  e   dei 
rocchiani  aveva  dovuto  metter  quei  disgraziati,  da  spingerli 
a  ricorrere  al  Re  1 


nn 

s 

allt 


- 

A  Belmonte,  nella  provincia  di  Cosenza,  si  solevano,   « 
altrove  ,  i  >   ;  opera  sacre  in  chiesa,  abusila  chiesa 

parrocchiale,   sia   in  quella  dei  Carmelitani.   Nel  1770  per  la 
'asqiM    doveva   rappresentarsi    l'Opera  del  Martorio   di  Pto- 
Siguore.  Gli  attori  erano  quindici ,  BOVO  dal  quali  ammo- 
•li  altri  '/,  persone  di  buona  Sd  vita. 

)re  della  recita  era  il  sacerdote  D.  Giuseppe  Cubelli.  La 
del  giudeo  Giuseppe  era  stala  affidata  a  un  prete,  a  no- 
ia D.  Domenico  Antonio  Porco.    Ma  costui  ,  per   quanto   ne 
B  voglia,  per  tanto  era  incapace  di  rappresentare;  cosic- 
fu  licenziato,  6  messo  un  altro  in  suo  luogo.  «  Irritato  per 
di  tale   ideato  affronto ,  con  spirito  di  vendetta  e  non   già 
Bete  formò    e  rimine  i   un  ricorso  al  Ko.    Noi  qual  ricorso 
iceva  che,  rappresentandosi  quelle  opere  sacro  negli  anni  prò 
cedenti,  s'orano  commosse  nella  chiesa  profanazioni  e  carnali 
'atti.  Subito,  il  Tanucci  ordinò  ul  Preside  che  facesse  so* 

»)  Agosto  1777,  f.  19.- 


—  732  — 

spendere  la  recita.  Nell'intervallo,  un'altra 
del  paese  aveva  cominciato  a  con-  opera  della  Deca!- 

lattone  di  S.  Gmcan  Battista,  e  affidarono  al  Porco  la  parto 
della  Furia;  ina,  dopo  qualche  concerto,  «  por  la  sua  ir 
io  era  stato  pure  licenzialo  ». 

Intanto,  giunto  l'ordine  del  Tanucci ,  il  Porco  fece 
ricorso,  esponendo    d'essere  perseguitatoti  di  quella 

scandalosa  rappresentazione.  Il  Preside,  presi  gì*  informi,  *«• 

\  chiaro  deila  calunnia.  Tuttavia,  il  Tanucci  scrissr 
avvenire-  non  si  facciano  tali  commedie  senza  che  siau 
ed  esaminate  dal  Fiscale  della   Provinola,  ecc.  »  •) 

Nel  IT'.'I  fa  erotto  nti  teatro  in  ■mlr«aCao- 

t estabili  Ciaccio  e  D.  Gaetano  Miletti;  pel  quale  essi  domw- 
davano  l.<   privativa.  Nell'aprile  91,  il   Miletti  era  in 
la  cantante  Teresa  Multa.  a) 


Quanto  nlla  iva    dei   toatri   di  ; 

eia,    oltre  ciò  che  se  D  *•■  detto  sparsamente,  si  legga  questo 
dispaccio  reale  : 


Eccellentissimo  Signore , 


s 


Confermando  il  Ho  lo  sovrano  risoluzioni  che  no'  luoghi 
Regno  ,  dove  esistono  Teatri  e  piazzo  d'arme  ,  o  fortezze  l 
presidenza  dei  teatri  spetti  ai  rispettivi  Governatori  militari,  e 
per  oasi  ai  loro  Uditori  o  siano  Assessori ,  e  non  già  al 
verno  Politico,  dichiara  che  Delle  due  citta  d'Aquila  e  Tram 
dove  concorrono  le  accennate  circostanze  di  Teatri  e  Fortez- 
ze, la  presidenza  di  tali  teatri    debba  esercitarsi    da'  risp. 
Presidi  Provinciali,  come  capi  militari  di  quei  luoghi  ,  e  Pro- 
vince, escluse  ogni  Autorità  dei  Castellani   e  de'  loro  Ud: 

')  20  luglio  1770.  V.  leu.  dal  Preside  di  Cosenu,  16  giugno  1 
T)  Carle  vario,  f.  30° 


—  733  — 

la  quale  deve  valere  fuori  delle  ordinarie  residenze  de'  Presi- 
di nei  casi  citati  di  sopra.  Nel  Real  nome  lo  comunico  a  V. 
E.  per  I'  uso  che  convenga. 


Palazzo  27  dicembre  1788. 


Ecc.mo  Signore 
Signor  Marchese  Caracciolo 


Giovanni  Acton  *) 


XI. 

Lettere  inedite  di  Luigi  Serio 

Alle  varie  già  recate  nel  testo  aggiungo  queste  altre ,  che 
non  ho  citato  per  ragioni  di  brevità. 

S.  R.  M. 

Sig." 

L'Andromeda,  dramma  per  musica  di  Simone  Palma,  è  stato  da  me 
con  diligenza  esaminato  in  esecuzione  dei  Reali  Comandi  di  Y.  M.  Ed 
ho  conosciuto  che  l'autore  ha  delle  disposizioni  per  tal  genere  di  poesia,  e 
«può  degnarsi  la  M.  V.  che  tal  dramma  si  tenga  presente  per  le  occor- 
renze del  Real  Teatro.  Dico  ciò  perchè,  quando  non  si  hanno  produzioni 
perfette  come  quelle  dell'  immortai  Metastasio ,  veglio  di  concerto  col 
Maestro  di  cappella,  acciocché  meglio  si  promuova  il  divertimento  della 
M.  V.  e  del  Pubblico,  ponendo  mente  all'abilità  dei  cantanti,  all'uso  e 
al  comodo  delle  Nazioni.  E  pregando  ecc. 


Napoli  7  ottobre  1782 


»)  Teatri,  f.  28.° 
*)  Teatri,  f.  24/ 


Umil.mo  serre  e  fedelis.mo  vassallo 
Luigi  Serio  *) 


—  734  — 


S.  R.  M. 


Sig.r 


Avendo  esaminati  moltissimi  Drammi  per  trovarne  uno , 
«eia tinto  alla  «impagina  dei  Cantatiti,  che  attualmente  servono  nel  Heal 
Teatro  di  S.  Carlo,  mi  è  sembrato  il  più  opportuno  Ykrtaaeru  del  grai 
Melastasio.  Il  Tenore,  che  si  distingue  assai  per  un  «autare  vibralo, 
può  sostenere  ron  molto  buon  successo  il  carattere  di  ArtahaDo;  il  primo 
coprano  è  meravigliosamente  disposto  per  rappresentare  il  personaggio 
di  Arbitro;  e  la  prima  Donna  resta  anche  situata  in  maniera  cho  poò 
uel  carattere  di  Mandane  segnalarsi.  Se  V.  M.  non  giudica  altrimenti 
potrebbe  degnami  di  ordinerà  che  l'Aitasene  suddetto  venga  sUbill'o 
per  l'opera  del  4  novembre  di  questo  corrente  anno  1783,  e  quando  idd 
real  Clemenza  S.  M,  cosi  disponga  potrebbe  degnarsi  ancora  di  Ortli 
pare  che  non  si  faccia  mutazione  alcuna,  salvo  il  virgolarlo  per  render 
più  breve.  E  come  l'ultima  aria  del  primo  atto  è  tale  die  per  le 
siche  (ria  fatte  non  vi  ù  maestro  di  cappella,  che  voglia  porvi  [j 
potrebbe  V.  M.  comandare .  che  delle  due  arie ,  che  cantar  dombbflrt) 
nell'ultimi!  atto  stesso  il  Primo  Soprano  o  la  Prima  donna,  se  ne  farei* 
un  duetto ,  il  che  è  di  molto  facile  esecuzione  e  non  turba  in  mattami 
parte  la  bellezza  del  suddetto  ruernvijrliuso  l  Ira  rama  .  che  pur  da  noli' 
anni  non  ai  è  veduto  su  questo  scene  regali.  Auguro  a  V.  M.  la  tw 
gioi'i  prosperila  e  innanzi  al  Ref?al  Trono  mi  prostro. 


Urlo 

INO 


Napoli   IR  agosto  1783 


D.  V.  M. 

Umil.mo  serv.re  e  fedel.mo  vassallo 
Luigi  Serio  ') 


S.  R  M. 


Sig.r 


In   esecuzione  di  Real    comando  in   data  dei  17    settembre  1783,  b° 
letto  il  dramma  di   Gabriele  Boltri,  intitolato  Adone  e   Venere,  ed  aven- 
dolo attentamente   esaminato  tanto  per  le  regole  dell'  arte ,  quando  per 
le  circostanze  attuali,   e  dei  cantanti  del    Real   Teatro,   ritrovo  esse*^* 
sufficiente  merito  nella  poesia  ,  e  mi  sembra  opportuno  assai  per  la  *"*' 
spettiva  abilità  dei  cantanti  medesimi,  tanto  più  che  corrisponde  ai  ***5 


>)   Teatri,  f.  25.° 


Jerii  del   ma< 


uno,  cho  chicli-  un    Dramma 


»n  Cori 


e  di  lieto    argomento,    e  sarebbe   difficile   rinvenire    o   couiporne   in  si 
brere  tempo  un  altro,  e  di  -merito  maggiore.  Potrebb  .  la  M.  V. 

degnarsi  di  ordinare,  che  si  fnecin  rappresentare  noi  Rcal  Teatro  di  S. 
Carlo  par  l'opera  del  Carnevalo  prossimo  venturo  cou  Ugf  lift  fi 

cambi  cosa  alcuna;  perchè,  ordi  nana  mente,  i  cantanti  cercano  di  .vn 
caio  al  loro  capi-imo   la  gloria  del  Tu  u  toro,    «  il  divertimento   ili  V.  M. 
e  del  qui  il  i   I '.-minia  risalendo,  pin  il- 1  pregio  della  poesia, 

l'economia  drilli  arie,  I.a  prima  donna  chiudi)  l'atto,   p  può  il  maestro 
segnalarsi  collari  a  il  tenore  ha  nel 

prim  itala  moli  e  nel  aecon  •  ll'-nlo  aria 

di  duo  caratteri.    11  primo   soprano  ha  nel  primo   atto  ancora    un'aria, 
elio  ci  adatta  ostai  Lune  olla  di  lui  abilità,  o  nel  secondo  canta  un'a- 
.  a  cui  potrebbe  adattare!  un  miiiiirUino,  eh' è  tonto  oggi  gl'adito, 
e  si  trova  ordinariamente  rigettato  nello  ultime  iceue  del  ter»  "alto,  cioè 
in  tal  nituazionu,  in  cui,  secondo  il  nostra  costumo,  non  può  ees«r  da 
ili  ascoltalo.    I  cori  sono  ben  situati  tutti ,   ed  essendo  alcuni  di  e»i 
trecciati    coi  balli ,  non   danno    incomodo   ai  Ballerini  per  prepararsi 
'Balli  grandi  nella  Boa  degli  atti;  i  recitativi  non  aon  lunghi,  e  l. 

•cu  distribuite  in  maniera,  che  possoa  dare  diverso  tinte  all' ar- 
ti ,  e  molto  agio  ai  primi  cautauli ,   acciocché  uno  non   canti 
'altro.  Le  Beane  per  Lo  spettacolo  sono  egregiamente  disposto,  | 
a  tono  molto  le  ,  o  ce  ne  sono  due,  una  nel  primo  atto  e 

nel  secondo,    ch'eseguite   dal  mirabile  architetto  ■•    del 

'eatro,  possono  giungere  tino  alla   sorpresa.  Umilio  questo   parer»!  alla 
ae  intelligenza  di   V    M.  B  •  "i  auguro  e  lunga  e  felice  serio  d'anni 
Con  pTOfc  iOO  mi  prostro  innanzi  ni  Keal  Trono. 


Napoli  il  .1  ..ibre  1783. 


D.  V.  M. 
Vmil.mo  *rc.  *  ftdel.mo  rassailo 
io  •) 


S.  R.  M. 


i.l'iiii. ■■••  iati    a  11  Impresa  del  Teatro  Nuovo  mi  hanno  esibita  una 
commedia  ,  Lo  scopa  I  Car- 

iale ilei    I  . 


Uri.  L  S&> 


—  736  — 

Mi  nono  accorto  eh'.'-  la  stessa  dio  Brevi  l'altra  titolo  di  farri* 
Fortunata,  i  li»  dn  me  fu  proibita;  ma  si  sono  fn  essa,  fatti  multi  esja- 
hiaroenti  no"  person.i  i  li  essi,  e  sono  olire  a  nàò  somo- 

dali  tulli  (pi.-;  i  -m.-i-iiì.  ih  contattavano  equivoco  indecente,  o  m»BÌ6*U 
oscenità ,  a  allueiom-  poro  onesta.  E  lìiialtnunte  a!  o  dileguato  ogni  »• 
spetto  di  salirà  personal''.       |  •guenta   dogli  uliiaù 

regali  ordini  a  me  comunicati,  ho  data  In  min  approvazione,  «  rimati* 
l'originale  alla  M.  V.  acciocché  vegga  le  correzioni  fatte  dall'autore  E 
augurando 


Napoli  il  di  29  novembre  1786. 


■'■tsimo  tee. 
I. in  »  Sun» 


S.  R.  M. 


Signore 


Ho  con  molta  attenzione  letto  il  dramma,  die  ha  p 

bulla  chi  offenda   i  d  la   *o*rauita,  né  il  pubblio» 

docoro,  né  |]  costumo;  ma  debbo  umiliare  alla  M.  V.  rhe  (imMUnloa 
da  parte  il  marito  della  poesia,  che  u/gi  non  hì  pone  più  a  calcolo  a» 
drammi   net  musici),  il  naloi 

Dal  Roal  Teatro  di  8.  Carlo  |x«r  geo  -.i.  Impose* 

che  i  cori   troppo  frequenti  leccia  ti  coi  balli  non  sono  W 

gotto  dalli  mmono,  •  m  i  visus» 

in  titolato   Adone   «   Venere  e  poi  coli 'altro  ,  a  cui   srriase  la 

maestro  PaUiello.  L'uuipkuza  dol  teatro,  la  distrazione  naiiot 

risti  rum  Ut  ititi  ti  per  tal  sorte  di  spettacoli,  l' esecuzione  pri«a  di  agri 

■  ■  '«se,  e  dilettazione,  formeranno  nn  perpetuo  ostacolo  albi  riu- 
tali  aborti  dramuintici,  o  accruscoudo  oltre  misura  il  dispendio. 
in  gran  parm  il  di»  il  piacer  u. pagaia  dei  i 

tanti  ii  pure  proporzionata  al  drammi  ione,  polca*  I 

Giorgi    Banti  è  ottima  contatrice)    ma  per  difetto    di    s.v 

di   Annida:  il  soprano  Cresoenliui  languirebbe  I 
solutamente  noli' eseguir  :  iti  di  Rinaldo,  a  il  bravo  tenore 

abbiamo  resterebbe  quasi  inutile ,  poiché  in  questo  dramma  non  Uà  1* 
parte  corrispondente  al  «no  valore.  Per  questo  riflessioni  stimerei  «*»• 
non  «i  rappresentasse  il  dramma  che  V.  M.  si  è  degnata  di  rimsttO*"1 
alla  mia  revisiono,  e  che  si  passasse  alla  s«v»|ia  di  altro  Dramma.  Pi  ^9F 


—  737  — 

l'Altìssimo  che  prosperi  sempre  la  M.  V.  E  con    profondo  inchino  al 
Rea!  Trono  mi  prostro. 


Napoli  il  di  11  giugno  1788 


D.  V.  M. 

Umil.mo  e  fedel.mo  serv.re  e  vassallo 
Luigi  Serio  ') 


XII. 

Architetti  teatrali 

Moltissime  carte  mi  son  passate  tra  mano ,  riguardanti  ar- 
chitetti teatrali.  Specie  alla  morte  dell'  architetto  in  carica ,  o 
quando  sembrava  che  dovesse  vacarne  il  posto,  s'affollavano  le 
domande  dei  concorrenti,  ognuno  dei  quali  tesseva  la  sua  bio- 
grafia, enumerando  le  opere  compiute.  E,  giacché  in  queste  espo- 
sizioni vi  sono  notizie  di  un  certo  interesse  ,  darò  una  rapida 
indicazione  delle  principali  di  queste,  carte. 

Una  prima  folla  di  domande  si  trova  quando,  nel  1762,  mori 
Vincenzo  Re.  Tra  i  concorrenti  furono  D.  Paolo  e  D.  Simone 
Saracino ,  figli  di  Francesco  Saracino,  uno  degli  ultimi  archi- 
tetti teatrali  del  S.  Bartolommeo.  Essi  dicono,  che  prima  aiuta- 
vano il  loro  padre,  e  poi  «  in  questa  città hanno  esercitata 

la  loro  professione  cosi  per  1'  altri  teatri  come  come  per  le  più 
magnifiche  macchine  di  sepolcri  di  chiese  di  Dame  Monache 
ed  altre  feste  ;  fra  quali  quella  annuale  delle  quarant'  ore  nel 
carnevale  nella  S.  Chiesa  del  Gesù  nuovo  dei  PP.  Gesuiti,  ed 
in  occasione  della  S.  Festa  e  fuoco  artificiale  fatto  nel  borgo 
di  Ghiaia  dall'Ambasciatore  di  Francia,  che  riuscì  di  sommo 
piacimento  a  questo  pubblico  ».  E,  in  ispecie,  D.  Simone  Sa- 


')  Teatri,  f.  27.°  Un  fratello  di  Luigi  Serio,  a  nome  Leopoldo,  stava 
nel  1787  relegato ,  a  domanda  delle  famiglia,  nell*  isola  di  Pantelleria. 
Varie  carte  che  lo  riguardano  —  f.  27.° 

49 


—  733  — 


rocino  «  per  il  corso  non  interrotto   d'  anni  20  ha  veniio  ai 
attualmente  sta   servendo  la    Piazza   del    Popolo ,   nelle  no 
feste  del  Corpus  Domini,  annualiler  cella  Piazza  dfl  I 
nelle  mncchinc  che  ivi  si  fanno  e  nelle  quali  6  inter 
R.  Persona   di  S.  M.  e  quella  del  Monarca  dell 
BOOM  parimenti  per  le  solito  annuali  cuccagne  i 

deschi  nella  piazza  del  R.  Palazzo  ,  delle  quali  si  «raàw 
Maestà  Cattolica  riceverne  nella  città  di  Caserta  li  disegni 
perfezionali;  lo  che  è  noto  al  passato  Eie'  >\ «polo,  che 

aveva  l'onore  di  presentarceli  ». 

Ci  fu  anche  un  D.  Filippo  de  Pasquale  ,  che  aveva  ssrri» 

in  varie  occasioni  Carlo  III  ,  or  od  ni  (  lo  la  sta» 

sorto  che  ha  molli  anni  al  V.  Rad 

Ì7.io  per  gli  ornamenti  e  altro  che  occon  ilcona 

nell'abitazione  «lei   Principe  di  Jaci  *. 

Giovili   Maria  Galli  Bibiena  ,  I*  architi 
logna,  pregava  che  fosse  i  [a  carica  : 

tallo  minore  Antoni*         i   piale  bave  animo  di  portarsi  in  'jue*u 
vostra   Capitale,  per  aver  l'onore  di  (ar    le  pitture 
appartamenti  del  vostro  Elea]  Palaia 

Ma  sul  raccomandatore,  non  sul  raccomandato,  s'  app 
vano  gli  occhi  della  corte  ili  Ni 
tane  Centomanij  scriveva  da  Romo 

nucci:  «  Egli  è  bolognese  d'uni  lis  già   nota  e  dirami» 

in  varie  pani  per  motivo  di  teatri;  ed  in  "i 
è  pari  al  celebre  suo  definii. »  Padre  «  Zi"  ,  non  e  certamenU 
inferiore  ad  altri  archilei 

tintamente  fabbricato  di  ri,  l'uno  in  Bologna,  l'altro 

Siena  con  Boa  ico;  sebbene  rispetto 

quello  di  Bologna  si  dimostra  malcontento  per  non  essere 
ni  lune  le  parli  eseguito  il  suo  disegni  'Iella 

maggiore  obe  vi  sarebbe  occorsa  ;  ond'egli  ne  ritieno  il 
in  legno  per  propria   cautela.    Ora  6  restato  vedovo  con 
i  ini  'ili  figlie,  6  generoso  nel  suo  vivere,  vive  perciò  in  an 
facile  ai  logna  ».  A  li  i  v'era  «  archi 

particolare  pei  teatri:  si  Bono  peri  i  nello 

•  scene   li   due  architetti   Pasi  e  Furi,  ma  cioccha 


—  739  — 

sanno  fare ,  ben  e  molto  meglio  far  lo  potrebbero  cotesti  cav. 
Fuga  e  Van vitelli  ». 

E  il  Zambeccari,  da  Martignano,  il  22  agosto  1762,  dice,  tra 
'  altro  sul  Bibiena  che,  «  se  alcuno  vuoisi  abboccare  con  Bi- 
>iena  e  dal  discorso  di  lui  formare  idea  e  concetto  del  suo  va- 
ore  ,  non  potrebbe  che  riputarlo  mediocre  uomo  assai  nella 
stessa  sua  professione ,  tanto  è  egli  infelice  di  termini  e  d'  e- 
jpressioni  ».  Ma,  quando  si  metteva  all'opera,  nessuno  l'aggua- 
gliava. Era-  stato  prima  a  Vienna,  alla  Corte  imperiale,  «  dove, 
infra  le  altre  cose,  per  certa  occasione  di  festa,  fece  di  pianta 
un  anfiteatro ,  che  gli  acquistò  gran  nome  e  riputazione  ». 

Il  Finocchietti ,  invece,  da  Venezia  (28  agosto),  annunziava 
che,  presi  informi,  «  il  migliore,  e  più  stimato  da  tutti  per  idee 
vaste,  vien  considerato  il  pittore  Jolli.  Dopo  di  questo,  Giovanni 
Paglia  di  Reggio  ha  gran  credito  per  machine,  ed  è  bravo  e 
pronto  nel  travaglio  ».  Quanto  al  Bibiena,  «  è  bravo,  ma  più 
di  nome  che  di  fatti;  in  Parma  alcune  cose  fatte  non  sono  state 
gustate ,  e  alcune  si ,  perchè  ha  molti  disegni  dei  suoi  vecchi 
tanto  rinomati;  ma  gli  si  trova  il  difetto  da  tutti  eh'  egli  non 
si  serve  che  d'un  colore  da  per  tutto,  di  chiaroscuro  ».  Quanto 
al  Grassi,  anche  di  Bologna  «  ò  un  architetto  assai  buono,  ma 
non  della  forza  dei  sudetti  ».  I  Mauri  di  Venezia  «  sono  stimali 
gli  più  deboli  di  tutti  »  '). 

Il  Grossatesta  proponeva ,  e  fu  accettato ,  come  sappiamo, 
il  Jolli. 

Il  quale  Jolli ,  alcuni  anni  dopo ,  nel  1768,  faceva  una  sup- 
plica, e  cominciava  col  dire  che,  «  ritrovandosi  in  Inghilterra, 
fu  chiamato  dalla  Corte  di  Spagna,  affine  di  regolare  e  com- 
ponere  qual  teatro  per  le  feste,  che  in  esso  si  celebrarono  per 
il  matrimonio  dell'  Infanta  di  Spagna  col  Duca  di  Savoia  ,  in 
dove  dimorò  al  R.  servizio  ,  per  lo  spazio  d'  anni  sette  ;  ma, 
aggravato  da  alcune  malattie  e  reumatismi ,  fu  obbligato  por- 
tarsi in  questa  citta  a  prendere  dei  bagni,  stufe  ed  aure,  e  nel 
tempo  che  nella  medesima  com irrorò  ,  venne  a  mancare  il  so- 
vrano di  Spagna,  per  qual  motivo  non  stimò  passare  di  vantaggio 

»)  Teatri,  f.  13.» 


-  740  — 


nella  prefata  corto  ».  Mori  intanto  Vincenzo  Re.  ebbi 

Io  carica.  E  per  Bei  anni  aveva  «  f 

Vicari!  ili  questo  \i-  ■  :u  Caserta, 

per  le  opere  all'  impronto   che  si  sono  rappres.  > 

.'imi  di  V«"  M."  nel  Carnevalo  i  i  ed  ancora  il 

ero  nella  li.  Cappella  ».  Inoltre,  a  dipinse  dodici  quadri 
sopra  porte   por  lo  Camere  dell'  Udienza  di  V.  M.  e  del  letto 
della  Regina  N.  S.   -  ,  aveva  «  posto  in  rag 
Corto  l«  dipinto  lo  sceuario  per  la  serenata  i  i  tw- 

irimonio  di  V."  M.*,  di  maniera  che  servisse  ancora  por  il  R 
Teatro  di  S.  Carlo,  con  grandi  sue  fatiche  e  stonto  per 
segno  delle  colonne  Salomoniche  ».  Chiedeva,  dunque  una  pen 
sione  vitalizia  di  10  ducali  al  mese,  come  l'aveva  avir 
&S  ;  che  gli  fu  concessa  'V 

Nel  1771  corse  voce  che  il  Jolli  voleva  ritirarsi.  Ed  ecco 
bilo  la  supplica  di  un  Carlo  I  he  diceva  : 

esercitato    in  varie  operazioni   fin  dalla  sua  tenera  età  pre* 
Giuseppe  Bibicna  Padre  ben  nolo  a  tutta  Europa;  il  quale  ebbe 
l'  onore    di  servirò  In  M.ta  di  Carlo  VI  ,    la  Corto  di  Ti 
Venezia,  Bollognia,  Ifl  o  bop 

opere  date  alla  luce  |  io  della  G  li  tutte  I 

ni  da  lui  fatte,  che  pi 
si.  —  Noli'  Etta    poi   di  anni  14  esso  suplicante    fu  chiamati] 
alla  Corte  del  Margravio  di  BayraQth  ,  che  vi  suede  anni  1'. 
passò  al  servizio  del  Duca  di  Braunsvisk   varij  anni.sen 
all'  Ocasioni  L'  una  e  1'  altra  Corte  avvondo  fatto  di  verve  0 
razioni  in  tal  lampo  io  Sassonia,  od  in  Gandra  ed  altre  parti, 
ed  indi  fu  chiamut"  in  I.  ndra.  E  Qualmente  alla  morte  del 
dre  fu  chiamato  alla  Corte  di  Berlino  per  essersi  da  quel 
vrano  vedute  le  sue  operazioni.  E  perchè  da  d*  Corte  di 
lino,  ove  stava  situato  al  servizio  di  quel  sovrano,  è  dovul 
cessariamente  partirsi  a  cagione  di  sua  moglie  Itagliano. 
andando  di  male,  in  peggio  nella  sallute,  fu  da'mi 
•li  ritirarsi  in  It  si  ritrova  in  Napoli,  ovo  noi 

IruttcniiiHinu.  (inora  a  dat>.  varij  saggi  della  sua  picco!.. 

•)  Teatri,  f.  i5.- 


—  741  - 

solo  in  Coso  particolari  ,  ma  anche  in  servizio  di  V    \l.: 
31  nel  Real  teatro  di  S.  Carlo,  corno  nel'  Opera  premeditata 
Carnevale   m1  v.  i:.  Teatro  di  Caserta.   Quind    i  • 
issare  in  questa  Capitale  e  desiderando  d'  aver  t'  onore  di  ser- 

la  M*  V.a    in  tutti  quelli  impiaghi  che  si  esercitane 
Jolli  ». 

E  anche  D.  Giuseppe  Baldi,  pittore  napoletano  .  ohe  aveva 
i  nel  S.  Carlo,  e  in  inni  i  reali  teatrini  chicli  v.i  lo  stesso. 
Ma  fu  risposto:  «  Jolli  non  ha  rinunciato,    ma  sta  fuori  con 
del   Re.  Onde  s'  informi  meglio,  e  poi  ricorra  »  [). 
Nel  1777,  dovei'  rvero  roatituire  il  .folli,  oì  Ai  Iti 

lita  ressa.  Chiesero,  dei  napoletani,  un  Domenico  Scelzo,  un 
Gaetano  Magri,  e,  con  molto  suppliche,  Giuseppe  Baldi.  Il  pri- 
lli... dice  la  Giunta,  «.  ha  medioon  abilita,  la  quale  nèaperi-* 
meritato  piuttosto  nella  esecuzione  che  nella  invonziono  ».  Il 
secondo  «  ha  ottimi  riscontri  ,  ma  nel  genere  di  dipingere  a 
ento  Grotteschi,  od  è  pieno  il  real  Palazzo  delle 
•li  lui  opere,  essendo  stato  egli  impiegato  a  dipingere  -  n  l 
menti  in  tutte  le  reali  ville  e  delizie.  Dipinse  anche,  sotto 
la  direziono  dell'architetto  Van  vitelli,  la  sala  di  ballo  fatta  Ih 
taro  dal  Duca  d'Arcoe;  ma  Don  si  ha  di  im  alenila  eperienza 
il  genero  di  dipingere  scene  e  teloni  di  teatri,  eh' è  un  altro 
particolare  ;  né  si  e  neppure  cimentai  i  •  formare  qualche 
•nario  in  uno  dei  teatrini  della  Capitalo  o  Corte  ».  Giuseppe 
Snidi,  invece,  fin  dal  tempo  dell'  erezione  del  S.  Carlo,  aveva 
;  Botto  il  Miglimi,  poi  sotto  il  Re,  poi  col  Jolli;  e  dal  78 
poi  si  può  dire  che  avesse  fatto  tutto  lui,  «  essendo  il  Jolli 
i formo  »  *). 

ut...  i  soliti  informatori  della  Corte  di  Napoli  passavano  a 

?gnn  quanti  architetti  teatrali    e'  erano   allora  in   Italia.  Il 

ibeccari,  il  6  luglio  77,  >la  Bologna,  ne  proponeva  tre.  Pi 

Belano  Alenami,  «  uomo  libero,  dell' età  di  circa  10  anni, 

i  struttura   un  poco  gracile  ;  egli  ò  scolaro  ilei  Diuturni, 

ha    ovunque   seguilo  in  ilhimi    lampi  il  fu    Antonio 


')  Apr.  1771.—  Teatri,  f.  16.° 
■mia  13  giugno  77.—  TV. 


—  742  — 

era  .  possiede  lo  migliori  regole   della  prospetta 
0  variti  scene,  0  sempre  ale;  nella 

la  citta  di  Forlì  invc 
e  ne  riscosse  la  pubblica  ammira  <<  ai  * 

min  da  teatro; 

tanta  cognizione   quanto    basta   per   dni> 
■II.     '  :  .   ».     li    ai 

■i  noè- 
fuori  d' Italia  ,  o  si  C   trattenuto   per   tale  «area 
quattro  anni  in  Inghilterra,  Mi  assicurano  i 
vendono  e  nell'eseguimento.  Anch'agli  non  manca  d' rogasi 

|  ri     ,|i.     |     ,-l    |  ■     .i     :ii;n 

.■  si:  <  Mandi  ,    «  nomo   libe 

quarantacinque  anni.  Per  cinque  anni  e    stato  per  ri 
d.'llu    Germania.    Kgli  ha   fallo  per   semplice   suo  studio  uok 
ridi  di  disegni  sconarii.  Ultimameli  pianto  mi  vHa 

dell'  iiiso  in  particolare   incontro  ne' se-  lei  tra- 

ila all'  un  dipresso  un  talento  eguale  agli  ultn 
due  per  le  macchino  te 

Lnjgì  Capeco  Galeota,  ambasciatore  a  Torino 
proponeva  il  Cagliari,  ch'era  i 

artista  di  tal  genere,  che  dipinga  da  m  -i  «j-s* 

sto  Teatro  II. ,  ed  il  quale  è  stato  più  volte   chiami; 
plaudito  in  Vienna  ed  in  Berlino».    E,  da  Miluuo,  colli 
data,  Antonio  Contolli  scriveva  :  «  V  ha  tro  fratelli  Galeari  i 
questa  professione,  uno  dei  quali  particola     i  lia  r» 

applausi  e  qui  e  alla  Corte  di  Sardegna  a  a  quella  di  Berlina 
Ma  tutii  e  (re  essendo  a  K  sebtan 

mollo  u  disMi  nella  piti  •••Ila  scene, ad- 

l'architettura  artificiale,  poco   valgono  nella  direzione  d-' 
chine;  nella  quale  parte,  assistito  da  essi,  il  teatro  di 
sempre    o   mediocremente    o   malamente    sai 
inoltre  a  «  un  corto  Quaglia,  milanese, 
qusicii  olarmen  ia  e  in  l''i 

nìa;  ma  agli  manca  di  qui  da  mol  i  ». 

Il  Pinocchi  otti  da   Venezia  (28  giù  oneva  un  ul  L 

ronzo  Darti  ti.  Il  Marchese  Caracciolo.da  Parigi  (  \ 


—  743  — 

che  in  Francia  era  inutile  cercare,  perchè  si  servivano  appunto 
di  professori  italiani,  e  a  Parigi,  in  quel  tempo,  di  un  tal  Ser- 
vanone. Il  Conte  Michele  Pignatelli ,  da  Londra  (5  agosto) , 
dice  che  ivi  erano  due  valentuomini.  «  L'uno  ó  il  signor  Co- 
lombo, milanese,  l'altro  il  signor  Loulherbourg,  tedesco.  Il  pri- 
mo è  stato  impiegato  ne'  due  ultimi  scorsi  anni  in  questo  tea- 
tro dell'  opera  di  Haymarket  come  pittore  e  machinista  ;  e  il 
secondo  lo  è  stato  da  alquanti  anni,  e  lo  è  tuttavia  in  quello 
di  Drury-Lane.  Ho  veduto  d'entrambi  bellissime  decorazioni  e 
machine  d'ogni  genere,  eseguite  nei  rispettivi  teatri  con  arte 
maestra  per  lo  disegno,  colorito,  e  architettura  ».  Cominciò  le 
trattative  col  Colombo,  «  preferendolo  all'altro  nella  mia  men- 
te, sol  perchè  ho  veduto  le  sue  decorazioni  nel  teatro  di  Hay- 
market ,  il  quale ,  per  essere  il  più  spazioso  d'  ogni  altro  in 
Londra,  e  per  essere  addetto  alle  opere  drammatiche  italiane 
in  musica,  mi  pare  più  comparabile  al  teatro  reale  di  S.  Carlo 
di  quello  di  Drury-Lane,  ove  soltanto  si  rappresentano  trage- 
die, comedie  inglesi  e  pantomine;  oltre  a  ciò,  egli  è  uomo  culto, 
istrutto  e  di  professione  pittore ,  ed  architetto  teatrale ,  della 
scuola  di  Bibiena,  per  quel  che  mi  vien  detto  e  di  più  con  ap- 
provazione ha  servito  il  teatro  di  Milano  e  quello  di  Torino, 
nell'assenza  dei  Galeari  ».  *) 

Ma,  come  anche  sappiamo,  non  venne  nessuno  dei  proposti, 
e  il  nuovo  architetto  teatrale  del  S.  Carlo  fu  il  fiorentino  Do- 
menico Chelli. 

XIII. 

Permessi  dì  recite  in  case  private 

Negli  ultimi  anni  del  secolo  XVIII  furono  sottomesse  a  ri- 
gorose disposizioni  le  recite  nelle  case  private;  chi  voleva  dar 
in  sua  casa  un  qualunque   divertimento  drammatico  ,  doveva 

')  Carte  vario.  Teatri,  f.  21."  Noi  f.  &J.°  ci  sono  le  suppliche  dogli 
architetti  Gaetano  e  Giuseppi'  Magri,  D.  Francesco  Securo,  D.  Antonio 
Stefanucci,  o  Giuseppe  Baldi,  per  ottenere  di  succedere  al  Jolli. 


—  744  — 


ierne  il  permesso.  Permesso  che,  a  dir  iccorsava 

Gli  unii  pei  quali  se  ne  tra  ini 

- .  i   l'I  'ila  Zecca 

>ero  di  poter  rapprese] 

mezzo  in  musica:  /  finii  informi ,  e  la  comedi*  io  prò*»,  il 

•ni-  li.  Piarti  .  de  Philipp»,  in  «si 

casa,  V Abbott  COjjfètOtO]   D    Carlo  Po                       >//-roWa»i. 

i    Vito  d'Alessandro,  la  i«efcr 

uo  Laudolfi,  ini.  D.   Tiberio  burli.  itii  de  Simone, 

il  Iginio  giardiniera;  Leopold"  lodi- 

no, il  Caprettaro,  la   Turca  fedele;  i  Bgli   di   l> 
zn  ,  in  casa  dol  padre ,    commedie  all'  impronto  ;    D.  Gaetano 

1 
che!.  irò  dal  corpo  bianco;  D.  Melchiorre 

berti,  I  I -l'iil. •  Valente,  <-o medie  all'i 

pronto  in  sua  casa;  D 

ciò  Maria  Riccio,    la  Finta  contatrice,  e  /  ne 
Cerlone;  Savorio  Roggi  aedie  ali 

il   /'  'a;  ecc.  ecc.  E,  via  via,  durante  qeek 

1  inni  i.  D.  Vmoenzo  Stella;  ra  di  S.  -  I  ni 

Michele  Gambordolla,    la   Doralice   del    Cerlone,  e  U 

t<ì  o  tia  S.  Raffaello;  D.  Vincenzo  de 
li  Vito  Carrelli,  i 

•ma  o  wi 
e  V  F.Unu  romito,   1»    Gaetano  Nardo,  il  secondo  Giobbe  o 

.  I)    Francesi 
dolo  ,  I).  Luca   Uulzui  'im  e 

lo  Nocera,  l'opera  sacra  6  /tornita;  Camillo  Ci 

rfnellij     per  rappresentare    in  casa  tosti, 

tragicomedia  Gli  amori  nnenturati;  Leopoldo  Galeou ,  l'i 

PaequaU  Ba  i  permesse 

rappresentare  l'opera  La  Notata  ■■' 

I  Collegio    dei  Nobili  ,    permottoudoai    invoce 
(media  profana,  1'  One  fiorata. 

Nel  1792  furono  dati  pernio- 
A  D.  Andrea  Palina  —  Couiedie  all'  impronto. 


—  745  — 

A  D.  Francesco  Giura  —  L'usurpatore  punito. 

A  D.  Michele  Gambardelìa  —  Non  ha  cuore  chi  non  sente 
pietà. 

A  D.  Carlo  Ungaro  —  Gli  amori  fortunati. 

A  D.  Giuseppe  Vitelli  —  //  Bandito  onorato. 

Al  D.r  Filippo  Bozzaotra  —  Il  Traditore  per  vendetta,  co- 
inedia  del  Principe  di  Canneto,  rappresentata  già  in  casa  di 
costui,  e  poi  innanzi  al  Re. 

A  D.  Carlo  Portanova  —  la  burletta,  il  finto  Micaletto. 

A  D.  Benedetto  Torre  (in  casa  di  D.  G.  M.  Eccevarria)  — 
//  Mentire  per  vendetta. 

A  D.  Giuseppe  e  D.  Domenico  Mancini  —  Comedie  all'  im- 
pronto. 

A  D.  Decio  Riccio  —  //  S.  Pasquale  Baylon,  le  commedie 
del  Cerlone:  La  Turca  fedele,  Gli  amanti  inglesi  e  II  generoso 
Indiano. 

A  D.  Baldassarre  Monti  —  Gli  eruditi  in   Villeggiatura. 

A  Onofrio  Scarpa  —  S.  Maria  Siriaca. 

A  Pasquale  Valente  —  S.  Maria  Maddalena  dei  Pazzi  ,  e 
comedie  all'impronto. 

A  D.  Antonio  Puzip  —  La  superbia  avvilita. 

A  Filippo  Cerilli  —  //  Cassettino. 

A  D.  A.  Vitolo  —  //  S.  Pasquale  Baylon. 

A  D.  Francesco  Marotta  e  a  D.  Gaetano  Perrone  —  La  Da- 
ma maritata  vedova  e  zitella,  del  Cerlone;  Gli  Amanti  sven- 
turati ;  Il  Delinquente  per  necessità  ;  Dopo  la  tempesta  la 
calma. 

Alla  compagnia  dei  giovani  del  gioielliere  Tufarelli  (in  casa 
Piscicela)  —  UArsace. 

A  D.  Domenico  Sansone  —  la  tragedia  ì'Odoardo,  colla  farsa 
la  Tarantola. 

A  D.  Francesco  Progenie  e  a  D.  Gabriele  Andolfo  —  L'Al- 
chimista o  sia  gli  amanti  sventurati. 


—  746  — 


XIV. 


Notizie  di  cantanti,  ballerini,  ecc. 

Nello  carte  dell' Amministrazione  dei  teatri  (  1 7-'* 
servate  nell'Archivio  di  Stato,  oltre  il  materiale  del  quale  un 
suri  servilo  per  la  mia  esposizione  vi  sono  molte  altre  aotiiia 
riguardanti  cantanti,  ballerini,  e  altri  artisti,  le  quali  itsciwirm 
dal  quadro  del  mio  lavoro.  Ne  raccolgo  qui  alcuna,  che,  colle 
altre  di  queste  appendici,  varranno,  come  spero,  a  render  com- 
piuto io  spogli- •  di  .ju.'ih  •ougdrta  jjmaeaga  <ii  caru-,  bmbb  più 
costringere  un  alti'  -m.  In. so  a  percorrerle  da  capo:  cosa  MI 
t  '  ..<  lini  che  facile  e  piacevole.  Non  che  non  vi  sarà  rv 
cora  qualche  cosa  da  spigolare;  ma  sarà  cosa  di  pò 


* 
»  • 


Nella  lettera  del  21  novembre  1751  doli'  Impresari  i  I 
oltre  le  notizie  gin  riportate  (p.  (36-7),  sullo  .s/it/'j  il''!  ' 
doune  celebri,  ce  ne  sono  altre.  Sui  primi  soprani  dice  ; 

Convengo  con  il  Pubblico  elio  Cafarelli  dovria  mutarci,  perchè  0 
vuol  cantare,  o  più  non  lo  può,  avendo  già  ri nquanfanni  di  vita ,  ed  I 
dato  ad  impinguare  :  perchè  li  suoi  recitativi  non  l'esprime,  perche  m»*" 
mena  la  comica,  perchè  obbliga  i  compositori  di  musica  a  scrivergli  <*" 
modo  e  largo,  sfuggendo  le  arie  fugate,  e  di  scena,  per  sparmiar  fatig»'- 
ma,  dimando  al  Pubblico,  chi  mai  chiamerassi? 

Carestini  è  al  servizio  della  Corte  di  Prussia  e,  sebbene  dice  che  ritor- 
ni in  Italia,  non  si  sa  però  quando  e  con  quaF  impegno  e  volontà;  è  eg*^ 
più  vecchio  assai  di  Cafarelli  e  non  canta  più  il  soprano,  ma  il  contrai**5 
e  commodo. 

Elisi,  che  fu  qui  già   da  due  anni  e  non  incontrò  gran  fatto  ,  no» 
però  nella  riga  di  primo  primo,  o  da  porsi  al  confronto  de' due  nomin* 
ed  oltre   a  ciò    ha  preso  impegno   o  con  la  corte  suddetta  di  Burlino1 
di  Madrid,  come  mi  viene  avisato  da  Venezia.. 

Manzuoli  ch'è  del  peso  stesso  dell' Elisi,  che  in  tempo  della  R.  Giù  *- 
e  mio,  ha  cantato  sempre  da  secondo,  sento  sia  molto  avanzato  a^^ 
musica,    sotto   la  disciplina  dell'insigne  Farinelli,   e  sento  ancora    -^ 


747 


torni  in  Italia,  ma  ciò  seguirà  nel  venturo  anno,  orni.'  può  riserharseto 
il  mio  successore.  Io  poro,  o  tutti,  ci  ricordiamo  che  ila  secondo  soprano 
non  piacque,  o,  al  più,  BOB  db] 

cantabile,  patiti  i  aoa  saprai  nota*  suri  rkénito   la  q  i  atto  svo- 

gliato incontentabile  t  "n i •  i .  a  «oprano. 

M . 1 1 1 1 1 . -•  ■  1 1  i   mi:)  ri   vuole  uè  deve  1 1  mbeni  «  pannai D 

l    I  nubiano  all'altro  inondo  (saluto  s»  V.  E.  pw  dm 

i  ila  febbraio  scorso  s'impegnò  di  parola  con  la  Corto  di 
Lisbona,  o  n -Ilo  «orso  ottobri'  ne  ha  rìouvutn  la  nolito  cedola,  come  egli 
stono  ha  fatto  sapermi  per  mezzo  del  suo  maestro  qui  Dom 
che  da  più  meei  per  me  lo  trattata,  ed  accordato 
gaa  :  onurlOj  alti    appari  talento  bai  moUUato  e  con  eommodo 

ino  al  Teatro,  ir può  informaiv  l'I 

medesim  0  Oizzio. 

Polendosi  e  volendoci  unire  Elisi,  Man-  i         I 

n  ordine  alla  paga  .  peroni  par  ognuno  di  asso  spar- 
srei  qualche  cosa  dallo  doble  814  di  Spegna,  che  pago  oggi  a  Ca  ra- 
pili, ina  tomo  Torto  che  con  ognuno  ili  ossi  resteranno  più  malcontenti 

Mi  è  stato  proposto  un  tei  Molisi .    ne   aspetto  l' informi  ,  o  martedì 

Irowitiio  aprirò  eoa  lui  il  carteggio;  intanto,  per  non  rimaner  di  senza 
(Tatto,  supplico  l'K.  V.  tempoi.-  che 

mio  voglia   domandare  per   portarsi  a  Torino  o  altrove  a  cantar 
pnturo  anno  senta  cercare  altro  ». 
({avendomi    bonomia  S.  M.  Cattolica  la  Raglila  vedova  dalle  Spegne 
gnatarmi  d'  un  R.  diploma,  dichiarandomi  virtuosa  di  sua  R.  Cernerò, 
ed  eaaercitaodii::i!   in  simB  ^.-rado  per  lo  npnxio  di  li  anni  nel  SUO  Reni 
entrino,    olire  baveri-  B9BB9  tempo  servito   sin»  al   lassato 

osi  l  I   1758  la  MM.  I  Regnanti  nella  sua  Camera  o  Re- 

gio Teatro  del  Huon  1:  mvendo  io  chiesto  alle  medesime    Loro 

Maestà  la  licenza  per  passere  a  respirare  l'aria  d'Itagli*,  me  1'  hanno 
benignamente  conoedula  ;  ma.  Bit-come  la  Maestà  della  Regina,  Vedova 
sempre  augustissima ,  si  degnò  aingolamuirmi  per  aua  dementtsainia 
inclinatimi"  ratinai  Reali  ben pfieii,  cosi  pur.-  mlb-,  p--r  supremo 

favore,  accoi  feda  a  tutti  li  n 

Figli,  In    i- Il     anali  ■■  già  havuto  la  fortuna  di  presentare  personal- 


BooeUenn 


—  74X  — 

monto  a  tulli  li  Ministri  rispetti  ri  a  ciascheduna  delle  Corti  il»  Lisboa*, 
Tini  .1  ;  essendo  stala  houomta  di  gingouu-issinw  grane  a  li- 

vori da  quello  Maestà  ed  Altezze  He  aneeta  uh  I  S«f». 

Dissimo  signor  Infante  Duca  ai  degno  «invitarmi  a  cantarmi  nella  ne 
opere  ila  rappresentarsi  questo  prossimo  venturo  carnovale  nel  .ooJUfin 
Ducal  Teau-o,  il  quale  venerato  com mando  mi  tiene  obbligata  ad  aattm 

u-rispondenti  occupazioni,  ed  in  conseguenza  impedita  a  poter  ut*- 

seguire  il  mio    viaggia  por  venire  a  presentare  poreooalmente  qonti 

uiiiiliu.nl.'  la  rin  ' /xn  .li  S.  K.  il  «gnorSenateraZaBi- 

I  per  ii  ii  far'  più  lunga  auuuusioue,    e  per  obbedire  principi- 
m.ì  inviolabili  precotti  di  quella  mia    sempre  adsrata  So- 
vrana. Supplico    dunque  V.  K.  si  degni  ricevere   detta   lettera  come  m 

fossi  la  portatrice,  •  nell'atto  di  l'aria  presente  a  codesto  Mona  ir» , 
.ipagnarla  con  li  Bacigli]  Influssi  dell'innata  genUlttoa 
ponendomi  seco  lei  ulli  li 

mniliiu  nt.)  la   vivn  OHsequioaa  brama,  elio  conservo  di  ialini 

volta  ascosa  alla  gloria  di  obbedire  li  suoi  adora  tiraiuii  comanda  mani 
noi  suo  Regio  Teatro  ;  ed  a  questo  giusto  rifletto ,  sospenderò  il  fisso 
«t.iliiliiuiiito  di  i ;  altro  trattato  che  tengo  per  l'anno  vunturo, 

Lttegorloa  decisiva  risposta.  In  tanto  dedii 
a  V.  B.  la  mia  umilissima  servitù,  e  con  la   dovuta  venerazione  mi 

V  boDofe  .li  protestarmi  ili  v.  k., 


Bologna  li  15  ili  ottobre  1783. 


Umil.ma  dev.ma  et  obbii 
Anna  M.'  iV 


A  S.  B.  il  Signor  Marchese  Fogliani 


Il  6  nov.  1753  il  Fogliasi  rispondeva:  «che  si  è 
la  commmi  In i..i:i  della  Regina  vedova  di  Spagna  a  di 
vere,  e  si  avrà  per  lei  tutta  la  considerazione,  quando   vi  sarà 
luogo  in  questo  Rogio  Teatro  ».  La  Peruzzi  rispose  con  altra 
ì.igna,  17  nov.  I7ó3,  accusando  ricevuta  e-  rinno- 
vando proteste  e  desiderii  (Teatri,  t  10 


Intorno  al  17G0,  le  prime  o  seconde  donne,  che  gir.» 
teatri,  erano  queste.  «  /'rime  donne:  Mingotli  che  va  a  fu 


—  749  — 

Pilaja;  Tibaldi;  Mattei;  Morserin,  bavarese;  Masi;  e  Siccinelli 
(di  ottimo  personale ,  soprano ,  canta  di  buon  gusto)  ;  Mattei 
(seconda  sorella,  bel  personale,  grande  di  statura)  ;  la  Vindnel; 
la  Gabrielli,  di  abilità  senza  eguale,  ottimo  personale,  instabile 
e  capricciosa.  —  Seconde  donne  :  Baglioni,  giovane  che  canta 
di  b'uona  grazia  il  soprano;  Segantini,  buon  personale  ,  soprano 
accetto,  recita  bene;  Romani,  buon  personale  con  forte  soprano, 
recita  bene;  Timeazzi,  mediocre  soprano,  ottimo  personale:  Sar- 
selli,  abile  forte  soprano  e  bel  personale;  la  Biondi  e  altre, 
buon  gusto  e  poca  voce  ».  Il  Finocchietti  additava  come  le  mi- 
gliori la  Gabrielli,  la  Tartaglini,  la  Spagnoli.  (Teatri  f.  12.°). 
Pei  primi  soprani,  il  Firmian,  tra  gli  altri,  mandò  da  Milano 
una  lista  eh'  è  la  seguente  : 

Musici  che  sogliono  fare  la  prima  figura  su  dei  teatri  italiani 
Prima  classe 

Manzoli.  Ottimo  in  tutto.  Canta  in  Milano. 

Elisi.  Buona  Toce.  Bella  figura  ;  ma  troppo  melenso  nel  cantare  e  di 
poca  comica  nel  rappresentare. 

Guadagni.  Buona  voce  ,  bella  figura ,  comico  e  brillante  nel  cantare . 
ma  capriccioso  o  che  ben  di  rado  adempie  il  suo  dovere.  Senza  teatro. 

Giardini.  Bella  figura ,  ottimo  attore ,  ma  di  voce  uon  troppo  felice. 
Senza  teatro. 

Aprile.  Bella  figura  ,  comico ,  canta  brillante  ,  ma  di  poca  voce.  In 
Venezia. 

Seconda  classe 

Belli.  Buona  figura,  bella  voce,  ma  poco  comico.  In  Napoli. 

Luciani.  Bella  figura,  buona  voce,  e  mediocremente  comico  In  Firenze. 

Veroli.  Buona  figura,  bella  voce,  canta  brillante,  e  bastantemente  at- 
tore. In  Mantova. 

Ouarducci.  Di  figura  un  po'  sconvenevole ,  di  bolla  voce  ,  canta  me- 
lenso e  poco  comico.  In  Pisa. 

Oalieni.  Bella  voce,  figura  passabile,  canta  brillante,  ma  niente  attore. 

In  Genova. 

Cornacchia.  Bolla  voc  e  figura;  reciti,  ma  poM  brillante  noi  cantaro 
Tutti  i  soprannominati  sono  soprani,  eccetto  il  Guadagni,  eh'  b  con- 
tralto. 


—  750  — 

Queala  è  1' opinion©  ,   olio    hanno  de*  sudetti  nw 
qiinsto  Regio  bucai  toiiii-,  1  dM  rassegnano  ali"  Ed  ¥".,  alla  (pale  rulli 
mi-  venerazione  e  «ìniniisiioiio  si  danno  l'onore  di  uuuIimbU  pra» 
ialini 

Doli'  E.  V. 

Milano  li  15  Gennaio   1760. 

{'millantai  tenitori 

Bl'ltttiirWilH  n«l  U*Uu 

.Intorno  Greppi  ') 

Ne!  1761,  il  Prior  Viviani ,  da  Firenze  (U   Ottobre  !7<'.l),  d«. 
ce  va  che,  «  il  miglior  soprano  é  un  corto  Aprilo,  bologaow, 
in  secondo  luogo,  vi  Bono  il  Guadagni,  giA  sentilo  in  cottala 
Corta,  o  un  certo    Carlo    Nicolini  ,  che  ha  riportalo  balani* 
applauso  in  Torino.  ")  I  migliori  tenori  sono  Pietro  del  Me/za, 
veneziano,  che  si  sentirà  in  Ito  ma  il  venturo  carnevale,  •  Gu- 
Iroo  Ettore,  che  ha  canini!,  n  Reggio,  eh.'  passerà  il  tur 
navale  in  Baviera.  Per  le  prime  donne,  non  s'offerisci-  mi. 
della  Camilla  Mattei,  che  va  a  Milano,  dell'Agii!'  « 
mata  in  Firenze.  Pei  ballerini  in  carattere  serie,  M.  Pietro  Ai- 
nardi  :  per  il  grottesco,  Gennaro  Magri,  o  Giuseppe  d'Ercolaoj, 
bolognese.  Per  le  donne  la  celebre  Mimi,  che  ha  ballato  a  I 
ed  Elenn  Biittini,  che  ai  suppone  gran  Hai  talora  e  che,  ndmi 
p.  Firenze  nell*  imminente  Carnevale  »  (f.  1 

Nel  1767,  la  noia  dei  migliori  musici  e  IpSHM  : 

Lucrezia  Agujara,  dotto  la  Bastardella.  Questa  ai  ritrova  in  Ferrini; 
o  il  marchetta  Bentivoglio  è  il  di  lei  protettore. 

La  De  Amici»  ia  Vienna. 

La  Gabrielli  in  Napoli.  Questa  è  fermata  per  il  carnevale  in  Tari*»- 

Luca  Fabi-is  si  ritrova  in  Genova.  Questo  va  a  Torino  a  cantar*  per  il 
carnevale,  assieme  «Un  Gabrielli. 

Mdnzoli.  Si  ritrova  in  Firenze  e  va  a  cantare  a  Milano  per  il  carnevak. 

Guadinoli  o  in  WiiLvia  u  in  Vir.-n/.".  11  signor  coni.-  Fiuocchietti  fé 
darne  in  forma /ione.  (Fol.  io"), 

')  Carte  f.  12.° 

*)  Ma  il  Caracciolo  (Torino,  4  marzo  61)  dice  di  costui:  «  ò  cattivo,  pes- 
simo, e  canta  nel  naso  e  non  ha  talento  alcuno  nel  rappresentare  >,  l  13.* 


j  ni. 


ÀfeéJ 


,1  - 


Alcune  notizie  alla  rinfusa.  —  La  E  Nel  1750  stava  a 

'ari^i.  Un  agonie  napoletano  di  là  scriveva  <  1  giugno  1750  ) 
cho  «  Madame  la  Dauphine  a  fai»  venir  la  Faustina  avec  son 
1  lasse,  pour  varicr  le  goùt  de  la  muslque,  et  trouver  des 
lusements,  qui  lui  fussant  le  plus  do  plaisir;  ils  sont  antimi- 
lemont  l'un  l'autre  a  Versailles,  où  on  leur  fait  beaucoup -d'ac- 
eti eil  ».  E  l'ambasciatore  napoletano,  Principe  -  :  17 
agosto  1750  )  :  «Dopo  aver  l'aito  timor*  in  Corte  per  circa  tre 
mesi  la  famosa  Faustina  col  di  lei  celebre  marito  Maestro   di 
cappella   Giovanni  I  lasso,   e  sempre  generalmente  applaudita 
per  la  sua  singoiar  maniera  di  cantare,  cosiccomo  molto  con- 
siderate le  belle  e  buone  composizioni  del  Budello  suo  marito 
*e  da  Xmi  a  da  tallì  della  FI.  Famiglia,               mente  ne  par- 
ali l'altro,  di  ritorno  alla    B             trtfl  <ii  Dresda,  pi< 
•  lauso,  d'onore,  e  di  sontuosi  regali,  che  hanno  maritato 
la  tutte  le  reali  persone  e  sopratutto  dalla  Delfina  con  un  bel 
ìore  di  brillami,  che  dette  alla  Faustina  suddetta  ». 
•Sul    Guadagni.  — Trovo  (poesie  informo,  eolia  data  del  1757: 
Il  detto  virtuoso  6  dotato  di  una   bellissima  voce  ,    fondata 
:on  molta  chiarezza  nelle    eorde  di  nesso  ,  e  nelle  corde  di 
so,  arbitrami!  — i  COI)    molta  |                li  andare  agli  acuti  di 
decere  e  di  sua  liberta.  L'abilita  è  grande  del  ino  can- 
tre,   come   il  suo   personaggio   è  molto  adattato  e  pulito  in 
nnitamanta  con  una  comica  aggiustata,  naturalo,  seuza 
iffettatura,  o  caricatura  »  (f.  11."). 
Sul    Gioiello.  —  Il    Duca  di  Corisano  ,   da  liomu  ,    22  ago- 
1768,   scrive   di  aver  rioevnto  l'incarico  di  trattare  col 
iello,  e  farà  il  possibile,    parelio    vonga  a  Napoli ,  «  de- 
lire   tanto    quo    diflcultosa  me  pareco  6er»\ 
nsecucion    ilei  ioti                        me  consta  everse  negado 
el  refendo  sugato  à  ^cmejantes  proposiciones  y  ventajoso>  | 

te  no   solamente  le  bau  hecho    para  los  theatroe  de 

'io   que  tambien  para  otros  de  vartas  Capitslos,  ule- 

rfernpre  por  oxcusa  que  su  debil  complexion  noie  per- 


—  752  - 

mite  el  poderse  desempciìar  on  ana  continuano,  recita  por  ni- 
i     pò  »  (f.  li.'  I 
Sulla  Mii  Nel  giugno  1756  I  .onora,  e 

pel  S.  Carlo.  Il  Principe  di  Cararaani.ro  (  I 
.li  non  averne  avuto  '^ta ,  e  che  «  a  cr»d«r 

differisce  a  contrarre  impegno  costa,  attesa  la  sperasti, 
i  essa  è,  di  poter  l'anno  venturo  intraprender  l'opera  par 
proprio  conto  ».  E  il  4  agosto:    «  Questa  donn;;  m   st- 

ili;! Immiti'  in  Olanda,  di  dove  Ella  tornerà  qui  per  trattenere» 
di  certo  l'inverno  venturo  ».  E  il  15  ottohr  ale,  eh* 

era  inutile  pensare  di  averla  a  Napoli,  perche  aveva  assunto 
l'impresa  del  teatro  di   Londra,  {f.   lì.") 

la  Sicinelll,  -letta  la  Francesina.— Il  Pinoceli  nana 

20  tu  e:  «  è  considerata '.!>' Ili' pr  ìi  furia 

della  Gabrielli,  eh* è  il  rinomata  ».  Cantava  allora 

QtZM    ma  pel  carnovale  era  impegnata  a  Parma,  e  per  la 
Seni'  .'ma.  Andò  poi  a  Vienna  nel  1760;  àort 

Nicola  de  Majo  la  tratto  per  Napoli  (Vienn.. 
'     t.'rina  Aschieri  a  la  Galli  — Il  Fin. 
2  luglio  1757)  die  -  los  Maestros  de  Capili» 

las  aprecian  ambas,  y  las  con  la  las  mejores,  quo  pre- 

mente canteo,  y  repn  n  los  lh>- 

eferencio  a  la  Aschieri,  assi  por  su  prose  noia,   i 
las  demas  habilidades  y  antiguo  exercicio  en 
que  la  vn/.,  de  una  eomo  de  oin    no  aa  pura  la  va-' 
esse  Theatro  de  San  Carlos,  pues  no  6e  oirian  en  di,  sino  oh* 
servando  ol  major  silencio  ».  (f.  ll.o) 

111  molte  altre  minori  si  trovano  notizie,  co  riti 

Giacomaz-J ,  la  Livia   Segantini ,  la   Spagnoli ,    Teresa  Torti, 

.esina  '). 
11'.  VP,  13"). 


')  lii  contri  die*  il   Crtrn.xrtolo,  da   Toriao,   4   in.ir/.i   ITul  :  «  » 
anni  .hi*.  tmrumloai  maritata,  ha  lasointo  il  teatro. 

i 


—  753  — 


In  un  parere  della  Giunta  dei  Teatri  del  novembre  1760, 
sul  ricorso  del  maestro  di  cappella  De  Majo,  che  si  lamentava 
che  l' impresario  Grossatesta  gli  avesse  offerto  per  un'  opera 
soli  ducati  125,  accennate  le  ragioni  delle  variazioni  dei  prezzi 
dei  Maestri  di  cappella,  (il  venir  da  lontano,  la  loro  celebri- 
tà ,  ecc.) ,  si  soggiunge  :  «  Perciò  al  Sassone  fatto  venire  da 
Venezia,  si  sono  dati  per  ogni  opera  200  zecchini,  e  ad  altri, 
che  similmente  sono  venuti  da  fuori,  si  è  data  altresì  buo- 
na paga.  All'  incontro ,  tra  quegli  che  qui  ritrovatisi ,  al  Sab- 
batini  per  un'opera  due.  160,  al  Porpora  zecchini  100,  all'  Ar- 
righetti  soli  ducati  76;  al  Piccinni  per  3  opere  ducati  140;  ai 
quali  si  accrebbe  di  venti  per  esservi  aggiunta  una  cantata; 
ed  al  Cafaro  per  due  opere ,  che  ha  composto  in  tempo  del 
Grossatesta,  si  diedero  ducati  180  per  la  prima,  e  ducati  260 
per  la  seconda  »  (Teatri,  f.  12.°). 


In  data  di  Portici,  25  dicembre  1761,  il  Tanucci  scriveva  al 
Cafarelli  : 

Signor  mio  osse  r  va  n  dissi  aio 

La  Boia  impazienza,  con  cui  il  pubblico  attende  di  nuovamente  sen- 
tire V.  S.  nelle  due  serate  doi  12  e  dei  20  dell'entrante  mese,  forse  sa- 
rebbe stata  bastante  a  muoverla  a  contentarlo ,  ma  devo  sperare  che 
nel  parteciparle  il  desiderio  che  S.  M.  avrebbe  di  ciò,  qualunque  ragione 
che  potrebbe  trattenere  Y.  S.  cederà  al  piacere  d' incontrare  il  gradi- 
manto  della  M.  S.  E  son  sicuro  che  basterà  uu  tal  pensiero  a  darle  an- 
che quel  vigore  e  quella  fermezza  ,  di  cui  forse  per  la  sua  cagionevole 
salute,  potrebbe  V.  S.  dubitare.  E,  desiderando  le  occasioni  di  manife- 
starle la  mia  particolare  compiacenza  d' impiegarmi  in  tutto  ciò  che 
possa  essere  della  di  lei  soddisfazione,  resto  con  piena  stima  ecc. 

50 


—  7r.4  — 


E  il  Cafarelli  rispose  : 
Eecd  lentissimo  Signore 


27  del  camiaaaU  di- 


0  In  vonuratissima  «li  V.  E.  oggi  in  p 
cembro  Mgfl  ordini  di  dorami  trovar  costà  L 
dei  20  dell'entrante  ptf  olii»  din  1»  M.  »!<.- 1  Bé  mio  signore,  che  Dio  aaaatt 
guardi  e  per  togliere  d'impazienza  codesto  pubblico  che  attenda  osa- 
mente aeiitii  i:ii.  io  i>oi-  me  l'avrei  prevenuto  e  sarei  in  Napoli  a  iraa- 
«t'ora  ,  a*  non  mi  fosso ,  noi  mentre  ero  sulle  mosse,  sopraggiunta  ot 
fabbro  eha  mi  ha  tenuto  afflittissimo  per  dieci  giorni  continui  e  cheiwo 
mi  ha  lascialo  se  non  M  Mi     p  «■   Sono  già  par  /pi- 

zia di  Dio  in  qualche    mediocrità  e  dopo  il  riposo  e  il  ristoro  di 
poold  giorni,  ni  metterò  in  viaggio,  che  ni  riuscirà  dipana  graadfpr 
le  strade  u  per  ampra  piovosi,  e  quando  oon  possa  ghignata  ] 

la  prima  aerata,  vi  sarò  per  la  seconda,  nella  quale  riuscendomi 
soddisfatta  1'  E.V.  o  il  comun  desiderio,  non  mancherò  sicuramente,  o» 
tutto  che  stia  patito  assai  e  quasi  inabile  per  l'avanzata  et*  a  «alila 
funzioni  :  Deciderà  insomma  1'  E.  V.  l'affare  sul  fatto  o  auH'oeslar» 
ispezione  di  mia  persona,  che  si  darà  l'onore  di  presentarti  tubilo  »  V.S 
alli  quali  con  profondissimo  ossequio  bacio  le  mani.  San  Donato  27  di- 
cembre 1854. 

Dev.mo  ObbVmo  Servitore  Vara 
Gaetano  Maiorana 

Dopo  nuovo  insistenze ,  cantò  nel  prologo  del  20  gennaio. 
{Teatri  f.  11"). 


Tra  i  pooli  dei  prologhi  e'  ù  anche  queir  Onofrio  Colacej 
nel  1799  fu  impiccato  coinè  repubblicano.  Ecco  una  sua! 
plica,  di  trenta  anni  prima: 

Onofrio  di  Colaoe 

Ibsoudogli  «tato  ordinato ,    che  in  occasione  delle  Nona  Reali 
fatto  un  componimento,  dal  Consigliar  Caruso,  gli  presentò  prima  ossia.' 
telato  Giove  Sebejio  ,   e  gli  fu  risposto  dia  non  piaceva  parche  Juawae» 
faceva  le  parti  di  Covello.  Ne  presento, dunque,  altro  intitolato/ 
ir  e  gli  fu  risposto    esser  troppo    critico   del  costume  presene 
fatto  dunque  il  3.°  detto  l'Atrtusa,  il  quale  nou  avendo  per  anche  a18*"" 


ipprovazione ,  supplica  eh'  mutivi»  V.  B.  il  Padre  ed  il  Mecenate  dèlie 
ìttere    rompa  riluca  al  supplicante   quelle  grazie,    fin*-  la  giustizia  e  la 
pietà,  inuato  virtù  di  V.  E.,  Blimurt  '). 


Ecco  un  certificato  del  maestro  Scolari  e  della  cantante  De 
Amicis  del  giugno  17G6  sul  musico  Carlo  Reina,  proposto  per 
S.  Carlo,  in  luogo  del  Fabris,  ch'era  slato  già  scritturato  per 
Milano: 

ottoscritti  Giuseppe  Scolori  maaslro  di  cappella  ed  Anno  de  A- 

«iets ,  virtuosa  di  canto,  certifichiamo  che   il  virtuoso   musico  soprano 

rio  Reina  è  mirabile    per  la  .tua  gran  voce ,    distesi-  corde  ,  di  guisa 

tu»  l'istcwo  celebre  m  inoli]  non  ha  avuto  mai  lussi  «-osi  estesi 

>me  il  detto  Reina,    o  ciò  lo  sappiamo  di  certa  adoan  .  par  arerò  io 

itloscritta  tantalo  uiiibnii-iitit  col  medesimo  nel  tea t ni  ili   Milano,  ove 

«gli  recitava  da  primo  soprano  ed  io  da  prima  donna  ,  colla   musica  di 

m«  sottoscritto  maestro  di  cappella,  e  sappiamo  parimenti  di  avere  il  detto 

l  contato  da  primo  soprano  in  Venezia,  in  Padova,  in  Milano,  ove  fu 

confermato  per  il  secondo  anno,  e  net  prosante  passa  a  cantare  nel  taa- 

Iro  di  Torino.  Ed  in  fedo  ecc.  (t  1 

Rosa  Agostini.— Il  Duca  di  S.  Elisabetta  scrive  da  8.  Ilde- 

fonso,  il  38  agosto  1774  :  «  La  cantatrice  Rosa  Agostini...  ha 

settato   per  prima   cantante  in  questi  teatri  dei  R.  siti;  la  di 

?i  voce  è  buona ,  e  ne  fa  tutto  quello  che  vuole,  quantunque 

poco    fonduta  nella  inusicu  ;  ha  piuttosto  buona  figura  sul 

tro,  ma  mediocre  attrice.  Qui  ha  incontrato  bene  e  si  ponsa 

ad  impegnarla  pel    venturo  anno ,  tutio  che  questo  sarebbe  il 

quarto,  che  canterebbe*  ne'  reali  soggiorni  a. 

Cecilia  Grassi.  —  Nel  1774  l'impresario  la  proponeva  pel   S. 
Carlo,  soggiungendo:  «  essa,  allorché  cantò  in  questo  R.  Teatro 
aveva  una  voce  assai  bella,  ed  ora  mi  scrive  il  maestro  Bach 
da  Londra,  che  sia  donna  d'un  infinito  merito  ».  Infatti,  di 
venne  poi  moglie  del  Bach. 


')  Teatri  t  i&fi 


—  756  — 

onlina  Chiavacci,  scolara  dei  maestri  i'iccinni  e  Sac- 
chini. — Il  conio  Zambcccari,  nel  settembre  74,  informava:  «  E 
un'  attrice  giovano  e  di  compotonta  statara  ;  la  sua  lOOfl 
e  inolia,  bensì  voce  distesa  e  non  mancante  d'agilità;  possiedi» 
mente  la  musica;  ha  ramato  nei  teatri  di  M..<ileaa, 
Firenze  e  Venezia,  con  mediocre  incontro:  nò  in  alcun  team» 
e  arrivata  mai  precisamente  a  distinguersi.  L'ha  sentile  ali- 
tare, e  sarebbe  una  buona  seconda  donna  ».  E  Antonio  Can- 
telli, da  Milano  :  «  Prima  cantava  il  buffo,  e  come  tale  in  Vie 
ebbe  dell"  incontro,  dove  successe  al  Bernasconi,  cui  6  inferiora 
bella  voce,  ma  poca;  e  finora  non  ha  fatto  alcun  primo 
teatro ,  né  si  può  metter  nella  classe  delle  primo  donni  • 
(f.  19P) 

Venanzio  Ratizzi  ni  e  Caterina  S 
il  conte  Michele  Pignatellfp  da  Londra  (26  gennaio  173 
veva:  «  In  quanto  al  primo  soprano  ed  alla  prima  donna 
giudizio  risponde  pienamente  alla  relazione  dall'  Impresario  sa- 
detto,  ricevuta  da  questo  maestro  Sacci  ii  .randomi  avere 

entrambi  la  voce,  benché  non  di  molto  corpo,  chiaro  e  di  | 
fetto  tuono,  molto   gusto    ed  espressione  nel  canto,   e 
grazia  ed  aggiustatezza  nel  ree i tare,  accompagnata  la  vantai 
giosa  figura  personale  ».  Ma,  qualche  mese  dopo,  dava  notisi 
che,  pel  clima  di  Londra,  s' erano  ammalati,  e  non  sapeva  | 
raccomandarli  (f.  21°). 

Marchesi ,  Scovelli  o  David.  —  Del  Marchesi  scriveva  i 
Mislivect'k  (M  unico  di  Baviora,  11  marzo  1777»:  »  11  muuM 
Marchese,  parlando  colla  mia  solita  sincerità,  è  un  musico,  et* 
per  me  lo  tengo  superiore  a  tutti  gli  altri,  perchè  ha  dono  di 
una  bella  estensione  di  voce ,  e  canta  di  ottimo  gusto  ;  e  ao 
che  piacerà  assai  testo  verrà  in  Nap<  (art 

possibile  per  venirvi  d.  L' agente  di  Milano  dice  poi  per  lo  | 
velli:  che,  «  sebbene  non  eguagli  ancora  i  più  rinomati  nella  i 
professione,  pure  ha  ivi  riscosso  molto  applauso   nello  bc« 

;  vale,  e  la  perizia  di  lui,  e  l'  ngilitA  della  voce,  possa! 

eh'  essi    piaccia  in  ogni  altro    luogo.  Ha  compiegato 
cora  un  foglietto,  dove  dal  maestro  di  < 
vieu   descritta   l' estensione   della  voce  di  detto  Scovelli  ne^- 


—  757  — 

corde  di  petto  e  di  quelle  di  falzetto  ;  soggiugne  che  il  di  lui 
personaggio  non  è  vantaggioso,  ma  che  in  quel  teatro  non 
abbia  latto  difetto  ».  Quanto  al  David ,  lo  stesso  agente  «  as- 
sicura che,  sebbene  abbia  un  personale  vantaggioso,  e  prometta 
buoni  progressi  in  avvenire,  tutta  volta  però  è  inferiore  di  me- 
rito allo  Scovelli  ».  (f.  21°) 


Questa  è  una  letterina  di  Elisabetta  Teuber.  Essa  aveva  lasciato 
Napoli  nel  1767,  e  non  aveva  voluto  scritturarsi  per  l' anno  70-1, 
dicendo  d' aver  bisogno  di  riposo  ;  ma  che  sarebbe  stata  pronta 
pel  71-2.  Ma,  a  un  tratto,  si  seppe  che  partiva,  scritturata,  per 
la  Russia.  La  corte  di  Napoli  strepitò  :  mandò  istruzioni  al  Conte 
Finocchietti  a  Venezia.  La  TeOber  allora  scrisse  da  Venezia, 
nel  gennaio  70 ,  che  riproduco  .con  tutti  i  suoi  errori  : 

Excellence 

J'  ai  T  honenr  de  dire  a  V.  E.  que  mon  angngement  pour  la  Moscovie 
est  pour  un'  anée  seulement ,  e  que  apres  je  n'  en  ai  aucun  avec  lea 
Impressaires  de  Londre,  c'est  ce  que  je  aupplie  tres  humblement  V.  E. 
vouloir  le  l'aire  savoir  au  Roi  notre  maitre,  ainsi  je  suis  en  liberto  de 
servir  sa  Majestépour  le  sep  tante  un  a  sep  tante  deux,  mon'  ec  ri  ture  avec 
la  Russie  n'est  pas  encore  signée  y  aient  encore  quelque  article  a  con- 
venir, et  S.  E.  M.r  la  Marquis  Marucci  qui  a  la  Gomission  peut  l'infor- 
mar que  je  n'  ai  volu  m'  angager  que  pour  un'  anée  seulement  :  je  suis 
avec  le  plus  profond  respect 

De  Yotre  Excellence 

Tres  humble 
Elisabetta.  Taibkr  (sic). 

Ma  poi  non  s'  accordò  coli'  Impresario,  che  le  offriva  1350 
zecchini^  ed  essa  ne  voleva  1800.  (V.  lett.  e  carte  1769-70.  f.  16.») 


La  Cecilia  Davis,  «  nata  in  Inghilterra  e  battezzata  in  Vienna», 
fu  scritturata  nel  novembre  1775  dagli  Impresari  del  S.  Carlo. 
Lo  Hasse  dava  informi  intorno  a  lei  all'  Amadori  con  la  let- 
tera seguente: 


—  758  — 


Milano  9  fumata  TI 


Amico  e  Padrone  Stim.mo, 


La  musica  del  mio  Ruggiero  è  copiala  ;  io  L*  ho  rovista  tutta.  «  Muto 
con  cinqui'  gigliati,  li  i{tttii  ni  WOO  il  iti 

a,  che  va  la  spedirà  quanto  prima  col  Cornar  di  Rubi. 
Le  Inglesi  sono  tuttavia  qui ,  e  vi  si  tratterranno  in  uno  cue  ««nnou 
la  voslra  rispunta.  Mi  dicono,  che  ranno  scritto  sin  ila'  5  d'Oliata,  • 
desiderano  di  saper  la  vostra  risoluzione.  Mi  dicono ,  che.  quando  oon 
posiate  risolvervi  di  accordare  l'anno  dopo  la  Bernasconi  cara*  i 
rebbero,  v  vo  l'anno  spiegalo,  la  sorella  che  canta  si  contenta  di  » 
an:ho  per  l'opera  sola  del  venturo  Cu  trcha  l'essiruriaU dilla 

recita  di  Palermo  per  l'anno  venturo  intiero.  Ora  io  non  so  quella  ck 

.trote  risposto,  o  quul  il,     Barale  per  risolvi1  !lcm, 

trovale  per  la  mancanza  di  prima,  donna,  l'avete  colla  tatlta 
rispoeta  già  fermala,  vi  diro,  ohe  non  dovete  pnnlo  sgomentarvi,  muln 
la  giovino  Inglese  ha  molto  merito  cantando  di  ottimo  gusto,  con  aa'tfv 
lila  assai  brillante,  e  con  una  voce  graia  ,  che  per  verità  non  e  qwfl» 
di  una  gigan tessa,  ma  che  non  lascia  di  essere  penetrante.  Hata 
cola  di  statura,  appresso  a  poco  come  la  Gabrieli,  o  Bernasconi.  Bau  san. 
e  stata  ancor  sul  teatro,  ma  ò  nata  per  recitare,  perche  ha  tutu  la  mi* 
glior  disposizione,  e  passione  ohe  per  ciò  si  richiedo.  Io,  in  riguardo  otl 
raro  SUO  talento  e  per  semplice  amicizia,  1'  ò  insegnata  per  quasi  un  ww 
"Otete  credoru  quanto  n  n>>  dico.  Ella  non  ha  spcrism 
u-atrale,  ma  la  sua  passione  per  ben  recitare  è  tale,  che,  so  le  danti  uà 
buon  concertatore,  che  I"  aiuti,  potrà  molto  bene  disimpegnani  di  qw 

i     parta,  lo  conto  di  partir  domattina  per  Vienna,  ovu  alleni' 

■  risposta,  u  mi  troverete  sempre  pronto  in  qualunque  cosa  lo  po> 
tesi  mai  essere  capace  di  ubbidirvi.  Quando  saprò,  dunque,  che  «tiri» 

ita  la  detta  Inglese,  o  che  la  fermaroto  in  questa, o  altra  ocrasiuM, 
allora  vi  raccomanderò  eoa  tanto  maggior  calore  ambedue  la  sorelle,  U 
quali  stimo  moltissimo  non  solo  per  la  loro  virtù,  me  ancora  per  l'otuau 
savia,  e  virtuosa  loro  condotta  ;  o  frattanto  per  sempre  mi  ri  proteste 

Vattro  dev.mo  obi/l.mo  vero  acrvjr*  et  amia» 
Huss  ') 
A  Mmi*j 

Mon»-r  'ìiùv.  Tedeschi  d."  Amadori 
au  servire  do  8.  M.  lo  Roi  dea  denx  Siciloe 
à  Napoli 


«)  Carle.  Teatri,  f.  17." 


—  759  — 


Nel  1775  si  facevano  a  Venezia  le  trattative  pel  S.  Carlo  col 
ballerino  Pitrot  :  «  un  uomo  savio  e  di  talento  »  ,  scrive  il 
Conte  Finocchietti ,  e  V  impresario  :  «  che  è  molto  buono  per 
l'invenzione  dei  balli,  ma  essendo  di  età  avanzata  non  balla 
più  di  gamba  e  non  vi  si  riconosce  di  maestro  che  il  porta- 
mento di  corpo  ».  Fu  scritturato  pel  76-7  per  1900  zecchini, 
e  doveva  condurre  suo  figlio  e  una  figliuola,  e  che  ò  la  prima 
ballerina  del  mondo  ».  Ma  questa  pretesa  sua  figliuola,  Anna 
Pitrot ,  mandò  tutto  a  monte  ;  perchè  una  sera  del  febbraio 
76  a  Venezia  nell'  uscire  dal  teatro  ,  invece  di  andare  a  casa 
di  sua  madre,  se  ne  andò  con  un  giovane  romano  anch'  esso 
ballerino  e  si  sposarono.  Il  Pitrot  era  semplicemente  il  suo 
maestro  di  ballo,  e  amico  della  madre  di  lei,  e  l'aveva  tenuto 
con  so  e  maltrattata  in  modo,  da  costringerla  a  questa  fuga. 
Cosi  il  Pitrot  non  venne  più  a  Napoli,  (Molte  carte.    Teatri, 

t  20°). 

* 
♦  * 

Ecco  lo  stato  dei  proprietarii  del  S.  Carlo  nel  1770. 

Iti  prima  fila 

1.  Il  Duca  di  Corigliano.  2.  A  metà,  D.  Giuseppe  di  Majo  e 
il  Duca  di  Crivelli.  3.  Principe  Dentice.  4.  Duca  di  Montecalvo. 
5.  Principe  di  Tarsia,  ceduto  al  Marchese  di  Salza.  6.  Marchese 
Arena.  7.  Per  ambasciatori  a  disposizione  della  Corte.  8.  Per 
l'ambasc.  di  Francia.  9.  Principe  di  Belvedere.  10.  Principe  di 
S.  Gervasio.  11.  Duca  di  Riario.  12.  Principe  di  Teora.  13. 
Principe  d' Ischitella.  14.  Principe  di  Laurenzana.  15.  Principe 
di  Palmerigi  (  prima  del  Principe  di  Fondi  ).  16.  Principe  di 
Caramanica.  17.  Principe  della  Rocca.  18.  Duca  di  Girifalco, 
oggi  della  Principessa  della  Valle.  19.  Principe  di  Ruffiano  e 
Marchese  dell'Olivete  20.  Principe  Gerace  Grimaldo.  21-22. 
Per  ambasciatori,  a  disposizione  della  Corte.  23.  Duca  Coscia. 


iil  l'Ili. 

RcgU 

Mi. 


—  760  — 

24,  Principe  di  Marano.  25.  Principe  di  Luzzi.  26.  Duca  di  Boc 
ciao.  27-  Eredi  Marchese  Ferrante,  ceduto  al  Marchese  dui 
Tito.  28.  Uditore  dell'  Esercito. 

2.*  fila 

1.  Forino,  ceduto  a  Tarsia.  2.  Duca  Termoli.  3.  Principe 
Riccia.  4.  Principe  del   Colle.  5.  Principe   d'Avellino.  6.  Mar- 
chese Fuscaldo.  7.  Principe  di  Stigliano.  8.  Duca  di  Maddalooi 
9.  Duca  di  Atri,  ceduto  oggi  a  D.  Carlo  Acquavi  va.  10-19. 
Corte.  20.  Principe  di  Francavilla.  21.  Duca  di  Bovili).  : 
cipe  di  Torcila.  23.  L'eredità  di  Giovinazzo.  24.  Traelio.  Prin 
cipe  della  Rocceìla.  26.  Duchessa  di  Castropignano.  : 
cipessa  di  Belmonte.  28.  Principe  d'  Andria. 

3.fc  fila. 

1.  Principe  di  Conca  e  l'altra  metà  del  Duca  di  Casteln 
nardo.  2.  Marchese  di  Poppano.  3.  Marchese  Auletta,  e  Ma 
chese  Cangianello.  4.  Duca  di  Vietri  e  Principe  di  Campan 
5.  Teatro.  6.  Duca  della  Castellacela,  ceduto  sola  per  le  op 
al  Duca  di  Serracapriola.  7-8.  Teatro.  9.  Celsamaggiore  «  Du 
ea  di  Caianielb.  10.  Eredità  di  Biscardi.  11.  Marchese  Cedr 
nio.  12.  Marchese  Lavìano  d'Anna.  Duca  di  Carignano.  13 
Duca  di  Cassano  Serra.  14.  Principe  S.  Angelo  Imperiale.  15. 
Duca  di  Corigliano.  16.  Marchese  di  Carvizzano.  17.  Duca  di 
Mondragone.  18.  Signori  Carosmo,  Caposselli,  Scondito  e  l'e- 
redità di  Telese.  19.  Marchese  di  Mesagne.  20.  D.  Giacomo 
Serra.  21-23.  Teatro.  24.  Marchese  di  Villanova.  25.  Teatro. 
26.  Principe  di  S.  Severina.  27.  Marchese  Petroni.  28.  Duca  di 
Turitto.  (Teatri,  f.  20°). 

* 


Uno  dei  soliti  siali  dei  migliori  cantanti  e  ballerini,  colla  data 
del  1776,  è  formato  cosi  : 

Prime  donne.  Gabrielli,  Bastai-dina,  Teùber,  De  Amicis,  Caterina  Schind- 
lerin,  Grassi,  Camilla  Mattei. 


—  761  — 

Primi  uomini:  Aprile ,  Pacchiare tti ,  Rubineili ,  Ragazzini ,  Mi  1  lieo, 
Benini. 

Tenori  :  Cortoni,  Ansani,  Del  Mezzo,  Valentino  Ademberg  in  Firenze, 
Scervelli  in  Madrid. 

Maestri  di  Cappella:  Cafaro,  Buranello,  Traetta,  Rubini,  Guglielmi, 
Ottani,  Sacchini,  Piccinni,  Paisiello,  Mislivecek,  Latilla,  Neumann,  Schu- 
ster,  Luambergen,  Anfossi,  Sala,  Monopoli,  Fischetti  Qazzaniga,  Monti, 
Tritta. 

Ballerini  seiu'i:  Lepicq  e  la  Binetti,  Pitrò  e  Mim,l  Ricciardi  e  la  Ga- 
sassi, i  Campioni,  i  Favier,  i  Terrades. 

Ballerini  grotteschi  :  Vigano  e  la  Beccali  ,  Cesarmi  e  la  Morelli  ,  i 
Guglielmi,  Sabatini  e  la  Cocchi.  {Teatri  f.  20°). 

GÌ'  Im presarii  del  S.  Carlo  presentarono  nel  1792  questa  nota 
di  maestri,  cantanti  e  ballerini,  nella  quale  scegliere  pel  teatro. 
Le  postille  ,  chiuse  tra  parentesi,  indicano  sommariamente  le 
informazioni  raccolte.  B.  buono,  cat,  cattivo;  ».  e.  non  cono- 
sciuto: m.  mediocre. 

Maestri  di  cappella:  G.  Paisiello,  N.  Piccinni,  P.  Guglielmi,  D.  Ci- 
maroaa,  Gius.  Sarrì,  Frane  Bianco,  Gius.  Tritta,  Gaet.  Marinelli,  Pasq. 
Anfossi,  Gius.  Giordano,  Salv.  Rispoli. 

Prime  donne  serie:  Brigida  Giorgi  Banti ,  Francesca  Danzi  Lebrun, 
Luigia  Todi,  Anna  Morrìcbelli  Bosco,  Rosa  Lopo  (n.  e),  Teresa  Mac- 
ciorletti  Blasi  (m.).  Cecilia  Giuliani  (n.  e),  Anna  Andrcozzi  (catt.),  Anna 
Davya  de  Bornucci  (m.) ,  Maria  Marchetti  Fantozzi  (m.),  Anna  Cosentini 
(n.  e),  Elena  Cantoni  (n.  e). 

Primi  soprani:  Francesco  Roncaglia,  Luigi  Marchesi,  Carlo  Concialini 
(m.),  Carlo  Mannelli,  Valeriauo  Violani  (n.c.)  Vincenzo  Bartolino  (m.), 
Giovanni  Rubineili,  Vitale  Damiani — Giovanni  Tajanna  (n.  e.) — Fran- 
cesco Porri,  Andrea  Martino  Severino  (b.),  Filippo  Sarsaroli  (cat),  Miche 
langelo  Neri  (cat.  m.),  Domenico  Bruno  (m.). 

Primi  tenori:  Giacomo  David,  Domenico  Mombelli,  Giovanni  Ansani, 
il  basso  Fischiar  (n.  e),  Angelo  Fantozzi  (cat.)  Gius.  Simoni  (cat.),  Gaet. 
Scovelli  (era  b.),  Vincenzo  Maffoli  (cat.),  Giuseppe  Fuoliveri  (cat.),  Giu- 
seppe Vicanoni  (cat.),  Antonio  Benelli  (cat.),  Angelo  Bianchi  (n.  e). 

Primi  ballerini  serti  e  ballerine:  Domenico  Andriani ,  Maria  Meroni, 
Monsignor  Putrii,  Mademoiselle  Redwin,  Antonio  Berti,  Aurora  Bona- 
glia,  Sebastiano  Gallet  (b.),  Michele  Fabiani  (b.),  Eleonora  Dupró  (&.),  G. 


—  762  — 


Giannini  (b.),  Carolina  Pitrò  (b.),  Anna  Pitrò  Barelli  (ò.) ,  Pielr.. 
«liei,  Giuseppa  Radaelli  (rn.),  Giuseppe  Galli  (n.  e).  Teresa  Valloni-i  | 
Francesca  Goppini  (ni.) ,  Gasparo  Ronzi  (w.) ,    Mona.    Ricciardi    (n.  r. 

velò  Di.  c),  Mad.  Vestila  (».  e),  M.r  Diledat  <»i.  ■:■).    M 
1".  ri  J»,      I.  :ii>m.  Ballon  (./».),  Pietro  Angolini  (6.),  Teresa  Ball- 
Luigi  Casali  (»i.i    Bll     BÌI   5p  rati  («.  e),  Francesco   Clerica  (&.»,  R 
Clerico  Pansìsri  (w.)  Giacomo  Clerico  (6.),  Margherita  Rossi  I 
Pietro  l'i-  toceoxo  Parodi  (>«.).  Stolli  uM*p; 

lleil  7.),  Caterina  Villoneuvo  (b.)  G.  B.  Cocchi.  Maria  Covanti 

Antonio  Mo  ri  i^.l.  Giulio  Vigano,  Vincenza  Vigano  (*. 

Anna  Schiusila  (n.  e.) 

Primi  grotteschi  «  messo  carattere  :  Andrea  Mariotti,  Tereea  Ila: 
Antonietta  Bernardini  (#».  e.),  Beati  Teresa  Do 

(h.),  Vincenzo  Ricci,  Gasparo  dui  Lungo  («.  c),  Boncdi  il 
Piero  Pinucci  (6.),  Ruflad'-  Parlotti,  Ranieri  Pani]  ligia  Colliai 

I  ii.  Ili  (/>.),  Marianna  Fahri.* ,  evangelista  Piorelli  (6.),  Pasquale  Al- 
l', nini  (fr.),  Carlo  Binnciardi  (ra.)  Margherita  Alberimi,  Gioeoppe  For- 
mica (b,),  Maria  Alberti m  .  Gaetano  Adacci,    \iniunciala  Al 

i  Sereni,  Maddalena  Bianciardi,  Giuseppe  Calvi  (m.).  Agostino  B*r- 
i "i  11.  (.-,.),  il.  B.  Orti  (ò.),  Geltrudu  Danumiu  {b.},  Antonia  Tumnuiioi 
(ft),  Carlo  Taglioni  (m.),  Gaetano  Cipriani,  Giovacchino  Brm 
so  cor.),  Felicita  Hauti  (6.)  Gennaro  Torelli  (in.),  Enlaria  Coppini,  Uè 
jiolilo  Bancholt)  (&.),  Assunta  Seflbni,  Pietro  ['ranchetti ,  Antonio  Chii- 
vieri,  Pasquale  Angiolini  (b.),  Pietro  Marchesi,  Brigida  Cappelletti  |*.|, 
Costanza  Finsi,  Filippo  Gentili,  Niocola  Angiolini  (*.),  Giacomo  TrabU- 
Ronsi  Genti  ('<.).  Colomba  Torselli  (ò.),  Niccola  AnJneat, 
Isabella  Ventarla!  (eat),  Antonio  Si  rie  t  li  (cai.),  Orsola  Goreai,  Giuseppi 
Ferrari  (rat.),  Anna  Maria  Zaanini  (rat.),  Lucia  Berlini  (raf.>,  Oe- 
gliehuo  Bauli  ( 

K  I'  Udienza  ridusse  e  formò  cosi  la  noia: 

Primi  cantanti:  La  Danti,  La  Danzi  Lobrun,  La  Todi,  La  Man.  L* 
Macdoiietti,  Le  Giuliani. 

Primi  soprani:  Marchesi,  Pacchiarotti,  Roncaglia,  Groacentino,  Nili 
Bruno. 

Primi  Ballerini:  Vwtria,  Gallò,  Clerici,  Franchi,  Fabiani,  Già  ma». 
Mo7.wr.-lli,  Vigano  padre,  Vulcani-n  ina.'  Petrix,  PietroA»- 

i,  Innocenzo  Parodi. 

Prime  ballerine:  Eleonora  Dupre,  Carolina  Pitrò,  Anna  Pitrò  Barrtli, 
Carolino  Dnpré,  Teresa  Ballon.  (Teatri  f.  31.°J 


—  763  — 


* 


Alcuni  anni  dopo,  nel  1798,  si  sceglievano  dei  maestri  di 
cappella  i  seguenti  come  idonei  pel  R.  Teatro,  cioè:  «  D.  Gio- 
vanni Paisiello,  D.  Pietro  Guglielmi,  D.  Nicola  Piccinni,  D.  Do- 
menico Cimarosa,  D.  Giacomo  Tritta,  D.  Francesco  Bianchi, 
D.  Francesco  Pitticchio  (sempre  e  quando  però  S.  A.  R.  la 
Principessa  Ereditaria  lo  comandasse),  D.  Sebastiano  Nasolinf, 
Winder,  Salieri,  Cherubini,  Zingarelli,  Tarchi,  Nauman,  Iustor, 
e  finalmente  Stercher  ».  E  «  per  evitare  da  oggi  innanzi  ogni 
arbitrio,  deferenza,  o  altro  motivo  dell'  Impresario;  si  è  con  ap- 
puntamento del  Tribunale  risoluto  di  non  essere  in  sua  libertà 
di  nominare  altri  maestri  di  cappella  pel  connato  R.  Teatro, 
se  non  quei  tra  gli  esteri,  che  abbiano  acquistato  grido  o  rino- 
manza in  Italia;  e,  tra  nazionali,  coloro  che,  almeno  per  otto  o 
dieci  volte ,  abbiano  plausibilmente  scritto  per  gli  altri  teatri 
della  Capitale  »  '). 


i)  Debbo  questa  notizia  all'amico  Y.  d'Auria. 


AGGIUNTE 


—  767  — 

La  stampa  di  queste  ricerche,  fatte  nell'Arca,  storico  per  le 
iror.  napoletane,  e  durala  un  paio  d'  anni.  In  questo  tempo, 
seguitando  nei  miei  studii  a  tener  d'occhio  lutto  ciò,  che  ri- 
guardasse la  storia  teatrale  di  Napoli,  ho  avuto  il  modo  di 
accogliere  un  gruxzolello  di  notizie,  alcune  delle  quali  molto 
importanti ,  da  aggiungersi  qua  e  li  nella  mia  esposizione.  E 
sono  questo. 


Cominciamo  dal  principio  —  Ho  forse  respinto  un  po'  troppo 
recisamente  (pag.  3)  l'affermazione  del  Saint-Priesl  che  alla 
Corte  di  Carlo  I  d'  Angiò  «  on  jouait  la  comédie  ».  Se  quel- 
l'affermazione e  arrischiala  nella  sua  generalità,  non  è  mori 
che  una  delle  più  antiche  opere  profane  del  teatro  francese, 
un  piccolo  dramma  di  Adamo  de  la  Halle,  fu  rappresentalo  a 
ii,  alla  corte  Angioina.  Adamo  ■>  Il  Halle  era  nativo  di 
ilarras,  e  autore  di  altri  duo  componimenti  drammatici.  Segui 
a  Napoli  il  conte  Roberto  II  d'  Artois  ;  e  qui,  nella  Corte  di 
I  I,  fece  recitare  il  suo  Jeu  de  Robin  et  de  Marion,  se- 
condo le  piiì  probabili  congetture,  nell'autunno  del  1289.  È  una 
serie  di  scene  pastorali,  «  un  centon  de  pasteurelles  » ,  come 
lo  definisce  un  suo  recente  critico;  che,  tuttavia,  nell'insieme 
non  manca  di  vita  e  di  originalità.  Su  Adamo  de  la  Halle 
hanno  scritto  recentemente  L.  Petit  de  Julleville,  nel  suo  Ré- 
pertoire  du  thèatre  comique  en  France  au  Moyen  ùge  (  Paris, 
Cerf,  1886  ) ,  e  A.  Rambeau,  nella  sua  monografìa  :  Die  dem 
troucere  Adam  de  la  Halle  zugeschriebenen  Dramen  (Mar- 
burgo 1886).  >) 


')  Gfr.  l'articolo  J«  J-  Bédier,  L*s  commencemenli  du  thWre  comiqw 
en  France,  nella  Renne  d**  deux  monda,  15  giugno  1890. 


—  768  — 


Il  sonetto,  da  mo  pubblicato  poi  primo  (p.  Sì,  èstatoonalu 
riportato  nei  Nntahilia  temporum   di  Angelo  de  Tu 
pubblicati   rccentomento  dal  Cnrvisieri  '),  con  podio  vari 
coiisÌKlenli  principalmente  in  forme  iliJi'tiali  napolotUM) 
lui  te  alle  fiorentine. — Nello  stesso  Tummulìllis,  ci  «tino  lunghe 
descrizioni  di  feste  per  le  nwce  di  Alfonso  Duca  di   Calabria 
con  Ippolita  Sforza,  e  per  quelle  di  I 


A  p.  16-7  ho  accennato  dlfl  feW«  'Ini  Sannazaro,  intitolata 
ì'simbascerùi  dal  Soldati»,  e  ho  dotto  chi  fu  forse  anche  re- 
citata nella  corte  Aragonese.  Fu  recitata,  difetti,  a» 
1490,  conio  risulta  da  questo  documento,  tratto  dallo  Gsfo 
di  tesoreria,  voi.  130  (1400),  f.  210,  che  rat  comunica  l'i 
Dott  E.  Pércopo: 


Dinari  pagati  per  miss9r  Iacono  stendardo  quisto  Carnevnl»- 
legatura  d<?    vestiti  et  altre   cosa  por   servitio  del  Illmo  S,   P, 

fnhliani  (nllocrlinli). 

Per  una  maschera  comperata:  I  tari,  X  grani. 

A  di  XXYI  per  alloghatura  de  due  maschere  per  doi  dy  uno  tari, 
dico   I  tari. 

Ad  doi  mori  de  lo  ambasciatore  del  Soldano,  che  andarno  un  di  cum 
lo  Illustrissimo  s.  principe  stravestiti  per  Napoli  :  uno  ducato ,  et  dece 
grani  dico  I  d.  X  gr. 

A  di  ultimo  per  alloghatura  de  un  cane  et  un  manto  do  ciecho  nno 
tari,  dico  I  t. 

Per  due  faccie  incarnate  comperate. 

Per  un'altra  maschera. 

Profumi  comprati  da  Berardino,  che  fa  li  profumi,  che  sta  ad  Sancto 
Dominico. 


')  Roma.  Istituto  storico,  1890,  p.  51. 
*)  V.  pp.  133-5,  e  221-3. 


—  m  — 

Polw  de  cipri,  acqua  nafra,  acqua  maacliata,  ogljro  do  bonjoyno,  acqua 
Torongo,  do  fiorì  de  murto,  caw«cta  d'ambra,  oglio  do  latin 


In  un  ms.,  copia  del  s.  XVII,  posseduto  dal  eh.  Comm.  Capasso, 
intitolato:  Perchè  fu  composta  e  da  chi  la  Cannona  solita  a 
cantarsi  il  capo  dell'  anno,  che  comincia  :  Io  te  canto  in  di- 
scanto eh*  è  un  eomeato  alla  nota  filastrocca),  ci  sono  vario 
ie  d'un  certo  interesso.  L'autore  dico  che  quella  canzone 
fu  cantata  per  le  nozze  di  Ferrantioo  e  dell'infanta  Giovanna. 
Essa  avrebbe  un  rignil  litico,  che  l'autore  del  cemento 

avrebbe  saputo  «  dal  Caracciolo,  il  quale  essendo  a  pranzo  una 
maiiiia  con  la  buona  memoria  del  mio  signor  Padre  in  ta- 
vola con  tutta  secretanza  dichiarò  questa  canzone  punto  per 
punto,  et  io  ull'hora  me  la  scolpii  in  tal  modo  nella  memoria, 
che  non  mai  mi  uscirà  finche  io  viva  a.  Tralasciando  di  notare 
ri.,  ohe  nr.n  ci  riguarda,  ecco  ciò  che  vi  si  racconta  delle  feste 
delle  nozze:  «  Non  vi  DMOOOfOO  nuli*  sollazzevoli  intermedii 
de  musiche  d'ogni  sorte  di  forze,  d'egloghe,  eh'  ivi  s' inlesero; 
et  il  Fontano  et  il  Sanazaro,  che  ivi  erano,  ferno  recitare  non 
so  quanti  di  quelli  loro  gliommari  napoli  inneschi ,  et  Carideo, 
Barcinio  e  chiamato  dal  Sanazaro  ne\V  Arcadia,  essendo 
costui  segretario  del  Re,  fé  cantare  mille  sue  frottole,  fatte  da 
lui  in  lode  della  sua  Luna,  di  BUI  egli  lOUO  nome  d'Endimione 
era  mirabilmente  invaghito  ;  et.  allhora  che  il  Re  voleva  andare 
in  letto,  comparve  una  mascherata  d'alquanti  cavalieri  ricca- 
mente addobbati,  ha  i  quali  vi  furono  due,  l'un  vestito  da  con- 
tadino ,  e  1'  altro  alla  corteggiaua,  sonando  una  lira  ;  i  quali, 
dopo  haver  sonato  un  pezzo,  concordamento  cantaro  questa 
canzone  ». 


Un'importantissima  notizia  mi  viene  fornita  dall'egregio  Conte 
I.  Malaguzzi ,  Direttore  del  R.  Archivio  di  Stato  di  Modena. 
In  una  lettera ,  diretta  al  Duca  di  Ferrara  da  un  suo  agente 


51 


—  770  — 

in  Roma ,  Mathias  de  Canali ,  in  data  del  27  mano  I 
trova:  «  Qui  se  dice  chel  Re  de  Napoli  ha    incitati  ftdria 
Comico  cum  la  sua  schola  per  representare  Cav- 
alle note  dela  Regina  focene,  et  Duca  de  C  rJ*j 
nel  mese  de  mano  proximo,  et  manderalli  una  galea  :  ha  dato 
la  possessione  al  Cardinale  de  Salern 

Questa  compagnia  comica  {schola)  costituita,  col  suo  capo* 
comico  (  Ff.drid  ),  e  col  ano  rojiflrtorio  {comedie  et  eglogt 
princìpi]  del  cinquecento,  è  un  fatto  notevole,  da  tener  presente 
pei  precedenti  delle  compagnie  dei  comici  dell'»  > 


A  proposito  delle  far»  cavaiole  della  prima  metà  d' 
voglio  notare  che  il  Dolvito  (Variorum  ms.  Ili,  i  ->  ci» 

il  padre  di  Colaniello  Pacca  (professore,  quasi'  ul 
versila  di  Napoli,  e  scrittore  di  cose  storiche,   morto  il 
era  un  sartore,  di  nome  Bartolommeo  oon  bottega  alla  Sellarti, 
che,  per  la  sua  valentia  nel  recitare  nelle  farse,  era  chiamato  i 
monemente  Bartolommeo  de  le  /ti ne  ').  — 

Ho  citati  alcuni  canti  popolari,  riportati  dal    Braca  in  una 
sua  farsa.  Ma  ho  lasciato  di  notare  che  due  d'etsi:  l'arata 
retta  mìa,  partonareila,  o  fancutilto  menarne  no  n 
citali  dal  Del  Tufo  nel  noto  manoscritto,  e  il  primo  d'essi  aa- 
che  dal  Basile  nelle  Muse  napoletane,  Ogl.  IX.  — 

A  quel  Giulio  Cesare  Brancaccio,  del  quale  ho  fatto  caaa» 
(p.  45),  dedica  un  lungo  articolo  il  D'Afflitto  .  Memorie 
scrttt.  del  Regno  di  Nap,  (li.  159-62).— 

Tra  le  Lettere  inedite  di  Bernardo  Tasso,  per  cura  di  G.  i 
pori,  Bologna,  Romagnoli,  1869  (Scelta  di  curiosità  lettere  ine- 
dite o  rare.  Disp.  CHI) ,  ce  ne  è  una,  dove  si  parla  a  ' 
diurni  commedia,  composta  dalla  personi,  tk  e  diretta 

la  lettera,  e  che  il  Tasso  avrebbe  raccomandala  al  1 


>)  R.  Àrdi,  di  Stato  in  Modena.  Cancelleria   Ducala.    [tonaca  **l 
Oratori  ©st'onsi  a  Boa 
*)  Cf.  Cape*»,  La 


—  771  — 


lerno,  e,  a  proposito  della  commedia,  il  Tasso  avrebbe  d< 
io  n  non  si  pensava  elio  di  ninno  di  questi  gentiluomini 
in    [uesta  regno,  potesse  uscir  comedia,  che  meritasse  d'essere 
recituta    pio   che  la  vostra  o.  Ma  a  chi  sia  diretto  la  lettera, 
che  titolo  avesse  la  commedia  ,  non  si  sa,  o  manca  anche  la 
data  por  far  qualche  congettura  (| 

Di  duo  commedie  del  "l'ausilio  si  ne  lettere 

inedito  ili  lui,  esistenti  nella  Biblioteca  della  Fac.  di  Medicina  <li 
Montpellier  (fatte  copiare  dalla  Soc.  Stor.  N'ap.).  E,  propria- 
\  da  una  lettera  in  data  di  Napoli,  1  ottobre  MDLXIII, 
iiretta  alla  signora  C  S.  L.,  che  dice:  «  Mando  a  V.  S.  le 
'In*-  commedie,  che  io  le  promessi  l'altro  giorno  ;  le  quali  se  bene 
non  son  fin  qui  state  recitate,  furou  poro  fatte  da  mo  giA  dieci 

(anni  sono,  perchè  hora,  per  gratia  de  la  mia  matrigna   for- 
tuna, noli'  infelice  peregrinazione,  in  oh'  io  mi  trovo,  ho  sem- 
pre più  commodità  di  soggetti  tragici  che  comici *. 
Ho  accennato  a  p.  50  alle  tragedie  di  A.  Paulilli ,    dicendo 
ohe  probabilmonie  erano  state  recitate  a  Napoli.  Avendo 
i  finalmente  \>                            i  e  di  esse,  posso  nnr 
affermazione  «li  bttO  la  BUj             ne.  Il  frj  ù  questo: 
il  Giuditta  di  l'aride   tragicomedia  a  cui  siegue  f  altra  del 
Ratto  di  Ilelena,  con  la  Tragedia  dell'  Incendio  di  Troia  di 
Anello  Paulilli.  Nap.  secondo  le  antiche  favole  con  pricil.  per 
anni  dieci.  In  Napoli  npjirexHO  Gio:  Maria  Scoto  L'ìGfJ   I 
semi  dramma  ha  poi  un  frontespizio  particolare.  Il  primo  è  de- 
i  al  Viceré,  Duca  d'Alcala,  ed  é  preceduto  da  un  discorso 
Paulilli  sulla  tragicommedia.  Nel  prologo,  si  dice,  tra  l'altro: 
Ma  ah  ah  ah,  eh'  io  scoppio,  eh'  hor  mi  sovviene  d'  un  ga- 
nomo  che  voleva  che  quelle  tre  Dee  fosser  state   vedute 
ignude  dal  Pastore  sul  Proscenio,  come  che  cosi  volse  0\ 
gli  risposi  che,  quando  s'havesser  potuto  bavere  nel  recitare 
•*  -li  quello  gentildonne,  alle  quali  si  rapprosontera,  ad  elettimi.' 
dell'autore  istesso,  ch'io  lodava  il  suo  pensiero  1  » 


—  772  — 

Il  BèOOodO  dramma  ò  dedicato  al  sig.  Ferrante  Carafa.  Mar- 
dieso  di  San  io  Lucido;  e  dal  prologo  appare  che  fu  recitala 
dopo  il  (i  imi  ilio  di  Paride. 

Il  teRO  »•  dedicalo  al  signor  Vincenzo   Carraf.i  d'  Ariano;! 
nella  dedica  si  dice  :  «  Accetterete  la  tragedia  de  l'Iocei. 
Troja,  in  stampa,  con  quell'occhio,  che  voi  l'intend 
la  vi  fu  rupi-esentata  nella  sala  del  vostro  Palazzo  ».  E  nel  pro- 
logo si  parla  di  «quei  vostri  giovani  napoletani,  che  cosi 
rcvolmente  la  rappresenteranno,  li  quali  non  per  de- 
ll snlo  per  loro  diletto  et  peragratarvi  (come  che  sono 
amici  de  ti  vertudi   et  amorevoli    <li    voi)  a  lai  >pr«* 

ranno  ». 


Tra  lo  opero  letterarie,  che  furono  scritte  nello  nostre 
vincie  por  la  vittoria  di  Lepanto,  6  restato  ignoto  al  Coni 
(I  Napoletani  a  Lepanto,  Nap.  1885}  il  dramma  di  Cesar»  • 
<  h  |  questo:  Trionfo  della  Lega  di  Cenare  Torneo  della  i 
di    Tropea  ,  in  rappresentatione  distinta  in  cinque  atti  I 
cala  all'altera  del  sereni  :inor  Don  C 

stria  inclito  Principe  dell'Armala  la  Lega.Cn 

licenza  dei  superiori,  in  Napoh,  Appresso  Giosep; 
dall'Aquila.  MDLXXV.  (di  e. 

Nella  prefazione,  oltre  varii  accenni  e  scuse,  il  Tomeo  dk* 
•i  Mi  mussi!  sinché  »  questo  il  loco,  dove  credea  dui  anni  M  I 
che  l'ho  composta,  farla  in  presenza  di  S.  A.  ri  ehi 

ila  quasi  seconda  patria  noi  .m& 

et  honoraie  rappresentationi ,  tra  l'altre  sue  generose  fi-' 
sono  molto  in  uso,  aiutando  a  questo  quei  signori,  o 
gono  con  particolare  cura ,  e  debito  dispendio  [• 
Popolo,  st  honor  della  citta,  la  qual,  perche  fu  posta  a  e 
dell'Armata,  ove  si  uni,  onde  si  parli,  e  do \  iosa  tornò» 

e  che  con  sontuoso  poute  ricevè  S.  A.  nell'andare,  e  coi 
statua  di  metallo  1' h onorò  vittorioso   nel  tornare,  havria  p«r 
suo  decoro  a  questo  soddisfatto  a  pieno  con  ogni  genio  di  epl« 
dorè,  se  novi  accidenti  non  s'ha vesserò  trapposti 
sturbo  ». 


nio  di  epto- 
a  con 


—  773  — 


Segue  la  dedica  a  D.  Giovanni  d'Austria,  in  data  di  Messina, 
ott.  1573.  —  Gli  interlocutori  formano  una  lunghissima  lista, 
itti  personaggi  allegorici,  o  personificazioni:  Vcnotia,  Italia, 
Roma,  Napoli,  Fiorenza,  Militilo,  Sicilia,  Malta,  Spagna,  La  Gre- 
cia, La  Chiesa,  l'Angelo  Michele,  la  Madonna,  S.  Piotro,  Ci 
il  Timore,  Astrae,  ecc.,  ecc.  —  È  scritto  in  terzine,  in  versi  non 
cattivi.  —  Nell'ultimo  atto,  la  Fama  descrive  a  lungo  la  I. 
glia  di  Lepanto.  — 

Tra  i  mss.  del  Tutini  ,   conserv.    alla    llibl.    IJrancacci 
nel   codice  'misceli,  seg.  Ili,  D.  8.   6  inserita)    0  scritto 

di  e.  32,  intitolato:    Egloga  di  Fr.  Ani.    Imperato    re 
nei  1580. 

■■■ 

Nelle  carte  Farnesiane  f.  i)F»7  (Archivio  di  Stato),  tra  lo  !.  i 
tero  dirette  a  Margherita  Farnese  da  Monteregale  (Abruzzo 
Aquilano),  ce  n'è  una  del  30  maggio  156G,  nella  quale  si  discu- 
tono certe  accuse  fatte  al  Giustiziere  di  Civita  di  Penne.  La 
prima  accusa  era  questa  :  a  ch'esso  habbia  tenuto  una  fontina, 
i.i  quale  -  menava  appresso  vestita  da  huomo  eoo  la  spada 
al  Manco,  e  con  l'archibugio  sotto  di  quattro  palmi  per  hi  I 

mezzo  giorno,  la  quale  fornirla  riavesse  levato  a  certi  co- 

itdianti  o.  Lo  scrivente,  Nicola  Seragoni,  risponde  su  questa 

:cusa:   «Trovo  che  havendo  menato  il  Sjg,    Fabrizio  Stril 

atollo  del  detto  Giustizerò,  una  donna  in  Civita  di  Penne,  il 

sfato  sig.  Giovanni  Vincenzo  la  teneva  nel  Palazzo  e  bo  lu 

menava  dietro  per  le  chiese  principali  olla  messa,  e  per  la 

dove  andava,  di  di  e  di  notte,  vestita  da  huomo,  con  la  spada  al 

e  con  l'archibugio;  donde  sia  venula  detta  dormo  I 

potuto  ritrovare  ».  E,  passando  a  un  altro  punto  delle  ac- 
cuse, accenna  a  un  tale  che  aveva  dato  un  colpo  in  faccia  a 
un  altro  «  con  un  coltello  di  legno,  di  qutgU  dui  portano 
questi  Zanni  ».  —  Queste  notizie  ci  provano  che  in  quel  t- 
giravano  compagnie  di  comici  per  l'Italia  nini-!  Oliale,  e  ci  mo- 
strano ira  osai  Y  Arlecchino,  colla  sua  famosa  spada  di  Ifl 
(cfr.  fig.  in  Moland.  o.  e.  p.  M). 


—  774  — 

A  proposito  del  dottor  Spaccaatrummolo  (p.  63-1),  sarà  i 
notare  che  partii  a  spacca  strommola  vale  m 
tano:  parlare  a  vanvera.  Strummolo  è  la  trottola. 

libro  dell'Amabile  (La  congiura,  i  processi  e  la  pa 
di  T.  Campanella.    I,  Ì81  i.  -i  riferisce  no  brano  tera 

del  Nunzio  Aldobrandino  da  Napoli,  5  giugno  1592:  «  Io  troro 
OS  modo  di  vivere  ;oso  di  i.  i  i  Rego- 

lari, che  con  molto  scandalo  et  querela  i  I  citta,  v 

giorno  e  nottu  boli  et  accompagnati,  dove  lorpiac 
quanto  intendo ,  con  armi  proibite ,  né  solo  in  casa  di  donne 
sospette  ma  alle  pubblicke  Commedie,  si  che  nel  signor  Viceré 
e  in  questi  ministri  o  venuto  concetto  che  non  si  faccia  ec- 
cesso notabile  in  questo  Regno,  che  non  e'  intervenga  o  Preti 
o  Frati 

In  un  Successo,  che  si  trova  in  una  delle  rodazioni  del 
0  Corona  (ma.  Ritti.  Max,  1.  D.9.,8UCC6fl  park 

di  una  certa  Nespola,  ch'era  moglie  di  un  comico  napoletani 
che  faceva  il  Cocìello,  in  una  compagnia  d' 
Firenze,  nel  tempo  del  Gran  Duca  Francesco. 

Nella  bibliografìa  degli  opuscoli  di  Giulio  Cesare  Croce,  fktM 
<;uerrini(/,a  Vita  e  le  opere  di  <  /.allietali, 

1879).,  ni  trova  notizia  di  alcuni  tipi  comici  na| 
Capitoli  e  pubticatione  del  faustoso  e  in  sposatici* 

dell'  incitto    Capitano    Marchiane  Pattala  tiravo  Napi 
ecc.  ecc.  Sotto  n.  99,  Disputa  tra  Cola  et  Arlechtno  ecc.,  dm» 
la  prima  canzone  ò  intitolata;  Disputa  fra   Cola   Sgariaton 
et  Arleehino   da   Marcarla   sopra    le   lor  prodetz? ,  vanii  e 
spampanate  tra  un  napoletano  ed  un    bergama- 
fette  a  dialogo  ,  di  otto  ottonarii    ciascuna  , 
non  Cola  furibondo  limi  son  quel  Arleec1 
altro  opuscolo  sul  Capitano  Rettola.  Sotto  u,  158,  Opera  curar- 
Biasima  composta  e  dispensala  da  Cocìello    Celrullo  O. 
napolitano.  — 

« 
•  » 


Un  grosso  errore  m'  ù  capitato  a   p.  54,  per  essermi  fidsW 
dell'edizione,  qua  e  là  arbitrariamente  raffazzonata,  che  il  V 


—  775  — 

picella  fece  di  molti  brani  del  manoscritto  di  Giambattista  del 
Tufo.  Il  Volpicella  (1.  e,  p.  85)  stampa  cosi  : 

Veder  talvolta  comparire  in  scena 

Con  dolcissima  vena, 

Presto  e  destro  qual  suol  correr  Navettola, 

Cornei,  Giancola,  e  Pascariello  Pettata. 

Parrebbe  trattarsi  di  quattro  maschere,  che  menzioni  il  Del 
Tufo  ;  ma,  invece,  le  maschere  non  son  altre  che  due.  Il  ma- 
noscritto originale,  eh'  è  alla  Bibl.  Naz.,  ha  invece  tutt' altra 
lezione;  ed  è  questa: 

Presto  e  destro,  qual  suol  correr  navettola 
Coviello  datola  e  Pascariello  Pettata 

Ora  navettola  in  napoletano  è  la  spola,  e  il  Del  Tufo  fa  un 
paragone,  e  non  nomina  un  personaggio.  Il  Giancola  è  stato 
stranamente  aggiunto  dal  Volpicella  invece  del  Ciaoola,  eh*  è 
il  più  antico  nome  del  Coviello  (v.  sopra  p.  55,  80).  Giancola 
è  il  tipo  dell'abate  Calabrese ,  e  divenne  soprannome  poi  del 
famoso  Pulcinella  Cammarano.  Il  verso  del  Del  Tufo  ha  una 
sillaba  di  più;  ma  gli  è  questo  un  male  molto  minore  della 
moltiplicazione  di  personaggi  comici,  fatta  dal  Volpicella,  e  da 
me  improvvidamente  accettata. 

* 

Debbo  alla  cortesia  del  Principe  di  Satriano,  Gaetano  Filan- 
gieri, l' indicazione  del  seguente  prezioso  documento,  eh*  è  tra 
quelli  dei  quali  sarà  pubblicato  il  sunto  nel  II  voi.  àe\V  ìndice 
degli  artefici  (VI  della  collezione  Documenti  per  la  storia,  le 
arti  e  V  industrie  delle  province  napol.,  ed.  dal  Filangieri).  E 
un  contratto  tra  alcuni  comici,  che  formarono  una  compagni?; 
a  Napoli  nel  1575;  e  si  trova  nel  Protocollo  di  Not.  Cristi- 
fóro  Cerlone,  1574-5,  Archivio  Notarile. 

I  comici  erano  Mario,  alias  Lepido,  de  Thomase  di  Siena, 
Jacobo  Antonio  de  Ferrariis  di  Napoli,  Alfonso  Cortese  di  Na- 


—  776  — 


poli,   Julio  Cesare  Farina   «li  «ncisco  Viiiani  A 

Lucca  :  nessun  nome  famoso ,  come  si  vede ,  anzi  latti ,  per 
quanto  io  ne  sappia,  affano  ignoti. 
Ed  ceco  il  contratto,  curiosissimo  pei  costumi  del  tempo: 


DO     COC- 

radlara 
irta  M 


Dio  quinto  mansìs  Jnlii  tertio  Indirtionis  |.T7n  Napoli.  Capitali 
un  ;.l  11011)19  d*  ldio  habiti  et  firmati  tra  li  Mag-d  Mimo, 
Lepido,  i>e  Thomasr  ilo  Siena,  Jacobo  Antonio  db  Fbrb  • 
Alfonso  Cortese  da  Napoli,  Jn.10  Cesare  Farina  de  MiUo» 
OSCO  VrruM  da  Lucca ,    «opra  la  compagaia  ioiU  et  firmata  tra 
pronominali  Compagni  aopra  il  (ara  al  rociUra  comedie  iu  q*«eta 
di  Napoli  et  altro  Ieri*  alla  et  lochi  Unto  in  questo  Regno  qu 
altri  qualaevogliano  Regni ,  l'rovinrie ,  Duellati  et  lochi   iptalaeTOfDaav 
dal  mondo.  Sono  vidallcet: 

In  primi*  li  profati  magn.ci  pronominali  compagni  prom«Uooo 
tinuameuto  per  anni  dui  da  oggi  arante  numerandi  unitamonto 
«t  (aro  detto  comadio  tante  in  questa   citte    quanto  in  altra    parta 
mondo  di  per  di ,  et  aie-omo    Mira    corno. io  a  dotta    compagnia    ni  aM 
manchare  per  qualsivoglia  cauna,  et  coso  dia  alcuno  di  oasi    coapatfai 
inanellasse  di  (aro  et  recitare  dette  oomedia  che  qui  ilo  oh»  me 
ogni  volta  aia  tenuto  pagare  a  detti  compagni  ducati  passi 

quali  aia  licito  a  delti  compagni  ov  1  -entra renerà  ci  Cirio  fi* 

venire  et  costreagere  in  qualsevoglin  parte  del  mondo  doro  mi  regge  j  uitiba- 

Item  A  convenuto  che,  caso  ci  'di  «ai  compagni  «t  crwinsn» 

sa  amaluaso  0  andasse  prigione  per  cauna  di  detta  compagnia,  ehe  te  tal» 
caso  aaso  nou  sia  tenuto  a  la  aupraacritta  pona,  ansi  daranta  4»iti  so- 
latia ,  et  carceratione  alano  obligati  detti  compagni  darlo  la  sua  fitto 
die  li  competo  tento  in  dotto  loco  dove  se  ritrovare  informo  0  rarr**u 
quanto  (ora  detto  loco,  et  delti  compagni  siano  tenuti  cooaorvarie  la  sai 
parte  che  porvenorA  da  dette  comadie  di  par  di ,  et  poaaanao  «ari  ama* 
pagai  siano  tenuti  mandarcela  dorè  ae  ritrorarè ,  et  stando  intona  ia 
alcuno  loco  et  detti  compagni  votandosi  partir»!  da  detto  loco  «t  p** 
aendoae  porterò  siano  lanuti  portarlo 

Item  .S  convenuto  che  tutto  il  guadagno  che  psrreoarà  da  tarnmedfctf 
per  occasione  d'esse  se  debbia  spartire  tra  delti  compagni  prò  *rt£ 
parte  et  portione  et  all'altri  rocitanti  che  con  detta  compagnia  » 
m  li  debbia  dare  quello  che  d*  accordo  la  magior  parta  da  detti  <**• 
pagai  crodarè  et  piacerà  che  se  li  denga  per  ciascaduno  da  datti  •!« 
r.citnnii,  letale  la  spesi*  che  occorreranno  tanto  de  magnar,  coma  «fai*» 
cose  per  senrilio  de  dette  compagnia. 


- 


s 


—  777  - 

Itera  ò  convenuto  che  por  servitio  di  della  compagnia  se  debbia  (• 
uno  garzane,  ni  quali)  M  la  debbia    darò  il  ritto  et  salario  secondo  la 
magior  parlo  do  dotti  compagni  se  cdbtcntnrà. 

Item  •>  convenuto  che  s'  alcuno  d"  ossi  compagni  pigliasi*  m 
un'ilio  suo  et  dandoseli   il  vitto  de  conv.-i  ti..*  u.-'.lo  sin  i 

rrire  tutti  U  predetti  "impugni  et  U  auo  patrono  eia    tenuto  darli  il 
la  rio. 

a  è  convenuto  che  ogno  Domenica  a  aera  m  debbia  fare  conto  del 
guadagno  che  «irrà  p  B  detta  compagnia  et  se  deb 

tra  detti  compagni  mudo  ut  ■Opra,  et  trntanto  se  debbia  conservare  ap- 
presao  uno  de  detti  a  a  la  magior  parto  da  oasi  -volerà. 

Itera  è  convenuto  elio  Ogni  una  de  dL-tti  compagni  se  debbia  confessare 
volto  l'anno,  cioè  la  Pascha  de  Kesurrectioue  di  Nostro  S.Jeau  Cri- 
,  l' Assurnptione  de  la  Nostra  Donna,  et  la  Natività  di  Nostra  S.  Jasu 
Cristo. 

Item  è  convenuto  che  so  forte  (qaod  absit)  alcuno  do  detti  compagni 

compagni  l'intenderà,  sia  ohligato  »u- 
to  andarlo  ad  accusare. 

Item  ò  convenuto  -ompagni  non  possano  tra  loro  jo< 

««uno  giocho  né  in  la  loro  stantia  con  altri. 
Item  6  che  quando  venera    alcuna  Indulgentin  ■  t  'un  lui  0 

Sua  Santità  che  stono  tenuti  detti  compagni  unitamente  pigliarlo. 

Seguono  le  formolo  ordinarie ,  e  le  firme  del   giudice  e  dei 

;ioni. 


* 


Sul  principio  del  seicento,  c'era  a  Napoli  un  comico,  < 
malo  Ottavio  Ferrarese,  alias  Tartaglia.  *)  — 

Era  di  nuovo  a  Napoli  nel    1(521    Silvio   Fiorillo,  Il  1 
bre  1681,  egli  dedicava  a  I).  Marino  Caracciolo  la  sua 
media  :  I.i  tre   Capitani    Vanagloriosi.    Capricciosa    Rapprc- 
tentazione  di  strani  amorosi   acecnimcnti  di   Silvio  Fiorillo 

I  Comico.  Ded.  all'eccellenza  del  signor  Principe  di  Santo  Buono 
')  Concessione  per  una  sua  casa  sopra  la   porta   del    Marcalo,    1012. 
Atti  uria,  di  forti f.  1. 1  f.  168.°(Arch.  man.).  Noi.  comun.  dal  eh.  Capaaso. 


—  778  — 

eie.  In  Napoli  per  Domenico  di  Ferrante  Maccara.no    ì 
Comincia:  o  Sogliono,  per  lo  più,  eccelso  Principe,  coloro  ebc 
doppo  lunga  peregrinatone,  afla  patria  ritornano  da  pi< 
contraile,  recar  nuovi  e  preggiati   doni,  coi  quali  nei  pia 
giunti  la  quasi  sopita  loro  memoria  ravvivano  ;  tal 
voluntario  esilio  dalla  mia   patria  .  [»or  desiare  nel  suo  . 
animo  qualche   piccola  ricordanza  di  m  "irma: 

i-i  Ilo,  detto  il  Capitano  Matamoros  Acceso*. 

Tra  i  personaggi  della  commedia  sooo:  Capitan  Mail 
Scaramuzza  servo,  parassita,  napolitano;  Cupi: 
nnconos;  Fracasso  servo    con    Franzipane   parasito; 
Tempesta;  Scannapapara  con  TrufTa,  capitani  napolitani  scruc- 
chi, ecc.  ecc. 

Sul  Coviello  Ambrogio    Buonomo,  e  il    Pulcinella 
Ciuccio,  una  cronaca  reca  questa  ai 

fra  i  tanti  alitisi,  solevano  spesso  pigliarsi  il  terzo  degli  arren- 
damenti  assegnati  ai  privali:  abuso,  contro  il  quale  invano 
reclamò  la  Città.  Ora  «  il  Conte  eli  Monterey,  essendo 
in  gondola  a  Posilipo,  e  con  esso  li  due  personaggi  fiun 

AjDibrogù    I  taonomo  da  Cociello  et  Andrea  Ciuccio  da  Po- 
nella,  dilettandosi  questo  signore  di  comedie,  fins" 
di  avere  una  differenza  tra  di  essi,  e  proponendo  ognuno  la  su* 
ragi"  mtavano  ostinatamente  con  molti  in- 

voli. Il  Coviello  propose  che  si  fosse  chiamato  nn  I        a  decide 
la  loro  differenza  ;  ma  il  Policinella  replico  che   non  vi  er 
fini  terzi,  atteso  se  l'haveva  presi  tulli  Sua  Eccelleo/ 
lerey,  commosso  a  riso,  non  curò  ritenersi  l'altri  leni  >• 
doro  noto  al  Buon,  ma.  rii.l.  — 

Nell'opera  di  E.  Campardon  :  Lea  comédiens  da   roi  de  k 
troupe  itatienne  pendant  Ics  deux  derni.  lSSKKl 

discorrendosi  di  Tiberio  Fiori 1 1  i  (I  ,  222-34),  non  si  fa  cena) 
della  storiella  del  matrimonio,  che  io  ho  raccontato  col  bene- 
ficio dell'  inventario,  citando  il  Sand.  Ma  risulta  dai  documenti 
che  il  Fiorilli  era  già  a  Parigi  il  1644,  t  che  sua  wn 
chiamava  Lorenza  FI  isabella  del  Campo,  soprannominata  M 
rinctta. 


—  779  — 

Del  Dottor  Chiaiese  parla  a  lungo  il  Cortese  nel  Micco  Pas- 
sare (C.  IV  e  V),  e  nel  Viaggio  di  Parnaso  (C.  V.).  Inoltre 
in  qualche  esemplare  della  prima  edizione  del  Canto  de  li  Cunti, 
al  quinto  volumetto  è  aggiunta  una  canzone  intitolata:  Conziglio 
dato  da  lo  Chiaiese  ad  una  persona  che  Vaddemannaie  quale 
fosse  lo  meglio  :  nzorarese  o  stare  senza  mogliere  ;  intorno 
alla  quale  v.  la  mia  ediz.  del  Cunto  de  li  Cunti,  Nap.,  MDCCCXCI, 
voi.  I,  Introd.,  cap.  III. 

Sul  personaggio  comico  Scatozza ,  si  noti  che  vi  accenna 
Salvator  Rosa,  il  quale  nella  S.  II  (La  Poesia),  parlando  dei 
cattivi  predicatori,  dice: 

Miserie  in  ver  da  piangere  a  singozzi  ! 

Che,  al  par  dei  Banchi  ormai  dei  Saltimbanchi, 
Vanta  il  Pergamo  ancora  i  suoi  Scatozzi  !  *) 

Alla  parola  Scatozzi  il  Salvini  annota  erroneamente:  «  cioè, 
ecclesiastici  ignoranti  !  » 


Sul  personaggio  del  Napoletano.  —  Nei  Ragguagli  di  Parnaso 
del  Boccalini,  fìngendosi  che  i  Comici  Gelosi  fossero  chiamati' 
a  recitare  in  Parnaso  comedie  per  le  feste  dei  matrimonii 
delle  figlie  di  Carlo  Emanuele  di  Savoia,  si  dice:  «  Ed  in  par- 
ticolare tanta  dilettatione  ha  dato  a  sua  maestà  il  signor  Cola 
Francesco  Vacantiello ,  personaggio  Napolitano ,  che  ha  detto 
che  anche  nel  l'introdurre  il  Napolitano  nelle  Comedie  per  rap- 
presentar la  fina  vacanteria,  havevan  gl'Italiani  mostrato  il 
loro  altissimo  ingegno,  et  in  somigliante  occasione  sua  maestà 
ha  comandato  al  maestro  dei  Novitij,  che  ad  alcuni  giovanotti 
Romani,  che  si  allevano  nel  seminario  quanto  prima  facesse 
imparare  la  lingua  napolitana,  che,  quanto  all'affettion  de'  co- 
stumi, fermamente  credeva,  che  fossero  per  far  la  medesima 

')    Satire  di  Salvator  Rosa  con  le  note  d' Anton  Maria  Salvini  e  d' altri. 
Amsterdam  MDCCXC.  p.  119. 


—  780  — 

riuscita.  Solo  il  personaggio  del  Capitan  Cardano  non  diade 
Hiia  aBOdfl  intera  sodisfattione,  dicendo  che  era   brutta  apra- 

'"ne  introdur  nelle  Comedio  per  milaniatore  quello  spagn 
che  intanto  non  si  vanta  di  quello  che  non  ha  fallo  e 
•  inolio  che  vuol  fare,  che  i  mali  fatti  o  ouopreopnr 

mena  la  mani  che  mi  OH  la  bocca,  operando  olla  mui 

l'in  fatti  che  parole.  Coniando  dunque,  che.  tosso  adoperati- 
cose  gravi  dello   tragedie,  chiaramente    credendosi   che   ogni 
fautoccino  Casigliano,  Aragonese,  o   Biscaglino   nascevi' 
costumi  e  maniere  tanto  gravi,  che  dalla  Natura  pareva  fatto 
a  posta  per  rappresentar  nelle  scene  i  Personaggi  di  somma 
maestà  »  '). 


Elemosino  dei  teatri  agli  ospedali  ed  altri  luoghi  pii.  —  Dej 
usi  francesi  a  questo  proposito,   parla  il  Maugras  Lea  Cot 
ftiens  hors  la  hi  (Paris,  Lévy,  1887,  p.  165  sgg.)— Il  De  Broa- 
ses,  nel  1739,  discorrendo  degli  usi  teatrali  italiani, 
«t  On  lolérait  memo  un  singulier  mélange  de  sacrò  et  de 
fané;  généretomont,  pendant  los  entractes,  on  quòtait 
luminaire  de  la  paroisse,  et  c'était  toujours  une  fé  mine  jmim 
<i  lielle,  qu'on  chargeait  de  ce  som,  de  facon  a  éveiller,  *'; 
était  necessaire,  la  charitó  des  spoetatemi 


Abbiamo  visto  tra  i  primi  propri otarii  del  teatro  dei  Fiortfl 
tini  un  Vincenzo  Capece  (p.  124-5).  Di  costui,  un  «U'« 

seguenti  unii  ne:  «  Huomo  memorando  in  Napoli,  poiché,»* 
sondo  nato  non  solo  povero  e  senza  appoggio  nessuno,  a» 
ancora  naturale  di  Tra  Francesco  Capece,  cavaliere  Geroso- 
limitano ,  si  ha  acquistato  meglio  di  GOmila  ducati  di  foooìli. 
quasi  tutto  contanti    in    oro    solo  colla  merci»  usudw 


')  W  Ragguagli  di  Parnaso  usi  signor  Traiano   Boccalini   Rana* 

Venati»,  Gucrigii.  MDCLXXX,  I.  '212-3. 


—  781  — 

molli  anni  per  li  giochi  e  prestar  danari  a  giocatori,  buscan- 
do meglio  in  questo  di   16  e  80  mila  .-nuli  il  giorno e 

coniinuando  l'accennata  enercantia,  viveva  da  signore,  es*>' 
egli  ancora  alto  e  corpulento  e  di  non  ingruto  aspetto  e  pre- 
senza». Tra  le  altre  sue  prodezze,  il  cronista  nota  che  «r  fece 

iccidere  un  comico  insigne  in  Napoli  chiamato Testa, 

Aurelio  »  '). 
Lasciò  un  figlinolo  naturale  ,  chiamato  Carlo  Capece, 
olissimo  aspetto  ;  lo  fece  educare  nobilmente  ;  si  approfittò 
nella  musica  e  nella  poesia, quanto  li  bastava  per  parlare  or- 
e  pulito  e  dar  saggio  di  virtuoso;  ma  più  profoooore  delle 
armi  e  del  duello  ».  Costui  ,  vivendo  da  sgherro  ,  anzi  e  da 
capoparte  di  sgherri,  nella  strada  della  Carità  »,  Bill  I  morir 
ammazzato. 


Il  Capaccio,  nel  Forastiero,  facendo  una  specie  di  statistica 
di  Napoli,  e  di  ciò  che  vi  si  spendeva  e  consumava,  dice  :  o  In 
comedie  considerate  quanto  si  spenda ,  mentre  l' appalto  ò  di 
cinque  milia  scudi  »  ■). 

A  p.  95  ho  Tatto  la  facile  supposizione  che,  oltre  i  teatri  il- 
lustri del  S.  Bartolommeo  e  del  Fiorentini,  dovesse  esserci  a 
»  Napoli  qualche  teatro  più  popolare  ;  e  ho  recato  un  luogo  di 
una  cronaca  ,  dal  quale  si  ricava  che  nella  prima  meta  del 
seicento  e"  era  un  teatro  di  comedia  «  fuori  Porla  Capuana.... 
presso  S.  Caterina  a  Formello  ». 
I  contorni  di  Porta  Capuana,  come  il  Largo  del  Castello,  so- 
state contrade  da  teatri  ino  ne  moriva,  un  altro  ne 
nasceva.  Più  tardi,  nel  nostro  secolo,  divenne  contrada  teatrale 
anche  la  strada  Foria.  —  Di  un  teatro,  ch'era  anche  nei  contorni 
ii  l 'orta  Capuana,  alla  Duchesca,  nella  prima  metà  del  seicento, 
che  non  so  se  debba  identifienr^i  con  quello  già  accennato 
da  me,  fa  menzione  il  Tutini  in  un  suo  ma.    della   Biblioteca 


')  Bocca,  ■•  not«  del  Fuidoro,  *ui>  ottobri  1690. 

r)  //  Fartutiero.  IXXXIV,  0.  847. 


—  7*2  — 

Brancacciana.   Il  Tuffai  fuggi   da  Napoli  4iaiow 

17.  o  mori  a  Roma  nel  1G68:  cosicché  la  60 
deve  riferire   a  tempi    di    poco   anteriori   al    Mi, 
dunque,  che,  per  sollevare  l'animo  dei  Napoletani,  in  tre  puah 
si  rappresentavano  le  pubbliche  commedie  ,   ciò*  nella  stradi 
di  S.  Burtolommeo,  alla  strada  dei 

Duchesca.  Quivi  ogni  giorno  si  rappresentavano  comedie,  tra- 
gedie, tragicommedie,  ed  altre  rappresentazioni,  eccet* 
nerdl  e  la  Quaresima,  L'appalto  (acevasi  perd.  5000  all'anno  ') 


Il  Conto  di  Lemos  lesse  una  sua  commedia  nell'Ai 
degli  Oziosi,  alla  quale   apparteneva  (  cfr.  Ginnnoi 
XXXV,  8).  Sani  In  stessa,  della  quale  io  ho  fatto  ceni 

Il  Giuditta  di  Paride  àr-  -,  come  sappi 

in  occasione    degli    sponsali   di  D.  Placido   e  D.*  Isabella 
Sangro.  Questi  sponsali  avvennero  nel  164"J ,  come  bo  potato 
lue  pel  seguente  libercolo:  II  trionfo  della  belletta, op- 
ra del  Doli.  Antonio  Basso.  Nelle  nozze  degli  illustriti.  *«yy. 
D.  Placido  e  Donna  Isabella  de  Sangro  all'  Bcc.ma 
D.  Anna  Cara/a  Pssa  di  Stigliano  Duchessa  di  Sabòontlté 
di  Mulina  di:  las   Torres,    Vircreina  ecc.   Xap.   MI»- 

Un  particolare  curioso  ho  tralasciato  di  ricordare. . 
della  rivoluziono  di  Masaniello  :  la  prima  tribuna  delle  arringhe 
di  Masaniello  !  a  Era  venuta  in  Napoli  una  compagnia  di  b«l- 
lerini,  i  quali   facevano    cento   giochi    nel   caulinare  sopra  k 
corde,  ed  avevano  preso  luogo  vicino  la  strada  detta  de 
najoli  al  Mercato,  non    lungi  la  fontani 
un   palco  di  tavole,  sopra  del  quale  salivano  a   rappresentare 
Ora  in  qui  luto    salito    Masaniello,   scalzo   e  v 

tela  grossa,  con  un  L  rosso  in  lesta  o  un  coltello  a 

mani,  ecc.  ••  Cosi  nn  cronista.  Vedi  molte  altre  testimoniami» 

')  V.  fa  passo.  Sulla  nrfoscrisiotv 
Iasione  della  città  di  Napoli  dalla  fine  del  S.  XIII  fini-  al  1809. 
poli  1883,  |'-  Ti  1-2. 

*)  Cf.  anditi  E.  d'  Afflitto.  Mem.  degli  srntt.,  II. 


—  783  — 

pascolo  del  Capasso:  La  piazza  dei  Mercato  e 
la  Casa  di  Masaniello.  Napoli  1X68. 

A  proposilo  della  Nascila  del  Verbo  Uman.ato.-La  più  an- 
tica edizione,  che  io  ne  conosca  ,  è  quella,  citata  dal  Mungi- 
tore {Bibl.  Siculo.  I,  82-4)1  II  vero  lume  Ira  l'ombre.  OoetO 
la  spelonca  arricchita  per  la  Nascita  del  Verbo  incarnato. 
Opera  pastorale  sacra.  Napoli  presso  Pace  1698,  sub  nomino 
Casi  mi  ri  Rogarli  Oconis.  —  La  più  rocento  ,  questa,  che  ho 
sott' occhio:  La  cantata  dei  Pastori  ossia  il  Vero  Lume  tra 
nbre  per  la  nascita  del  Verbo  umanato.  Opera  pastorale 
sacra  del  dottor  Casimiro  Raggicro  Ucjone.  Naftoli ,  presso 
Antoni»  Alberino  editore,  1887. 

Cfr.  anche  ciò  che  si  dice  su  quest'argomento  nella  Lega 
del  Bene,  periodico  dir.  da  R.  Parisi,  A.  I  (ISSÒ),  n.  35. — 

Del  teatro  dei  Padri  dell'Oratorio,  dove  si  facovano  recite 
sacre  e  morali,  discorre  il  Celano;  elio  dice  che,  pfOSSO  la  col- 
limi di  Miradoù  :  >  visi  vedo  un  teatri),  simile  a  quello  che  sia 
Botto  il  convento  di  S.  Onofrio  di  Roma,  dovo  chi  una  Pasca 
all'altra  vi  si  portano  i  nostri  Padri  dell'Oratorio  a  fare  I 
vespertini  nei  giorni  festivi  e,  dopo  dei  loro  sermoni,  vi  fanno 
r,i I  presentare  da  ragazzi  spiritosi  molto  azioni  spirituali  »  '). 

Alla  corto  dei  Viceré  spagnuoli  si  solevano  fare  comedie  se- 
grete, dove  erano  ammessi  solo  gli  uomini,  e  moltissimo  so  ne 
fecero  al  tempo  del  Marchese  d*  Astorga,  I' amante  ili  Giulia 
de  Caro  (p    1  Ti  »  -  CSA  risulta  da  un  luogo  di  certi  > 

stri  sul  cerimoniale  dei  Viceré,  cho  si  conservano  nell'Archivio 
di  Casa  Reali'  .  leggo:  «  Cuando   en  Palaci»   quiero 

s.  E    hacer  alguna  cornedia  secreta,  que  no 
de  caballeros,  loe  eyudos  de  Camara  llevavaaqae  be 


•  '}  Orfano  o.  e.  V,  404-  ò. 


-  784  — 

caballeros,  assi  corno  se  ostilo  en  (tempo  de  Asterga,  qu 
hiciernn  mnchtsimas  ». 

A  ciò  che  li     Irito  a  p.  181  sulla  decadenza  del  dramma  s[ 
gnuolo  intorno  al  1680  ,  si  può  aggiungere  che  una  prova  se 
ne  trova  nelle  stesse  parole»  che  dice  il  Celano  a  proposii 
Fiorentini:  «  Fu  eretto  per  i  commedianti  spagn 
nei  tempi  passati  ne  venivano  dalle  Spagne  famose  compagnie 
o  rappresentavano  eruditissime  commedie  nel  loro  Dui 

que,  ni  tempi  del  Colano  '),  già  non  no  venivano  pfc 

Passando  a  rassegna  i   ciarlatani   nel   Largo   del   Cestelle 
(p.  142  sgg.),  ho  accennato  al  ciaracolo,  cioè  incan» 
serpenti.  Sui  cirauli,  coinè  si  dice  in  Sicilia,  cfr.  Purè  in  .: 
per  lo  studio  delle  i  rad.  popò  l.  l,  76  sgg.  Un  curioso  capitolo  s 
consacra  ad  essi  nel  libro  ,  più  volte  stampato:  fi  Vagabondo 
orerò  Sferza  dui  liianti  e  vagabondi,  Opera  nuòva  ecc., 
Frianoro.  (In  Ven.  o  in  Bass.  per  Gio.  Ant.  Itemondini;  s.  a.. 
ma  principii  del  s.  XVII)  s).  Il  Garzoni  dice  dei  ciarao 
son  «  quasi  tutti  da  Leccia  di  Puglia,  o  da  qualche  luogo  àr- 
dilo »  *).-- 

ì  1662  era  a  Napoli,  tra  i  coraedianti  lombardi,  uno  chio- 
mato Zaccagnino  ,  che  recitava  da  Zanni,  «  qual  godeva  nnt 
donna  chiamata  Laoinia,  -        nenie  comedi 
che  fusse   e  che   non  fusse  sua  moglie,  et  beveva  acq>: 
con  la  scena  e  con  gli  amanti  qualche  cotnmodita  di  oonside 
razione j  questa,  cura'  e  solito  dell'oziosa  nobiltà    impulciati 
che  oggi  si  e  avanzata  assai  nel  bordello ,  lussi ,  ignoranza 
povertà,  fu  posta  in  conditione  dalli  donativi  del  Pi 
vallino,  dal  Principe  di  Belmonte,  et  ah  -t  ignobili,  che 

con  pochissima  moneta  la  goderono.  Ven  ut 
Vincenzo  Spinelli,  Principe  di  Tarsia  a  Napoli  dal  suo  stato, 
comincio  ancor  lui  a  vagheggiar  la  Lavinia,  che  volle  masche- 
rarsi da  Zaccagnino  ,  non  bastandolo  quullo  che  aveva  speso 


>)  Com'ò  noto,  il  Colano  (1617-90)  pubblicava  la  ne  .Ve ti tic  dt 
e  cunoto  «ce.  il   1692, 

*)  C.  XXIX.   '■  <,u,  p.  78-si. 

i  La  Pkuxa   Unira-nL;  VéO.   1592,  p.  743-4. 


—  785  — 

in  Calabria  a  buffoni,  comodi  e,  cacciatori,  convili,  musica  i 
tinuu,  cavalcatori,  mastri  di  ecc.  ».  In  quel  carnevale, 

l>   Vincano  spinelli  fece  una  mascherai  da  /unni, 

o  distribuiva  cartelli,  fece  la  scritta:  la  moglie  del  Principe  Zac- 
cagnino.  {v.  Fuidoro  ms.  Bibl.  naz.  ad  an.  — ) 

Neil'  o.  e.  del  Campardon,  I,  235-7,  si  parla  di  Michelangelo 
tanzano,  che  esordi  in  Francia  nel  1GS5.  Aveva  per  moglie 
una  Chiara  Patro.  Suo  figlio  si  chiamava  Antonio,  ©  fece  ì'Ar- 
leccluno  in  compagnie  nomadi  dello  foircs. 


Ho  menzionato  a  p.  255  Giambattista  Dufort,  primo  bai  lei  ino 
al  S.  lì.'iri<'l"iiimeo,  al  tempo  dei  principii  detta  danza  teatrale. 
Afjgjongo  ch'egli  è  I*  autoro  del  libro:  Trattato  del  Ballo  No- 
di (ìiambattisia  Dufort  indtnssato  all'  eccellenza  delle 
sifinnre  Dame  e  de'  signori  Caoalieri  Napoletani  ,  In  Napoli 
MDCCXXVIH,  Nella  stamperia  di  Felice  Mosca. 


Le  rappresentazioni  nei  conventi  —  Nel  1748  fu  pubblicato 
un  opuscolo  con  questo  titolo  :  Lettera  scritta  al  Ree.  ft 
da  un  religioso  sacerdote  contro  i  Teatri  e  Commedie  dei  Re- 
f/tilnri  i  In  Palermo.  1718,  nella  stamperia  degli  eredi  di  Aie- 
cardo).  Vi  si  risposo  con  un  Saggio  istorico  Canonico  iniorno 
alla  lettera  ecc.  (Palermo,  presso  P.  DentivengaK  K,  A  questa, 
fu  replicato  coli'  Esame  del  Saggio  (storico  Canonico  ecc.  (Pa- 
lermo, MDCCLl  presso  Pietro  iJeulivenga). 

Di  questi  non  ho  avuto  sott'  occhio  se  non  1'  ultimo.  Nel  pri- 
mo saggio,  tra  le  tante  cose  contro  le  commedie  nei  monasteri, 
l'autore  aveva  detLo:  a  Accade,  e  non  di  rado,  introdursi  an- 
cora donne  travestite  con  abiti  da  uomo  ;  alcuni  do*  Religiosi 
d'  altri  ordini,  esauditi  per  la  molta  importunità  dai  loro  supe- 
riori a  portarsi  nei  chiostri,  ove  spettacoli  si  fanno,  si  condu- 
cono poi  Dio  sa  dove  ecc.  ecc.  ». 


—  786  — 

lili  argomenti  principali  contro  1'  uso  delle  coi  a  mo- 

nasteri erano  due:  1)  che  non  tutto  ciò,  cho  convenivi! 
uomini  di  mondo,  conveniva  ai  religiosi  ;  2)  la  proil         ■■■    dei 
Canoni  di  svestire  l'abito  religioso,  e  prenderne  un  :  «pie- 

sto  punto,  arse  più  vivacemente  hi  polemica.  Tra  le  vari».- 
trine  sul  proposito,  no  e  riportata  una:  che  e 
scomunica,  quando  il  Roligioso  lasci  l'abito  «  cimi  intr-nu'ona 
rnassumendi  proptor  causato  rationabilem  .  pota 

vai  ut  nieliu8  quiescat,  vel  ut  quaerat  puiices vel  ut  apUns 

scindat  lignum,  vel  Iudendi  gratia  ad  hornm,  ecc.  » 

Quanto  alle  distinzioni  di  commedie  turpi  e  commedio  one- 
sto, si  riferisce ,  accettandola,  la  distinzione  del  Card.  Pigna- 
telli:  «  Turpes  foedaeque  eae  suiit ,  in  quibua 
de  ainonlius  Induri»,  agunt,  colloquuntur....  llonesti  ludi  ii  sunt, 
in  quibus  nulla  omnitio  uiulier,  nulla  lascivies,  amor  nullus  •• 


Ed  ora  qualche  piccolo  errata  corrige. — A  p.  23  in  lue. 
Castellano   Ferentino,    leggi  Castellano  fiorentino  ;  p.  .*»0.  i" 
luogo  di  Massorio  leggi  Massonio;  p.  236  nota,  la  Chiavetta 
000    e  Piaxxa  Frano  te   afferma  anche  il    Voc.    !\ 

me  la  Piazzetta  di  Porto — 

K  un  *ia  lecito  ripetere  qui  in  fino  le  parole  di  ui 
dioso  della  storia  teatrale  italiana:  che,  cioè,  i  molli  et 
ho  potuto  correggere  nel  corso  del  mio  lavoro,  v  anzi' 
lieto  dell'opera  compiuta,   mi  fanno  seriamente  pensoso 
altri  e  molti  errori,  che  certo  mi  sono  sfuggiti,  e  che  ras 
in  compagnia  forse  di  qualche  cattivo  ragion 
che  oggi  pubblico!  »   l). 

')  Corrado  Ricci,  /  Teatri  di  Bologna,  p.  III. 


-O'^- 


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