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LA DIVINA
COMMEDIA
D I
DANTE ALIGHIERI
COKRETTA , SPIEGATA , E DIFESA
DAL P. BALDASSARRE LOMBARDI
M. e.
EDIZIONE TERZA ROMANA
SI AGGIUNGONO LE NOTE DE' MIGLIORI
COMENTATORI
CO' RISCONTRI DI FAMOSI MSS.
NON ANCORA OSSERVATI .
TOM. IL
PURGATORIO
ROMA
MDCCCXXI.
NELLA STAMPERIA DE ROMANIS
Con Licenza de^ Superiori .
fQ
asc)-2-
t t-O
v;. "2.
Ili
L' EDITORE.
N.
el porgerti con riverenza il secondo volume della Di-
vina Commedia nulV altro ho a dirti , umanissimo Let"
tare , che le cose in questo mercè gli ajuti delle persone al»
tre volte lodate procederono come nel primo , sì riguardo
alle varie lezioni de^codici Faticano , Caetano , Antaldia^-
no ec. sì riguardo alle note istoriche , e grammaticali , e
Si ancora ai cementi de^ dotti dopo il Lombardi .
Mi è intravénuto però un episodio , che quantunque ci»
tato al suo luogo , mi pare giusto che tu lo sappia in prin»
cipio . L'avvocalo D, Carlo Fea commissario delle /ioma-
ne antichità » e pia che altri noi creda padrone ^ amico
e maestro mio} del quale non so che altri siavi pia ze»
lante a restituire nella vita letteraria quelle cose che la
si meritano ; possedeva il riscontro di un pregiato codice
della Biblioteca Chigiana alla quale presiede per nobile
provvidenza del dotto Principe Don Agostino : ma siccome
da molti anni avealo già consumato , gli era sfuggito dalV
occhio e non pia lo trovava . Ed io me n^f*ro giunto al Can»
to XV, del Purgatorio quando mei ^ndi venire tutto al^
legro con qufp tre volumetti sotto il braccio della mia edizio*
ne del 1810. Ei me li porse , e me li squadernò di mano in
mano , tatti scritti nel margine di varie lezioni tratte co-
me dissi da un codice di casa Chigi . Per lo che io che
mi son persuaso , esser tanta benignità ne^ lettori che spes»
se volte pur si contentano se non si adempiono in tutto
le promesse j colsi subito quest'occasione per dare come sem*
prc bramai un contrasegno di gratitudine a' medesimi : e
dal Canto Xf\ in poi ho fatto sì che fossero sempre ci'
tate le nuove lezioni suddette quando apparivano belle e
speciose , o quando confermavano la lezione di Nidobeato y
o la comune , o quando s^accordavano con gli altri famo*
si codici che ho finora adoprati .
Non mi sono astenuto di poi dal fare una ricognizione
di quel manoscritto : e /' ho trovato quale qui lo descrivo .
Egli è segnato L, FUI, at)4 • "* J^Sf-^^ mezzano : carata
tere semi goti co di seconda forma ^ e di bellissima lettera , a
due colonne : componesi di carte qS numerate modem a^
mente ; V ultima però che sarebbe la 96 manca affatto : di
maniera che dclV estremo canto del Paradiso tredici sol»
tanto son le terzine che vi si hanno . Sonovi rubriche ita"
liane in testa delle tre cantiche ^ ed al principio d^ogni
canto non meno. La prima ^ dice così : la nomine domini
amen . Incomincia lacomedia di Dante alligliieri nellaqual
tracia delle pene et de punì menti de vizii , et demeriti et pre-
mi! delle virtù . Canto primo della prima parte laqaal ai
chiama inferno nel quale lautorc fa proemio a tutta lope-
ra . Segue il testo , e in mezzo allo scudo delV JV è minia"
to da pennello antico il Poeta in veste color d^ oltre mare ,
e berretto simile : in mani il libro coperto di rosso con/ib"
bie . Ora ti do un saggio deW ortografia nel terzo ternario .
Tante amara cbe poche più morte
Ma per trattar del ben chi vi trouai
Diro dellalte cose chi uo scorte .
Mi parve assolutamente , e il eh Fea non me lo disdisse ,
che questo codice sia del secolo KIV,
Notai che in mezzo al margine superiore della prima
facciata i;' è scritto in carattere corsivo del cinquecento :
Dello' ììip a stato . /z^. òi.
Il guai nome come si scorge nel catalogo degli Accade^
mici citati nel f^ocabolario ricoprii^a !^lichelanii;elo Suonar*
roti il giovine , che stette censore e consolo df*W Accademia
fiorentina ; sedette arcicoconsolo della Crusca ; lai^orò al^
la correzione del testo di Dante ; dette prose e versi a
stampa , e fu pronipote di colui dello stesso nome , cele*
ber rimo in tutte tre le nobilissime arti del disegno . Per
la qual cosa non mi parve una stravaganza il supporre
che il ■ codice mentovato fosse un tempo nelle virtuosissi^
me mani di Michelangelo , e quello sopra il quale apprese
la sua mente divina a concepir le alte maraviglie che non
solo in Pittura , Scultura ed Architettura produsse , ma in
poesia volgare eziandio , nella quale imitò grandemente
e felicemente V Alighieri •
Non fu permesso al bravo pittore Filif>po Agricola il fi-
nir di condurre Dante e Beatrice^ benché neppur io siami
di molto affrettato a consegnarti il volume . Ma siccome
egli avendovi ricollocate pili mature idee trovasi di già
molto avanzato nel quadro ; così spero che da lui un^ope^
ra piti perfetta , e daW incisore una piti bella stampa ci
sarà data: e cosi fia che vedremo la balla coppia laddo^
ve cHnnalzeremo a contemplare la immagine del Paradi-
ro . Ne senza questa stampa riceverai , umanissimo Letto-
re , il terzo volume della presente Edizione . ff^ivi felice .
Di Rama li 4 Dicembre 1821.
FASAOISO TXKJtXSTRE
PURGATORIO
CANTO l.
ARGOMENTO (♦)
Racconta il Poeta in questo primo canto i come egli trovò Vombra di
Catone Uticense ; dal quale infornato di quanto avea da fare , prese
con Virgilio la via verio la marina ; e lavato che Virgilio gli ebbe
il viso di rugiada , e giunti al lito del mare , lo ricinse d' uno schiet*
t9 giunco 9 come gli era stato ii^posto da Catone .
p
er correr miglior acqua alza le vele
Ornai la navicella del mio ingegno ,
Che lascia dietro a se mar si crudele ;
I a 3 Per correr ec, Allegorìcamente favella il Poeta tlol suo scri-
rer come di una navìgazìoue; e pel mar crudele, che Liscia dietro,
intende il gili descritto Tnferno.
Supponendo il Castelvetro, che mief{or acqua appelli Dante la
materia della presente cantica y perchè la giudichi più agevole da (rat-
Ursi di quella dell' Inferno , e ricercandone il perchè . Di vero , di-
ce , altro non si può rispondere , se non , che quella era di mnf^giori
pene , cioè infernali , e q. testa di minori , cioè purgative . Ma fagèx^O'
lezza del trattar la materia , e del rnmpnmdersi in versi non si consi-
dera per le cose , che' offendono piti o meno ; ma per le cose , che sa-
no più o meno usìtate , agli uomini comuni , o piii comprende\*oli , o
meno da loro . ÌMOnde C arti , e le sciehze sono piti di filtrili da seri'»
versi f perciocché più si scostano dalP intelletto popolare' f che nonjan^
no le storie e le "favole . Perchè non è detto se non meno che prò-
priiunente , che ut materia della presente cantica sia migliore ch^ la
passata , quanto è atto scrivere ; non essendo P una pili vicina , o più
lontana dotta conoscenza popolaresca . yfnzi questa è peggiore , percioc^
che in essa si trattano questioni più sottili (a) .
Miglior acqua però appella Dante la materia della presente can-
tica, non perche la giudichi pih agcrole da comprendersi in versi , ma
perchè niente spaventosa, o meno assai di quella dell' Inferno, cfie
(*) Argomento metrico del cel. Gaspare Goxzi .
Dove ti porga V anima , e risorge
Vaano i Poeli , e lor di qaal cara miao
Consiglio r ombra di Catone porge .
Con la rugiada del lido vicioo
Virgilio toglie il mal color , cke tinge
Le guance all' altro i che tra cheto , e chino ,
E con un giunco schiotto lo ri«iii|re .
(a) Opere varie critiche potte in luca dal Muratori nel 17^7 p. l^'J*
T.2. A
2 PURGATORIO
4 £ conterò di quel secondo regno $
Ove r umano spirito si purga ,
E di salire al ciel diventa degno .
J7 Ma qui la morta poesia risurga ,
O sante Muse , poi che vostro sono,
E qui Calliopea alquanto surga ,
IO Seguitando 1 mio canto con quel suono,
Di cui le piche misere sentirò
nel pensier rinnuo^a la paura (n) . Sembra ciò chiaro per V epiteto di
crudele, che Dante stesso all' Inferno attribuisce; in contrapposto del
quale non pare che niif^liore possa avere altro senso clic di meno cru'
dele , o men orrido : e non mai di piìi agevole da mettere in versi •
* Dietro a me y il cod. Antald. N.K.
^ Afa qui la morta poesia risurga: ergasi e risserenìsi ora lo stile
mortuale e lugubre, con cui lo recano della moria gi'^tte Lo fin qui de-
scritto. Non aver Dante ricercato nel descriver T Inferno altro stile
che mortuale e lugubre , abbastanza ne lo accenna egli medesimo coi
primi versi di quel canto xxxii.
S* io avessi le rime aspre e chiocce »
Come si conterrebbe al tristo buco ce.
Tutti gli altri comentatori vi aggiungono , chi li poesia della in-
nondata Italia da* barbari rimasa nìorta e sepolta fino ai tempi di Dan-
te » chi anche il consumo degli spiriti , e 'l rifinimento dal medesimo
Dante sofferto nel comporre Tn precedente cantica .
8 Prostro sono f vostro divolo, d«ir arte vostra studioso.
0 Calliopea, o Calliope una delle nove Muse, quella che presie-
de air eroico stile. * Calliope, i codd. "Nat. e Antald. \.K. ai-
guanto surga, alquanto sollevi e nobiliti il basso mìo stilo. ^ l'hs ,
o Calliope , precor aspirate vanenti ^ disse Virgilio, Arn. q. ottimamente
qui rammemorato dal Sig. l'ortirelli , N. lì. — Al : ig. I.osa Morando,
che ci ricorda qui di voler Haute a])pellato questo componimeiHo suo
commedia, e del perchè cos'i voglialo appellato , risponderemo che
dal basso al sublime stile vi sono di mezzo più e più gradi .
1 o Quel suono ptr quella voce .
II Piche, furon chiamate nove sorelle, figliuole di Pieno di
Fella città d' Egitto , le quali non meno arro,ì;anti , che di varie scienze
ed arti dotate, ebbero ardire di provocar le Muse a cantar con esso
loro; dalle quali vinte, in pena della superbia, furono trasformate in
piche, o gazze che vogliam dire. Ovidio nel quinto delle trasforma-
zioni. Volpi : che però mal dice Fella città d' Jìgi/to , essendo città
della Macedonia. * Il Cod. Foggiali legge, e forse piacerà ad alcuni ,
Ninfe in luogo di Piche, Erano infatti Ninfe le figlie di Pierio , quan-
do udirono il canto delle Muse , ed in Piche furono quindi dalle me-
desime trasformate. Ma ci sia permesso di riflettere, che Dante avreb-
be accresciuta una dillicoltà agli interpreti scrivendo Ninfe , poiché
(a) Inf. I S.
e A N T O I. 3
Lo colpo tal y che disperar perdono •
i3 Dolce color d' orientai zaffiro ,
Che s' accoglieva nel sereno aspetto
Dell' aer puro infino al primo giro ,
16 Agli occhi miei ricominciò diletto ,
Tosto eh' io usci' fuor dell' aura morta ,
Che m' avea contristati gli occhi e 1 petto •
senza denominazione genealogica , e senza alcuna nota di tempo , e
dì luogo , anzi nello slancio di una ardinieotosa lirica astrazione chi
sa qua! canto , e quali Ninfe mai sarieno andate per la testa de' chio-
satori . Pertanto , anziché introdurla nel Testo , ringraziamo TÌvamen-
te Dante , che usando a buon dritto la figura degli efletti , ha saputo
darci in poche parole, ed in maniera suolime un mitologico esempio 9
di cui non v* ha chi non conosca a colpo d' occhio i' istoria . N, E.
1 3 £00 colpo tal , che disperar peraono . Chiosa e critica questo
passo il Castelvetro . Tale , dice , Jìi il canto delle Afuse , quando tetè"
zonarono con le Piche .^ che esse Piche non giudicar trovare perdono
del loro anlire S aver voluto tenzonare di canto con le Muse . Se non
vi fosse stala molta differenza ^ quantunque fossero state superate^ po^
te\'ano sperare , che la gente avesse perdonata loro quel fallo , poiché
ai'evano onde porsi a tenzone . Fin qui la chiosa . Siegue ora la cri-
tica . Ma è da por mente che Ovidio nelle Metamorfosi , nel fine del
quinto libro , dice il contrario , perciocché esse non riconobbero il canto
delle Ninfe , e dissero villania alle Muse • Perchè sdegnate le Muse le
convertirono in gazze .
Dal racconto però di Ovidio abbiamo bensì che non confessassero
le Piche la loro inferiorità, ma non già che non la conoscessero. Chi
non sa essere vizio frequente, massimamente della donnesca alterìgia »
quello di negare la verità conosciuta?
Poi : se potevano le Piche sperare che la gente avesse perdonato
loro questo fallo fin che la cosa stette in parole ; non però quando
in efietto provarono il maggior valore delle Muse , vedendosi trasfor-
mate in gazze , e costrette a portare perpetuamente in faccia al mon-
do la pena della loro tracotanza . Or come assicuraci il Castelvetro ,
che appunto questa medesima trasformazione non sia il colpo di che
Dante tavella r
i3 al 18 Dolce color ec* Costruzione. Tosto eh* io usci fuor deW
aura morta ( infernale , priva di luce ) che m* avea contristati gli oc~
chi e 7 petto ( per C animo ) ricominciò ( riprodusse ) a^i occhi miei
diletto dolce color d* orientai zaffiro ( vago azzurro colore , qual è quel-
lo del zaffiro oricutale ) che 5' accoglieva ( esprime , credo la cagione
dell' apparenza di cotal colore dell' ammucchiamento dell' aria quasi
dica , che pe' molti strati delParia veniva ad adunarsi ) nel sereno, * nel
benigno , cod. Antald. N. E. ) €ispelio delP aer puro ( nella disgom-
brata veduta che 1' aer puro presentava ) i ri/ino al primo giro : nn' al
ciel della Luna , più prossimo alla terra , chiosa il Venturi appresso
alla comune degli espositori : ma io più volentieri direi fino al pri'
mo più. alto giro delle stelle ; alle quali , se non giunge V aere , giu-
A a
4 PURGATOàlO
1^ Lo bel pianeta 9 eh' ad amar conforta ,
Faceva tutto rider V oriente ,
Velando i pesci ch'erano in sua scorta.
da Io mi volsi a man destra , e posi mente
All'altro polo: e vidi quattro stelle
Non viste n^i^ fuor ch'alia prima gente.
giiera qa^l sereno aspetto . ^'cdi il v, a5 Tosto eh* io uscì* fuor
legge la ^idobeati1la , ove le altre edizioni ( '^ e il cod. VaL ^.E.)
Tosto ched V uscPfttor,
ig Lo bel pianetn ec. La stella di Venere. Appropria alla stella
qnanto la gentili t& attribuiva alla dea del medesimo nome. In modo
simile anche il Petrarca
Già fiammeggiava V amorosa stilla
Per t Orienie te. (af
20 Faceva rider ^ cioè ( chiosa il Daniello ) con la soa TÌsta lieta
e serena rallegrava tutto T oriente ; come : Omnia nane rident , che
disse Virgilio ; ed il Petrarca :
Ridono or per U piagge erbette e fiori (b) .
91 belando i pesci ec. Essendo il Sole in Ariete (r) , dovevano i
pesci alzarsi prima del Sole , e conseguentemente velarsi dai raggi più
luiuiuosi della stella Venere, allora diana, cioè precedente il dì.
31 33 3/| Io mi volsi a man dastìfa ec. Tanto qui , quanto negli an-
tipodi , colui che tien la facpia verso oriente , tiene a mano destra To^
tro polo , r antartico vidi quattro stelle non viste mai ec, » Iji
« geografia dei tempi del Poeta non sapeva terra , onde veder si pò-
m tessero le stelle del polo antartico . Fingendo esso però il monte del
n Purgatorio antipodo a Gerusal emine (d)y doveva conseguentemente
n porre , che al Purgatorio apparisse il polo antartico , rimanesse oc-
« cultato r artico nostro . Come poi nella vetta del Purgatorio pone
« Dante essere stata T abitazione della prima gente, cioè di Adamo e
« d' Eva , mentre innocenti furono (e) , perciò , ad accennare perdu-
M ta al mondo di vista dopo il peccato, e solo ali' innocente uomo
« essere stata conspicua la virtù , pone in quel polo , solo ad esso in-
« nocciite uomo stato visibile, sotto figura di quattro stelle le quattro
M virtù morali , che cardinali sogliono appellarsi , cioè , prudenza ,
« giinitizia , fortezza , e temperane : cagione per cui le medesime stel-
« le luci sante appella in seguito (f) ; e sono le virtù stesse , che in
p figura di vaghe ninfe coinpajono a corteggiar Beatrice {g) , e che
« poi se medesime manifestano e dicono
Is/oi sem qui Ai in fé , e ael del temo stelle (h) .
Fin qui Ix)mb\rbi.
Ma il sig. I uigi l-ortirelli con una lunga eruditissima nota os-
serva , che (i* apf>rcsso h) scoperte di Americo Vesp«cci , il Sig. Giu-
seppe Baretti nella disscrlaziuiit; 'iiglese coutro il Saggio di >oltaire
SUI poeti Kpici, fu il primo, che prendesse le qui nominate per qua t-
(a) Sun. 16. (b) Caaz. 38. (f) Vedi Inf. I iS e Purg. Il 4 o 5. (//) Ve-
ài il principu> del canto >cg. (,) Vc4i Purg. xxviil 91 0 seg. (/ ) Vers. 37.
(g) Pure, xxlx ijoe «cgg. (h) Purg. zxxi loò'.
e A N T O r ; A
t5 Goder' pareva 1 ciél di lor fiammelle ;
O settentrional vedovo sito ,
Poi che privato se* di mirar quelle !
18 Gom' io da loro sguardo fui partito ^
tro reali stelle senza ricorrere al senso allegorico. D'appresso poi aU
le nozioni avute dal Sig. Abate de Cesaris Astronomo di Brera aggiun*^
gè, che verso il Polo Antartico quattro Stelle sono vicinissime ad esso;
ed allre quattro bellissime in (orma di (>roce ( detta dai naviganti in
Croce del Sud) sono nella costellazione del Centauro alquanto lontana
dal medesimo Polo • Volendo supporre che Dante avesse parlato delle
prime , potrebbe dirsi rispetto al modo « come fino dal suo tempo nef
avesse contezza , che dimorando egli . in Verona , ed altre città del
Veneziano , potè esserne informato dal famoso Viaggiatore Marco Polo
Veneziano , che giunse air Isola di Giava e di Madagascar al di là
della linea equinoziale e del Tropico di Capricorno , e che fa di
ritorno in patria pieno di cognizioni nelF anno l'iQJ , cioè due anni
prima , che Dante ponesse mano al ^oema . IVI a siccome nel Canto
vili ^v. 91 ()2 0.3 suppone il Poeta, che, in luogo delle medesime
quattro stelle di là busse , tre altre alla sera ne fossero salite , così
convien dire, che parlasse delle seconde esistenti nella costellazione
del Centauro; sì perchè le stelle vicine al Polo non trainontai/o gionn-
mai , si perchè tre altre stelli? , cioè le tre Alfe delle Costellazióni
deir Eridano , della ISave , e del Pesce d' oro , si trovano in opposi-^
zione l^Ue quattro del Centauro , e dovevano essere appunto la sera!
nel sito occupato da quelle in sul mattino . Riflettendo poi , che le
quaUro testé nominate stelle erano di già note, come descritte nel
Catalogo di Tolommeo , cosi acconciamente conclude il Signor Por-
tirelli , che per la prima gente, 'che le osservò, il Poeta non inten-
desse i Progenitori Adamo , ed Eva , ma gli Arabi , i Fenicj , i Cai"
dei, e ^li Egizj , che furono.i primi coltivatori dell* Astronomia , e
più meridionali degli altri popoli) e sulla fede de' quali scrissero poi
antichi Astronomi Greci , e Romani . N. E.
36 O sellentrional vedovo ( derelitto , abbandonato ) sito . Il Ven-
turi non vede potersi questa esclamazione giustificare se non per via
del senso allegorico , pel significato cioè delle virtù morali soprad-
dette supposto in quelle quattro stcUe ; perocché anche il silo meri"
dianole { rimbrotta ) è altretlanto vedovo , privato cioè dì veder le stel'
le del polo boreale. Manca però il \ cnturi di riflettere , che nel po"
lo boreale non sono stelle di tanta luce, quanta ne attribuisce Dante
a quelle quattro , tanta che per mezzo di essa scorgeva egli Catone
cosi chiaramente come 7 co/ fosse davante (ti) . * Ma sieno pure stelle
materiali , e niente più belle ili quelle boreali , f7 vedovo non sarà
che relativo ; e chi impediva a Dante 1' esclamare con doglia , che
dal Settentrione non si possono scorgere quelle quattro stelle ? Li-
mitiam dunque Dante ad un semplice desiderio di veder quattro stel-
le dì più, e niuno sarà tanto indiscreto di condannarlo. iN. E.
* 27 Di veder quelle^ il cod. Antald. N. E.
(li) V«rf. 99.
6 PURGATORIO
Un poco me volgendo all' altro polo 9
Là onde 1 Carro già era sparito y
3i Vidi presso di me un veglio solo 9
Degno di tanta reverenza in vista ,
Che più non dee a padre alcun figliuolo «
34 Lunga la barba e di pel bianco mista
ag Air altro polo , opposto a quello in cui vedute avea le quattro
stelle .
3o ZA ( a quella parte di cielo } onde '/ Carro ( altro nome che
si dà air Orsa maggiore, costellazione vicina al polo nostro ) ^a era
spanto , già più non si vedeva • \edi la nota sopra , al vera. ati. e
segg.
3i Un veglio solo , solitario • Dal v, 75. e seg^. si dichiara esse-
re costui Catone il minore , detto Uticense , il quale sostenendo col-
Y armi alla mano la libertà della Romana repubblica contro di Cesa-
re, vedendosi al fìne nell'impotenza di resistergli si diede da se me-
desimo la morte.
La supposizione , che non possa qui dal poeta nostro collocarsi
Catone , se non per farlo un dì passare al Pnraaiso , ha recato non leg-
gero imbarazzò alla mente di tutti quanti hanno fm ora scritto so-
pra questo passo: altri condannando Dante di perversa teologia, per
ammetter salvo un idolatra e un suicida ; altri , per liberar Dante da
simile taccia , chiosando che per Catone non V anima di Catone ,
intenda, ma la libertà* Spiacemi sopratutto di udire tra i condan-
natori uscirsene il A'cnturi con quell* aspro epifonema : Per verità è un
gran capriccio; ma in ciò segue Dante suo stile.
Se lo stile di Dante avesse il Venturi diligentemente considerato,
avrebbe forse parlato con maggior riserba. Avrebbe scorto che, ovun-
que introduce Dante anime di gentili n salvazione , sempre si fa il do-
veroso carico di giustifìcare la loro salvezza a tenore di una sana teo-
logia. Cosi di uno Stazio (a), così di un Kifèo (ft) , così di un Tra-
jauo (e) : ma non così di un Catone , di cui massime , perocché sa-
rebbe il primo di tutti , maggior bisogno sarebbevi stato .
Al 1 urgatorio però , mi si dirà , non vanno che le anime desti-
nate al Paradiso : e quel eh* è più , predice Virgilio a Catone mede-
simo , che la corporale di lui veste al gran di ( dell' universale giudi-
zio ) sarà si chiara (d) .
Tutto vero , rispondo . Ma il Purgatorio non è qui dov' è Cato-
ne , ma molto più in alto , su la falda del monte in serrato luo-
go (e) , al quale Catone , che vi sollecita gli altri , non s' è mosso mai
per mille trecento e più anni scorsi tra la di lui morte e questo viag-
gio di Dante, in tempo che gli altri gentili spiriti, che Dante pone
salvi, già tutti ( quantunque alcuni di loro fossero di Catone assai più
recenti; vi sono passati non solo, ma vi hanno terminate le lunghe
(a) Purg. xxil o icgg. (b) Ptrad. xx 118 e segg. (e) Parg. x 73 e Farad.
XX io3 e segg. (d) Mctm, jb del canto presente, (h) Vedi il piiocipio del
canto X.
e A N T O !• 7
Portara a' suoi capegli simigliante i
De' quai cadeva al petto doppia lista 4
37 Li raggi delle quattro luci sante
Fregiavan sì la sua faccia di lume,
Ch' io *1 vedea , come 1 Sol fosse davante -
4o Chi siete yoì che , contra 1 cieco fiume ,
Fuggito avete la prigione eterna?
carovane . Ma avvisando in seguito ( v, 97 98 ) Catone stesso , che mal
sarebbe Dante qual era , tinto d' infemaìe fuligine , ricevuto- dal
primo ministro , eh* e di auei di Paradiso , accenna se essere di quei
iieir Inferno • Chiara ancne sarà al gran eh la veste di Catone : ma
di qual ]ume chiara ? E non si può egli ])resumere del lume stesso
delle quattro stelle che fregian ora la di lui ombra ? Ovvero coi fre-
gio medesimo della naturale beatitudine, che, com'è detto Ta) , pare
che Dante supponga a tutti quei del Limbo destinata, dopo l'univer-
sale giudizio , su questa terra ?
Pel erande amore, e fedeltà alla patria, e per 1* integri tli dei
costumi da tutti in Catone sommamente commendala, ha bensì Dante
voluto questo gentile eroe distinto ed onorato sopra d' ogn* altro : ma
che poi voglialo anche in Paradiso , ciò né '1 ci dice espressamente ,
ne tampoco ci somministra ragionevole fondamento di crederlo.
35 A suoi capegli simigliante^ accenna cosi anche i capegli misti
di bianchi e neri .
56 Doppia lista , due ciocche , una a destra e V altra a sinistra
del collo .
37 Luci sante appella quelle quattro stelle per ciò eh' è detto sotto
il vers. 11,
5p ComeU solfasse davante: ellissi , e vale quanto, come se il
sole gli fosse 'davante , cioè gli battesse in faccia.
/\o Contra 7 cieco fiume . Catacresi ed ellissi insieme adopera •
Per catacresi attribuisce al fiume ( cioè al sopraddescritto tortuoso ru-
scello ) (b) scorrente al bujo , V epiteto di cieco , che propriamente si
conviene a chi cammina senza vedere. Per ellissi abbrevia il parlare,
e dice contro il cieco fiume in vece di dire contro il corso del cieco
fiume salendo ,
f\\ Fuggito avete la prigione etema. Addimanda qui il Castelvetro
come Catone sapesse , che Dante e Virgilio venissono a Inforno : e per-
chè non si poteva pili tosto immaginare , che venissero dal mondo me-
nati quivi aaW Angelo ec. (e) .
In pih modi però potè Celione conoscere , che Dante e Virgilio
usciti fossero dell'Inferno. Tote averli esso veduti uscire da quel ba-
co end' erano usciti . Potè arguire che non d* altronde se non di la
fossero usciti , per avere fino allora tenuto V occhio alla marina , né
visto venire nlcuna nave. Potè finalmente accorgersene per la fuliggi-
ne , che porlava Dante su '1 viso , cui per comando dello stesso Cato-
ne tolse poi Virgilio colla rugiada [d) ,
(a) Inf. il 52. (A) Inf. xxxiw i3o e leg. (e) Opere criùìc, 9arÌ€
pag 163. (d) Verso laS • fcg.
8 PURGATORIO
Diss* €Ì , movendo quelle oneste piume .
43 Chi v' ha guidati ? O chi vi fu lucerna
Uscendo fuor della profonda notte ,
Che sempre nera fa la valle inferna?
46 Son le leggi d* abisso cosi rotte ?
O è mutato in ciel nuovo consiglio y
Che dannati venite alle mie grotte ?
49 Lo duca mio allor mi die' di piglio ,
E con parole 9 e con mani , e con cenni ^
Reverenti mi fé* le gambe e 1 ciglio .
Sa Poscia rispose lui : da me non venni;
Donna scese dal ciel , per li cui preghi
Della mia compagnia costui sovvenni.
55 Ma da eh' è tuo voler che più si spieghi
Di nostra condizion y com' ella è vera ,
Esser non puote '1 mio eh' a te si nieghi •
/\i Diss* el moy'ende quelle oneste piume y la Nidobcatliia . Diss* et
^f/e//' r al tr' edizioni . * Noi abbiamo avvertilo piii volte uella cantica
Ae\V Inferno y che non siamo su questo punto (t'accordo né colla Ni-
dob. nò col P. Lombardi : e che abbiamo restituito sempre ei , sicco-
me pili armonioso , e tacile , e ammesso costantemente dal Ood. Vat.
e delTAccad. della Crusca. N. E. — Piuma (chiosa e critica il Ventu-
ri ) disse la barba ancora Orazio : Insperata lux cum venerit piuma
superblce : ma parla\^a fT una barba assai pili delicata e gentile, e che
pur allora lasciala (V esser lanug^ine ; ne voleva intendere , quando gli
fosse venuta una lunga barbacria , ed ispida , come forza e dire che
fosse q 'iella del venerando Catone.
*^e il A'enturi letta avesse quelT ode ( eh' è la decima del libro
quarto ) un sol verso più avanti , avrebbe conosciuto che parla Ora-
zio , pure di barba ispida anzi che no .
Imperata tace quum veniet piuma superbia ,
Et qua nunc humeris involitant , deciderint coma ec.
Una barba , che appena lasci d' esser lanuggine , non suole essere ac-
compagnata dalla calvizie.
* 45 Che sempre bitja , il cod. Antald. N. E.
48 Che dannati ec, vai quanto , che dopo d' essere stati condan-
nati perpetuamente all' Inferno , ve ii uscite, e venite alle mie grotte ,
il plurale pel singolare , alla mia spelonca •
5^ Donna ec. Beatrice. \edi Inf. iT. 79.
56 Com' ella è vera , cioè quale ella veramente si sia . Daniello .
Sy Esser non puote ec. Costruzione . Esser non puote , che a te si
nieghi 7 mio , intendi volere in corrispondenza al detto , da eh' è
e A N T O I. 9
58 Questi lìbn vide mai Y ultima sera j
Ma per la sua follia le fu sì presso ^
Ghe molto poco tempo a volger era •
6i Si com' io dissi » fui mandato ad esso
Per lui campare , e non e' era altra via
Che questa per la quale io mi §on messo.
64 Mostrat' ho lui tutta la gente ria ,
Ed ora intendo mostrar quegli spirti ,
Ghe purgan se sotto la tua balìa .
6j Gom' io r ho tratto saria lungo a dirti .
Dell'alto scende virtù, che m'ajuta
tuo voler : é vale quanto , non può il mio volere esserti nes^ativo . ^ Più
semplicemente il cod. Antah). togliendo quella trasposizìune del rmo
prima del che y la quale non è la piJi felice, legge: Esser non può ^
che'l mio a te si nieghi , Nota di Salvatore Retti . iN.E.
58 JJ ultima sera, la morte, che per F ultimo giorno esprimÌAm
noi più frequentemente. Addimanda qui pure il Castel vetro , poiché
le quattro stelle rendevano il luogo luminoso , perchè Catone non s* av^
vide ad alcuna cosa o atto , che Dante fosse vivo ? (a)
Primieramente il dichiarare Virgilio a Catone che Dante era vivo ,
non obbliga ad escludere in Catone qualunque sentore ( o per F atto
della gola {b) o òer altro indizio ) che Dante fosse tale : imperocché
Dante stesso nelP Inferno mauifestossi vivo a Catalano e Lodcringo {e)
che già , appunto per F aito della gola in lui osservato , n' erano en-
trati in sospetto . Poi , supposto Catone totalmente di ciò inavve-
duto, la maraviglia grandissima di veder uscir dalP Inferno sarebbe
stato un sufficiente motivo di distorlo da ogni altra riflessione.
59 Per la sua Jbllia y per la sua depravata vita — le fu si presso:
accenna 1' avviso dell'Apostolo stimulus mortis peccatum {d) : al che
mancando di avvertire tutti , quanto veggo , i comentatori hanno in-
teso che il senso letterale sia 1* allegorico; e che Tessere stato Danto
vicino all' ultima sera non voglia dir altro se non , che stato sia vi-
cino a contrarre abito nel vizio .
60 Poco tempo a volger era : a per da {e) : restava una corta ri-
voluzione di tempo •
61 «^ com* io disse fui Ja Nidob. «Sì com* F iUssi fu* V altr' edizioni :
♦ e il cod. Vat. N.E.
62 £ non V* era la Nidobeatina ; e non e* era P altr' edizioni ^ eil
cod. Vat. da noi seguito. JYon gli era ha vagamente il Cod. Antald. N.E.
66 Che purgan se ec. La pigrizia ad abbracciare la penitenza
purgavano l'anime al di qua del Purgatorio 50/to la ^a//<T , sotto P auto-
torìtà di Catone, di sgridarle e stimolarle a correre verso il i'urgato-
rio (y) . * Se Lombardi avesse posto mente al verso 8a: Lasciane an*
- - - ^
(a) Nel preciL Uo^o. (ò) laf. xxxii 88. (e) Ivi . (d) 1 ad Cor. iS.
(«) Vedi CinoD. Partic, i la. (/ ) Vedi, per camion d' esempio, nel canto Mg.
V, 1 19. e f eg.
!• 'purgatorio
Conducerlo a vederti e ad udirti.
70 Or ti piaccia gradir la sua Tenuta ;
Libertà va cercando , eh' è sì cara
Come sa chi per lei vita rifiuta .
73 Tu 1 sai ; che non ti fu per lei amara
In Utica la morte , ove lasciasti
La veste eh' al gran d\ sarà sì chiara .
^ 76 Non son gli editti etemi per noi guasti ;
Che questi vive , e Minos me non lega ,
Ma son del cerchio ove son gli occhi casti
79 Di Marzia tua , che 'n vista ancor ti prega ,
dary per li tuo* sette regnt\ non avrebbe dato in questo ciottolo . Biagio-
LI . N.E.
69 Conducerlo a vederti e ad udirti . Per accattarsi la benevo-
lenza e il favor di Catone pone Virgilio questo accidentarìo abboc-
camento con esso lui , come uno Ile' primarj fini cb' egli avesse nel
condur Dante colà . Vedi però come 1* accorto Catone v. 91 e segg.
mostra lui vana in quel luogo tale ed ogn* altra mondana 'lusinga •
72 Come sa chi ec. chi elegge morir libero piuttosto /che viver
MTVO. Accenna esso Catone.
73 74 Tu 7 sai ec. Nel fare che ih cotal modo parli Virgilio a Ca-
tone mostrasi Dante d'intendimento , che il fine primario , per cui
Catone si uccidesse , fosse di rendere la mente sua libera dalle passioni
ed offuscazioni animali : libertà che andava pur esso Dante cercando ;
però con mezzo cristiano , qual' è quello della meditazione , intesa
pel viaggio a questi luoghi : e lo avere di fatto Catone prima di fe-
rirsi letto due volte da capo a fondo il libro deW anima di Platone,
come testimonia Plutarco (a) , può guarentirne al poeta nostro V in-
tendimento .
Il Venturi invece di applicarsi -ad investigare qual sorta di li-
bertà si cercassero del pari Catone e Dante , si perde a biasimare il
Poeta per questa lode cne fa dare a Catone; ed a contrapporvi quel
distico di Marziale .
SU Calo dum vivit , sant vtl Caesare major;
Dum moritur ^ numquid major Othone fuit ?
* 1/ Autore del Comento al Con. Caet. , credendo non potersi so-
stenere assoluta parità tra Catone e Dante , cosi ragiona » Qucerit liber'
totem a vittis , et argiimentatur a ma/ori ; quia si tu Caio paganus prò
libertate temporali fuisti passus tot et tantos lahorcs , et pericula infi-
nita , et ultimo eleffisti etiam mortem , quanto magis iste prò libertate
anima? , qute est m terna . N.E.
75 Art veste ec. Vedi ciò eh' e detto al v. 5i.
77 7^ 79 ^'^^ questi vive, e perciò (intendi) non è de' condan-
nati air inieino — e Minos me non lega-, me con sua coda, come fa ,
(a) Nella Yita di Catone •
PURGATORIO
CANTO l.
ARGOMENTO (♦)
Racconta il Poeta in questo primo canto % come igli trovò l'ombra di
Catone Uticense ; dal quale infornato di quanto avea da fare , prese
com Firgilio la via verto la marina ; e lavato che f^irgilìo gli ebbe
il viso di rugiada , e giunti al lito del mare , lo ricinse d' uno schiet-
te giunco 9 come gli era stato imiposto da Catone .
p
er correr miglior acqua alza le vele
Ornai la navicella del mio ingegno,
Che lascia dietro a se mar sì crudele ;
I a 3 Per correr ec. Allegorìcameute favella il l'oeta del suo seri-
Ter come di una navigazione; e pel mar crudeh , che lascia dietro,
intende il gili descritto Inferno.
Supponendo il Castelvetro, che miglior acqua appelli Dante la
materia della presente cantica , perchè la giudichi più agevole 4a trat-
tarsi di quella dell' Inferno , e ricercandone il perchè . Di vero , di-
ce , altro non si può rispondere , se non , che quella era di maggiori
pene , cioè infernali , e q. testa di minori , cioè purgative . Ma Cagèvà*
lezza del tratìar la materia , e del comprendersi in versi non si consi-
dera per le cose , che^ offendono piìi o meno ; ma per le cose , che so-
no più o meno usìUUe , agli uomini comuni , o piii comprendex'oli , o
meno da loro . Laonde F arti , e le sciehze sono piii diffiiùli da scri-
versi , perciocché pili si scostano dalF intelletto popolare , che non fan-
no le storie e le "favole . Percliè non è detto se non meno che pro-
priamente , che fa materia della presente cantica sia migliore ch^ la
passata , quanto è atto scrivere ; non essendo t una piii vicina , o pili
lontana dalla conoscenza popolaresca . y4nzi questa è peggiore , percioc-
cliè in essa si trattano questioni piti sottili (a) .
3ftglior acqua però appella Dante la materia della presente can-
tica , non perche la giudichi pia agevole da comprendersi in versi , ma
perchè niente spaventosa , o meno assai di quella deli* Inferno , che
(*) Argomento metrico del cel. Gaspare Gozzi .
Dove si porga V anima , e risorge
Vaano i Poeti , e lor di qael cammino
Consiglio r ombra di Catone porge .
Con la rugiada del lido vicino
Virgilio toglie il mal color , che tìnge
Le guance all' altro ^ che sta cheto , e chino ,
B con un ginnco schietto lo ricinge
(a) Opere varie critiche poste in luca dal Muratori nel 1737 p. t»7«
T.l. A
13 PURGA TORIO
Bastiti ben che per lei mi riche^e .
94 ^^ dunque , e fa che tu costui ricinga
D' un giunco schietto, e che gli lavi 1 YisOf
Sì eh' ogni sucidume quindi stinga ;
97 Che non si converria V occhio sorpriso
D'alcuna nebbia andar dinanzi al primo
Ministro , eh' é di quei di paradiso .
ICO Questa isoletta intomo , ad imo ad imo ,
Laggiù , colà dove la batte V onda ,
Porta de' giunchi sopra '1 molle limo .
io3 Nuli' altra , pianta , che facesse fronda
O che 'ndurasse , vi puote ayer vita ;
che tu procuri d* allettnrnii ne con lodi , né con V amore , né con
r amore di Marzia . * Di questa parola lustn^^a ha parlato assai . am-
Siamente il conte l'erticari nella sua difesa di Dante ( par. 11. cap. XVII.) :
: quale , riportando appunto questo verso del divino poeta , dice
che lusinga sta qui solo in forza di prece. Il termine è romano .NX.
q\ nìcinga , /ficinf^n* per semplicemente cingere , adoprato por
i)a altri vedilo nel \ ocaboiario della Crusca .
p5 />' un giunco schietto , cioè di quelli senza foglie {a) , simbolo ,
per la sua semplicità , di quella infantile schiettezza , alla qaale n' esorta
tutti r Apostolo s. Pietro {b) ; e per la sua flessibilità , della pazien-
za ; virtù necessarie per prender cammino verso il cielo . In riprova
di queste chiose vedi il i'. io3. e segg. — e che gli lavi*i viso j pe-
rocché tinto d' infernale fuliggine: C(»iiie apparirà dai \ersi ia8 mg»
j6 Stinga j da stingere y che significa ter via la tinta; qu\ però
semplicemente pulire, purgare.
§j Sorpriso , antitesi a cagion della rima , o forse anche detto
alla Napolitana maniera , in vece di sorpreso ; e vai quanto oppresso ,
cffuscato . Vedi il ^ ocaboiario della Crusca .
98 99 Al primo ministre , cA' è di quei di Paradiso . Appartiene
questo , com' è detto al i^. 5i , a far capire che il parlante Catone
era di quelli d* Inferno , ed a* quali non disconveniva V Infernal su-'
cidume che portava Dante su '1 viso •
100 Ad imo ad imo, significa quello , che ad imo: ma raddop-
piato raddoppia anche la forza , ed è quasi superlativo , come spesso
spesso, bene oene , esimili. N edi il N ocaboiario della Crusca . Viso-
tetta adunque ad imo ad imo varrà (juauto V isolctta nel piii basso suo
terreno .
loi L* onda , del mare detto. Irif. xxxiv v, 125. ''^ dov ella batte
r onda graziosa variante del ^ aticano N.R.
io5 10/4 io5 rfulC altra ec. Vedi ciò eh' è» detto al verso g5 —
(a) Dei giunchi colle foglie , detti latinamente foUacei , vedi li botanici ,
e tra gli altri Chabreo, CUsse 18. {b) Bpist. i 2.
e A N T O I. Ti
Però cValle percosse non seconda.
MóS Poscia non sia di qua vostra reddita :
Lo sol yi mostrerà , che surge omai ,
Prender '1 monte a più lieve salita .
109 C!osi sparì. Ed io su mi levai ,
Senza parlare , e tutto mi ritrassi
Al duca mio , e gli occhi a lui drizzai.
1 1 a Ei cominciò : figliuol , segui i miei passi :
Yolgianci indietro , che di qua dichina
Questa pianura a' suoi termini bassi.
1 15 L' alba vinceva 1' ora mattutina ,
Che fuggia 'nnanzi , si che di lontano
O cAe*ndurasse la Nidobeatina , o indurasse Taltr' edizioni : ^ « il
Cod. Vat- N.E.
1 06 Poscia , dopo cioè di aver trovato e fatto quanto vi ho detto
— non sia di qua vostra reddita , vostro ritorno . Accenna che fosse il
monte da quella parte assai scosceso . Di questa reddita , dice il Ven-
turi , siamo obbligati alla rima , c/ie ci ha fatti d* altri simili regali
molti . Poteva però riserbare il lepido ringraziamento ad altra occa-
sione ; che reddita per ritorno , siccome anche reddire per ritornai^ ,
furono da buoni scrittori adopruti anche iu prosa . Vedi il \ ocab.
della Crusca .
107 108 Vi mostrerà prendere il monte la Nido-
beatina ; vi mostrerà .... prendete 7 monte ec, V altr' edizioni
sconcertatamente. * Pigliate y il Cod. \at. Malgrado però questa gra-
ve autorità , noi non anbiamo potuto indurci a lasciar la lezione di
Nidobeato p N.E.
109 no Così sparì . Dall'escerti Dante iroprovisamente trovato
Catone vicino senza vederselo venire <;. 5i , e aa queir altro pari-
mente improviso comparire di Catone' a rimproverare a Casella e com-
pagni il lento loro andare, nel canto seg. v, 119 e seg. , sembra po-
tersi dedurre che questo sparì vaglia propriamente rendersi invisibile
-^ su mi ^oi, dallo star inginocchione , in cui lo avea messo Airgi-
lio V. 5t.
* 112 Ei cominciò : seguisci li miei passim il Cod. Aat-N.F.
ii5 Diclina , discende .
p4 -^^ suoi termini bassi ^ al luogo cioè indicato da Catone ne' ver-
si 100 e loi.
ii5 116 L* alba vincea già P ora la Nidobeatina , vinceva V ora
r altre edizioni ^ e il Cod. \aL che noi seguiamo allettati dalla mag-
gior dolcezza del verso, e confortati dalT opinione di Biagioli . N.É.
Supponendo Dante poeticamente , che contrastino tra di loro le parti
del tempo , e V una scacci V altra , come il suppose Orazio in quel
truddtur dies tlie (a) , perciò dice che V alba vincea già Cora maltu-
^ I . j ^ I I - - I - - ■ . — . — — y
(j) Cairn, lib, 9 odo iS.
i4 purgatorio'
Conobbi il tremolar della marina •
118 Noi andavam per lo solingo piano,
Com'uom che torna alla smarrita strada 9
Che 'nfino ad essa li par ire in vano .
121 Quando noi fummo dove la rugiada
Pugna col Sole , e , per essere in parte
Ove adorezza, poco si dirada ;
124 Ambo le mani in su V erbetta sparte
Soavemente '1 mio maestro pose :
Ond' io , che fui accorto di su' arte y
1 27 Porsi ver lui le guance lagrimose :
Quivi mi fece tutto discoverto
iina , e che questa fug^a innanzi , cacciata da quella . Divìde Dante »
quanto sembra , l' aurora in due parti , e la prima piii alla notte
prossima appella ora mattutina , e 1* altra più vicina allo spuntar del
Sole appella alba : e però anche nel seguente canto versi 789 sup-
pone durar l'aurora tuttavia .
117 Della manna j' detta nel canto xxxiv dell' Inf. vers. ia3^ e
ricordata anche nel presente canto v. loi.
* 119 Perduta strada, hanno i Cod. Vat. e Antald. N.E.
Ilo Li par; li per gli : vedi il Ci nonio («) • K dice Dante vero
che a colui , che non cammina se non per trovare la smarrita stra-
da , pare che quei passi che fa prima di rinvenirla , sieno fatti in vano ,
senza profìtto ; perocché non sa dove si vada .
lai 122 iq:> Doi^e la rtitriaila pugna ce. Dee qu\ il Poeta volere
inteso che la rugiada in quel luogo , e per la copiosa quantità , e per
essere 'in parte Oife ado rezza , ove cioè è rezzo, ov' è omhra (o) ,
sempre vi durasse ; né il diurno calore del Sole valevole fosse a to-
talmente dissiparla : e ciò a fine , prohahilmente , di accennare im-
mancabile per simil bisogno in qualsivoglia ora la nece5saria copia
della medesima : siccome in seguito per rendere immancabdi i giun-
chi farà che in luogo dello sterpato un altro subito ne rinasca •
1 16 Di su* arte , del fine del suo operare nel bagnarsi le mani
di rugiada .
ì'ìj Lagrimose , o per tenerezza di veder Virgilio impiegato in
queir amorevole ed umile atto ; o per allegrezza di ritornare , mercè
S iella rugiada, al suo natio colore: o lagrimose ancora per la pie-
verso di tnnli spiriti tormentati , e riconosciuti in cosi acerbi
suppiicj j^iii neir Inferno . Aenturi. Ma potrehhersi anche intendere
bagnate di lagrime di penitenza necessaria per ricevere quella miste-
riosa lavanda . * Tal giutsa supposizione concorda perfettamente col
CoM>f. Cart. che dice » et bene disposui me ad posnitentiam recipien'
dnm . N.K.
(a) Partic. t56 i. (fi) Vedi il VoctboUrio delia Crusca al verbo adorezzar^ .
e A N T O I . iS
Quel color che V Inferno mi nascose •
i3o Venimmo poi in sul lito disertp,
Che mai non yide navicar sue acque
Uomo , che di tornar sia pòscia sperf;o •
i33 Quivi mi cinse sì com' altrui piacque;
O maraviglia ! che , qual egli scelse
L'umile pianta , cotal si rinacque
Subitamente là onde la svelse .
139 Quel color ec. Letteralmente , il natio colore coperto prima
èalV Infernale faliggine : allegoricamente , l' innocenza contaminata ^
dal peccato .
i5i Sue acque la Nìdobeatìna , su* acque V altre edizioni: ^ e il
Cod, ^'at. N.E, — * Subiililer vult dicere quod nomo fuit qid unquam
descnpserit poetice purgaiorium nisi ego » Annota qui il Coment.
Caiit. ma Dio sa come . N.E.
i3a Uomo, che di tornar sia poscia 5perlo, laNidobeatina ; i/om ,
che di tornar sìa poscia esperto^ 1* altr* ealzioni . E vale quanto : uo-
mo , che abbia potuto ripetere la prova : imperocché Ulisse , che fin-
ge essere fin colà arrivato , vi peri . Inf. xxvi. i*. i o3 e segg. * Esper»
toy ha il Cod. Vat; né diversinca in altro della Nìdobeatìna. N.E.
i35 ConC altnd piacque , a Catone, che così ordinò: v. g!\ e qS.
i34 Scelse^ cobe di mezzo a molt' altri giunchi .
i35 Cotal si rinacque. E* imitazione di Virgilio , il qual dimostra ,
che subito che Enea spiccò il ramo d' oro nella selva, ve ne nacque
nn altro. Onde dice: primo avulso , non deficit alter ec. (a). Lan di-
vo . La ragione di tale riproducimento dovrebb' essere la già detta del
durare della rugiada. Il Landino eil Vellutello chiosano , voler Dan-
te con questo esempio far capire , essere proprietà delle virtù , che
quanti più son quelli che di loro si vestono , tanto pili si vengono ad
augumentare e crescere , Oltre però che per questo fine avrebbe Dante
dovuto in luogo del colto giunco farne nascer più d* uno ; puossi
poi anche lo stesso dire dei vizj , ai quali perciò comunemente si
applica queir abjssus abyssum invocai .
(a) AeaeU. ti i^S.
Fine del eanio primo .
1«
CANTO II.
ARGOMENTO (♦)
Tratia^i che i due Poeti veggono venire ai liio una aaviceìla
£ anime , condotte da un /ingelo a purg^arsi : tra i quali un Casella
gran muùco eé amico di Dante \ onde avviene che rallentando i potei
il musico per cantare « e Dante coW altra comitiva^ per udir cantare «
topraggiunge Catone , e riprendeli tutti di negligenza .
G
ià era il Sole all' orizzonte giunto ,
Lo cui merìdian cerchio coverchia
Gerusalem col suo più alto punto ;
I a 3 Già era il Sole ec. Per interni ere questo passo conviene
ai avverta esser supposizione del Poeta che , come ogni luoso su deli' enti-
^ferio nostro ha il suo proprio oriz^nte , cosi abhia il suo proprip
meridiano , e che sia questo un arco , il quale passando pel ceoU
del luogo , e pel punto del cielo dove il Sole ad esso luo^o fa il
mezzo dì , vada a terminare d* ambe le parti all' orizzonte del me-
desimo luogo . Per tale supposizione non avendo ciascun orizzonte
per suo meridiano altr' arco , che quello solo , il quale col suo pun-
to pia allo , cioè più dall' orizzonte stesso elevato , coverchia , cuopre ,
i^ rispettivo luogo , addiviene necessariamente una cosa il dire V ori*-
tónte di Gerusalemme , e il dire l' orizzonte , il cui merìdian cerchio
col suo piti aito punto coverchia Gemsalem . Siccome poi suppone in
oltre il medesimo poeta nostro che sia il monte dei Purgatoria an-
tipodo a Gerusalemme , talmente che sia lo stesso orizzonte c(unune
aa essi due luoghi ( vedi Ptfrg. iv 70 ) , perciò dai giungere il Sole
(giÀ lof. XXXIV 68 accennato cadente) air orizzonte di Gerusalemme
deduce il vicino spuntar del Sole al Purgatorio..
II Velluteilo , li Venturi , ed alcioni altri dicono scoprirsi per
questi versi che intendesse Dante situata Gerusalemme nel taj&vio della
terra abitata . Non veggo ond' essi ciò si raccolgano ; e temo che
malamente suppongano , che più. alto punto vaglia quanto pik disco-
sto dai limiti nella terra abitata . Riserbasi per me tale scoprimento
al principio del xxvii di questa medesima cantica. * Il cui meridian ^
il Cod. \at. e il Caet. N.E.
(*) Argomento metrico del cel. Gasparo Gozxi .
Air apparire del nocchier celeste ,
Che a farsi belle V anime condoce
Nade di qoa di lor terrena veste ,
Vinto il Poeta da cotanta luce
Cala con nmiltade le ginocchia
Davanti al messo c)cil>rerno duce .
Indi fra V ombre il suo Ca$e4u j-ljcchìa .
e A N T O 1 1. 17
4 £ la notte 9 ch'opposita a lui cerchia,
Uscìa di Gange fuor con le bilance ,
Che le caggion di man quando soverchia :
7 Si che le bianche e le vermiglie guance ,
Là dov'io era , della bella Aurora
Per troppa etade divenivan rance.
4 Ch^ apposita a lui cerchia, chej^lra «liameiralmentr opposta al
Sole • Per intendere la verità di questa sentenza basta rifletttTc, che
non è la notte se non un riparo ai raggi solari che fa la ttM-ra .
5 Usc)a di Gange fuor. {* Uscìa di Gange già il (!od. \ al. N.B. )
Sitppone, secondo la geografìa de* tempi suoi (a), che 1* orizzoiitv
onentale di Gerusalomnic (osse un ineriaiano dell' Indie oiieiitali , in-
tese pel Gange fiume di esse. — con le bilance, col srj^iio (K*lla li-
bra. S' aggiunge questo ai molti altri indizj , che il .role , alla notte
opposto , tosse nel segno di Ariete.
6 Che le caggion di man ec. Sebbene sorga la noUe in compagnia
delle bilance, o sìa della Libra, sol quando è il Sole in Arirtc* , cioè
nel r equinozio di primavera, nero si tiene la notte seinprr.' ut-I tene-
broso sno emisferio la Libra fin che va accorciandosi , cioè dal sol-
stizio jemale fino all' estivo ; e perde essa Libra dair cnii^sfcrlo suo
sol quando soverchia, quando cresce, cioè dal soltizio estivo (ino al
]emai«; imperocché mentre scorre il Sole dal Cancro al < ajtricomo
non è mai discosto dalla Libra piìi di gradi 90. , com'è nccessHrio
acciocché rimangasi la Libra l'uor dell' emisferio diurno, 'a roniune
degli espositori intende, che quando la notte soverchia vagli i quando
la notte si Ja pili lunga del giorno; lo che succede dopo 1' c(piinozio
autunnale. Malamente però ; imperciocché, come ho detto, inconnii-
ciano a cadere di mano alla notte le bilance fin dal solstizio estivo ,
tre mesi- prima dell' autunnale equinozio .
'j Z Le bianche e le vermi^ie guance ec. , quelli due colori i quali
appariscon nell' aria innanzi che il Sole sia i)l tutto scoperto . Landino •
9 Etade la Nidob. , etate V altre cdiz. — rance . J'ancio , giallo
carico che piega in rosso , qual' è il colore degli aranci maturi » e
qual' è altresì l'aurora nella sua maggiore età. il Foccaccio ricopiò
questa descrizione , giom. 5. , dove disse : U aurora già di vermiglia
cominciava , appressandosi il Sole , a divenir rancia , Bancio dunque
qui non vuol aire rancido o vieto , come dicono il Landino e il \ el-
lutello t ma di colore dorè come sogliam chiamarlo . Cosi il '\ enturi
onitamente al Daniello . Vedi inoltre ciò che riguardo al medesimo
colore è notato Infer. icxiii 100.
(a) La suppotizione medesima dì chiaro a scorgere anche od priociplo
d«l canto XXV 11 della presente cantica . Che poi la geografia di que' tempi cosi
ammettesse^ pnò vedersi in Ragero Bacone., uno de' pid illustri matematici ai
tempi di Dante ^ Opus majus dist. 4* Possono anche vedersi Tolomeo e Solino :
r ultimo de' c|nali parlando dell' India discosta dalla Palestina ugualmente che
la Francia , scrive nane Possidonius adt^ersam GaiUae statuti . Polyhistor .
cap. 55.
T.a. B
• e
i8
PURGATORIO
IO Noi eravam lunghesso 1 mare ancora ,
Come gente che pensa a suo cammino j
Che va col cuore , e col corpo dimora :
|3 Ed ecco qual , sul presso del mattino ,
Per li grossi vapor Marte rosseggia
Giù nel ponente sovra '1 suol marino ;
10 Lunghesso (chiosa il Yocab. della Crusca) tofveròioy lo stesso
che lungo , invece di rasente , e accosto ; e la voce esso é aggiunta
per ripieno , ed é antica e usitata proprietà di linguaggi . Erano cioè
ancora su *ì lito diserto menzionato nel preced. canto v, i3o.
1 1 Pen^a a suo cammino la Nidob. , pensa suo ec. V altre ediz.
* cA' aspetta su^ cammino . Cod. Vat. N,E.
la Col cuore y colla mente.
i3 i4 i5 Su l jìresso del mattino^ leggono bene 1* Aldina ed altre
edizioni , ed eziandio alcuni vass. veduti dagli Accademici della Cru-
cca {a) 'y imperocché inteso che di presso avverbio fatto siasi uu no-
me ( come esempigrazia Tassi di mentre , dicendosi nel mentre ) vale
sul presso del mattino il medesimo che su C appressare , nello ascici'
narsi del mattino; eh* è ciò appunto chela retta sintassi richiede: e
seguendo i prcfati Accademici il maggior numero de' mss. ed inserendo
in vece suol presso del mattino , hanno essi mancato di far qui uso
di quella massima altrove spesso da loro praticata , di non deferire
tanto al numero de' testi , quanto alla ragionevolezza : imperocché, co-
me avverte il Tassoni {b)., e ben può ciascuno avvertire , suol presso
esigerebbe nel seguente verso rosseggiare in luogo dello scritto ros-
seggia . * I Cod. Vat. e Antald. hanno suol presso . N"E.
Sorpixìso dal mattino hanno anche trovalo in tre mss. i medesimi
Accademici : lezione , che ( testimonio il Venturi ) pili piace al Ca^
Siehetro d* ogn* altra : e soppresso da mattino legge la Nidobeatiiia .
Ma sorpreso Marte dal mattino dee rimanere in guisa soppresso , che
non appaja piU né rosso né biauco : imperocché Dante fa incominciare
il mattino dal nascer del Sole : e perciò nel canto dell' Inferuo , do-
po di aver detto eli' erano le spalle di quel colle
Festittgià dt* raggi del pianeta
Che mena dritto altrui per ogni calle (e) ,
in progresso del medesimo canto aggiunge
Temp' era dal principio del mattino ,
E 7 Sol montava in su , con quelle stelle ec. (</) .
Che il pianeta Marte rosseggi più o meno secomlo Li spessezza é
rarità dei vapori , che '/ seguono , lo dice Dante anche nel suo Convi-
to (e) . Qui però al maggiore di lui rosseggiare unisce tre circostan-
ze. I.a prima è l' appressarsi del mattino , in temoo cioè che la spi-
rante frescura rende i vapori più densi . La seconda é il trovarsi Mar-
te giii , sopra il suol marino , ov' è certamente maggior abbondanza di
■I ■ ■ ■ ■
(a) Vedi U Tavola delle autorità de' testi posta in fine dell' edizione fat-
ta dagli Accaf'emici della Crusca , ed in quella simile fatta dal Volpi . (^) Au-
liotazioni sopra il Vocab. delie Cx% ait. ecco» (e) Veisi i"] 18. (</^ Yecso 37 38»
(*) Tratt. 2 cap. 14.
e A N T O II. 19
16 Co tal m' apps^rye , s io ancor lo veggia I
Un lume per lo mar venir si ratto ,
Che 1 muover suo nessun volar pareggia .
I Q Dal qual com' io un poco ebbi ritratto
L' occhio , per dimandar Io duca mio ,
RividiI più lucente e maggior fatto •
22 Poi d' ogni Iato ad esso m' appario
Un non sapea che bianco , e di sotto
A poco a poco un altro, a lui n' uscio .
^5 Lo mio maestro ancor non fece motto ,
Mentre che i primi bianchi aperser l'ali ;
AUor che ben conobbe il galeotto ,
28 Gridò : f a , f a che le ginocchia cali ;
Ecco r angel di Dio ; piega le mani ;
Tapori • La terza finalmente è l'essere a ponente : imperocché se in
oriente fosse su '1 presso del mattino , il chiarore dell' alba o nascon-
derebbelo totalmente all' occhio de' risgaardauti , o appena il lascie-
rebbe discernere .
16 17 S^ io ancor lo ve^ia . Interiezione, che vale quanto : così
un* altra fuUa , cioè dopo morie , abbia la sorte di vederlo . Ma non mira
r augurio tanto a riveder quel lume , quanto alla concomitanza di andar
salvo * Il Riagioli pone : sì ancor lo veglia , N.E. — si ratto , cosi presto .
in D^ ogni lato la Nidobeatina , meglio che leggon l'altre edizio-
ni d* ogni parte; imperocché rf* ogniparte significa lo stesso che d'ogni
intomo ; e rf ogni lato significa propriamente a destra , ed a sinistra ,
come dovevan essere i bianchi delle mosse ali di quell'angelo. Che
fosser quelli i bianchi dell' ali apparisce dal v» ao.
0.3 i\ Un non sapea che ec. Al bianco dell' ali, perocché, diriz-
sate tenendole al cielo (a) , appariva sotto il bianco, delle vestimenta •
* Un altro appresso uscio , il Cod. Antald. N.E.
a6 :ìfentrii che, infìn che — aperser , misero in vista •
iy Conobbe il galeotto . V Angelo stesso , che qui appella galeotto ,
appella noccliiero nel v. 43 , come appunto fece di Flegias nell' In-
ferno vili 1 7 e 80. Convien dire ( nota il Venturi ) che la voce galeotto
abbia peggiorato di condizione , e perduta la nobiltà ; perchè adesso
non si userebbe in significazione di persona onorata . Cosi certamente
dee essere : anzi non dovrebbe cotal peggioramento essere avvenuto
se non tardi ; imperocché anche il Varchi nella traduzione Italiana dei
Benefizj di Seneca , ove dice Seneca doversi talvolta la vita medico
et nauiae {h) , traduce esso al medico , ed al galeotto .
29 Piegale mani , facendogli riverenza . Daniello. * Il Cod. Caet.
Chiudi. N.E.
(a) Verso 3^. {h) Lib. 3 cap. 35.
B St
QQ ' PURGATORIO
Orna' vedrai di si fatti uficiali .
5i Vedi che sdegna gli argomenti umani ,
Sì che remo non vuol , ne altro-*velo
Che r ali sue , tra liti si lontani .
54 Vedi , come 1' ha dritte verso 'l cielo ,
Trattando V aere con 1' eterne penne ,
Che non si mutan come mortai pelo .'
57 Poi 9 come più e più verso noi venne,
L' uceel divino più chiaro appariva;
3o Oma\ apocope in vece di ornai ^ per togliere Limai sonante
iricinanKa che sarebbe di due voci terminanti in ai^^siJaUi uficiali^
f;ioè angeli , ministri di Dio •
?5i j^rsromenti vale qui lo stesso che istrumeuti ^ come al medesi-
mo significato ));)nno altri buQui scrittori essa voce adoprato . Vedi
{) Vocabolario della Crusca .
5*2 Velo per vela , alla maniera dei I.atini che la vela appellarono
velimi . E se glie lo fa dire la rima, non ucrò su lu conia , non tanto
/cioì>' mal volentieri, come il 'Nenluri crede.
53 Ali la Nidob. e la Fulgin. , ale V altre edizioni * e il Cod.
Vat. N.E. — /ow/</w/ , dpi mondo abitato de* vivi .
54 Dritte , alzale .
35 56 Trattando per agitafido , movendo — eteme , immutabili ,
sempre durevoli : tanto ne accenna con aggiungere, Che non si mutiui
coinc mortai pelo .
58 Uccel divino appella llantc V angelo , perocché alato ; come
ynnlvaj^io nccellq , per ragione ste.ssa ^cce nell' Inferno {a) appellarsi
da Purbarìccia Farfarello; e come, tra i molti simili esempj , anche
Mernirio fu da Stazio appellato volucer Je^eaticus (b), impigerales(c) ec,
dicendo il Daniello mirabile questo variar del poeta in nomar T Angelo
ora iraìeotto , ora divino uccella , oin nocchiero celestiale , n' esce il Ven-
turi a dar la berta al comenlatore insieme ed al Poeta : Il pili niira^
bile , dice , rt mio parere consiste in questo , che il glossatore parla da
senno lodando , non da ((iuoro schernendo .
Due cose però sembra che possano dal criticone nostro desiderarsi •
Un concetto primieramente più rispettoso verso di quel cementatore ,
delle di cui dotte osservazioni si fa egli spesso onore senza neppure di-
phiararsegli obbligato ; e non maravigliarsi, che sinceramente favelli chi
pon doveva altrimenti; e die, volendo cementare a modo del Ven-
turi , avrebbesi preso , non Dante, ma V yéstuzie di Bertoldo . Poi che
?i (legnasse egli ahi.euo di specificarne quale di queste varie appel-
azioni , che attribuisce Dniite nll' angelo , sia quella che si meriti sclier-
po . Della voce galeotto è già dello al v, '27 , ed il A enturi stesso T ar-
gomenta peggiorala a* giorni nostri di condizione. Del divino uccello
crederci che il qui «letto possa i)aalare. Spiacerebhe lui forse il ee-
ìcstial noccliicro ? chi sa ?
(a) Canio sxii 96. (/>) Silv. lib. 1 cajm. 2 v, 16. (e) Tbcb. lib. 1 u, 292.
e A N T O II. il
Perchè V occhio da presso noi sostenne 5
4o Ma china' 1 giuso : e quei sen venne a riva
Con un vasello snelletto e leggiero
Tanto , che V acqua nulla ne 'nghiottiva j
45 Da poppa slava il celestini nocchiero
Tal, che faria beato pur descripto :
E pili di cento spirti entro sediero .
46 In exitu Israel de jéegypto ,
Cantavan tutti 'usieme ad una voce
59 Pèrche vale per* la quàl còsa ^ in ton sentir hzn di che y in con-»
semenza cioè delT apparir V Angolo più chiaro di mano in mano che
si appressava , crebbe tanto lo splendore , che 1* occliio noi potè piti
••sten ere .
4o China 7 , troncamento di chinaif , Io slesso che il chinai .
/ji f^ast'Uoy per viisctllo , qui pure come è dello ìnf. xxvm 75-
Vedi quella nota .
44 * ^«' f^he faria beato par dcscriplo . Mobilissimi! tarianle dfl
CoD. Caet. pra tanto bello e maesios'O quelT Aiij^clo , che ^ se potesse
descrÌK^ersi in rima , faria beati {*li ascoltanti . Frase degna ^el pensie-
ro e de' versi dell'Alighieri .' Il ladre Lombardi , che lesse colla co-
mune Tal che parca bea/o per iscritto , ebbe d'uopo di fafre il seguente?
Coniente . » Tal tale talmente , in aria talmente vaga e maestosa — pa-i
* rea beato per iscritto . I^gp;ere in viso ad alcuno là beatitudine , la
« maledizione ec. la è frase comune. Or come il leggere suppone lo
i* scritto , però Dante usò T uno per V altro ; ed in vece di dire tal che
» si leceva in lui la beat i tu f li ne , dice, tal che parca beato per iscritto •
— li Bia^ioli però sta col Lombardi : e così anche la lezione dei C(^d.
\at. e deir Antald. N.E.
45 Sediero hanno malamente creduto alcuni che sia in vece di sC"
derono. No: sta per sedieno mutata la /x in r per accomodare la rima.
Così nel Prospetto di verbi Toscani sotto il verbo sedere 11. i/j., cojwi
però non approvata dal Mastro/ini . V. detto Verbo n. 5. nella nuova
Teoria e Prospetto.
46 * In exitu Israel de jEgjpto Ci place di leggere colla Nidobea-
tina , e col Cod. Caet. per vane ragioni • La ])riina si è, per non al-
terare le parole Scritturali j la seconda per seguir la rima descripio
del i*. 44* che saria peccato di riformare ; la terza perchè non vediamo
necessità di leggere /Egitto , scritto , e descritta essendo comuirssimi
i latinismi in IJa-nte . La qiuirla jiercliè in Petrarca son. 160. troviamo
describo ado|)rato in rima come ancor bibo^ e dal describo viene de-
scripto . Il P. T.ombardi però lesse e comeiitò in tal guisa « In exitu
Israel ile jEgytto : così io scrivo questo incominciainento del sai-
fi rao ii3, segno cioè T accento sopra Va della voce y.frrte/; impe-
/' rocche, accio sia qui suono di verso , dee la voce /.vnaW pronunciarsi,
V» come hanno pronunciata pure alcuni poeti T.atini {n) , colT a lon-
(a) Vedine gli efempj nella Reg. Para. art. Israel,
•r "
ia PURGATORIO
Con quanto di quel salmo è poi scripto .
49 Poi fece 1 segno lor di santa croce ;
Ond'ei si gittar tutti in su la piaggia ,
Ed ei sen gì , come venne ^ yeloce .
52 La turba) che rimase li, selvaggia
Parca del loco , rimirando intomo ,
Come colui che nuove cose assaggia .
55 Da tutte parti saettava il giorno
Lo Sol , eh' avea con le saette conte
Di mezzo 1 ciel cacciato 1 Capricorno;
» sa ', ed ove le moderne edizioni scrivono Egitto , e con carattere
» diverso dalle antecedenti parole , ad indicar cotale voce Italiana ,
» io scrivo Mgylto ^ e col medesimo carattere dell' In exittt Israel ,
» ad indicarla voce Latina , cosi per antitesi dal Poeta aggiustata in
» grazia della rima : tanto più che trovo tutti i mss. della biblioteca
» Corsini leggere chi Egypto e chi Egipto. „ Il Sig. PortirelH ha seguito
tal lezione e nota del Lombardi; ha aggiunto però la bella Osserva-
zione , che sembra tratta dal Coment© del Cod. Càet. cioè , che le
Anime canebant istud Psalmum in Uberatione , quia evaserant manum
Diaboli , siciit Hebraei evaserant manum Pharaonis . N.E.
48 * Scripto leggiamo per le ragioni addotte nelle note aui so-
pra ai vv, 44 > e t\6. Avvertiamo qui in ultimo luogo che V edizioni
del Sec. xv , compresa la Fulginate , leggono i 5 versi col pt. Non
però il Cod. Vat. N.E.
49 Poi la Nidob. , pò V altre edizioni — fece il segno ec. die loro
la benedizione.
5i Gì \3L Nidob. , GìoT altre edizioni.
5a 55 Selvaggia del loco . Pone selvaggio per inesperto ; proprietà
essendo del selvaggio di non esser pratico d* altro luogo che della sua
selva .
55
favol
Apoll
vece di; 'dire , che irradiavalo , rendevalo illuminato. Ed aggiunge £Ìa
tutte parti : non cioè solamente dalla parte d* oriente , come cjuando
sta il Sole per alzarsi ; ma per ogni aove , come quello che già cac-
ciato aveva rà' mezzo l ciel il Capricorno , segno del zodiaco discosto
da Ariete ( in cui trovavasi allora il Sole ) {a) una quarta parte di
circolo : il quale perciò non può essere cacciato di mezzo l cielo ,
se non sia Ariete totalmente dall' orizzonte uscito — saette conte colla
medesima allusione già detta appella i solari raggi : e l' aggettivo
conto , che altrove fa valere per chiaro alP intelletto (b) , non può
ui significare che chiaro , rilucente alP occliio . Lucida tela dici nota
Volpi appellati i medesimi solari raggi da Lucrezio pure .
(a) Vedi al v. 5. (B) Vedi a cagion d' etenpio Inf. Ili 76.
S
e A N T O IT. %S
58 Quando la nuova gente alzò la fronte
Ver noi , dicendo a noi : se vo' sapete 5
Mostratene la via di gire al monte •
61 E Virgilio rispose : voi credete
Forse che siamo sperti d' esto loco ;
Ma noi sem peregrin , come voi siete «
64 Dianzi venimmo 5 innanzi a voi un poco 9
Per altra via ^ che fu sì aspra e forte f
Che lo salire omai ne parrà giuoco .
67 li anime , che si fur di me accorte ,
Per lo spirare 5 eh' io era ancor vivo ^
Maravigliando diventaro smorte;
70 E come a messaggier , che porta olivo p
Tragge la gente per udir novelle ,
E di calcar nessun si mostra schivo :
70 Così al viso mio s' affissar quelle
6a Sperti per esperti , aferesi molte praticata . Vedi il Vocab. della
Crasca •
64 J^anzi ec. , poco fa , un pò più prima di voi venimmo é
65 Per altra via , intende 1* attraversamento dell' Inferno .
67 68 Per lo spirare , cA' io era ancor vivo la Nidob. , Per lo
spirar y eh* C era ancor vivo V altre edizioni . f^edi (critica qui il Ca-
stelvetro ) se è cosa verisimile , che essendo t aer temperato , e non
freddo y e levato il Sole^ che altri vegga il fiato di persona ^ il guai
non si suole vedere , se non rT inverno (a) . Ma anche di bella mez-
za state ci possiam accorgere eh' altri fiata ; o per qualche diffi-
coltà ed interrompi mento di voce , se parla ; nel qual modo Sa-
pia «ad occhi cuciti si accorse dello spirare di Dante, Purg. xiii iSa,
o pel solo movimento della gola , o del ventre , se non parla 1 co-
me parimente il conobber vivo Catalano e Loderingo Inf. xxiii 88.
'jo 'ji E come ec. Accenna il Poeta durante fino a* suoi tempi
l' antica costumanza , che , chi desiderava la pace , mandava ambascia-
tori a richiederla con rami d'ulivo in mano; ai quali perciò trtu'va ^
camminava, accorreva , la gente curiosa di udir novelle^ di ascoltare
a quali condizioni la pace rìchiedevasi . Avvisa il Daniello a questo
proposito i versi di Virgilio :
Itaque oratores aderant ex urbe Latina ,
Felati ramis olcac , vemiamque rogantes (b) ;
« que'doe altri :
Tum pater Aeneas pappi sic fatar ab alta ,
Pacìferaeque manu ramum praetendit olivae (e) .
« I • Il I ir
(a) Opere varie critiche {b) Aeneid. xi loo. (e) Aeneid. vixi xi&
a4 PURGATORIO
Anime fortunate tutte quailte^
Quasi obbliando d' ire a farsi belle .
76 Io vidi una di loro trarsi avante
Per abbracciarmi, con s\ grande affetto ^
Che mosse me a far lo simìgliante.
73 0 ombre vane , fuor che nell' aspetto!
Tre volte dietro a lei le mani avvinsi •
E tante mi tornai con esse al petto .
81 Di maraviglia , credo ^ mi dipinsi ;
^5 Cosi a^i occhi mìei, il Cod. "Nat. N.E.
75 Quasi ohhliando ec. quasi di vista perdendo il fìne per coi erano
state II condotto ; perchè cioè entrassero in Purgatorio a scancellar qaelle
reliquie di peccato , eh' erano in esse .
^6 Io i'/V/i una di loro trarsi avante ^ la Nidob . ; V vidi una di
lor inirn'si alante , T allre edizioni: * e il ('od. ^at. "N-E.
79 (H ombre la ^idob. , O ombre T altre edizioni.
81 K tante ce, mi tornai cioè senza stringer nulla . K imitazione
Virgiliana , dice il Landino .
Ter conatus ibi collo dare hrachia cìrcum »
Ter frustra comprensa manus ej^ugit imago (a) •
8a Di mamvigtìa mi dipinsi per mi feci scorgere mamviglìato»
Xon veggo y dice qui il (;astelvetn> , /xf re/tè Dante si dovesse di'
pingi'n' di marai'igiia pecchi* non potesse abbracciar F anima dt un
wofio, /iispondi ; in Inferno a\*eva veduto e pros'oto il contrario ^ pren^
dendo i cafteUi di fiocca .4bati , ed essendo stato posto nel jwzzo da
Anteo , e f>ortnto in sgroppa ila Gerione , e da IVesso Centauro ; in gui'
sa che si dfy\'<'\'a poter maravi^^^iare di ciò , come di cosa nrto%*n • ^/a
è cofftìMrio questo a quelto eh ei ///re ( In f. canto Vi. i». 5 e scgg. )
e poiicvani le piante sopra lor vanità, che par persona. Enel Pur-
gatorto stti^so (canto vi v. ^5) jmrlando di Sordello e di f'^rgHiodi"
ni: e r un r;ìUro abbracciava. /.' f>erchè altri potrebbe dire ^ che
questo fìuò a\*er luogo tra anime di abbracciarsi , %*edi che parimenie
non ha luogo tra anime Purg, canto xxi v, i5o e 50gg. cioè tra f^r-
gitio e Stazio (/») -
Yon è da dire , risponde il Mazzoni , eh* egli ( Dante) si sia con"
franato - perciotu^hè quando ha tri bui te le qualità corporee agli spiriti y
ha natalo figuratamente , secondo P eqfd%*oco delt usanza degli uomini :
e ttiuiudo le ha in tutto le\*ate via degli Sf'Hriti medesimi , ha propria^
mente t\t^''elliìto , E co>i de\'onsi ancona solx'i r- alcitne coniradiiizioni si'
mdi s che si troiano in ihnt'co ^ in /V/|jt7/tV, e negli altri buoni
< K«iservrtndo io perì> , ohe non renile mai Dante impalpabile ve-
runo dannato: ma che i soli sdvi fii tessere orn nai|)abili , ora no;
endauìì dubbio , eh' es;li , non per enx^re , o per imitazione d' altrui ,
(.i) .^e\€nt, TI 695. (A) Opere ».:rie crtiuke pa^. 161. (e) Difésa di
I^aojc bb. I. cap. 1^.
e A N T O n . 15
Perchè V ombra sorrise e sì ritrasse 9
Ed io , seguendo lei , oltre mi pinsi •
85 Soavemente disse eh' io posasse .
Allor conobbi chi era , e pregai
Che j per parlarmi , un poco s' arrestasse •
88 Risposemi : così com' i t' amai
Nel mortai corpo , cosi t'amo sciolta ;
Però m' arresto . Ma tu perchè vai ?
91 Casella mio, per tornare altra volta
Là dove io son , fo io questo viaggio;
Bla per proprio sistema , allusivo alle massime della Cristiana no-
stra religione , ponga tale divario .
^oi sappiam dal \ angelo die il sacratissimo Corpo del nostro Si-
gnor Gesù (risto dopo la gloriosa risurrezione ( modello de' corpi ,
che si riuniranno agli eletti ) ora si rendeva iiupaluabile , e penetrante
le pareti dei cenacolo (a) , ed ora palpabile a' aiscepoli [b) .
Chi sa , cIjc il misteriosissimo nostro autore non voglia nell* om-
bratile corpo, che attribuisce agli spiriti, anticipata negli eletti quella
liberta , eh* avranno , di rendere i suoi corpi , come loro sarà a grado ,
palpabili , ed impalpabili : e ne* dannati al contrario la necessaria
palpabilità , che sottri ranno ?
Comunque però siasi la cosa, malamente apprende il Castelvetro ,
che quanto dice Di.nte nell' indicato luogo , e ponevam te piante
sopra lor svanita che par persona , sia contrario ai fatti , die narfa
essergli occorsi con l^occa Abati , e con uuegli altri dannati . Impe-
rocché appunto, acciò la vanità di quegli spiriti paresse persona ^
cioè corpo , doveva non solo sostenere le piante eli chi sopra vi
camminava , ma in oltre fare e patire tutto ciò , che fa e patisce un
vero corpo «
Ma neppure al fatto d* essersi "N irgilio e Bordello abbracciati ,
può certamente pronunziarsi contradittorio il parlar di Virgilio a Sta-
zio , Frale non far ^ che tu se ombra, e omora vedi; e quel rispon-
dere di Stazio , Or puoi la quantitate comprender delP amor che a te
mi scalda , quando dismento nostra vanitale , tratlando C ombre come
terra salda . Imperocché da questo parlare e rispondere non si può
discemere se giudicassero impossibile l'abbracciarsi tra di loro, o se
riputassero inconveniente al loro alto sapere l essendo ambidue uomini
dotti , qual non era Sordello ) 1* essere mossi da ombrattli apparenze.
85 Posasse , antitesi , per posassi, fermassimi cioè dallo sforzo di
abbracciarla .
S6 Conobbi chi era ; cioè , come in appresso dirà , Certo eccellen-
te musico nomato Casella, del cui canto erasr Dante compiaciuto assai .
gì gì Casella mìo per ec. Taccio questo viaggio , non per re-
stare f ma per tornarmene erudito dalle vedute di qua pene e premj
(a) Joan, ao. (j)) Lue, 24..
a6 PURGATORia
Ma a te com' era tanta terra tolta ?
94 ^à egli a me : nessun m' è fatto oltraggio ^
Se quei , che leva e quando e cui li piace 9
Più volte m' ha negato esto passaggio ;
97 Che di giusto voler lo suo si face .
Veramente da tre mesi egli ha tolto
Chi ha voluto entrar con tutta pace ;
lOo Ond' io , ch'era ora alla marina volto
Dove l'acqua di Tevere s' insala ,
Benignamente fu' da lui ricolto .
a viver altra volta meglio là doi^e io sono , dove tengo stanza , nel
tristo mondo.
Il Castelvetro , ed il Venturi in maniera troppo forzata chiosano
là , cioè in Paradiso , (loife i * son tutto colC animo , e col pensiero . E
peggio gli altri espositori intendono per là indiento il luogo stes-
so ov'era Dante mentre così favellava , facendo equivalere là a qua,
93 al ioa Ma a te coni era tanta terra tolta '^ Vosi la ^'idobeati-
na , e r Aldina , e più di novanta mss. veduti dagli Accademici della
Crusca,' e istessamente i mss. della Corsini n. 608. 6op. 610. 1217. ia65.
Ai medesimi Accademici nondimeno , per V autorità di soli quat-
tro altri mss. , è piaciuto di mutare e leggere in vece r Diss^ io , ma
a te come tanC ora e tolta ? e ne allegarono con postilla in margine
la seguente ragione » Dicendosi tanta terra non ci pare che possa ca'
varscne senso buono : perchè il Poeta cerca saper la cagione perchè il
tempo , non il luogo , gli sia tolto di purgare i peccati . Fssi cioè sup-
pongono , siccome la comune degli espositori tiene , che fosse Casella
morto assai prima del tempo in cui tìnse Dante questo suoviageio,
e che faccialo, quel mar traggittando , venire da ccrt' altro luogo fuori
del mondo nostro ,* ove dal punto di sua morte fino allora restato
fosse ad aspettar quel tragitto , in pena di essere in vita stato negli-
gente ad abbracciare la penitenza »
Agli stessi Accademici a cagione di detta supposizione riusci a
grado d'incontrare in altri due mss. omessa nel v. 100 la particella
ora y e scritto Ond^ io y che era alla marina volto ^ invece di Ond' io y
ch^ er* ora alla marina volto , come tutti gli altri mss. leggevano , e
coir Aldina legge anche la Nidoheatina < Imperocché , se pel rivol-
gersi di Casella alla marina , dove ec. dee intendersi un' azione di Ca-
sella ancor vivente ( come tale la intendono tutti gì' interpreti , quan-
tunque tra di loro discordi nello specificatamente determinarla ) sem-
pre la particella ora vern'!)be ad importare la morte di Casella di
iresco seguita : e non , com' essi Accademici vogliono supporre , molto
tempo innanzi al tragitto di quel mare .
Per molte però e valide ragioni mi sembra che si debba tale
quantunque comune supposizione rigettare , e che non si abbia ad
aminettcrc Casella morto se non appunto nel tempo stesso del poe-
tico viaggio .
e A N T O I I . ay
Primieramente pc) salmo //i exitu Israel de Aet^ypto^ che can-
tasi eia Osella e cfagli altri spiriti in quella nave : salmo il quale e
pel costume , che fu addietro di cantarsi il pi-imo sopra i cadaveri , *
che dalle case si levavano per trasferirsi alle chiese (a), e per coe-
renza al parlare di Beatrice nel canto xxv del Paradiso v* 55 (6) , e
finalmente per espressa chiosa del Poeta medesimo nella sua lettera a
Gan tvrande (r) , denota , che allora allora scampassero quelle anime
dalla schiavitù di questo mondo , ed assicurassero ivi la loro sorte •
Tn secondo luogo , per la risposta , che si fa Dante rendere da
Casella
nessun nC é fatto oltraggio t
Se quei , che leva t quando , t cui li piace ,
Piti volte m' ha negato esto passaggio ;
nella qual risposta attribuisce Casella la tardanza del suo passare colà
ad occulta disposizione di Dio eseguita pel suo angelo Dove , in-
tesa per tal passeiggio la liberazione dal mondo per mezzo della mor-
te , vi sta ben detto , ed è conforme appunto alla sentenza dell* Ec-
clesiastico vita et mors a dea sttnt (d) . Al contrario ammettendosi che
venisse Casella d'alcun luogo dclT altro mondo, ci scosteremmo e
dal dettame evangelico , che rendaci Iddio di là ragione de* premi e
de' gastiglìi , venite benedicti ec. , esulivi enitn et dcdistis mini man-
ducare ec, , diòcedite a nie maledicti ec. . , estuivi enim , et non ec. (e) ,
t dal costume altresì del poeta nostro medesimo , che da per tutto
usa di fare alle anime tal ragione manifesta . Cosi, per esempio , nel
fine del canto iv della presente cantica fassi da Bellacqua rispondere
Prima convien , che tanto *l del m* aggiri
Di fuor da essa , quant' io feci in vita ;
Perchè indugiai aljin li buon sospiri (/) *
Tn terzo luogo , perciiè in questo medesimo incontro fa Dante
essere Casella negligente a portarsi al Purgatorio ; e ne lo fa perciò
sgridare da Catone : Qual negligenzia ec, (g) • A che dunque per pur-
garlo di tal difetto avrebbelo latto altrove arrestare?
Tu quarto luogo. Partendosi Dante dalla spaiggia dove Casella
approdò, e salendo il monte, trova alle falde di quello in varj luo-
ghi brigate di spiriti , ai quali , in pena della negligenza loro ad ab-
bracciare la penitenza , viene vietato di salire al luogo de' marCiri .
Il perchè se avesse Dante supposto morto Casella molto innanzi a
quel tempo , e volutolo per simile negligenza punito , dovrebbe lui
pure avere per quella via trovato , e non farlo d* altronde soprag-
giungerc •
In quinto luogo finalmente , perchè questa oltre quel mare , dove
Casella dopo morte aspettato avrebbe il tragitto , sare'poe 1' unica stanza
d'anime, alla quale non sarebbe Dante nel misterioso suo viaggio
pervenuto : e malamente perciò nel xxui della prescute cantica di-
rebbe a Forese
Come se* tu quassù venuto ? ancora
lo ti credea trovar laggiù di sotto y
Dove tempo per tempo si ristora (fi)
(a) Vedi '1 Ritaale d' Antonio Santorio Cardinale di s. Severina nel capò
delle esequie de' morti . (ò) Dice ivi Beatrice venato Dante d* Egitto in ve-
ce di dirlo venuto dal mondo . (e) Spiegando in qaeila lettera i varj sensi delle
riferite parole del salmo , dice che giusta 1* analogia significatur exitus ani*
ma€ sanctae ab hujus corruptionis servitute ad aeternam ^loriae libertatem,
(d) Cap. II. ▼. J^. (e) Matth. %%r. (/) ¥. i3o e legg. (jg,) Verso lai.
(A) Verso 83 e tegg.
•:8. PURGATORIO
Imperocché se fosscsi trovato Forese ancora nel luopo , dove vnolsi
dhc restasse Casella prima di venire a quella spiag|^ia , non avreb*
belo Dante trovato m nessun luogo .
Per queste ragioni , e per non vi essere stòria in contrario , mi
par megbo che, tra la molta eente, che riferisce il ^(anni nella i$)fi>-
ria de^i anni santi (anno I.) d'essere perita nel pellegrinaggio a Ro-
ma pel giubbileo dell'anno i5oo. (anno di questo poetico viaggio }
intendasi morto anche Casella , nel tempo appunto in cui pervenne
Dante al Purgatorio ( che , secondo lo altrove stabilito [a) , verrebbe
ad essere la sera del di 7 aprile ) ; e che perciò faccialo Dante esso
veggente giungere colà .
Ecco come a questo modo , senza bisogno alcuno di quella ma-
tazione che hanno fatta nel testo gli Accademici , sembra che tutto
possa a buon senso condursi.
Siiffponcndo Dante che ardesse in Casella , mentr' era tìvo , quel
pio desiderio , eh' espressamente dice essere arso in que* tre altri
coetanei suoi , Currado da Palazzo , Gherardo da Camino , e Guido da
Castello
. . . . . . che par lor tarde
Che Dio a miglior vita li ripogna (h) ,
dopo di avere ne' due precedenti accennato se essere indegno di ri-
manere in quella fortunata regione, né esservi pervenuto che per im-
parare la rdbrma de' propri rei costumi , prosiegue
Ma a te com' era tanta terra tolta ?
ma a te, o Casella, che pur cri d'ottimi costumi (di facile natura, e di lieti
costumi dicelo a buon conto il I>andino ) C0//1' era tolta tanta terra , com'
era negata tanto desiderabile regione ? Tanta compagnia ^ tanta gemma ec.
diciam noi comunemente in vece di compagnia tanto desiderabile >
di gemma tanto pregiabiie .
Ed egli a me : nessun m* è fatto oltraggio ,
òe quei , che leva e quando e cui Li piace y
Più volte m* ha negato esto passaggio ;
Chi di giusto voler lo suo si face»
Più fiate, egli è vero , la mia ardente brama ebbe ripulsa,* ma non
però ingiustamente: imperocché il voler di colui che leva dal mon-
do r anime , è diretto dal giustissimo voler d' Iddio .
fieramente da tre mesi egli ha tolto
Chi ha voluto entrar con tutta pace .
Il fatto però fu , che da tre mesi a questa parte ( il tempo intendi
' — 1^ - —
(a) Tal giorno ed ora appunto riescono ponendoti per base ciò eh' k detto
Bel canto XX dell' Inf. ▼. i'i8, che il primo avvenimento che Dante narra «
cioè Io smarrimento nella selva oscura , saccedesse nella notte tra '1 q^narCo e
qainto giorno di aprile . Eccone il conto in ristretto . La detta notte pattala
errando perso nella selva ( Inf. I 17 ) . 11 giorno seguente , il b. aprile , im-
piegalo in contrastare colle incontrate fiere , e nelT imbrunire dell' aria entra
neir Inferno ( Inf. il i ) . Tutta quella notte ed il giorno appresso , cioè
il giorno 6. aprile , spende in visitar V Inferno da cima a fondo ( Inf. xx ii^t
e xxxiv 68). Nel far della notte passa il centro della terra, e sale pel
cammino oscuro all' altro emisfero , e v* impiega tutta (juclla notte e 'I gior-
no appresso , cioè il giorno 7. aprile (computa Dante veramente prima il
giorno e poi la notte ; ma avvertasi che qui è da man , quando di là è
sera ) , e nell* incominciar della notte , o sia noli' incominciar del giorno di
là sotto , vede venir la nave che poita Casella . (/>) Purg. xvi iaa«
e A N T O II. ag
io3 A quella foce ha egli or dritta Y ala ,
che durava ìii Roma il giubbilco) (a), ha egli con tutta pace , di tutto
huou grado , tolto c/ù ha voluto entrare , ricevuto ìa sua navicella
chi ha voluto entrarvi .
Dee il i'octa , quant' io intendo , piamente supporre che la molta
gente, per testimonianza del sopraccitato Manni , perita nel pelle-
grinaggio per quel j^Tubbileo , fossero anime desiderose di passare
agli eterui beati riposi ; e che dopo V acquisto del giubbileo fossero
da Dio esaudite, e tra esse anche Casella: facendo nel tempo stesso
che il medesimo Casella accenni che noi pigliasse V angelo prima ,
per pigliamelo dopo l' acquisto del giubbileo :
Ond* io , eh* er* ora alla manna volto
Dove l* acqua del Tevere s' insala ,
benignamente fu, da lui ricolto .
RitoruaDdomeue io adunque poco fa da Poma , ov' era st:ito pel
Giubbileo , e rivolgendomi verso il mare in cui mette il Tevere , cioè
verso il COSI detto mar xii Toscana ( in nave forse per Tevere slesso
disccDdendo , a line di restistuirsi in Toscana per la via di mare ) ,
beoignamente furono i voti mici dalT angelo esauditi , e dalT hgitto
del tristo mondo fui a questa terra di salvazione condotto . '*' Al bia-
gioii , il che è cosa rara , parve sensata questa nota del i'. Lombardi :
e dice che tanta terra si ha pure nel Cod. Stuard. Noi aggiungiamo ,
e nel Cod. \'at; non però nell' Antald. che reca : ma a te conC è ,
tùss' io , tant^ ora tolta : il Gaetano poi va d' accordo pienamente colla
Crusca . N.E,
I o5 A quella foce ( del Tevere ) ha egli or dritta P ala . Cosi
leggono quattro mss. veduti dagli Accademici della Ousca , e tre
anche da me veduti , uno della >atìcana {b) , e due della Corsini (r) ,
ed uno pure veduto dal Daniello . E la ragione di doversi leggere
COSI ne la rende il Daniello stesso chiarissima ; imperocché a questo
modo non si ferma il Poeta a indicar novameute la foce già indicata
bastantemente due versi sopra ( come cioè fermerebbesi leggendo colla
comune yi quella foce Oi> egli ha drìtta /' ala ) , ma passa a render
ragione perchè a quella facesse T angelo ritorno. * Il ciod. \at. «la
noi tante volte citato se ne sta colla comune lezione preferita dal
Biagioli che difiìcilmente si stacca dagli Accademici della Crusca. N.E.
— fia dritta C ala vale indirizza il corso .
(a) L* autore della Stsria letteraria d* Italia nel volarne 2 lib. i cap. 4
f. € avendo col sig. Domenico Maria Manni nella suddetta Storia degli an^
mi santi , osservato che la bolla Antiquorum di Bonifazio Vili pel mento-
▼ato giabbileo , fu data li 32. fcbbraro i3oo. vuole che si. dicano tre mesi
per solo aggiungersi all' intiero marzo porzione di fcbbraro , eporzione d* apri-
le ( il residuo cioè di febbraro dopo li giorno 22. in cui fa data la bolla , e
i pochi giorni di aprile , eh* erano scorsi qnando giunse Dance al Purgatorio ) ,
e censura Monsignor Fontanini perchè nella su^ Eloquenza Italiana lib. a»
cap. 19 suppone , che incominciasse quel giabbilco dalle feste natalizie del X299,
e dorasse perciò tre veri ed intieri mesi , genoaro , fcbbraro , a marzo. Po-
teva peiò facilmente e doveva 1' autore della Storia letteraria avvertire ,
che la bolla stessa di Bonifazio dichiara durato già quel giubbileo anche anterior-
mente , a fesco nattvitatis Domini nostri Jesu Christi praeierito , a tenore
cioè della traditiouc , che già nella chiesa vìg^cva , cb«- in ogni anno centc>
siroo fos^e in Roma il giubbileo ; e che non volle il Papa con quella bolla
altro che certiBcare vie pih e perpetaare la medesima tradizione .
(^) Num. 2866* (e) Uno col 0*605 l'altro non per anche ntimcrato .
3o PURGATORIO
Perocché sempre quivi si raccoglie
Qual verso d' Acheronte non si cala .
106 Ed io : se nuova legge non ti toglie
Memoria o uso all' amoroso canto ,
Che mi solca quetar tutte mie voglie y
109 Di ciò ti piaccia consolare alquanto
L'anima mia , che, con la sua persona
Venendo qui , è affanns^ta tanto •
1 1 a Amor che nella mente mi ragiona ,
Cominciò egli allor si dolcemente y
Che la dolcezza ancor dentro mi suona.
ii5 Lo mio maestro, ed io , e quella gente
Ch'eran con lui parevan si contenti,
Com' a nessun toccasse altro la mente •
118 Noi eravam tutti fissi ed attenti
io4 io5 Quivi s\^m{\C7k il medesimo che là , in quel luogo — jéche^
ronie fiume ò,v\V Inferno per V Inferno medesimo — si raccoglie Qual
verso d Acheronte leggono V edizioni dalia Nidobeatina diverse ^ e il
Cod. Vat. da noi seguito perchè ci dà un verso più armonioso. N.E.
Pel Romano li<lo , ove il Tevere ha foce, intende Dante la cattoli-
ca Romana chiesa: e pel non riceversi dall' angelo anime se non al
detto luogo , vuole intesa la massima , che fuor della cattolica Ro-
mana chiesa non può alcuno sperare 1' eterna salvezza . Ego ( protesta
s. Girolamo a s. Damaso Papa scrivendo ) nulltim primnm nisi Chri"
sfuni seqìiens , Beatitudini tiue , idest cathedra? Patri , communione con-
sociar . Saper Ulani petram anUficalam ecclesiani scio , Quicumque extrtè
hanc (loniuni af(num comedepìt projanus est . Ep. 5?.
106 107 lÌTon ti to^e memonay o uso , non ti ha reso dimentico
di tua arte musicsi , q non ti permette di qui esercitarla .
108 fraglie, per passioni d'animo.
110 Con la sua persona , col suo corpo; come par persona in veoe
di pare corpo dice pur nell' Inf. vi 36. * Colla mia persola , il Cod.
Antald. N.E.
1 11 £■' affannata , intende per l' orrìbili pene vedute nell* Infernp .
iiTL Amor ec. Introduce il Poeta Casella a cantar una delle sue
canzoni, e forse la più bella e più grave ch'egli componesse ed in-
terpretasse , come si vede nel suo Convito , nel quale essa tiene in
ordine il secondo luogo Ira le altre . Daniello .
118 * Noi eravam tutti fissi , ed attenti legge il Cod. Caet. in ve-
ce di andavaniy che legge la comune. Si osservi di grazia, che Dante
arrestò Casella nel v. 87 ; che quegli infatti per compiacerlo si fermò,
e che, dimandato del canto, cantò. Eran dunque fermi, non andava-
no. Ma se ciò non ba3ta, si ascolti qui appresso la rampogna di Ca*
e A N T O I I. 3i
Alle sue note ; ed ecco il veglio onesto j
Gridando : che è ciò , spiriti lenti ?
lai Qual negligenzia , qiiale stare è questo?
Correte al monte a spogliarvi lo scoglio ,
Ch' esser non lascia a toì Dio manifesto .
1^4 Come quando , cogliendo biada o loglio,
Gli colombi adunati alla pastura ,
Queti , senza mostrar Y usato orgoglio ,
1^7 Se cosa appare ond' elli abbian paura ,
Subitamente lasciano star 1' esca ,
Perchè assaliti son da maggior cura;
tone V. 121 , e la bella comparazione de* Colombi , e si vedrà che il
Cod. Caet. può con ragione preferirsi agli altri . Il Biagioli però è di
contraria opinione: e il cod. Vat. sta colla comune. N. E.
119 Fcco il veglio. Catone soprammentovato .
121 ia3 y// monte , nella falda del quale stava il Purgatorio a
spogliarvi lo scoglio , che ec. Il verbo spogliare non permette che per
scoglio intendasi qui ciò che comunemente a' di nostri intendesi , un
masso cioè in mezzo al mare, o in riva ad esso; ma esige quelTaltro
significato, a cui si rinviene anticamente essere stato da buoni Italiani
scrittori esteso, d^ integumento e di scorza. Scoglio (tra i molti altri
esempj che nel Vocab. della Crusca si possono vedere ) appella Pier
Crescenzi quella buccia verde , che veste 1* avellana, e'tienla attaccata
all'albero: le avellane, dice, manifestano la loro maturitade , quando
da loro scogli si partono [a) , Anzi s' è vero quanto scrive S. Isidoro
neir Etimologie {b) , che possa il Latino scopulus derivare dal Greco
ffKtm; significando ffx.i7rt lo stesso che integumento , scorza (e), avreb-
be una volta dovuto essere suscettibile del significato medesimo anche
il Latino scopulus . Ignorando il Castelvetro cotal altro significato del-
la voce Italiana scoglio , s* è mosso a censurare il presente passo di-
cendo , che lo scoglio si rimove , si spezza , si rompe , si fora ec. , ma
non si spoglia (d) , Spogliarsi adunque l'anime dello scoglio , che non
lascia loro veder Dio , sarà togliere il sozzo velame delle colpe , che
le ricopre , e sarà frase buona , an^i somigliante a quella di S. Paolo
expoUanies veterem hominem cum actibus suis (e) .
i'2.\ 125 126 Come quando ec. Tace per ellissi il verbo stanno,
e dee farsi la costruzione così : Come quando gli colombi adunati alla
pastura queti , senza mostrar C usato orgoglio , stanno cogliendo biada ,
o loglio . Biada o loglio per semi buoni o ne/ : e per F usato orgoglio
quel roteamento intendi e mormorio , che fanno i colombi di conli-
ii«o . * Siccome ricogliendo, il cod. Antald. N. E.
127 OmT elli la Nidob. , ond* egli altre edizioni.
^ -| T- ■ 1 1
<») ^gric. lib. 5 c«p. 3. {b) Lib. 16 cap. 5- (e) Vedi SchrtvtlU lexic,
àti. "EnSfict • (d) Opere crit. varie pag. 162. {e) dd Colon. 3. v. 9.
3a C A N T O I I .
i3o Cosi vid' io quella masnada fresca
Lasciare 1 canto , e gire in ver la costa ^
Com' uom che va , né sa dove riesca ;
Ne la nostra partita fu men tosta •
i3o Masnada per compagnia semplicemente, come Tnf. xt4* —
fresca , di fresco giunta a quel luogo .
i3i Gire invcr la NidoDeatiua, gire 'nt'er T altre edizioni , — — co-
sia per monte.
i3t^ Com' upm ec, mostrando cioè , col girar dell* attonito sgiiar*
do qua e là , di non saper dove s' andassero •
Fine del conio secondo.
ss
CANTO III.
ARGOMENTO (*)
Partititi i due poeti , si volgono per salire il monte , il qnaU veg»
geudo tmalagevoU olire modo da potersi ascendere , mentre stanno fra
se steui dubbiosi viene una comitiva d' anime cke gV indrizza verso
il eaiU per cai al monte salivasi , e con le medesime avviatosi , una
di qmaiia si manifèsta a Dante d' essere Manfredi il fu, Re di Puglia
e Sicilia •
I iV.yyegiiachè la subitane fuga
Dispergesse color per la campagna,
Rivolti al monte ore ragion ne fruga;
i| r mi ristrinsi alla fida compagna •
E come sare' io senza lui corso ?
I j4v%^egnaehè , lo i tessQ ebe quantunque (a) ■ ■ subiiana , tQbt«
tanaa , presta , yelpce.
3 rruga qa\ pure dee stare per punge , gasèiga » come arrìsa il
pagna col nnoprovero delle commesse colpe.
4 Compagna , compagnia . ^fodo usato dagli antichi di levar r i
a sì /aite voci . Così il Vocabolario della Crusca , che ne reca eseia*
pio ancbe dd Petrarca. Intende Dante per la ySd^ eompigwii Vir-
gilio .
5 E come sare* io senza lui corso ? Se efi altri ( crìtica di Castel-
Tetro ) per paura correvano , e FlrgiHo medesimo^ perchè sarebbe sio'
to pili forte et animo Dante a non correre ? {d) . Pili Jorte tt animo
~ I i _?!_ f. j . ìone?ol-
inquan*
era dato
per fpoLiàsk agli altri : ma a Dante era stinto dal cielo destinato Virgilio
per lacorta •
Q Argommito metrico del c«l. Gataaro Goni ,
Noa san li due come si salga al monte ,
Però pensosi del cammin si ttanao
Col core incerto » e con ler voglie pronte •
Ma nna sdiiera di tniritit che Tanno
A farsi belli pel regno felice
Mostran la yia • Manfredi apre il ano affanno »
Nipote di Costanta Imperadrice •
(aj Cin. Partic, l'j i. (b) Al verbo frugare f. S. (e) Ini: lan 70.
(<0 òpere crit, varie p<ig. i6a.
T.2. C
34^ PURGATORIO
Chi m' avriai trafeto ku per la montagna ?
7 £i mi parea da se stesso rimorso.
O dignitosa coscienza e netta j
Come t' è picciol fallo amaro mprso !
IO * Qoando li piedi suor lasciar la fretta, • )>
Che r onestade ad ogni atto dismàga ^^ '
Zia mente mia , che prima era distcetta^
|3 Lo *ntenlo rallargò sì come vaga; • ••» •
6 Chi m* avria tratto, su per la montagna? Virgilio ( tfeDira il
Castelvetro ) ; perciocché/ tessaUi *ii ■ àùfto » 7a ymtfMfiJiirqMl^ riiorma"
io a Firfrilio ; il auaU §ra in luogo , che non si perdeva, éU vista (a^.
Forse , per avere tVjiéritlcfo tròppo 'materiàtmenté'prìé^')»' recata simi-
litudine dei colombi 9 fi|Wo^e, che coinè. auostl yola^UfQprfvveneiìdo
loro paura , s' alzano dalla' pastura , e sì mradahò botisi; ma non si
perdono di vista; e dopo brieve ^ìro;si ntioiscono » ;cf^ fAfgU sp^^
non corressero separati, che per pjcciol tcatto. Ma appunto per queno,
e per r antecedente ver^o ' si ' scorge' avef Dante tntéséf tt'óondarìo ; cioè
che quegli spiriti più non si riunissero , ma ognuno di per se cercas-
se la via di salire al itoònte. M h^n pviQssi r^gionevoln^eojtc;. pensare ,
eh' abbia con ciò voluto il Poeta accennarci i vari '^'f^U ^^'^ i^'^^ft^S^Pf B
che seco recavano i medesimi spiriti; pe* quali cquvcii^iYa eh alcuni
per più diritte, altri per più storte vie camminando, iu Fafi^J^mpif
gingnessero all' ingresso dol Purgatorio.
7 £1 mi parea ec, la Nidobcatiua ; £i mi parea, V9\tx'eiìzlov^
E vuol dire che non solamente Virgilio mostr^yati mosl^o dallo ^grìdac
di Catone; ma per crul)esceuza , od altro tal segno dpi vi^, dovasi a
scorgere pentito internamente di quella dimora,
8 Dignitosa, nobile, dilicata. * Sembra che il Poeta» come an«-'
noia benissimo il Sig. Tortirelli , alluda alla Sentenza di Giovenale Sat*
▼ili V, l/|0 i4i.
Omue animi vitium tanta consp$ctus ia s^
Crimen hahet^ quanto fnajor qui peccut habetmr
con questo delicato rimorso della dignitosa e netta coscienza di Vir-
gilio . N. E.
1 1 Onestà per decoro , maestà — p- disfnaga per toglie , Ja per- .
dere , fa periiv. Vedi la nota all' Inf. xxv i46, ed agli altri passi,
ivi allegati , La fretta , di fatto , mal si confà col decoro e la maestà
€^.>ir azione ,
isk i5 Distretta la Nidobeatinn, ristretta l' altr' edizioni * e il cod.
Vat. N. E. f)Ilre però che T a;;gettivo distretto, al senso , che qui pur
conviene, (V nns^tstiato , adopera Dante altrove (&), ed altri buoni scrit-
tori (<*) ; ha il quantunque piccolo vantaggio di togliere la vicinanza
delle due sillabe m/'f. L angustia poi dovett* essere per la tema accen-
nata di perdere Virgilio . L* intento ec. Intento adopra qui Dante nel
significato ali* origine sua conforme, eh' è dal Latino l<?/i^^'re i/i; e eoa
(a) Ivi . (f) Purg. TI lo^. (i) Vedi a Vocab. della Cr.
e A N T O III. 35
E diedi il viso mio incontro al poggio ,
Che 'nverso '1 ciel più alto si dislaga.
i6 Lo Sol, che dietro fiammeggiava roggio,
Rotto m'era dinanzi, «alla figura
Gh' aveva in me de' suoi raggi Y appoggio .
ellittico favellare vuole dire, che sì come f/rg;r7, desiderosa , era la mente,
li conoscere , intendi , qne' nuovi oggetti ; peri» , cessando la soprad-
detta angustia , raliarf^ C intento , si pose a largamente tendere in essi .
* ?1 Postillatore del Cod. Caét, dà a questi due versi una diversa
interpretazione'. Siccome nel canto precedente aveva detto il Poeta ,
che al canto di Casella eran tutti Jlssi, ed attenti y corri a nessun toc-
cmsse altro la mente w. 117, 118, cosi comeuta ; Mens mea , qute
9n«0^ erat restrìcta, et intenta soliim cantui Casellas ^ ampli avi t suam
ì^emiionem ad tractandum Montém' Purs^atorii , Difatti della supposta
wnra di essere abbandonato da Virgilio , u Poeta non parla che ne segg.
V, 19 3IO. N. E, ■ ,
14 piedi per dirizzai —- incóntro al U Nidob, , incontr' al Tal-
re edizioni .
i5 Pili alto si disfaga^ Intendendo gli espositori tulli, che dis^
afare signiOchi lo' stesso che rlilagare ed allagare , chiosano adopra-
o qui di slogare traslativamente per istenderei dallq stendersi cioè che
acque fanno quando alli^gano • Il traslato non sarebbe più distante
bl proprio , di quello sia il partorire invidia , odio ec, che traslati-
tmente dire&i , (lai cmgionare invidia , odio, ec* eh' è il proprio . Io
»erò non voglio tcnei*e al leggitore celato un mio dubbio , clie es-
endo la particella dis di contrariante natura, come in n>oltissime voci
i scorge, né si trovando del verbo dislaqaì^ nel VocaboUrio della
brasca altro esempio, che quest'unico dì Dante , possa anzi tal ver-
K) significare il contrario di allagare; che sarebbe F uscire dalle in-
omo allaganti, acqiu: ; e che , supponendo il Poeta , com' è di fatto »
nnalzarsi la terra e ì monti sopra jT allagamento delle acque del ma-
e, voglia qui dire, che più d'ogni altro monte alzasi al di sopra di
otale allagamento il monte del Purgatorio . È , ripeto , un mio dub-
«0. * Ftalicissimo dubbio , che ha introdotta la vera interpretazione. N.E.
16 Roggio per rosso ( ad imitazion forse del Francese ivMgc ) ado-
falo da buoni antichi scrittori anche in prosa vedilo nel Vocabolario
ella Crusca . E rosso di fatto apparisce il sole quando è poco alto dall'
rìzzonte , tanto nel nascere ( come nasceva allora al Purgatorio ) quaa-
> nel tramontare.
17 18 Rotto m* era ec. Non mi pare, che possano i due presenti
etsi adoquatamonte spiegarsi senzai mettere separazione tra le due par-
celle dinanzi ed atta. Io vi frappongo una virgola, e spiego così. M era
inanzi rotto il Sole, era su '1 suolo dinanzi a me rotto da ombra il
ime del sole, alla figura eh' aveva F appoggiò de* suoi raggi in me coi"
ì figura stessa ( della particella a per con vedi il Cinonio ) (a) coli*
stensione e contomo medesimo , con cui appoggiavano in me , nel
orpo mio , i suoi raggi •
(^a) Par tic, 17.
C 2
5a PURGATORIO
1^ Jo mi volsi dallato , con paura
D' Qsser abbandonato , quand' io vidi
Solo dinanzi a me la terra oscura .
Ita E '1 mio conforto^ perché pur diffidi ?
( A dir mi cominciò tutto rivolto )
Non credi tu me teco , e eh' io ti guidi ?
^5 Yespero è già colà dove sepolto
% 1 corpo, deptro al quale io facev'ombra;
Napoli r h^ , e d^ Brandizio é tolto .
IO 90 91 Io mi volsi da loro la Aidobeatina . V mi vobi dallalm
Y altr edizioni . La costniz/one di qqesta terzina dee essere : Qu/tuuTio
indi oscura la terra solo dinanzi a me ^ io mi volsi da lato , Terso cioè
Virgilio 9 con paura dt esser abbandonato : apprendendo che dovesse Vir«
gilìo pi^re , siccom' egli » cagionar la sua ombra su 'l suolo . * Il Lom-
ardi con la Nidob. scrive da tato: ma se avesse riflettuto > che vuol
dire il poeta da quel lato ove aveva Virgilio , avreb)>e scritto pur egli
dallato j cioè dal laiOf Bugiou • Anche i^ Cod. Vat. ha dallato^ e eùu*
laÈQ seguiamo . N, E,
93 Perchè pur diffidi, Risguardfi la particella pure^ che vale ^pù
iBome ancora , al tintore precedente , per cui si ristrinse a Virgilio t
l^ers, 4*
li 36 Vespero e già colà ec. Quasi dica : è questo mio corpo d'ai-
ira materia da quello in cui io fpceva ombra : ed è quello or da mo
tanto lontano , cne mentre è qui mattina , la è vespro • Per vespro , co-
me apparisce da' primi sei versi del xv della presente cantica, inten-
de il Poeta il resto del giorno dopo Torà di nona; e per colà inten-
de Italia e Napoli : ed è il divario , che pone qui tra T ora che cor-
reva al Purgatorio e quella che correva in Italia , corrispondente al di-
vario , che pone tra essi luoghi nel detto canto xv ove avvisa , eh* era
in Italia me^za notte mentre al Purgatorio rimanevano ancora tre ore
di giorno. Imperocché, acciò questo avvenisse ne* primi d'Aprile (a) ,
in tempo d' equinozio , conveniva che nascesse il Sole all' Italia no-
ve ore prin)a che al Purgatorio . Di qui ne viene che , supponendo
e^erc allora al Purgatorio circa due ore di giorno (h^ , doveva eoa*
rentementc porre in Italia nove ore di pih , cioè tindici ore di gior-
no; che, in tempo d'equinozio, è quanto dire un'ora avanti notte «
Biene adunque dice Vespero e già colà dove sepolto è '/ corpo ec» — —
dov* a sepolto lo corpo , dentro al quale io Jacev* ombra , leggono l' e-
dizioni oiverse dalla Nidobeatina , *" ed il Cod. Caet* e il \s^t, N, E.
ny Napoli P ha ec. il mio corpo ; ed è tolto da Brandizio ; per-
chè a Brandizio m.or\ , e fu a N^ipoli sotterrato : onde l' epit^Ho di
lui dice : Mantua me genuit , Calabri rapuere , tenet nwic Partheno^
(a) Vedi U nota al v. i'j.% del canto %x dell' Inf. (t) RaccogUesi dal
aanto prcccd. v. 5o 6^ ove racccnna sorto fuor dell' eriziopte già tatto il sf»
goo dell' Aùete .
e A N t o 1 1 t . S;
^ Ora 9 se itinanzi a me nolla. s' adomtira f
Non ti maravigliar più che de' cieli j
Che r uno all' dltro raggio non ingombra «
3i A sofferir tormenti , e caldi » e gieli
Simili corpi la virtù dispone ^
Che , come fa , non vuol eh' a noi si sveli*
34 Matto è chi spera che nostra ragione
Possa trascorrer la 'nfinita via •
Che tiene una sustanzia in tre persone^
37 State contenti , umana gente , al quia :
pe . nAHiBLU) . Brandiùo , per Brindisi adopera anche Gio. Villani
Cnrn. lib* I. cap. 13. , ed altrove .
a8 Ornai la Nidob. , ora V altr* edizioni , * e il cod. Vat. che noi
fegnìamo • Il Cod. Anlald. porta : Ora se innanzi me nulla s* aom
bra» V. E*
39 3o Piii che de* cieli ^ che. Questo secondo che vai quanto dJ
^uaìi. Vedine esempj slmili recati dal Cinonio (a) non ingombra
raffio f non impedisce il passaggio della Ince. Parla Dante colla filo-
soSa da* suoi tempi , che ammetteva i cieli come tante traslucidissime
cave sfere , nna dentro l' altra •
3i 5a ^ sofferir ec. Passa ad aggiungere, che, sebbene simili corpi
dati alle anime in quell'altro mondo, non ingombrino punto la luce;
\% virtù divina però dispone a soffrire tormenti , e caldi , e gieli ,- non
altrimenti che soffrano i carnali corpi nostri . Bizzarra teologia , escla-
ma qa! il Venturi , immaginandosela , convien credere • nn nuovo tro-
vato del Poeta ; e noti come la è , antica dottrina de* Platonici , segui-
ta da molti santi Padri •
33 Che^ la quale virtù divina , non vuol cK a noi si sveli come
Jkf come operi una tale passibilità in corpi così dai carnali diversi*
^ Che come sia , bella variante del cod. Antald. N« E.
34 35 36 Trascorrere vale qui penetrare , conoscere pienamente ^-^^
ìa^nfinita via^ l'infinito modo mtendi di operare — ^» che tiene ^ che
adopera — — i/iwr sustanzia in tre persone ^ Iddio: e serve cotale peri-
frasi a vie più allontanare la nostra ragione dal pretendere di cono-
scere le vie di Operare d'un Ente tanto nella sua essenza ammirabile*
Intendendo il Venturi col Daniello e Vellutello: che stendasi qui
Dante a parlare delP audacia di nostra mente in voler conoscere in qual
modo possa una sola sostanza essere in tre persone , 1' ha per una mi^
retile scappala , e quasi importuna . Ma non è il Poeta che scappi fuor
di proposito ; sono essi comcntatori , che ve lo vogliono per forza
tirare.
37 Siate conienti , umana gente , sintesi , invece di sta contenta ecm
ei quia. State al quia^ tornare al quia^ e consimili ^ vagliono stare
la cervello f acquietarsi,-, ridursi alla ragione. Così nel Vocabolario del-
(a> Puriic. 44 $• • ^
58 PURGATORIO
Che f se ]potuto aveste veder tutto f
AI estier iloii . era partorir Maria :
4o. E disiar vedeste senza frutto
Tal i che sarebbe lor disio quetato ^
Ch'eternamente è dato lor per lutto.
43 I' dico d' Aristotele 9 e di . Plato ,
E di molti altri . E qui chinò la fronte f
E più non disse 9 e rimase turbato.
46 Noi divenimmo in tanto appiè del monte :
Quivi trovammo la roccia si erta 9
Che 'ndarno vi sarien le gambe pronte •
la Crusca nlla voce (jfitia t ove a questo esempio dì Dante se ne aggiun-
gono varj d' altri autori . A norma di questa intelligenza dee stare ai quia
ncir esempio nostro valer Io stesso, che stiir senza replica a auanio
ite viene da Dio inscenato : e cretler si potrebbe originalo Cotal mo-
do di dire dal metodo tenuto ne' dialoglii tra il discepolo e il mae-
stro; ove al (tuare^ che adopera interrogando il discepolo, corrispon-
de il quia del maestro * Saggiamente però il già lodato altre volte Sig.
Ennio \'isconti riflettendo aver Dante ed altri antichi scrittori ado-
prato sovente contento per contenuto (a) , dubita non qui pure dica conr
tenti per contenuti ^ dal verbo contenersi nel senso, che gli compete»
di ritenersi, raffrenarsi, e che dir voglia, stare ritenuti Hai curiosa^
mente applicarsi a cercare il perche delle cose, * Onde questo ^passo
si riferisce al detto di S. Paolo , Non plus sapere qiiam oporict sa'
pe/v , sed sapere ad sohrictntcm, come annota il Porlirelli . N.E.
58 09 Che se potuto aveste ec, * Che se possido * aveste , ha il
cod. A at. Che se possuto fosse , V AntalrL N. E. — > uol dire che , se fos-
se all'uomo stato concesso di veder la ragione di tutto il divino ope-
rare , veduta avrebbero i primi nostri genitori la ragione del fatto lo-
ro divieto ben diversa da quel diabolico eritis sicut Dii {b) e reggen-
do essi e noi nella primiera innocenza , abbisognata non sarebbe P in-
carnazione del divin Aerbo.
t\o f\\ t\i E disiar vedeste ce. Ellissi, e corte se avesse invece
dello : K vedeste nel mondo ( non al IJmho , come chiosa il Ventu-
ri ) (Lsiderare invano tf intendere la rac^'one di tutte le divine opere
tfdi , che , se fosscixf sUdi umili , avrebbeli Iddio illuminati ; e sareb-
be ora in Paradiso appallato loro quel desiderio di veder Dio , che ri-
mane in essi coiiaggiii nei Lindjo senza speranza di mai appagar-
i'i 4'^ Chinò la fronte. , e più ce. Per esser Virgilio ^esso del nu-
mero (li coloro, che huimo colai desiderio senza speranza di mai ren-
derlo pago .
47 lioccia , ripa, rupe. Vedi ìnf. vii. fi.
48 Che 'ndarno vi sarien ec, J'^i per a quella , cioè all' erta roc-
(h) Vedi il Vocab. della Cr. {]b>) Geo. 3 h. 5. (e) Inf. iv^i e scg.
CANTO III. ìg
49 Tr& Lerici e Tub\a la più diserta '
• La più romita via è 'tipa scala ,-
Verso di quella , i^vole ed aperta .
5a Or chi sa dà qual man la costa cala f
Disse T maestro' mìo fermando 1 passo
SI , che > possa salir chi va senz'ala?
55 E , mentre ch^ ei teneva '1 viso basso
Esaminando- del cammin la mente ^
Ed io mirava suso intorno al sasso ,
58 Da man sinistra m'apparì una gente
» -D' anime , che movièno i pie ver noi ,
E non pareva: sì véhivan lente •
♦ /
eia , Tedi il Cinouio (a) : e vuol dire , clic a inulta 3crve la prontezza
delle gambe ove non sia il piano , su'! quale s* abbia a camminare ,
abbastanza inclinato .
49 ^o 5i Tra Lerici e Tuhìa ec» Due luogbi posti ai capi della
RÌTÌera di Genova , piena di monti scoscesi . Lerici da levante , vi-
cino a Sarzana ; e lubìa da ponente , vicino a Monaco «^ romita per
solitaria • * Era una scala , il Cod. Val. Tra Lerice ed Urbi la pia
diserta. La piti rotta ntina è una scala ec. , ha il Cod. Antald. E
r illastre possessore aggiungo saviamente in una nota stampata delle
sole varianti del Purgatorio (fol. votante, Pesaro i8i5) : la nostra
lezione meglio esprime il concetto del poeta , poiché wmita può ben
essere una_ s^ia , sem^ essere discoseesa , come qui richiede la similittt^
dine . ^oi aggiungiamo , che la diserta e romita della comune sono
voci pressoché uguali , e non ci par possibile tanta povertà d' idee
in quella gran mente dclT Alighieri . N.E.
54 Chi va senz* ala » Accenna dì nuovo la costa tanto scoscesa,
che non possa salirsi se non volando .
55 So £ mentre ch^ el teneva U viso basso , esaminando^ la ^ido-
beatina ; E mentre die , lenendo 7 viso basso , esaminava , 1' ahr' edi-
zioni . * ifi* , mentre cK ei icnei'a 7 viso basso , Esaminava del cammin
la mente; ed io ec. il.Cod. \at. scelga chi vuole. N.h'. — Esaminando
la mente del cammino , intendo che vaglia quanto , occupandosi la
mente a pensare del cammino , cioè , intorno al modo di salir quel
monte — Dcf . Quasi di e/, che in vece di // , usato fu da* più
antichi , onde si formano le particelle dello , della ec. Cosi il
Vocabolario della Crusca , e il Cinonio (b) . Or , come adunque
la particella di adoprasi al senso del Latino de o super (e) in equì-
v;ilenza all' Italiano intomo (r/), istessamente può adoprai'si anche la
particella del . il Venturi chiosa che Virgilio esaminava la sua mente ,
quasi interrogandola del cammino da farsi .
58 59 60 * AV appary^e , il Cod. Antald. K.E. Una ^ente ( una
(a) Pan, 25 1 3. (b) Pari. 811 {e) Vedi il Voc. della Cr. e 11 Cinonio
Part. 81 I. (</} Cinon. Panie. 80 6.
4o PURGATORIO
6i Leva 9 diss' io ^ maestro » gli occhi tuoi :
Ecco di qua chi he darà consiglio 9 .
Se tu da te medesmo aver noi puoi .
64 Guarddmmi allora , e con libero piglio
Rispose : andiamo in 1& , eh' ei vengon piano ;
E tu ferma la speme y dolce figlio .
67 Ancora era quel popol di lontano 9
r dico j dopo i nostri mille passi 9
Quant' un buon gittator trarria con mano 9
70 Quando si strinser tutti ai duri massi
Dell'alta ripa 9 e stetter fermi e stretti 9
Com' a guardar9 chi va dubbiando 9 stassi •
73 O ben finiti 9 o gii spiriti eletti 9
Virgilio incominciò; per quella pace 9
comitiva ) €f anime . DaU' essere , eome in seguito si vedrà , luu di
esse anime quella del Re Manfredi stato scomunicato , si possono
conghìetturar tutte della medesima condizione . — Mùsneno per mo-
veano (a), — E non pare%fa > la Nidobeatina { cioè non pareva che mo-
vessero ec) : E non par^an , 1' altr' edizioni * e il Con* Vat. K*E«
6i Leva disvio al maestro , la Nidobeatina; Leva dissi al maestro ^
Y altr' edizioni : *^ e il Cod. Vat. , ma il Caet. meglio di tutti » il quale
abbiamo preferito : Leva , diss^ io , maestro gli occhi tuoi .
64 Con libero piglio , con libero volto , in aria franca .
é5 j^ndiamo in M, verso quegli spiriti — eh' ei venmn piano '^
imperocché vengon essi lentamente : e volendoli ( intenae ) aspettar
qui , troppo tempo perderemmo .
C6 Femia la speme , conferma la speranza » deponi ogni dubbio •
67 68 6§ Ancora era ec. Costruzione . Dopo i nostri ^ T dicOf
io giudico a un dipresso , mille passi ( fatti intendi ver loro ) , era
ancora lontano quel popolo, quella comitiva, quanto un buon gittator p
un valente sassajolo , trarrha con mano una pietra •
70 Quando si strinser tutti ec. Non veggo ragione 9 dice il Castel*
vetro , perchè dovessero queste anime restare , non avendo ancora co^
nosciuto die Dante fosse vivo (òì . Anche però senza la detta cagio«
ne, lo scorgere che i due poeti tenevano un cammino contrario al
loro , e che dall' ingresso del Purgatorio si allontanavano ( come ap-
parirà dal verso 100 e segg. di questo canto), poteva a quelle onì-
me apportare ammirazione , e rallentamento — jdi duri la Nidobeati-
na I a* duri l'altre edizioni ^ massi , macigni.
73 O ben finiti , o ben morti in grazia d' Iddio — o già eletti f
o già assicurati del Paradiso •
(a) Vtdi la nota laf. xii 29. (^) Oper, crii ,var, pag, iCi.
CANTO tìì. 4t
Ch' io credo che per voi tutti s' aspejtti ,
76 Ditene dove la montagna giace
Sì 9 che possibil sia V andare in suso :
Chèl perder tempo , a chi più sa ^più spiace •
79 Come le pecorelle escon del chiuso
Ad una , a due , a tre , e T altre stanno
Timidette atterrando Y occhio e '1 muso;
8ft £ ciò che fa la prima y e l'altre fanno j
Addossandosi a lei ^ s' ella s' arresta ,
Semplici' e quete 9 e lo 'mperchè non sanno ;
8S Si Tid' io muover 9 a venir 9 la testa
Di quella mandria fortunata allotta 9
Pudica in faccia 9 e nelF andare onesta .
88 Come color dinanzi vider rotta
La luce in terra dal mio destro canto 9
Sì che r pmbr' era da me alla grotta 9
76 j4 chi pili sa più spiace ; perocché meglio ne conosce la pre-
EÌosiU .
jg Chiuso. Sostantivo (spiega il Vocabolario della Crusca) Luo-
go circondato , e serrato ; e la cosa ^ che circonda , e serra •
80 81 i? r altre stanno timidette^ atterrando ec. nel tempo, in-
tende , che le prime sfollano , non potendo uscir tutte in un Ù«tto •
%i La prima y t altre la Nidobeatina , la prima e t altre V edìzìorà
direrse dalla Nidobeatina : ^ e il Cod. Vat. 9 che pur seguiamo per
la maffgior grazia del verso. N«E.
si E io *mperchè . DelP imperché in luogo di perchè y anche
eoli* articolo , a modo di sustantivo , com' è qui adoprato , vedine al-
tri esempj nel Vocabolario della Crusca . * Perchè ha il Cod. Vat. N.E.
85 86 Sj Si vid^ io ec. Costruzione. Sì vid* io allotta ^ allora, mtio-
fvn?, per muoversi , pigliar (a) moto a v€mre , ad effetto di venire a noi ,
la testa di quella mandria ec. le prime anime di quella greggia . N* esce
mi il Venturi colle solite lepidezze a mettere per questa voce man-
aria in canzone Dante e il Daniello . Stupisco che non siasi il critico
riTolto a dar la baia anche alla chiesa , pel titolo d* archimandrita ,
che su la medesima traslazione pur essa fonda , e dona ad alcuni
SBoi prelati .
89 oa Dal mio destro canto , sì che ec. Accenna , che caromin fa/
cera col Sole alla sinistra mano , e con a destra la dirupeu falda
di quel monte, che grotta qui pure, come altrove QÌ) simili ripe,
appella «
(a) \Ui il Vocab.dtlU Cr. sarto 11 vaclbo muovere 1. sa.
(1) Vedi tra gU altri laogki ; lat uq.
. » •
4s PURGATOEIO
91 'Ristarò ,6 trasser se indietro alquanto.
£ tutti gli altri che Tenieno appressò,
Non sappiendo 1 perchè , fero altrettanto .
94 Sanza vostra dimanda io vi confesso ,
Che quest'è corpo uman che voi vedete ,
Perché '1 lume del Sole in terra e fesso.
97 Non vi maravigliate; ma credete
Che non senza virtù y che dal ci^l vegnàt 9
Cerchi di soperchiar questa parete .
1 co Così *i maestro . £ quella gente degna :
Tornate 5 disse , intrate innanzi dunque ;
Coi ' <los8Ì delle man facendo insegna .
loS £d un di loro incominciò : chiunque
Tu sé' 9 cosi andando volgi 1 viso ;
Pon mente se di là mi vedesti unque .
pi JRistaro j la Nidobcatina ; Restnro ^ l'altr* edizioni.
* o5 Fenno altrettanto , il Cod, Autald. e il Caet. ^.E.
95 QiiesC è corpo y la ^idobeatina; questi é corpo , V altr' edizioni .
96 Perchè , vale qui laonde , per lo che .
99 Soperchiar \2i Nidobealiua , soverchiar T altr* edizioni (* e il
Cod. Vat. N.E.) e s\ 1* uno che l'altro importa lo stesso che formo/i*
tare — parete , per costa , ripa .
loi Intrate innanzi^ ellissi, vale quanto entrate in compagnia no*
stra e andate innanzi •
10^ Dossi delle man appella i rovesci delle medesime; come il
dosso , o sia la schiena , è quasi il rovescio dell* uomo — insegna per
segno adoperano pure altri autori . Vedi il Vocabolario della Crusca .
L' alto che dice qui '1 Poeta , è appunto quello , con cui accenniamo
altrui di tornar dietro.
1 o5 Pon mente , se di là mi vedesti unque . Unque lo stesso che
mai . Questa domanda ( censura il Castelvetro ) è sciocca , perciocché
Manfredi ( l* ombra che cotal domanda faceva ) fit ucciso V anno che
nacque Dante • Adunque come in vista poteva mostrar tanta età , che
lo potesse aver veduto ? Non e adunque simile al vero , che Manfre^
di fosse cos) sciocco , che facesse simile domanda (a) , È vero che 1* an-
no 1265 quello in cui nacq'ue Dante (b) , fu morto Manfredi Re di
Puglia (r): ma, se nel giudicare T età degli uomini, di quelli massi-
me che hanno compiuta intieramente la barba , sbiiglinmo sovente le
decine e quindicine d' anni , molto più facilmente poteva errar Man-
(a) Opere crit. var, p. i6a. (Jb) Vedi la nota al canto I Imf. v» X.
(e) VilUni Gio. lib. 7 cap. 9. Maleipini cap. 180.
e A N T O MI. 43
106 lo mi volsi ver lui ,. e guarda ^ il fiso •
Biondo era ^ e bello , e di gentile aspetto :
Ma r un de' cigli ìxn colpo avea diviso .
I09 Quand' i' mi fui umilmente disdetto
:D' averlo visto mai , ei disse : or vedi .
E mostrommi' Una piaga a sommo 1 petto .
Ila Poi sorridendo disse : io son Manfredi
Nipote di Costanti imperadrice;
. Ond' io ti prego che y quando tu riedi y
fredi 9 che non ben anche dveva mirato Dante in faccia : imperocché
quando iucominciò a parlargli , teneva Dante rivolte a lui le spalle,
e perciò dice , io mi volsi ver lui : e prima quando furono a faccia a
faccia y lo sbigottimento in Manfredi per la veduta ombra di Dantey
doveva tenere lontana ogni altra riflessione .
106/0 mi volsi ver lui , e eiiardailfiso , la Nidobeatina ; V mi
volsi vet iui^ e guardaci ^fiso , 1* altr' edizioni .
1 08 Un colpo avca diviso, la Midobeatina ; ave* , Paìtre edizioni • Co-
me loeta attribuisce le ferite ali* anima d' esso Manfredi ; quelle cho
aveva inteso aver ricevuto nel suo corpo ; e così aticora , che fosso
bello e biondo* Vellutello . Kon però air anima cotali marche attri-
buisce il Poeta , ma ad un sottile aereo corpo > di cui alla Platonica
veste egli quelle anime « Vedi sopra al v» 5o e segg.
tio £1 disse , la Nidobeatina ; ei elisse , 1' altr' edizioni .
Ili Uìta piaga a sommo U petto . O nel mezzo del petto, rilevato
nel colmo a foggia d' usbergo , o nella prima parte di quello , dove
colla gola confina. \ENTuni. Questa, dopo il detto colpo dividente
un ile* cigli , deve esser V altra delle due punte mortali , che nel w.
1 19 dirà •
112 Poi sorridentlo disse io son , la Niflobeatìna : Poi disse soni»
dendo C son y T altr' edizioni * Della cagione di tal sorriso nissuno
degl' interpreti , che lio alla mano , ne fa la minima parola • Il parer
mio sarebbe che sorridesse Manfredi per suppor Dante persuasio colla
comune degli uomini che non potess' egli essere salvo ; e perciò vicnt
subito a dichiarargli come ottenne da Dio perdono delle sue colpe.
ii5 Gostanza • Costei fu figliuola di Buggieri , e non di Tancre-
di , come altri hanno detto , Be di Cicilia , e donna di Arrigo sesto
Imperatore ( vedi Vatarol ) (a) padre di Federico secondo , padre na-
turale di questo Manfredi» ^ fi rostillntoredel C5>d. Caet. annota per-
tanto con sano discernimento , che Manfredi » non nominavit se a Pa*
tre FreiL'rico Imperatore quiaerat expurius ^sedab j^va sua Constantia m
Se poi avessimo a cercar la ragione , per cui non si nomina nipote
di Arrigo , non sarebbe strano il dir cne la fosse per non voler egli
riconoscere il Testamento dell'Avo favorevolissimo alla Santa >'ede . N.R.
ii4 itiede da rieUrre per ritornare , adoprato molte fiate da Dan-
te e dal l'etrarca . Aedi il A ocabolurio della Crusca.
(a) Scries Aufust. 101 , t Vtdi Art, d€ verifitr Us dafs Paris 1770 p. 897.
44 PURGATORIO
1 j 5 Vadi a mia bella figlia , genitrice
Deir onor di Cicilia e d' Aragona j
E dichi a lei il Ter » s' altro si dice «
ii8 Poscia eh' i' ebbi rotta la persona
Di due punte mortali , i' mi rendei
Piangendo a quei che volentier perdona •
I a 1 Orribil furon li peccati miei ;
Ma la bontà infinita ha sì gran braccia ,
Che prende ciò che si rivolve a lei .
I a4 Se * 1 pastor di Cosenza , eh' alla caccia
Di me fu messo per Clemente , allora
ii5 1x6 ^ mia beila JìgUa ec. la qual similmente ebbe rnnnm
Gostanza ; e fa genitrice , cioè madre , deiP onor di Odliti , e <f ^rw-
gona^ perchè fu donna ed don Pietro Re d' Aragona , e di lui generò
Federigo , che fu Re di Cicilia ; e don Iacopo , che dopo il padre
fu Re di Aragona , i anali furono onore di quei reami . Vbllutbllo • *
Genitrice delU onor di Cicilia però sembra , che voglia dire ancht
di pib ,* ed in fatti , fu D. Pietro suo marito , che liberò la Sicilia dai
Francesi nel laSa col favore del popolo, che ali* ora di Vespero ai
scagliò contro di quelli , e ne fece grandissima camificina. N.E.
117 iS* altro si dice; se si dice diverso dal vero , cioè eh' io per
la scomunica sia dannato • '*' Il Cod. Caet. le|[ge questo verso con piii
dolcezza : E dichi '/ vero a lei f' altro si dice ; E cosi l' Antald. E
dinne il vero a lei ec. N.E.
118 Rotta la persona^ vale lo stesso che /e rito il corpo •
119 Punte per punture o puntate : vedine altri esempj di Dante
medesimo e d'altri autori nel Vocabolario della Crusca -—mi neiid^'»
mi convertii •
Ilo j4 quel ec, a Dio.
131 Orribil furon ec, Ayrevti costui menata vita epicurea : e per
regnare aveva data morte al proprio padre Irederìco il ed al fratàù
Corradi» o , ed era stato nemico e prosecutore di santa chiesa (a) .
laa La bontà infinita ^ la Nidobeatina : la bontà 'rifinita j l'altr'edi-'
xioni — ha sì gran braccia , è verso di noi sì grande .
ia4 al lap Se il pastor di Cosenza ec, A dilucidazione di questi
due terzetti gioverà il seguente piccolo squarcio dell' istoria di Gio:
Villani . Perchè il morto Manfredi era scomunicato , non volle il Ee
Carlo che fosse recato in luogo sacro ; ma a piò ilei ponte di Beni-
vento fu seppellito, e sopra la sua fossa per ciascuno delC oste gittata
una pietra ; onde si foce una grande mora di sassi , tifa per alcun si
disse , che poi per mandalo del Papa ( Clemente IV ) ti Fescovo di
Cosenza il trasse di quella sepoltura , e tnandoUo fuori del regno , per*
(a) Vtai tra sU «Itri Gio. Villui Ub. 6. cap. 42 44 85 a lib. 7 cap.^
e A N T O 1 1 1 . 45
Avesse in Dio ben Ietta questa faccia ;
1 27 L' ossa del corpo mio sarieno ancora '
In co' del ponte , presso a Benevento ,
Sotto . la guardia della grave mora •
i3o Oc le bagna la pioggia e muove '1 vento
Di fuor del regno , quasi lungo 1 Verde j
Ove le trasmutò a lume spento .
1 33 Per lor maladizion sì non sì perde ,
^k era terra della chiesa ; e fu seppellito lungo il fiume del Verde ,
a* caldini del regno e di Campagna (a) . Il Pastore «dunque ili Cosenza
maiMUilo da Clemente alla caecia di Manfredi» sarà il detto Vescovo ,
nandato alla ricerca e disumazione del cadarere dello scomunicato Man-
^cdi : oyrero anche , com' altri dicono, il Voscovo medesimo mandato dal
Piipa • prima di quella finale battaglia , Legato al Re Carlo | per isti-
molarlo contro Manlredi . La mora sarà il mucchio di pietre gittate
dai soldati di Carlo sopra la sepoltura di Manfredi : e non saHk , come
il Venturi si è dato a credere , che mole volesse dire il Poeta ; ma
la rima f obbligasse a prevedersi di una di quelle sue solite licenze pia
che poetiche^ e dicesse mora iier mole: che, essendo cosi, non avreb-
be in prosa detto mora il Villani . ( * Circa la voce mora si legga
la nota del P. Ab. di C. al i^. 139 di questa cantica nella sua Lettera
te N.E. ^ La faccia non ben letta in Dio dal detto pastore di Co-
sensa , dicono bene gì* interpreti essere la non bene intesa facciata
o pagina {b) delle divine scritture , ove Iddio dichiarasi pronto sempre
ad accogliere il peccatore , che a lui si converte . Mancano solo di
dar peso all' interpretazione con far avvertire, che dicendo Dante letto
in Dio invece di letto nelle divine scritture , usa quella frase mede-
sima V colla quale diciam noi comunemente leggersi , esempigrazia ,
im Piatone ciò che l^gesi neeli scrìtti di questo filosofo . — Della
TOC« co finalmente , sincope ai capo » è già detto ìvw. zx 76.
i3o i3i Or le bagna ec. Ne fa capire che fossero lungo il Verde
sparse le di lui ossa , senza sepoltura veruna — fuor dal , 1* edizioni
diverse dalla Nidobeatina , Vérde , fiume che mette nel Tronto non
lontano da Ascoli. Landino • (r) . ^ Verde però fu chiamato il Gari"
glianos e noi, se^eqdo il P^ Ab. di Costanzo , ci tratterremo pili a lungo
ao questa erudizioi^e nel Canto Vili del Paradiso t^. 61 -53 , ove Dante
descrive i confini del Begno di Napoli • N.E.
i3a Le trasmutò t le fece passare — a lume spento y senza ono-
ranza di lumi , per dinotare , che il Cardinale ( Vescovo di Cosenza )
i* avea per iscomunicato . Imperocché quando alcuno si scomunica , il
sacerdote getta il lume in torma, che si spegne. Landino.
i33 Per lor maladizion » Si rlfcrifiCe la particella lor ai nominati
Clemente Papa , e pastor di Cosenza ; o generalmente ai sacerdoti «
ifCS Lab. 7 cap. 9. (^) Dì faccia per facciata o pagina vedi il VocaboU-
«10 dalla Crjifc«. (e) Altri però intenaoao per Verde un fiumicello della cam-
ladi Roma , che si scarica nel Teve .. j. ^l*.
y eresio $ ada cÙ Osa% Vedi 'l Diz, geog
^gaa di Roma , che si scarica nel Teverone , preteso oggi appellato da ch^
chi Osa* Vedi 'l Diz, gtogr. del Ferrari e Baodrand art. Veresis,
46 PURO A'T ORIO •
Che non possa tornar Y eterno amore y
Mentre che la speranza ha fior del verde é
i36 Ver' è che quale in contumacia muore
Di santa chiesa , ancor ch'ai fin. si penta»
Star li convien da questa ripa in fuore :
1 39 Per ogni tempo y eh' egli è stato , trenta ,
In sua presunzion ; se tal.;decreto
Pili corto per buon prieghi non diveata «r
142 Vedi oramai se (u mi puoi far lieto ,
Rivelando alla mia buona Gostanza * .. ^ . . x.
Còme mMiai vi^to , ed anco, esjto di^liQ^Pl^a,
Cihè qui per quei di là moltp $' avanza; •
.11.
i^\ V etemo ^ anione ^ P amicìzia di nió.].
i35 Ifferìlrè cAtf la Sf9eranza ha fior del venie, vaio quanto ; mentre
che la morte noti disecchi del tutto la speranzs^ , ma uó lasci verde-
nn.so\ filo, un tantino,* eh* e ciò che signlQoa fiore avv«;rbio. Vecfi'
Ikf. XXV i4-i e XXXIV atì. .• . i.!.w . •;
i37 e seggi T Si ravvisa in questo passo quello di Virgilio , Éncid»,
VI V. 527 , e seguente . ^
jVey* ripat datar horrendaì , beC rauca fiuentà ''
Transport'are ptiu$ 9 quam sedìBus osia ^tuerùnt j
Centunt erratU annoi » vólitantque hoBc litora circnni:
Tarn demum adfniisi stagna exoptata mnsunt .. JH, E.
— Per ogni iert^no ce. Costruzióne, Per ogni tempo, rh* (*^l è stato
in sua presunzion, ìu sua pervicacia, trenta , i\ trentuplo .
i/j3 nis^lando^ la Nidobeatina; réy^lando\ V nltr' edizioni .
l 'il Come nC hai visto , et anco , Ià Niddliettìna ; Cóme m* ha* vi-
sto , e. anco y T allr' edizioni — come , sfa qùV per che (fi)'' — diinéta /
d' entrar' in Purgatorio se non passato il détto treiituplo della cKmo«
ra fatta nella scomunica •
lf\i 'Per qiiei di là , per le preghiere di quei chfc scm nel mon<>
do -^ 5* /^i^a/isn , si guadagna , . ■ - .
(a) Vedine «Uri esempj recati dil Cinonio Par tic* 5^ 5 . '
Fine del canto terzo»
47
C A N T O IV.
^fc
ii- ' . r f. A^R »G O M E N T O n .
DàmU ìm questa -tanto Comf doli» cómitipa d* aminu ^ uèlla quaU
lo. T$fQn^ìticato Manfredi « essendogli, mostrato uno strettissimo cai'
pel medesimo egli con Virgilio salì al balzo , dove tratttnevansi
U èke iiévita negligenti furono ad abbracciare la penitenza ; e come
costoro trovò BeHacqua^*
«• t \f
V^iiàlftido per dilettanze' orrer per dòglie,
• ■ì'Ghé'Ulcttna virtù nostra domprenda,
L' 'ànima bene ad essa si raccoglie ,
Par ch'amùHa potenzia più intenda ;
E'^iesto è contri cfuello error, che crede
Ch' un' anima sòvr' altra in noi s'àècenda .
r • f ; -I * . • . .' . .
a 3 4 Quarulo ec. Dell' essersi , mentre sì trattenne ad udire ad
par Manfredi , innalzatp molto il Sole senz* avvedersene , confer-
•nte V insegnamento (le* filosofi che , intenta fortemente V anima
i air esercizio d' alcuna delle sue Virili o sia potenze (a) , ab-
iia intanto affatto V esercìzio d'ogni altra : e jpassa quindi a
r .d* errpr^ coloro , che ammettevano neiruomo pili di un' ani-
coìi^fQ fprse intendendo ^ 'de* quali 1' ottavo generale coficlllo ,
cosa faci/e : imperocché ove fpssèro neìl' domo più atiime , pò-
*, mentr'una attendesse ad unàflEare, attenderei' altra con uguale
à ad un altro — c/ie nel verso 'X sta per le quali , — alcuna virtìi
i comprenda , alcuna operazione dell* anima abbia seco — si rac-
, si afTisss^ .
». S^ accenda . Metaforicamente l' qàcendersi per dar lume , lume
'I -■■ ■■■■ ■ i". Il —^1»
(*) Argomento metrico del cel. G. Gotti.
Stanco per lo lallr sul poggio siede
Dante , ed ammira li.rai rilaceati
Del sol, che guidi da sinistra il piede*
E coU trova che de' negligenti
Si purga il villo , e Belac^ua conosce ,
Glie Ik sen giace fra gli sp rti lenti ,
E oiation desira alle soe angosce •
!) flirta e potenze nello stile scolastico soao una cosa ; e però qpella , che
teste nel 2 verso viriti, , appella poscia ne* versi 4 e io potenza . (b) Can.
menta alle citate parole il Cahassuzio : Haec fuit veterum quorumdam
ophorum hcsresis praeter animam rationalem esse insuper in homine
im sensitivam^ ex qua sola promaneant omnes concupiscendi actus ,
4« PURGATORIO
7 E però, quando $* ode cosa o Tede
Che tenga forte a se V anima volta ,
Vassene 1 tempo ^^ V uom non se n'arrede :
IO Ch'altra potenzia è quella che Tascolu»
Ed altra è quella e' ha V anima intera .
Questa è quasi legata » e quella 4 sciolta .
i3 Di ciò ebb'io esperienzia yera.
Udendo quello spirto , ed ammirando
Che ben cinquanta gradi salita era
1 6 Lo Sole j ed io non m' era accorto ; quando
Veni mino dove quell'anime ad una
, Gridairo a noi : qui è vostro dimando .
>9 Maggiore aperta molte volte impruna ,
Con una forcatella di sue spine »
L' uom della villa , quando l'uva imbruna p
d* intendimento ; e metonimicamente cotal agire dell' anima per la
esistere.
»o II la CK altra ee. Bende il Poeto ragione perchè nel detto
^o operi solamente Impotenza uditiTa o Tisiva, e non insieme op«pi
" riflessivo , avvertendo al trapassar del tempo : e dice avvenir ciò
perchè, tenendo la cosa fortemente a se l'anima volta ^ applicato ,
1* «ola potenza per cui la cosa volge a se V anima , trovasi lihera^ al
?no esercizio ; ed ogni altra potenza , che V anima ha int^^'^ > cioè
intatta , o sia non toccato dal medesimo movente ohhietto « ne viene
^uasi teguta , impedito , ad esercitarsi — che V ascolta vale cA» ^ comi
^'^^'ta , coerentemente cioè al premesso quando s* ode cosa e^*
'•^ Esperienut vera , esatta .
'5 i6 17 Che , vale perocché'^ cinquanta grandi udiC era to Soh •
Concìossiachè corra il Sole gradi quindici ogni ora, viene a dire,
^" eran pili di tre ore di Sole . — Ad una unitomente .
'S Vostro dimando^ la via di salire, che voi cercate.
/O ao li Aperta per apertura adoprarono^ anche altri autori •
jedi \\ Vocah. della Cr. Ed apertura intendi di siepe o muro circon*
dante la vigna— im/j/tm/i da imprunare ^ che vale serrare co* pruni •
edi il detto Vocab. — forcatella diminutivo di forcata , che appellasi
(piella quantità di pas^lia , fieno , spine ec. che con un forcone si pi-
glia ; e serve tal diminutivo ad indicare vie più piccola quella fes-
sura nel monte , per cui dovevano salire . Imperocché non potendo
una forcatella di spine serrare che piccola apertura , se nondimeno
e A N T O I V. 49
aa Che non era Io calle onde saline
Lo duca mio ed io appresso soli,
Come da noi la schiera si partine .
25 Vassi in Sanleo , e discendesi in Noli ,
Montasi su Bismantova in cacume
Con esso i pie' ; ma qui convien eh' uom voli,
a8 Dico con V ale snelle e con le piume
Del gran disio , diretro a quel condotto
rende perciò Dante il mutare dell' uva nera , eh' è la sola che im-
runa , pel maturare di tutta 1' uva .
71 Ia) calle la Nidoh. , la calla V altre eiiz. * e il Cod. A'a». N.L.
la significando calla porta , e calle strada {a) , e descrivtMidoci Dante
dettissima non solo 1* imboccatura di quella via ma* tutta hi via me-
esima , vien meglio calle che calla .
), ed in BismantCH'a (monte altissimo nel territorio di J^eg-
to in Lombardia) ; e di quella che dagli Apennlni scende in N'oli y
ttà e porto tra Finale e Savona nel Genovesato .11 Landino e ilVel-
itello intendono cacume per un quarto luogo , cioè per una molto
pida montagna in Campagna . Nel testo coi cementi dei due detti
ipositori stampato in Venezia nel 1578. leggesi il verso 26 a quel
lodo veramente^ che secondo una tale spiegazione dovrebbe leggersi,
Montasi su Bismantova ^ t in Cacume :
medesimamente hanno trovato in alcuni mss. gli Accademici della
r. Se r esistenza di cotal monte potesse accertarsi , nulka restercltbe
ercbè lezione e spiegazione tale non potesse ammettersi . Ma io temo
be il monte Cacume non abbia avuto esistenza che in mente de' pre-
tti comeutatori : imperocché nelle più estese carte geografiche tro-
) hens\ Bismantova nel Reggiano, e non Cacume \a Campagna. Ter
nesto difetto adunque, e per l'autorità del gran numero delle edi-
ODI , e de' mss. leggenti su Bismantova in cacume ( lezione che non
ì luogo a riceversi cacume per nome proprio ) , e per finalmente
"Ovarsi cacume in luogo di cima adoprato da buoni antichi scrittori
oche in prosa (b) , parmi la più sicura d'intendere cacume per cima;
che su Bisnmntova in cacume vaglia quanto su in cima a Bisnuinr
va (e) .
iy Con esso , il medesimo che il semplice con ; com' altrove è
etto ((l) .
28 '2g 3o j4li la Nidob., ale l'altre edizioni "^ e 11 Cod. Vat. da
(a) Vedi il Vocabol. della Or. (l>) Vedi lo stesso Vocabol. (e) ' Può con-
iMrii la nou del P. Ab. di Costanzo al v. a6 di questo canto , nella quale
poggiato alla Lez. del Cod. Cass. ed al suo Postili, ci fa conoscere esservi in
ilabcia un monte altissimo detto Cauzio o Cacucio che , dice eoli , porrebbe
lere il monte Cacume in questione . Noi però non ci si accordiamo gran l'at-
, e ne diremo a suo luogo le ragioni ; qui ci persuade molto piU l' opiniouc
l Lombardi . S.E. (d) Vedi il Cinon. ?artic. 106 2.
T.a. D
5o PURGATORIO
Che speranza mi dava e facea lume.
3i Noi salivam per entro 1 sasso rotto »
E d'ogni lato ne stringea lo stremo ,
E piedi e man voleva 1 suol di sotto .
34 Quando noi fummo in su V orlo supremo
'Deir alta ripa , alla scoverta piaggia :
Maestro mio , diss' io , che via faremo ?
37 Ed egli a me ; nessun tuo passo caggia .
Pur suso al monte dietro a me acquista 9
Fin che n' appaja alcuna scorta saggia •
^o Lo sommo er' alto che vincea la vista ,
fioi prefcrilo . N,K. a quel , a A irgilio — e Jhcea lume , e ni* insegnava il
cammino. *" /H speranza ne dava ^ e fu ci ti lume, il Coti. .inttdiL lY.E.
3i Sale\*am la .Nidob. , salavnm T altre edizioni , * e il Cod. \at. e il
Caet. %.L. IVovando noi anticamente dello a;»jKu\'re , ed apparire , capere
© capire , off onere ed offt^rire , fererc q ferire , pentcre Q pentire ec. , per-
chè non crederemo che anche dieess- :»i sileìv e salire ? e che sale^fit"
mo non sìa da snlire , ma da salere - Sala^uun , che leggono V altre
^dizioni , e;! anche io .^idobcatina nel x di questa cantica i'. 7 non pa-
re che jiossa esseri» scritto che per errore * Il Biagioli le^^ge salis^cmy
e noi , che niente slam vaghi di n(>oh)gisnii , lo seguiamo voleu-
fieri . \,' . — per entro 7 sasso rotto , pel viottolo scavato in quel sasso .
Ti'i />' o^ni luto ne strinsrca lo stremo , V estremità , le sponde di
queir incavo , pel poco intervallo ilall* una ali* altra , ne slringevauo
A desna e a sinistra .
33 /: piffrli a man er. 1/ erto snolo , sopra del quale comminava-
mo, ri obbligava a cnmminar carpone, a guisa d* animali quadrupedi.
3} 35 Su r orlo supremo. Come la cavità dell' iufernal vallone,
così la convessità , o sia il dorso di questo purgatoi*io monte, scom-
parte il Poeta in distìnte ripe Ibnnanti dei ripiani all' intorno a guisa
di gradi r e però in vece a'ì qui dire d' essere salilo su C estremità
supcriore , ovvero sul ripiano sov'rastante alla ripa , dice d' essere sa-
lito Su r orlo supremo della medesima — alla scoveìia pi^ig^^in » allo
^coperto dorso di quol monte.
37 Nessun tuo passo eaifs^'a , cioè non ponere niiuto tuo passo in
basso, nuli citalo nel Vocab. della v.is al verbo reggere , oude fuMÌ
38 Pur suso al monte la Mdob. , pur su al monte T altre edizio-
pi » * ed il (.od. Val. ^• E. /acquista per ^uso al monte : dee inten-
dersi lacinia per ellissi altezza, o siinil cosa ; e come se detto avesse ,
(^(jui sta pure appressarne altezza sopra al monte. Della preposizione
fopra ( a cui suso è qui uguale ) col terzo caso congiunta , vedi il
Cinonio (a) .
39 Sair:tia , che sappia guidarci .
/p) Lo sommo, la sommità, la cima del monte — alto die ^ vai
(a) Purtic. a3i 3.
e A N T O I V. 5f
£ la costa superba più assai
Che da mezzo quadrante al centro lista.
43 Io era lasso, quando cominciai :
0 dolce padre , volgiti , e rimira
Com' io rimango sol , se non ristai .
46 Figliuol mio , disse , infin quivi ti tira ;
Addii/andomi un balzo , poco in sue ,
Che da quel lato il poggio tutto gira .
49 Si mi spronaron le parole sue 9
Ch' i' mi sforzai , carpando appresso lui ,
guanto allo talmente che {a) — vincea la vista y estendevasi più in alto
che non arrivasse la vista . Dice in altri termini lo stesso ne' versi 86 ^j.
/|i /|2 La costa , il fianco del monte — superba , erta : come per
avviso del Daniello , disse anche il Petrarca , E le torri superbe al
del nemiche {b) — pili assai che da mezzo quadrante al centro (a cen-
tro leggono l'edizioni dalla Nidob. diverse , * e il Cod. Val. N.E. ) /i-
sta . Chi sa cosa è il quadrante col anale misurano gli astronomi
r elevazioni degli astri , ed in c^ual modo per cotal effetto si dispone
{cioè con uno de' due lati rettilinei orizzontalmente collocato , e con
'altro eretto perpendicolarmente sopra del primo) capirà, cho , ove
la lista , o sia il regolo colle due mire , che traguardo si appella, passi
dalla metà del quadrante al centro, viene la direzione cfcila medesi-
ma lista ad esser media tra la perpendicolare e V orizzontale ; e che
dicendo Dante , eh' era la costa di quel monte superba pili assai , che
lista ila mezzo quadrante al centro^ non vuol altro dire se non , eh' era
quella costa molto pih vicina ad essere perpendicolare , che ad essere
orizzontale .
43 Quando cominciai la rt'idob. , quando V cominciai , V altre edi-
zioni stucchevolmente , dopo appena detto Io era lasso , * Il Cod. Vat.
sta colla comune. N.b.
45 lUmango soly non potendoti, intende, per la stanchezza se-
guitare .
46 Figliuol mio disse la IS'idob. , OJlgUuol disse l'altre edizioni.
* O Jiglio , disse , il Cod. A at. N.K.
47 4^ ^1 balzo un poco in s'ie la Nidob. , un balzo poco in sue
l'altre ediz. * il Cod. \at. , e il Caet. che noi seguiamo per isfuggi-
re quei due un così vicini, e senza necessità. ^.E. — Sue, in vece
di su y dissero gli antichi anche in prosa per cagion dell' accento pro-
nunziato mal volentieri sopra T ultima sillaba (e) . Balzo vale qu\ quan-
to prominenza , spargimento di terreno fuor della superficie del mot ite :
il quale veniva a soprastare all' or/o, su del quale voleva fermarsi . —
Tulio gira y a guisa di loggia •
(a) Di cotale significato della particella che vedi pore il Cinonio Parttc.
44 34. (b) Son» 106. {€) Cinoaio Sartie. 233 8.
D i
52 PURGATORIO
Tanto che 1 cinghio sotto i pie' mi fue .
5a A seder ci ponemmo ivi amendui,
Volti a levante ond' eravam saliti :
Che suole a riguardar giovare altrui.
55 Gli occhi pria dirizzai a' bassi liti ;
Poscia gli alzai al Sole , ed ammirava
Che da sinistra n' eravam feriti .
58 Ben s' avvide '1 poeta che io stava
Stupido tutto al carro della luce ,
Ove tra noi ed aquilone intrava .
6i Ond' egli a me: se Castore e Polluce
Fossero 'n compagnia di quello specchio ,
Che su e giù del suo lume conduce ;
5i // cingfnn , il predetto orlo , sul quale per la stanchezza vo-
leva posare. Cinghio lo appella, perocché circondante intomo tatto
quel monte — sotto i pie mi fue , per essere , com' è detto , quel balwo
uno sporgi mento di terreno , e soprastante ali* orlo su del quale vo-
leva restare ,
54 Che suole ec. Ellissi; e come se detto avesse : perocc/ùt il n-
guardare onde siasi salito suole gio\^are altrui , suole cioò al viaggia-
tore recare contento e coraggio . A per {7 adoprasi anche a d\ nostri
volgarmente; dicendosi , a cagion d'esempio > è bene a guardarsene ^
hi vece di e bene il guardarsene •
55 Pria dirizzai la Midob. , prima diriizai l'altre edizioni, * e il
€od. Vat. N.E.
56 57 Ed ammirava . Maravigliasi che , sedendo egli volto a le-
vante (come poc'anzi ha detto) avesse a sinistra il Sole; imperoc-
ché in Europa , e nelle regioni tutte al di qua del tropico del can-
cro , chi sta volto a levante vede girare il Sole alla sua destra.
58 §9 60 Jo resta\>a la Nidoh. , io stas^a V altre ediz. * e il Cod.
Vat. e il Caet. da noi seguiti perchè ci danno un senso più poetico e
forte. Poco diversamente il Cod. Antald. Ben s* accorse il poeta eh* io
stava. N,E. — al carro della luce , al Sole, secondo la poetica finzione,
che segga il Sole in un carro da velocissimi destrieri tirato. — o\*etra
noi ed aquilone intrava : al contrario cioè ( per quel monte antìpodo
a Gerusalemme {a) , città posta al di qua del tropico del Cancro ) dì
auanto accade qui , dov' entra , nasce , il Sole tra noi ed austro , punto
aiametrnlmoiite opposto all'aquilone .
61 6^ (y> Castofv ^ Polluce sono , secondo la favola, i due fratelli
j»emelli figliuoli di Giove e di !-Cvla , che formano in cielo la costel-
lazione appellata perciò dai J^aliui Gemini ; e per colali intende qui
Dante la cosiollazionc stossa — specchio poi appella il Sole sul fonda-
(a) Ve^i 'n seguito v. 68 e segg.
e A N t O I V. 53
64 Tu vedresti '1 zodìaco rubecchio
Ancora alF Orse più stretto rotare ,
Se non uscisse fuor del cammin vecchio *
67 Come ciò sia , se 'I vuoi poter pensare,
Dentro raccolto , immagina Sion
Con questo monte in su la terra stare
70 Sì , eh' amendue hanno un solo orizzon
E diversi emisperi ; onde la strada ,
Che mal non seppe carreggiar Feton ,
73 Vedrai com' a costui convien che vada
Dall' un , quando a colui dall' altro fianco ^
Se lo 'ntelletto tuo ben chiaro bada .
mento medesimo su del quale nel Varadiso ix 6i appella specchi gli
Angeli ; perocché il primo agente cioè ( inSe;-jna esso Dautc nel suo Con."
9Ìto ) pinge la sua virtii in cose per modo di diritto raggio , e in cose
per modo di splendore rinverbcrato : onde nelP intelligenze raggia la di'
vina luce senso mezzo : nelP altre si ripercuote da queste intelligenze pri^
ma illuminate (/i): per la qual dottrina viene il Sole ad essere come
uno specchio riverberante a noi mortali la luce che dalle Intelligenze
riceve. — Che su e giù, ec, or alzandosi ad illuminare un emisfero , or
abbassandosi ad illuminare T altro opposto .
S.\ 65 Tu vedresti ce. Come la aetla costellazione de* Gemini è piit
vicina air Orse ( due costellazioni al polo nostro artico contigue) di
quello sia Ariete , certa cosa è che , ove il ìSole , in vece d essere ,
com* era allora , in Ariete {b) , stato fosse in Gemini , sarchliesi veduto
e il Sole , e la porzit>ne del zodiaco dal Sole tocca e fatta ruhecchia »
rosseggiante , rotare pdi stretto , aggirarsi più vicino , alC Orse . Di ne-
cessita dee pel zodiaco rubecchio intendersi la sola porzione del zo-
diaco dal Sole tocca e fatta rosseggiante ; imperocché V intiero zodiaco
non cangia mai , né sembra cangiare rapporto al rimanente del cielo .
* Presso alla parola rubeccMo il Posti!. Cass. nota : quce est rota mo^
lendini {Untata : E Jac. della Lana interpreta egualmente dicendo , che
robecchio in lingua tosca vuol dire rota dentata di Molino .Ciò essendo »
potrebbe dirsi che il Poeta ha voluto imaginosamente assomigliare la
rotonda figura dello Zodiaco divisa nelle dodici costellazioni ad una
rota denttita . N.E.
68 al 75 Dentro raccolto , con interno raccoglimento di tutta men-
te — immagina Sion ( monte celebre nella città di Gerusalemme , per
la città medesima ) con questo monte , del Purgatorto , stare in su la
terra sì , talmente, eh* amendue hanno un solo orizzonte , e diversi end"
speri • Questo è come a dire, talmente che uno e diametralmente opr
posto alt tdtro . Ho levata una virgola eh' era posta in fine al verso 69 ,
(a) Tratt. 3 cap. 14. {b) Vedi U nou U cinto I dell' Inf 0' ^ 8.
54 PURGATORIO
76 Certo , maestro mio , diss' io , unqaanco
Non vid' io chiaro si , com' io discerno
Là dove mio 'ngegno parea manco ,
79 Che 1 mezzo cerchio del moto superno ,
Che si chiama equator in alcun' arte
E che sempre riman tra 1 Sole e '1 verno y
82 Per la ragion che di' , quinci si parte
Verso settentrion ; quando gli ebrei
Vedevan lui verso la calda parte .
la quale non lasciava apparir chiaro il senso del sì che nel princìpio
del seguente verso , — omle la strada ec. cosi legge la Nidob. , e co-
si dee leggersi in vece di on/T è che leggono 1* altre edizioni , e de*
conseguentemente togliersi anche il punto fermo , che le medesime col-
locano nel fine dei seguenle verso dopo Feton ; e lasciare che corni
il senso innanzi ; e che la strada medesima , che mal non seppe ec» »
sia quella che vada daW un , quando a colui dalT altro fianco , acciò
non rimanga quest' ultimo parlare senza nominativo . Ecco la mia co-
struzione e spiegazione . Onde vedrai come la strada , che mal ( mal
per lui, dannosamente) /lO/i seppe Feton carreggiare (Ìa strada del Sole
nomata dagli astronomi ecr/i^'c*A ) convien che vada a costui (a questo
monte del Purgatorio ) dalPun fi<uico , quando a colui ( al monte Sion )
va intendi dalt altro .
Due critiche fa a questo passo il Venturi . Da Fetonte ( dice in
primo luogo ) ed orizzonte viene qui in riguardo delia lima troncata per
privilegio rarissimo V ultima sillaba , acciò queste due voci con quella
di Sion regolarmente consuonino : privilegio che non si passerebbe in oS"
si ne pure nei versi tronchi ^ come son questi . Costui ( dice in secondo
luogo ) che ne pure d* un animale , fuorché della spezie umana , non
si airebbe , lo disse , come qui Dante , di cosa inanimata ancora il Boc-
caccio nel Filocolo •
Feton ed oHzzon , gli si risponde , non sono voci Italiane tronca-
te, ma Greche ed intiere voci; nò sono dal poeta nostro ammesse che
con quel privilegio , non rarissimo , ma a tutti i poeti comune , d* in-
serire opportunamente ne' loro poemi voci di diversi dialetti. Stupisco
che non siasi creduto troncata anche Sion dallo Sionne , che pur ita-
lianamente si dice .
Quanto poi all' adattamento del pronome costui a cose inanimate ,
o ad individui fuor dell' umana spezie , Dante e l^occaccio , quando
anche fossero soli, dovrehhero poter bastare per sottoporre la pretesa
regola ad una qualche eccettuazione . Il A ocabolario però della Cru-
sca ne cita autori del medesimo uso anche le Jiime antiche , ed il mo-
derno elegantissimo I^edi .
76 al 84 Cerio ec. Costruzione . Maestm mio , non vidi certo un*
quanco sì chiaro là dove mio *ngegno parea manco ( non intesi giammai
cosi chiaramente cosa che prima scmbravami impercettibile } , coni* io ,
per la ragion che di* ( per la ragione detta , di avere quel monte , e
Gerusalemme lo stesso orizzonte ; « diversi «misfsri : ciò ch« non può
e A N T O 1 V. 5j •
85 Ma , s' a te piace , volenlier saprei
Quando avemo ad andar ; che '1 poggio sale
Pili , che salir non posson gli occhi miei <
88 £d egli a me: questa montagna è tale,
Che sempre al cominciar di sotto è grave *
E quanto uom più va su , e men fa male^
91 Però quand' ella ti parrà soave
Tanto , che 1 su andar ti fia leggiero
Come a seconda in giuso andar per nave ^
^ AUor sarai al fin d' esto sentiero :
Quivi di riposar V atfanno aspetta .
essere se non essendo i detti due luoghi perfettamente uno all' altrd
antipodi , ed uno ni di là dell* equatore tanto quaiilo V altro è al di
quk ) discerno che 7 cerchio mezzo ( mezzano , intermedio ) [a) dA mota
superno ( del più alto girante ciclo : metonimia : il moto che il cielo
fa pel cielo stesso) che in aleuti^ arte { in astronomia) si chiama equa-
tore , e che rimari sempre tra il Sole e *l iberno ( eh' è sempre situato
tra la parte ove trovandosi il Sole la fa essere T estate , e tra V altra
OTe il Sole mancando fa esser T inverno ) si parte quinci ( scostasi
da questo monte) verso seftcntrion ; quando ^li Ebrei , in tempo che
nel «letto antipodo monte Sion abitavano ( ora per tutto il mondo di-
spersi ) vedjsan lui y V enu-ilore detto , verso la calda parte ^ verso V au-
stro . Calda /yr/r^e appella Dante V austro col linguaggio nostro e di lutti
ì popoli situati tra \\ tropico del C'ancro e il polo artico ; rapporta
ai quali la parte australe è V altitazione del ^o]e.
* 85 Se ti piace y Cod. Anlald. N.K.
86 87 Quanto avremo ec. quasi- dica , abbiam noi forse da salire
fino alla cima di questo monte? sarebl)emi ciò impossibile; imperoc-»
che sale egli tant* alto , eh* io non ne veggo la cima — gli ecchi miei ^
dice per la mia vista .
88 89 Questa monfaf(na è ec. Accenna il peso delle colpe, delle
J[iin1i r anima si va di balzo in balzo sgravanno . il Landino e il Vel-
utello intendono la facilità al bene operare , che induce il buon abito .
Ma in cotal senso non sarebbe piìi la detta proprietà cosa particolare
di quella salita : imperocché ogni abito e fisico e morale induce faci-
lità ai rcspcllivi atti . * Bella è la variante dei Cod Antald« e Quan-
to pi it va stt y e men Ja male . N.F.
9^ Ti fia la TSidob. , ti sia l'altre edizioni .
9*^ Come a seconda in f(inso , andar per nave la Nidob. , Com* of
seconda f(ih V andar per nas'e V altre edizioni , * e il Cod. \at. N.F..
95 Quivi di riposai t affanno ec, riposare ottiene qui senso atti-
vo, quanto ^/«r riposare, acquistare . Vedi il Vocabolario della Cr. al
▼crbo Riposare §. 5.
— , - ■ ...
(a) Di mezzo a|;gettivo pti mezzano , o intermedio ) vcdinS altri esempj
sai Vocab. della Cr. sotto està voce $. 4. v.
56 PURGATORIO
Più non rispondo ; e questo so per vero •
97 £ , com' egli ebbe sua parola aetta ,
Cna voce di presso sonò : forset
Che di sedere impria avrai distretta.
lOO Al suon di lei ciascun di noi si torse 9
E vedemmo a mancina un gran petrone^
Del qual ne io ned ei prima s' accorse .
io3 Là ci traemmo; ed ivi eran persone
Che si stavano all' ombra dietro al sasso y
Com' uom per negligenza a star si pone .
106 Ed un di lor, che mi sembrava lasso 9
Sedeva, ed abbracciava le ginocchia 9
Tenendo '1 viso giù tra esse basso .
109 O dolce signor mio , diss' io, adocchia
Colui che mostra se più negligente,
Che se pigrizia fosse sua sirocchia .
96 Pili non rispondo ; e questo so per vero . Parmi che intendere
si debba la particella e adoprata qui per ma ( di che vedine altri esem-
pi presso il Cinonio ) (a), e come se avesse Virgilio dciio ; Pagano ^
e aeir inforno abitatore eh' io mi sono , posso erudirti di piii intomo
a questo luogo di salvazione ; ma di questo che t' ho detto non dei
dubitarne , che lo so per certo .
99 Impria la Nidol». , in prima V altre edizioni . E prima , s' in-
tende , eh' Usu andar ti Jia leggiero , detto da Vir|»ilio a Dante . * Impri'
ma ha pure il Cod. Val. 1/ Aiitaldinno legge questi due versi : Una vo-
ce d'appresso gridò i forse Che di sedere imprinuz -avrai ilistretta, N.E.
^ distretta , necessità .
IO! y/ mancina j a mano manca, a mano sinistra .
102 Ne io, neil ei : restituisco 1* Aldina lezione , e ioì^o ned io ^
med ei inserito in vece dagli Accademici della Crusca. Al ne , quando
precede a vocale, gii s* affisse , dice il Cinonio (b) , il d qualche volta ;
che vuol dir fton semjjìv . E di l'atto tra gli esempj , che di essa parti-
cella ai varj significati arrecansi e dal Cinonio , e dal Vocab. della Cr.
molti si veggono ne' quali , non ostante il couseguir di vocale, ado-
prasi il né pretto pretto : ed in quelli , ne' quali al ne s* aggiunge il
a , non si vede al ne conseguire altra vocale che Té?.* I\'è ei , ne
io , il Cod. Vat. N.E.
io5 Com' uom per negligenza laNidob. » Come P uom per negghienza
l'altre ediz. — a star si pone , o sdrajato, o iuconipostamente seduto,
come appresso dirà che stava Sciacqua .
(a) Par tic. loo i8. (b) Panie. 178 8.
e A N T O I V. 57
112 Allor si volse a noi , e pose mente ,
Movendo 1 viso pur su per la coscia ,
E disse : or va su tu , che se' valente .
ii5 Conobbi allor chi era : e quell'angoscia,
Che m' avacciava un poco ancor la lena ,
Non m'impedì l'andare a lui . E, poscia
ij8 Ch'a lui fui giunto , alzò la testa appena ,
Dicendo : hai ben veduto come '1 Sole
Dall'omero sinistro il carro mena,
121 Gli atti suoi pigri e le corte parole
Mosson la labbra mie un poco a riso ;
Poi cominciai : Belaccjua , a me non duoI«
124 Di te omai . Ma dimmi: perchè assiso
I il \fo\'cn(lo il viso p r, movendo l* occhio (a) solamente — su per
la coscia ( singolare pel plurale ) scorrendo coli' occhio appena so-
pra l'alto delle cosce; per non inconiodarsi ad alzare il capo.
ii4 ^ disse; or va tu su la ^idoh. , E disse va su tu ^ l'altre
edizioni : * e il Cod. A al. che noi seguiamo per maggior regolarità di
locuzione . N. E.
ii5 116 117 Queir angoscia ec. I.a penosa sofiei*ta fatica in salire ,
la quale proseguiva anche un poco ad aflVcttarmi {b) il respiro {e) ,
cioè a rendermelo ansante, non m* impedì ec* Il Cod. Antald. legge :
C/te mi avanzava ancora un pò* la lena , come se fosse questa una
parentesi , e il che signifìcasse perchè. M.E.
118 Fui giunto la Kidob. , Ju* giunto 1' altre ediz- — alzò la testa
appena , qualche cosa di più di muover solamente gli occhi , che fatto
aveva prima v, ii3.
119 120 Dicendo, hai ben ec. Lo beffa che abbi voluto sapere,
perchè quivi il Sole gettava 1' ombra a sinistra ; perchè sempre i pi-
gri scherniscono chi è diligente a investigare alcuna cosa degna • Lan-
dino • Dopo mena segno , perocché parmi che vi stia bene , un punto
interrogativo .
121 Gli atti ec. y qucll' abbracciar sedendo le ginocchia, e tener
giii tra esse il viso , v. to'] 108.
ia3 124 Poi la Kidob. , pò* V altre ediz. — Belncqua , a me non
duole di te omai: omai, o Sciacqua, il dolore dalla tua morte ca-
giobatomi svanisce del tutto nel trovanti in questo luogo di salvazio-
ne : come nel viu di questa medesima cantica verso 55 e sege. dirà di
Kino \ isconti ; Nin gentil , quanto mi piacque Quando ti vidi non es-
ser tra i rei . Chi fosse questo Bela'cqua non lo troviamo , confessa a
(a) Visa per < echio qaì coroefnf. iv 11 , e altrove . {b) Avacciare per
afrettare adopr«to da altxi maestri di lingaa vedilo nel Vocab. della Cr. (e) Uel
Bsedctimo tigni&caie di iena e respiro vedi lo sMfto Yocabol.
5g PURGATORIO
Quiritta se' ? Attendi tu iscorta ,
O pur lo modo usato t' ha ripriso ?
127 Ed egli: o frate, 1' andar su che porta?
Che non mi lascerebbe ire a' martiri
L' angel di Dio , che siede 'n su la porta .
nome dì tutti gli espositori il Vellutello . "*" Il Posti!. Cass. nota a
questo luogo : iste ììwelctcqunfitit optimus maffister chttararum , et leu*
torum , et pigrìssimus homo in operibus mundi , sicut in operibus ani"
nue . Ónde conosciamo per suo mezzo, che questi fu un eccellente
fabbricatore d' istrumenti musicali , e perciò non dee recar meraviglia
che venga ricordato da Dante . IV. E.
I a 5 Qui ritta . Ai*verbio di hiOf»o , e vale lo stesso che qu^ ; e la
voce ritta e* e aggiunta per proprietà di linguaggio . \ oca!), della Cr. »
che ne arreca esempj molti. * Il Biagioli in voce li spiega cosi:
Quiritta y formula avverbiale, la stessa che quiciritta^ hic recla^ qui
alla mia diriltura . N. E. — iscorta ^ guida.
i'i6 Lo modo usato, la solita pigr»/ia nel tuo operare — ripriso
^er ripreso j ripigliato. Antitesi a\Napolitaiit connaturale.
127 ia8 AV/ egli : o frate , P andar su chi' porta la Nidob. Ed et:
Jrate , P andare in su che porta T altre ediz. * ed il cod. Vat. Il Bia-
gioli difende la comune , la quale secondo lui ci d^ un verso pigro»
come Belacqua che lo dice, d è arte bellissima di Dante. Ed egli a mei
r andare in su che porta , il Cod. Caet. N. E. — Che porta ^ vale quan-
to che importa • — a* martìri , nel l'urgatorio .
129 L\'lnt*el di Dio. In vece d' ucccl di Dio che leggono l'Aldina,
ed altre antiche edizioni , tra quali anche la Nidobeatina ( * ed il co h
\at. N. E. ) avendo gli Accademici della Cr. letto in due mss. uscier di
Dio i ed in quattro mss. angnl di Dio , hanno scelto uscier piuttosto
che anfft'ìo. 1/ aggiunto, che siede *n su la porta mal certamente si
confa con uccello j non essendo il sedere atto di uccello. In vece pe-
scrive L* angel di Dio ; sedendo in su la pò ria . * yingelo e usciere di
Dio è cerlauicnte meglio d' uccel di Dio : ma non per la ragione y
che ne adduce il Lombardi : perchè il sedere stando, così in buon lati-
no , come in buon italiano , in significanza di stare, o posarsi, si fa
proprio anche degli uccelli: anzi di tutte le cose. Onde disse il nostro
poeta nel V. dell' Inf. siede la terra, e nel V. del Purg. quel paese,
che siede tra Romagna e quel di Carlo : e Brunetto , 7es. a 38 siede
r acqua: e il Petrarca Canz. 5g siede il pensiero ec. E fra latini in
significato di posarsi l' usò Quintiliano (lib. a.^c. 4» Inst. ) dove parla dì
un cervo, che posò sul capo di Valerio: super caput falcrii pugnan-
tis sedesse cervum. E Fedro ( lib. 5 fai). 6) musca in timone sedit ; e,
per tacer di tanti altri, Ovidio ( 3 Amor. elee. 5): Cotuix in viridi
garnda scdit humo . Poteva dunque , per proprietà di linguaggio , usa-
re anche Dante di questo verbo parlando d'un uccello, che si posa
su d' una porta . Nota di Salvatore Betti . N. E.
e A N T O IV. 59
i3o Prima convien che tanto 1 ciel m'aggiri
Di fuor da essa , quanto fece in vita ,
Perch' io ndugiai al fin li buon sospiri .
i33 Se orazione in prima non m'aita ,
Che surga su di cuor che 'n grazia viva ,
L'altra che vai , che 'n ciel non è udita ?
i36 £ già 'I poeta innanzi mi saliva ,
E dicea : vienne omai ; vedi eh' è tocco
Meridian dal Sole , ed alla riva
Cuopre la notte già col pie Marrocco •
i?o i3i i5a Prima convien ec. Costruzione . Perchè ^ndusfai al
Jbi ( fino agli ultimi periodi del viver mio ) li buon sospiri ( il peii-
•:^>»*^ ^«» «««««•: \ : / ^1.» ^•. _^ii_ k- 1' »^ ,i-.ii» ' -^
abbracciati, e il Biagioli il quale fa questa costruzione : Prima che Vuscier
di Dio mi lasci ire a* martiri , conviene che il cielo mi aggiri nel luogo
di fuori da essa porta pertanto tempo , per quanto fece in vita : e ciò con-
viene essere , perchè io indugiai i buoni so.spin sino al fine del viver
miOm La qua! costruzione è cosi savia da farci volentieri restituir la
comune, e rifiutare la emendazione ^'idobeatina. N. E.
i5S i36 Udita la Kidob. più conformemente a quel peccatores Deus
non audit {a) , gradita altr' edizioni — E già ec. La particella e va-
le qui quanto ma . Vedine altri esempj presso il Cinonio (^).
137 i38 1^9 Fieni la Nidob. ,s /7e/iwe T altre edizioni. * E tale è
la variante del cod. Antnld. del Caet. da noi seguita • E vienne vuol
che si legga con più grazia il fìiagioli . Is. E. — Vedi ch*è tocco me-
ridian dal Soie ^ vedi che il i^-ole e nel meriggio — ed alla riva ( e
della altr' edizioni diverse dalla ^idob. ) al termine, intende, di quell'
emisfero. * Il cod. Vat. ci dà questa variante ; menW/fl/i dal Sole ch'è
a la riva. Né ci par dispregevole. N. E. — cuopre ec.^ già la notte
è arrivata sopra Marrocco , cioè sopra Mauritania . Suppone esser con-
trada all'ultimo confine occidentale dell' emisfero nostro, contigua al
termine di qu eli' emisferi o ; e però, come non illumina il Sole se non
la metà della terra, suppone incominciare nella Mauritania la notte ,
quando il Sole è nel mezzo di quell'altro emisfero — col fi/è, posto
intendi , nel fané il primo passo .
(a) Joan. 9. {b) Partic» 100 i8.
Fine del canto quarto
6o
CANTO V.
ARGOMENTO f)
Tratta pur dt* negligenti , ma di coloro , che tardando il ptntimem»
to t sopn^iifiunti da morte violenta ^ si pentirono , e furono salvi . E
ira questi trova alcuni » eh' egli distintamente nomina •
I JLo era già da quell' ombre partito ,
E seguitava Y orme del mio duca ;
Quando diretro , a me drizzando '1 dito ,
4 Una gridò : ve' , che non par che luca
Lo raggio da sinistra a quel di sotto y
E come vivo par che si conduca .
7 Gli occhi rivolsi al suon di questo motto y
E vidile guardar per maraviglia
3 4 Quando ec» Costruiìone . Qitando una diretro » drizzando il
dito a me , accennandomi , grit^ — i*cr per veili ; apocope roolto usa-
5 ÌjO m^o intendi del Sole — da sinistm , cioè su *1 terreno
dalla sinistra parte de* due poeti • Suppone ohe camminassero eglino
col Sole alla destra: siceome aver lo dovettero camminando prima
di 5tHÌere. Imperocché se, rivolti a levante ond* erano saliti , avevano
il Sole alla sinistra (b) , dunque cammin facen lo prima , ed ora lo stes-
so cammino ripiffliaudo , dovevano avere il sole alla destra — a qttel
di sotto , al più basso» cif era Dante, che seguiva \irgilio che innanzi
gli saliva (r).
6 Come h^ii^o por che si conduca : par che si muova in modo come
se vivo fosse : dando , a cagion d* esompio , seì;no di gravezza col m-
more che nel camminare facevano i pietli percotendo il suolo; diver-
samente da quello facessero 1* omhre .
7 Motto per parloìye. Vedine altri esempj recati dal Vocabolarìe
della Cnisca.
O Ar{omc9to metrico del cel. G Gotti .
Cbe ^atro al terrea corpo alma tea xmÌm
Ras maraTÌ^^Ììa spìriti BOTelli
la qaelU di lor peae aspra coati «Ja .
Cerne ufCÌroB M nsonJo tre ài qaellì
Narraao ; e ì m>4i ài icr ncrte «mari ;
Cessjiaio sol d* essere a Dio rovelli
Alla lor &ae : oa4* c^U aar |^lì ka cari .
(d) Voiì il Froitrttto de* te' hi ìtaUam sotto il T^rbo rr^rr aam. Sv
(jh) Cast. p««ct4. i\ SS e se^j. (e) Caat. pi«ce4. v. i>>.
e AN T O V. 6i
Pur me , pur me, e 1 lume ch'em rotto *
IO Perchè F animo tuo tanto s'impiglia,
Disse '1 maestro , che V andare allenti ?
Che ti fa ciò che quivi si pispiglia?
i5 Yien dietro a me , e lascia dir le genti ;
Sta come torre ferma , che non crolla
Giammai la cima per soffiar de' venti :
16 Che sempre 1' uomo , in cui pensier rampolla
Sovra pensier , da se dilunga il segno,
Perchè la foga V un dell' altro insoUa ,
19 Che potev' io ridir , se non : io vegno ?
Dissilo , alquanto del color consperso
Che fa r uom di perdon tal volta degno .
aa E 'n tanto per la costa di traverso -
Venìvan genti innanzi a noi un poco,
9 Pur me, pur me , vai quanto me solo solo , me solamente — eH
lume, eh* era rotto, intendi , dalP ombra del corpo mio,
10 Si impiglia, s' intriga, s* impaccia .
la Si pispiglia, si bisbiglia , si sussurra.
i4 * Il Cod: Caet. e quello del sig. Poggiali leggono : Sta fer*
mo , come torre , che non crolla ; i lettori si avvedranno che tal lezio-
ne non rinchiude una specie di pleonasmo , che trovasi nella volga-
la . N. E.
16 Rampolla, vale sorge, ù^A rampollar che si dicono le sorgenti
acque. Vedi il Vocab. della Cr.
1 7 Da se dilunga il segno . Non arriva , anzi si scosta dal segno
principale (dallo scopo) della sua meditazione, perocché pluribus iu"
tentus minor est ad singula sensus . Venturi .
18 Foga adoprasi da molti per impeto , furia (a) : qu\ però per
forza , attìsfità . L un pensiero adunque insolla , infievolisce (p) la foga
V aUività dell' altro .
* 19 Che poteva io pili dir, se non ec. ,Coà, Antald.
20 Del color , che vergogna dipinge , del color rosso — consper-
so , tinto .
11 Che fa ec. Bastando tal volta a chi potrebbe punire il delitto
di scorgere nel delinquente vergogna del commesso fallo .
11 a3 Di traverso ( da traverso V edizioni diverse dalla Nidobea-
tlna , * e il cod. Vat. N. E. ) venivan, Scendendo cioè dalla costa in
direzione che la via dei poeti attraversava ; e però dirà nel v. /\o che
tornasser suso ,
(^a) Vedi il Vocabolario della Crasca • (hi) Inso Ilare propriamente sign(«
fica render scilo , soffice \ ma qui fi trasferisce al significato di render fteujle.
$2 PUROATORtO
Cantando Misercre a verso a verso .
a5 Quando s'accorser eh' io non dava loco
Per lo mio corpo al trapassar de' raggi ,
Mutar lo canto in un oh ! lungo e roco •
a8 £ due di loro , in forma di messaggi ,
Corsero 'ncontra noi ^ e dimandarne :
Di vostra condizion fatene saggi .
3i £ 1 mio maestro : voi potete andarne,
£ ritrarre a color che vi mandaro ,
Che 1 corpo di costui è vera carne .
34 Se , per veder la sua ombra , restaro ,
Com' io avviso , assai è lor risposto .
Faccianli onore ; ed esser può lor caro .
37 Vapori accesi, non vid' io si tosto
Di prima notte mai fender sereno ,
Ne Sol calando in nuvole d' agosto ,
i5 16 JVon dava loco per lo mio corpo al trapassar de* '"^tggi '• im-
pediva il passaggio de* raggi solari pel corpo mio . * Il Biagioli pone
per lo mio corpo tra due virgole , come se Dante avesse dello a ca-
gione del mio corpo, N.E.
27 O/f , interjczione di maraviglia — roco : perciocché chi è oppres-
so da subita perturbazione fa la voce roca . Landino.
29 3o E dimandarne ottiene qu\ il medesimo senso che e ne dis-
sero — Saggi , notiziosi , consapevoli .
52 Ritrarre^ per riportare , riferire .
36 Ed esser pub lor caro . Poteva e^ser loro caro , che fosse ve-
nuto quivi , per le nuove , che vuol inferire , che porterà a* suoi con-
giunti di loro , acciocché orando a Dio , possìno abbreviar il tempo
della sun contumacia; come di questo veciremo , che lo pregheranno.
Vellutbllo .
37 38 3g Vapori accesi ; quelli che , ne* tempi caldi massimamen-
te, e nelle prime ore della notte, si vedono a ciel sereno cader dall
alto a guisa di razzi , e che crede il volgo ignaro essere stelle , che
caschino dal cielo. — * Di mezza notte, il cod. Vat. N. E. — Jender se-
reno, strisciare pel sereno aere — N'è Sol calando in nuvole d^ ^-igosto,
la Nidobcatina ; Ne Sol calando nuvola (t^égostOy V altr* edizioni . Con
quest* ultima lezione facendo gì' internreti lutti delle parole Sol calan-
do uu ablativo assoluto uguale al Liitino occidente Sole , pus suno indi,
parte a intendere , che i detti vapori accesi fendano la nuvola ; e par-
te a spiegare, che la nuvola stessa agitata dal vento, che il caldo ca-
giona , fenda il sereno .
Oltre però che per la pretesa equivalenza del Latino occidtuUe So-
e A N T o y. ©
4o Che color non tornasser suso in meno :
E , giunti là , con gli altri a noi dier volta
Come schiera che corre senza freno .
43 Questa gente , che preme a noi , è^'molta ,
E vengonli a pregar , disse il poeta ;
Però pur va , ed in andando ascolta .
46 O anima , che vai , per esser lieta ,
Con quelle membra con le quai nascesti ,
Venian gridando , un poco 1 passo queta .
49 Guarda s' alcun di noi unque vedesti,
Si che di lui di là novelle porti .
Deh perchè vai? deh perchè non t'arresti?
5a Noi fummo tutti già per forza morti ,
E peccatori infino all' ultim' ora ;
e dovrebbe essere scritto TVèf , il Sol calando ; nuvola (Vj4goslo; co-
ne poi s\ verifica , che sohimente qaando il Sole cala , tramonta , o
vapori accesi fendano le nuvole , o le nuvole fendano il sereno ?
Colla Nidobeatina leggendo puossi intendere, che al presto Jen-
ìer sereno, che di notte fanno i vapori accesi, aggiunga Dante il pre-
te fendere, o sia penetrare, che fa il «Sol e nell'Agosto quelle nuvole
ielle quali tal volta si nasconde , per essere queste in cjue' caldi tempi
Dolto rarefatte e facilmente penetrabili : e che per ellissi dica ne Sol
'alando ec. invece di dire ne Sol d* agosto in nusf ole calando fende es^
•e nuvole. ^ Il Biagioli sta colla comune, e porta questa costruzione:
r^ vidi mai ( nel mese di Agosto , il Sole calando già sodo € orizzon'
e ) vapori accesi fender nuvole sì tosto . N.E.
ì\\ E giunti la ^idobeatina con altre antiche edizioni ; E giunto ,
atte le moderne edizioni malamente . * Colli altri dieder volta , il cod •
kntald. N.K.
/|2 Senza freno , quanto mai può correre . * Scorre , il cod. Vat. N.E.
/p Che preme a noi y che s' afiblla di venir verso noi. Cosi ne spie-
;a questo passo il \ ocab. della Cr. (a) .
4i f^engonti questa gente. Sintesi di numero, come il p/zrf volu-
res factae d* Ovidio (b) , e il pars gladios stringunt di Virgilio (e) .
/|5 Però pur va, ed in ec. <^>uant' io intendo, la particella pur si-
nifìca quf tuttavia (</) . Intendo cioè che, prevedendo Virgilio (ciò che
»cl V. 5i fassi etreltivaraente manifesto ) che volentieri quelle anime pi-
re si tralterrcbber fermo Dante a parlar seco loro , esortarlo perciò
i proseguir tuttavia il cammino, e a dar loro nel tempo stesso orecchio.
* 5'À Già tutti , il Cod. A at. colla comune : tutti già , la Kidob. N.E.
(a) Sotto il verbo premere §. j. (/>) M«t. J^. 56o. (e) Eneid. i2« 278.
t) Cinon. Par tic, 206. S.
6.\ PURGATORIO
Quivi lume del ciel ne fece accorti
55 Sì , che , pentendo e perdonando , fuora
Di vita uscimmo a Dio pacificati ,
Che del desio di se veder n' accuora .
58 Ed io : perché ne' vostri visi guati ,
Non riconosco alcun ; ma s' a voi piace
Cosa eh' io possa , spiriti ben nati ,
6i Voi dite , ed io farò per quella pace
Che j dietro a' piedi di si fatta guida ,
Di mondo in mondo cercar mi si face .
64 Ed uno incominciò : ciascun si fida
Del beneficio tuo senza giurarlo ,
Pur che '1 voler nonpossa non ricida :
67 Ond' io , che solo innanzi agli altri parlo ,
Ti prego, se mai vedi quel paese
Che siede tra Romagna e quel di Carlo y
57 58 j4 Dio nacificati che del desio ec pacificati con quel som*
mo bene , che si fa da nei anziosamente desiderare .
61 62 63 Per quella pace^ c/ie ec. \e lo giuro per quella pace y
che invogliatomi di se , mi fa cercare di mondo in mondo ( dal mon-
do di U al mondo di nua) colla scorta di \irgilio. N entcri .
64 Ed uno . Intendi per costui Jacopo del (^asscro cittadino di Fa-
no, il quale avendo contratta inimicizia con Azzone TU da Fste (per
avere sparlato di lui ) fu dal medesimo fatto uccidere in Oriaco vdla
nel contado di Padova, mentre andava podestà in Milano. Volpi * il
Postillatore del Cou. Caet. aggiunge per cagione le crudeltà che usò il
predetto Jacopo quando fu l'odestà di fìolo^na contro i parteggiani del
Marchese, Notizia inserita dal Sig. Tortirelli nel suo comcoto , e che
avrà tratta da qualche istoria particolare. N. E.
^ lYonpossa in una parola per impotenza , bene , al contrario d'
ogni altra 'edizione, scrive la ^idobentma ed anche due mss. della
Corsini (a); come bene comunemente scrivesi noncuranza per incuria,
Kd a (juesto modo divien chiaro il sentimento , cioè , che quell* ani-
me credevano bensì Dante pronto a voler accontentare le brame loro;
ma temevano, che per divina disposizione la nonpossa ^ T impotenza»
uon ricitiesse , non distruggesse , il buon proposito .
67 Ed io chi' solo , il cod. Antald. ^. !..
68 6() Qui'l paese , che siede ec. la iMarcn Anconitana , in cui è
Fano , situala tra la lìomagna e il regno di Napoli , di cui era al-
lora padrone Carlo II.
(a) Segnati 607. 611.
CANTO?. C'j
70 Che tu mi sie de' tuoi prieghi cortese
In Fano sì 9 che ben per me s' adori
Perch' io possa purgar le gravi offese .
73 Quindi fu' io; 'ma gli profondi fori,
Ond' uscì ^1 sangue in sul quale io sedea ,
Fatti mi furo in grembo agli Antenori ,
76 Là doT* io più sicuro esser credea .
Quel da Esti 1 fé' far , che m' avea in ira
Assai più là che dritlo non volea.
79 Ma s' io fossi fuggito inver là Mira
Quand' 10 fui sovraggiunto ad Oriàco ,
Ancor sarei di là dove si spira .
71 Per me i per la liberazione mia — 5' arfon* vale qui quanto 5Ì
ori y si preghi . Del verbo adorare per orare vedi il Vocab. aella Crusca.
73 Quindi j vai tii quii^i , o a ivi y cioè di Fano suddetto, — Jb'
rij ferite.
7^ Sul quale io sedea , nel quale aveva io sede , Notisi eh' è la
pura anima che favella cos\ . Dice il Venturi , che fa Dante parlar
Jaest* aniina in cotal modo poeticamente ; ed esser falso , che la sede
eir anima sia il sangue . Ma a buon conto io trovo che parlano di
«no stesso linguaggio anche i medesimi sacri interpreti delle divine
scritture . j4nima vamis , seu anim^is ; in sanguine sedem habet , seu ubi-
eumque sanguis est , ibi est anima , et operatur , scrive BQnfrerìo al
9 della Gen. v. it\> Ed a quelle parole dui Levitico cap. 17 anima
omnis camis in sangtdne est ^ chiosa il Tirino, tamquam in sede sua,.
. • et in .quo tamquam in sede anima conquiescere solet ,
75 In grembo agli Antenori^ , figuratamente invece dire nel Pado-
vano distretto . Antenori , sincope d Antenorei ^ appella i Padovani per
credersi Padova fondata dal Trojano Antenore.
76 Piii sicurti ec. Pensando , che quel paese fosse libero da simili
assassinamenti • Vellutello .
77 Quei da £<//, Azzone 111 da Este suddetto. Esti invece d'Este
scrive pur Gio. Villani (a) — 'Vyè' /«r, fece commettere nella perso-
na mia cotale assassinio — che , vai perciocché .
78 Assai pili là che ec, oltre i confini del giusto • * Forse piit
ìà , cod. AnUld. N. E.
79 80 Ma s io ec. Costruzione. 55^? quanrtio ad Oriaco ( luogo del
Padovano presso la lagune ) ^fui sovraf*giunto ( dai. sicarj d' Azzone )
fossi J'uggito in ver la Mira^ luogo del Padovano, posto su la Brenta.
^ Quando fui sopraggiunto y il eoa. Yat. , togliendo così quella inutile
ripetizione d'io. N. E.
8 1 Dove si spira , per dove si vive in anima e in corpo ; in que-
sto mondo .
(.3^ Vedi a camion d' esempio Crou. lib. 9. cap« SS.
e*
66 PURGATORIO
82 Corsi al padule , e le cannucce e 1 braco
M' impigliar si , eh' io caddi ; e lì vid' io
Delle mie vene farsi in terra laco •
85 Poi disse un altro : deh V se quel, disio
Si compia che ti tragge all' alto monte p
Con buona pietà te ajuta 1 mio » ^
88 r fui di Montefeltro » i' fui Buonconte .
Giovanna , o altri , non ha di me cura ;
Perch' io to tra costor con bassa fronte ^
91 Ed io a lui : qual forza o qual yentunt
8a 83 Corsi al padule ( paduie ^ sinonimo di palude ^ di masco*
lino genere pronunziasi in Lombardia pure) invece di correre verso
la Mira suddetta ; che sarehbesi dalia palude scostato . — braco per
antitesi in luogo di brago che Ja ago significa — nC impigliar sì\ va.^ ia-
vilapparono Unto.* Mi pigliar si, lezione del cod, Antald. ma noi|
bello. N. E,
8^ Pene per sangue — laco per lago , antitesi presa dal LatinQ
in grazia della rima anche dall'Ariosto \a) ,
85 86 87 Se questo desio si compia . Questo se ( chiosa il Venta-?
ri ) non è particella condizionale o dubitativa , ma pregativà e desi*?
derativa . Non sembra però che disconvengale anche il senso condizio-
uale : posto che si adempia il desiderio , che ti fa salir questo monte , il
desiderio di ritornare al mondo purgato da* vizi , tcU che accetto^ sia
a Dio il tuo pregare (b) — con buona pietate , con opere di" Cristiana
pietà -^ afiita il mio , il desiderio mio di presto purgarmi e passare
al Paradiso . *
88 Son Buonconte la Nidob, ^fui Biutnconte V altr*ediz. , che tutte
però leggono io son Manfredi (e) , io son la Pia (d) , e non fui Maft-
Jrediy fid la Pia, Fui da Montefeltro sta ben detto , che non era piJi
di questo mondo : ma Buonconte era ancora Buoncotite . * Doveva
però riflettere il P. Lombardi , prima di stabilire così solennemente
mia regola fra T/o, e il fui dell* altro móndo , che Ugolino nel xxxiii
dell' Inf. dice di se : io fui 7 conte Ugolino ; e dell'^arcivescovo Rug-
giero : e questi e F arcivescovo Ruggieri . Tra questo fid e quest' è co-
me r aggiusta il nostro comeotatorc ? Restituiamo adunque il passo
secondo la comune e i cod. Vat, e Caet. , perchè non e* è motivo bastante
per variarlo . Nota di Salvatore Retti . K. E.
89 Giovanna moglie di Buonconte da Montefeltro. Volpi ^
90 Con bassa fronte ^ segno di rammarico.
91 Qual forza etv Combattendo lUionconte contra Guelfi nella
rotta di Casentino , vi fu morto , e non si ritrovò mai il corpo : laon?
de il Poeta finge quello, che qui descrive. Landino.
(a) Fur, 43 11. {b) Cant. prec. 134. (t) Pnrg. ul iii. (rt) n^A preseote
caoto V. j33.
e A N T O V . 67
Ti traviò sì fuor di Campaldino ,
Che non si seppe mai tua sepoltura ?
94 Oh ! rispos' egli : appiè del Casentino
Traversa un acqua , e' ha nome Y Archiano ,
Che sovra V ermo nasce in Apennino :
97 Là \e 1 vocabol suo diventa vano
Arriva' io , forato nella gola ,
Fuggendo a piedi , e sanguinando '1 piano .
joo Quivi perdei la vista; e la parola
Nel nome di Maria finì ; e quivi
Caddi , e rimase la mia carne sola .
io3 Io diròl vero, e tu '1 ridi tra i vivi;
gì Campaldino è nome d' un piano in Casentino appiè del monte
di Poppi, dove se^iM l'accennata battaj^^lia il di ii Giugno l'iSp. (a)
9^ Oh interiezione è qui di dolore insieme e di prontezza di
volontà a soddisfare alla curiosità del Poeta (b) — Appiè del Casentino
nella più bassa estremità di quel distrfL>]lto •
90 Ermo y sustantivo : eremo, solitudine. Intendi qui l'eremo di
Cxinàhloli f Volpi . — Apennino , catena di monti , che dividono 1* Ita-
lia per lungo»
97 Iji *ue ( sinalefa per là osfe ) il vocabol suo diventa vano , là do-
ve finisce di esser appellato Archiano; in vicinanza cioc ad Arno , col
qaale mischiando Archiano le sue acque , non più Archiano , ma Arno
si appella.
90 A piedi la Nidoheatina , a piede altr' edizioni. "*" Fuggendo ap^
pie e nsanguinando il piano , cod. Antald. N. K.
100 loi 102 Perdei la Nidoheatina , /i^fv/e* altr* edizioni . '— e la
parola nel nome di Maria Ji/ùy fìni il parlar mio col pronunziare il
nome santissimo di Maria, (^osi mi sembra doversi leggere; e non eoa
quella interpunzione , che volgarmente ammettesi , Quivi penici la vi-
sta e la parola : Nel nome di Maria Jìni* : interpunzione per cui par-
rebbe che pronunziato avesse Buonconte il nome di Maria dopo perduta
la parola . Con tal fìnirc nei nome di Maria sembra volerne Dante ac-
cennare di aver Buonconte in quell'estremo fatta V invocazione , solita
a farsi in casi simili da ogni buon Cristiano , dei nomi santissimi di Gè*
sii e Maria, * Biagioli difede T interpunzione comune , adduccndo un
passo del Decamerpne ( n. 7. giorn. 4* ) iii che si dice perde la vista
e la parolai come se il Boccaccio T avesse tolto da qne>tn luogo di
Dante •'^oi non vogliamo su tal particolare decider nulla; lienchò
couresdìarao di propendere per la volgata . N. E. — la mia carne òoìa ,
senz' anima .
(a) Gio. Villani Cron. lib. 7. cap. i3o. (/) Vedi il Voctbolario della
Glutea sotto la particella O J 4* ® '4*
E a
di . P U K G A X O U I O
L' angel di Dio mi prese ^ e quel d' inferno
Gridava: o tu dal ciel , perchè mi privi?
|06 Tu te ne porti di costui l'eterno.
Per una lagrimetta che 'I mi toglie ;
Ma io farò dell' altro altro governo •
ìqq Ben sai come nelF aere si raccoglie
Queir umido vapor , che in acqua riede
Tosto che sale dove 1 freddo il coglie .
1 1 a Giunse quel mal voler , che pur mal chiede y
Con lo 'ntelletto , e mosse il fumò e 1 vento
Per la virtù che sua natura diede.
loi E quel (T Inferno , V Angelo dell* Inferno , il Demonio.
io5 Dal citila vale quanto dal etcì venuto (n) — perchè mi privi t
ellissi , intendi delP anima di costui.
io6 L'eterno^ T incorruttibile , e sempre durabile anima.
io8 Dtir altro, del non eterno, del corpp — altro mjyemoy altro
trattamento ; diverso ( intendi ) da quel benigno, che tu fai dciranima.
109 yéere la Nidobeatina , acr l' altr' edizioni.
no Iti Umido vapor, l'acquee esalazioni — (n acqua riede y in
pioggia convertcsi — doK*c*l freddo il coglie, alla fredda reeion deli*
nria ; dove Tacquec esalazioni dal freddo condensate rendonsi piii gra-
vi dell* aria e perciò ricascano in neve o in pioggia .
Ili ii3 114 Giunse quel mal voler ttc. Non trovo a questo passo
espositore che mi soddisfaccia . Alcuni, tra' quali il Vellutello e il Ventu-
ri , intendono che giunse vaglia quanto arrivò al detto luogo , dove
i\ freddo coglie V umido vapotv : e tutti poi per mal voler chiosano
il Demonio. Ma come bene poscia connettcrausi le parole co/t lo*n'
teltetto ?
(^^uanto a me- premesso che il verbo giugncre, come per molti
esoinpj mostrasi nel Vocabolario della Crusca , può significare il me-
desimo ch<» aggìugnere , accoppiare; e premesso che dell' accpppla-
mento della mala volontà con lo intelletto a far male parla il Poeta
più chi.'iramente Inf. xxxi ove dice che dove alC ai^gomento della men-
te .V* aggiunge il mal voler (b) : con queste premesse ecco quale ame-
rei costruzione e spiegazione: Quel, colui (quel d" In/brno suddet-
to ) coir intelletto giunse ( aggiunse , accoppiò ) mal voler ( la cattiva
volontà ) che pur mal chiede ( la quale solamente il male desidera e
cerca ) e per la viriti , che sua ruitura diede ( per dicdegli (e) ) mos-
se (eccitò) il fumo (revaporazioni umide) e 7 vento altro requisito
per suscitar temporale.
(a) Vedi il Cinon. Partìc. 70 i3. (/') Vers. 5S e segg. (e) Avere i de-
moni cotal possanza appare , dice il Landino ^ e por sainto Agostino , e per Al-
berilo Mu^ao in t|a suo picciplo libro itititoUto di potentia fiaetjionun^ .
e A N T O V . $g
li5 Indi la valle , come T dì fu spento ,
Da Pratomagno al gran giogo coperse
Di nebbia , e 1 ciel di sopra foce intento
ij8 Sì, che 1 pregno aere in acqua si converse.
La pioggia cadde , e a' fossati venne
Di lei ciò che la terra non solFerse ;
i3i E , come a' rivi grandi si convenne ,
Ver lo fiume real tanto rdoce
Si ruinò , che nulla la ritenne .
1^4 Lo corpo mio gelato in su la foce
Trovò r Archian rubesto , e quel sospinse
Neir Arno , e sciolse al mio petto la croce
ì^7 Ch'io fei di me quando! dolor mi vinse;
Voltómmi per le ripe e per lo fondo ,
ii5 ii6 117 Indi la valle ec. Costruzione. Indi , come il di fu
spento, (intende essere agli angeli delle tenebre odiosa In luce nel
giorno), coperse di nebbia y di nuvole, la valle , da PratomatrnO, in*
cominciando da Pratomagno ( og;gi detto Prato vecchio , luogo c\\Ct
divide il Val d'Arno dal Casentmo. N entori ) , al gran giogo j fino
a]l*Apennino summeniovato , e fece intento (antitesi per intenso den-
so costipato , effetto del freddo pel freddo stesso ) il ciel di sopra ,
r aria soprastante alia eccitata nebbia . A cosi intendere per ciel ai so-
pra ne aeterminano la precedente dottrina , che P umido vapor in ac-
qua riedey tosto che saie doveri fredilo il coglie; e l* effetto in oltre
che a questo intento ciel di sopra attribtiisce , cioè, che 'l pregno aere
in acqua si converse; come nel seguente verso dirà.
119 y^i fossati y la Nidobeatina: a* fossati , altr* edizioni , * ch«
noi seguiamo per piti dolcezza . N. E.
1 20 Non sofferse , per non assorbì *
lai ^i rivi y la Nidobeatina; a rivi ^ 1* altr* edizioni , * che ptir
seguiamo N.E. — grandi y perocché verso il principal fiume scorren-
do i rivi si uniscono ed acquistano grandezza .
laa Fiume real intende TArno principal fiume della Toscana.
125 Hubesto vale qui impetuoso e gonfio: e si dee intendere re-
io tale allora per le ricevute acque : e che prima fosse asciutto , o
così d' acaua scarso , che smuovere non potesse e portare in Arno il
cadavere ai Buonconte.
^1^ E sciolse al mio petto la croce y sciolse le braccia che mo-
rendo mi composi in croce sopra il petto . Accenoa con ciò il Poeta
l'odio che porta il demonio al salutare segno della croce.
127 Cìtiofoiy la Nidobeatina, Ch'Vfo\ l'altra ediz. — di me
delle mie braccia , in crocè piegandole .
ia8 Per le coste y la ^iuobeatina, per le ripe, l'altre edizioni:
♦ € il cod. Vat. N. E.
70 PURGATORIO
Poi di sua pri^da mi coperse e citisi #
I So Deh ! quando tu sarai tornato al mondo
E riposato della lunga via ,
Seguitò 1 terzo spirito al secondo y
i33 Ricorditi di me, che son la Pia.
Siena mi fé' : disfecemi Maremma ;
Salsi col^i che 'nnanellata pria ^
Disposando , m' avea con la sua gemma •
1^9 Di sua preda , dì sua arena ai campi predataf — mi coperte
e cinse f mi copri sopra e d'intorno.
i32 Seguitò ec. al secondo spirito, a Buoiiconte, seguitò il Icno.
i33 Pia, gentildonna Sanese * (della famiglia de Toloracis se-
condo Benvenuto da Imola , e V espos. Casin. N. E. ) Moglie di M«
^ello della Pietra , la (piale , come fu creduto , trovata dal marito in
adulterio, fu da lui condotta in Maremma e quivi uccisa, \olpi ^ Il
Postili, dal CoD. Caet. con molta grazia dà la storia, che sembra la
più genuina di questa donna, in tal guisa « Ista fuit la Pia nohiìis
Domina de Tholomeis de Scnis, et Uxor Domini Nelli de Petra de Pa-
noteschis in maritima , qute cum starci adjenestram per astatem , m/i-
ritus ejus misit unum famulum , qui carpii eam per entra , et prójecit
deorsum , propter suspectum , quem habuit de ipsa , et ex hoc orium est
magnum odium in ter illas domos . N. E.
i35 i36 Sedsi ec. Accenna questa uccisione essere per opera del
marito seguita secretamente ; e però dice che Maremma disfacessimi
salsi y se lo sa colui, che disposando^ nel Tatto di sposarmi, nC a^ea
innanellaia con la sua gemma ^ m*avca posto in dito il suo gemmato
anello .
Fine del canto quinto
7»
C A N T O VI.
ARGOMENTO (♦)
oniinua il Fotta imrattat de i medesimi negligenti, i quali avevano
indugiato il pentimento infino alla loro violenta morte . Jn fine trova
Sardelle Mantovano , e parla universalmente cantra tutta Italia , e
pAriicolarmente cantra Fiorenza 4
Q
uando si parte 1 giuoco della zara,
Colui che perde si riman dolente ,
Repetendo le volte , e tristo impara :
4 Con r altro se ne va tutta la gente ;
Qual va dinanzi , e qual diriètro il prende ,
E qual da lato li si reca a mente .
7 £i non s* arresta ^ e questo e quello ntende ;
A cui porge la man , più non fa pressa ;
E cosi dalla calca si difende .
tO Tal era io in quella turba spessa ,
Volgendo a loro e qua e la la faccia ,
E promettendo mi sciogliea da essa •
I al Iti Quando si parie ec. Per farci Dante capire quanto fosse
rande 1' affollameuto di quelli spiriti intomo a lui , ed il modo che
enne per isbrigarsene , reca il paragone dell' affollameato della ^en-
e, quando sipario (si finisce) il giuoco della zara , intorno a colui
be ha vinto; e della maniera , che il medesimo adopera per levarsi
' affollata gente d* intorno ; eh' è di dar loro quel che braniaiio , cioè
na qualche porzione della fatta vincita • Dice adunque , che nello
tesso modo anch' egli , promettendo a quelli spiriti quanto ciiiede-
ano , cioè di procurar loro dalle genti di quassù alcun suffragio 9
e gii andava di mano in mano allontanando . Quale precisamente si
osse il giuoco della zara , poco importa di averne contezza : basta i{
■■ I ■ ■ ■ ■ il. ■ — » I >
(*) Argomento metrico del cel. Gaspare Gozxi •
Mentre il Poeta a qaelì' alme promette
Qualche sassidio nell* acerba pena ,
Acciocché ognuna piiial ciel s' affrette «
Vede Sordello Manto^an , che a pena .
Mantova ndita , il buon Virgilio accoglie^
£ tanta gentilexxa indi lo mena
Contro air Italia a disfogar sae d)glie.
^1 PURGATORIO V
1 3 Quivi era Y aretin , che dalle braccia
Fiere di Ghia di Tacco ebbe la morie ,
£ r altro eh' annegò correndo 'n caccia ;
i6 Quivi pregava con le mani sporte
Federigo Novello , e quel da Pisa
Che fé' parer Io buon Marzucco forte .
sapere che si faceva co' dadi , come tulli gli espositori attestano . Tan*
to basta per capire, che dir sì vo^Wai ripetere dolente ^ cpiui che per-
tlcj le volte y e tristo [imparare; e che s* inganna il >cntorì con alcum
altri spositori chiosando , che vaglia onanto ripetere nel suo pensièro
le volte che ha perduto , e a quelle rijtetlendo imparare a sue spese ,
come contenersi in tal giuoco un altra volta • V^olta ( insegna ottima-
mente il Vocabolario della Crusca) [a) trattandosi dielfa taralo ^al-
tro giuoco , che sijaccia co* dadi , vale tratto , o rivolgimento di essi dadi
{volta por voltatalo rivolgimento adopera Dante anche Ivr. xx i^)
Vuole qui adunque il Poeta nostro accennare il costume di que* sciao-
rati , che tirati avendo i dadi sfortunatamente e con perdita , si ripi-
gliano stizzosamente i dadi, e pruova facendo di gettarli nuovamente
e rigettarli , quasi tentano cV imparar la maniera di far uscire quei
numeri che vorrebbero . Pel seguito poi finalmente , che dice Dante
fatto dalla gente al vincitore nella zara, risulta che fosse cotale uno
de' giuochi , che si praticassero nelle pubbliche biscazze — dirietro il
prende , per le vestimenla intendi • — j4 cui porge la man , intendi
quello — piii non Ja pressa , toglicsi dal fare calca intorno al vincitore.
i5 14 V Aretin che ec. Messer Renincasa d'Arezzo. Costui essen-
do vicario del Podestà in Siena, fece morire un fratel di Ghino di
Tacco, Tacco chiamato, e con lui un suo nipote Turino da Turrita ,
per aver rubato alla strada : per il che sdegnato Ghino, in Roma,
ove dopo certo tomno M. Benincasa era ito Auditore di Ruota , l'uc-
cise, e ponos5ene il capo di lui. Questo è quel c;hino di Tacco,
di cui fa menzione il fìocraccio . (^) Daniello. * Ti Postili. Caet- ag-
giunge: istejìtit Sfnensis nobilis et valitius inimicus Comitis de Sancta Pio-
ni y et cum suis assassinis tenehat totani Tusriam in ditione ec» N. E.
i5 £ r altro ec. intendi Cione de' Tarlati, potentissimi cittadini
d'Arezzo, il quale perseguitando i Hostoli , altra famiglia potente,
fu trasportato dal cavallo in Amo, e quivi annegò. Volpi — in cac-
cia , dando la caccia ai nemici • Venturi . Altri costui non Cione ma
Ciacco a(>pellano , e il dicono cacciato in Amo da' nemici in una rot-
ta. * Il l'ossil. Càss. lo chiama Guccius ile Pctramala ec» e Pelramala
era Castello dei Tarlali . N. E.
16 On* le mani sporte j con le mani stese: atto di chi prega.
17 18 Federigo yo%*e/lo y figliuolo del Conte (>uido da Pialtifolle.
Costui fu ucciso da uno de' Rostoli detto Forno jttolo , \ oi.Pi — quel da
Visa, cioè Farinata, figliuolo di Messer M^irzncco degli S^oringiani da
Pisa. i:oslui fu ucciso da' suoi nemici, e colla sua morte fece parer
forte lo buon Marzucco suo Padre , il quale per certi» accidente oc-
corsogli , fattosi frate Minore , sopportò con gran fortezza d' animo
(a) Art. volta f. 1. fj>) Gioia. 10 aoT. a.
e A N T O V I. ^ 73
19 Vidi coni' Orso, e T anima divisa
Dal corpo suo per astio e per inveggìa ^
^ Come dicea , non per colpa commisa •
a 2 Pier dalla Broccia dico; e qui provveggia ,
Mentr' è di qua , la donna di BrabaUte ,
Sì che però non sia di peggior greggia.
ab Come libero fui da tutte quante
Queir ombre , che pregar pur eh' altri preghi
r Qccìsìon e di Farinata suo figliuolo , e baciò la mano dell' omicida •
Volpi . In quanto a questo Marzucco sparge gran luce di bello , ed
opportuno comeoto il Postillatore del Cod. Caet. che di lui dice « Iste
futi (le Pisis y cujus Jtdum comes Uffoiintts fecit derapiUtri per qmm^
dfznt invidiam , et non contentus fedi principi , quod nemo aiideret sep-
pellire ; sed pater in sero verni ad romìtcm sine planctu , et dixit: o Do-
mine mi, veli consentire, quod ille Paiiper sepelìatur. Tunc comes U-
golinus miratus constanUam , vi fortiiudincm istiiis , dixit : vade , quia
tua patientia , et Jbrtitudo vicit duritiem meami Ecco dunque come lo
buon Marzucco parve forte . K. lì.
19 al it\ Coni' Orso » Credono alquanti, che costui fosse degli Al-
berti di Firenze , ucciso da' suoi consorti . . . Alquanti , il che io piutto-
sto credo , dicono che fu figlinolo del Conte Napoleone da Cerbaja , e
che fu morto dal conte Alberto da Mangona suo zio. Landino. * U
Postili. Caet. nota istcjìtit de comitihus j-ilbcriis de Valle Biseniii qui oc-
cistis fuit a consortibus . N. E. — e T anima divisa ec, , V anima ( come
Dante stesso dice quattro versi sotto ) di Pier dalla Broccia . Pier
dalla Broccia (riferisce concordemente agli espositori tutti il Yelluteì-
lo ) secretano e consigliere di Filippo il bello Re di Francia, perchè
molto poteva appresso del Be, fu per invidia messo da' Baroni in tan-
ta disgrazia della Keina , la qual era di Brabante , che falsamente l'ac-
cusò al Re , che cercava di violare la sua castità : onde il troppo
credulo Re lo fece morire. ^ Il Postili. Caet. vi si accorda ancb'egli.
N. E. — inveggia dice per invidia , come per invidiare -dirà inveggia-
re (a) ; e non tanto ( notano i deputati al Decamerone) (b) al modo an-
tico , guanto al proprio e naturale dì questo paese ( cioè della Tosca-
na . ) che in simili voci muta il d voleni'eri in due g , come vedo , sie-
do, chiedo, in veggio, seggio, cheggio.i1/a questi si son mantenuti;
queir altro par che sia stato tralasciato — commisa per commessa dice
in grazia della rima , avuto riguardo all' aggettivo Latino commissus ,
a, //m , che dagP Italiani invariato ritiensi nella voce Jedecommisso — e
qui j vale e intorno a questo , a questo proposito (e) ed è la presen-
te un'ammonitoria interiezione che fa Dante — proveggia in vece di
prcfveda, cotpe hanno dianzi avvisato i deputati al Decamerone detto
ve^o per vedo — la donna di Brabante , la Brahantcse calunuiatrice
Reina — si che però, per cotal gravissimo peccato — non sia di peg-
gior greggia, della greggia, non de' purganti,. ma de* dannati.
i& Che pregar pur, che pregarono istessaniente , intendi , come
(a) Par. XII \ì{i' (h) Gioco, io nov. 3. (e) Vtdi C'in, Partic. aiS. 3.
74 PURGATORIO
Sì 9 che s'avacci 1 lor divenir santo f
a8 r cominciai : e' par che tu mi nieghi .^
O luce mia , espresso in alcun lesto
Che decreto del cielo orazion pieghi :
3i E questa gente prega pur di questo .
Sarebbe dunque loro speme vana?
O non m' è 1 detto tuo ben manifesto 7
34 Ed elli a me : la mia scrittura è piana y
E la speranza di costor non falla 9
Se ben si guarda con la mente sana •
37 Che cinpia di giudicio non s' avvalla ,
Perchè fuoco d' amor compia in un punto
fatto avevano le altre nel precedente canto nominate. * S' incanna il
Lombardi , dice Binginli , perchè pur è qu\ particella avversativa. N.E.
37 S* avacci , s' affretti ; verbo anticamente molto adoprato . ^ edi
il Vocabolario della Crusca — il lor divenir sanie ^ il purgarsi da ogni
reliquia di peccato .
38 ig 3o Io cominciai : ci par^ egli sembra ; così la Nidobeatina,
ove r altre edizioni , "^ e il Vat. che noi seguiaiuo sempre quando sì
tratta di fuggire questi neologismi . /' cominciai : e* par N. E. — O
luce mia , Virgilio , perocché rischiaravalo in ogni ciubbio — espres-
so per espressamente — in alcun testo , V indeterminato nel detcrmi-
nato testo deir Eneide lib. 6 ove cioè a Palinuro , che pregava Enea
a 'seco condurlo al di là del fiume Stige , fa rispondere dalla Sibilla :
Desine fata Deum ftecii sperare precando (a) •
Zi E questa gente prega la Nidobeatina , e queste genti pregan
V altre edizioni — pur tuttavia ,
34 35 È piana ^ è chiara — Non falla ^ non erra.
37 Cima di giudicio : dee il Poeta volere con queste voci italiana-
mente esprimere il medesimo , che latinamente dicesi da' giuristi apex
juris , rigore di giudicio , rigor di legge — non s* avvalla , avvallare
prouriamente significa spiegare, abbassare o simile (^b); e perciò Dante
medesimo nel canto xiii di questa cantica v. 65 dirà
E r uno il capo sottra V altro avvalla .
Qui però non s* avvalla dee mctaforicameute valer quanto si mitiga y
non si modera.
38 Fuoco d* amor , d' amor di Dio , di carità ; e della carità inten-
di, con cui quelli, che sono in vita uniti a Dio , suffragando T ani-
me del Purgatorio, vengono ad ottenere effetto a quel pregare, che
r nnime stesse fanno a Dio , di presto purgarsi , e passare a godere
del di lui cospetto — un punto per qualsivoglia corto tempo .
(a) Veis. 376. {b) Vedi il Vocab. della Crasca •
CANTO \U ji
Ciò che dee soddisfar chi qui s' astalla :
4o E là , dov' i' fermai cotesto punto »
Non si ammendava , per pregar , difetto ^
Perchè '1 prego da Dio era disgiunto •
43 Veramente a cosi alto sospetto
Non ti fermar , se quella noi ti dice
Che lume fia tra 1 vero e lo 'ntelletto •
46 Non SQ se ^ntendi ; i' dico di Beatrice.
Tu la vedrai di sopra $ in su la vetta
Di questo monte 9 ridente e felice «
49 Ed io : buon duca , andiamo a maggior fretta ^
Che già non m' affatico come dianzi ;
£ vedi ornai che 1 poggio l' ombra getta •
Sa Noi anderem con questo giorno innanzi »
Rispose , quanto più potremo otaiai :
Ma '1 fatto è d' altra forma che non stanzi .
39 S' astalla, si stanzia, da stallo y che pure stanut Significa (a);
e come dal Latino-^barbaro stallus s' è fatto installo , as {b) *
40 Là, nell* ìn^umo ~-^ punto per proposizione o massima. Volpi.
4i 4^ ^on s' ammendava ec* non poteva Ja preghiera giungere
ad ottenere alcun buon efTetto » peroccnè era colui che pregava dis-
giunto da Dio; in disgrazia di Dio.
43 y4llo sospetto , profondo e sottil dubbio . Vcllutillo é
44 4^ ^^^ ti fermar, non ti acquietare affatto. — ^iitf//af Beatri-
ce , intesa qui per la sacra teologia , della quale era Virgilio sfor^»
nito — Che lume fia ec» Che farà si che V intelletto tuo arrivi a co-
noscere il Vero , come il lume fa che l'occhio vegg^ l'oggetto «com'è.
47 Di sopra ea^ Vedi il canto xxx della presente Cantica v. 3^ e 73.
* 49 Ea io: Signore, il cod. Antald. fié E.
So Non m' affatico come dianzi : e per la natura del monte so-
praddetta , tale c)ie quanto uom più i>a su , e men Ja male {e) , e mol-
to pili per aver inteso , che in cima ad esso monte riveder doveva
l'amata Beatrice.
Si II poff^io r ombra fletta, intendi, sopra di noi: e vuole si-
gnificare , che il Sole dato aveva volta verso ponente . Imperocché ,
salendo i poeti quel monte dalla parte orientale , come n' è dato
avviso nel canto iv s^, 53 , voltando il Sole verso ponente doveva il
monte adombrameli.
54 Stanzi . Di stancare in corrispondenza al Latino statuere sono
(a) Vedi il Vocabolario della C rosea . (b) Vedi tra gli altci 1* JmaltUa
onom, del Laureati art. stallus . (e) Parg. iv 88. e seg|»
j6 PURGATORIO
55 Prima che sii lassù , tornar vedrai
Colui che già si cuopre della costa
Sì j che i suo' raggi tu romper non fai «
58 Ma vedi là un' anima che , posta
Sola soletta , verso noi riguarda :
Quella ne'nsegnerà la via pii\ tosta •
6ì Venimmo a lei . O anima lombarda ,
Come ti stavi altera e disdegnosa ,
E nel mover degli occhi onesta e tarda !
64 SUa ^on ci diceva alcuna cosa;
esempj parecchi (a) . Or come hanno i Latini esteso il verho siatuere
al significato di pensare {b) , cosi al significato medesimo estende
Dante il verho stanziare,
56 Colui, il Sole.
57 Non fai , come prima , che del monte si coprisse , (aceri . Canto
preceaente v. !i5 e segg.
58 59 60 Che posta sola soletta ( che standosi affatto sparlata dal-
le altre anime), cosi la Nidoheatina a più chiaro senso del cA« a /no-
sta , sola soletta , che leggono l' ahr' edizioni : "^ e il cod. \ at. N. IC.
Era questa , come in appresso dirà, 1* anima di Sordello Mantovano uo-
mo per testimonianza di Dante medesimo {e) assai letterato : e dee
perciò nel collocarlo cos\ appartato e solo, aver voluto accennare, o
amica degli studj la solitudine , ovvero la scarsezza degli uomini pari
a Sordello in que' suoi tempi — tosta per brc^*e .
61 O anima Lombarda , cosi appella Sordello per esser Mantova,
di lui patria , una delle città della Lombardia • f^ è ( chiosa qui '1
Venturi ) chi vuol far ilei saccente interrogantlo come Dante riconosces"
se quesC anima per Lombarda , e se la riconobbe dal cappotto : ma la
saccenteria procede da non capire che questa non è una interrogazione
fatta air anima dal Poeta nel vederla in quel suo viag^o , ma un'exda^
mozione fatta nello scrivere un pezzo dopo rio , che nel via^o gli «c-
catlde , quando già sapeva essere stato Sonieìlo , come apparisce dal
tempo del verbo stavi • Avverta però il Lettore che il saccente non è
d' adesso , ma di trecent' anni fa , avanti il Landino , e dal medesi-
mo istessamente confutato .
62 reitera e disdegnosa. In nostra lingua diciamo altiero e disde.
gnoso colui, che per eccellenza d'animo non riguarda, né pon pen-
siero a cose vili , né quelle degna : sicché dimostra una certa schifez-
za generosa , e senza vizio . Perciocché quando uno sprezza , non per
grandezza d* animo, ina per troppa alterigia , non altiero, ma superbo
SiJ chiamerà . K cosi chi per la medesima alterigia non si acqueta ad
alcuna cosa, è detto ritroso . Onde il Tetrarca usò tali vocaboli in
(a) Vedi il VocaboUrio della Crasca ^ e il poeta nostro stesso Inf. xxv 10
f^) Vedioe esempi nel Thesaur . Itng. Lai, di Roberto Stefano . (c> EL»qu,
Ittd, lib. 1. cap. iS.
CANTO VI. 77
Illa lasciavane gir, solo guardando
A guisa di leon quando si posa .
67 Pur Virgilio si trasse a lei , pregando
Che ne mostrasse la' miglior salita :
E quella non rispose al suo dimando ^
70 Ma di nostro paese e della rita
Ci chiese • £ '1 dolce duca incominciava :
Mantova ... £ l'ombra, tutta in se romita 9
73 Surse ver lui del luogo ove pria stava ,
Dicendo : o mantovano , io son Sordèllo
Della tua terra. E l'un l'altro abbracciava.
76 Ahi serva Italia , di dolore ostello ,
Nave senza nocchiero in gran tempèsta ,
Non donna dì provincie 9 ma bordello !
Aroprìa significazione, quando disse Altiera e disdegnosa: Non supei^
aaj'o ritrosa (a): Lìlndino .
66 A gttisa ec. Come fa il leone , che giace . Ed ottimamente ag-
guaglia la generositli di Sordèllo a quella fiera , che è di sua natura
molto generosa . Landino •
67 Pur, vale nondimeno, non ostante cioè la prefata alterigia^,
disdegno , che Sordèllo mostrava. «
70 71 71 Di nostro paese , e della vita ci chiese ( e' incliiese le
edizioni diverse dalla Nidobeatina) , ci richiese che gli dicessimo di
che paese eravamo , e che vita fosse stata la nostra . Vei^ìutbllo -^
incominciava , Mantova y e voleva seguitare, mi generò^ come nel 8(10
epita6o si legge. Ma fìnge che udendo Sorilello nominar la patria
sua, fu tanta la dolcezza che gli venne, che non aspettò che dices-
se più oltre. Vellu TELLO ' — r ombra tutta in se romita y sottointendi
da prima , e come se detto fosse U ondfra , eh* era da prima, tutta, in
se romita, in se stessa raccolta e solitaria.
y6 Ahi serva Italia , digressione Ghibellinesca del Poeta — dì do-^
lare ostello, albergo di dolore e di guai.
' 77 * Nave senza nocchiero ec. Quia guandocumque Italia est der
relieta ab Imperatore , agitatur modo ab ilio , modo ah alio vento . Po-
STiLL. Caet. ,
78 Donna , signora , dominatrice ; ed accenna la grandezza a che
era salita cui Komano impero — ^or^e;//ò, postribolo , luogo, dovè stan-
no le meretrici . Cosi chiama Dante V Italia ai suoi tèmpi estremamen-
te corrotta . Vedi V Ercolano del Varchi a carte agS. Volpi. * Il P9Stil-
latore sopraccitato porta più innanzi l' interpretazione della parala bor^
dello diminuendo all'Italia la colpa diretta: Quia ibi concùrrunt om-
(a) Cam. 22.
/
yg PURGATORIO
79 Quell'anima gentil fu così presta »
Sol per lo dolce suon della sua terra »
Di fare al cittadin suo quivi festa :
82 Ed ora in te non stanno senza guerra
Li vivi tuoi , e r un V altro si rode
Di que' eh' un muro ed una fossa serra •
85 Cerca , misera , intorno dalle prode
be tue marine , e poi ti guarda in seno |
S' alcuna parte in te di pace gode •
88 Che vai perchè ti racconciasse '1 freno
Giustiniano , se la sella è vota?
Senz' esso fora la vergogna meno .
91 Ahi gente , che dovresti esser devota ,
£ lasciar seder Cesare in la sella ,
Se bene intendi ciò che Dio ti nota !
nes nationes barbara! et aliai ..... dimittunt et poniint in Italia omne$
paupertales et miseri ns» Quia vendunt ItnUcos siciit ^nditnrcnro kuma-
lupi
cosa desiderata. N.E.
80 Dolce suon , dolce nome .
Sa 83 84 Ed ora ec. Vuol dire che , se la medcsìmanza della pa*
Vrisk, quantunque in diversi tempi ottenuta rendeva Sordello così a
Virgilio aficzionato , molto più amare si dovevano i contemporaneamen»
te viveilti dentro delle medesime mura .
85 Intorno dalle prode ^ intorno alle rive* Dalle per alle ^ come
da per a . Vedi il Cmonio (a) .
S6 in Seno, nel mezzo .
S8 Ti racconciasse il freno ^ raggiustasse e riordinasse le leggi
per riteneteti nel dovere — ^ Giustiniano Imperatore , che ridusse a me-
todo le leggi Romane , tagliando fuori tutto il soverchio , e ritenen-
do solanìente il necessario, componendo le pandette, il codice, e le
i^titazioni . Volpi , ^^ se la sella e vola , se non ti siede sopra chi
ti guidivs
90 Sem* esso f intende il racconciato freno delle leggi — fora la
vergogna meno: essendo cosa meno obbrobriosa, che sia in disordini
e scompigli un popol^o senza leggi , che altrimenti
(a) Partic^ 70 ».
V
e A N T O V I. 79
^ Guarda com' està fiera è fatta fella »
Per non. essef .corretta dagli sproni ,
Poi elle ponesti mano alla predella !
97 O Alberto tedesco ^ eh' abbandoni
Costei eh' q fatta indomita e selvaggia ,
£ dovresti inforcar li suoi arcioni ,
Ghibellino taccia d' indi\'Otì\ dì disubbidienti ai divini comandamen-
tj y gì* inimici suoi e dell' Impèro • — Cesare in fa sella la Nidobeati-
na con tutte J'antichc edizioni , e con qualche agevolezza maggiore
nel verso che Cesar nella sella , che hanno voluto invece gli Accade-
mici della Crusca,
\/ì 9^ 96 Està per quesia^ afercsi assai dagli antichi praticata —^e^
ni, intende l'Italia — ponesti mano alla predella, Contraddiconsi gli
espositori circa il si|[nincato della voce predella in questo passo di
Dante . Il Buti , seguito dal Landino , \eilutello , Daniello , e dagli
Accademici nel Vocabolario della Crusca , dice che predella qui si-
derivisi da prtediiim , che significa possessione , e che la sentenza di
Dante sia : Quando tu pigliasti possesso di ciò che a te appartenesHi »
espositori in volere , che 1 azione di aver posta mano alla pr
intridala Dante dell' Imperatore Alberto , che in seguito nomina , e
che perciò la terzina Guarda com* està ec. congiunga il senso , non
colla precedente terzina y^hi gente ec.y nxa colla seguente O Alberto
ce. Ma , non avendp , da un canto , nessuna delle due dette spiega-
zioni della voce predella esempio che la confermi : né parendo ,
dell' altro canto , tollerabile che , ove ad Alberto parlando Dante »
avesse detto Guarda com* està fiera e fatta fella , potesse allo stesso in un
medesimo fiato ripetere , che abbandoni costei, eh' è fatta indomita €
selvaggia; mi eleggerei io piuttosto di dare alla voce ^r^nie/Z^ un piii
ovvio significato di seggio, o sgabello, e chiosare, ,clie riprenda il
Poeta la stessa prenominata gente di aver posto mano , cioè fatto vio-
lenza, contro l'Imperiai seggio; ovvero (persistendo nell' incomin-
ciata allegoria deiìsi fiera, sella, e sproni) di avere sottratto lo Sf^a-
bello 9 ed impedito a Cesare di montare in sella» Secondo onesta spie-
gazione dee togliersi il punto fermo posto- in fondo della terzina
j4hi gente ec, , e segnarvisi in vece una semplice virgola • 1/ altro
punto poi , che da tutte V edizioni si pone in fondo della terzina pre-
sente Guarda conC està ec, , come accresce opposizione alla predetta
comune spiegazione ; così a questa particolare mia diviene opportu-
no . ^ Questa interpretazione del Lombardi è stata lodata , e seguita
dal eh. Riagioli. N.E.
97 9^ 99 ^ Alberto Tedesco ec. Alberto d' Austria figlio dell'Imp
peratore Ridolfo il primo della casa d'Austria, succeduto nell'im-
(a) Vedi il Vocibolario delia Cresca sotto la Toce prtétlla {• a.
So PURGATORIO
loo Giusto giudicio dalle «stelle caggta
Sovra il tuo sangue i E sia nuo?o ed aperto j
'■'■ Tal .che 1 tuo snccessor temenza n' aggìa !
io3 Ch'avete tu e 1 tuo padre 'sofferto ,
Per cupidìgia di costà distretti ,
•i ■
..■•*'.•'. * '
pero ad Adolfo nel iigS o 1299 ^ vìssuto Imperatore dieci anni (a);
e "Clie perciò viveva Imperatore nell'anno i5oo in cui, com'è detto
mk volte, finge Dante di aver fatto ^^uestó viaggio all' altro mondo .
. È da osservarsi la nota del Postillatore del Cod. C^et. che dice
• Iste Albertus fidt electus ad Imperinrn anno i3o3, et nunquam vo-
luit venire in Italiani sed hahcre volehàt omagium suitm « Né si incoi*
leriscano i Cronologi se trovan patente contraddizione circa 1' anno
dell' elezione in Imperadore di Alberto » pdiphè Papa Bonifacio Vili
io disapprovò (fi) e soltanto nel i3o3 gli spéiVi bolla' di ricogniùo-
tie, conte Re dei Romani» aftinché lo projtegésse dalle imprese ostili
di Filippo il Bello Re àx Francia. N. E. — cfC abbandoni costèi^ che
non ti curi di asso^f;;ettartela — dovresti inforcar li suoi arcioni • ^r-
ciotu parte della sella , detti qui in luogo di sella: ed inforcar la s»l -
la dicesi colui che vi sta a cavallo , perocché strlngela fra le gtm*
.be , nella guisa che il bidente stringe ira suoi denti , o trebbi , ta p*>
glia > e fieno che inforca .
1^00 loi 102 Giusto giudizio ec, giusta vendetta venga dal cielo—
sovra il tuo sangue, sopra il tuo lignaggio-: cosi doversi per fo/ig'iitf iii<«
terpretare ne indica la terzina seguente Ch^ avete tu e '/ tuo padre
soffèrto ec. .-r nuovo ed aperto , inusitato , p manifesto , accioc-
ché dia più terrorre. Landino. Gli manda ({uesta imprecazióne quasi
profetizzando ciò , che in efietto era accaduto ad Alberto , ucciso
nell'anno i3o8 da Giovanni suo nipote carnale: dal che si raccoglie
chiarrtmeiite, che Dante,, il quale non poteva profetizzare se non il
passato , .scriveva queste cose dopo l'anno suddetto i3o8 mentre pur
finge di aver intrapreso il sno fantastico viaggio nel i5oo come gìk
sì è notalo. Ventuiii — Tal chi' l tuo sitccassor y Arrigo settimo di
Lucemburgo . * »$i che , il cod. Antald. N. E. — temenza /l' nggia ,
impari dal t«o danno a ritener in freno e timore l' Italia . Scrive
di questo Arrigo il Patarol : In Italiam veniens , forreeun quoque co-
ronam accepit ìfediolatti y ubi cuncta armis oc terrore compescuit , et
in ohed^entiam adegit^ territa non parum ipsa urhe Roma. Movit in-
de in. Flore fUinos ( ciò che al Poeta sopr' ogni altra cosa premeva >
com'è dietto al v, gì) Apuliaeque Regem Rohertum iisdem Javentem .
Sed in me-Iio rerum cursu sublatus est apud Bonconvjsntum , non longe
a Senis (e) ,
lo'S E il tuo padre Piodolfo di cui al i». 97. Dice dell* Impera-
tor Ridolfo il Patarol : Italiam nunquam ingredi vpluit , profteritorum
■Cfesarum infortuniis admonitus (d) . * E ^l tuo sangue , il cod. Vat. ,
r Antald. e il Caet. , che in post, reca ali ter padre , Ed è bella variau-
-te, secondo che noi stimiamo: indicandosi per tal modo tutta la casa
d' Alberto . N. E.
ìo\ Per cupitligìa di costai ellissi, e quanto se avesse in vece
(a) Patarol. Seria dugust. {h) Art. de Terificr U% dates . pag« ^{S.
(e) Scr. dtiguH, a. 107. (d) Set. dug, n. 104.*
e A N T O VI. 8i
Che 1 giardin dello 'mperio sia diserto .
106 Vieni a veder Montecchi , e Cappelletti,
Monaldi , e Filippeschi , uom senza cura ;
Color già tristi , e costor con sospetti .
109 Vien , crudel , vieni , e vedi la pressura
Dei tuoi gentili , e cura lor magagne ,
E vedrai Santafìor com' è sicura . '
112 Vieni a veder la tua Roma che piagne ,
Vedova 9 sola » e d\ e notte chiama :
Cesare mio , perchè non m' accpmpagne ?
.11 5 Vieni a veder la gente quanto s'ama;
£ , se nulla di noi pietà ti muove»,
deUo per cupidigia tU acquistar paesi di costà , in Germania — distret-
ti , stretti , angustiati (a) . Spiega ahrimcnti queste parole il Vellute!-
lo . Per cupidigia , dice , €Ìi costà distretti , cioè per cupidigia de* ter^
riiorf de la Hfagna ; onde diciamo Siena , Lucca , e suo distretto : co-
me in sostanza , se fosse scritto cupidigia di distretti ( di acquistar di-
stretti ) costà .
io5 Giardin dello ^ mperio^ la porzione più bella dell* inuperìo •
106 107 iq8 Vieni ec. Costruzione. P^enij tujm senza cura y a ve»
der ec, — .ìfontecchi ^ e Cappelletti ^ nobilissime e possenti famiglie
Ghibelline di Verona in quei tempi • Daniello — Monaldi e FUippC"
schij altre due nobili famiglie pur della atessa fazione in Orvieto •
Daniello — color gin tristi j cioè Montecchi e Cappelletti , per essere
stati oppressi e ruinati da' Guelfi . Daniello — • e castoro > e i Monaldi
e Filippeschi , con sospetti , d' essere essi ancora dalla contnuria par*
te mal menati ed afflitti . Daniello . "^ £ questi con sospetti , i codd.
Vat. C^el. e AnUld. N. E,
109 no La pressura de* tuoi eentili y l'oppressione fktln a* suoi
nobili y e sudditi Ghibellini ; perchè da* Gueln erano oppressi • Vbl«
LUTELLo . Lia pressura , che leggono la Nidobeatina , l'Alaina ed altre
antiche edizioni, hanno iu foppressara mutato ^li Accademici della
Crusca , quantunque nel loro Vocabolario abbia il primo più esco^pi
che non il secouuo vocabolo -^ccrre» hr moffxfftt^ Tcndica loro iugm*
rie. Vellutzllo,
1 1 1 Vedrai , così alcune ediz. , ove altre leggono iwifm* — Smnt a-
Jtore contea nello stato di Siena -^ cotn e àcum ; quasi dica , che *i
fiaese è rotto j e pieno di rubatorì, e di ladroni. Landino. Qualche
ezione ha come si cura , cioè vedi come barbaramente si governa •
Venturi. Bisogna credere» che i Conti di Sanlaiiore fossero Guelfi.
"^ Il Fosti Ih Caet. isti Jmrunt Comites de Sancta fiora qui multa cor
stra et donèinium hahehani in ioaritima • ]N. E*
114 y^ceampague ^ antitesi per accompagni*
(a) Ve4i il VocaVohfì^ '^^ Crasta sott^ la voca distrtUù f. I.
8i PURGATORIO
A vergognar ti vìen della tua fama .
ii8 E , se licito m'è, o sommo Giove,
Che fosti in terra per noi crocifisso ,
Son li giusti occhi tuoi rivolti alti*ove ?
121 O e preparazion , che nell'abisso
Del tuo consiglio fai , per alcun bene .
In tutto dall' accorger nostro ascisso?
104 Ghè le terre d' Italia tutte piene
Son di tiranni , ed un Marcel diventa
Ogni villan che parteggiando viene •
ff8 Licito per lecito adoprato spesso anticamente vedilo nel Vo-
cabolario della Crusca — sommo Gioi*e, Chiama, sferza il Venturi,
col nome fU dove il nostro Sifmor Gesii Cristo , quanto bene , , altri
per me vel dica • risponde pero al Venturi il llosn Moraiido : A* così
jrequente ne' poeti Cristiani f uso di chiamar Giove il vero Dio > che
onesta voce è per cosi dire santificata , e non fa pVu ribrezzo . Dante
t ha u$ata in questo caso , rif^irdando forse alC origine sua . Giove
fu detto y secondo alcuni, dal giovare; e cìii ci lia giovato piit di Cri-
sto? Cicerone (a) afferma che da iuvans pater si fece Tupitcr, o lup-
piter con due p , cìte anche in questo modo si trova scritto , per quel-
Ì^Jigitra, che lettera nel mezzo della dizioite aggiungere i Greci cìùa-
marno epentesi . jé, Gellio però (b) afferma che non da iuvans pater ,
ma da lovis pater si fece lupiler : quod elisis et mutatis litloris est lu-
piter, id plenum atquc integrum €St lovis pater: nii sarebbe forse lon-
tano dal vcm il dire, che lovis piuttosto che a luva^ndo , derivato fosse
dal lebova degli Ebrei , eh' è il proprio , ma presso loro innominabil
nome del vero Dio, S* arroge a tutto ciò, cìie in questo verso il c/ùa-
mar Giove f eterno Verbo , vien consolato ( per usar f espressione del
Castelvetro ) da quelle parole e se licito m' è , quasi con esse si voglia
dire e se m*ò lecito cosi chiamarti. Non fu st scrupoloso il Petrar-
ca ^ che senza questa consolazione tlisse
se l'eterno Giove
Della sua grazia sopra me nou piove (e)
e in altro luogo
, o vivo Giove ,.
Manda , prego , il niio in prima che il suo fine (d) .
lai al 116 O e preparaùon eco con questi mali , che permetti ,
dispone V infinito abisso della tua sapienza e providenza di preparar-
ne alcun bene dalt accorger, dal pensar, nostro in tutto ascisso afTatto
separato, del tutto rimoto. Scisso in luoco d* ascisso leggono T edi-
zioni diverse dalla Nidobealina , * e il eoa. Vat. e il Caet, N.E. — j4sci-
so però, qual sincope d* ascisse , trovasi adopralo anticamente anche
da altri (e) ; e serve qui a togliere quell' asprezza , che seco appor-
ra) Nat. Deor. lib. 1. {b) Noct. At. Hb 5 cip. la. (e) Son. l33-
CJ) Son. 'joS. (e) Vedi il Vocabolario della Crusca .
CANTOVr. «3
1 !i7 Fiorenza mia y ben puoi esser contenta
Di questa digression , che non ti tocca
Mercè del popol tuo che sì argomenta •
1 3o Molti han giustizia in cuor , ma tardi scocca y
tano le vicine voci nostro scisso . — Sarebbe cosa empia ( avverte
saggiamente il Landino ) credere che Iddio abbandonasse » non dico
Italia , ma ima delle minime creature : perche è falsa la credenza de-
gli Epicurei, che Iddio non curi le cose umane. Per la qua l cosa la-
sciando Dante la dubitazione, la quale sarebbe empia, se la ponesse
affermativa, viene a quello che si può religiosamente dire; percioc-
ché essendo Iddio somma bontà , non permette mai ^Icun male , se
non a fine, che quello sia preparazione ad alcuno maggior bene. —
In fine della terzina O è preparaùon ec, segnasi comunemente un
punto interrogativo : a me e parso bene di levarlo di qui , e collo-
carlo nel fine della terzina seguente; acciò si capisca, che formano
ambedue queste terzine un solo periodo . * Noi però stiamo colla co-
mune . N. E. — Jtd un MaìTeL Di questo nome furono in llonia molti
uomini segnalatissimi ; ma in particolare quegli ch'espugnò Siracusa,
e l'altro che s'oppose alla tirannide di Giulio Ces.nre. \olpi * Il
Postillatore del Cod. Caet. smidolla questo passo , e ne trac sugo di
delicatissimo gusto. Iste fini JA 3farccltuSi(jtiìJuit inimicus Ctesaris ^
et quia judicavit Ccesarem immicum Senaius , et Heipublicie Romanm ,
vuìt dicere , quod sicuti idem Marcellus opposuit se Catsari , ila quHi-
bet cujuscumque vilis conditionis vult opponere se Cassari sive Impera-
tori. ti,\L, — O^i viltan , ogni vile ed abbietto uomo — che parteg-
giando viene vale quanto che parteggia, che prende parte nelle fazio-
ni . f^enire ( insegna il Vocabolario della Crusca ) co gerundi r/tfVer-
bi; come venir facendo , raggiiardando ^ e simili ^ Pale pur lo stesso y
cioè fare , ragguardare ; mono comune a noi , e ai Gtvci . * Il cod.
Antald. porta i due primi versi cosi : Che le Città d^'ltalia tutte piene
son di tiranni , ed un Metel diventa ec, N. E.
stili. Caet. N. E. — mercè vai quanto per mercè -^ per grazia {a), -—che
si argomenta , che s' ingegna , che si studia ( ellissi ) , intendi difarii
essere di condizione diversa dalla descritta comune ad Italia Ittita . Al
me lesimo significato adopera argomentarsi il Roccaccio in quelle p«*-
role : veggendo , che come volea , non potea , s* argomentò fli fornirla
noi stiamo colla comune , e col Hiagioli che la difende , quasi Dante
dica : cìu: argomenta sì ( che adopera sì ) che questa digressione non ti
pub toccare. N.E^
i3o al i35 Molti han ec, L' ironia continuando ed accrescendo
specifica i capi , pe' quali non tocchi a Fiorensui la premessa digressio-»'
(a) Vedi il Vocib. della Cr. sotto la voce mercè {. 3' {b) Nove). 62 14
(f) Amer. proem*
F a
^ PURGATORIO
Per non venir senza consiglio all' arco ;
Ma '1 popol tuo r ha in sommo della bocca •
i33 Molti rifiutan lo comune incarco ;
Ma 1 popol tuo sollecito risponde »
Senza ciiiamare , e grida : io mi sobbarco •
i36 Or ti fa lieta , che tu hai ben onde ;
Tu ricca , tu con pace , tu con senno .
S' io dico ver , V effetto noi nasconde •
13^ Atene e Lacedemona , che fenno
L' antiche leggi e furon sì civili y
ne , ma solamente alle altre città d* Italia , le virtù perciò delle altre
città in aria di vizio commemorando , ed ì vizi di Fiorenza in aria di
virtJi — Molli ( vale molti altri popoli , in contrapposizione cioè al po-
pol tuo , che ha già detto , e eh* è per ripetere ) han f;iustizin in cuor^
ma ec, rimprovera negli altri qua! pigrizia e melensaggine che non
siono corrivi a fare scoccare , a mandare ad effetto , cjn^hj giustìzia
rhe hanno in cuore , che amano , per non venir senza consiglio aWar^
co^ per tema di non adoprar Tarme della giustizia sconsigliatamen-
te; e loda nel Fiorentino popolo qual sollecitudine virtuosa che, in
vece di avere la giustizia nel cuore larda ad iscoccare , abbiala nel
sommo della bocca ^ cioè sulle labbra ; intendendo però che abbiala in
millanteria di parole solamente , e non in fatti — molti rifiutan ec*
rimprovera negli altri qual disamore verso della patria la prudente
modestia , che rend«»li timorosi e schivi ad accettar comune incarco ,
cioè cariche di Magistratura e governi ; e loda nel Fiorentino popo-
lo qual amore verso della patria 1' avidità di cotali offizj , Ul che ,
sema chiamare (mlen^x qui chiamare nome verbale equivalente a
e/ua-rtaia ) sollecito risponde e ^da , io mi sobbarco , cioè io m in-
curvo sotto, intendi sotto il mentovato comune incarco. Questo ver-
bo sobbarcare, se noi prese altronde, composelo qui Danto giudi-
ziosamente dalle voci Teatine sub ed arcuo , as {a) , ad esprimere quel
piegarsi in arco che l'uomo fa sottoponendosi a grave P.^so . Al ver-
ho arcare non dà il Vocabolario della Crusca altri significati che di
Urur Parco, e d'ingannare. Ma e pel significato che vedesi qui uè-
cessano al verbo sobbarcare, e per quelle in olire che in ocabolario
medesimo attribuisce all'aggettivo arcato , scorgesi che «^«'«^^
vette ancìie significare lo stesso che archeg^iore, cioè (chiosa il vo-
cabolario ) torcere o piegare che eh sia a guisa a arco . ^
i36 1^7 Or ti fa lieta ec. Continua l'ironia, e vuole inteso che
eli' era in miseria , senza pace , e senza senno . . , •
i3« S' io diro ver: s'è vero ciò, che voglio pel detto mio s in-
tenda , cioè tutto il contrario — /' effetto noi nasconde, V effetto lo di-
mostra . . r • •
1^9 i/|o ^tene e lacedemona, due città della Grecia lamosisai-
(a) .arcuare , in modum arcui curvare . Robert. Stcph Thtsaur» ling» Latt
e A N T O V 1 . 85
Fecero al viver bene un pìcciol cenno
i4^ Verso di te , che fai tanto sottili
Provvedimenti , eh' a mezzo novembre
Non giunge quel che tu d' ottobre fili *
145 Quante volte , del tempo che rimembre 9
Leggi , monete , oflicii , e costume
Hai tu mutato , e rinnovato membre ?
148 E , se ben ti ricorda e vedi lume ,
Vedrai te simigliante a quella 'nferma ,
Che non può trovar posa in su le piume f
Ma con dar volta suo dolore scherma.
^ me '— che Jenno F antiche leggi, Atene per mezzo del suo So Ione , e
Laccdemona , o sia Sparla, per mezzo di Licurgo — e furon sì civiìi ^
COSI ben regolate.
i/ji Fecero al viver ec. Mostrarono un barlume, diedero un pic-
colo saggio di buon regolamento politico , a paragone di te tanto più
provvida ec. Ve1«tubi .
142 143 i44 Tanto sottili • Parlare equivoco, che può significare
tanto argutamente pensati , e tanto Jicvoli — ch^ f, mezzo novembre ec*
Toglie qui Dante la maschera al suo dire ; ed incomincia dal far ca-
pire , cn' egli ha detto sottili i I ioreutiui provvedimenti , non in al-
tro senso che di fievoli, e di poco durevoli; e con metafora presa
dalla poca durevolezza del troppo sottil filo, diceche cib^ch^fila^
cioè ordina , Fiorenza d' ottobre , non giunge a durare fino a mezzo
novembre .
145 Del tempo che rimembre (del per dal o nel, come per le
particelle medesime adoperasi la ai segno del secondo caso) (a) dal
tempo che ti ricordi.
146 f^gei » monete , qfficii la Nidobeatina , legge , moneta , e ufi^
CIÒ j 1 aitr edizioni .
147 Hai , COSI leggono alcune edizioni, ove alcune altre fia* . — n/i-
novato membre ( antitesi , per membri o membra ) rinnovato cittadini
cacciando ciuesti , e riammettendo quelli , secondo il prevalere de' par-
titi ne' quali era la città divisa .
i48 Se ben ti ricordi, la Nidobeatina ed altr' edizioni antiche; ti
ricorda , le più recenti appresso a quella degli Accademici della Cru-
sca — *ll Codice Antald. legge : ma se ben ti ricorda . E ti ricorda ,
come modo più vago e toscano, restiluìanio noi volentieri . N.£. — e vedi
liune , ed hai accorgimento .
i5i Scherma (da schermare, che pure usa Dante) {b) vale n-
paìyj , cerca di riparare .
(a) Cinon. Partic* 80 nura. 5 8. (J>) Purg. xv 26.
Fine €Ìel canto sesto .
86
CANTO VII.
■tei^aHMrt
A R G O M E N T O (*)
Tratta di coloro^ che hanno digerito il pentirsi^ per attere occupato V ani*
mo in signorìe e stati ; i quali purgano il lor peccato in un Perde • fiO'
rito prato : e quitti trova Carlo e' molti altri •
1 Aosciachè F accoglienze oneste e liete
Furo iterate tre e quattro volte,
Sordel si trasse, e disse: voi chi siete?
4 Prima eh' a questo monte fosser volte
U anime degne di salire a Dio ,
Fur r ossa mie per Ottavian sepolte :
I a Posciaché ec. Attacca con P un F altro abbracciava detto nel
precedente canto v. ^5 immediatamente avanti a quella lunga digres-
sione; e ^er V accoglienze s'intendono gli abbracciamenti — iterate ^
ripetute •
3 Si trasse^ s'arretrò. Indica qncll' alquanto d' intervallo a che na-
turalmente quelli che si sono abbracciati sogliono dopo gli abbraccia-
menti rimettersi — voi chi siete : quasi dica : io vi ho manifestata non
solo la patria y ma anche il nome mio di Sordello ( canto preceden-
te V* 74 7^ ) > e il nome vostro qual' è ?
4 5 o Prima . ( * u4nzi , il Cod. Antald. N. K. ) Suppone Daìtte
che sia il monte del Purgatorio V unica strada di salire al ciclo ; e
perciò fa dall* angelo alla foce di Tevere raccogliersi , e per nave colà
tradursi Qual verso à! Acheronte non si cala {a) . E come, quando mo-
rì Mrgilio , regnante Ottaviano Augusto , e prima della redenziou del
mondo per Gesù Cristo operata anche alle anime più sante era ne-
gato di salire al ciclo , ma conveniva passare al Limno , eh' è quanto
dire air Inferno , saggiamente il poeta nostro per non dare alle ani-
me die avevano macchie da purgare luogo migliore che alle anime af-
fatto pure , lascia che per allora restasse il Purgatorio nel luogo me-
desimo ove comunemente si crede essere , cioè ncll' Inferno ; e solo al
passaggio delle anime sante dall' Inferno al ciclo , fìnge per effetto
(*) Argomento metrico del cel. Gaspare Gozxi •
Di gir più oltre a due Poeti toglie
Sordel la speme , in sin che nuovo giorno
La notte non isgombri , eh' ivi coglie.
Intanto vanno con lor gaida intorno ,
E trovan Alme sedersi cantando
Salve Regina i in luogo verde e adorno ,
Che di lor pace al Ciel fanno dimando .
(fl) Pnrg. il io5.
e A N T O V I 1 . 87
7 Io son Virgilio; e per nuli' altro rio
Lo ciel perdei, che per non aver fe\
Così rispose allora il duca mio .
10 Qual è colui che cosa innanzi a se
Subita vede , ond' ei si maraviglia »
Che crede e no, dicendo : eli' è , non è ;
1 3 Tal parve quegli : e poi chinò le ciglia ,
Ed umilmente ritornò ver lui ,
Ed abbracciollo ove 1 minor s' appiglia .
16 O gloria de' latin , disse , per cui
della redenzione medesima mutato e migliorato anche il luoeo delle
purganti anime . Malamente intendendo questo passo il A enturi : Fa/so
( grida ) che chi prima della resurrezione M Signore morii'a in grazia ^
ma con qualche reato ,' non andasse subito al Puigatorio^ — Fur V ossa
€€• allude a auella testimonianza di Donato ( o qualunque siasi eoa
tal nome appellato) : Trutislala jussil Augusti Virgilii ossa .Vaepolinifue^
re , sepuUaque ec. (a) .
7 Hioy qui pure (come Inf. iv /\o) sustantivo por reità.
S Fé y apocope di Jede, qui non per V intiera fede nostra ( che mori
Virgilio o prima che (iesìi Cristo nascesse , o prima certamente che
colla predicazione si manifestasse , ) (A) ma per la credenza nel l' aspet-
tata redenzione per (iesii Cristo : Quia ( scrive , quello che a' tempi
di Dante leggevasi da tutti i teologi , il Maestro delle sentenze ) sine
Jtde Mediatoris nullum hominem vel ante , \fel post Christi ad\>entumfuisse
sal\^um , sanctontm auctoritates contestantur \ti) .
II Onde si maraviglia \a Kidob. , o/irf* ei si maraviglia l'altre edi-
zioni * , che noi seguiamo in compagnia del Cod. Caet per restituire
una sillaba al verso . N.lì. — A ale qui la particella onde quanto per cui,
i3 Chinò le ciglia, abbassò gli occhi , in atto di rispetto.
i5 yfbhracciollo ove 7 minor s* appiglia , cioè alli piedi , come
espressamente nel xxi di questa cantica dirà di Stazio che si chinava
ad abbracciar li piedi a Virgilio medesimo ({{) • Quella forza poi d'amo*
re, per cui si confesserà ivi Stazio dimentico d' esser egli e Virgilio om-
bre {e) y la medesima può riputarsi cagione , che Sordello e Stazio
dimenticassero la loro condizione superiore a quella di A irgilio dannato
all' Inferno ; senza che vi contraddica ( come in questo e nel citato
Juoffo bis})it;liano il Venturi e il d* Aquino ) quell' altro contegno di ^'.a-
eh' ebbe la
tone verso Marzia {f) . Imperocché C.'atone e pe' costumi
vita severissimi , e per l' ofllzio a cui è posto di sgridare e solleci-
tare le negligenti anime, può, e dee supporsi tutto svegliato , e pieno
d* accori;iniciito . * Il Cod. Vat. dice: ove il nutrir si pìglio > «? il Cod.
(a) P. f'irgìl, vita . (^) Cos\ a cagione d' asserirsi comunemente morto
Virgilio neir anno ^7, dell* impero d' Augusto , e dei divario eh* è tra gli scrit-
tori nel deterinioar i' anno del medesimo impero in cui Gcsì& Cristo nascesse ;
vedi tra -gli altri Baronio Martyrol. i5 decemb. (e) Lib. 3 dist. a5 (</) Vars. j3a
{e) Vors. i35« {fi Purg. i 88 e segg.
88 PURGATORIO
Mostrò ciò che potea la lingua nostra ;
O pregio etei^o del luogo ond' io fui ,
19 Qual merito o qual grazia mi ti mostra?
S' i' son d' udir le tue parole degno ,
Dimmi se vien d' inferno , o di qual chiostra 7
an Per tutti i cerchi del dolente regno ^
Rispose lui , son io di qua venuto :
Virtù del ciel mi mosse , e con lei vegno .
a5 Non per far^ ma per non fare 9 ho perduto
Di veder l'alto Sol che tu disiri,
E che fu tardi per me conosciuto •
d8 Luogo è laggiù, non tristo da martìri
Ma di tenebre solo , ove i lamenti
Non suonan come guai , ma son sospiri :
Caet • ^on mal encomiato abbastanza , i] quale reca la convenata lezio-
ae, ha una postilla sincrona che parimente legge alitelr: ove^l nutrir
si pigiìa : variante che merita uno studio particolare , per la quale ci
sana dato di conoscere, che Sordello abbracciò Airgilio , non a' piedi,
ma 'sotto il petto ; cioè alla regione del cuore . N.bl.
in Ciò elle potea la lìngua nostra , la lingua che una Volta parlò
r Italia nostra , la lingua Latina : e dicendo potea acceuala a tempi
suoi già morta .
ai Vien per vieni: apocope a cagion del metro — tt Inferno y o di
•qual chiostra la ^idob. , iC Inferno , e (li qual chiostra l' altre edizio-
ni : '*' e il Cod. Caet. N.K. Ma cercando se veniva dall' inferno , dovette
dubitare che potesse anche d* altro luogo ( eh* è quanto a dire d' altra
chiostra) venire. ^ Biagioli pende in diversa opinione . N.£.
a/j Vìrtìi del ciel ec. , simile a f\\xei\o DelC alto scende virili f che mi
iijuta Conducerlo a vederti e ad udirti (a) . Daniello . *
a5 26 1'] JVon per far , ma per non far : non per scelleragini com-
messe, ma ( giusta il di lui detto dieci versi sotto ) per non essermi
vestito delle tre sante vi/iii , cioè fede, speranza , e carità — /' alto Sol y
Iddio , SI perche illumina il Paradiso , si perchè intende il Poeta che
il basso iios(ro Sole sia come uno specchio riverberante la divina luce ,
che per mezzo delle celesti intelligenze a lui deriva (b) * Il veder
l'altro sol, il Cod. Anlald. N.E. — tardi per me conosciuto la Nidob. ,
tardi da ec, V altre edizioni . * e il Cod.A at. N.F.. — tanti cioè dopo morta
solamente .
a8 29 5o ÌMOgo è la^f^iìt y iiitendr il Limbo — non tristo y non re-
so tristo — ila mart)ri y dalla pena del senso • — ma di tenebre solo , ma
reso tristo sul amente dalle tenebre — ove i lamenti non suonan come
(a) Purg. I 68 e segg. (b) Vedi quanto è detto Purg. iv 63^
e A N T O V I 1 . 89
3i Quìtì Sto lo co'parvoli innocenti
Dai denti morsi della morte, avante
Che. fosser dell' umana colpa esenti .
34 Quivi sto io con quei che le tre sante
Virtù non si vestirò y e , senza vizio 9
Conobber V altre e seguir tutte quante.
37 Ma , se tu sai e puoi , alcun indizio
Dà noi , perchè venir possiam più tosto
Là dove 1 Purgatorio ha dritto inizio •
fuai ec» , non hanno suono dì alte strida . Ridice qui ciò che deli«
stesso Limbo disse Inf. vi a/y. quivi JYon avea pianto y mtd che di sospi-
ri ec\ , sospiri di desiderio .
^ 3t Quivi son io , il Cod. Antald. N.E.
Sa Dai denti ec. Concepisce col volgo la morte a guisa di un ani-
malo e dentato umano scneletro , e la fa agire col mordere •
34 DelF umana colpa la Kidoi). , dalV umana colpa V altre edizio*
ni , * e il Cod. \ at. e il Caet. N.E. Intende per C umana colpa , la col-
pa a tutto r uman genere comune , cioè la colpa originale — esenti per
purgati .
5/| 35 36 Qui>^i sto io eon quei che ec. Accenna con quest' altro
aggiunto eh' erano nel Limbo 1 anime de' gentili adulti dalle anime
de' fanciulli separate — le tre sante virtii, le tre virtù che riguardano
immediatamente Dio , e che perciò teologali s' appellano , fede , speran-
za , e carità . Né contraddice questo a ciò che disse di sopra v, 8, di
aver egli perduto il cielo per non averje; imperocché tanto è il dire
di non aver fede , quanto è il dire di non avere nissuna dello tre pre-
fate virtù — e senza vizio conobber ec. Costruzione . £ conobber t al'
ire virtù , e tutte quante seguirò , senza vizio > senza alcun peccato con-
tro di esse. Bene qui il Venturi, dopo di avere avvisato che talcseì^
cizio costante per tutta la vita di tutte le virtii morali , senza verun atto
delle virtii ieologeUi , è una chimera ; e dopo di aver riferito quanto del-
le più lodate anioni degl' infedeli scrive S. Agostino ile spir.et Ut, e a^
Sì discutiantur quo fine fiant , vix inveniunlur quae iustitiae debitam
laudcra , defensionemve mereantur : però , termina , convien soggiungere
che ancora un infittele può fare nelle occasioni almeno piti facili , qualche
azione interamente onesta di mera onestà morale , eziandio senz* ajuto
di grazia soprannaturale , secondo la più. comune , e pili probabile Inter-
pretazione di queir oracolo : Gentes , quae legem non habent , naturalitei^
ea, quae legis sunt, faciunt. Rom. 2.
38 Dà noi : noi per a noi , come più certamente usasi lid per a lui -
Fa noi grazia in vece dì fa a noi grazia dice il poeta nostro anche
nel XXXI della presente cantica v. ij6.
39 Dritto inizio , vero principio , non erano ancor giunti dove si
purgavano i vizj , ma si trattenevano come nell' atrio del Turgatorio
con le anime o negligenti , o scomunicate , che non v' erano ancora
ammesse a purgarsi . A inturi • Dritta madre per vera madre scrisse
90 PURGATORIO
4o Rispose : luogo certo non e' è posto ;
Licito m' è andar suso ed intorno ;
Per quanto ir posso , a guida mi t' accosto .
43 Ma vedi già come dichina 1 giorno »
Ed andar su di notte non si puote ;
Però è buon pensar di bel soggiorno .
46 Anime sono a destra qua rimote :
Se mi consenti, i' ti merrò ad esse »
E non senza diletto ti fien note .
49 Com' è ciò ? fu risposto ; chi volesse
Salir di notte , fora egli impedito
D' altrui ? o non sarrìa che non potesse ?
nel suo Tesoro anche Ser Brunetto Latini {a) . Vedine altri eseropj nel
Vocab. della Cr,
4o 4» 4^ Lttogff certo non e e posto ec. Risponde sAsetu poi ^ e di-
ce non essere nò n lui , né ali* altre anime compagne posto , cioè as-
segnato , certo determinato luogo dal quale non possano uscire ; ma
esser loro permesso d' andare a piacimento suso e a' intorno . Ui porre
per assegnare vedine altr' esempi nel A ocab. della Cr. (b) . — Per quanto
ir posso , per quanto tempo mi rimane oggi da camminare : e ciò per
avvicinarsi la notte, la quale, come dirà , impediva il cammino.^ Bia-
gioli in vece sostiene , che queste parole riguardano il sentimento del
precedente verso licito m* e andar suso ec. N.K. — a guida y a in signi-
ficato di per (e) — mi t* accosto , mi t' accompagno.
45 Di bel soggiorno , di bel luogo da fermarci .
47 Merrb quanto mcneì^ò , condurrti . Merralle per menemìle anche
il Passavanti , {d) . '*' Il Cod. Caet. unitamente a quello del Sig. Pog-
giali leggono senza la sincope , e con ma'^jglor bellezza del verso I^fe^'
nerotti ; ma , poiché non ne mancano esempj , non gli abbiamo dato
luogo nel testo. Il Cod. Antald. anche più semplicemente: se *l mi
consenti , mcnerotti ec, K.E.
48 Ti Jien note la Nidob. , ti Jier note altr* ediz. , se però il lesto
è sano , dice bene il ^ olpi ; non si trovando iìificr per Jieno altro esem-
pio * Fierha il Cod. Nat. Fien hanno i Codd. Stuard. e Antald. N.K.
49 Fu risposto y dovrebbe intendersi da Virgilio, Vedi il i^. 6i.
5i Sarrìa per salina ^ come sarrà incielo per salirà incielo disse
il Cavalca (e) , e vi sanvi su per salirei su disse il r>ocraccio (J") , r.a
sia pur dimciae licenza o figura, come il Venturi vuole appellarla, non
fu Dante solo che 1* adoprusse . — ('he non potesse: la particella r/i<? ha
qui senso di pen'Jie . Il Cod. (Jaet. \e^*^e Oi*ver saria , che non potesse ?
Chi non vede quanto è piana questa lezione « e forse più vera l Pure
(a) Lib.5 c.3i. (/») Sotto il verbo porre f 3- [c) Vedi il Cinon. Partici 'j.i .
(d) Della scienza diabolica pag. 329. (e) Pung. 8. {/) Giorn. 7. nov. 5.
/
/
e A N T O VII. 91
5 a £ '1 buon Sordello in terra fregò 1 dito » .
Dicendo : vedi , solo questa riga
Non varcheresti dopo 1 Sol partito !
55 Non però eh' altra cosa desse briga ^
Che la notturna tenebra , ad ir suso :
Quella col non poter la voglia intriga •
58 Ben si porla con lei tornare in giuso 9
£ passeggiar la costa intomo errando,
Mentre che V orizzonte il di tien chiuso •
^1 Allora il mio signor, quasi ammirando:
Menane , disse , adunque là Ve dici
Ch' aver si può diletto dimorando •
64 Poco allungati e' eravam di liei »
i Danti del Secolo XIX non 1* accettano . Perchè ? Il perchè sta ripo-
sto nei lor cervelli , e Dio ci guardi , che lo pongan fuori accompagnato
da tanti aspri e chiocci esempj di tal fatta, che le nostre orecchie n#
sarebbero sagrifìcale . N.F.
5i In terra freQb */ dito , vera ipotiposi , col dito descrisse in
terra una linea .
56 Che la notturna tenebra ec. Pone ciò allusivamente al consiglio
evangelico : y^mbulate ditm lucem habetis , ut non vos tenebrae cont"
prefiendant {a) .
57 Col non poter la voglia intriga^ coli' impotenza, che cagiona^
priva di effetto la voglia che ciascun avrebbe di salire .
58 59 60 Con lei , colla prefata notturna tenebra . — tornar ingiu^
so , e passeggiar ec, , eh' è come a dir , camminar senza profitto , al
quale ricercasi la dirina grazia per la luce intesa . * Andare in giuso ,
il Cod, Vat. N.E.— Mentre che t orizzonte il di tien c/iiuso, il di pel
Soley V effetto per la cagione; e come se detto in vece avesse , mai-
tre che r orizzonte tiene il Sole sotto di se .
&2 Disse adunque la Nidob. , disse dunque V altre edizioni — là \e 9
per la ove, sinalefa .
6.\ Liei e quid per Pi e qui , il Cinonio ed il Venturi dicono aver
Dante scritto per necessità della rima . Ma a buon conto liei scrisse
prima di Dante e fuor di rima anche Scr Brunetto nel suo Pataffio
cap. 7, e se non trovasi adoprato da altri anche il quid di per se >
trovasi adoprato unitamente ad altre particelle . Quicentro per qui entro
scrive il Boccaccio (b), e quiciritta in luogo di qui ritta scrive pur Bru-
netto (r) .(>//> ,/i , costì (insegnano i Deputati al Boccaccio) ed altre
di questa maniera , sono voci semplici , che servono a luogo; ed a que-
ste aggiugnìamo la sillaba ci , come i Latini e i Greci danno certe
aggiunte alle loro , e se ne fa quid ^ liei y costici {d) .
(a) loan, la 55. iP) Giorn. 4 nov. 1. (r) Pataffi cap. 8. {d) Giorn. 4 nov. 1.
g^ PURGATORIO
Quando m' accorsi , che 1 monte era scemo
A guisa che i valloni sceman quici .
67 Colà , disse queir ombra , n' anderemo
Dove la costa face di se grembo ,
E quivi il nuovo giorno attenderemo .
70 Tra erto e piano er' un sentiero sghembo 9
Che ne condusse in fianco della lacca j
65 66 Quando nC accorsi la Nidol). , Quandi T m' accora V altre
ediz. * e il «Oli. Vat. ìi^.-^ che' l monte era scemo y A guisa cheec.^
eh' era su queir altura scavato il monte come scavansi qui le valli a
pie de' monti : e dice quid, qui, cioè nell'emisfero nostro^ perocché
solamente poteva il Poeta dall' emisfero nostro trarre esempio ; per nou
esservi di là che quell' unico monte, senza avere a' piedi veron incava-
mento di valli .
6^ Face di se grembo y ripiegandosi alquanto all'insii forma di se
medesima seno , cavità .
6q E là il nuoi^o , la Nidob. , E quivi '/ nuovo , 1* altre ediz. * e
il Cod. Vat, e l'Antald. , che noi seguitiamo per la maggiore sponta-
neità del verso , Là il h cosa che proprio ci oltende l'orecchie. Il Cod.
Vat. aspetteremo invece di attenderemo. N.E.
70 Tra erto e piano , tra l' erta sponda , eh' era a lato dalla strada ,
su della quale camminavano i tre soggetti , e la piana strada medesi-
ma— ef^ un sentiero sghembo ,ss\\s?l ( intendi accosto all'erta sponda)
un sentiero obbliquo ; il piano cioè del quale non era né orizzonta-
le , coni' era quello della strada , né perpendicolare , com' era la sponda
a lato della medesima strada .
71 In fianco della lacca, alla sponda di quella cavità. Significare lacca
lo stesso chu cavità è detto altrove {a) , e qui più chiaramente appa-
risce. ^ Fu appunto Tnf. vii v^. 16, che noi inserimmo in nota la spie-
gazione del Tostili. Gas. alla voce Lacca id est circulo , e l' adottammo
a preferenza di qualunque altra , benché non molto lontana dalle in-
terpretazioni qualunque siensi dogli altri coiniMitatori , compreso il no*
stro Lombardi, l'otra però dircisi che troppo generica ella é, e piut-
tosto evasiva , come che indichi piuttosto la figura della cosa che con-
tiene la cosi detta lacca , che la lacca contenuta . L'otremmo noi diman-
dare cosa dunque vuol significare rotai parola giacché il Vocab. della
Crusca,, non ce lo ha detto. Ma non so dove potrà rinvenirsi una
spiegazione che , contraria alla nostra , soddisfi con ragione . Noi in-
tanto ci confermiamo nella nostra opinione , ed in questo luogo ab-
biamo più che in altri il nostro punto d' appoggio . Passeggiar la co-
sta intomo del v, 5g, il Grembo della costa v, 68 e* indicano a sufli-
cienza una cavità circolare alla quale passeggiavasi intorno . Circulus ,
dunque; e s'intende naturalmente cerchio dell'inferno, del Purgato-
rio ec. secondo il luogo e le circostanze; che equivale a luogo basso
ristretto da un orlo circolare più o meno allo ; e siccome l' altezza
e bassezza è reciproca , poiché non v' é cisterna senza orlo , né lago
(a) la/. VII 17, e xii lu
e A N T O VII. ^3
Là ove pili eh' a mezzo muore il lembo .
73 Oro, ed argento fino, e cocco, e biacca ,
Indico legno lucido e sereno ,
Fresco smeraldo in V ora che si fiacca ,
senza ripa ( Xtfitito^ de* Greci ) e viceversa , co^ noi pel nostro Cin-
culo intendiamo una fossa circolare co' suoi argini , come appunto era
quella che insacca il mal delP universo 1. e. , e questa intorno a cui
s aggirava il Poeta in compagnia d' altri nel Purgatorio • Aggiungeremo
soltanto che il P. L. avea molto n^eglio schiarito un tal significato
Inf. XII i'. 1 1, e che , qualunque significato saranno per dare gli Kruditi di
Etimologia a tal woce Lacca^ non potranno addurre altri escmpj, che quelli
di Dante , ne' quali per un certo destino significa sempre cavità cir-
colare. N^.
72 Là ove piti eh* a mezzo muore il lembo . Per bene intendere que-
sta espressione . che dagli espositori pare fin qui mal intesa , convie*
ne primieramente supporre che il verbo morirà può adoprarsi al me-
desimo significato che di svanire , e di perdersi , (a) , Poi deesi riflet-
tere che facendo , oome il Poeta ha detto , la costa di quel monte di
se grembo , cioè rialzandosi incontro a se medesima , e conca forman-
do , conveniva che il lembo , o labbro , di cotale cavità nel mezzo ,
o sia nella parte piii dal soprastante mpnte discosta , fosse più aguz-
zo ed appariscente , e che aai fianchi quanto più al monte si avvici-
nava andasse colla grossezza del monte incorporandosi , e di sua ap-
pariscenza perdendo • Prevenuti cos\ facilmente intenderemo che Là ove
piii eh' a mezzo muore il lembo , vaglia quanto là , a fianco della cavità f
dove il lembo , o sia il labbro di essa , svanisce piit che nel mezzo .
73 Oro et argento la Nidob. , Oro y e argento V altre ediz. — coe^
co , coccola di frutice usata per tignerò in color rosso nobile , detto
chermisi , oggi grana , Vocab. delbrO. , e dovrebb' essere il medesimo ,
di cui Plinio toccum Galatiae nibens granum (b), — biacca ^ materia
di color bianco , cavata per forza d' ^ceto dal piombo calcinato . Lo
stesso Vocabolario .
74 75 Indico legno lucido e sereno . Alcuni sposi tori , tra' quali il
Landino e il Vellutello , intendono essere in questo verso nominati co-
me due capi diversi 1* iWico , e '1 /cgTio lucido e sereno: e per V indi"
co intendono V indaco , o sia il colore che dall' indaco si trae ; e pel
lef^no lucido e sereno intendono l' ebano per esser nero e molto lucente •
Air ebano però quanto conviene il lucido , altrettanto per la sua ne-
rezza disconviene il sereno* Daniello intende indico legno ec. per un
capo solo , e chiosa essere l* azzurro oltramarino : ma V azzurro oltra*
marino né è le^no né si cava dal legno , ma dal lapislazzulo ; sicco-
me neppure 1' indaco ( altra matcna azzurra ) da legno , ma da erba
si ritrae (e) . A me' pertanto meglio parrebbe che per Indico legno
lucido è sereno s* intendesse il medesimo che se detto fosse Indiano
colorato legno il pili rilucente e gajo , come cioè diciamo aspetto 5«-
ivno , in vece di ga/o ed allegro . — Fresco smeraldo in V ora che sifiac-
(a) Vedi il Vocab. della Or, sotto il verbo morire \, 2 {V) Hist. 9 41
(e) Vedi Baldiouccì f^ecab, del disegno irtic. Azzurro oltramarino % e4
Indaco .
9i PURGATORIO
76 Dall'erba e dalli fiori entro quel seno
Posti , ciascun saria di color vinto ,
Come dal suo maggiore è vinto il meno •
79 Non avea pur natura ivi dipinto »
Ma di soavità di mille odori
Vi faceva un incognito indistinto.
82 Salve j regina , in sul verde e 'n su' fiori
Quivi seder cantando anime vidi 9
Che per la valle non parean di fuori .
85 Prima che '1 poco Sole omai s' annidi ^
Cominciò 1 mantovan che ci avea volti •
Ti*à color non vogliate eh' io vi guidi .
88 Da questo balzo meglio gli atti e i volti
Conoscerete voi di tutti quanti ,
Che nella lama giù tra essi accolti •
. ea , smeraldo della più fresca , più recente , superfìcie , come Io è
neir atto che si fiacca , si rompe e distacca pezzo da pezzo ; e non
già di vecchia ed appaunata superfìcie, che non lascia bene spiccare
il natio verde .
76 DaUi fiori entro quel seno la Nidob. , ilaUi Jior {(entro a quel
seno V ahre edizioni : * e il Cod. Vat. N,E.
79 Pur solamente — dipinto , intendi , vafifii colori .
81 Un incognito indistinto {indistinto, sustantivo x^er indistinzione ^
mistura ) un' affatto nuova misura . '* Incolto e indistinto , il Cod. Vat.
Ed e lezione da porsi ad esame da chi non si può persuadere , che
indistinto sia sostantivo , e incos^rùto aggettivo. N.£«
85 Quivi la Nidob. , Quindi V altre edizioni : "^ e il Cod. A'at. e il
Biagioli , che spiega: dai luogo ove ci Jermammo . Il Cod. Antald. ha:
cantando h sedere anime vidi . N.E.
84 ^àe per la valle , che per cagion del seno che la valle face-
va,— non parean ( non parèn V edizioni diverse dalla Nidob. , ) (a) €&
Juori , non si lasciavano veder da chi fuori della valle stava •
85 al 90 Prima che ec. Costruzione . // Mantoi*an ( bordello , ) clte
ci avea voUi ( ellissi ; intendi colà ) cominciò : prima che ec. , vale
ciò quanto se in vece detto avesse, non vogliate cercare d* essere con-
flutti colaggiii per , nei poco di Sole che rimane , conoscete: quelli spi-
gii io lib. VI Eneid.
(jol) Vedi su di tal voce la mota al caato xix deli' Inf. v* 16,
CANTOVII. 95
/^ I Colui che più sied' alto , ed ha sembianti
D'aver negletto ciò che far dovea ,
£ che non muove bocca agli altrui canti ,
^ Ridolfo imperador fu , che potea
Sanar le piaghe e' hanno Italia morta ,
Sì che tardi per altri si ricrea .
^7 L'altro , che nella vista lui conforta,
Resse la terra dove Y acqua nasce ,
Che Molta in Albia, ed Albia in mar ne porta.
Dixtrat Anehitti : natumqae , unaque Sybiìlam
Cottvenius tthait in medios $ turh'imque sonarUem :
Et tumulum. capit , undc omnes Longo ordine possi t
j^dfftrf^s legere , eù venieniun nosctre vuUus ,
Air incontro il Postillatore del Cocl. Caet. lo stima tolto da Claudia*
no , notando » V14U dicere quod laus et fama istorum est major eminus
atuun co^nìnua , Mt fUdt Claudianus : Miiutit pracsentia Jamam : N.E. —
lama , cort>* è osservato Inf. xx 79 , fiignifica bassezza , cavità di terre-
fio ; e l'adoprarsi qui per sinonimo di lacca («)n'cuna conferma .* Ci
perdoni nuì il V. L. l!araa secondo il contesto non ò clie il piano ,
il letto, il fondo della lacca, e ce ne appelliamo ni Dizionario. NJE.
91 jEt ha sembianti la T<idob. , e fa sembianti , V altre ediz. Sem-
bianti , il plurale in vece del singolare 5e/nZ»m/i/& , a cagioii della rima •
92 D aver negletto ec, di soccorrere Italia. Vedi il i*. io3. e segg.
del precedente canto; e ciò che qui pure immediatamente soggiunge.
95 Non ìtuàove bocca agli altnii canti , non canta insieme coli* al*
tre anime la Salice regina • Con questo divario , che mentre alcune di
quelle anime cantavano, altre , tra. le quali quella di Ridolfo, rimanes-
sero mutole e dolenti , pare voglia Dante significarci , che fossero le
prime vicine al. .termine della dolente loro carriera , e l'altre ancor
rimotc.
g\ Ridolfo Imperatore , Austriaco , padre dell' Imperatore Alberto •
Aedi i'. 97 e io3 e segg. del canto precedente •
96 Tardi per altri si ricerca ( per altro leggono 1* edizioni di-
verse dalla ^'idob. * e il Cod. Vat. N.E. ) tardi le si procura ajuto e
soccorso , perchè essendo morta n è incapace .
Qj V altro ec» Ottachero ( come appresso dichiarerà ) genero di
Kidolfo , e molto valoroso : perchè dice il Poeta , che in esso compia-
cesi Ridolfo di mirare .
98 99 Hesse la terra ec. , la Boemia , — Molta ^ la Moldava , fiume
che attraversa Praga la capitale della Boemia , Midda e Multavia ap-
pellato in Latino , e Multaw in tedesco (b) . — Albia ( Elba oggi det-
to , Latino Albis ) altro fiume che la Moldava e molti altri fiumi riceve
e conduce ali' Oceano , e non al Baltico , come avvisa il Venturi.
(a) Lacca qaesto medesimo ricettacolo d* anime appellò nel v- 71* * Noa
però la cosa che le sostencTi . N.E. (h) Ferrari Lex gcogr, arcic. Mulda •
c^ì P U U G A T O R I O
joo Ottachero ebbe nome: e nelle fasce
Fu meglio assai che Vincisiao suo figlio
' Barbuto 9 cui lussuria ed ozio pasce •
1 o3 E quel nasetto 9 che stretto a consiglio *
Par con colui e' ha sì benigno aspetto ,
lero loi 101 E nelle faice fu ec. Iperbole , in vece dldìreii«
giovinetto . — Fu meglio assai ( teppe sgovernar meglio ) cke Flndilmo
ec. Qui Dante ( dice il Venturi ) par che confonda questo Vincisiao JU
gliuolo di Ottackero , con altro Vincisiao figfiuolo tu questo medesimo
Vincisiao , e nipote di Oltachero : il primo anzi per la probità di^ tuoi
costumi fa detto il santo ; ed al secondo convengono le qualità cAe aU
tribuisce al primo. Vedi Enea Silvio ist. di Boem. Noa trovando noi
però il ViDCislao fìfflio di Oltachero ricevalo dalla chiesa per tanto »
possiam credere , cìfie Dante , vissuto a lai contemporaneamente , ta*
pesse di quelle cose che non seppe Enea Silvio dacent' anni dopo • Se
non contrastasse altro che il nome di figlio , potrebbe anche pensar-
si > che figlio di Otlacchero appelli Dante il nipote , il secondo ViiH
cislao ; come fa dal Conte Ugolino appellarsi flgu anche i nipoti (a) , 6
come il Poeta stesso appella padrs Gacctagaida , eh' era padre del MO
bisavolo [h) : ma v' è un altro ostacolo , ed è , che questo tecoado
Vincisiao nel tempo del poetico viaggio, cioè, come pih volte è det-
to, nell'anno i3oo. non poteva avere che dodici anni, essendo nato
nel 1388. (e) , e doveva perciò essere imberbe , e non oarhuto : e per
tirare il detto a questo Vincisiao bisognerebbe intendere, ehe Sqrdello
qui profetizzasse , e parlasse del futuro come di cosa presente •
io3 io4 io5 ^ quel nasetto ec. Da ciò che in progresso di co-
stui si dice , che mori figgendo , e disfiorando il giglio , e che fa pa-
dre del mal di Francia , viene a riconoscersi per Filippo III. Re di
Francia ; e nasetto V appella , perocché , come attesta anche 1* antico
comentatore della Niao])eatina , era nasello , cioè di naso piccolo •
'^ Il CoD. Cut. legge JVasuto in vece di Nasetto; lasciamo ad un po-
sterior Comentatore di Dante 1* entrare in disputa su questo e quell'al-
tro naso del v^. ti3, perchè temiamo, che col prolungamento di qne^
sto primo vada a rovesciarsi tutta la macchina genealogica ed islori-
ca , che si va ad innalzare • N.E. — con colui , Arrigo Re di Navarra ,
che fu il (erzo di questo nome, detto il Grasso ^ e Contedi Campa-
gna. Venturi. Gli altri comentatori in vece di j^rrigo dicono Gugtiel'
mo Re di Yavarra . Ma se pel mi/ di Francia s* ha a intendere,
come tutti poi intendono , Filippo il Beilo ; il si^ocero di Filippo il
Bello, o sìa il padre di Giovanna di lui moglie, fu Arrigo, e non
Guglielmo . Vedi lo St§mmfi Hiigonis Capsti aggiunto al Rationarium iemp.
del Petavio , Lugdun . Batav. 171Q. Non però Arrigo III. ivi leggesi, ma Ar-
rigo I. PhiÙppus IV. Pulcher Rex . Cujus ex Johanna , Henrici /. Regis
lyavarrei JUia et herede , fiUi fusrunt ec. — e' ha sì benigno aspetto .
accenna essere il medesimo stato d* indole pietosa , — > Mork fuggendo ec.
Avendo il detto Filippo IH. guerra con Pietro III. Re d'Aragona , ed
entrato essendo nella Catalogna , Ruggieri d* Oria ammiraglio del Re
(a) Inf.xzxiii ifi. (b) Par. svi ìQ, (c) ìftài tra gli altri Stransk Respub^
Mohcm, cip. 8.
e A N T O Vìi. . c^Y
' Morì fuggendo e disfiorando 1 giglio ;
to6 Guardate là come si batte 1 petto.
L' altro vedete , e' ha fatto alla guancia
Della sua palma , sospirando , letto .
109 Padre e suocero son del mal di Francia ;
Sanno la yita sua viziata e lorda , ^ ^
£ quindi viene il duol che sì gli lancia .
1 1 a Quel che par sì membnito » e che s'. accorda
Pietro disfece interamente 1' armata navale di Filippo : il perchè non
potondo pia qaesti trar vettovaglie per la sua armata di terra , fu co-
stretto aa abbandonar V impresa ; e dopo morta molta gente del suo
esercito di fame , morì egli finalmente di dolore in Perpiniano — >
èMùrando il giffio • Disfiorare il giglio» guastare la sua bellezza,
' ' ire la gloria della corona di Francia ,
oiu metaforicamente, per macchiare _ ^
r armi della cniale sono i gigli* Volpi •
106 &bam il peUo^ per la trascurata, bisogna intendere , miglior
:aiione del figliuolo •
107 108 if altro ec. Arrigo il suocero di Filippo il Bello «— A^
/atto Otta guancia ec. Costruzione Sospirando , ha faUo letto alla guan-
cia della ( vale quanto con la ) sua palma : sospiroso appoggia la guan-
cia alla palma ; atto di chi sta rammaricato •
109 3fal di Francia ^ chiama Dante Filippo il Bello Signor di quol
regno , per li suoi laidi costumi • Volpi . Altrove spesso fa Dante ai
medesimo Filippo degli aspri rimproveri (a) , * Grangier comentatore
Francese pretenderebbe , che qualcne chiosatore Italiano annotasse , che
Dante ha parlato qui con troppa passione contro Filippo il Bello , è
spezialmente si lagna di Venturi e di Lombardi • Il Signor Cavalier
Artaud riporta soltanto codesta querela, di maniera che sembra non
ne faccia alcun caso • Noi Italiani però dobbiamo rispondergli ; e sen-
za star a numerare al Sig. Grangier i fatti Storici , da' quali Filip-
po il Bello risulta essere stato molto pregiudizievole alla Francia , ci
contentiamo di rammentargli alcune poche parole che di lui dice
Montfaucon n II etoit vindioaiif jusqi^ à t oxoès , dur et impitqjfabUt a
ses sujds . Pendoni le cour$ de son Regno , il y eui plus d^ impóts , do
taxes , et de maltotes que dans tous les rcgnes précedens • N.E.
* no Amilo la vita lor viùatn e lorda ^ £ quinci ec. Cod. Axk<
Uld. N.B.
tu GU lancia. Come stileUara comunemente dicesi por Jìsriro con
istilello , così lanciare trovasi adoperato per ferir con lancia (6) ,
e Dante adoperalo qui metaforicamente per tormentare •
1 1 3 Qnet che par sì membruto . Dal nome di Pier che di costwi
appalesa Dante nel i^^ laS , e dal nome parimente dei di lui figli Gi£f
copo 0 Federigo , scorgevi esser questi il sopradetto Pietro 111, Re
d* Aragona ^ Nello Stemma Aragomac , aggiunto al Haiia^narium tempo^
non del Petavio , appellasi magnus , forse per la mole del corpo •
(u) Vedi Inf. ziz 85 , Pnrg. xx 86 , xxsli iSz , xxxiii 4$. Par. xix ii8ik
(b) Vedi U Vocab, MU Cr.
98 PURGATORIO
Cantando con colui dal maschio naso »
D' ogni valor portò cinta la corda : :
Ii5 E se re, dopo Ihi , fosse rimaso
Lo giovinetto che retro a lui siede ,
, Beile andava il valor di vaso in vaso ;
118 Che non si puote dir dell'altre rede.
GiacopO' ^ Federico hanno i reami 9
iì5 CantSandó la ' Sahe regina — colui tìn! maschio naào » Hasdfno
▼ule qui quanto maiuscolo ( e chi sa , che di majuscolo non siasi in
prìma per sìncope formato moscaio ^ e poi maschio) e dil Terso ia6
e dalla grandezza del naso rilevasi esser costui il Re Carlo I di i^glia
Conte di >Vovenza, rhe^ù , dice il Landino, di gran naso •
lì^ jy ogni valor portò ec. Allusivamente , credo , al ciagern
di eorda de frati Minori , ed altri. •■ penitenti : ^e qaasi a chrt ,
che la di lai corda non era , come quella di questi , m «ompo-
ito di canapa , ma un composto agogni iwore , d* ogni yirtb'^ imitando
cos\ queir accinxii forUtUfìinc lumbos suòs , che della donna forte scrisse
Salomone (a) , e quel 1* altro che di (;esìi Cristo prediiise Isaia-: era
justiiia cingulum lumbonim ejus , et fifies rinctoiiun^ tvHam ojus {!>) •
ii6 lo gio^ìneilo . laudino e Nel lutei lo ( ed il Daniello pure ) per
questo giovinetto intendoi.o Alfonso , dicendolo terzogenito ^ e che
perciò non possedè alcun reame : ma sbagliano molto , perchè egli
fu il primogenito , e successe al padre nel reame d' Aragona , e morto
senza figliuoli, ebbe questo reame il fratello Jacopo secondogenito , e
la ^Sicilia iederigo il terzogenito. Vedi il Villani nel lib. 7 cap. loi
e loa. Onde di ninno di questi, che tutti e tre furono Me; può aver
inteso Dante di parlare y né il Villani fa menzione di altri fìglijaoii di lui :
ma Bartolommeo di Neocastro Messinese autor contemporaneo , e adopra*
to a* servigi de' sopradetti principi , nel proem. dell* istoria di Sicilia stam-
pata la prima volta nella raccolta degli scrittori della cose d' Italia
del Muratori tomo i3 ci dli notizia de' figliuoli del Re It. Pietro e della
Beina di lui consorte ; e i maschi cosi li pone per ordine : Alfonso ,
Jacopo , Federigo , e Pietro , e quest* ultimo non ebbe alcuno de* rea-
mi paterni; onde lui convien che intenda qui Dante di lodare . Vcntusi .
117 Di vaso in vasOy metafora, in vece di padre in figlio , odi
He in He • ■
118 Che non si puote dir delT altre rede : ciò che non si può dire
degli altri di lui figliuoli ed eredi • Venturi . Dell' estensiooe della
voce reda a significare ed erede , e Jrgliuolo , e discendente V vedi il
Vocabolario della Crusca .
119 Giacopo e Federico hanno i reami , intendi, solamente. Nomi-
na Jacopo e Federigo , e non Alfonso , perchè questo era morto alcuni
anni avvinti al i3oo , nel quale Dante finge di aver fatto questo viag-
gio ; e gli altri due vivevano , e regnavano in quelT anno , e soprav-
vissero di più anni al Poeta . \edi il Villani nel lib. 10 cap. 44 > ^
nel lib. Il cap. jZ, Venturi •
(a) Paiab. 3l. (b) Gap. u.
. : Del retaggio mf^ov 'neoànn possiede,
jai Rade volte ri3urge pernii nmi.: .
L'umana probitade; e questb vuole*
; Quei òhe la dà > perchè da luì sì <^iami .
1 a4 ^ Anco al nasuto vanno mie parole y \
Non men cV all' altro p Pier che con lui^paitfA »
«Onde Puglia e Pro^iisa già si duole .
1^7 Tant' è del seme suo minor la pianta^
•
lao Del retaggio miglior^ della rtiìgUore eredità , cfa' è oaella' delfé
viitia — nessmi (intendi dei due nominati Gtacopoe Federigo) passio
de, niasmifò' 'è a parte. -^
iQi Risorge per li rami ^ Neeli alberi gei|efclogiei i rami nono \
discendènti ; e all' idea dei i rami che stanno sopra il tronco acco-
moda il verbo tisurgere ad ngual senso di risalire •
1^2 Prohitade la Nidob. , prohitate V altre ediz. — vuole , inteiidl
permettere ,
i!i3 Quei che là day Iddio, da cni omne donum — perchè ^vale
acciocché ) da fui si chiami . Imperocché se i figli de' buoni padri fos-
sero tutti buoni , crederemmo la bontà naturalmente discendere dK
padre in figlio , e non già essere dono dato da Dio a chi fervorosamente
glielo chiede .
124 ^nche al nasttto . Avendoqneste cose dette parlando sol di quél
che par sì membruto , cioè di Pietro ITI. d' Aragona , e dei di luì figli ,
passa ora ad avvisare diretto il parlar suo anche al nasuto j a Carlo I
Re di Puglia e Conte di Provenza . *
iiS Pfon men eh* air altro , Pier ec.'Ho tra altro e Pier fVappostft
una virgola , acciò non sembri aver prima parlato d' un Piero , ed (^
parlare d'un altro Piero*. Non istà qu\ Pier che per un aggiunto àì^
chi arante chi debbasi intendere per V edtro^ come* se aVesse in vMé
detto : non men eh* alP altro , cioè a Piero . - . :
ia6 Pu^ia e Provenza^ gli stati del detto Carlo I.--gùi si duole,
pel governo dei di lui discéndenti . ' T
137 Minor la Nidob. , e molte altre antiche edizioni ; miglior l' Al-
dina , e per isbaglio di stampa 1' edizione fatta dagli Accad. aella Cri^
8ca 9 e dietro a cotale sbaglio la Cominiana e tutte le -moderne edif
zioni . La Cominiana , che ha rimesse a . hiogo pafrecchie varianti le«
tfoni stampate nell' edizioni degli Accad. fuor di luogo, non hd avver-
tito appartenere a questo verso la mutazione che quello fa' di -migtìori
iti minore nel (^ i52. Conrprendesi lo sbaglio chiaramente dalla postilla
stessa degli .Accademici ivi posta in margine : così ( cioè nìinore in vece
di migliore ) hanno tutti i vomenti che abbiam veiluti : e ci par che risponda
meglio alla comparation che Seguita', mentre ne a quel verso seguita
comparazione alcuna , bens\ al presente ; né alcun comento , né il
Kidobeatino , né quel del Landino , né quel del Yellutello , né quello
del Daniello adoperano minore in Vece di migliore , se non appunto
in questo verso , leggendo : 7'ant* è del seme suo minor la pianta ; ove
l'Aldina, eh' è la corretta degli Accademici della Crusca legge', miglior
la pianta . — Per la pianta s' intendono i figli , e pel seme , che
G a .
tao PITBGATOBIO
Quanto , più che Beatrice e Margarita »
Costanza dii marito ancor si vanta.
l3o "Vedete il re della semplice vita
Seder là solo , Arrigo d' Inghilterra ;
Questi ha ne' rami suoi miglior uscita »
|3S Quel che più basso tra costor s' atterra ,
Guardando /nsuso 9 è Guglielmo marchesa.
ddk pianta è èlgione , s' intendono Ì genitori ; e ndmor vale mm
iHOm • ^ Cpsi l'intende anche il Biaeioli. Ma i Codd, VaL Àntald. e CmI. ,
cho in poatilla reca aliter «iiior , hanno migUor; onJ* è chiaro clfe^ an-
che prima dell* Aldina , ansi nello stesso secolo XIV* , s' aiaiaettefa ^pa-
fta varìaaione di parola , N.E.
?38 I9Q Quamto rnit eCf Costruzione. QuarUo CotUuna (moglie di
Pietro ITI. d' Aragona ) ancor ( perchè vivente ) si va/Ua di manto ( si
gloria di ayer^ avuto baon manto ) pili che Beatrice e Marffk&nta •
Tondino e Aellutello (ed anche Daniello) per mariti ddle dna
ultime inteodonp li due Re soprannominati , Jacopo , e Federigo figli
del Re Pietro ; ma del primo fa consorte Rianca , del secondo Eleono-
ra, figlie di Carlo TI Re di Sicilia: così il Moren nel Dizionario isto-
rico , e il Giannettasio Istor. Nap. lib. aa. Intende dunque l>aote di Mar-
gherita , e Beatrice, figlie di Raimondo Perlinghieri V Conte di FfO-
▼enza : la prima a suo tempo vissuta , 1' altra poco avnnti ; quella ma-
ritata a S. Luiffi Re di Francia , e questa al di lui fratello Carlo I Re
di bicilia; a dice essere «tato miglior»' il Re Pietro d' Arai^ona di qae-
ati due : iiiten^lendo forse ancora la casa Aragonese di quella àÀ Fran-
ìcia 9 per i^fogare la sua hile contro di q|iest;i , essendo stato col fa-
vore di Carlo di Aalois de* Reali di Francia cacciato dalla contraria
iasione d^Ua patria , senza potervi mai pih ritornare . VsifTcai • Rai-
mon.io il padre di Margherita e Beatrice fu esso pure dello Aragone-
se stipite (a) .
i3o i3i 11 Re delia semplice* vita ep* Dee costui essere Arrigo lUi
di eoi Gio. Villani : Di Biccìnnlo nacque Amiga , che regnò dopo di
hti t e fu sempUoe uomo , e di buona fede (b) , — seder ià soio . Dee
ciò appartenere ad accennarne la rarità di uomini cotali ; e similmente
pensa anche il Landino. Il Vellutello però, quasi Arrigo stato fosse pn
romito , sedewi solo , chiosa y perchè era stato ili 4(olitana vita •
i3a JVei rami la Nidoh. , ne* rami V altre edi^. — nùglior uscita la
Vidob. e tutte 1' antiche ediz. , minor uscita V edizione degli Accade*
mici della Crusca per lo sbaglio sopraddetto , e dietro ad essa edì-
aione tutte le moderne . Accresce luce a comprendere lo sbaglio ciò »
ebe del detto Arrigo II! d* Inghilterra siegue a scrivere il testé citate
Gio. ^i]lani : JO* Arrigo nacque il buono He Aduardo , che a' nostri
presenti tempi regna y il quale Jece gran cose^ come innanzi faremo mem»
siane (e) . Higlior uscita aduuque ebbe Arrigo ne' rami suoi , ne' suoi
disci^ndenti , che non ebb(e Pietro d'Aragona , e npn minore,
i3!S i34 Quel che pi il basso ec. Sta più basso, perchè non di aaop
gue reale. Landino. — Guglielìno Marchese ^ del Mpii ferrato ,
(à)y.StsmMa Rtg, Aragomias mei Retion, U:np, àt\ Fetavia Lagd,
Sai. 1710. (b) Star. lib. 5 cap. 4. (e) Ivi «
e A N T O VII. 101
Per coi ed Alessandria e la sua guerra
I pianger Monferrato e 1 Canavese .
i55 i36 Per cui ed jéUessandria ^ laNidob. ed altre aoticbe edici<ó-
però queste in Dante non sisno aconciatore , il nostro Betti V ha yit-
loriosaniente provato in una nota da noi recata al C. XXVin. v. I9.
dell' Inf. N£. — Ga^lielroo Blarchese di Monferrato fu preao e tnorto da
qaello d'Alessandna della Paglia: e nerchè ne seca) guerra grande
tra i figlioob di esso Marchese e gli Alessandrini , dice che tal gnerra
fa pianger Monferrato e '1 Canavese . Dan isllo . Cmìunfensis tpoctus 9 il
Canarese ( scrive Baudrand ) regiuncula ItaUae alias hfontisferraÈi pan »
nume atitem Pedgmonlio atiribuia {a) •* £ CananHSM 1 il Codi Vat. ^.£•
(«> Addii, ad Lixie» g^Ogr, Ferrar.
Fine del conio settimo •
403
,C A N T O V li I.
w«»^^
A R G O.M E N T O (♦)
■ «
TraUm » càe videro diu AngtU tcéuder con, dmé sjfèeaiB « tfmnUH
$pMd9 41 guardia dèlta vaile , ove discesi , conobbero f ombra di Nimo\
È poi viiero una biscia , contro la quale si calarono i due angeli . la
fiae favella il Poeta con Currado Bialaspiaa , il quale gli predica il ino
fiUara eeilio • .
1 Jujra già r ora che volge 1 disio
A' naviganti , e intenerisce il cuore
Lo dì e' han detto a' dolci amici a dio ;
4 E che lo nuovo peregrìn d'amore
Punge , se ode squilla di lontano »
Che paja 1 giorno pianger che si muore ;
7 Quand'io 'ncominciai a render vano
L' udire , ed a mirare una dell' alme
igazione
desideno verso gli abbandonati amici : e punge d amore , fa che risenta
stimoli di amore verso i lasciati amici , lo nuovo peregrino \ il postosi
di fresco in peregrinaggio , se ode di lontano squilla , campana , che
paja pianger il giorno che si muore , che con mesto suono e ouasi da
morto ( come tra cattolici si pratica nel suonare su 1* imbrunir aell' aria
ì* Ave Hfaria , ed in alcuni paesi anche il De profundis) sembri pian-
fere il terminar del giorno . La ragione percnè ciò avvenga su F im-
runare dell'aria, dicela il Venturi, e par buona, f'er trovarsi f ani'
ma , mancando la luce e le occupazioni , meno distratto • Perchè poi suc-
ceda principalmente nel primo o ne' primi giorni del viaggio , ne sono
cagione le ancor fresche impressioni della patria e degli amici ; che
nel decorso del viaggio vengono a poco a poco a scancellarsi .
7 8 Incominciai a render vano V udire , vale quanto incomindai
(*) Argomento metrico del cel. Gasparo Gotti .
Scendono a guardia di quel basto loco
Dne vaghi spirti , che verdi han le vetti ,
Verdi le peone > e spade hanno di foco •
Li quai si movon minacciosi , e presti
Contro la forte di quel mal serpente ,
Che sempre a danni altrui gli occhi tien desti ;
Ond' ei sen fogge ratto che gli sente .
(fi) Della particella il per quello vedi Cinon. Partic itaS 6.
CANTOYIII. loS
Surta , che l'ascoltar chiedea con mano •
IO Ella gianse ^ e levò ambo le palme >
Ficcando gli occhi Terso 1' oriente j
Come dicesse a Dio : d' altro non calme •
i3 Te lucis ante s\ devotamente
Le uscì di. bocca , e con si dolci note »
Che fece me a me uscir di mente .
16 E r altre poi dolcemente e devote
Seguitar lei per tutto V inno intero ,
Avendo gli occhi alle superne ruote .
1 9 Aguzza qu\ y lettor , ben gli occhi al vero : *
Che '1 velo è ora ben tanto sottile i
Certo che 1 trapassar dentro è leggiero .
ad udir un alio siìenzio : finito cioè avrado qaelle anime di cantare la
Sahe regina j e finito altresi avendo Sordello di favellare.
9 Suria , alzatasi dal sedere in sul verde , e 'n su^Jiori come nel prcK
cedente canto avvisò che sedevano tutte quelle anime (a) — che t aseol'
tar chiedea con mano , accennava all' altre che le stessero attente •
1 1 Verso r oriente; secondo il costume degli antichi cristiani , quadi-
do di notte oravano , riconoscendo adombrato nel Sole oriente Cri<-
fto Gesii , oriens ex alio I.uc. i . Vihturi .
la Come dicesse ec. Con tal giun^^ere ed alzar delle mani , e con
tale mirar verso 1* oriente manifestava tanto amor verso Dio , come se
espressamente detto avesse lui , di te solo , e di niun alira cosa mi curo •
i3 Te lucis ante terminum è il primo verso dell' inno che dalla
chiesa cantasi nell'ultima parte dell' offizio divino appellata compieta.
i5 Fece ma a me uscir di mente vale il medesimo , che se dicea*
fé : feeenà tutto intento a se y ed affatto fUmentico di ine •
i8 Alle superne mote , alle celesti sfere , al cielo .
19 ao ax jégutza qui ec. Che '/ velo ec. Il fondino ([dice il Teil«
tari ) spiega il velo allegorico esser sì trasparente , che piò scuoprend!0
di quello che nasconda , è facilissimo a intendersi e penetrarsi : e cosi
trasporta il P. d' Aquino :
jiccipe nunc , lector , nostri velamine cantut ,
Quae documenta damus *• nervos , nunUmqun fatigts
hlon opus est : satis illa suo se lumine pandunt •
10 però ( continua il medesimo Venturi ) seguo il Vellutello» e spia*
go così : il velo del senso letterale \ che cuopre 1' allegoria , e il vero
primario obbietto , richiede tal sottigliezza di mente , ed è 5*1 difficile
ad intendersi , che il trapassarlo , ed entravi dentro , e uscirrie senta
penetrarne il legittimo sentimento , per non ben scorgerlo , e non fer-
marvisi sopra quanto conviene coli* intelletto a squarciarlo! è ieggier
(fl) Vets. 81 83,
foi PURGATORIO
29 I' vidi quello eserdto gentile
Tacito poscia riguardare in sue f
Quasi aspettando , pallido ed umile ;
a5 E vidi uscir dell'alto , e scender giue
Du' angeli con due spade affocate ,
cosa e facile ad accadere • Ciò che mi muove a segnirio è : Primo *
fé r intenderlo fosse facile , non ammonirebbe il lettore ad agusiare
l' ingegno , e ad aprire ben gli occhi : secondo , perchè' se fosse coA
agevole il penetrarne l' allegoria veramente intesa aall' autore* non sa*
rebberò i comentatori sì varj , e tra loro discordi nell' interpretatione
di quésto misterio . Fin c|uì il Venturi .
Diversamente da tutti questi pare a me che dovrebbe il presente
avvertimento del Poeta al lettore aver riguardo al ffià detto , che canta-
vano quelle anime Te luàs atUe terminum tutto intiero , cioè anche
la seconda strofa , eh' è
ProcuL recedane somnia ,
Et noctium phamtasmatm ;
hostemque nostrum comprime ,
TVe poUuantnr corpora ;
e dovrebbe voler inteso , eh' essendo quell' ombre incorporee , non (a»
cessero tale orazione per proprio vantaggio , ma per vantaggio di noi
mondani .* come espressamente fa poi dichiararsi da quelle altre che
recitano il Pater noster^ che dopo quella orazione soggiungano
Quest* ultima preghiera , Signor caro ,
Già non si /a per noi $ che non bisogna \
Ma per color , che dietro a noi restaro (a) •
Siccome però per un sottilissimo velo guardando trapassa facil-
mente la vista ad altri obbietti senza vedere esso velo , così teme
qu\ il Poeta che di leggiero ali occhi di nostra mente trapassino a
nguardare come per proprio bisogno preganti quelle anime , senta
scorgere il velo dei bisogni nostri, di cne nell'atto di tale preghiera
si vestono . '*' Il Biagioli approva quello che dice il Ix)mbardi sul senso
allegorico, ma non quello che spone sul senso delle parole: le quali
egli spiega così : lettore , aguzza qui ec. . . . . petrJC d velo è ora i^
ramente tanto sottile ( cioè le sue maglie sono sì sottili , e però i vani
del velo sì stretti ) che il trapassar dentro è ( è , cioè esser debbo , è
per forzata natura ) leggiero ( acuto , fine , sottile ) . Poiché un corpo ckt
flebbe passare di là da un altro per i stufi vani^ ha ad esser stato ^pik
sottile , quanto piit i vani sono stretti . N.K.
s3 * Tacito tutto riguardare in sue , il Cod. Antald. N.E. — Site e
gitie nella corrispondente rima v, tS per su e giii , paragoge , non tanto
per la rima , quanto par la cagion dell' accento pronunziato mal volen-
tieri dagli antichi sopra V ultima sillaba (b) .
34 Quasi aspettando pallido ed umile : come in aria di aspettare
con umiltà che venissero dai cielo gli angeli a difenderlo dall' assalto ,
che già temeva vicino , del diabolico serpente . Pavido ed itmile legge
il Con. Caet. e Pavido in vece di Pallidi} sembra piii conveniente al
contesto . N.E.
16 1'] Du angeli f sìnalcfa , in vece di due angeli — le due spade
- *■— •■"■■■■ I ^
(a) Parg. si 22 t ttgg. (b) Vtdi Ciaon. Part, a3S 8t.
e A N T O V 1 1 I . io5
Tronche e private delle punte sue .
a8 Verdi , come fogliette pur mo nate ,
Erano in reste , che da verdi penne
Percosse traean dietro e ventilate .
3i L'un poco sovra noi a star si venne,
£ r altro scese in V opposita sponda ;
Sì che la gente in mezzo si contenne •
34 Ben discerneva in lor la testa bionda;
Ma nelle facce V occhio si smania ,
Come virtù eh' a troppo si confonda .
( chiosa il Landino , e ti si uniforma anche il Vellatello) sono la gin^
stisia : le ^piali sono spuntate , perchè tal giustizia è mescolata con la
misericordia. Puossi però anche ragionevolmente pensare che, intenden*
do Dante questi due cherubini i medesimi', che dice il sacro tetto (dì
messi da Dio alla |;uardia del terrestre Paradiso , dopo la cacciata aet
primi parenti , acciò niuno passasse per colà , spuntassero perciò le
spade quando per la morfe del Redentore incominclossi quel passaj;-
gio a riaprire (b) • Il Venturi , forse non piacendogli quanto trovo scrit-
to sa '1 significare di queste spuntate spade , se la passa con dire , che
nom è cosa né facile , ne molto giovevole il rinvenirlo .
28 2g 3o f^errli erano in veste ( veste dovrebbe qui essere plurale
dì vesta , come ffrcziose veste scrive anche il Boccaccio ) (e) , verdi
erano nelle vestinieiUa . 3fodo poetico vago , nota il Venturi , / atiri"
buire agli angeli quelt aggiunto f che lOnvfrrtbbe alle vesti. * Erano in
vista j ifcod. Vat. e il Caet. , né forse dispiacerà a molti. N.E. — f^ertU
come ec. di un fresco verde, come quello delle picciole foglie /71/r mo »
solamente adesso , recentemente , S|>UDtate dalla terra o dagli alberi —
da verdi penne , delle verdi ale . Il verde è colore che s' appropria al-
la speranza , e ad un tale appropriaraento par che alluda u Poeta stes-
so in quel verso Mentre che la speranza ha fior del vefde (d) : il ver-
de adunque delle angeliche vesti ed ali dovrebbe mirare a confortar
la speranza di quelle anime — ^rco55e e i^/iti/erle, mosse, ed all'aria
sparte — traean dietro la Nidob. , traen dietro V alti*e edizioni . Que-
sto trarsi gli angeli dietro le sparse e ventilate vesti accenna la velo-
citii del volo.
3a In r opposita la Nib., nelV opposta T altr' edizioni.
35 Nelle facce F occhio si smania , per la troppa luce.
36 Come viriti , cA' a troppo si confonda . Il Daniello e il Venturi
intendono per virtii la virtù visiva , cioè V occhio stesso già nomina-
to » il quale dalla troppa luce resta abbagliato . Siccome però non
solamente rocchio al troppo lume, ma ogni altra qualunque virtii al
troppo si confonde, ed anche la mente stessa ; ed a tutti 1 sensi ri-
guarda quel detto d'Aristotele , che i nominati espositori arrecano «
(a) Gas. 3. (b) Vedi ciò eh' à stabilito ntl canto prece d. v^ 4. (e) A mei,
31. (fi) Parg. Ili iSS.
to6 PURGATORIO
37 Ambo vegnon del grembo di Maria f
Disse Sordello, a guardia della valle 9
Per .lo serpente che verrà via via.
4o Ond' io , che non sapea per qual calle ,
Mi volsi 'ntorno , e stretto m' accostai ^
Tiitto gelato, alle fidate spalle.
43 E Sordello anche : ora avvalliamo ornai
Tra le grandi ombre , e parleremo ad esse :
Grazioso fia lor vedervi assai .
*
excellentia sensatontm corrumph sensits^ mi par meglio che lascisi Wr-
tìi significare generalmente , . e come se in vece detto avesse , che foc
chic si smama a quel modo eh* ogni virili confonde» per troppo oh*
bieOo.
Z-j Del grembo di Maria. Né il Volpi né il Venturi chiosano che
si voglia dire questo venire gli angeli dal grembo di .ffaria . Il Da*
niello con altri antichi espositori dice valere Io stesso che ila Cristo ,
i7 quale fu portato nel gremho e ventre di. Haria tèrgine . Sostitusio*
ne cotale sembrami troppo dura . Figurand<T Dante ( ecco come pinl*
tosto io direi ì la magion de' beati in Paradiso a modo di candida ro*
sa (a), le foglie della quale sieno le sedie de* beati in guisa dispo«
ste» che dal mezzo verso la circonferenza della ros^ vadlno d' online
in ordine rialzandosi quasi da valle andando a monte {h) , e facen-
dovi in una delle più alte sedie poste alla circonferenza assisa Maria
Vergine, e festeggiata dagli angeli; perchè non intenderemo che co-
me grembo appella il loeta la cavità, dove siedono (|uest* anime (r) ,
cosi grembo at Maria appelli la cavità stessa della celeste rosa a cui
Maria presiede , e per cui quasi in grembo tieiisi tutte V anime dei
beati ? "^ Al BiagioiI non quadra nessuna delle spiegazioni dei conien-
tatori , e dice invece cos) : è mio sentimento che adoperi il poeta co*
tal modo , a dichiararci , che i predetti angeli non erano di quelli
che posti sono da Dio a diversi ufficj nel purgatorio, ma bensì man*
dati a posta dalla spera suprema , che la Vergine fa piìt Dia con la
sua presenza (parafi, zxiii , 107 108) e dov' ella è regina, per di-
mostrare che , per mediazione di lei , da quelle anime colla Sadve Re-
gina invocata , fossero gli angeli a loro guardia mandati • N. E.
59 yia via lo stesso che subito subito f incontinente . Vedi il Vocab.
della Crusca , che ne reca altri esempj parecchi •
4o Per qual calle, per qual via il serpente dovesse venire.
4i Mi volsi intomo girando 1' occhio per veder se mai il serpente
venisse .
4^ jlllejidate spalle , alle spalle , al tergo di colui in coi confi-
dava , di Virgilio .
43 E Sordello anche , ellissi , e vale quanto se scritto fosse : E Sor-
dello anche, dì nuovo, parlando disse — avvalliamo, scendiam nella valle.
45 '^ Graùoso « quod valde gratum est nobiiibus et magnatihus vi'
(a) Farad, xxxi 1. (b) Ivi t'. fai. (e) Ciaf, prectd. v. 68.
e A N T O V 1 1 1. 107
46 'Soli tre pissi credo eh' io scendesse ,
£ fui di sotto j e vidi un che mirava
Pur me j come conoscer mi volesse .
49 Temp' era già che l' aer s' annerava ,
Ka noni sì che tra gli occhi suoi e' miei
Non dichiarasse* ciò che pria serrava .
62 Ver me si fece , ed io ver lui mi fei :
Giudice Nin gentil y quanto mi piacque
Quando ti vidi! non esser tra' rei f
55 Nullo bel salutar tra noi si tacque ;
Poi dimandò •: • quant' è che tu venisti
Appiè ^1 nionte per le lontan- ac^ue ?
dere Poetas , gtiia qfficium Poetarum est dare famam ipsb , annota
acconciamente il Postili. Caet. Pederti il cod. Vat. N.E.
ì^d Soli Ire la Nidob., iolo tre 1* altre edizioni > '^ e il cod. Antald.
V. E. Dice che fu la discesa di pochi passi per coerenza a ciò , che
diaie nel precedente canto , d* esser venuti a quella lacca là dove pik
ck* a metio muore il lembo. Vedi ciò ch'ivi è detto (a).
* 47 Ch* r fui tra loro 9 e vidi ce. Il cod. Antald. N. E.
48 Pur me, solo me. '
5i Non dichiarasse , non facesse vedere — ciò che pria serrava ,
ciò che nella maggior distanza , pria che laggiii scendessimo , occul-
taTa , cioè lo scambievole riconoscimento.
53 Giudice Nin, Mno della casa de' Visconti di Pisa, giudice del
giudicato di Gallura in .Sardegna , capo di parte Guelfa , nipote del
come Ugolino della Gherardesca. Vem il Villani nel lib. 7 cap. lao.
"VsifTuai — quanto mi piacque , quanto mi consolai .
54 '* QuantT io ti vidi ^ il cod. Antald. N.E.— Tra* rei^ tra dannati
ncir Inferno. '*' Ecco subito come il Poeta giunge all' espcttativa dei
j^ndi . Vede Nino in Purgatorio e se ne rallegra , ma sotto il vela-
me de' versi trasparisce , come Dante lo credeva meritevole dell' Infer-
no . il Postili, del cod. CaeL aggiunge , quia sciebal quod multas gaer-
rasjecerat cantra patriam • N. E.
55 Nullo in forza di . addie^ivo par niuno molto anticamente ado-
pra^o . Vedi il Vocab. della Crusca •
Sj Del monte su di cui stavano , del Purgatorio -*- per le lontan*
4u:que ( lontano per lungo qui pure còme Inf. il 60 ) pel lungo trat-
to d'acque, cioè dalla foce del Tevere (6) fin là; che perciò larghe
onde appella nel v. 70 del presente canto . * Per s) lontane acque legj-
ge il Cod. Caet. Abbeiichè piccìolissìma iiia la variante, pure abbi um
motivo di credere , che molti la preferiranno . N. E.
. (a) Vtit. 72. (b) Vadi Parg. il v. loo e segg.
loS PUROATORIO
58 Of diss'io lai, per entro i luoghi tristi
Venni stamane » e sono in prima Tita ,
Ancor che V altra , sì andando , wcpiisti •
61 E j come fii la mia risposta udita ,
Sordello ed egli indietro si raccolse ,
Come gente di sobito smarrita.
64 L* ano a Virgilio , e V altro ad un si Yolse
Che sedea lì 9 gridando : su 9 Corrado t
Vieni a veder che Dio per grazia nshe»
67 Poi volto a me : per qoel singoiar grada
Che ta dei a colai / che sì nasconde
Lo suo primo perchè che n&n ^ è goado t
58 59 60 O! dee ani qaes^ particella esprìmer iiianti|^ia dd
Uso pensare dì Vino. * No, risponde il Bianoli : effetto di iroeilQ
grìdo è la rìmemìiransa della maniera eh*^U è rennto epa. N. E.
— ;^r eHiro i luoghi irùti ee, non per Fonde , che tu t*iMmyni y mft
passando per l' Inferno , son giunto stamattina — e tomo in pnmui mÈm*
sono ancora nella yita mortale — ancor che taitra ec. wMittio con Itt
▼lagno mi abilito ad accpùstar I* immortale .
03 Si raccolse , scnma , per ji' raccoieen} insieme , si rìtimroBO •
6^ 65 V olirò ad un si %Hfise la Nidobeatina , ed altre nnticlie «di-
zioni ** ( ed anche il óan. Cis. ) : m^lio certamente che appresso
airediaìoni desìi Accademici della Cmsca non leggano la Comtnimia
e tutte le moderne edisioni : F altro a tme si volse • Tralasciando di
parlare dell'assordo che sarebbe, se Dante appena ìtì giunto , edia
attuali compliinenti con Nino, sedesse; com'è credibile, che lo sb^
gottimento cagionato a costui dil poeta nostro nel manifestarglisi aa»
cor virente facesselo volgere veno del poeta medesimo ? Come pO*
scia ben s<^^ungerebbe Dante nella seguente tcrtiiia : Poi voUo m me
ec. jéd um adunane leggendo , intenderemo , cIm Sordello ( a cui puro
Sinnge nuovo che Dante sia ancor vivo) a Virgilio» e Nino aCump
o ivi sedente si rìvolgessero . * Anche u cod. Vat. ci dk q[nd brutto
n tme , che noi cosi volentieri rifintiamo . N. E. Carnuto fu do' Jdala*
S^ini Marchesi di Lunigiana, pndre di Matodlo , o Mordlo ricettatort
I Dante esule (a) . Vedi sotto ai versi iS5 e segg. del presente canto •
66 Che Dio per gnuia iwte, ciò che , cosa Dio per graaia volle
fare. " SàUcei rem ioaudUam ^ttod homo vivus veaerit imier
mortuos. Fostil. Caet. N. E. Dell'oso presso gli antichi frecpoMute di
oolse per polle vedi il Prospetto de* veAi ItaKaai sotto il vvbo eolo-
67 Grado vai cpù rìconoscenxa 9 gratitudine .
68 jÌ cohd , a Dio .
69 Perchè sostantivo , per eagiome o ragtone di operare — eke
(o) Mewàor. per la rilc di Demts f. %%.
CANTO Vili. i«9
70 Quando sarai di la dalle larghe onde.
Dì a Giovanna mia 9 che per me chiami
Là dove agi' innocenti ai risponde .
73 Non credo che la sua madre più m' ami ^
Poscia che trasmutò le bianche bende f
^ è gumilo , che non y' è modo dì penetrare in essa prima divina ra*
S'one. I^ partieella f^i v«le aa\ %'i come nell' fnf. xxtu 54 ma nan^
u sospeUo • La metafora del ^tado a penetrar nella divina ragion
4eUe coee è presa , dice bene il Venturi , dal fiume , che si dice non
aver goado , (mando è A profondo che non si può passare o guadare •
70 Quanao iorai di Ut dalie largke onde^ di la dal vastissimo ma-
re mpposto tra il monte del Purgatorio e la terra de' mortali ; quando
sarai tornato al mondo.
^i 73 Giovamui figliuola di Nino de' Viscoiiti di Pisa , e moglie
di Rioeardo da Cammino Trìvisìano. Vo^Ft — cAtomf , ori , mandi pr»>
gkiere •—/(&, al divino tribunale— '«foi^e agf innocenti si risponde^ in*
tead« aff innocenti soiamenie } ed allude a quel del Vangelo peeCfUo*
ree Deus non audii (a) .
75 La sua madre ^ Beatrice Marchesotta di Esti , moglie di questo
nino 9 e dopo la di lui morte rimaritata a Graleazso de' Ybconti di Mi*
Uno. VlHTVKI •
74 TraàlmUò le bianche bende , le bianche bende , che dopo la
motte del primiero marito Nino in senio di vedovanza portava , tra»
snivtò in altre di gajo colore rimaritandosi con Galeazzo figlio di Mat*
teo Visconte Signor di Milano .
Il tempo, in cui accenna Dante di aver fatto questo suo vlag*
gio , e conseguentemente questo colloquio con Nino Visconti , c\ok
ae*dk primi a' Aprile del i3oo {b) , antecede al tempo che assegna
Berearaino Corio alle nozze di Beatrice con Galeazzo : imperocché la
ierìve promessa a questo principe dopo il maggio dello stesso anno i3oo »
• sposata solennemente m Modena il dì a4 di giugno (e) . Oltre però
cJm Dante si merita la maggior fede per essere stato alle cose contem^
poraneo > toma in favore del medesimo la discrepanza notata da Gioam*
Mista Gimldi (#Q negli scrittori circa le gesta di Beatrice .
Le bianche bende spiega il Venturi eh* erano quel drappo , che
seemdendo dai capo coprila gU occhi e il volto alle vedos^e . Per molti
riseontri però (e per quello del Petrarca Deh che sia nudedetio chi
t attende ,' e spera in trecce ^ n bende (e) , e quello dello stesso no*
itro poeta nel zziv della presente cantica Femmina è nata , e nom
porta ancor benda {/) , e per quello stesso che dice qui , che Beatrice
tnunudò « non depose le Dìancne bende) sembra divenir chiaro , che
Ibisero cotali bende, quanto alla sostanza , ornamento comune di tutte
le donne adulte , variante solo nel colore nelle vedove e nelle altre ,
Qnalttoque si fosse l' origine delle bianche bende in segno di ve-
dovansa , o dal bianco vestire usato una volta nel lutto da Siracusa-
ni » da quelli d' Argo , e dalle dotine Komaue , come pens% il Rosa
Ut) Jou). 9. (^) Vedi U nota Uf. %% |2i$. (e) iston di Milan. ptr. z.
(d) Cemmsutms, etili cote di Ferrara . (t) NaUa Frottola • (f) Veri. 43-
tio P e R'G A T O R I O
Le quai conyien: che 9 mìseca ! ancor 1>raiiii .
76 . Per lei assai di lieye si comprènde »
Quanto in femmina fuoco d' amor dura »
Se r occhio 'o ^l' tatto spesso noi Taècende •
79 Non le farà sì bella sepoltura
La vipera che '1 melanese accampa ,
Com^ avria fatto il gallo di Gallura •
teorando (a)^ ovvero d'altronde; egli pare certo , che anche ai tempi
di Dante portassero le donne in segno di loro vedovile siato .oltre
le bianche bende , negre la vestimenta , come oggid\ ai usa • vedova
sconsolata in vesta negra troviamo scritto dal Petrarca (fr) > che OJifqiM
diciassette anni primn che Dante morisse : Deh guarda come 41 C(iw
donna stanno Bene le . bende bianc/ie , e i panni neri > scrìsse pur in
qael medesimo torno il Boccacio (e) , ,, „"..
Per non aver poi i vecchi cementatori fatto alcun punta >o|^
cotal foggia di bende , IVota , dice il Venturi , il bnuio , o yedMile
co* veli biancìu : tal convien elire, che fosse t tuanta di guei tempii
ma pure dalle gran gttarriarofje di questi pienissind comentatori non se
ne può cavare un pezzolinn di opportuna ^notizia .
Essendo però dei secoli più d' uno scorsi tra lo scrìvere di essi
pienissimi comcntatori , e lo scrivere del Venturì {d) « pi|p, ragionevol-
mente dubitarsi , anzi lo stesso comune silenzio pare IP- dinoti * che
fosse ai tempi loro la costumanza delle bianche vedovili bende ancora
in uso , e che appunto per essere cosa troppo nota se la passassero
sotto silenzio , senza imoarazzar davvantaggio le loro gran guarderobe
di pezze d'osservazioni affatto superflue . r
75 Le quai convien che mistura ancor brami . O che Dante sapeva
quello che, a cognizione mia, nissuno istorico dice , che ricevesse Bee-
trice dal marito Galeazzo alcuno maltrattamento : o dovette pronosti^.
cario dall'essere Galeazzo più giovine di Beatrice d' anni cinque (e) : Q^
forse anche ciò scrisse per la grande costernazione, in cui si trovava
la casa di ( Galeazzo pochi anni dopo tale matrimonio {/") , quando Dpnto
componeva questo poemji •
^6^ Di lieve, di leggieri, agevolmente.
7^ 80 81 Non le farà s^ bella sepoltura ^ non sari aldi lei sepol-
cro di tapto onorifico ornamentò — /^ vipera^ che i Mclanesi accana
pa 9 Nidob. cioè 1' arme de' Visconti di Milano, eh' è una vipera, la
quale il Milanese esercito portasi in campo per inscena : Maiores ao-
^rf { scrive appoggiato al .'iigonio il dottissimo Milanese Conte Se*
nator A'orrì ) publico decreto sanxeruni ne castra Jlfediolanensium loca^-
rentur, nisi vipereo signo antea in aligua arbore constituto (g). Melano
e Milanesi e Milanesi scrìve anche Gio. Villani , e tutti gli antichi , iq
maniera più conforme al J.atino Mediolanum . ^ Che 7 melanese , ac--
(a) Annotaz. a questo verso • (J>) Cani. iO. (e) Labe nato di /imore .
(d) L' ultimo de' pienissimi commentatori fa Bernardino Daniello , o ( come
▼noie Diomede Borghesi nelle sue lettere p.3 car. 16 ) Trifone Gabriello , morti
amendue circa il mezzo di^l secolo decimesesto . (e) Gorio nel precitato luogo .
(/) Il medjsimo ivi . (^) Dita, de tituL et insign. tu 40.
CANTO Vili. ,u
82 Così dicea , -segnato della stampa
Nel suo aspetto di quél dritto zelò f
Che misuratamente in cuore avvampa .
85 Gli occhi miei ghiotti andavan pure al cielo,
Pur là dove le stelle son più tarde ,
Si come ruota più .presso alla^ aieloii -^
88 . E 1 duca mio ; figliaol , phe lassù guarde ?
campa , bella lezione del Cod. ÀQtald^ e Caet. ^ da aoi abbracciata h N.E.
— ff gallo ili Gallura f Tarine di Mino giudice di Gallura, ch'«ra om
gallo. h .
Il €orio (a) ed il Giovio (b) intendono « che per questo JVon I0
Jark d bella sepoltura ec, voglia Dante dire , che non fosse fier essem
di tanta roagmficen^ e spesa il mausoleo di Beatrice fatto dai Visconti
di Milano , quanto sarebbe stato quello dei Visconti di Fisa; e passe
quindi il Giovio ad aspramente inveire contro del Foeta •
Sembra egli però chiaro abbastanza , che non parli Dante d' al*
tra belletoae decoro, che della proveniente dal genjLilirio stemma «eni»
plicemente , e che voglia dire , che la vipera fat à al mondo perpetua
testimonianza della bigamia di Reptrice, e della rolla fede al cenere
di Nino {e) ; ove il gallo di Gallura testificato avrebbe la vedovile ca*
stità e costanza , universa unente da tuUi e spezialmente dai cristiani sem-
pre in sommo pfeeio tenuta « Dell' abbprrìmento alla bigamia parlando
il Muratori : forse ^ dice , rimane qualche vestigio in alcun luogo d^ Italia^
come in Modena , dove se un vedovo della plebe sposa una vedova , non
gU manca un solenne complimento delle persone della sua contrada , che
lor fan plausi strepitosi con Jischi , motti pungenti , e vasi rotti gettali
dalle ^finestre • Anzi da gran tempo è in uso un aggravio in tlanoii
imponi alle doti di essi vedovi , da pagarsi ai palafrenieri del prinr
ape (fi). V
8'i .85 84 Così dicea segnato ,nel suo aspetto della ( per con la^
stampa ( impronta ) eli quel dritto ( giusto ) zelo j che avyampa in cuor§
misuratamente , che suole avvampare bensì , ma con misura 9 con di*
•cretezza • \nole in sentenza dire, che non parlava giii ^ino così per
odio ed astio , ma per santo e discreto zelo .
85 86 87 Ghiotti y avidi — andayan pure al cielo j ogni altro .ob-
bietto non curando rìvolgevansi solamente verso il cielo -—^i/r /4l » e
Ik solamente . * I Con. Cabt. e Fogg. leggono Colà, N.t:. — dove le stelle
son pili tarde , al polo , eh' essendo d( U daiV equ^Uore aveva allora
la prima volta veduto, al polo antartico; dove, siccome ancora nel
polo areico , fanno le stelle in vcntiquattr' ore un giro assai più corto »
che non facciano 1' altre dai poli nmote -^ Sì come rttota più, presso
ailo stelo , come cioè più tarde al moto sono nella girante ruota quelle
pauti che sono più vicine allo stelo, all'asse; per la stessa detta ra-
K'one; imuerocchè correndo per u^^ual .tempo le vicine all'asse eie
ntane , fanno le prime un giro più piccolo • ^
Ce) Nel precitato laogo • (b) Illuitr, viror. vitae lib. 3. Galeacius •
(e) Frase adoprau dal poeta oostxo di Didoae parUado Imv. v. 62. (d) Diss. 23.
112 PURGATORIO
Ed io a Ini : a cpielle tre facelle ,
Dì che 1 polo di qaa tulio quanto arde .
gì Ed egli a me : le quattro chiare stelle.
Che vedevi staman , son di li basse ;
E queste son salite ov' eran quelle •
94 Con me 1 parlava » e Sordello a se 1 tifasse ,
Dicendo: vedi li il nostr avversaro .
gt ^ fi Le quMttro ckuare sMe , che vedevi ee. déìt quali ha dalto
viltà , fecele il Poeta apparire sul principio dei giorno ; ed ora al prn-
cipiar della notte fa in laogo loro vedersi queste altre tre «gnificaoCi
le tre rìiik teologali , a dinoUre ( chiosano gli esysitori otriase^f
te ) che appartengono quella alla TÌla attiva , a cni m^lio ti conA
il A ; e queste alla vita comtemplativa , a evi meglio la notte ai con-
viene . ^ Vedi la nostra nota nel e. I i^. a3 , dal che si riliera cke
^pesu tre facelle ( sieile ) del f^. 89 piuttosto che le virth Teologali
lotto allegoria , sieno material nente le Alfe dell' Eridano , della Nave $
e dd Pesce d* oro . fi£.
g\ Cam me 7 pmriava . La lettera I in seguito a m* coli' apostrofe
di metso vale qu\ quanto ei , voce tronca d' eUo o d' etU sovente da-
gli antichi adoprata : cosi intende il Ginonio in quelle parole del Boe-
caccio mfumti che atcttn s* arrìsekùtsse a credere che *ÌJb§se detto i e
in queir altre del Petrarca rome morte eke 1 fm ee. («) . ParmU mas.
veduti dagli Accademici della Grasce , e la maggior parte di qnelli da
me veduti « ed anche 1* edizioni dd 1471 e 1477 leggono concorde-
mente rom^ 7 pariatfa. Osservando io però , da un canto , esserti da*
gli antichi volentieri scritto colle , itoUe , mommi {b) in vece di com h »
iHMi le t Jioa mi; e y dall' altro canto , la corrispondenxa di queste alle
aegueoti parole , e Sordello e se 7 trasse , richiedendo che scrìtto font
com me *l »eHa*ii , panni di poter quinci con certeua stabilire che
in luogo di com^mf /(equivalente a con me*l) siasi per isbaglio scritlo
e stampato com:: 7 , umessa cioè una m , o nn segno che la dnpliea-
sione della m dinotasse . Altri mss. poi lef^gono com' io : e l' edizioiie
Aldina, seguita da quella degli Accademici della Gnisca, dalla Comi-
niana , e da tutte le moderne edìsioni , legge com* C jmrim^ . Oltre
però che non parlava Dente allora , ma \ irgilio , come domin connet-
tasi e SordeUo m te 'tirasse? La >idoH. leg^e cornei ^ forse per errore
cosi trascritto essendosi da comm ei ^ o com meei , * Il Biagioli sostiene
la leaìooe deli 1 Grusca , che si trova confermata anche dal God. Vat.
e Stttvd. che h^nno comT e dal Caet. che legge compio e dal Cod.
Antald. che ha Comc'l. Se ricerchisi il parer nostro , noi direnuBO
che neppure a noi piace la lesione del Kiclobeato , e preferiremmo pini-
(J Pj rlic. 101 i\. » Vedi tra (lì air ri aaùcki scritti , la HidoWatiaa
eiiiuon^r ìa^. kit 5S « xxa 1S3 ed ìa ^«ctta cimto ét\ Par^. r. 7^ E4 è iaù-
ui.cat. di, L«àat « che à\mitciÌMm « immt^o e.\ kia fiatte iiUcitmm, imMer^o»
CANTO Vili. ii3
£ drizzò 'I dito perchè in là guatasse .
27 D(i quella parte 9 onde non ha riparo
La picciola vallea , er'un^ biscia ,
Forse qual diede ad Eva il cibo amaro .
100 Tra r erba e i fior venia la mala striscia ,
Volgendo ad or ad or la testa ^ e 1 dosso
Leccando come bestia che si liscia .
io3 r noi vidi , e però dicer noi posso ,
Come mosser gli astor celestiali;
ifto quella del Cod. Antald. , quasi 1' Alighieri avesse detto : mentì' c^
zrUuHg cosi 9 Sordello a se il trasse . Nota di Salvatore Retti . N.E.
96 Guidasse per guatassi antitesi in favor della rima . Del verbo
mdare per guardare vedine esempj nel Vocabolario della Crusca parec-
bi • * n Cod. Vat. però ha guardasse «N.E.
97 9^ 99 ^^^ ^^^ ^^ riparo la picciola vallea . Riparo dee esser
etto per ripa , e per quella ripa , che formavasi dall' angolo di con-
cinone tra la superfìcie cava aella valle , e la conica superfìcie del
lonte ( vedi ciò eh' è detto al v. ij del passato canto ) ; e però dee
itendersi come se detto fosse dove C angolo della connessione tra h,
perfide della valle e quella del monte poco o niente aveva il rialza-
vemio • L'allegoria però è a dinotare, ch'entra in noi la tentazione
er mancanza che trova di riparo . Vallea per valle anche 1' Ariosto {a) —
^wude 9 o signi fìca ugualmente che simile a quella la quale , o fors' an-
be importa identità , e vale quanto quella la quale , alla maniera cioè
d Latino quae — cibo amaro per nocivo ^ apportatore di lutti i mon-
■ni guai .
loo Mala striscia appella Dante o 1' orma e solco che veniva fa-
mdo la biscia nell' erba strisciando , ovvero fors' anche striscia ap-
ella la biscia stessa , per la forma stretta e lunga , come appunto stri-
da di panno o d' altro che : a quel modo che anche Lorenzo Lippi
ppella striscia la spada;
Ma Calagrillo altiero e pien di stizza
Colla sua striscia fa. colpi crudeli (b) .
lOi iot2 La testa al dosso \si Nidobeatina ; /a testa, e 'l dosso l'altre
dizioni . Ritenendo la lezione della Nidobeatina ho segnata tra dosso
leccando una virgola * Il Biagioli grida qui contro il Nidobeato , e
:liefza su quel leccare • Noi pur siamo della sua opinione , e volentieri
etdtuiamo il verso all' antica e sincera lezione . N.E. — leccando co-
te besiia ec. Questo leccarsi e lisciarsi della serpe indica T astuzia
el tentatore di sempre procurar di abbellire 1' orridezza del peccato •
io3 Dicer per dire usato dagli antichi anche in prosa. Vedi il Vo-
abolario della Crusca
io4 Co/Ite qui per quando : vedine altri esempj presso il Cino-
io (f) • Accenna che avesse gli occhi rivolti alla moia striscia , e che
ivolgesseli agli angeli solamente quando udì il loro svolazzamento*-
(a) Farysxzvii 2$. (ù) Maini, xii SS (f^.Partic* SS i5.
T.i. H
Il', PURGATORIO
Ma vidi bene e Y uno e V altro mosso .
106 Sentendo fender l'aere alle verdi ali 9
Fuggìo '1 serpente , e gli angeli dier volta
Suso alle poste rivolando iguali .
I o^ L' ombra , che s' era al giudice raccolta
Quando chiamò , per tutto quello assalto
Punto non fu da me guardare sciolta •
Ila Se la lucerna , che ti mena in alto ,
Truovi nel tuo arbitrio tanta cera ,
Quant' è mestiere in fin al sommo smalto ,
mosser per si mossero . Del verbo muovere in senso neutro passivo Te-
dine esempi ^^^^^ "^l Vocabolario della Crusca — g/i astor celesUo'
h . L' astore è uccello di rapina , che si addomestica dagli nomi*
ni e si fa servire per la caccia d' altri uccelli : asiori adunque ce*
/ey/io// appella Dante que* due angeli perchè alati , e perchè venuti quasi
alla caccia della nemica serpe . ^ Ecco una prova chiarissiAia fra le
tante altre che se ne potrebbero addurre, la quale conferma la lezione
iT uccel di Dio , che invece rf angei di Dìo , hanno molte reputato edi*
tioni al V, 129 del e. TV* di questa cantica. Non è la pia vaga ma-
niera : ma Dante usava cosi ; uè certe cose si possono torre , senza con-
taminar bruttamente il venerando originale. Nota di Salvatore Betti • NJ£.
108 yille poste f ai primieri appostamenti — rivfolando iguaii ^ con
ugual volo , di pari. Iguale per uguale molto dagli antichi osato vedilo
nel \ ocab. della Crusca .
109 Ilo III L* ombra di Currado Malaspina — al Gituiice iti "Sìdo^
bcatina mci^lio che a Giudice , che leggono V altr* edizioni • Giudice
era titolo dì Nino, per la giudicatura che teneva di Gallura, non già
tome proprio ; e però sta bene che al segnacaso a aggiungasi ancn6
r articolo , Così , tra innumerevoli csempj , disse Dante m' accostui TB"
mendo un poco piti al duca mio , {a'^ e non a duca mio «-«• raccolta per
asfy^icinata — quando chiamò , quando gridò , su , Currado , vieni a vMer
ec, (/>) ^'per tutto quello assalto ^ durante tntto il tempo di quella guerra
tra il serpente e gli angeli — Punto non fu sciolta non si sciolse , non
si distolse , da guardare me . * Da me guardar discioUay hanno con mag-
gior suono i Cod. Vat. e Antald. N.E.
Ili ii3 114 Se è qui particella deprecatoria corrispondente al de-
precatorio SIC de' Latini ; invece di cui adoprasi oggi piii volentieri
il che y o così {e) -^la lucerna , il lume inteso per la divina illuminante
grazia — ttuita cera , tanta corrispondenza . Come il lume materiale ri-
chiede esca di cera, olio, ed altro che, così la divina grazia richiede
in noi la cooperazione nostra ; e perciò bene all' appellazione di £u-
cerna data alla grazia , aggiunge quella di cera alla corrispondenza
nostra — QuanC e nu'stiere in fin al sommo smalto . Sommo appella il
cielo, perocché all'occhio nostro quasi d' azzurro smalto ricoperto ras-
( x) iof. s 3o. (i) Vtffs. 6S 66. (e) Vidi Cinou. Parta. 2i5 3a.
e A N T O VI II. ii5
ji5 Cominciò ella, se novella vera
Di Valdimagra o di parte vicina
Sai , dilla a me che già grande là era .
118 Chiamato fui Currado Malaspina ;
Non son V antico , ma di lui discesi ;
A' miei portai V amor che qui raffina .
121 O, diss'io lui, perii vostri paesi
Giammai non fui ; ma dove si dimora
Per tutta Europa , eh' ei non sien palesi ?
124 La fama 9 che la vostra casa onora,
Grida i signori e grida la contrada
Sì, che ne sa chi non \i fu ancora.
127 Ed. i' vi giuro , s' io di sopra vada,
Che vostra gente onrata non si sfregia
Del pregio della borsa e della spada .
sembra.*' fi Biagioli vuole però, che significhi in std verde smalto dei
numte , cioè su la xtta cima di fiori ed erbe smaltata : perchè il poeta
spiega sommo smalto pi ii giìi^v. lay. , colla parola disopra» N.E.
fi6 Fàldimagra distretto della Lunigiana , dove Currado era stato
Marchese; così appellato dal fiume Magra , che mette in mare vicino
mi golfo della Speiie .
117 Già grande là era , era ivi una volta signore .
119 2Von son Cuntico: accenna altro Currado dì sua famiglia es*
sere tUto celebre
tao >^r miei portai P amor , che già raffina , * Rispetto all' amor
di Corrado inverso i suoi il Postil. Cass. chiosa : nam ipse communi"
vii aan omnibus de domo sua civitatem Bussa: , et castntm Duosoli , es-
tera alia bona , qum acquisivit in Insula Sardinice ex dote sute uxoris. Ni.
— Haffina in senso neutro passivo per si raffina , si purga cioè da que*
diffcUi , che agli occhi di Dio rendevanlo meno gradito .
lai O, interiezione qui d'allegrezza e di congratulazione — dissalo
lui la Nidobeatina , dissi lui ^ V al tr* edizioni .
132 123 Ma dove si dimora per tutta Europa , ch^ ei non sien pa^
lesi ? Dov* è luogo in Kuropa in cui non sia pervenuta la fama di essi ?
Della particella che per in cui o nel quale vedi il Cinouio (a) ,
isS Grida , pubblica ad alta voce — i signori i marchesi — la con--
trmda la Lunigiana.
127 128 12^ S* io di sopra vada: è auJ pure il ^e come il depre-
catorio de' Latini Sic : cos\ mi riesca di salir sopra a auesto monte
— vi giuro che vostra ec, v' assicuro con giuramento , che 1' onorala vo-
stra famiglia non vien punto perdendo della lode di liberalità , e di
(a) Panie. 44 5^
H a
ii6 PURGATORIO
1 So Uso e natura si la privilegia 9
Che , perchè 1 capo reo lo mondo torca ,
Sola ¥a dritta e *l mal cammin dispregia .
1 33 Ed egli : or va , che 1 Sol non si ricorca
Sette volte nel letto che '1 Montone
Con tutti e quattro i pie' cuopre ed inforca ,
j36 Che cotesta cortese opinione
Ti fia chiavata in mezzo della testa
Con maggior chiovi che d'altrui sermone ;
Se corso di gìudicio non s'arresta.
falore in armi . Veitturi . * Curiosa è lezione bontà , che invece di
borsa ha il Cod. VaU N.E. — Onrata per onorata sincope adoprata dal
Poeta anche altrove (a) .
i3o Uso e natura y l'avvezzamento per mezzo della buona edaca-
yione , I e la bupn* indole sortita dalla nascita --^ sì la privilegia , al la
rende immune dal con|une traviamento •
t5i Perchè j qa\ per ancorché , benché y come spesso os^to dagli
antichi nelle prose e nel verso mostra il Cinonio (b) — il capo reo lo
rMndo torca f si volga dalla verace via di virtii. Dviuillo. * Suppoaa»
aè forse mal^i il Biagioli , che qui si parli di Bonifazio Vili. N«E.
i3a Sola diritta il mal cammin dispregia , il Cod. Antald. ]f»E«
i34 r35 Ifon si ricorca , pur non rientra — nel letto ( coeren-
temente al si ricorca ) nella porzione , nel tratto di cielo — i7 Montone ,
l'Ariete, segno celeste, nel quale era il Sole in tempo di questo poeti?
Co viaggio (e*) — cuonre si riferisce a tutto il corpo del montone , in-
J^rC't nferiscesi ai piadi contenenti tra se il detto celeste tratto , co>
Ite la forca tra rebbi , o denti , contiene paglia , fieno ec. e vuole
Iti sentenza dire non passeranno anni sette •
137 Ti Jia chiamata (lo stesso che chiovata ^ inchiodata) metafo-
ricamente per fortemente impressa — in meizo delia testa , per neUa
memoria
i38 Cqn magfpior chiovi (lo stesso che chiodi } che cf altrtd ser^
mone, colla esperienza che tu medesimo farai ( della bontà ; in**
intendi , e generosità de' Malaspini ) : mezzo certamente pih a confermar
nella buona opinione valevole che le altrui relazioni . Fa cosi Oanta
da Currado predirsi le buone accoglienze , che nel tempo del suo esilio
ricevette da Marcello Malaspina figlio di Currado . (d)
ng Se corso ec. Se altro non dispone la provvidenza con impe-
dire il cominciato corso delle cose. VaNTuai .
(a) Vedi tra f\ì altri laoglii ìsr-il 47. (b) Partic 19S 2. (e) Vedi iNr. 1 38.
{d) Vedi ìétmor, per La vita di Dunts f. 21.
Pine del canto ottavo »
117
CANTO IX-
ARGOMENTO (♦)
Diwnoitra Dante in questo canto , eotto la finzione d'un togno y lei
tmUim ènm infino alla porta del Purgatorio « e la via ch'egli tenne per
mUrmrvi .
L.
concubina di Titone antico
Già s' imbiancava al balco d' oriente y
I La concubina di Titone , cosi dal Latino yerbo concumbere , ia
Tece di dire coiti che dorme con Titone , cioè l'Aurora • * Di Titan 9
il Cod. Vat. N.E. — antico , annoso ; allude cotale epiteto alla favola ,
che dalle Parche impetrasse V Aurora al Titone suo 1* immortalità :
f»er cui divenuto poi vecchissimo e rimbambito , conveniva mantener-
o in cuna a guisa di bambino (a) . '*' L' oscurità delle tre prime ter*
xine di questo canto viene confessata aa tutti gli espositori , e sebbene
il dotto P. L. si forzi nelle seguenti note di dame con molto ingegno
una plausìbile spiegazione , pure non ci lascia pienamente convinti.
Si legga la lunga ed erudita nota , che il P. Ab. di C. ha fatto su que-
sto passo nella sua Letteba ec. e si resterà facilmente persuasi , che il
nostro Poeta ha voluto ammettere un' Aurora della Luna ; che appunto
per distinguerla dall'Aurora del Sole la chiama non moglie , ma co/i-
cubina di Titone; e che se dell'Aurora del .^'ole avesse parlato, come
generalmente si è supposto , non tornerebbe di nuovo a descrìverla
V. i3 , e indicarci 1' ora , nella quale , dopo aver dormito , vide in
sogno r aquila ec. N.E.
a * Balco leggono il Con. Gas. ed il Con. Cast, e non balzo co-
me la comune; e poiché ci è sembrata più naturale, l'abbiamo adot^
tata nel testo . Il P. L. che legge balzo dà le seguenti spiegazioni ,
antipt
« stremità di quell'emisfero apjjellare o da balzo, inteso per sito inac-
« cessibile , allusivamente a ciò che rapporto all'emisfero nostro pen-
» sa il volgo , che giunto l'uomo alla di lui estremità , trovar si deb-
« ba , come all' orlo di balzo o rupe , né possa andar oltre senza
0 Argomento metrico dei cel. G. Gozzi .
Al corpo lasso del Poeta apporta
Quiete il sonno % onde sognando ei vedo
L' aquila che per 1' aria alto nel porta .
E intende poi , eh' egli ha malata sede ,
fi r Angiol trova , che delle sue brame >
E della nnoTa via ragion gU chiede .
Poi di grand' ascio sckiadcgli il serrarne .
(a) Vedi liatal Costi Mytholog. lib.6 cap. 4.
ii8 PURGATORIO
Fuor (Ielle braccia del suo dolce amico.
4 Di gemme la sua fronte era lucente ,
Poste 'n figura del freddo animale ,
Che con la coda percuote la gente .
« precipitare; ovvero ( lo che mi par meglio) da b€Uzo preso ti nie-
« desimo significato di 6ii/za, T estrema parte della veste femminile (a) 9
« o (come un dotto Fiorentino mi assicura) una striscia di color di-
« verso intorno all' estremiti! della medesima. D'essersi «doprato bai-
« 20 al medesimo senso di balza ne rende certi F. Domenico Cavalca
<c celebre antico Toscano con annoverare fra* donneschi oraamenti h
« corone , e gli spilli , e le nutre , e i busti , e gli balzi ec, » (b) •
I La maggior parte de' vecchi sposi tori (e) , e dietro ad essi il mo-
derno Venturi , intendendo che stendesse quest'Aurora il lume suo fìa
U dov* era Dante , cioè fino al monte del Purgatorio , e vedendo
dall' altro canto supporsi dallo stesso Dante , che in- ^uel medesimo
tempo fosse al monte del Purgatorio buia botte , sonosi perciò ridutti
a pensare , che ammettesse qui Dante un'Aurora non mai pib intesa ,
r aurora cioè della Luna : sema tampoco riflettere , che a q^eìV ora
che Dante in seguito accenna , doveva al monte del Purgatono la Lu-
na stessa apparire , non che la di lei aurora ; o sia il di lei albore
solamente (a) . ^
Mainò; dicendo il Poeta, che s'imbiancava l'aurora al balso di
oriente , e che U dov' egli era durava la notte (e) , abbastanza fa ca*
pire, che non istendesse l'aurora il lume suo fin là. Come ciò poi
avvenir potesse, capirallo facilmente chi avvertirà che dalla estremità
di quell emisfero al colmo del medesimo , su del quale suppone Dan-
te il Purgatorio, correva il divario di gradi 90 di longitudine, e che
l'aurora, siccome il Sole, gira gradatamente.
3 Del suo (talee amico . L' anzidetta antichità , o sia vecchiaja di
Titone, e il fuggirsene perciò da lui la concubina prima del giorno,
esigono, o che l'espressione risguardi i passati amori, come se detto
fosse ilei suo una volta dolce amico , ovvero che dolce amico vaglia
J[uauto amante di buona pasta , di poco senno [f) in amare colei che
o tradiva [g) .
4 5 6 éf gemme ec. Che l' aurora del Sole , la quale ( esclusa
quella della Luna) sola resta a intendersi, dovesse allora, ovunque
la fosse , adornarsi la fronte di gemme poste *n figura del freddo ani'
male , che con la cotta percuote la gente , cioè delle stelle del cele-
ste Scorpione , intenderà chi rifletterà , che non è l' aurora se non
un passaggio de' raggi solari per Y atmosfera , e che perciò il suo pih
basso limite dee sempre collineare al punto di cielo diametralmente
opposto a quello in cui il Sole esiste . Posto ciò , diviiue chiaro
n' essendo , mentre faceva Dante questo suo viafi:t;io , avvanzato il
ora avere il
eh' essendo , mentre faceva Dante questo suo viaggio , e
Solo verso gli ultimi gradi di Ariete {h) , doveva l' aur
(a) Vedi il Vocab. della Cr. sotto la ^oce balza {. a.
(b) Putidi lingua ediz. Rom. i^Si cap. a^, nelle vecchie edìz. cap. a8.
(e) Vedi Rosa Morando a questo passo, [d) Vedi lo stesso Morando ivi.
(e) Vedi i versi 7 8 9 del presente canto. (/) \edi il Vocali, della Cr. alla
voce ttolct $. 5 e 4. (^) Vedi Natal Conti MythoL lib. 6 cap. ai (k) Vedi
il computo uno secondo le Tavolo Pruteniche daj;li Accadamici della Cr. , •
posto dà essi in line della divina commedia.
CANTO ÌX. iig
7 E la notte de' passi con che sale
Fatti avea due 5 nel luogo ov' eravamo ,
£ 1 terzo già chinava 'ngiuso l' ale ;
suo pih basso confine verso gli aitimi gracH della Libra , e per pri'
mo intero segno occuparne io Scorpione «
Ma perchè ( addimanda qui il Rosa Morando ) lo Scorpione si ili'
rà freddo ? Non freddo per la natura dell* animale < c/r' anii nemico
del Jreddo intorpidisce nel verno ^ e col ringioveni re della stagione riu'
giovenisce e riprende forza .... Non freddo per la natura del segno;
eh* è domicilio e casa di /V/arte , pianeta ardente e focoso : e non fred-
do finalmente riguardo la stagione eh* abbiamo quando v^ entra il So^
le ; lo che succede in ottobre , placido e temperato mese . Jn fatti ar-
dente , non freddo , lo chiamò Firgilio « opc disse nella Georgiva { lib.
I V. 54. )
• • . ipso tibi jam bracMa contrahit ardenS
Scorpius .
Anzi f rispondo io y che un animale intorpidisca nel verno , eia
appunto è segno, che goda egli meno calore: e bene iu noi stessi
lo proviamo , che tra le parti del corpo nostro quelle piii facile
niente delle altre al freddo ioterriz^iscono, alle quali in minor co-
pia il naturai calore si difibnde . Ed ove bastasse lo intorpidire del-
lo Scorpione nel verno per non potersi dir freddo animale , biso-
gnerebbe correggere eziandio Virgilio in que* versi Fri gidus ^ o pue ri f
fugite hinc , latet anguis in herba (a) ; f'rigidus in pratis cantando rum-
piiur anguis (b) ; imperocché la biscia pure nel verno intorpidisce. Kè
finalmente osta , che \ irgilio stesso appelli il segno dello Scorpione
ardente « ardens Scorpius : peroccliè , come avverte a quel passo Ser-
vio , ardens ad illud refertur quia Mnrtis est dondcilium : nam Scor-
pii tempus frigiditm est , quippe cujus november mensis est : entra cioè
il Sole nello Scorpione verso il fine d' ottobre , e vi si trattiene fin
▼erso il termine di novembre^ mese nebbioso e freddo anzi che pia"
cido e temperato 4
j S g £ la notte de* passi ecé Abbastanza chiaramente con que^
fti versi dichiara il poeta che al Purgatorio , dove si trovava , era
notte. Solo rimane ad indagare cosa per cotai passi s* abbia a inten-
dere ; se, com^ alcuni pensano, le ore, delle quali dodici ne con-
tava la notte in quel tempo d' equinozio ; e se , com* altri dicono ,
le quattro vigilie , le quattro uguali parti , nelle quali soleva dagli
antichi la notte di qualunque stagione dividersi (e) . U contesto pe-
rò per du^ riguardi onninamente ne costringe ad intendere le vigi-
lie, e non 1' ore. Primieramente pel detto imbiancamento delTaurora
al balzo; o sia alP estremità ^ orientale di quell'emisfero. Imperoc-
ché intesi pei passi della notte le ore , dovremmo intendere , ch«
non fosse al Purgatorio per anche compiuta la terz' ora della notte:
e se al Purgatorio, sul colmo dell* emisfero , non era compiuta Torà
terza della notte , non poteva ali* estremità orientale del nieciesimo
emisfero ( in distanza di gradi 99) essere compiuta l'ora nona di not-
te • Or in tempo d* equinozio ^ coni* era quello , tanto è il dire non
(a) Eclog. Ili 93. (b) Eclog. tiK 71. (e) Di tale sentimento son» tra gli
altri il VallatcUo 9 • il Rota Morando .
lao PURGATORIO
IO Quand' io, che meco avea di quel d' Adamo ^
Vinto dal sonno in su l' erba inchinai'
Là Ve già tutti e cinque sedevamo •
i3 Neil' ora che comincia i tristi lai
La rondinella , presso alla mattina »
Forse a memoria de' suoi primi guai ;
compiuta l'ora nona deJla notte, quanto è il dire, che mancassero a
venir giorno più di tre ore ; e più di tre ore avanti il giorno non
può mai air oriente di un luo^o antipodo a Gerusalemme ( com'era
il monte del Purgatorio ) (a) biancheggiare 1* aurora . Questo è il pri-
mo riguardo . L' altro è cne cerchiando la notte ( come Dante con-
cepisce ) {b) opposta al 8ole , presto è inteso che la medesima notte
colle due prime vigilie salga , e che colla terza e quarta vigilia scen-
do ; e presto conseguentemente si capisce eh' elegantemente dica il
poeta È la notte de* passi , con che sale , fotti avea due , e '/ terzo
fià chinava in giuso P ale , in vece di dire che fatto aveva la notte
e due vigilie, colle quali nel suo giro sale, e gi4 la terza vigilia
incominciava a fare scendendo . All' opposto poi , intendendosi pei
esempio per
il verbo salire non significhi solamente ascendere j ma anche discen^
dere ; e su del medesimo fondamento vuole il summentovato Sig. Ro-
sa Morando , che le presenti parole del poeta nostro con che sale
dehbansi riferire anche al terzo passo , che scende ; perchè , dice ,
salire ha doppio significato, e vai discendere non men che ascendere .
A me però sembra dair esempio dell'Ariosto dedursi , non che
il verbo salire assolutamente , com' è nei versi nostri , adoprato signi-
fichi ascendere e discendere ^ ma che preso al modo che adopranlo
alcuna fiata i Latini , per saltare , possa indifferentemente unirsi , e
colla particella g/ìc a significare discesa, e colla particella su a signi-
ficare ascensione.
10 Avca di quel tT Adamo ^ di quello che proveniva da Adamo,
cioè coir anima avea il corpo , a difl'erenza del rimanente di tutta
quella comitiva, ch'eran puri spiritile però liberi dal bisogno di
dormire .
11 Jnc/iinai, neutr. pass., quanto m* inchinai , m'abbassai»
1 2 Là \e , sinalefa , per la ove — tutti e cinque ( tutt* e cinque ,
r ediz. diverse della Nidob. ) cioè Virgilio, Dante, bordello , Nino»
e Currado.
i3 NeW ora che ec, ^ nel far dell'aurora — i <m^' /a/ , il lamen-
toso canto; che tale veramente rassembra quel delle rondini , nell'au*
rora specialmente.
i5 Forse a memoria ec. , ricordandosi di que' guai , pe' quali fu
di donna trasformata in uccello . Progne la convertita in rondine cre-
• (u; Purg. IV 67 e segg. (Jb) Parg. il 4. (e) Far. vui ^
e A N T O IX. lai
16 E che la tnente nostra , pellegrina
Più dalla carne , e men da' pensiet presa ,
Alle sue i^ìsion quasi è divina;
1^ In sogno mi parca veder sospesa
Un' aquila nel ciel con penne d' oro j
Con r ali aperte , ed a calare intésa ;
a a Ed esser mi parca là dove foro
Abbandonati i suoi da Ganimede 9
Quando fu ratto al sommo concistoro •
s5 Fra me pensava 1 forse questa fiede
Pur qui per uso j e forse d' altro loco
Disdegna di portarne suso in piede •
a8 Poi mi parca che , più rotata un poco ,
Terrìbil come folgor discendesse ,
desi dalla pib comune : Dante però mostrasi del sentimento di que'po-
chi che dicono in vece Filomela (a) .
16 ly E che la mente ec. Più sciolta e libera dall% corporee im-
pressioni , e meno svagata dai sensi , e da' fastidiosi pensieri occupa*
la, che la travaglino . Ventubi . * Peregrina y il Cod. Vat. N.E.
18 ^iie sue visioh ec. ^ giusta la superstizione degli antichi, già
detta altrove (b) , che somnium post somnum efficax est , atque evemet ,
5iV«r bonurrty sive malum.
19 10 ai Sospesa con V ale aperte y ed al calare intesa j voÌAUìe f
e rotante all' ingiù ,* e però nel a8. Poi mi parca , che più rotata un
poco ec»
11 23 34 ^à dove ec, , sul monte Ida , ove il Trojan Ganimede
fu rapito da Giove converso in aquila, e portato su in cielo. Daniel-
i«o . — foro y antitesi, in vece òx furo y apocope o sincope àÀ furono^
molto dai poeti praticata — concistoro , qui metaforicamente per adw
namento o corte,
25 36 27 ^ i' dicea fra me stesso : questa Jiede , il Cod. Antald.
lif. E. — Forse questa per uso , di consueto yfieile , ghermisce e preda,
qui pur, qui solamente, su questo monte solo piglia gente per traspor-
tare in cielo — in piede y pleonasmo in grazia della rima, e dee valer
quanto col piede y o co* piedi y cogli artigli y come si dice uomo porta-
re in mano ciò che porta con la mano . * Eiagioli si ride dell' opi-
nione del lombardi , che qui pone un pleonasmo bruttissimo nell' Ali-
ghieri : ed espone in vece, che iJante abbia detto portarne in piede, per
lissare un' istante 1' occhio del lettore all' idea che dipinge. N.£»
28 Che piit rotata un poco y che ripetute poche altre rote« li
Cod. Caet. legge che roteata N.E.
(a) V*di il canto «VII di quatta cantica v, i^m quella nota. (A) Inf. sxvi 7*
I !j PURGATORIO
E me rapisse suso ìnfino al foco •
3i Ivi pareva eh' ella ed io ardesse ;
E sì lo 'ncendio immaginato cosse ,
Che convenne che '1 sonno si rompesse •
34 Non altrimenti Achille si riscosse ,
Gli occhi svegliali rivolgendo in giro ,
E non sapendo là dove si fosse ,
37 Quando la madre di Chirone a Schiro
Trafugò lui , dormendo , in le sue braccia
Là onde poi gli greci il dipartirò ;
4o Che mi scoss' io , sì come dalla faccia
^^ ^*^S'*o *1 sonno , e diventai ismorto
Come fal'uom che spaventato agghiaccia.
45 Da Iato m' era solo il mio conforto ,
E 1 Sole er' alto già più che due ore ,
5o Injino al foco '. alla sfera del fuoco immaginato dagli antichi
filosofi sopra quella dell' aria , e sotto immediatamente al cielo della
luna, dove perciò Dante fa riuscire il Purgatorio.
3i Pareva c/C ella ed io ardesse. Adombrando quest'aquila Lu-
cia , o sia la divina grazia (a*S , dovrebbe Dante ros\ dicendo accennar-
ci , che all'anima passata all'altra vita senza grave colpa sia sempre la
divina grazia compagna; al che vedi corrispondenza anche nel v. 91.
del presente c.*nto .
34 al 59 achille tolto dalla madre Teli a Chirone Centauro suo
S recettore, e trasportato, mentr' egli dormiva, nel T isola di Sclro ,
. ove dimorò alquanto tempo in casa del ì\e 1 icomede, vestito da don-
zella, sino che fu scoperto per astuzia d' Ulisse , e condotto { coi
Greci che lo bramavano ) alla cuerra di Troja . A olpi . * Non sap-
piendoj il cod. Aat. e molte edizioni. N. K. — Si^hiro appella Dante
queir isola alla maniera , che pronunziano i Greci il proprio vocabo-
lo 2itt;pec. "^ Gli greci indi il partirò y cod. Vat. N.i:.
4o /|i Dalla faccia mi faggio il sonno: prende la faccia y parte
principale in cui il sonno si manifesta, per tutto il corpo , — diicnlai
fsmorlo la Nidob. , dis^entai smorto V altre ediz. manchevolmente •
4^ Che spaventato agghiaccia , a cui si gela il sangue dallo spa-
venta. * Acaccia j strana lezione dal cod. Aat. N. F.
43 Da lato la Nidob., Dallato l'altre ediz. — il mio conforto y^ìv-
gì ho .
44 ^"'1 di due ore la ^idob. , piti che durare l'altre edizioni,
"^ ed il Cod. Caet. e il Aat. e T Antuld. , die noi seguiamo, per nou
torre al testo una grazia di Lingua. IN. K.
(a) Vedi il v. 65 e <|aeUa oou •
e A NT O IX. laJ
£ 1 viso m' era alla marina torto •
46 Non aver tema , disse il mio signore ;
Fatti sicur , che noi siamo a buon punto ;
Non stringer, ma rallarga ogni vigore.
49 Tu se ornai al Purgatorio giunto •
Vedi là il balzo che 1 chiude dintorno ?
Vedi r entrata là Ve par disgiunto ?
62 Dianzi , nell' alba che precede al giorno ,
Quando l'anima tua dentro dormìa
Sopra li fiori onde laggiù é adomo,
55 Venne una donna , e disse : i' son Lucia ;
L^ciatemi pigliar costui che dorme ;
Sì r agevolerò per la sua via •
58 Sordel rimase , e l' altre gentil forme .
45 M^ era alla marina volto: appartiene ad accrescere 1* i|;noran-
xa del luogo ove fosse : imperocché col viso rivolto alla manna noo
poteva veder altro che cielo ed acqua.
/|8 Non 5/ri/7^r, equivale a non tsià a strìngere ^ ad impicciolirò ,
— rallarga , accresci .
5i Ià\e par disgiunto (intendi il detto balzo clie'l chiude) ove
par fesso. Vedi v. 74 e 76.
5q Dianzi , poco fa •
55 Quando ec. Quando , chiuse le porte dei sensi , Tanima dentro
a te prendeva riposo.
53 Lucia la santa , presa dal poeta in simbolo della divina gra-
zia . Aedi ciò eh' è detto ìht. il 97.
57 «Si r agevolerò ec. , ellissi , o come se detto avesse , così pi-
piandolo , e meco portandolo F ajuterò nei suo viaggio . Della parti-
cella per in vece d* in vedi il ciuonio (a) •
58 * Sordel rimaso e V altre genti for me . Così legge il Cod.
Gas., ed il P. Ab. di Costanzo inclina a credere preferibile questa
nuova le2. per le dichiar-rizioni del Foslil. il quale al for me nota ,
idest omnt'S manserunl in circuii' inferiori , me excepto , qui veni tecum ,
ed alle parole altre genti nota scilicet dominus Corradus Malaspina ,
sistema niedcsiroo , che spiega per bocca di Stazio Pubg. c. zzv v» 34
e seguenti circa la configurazione delle anime; nominando specialmen-
te la virtù formativa : e però , benché la lezione ci piaccia , non cre-
diamo di adottarla . N. £. Il P. Lombardi nota come appresso : For-
(a) Pmriic. 19S iS.
12^ PURGATORIO
Ella ti tolse , e , cotae 1 d\ fu cliiato ^
Sen venne suso , ed io per le sae orme .
61 Qui ti posò; e pria mi dimostraro
Gli occhi suoi belli quell' entrata aperta ;
Poi ella e 1 sonno ad una se n' andaro .
64 A guisa d' uom che in dubbio si raccerta ^
£ che muti 'n conforto sua paura
Poi che la verità gli è discoverta ^
C7 Mi cambia' io ; e , come sanza cura
Videmi 1 duca mio, su per lo balzo
Si mosse , ed io diretro , 'nver Y altura ..
• 70 Lettor i tu vedi ben com' io innalzo
La mia materia , e però con più arte
Non ti maravigliar s' io la rincalzo .
75 Noi ci appressammo , ed eravamo in parte ,
Che là , dove pareami in prima un rotto
me per anime , su T intendimento che sia V annmtt/orma corporis: sen-
tenza comune de' teologi , stabilita da Clemente V nel concìlio di Vien-
na in Francia. '*^ Per forme non s* intende dalfyilighieri l'anima, cioè
queir essere incorporeo , che ci avviva ; ma sì bene anel tenuissimo
e aereo velo, onde alla maniera de* platonici Jinge il ali ino poeta , che
sieno vestite le anime né* regni delV altra vita : cosa detta già chuimmente
in questa cantica da Firgiuo {e. iii v. iS e segg.) . Senza di che non si
potrebbe comprendere come Dante valesse a riconoscere tante persone;
e osserx'osse pelano una vecchia cicatrice neW un de^cigU del re Man-
fredi. Questa forma é quella medesima, che Dante, parlando con
benedico Caccianemico ( Inf, e: xviii v. /\g ), chiama fazione. Se le fa-
zion che porti non son false. Nota di Salvatore Betti* N. K.
59 Come '/ dì fu chiaro , Coerentemente alla legge di quel luogo»
detto nel settimo di questa cantica v. 5i e sege.
60 Sue orme la Nidob. , su' orme V altre edizioni .
61 61 Mi dimostraro ec, mi accennarono. Vuol dire che Lucia,
senza parlare , gli fece cogli occhi cenno air entrata , alla porta del
Purgatorio .
63 Ad una, unitamente, nel tempo stesso. Così anche nel iv di
questa cantica i^. 17.
']i S* io la rincalzo . hincalzare propriamente vai mettere attorno
a una cosa o terra , o altro , per fortificarla , o difenderla , accioc-
ché si sostenga , o stia salda {a) : qui però adoperalo X)antc metafo-
ricamente per sostenere C innalzata materia con più. ele^'ato stile,
74 Un rotto , una rottura .
(a) Vtdi il Vocab. della Crasci .
e A N T O IX. 12$
Par come un- fesso che muro dìpartCf
^ Vidi una porta y e tre gradi di sotto y
Per gire ad essa , di color diversi ;
Ed un portier eh' ancor non facea motto ,
^3 E , come V occhio più e più ▼' apersi 9
Vidil seder sopra 1 grado soprano ,
Tal nella faccia eh' io Qon lo soffersi ;
Sa Ed una SfMtda nuda aveva in mano ,
Che rifletteva i raggi sì ver noi ,
Ch' io dirizzava spesso il viso in vano .
85 Ditel costinci y che volete voi ?
Cominciò egli a dire ; ov' è la scorta ?
Guardate che '1 venir su non vi noi .
jB8 Donna del ciel di queste cose accorta ,
Rispose '1 mio maestro a lui , pur dianzi
ìfe dis^e : andate là , quivi è U pofrl^^ •
91 Ed ella i passi vostri in bene avanzi ^
Ricominciò 1 cortese portinajo ;
Venite dunque a' nostri gradi innanzi ,
75 Pur come un la Nidob. , Pur conC un l'altre edizioni -^/«550 ,
fessura , fenditura .
76 77 Tre gradi di color diversi . Della diversità de' colori di que-
sti tre gradini vedi più abbasso v, 9.4 e segg.
80 Soprano , superiore , il più alto .
81 Tal nella faccia ^ talmente nella faccia luminoso, risplenden-
te. * Tal nella vista ^ il cod. Antald. N.E. — eh* io non lo soffersi^ cbe
gli occhi miei rimasero abbagliati .
84 Ch* io dirizzava , intendi verso quel portiere , quell' angelo .
85 Ditel costinci , ditelo di cost\ , dal luogo dove siete , senza in-
noltrarvi .
86 Ov' è la scorta ? Chi vi ha guidati fin qu\ ?
87 lyon vi noi , non yi annoi , non v' incresca , non vi faccia
pentire .
88 Di queste cose accorta , delle leggi di questo luogo consa-
pevole .
91 Ed ella i passi ec. : e la medesima donna y' ajuti ^ prosegui-
re in bene il vostro cammino .
93 Venite a* nostri gradi innanzi , avanzatevi a questi nostri gra-
dini. * j4 vostri gradi, il cod. Vat , intendendo forse venite come piU
i'i piace innanzi ec. N. E.
126 PUaGATO&IO
94 Là ne venimmo ; e lo scaglion primajo
Bianco marmo era , sì pulito e terso
Ch' io mi specchiava in esso qual io pajo .
27 Era '1 secondo , tinto più che perso ,
D' una petrina ruvida ed arsiccia,
Crepata per lo lungo e per traverso .
ICO Lo terzo , che di sopra s'ammassiccia ,
Porfido mi parca sì fiammeggiante »
Come sangue che fuor di vena spiccia •
g\ g5 gfy fJt ne venimmo . lenire qu\ per arrivare — lo scagliom
primajo , il primo e più basso gradino • * Cod. Cait. legge La ci
traemmo allo scai*ìion primajo , N. K. — Bianco marmo era sì ec.
Essendo questa la porta del Purgatorio insieme e del Paradiso, restan-
do, corno in progresso si può vedere, sempre di poi libero il varco,
finge Dante perciò trovarsi ed adoprarsi qu\ le chiavi consegnate da
Gesii Cristo a S. Pietro , appellate da Cristo medesimo cla^s regni
coftorum (a) . Ma come per cotali chiavi dichiara in seguito il Salva-
tore intendersi 1' autorità di sciogliere , e di legare nella sacramentai
confessione , et q'iodcnmque lignveris super terram erit iigntum et in
ccelis y et qiiodcumque soheris ec. , però per tre diversi gradini simbo-
leggia il poeta quant* è necessario acciò possa V uomo per la sacra-
mentai coafessione godere del benefizio aelle chiavi. Lo adunque spec-
chiante liscio del grado primiero simboleggia il riconoscimento delle
proprie colpe, e il candore, la sincerità della confessione delle me-
desime,— qttaP io pnjo y quale veramente io apparisco, diverso da
quello , he V amor proprio mi fa ingannevolmente credere eh' io paja.
97 98 99 Tinto ^ intendo qui detto per oscuro (come Inp. ni 29)
e conseguentemente tinto piti che perso vale quanto di colore oscuro
pia del perso y il quale, spiega esso Dante nel Convito, è un colore
misto di purpureo , e di nero {h) : e dee , secondo me , tale oscurità di
colore intendersi 'cagionata dal fuoco medesimo, per azione del quale
siegue a dire eh* era la pietra di quel secondo gradino arsiccia ( che
vale riarsa dal fuoco ) (e) e crepata per lo lungo e per traverso , —
petrina non è (diminutivo di pietra , o petm , ma è affatto sinonimo ,
come lo sono calca e calcina. Verline i varj esempi, che di tal voce
reca il Vocabol. della Cr. Dee onesto secondo gradino dinotare il du-
ro cuore del peccatore , e gli eUelli , che opera in esso la contrizione
( altro necessario requisito per ottenere assoluzione } avuto riguardo e
air origine del vocabolo , cn è dal Latino conterò , is , che propria-
mente significa spezzare , ed al simbolo della carità produttrice della
contrizione , eh' è il fuoco .
100 101 101 S'ammassiccia^ si aduna, s'accresce. * Anzi signi-
fica è soprapposto. Biagioli. N. E. — spiccia , sgorga. Accenna in que-
sto terzo grado l' ultimo requisito per la buona confessione, eh' e la
satisfazione ; e il rosso di vivo sangue dee simboleggiare per tutte le
(a) Mutth, iQ 19. (^; Tiatt. 4 cap. lo. (e) Ve^U il Vo«ab. a«lU Or.
e A N T O IX. i«7
]o3 Sopra questo teneva ambo le piante
V angel di Dio j sedendo in su la soglia
Che mi sembiava pietra di diamante .
1 06 Per li tre gradi su di buona voglia
Mi trasse 1 duca mio , dicendo : chiedi
Umilemente che 1 serrarne scioglia .
I OQ l)ivoto mi gittai a' santi piedi ;
Misericordia chiesi che m' aprisse ,
Ma pria nel petto tre fiate mi diedi •
1 1 a Sette P nella fronte mi descrisse
Col punton della spada , e : fa che lavi j
Quando se' dentro , queste piaghe , disse .
soddisfazioni una delle più ardue, eh' è quella di flagellarsi a sangue.
io4 Su la sogiia, sul limitare della porta.
io5 Sembiava, Sembiare per sembrare anche il Petrarca (a) — pie"
tra di diamante. Dovrebbe cotale durissima pietra indicare il sodo'
incorruttibile fondamento della Chiesa autorizzata ad assolver le col-
pe . Il laudino , Vellutello , e Daniello v* intendono la costanza del
confessore ed imperturbabilità a qualùnque peccato che ascolti.
106 107 Di buona vof^Ua mi trasse: trasse me > che non forzata-
mente , ma di buona voglia seguivalo .
108 Che*l serrante scioglia y ch'apra la serratura.
no Misericordia chiesi ec. Non può l'uomo per operazione , che
faccia , meritare la remissione della colpa , la quale meritando po-
trebbe domandare giustizia : ma perchè non la merita domanda miseri-
cordia. Landino.
1 1 1 Ma pria nel petto ec, : perchè prima bisogna rendersi in col-
pa , ed accusarsi peccatore , e poi domandar misericordia. Vellu-
tello "^ Ma pria tre volte nel petto mi diedi , ha il cod. Antald. to-
gliendo quell'iato bisillabo, eh' è contro la maniera dei buoni , e di
Dante medesimo , che già disse : Per pili Jiate gli occhi ci sospinse
ec. N. B.
iiQ Sette P nella fronte ec. : per indicare con quésta lettera ini-
ziale della parola peccato i sette peccati capitali , de' quali lo assolve-
va quanto al reato di pena eterna , ma rilasciandovi qualche mac-
chia in ogni P da lavarsi nel Purgatorio , soddisfacendo alla pena tem-
porale , di cui restava debitore. V«nturi . Questi P si anderanno ad
uno ad uno scancellando a capo di ciascuno de' sette gironi , ne'quali
distribuisce Dame il Purgatorio .
Il 3 Puntone vale qui lo stesso che punta ^ chiosa il Yocab. del-
la Crusca.
ii4 Piaghe appella i sette P, perocché fatti colla punta della
spada •
m ■ Il ■ I <— W^^^M^^M^^— .— ^— —— M I
(a) Cidi. 2% 3*
,a8 PURGATORIO
ii5 Genere » o terra che secca si cavi 9
D' un color fora con suo Testimento ;
£ , di sotto da quel , trasse due chiavi ,
118 li' un' èra d' oro , e V altra era d'argento .
Pria con la bianca , e poscia con la gialla
Fece alla porta s\ , eh' io fui contento .
lai Quandunque 1' una d'este chiavi falla ,
Che non si volga dritta per la toppa ,
Diss' egli a noi 9 non s'apre questa calla ,
1 24 P^ù cara è V una , ma l' altra vuol troppa
D' arte e d' ingegno avanti che disserri j
Perch' eir è quella che 1 nodo disgroppa •
. 1 15 116 117 Terra secca dice , perocché la terra umida è di colore
troppo da cruello della cenere dissomigliante «• Per cotal colore dell' ap-
S elìco vestimento il Landino e '1 Daniello chiosano dinotata 1' autorità
i assolvere data all' uomo; il di cui corpo , eh' è come veste dell' ani-
ma , noo è in realtà che cenere e terra secca , o sia polvere • Il Vel*
Itttello s(iiega significarsi dovere il portamento del sacerdote esser lon«
tano da ogni fasto ed alterigia • Io direi ambedue insieme cotai riguardi
insinuarsi , ed essere cioè r umano corpo- terra e polvere , e dovere
perciò l'uom sacerdote ricordarsi della minaccia dell' Ecclesiastico: Quid
superbii terra et cini^ (a) ?
1 1 8 Z* un* era (V oro , e V altra ec, CUwes ( dice la glossa , d' ac-
cordo con tutti i sacri interpreti , parlando delle chiavi consegnate dm
Gesii Cristo a S. iHetro ) suni tUscemendi scientia , et potentia , qua di"
gnos recipere , indignos excludere debet a regno caelorum (b) . Sul fon-
dameuto di cotali due significazioni i pittori , per la maggior par-
te (e) , haano dipinte in mano a S. Pietro due chiavi , una d' oro e
r altra d' argento : e Dante si fa qui seguace degli uni e degli altri •
119 120 Pria con la bianca ^ con quella d'argento, cioè con U
scienza ; perocché innanzi che il confessore assolva , bisogna che di-
scema la gravezza delle colpe , e facciala al bisogno conoscere al
penitente , e sappia anche rilevare se sia nel penitente medesimo v6-
rp propoi^itQ di emenda — poscia con la malia ^ con la chiave d'oro,
cioè coir autqrìtà sacerdotale • — Fece aUa porta sì ec, aperse la ser-
ratura f
12! Ili ia3 Quandunque y ogni volta che, come il Latino qunn-
documque^ — toppa ^ serratura --r» calla ^ porla, Vocabol. della Cr. E
vuol dire, che acciò la confessione sia fruttuosa ricercasi nel sacer-
dote e scienza , ed autorità •
\i\ 125 126 Pili cara è F una, quella d'oro; e letteralmente per
(a) Cip. !• V. 9. (h) In cap. 16 Hatth. (e) NiecoU Alemanni nella
sua dissertarione de parietinit LqCeranensiLits produce delle anticlie im magi-
ai di S. Pietro con nna , e con tre chiavi .
e A N T O I X. 129
i«7 Da Pier le tengo; e disscmi , eli' io erri
Anzi ad aprir eh' a tenerla serrata ,
Pur che la gente a' piedi mi s' atterri .
i3o Poi pinse V uscio alla parte sacrata ,
Dicendo : entrate ; ma >facciovi accorti ,
Che di fuor torna chi ndietro si guata .
i33 £ quando fur ne' cardini distorti
Gli spigoli di quella regge sacra ,
esser l'oro più prezioso dell'argento; ed allegoricamente, perocché
fruito della passione e morte del Uedeutorc — ma P altra ^ ìsi scienza
nel sacerdote — troppa di arte per eli arte troppa — che '/ nodo disgtop^
pOf che la inviluppata conscienza del penitente schiarisce e riordinar,
e prescrive gli opportuni mezzi per iscliivare il peccato ncH' avveni-
re . Qui con/iteri %fuU peccata ( parole di S. Agostino recate qui dal
Daniello ) ut inveniat graiiam , qucerat sacerdotem scientem libare et
saliere ; ne cum negiigens circa se exstiterit , neglìgatur ab ilio , qtd
eum nUsericorditer monet , et petit ; ne ambo in fovenm cadant , qttam
stulius evitare holuit,
1^7 i'i8 iiij Da Pier le tengo, perocché consegnate da Gesù Cri-
sto a i>. Pietro , Tibi dabo clwes regni ccelorum ec, {a) . — Ch'io erri
umiy piuttosto, ad aprir che ec. Come Iddio adopra con noi più la
misericordia che la giustizia , cosi vuole Danle saviamente , che do-
vendo il sacerdote errare , erri piuttosto in essere troppo misericor-
dioso , che in troppo severità , — cA* a tenerla serrata , accorda con
calla sei versi sopra . — Pur che la gente tC piedi ec. dee valer questo :
Pur che diano i peccatori veri segni di ravvedimento e di unùliaiione ,
abbondi pure in misericordia il sacerdote .
i3o Pinse, spinse — l'uscio, per le imposte che serrano l'uscio %
Volpi . - y^lla parte sacrata legge la ^idob. , e vale quanto ali* inden-
tro, verso il sacro luogo: alla porta sacrata leggono in vece l'altre
edizioni . * ^lla porta serrata ha il Cod. \ at. Io però tengo colia co-
mune, corroborata dal Cod. Caet.: sembrandomi che Dante intenda
che r angelo spinse le imposte della porta , come si la per aj)rire ,
dicendo in questo mentre , entrate . Il quale significato oltrecchè è V
assai più naturale, toglie quel brutto vedere prima aperta la porta^
che descritto il terribil tuono con cui s' aprì . Mota di Salvatore Bet-
ti. M.E.
i3i Facciovi accorti, vi avverto,
i3!2 Guata da guatare-, che per guardare fu molto dagli antichi
adoprato anche iu prosa. Vedi j Vocab. della Cr.
i53 Cardini, gangheri, arpioni — distorti, rivolti , aggirati .
i54 Spigoli. Il Vocab. della Cr. dopo definito spigolo: canto vi-
vo de* corpi solidi: Lat. angidus , passa a chiosare, che in questo passo
di Dante pongasi spigolo per F imposta , presa la pai te per lo tutto*
spigolo (chiosa il Volpi ancora) per l'imposta che serra C uscio , pre-
{a) Matih, i5 v, 19.
T.3.
i3o PURGATORIO
Che di metallo son sonanti e forti ,
i36 Non raggio si , né si mostrò sì aera
Tarpeja, come tolto le fu 1 buono
Metello, d'onde poi rimase macra .
'^9 Ip mi rivolsi attento al primo tuono ^
E, Te Deum laudamus^ mi pareà
Udire in voce mista al dolce suono .
sa la parte per lo tutto . il Venturi , pfcincsso cfie spigoli proprÌAmen-
le sìeno i canti acuti de' corpi solidi , aggiunge clic s* adoperino qui
per bandelle , p cosa equivalente . 1/ osservazione però che fa in que-
sto luogo il Landino può facilmente nel proposito nostro mostrar si-
Bonimi le voci di spigolo e di banditile. Le gran porte , dice, non si
collegano tC gangheri con le bandelle : ma in cambio di bandelle hanno
certi pontoni , ed in luogo di gangheri hanno un concavo , in c/te en-
trano questi pontoni ; ed in su quelli si bilica la porta , in forma che
s'apre e serra • Essendo cotai pontoni le prominenze di grosse qua-
drate verghe di metallo , che orlano e terminano le imposte dalla
parte de' gangheri , fanno le medesime in realtà le veci e di spigoli
e di bandelle, — f*<^^^t porta; vedine di ciò esempj moltissimi recati
dal ^ ocab. della Cr. , e malamente va il A'enturi mcudicando qui reg-
ge per regia,
i36 137 i38 Non ruggio s\ ec. Accenna qualche irruginiracnto
de' gangheri per cagione del vangelico pauci electi {a) , cioè dèi raro
f lassar d' anime, che nel principio del seguente canto dirà, per quel-
a porta di salvazione. Come poi Lucano nel libro terzo della Far-
sagfia , narrando il yiolenlo aprimento e spoglio , che fece Giulio Ce-
sare dell' erario Romano , rimovendone incli il buon Metello , che gli
si voleva opporre , descrive lo stridere, che nell'atto d'aprirsi fecero
le metalliche pesantissime imposte di quella porta , ed il rimbombare
di tutta la Tarpeja rupe , su della quale era 1' erario ,
, tunc riipes Tarpeja sonat , magnoque reclusas
Testatur stridore ffres (b) ;
cos^ìf Dante , per ingrandire lo strepito , che dice fatto dalla porta del
Purgatorio in aprendosi , aggiunge che Non ruggio sì , ne si mostrò sì
aera ( non rimbombò cioè tanto nò cos\ aspro suono fece sentire )
Tarpeja y come (quando) tolto lefu^l buon Jlfctallo ( l'antecedente
fatta rimozione di Metello per la conseguente depredazione dell' era-
rio fatta da Cesare ) d* onde poi ( cqgioue poi per cui ) Tarpeja rima-
se macra f spolpata delle ricchezze del suo erario. Marra per ma-
gra , antitesi presa dal Latino in grazia della rinyi . '*' Perchè poi ri-
mase ^ in vece di d* onde poi legge stravagantemente dagli altri il Cod.
Cact. N,E.
ijg Tuono per rumore,
i/\o Te Deum laudamus ^ l'inno Ambrosiano solilo cantarsi dalla
Chiesa in rendimento di grazie.
il\\ In voce mista al dolce suono, in parole unite al canto.
(a) Matth, 20 ed altrove . (b) Verso i55 e se^g.
e AN T O IX. i3i
i4^ Tale immagine appunto mi rendea
Ciò eh' i' udiva , qual prender si suole
Quando a cantar con prgani si stea ;
Gh' or sì or no s' intendon le parole •
143 i44 Tale immagine mi rendea ec. , taU impressione faceva la
me y neir udito mio , ciò eh' io ascoltava , quale si suole prender ,
ricevere, dall'udito nostro quando ec. — stea per istia^ antitesi pra-
ticata dagli antichi (a).
iXIVite
(/l) Vtiii Mastrofiai TtorU e PrBSptlCi de* vtrhi Italiani sotto il v«rbo
stare B. 16.
Fine del canto nono ,
I a
\
tS2
CANTO X.
ARGOMENTO (*)
Descriveii la porUidil Purgutorio , e la salita dei poeti intino al pri-
mo balzo ; nel quale sotto gravissimi pesi si purga la superbia . Di poi
iriderò essi alla Sfia sponda intagliati alcuni esempj di umiltà : e infena
diverse anime sotto gravissimi pesi venire verso Icro .
I Jl oi fummo dentro al soglio della porta ,
Che '1 malo amor dell' anime disusa
Perchè fa parer dritta la via torta ,
4 Sonando la sentii esser richiusa :
E 9 s' io avessi gli occhi volti ad essa ,
Qual fora stata al fallo degna scusa ?
7 Noi salevam per una pietra fessa ,
Che si moveva d'una e d' altra parte,
Sì come r onda che fugge e s' appressa .
1 Poi Tale qui quanto poiché , posciacckè , come e Dante stesso
altrove sovente (a) , ed altri ottimi scrittori lo fan valere {b) — soglio
per soglia, limitare, adoprato da altri maestri di lingua, vedilo nel
Vocabolario della Crusca .
2 /^falo , vizioso — disusa , rende poco usata , poco adoprata , ra-
de volte aperta .
3 Fa parer dritta ec* , fa parer bene ciò eh' è male .
4 Sonando la sentii ec, per uno strider de* cardini , somigliante a
3 nello che mi ferì gli orecchi mentre s'aperse, mi accorsi, senza guar-
are indietro , che s' era chiusa .
5 6 Qual fora ec, perocché avvertito di non guardare indietro :
vedi i versi i3i i32 del precedenFe canto.
7 Sales^am. Avendo la Nidobeatina nel iv della presente cantica
tf. 3i scritto salevam ove V altre edizioni scrivono salavam , credo che
per errore scritto abbia qu\ salavam • Vedi la nota al detto canto i v.
8 9 Si moveva ce. vale quanto si sporgeva or dall' una or dall' al-
(*) Argomento metrico del cel. G. Goxsl .
Di santa umiltà storie scolpite
Vede il Poeta \\ dov' è V entrata
Del Purgatorio , diverse , ed anite :
Che specchio sono alla prima brigata ,
Dell' alme ^ eh' ivi purgan la lordura
Della superbia da pesi oppressata
■i Si , che ben paga la mal nata altura •
(a) Vedi Furg. x|v x3o s xv 34 , Par. il 56 , ni 27. (b) Vedi Ciaonio
Partic* 201 :».
e A N T O X. 10^
IO Qui si conyien usar un poco d' arte :
Cominciò 1 duca mio in accostarsi
Or quinci or quindi al lato che si parte .
i3 £ ciò fece li nostri passi scarsi
Tanto , che pria lo scemo della Luna
Rigiunse al letto suo per ricorcarsi ,
16 Che noi fossimo fuor di quella cruna •
Ma , quando fummo liberi ed aperti
tra parte ; a dinotare che non era quel calle rettilineo , ma tortuo-
so , ma a spinapesce , dice il Landino , o come 1' edera sale per gli
alberi e pe muri , dice il Aellutello. Il pericolo di urtare per co-
tale viottolo ne' prominenti massi accenna gli ostacoli facili ad in-
contrarsi da chi intraprende la via della penitenza . Traducendo il
d' Aquino dabat ascensum tendentibus ultra scisma tremcnsqiie silex ,
tenuigue erratica motit , intendendo cioè troppo materialmente il pa-
ragone, che Dante soggiunse Sì come V onda , che fugf;e , e s* appres-
sa^ ne Tiene perciò giustamente ripreso dal Venturi, e rimandato a ve-
dere nel ^ ocabolano della Crusca il verbo movere detto anche di
cose immobili. * Il V. d'Aquino troverebbe difesa nella spiegazione
allegorica, che dà il l'ostillatore del Con. Caet. , il quale suppone,
che quel masso realmente si movesse ( ondeggiasse gius! a la simili-
tudine ) e che ciò serviva per indicare ne volendo fugere unum vitium ,
quod est unum extremum , incurrat ad aliud y come appunto avviene ,
che mentre un' onda incalza , altra sommerge , e perciò qui vult ire ad
viriutes debet habere magnam solertiam . Ì^.E.
II la Or quinci y or quindi al lato et*. Descrive il modo di cam-
minare che conveniva tenessero di quel serpeggiante viottolo ; cioè
che di mano in mano che il viottolo dava volta , conveniva abban-
donare il lato y la sponda , che veniva loro incontro, e volgersi all' al-
tro lato , che da foro scostavasi . * j^l luogo che si parte , il Cod.
Antald. N.E.
i3 E questo Jece i nostri passi ec. la Nidobeatina , £ ciò fece li
nostri ec, 1 altre edizioni *y da noi seguite per maggior dignità di
verso, togliendo quel brutto ed equivoco questo. Il Cod. \at. e il
Caet. portano £ ciò foce r li ec. bella lezione. N.E. La cautela di non
urtare facevali andare adagio .
i4 i5 Lo scemo della Luna oltre la Nidobeatina e molti mss. ve-
duti dagli Accademici della Crusca leggono anche il Buti e il Vellu-
tello ; e spiegano, che vaglia scemo quanto lato scemo y mancante: e
fanno osservare, ch'essendo già scorsi parecchi dì dal plenilunio av-
visato Inf. XX 127 doveva la Luna esser di fatto scema, e che il lato
scemo è quello appunto che la Luna calante nel cadere nasconde il
primo sotto l' orizzonte. Lo stremo della Luna leggono meno felice-
mente altr' edizioni . (* e ij Cod. Vat. N.E. ) O lo scemo però legga-
si , o lo stremo ; sempre dèe intendersi presa per sineddoche la par-
te della Luna per tutta essa .
16 Cruna appella la fenditura eh' apriva in quella pietra la via,
perocché Fuifga'e stretta , a somiglianza della crunRa dell'ago • * Ci r,a
ha il Cod. Antald. N.£.
i34 PURGATORIO
Là dove 1 monte indietro si rauna 9
ig Io stancato , ed ambedue incerti
Di nostra Tia , ristemmo su 'n un piano
Solingo più che strade per diserti .
22 Dalla sua sponda , ove confina il vano ,
A' pie' dell' alta ripa che pur sale,
Misurrebbe in tre volte un corpo umano ;
a5 £ quanto Y occhio mio potea trar d' ale ,
Or dal sinistro ed or dal destro fianco ,
Questa cornice mi parca cotale .
28 Lassù non eran mossi i pie' nostri anco 9
Quand' io conobbi quella ripa intorno y
Che dritto di salita aveva manco ,
18 Là dove la Nidobeatina , su dove V allr' edizioni * e il Coil.
Vat. N.E. — indietro si rauna , ristrijfnesi , ritirasi indietro , lasciando
un piano all' intorno , eh' è il primo girone del Purgatorio .
1 Q lo stancato , »olo Dante , perocché solo esso avea seco di quel
ìT Sciamo {a) .
ai Snlingo ec. Accenna di nuovo il panri electi del Vangelo .
*ii a5 *x\ Dalla sua sponda ec. Ad esprimere quanto sì vuole qui
esprimere che la misura di quel piano , presa dalla sponda confinante
col vano fino alT opposta sponda confinante con la sovrastante ripa, era
la lunghezza di tre uomini, torna meglio « /;/6', in scuso iV al li piedi ^
come alcune edizioni leggono (b) , che appiè , come leg;;on altre —
che pur sale , che continua a salire — niisurrebhe sincope di misu"
rerebbe .
a5 Trar d* ale , vai quanto volare , ma qui e trasferito a signi-
ficare il trascorrere dell' occhio.
a7 Questa cornice , questa strada , che a guisa di coniice termi-
nava la sottoposta ripa — mi parca cotale , mi pareva in tutta la sua
lunghezza larga ugualmente alla detta misura ai tre uomini .
28 Lassù non eran mossi ec, non avevamo ancora incominciato a
girare per quella strada .
QQ 3o Quella ripa intomo , che ec. Potendosi per ripa intendere
tutta la falda del monte al di sopra di quella strada , però a speci-
ficarne la sola marmorea perpendicolarmente eretta sponda , che nella
parte al vano opposta ornava la strada » quella ripa , la dice , che
dritto di salita avea manco: colla quale frase o estende la voce dritto
9 significar quanto ragione tal volta significa , cioè qualità (£) , e vuol
dire ,. che per cagione dell'ertezza aveva essa manco (meno) qualità
di salita ( ai luogo per lo qual si sale), '(•) di quello avessene il ri-
W— -I ■ ..-Il
(a) Cant preced. v. io. (b) Vedi tra le altre V edit. Venete i568 e 157$
(e) Vedi il Vocabolaiiu della Cxufca sotto ragione }. 4. {Jl /rsnér-g
e A N T O X. i35
3i Esser di marmo candido , ed adomo
D' intagli sì y che non pur Policleto y
Ma la natura lì avrebbe scorno .
54 L' angel che Tenne in terra col decreto
Della molt' anni lacrimata pace ,
Ch' aperse 1 ciel dal suo lungo divieto ,
37 Dinanzi a noi pareva sì verace,
Quivi intagliato in un atto soave ,
Che non sembiava immagine che tace .
manente della falda: ovvero, inteso dritto per ragione, perlai, ado-
pera ellissi , e óìceFnanco dritto di salita in vece di aire manco dritto
d* essere appellata salita . * Io spiego , che aveva ogni dritto di salita
manco , cioè mancato : e però le mancava o^ni dritto ( ogni possibilità )
di sa/ita ; inteso di quel dritto che poteva avere dall' esser pendente.
Fero d' uno che non ha alcun roezzo di vivere , pamii potersi dire :
ha manco o^i mezzo di vivere , Biagioli . ^.E.
òi * D' intaglio A , il Cod-Antald. N.E.— Policleto la ^idobeatina
ed altre antiche' edizioni ( * e il Cod. Antald. N.E. ) al modo che pro-
nunziano esso nome i C»reci e i Latini : Policreto V edizioni degli Ac-
cademici <!ella Crusca e V edizioni seguaci * e il ('od. "\at. ^.E. lu
costui celehratissimo scultore di licione città del l'eloponneso .
Avverta il leggitore che queste sculture rappresentanti persone umi-
li vengono dal Poeta collocate ritte in piedi ; e T. Itre che in appresso (<^
descriverà , rappresentanti persone superbe , dlsporralle stese per terra
e calpestate. Dee Dante perciò aver avuto rigu-^rdo all'evangelico in-
segnamento : qui se exaltat humiliabitur , et qui se humiliat exalta-
bitur (a) .
55 3fa la natura fi , ivi , in confronto di quelle divine scultu-
re— avrebbe scorno , si conoscerebbe vinta. G// invece di lì leggono
r edizioni diverse dalla Nidobeatina .
3.\ 55 56 L' angel ec. Esprime l* incarnazione del divin Verbo >
annunziata a Maria A'erjifine dall'arcangelo Gabriello, per gli effetti
che V incarnazione medesima ne ha prodotti , cioè la da molti secoli
sospirata pace, riconciliazione con Dio , la quale riconciliazione /i|?er-
se ^ sciolse, liberò il cielo dal suo lungo divieto, che da Dio eragli
stato fatto di non ricevere anima alcuna . Ovvero , prendendo la par-
ticella d/il nel senso che può competerle di dopo [i^ , spiegheremo ,
la qtial riconciliazione aperse il cielo dopo il suo lungo star chiuso , i'/«r-
tando air anime C ingresso , * Aperse y senza il c/rer, legge il Cod*
Vat. N.E.
57 58 59 Dinanzi a noi ec. Costruzione. Quivi dinanzi a noi in-
tagliato in un atto soa^'C , pareva si verace , che ec. * Dinanzi a me ,
il Cod. Antald. N.E. — Immagine , che tace , immagine , statua priva di
loquela .
(A Vedi il medetimo alla voce salita . p) Vedi il canto ^il»
(f) Lac. 18 f» 14. (^ V«di Ciaonio Partic, 70 7.
i56 PURGATORIO
4o Giurato si saria eh' e' dicesse jéve ;
Però ch^ ivi era immaginata quella ,
Gh' ad aprir l' alto amor volse la chiave . .
43 Ed avea in alto impressa està favella,
Ecce anelila Dei , si propriamente
Gome figura in cera si suggella.
46 Non tener pure ad un luogo la mente :
Disse '1 dolce maestro , che m' avea
Da quella parte onde '1 cuore ha la gente •
49 Perch' 10 mi mossi col viso , e vedea
* Diretro da Maria , per quella costa
Onde m' era colui che mi movea ,
5 a Un' altra istoria nella roccia imposta .
4o Ch^ el la Vidobeatina , c/i* ei , oltp' edizioni — ylve , la prima
parola che disse V arcangelo suddetto a Maria Vergine nell' atto di
annunziarle V incarnazione in lei del divin Verbo . * E parca Gabriel^
che dicesse Ave , Ariosto. N.F.
f\^ \ni Però ch'ivi la Nidobeatina , perchè ^wiVi T altr' ediz. — im^
matrinatft, effigiata — quella^ eh' ad aprir ec. Mari» Vergine la quale,
colla sua santità meritandosi d* essere madre del Verbo incarnato ,
cooperò a farci riamare da Dio .
4^ ^^ 4^ ^d avea in atto ec. Ed era in tale umile atteggiamento >
che, come figura in cera per suggHIo apparisce, cos\ chiaramente
apparivano dirsi da lei quelle parole Ecce ancilla Dei, Ancilìa Do^
mini hassi nel Vangelo {a) , ma Dei , sinonimo di Domini , serve al
numero del verso. * Propriamente ^ senza il 5>, ha il Cod. Vat. N.E.
46 Pure , solamente .
47 48 ^he nC avea da quella parte , onde , dalla qnale, il cuore ha
1(1 gente: cioè mi aveva a sinistra, dalla parte del cuore, secondo
la volgare, ma falsa opinione; stando per verità il cuore in mezzo
al torace , colla sola punta rivolta a sinistra . Ventubi . Suo mucrone
(del cuore pnrlando dice il Vesalio ) in sinistrum latus impense art'
ttorsum vergens : ed a queste parole del Vesalio v' aggiunge il chio-
satore anatomico, di Leiden Pietro Paw inter sinistras corpons paries
ab aftntomiris reponitur (b) .
4p al 5a 3fi mossi col viso : cos\ in vece di dire mossi 1* occhio,
mossi lo sguardo. * Afi volsi col viso, il Cod. Antald. . Da quella co^
sta, il Cod. Yat. e Antald N.E. — vedea per quella costa , in auel
lato , o da quel lato ( della particella per in vece d' in o ila vedi il
Cinonio ) (e) ; onde rrHera , aal quale mi stava , colui che mimovea^
che mi conduceva , Virgilio , diretro a Maria , dopo , in seguito alla
(a}.t'ac X. (^) Venlii £'/>i^om. anafom. Amstelodami ^637. (e) Parile.
19^ 14 * i5. >
e A N T O X . iSj
Perdi' io varcai Virgilio , e feinmi presso
Acciocché fosse agli occhi miei disposta .
55 Era intagliato 1\ nel marmo stesso
Lo carro e i buoi traendo Tarca santa;
Perchè si teme uficio non commesso •
58 Dinanzi parca gente ; e , tutta quanta
Partita in sette cori, a duo miei sensi
Faceva dir : Y un no , V altro sì , canta •
6ì Similemente al fummo degF incensi ,
Che v' era immaginato , e gli occhi e '1 naso
Ed al sì ed al no discordi fensi .
scaltura detta , un* altra storia imposta , collocata , incìsa , nelìa roccia .
nella ripa .
53 Forcai Plrffiiio , dalla sinistra , ov' io era , gli passai alla destra .
54 Pisposta , pjìtente .
56 57 Lo carro i ^ / ^wni <?c. Il trasporto che fece Davidde dell'arca
del testamento da Cariatiai im in Gerusalemme , perchè , pel quale fat-
to, 51 teme lificio non commesso i pel gastigo cioè di morte dato da
Dio al levita Oza , che osò toccare e sostenere la vacillante arca , con?
tro r espressa proibizione che avevano i leviti di non la toccare sotto
pena di morte . * Per cui si teme ec. ha chiarsmenle il buon Cod.
Anuld. V.E.
59 60 Partita in sette cori: Erant cum David septem chori . Così
nel a de' Pe cap. 6 — a duo miei sensi la ^idobeatina, e se non ma-
lamente 1* altr* edizioni congiungono al segnacaso a anche 1' articolo
i e leggono ai duo miei sensi . "imperocché allora soltanto questo arti-
colo VI starebbe bene qunndo il loeta non avesse avuti che due sen-
si ; ma conciosir rh^ pvcfsene cinque , ed a due soli innominati, ( all'oc-
il Cod. Vat. N.E ) F un nò ^ F altro si canta ; ellittico parlare , che
per l'intiera sintassi esser dovrebbe , j4 duo miei sensi faceva dir ciò
che dicevano , P uno nò , non canta , F altro sì canta. Nò , diceva 1' orec-
chio , che non udiva canto ; e si diceva 1' occhio , che gli atteggiamenti
di canto osservava .
61 6a De gF incensi , abbruciati innanzi 1* arca-^{i7imagt/r/ito, effigiato.
63 Discordi fensi discordanti si fenno {a) : riportando alla mente
gli occhi il fumo come realmente fosse , e non riportando il naso y^
ran senso di odore^, come riportato avrebbclo se il fumo fosse sta-
lo vero .
(ai) Dì fenno per fecero vedi Mastro&ni Tcoiia t Prospètto dt* ¥trhi lim-^
lianì sott« il TOK^. fare o. S.
i38 PURGATORIO
64 Li precedeva al benedetto Taso,
Trescando alzato , l' umile salmista ;
E più e men che re era 'n quel caso.
67 Di contra , effigiata ad una vista
D' un gran palazzo , Micol ammirava
Sì come donna dispettosa e trista.
70 Io mossi i pie' del luogo dov' io stava ,
Per avvisar da presso un altra storia »
Che diretro a Micòl mi biancheggiava •
73 Quivi era storiata V alta gloria
Del roman prince j lo cui gran valore
Mosse Gregorio alla sua gran vittoria •
64 Lì , ivi — benedetto vaso , T arca •
65 Trescando ballando — alzato chiosano il Landino , Vellatello ,
ed altri , che vaglia quanto alzato i panni , per potere più speditamente
ballare . Non trovando noi però altro esempio m cui a tanto si faccia
stendere il semplice alzare^ o alzato^ sembra preferibile il parere del
Daniello che alzato signifìchi alzato da terra j in {ittual salto — P umile ,
allusivamente alla risposta che fece Davide alla sua moglie Micol , che
per cestai danza riprcndevalo d* avvilimento , et ludam , et vilior Jiam
plus quam Jactus sum , et ero humilis in oculis meis {a) — Salmista ap-
pellasi il santo Re Davide comunemente pe* salmi da lui composti .
66 E piit y e men che re ec. Più che re , o pel sacerdotale ve*
stimento ephod^ che intende il Poeta portassesi Davide in quel caso ^
in queir alto ( come d' averlo portato ne assicura il sacro testo : porro
David erat accinctus ephod lineo ) (/>) , ovvero per V eroismo d'amore
verso Dio , e di umiltà : men che re , per la stessa umiltà dal volgo
mal intesa .
67 68 69 Di contra , nello stesso quadro , dirimpetto al saltante
re — ad una vista, F'ista adopera qui Dante al senso che altri hanno
adoprato veduta , per luogo cioè onde si vede lontano (e) : per ter-
razzo adunque, o ringhiera ^ o Jinestra — Micol ^ figlia di Saule , mo-
glie di Davide , del cui rimprovero al marito per quella danza è detto
al V. 6^ — ammirava si come ec. stava a osservai Io in aria di donna
sdegnante ed irata.
71 Avvisare , da viso o vista , per adocchiare . Vedine molti altri
esempj nel Vocabolario della Crusca .
7? Diretto a Micol , dopo la storia detta — mi biancheggiava , mo-
stravami il suo color bianco; perocché intagliata essa pure in marmo
candido {d) .
73 Quivi era la Nidobeatina, ^y/ff era T altr' edizioni . *
74 'P /^n'/ice sincope di principe, di cui vedine altri esempj nel
{a) Rcg. 2 6. {h) Nel prccit. luogo . (o) Vedi il Vocabolario della Cra-
àca sotto la voce vtduta {. i. (d) Vers. 3i.
e A N T O X . t5g
76 r dico (li Trajano imperadore :
Ed una vedovella gli era al freno
Vocabolario della Crusca. * Dei -roman principato il cui valgrCj così
hanno 1' edizioni di Vindelino e del 1491 ; cosi il Cod. Vat. il Caet*
e quattro altri codici pr«sso il signor Marchese Anlaldi . N.E. •?— i'a/ore,
virtù , nel sospendere 1' ititrapreso viaggio alla testa del suo esercito
per rendere giustizia ad una vedovella , alla quale era stato ammaz-
zalo il figlio — mosse Gregorio ella ec, fé' sì che letta avendo san Gre-
gorio magno cotal eroica azione , movessesi a chiedere ed ottenergli
da Dio la gran vittoria d' essere liberato dall* Inferno . * Speciosamente
ii poslillatore del Cod. Ckzr, racconta questo fatto ^ cioè-. » Sanctus Gre^
forius Papa dum legeret historiam Trayani considerans istum actum
umili latis et justitiae rogavi t Deum prò ipso , et brevi resuscitatus est ,
et postea salvatus , quia primo non erat . Sed Deus ne justitia de/ice-
rei dixit per Angelum Gregorio , quid vis- , vel pati poenitentiam in hoc
mundo , de eo quod debebat Trayamts , vel in alio ? Eespondit : in hoc ;
et sic passus est in corpore suo muitas infirmitates dum vixit , Il Sig.
Portirelli poi racconta la gloria di Trajano con circostanze molto dif-
ferenti dagli altri chiosatori , cioè « V imperadore da Giustizia e da Pie*
tà mosso mandò per iscoprire r omicida , e trovato ch'era il suo prò-
pria figliuolo y chiese alla vedova , se voleva , che il malfattore morisse ^
o se piuttosto voleva nceverlo in luogo delP ucciso . Ta vedo\m pensane
do , che il suo figliuolo non risuscitava , perché quello deW Imperadore
morisse , lo volle per suo Jìgliuolo e C ebbe , e V Imperatore fatta quC"
sia giustizia si mise nuovamente in cammino ec, N.E.
Avverte qui il Venturi riputarsi questo avvenimento come favo-
loso ed affatto improbal)ile dal Baroni© (a) , e dal Bellarmino (b) : ed
al canto xx del Paradiso v, Ì17 , riparlando Dante di questo medesi-
mo avvenimento, dicclo favolefta da vecchiarelle *
Acciò però la non sia creduta affatto di quelle che cantava Mar-
colfa a Pertoldino , gioverà avvertire che, oltre Elinando e Policrato,
citati dal Landino ( non dal A ellutello , come dice il A enturi ) scrivo-
no lo stesso fatto Giovanni Diacono (r) , l'Eucologio de* Greci {d) t e
S. Tommaso d* Aquino [e) : e che , se è lecito a* poeti di fingere , molto
pib dee esser lecito d' ornare i componimenti suoi d* istorie strepi-
tose , quantunque ad alcuni sospette .
Per la ragione medesima • si' può credere che non badasse Dante
ne a Dione Cassio , né al compilatore di lui rifilino , i quali ascri-
vono cotal eroica azione non a Traiano , ina ad Adriano : imperocché non
aggiungono essi poi , ciò che pel poeta faceva, che per tale azione fosse
Adriano ai preghi di S. Gregorio liberato dall' Inferno , come asse-
riscono gli altri che a Traiano ascrivonla: né vi é perciò alcun biso-
gno che a difesa drl poeta nostro contro del Pulgarini dicasi col Maz-
zoni che ignorasse il poeta gì' isorici, che V eroica azione attribuiscono
ad Adriano ; ovvero che per poetica licenza ponesse Traiano in vece
d' Adriano , per essere Adriano credulo da molti adottivo figlio di Tra-
iano (f) .
76 r dico la Nidob. , E dico V edizione della Crusca q le segua-
ci, e il Cod. Vat. N.E.
(a) Tom. 8 an. 604. (h) Lib. a de Purr. cap. 8. (e) f^ita Gregor, lib. 2
cap. 44. (d) Cap. 96. (e) Sapplero. qaaest. 73 art. 5 ad 5* (/") Vedi il
Masxoni difesa di i^an/e (part.j lib. 3 cap. 7
r4o PURGATORIO
Di lagrime atteggiata e di dolore*
70 Dintorno a lui parea calcato e pieno
Di cavalieri , e*r aguglie nell' oro
Sovt' essi in vista ai vento si movièno.
8s La miserella intra tutti costoro
Parea dicer : signor , fammi vendetta
Del mio figliuol eh' è morto, ond' io m'accoro •
85 Ed egli a lei rispondere : ora aspetta
Tanto eh' io torni . E quella : signor mio ,
Come persona in cui dolor s' affretta ,
78 IH lagrime atUmaia ec. Avendo ogni figura di persona qaal-
che atteggiamento , vuol dire che le lacrime e il dolore darano al^
figura della vedovella atteegiamento ; cn' è poi come a dire , eh' era
in atto di lagri mante e dolente •
79 Dintorno a lui , ellissi , per il luogo dintorno a lui — parea
dee qui valere lo stesso che vedes^asi .
80 V aguglie , le aquile, insegne del Romano esercito . ^ Il Cod.
Caet. legge aquile, N.E. — nelP oro , nell' aureo ricamo degli stendar-
di . * aquile aeir oro sovresso in vista , ha il Cod. Antald. , e il dotto
possessore ne ha pubblicata questa nota — Aquila legge sempre il co-
oice invece di aguglia . Aquile delP oro , cioè aquile a oro • Le palle
deir oro f in vece di palle d' oro, disse il nostro poeta (Par. e. XVI.
V, no ) , e la croce dell' oro j per la croce d'oro, Giovanni Villani
( lih. I. e. 60 ) • Le aquile , che servivano ai romani d' insegne mili-
tari , erano d'oro e a argento, solide, e fìtte sulle aste, come siri-
leva dalle medaglie, e particolarmente da quelle d' Antonio triunvi-
ro, né ci sovviene d'alcuna autorità, che possa indurci a credere»
che le aquile fossero ricamate in drappo o in oro . V. anche Lipsie
ite mil. rom. Uh: IV. diaL V. Sarà quindi da preferirsi la nostra lezione*
quantunque volesse opporsi , che le aquile solide non si moverebbero
al vento . Dice il poeta però , che pareva che si muovessero al vento
non già che realmente fossero effigiate sventolanti . N.E.
81 So^fr^ essi la Nidobeatiua , cioè sovr' essi cavalieri : sovr* esso V al-
tre edizioni — in vista , ad occhi veggenti spiegherei qui piuttosto , che
apparentemente , come il medesimo avverbio adoprato aal Boccaccio
spiega il Vocab. della Cr. (n) — si movieno , per si moveano {h) .
*83, 8/1. Pareva dir , il Cod. kfUM. Di mio Jiglio ^ i Codd. Vat.
e Antald. N.E.
85 Dicere per dire adoprarono antichi Italiani scrittori anche in
prosa. Vedi il Vocabolario della Crusca.
86 87 Ch^ io torni, dalV impresa ( intendi per la quale vado — e
quella <?c. Costruzione e quella , come persona in cui dolor s^ affretta ^
rispondere , signor mio ec. — 5' affretta d' aver pronto conforto . Ven-
turi . Ed ella leggono V edizioni diverse dalla Nidobcatina .
CO So^to U VOC0 vista {.II. (ff) Vedi la nota Inf. xii 29.
e A N T O X. i4i
88 Se tu non tomi? Ed ei : chi fia dov'io.
La ti farà,. Ed ella: l'altrui bene
A te che fia , se 1 tuo metti in obblio ?
9 1 Ond' elli : or ti conforta , che conviene
Ch' i' solva il mio dovere anzi eh* io muova :
Giustizia vuole , e pietà mi ritiene .
94 Colui j che mai non vide cosa nuova ,
Produsse esto visibile parlare,
Novello a noi perchè qui non si truova.
97 Menti*' io mi dilettava di guardare
Le immagini di tante umilitadi ,
£ , per lo fabbro loro , a veder care :
I oc Ecco di qua , ma fanno i passi radi
( Mormorava '1 poeta ) molte genti ;
88 Se tu non tornì ? Ellissi , e vale quanto se tu non tornassi ,
conC onderebbe la faccenda ? — ed e/, la Nidobeatina ; ed ei , l* altre edi-
zioni— chi fia dóif* io ( intendi ) sono , cioè chi succederà in luogo mjo
nelT imperiai seggio.
89 90 Za ti farà ^ ti farà la vendetta che brami "^F altrui bene a
te ee. Costruzione; Se 7 tuo bene (il tuo ben operare) metti in ob"
hlio y tralasci , a te che fia P altrui ? che gioverà a te V altrui beu« opra-
re . ^ ^ £ii 7 metti in obblio , il Cod. Antald. N.E.
91 Onde , vale per lo che .
93 Solva , o dal Latino solvere per soddisfare {a) o solva dice in
luogo di assolva a senso di compia , come assolto m vece di compito
dice Pah. zxv. v, 35.
Ma poiché il gratular si fu assolto .
Anzi eh' io muova ( muovere è detto qui , come altrove (Jb) , a modo
del latino movere prò discedere (e), avanti ch'io mi parta.
o5 Giustizia ec. la giustizia cos\ da me richiede , e la compassio-
ne alla tua afflizione mi sforza a fermarmi .
94 Colui che mai ec. Iddio che , visto già avendo tutto ab eter-
no , non vede certamente cosa mai che nuova gli riesca .
95 Esto aferesi praticata molto dagli antichi , per questo — visibile
parlare , il riferito parlare di quelle marmoree fìgure , che per la mae-
stria de' loro atteggiamenti manifestavasi all' occhio de' risguardanti .
96 Novello per nuovo , non mai veduto — qui , tra noi mortali —
non si trova per V imperfezione delle sculture nostre .
99 Care , gradevoli a veder ^ per a vedersi {d) — per lo fabbro loro^
per saperle fatte dalla divina mano .
100 loi Ecco di qua ec. Costruzione. // Poeta ( Virgilio) mor^
(a) Vedi Rob. .Stef. 'Ih$$aurus ling. Lat. (b) Esempìgraxia Iiif. 4? lU
(e) Vedi Rob. Stef. Ihesaur. liag. Lat, (d) Vedi Cìbod. Partic. 229 4*
*4a P U E ft A T O R I 0
Questi ne 'nvieranno agli alti gradi .
2o3 Gli occhi miei , eh' a mirar erano intenti
Per veder novitadi onde son vaghi,
Volgendosi ver lui non furon lenti .
lo6 Non to' però , lettor , che tu ti smaghi
Di buon proponimento , per udire
Come Dio vuol che '1 debito si paghi •
109 Non attender la forma del martire :
Pensa la sucoession ; pensa eh' , a peggio j
Oltre la gran sentenzia non può ire .
H2 r cominciai: maestro , quel ch'i' veggio
Muover à noi non mi sembran persone ,
morava ( diceva sommessamente sotto voce ) ecco di qua ( dalla de-
stra parte di essi due poeti stanti di paro con la l'accia volta a quelle
sculture ) molte trenti , ma fanno i passi rari , vengono a lento passo •
103 Agli affi gradi j ai superiori cerchi del Purgatorio .
* io3 6>a/i conienti^ il Cod. Vat. N.E.
io5 f^ol^ndosi s^er ec. Costruzione . TVb/i furon lenti volgendosi
(nel volgersi ) ver lui, yerso Virgilio; ch'essendo , com'è detto nel
V* 4^* alla destra di Dante , era conseguentemente dalla parte ond«
'quelle genti venivano •
1 06 Ti smaghi , vaie U smarrischi , ti perdi , ti tolghi . Vedi la nota
Inf. x>cv. if\6, edagli altri passi ivi allegati.
107 ro8 Di buon proponimento , per ec* Suppone Dante che inten-
dendo chi legge le pene dell' Inferno faccia proponimento di operar
bene per i schivar quelle , e meritarsi il Paradiso : ora però teme cht
in vista delle gravi pene che soffrono 1' anime al Paradiso destinate ,
non venga a perdersi di coraggio , e ad abbandonare i buoni propo-
nimenti — Non si confacendo a lettore il verbo udire preso nei comon
senso di ascoltare , conviene credere che lo adoperi qui Dante al mo-
do che adoperano i Latini talvolta il verbo audire , per intendere (a) •
no III Pensa la successione pensa ciò che al martire dee suc-
cedere , cioè la celeste gloria — a peggio vale quanto «/ Paggio de* peg-
gi , al peggio che possa succedere , e T ho perciò collocato tra due
virgole — oltre la gran sentenzia ec. La gran sentenza finale Fenite be-
nedicti ec. Ile maleaicti ce, pone invece del dì finale del mondo , dopo
del quale non vi sarà più Purgatorio ; e però dice che , al peggio
che possa succedere , può quei martire durare fino alla gran sentenzia , e
non più oltre.
ii5 Muover a noi la Nidobeatina , muover ver noi F altre edizio-
ni . Ma la particella a significa lo stesso che verso , (^) , e toglie dall' al-
tro cauto la cacofonia del muovere ver. Muovere ha qui senso pas-
.(a) Vedi Robeito Stefano Thesaurus lingumt Latinae •
(h) Vedi CinoD, Part/c i xi.
e A N T O X. 145
E non so che; sì nel veder Taneggio.
ii5 Ed egli a me : la grave condizione
Di lor tormento a terra gli rannicchia
Sì y che i mie' occhi pria n' ebber tenzone .
]i8 Ma guarda fiso là , e disviticchia
Col viso quel che vien sotto a quei sassi :
Già scorger puoi come ciascun si picdbia,
121 O superbi Cristian, miseri, lassi,
Che , della vista della mente infermi y
Fidanza avete ne' ritrosi passi !
1 a4 Non v' accorgete voi , che noi siam vermi
sivo quanto muoversi {a) — non mi sembran la Nidobcat. , non mi sem^
blan V altre edizioni .
ii\ E non so che, intendi, mi rosse mb ri no » Ccrtamenle cioè posso
dire che non mi sembrano uomini ; se dovessi poi dire che mi ras-
sembrano , noi saprei — si nel veder vaneggio , tanto in guardando mi
sforzo in vano ai schiarirmi che oggetti sicno quelli . ^ £ non so
y io nel mio veder vaneggio legge il (lod. Caet. N.É.
ii5 116 La grave comlizion di lor tormento^ di dover portarsi
indosso que' gravissimi pesi che in seguilo dirà — gli rannicchia , gli
ripiega e ristringe , ^li raggruppa .
117 I miei occhi pria ec. Confessa anche Virgilio di non avere a
prima vista ben compreso ciò che quelle anime si fossero : e trasfe-
risce agli occhi quella tenzone quel contrasto , eh' è proprio della
mente , ouando V obbielto non si vede chiaro che sia . Tenzione leg-
gono r edizioni diverse dalla >'idoheatina , '^ eil Cod. Vat. N.E.
118 Disviticchia, metaforicamente detto per distintiti,
lao Già scorger poi : suppone che già Dante , ohbcuito avendo , ed
agguzzata meglio la vista , distinguesse sotto quei sassi le rannicchiate
persone — ciascun si picchia, per picchiato sia, sia percosso, sia tormentato,
lai Lassi, ^er fiacchi, deboli,
IQ3 Della vista, per nella vista, come trovasi adoprata la par-
ticella rfi per in (6) — infermi della vista ec, vai quanto offesi, guasti,
ia3 ridanza avete ec. pensate , ciechi che siete, di camminar be-
ne e allo innanzi , mentre i passi vostri sono ritrosi , retrogradi (e) ,
Ponete fiducia nel merito di quelle opere , che la superbia vostra
rende anzi demeritevoli . Pe' ritrosi passi chiosano gì* interpreti in (ge-
nerale le viziose operazioni . Ma qui inveisce il poeta contro de' superni,
i quali non presumono già di opere di sua natura cattive, di furti
omicidi ec. , ma di opere per se slesse buone , e solamente dal loro
superbo fine rese guaste •
ia4 laS f^emu nati a formar ec. Prende idea da que' vermi dei
(a) Vedi esempi <ll *lroil modo parecchi nel Vocabolario della Crosca
tstlo il verbo muovere \. 10. {b) Vedi Cinon. Partic 80 8 ^ ed il Vocabo-
lario della Ci asca . (e) Vedi lo stesso Vocabolario alla voce ritroso.
i44 ruRGATORIO
Nati a formar V angelica farfalla ,
Che vola alla giustizia senza schermi?
137 Di che l'animo vostro in alto galla?
Voi. siete quasi entomata in difetto ,
Sì come verme in cui formazion fitiUa •
Saali fassi farfalla , e dice , che noi pure siam vermi ordinati a niMi»
ar fuori dal nostro corpo V angelica , cioè la spirituale » Jarfìdla ,
r anima nostra . * Nati a *nformar , ha il cod. Antaid. » e il lodato
possessore aggiunge : se formare ed informare non sono esattamente
sinonimi, sarà da preferirsi la nostra lezione. Vedi in questa cantica
il V. a/i. del e. XXIII. N. E.
ia6 Senza schermi y 1* intendo aggiunto alla giitsUtia ad ispecificar-
nela per la divina giustizia ; e come se avesse in vece detto a quel"
la giustizia , che non ammette schermo , riparo , coprHura aleunm , ed
a cui però ogni più nascosta superba mira è palese : * Io , col Ven-
turi , al tribunal ai Dio , doi^e non vaglion schermi e difese : quasi li-
mile a quello del Farad. XXIXi Da essa , da cui nulla si nasconde .
BiàGiOLi . N. E.
137 Gtdla galleggia, metaforicamente per 5' erge in superbia . Es-
sersi probabilmente cotal verbo formato da Dante sincopando il trito
verbo galleggiare è detto IifF. xxi. 57.
ia8 139. Fbi legge la Nidobeatina , ed istessamente hanno trova-
to scritto in sei mss. gli Accademici della Crusca , e ne dà ottimo
senso , cioè voi , o miseri superbi , senza accorgervi siete ec. Poi wìV in-
contro , che hanno ritenuto nel loro testo gli Accademici , e che leg-
gono tutte r altre edizioni , (* e il Cod. Vat. N. E. ) anche inteso , co-
me r intende il Volpi , per poiché , non sostiene così bene l* invettiva
ed in oltre richiederebbe , che si trasferisse il punto interrogativo al
fondo della terzina . — siete quasi entomata ec. Dice Dante in questo
e nel seguente verso la stessa cosa : in questo la esprìme in gene-
rale e coi termini delle scuole , nel seguente la particolarizza e di-
chiara con piii intesi termini : come se avesse in vece detto , Fai
siete quasi entomata [ insetti ] in difetto [ difettosi ] , o piii chiara-
mente parlando , siete come verme che non forma perfetta la sua far-
falla» ^ Il CoD. Cass. legge aitomata atomi, ed il suo Postil. cnio-
sa : etiam sic remanemus attom/i , illa scilicet corpus cula informia qua
agitantur per radium solis transeuntem per aliquam umbram : in defc'
ctu , idest deficiente nobis spirita . Il Coo. Ca.ct. e il Vat. leggono an-
tomaia , ed il primo di essi annota : Anthomata est vermis , qui est
sine ulta forma membrorum originalium , et vermis defectuosus ; avvi-
cinandosi alla chiosa di Lombardi , la quale però è preferìbile , come
altresì la lezione . N. E.
Si unisce qui il Venturi con Antonmaria Salvini a condannare il
poeta nostro d* ignoranza della Greca lingua nello appellare eniomn-
ta gli insetti : Dante ^ dice , e lo confessa ancora il Salvini , pigliò un
granciporro : dovea dire entoma , voce Greca che corrisponde per /' ap-
punto alla voce Toscana insetti , dai latini pigliata a significar vcr-
micciuoli 'y mei vedendo quel ta , e non lo riconoscendo per articolo ,
che nei vocabolnn Greci , c/ie lessici domandiamo , si mette appresso
e A N T O X . 1^5
i3o Come 9 per sostentar solajo o tetto ,
Per mensola talvolta una fìgura
Si vede giunger le ginocchia al petto ,
immediaiamenie a i nomi per eontmsegno del genere ^ lo unì air enlo-
noL , e imperitamente ne formb questa nuova parola entomata .
Per paragoge ( risponde il Hosa Morando ) (/i) scrisse Dante fc-
ne ili cambio di fò , trci e Iree per tre , este per est Latino , laci per
là , ee per è , con la stessa figura entomata per entorna . Francesco Re-
di f che fu intendente della lingua Greca quanf altri mai , e fu scritto^
re accuratissimo^ delia stessa voce per la stessa fgura accresciuta non
dubitò valersi ; non essendovi mancato chi abbia detto la generazione
degli entomati esser fatta dalla virtù generatrice dell' anima sensitiva ,
e Tegctativa {b) , e pur in prosa non gode de privilegi , che alia poe^
sia conceduti sono , tra i quali principalissimo è il metaplasmo , JigU"
TU di cui si valse frequentissimamente Omero , come fa avvertire Eusta-'
aio nel suo contento ^ e dietro a lui quanti hanno poetando acquistato fama .
Trovando io però presso il Du Fresne (e) adoprato entoma per
insetto nel numero del meno, dubito che scostandosi gli scrittori La-
tini di que' tempi , e le scuole massime , dal Greco rigore , declinas-
sero entoma , tis , ta , come thema , tis , ta , e che ponesse Dante en-
tomata , non come Greca , ma come voce Latina . Cosi , per avviso
dell' altrove già lodato Sig. Ab. Gio. CrÌ5toforo Amaduzzi, è a un di-
presso avvenuto anche del Greco neutro plurale vocabolo bibita da' La-
tini de' bassi secoli adoprato qual femminino singolare Latino, e de-
clinato biblia y ae } come per esempj lo stesso Du Fresne ne dimostra.
i3i i32 Per mensola, vale in vece di mensola: che appellasi da-
gli architetti quel pezzo , che sostiene cosa prominente dal muro , tra-
re esempigrazia di solajo o di tetto — una fgura intendi umana .
Deir introduzione di umane figure in luogo di mensole vedi Vitruvio
lib. I. cap. I. e nell'edizione di questo autore fatta, non si dice do-
ve , del i5t23 vedrai esempj dello scherzo appunto che dice qui Dan-
te. * Il eh. Ennio Quirino \isconti (d) crede che questi versi alluda-
no alla famosa Loggia dei Lanzi in Firenze , i di cui Atlanti offende-
vano il baon senso , e gli occhj di Dante. Noi però a lode del vero
dobbiamo annotare, che Dante non poteva alludervi ; poiché, per quan-
to si sa nella Storia delle arti, detta Loggia fu architettata da Andrea
di Clone Orgagpa nell' anno i355 quando già da a4 anni trovavasi l'
Alighieri trai piii : Loggia celebrata in sommo grado dal Divino Mi-
chelangiolo , e quella in cui si videro la prima volta gli archi di
mezzo tondo , che per 1' addietro si usavano in quarto acuto (e) , Il
nostro bravo concittadino colse probabilmente un tal errore nell' ope-
retta intitolata V Antiquario Fiorentino , ossia Guitta ec. per la Città
di Firenze (f)j in cui forse per isbaglio di stampa a pag. 182 dicesi
detta Loggia fabbricata con disegno dell' Orgagna nel ia85; o forse
confondendo 1' epoca di altra ringhiera , che fu innalzata appunto
in tale ^nno da Arnolfo di Lapo valoroso Architetto (g) . Comunque
(a) Osserv. Farad, iil. {b) Inset. 8. (e) Glossar, med. et in firn, Lat.
(d) Museo Pio Cleroentino Tom. 11 statue pag. 42. (t;) Vasari Vita di
Andrea di Cione Orgagna . (/) Firenze 1778 nella stamperia Gran Dacalt 1 voi.
picc. 8. (g) Vedi Monsig. Bottari ael;, Vasari di Poma r759 presso Pagliari-
ai 9' Tom. X pag. 119 BOt. 3.
T.a. K
1^6 PUliaATORIO
i33 La qaal fa del non ver vera rancura
Nascer a chi la vede ; così fatti
Vid' io color j quando posi ben cura •
i36 Vero è che più e meno eran contratti ,
Secondo eh' ayean più e meno addosso ;
E , qual più pazienza avea negli atti »
Piangendo parea dicer : più non posso •
f ia » non sono rari gli esempj in Arcbitettura , e specialmente tra one lU
che precederono il cisorgimento dell' arte : in cui si veggono ngu re
in atti soverchiamente curvi « e ridicoli sostener volte pesanti , e massi
grandi contro il buon senso e la natura . È chiaro poi dal contesto
che Dante non critichi in genere le picciole mensole, che da savj Ar-
chitetti sonosi fatte sostener talvolta da figurine rappresentanti Genj »
Fame, Angioli o simili, come si può vedere non solo ne' tempi mo-
derni ma negli antichi pur anco . N. E.
i33 Fa del non ver ec. Di un affanno che in lei soltanto pare , e
non è , cagiona una vera rancura un vero affanno , in chi la mira •
i55 Cura y di ben discernere ciò che ci fossero.
i56 yero è la Nidobeatina, ver è V altr' edizioni.
i38 E . In seguito al detto f^ero , è ch^ erano coloro più e meno
oontratti intendo che la particella e abbia qui forza di ma (a) , o di
nondimeno (5) , come in quel del Petrarca .
Era bea forte la nemica mia ,
E Ui vidi ferita ia mezio *l core {e) ;
e chioso volerci il Poeta dire che quantunque fossero quelle anime
più e meno aggravate da' pesi , tutte però erano s\ fortemente aggravate
che quella che mostravasi meno afflitta , piangendo pareva dicesse non ne
posso pili . * A questa chiosa è contrario il Biagioli . N. E. — r dicere per
dire adoprato anticamente anche in prosa. Vedi il Vocabolarie
della Crusca •
(a) Vedi Ciaeiùo Partic, loo 18. (b) Vedi U stesso !••• %••
(e) Part. 1. toB. 67.
Fine dd conio decimo .
i47
CANTO XI.
• ARGOMENTO (»)
J^opo V oraùon fatta dalle anime a Dìo , mostra Dante d* avere rico-
nosciuto V anima di Oderisi d' J gobbio miniatore , col quale ragiona a
lungo .
1 v^ PADRE nostro 9 che ne* cieli stai ,
Non circonscritto , ma per più amore
Gh' a' primi effetti di lassù tu hai ,
4 Laudato sia il tuo nome e 1 tuo valore
Da ogni creatura , com' è degno
Di render grazie al tuo alto vapore .
7 Venga ver noi la pace del tuo regno ,
I a 5 O Padre nostro ec. Parafrasi della orazione dominicale Pa-
ier noster qiù es in caelis ec, orazione verameale confaccvolo alle ani-
me parganti la superbia : imperocché si chiede in esm che il nome
d* Indio , e non il nostro , abbia lode , e che la divina volontà si fac-
cia , e non la nostra — ne* cieli stai , hai ne' cieli tua regij , — non
circonscritio , non perchè dai cieli sii tu rinchiuso , che cceli caslorum
te capere non possimi (a) — ma per piti amore , eh* a i primi effetti ec.
ma per compiacersi tua libera volontà maggiormente ne' primi elTetti
della onnipotente tua destra , che furono i cieli medesimi e gli angeli (/>)•
4 funtore , potenza ,
6 ^Ito vapore la Nidob. , tlolce vapore V altre ediz. * e il cod. Vat.
e il Caet. N. E, Oltre però che a prima vista si scorge che al vapore
mal si conviene l' epiteto di dolce , deesi anche riflettere che appel-
landosi nelle scrittore sacre la sapiènza vapore ; vapor est enim virtù-
tìs Dei , et emanatio ec. (e) , rendesi perciò quasi certo che per vapo-
re intenda Dante non 1' amore , o la grazia , come tutti gP interpreti
clifosano , ma la sapienza ; alla quale certameute s' accoppia meglio
alto che dolce . •
(*) Argomento metrico del cel. Gasparo Gozxi .
Pregan gli fpirci per lo ben de* vivi ;
Tra essi è Omberto i che , di qaa s\ altero,
Sopra di sé ha glti>cchi aperti qaivi •
Cosi conosco di sua £ima il vero
Oderisi d' A gobbio , e cede al trai
Di sua beir arte y con amil pensiero ,
L* onor ^ che Dante dar vorrebbe a lui .
(a) Parole di Salomone a Dio nel 3 libro dei Re cap. 8. {b) Vtdi i cornea-
tacori dtUa sacra Genesi al cap. i« (e) cap. 7 v. 2S.
K 'à
i4S PURGATORIO
Che noi ad essa non potem da noi ,
S' ella non vien , con tutto nostro 'ngegno •
IO Come del suo voler gli angeli tuoi
Fan sagrificio a te , cantando osanna ,
Così facciano gli uomini de' suoi .
]3 Dà oggi a noi la cotìdiana manna ,
Sanza la qtial , per questo aspro diserto ,
A retro va chi più di gir s' affanna .
16 E come noi lo mal , che avem sofferto ,
Perdoniamo a ciascuno , e tu perdona
Benigno , e non guardare al nostro merto .
19 JN^ostra virtù , che di leggier s' adona ,
Non spermentar • con V antico avversaro :
Ma libera da lui , che si la sprona .
22 Quest' ultima preghiera , signor caro ,
Già non si fa per noi ; che non bisogna ;
8 9 Che noi ec. Perciocché , s' ella non viene a noi data ( inten-
di ) da te y noi con tutto nostro ingegno non possiam ad essa pervenire.
1 1 Cantando osanna . Dizione Ebrea > che vale deh Jacci salvi , chio-
sano gì' interpreti della commedia . Essendo però gli angioli già del-
la eterna salvezza in possesso , meglio col Tirino ed aUri interpreti
delle divine scritture dirassi qu\ solemnis formula gratulantium , ei fau-
sta aeclamantium , ut apud nos io triumphe , visual Rex ec» (n) .
12 De* suoi, intendi, voleri .
i5 Dà oggi ec. Spiega fìsuratamente le parole pattern nostrum
quotidianum , con allusione che da se manifestasi, alla sagra storia
della prodigiosa manna piovuta agli Ebrei nel deserto .
17 II tu perdona . Siccome la particella et fu dai Latini adoprata
per etiam , così anche V italiana e adopraÀ qu\ per ancora . Vedi an-
ch« il Cinonio {b) .
19 :io II Dfostra virtii , che ec. Corrisponde questa a quella pe-
tizione et ne nos inducas in tentationem — 5' adona resta abbattuta (e) ,
— non spermentar ec, non permetti che sia tentata da Satanasso , Sper-
mentarc sincope di sperimentare, molto adoprata. Vedi il Vocabol.
della Cr. — aa lui , è questa la petizione libera nos a nudo intesa con
S. Gio. Crisostomo {d) valer quanto libepa nos a diabolo — Che sì
la sprona, la instiga , intendi , al male .
2.3 Che non bisogna y non essendo più soggette quelle anime a ten-
tazioni , né a peccati .
^^—^ .■ . ■ > — ^^^ »^^— ^ ^-^i— ^»^-^— ^— ^i^— — i^ 1^^»^
(a) In Mate, e, 29. (b) Partic. 100 i3. (e) D* adonare per abbaS'
sare ed abbattere vedi altri esemffj recati dal VociboL della Cr. (tt^ im
Matth. e. 6.
e A N T O X I. 149
Ma per color che dietro a noi restaro.
a5 Cosi , a se e noi buona rainogna
Queir ombre orando , andavan sotto 1 pondo ,
Simile a quel che tal volta si sogna ^
s8 Disparmente angosciate tutte a tondo
E lasse , su per la prima cornice ,
Purgando- la caligine del mondo •
34 Color che dietro ec. , coloro che lasciammo nel mondo •
aS Ramogna . Dubito che non sia questo termine preso dal Fran<»
cese ramon , che scopa , e ramntoner che scopare e spazzare significa ;
e che perciò vaglia lo stesso che spazzamento o purgazione , Gl'inter-
preti comunemente spiegano ramogna per viaggio o proseguimento di
viaggio . Se però la si ha a credere voce Italiana , io , attesa la forma*
zione di essa , direi , che non semplice viario significhi « ma viaggio
ramingo e che come pellegrinaggio appellasi il viaggio del pellegrino,
cosi ramosa fosse aetto il viaggio del ramingo. Da ramo ^ come ne
accenna Pier Crescenzi , fu da prima detto ramingo V ucello che di
iddio uscito , di ramo in ramo va seguitando la madre {a) ; e da rama
potè pur dirsi ramosa anche lo stesso errare ramingo . ìù noi qu\ nel
tristo noudo , e quelli che nel Purgatorio ritrovansi , in confronto
di quei fortunati che già hanno spiegato il volo alla celeste patria ,
Siam proprio raminghi , non che pellegrini ; e dobbiam brne 5apeme
grado a chi ne prega buona , cioè breve ed avventurata , ramogna .
La stessa voce ramogna citasi nel Vocabolario della Cr. adoperata
da Fra Iacopo da Cessole nel trattato suo degli scacchi , e del verbo
ramognare (a menzione il Passavanti nello Specchio di vera peniten" .
za (b), quanto però a me sembra , ^enz'a fruttarne maggior certezza di
significato .
26 al Qg Andavan sotto ec. Sinchisi , di cui la costruz. Andavan
tulle a tondo su per la prima cornice ( il primo cerchio (e) iUsparmen-
te angosciate e lasse ( giusta T avviso dato nel v. i56 e seg. del canto
prec* ) sotto il pondo ( pondo per peso adopera il Petrarca pure ) (d^
simile a quel , che tal si sogna . Non rinvenendo il Poeta peso qu\ da
alcuno realmente portato , a cui agguagliare il peso che si portano ^
quelle anime , volgesi a recarne in paragone quello strabocchevole
immaginario peso cne tal volta sognamo di portare , ma che , se real-
mente portassimo , non solamente ci opprimerebbe , ma prìverebbeci
all' istante di vita .
Si perdono qui gli interpreti tutti a rintracciare hi cagione di si
fatti sogni ; ed ommettono di applicarsi alla ricerca di quello , per
cui non venga questa similitudine a snervare , ed a far cadere in ridi-
colo la descrizione.
3o La caligine ( legge la Nidob. meglio che le calìgini l' altre
ediz. ^ e il eoa. Vat. e il Caet. N. E. ) cioè il peccato della superbia.
(a) Agric, lib. loo. 3. (b) Tratc. della vanagloiia , nelP agginnta al
cap. 5 Avverti perd di guardare 1' edii. di Firenze 1725 pag. 23o 9 impe-
rocché altre edU. trovo dell* accennau voce maacanti . {fi) Vedi la àoia
al canto proced. v. 27. {d) 5oa. 73.
i5o PURGATORIO
3i Se di là sempre ben per noi si dice 9
-^ Di qua che dire e far per lor si puote
Da quei e hanno al voler buona radice ?
34 Scn si de' loro aitar lavar le note ,
Che portar quinci, si che mondi e lievi
Possano uscire alle stellate ruote .
37 Deh I se giustizia e pietà Vi disgrevi
Tosto , sì che possiate muover Y ala ,
Che secondo 1 disio vostro vi levi;
4o Mostrate da qual mano inver la scala
Si va più corto : e , se e' è più d' un varco ,
Quel ne 'nsegnate che men erto cala .
43 Che questi che vien meco , per lo 'ncarco
S. Agostino (avverte il Panirllo ) a quelle parole del salmo loi . Quia
defecerunt si cui fumtis dies mei , comcnta , Unde sicut fttmus , nisi pro^
pter (ilationem siiperhinf ? E poco dopo : Videle fumum superbia simi'
lem , asrendentem , tumescentcm , vanescentem ec- Come altrove dice
Tìnnte ///wmo def pantano {a) invece di cnZ/gt/i^ , così per lo contrario
adopera r\u\ c/ttt(*ine per fummo di superbia .
3i Se di là , nel Kurj^atorio — sempre ben per noi si dice , si fa sem-
pre orazione per noi . Ùir del bene , al senso di orare o dire orazio-
ni ^ In è frase, quanto io so, anche in oggi comune a tutta l'Italia.
3^ Di qua ec. Costruzione. Che si puote di qua , nel mondo , di'
TQ e fare per loro , per quelli del Purgatorio ?
Si Da quei e* hanno ec. : dn quelli che hanno la volontà buo-
na , diretta dalla grazia che posseggono d' Iddio : e dice da cotalì so-
lamente, perocché da quegli altri, che sono in disgrazia di Dio, non
hanno le purs^anti anime di che sperare : come avvisò Dante già m
persona di Belacqna nel canto iv della presente cantica v, i33 e sc^g-
3/1 Ben si de* loro aitar la Nidob. , Ben si dee loro atarV edizio-
ne della Cr. e le seguaci — le note ,i segni , le reliquie de' peccati.
36 Stellate ruote , i cieli , perocché rotondi , giranti , ed ornati
di stelle .
37 38 Deh se ec. Ha qui la particella se ugual valore della Italia-
na deprecativa che (b) , e della sic de' Latini : come se detto fosse deh
che tosto frfustizia , e pietà, l'orazione de* pietosi cristiani (le pene
che soffrite) w disgra'i , zeuma di numero per vi disgradino y vi sgra-
vino —
39 F'i Unn , al Paradiso .
42 Che men erto cala ^ che scende men ripido; e che perciò è
più agevole ad ascendersi .
(a) lof. vili 12. (b) VcdiQBOB. Partic. 44 a3.
e A N T O X I. i5i
Della carne d^ Adamo onde sì veste ^
Al montar su 9 contra sua voglia , è parco •
46 Le lor parole , che renderò a queste
Che dette avea colui cu' io seguiva ^
Non fur da cui venisser manifeste;
49 Ma fu detto : a man destra per la riva
Con noi venite , e troverete *1 passo
Possibile a salir persona viva.
5a £ 9 s' io non fossi impedito dal sasso
Che la cervice mia superba doma 9
Onde portar conviemmi 1 viso basso ,
55 Cotesti 9 eh' ancor vive e non si noma »
Guardere' io per veder s' io 1 conosco ,
E per farlo pietoso a questa soma.
58 Io fui latino , e nato d' un gran Tosco ;
Guiglielmo Aldobrandeschi fu mio padre •
44 Carne cC Adamo , proveniente per generazione da Adamo , il
primo comun padre .
45 Conira sua voglia è parco , vorrebbe non esser parco , lento ,
ina per forza lo dee essere . Viene a coincidere con quello del Petrarca
Lo spirito è pronto , ma la carne è stanca (a) .
49 5o u4 man destra , o sia alia destra parte , dee intendersi rap-
porto alla sboccatura del detto {b) tortuoso viottolo su di quella cornice .
5i Possibile a salir per possibile a salirvi.
56 Veder , par esigga la struttura del verso che pronunzisi colla
seconda sillaba nreve , come da* Veneziani pronunziasi ; e come pro-
Donziarsi comunemente dovette T antico veggere .
57 Per farlo pietoso a ec. , per far sì che , cortpassionandomi
•oUo questo grave peso , pregasse Iddio per me.
58 59 Latino , e nato ec. , Italiano , e figliuolo di un gran signore
di Toscana . Fu costui Omberto de' Conti di Santafiore nella montagna
di Siena, figliuolo di Guiglielmo Aldobrandesco , che non potcnoosi
più per la sua arroganza da* Sanesi patire , lo fecero ammazzare in
Campagnatico , luogo della Maremma di Siena . Venturi . * Il postil-
latore del CoD. Cast, ci favorisce al solito di sue recondite partico-
lari storie riguardo a quesl' Omberto , e la seguente sembra piii esat-
ta di quella dataci dal Venturi , e piìi coerente al Poeta . Isti Comi'
ies ile Sancta Fiore fuerunt multum potcntes in maritima Senensium 9
et Ghibellini , et Senenscs paullatim deslruxenint eos . Unde semel cum
gens Senensis equitaret in Campagnaticum , Umbtrius iste indignattts
(fi) Pirt. I soa. 183* (b) Cast, preced* v. 16.
\
i5a PURGATORIO
Non SO se 1 ncnne suo giammai fu tosco •
61 L' antico sangue , e l'opere leggiadre
De' miei maggior , mi fer sì arrogante »
Che j non pensando alla comune madre »
64 Ogn'uomo ebbi 'n dispetto tanto avante y
Ch' io ne mori', come i sanesi sanno 9
E sallo in Campagnatico ogni fante •
67 I' sono Omberto ; e non pure a me danno
Superbia fé' , qhe tutti i miei consorti
Ha ella tratti seco nel malanno .
70 £ qui convien ch'io questo peso porti
Per lei tanto eh' a Dio si soddisfaccia ,
Poi eh' i' noi fei tra' vivi , qui tra' morti .
73 Ascoltando chinai in giù la faccia :
Ed un di lor ( non questi che parlava)
Si torse sotto '1 peso che lo 'mpaccia :
76 E videmi, e conobbemi , e chiamava,
stari' intus inctusus exivit cum qiiibusdam peditihus , et breviterfuii ùi"
t^rfrcttts . K.E. — yildohrandeschi la ^idob. , jiliìohrandesco l'altre edi-
zioni .
60 Se giammai fu vosco , se fu Ira voi udito .
63 Alla comune madìv , alla tcn-a , di cui siamo tutti egualmente
figliuoli , essendo tutti di quella impastati . \ enturi .
65 Sanesi la Nidob. , SSfnesi V altre ediz. ^~ sanno , che V uccisio-
ne ne comandarono . Venturi .
66 Ogni fante . Fante , dal Latino fans , ogni parlante , o^ni uo-
mo . Ad ugual senso adopera fante il Poeta anche nel xxv di questa
cautica t': 61.
Ma come d'animai divenga fante:
e ben inteso , che il parlare sia proprio dell'uomo come il ragionare, non
e* increscerà detto ogni fante per ogni uomo , piii che se detto fosse ogni
ragionatole . MifOTra^ , articulate ioguentes , anche Omero appella spesso
gli uòmini , aggiunge qui a proposito il prelodato 8ig. Ab. Amaduzzi -
68 Tutti i miei consorti , tutti quei di mia schiatta.
69 3falanno equivale a somma disavventura e miseria . Vektvm •
•ji Fei la ^idb. ,yè'r altre edizioni.
73 Chinai in e^ù la faccia : mortificato , intendi , dall'interno ri-
morso della propria superbia ( vedi che chiaro lo confessa due canti
sotto, cioè nel xiit sf, 36 e segg. ) e della non per anche data aDio
soddisfazione .
75 Lo *mpaccia per lo ^mpacciwa , enallage in grazia della rima .
G A N T O X 1 . i53
Tenendo gli occhi con fatica fisi
A me y che tutto chin con loro andava •
78 O , diss' io lui , non se' tu Oderisi 9
L' onor d' Agobbio , e V onor di quell' arte
Gh' alluminare è chiamata in Parisi ?
8d Frate » diss' egli , più ridon le carte
Che pennelleggia Franco bolognese;
L' onor è tutto or suo , e mio in' parte .
85 Ben non sare' io stato sì cortese.
Mentre eh' io vissi , per lo gran disio
Deir eccellenza ove mio core intese •
79 O , diss* io lui la Nidob. , O dissi lui V altrt edìz* — Oderisi
d^ jégobbio ( jigobbio in vece dì Gubbio , che^ diciam noi ogffi , scrìre
anche Giovan Villani ) {a) cìiXk nel ducato d' Urbino , miniatore ec-
cellente uscito dalla scuola di Ciniabue . Rettamente il Baldinucci , avu-
to riflesso che finge Dante questo suo misterioso viaggio nell' an-
no i3oo (p) ^ argomenta premorto a cotal tempo Oderisio (e) • ^ • Oé/o-
risi , il Cod. Antald. N.B.
80 81 Di queir arte, dell'arte del miniare, cioè di pineere con
acquerelli cose piccole in cartapecora o in avorio , servendosi ael bian^
co della carta stessa , od avorio in vece del color bianco , per i lumi ^
della pittura . — Ch* alluminare ec. , che in Francia dicesi enluminer ;
ove avverta chi non ha cognizione del Francese idioma , che in quel-
la lingua la e avanti la n pronunciasi a . * Chiamata è , il Cod. Vat« e
il Caet. ove nel margine si legge per apostilla Parisiis dicitur lumi*
nare et nos dicimus mimare . Vedasi il Buti cit. dalla Crusca v. minia-
re. V£. — Parisi in vece di Parigi , in grazia della rima , dal FranceM
Paris , o dal Latino Parisium .
8a Bidon le carte , figuratamente : cioè dilettano colla varietii e
bellezza de' colori ( e col miglior disegno ) . Così sopra nel canto 1. di
questa cantica al v, ao. Faceva rider t oriente . Orazio parimente uelF
oda ZI del quarto libro : Bidet argento domus . Volpi .
83 Pennelleggia , dipinge — Franco Bolognese , miniatore eccellen-
tissimo , che superò in quell* arte Oderisi di Gubbio . Volpi .
84 L* onore è tutto or suo , eeli è l' intieramente applaudito , — «
JiM in parte , ed a me si danno delle eccezioni ; ovvero ( come tutti
gl'interpreti chiosano) io non ho se non 1' onore d'essergli stato maestro •
85 86 87 Ben non sare* io ec. Soggiunge , che non sarebbe stato
sì cortese di farsi infei ior a Franco , mentre eh' egli era in vita , p«r
lo gran desiderio dell' eccellenza , alla quale era dedito col cuore •
Vellu TELLO • — intese , fu intento • Pstrarc a : Poi che morto è colui , che
tutto intese Infardi , mentre visse al mondo , onore (ti) . Daniello .
(a) Vedi , tra gli altri Inoghi , lib. o cap. ifi, (h) Vedi in prova di cU
laf. XXI la , e Parg. H ^8. (e) JNotiz* ae'proftuBri del dit$gno ^oim 1.
{d) Pait* 1 tOB. 71.
i54 PURGATORIO
88 Di tal superbia cpiì si paga il fio f
£d ancot* non sarei (]uì j se non fosAe
Che 5 possendo peccar , mi volsi a Dio 4
91 O vanagloria dell' umane posse ,
Com' poco il verde in su la cima dura
Se non è giunta dall' etadi grosse !
94 Credette Cimabue nella pintura
Tener lo campo ; ed ora ha Giotto il grido
Si 9 che la fama di colui oscura •
97 Così ha tolto l'uno aH' altro Guido
La gloria della lingua; e forse è nato
Sg Ed ancor non sarei qui , vai quanto • e di più non sarei ne me*
no in Purgatorio y ma melP Inferno .
90 Possendo peccar , dice in cambio di essendo ancor wVo — mi
¥OÌsi a Dio , chiesi a Dio perdono della mia grave superbia .
91 O vanaglona ec. , o gloria Vana dell'umano potere.
,92 Com* poco il verde legge, e dice doversi legeere il Daniello^
e eom* poco el verde , eh' è Io stesso {a) , legge ancne la Nidob. , ove
l'altre ediz.( * e il Cod. Vat. e il Caet. N.E. ) le'ggono com* poco verde :
e vuol dire che , appena la gloria dell' umano potere è cresciuta in
alto , incomincia a guisa d' infetto arbore a dlsseccnr nella cima . Com ,
apocope di come , praticata dai poeti . Vedi Cinonio partic. 56 a5.
9$ Se non è giunta ec* se non le sopravvengono tem[)i goflS. , per
entro i quali ninno arrivi a superarla . Ond' è quel proverDÌo : Heatits
monoculus in terra caccorum . Elati , in luogo cr ctacU , leggono l' edi-
zioni diverse dalla Nidob.
94 Cimabue, Giovanni Cimabue Fiorentino un de' primi ristaura-
tori della pittura in Italia . — Pintura , lo stesso che pittura .
95 Tenere il campo y dicesi de' guerrieri che vincono la battaglia^
2n\ vale ottenere il piti alto grido , Crede rettamente il Venturi proba-
ile cosa, che alluda qui Dante all' epitaffio fatto allo stesso Cimabue
nel duomo di Firenze : dove fu seppellito
Crcdidit ut Cimahos picturae castra tènere .
Certe sic tenuit \ nunc tenet astra poli •
Giotto y altro Fiorentino pittore, discepolo di Cimabue, il quale ag-
giungendo alla rinascente arte perfezione , oscurò la fama del maestro .
96 Di colui y di Cimabue — è oscura la Nidob. , oscura l'altre cdiz . *
E* scura il cod. Vat. Noi restituiamo la comune : perchè Dante non
vuol dire , che la fama di Cimabue è oscura genericamente : ma che
quella solo di Giotto è maggiore . N.E.
97 98. 93 ^' fj^o ali* altro Guido ec. Intendi per il primo Guida
Cavatcanti Tìorenùno y eccellente filosofo e poeta , il quale nella poe-
sìa oscurò la fama dell' altro Guido , cioè di Guido Guinicelii Bolo-
(a) Della particella el scritta daeli antichi in vece d' il vedi le annota-
lieai dell' lati^ido alle Particelle del Cinonio Janot. 34.
e A N T O X I . i55
Chi r uno e r altro caccerà di nido .
icx) Non è il mondan romore altro eh' un fiato
Di vento, ch'or vien quinci ed or vien quindi,
£ muta nome perchè muta lato •
io3 Che fama avrai tu più, se vecchia scindi'
Da te la carne, che se fossi morto
Innanzi che lasciassi il pappo e 1 dindi ,
J 06 Pria che passin mill' anni ? eh' è più corto
Spazio air eterno , eh' un muover di ciglia
Al cerchio che più tardi in cielo e torto .
109 Colui , che del cammin s\ poco piglia
Dinanzi a me , Toscana sonò tutta ;
goese , poeta a' suoi tempi stimato • Del primo vedi pure nel canto
X deir Inf. v. 65. \clpi — della lingua, intendi Italiana , nobilitata
con loro rime , — e forse è nato clii ec. Intende di se medesimo , é
noa già , come pur vorrebbe il Vellutello , del Petrarca ancor fanciul-
lino • Vektubi . Fé avesse Dante in vece detto ed e nato cld forse ec*
non avrei diflìcoUà di accordarmici : ma dicendoybrse è nato y dubi-
to che non parli affatto in generale , fondato unicamente su la con*
sueta variazione delle mondane vicende •
100 1 01 102 None il mondan ec* Bassomiglia ri romore , cbe la
fama nel mondo sparge , al vento ,* e vuole inteso che , come il ven»
to muta direzione e nome , cosi la fama or da un. luogo si sparga 9
or da un altro ; ora un nome esalti , or un altro .
io3 al ig8 Che fama ec, '^ Che voce il cod. Antald. N. E. — - Per
bene intendere questi due terzetti fa d' uopo nella costruzione met*
tere il secondo avanti al primo cosk : Pria che vassin milP anni (da
qal esempigrazia a rovecent* anni ) che ( il quale spazio di lempo )
aW eterno (intendi paragonato) e piii cotto che un muover di aglia
( paragonato ) al cerchio , che piit tardi in delo è torto ( al circolar
moto che in cielo più lentamente fassi ; al giro cioè del cielo stellato
da occidente in oriente , cbe per sentimento del Poeta scorre in cen»
io anni uno grado {a) , e conseguentemente per V intiera rivoluzione
abbisogna di anni trentasei mila), che fama avrai tu , se scindi {se^
pari ) da te vecchia la carne ( se muori vecchio ) più che se fossi mor-
to innanzi che lasciassi il pappo e 7 dindi ? avanti che dismettesi il
parlar de' bambini , che il pane dicono pappo , e i danari tUndi ?
109 no C/ie del cammin sì poco piglia ec, che così lento va in-
nanzi — Toscana sonò tutta , tutta Toscana lo nominava lo celebra*
va . * Intendi Provenzano Sai vani , del quale il Postillatore del Con.
Cact. così parla « qui fuit Senensis Dominus Provincianus Sìlvanus va-»
(a) Convito tratt. 2 cap. 6 Questo moviineiito > osservato prima di
tatti da Ipparco ^ si vaole dai moderni astronomi alquanto piii ceUxa 9
taimamta ciaè che par correrà no grado soli anni J2 gli bastina .
l56 PURGATORIO
Ed ora a pena in Siena sen pispiglia ^
US Ond' era sire quando fu distrutta
La rabbia fiorentina y che superba
Fu a quel tempo sì com' ora è putta*
il5 La vostra nominanza è color d'erba ,
Che viene e va; e quei la discolora ^
lens in armis et Consilio , ed valde presumptuòsus , et audax , et fidi
ille qui dedit conJUcium Florentinis penem Jirbiam : istemet veifei'f paste»
super territorio Fiorentino cum magno exercitu , idest ad Colle de yak"
le else ^ et ibi habuit conJUctum a Fìcario Caroli Primi y qui eroi Cn-
pitaneus ^lorentinorum , et fiat mortuus et amputatum ei caput . U Mu-
ratori ricorda questa Storia ( anno 1269) e da lui abbiamo contezza,
che Giambertoldo si cliiamava il Vicario di Carlo I, che alla testa
dei Fiorentini di parte Guelfa e dei Franzesi , ruppe i Sanesi ed al-
tre truppe Ghibelline , comandate da Guido Novello e da Provenza-
no , la di cui testa fu portata in cima a una lancia per tutto il cam-
po • N. E.
Ili al II 4 Sen pispiglia per se ne paria — onde^vaì della quor
le (a) — era sire. Era bensì general d'armi, e Talorosissiitfò cavalie-
re , e amantissimo cittadino , e non già signore e tiranno , com' inten-
dono i comeiitatori ingannati dalla maldicenza di Dante • Vedi l' i-
storìa di Siena del Malavolti , e del Tommasi . Così il Venturi . An*
che però i non maldicenti storici Ricordano Malespìni e Giovan Vil-
lani più antichi ambedue del Malavolti e del Tommasi, ed fi primo
più antico dello stesso Dante , confermano , come a' Senesi , spiace'
va la signoria di Hf esser Proventano Salvani (b) , e che fu Vrovenza-
no signore e guidatore delt oste {e) : e se questi termini del Malespì-
ni e del Villani non richieggono in Provenzano un dichiarato liran-
che superba fu ec. , ( * Il Cod. Clet. legge Era. N. E.) che tanta
era allora altera e superba , quant' è di presente vile e venale , a gui-
sa di donna vendereccia .
Questo tratto nobilissimo ( aggiunge qui il Venturi ) di salda dot-
trina , arricchito di sentenze magnifiche , e ornato di splendide com-
parazioni , sembra a taluno eccèdere di gran lunga i debiti termini p
e non convenire al carattere d' un semplice miniatore , a cui viene
appropriato , eziandio che si consideri come un' anima separata dal
corpo , e di sublimi notizie doviziosamente dotata , prescrivendo l'ar-
te , che ancor tra queste una giusta proporzione si serbi intatta •
Non è però questo tratto, per quanto nobilissimo sia, un pezzo
del riatonico Timeo ; nò dee il semplice miniatore , o sia il pittore,
ugguagliarsi al cinhnttino .
II 5 116 117 É color (f erba ^ che ec. q come il colore dell'erba,
che presto di verde divicn giallo , — e quei ( sincope di quegli )
(a^ Vedi Cinon. Pari. 19Z 7. {h) Malesp. Star. Fior. cap. 166 » Gio.
Villani Cron. Hb. 6 cap. ^9. (e) Gio. Villani iib. 7. cap. 3i. Qf) L9
sMsso Iib. S cap. So.
e A N T O XI. 157
Per cui eli' esce della terra acerba •
118 Edio a lui: lo tuo ver dir m'incuora
Buona umiltà , e gran tumor m' appiani;
Ma chi è quei , di cui tu parlavi ora ?
i^i Quegli è, rispose, Provenzan Salvasi:
Ed è qui, perchè fu presuntuoso
A recar Siena tutta alle sue mani •
1 a4 I^^ ^ ^^^^ 9 6 ^& senza riposo ,
Poi che morì. Cotal moneta rende
A soddisfar , chi è di là tropp' oso .
1^7 Ed io: se quello spirito ch'attende,
Pria che si penta , l'orlo della vita.
Laggiù dimora e quassù non ascende ;
s3o Se buona orazion lui non aita
Prima che passi tempo quanto visse ,
Come fu la venuta a lui largita?
Li discolora ec, , e quel Sole che col suo calore la fa dalla terra usci-
re acerba y tenerella , cioè , ed immatura , il medesimo la disecca e
discolora. Vuole significare che il tempo stesso, che fa salire alcu-
no iD fama , lo rende poscia in obblìo .
iiii M^ incuora, m'insinua. If incorare a questo medesimo sen-
io vedine altri esempi nel Vocab. della Cr.
119 £ gran tumor y di superbia, m* appiani j m'abbassi.
120 Di cui la Nidob. , iii cu' 1* altre edizioni.
* 121 Proviman il cod. Vat. N. E.
133 ^ recar Siena tutta ec, : a ridurre Siena tutta in suo pugno,
dìfponendone a suo talento. Vedi sopra al i/. iii.
ia5 Poi che per da poi che.
116 yi soddisfar , a fine di soddisfar — cfU , quegli che — h oso ,
ad imitazione del Latino est ausus , fu ardito ,
137 ^ Ed io a lui : se lo spirto^ che attende: legge il Cod. Caet.
£d io a lui : fjuello spirto ec. il cod. Vat. E sono buone varianti , a no-
stro parere : perchè tolgono quel primo se , che si fa inutilissimo ,
e genera oscuriti. N.E.
128 V orlo della vita y gli ultimi estremi del vivere. * AlC orlo ,
il cod. Antald. N. E.
1Q9 Laggiù, nell' antipurgatorio .
i3i i32 Tempo guanto visse, cioè tanto tempo, quanto visse nell'
indugio a pentirsi (a) . — La venuta , intendi , quassit — largita ,
concessa •
(a) Vedi il canto IV della pittante cantica v, i3o e segg.
i58 PURGATORIO
i33 Quando yivea più glorioso, disse 9
Liberamente nel campo di Siena ,
Ogni vergogna deposta , s* affisse ;
1S6 £ li, per trar l'amico suo di pena
Che sostenea nella prigion di Carlo 9
Si coddusse a tremar per ogni vena •
§39 Più non dirò , e scuro so che parlo :
Ma poco tempo andrà, che i tuoi micini
Faranno si che tu potrai chiosarlo •
i33 al i58 Quando vwea ec. Se nel verso i56 vaolsì legeere
E^i , per trar ec. , come dopo 1' edizione de^Ii accademici della
crusca si è finora letto in tutte V edizioni , disgiungerassi (piesto dal
seguente terzetto, e rimarrà di nessun valore. Rens\ congiung crassi
e valore acquisterà leggendosi colla Nidobeatìna (col Cod. Caet.)
e con altri antichi testi manoscritti e stampati {a) Eli, per trarec,,
e questa sarà la coistruzione : Disse , rispose Oderìsi , quando Proven-
zano vii^ea piii glorioso , in tempo che godeva de' maggiori onori ,
deposta ogni vergogna liberamente 5* affisse , si fissò , s'inchiodò { di-
remo noi ) nel Campo , nella piazza (li) di Siena , stendendo , dico-
no i commentatori , ( '^ tamquam unus poltrone aggiunge quello del
CoD. CàET. N. E.) un tapeto per terra (immagino per soffra di quel-
lo ricevere la chiesta limosina da' passaggieri ) ; e A , ed ivi , si con'
dusse , si ridusse , a tremar per ogni vena , a chiedere ansioso e tre-
mante, come i mcndici fanno, limosina , per trar V amico suo di pe^
nn , che sostenea nella prigion di Carlo , per liberare 1* amico suo
fatto prigioniero dal Re Carlo I di Puglia , il quale non si voleva ri-
lasciare se non collo sborso di dieci mila fiorini d'oro (e). Il Fo-
STiLL. Caet. così ci dà contezza di questo amico di Provenzano : qui
diim erat Dominus Senarum quidam amtcus suus dictus Figna reppe-
rit se ad eonjlictum Curradini , unde erat in carcere Caroli ipse et
multi cdii . Carlo sosteneva la parlo de' Guelfi , perchè pretendeva la
signorìa di tutta l' Italia , nel che fare avea d uopo clie il Papa lo
secondasse . N. E.
it\o Tuoi scelgo di leggere con alcune edizioni {d) in vece di
tuo eh' altre leggono * e il cod. Vat. N. E. — » Ficini per concittadi-
ni • Cosi il Petrarca nel sonetto 71 , dove piange la morte di Cino
da Pistoja .
Pianga Pistoia , e i cittadin perversi ,
Che perdut* hanno sì dolce vicino . Volpi.
141 Faranno sì che ec, , privandoti di lutti i tuoi averi, ed esi-
(a) Fra i mss. uno certamente della Casanatense sei^nate- Z. III. 4 > ^
tra gli stampati qaello di Firenze i4Si. (^) Campii , chiosa il I&iindiao ,
chiamano i iianesi la loro piazza . (e) Cos\ tutti d' accordo gli espositori »
saIvo che fallano alcuni nel dire V amico di Provenzano (atto prigioniero da
Carlo II di Puglia ; noa avvertendo che moi\ Provenzano decapitato nel ia6v)
in tempo che regnava in Puglia Carlo i ; vedi Gio. Villani lib. 7 cap. 3l*
id) Vedi , tra 1' altre , qaoUa di Fnligno e le V tutte i563 , e iS;^.
CANTO XI. i59
Quest' opera gli tolse quei confini •
liandoU dalla patria , ti obbligheranno a condurli a tremar tu purm
per ogni vena per accattarti del pane , onde dall' esperienza ammae-
strato capirai cne significhino auesti termini. * Il Postill. Caet. nota
anch'esso così. N. !■:. Già a tale era Dante ridotto mentre queste co-
se scrìveva : ma coli' affissare questo suo viaggio all'anao i3oo (a) vie-
ne a render futuro il presente ed il passato •
1 4^ Quei confini : non di là delP acque , nelC atrio del purgatorio ,
come spiega il \enturi seguendo il Daniello ; ma intomo al monte
medesimo , su di cui erano , laggiù sotto della porta guardata dall'ani
celo ; dove per simile indugio a pentirsi aspettano , tra gli altrì, Man-
fredi e Sciacqua {b) • Vedi la lunga nota al canto II di questa can-
tica V. 95.
' ij II ■
(a) Ve^ Inf. XXI 119 i Parg. il 97 «e. {b) Pargat. iiX iZ% • sagg* t
IV ji^ e seg^
V
Fine del canto undecimo .
CANTO XII.
ARGOMENTO (0
Partouii i àm€ poeti da Od$risi , e v$mgono alla eorniee ; 0P€ r^*
gouo iniagUate sa la prima molte immagini , le quali $ouo imita
/uempj di superbia . Poscia descrive la salita sopra il iaeomdo halto
ové ti purga il peccato dell* invidia,
1 X^i pari , come buoi che Tanno a giogo »
M' andava io con quella anima carca ,
Fin che 1 sofferse il dolce pedagogo •
4 Ma quando disse : lascia lui e varca ,
Che qui è buon con ta vela e co' remi ,
Quantunque può ciascun , pinger sua barca ;
7 Dritto , s\ come andar vuoisi j rifemi
Con la persona, avvegna che i pensieri
Mi rimanesser e chinati e scemi .
a Come buoi , che vanno a giogo ; accenna lo andare che faceva-
no ; come i buoi sotto al giogo vanno, colia testa china, Oderisi
pel peso che reggeva, e Dante per poter ragionare con Oderisi.
ti N'andava io la Nidobeatina, M'andava io ^ l'altre edizioni, *
e il cod. Vat. , che ha pure con quesf anima . N.E.
3 Pedagogo per guida , conduttore Lat. paedagogus . Volpi •
4 inarca passa avanti.
5 6 Qui e buon ec. Paria del mover del corpo come dello spin-
Sere di una nave , e vuol dire , che in quei luogo è bene che s'9f
operi ciascuno a camminare quanto piìi può.
789 Dritto , sì come andar vuoisi , com' è naturai che si vada —
Hfermi con la persona , che per ragionar con Oderisi teneva incurva-
ta . '*' Diritto , come andar vuoisi, rifemi legge il Cod. C4et. N. E. •-
aiwegna che ec. abbenchè cotale raddrizzamento del corpo non imi-
tando i pensieri , mi rimanessero e chinati e scemi , cioè piegati dal-
la primiera altura, e mancanti del primiero tumore, a cagione delle'
vedute pene de' superbi , e degli ammaestramenti d* Oderisi .
Q Argomento metrico del cel. Gasparo Gozzi .
Di sotto a' passi scolpiti gli etempj
Soa di superbia , e veggonsi schernii i
Quei che di qaa per tal vizio far empj .
Ma tu intanto i dae poeti aiti ,
Angiol beato ; onde al secondo giro
Ha Dante i piedi pid lievi e spediti «
Perchè gli spinge in sa m'gUor desiro .
e A N T O XII. i6i
IO la m'era mosso, e seguìa volentieri
Del mio maestro i passi, ed amendue
Già mostravam com' eravam leggieri j
i3 Quando mi disse : volgi gli occhi in giùe ;
Buon ti sarà , per alleggiar la via ,
Veder lo letto delle piante tue .
ì6 Come , perchè di lor memoria sia ,
Sovr' a' sepolti le tombe terragne
Portan segnato quel eh' elli eran pria ;
ìQ Onde lì molte volte si ripiagne
Per la puntura della rimembranza,
Che solo a' pii dà delle calcagne :
sa Sì vid' io lì , ma di miglior, sembianza ,
Secondo l'artifìcio figurato
i5 Gìiie per gzù, paragoge voleatieri dagli antichi Italiani prati-
cala (a),
i4 * Alleggiar y alleviare. Il Cod. Caet. legge tranquillar, co-
me leggono ancora molti altri testi citati dagli Accad. e la Fuigina»
tense. N. E.
i5 Lello delle piante y cioè de'piedi , appella il suolo, per quell'
analogia medesima per cui appellasi letto de fiumi il fondo sopra dal
quale 1' acque de* fiumi si sostengono e scorrono .
17 Le tombe terragne y le sepolture nel terreno scavate.
18 Portan segnato scolpito , nelle soprapposte lapidi . — quel eh* eU
li eran pria , V immagini e le gesta de sepolti . (Juel ch*eeli era pria ,
leggono la Cominiana e 1' altre ediz. seguaci di quella degli Accad.
della Cr. ^ Il Cod. Càet. segue la lezione Nidoheatina. Il Cod. ìog-
ciALi legge Quali elli eran pria . N. E.
19 «Vf ripiagne y si rinnova il pianto fatto già nella morte di co-
loro che sono ivi sepolti . Se ne piagne leggono Tedizioui diverse dal-
la ^iidobeatina , ^ e il cod Antald. N. E.
ai Che solo a pii dà ec. Dar delle calcagne Vide stimolare y detto
da chi cavalca , che colle calcagne annate di sproni , e anche talvol-
ta senza, suole stimolare il destriero: e vuole dire, che la rimem-
branza de' morti solo a* pii e grati uomini dà stimolo di compian-
gerli e di pregar Dio per loro , e non già ai perfidi ed ingrati che »
dimenticando ogni bene ricevuto da' suoi antenati , non ad altro at-
tendono che ai propri piaceri ed interessi.
22 * Si vid* io là , il cod, Antald. ^. E. — Di miglior sembianzay
ia miglior maniera,
SD 24 Secondo C artifizio : secondo le buone regole della scultu-
t
(a) VeUi Ciaoa. Parile, ii5 4.
T.5I. L
,5^ PURGATORIO
Quanto per via dì fuor del monte avanza*
25 Vedea colui , che fu nobil creato
Più ch'altra creatura, giù dal cielo
Folgoreggiando scendere da un lato.
28 Vedeva Briareo , fitto dal telo
Celestial , giacer dall' altra parte
Qrave alla terra per lo mortai gielo.
ra . Venturi — figurato y ornato di (igare — quanto fuor del monte
avanza per via : tutto quel piano che fuori della soprapposta falda sten*
devasi per formare air intorno strada.
iS iQ 27 yedea ec. Costruzione . Vedea da un lato , da ana
parte di quella strada , scender giù dal cielo folgoreggiando ( allude
al detto del Hedentore i^idebam Satanam sicnt fulgur ae caelo caden-
lem ) {a) colui , Satanasso , che fu creato piti nobile tV altra creatura :
perocché sono gli angeli più nobili degli uomini , e Satanasso era tra
gli angioli il piJi nobile. * Pili cT altra creatura lesse il F. L. , ma
siccome i codici C/let. Pogg. ed il Sig. Portirelli , non che la Fui-
ginatense , leggono Piii c/i* altra ; non abbiamo esitato di accordar-
vi la nostra Edizione . N. K.
28 29 3o Vede\fa ec. Vedeva dalP altra parie giacer Briareo gi-
gante, uno di quelli che mosser guerra a Giove, e che furono per-
ciò da Giove fulminati , fitto confìtto dal telo celestiale . Appellando-
si telo un* :irme da lanciare {h) , bene appella Dante telo celestiale il
fulmine. * Celestiale star ec, il cod. V^at. N. E. — Grave alla terra
per ec. Essendo , secondo le favole , la terra madre di Briareo e de*
giganti di lui compagni, coerentemente fìnge il Poeta, che Briareo
per lo mortai gielo , cioè per essere morto , fosse grave , doloroso «
alla terra.
Brutto miscuglio ( grida qui il Venturi ) di sacro e di profano ,
di verità rivelate e di favole.
Le oneste favole però , come sono queste , che nel presente , e
* seguenti canti fa Dante considerare alle purganti anime, non so-
no in realtà che pratici insegnamenti di una sana morale ; e perciò
esortava Platone , che di cotali favole s* instruìssero i fanciulli dalle
loro madri ed allevatrici (r) : e trovansi delle medesime riferite per-
fino nelle scritture sacre {d) .
Contuttociò non fa Dante di favole e di fatti scritturali un miscu*
glio ; ma due distinte serie ne compone ; e quella de* fatti scritturali
.^ colloca da un lato della strada, e V altra serie de* favolosi avveni-
menti ripone ddP altra parte. E tra gli altri riguardi, due molto ra-
gionevoli poterono determinare il nostro poeta ad ammettere quivi 9
oltre gli scritturali fatti , eziandio le favole . Uno , per confondere
maggiormente que' che conobbero le scritture sacre , mostrando loro
per quelle favole confessate anche da* gentili le scritturali divine
massime . L* altro , per rinfacciare a que* gentili , che di là passa-
(n) Log. 10 v. 18. (i) Vadi il Vocib. della Crusca . (e) De Reputi.
lib. 2 • (d) ludic, 9 •
ne
CANTO XII. i63
3i Vedea Timbrèo , vedea Pallade e Marte ,
Armati ancora intorno al padre loro ,
Mirar le membra de'- giganti sparte .
34 Vedea Nembrotto , appiè del gran lavoro ,
Quasi smarrito , e riguardar le genti
Che 'n Sennaar con lui superbi foro .
TMio ( a Stazio , Traiano , Bifeo ec. ) gli ammaestramenti e stimoli ch'eb-
bero essi pure a seguire la virtù , ed a fuggire il vizio . * U Postili,
del CoD. Cast, è appunto di questo istesso sentimento •. N. E.
5i 32 33 Timbreo ^ Apolline. Tjmbraeus Apollo dicitur a loco
Troiae vicino pieno thymbm ( erba detta da noi sasforeggia ) (a) in quo
ejus' et nemus est , et templiim (b) — Pallade detta anche ìlfinerva ^
elea delle scienze — Marte , dio della guerra — armati ancora intomo
al padre loro y intorno a Giove loro padre (e) per difenderlo con-
tro gli assalitori Briareo e compagni giganti. Allusivamente allo scri-
vere di Stazio nel secondo della Tebaide v. 693 e segg.
JS/on aLittr Geticae (si fas esc credere) PhUgrae
jirmatum. immensus Briareus stetit aethera cantra
Hinc Phoebi pharetras , hinc torvae PalLadis angues p
Inde Peletroniam praefixa cuspide pinum
Martis •
34 35 36 Nembrotto , il principal autore della Babilonica torre »
che si voleva alta fino al cielo . Nemrot appellasi nella sacra Gene-
»i {d) ; Nembrolle leggono l' edizioni diverse dalla Nidobeatina , le
?[uali però leggono esse ^ure JYemb rotto , Inf. xxxi 77 — gran lavoro ^
a torre medesima — quasi smarrito , quasi esanimato , per la confu-
del Landino 1481 che non meno infelicemente legge superbo. Con
lui insieme /l' andò in Cipria scrive anche il Boccaccio (e). ^ A noi pia-
ce col codice Vaticano e Caet. restituire la parola superbi; che ia
questo luogo calza s\ bene , da farci credere del tutto allucinato il
Lombardi col Landino e il suo codice corsiniano . Bisogna non avere
un* anima poetica per intrudere queir insieme sì freddo , e che nien-
te J>gg»unge al concetto . A chi non volesse superbi legga superbe ,
che non sarà una bestemmia; ma si ricordi del ^//i/e mo/ii/rfi/n quoB
generosius perire quaerens d' Orazio . Queste licenze de' poeti , dice il
mio dottissimo Periìcari , imitauo il furore , e sono da tollerare . No-
ta di Salvatore Betti . N. E. — Sennaar , regione in cui fu intrapresa
la fabbrica della suddetta torre {/) — foro , antitesi in grazia della
rima, in vece ài furo apocope, u sincope di furono: furono cioè in-
sieme con Nembrotto al lavoro della gran torre.
(a) Cbabraeus Sciagraph. stirp. class. i8. (b) Servì us ad Virg. Aeneid.
Ili 85. (e) Che Marte pare , siccome Apolline e PalUde , figlio sia di Gio-
ve te altri noi dicono, il dice Esiodo. Vedi Natal Cónti Mythàlog, lìl>. 2.
cap. 7. (d) Gap. 10. 1;. 8. (e) Gior. 3. boy. 3. (/) Vedi Cen9S. 11. v. a.
L 3
i64 PURGATORIO
37 O Niobe , con che occhi dolenti
Vedev' io te , segnata in sa la strada 9
Tra sette e sette tuoi figliuoli spenti !
4o O Saul 9 come 'n su la propria spada
Quivi parevi morto in Gelboè ,
Che poi non sentì pioggia ne rugiada !
43 O folle Aragne , sì vedea io te ,
Già mezza aragna, trista , in su gli stracci
Dell' opera che mal per te si fé' !
46 0 Roboam , già non par che minacci
Quivi il tuo segno; ma j pien di spavento ^
37.38^A7o&e, moglie di Anfione Re di Tebe, iiiBuperbìta della
prole che aveva di quattordici figli, sette maschi , e sette femmine,
non voleva che il popolo di Tebe sacrificasse a l^atona madre di
Apollo e di Diana, ma piuttosto a lei . Per la c^ual cosa sdegnati i
figli di Intona uccisero a ^iobe i figliuoli tutti, maschi e lemmì'^
ne — con che occhi dolenti vedev' io te segnata , quanto mesta negli
occhi ti vedev* io scolpita .
4o /|i /|a O SaiU ec, Saulle Re primo d* Tsraelle, uomo superbo
e disubbidiente a Dio . Costui essendo rotto da' Filistei sul monte GeT-
boe , e temendo di capitar vivo in mano de* nemici , diedesi la mor-
te da se stesso . Volpi — Che poi non ec. por la maledizione data
perciò ad esso monte da Davide : niontes Geìboe , ncque ros , ncque
pluvia veniant super vos [a) .
43 44 45 Arafpie , famosa tessitrice di drappi avendo osato di
sfidar Pallade a chi tesseva meglio , sdegnata la dea stracciolle il tra-
vagliato drappo , e convertì lei in aragna , in ragno . Perciò IJante al-
la medesima Aragne per apostrofe parlando dice , vedea io te già mez-
za aragna , già per metà in ragno trasformata , trista, dolente, in su
gli stracci della opera , che ec. sopra i pezzi <lc\V infranta tela , che
mal, che per tuo danno fu da te ordita . Ragna in vece di aragna
vollero scritto qui gli Accademici della Crusca , quantunque coli' au-
torità di pochi testi , perocché aragna , dicono , i/i questa lingua non
crediam che vaglia ne ragno , ne la sua tela . Diversamente però han-
no di poi trovato i loro successori , compilatori del Vocabolario , i
quali riportano due p.ìssi del hoccaccio in prova che aragna ed ara*
gno significano il mclesinio che ragno: ed all'opposto, di ragna al'
lo stesso senso non ci arrecano altro esempio che questo medesimo
introdotto in Dante da' loro predecessori .* Bellissima è la variante del
cod. Antàld. Sì vedeva io te Già mezza aragna Jitta insù li stracci*
N. E.
46 47 48 Roboam ( Roboan , V edizioni diverse dalla Nidobeati-
na ) figliuolo di Salomone, da cui per la superba sua tirannia si ri-
bellarono undici tribù , ed egli per porsi in salvo dal loro furore fug-
(a) Reg, Itb. a. cap. i. v. ai.
e A N T O Xn. i65
Nel porta un carro prima eh' altri 1 cacci.
49 Mostrava ancora il duro pavimento,
Come Alnieone a sua madre fé' caro
Parer lo sventurato adornamento .
52 Mostrava come i figli si gittaro
Sovra Sennacherib dentro dal tempio ,
E come morto lui quivi lasciaro .
55 Mostrava la ruina e '1 crudo scémpio
Che fé' Tamiri , quando disse a Ciro :
Sangue sitisti , ed io di sangue t' empio .
gì sopra un carro in Gerusalemme. Li^. 5 fìeg, cap, \'i. "\ entum . —
già non par che minacci quivi il tuo segno ( segno adopera qu\ J)au-
te come adoprarono 5ig7Z{/m i latini per Jìf» una scolpita) (r/) non appa-
risce fiik in quel luogo di gastigo la scolpita tua figura in queil a-
ria minaccevole colla quale superbamente imperavi. Il cod. ^ at. re-
ca Quivi è tuo segno . Ed è forse liclla lezione ; minacci dipendereb-
be asL un tu sottinteso al vocativo O Iloboam, IN. F. — ma picn ec, msL
spaventata se la porta veloce carro lungi dal popolar furore .
49 Mostrava ancora il duro la ^idobeat. , ancor lo duro , 1* altre
edìxioni^ e il cod. Vat. N. E. — duro pavimento ^ la morm(<rea scolpita
strada • Nega il Biagioli che questa strada sia di marmo , e si riporta
a qnello che narra il poeta al e. x v.- qq e seguenti . N. E.
50 5i Come Almcone ec. Essendosi Anfiarao padre d' Almeone oc*
cullato per non esser condotto alla guerra di Tebe , Erifile madre di
Almeone, e moglie d' Anfiarao , per la superba avidità di adomarsi di
on ricco gioiello , che venivale offerto se indicava ov* era il di lei ma-
rito , ne lo indicò: e per vendicare questo tradimento fatto al padre,
Almeone yàc^o pias et scelcratus eodem (//) uccise la propria madre. E
questo è ciò che vuol Dante significare dicendo che fé a sua madre
parer caro , cioè di troppo caro costo , qual era quello della propria
▼ita, lo sventurato adornamento .
51 53 54 Mostrava come ec. Sennacherib Re superbissimo degli
Assirj , ammazzato da due suoi figliuoli in un tempio , mentre faceva
orazione agl'idoli (e) . Volpi . £ come morto lui quivi Insciarv legge la
^idobeatina meglio ( essendone la costruzione , e come quivi , nel tem-
pio , lasciarono lui morto ) , ove 1' altre edizioni leggono e come morto
lui , quivi '/ lasciaro .
o5 56 57 La ruina ^ e '*l crudo scempio, che Je* Tamiri quando ec,
L* uccisione dee intendersi di Ciro Re Persiano invasore della Scitia ,
e di ducentomila di lui soldati fatta da' Sciti sotto il comando della
loro Regina Tamiri , quando in seouela di tanta vittoria , avendo essa
Regina fatto cercare il cadavere di Ciro , e fatto immergere il reciso
di lai capo in un vaso pieno d' umano sangue , sntia ( (fisse ) te san-
(a) Vedi Kob. Stef. Thes. ling. Lat. (b) Ovid. Metam. IX 409.
(O Reg. 4- «9.
i66 PURGATORIO
58 Mostrava come in cotta sì fuaairo
Do
Gli assiri , poi che fu morto Oloferne y
Ed anche le reliquie del martiro .
6i Vedeva Troja in cenere e in caverne.
O Ilion, come te basso e vile
Mostrava il segno che fi si discerne !
64 Qual di pennel fu maestro o di stile ,
Che ritraesse l' ombre e gli atti , eh' ivi
Mirar farieno uno 'ngegno sottile?
gtilne y quem sitisti (f^ . Ti verbo silire italianamente adoprato da altri
pure vedilo nel Anraholario della Crusca — t* empio per/f sazio*
Sg P'it morto Ofnfcrne , fu ammazzato dalla lamosa Giuditta •
60 F.d anche le reliquie dt^l mari) ro : e mostrava anche il resto della
battuta , r inseguire cioè che fecero gli Ebrei il fuggitivo esercito . *
Anco j il coH. Vat. con più forza. N. E.
61 62 63 F'edevn Troia er. Troia è la provincia , Ilion la cilti
propriamente, sebbene da A irgilio ed altri poeti antichi spesso Troia
per la città si piglia . Dante figura Ilio clRgiato cosi umile , mirando
alla patetica espressione di Virgil. Cecidilque supcii>um Ilìum , et omnis
humo fumai Neplunia Troia {a) . Venturi. Kon essendosi però ridotta
in cenere e in caverne la provincia , ma la sola città di Troia , par
meglio che Troia ed Ilion appelli qui Dante la città stessa ; e che la
ricordi appellata Ilion per insieme ricordare 1' epiteto di supcrbum che
conuette Virgilio con esso nome ; quasi dica , o appellala supcrbum
lliuni — // sef^no , la scultura , il bassorilievo — si disceme per si vede .
Ci O disfile la Nidobeatina, e di stile l'altre edizioni . Stile è una
verglietta .sottile, che si fa di due terzi di piombo, e un terzo di sta-
gno , e serve per tirar le prime linee a cni vuol disegnar con pen-
na (e) .
65 V ombre e gli ai'i legge la Nidobeatiiia e istcssaraente leggo-
no ì mss. che dice di aver veduti il Daniello : e dee valer quanto
r effigie e gli atteggiamenti . Sciendum (attesta Servio) abati poelas ^ et
confuse vel simulacrum , vel undfram diccre (d) : ed ombra per imma-
gine ad ugual senso ripete il poeta nostro nel segu. canto v, 7.
Ombra non gli è , né segno , che si paia ,
Le altre edizioni leggono ( * e il cod. Antald. N. E.) F ombre e
I tratti, che varrebbe quanto gli ombreggiamenti e i tratteggiamenti , Ma
o queste figure intagliate nel marmo (e) si hanno a intendere liassi ri-
lievi , e non vi avrebbero a che fare ombm uè tratti : o debbonsi in-
tendere semplicemente segnate nella superficie del marmo con righe,
a quel modo che s' incidono in rame le figure per farne stampa : ed
in tal caso sarebbero gli ombreggiamenti e i tratteggiamenti una stes-
sa cosa •
66 Mirar farieno ec. Accenna essere V ammirazione , qual è , figlia
(rt) lustÌD. lib. 1. cap. 8. (b) Aeneid. Ili 2. (r) Baldinucci Vocabolario
del disegno art. stile . (d) Jn VI Aeneid. S^I . {e) Vedi Piirg. X 52. 55. ec.
ed in «questo caoto v. 26. e fteg£«
e AN T O XII. 167
67 Morti li morti , e i vivi parean vivi .
Non vide me' di me chi vide 1 vero 9
Quant' io calcai fin che chinato givi.
70 Or superbite , e via col viso altiero ,
Figliuoli d' Eva , e non chinate 1 volto ,
Sì che veggiate il vostro mal sentiero .
73 Più era già p^r noi del monte volto ,
£ del cammin del Sole assai più speso ,
Che non stimava V animo non sciolto ;
76 Quando colui , che sempre innanzi atteso
Andava, cominciò : drizza la testa;
Non è più tempo da gir sì sospeso.
79 Vedi colà un angel che s'appresta
Per venir verso noi ; vedi che torna
Dal servigio del dì 1' ancella sesta .
éeUsi ignoranza, e del corto intendimento; e vuol dire rh' era tale
il Invero di quelle sculture , che avrebbe cagionato ainmirazlone non
solo ad uno stupido ingegno , ma ad ogni più sottile p penelmnte. * I ella
è la variante del cod. Antald. Farien mtrar ogni ingegno sottile. ^';E;
67 Morii ti morti ec. le figure dei morti parpvan proprio uo"^*°*
morti, e le figure de' vivi parevan proprio uomini vivi- Pctren in ve-
ce di parean hanno 1* edizionti diverse dalla Nidobeatina {a) .
68 69 Non vide ce» Costruzione . Fin che chinato givi , finché p«^
guardare canuninai chino , non vide me* , meglio di me qitant^ '<^ ^'}y
cai, que' fatti de' quali mi furono sotto i piedi le immagini, chi *''^^
'/ vero chi all'avvenimento de' fatti medesimi trovossì presente. ^'^*
per gii ^ epentesi in grazia della rima.
70 71 'J1 E via col viso altiero , ellissi ,in vece di e via andate-'
vene col viso altiero — Eva la prima madre — e non chinate ec, e non
abbassate mai lo sguardo a considerare i vostri mali andamenti.
75 // animo non sciolto , la niente affissa alla considerazione di
quelle istorie , e non curante del tempo .
76 j4tteso ^ attento a ciò, che convenrva operare. Venturi.
78 Non è piìi ec, V\\i non conviene che questi obbietti sospen-
dano la celerità del camminare. * D* andar ^ il cod. vat. N. E.
80 81 Toma al sen>igio del d) P ancella sesta , cioò la sesta ora;
che già era mezzogiorno ; e chiamala ancella , perchè le ore si dico-
no servitrici e ministre del Sole, e per conseguenza del giorno, che
na^re ed ha origine da esso Sole : onde Ovidio
lungere equn% Titan vehcibus imperai horis :
lussa Deae celerei peragunt (^) .
'~~— ^~~^— ~~— ~— ~— ^ •- — ~
(a) Vedi la naca al cani. XIX dell' Inf. v, 16. (è) Metam. lib. 3. iiS.
T(^8 PURGATORIO
82 Di riverenza gli atti e 1 tiso adorna
Sì y eh' ei diletti lo 'nviarci 'n suso ;
Pensa che questo dì mai non raggiorna •
85 Io era ben del suo ammonir uso
Pur di non perder tempo ; sì che 'n quella
Materia non potea parlarmi chiuso .
88 A noi venia la creatura bella,
Bianco vestita , e nella faccia quale
Par tremolando mattutina stella.
91 Le braccia aperse, ed indi aperse Tale;
Disse : venite , qui son presso i gradi ,
Ed agevolemente omai si sale.
e il noeta nostro altrove : E già le quattro ancelle eran del giorno
ec, (a) . Danieli o.
83 £i per a lui, come Ikf. x ii3 disse FaC ei saper, in vece di
Fate a lui sapere {h) — diletti , sia di piacere . // viso e gli atti ador-
na sì che diletti ec. , il cod. Antald. N. E.
8/| Mai non raggiorna , mai più non 5Ì rifa da capo, mai non ri-
torna ^
* 85 Io era già di suo ec. Il cod. Antald. N, E.
87 JVon potea parlarmi chiuso , con qualunque frase mi avesse par-
lato r avrei sempre inteso .
* 88 Fer noi venia , il cod. Antald. N. E.
89 Jìianco vestita . Grecismo ( chiosa il Venturi ) familiare ai poe-
ti Latini , nigra oculos , alba genas ec. di candida veste coperta. Se
( riprende il Rosa Morando ) si fosse voluto esprimere il pigra ocuios,
o V alba genas , non bianco vestita, ma bianca le i^e^/i si sarebbe det-
to • Dante qui di due vocaboli ne compose uno alla maniera de' Gre-
Ci , nella puisa che
tre tali . O rieri ni tu
Chiabrera grande i
senza imbarazzarvi uè Greci , né Latini unisce questo di Dante con la
Dio mercè , porta san Pietho , orto san Michele e cent* altri esemnj ,
ne' quali dagl* Italiani scrittori la particella di si tace e si soltoincfen-
de (r) . * Hianco vestito del cod. Vat. potrebbe presso tal' uni difen-
der Dante dell' accusa del Morando : che ognun sa vestito essere an-
cor sostantivo . N.K.
pò Tremolando , scintillando . Scintillare ( avveilesi nel ^'ocabola-
rio della Crusca) comunemente si usa per nsplenderc tremolando , qua-
sicché nel tremolare paia che escano scintille — mattutina stella, stella
in mattutino tempo, nel confine della notte coli' aurora; tempo in cui
per aver V atmosfera deposto i vapori in rugiada o brina, sogliono
le stelle apparire più rilucenti.
» — —
(0) Pnrg. XXU 118. (i>) Vedi quelli nota . (e) Par tic. ^o, 18.
e A NT O XII. 169
94 ^ questo annunzio vengon molto radi .
O gente umana , per volar su nata ,
Perchè a poco vento così cadi ?
97 Menocci ove la roccia era tagliata ;
Quivi mi battèo l'ali per la fronte ,
Poi mi promise sicura 1' andata .
100 Come a man destra , per salire al monte
Dove siede la chiesa che soggioga
La ben guidata sopra Rubaconte,
Jo3 Si rompe del montar l'ardita foga ^
Per le scalee che si fero ad etade
Gh' era sicuro '1 quaderno e la doga ;
94 -^ questo annunzio vengon ec. , intendi ad udir questo annun*^
sia : accenna i! pauci electi del Vangelo {a) . * Il (od. Gaet. legge A
questo invito , e sembra , che si avvicini più al muiti sunt vocati ec. N.E.
95 Per votar su , per andare in Paradiso .
j|6 A poco vento : air urlo di poco vento di vanagloria '■ traslazione
pigliata dagli uccelli, a i quali viene dal vento il volo impedito, e
al basso sono trasportali loro mal grado . Venturi . ^on essendo pe-
rò la sola vanagloria la cagione per cui pochi si salvano , non deesi
pel poco vento intendere il poco vento di f^anaglona , ma il cerlamen-
fe superabile ostacolo d' ogni tentazione .
Dubita a Landino (dice il Venturi ) se questo terzetto lo dica il
Poeta in persona nropria , o pure seguiti P angelo a favellare ; ed ha
per vero aire il duobio non leggiero ne irraeionevole fondamento. Quan-
to a me, sembra cerio , che solo T angelo potesse per esperienza
per dire , che a queir annunzio vadano gli uomini molto radi .
08* Batte il cod. Vat. N.E. — Per la Jronte : vale qui li
ticella per ugualmente che nella (b) .
99 * Il Cod. Caet. legge poi ci promise ec. Ed il cod. Antald.
hu entrata invece d* andata . N. E.
100 al io5 Cerne ec. (ostruzione. Come per salire a man destra
€tl monte dove, su di cui, siede la chiesa di S. Miniato, che soggioga
tien sotto air altezza sua, domina, la ben guidata ( parla ironicamen-
te , e vuole intendersi come se detto avesse la sregolata città di Fi-
renze) sopra Bubaconte , in vicinanza (r) del ponte sopr'Arno, ap-
pellato Hubaconte dal nome di chi lo fece fabbricare, cioè da M. 1 u-
Moonte da Mandtllo Milanese, 1 odestà di Firenze nel 1^37, {d) si
rompe C ardita foga del montare : attribuisce a foga V epiteto di ardi-
ta, eroe di erta , che propriamente si converrebbe al montare : come, tra
gr inmunmerevoli escmpj , disse Virgilio «/iZ/ni matunis Alethes{e) in
(fl) Matr. 22. {b) Vedi Cinon. Partic. igS. i5. (e) Della pirli cella
sopra per appresso , vicino , vedi Cioon. Partic. aSi. 7. (d) Gio Villani
lib. 6. caji. 27. Paolino Pieii an. 1237. (e) Aeneid. IX 246-
sa-
a par-
Mjm PURGATORie
106 .Cosi s' allenta la ripa , che cade
Quivi ben ratta dall'altro girone;
Ma quinci e quindi 1' alta pietra rade •
109 Noi volgend' ivi le nostre persone ,
JBeati pauperes spirita 9 voci
Gantarón si , che noi diria sermone •
TCce dì maturi animi Alethes, Vale adunque come se fosse detto, a
rompe , s' interrompe si modera , la foga , fa violenza, delt ardito, erto,
montare , per le scalee , per 1* ajuto delle scale , che si fero , ari etU"
de eh* era ec, sì rifabbricarono a quel buon tempo antico ( chiosa il
Venturi) che in Firenze non si facevano frodi, e furfa iterie di falsa-
re libri , e misure del pubblico . Allude a due casi segniti a suo tem-
po : il primo , che uno falsiGcò il libro de'conti del i ubblico , strap-
pandone una carta , e sostituendovene un' altra : il secondo , che un
altro togliendo via la doga marcata ( deve intendersi un peso o mi-
sura col Sigillo del comune) con cui si regolava la vendita dei ge-
neri , ed altra ne sostituì più scarsa . Male però il Daniello spiega do-
ga per la pagina , che fu tolta via da quel libro maestro , dicendo
che i libri in quei tempi si facevano di tavole . Venturi . lYima pe-
rò del Daniello diede qui cotale ridicola spiegazione anche il Landi-
no : ma poi nel Paradiso canto xvi v. io5 chiosa per toglimento di
doga essersi da' Chiaramontesi fraudolentementc impicciolito lo stajo ,
e dice lo stajo misura di biade, e non di vino; come dal Vellutello
prendesi il Venturi .
io6 107 Così ec. Così per via, intendi, di scale (n) s* allenta sì
agevola ad ascendersi , quivi la ripa , che cade ben ratta , ripitla , tiaW
altro girone, DalP alto sprone leggono!' edizioni diverse dalla ^ido-
beatina . Oltre però che in alto non v' era il solo seguente girone
degl* invidiosi , verrebbe il medesimo aggettivo a ripetersi troppo pre-
sto nel seguente verso.
108 Ma quinci ec. Detta la somiglianza tra la via di salire al gi-
rone secondo , e la via di salire sul monte san Miniato , acciò non fos-
se inteso , ch& fosse quella simile a questa anche nella spaziosità , ag^
giunge , che in questa V alta pietra che fa sponda alla via quinci e
quindi da una e dall'altra banda, rade, strofina , intendi il viandan*
te y tanto che da ambo i lati stringelo : come (avverte il Daniello)
della nave di Cloante scrive Virgilio nel quinto dell' Eneide dicendo :
IIU intcr navemqut Gyae , scopuLosque sonanUs
Radit iter laevum interior (b) .
log Noi volgend* ivi ec incamminandoci noi per quel viottolo.
* Quivi volgendo , il Cod. Antald. N. E.
Ilo III Beati pauperes ec, Costruzio ne . T^oci cantaron Beati pau-
peres sì , COSI dolcemente , che noi diria sermone , che non potrebbe
con parole esprimersi . Siccome qui alla purgata superbia fa cantarsi
il vangclico encomio alla povertà di spirilo , cioè alla umiltà (e) , cosi
(a) Vedi il v, 92. {h) Vers. 169. (e) Sant' Ambiogio tra gli altri , co-
mentando il detto di Gesù Cristo Beali pauperes spinta , Matt. 5. Recìc
dice hic intelliguntur pauperes spirita , humiles , Lib. i, de sermone Do-
mini in monte •
e A N T O XII. 171
112 Ahi quanto son diverse quelle foci
Dair infernali I Che quivi per canti
S' entra , e laggiù per lamenti feroci •
ii5 Già montavàm su per li scaglion santi ,
£d esser mi parea troppo più lieve 9
Che per lo pian non mi parea davanti .
118 Ond' io : maestro y dì , qual cosa greve
Levata s' è da me , che nulla quasi
Per me fatica andando si riceve?
121 Rispose : quando i P, che son rimasi
Ancor nel volto tuo presso che stinti y
Saranno , come Fun, del tutto rasi;
1 a4 Fien li tuo' pie dal buon voler si vinti ,
Che non pur non fatica sentiranno ,
IMa fia diletto loro esser su pinti .
127 Allor fec' io come color che vanno
Con cosa in capo non da lor saputa 9
Se non che i cenni altrui sospicar fanno ;
ad ogni altro del sette vizj capitali purgato fa di girone in girone
cantarsi encomio alla virtù contraria al medesimo vizio . Ver V armo-
nia poi , che ne descrive qui di questo canto , e per confronto a
3uanto più chiaramente n* esprime altrove ( nel canto , per cagion
' esempio , xxvii 8 di questa cantica ) debbono cotali voci intendersi
degli angeli . * Cantnvan &ì , il Cod. Antald. N.E.
1 1 2 Foci per aperture , aditi .
117 Che per io pian ^ intendi camminando: e vuol dire, che non
solamente saliva qui più lievemente che altrove salisse , ma più iie-
Teroente ancora die in piano camminasse .
121 111 I P , ì sette P impressi dall* angelo in fronte a Tante
neir in grcsso del 1 urgatorio {b) — che son rimasi ancor nel volto tuo
presso che stinti: accenna Dante con ciò che la supeibia , o sia il
dispregio della divina legge (radice , come T Ecclesiastico avverte,
d' ogni peccato) (e) fot ma la maggior bruttezza del peccato mede-
simo : e però colla totale estinzione del primo P , cioè del peccato
della superbia , pone già rimasi presso che estinti anche gK altri sei P .
123 Come l un y come il primo.
126 Pinti , sinonimo di spinti . '^Essere sospinti y il Cod. Antald. N.E.
129 * Suspicciar y il Cod. \at. N.E.
(a) Cast. U. 112. {b) Cap. io. v, x5.
17» PURO A T ORIO
i3o Perchè la mano ad accertar s' ajuta ,
E cerca, e truova , e queir uficio adeu<^^
Che non si può fornir per la Tedata .
i33 E con le dita della destra scempie
Trovai pur sei le lettere , che 'ncise
Quel dalle chiavi a me sovra le tempie .
A che guardando il mio duca sorrise .
i33 Scempie vale qui separate^ allarmi e ^ positura delle dita pi2a
atta per trovar ciò che con la mano cerchiamo . Anche scempiare per
separare fu aloprato {a) ; e per la separazione che fassi nello squar-
ciarsi o tagliarsi in pezzi un corpo di vivente , dee cotal atto essersi
appellato scempio .
i54 Pur ^ solamente.
i55 Quel dalle chiavi ^ T angelo che teneva le due chiavi, detto
nel nono di questa cantica v, wj.
i36 ^ die : al qual atto di cercare , e toccare , e contar sulle
dita le incise lettere . Venturi — sorrise , cioè pianamente , modesta-
mente rise .
(a) Vedi il Vocab. della Crasca .
fine del canto duodecimo .
«73
CANTO XIII.
ARGOMENTO (♦)
Giunie Dante sopra il secondo balzo , ove si purga il peccato delT in-
vidia % trova alcune anime vestite di cilicio 9 le quali avevano Ctt-
citi gli occhi da un filo di ferro « e vede tra quelle Sapìa don--
na Saiiese .
f
1 JL 1 ci eravamo al sommo della scala ,
Ove secondamente si risega
. Lo monte , che salendo altrui. dismala .
4 Ivi così una cornice lega
Dintorno il poggio , come la primaja ;
Se non che l' arco suo più tosto piega .
7 Ombra non gli è , ne segno che si paja ;
3 Secondamente , in secondo luogo — 5/ risesa lo monte , si ta-
fflia , s' interrompe da un circolare ripiano la falda del monte . '*' Ri'
lega , il Cod. Vat. N.K.
3 Salendo , cioè mentre vien salito : modo di dire figurato . Così
il Petrarca : Gustando affligge piìi che non conforta (a) ; e \irgilio :
UrittfNe videndo , Fem'na (^) , cioè dum videtur • Venturi. Vi è però
chi li videndo di Virgilio pretende sia attivo (r) — dismala , purga
dal male de' peccati . Venturi .
4 Una cornice, un finimento della sottoposta ripa, — ^g^f gi*
ra y circonda .
5 Come la primaia , dove i superbi vide punirsi {(d) .
6 V arco suo più tosto più presto piega , è di minor diametro j
perciocché gira intomo al monte m vicinanza maggiore all' acuta cima .
7 Ombra non gli è, ne segno , che ec, : non vi è , non è ivi , im-
magine, né scultura esposta all'occhio de'rìsguardanti . Della parti-
cella gli per vi od ivi vedi il A ocab. della Crusca ; e della voce om-
bra per immagine , vedi ciò eh' è detto nel canto precedente v, 65«
La particella òi aggiungesi a paia per semplice ornamento .
(*) Argomento metrico del celebre Gaspare Gozxi .
Liyida pietra t^oesto giro cinge ,
£ di liyidi manti ricoperti
Sono gli spirti « cai V invidia tinge .
La Divina Giostiiia gli occhi aperti
Non lascia loi , perchò gaardaron tofto
Mentre viveano « gli altrui beni , e i meiti.
Sapla fa Dante di suo stato accorto .
(fl) Pan. I. son. 6. (^) Georg, iil. ai5. (e) Vedi , pei cagion d' esem-
pio t Farnabio • (J,) Parg. (^.20. e segg.
,^4 PURGATORIO
Par SI la ripa , e par sì la via schietta ,
Col livido color della petraja .
IO Se qui per dimandar gente s'aspetta ,
Ragionava il poeta , i' temo foiose
Che troppo avrà d' indugio nostra eletta •
|5 Poi fisamente al Sole gli occhi porse ;
Fece del destro lato al muover centro ,
E la sinistra parte di se torse .
ì6 0 dolce lume, a cui fidanza io entro
Per lo nuovo cammin , tu ne conduci ,
Dicea , come condur si vuol quinc* entro I
19 Tu scaldi 1 mondo, tu sovr esso luci .
8 Par sì ec. Bisogna la particella sì inten(iere detta in vece di
così , e darle il significato che a questa compete di adunque , per»
ciò , o simile (n) , e capire istessameiite come se scritto fosse pare >
apparisce , perciò schietta , liscia , la ripa , e la via .
9 Livido , nericcio , colore della lividura nell* umana battuta pel-
le , — petraja , massa di pietre spiega il Vocab. della Crusca , ma qui
della petraja dovrebbe valer quanto dalla pietra , o delle pietre sem-
plicemente . Colorisce la pietra di questo balzo , dove l' invidia pur«
gasi , siccome in seguito anche il manto degli stessi invidiosi (6) , di
livido colore , allusivamente allo appellarsi livore la passione mede-
sima della invidia .
10 Se qui , pjr ec. Ellissi, e come se detto avesse . Se qui si aS'
petta da noi frante per dima/idrire quale delle ilue strade si debba eleg-
gere , se la destra o la sinistra .
11 Troppo avrà tV indugio ec, : troppo tarda riuscirà V etetta y
r elezione , nostra : troppo avremo a tardare ad eleggerci per qual
parte andiamo .
1 3 * Poi Jìsamente al Sol gli occhj suoi porse legge il Cod. Càet. N.E.
if\ i5 Fece del destro ec, A tlimostrarne , come Virgilio , senxa
mutar loco , si volgesse verso il Sole che gli slava a sinistra , ( * anzi
a destra dice il Hiagioli . N.E. ) v;ilsi dei termini coi quali esprime-
rebbesi il volgere ai compasso per descrivere un circolo , al quale
cfTello di un piede del compasso si fa centro , e V altro piede si fa
girare; e però dice che Jèce Virgilio del destro lato centro al muo^
vere ^ fermo cioè tenne il lato destro , e torse , aggirò » la sinistra
parte di se ^ \\ lato sinistro .
16 al 19 O dolce lume ec. Preghiera al Sole ( chiama il Venturi )
empia a prenderla in senso proprio , Per ridurla a buon senso , fo/i-
viene intendere il Sole divino , che ha le sue perfezioni , e grazie per
raggi , Anche però llasla intendere , che suppone Dante essere il lu-
me del Sole un riverbero della stessa divina luce rajjffiante nelle in-
(a) Vedi Cinon. Partic, 61. 2. (b) Versi 47. e 48. del presente canto .
e A N T O X III. 175
S' altra cagione in contrario non pronta y
Esser den sempre li tuoi raggi duci .
22 Quanto di qua per un migliajo si conta ,
Tanto di là eravam noi già iti
Con poco tempo , per la voglia pronta ,
a5 E verso noi volar furon sentiti ,
Non però visti , spiriti parlando
Alla mensa d' amor cortesi inviti .
28 La prima voce , che passò volando ,
Vinuin non habent , altamente disse ;
E dietro a noi V andò reiterando .
telligenze . Vedi ciò eh' è riferito nel ly di questa cantica v, 6r. —
tu ne conduci , ottativo ; quinó' entro non vale né qui , né qua , né in
questo luogo , come spiegano il Volpi e il Venturi , ma per entro qite-
sto luogo . La particella quinci a significare per questo luogo adope-
rala , tra gli altri {a) , Dante stesso in quel verso
Quinci non passò mai anima buona (^) :
ed al medesimo significato rìchiedela qui il retto senso — come con*
dar si vuol , cioè , si dee , si conviene , bisogna . Volpi .
20 21 Scaltra cagion ec, (* ragion , il Cod. Antald. N. E. ) Non
fa qui Dante parlare Virgilio che di viaggio propriamente , e vuole
stabilito per massima , che non debba T uomo viaggiare di notte tem •
pò senza esservi da qualche indispensabile urgenza sforzato . Pron-
tare , come per molti esempj nel Vocab. della Crusca apparisce , vale
stimolare , sforzare • — li tuo* raggi legge V edizione della Crusca con
le seguaci .
32 iìfigUaio per miglio , detto pur da altri anche in prosa • Vedi
il Vocab. della Cr. — si conta , si reputa .
34 Per la , vale a cagion della — voglia pronta , detta nel passa*
to canto V. 118. e segg.
35 F'erso noi , venendoci incontro . ^
26 Parlando vale proferendo , gridando .
37 y^lla mensa d amor ec» , detto metaforicamente in vece di ad
empierti d^ amore , di fraterna carità, virtù direttamente contraria al
vizio deir invidia , che nel presente balzo si sconta •
29 Vinum non habent . Parole della santissima Vergiiie , dette per
carità verso il prossimo alle nozze di Cana di Galilea , per impetrar
dal suo divino Figliuolo la mutazione dell* acqua in vino , e con ciò
risparmiare a quegli sposi la confusione (e perciò attissime a ricor-
dare a chiunque le ode l'obbligo della fraterna carità), \enturi.
5o E flietro a noi ec*. , dopo che verso dei due poeti volando
( coni' ha detto nel v. 25. ) avevali oltrepassati .
(a) Vedi il Vocab. delU Cr. (h) Uf. iil. 127.
176 PURGATORIO
3 1 E 9 prima che del tutto non si udisse
Per allungarsi , un' altra : i' sono Oreste ;
Passò gridando , ed anche non s' affisse .
34 O , diss' io , padre , che voci son queste ?
E , com' io dimandai , ecco la terza
Dicendo : amate da cui male aveste .
37 Lo buon maestro : questo cinghio sferza
La colpa della 'nvidia , e però sono
Tratte da amor le corde della ferza .
3a 35 Un! altra ec. Costruzione . Passò , ed anche non s* affisse ,
e ad un medesimo modo per allungarsi , svanì , un* altra , voce , gri-
dando , r sono Oreste, „ Oreste (chiosa il Venturi ) figliuolo di Aga-
„ melinone , e di Clitennesti*a , celebrato da poeti per 1* amicizia con
„ rilade ( a segno di amare più la vita di lui che la sua propria) , e
„ infamato per aver ucciso sua madre in atto di praticare con Egi-
„ sto . il P. d* Aquino per mitigare 1' indegnità , che un matricida sia
y, messo in Purgatorio , lo nomina col solo primo titolo di lode :
„ Oresti • cui non nota fides ? Ma il capriccio poetico di Dante già
„ s' è arrogata questa licenza di mettere su e giii chi gli piace . „
Stupisco che non ripetesse ed accrescesse il chiosatore la mede-
sima lagnanza nel canto seguente , a quelle voci , io sono y^glau"
To ec. (a) , e molto piii a queir altre ancideramnU qualunque mi pren^
de (fr) , voci di quel Caino , cui Dante non solo dannato suppone,
ma dal cui nome appella Caina (e) la bolgia stessa de' traditori.
Se però non piaceva al Venturi che all'orecchio degli acciecati
invidiosi formassero gli angeli que' convenieuti esempj , che all' oc-
chio de' veggenti superbi formavano nel precedente balzo gli scol-
piti marmi ( che almeno quelle sacre voci f^inum non habent (d) , ed
jimate da cui male aveste (e) fossero angeliche non par disdicevole ) ;
non poteva certamente , ben riflettendovi , persuadersi qual impossi-
bil cosa che siccome infernali spiriti servono talvolta alle aivine
disposizioni tra gli uomini , senza perciò divenir essi , come gli uo-
mini , viatori , cosi servissero eziandio nel Purgatorio , senza essere
purganti . '* Il l'ostili, del (!od. Caet. dà con molto discernimento la
ragione di codesta licenza, e chiosa: dedit exemplum S. Scripturae f
nunc dat exemplum scripturarum gentilium , scìUcet de Horeste , qui
inter paganos Jfuit sumrnae charitatis , et (sta erempìa paganorum dat
in confusionem Christianonim . Gioverà qui di rileggere ancora la nota
del P. li. ai versi 28 29 3o del canto xii. N.E.
35 56 £ come vale e mentre . — Amate da cui ec, : il comando
di Gesii Cristo in quelle parole , Diligite inimicos vestros {f) .
37 al /|0 * E il buon maestro , il Cod. Vat. e Caet. N.E. — Questo
cinghio , cerchio , sferza la colpa della *m>idia , corregge 1' invidioso •
Parla del correrger cotale come dell' addestrare un indomito puledro ;
(a) Vcf s. 159. (^) Vcrf. i33. (e) In*", xxxìl 5«. ( /) Veri. 2$, del pre-
sente canto . (e) Vcrs. 35. del presente canto . (/) Matth, 5. v, 44.
e A N T O XIII. 177
4o Lo fren tuoI esser del contrario suono :
Credo che V udirai , per mio avviso 9
Prima che giunghi al passo del perdono ;
43 Ma ficca gli occhi per V aere ben fiso ,
£ vedrai gente innanzi a noi sedersi ;
E ciascun è lungo la grotta assiso •
46 Allora più che prima gli occhi apersi :
Guardami innanzi , e vidi ombre con' manti
Al color della pietra non diversi .
49 E , poi che fummo un poco più avanti 9
Udi' gridar : Maria , ora per noi ;
Gridar : Michele 9 e Pietro , e tutti i santi .
52 Non credo che per terra vada ancoi
per cui cioè abbisogna e la Terza per farlo muovere verso dove si
?aol che vada , ed il freno per ritrarlo da dove si vuol che nou va-
da; e dice, che le di fresco udite voci sodo lafrrza; e siccome sono
roci d* amoroso invito , però , con nuovo traslato dalle corde della
Pena a quelle di un musicale instrumentp , dicele tratte ; trattate ,
tocche da amóre: ma che lo fren y cioè le voci frenanti gl'invidiosi
dai correre nel loro vizio , vuol esser del contrario suono , dee essere
lì voci minacciose , di voci commemoranti i severi divini gastighì
mrìcati sopra gì' invidiosi ; come saranno quelle del seguente cauto
ù Tersi i55. e 139.
Anciderammi qualunque mi prende .
Io sono Aglauro , che divenni sasso .
41 4^ ^^^ ^io avviso , quant'io penso , — al pa^so del perdono ,
i' pie della scala , che dal secondo al terzo balzo ascende , ove sta
1' angelo che perdona e rimette cotal peccato . Daniello .
43 ^^a ficca il viso , il Cod. Antald. N.E.
^ l\S E ciaschedun lungo la grotta , il Codice Antald. N.E. Grotta ,
]DÌ pare per rupe , come Inf. xxi. 110.
Andatevene su per questa grotta .
48 Al color della pietra , al livido colore detto nel i'. o. , e sim-
boleggia un tal livido manto V invidioso livore , che ricopri 1' animo
di costoro mentre vissero .
5o 5i Maria ec. , Michele ec. Le litanie de' santi , nelle quali all'
invocazione di Maria Vergine si fa succedere quella dell' arcangelo
S. Michele prima d' ogni auro santo .
Sa Per terra vada , vale quanto viva — ancoi qu\ , e in due al-
tri luoghi («) dice Dante in vece d'oggi. Riferisce il Rosa Morando,
che il Marchese Maffei crede cotal voce presa dai Veronesi • Ma anco
I
(a) Pargp sz.^. f e %%%ìì\ 96.
178 PURGATORIO
Uomo s\ duro , che non fosse punto
Per compassion di quel eh' io vidi poi ;
55 Che quando fui si presso di lor giunto ,
Che gli atti loro a me venivan certi
Per gli occhi , fui di grave dolor munto •
58 Di vii cilicio mi parean coperti,
E r un sofferia l' altro con la spalla »
E tutti dalla ripa eran sofferti .
61 Così li ciechi , a cui la roba falla ,
Stanno a' perdoni a chieder lor bisogna ,
E r uno il capo sovra l' altro avvalla
64 Perchè in altrui pietà tosto si pogna,
Non pur per lo sonar delle parole ,
( s^g8^u"§>^ ^S^i ) "^'^ ancoi dicono i Veronesi ( e poco diverso i Lom-
bardi tutti e I llomagnuoli ) , e ancoi è voce del Tiralo (À^ .
Parla qui il ^ euturi in modo che sembra di riprovare il consi-
glio di Dante d* agg^^ire ed impinguare la in allora nascente Italiana
favella con vocid'ultri dialetti» Ma risponderà lui per Dante Orazio :
Ucuit , semperaue licebit {b) .
Sv*) Quando fui la Nidob. , quando fiC l'altre edizioni.
56 A me venivan certi , mi si appresentnvano con chiarezza tale ,
che non .mi lasciavano dubbio di travedimento .
67 Per gli occhi fui ec. Catacresi , in vece di dire furonmi dei
grave dototv spremute dagli occhi le lagrime . Della particella i& per
dal vedi il Cmoiiio (< ) •
5S Cilicio , veste aspra e puneente a dinotare l' inquietudini e
punture che cagiona agli uomini V invidia • * yii paren coverti , il
Cod. Val. N.E.
59 60 Sofferia , ^ reggeva , sosteneva . Ciascuno appoggiava il capo
su la spalla del vicino , e tutti appoggiavano la scniena alla ripa >
lungo la quale cran seduti .
61 A cui la nyha Julia , a cui manca provvisione per vivere , e
sono perciò costretti a mendicare •
61 A* perdoni y alle chiese dov*è il perdono , q sia l'indulgenza.
65 Awalla , piega , abbassa . \ edi la nota al canto vi di questa
stessa cantica i*. j?»
6.\ Perché , afiinché — si pogna , antitesi in grazia della rimm y
in vece «li si ponga , si metta , si ecciti .
65 IS'on pur per ce, : non solamente pel lamentoso gridare •
(a) Osserv. sopra il Parr. canto xxix. 1^7. Dal Latino barbaro hmmc kodit
riferisce il medesimo Rosa che ripeta il Marchese Maffei 1' origine della vocs
ancoi : e certamente o haac hodie ^ o hac hodic corrisponde al ijiatsi' Oggi
comtàne ai sesto d' Italia . (6) />« ari* po9t. V. 58, (e) P^iic. So. S.
e A N T O XIII. 179
Ma per la vista che non meno agogna .
67 £ come agli orbi non approda 1 Sole ;
Cosi air ombre 9 di eh' io parlava ora y
Luce del ciel di se largir non vuole ;
70 Ch' a tutte un fil di ferro il ciglio fora
£ cuce , sì com' a sparvier selvaggio
Si £1 9 però che <piej(to non dimora •
73 A me pareva andando fare oltraggio 9
Vedendo altrui, non essendo veduto; .
Perch' io mi volsi al mio consiglio saggio .
76 Ben sapev' ei che volea dir lo muto :
66 Ma per la vista , per la miserabile comparsa — non meno
agogna . Dee qui agognare intendersi , non per bramare ansiosamen'
te , cb* è il proprio significato , ma per 1' effetto di colai bramare >
eh' è il cìiieaere , il ract:omandarsi istantemente ; e dèe essere il sen-
so , che la miserabile comparsa della positura del corpo chiede pie-
tà con non minore istanza di quello /accia il parlare.
67 Non approda , per non arriva , intendi a farsi vedere . Dal sì^
gnificato medesimo che hanno i nomi sostantivi proda e riva appa-
risce chiara la ragione di potersi tra di loro scambiare anche i de-
rivati verbi arrivare ed approdare — // Sole per ogni lume .
68 * Di cK io parlava ora leggiamo col Cod. Caet. in vece di
dos^ io ec. che lesse colla comune ( ed ora col cod. vat. } il P. Lom-
bardi . E ciò per la cagione , che il luogo era illuminato come si
rileva dal t^. i5 e ^eg. , e perchè la privazione della luce si prova-
va soltanto dair ombre , eh' aveaao gli occhj cucili come dal v. 70
e seg. N. E.
69 Di se largir non vuole , non vuol far dono di se, non vuol
loro mostrarsi .
no 11 ciglio in vece delle palpebre , come parti anch' esse dell'
occhio , ed al ciglio vicine .
71 Com^ a sparvier selvaggio . Accenna essere stato costume di
addomesticare gli sparvieri con tener loro per qualche tempo cuci-
te le palpebre degli occhi .
75 ']ì\ A me pareva ec. Costruzione. Pareva a me far oltraggio ^
di commettere inciviltlk , andando vedendo , nell' andar vedendo , o/-
tnd , non essendo veduto . Suppone , ed è veramente , spiacevole co-
sa il sapere d' essere guardato senza poter vedere chi ci guarda , ed
alleggerirsi colai rammarico se colui che non si può alla vista ma*
iiifestare colla persona , manifestasi almeno all' udito col parlare :
perciò comanda in sequela ^ir^ilio a Dante che parli.
75 Mio consiglio , metonimia , per mio consigliere , cioè a dire ,
irgilio .
76 Che volea dir lo muto ( parla di se medesimo come di per-
sona terza } , che voleva io dire rivolgendomi a lui , quantunque non
parlassi •
M a
i8o PURGATORIO
E però non attese mia dimanda ,
Ma disse : parla , e sii breve ed arguto .
79 Virgilio mi venia da quella banda
Della cornice , onde cader si puote ,
Perchè da nulla sponda s' inghirlanda .
82 Dall' altra parte m' eran le devote
Ombre , che pe* V orribile costura
Premevan si , che bagnavan le gote .
85 Volsinii a loro , ed : o gente sicura ,
Incominciai » di veder l' alto lume
Che '] disio vostro solo ha in sua cura ;
88 Se tosto grazia risolva le schiume
Di vostra coscienza , si che chiaro
Per essa scenda deUa mente il fiume »
78 Sii breve ed arguto . Avverte il P. d' Aquino non essersi osaUi
dal >'oeta la parola arvtiio per servire alla rima , ma al senso ; e per-
chè essendo i cicchi di mente meno distratta , sta bene il parlare con
esso loro con brevità ed arguzia . Venturi .
* 79 Lamia invece di banda ha il cod. Vat. N. E.
80 Della cornice, della strada che a guisa di cornice terminava
la sottoposta falda del monte .
81 S* inghirlanda y si cinge.
83 84 Orribile costi tra. Costura vale cucitura: vedine altiù escm-
pj nel Vocabolario della Crusca . Vuole Dante qu\ esprimerci , che
tanto era il dolore in quelle anime , che quantunque avessero cucite
le palpebre , nondimeno trapelavano le lagrime fuori della cucitura
a Bagnar loro le gote . Nò poi V epiteto di orribile vale rozza , non
ragguagliata , e liscia , come spiega il \ enturi ( domine ! ) , ma spa-
ventevole , come ognuno intende dover essere la cucitura delle pal-
pebre .
86 L* alto lume , Iddio .
87 Che V disio ec. : a cui solamente il disio vostro aspira .
88 89 90 Se y vai qui , come altrove è detto , ugualmente che ti
deprecativo sic de' Latmi — schiume di vostra coscienza , Come la
schiuma significa la impurità dell' acqua , cosi la pone qu\ per la im-
purità della coscienza . T3uti [a) : — sì che chiaro ec. Per fiume delr
la mente intendono gì' interpreti chi le voglie e i desideri , chi 11 co-
noscimento . Io intendo tutto ciò che dalla mente esce , e pensieri
ed affetti; i quali supponendo Dante contrar macchia dalla impura
coscienza , intende conseguentemente dovere , purgata che sia la co-
scienza , scendere , uscirsene chiari .
(a) Ciiico nel Vocabolario della Cxaica alla voce schiuma {• i.
CANTO XI III
iSi
91 Ditemi ( che mi fia grazioso e caro )
S' anima è qui tra voi che sìa latina y
E forse a lei sarà buon s' io 1' apparo •
^ O frate mio , ciascuna è cittadina
D' una vera città ; ma tu vuoi dire ,
Che vivesse in Italia peregrina.
97 Questo mi parve per risposta udire
Più innanzi alquanto che là dov' io stava ;
Ond' io mi feci ancor più là sentire .
100 Tra r altre vidi un' ombra ,. eh' aspettava
In vista , e se volesse alcun dir : come ?
Lo mento , a guisa d' orbo , in su levava .
io3 Spirto , diss'io , che per salir ti dome ,
Se tu se' quelli che mi rispondesti ,
91 * Ditene , il cod. Antaìd. N. E. — Che mi sia grazioso ec. , che
mi sadi di gradimento e piacere .
gi2 Latina per Italiana, dal Lazio, parte dMtalia la pi2i celebre.
93 L'apparo , la imparo, la conosco : e dice che forse sarà per
lei baono il conoscerla , per giovamento che possa arrecarle colle
orazioni sae e d* altrui . * E forse lei fia buon se io lo ^mparo , il
cod. Antald. N. E.
94 95 96 Ciascuna è cittadina ec, È questo come a dire : tu par-
li con noi come parleresti con uomini ancor peregrini sopra la ter-
ra : noi non contiamo più altra , che la vera citta , la vera nostra
Satria , eh' è il cielo , già a noi destinato ; dovevi adunc[ue , per sod-
isfare il tuo desiderio , chiedere in vece , qual di noi vivesse una
▼olia peregrina in Italia . Allude probabilmente a quella di S. Paolo :
/om non estis kospites , et advenae , sed estis cives sanctorum ec, (a) •
So Mi feci ancor piti là sentire , avvicinandomi più d' appresso
a quello , che risposto m' avea . Venturi .
100 loi 102 Che in vista aspettava, che faceva sembianza di
aspettare qualche replica da me . Venturi . — Se volesse alcun dir :
conM ec, , se taluno volesse dirmi : Come poteva sembrare in vista
«li aspettare la mia replica alla sua risposta ? mentre pure aveva ser-
rati gli occhi , che son quelli che più d' ogni altro fanno la spia
de' nostri affetti : ( risponde Dante medesimo a questa obbiezione che
si fa ) eccolo come : teneva il viso alzato in su , come fanuo i cie-
chi > quando vogliono ascoltare altri , o parlar essi . Venturi . ^ A
guisa d^orbo il mento in su levava , il cod. Antald. N. E.
]o3 Salir f intendi al cielo — dome , antitesi in grazia della ri-'
ma 9 per domi . Domare significa propriamente rèndere mansueto , e
truUaoile , ma qui sta per mortificare, e purgare.
_ . . , i
(a) Ad EphtSé I V. 19.
i89 PURGATORIO
Fammiti conto o per luogo o per nome #
ìcS Io fui sanese, rispose ; e con questi
Altri rimondo qui la vita ria ,
Lagrimando a colai che se ne presti •
109 Savia non fui, avvegna che Sapia
Fossi chiamata ; e fui degli altrui danni
Più lieta assai , che di ventura mia .
I J2 £ 9 perchè tu non credi ch'io t'inganni,
Odi se fui , com' i' ti dico , folle •
Già discendendo l'arco de' miei anni ,
io5 Confo, cognito (noto perh ha il cod. vat. N. E.) — o per
luogo, o per nome, in qualche maniera, o dicendomi il tuo nome,
o almeno il luogo onde fosti.
107 108 ♦ nimendo legge il Con. Caet. N. E. Rimondo y ripur-
go — lanrimando vale qui con la ferirne cercando — a colui intende a
Dio ; e r atto del mento in su levato di sopra detto , poteva agevo-
larne l'intelligenza — che se ne presti, che si conceda a noi, che
ci 8Ì dia a godere .
lop no Savia non fui, avvefrna ac. Concettino miserabile ( rim-
brotta il Venturi > non ka poeta di tanto senno. Il P> d* jiquino sa-
viamente ha stimato predio delF opera di tralasciarlo , non però che
non fosse capace di es^er trasportato in Latino senza che asHSSse, tanto
dell* inetto , potendo trarlursi e tirarsi avanti il periodo da lui inco-
minciato così ? Sapiam ( quamquam sapientia tantum nomen inane de-
dit ) . Se vi è però qualcheduno di gusto guasto , a etti tali concetti-
ni in se medesimi considerati non sembrino sì miserabili , soddisfaC"
ciasi a suo talento , gli lecchi , gli assapori , e buon prò gli faccia ,
gli ponga etsdi anco in opera , rinovando le sconcezze delV oggi mai af-
fatto screditato secento , senza invidia , seque et sua solus amabit *
Miserabile ed importunissimo cicaleccio direi io piuttosto que-
sto del Venturi : imperocché la convenienza , o disconvenienza dc|
costumi al nome fu e sar«\ sempre irreprensibilmente notata da chi
parla o scrive , massime con brevità e di passagf[io , come fa Dan-
te ; né qui consiste il male del secentesimo. Il piii bello però è il
di *?iena sec. il Postill. Cass. , N. E. ) e visse bandita di Siena a
Colle , ove essendo rotti i Senesi dai Fiorentini , essa che grande-
mente odiava i cittadini suoi , ebbe di ciò grandissimo piacere e con-
tento . Daniello .
114 Discendendo P arco ec. Fa qui Dante ch'esprima Sapìa l'in-
cominciamento di sua vecchiaja coerentemente a quanto scrive egli
nel Convito , che procede la nostra vita ad immagine d^ arco > mon-
tondo e discendendo (a) .
(a) Tratt. 4 cip. 23.
CANTO XIII. it3
1 15 Erano i cìttadin miei presso a Colle
In. campo giunti co' loro avversari ;
Ed io pregava Dio di quel eh' e' volle •
11^ Rotti. fur quivi, e volti negli amari
Passi di fuga ; e , veggendo la caccia ,
Letizia presi a tutt' altre dispari ,
I ai Tanto eh' i' volsi in su V ardita faccia
Gridando a Dio : ornai più non ti temo ;
Come fé' il merlo per poca bonaccia •
1 ^4 Pace volli con Dio in su lo stremo
Della mia. vita ; ed ancor non sarebbe
Lo mio dover per penitenzia scemo j
ii5 ii6 Colle y cltla pìcciola , situata sopra d'una collina ^ pres-
so Volterra . Volpi • -r* 6V loro avversari » co' Fiorentini .
117 * £d i' pregni Dio, il Cod. Vat. N. E. — Di quel, eh! e\
volle , dì quella rotta tnedéiima > che volle anche Dio che i Senesi
riportassero .
119 120 La caccia y che dava 1' esercito Fiorentino al Sanese — a
tute altre la ?iidob* , d^ àf^ altra l'ediz. diverse '^ e il Cod. Vat. N.
£• — dispari per maggiore.
lai yòlsi 'n su la Kidobeatina , le^ai 'n su V altre edizioni , * e
il Cod. Vat. N. E.
1 22 Ornai più non ii temo . Accenna di non aver desiderato da
Dio altro che la disfatta de' suoi concittadini , e di non aver temu-
to da esso altro che il contrario di quanto bramava •
123 Come fé il merlo ec. Così leggono la Jiidobeatina ed altre
antiche edizioni e parecchi testi veduti dagli Accademici della Cru-
sca, ove l'Aldina edizione, e quella de' prefati Accademici, e tutte
le moderne seguaci leggono , Come fa ^l merlo . Appellansi , se non.
altrove , in Lombardia certamente , giorni della merla i tre ultimi di
Sennajo; e favoleggiasi, che tali si appellino, e sieno , come d'or-
inario sogliono essere , molto freddi a cagione di vendetta , che con'*<
tinoa tuttavia a far gennajo contro della merla , la quale seutenda
ima volta intorno a que' dì mitigato il freddo , vantossi di non più
temer di gennajo . Solamente con questa favola , che gì' interpreti pure
ricordano {a) , e colla lezione come fé il merlo ^ può divenir chiaro
e sensato il paragone che vuole Dante dalla invidiosa donna recalo.
Senza di cotal favola che intenderem noi domine che faccia il mer-
lo per poca bonaccia ? P
124 Pace volli con Dio in su ec. vicina a morte mi pentii de*^
gravi mici falli , e rimisimi in pace con Dio •
123 al 129 Ed ancor non sarebbe ec, : se non fosse stato Pietro
Pettinagno eremita Fiorentino . ( * Il Postillatore del Codice Cassi-
(a) V«ai , tra gli altri , VallataUo • DaaiaUo .
i84 PTJRGAT'ORlO
197 Se ciò non fosse , eh' a memoria m' ebbe
Pier Pettinagno in sue sante orazioni ,
A cui di me j per carìlade , increbbe .
i3o Ma tu chi se' 9 che nostre condizioni
Vai dimandando , e porti gli occhi sciolti ,
Sì com' io credo , e spirando ragioni ?
1 33 Gli occhi 9 diss' io , mi fieno ancor qui tòlti y
Ma picciol tempo : che poch' è V offesa
Fatta , per esser con invidia volti 4
1 36 Troppa è più la paura , ond' è sospesa
L' anima mia , del tormento di sotto j
Che già lo 'ncarco di laggiù mi pesa .
139 . Ed ella a me ; chi t'ha dunque condotto
Quassù tra noi , se giù ritornar credi ?
Ed io : costui eh' è meco , e non fa motto r
ì^% E vivo sono ; e però mi richiedi ,
Spirito eletto , se tu vuoi eh' io muova
Di là per te ancor li mortai piedi •
ncnse lo fa Sanese* N.E. ) il qaalc avendo compassione di lei , orando le
impetrò grazia di andar tosto al Purgatorio, ella sarebbe ancora nell'an-
tipurgatorio ; ove abbiamo veduto che stanno coloro che hanno indugia-
to il pentirsi insino al fine della vita T come dice Sap\a di avere indu-
giato ) . Daniello . — caritadc la ^idoDeatina , cantate l'altre edizioni*
i3i i52 Porti gli occhi sciolti ec. Degli occhi se sciolti sieno ne
parla in dubbio , perchè non vede ; del ragionare spirando con as-
severanza certa 1' afferma , perchè ci sente ( cioè per qualche diAicol-
tii , ed interrompiraento di voce). Venturi.
i33 i34 i35 Gli occhi diss' io ec. Qu\ pure riceverò il tormento che
dà questo balzo della cucitura degli occhi, ma per poco tempo y
perocché poca è 1' offesa da me fatta a Dio col mirare invidiosamen-
te r altrui bene .
. i36 i37 i38 Troppa h più ec. Troppa più è la psiura del tormenta
di sotto , del veduto tormento che si dà ai superbi nel balzo di sotto r
ond* è sospesa , per cui è talmente in apprensione, l'anima mia, che
già fin d' ora pnrmi d'avere indosso gli smisurati pietroni di laggiù.
i/jo Giii al tormento iti sotto . * iVe laggiù tornar civdiy il Cod.Aut.N^.
i/\ì jy on fa motto i non parla.
143 i/|/| ih* io m- Oifa di )à per te ancor ( come per altri ho pro-
messo di Tire ) // mortai piedi, che vada cioè ad avvisare di tuo bisogno-
so stato i tuoi perenti ed amici. ^ Di là in parie ancor ec. , il Cod. Yat.
!<• E. — - lì morta piedi leggono l' edizioni diverse dalla Nidobeatina •
e A N T O IC II 1 . i85
145 O questa è a udir s\ cosa nuora ,
Rispose , che gran segno è che Dio t' ami I
Però col prego tuo talor mi giova .
148 E chieggioti , per quel che tu più brami 5
Se mai calchi la terra di Toscana ,
Ch' a' miei propinqui tu ben mi rinfami .
i5i Tu gli vedrai tra quella gente vana
Che spera in Talamone , e perderagli
Più di speranza eh' a trovar la Diana ;
Ma più vi perderanno gli ammiragli .
if\5 y^ udir per ad udirsi, — sì cosa nuova, cosa sì nuova , ed insolita.
i5o Mi rinjami y o per mi ricordi, ovvero per mi rendi in fama
(ii salva ; raeutr' essi , pel mio pessimo operare sino al fine della vi-
ta , mi tengono per dannata .
i5i Gente vana, È proprio e peculiar vizio de' danesi la Tanità<
i52 i53 Cile spera in Talamone , Hanno speranza , avendo acqui-
stato il porto di Talamone, di diventar grandi uomini in mare. Talamone
è castello e porto al fine della Maremma di Siena . Landino . — e
perderagli , dee secondo me valer quanto ma perderavvi , cioè perde-
rà ivi , in quello , essa gente vana . Dell« particelle e per ma , e gfi
per vi vedi il Cinonio (a) . Del medesimo senso pare ctie supponga-
no la particella gli anche il '\el lutei! o , e il Daniello . Altri intendo- ,
no che perderagli vaglia perderà loro ,Jarà loro perdere. Al vi pitit-
ieranno però gli ammiragli, che siegue a dire, si confa meglio il
perderavvi la vana gente — eh* a trovar Diana . Dicono , e forse fabu-
losamente , essere stata per altri tempi vana opinione de' Senesi , che
sotto terra passasse per la loro città una riviera , la qual domandava-
no Diana , e che , non senza grande spesa , feron cavare in molti
luoghi per trovarla . Vellxjtello .
i54 * Ma pili vi perderanno . Cos\ il Cod. Gas. e TAntald. che
noi abbiamo preferito nel nostro testo . Metteranno , la comune e il
Cod. \at. Il P. L. che siegue questa lezione è costretto a fare la se-
guente glossa. N. E. Dee qui mettere essere detto dal Latino amU-
fere , che rimettere dicesi volgarmente . E vuol dire , che speranza
maggiore , o fors' anche impiegato danaro , vi perderanno quelli , i
quali già per cotal porto si credono dover essere comandanti di flot-
te. * Ma il Postillatore del Cod. ( rssin. va più innanzi, e fino alla
perdita della vita ; aggiugnendo : omni anno mittunt ammiraglios , qui
armaiiB galeari m hahent assistere , ^/ cum sunt ibi propter malum
aerem ut plurimum moriuntur . Da questa nota giudiziosainente infe-
rì il P. Ab. di Costanzo , che il Vostilbttore vivesse ne' tempi a Dan-
te vicini , quai\f]o cioè i Sanesi coltivavano ancora 1* idea di forma-
re del porto di Talamone un emporio . N. £•
(a) Panie. 100, i8 e 118 a.
Fine del canto dedmo^erzo .
i86
CANTO XIV
ARGOMENTO (*)
Continua il Poeta il purgamento del peccato delta invidia i € mostra
di trovare sul medesimo balzo M* Guido del Duca da Brettinoro 9 e
M, Rinieri 4* Calboli di Romagna •
I v^hi è costui che 1 nostro monte cerchia
Prima che morte gli abbia dato il volo j
Ed apre gli occhi a sua voglia e coperchia ?
4 Non so chi sia ; ma so eh' ei non è solo :
Dims/ndal tu che più gli t' avvicini j
£ dolcemente , si che parli a colo •
7 Cosi due spirti , l' uno all'altro chini ,
^ I Chi e costui ec. Parla M. Guido del Duca di Bretllnoro pon M,
Rinieri de* Calboli da Forlì , i quali stavano ascohaudo il ragionare
che si faceva tra Sapìa e Dante , persona di voce forestiera , e che
Sia aveva detto èsser vivo in carne e ossa ; del che ammirati questi
ne orbi tra se discorrono . Venturi . * Il Postillatore del Cod. Caet. ,
dopo aver annunciato i due stessi soggetti qui fuentnt de HomandiO"
la , aggiunge : qui fuerunt valde invidi , et istos iniroducit Audor vo^
ìens aemoììstrare , quod in liomandiola maxime regnabat invidia . N.
E. — cerchia , gira intorno :
3 Gli abbia dato il volo y sciogliendolo dai lacci del corpo •
Venturi .
3 Coperchia , cuopre . * Ed apre e chiude gli occhi . N. E.
6 * Sì che parli a colo . Così legge il Cod. Cass. ed il suo Po-
stillatore su la parola a colo nota perfecte , aggiungendo in margi-
ne un dottrinalo dell* Etimologie di .S. Isidoro fJb,ì, e. i8. secondo
il quale parlare a colo significherebbe parlare a coppella , risponde^
re a martello . Così legge pure il Cod. Vaticano . Questa lezione ci
è sembrata preferibile alla comune sì che parli, accolo: come leg-
Sono anche il Lombardi e il Hiagioli , spiegando acroio per sincope
i accoglilo y egualmente a tolo per toglilo (/i). N. K.
7 Vano alC altro chini: atteggiamento delle persone, e massi-
inamente dei ciechi , quando tra di loro consultano .
(*) Argomento metrico del celebre Gaspare Gozzi .
Guido del Duca il Poeta ritrova ,
«E Rinieri da Calboli , che stanno
Purgando invidia in quella vita nova .
E mentre insieme a passo a passo vanno ,
h' un di qoe' doe di lor paese il vizio
Va ricordando con doglioso affanno .
Dando d* un mal , eh' avvenir deve , indizio •
(') Burchiello part. a. son. 3.
e A N T O XIV. . 187
Ragionava!! di i!!e ivi a mai! dritta :
Poi fer li visi , per dirmi , supini .
IO E disse r uno : o anima che , fitta
Nel corpo ancora , inver lo ciel ten vai ,
Per carità ne consola , e ne ditta
j3 Onde vieni e chi se' ; che tu ne fai
Tanto maravigliar della tua grazia 9
Quanto vuol cosa che non fu più mai •
16 Ed io: per mezza Toscana si spazia
Un fiumìcel che nasce in Falterona 9
E cento miglia di corso noi sazia : .
19 Di sovr'esso rech' io questa persona .
Dirvi eh' io sia , saria parlare indarno :
Che '1 nome mio ancor molto non suona •
2a Se ben lo 'ntendimento tuo accamo
9 Li visi y le facce — per dirmi , supini . Essendo qae' ciechi lun-
go la ripa seduti (a) , dovevano per parlare a chi stava in piedi al-
zare in su la faccia . * Può ripetersi ancora dall' uso de' ciechi , nel
parlare , o nell* ascoltare altri che parla esposto al v. io3. del e. xiii N.E.
10 V imo , cioè M. Guido. Venturi. — Jitta per chiusa.
* Il In verso il del, il Cod. Antald. N. E.
la IVe ilitta y ne di'. Allo stesso significato adopera dittare an-
che il Petrarca .
Colui , che del mio mal meco ragiona ,
Mi lascia in dubbio ; sì confuso ditta (b) •
14 Della tua grazia, del favore dal cielo a te concesso.
1 5 f^uol per cagiona , Ja .
16 17 Per mezza Toscana , in vece di per mezzo della Tosca'
tUL — si Spazia un Jiumicel : si distende e dilata un fiume ]picciolo
ne' suoi principj ( parla dell' Arno ) . Aektdri . — che nasce in Fal'^
terona , montagna dell' Apennino nello stato di Firenze , presso i con-
fini della Kom;)gna . Ventvbi .
18 E cento ce. Scrive Giovan Villani essere il corso dell'Amo
di spazio da miglin i ao. (e) . Bene adunque dice Dante , che noi sa-
tia il corso di cento miglia .
ig iSovra , per appresso , vicino (d) : onde di sovr esso vai quan-
to di luogo vicino ad esso»
ai Ancor molto non suona , non è fin ora dalla fama reso mol-
to cognito •
aa Accamo , Accamare propriamente significa penetrare adden^
(a) Caot. prec. v. ^5. (fi) Caas. a8 i. (e) Lib. i cap. 43. (<0 Clnon.
Partic. i3t 7»
i8| PURGATORIO
Con lo 'ntelletto , allora mi rispose
Quei che prima dicea , tu parli d' Amo •
%5 E r altro disse lui : perchè nascose \
Questi '1 vocabol di quella riviera ,
Pur com' uom fa dell' orribili cose ?
%8 E r ombra , che di ciò dimandata era y
Si sdebitò COSI : non so , ma degno
Ben è che '1 nome di tal yalle pera ;
3i Che dal principio suo ( dov' è si pregno
L' alpestro monte ond' è tronco Peloro j
Che 'n pochi luoghi passa oltra quel segno )
34 Infin là 've si rende per ristoro
fno nella carne ; ma qui semplicemente penetrare addentro . Né usa
perciò Dante maggior licenza di quella usano comunemente i Latini
adoperando , per cagion d' esempio , il verbo digiadiari ad esprìmere
qualunque combattere eziandio ai sole parole ; e gtMtadiani aiccnda
abbracciare ( che propriamente significa ricevere , o stringere tra le
braccia) auche d* una sentenza, o di un consiglio.
if\ Quei y che prima dicea ^ cioè M. Rinieri . Venturi .
a5 Disse lui la Nidobeatina , disse a lui V altre edizioni • — na-
scose, sotto perifrasi.
26 Riviera per fiume . Volpi .
119 Si sdebitò , soddisfece al debito che aveva di rispondere .
3o Di tal valle , di tal lungo vallicoso tratto di terreno per cui
Arno scorre ; e perciò del medesimo fiume siegue a dire . Crie dal
principio suo ec. Infin là ve si rende per ristoro della marina ec»
3i "Si 53 Dov* e sì pregno. È questo pezzo insieme coi due se-
guenti versi una interiezione di cui dee essere questa la costruzione •
Dove C alpestro monte ( l* Appennino , la catena di monti , che parte
Italia da cima a fondo ) ona è tronco Peloro ( da cui è ora tronco ,
staccato , Peloro , quel promontorio della Sicilia , che anticamente ,
.essendo la Sicilia attaccata all' Italia {a) , faceva un sol monte con
Apennino ) e sì pregno ( ha le sue viscere sì d* acqua piene ) che in
pochi luoghi ( in poche altre sue parti ) passa oltra quel segno di pre-
gnezza . Il A ellutello seguito dal Venturi , chiosa pregno per gonfia'
.io et alto . Ma però , oltre che mal si adotta il termine di pregno
ad esprimere altt'zza , distinguesi poi anche V Apennino uve nasce Ar-
no più pc*r abbondanza d'acque ( per l'origine ivi vicina eziandio
del Tevere ) che per altezza sovra le altre parti . Excelsus maxime
( dice Ferrarlo delT altezza d* Apennino parlando) (h) inler agrum
Pamiensem et fjiccnsem : ecco dove per altezza si distingue.
34 35 Là Ve, sinalefa , per là Oi*e . * Il Cod. Caet. e V Anlald.
(a) Parla secondo la storia o favola , cbe fosse an tempo la Sicilia attac-'
cata air Italia . Vedi , tra gli altri , Virgilio nell' Eneide uh 414 • segg.
(fi) Lexìc^ geographic. art* Jpenninus >
CANTO XIV. 189
Di quel che 1 ciel della marina asciuga ,
Ond' hanno i fiumi ciò che va con loro ,
37 Virtù così per nimica si fuga
Da tutti come biscia , per sventura
Del luogo 9 o per mal uso che gli fruga .
4o Ond' hanno sì mutata lor natura
Gli abìtator della misera valle ,
Che par che Circe gli avesse in pastura .
43 Tra brutti porci , più degni di galle
Che d' altro cibo fatto in uman uso ,
•Dirizza prima il suo povero calle :
46 Botoli truova poi , venendo giuso ,
leggono tloi*e . N. K. — si rende , per si dà , entra — per ristoro di
quel ec. , iu risarcimento di quell'acqua , che il Sole dalla marina in
vapori innalza .
36 Onde ec. Dalla qual marina : seguendo Dante V opinione , che
i fiumi traggono la sua origine immeaiatamente dal mare ; la qual
opinione in oggi par che sia la meno ricevuta . Cosi il Venturi ; in •
tendendo che la particella onde vaglia necessariamente dalla qual ma-
rina ; e non avvertendo che può la medesima ugualmente valere dal
quale , relativamente a quel , che 7 ciel della marina asciuga , cioè ai
vapori ; dai quali convertiti in pioggia o in neve hanno , secondo To-
pinione piìi ricevuta , i Jiumi ciò che va con loro , 1' acqua che in essi
Korre .
38 39 Per sventura del luogo : per cagione di una sventurata si-
toazione di luogo , che temperamenti produca indisposti alla virtii .
O per sventura del luoso è piaciuto agli Accademici della Crusca di
leggere coli' autorità di pochi testi — o per mal uso che ^i fruga y
o per cattivo abito che cos\ malamente gli spinge .
42 Che par che Circe ec. Circe, maliarda donna nelle favole fa-
mosa, dando agli uomini a mangiare certi cibi convertivali in bestie:
e però Dante in cambio di dire, che parevano gli abitatori di quel-
la valle bestie e non uomini , dice che pareva , che Circe gli aves-
se in pastura , cioè li pascesse con que' suoi venefici cibi . In pastu-
ra per in custodia e in governo spiega il Vellute Ilo. * In paura ^ il
Coci. Vat. N. E.
43 44 45 Tra brutti porci ec. Costruzione. Dirizza^ Arno, prima
il suo calle , il suo cammino , povero ( intendi d' acque , non ancora
cioè pe' molli entranti rivi arricchito ) tra brutti porci , degtn pili tli
iggiunge
Casentino nominabantur comites de Porciano , qui . . . merito possunt
vocari porci . N, E.
46 Botoli y spezie di cani piccioli 9 vili , e stizzosissimi . Intende
i^ PURGATORIO
Ringhiosi più che non chiede lor possa ;
£d a lor disdegnosa torce 1 muso •
49 Vassi caggendo 9 e quanto ella più 'ngrossa »
Tanto più truova di can farsi lupi
La maledetta e sventurata fossa.
62 Discesa poi per più pelaghi cupi y
Truova le volpi si piene di froda
Che non temono ingegno che le occupi •
55 Ne lascerò di dir perch' altri m' oda :
£ buon sarà costui , s' ancor s' ammenta
Di ciò che vero spirto mi disnoda •
degli Aretini , tacciandoli come rabbiosi , e superbi ; benché me»
nelli , e impotenti . Venturi •
48 Dìsaegnosa ( la detta riviera , Arno ) torce 7 muso , cioè ^
si si sdegnasse di loro , si torce alquanto ( si allontana ^ da Ara
gentilmente attribuendo il muso al fiume , per così continuar la ì
tafora de' cani . Daniello . Io credo però cbe muso dica qu\ per^
eia , e cbe parli d* Amo piuttosto come d' uomo » che come di
cane.
/|9 Fiossi caggendo : prosieguo a scorrere ali* ingiii — quanle
la piit ^ngrossa , per altri fiumi che in se riceve di mano in mano
5o 5i Tanto piit ec, tanto più trova , che li cani cominciali
divenir lupi ; intendendo de' Fiorentini , per la ingordigia ed avai
loro. Daniello . — Fossa per Jiume .
Si Per pili pelaghi cupi , per molti profondi gorghi .
53 Trova le volpi , intese per li Pisani , i quali chiama Tol
per esser maliziosi e frodolcnti . Daniello .
54 Le occiipi • Occupare vale propriamente impossessarsi > im
dronirsi : ma qui metonimicamente per superare ; cn' è l' antecede
azione a cui consicgue l' impadronirsi d' alcuna gente . Occiipi e
accento sull' u , diastole in grazia della rima .
55 Perch* altri m* oda ec. É Guido del Duca , che prosieguo a ;
lare col suo vicino Binieri de*Calboli, e dice di non voler las
di parlare , quantunque ascoltato fosse da estranea gente , cioè
due poeti .
56 £ buon sarà costui ec. Ed a costui , che s' è dato a cono
re di paese vicino ad Arno , gioverà a sminuire la sorpresa e il
lore , se ancora , se fino allora , che le cose succederanno 9 si
menta ( per si ammenterà , eil ammenterà per rammenterà ; come
i mille altri esempj adopransi ad ugual senso pacijicare e rappa
care ) di ciò , che verace spirito profetico mi fa predire . Della \
ticella ancora al significato di fino allora vedi il Cinonio {a) .
57 f^ero per veridico — disnoda per disvela.
-^—^
(a) Panie. 25 3.
e A N T O X I V. 191
58 r veggio tuo nipote 9 che diventa
Caccia tor di quei lupi in su la riva
Del fiero fiume , e tutti gli sgomenta •
61 Vende la carne loro , essendo viva ;
Poscia gli ancide 9 come antica belva ;
Molti di vita 9 e se di pregio , priva .
64 Sanguinoso esce della trista selva ;
Lasciala tal , che 9 di qui a mill' anni 9^
Nello stato primajo non si rinselva •
67 Com' all' annunzio de' futuri danni
Si turba 1 viso di colui eh' ascolta ,
Da qualche parte il periglio l' assanni ;
70 Così vid' io r altr' anima , che volta
Stava ad udir, turbarsi e farsi trista ,
58 5g 60 Io vegf^io tuo nipote ec. Fu. nel i3o2 podestà in Firen-
ze M. Fulcieri de' Calboli , nipote di Rinieri , con cui Guido favella »
e fu corrotto con danari (a) da que* di parte Nera a fare incarcera-
re ed uccidere parecchi pnmarj personaggi di parte Bianca : e però ,
come ha appellati lupi i Fiorentini, proseguendo T allegoria appella
il nipote di linieri cacciator tU q uè lupi — fiero passa a denominar
Amo dalla fierezza già attribuita alle genti che lungo esso abitano .
61 61 Vende la carne ec, È il sentimento , che facesse lulcìeri
di quei disgraziati Bianchi come d' antica beha di vecchia bestia ,
( il singolare pel plurale , ed il genere per la spezie ) de' vecchi buoi
ed al lavoro inetti si fa , che si vendono vivi » e poi , tenuti alquan-
to tempo serrati ad ingrassare , si macellano •
^ Se di pregio priva , per essersi dato a conoscere uomo venale
e crudele.
64 Trista seha per mesta città chiosa il Daniello : ma come ap-
f>ellò Dante Amo fiero quattro versi sopra , può eziandio appellar qu\
a città di Firenze trista , cattiva , sciagurata ^ per capo de' cattivi cit-
tadini . '^ Il Riagioli sta col Daniello . N. E.
66 Non si rinseha . Allusivamente allo aver dato a Firenze il no-
me di selva dice non si rinselva in vece di non si rifa •
^ 67 68 ConC aie annunzio de^ dogliosi danni • 6i turba '1 volto
di colui ec. legge il Con. Caet. e il \at. N. £•
69 Da qualche parte ec. Da qualunque parte lo assalga , gli si
manifesti il pericolo . Di qualche per qualunque , e di assassinare me-
taforicamente anche da altri adoperato per assalire , o simile , vedi il
Vocabolario della Crusca.
70 L* altr' anima . M. Bini eri .
(a) Vedi Landiao ^ e Veniali
19» PURGATORIO
Poi eh' ebbe la parola a se raccolta .
7? Lo dir dell' una , e dell' altra la vista
Mi fé' voglioso di saper lor nomi ;
£ dimanda ne fei con prieghi mista •
76 Perchè lo spirto , che di pria parlòmi , -
Ricominciò : tu vuoi eh' io mi deduca
Nel fare a te ciò che tu far non vuomi .
79 JMa , da che Dio in te vuol che traluca
Tanto sua grazia , non ti sarò scarso :
Però sappi eh' io son Guido del Duca •
82 Fu '1 sangue mio d' invidia sì riarso ,
Che se veduto avessi uom farsi lieto j
Visto m' avresti di livore sparso •
85 Di mia semenza cotal paglia mieto !
73 Ebbe la parola a se raccolta per ebbe il parlare udito , in cor-
rispondenza alla frase Latina excipere verba .
75 74 ^ ^1* deW una ec, il parlar , che io udiva t dell' ana e
il rattristamento , che vedeva delP altra • — mi fé y zeoma , per m
fecero ,
75 Dimanda ne fei ec, ne feci supplichevole dimanda .
76 Di pria , innanzi — parlami in vece di paHommi , e vuomk
nel i'. 75 in vece di vuommi, sincope in grazia della rima.
77 W deduca per m' induca , riduca , disponga chiosano il VbK
pi , e il Venturi. A me però sembra che possa qui dedurre adoprar-
si al senso in cui adoperano talvolta i Latini deducere per abbassa^
re {a) , quasi dica tu vuoi ch^ io mi umilii nel fare ec.
78 N'on vuomi , non mi vuò , non mi vuoi . Rimprovera Guido
a Dante la renitenza eh' cbh* egli di manifestare il proprio nome , 6
di aver lui notificato solamente, che veniva da luogo vicino ad Ar-
no (b) .
79 Da che vale qu\ poiché , perocché , o simile . IHa quando vao-
le IcLlio che *n te traluca tanto sua grazia , il Cod. Antald. N. E.
— * Trnluca : il Cod. Caet. legge reluca . N. E.
80 Tanto sua grazia la Nidoheatina . Tanta sua grazia y V altre
edizioni ( e il Cod. Vat. ) . La grazia, intende, di veder que' luoghi
prima di morire — scarso , per illiberale , nel dir lui cioè tutto ciò
che bramava .
83 />* invidia s\ riarso , corrisponde alla frase Latina ardere in-
vidia .
84 PUsto m* avresti ec» veduto m'avresti in viso quel livore che
invidia pinge •
{a) Vedi il Tesoro Litiao di Robocto Stefano • (6) Ytri' i6t • aegg.
e A N T O XtV. 193
0 gente umana » perchè poni 1 cuore
Là v'è mestier di consorto divieto !
88 Questi è Rinier : quest' è '1 pregio e Y onora
Della casa da Calboli 9 ove nullo
Fatto s' è reda poi del suo valore •
01 E non pur lo suo sangue è fatto brullo ,
Tra '1 Po e 1 monte e la marina e 1 Reno ,
Del ben richiesto al vero ed al trastullo;
85 Di mia semenza ec. Allude al detto di 8. Paolo : qùae semi'
naverit homo haec et metet {a) ; e per accennare che raccoglie mal
fratto , parla solo dì paglia e. non di grano .
87 La \^* e y sinalefa , là dov'è — di coniarlo divieto: cosi colla
T^idobeatina e con tutte V edizioni antiche restituisco nel testo in ve-
ce di consorlo , o divieto , che gli Accademici della Crusca vi hanno
di loro capo voluto intrudere . Kd è troppo manifesto essere i beni
di fortuna 4 di cui il Poeta ragiona, tali che non potendosi da mol-
ti insieme possedere intieramente , v' è perciò mestieri divieto di con*
sorto , esclusione cioè di compagno (b) ; ciò che dà luogo all' invi-
dia , e ne fonda anzi la di lei malizia . Il Poeta stosso ne sommini-
stra questa spiegazione nel seguente canto sotto il vers* /|5 ove oiman-
dano a Virgilio :
Che volle dir lo spirto dì Romagna
£ divieto e consorto menzionando ì
Rispondegli Virgilio :
Perché 5' appuntano i vostri desiri
Dove per compagnia parte si scema ;
Invidia muove il maniaco a* sospiri .
Da questo contesto appunto pretendono gli Accademie! della
Crusca di dar valore alla predetta da loro fatta mutazione. Essi però
lasciano ad altrui la briga di scavarne il come : ed io , quanto a me 9
non posso altro che sospettare commesso qui pure da' medesimi un
altro sbaglio , di apprendere cioè menzionati divieto e consorto co-
me due contrari oggetti , quando realmente non si rammentano che
come due mal capiti termini . ^ Di consorte divieto , il Cod. Caet. e
lo Stuard. Il Biagioli sta colla Crusca , benché non biasimi l'emen-
dazione INidobeatina . N. E.
1/ altra variante lezione , che hanno i medesimi Accademici tro •
▼ata in due mss. , di censorii divieto , rischiara la spiegazione nostra ,
e ci allontana vie piii dal credere ciò eh' essi dicono , che per non
saper la regola deli apostrofo qualche imperito amanuense scrivesse
di consorto divieto invece di consorCo divieto .
^9 90 t-asa per ischiatta — ove , vale nella quale . — Reda , erede •
91 g^ gi5 £ non pur lo ec. Costruzione E tra 7 Po e 7 monte e
la marina e '/ Reno ( cioè nella provincia di Romagna ) non pur ( non
solamente) lo sangue suo (la discendenza di linieri) è fatto brullo
—
(a) Ad GaUt. S v, 8* (A) Di consorto per compagno veiiine esempi
parecchi nel YocabeUrio delia Ciutca •
,g4 PURGATORIO
g4 Che dentro a questi termini è ripieno
Di venenosi sterpi sì , che tardi
Per coltivare ornai verrebber meno •
97 Ov' è 1 buon Licio , ed Arrigo Manardi ,
Pier Traversaro 9 e Guido di Garpigna ?
O romagnoli tornati in bastardi I
100 Quando in Bologna un Fabbro si ralligna?
( spogliato ìgnado (a) del ben richiesto al vero ed al trastullo . Il vero
è V obbietto cui sie^iic V intelletto ; e il trastullo , o sia il diletto ,
è l' obbietto cui sìegue la voloutà . Pone il Poòta per sineddoche
colali obbietti per V operire delle stesse due potenze , ed in vece dì
dire , eh* erano i discendenti di Rinicri sprovveduti di ciò che sì ri-
chiede per ben pensare e volere , di scienza cioè , e di costumatez-
za , diceli brulli ilei ben nc/ucsto al s>ero , ed al trastullo .
9/1 Dentro a questi termini, ai tcrnjini suddetti di Kom.igna.
95 96 Pi venenosi sterpi . di scellerati custuini . Vettori , — Per
coltivare; per qualunque coltivare (/>) — tartli otnai verrehber meno ^
oramai troppo lungo tempo vorrebbevi per estirparli . Dubito però
che ornai siasi per errore s<*ritto in luogo di o niai : come se noo
altro , legge il nitidissimo ms. della Corsini 608.
97 lÀcio ed y^rn'go Manardi, Messer i irio «la Val bona * (de Ce-
sena secondo il Posti ll. Ca.ss. N.E.) Como eccellente , e pien lìi vir-
ili . Landino . Arrigo Manardi , secondo alcuni fu da Faenza , altri di-
cono da Brettinoro , uomo prudente , e molto magnanimo , e libera-
le . Vellutelio .
98 Pier Traversaro , fu signor di Ravenna , molto splendido , et
amator d'ogni virtù, il qual dicono, che maritò una sua fìgliuola a
Stefano Re d' Ungarìa . Vellutello — Guido di Carpif^na fu da Mon-
tefeltro , nobilissimo uomo , e sopra tutti gli altri del suo tempo li-
béralissimo . Vellutello .
99 Tornati in bastardi , vale quanto , tornati quei selvatici igno-
ranti e scostumati ch'eravate prima che questi eroi vi ripulissero.
100 Un Fabbro si ralligna ? '*' Tanto qui , che dopo Bernardin di
Fosco abbiamo aggiunto nel testo, secondo i Con. Cass. e Caet.,
un punto interrogativo , con che si rende assai più chiaro il senso
di questi versi Cosicché può intendersi : qtando sarà che rinasca un
Fabbro Lambtrtacci in Bologna ? Un Bernardino di Fosco in Faenza ?
Quasi dicat ntmquam , dice il Postill. Cass. Quasi diceret tarde , il
Caet. Il Biagioli tiene opinione contraria alla nostra, e toglie affatto
ì due punti interrogativi , dicendo che il poeta perchè più colpisca-
no le cose che dice, oppone alla presente degenerazione de' roma-
gnuoli l'attuale ingentilirsi ( spiegando il rallignarsi per di vile Jarsi
gentile) di quei personaggi nati crumil gente. Chi di noi stia colla
ragione , lo giudichi il sapiente lettore f — Fabbro fu nome proprio
e non già dell' arte ; così n' avvertono Benvenuto da Imola , ed il
(a) Brullo a cotti tento adopera Dtnte tache Inf. xttiv 60 ed altri esem-
pi paoi vedere nel Voctb. della Cr. (b) Vedi Ciaoa. Partic» 19S 17.
e A N T O XI V. igS
Quando 'n Faenza un Bernardin di Fosco ?
Verga gentil di picciola gramigna •
io3 Non ti maravigliar s' io piango , Tosco ,
Quando rimembro , con Guido da Praia ,
Ugolin d' Azzo che vivette nosco ,
106 Federigo Tignoso e sua brigata ,
La casa Traversara , e gli Anastagi :
£ r una gente e 1' altra è diredata ;
109 Le donne e i cavalier 9 gli afianni e gUagi,
Postili.. Cass. che vi nota „ Iste fuìi Dom* Faher de Lambertaciis de
Bononia. il Caet. vi aggiunge : qui Juii valens mUes^ d' accordo con
Benvenuto da Imola . li P. L. seguendo la comune lezione senza l' in-
terrogativo , chiosa insieme co' moderni espositori cosi „ rinasce un
fiòbro. „ Accenna un tal Lambertaccio , uomo sì eccellente che^ difab'
„ òro eh* egli era , poco mancò che non divenisse assoluto signore di
„ Bologna sua patria '1 Cosi tutti gli espositori . N.E.
loi Bernardin di Fosco? Faentino, uomo valoroso, benché di
picciola nazione ( d' ignobile lignaggio . ) Votpi . * D' accordo col Po-
stila. Caet. N.E.
107 P^erga gentil di ec. Gramigna erba vile , che agevolmente
barbica e dilatasi: qui metaforicamente per vile e volgare schiatta;
e vale a dire , da ignobil radice gentil germoglio • Venturi .
io3 IVon ti maravigliar ec. o Tosco, non ti rechi maraviglia s'Io
piango • Tosco appella Dante perchè manifestatosi abitante lung' Arno.
1 o/i Guido da Prata , luogo tra Ravenna e Faenza , signor libe-
rale 9 e valoroso . Volpi .
io5 Ugolin d^ Azzo y che vivette nosco legge la Nidobeatina "^ ( ed
anche il Cod. Cass. N.E. ) ove vosco in luogo di nosco leggono V al-
d' appresso , ma aggiunge una circostanza , che a nostra notizia altri
chiosatori non hanno avvertito „ Tignoso per oppositum , quia /tabe"
hot caput pulcherrimnm . N. E. — brigata vuol dir compagnia , radu"
nanza : qui altri di sua Jenni glia , e discendenza. Venturi .
107 108 La casa ec. Gli Anastagi e Traversari , nobilissime fa-
miglie di Ravenna , 1' una e 1' altra delle quali dice esser diredata ,
cioè rimasa priva del valore e liberalità , e d' altre virtù degli an-
tichi suoi . Daniello . Dircdato per diradato adopra anche Giovan
Villani {a).
log Le donne ec. Piango ancora, dice , quando rimembro, e tor-
(a) don lib. S cap. 6/^,
. . - N a
196 PURGATORIO
Che ne 'avogliava amore e cortesia ^
Là dove i cuor son fatti sì malvagi .
112 O Brettinoro , che non fuggi via ,
Poiché gita se n' è la tua famiglia
£ molta gente , per non esser ria ?
ii5 Ben fa Bagnacaval che non rifiglia;
E mal fa Gastrocaro 9 e peggio Conia
Che di figliar tai conti più s'impiglia.
118 Ben faranno i Pagan quando U demonio
Lor sen gira ; ma non però , che puro
Giammai rimanga d' essi testimonio .
iianmi a memoria le graziose doanc , i cortesi cavalieri, gli affanni,
e le fatiche nostre , e sii a^i e comodi d' altri . Yellutello •
Da questo verso , dice il Venturi , han sortito i suoi natali quel-
li deir Ariosto .
Le donne , i cavalier , V arme , gli amori ,
Le cortesìe » V audaci imprese io canto .
no III Che ne*m'oglia\fa ce. Che amore , e cortesia ne invoejUa'
va , ne empiva di voglia , e di desiderio ad esser liberali , magnani-
mi e cortesi , /à ( in quella provincia stessa ) dove si malvagi e rei
sono fatti i cuori di quelli, che ora regnano.. Yellutello .
112 ii3 ii4 O Brettinoro ec, Parla Guido alla propria patna ,
eh' era Brettinoro , picciola città di Romagna ; ed accenna partita da
quel luogo la propria con altre famiglie , per non potere adattarsi
ai pessimi costumi del paese . Hertinoro s* appella oggi comunemente.
' 1 1 5 116 117 Ben fa Bagnacaval ec. Fistiare e ri/lgiiare adopera
qui Dante per pros^edere e riprovedere di fifrliuolanzà ; e parlando in
modo come se i paesi stessi provedessero di fìgliuolanza i propr|
padroni , incomincia a lodar Bagnacavallo per aver lasciato termina-
re la linea de' suoi cattivi conti ; poscia a^giugne che fa male Ca-
Strocaro , e pcgi<io Conio , che piìt s' impiglia ( zeuma , come quel di
Yirgilio Mie illius arma ^ hic curnis jfìiit) (a) si prende briga di pro-
vedere di figliuolanza tai ( tanto cattivi ) conti . Bagnacaveulo , e CVi-
strocaro sono terre di RQmagna , aventi in allora i proprj conti;
com' era pur di Romagna , ed aveva i proprj conti Conio castello
ora distrutto (h) .
118 119 lao Ben faranno ec. Cangia, al solito, in vigor del
tempo in cui finge fatto il suo viaggio , la storia in profezia ; ed es-
sendo già , mentre queste cose Dante scriveva , morto Mai nardo o ,
com* altri l' appellano , Machinardo Pagani signor d' Imola , e di
Faenza , uomo cattivo , e per la grande astuzia soprannomato il Dia-
volo (e) , e sÌ£;noreggiando già i figliuoli meglio del padre , quan-
tunque non del tutto anch' essi irreprensibilmente ; fa da Guido del
ifl) AeiMid. I 20. (b) Velli Leandro Alberti Descriz, d* Italia nel ca-
po dtUa Romagna (e) LÓindino.
e A N 1* O XIV* 197
lai O Ugolin de' Fantoli ) sicuro
£' il nome tuo , da che più non s' aspetta
Chi far lo possa , tralignando j oscuro •
124 ^^ ^^ visL j Tosco, ornai, ch'or mi diletta
Troppo di pianger più che di parlare ;
Si m' ha vostra ragion la mente stretta .
Daca predire , che / Pagani , i figli di Mainando , quando ( da chs
leggono in vece 1* edizioni diverse dalla Nidobeatiua '*' e il Cod. VaU
fi, K. ) // Demonio loro ^ il loro padre, scn gira ^ se ne morrà, ben
faranno^ bene si diporteranno (ben faranno a generare^ chiosano il
Venturi , Daniello , e A ellutello ; ) ma non però talmente che ri-
manga di essi testimonio puro , memoria interamente buona .
lai 121 ia3 O Ugolin de* Fantoii { de* Fantolin leggono l'edizio-
ni diverse dalla Nidobeatiua ( * e il Cod. \at. N. E. ) colla cacofo-
nia , eh' ognun ode , delle vicine due voci Ugolin^Fantolin ) . (.ostui
fu medesimamente di Faenza , uomo nobile e virtuoso ; e perchè di
lui non s' aspettava successione , dice che il nome e la sua buona
fama è sicura , da poi che non s* aspetta chi , tralignandola , la pos-
sa oscurare . Vellutello .
ìi6 .Vi m* ha ncstra regton , cioè la brutta decadenza di Roma-
gna patria di Ouido che parla , e di Rinieri di lui vicino e compa-
gno . Vostra rfigion leggono in vece T edizioni diverse dalla Wiao-
beatina: ( "" il C.on. Cass. legge nostra egualmente N. E. ) ma, come
o^un vede, malamente : e se la ^idobeatina lezione osservata aves-
sero gl'interpreti, non sarebbersi , cred' io , lambiccato il cervello
a fantasticare per vostra ragione chi F umana ragione intesa per la
carità , e chi /^ cose di vostra radono , cioè le sciagure , che sono su
in terra . F.iagioli difende la lezione comune , e dice che vostra ra-
gion significa , le cose di vostra ragione , di vostro jure , di vostra
spettanza . Il eh. Marchese Antaldi m una osservazione al prezioso
suo codice , che ha pure ragione , riferisce : » ragione per ragiona-
» mento , del che molti esempi anche in Dante , onde pieno e bel-
» lissimo ne viene il senso . Cosi opinava doversi leggere qu«
» go il eh. signor cav. Monti , e fu contento di trovar confermata la
» sua opinione da questo codice , e dal cod. 4* Avendo Guido del
» Duca parlato solo delle vicende di Pomagna, non poteva dire v^o-
» sfra ragione , perchè due volte chiamò Dante Tosco , e neppure
» nostra per non aver egli la patria comune coli' Alighieri . Non può
» leggersi poi vostra ragione , come il Volpi , poiché il discorso
» commovente è di Guido . Eppure il A olpi aveva la lezione nostra
» in 25 testi a penna . Si noti per ultimo , che Dante sempre ha
» fatto di quattro sìllabe la parola regione . — Fin qui l' Antaldi •
E noi vinti da tante belle ragioni , restituiamo volentieri 1' antica le^
zione , sulla fede ancora del bellissimo Codice Caetani . N. £. — la
mente stretta , angustiata , come disse \irgilio
Atqut aiiimum patriae strinxit pietatis imago (a) .
^— *— — — ■ III —————— ^—^—^——— —i—^
(a) A enei d, ix 394.
ug» PURGATORIO
127 Noi sapayàm che quell' anime care
Ci sentivano andar : però » tacendo ^
Facevan noi del cammin confidare •
i3o Poi fummo fatti soli procedendo 9
Folgore parve , quando V aer fende y
Voce che giunse di contra , dicendo :
|33 Anciderammi qualunque mi prende •
£ fuggìo come tuon 9 che si dilegua
Se subito la nuvola scoscende.
127 ia8 lag Sapavamo ^er sapevamo adopera anche il Boccacìo (a).
Avendo Guido nel principio del suo parlar con Dante detto lui
o anima che fitta
I^el corpo ancora , ini^er lo del ten va» ;
•apendo cioè quelli spinti verso dove volevano i due Poeti muover-
ai , e sentendo da qual parte prendevano allora cammino , non avreb-
bero per loro honìk ommesso il caritatevole officio d'avvisarli , nel
caso che avessero questi presa cattiva strada: e però tacendo y^ce-
vanli confidare del cammino , venivano ad assicurarli di proseguir be-
ne il. cammino.
i3o Poi per poiché , posdache (h) .
i3i i32 Foìf^re parve ec. Della velocità del muoversi di cotale
voce dirà nella terzina seguente ; qui parla solamente dello streuito
eh' essa fece , e dice che parve quello che fa la folgore nel fendere
r aria — friunse di contra^ venne incontro a noi. * Incontro a noi^
Cod. Antald. N. E.
i3?) anciderammi ec, (lo stesso che uccide mmnii ) . Sono queste
le parole di Caino dopo che per invidia ebbe ammazzato il fratello
^bele: omnis qui inveneri t nw occidel me {e) , parole atte a rammen-
tare a quelle anime purganti l'invidia i tristi cfletti di cotale vizio.
Onde queste ed altre rimproveranti voci si formassero è detto nel
canto precedente v. 5a — m* appreruie in luo^o di mi prende leggo-
no l'edizioni diverse dalla Nidobcatina * e il Cod. Aat. N. E. Aon
citando però il Vocabolario della Crusca del verbo apprendere in sen-
so di prendere altro che questo stesso certamente mal sicuro esem-
pio di Dante, merita la Nidobeatina lezione di essere preferita. * ( Il
Cod. Cass. legge ancora ini prende ) . N. E.
i34 i55 F. fuggto la Nidobeatina . E fuma l'altre edizioni . Fug-
gi il Cod. \at. N. E. — come tuon che si dilegua ce» Fare che sup-
ponga con Lucrezio ( De rerum nat, vii 197 e sc^g,) essere i tuoni
Tenti, che
.... magno indignantur murmurc cìausi
I^ubihus I in caveisqut ferarum more minantur ,
I^unc hinc , nunc Oline fremi tui per natila mittunt •
Quaerentesque viam circumvtrsantur :
(a) Vedi il Prospetto di verbi Toscani ietto il vorbo sapere n. la.
(t) Vedi la nota al v. i del canto x di questa cantica* (e) Genes 4. e. 14.
CANTÒXIV. 199
\56 Come da lei V udir nostro ebbe tregua ,
Ed ecco r altra , con sì gran fracasso
Che somigliò tonar che tosta segua :
139 Io sono Aglauro , che divenni sasso .
Ed allor , per istringermi al poeta ,
Indietro feci e non Innanzi '1 passo .
1^4 Già era l'aura d'ogni parte queta ;
Ed ei mi disse : quel fu il duro camo 9
Che do V ria l'uom tener dentro a sua meta.
ì^ò Ma voi prendete V esca , si che Tamo
Dell' antico avversario a se vi tira ,
e che perciò il subito dileguarsi del tuono , cioè il trascorrere dello
strepito che il tuono fa , avvenga dal subiio scoscendere , squarciare,
il vento la nuvola che lo inchiude , e dalla medesima allontanarsi .
i56 137 Come da lei ec. Bisogna nella costruzione di questi due
versi che la particella ed del secondo pongasi innanzi al primo E
come da lei ec. ecco C altra ec. * Dio ti guardi dal crederai, o let-
tore : esclama qui il Diagioli contro il P. Lombardi : e con ragione :
perchè veramente il buon padre non comprese tutta la ft.rza di quell'
ed, la quale esprime la continuità immediata delT altra voce. N.E.
i38 Tonar , che tosto segua: altro tuono, che al precedente suc-
ceda .
i3q Io sono j4glauro. Altra voce di rimprovero agi* invidiosi —
j^glauro , figliuola d' Eritteo Re d'Atene. Costei portando estrema
invidia alla sorella Erse amata da Mercurio , e opponendosi con ogni
soa possa a' piaceri di quel nume , fu da lui convertita in sasso •
Vedi Ovidio nel 'i delle Trasformazioni . Volpi . E la non disdicevo-
vole cagione di unir favole alla sacra storia vedila nel canto xii di
questa cantica sotto il v'. 28.
i4o Per istringermi al Poeta : così spingendolo la paura conce-
pita al forte tonare di quelle voci .
143 i/j'i Quel fu il duro camo ec. p^ctfto^yraef/iMm spiega lo Schre-
▼elio {Lexic. Latino-Graec. art. X^H-^^) > ^ per freno dee qui porlo
anche il poeta nostro ; perocché fa qui egli verificarsi ciò che av-
verti nel Cinto precedente f. 4o e segg.
Lo fren vuol esser del contrario suono ;
Credo che V udirai , per mio avviso ,
Prima che giunghi al passo del perdono .
E vuol dire, che 1' udito spaventevole suono di quelle voci fu il du-
ro y il forte freno di che avevalo prevenuto , e che dovrebbe ritener
r uomo ne' termini del dovere .
145 ì/\6 Ma voi prendete ec. Ma voi vi lasciate adescare dall' a«-
tico avs^ersario y «lai demonio , si che con T amo che sotto V esca na-
sconde , vi piglia , ed a se vi tira .
•Joo PURGATORIO
E però poco vai freno o richiamo . '
i48 Chiamavi '1 cielo , e 'nlorno vi si gira
Mostrandovi le sue bellezze eteme ,
E l'occhio vostro pure a terra mira.
Onde vi batte chi tutto discerne .
i47 Freno appella le minacce coutro del vizio, e richiamo gli
allettanof mi alla virtù contraria .
i48 i/|f) i5o Bellezze eteme y cioè incorruttibili, intende gli astri
— pure a terra , solamente alle terrene cose. Da questo terzetto (av-
vertono il Daniello e il Venturi ) con imitazione felice ricavò il Pe-
trarca que' suoi bellissimi versi
Or ti tmlleva a più beata tpemt
evirando il del , che ti si volve intorno «e. (a) .
i5i Vi batte , vi gastiga — chi tutto disceme y colui a cui niente
è nascosto , Iddio .
(a) Part. i cani. Sg.
Pine ilei canto deeimoquarto .
301
CANTO XV.
ARGOMENTO (*)
In questo canto dimostra Dante , che da un angelo furono indìrtt'
Uti per le scale , che sogliono sul terzo balzo « dove si punisce V ira ;
< che furono oppressi da uu gran fummo « il quale fece , che più oltre
■OH poterono vedere •
1 ^v uanto , tra V ultimar dell' ora terza
E '1 principio del di , par della spera ,
Che sempre a guisa di fanciullo scherza ;
I a Quanto ee. Quanto è il tratto della releste sfera tra il pun*
^ dove il Sole compie V ora terza , e quello dove il Sole nasce .
Inteso che il Sole corra eradi i5 in ogni ora, intendesi consegoen-
t^">ente che in tempo a* equinozio ( com' era mentre faceva Dante
^''esto suo viaggio ) (a) doveva rotale tratto essere di gradi /\5.
3 Che sempre a ^rìsn ec, , che non si ferma mai , come i fanciul-
li fanno . Miserabile simiUhidine dicela il A eniuri . Ma perchè mai ?
( entra in difesa di Dante il signor Posa Morando ) Non per altro.,
mi crefT io, che perla troppa differenza di grandezza, eh* è tra il
f and Itilo e la spera . 3fa Plutarco , nel ra^onamento del genio e del-
la vita d* Omero , fa ossen'are , che questo divin poeta alcune volte
prende la comparazione dalle picciolissime cose , avendo riguardo alla
natura delle cose ramponale , non alla grandezza del corpo; e ne re'
ca in prova le comparazioni delle vespe , delle mosche , e dell* api .
Il fanciulle ha per natura di sempre moversi , e acciò mi vaglia del'
le parole d^ Orazio (h) mutatur in horns. Or chi non vede che queste
dite cose guanto son proprie del fanciullo sono proprie della spera al'
trettanto ? Improprio è bene questo pronunciare sì francamente e in
termini sì ritrosi, ylnche i gran poeti , è vero , non vanno esenti talora
dai gran difetti ; ma non è di tutti il conoscerli : e P avvertirti poi
con guest* aria di maestro e d* oracolo non è d* alcuno. Ciò sia detto
per tutte guelle espressioni austere e sprezzanti , che tratto tratto nel
nuovo comento ( del \enturi ) si leggono. Zoilo , che ardì riprendere
sfacciatamente Omero ,fu ucciso a furia di pietre dal popolo , e ss
comprò la derisione e Codio di tutti i secoli.
(*) Argomento metrico del cel. G Gotti .
Per salii suso a] terto balte invito
Hanno da un Anpiol si belio e ffplepdente^
Cbe Darre n ba lo suo %\%o smarrito.
E oltre andando fi ffrma la mente
In ahi esempi , onde distratta è 1* ira «
Cbe quanto quivi a Ini non è presente
In ▼isìone estatica rimira.
{a) Vedi la nota al canto 1 dell lui. v. 38. (b) Poet. V. i6o.
aoa PURGATORIO
4 Tanto pareva già , inver la sera ,
Essere al Sol del suo corso rimaso ;
Vespero là , e qui mezza notte era .
7 E i raggi ne ferìan per mezzo 1 naso y
Perchè per noi girato era s\ 1 monte ^
Che già dritti andavamo inver F occaso;
IO Quand' io senti' a me gravar la fronte
Allo splendore assai più che di prima ,
E stupor m' eran le cose non conte .
i3 Ond'io levai le mani inver la cima
4 5 Tanto pareva ec. : parevano resiHue non più Hi tre ore di Sole»
6 Fespero là , cioè al Purg-ilorio , perocché , com* è detto nel iil
di questa cantica v, a5 intende il Toeta per vespero tutto il rimanen-
te del giorno dopo T ora di nona — e qui , in Italia , dove scriveva
il suo poema — mezza notte era» Ammettendo Dante il monte del Pur-
pi
lestina gradi 45. Nel che se il Poeta è discorde dalla odierna geogra-
fia , che non pone tra queste regioni altro divario che di gradi cir-
ca iS , concorda però con se medesimo , che seguendo i geografi an-
tichi, e de' suoi tempi (/>) , mette tra T Ibero , fiume della ypagna ,
e Gerusalemme gradi 90 {e) : in conseguenza di che , essendo real-
mente r Ualia in mezzo tra la Spagna e la Palestina, doveva tra Tl-
talia stessa e la l^alestina supporre gradi /|5.
7 Per mezzo ''l naso , in vece di nel mezzo della faccia, sineddo-
che ricercata dalla rima bensì , ma ragionevole , per essere il naso
in mezzo della faccia.
8 9 Perchè per noi ec. Avendo detto nel canto ni di que-
sta cantica che, mentre incominciava a salire il monte, il nascente
Sole dietro fi(ìì fiammeggiava roggio (r/), vieti ora a dire che tanto ave-
va di quel monte girato , che il cadente? Sole battevagli in faccia. * Dan-
te non ha detto questo , ma si che quando volsero il viso al poggio ,
fiammeggiava loro dietro il Sole, ma non fu quello il luogo dove
montarono , perocché non era quello il punto più diretto ud orien-
te, ma si più in là a man dritta, siccome puossi vedere, calcolan-
do il viaggio che fece a sinistra prima di montar verso quelle aui-
me, e il ritorno con loro di qua. Bikciom. N. K.
10 Gravar la fnmte per abbarbagliar gli occhi in fronte.
11 ^llo splendore^ dell'angelo , come seguendo dirà — assai pili
die di prima y persoli raggi del Sole.
12 E stupor m^ eran ec. , e non sapendo onde ciò avvenisse, n«
rimaneva stupido.
(a) Purgar. IV 68 e segg. (h) Vedi la nota al canto il di questa canti-
ca v. 4 « 'Hg* (<-') Canto xxyii di questa cantica ▼. i e segg. (d) Verso iS.
e A N T O X V . ' ao3
Delle mie ciglia , e fecimi 1 solecchio
Che del soverchio visibile lima .
Ì6 Come quando dall' acqua o dallo specchio
Salta lo raggioifl' opposita parte j
Salendo su per lo modo parecchio
19 A quel che scende , e tanto si diparte
Dal cader della pietra in igual tratta y
i4 Feci mi 'l solecchio. Solecchio , e solicchio (spiega il Vocab. del-
la Cr. ) strumento da parare il Sole , detto ancora parasole , e ombrel-
lo : e qui per similitudine appella Dante solecchio quel riparo al trop-
po Inme , che colle mani alzate sopra le ciglia facevasì.
i5 Sos^erchio visibile per eccessivo splendore. Volpi. — lima da //-
mare per i sminai re, togliere.
18 Per lo modo parecchio , cioè parimente, ed a qual modo
medesimo , che era disceso giù , su salendo riflette. Daniello. Parec^
chic ( dice il Venturi ) per sentire alla rima , in vece di pari e ugna-
fé. Ma parecchio per pari trovasi adoprato* da buoni scrittori anche in
prosa. Vedi il Vocahol. della Cr.
19 ao i^' tanto si diparte dal cader ec. { "^ E cotanto si parte , il
cod. Antald. N. E. ) Chiosano qui tutti gli espositori che voglia Dan-
« esprimere la velocità della luce incomparabilmente maggiore di
{oella del cadere di una pietra. Ma se ciò avesse voluto Dante espn-
nere, a che, domin , aggiunto ci avrebbe queWinigtial tratta? Può
!glì forse in qualche diversità di tratta agguagliarsi il moto della pie-
ni al moto della luce ?
Quantunque non dissimilmente dagli altri spositori spieghi il lan-
nenli , è detta per certa traslazione una linea indotta a piombo . . Laon-
le vuole nel medesimo libro ^ che gli Etiopi che abitan tra il Tropi-
» estivo e r equinoziale , abbino due ardentissime stati, perchè il So-
e passa due volte il caso d/^lla pietra sopra i lor capi.
La convenienza di rotale appellazione alla linea perpendicolare,
)er la perpendicolare che sempre la pietra liberamente sul suolo ca-
lendo descrive : 1' essere Alberto A'agno e Dante contemporaneamente
rissuti : e per terzo , il non potersene in altro modo da questo pas-
o trarre buon senso, sono tre motivi che mi determinano a* credere,
he pel cader delia pietra non intenda il Poeta qui se non la perpen-
licofare medesima.
Quant* io adunque capisco vuole qui Dente con l'ellittico suo fa-
nigliare linguaggio accennate due uguaglianze , che serbano Ira di
loro nel cadere e riflettere dall' act.ua o dallo specchio i raggi. la
prima di modificazione , o sia di tessitura ( quella cioè , senza della
qoale non avremmo certamente immagine né dall* acqua, né dalU
ao4 PURGATORIO
Si come mostra esperienza e arte ;
a 2 Cos\ mi parve da luce rifratta
Ivi dinanzi a me esser percosso :
Perch' a fuggir la^^vista mia fu ratta •
a5 Che è quel , dolce padre , a che non posso
Schermar lo viso tanto che mi vaglia ,
Diss' io , e pare inver noi esser mosso ?
a8 Non ti maravigliar s' ancor t' abbaglia
La famiglia del cielo , a me rispose ;
Messo è che viene ad invitar eh' uom saglia .
3i Tosto sarà eh' a veder queste cose
Non ti fia grave , ma fieti diletto
Quanto natura a sentir ti dispose •
specchio , né da Terun corpo lucido ) , ed esprìme questa con dire , che
Salta lo raggio all' apposita parte
Salendo su , per lo modo parecchio
A quel che scende.
L'altra uguaglianza è quella degli angoli d' incidenza e di riflessione»
cosa pure certissima, ed espriniela con aggiungere, che Io stesso ri*
flettente raggio in igttal tratta , in lunghezza uguale a quella del rag-
gio diretto, si diparte dal cader della pietra , dalla perpendicolare ,
tanto ( intendi valer tanto quanto ) {a) lo stesso diretto raggio si di'
parte.
Il Sì come mostra ce. : come ne insegna la catoptrica , e ne com-
prova r esperienza.
22 a3 Jiifratta per ribattuta. Non senza cagione dice , che i rag-
gi della luce che lo feriano , erano per riflessione : perciocché vuol
aimostrare , che la luce , la qual veniva dall' angelo in lui , era rag-
gio della divina luce che percotca 1* angelo , e quivi riflesso perco-
tea Dante. Landino. E cosi ne insinua Dante stesso nel FARàD. xxix
i36, ove dell'angelica famiglia parlando dice , ìm prima /i/ctf( Dio,)
che tutta la raia. Vedi ciò che al medesimo proposito è detto Puro.
IV 62. * Un dinami da me esser percosso , il eoa. Antald. N. E.
a4 ^atta, presta. * La mia vista il cod. Vat. N. E.
25 ^ che per contra, o verso del quale. Vedi Cinonio (h).
26 Schermare , sinonimo di schermire , qui per sostenere. * Scher-
mir legge il CoD. Caet. N. II. — viso per occhi , vista , — tanto che
mi vaglia j tanto che possa valermene.
27 E pare in ver noi ec. : e pare che venga verso noi.
28 29 Ancor ^ ybÌc Jin ora , — la famiglia del cielo ^ gli angeli.
3i Tosto sarà , quando sarai internamente purgato.
32 53 Fieti diletto quanto ce. : avrai tu diletto tanto quanto per na--
(a) Lo stesso cioò che il solo quanto alcoDa fiatm vale. Vedi Cinon. Par»
tic. aii 4. (b) Par tic. 1 11.
CANtOXV. ao5
34. Poi giunti fummo all' angel benedetto ,
Con lieta voce disse : entrate quinci
Ad un scalèo vie men che gli altri eretto .
$7 Noi montavamo , già partiti linci ,
E ; beati misericordes , fue
Cantato retro , e : godi tu che vinci .
4o ^ Lo mio maestro ed io , soli amendue ,
Suso andavamo ; ed io pensai, andando »
Prode acquistar nelle parole sue .
43 £ dirizzami a lui sì dimandando :
Che volle dir lo spirto di Romagna,
tura lu sarai capace di riceverne . Della particella quanto al senso di
tanto auanto vedi Ci||onio {a).
34 35 Poi per perchè , qu\ pure ; com' è detto al v. i del can-
to x di questa cantica. — Entrate la Nidob. , inirate V altre edizioni.
36 Scaleo , per scala ^ qu\ , e Farad, xxi ag forse dstìV escaiier ^
che di e;enere del maschio i Francesi dicono — We nutn ec, , appar-
tiene ciò a dinotare che si andava agevolando la via del cielo. * JYon
meìiy il cod. Antald. N. E.
37 lÀnci. Qui, ti , costì (avvisano i Deputati alla correzion del
Boccaccio ) et altre di questa maniera , sono s^oci semplici che servono
a luogo , et a queste aggiagniamo la sillaba ci , come i Latini e i iire»
d danno certe aggiunte alle loro j e se ne Ja quid , liei , costici , svo-
lendo significare stanza : e se mos^imento , o partimento da luogo , vi
si frameitc un n n^ e se ne Ja quinci , linci , costinci , voci buone e re*
goìate (b). Partili adunque lind vale quanto partiti del luogo dove
n' apparve V angelo. * Il Cod. Caet. legge : Noi raontavam già partiti
da linci. N. E.
91
nel
38 39 Beali misericordes. Anche queste parole debbono intender-
i cantate dagli angeli , come di queir altre Beati pauperes dicemmo
lei cauto xii no ai quasta cantica: e sono pur esse parole di Gesù
Cristo, nel capo 5 di S. Matteo, encomianti T amore del prossimo,
virili contraria alP invidia nel poco anzi passato girone purgata. Qui
miserelur^ dice S. Ambrogio, largiiur de suo. Qui suum donat non
quaerìt alicnum (r) , come V invidioso fa — godi tu che vinci , corri-
sponde alle parole pur di Gesli Cristo , nel citato capo di S. Mat-
teo , Caudate et e^sulLitc , quoniam merces vestra copiosa est in caelis.
4' Pensai la Nidob., pensava T altre edizioni.
4a Prode ^ sustantivo, per /irò , utilità^ giovamento. Volpi. Pen-
sava rioè Dante, eh* era un peccato, l'impiegar quel tempo nel solo
andare , senza insieme goder del profitto di sentire da Virgilio qual-
che insegnamento.
44 Lo spirto di Romagna , vale quanto , quello spirito Romagnuo-
(a) Panie, aii 4. (b) Giorn. 4. oov. !• (e) Lib. 5 in cap. 6 Lucae,
3o6 FURGATORIO
E divieto e consorto menEicmando ?
46 Perch' egli a me : di sua maggior magagna
Conosce 1 danno ; e però non s' ammiri
Se ne riprende perchè men sen piagna •
49 Perchè s' appuntano i vostri destri
Dove per compagnia parte si scema,
Invidia muove il mantaco a^ sospiri .
Sa Ma se l'amor della spera suprema
Torcesse 'n suso 1 desiderio vostro ,
Non vi sarebbe al petto quella tema ;
55 Ghè per quanto si dice più lì nostro y
lo; e intende M. Guido del Duca da Brettlnoro , ^nanifesUtosl nel pas-
sato cauto c'. 81. ''
45 E divieto , e consorto ec. : con quella esclamazione
0 gentt umana p perchè poni *l cuore
'Là v* è mesiier di consono divieto ?
Vedi il passato canto v. 86 e se^.
/\6 47 4^ ^ ^'<^ maggior ec. Egli conosce ora per esperjjcnza tt
danno che apporta a' mortali quella che fu la maggiore di lui maga-
gna , il maggior vizio , cioè 1 invidia — non s* ammiri , impersonal-
mente detto , e vai quanto non cagioni mantiglia — se ne riprende^
se riprende noi uomini con quel O gente umana ec. — perchè men
sen piagna affinchè trovisi in noi meno di che piangere in pur-
gatorio. Tanto Piangere , che piagnere (secondo il Sig. Mastrofini TVo-
ria e Prospetto de verbi Italiani ) scrissero i buoni autori di lingua ,
e le voci che da questo verbo derivano , sono elegantemente scritte
tanto gn che ng anche oggi (a) •
49 5o 5i Perchè s* appuntan ec. Per questa cagione, che il vo-
stro cuore s' attacca a tal sorta di beni , cne meno se n' ha da cia-
scuno , quanti più sono a goderne; di qu\ è che s* accende l' invidia
ec. .^fantaco voce antica per mantice : e s* appuntano i desideri vale ,
vanno a ferir tutti, e terminar in tal punto. Venturi. Io però perii
appuntano intenderei più volentieri lo stesso , che fanno punto , si
jermano , come Farad, vi a8. * Perchè saputo hanno i nostri desiri , il
cod. Vat. N. E.
5a Spera suprema , il cielo empireo , seggio de* beati.
53 Torcesse per rivolgesse,
54 Quella tema , eh' altri partecipassero con vostro discapito.
55 Che vale imperocché — quanto si dice più, lì nostro significa
il medesimo che quanto in maggior numero sono quelli clt^ insieme go-
dono dello stesso bene. * Perchè quanto si dice , il cod. Vat. N. E.
(n) A! ver^o piangere.
e A N T O X V . 207
Tanto possiede più di ben ciascuno 9
E più di caritade arde in quel chiostro .
58 Io son d' esser contento più digiuno ,
Diss' io , che se mi fosse pria taciuto ;
E più di dubbio nella mente aduno.
61 Com' esser puote, eh' un ben distributo
I più posseditor faccia più ricchi
Di se , che se da pochi è posseduto ?
64 Ed egli a me : perocché tu rificchi
La mente pure alle cose terrene ,
Di vera luce tenebre dispicchi •
67 Quello 'nfinito ed ineffabil bene ,
Che lassù è , così corre ad amore y
Com' a lucido corpo raggio viene .
56 57 Tanto possiede ec. Molto a proposito il Landino cita qui
due degnissime sentenze; la prima di S. Agostino de civ. Nullo
enim modo fu minor accedente consorte possessio bonitatis , quam tanto
latius ^ quanto concordlus individua sociorum possidet carìtas : e 1» se-
conda di S. Gregorio : Qui facibus invidiae carere desiderai , illam
earitalem appetat , quam mimcrus possidentium non an^ustat. Venturi. —
coniate arati 'n leggono V edizioni diverse dalla Nidob.
58 Digiuno , catacresi per privo,
5g JkTi fosse pria ec. Fosse ^ev fossi spiega il Volpi {a) detto so-
lamente pei* cagion della rima ; ma questo passo però sembra dimo-
stramelo detto anche fuor di rima.
60 Pili di dubbio aduno , vai quanto dubbio sopra dubbio mi si
ammucchia,
61 Distributo per distribuito , alla maniera Latina , anche fuor di
rima. Pabad. il 69.
62 / pili posseditor gli in maggior numero posseditori.
65 66 Pure , solamente. — Dispicchi ( preso dallo spiccar frutti
dagli altri alberi ) , cogli , tenebre di vera luce , è quanto dire , viep'
piii la mia vera dottrina f imbroda la mente.
67 (8 6g Quello infinito ec: il divino glorificante lume — corre
ad amore , spandesi sopra della carità — come raggio , intendi , so-
lare , viene a corpo lucido , a corpo di levigata superfìcie ed alto a
rifletter luce ; come perciò diccsi marmo lucido , lucid* armi ec. Luci-
do per diafano , trasparente chiosa il Volpi : ma ciò che siegue Dan-
te a dire sei versi sotto , E come specchio C uno alt altro rende ^ ba-
sta a far capire il torto di colai chiosa.
(a) Parg. xvii ifi , • mx 42.
aie PtJltCATORIO
94 T^^ m'apparve un'altra, con quell'acque
Giù per le gote che '1 dolor distilla ,
Quando da gran dispetto in altrui nacque ;
97 E dir : se tu se' sire della villa ,
Del cui nome ne' Dei fìi tanta lite»
E onde ogni scienzia disfavilla , .
100 Vendica te di quelle braccia ardite ,
Gh' abbracciar nostra figlia , o Pisistrato .
E '1 signor mi parca benigno e mite
io3 Risponder lei con viso temperato :
Ghe fa rem noi a chi mal ne desìra ,
Se quei ch^ ci ama è per noi condannato ?
106 Poi vidi gente accese in fuoco d* ira
Gon pietre un giovinetto ancider, forte
Gridando a se pur : martira , martb*a •
94 9^ 9^ '^ ^ /y<in>tf , il cod. Vat. N. E. — Uni' altra , inteodif
donna , e moelie di Pisistrato tiranno d* Atene , irata e stimolante il
marito a Tenoetta contro di un giovane che preso d'amore verso dd-
la loro figlinola avevala pubblicamente baciata . Vedi Valerio Massi-
mo (a) -— con queir acque che 7 dolor ec, : bagnata nelle gote eoa
quelle lagrime che spreme dolore cagionato da dispetto , da corruc-
cio, arrabbiamento, contro «i* alcuno : bagnata, in sostanza, di la-
grime d* ira. — Della particella in al senso di cantra vedi Cinonio (b),
97 9^ 99 "^"^ » ^^ stesso che signore — villa ( per città alla ma-
niera de* Fraazesi ) del cui nome ne* Dei fu tanta lite , intendi la cit-
ik d* Atene , sopra la eguale finsero i poeti , che nascesse contesa tra
Nettuno e Minerva, chi di lor dovesse dar il nome a quella cittik;
e che s'accordassero insieme, colui doverla denominare che all' im-
proviso producesse cosa di maggiore utilità . Percosse Nettuno la ter*
ra col tridente , e ne fece uscire un cavallo : la percosse parimente
Minerva coli' asta , e ne trasse un ulivo . Giudicarono gli Dei V uli-
vo , come segno di pace , esser migliore del cavallo , eh' è segno di
guerra ; e perciò là vittoria fu di Minerva , che in lingua Greca si
chiama Atenea^ o Atena. Volpi. — Ed onde ogni scienzia ec. Aveva
letta in Cicerone Dante , omnium bonarum artium ins^enirices Athenas*
Landino.
io6 Genti accese ec, : i Giudei lapidatori di santo Stefano.
f 07 1 08 Un giovinetto, santo Stefano — ancidere per uccidere , ado-
prato anche dal Petrarca, e da altri. Vedi il VocaLol. della O. —
jorte gridando a se pur, fortemente gridando anche l'uno all'altro —
marttrn , marfira. Martirare per martirizzare , o sia tormentare , lo
(a) Lib. 5 cap. I. (t) Partic. i38 4.
CANTO XV. aii
J09 E luì vedea chinarsi , per la morte
Che r aggravava già , inver la terra ;
Ma degli occhi facea sempre al ciel porte ^
1 M 2 Orando all' alto sire in tanta guerra ,
Che perdonasse a' suoi persecutori ,
Con quello aspetto che pietà disserra.
i a5 Quando l'anima mia tornò di fuori
Alle cose che son fuor di lei vere ,
Io riconobbi i miei non falsi errori .
^18 Lo duca mio 9 che mi potea vedere
Far si com' uom che dal sonno si slega , .
Disse : che hai , che non ti puoi tenere ,
121 Ma se' venuto più che mezza lega
Velando gli occhi 9 e con le gambe avvolte ,
«doperà anche V Ariosto (a) : qu\ però marùra , marCtm , dee valere
quanto dagli y dagli o ammazza, ammazza; e dee colate geminazione
ai parola intendersi effetto del fuoco d! ira , di che il Poeta ha det- .
to cpielle genti accese «
III Degli occhi facea ec. : teneva sempre aperti gli occhi al
cielo .
1 1 3 j4ir aito sire , a Dio — in tanta guerra , in cos\ aspra perse-
dizione*
ii4 Che pietà disserra y che ottiene pietli: e di fatto la conver-
sione dell* apojtolo S. Paolo ascrivesi dai santi Padri a cotal eroico*
pregare di 5. Stefano.
ii5 116 (^UMndo r anima mia ec. Quando mi riscossi dall'estasi,
e ritornò V anima mia fuor della sua immaginativa ai veri obbietti
che fuor di lei esistono.
iij / miei non falsi errori, il Landino e il Veli niello prendono
errore in significato di vagatione della mente, e cosi vi aggiustano Pe-
pitelo di non falso; e il Daniello e il Venturi spiegando errore per
falsa apprensione di realtà in obbietti non reali , vi accomodano il
non f (USO per rapporto alla vera significazione de*medesimi apparenti
obbietti. Quanto a me parrebbe meglio d' intendere essere sentimen-
to del Poeta , che tornando sua mente da quelP estatica visione ai
veri obbietti che sensi si appresentano , ed a quegli apparsi esempj
di mansuetudine riflettendo , riconoscesse i veri peccati suoi d'iracondia •
1 20 Che non ti puoi tenere « che non ti puoi reggere bene su i
piedi. Ventdri.
Ila fidando gli occhia colle palpebre — con le gambe avvolte ^
con incrocicchiamento di gambe nel camminare.
(a) Pur. a8 ^.
0 9
3l4
CANTO XVI
ARGOMENTO (*)
Mostra IXanie iii questo canto « che n9l fummo tramo pmmiii gVtt
di ; tra I quali trova Marco Lombardo « il quàU gli dimostra f
di coloro 9 che stimamo , ehm ogni mostro operare y^mgm 'daUimaia
influssi dei cieli,
ì JJujo d' inferno , e dì notte privata
D' ogni pianeta sotto pover cielo >
Quant' esser può di nuvol tenebrata 9
4 Non fece al viso mio sì grosso velo,
Come quel fummo ch'ivi ci coperse ,
Ne a sentir di cosi aspro pelo :
7 Che r occhio stare aperto non sofferse .
Onde la scorta mia saputa e fida
Mi s' accostò , e V omero m' offerse .
I al 5 Bufo et Infamo ec. In paragone dell' oscurità del pn
to fummo dice minori due grandi oscurità da esso vedute; q
cioè dell* inferno , e quella di notte priv^ata (T ogni pianeta , del
me cioè d' ogni celeste lucido corpo — sotto pover ciclo. Il V<
seguendo il Landino , il Vellutello , e il Daniello , spiega pover del
annuvolato , e privo de* suoi ornamenti , che sono (e stelle. Ma il
così pover cielo invano direbbe poi Dante la notte stessa <7i nuvi
neonata. Povero cielo adunque dovrebbe valere quanto porzione di
lo povera , scarsa , di stelle : che di fatto , non tutto il ciclo è u
mente sparso di stelle, né tutte le stelle sono della medesima {
dezza e lume : ed essendo la notte di nuvol tenebrata , e sotto f,
cielo a cotal modo inteso , cresce l' oscurità — non fece al visd \
agji occhi mici velo né s\ grosso» né di pelo a sentir^ al senso,
si aspro ( aspro pelo allusivamente a velo appella le mordaci part
le di quel fummo ) come quel fummo eh' ivi ci coperse.
9 /.* omero m* offerse : mi presentò la spalla su della quale m
poggiassi per essere da lui guidato qual cieco.
* - - —
Q Argomento metrico del cel. G. Goxzi .
In qoefto loco ia colpa si monda
Dell' ira , e intorno dento fumo e tardo
Tutto lo copre » e gli spirti circonda.
Fra gì' iracondi va Marco Lombardo ,
Lo qnal libero arbitrio si difende ,
Che ragionando fa parer bugiardo
Cki per celesti inflassi oprare intende.
CANTO XVI. 2i5
10 Sì come cieco va dietro a sua guida
Per non smarrirsi , e per non dar di cozzo
: In cosa che 1 molesti o forse ancida^
i3 M'andava io per l'aere amaro e sozzo
Ascoltando 1 mio duca : che diceva
Pur : guarda , che da me tu non sie mozzo .
ìS V sentia voci , e ciascuna pareva
Pregar per pace e per misericordia
L'Agnèl di Dio che le peccata leva.
19 Pur jignus Dei eran le loro esordia;
Una parola in tutte era ed un modo ^
Si che parea tra esse ogni concordia .
aa Quei sono spirti , maestro , eh' i' odo ?
Diss' io . Ed egli a me : tu vero apprendi ^
£ d' iracondia van solvendo 'l nodo •
13 O forse l'altre edizioni, o ver la Nidobeatlna. Ma significan-
do o ver lo stesso che o anche ^ viene il pleonasmo a riuscire pi2i ag-
giustato . '^ Così annotò il P. L. Noi pero confermati dal Cod. Caet.
e dal Chieiano testé mentovato {a) non crediamo in questo luog€^ di
scostarci dalla comune ed abbiamo restituito o forse. N. £• — ancida
per ucdda : vedi nel passato canto al v, 1 07.
i3 Amaro e sozzo : sozzo perocché annerito dal fummo , amaro
perchè molesto agli occhi , catacresi.
• 14 i5 Che diceva pur^ che solamente m'andava dicendo — non
sie nunio » non sii disgiunto , catacresi. Di sie per sii vedi Mastrofini
Teoria e Prospetti de^ verbi Italiani sotto il verbo essere n. 17.
1 8 Peccata per peccati. Vedi ciò eh* é avvisato intorno a questa
e simili voci Inf. v, 9. — leva per toglie , in corrispondenea al det-
to del precursore Ecce Agnus Dei , ecce qui toUii peccata mundi (ò) ,
•d alla preghiera che tre volte ripetesi nella messa» e nelle litanie»
jignus Dei ^ qui tollis peccata mundi ec.
19 Pur Agnus Dei eran ec, non altro che Agnus Dei eran Vesor^
dia, grincominciamenti delle loro preghiere. Accenna che fosse la
preghiera o la stessa , o somigliante a quella che al medesimo divino
Agnello fassi nella messa , e nelle litanie ; ove cioè il solo Agnus Dei
é A* incorni nciamento della triplicata preghiera.
30 Una parola in tutti era ed un modo , la Nidobeatina , CTna pa^
rola era in tutti , e un modo V altre edizioni , '^ e il cod. Vat. In tut"
te il Cod. Chig. che noi seguiamo per concordansa grammaticale y che
però si potreDoe espungere senza timor della frusta. N. E.
34 D"* iracondia van solvendo il nodo , vanno purgando le mac-
(a") Canto precedente , nota al V, aj. {b) Joatt. i 29*
21$ PURGATOKIO
25 Or tu chi se'j che 1 nostro fumma fefidi f ^
E di noi parli pur come se tue
Partissi ancor lo tempo per calendi ?
28 Così per una voce detto fue •
Onde 1 maestro mio disse : rispondi 9
E dimanda se quinci si Ta sue.
3i Ed io : o creatura 9 che ti mondi
Per tornar bella a colui che ti fece.
Maraviglia udirai , se mi secondi .
34 r ti seguiterò quanto mi lece ,
chìe in loro dall' iracondia rimaste. Non senza grandissimo gludisio
pone il Poet ') gì* irosi nel fumo , conveniente pena a cotal fallo ; per-
chè, <*ome il fumo ci priva della vista corporale, cos\ Tira di goel-
la dell' intelletto ; e s\ fattamente n' accieca , che spesso a vergogna ,
e talor mena a morte. Daniello. Anche netl' Inferno sopra del panta-
no , in cui sono fitti i rei di mortale iracondia , fa Dante spandersi
un denso fumo. Vedi quel canto viii 12 e ix ^5. * Ti nostro amico
Signor Salvatore Betti vorrebbe che V E in principio del i'. a4 stesse
in luogo d' Et ^ e che perciò si dovesse fare un punto e virgola do*
pò apprendi. Il che basti d' avere indicato. N. E.
^5 // nostro fummo fondi : il fumo , in cui noi siamo , dividi •
parti col camminare permesso : il che adessi non avveniva, non aven-
do corpo. Venturi.
16 Tue per ùi adoprato dagli antichi Toscani anche fuor di rima.
Vedi il Vocabolario della Crusca alla voce tu.
1'] Partissi ancor lo tempo ec. Calendi o cafende che indifFercnte-
mente scritto si ritrova ) {a) none , ed idi sono i tre termini , ne*qua-
li ogni mese secondo il Latino costume dividesi. Pone atlunque Dan-
te per sineddoche il primo per tutti e tre i termini, e vuole in so-
stanza dire , come se tu vivessi aneora nel tempo , e non , come noi »
nelT eternità.
a8 Fue. Di foie per fo , e de! corrispondente sue per su vedi ciò
ch'è notato Inp. il i/ji.
* QQ Ondo '/ maestro mi disse , il cod. Vat. N. E.
3o Se quinci si va sue , s' è questa buona strada per salire alla
vetta del monte.
33 Se mi secondi , se mi vieni appresso. Bramando Dante di sa-
pere, non solo quanto Virgilio imposto gli aveva di chiedere , ma
della condizione altresì di quello spirito che udito aveva parlare , nò
potendo staccarsi da Virgilio, che proseguiva il cammino, prese l'e-
spediente di pregare lo spirito medesimo a voler far de' passi seco.
* 34. Quanto nd lece: quia nulla anima posila in Purgatorio po^
test exire circulum suum donec foierit purità: chiosa il Postill. Caet*
Vedine la corrispondenza infìne del canto v. i4i > e se^. N. E.
(a) Vedi il Vocabolario della Crntca.
\
CANTO XVI. ai7
Rispose ; e se veder fummo non lascia ^
L'udir ci terrà giunti in quella vece •
37 Allora incominciai : con quella fascia
Che la morte dissolve men vo jsuso»
£ venni qui per la 'nfemale ambascia;
4o £ se Dio m' ha in sua grazia richiuso
Tanto eh' e' vuol eh' io veggia la sua corte ,
Per modo tutto fuor del modem' uso >
43 Non mi celar chi fosti anzi la morte ;
Ma dilmi , e dimmi s' io vo bene al varco 9
£ tue parole fien le nostre scorte.
46 Lombardo fui, e fui chiamato Marco;
35 Fummo senza Tarticolo i7, al modo dei Latini, praticato mol-
te fiate anche dagl'Italiani (a). Così pure nel v. l)IS. E tue parole ea.
36 V udir ci terrà giunti ec. in vece del vedere ci terrà accom-
pagnati l'udire. r ,,.,
57 Fascia appella il corpo umano , perocché quasi fascia o le-
game che tien r anima avvinta .
39 Per la^nfemafe ambascia, passando per l'Infermo.
4^ Jìichiuso per ricesfuto , accollo . . .
4 1 Ch* io vegna alla sua corte in vece di eh* io veggia la sun
corte lesse il Cod. del Sig. Foggiali . N. E.
/\2 Tutto fuor del modem* uso : afiatto straordinario , e non soli-
to a praticarsi in questa provvidenza . Vektdbi .
44 Dimmi per me lo dì — varco per ingresso della detta cele-,
ftial corte.
4^ Lombardo fui, e fui {e fu l'edizioni diverse dalla Nidobea^
tlna ) chiamato Marco . Tu questo Marco , come tutti gli espositori
asseriscono , un nobile Veneziano , amico del poeta nostro , uomo
di gran valore, e molto pratico delle corti, ma' facile ali* ira : e
però Lombardo dee qui , come nell' Inf. xxvii 20 , valere lo stesso
che Italiano. ^ edi la nota al detto verso dell' Imf. * Il Postili, del
Cod. Caet. però chiosa: Istefhit Marcus Lombardus de Fenetiis, et
fttit yìulicus , et nobilis homo , et multum gratus dominis de Lombare
dia , Ì€Ìeo dicebaiur Lombardus . Vien poi in mente al Sig. Portirel-
li , che questi si fosse il celebre Marco Volo Veneziano , il quale per
aver fatto lunghi e difficili viaggi potea ben dirsi valoroso » e per le
sue maniere , colle quali seppe rendersi benevolo il Gran Can de
Tartan , poiea lodarsi come prattico delle corti : \. i w. che seguo-
no ec (b) . N. E.
-^ ;
(a) Vedi , tra gli altri , Benedetto Meniioi Tratt. dtUa cosprutiofte
irregolare cap. 32. (b) Dante col comento di L. PortireUi Milano 1804
to. iX. pag. 202 laogo che merita di esser ctasaltato .
aiS PURGATORIO
Del mondo seppia e* quel Talore amai
Al quale ha or dascao disteso V arco •
49 Per montar ; su: diri ttameate yai.
Cosi rispose; e soggiunse^ io ti prego
Che per me preghi j quando su sarai •
52 Ed io a lui : per fede mi ti lego
Di far ; ciò che mi chiedi ; ma io scoppio
* * Dentro da un dubbio , s'i' non me ne spiego.
55 Prima era scempio ed ora è fatto doppio
Nella sentenzia tua y che mi fa certo ,
Qui ed altrove , quello ov' io Y accoppio •
47 4^ ^^^ mondo seppi • Saper del mondo , cioè esser pratico de'
ncgpzj. "Volpi — valore per onesto operare — ha disteso rarco* Si-
gnifica qci\ disteso il contrario di teso , come esempigrazia dispiaciuto
duadomò ec, significano il contrario di piaciuto , adorno ec. e sicco-
me tender fafco a qualche oggetto significa mirare a quello , così
all' opposto vuole il Poeta che rallentar !* arco al valore alla virtil
signincni ctf55ifir ^' mirare ad essa* (>li eraditi a* quali piacesse l'i-
potesi del Sig. Portirelli (a) potrebber facilmente modificare qaestè
picciole chiose . N. E.
53 Per fede nd ti lego , vai quanto perfide , per promessa , mi
ti obbligo.
53 54 Scoppio dentro ila un dubbio s' i* non ec. Se io non mi
spiego , tìon mi sviluppo , da un dubbio , tanto egli mi stimola e
stringe , che me ne scoppio , me ne muoio . Dal verso 63 del pre-
sente canto si capisce essere il di lui dubbio , se il traviamento de-
gli uomini dalla virtù cagionisi da influssi celesti , ovvero dalla uma-
na stessa malizia . * Denti' a un dubbio , il cod. Vat. e 1' Antald. Den-
irò ad il Cod. Chig. che lejg;ge nel medesimo verso 5* io non me ne
slego in vece di spiego : variante che noi avremmo adottata , se non
ci avesse ritenuto alla Comune l' Autorità del Buti cit. dagli Acca-
demici V. spiego J. a. N. E.
55 56 57 Prima era scempio ed ora ec. Accenna il fatto medesi-
mo , che ode qui da Marco , del traviamento cioè degli uomini , aver
già altrove udito , cioè da Guido del Duca nel passato balzo {b): e
eonciossiachè quanto più rendesi certa 1* esistenza di un effetto ma-
raviglioso , tanto maggiormente s' accresca nell* uomo filosofo la bra*
ma di saperne la castone , perciò aggiunge che, essendogli la cer-
tezza del fatto resa del doppio mageiore, del doppio maggiore sìa
ahéhe in lui divenuto il dubbio , cne a cotal fatto gli si accoppia ,
• sia r ansietà » che lo stesso dubbio eccita , di saper la ragione on-
de ciò avvenisse . Dell' aggettivo scempio al senso di semplice vedi il
Vocabolario delle Crusca.
fÈ^ Vtdi nota al v. di sopra • (#) Pnrg, ziv 29 e
•egg.
e A N T O XVI. aig
58 Lo mondo è ben cosi tutto diserto '
D' ogni virtute , come tu mi suone ,
E di malizia gravido e coverta ^
61 Ma prego che m'additi, la cagione,
Sì ch'io la vegga , e eh' io la mostri altrui;
Che nel ciel uno , ed un quaggiù la pone •
64 Alto sospir , che duolo strinse in hui ,
Mise fuor prima, e poi cominciò: frate,
Lo mondo è cieco , e tu vien ben da lui.
67 Voi che vivete ogni cagion recate
Pur suso aV ciel così , come se tutto
Movesse seco di necessitate •
70 Se così fosse , in voi fora distrutto
Libero arbitrio ; e non fora giustizia
Per ben letizia , e per male aver lutto.
Intende il Venturi : che ripeta Dante il raddoppiamento del su*
dubbio dair udire da Marco stesa a lutto il mondo quella corrutte-
la che aveva Guido affermata d' alcun paese solamente . Ma come
poi v' aggiusterem noi quel che mi fa certo qiH ed altrove ^ , .,
* Noi senza entrare in disputa aggiungeremo soltanto , che il
Con. Caet. legge il v. 5; cos\ : Qui ^ ed altrove U dov'io f accoppio.
58 59 Ben ^ realmente — diserio per ispo§fiaip. Volpi — Come
tu mi suone ( antitesi per 51/0111 , ) come tu mi dici e narri . Vewtubi^
60 Di malizia gravido e coverto , vai come di malizia lordo mter-
namente ed esternamente .
* &i Sì eh* io la saccia, Cod. Chig. N. E. .
63 Che nel ciel uno ec. Dee qui uno intendersi adoprato m luo-
go di chi , e come se avesse invece detto , che chi la pone in cieM ,
cioè neir influsso degli astri , e chi la pone quaggiii, nella malizia
dell* umano stesso arbìtrio .
6/| 65 y^lto sospir ec. Udito Marco il dubbio di Dante , mise fuo-
ri un grandissimo sospiro , il quale dal dolor eh* egli aveva della
ignoranza e cecità del mondo si converse ( terminò ) in hui , cioè ^
oimè . Daniello .
66 E tu vien ben da lui , e tu veramente dimostri venir da lui.
Daniello .
67 68 Fbi , che vivete vai quanto , voi che nel mondo ancor sie*'
^e — recate pur suso al ciel , così ec. (al cielo sì, V edizioni diver-
se dalla Nidobeatina ) attribuite solamente su al cielo , come se tu^
to ciò che nel mondo accade operasse il cielo necessariamente . * Sus^
al cielo pur sì come, il Cod. y^t. Puf suso al cielo sì. Cod. Chig. T^. K.
71 ji Libero arbitrio, senza l'articolo, come fummo sopra ^ nd
t'. 35 — « non fora giustizia per ben ec, corrisponde a quello fcris-
^aiD VURGATORIO
73 Lo cielo i Tostrì movimenti inizia ,
Non dico tutti ; ma , posto eh' io '1 dica 9
Lume y* è dato a bene ed a malizia ,
76 E libero voler; che, se affatica
Nelle prime battaglie col ciel^ dora;
Poi vince tutto , se ben si nolrica .
79 A maggior forza ed a miglior natura
Liberi soggiacete; e quella crìa-
La mente in voi,chel ciel non ha in sua cura.
se Tertulliano : IVec boni nec mali iure mrrccs pensaretìir ci , qtti aut
bonus afii nudns nec^^itaie fuissei im'entus , non %H)luniate (a) .
73 al 78 fo cielo i yatUi ec. ( * // rido coH. A at. e Chìg. ) ti
cielo ed i suoi influssi, dan prìnci|MO ai nostri movimenti, cioè a
ti dell' appetito , che non sono a noi lil>eri , e per i
• •
quei primi moti dell appetiti.,
quali non siamo degni he di ìode , jiò di biasimo; e uè ancnc a
lutti questi , perchè alcuni hanno origine dalle occasioni , e da i ma-
li abiti , che la nostra prrversa volontà ha contratti : ma posto an*
Cora che tutti questi primi moti provenissero dagrìnflossi , vi è da»
to il lume della ragione , col quale potete discerne»-e il l>en dal ma-
le ; e insieme con questo vi è dato il libero arbitrio da poter far
elezione di quello, che più vi piace. Vewtcm . — che ^ se affiiUct
nelle prime battaglie col citi , dura : cosi dee leggersi con quattro msa.
della biblioteca Corsini {chi s'affatica le^ge fa Nidobeatina ) , e dea
essere la costruzione ed il senso: che (il qual libero arbitrio) se-
nelle prime battaglie col ciel ( ne' primi contrasti cogP influssi celesti )
affatica ( s' adopera ) dura ( regee , non rinraue superato ) — po' , se
ben si nolrica ( se fa acquisto della sapienza] vince tutto (supera ogiu
celeste influsso ) : ond* è quel detto di Tolommeo Sapiens dominnbit f
astris . Allo stesso senso riducesi anche la lezione della ^iciobeali-
na chi s* affatica ec.
Leggendo altre edizioni ( * e il cod. \at. e il Chic. N. E. ) come
tutte le moderne leggono , che se fatica ec. hanno data occasione
al Vellutello d' intender fatica per 'nome , e non verbo » e di spie-
gare se dura fatica ne le prime battaglie ec. Ma posto per reQ|aisito
a vincer tutto 'il durar fatica nelle prime battaglie , a che aggmnge-
rebbesi quell'altro se ben si notrica? E^W per verità non riuscirebbe
altrimenti che una poscrìtta per cagione di smenticanza — battaglia
del ciel hanno 1' edizioni diverse d^lla Nidobeatina .
79 80 81 j4 maggior forza ec. Una natura più forte e più nobi-
le degli astri, cioè la divina natura. Iddio, tiene il dominio sopra
di voi , senza lesione della libertà vostra ; e la medesima crea in voi
la mente , quell' altra porzione , in cui non hanno gli astri influsso
veruno — Criare (ond'e cria) e creare scrissero gli antichi indiffe-
rentemente . Vedi il Vocabolario della Crusca .
(a) Comtra Marcionim Ub. a»
e A N T O XVI. 231
8s Però se '1 mondo presente disvia,
In voi è la cagione , in voi si cheggia :
Ed io te ne sarò or vera spia .
85 Esce di mano a lui , che la vagheggia y
Prima che sia, a gnisa di fanciulla
Che piangendo e ridendo pargoleggia ,
88 L' anima semplicetta , che sa nulla ,
8a // mondo presente ^ il mondo de' nostri tempi — disvia (esce
di retta via), cosìr oltre la Nidobeatina , e tutti i manoscritti del-
la biblioteca Corsini, ( * od il Cod. Caet. N. F.) leggono moltissi-
mi altri manoscritti vedati dagli Accademici della Crusca , in vece
di W 5v'fa , lezione cbe hanno essi Accademici ricevuto dall'Aldina,
e trasfuso in tutte le moderne edizioni . Lezione però che , ben pon-
derata , scorgesi guasta affatto ed inetta . Imperocché non si potendo
ragionevolmente pel mondo presente intendere se non la presente i/-
niversità de^i uomini , nò per i^i Si*ia potendosi capir altro che svia
voi , se ne uscirebbe Marco di questione , e tralascerebbe di additare
al Poeta la cagione cercatagli perchè i7 Mondo tutto fosse diserto (C o-
gni viriude , v. 5S e segg.
83 Cheggii^ da cheg^re per chiedere ad oprato anche da altri ma-
estri di lingua . Vedi il Prospetto di verbi Toscani sotto il verbo
€hiedere .
8/| yera spia , esploratore verace . Vera spia per verace spia
scrive anche (>io. Villani (a) . È in oggi, egli è vero, il termine di
spia infame : ma convien riflettere , eoe non lo è ugualmente il ter-
mine Òl esploratore y sebbene significhi il medesimo; e ciò non per
altro se non per essere questo termine dal volgo poco o niente in-
teso • Or puossì ragionevolmente supporre che ai tempi di Dante ,
Ticini air in addietro comune Latino parlare , fosse il termine d' es-
phratore , siccome preso dal Latino , il più dal volgo inteso che
quello di spia .
So 86 87 £sce y intendi Pani ma semplicetta — a lui , da colui , da
Dio -^rhe la vag/ieggia prima che sia , che compiacesi di mirarla
neUe sue idee fin dalla eternità , prima di donarle esistenza : come
pei' esempio un pittore ( dice il A enturi ) vagheggerebbe la pittura da
se concepita , e nella mente ideata , prima di esprimerlj| nella tela •
Dubita però esso Venturi se intenda Dante vagheggiarsi la nostr'ani-
ma dal creatore in qudC istante di natura anteriore air informazione del
corpo , m-fntre ella è spirito per ancora da se sussistente , e però non
soggetto alle ignobili pa sioni del corpo : e non dubitando , ma affer-
mando chiosa il \ ellutello il prima che sia , prima che ella abbia il
perfetto essere , che solamente è poi , efuando sa , e pub usar de la
ragione , la quale è propria di lei . l.gli però non pare che prima che
sia possa altro significare che prima cK esista — che piangendo e ri-
dendo pargoleggia , che i soli atti a lei competenti di bambina eser-
cita di piangere e di ridere .
88 Che sa nulla . Tocca gentilmente il Poeta V opinione dei pc-
9
(a) Stor. lib« 7 cap. 74.
!I34 P U R G A T ORIO
109 L' un r altro ha spento 9 ed é giunta la mpada
. Gol pasturale ; e 1' un coli' altro insieme
Per viva forza mal convien che vada ;
|12 ' Perocché, giunti , V un T altro non teme.
Se non mi credi , pon mente alla spiga ;
Ch' ogni erba si conosce per lo seme •
ii5 In sul paese , eh' Adice e Po riga 9
Solea valoi*e e cortesia trovarsi
Prima che Federigo avesse briga .
110 Or può sicuramente indi passarsi
Per qualunque lasciasse per vergogna
Di ragionar co' buoni od appressarsi .
109 110 III £" giunta , congiunta — la spada col pastunde ( lo
stesso che pastorale ) la podestà temporale colla podestà spirtbule »
— « r un coir altro la Siidob. , e f un % V altro V edizioni divene
•^per viva forza , vale quanto necessariamente ^-^.che vada , per die si
ammimstri . Ricordisi '1 leggitore del già altrove avvisato ffbioelliiiesco
spirito del Poeta, e di quanto si è avvertito Iff. xix ii3.
113 V un t altro non teme , una podestà non dà soggesione
•U' altra , e cessa perciò il motivo di operar ciascuna cautamente •
ii3 ii4 «^P<ga propriamente signifìca la picciola pannocchia do-
ve stanno racchiuse le granelle del grano , dell* orzo e di simili bia-
de : Dante però pone qui la spiga pel seme stesso , o sia pel fratto ,
con allusione , probabilmente , al detto di Gesù Cristo exfructibus
eorum cognoscelis eos (a) ; e però in vece di aggiungere che dalla spi-
ga o sia dal frutto si conosce V erba , dice che si conosce per lo
seme»
li 5. Paese , cK Adice e Po riga, intendi la Marca Trivigiana»
la T^mbardia , e la Romagna ; tutte e tre nobilissime provincie d' 1-
talia. Volpi.
ii6 f^aJore in lingua Toscana si&[aifìca franca e prudente magna-
nimità . Cortesia è umana graziosa liberalità , con destri e moderati
costumi . Landino .
' 117 Prima die Federigo • Federigo II Imperatore figliuolo d' i^r*
rigo V e nipote di Federigo Barbarossa . \olpi. — avesse briga , in-
tendi colla chiesa ; per cui cioè scandalizzati i popoli di buoni di-
ventar cattivi.
118 119 lao Qualunque lasciasse ec. Costruzione qualunque lasàaS'
se ad ( per ili ) (a) appressarsi per vergogna di ragionar coi buoni —
Di ragionar coi buoni , o d appressarsi , leggono con perturbamento
di senso 1' edizioni diverse dalla Nidobeatina . * Cosi il Lombardi che
leggeva co* buoni ad appressarsi . Questo perturbamento però non ha
luogo , dove costruiscasi sanamente così col Biagioli : ora il passare
(a) Mattt 7 r. 20. {h} Vedi.Ctnon. Partic li 5.
e A N T O X V 1 . 9.25
isi Ben y' en tre vecchi ancora , in cui rampogna
V antica età la nuova , e par lor tardo
Che Dio a miglior vita li ripogna ;
ia4 Currado da Palazzo , e '1 buon Gherardo ,
E Guido da Castel , che me' si noma
Francescamente il semplice lombardo •
1 %7 Di' oggimai che la chiesa di Roma ,
Per confondere in se duo reggimenti ,
Cade nel fango 9 e se brutta e la soma.
l3o O Marco mio , diss' io , bene argomenti;
Ed or discerno , perchè dal retaggio
Li figli di Levi furono esenti •
Ùeuramente indi si può per qualunque persona , ia quale lasciasse per
vergogna t occasione di ragionare co* buoni , o d* app tassarsi ai buoni.
a giungi che od appressarsi leggono ancora i cod. Vat. e Chig. L'An-
id, ha o ìF accostarsi . N. E.
i^i 123 En apocope di enno , che adopora Dante in vece di so^
no {a). — in cui ec. , ne' quali , per mezzo de' quali 1* antica età ram"
fogna , riprende , la nuova , resa viziosa .
135 Che Dio ec. che levili Iddio da questa, ed ammettali alla
▼ita migliore del Paradiso . Hipogna per riponga metatesi in grazia
della rima .
ia4 1^5 126 Currado ec. Currado da Palazzo, gentiloomo di Bre-
•cia . Gherardo da Cammino di Trevigi , che meritò per le sue vir-
ili il soprannome di buono • Guido * ( ^ Kobertis ile Regio cosi no-
ta il PnsTiL. Ciss. N. E.) nobile da Reggio di Lombardia. Vbntori.
-r- che me ( apocope di meglio ) {b) si noma francescamente ec* Fran'
cescamentc , che vai quanto alla Francese maniera , non ha riguar-
do che a Lombardo detto invece d* /tediamo : permutazione che do-
Tette presso de' Francesi essere invalsa per cagione del vasto dotni-
nio te '" " • ' " ' • «. . X ... 1- -^
marsi
ano
sebi
bardo per la rima •
12^ Df oggimai. Avendo Dante richiesta a Marco la cagione del
pervertito mondo , a fine di anch' esso mostrarla ad altrui (d) , però
conclude Marco imponendogli , che dica pure ec.
1 29 £ se bruita ( imbratta ) e la soma , a guisa di troppo carico
giumento •
i3i i32 Dal retaf^gio ec. dal ripariimento ( chiosa il Venturi )
(a) Vedi Pand. su 97 xv 77. (b) Vedi molti esempj ia verso e in pro-
ra , nel Vocab. della Crnsca . (c) Di cotal ntò invailo prono de' Vranceti ve-
di i dopatati alla correzione del Boccaccio n. 37 e 164. (à) Veri. 6a.
T.2. P
asó PURGATORIO
i33 Ma qual Gherardo è quel che in j per ttggb'i
Di' eh' è rimaso d^la gente spenta A
In rimproverio del secol selvaggio ?
iS6 O tuo parlar m'inganna o e' mi tenta ,
Rispose a me , che 9 parlandomi Tosco »
Par che del buon Gherardo nulla senta .
iSg Per altro soprannome i' noi conosco j
S' io noi togliessi da sua figlia Gaja •
Dio sia con voi j che più non vegno vosco .
della U^rra (U Canaan^ distribuita ila Dio Come eredità delle dodici ifù
bit d* Israele , esclusane la sola tribii di Levi , che era - la dedmtUena :
discemo che ciò fu , perché non può accordarsi t ordine lewiico e sa»
cerdotale col dominio temporale . 3fa costui è ben losco , se non discer^
ne più oltre , cioè che la tribii di Levi ebbe dominio temporale non
minore , ami maggiore delle dodici tribii , benché non V ebbe tutto um-
gnando riferisce asserito dal Lirano che quelle citU date a* Ineriti k>s-
sero solamente ad habitandum , non ad possidendum ? — Levi coli' ac-
cento snir ì , come lo pronunciano gli Lbrei — esenti , per esclusi»
i33 i34 i35 Qual Gherardo ec, Mon avendo Marco specificato
Gherardo così bene , come aveva specificato Currado con dirlo da
Palazzo , e (vuido con dirlo da Castello , prende quindi il Poeta mo-
tivo di far questa dimanda -^ che tu per saggio di ec, costruzione cAe
tu di* ( dici ) eh' è rimaso per saggio ( per un assaggio ) della gente
spenta ( de' buoni uomini antichi ) — rimproverio , e rimprovero scrì-
vevasi una volta indifferentemente . Vedi il Vocabolario della Crusca
"^ Il Cod. Chigi ha rimprovero . N. E. — del secol selvaggio , intende
lo allora corrente secolo •
tu quel
tald. N. E. — o el mi tenta (
Nidobeatina ) , o egli vuole far prova di me, s'io bene il conosca.
137 i38 Che parlandomi Tosco j par ec, imperocché, parlandomi
. Tosco , cioè di quel paese dove Gherardo fu a tutti cognito , pare
che di esso non abbi alcun sentore , alcuna mìnima conoscenza . •—
: senta per senti a cagion della rima, preferibile fe/iii . Vedi ACastrofìni
Teoria e Prospetto de' verbi Italiani al verbo sentire» Pag. 69. n. 12.
139 Per altro soprannome , fuorché pe '1 già due fiate ripetuto
di buono: verso preced. e v*ii{.
if\o S* io noi togliessi ec, o cioè dal nome di essa Gaia • appel-
landolo padre di Gaja ; ovvero dalle di lei virtù ; dalla ai lei mo-
destia > esempigrazia , soprannomando Gherardo modesto , come dalla
propria di lui bontà diedegli il soprannome di buono .
i4i Chcy vale qui imperocché.
CANTOXVI. ftft7
i4ft Vedi r albòr , che per lo fummo raja ,
Già biancheggiare : e me convien partirmi ^
L' angelo è ivi , prima eh' egli paja .
C!os\ parlò , e più non volle udirmi .
143 143 i44 * Questa terzina così sta nel Cod. Antalid. Fedi Pai'
hory che per lo fumo raja^ Già biancheggiar ^ onde com^ien partirmi^
V angiolo è quivi , pria eh* io lì appaja . E appaja ha pure il Cod.
Sole per corcar^ — > che per lo Jummp mia (raia per raggia ^ per
trasmette 1 i«^)- I>el verbo nig[^arflioiiiui!Dsate per 'sincope raia'
re qui ed altrove (b) , come di rum .formasi rai comunemente da
tutti i poeti — già biancheggian , già àpargére nel fUmo - il bianco —
• me convien ec, sinchiii , di cui la costruzione : P angelo è ivi , e
me convien partirmi ( la mi pleonanho in grazia della nma ) prima
eh* egli paia, prima che apparisca •
1^5 E pili non volle udirmi , se n* andò • *. Vedine la cagione e
corrispondenza alla nota del v. 34* E poi non vélie\ il <Ìod. Yat. N. E.
M Vadi il Vocab. deUa Craica. (fi) PixMd. %r SC. uis. i36.
*
Fin€ del eanto dedmousfo •
, '• I ■ •
Pa •
9«Ì
CANTO XVH,
ARGOMENTO (♦)
"Usciti i éu9 posti dal fummo « • ritornati alla laes , DamU è
attratto n^lm immaginarne <r alcuni stepipi d' ira . Poi è condono
éaìV angelo per U scale , onde si va al quarto bal%o » sopra il ^naU
si pérgo il peccato delV accidia , '
1 XVicorditi , lettor , se mai nell'alpe
Ti colse nebbia , per la qual vedessi
Non altrimenti che per pelle talpe ;
4 Cpme quando i vapori umidi e spessi
A diradar cominciansi, la spera
Del Sol debitamente entra per essi ;
' I al 5 RicordaJd ^ lettor ec. Tutti gì* interpreti intendono , che con
due distinti paragoni voglia qu\ Dante fare al leggitore conoscere il
modo , col qqale cominciass* egli a rivedere il Sole per quel fnnio .
Primieramente col vedere che un fa attraverso di folta nebbia , non
altrimenti che per pelle talpe , nello stesso modo cioè che pochissimo
vede la talpa attraverso di ciucila pellicola che l'occhio le rico-
pre (a) . Secondariamente poi col primo debole insinuarsi tlella - spC'
ra del Sole , cioè de' solari raggi , ne' vapori umidi e spessi , quando
a diradar cominciansi »
A me sembra , che la sintassi esiga che un solo s' intenda il
paragone , e che non si possa bene ordinare il parlar del Poeta se
non al seguente modo , Lettor , se mai neW alpe ti colse nebbia , per
la qtial vedessi non altrimenti che per pelle talpe , riconlati come la
mera ilei Sole entra per gli umidì e spessi vapori ( della nebbia ) ^f/on-
ao eski cominciansi a diradare. — j4lpe per qualsivoglia montagna gè-
ncralmentc. Vedine altri esempj nel Vocabolario della Crusca. — Tal-
qui
tende , nel numero del piii f * I vapor , il Cod. .Vat. N. £.
(*) Argomento metrico del celebre Gaspare Gesti .
Volge \[ Poeta , ia sé tatto ristretto ,
Esempi à' ira , e voce ode cortese ,
Cba. sa lo invita , e scuote sno intelletto ,
Ma in che di cbiaror lo ciel s' accese
Ivi arrestato intende , che parlata
Evvi r accidia « che di qai contese
Lo beli* oprar ^ che a Dio V alma fa grata .
(fi) Di cotale pellicola ricoperto 1' occhio della talpa credettero sempre gli
antichi . Vedi , tra gli altri , Aristotele Hist. animai, iib. i 9. In oggi ai-
cani moderni pensano che cotale sia la prima membrana dell' occhio ^ appel-
lata cornea . '^'^
G AN r O XVII; 33$
7 E fia la tua immagine leggiera
In giugnere a veder com' io rividi
Lo Sole in pria , che già nel corcare era *
IO Si j pareggiando i miei co' passi fidi
Del mio maestro , usci' fuor di tal nube ^
Ai raggi morti gii ne' bassi lidi •
i3 O immaginativa , che ne rube
Tal volta A di fuor, ch'uom non s'accorge
Perchè d' intorno suonin mille tube ,
16 Chi muove te , se '1 senso non ti porge ?
Muoveti lume j che nel ciel s' informa
Per se , o per voler che giù lo scorge •
1 9 Dell' empiezza di lei , che mutò forma
Fia leggiera f sarà poco a tu .
DeUa
vidi
dopo d' essermi stato langamente per quel fumi
già stava ^orcanelosi , nascondendosi sotto V ori
orizzonte ,
IO II 12 Si , così , a cotal lume — pareggiando i miei co* passi
fidi elei mio maestro : camminando di paro col mio fido ihaestro. * Si
passeggiando , i Codd. Vat. e Cbig. Kd è curiosa lezione . N. E. — usct
fuor di tal nube , di tal nel precedente canto descritto fumo ne uscii —^
• • .. Il *_ • 1*1* •• l* _• LI.
ai rafigi morti " ' — -^i— ■. ^-^-^-.^i^j.
il Soie stava
monte erano spariti
i3 i4 i5 Immaginativa y la potenza immaginativa, che nel e. i6.
eliche Jantas)a appella — che ne rube ( per rubi^ antitesi in grazia
della rima ) tal volta ec, : che alcuna volta di fuor, nel!' estemo no-
stro , ne rubi , ne spogli ( dell* uso , intendi , de' sensi ) talmente che
nen ci accorgiamo, perchè { VBÌe qu\ abbenchè ) {b) ci risuonino d' in*-
tomo mille trombe . Accade ciò pur troppo nelle veementi fissazio-
ni • Tuba per tromba adoprano anche altri poeti . Vedi il Vocabola-
rio della Crusca .
16 Chi muove te ec, : chi è , che nel caso in cui non ti porgano i
sensi veruna roppresentazione, formati quell'obbietto che tu contempli»
1718 Muoveti lume ec, : non altro certamente ti muove se non
lume , che nel ciel s* in forma , lume formato in cielo, e da esso ve«
gnente per ie ( alla scolastica maniera vale quanto naturalmente ) per
naturale influsso delle celesti sfere , o per voler ec. , o per ispeciale
divino volere, che cotal lume Voglia già mandare. '*' Moveati y ilCod.
Vat^ N. E.
19 00 21 DeW empiezza di lei ec. Di Filomela (chiosa il Venta-
(a) Patiic. i38 io. (b) Vadi Cinoo. Panie. 136. 3.
!i3a PUHGATOIIO
Neirnccel ch^ a cantar più. ai diletta t
Neir immagine mia apparve V orma •
a a £ qu\ fu la mia mente s\ ristretta
Dentro da se , che dì fuor non venia
Cosa che fosse allor da lei recetta ,
aS Poi piovve dentro all'alta fantasia
Un crocifisso dispettoso e fero
Nella sua vista , e cotal si moria •
ri ) che , per vendicare V oltraggio ricevuto da Tereo sao incestooso
cognato I inaieiiìe con Progne di lui moglie , e Miar sorella , uooifo ,
fatto in pezzi , e cotto Tti figlio di Tereo , e datoglielo a mangiare ,
fu trasformata in rosignuolo . Vedi Ovidio nel lib. 6. delle Metamor-
fosi. 'M8lV empiezza (soggiunge il med^i^imo ) fu piuttosto di Progne,
che di Filomela: e dall altra parte l'uccello, che pid d'ogni altro
par compiacersi del canto , è u rofignuolo piuttosto che la roteine.
Vero è però i che intorno a questa trasformazione ancor tra gli an-
tichi poeti Latini v* è dell'impiccio. Fin qu\ il Venturi.
L impiccio è ( aggiungo io ) che alcuni dicono convertita Filo-
mela in rosicrnuolo , e Progne in rondine; ed altri ( tra i quali Pro*
)}o (a) t e Libanio (b) , e Strahone (e) dicono convertita Filomda in
f|t>Bdine , e Progne in rosignuolo , e che al poeta nostro è piaciuto di
seguir questi e non quelli : e però il di lei dee spiegarsi di Proffm
appunto come brama il Venturi , e non di Filomela — d' empietuL
per empietà vedi il Vocabolario della Crusca . * Il Cod. Caet. legge
impiezza N. E. — nelTimmagine mia per nella mia immaginaiisfa m Vol-
pi . — orma per rappresenlaiione .
Il Landino, Vellutello, e Daniello non hanno trovato altro scam-
po che di rivolffersi a dire , che per V uccello , che di cantar pili Jt
diletta intenda il Poeta la rondine , perocché dicono garrisce e canta
più. spesso , che ciascuno altro uccello • Chi però sa il cantare , e il
veramente dilettoso cantare , che fa il rosignuolo , non di giorno so-
lo, ma anche di notte continuamente ( ciò che né la rondine , né
altri uccelli fanno ) non potrà in cotale interpretazione lodare se non
il buon desiderio di procurare a Dante schermo .
au a3 distretta dentro da se ^ alienata, staccata dai sensi estenu.
a4 -^llor ( cioè durante quella rappresentazione ) legge la Nido-
beatina, ancor leggono V altre edizioni * e i Codd. Vat. e Chig. Il
Cod. Caet. va d' accordo colla ^idobeatina , ed in vece di recetta leg-
ge concepta . N. £•
iS Piovve , metaforicamente per s* infuse , si dipinse — nelF alta
fantasìa , nella fantasìa dai sensi staccata e sollevata .
26 ^7 Un crocifisso ec. Da ciò che siegue si capisce eh' era co-
stui il perfido Aman che, essendo primo ministro del Persiano Re
Assuero , fu per divina disposizione dal medesimo Re fatto crocifig-
(a) All' Egloga ti di Virg. (B) Excerpta Gratcorum sophistarum , ac
rhetorum. Leonis AlUtli , airrit. 12. (e) Pr«sso Natii Conti Mylholog»
Ub« 7« e. 10.
CANTOXVII.^ 23i
18 Intorno ad esso era 1 grande Assuero ,
Ester sua sposa 9 e 1 giusto Mardocheo
Che fu al dire e al far così 'utero •
3i E come questa immagine rompeo
Se per se stessa , a guisa d' una bulla
Cui manca 1' acqua sotto qual si feo ,
34 Surse in mia visione una fanciulla ,
Piangendo forte 9 e diceva : o regina ,
Perchè per ira hai voluto esser nulla ?
37 Ancisa t' hai per non perder Lavina ;
Or m' hai perduta : i' sono essa che lutto 9
Madre 9 alla tua pria eh' all' altrui mina •
4o Come si frange il sonno 9 ove dibutto
sere sa quella trave stessa , che aveva egli preparata pel buon Mar*
docheo ( vedi il libro d* Ester ) — e coiai ^ cioè come ha detto in w-
sta dispettoso e fiero .
q8 Fra , zeuma , per erano .
5a 55 Bulla , antitesi presa dal Latino , per bolla , appellata dai
Toscani anche sonaglio , rigonfiamento d' aria sotto un velo d' acqua.
— cui manca ec. Accenna distruggersi cotal bolla per isfumazione
deir acqua che compone quel sottilissimo velo , che ritiene V aria rin-
serrata •
54 al 5q Una fanciulla ec. Lavinia figliuola del Re Latino e di
Amata mogfie di esso Re: e dice che piagneva forte la madre, la
quale per grandissima ira conceputa in lei , e per isdegno , credendo
che Enea avesse ucciso Turno ( a cui Lavinia era stata promessa ) e
che prendesse Lavinia per moglie , disperata s' appese; come ne di-
mostra Virgilio Aencicu xii. 60 1 e segg. dicendo
ìi/ultaque per moestuni demens efiata farorem ,
Purpureos moritura manti diicindit amictus 9
Et nodum informis leti trabe nectit ab alta .
Daiciello . — esser nulla , per morire — or m* hai perduta , morendo
— tutto da luttare y che vale ( spiega il Vocabolario della Crusca )
auerelarsi piangendo. Sgarbata cosa T dice il Venturi) ma voluta dal-
la tirannia della rima ; ed è verbo licenziosamente formato dal Poe-.
scrive : La qual non si può schifar di partirsi di buon volere , santa
piagnere , e sanza luttare — alla tua pria y eh* alP altrui mina ; pnn^
che alla ruina di Turno, ucciso da Enea dopo la morte della madre*
Vellotelio . * La tua pria che F altrui ruina , il Cod. Chig. N. E.
4o Di butto d^ei- ai botto , antitesi in grazia della rima) vale re-
pentinamente.
■*93
i MI * U R O A T O R I O
Nuova luce percuote 1 viso chiuso ,
Che fratto guizza pria che muoja lutto ;
33 Così r immaginar mio cadde giuso ,
Tosto che '1 lume il volto mi percosse j
Maggiore assai che quello eh' è in nostr' uso .
46 r mi volgea per veder ov' io fosse ,
Quand' una voce disse : qui si monta ;
Che da ogni altro intento mi rimosse •
49 E fece la mia voglia tanto pronta
Di .riguardar chi era che parlava ,
Che mai non posa se non si raffronta •
52 Ma come al Sol che nostra vista grava ,
f\i II viso chiuso , gU occhi chiusi . Venturi .
4^ Fratto guizza , pria ec. Siccome il pesce tratto fuor d' «caiia
guizza prima di morire, così per catacresi appella guizzare quello
sforzo ctie V interrotto sonno fa di rimettersi , prima che del lutto
svanisca . Forse Dante ( dice il Venturi ) formò questa metafora ad
imitazione ili quella di Virgilio
Tempns erat , qoo prima «^uiet morulibnt aegrit
Incipit et dono divnm iratissimi sarpit (a) •
die , se può dirsi del sonno che nel suo principiare serpeggia , con po-
co scomodo può dirsi , che guizza nel suo Jinire .
/Ì3 44 ^osì r immaginar mio cadde ec. ; finì 1' immaginazione su-
bilo che la mente fu richiamata all' esterna gagliarda sensazione fatta
negli occhi dal lume dell' angelo ivi presente. * Cos) C immagine mia f
i Codd. Vat. e Chig. Tosto eh* un lume il Cod. Antald. N. E.
45 Che quello eh* è in nostì^ uso y di quel che soglia vedersi da
noi . Venturi . ^ Maggior che quello assai , buona lezione del Codice
Antald. N. E.
46 Veder , il metrico andamento richiede , che si pronunzi senz'
accento su la seconda sillaba, come ptonuuziavasi l'antico veggcr y e
come o^gi a Venezia si pronunzia lo stesso vedere — fosse per fossi ^
antitesi in grazia delia nma .
47 4^ Quand* una ec. Costruzione . Quand una voce , che da ogni
altro intento ( da ogni altro pensiero ) mi nmossc , disse : qui si monta*
49 Tanto pronta per tanto sollecita , tanto bramosa.
5i Che mai non posa ec. : enallage, in vece di che mai posata
non si sarebbe , se non si fosse raffrontata , incontrata , trovata a fron-
te dell'oggetto bramato. * Il Biagìoli rifiuta questo cemento, e co-
struisce invece, che quando fatta è pronta tanto, non posa nud se
non si raffronta ( se essa voglia non trovisi a fronte a fronte coli' og-
getto , che la pone in moto e la fa vaga ) . ^. E.
52 53 54 Ma come al sol ec. Elittico parlare , è come se avesse
(a) dtneid. il 268 e seg.
CANTOXVII. a:>5
£ per soverchio sua figura vela ,
Così la mìa virtù quivi mancava .
55 Questi è divino spirito , che ne la
Via d' andar su ne drizza senza prego ,
£ col suo lume se medesmo cela .
58 Sì Ùl con noi , come V uom si fa sego :
Che quale aspetta prego , e l' uopo vede ,
Malignamente già si mette al nego .
6i Ora accordiamo a tanto invito il piede;
Procacciam di salir pria che s'abbui ;
Che poi non si porìa , se 1 dì non riede y
64 Così disse 1 mio duca , ed io con lui
Volgemmo i nostri passi ad una scala ;
£ , tosto eh' io al primo grado fui ,
67 Sentimi presso quasi un muover d' ala ,
£ ventarmi nel viso , e dir : beati
in vece detto : ma tanto mancava , era inabile, la mia virtù visiva ad
affissarsi in quelt oggetto , quanto manca ogni vista incontro ai Sole ;
che col troppo suo splendore gravandola y opprimendola , cela intan-
to se stesso . * Ma come *l Sole , il Cod. Chig. N.E.
55 56 * Questi è diritto spirito , i Codd. Vat. e Chig. N. E. -•
2Ve la , per nella , in rima dice il Volpi . Il Cinonio però reca degli
eserapj di ne la , ne lo ^ ne li ^ e ne te ^ ancor fuori di rima {a) —
sensa prego , senza preghiera , senza esser da noi pregato .
58 59 60 Si fa con noi ec. Esercita egli verso di noi quelF amo-
te al nego , si prepara costui a negar soccorso , in caso ne sia pre-
gato. Allude a quel di Seneca Tarde velie nolentis est (fc). ^ego per
seco antitesi in grazia della rima appoggiata forse al Bomagnuolo seg>
* Il PosTiLL. del Cod. Caet. annota a questo passo m facit nobiscum
sicut homo cantaturus » alludendo all' Oraziano » omnibus hoc vitium
est cantoribiis , inter nmicos , ut numquam inducant animum cantare rO"
goti ec. N. E. — Nego dee dir qui per /legativa , come dianzi prego
per pregltiera .
63 Che poi non si porrìa; come avvisò già Sordello nel vii. di
questa medesima cantica v, 52 , e segg.
67 68 69 Sentimi , sincope per sentiimi . Volendo il Poeta già co-
minciar a salir il primo grado del quarto balzo , si sent\ far vento
|a) Vtdi Pariic. 179 a • e seg. (f) De binef. a.
334 PURGATORIO
Pacifici 9 che son senza ira mala «
70 Già eran sovra noi tanto levati
Gli ultimi raggi che la notte segue 5
Che le stelle appari van da più lati •
73 O virtù mia y perchè sì ti dilegue ?
Fra me stesso dicea j che mi sentiva
La possa delle gambe posta in tregue .
76 Noi eravam dove più non saliva
La scala su , ed eravamo affissi
Pur come nave eh' alla piaggia arriva •
79 Ed io attesi un poco » s'io udissi
Alcuna cosa nel nuovo girone ;
Poi mi rivolsi al mio maestro , e dissi :
al volto , quasi un mover d* ala » a dinotar che così gli avesse 1* an-
gelo cancellato dalla fronte il peccato dell'ira, dal quale purgatosi
era : e di piii udì dirsi Beati pacifici , che son senz* ria mala » mala
dicendola dagli effetti rei e cattivi , che produce in coloro , in cui
ella regna , e sono parole del Salvator nostro Cristo , il quale per
bocca di Matteo dice Beali pacifici quoniam filii Dei vacabuntur •
Daniello . Potrebbe però anche appellar mala l' ira eh* è ivi punita ,
perocché peccaminosa , a differenza dell* ira , che non è peccato , e
della qnale intende David nel salmo 4 dicendo Irascimini ^ et nolite
peccare ; dell' ira cioè , che giusto zelo anche si appella .
70 71 72 Già eran ec. Quando il Sole al nostro emisperio tra-
monta , non percuote piìi co' suoi raggi 1» nostra porzion di terra ;
ma dando in su , viene a ferir solamente 1' aria ; il che è quello che
vuol ora , che s' intenda il Poeta , dicendo esser tanto sopra di lui e
di Virgilio alzati gli ultimi raggi , che ( per cui ) , tosto che finisco-
no di nascondersi, siegue la notte, la quale di stelle, come il gior-
no di solari raggi, s'adorna. '*' Già eran sovra noi tanto montati^ il
Cod. Antald. N. t.
73 74 75 O virili mia ec. Sopravvenendo la notte senti vasi a te-
nore del divino stabilimento sopradetto {a) posta in tregue^ mancata»
la possa delle gambe ^ la forza di camminare. ^ Il Postill. del Cod.
Cast, però crede cagione di tal ispossamento l' avvicinarsi del Poeta »
al quarto circolo, guiay dice egli, debet tractare ile accidiosis y qui
sunt pigri , et lenti . ^^ E.
76 77 Noi eravamo ove piti ec* la Nidob. /Voi eravam dove piìi^
r altre eclizioiii . ^ e il Cod. ^ at. , e il Caet , che noi seguiamo per
maggiore armonia di verso. N.'F.'*— affissi f fermati.
78 ♦ Neir altro girone , il Cod. Antald. N. E.
(a) Veri. 63.
CANTOXVII. a3l
8d Dolce mio padre j dx j quale offensione
Si purga qui nel giro dove semo?
Se i pie' Sì stanno y non stea tuo sermone .
85 Ed egli a me : l' amor del bene scemo
Di suo doTér quiritta si ristora ;
Qui si ribatte 1 mal tardato remo •
88 Ma 9 perchè più aperto intenda ancora ,
Volgi la mente a me , e prenderai
Alcun buon frutto di nostrsi.4imora .
91 Ne creator né creatura mai ,
Cominciò ei j figli uol » fu senza amore
O naturale o d' animo : e tu 1 sai •
82 83 Dì y dimmi • — Semo per siamo (a) .
84 IVon stea tuo sermone , non cessi il tuo parlare , — stea per
stia (b) . * il CoD. CiET. legge stia . N. E.
85 86 Amor del bene scemo di suo dover , mancante del debito
favore , e prontezza (e) , amor guasto dall' accidia ; eh' è quella , che
vuole in questo quarto balzo punita , quiritta , qui appunto appunto
spiega il Vocabolario della Crusca ; ma parrebbe meglio , almeno rap-
porto a questo passo , che valesse il medesimo , che il Landino fue
recta , qui in dirittura , in questo piano . * Il Cod. Cabt. legge Qui"
ritto . N. E. — si ristora , si supplisce , coerentemente al scemo di suo
dover; e vuol dire, che soffre gastigo proporzionato al mancamento
del suo dovere .
87 Si ribatte il mal tardato remo ( il remo pel rematore ) si
batte , si punisce , il tardo rematore • Parlare allegorico preso dal co-
storne delle galere ; e vai quanto se detto fosse Qui si punisce il mal
tardato amore.
88 * Intenda ancora^ il Cod. Antnld. che noi seguiamo , in veced'/n-
tendi che con poca grammatica , siccome pare al mio debol giudi-
zio , hanno le altre edizioni . N. E.
89 f^olgi la mente a me, corrisponde al Latino animum adverte*
9* 9^ 9^ lyè creator ec. Sono due spezie d* amore , e di deside-
rio ( chiosa il Landino): l'uno è naturale, il quale è infuso in tutte
le creature ; pel quale appetiscon quel bene , con che nel loro es-
sere si conservano (d) : V altro è animale ( o sia rf* animo , come di-
celo Dante) e questo procecie dalla volontà, nella quale è elezione,
e libero arbitrio . Il naturale non erra mai . L' animale può errare in
tre modi : o per obbictto ; die è quando V appetito non corretto dal
(a) Vedi Mastrofini Teoria e. Prospetto dt' verbi Italiani totio il verbo
titere n. 4- (M) Vedi il medesimo Prospetto de* verbi tolto il verbo start
n. i6. (r) Vedi i versi i io e teg^. di questo canto . {d) Dimostra ciò
Dante diffusamente nei suo ConvttOf comento della canzona i* Amor ch$
mila mente mi ragiona . Tntt. 3 cap. 3»
i36 l^URGATORIO
94 Lo naturai fu sempre senza errore ;
Ma r altro puote errar per malo obbielto ,
O per troppo o per poco di vigore •
97 Mentre eh' egli è ne' primi ben diretto ,
E ne' secondi se stesso misura ,
Esser non può cagion di mal diletto •
ICC Ma quando al mal si torce , o con più cara
O con men che non dee corre nel bene ^
Contrrf-'l fattore adovra sua fattura.
lume della ragione ama quello che è male in laogo di bene: o per
poco vigore ; che è quando quello che merita essere amato solameli*
te e sopra ogni altra cosa , è amato poco , e freddamente ; come Id-
dio sommo bene , e V onesta , la quale contiene tutte le virth : ond'
è ne' precetti dati da Moisè , anzi da Dìo per Moìsè : DiKges Domi'
num Deum Umia : o per troppo : quando i beni temporali , i qnali ,
o non si debbono riputar beni , o veramente infimi beni , sono ama-
ti da noi , più , che il ben eterno — tu*l sai , intende per Ut studia-
ta filosofia.
94 Fu , enallage per è . '*^ Ed è legge il Con. Cirr. e 1' Antftld.
N. E.
gS Per malo obbietio , per dirigersi ad obbietto vituperevole •
Essendosi nell'edizione fatta dagli Accademici della Crusca stampato
per errore {a) male in vece di mal che legge 1' Aldina , o di nudo ,
che leg^e la Nidobeatina s' è cotal errore trasfuso in tutte le moder-
ne edizioni ; ed oltre d' averlo il Volpi ammesso nella sua Cominiana
udizione , vi ha aggiunto anche la chiosa male per malo , catU\*o ; co-
sa però che non ha esempio . * l^aV lesse nel suo Codice il Signor
Poggiali , e male il Cod. Antald. N. E.
96 O per troppo <t o per ec : o per amar troppo un bene finito ,
o per amar poco 1* infinito bene . * E per troppo e per poco di rigo^
re , il Cod. Antald. N. E.
97 JVe* primi ben , ne* principali beni , Iddio , e le virtù .
98 AV secondi, ne' beni inferiori — se stesso misura y non ecce*
de i giusti limiti.
99 Esser non può ec. : non può da cotale amore cagionarsi in
noi veruna riprensibile dilettazione .
100 loi Con pili cura corre nel bene, intendi , inferiore — con
mcn intendi ne* primi beni ,
ioa Contra *l fattore adovra ec. Adovra , adopera , qui per ope-
ra ; opera , agisce contro il fattore la propria fattura ; 1 amore fattu-
ra di Dio opera contro Iddio {b) ,
(a) Che sii errore scorgesi chiaro : imperocché avendo gli Accademici
della Ciaica formata li loro editione correggendo V Aldina del i5oa , e no-
tando in margiue tatto ciò che ripudiavano , avrebbero qui pure notato in
margine mal , che in vece di male ha 1' Aldina, (b) Di adoprare per opt'
rari vedi il Vocabolario delia Crusca •
CANTO XVII. 23;
io3 Quinci comprender puoi , eh' esser conviene
Amor sementa in voi d' ogni virtù te
E d' ogni operazion che merla pene .
io6 Or perchè mai non può dalla salute
Amor del suo subietto volger viso y
Dall' odio proprio son le cose tute .
109 E perchè intender non si può diviso 9
Né per se stante alcuno esser dal primo ,
Da quello odiare ogni affetto è deciso .
iia Resta , se dividendo bene stimo,
Che '1 mal che s' ama è del prossimo ; ed esso
Amor nasce in tre modi in vostro limo .
1 15 È chi 9 per esser suo vicin soppresso ,
io3 io4 io5 Quinci comprender puoi ec. Paoi da questa dottrina
ricavare , che amore è il fonte d' ogni operazione buona , e cattiva :
il giusto amore delle buone operazioni ; T ingiusto delie ree . ^ Se-
menza , il Cod. Chig. N. E.
106 I07 loS Non può dalla ec. Costruzione. JVon può amor voi-'
ge^ viso dalla salute del suo subietto ( suggeito V edizioni diverse dal-
la Nidobeatina , ^ e il Cod. Chig. N. E, ) inclinando amore necessa-
riamente al bene di quello in cui risiede , che subietto dell' amore
nelle scuole appellasi — dalTodio proprio son ec. perciò tutte le co-
se^ intendi, a amore sono capaci ^ sono sicure, sono difese , dalt odio
proprio , dal potere odiare se medesime . * DeW odio \ il Cod. Vat. N.E.
— Tute per sicure formasi dallo stesso Latino tulus , ond' è formato
tutela , tutore ec»
1 09 no III E perchè intender ec, E perocché nessun esser crea-
lo può intendersi sussistere , e conservarsi da se solo diviso , e se-
parato dair esser primo del creatore , da cui ha essenzial dipenden-
sa : quindi siccome necessariamente , giusta lo stabilito pocanzi , in-
clina ogni amore alla salute del suo subietto , cosi dee necessaria-
mente ogni affetto esser deciso ( figuratamente p^r allontanato rimos-
ftO ) dall' odiare il medesimo essere primo , da cui 1' essere del pro-
prio subbi etto dipende* * E per se stante y il Cod. Vat. e il Chig. N.E.
112 Resta y se dividendo ec. : se il riparti mento sia retto, viene
di conseguenza ec.
ii5 114 ^he 7 mal che s'amati del prossimo. Avendo insegnato
che nissnno ama del male , né a Dio , nò a se stesso , resta certa-
mente che non si an^i del male se non al prossimo — ed esso amorec, :
e questo amor di male, o vogliam dire odio, per tre cagioni nasce
in vostro limo , cioè nella imperfezione yostr^ . Linio p^ì corpo ^ p
uer la sensualità che l' anima contrae dal corpo , chiosan altri ; non
badando però , che Lucifero potè peccare di troppo amor proprio e
di superbia 9 qnantunque non avesse né corpo , né sensualità ^ ,
li 5 116 117 È chi ec. Vi è taluno > che delk oppressione ii^ ^
a38 PURGATORIO
Spera tccellenzei j e sol per questo brama
Ch' e' sia di sua grandesza in basso messo ;
118 È chi podere , grazia , onore , e fama
Teme di perder perch' altri sormonti ,
Onde s' attrista sì , che 1 contraro ama ;
lai Ed è chi per ingiuria par ch'adonti
Sì , che si fa della vendetta ghiotto ;
E tal convien che 1 male altrui impronti .
1^4 Questo triforme amor quaggiù di sotto
Si piange . Or vo' che tu dell' altro intende ,
Che corre al ben con ordine corrotto .
127 Ciascun confusamente un bene apprende
Nel qual si queti Y animo , e desìra ;
Perchè di giunger lui ciascun contende .
vicino ( Tale qu\ vicino lo stesso che coi termini della scrittim
dicesi prossimo ) spera ingrandimento ec. Dello stesso significato di
soppresso , ed oppresso vedi il Vocab. della Crusca — £1^ oer egU »
▼cai Cinonio (a) • *** Abbiamo già avvertito altrove , che noi leggiamo
sempre e'. Di sua polenta m vece di sua grandezza , ha il Cod. Chij^. N.E.
lao Contraro legge la Nidobeatina (contrario l'altre edizioni) •
cosi per entro il verso leggen/o , quant' io trovo , sempre , e Infeiv
no xxxiii gj\ , e Farad, v. ò6 , 'giova a rischiarare il duboio , che eh*
)>ero gli Accademici compositori del Vocabolario , che usassero i poe-
ti contraro , /orse a cagion della rima .
131 Adonti vale si crucci .
123 Impronti, Dee qui improntare vrer senso di chiedere ^ dìcer^
care (b) . * Che male altnd , il Cod. Chig. N. E.
1^4 iqS 126 Questo triforme amor^ cioè queste tre sorte, e mo-
di di cattivo amore . Daniello . — ifuaf^ii di sotto si piange , ne' tre
precedenti balzi . Il primo nel balzo dei superbi : il secondo nel bal-
zo degl' invidiosi : co il terzo in quello de^l' iracondi — delP altro ,
amore — intende^ antitesi in grazia della rima , per intendi — con
online corrotto , cioè o con pili cura , o con men , che non dee (e) •
127 138 129 Ciascun confusamente ec. Incomincia dall'amor cor-
rotto nel correre al bene con men cura^ che non dee^ cioè dal pi-
gro amore verso Iddio e verso la virtù , dall' accidia , in una parola :
e dee essere la costruzione . Ciascun apprende confusamente , e desì-
ra ( sincope di desidera) un bene , nei qual si quieti t aninw — Per'
ehh • vale qoanto perciò — di munger lui , di arrivare al possedimen-
to ai cotal Dene . '*' Giugner , 1 Cod. Vat. e Chig. N. E.
(a) Panie. 101 14. (&) Vedi nel Vocib.^elU Crasea Improntare {• 1.
(e) Vert 100 • stg.
CANTO XVII.
l3o Se lento amor in lui veder vi tira »
O a lui acquistar , questa cornice
Dopo giusto pentèr ve ne martira .
l33 Altro ben è che non fa 1' uom felice ;
Non è felicità , non è la buona
Essenzia d' ogni ben frutto e radice .
i36 L' amor , eh' ad esso troppo s'abbandona y
Di sovra a noi si piange per tre cerchi ;
Ma come tripartito si ragiona ,
Tacciolo 9 acciocché tu per te ne cerchi .
i3o i3i 1Z2 In lui veder vi Ura , o a lui acquistar : o vedere sta
per conoscere semplicemente , ovvero il vedere ha rapporto a Dio , e
r acauistare rapporto alla virtù , — questa cornice , questo girone (a)
— Jopo giusto pentèr^ dopo il debito pentimento avutone in vita —
ve ne marùra , ve ne gastiea ed affatto purga da ogni macchia rima-
sta. Del verbo pentère vedi la nota Inh xrvu 118.
i33 i34 i35 Altro ben è ec. Detto avendo dell' apore che con or-
dine corrotto corre al sommo bene , passa ora a dire enervi poi al-
tro bene il quale non fa , come fa Iddio , T uomo felice r non è , co-
me Dio > la stessa felicità , none, come Dio, la buona essenza d* ogni
altro bene radice y e/rutto^ caei«ne^ e premia. ** D* ogmbuonjrut-
io radice , il Cod. Antald. E l'illustre possessore comenta così : se non
tutti intendessero come una cosa medesima possa essere frutto e ra*
dice j tutti sanno che cosa significhi radice di buon frutto, vale a
dire origine , principio : del quale significato cinque esemp) , tutti di
Dante , reca la Crusca alla voce radice • N. E.
i56 yéd esso y bene diverso da Dio.
137 Di sovra a noi la Nidobeatina , ili sovra noi l'altre edizioni
•— per tre cerchi ^ per quelli tre balzi che più in su rimangono cioè
degli avari , noiosi , e lussuriosi ; vale a dire de' troppo amanti delle
ricchezze , de^ cibi , e bevande , e de' sensuali piaceri •
i38 Come tripartito ec. Come si ragiona , si giustifica» triparti-
to i come rendesi ragione d'essere ripartito in tre cerchi.
i3p Per te i da per te stesso. I comentatori allegorici (dice 41
Venturi ) vogliono che Virgilio sia la ragione « e Dante il senso ; on-
de a lui lascia che da se intenda questi tre peccati carnali, T avari-
zia , la gola , e la lussuria , avendogli esso dichiarata la natura de*
peccati spirituali , superbia , invidia , ira , e accidia . Di questa di-
visione vedi 8. Tommaso i a quaest» 72 art. a.
(h)Weàì la nou al Parg^ % 27.
Fine del canto deeimosetUmo .
CANTO XVIII.
ARGOMENTO (♦)
Dimostra Dante in quatto canto quel che sia propriamanU atmof : e
dopo alcuni esempj di celerità contra il peccato dell' accidia ^ raccouia
cpme da certi suoi pensieri ne nacquero pia altri y e da quelli il sommo •
I irosto avea fine al suo ragionamento
L* alto dottore , ed attento guardava
Nella mìa vista s'io parea contento •
4 Ed io 9 cui nova sete ancor frugava y
Di fuor taceva, e dentro dicea: forse
Lo troppo dimandar , eh' io fo , li grava .
7 Ma quel padre verace , che s' accorse
Del timido voler che non s' apriva »
Parlando di parlare ardir mi porse .
IO Ond' io : maestro » il mio veder s'avviva
Sì nel tuo lume , eh' io discerno chiaro
d L'alio Dottore^ Virgilio.
3 Fìsta , per viso , fncda^ sembiante ,
4 IVova seiCy per nuwo desiderio^ desiderio di sapere — /ruga-
i^ per istimoiava .
6 Li per gli , a lui . Vedi Cinonio {a) . * Il Cod. Cast, legge ^è-
sto verso con piii chiara sintassi :
CheH troppo (Unuindar^ ch'io Jb , li grava, N. E.
8 Non s'apriva, non si appalesava.
9 Parlando di parlar ec. parlando egli a me , ed animandomi a
manifestare il mio desiderio, porse a me ardire di parlare a lui •
10 // mio veder s* avviva , 1* intendimento mio si rischiara.
1 1 IVel tuo lume , nel lume della tua dottrina .
Q Argomento metrico del cel. G. Gotti .
Come si formi in noi disio d' imore
Chiede il Poeta ; e n* ha conoseiment*
Dal favellar di sno chiaro dottore •
Indi alme vede , ratte come vento ,
Passare , e stimolarsi a gir pia preste ,
Per compensar tardanta » e 1* oprar lento
Che fa lor caro n«ir nnuaa veste .
C«) Partic. |55 I.
e A N T O X V 1 1 I . t\i
Quanto la tua ragion porti o descriva .
i3 Però ti prego, Jdlce padre caro ,
Che mi dimostri amore , a cui riduci
Ogni buono operare e'I suo contraro •
i6 Drizza , disse , ver me Y agute luci
Dello 'ritelletio , e fieti manifesto
L' error de' ciechi che si fanno duci .
19 L'animo , eh' è creato ad amar presto,
Ad ogni cosa è mobile che piace,
Tosto che dal piacere in atto è desto.
a2 Vostra apprensiva da esser verace
Tragge intenzione , e dentro a voi la spiega ,
Si che r animò ad essa volger face .
s5 E se rivolto in ver di lei si piega,
12 Porti y o descriva. * Ti cod. Val. ha porta. N. E.
i4 i5 Che mi dimostri amore , che in* insegni cos* è amore ^^ «
cui riduci ogni ec. a cui ascrivi ogni hontà e malizia dell' operar no*
Siro: e ciò per aver \irgilió nel precedente canto detto
Amor sementa in voi d* ogni virtute y
£ d' ogni operazion , che merla pene (a) .
* Ogni ben operare , il cod. Val. N. E.
16 4gute la Nidobeatina q^iì pure in vece à* acnte ^ che leggono
throve {b) tutte V edizioni : * e u cod. Vat. N. E.
17 Fiati y ti sarà y ti jta . Vedi TErcolano del Varchi a carte aog.
Volpi .
18 I^ error dei ciechi ec. T error di coloro che insegnano essere
ciascuno amor in se laiidabil cosa (e), i quali ciechi della mente es-
sendo vogliono farla da duci , da maestri . Detto ( dice bene il Yen-
tori ) preso da quel del Vangelo cacci sunt et duces caecorum (d) ,
19 20 ^i Presto yer disposto. — É mobile, si muove. Venturi
— Tosto che ec. subito , che il piacere lo risveglia all' atto di muo-
rersi .
aa a3 Vòstra apprensiva , la facoltSi vostra di apprendere -^ tra^
^ invenzione da esSi^r verac*e , ritrae immagine dall* obbieUo reale
estrinseco. In prova che tale sia il significato della parola intenzich
ne odasi il Varchi : Sella virtìi fantastica (dice) ^ rlserbauo te im^
magini , Oi'vero similitudini delle cose , le quali i filosofi chiamai^} orc^
spezie , ora intenzioni (e) .
25 In ver di lei u piega , in lei tende .
.. ... ■ « I „ ,1 I I > ' ■* I I II m
(a) Vers. io4 e see. (b) Vedi Inferao xxv'ù So e i32 1 xxxiil 35 •
(cf Vert. 36. (<0 fdatth* iS v* 14. (e) HrooL pirg.'>^ 4«U' •ditió^e Fi)-
remili* iS^o.
T.a. Q
a4i PURGATORIO
Quel piegare è amor , quella è natura
Che per piacer di nuovo in voi si lega.
j8 Poi cornei fuoco muovesi in altura,
Per la sua forma eh' è nata a salire
La dove più in sua materia dura ;
£1 Così l'animo preso entra in disire ,
Gh'è moto spiritale » e mai non posa
Fin che la cosa amata il fa gioire .
34 Or ti puote apparer, quant'è nascosa
La veritade alla gente , eh' avvera
Ciascuno amore in se laudabil cosa :
37 Perocché forse appar la sua matera
Sempr' esser buona ; ma non ciascun segno
È buono , ancor che buona sia la cera .
26 37 Quel piegare h ee» Insegna non essere amore che un le«
gameuto o sia attaccamento dell* animo all' obbìetto , e come suppo-
ne essere già la natura dell'animo legata di naturale amore alla pro-
pria conservazione (vedi nel precedente canto i'* 91 , e segg. ) : perciò
dice , che per questo amore proveniente dal piacere legasi la natura
di lui nuovamente.
a8 In altura , in alto .
ao Forma del fuoco appellano i filosofi quella , che si congiua-
ce alla materia prima a tutti i corpi comune » e le dk essere di
fuoco •
3o Là dove ec. sotto il concavo del cielo della Luna , secon-
do l' opinione in oggi poco seguita , che ivi l' elemento del fuoco
abbia la sua spera , e però vi si conservi meglio . VsirTuai — m
sua materia , nella porzione di materia prima a cui si congiunge •
3i /* animo preso, legato dal piacere ad un obbictto — entra
in disire , passa a desiderarne il possesso .
3a Ch e moto spiritale : quasi dica , che se non è moto loca«
le I come quello del fuoco » è però una specie di moto spirituale ;
perocch* è quello per cui corre V animo all' amata cosa .
53 Finché ec. finché non gioisce del possedimento della cosa
amata .
35 Awera . Avverare aver per vero, come spiega il Vocabola-
rio della Crusca , affermar per vero .
36 Ciascuno amore supplisci essere , che per ellissi v' è trala-
sciato .
37 38 39 Perocché forse ee. Parla in lingua assai peripatetica , la
? Diale il genere delle cose, siccome determinabile da pìk differenze
come la materia prima è determinabile da piii forme} chiama ma-
teria • Vuol dir dunque ; 1' amore in genere forse apparisce buono ;
CANTO XVIII. 243
40 Le tue parole e 1 mio seguace ingegno »
llispos'io lui, m'hanno amor discoverto;
Ma ciò m' ha fatto di dubbiar più pregno •
43 Che, s' amore è di fuori a noi offerto ,
£ r animo non va con altro piede ^
Se dritto o torto va , non è suo merto . ^
46 Ed egli a me : quanto ragion qui vede ,
Dir ti poss'io ; da indi in là t'aspetta
Pure a Beatrice, eh' è opra di fede.
•
e dice Jbrxey perchè a rigore preso cob\ in genere non è né buo*
no, né lodevole, né biasimevole* VsNTuai . A questa interpretazio-
ne corrisponde molto bene ciò che siegue il Poeta a dire , ma non
ciascun segno e buono ^ ancor che buona sia la cera. Imperocché è
appunto la cera come la materia determinabile ; ed il segno o sia la
ligurazione , come la forma determinante^* e siccome la cera o buo-
na, o non cattiva può per improntarsi di cattiva figura acquistar no»
me di cattivo per determinarsi ad oggetto disdicevole — matera o
materia adoprano gli antichi indifferentemente. Vedi il Vocabolario
dèlia Crusca .
4o Jl mio seguace ingegno, vale quanto la mente mia, che eom
attenzione veniva appresso alle tue parole •
4i Hispos' io lui la Nidobeatina , Hisposi lui V altre edizioni .
4^ Di dubbiar pia premo , piii pregilo di dubbj .
43 * U Postillatore del Cod. Caet. dichiara questo dubbio con
molta leggiadria così : Dubium est istud : vult iiicere : tu dixisU mihi ,
tpiod ammus redpit speciem- rei visae intra se , et qiu)d illa reflex! o
est amor ; modo si est verum , tfuod necessario veniat de foris , et di'^
às quod amor est Causa virtutis et vitii , quae est causa qumre de*
beo habere culpam mei vitii , yel laiidem meae virtutis? Non sarà stra*
DO se qu^ il lettore si rammenterà del celebre Sonetto ioa di Pe-
trarca Se amor non è, ohe iléinque è quel eh* T sento . N. E. Di fuori ^
da esterni obbietti . Di fuore leggono V edizioni seguaci di quella
della Crusca.
44 L* animo la Nidobeatina , P anima V altre edizioni *^ e il cod.
Vat. che noi seguiamo . N. E. — non va con altro piede , che con
quello di esso amore, senza eioé veruna riflessione e propria ele-
zione .
46 Ragione, il naturai nostro intendimento — qui vede, in que-
sta parte , su di questo punto , discerné .
47 48 Da indi in là , dalla ragione in su — £' aspetta pure a Bea-
trice. O tace per ellissi di pervenire, a adopera aspettare ad ugual
senso di diffenre , e intende coma se detto avesse differisciti, cioè
serba i duBbj tuoi , a Beatrice solamente . Così anche Pàb. xvii v. M*
— eh* è opra di fede , perocché la piena risoluzione , che tu cerchi ,
del tuo dubbio abbisogna dei lumi, che la fede , cioè le Scritture
sacre , somministrano ; né possono attendersi d'altronde che dalla ce-
leste sapienza, o sia dalla teologìa per Beatrice intesa.
Q 2
a/|4 PURGATORIO
49 ^CP^ forma sustanzial , che setta
È da materia ed è con lei unita ,
Specifica yirtude ha in se colletta ,
5d La qual senza operar non è sentita 9
Né si dimostra machè per effetto ,
Come per verde fronda in pianta vita •
55 Però , la onde vegna lo 'ntelletto '
Delle prime notizie , uomo non sape »
E de' primi appetibili Y affetto ,
58 Che sono in voi , sì come studio in ape
Di far lo mele : e questa prima voglia
Merto di lode o di biasmo non . cape .
/|9 So > Forma sitsianziale appellasi dalle scuole cpiella cbe nnit»
alla iiiateri» prima comune a tutti i corpi forma le dìffereiiti specie
de' corpi ; e perocché tcngonla esse , non per una semplice combi-
nazione della materia, come gli atomisti pensano, ma per una con
sustanziale , perciò forma siistanziale V appellano . Come poi le me*
desime scuole dividono le sustanziali forme in materiali, o sia cor-
poree , ed immateriali o sia spirituali , il Poeta nostro in Tece di
dire ogni forma ^ che sia immateriale ^ cioè ogni anima umana, dice
ogni forma sustanzial ^ che setta ( dal \Atmo sectas ^ per distimia) è da
maéeriaj da malerialitÀ — ed è con lei unita, e solo unione ha' col-
la materia, e non identità.
5i Specifica s^irlìt che dalle altre forme la specifica, la particola-
rizza — ha in se colletta , dal latino collectus , contiene in se •
Si Senza ia Nidobeatiua , sanza V edizion della Crusca e le se-
guaci.
* 53 Intorno al madie invece di fuorché v, ciò che ne ha scrìt-
to il Verticnri al e. i8 della par. 3. della difesa di Dante. N. E.
* 54 Come per verdi fronde , il cod. Antald. E ci pare miglior
lezione. N.K.
55 5>> 57 Lo^ ntelletto delle prime notizie , Intelletto, o intelligen*
sa appellasi nelle scuole la cognizione de'primarj assiomi , o sia del
le prime fondamentali notizie : di quella esempigrazia impossibìie est
idem simul esse et non esse . E certamente non solamente ignora l'uo-
mo onde colali notizie abbia acquistato , ma se non venisse mai il
caso di valersene neppur saprebbe di possederle — de* primi appetì"
bili P affetto : l' amore di quelle cose , che primieramente ogni uo-
mo appetisce , della conservazione propria , per cagion d' esempio »
della propria beatitudine ec. . * Il Cod. Cabt. ripete con più chiaro
senso la negativa , invece di congiungerla , leggendo : IVè de* primi
ec. N. E^
58 Stiglio , a quel senso che adopranlo i Latini d' inclinazione e
di affetto,
60 Non cape^ non ha merto di lode o ec» perocché affatto na-
turale .
e A N T O X V I i T . a45
6i Or perchè a questa ogni altra si raccoglia 9
Innata v' è la virtù che consiglia ^
E delP assenso de' tener la soglia *
64 Quest'è '1 principio , là onde si piglia
Cagion di meritare in voi , secondo
Che buoni e rei amori accoglie e viglia •
67 Color che ragionando andaro al fondo ^
S' accorser d'està innata liberiate;
Però moralità lasciaro al mondo.
70 Onde poniam che di necessitate
Surga ogni amor che' dentro a voi s'accende »
Di ritenerlo è in voi ia potestate .
73 La nobile virtù Beati^ce intende
61 6^ 65 Or perchè , affinchè , a questa prima naturale ed ìono<*
cente voglia si raccoglia; si acconipagni ogui altra morale e lodevo-
le virili — innata v* è y data vi e fin daì vostro nascimento — la vin*
Ut che ec. , la rnsìone che vi dee consigliare e regolare i vostri ap-
petiti . Il Daniello però , seguito dal Venturi : fJ ordine (dice) è : La
virtù che consiglia , cioè la ragione , v'è innata , cioè nata insieme coh
voi , perchè , affin che ogni altra voglia che nasca , in voi , s* unisca »
accompagni , e raccolga a questa virili , la quale dee tener la soglia »
deve custodir V entrata delt assentire , e consentire , metafora tolta Aa-
ffi uscieri, il proprio de* quali è d* ammetter dentro ed introdurre cui
piit lor piace, '^ Il cod. Antald. legge cosi tutta questa terzina : E per^
che a questa ogni altra si raccoglia , Innata n* è la virili che consiglia ,
£d eli ha senso di tener la soglia. Al secondo verso anclje il cod-
Vat. legge innata /i' e* . N. E.
64 65 Gò QuesC è 7 principio , questa regolatrice ragióne a voi
donata è la sorgente — la onde in vece del relativo da cui (a) —
secondo che essa regolatrice ragione viglia, da vigliare per i scegliere •
Vedi il Vocabolario della Crusca.
67 Che ragionando andaro a fondo : che con serie meditazioni
giunsero al fondo , alla vera natura delle cose.
69 Moralità^ la filosofìa morale , con avvertimenti da rtiuovere
a seguir la virtù > e fuggire il vizio ; ciò , che non avrebber fatto >
se non avessero ben conosciuto V uomo esser libero ali* una , e all'
altro • Vbntori .
. 70 71 71 Onde poniam ec. Conchiude che, ancora che ogni amo*
re s accendesse in noi di necessità , nondimeno è in nostra potestà
di ritenerlo , o lasciarlo andare . Vellutello . Pogniam in luogo di
poniam leggono 1' edizioni diverse dalla Nidobeatina .
73 74 75 f-à nobile virili ec* Volendo far , che Virgilio 'ponga ter-
(a) Vedi Ciaon. Partic, iSo 1.
346 PURGATORIO
Per lo libero arbitrio ; e però goardbi ,
Che Tabbi a mente , s'a parlar tea pi^ende
76 La luna 9 quasi a mezza notte tarda 1
Facea le stelle a noi parer più rade 9
Fatta com' un secchion che tutto arda ;
79 E correa contra il ciel per quelle strade 9
Che il Sole infiamma allor che quel da Romi
Tra Sardi e Corsi il vede » quando cade ;
mine ut suo discorso con un elogio al gran dono da Dio fattoci m
libero i^bitrio , Tassi dai medesimo avvertire , che Beatrice 9 cioè i
sacra teologia , antonomasticamente appella cotale dono la medile vi
tu. "^ S* a parlar t^ imprende ^ il cod. Vat« N« E.
76 77 Qu£isi a mezza notte tarda . Dee questo intendersi deti
per mtenézione , ad indicare l' ora in cui si alzava la Lnna ; e con
9e avesse in vece detto la Luna , ta quale in ^Uel tempo tarda/Hi é
alzarsi fino auasi alla mezza notte ^ faceva ec. Di fatto essendo qoflll
il tempo d equinozio, e quella la aniota notte (a) del misterici
viaggio a Luna piena incominciato (b) , e sorbendo la calante Ln
tramontato il Sole , ogni sera più (ardi qnasi d* 6n Ora , dpvevm i
quella notte alzarsi verso Tore cinqne^ eh' è qfiamo dire verso
mezza notte — faceva le stelle parer piti rade : rendendo col suo 1
me invisibili le stelle di minor grandezza , e le sole pih grandi lascia
do vedere .
78 Fatta come ec. Essendo la Lnna calante di cinqfle notti coi
fina sfera troncata , viene appunto la figura di lei ad essere somiglia
te alla figura deli' usitato secchio di rame , tondo nel suo fondo
tronco nella cima ed aperto : e se questo suppongasi che tutto ard
cioè che arroventato sia , oltre la figura lunare avrà anche il color
* Fatta come un secchion che tututto arda. Il cod. Antald. La qual p
rola tututto , che secondo il S^ilvini ha forza di superlativo , ci sei
bra qui di molta efiicacia : e gi4 non solo l'usarono il Boccaccio
r antico volgarizzatore dell' Eneide , ma Dante medesimo nella cani
ne ottava :
Che *l sì e 7 no tututto in vottra mano
Ha posto Amore .
Il cod. Vat. legge : un secchione che tutC arda • Nota di Salvate
Betti . N. E.
79 80 8 r E (^orrea control del. Parla del motb periodico, e
è da occidente in levante, e perciò contrario alla quotidiana riv
luzione che fa il cielo stallato da levante in ponente *— per gue
strade ec. , cioè per quei segni, lo Scorpione, intendendo: pere
se la notte clic il poeta si smarr\ nella selva era stata 1' opposizion
essendo il Sole nel primo grado d'Ariete, conveniva di necessitile
(a) A' primi tre giorni successi al pleoilonio e consumati 6no ali* vs4
in queir altro emisfeiio ( giusta V avviso sotto la nota al canto il it
presente cantica t^S^al xoa ) aggtungansi due altri impiegati ^ uno nell* )
tipurgatorio , e 1' altro fin qnì . (h) Vedi ln£. xx tay.
CANTO XVHI. a47
8a £ quell'ombra gentil ^ per coi si noma
Pietola più che villa Mantovana ^
Del mio carcar diposto avea la soma .
85 Perch' io , che la ragione aperta e piana
Sovra le mie questioni avea ricolta^
Stava com' uom che sonnolento vana •
88 Ma questa sonnolenza mi fu tolta
Subitamente da gente , che dopo
Le nostre spalle a noi era già volta.
la Luna fosse nel primo della Libra : ritornando essa poi , fatta la op*
posizione, verso la congiunzione, poteva essersi accostata al Sole m
cinque giorni per lo spazio di due segni , ed esser a fine dello Scor-
pione ; nel qual segno mentre si ritrova il Sole , chi è a Roma Jgoar-
dando tra Sardegna e Corsica ( che sono ad essa cittì occidentali) lo
vede tramontare. Daniello. '*' ]1 Postillatore del Cod. Cast, è ai que-
sto istesso sentimento dicendosi esses Romaei evi aggiunge ^r una
particolarità che non sappiamo essere stata annotata da altri , ut Dan'
iesjuit y et vidit hoc expenmentum , Il Con. poi in vece di aUor che
quel da Homa^ nel v. 80 legge Quando quel da Roma . N. E. ^
82 83 E quelt ombra ec* Virgilio , in riguardo del quale Pietola »
picciolo luogo presso Mantova , detto dagli antichi Andes , in cui egli
nacque , è più famosa d' ogni altro luogo del Mantovano , o di Man-
tova stessa . Vbntdri .
84 Del mio carcar i del carico da me fattogli colle mie interro-
gazioni '*' Di mio carco , il cod. Antald. N. E. — diposto a»fea la so*
Uml y erasi sgravato col soddisfarmi .
85 86 Perch' io , die la ragione ec, ond' io , che di tutte le mie
questioni ricevuto aveva da Virgilio chiara ed aperta dilucidazione ^
talmente che trovavasi la mente mia affatto quieta .
87 Che sonnolento vana . Se non erano in uso vernare e foneg'
giare , come lo sono per cagion d^ esempio tastare e tasteggiare » sa-
ri vana sincope di vaneggia . Come poi vaneggiare adopera altrove
Dante per esser voto o vano (a) , cos\ adopera qu\ vanare , e però
sonnolento vana , varrà il medesimo che dm sonno preso rimane va'
HO 9 voto tt ogni pensiero .
Chiosa il Landino , che per questo sonnolento vaneggiare con'
fessa Dante P accidia y della quale si {ioveva purgare. Osservando io
però , che non solamente in questa notte , ed in questo luogo , ma
ancora nella precedente notte [b) , e nella seguente (e) , ed m luo-
ghi ove tult' altro che accidia si purgava, fu il Poeta medesimamente
usi sonno occupato , direi piuttosto che voglia ricordarci quello stesso
che nel ix della presente cantica ci ricorda , che seco avea di quel
if jidamo (d) , e cne perciò ogni notte pativa di sonno •
90 Folta per indirizzata , incamminata . '*' Mo , dice il Biagioll :
(a) Infer. svili 5, e 73. (^) Pargatoiio ix ii* (r) Parg. zzvii 92.
{d) Parg. ix 10.
•i i< PURGATORIO
91 £ quale Ismene già vide ed Asopo
Lungo di se di notte furia e calca 9
Pur che i teban di Bacco avesser uopo ;
^ Tale per quel giron suo passo falca 9
Per quel eh' io vidi di color , venendo 9
Cui buon volere e giusto amor cavalca •
97 Tosto fiir sovra noi y perchè correndo
Sì movea tutta quella turba magna;
E due innanzi gridavan piangendo :
100 Maria corse con fretta alla montagna;
ma si ^ra avendo data la volta , avendo girato 1' arco del monte , che
a noi la nasronrieva. N. E.
f)f Qo o^ F. ffunle ce. Per dimostrare con quanta velocità proce-
denno anellp anime , e la gran moltitudine che erano , le assomiglia
a quei Tphani i quali , secondo che scrive ."^tazio , ne' sacrifìcj di Bac-
co , quando nvrvnno bisogno di lui , correvano di notte in grandissi-
mo numero lungo ^smeno , ed Asopo fiumi di Prozia con facelle acce-
se , gridando forte , e chiamando Pacco per molti e diversi suoi no-
mi . '^V.LLrTFi.f.o — Tsmeno ^fn vide ed ^fsopo : dando poeticamente sen-
so alla e sa insensata , cioè la vista ai fiumi , come aiede 1' udito Vir-
gilio : omnia quae Phoeho (jìtondam meditnnfe heatus audiit Eurotas ^
jii^sHqìte edi scere iati ras , ille canit {a) . Daniello * Quale Ismenon già
vidr» , il rod. Vat. N. E. — limsro di se lungo le sue rive — furia vale
qui moìtitudinp . * Firriq e mira ; la prima di queste voci mostra il
furioso trascorrere di quelle trenti l la seconda la gran calca . lombardi ,
dicendo che /)/f 7/7 vale moltitudine, sbaglia all'ingrosso . Piàgioli . N.
F. — raica affollamento di gente — pu/rhè solamente che , nel ca-
so che .
p.'j r'5 pfi T^ie per quei er. ^inclusi , di cui la costruzione : Taìe
calca 'cr qiipi cììlo vidi di color , crii cavalca , sprona , buon volere ^
e rri'i^tn rrwore, fnfra , avanza sito pas^o ver quel forane , Falcare^ di-
ce bene il "^el!uteHo, si è il cont*'ario di di falcare ^ che sifoni fica rfc-
trarre , e sminuire , ^1 Vocabolario della Cr. chiosando col Tuli , e col-
la comune decli nitri falcatv per piefrare , a'Iduce un passo di ser Pru-
netto T atini nel suo Tesoro lib. 7 cnp. /p che non solamente non con-
ferma il senso da esso "^ orai olan'o preteso , ma è fatto a posta per
ìstabllire c'è falcare significa quanto avanzare^ il contrario di difai'
care . fmmanfencnte ( cos'i ser Prunetto ) che P nomo vc^te persona di
fiitdirr . dcf* celi vestir persona d* amici , e gf tardare , che sua persona
non fJrhi r aìtra .
ofi 00 ^*apna dal fatino per grande, termine adoprato da buoni
scrJttn-I inrhe in prosa . Vedi il A ocabolario della C r. — Due la ^'idé
duo 1* n'frp edizioni .
100 Tof Toa 'Ilaria corse ec. Due esempj di celeritli , a redargu-
(fl) Eclog. vi 82 , e teqq.
CANTO XVIII. 2/,9
£ Cesare , per soggiogare Ilerda ,
Punse Marsilia , e poi corse in Tspagna .
io3 Ratto , ratto , che 1 tempo non si perda
Per poco amor , gridavan gli altri appresso ;
Che studio di ben far grazia rinverda .
106 O gente , in cui fervore acuto adesso
Ricompie forse negligenza e 'ndugio
Da voi per tiepidezza in ben far messo ,
1C9 Questi che vive (e certo io non vi bugio)
zìoDe e slìmolo degli accidiosi : uno sacro di Maria Vergine , che por-
tandosi n visitar sua cognata santa Elisabetta ahiìt in montana cum
festinatione {a) - T altro profano di Giulio Cesare , che con grandis-
sima celerità , cera' egli medesimo nel primo libro de' ccmentarj suoi
descrÌTe , partito da 1 oma andò a Marsilia , città a lui nemica ; e
quella punfrentfo * cioè lasciando da Pruto con parte dell'esercito as-
«ediat» , corse egli in Tspagna , ove superò AfFranio , I etrejo , ed un
^^liuolo di lompeo , e soggiogò Ilerda ( oggi 1 erìda ) città famosa
di quelLi provincia . — suggii. f;are legge V edizione della Crusca e le
seguaci edizioni.
Vel primo sacro esempio il landino , e il Vellutello inten-
dono la fuga di Maria in Fgitto : ma tropt)0 le recale parole del sa-
ero lesto ne dimostrano il torto. * Codesti due chiosatori van d*ac-
eordo col Jostill. Caet. N. E.
io3 /fatto latto presto presto — che , vale acciocché .
»o4 Per poco amor , per un omore accidioso e freddo .
. io5 Studio di ben far grazia rinverda . O dee essere stato detto
finverdare e rinverdire cerne si dissero intirizzare e intirizzire , intie-
fidare , e intiepidire ec. o se non si disse che rinverdire , sarà qui
rinverda detto per antitesi in luogo di rinverdc . la sentenza poi è
«he Io studio e la sollecitudine nostra a ben fare conferisce ad ot-
tenere rinvigorimento dalla divina grazia.
io6 * Favore invece di fervore ha il cod. Val. N. E. — Acuto per
ardente .
108 Messo per zeuma si riferisce espressamente a indugio , e ta-
eitamente a negligenza .
109 Non vi bugio: non vi dico bugia (chiosa il Venturi) da
httgiare y da cui vicn bug-a . bugiardo, come da beffare beffe, bef-
fardo : solo la ma^c^-nza dell' accenlo su l'i potrà parere un pò stra-
na , essendo più pròpria del bugiare in significato di forare.
Bugiare in significato di dir bugia trovasi adoprato da altri an-
tichi Toscani scrittori {b) : e dal bugiardo , che pronunziam noi seni'
accento su V / , puossi conghiettuiare , che si pronunciasse istessamen-
te c'inche il verno suo originario bugiare ; come per cagion d* esem-
pio , pronunziossi 1' 1 senz' accento in ammalia verbo : La cieca cu-
(a) Lucae 1 v. S9 (^) Vedi il Vocab. dell* Crnsca .
^S» PURGATORIO
Vuole andar su , purché il Sol ne riluca ;
Però ne dite» ond'è presso il pertugio •
Ila Parole furon queste del mio duca .
Ed un di quegli spirti disse: vieni
Diretro a noi y che troverai la buca .
ii5 Noi siam di voglia a muoverci si pieni ,
Che ristar non potem ; però perdona »
Se villania nostra giustizia tieni .
ii8 Io fui abate in san Zeno a Verona
Sotto lo 'mperio del buon Barbarossa y
Di cui dolente ancor Melan ragiona.
121 E tale ha già i' un pie' dentro la fossa,
Che tosto piangerà quel monistero y
pidigia 9 che vi amnudia (a) : quantunque sempre si pronunzi i* i ac-
cento in maàa. Bugiare per bucare creflo che 'ì\ primo dicesselo i'A«
riosto {b) . Certo è almeno che nel Vocab. della Crusca non ha altro
esempio .
àio Purché 'l Sol ne riluca; solamente che il Sole ne si faccia ri*
▼edere • Accenna l'avviso dato lui da Sordello nel vti di (|uesta me-
desima cantica v. 5ti e segg. , che di notte non si poteva salire • '^ Pili
che a sol ne riluca , il eoa. Vat. N. E .
1 1 1 OnfT è presso il pertugio , da qual parte è la fenditura del
monte con entro la scala per salire . * Ov* è , il cod. Antald. N. E.
Il*] Se ifiifania ec, se ci tìeniy ci reputi , scortesi in ciò che giu-
stamente e secondo il divin volere facciamo .
ii8 Io fui abate ec. Asseriscono tutti i commentatori che si ap^
pellinsse costui don Alberto , e che di buoni costumi fosse , ma co-
me il liondino v'aggiunge, molto rimesso: ed è certo che Dante per
qualche motivo il volle tra gli accidiosi — In san Zeno a Ferona :
san Zeno , abazia e chiesa famosa in Verona . Volpi .
119 Buon Barbarossa: il perfido Federico T; buono adunque per
Ironia ; se pur non parla pur troppo da senno il ghibellino poeta .
Venturi ,
lao Di cui dolente ec. per esser stato dal Barbarossa distrutto ,
come tutti gì' istorici narrano — Hfelano Melanesi , come j;ià altrove
fu avvertito, in vece di Milano e Milanesi scrivono anche Ciio. Villani ,
e tutti gli antichi , in maniera più conforme al Latino Mediolanum ,
Mediolanenses . * Milan però ha il cod. Vat. N. E.
121 Ila E tale : intende di Alberto della Scala già vecchio,
signor di Verona, che fece di potenza abate di quel monistero un
suo figliuolo naturale stroppiato di corpo, e di animo . Venturi —
l*a già F un piede entro la fossa (t un pie dentro V edizioni diverse
dalla Nidobeatina * che noi seguiamo , per più bella poesia . N. E. ) :
(a) Pirid. XXI 139. (b) Fur. il il. 24.
CANTO XVIII. a5i
E tristo fia d' avervi avuta possa ;
134 Perchè suo figlio , mal del corpo ^mero ,
£ della mente pCfgio 9 e che mal nacque y
Ha posto in luogo di suo pastor vero •
1 &7 to non so se più disse ,0 s' ei si tacque 9
Tant' era già di là da noi trascorso ;
Ma questo intesi , e ritener mi piacque .
1 So E quei , che m' era ad ogni uopo soccorso >
Disse : volgiti in qua ; vedine due
All'accidia venir dando di morso.
i33 Diretro a tutti dicean : prima fue
Morta la gente , a cui il mar s'aperse 9
Che vedesse Giordan le rede sue .
i36 £ quella , che V affanno non sofferse
Fino alla fine col figliuol d'Anchise,
Se stessa a vita sanza gloria offerse.
forinola proverbiale , che suol dirsi dei vecchi già cagionevoli , ed al*
la morte vicini . \ ehtubi w— piangerà quel monistero : piangeri a con-
to di quel monistero per avervi intruso di potenza un tal abate •
VlHTUBl .
ia3 ♦ />• aver avuto , il cod. Vat. N. E.
1 iS Mal nacque , perocché bastardamente .
139 Eitener mi piacque ^ perchè testimonio valevole a persuader-
ci che se Iddio non gastiga il peccato in questo mondo , gastigalo
neir altro .
i3a j4ir accidia daTtdo di morso l'accidia mordendo , cioè biasi-
mando ; contando tristi effetti di cotal colpa .
i33 i34 i35 Diccan la Kidobeatina , (* ed il Con. Foggiali N.
E.) dicen l'altre edizioni * ed il cod. Vat. N. E. — prima fue er.
il grandissimo numero di quelli individui dell'Ebreo Popolo ai quali
Iddio per salvarli da Faraone e condurli nella promessa Palestina »
a{>r\ la prodigiosa strada nel Mar Bosso, tutti (eccettuati soli due,
Giosuè e Caleb) in gastigo della pigrizia, e freddezza loro nell'adem-
, — . _ — _ — j
quella provincia . ^
i3o 137 i38 E quella, che ec, quella gente Trojana , che occu-
pata dal tedio del lungo viaggio , volle piuttosto senza alcuna gloria
rimanere in Sicilia con Aceste , che seguire in Italia navigando ilfi^
fdiuol di jinchise Enea, come narra Virgilio nel V dell'Eneide. * i**-
§/io d Anchise , il co^. Vat. !>(. E.
a6a PURGATORIO
169 Poi , quando fur da noi tanto divise
Queir ombre che veder più non potersi ^
Nuovo pensier d|&tro da me si mise ,
l4^ Del qual più altri nacquero e diversi .
£ tanto d*uno in altro vaneggiai ,
Che gli occhi per vaghezza ricopersi ,
£ il pensamento in sogno trasmutai •
i4t al ^45 N'ito.'O pensier ec. La comune do^jV interpreti per que-
sto vagare di pensiero vuol intendere che ne si descriva l'accidioso
pensare: a proposito delTaccidia che colà purgavasi . Ma e perchè non
risente il* Poeta istcssaniente di mano in ninno effetti di quelli altri
vizj che in ciascun girone si purgano? Perchè tra i superbi non ri-
sente affetto di superbia? Tra gì* invidiosi affetto d' invidia ec. ? La
maniera adunque direi io piuttosto che voglia additarci deli' oprar
di nostra mente , dal sonno oppressa ; la quale di fatto da una sue-
cessione d' imperfetti ed instabili pensieri , chiudendosi finalmente gli
occhi, passa al sonno. — gli occhi per vaghezza ricopersi: per ca-
gion del vagamento de' pensieri , cioè per non fissarsi piii la mente
in alcun pensiero , cessando agli occhi stimolo di restare aperti , mi
si chiusero.
finitici canto deeimotta\f& .
353
CANTO XIX.
ARGOMENTO (♦)
• ■
ContUmsl dopo certa vision di DanU la saUta sua sopra il quinto gi'
rome ; dovt egli trova Papa Adriano quinto , dal quale intende « che ifi
si purga il peccato deW avarizia •
1 il eir ora che non può il calor diurno
Intiepidar più il freddo della Luna ,
Vinto da terra o talor da Saturno ;
4 Quando i geomanti lor maggior fortuna
Veggiono in oriente innanzi all' alba
Surger per via , che poco le sta bruna ;
1 a 5 DfeW ora ec» Circoscrive Tultima ora della notte dalla fred-
dezza che regolarmente suol avere maggiore sopra le ore preceden-^
ti , e tocca nel tempo stesso la cagione per cui ciò avviene ; cioè per-
chè in queir ora il calor diurno , il caldo rimasto nella terra e oell*
atmosfera tial Sole del precedente giorno , vinto , estinto , da terra y '
dal naturai freddo della terra , non può pili intìepidare , render mi-
nore, il freddo della Luna della notte. \' aggiunge anche vinto talor
da Saturno ( quando cioè trovasi nell' emisfeno notturno ) per 1* opi-
nione che vi era che questo pianeta apportasse freddo : e riferisce per-
ciò il Landino ciò che di Saturno scrive Alano astrologo •
Uic algore suo furatur gaudi a veris ,
Furaturque decus pratis , et sidera florum .
4 5 6 Quando i geomanti ec. Altra circonscrìzionc dell* ora me-'
desima suddetta prende dalla geomanzia , arte divinatoria , così det-
ta dal Greco yn , che vuol dir terra ; perocché trae cotal arte le paz-
ze sue predizioni dalF osservazione di figure in terrestri corpi (a).
Tra i varj nomi , che davano i geomanti a varie combinazioni di pun-
teggiature , eh* essi alla cieca , con punta di verga facevano in su l'a-
rena, appellavano (insegnano il Laudino, ed altri spositorì) maggior
fortuna {fortuna major) quella disposizione di punteggiature, che riti»
'■■.«■■ — ^— — ■ ■ ■ ■
(*) Argomento metrico del celebre Gaspare Goxxi .
^ Con falso canto nna femina lorda
Sogna il Poeta \ ma qaesta ò scacciata
Tos|o dall' altra , che da lei discorda .
Svegliasi ^ e sale ove la terra gaata
Par chino in giuso chi quassii dorixla
Volle d' averi con voglia assetata ,
Sviandosi da Dio per avarixia .
(fl) Vedi , tra gli altri > Fassavantl nel capitolo della ter%et scienuk dia^.
hoUca •
a54 PURGATORIO
7 Mi venne in sogno una femmin a balba 9
Negli occhi guercia , e sovra i pie' distorta ,
Con le man monche , e di colore scialba .
IO Io la mirava : e cornei Sol conforta
Le frédde membra che la notte aggrava »
Cosi lo sguardo mio le &cea scorta
i3 La lingua , e poscia tutta la drizzava
In poco d' ora : e lo smarrito volto ,
Come amor vuol » così le colorav a •
que in vece di dire ch'era quell
Ariete (a) , erano già sopra T orizzonte alzati tutto Aquario , e parte
de' Pesci ( che , per essere questi seffni immediatamente precedenti
Ariete sarebbe stato il medesimo che dire poco avanti il, nascer del So*
le ) dice eh' era 1' ora quando i geomanti veggiono la loro maggior
Jòliuna surgsre in oriente innanzi nlV alba per via , per quella strada ,
cke pel presto venirle il Sole in seguito , poco le ( alla medesima ma^
gjior fortuna ) sta bruna , rimane oscura .
Fremette poi il Poeta essere stata questa 1' ora del sogno , che
adesso è per raccontare , allusivamente a ciò che nel canto ix di que-
sta cantica disse , che la mente nostra in cotale ora ,
Aite sue vi$ion quasi è divina {b) .
7 Una femmina . Vuole Dante coli' immagine di questa sognata
femmina darci un' idea di ciò che fa 1' uomo dedito ai tre vizj , che
in seguito si purgano , dell' avarizia , gola , e lussuria : cioè che , es-
sendo gli obbietti di questi vizj di sua natura deformi e spregievoli ,
r uomo colla sciocca sua apprensione ed affezione se gli fa sembrare
di torta guardatura , — so\fra i pie distorta , cioè colla vita non so-
pra i piedi eretta , ma incurvata .
9 Di colore scialba . Scialbo aggettivo da scialbare , che dicesi
dell* imbiancar de* muri propriamente vale bianco , ma qui dee pren-
4lBrsi per pallÌ€Ìo smorto •
10 II Come il Sol ec. Rassomiglia il Poeta l'influenza della scioc-
ca apprensione, ed affezione sua in costei all' influire del Sole nelle
memora deeli animali interizzite dal notturno freddo .
13 al 13 Le f acca scorta la lingua: vale qui scoria quanto agile
e pronta . Così Matteo Villani lib. S cap. iB Èlessono cento cavalieri
ec, con alquanti masnadieri scorti , e destri — tutta la drizzava : driz-
za vale la vita che avea prima sovra i pie distorta -^ e lo smarrito
volto conM amx}r vuoi ; come richiede amore (intendi per far innamo-
rare i risguardanti ) così le colorava ec, , cosi lo sguardo mio a quel-
la femmina dipingeva. * Lo colorava ^ il cod. Vat. N.E*
(a) Vedi \i nota Infei. I. 38. (b) Verso i8.
e A K T O X 1 X . 255
i6 Poi cV'eir area il parlar cosi disciolto y
Cominciava a cantar s\ , che con pena
Da lei avrei mio intento rivolto .
19 Io son cantava , io son dolce sirena ,
Che i marinari in mezzo il mar dismago ;
Tanto sq^di piacere a sentir piena .
22 Io trassi Ulisse del suo cammin vago
18 '^ yéifrei da lei , il cod. Antald. ; Da lei as>rei , la crusca e l'al-
tre edizioni ; da lei avre* , il cod. Vat. che noi seguiamo per aver
Colti que* due sì bratti e vicinissimi ei • N. E. Intento per attenzione ,
qui pure come Pdrg. xvii /|8.
19 Sirena la Midob. , ed altre antiche ediz., Serena l'adizione del-
la Cr. e le seguaci . Le sirene sono da' poeti figurate per voluttà e pia-
céri corporei , e gli altri vani diletti , le quali con false lusinghe dol-
cemente cantando allettano i sentimenti umani , e V intrigano in gui-
sa , che da questi falsi beni non si sanno partire : e però fingono ,
che con la dolcezza del canto tirino a loro 1 naviganti , e da quella
inebriati si addormentino , e addormentati essere da quelle divorati in-
sino air ossa , tra quelli scogli di bicilia propinqui a Feloro , ove es-
ae dimoravano. Daniello.
20 Dismago , smarrisco , perdo , faccio perire — Vedi la nota al
(f. i46 del canto xxv dell' Inr. ed agli altri passi ch'ivi s' allegano.
21 Tanto son ec. : cioè di tanto piacere ricolmo chi ascoltami :
seno a sentir per sono a sentirsi . A bntori .
ai lo trassi Ulisse . ^ Io volsi Ulisse leggono i Cood. Caet. e Pogg.
N. E. Favoleggiando Omero , e tutti i Poeti d' accordo , che pervenu-
to navigando Tlisse all'isola delle sirene, provedessisi contro il can-
to di quelle ingannatrici col farsi egli legare all' albero della nave ,
e con fare ai marinari otturare con cera le orecchie, chiosan perciò
tutti gli espositori che faccia qui Dante parlar costei da menzognera f
che facciala cioè falsamente vantarsi d' aver tratto Ulisse del suo cam-
mino . Conveniente cosa però da un canto sembrandomi , che riten-»
ga costei il carattere di scaltra Menzognera ; ed essendo dall'altro can-
to da sciocco il negare, o pervertire affatto un avvenimento a tutti
noto ; perciò 10 piuttosto pieso a credere , che per Io sviamento del
quale si vanta costei , si ahbia a intendere quello , che Ulisse mede-
simo confessando da Circe sofferto (Infer. xxvi 91, e segg.) dice
Mi diparta da Circe $ che sottrasse
Me piti d* un anno là presso a Gaeta .
dove cioè con essa Circe commerciando ebbe i due figli Telegono , ed
Ardea (a). Per adeguamento di tutto basta intendere, che la parlante
sognata donna è il fallace piacere , e che sirena sì noma dal Greco
ffvùté che tirare significa , e che il fallace piacere fu appunto , che
trasse il viaggiatore Ulisse a restare con Circe — - cammin vago , non
deteimi natamente diretto ad alcun luogo •
^ •
(a) Naul Conti Mytol, lib. 5 e. 1.
•r3G PURGATORIO
Al canto mio : e qual meco s' ausa ,
Hado sen parte ; si tutto l'appago ;
^5 Ancor non era sua bocca richiusa j
Quando una donna apparve santa e presta
Lunghesso me , per far colei confusa .
•iS 0 Virgilio , Virgilio , chi p questa ?
Fieramente dicea. Ed ei veniva
Con gli occhi fitti pure in quella onesta.
3i L' altra prendeva , e dinanzi l'apriva
Fendendo i drappi, e móstravami il ventre :
Quel mi svegliò col puzzo che n'usciva.
[ 34 Io volsi gli occhi, e il buon Virgilio : almen tre
Voci t' ho messe , dicea ; surgi , e vieni ;
Troviam l' aperto , per lo qual tu entre •
a5 Qua! meco s* ausa y qualunque meco s* addomestica .
24 Rado sen parte ec. Accenna la difficoltà di ritrarre i piedi
dal tenace yischio de' falsi mondani piaceri..
a5 16 Amor non era ec. proseguiva ancora a pirlarc . — Una
' donna santa e presta . Chi per costei intende In filosofìa , e chi la
virtù : parrebije però meglio intesa la verità , la scopritrice della men*
zogna .
27 fAinghesso , avverbio , vale qui lo stesso che appresso , vicino (a).
a8 29 ^o O f^trgilio P^rgilio ce. Riprende la santa donna > ir-
gilio , che permettesse a Dante di trattenersi con la ingannatrice don-
na , — fieramente vale iratantente — ed ei A'irgilio . — Con gli oc*
chi fitti pure ec, , solamente alT onesta donna r. sguardando , e come
saggio , neppur di uno sguardo degnando la trista .
^i 3i 53 V altra prendeva: la santa prendeva l'altra. E* tutto
questo ( dice il Venturi ) un eccellente ritrovamento di nobilissima Jan-
tosta Jelicisùmamente ideato , che si maritava ma^or lavoro , rf wiii
lunga cultura nella distesa. (Tua carezza, ed uno schiafib . L'intolle-
rabile puzzo , che risvegliò il Toeta , noi pare , che fosse soggetto
dì più lunga cultura: e avi ogni modo, doveva il Venturi aver presen-
te quella ragione, che del suo dir breve Dante stesso ne rendè nel
canto XVII del Poag. v. iSg.
Taccioh , acciocrhé tu per te ne cerchi .
* Venia , apria , uscia , hanno i codd. Vat. e Antald. N. £•
3 \ 35 36 lo volsi g/i occhj : svegliato , aggirai gli occhj intomo >
— tf 7 buon VlrgiUo ec, , e '1 buon Virgilio diceva , già ti ho chiama*
to indarno almen tre fiate — surgi , e vieni : via mo alzati , e andia-
mo — r aperto per lo qual ec, l'apertura della scala , per la quale sai-
ghiamo all' altro balzo . * Il cod. Caet il Vat. rAntald. d' accordo con
(x) Vedi Ciiion. Panie* 162 2 « 5.
CANTO XIX. 25^
S7 Su mi ^ levai ; e tutti eran già pieni
Dell' alto dì i giron del sacro monte 9
Ed andavam col Sol nuovo alle reni •
40 Seguendo lui , portava la mia fronte
Come colui che 1' ha di pensier carca »
Che fa di se un mezzo arco di ponte ;
43 Quand' io udi': venite y qui si varca;
Parlare in modo soave e benigno ,
Qual non si sente in questa mortai marca «
46 Con r ali aperte , che parean di cigno »
Volseci in su colui , che sì parlonne ,
Tra i due pareti del duro macigno .
altri testi , e con la Fulgiiiatense , leggono v. 56. Troviam la porla ,
per la qual tu entre. N. K.
. 37 j8 Eran già pieni deW alto di i gironi : il già alzato giorno
illaminava tutto il monte . Se non al senso medesimo può alto inten-
dersi in quel passo pure , che dall' antico manoscritto Trattato del-
le segrete cose delle donne reca il Vocab. della Cr. sotto di esso ag-
gettivo J. 2 Dfon prendono il medicamento , se non è il di alto , e ben
chiaro • ^
39 £d andavam cól Sol nuovo alle reni. Le reni per la schiena
come altri han detto dar le reni per voltar la schiena , per fuggire (a) :
e bene , proseguendo i poeti il suo cammino semore nella medesima
direzione , da levante in ponente , come nel passato giorno férivali
il cadente sole nel viso (ì) , così doveva lo allora nato Sole batterli
nella schiena .
4a Che fa di se un mezzo ec, : il quale cammina con la testa e
il busto cosi piegato » come piega V arco di un ponte dal mezzo al-
la sponda .
43 Quand io , la Nidob. , Quand* i* V altre edizioni — ^iii si var-
ca , au\ si passa . ^ Qua si varca , il cod. Vat. N. £.
45 Mortai marca . Adopera qui marca al senso medesimo , che
noi ti antichi V adoprarono , di regione (e) . £ bene mortai marca ap-
pella questo mondo , perocché è di fatto la region de' mortali . * il
cod. Poggiali legse barca in vece di marca. Se il F. L. non ci aves-
se dato la sua beila spiegazione avremmo senza dubbio accettata la
variante. N. E.
46 47 48 Con r ali aperte che parean la Nidob. , Con Pale aper-
te che parèn l'altre edizioni (d) ^ — di cigno , uccello bianchissimo,
— volseci in su : impedendoci coli' apertura dell' ali il più oltre cgm-
roinare su di quel piano ne constrinse a salire . '^ No , grida il Bia-
(a) Vedi il Vocabol&rio della Crasca sotto la vece rea* {• 4. (b) Pn^* ^^7^\
(e) Vedi r AmaUhta o nomaitica. del V« stenti, e il Gloiiaritikm del DofuiiPf*
{(f) Quanto a parean , vedi ia aala al xì% dtU'.laf. v«.l€. y,. 1. ; .
T.2. R
flit PUaOATORIO
49 Mosse le penne poi , e Tentilonne ,
Qui lugerU affermando esser beati ,
Ch' avran di consolar l' anime donne •
02 Che hai , che pure in Ter la terra guati ?
La guida mia incominciò a dirmi ,
Poco amendue dall' angel sormontati •
55 Ed io : con tanta sospeccioa ùl irmi
Novella vision , eh' a se mi piega
Si 9 ch'io non posso dal pensar partirmi .
58 Vedesti , disse » quell' antica strega ,
F'oH : ma indirizzando le ali Terso Tajìerto . N. E. — Tm i due (duo
edizioni diverse, dalla Nidob. ) pareti del duro macigno : tra le due
sponde della scala scavata nell' erta marmorea sponda •
49 Fentihnne , ne fece vento : col qual vento intende Dante , che
Sii si scancellasse il peccato che pnrgavasi nel passato balzo , cioè
eir accidia : come con simil vento scancellato gii fu da ^ell* altro
imgelo il peccato dell'ira mentre partivasi dal balzo degl' iracondi |Ìt)»
50 5i Qui lugeni ec. Costruzione . affermando esser beati guTui-
geni i essere cioè benavventnrati coloro che in questa mortai vita ,
non da accidia occupati, ma accesi di fervoroso amor di Dio , pian-
1^ :^ ^j *!• : i_- rf-ii -11. ». «j* •<•'.
parole evangeliche in lode di chi va esente della colpa nel preceden-
te balzo purgata (^ — Ch* avran di consolar ec. : corrisponde al quo-
ninm ipsi consoliwuntur , che il Vangelo soggiunge al Beati qui lu-
f'nt: e però dovrebb' essere il senso: che^ imperocché, avran essi
anime donne y posseditrici (dal Latino dominus) ricche lif consolar ^
nome verbale per di consolazione • Ovvero , avran di consolar , avran
essi onde consolar l' anime donne , l' anime loro mantenutesi padront
di se medesime , e non soggiaciute alla mondana schiavitù .
Si Che pure , che ancora in ver la terra guati ? accenna la par-
ticella pure lì guardar simile che faceva anche innanzi i^. 4o e segg.
54 Poco amendue ec. , sottointendi essendo,
55 Sospeccione , sospetto, dubbietli. '^ Il Cod. del Signor Foggiali
legge sospension • Il Vat. suspition : ed è forse la miglior lezione. N. E.
56 Novella , di fresco avuta — mi piega ^ mi attrae.
57 Dal pensar partirmi y ritrarmi dal pensare ad essa visione.
58 Vedesti disse ec. Si àk Virgilio a conoscere consapevole della
visione d] che Dante* parla -^ strega per maliarda , ammaliatrice , in»
coniatrice degli umani cuori : antica , perocché coetanea all' umau ge-
nere 9 come lo è certamente il fallace piacere.
(a) Pur|. zvii. (l>) Matth, S. (c) Coti nel sii no in ammenda de'Ia sa-
Serbia punita nel precedente balio odati il titattr pauoerts spiritu. Coti nei sv
8 in ammenda deli' invidia il Beati mis$ricordé$ • Cesi bsI svii 68 69 in am-
menda deU' ita U Beéli Paci/iei .
e AN T O XIS. a5y
Che sola sovra noi ornai si piagne ?
Vedesti come l' uom da lei si slega ?
6i Bastiti, e batti a terra le calcagne :
Gli occhi rivolgi al logoro , che gira
Lo rege eterno con le ruote magne •
64 Quale il falcon , che prima a pie' si mira ,
Indi si volge al grido , e si protende
Per lo desìo del pasto che là il tira ;
59 Che sola sovra noi ec. Che sola éi piange , purgandosi i de«
litti per suo amore commessi, ne' tre gironi del Tur^atorio, che ci
restano sopra a vedere , ove si tormentano gli avari , i golo. i , i
lussuriosi. \BlfTURl.
60 ledesti come ec, i osservasti quale metodo t'insegnò l'altra
tanta donna per da colei staccartene , col mostrartela cioè quaF è iu
se stessa schifosa , e puzzolente ?
61 Batti a terra ec, : vieutene speditamente , o ( fors'anche ) scuoti
da' tuoi piedi la polvere in segno dS scordarti affatto di lei : come
per tale significazione venne ingiunto agli apostoli che facessero con
chi stato fosse loro inospitale (Hatt/i, io v. i4).
62 63 Gli ocelli ec. Logoro ( propriamente pezzo di cuojo con pen-
ne • fatto a modo d'ala, con cui il cacciatore girandolo, e gridando
richiama a se il Falcone ) qui flgurata^iente per il cielo , colla vi«
sta del quale Iddio tira a se le anime* Caeli enarrarli ec, Ventori..
Meglio però sembra , che per lo^ro intendasi semplicemente richior
mo (la specie pel genere ) e diasi a tutta la sentenza il medesimo
senso , come se fosse detto : Ris^olm g// occhi al richiamo che tija Id-
dio col girare delle ruote magne delle celesti sfere , 11 medesimo divino
invito espresseci il Poeta neFxiv. della presente cantica v» i/|0 e seg.
Chiamavi *l cielo « e intorno vi ti gira ,
. Mostrandovi le tue bellezze eterne,
64 65 66 Quale il falcon ec. Come nei precedenti versi tacitamen-
te paragona Virgilio 1 invito che Dio ne fa al cielo pel moto , e
vaghezza delle celesti sfere , all' invito , che pel logoro fa il falco-
niere al falcone , cos\ paraeona Dante il pronto suo prestarsi a Vir-
gilio al pronto prestarsi del falcone medesimo al falconiere , quando
questi lo chiama . — prima a pie si mira • Di ouesto mirarsi il falco-
ne ai piedi piima di spiegare il volo verso del falcouieré, non tro-
vo spositore che stencfa sua chiosa pih che a sUppor vero il fatto,
senza rintracciarne alcuna cagione . Sarebb' ella adunque per avven-
tura 'Cagionata tale al volare preventiva guardatura dal timore di ave-
re ai piedi la legaccia, che suol ritenerlo nelle mani del falconie-
re? {a) — al gridò , intendi del falconiere — si protende^ si fa avan-
ti — del pasto , a cui suole il falconiere chiamarlo .
(a) * Vedi la nota del Sig. Portirelli a qoasto medetimo luogo , ove eoftral
nna nota di altra spiegaiione, cho credè potesse piacere al F. L, Ma estendo fin
d' allora morto il bnon ?adre , noi non abbiamo ardire di |radirU in sao
R a
o6o I^URGATORIO
67 Tal mi fec' io : e tal , quanto si fende
La roccia per dar via a chi va suso 9
N' andai infin dove 'I cerchiar si prende .
70 Com' io nel quinto giro fui dischiuso »
Vidi gente per esso che piangea ,
Giacendo a terra tutta volta in giuso v
73 uidhaesit pavimento anima mea y
Sentia dir lor con si alti sospiri ,
Che la parola appena s' intendea •
76 O eletti di Dio , gli cui soffriri
£ giustizia e speranza fan men durì^
Drizzate noi verso gli alti saliri .
79 Se voi venite dal giacer sicuri y
£ volete trovar la via più tosto ,
67 68 69 Tal mifec^io ec. TTgualmente pronto mi fec'ìo , ed agual-
tnente uronto andai quanto si fende la roccia per ec. : per tutto quel
tratto cne fa la ripa per formare scale a chi va sopra; cioè infin do-
ve 7 cerchiar si orende : infin dove si torna a girare intorno al mon-
te , infìno al qumto girone. — N* cmdai^ n fino ove l'edizioni diver-
se dalla Nidob.
71 72 Gente ^ purgante il peccato dell'avarizia. — Giacendo a
terra tutta volta ec. Vedine il perchè in seguito v. ii8 e segg.
^3 .llhacsit ec parole dvl salmo 1 18 esprimenti l'attacco ch'eb-
bero questo <1uimc al suolo , cioè alle terrene ricchezze . ^ Sentii in-
vece Ji sjritiaj il cod. Nat. iN. E.
76 Soffriri y le pene, ei supplicj che qui soffrite* nome verbale,
come i parlari , che non di rado si trova negli scrittori più Antichi •
Venturi
77 Giustizia e speinma fan men duri , rendon men aspri ; quel-
la , per esser voi giustamente puniti , e però volentieri li sop-
I>ortate ; questa , perchè dopo la purgazion vostra siete sicuri di sa-
ire alla celeste eterna beatitudine. Daniello .
78 jilli saliri y dal vcrbal nome salire , appella le sa^lienti scale.
7Q Se voi venite ec, Sentendosi quelle anime purganti , dopo ap-
pena veduto l'arrivo dei due poeti , interrogare da essi della via di
salir più alto , premettono perciò le medesime al parlar suo la con-
dizionale Se voi venite dal giacer sicure j cioè, se voi venite esenti dal-
la pena di giacer nosco bocconi per terra , e sol venite per passare
più in su. 'à egual senso di esente e Ubero avvisa il Daniello ado-
prato da \ irgilio anche il Latino securus in que' versi
Dardania siratus destra ^ stcurus amorum ,
Qui juvenum tibi semper é ratti (a) •
(a) AéUéid. % 32€.
G A N T O X I X. a6i
Le vostre destre sien sempre di furi .
89 Così pregò '1 poeta ; e sì risposto
Poco dinanzi a noi ne fu . Perch' io
Nel parlare avvisai l'altro nascosto ,
85 E volsi gli occhi agli occhi al signor mio;
Ond'egli m' assentì con lieto cenno
Ciò che chiedea la vista del disio •
88 Poi ch'io potei di me fare a mio senno ,
Trassimi sopra quella creatura ,
Le cui parole pria notar mi fenno 9
91 Dicendo : spirto , in cui pianger matura
Quel sanza '1 quale a Dio tornar non puossi ,
81 I.e vostre destre sien ec: camminate in guisa , che le vostre
mani destre , il destro lato vostro corrisponda al di fuor del monte
-^ furi (in grazia della rima) o antitesi di Jori , che per fuori fu
scritto {a) , o sincope di fuori .
83 84 Perch'io nel parlar avvisai V altro nascosto: mi accorsi,
che sebbene queir anima , da cui ci fu risposto , sapeva che io non
era 1) per purgarmi, non sapeva però l'altro mistero, ciiC io era in
carne e in ossa . Ti Daniello goffamente spiega quest* altro nascosto
per il dubbio, se doveva purgarsi o no. Venturi. Dallo aver quell*
anima detto Se voi venite aal giacer sicuri non si può col \ enluri in-
ferire che sapesse che Dante non era lì per purgarsi , ma solo che
non era certa né del sì né del nò. Bensì però basta cotale aperta
dubitazione per renderne accorti che non potè Dante giù liziosaincnte
per r altro nascosto parlare intendere se non la persuasione in che,
omettendo quelT anima le meraviglie solite a farsi dalle altre quando
risapevano esser Dante vivo, davasi a capire di essere, che fosse
Dante, come gli altri tutti di quel luogo, piu*o spirito: e però nel
V. 96 togliela di tal persuasione •
86 yolsi fili occhi agli occhi ec: per iscoprire s'era Virgilio con-
tento che parlasse egli a queir anima — al signor, forse la particel-
la al per del y come certamente fu adoprata Va perdi (/») . * Il Con.
Caet. ieg^e F volsi li occhi allora al òignormio. Il contesto dei ver-
si seguenti ci ha fatto un certo ritegno dall' inserire nel testo que-
sta variante , che d' altronde ci par bellissima . N. P.
87 A/i vista del disio , la dimostraziono , 1' esteriore da me dato
segno del mio desiderio : perocché bene avverte il Daniello avere
scritto il Petrarca spesso nella fronte il cor si legge (e),
90 Le cui parole ec, : il parlar della quale mi aveva precedente-
mente fatto notare in lei ignoranza del mio esser vivo v, 8^|.
gì gì In cui pianger matura Quel ec* : in cui il pianto affretta ed
accelera quella soddisfazione alla divina giustizia , senza della quale
(a) Vedi la nota Inf. U 70. (b) Vadii U Vocab. della Cr. (e) Soa«^t8€.
9(fo PURGATORIO
Sosta tin poco per me tua maggior cara .
g4 Chi fosti , e perché volli avete i dossi
Al su , mi di' , e se vuoi eh' i' t' impetri
Cosa di là ond' io vivendo mossi .
97 Ed egli a me : perché i nostri diretri
Rivòlga '1 cielo a se , saprai : ma prima
Scias quod ego fui successor Petri .
100 Intra Siestri e Ghia veri s' aSlma
Una fiumana bella , e del suo nome
Lo titol del mio sangue fa sua cima •
io3 Un mese poco più prova' io come
Pesa '1 gran manto a chi del fango 1 guarda :
Che piuma sembran tutte l'altre some.
soddisfazione non sì paò tornare a Dio , cioè andar a stare (a) con
Dìo . ros\ spiegano il verbo matura il Landino e il Daniello ; e r'as^-
Slunge questo secondo in conferma il maturate fugam di Virff ilio (ój.
^ocabol. della Cr. spiega maturare detto qui, e nel v. 141 meta-
foricamente per dar fine ^ compimento. Non recando però esso altri
esempi che questi stessi dì Dante , riesce più sicuro il prenderlo nel
naturale , ed ovvio significato del Latino maturare .
9? Sosta un poco ec. : affrena per un poco , ferma , e dà pausa
per amor mio alla tua prima e maggior cura > che è di piangere per
presto purgarti . '^'iNTuai .
p^ /// sN^ all'in su. Volpi.
96 Di M, nel mondo — mossi ^ mi partii.
97 Dìretri^ dorsi, schiene.
98 Iirvolga*l ri fio a se, voglia il cielo a se rivolti •
9Q Srirrs quod epa ec. Accondiscende qui Dante all'uso de* suoi
tempi di volentieri mischiare air^taliano qualche Latino pexzetto {e).
^ ^1 Sigrn. rortirelli aggiunge che ciò Dante piuttosto fece per dino*
tare, che ì rontefici debbono essere dottrinati. Sum successore invece
di Jìii , ha il cod. Vat. N. E.
foo Siestri e Ch inveri , due terre del Genovesalo a levante Veh-
TUBi . — 5' nfiima , scofre ali* imo , al basso : lo stesso verbo , al me»
desimo significato adopera anche Federigo Freizi [d),
101 ioa Una fiftmnnn , un fiume, il 1 avagno — bella, di limpi*
da e copiosa acqua — p dei suo nome lo titol ec. t. Fona Adriano V
di casa Fìeschi rhe parla, ed accenna denomin^tta la ni lui famiglia
dal predetto fiume 1 Conti di Las^agno — fa sua cima , prende sua
orijLÌne .
io3 To4 Un mesce poco pili: un mese e nove giorni visse Adria-
ca) Vedi il Vocab. della Cr. sotto la voce tornare {. o. (fj) A€n$id. I lii*
(e) Vedi taf. I 65. (d) Quadnreg. lib. 5 cap. 17.
CANTO XÌX. sOS
106 La mia conversione , omè I fa tarda ;
Ma come fatto fui roman pastore »
Gos\ scopersi la vita bugiarda •
Ì09 Vidi che li non s' acquetava 1 core 9
Né più salir poteasi in cjuella vita ;
Perchè di questa in me s' accese amore •
US Fino a quel punto misera e partita
Da Dio anima fui , del tutto avara ;
Or , come vedi , qui ne son punita •
ii5 Quel ch'avarizia fa, qui si dichiara
In purgazion dell'anime converse ;
£ nulla pena il monte ha più amara •
118 Sì come r occhio nostro non s' aderse
In alto , fisso alle cose terrene ,
no Y nel FontìGcato — il gran manto y il manto ^pontificio per la di»
gnitit — a chi del fango il guarda , a chi non vuoi bruttarlo con ope*
re inde^e.
106 Omèj lo stesso che oimòy interìezion di dolore.
107 108 Come, per quando {a),. — Così allora ^ subito (b) — hi
9Ìta bugiarda: cioè bugiarda la speranza, che ci lusinga di poter ri«*
trovare piena contentezza in questa vita mortale . Venturi •
1 09 Zi , in queir altezza di stato . * Non si quietava , il cod»
Vat N. E. >1
no Poùesi la Nidob. , potèsi l' edizion della Or. e le moderne
legnaci . Ma come nwvìeno , faòeno , avìeno ec, fu scritto invece dì
movevano , facevano , avevano (e) » così poùesi dee per potèasi essere
scritto , e non potèsi . * I Cod. A'at. Chig. Caet. e quello del Signor
Poggiali leggono assolutamente poteasi • E poteasi noi quindi stampia*
mo . Aggiungiamo però a quanto dice il P. U l'esempio di Tasso (d)
E macchine vtdean^ ma non appieno
Riconoscer lor forma indi potieno • N. B.
ii5 ii6 Quel ch^ avarizia ec. Dal giacer legato mani e piedi col-
la faccia per tcn*a, che in purgazione dell'avarizia fanno qui quest*
anime convertite a Dio , si dichiara 1' effetto della medesima avari-»
zia , di rivolgere cioè tutto lanimo dell'uomo al danaro , e renderlo
incapace d' alcun buono operare • '*' Dischiara » il cod. Chig. e l'An*
tald.N. E.
ii8 119 Non s* aderse ec. Costruzione. Fisso alle cose terrene ^
non s* aderse (non si erse, non si sollevò) in allo» Merita d'esser
qui riferita la solenne scorbacchiatura , che fa al Venturi il Rosa Mo->
(a) V«di Cinoo. Partic, 55 i5. (fi) Lo stesso Partic, 61 8. if) Cinofl.
Tratt, de' verbi e. 6 (d) Gerue, lib. xviii 46« Vodi Mastro&ni Teoria é
Prospetto d$' verbi Italiani verbo potére n, 8.
a54 PURGATORIO
Co$\ giustizia qui a terra il merse •
191 Come avarizia spense a ciascun bene
Lo nostro amore , onde operar perdèsi f
Cosi giustizia qui stretti ne tiene
124 ^^ piedi e nelle man legati e presi ;
rando . Ifon ^ aidene ( chiosa il Venturi ) non adeA alte cose del de"
Io, Pare che la regolar costruzione riclùederebbe , che gueiP aderse con
isfroppiatifra maggiore da addrìzzare venisse non da aderire ; ma nercHè
qu^'sto aderse lo passa affatto sotto silenzio la Crusca , né altri v'è , che
in questo Hf noria lume , non so a che risolvermi , e qui mi fermo .
Oh (Hfncoltit insuperabile (esclama il Bosà) di questo aderse \
oh infernale oscuritli ! oh tenebre impenetrnbili ! Disperanti del succes-
so tacciono gli spositori : non ne fa parola la Crusca; e il povero
comentatore non na chi gli faccia lume , e non sa a che risolversi •
Avrebbe mai il licenzioso Dante fatto aderse dal verbo aderire ben-
ché faccia nel passato aderì ; o dal verbo addritzare , benché faccia
addrizzò nel passato ? T.a stroppiatura sarebbe grande > non però ma-
ravi?liosa in costui , che ricuso ogni freno di grammatica , e fu s^ so-
lenne sfronniator di vocaboli • Ma Dio immortale, è egli possibile che
il comentatore non si sia ricordato del verbo aderf(ere? É egli pos-
sibile che da un comentatore di Dante ^ che gli fa talora del critico
e del maestro , non si sia saputo ridur 1* aderse alla sua radice ?
jéderfiere nella Crusca a lettere majuscole vien registrato , e autoriz-
zato con questo verso stcssissimo , e con un passo d* Albertano da
Brescia; ndf^rgere vien registrato nM Indice del Signor Volpi , e si spo-
ne soll^'ire e drizzare. Questo verbo è fatto come presso i Latini
adamare aderrare e simili . Nello stesso modo adimare nel vewo *oo
di qursfo canto medesimo
Intra Siestri ^ e Chi a 9 eri s' aeìima .
O superbissimo ingegno umano, che stendi talora si audaci voli , a
che miserabili errori se' tu sogijetto!
Tortese le^gitor mio , se F invettiva ti sembra contro del Venturi
troppa , .dividila tu , e fanne parte a quelli che in Firenze parecchi
anni dopo stampate le dottissime osservazioni del Posa Moranao, han-
no ristampata la divina commedia colle chiose del Venturi , senza ve-
runo avvertimento. * È curiosa la lezione fosso, in vece dijisso, che
chiaramente hanno i codd. Vat. e Chig. N. E.
IQO ^ferse per abbassò , affondò.
lai A ciascun bene y intendi, bene vero,
laa Onde operar perdèsi, O perdèsi sta in vece di si perde , e
sarà per sincope detto in vece di perdessi; o sta in luogo di ^si perde »
in tempo presente, e sarà per diastole allungata coli' accento la se-
conda sillaba. Pi^ardo poi al senso : essendo l'amor del bene, del-
la virtii , elle ne fa opemre viiiuosaroente , vien di conseguenza che ,
spegnendosi dall' avarizia nell' uomo r amore a ciascun bene y debba
perdersi , cessare in lui ogni buona opera .
ia3 Stretti y dee valere impediti,
ia4 lVé*piediy e nelle man legati ec, : resi affatto inoperosi in pe-
na dell'inettitudine al ben fare cagionata loro dai legami dell'avarizia .
e A N T O X I X . a55
E quanto fia piacer del giusto Sire 9
Tanfb staremo immobili e distesi. :
IS7 Io m'era inginocchiato , e Tolea dire ;
Ma com' i' cominciai , ed ei s' accorse ,
Solo ascoltando , del mio riverire :
i3o Qual cagion , disse , in giù cosi ti torse ?
Ed io a lui : per vostra dignitate j
Mia coscienza dritto mi rimorse .
i35 Drizz£^ le gambe e levati su , frate ,
Rispose ; non errar; conservo sono
Te^o e con gli altri ad una potestate .
j36 Se mai quel santo evangelico «uono.
Che dice necfue nubent , intendesti ,
iqS Giusto sire. Iddio.
* Sospesi , il cod. Chìg. N. E.
i2y Io m^ era infinocchiato, come sì fa a parlare col Tapa .
laé lap Ma conC io ec: ma incominciando io cosi ingiuoccbia-
to a parlare , ed nccorgendosi egli ( pel solo ascoltare avvicinata là
mia voce a lui , non per vedere , perocché avendo queir ombre k
facce affisse al suolo (a) , non potevano vedere ) dell' atto mio rive-
renziale. — coni* i* cominciai , ed ei leggono l'edizioni diverse dalU
INideb. ( * che ha incominciai ed el . N. fc. )
i3o Ti tòrse , ti piegò.
i32 Mia coscienza dritto mi rimorse y così la ^*idob., e vai quanto
JLa mia coscienza rettamente , Giustamente mi diede stimolo <i questo do-
veroso atto . L' altre edizioni leggono Mia coscienza dritta mi ec. : m^
è bene che astengasi il Poeta aal milantar giusta la propria coscien-
za .* /)n7/rt , sottintendi in questa parte ^ in quest" atto , Così egregia-
mente il Biagif^j^ Perchè noi restituiamo volentieri l'antica lezione ,
che si conforta anche coli' autorità de'codd. \bì, e Chig. N. E.
* i53 Drizza le gambe , levati su ec. il Cod. '^'at. N. E.
i34 i35 iVo/i errar, conservo sono teco ec. * Abbiamo creduto dì
andar d' accordo colla comune nella parola conservo tralasciando il
che servo letto sulla Nidob. dal P. Lombardi. Conservus dice -il sagro
testo , conservo con gli altri leggono i Cod. Vat. Chig. Caet. Né conr
servo teco può intendersi pleonasmo nella nostra lingua ; poiché gli
eleganti scrittori ridondano di esempj dì simil fatta specialmente nel
con teco ec, N. E. Piglia queste parole dall'Apocalisse, dove é scrit-
to , che inginocchiandosi Giovanni Evangelista a* piedi dell' angelo ,
ricusò r angelo tal onore dicendo : P^de ne Jeceris , conservus tuus
sum el fratrum tuontm (b) , LANDI^o . *
1 36 1 37 1 38 Se mai ec. Evangelico suono , per Evangelico parla^
(a) Versi 73 e 118 e segg. (/») Cap. 19 f. 10.
a66 PURGATOBIO
Ben puoi veder perch' io così ragiono •
ìZq Vattene ornai; non vo' che più t\rresti,
Che la tua stanza mio pianger disagia f
Col qual maturo ciò che tu dicesti •
à/^% Nepote ho io di là e' ha nome Alagia ,
Buona^ da se j pur che la nostra casa
Non faccia lei per esempio malvagia ;
£ questa sola m' è di là rimasa •
re •— Neque mthent : due parole della risposta fattif da Gesh Cristo
ai Sadducei per trarli dell'errore in coi erano, che anche nell'altra
▼ita fossero matrimonj (a) : e supponendo Dante essere qu\ in tersa
il sommo Pontefice sposo djella chiesa , e perciò ancfaft di Martino IV
dicendo, che
Ehhe la santa chiesa in le sue Braccia (h)
stende tacitamente il parlar di Gesii Cripto. contro de' Sadducei a di-
chiarare sciolto neir altra vita questo medesimo sposalizio tra il Som-
mo Pontefice, e la chiesa.
i4o Stanza per dimora, detta dagli altri Italiani scrittori. Vedi
il Vocabolario della Or. — * Purgar invece di pianger ha il Cod. An-
tald. N. E. — disagia , propriamente varrebbe scomoda , ma qui vale
impedisce.
i4i Maturo^ accelero . Vedi la nota ai versi 91 e 91 — ciò che
tu dicesti , ciò , che tu intendesti dicendo ( nel citato verso 92 ) Ovel
ioìua 7 qiude a Dio tornar non puoi , la soddisfazione cioè alla oivi-
na giustizia .
ifyi Alagia, de* Conti Fieschi Hi Genova, nipote di Papa Adrian
no V. , maritata , come alcuni scrivono , al Marchette Marcello Malespi-
ni . Volpi .
143 144 ottona da se j purché ec, : buona e da bene per se por
che il cattivo esempio della sua famiglia non le faccia cangiar natu-
ra, e di buona, malvag'a diventare. DIniello.
145 £ questa soia ec. , quasi dica : di congiunti a* quali tu possa 9
giusta r esibizione tua (e) raccomandarmi, non ho cM^questa sola ni-
pote . * Di là m' è rimasa , il cod. Vat. N. E. •
(a) Marc, la v. aS. (J>) Parg. xxiv aa. (e) Vers. yS $$.
Fine del «ante decimenone •
««7
CANTO XX.
ARGOMENTO C)
Dimostra il Poeta , che $$guiiando il cammno ^ dopo alcuni etimpj rae*
oontàii da Ugo CiapeUa , di povertà , di. liberalità 9 # «T avarila «
0k€ si purga in questo girone » senti tremare il monte ; ondi le anime tut*
te si misero a cantar gloria a Dio .
1 vjontra miglior voler voler mal pugna ;
Onde contra '1 piacer mio , per piacerli ,
Trassi dell' acqua non sazia la spugna •
4 Mossimi , e 'I duca mio si mosse per li
Luoghi spediti , pur lungo la roccia ,
Come si va per muro stretto a* merli :
7 Che la gente , che fonde a goccia a goccia
Per gli occhi'I mal che tutto! mondo occupa ,
I a 3 Centra migiior ec. Tra due voleri , o sìa deslderj contrari
vìncendo sempre il mi^iorey cioè il più premuroso, avvenne quindi
eh* essendo in Dante pia pfemuroso il desiderio di compiacere Adria-
no , che comandato aveva lui di partirsene , di quello fosse il desi*
derìo di compiacere se medesimo col proseguire ad interrogarlo d'al-
tre cose , si partì perciò colia spucna non ben saua tT acqua , colla
brama di sapere non del tutto soddisfalta.
4 5 Mossimi ec. : O per sinchisi trasportasi la particella pur dal
primo nel secondo verso del terzetto , a far senso : mi mossi , e si
mosse pure il duca mio ec. , ovvero per ellissi ; per li luoghi spediti pur
lungo la roccia, VBÌe quanto per i luoghi voti lasciati da quelle diste-
se anime pur^ solamente, lungo la roccia ^ in vicinanza cioè della so*
prastante ripa , occupando le anime V altra parte della strada verso
il vano : come dirà nel seguente terzetto .
6 Come si va ec. come si cammina su i muri , che nelle rocche
formano un viottolo stretto , contiguo ai merli •
7 8 Che la ec. In vece di dire , che a goccia a goccia versando
lagrime purgavano quelle anime il mal dell' avarizia , dice per bellit-
C) Argomento metrico del celeWe GaspiTe Goni .
Mentre pel balxo va , dove si piange
Avara voglia , cke tenne ristretta
La mente al mondo , che acquistando s* anga :
Trova il Poeta starsi U{;o Ciapetta
Fra qaegli afflitti . che de' suoi si lagaa ,
E sopra lor predice aspra vendetta :
Poi Itamar «aaia alfia V alia montagi» .
96$ PURGATORIO
Dall'altra parte in fuor troppo s'approccia.
10 Maladelta sie tu, antica lupa ,
Che più che tutte l'altre bestie hai preda ,
Per la tua f^me senza fine cupa I
i3 O ciel , nel 4mm girar par che si creda
Le condizion di quaggiù trasmutarsi j
Quando verrà per cui questa disceda ?
j6 Noi andavam co' passi lenti e scarsi ;
Ed io attento all'ombre, eh' io sentia
Pietosamente piangere e lagnarsi ;
sima metonimia che fondevano ^ versavano , cacciavano fuori di se a
goccia a goccia 1* avarizia stessa . Di fondere al senso ili \?ersare o
spargere ec« , uniformemente n quello' a coi s* estende il Latino yrm-
aere , vedine altri esempj nel \ ocabolario della Crusca • — * Per
gii occhi il eiuol i il cod. t^hig. N, E. — Occupa colP accenti nrl/a pe-
nultima ^ rima sforzata ( rimprovera il Venturi ) ; come sopra ( f. /{ >
quella dei due monosillabi per li nella fine del verso , piti del bisosrno
imitata dalC Ariosto , A dire però occitpaxn vece d* occupa non si ha
a fare maggiore sforzo di quello facciasi comunemente da tutti grT-
taliani poeti nel dire um^le in vece d'umile: né un discreto usp del-
la diastole fu da veruno mai condannato. Che poi imitasse 1* Ariosto
alcuna licenza di Dante , ciò torna in maggior discredito della sofi-
sticheria .
9 Dair altra ec. Ne dà in certo modo a capire che volentieri es*
sì poeti per rispetto a quelle anime scelta avreohero la parte men no-
bile della strada, quella cioè verso il vano del monte; ma cho quel-
le anime tanto si appressavano al vano (in gastigo forse intendendo
del vano loro piacere nelle terrene ricchezze,) che non lasciavtuo di
lù strada da camminare . Approcciare per accostarsi adopralo il Poe-
ta anche Inp xxiii /|8 , e dee, com*ivi si dice, esser tolto dal i ran*
cese apprtìcher,
10 Sie per sii {a) — antica lupa appella T avarizia; lupa per le
cagioni già dette, Ìnf. i 49; antica perocché stata sempre al mondo.
la Senza fine cupa^ vale lo stesso eh profonda senza fine ^ o sen"
za fondo , ì\ per capire come stia bene applicato alla fame uu tal ag-
giunto, basta avvertire, che Taggettivo sdondolato, che propriamente
vale senui fondo , trasportasi da Toscani scrittori a signincare insazia*
bile (y .
!.'> I f O del nel cui girar ec. Accenna l'opinione rimproverata
agli uomini (fa Marco Lombardo nel xvi di questa cantica i'. 67 e segg.
f^'oi , che vivete , ogni caj^ion recate
Pur suso al cielo , si come se tutto
Movesse seco di neressitat*' .
i5 Per cui , ellissi, in vece di quello per cui ; e dovrebbe intcn-
((i) Vedi MastroBni Teoria e Prospetto de' verbi Italiani sotto il verbo esse-
re n. 17. {l>) Vedi il Vocabolario della Cr. alla voce sfóndolato •
CANTO XX. 96(9
J9 £ per ventura udi' : dolce Maria ;
Dinanzi a noi chiamar così nel pianto ^
Come fa donna che 'n partorir sia .
d2 £ seguitar : povera fosti tanto y
Quanto veder si può per quell' ospizio ,
Ove s{>onesti 1 tuo portato santo .
a5 Seguentemente intesi : o buon Fabbrizio »
Con povertà volesti anzi virtnde ,
Che gran ricchezza posseder con vizio .
s8 Queste parole m'eran sì piaciate j
Ch' io mi trassi oltre per aver contezza
Di quello spirto onde parean venute .
3i £sso parlava ancor della larghezza
Che fece Niccolao alle pulcelle ,
Per condurre ad onor lor giovinezza •
34 O anima , che tanto ben favelle y
Dimmi chi fosti , dissi, e perchè sola
dere qael medesimo , che sotto il nome di sfeltro intese nel i dell'IiiF.
V. loi cioè Can grande della ^cala — disceda ^ in grazia della rima,
per se ne parta y dal f. alino verbo discedere.
ai In partorir y nelle acerbe doglie del parto . Vehtuii .
a3 'ìf\ Queir ospizio y intende il presepio, la capanna di Betlamr
me — sponesti , vale deponesti , cos\ anche Tnf. xiv i3o — portato ,
lo stesso che parto . Vedi il Vocabolario della Crusca •
a5 Fabrizio , consolo , e capitano de* Romani contra i Sanniti , e
contra il Be Pirro. Tostui fu ai sommo valore, e nemicissimo dell*
avarizia , cosicché elesse di vivere poveramente , e ricusò la pecunia
offertagli dal detto l'è per corromperlo* Volpi.
3o Parean la Nidol>eatina , ed altre antiche edizioiù; parèn V edi-
zioni della Cr. e le seguaci moderne {a): ^ e il Cod. Tat. N. E.
32 33 Della larffhezza ec, della cortesia e liberalitii, che s. Nic-
eolao ( Vescovo di Mira , e non di Bari , come dice il Volpi , ingannato
dall'appellarsi volgarmente 5. Niccola di Bari , per essersi a questa cittì
trasferita la di lui sacra spoglia) usò con quelle tre palle d'oro,
con le quali si dipinge ( benché alruni dicano, che furon sacchetti
di danan } a quelle tre pulzelle, che il padre poverissimo era costret-
to a lasciar m;>l capitare ; ma da questo santo ajutato le maritò one-
stamente . * IVicolò , il Cod. Chig. N. E.
(a) VediUnoU aUix aeU'Inf. v. i€.
970 PURGATORIO
Tu queste degne lode
37 Non fia senza mercè la tua parola ,
S' io ritomo a compier lo cammin corto
Di quella vita , eh' al termine vola.
4o Ed egli : io ti dirò , non per conforto
Ch' io attenda di là 9 ma perchè tanta
Grazia in te luce prima che sie morto .
43 Io fui radice della mala pianta
Che la terra cristiana tutta aduggia
36 Lode e lodi nel plural numero , come loda e lode nei sin-
golare •
38 S'io ritorni^ ì CodJ. Vat. e Chig. N. E. — Compier. Di com-
pière coir accento autla penultima sillaba , ad imitazione del Latino
compiere , vedine accennati esempj anche d* altri scrittori . llastrofini
Teoria e Prospetto de* inerbi Italiani (a) •
39 Di ouella vita che ec. della mortai vita .
40 4> ^^ ^<"> p^^ conforto^ ch* io attenda di là. Il Vellutello e
Daniello non fanno au\ altro che ridirci , che non attendeva Ugo di
quii conforto, il percnò non lo cercano. Il Landino, seguUo dal Ven-
turi , chiosa che pel conforto , che dice Ugo Ciapetta di non atten-
dere dal mondo nostro, intendasi conforto m fama, e non ^tà di ora-
sioni . Osservando io però da un canto essere questa esibizione , che
fa Dante ad Uffo , simile affatto alle esibizioni hu qu\ fatte dal mede-
simo , e ad Aoriano Papa , e a tutte quelle purganti anime con le qua-
li parlò ; ed essere cotali esibizioni state sempre intese di ajuto «i'o-
razioni , e non mai di conforto di fama : e dall' altro canto rifletten-
do che non fanno mai da altri quelle anime chiedere ajuto dì ora-
zioni fuor che da' loro congiunti (^) : per questi motivi pare a me
piuttosto , che sia questo un de* più aspri motteggi contro i disceuden»
ti d' Ugo , ( per ragion massime del danno a se ed a' suoi comparti-
tanti Bianchì recato da Carlo di Valois ) facendo ad Ugo supporre i
discendenti suoi diversi da quelli , che devono essere gl'intercessori per
le purganti anime : Da quei , cioè , ch* hanno al voler buona radice (e).
-— Grazia , di veder questi luoghi — in te luce , per in te si mostra •
43 44 ^^ J^^ radice ec, fui principio della stirpe nuova ( della
terza ora reeuante stirpe } de' He di Francia ; la quale chiama mala
pianta , perchè vuol dimostrare , che in quella schiatta furono molti
Cattivi Re . Landino — Che la terra cristiana tutta aduggia. U^a , ond'
è'I verbo aduggiare ^ è ( chiosa il medesimo Landino ) ombra ^ la qua*
le nuoce . Aduggìare adunque cotal pianta tutta la cristiana terra , va-
le quanto apportar essa colla stesa sua potenza cat ti v* ombra , cattivo
influsso , a tutta la cristianìtli .
(a) Sotto il verbo compi$r$ n. i. (b) Così , per cagion d* esempio aeU'
vili di questa cantica v, ^i cerca Niao Visconti ajato dalla figlia Giovanna :
•os\ nel XIII della stessa cantica v. iSo raccomandasi SapVa d' assefa licordata
a snoi propinqui ec, (e) Purg. ax 33. Vedi qaalla nota.
e ANTO XX. 171
Sì che buon frutto rado se ne schianta .
46 Ma se Doagio , Guanto , Lilla , e Bruggia
Potesser , tosto ne saria vendetta ;
Ed io la chieggo a lui che tutto giuggia •
49 Chiamato fui di là Ugo Ciapetta ;
ì
5 Se ne schianta , per se ne stacca , se ne coglie .
6 47 Doagio , Guanto ec* Nomina alcune delle prìncipall Cìitìt
Fiaminghe per la Fian^lra tutta , occupala parte con la forza , e parte
con false lusinghe dal He di [ raficia lilippo il Bello nell'anno 1399 (^)*
Doagio (detto dai Latini Duacum^ oggi Do\^ai) j e Guanto (Gand)
scrive por Gio. A illani (b) — * Doagio Lilla Guanto e Bruggia , hanno
ì coda. Chig. e Antald. , e ì* illustre possessore di qucst* ultimo osser-
va : Così geograficamente trova situate queste città chi di Francia sfa
nelle Fiandre • N.K. — Tosto ne saria vendetta . La vendetta , cioè la san-
guinosa cacciata de' Francesi dalla Fiandra era già successa quando
scriveva Dante queste cose ; e la speranza , à'v fresco rìaccennata nel
V» i5 in Can Grande, n' è una delle cento riprove: imperocché non
{poteva, com'è detto Inp. I loi , entrar Dante ragionevolmente in ta-
e speranza se non verso il i3i8, e la cacciata de Francesi dalla Fian-
dra avvenne, dice Gio. Villani, adih ai di marzo y li anni di Cri--
sto i3o3 (r). Fingendo però i^ante, come altrove spesso è stato avvi-
sato , questo suo viag;j;io all'altro mondo nel i3oo, non poteva que-
sta vendetta se non fare desiderata , e pregata . N'e faiian vendetta
legge il Daniello .
4 8 Chcggio , non da chiedere ma da chedere , verbo adoprato da
altri antichi scrittori {d) — a luì j che tutto giuggia al supremo ed
Qiiiversal giudice , Iddio . Giug:j^'ate per giudicare creile il Bembo che
prendesse Dante dal Trovenzale idioma (e) . Del giudizio del Bembo
in jmateria di Provenzale poco fidasi il Venturi ; e ne allega per te-
stimonio il Castelvetro . Ma se non tolse Dante giuggiare dai Proven-
zali, dee certamente averlo tolto dai Francesi, che per giudicare di-
cono Jugery e pronunziano la j consonante con molta somiglianza
alla g nostra • O però da'Francesi , o Provenzali si togliesse Dante one-
sto verbo, poco importa; se il potè, per arricchire la nascente Italia-
na favella , lodevolmente togliere : ne si può senz' ira udire dal Ven-
turi , che fossevi Dante preso per il collo dalla rima .
/|9 Chiamato /tti di là Ugo Ciapetta. Bisogna avvertire, che per
quest* Ugo Ciapetta non intende Dante Ugo Ciapetta , o Capeto il pri-
mo de'Ae Capetingi; ma il di lui padre, detto da altri Ugo Magno y
Duca di Francia , e Conte Parigino {/) : altrimenti mal farebbe da
quest' Ugo dirsi v. 58 e segg,
Ch* alla corona vedova promossa
La Usta di mio figlio fu , dal quale
Cominciar di cosior le sacrate ossa .
Il Vellutello dalle croniche scritte da Ruberto Giacquino , e Si^
(a) Vedi tri tli altri Qiovan Villini lib. S cip. 32. (b) Lib 8 cip. 19
tà altrove, (e) Lib. 8 cip. S€« (d) Vedi la nota Interno xv 120 (e) Pro/ 1 31,
(A Vedi per cagion d'eiempio stemma Uugouis CapeU aggi nato al Peuvi*
Aat. lemp.
AJt PURGATORIO
Di me son nati i Filippi e i Luigi ,
Per cui novellamente è Francia retta .
Sa Figliuol fui d'un beccajo di Parigi.
gisherio , e Vìncenti Bauvais , e da Piccoletto Cilles , tuUi Fnuuesi f
riferisce che y dopo il He di Fronda Carlo Grasso , /u coronato Rm
E ad; Conte di Parigi , Jigliuolo di Ruberto Conte d* Angiers , e fra*
tello di Riccardo Duca di Borgogna , e di Ruberto Duca d^ Acquila'
nia , che fu padre del Sfagno Ugo Ciapetta Conte di Parigi , padre
del Re Ugo Ciapatta.
Il Venturi nondimeno , il quale , per criticare a questo passo
il Landino ed il Votpi , ci rimanda al comento del Vellutello , come
se questi dal Vellutello citati non confermassero la distinsio^e de*daa
Ughi , rimane nella supposizione , che uno solo sia stato l' Ugo Cia-
petta, e ci aggiunge, cne gC istorici dicono comunemente ^ eh ei fece
elegger Re se stesso (a) .
5o 5i / Filip fi e i Luigia per cui ec. Parla a questo modo , pe-
rocché dalla morte d*£nrico I del 1060 fino al tempo di Dante noa
erano stati Re di Francia che Filippi , e Luigi . "^ Francia è retta^ il
Cod. Antald. N. E.
5i Fiffliuol fui ec. Ugo Ciapetta detto il .Va/^o è che favella , co-
me si è detto al v. 49 11 padre di lui , per le croniche poco anzi
dal Vellutello riportate , fu lloberto Duca d' Àcquitania ; e lo stesso
affermando anche altri storici (b) v' aggiungono per avolo altro Ro-
berto Duca di Francia , soprannomato 1/ forte . O adunque quelle me-
desime viete croniche, nelle quali dicono Gio. \illani {e) eUl>andi-
uo di aver letto simile stravolgimento di genealogia, hanno incon-
trato il genio del nostro Poeta esasperalo, com'è detto, contro del-
la casa di Francia , ovvero coli* autore delle note a questo poema nell'
edizion di lione 1671 si dovrà intendere appellato il padre, d'Ugo
beccaio j macellaio, metaforicamente; per aver esso cioè fatto lavorar
mollo il carnefice a punizione de' malviventi : perchè (sono parole
delPaulore) in Francia quando si fa giustizia di moltitudine di gente ^
si suol dire il 5' est fnict une grande bouchere , che vuol dire s* è fai"
to Ulta grande beccherìa. Il prefato autore supponendo che Ugo il
primu de' He Capetingi sia colui che qu\ favella , ascrive cotal rigore
di giustizia al padre di lui Ugo Magno . Chi però ha per buona que-
sta interpretazione , ed intende con noi che sia il medesimo Ugo Ma-
gno che parli, potrà ascrivere lo stesso rigore al soprammentovato
padre di lui Roberto . * Noi aggiungeremo che il Sig. Cavaliere Ar-
taud {il) conviene, che desso fosse Ugo Magno, il quale facea gran
giustizia de* rei riportandosi al qui sopra citato ditterio di sua nazio-
ne. \ero si è però, che da questa densa cortina che la storia sem-
bra abbia temuto di squarciare , può agli acuti occhj de' critici tra-
sparire qualche oggetto che paja degno di Satira . Non essendo noi
di quelli , che quasi Mitologi antichi ripeton le origini delle famiglie
Sovrane da Giove , e la nobiltà dai prodigj de* falsi semidei , doman-
deremo col Sig. Portirelli ai nostri lettori « di grazia e forse piii no-
•0) Vedi U di lui noia al e. 55 e segg- (k) Vedi'l precitato stemma
Hugonis Capeti . (^ Croniche Ub. 4. cap. 4. (iQ Notat da Chant %x du
Purj;aj- pag. 3a3 e seg.
e A N T O XX. 178
Quando li regi antichi venner meno
Tutti , fuor eh' un renduto in panni bigi ^
55 Trovami stretto nelle mani il freno
Del governo del regno , e tanta possa
Di nuovo acquisto , e si d' amici pieno ,
58 Ch' alla corona vedova promossa
La testa di mio figlio fu , dal quale
Cominciar di costor le sacrate ossa •
hiie quello che fa macello d! Uomini , che quello die non ammanta che
Bestie! N. F.
53 ai 60 Quando li regi ec. Quanto veggo, tulle T edizioni , cho
atloprano punti e virgole, pongono in fine del precedente vers. Sa
uoa virgola , e nel ime del 54 un punto fermo . A me è parso di do-
ver anzi fare tutto il coiUrario . Imperocché auanto i due versi Quan^
€Ìo li rem antichi venner meno Tutti ^ fuor eh* un renduto in panni bi^
gi non hanuo di connessione coi precedente fif^iuol fui d^ un becca*
io di Parigi , altrettanto hanno essi due versi di attaccamento a ciò
che viene loro appresso Tro\^àim stretto ec, — Quando li regi antichi
venner meno : quando fini la schiatta dei Re di Francia Carolingi ,
ch'era durata circa tre secoli — Fuor che un rendalo in paniti bi»
gi ; toltone uno (chiosa il Venturi), che si era già fatto monaco^ di-»
ce il f^olpi seguendo il Landino ; ma il ^ellutello , c/ie tesse l^iHuslre
genealogia , vuole inteso Carlo di Lorena zio paterno delT ultimò He di
quella stirpe, che si. dilettava , per essere di genio molto solitario e
malinconico , di aver abiti di quel colore . Che sia di ciò , certo è ,
che non si posson tener te risa nel leggere Daniello , che dice es-
sersi quest'unico rampollo di Carlo Magno reso frale dell'ordine di
S* Francesco; ed aggiungendo anacronismo ad anacronismo , ilice ^ che
questi sarà probabilmente stato S» f^dovfico; non correndovi meno di
due secoli tni '/ tempo di cui qui paria Dante , e quello in cui vissero
S, Lodovico , e S, Francesco . Forse Dante , confondendo le istorie an-^
tiche , e 'riniote da* suoi tempi , fa seguire nella mancanza della secon--
da stirpe de* Re Francesi Carolingi ciò che accadde nel f ni r della pri*
ma de Merovingi , quando V ultimo Re di questa Childerigo IH come
stupido fu deposto nel 'j5 1 e fatto monaco .
Se il Venturi quant'è piò arguto critico del Daniello , fosse stato al-
trettanto svegliato comeutatore di Dante, avrebbe scorto chi potè'l 1-oe-
ta intendere per queir<//i renduto in panni bigi , senza bisogno di du-
bitare che coufonda egli le istorie anticbe , e i Carolingi coi Me-
rovioffi .
Il Vellutello , che pur il Venturi loda , riferisce che , morto Lo-
dovico ultimo he de* Carolingi , rimase il di lui zio paterno Carlo
Duca di Lorena ; e ciie armò validamente a pretender egli il regno
da Ugo occupato; ed altri storici dicono anzi, che il regno ottenes-
se ; e che gli fosse poi novamente tolto (a) . Or perchè non chiose-
(a) Alinola dt gtst, Fraueor, Ub.5. cap.45 , ei anche il continaatoie del-
la cronica i;a»cbiaiu ao. ^dj,
T.2. S
274 PURGATORIO
6i Mentre che la gran dote provenzale
Al sangue mio non tolse la vergogna ,
Poco valea, ma pur non fiaicea male.
rem noi , che^ bigi , cioè di vii colore , appellando Dante gli abiti da
addito per rapporto allo splendore del regale ammanto , dica per-
ciò Carlo renduto in panni ìfigi in vece di dirlo della regale porpora
spogliato ? * Non ci sembra inutile di dire , che il Sig. Ca?aliere Ar-
taud he. cit. non contrasta punto questa opinione. N. £• — possa di
nu(h*o acquisto , dee valere quanto copia (ù ricchezze nox^eliamenie ac-
quistate , metonimia , rapporto al potere che* le ricchezze cagionano
. —~ e sì (fumici pieno la Isidobeatina , e piii d amici pieno l'altre edi-
siioni * e il cod. Vat. N, K. — pieno per abbondante — corona ve-
iiova^ catacresi , per vacante, in occasion della morte di Lodovico V
ultimo ì*e Carolingo . — la testa per tutta la persona , giusta sined-
doche , essendo la testa quella parte che la corona sostiene — dal
quale cominciar ec. dal anale discesero l'.ossa sacrate (forse perchè
consacrali e unti Ke ) de Filippi, e de'Luigi . Venturi. Se sacrate si
ha a intendere significare lo stesso che consagrate , non y' ha dubbio
che dalla reale unzione e consngrazione così appelli per sineddoche
Y ossa in vece delle persone loro . I vituperi però che ha Ugo inco-
minciato , ed è per seguitar a dire di cotesti suoi discendenti , dan-
nomi non leggiero sospetto , che sacrate adoperi miì , come altrove
sacrarla) , in senso di esecrande . Tanto più che nelle maledizioni 5X>»
no '\e,qssa quella parte che più si suol nominare.
5m£!2 o5 ìfentre che la gran dote ec, ( * dota , i codd. Tal •
Chig. ^^^-•) Fallano qui di grosso il Landino, Vellutello , Venturi,
e c|uanti mai chiosano essere Dante d' intendimento , che per essersi
i discendenti d' f^go stretti in matrimonio con femmine della casa di
IVoveiiza , ^i togliesse loro con tale parentela l'avito disdoro del bec-
caio, i)o)iiin ! Lbbe Ugo stesso per moglie una sorella di Ottone I
Imprrature (b) ; e prima (ii Luigi TX il santo Redi ] rancia , i Fratelli
del quale ed esso furono i primi che colla casa di Provenza s'impa*
reiitaroMo , erano gìh scorsi quasi due secoli e mezzo , e stati otto Re
tutti iiiipnrenlali colle magciori case d' Luropa .
ìAhìtìò j^ifcrgogna intende qui Dante in buon senso, per la lode-
vole erubescenza al mai oprare ; nò vuole che Ugo d'altro ne instruì-
6ca se non del tempo , in cui la di lui discendenza incominciò a rom-
pere i sacri cancelli della vergogna al mal fare, ed a buttarsi all'
usurpazione.
Anzi per questo motivo conviene scostarsi dal commi senso dei
prefati e di tutti gli espositori , che per la gran dote Provenzale in-
tendono r odierna Provenza , occupata , dicono , dalla Francia sotto
il nome tli dote , per due figliuole del conte Jiainiondo Berlinghieri di
Tolosa, signore di Provenza, maritate, una al predetto S. Luigi IX ^
e r altra a Carlo d Angiò di lui fratello y e fu; fu poscia Re di Sicilia
4f di Puglia .
Né (dico io) il Raimondo padre delle mogli de'due prefati prin-
cipi fu di Tolosa ; nò la Provenza avuta per esse in dote fu con for-
tn dalla Francia occupata, ma spontaneamente dal padre loro offeri-
^ ■ « ■ ■
(a) Purg. XXII 4o* (Jf) Peuv. Ratioa. icmp.fnxu i Ub« 8 €ap«i6«
G A N T O XX. ijS
fa ; né a tatti e due iasleme i prefati prìncipi fa assegnata , ma ani*
camentc a Carlo sposo delP ultima delle quattro figlie di Paimondo
di Pro?eoaa aTenuooe S. ì-uigi in dote della soa , ricevuto non sta-
ti, ma moneta (vedi per tatto questo Giovan Villani Croni lib. 6
cap. 6a , e vedi che Dante stesso nel l'arad. VI 128 e segg. parla af-
fatto convenientemente a Giovan \ illaui ) ; né finalmente cotal Pro-
venza» eh' e 1 odierna, sembra avere tanta estensione da potersi di-
re gran dote .
pro«
teggere la cattolica fede contro 1* eresia degli Alhigesì : della qaale
iavasione , dopo una lunga ed aspra guerra di ben diciassette anni ,
fa r attimo risultato , che si sposasse Alfoiiso , altro fratello di s. Lai-
gi , r anica figlia di quel Conte , e si prendesse in dote totti i di lai
steti (à).
Sai diritto di cotale invasione esservi insorti dei dispareri , abba-
stanza si può dedurre dalla lunga dissertazione stesa su di tal parti-
colare dal ^ atale Alessandro (b) : quantunque ne giudichi esso favore-
volmente a Filippo IT.
Gli stati di Kairaondo di Tolosa erano veramente tali da potere
convenir loro il titolo di gran dote : imperocché attesta il prefato Gio-
vanni Villani , che era il Conte di Tolosa ti mai^mor conte del mondo , ed
uvea sotto di se quattordici conti (e) ; riugliclmo Pirìttonc avvisa , che
possedeva questo principe tante città quanti giorni neiPanno (^). '^ Il
gik più volte lodato Cav. Artaud riporta in succinto questa istessa opi-
nione del Lombardi, nò la contradice in veruna guisa. N. £•
Rimane solamente ad avvertire, che alla IrOv^nza, non si mette*
va al tempo del Poeta , come oggidì da tutti , quanto veggio , i geo-
grafi si mette, per confine dalia parte di ponente il fiume Rodano:
ma che si faceva stesa moltissimo anche al di ih dal Lodano , fino ad
inchiudcre o tutti , o in gran parte almeno , gli stati del prefato Rai-
mondo. Giovan \illani deir altro Raimondo conte di Provenza par-
lando
Non
nn termine
radiso v, 5g chiosa , clie il lodano tlivide la Provenza , la cui destra
parte ( cioè verso l'olosa ) s* appartiene al He di Francia , e la sinistra
a auel di Puglia. Pietro di \ alle Cernai , scrittore alla nascita dell*
Alnigese eresia contemporaneo, parlando della venula de'Croccsecnati
Francesi contro di Raimondo e de'di luì popoli , venturi erant j dice»
cantra Provincialcs haerelicos {/)> td il iraininento storico de origine
Regum Francorum , nella raccolta degli antichi storici della J rancia
fatta dai Piteo , narrando il passar che fece Luigi Vili dalPespugua-)
to Avignone verso Tolosa ( che secondo la moderna geografia sareb-
be un uscire ed allontanarsi dalla Provenza ) Rex inde , dice , amòtef
exercitu progreditur per Provinciam , et redduntur ei pacijice civitatei^
Jbrtericiae , et castra omnia usque ad leucas qualuor a Tholosa . ^ |
Marliano , nella spiegazione de' luoghi commemorati negli scritti
di Giulio Cesare e di Tacito , dice che nelP ambito della Provincia
•*»'^.
(a) Petav. Raiion. temp. Fait 1 ììhjQ c*p-4« (M) ^^' *^l> dist.S éttA»
(e) Nel precitate li^. 6 csfw ^ {0t) PhUippides Ub. 8. (<) Nal ffCÌìMm
Uo(o. (/) Hisl. Albig. «ap. i^.
S 2
97<l PURGATORIO
64 LI cominciò con forza e con menzogna
La sua rapina ; e poscia , per ammenda 9
Ponti e Normandia prese e Guascogna •
67 Carlo venne in Italia , e y per ammenda ,
GalUa Romanorum prch'inciae seu metropoles Ehredunends , Tolottma ,
€f IVaròonensis prò parie includabantur. Questa probabilmente sari stata
la ragione che continuassero fino ai tempi di Dante ad appellarsi lati-
namente Prthfincia , e volgarmente Proi^énza i medesimi rilerili luoghi.
sa evidente, ed è non meno manifesto Pinganno del I^ombardi e di
chi pensa come lui , come per la gran dote Provenzale , il i^oeta ac*
cèbna il matrimonio di Carlo T di Francia , conte d* Angiò , fratello
di S. Luigi colla figliuola ed erede Hi Berengario ITI , conte di Fro-
Tenta. L'acquisto della contea di Provenza nel 134^ fu principio aÌ->
la fortuna di onesto Carlo , capo della prima casa d'Àngio. Nel 1369
fu investito del Regno di Sicilia e di Puglia • Perde la Cicilia , è ve-
ro, nel laS^ » epoca del famoso vespro Siciliano; ma si conservò il
trono di Napoli , che fu occupato dalla prima casa d' Angiò sino al
i38a , anno della morte della sventurata Giovanna di Napoli. Adun-
que se non può chiamar la Provenza per se gran tlote , la può dir ta-
le pei grandi acquisti , ai quali essa aprì la strada alla sopraddetta
casa . BiAGioLi • N. E. — poco valea , aveva ristretto dominio e forze
* Poco potea y il co^. Antald, ^• E. — ma pur ^ ma almeno (a)»
64 65 66 Lì cominciò , intrudendosi negli stati di Kaimondo — con
menzogna , sotto il pretesto d'estirpar l'eresia . — per ammenda , iro-
nicamente detto qu\ e ripetuto in seguito due altre fiate , quasi dica
per emendare un fallo commessene un altro — Ponti , e IVorman-
dia prese , e Guascos^na . "^ Questa è la volgata lezione , die anche
il P. L. stima doversi preferire alla Nidobealina , da luì adottata nel-
la prima Edizione , Ponile yormandi prese eia Guascogna. Vedi Ksà-
ME DELLE CORSEZIONI CC. dcllo StCSSO \\ L. TomO T. p. XXIX. Il CoD.
Cabt. legge come la volgata . N. K. Pont) deve intendersi la Contea
Stessa del Pontbieu regione della bassa Picardia . Per altro ( rimbrot-
ta il Venturi ) la ìVormandia fu tolta dal ile Filippo II a Giovanni Re
d Inghilterra , prima deW acquisto della Provenza. Varie volte, come
nelle storie si può vedere , si presero i iie di Francia e d' Inghilter-
ra questi ed altri stati : e trovasi molto adattabile al sentimento di
Dante ciò che narra Lamberto Silvio, che al tempo del Re d'Inghil-
terra Arrigo III (che sopravvisse a Filippo II ed all'acquisto della
Provenza anni parecchi assai ) {p) furono le memorate provi ncie dal-
la Francia ritenute contro la promessa data di restituirle {e),
67 68 69 Carlo venne in Italia ec. Carlo Duca d' Angiò summen-
(a) Vedi Cinon. Partic, ao6 i. (b) Mori Filippo il nel iia.H e gli staci
il Raimondo di Tolosa stabilironsi alla Francia in dote del 1229, ed Arrigo ili
Bad' laghi Iterra mori nel la^B. Vedi tra gli altri Pecavio Radon, iemp. parct
ttb. 8 cap. aa e lìjb. 9 cap, 4 « • Laca di Linda Dtscfisioaa dei mondo iih» $
(0) Fior» dngUc. Hanrìc, nL
CANTO XX. «77
Vittima fé' di Curradino , e poi
tlipinse al ciel Tommaso , per ammenda.
70 Tempo vegg' io 9 non molto dopo ancoi ,
Che tragge un'altro Carlo fuor di Francia ^
Per far conoscer meglio e se e i suoi .
73 Senz' arme n' esce , e solo con la lancia
Con la qual giostrò Giuda ; e quella ponta
Sì , eh' a Fiorenza fa scoppiar la pancia •
forato , fratello di S. Luigi , venne in Italia ad impossessarsi del re*
gno di Sicilia e di Puglia discacciandone non solamente Tiniqno pos-*
•essore Manfredi , che colla morte di Currado se n* era reso padro-
ne; ma privandone eziandio della giusta eredità e della vita Curra-
dino figlio di Currado (n) — Vlit^mafe y quasi dica sacrificollo alla
propria cupidigia — Jiininxe al ciel Tommaso , quasi di nuovo pinse
r anima di Tommaso al cielo ^ onde fu fiata; imitando la frase delP
Ecclesiaste Reverlatur puhis in terram suam , et spiritus retteat ad Deum ,
qui dedit illum (b) . Del medesimo intendimento sono anche il Daniel-
lo , ed il Venturi . Hipìgnere. però e ripingere avvisa il Vocabolario
della Crusca adoprasi talvolta per semplicemente pignere ; nò vi ha ri-
pugnanza che sia questo un de* luoghi ove a cotal senso ristringasi •
Quanto poi all'istoria appartiene , ò fama , dice il Venturi , e lo scrìs-
se il Villani (e) , che questo Carlo per opera d* un suo medico fa-
cesse avvelenar S. Tommaso d' Aquino , mentre era in cammino per
andare al concilio di Lione ; temendo che sii dovesse e«ser contrarìo.
* Il Postillatore del Cod. Cass. spiega , che hocfecit timendo ne ad Pa^
patum veniret . N. E.
'jo Veg^ io la Nidobeatina , ^^ggli io V altre edizioni . — ancoi
per oggi : vedi ciò che s' è detto di sopra di questa voce nel xiii
di questa medesima cantica v. Si • Essendo Carlo di Valois , di cai
entra quìa parlare, venuto da Francia in Italia nel i3oi [d) y bene
fa preaire, che la di lui venuta sarebbe stata fion molto dopo ancoi ^
cioè non di lungo tempo posteriore a quel- giorno in cui Ugo cosi
favellava ; eh' era , come pili volte è detto , un giorno a aprile
del i5oo.
71 Tragge ( da traggere y che trovasi detto in luogo di trarre (e))
Tale qui quanto inviasi [f) •
72 Per far conoscer ec, per far conoscere la maligna natura sua.
• de' suoi. Venturi. * E se e suoi ^ i codd. Chig. e Antald. N. E.
73 74 70 * Senz* arme n esce ^ solo ^ e colla lancia^ bella leziona
eie' Cod. Vat. e Chig . N. E. — Sent^ arme ne esce ( intendi , dalln
Francia ) cioè senza esercito . Giunse ( scrive Gio. Villani ) Messer Car-^
lo Conte di f^alois ^ e fratello del He di Francia (Filippo il Bello)
con piii Conti , e Baroni , e con 5oo. Cavalieri Franceschi in sua com*^
(c^ Vedi Gio. Villiai Ui^. 6 cap. ^4 e segg. (^1) Gap. 12 v. 7 (^ Gio.
Villinilib. 9cap. ai8. (>) Gio. Villani lib. 8 eap. 48. (e) Vedi Maser ofial
Teoria e Prospetto de' verbi Ital, sotto il verbo Trarre num. 1. (4) Veéi
Il Vocabolario della Crasci sotto il verbo Tirare l, 10. '^ .
37* PURGATORIO
76 Quindi non terra , ma peccato ed onta
Guadagnerà 9 per se tanto più ^ave 9
Quanto più lieve simil danno conta •
79 L'altro che già uscì , preso di nave ,
Veggio vender sua figlia , e patteggiarne
Come fanno i corsar dell' altre schiave •
pagnia (a) . Bensì adanqae con grande corieggio 9 ma senz* arme « £
però dice 1* autofse delle Jlf emorie per la vita di Dante , che Ronifa-
«io VU\ /omiio Carlo dì danaro e iti t ruppe y lo inviò a Firenze {b^
-** solo con la lancia , con la qttal giostrò Giuda: cioè con tradimenti
e frodi . Venturi . Promise Carlo ( scrive Giovan Villani (e) ) di con^
senfare la città in pacifico e buono stato. Ed io scrittore fui a qtiestè
cose presente • Incontanente per lui ^ e per sua genie fu fatto il conlra-
dio — ponta , spigne — Sì , ch^a Fiorenza Ja scoppiar la pancia : per-
chè (chiosa il larndino) in que' tempi la nostra Repubblica era re-
fertissima dimoiti cittadini, e di somme ricchezze; e gli fu cagione
di vacuarta dell' uno e dell' altro per molte occisioni ed esilj • Diver-
samente il Vellutello e gli altri spositori chiosano, che^à scoppiar la
pancia vaglia quanto la fa di pena e dolore crepare.
76 77 78 Quindi non terra ec. Vellica il soprannome eh' ebbe
esso Carlo di senzaterra , perché non giunse mai ad impossessarti
d* alcuna regione : e reputa ciò giustamente avvenutogli in gastigo del-*
le sue m -le procedure — tanto piit grave quanto piit ec. perchè 1^
dove il rimorso della conscienza è minor del delitto, quivi si ricer-
ca maggior punizione. Vellutello .
79 «o 8i 1/ altro, rlu e^à uscì, l'altro Carlo, che già è uscito
di Francia . Detto avendo di farlo di Valois , che" uscirebbe di Fraii-
cia , perocché non usci che del i!^oi. anno consecutivo a quello in
cui Dante flns^e di aver fatto questo suo viaggio ; parlando ora di
Carlo ^1. fìcflin di Carlo T. iJe di Sicilia e Puglia, dice che già uscì f
imperocché era uscito di Francia pe'l riacquisto della .Sicilia , viven-
te ancora suo patire, del laSa. nell'anno stesso del Vespro .Sicilia-
no (d) — preso di nave, o la particella di per in {e), e come se det-
to nvesse preso in nave , ovvero preso di nave vai quanto tratto pri'
moniero di nave ; cioè dalla propria nave in cui combatteva contro
la flotta di l'uggieri d'Oria Ammiraglio del Kc Pietro d'Aragona (f)
veggio vender er. Io ditto Pe (arlo ciotto ( chiosa il cemento dell'ediz.
Nidob. ) ebbe una figliuola per nome Beatnce , la quale elli die a 3fiS'
ser j4zzo da Fste da Ferrara per moglie; e questo parentado ft*ce per
moltissima pecunia^ che ^*isser A zzo diede a Carlo Ciotto, i.rrano pe-
rò il Landino, Vellutello, Daniello, ^olpi, e Venturi, specificando
essere il prefato Azzo il 'li. , imperocché fu Azzo il W, un buon se-
colo prima di Carlo ^T. il zoppo . Scrive (ìiovan Battista Giraldi di
Azzo VT. ch'essendogli morta la prima moglie Giovanna (orsina, ri-
prese per moglie , quantunque fosse op^mai vecchio , Beatrice figlia
00 Cron. lib. 8. cap. ^8. (h) \. io. (e) Croa lib. e cap. precitati.
{i) Gi^ Vili. Cron.Ub. ; cap.84. (t) Vedi Cinoa. Pari. 8o 8. C/) Gio. VilL
Cxoa. ub. cap. ga.
e A N T O XX. «79
82 0 avarizia , che puoi tu più fame 9
Poi e' hai il sangue mio a te si tratto ,
Che non si cura della propria carne?
85 Perchè. men paja il mal futuro e'I fatto,
Veggio in Alagna entrar lo fiordaliso ,
E nel vicario suo Cristo esser catto .
^i Carlo Re di Napoli, dal quale F anno i5o5. ebbe in dote la dt'
ti dAiri (a) . Il sesto adunque dee essere l'Azzo e non il terzo \ e
la frase, che fa Dante da Up^o adoprarsi , i'^ggo ec. indica che, co-
me la dotazione , cos\ il niatriroonio tra Azzo e Beatrice seguisse po-
steriormente all'anno del Dantesco viaggio i5oo. e finalmente Tesser
Auo oegimai vecchio potè essere il motivo che per aversi Beatrice
in moglie ugnesse le mani al padre di lei colla moltissima pecuniiu
-^ Lo stemma o sia arbore genealogico della casa d* Angiò , che
s' aggiunge al Bationarium tempontm del Petavio , non ricorda tra i
figli di Carlo II. questa Beatrice. Quandoque bonus dormitat Homo»
rus . * Il V0STIL. Cass. nota a <^esto passo , che Carlo Zotto vendè
ad Azzo d' bste la sua figlia chiamata Beatrice prò triginta milUbui
florenis : nella Postilla del Cod. Caet. questa somma si suppone mag-
giore, ìef^^emìosi deditjiìiam suam in Uxorem i\farclùom Hestensi prò
quinquaginta miìlibus Jlorenorum N.E. — come fanno i corsar la Nido*
Deatma , come fan li corsar \* altre edizioni .
Si Oi avarizia la Nidobeatina , O avarizia V altre cdizioiù * e i
codd. Vat. e Chig. che noi seguitiamo . N. bl. — che puoi tu ec, , che
puoi fare all' uman genere di peggio . Imitazione , dice vero il Yen-
turi , di quell'Apostrofe Virgiliana : Quid non mortalia pectora cogis
jiuri sacra fames {b)\ Poteva però quindi e doveva il Venturi assi-
curarsi , che drittamente intese Dante cotal Virgiliana apostrofe , e
tacerne conseguentemente nel canto xxii. v, 4o. di questa cantica quel
suo troppo a Dante ingiurioso dubbio , che intendesse a traverso tut-
ta la sentenza , prendendo il sacra famcs per una virtii . Vedine ivi il
perchè .
83 84 // sangue mio , i discendenti miei . — Che non si cutpa ec»
che per tua cagione vende per fino i propri figli.
85 Perchè men paJa ec. affinchè poi men barbaro rassembri ogni
altro fatto futuro e passato .
86 Alagna appella la oggi detta Ana^i (citta in Campagna di
Roma ) anche Gio. Villani {e) ed altri antichi scrittori — Fiordaliso »
giglio , figuratamente qui per l'insegne della casa di Francia. Raccon-
ta r anzidetto Villani , che Stefano della Colonna , allor che per or-
dine di Filippo il Bello Be di Francia portossi a catturare Bonifazio
"Vili nel settembre del i35o , entrò in A lagna con tré insegne del Re
di Francia [d) . * La fior d* aliso , il Cod. Vat. : entrare il fior tVoli-*
so il cod. Chig. N. E.
87 Esser catto , Questo catto ( brontola il Venturi ) non è pia-
ciuto alla Crusca di riporlo tra le sue voci: e forse non è latinismo ^
(a) Comentirio delle cosa di Ferri» ia Azzo ^I. (b) Aeaeid iti. 5€*
(e) Lib. 8. cip. 63. (</) Nel prec. laogo.
»to PURGATORIO
88 Veggiolo un'altra volta esser deriso f
Veggio rìnnovellar V aceto e 'I fele ,
E tra vivi ladroni essere anciso .
9* ^^ggìo'I nuovo Pilato s\ crudele,
Che ciò noi sazia , ma , senza decreto ,
Porta nel tempio le cupide vele .
ma viene dal verbo Toscano catturare , ed è posto in luogo dì ed"
turato con qualche licenza Dantesca.
Catto (risponde al Venturi il sig. Rosa Morando) si tro%'eri
nella Cmsca <, quando si sappia ridurre alla sua' radice . I4i sua raji-
ce è capere i « aJ verbo capere si vedrà citato questo stesso verso
del poeta nostro , insieme con quelPaltro di Fazio degli Uherti tan-
ti ne furo nJìora morti e catti ^ cioè fatti prigioni . Non raen del pre-
detto (a) affen're e ad/ri^^^f^ è giocondo e bizzarro il dubbio dd
catturare. Ch'i se 1* avreb^^ pensato mai? Liccma Dantesca ^ licenza
piii che bestiale.
88 f^et^'oh un altra volta ec, essendo stato Bonifazio sfacciata-
mente insultato dai principali di auell* impresa , massimamente dal
Nogareto f romp^erno di ^Stefano della Colonna , mandato di Francia
da Filinpo il Fello ), pensando con ciò di piacere al Re suo sovrano
invelenito rontra il Papa . Venturi .
89 res^'o rinnoifellar ec. Per V aceto e' l fiele intende i disgusti,
che noJ pure con usitata metafora appeth'am bocconi amari .
90 F fra vivi ec. Racconta il prelodato Gio. Villani , che sì alta-
mente rimase Bonifazio pel detto affronto rammaricalo , che tra po-
chi t\\ ^ cioè nel di 12. del seguente ottobre fin\ di vivere (^). \uo-*
le dunque intendersi che , siccome Gesù Cristo prcmor'i , secondo nar-
ra il Vangelo, ai due ladroni seco crocifissi, cos\ premorì Bonifazio
agli usurpniori persecutori suoi. * Essere affiso ^ buona lezione del
cod. V»r. N. F.
91 // nuovo Pilato , appella Filippo il Bello per aver cagionato
col suo romando str^tz) e morte al A'icario di Cristo.
9^ 93 Senza decreto,, norta nel tempio le cupide vele : cioè le de-
siderose voglie ne* beni della chiesa; perchè convertiva quelli nel pro-
prio uso , senza decreto , senza ordinazione della Sedia Apostolica.
VzLLrTELLO * Ma il Signor Poggiali nel suo comeuto credè che in
questo passo restasse indicata la soppressione dal detto Re procurata
nel 1^07 del riero Ordine Militare de*Templarj, molti de'quali sot-
to speciosi pretesti senza legai Processo furon fatti morire . Ed in fatti
noi rinveniamo nel Flenry (e) Storia Ecclesiastica an. i3o7. il passo
Beg. In questo frattempo il Be mandò de'secretissimi ordini ai suoi of
Jiciali per tutto il Resno di stare allestiti , bene accompagnati t e bene
armati ner un dato giorno ; e di aprire nella seguente notte le lettere 9
che loro mandava con proibizione di aprirle avanti sotto pena della vi-
ta . JVel tempo indicato aprirono le lettere , e vi lessero un ordine di
prendere tutti i Templarj, che potessero rinvenire , ciascuno ai suo po-
sto , il che eseguirono puntualmente ponendogli sotto buona custodia •
(1) Cant«prec ^. ii8* (b) Kel precitato loogo. (e) Lib. 91. {. 19.
CANTO X S • aSi
94 O signor mio , quando sarò io lieto
A veder la vendetta , che , nascosa j
Fa dolce l' ira tua nel tuo segreto ?
97 Ciò eh' io dicea di queir unica sposa
Dello Spirito Santo , e che ti fece
Verso me volger per alcuna chiosa ;
ICQ Tant' è disposto a tutte nostre prece ,
Quanto 1 di dura : ma quando s' annotta ,
Contrario suon prendemo in quella vece •
Così furono i Templari nel medesimo giorno presi per tutta la Fnm^
eia , che fu il frenerai dopo la Festa di S> Dionigi ^ giorno iredicesi»
mo di Ottobre i5o7 , di che tutto il Mondo ne restò meravigliato. Il
Maestro Generale delF Online fu arrestato come gli altri nella Casa
DEL Tempio di Parigi . Ed altrove (a): avendo sentita Papa ClemenU
per fama comune la cattura de* Templarj , « non sapendo le ragioni 9
che vi avevano indotto il Hcy ne fu afflitto e sdegnato ec. Scrisse pari-
menti ai Re una Bolla , in cui si duole , che gli avesse occupata Ut
sua f»iurisdizione Ecclesiastica facendo imprigionare questi Cavalieri di"
rettamente sof^getti alla S. Sede , e nota che gli mandava due Cardino'
li , Berengario di Fiesole , e Stefano di Susi , perchè trattasse seco loro
ili guest" affare , e consegnasse nelle lor mani le persone e gli averi da*
Templarj ec. Vedi parimente Moreri Diction. Hist. art. Templiers, il
quale soggiunge , che FiJIppo ii Bello si ritenne per le spese del pro-
cesso i due terzi de* loro beni mobili . Tale è dunque la genuina spie-
gazione di questo passo , che già con sano discernimento arerà in-
dagata il eh. Signor Gaetano Poggiali . Il Signor Cav. Artaud nota qui
inline alludendo a quanto già Dante ha detto dall'incontro di Ugo a
questo punto : Ce morceau est ìT une grande force , et montre la W-
gueur infaligable du talent du Dante ; mais e* est toujours F esprit sa-
tirique qui j domine. N. E.
95 96 Che , nascosa ,fa dolce ec. Costruzione : che nascosa nel tuo
segreto y ne' tuoi secreti giudizi già stabilita, yà dolce Pira tua ^ ren-
de contenta e lieta la tua punitiva giustizia . Questo mi pare il sen-
so del presente passo : e troppo dal retto mi sembra traviare il Ven-
turi chiosando : Fa comparire il tuo giusto sdegno troppo dolce , e in-
dulgente , mentre sta lunga pezza nascosto negli arcani della tua sapiem-
za , onde gli empi sempre piii insolentiscono . 1
97 al 102 Ciò chUo dicea ec. Avendo Dante ad Ugo neV. 55. e3o.
del presente canto chiesto di sapere chi esso fosse , e perchè solo egli
cotali esempi di poverlà e liberalità predicasse, dopo di aver Ugo
fin qui parlato di sua persona e de' suoi discendenti, volendo om
f cassare a soddisfar Dante della seconda richiesta , premette , che fi
odavano ivi esempj simili solamente di giorno , ^ che di notte si pre-
dicavano in vece gastìghi di cupidigia e d'avarizia. — Ciò ch^ io di"
sea di queir unica sposa dello Spirito santo , intende di Maria Vergi-
«•-•^
(a) j. 31.
l8ft PURGATORIO
jo3 Noi rìpetiam Pigmalìone allotta ,
Cui traditore e ladro e patricida
Fece la voglia sua dell' oro ghiotta ;
jo6 £ la miseria dell'avaro Mida ,
Che segu\ alla sua dimanda ingorda j
Per la qua! sempre convien che si rida •
ìOQ Del folle Acàm ciascun poi si ricorda y
Come furò le spoglie , sì che V ira
ne; e pone ciò che disse in primo luogo a lode di Maria Vergine,
per tutto ciò che disse anche in lode d altii soggetti — ti fece verso
me volger per alcuna chiosa y ti fece volgere a me acciocché ti spie*
gassi eh' io fossi , e perchè solo io cotali lodi predicassi. '*' Alcuna cO'
sa , i codd. Vat. e Chig. N. E. — '*' Tanto è risposta trovasi in alcani
buoni Mss. al dir del Canonico Dionigi e nel nostro Con. Cast. Le^-
gesi pure in quel Codice di Santa Crocè , ora di S. I^renzo in Fi-
renze, tanto celehi*ato dal Canonico suddetto con postille marginali
di Fr. Stefano , il quale alla parola prece , nota così : precibus quas
Jhdmus cantando quibus respondent olii spiritus. Ecco poi la chiosa
del PosTiLL. Cait. « De die canunt actus liberalitatis ^ et ita eis rv-
tpondetnr , ut patet in textii de Flrgine Maria , de Sancto Nicolao ,
èi de Fabritio. Et de nocte canunt actus avarititte, et cupiditatis ad no-
iandum , guod liberaìitas facit homines claros ideo de die canuntur ejus
actus , et avaritia facit homines obscuros , et infames , ideo de nocte ec»
Il cod. Vat. ha riposta; il Chi^. e TAntald. risposto .Il Biagioli sostie-
ne disposto. Nel v. loi leggesi QuancT el s^ annotta y ne' codd. Vat. e
Chig. N.E.
io3 io4 io5 Allotta y allora, ripetiamo, per gridiamo ^ o comme-
moriamo , Pigmalìone , cui la sua voglia ghiotta deW oro fece essere
( intendi ) traditore , e ladro , e patricida {a) . Traditore , e patricida ,
perchè ammazzò a tradimento Sicheo fratello di Belo suo genitore, e
marito della propria sorella Didone , ladro y perchè ciò commise a fi-
ne d' impossessarsi dei tesori del medesimo : sehbene per lestezza di
Didone a cotal fine non giugnesse. Vedi ^irg. Aeneid, I: 347- e segg.
io6 107 E la miseria ec, i.a miseria di non avere di che cibar-
si ; perchè il cibo gli si tramutava in oro, dopo l'ingorda, e scon-
sigliata domanda fatta a Racco , di convertire in oro tutto ciò che
toccava. Vedi Ovidio nel lib. iT. delle Trasf. Ventori .
io8 Sempre cpnAen che si rida, da chi si legge o sente a narra-
re cotale avvenimento.
109 Del folle Acàm y fatto lapidare da Giosuè, per essersi contra
il comandamento di Dio appropriata , e riserbata per se parte della
preda di Gerico espugnata , e distrutta. los. 6. Venturi. Del folle Acàm
ancora si ricorda , il cod. Vat. N. E.
(a) Il Latino paricida giodicano alcuni ( appo Rob. Stefano Thet, ting,
Xa/.) detto per sincope da parenticida , e patruum , avunculum , amitam
ec, tss€ parétUum loco ne dica la lef^o D. soluta matrim»
e A N T O X X. itfR
Di Giosuè qui par eh' ancor lo morda •
1 1 a Indi accusiam col marito Safira ;
Lodiamo i calci eh' ebbe Eliodoro ; *
Ed in infamia tutto 1 monte gira
1 1 5 Polinestor eh' ancise Polidoro ;
Ultimamente ci si grida: o Crasso,
Dilci , che 1 sai , di che sapore è V oro •
1 18 Talor parliam V un alto , e l'altro basso ,
tu Di Giosuè la Nidobeatina . Di losuh Paltre edizioni . — mcK
<£n per rimproveri e punisca • '*' Di losuè qui pare ancor che 7 mordila
bella lezione del Cod. Chig. N. E.
1 1 a Col marito Anania Safira la moglie , cbe ritennero , oontra il
voto fatto ( o che venivano per fare ) (a) di povertà ( o sia di vite
comune) parte del prezzo delle vendute possessioni , e caddero moità
«Ila riprensione di s. Tietro . j4ct. 5. Venturi •
1 13 Eliodoro . Costui fu mandato da ^elenco Re di Siria in Ge-
rusalemme per torre i tesori del tempio; ma, appena posto il piede
sulla soglia di quello , gli comparve un uomo armato sopra un ca-
vallo , cnc con i calci lo percuoteva ; e cos\ umiliato , ritornò addiè-
tro colle mani vote . 2. Hfac. 3. Venturi .
\if\ ii5 Ed in infamia ec. £ ad infamia rammentasi per tutte
questo girone l'olineslore Fé di Tracia , a cui mandato essendo de
Priamo Be di Troia il figlio l'olidoro con parte de* regi tesori in cu-
eridc
l'altre edizioni. Marco ( rasso , secondo che scrive Appiano Ak*ssaii-
drino , dovendo i romani mover guerra a' Parti ancora che ricchis-
simo fosse oltre ad o^ni altro Pomano , sapendo efser quei popoli ab-
bondantissimi di tutti i beni , e massimamente d* oro , vinto qa som-
ma avarizia procurò d'aver quella provincia; la qual ottenuta, paS9Ò
V Eufrate . Ma i nimici , come sagacissimi , avendo inteso dell* avara
sua natura , finsero di fugeire , lassando il paese non meno piene
d' aguati che di preda ; dalla quale essendo Cr»sso per somma cupi-
dità acciecato , si trovò intorniato da*nemici : ed avendo vergognosa-
mente perduto tutto l'esercito , per non venir vivo nelle mpni dei ne-
mici si fece uccidere. Essendo poi da quelli trovatoli corpo suo , sii
fu tagliata la testa , e posta in vaso d'oro fonduto , e fugli detto : me-
rum silisti , aurum bibe . Onde il letr.
£ vidi Ciro piti di sangue auaro ,
Che Crasso d* oro , l^uno e V altro n' ebbe
Tanto , che parve a ciascheduno amaro .
Veilutello — Di/ci la ^idobeatina, Dicci l'altre edi«ieoi*e il eod«
Val. Dil tu che'l sai T Anuld. N. E. — che'l sai , perocché lo assag-
giasti allor quando il tuo capo fu immerso nell'aureo fluido.
118 al ì'ìi yafor parliam ec. A iene ora finalmente Ugo a soddi-
(a) V«di f tri ^Li altri | Tirino al ca^ . S. degli atti <ÌcgU Apostoli.
11*4 PURGATORIO
Secondo V affezion eh' a dir ci sprona
Ora a maggior ed ora a minor passo •
lai Però al ben, che 1 di ci si ragiona ,
Dianzi non er' io sol ; ma qu\ da presso
Non alzava la voce altra persona •
1^4 Noi eravàm partiti già da esso,
E brìgayam di soverchiar la strada
Tanto , quanto al poter n' era permesso ;
alar Dante circa V altro capo di domanda ( perchè sola tu queste de*
mme lode rinnovelle ) (a) e a dirgH la cagione per cui così gli aem-
Iraase , cioè perchè altri , che le atesse cose con lui dicevano , par-
lavano con voce sommessa tal che egli non gli ascoltava. * Talor
JpoFÌa Fano alto , il cod. Vat. N. E. — eh* a dir ci sprona ora n nuu^
àfore ec, sopra di questa frase a maggior e minor passo non trovo che
neciano punto altn che il Landino anticamente « e modernamente il
.T«ntnri ! ambedue però in maniera poco , a giudizio mio , soddisfa-
cente • Per maggior e minor passo vuole il Landino intesi maggiori e
wUnori esempj » cioè pia o meno strepitosi ; aggiungendo che usassero
patelle anime maggiore esclamazione ne* maggiori esempj, che ne*mi-
Bori • Oltre però altre difficoltà importerebbe questo , che diversi fatti
/idi alto y e r altro basso vociferassero simultaneamente quelle anime;
ciò che confusione di quel luogo indegna , e piuttosto da Inferno ,
cagionerebbe • A maggiore e minor passo , a tempo di musica pi il , e
meno veloce, chiosa il Venturi. Ma che ha ella a fare la velocitò
del tempo coll'alzar della voce ? Io non sono musico ; ma almen que-
sto so , che puossi a tempo veloce cantare con voce sommessa , ed
a. tempo largo con voce alta . Piuttosto adunque io intendo che , aven-
do Dante detto eh* a dir ci sprona traslativamente , in vece di che
e dir ne eccita , prosiegua colla traslazione medesima ad attribuire al
dSfrv, come a più o meno spronato destriero, il maggiore o minor
fosso ^ in vece della maggiore o minore \>*eemenza : accennando cosi
Ugo che foss*egIi spronato a dire da maggior affezione che gli altri ^
— al ben , che^l di ci si ragiona , ai buoni esempj di povertà e libe-
nlitò , che di giorno qui si rammentano • Della particella ci al senso
di qui vedi Cinonio {b) — dianzi poco fa . — '^ Di presso , il Cod«
.YaL N. E.
laS Brigavàm, ci ad opravamo, ci affaticavamo — soverchiar la
tiruda per avanzarsi nel cammino • Volpi . Essendo la strada posta di
mezzo tra il luogo , onde ci moviamo e auello a cui vogliamo pas-
sare , una cosa stessa con la distanza tra 1 uno e V altro luogo , be-
ne perciò , come in vece di avanzarsi nel cammino di cesi superare
la distanza , dirassi pure soverchiar la strada .
ia6 Tanto y vale con tanta velocità — al poter la Nidobeatina , al
poder V altre edizioni * e il Cod. Vat. N. E. — Al per dtd Volpi .. Ve-
dine in comprova il Cinonio (e) •
(a) Vara» 35» a 36. dal prattata canta, {b) Partic. ^S. 4. (e) Partie. a. 4^.
CANTO XX. air
i%y Quand'io sentii come cosa che cada ,
Tremar lo monte ; onde mi prese un gielo »
Qual prender suol colui eh' a morte vada >
i5o Certo non si scotea sì forte Delo,
Pria che Latona in lei facesse 1 nido
A partorir li due occhi del cielo •
i33 Poi cominciò da tutte parti un grido
Tal , che 1 maestro inver di me si feo ,
Dicendo : non dubbiar , mentr' io ti guido •
1 36 Gloria in excelsis , tutti , Deo ,
Dicean , per quel eh' io da tìcìu compresi 9
Onde 'ntender lo grido si poteo . \
139 Noi ci restammo immobili e sospesi ,
Ck)me i pastor che prima udir quel canto |
Fin che 1 tremar cessò , ed ei compièsi •
* laS Tremare il monte , oìuT ei mi prese ec, , il Cod* An-
Uld. N. E.
i3o i3r i52 Yo/i si scalea ec. Accenna il racconto di Virgilio
(a) y che Delo , isola dell* Arci pelago , tremasse una volta continuamen-
te , e trasporta ssesi qua e U per lo mare ; e che cotali fenomeni vi
cessassero allor che Latona partorì in queli' isola i gemelli Apollo •
Diana ; che , per credersi Apollo il Sole , e Diana la Luna , giudizio*
«amente appei'a Dante U due occhi del cielo; come con non minora
giudizio dal nido che forman srli uccelli per deporvi i suoi parti , di-
ce che Latona facesse in Delo il nido , in vece di dire , che vi allog-
giasse per partorire.
i5\ Feo per fé , e per ischivar l'accento , e per formar la rima .
adoprato anche dtal Casa son. 35. * Il Coo. Cazt. invece di inver dr
me icggc inverso me N. E.
I30 i37 i38 Clona in excelsis ec. Costruzione. Per quel cK ìq
compresi da vicino , dal vicin luogo , onde si poteo intender lo grido »
dicean tutti Gloria in excelsis Deo . Gloria a Dio ( chiosa il Volpi ) n^t
luoghi eccelsi , o nelle creature eccelse. Principio deWinno degli on*
geli , nella nascita di nostro Signor Gesù Cristo •
^ i39 Noi stavamo immobili e sospesi ^ i Codd. VaL e Chig. N. E*
i4o Come i pastor; i pastori invitati dall'angelo ad adorare il
nato Redentore, i quali udirono cantarsi il detto inno y^nVna » primie-
ramente, la prima volta (accenna il sentirlo noi pure quotidianamen*
te cantarsi nella messa ) non si mossero se non dopo finito cotal
canto (b) .
i4i il tremar f dei monte stt di cui stavano -^ ed 0/ il detto iiH'
(a) dtuùdm ut. 73. • ttgg. Qf) Usw a. V. iS«
%9$ FURGATORIO
14^ Poi ripigliammo nostro cammin santo ,
Guardando l'ombre che giacean per terra
Tornate già in su V usato pianto •
i4^ Nulla ignoranza mai con tanta guerra
Mi fé' desideroso di sapere.
Se la memoria mia in ciò non erra ^
i48 Quanto pareami allor pensando avere ;
Né per la fretta dimandare er' oso ,
Ne per me li potea cosa vedere ;
Così m'andava timido e pensoso.
■o angelico : ed ei leggono V edizioni diverse dalla Nidobeatina • -~
tompiesi 9 per compiasi , o si compiè ; in rima . Vedi il ^'archi neir
Ercolano , a carte 306. Volpi .
143 Giaeean la Nidobeatina, giacèn l'altre edizioni: * e il cod.
Vat. N. E.
i/^ In nt ausato pianto , vale Io stesso che aW usato pianto , al
pianto detto nel canto precedente v, 71. e nel presente v. 18. Della
preposizione in* su per a/ vedi Ctnonìo (b).
145 al i4S co^ tanta p^iterra in luogo di cotanta guerra^ oltre un
mimerò grande dì mss. veduti dagli Accademici della Crusca (e) , leg-
gono quattro altresì della biblioteca Corsini , segnnti a65. 607. oo8. 6og.
Elezione tale sembra necessaria pel legamento del discorso , che non
ini pare possa ordinarsi se non nel seguente modo. Se la memoria
mimy delle passate cose, non cr-a^ nitlìa i^oranza mi Je mai deside"
roso iC sapeiv con gtierra , con anzietà e violenza , tanta , quanta pa»
riemi as^ere allora , pensando quale cioè potcss' essere la cagione di
3uel tremar del monte e del vociferato inno . * A noi , senza mutare
ove necessità noi richietie , basta sapere che la forma cotanta suona
appunto qnanto con tanta, formata essendo dal congiungimento della
{proposizione co o con coir addiettivo tanta, Bìkgiolj ,ì\ cod. Vat.
egge cotanta. — Parénti in luogo d» pariemi leggono l'edizioni di-
Terse dalla Nidobeatina ^ e il cod. Vat N.E. Ma vedi sopra di cotal
variazione la nota al xix. dell' Inf. v. 16. * Ti Coo. Cast, legge mi
farve , ed il Chig. pareami , che noi per isfuggire tanto ingrati ueo-
ogismi seguiamo. N. E.
i49 -Yé per la /retta j che (intendi) vedevo voluta da Virgilio nei
camminare — dimandare er oso , corrisponde al Latino ausus eram pO"
scere , aveva coraggio di fare a \ irgilio dimanda .
i5o Ne per me Pi ec, né da me solo poteva ivi capirne alcuna
Ragione • Cosa per elissi , invece d* alcuna cosa .
i5i Timidità di dimandare — pensoso y alla cagione delle sen*
tite cose*
{b) Particiìg. a. e 3. (r) Vedi U tavola de*tcsti in fondo dell' edizioaa
4i FistftM iS$S, ed in fondo pure al tomo i. della Couùaiana .
Fine del canto ventesimo •
38j
C^ N T O XXI.
A R G O M E N T O n
CoBiiensi nel presente canto , che seguitando Dante il suo viaggio « ineont*
tra Vanima di Stailo ; La quale essendosi purgata , saliva al Paradiso 9
e da lei intende le cagioni delle cose da lui sentite .
1 J-Ja sete naturai , che mai non sazia
Se non con l'acqua, onde la femminetta
Samaritana dimandò la grazia y
4 Mi travagliava y e pungeami la fretta
Per la 'mpacciata via retro al mio duca 9
E condoleami alla giusta vendetta •
I al 5 Z^ sete naturai ec. Nel ricordarci qui il Poeta quanto dis-
se nel precedente canto ( eh' era cioè sommamente desideroso di sa-
per la cagione e dell' improviso tremar del monte, e dell' universa!-
mente cantato inno angelico ; ma che la fretta del camminare inipe-
divalo a dimandare) tocca insieme la natura della sete, o sia di^ide-
rio naturale nostro di sapere; che è di non potersi perfettamente sa*
ziare per altra via, che per la comunicazione dell infinita sapienza
di Dio , ed intendendo , che di cotale comunicazione favellasse Gesd
Cristo alla Samaritana dicendole, quibiherii ex aqua, quam ego dàbo
ci , non siUet in cetemum {a) , perciò aggiunge , che di cotal acqua ìa
Jemminetta Samaritana dimanaò la grazia , con quella preghiera , Do-
mine , da mihì hanc aquam , ut non sitìam {b) . Della particella ondo
al senso della quale, vedi Cinonio {e) — pungeami lajretta{pungèmi
le edizioni diverse dalla Nidob..* e il Cod. A at. N.E. ) sollecitavaiui a4
attendere al cammino , ed a lasciar ogni dimanda , — per la *mpaccÌ4Si'
la via, impacciata dalla purgante turba che stava giacendo a terret
tutta volta in muso {d) , e talmente occupante quella strada , che con-
veniva ai poeti camminare stretti alla ripa del monte, Come si vapor
muro stretto a* merli (e) .
6 Condolièmi leggo con due mss. della biblioteca Corsini (JT) »
e reputo per isbaglio stampato nell'ediz. Midobeatina condolianU : im<f
(*) Argomento metrico del celebre Gaspare Gesti •
Ragion perché lo monte ivi ti scaote
Ode il Poeta di Statio , che ascende
Quindi purgato alle saperne ruote.
Lo qual gli narra quanto amor l'iceende
Del buon Virgilio ; e mentre si favella
Nel riconosce , tal che gii sorprende
Letizia il cor disasata , e novella .
(a) loan. 4. i^. i3. Ib) Ivi. (e) Partic, 1527. (d) Cut. %iu v» 7a.
(e) Canto preced. v.^ (/7 H, ^ • 609.
ut PURGATORIO
7 Ed ecco 9 sì come ne scrìve Luca
Che Cristo apparve a' duo eh' erano 'n via
Già surto fuor della sepolcral buca y
IO Ci apparve un' ombra , e dietro a noi venia ,
Dappiè guardando la turba che giace ;
Ne ci addemmo di lei , sì parlò pria f
i3 Dicendo : frati miei , Dio vi dea pace .
Noi ci volgemmo subito ; e Virgilio
Rendè luil cenno eh' a ciò si conface »
perocché , come osserva il Cinonlo (a) , Toso ( segalto anche dal poe-
ta nostro (b) ) fu dì scrìvere avìèno , sogUèno , credihno , viifieno , in
Vece dì wfeano , solcano ec. Condolenti hanno Tedìzioni della Crusca »
e le seguaci '*' e il cod. Vat : Condoleami ha il Chìg. e noi il seguitia-
mo volentieri per aver detto Dante due versi avanti pongeami , piut-
tosto che pungenU^ o pungienu, N. E. — giusta vendetta^ giusta punì-
tiene di queUe anime • 0
789 Si come ne scrwe Luca, Che eCm Dell'apparire, ed accom-
Sgnarsi che fece Gesit Cristo dopo la gloriosa sna risurrezione ai
e discepoli che andavano in Emmaus , quantunque ne motivi anche
0. Marco (e) , ciò però fa tanto succintamente , che a ragione potè Dan-
te dire come ne scrive Luca ; che di fatto ne descrive quell'avvenimen-
to assai diffusamente [d) — sepulcral buca per sepolcro .
10 Un* ombra t Stazio poeta, come in seguito manifesterassi •
1 1 Dappiè j per terra , su'l suolo .
12 Ci addemmo y ci accorgemmo — ^f parlò pria y sin che lnco«
mìnciò a parlare . Della particella sì per sin , e sinché vedi '1 Cino-
nio (e) che ne allega tra gli altri anche il presente passo di Dante .
i3 Dea per dia {/") ; forse per ischivare la cacofonia del Dio
vi dia.
i5 Rendè lui'l cenno, che ec. Dicono (chiosa il Venturi) i mix
( e se non sono i pili , almeno alcuni , e se non altri il Vellutello )
non significar cenno qui gesto alcuno , ma quella brieve risposta , che
mol darsi comunemente a chi così ci saluta , allntUanio IdiUo ne din^
o renda a voi, essendo questa la replica che a quel complimento con^
▼iene; ma considerandolo, che la risposta al complimento vieu do-
50 , e molto più nobilmente espressa , e dicendosi apertamente , che
opo quel cenno si Cominciò da Virgilio a parlare, porto opinione,
che cenno debba intendersi per un gesto di riverenza fatto colla per-
sona in segno di gradimento ; o sia questo uu inchino di testa ; o un
baciamano, o una riverenza col piede; che ancora questi riverenti
segni e modi ben si confanno in tal caso , e parte si mandano avan-
ti , parte si fanno accompagnar le parole •
(a) Tran, dt* verbi cap. 6. (fi) Vedi per etempio lof. ni. 19* Parg. xii.
Sé, Per. SVI 11. 79 (c) Gap. 16. (<i)CaD. 24. (<} i'ar^ic. 229 4o. (/^ Vedi
M«stfo&BÌ teoria e PjospcUo lUucrbi hai. s»ttQ il vexlia dart «• 17.
CANTO XXI. ^9^
i6 Poi cominciò : nel beato concilio
Ti ponga in pace la verace corte y
Che me rilega nelF eterno esilio •
1^ Come , diss'egli , e parte andava forte.
Se voi siete ombre che Dio su non degni , *
Chi v' ha per la soa scala tanto scorte ?
aa £ 1 dottor mio : se tu riguardi i segni
Che questi porta , e che 1* angel profila »
i6 Beato concilio appella qui ed altrove (a) Dante il Paradiso « imi«
tando U frase della scrittura sacra , che lo appella concilium iusio-
rum (b) adunanza de' giusti •
1 7 Verace corte . Corte mi piace qu\ d' intendere per giudicaiu»
ruy nel qual senso altri pure hanno essa voce adoprato (e) -^ verace 9.
non soggetta a fallo , o ad iniquità , come pur troppo lo sono le corti
terrene.
18 Che me rilega ec.y la quale, per lo contrario , rilega me e€*
* Che ne rilega , il Cod. Vat. N. E.
Corsiniana
aggiun(
E perchè andate forte , che leggono
non può esservi stato intruso che per mancanza d* intendimento • La
voce parte ha , come il Cinonio (r/) , e il Vocab. della Cr. {e) ne di-
mostrano , tra gli altri significati quello d* intanto » mentre , e simile.
La medesima voce a cotale significato adopera Dante anche Inf. xxiz.
116. La voce stessa finalmente, ed al medesimo significato, dà qui Tot-
timo senso, che parlava stazio e intanto fortetnente camminax^a. Per
lo contrario , leggendosi colla comune delle edizioni e perchè anda-
te forte ^ avremmo una interrogazione di stazio mal corrispondente
air essersi manifestato Virgilio rilegato nelt etemo esilio. Imperoc-
ché a manifestazione cotale doveva stazio maravigliarsi eh* eglino sa
per quel monte salissero, e non ch'andassero forte. ^ Il Biagioli è
di contraria opinione. Andavam forte ^ il Cod. Antald. Andcwan for^
te, il Chig. N. K.
10 i\ Se uoi ec. In virtii della mutazione fatta nel precedente
verso tolgo il punto interrogativo posto in fine a questo verso 10. 9
e vi pongo una semplice virgola : imperocché per essa mutazione vie-
ne 1 interrogazione ad esser una sola , cioè
Chi V* ha per la sua scala tanto scorte ?
sua scala raìe scaia conducente al medesimo Dio^ al Paradiso i quaTè
quella del Purgatorio . * Se voi sete ombra che il del su non degni »
il cod. AnUld. N.E.
aa a5 / segni che ifuesU porta , i P. scrittigli in fronte dall'ange-
io ; de* quali ne gli riraanevaoo ancora tre , dopo scancellati dalPan-
(a) Par. x«vi. 120. {h) Psalm. i. 1/. 6. (e) Vedi il Vócib. deUi Cr. sotte
U voca corts J. 8. (<0 PartiQ. 1^4. i. • x C«) Art. Patte mv99rb.
T.2. T
99» ?VR6ATORIO
Ben Tedrai che coi buon conTien cVei regni.
dS Ma perchè lei , che d\ e notte fila ,
Non gli ayea tratta ancora la conocchia
Che doto impone a ciascuno e compila ;
a8 L* anima sua , eh' è tua e mia sirocchia f
Venendo su , non potea venir sola »
f Però cVal nostro modo non adocchia.
Si Ond'io fui tratto fuor dell'ampia gola
D' inferno per mostrarli , e mostrerolli
gelo altri quattro — profila • Profilare proprìameate vale deUmettm il
profilo i ma qui semplicemente deìineare»
24 ^^^ vedrai che ec. : imperocché erano cotai segni an manif<^
ato indizio , che ammesso fosse dall* angelo a purgarsi per passar in-
di ai Paradiso. '
a5 a6 27 Lei^ che dk e notte /Ha ^ la Parca appellata ÌMcheM. *
yPer colei il cod. Vat. e il Chig. Per colei • . . Non gli era tratta ee*
V Antald. N. E. — tratta ^er filata y dall'atto che si pratica nel filare»
eh' è di trar fuori a poco a poco lo stame dalla conocchia « dal pen-
necchio 9 e coirag)9[irar del fuso torcerlo in filo — > Cloto^ altra Parca ,
che al nascer di ciascun uomo mette sopra la rocca della prenomi*
nata sorella quel pennecchio « durante la filatura del quale tuoI che
duri la TÌta di esso uomo, — impone ^ e compila. Due atti si fanno
nel mettere sopra della rocca il pennecchio; il primo è di soprap*
porvelo largamente, facendolo dalPaggirata rocca a poco a poco lam-
lire , e questo appella Dante imporre ; V altro è di aggirare intomo
•1 pennecchio medesimo la mano per unirlo e restringerlo ; e questo
appella compilare.
a8 Ch* è tua e mia sirocchia : non è pretto pleonasmo , ma mira
• conciliare a Dante V amore di Stazio . * Su la parola Sirocchia o
aorocchia ( come più ama di leggere l* Ab. di C. ) il Postil. Cas. nota
ben a proposito propter artcm poeticam ; Onde anzi che supporre un
pleonasmo Tespressioni di Virgilio che 1* anima di Dante era ad am«
Mdue Sorella , vediamo significarci chiaramente il genio per la poe*
0Ìa , che Dante aveva comune con Virgilio e con Stazio . S. E. Di 5i«
TOcchia per sorella vedine i molti esempj nel Vocab. della Cr.
3o Però eh* al nostro modo ec. Perchè inviluppata nelle corporali
membra non può così bene , come noi dal corpo sciolti , vedere ed
intendere •
3i 3a Ampia gola «T inferno. Intendendo V infemal buca essere
come ventre della terra , gola et Inferno appella il Limbo , ond'esso
In tratto , perocché posto alla sommità di quella buca : e bene le ag'f
giunge r epiteto di ampia , per essere il Limbo il primo , e più am-
pio cerchio , che P abisso dgne (a) . '* Omf io Vho tratto fuor deWami»
pia gola D'inferno per mostrarf^i . Cos\ hanno i codici Vaticano e Chi-
giano ; e così più piacerebbe a me che si dovesse qui leggere a mag-
ia) laf» j V. a^.
CANTOXXI. 391
Oltre quanto 1 potrà menar mia scuola •
34 ^ dinne 9 se tu sai , perchè tai crolli
Die' dianzi 1 monte , e perchè tutti ad una
Parver gridare infino a' suoi pie molli ? «.^
37 Si mi die' y dimandando , per la cruna
Del mio desìo , che pur con la speranza
Si fece la mia sete men digiuna .
4o Quei cominciò : cosa non è che sanza
Ordine senta la religione
Della montagna , o che sia^fuor d' usanza*.
43 Libero è qui da ogni alterazione ;
gìor chiarezza del testo ; onde il luogo del limbo non avesse pid stra-
namente a confondersi colla trista gola et inferno . Nota di :>alvatore
Betti . N.E.
33 Quanto il potrà menar mia scuola : fin dove la naturai ragio-
ne basterà per istruirlo delle cose che qu\ sono.
34 35 36 Perchè tai ecm Sinchìsi , di cui la costruzione : Perchè il
monte (^tuUo intendi) infino a* suoi pie molli ^ infino alle sue radici dal
mare circondate e bagnate , die dianzi tai crolli , e perchè ad una ,
nnitamente , contemporaneamente , panzer tutti gridar Gloria in excel-
Bis Oeo ? ^ Il Signor Portirelli avreobe voluto piuttosto , che il i\ L*
non analizzasse e a suoi elementi richiamasse la costruzione <li questi
Tersi , credendola sufficientemente chiara • Noi , che non siamo punto
scolastici , non ci fermiamo gran pezza su di essa ; ripetiamo peri
molto di buon grado , ciò che a questo luogo dice il suUodato Si-
gnor Professore : scrivendo egli (Dante } con somma naturedezza e $emr
plicità y talmente clus doserebbero imitario quelli , che sembrano far cot^
sisiere la principale bellezza della poesia non che della prosa in una
strana , ridicola , e confusa traposizione di vocaboli ; e che propone»-^
dosi anche di trattare materie Jisiche scel^no piuttosto i più intricati
periodi delle vecchie novelle ^ che lo schietto aire del Galilei ne* suoi
Dialoghi , del Aedi nelle sue Esperienze , del Tassoni ne^varj suoi Penr
sieri . N. E.
37 38 39 «Ti mi die* ec. Serve qu\ la particella s\ ad ambedue i
membri del parlare che siegue > e dee intendersi come se detto fosse :
Dimandando Virgilio così , mi die* per la cruna del mio desio ( frase
tolta daU* infilar dell* ago , e vai quanto colse puntualmente nel mio
denderio) talmente che pur con la speranza ^ per la sola speranza d'ei-
geme soddisfatto , si fece la mia seU ^ la brama, men ^digiuna y meno
avida . E ciò dice bene il Vellutellp , perchè quanto più è la sneraa-
sa che Tuomo ha di conseguir la cosa desiderata, Unto meno e mo-
lesto il desiderio e la sete che ha di quella.
4o 4i 42 Cosa non è ec. Rispose Stazio dicendo . Qui non è co-
sa, che la religione senta (subisca) senza ordine, e che sia fuor d'usan-
za ( inusitata sia ) . Lan omo • • i *
43 Da ogni alteraùowt da ogni perturbazione nei quattro el«me&U
aga FURGATOHIO
Di quel che 1 ciel da se in se riceve
Esserci paote , e non d' altro , cagione •
(terra, acqua, aria, e fuoco) cagione dì tutte le rnutazìoni che nel
mondo nostro succedono.
44 4^ t)i quel che il ciel da se in se ec. (in se da se l'edizioni
diTerse dalla Nidobeatina). Che cosa h questa? (grida il Venturi) Io
penso che voglia intendere della luce , della quale , massime nel sistema
Tolemaico temuto da Dante , si verifica benissimo , che il cielo in se da
se la riceva.
Qui il comentatore (Risponde il Rosa Morando) sembra che
scherzi y non si potendo credere che sì fatte cose non slen dette scher^
aando da uomo di lettere . Chi udi mai dichiarasion piii tra%*ofta ? co^
me e* entra qui la luce ? che ci ha fare il sistema di Tohmeo ? Varrà
Dant^ ., che nel monte del Purgatorio sentissi un tremore impro\'iso .
Virgilio ne chiede il perchè a Stazio , che gli risponde essef libero quel
ìuùgo da ogni alterazione , e non poter dò essere ila altra cagion pro^
dotto , che da quello che il cielo in se da se riceve , che è t anima
che sale al cielo. V anima è celeste cosa; e perciò si dice che il cie-
lo dk ae la riceve • Che altro non intenda in questo luogo significare
il Poeta , si può vedere da* seguenti versi , ove chiaramente spone dò
che quk dice in astratto :
Tremaci^ quando alcuna anima monda
Si sente > sì che surg'a « o che si muova
Per salir su ec.
Ecco la cagion del tremore f ed ecco spiegata dallo stesso Dante ogni
cosa*
Landino ( rientra il Venturi ) Sidta questo passo . Vellutello Fin-
tende del tremore del monte ec.
Che vuol dir questo ( ripiglia il Rosa ) , « pih strana congerie di
spropositi chi i'ide mai ? Il comentatore non ha inteso ne Dante , ne il
Vellutello , e tutto intrica e confonde . Ciò che il cielo in se da se
riceve anche il Vellutello disse esser V anima che sale al cielo . Inten-
de però cielo per Dio , e dice che Dio in se la riceve tirandola in su
e ammettendola al numero degli eletti da se , cioè mosso da se , <? da
sua somma liberalità e grazia ; non dal merito dclP anima , che tanto
ella non potria mai meritare . Im spositione è un pò stentata e Ionia*
na; e la detta di sopra nù par la vera {a) ,
Per manifestare però io pure 1* animo mio, oltre che troppo
scarso per se medesimo mi sembra il da se ad esprìmere che sia 1 ani-
ma celeste cosa^ cosa cioè originata dal cielo , accrescemi diflicollà
che cercandosi la cagione dei suddetti maravigliosi avvenimenti nel
Purgatorio , e dir volendosene cagione il passare delle anime dn! 1*ur-
gatorio al cielo , non abbia il parlare alcun espresso rnpporto al Pur-
gatorio , e si favelli in guisa che niente determini da qua! luogo pas-
sino al cielo le anime. Imperocché , secondo la significazione che al
da se attribuiscono il Rosa Morando e il Vellutello , riceverebbe il
cielo ugualmente da se le anime abbellite nel i-urgatorio , che le ani-
me degl' innocenti battezzati , le quali non credo che faccia il poeta
nostro passare pe '1 Purgatorio .
Dubito adunque, che non vaglia qu\ da se quanto da lei da
(a) Osservasioni sopra al Fargatorio a ^oesto patso t
CANTOXXt. agS
46 l^ercliè non pioggia , non grando 9 non neve y
Non rugiada , non brina più su cade ,
Che la scaletta dei tre gradi breve .
4g Nuvole spesse non pajon né rade 9
Ne corruscar , ne figlia di Taumante
Che di là cangia sovente contrade .
5a Secco vapor non surge più avante
questa montagna ; a norma cioè di qaell' esempio che ne propone il
Cinonio : Tuo padre mi manda a dirti , che ancora che tu abbia detto
mate di se , pur egli ti c^njbrta , che tu ami se , e quùnio prima^ a se
ritorni {a) . A questa interpretazione meglio si adatU il modo dì leg*
gere della Nidob. Di quel ^ che il del da se in se riceve Tmodo te-
nuto pure da tutti i mss. della biblioteca Corsini ) di quello s* adatti
l' in se da se dì tutte V altre edizioni .
Ecco in somma com' io vorrei intesa tutta la sentenza ne*pre-
senti due versi contenuta . La cagione delle novità , che in questa
montagna accadono » non può esser da altro, che d!i (per da) quel 9
che il cielo da se , da lei , riceve in se medesimo : dalle anime che
passano dal purgatorio al cielo * Il poeta , quasi indovino delle in- *
tenzioni de' comentatori , si compiacque di spiegar questo da se nell
ultimo verso del xxiii di questa cantica , colla parola fa vostro se»
gno che da se lo Sf^ombra . Dico che lo spiega per questa parola f
poiché per essa ci dà il mezzo di ridur questo elittico parlare al suo
pieno y il quale si è : cagione di quello che , la montagna sgombrane
do da se ^ il ciclo riceve in se , può esser qui , ma cagione d^ altro avveni"
mento non può essere • ^Bì koìoli . Il eoa. Antald. legge e non d^ altra
cagione y ma sta poi colla Nihobeatina nel da se in se. N. E.
46 47 /|8 yon grando ( il Latino in vece dell' Italiano grandine , .
che altrove ad opra (e) ) , non neve , non ec. — piii su carte , che la
ec* non cade su'l monte che al di sotto della oreve scaletta di tre
gradi , dei tre marmorei gradini posti avanti alla porta del Purga-
torio (il) : ed è questo come a tlire, che dentro dalla porta del Pur-
gatorio nissuna delle dette meteore accadeva . * Di tre gradi breve 9
lì cod. Antald. N. E.
49 IVon pajon s non si fan vedere.
50 5i Corruscar j nome verbale per comiscnzione ^ lampeggiamene
to n ^-^ figlia di Taumante ec. ^ Iride; che secondo Ovidio (nel primo
delle Metamorfosi ) perchè facea sacrificj molto accetti a Giunone,
▼olendo Giove mandar il diluvio sopra della terra, Giunone > per cam-
f^arla , la tirò a se nella sua regione, la quale è 1' aria , e convertil-
a nell* arco celeste : che <li qua nell* emisferio nostro lo veggiamp
sovente cangiar contrade , perchè non si mostra sempre in un mede-
simo luogo , ma in diversi , secondo che lo guarda il Sole , al cnial
è sempre in opposizione : e di là dico , perchè nelP altro emisfeno^y
dove egli era allora, non si vede , fin'^^endolo inabitato . VcLLVTtLLO..
52 Secco vapor, dal quale si generano i venti. Daniello ^:^' ^*^
É
(a) Panie. 225 2 (b) VedLil precit. Ciaoii. PaHic.%o 4. (c)<Vtai p«c
•itmpio IbL VX. IO. (<i) Parg. \%. 76 • segg.
994 PURGATORIO
Ch' al sommo dei tre gradi ^ eh' io parlai f
Dove ha 1 yicarlo di Pietro le piante •
55 Trema forse più giù poco od assai ;
Ma per vento che 'n terra si nasconda 9
Non so come , quassù non tremò mai •
58 Tremaci quando alcuna anima monda
Si sente , si che surga » o che si muova
Per salir su , e tal grido seconda •
S5 Dei tre gradi , eh* io parlai ^ vai quanto degU antideiU tre grO'
dif-'^eno^B*
54 Dove ha il vicario ee* Dove tiene i piedi l' angelo , che ba le
diiari di % Pietro, e ne fa le di Ini veci. Oi^' Aa , F edisioni dÌTenc
dalla Nidobeatina.
55 56 57 T*remn forte più giti ec. Avvertendo saggiamente il Poe-
ta , che può bens\ piovere , grandinare ec. su la porzione del mon-
te al di sotto del Purgatorio senza che piova grandini ec. su la por-
sione al di sopra ; ma che non può naturalmente essere scossa dal
terremoto la stessa inferior porzione del monte senza apportar scuo-
timento anche alla soprannosta parte; perciò del terremoto parlando
qn\ mota stile, e dubitando se al di sotto alcun terremoto succeda,
r^tringesi ad assenri» di certo , che per vento sotterraneo ( cioè per
la da W' creduta naturai cagione de terremoti) non risentì mai la
porzione alta scuotimento veruno: quasi dica: o perchè neppur al di
sotto mai terremoto succeda , o perchè prodigiosamente impedisca
Dio , i*ho il terremoto da basso in alto si comunichi .
58 5o ^o '^rf>mari , vale trema qui {a) — * Sentesi , il cod. Vat. »
sentasi n T Anlaìd. ed il Thig. N. F. — sì che surga, o che si muova
per sa'fr su : cz/rjiyf , quando trovisi in luogo vicino alle- scale: si muO'
va Tìe^ .crVr .«/ , quando sentasi monda, e trovisi in parte che dalle
scale sia lontana , tal che prima di salire convengale girare del pia-
no su del quale sta ; nel qual atto non sale , ma movesi per salire •
Questo pare a me il senso . De^li altri comentatori chi dice niente,
e chi dire rosa che non mi soddisfa . Ti Landino chiosa , che surga
al cielo . o si muoi'a da. un girone , dove ha purgato un peccato , alP
tdtro , daK*e nhhia a purgare un altro peccato . Ti Vellutello spone ,
che surf^a , cioè , che si Ipvì in pie : e questo rispetto a t anime di qud
girone , le quali s^'areno volte in c^'ù : perchè il primo lor movimento »
quando si sentono mtrfrate , ••/ è Warsi su dal giacere . O cFte si muo»
va ner salir su : e questo riw*»ffn a F anime fle gli altri foconi , che
mon (nacenn quando sr'mifmenf^ *; sentono purgate. Al modo del Vel-
lutello spiega arche il PaniclTo . Malamente però suppone il Landi-
no, che tremi il monte, e cantisi il detto inno ad ogni muover d'a-
nima, anche da or» girone alVa'^ro. T>Ìcendo Dante ciò farsi quando
«1cun*anima si sente mondai assohif amente , e non quando sentasi mon^
da anche in r,arte ; ti^ , di fatto , f-^cendo Stazio in altro girone fer-
marsi , ma passar dnftnmente al cielo , come in progresso si può ve-
dere y bisogna intendere « che non tremi il monte > né quel!' inno
(a) Dalia piiticalla ci per qui vedi Cinonio Partic. 58 4.
CANTOXXI. 395
61 Della mondizia il sol voler fa prova y
Che y tutto libero a mutar convento 9
L' alma sorprende 9 e di voler le giova •
64 Prima vuol ben ; ma non lascia 1 talento
Che divina giustizia con tal voglia ^
Come fu al peccar , pone al tormento .
s* ìntuoni , se non quando passa un'anima dal Purgatorio al Paradiso •
Il Vellutello poi , e il Daniello non si sono avveduti , che il muO'
versi per salir su può dirsi ugualmente tanto di chi in piedi essen-
do muevesi per salire, come di chi giacendo s'alza per salire ^«
tal grido seconda , vale quanto , e il aatto gridare Gloria in ezcelsis
Deo accompagna il tremare , che fa il monte allora •
61 * Questa e la seg. terzina si trovano nel Coo. Cass. con al-
cune varianti , e con una dottrina aggiunta in margine • Il P Ab. di
C. stimerebbe preferibile quella lezione , e però potrà vedersi la sua
LiTTsiià ec. Il cod. Antald. le legge così:
Dell' immondizia solversi fa prova «
Che tutta Ubera a mutar convento
L'alma sorprende e di voler le giova.
Prima vuol ben , ma noi lascia il talento t
Che divina giustizia cantra voglia ec.
Così a un dipresso anche il cod. Chi giano ; cioè solver Ja prova,
iar le giova , contro, voglia ec. N. E. — Fa pruova , dà certo indizio*
61 65 Che tutto libero la Nidob. e tutti i mss. della Corsini "* ( co-
me altresì il Cod. Cass.) Che tutta libera Taltre edizioni malamente
** e il cod. Vat. e il Chig.N.E. — Perchè , come in seguito dice Dante »
V anima vorrebbe anche prima ; ma il di lèi volere vien reso ineffi-
cace dal talento . Quando adunque questo contrario talento cessa »
sorprende , i nveste e muove allora V anima nn_yoler tutto libero -—
convento per stanta — e di voler le giova , e non va senza effetto il
di lei volere; come appresso dirà che andava prima.
64 Prima vuol ben: bensì vuole anche prima — ma non lascia il
talento : ma V inclinazione non lascia cotal volere essere efficace . 7Vi-
lenlo per inclinazione prende Dante anche ove de' carnali dice
Che la ragion sommettono al talento (a) .
65 66 Che divina giustizia j omette l'articolo la; dell'uso della
quale omissione vedi Benedetto Menzini (b), -» con tal voglia ( cioè
con volere inefficace , reso tale dal contrario talento ) legge la Ki-
dob. meglio , mi pare , che non leggano tutte l'altre ediz. ( ^ e del cod.
Vat,N.E.) contra voglia. Imperocché altro è il dire, che col volere l'uò-
mo inefficacemente V astinenza dal peccato congiuuga il volere effi-
cacemente il peccato ; ed altro è il dire che pecchi 1' uomo contra
voglia , e che perciò contra voglia sia posto al tormento . JV^on est
peccatum nisi voluntarium , è il comune parlare de'teologi • Con qneU
la adunque , direi io , inefficace voglia , con la quale fu l'uomo con-
trario al peccato , mentre a peccare si determino , con la medesima
vorrebbe nel Purgatorio surgere dal tormento , mentre per inclinazio*
ae a soddisfare alla divina giustizia si determina ad ivi rimanere*
^m*
{a) laf. V* 39. (à) CostruM, irregolar* della Uugum Tose, fap. «!•
39^ PURGATORIO
€j Ed io 9 che son giaciuto a questa dogUtf
Cinquecento anni e pia , pur mo sentii
Libera volontà di miglior soglia ^
70 Però sentisti 'I tremoto , e li pii
Spiriti per lo monte render lo<^
A quel signor , che tosto su gì' invii •
73 Cosi gli disse ; e però che si gode
Tanto del ber ìquant' è grande la sete »
Non saprei dir quant' e' mi fece prode .
76 E 1 savio duca : ornai veggio la rete
Che qui vi piglia , e come si scalappia ,
Perchè ci trema , e di che congaudete .
67 68 6p Giaciuto a questa dogfia cinquecento anni e pili. l)all
•Wpo di Gcsb Cristo g6 , circa il quale Stazio morì («), al t3oo. , in
coi, come più vofte è detto, finge Dante qupsto suo viaggio, «cor-
sero anni piii di mille dagento • Aven'lone adunque ^tazio passati in
questo girone cinquecento e piity e nel quarto de^H accidiosi, cofme
nel seguente canto dirli , restato essendo piti che il quarto rentesmo (b) ,
dee il rimanente intendersi consumato ne'hioghi anteriori —pur mo^
ora sohmenfe — di miglior sogÙa , sineddoche , per di migliore stan»
SU) di mifffiore aiitazione,
ni Chtf (osto su ffP invii. O la particella che pone per acciocché (r)»
e nella lode a Dio per l' altrui sollevamento intende congiunta da que-
gli »pin ti preghiera ne '1 proprio comune sollievo f rome Hi fatto nel
corpo deirinno Clona in excehts Deo hawi il qui toflis peccata mun^^
di mis^rere nohis /»r. ) : o Che tosto sii gT im'ìì ^ una preghiera , che'
incidentemente unisce Stazio per qoe' medesimi che hanno lodato Id-
dio pe'l proprio ricevuto sollievo , e come se detto fosse il qual Si"
gnore tosto essi pure su invii .
7!^ 7/1 Però che xi frode tanto del her^ quanV e er., allegorica-
Biente in vere di dire: Però che si ha tanto piacer di sapere ^ quanl*è
il desiderio di sapere»
75 Guanto mi foce prode , quanto il parlare di Stazio mi fece
nezza di verso . N. E.
76 •77 La rete , Che qui vi piglia < metaforicamente , per la co-
gitone che qui vi trattiene , cioè il talento di soddisfare alla divina
giustizia , V, 6f\ — e come si scalappia , ed in qua! modo cotal rete
ti apre , si svolve .
78 Perchè ci trema , perchè suscitato siasi qui poco fa quel tremo-
^
(a) Vtàì Fabritio BihL Lai. de Stailo poeta, {h) v. $%. (e) Cinon. Par*
He. 44 iB.
0 A N T O XXI, a^
^9 Ora cki fosti piacciati eh' io sappia 5
£ perchè tanti secoli giaciuto
Qui se' , nelle parole tue mi cappia <
8a Nel tempo che'I buon Tito, con lajuto
Del sommo Kege , vendicò le fora
Ond' uscì'l sangue per Giuda venduto;
85 Col nome che più dura e più onora
re, canto preced. v, iq8 (a), * Dicche ci trema ^ il cod. Antald. N.
Eé •— « di che cofigaudete , e di che con quell* inno Gloria in ex-
ceUis vi congratulnte . ( ongnudete^ latinismo in grazia della rima.
81 Nelle paroìe tue mi cappia. Ch'io intenda, e mi capaciti per
mezzo delle tue parole ; cosi il > olpi : o legami , fammi piii a te af- '
fezionato , rispondendo con parole cortesi , sì che mi appaghi : così
il \ellutello . Cappiare non si legge nella Crusca ; accappiare sì : co-
sì ella del suo arbitrio prevalesi . \entiibi.
Conviene creHere che all'occhio del sig. Bosa Morando sfug-
gita siasi questa chiosa . Sogna primieramente il Venturi nell' appic-
care al Vellutello colai legcmi ec. Se il cemento del Vellutello uni-
to a quello del 1 andino neir edizione Veneta 1578. non è diverso
dagli altri , io non veggo ove ciò il ^ eJlutello si dica . A spropo-
sito poi va a cercar dalla Crusca il cappiare per averne il cappia ^
eh* è da capere. Il P<mbo (avvertisi nel Prospetto di verbi Toscani
sotto il verbo capere n. 8.) rigetta la voce cavia , e vuole che la p
si raddoppi , e si dica cappia ; e dice bene , ctie , come da sape sì
fa sappia , così da cape si dee formar cappia . Poccaccio giorn. i.
nov. I Io san contento , che così ti coppia nelC animo (b) ,
Il mi cappia adunque significa il medesimo che mi capisca ^
mi sappia : e nelle parole tue Val qunnto per le parole tue. l.e parti-
celle nelle ^ ed in le sono una cosa; e però come la in si adopera
in luogo della per (r) , medesimamente può la nelle adoprarsi . Se
avesée il Venturi ben intesala spiegazione del A olpi , avrebbe rispar-
miato di cercar nodi nel giunco .
8a 85 84 Tito \ espasiano , che continuando la guerra contro de'
Giudei già da suo padre incominciata , distrusse la loro capitale Ge-
rusalemme , — buono , così viene encomiato da tutti gli scrittori —
con C ajuto Del sommo iìegr , mosso dal divin braccio al gastigo di
quel perverso popolo — vendicò le fora. Come peccata scrivesi per
Jìeccati e così molt* altri nomi plurali , nello stesso modo fora per
ori per ferite ; e le ferite pone , per metonimia , in vece della mor-
te dalle ferite cagionata, ond* uscì il sancue per Giuda venduto. \ ie-
ne con questo aggiunto a far capire , cne vendicò l'ito la morte di
Gesù Cristo , venduto agli bbrei da Giuda , l' empio discepolo : e tra-
sferisce alla parte , al sangue , 1* epiteto di venduto , conveniente a
tutta la persona del redentore.
85 Col nome , che più ec. Col nome di Poeta , il quale pili dura ^
(fl) D«1U particella ci per qui è detto di sopra al v, SS. (b) Vedi Ma^
suofini Teoria e Prospetto de*verbi Italiani , ove diKOxif di tal modo, Vec«
ko Capere n. xo^ (e). Ciaoo. Pan» i9<f i^»
S9t PURGATORIO
Ei^ io di là 9 rispose quello spirto y
Famoso assai , ma non con fede ancora •
88 Tanto fu dolce mio Tocale spirto ,
Che Tolosano a se mi trasse Roma ^
cbed* altro scrittore; e pìii onora chi è insignito Teramente di tale
titolo. Onde Locano O tacer y et mof^nus vniiim labori omnia /aio
EripiSy et donas popuUs morialibus aevum* T. andino.
86 Di là , nel mon.lo di là , nel mortai mondo .
87 Ma non con fede ancora : ma non era per anche illominato
dalla fede cristiana .
88 Tanto fu dofre mio vocale spirto: tanto dilettò la mia Toce»
il mio cantare . Allude ( chiosano tutti gli espositori ) all' encomio $
«he al medesimo . tazìo fa <»iuYena1e nella settima satira
Cmmtur ad vocem jucmndam , et cartmen amieae
Thtbaidot , laetam fecit cmm Statimi mrhem ,
Ptomisuque diem : tanta dmUédint captai
Aficit ti: e animos te.
89 Che Tofosano . Stazio Fapinio che , come nel seguente terzet«<
to per le proprie poetiche composizioni ne si dh n conoscere, è co-
cosa fuor
medesimo
i giustificar
Dante con dire, che • tazio fosse nativo di Napoli , ed orit^inario di
Tolosa . Ma oltre che non fondano essi V asserzicine sna in reruno
•crittore , contraddice loro . tazio medesimo , che nell'epicedio a suo
padre (e) scrive
le de gente suam Lntiis ascita colonis
Gmia r^fert Sitile .
Migliore avviso fu certamente quello, ch'essi non vollero segui-
re, del Landino; di rifondere T^Trore el nostro poeta in Placido
ILAttauzio (r/) , antico oomeiitatore «iella Tebaide ed Achilleide di Sta-
dio . Di fatto, in fondo d^uii antico codice contenente i comenti di
Placido Lattanzio sopra i prefati poemi di ''tazio, dato in I nrigi al-
le stampe nel i f^oo. I egi^esi : De Papinio Surculo Statio ex veterihus li»
tris: Si qws Olite m undcfucrit ( *^tatius ) qitierat , invenitiir fuisse The»
iosensisy quas cìvitas Gaiiiof fSt; ideoquc in Galh'a releberrim*^ docuit
rhetoricam ; std postea veniens 'iomnm ad poffn'nm se tmnxtuìit . Uve
si vede avere esso I attanzio , o qualunque siasi I* antico scrittore di
tale notizia, confuso 'tazio i^apinir» il poeta ^apolitano con Stazio
Surculo ( Ursolo e non Surculo voglion altri chiamarlo (e) ) rettorìco
di Tolosa C/) .
(a) Sratio oelU letiera a Stella , premessa al libro primo delle Selve , di-
ca taa la Tebaide. (b) \e^f,*t\ . per caficn d' esempio la lettera che manda ia-
■antl al lib. S, e ciò cbe nello stesso libro scrive nd CI tudiam uxorem n. 5.
(e) S'/f'. lib. 4 n. 3. id) EvTi chi lo appella I uttazin . Vedi . tra gli al-
tri Vottio depottis Lat e. 3. Quantunque sia^ i del disparere circa il tempo
la cui aoesto cementatore di Statio vivesse . che sia egli p rò di gran lunga pièi
■nt;co di Dante non vi ò dubbio alcuno . Vedi Psbrixio nella Biblioteca Latina
de Statio poeta . in quelle annoratiooi . (e) Vedi Gervartio nel principio dal*
la oota alia Salvo di Stazio. (/) Chrou. Susgb. apad. s, Huron. MMLX Xllf.
CANTO XXI. 199
Dove merlai le tempie ornar di mirto.
51 Stazio la gente ancor di là mi noma ;
Cantai di Tebe » e poi del grande Achille ;
Ma caddi 'n via con la seconda soma .
Un tale errore fu per tcstìmonìniiza di Giuseppe Scaligero (a) ,
fino a* tempi suoi comune : e poco dopo i tempi di Dante troviant
noi del medesimo poeta Stazio scritto pure dn Giovanni Boccaccio
£ Stazio di Tolfl%a ancora caro (h) .
La maraviglia però , che durasse questo errore s\ lungamente,
e gìugnesse ad eludere la vastissima erudizione del nostro poeta , dee
cessare onninamente al fatto che ci rapporta il celebre Lilio Oìral-
di ; che le Selve di Stazio ( quella sola opera in cui ne manifesta
Stazio la sua patria essere Napoli) stettero lungamente smarrite (e);
e pih chiaramente al rapporto che ne fa il chiarissimo Poliziano , eh%
tutti i codici delle Staziane Selve de' tempi suoi , trascritti fossero da
uno recato di Francia dal Poggio (ci) , ch'è quanto a dire posterior-
mente alla morte di Dante circa un centìnajo d'anni (e)
V autore delle note al presente poema stampato in Lione dèi
'S^i. pensa, che per errore de' copiatori siasi scritto Tohsano in ve»
ce di Teltfsaìio, cioè di Telesa , o Telesia , città oggi distrutta in po-
ca distanca da Napoli .
Ti ripiego per verità fu acuto : ma il menzionare Stazio neHt
sue Selve Napoli , e non Telesia ; Tidentità dello sbaglio in altri scrit-
tori prima e dbpo Dante; e il non trovarsi finalmente neppur un so-
lo manoscritto che legga Telesano , sono tante certissime prove in
contrario .
pò ìferiai le tempie ornar di mirto. Solevano gli antichi non pur
di lauro, ma di mirto ancora incoronare i poeti : onde Virgilio.
Et vns o lauri carpam , et te proxima myrte (f) ?
Il che imitando il Petrarca disse :
Qual vaghezza di lauro f o qual di mirto (g) ?
Avvegnaché la corona del mirto fosse pili propria de'poeti che can-
tarono d' amore ( per essere quell'arbore consacrato a Venere ) , cho
non era degli altri. Daniello.
91 Stazio la gente ancor ec. Il nome mio di Stazio ricordasi tut-
tavia dalla mondana gente.
9a Cantai di Tebe ec. composi i dne poemi la Tebaido , e FAchil-
leide .
Cji^ Ha caddi 'n via con ec. : cioè , non detti perfezione al secon-
do libro, che fu l'Achi11ei<Ie, prevenuto dalla morte. Onde erra as^
sai Francesco da Buti , il qual riprende Dante , che dica tal opera
» ^_^
(n) ^ot. in Ettseh, Chron- MMLXXIII. (b) Amorosa vii, caat. 5.
(e) De Lat, poet, dialoc;. 4. (d) Scrivtci colai memoria il Politiano di proarl»
pugno in fondo ad ooa copia che nella Cortiniana biblioteca consorvati atUa
Staziane Selve stampate insieme con Catullo , Tibullo, e Properzio dol l^7^^%
• mi fa cortesemente avvisata e mostrata da qnel gei^tilissimo od OToditissimo
bibliotecario sig. Canonico Niccoìa Foggiai, (e) Mori il Poggio « ritrovatoro
della predetta , e d' altre opere d' anticbi scrittori , nel l45o d' anni 79 Vedi «
tra gli altri , il Morali , • morì Dante dal iSai. (/) Edo^a a. (g) Pait. 1.
•tn. 7.
Soo PtTUGATOUlO
94 Al mìo aràor fur seme le fiiville ^
Che mi scaldar ^ della divina fiammd
Onde sono allumati più di mille ^
97 Dell' £neide dico , la qual mamma
Fummi, e fummi nutrice poetando;
Sanz' essa non fermai peso di dramma «
ice E per esser yivuto di là quando
«Mere imperretta , e vuole che sia perfetta . Ma se aresse ben notato
il principio, avrebbe manifestamente inteso quel poema essere in-
coato , non perfetto . Oitra di ciò dicono alcuni , cne non cadde con
la seconda soma , ma con la terza ; perchè avea assoluto non solamen-
te ia Tebaide , ma ancora le Selve . A' quali rispondiamo , che le Sei*
Te non sono onera laboriosa , ma piuttosto scritta per relassar 1' ani-
mo stracco dalle laboriose vigilie della Tebaide . Adunque non me-
ritavano le Selve esser chiamate soma , come V Achilleide ; la quale
impresa non avea minor difficolti che la Tebaide . LàHoiiro . Quan-
to però a Quest'ultimo obbietto appartiene, parmi che per le cose
dette sotto il verso So. si possa creaere , che non sapesse Dante es-
sersi da Stazio oltre della Tebaide e dell' Achilleide fatte altre com-
posizioni .
94 9^ 9^ ^^ ^^ a>^or ec. Dal seguente terzetto DeìT Enmde di"
eo ec. vien chiaro che esalti Stazio co*presenti allegorici termini l'Enei-
de di Virgilio, e che per la divina Jiamma intenda essa Eneide do-
nata a Virgilio dal cielo ad illuminare le menti degli uomini , ed ac-
cenderle all' amore della poesia . Al mio ardor ( adunque io chioso )
all'affetto mio alla poesia /wr seme, incentivo, lefamleche mi scoi'
dar della divina fiamma y il calore che m'investì del celeste fuoco in-
fuso dal cielo in Airgilìo, onde ^ dalla qual fiamma, piìi di mille ^
moltissimi uomini , sono allumati , accesi alla poesia . Scrivo io per-
ciò che mi scaldar tra due virgole.
gn 98 Eneide la Nidob. , Eneida le altre ediz. "^ e il Cod. Vat«
e il Cnig. N. E. — Il celebre poema di Virgilio , cos\ da esso appel-
lato da Enea Trojano , le di cui gloriose* gesta sono la parte princi-
pale di quel poema — mamma, madre, perocché lo produsse alla poe-
sia* 3famma per madre diconla i compositori del \ ocabol. della
Cr. voce fanciinlcsca . Ma se in Toscana non s'adopera colai voce che
da' fanciulli , in altri paesi d' Ualia , dai quali volentieri prende Dan-
te voci , si adopera anche da' grandi , e segnatamente in Milano . —
nutrice i perchè oltre d'averlo fatto applicare alla poesìa, prosegui
ad ammaestrarlo nella medesima .
Op Sant'essa non Jermai , (non pesai j il Cod. Anlald. N. E.)
non fissai , non istnbilii — peso di dramma , la minima cosa. Giudica
il Vellntello , che faccia I tante Stazio parlare così per rapporto a que-
gli ultimi versi della Tebaide .
0 mthi bis senoi muUum vigilata per annos
Thebai l
yivc precor , nec iu divinam Aeneida tenta ;
Sed longe sequcre , et vestigia semper adora .
100 loi 102 E per esser vivalo ec» per la sorte che avessi avuta
GANTO;XXI. lot
Visse Virgilio , assentirei un Sole
Più , eh' i'non deggio , al mio uscir di bando.
di convivere con Virgilio — * Giunse Virgilio , il Cod. Vat. N. E. —
assentirei al mio uscir di bando un Sole piii che non deggio , m' ac-
contenterei che si prolungasse il bando mio dalla celeste patria un an-
no di piii di Quel che dee durare. Soli per anni anche Tnf. vi. 68.
Oiticanau il \enturi il taci che nel terzetto seguente riferisce
Dante esser lui stato detto co' gesti da Vireilio per cagione di questo
parlare di Stazio , Questo taci ( ilic' egli ) io potei^a dire a Stazio com
awisarìo a non dirf quei spropositi; che non e poca sciocchezza di
un* anima ^ che per 5oo, anni (anzi p'iix di mille. Vedi al v. 67) il
è purgata , voler patliigginre un anno di dilazione di Paradiso , e di
permanenza in quelle pene ^ per il vano contento di essersi tnxmta a
convivere con f^irgilio , come bene osserva il P, £ j4quino . tfh è suj^
Jiciente ammenda quel sorriso di Dante , che non ha niente che fare
colla disapprovazione di un tal detto poco considerato ; e mi stupisco ^
che come ammenda F osservi il P, d^ Aquino . Ma il pili belio è , che
il Landino si mette a difendere seriamente il Poeta da alcuni, che
f incolpano tC aver fatto Stazio tiepido d* affètto verso Firgilio , me/i-
tre fa che patteggi un anno solo di Purgatorio per il sui&Ho vanissi-
mo piacere»
Dante non è da riprendere T risponde al Venturi il Rosa Mo-
rando ) perchè questo si diebbe prendere per un* iperbole . Passo tutto
a proposito per la difesa ili questi versi si ha ne* Reneficj di Seneca
(lib. 7 cap. 'i3 ) In hoc omnis hyperbole extenditur, ut ad verum
mendacio veniat . Uaque qui dixit, qui candore nives anteiretj cursi*
bus auras , quod non poterai fieri dixit , ut crederetur quantum plu*
rimum posset . Numquam( owc/vi bene) tantum sperat hyperbole,
quantum audet ; sed incredìbiliu affirmat , ut ad creaibilia perveniat •
Dante fa qui affermare a Stazio una cosa incredibile, com e questa
dilazione del Paradiso , acciò si venga alla credibile , eh* è la somma
venerazione ed amore che Stazio porta a Virgilio . Per questa ragione
Catullo ( carm, 1 02 ) parlando flella sua Lesbia •
Ambobm mihi quae carior est oculis g
e il JNaugero
Diipeream nisi tu vita mihi carior ipsa ,
Atque anima , atque oculis es ^ mta Hyella t mtis
Bello esempio se ne ha pure in Orazio \ là dove per mostrare un ere*
dibile , eh* è P amar Laiage ovunque si fosse , dice un incredibile , ch'k
r abitare amandola in que* paesi , che per soverchia arsura , e perfred-
do furon tenuti inabitabili al tempo suo
Pone me pigris ubi nulla campi s
Arbor aestiva recreatur aura ,
Quod latus mundi nebuiae malusque
lupi ter urget.
Pone sub curru nimium propinqui
Solis^ in terra domibus negata ;
Dulce Tidentem Lalagen amabo «
Dulce loquentem (a) ,
Che in quel noto sonetto Pommi ov'il Sol ec. {b) fu dal Petrarca imi-
tato • Fin qui il Rosa •
(a) Carm. lib. i« a4t 22. {h) Sem. xi%
PURCATORIO
ìo3 Volser Virgilio a me queste parole
Con viso che , tacendo , dicea : taci ;
Ma non può tutto la virtù che vuole ;
io6 Che riso e pianto son tanto seguaci
Alla passion da che ciascun si spicca,
Che men seguon voler ne' più veraci.
109 Io pur sorrisi , come V uom eh* ammicca :
Perchè V ombra si tac<pie , e riguardommi
Negli occhi, ove 1 sembiante più si ficca.
lift E , se tanto lavoro in bene assommi ,
A me però sembrerebbe la piii spedita dì rispondere , che sup*
pone Dante essere quest' anime ancor soprgette a passioni ed errori ,
e tali perdurare fin che non sieno eccitate al pentimento , e tarate
mei fiume r^ete , Purg. xxxi. 55 e segg. Cotale aaso^j^gettamento a pas-
sione ed errore fa Dante qui tacitamente confessarsi da Stasio mede»
Simo, facendogli nel fine del presente canto dire a >irgilio
Or puoi la qmamiiiaie
Comprender dell* amor eh' a ié mi scalda «
Quando ditmento nastra vanitalt ,
Trattando V ombre come cosa salda •
E se r amor troppo grande a Virgilio fece Stazio dimentico della pro«
pria attuai sanità in cui si trovava; molto pih poteva farlo dimenti-
co delle pene in Purgatorio patite, e del bene che sperava in Pa-
radiso.
io\ Con visti che ec» Dnl dire in seguito Dante Io pur sorrid
(c^. 109) ci si dà a capire, che con sorridente viso accennasse Vir-
gilio a Dante il silenzio . *^ fraise FirgiUo , il Cod. Vat. Disse , tad ,
1 codd. Vat. e Chig. N. E.
1 o5 /ui virtii che vuole , cioè quella potenza che si chiama Tolon-
tà. Landino .
106 107 108 Son tanto seguaci, vengono tanto prontamente in
seguito. — Alia passion da che ciascun si spicca j cioè all'allegria,
da cui cagionasi il riso , ed alla tristezza , onde cagionasi il pianto •
* Di chcj ìì cod. Vat. e Chig. N. E. — Che men seguon voler ne* piti
veraci. Prova concisamente, che il pianto e il riso seguaci sieno del-
la passione e non del volere, dal far osservare che quanto più gli
nomini sono veraci , più semplici e di cuore aperto , meno in cotali
per esternarsi il pianto e il riso aspettano il volere, il concorso della
volontà .
109 Come Puom, eh* ammicca: come T uom il quale accennala
cosa, che non vuol esprimere con parole. Vellutbllo. Dee ammi*
care esser corruzione del fiatino atlniclare ,
111 IVegti occhia a.*e il semhiante piti si Jicca : ove il più verace
sembiante aspetto dclT animo si colloca .
112 II 3 114 E se tanto lavoro ec. * (labore il Cod. CàZT. e il
Vat. e il Chig. (a) N. E. ) Essendo questa se tanto lavoro in bene as-
{a) Otscivitmo cke aacke il Caa. Dionigi lessa Uhors •
CANTO ICXT. 5oS
Disse 9 perchè la faccia tua testeso
Un lampeggii^r di riso dimostrommi ?
1 1 5 Or son io d' ima parte e d' altra preso ;
L' una mi fa tacer , V altra scongiura
Gh' i' dica ; ond' io sospiro , e sono inteso •
Ii8 Di' 9 il mio maestro, e non aver paura.
Mi disse 9 di parlar ; ma parla , e digli
Quel eh' e' dimanda con cotanta cura •
lai Ond'io: forse che tu ti maravigli,
Antico spirito , del rider eh' i' fei ;
Ma più d' ammirazion vo' che ti pigli •
Il4 Questi, che guida in alto gli occhi miei»
È quel Virgilio , dal qual tu togliesti
Forte a cantar degli uomini e de' dei .
sommi un' interposta apprecazione , in cui la j? equivale al Latino
sic (a) j o all'U-ìliano cne (b) , e come se in vece fosse detto , che possi
tu condttr a buon termine la grande intrapresa opera di visitar vivo
questi luoghi (r) , la ho io perciò serrata tra due virgole , e faccio U
costruzione così, E disse i perchè ^ se in bene assommi tanto lavoro ^
la faccia tua testeso (testò ora (^ ) dimostrommi un lampeggiar (C un
riso . * Un lampeggiar di riso , ha egregiamente il cod. Antalu. , e noi
lo seguiamo invece AtdW un lampeggiar (C un riso che leggono l'altre
edizioni . Que' due un sono pure la brutta cosa ì N. E. — Di a>som^
mare per condurre a fine vedine esempj anche d'altri scrittori nel
Vocab. della r. Ti Vclìutello , e Daniello Reggono : Deh , se tanto la-
voro ec, * Insieme assommi , i codd. Vat. e ^bie. N. E.
ii5 Ù* una parte y da Virgilio, col cenno fattomi di tacere —
d^ altra y da Stazio, che scongiurami a dire.
ii8 119 Dìy il mio maestro ec» Costruzione. />z, mi disse il mio
maestro y e non a^^er paura di parlar ^ ma ec* Il Cod. Caet. IVAntald.
e il Chig. , proseguendo il senso, dopo inteso del y. ti^, nel ì'. 118
leggono . Dal mio Maestro • Questa variante ci sembra di qualche
peso . N. E.
1 24 Che guida in alto gli occhj miei : elegantemente > in vece cU
che guida me a vedere in alto.
iiS 126 To^esti forte ec: imprendesti coras^gioso a mettere in
versi i fatti degli uomini e degli Dei • Accenna l' intrecciare che fa
Stazio ne' suoi poemi gli avvenimenti degli Dei , e degli nomini , nello
stesso modo che fa \irgibo nella Eneide • Il Vellutello e il Daniel-
(a) Vedi Clnoaio Pariic. azS 1» (b) Vedi pare Cinoa. Partic. 44 a3.
(e) Secoodo quello che Stax*o aveva Inteso da VirpUo n«* versi aa. e fgg,
del presente canto . (d) Vedi il VocaboU della Cr. cIm arreca esampj daUii
nedesima voce adopiaia da ottimi icrittexi esche ia presa ,
So4 PURGATORIO
1 17 Se cagione altra al mio rider credesti ^
' Lasciala per non vera , ed esser credi
Quelle parole che di lui dicesti .
i3o Già si chinava ad abbracciar li piedi
Al mio dottor; ma ei gli disse: frate,
Non far, che tu se' ombra, ed ombra redi.
lo in vece di forte leggono forze . Cotti variazione però non viene
richiesta necessariamente dalla ragione , uè garantita da'mss. ^ Il Con.
Caet. però legge Forza ^ e TAntald. Fortezza a coniar iP uomini e 4&
Dei . N. K.
* i'i7 il mio rider i i cod. Vai. e Chig. N. E.
mg Quelle parole ec. cioè Al mio ardorf arsente ee, v. g\. e segg,
— che di lui dicesti « intendi » che di ffersona da te rimoia : il quale
inganno di Stazio dee intendersi la cagione del ridere del nostro
poeta «
i3o »S)t chinava ad abbracciar li piedi , in segno d' inferiorità e
divozione. "^ Ad abHracciar i piedi, il cod. Viit. , gli piedi y il Chig.
V.E, — Amplectimwr Obi genua egentes opnm ^ scrisse pur : lauto (a).
Questo chinarsi ancora ( chiosa il \ enturi ) cne fa un* anima
del Purgatorio ad abbracciar le ginocchia , o li piedi , dove il minor
s'appiglia (lì) , ad un* animi del JJmffO^ non garbeggia molto ai P*
if Aq'ùno y e non ha ttttti i torli.
Se Stazio (risponde il l'osa Morando) per troppo affètto y e per
questa sorpresa di repentina allegrezza V esser suo proprio dimentica ,
qual meroifielia , che dinusntichi insieme la sua preminenza ? Ciò sareb»
ie degno £ riprensione , quando si Jbsse fatto in altri avvenire y ed in
altro tempo ; ma non lo è facendosi aifi^ffnire ncir amoroso Stazio , che
tanta porta affezione a Virgilio , e in un incontro sì inaspettato e im-
pro\^viso . !>feuo stesso modo può parer in Et ripide contro il decoro
il far escire una ^'ergine senza P abito s^er^inale ; ma non cos) parrà
certamente , quando si connderi ciò avs^emre nella persona cCAntigo^
ne , che ama sommamente i fratelli e la madre y e nel tempo della
ior morte , lo che fa avvertire in quei versi P accorto tragico , con cui
r afflitta principessa viene in certo modo a scusarsene mostrando , cite
f affètto e il dolor soverchio P avean forzata a ciò fare (Fenis. v. i4g6.]
^cpoftflti Bot)t;^« véìtviàv ^
%.p9.<Ptp,vet J'tKovffsL KCfjLet^ etTr^i/ioL^^
'S.Toy^tJ'et Kfovoiffrcv etvitcct rpupei^ ,
*Ayfficviviict viKpotft 'proh.vffrovov •
Scorro fra i morti qual BaccanUy tcioUa
Dal mio crine ogni benda , e tcìnia il fianco
Della purpurea delicata stola «
fo scorta moUilagrime agli estinti ,
i3i Ei gli disse la Nidob. , e* gli disse V altre edizioni.
(a) Rad, 7. (b) Acceona la frase con cai eiprime Danta on limila ab-
bracciameato fatta da Soriiello a Virgilio roeiofimo 9 Parg. tu. i5.
e A N T O XXT. 5o5
i33 Ed ei surgendo: or puoi la quantitate
Comprender dell' amor eh' a te mi scalda y
Quando dismento nostra vanitale,
Trattando 1' ombre come salda .
i36 Trattando y vai quanto trattar , volendo scioccamente.
Fine del canto peHtesimoprimo ,
T.a.
5o6
CANTO XXII.
ARGOMENTO (♦)
Fanno i poeti al sesto girone , ove si pur0a il peccato detta gola : # ,
trovato un arbore pieno d'odoriferi pomi , sopra il quale si spandeva
un* acqua chiara , che scendeva dalla roccia del monte , a questo arho^
re accostati odono una voce y che da quello usciva •
1 vjrià era V angel dietro a noi rimase ,
tJ angel che n' avea volti al sesto giro ,
Avendomi dal viso un colpo raso ;
4 E quei , e' hanno a giustizia lor disiro ,
Detto n' avean beati , in le sue voci ^
Con sitio j e senz' altro ciò fornirò •
I ai 6 Già era Tangel ec. Negli altri passaggi da un airone all'aU
tro descrìve Dante di mano in mano l' appresentarsi dell' angelo ad
iscancellareli dalla fronte uno de' sette F. , che portava impressi , ed
il canto che udiva farsi in lode della virtù contraria al vizio recen-
temente purgato : qui , per variare ^ non fa altro che raccontare co*
tali cose come già aweimte . E però dice che già cammin facendo
eransi allontanati dall* angelo , che aveva lui dal viso raso un colpo ,
cioè una P, ed avevnli indirizzati al sesto girone: e che già udita
avevano cantarsi la rispettiva solila lode.
In due capi mi sembrano allontanarsi qui dal vero le altrui chio-
se, rrimicramcute nello stabilire quale intendere si debba la intiera
scritturale sentenza accennata coli* iniziale voce beati ; ove il Landino
e il Aellulello dicono essere quella del salmo Beati quorum remis-
S(e sunt iniquitates {a) , ed il comeiito della Nidoheatina e il \ enturì
inostransi indiiVerentì a intendere o la medesima del salmo , ovvero
quell'altra del Vangelo Beati qui esuriunt et sitiunt justitiam {b). Se-
condariamcute poi nel pensare cbe si udisse cotale sentenza non per
altre voci , che delle stesse anime purganti nel quinto girone il pec-
calo deir avarizia.
Facendo però Dante in offui altro passaggio di girone in giro-
ne cantarsi una delle otto evangeliche beatitudini (e) , e non dalle pur-
(*) Argomento metrico del celebre Gaspare Gozzi .
Quale in quel balzo sua colpa purgasse
Racconta Stazio, ed a credenza santa
Da qual facella guidato n'andasse .
Oltre poi vanno , e trovano una pianta ,
Che tutti li suoi rami ali* ingiii piega
E d' odorosi e bei pomi s' ammanta.
In questo giro Gola si dislega.
(a) Piai. 3i- (b) Matth, 5. v. 6- (e) Nel detto capo di s. Matteo .
e A N T O X X 1 1 , 3o7
7 Ed io più lieve die per V altre foci
M' andava sì , che senza a,lcun labore
ganti anime facendo cotal beatitudine cantarsi , ma dagli angeli (a) ^
perchè anderem noi aui cercando altra sentenza fuor delle evangeli-
che beatitudini, ed altre voci fuor delle angeliche? None e^li for-
se adattabile ai purgati di avarizia il Beati qui esttriuni et sitiUnt ju»
stitiam ? e forse non possono intendersi angeli quei , c/i hanno a giu^
stizia lor distro ?
Alla proibizioni che Gesù Cristo fa nel Vangelo , del soverchio
attaccamento al danari ed a ciò che abbisogna pi^r la vita tempora-
le, aggiunge Quaeritj ergo prirnum regnum Dei et puslitiam ejus {b) »
Kon incongruamL.'i'.e adunque potè Dante il Beati qui esuriunt , et m-
iiunt justitiani applicare in locte ai purgati dell' avarizia •
lutendeudosi poi conie ben si può intendere , che avere a giur
stizia adibirò, importilo stesso che avere il desiderio unito ai giustoi
voler di Dio, verrà ciò a coincidere con quello appunto che 4^ssc
Dante dell' angelo tragittante anime dal mondo al Purgatorio
Che di giusto voler lo suo si fare (r)
Gli angeli adunque, secondo me, come altrove , cosi a questo
passagio sono i cantori; e, dicendo Dante ch'eglino intuonassero Beati
con silio , vuole dire come se avesse in vece detto che quella beati'
tudine cantarono , a cui s' accoppia il verbo siiio , /*• ; che non è al-
tra che la predetta Beati qui esuriunt et siiiunt Juslitìam : e finalmen-
te ad indicare , che non conoscono gli angeli altra fame e sete che
quella della divina giustizia , e che conseguentemente tanto vaglia per
legge la Sec, terzina
K quei eh' hanno a giastizia lor disiro
Detti n'avean beati , e le sue voci
Con Sizio sanz* altro ne fornirò
La varietà dunque della nuova lezione si restringe-c le sue voci
per in le sue voci-ne fornirò per ciò fornirò ^ la quale di versificando
poco il senso , che il i*. L. ha saputo ritrarre da tutto questo passo ,
non abbiamo creduto d' introdurla nel testo per novità. Vedi Letti-
BA ec. Non così potrebbe avvenire se volesse adottarsi e comeutar^i
la nuova lezione del Cod. Caet. il quale legge:
. . . . . . . . et te sue voci
Cum siilo senz* altro ciò fornirò . N^ E.
7 Pili lieve , ficr lo scancellato altro k> —/oa appella clcgantemea-
te le aperture delle scale per le scale stesse.
8 Labore per fatica. Latinismo di Dante { dice lì \ei\iur'ì) che dee
in lui rispettarsi, non imitarsi da noi-, come le ghiande delli nostri,
antichi , le quali fuggendo ciaschedun onora .
Lcdforioso , boriosissimo , laboriosità , laboriosamente , che so-
no voci figlie dì labore sono comunemente adoprate ; e labore stesso
1' adoprò prima di Dante ser Brunetto Latini nel capo 4 del Tesoretto.
(a) Vedi Purg. xii no e ciò che ivi s'è ietto. Q)) Malth. § v. 33.
(e) Purg. il 97 Vedi ^aella nota .
5o8 PURGATORIO
Seguiva in su i^li spinti veloci .
IO Quando Virgilio coiniuciò: amore
Acceso da virtù sempre altro accese ,
Pur che la fiamma sua paresse fuore .
i3 Onde, dall'ora che tra noi discese
Nel limbo dello nfern(y Giovenale y
Che la tua affeziou mi fé' palese ,
ì6 Mia benvoglienza inverso te fu quale
Pili strinse mai di non vist» persona ,
Sì eh' or mi parran corte queste scale
El non fina , né muore ;
Ma tutto mio labore
Convcn che si consumi .
Dicendo Dante anche noi l'araci, canto xx!!!.**. 6. f^ras^i labòr in ve-
ce di frravi fatiche^ ed ivi pure essendone ripreso dal Venturi di latini-
smo, risponde il Kosa ^Morando esser detto iaboripcr lavori , come boto
per sfoto , hon» per voce ec. , per la parentela del b coli' ii consonante;
jiò essere al Irò il nostro lavoro e lavorare che il labor e il laborate
de* Latini.
Aiunca però quril dotto critico d* avvertimento che il termine di
lavoro adoperiamo noi Italiani , ed anche lo stesso Tìantc adopera , non a
sileni ilcitre quello elio i Latini dicono lahor , la fatica e lo stento , ma
quello che i l;iitini dicono opus, opera , fattura .
I^edea ^cmhrotto appiè del gran lavoro (a) .
C) Gii spinti veloci , A irgllio , e Sta/ Io .
ioli 17 flr£(iiio cominciò , riparlando a Stazio — amore acceso
da virfìt i'c, : la sentenza è che , so un nomo virtuoso viene per la sua
virtù da :ilfri amato in guisa che si faccia lui conoscere l'amore , que-
sto nnioic ììv accende un altro nel virtuoso amalo verso del conosciuto
amiiiife . i. *ìtvc. arccso (Im'irtìt ^ imperocché acceso da carnalità spes-
so riniaiisi ; i7Jo»'e senza corrispondenza . yicceso di virili leggono J' edi-
zioni diverse dalla !>i(lohn(*tina *eil cod.\ at. N. K,
I "l 1 5 Giownale , c/te la luti afjezion ec. Sceglie a tal uopo Giovena-
le non solamente perchè fiori poco dopo di Stazio , ma perchè loda
ìiiTv\nìii\v (h) , in cui Mazio medesimo manifesta altissima stima verso
di Nirgilio [e) . * il CoD. \ ai:t. legge piìi latinamente 7w.'<?«/i/ff. N. K.
i6 17 Quale pili si tinse tnii di non vista persona-, tace per ellissi
aìnt^^o , o afruria persona , e vai come se fosse in vece detto , quale
no'ì isf tinse mai maggiormente alcuna persona ad un altra {(l) per solo
noìHc int.'sa .
fo Or mi parran corte quesle scale, pel piacere, intendi , di
vss-'r ti'-o .
m) PiM^.xTi.34. (A) Vfdi il canto precedente al v. 88- (c) Vedi nel-
lo ste^'-o p.eccdcnt.' cauto la noia al v . 97. (</) Della particella di^ che ado-
pera -^ui Uaatp i:?r ad , vedi CÌQOn. Partic,%o. a.
CANTOXXIl. 3o9
jc) Ma dimmi, e come amico mi perdona
Se troppa sicurtà m' allarga il freno 9
E come amico omai meco ragiona :
aa Come potèo trovar dentro al tuo seno
Luogo avarizia tra cotanto senno ,
Di quanto per tua cura fosti pieno?
a5 Queste purole Stazio muover fenno
Un poco a riso pria , poscia rispose :
Ogni tuo dir d' amor m' è caro cenno .
28 Veramente pili volte appajon cose,
Che danno a dubitar falsa matera ,
Per le vere cagion che son nascose.
3i La tua dimanda tuo creder m'avvera
Esser, ch'io fossi avaro in l'altra vita^
Forse per quella cerchia dov' io era .
34 Or sappi , eh' avarizia fu partita
Tioppo da me ; e questa dismisura
a3 if\ i5 Come poteo trovar dentro attuo seno luogo nvarida? Aven*
do Virgilio inteso (la Adriano V. che nel prossimo passato quinto
girone purgavasi V avarizia {a) ; e dì poi inteso avendo da Stazio ,
eh' era egli nel medesimo girone giaciuto cinquecento anni e piti (b)
supponeva perciò esso che fosse Stazio infetto d' avarizia . — tra
cotanto senno, di quanto ec tra tanta erudizione, tanto sapere» di
quanto tu per tua diligenza e studio fosti ripieno .
27 Cenno per segno .
ig Che danno ec. Falsa adopera perjldlace , e matera o sia /ito--
teria per rnoli\fo ; come se avesse in vece detto , che donilo fallace
motivo a dei dubbi, ni matera ^^ev materia scritto anticamente anche
in prosa vedi il Vocabolario della Cinisca . * Per le vere ragion che
sono ascose , il cod. Antald. N. E.
Zi 01 La tua dimanda ec. Costruzione, La tua dimanda m* avvera,
per ini accerta , esser tuo cretler , tua persuasione , eh* io in C altra
vita fossi avaro .
35 Forse per quella cerchia ec. forse per averti detto di essere
in quella cerchia, in quel girone, dove gli avari si puniscono , stato
cinquecent* anni e pili •
35 Troppo , cioè fino al vizioso opposto estremo della prodiga,
lità. * A questa disrnisuin , il cori. Vat. N. E.
(o) Purgxix. XX2 • fegg. (by Canto precedente v, Sy e 68.
3ro PURGATORIO
Migliaja di ìunftri hanno punita.
^7 E 9 se non fosse eh' io drizzai mia cura >
Quand' io intesi là dove tu chiame $
Crucciato quasi , all' umana natura ì
4o Per che non reggi tu, o sacra fame
Dell' ot*o, r appetito de' mortali?
Vpltandò sentirei le giòstre gMme •
36 Mìgliaja , numero determinato per 1* indeterminato ^ron^è
numero — lunari per periodi lunari , lunazioni , che , compiendosi
ciascuna in giorni circa yentinòve e inezzo, troppo di più delle mi"
gliafn , in cinquecenC anni , dovevano essere scorse -^ ìianno punita ,
trasferisce per metonimia la punizione , che è efTettp delle pene , alle
ndglinja di lunari , al tempo in cui sono le pene durate .
37 al 4^ ^ se non fosse ec, * Ordina cos\ : E voltando pesi per
forza di poppa (Inf, P^IL) sentirei ora le giostre grame y se non fosso.
eh* io drizzai mia cura , quando intesi la parola tua là dove tu , qua-
si crucciato , chiami contro alF umana natura , dicendo : o sacra fame
deir oro , per che non reggi tu V appetito de* mortali . Riagiolt. QmÌ
Dante ha in mira quel verso cclehre di Virgilio {a) Quid non mortalia
pectora cogis auri sacra fames ? Il cod. Gaet. ha Exclame crucciato
quasi : e cos\ avevamo noi posto nel testo della prima nostra edizione ;
Uba poi meglio riflettendo alla stranezza di quell' exclame , e alla co«
Stante lezione chiame eh* hanno tutti i codici più venerandi , sib-
ilio nuovamente e di huon aniifno tornati a starci colla comune. «-^
Voltando sentirei le giostre grame allude al voltando pesi per fona A
poppa (b) , ed alla descrizione delle pene che soffrono quegli sciagu-
l^ti . N. F.
j4 que non regf^i ec, ha la Nidoheatina, ove tutte Tal tre edizioni
hanno perchè non reggi : ma scrivendo essa "Nidoheatlna que in vece
dì c/ic anche altrove ( come , per cagion d* esempio , Inf. V. iii. "VI.
60. )ho io perciò 1' a que volto a che .
Al chiiaro di questa lezione risparmiato avrehhero ed il Ven-
turi il nero duhbio , che ingannato Dante da quelT epiteto sacra , inten-
flesse a traverso tutta la sentenza prendendo la sacra fames per una
virtii di cui fosse uffizio il regolare t appetito delle ricchezze; ed il Bosa
Morando la , per altro lodevolissima, cura di trarre al buono la parti-
cella perchè , con isparlire il per dal che , e d* intrepretare , psr cìi6
distorte vie, per che malvagità , per quali ce.
Per poi intendere in qual modo la detta riprensione, cheVir-
|(ilio fa alla fame dell* oro , appartenga a far conoscere cattiva an-
che la prodigalità , basta riflettere , che tanto V avaro che il prodigo
hanno mala fame del flenaro . T/ avaro ne ha fame per contemplarlo;
ed il prodigo ne ha fame per ottenersi con quello smoderate soddisfa-
zioni. Aggiungasi ciò che dice Aristotele, che lo spendere assai non si
può fare agevolmente , conciossia che le facoltà manchino ; però son
costretti tali uomini a togliere V altrui roba (e) .
(a) jitneid. In 56* {t) Cant. vi 1.32. dell' Inferno e «gg. (e) EtlU
lib. 4 cip. 1 Tridutione 4el Segni , xiferiu dal Ecia Morando .
CANTO XXII. Sii
43 Allor m^ accorsi , che troppo aprir Y ali
Potean le mani a spendere 9 e pentèmi
Così di quel come degli altri mali •
46 Quanti risurgeran coi crini scemi
Per 1' ignoranza , che di questa pecca
Toglie 1 pentèr vivendo , e negli estremi f
49 E sappi che la colpa , che rimbecca
Per dritta opposizione alcun peccato,
'*' Noi anche qui ce ne stiamo colla comune , e restituiamo il
Per che interprelandoio col Rosa Morando , seguito dal Biagioli , che
dice saviamente cosi : Tomai a casa mia , e cominciai C analisi , spic^
cando la proposizione per daW adietiivo che, sapendo che , in qualsia
voglia aspetto si presenti , egli è pur sempre addiettivo , e però ineren^
te a none espresso o sottinteso , e tosto mi seenne fatto di riempire il voto
scrivendo perche {per quali) scelleragini non reggi ec, onde si sempli»
ce riesce il costrutto che piti non puossi ne pur da Lombardi desidera^
re. N. E.
45 Aprir V ali per aprir le dita . Metafora .
44 Potean la Nidobeatina , Poten V altre edizioni * e il cod. Yat.
N. E. — pentkmi , sincope in grazia della rima , in vece di penteimif
da pentère del qual verbo vedi la nota Inf. xxvii. ii8.
/]6 Coi crini scemi : perchè nel canto vii. dell* Inferno ha detto*
che gli avari risusciteranno coi pugni stretti, e i prodighi co i capelli
tosati. Venturi. Anzi ha ciò detto lo stesso Virgilio, il quale ha
pure insegnalo, che in quel quarto infernale cerchio sono insieme
fmaiti gli avari e i prodighi . Ma non vedendo esso Virgilio qu\
a pena stessa di laggiù , credette andar qui la faccenda diversa-
mente ; ed ha perciò con quella sua interrogazione come poteo ec» (a)
falto sorridere Stazio.
47 48 Per r ignoranza ec. ( * per ignoranza i codd. Vat. e Chig*
N. E. ) crassa e supina , e perg colpevole . E che s' ignori o non
si conosca per vizio la prodigalità piuttosto che V avarizia fauto piii
odiata , e biasimata dal comun dalla gente , egli è bea facile ad ac-
cadere . Venturi • * D* accordo il Postil.. Caet. dice: exclamat coiu
tra prodis^s , qui propter ignorantiam non credunt prodigalitatem esse
vitiiim, quia landatur inter magnos sicut contigit de Alexandro ec*
N. E. — toglie il pentèr., impedisce il peutimeuto — vivendo e negli
estremi , vale quanto in vita , ed in morte . * Vivendo negli stremi
il cod. Antald. E vorebbe dire , che 1' ignoranza di quel peccato
toglie al reo il pentirsi negli ultimi della vita. Onde vivere negli estre»
mi sarebbe un nuovo modo di esprimersi secondo le frasi Dantesche*
Il che però non vogliamo asserire che con gran discrezione. Nota di
Salvatore Betti. N. E.
/|9 5o Che rimbecca per dritta ec. Rimbeccare propriamente si-
gnifica il rimandare , il ribattere la palla V uno alT altro giuocatore ;
ma qui V adopera Dante metaforicamente per contrariare , opporsi ;
(a) V«rs. 22 ^segg.
3ia PURGATOKIO
Con esso Insieme qui suo verde secca «
Sa Però s' io son tra quella gente stato
Che piange V avarizia , per purgarmi
Per lo contrario suo m' è incontrato .
55 Or quando tu cantasti le crude armi
Della doppia tristizia di Giocasta,
Disse 1 cantor de' bucolici carmi ,
58 Per quel che Clio lì con teco tasta
Non par che ti facesse ancor fedele
onde che rimbecca per dritta opposizione alcun peccato vale quant«
che drittamente contraria ad alcun peccato; come drittamente contra-
ria , air avarìzia la prodigalità , alia golosità 1' inedia ec. , estremi
tatti egualmente discosti dal mezzo che tengono fé rispettive virtù »
liberalità , sobrietà ec. Ma dice per dritta opposizione ; e perchè sebbe-
ne oppongasi , per cagion d* esempio , all' avaria aiu^e la golosi-
tà , non però se non obbliquamente si oppone , e non già per drit-
ta opposizione ; e perciò in altro luogo si puniscono gli avari , ed in
altro i golosi .
5i * Come esse^ il cod. Chìg. N. E. Suo verde secca . Seccare suo
verde , preso' dalle piante e dall' erbe , vale propriamente morire ;
ma qui adoprasi al significato di consumarsi •
54 Contrario suo , contrario dell' avarizia — m' è? incontrato , m'è
accaduto . Venturi .
55 56 Cantasti^ intendi nel poema intitolato Tebaide , * Contasti 'A
cod. Chìg. N. E. — le crude arnii della doppia tristizia di Giocafta
V aspro combattersi corpo a corpo ed uccidersi sinmltaneamcnti ,
che per avidità di regnare in Tebe fecero i due figli di Giocasta , Eteo-
cle e l'olinice , cagionando perciò alla madre doppio lutto . \e4i
V undecimo b'bro del mentovato poema di Stazio . focasta in vece ài
Giocasta leggono l' edizioni diverse dalla Nidobeatina, * come altresì
il Cod. Caet. e il Vat. N. E.
57 II cantor tle^ bucolici carmi y Virgilio cantor della Bucolica^
o sia de' versi pastorali .
58 Clio , una delle nove Muse invocata da Stazio nel principio delia
Tebaide , Quem prius heroum Clio dabis ec, {a) — /> in quel tuo pce-
na — ro;t teco : della preposizione con aggiunta al teco e meco , n3ii
per neccessltà , ma por proprietà di linguaggio vedi Cinonio (b) —
tastit . Questo tastare chi vuole significhi cercare e tentare e chi toc-
care per accennare : ma io più volentlen crederei , che significhi J[ul
lo stesso che toccare i tasti, o sia suonare accompai^nando ed ajutàn»
do il canto di Stazio y e che per sineddoche ponga cotal parte di
Clio per tutto 1' ajulo che somministrò. * Per quello che Clio {eco
h tasta legge il Cor. Caet. Osserviamo che anche il Can. Lionisj •
lesse cos\ . N. E.
59 Fedffle , credente . •
■~^^^^-^-^
{a) Lib. 14. (h) Partic. 167 a.
CANTO XXII. 3i3*
La fé', senza la qual ben far non basta.
61 Se così è, cjual Sole ò quai candele
Ti stenebraron sì, che tu drizzasti
Poscia diretro al pescator le vele?
64 Ed egli a lui : tu prima m' inviasti
Verso Parnaso a ber nelle sue grotte ,
E poi appresso a Dio m' alluminasti .
67 Facesti come quei che va di notte ,
Che porta il lume dietro , e se non giova ^
Ma dopo se fa le persone dotte ,
70 Quando dicesti : secol si rinnuova ,
f^o La fé senza la guaì ce» la fede cristiana , seuza la quale impos*
sibile est piacere Deo , avvisa s. Paolo (a) , ed è perciò insufficiente a
salvarci ogni opera .
61 Qual Sole o quai candele , vale come , guai celeste o terreno
lume .
61 63 Ti stenebrarono ti d Issiparono le tenebre — che tu drizzasti ec*
che tu dìriggesti la tua nave appresso alla nave di san Pietro : parla-
re allegorico e come detto avesse, che li facesti seguace della chiesa^
di cui la nave di s. Pietro fu simbolo .
65 A ber nelle sue grotte . Grotte qui pure per ripe , come Inf. xxu
1 1 o Andatevene su per questa grotta; e rurg.xiii. l\Sy E ciascun e lungo la
grotta assiso: e nelle ripe del monte Parnaso erano, dice il Landino »
le fonti Pegasee consacrate alle Muse •
66 * E poi: La ^idodeatina e 1' altre Edizioni , meno quella del
Canonico Dionisi , leggono E prima . la variante è del Con. Caet*
e ci sembra molto più coerente alla progressione delle operazioni ,
che gli scritti di Virgilio fecero sopra Stazio, ed al contesto e maggior
ravvicJnameiJto del terzetto seguente. Il nostro signor Salvatore Betti
ò però di contraria opinione: avvisando egli, che noA abbia qui luogo
alcuna progressione d' operazioni , ma cne stazio dica a Virgilio : tu
primamente mi conducesti a bere nella grotta di Parnaso , tu prima'
mente m* illuminasti per andare appresso Dio. Insomma : Per te Poeta
fui, per te cristiano , come si ha in questo canto medesimo al v. 73.
I codd. Vat. e Chig. stanno con esso lui. il savio lettore decida . —
Per identità poi, come abbìam fatto Qualche altra volta , abbiamo cre-
duto (li adottare appresso a Z>io ( addio ) dell' istesso Cod. Caet. inve-
ce dell' appresso Dio della ^idob. e della volgata. N. E.
68 Che porta il lume dietro: fanno ciò spesso i servitori per condur-
re i padroni — e se in vece di e a se leggono Y edizioni diverse dal-
la Kidobcatiua , '^ e i codd. Vat. e Antalci. , e Chig. e noi 1' addotia-
mo perchè è modo di lingua italiano bellissimo. N. E.
69 Dotte, — istruite tiove debban mettere i' piedi ,
70 71 72 Quando diceòti ce. Accenna e succintantemente traduce
(fi) Hebr. II. V, 6,
3i4 PURGATORIO
Toma giustizia e primo tempo umano 9
£ progenie scende dal ciel nuova.
73 Per te poeta fui , per te cristiano .
Ma , perchè veggi me' ciò eh' io disegno ^
A colorar distenderò la mano •
76 Già era il mondo tutto quanto pregno
Della vera credenza , seminata
Per li messaggi dell' eterno regno ;
79 £ la parola tua 9 sopra toccata ,
quei versi dell* egloga 4 > dove Virgilio dice venuto il tempo d' «dcm-
piersi la profezia della Sibilla Cumana .
Magnus ah integro taeclorum nascitnr orda.
Jam redit et virgo ^ rtdeunt Saturnia regna :
inge
anche Stazio .
Secol si rinnova , traduce Dante così il primo de' tre Virgilia-
ni versi yfagniis ah integro sacclorum nascitur ondo — Toma giusti*
sia , e primo tempo umano , traduce 1* altro Jam redit et virgo ( Astrea,
5' ....
altri da essi veduti , e contro il leggere di tutte V edizioni , hanno
voluto gli Accademici della Crusca inserire progenie discende in ve-
ce di progenie scende ^ minorando la grazia del ?erso senza veruna
necessità .
74 7^ Perchè veggi me* : affinchè meglio tu intendi ( me* per
meglio adopera Dante altrove spesso ) (e) — rio eh* io disegno . Dise-
gnare trasferisce al senso di esprimere , la traslazione seguendo , sic-
come il disegno si fa colorando , in vece di dire stenderò piti larga-
mente la narrativa , dice distenderò la mano a colorare . * A colora-
re stenderò la mano , il cod. Vat. N. E.
76 77 Pregno della vera credenza , ripieno della vera cristiana
fede.
78 Messaggi delP etemo regno , gli apostoli , e discepoli di Gè*
i& Cristo , Terocchè di lui , e dell' eterno di lui regno annunziatori.
79 £ la parola tua ec e la profezia della Sibilla Cumanu espres-
sa ne sopra(ldetti tuoi versi .* M Cod. Hogg. legge prima toccata y in
vece '!i sopra toccata . Può questa variante includere V interpretazio-
ne, che Virgilio in que' versi precedesse il linguaggio degli Apo-
stoli . N. E.
^— ^— I .11. I . I ■
(a) Veri. 4 e seeg. {h) Vedi Nat. Aless. Hist, eccL saecuL i. diss, i.
(e) Vadi per camion a esempio Inf. I. iiZi il 36, x4 3€ ec.
CANTO XXlì. 3i5
Sì consonava a' nuovi predicanti;
Ond' io a visitarli presi 'usata .
>8ti Vennermi poi parendo tanto santi ,
Che , quando Domizian li perseguette ,
Senza mio lagrimar non fur lor pianti.
B5 E , mentre che di là per me si stette ,
Io gli sovvenni, e lor dritti costumi
Per dispregiare a me tutte altre sette •
68 E pria eh' io conducessi i greci a' fiumi
Di Tebe , poetando , ebb' io battesmo ;
Ma , per paura , chiuso Cristian fumi ,
80 Si consonava ec. sì uniformava a ciò che annunziavano que'
nuovi predicatori , ali* incarnazione cioè del divin Verbo avvenuta in
Gesii Cristo ,
81 Usata per usanza , Voce adoprata anticamente da altri Ita-
liani scrittori anche in prosa.Vedi il \ocab. della Crusca.
83 Quando Domizian li perseguette , Morto essendo Stazio , come
di sopra avvisai {a) , circa Tanno di Gesù Cristo c^6 , ed essendo cotal
anno stato il quintodecinio ed ultimo delT impero di Domiziano (b)i
né da Nerone , morto 1* anno di Gesù Cristo e8 {e) fino a Domiziano
stata essendo di mezzo alcuna persecuzione de* cristiani ; bene perciò
suppone Dante che Stazio reso cristiano non vedesse altra persecu-
zione del cristianesimo se non quella asprissima [d) fatta da Domizia-
no . — perseguette , parseguito , in rima , dice il Volpi : ma non in
vece di perseguitò , airei io , ma di perseguì , da perseguire (e) , e
non in rima , ma , come Dante stesso {f) , ed altri adoprarono an-»
che fuor di rima seguette (g) , poterono pur fuor di rima adoprar«
il composto perseguette .
8^ Di là per me si stette , cioè io stetti di là . Volpi . * Per me
di là si stette^ il cod. Chig. N. E.
88 89 90 E pria eh* io conducessi ec. E prima ch'io fossi arrivato
nel comporre la mia Tebaide , a quel passo , dove descrivo , come i
Greci sotto Adrasto loro Re vennero in soccorso di Polinice , e come
giunsero a Tsmeno ed Asopo fmmi di Tebe. Così il Venturi seguen-
do il Landino eAellutello. Ciò essendo , dovrebbe intendersi come se
detto avesse , prima che giugnessi a comporre il nono libro della 7e-
haide ; nel qual libro descrive Stazio i danni sofTerti dal Greco eser-
cito nel passaggio dei due detti fìumi. Ma dubito che non sia que-
sto il senso; ma che piuttosto \ Jiumi ili Tebe ponendo persineado-
(il) Porg.Yxi ^7 e segg. ()>) Vedi fra gli altri Patarol Striti Auguttorum
Flav, Domitianus . (e) Vedi il medesimo Claudius Domit, hlero (tt) Vedi
tra gli altri Eusebio hist, eccl. lib. ni cip. 17. (e) Vedi il Vocab. della Cr.
(/*) Par. IX 34. (g) Vedi MafUofiiù Téorim € Prgsptitg de' v irti Ualiaui
vocti» il verbo seguire tu 5,
3i6 PURGATORIO
91 Lungamente mostrando paganesmo :
E questa tiepidezza il quarto cerchio
Cerchiar mi fé' più che 1 quarto centesmo •
c)4 Tu dunque, che levato hai 1 coperchio
Che m ascondeva quanto bene io dico ,
Mentre che del salire avèm soverchio 9
97 Dimmi dov' è Terenzio nostro antico ,
Cecilio , Plauto , e Varrò j se lo sai ;
che in Tece di Tebe stessa , voglia dire , prima eh* io conducessi i
Greci a Tebe ; che varrebbe poi quanto , prima eh* io componessi la
Tebaide — Chiuso ^ occulto. * Fumi siucopc di fuimi , cioè mi fui,
mi stetti ec. N. E.
ga Jl quarto cercìiio , dove si punisce T accidia (a) .
o3 CercAiar . Veramente cerchiare por girare ( ciò che fanno gli
accidiosi nel quarto cerchio ) adopralo Dante anche altrove (fi) . Non
sembra però affatto spregevole anche il cercare, che leggono lotte
l'antiche edizioni (*ed i codd. Vat. e Antald. N.E.) ed a cui gli Acca-
demici della Crusca , per i* autorità di non molti mss. , hanno sosti*
tuìto cerchiare — piii che il quarto centesmo : rivedi 1* annotazione al
V» 67. del passalo canto .
9I 9^ Levato ha il coperchio , che m* ascondeva ec> hai rimosso
r impedimento , che non mi lasciava scorgere la verità della cristia-
na credenza.
Conghietturando la cagione per cui , volendo Dante significare
a noi occulte le vie di Dio nel salvare gli uomini, scegliesse Ira i
gentili a fingere cristiano e salvo Stazio, io la direi quella prin-
cipalmente , che vitupera questo poeta al sommo , e pone acremente
punita in Capaneo 1 audacia contro il cielo {e); audacia, e puni-
zione avvisala pure dal poeta nostro Tuf. xiv. 63. e segg. xxv. i5. e seg»
96 yentre che del ec, ( del invece di per ) (d) mentre che per sa-
lire abbiam più tempo di quello ne abbisogna.
97 98 Terenzio nostro antico ec. cos\ leggono la Nidobeatina ed
altre antiche edizioni , e moltissimi mss. veduti dagli Accademici della
Crusca e dal Daniello , ed anche tre veduti da me nella biblioteca
Corsini (e) ( ♦ e il Vat. e il Chig. e V Antald. N. E. ) : e nostro amico,
che leggono 1* altre edizioni , potrebbe prcforirsegli quando i collo-
cutori Virgilio e Stazio convenissero nel genere di poesia con Te-
renzio; ma essendo questo comico, e quelli epici, meglio è che si
legga nostro antico , e s' intenda antico nostro Latino . K può ben an-
che intendersi , che per zeuina V aggettivo antico applicato a Teren-
zio stendasi anche agli altri connumerati autori , e come se fosse
scritto , Dove sono pli antichi nostri Latini Terenzio , Cecilio ec.
Il Venturi dice leggersi in più di un codice, Dimmi dov* è
(a) Vedi Pnrg. xvii i3o e segg. ed il canto appresso . (b) Pnrg. ti. 4 i
XXV 1 ec. (e) Thtbaid, lib. io. p. 927 e seg. (d) Ciiion. Parf, 81 iS.
(e) Nom. 607 607 12x7
CANTO XXII. 5i7
Dimmi se son dannati, ed in qual vico.
loo Costoro, e Persio, ed io, ed altri assai,
Rispose 1 duca mio, siam, con quel greco
Che le Muse lattar più eh' altro mai,
io3 Nel primo cinghio del carcere cieco .
Spesse fiate ragioniam del monte,
C ha le nutrici nostre sempre seco .
106 Euripide v' è nosco , ed Antifonte ,
Simonide , Agatone, e altri piùe
Terenzio , ov* è P amico Cecilie . Ma , oltre che non ci dice dove tro-
vinsi , e quanti sieno questi codici , non pare poi anche che per una
ventina d anni al più , che potesse Cecilio essere anteriore a Teren-
zio (a) debha questi sottrarsi clair epiteto di antico — Cecilio , e Plauto
furono , siccome Terenzio , comici ; Farro , dee intendersi quello a
cui fa Quintiliano F elogio : Quam muUa , imo pene omnia , tradicUt
Farro {b).
99 In guai vico . Fico, dal Latino vicus , vale propriamente con-
trada, ma qui sta per Infamai cerchio. Fico anche fuor di rima ado-
pera Dante Par. X. 137.
100 al io5 Persio, poeta sntirico — con quel Greco, con Omero
— lattar per nutrirono — piìi eh* altro mai, * il Cod. Caet. legge pili
eh* altri mai. N. E. — nel primo cinghio ec, nel primo infemal cerchio.
Vedi Fnf. iv. 88.
I o4 I o5 Del monte , Tarnaso — Che ha le nutrici nostre sempre
seco , su (lei quale abitano sempre le Muse .
106 ìon FuHpide , Ateniese, poeta tragico eccellentissimo .* -^^n-
tijbnte; cosi legge il Con. Cass. e il Chig. , mentre gli altri, com-
preso il P. L. , leggono uénacreonte . La giudiziosa riflessione del P.
Ab. di C. che Cante nominando qui con Euripide , Simonide e
j4gatone Poeti ancor Tragici non sembrava conveniente vi unisse
Anacreonte semplice Lirico, solito a descrivere cose amorose, et
cum multo venerem confundere vino , ma più tosto Antifonte ricorda-
io con lode da Aristotdc Ira i Poeti , e da llutarco annoverato par-
ticolarmente fra i Tragici , ci aveva già determinato a preferire que-
sta lezione pel nostro testo; ma ne siamo restati ancor più soddis-
fatti vedendola seguita ancora dal eh. Sig. Portirelli nella sua Ediz.
di Milano, e trovandola confermata nel Con. Caet. ove leggesi a chia-
re note:
Euripide ve nosco et antiphonte.
Kon crediamo inutile, di recare a cognizione de' nostri lettori, che
il Canonico Dionisi (e) \e^ge Anacre'onte , e chiosa così,, E pur tutU
i cotUci VECCHI da me veduti hanno ed Antifonte : O perchè Dante
seppe di questo scrittor piìt di noi , o perchè P ebbe per poeta ancor»
che non fosse . Con tutto ciò non ho voluto andar contro P empito
(a) Vedi Pciav. Rai, temp. l. 4. cap. 12. {b) Jnstit. orai. lib. la.
(ID La Divina Commedia ec. Breicia Bettoni 1810 , tom. secondo pi|. i6)l.
5i8 PURGATORIO
Greci , che già di lauro ornar la fronte •
J09 Quivi si veggion delle genti tue
Antigone , Deifile , ed Argia ,
Ed Ismene si trista come fue •
112 Vedesi quella che mostrò Langìa :
Evtì la figlia di Tiresia, e Teti,
E con le suore sue Deidamia.
dalla moderna fiumana, E bea faceste Signor Canonico: perchè a
▼oler lottare contro le opinioni dei più si vuol avere cognizioni pro-
fonde e recondite, t ppur voi , il quale, non dico di queste, ma
delle pia comuni mancate , spacciando come Antifonte non fosse
poeta , avete le tante volte lottato non contro le moderne fiumane
soltanto, ma contro il mare di tulio il senno ^ con che io intendo
I* antichissimo buon senso , travolgendo a modo tutto vostro i detti
del Divino Poeta . N. E. — Simonide , nato in Cea , isola del mare
Egeo , uno de' nove lirici Greci famosi , non che Epico, e Tragico.
Agatone , poeta Gi*eco antico , d* una favola del quale , intitolata 1*
jinto , o il Fiore , fa menzione Aristotele nella sua poetica . Volpi .
— piite per piit , paragoge .
109 Delle genti lue, Tue^ chiosa il Venturi , perchè da te decan'
tate nella Tebaide . Fino alla^^'Vi di Teresia ( corregge il Rosa Mo^
rando ) le nominate son Tebane , e fin là va bene il dire , che Vir-
gilio , riguardando alla Tebaide , le dica a Stazio sue genti . Ma
Teli ,
ir con le suore sue Deidamia
che hanno a fare con la Tebaide , e con Tebe ? Questi son perso»
naggì deir Achilleide , altro poema di Stazio; e con quelle parole
delle genti tue non alle sole cantate nella Tebaide , ma alle cantate
ancora nell* Achilleide si vuole alludere .
110 al \i(\ Antigone figliuola di Edipo Re di Tebe. Costei fessi
guida del cieco suo padre , cacciato in esilio da Creonte ; per la qual
cosa dal tiranno fu fatta morire : ma come scrive Sofocle , in una sua
tragedia < li questo nome, fu seppellita viva, per aver data sepoltura al
corpo di Polinice suo^ fratello , contra il regio divieto. Deifile^ figliuo-
la d' Adrasto He degli Argivi , moglie di Pideo , uno rfe' sette capi-
tani , che assediarono Tebe . Ar^ia altra figliuola del detto Adrasto ,
moelie di Polinice. Ismene., figliuola d'Edipo Re di Tebe, promessa
in isposa a un certo Cirreo , il quale avanti le nozze fu ucciso da
Tideo. Quella che mostro Languì y intendi Tslfile figliuola di Toante
Re di Lenno . Costei essendo stata venduta da* corsari a Licurgo di
Nemea , fu da lui data nutrice ad un suo figliuolo chiamato oTelte ,
Ora, un giorno ch'ella era andata a diporto fuori della città, ac-
cadde che Adrasto con molti de* suoi , che andavano cercando acqua
f>er bere la vide , e prcgolla che qualche fontana gTinsoc^nasse; ond el-
a, lasciato in terra il fanciullo, mostrò loro nella selva una fonta-
na chiamata Langia . Ritornata poi al fanciullo , trovò quello essere
stato ucciso da uu serpente. La figlia di Tiresia^ cioè Vfanto , donna
iudoviua . Tiresia Tebano indovino a* suoi tempi molto ecccUeutf*
e A N T O XXII. 3t§
1 1 5 Tacevatìsi amendue già li poeti ,
Di nuovo attenti a riguardare Jntomo ,
Liberi dal salire e da' pareti ;
118 £ già le quattro ancelle eran del giorno
Kimase addietro, e la quinta era al temo,
Drizzando pure in su V ardente corno ;
Teli j dea del mare, madre d'Achille. Deidamìa , figliuola di Lieo-
mede Re di Scìro , giovane bellissima. Volpi.
Per la figlia di Tircsia Manto anche il Venturi intendendo , qui
Dante (critica ) fu malamente tradito dallm, memoria , ponendo 'Vlanto
nel Limbo , quando nel canto XX, delV inferno C aveva posta nella ter^^
za bolgia delC ottavo cerchio .
Ksso Venturi però rimase veramente tradito alla cieca sequela
degli altri espositori , cadendo con essiceli a medesima falsa suppo-
sizione , che non avesse Tiresia altra figliuola che Manto ; in tempo
che già dagli Accademici della Crusca ( credo in discolpa del poeta
accusato già della smemoraggine stessa dal Mazzoni ) {a) erasi con po-
stilla in margine avvisato , che il poeta qui intende Dafne fgliuola
parimente di Teresia , della quale Diodoro Siculo (b) . E stupisco altre-
sì del Volpi , che facesse la medesima postilla nella Commiana edi-
zione sua ristampare senza trarne esso alcun profìtto .
Ma anche questa Dafne (entra il tlosa Morando )yu indovina f
e da porsi perciò , non nel IJmbo , ma col peuire e con la sorella ( cioè
nella sopraddetta terza bolgia dell* ottavo cerchio ) ; quando non si vo-
glia dire , che sia stata posta nel Limbo , perchè ella fu donna di lei-
tere , e lasciò parecchi versi , che j secondo riferisce Diodoro (e) , si
credono in parte traportati da Omero ne* suoi poemi • Un* Istoriailefi'
gliuola pur di Tiresia nomina nella Beozia Pausanin ; e di lei narra ,
che con una bella astuzia ingannò le Formacidi , mentre voleano , pei^
comando di Giunone , il parlo ili Alcmena impedire . Di questa mi
credo eh* abbia qui voluto il Poeta intendere ; e che perciò non sia
in questo luogo contraddizione alcuna.
1 1 ^ Liberi dal salire ec, finita essendo la scala , e sormontato
avendo il masso , dentro del quale essendo scavata la scala , veniva
perciò la vista di chi saliva per quella ad essere ristretta fra due pa-
reti o sponde .
118 119 120 Le qiuittro per la prima , seconda , terza , quarta ,
per le quattro prime — ancelle del giorno appella le ore » perocché
ancelle del ^ole (d) , e per conseguenza anche del giorno — eran n-
mase addietro ; avendo tirato ciascuna il carro del ^ole pe '1 tangen-
te suo spazio , erano restate addietro — e la quinta era al temo , e
la quinta ora travagliava attualmente attaccata al timone del solare
cocchio — Drizzando pure in su l'ardente corno, continuando essa pu-
re , come fatto avean le altre quattro , a dirigger in alto l' infuocata
punta del timone , cioè verso il meridiano circolo , a cui uell' equi-
noziale stagione, che il poeta suppone {e) , non lo fa pervenire che
(a) Lib. 3- csp. 77. (b) Uh. 4 cip. 6. (e) Lib. e cap. cit: (d) Vedi db
cb'è detto Parg. xix t^. 8o, (e) Vedi per cigiooe d'esempio laf. I 38 • segg.
3m purgatorio
isi Quando! mìo duca: io credo eh' allo stremo
Le destre spalle volger ci convegna ,
Girando il monte come far solemo.
1 24 Così r usanza fu li nostra insegna ;
E prendemmo la via con men sospetto ,
Per ¥ assentir di quell' anima degna .
127 Essi gtvan dinanzi , ed io soletto "^
Diretro ; ed ascoltava i lor sermoni y
Ch' a poetar mi davano intelletto •
i3o Ma tosto ruppe le dolci ragioni
la sesta ora; dopo della quale la settima incomincia a Tolgere il tf-
mone all' ingiù . Como per ptinta adoprato dagli autori , anche d'af-
tri obbietti favellando , vedilo nel Vocabolario della Crusca .
131 133 133 Io credo «r. Kntrati che furono Virgilio e Dante nel
precedente girone, e richiesti avendo quegli spiriti della più breve
▼ia di salire in alto , fu loro insegnato che cammin facessero tenen-
do volte le loro destre al di fuor del monte (a) . Qui senz' altro di-
■landare , argomenta Virgilio , che debba da loro farsi lo stesso; che
debbano cioè camminare lenendo le destre spalle , il lato destro , vol-
to allo stremo, all' estremità del monte continuando a girare nello
stesso modo che finora han sempre fatto — allo estremo leggono l'edi-
lioni diverse dalla Nidobeatina ; ma stremo in vece di estremo tropp*
altre fiale adopra Dante {b) — solamo per sogliamo , desinenza primi-
tiva , ma ora per altro più non si ammette se non forse in rima di
rado e cautamente : dice il Signor Maslrofini nella Teoria e Prospetto
de* verbi Italiani (r) .
134 V usanza fu ti nostra inserta: il costume altrove praticato
la ivi la nostra guida .
laS Prendemmo la via , già divisata , cioè camminando col lato de-
stro volto air estremità del monte — con men sospetto , con meno
timore.
136 Per Vassentir ec. per mostrarsi del medesimo sentimento an-
che queir altr* anima degna di Stazio .
137 Essi la Nidobeatina ; eUi l'altre edizioni.
139 I/i davano intellt^to , m'aprivano la mente, m'istruivano.
* Et est bene quod Dantes bene intellexit ambos istos poetas et multa
didicit tdf ipsis '..ch'iosa il Fostill. Caet. N. K.
i5o Hagioni y ragionamenti. Questa voce ragioni in significato di
ragionare non la so ritrovar nel f^ocabolario copiosissimo delia Cru^
sca : COSI il Venturi una volta nella sua bile contro il Vocabolario
non va errato . Solo che ponendo poi esso Vocabolario nella parte
Latina e ragione y e ragiorumtento sotto della stessa voce ratio j fa con-
seguentemente capire che possa ragione significar lo stesso che ra*
(a) Purg. XI» «I. (b) Vedi per cigioa d' eiempio Inf. xvn 32 , Porg.
IV 3a X 14; XI li 134 eo. {c) Sotto il vtrbo soUré a. %>
e A N TO XXII. 3ai
Un alber , che trovammo in mezza strada
Con pomi ad odorar soavi e buoni.
i33 £ come abete in alto si digrada
Di ramo in ramo , così quello in giuso;
Cred' io perchè persona su non vada •
i36 Dal lato, onde 1 cammin nostro era chiuso,
Cadea dall' alta roccia un liquor chiaro ,
E si spandeva per le foglie suso .
1 Sg Li due poeti all' alber s' appressaro ;
Ed una voce per entro le fronde
Gridò : di questo cibo avrete caro •
14^ Poi disse: più pensava Maria, onde
Fosser le nozze orrevoli ed intere ,
gionamento. * Il Con. Caet. legge nostre ragioni in vece di dolci
ec. N. £•
i3i Alber y voce accorciata da a/3ero . Volpi — in mezza strada^
vale quanto in mezzo della strada .
I Cìi Con pomi ad odorar ec. con frutti , che spandevano un soave
e gradevole odore.
1 33 1 3/| 1 35 Come abete in alto si digrada di ramo in ramo . O
5er abete intende il solo tronco dell' abete , e vuol dire che siccome
tronco dell'abete alto salendo va digradando, impicciolendo, co-
si all'opposto il tronco del misterioso albero più innalzando , più in-
grossasse , figura certamente che impedirebbe l' arrampicamento su
di esso tronco : o se vuole che dai rami si facesse l'impedimento di
salir queir albero , bisogna intendere che i piii bassi rami npiegaase-
ro in giù sopra del tronco , e che gli altri rami di mano in mano ri-
piegassero sopra i più bassi .
Tutti gli antichi spositori intesero, che avesse quest'albero te
radici verso il cielo , e la cima verso la terra ; ed in tale stravolgi-
mento il dipinsero anche all'occhio nelle figure a' comenti aggitinte.
Il primo che si oppose a st fatto senso fu il Daniello, ed appresso
a lui tiensi anche il \ enturi . * Si disgrada , il cod. Antald. N. K.
i56 Dal lato ^ onde ec. dal sinistro lato, dalla banda dd monte*
107 lioccia ^ rupe, dal Francese roche [a).
i58 Per le foglie suso , su per le foglie, intendi , del detto albe-
ro . * Giuso j il cod. Aat. , e malamente. N. F.
i.'li .farete caro y avrete carestia, ne sarete in pena della golofi-
tà che qui si punisce, privati. f)i caro sustantìvo \n:r carestia vedine
altri esempì nel \ oc;4f>olario della Crusca.
\!\'i i.'p i.|4 Pili pensava Maria ec. N'olendo il poeta lodare Del-
le i.oiaane femmine l'astinenza dal vino, come nel seguente tendi'
(2) V«ai ìbL VII 6.
522 PURGATORIO
Ch' alla sua bocca , eh' or per voi risponde •
145 £ le romane antiche per lor bere
Contente furon d' acqua , e Daniello
Dispregiò cibo 9 ed acquistò savere •
143 Lo secol primo quant' oro fu bello;
Fé' savorose con fame le ghiande »
E nettare con sete ogni ruscello.
i5i Mele e locuste furon le vivande
to fa, previene un'opposizione che poteva farsi luì dall' aver Maria
Vergine nelle nozze (fi Caiia n)Osso (icsii Cristo a provedere prodi|^ìo-
samente del vino ; e però dice , che non alla sua bocca pensava , ma
a fare che non ne avessero gii sposi disonore: e di fatto non disse
vintim non habemus^ ma vinum non hahent {a) * (-on qualche ragione
potrebbe adottarsi , in vece di onde , (V onde come legge il Cod. Cait.
W. K. — orrevoU per onorevoli . ^ cdi ciò eh' è detto dì questa voce
Inf. IV. 72.
145 146 147 Le Romane antiche ec. Vini usits ( attesta Valerio
Massimo) {b) oìim Honianis feminis i^^tusfint^ ne sciUcet in ali^uod
dedecus prolaberentur . — Daniello dispref(iò cibo ed ec. Avendo Da-
niello coi tre fanciulli compagni pregato ed ottenuto di pascersi di
legumi in vece di regie vivande destinate loro dal Re di Rabiionia
IVabucodonosor , Puens his ( aggiunge il sacro testo {e) ) dedit Deus
4cienliam , et disciplinam in onini libro , et sapientia : Danieli autem in-
telliwsntiam omnium visionum , et somniorum . Bene adunane dice Dan-
te cne dispregiando Daniello il regal cibo ac(juistasse da Dio sape-
re — savere per sapere adoprato da altri autori di Lingua vedilo nel
Vocab. della Cr.
i48 QuanC oro fu bello. In vece di dire che fu il secol d^ oro
appellato , dice In ragione per cui cosi appellato fosse , cioè perchè
fu , siccome 1' oro , bello e senza neo di macchia .
i49 i5o Fé savorose ec. Vuole dire, che non si mangiando né
bevendo in que' primi tempi se non per fame e sete, e non gi2i co-
me a' tempi nostri dalla maggior parte degli uomini si fa , per sem-
plice ghiottoneria , divenivano le ghiande con fan)e mangiate savoro-
se^ saporite (<fj, e T acqua d'ogni ruscello, con sete bevuta, pareva
un nettare , la bevanda cioè degli Dei fìnta da' poeti . E nettare per
sete y leggono l'edizioni seguaci di quella della Crusca.
i5t Locuste^ non cavallette, come alcuni scioccamente credono ,
che sarebbe errore il credere , che un tanto s;ìnto di cotal cibo si
nutrisse; ma inlende delle cime teneriiie degli alb(»ri , virgulti , ed
erbe, tcco la chiosa ilei dottissimo Tirino alle parole del Vangelo
Joannes locustas et mei silvestre edcbat (e) . Premesso che corrispoii-
dentrmente al locustas nel testo Latino, sia nel <ireco **f'^*C , pro-
siegue , per quod Reza vult intelligi pyra silvestria ; Ktithjmius arbo-
(a) Ioan. z. v. 3. (A) Lib. a. cip. i. (r) Dan, i v, 17. (</) V«di il
Vccab. della Cratca. (e) Marc, i v» 6.
e A N T O XXII. 3a5
Che nudriro '1 Batista nel deserto;
Perch' egli è glorioso , e tanto grande
Quanto per Y evangelio v' è aperto .
rum frondiumque summitates : sed apiissime Origenes , Hilarius y Am»
brosius y Chrysostomus , Augusiinus , proprie dictas locustas intelliaunt ,
vulgatum Aethiopibus , Lybiis , Parthis , et aliis orientalibus cioum y
teste Plinio et S, Hieronymo j et Judaeis edi permissum : Levitici
cap, xT V, 11.
i53 i54 Tanto grande quanto per V Evangelio ec. per quelle pa-
role di Gesù Cristo medesimo , non surrexit 'inter natos muÙerum nui'
jor Joanne Baptista (a) .
(a) Matth. xl v. ii.
Fine del canto ventesimosecondo .
X a
334
CANTO XXIII.
ARGOMENTO (*)
Sono i potti sopraggiunti da molte animt : tra le quali conobbe Danta
quella di Forese , dalla persona del quale « con destra maniera « prcit-
de di biasimar le donne fiorentine intorno agli abiti poco onesti, dk'#/*
le in quel tempo portavano .
1 lYXentre che gli occhi per la fronda verde
Ficcava io cosi , come far suole
Chi dietro all' uccellili sua vi^ perde;
4 Lo più che padre mi dicea : figliuole ,
Vieni oramai, chè'l tempo, che n'è 'mposto.
Più utilmente compartir si vuole .
1 * Io sty legge il CoD. Cait. N. E.
3 Chi dietro ec» : chi perde il suo tempo perseguendo uccellino
entro le frondi .
4 Lo pili che padre y Virgilio — figliole legge la Nidob. yjigli-
ude l'altre edizioni. ^ e il cod. Vat. N. E. Oltre però che general-
mente ammettesi per bene scritto tanto Jigliuolo cne Jigiiolo (a) , il
Vocabolario della Crusca recando varj esempj di fieliuole adopra-
lo dagli antichi nel quinto caso in vece di figliolo , aggiunge ,
che ciò facessero a somiglianza del Latino filiale {h) . Figliole adunque
che legge la Nìdobeatina, come più al Latino medesimo somigliante,
merita di essere preferito a figliuole , che leggono V altre edizioni .
• Noi però abbiamo creduto di restituire figliuole col cod. Vat , non
solo perchè più usitato , ma anche perchè più chiaro e consuonante
alle rime vuole e suole ^ che qui pone il poeta. N. E.
5 yieni oramai, cheH tempo , che n'è imposto legge la Nidob.,
ove l'altre ediz. , (*e,il cod. Vat.N.E.) Fienne oramai, che il tempo ^
che e* è 'mposto — * E i codd. Chig. e Antald. Vienne oggimai , eh* è
il tempo che n* è posto . N. £• — Tempo imposto per tempo assegnato
a viaggiare .
(*) Argomento metrico del ceì. G. Gozzi .
Desio dell' arbor , che spiega i i aoi rami
Verso all' ingiii , e sete di para ooda
Tutti dimagra, e andar ne gli fa grami.
Narra Forese , che quivi si monda ,
Sne colpe ; e loda della moglie il pianto ,
Che il suo purgarsi avaccia , ed asseconda #
E air altre donne dir biasimo , intanto .
(a) Vedi il VocabeU della Or. (b) Vedi il medesimo Vocab. sotto U to-.
figliuolo ). 4.
e AN T O XXIII. 3i5
7 Io volsi 1 viso el passo non men tosto,
Appresso ai savi , che parlavan sie,
Che r andar mi faceau di nullo costo .
IO Ed ecco piangere e cantar s' udie :
Labia mea , Domine , per modo
Tal 9 che diletto e doglia parturie .
1 3 O dolce padre , che è quel eh' i' odo ?
Comincia' io . Ed egli : ombre che vanno
Forse di lor dover solvendo il nodo •
i6 Sì come i peregrin pensosi fanno ,
Giugnendo per cammin gente non nota,
7 Non men tosto , intendi > che il viso . * Io \folsi 'i passo e*l viso^
il cod. Val. N. E.
8 »S)cper5Ì, cosìy Toscana paragoge, come piite y Jìte ec.jaerpiii^
Ju ec. Per la stessa ragione dirà nelle corrispondenti rime uaie , par^
furie per i/r//, parturì »
9 Facean La ì^\Aoh,yfacèn T altre ediz. * e il cod. Vat. N. E. —
^ nullo costo j di ninna fatica . Comes facundus in via prò vehiculo
est , sta scrìtto da Publio Siro (a) .
10 Piangere e cantare. Piangevano per contrizione e vero penti-
roedto del peccato commesso ; e cantavano per la speranza di poter-
lo purgare , e purgatolo andare alla salute . Landino •
1 1 Labia mea Domine . K nel profetico salmo Domine labia mea
aperies , et os meum annunciabit laudem tuam {b) : la qual orazione è
conveniente a'golosi : acciocché la bocca , la quale hanno pc'l passa-
to aperta alle superflue vivande , per V avvenire s' apra a cantare le
divine laudi . Landino — Pospone la parola Domine al labia mea per
aggiustamento del verso .
1 !2 Diletto pe'l cantare — doglia pe '1 piangere — parlurìe , cagio-
nò , intendi , in me .
i4 i5 yanno di lor dover solvendo il nodo: vanno sciogliendosi
da quel debito alla divina giustizia , che qui legale •
i6 Peregrin pensosi y quelli cioè che viaggiano pensando ed anelan-
do a prefisso termine; non quelli che viaggiano pe4 semplice diver«
timento del viaggio , i quali ad ogni nuovo mìnimo obbietto volen-
tieri si fermano .
1 7 Giugnendo ec, raggiungendo , per suo più veloce camminare »
altra non conosciuta gente che per la via stessa cammini piìi adagio.
Bice gente non nota , imperocché quantunque sieno i peregrini penso^
si , e più veloci corrano di quelli che raggiungono , se la gente rag-
giunta sia loro cognita , sogliono essi o fermarsi alquanto , o almeno
rallentare il passo per godere alquanto di loro compagnia.
(a) De amicitia et concordia , tei i Crimmenti del cit. Mimo
(fi) Psùl, 5o y. 17.
Sa5 PURGATORIO
Che 8Ì volgono ad essa, e non ristanno;
IO Così diretro a noi , più tosto mota ,
Venendo e trapassando , ci ammirava
D' anime turba tacita e devota .
%% Negli occhi era ciascuna oscura e cava y
" Pallida nella faccia • e tanto scema ,
Che dall' ossa la pelle s' informava •
ab Non credo che così a buccia strema
i9 Si \folgona ad essa , e non ristanno : la guardano senza punto
fermarsi
19 Pia tosto mota , prestamente più di noi mossa . J^fota , latinismo
in grazia della rima .
ai Turba tacita^ Il Vellutello e il Daniello non sanno combina-
re il sopraddetto pianare e cantare delle purganti anime col ^irsi
ora questa turba tacita , se non intendendo , che sospendessero qui il
piangere e cantare per la novità dei tre soggetti raggiunti. Egli è però ,
a mio giudizio , falso ciò che questi espositori suppongono , che pian*
Sessero cioè e cantassero quelle anime solidamente per tutta la stra-
a . Mainò , solamente cosi facevan esse quando nell'ageirarsi pe*l bai-
so pervenivano ai misteriosi alberi . Tessendo adunque 1 tre poeti pas-
sati oltre il divisato albero , ma non di molto , poterono perciò sentire
ciò che ivi le retrovvegnenti anime si dicessero. In prova di ciò, ol-
tre l'andar che dice qu\ Dante, quella turba d'anime /oci/a e despota ^
e non maravigliosa e tacita ( come avrebbe dovuto dire se 'avesse in-
teso al modo del Vellutello e Daniello } possono valere i v, 67. e scgg.
del presente canto
Di bere e di mangiar n* accende cura
V odor , eh* esce del porno , e dello sprazzo
Che si distende su per la verdura ;
e può altresì valere V esempio di quello che dir4 di Dante essersi fat-
to dalle anime giunte ad altro simile albero in questo medesimo bal-
zo collocato.
f^idi gente sotV esso alzar le mani
E gridar non so che verso le fronde^
Quasi bramosi fantolini e vani (a) .
32 Ne^i occhi ec. : aveva ciascuna gli occhi posti all'oscuro, in
fondo cioè alla cavità dell' occhiaie. * Il Signor Portirelli dice, che
onesta è una felice imitazione della fame descritta da Ovidio nell'S**
delle Metamorfosi : Hirius erat crtnis ec. N.E.
23 Scema per dimagrata assai . Volpi .
l'i Che daìr ossa ec, : che la pelle prendeva la forma non da al-
tro che dalle ossa , distendendosi immediatamente sopra di esse ; e
non sopra carne posta di mezzo , come fa ne' polpacciuti . '*' DeWos-
sa , il cod. Antald. N. E.
25 A buccia strema, a non avere altro indosso che la pelle ulti-
ma . * A buccia scema , il cod. Antald. IN. E.
(a) Canto fegaeate 9. loS • tegg.
e A N T O X X 1 1 1 337
Erisi ton si fasse fatto secco ,
^ Per digiunar , quando più n' ebbe tema .
a8 Io dicea , fra me stesso pensando : ecco
La gente che perde Gerusalemme j
Quando Maria nel figlio die' di becco .
3i Parean V occhiaje anella senza gemme •
Chi nel viso degli uomini legge omo j
Ben avria quivi conosciuto V emme .
/
a5 ErisUòn . Erisitone , secoodo Ovidio ( ncll' ottavo delle Me
tamorfost ) fu in Tessaglia uomo profano, e avendo in dispregio
la Dea Ceres , proibiva che le si facesse il culto . Per il che (u dal-
la Dea oppresso di tanta insazinhìl fame che, oltre ad aver consu-
mato ogni sua sostanza , consenta, per saziarsi , alla impudicizia del-
la figliuola . Ed ultimamente a mangiarsi le proprie membra . Vel»
LUTELLO , * Erisitone fusse fatto cieco , il cod. Cnig. N. E.
27 Quando piii n' ebbe tema , quando si trovò nella maggiore
angustia; quando non ebbe altro in che dare i denti se non le prò*
prie membra .
a8 ag Ecco la gente ec. Ellissi , in vece di ecco com* era la gen^
fé, r Ebrea gente , che costretta dalla fame dovette arrendersi a Ti*
to Romano Imperatore , ed abbandonare alla distruzione Gerusalemme.
3o Quando ìfaria ec. Maria donna nobile Ebrea , che nell* asse*
dio di Gerusalemme vinta da rabbiosissima fame , si mangiò un suo
flgliuolino , come si legge in Giuseppe Ebreo lib. 7 cap. io. Quel dar
di becco, che a prima vista sembra poco grazioso , è un traslato , che
Siglia il Poeta dagli uccelli di rapina • Venturi . Il quale però sapen-
o , che anche dei traslati ve ne sono de* sgraziati , doveva m contrap-
posizione al premesso a prima vista sembra poco grazioso , dire è un
grazioso traslato , che ec, : e come poi tutti gli uccelli , anche non
di rapina, danno mangiando di becco, poteva in compenso del raggiun-
to grazioso lasciar d aggiugnere di rapina ,
3i Parean la Nidob. , parèn V altre ediz. — occhiaje, cavità che
ricevono entro a se 1 bulbi degli occhi — anella ienza gemme, anella
dalle quali cadute essendo le gemme, rimaste sieno col castone voto.
32 33 Chi nel viso ec. Trovano alcuni nel viso umano una sigla
o cifra di un m con tra le gambe due o, esprimente omo ; che suo-
na lo stesso che in Latino homo , e che molte nazioni Italiane di fat-
to volgarmente pronunziano in vece d' uomo , I due o sono gli
occhi, e la m intendesi formata dal naso e dalle ciglia e coste del-
le occhiaje fin eìh alle guance. Or come questa m celle persone ma-
cilenti meglio SI scorge , però dice il poeta nostro , che oene fisono-
mìsti cotali avrebbero in queste macilentissime purganti ombre cono-
sciuta r emme .
Queste ( dice il Volpi ) sono di quelle cose , che la poesìa ab*
borrisce , non essendo capaci {T alcun ornamento: e ne rimanda a quel
precetto d' Orazio Et quae despemi traclata nitescere posse relinquit. (a).
■ ■ ■' I ■■ Il ■ ■ I I I % m
(a) Pottic, V. 149.
3a« PURGATORIO
34 Chi crederebbe che V odor d' un pomo
Si goyemasse , generando brama ,
£ quel d' un' acqua , non sapendo comò?
37 Già era in ammirar che si gli affama ,
Per la cagione ancor non manifesta
Di lor magrezza e di lor trista squama;
4o Ed ecco del profondo della testa
Volse a me gli occhi un'ombra, e guardò fiso.
Poi gridò forte : qual grazia m' è questa?
43 Mai non V avrei riconosciuto al viso ;
Cosa ( vi aggiunge anche il Venturi ) veramente insulsa , che pe^
tò giustamente il P. d Affuino ha sdegnalo di tradurre .
Con buona pace di questi valentuomini , a me sembra , che
iolo allora si menterrebbe Dante questa riprensione quando si fosse
perduto a minutamente descriverci la formazione della detta cifra nell'
umano viso . Ma il trarre , che il Poeta fa qui in un lampo, dall* altrui
qtuditunque volgari osservazioni una forte immagine della magrezza»
CIÒ non solo non viene biasimato oè da Orazio , né da altri mae^
Stri , ma si merita anzi molta lode .
34 35 36 Chi crederebbe ec. Costruzione . Chi , non sapendo co-
ma ( come cioè si può far magro ^ Là dove t uopo di nutrir non tocca
(6), per non esservi cne anime dai corpi non già separate), crede-
rebbe che r odor é^ un pomo , e quel d^ un* acqua , generando bra-
ma , S^ governasse , si malamente conciasse , intendi , quelle anime —
sappienao, in luogo di sapendo, leggono redizioni diverse dalla Midob. —
comò per come in rima , dice n Volpi ; ma adoprato molto ascbe
fuor ai rima vedilo nel Vocnb. della Cr. * E questi dunque , non sap-
piendo comò , i codd. Vat. e Chig. N. E.
3^ 38 39 Già era in ec. Costruzione . Già per la non ancor ma-
nifesta cagione di lor magrezza, e di lor trista squama , ( catacresi
per pelle ) era in ammirar , stava in curiosa ammirazione , che , qual
mente traveduto . N. E.
4o 4i Del profondo della testa volse a me gli occhi ec- corrispon-
de al passato i^. 'ài.
JNtgli occhi era ciascuna oscura e cava,
43 Mai non P avrei ec» : è Dante che parla , e vuol dire , che l'om-
bra che sV ^ridò , era tanto dalla magrezza sformata , che mai non
avrebbela riconosciuta, se non si fosse parlando fatta per voce cono-
scere .
(b) Cot\ viene a spiegare qnesto corno il Poeti medesimo nel xxv M
Piirg. V, 20 9 le^
CASTOXXIII. Zig
Ma nella voce sua mi fu palese
Ciò , che r aspetto in se avea conquiso •
46 Questa favella tutta mi raccese
Mia conoscenza alla cambiata labbia ^
E ravvisai la faccia di Forese •
49 Dell iion contendere all' asciutta scabbia
Che mi scolora , pregava , la pelle ,
Ne a difetto di carne eh' io abbia !
44 45. ^'\/w palese dò che ec. : mi risovvenn
individuali della persona , che 1* aspetto portava in
sti . ♦ Ciò che r aspetto suo , il cod. Chig. N. E.
risovvennero quei caratteri
ortava in se medesimo gu*«
ig. N. E.
46 47 48 Questa favella ec, * Tutte le edizioni ( e i codd. Vat.
e Chig. ) leggono favilla , trasportate fo^se da un solo scrivano , che
ha creduto conveniente al metaforico riconoscimento , cioè raccensio-
ne deir antica conoscenza , la parola favilla e non favella . 1 ropria
e naturai cosa però ella si é, che venga riconosciuta dall' inflessione
e tuono di voce una persona che per circostanze abbia cangiato di
aspetto . Inseriamo dunque ben volentieri , questa variante del Cod.
Caet. benché osservata con indifferenza in altri Codici dai Signori
Accademici . E ciò malgrado del Biagioli , che ce ne riprende , e spic-
ca così il passo: questa favilla y per quello che ha detto nel decimo
dell* inferno : cotanto ancor ne splende il sommo duce. E però seguita :
mi raccese mia conoscenza . — Conscienzia per conoscenza , il cod.
Vat. N. E. — cambiata labbia , sformata faccia : facendomi cioè rico-
noscere in lei quei caratteri , che ancora v' erano residui , e eh* io
da prima non riconobbi. Di labbia ^ev faccia vedi il Vocabol. della
Crusca ,* E la cambiata labbia , il cod.'chig. N.E. — Forese . Sbaglia-
no qui di grosso , quanto veffgo , tutti gii espositori , dicendo costui
fratello di Francesco Accursio il giurisconsulto , mentovato Tnf. xv. no.
Era costui , come dal canto seguente v. i3. apparisce , fratello di Vie-
carda , e perciò fratello di M. Corso Donati , e non di Francesco Ac-
cursio . Tedi Cionacci storia della beata Umiliana (a) . * Dal Postill.
Cas. rilevasi che Forese era della famiglia De Donatis de Florentioy et
istigai
Foresem ite Donatis Anùcum^ et intimum siium etfratrem />. Cursi. N. E.
49 5o 5i Deh non ec. Costruzione. Deh, urtava egli , no/i con-
tendere , non attendere ( del verbo contendere al significato di attendere
vedine altri esempj nel Vocabolario della Crusca.* Il cod. Chig. ha
però intendere y assai chiaramente. N. E. ) air asciutta scabbia ^ che mi
se avesse Dante inteso ricoperte quelle anime di croste , pare che
avrebbe dovuto nel descrivere che fece di sopra le penose di loro
— ■ I ■ Il ■ ■ I ..IW ■ ■ Il 11%
{a) pafte 4 cip. i.
33o PURGATORIO
Ss Ma dimmi '1 ver di te , e chi son quelle
Due anime che là ti fanno scorta ;
Non rimaner che tu non mi favelle.
55 La faccia tua , eh' io lagrimai già morta ,
Mi dà di pianger mo non minor doglia ,
Rispos' io lui j veggendola sì torta •
coDdizioni aucsta pure annoverare . To adunque più di buon grado
, chioserei , che appelli asciutta scabbia per catacresi 1* aridezza della
Selle . Parendomi poi che la sentenza del presente terzetto non va-
a totalmente disgiunta dal seguente , ho levato il punto fermo, che
tutte r edizioni fra questi terzetti interpongono , e vi ho segnato in
vece punto e virgola.
5^ 53 Dimmi il ver di ie • Lo avere Forese nel riconoscer Dante
gridato guai grazia m* è questa (a) , e molto piìi ^uel parlare che ,
senz' altra dimostrazione di maraviglia, fa in seguito Forese al me*
desino poeta nostro ,
Dth yratt ^ or fa che piit non mi ti celi :
^edi che non pur io , ma questa gente
Tutta rimira là dove il Sol veli (p) ;
iono circostanze che mostrano di aver Forese conosciuto Dante , e di
Stazio ; ma inoltre che il dimmi il ver di te , siccome ancora il più non
mi ti celi negli altri citati versi , non risguardiiio ad altro che alla ma-
niera d' essere capitato vivo colassd: come di fatto non ad altro si estende
la risposta che rende a Forese — che là ti Janna scorine che camminando
in ih ti sono di guida . Che Virgilio e Stazio camminassero innanzi
lo accenna Dante nel principio del canto dicendo che andava egli ap'
presso ai savi (e) , ed ancora nel fine dicendo di Virgilio
Di quella vita mi volse costui ^
Che mi va innanzi (d) .
Due anime legge la Nidob. , Du* anime V altre edizioni •
54 IVon nnianer che Iti ec.> non istà a ^negarmi tuo parlare , direm-
mo noi.
55 56 57 La faccia tua ec. Costruzione. Hispos^ io ìui^ la faccia
tua > che già lagrimai morta > veggendola mo ( ora , dal Latino modo )
sì torta ( per disjformata ) (e) , mi dà non minor doglia ( dolorosa cagio-
ne ) di piangere . * I coad. Vat. e Chig. leggono: i/i dà di pianger mo
minor la do^a . Né mi sembra doversi avere questa variante per
nulla , dicendo per tal maniera Dante a Forese piacergli tanto il vede-
re nuovamente la faccia sua , la quale aveva egli lagrimata già morta ,
che pigliava men doglia in guardarla ora divenuta si torta . Il che
parmi segno di vivissimo desiderio : e molto p\ìi , ritrovando la ca-
ra anima in quel luogo di salvamento , dove è dolcissimo a bersi 1' as-
(a) Verso 42. (b) f^ers. ita • legg. (e) Vert. 8. («^ Veri . 118 e seg.
(«) Vidi r aggettivo lorfo idopiato al medesimo significato Pirid. zi li. iz^.
CANTO XXIII, S3i
58 Però mi di' , per Dio , che sì vi sfoglia ;
Non mi far dir mentr' io mi maraviglio ,
Che mal può dir chi ,è pien d'altra voglia.
6i Ed egli a me : dell' etemo consiglio
Cade virtù nell' acqua , e nella pianta
Rimasa addietro , ond' io si mi sottiglio •
64 Tutta està gente che piangendo canta ,
Per seguitar la gola oltre misura y
In fame e in sete qui si rifa santa •
67 Di bere e di mangiar n' accende cura
L' odor eh' esce del pomo , e dello sprazzo
Che si distende su per la verdura .
senzìo de' martini , come si dice al v, 86. Nota di Salvatore Betti. N. £•
— Risposi lui V edizioni diverse dalla Nidob.
58 Che , qual cagione — sì vi sfoglia • Sfogliare adopera metafo-
ricamente per ispogliar di carne e ridurre all' ossa > come si riduce
al legno albero per isfogliarlo .
59 60 lYon mi far dir ec. Avendo Forese richiesto a Dante che
parlasse di se e de' due compagni , espone Dante , eh' essendo pieno
di maraviglia per la magrezza di Forese e dell' altr' anime, e pieno
di voglia di risaperne la cagione, mal potrebb' esso il primo parlare
e soddisfare Forese, il perchè cede Forese, ed incomincia egli a so-
disfar Dante.
61 Deir per dalt (a) ; anzi il DaQÌetto legge da t eterno ec. — eter-
no censito per divino stabilimento .
da 63 Cade , s' infonde — virtà , o/irf io sì mi sottiglio , una certa
attività , per forza della quale io a questo segno mi dimagro . Il Cod«
Caet. e il Chig. legge m' asòottiglio * N. E.
64 65 Tutta està ec. Costruzione. Tutta està gente che^ per se*
^/(/ar ( enallage , in vece di per aver seguitato) la gola oltre misura ^
piangendo c/i/i/a (intendi giugnéndo alF acqua ed alla piantai com'è
detto di sopra al i^. 31 ) .
66 In fame e in ec. Si riHi qu\ santa , si purga dal peccato di
gola , per fame , e per sete , che qu\ soffre .
68 69 Sprazzo e spruzzare adoprarono molto gli antichi al signi-
cato medesimo di spruzzo e spruzzare (h) , Lo sprazzo adunque o sia
lo spruzzo intendi dell' acqua , che dalP alla roccia cadendo si span-
deva su per le foglie del detto albero (<?) . Né dee poi sembrare stra-
no , che ad uno sprazzo d' acqua , e d* acqua pura ^d) attribuisca
Dante odore . Odorem aquae commemora pure la scrittura sacra nei
libro di Giobbe {e) ; e spruzzandosi d' acqua un albero od altro cor-
po che abbondi di particelle volatili , se non si fa 1' acqua sentire
(a) Vedi Cinon. Partic, 81 la. {b) Vedi il Vocib. della Cr. (e) Caaro
pcec. v.i3i e tegg. (^ Vedi i prtcitati rtrti dal aaate ptae. («) Cap.14. v. 5.
33a PURGATORIO
70 £ non pure una volta ^ questo spazzo
Girando 9 si rinfresca nostra pena :
Io dico pena , e dovria dir sollazzo ;
73 Che quella voglia all' albero ci mena »
Che menò Cristo lieto a dire Eli 5
Quando ne liberò con la sua vena .
76 Ed io a lui : Forese , da quel dì
Nel qual mutasti mondo a miglior vita 1
Ginqu anni non son volti infino a qui .
79 Se prima fu la possa in te finita
Di peccar più » che sorvenisse 1' ora
Del buon dolor eh' a Dio ne rimarita ,
air odorato per se stessa , si fa sentire per le particelle che dal cor-
po fa volare — Per sua verdura leggono i Cod. Vat. Chig. e Caet. N.£.
jo ji E non pure ec. Mostra che girando il monte, come finge
ehe continuamente fanno , la lor pena , la qual* è , come abbiamo det-
to, la voglia che hanno di mangiare e di bere, si rinfresca e rìn*
nuova in loro , non pur una volta , ma tante , come vuol inferire ,
quante giungono a questo arbore • Vellutello . Spazzo per suolo mol-
to dagli antichi buoni scrittori adoprato vedilo nel Vocabol. della Crus-
ca . Bene adunque in vece di dire questa strada grondo dice Dante
questo Spazzo girando .
no. Dovria {tir Sollazzo , Accenna che fosse maggiore in esse ani-
me il piacere di soddisfare alla divina giustizia , di quello fosse il
tormento che soffrivano della fame , e della sete — dovre* in vece di
dovria hanno 1* edizioni diverse dalla Nidob. '*' e il cod. Vat. N. E.
n'S 74 7^ ^^ quella voglia ec. Conciossiachè quella voglia e quel
desiJerio ne mena ali* albero, che menò Cristo lieto a dire, EU 9
iammasabacihani , cioè Dio mio , perchè mi hai abbandonato ? quando
col prezioso sangue suo ci libero dal demonio infernale : percnè an-
cora che Cristo , quanto all' umanità , temesse la morte , pur per re-
dimere r, umana generazione , volentieri e lietamente vi si condusse.
Cos\ quest' anime avegna che temano rinnovar la fame e la sete per
ritornare a queir arbore , pur per più tosto purgarsi , ed usar di quel-
la pena , vi ritornano volentieri. Daniello. — alP cdbero legge la Ni-
dobeatina , ed tdr arbore V altre edizioni .
77 Mutasti mondo a miglior vita : a diflerenza di que* che si dan-
nano , che mutano mondo a vita peggiore.
79 80 81 Se prima ec. Se la mortale ultima malattia t' impedì
d' esercitare il vizio , a cui eri dedito della gola , prima che ti so-
pravvenisse del vizio il pentimento ; quello che a Dio ne rimarita , ne
riunisce • Maritare al senso di congiungere anche i Latini adoprarono .
Ergo aut adulta vitium propagine
Alias maritat populos (a) .
(a) Ber. epod, a.
e A N T O XXIII. 7^33
82 Come se' tu quassù venuto? Ancora
Io ti credea trovar laggiù di sotto ,
Dove tempo per tempo si ristora .
85 Ed egli a me : sì tosto m' ha condotto
A ber lo dolce assenzio de' martìri
La Nella mia col suo pianger dirotto.
88 Con suoi prieghi devoti e con sospiri
Tratto m' ha della costa ove s' aspetta ,
£ liberato m' ha degli altri giri •
^1 Tant' è a Dio più cara e più diletta
La vedovella mia , che tanto amai ^
Si 83 84 Come se tu ec: Leggendo tutte V edizioni , che ammet-
tono punti interrogativi ,
Come se' tu auassù venuto ancora T
sono quindi il Volpi ed il Venturi passati d' accordo ad attribuir qui
alla particella ancora il particolare affatto ed inaudito significato di
così tosto.
Essendo però tra i segni ortografici il punto interrogativo d' in*
venzione posteriore ai tempi di Dante , come ne fa ampia fede la
mancanza di esso in tutti gli antichi manoscritti , ho io in vece ri-
mosso il punto interrogativo dal fine del verso , e 1' ho collocato do«
pò venuto .
Come se' tu quassù venuto f ancora
Io ti credea ec,
nel qual modo , ognun vede , che la particella ancora nel suo natu-
rale solito significato vi sta bene, ugualmente che se detto fosse ; /o
ti eretica trovar ancora laggiù di sotto , * Come se* tu di qua venuto ,
il cod. Vat. e il Chig. N. E. — Dove tempo ec : dove il tempo che in-
dugiarono i pigri a pentirsi , si ristora , si risarcisce , si emenda 1
con altrettanto tempo di penosa esclusione dal Purgatorio •
85 OneT egli a me , ìì cod. Vat. e il Chig. N. E.
Sd Dolce ^senzio de' martìri y metaforicamente , per le bramate pe-
ne del Purgatorio,
87 La Dì ella mia , intendi moglie ; e dee y^eìla essere un accor-
ciamento di nome, come àiAnnetlay Giovannella, o simile.* Domina
Nella Uxor hujus fuit honestissima , et sobriissima : vixit cum marito
ita gulosoy quod est maxima laus , et etiam post mortem ejus satisju'
venìs retinuit viduitatem Jaciendo multa bona prò anima mariti : annota
a questo luogo il Postil. Caet. N.E. — piangere ^ ^er piangendo sup^
plicare .
88 Suoi la Nidob. , 5<io' l' altre edizioni .
89 Tratto mi ha della valle , i cod. VaU e Chig. N. E.
90 ^Itri giri , inferiori a questo dov* era .
92 Molto amai la Nidob. , meglio di tanto amai , che leggendo
r altre edizioni , non lasciano bene intendere, che il guanto dei se-
guentc i'. 95. corrisponde al /an(* è a Dio dei precedente i^. 91 . '*' Koi
/
354 PURGATORIO
Quanto in bene operare è più soletta :
^4 Ct^c ^^ Barbagia di Sardigna assai
Nelle femmine sue è più pudica ,
Che la Barbagia dov' io la lasciai .
abbiamo restituita V antica lezione , confortata dal Cod. Vaticano , e
Caet. , la quale ci sembra afiettuosissima . Ed in grazia della verità » la
qoale rispiende nel comparativo quanto del verso seguente , perdone-
remo al Biagioli il poco buon garbo della critica sulle ragioni cbe
per far questo addusse il Lombardi : Chi può cadere in così falla con^
JUsione , legga il libretto di Bertoldo e Cacasenno, e né purjiuti Dan^
te. £ y se pur f osa , n* avrà in pena il credere e dire , che Dante è
un cattivo poeta , e farà rider di se i savj^ e i folli . Locchè non ci pa-
re una bellissima conseguenza . N. E.
93 É piti soletta • Soletto addieltivo ( insegna il Yocabol. della
Or. ) , quasi solo solo ; detto così per via di diminutivo per maggiore
espressione • Laragipne però d'essere la Nella tanto più cara a Dio
qnant' era nel bene oprare più soletta , non dee intendersi perchè
la virtù tanto sembri a Dio più grande quant*è in più pochi; ma per-
chè in mezzo agli empj dee il giusto adoprare maggiore virtù per
reggere nella dritta via .
94 9^ 96 ^he la Barbagia di Sardigna ec, Neil' Isola di Sardi-
gna sono monti asprissimi , ed in quelli popoli di costumi barbari ,
e le femmine molto lascive; e chiamasi il paese Barbagia ( * Barbargia^
il cod. Vat« N. E.), quasi Barbarico. Landino. Il perchè appellando
Forese per similitudine Barbagia anche Fiorenza sua patria dice che
la Barbagia di Sardigna ha femmine più pudiche cne la Toscana
Barbagia, dov' egli morendo lasciò la sua Nella. * Col Postillatore
del Cod. Caet. e con Jacopo della Lana , riprodotto in questo luogo
dal eh. .signor Luigi Portirelli , possiamo arricchir di va&^a e recon-
. dita erudizione la suddetta nota del ì\ L. Dice pertanto il Post. Caet.
In Insula Sardinia est montana alia quae dicititr la Barbagia , et quan*
do Januenses retraxerunt dictam instùam de manibus infidelium, nun»
quam poluerunt relrahere dictam montannm , in qua luibitat gens bar-
vara et si ne civilitate , et fneminae sua vadunt indtitae subtiti pirgo-
lato (a) ita quod omnia membra osiendunt inoneste : nam est ibi ma-
gnus calor ; et notat Florentiam barbagiam simiUtudinarie quia vadunt
tllae dominae scollatae , et osiendunt etc. Ognun vede quanto si avvici-
ni .questa chiosa a quel che segue v, 1 00 ed appresso . Jacopo della
' Lana poi scrive : Or questa Barbagia nelP età presente è seminata per
, Ogni luogo . In Francia ed anche nei Piemonte le donne portano le mam"
melle aperte. In ^tamagna nel Ducato di Gheller ed in altri luoghi
entrano donne ignude ne bagni ed in letto con Uomini a loro non per-
(a) Per Virgolato anteponendovi sottile , e pirlindo di Vestimenti il Po-
itill. Caet. sembra che voglia intendere una certa veste di tal nome. Noi non
■e abbiamo potuto rinvenire V uso antico né il moderno. Rajion però vuo-
le , cke significando la parola Pergolato^ secondo il Voc. della Crusca, quanti-
tà di Pergole , che secondo esso stesso voglion dire ingraticolati di pali ^ o
di stecconi , o d* altro ec, , deggia intendersi in essi Pirgolati qualche spe-
cie di velo tessuto di stimi incrocicchiati ad una certi distanza , e perciò tra*
tpa reati • N. E.
e A N T O X X 1 1 1 • 355
^7 O dolce frate , che vuoi tu eh* io dica ?
Tempo futuro m' è già nel cospetto »
Cui non sarà quest' ora molto antica ^
loo Nel qual sarà in pergamo interdetto
Alle sfacciate donne fiorentine
L' andar mostrando colle poppe il petto .
io3 Quai barbare fur mai , quai saracine ,
Cui bisognasse , per farle ir coverte »
O spiritali o altre discipline ?
106 Ma se le svergognate fosser certe
Unenti . Per le Ciltadi , e terre ^ Italia come si Jacciano , e reggano
le Donne y Dio lo sa, e ancora gli Uomini del Mondo; e certo a chi
ben considera li costumi della terra sua non converrà per fare tal com*
parazione andare cercando ne Barbagia ne altro luogo , ma potrà dire
con Marziale « In medio Tibure Sardinia est . (a)
97 O dolce frate , che vuoi tu^ eh* io dica ? leggono con plinto in-
terrogativo tutte r edizioni . Io di sopra , nel v, 83. , ho su 1 fonda-
mento d' essere cotal punto cosa d' invenzione posteriore ai tempi di
Dante , assecondato il bisogno del senso , e mutato luogo a quel pun-
to interrogativo: qui mi è parso bene di levamelo del tutto; imperoc-
ché egli non fa altro che convenire le parole che vuoi tu, eh io di'
ca ? in una insignì fìcante e stucchevole riempitura. Che vi ha egli domin
a faYe qui che vuoi tu ch*io dica ? La è questa una risposta , che so-
gliamo noi rendere a chi vuole da noi sapere di ciò che non sappia-
mo . Ha forse adunque Dante interrogato Forese di cosa che questi
non sapesse?
Ai contrario , levato il punto interrogativo , serve questo parlar
di Forese come d'introduzione al trascorrere che fa egli a dire a Dan-
te di quello che non era cercato. O dolce frate, ecco la mia chio-
sa , che ( per il quale , o meglio per da che) {b) vuoi tu eh* io dica^
scongiurandomi per Dio {e), odi (quasi aggiunga) tinche ciò, eh* io
preveggo . * Neppur qui siamo col Lombardi , e seguiamo tutte le edi-
zioni, piacendoci assai ciò che in proposito ne scrive il Biagioli* Il
cod. Chig. ha : Or che voi tu eh* io dica ? N. E.
99 Antica per anteriore , forse dal Latino aggettivo anticus , e con
la stessa persuasione di Niccolò Fcrotti, che omma , quae post nos sunt ,
postica aicuntur; sicut quae ante nos sunt appellantur antica (d),
foo Pergamo, è lo luogo alto dove stanno li predicatori ad an-
nunziare In parola di Dio al popolo. Boti (e).
I o5 Spiritali , o altre discipline : cioè pene spirituali 9 come sono
(a) Mart. lib. iv Epigram. 47 ' ove però l'Autore vaol' incendere della
Mortef che si trova in Tivoli , come in Sardegna, città d' aria malaana • Non
deve pertanto prendersi qnel Inogo di Marxiale in significato della Barbagia ec,
N.B. (b) Vedi Cinoa Partic*^^ I9. (e') Verso 58. (tT) Cornucop*ad epigr. a.
(e) Citato nel Vocab. della Cr. alia voce p$rgamo .
336 PURGATORIO
Di ciò che 1 ciel veloce loro ammanna ,
Già per urlare avrian le bocche aperte.
109 Che , se 1' antiveder qui non m' inganna ,
Prima fien triste, che le guance impeli
Colui che mo si consola con nanna •
Ita Deh , frate , or fa che più non mi ti celi !
Vedi che non pur io , ma questa gente
Tutta rimira là dove 1 Sol veli •
iiS Perch* io a lui: se ti riduci a mente
Qual fosti meco e quale io teco fui ,
Ancor fia grave il memorar presente •
118 Di quella vita mi volse costui
Che mi va innanzi, Faltr' ier, quando tonda
1* interdetto , o la scomanica ; ed altre , come sono le multe pecunia-
rie , la carcere , la frusta ec. : ed è troppo ricercata la chiòsa del Vel-
lutello , che per spiritali s'inteadano nprension di parole , che spirane
do si formano •
107 Ammanna y ammanisce e prepara; o raccoglie e aduna insie-
me per loro : da ammarinare , cioè far manne , che sono quei fascetti
di paglia che si fanno dai mietitori , e si dicono ancora covoni : e quin-
di con grazioso idiotismo a chi conta frottole, so^liam per beffe di-
re , ammanna eh* io lego . La Crusca pone in tal significato manclla ,
che io per me, in tanti anni che sono stato in Toscana, non T ho
sentito mai dire ; e forse nei testi addotti sarà scritto mannelle dimi-
nutivo di manne y o sarà sbaglio dei copiatori. Venturi. Essendo pe-
rò i testi dalla Crusca prodotti scritture di tre o quattrocent'anni più
antiche del Venturi , e variandosi coli* andar del tempo cosi il Tosca-
no , come ogn* altro parlare , non doveva un cosi piccolo divario ,
non maggiore che tra fommina e fomina ( voci indifierentemente ado*
prate) cagionare al Venturi maraviglia.
* 108 , Avrian le guance aperte y il cod. Vat. N. E.
no III Prima fien triste ec. In vece di dire, che saran queste
scontente della loro sfacciatagine prima che scorra una quindicina d*an«
ni , dice che lo saranno prima che metta la barba un bambino che or
8Ì consola con nanna , con quella cantilena colla quale sogliono le
madri e nutrici far addormentare i bambini .
iia 1x3 ii4 Avendo Forese ubbidito e soddisfatto a Dante, pas-
sa ora a pregar Dante che anch*egli voglia soddisfar a lui ed alral-
tre anime sue compagne — rimira là dove il Sol veli , rimira là dove
col tuo corpo fai ombra .
ii5 110 117 Se ti riduci a mente ec. Seti riduci a memoria qual
viziosa vita insieme menammo , dee esserci di dolore il farne menzio-
)ic . Qual meco fosti y il cod. Cliig. P^'.E.
iid al ia3 Vi quella vita^ intende viziosa ^— mi volse y mi levò
CANTO XXIU. 357
Vi si mostrò la suora di colui .
1 a 1 E 1 sol mostrai . Costui per la profonda
Notte menato m' ha de' veri morti ,
Con questa vera carne che 1 seconda •
1 34 I^di ™' ^^^ tratto su li suoi conforti ,
Salendo e rigirando la montagna ,
Che drizza voi che 1 mondo fece torti •
1 2J Tanto dice di farmi sua compagna y
Ch' io sarò là dove fia Beatrice ;
Quivi convien che senza lui rimagna •
f3o Virgilio è questi» che così mi dice;
E additalo : e quest' altr' è quell' ombra »
Per cui scosse dianzi ogni pendice
Lo vostro regno che da se la sgombra .
— costui che mi va innanzi y Virgilio , — quando tonda vi si mostrò ec, y
quando vedeste la Luna piena. — E il ool mostrai. Ellissi , in vece
di dire e così dicendo mostrai , accennai col dito , il Soie , — pro^
Jbnda notte per profonda teneb ricosa caverna — de* veri morti , de'dan-
nati , perocché privi dell' etema beata vita ( da* veri morti leggono
r edizioni diverse dalla Kidob. '*' e il Cod. Vat. N. E. ) — che il secon^
da , che unitamente all' anima gli va appresso .
126 Cile drizza voi ec. : che colle sue pene raddrizza in voi le stor-
ture del peccato che nel mondo contraeste .
127 Compagna per compagnia, modo usato dagli antichi di levar
r ì a SI fatte voci , avverte il Vocabolario della Cr. , ed oltre a quelF
altro esempio di Dante Inf. xxvi loi ne allega parecchi altri in verso
ed in prosa.
1 29 Himaena per rimanga : metatesi in voci di simile composi-
zione molto dagli antichi usata (a) .
i3i E addi tallo: e quest* altro la Nidob. E additalo : e quest'altra
le altre edizioni. * E cosi dee scriversi, per non essere strano. N. E*
1 52 235 Scosse dianzi ogni pendice , tremò poco fa da oeni lato
— vostro regno , per vostro territorio — la sgombra , per la diparte »
lasciala andar al cielo . '*' Il vostro monte , il cod. Chig. N. E.
(a) Vedi Cinon. Tratt. dt' verbi cip. i ' 11 Signor Mattrofini , Teoria
« Prospetto de' verbi luliani » Aoa crede però che tal voce possa adoperarsi itt
Prosa a dì nostri. N. E«
Fine del canto veniesimoteno •
T.a.
33ft
CANTO XXIV.
ARGOMENTO (»)
Giungono i nobilissimi poeti al secondo arbore , da cui escono voci y c/k#
ricordano alcuni dannosi esempj della gola . Ed in fine trovano Vange^
lo « dal quale sono inviati per le scale , che portano sopra il uttimo ed
ultimo balzo « dove si purga il peccato della carne .
1 X\ è '1 dir r andar , ne V andar lui più lento
Fàcea ; ma , ragionando , andavam forte
Sì come nave pinta da buon vento .
4 E r ombre , che parean cose rimorte ,
Per le fosse degli occhi ammirazione
Traean di me , di mio vivere accorte .
I a IVe il dir r andar, nh ec. Tutti gli spositori riferendo il pro-
nome lui a direy intendono come se fosse scritto iVeV dir C andar y
ne r andare il dire piii lento facea ,
Il Cinonio (a) allega degli esempj ( di Dante nel Convito e di
Oio. Villani nella cronaca) ne' quali si adopera il pronome hd nel ca*
so retto , ad equivalenza d'egli .* ed io temo che non sia qui un altro
esempio di Dante nella commedia; e che sia il senso JYè facea egli
( Forese ) più lento P andare , nò P andar facea piii lento il dire — ra-
r'onando andavam forte , Bene inteso che Tandary^r/e, o sia veloce,
cosa respettiva , si concilia henissimo , che respcttivnmente a Dante
fosse quello andar forte , e che per lo contrario a Forese scmhrassc
lento; dicendo però nel i» 91 e segg. del presento canto
Tu ti rimami ornai , che il tempo è caro
In questo regno , sì eh* io perdo troppo
lenendo teco sì a paro a paro .
4 E Poìfdjre ec. e le anime , che parevano non una , ma due vol-
te morte tanto erano emaciate e distrutte. Venturi. * Che pare\'an
cose morie-, legge il Cod. Caet. e il Vat. N. K.
5 6 Per le fosse ec. Costruzione, Accorte di mio vivere traean ,
mostravano , per le fosse degli occhi ( invece di ner gii occhi ; allusi-
vamente alla descrizione di quest' anime fatta nel canto preced. i^. aa.
(*) Argomento mettico del col. Gasparo Gozxi •
Un altra pianta qui spiega sue fratte ,
Sotto a cui stridon le bramose genti
Col desio acceso ^ e colle labbra asciutte ;
Alxan le mani e a voto usano i denti .
Poi si d iparton li Poeti , e vanno
' Dove un de Chernbini rilocenti
Pib fu gr iavita ov' altre anime stanno .
(a) Par tic, 160 61
CANTO XXIV %5§
7 Ed IO , continuando il mio sermone ,
Dissi: ella sen va su forse più tarda 9
Che non farebbe , per V altrui cagione «
10 Ma dimmi, se tu sai, dov' è Piccarda ;
Dimmi s' io veggio da notar persona
Tra questa gente che sì mi riguarda .
i3 La mia sorella , che tra bella e buona
Non so qual fosse più, trionfa lieta
Neir alto Olimpo già di sua corona •
16 Sì disse prima , e poi : qui non si vieta
Di nominar ciascun , da eh' è sì monta
Nostra sembianza via per la dieta •
« scgg. ) ammirazione di me . Ovvero accorte per le fosse de^ occhi
di mio \'ii>ere , iracan ammirazione di me — Iraèn in vece di traeam
leggono redizioni diverse dalla ^idobeatina.
7 Continuando il mio òcnnonc , incorni ncialo nel fine del prece-
dente canto , intorno air ombra di Stazio .
8 9 Ella scn\'a forse ec. EUa per C altrtd cagione y cioè per gode-
re di nostra compagnia , sen s^a forse piìi iarda , cammina più lenta-
mente, che non Jarebbe , se non fosse con noi.
10 Piccarda Donati , sorella di Forese , fattasi monaca con assu-
mersi ii nome di Costanza, fu poscia per forza smonacata {a),
11 12 Dimmi ec. Costruzione. Dimmi , setra questa gente ^ che s\
mi rifniarda , io ^cg^o persona da notaìVy persona cioè degna d*esse-
re riconosciuta. * Ji riguarda, ii cod. VoL ^. E.
i5 i.\ Che ira bella ec, ellittico parlare, e come se detto fosse,
che dovendo pudicare ira la bellezza di lei e bontà j non saprei quale
delle due fossa pili.
i5 Olimpo y cielo (chiosa il Landino) quasi ofympus f cioè lutto splen*
dente : Oh^vfiTr^^caelum (cldosa pure Schrevelio) ab o^o$ et T^afivut
luceo {b) .
i'rcteudendo il Venturi , che olimpo appelli qui Dante il cielo
allusivamente a quo' versi di Orazio
Sunt quos curricuio puLverem olympicum
ColUgisse juvat te,
ne viene aspramente , ma giustamente , pettinato dal Rosa Morando •
Vedilo st; vuoi •
if) 17 18 Qin non si vieta ec. Snpponendosi conveniente cosa >
eh* entrando nel girone nuove anime riconoscano le sue colleghe, e
massime s' alcuna siavi da loro conosciuta in vita, né si potendo que-
sta conoscere al viso , perocché dalla fame e dalla sete distrutto , po-
(d) Dello smooacamento di Piccirda vedi Paridiso III 107 « della di
lei parentela e nomi veJi CioBiccl Storia della B. Umiliana pirt. 4 ^'P* ^
(J>) Lexic, Gracco- Lat,
Y a
34* PURGATORIO
19 Questi ( e mostrò col dito ) è Buonagiùnta y,
Buonagiunta da Lucca : e quella faccia
Di là da lui , più che Y altre trapunta ,
92 Ebbe la santa chiesa in le sue braccia .
Dal Torso fu; e purga per digiuno
U anguille di Bolsena in la vernaccia •
f^b Molti altri mi nomò ad uno ad uno ;
£ del nomar parean tutti contenti
Sì , eh' io però non vidi un atto bruno .
28 Vidi per fame a voto usar li denti
nesi provveduto per legge, che volentieri ciascuna si nomini, e nomi-
nata sia da chi già la conosce. La particella i>ia, che staccasi da mun-^
ia per cagion del verso , dee nella costruzione appressarsele , e dee
munta via intendersi detto per tolta via , levata via , distrutta —
Dièta , astinenza di cibo a fine di Santità , chiosa il Vocabolario del-
la Crusca . Ottimamente adunane quest' astinenjca , che fanno qui i
golosi per Santità delle loro auime, appella Dante dièta.
10 Buonagiùnta degli Orbisani Lucchese , in que' tempi buon di»
citor in rima . Da!#iello •
3o 31 Quella faccia piit che F altre trapunta. Trapunta (da /m»
fiugnere , al medesimo senso di trafiggere ) par istmùata dalla fame ,
e dalla sete . \L , corrispondendo la pena al peccato , accenna essere
cotale stato piii goloso degli altri compugni.
11 Ebbe la Santa Chiesa ec. fu sposo di Santa Chiesa , perocché
fu Sommo Tontefìce . Vedi 1' annotazione fatta al parlar d' Aariano V.
nel XIX della presente cantica v. i36 e segg.
a3 i\ Dal Torso fu e purga ec. Questo fu Papa Martino quarto dal
Torso di Francia ( Tours diconlo i Francesi ) ; e faceva morir Tanguil-
le di Bolsena nella vernaccia , e di poi cuocerlo coti varie specierie •
Landino. — Bolsena^ oggi castello, anticamente citta della Toscana .
Qurvi presso è un lago , che produce ottime anguille . Volpi — e la
vernaccia y in vece di in la vernaccia ^ leggono V edizioni diverse dal-
la Midobeatina . * Anche il (Jod. Cass. legge in la vernaccia come la
Kidobeatina , ed il suo Postil. aggiunge in proposito di Martino IV.
unde super ejus sepulcro fevtur , quod sint isti {tuo versus :
,, Qaudent Anguiliae quod mortuus hic jacet ille
„ Qui quasi morte reas txcoriabat tas.
Il CoD, del Signor Poggiali combina colla Nidobeatina anch' es-
so , N. E.
a5 Mi nomò la Nidobeatina ( * ed il Cod. Caet. e Poco. N. E. )
mi mostrò V altro edizioni ( * ed il cod, Vat. e Chig. N. E. )
16 E del nomar parean la Nidob., E nel nomar parèn V altre
edizioni . '*' Jl PosTiLL. Caet. rende ragione perchè parean coutenti id
est propter famam . N.K.
27 ^itto bruno per intorbidamento di viso , o atto sdegnoso .
28 A voto usar li denti y movendoli come in atto di mangiare,
ffenza aver niente in bocca •
CANTO» XXIV* 54t
Ubaldia dalla Pila , e Bonifazio
Che pasturò col rocco molte genti •
ag 5o UbahUn dalla Pila . Ubaldliio degli Ubaldinl dalla Pila >
luogo del contarlo di Firenze , dal quale fu denominato an ramo di
questa famiglia . Venturi . * Il Postill. Caet. nota : Uhaldinus della Pi'
m , qid fuit frater Cardifialis Octavidni de Uhaldinis valde gulosus . (a)
N. E. — Bonifazio. Convenendo tutti gli espositori nel dire che fosse
costui arcivescovo di Ravenna , discordano fortemente nella di lui aa-
zione. Il Landino dicclo Francioso, il Vellutello, Daniello, e Volpi
diconlo figlio del prefato Ubnldino dalla Pila , e per conseguenza Fio-
ìrentino. * Il Venturi Io dice dc^Fieschi Genovese ^ e noi ben volentie-
ri lo confermiamo. Poiché abbiamo rinvenuto nelle Istorie de' Vesco-
vi Ravennati , {b) che un tal Bonifazio di Lavagna ( Paese nel Geno*
vesato detto Lavnnia in latino , ed anticamente Lebonia) dell' Ordine
de* Predicatori fu eletto Arcivescovo di Ravenna nel la^i , e dopo aver
seduto per 22 anni mori nel 1294* Troviamo poi tra gli Scrittori dell*
Ordine de' Predicatori , [e) che detto Bonifazio fu legato del Pontefice
in tutta la Romagna , che fu Nunzio à\ Onorio IV in Francia a Fi-
lippo ITI detto Tardilo^ e poi presto il di lui successore Filippo IV
per gli Officj di Pace , col Re a' Aragona ec. e che da Pio II e stale
chiamato Nipote di Papa Innocenzo IV. Le epoche e le circostanze
pertanto non ci fanno più dubitare sull' identità di codesto Bonifazio
famoso a' tempi del Poeta . N. E. — Pasturò col tocco molte genti . Pef
rocco si dee intendere quel medesimo che il Latino de' bassi tempi'
appellò roccus , e che con diminutivo termine si appella oggi comii-
nemente rocc/ietto, cioè la cotta propria de' vescovi e prelati : e dee
intendersi adoprata figuratamente cotal veste episcopale pel vescova-
do stesso , o Sia por le rendite del vescovado : e come se avesse det-
to , colle rendite del vescovado fece vivere allegramente molle persone •
Carolus ( riferisce Du Fregne scritto di Carlo Magno dal Monaco di
S. Gallo lib. 2. ) habcbat pellicium berbycinum , non multum amplioris
pretii , qtiam eroi rocctis lUe S. Martini , quo pectus ambitus nudis hra-
chiis Deo sacri ficium obtulisse astipulatione divina comprobatur (d) : e
però alla voce Rocchcttum chiosa il medesimo Du Fresne , Rocchettum
nodie vocant vestem lineam episcoporum .... quasi parvum roccum •
Di tutte le altre interpretazioni che si danno a questa voce roc^
co io non ne trovo alcuna che mi soddisfi .
Il Buti (citato nel Vocabolario della Crusca alla voce Rocóó)
dice intendersi per rocco il bastone pastorale del vescovo fatto a mo^
do di rocco . Hocco appellasi il pezzo degli scacchi che na forma di
torre ; e , come giustamente chiosa il Vocabolario , appellasi roc£0
perchè è fatto a guisa di tocca . Or che ha egli a fare 11 baston pa-
storale del vescovo col rocco , o sia ^colla torre degli scacchi ?
(a) * Nel Broccbi Descriz. del Mugello Fironio 1748 trovati alla pag. S)
r impronta di una medaglia di codesto Ubaldino dalla Pila ritrovata t»
le rovino della fortezza di Monte Accinico appartenente alla famiglia Ubai-
dini gìk Signora del Mugello • Ed in Ciacconio ^iiae Pont, et Card. Tom. 11
pag. izZ trovansi bastanti prove nella Vita del Card. Ottaviano Ulbaldiai
in favore dell' assertiva del Postili. Caet. N. E. (h) Amadesins in Antist.
Raven. Chronotax. To. iii p. 67 et segg. (e) Qaetif et Ecbard Scriptoie»
Ord. Praedic, To. 1 pag« 4^7* C'^) ^^ossar, ait. Roccus.
Si* PURGATORIO
3i Vidi messer Marchese , eh' ebbe spazio
Già di bere a Forlì con men secchezza ,
E sì fu tal che non si sentì sazio .
34 Ma come fa chi guarda , e poi fa prezza
Più d'un che d' altro, fé' io a quel da Lucca,
Peggio poi dì gran lunga il Vocabolario stesso della Cnisca*
Moeeo dice, hastofne ritorto in cima^ che si porta da\^anti a vcsco\n ^
aHrimenti datto paslorale; e 11* allega in prova la sopraddetta cliiosa
<fel Butl . Il Bull, come ognun vede intende rocro propriamente ap-
pellarsi la torre degli scacchi , ed appellarsi dal poeta nostro rocca
il baston pastorale del vescovo sotanienlc per traslazione di vocabo-
lo. L* altro esempio, che il medesimo Vocabolario adduce tratto
dalla Jiera di Michelangefo Buonarroti , e i'a^i , o rocchi , e nllrc
simiU cose , niente decide che per rocchi si abbiano a intendere piut-
tosto bastoni pastorali che vesti menta .
Il ^'ellutello pare che per rocco intenda accennato il campani-
la: Teneva, dice, di molla famipf in -i la qiial pasturala col rocco , o
vo^am dire coW ombra del campanile.
Degli altri espositori chi s* accorda con alcuno di questi, e chi
86 la passa con un perfetto silenzio. '*' Se il P. I^ avesse consultato
Benvenuto da Imola , ed avesse avuto la fortuna di aver fra le mani
il CoD. Cass. avrebbe trovato una concorde e plausibile spiegazione
di questo verso
Che pasturò col rocco molte genti
cioè governò e sostenne col Pastorale una vasta popolazione . La pa-
rola pasturò vien spiegata dal Posti ll. Cass. {rnhentavit , vt rrxil; ed
air altra rocco vi nota cujiis ( Archiepiscopi ìlavcn. ) Pastorale fra-
strum hahet in snmmitate quodilam sìfruum ad moditm unius rocchi ,
et hoc est quod dicit ile Rocco, V Iniolcse poi alla voce rocco chio-
sa : nam cum celeri Pasiores habeant virfram pastoralem ìvtorlam , iste
( Arch. Baven. ) hahet lotam virgam rectam , et in sitmmitafe rotundant
ad modum cnlculi sive rocchi; vale a dire ad uso di bordone che
usano i Pcnegrini . N. E.
Si 3a 33 Messer Marchese. Marchese de' Rigogb'osi , Cavalier di
Forlì, gran bevitore; a cui narrando il suo canovajo , che per città
si diceva, che non faceva altro che bere; e tu rispondi, disse, che
ho sempre sete . Venturi — cK ebbe spazio ec. che con meno scechcz-
ta, con meno arsura, con meno sete (intendi , che qui non ha) ebbe
già a Forlì spazio , agio di bere, ( agio che qui gli si niega ) — E 5Ì,
e nondimeno (a), fu tal, tanto ghiotto del bere, che mai ec.
34 Fa prezza . Prezza ( chiosa il Vocabolario della Crusca ) voce
antica, lo stesso die prezzo, stima conto. * IV^on si prezza, il coti.
Cfaig. N. E.
35 * Feci, invece à\ fec^ io il cod. Chig. N.E. — A quel di LuC"
ea, al soprammentovato Buonagiunta.
(a) Della particella si al significato di nondimeno vedi Cinon. Par^
tic, 21941*
CANTOXXIV. 343
«
Che più parca di me aver contezza .
37 Ei mormorava , e non so che Gentucca
Sentiva io là , ov' ei sent\a la piaga
Della giustizia che si gli pilucca .
40 0 anima , diss' io , che par si vaga
Di parlar meco , fa sì eh' io t' intenda ;
E te e me col tuo parlare appaga .
43 Femmina è nata , e non porta ancor benda 9
Cominciò ei , che ti farà piacere
La mia città , come eh' uom la riprenda .
r
36 Che più purea di me ec, essendoci conosciuti nel mondo , •
scritti scambievolmente de* sonetti . ^ -
37 38 39 £1 mormorava , sommessamente parlava- Ei in vece dV/
hanno l'edizioni diverse dalla Nidobeatina in questo e nel seguente
verso — e non so cfie Gentucca ec. Costruzione : etò , cioè tra i di lui
denti, ov'e/ sentiva la piaga della giustizia (la divina percossa, il
gastigo della fame) che sì gli pilucca (per ispolpa) , sentiva io un non
so che Gentucca: nome di ì)ella nobile e costumata giovane Lucche*
se , della quale , essendo Dante nel suo esilio passato in Lucca , s in-
namorò. E come il di lui esilio segui nel i3oi e questa sua andata
air altro mondo Angela nel i3oo 9 perciò fa che Buonagiunta parli qui
da profeta .
* Una singoiar postilla del Postili. Caet. desterà gran curio-
sità su questo passo, che a vero dire è stravagantuccio anzi che no, '
SI pel nome di (ientucca , che per le circostanze. Dice dunque: Gens
huc dune partes sunti propter rimamjacit unam . Il suddetto Vostillato-
re in appresso , come si vedrà , nomina la Pargoletta per la femmi-
na della quale Buonagiunta predice a Dante V innamoramento , dal ch6
apparisce , che niente essa avea che fare colla supposta Gentucca . Né
superfluo è qui il dire, che il Canonico Dionisi , dietro al suo Anò-
nimo comentatore , intende che gentucca voglia qui intendersi per
esente bassa e vile, cioè gentuccia, come era quasi tutta la fazione
bianca detta con altro nome selvaggia , e qui dal liUCchese gentnccity
e perciò deggja scriversi col g piccolo. Woi per ora ci contentiamo
di annotare soltanto , riserbandoci di parlarne a lungo nella Vita liei
Poeta . I lettori intanto potranno leggere ed interpretare a loro pia-
cimento . N. K.
i\o Par in vece di pari sembri , apocope praticata da ottimi scrit-
tori non solo in verso ma anche in prosa . Vedi Mastro/Ini Teoria e
Prospetto de* verbi Italiani sotto il verbo parere n. 3.
l\i E te e me col ec. cioè non te solamente con quel parlar fra*
denti , che odi tu solo , ma liberamente parlando appaga me pure /
43 Dfon porta ancor benda : non andava velata per essere ancora
fanciulla , conciosia che le maritate e le vedove hanno in costume an-
dar velate e bendate. Daniello.
45 Come eli uom la riprenda : abbeacbè sia alcuno che la biasi-
344 PURGATORIO
46 Tu te n'andrai con questo antivedere.
Se nel mio mormorar prendesti errore^
Dichiareranti ancor le cose vere.
49 Ma dì s' io veggio qui colui , che fuore
Trasse le nuove rime , cominciando :
Donne , eh* avete intelletto dC amore .
5a Ed io a lui : io mi son un che , quando
Amor mi spira , noto , e in quel modo
Ch' ei detta dentro , vo significando •
55 O frate 9 issa vegg' io , diss' egli ^ il nodo
mi 9 essa "Dante inten^fendo ( chiosa il Daniello ) sì come ve^amo che
Jk 9 quando dice nelf Inferno , cA* o^* un ( in Lucca ) «»* era baraUier
Jitor Bonturo ; e de! no per li danari vi si faceva ita (a) — della vo-
ee uomo per alcuno vedi il Vocabolario della Crusca. ^ Opportana-
inente nota pertanto il Postill. CàBT. Quani*is male fueris locutus de
tiàecha in uno Capitulo Inferni , tamen ndhuc placehit Ubi ; et hoc didt
propter parffoletiam , de qua postea flit phjrfocapins . JY. E,
46 7Vc te fi' andrai ec. Ritornerai al mondo con qaestst mia pre-
dinone.
47 ^lA Dichiareranti^ la Nidobeatìna ed altre antiche edizioni (in-
terne col CoD. CàET.) Dichiareranlti j che hanno l'edizioni moderne
iefcnaci di quella della Cnfsca , leggalo chi può : che senza bisogno di
tale durezza è benissimo detto , ancora le cose vere , i fatti , ti dichia-
reranno se prendesti errore nel mio mormorare; cioè se non capisti
che mi volli dire con quel Geniucca , ch« fra'denti mi sentitti mor-
morare .
4p 5o S*io vegf^o qui colui y se in le io veggio colui, quel Dan-
te—nwrwtf rimey mirabili alte e rare; cos\ di Pollione Virgilio: Poi-
Ho et ipsefacit nova carmina (b) ; ovvero nuove , cioè non più udite .
BàNfELLO . * Petit Dantem de Dante quia laudare praesentem est spe-
des adulationis: nota il Postil. Caet. N. E.
5i Donne eh* avete ec» È questo il primo verso di una sublime
canzone composta dal poeta nostro in lode della Beatrice, ed inserita
nella f^la nuova •
5i /JS 54 Ed io a lui : io ini xon ec. Omette di espressamente ri"
«pendere , esser egli l'autore di cotali rime . Accennanao però la fon-
te ond* eisse derivano, cioè dal seguire la dettatura di amore, fa in-
sieme capire sé essere colui che le compose — Amor mi spira , noto
et in quel modo , ch*ei detta legge la Nidobeatìna , ( ed il Cod. Caet. )
amore spira , noto , e a quel modo che detta V oltre edizioni . — vo
sif(nificando , vado con la voce e con la penna esternando . * Il Po-
STiLL. Caet. ne fa conoscere le cagioni, dicendo : Quare phylocaptus
melius loquitur de Amore quam non phylocaptus . N. E.
55 56 57 Issa , vale ora , adesso . Vedi ciò che di questa voce è
(fl) Inf. XXI 4x c|se£. {b) Edoga ixl 87.
CANTO XXI^V. 345
Che 'I Notajo e Ouìttone e me ritenne
Di qak dal dolce stil nuovo eh' i* odo .
58 Io veggio ben come le vostre penne
Diretro al dittator sen vanno strette.
Che delle nostre certo non avvenne •
61 £ qual, più a gradire, oltre si mette,
Non vede piiì dalF uno all' altro stilo .
E , quasi contentato , si tacette •
detto Tnf. XXIII. 7. — t^e^Vo, diss^ egli ^ il nodo, che ec. AAgelo di
Costanzo in una sua lettera stampata dice a Bernardino (meglio Be*
Tardino {a) ) Rota sa tal proposito ( e sono ambedue ben degni d' es-
ier citati aove si tratti di poesia ) amore è quegli , che fa volare non
che correre : e sew^ esso è il voler empire i fogli un empirli di stop^
pa • Dice adunque Buonagiunta , che per difetto d'amore egli » e quei
due ,-che nomina (cioè il Notajo , e Guittone ) non arrivarono a quel^'
eccellenza di stil poetico , dove arrivò Dante , perchè era innamora-
to. IVodo vai qu\ legamento che stringe , e ferma , posto per ciò 9
che fa incagliare a i poeti lo stile; sicché non potendosi muovere
andando avanti, non giungono all'eccellenza. Vbntubi — f7 notajo (no-
taro ha il Cod. Yat. N. E. ) intende un Jacopo da Lentino rimator éi
que* tempi , detto il notajo dall* arte che professava . * Il Postili. Cast,
lo chiama Jacobus de Talentino , non di Lentino , dictus notarius ,
cioè noto e famoso , propter excellentiam , non per 1* arte che profes-
sava . N. E. — Guittone , fra Guitton d'Arezzo altro rimatore de mede-
simi tempi . ^ Il CoD. Caet. li^gge il v. 55 : O Frate , disse , issa veg'
gio il nodo. N. E.
58 59 60 lo veggio ben ec. Conferma di veder esso pure , come
Dante e i di lui compagni nel nuovo stile ( intendendo vensimilmente
Gino da Pistoja , Guido Cavalcanti ec. ) si tendono nel loro scrivere
strettamente attenti alla dettatura d' amore ; diversamente da quello
eh' esso Buonagiunta e suoi compagni fecero . Dittatore , dal Latino
dicto , ns , per dettatore , per colui che detta , adoprato anche da altri
autori di lingua vedilo nel Vocabolario della Crusca . * Nove penne il
cod. Vat. N. E.
Qi 61 E qital piìiec, e chi per piacere di piii tenta di superare
lo stile d' amore , costui , acciecato , non vede più la differenza grande
ehe corre tra lo stile d' amore e quello eh' egli adopera , quanto cioè
sia quello di questo più nobile. Il Cod. Caet. (come altri testi ve-
duti dai Signori Accademici) legge guardare invece di gm^'ne. N. E.
65 E quasi conte'itnto ec. E detto che Buonagiunta ebbe questo,
si tacque a modo di chi pure riraan contento , e non prova dispiacere
che altri l'abbia superato nella lode del poetare, non avendo luogo
r emulazione nell' anime del Purgatorio . Venturi . Di tacette per
tacque v» di Mastrofìni Teoria e Prospetto de* verbi Italiani sotto il verbo
tacere n. 5.
(a) Vedi Resa Mortadt a ^aesta passo di Dapte»
346 PUBGATORIO
64 Come gli augei , che veroan verso '1 Nilo ,
Alcuna volta di lor fanno schiera ,
Poi volan più in fretta , e vanno in filo ;
67 Cosi tutta la gente che lì era 9
Volgendo '1 viso , raffrettò suo passo 1
E per magrezza e per voler leggiera .
70 E come 1' uom , che di trottare è lasso ,
Lascia andar li compagni, e sì passeggia,
64 Gli auf^i ec. T^ grue che , fuggendo il soverchio calore ed il
soverchio freddo , nella state si portano verso il settentrione , uer
isfuggire il troppo caldo, e nel verno per evitare il troppo freddo
passano verso il mezzo giorno , verso i' Africa , nella quale scorre il
fiume Nilo •
65 66 Alcuna volta ec. Dee , dicendo ({uì delle grue , che prima
fanno schiera , e poi vanno infilo^ voler signiGcare il medesimo che
degli uccelli generalmente dice nel Par. xviii. 73. e se^f^, *
E come augelli sorti di riviera ,
Quasi congratulando a lor pasture ,
*■ Fanno di se or tonda , or lunga schiera .
intendendo cioè per schiera la schiera tonda , e per T andar in filo la
lunga schiera : e che nel principio , quasi per far tra loro le congratu-
lazioni non attendono al volare; ma che poscia rivolgano al volare
tutta la loro attenzione . '*' Alcuna volta in aer fanno schiera 9 il cod.
Antald. N. E.
67 68 69 Così tutta ec. Costruzione . Cos\ tutta la ^ente , cA' era
li, lef^era , e per ma^zza , e per voler ( per desiderio di purgarsi (a)),
volgendo il viso ( voltando altrove la faccia ) raffrettò suo passo , ripi-
glio il frettoloso camminar che faceva prima eli abbattersi in me cne
col mio vivere le cagionai ammirazione e rallentamento nel cammina-
re (b) .
70 71 Come r uom , che di trottare ec. Intendendo il Venturi che
tro^ar^ non si dica se non delle bestie , chiosa di trottare, di corìvr di
trotto sopra un vizioso ronzino , che lia della carogna e della rozza : e
spiega , si passeggia , lo mette di passo per un poco , giacche non gli può
jar pigiare ne il portante , ne il traino , ne il galoppo . Ma trottare
( avvisa il Vocabolario della Crusca , e ne allega con questo di Dante
altri esempi ) e non solo delle bestie , ma per similitudine si elice anche
delC uomo , e vale cammiruir di passo veloce , e saltarellando • Come
adunque colui ( intenderem noi ) che stanco di precipitosamente cor-
rere in altrui compagnia , lascia andare i comnagni , e si pone egli a
camminar passo passo . '*' Il Signor Biagioli ed altri comeiitatori non po-
nendo l'accento sul si del passeggiare , danno a credere malamente, cho
Dante abbia voluto usar passeggiarsi per passeggiare: che sarebbe ma-
niera non solo stranissima, ma senza esempio in tutte le buone scrit-
ture. Anche nelT edizione del Lombardi era occorsa una simile svi-
(a) Vedi nel canto precedente v. 73 e scgg. (A) Vedi v. S t segg. del
presente canto .
e A N T O XXIV. 547
Fin che si sfoghi Y affollar del casso ;
73 Sì lasciò trapassar la santa greggia
Forese , e dietro meco sen veniva ,
Dicendo : quando fia eh' i' ti riveggia ?
76 Non so , rispos' io lui , quant' io mi viva :
Ma già non fia 1 tornar mio tanto tosto ,
Ch' io non sia col voler prima alla riva .
79 Perocché '1 luogo , u' fui a viver posto ,
Di giorno in giorno più di ben si spolpa ^
E a trista ruina par disposto .
8a Or va , diss' ei , che que' che più n' ha colpa
Vegg' io a coda d' una bestia tratto
Verso la valle , ove mai non si scolpa .
sta, e noi r abbiamo emendata. Nota di Salvatore Betti. N» E.
72 Fin che si sjbg/ii . Foga significa impeto , yurta (a) , e sfogarsi
vale qui liberarsi dalla foga — V affollare tlel casso , cioè f ansar
del petto. Follo ( o folle) si è il maniaco; affollare , si 6 il tirar dentro
e r mandar fuori di quello il vento .Questo fa il polmone in noi , e
vedesi di fuori per V ansare e batter del petto . Vellutello . Ad uno
stesso modo spiegando affollare Inlti gli espositori , non sarebbe ( ag-
giutigc il \ enturi ) ne meno ima metafora mal fatta ^ se qui affollare»
prendesse in senso (li far folla , venfcandosi , che in un uomo ansante
I respiri s^ incalzano , e si fan folla — Casso ( insegna il Vo e ab. della
Crusca ) la parte concava del corpo circondata dalle costole . Lat. cap^
sum , Arnob, , ed oltre a varj di Dante , ne allega esempi anche d'altri
autori .
76 Bispos* io lui la Nidobeatina , risposi lui V altre adiz' * e il cod.
Vat. N. E. — quanC io mi viva , perciocché non poteva Dante riveder
se non dopo la morte .
. 77 7? ♦Vrt già non Jia ec» Vuol dire, che anteriore alla morte sa-
rà ia lui il desiderio di morire, per cagione delle proprie disavventu-
re , e della patria : ed essere col volere alla riva , in vece di desiderar
la morte , dee , mi pare , dire allusivamente al portarsi in morte le
anime , che sono per passare al Purgatorio , alla riva del mare dove
r acqua di Tevarv s* insala {b) , per esservi dall' angelo nocchiero Irag-
gittate .
79 // luogo , Firenze •
Si Q^ci y die più ri ha colpa , intende messer Corso Donati , caj)0
de' Guelfi o sia de' Neri , e pe' seguenti versi viene ciò a rendersi più
manifesto .
85 al 87 Vcg^ io a coda ec. Era tornato in Firenze messer Cor-
ra) Cosi definisce il Vocabolario della Crusca • (fi) Vedi il canto i della
presente cantica v» loo e segg.
348 PURGAtORtO
85 La bestia ad ogni passo va più ratto ,
Crescendo sempre, infin eh' ella 1 percuote ^
£ lascia '1 corpo vilmente disfatto .
88 Non hanno molto a volger quelle ruote ,
( £ drizzò gli occhi al ciel ) ch'a te fia chiaro
Ciò che 1 mio dir più dichiarar non puote •
so (intendi Corso Donati Fratello di Forese che parla) principe della
parte Nera col favor di Carlo Senzaterra, ed avea tolto lo stato a' Bian-
chi y e rìmaso principe , e s\ potente , che era divenuto sospetto al
J popolo 9 parendogli che eccedesse pih che non sì conviene in una
ibera repubblica . Ed ultimamente crebbe il sospetto assai , quando
egli diventò genero d' Uguccion dalla Faggiuola Signor di Pisa .
Onesto fece che con subito tumulto popolare egli fu citato , e con-
dannato , e col .gonfalon della giustizia gli corse il popolo a casa .
Egli da principio , perchè era di grande animo , e pronto non solo
di lineua , ma di mano , si mise con gli amici alla difesa ; poi in su
'i tardi del dì , abbandonato già da molti, si mise in fuga: e seguitan-
dolo certi soldati Catalani , i quali né con i prieghi , né con pro-
messe potè placare , o si gettò , o cadde da cavallo , ed appiccato
«Ila staffa , lo strascinò il cavallo tanto , che sopraggiunto , fu uc-
ciso . LàNDiifo . * Il FosTiLL. Caet, d^ce : loquitur de fratre suo D,
€kursio de Donatis , queni propter suam impoHumtatem seguacés de par-
ie expuleruni . N. E. Dante però par che supponga , che il cavallo me-
desimo , a forza di percosse fattegli ricevere , V uccidesse . Ma ben
potè essere che nel mentre che era dal cavallo stracinato fosse feri-
to ; ed indi finito fosse di uccidersi dal cavallo stesso . Riputando
poi Dante la stessa cosa V essere Corso stracinato alla morte , e 1* es-
aere stracinato alT Inferno , in luogo di dire , che tirasse la bestia
nel detto modo Corso alla morte, dice che tiravalo verso la valle ove
mai non si scolpa ( aggiungi veruno ) che é quanto a dire verso V In-
ferno ; ove per le pene non si purga U colpa , come nel Turgatorio
fassi. ^ Il PosTiLL. Caet. ren<ie ragione di questo castigo senza alcuna
speranza di grazia : propter injamiam , (juae rem ausit de ipso , qui
jidi causa destructionis pacifici ^ et boni status Flor-'.ntiae , N. E. — • a
coda cP una bestia /ra//o ; espressione pres9 da quella, colla quale co-
munemente slgnifìcasi la pena de* rei condannati ad essere da* cavalli
stracinati per terra .
88 8^ 90 Non hanno molto ec. Essendo V uccisione di M. Corso,
dal Landino descritta, succeduta nell* anno i?>o8. {a) e fingendo, co-
me più fiate si é detto , il poeta nostro questo suo viaggio nel i3oo.
v'erano di mezzo otto anni solamente — ciò che il mio dir piti dichia-
^pressamente
vazione , che in nissun luogo del suo poema mai costui espressamente
nomina; come notò anche 1* autore delle memorie per la vita ai Dante {b),
(a) Vedi Gio. VilUai Cron. lib. 8 cap. 96 ^b) SoMo il {. io
CANTO XXIV. 349
91 Tu ti rimani ornai; che T tempo è caro
In questo regno sì , eh' io perdo troppo
Venendo teco sì a paro a paro .
^ Qual esce alcuna volta di galoppo
Lo cavalier di schiera che cavalchi 5
E va per farsi onor del primo intoppo y
Q7 ' Tal si partì da noi con maggior valchi ;
Ed io rimasi in via con essi due ,
Che fur del mondo sì gran maliscalchi •
joc E quando innanzi a noi sì entrato fue y
Che gli occhi miei si fero a lui seguaci
Come la mente alle parole sue 1
91 Caro f prezioso , stimabile •
94 95 96 Qual esce ec. Come interviene alcuna volta, che cavalcan-
do schiera di soldati per incontrare il nemico , alcun de' più ardi-
ti esce dalla schiera di galoppo incontro ai nemico , per aver esso Tono-
re d* essere il primo a comoattere .
97 Che maggior x^alchi , cioè con maggiori passi , che non andava-
mo noi. BuTi (a). Non ci si recando pero dai Vocabolario della Cm-
sca altro esempio della voce valco fuorché questo dì Dante , io piego
a credere valchi detto per sincope in luogo di valichi ; e che perciò
valico non solamente significhi passo in senso di apertura per cui si
gassa (come spiegalo il medesimo Vocabolario), ma eziandio in senso
i spazio che intermedia tra 1* uno e i* altro piede nel camminare •
98 Con essi due la Nidobeatina , con essi i atte l'altre edizioni.
09 Fur nel mondo s) gran maliscalclU : cioès\ grandi governatori del
monuo ec. Maliscalco è governatore della corte e dell' esercito sotto
lo imperadore , e dee essere persona esperta delie cose da fare , sì che
sappia comandare quello che si dee fare , come seppono quelli due
poeti ( V irgilio e Stazio ) quello , che si convenia fare nel mondo a
vivere moralmente e civilmente . Buti (b) . Significando però nel La-
tino de' bassi tempi mareschidlus quanto che magisler equitum {e) , io
son tirato a persuadermi che , come per una spezie ai sìneadoche
suol talvolta adoprarsi capitano per capo generalmente , così adoperi
qui Dante maliscalchi specie di maestri per maestri jgeneralmente •
1 00 Entrato per innoltrato .
loi 101 Che gli occhi ec. Avendo Forese incominciato a parlar
mormorando (d) , ed indi proseguito avendo in modo di poter conchiu-
dere :
Se nel mio mormorar prendesti errore >
Dichiareranti ec» (e)
(a) Riferito nel Vocab. della Cr. ftlU voce Valco . (b) Rifeiico nel Vo-
cabolario della Cr. alla voce maliscalco (r) Amalth, onomast. e d' A<|aino
Ltxic. milit. art. mareschallus (d) Vtrs. 37 {e) V. 47 e seg.
55© PURGATORIO
io3 Parvermi i rami gravidi e vivaci
D'un altro pomo, e non molto lontani ,
Per esser pure allora volto in làci .
106 Vidi gente sott' esso alzar le mani ,
E gridar non so che verso le fronde j
Quasi bramosi fantolini e vani
109 Che pregano , e 1 pregato non risponde ;
Ma , per fare esser ben lor voglia acuta ,
Tien' alto lor disio e noi nasconde .
paragona Dante il poco scorgere ora ]' allontanato Forese al poco in-
tenderlo che fece prima mentre parlava seco , quasi cioè dica , che
gli occhi miei così poco lo vedes^ano , come la mente poco intendes^alo
mentre parlas^a*
io3 Gravidi e vivaci ^ verdeggianti, e di frutta carichi.
loi io5 Z>' un altro pomo . JPomo per albero pomi fero . Ed ha qui
ragione il Venturi di lagnarsi , che non abbia pomo in tal significato
avuta ancora la sorte di essere dalla Crusca accettato . Pomo appelliam
noi Lombardi l' albero , che nel Vocabolario della Crusca appellasi
tnelo — e non molto lontani ^ intendi dall* altr* albero sopra descritto—
Per esser pur allo } a volto in luci : perocché l'altr' albero era solamen-
te in quel punto; per gibbosità del monte , rìmaso volto in là, erast
sottratto ali occhio . Ne dà così Dante a capire che vi fossero su di
quella rotonda strada dì s\ fatti alberi parecchi , e distribuiti talmente
^l)c, appena uno per la gibbosità del monte agli occhi delle giranti
anime si togliesse , fossone un altro . Tra gli espositori non trovo chi
ne procuri la dilucidazione del presente passo che il Daniello , il Vel-
lutollo , e il \ cnturi : mollo però infelicemenle. Vedili , lettore , se vuoi .
* Il niagioli dice che il vero sentimento è questo : per esser V arco
del monte volto in Ih per allora . E j)er questo arco ( egli aggiunge )
s' intende quello il cui sommo nasconde V oggetto di là • E chiunque
vi ponga m^ nte , s' accorgerà che gli è occorso mille volle quello clie
?[ui dice il poeta: ma non v'ha posto mente; perciocché le coso più
requenli e fuggitive non s^osservano da lutti , mentre nulla di qu.into
per occhio o per mente si gira sfuggito é al poeta nostro . N. K. — Quel
ci aggiunto al là non P no (dice il \ cnturi ) per molto grazioso vez^
XQ ; e meno , ne so perchè , m* qffendon le orecchie il liei , e il qui ci.
Il perchè viene dall'uso, che dì Pici e quid incontrasi più frequente.
La regola però e ra;;ione assegnata dai deputati al Roccaccio (<?) sten-
desi ugualmente al là , al // , ed al qu), * Iliaci ha il cod. Antald. N.E.
107 * Sotto le fronde il cod. \ at. N. E.
108 al III Quasi bramosi fantolini ec. llcra in paragone il bra-
moso e vano pregare cha fanno i fanciullini colui , che si prende giuo-
co di mostrar loro cosa che ad essi piaccia a solo fme di stuzzicar
loro r appetito — * ben la voglia acuta , i codd. Vat. e Chig. N. E.
(a) Gioì. 4 BOY* I*
CANTO XXIV. Wi
iia Poi si partì sì come ricreduta:
£ noi venimmo al grande arbore adesso >
Che tanti prieghi e lagrime rifiuta .
ji5 Trapassate oltre senza farvi presso;
Legno è più su che fu morso da Eva »
£ questa pianta si levò da esso :
118 Sì tra le frasche non so chi diceva.
tien alto lor disio , ( disio per obbietto desiderato ) tiene sospesa in
alto la cosa da loro desiderata , sicché i fanciullini la veggano , ma
uon possano giungere ad aggrapparla.
113 Si partì , la delia gente ^ veduta alzar le mani sotto V albero —
ricreduta j disingannata, da ricredere, che vale ricedere' da ciò che
si crede .
ii5 Adesso in una parola , invece di ad esso , oltre la edizione
^'idobeatina , e quella del Numeister 1/171 , leggono anche quattro mss.
della biblioteca Corsini ; '^^ ( il Cod. Gas. ed anche il Con. Caet. ) e
così dee leggersi acciò non venga la medesima voce ad essere in rima
due volte, in questo e nel verso 1 17. Le stesse voci ( avverte il Signor
Filippo Kosa Morando) in rima nello stesso significato , non è permes-
so ripeterle se non quando si ripetan tutte , come si vede aver fatto
il poeta nostro nelle voci Cristo (a) , e vidi (b) (aggiungasi anche am-
menda (e) , e si eccettui quando sono parole citate , come sono quelle
modicum , et non videbitis me , et itetum modicum et vos videbitis me ) (rf) •
Aon ad esso dunque , ma adesso con la e larga in una dizion sola si
dee qui leggere , e vale allora ; che adesso in signifìcato d* allora
prova la Crusca essersi usato dagli scrittori antichi . Fin qui il Rosa {e) .
Adesso per allora , o subito , che per molti esempj prova detto il Vo-
cabolario della Crusca , pare che possa trarre orìgine dalla summento-
vata voce issa (f) equivalente, com'è detto, ad ora : facendosi , come
d' ora fecesi allora , cosi d' issa ad issa , e poi di ad issa adesso . Isso
per esso , adopera Dante Par. vii. 91. * Vedi ciò che , dietro due bel-
lissimi esempj d* Arnaldo da Marsiglia e di Bertrando di Gordon , il
conte Perticari disse di questp avverbio adesso per allora nella secon-
da parte della sua Difesa di Dante cap. 17. W. E.
ii4 Jiifmta , per rende inutili .
ii5 * Trapassate oltre ec. Finge il Poeta di ascoltare una voce,
che dica questo e eli altri due seg. versi , ed il Postill. Caet. spie-
ga tal voce : ostenait quam sit pessimus effectus gidae , et primo dal
vonum consilium . N. K.
116 Che fu morso da Eva , il frutto del quale fu contro al divin
comando mangiato da Eva la prima madre , e dato a mangiare ad
Adamo .
117 »&* levò da esso . Rimanendo quell'albero nel terrestre Paradi-
so , fu da un tralcio di esso allevato questo a pena de' ghiotti . '*' Si
partì da esso, i codd. Vat. e Chig. N. E.
(a) Par. xii. fi e segg. (b) Par. xxx gS e seg. (e) Purg. xx 65 e seg.
(fi) Purg. XXXIII 10 e segg. {e) Osserv. sopra il Par. canto xxlv v. 16
(/) Int. XXIII. 7.
353 PURGATOmO
Perchè Virgilio Stazio ed io , ristretti j
Oltre andayam dal lato che si leva .
121 Ricordivi, dicea , de' maladetti
Ne' nuvoli formati, che satolli
Teseo combatter coi doppj petti;
1 ^4 £ degli ebrei eh' al ber si mostrar molli ,
Perchè non gli ebbe Gedeon compagni ,
Quando inver Madian discese i colli.
119 Ilo lììstretti ec. Costruzione . Andavam oltre ristretti dal ( per
4d){a) lato ^ die si leva , al lato della strada, che risguardava il cen-
tro del monte, dorè il monte alzandosi faceva sponda* Supponendo
essere quell' albero impiantato nel mezzo della strada , ed avendo ri-
cevuto comando di non eli si far presso , conveniva u tre poeti di
camminare in una delle due estremità della strada ; e per evitare il
pericolo di troppo accostatasi all' estremità , che guardava fuor del
, monte , perocché senza sfonda , elessero perciò la estremità opposta;
siccome fecero Dante e Virgilio nel girone precedente , a cagione del
troppo accostarsi che facevano le prostese auime degli avari alla par-
ÌBmfuor{h)» Dell' attenersi in camminando i .tre poeti a cotal lato ,
che H leva y tra gli espositori , quanto veggo , il solo Landino cercan-
done rasione y non sa trovarne che una troppo mistica , cioè che il lato
^ che si leva segnifica le virili •
lai laa laS .^faladetiij abborainandi — N'e* nuvoli Jòrmati j in-
tende i Centauri, perocché nati dal congresso d' Issione con unanuvo-
lii rappresentante la figura della dea Giunone (c).Ml Postill.Caet. dice:
Jbrmatifuerunt Centauri in nubibus ad dcnotandum velocilatem, N. E. —
che satolli Teseo combatter, che pieni di vino nelle nozze, alle qua-
li erano stati invitati , di Piritoo , tentarono di rapire a Piritoo la
sposa , ed ebbero perciò combattimento con Teseo , che prese le parti
m Piritoo (d) — co doppi petti , perchè avevano i Centauri petto d' uo-
mo , e petto di cavallo .
1^4 Ch'ai ber si mostrar molli . Narra la sacra storia (e) , che
volendo Gedeone seco contro de' Madianiti condurre dieci mila uomi-
ni, gir ordinò Id iio , che scegliesse , e soli coloro conducesse, che
bevendo al fonte Arad non si fossero inginocchiati per più agiata-
mente e largamente bere ; ma stando in piedi , e con la mano at-
tignendo acqua , bevuto awessero a poco a poco . Molli adunque al
ber vale quanto troppo accondiscenttenti alla voglia di bere, * Nò,
dice il Riagioli : ma dimostra 1' essersi adagiati a quel modo per be-
re più comodamente , e saziarsi . N. K.
iq5 ia6 Perchè no* i volle Gedeon compagni j per cagione della
qual mollezza Gedeone non li volle compagni , quando ec. Le edizio-
ni diverse dalla Nidobeatina leggono perchìi non ebbe Gedeon compa^
gni . Lascia però questa lezione adito ad intendere , che non avesse
Gedeone movendosi contro de' Madianiti compagno veruno ; lo che è
(a) Cinon. Partic, 73 a. (b) Purg. 9. {e) Vedi Nata! Conti MytK
\ìV S cap. iS (d) Lo stesso lib. 7 cap. 4 (t) Judic. 7
CANTO XXIV. 353
117 Si, accostati all'un de 'due TÌvagnì ,
Passammo udendo colpe della gola,
Seguite già da miseri guadagni .
i3o Poi, rallargati per la strada sola,
Ben mille passi e più ci portammo oltre ^
Contemplando ciascun , senza parola .
i33 Che andate pensando sì voi sol tre ?
Subita voce disse . Ond' io mi scossi ,
Come fan bestie spaventate e poltre •
falso. Volle in luogo di ebbe hanno pur trovato in otto mss. gli Accademi-
ci della Crusca : ma la forza sta nel nò i in vece del semplice non^
lo che è particolare della sola iNidobealina . '*' Così comentava il Lem*
bardi : ma a noi ha saputo così male quel /io* i , che piuttosto abbia-
mo addottata la variante del codice antaldiano , che ci sembra inve-*
ro bellissima . Il cod. Vat. sta colla comune; il Chigiano ha perchè non
v' eObe^ad ambedue poi leggono distese i co.'iì » iN.E.
iij S't accostali air un de* due vivagni» La ^idobeatina legge ad
un: ma conciossiachè abbia già menzionato il vivagno, o sia il Iato
della strada al quale oltrepassando queir albero si attennero , il lato
cioè che si leva (a) , torna meglio con segno aru colato leggere alt un
de* due, quasi cioè al già detto uno de* lUte . Vivagno ( chiosa il Vo-
cabolario della Crusca ) propriamente C estremità de* lati delia tela . Qa^
adunque per similitudine vale estremità, lato dplla strada,
I ig Seguite già da miseri guadagni . Tutti , quanto veggo , i co»
mentatori intendono seguite per cagionate, e si accordano a chiosar
col Landino , die i guadagni illeciti sono cagione de* peccati della gola*
Gli esempi però , che qui si accennano de* gastighi dati al vizio del*
la gola , abbastanza per se stessi dichiarano , che i medesimi inten-
dere si debbano i miseri guadagni , cioè le deplorabili conseguenze
di colai vhìo ; e che perciò seguite vaglia quanto seguitate . Il Volpi
altro non fa che chiosare guadagno misero per dannoso , senza spie-
garne se per cotale si abbin a intendere un effetto del vizio della
gola , ovvero , come gli altri espositori dicono , una causa •
i3o Hallargati, scostatici dal lato , presso del quale m^/i&//i cam-
minavano — sola per solitaria , come pe '1 medesimo signilìcato ado-
prnrono i Latini T aggettivo solus , a , um . Quum in locis solis mae"
stus errares (h) ,
i5i * Portar oltre , i codd. Vat. e Chig. N. E.
i5!2 Ciascun ( sottintendi di noi) considerando le cose vedute ed
udite.
i5.^ Sì voi sol tre , voi tre cosi soli •
i55 Poltre , Benvenuto da Imola (dice il Venturi) spiega poledre^
o giovenchelle , che sono delle già domate bestie piìi paurose , e più
facilmente si adombrano: Landino, \ellutello, Daniello, e Volpi
(^pongasi a capo di tutti il Buti , citato a questo passo dal ^ ocabo-
{a) Weis. i3o. (b) Cic. de DÌ9Ìnat* i.
T.2. Z
554 PURGATORIO
1 36 Drizzai la testa per veder chi fossi ;
E giammai noa si videro in fornace
Vetri o metalli si lucenti e rossi ,
iZq Com' io vidi un che dicea : s' a voi piace
Montare in su , qui si couTien dar volta ;
Quinci si va , chi vuole andar per pace .
s4^ L' aspetto suo m' avea la vista tolta ;
Perch' io mi volsi retro a' miei dottori ,
Gom' uom che va secondo eh' egli ascolta.
145 E quale annunziatrice degli albori y
larìo della Crusca , ed at^giungasi il Vocabolario stesso ) spiegano
pigre , sonnacchiose , poltrone . '*' HI cosi anche il Hiagioli . N. E.
1/ xVriosto ( dico io ) per non far torto a nissuno adopera poltro
in ambedue i significati : nel primo in que' versi del Furioso •
La bestia^ ch'era spaventosa e poltra ,
Senza gUiirJa»'si i pie ^ corse a traverso (a) :
liell^ altro in que' della Satira iv,
£ più mi piace dt posar le poltre
Membra » che di vantarle , eh* agli Sciti
V Sìtn state , agi* Indi^ agli Etiopi^ et oltre •
Ma sa non abbiamo negli antichi buoni scrittori Italiani altro
esempio dell' aggettivo poltro fuor che il presente di Dante , e ne
rimane peritai difetto dubbioso il di lui significato, abbiamo però
ne' medesimi antichi buoni st^rittori varj esempj del diminutivo poi-
truccio y e tali , che non ci lasciano punto dubitare del vero unico
di lui significato di pohuirurrio . ^ell antica vita di Gesù Cristo leg-
giamo, che comandò il medesimo a'Oiscepoli , che gli menassono C lisina
e il poltrttccioy eh* erano legriti ec, ( veg<;asi questo ed altri esempj
nel \ocaboiario della Cinisca alla vore poltruccio ) • Puossi egli dubi-
tare , che r asina e U poltruccio non corrispondano all' asinam et pitllitm
del A angelo di S, Matteo (b) ? E se poltruccio vale polcdruccio , dubi-
tiircm noi, che /;o//nt? non vaglia lo stesso che poledre , massime ve-
dendo noi il buon accordo, che in questo scuso fa con spaxf culate ?
i'^6 tossi y antitesi in grazia della rima, yierfosae,
i/p Quinci si va : si accompagna al verbo i'a la particella si per
semplice ornamento (e) , e però quinci si va suopa qui lo stesso che
di quo va ,
i\i i'olta , intendi , pe '/ troppo lume .
i/p ì\\ 1/1 volsi retro a miei dottori y legj^e la Nidobeatina meglio,
che mi volsi indietro V altre edizioni : * e il cod. A at. N. E. Tnipero-
chè la M(l(>he;itina lezione meglio esprime ciò che vuol qui Dante
fiignificare , cioè , che non potendo egli sofl'rire pe '1 troppo lume
deir angelo di camminar di paro co' due compagni , si rivolse e si
mise loro dietro,, dirigendosi nel cammino, non colla vista, eh' era
{a) Caat. xxii Si 90. (J>) Gap. 11. (e) V«<li il Cinoo. Partic* 929 3i
CANTOXXIV. 555
L' aura di maggio muovesi , ed olezza
Tutta impregnata dall' erba e da' fiori ;
l48 Tal mi senti' un vent^ dar per mezza
La fronte ; e ben senti' muover la piuma y
Che fé sentir d' ambrosia 1' orezza «
l5i E senti' dir: beati , cui alluma
Tanto di grazia » che 1' amor del gusto
Nel p^tto lor troppo disir non fuma ^
Esuriendo sempre quanto è giusto^
abbarbagliata , ma coli' udito , coli' adire a parlarci i compagni ai
quali s' era messo retro .
t/|6 Olezza t reodc ottimo odore, perchè co mn^ove quell'aura )t
nuove erbe e iiori . J. andino.
i49 ^ piuma , r ala dell' Angelo , che ventavagli in fronte ; co-
me già espressamente narra Dante stesso avergli fatto 1' angelo nel
passare dal terzo al quarto girone (a) .
i5o D* ambrosia f orezza . Orezza , spiega il Vocabolario della Cru-
sca , piccola atira , venticello : qui però a* ambrosia V orezza dovrebbe
valer quanto ff/i cfjUm delC ambrosia , o lo spirar delT ambrosia . Tratto
( avverte ottimamente il Landino) dal primo di \irgilio; quando fin-
ge che \ enere nel partir da Enea spargesse grande odore ; onde dice:
Zémbrosiae comae divinum vertice odorem spiravere (6).
i5i Cui jSer quelli che y come i Latini adoprarono il pronome ^iit
al senso d' ini qui — » alluma > illumina •
i5i V amor del gusto ^ V inclinazione al mangiare e bere.
i53 Troppo disir non fuma y non dà nel troppo.
i54 Esuriendo per appetendo — quanto e giusto , quanto è bisogne-
vole per sostentare la vita , e non per dilettare il palato .
*< m
(a) Parg. kkii. 6^ e seg. (li) Aencid. U l^oj.
finf 4^1 conte v§nt$sim9quarÌ0 .
Z 9
556
CANTO XXV.
ARGOMENTO (♦)
Essindo DauU salito su f uUimq girone , irova che ntl fuoco si purga
il peccato dèlia carne . Da Stàzio , e da Firgilio gli sono dichiarati
alcuni dubbi : e si ricordano alcuni esem^j di castità -
1 xjvsi era onde *\ salir non volea stptpio ,
Che ^'l Sole aveva il cerchio di merigge
Lasciato al Tauro , e la notte allo Scorpio •
I Onde vale qu\ nella quale (a) — i7 salir non volea storpio , non
ammetteva indugio * impedimentum come nota alla parola storpio il
Fosti LL. Cass. N. E. Del sustantivo storpio e stroppio per indugio ^ o
impedimento sono troupi, e troppo belli , gli esem pj, che a questo di
Dante unisce il Vocab. della Cr. di Gio. A Ulani , e del Hetrarca > per
non lasciarne piacere di piii quelP altra spiegazione di non so cni ,
che riferisce il Venturi ; eh' era F ora sì tarda , che non ci voleva
uno stòrpio delle gambe a salir là con quella /retta , e prestezza che
richitdevasi .
a 3 Che il Sole aveva ec. Supponendo Dante fatto questo suo viaggio
nel principio di aprile (b) , nel qual tempo trovasi il Sole ne' primi
gradi d' Ariete; in luogo di dirci che era gii trascorso pe'l meridiano
circolo tutto il segno di ariete , e che per conseguenza era passato
il mezzogiorno di circa due ore (e) , dice che il Sole aveva lasciato
occupare esso meridiano , segno ad Ariete consecutivo : E come del
pari suppone stanziar la notte nel segno opposto a quello in cui
abita il Sole(d), e che perciò fosse allora in Libra, v'aggiunge eh'
essa notte pure col segno suo di Libra oltrepassato avesse il meri-
diano medesimo dalla parte sua, ed avesselo lasciato occupare dal-
lo Scorpione, segno alla Libra seguace. Tauro, e Scorpio al modo
Latino per Toro, e Scorpione — a\'ea lo cerchio, hanno 1* edizioni se-
guaci di quella della Crusca. * Aveva al cerchio di merigge lasciato
il tauro . Il cod. Chig. N. E.
(*) Argomento metrico del celebre Gaspare Gozxi .
Come sì può far magro ove dob sia
Uopo di cibo , Dante chiede , e Stazio
Gli solve il dubbio mentre sono in via.
Poi trovan &amma nell' ultimo spaxio ,
Cbe quivi ardendo quel peccato monda ,
Ond' hanno 1' alme salta terra strazio ,
Se mal volere Venere asseconda .
(a) Vedi Cinon. P.iriic, 192 6 e segg. (b) Vedi tra gli altri luoghi Inf.
%%, 128 (e) Impiegando il zodiaco nel trascorrere tutto per un punto fisso
ore 24. v' impiega conseguentemente nel trascorso di ciascuno de' suoi dodici
segni ore 2. (d) Vedi Purg.
e A N T O XXV* 357
4 Perchè come fa V uom che non s^* affigge »
Ma vassi alla via sua , checché gli appaja ^
Se di bisogno stimolo il trafìgge ; ;
7 Così entrammo noi per la callaja., ^ s
Uno innanzi altro , prendendo lascila
Che per artezza i salitor dispaja . . ^ •
IO £ quale il cicognin che leva V ala
Per voglia di volare , e non s' attenta
D' abbandonar lo nido 5 e giù la cala ;
i3 Tal' era io , con voglia accesa e spenta
Di dimandar , venendo infino all' atto
Che fa colui eh' a dicer s' argomenta .
16 Non lasciò 9 per 1' andar che fosse ratto ,
Lo dolce padre mio , ma disse : scocca
L' arco del dir , eh 'nfino al ferro hai tratto •
456 Perchè come ec. Cofitriizione . Perchè 9 come fa Vuom , se sii'-
molo di bisogno il trafigge, quando ha premura, che non ^^ affigge ^
non si ferma ma vassi alla sua via y chechè gli appaja , .qualunque cosa
gli si presenti .
7 Calla ja, valico, passo (^ chiosa il Vocab. della Or.), è auella
apertura che si fa nelle siepi per potere entrare nei campi : qui per
1 apertura nel sasso , entro a cui era )a scala > che conduceva al gi-
rone di sopra.
9 Per artezza i salitor dispaja , yer cagione di sua strettezza ob-
bligando i salitorì ad andar su ad uno ad uno, o sia un dopo T
altro . * Ertezza . i cod. Vat. Autald* o Chig. N E.
IO II 12 Cicognino appella la cicogna di nido; e pone questa
spezie d' uccello pe '1 genere ; proprio essendo di tutti gh uccelli di
nido, allorché son pennuti , di far quell* atto che dice Dante del ci-
cognino , cioè di tentare i* aria colie ali , e di abbassarle .
f5 i4 i5 Tal era io con ec. Entrano in questo parlare la ellissi e la
sinchisi!, e dee intendersi come se detto fosse ì Tal era io, ora con
voglia accesa di. dimamlar, venendo, infino alt aito, che Ja colui', che
s* argonienha dicer (.infino cioè a ' quell incominciar a muover le lab-
bra, che fa colui che si dispone a dire ) (a) , ed ora con voglia spenr
ta, deposta intendi; per timore di nan riuscire nojoso. ^ f^oce in-
vece (U iH)^ia ha il cod. Chig. N. £•
16 17 ^l8 Npn lasciò ec. Altra siuchisi , di cui la costruzione : per
ratto che fosse T andare ( pe '1 quantunque veloce andare) lo dolce p€^
dre, Tirgilio , non lasciò , intendi di tùre-^ scocca P arco, del tiir^c^.,
(a) Dicere per dire adoprata dagli antichi Tosctai anche io prosa .veTilo*
nel Vocab. della Cr. ■.. . . . ,, . fi'
S$Ì PURGATORIO
ì 9 AUor sienramente aprii la bocca ,
E cominciai : come si può far magro
Là , dove l'uopo di notrir non tocca ?
22 Se t' ammentassi come Meleagro
Si consumò al consumar d' un tizzo ^
Non fora ^ disse , a te questo s\ agro «
sS E se pensassi come al vostro guizzo
Guizza dentro allo specchio vostra, image ^
Ciò che par duro ti parriebbe vizzo .
d\ par liberamente rì^ cbe all' atto che fai inostrl di aver salla puntA
della lingua . T/ allegoria è tratta dalla balestra , in cui quando si ca-
rica , ronvien fermare la corda a quel puntino di ferro , cbe comu-
nemente si dimandi il grilletto ; o dall' arco semplice , del quale la
corda su rui è incoccato lo strale, tanto si tira, finché quasi le due
punte di ferro dell' arco si tocchino tra di loro , e combacino . A iw-
TWRi . A me però sembra deciso , che pc '1 ferro , nò 'l (p^lletto della
balestra, o le punte ^deir arco s' abbiano a intrudere, ma lo strale
medesimo ; a cui di fitto , quanto piii V arco si tende , tanto colle
sue estremiti^ pih gli si avvicina ; ed allora h la maggior tensione quan-
do 1* estremità dell' arco sono tiVate fino a torcar lo strale *
ao ori Còme si puh far magr^- éc. Come nelle anime, cAe per
nlafntenersi non abbisognano di- nutrimento , essendo spiritnfeU, può
aver luogo fame, e magrezza ?*/)«/ «o^rrr , il rod. Chig. N.E.
22 a3 'xf\ Se t* amnienf assi' cornei ec.^Dixse, rispose Virgilio, .?<» f
ammentassi ( allo significato di rammentassi , come allo stesso signi-
ficato si adoperano comunemente pacificare , e rannacificare , spar-
miare o risnnrmiare ec. ) {a) come Meleagro ec, ft favola di Melea-
gro figlio di Eneo Pe di Talidonia , che le Fate nascendo Meleagro
ordinarono , che la vita di lui durasse tanto quanto durasse un le-
gno posto da esse ad ardere nel fuoco; e che la di lui Madre Altea,
dòpo di avere levalo dal fuoco, e smorzato quel tizzo per salvare la
▼ita del figlio , finalmente arrabbiata per aver Meleagro uccisi due suoi
*ii , e di lei fratelli , rimiselo ad ardere. Vuole adunque Virgilio con
tale esempio fare a Dante capire che, come si consumava Meleagro,
non per mancanza di nutrimento, ma per la potente ordinazione
delle Fate , cosi per 1* onnipotente divina ordinazione può ivi essere
fame e magrezza dove non ^ bisogno di nutrimento,^— a le questo
la ^'idob. , ouesto a te V altre edifcieni . * e i cod. Vat. e €hif . N. E.
•— sì aprro , cioè s\ malagevole , che tn noi vedessi come sia possibile •
ì^tSl {b) . . ' ;
q5 26 27 E se pensassi ec. Previene , ed accenna ci^ che a di-
lucidazione del quesito proposto è per fame dire da Stasio t*. 88. e
^^%%'y <^he l'anima separata dal terrestre corpo imprime , per la wr-
tu tnfoìTttativa di cui e dotata , immagine di corpo umane ^elF aria
■ji ■ i»i II , I ■
ffi) Lo stesso ammeniare per rammtntart «dopora Dante anche nel xiv
56 della presente cantica . (b) Citato atl Vocab. della Cr. lUa^Voct ngro { 4-
e A N T O X X V. 359
28 Ma perchè dentro a tuo voler t' adage i
Ecco qui Stazio ; ed io lui chiamo , e pregp
Che sia or sanator delle tue piage •
3i Se la veduta etema gli dislego ^
Rispose Stazio , là dove tu sie ,
Discolpi me non potert' io far niego •
a se
altri
* vicina; e che qaesta immn^ine si figura secondo li des)ri y egli
i affètti della istess' anima ; Tassi cioè ridente , se J* anima è alle-
gra; lagrirannte , se 1' anima è afflitta ; magra se l'anima iia desiderio
di cibo ec. E come ciò ha similitudine culla immagine che l* oggetto
uroduce nello specchio , modiHraudosi 1* immagine istessamente cgme
1* oggetto si modifica , però dice , che se pensasse come ài gtiizzo
( ali* agitarsi, al muoversi } nostro , guizza istessamente nostra imma-
gine nello specchio , parrebbegli allora iùzzo , molle ( perjacile a pe^
netrarsi colC intendimento ) ciò che ora par duro . Image adopera alla
Francese per immagine .
'iS Perchè dentro a tuo voler V adage , affinchè ti accomodi e
acquieti nel desiderio tuo . Adage per adagi , da adagiare , antitesi in
grazia della rima • * Al tuo , il Cod. Chig. N. E.
19 3o liceo qui Stazio ec. Finge Dante che Virgilio conosca essere
il trattato della creazione ed infusione delle anime ragionevoli oell'
uman corpo , e della condizione loro nello stato di separazione dal
medesimo, negozio piuttosto di un cristiano, come della vera fede
illuminato, che di uo gentile, qual era egli; e però sostituisce a tal
uopo Stazio .11 VosTiL. Cast, dice : quia habuit Virgilius opinionem Pla^
ionis , qui dicebat quod animae erant infusae a caelo et redibant in
astra quod est erroneitm apud Jidem . N. E. — sanator delle tue pia»
gè, per piaghe , o^ licenza in grazia della rima, o forse per uso in
allora di pronunziarsi e piaghe, e piage ^ come in oggi diciamo in-
differentemente astrologi , ed astrologhi . * 3Iie piaghe , il cod. vat. N. £•
Zi Se la veduta eterna ec. leggono con la Nidob. più di una tren-
tina di niss. veduti dagli Accademici della Or. ( il Cod. Cass. ed il
Cast. ) se la vendetta eterna leggono 1' altre edizioni . A me piace meglio
la prima lezione , e chioso : se ^ dislego , se ^li dìsciolgo , gli spie-
go , la veduta eterna , ciò che si vede in qu esti luoghi eterni . Il ter-
mine di veduta , per ciò che si vede , V adopera Dante anche Inf. xvii-
ii3 e segg.
• e vidi fpenta
Qgni veduta , fuor che (fella fiera .
E V affgiunt ^ di etemo alla veduta eziandio del Purgatorio , perocché
essendo esso pure dalle vicende del tempo, ed .appartenente in ^utto
air eterna vita , non pare disdicevole . V altra lezione aU* incontro, di
vendetta etema meglio all' Inferno che ai Pucgajtorio si conlarebbe «
3a Sie per sii f adoprato da altri autori anche fuor di rima. Vedi
Mastrofìni Teoria e Prospetto Je* Fefifi Italiani (a)
33 Non potere io , dice in vece di il non. potert^ io , secondo il Te- 1
scano costume di omettere talvolta V articolo — Jar niego per negare* j
(a) Sotio il vtibo iSHr^ a. 19. «
3tìo' Purgatorio
54 l^oì cominciò : se le parole mie ,
Figlio , la mente tua guarda e ricevfJ f
Lume ti fieno al come che tu d\e .
37 Sangue perfetto , che mai non si beve
Dall' assetate vene , e si rimane
Quasi alimento che di mensa leve ,
4p Prende nel cuore a tutte membra umane
Virtute informativa, come quello
Ch' a farsi quelle per le Vene vane .
. 4^ Ancor , digesto scende ov^ è più bello
Tacer che dire; e quindi poscia geme
Sovr^ altrui sangue in naturai vasello •
• 4^ T^ì ^' accoglie r uno e Y altro insieme ,
Cos\ dicpsi mettersi al nef^o per disporsi m hegare canto xvti. A\ questa
cantica al v. 60. Volpi . T a frase medesima adoprata anche da altri
scrittori vedila nel Vocab. della Cr.
36 /iì come , che tu die , al come si puh fnr maf^ro ec. (n) , che tu
dici . D)e per dì ; dici , pnragoge Toscana , come sic per si' . Vedi le
annotazioni dei reputati alla correzion del laccacelo giorn. 3. nov. 9.
37 al 4^ Sarìf^ie perfetto ec. »Sinrhisi , di coi parrni la costruzione
ed il senso. Porzione la più puf a del sangue che, come quella, che
per le vene ne va , ne scorre , a solo fine di prepararsi n formare per
generazione 1* uman corpo , non si beve perciò mai dnlle quantunque
bibaci vene , ma si lascia sempre residua ( come quella vivanda , che
residua dopo il pasto dalla mensa tu levi) passando per entro al cuo-
fe prende in esso virtii informativa Ce. , cioè forza a potef formare
futte le umane membra . ^ Sicut otnim n eallina dice il Vostil. Caet.
N. E. — 7^ si rimane le(;ge la Nidob. ed altre antiche edizioni ; e ma-
lamente l'edizione della Crusca, e le moderne di quella seguaci vi
omettono la copulativa; senza della quale non si capisce che sia que-
sta, come la è di fatto, una mera interiezione .— Atfv per levi ^ an-
titesi in grazia della rima . * Il cod. Antald. ha Che poi non si bei*e^
e che fra tu* quello per le vene vane: N. E.
43 44 4^ y^ncor dee in questo luogo valere quanto di piii , i/io/-
tre, ec. (b) * oppure ancor piit digerito, smaltito tw* altra volta y e
pero fatto piit perfetto, come vuole il Biagioli . N. E. — diposto, di-
gerito, appurato — scende ov* è piit hello ec. , scende negli ultimi vasi
spermatici , da non nominarsi modestamente col nome volgare. Yen-
tubi . * ^*oi lo diremo in latino insieme col fostiLL. Caét. Descen-
dit ad vasa seminalia scilicet ad testiculos . N. E. — altrui sangue , cioè
della femmina. Vr.>'TtJiii . — in naturai vasello, ncU'utero . Venturi •
* SciUcet matricis , il Fostill. ('a et. N. E.
(a) Ver*© ao e seg. (h) Vedi Cina*. Partici t5 7.
CÀNtOXXV. 36i
L' un disposto a patire , e 1' altro a fare
Per lo perfetto luogo onde si preme ;
4^ £ 9 giunto lui , comincia ad operare y
Coagulando prima , e poi avviva
Ciò che per sua materia fé' constare .
52 Anima fatta la virtute attiva ,
47 L* un disposto a patire ec. Ti sangue della madre atto di nata*
ra sua a ricevere come materia ciò che ne faccia il sangue paterno
attivo e spiritoso. Ventoki. Patire per ricevere impressione, è termi-
ne delle scuole.
48 Per lo perfetto ec. Ti Yellutello e 11 Venturi chiosano , che per
cotale perfeìio luof^o intenda Dante il materno utero ; e che V onde
si preme vaglia dal quale è stretto e serrato . Diversamente il 1. andi-
no e il Daniello , intendendo che onde si preme significhi lo stesso
che onde si spreme , vogliono che pe '1 perfetto luogo debbasi capire
l'uomo , il maschio , perocché della femmina più perfetto e attivo, io
per me piuttosto mi eleggerei di credere , cne in grazia della rima
adopeii Dante il semplice pe '1 composto , premere per imprimere ;
e che riaccennando la detta virtù informativa , che dal cuor riceve
il maschjl seme , dica Per lo perfetto luogo , onde si preme , in vece
di dire : Per la perfezion del cuore , onde 5' imprime , da cui riceve
impressione. Pare clie a questo senso favoriscano i i^. 58 e segg.
Or si piega , figliuolo 1 or si distende
La virtù , eh* è dai cuor del generante ,
Dove natura a tutte membra intende •
* Ti PosTiLL. Cass. su la paroìSL perfecto loco nota scilicet corde i
onde vien confermato il sentimento nel nostro P, L. N. E.
49 E giunto lui , e congiunto il paterno al materno sangue .
50 jivviva la Nidoh. , ravviva l'altre edizioni , * e il Cod. Vat. N.E.
5i Per sua materia , per far servire di materia alla sua virtÌA in-^
Jbrrnativa — Je constare légge la ^idob. non solamente, ma parecchi
testi ancora veduti dagli Accademici della Cr. ( * e il cod. Stnard.
N. E. ) , e inteso constare al proprio ed etimologico senso che dassi
al latino constare, eh* è di simul stare (a), varrà yè constare ugual-
mente che foce coagulare; come nel precedente verso ha «letto che
opera esso maschile sangue sopra quello della femmina . * Ti Postili.
C'aet. Tìotsi Jtrmum stare sopra la parola constare. N. E. — Fé gesta-
re , air opposto che leggono tutte le altre edizioni , non vejjgo aual
buon senso possa avere : e se non malamente si adoperano il A ellu-
tcllo ed il \enluri ad istiracchiainelo al senso d'i Jf*re adunarsi, o
J('ce disporsi, diente piii plausibilmente il 'N ocab. della Cr. alla spie-
gazione che dà al verbo gestare ( verbo latino . Portare , condurre )
soggiunge in prova questo malomente; trascritto passo di Dante. ^ Gu"
stare hanno i codd. Vat. e Chìg. ^.E.
52 55 54 y^nima fatta ec. La virtù attiva e spiritosa del sangue
paterno, diventata e fatta già anima vegetativa. Segue Dante la sen-
tenza di alcuni Aristotelici circa la successione delle anime nella fo^-
(a) Constare , simul stare ; Kob* Stoph. Tkestar. ling. Lat. ' '
3fo PURGATORIO
Qual d' UDa pianta » in Unto differente
Che quest' è 'n via , e quella è già a riva p
55 Tanto ovra poi , che già si muove e sente
Come fungo marino : ed indi imprende
Ad organar le posse ond' è semente .
inazione dell' uomo . IVofiy enim simuì animai fìt et homo , disse Ari-
stotele nel lib. 3 de ffenerat. cap. 5. La qual sentenza, se mette, < o-
me fa Dante, che l' istess'anima vegetativa diventi sensitiva con acqui-
stare in se questa perfezione : come il lucido divien pìii lucido , e
il caldo più caldo : non è sentenza probabile , e la rigetta vigorosamea*
te ^* Tommaso i p. q. 1 18 art. 'i ad a. Se poi vuole che nel feto sia pri-
ma Tanima vegetativa , la qual finisca d'essere al nrodursi l'anima sensi-
^va , e finisca questa ancora al prodursi deirintellettiva , cosi è sentea*
sa probabile e assai comune tra i Tomisti ; benché molti gravi dottori ,
eziandio della scuola peripatetica , la rifiutino , voli^ndo che il feto urna-
fio non sia mai animato da altr' anima che dal T intellettiva» Venturi.'
l^a dottrina dì S. Tommaso nel citato luogo è : nicendum est
auod anima praeexislit in emhryone; a principio quidem nutritiva , po^
stmodum autem sensitiva , et tandem inteìlectiva . Dicunt ergo quidam »
auod supra animam vegetabilem , quae primo inerat , stiper>enit alia ani'-
mn , quae est sensitiva : supra illam iterum alia , qiuie est inVillectiva •
Et sic sunt in homine tres animae ^ quorum una est in potcntia ad
aliam : quod supra improbatum est . Et ideo alii dicunt , quod illn ea*
dem anima quae primo fuit vegetativa tantum , postmodum per actionem
virtutis , quae est in semine , perducitur ad hoc , ut ipsa cadem fiat in-
tellectiva : non quidem per virtutem arttvam seminis , sed per virtutem
superioris agentis , scilicet Dei , de Jbris iUustrantis . Et prjpter hoc di-
cit Philosophus quod intellectus venit ab extrinseco . Sed hoc stare non
potest ec.
Dante non dice né che l'anima intellettiva siala sensitiva stes-
sa innalzata a cotal ^rado , né che sìeno nell'uomo tre anime , ma di*
ce anzi essere V anima intellettiva
Spìrito nuovo di virtù repUtp ,
Che ciò che trova attivo , quivi tira
In sua sustanzia , e fassi un' alma sola fa).
In tanto differente , in onesto solamente diversa , dall' in hoc tantum
de* Latini — Che questa , i* anima vegetativa dell'uman feto — è in vìa ,
4ende ad inno! trarsi e divenire sensitiva — e quella , l'anima vegeta-
tiva della pianta — è già a riva, e già al termine fli sua perfezione.
55 56 37 Tanto ovra poi , tanto poi la stessa virlute attiva segui-
ta ad operare — che già si muove e sente, che, già divenuta anima sen-
sitiva , moto ottiene e senso , cioè facoltà di risentirsi essendo tocca-
ta — Come /tingo marino. Questi funghi, o spugne che stanno attac-
cate alli scogli, si stimano animate a un' anima più che vegetativa:
perché si slargano , si stringono , e danno altri segni da giudicarli
più che le piante ; e però si chiamano plantanimalin , o zoofiti . Vzn-
Tuai . — ed indi y ed in seguito , legge la Nidob. meglio che non leg-
gono ed ivi l'altre ediz. — imprende, sì mette airimprcsa , all'opera. —
(a) Vtito 71 • tegg. del prtitote canto .
CANTO XXV. 365
&8 Or si spiega , figliuolo , or si distende
La virtù , eh' è dal cuor del generante
Dove natura a tutte membra intende •
61 Ma come d' animai divenga fante ,
Non vedi tu ancor : qùest' è tal punto
Che più savio di te già fece errante
64 Sì , che , per sua dottrina , fé' disgiunto
Dall' anima il possibile intelletto ,
Perchè da lui non vide organo assunto •
^d organar le posse ^ vniTè semente. Intendendo nelle parti del teme
paterno varie particolari yitiii a foilnare quale 1' uno , e quale l'altr^
organo dell' uman corpo, fa che, dopo animata di anima sensitiva
tutta la informe massa dell* embrione , si applichi ciascuna ad orgn^
nar le posse , a pfovedere le potenze dell* uomo , visiva , uditiva ec.
de' respettivi orgaili , ond^ è semente , dei quali ciascuna parte del se-
me è produttrice. Una est radix et origo , dice il Postili.. Cait. N. £•
58 Or si spiega , così , oltre la Nidob. , leggono e spiegano il
Tondino e il '^'ellutello . Si spiega , cioè si dis^ide in di\*erse parti la
virili , la quale e unita in se : Chiosa il Landino . Ora spallarm et apre :
chiosa il Velhitello. Si piega y ohe leggono in vece l'edizioni segua-
ci di quella della Crusca, non pare che della virtii generativa sia oen
detto — si distende , spiegata vie più si dilata ,
59 60 Ch*è dal cuor ec. ^ perocché y come ha detto di sopra, pren-
de il sangue nel cuore vi rtute informativa a tutte membra unume -^ do^
ve , nel quale , relativo a cuore .
61 D* animai y di animato d'anima sensitiva — fante adopera qu\
pure al senso che adoperalo nell'xi. di questa cantica v, €6^ per uo-
mo y dal Lntiiio /an' , parlare, eh' è proprio del solo uomo: eci, oltre
a questa propnetà , essendo il parlare una manifestazione dell'interno
ragionare , può anche per questo riguardo prendersi il parlare per la
stessa ragione, e òxr^ fante in vece di ragionevole.
63 al 66 Piìi savio di te ec. Averroe comentator d'Aristotele, di
cui parlando Scoto : Commentator y dice, 3 de anima ponit intellectum
possiti lem esse suhstantinm separatam -(a) . Possibile intelletto significa-
va nppo i Scolastici la facoltii d'intendere; imperocché, all'intellet-
to cn essi nomavano agente , cotale facoltà non attribuivano : Nullus
intellectus intelligit (dice il medesimo Scoto {b)) nifi intellectus possi"
hilis y quia agens non intelligit : altro cioè non era l' officio dell'intel-
letto agente , che di formare traendo dalle materiali le spirituali spe-
cie, colle quali movesse l'intelletto possibile all' intendin^ento : e per
ietto y perocché, vuole, che nelV uomo non sia proprio e pariicidar^
(a) In 4 dÌ5t.iiS qu.2. {b) ìwi qu. i. (e) Passibile in vcct di possibi-
U legge il Vcllutello . (d) Passibili^ ot passiyus dica Scoto nel pxecit. laogo*
364 PURGATORIO
67 Apri alla verità , che viene ^ il petto ;
E sappi che , si tosto come al feto
L' articolar del cerebro è perfetto ,
70 Lo motor primo a lui si volge lieto y
Sovra tanta arte di natura , e spira
Spirito nuovo di virtù repleto ,
73 Che ciò che truova attivo quivi , tira
In sua sustanzia , e fassi un' alma sola 9
Che vive e sente e se in se rigira .
inielletio , ma che sia un iìOeUmUo universale estrinseco , il quale / in"
fonda in tutti gli uomini , non aUrimenti che /accia il Sole per tutte
le parti del mondo, passa a dichiarare che chiamasi questo intelletto
possìbile , per essere in potenza <f infondersi in tutte le nature diverse
degli uomini, ed operare in essi la virtù òua. Ma ciò potrebbe accor-
darsi quando solo Averroe , eh' era in cotale falsa credenza , cosi ap-
pellato lo avesse, e non tutti unitamente gli Scolastici, anche i piii
•avj . — Perchè da lui ru)n vide organo assunto :. perchè non vide che
l'intelletto per intendere si adoprasse venin organo corporeo , sic-
come fa r anima sensitiva , che per vedere , esempigrazia , adopera
r occhio , per udire 1* orecchio ec. Assunto adunque vai quanto aS'
sunto aie operazione sua .
67 .ipri alla verità ec. : ricevi la verità che ora ti si fa palese •
Aprire il petto alla verità , detto colla stessa ragione che dicesi la ve-
rità insinuarsi , che letteralmente vale introdursi nel seno . * Apri la
verità che viene al petto , il cod. Vat. N. E.
68 /^ eto , per embrione nell* utero. Volk .
(ìy L* articolar del cembro , per f articolazione del cerebro , cioè
per la struttura de' suoi orgaui .
70 7 1 yi Lo motor primo , Iddio — a lui si volge lieto , al feto
cosi perfezionato ris^uardando si compiace ; secondo quel vidit Deus
quia bonum est , del Genesi (a) , o quel laetabitur Dominus in operi-
bus suis , del Salmo (b) . Il Daniello per a lui intende al cerebro , e
per la tant* arte di natura intende quella usata da lei in formar in
quel feto il cerebro . Se però dee intendersi , che in quel medesimo
a cui Iddio si volge , infoude i7 niwvo , il novellamente creato, spi-
rito , infondendosi questo uon nel solo cerebro , ma , coni' è sentenza
a tutti gli scoi stici comune , in tutto il feto , a tutto esso feto con-
viene intendere che Iddio lieto si volga — spira per inspira , infon^
de -^ repleto , ripieno , in rima: è voce Latina. Volpi.
75 74 75 Che ciò, che truova attivo quivi , che l'anima sensitiva,
che ivi ritrova — tira in sua sustanzia , unisce a se . Vedi la nota al
ir. 53 , e segg. — vive per vegeta — se in se rigira , rivolge se sopra
se medesima ,* cioè riflette sopra 1' azioni sue . Pone il Poeta il ritlet-
lere per l'intendere, la specie pe'l genere.
ia) Gap. I (b) io3.
e A N T 0 XXV. 365
76 E , perchè meno ammiri la parola ,
Guarda 1 calor del Sol , che si fa Tino
' Giunto air umor che dalla vite cola •
79 Quando Lachèsi non ha più del lino 9
Solvesi dalla carne , ed in virtute
Seco ne porta e V umano e 1 divino .
82 L' altre potenzie tutte quasi mute ;
Memoria , intelligenzia , e volontade ,
In atto 9 molto più che prima , acute .
85 Senza restarsi , per se stessa cade
Mirabilmente all' una delle rive ;
76 La parola per le parole , i7 parlar , che ti faccio .
nn 78 Guarda il calor ec. Siccome il calor dei Soie giùnto^ uni-
to , all' umore acqueo delle vite lo trasmuta in vino , così 7 vuole Sta-
zio inferire ) il novello spirito da Dio creato ed unito ali anima sen-
sitiva , trasmutalfi in anima ragionevole; eh' è una cosa diversa e dal
puro spirito , e dair anima sensitiva ; come è diverso il vino e dal
calor del Sole , e dall' umor acqueo della vite .
gg Quando Lachèsi non ha più del lino , cosi la Nidob. , E quem-
do Lachesis non ha più lina V atre edizioni, '^ e il cod. Chig. N.E. —
Lachèsi una delle tre Parche, quella a cui , com' è detto al xxi i». ^5
di questa cantica, quando ciascun uomo nasce, impone la sorella do-
to su la rocca quel pennecchio , durante la filatura del qu Je durar
dee la vita di quell'uomo. Quando adunque Lachèsi nonna piii del
lino su la rocca , allora V uomo muore .
80 al 84 Sohesi ec. Costruzione. Solvesi y sciogliesi la detta idma
dalla carne , e seco in s^iriute ne porta e il ilivino , e F umano . Me-
moria , intelligentia , e volontade , in aito acute molto pili che prima :
r altre potenzie tutte quasi mute. E vuol dire, che 1* anima separata
dal corpo ritiene in sua virtù tutte le potenze dell'uomo, tanto le
spirituali che pose Iddio in lei , quanto le corporee , eh' ella unen-
dosi al corpo tirò in stui sustanzia [a) . Col divario però che le spi-
rituali, memoria, intelletto, e volontà, le adopera attualmente, ed
anzi meglio che prima , quando albergava nel corpo ; Taltre potenze
poi , visiva , uditiva ec. , le ritiene bensì, ma quasi nutte^ cioè a gui-
sa di muto , che per mancanza d' organo non può esercitare la po-
tenza che ha di parlare. Tutte quante mute leggono T edizioni diver-
se dalla ^idob. '*^e il Cod. Vat. e il Chig. e T Antald. IN. K.
85 86 Senza restarsi , la detta anima sciolta dalla carne , per se
stessa mirabilmente , per interno impulso , cade , scende alPuna delle
rive , cioè o alla riva d' Acheronte , dove ha detto (b) che conven-
gono d' ogni paese tutti quelli che rauojono nell' ira di Dio ; o alla
riva del mare , dove t acqua di Tevere s* inseda , dove ha detto (e) ,
(a) Vtrio 73 e seg. (fi) inL ili 122 e segg. (e) Parg. il iqo e segg.
ZC6 PURGATORIA
Quivi conosce prima le sue strade «
88 Tosto che luogo 1\ la circonscrive ,
La virtù informativa raggia intomo
Così e quanto nelle membra vive •
91 £ come V aere , quand^ è ben piorno ,
Per r altrui raggio che 'n se si riflette x
Di diversi color si mostra adorno ;
Q^ Cosi r aer yicìn quivi si mette
In quella forma y che in lui suggella
Virtualmente V alma che ristette •
97 E simigliante poi alla fiammella ^
che si raccoglie quid verso ^ Acheronte non si cala , chi cioè non t«
ali* Inferno .
87 Quivi conosce prima ec. Dalla ripa a cui si trova preconosce
ella le strade che dee battere esternamente ; se quelle del Purgatorio
e del Paradiso , o quelle dell' Inferno .
88 Tosto che luogo lì ec. Subitamente che T anima si trova ad
una di quelle rive , in altro luo^o fuori dell' uman corpo collocata .
Là in vece di ti leggono 1' edizioni diverse dalla Nidob^ , ma la vi-
cinanza dell' altro la ne dee far preferire la lezione Nidobeatina : 7b-
sto che luogo h la circonscrive .
89 Aa virtli informativa , legge la Nidob. qu\ come nel v. ^i ^ le
allre edizioni nel v. 4i leggono injbmiativa , e qui JbrnuUiva ^-' nzg^
già intorno , spande la sua attività nel vicino aere .
90 Così , e quanto ec, ; nello stesso modo , e coli* istes5a forza
che adoprava nelle membra dell' uman corpo .
01 Piorno per pieno di piova, pieno d* acqua , piovoso. Vedi il
Vocabolario delia Cr. ^ Plenus vaporibus spiega più esattamente il Po-
5TIL. Las. N, e.
9^ Per P altrui raggio , del Sole , che in se si riflette > che in es-
so percuotendo rimbalza.
o3 Di diversi color ec, come nell* Iride , o nello Alone . * Divenu-
ta adorno in vece di si mostra adomo legge il Cod. Caet. e il Vat. ,
non meno che il Can. Dionisi . N. E.
96 Suggella^ imprime.
96 f^irtufdmente ; cioè non perchè abbia l'anima in se colai forma
e stampila neU*aria, come il sigillo stampa la figura che ha nella
cera; ma perchè ha virtù di così l'aria disporre, — che ristette y
che lial corpo separata ivi fermassi
none
Il \ eniuri vuole , che questa aerea veste deiranime passi per fin-
f}Oetica . In realtà però la fu opinione iV alcuni Padri addetti
alle l latoniche dottrine di Origene , tra gli altri , e di Clemente Ales-
sandrino ; è tale, che S. Agostino lasciala problematica : e del modo
cercando col quale possano gli spiriti infernali essere tormentati dal
fuoco materiale 9 adnaerebunt, dice, si eis nulla sint corpora, spiritus
e A N T O X X V . 567
Che segue 1 fuoco là 'vunque si muta ,
Segue allo spirto sua forma novella .
ico Perocché quindi ha poscia sua paruta,
£ chiamata ojnbra ; e quindi organa poi
Ciascun sentire infino alla veduta .
.io3 Quindi parliamo , e quindi ridiam noi ,
Quindi facciam le lagrime , e i sospiri
Che per lo monte aver sentiti puoi .
406 Secondo che ci affiggono i desiri
E gli altri affetti , V ombra si £gura :
£ questa è la cagion di che tu ammiri .
jdaemomtm j immo sniritfs daemones ^ licei incorporei corporeìs ignibus
cruci andi ec. (ile di'. Dei lib. ai cap. io).
gH là dunque , sìnalcfR , per ià os^unque . ^ Dovunque^ il cod. Àntald.
e 11 ^'hig. N. L. — si muta per si muove. Fonda cotale cambio nella
definizione del moto , mutntio loci •
1 00 Perocché quirnii , da questo aereo corpo — ha , intendi la spi-
rituale anima , — sua paruta , sua apparenza , suol esser visibile •
loi Organa^ organizza.
I oa Sentirti per sentinipnlo — x^eduta , vista . * Il ^^ignor Portirelli ,
che ci »nssicura avere confrontato la Nitlobcatina, legge in questo ver-
so differentemente al F. I^. cioè fin* alla i*eduta invece di infine alla
i»e^tt/ 1 ; Il poco mtefiMse però, cne risvegliano coirli differenze, non
ci spìnge al dì )à del Tevere per osservare l' Edizione ^idobeatiIUl
della Biblioteca Corsiniana. '^. R.
io3 Quindi , in virtù di questo aereo corpo .
106 Ciaffif(ffonOj ci attaccano ad allegrìa, intendi, o a tristezza.
Ci affUgeono i desiri leggono in vece parecchi codici ve<lutl da^li Ac-
cademici della Cr. ed anche altri da me veduti : ma questo verbo si
conia solo col quindi facciam le lacrime e i sospiri y e non col quindi
ridiam noi. * Ciaffligon li desiri , ha il cod. Vat. ^on sappiamo come il
Signor l'ortìretlì abbia preferito qfligon . Vedi la nota al i'. 102. N. E.
107 L' ombra ^ V aereo corpo.
108 Di che tu ammiri, dì ciò che ti fa stupore; cioè , come si
può far magro La dove F uopo di nutrir non tocca {a) : interrogazio-
ne che fece Dante a Virgilio, e per soddisfare alla quale ha fin qui
Stazio per preghiera dì Virgilio, favellato — tu miri in vece di tu am-
miri h*ggono 1* edizioni diverse dalla Nidob. *" e i codd. Vat. Chig.
e Antald. ^. F.
Quid dignum tanto ? ( borbotta qu\ pezzi d' Orazio {h) il Ven-
turi ) Parturient montes . Mon dicendocene però alcun motivo , io per
me non saprei pensarne altro che quella medesima già detta (r) Tal-
sìssima di lui supposizione, che il ricoprirsi l'anime separate dai cor-
{a) Verso 30 e Mg. ^iji) Pé arU poel, v. iS^ 0 tegg. (e) Sotto il v.g^.
368 PURGATORIO
109 E già Tenuto all' ultima tortura
S' era per noi , e volto alla man destra ^
Ed eravamo attenti ad altra cura •
1 1 a Quivi la ripa fiamma in fuor balestra ;
£ la cornice spira fiato in suso ,
Che la riflette , e via da lei sequestra •
1 15 Onde ir ne convenia dal lato schiuso
Ad uno ad uno ; ed io temeva 1 fuoco
pi amant d' altro aereo sottilissimo velo sia una finzione poetica , e
che per conseguenza la non si meritasse tante parole.
'^ In line del comento a questo sublime luogo , il Professore
Signor Portirelli con lungo passo deirDpera sulle sensazioni di Mendel-
sohn e con altro del di lui traduttore Signor Pizzetti ammonisce i Gio-
vani a non porger orecchio a ^uecli scioli, che dicono, essere ornai ma*
nifesto perciitempo l' applicarsi alle cose metafisiche ; onde non si con->
ccpisca opinione poco favorevole di Dante, che di esse occupasi ogni
qualvolta glie ne venga il buon tratto . N.£.
109 110 Già venuto ecGìh finita essendo quella scala che salivamo
mentre Stazio così parlava (a) , giunti eravamo alP ultima tortura j all'ul-
timo tormento chd gastiga V anime su di auel monte , air ultimo gi-
rone ; e volti ci eravamo già , secondo il solito , a prender via dalla de-
stra parte . * f^oUi , i codd. Vat. e il Chig. e Antald. , il quale di piii
ha venuti e intenti • N» E.
1 1 1 Intenti ad altra cura : non più a quella di sapere come si può Jan
magro Là dove l'uopo di nutrir non tocca , alla quale erasi fin ]\ atteso :
ma a quella di trovar via di camminare senza essere offesi dalle fiamme,
che dalla ripa si lanciavano sopra la strada, come in appresso dice.
ria ii5 ii/| Quivi la ripa ec. La falda del monte, che fa spon-
da alla strada , balestra , getta , in fuor fiamma : £ la cornice , Torlo
della strada dalla parte opposta alla sppuda , spira fiato in suso, man-
da vento in su, Che la riflette , che quella fiamma rispinge, e W/x da
lei sequestra 'i e caccia via da lei . Con queste fiamme il poeta nostro
niou solamente simboleggia e gastiga ne* lussuriosi le flamine della libi-
dine , ma viene a costruire intorno al Paradiso terrestre , imme<liata-
roente sovr* essa sponda collocato, quella siepe di fiamme, che vi am-
mette S. Isidoro: Seplus est undique rhom,phaea fiamma, ita ut ejus cura
coelo pene jungatur incendium (b) , Che poi il vento vegnente dalla
cornice , vale a dire dalla parte che sovrasta al prossimo passato giro-
ne , in cui con fame e sete si puniscono i golosi , abbia forza di ri-
Spiiigere quelle fiamme; ciò ciovrebb' essere detto a significare la
possniiza che ha il digiuno di reprimere in noi le fiamme della con^
cupiscenza .
ii5 Dal lato schiuso , senza sponda, d'onde saliva il vento, che
le fìamiiìe rispingeva .
1 16 /ili uno ad uno : accenna la strettezza del sentiero , che per
ajuto del vento rimaneva libero dalle fiamme .
* ■ ■ - ' ■■■ ■■»
(ex) Verso 7 e segg. (by Etym. Ub. 14 cip. 3*
CANTO XXV. 369
Quinci , e quindi temeva il cader giuso .
118 Lo duca mio dicea : per questo loco
Si vuol tenere agli occhi stretto '1 freno ,
Perocch* errar potrebbesi per poco .
I a 1 Summce Deus clementice , nel seno
Del grand' ardore allora udi' cantando ,
Che di volger mi fé' caler non meno .
1^4 ^ ^i<^i spirti per la fiamma andando ;
Perch' io guardava a i loro ed a' miei passi ,
Compartendo la vista a quando a quando •
127 Appresso 1 fine eh' a quell' inno fassi ,
Gridavan alto : virum non cognosco ;
Indi ricominciavan 1' inno bassi .
T19 Si vuol tenere agli occhi ec. Letteralmente ri sguarda la strettez-
za del sentiero, ed allegoricamente il ibmite che alla lussuria appor-
ta la libertà degli occhi : onde tra gì* infiniti avvertimenti abbiam
quello deir Ecclesiastico : A^fcrie Jaciem tuam a mutiere compia (a) •
lai 111 Summae Deus c/ef/iuf/i/iVi& : principio dell'inno che cauta
la chiesa nel mattutino del sabbato , tal quale si legge negli antichi
breviarj : ne' moderni leggesi Summae parens clementiae . Sceglie cotal
inno il Poeta a far cantare dalle anime purganti il vizio della lussuria,
perocché cercasi in quello da Dio il dono della purità, Luxu remo-
to pessimo — rial seno del grande ardore , in mezzo a quelle cocentis-
sime fiamme — udi* cantando , udii a cantare ; come ben si dice , se
ne staila cantando , in vece di se ne stava a cantare •
I lò Che di volger ec. Che mi fece premuroso di voltarmi a guai^
dar colà , non meno che la strettezza del sentiero tra '1 fuoco e '1 pre-
cipizio mi facessero premuroso di tener V occhio al sentiero medesimo»
ia5 ii6 Perch'io guardava ec, Losiruzìonv , Perch io guardava^
compartendo a quando a quando ( io stesso che di quando in quando) la
vista a i passi loro , eda^ miei, '^ ^el cod. A at. non si ha questo verso y
ma si pone in sua vece quello eh' è il 9. del e. xxix. cioè Picciol
passo con picciol seguilundo , N. E.
127 ia8 129 yippresso iljineec: in seguito all' ultima strofe dell'
inno — Gridavan alto , Firum ec, Seguendo Dante l'usato stile di faro
dalle purganti anime gridare esempj di virtù contraria al vizio che
in ciascun girone si purga , fa qui cotali esempi gridarsi interpolata-
mente al predetto inno; ed incomincia da quello che ne diede Maria
Vergine, quando alla proposta dell' Arcangelo Gabriele Ecce concipi-
cs ec, , rispose Quomodojiet istudj quoniam vi rum non cognosco (^) ? Del
cantar poi quegli spiriti V inno bassi , cioè con voce bassa , con voce
sommessa, e di gridare gli esempj alto , ad alta voce, dovrebbe e&-
Ca) Gap. ^. ^j^) Lucae u
T.a. A a
370 PURGATORIO
i3o Finitol , anco gridavano : al bosco
Sì tenne Diana , ed Elice caccionne
Che di Venere avea sentito il tosco .
1 33 Indi al cantar tornavano ; indi donne
Gridavano e mariti che fur casti ,
Come virtù te e matrimonio imponne .
iZfy £ questo modo credo che lor basti
Per tutto 1 tempo che 1 fuoco gli abbrucia ;
Con tal cura conviene e con tai pasti
seme il motivo , che i* inno* era orazione, che facevano a Dio; e gli
eseinpj erano riprensioni che a se medesimi facevano • '*' JUneomindo'
vanOy il cod. Chig. N.E.
i3o i5i Al basco si terme Diana <t ed Elìce caccionne . Così oltre la
^idob, anche altre antiche edizioni {a) meglio che non leggono la edi-
zione della Crusca e le seguaci Al bosco corse Diana , ed ec. , che se-
condo la favola già Diana al>itava nel bosco , quando riconosciuta ^/i-
Cff 9 o sia Callisto , gravida , caccioniiela , e si tenne , restò , al bosco^
■essa con 1' altre vergini compagne . Elice è il Greco nome di quella
costellazione che noi Orsa maggiore appelliamo ; ed in cui favoleg-
giasi trasferita Callisto . '*' Finitolo anche gridavano , 1* edizioni comu-
ni • Noi abbiamo seguita la grave armonia del cod. \at. N. E.
lirutto miscu^io ed solito , torna qui a rimbrottare il Venturi
per r unione di cotali sacri profani csempj . \ edi però quello che
gli si è risposto nel canto xii. della presente cantica v. a8.
i32 Che di Fenere ec. Tosco di Fenere chiama Dante il piacer
disonesto e carnale . A olpi .
i33 i5/|. i35 Jndi al cantar tornavano , indi gridavano ec. ricor-
davano csempj di mariti e mogli eh' erano castamente vivati , come
viriate , cioè essa castità , e il vincolo matrimoniale ne impone e co-
manda che fare dobbiamo . Daniello.
Imponne per impone glielo fa dire la rima , chiosa il Venturi ,
Delle due dizioni ( risponde il Rosa Morando ) impon e ne fe-
ce qui il Poeta imponne , come da son e da ne fece sonne il Boccac-
cio nella novella di Andreuccio; e sonne guai tu mi vedi, Imponne
vai quanto impone a noi^ e non per cagion della rima, ma regolarmente
è detto . Si può bene applicare al commentator nostro ciò che del
troppo Platonico Origene lasciò scritto Cassiodoro , ubi bene nenia
melius , ubi male nemo pejus .
i36 07 E questo modo ec, e c^uesto ordine così tenuto da loro
cantando tal inno , e gridando quegli csempj di castità , crede il ,1'oe-
ta clic basti a quelli per tutto il tempo costituito e determinato lo-
ro ad essere da quella fiamma abbruciati , sino a tanto che sieiio
purgati di cotal vizio . Daniello .
i58 Con tal cura ec. Intendi : con tali mezzi di cantare cioè con
voce sommessa 1* inno summae Deus clementiae , e gridare ad alta
(a) Vedi tra It altre quella dì Venezia iS^S, in fogl.
e A N T O XXV, 571
Che la piaga dassezzo si ricucia .
voce gli esempi ^^ castilÀ virum non cognosco ec. e col pascolo del
fiioco purgante, avviene che si rimargioi la jEiiaga posta in ultimo, os-
sia il P ultimo segnato dall* Angelo , cioè il peccato di lussuria . \%ài
Cp IX. 1 1 a. ^ Né da questa spiegazione differisce Jacopo della Laua • N. £a
r^ Dassezzo , vale posta punita in ultimo luogo (a) .
(fi) Vedi il Vocabol. della Cr.
Fi^tdgl canto s^nUsimo'iidr^fi 9
A a 3
3;.
CANTO XXVI.
A R G O M E N T O (*)
Introduce Dante in questo xsti canto Guido Guinictlli y ed Arnaldo Da-»
niellò a parlar seco •
] IfXentre che si per V orlo , uno innanzi altro j
Ce n' andavamo , e spesso il buon maestro
Diceva ; guarda , giovi eh' io ti scaltro ;
4 Feriami 1 Sole in su \ omero destro ,
Che già , raggiando , tutto V occidente
Mutava in bianco appetto di cilestro •
I Uno innanzi altro : omette in grazia del metro V articolo avanti
altro y come, tra gli altri esempj molti, disse Che mi solca quetartut*
te mie voglie (a) . Il perchè poi così camminassero lo ha di già avvisa-
to nel canto precedente i^. ii 8.
^ a IJ edizioni non pongono V e avanti spesso : ma Vel pone il
cod. Vaticano . E con buona lezione , unendo cosi fra loro queste due
prime terzine, le quali, pel punto posto dopo 5cW<ro , erano disuni-
te. ^ota di Salvatore Betti. N. E.
3 Guarda , intendi a ciò eh' è dentro di quelle fiamme : "** anzi
a* piedi tuoi f perchè, come gli ha detto nelT altro cauto, errar potreb-
besi per poco . Biagioli , N.K. — giovi eh* io ti scaltro , giovili eh' io ti
rendo avvertito. Del verbo scaltrire adoprato a cotal senso anche da
altri vedi '1 \ocab. della Crusca.
4 Feriami il Sole ec. Dice che il Sole ferivalo su V omero a dino-
tare eh' era in allora piii abbassato , e conseguentemente di più lun-
ga ombra reso il :*ole , che non disselo in princìpio del canto pre-
cedente . Specifica poi il destro omero per Far capire , che V ombra
del suo corpo doveva cadere sopra le naninie. Imperocché se salito
che fu al sommo della scala che mette al presente girone , prese cam-
mino alla destra parte s\ della strada che delle fiamme {h) , ed il Sole
abbassato ferivalo nel destro lato , doveva necessariamente V ombra dei
dì lui corpo cadere sopra le vicine fiamme .
5 6 Già raggiando ec. (iià suoi raggi spandendo mutava tutto P oo
(') Argomento metrico del celebre G. Gozzi .
lo pianto , e taoco 1' mima s' af&na ,
£ ardendo purga quegli error perrer ti
Di cui Lussuria fa studio , e dottrina .
Tra que' tapini spiriti diversi
Dante conosce Guido Guinicelli
Tester si dolce d* amorosi versi ,
E Arnaldo Daniello anch' e^ con quelli.
(a) Purg. li loS. (b) Cut. pctc. v. no e segg.
CANTO XXVI* 373
7 Ed 10 iacea con Y ombra più rovente
Parer la fiamma ; e pure a tanto indizio
Vidi molt' ombre , andando , poner mente .
IO Questa fu la cagion che diede inizio
Loro a parlar di me » e cominciarsi
A dir : colui non par corpo fittizio .
i3 Poi verso me 9 quanto potevan farsi y
Certi si feron ^ sempre con riguardo
Di non uscir dove non fossero arsi •
16 O tu che vai , non per esser più tardo
Ma forse reverente 9 agli altri dopo ,
Rispondi a me che 'n sete ed in fuoco ardo .
19 Ne solo a me la tua risposta è uopo ;
Che tutti questi n' hanno maggior sete 9
Che d' acqua fredda Indo o Etiopo .
aa Dinne com' è che fai di te parete
Al Sol , come se tu non fossi ancora
Di morte entrato dentro dalla rete .
tidente , la parie occidentale del cielo , di cilestro aspetto , in colore,
bianco : mutazione solita apparire agli occhi nostri nella porzione di
cielo vicina al Sole .
789 Facea con F ombra pili rovente parer la fiamma . Accenna
la proprietà del fuoco di sembrar nelF omora vie più rosso , ed ac-
ceso . Forse rovente ( dice il Venturi ) viene dal Latino rubens . lo il
direi senza forse — e pure y ed altresì, ed ancora (a) — a tanto indi-
tio , a Questo segnale tanto manifesto di aver io vero uman corpo .
* i5 . Ordina ; poi certi si fecero verso me tanto quanto ^ poteva^
no farsi verso me , con riguardo di non uscir dove ec. perocché la lor
maggior vogh'.i si è di soddisfare alla giustizia etema . Riagioli'.N: E.
17 Forse reverente: così invece di ripeter il per essere ^ e dire
forse per essere riverente .
18 Scte^ metaforicamente per desiderio di sapere , sete di risposta ,
come nel terzetto seguente dichiara esso medesimo che parla . E di-
ce bene il Venturi , che la corporal sete, intesa dal Landino , è il toi>
mento del girone di sotto , e non di questo .
1 1 Che iV acqua fredda ec, che non bramino T acqua fresca i
popoli deir India , e dell' Etiopia , regioni dal Sole riarse .
11 Parete , per ostacolo .
73 it\ Come se tu ec, come se non ti avesse la morte ancor pi-
(a) Vedi Cinon. Par tic, 3o6. a.
Sy4 PURGATORIO
nB si mi parlava un d' essi ; ed io mi fot* sl
Già manifesto , s' io non .fossi atteso
Ad altra novità eh' apparse allora ;
à8 Che per lo^mezzo del cammino acceso
Veline gente col viso incontro a questa ^
La qual mi fece a rimirar sospeso .
3i Lì veggio d' ogni parte farsi presta
Ciascun' ombra , e baciarsi una con una f
Senza restar , contente a breve festa .
34 Così perentro loro schiera bruna
S' ammusa V Una con V altra formica ,
Forse a spiar lor via e lor fortuna .
3^ Tosto che parton V accoglienza amica ,
Prima che '1 primo passo lì trascorra ,
Sopragridar ciascuna s' affatica .
giìMo . Suppone poeticamente che pigli la morte gli uomini coitie si
prendono gli uccelli e i pesci dai cacciatori e pescatori .
a5 a6 Mi fora , mi sarei — manifesto , dee qui riputarsi sincope
di manifestato — s\io non fossi atteso^ enallage , in rece di s* io non
fossi stato atteso: come, tra gli altri esempj , scrisse Otvlzio forrent
in Vece di tuìissem in que* versi .
JVoi» ego hoc ferrem calìdus inventa $
Cortfulé Fianco (a) .
28 Del cammino acceso , dell* infiammata strada.
ap Venne la Nidobeatina, verna Taltre edizioni, * e il cod. Vat. N. E.
* 3i Ciascun ombra a baciarsi , non dispregevol lezione del
cod. C.hì^. N. E.
33 A brev§ festa , di un breve abbracciamento . Della particella
a per di vedi Clnonio {b) .
3/| Bnina , di color negreggiantc , com' è la formica .
35 S* ammusa ec, scontrasi muso a muso .
37 Tosto che parton ec. Becato per interiezione il paragone del-
le formicbe prosieguo a narrar ciò che quelle anime si facevano .
38 Prima che ec, avanti che sia ivi finito il primo passo, che
vale a dire nelt atto stesso di scostarsi. * Primo passo li trascorra , il
cod. Val. Potrebbe avere forse alcuna relazione cogli ultimi versi del
canto jìrccedente ? Con tal cura conviene e con tai passi che la piaga das-
sezzo si ricucia . Pf. E.
39 Sopragridar ciascuna ce, Sopragridar in una parola le^'goiio non
tulamentc la Kidobeatina ed altre antiche edizioni, ma anchel* Aldi-
na slessa del i5o2. , quella edizione che presero a correggere gli Ac-
cademici della Crusca per formare la edizione loro dtl i595. .Solo in
*i ■■ ■■ ' ' I ■ ■■
(jiì CaTm:;,)ìh.J. Ode i4 (h) Panie, I i5.
CANTOXXVI. 375
4o La nuova gente : Soddoma e Gomorra ;
E r altra : nella vacca entra Pasife ,
Perchè '1 torello a sua lussuria corra .
43 Poi , come gru eh' alle montagne Rife
Volasser parte , e parte inver V arene ,
Queste del giel , quelle del Sole schife ;
46 L' una gente sen va , V altra sen viene ,
E tornan lagrimando a' primi canti 9
^esta edizione (legli Accademici s' incomincia a leggere spartitameli*
te , anzi con interposta virgola , sopra , gridar ; ed a norma di es-
sa veggonsi poi tulle le moderne edizioni . Oltre però che vedesi
per se medesima colale spartizione nociva al senso , vien anche dagli
Accademici slessi lasciata senza il consueto corredo in margine della
variante lezione rigettata ; lo che fa maggiormente dubitare che non
sia cotale uno de' moltissimi errori di stampa in essa edizione acca-
duti (a) . Sopragridare , all' incontro , detto in una parola , e inteso
che vagli quanto gridar di piti , o superar gridando , accorda molto
bene col ciascuna 5* affatica . V.he se del verbo soppragridarv non tro-
vasi altro esempio , bastano de' simili in sopravvegghiare , soprawi"
vere ec.
f\o La nuova gente , quella che vide venire incontro alla prima
cui stava osservando — Soddoma , e Gomorra , intendi , gr'dava . §od«^
doma e Gomorra furono città della Palestina dedite al vizio carnale
contro natura , e però distrutte da celeste fuoco : cosi adunque gri-
dando quelle anime , mostrano di essere stale imbrattate di cotale
lordura; ed esser ivi a subire quella pena , che dopo la ottenutane
in vita assoluzione della colpa , rimase loro a scontare .
4i 4^ V altra ^ la prima da lui veduta gente — nella vacca cn-
ina legge la Nidobeatina , <?/?/ró l' altre edizioni. Ma la ^^idobeatina ac-
corda meglio col corra del seguente verso — Pasife , favoloso esem-
pio di bestialità . Vedi ciò che di costei si è detto al canto xii. dell'
Inferno y. la. Il j)erchè poi quest' altre ombre si gridassero Pasìfi
vedilo più innanzi , al v, 82. e segg. * '
43 44 45 Come gru ec. Paragona quest' anime alle grue non per
altro se non perchè a guisa appunto di grue van cantando lor lai {b)
loro magagne , e come di quest' aninpe parte va con una direziono,
e parte con direzione del tutto contraria , però pone per ipotesi ciò
che manca alla perfetta somiglianza , cioè che le grue volassero pai'ta
alle montagne Hije., del ( \ycT dal ) Sole schife , ri mole ( pcrochè esisten-
ti nella Mosrovia boreale ) (e) , e parte in^*cr V arene del gielo schifo ,
cioè inverso V arenosa Libia , regione dell' Afri.ca di giclo esente : (fel-
la qual dice anche nelT Inf. Piii non si vanti Libia con sua rena ec, (d),
47 4S ^i primi canti, ed al gridar , che piti ec. Avendo nel pre-^
(a) Lo stampatore Manzani f attesta il Volpi nel catalogo delle edizioni
della presente commedia ) la ricolmò d' una prodigiosi quantità d' errori in
qaalanqae genere . (h) Inf. V. 4^* (<^) Vedi Baudrand. Lexic. geogr. ari.
hhiphaci montes . (d) Jnf. sxiv. 85.
5;6 PtJRGATOmO
Ed al gridar che più lor si conviene #
49 E raccostarsi a me , come davanti ,
Essi medesmi che m' avean pregato ^
Attenti ad ascoltar ne' lor sembianti .
52 Io , che due volte avea visto lor grato »
Incominciai : o anime , sicure
D' aver , quando che sia , di pace statò ,
55 Non son rimase acerbe ne mature
Le membra mie di là , ma son qui meco
Col sangue suo e con le sue giunture.
58 Quinci su vo , per non esser più cieco ;
Donna è di sopra che ii' acquista grazia ,
cedente canto detto , che cantavano queste anime V inno Summae Deus
ipr<
e convenienti alla vanetÀ delle colpe die da ciascun ceto si sta in
quei luogo purgando .
4q e raccostarsi : la particella e dovrebbe qu\ aver senso di per-
ciò (e) , e come se fosse detto per caf^ione di cotali frirm^oUe rai^co-
starsi fc. * E raccostarxi , il cod. Vat. K. E. *- cóme davanti , come fe-
cero r altra volta v. i3. e segg.
5i attenti ec. ne' sembianti ed atti loro mostrando slare attent
per ascoltarlo . Daniello .
5q Dne volte leggono la ^'idobeatina, ed altre antiche edizioni :
duo volle V amica sempre del duo edizione della Crusca e le moder-
ne seguaci . Qui però , oltre del latinismo , ci apporta ancora il catti-
vo suono di quel uo vo — grato ^ sustantivo per piacere , grado y desi'
derio . Volpi .
5/| Quando che sia , vai quanto una volta , ad ugual senso del La-
tino nlinuando . Vedine altri esempj nel Vocabolario della Crusca .
55 56 57 Non son rimase ec. Morendo gli uomini o in acerba o
in mntura età , però invece di dire che non era ancor morto , dice
di non essere rimase di la , cioè sopra la terra , le membra sue né
acerbe, no mature y ma di averle seco; e non già apparentemente,
come quelle anime le avevano, ma realmente col sangue suo, e con
le sue giunture .
58 Quinci su , qua su , (d) , cioè al cielo — per non esser più eie-
ro,af1ìnchè il divino lume m* illumini a dirigere meglio che non fe^
ci fin ora le operazioni mie .
59 Donna è la Nidobeatina , meglio che non leggono le altre
edizioni donn* è . Beatrice intende per questa donna (e) .
(a) Vers. 121 e seg. (A) Vers. laS e segg. (e) Vedi Cinonio Par»
tic. 100 31. (fi) Vedi Cinonio Partic. 217 5. (e) Vedi tra gli altii luoghi
molti , Inf. li 70.
e A N T O XXVI. 377
l^erchè '1 mortai pel vostro mondo reco.
61 Ma , se la vostra maggior voglia sazia
Tosto divegna sì , che 1 ciel v'alberghi
Ch' è pien d' amore e più ampio si spazia ,
64 Ditemi , acciochè ancor carte ne verghi,
Chi siete voi , e chi è quella turba
Che si ne va diretro a' vostri terghi ?
67 Non altrimenti stupido si turba
Lo montanaro , e rimirando ammutA ,
Quando rozzo e selvatico s'inurba,
yo Che ciascun' ombra fece in sua parata .
Ma poiché furon di stupore scarche ,
Lo qual negli alti cuor tosto s' attuta :
60 Perchè vale qui per la quale grada (a) — il mortai , il mor-
tai corpo — pel vostro mondo, per le regioni vostre , da noi pureo/-
tro mondo appellate.
61 6i 65 Se , per cosi , detto con affetto di desiderio , e di pre-
gare altrui prosperi avvenimenti ; in quella guisa che i poeti Latini
adopravano il loro sic. Volpi. — la vostra maggior voglia j la voglia
di pnssare al T aradiso . — il ciel , cA' è pien df amore , e piìi ampio si
spazia : il cielo empireo , eh' è sopra a tutti gli altri cieli , e però il
più spazioso; è ripieno di santo amore, perocché è in esso la sede
de' beati (b).
64 acciocché ancor carte ne verghi : ellissi , e sarebbe Tinliero par-
lare , per mia erudizione , ed anche acciocché ne verghi carte ( ne scri-
va memoria) per erudizione altrui.
66 Che se ne va la Nidobeatina , ed altre antiche edizioni : che sì
ne va , V edizioni della Crusca e le moderne seguaci , ""^ e il cod. Vat.
che noi seguiamo . N. E.
67 68 Si turba , si confonde — ammuta , ammutolisce .
6g Quando rozzo e selvatico , quando non essendo stato mai che
tra le selve : * salvatico , il cod. Vat. , ed è secondo la maniera anti-
ca . N. E. — s* inurba , mettesi ad abitare in città . Inurbarsi per en-
trare o mettersi in città, adoprasi anche dal Pulci (e).
70 Che in corrispondenza al non altrimenti ( tre versi sopra ) dee
valere di quello che — in sua panda j in sua sembianza.
72 j4lti cuor , cuori elevati, innalzati cioè sopra la massa del bas-
so ignorante volgo — sbattuta , si acquieta . Vedine del medesimo ver-
bo
5ca
allo stesso senso altri esempj parecchi nel Vocabolario della Cru-
. ^ Tosto si muta , i codd. Vat. e Chig. N.E.
(12) Vedi pnre Cinon Parile. 19 io (b) Vtdi Dante medesimo nel Con-
▼ixo , tratt« 2 cap. 4* (f) Morg. zsv se. 399.
ijS PURGATORIO
73 Beato te , che delle nostre marche ,
Ricominciò colei che pria ne chiese ,
Per viver meglio , esperienza imbarche ?
76 La gente , che non vien con noi , offese
Di ciò perchè già Cesar trionfando,
Regina , contra se , chiamar s' intese ;
79 Però si parton Soddoma gridando j
Rimproverando a se , com' hai udito j
Ed ajutan V arsura vergognando •
75 Delle per dalle (a) — marche y vale distretti , contrade, o si-
mile (6).
74 Colei , queir ombra . * Che prima ne *nchiese i codd. Vat. Chìg.
« ^Dtald. ; Per morir meglio , i codd. Chig. e Antald. N. E.
75 Imbarche detto metaforica niente per riporti , e forse con mira
al non si poter naturalmente andare né partirsi da quel monte, cir-
condato d' ogni intorno dal mare , se non per barca . Imbarche , per
imbarchi , antitesi .
Metafora fatta ( chiosa il Venturi ) per servire alla rima , e che
di sopra più violenta la desinenza , facendo terminare in e quella voce ,
che iloveva finire in i .
La nietnfora però , gli si risponde , ha i suoi ragionevoli rap*
porti : e se l'antitesi, massime cotale, si ha a dir violenza , non tro-
Terem poeta che non sia violento .
76 Che non vien con noi , invece di dire , che ci vien col viso in-
contro (e) , che cammina in contraria direzione . — offese , intendi , Dio .
77 78 Di ciò vale in ciò , in quelC atto (d) — perchè , per cui (e)
— • contra se , in suo rimprovero — Dicono che Giulio Cesare nella
sua gioventù fu mandato a Nicomede Re di Bitinia : e fu opinione
ch'esso Nicomede usasse di lui come de la Regina; e per questo nel
suo trionfo della Gallia , i soldati, la licenza de' quali in tai trionfi
era grandissima , gli rimproveravano questo , chiamandolo Regina . "N'el-
LUTELLO. Svetonio nella vita di Giulio Cesare cap. 49, Octaviui qui-
dam , scrive , valetudine mentis liberius dicax , conventu maximo cum
Pompejum regem saìulasset , ipsum ( Caesarcm ) reginam salutavit . . .
Gallico denique triunipho milites ejiis inter caetera carmina , qitalia
curnim prosequcntcs joculariter canunt , etiam vulgatissimum Ulta prò-
nuntiaverunt : Gallias Caesar subegit , Dfìcomedes Caesarem ec. Pe'l me-
desimo significare dell'uno e dell'altro motteggio pone Dante mot-
teggiato Cesare anche nel trionfo col gergo medesimo , col quale fu al-
trove da Ottavio motteggiato .
79 Si parton , intendi da noi •
81 Ed ajutan ec. e con la vergogna , che cagiona loro cotal con-
fessione pubblica , accrescon 1' arsura che soffrono dalle fiamme . yib-
(a) Vedi Cinon. Pariic. Si 12. (è) Vedi M Vocabolario della Crnsca , e'I
Glossano del Da Fresoe art. marca . (e) Vers. 99. (//) Vedi Cinoa. Partic*
So 8. (e) Vedi Lo stesso Par tic. 156 10
CANTOXXVI. oTf
8* Nostro peccato fu ermafrodito ;
Ma perchè non servammo umana legge ,
Seguendo come bestie V appetito ,
85 In obbrobrio di noi per noi si legge ,
Quando partiamci , il nome di colei
Che s' imbestiò nelF imbestiate schegge .
88 Or sai nostri atti , e di che fummo rei ;
bruciar ili vergogna suol dirsi comunemente. Il Landino e il Vellutel-
lo spiegano che si adoperi qui aiutare ad ugual senso che di sminuì'
rff, e spegnere. Ma, dice bene il Venturi, non si sa perchè. Al me*
desimo Venturi pare che dai prefati due interpreti non si scosti il
padre d' Aquino , traducendo htcrosum incutiunt , pariuntque pudorem •
Supponendosi però , come dee supporsi , che cotale accrescimento d'ar-
sura giovasse ad abbreviare a quelle anime il tempo della da loro
bramata purgazione , non è se non bene applicato al rossore , che per
tal confessione soffrivano , l'epiteto di lucroso y anche intendendo che
ajutare stia qui per accrescere . * Ed aggiunta alt arsura , i codd. Vat.
e Chig. N.E.
83 Fu Ermafrodito . Bai favoloso ermafrodito , al di cui corpé
unendosi per voler degli Dei quello della ninfa Salmace , si compo-
se un solo corpo avente ambeoue i sessi {a) , appellansi ermafroditi
tutti quelli che sortiscono dalla natura simili corpi ; e quindi trasfe-
rendo applica Dante Y epiteto di ermafrodito al peccato stesso di con*
giunzione di maschio con femmina .
Il Vellutello assertivamente , e dubbiosamente il Volpi , chiosa-
no , che Dante chiama ermafrodito il peccato cohtra natu/n , elove it
maschio viene in cerio modo ad affeminarsi , cioè a cangiarsi infemmi"
na. Altri, al riferir del Venturi, intendono la bestialità , per f* esem-
pio , che si adduce dì Pasife . A me sembra però che il peccato di
costoro consistesse in azioni tali che , osservata circa di esse umana
ìegge, sarebbero state lecite, quali certamente esser non potevano né
la soddomia tra' maschj , ne la bestialità ; consisteva cioè in illeciti
congiungimenti tra i due sessi (b) .
83 Umana legge , per umano contegno.
84 Come bestie , siirenatamente , senza far alcun uso della ragio-
ne . * Come bestia , i codd. Vat. e Chig. N. E.
85 Per noi , lo slesso che da noi nwdesimi — si legge « per si. gri"
da : catacresi in grazia della rima.
86 Quando partiamci , intendi da quegli altri che gridano Soddo»
ma e Gomorra — di colei , di Pasife .
87 5' imbestiò , prese fìgura di bestia , di vacca — nelP imbestiate
schegge , ne* pezzi di legno composti in forma di una vacca , com' è
detto Inf. XII l'x.
88 Edi che fummo rei, cioè parte dell'uso fatto d* oggetti ille*
citi , e parte del mal uso di oggetti leciti .
(a) Vedi Ovidio nel it delle Metamorfosi v. 374 e segg. (A) Meiita di es-
ser letta la nota che scrisse a qnesto proposito il Professor Portirelli, noa
meno che (|aelU del Canonico Dionisio Edizione di Brescia per Bettoni tom, 1.
pag, 269.
Sbo purgatorio
Se forse a nome yuoi saper chi semo i
Tempo non è da dire , e non saprei.
91 Farotti ben di me volere scemo ;
Son Guido Guinicelli , e già mi purgo
Per ben dolermi prima eh' allo stremo .
94 Quali nella tristizia di Licurgo
Si fer due figli a riveder la madre ^
Tal mi fec' io , ma non a tanto insurgo ,
89 j4 nome invece di per nome (a) — semo originale di siamo (b) -
90 Tempo non e ec. perchè è tardi e già sera ; né saprei , per-
chè tra tanti che slamo » ce ne son molti , che non li conosco «
VlHTURI .
91 Farotti ben ec. bens\ col dirti chi io sono , farò che si scemi
manchi , cessi , in te il voler me ; ellissi j in vece di voler saper me *
* // vohrx! , il cod. Antald. N. E.
gì 93 .fc/f Guido Guinicelli . Fu costui da Bologna , buon rima^
tore per quei tempi . Vedi il canto xi (della presente cantica) vers. 97
Venturi — e già mi purgo : benché morto di fresco , sono in Purgato-
lo , e nò nel r antipurgatorio , come sarei se avessi indugiato a pen^
tirml sino alla morte. Venturi — per ben dolermi y enallage , in vece
di per essermi ben doluto , come nel vers. a6 notai Aei\o fossi in vece
di fossi stato — prima eh* allo stremo , altra ellissi , e come se avesse
detto , prima che venissi alt estremità di mia vita .
94 95 Velia tristizia di Licurgo : mentre Licurgo Re di Nomea era
adirato per csse'*gli stato ucciso da un serpente il proprio figliuoli-
no ' >felte , e voleva vendicarsi colla morte d* Isifile sua schiava , alla
3 naie avendo dato in custodia il fi^liuolino , lo aveva essa mal cuslo-
ito — due fgli Toante ed Eumenio girando in traccia d' Isifile loro
madre , trovaronla e riconobherla nell' atto che disponeva Licurgo di
ucciderla , e la salvarono — Duo in vece di tlue legge l'ediz. della Cr.
e le seguaci , diversamente dalla Nidob. , ed altre antiche edizioni •
^ f^fv i fgli , bella lezione del cod. Antald. N. E.
96 !^a non a tanto insurgo . La comune degli espositori intende ,
che dica così Dante in vece di dire che non corresse egli però , per
timor delie fiamme, nd abbracciar Guido, come corsero i due figli
ad abbracciar la madre . A questo modo sarebbe insurgo detto per
enallage in luogo i*insursi. Ti Venturi vi aggiunge, che possa colai
espressione valer quanto fo dico per somiglianza , non per paragone ,
pretendendo solo di confrontare il mio affetto col loro, non me con
Jfuesti eroi osando mettere al pari. A me passa anche per mente , che
ondi Dante 1' espressione su la frequente unione , che hanno tra di
loro le particelle tale e tanto ; e che do;)o <li aver detto tal mi fecio ,
siegua ma non a tanto insurgo y in luogo di dire, avvertite però, che
dal tale io non m* avanzo al tanto , cioè , a dir anche a tanto ; accen-
(a) Della particella a in tieai&cato di per vedi Cinon. Partic. 1 a2>
(b) Vedi Mastrofiai Teoria e Prospetto de'verbi Italiani ^ sotto il verbo es-
sere B. 4.
CANTOXXVI. 58r
^7 Quando i' udi* nomar se stesso il padre
Mio j e degli altri miei miglior , che mai
Rime d' amore usar dolci e leggiadre.
I oo £ , senza udire e dir , pensoso andai
Lunga fiata rimirando lui ,
Ne per lo fuoco in là più m' appressai .
io3 Poiché di riguardar pasciuto fui ,
Tutto m' offersi pronto al suo servigio ,
Con r affermar che fa credere altrui .
106 Ed egli a me : tu lasci tal vestigio,
Per quel eh' i' odo , in me , e tanto chiaro 9
Che Lete noi può torre ne far bigio •
109 Ma , se le tue parole or ver giuraro ,
Dimmi , che è cagion perchè dimostri
Nel dire e nel guardar d' avermi caro ?
112 Ed io a lui : li dolci detti vostri ,
Che , quanto durerà Y uso moderno ,
Faranno cari ancora i loro inchiostri .
fiando essere bensì stato il suo rallegramento uguale, ma non ugual-
mente operativo verso l'oggetto amalo , di abbracciarlo ; e di liberar-
lo dalla pena in cui trovoilo; come fecero i due figli verso la ma-
dre Isiiile . * Il Liagioli sta colla comune. N. £.
97 9^ 99 Q^^^^o ec, quando Dante udì che Guido si nominò , il
qual , perche fu precettor suo , e di molti altri nel dir in rima , lo
nomina padre suo e degli altri miglior di se, i quali, med ^ per al-
cun tempo , usaro rime leggiadre e dolci d'amore. LÀNDI^o. ^ è ca-
pisco come potesse il Aenturi chiosare Qm il \nti\ senz* altra aggéiin-
la negazione nega benissimo : imperocché , ciò supposto , nou avrebbe
Dante detti colali poeti né figli di Guido , né mij^liori di se .
1 02 A^é . Come la e adoprasi tal Volta per ma (a) , così parmi ,
che la ne stia qui ^er ma non — per lo Juoco ^ per cagione uel luoco.
1 o5 Con r affermar , che fa credere , con 1* afi'erroare cioè con
giuramento: come meglio dichiarasi quattro versi sotto.
io6 107 108 Tal vestigio in me ec. Tal segno del tuo amore ver-
so di me , che i 1 fmme lete , inteso qui per obblivione , né lo potrà
mai torre , né punto oscurare . Ventubi .
114/ loro inchiostri , i caratteri che tengonli registrati •
(a) Ciaon. Partic, loo 1$.
384 PURGATORIO
Con si tosi vei la spassada folor j
Et vie giau sen le ior y che sper denan .
1 45 jéra vus preu pera chella valor ,
Che vus ghida al som delle scolina y
chiosa il Ventarì , che parli Arnaldo così in lingua Gimnmtse»
ra , parie Provenude , e parte Caialama , accozzando insieme ii perfi-
do Franzese col pessimo Spagnuolo .
Doveva il Venturi per procacciar fede al suo detto stenderci
egli in pretto Provenzale dìi que'tempi il medesimo scntinkento che vuol
Dante ad Arnaldo espresso . Imperocché se la lingua I^roveiuale y o
perchè dalla Catalana formata, e trasfusa alla Francia (a) , o per qual-
sivoglia altra cagione, comprendeva di sua natura termini comuni
alla Spagna ed alla Francia; come bene per colai termini dirassi ii
parlar d'Arnaldo Giannizzero? L'Italiano nostro idioma ( chi no 'I sa? )
La dei termini molti comuni col Latino , Spagnuolo , Francese ec.
Potrà egli per tal motivo dirsi, che non Italiano favelli, ma un lin-
guaggio Giannizzero e misto , chi colali termini adopra ?
Il Chiarissimo Antonio Basterò ( che, come autore della applau-
dita opera della Crusca Provenzale ^ puossi ragionevolmente supporre
della Provenzale favella motto piii intendente del Venturi ) nella pre^
fazione della detta sua opera {b) parla di questi versi di Dante , ne
vi trova altro declinante dal Provenzale linguaggio se non je stùs ^
che leggono alcuui testi da luì veduti in vece di jeu sui , o , com*egli
legge , eu sai .
Sorprende poi quelP epifonema del medesimo Venturi , nud
Jbrse Dante non si è spiegato piii chiaro , che in questa miscea di Un-
gtiagci . Io credo che ciò dica egli burlando : ma se eli può burlan-
do rispondere che se il buon nostro conientatorc chiosa a sproposi-
ti , dove Dante si spiega più chiaro , che dee dal medesimo aspettarsi
dove Dante è più oscuro r
* Il sig. I). Giovacchlno Plat. , eruditissimo Tibliolecario della
Barberini qui in Roma , ci ha favorito la sct^uente lezione di questi
versi prodotta dal confi*oulo di molti codici , e dalle sue vaste co-
gnizioni sulle lingue:
Tao m' abelis vostre cortes deman
Quieu non paese , ni vueill a vos cobrir .
Je soi Aroaut , qoe plor , e vai chaotan
Con s\ tost vei la passada folor \
E vei iaaten lo iorn , que esper , denan .
Araus prcc per aqaella valor ,
Que vos guida al som de la scalini
Sovengaas a temps de ma dolor .
Speriamo , che i Filogrammatici terranno a conto le respeltive
varianti ec. La versione poi eh' egli crede doversi dare a questo pas-
so non diiferisce in sostanza da quella del Volpi, che nel solo quar-
to verso , in cui invece di in questo rosso guaito la passata follia do-
vrebbe interpretarsi come sì tosto veggio la passata follia , che per ve-
(a) Vedi V ernditissima opera dell' abate D. Giovanni Andres fieli' ori^in^
e progressi d* ogni letteratura , tom. 1 cap. 11. (b) Num, 25.
CANTO XXVI. 5S5
Sovegna vus a temps de ma dolor .
Poi s' ascose nel fuoco che gli affina .
rità ci piace pel contesto del piango e canto del v* antecedente* Se
qualcuno volesse leggere io versi italiani la risposta di Arnaldo sen-
za cangiarvi le rime , n' esibiamo qui un abbozzo uscitoci di penna
nel porre in carta questa nota .
Piacenti si vostro gentil dimando
Ch* io non posso né vuommi a voi coprire:
Arnaldo son ^ che piango ^ e vò cantando
Cam tosto veggio 7 mio passato errore ,
O 'l di , che verrà lieto , e sto sperando »
Or vi prego , per quelV alto valore
Ch* alla cima del monte v^ incammina ,
Che a tempo v* ammentiate 7 mio dolore • N.B.
i48 Gli affina^ per gli purga ^ detto dai metalli, che col purgai^
si affinano .
* Lo iiffina , il cod. Gaet. N, E,
Fine del tanto ventesimosesio •
T.a. B k
3S6
CANTO XXVIL
ARGOMENTO (♦)
Haeconta DanU una tua visione : e come di poi risvegliato salì àlP nU
$imo scaglione : sopra il quale come i poeti si trovarono , Virgilig
lo mise in libertà di far per innanzi quanto a Ini pareva , unut
$ua ammonizione •
I i3l come quando i primi raggi vibra
Là dove 1 suo fattore il sangue sparse »
Cadendo Ibero sotto V alta Libra ,
4 ET onde in Gange da nona riarse ;
Sì stava il Sole : onde '1 giorno sen giva ,
Quando Fangel di Dio lieto ci apparse .
I al 6 iTi come ec. Costruzione . Stavasi il Sole sì , in quella me-
desima posizione , come quando sfibra i primi raggi là dove il suo fai'
tare ( il suo creatore ) sparse il sangue , cioè in Gerusalemme , dove
Cristo Redentore sparse per noi il preziosissimo sangue , cadendo Ibe-
ro sotto r alta Libra y nel qual tempo va cadendo^ scorrendo Ibero ,
principal fiume della Spagna , sotto V ivi fino al meridiano inalzato
segno della Libra, e V onde in Gange ^ fmme dell' Indie, cadendo
(intendi ) , esse pure riarse ^ riscaldate, da nona, dal mezzoili , dal
meridiano .Sole : onde il giorno sen giva , il perchè nel luogo ov'eravam
noi , nel Purgatorio, finiva il giorno ; quando , qunnd* ecco , VAngeì ec.
E ^n r onde in Gange leggono tutte V edizioni , ove la Nicìohea-
tina e V onde in Gange» Se però il verbo cadendo del precedente ver-
so regge anche il presente , come reggelo certamente , che vi ha egli
a faro quel primo in ?
Anche aa nona riarse legge la medesima Kidobealina , con qualch'
altra antica edizione {a) , ed alcuni testi mss. veduti dagli Accncieniici
della Crusca , più significantemente che di nuoi^o riarse , che leggono
altre antiche cuizioni , e tutte le moderne; imperocché da nona, vai
quanto dal mezzodì , ilal meridiano del Sole (^) . * 1 codd. V at. e Chig.
hanno di nuovo . N. E.
(*) Argomento metrico del cel. G. Gotti .
Entra nel faoco per veder Beatrice
Dante , e lo passa con dolce pensiero ,
Che lo rinfranca par 4* esser felice •
Indi col sonno piii si fa leggiero :
Ma desto al&n Virgilio gli rammenta
Ch' ei non gli è guida nel novo sentiero ,
In cai pad gir da se qaando il consenta .
(a) Vedi a cagion d'esempio la Veneta del 1578. (^) Vedi il Vocab.
della Crusca alla voce nona , e le pardle del Buti , che ivi si riferiscono .
e A N T O XXVII, 587
7 Fuor della fiamma stava in su la riva ,
E cantava ; Beati mando corde ,
In voce assai più che la nostra viva .
I o Poscia : più non si va , se pria non morde ,
Anime sante , il fuoco ; entrate in ^sso »
Ed al cantar di là non siate sorde •
|3 Sì disse come noi gli fummo presso ;
Perch' io divenni tal , quando lo 'ntesi y
Quale è colui che nella fossa è messo •
GrantT imbroglio ( esclami^ qui il Venturi ) di parole , e di cose ,
fion volendosi pur dir altro , se non che tramontava il Sole • Ma o l' im-
broglio nasce dalie poche parole che la Niilobeatinil corregge, o egli
non si ricorda , che nel principio dei canto il di questa slessa can-
tica , descrivendoci Dante ad una ugualissiina maniera il nascere del
£>oie, ed essendone perciò ripreso da alcuni di oscurezza , v' entra esso
per difensore , e dice , che se quel passo non è chiarissimo , non è
però necessario essere un J icone per intenderlo . Vedi, lettore, quei Ino-»
go ; e vedi che inteso ivi essere il monte dei Purgatorio antipodo a
Gerusalemme, e il comune orizzonte di que' due luoghi essere il me-
ridiano del Gange, o sia dell* India, tosto anche qui rendesi chiaro,
che mentre il òole vibra i primi raggi a Gerusalemme , vibra gli ul-
timi al Purgatorio , e i medii , cioè quelli dei mezzodì , al Gange :
e che non si aggiunge qui altra supposizione se non , clie V orizzonte
stesso di Gerusalemme sia dalla banda occidentale il meridiano della
Spagna : ciò che Dante accenna anche nel canto xx. dell' Infcr. v, 124*
e segg. , e ciò che nel suddetto principio del canto il. di questa can-
tica appunto mancava per discoprirsi Dante di sentimento ' che fosse
Gerusalemme situata in mezzo delia terra; il cui ultimo orientale con-
fine era creduto T India , e T occidentale la Spagna . \ edi quella no-
ta , e troverai la geografia di Dante conforme all' antica geografia •
j In su la riva , su la estremità della strada che pgiiardava fuor
del luonte , perocché tutto il rimanente largo delia strada era occu-
pato dalle fiamme. Vedi il canto xxv. v, 112. e segg.
IO II 12 Piìi non si va ec. Costruzione. Anime sante ^ non si va
pili , più oltre , se pria il fuoco non morde , se pria il fuoco non vi
tormenta e pui ga : entrate adunque in esso , e non siate sorde , e date
orecchio , al cantar di là , ad una voce , che di là udirete cantare
venite benedicti Patris mei. Vedi in appresso v. 55. e se^^.
'*' i5 14 Poiché noi .... quand* io lo intesi . . . quale colui y il
cod. Chig. iS.E.
i5 {Juale e colui ec* smorto come un cadavere, che si sepcilisce,
chiosano tutti gli espositori ; mal applicando il pronome di persona
ad un cadavere . Più volentieri però mi sottoscrivo al suggerimento
del dottissimo altrove già da me lodato Signor Ennio \ isconti , che
per colui intenda il Poeta non un cadavere , ma un uomo vivo con-
dannato ad essere propagginato: ad essere cioè impiantato a capo in
giù in una buca scavata nel terreno, ed indi con gettar terra uella buca
b b 2
3S8 PUVGATORIO
i6 In su le man commesse mi protesi,
Guardando 1 fuoco , e immaginando forte
Umani corpi già veduti accesi .
j 9 Volsersi verso me le buone scolte ,
E Virgilio mi disse : figliuol mio ,
Qui puote esser tormento , ma non morte •
2 a Ricordati , ricordati ; e , se io
Sovr' esso Gerion ti guidai salvo y
Che farò or che son più presso a Dio ?
ftS Credi per certo , che se dentro all' alvo
Di questa fiamma stessi ben milF anni ,
Non ti potrebbe far d' un capei calvo •
soffocato : supplìzio del quale, come di cosa a' tempi suoi praticata»
se ne yale Dante per formarne anche un altro paragone • Ini. xix 49
e segg.
16 In su le man ec. Dice di aver egli fatto ciò che di ordinario fii
ogni uomo in atto di aorprendimento , e perplessità intomo a ciò
cne 8Ì elegga , di commettere cioè le mani , inserendo le dita ddl'
una in quelle dell' altra e , volte sforzosamente le palme ali* ingiù ,
stirarsi nelle braccia e nel corpo : e siccome a stiramento cotale
servano quasi d' appoggio le commesse mani, perciò dice bene In
su le man commesse mi protesi . '^ In su le mani commesse mi presi^
i codd. Vat. e Chig. N. £.
18 Unuiìd corpi già ec. Accenna di essersi trovato presente a
qualche eseguimento di giustizia di rei condannati al fuoco .
19 Ia! buone scorte y \irgilio e Stazio,
'l'I Bicordati , ricordati : conduplicazione, esprimente la prc^mura
in ^ irgilio che si risolvesse Dante a quel passaggio • * Aicorditi , il
cod. rhig. N. E.
l'S Sovresso , vai quanto il semplice sovra , o sopra {a) — Gerio^
ne , moiktro infernale che pigliatisi su '1 suo dorso Virgilio e Dante
deposeli dal settimo nelT ottavo cerchio dell' Inferno (b) .
'2f\ Pili presso a Dio , più vicino al cielo , ove risiede lo stesso
Dio che mi ti manda in ajuto, e scorta. * Che farò ora presso pia a
Dio , il cod. Vat. N. E.
q5 '26 u4 ir alvo di questa fiamma^ all' interno, al mezzo di questa
fiamma ; traslato uguale a quello della scrittura sacra in S. Matteo :
erit fìlius hominis in corde terrae (r) , ed a quell' altro dell' Ecclesiastico
de altitudine ventris Inferi [d) . Medesimamente dirà Dante nel Par.xii.28«
Del cuor dell' una delle luci nuove
Si mosse voce •
27 Far d* un capei calvo , abbracciarti un capello ,
(a.) Vedi il Vocab. della Crusca , {b) Vedi lof. xvii. 91 e seg.
(fi) Gap. 12 ^o, i'i) Gap. i5 7.
e A N T O XXYII* 389
&8 E , se tu credi forse eh' io t' inganni ,
Fatti ver lei , e fatti far credenza
Con le tue mani al lembo de' tuoi panni .
3i Pon giù ornai y pon giù ogni temenza ;
Volgiti 'n qua , e vieni oltre sicuro .
Ed io pur fermo , e contro a coscienza «
34 Quando mi vide star pur fermo e duro ,
Turbato un poco , disse : or vedi , figlio ^
Tra Beatrice e te è questo muro .
37 Come al nome di Tisbe aperse '1 ciglio
Piramo in su la morte , e riguardoUa ,
AUor che 1 gelso diventò vermiglio ;
a8 E se tu forse credi la ^'idobeat{na , e se tu credi forse V altre
tdizioni . * Compresa quella del Signor Fortirelli e i codd. Vat. €
Chig. N. E.
29 5o Fatti far credenza , fatlene dar pruova ^-^ al { per col ) («)
iembo de^ tuoi panni', approssimando cioè con le tue mani alle fiamme
il lembo de' panni tuoi • Tuoi panni amo di leggere con alcune anti-
che edizioni {b) piuttosto che tuo^ panni con altre.
"* 32 Volgiti in qua e vieni , entra sicuro , il Cod. Antald. ; ed è bel*
la leziose. N.£.
35 Ed io pur fermo ( ellissi , intendi stava ) e contro a coscienza :
ed io proseguiva a starmene tuttavia fermo , e ripugnante a quello
stimolo , che la mia coscienza , il mio intemo , mi faceva di obbe-
dire a Virgilio .
56 Tra Beatrice e te . Beatrice , la morta giovane amata dal Poe-
ta , ed in cui figura egli la celeste sapienza (e) — è questo muro ^ vi
è il solo ostacolo della presente fiamma ( muro per ostacolo adopera
anche il Petrarca nel sonetto i3. Tra la spiga e la man qual muro è
messo ? } . Passata di fatto quella fiamma non rimane più veruno im-
pedimento per salire al Paradiso terrestre , dove Beatrice apparirà (rQ.
Che poi se non purgati tutti i peccati y non si faccia Beatrice , la
celeste sapienza , vedere , ciò è conforme a quello che della sapienza
medesima sta scrìtto , che non habitahit in corpore subdilo peccatis (e).
37 38 39 Come al nome di Tisbe ec. Accenna il favoloso tragico
avvenimento dei due Babilonesi giovani amanti Piramo e Tisbe , rac-
contatoci da Ovidio (f) ; e f u , che datosi questi due amanti V appun-
tamento di ritrovarsi soli fuor di città , ad un ceri' arbore di gelso
vi pervenne Tisbe la prima . Ma vedendo venire verso di se una
lionessa , fuggì ella con tanta fretta , che lasciò a pie del gelso il
proprio velo • Questo la fiera trovando , e stracciando , e del fresco
(a) Cinon. i 7 e a 3. (b) Vedi , tra le altre , le Venete i563 e 1678
(e) Vedi U nota al canto il dell' Inf. v,rjm, (d) Cant. %%x 3i e segg. della
presente cantica, ^e) Sap. 1 4. (/*; Mtìanu iv. 55 e segg.
Sgo PURGATORIO
4o Cosi y la mia durezza fatta solla ,
Mi volsi al savio duca j udendo il noiné
Che nella mente sempre mi rampolla .
43 Ond' ei cigliò la fronte ^ e disse : come f
Votemi:;! star di qua ? Indi sotrise 9
Come al fanciul si fa eh' è vinto al pome è
46 iPoi dentro al fuoco innanzi mi si mise 9
Pregando Stazio che venisse retro ,
Che pria per lunga strada ci divise .
sangue , end' era intrìsa di straziati animali imbrattando , se ne andò«
Giunse intanto Piramo al pattuito luogo , ed osservate avendo prima
nel polveroso suolo le recenti pedate della partita fiera , indi vcaendo
que* pezzi insanguinati del velo , che ben conobbe della sua amata ,
credendola dalla fiera divorata , disperatamente col proprio pugnale
si trafisse il petto i Mentre giaceva moribondo per ter^a , e già la
morte gli chiudeva gli occhi , sopravvenne Tisbe , e tra te alte acerbe
strida se stessa nominando , riapri Piramo i moribondi occhi a riguar-
darla ; ma di nuovo e per ultimo colla morte chiudendoli , la dispe-
rata Tisbe col pugnale medesimo del suo amante si uccise : ed il san-
gue ivi sparso de' due amanti f^ sì , che il gelso j il quale per lo
innanzi prò duceva i suoi frutti bianchi , pròducesseli di poi vermigli
— Gelso al medesimo significato di gelsa ,0 mora^ pon qui Dante,
/|0 SoUa , per arrendevole ^ piegtievole . Vedi la nota al canto xvi
dall' Tnf. i». a8.
f\'ì Mi rampolla , mi sorge : dal rampollar che si dicono le sor-
genti acque . Vedi il Vocabolario della Crusca.
43 Onft ei crollò la fronte; in atto, io intendo, di beffare, è qua-
si dicesse, ah ah , ho pur trovata V esca per tirarti . On(V e* crollò la
testa leggono l'edizioni diverse dalla Niiloneatina , * compresa quella
del Sig. Portirelli . Tesia e non Fronte leggono parimente 1 Cod. Vat. e
Caet, N.E. — come , j)cr il quid de' T.atini . Vecli Cinonio (a) .
44 Volcmci star di qua? Invito ironico, a dimostrarsi inteso del-
la brama entrata in Dante di essere a qualunque costo colla sua Bea-
trice.
45 Come al fanciul ec, concìosìa che per gola che ha di gustar un
pomo , che mostrato gli sia , si lascia agevolmente condescendere a
far quel che 1' uom vuole . Daniello . Pome e pomo detto degli an-
tichi indifferentemente tanto in rima quanto in prosa vedilo nel Vo-
cabolario della Crusca. * I Cod. Caet. A al. e Chig. , ed altre antiche
edizioni, leggono fantin in vece lìì Jaitciul , N; K.
47 48 C^i^ venisse rtro ec. che venisse dono di me, talmente
che non dividesse me da Virgilio, come aveva (atto prima per lun-
go cammino ; e perciò dissero a Dante le anime nel precedente can-*
to , f . 1 6 , e se^g.
O tu che vai , non per esser più tardo ,
Ma forse riverente , agli altri dopo •
' — " ' ~ ' >- '—.II»
(fl) Parti e, 56 18.
CANTO XXVI!. Sgi
ijg Com' i' fui dentro , in un bogliente vetrO
Gittato mi sarei per rinfrescarmi ;
Tant' era ivi lo 'ncendio senza metro .
52 Lo dolce padre mio , per confortarmi ,
Pur di Beatrice ragionando andava ,
Dicendo : gli occhi suoi già veder parmi •
55 Guidavaci una voce 9 che cantava
Di là ; e noi , attenti pure a lei ,
Venimmo fuor là ove si montava •
58 Venite , benedicti patris mei ^
Sonò dentro a un lume 9 che lì era
Tal , che mi vinse , e guardar noi potei •
61 Lo Sol sen va , soggiunse , e vien la sera ;
Non v' arrestate , ma studiate il passo
Mentre che V occidente non s' annera .
64 Dritta salìa la via perentro 1 sasso
Verso tal parte ^ eh' io toglieva 1 raggi
Dinanzi a me del Sol eh' era già lasso •
E dee ciò volere Virgilio, acciocché Dresentandosi a Beatrice , dal-
la quale gli era stato Dante raccomandato [a) , vedesselo vicino non
ad altri che a se medesimo . Di questo nuovo ordine voluto da Vir-
gilio tra essi nel camminare, ^1 interpreti o non ne fanno parola
o non ci dicono che sottili mistichitadi . Vedi per cagion d' esempio
il Landino e il Vellutello .
49 5o 5i Com* io fui dentro la Nidobeatina , come fui dentro V
Mitre edizioni — In un bogìiente ec. Tanto era senza metro , smisurato
1' ardore di quel fuoco , che il bogliente vetro in paragon di quel-
lo , sarcbbemi parso un fresco liquore.
57 Fuor fuori delle fiamme — là ove si montava , là dove era la
scala per montar sopra .
5q 60 iSo/iò , vociferossi — .cA^ à era y tal^ eh* era ivi tanto ri-
splendente — cìie mi vinse , che mi sforzò a voltar via gli occhi
61 Soggiunse , la voce medesima , intendi , che si èra fatta senti-
re dentro quel lume .
63 Mentre che Voccidente ec. mentre che nell' occidente appar vesti-
gio di Sole , mentre che non è affatto notte . Fa loro così risovve-
nire la legge che v'era in Purgatorio , che non potessero di nottetem-
po muovere 1* anime all' insù nemmeno un passo (^ì .
65 ^ yerso tal parte eh* io ec. Essendo il Sole nell'atto di coricar-
(a) lof. li. 53 e segg. (b) Vadi Parg. vii 49 < <^SS*
S^a FURGATORfO
67 £ di pochi scaglion levammo i saggf ,
Che 1 Sol corcar, per V ombra che si spense^
Sentimmo dietro ed io e gli miei saggi .
70 E , pria che 'n tutte le sue parti immense
Fosse orizzonte fatto d' un aspetto 9
E notte avesse tutte sue dispense ,
73 Ciascun di noi d' un grado fece letto ;
Che la natura del monte ci aflfranse
La possa del salir , più che 1 diletto .
76 Quali si fanno ruminando manse
Le capre y state rapide e proterve
ti , se mentre saliva Dante la dritta scala mandaya V ombra aaa di-
nanzi a se stesso , dunque dìrigevasi quella scala verso oriente —
iiel Soly eh* era già laiso . Lasso appella il Sole che si corica , suppo-
nendo poeticamente che si corichi per istanchezza del diurno fatto
correre . Alcune edizioni però in luogo di lasso leggono basso : * e
così 1 codd. Vat. e Chig. N. £•
0,7 Lessammo i saggi , vale quanto pigliammo assaggio yf ecimo V asr
saggio i la prova»
68 i^^r r o/ii^Ai , cagionata dal corpo di Dante.
09 Sentimmo per conoscemmo , intendemmo , ci accorgemmo . Del
sentire a questo senso vedine esempj parecchi nel A'ocabolario della
Crusca sotto esso verbo 5. 5. — g/i miei saggi, \irgilio, e Stazio.
70 71 ^ pria ec. E prima che V immenso giro dell* orizzonte fos-
se intieramente annerito , anche cioè in quella parte dove il Sole di
fresco tramontato cagiona qualche chiarore * Prima che tutte ec. »
il cod. Antald . N. E.
72 E notte avesse tutte sue dispense , dee valer quanto e fosse la
notte da per tutto dispensata , cioè distribuiti .
^3 Di un grado fece letto , ponendosi a giacere sopra uno di quei
scaglioni . Venturi .'
74 75 Che la natura ec. Perocché la ripidezza , o altra naturai
proprietà di questo sacro monte , che impeaiva il salir di notte , ci
affranse e ci tolse , non già il diletto , ma la lena e possibilità di sa-
lire . Il Vellutello sfiora la grazia di questo senso con fare il diletto
nominativo , considerando , che ancora il diletto può rendere le per-
sone spossate; ma considerandolo poco a proposito . Venturi. Ma se
a torto il Vellutello pensa cos\ , non mi pare che a dritto dire si
possa , che togliesse la natura del monte la possa del salir , pili che
li diletto, quando del diletto nulla restasse tolto. Direi io adunq[ue
che togliesse anche del diletto medesimo , quello cioè che nel salire
provavano : ma , perocché la possa del salir restava affatto nulla , e
restava loro gran diletto ancne dal trovarsi ov' erano, perciò dice
Dante che affranta rimanesse più la possa del salire che il diletto •
76 * Quali si fanno : il Con. Cast, legge si stanno . K. E.
e A K T o xxvtr. 395
Sopra le cime , avanti che sien pranse ,
79 Tacile air ombra mentre che 1 Sol ferve ,]
Guardate dal pastor che 'n su la verga
Poggiato s' è , e lor poggiato serve ;
8a E quale il mandrian , che fuori alberga
Lungo 1 peculio suo , queto pernotta ,
Guardando perchè fiera non lo sperga ;
85 Tali eravamo tutti e tre allotta ,
Io come capra , ed ei come pastori ,
Fasciati quinci e quindi dalla grotta .
88 Poco pò tea parer lì del di fuori ;
78 * avanti leg^e il P. L. in vece di prima della Comune ; e pol-
che Io vediamo seguito dal Sig. Portirelli convieu credere , che ritro-
visi nella Nidobeatina . N. £• — Pranse vale pasciute , satolle dal la-
tino pransus*
Si E lor poffgiato serve intendi guardandole dalle fiere, come tre
▼ersi di sotto dirà farsi dal mandriano verso del suo Peculio . * il
CoD. Càet. ed il Can. ])ionisj leggono invece e lor di posa ser*'e ,
che può esser seguito dall' interpretazione , che quando il Pastore si
ferma , è come un segnale di riposo per le capre ec. cosa che par
naturale . Ma nel conflitto delle opinioni rifuggiamo alla I«iidobea-
tina. N« E.
82 83 Mandriano , custode della mandra , del gregge — che /uO'
ri alberga , che sta fuori delle sue case in campagna aperta . — Lun'-
go il peculio suo, vicino alla sua mandra — pernotta , veglia , dal La-
tino pemoctare , interpretato vigilare (a) . * Il Con. Caet. legge il f.
83 Lungo 7 pecuglio et quieto per noeta N. E.
85 86 .allotta per allora adoprato dagli scrittori in prosa e in ri-
ma . Tedi il Vocabolario della Crusca . — Io come capra : solo esso
Dante aveva bisogno di riposo , e perciò di custodia , per aver seco
di quel d^ Adamo , giusta la frase a altrove {h) .
87 Fasciati , per serrati — quinci e quindi da ambo i lati — dal"
la grotta, dalle pareti della buca, della sfenditura, dentro della qua-
le saliva la scala . * />' alta gi^tta , il cod. Vat. N. E,
88 Poco potea parer h del dìj'uori: poco ivi per la strettezza e
profondità della sfenditura poteva vedersi del di fuori , di anello ch'era
di fuori . Di ( chiosa il Venturi ) in questo luogo signinca cielo : e
vuol dire, che poca parte del cielo ne compariva scoperta. In qual-
che edizione ( *e nel cod. Antald. N. E. ) leggesi : Poco potea parer
lo del ili fuori , Ma e il pensamento del dì pel cielo, e il non di-
spiacergli cotal varia lezione, eli etti furono del non sapere, che all'
avverbio di fuori si antepose qualche volta 1' articolo {e) : imperoc- «
(fi.) Vedi Kob. Stefano nel Tesoro della lingna Latina . r^^) Purg. ix. i««
(e) Vedi Cinoa. Par ti e» 87 7.
594 PURGATORIO
Ma , per quel poco , vedev' io le stelle
Di lor solere e più chiare e maggiori .
gì Sì ruminando , e sì mirando in quelle 9
Mi prese '1 sonno ; il sonno che sovente y
Anzi che 1 fatto sia , sa le novelle •
94 Neir ora credo che dell' oriente
Prima raggiò nel monte Citerea ,
Che di fuoco d' amor par sempre ardente ^
97 Giovane e bella in sogno mi parea
Donna vedere andar per una landa
Cogliendo fiori ; e , cantando , dicea :
100 Sappia , qualunque 1 mio nome dimanda ,
che il di per cielo non sì trova mai detto , e del ili fuori rorrebbc
per corrispondenza un ciel di dentro.
* I CoD. Val. Chig. e Caet. leggono questo verso Poco parca A
. — ___ queste
getto . iJ. E. ^
?9 90 ^a per quel poco , intendi , die di fuori aoparisfa — sole-
n, in forza di nome, per uso, per solito* Questa che dice Dante
maggior chiarezza delle stelle vedute da quella scala in capo della
quale era il terrestre Paradiso (a) , corrisponde al descrivere che fa
S. Basilio esso Paradiso ; Locum praelustrem , et spectatu dignissimum ,
et qui ob sitits celsitudinem nulla tenebrescit caltene ; q tappe quem exo-
rientiiim sìderum splendor illuminat , et undique suo lumitie circumfun-
^'l (b), ♦ £• piìi alte e mag^ori , il cod. Vat. N. E.
91 S'i ruminando^ e sì ec. Mentre mi stava cotale insolito splen-
dore e grandezza delle stelle meditando , e nelle stelle medesime fìs-
*' gli occhi tenendo. Del verbo ruminare adoprato metaforicamente
per tiandar col pensiero , o sia meditarej vedi il Vocabolario della Cru-
sca . ♦ £ rimirando in quelle , il cod, Antald. N. E.
93 Sa le noK'elle , per ne ha notizia .
94 95 JYeir ora credo che delF ( per dalP ) (e) oriente prima , an-
teriormente n\ Sole, raggiò nel monte j del l'urgatorio, Citerea , Ve-
nere ( la stella ) antonomaslicamente Citerea a|>pellata dal culto che
3 nella dea riscosse nelP isola Citerà . Nota Dante cotal ora , coinci-
ente coli' aurora , allusivamente ali* antica persuasione che i sogni
fatti in quella parte di tempo sieno veritieri . \ edi ciò che sopra que-
sto particolare si è detto Inf. xtcvi 7 e Pur. ix i.
96 Che di fuoco ec. che col singoiar carattere , che tra le erranti
stelle ottiene , di scintillare vivamente , sembra che arda sempre d'a-
moroso fuoco .
98 landa , pianura ( vedi Inf. xiv 8 ) , qui per prato ,
(a) Vedi il canto segneote f^, jfì e segg. (b) Uomil. de Farad, Terrestm
(e) Vedi CinoD. Fartic. 81 la.
CANTO XXVII, SgS
t!h' io mi son Lia , e vo movendo 'ntorho
Le belle mani a farmi una ghirlanda •
ìo3 Per piacermi allo specchio qui m' adorno;
Ma mia suora Rachel mai non si smaga
Dal suo miraglio , e siede tutto giorno •
i 06 Eir è de' suoi begli occhi veder vaga ^
Com' io dell' adornarmi con le mani ;
Lei lo Vedere , e me l' ovrare ^ appaga •
k 09 £ già per gli splendori antelucani ^
Che tanto a i peregrin surgon più grati ,
loi ioa Lia figliuola dì Laban , prima moglie del patriarca Gìa«
cobbe , intesa per V azione , o sia vita attiva • Volpi . li fare alla purga-
zione de' peccati sopravvenire la vita attiva intesa per Lia , dee alludere
a quel del salmo 35. Diverte a malo, et Jac bonum — e vo movendo
intomo le belle mani ec, accenna V azione , e la corona che ci otter-
rà in Paradiso il merito delle buone operazioni.
io5 Per piacermi allo specchio : per trovai'mi bella allorché mi
specchierò in Dio*
io4 io5 Mia suora Bachel, fislia dello stesso Laban , e seconda
moglie del Patriarca Giacobbe , iigura della vita contemplativa (a)
— mai non si smaga , non si smarrisce , non si toglie — dìal suo mi'
raglio, dallo specchio suo, eh' è Iddio ^ tutta occupandosi nella di-
vina contemplazione . ammiraglio in vece di miraglio leggono l'edi-
zioni diverse dalla Nidobeatlna * e il cod. Vat. N. E. ' — Leggono però
colla Nidobeatìua miraglio anche ventidue testi manoscritti veduti da-
gli Accademici della Crusca : e non si trovando della voce ammira-
glio in significato di specchio ( come certamente qui significherebbe )
altro esempio che questo stesso , perciò dubbioso ; ragion vuole che
preferiscasi mirarlo, e si lasci ammiraglio altrove scritto (b) a sigtiì-
iìcare capitano d' armata navale. * Anche il Cod. Gas. legge ntim-
glio, ed il P. Ab. di C. riflette con buona critica , che il Voci della
Cr. Ila stabilito male a proposito che la voce Ammira^io significhi
specchio sul solo supposto che Dante l'abbia usata in questo verso. A'e-
cli C. XXX 58 ove Ammiralo sta per comandante di Una flotta > il P«
L. lesse forse colla Nidob. al v, io5 tutto il giorno in vece di tutto
giorno dell'altre edizioni tutte. Non avendocene però egli giustifica-
la la lezione , crediamo conveniente di sopprimere sull'esempio gctic-
rale , e particolarmente delle recenti Edizioni, qUelPinutilissimo il* N*E.
100 E ir e (le^ suoi begli occhi ec. Esso fa le sue delizie in mirare,
in riconoscere , hello specchio suo Iddio, i bei lumi che le compar-
le — De* suff begli occhi leggono 1' edizioui seguaci di quella della Cr.
* io8 E me r ornare appaga, \\ cod. Antald. , e T illustre posses-
sore vi annota : cosi il cod. f\ , e f edizione ili Vìndelino . Ornare me-
glio corrisponde agli antecedenti , m' adorno , d' adomarmi . N. E.
109 Splendori antelucani, quel chiarore che si fa iu ciclo, poco
(a) Vedi fnf. zi 102. ip) Parg. zlii iS^ sxs 58.
^ PURGATORIO
Quanto , tornando , albergan men lontani f
iia Le tenebre fuggìan da tutti i lati^
E '1 sonno mio con esse ; ond' io levami f
Veggendo i gran maestri già levati •
ii5 Quel dolce pome, che per tanti rami
Cercando va la cura de' mortali ,
Oggi porrà in pace le tue farai .
118 Virgilio inverso me queste cotali
Parole usò ; e mai non furo strenne ,
Che fosser di piacere a queste iguali .
lai Tanto voler sovra voler mi venne
Deir esser su , eh' ad ogni passo poi
Al volo mi sentìa crescer le penne •
pnma che nasca il Sole 9 appellato alba. Antelucani è yoce Latina.
VOLPI •
III Tornando , intendi , alla patria — men lontani da essa pa-
tria. * I CoD. Càet. Vat. e Chig. legeono^^fù lontani ^ ed il primo in
margine ha : aliter , men • Quel più lontani per verità non ci di-
spiace , aspettandosi ansiosamente il mattino quando s' ha a fare un
Viaggio non tanto breve . Qualche Editore dopo di noi chi sa che
/ non gli dia luogo nel Testo ? N. E.
114/ fC^^ maestri f \irgilio e Stazio.
II 5 116 117 Quel dolce pome ec. Il sommo, e vero bene, che
gli uomini solleciti di posseaerlo van cercando per tanti rami , dove
none, quante sono le cose mondane, che desiderano conseguire con
tanto d' ansia , non scoprendone prima della esperienza , e ne disin-
ganna , la verità , porrà in pace le tue fami , le tue brame , che saran-
no appagate. Venturi. Pome ^ e pomo indifferentemente detto per
frutto d' ogni albero vedilo nel Vocabolario della Crnsca .
119 iQo Mia non furo strenne <, che fosser ec. Strenne dee aver
Dante qui scritto per epentesi in grazia della rima in vece di strC"
ne^ dal Latino sirena ^ che significa regalo x e vuole perciò dire, che
mai a nissuno fu fatto regalo di maggior piacere di quello fosser a
1 lui le parole dettegli da Virgilio .
Il Landino chiosa , che strenne in lingua lombarda significa
monde: ma se tal voce non era del Lombardo dei tempi del Lan-
dino , del presente la non è certamente . Il Vellutello , Daniello » e
il Venturi diconla voce Francese: scrivendo però i I-rancesì estreine
pare che con mageior sicurezza possa dirsi voce Latina accorciata
d' una n in grazia della rima .
121 Tanto voler ec, tanto la brama, che già era in me, si ac-
crebbe .
125 Al volo mi senùa ec. Metaforicamente, in vece di mi sentìa
crescere la lena a camminare, Kel riferito modo leggendo la ^tido-
CANTO XXVII. jc^J
4^4 Come la scala* tutta sotto noi
Fu corsa , e fummo in su '1 grado superno ^
In me ficcò Virgilio gli occhi suoi ,
1 27 £ disse : il temporal fuoco e l' eterno
Veduto hai , figlio , e se' venuto in parte 9
Ov' io per me più oltre non discerno.
i3o Tratto t' ho qui con ingegno e con arte »
Lo tuo piacere omai prendi per duce ;
Fuor se' dell' erte vie , fuor se' dell' arte .
i33 Vedi là il Sol che 'n fronte ti riluce;
Vedi r erbetta , i fiori , e gli arboscelli ,
Che quella terra sol da se produce .
heatitia e tutte V antiche edizioni , è piaciuto agli Accademici delU
Crusca , per V autorità di soli dodici mss. , di leggere in cambio Al volo
mio senùa ec» Oltre però la contrarietà di tutte V edizioni , e del maggior
numero degli altri mss. pur da essi Accademici consultati , piò di no-
vanta , non lascia cotal lezione cosi bene come la nostra intendere , che
sieno le penne e il x'olo detti metaforicamente ; e malamente col volo
propriamente inteso confacendosi i passi , soffrono queste parole mag-
gior contrasto colle immediatamente precedenti ad ogni passo .
177 // temporal fuoco ec, il fuoco del l'urgatorio, e dell'Infer-
no , perocché nel 1 urgatorio vi stanno le anime un dato tempo so-
lamente , e neir Inferno vi hanno a stare per tutta V eternità .
lag Ov* io per me pili oltre ec, dov' io dame solo più non veg-
go , cioè piii non ti posso instniire . Farla Virgilio in cotal modo a
significare, che la naturai ragione, di cui egli è figura , bensì richie-
desi nel cono5ciniento delle celesti cose ; ma che da se sola , senza
l* ajuto dei lumi che nella teologia somministra la fede , non basta .
i3o Con ingegno e con arte i adoprando verso di te i lumi tutti
somministratimi e dall'ingegno mio, e dall'arti da me studiate.
i3i Lo tuo piacere omai ec. ora che'l tuo piacere è reso lon-
tano da ogni rea passione , puoi tu fartelo tua sicura guida ,
iZi Erte i ripide — arte ^ strette dal Latino arctus.
i35 Vedi il Sole la Nidob. , vedi là il Sol ^ l'altre edizioni * e
il cod. Vat. e il Chig. che noi seguiamo per maggior efficacia di
espressione e di verso . N. E. — che in fronte ti riluce . Se mentre sa-
livano i tre poeti quella dritta (a) scala iì cadente Sole ferivali nel-
la schiena ( £} , consiegue certamente che, se dopo di avere su per
la medesima scala pernottato , eiungono al di lei sommo mentre na-
sceva il Sole , dovesse questo ferimeli in viso .
i54 ArhosceUi la Nidodeatina , arbiiscelli l'edizioni della Crusca,
e le seguaci*
1^0 Sol da se produce: senza alcuna semenza; onde dirà nel se-
guente canto (e) :
(a) Vedi €4. (b) Vei^. SS • segg. (e) Vers. 68 e segg.
4oo PURGATORIO
Ch'agli occhi temperaTa il nuovo giorno ;
4 Senza più aspettar lasciai la riva ,
Prendendo la campagna lento lento
Su per lo suol che d' ogni parte oliva •
7 Un' aura dolce , senza mutamento
Avere in se 9 mi fer\a per la fronte
Non di più colpo che soave vento ;
10 Per cui le fronde , tremolando pronte ,
Tutte quante piegavano alla parte
U' la prim' ombra gitta il santo monte ;
j3 Non però dal lor esser dritto sparte
Tanto, che gli augelletti per le cime
umana spezie. Buti (a) — spessa e viva ^ piena d'alberi, d'erbe, e
di fìori , e tutti vivissimi', senza mistura d'appassimento o seccume
alcuno .
5 j^gli occhi temperava il nuovo giorno. Il verde della foresta
temperava la luce , o la luce del nuovo dì temperava e rendeva pih
chiaro il cupo verde della foresta : e vi è una anfibologia , non so se
a bella posta dall' autore cercata , o voluta ; ma certamente graziosa ,
come quella di Terenzio néiV Hecjm: omnes socnts oderuni nurus,
VlKTURI .
4 5 Lasciai la riva Prendendo la campagna : mi discostai dalla
riva del monte , avviandomi per quella pianura .
6 Oli^a da olirei che spiega il Vocanol. della Cr. gettare, e ren'
dere odore • Quello però cne tra gli altri esempj arreca il Vocabol.
atesso del Galateo iVb/i si vuol ne putire , ne olire , conferma ciò che
Dante qui suppone, che olire ^ senz' altro aggiunto, vaglia spirar
buon odore .
7 8 Senza mutamento Avere in se : la quale in se ninno muta-
mento aveva , non essendo ella sottoposta ad alcuna alterazione o
perturbazione , che maggiore , o minor la reiiilesse . Daniello . — mi
jerin per la fronte , mi spirava la faccia : perocché vegnente da Orien-
te, al quale era volto {b) . La cagione poscia di questo venticello la
dirà in questo medesimo canto i'. io3. e segg.
9 Non di pili colpo ec. , non di maggior forza di quella abbia
un zcfiretto soave .
II 12 Alia parte U* la prinC ombra gitta ec: alla parte occiden-
tale , dove non solo quel monte , ma ogni corpo necessariamente al
primo lume del nascente Sole getta la nrim' ombra . Dell' i/' per dove
vedi Cinonlo [e) , * Prim' onda , il eoa. Val. 1>J. E. — Santo monte ap-
pella il monte del Purgatorio , perocché abitato da anime elette •
i3 i/j i5 ìVon però da loro ec; non però dal vento erano quel-
(a) Riportato nel Vocabolario della Crusca alla voce foresta . {k) Vedi
Il canto precedante , verso i33. (f) Partic, I93 12.
e AN T O XXVIII. 4oi
Lasciasser cV operare ogni lor arte ;
16 Ma con piena letizia l' ore prime ,
Cantando , riceyèno intra le foglie,
Che tenevan bordone alle sue rime
19 Tal, qual di ramo in ramo si raccoglie
Per la pineta in sul lito di Chiassi,
ie fronde tanto dal loro diritto stare sparte ( ad ugual senso di spar^
tiie 9 alloiitannte; o fors* anche la medesima voce spartite , cosi per
sincope pronunciata ) tanto cioè dal vento non si spiegavano , cne ,
come ne venti impetuosi tra noi avviene , si nascondessero , e muli
se ne stassero gli augelietti .
16 17 Ma con piena ec. . Costruzione . ^fa ricevieno le prime ore
con piena letizia ^ cantando intra le Jb^ie . Il Daniello per le prime
orcy intende le prime ore del giorno; ed il Venturi i primi raggi.
Io però ho qualche dubbio che non adoperi Dante ore per aure y
come adopraio il Petrarca nel sonetto i43.
Pormi d' udirla > udendo i rami , e V ore ,
£ le frondi , e gli augei lagnarsi ec.
Ma o il vento , o il tempo , che per 1' ore s* intenda , torna sempre
meglio che intendere col Landino e col Vellutello , che le ore sieno
soggetto del canto , e non del ricevimento , chiosando che gli uccelli
cantassero le prime ore; a similitudine (v'aggiunge particolarmente
il \ellutello ) che Ja la chiesa ^ la qual a tal ora canta prima, terza ,
e sesia . '*' Il Biagioli è di contraria opinione : e con un bel passo di
Boccaccio sostiene che sono le prime ore del giorno che cantano ,
e non T aure del Lombardi. N. E. — Hicevieno legge la Midob. , ed
altre antiche ediz. , riceveanoV eùìvL. della Crusca, e tutte le moder-
ne seguaci : ma s' accordano poi le ultime colle prime a legger par^
rieno in questo medesimo canto v» 29. , e movieno nel canto seguente
t^, 59. * Aiceveano y il cod. Chig. , ricevèno y il cod. Vat. N. E.
18 Che , le quali foglie col mormorio in esse cagionato dal ven-
ticello , tenevan bordone alle sue rime , facevano il contrabasso al cau-
to degli augelietti . Del verbo tenere per Jare ne abbiam esempj an-
che in altre espressioni, in quelle esempigrazia di tener conto y per
far conto, Jare stima: tener negozio per far negozio ec, e fare bor-
done in vece di tener bordone disse V Allegri : E fa bordone alla zanh'
pogna mia (a) : e tenere o far bordone per fare il contrabbasso ; d«e
esser detto dalla piva , e sia cornamusa , la di cui più grossa e più
lunga canna , quclìa che , mentre le altre più picciole si tasteggiano
a formar varie voci , con grave invariato tuono suona il contrabbas-
so, appellasi bordone; e perciò disse il Berni . Geme^ che par d^ una
pis^a il bordone [b) . Bordi) appellasi cotale canna in Lombardia . '*' li
Cod. Caet. legge /àcevaw bordone; e il Chig. alle lor rime, K. E.
l'oco soddisfacenti mi sembrano a questo verso le chiose degli
altri interpreti , e nientissimo quella del Volpi . Tener bordone , so*
stener la musica con quella voce che si chiama tenore.
19 20 21 Tal y tal bordone, tal mormorio — (piai si raccoglie ^
■^ . Il
(n) Cosi il Vocab della Cr. alla voce bordone , (b) Così il medesimo , ivi.
. .i. Ce
I,oì PURGATORIO
Qnand' Eolo scirocco fuor discioglie .
aa Già m' avean trasportato i lenti passi
Dentro all' antica selva tanto , eh' io
Non potea rivedere ond' io m' entrassi .
a5 Ed ecco il più andar mi tolse un rio ,
Che 'nver sinistra con sae picciol' onde
Piegava V erba che 'n sua ripa uscio .
a8 Tutte V accjue , che son di qua più monde ,
(Sii spnso del Teatino se recipii \ quale srorre , di ramo in ramo : essen*
(io il monnorio cai(ionato dal vento , il quale, come 1' esperienza in-
distrutto, ed ove a* giorni nostri ancora v' *• una vastissima pineta^
o sia selva di pini . QuancT Eolo, Re de' lenti ^fuor disviale sci-
rocco , scioglie dalle catene , e manda fuor della sua grotta il vento
scirocco . * Scilocco fuor scioglie , il cod. Chig. N. t.
23 antica sewa , perocché fatta da Dio fìn dal principio del
mondo per abitazione dfeir uomo innocente . * Scisma antica , il cod.
Vat. N. E,
* a/j Ov* io m* entrassi , il cod. Vat. N. E.
a5 i6 ^7 £d ecco il piii andar mi tolse , m* impedì V andar più
oltre. Fd ecco piìi andar senza la particella i7, leggono T edizioni di-
verse dalla Nidobeatina ( * e il cod. Vat. N. E. ) , diflormeraente però
da quegli altri versi del medesimo nostro Poeta .
Che del bel mante il corto andar ti tolse , (a)
E se V andar più oltre e* è negato • (^)
Un rio 'ni*er sinistra ec. Essendo alT uomo giustificato rammaricante la
memoria delle commesse colpe, ed all'opposto gradevole essendo la
ritnembranza delle falle opere buone ; volendo perciò Dante dispor-
re 1* anima a passare slal terrestre al e<"lesle l^aradiso , ove tutto lie-
to esser conviene , fa che da essa tolgasi la memoria delle commes-
se colpe, e ravvivisi in vece nella medesima la nmembranza delle
fatte opero buone. Deputa egli a questo effetto due rivi , che dalla
medesima fonte in contrarie direzioni si dipartono . Uno , eh' è il pre-
sente , fa colle sue acque 1' effetto di togliere la memoria de' peccati;
e perciò Lete appella (e) dal Greco vocabolo Xttd-ti , clie obblivione
significa : l' altro ravviva la memoria delle opere buone , ed appella
Eunoe (d) , vocabolo ( chiosa il Aolpi) di Greca derivazione, che può
significar buona mente, L perocché il luogo del peccato sarà nel fnia-
le giudizio alla sinistra ne' reprobi , e quello delle opere buone sarà
alla destra negli eletti (e) , perciò il presente rivo, scorrente a toglie-
re memoria del peccato , fa scorrere im^er sinistra , ed in contraria
parte, o sia verso la destra, quell' ìtltro {/) — che'n sua ripa uscio
(a) Inf. iJ I20. (b) Inf. vili. loi. (e) Verso i3o del canto presente ,
• 96 del canto xxxiii. (d) Verso i3i (e) Matta, 25. (/) Vcrù 126 e segg.
CANTO XXVIII. /,</j
Parrieno avere in se mistura alcuna ,
Verso di quella che nulla nasconde :
3i Avvegna che si muoya bruna bruna
Sotto r ombra perpetua , che mai
Raggiar non lascia Sole ivi ne Luna .
34 Co' pie' ristetti , e con gli occhi passai
Di là dal (ìumicello , per mirare
La gran variazion de' freschi mai ;
37 E ,là m' apparve , sì com' egli appare
Subitamente cosa che disvia
( uscio per ascia , ecallage in grazia della rima ) , che spuntava dal-
la sua ripa e toccava V acqua . ^ Jtiva il cod. Cbig. N. lì.
* 29 Parrian aver^ il cod. Vat. N. E.
5o Che nulla nasconde , lasciando per In sua limpidezza trasparire
chiaramente tutto ciò eh' è sotto di essa ;
3i 32 33 Astenga che ec» Lo scorrere V acqua bruna y cioè in luo-
^o ombreggiato , e lasciar nondimeno, come nel t^. 5o. ha detto , tra-
sparir tutto quello che ha sotto di se , è ciò argomento di maggior
mondezza — Sotto V ombra perpetua , intende cagionata dalla selva, che
spessa ha di già detta nel v, ti. ^ folta appellerà nel io8, di questo can-
to raeàes^itìo • Friu:tuosis nemoribus opacatum descrive il Paradiso ter*
restrc anche S. Agostino (a) . Col fatto che pone Dante nel fine della
presente cantica {b) , che il drappello delle virtù non uscisse dai li-
miti deir ombra della selva, ne 1';^ capire di valersi egli della mede-
sim* ombra a signifìcare il nascondimento che dee V uom procurare
delle proprie virtù; e perciò intenderem' qu\ pure per T ombreggia-
mento deir acqua l.etèa volersi nelT ombra del nostro interno cela*
<i gli spirituali doni che Dio comparte .
* 34 Co' pie , colli ocelli ristretti passai , il cod. Vat. N. E.
35 Di là dal Jiumicel, per ammirare la Nidob. ,/)/ là daljiumicel'
10 per mirare V altre edizioni , * e il cod. Vat. , che noi segniamo .
Jtimirare il eoa. Chig. N. E.
36 La gran variazione ec. la gran varietà de' verdi e fronzuti ar-
boscelli . Il maio si chiama in Toscana un bel verde e gran ramo ^
che i primi giorni di tal mese si soleva nei contadi porre dagl' innamo-
rati agli usci e fenestre delle lor dame : e di qui viene la parola am-
nudare , ammalo ^ che ancor si dice in Toscana: e ai tempi nostri più
moderati in certe terre il primo dì di maggio si mette il maio in qualche
piazza o contrada più frequentata , come iu ho visto e sentito nominarsi
maio tal albero posticcio in popolazioni di ottimo dialetto Toscano .
11 Volpi nel suo indice, seguendo la Crusca , asserisce maio esser sorta
dialberoalpino, ma preso qui dal Poeta per qualunque pianta. Venturi.
* 3^ £ là ci apparile, i codd. Vat. e Chig. N. E.
3S 39 Cosa ^ che disiala Per marai^iglia ec: cosa , che colla sua
(/i) De Gtntsi ad Ut* libi % cipi i. (f) <"ant. sxsixi v* io(ì e itn.
tea
/|0i PURGATORIO
Per maraviglia tutt' altro pensare ,
40 Una donna soletta , che si già
Cantando , ed iscegliendo fior da fiore
Ond' era pinta tutta la sua via .
43 Deh I bella donna , eh' a' raggi d' amore
Ti scaldi , s' io vo' credere a' sembianti
Che soglion esser testi mon del core,
maraviglia richiamando a se tutta la mente , €Ìisi'ìa tati* altro pensa'
re , caccia ogn' altro pensiere che prima nella mente fosse .
40 Una donna . Questa è Mateida , di cui il Poeta aspetta a pa-
lesare il nome al verso 119. del canto xxxm. di questa cantica , quan-
tunque di lei ne' canti a questo susse«^uenti quasi del continuo ra-
gioni . Per essa è certo , che il Poeta intende la vita attiva . Chi poi
ella si sia, è difRcile il risaperlo. 1 comentatori , tirando a indovi-
nare , suppongono essere la gloriosa e tanto della Chiesa e dell* Italia
benemerita contessa IVIatilde , di cui vedi Frilncesco Maria Fiorentini
nel libro delle recenti notizie di lei • Venturi •
Mateida la conlessa Matilde appella anche Gio. Villani (a) . 0
la sia però questa che Dante qui introduce la contessa medesima , ov-
vero un altro soggetto , non si può dubitare che la non sìm un sog.
getto diverso da Uà la sorella di Hachele ; e che peiciò, avendo Dan-
te poco anzi fìgurata già la vita attiva in Lia {h) , se non istucche-
volmente tornerebbe qui a figurarcela in altro affatto nuovo soggetto ,
Lasciando adunque da parte la vita attiva, altro carattere dee nella
Mateida nostra ricercasi .
Nella storia di Matilde , la nominata contessa , il carattere che
più di tutti ci si presenta innanzi e ne salta , per cosi dire, negli
occhi , è la grande propensione ed affetto eh' ebbe essa per santa
C:hiesa: e come generalmente in chiunque si mette ad arte o scienza,
per fare in quella profitto , è necessario prima di tutto che alla me-
desima arte o scienza V introduca ed accompagni affezione, cosi ne-
cessario essen<lo a chi vuole nella Chiesa profittare V amore verso
della medesima , quest* affezione direi io intesa àA poeta nostro nella
presente prima donna , che gli si fa innanzi , e V introduce , e sempre
accompagnata in questa divina foresta , tipo , com' è detto (e) , della
(.hiesa .
A questo significato allude molto bene il terzetto seguente :
Dtk ! bella donna , eh* a* raggi d* amore
Ti scaldi , 1' io vo* credere a* sembianti ,
Che soglion esser testimon del core ,
Iniendendo cioè per sembianti gli egregi fatti dell* illustre donna in
prò di santa Chiesa, e vi allude altresì il e i. del canto seguente
Cantando come donna innamorata .
41 Cantando ed iscegliendo ec: atti , possono intendersi , diretti ad
innamorar Dante di quel luogo .
(a) Cron. lib. 4 cap. 17. , ed altrove in pib luoghi . {b") Nel 6ne del
canto precedente ^f, xoo e segg. (e) Vedi la Ragione premesta alle note del
presente canto .
CANTOXXVItl. 4o5
46 Vegliati voglia di trarreti avanti ,
Diss' io a lei , verso questa riviera ^
Tanto eh' io possa intender che tu canti .
49 Tu mi fai rimembrar dove e qual era
Proserpitia nel tempo che perdette
La madre lei , ed ella primavera .
02 Come si volge , con le piante strette
A terra ed intra se , donna che balli ,
E piede innanzi piede a pena mette ;
55 Volsesi 'n su' vermigli ed in su' gialli
Fioretti verso me , non altrimenti
Che vergine che gli occhi onesti avvalli ;
46 47 Trarreti , intiero del sincopato trariiy che piìi frequente-
mente adopriamo. — Hiviera per rho . Volpi .
* /\S Che, supplisci ciò : ciò che. Biagìoli N. E.
49 5o 5i Tu mi fai rimembrar ec. Tu rai fai risovvenire dove , e
t|ualeera Proserpina , cioè 1' amenissimo prato , dov* era , e la bellis-
sima , innocentissima donzella eh' ella era nel tempo che [u da Wu-
tone rapita , e la sua madre Cerere perde lei , ed ella i fiori raccolti ,
che con dispiacere della semplicetta le caddero di grembo: allude ai
vaghi versi d* Ovidio nel lib. 5. delle Metamorforsi {a)
ColUcti fiores tunicis cecidere remissis ,
Tantaque simpLicitas pueriiibus affuit annis}
Haec quoque virgintum movit iactura dolorem *
Cos\ il Venturi , e così tutti gli altri espositori . lo però per la da
Proserpina perduta primavera amerei d' intendere, non i fiori caduti
a lei ai grembo , ma piuttosto la perduta amena regione onde fu ra-
pita , allusivamente cioè al perpetuum ver eh' Ovidio stesso vi asseri-
sce {b) . * Il Boccaccio nella Fiammetta ebbe in pensiero questo bel
passo di Dante , qunndo scrisse : E così ornata levatami , qua! Proserà
pina allora che Plutone la rapì alla madre, cotale me ne andava per la
nuova primavera cantando . Questi canti xxviit. e xxix. , che sono de'
Siù gentili della divina commedia e per concetti e per lingua , han
ato jgran cose ad imitare non solamente al Foecaccio , ma agli altri
maggiori nostri poeti . Nota di Salvatore Betti . N. E,
5q 55 Con le piante strette ec. : con agile giravolta , senza alzar
piede da terra , ma strisciando solamente , e strette intra se , tra di
loro , Tuna ali* altra , tenendo le piante .
54 £ piede innanzi piede ec. e con piccioli ma lesti passi si mnove.
55 56 67 f^olsesi ec, : aggirò sua persona su quel fiorito suolo ,
e rivoltosi a me ; non però m altr* aria che di virginella , che i casti
occhi abbassi . Avvcdlare per abbassare , adoprato molto da bnoni scrit-
tori anche in prosa , vedilo nel Vocab. della Cr.
■ . ' . ■ . ■ ■ ■■ I II > I r II I ■ ■ ■
(a) Vtrso 399 e segg. (b) Verso 391.
W] PURGATORIO
58 E fece i prieghi miei esser contenti ,
Sì appressai^o se y che '1 dolce suono
Veniva a me co' suoi intendimenti .
(>i Tosto che fu là dove l'erbe sono
Bagnate già dall' onde del bel fiume ,
Di levar gli occhi suoi mi fece dono .
64 Non credo che splendesse tanto lume
Sotto le ciglia a Venere trafitta
Dal figlio , fuor di tutto suo costume .
67 Ella ridea dall' altra riva dritta ,
Traendo pii) color con le sue mani ,
60 Intendimenti, per rnnretti , parole,
6a Giik , è qn\ particella riempitiva , come lo è in altri es«mpj
eh arreca il rinonio (a).
6^ Di ìf*i*ar ^1 occhi suoi , di guardarmi . Vento bi . — mi fece
dono % mi fere grazia .
64 6*) 66 ÌS^on credo che splendesse ec. Suppon«»ndo Pante ciò che
il Daniello avverte, che nefdi occhi delle donne innamorate si ve^a
un non so che di più vivace splendore o bellezza eh* esse non innamora'
te non h^'no^ vuole dire, che quantunque ì ellissimi e lucidi.ssimi
esser dovesspro j»li orchi di Venere innnmornla di Adone , più belli
nondimeno e più lucenti erano pli occhi di Vnlelda : e come di co-
tnlc innnmoran-'ento di tenere fu cagione la casnnlc ferita che fecelc
il proprio fìfjlio Tupido noli' atto ih ahhraccinrla , con una punta di
Strale che usciva^li dal turcasso (h) , e non avonrlo mai Cupido feri-
ta persofia alcuna se non avvedutamente, perciò Dante in vece di di-
re la Don irtrtnmorata di j4done ^ dicola trnftttn dai fit;lìo ^ fuor di
tutto sitn costume , rh* era di sempre con accorgimento ferire .
ti Venturi oltre di nuosto senso , che danno alle parole /i/rjr di
iutto suo costume il T andino e il 'X'ellutpllo , dice potersi le parole
medesime anpìicnre a Venere e sjùetfnre , fùii bella , e con pili \'ii*ace
snlendore di mai, Ta è anzi questa l'unica spiegazione del Daniello:
la costruzione nero , che per questo senso ahhisopnn , connettente lo
splendore in allora detjli orchi di Venere ccm fuor di tutto ^uiO costume,
oltre eh' è dura . lascia poi anche capire elicgli ocrhi di Venenc non
fossero solitamente splendenti.
67 r>air altra nva dritta : alla destra riva , essendo io alla ripa
sinistra rispetto alla corrente del fiume : e non può significar dritta
della persona , perchè Matelda si piegava a coglier fiori ; e chi cosi
spiega , hisogna che s' immagini, che avesse le hraccia lunghe lunghe
Ja per altro hella Mctelda , e mostruosamente sproporzionate. Venturi,
68 Piit color ^ metonimia, per più fiori , come disse Virgilio:
JVvcte tribus nodìs ternos j4maryUi colorvs . Egloga viii 76. * Il Con-
(«) Panie. 114 7. (b) OWd. Metam, x. ia5.
e A N T O X X V I 1 1 . 407
Che r alta terra senza seme gitta -
70 Tre passi ci facea '1 fiume lontani ;
Ma Ellesponto , là Se passò Xeise ,
Ancora freno a tutti orgogli umani ,
73 Più odio da Leandro non sotFerse
Per mareggiare intra Sesto ed Abido 9
Che quel da me , perdi' allor non s aperse .
76 Voi siete nuovi , e forse perch' io rido.,
Cominciò ella , in questo luogo eletto
Air umana natura per suo nido ,
7g Maravigliando tienvi alcun sospetto ;
Caet. , come altri Codici veduti dai Signori Accademici ^ legge: Trai-
iando più color in vece di Traendo, IN. E.
61^ Che V alia ec. ; i quali colori ( i nuai fiori ) produce quell' ele-
valo terreno di per se , srnza hlsoguo clic vi si seminino e coltivino.
7? al 75 Ma FAlesponto y là * ve passò Xersc ec. Xerse , come scri-
ve Lucano, per fornire la guerra cominciata dal padre Dario , fece
sopra lo Kllesponlo ( piccìoi braccio di mare, che divide T Asia dall'
Europa) un ponte su le navi, per lo qual passò in (irecia con ^ette-
centomila \ ersi ; e nondimeno per industria di Temistocle Ateniese
fu rotto , e vilmente con pochissmii de' suoi si fuggi : e giunto nella
fuga al detto ponte , e trovato quello essere stato guasto da' nemici ,
fu necessitato per non venir nelle mani di quelli, come scrive Pao-
lo Orosio , a contentarsi d'una sola piccola barchetta d' un pescatore»
nella quale , non senza gran pericolo di sommergersi , passò quel pic-
ciol braccio di mare, non avendo la fortuna permesso , che in tanta
sua calamità potesse servirsi d' una sola di tante migliara di navi che
condotte avea in tale espedizione, dalle quali parca prima che tutto
il mar fosse coperto . (inde il poeta dice , Xerse esser m\c or freno ,
cioè ritegno, a tutti umani orgo^i ; volendo inferire che, se costui
con tante quasi innumcrabili copie fu rotto da pochi suoi nemici , nes-
suno si denbe insuperbire per trovarsi di forze superiore all' inimico
suo , ma pensar che il medesimo potrebbe avvenire a lui ; e con
questo esempio raffrenar 1' orgoglio e la superbia sua . Piti odio da
Leandro non sofferse . Leandro , secondo Ovidio nell* Fpist. , fu
d^Abido , terra a riva del detto mare dalla parte d' Asia . Costui amava
Ero gentilissima fanciulla da Sesto , terra dall' altra parte dell' Elle-
sponto , su 'l lito d' Europa , e per trovarsi con lei notava questo brac-
cio dì mare : ma sopraggiunto una notte da crudel fortuna , fu da
quella gettato morto ove vivo non era possulo andare . Adunque il
Poeta dice in sentenza, che questo mare non so d'erse pi ii odio da Lean-
dro , per lo impedimento che gli era all' andar ad Ero , che Lete sof-
friva da lui , perchè non s' aperse allora acciò che potesse andar a Ma-
telda . Vellotello . \fa Ellesponto doveri passò Serse , il end. Antald.,
dove passò , il Cliig. N. E. — Per nuireg^iara io stesso che per ond • ;•
giare . \ edi il Vocab. della Cr.
/|08 PURGATORIO
Ma luce rende il salmo Delectasti ,
Che puote disnebbiar vostro intelletto .
82 £ tu , che se' dinanzi e mi pregasti 9
Di' s* altro vuoi udir ; eh* io venni presta
Ad ogni tua question , tanto che basti .
85 L* acqua , diss' io , e '1 suon della foresta
Impugnan dentro a me novella fede
Di cosa eh' io udi' contraria a questa .
88 Ond' ella : io dicerò come procede
Per sua cagion ciò eh' ammirar ti face ,
E purgherò la nebbia che ti fiede .
91 Lo sommo bene , che solo a se piace ,
80 81 Luce rende il salmo Delectasti . Salmo dice per yersetto
del salmo , pe 'l versetto 5 del salmo 91 Delectasti me Domine in
factum tua , et in opeHbus manuum tuarum exultabo . -— Che puote
disnehbinr ec. il quale versetto può dar lume ali* intelletto vostro a
conoscere la cagione per cui qu\ si ride , e si gioisce .
85 8/| Presta , pronta — tanto che basti , aggiunto , credo , allu-
sivamente air avvertimento di S. Paolo : Non plus sapere quam opor-
Ut {a) . *
86 87 * Imnufrna^ i codd. Vat. e Chip. N. E. Novella fede di co-
sa eh* in ec, quella credenza che poco anzi prestai a Stazio , quan-
do mi disse , che dalla porta del Vurgatorio in su non v' eraii pih
né venti , né pioggie, ne brine ec. (/») ; insegnamento contrario al
fatto che qui trovo , dell* acqua che scorre in questo rivo , e del ven-
to che fi) risuonar la foresta .
88 Dicerò . Dicere in luogo di dire , molto anticamente adopra
to , vedilo nel Vocabol. della Cr.
89 Face per /Ji , detto anche fuor di rima , vedilo in Mastro-
fini Teoria e Prospetto de* verbi Italiani (e) .
qo Purgherò la nebbia che HJlede, toglierò l'ignoranza che t'in-
gombra .
91 Lo sommo bene , che solo a se piace : cioè Iddio sommo bene ,
e intera beatitudine, il quale solo a se pince; perchè non essendo
1* intelletto nostro atto per se stesso a salir tanto alto , che possa
considerare quale e quanta sia la perfezion d* Iddio , avviene che egli
non ci piace tanto , quanto ci piacerebbe, se conoscessimo la per-
fezion sua , la quale essendo solamente da esso veduta e riconosciur
In ne seguita eh' egli piaccia solamente a se stesso : e questa è la
vera esposizione , come che altri altramente l' intenda . Daniello .
Meglio però sarebbe a me se si chiosasse Lo sommo bene ec, iddio ,
cui solo la propria gloria piace ; né si può compiacere se non in co-
sa tendente a quella . Lo sommo ben , che solo esso a se piace : leg-
(a) Ep, ad Rom, la. (h) Porgjcxx 46 e segg. (e) Sotto il verbo fare b3-
e A N T O XX vili. 409
Fece r uom buono , e 1 ben di questo loco
Diede {>er arra a lui d' eterna pace .
94 Per sua diffalta qui dimorò poco :
Per sua diflalta in pianto ed in affanno
Cambiò onesto riso e dolce giuoco.
97 Perchè 1 turbar , che sotto da se fanno
L' esalazion dell' acqua e della terra ,
Che quanto posson dietro al calor vanno ,
100 Air uomo non facesse alcuna guerra,
Questo monte salìo ver lo ciel tanto ,
gono r edizioni diverse dalla Kidob. , inserendo cioè queli' esso^ che
non serve ad altro che a produr mal suono .
p^ * Fece r uom bono , e Uben di questo loco legge il Cod. Caet.
ed altri due testi citati dai Signori Accademici, ove il P. L. colla
comune lesse : Fere P uom bono a bene , e questo loco ec. Dal che na-
sceva una cacofonia di senso e di parole ; e mentre gli altri cemen-
tatori chiosnvano , che Dio fece V uomo innocente acciò bene operas-
se , egli preferiva d* interpretar buono al bene nel significato d' idoneo
ai bene . Chi non vede quanto sia più consentaneo al fatto ed alla
ragione, che Dio facesse ITomo buono, cioè innocente e puro > e
che gli di^ per saggio delle delizie del Cielo il godimento del Ter-
restre Paradiso ? Questa è la ragione per cui abbiamo adottato pel
Testo la Lez. e 7 ben. T codd. \at. e Chic, dicono: e bene a questo
luo^o Diede per arra lui tV eterna , il Chig. , V eterna , il Yat. N. E.
93 j^rra , caparra — eterna pace, pe'l celeste Paradiso.
q4 Diffalta per Jallo , colpa , adoprato anche da altri vedilo nel
Vocabol. della Cr. — qui dimorò poco , perciocché non vi stette piii
che da prima insino a nona : cioè dall' alba infino a mezzo giorno ,
coinè nel xxvi canto della terza cantica ne dimostra (a) . Dai^iello .
96 Onesto riso , innocente allegrezza — iiolce giuoco , dilettevole
passatempo .
9j Perchè , affinchè — sotto da se dee valer quanto sotto ad es"
so^ cioè sotto al nominato luogo dato da Dio all'uomo per arra
d' eterna pace . Delle particelle da per a , e se per esso vedi Cino-
nio {b) .
* 98 V esaltazione il Cod. Vat. , Pesultaùony il Cod. Chig. N.E.
p9 Quanto posson ec, 6nchè il calore rende esse esalazioni meno
gravi dell' aria .
loi Questo monte salìo ver lo ciel tanto y intendi, quanto tu hai
per prova nel salinai conosciuto. j4lexander de Hales { riferisce Pere-
rio del terrestre Paradiso parlando ) (e) ait , Paradisum esse in aere
quieto et tranquillo , qui superior est hoc nostrali aere inquieto oc tur-
Dulento : et locum Paradisi esse ubi finis est et terminus exhalationum
(a) Verso i^o e segg. {b) Par tic, 70 2 e 223 a. (e) Disp. in Gen.
lib. i qa. a.
4io PURGATORIO
E libero è da indi ove si serra .
io3 Or perchè in circuito tutto quanto
U aer si volge con la prima volta ,
Se non gli è rotto il cerchio d' alcun canto ;
106 In cfuesta altezza, che tutta è disciolta
Neir aer vivo , tal moto percuote ,
E fa sonar la selva perch' è folta ;
109 E la percossa pianta tanto puote ,
Che della sua virtute V aura impregna ,
E quella poi girando intorno scuote .
iia ET altra terra , secondo eh' è degna
Per se o per suo ciel , concepe e figlia
Di diverse virtù diverse legna .
0t vaporum quorum Jluxus et progressus Lunae potesiaii ac efficientiae
attrimiHur. * Questo monte sali verso il ciel tanto, il cod. Antald. N.E.
101 E W^ero è, dal turbar che fanno V esilazioni — da indi ove
si serra , dalla porta del Purgatorio in su . * £ liberonne d indi , i
Codd. \at. e Chig. N.E.
io3 al 108 Or perchè in circuito ec. Avendo Matilda dimostrato a
Dante , che Stazio gli aveva detto il vero , che i terrestri vapori non
ascendono più su che al terzo grado della porta del Purgatorio ,
ora viene a dimostrargli la cagione del mover delle foglie , che sen-
tiva per In foresta: la qual è, perchè (rimanendo la terra ferma)
l'aere si volge tutto quanto in circuito con la pnrna vfo/fa^ cioè col
primo mobile, il qual si tira dietro da oriente in occidente tutti gli
altri cieli, che sono di sotto a lui, e l*aere insieme con quelli; Se
non gii è rotto (V alcun canto il cerchio ; come spesse volte avviene
quaggiù basso , daVaporì caldi ed umidi , da* quali è conturbato V ae-
re , e generalo il vento : ed allora V aere non gira tutto quanto in
circuito, per essergli rotto il cerchio d'alcun canto: ma gira sola-
mente quella parte del cerchio , la qual è libera da tal alterazione.
In questa altezza adunque , la qual è tutta disciolta , e libera , nelC
aere vivo , e non morto ed oppresso da tali alterazioni , percuote tal
moto; e per esser la selva folta di piante, percuotendo nelle sue fo-
glie le fa sonare. Vellutello . * L' erotto , i codd. Vat. e Chig. N.E.
1 1 o Imprt'f^na per carica .
Ili E quella j oioè P aura , V aria — scuote , denone .
iia L* altra terra, diversa da quella del Paradiso terrestre, la
terra nostra , — degna per abile .
1 13 Per suo ciel , per suo clima — concepe per concepisce da con-
cepere detto da buoni autori anche fuor di rima, ed in prosa. Vedi
Mastrofini Teoria e Prospetto de* verbi Italiani , * verbo concepii^ ,
\ii\ Di diverse virili diverse legna ^ pianf.e e frulli di virtù diver-
se . Daniello .
e A N TO XXVIII. 4ii
1 15 Non parrebbe di là poi inaravigb'a,
Udito questo, quando alcuna pianta
Senza seme palese vi s'appiglia.
118 E saper dei che la campagna santa,
Ove tu se' , d' ogni semenza è piena ,
E frutto ha in se che di là non si schianta.
j2i L' acqua , che vedi , non surge di vena
Che rislori vapor che giel converta ,
Come fiume eh' acquista o perde lena :
1 1 6 Udito questo , vale quanto se questo udito fosse .
117 Senza seme palese y senza vedersene prima il seme.
118 Campagna, pianura — santa, perchè falla per T abilazioue
dell' uomo innocente
119 D* ofrni semenza piena. Qui il Vellulello (dice il Venturi)
per vana paura che il Poeta non si conlraddic» , perchè ha dello di
sopra , parlando d' erbe , e fiori , ed arboscelli ,
Che quella Urrà sol da se produce (a) .
Che i' alta terra senza seme gitta (h);
spiega £ piena di ogni sorta di arbori . Ma qm semenza , con sua
buona pace , significa semenza; non però l'usuale e comune, che pro-
duce ell'etli simili sdlu sua causa i ma cj^uella mialilà e virtù , di cui
s'è l'aria imbevuta dal toccare quei fiori, quefrerbe, e quelle pian-
te ; e che poi, come ha detto il 1 oeta , girando intonto scuote; nh
ha che fare colla semenza negata di sopra alla terra estranea, la (]uai
semenza è la nostrale, e viene ajutata però dalTindustria de'coltiva-
tori della campagna.
Con buona pace però anche del Venturi , a me , non tanto per
non contraddire ai citati lontani versi, quanto per meglio accordare
co' due vicini , par meglio chte per ogni semenza intendasi ot^ni spezie
di pianta; e che semenza appelli quelle piante pe'l sopraddetto im-
pregnar che fanno esse P aura di sua virtute, a produrne altre altro-
ve, secondo che ec. Imperocché, schiettamente e senza figura parlan-
do , sembrami più propriamente detto che la campagna sia piena d^ogni
spezie di piante , che piena d'ogni semenza ; e che schiantarsi il frutto
dicasi dalla pianta, e non dalla semenza.
120 Frutto ha in se, che di là non si schianta; il quale nell'
altro emisferio non si coglie ( non si stacca dall' albero ) , intenden-
do del frutto dell'arbore della vita , del quale chi mangia non muo-
re mai . Vellltello.
121 ìli 125 Non surge di vena, Che ristori vapor ec: non esc«
da colai sotterraneo canale , in cui vengavi rimessa dai vapori , che
il freddo dell'aria converte in pioggia ; come ristoransi in qU^elTaltro
emisferio i fiumi vostri, che perciò ora abbondano d'acqua , ora scarseg-
giano . Allude alle parole aella Genesi : IVon pluerat Dominus Deus
super terram . . . sed fons ascendebat e terra , irrigans universa m super fi-
cicm terrae (e) . * Ch aspetta , o perde lena , i codd. Val. e Chig. ^i. F.
(a) Canto jprcc. v. i35. (l) C. prec. ¥, 65. (e) Gap. •;.
4ia PURGATORIO
1 a4 Ma esce di fontana salda e certa ,
Che tanto dal voler di Dio riprende ,
Quant* ella versa da due parti aperta .
127 Da questa parte con virtù discende
Che toglie altrui memoria del peccato ;
Dair altra , d' ogni ben fatto la rende .
i3o Quinci Lete, così dall' altro lato
Eunoè si chiama ; e non adopra ,
Se quinci e quindi pria non è gustato .
j53 a tutt' altri sapori esto è di sopra;
E , avvegna che assai possa esser sazia
La sete tua , perch' io più non ti scuopra ,
I3/| Salda e certa , invariabile ed immancabile .
laS ia6 Che tanto dal voler ec: la qual fontana di al tre tUnf acqua
viene da Dio immediatamente proveduta , quant' ella ne versa per ciue
apertane , per due canali . Del voler leggono 1* edizioni diverse dalla
Midobaetina , * e il cod. Vat. , tU voler il Chig. N. E.
127 al i3a Da questa parte ec. Di questi due rivi, de'loro nomi,
effetti e direzioni vedi quant* è detto nella nota al verso aS e segg.
del presente canto . Aggiungesi qui la particolare proprietà d*£unoè ,
che oevuto senza prima aver bevuto ai Lete , non produrrebbe l'ef-
fetto (li rendere la memoria d^ oeni ben fatto , Il Venturi alle parole
e non adnpra Se quinci e quindi pria non è gustato , chiosa in mo-
do di togliere vicendevolmente anche a Lete T effetto d* indurre ob-
blivione delle colpe, se non insieme bevasi d* F.unoè : IVesòun ^ di-
ce , de* due produce pienamente V effetto suo , e fa vero prò frustato
solo. Il contrario però insegna Dante nel canto xxxiii di questa can-
tico , ove solo per aver bevuto di Lete , prima di bere d*Ennoè , tro-
vasi dimentico d* essersi un tempo straniato da Beatrice {a) • ^ D*ogni
ben frtdto le rende, il cod. Vat. N. E.
i53 A tutt altri sapori er. : il sapore di quest'acqua, tanto in
Lete , quanto in Eunoè, supera ogni altro sapore.
1 34 Avvegna che , sebbene .
i55 Tm, sete tua ^ la tua brama di conoscere le maraviglie di que-
sto luogo — perch* io la Nidob. , perchè V altre ediz. : e dee qui per-
che intendersi adoprato al senso di ancorché, benché y al quale (te-
stimonio il Cinonio ) (b) fu spesso usato itagli antichi nelle prose , e
nel verso . * Questo perche non mi pare che debba valere benché : non
avendo avuto il poeta in questo luogo bisogno o per rima o per al-
tro di scambiare fra loro i due diversissimi avverbii . Crederei piut-
tosto che qui Dante voglia dire : perchè tu non iscuopra pili il dub-
bio animo tuo , non ne chieda piti , non muova più. quittioni ec. Vedi
il V 84 e seguenti-. Ovvero: perch io non ti dica piii oltre y insomma
(a) Vcrfi 51 e segg. (b) Panie. 96 3.
e A N T O XXVIII. 4i3
i36 Darotti un corollario ancor per grazia ,
Ne credo che ^1 mio dir ti sia men caro
Se oltre promission teco si spazia .
j39 Quelli eh' anticamente poetaro
L' età deir oro e suo stato felice,
Forse in Parnaso esto loco sogna ro .
i4^ Qui fu innocente V umana radice :
Qui primavera sempre , ed ogni frutto :
Nettare è questo di che ciascun dice .
j4& Io mi rivolsi addietro allora tutto
per terminarla una volta ec, , ch'è modo sì famigliare in tutti i discor-
si . In tal caso P avvegnaché starebbe per conciossiachè . Ma io forse
m' ingannerò . il cod. Antald. legge : perck* io piti non discuopra •
iS'ota di Salvatore Belli. N. E.
i36 Corollario è quella nuova verità , che dalle principali verità
ricercale si deduce e ricava, \entdri. — per grazia, per giunta li-
berale e gratuita . Venturi .
i38 Se olire promissione la quale fu io dicerò come procede per
sua cagioni ciò ch^ ammirar ti face {a); non già di dirgli anche di
quelle cose che Dante neppur immaginasse.
i3p i/jo i4i * Altamente, il cod. Chig. N. E. — Poetaro Vetà deW
oro , Cioè finsero e favoleggiarono ne* lor poemi V età dell* oro . A ol-
pi . — forse in Parnaso esto loco sognaro . Mon lo finsero (chiosa il
Venturi) essere in Parnaso quel secol d'oro, come sogna Daniello;
ma l'arnaso ^gnifìca qui 1* estro poetico , e allude a quel di l'ersio
IVec in bicipiti sommasse Pamasso : forse col loro estro s* immagi-
narono , e adombrarono , ma rozzamente e confusamente , come si fa-
rebbe in torbido so^no , questo beato luoffo .
Il Daniello pero fu , quanto veggo , il primo ad illustrare que-
sta espressione di Dante con quella di Persio IVec in bicipiti somniaS'
se Parnasso : e se per questo parlar di Persio non richiedesi in Par-
naso altro che il puro sogno , e non già la cosa sognata , non ve^-
go come possa il Venturi accusare il Daniello che ammetta essere m
Parnaso quel secol d'oro. Ecco bella e intiera la chiosa del Daniel-
lo . Quelli che anticamente poetaro , cioè quelli eh* anticamente poe-
tando posero 1' età dell* oro , forse sognarono questo luogo in Par-
naso : ond^ Persio , IVec in bicipiti sommasse Parnasso .
142 Qui fu innocente ec. Qui F umana radice , i primi genitori
stettero finché innocenti furono •
1 43 1 4 i Qui primavera, ec, Ovidio : Fer erat aetemum placidi'
que tepentibus auris Mulcebant zephiri natos sine semine Jlores : e po-
co più sotto , Flumina jam lactis , jam Jlamina nectaris ibant . Daniel-
lo . Matelda dunque dai lodati in quel luogo perpetui fiori e frutti
passando a lodare 1* acqua del rivo che scorreva di mezzo tra essa
(a) Vtrsi 88 e 89.
4i4 PURGATORIO
A' miei poeti , e v idi che con riso
Udito avean V ultimo construtto .
Poi alla bella donna tornai '1 viso .
e Dante , nettare^ dice, ìt questo, di che ciascun ce, : qucsf acqua cioè
è quel liquore tanto appo tutti rinomato , e creduto bevanda de-
gli Dei .
i/|6 Con riso, per sentirsi trattati tutti quanti da sognatori.
i/|7 Costrutto, al scuso di cosirtizione o sia ortUnazione di par^
lare {a), detto figuratamente pe'l parlare niedosimo .
1 /|8 Tornai il viso , rivolsi la faccia 9 o gli occhi . f^iso adopera
iftrove Dante ora per Jaccia {b) , ed ora per cwt/m (t) : qui è susccl-
jhilc dell* uno e deir altro significato *
a
ti!
(a) Vedi il Vocab. della Cr. alle voci costrutto e costruzione . (^) Pt-
rad. XVI li 17. (e) Inf. iv ix.
Fine del eanto K'entesinwtttwo ^
4i5
CANTO XXIX.
ARGOMENTO (♦)
Andando Dante e Matelda lungo le rive del fiume , ammonito egli dalla
donna , incominciò a guardare , e ad ascoltare una gran novità .
I VJ alitando , come donna inamorata ,
Continuò col fin di sue parole :
Beati , quorum teda sunt peccata .
4 E come ninfe , che si givan sole
; Per le selvatiche ombre disiando
Qual di fuggir , qual di veder lo Sole ,
7 Allor si mosse contra '1 fiume , andando
Su per la riva , ed io pari di lei ,
Picciol passo con picciol seguitando .
IO Non eran cento tra i suoi passi e i miei,
I Innamorata , piena d'amore verso di santa chiesa , secondo ch'è
detto nel presente canto v. /|0.
1 Continuò , congiunse y col Jin di sue parole, coU'ultime parole
dette nel precedente canto , che furono nettare e questo , di erte da'
scun dice (a) .
5 Jìeati quorum tecta ec. parole del salmo 5i convenienti alla
materia ; perciocché già dovea Dante bere dell' acqua di Lete , per
la quale avea a dimenticar i peccati. Landino.
\ al g E come Ninfe ec, Matelda si mosse andando contro al
ilume su la riva di quello, nella guisa che sogliou fare le Ninfe,
Juggir , i codd. \at. Chig. e Antald. N. E. — ed io pari di lei j inten-
de mi mossi — picciol passo ec. i corti passi di lei seguitando con
corti passi eh' io pur faceva .
io lYon eran cento ec. non e' eravam innoltrati una cinquantina
di passi. Suo* passi leggono l'edizione delia Crusca e le seguaci.
^■^— ™-»^™^^^— ^— ^— ^^— ^-^— ^■— ^— — i^~— ^-^— ^— — »— ^^ ^-^^^™^^— ^— —^^^-^^ii^^i^— ^— ^
(*) Argomento metrico del celebre Gaspare Goxii .
Da luDge vede sette alberi d' oro
Dante , che sono candelabri e luci ,
Che adagio vanno , e (aa beato coro •
Diretro ad essi pur come a lor duci
, Vede genti venir , ed animali
Misteriosi , in cai usa le luci .
Lettore , i* noi so dir , s* ivi noa sali .
(a) Vers. 144.
4»6 PURGATORIO
Quando le ripe ìgualmente dier volta
Per modo , eh' a levante mi rendei .
i3 Ne anche fu cosi nostra via molta ,
Quando la donna a me tutta si torse j
Dicendo : frate mio , guarda ed ascolta .
16 Ed ecco un lustro subito trascorse
Da tutte parti per la gran foresta ,
Tal che di balenar mi mise in foi^e .
1 9 Ma perchè '1 balenar come vien resta ,
E quei durando più e più splendeva ,
Nel mio pensar dicea : che cosa è questa?
2 a Ed una melodia dolce correva
Per r aer luminoso ; onde buon zelo
Mi fé' riprender V ardimento d' Eva :
11 ìgualmente ilter ^oUa , senza cioè perdere il loro parai ellìsnio.
17 y4 levante mi rendei : direzione tenuta anche prima che se
gli attraversasse quel rivo (a) , e dalla quale si era tolto solamente
m questi detti pochi passi fatti di paro con Matclda contro al cor-
so del rivo medesimo, ^l levante ^ leggono 1* edizioni diverse dalla
^idobeatina :
i/\ La donna a me tutta si torse: cosi la Nidobcatina. * Il Cod.
Cass. ed il Cod. Caet. leggono quasi conformemente alla Nidobeatina.
Quando la donna tutta a me si torse ^ N. E. — la voce tutta '
intesa per con tutta premura , o totalmente {b) , sta detto benissimo.
La danna mia a me si torse , leggono V altre edizioni '^ e i codd. \ at.
e < big. N. F. — Dante però non appella altrove Matclda mai la mia
donna ; ma /a donna , la bella donna ec,
i6 Un lustro y un chiarore, proveniente, dee intendersi, dalle
sette fiamme , dinotanti i sette doni dello Spirito sauto , che in ap-
prèsso dirà portate da sette aurei candelabri . \ edi v. 5o e segg.
i8 7 al che ec, di modo che mi fé' dubitare che balenasse. Ventcri.
19 Come vien resta. Può la com<? aver senso di mentre (e); ed
a questo modo come vien resta varrebbe quanto nello stesso mentre
die si fa vedete 5/7rtri5Ctf . Intendendosi poi colla comune degli espo-
sitori , che la particella come significhi in quella ffiiisa , spiegheremo
co' medesimi in quella grtisa c/ie subito viene , subito cessa .
ai IS'et mio pensar^ dentro di me.
11 Una melodia , un dolce suono , che poi scoprirassi esser can-
to . V. 36.
l'S it\ Buon zelo j giusto zelo; mi fi* riprendere ^ biasimare, V ar-
dimento (T Eva la prima madre .
{a) Purg.^xjivii 153 e sstxii 7. {]b) Vedi Ciò. Partic 247 i (e) Ve-
di Cinoaio Fatica 56 ^.
CANTOXXI7C. 4«7
25 Che 9 là dove ubbidìa la terra e 1 cielo ,
Femmina sola , e pur teste formata j
Non sofferse di star sotto alcun velo;
a8 Sotto '1 qual se divota fosse stata ,
Avrei quelle ineffabili delizie
Sentite prima j e più lunga fiata .
3i Meutr'jo m'andava tra tante primizie
Dell' eterno piacer tutto sospeso j
E disioso ancora a più letizie j
34 Dinanzi a noi tal , quale un fuoco acceso 9
Ci si fé* r aer sotto i verdi rami >
a5 16 ij Che, là dove ec. Imperocché , mentre ubbidiva a Dio
e cielo e terra , la femmina sola , e creata pur teste , solamente allo-
ra, non sofferse che fessele da Dio velata alcuna cognizione; e pe-
rò s'indusse , non ostante il divieto , a mangiare quel pomo , per cui
virtù credette 1* incauta d'acquistare ogni scienza. Dell* avverbio là
dove , o laddove , per mentre vedi il Vocab. della Cr. e il Cinonio .
»Se la prende il poeta contro di Lva solamenti* , perchè fu la prima
a gustare del vietato frutto , e a indurre Adamo nel medesimo delitto •
5o Sentite ( gustate ) prima , poiché sarebbe nato nel Paradiso
medesimo e non in Firenze — e più lunga fiata , cioè non per «un mo-
mento , come allora gustavale , ma dal suo nascimento fino al tempo
allora presente, per anni 35 (a), E poi lunga Jiaiay diversamente
dalla Kidobeatina e da parecchi mss. veduti dagfi Accademici della
Crusca , leggono le altre edizioni ^ e i codd. Vat. e Antald. N. E»
I^'on sembra però che meriti questa lezione di essere a ouella preferita*
3i 5^2 7m tante primizie. Perchè queste furono le prime cose,
che cominciò a vedere , ed udire nella contemplazione delC etemo
piacere , cioè del sommo bene il quale consiste nella contemplazio-
ne • Così d' accordo il Laudino e il Vellutello , i soli , quanto veg-
go , che si fermano a spiegarne ciò che si ha a intendere qui per
eterno piacere . Ma io , lasciando cotale allegoria , mi piglierei per
senso letterale che , computando Dante venire al terrestre Paradiso
immediatamente in seguito il Paradiso celeste , quello in cui v' è eter^
no piacere , ed essere anzi il primo dato all' uomo per arra {h) del
secondo ; perciò computi ancora le nel terrestre Paradiso vedute ed
udite prime cose quali primizie , primi assaggi > delV etemo piacere
del celeste Paradiso . — tutto sospeso^ totalmente astratto .
33 E disioso ancora ec, e aspirando alle pih perfette contentez^^
del Cielo empireo. \' saturi.
34 35 Quale un fuoco acceso ci si J^V aer sotto ec. Il vano tutto
della selva dai folti rami ricoperto parve un acceso fuoco; e inten-
de , che ciò avvenisse per l'avvicinarsi delle fiamme , eh' erano sopra
(a) Vidi la Nou al prillo versa dalla Comoiadia. (b) Pargatorio asviii a),
e seg.
i'-i V d
4iS PURGATORIO
E 'I dolce suon per canto era già 'nteso •
37 O sacrosante vergini , se fami ,
Freddi , o vigilie mai per voi soffersi j
Cagion mi sprona eh' io mercè ne chiami .
4o Or coavien eh' Elicona per me versi ,
£ Urania m' ajuti col suo coro
Forti cose a pensar ^ mettere in versi .
i sette candelabri , dei quali dirà ne* versi 5o e 3egfi^. , e pe' quali ,
per sentimento comune degl* interpreti , intende Dante i sette doni
dello Spirito Santo» * Quale infoco acceso ^ il cod. Antald, N.E, -
36 ^7 dolce suon ec, E quello che da prima non pareva cbe
un dolce suono , meglio già (per essersi più avvicinato) si capiva,
che era di voci che cantavano , senza però capirsi ancora che si can-
tassero (^)p
37 Ss 39 Sacrosante vergini appella le Muse, perocché celesti,
anzi aivine {h) — se mai , se in alcun tempo , soffersi per voi , per
gli studj a' quali voi presedete. — cagion mi sprona y costringemi la
necessità — chUo merce ne chiami , eh* io vi chiegga ajuto. Merce per
ajuto adopera il Petrarca pure nel son. [\\.
Che quando più 'l tao ajuto mi bisogna ,
Per dimandar mercede , allor ti stai
Sempre più fredda •
Adoprandosi però mercè anche a significar premio , ricompensa {e) ,
potrebbe intendersi che per mercè altro espressamente non chiegga
che ricompensa ; ma anche poi per cotal ricompensa tacitamente in*
tenda 1' ajuto . '*' FI chiami , il cod. Chig. e 1* Antald. N. E.
40 elicona è giogo in Parnaso , ove nasce il fonte Pegaseo de-
dicato alle Muse ; onde il Poeta prese il giogo per il fonte , il qual
versa allora , che eloquentemente si scrive in poesia , essendo il fio-
me , eh' esce da quello , significato per Ja eloquenza ; onde il Petrar-
ca nel son. 7.
Che per cosa mirabile s* addita
Chi vuol far d* eloquenza nascer fiume . Vbllutello *
41 Urania . Volendo trattare delle cose celesti convenientemente
invoca questa Musa , che è nominata dal Cielo ( appellato grecamen-
te evùetvog)» Landino. Come però le Muse non istanno mai disgiun-
te, perciò con Urania prega Dante anche il di lei coro ^ cioè tutte
le altre muse compagne .
42 Forti cose a pensar ec. lega con m' ajuii : nC aiuti a pensare ,
mettere in versi , omette per asyndeton , la e avanti mettere in versi —
cose forti y difRcili (d) . Ti Vellulello, Daniello, e Venturi intendono
essere la costruzione , m' ajuti metter in versi cose forti a pensare .
Oltre però la dura trasposizione di parole che questa costruzione
induce , favorisce alla prima , che il pensare , o sia il preparare la
materia del poema è realmente opera diversa dal metterla in versi;
(a) Vedi in appresso v. 5l. (h) Vedi tri gli altri Nital Conti Myth.
lib. 7 cap. i5. (e) Vedi il Vocab. della Cruscm . (J) Vodi il Vocab. deiU
Ctttsca sotto V addiettivo forte {. a*
CANTO XXIX, 4,0
43 Poco più oltre sette alberi d'oro
Falsava nel parere il lungo tratto
Del mezzo , ch'era ancor tra noi e loro; ^
46 Ma quando i' fui sì presso di lor fatto ,
Che r obbietto comun , che '1 senso inganna ,
Non perdea per distanza alcun suo atto ;
49 La virtù , eh' a ragion discorso ammanna ,
Si com' elli eran candelabri apprese ,
£ , nelle voci del cantare , Osanna •
e che è necessarìo all' una e all' altr' opera V a)ato delle Muse .
45 44 4^ >V&^^# alberi (T oro falsewa ec, la seguito al descrìtto
chiarore delle dette fiamme » che ardevano sopra \ sette candelabn , *
incomincia a scorgere anche i candelabri medesimi , i quali d' oro
essendo e di sn^isurata grandezza , né bene , per la distanza ancor
molta , potendone discemere la precisa loro tigura , gli apprende per-
ciò falsamente per alberi d'oro . Dice adunque che i7 lungo tratto fai"
sas^a nel parere sette alberi à^ oro , faceva falsamente dall' estimativa
potenza apprendersi alberi d' oro , in InogQ di candelabn . '*^ Falsava
nel parete il luogo tratto , il cod. Vat» N, E,
S. Giovanni nel capo i. dell' Apocalisse vide sette candelieri
d' oro , e nel capo 4 vide sette lampade risplendenti davanti al di-
vin trono . Dante unendo le lampade ai candelieri pone quelle sopra
di questi , credo su '1 fondamento , eh' alcuni sacri interpreti , tra i
Jfuali Ruperto , dicono significarsi le cose medesime pei sette cande^
lerì , e per le sette lampade (a) ,
47 48 Che r obbietto comun j che ec. Tocca la vera cagione per
la quale si apprende tal volta per via dei sensi una cosa per un al-
tra; ed è il fare una cosa obbietto ai sensi di ciò solamente che
ha comune con altre cose • Una statua esempigrazia , veduta di lon-
tano non fa obbietto all' occhio se non di un contorno comune all'
umano corpo ; e perciò facilmente può in vece di una statua appren-
dersi ]an uomo • Ove poi per la maggiore vicinanza viene tale obbiet-
to coroqne a non perdere , a non {asciare occulto all' occhio , alcun
suo atto ^ ^Icun suo particolar distintivo, allora la mente apprende
la cosa per quello che è. Nel nostro proposito adunque l' obbietto
comune ingannatore era una cotale grandezza e terminazione di con-
torno nei candelieri .simile a quella degli alberi • * Che F obice co^
mun , il cod. Chig. 1V,E.
4q La virili , eh* a ragion ec, la estimativa , che col suo appren-
dere (delle cose ammanna ( da ammannare , che vale il medesimo che
ammannire ) prepara alla ragione la materia del di lei discorso .
5o Elh eran la Nidobeatina , egli eran altre edizioni.
5i £ nelle voci eCf Ed apprese osanna nelle voci del cantare : e
capì la viilù estimativa che osanna cantavano quelle voci che prìma ,
(a) Vedi tra gii altri Tirino «1 capo i dell' ApoctliisOi
D J a
4iO PURGATORIO
*
b% Di sopra, fiammeggiava il bello arnese
Più chiaro assai che Luna per sereno «
Di mezza notte , nel suo mezzo mese ,
55 Io mi rivolai d' ammirazion pieno
Al buon Virgilio ; ed esso mi rispose
Con vista oarca di stupor non meno .
58 Indi rendei Y aspetto all' alte cose ,
Che si movieno incontro a noi sì tardi j
Che foran vinte da novelle spose .
•
in maggior distanza , non capiva che si cantassero — Osanna , TOCf
Ebraica che tuoI dire Deh satumci • Virtdri •
5a 53 54 Di sopra ec. JUunme^ava , gettava fiamme nella suprer
ma sna parte, Landino. — • i7 bello arnese ^ il beirordine de'candelic^
ri • — più chiaro assai ec. assai piti chiaramente di quello risplendà
la Luna quando maggiormente splende, che è quando si uniscono tre
circostanze \ d'essere cioè nel suo metto mese ; d'essere di mezza not-
<tf; e d' essere il tempo sereno. Nel suo mezzo mese, cioè in quin-
tadecima , perocché splende allora a noi con tutta la sua faccia . Di
mezza notte , imperocché essendo la Luna piena in tal ora sempre in
mezzo al cielo , attraversano i di lei raggi venendo a noi un piti
corto tratto d' atmosfera : eh' é la ragione perché nel if ezzo giomp
anche il iSole stesso sia più lucente. Di tempo sereno finalmente, pe«
rocche, come sa ognuno, impediscono le. nuvole ogni celeste lume*
56 Mi rispose , vale quanto riguaniò me.
58 Rendei P a'ipetto au alte cose^ ritornai l'occhio agli alti can-
delieri .
59 Movieno , moveano , Vedi la nota al f. 29 del canto xii dell'
inferno .
60 Foran vinte da novelle spose - Vale questo come se detto aves-
se : sebbene le novelle spose assai lentamente si movano , pili lentamente
però si movevano incontro a noi queir alte cose . Di questo lento mo-
versi delle novelle spose il Venturi solo quanto veggo tenta di render-
cene la ragione : vanno , dice , c<m lentezza , e pareggiate x perchè nulla
si scompigli e scomponga di quel gran mondo a ornamenti , che tengo^
•no addosso , e non sono ancor bene avvezza a portare , Dubito io pe-
rò , che intenda Dante piuttosto dell' andare la prima volta le spose
a casa dei mariti , e che acceni durante fino a tempj suoi la fem-
minile smorfia , che delle antiche donne riferisce Alessandro di Ales-
sandro di affettare cioè in tal passaggio lentezza e ripugnanza . Cumaue
ad vintm profectura nova nupta egredi vult , ipsum limen transcenaere
sua sponte , àut vestibulum tangere non sinunt; sed quasi raptam et invi'
tnm è grcmio et sinu matris transcendere limina voluat , videlicet nisi eoa-
età suos reUctura , aut proprios lares exitura non fuissef : vel quia tdfi
delibandus Jlos maritalis erat , invitam ingredi videri volunt {a) . * Ch^
Jbrien giunte , ì) cod. Antald. N. E.
(a) Gtn, D'ut. lib. a* cap. 5.
CANTO XXtX. 4^t
61 La donna mi sgridò : perchè pur ^rdi
Si neir aspetto delle vive luci ,
E ciò che vien diretro a lor non guardi ?
64 Genti vid' io alloi" , com' a lor duci 9
Venire appresso , vestite di bianco ì
£ tal candor giammai di qua non fu ci .
67 L' acqua splendeva dal sinistro fianco ,
£ rendea a me la mia sinistra costa >
S' io riguardava in lei , come specchio anco »
70 Quand' io dalla mia riva ebbi tal posta ,
Che solo il fiume mi facea distante ,
Per veder meglio a' passi diedi sosta ;
73 £ vidi le fiammelle andare avante ,
61 &i Perchè pur ardi sì nelV aspetto , così la Nidobeatina , e pa*
recchi mss. veduti dagli Accademici della Cmsca più coerentemente
al rendei V aspetto v. 58, che sì nelC affetto , come tutte V altre edi-
zioni leggono * e li codd Vat. e Chig. N. E. — e vuole dire , perchè
solamente sì ti compiaci nella veduta delle vive luci , e tralasci di guar-
dare Ciò , che vien dietro €id esse? * Ardi nelF affetto ec. Si spiega
da Alfieri : cos\ ti compiaci a mirarlo . Se alla frase ardi nelC affetto
sostituisci quella della ^idob. preferita dal Lombardi , ardi nelV aspeU
io ^ ogni bello svanisce . Biagioli . N. £•
64 65 Genti ec. Costruzione . Aliar io vidi genti vestite di bianco
venire appresso ( alle dette vive luci ) come a lor duciy come a loro guide.
66 Nonfuci , non ci fu . La ci però non è che un ornamento ed
in grazia della rima .
67 Splendeva , pe '1 fiammeggiar del bello arnese . * Prendeami t
acqua dal sinistro fianco ^ E rendeami la sinistra costa ^ il cod Chig.N.E.
68 69 £* rendea ec. Costruzione , e anco come specchio , 5* io n-
guardava in lei rendea^ rappresentava, a me la mia sinistra costa, il mio
lato sinistro che teneva volto ad essa acqua •
70 Posta , qui lo stesso che posto : situazione . ^ Fui in concio , in
luogo opportuno. Alfieri . N. E.
71 *CAe solo il lumcs ì codd. Vat. e Chig. N. E. — Mi facea
distante , intendi , dagli obbietti di là dal fiume veduti .
72 Sosta per quiete , posa , voce da buoni autori adoprata molto.
Vedi il Vocabolario della Crusca • Diedi adunque sosta ai passi vale
quanto mi fermai .
73 Le fiammelle le fiamme eh' erano in cima ai candelieri . * An-
dar d^ avante , il cod. Vat. N. E.
7/1 75 Lasciando dietro a se ec. Dee cotal lasciata impressione dino-
tare il frutto che i doni dello Spirito Santo producono nelle anime
di quelli ne' quali albergano. Il Landino ammettendo colla comune
degli sposi tori , che i sette lumi de' candelabri dinotino i sette doni
4«»a PURGATORIO
Lasciando dietro a se l'aere dipinto ^
£ di tratti pennelli avean sembiante »
7^ Sì che di sopra rimanea distinto
Di sette liste > tutte in quei colori
Onde fa V arco il Sole 4 e Delia il cinto*
79 Questi stendali dietro eran maggiori
Che la mia vista ; e , quanto a mio avviso ,
Dieci passi distavan quei di fuori .
dello Spirito Santo , si partlcólarlzza poi a chiosare per queste se
liste i sette Sacramenti della Chiesa. Ma , oltre che non si capii
sette
capisce
come dai doni dello Spirito Santo abbiano origine i Sarraraenti del-
le rhiesa , si verrebbe poi anche a malamente fare , che i Sacramenti
della nuoVa legge precedessero V arrivo del misterioso grifone ^ cioè
di Gesù Cristo — avean semhinnie , cosi , oltre dieci mss. vé<iuti da-
gli accademici della Crusca, iegfiforio concordemente tutti i mss. del-
la biblioteca Corsini ; ove tutte 1* edizioni leggono a\*ea sembiante .
* Ti CoD. Cass. le^ge avien^ che forse è più Tìantesco . N. E. I^-
gendosi però avean diviene affatto chiaro il senso, che cioè cotàli
scorrenti fiammelle ^ a sfuisa di pennelli in tela o in tavola tratti, la-
sciassero dietro a se 1* aere dipinto . * TÌ Biagioli sta colla comune, e
costruisce e V aere asfea sembiante simile a quello di pennelli thUU in
tela . Ancìie i codd. Vat. e Chig. hanno avea N. E. '
76 V) che di sopra er. la Nidobeatina , meglio che non leggo-
no tutte l'altre edizioni (* e il cod- Vat. N. E,) Di ch^ Cf^i sópra;
nella miale lezione sebbene tirisi il di che a significare lo stesso che
il st che ^ o perla qual cosa {a) , la chiarezza nondimeno, e lo scanso
d* incominrinre istessamente col verso seguente, rendono la prima
lezione preferibile — di sopra , in allo , dove passavano le fiamme eh*
erano in rima ai candelabri .
78 L* arco , V arcobaleno — ^ Delia il Cinto , la Luna 1* alone. Es-
sendo una cosa la luna e Diana , come àntonomasticamente Dianzi per-
chè nata in Delo Delia appellasi , così Delia appella Dante la Luna .
Notisi che , sebbene tanto il Sole quanto la T-una formino degli ar-
cobaleni e degli aloni , il Sole peri fa più sovente e più b^n dipinto
r arcobnleno che 1* alone ; ed al contrario la Luna forma più ben spes-
so e più vatjo 1* alone che 1* arcobaleno .
7P 80 81 Questi stendali ec. Queste liste ( colorate , che sembrava-
no stendardi ) si stendevano in lungo più di quel che portasse il mio
occhio , non ne potendo vedere il fine . Ventdhi. * Ti Cod. Caet. il Chig.
e il Vat. leggono osiendali ^ ed il Can. Dionisj osiendai, N. E. — quan-
to a mio avviso , intendi, era i quanto a me sembrava — Dieci passi
distavan quei di fuori , i due estremi stendali , il primo cioè e il setti-
mo , erano tra di loro distanti dieci passi . Lasciando gli altrui pareri , io
tengo che pei dieci passi accenni Dante la via dei dieci conianda-
' — ■- — f
(a) Così fa il Volpi nel nostro caso ^ <iivercamente dal Vellatello , che di
eh* egli interpreta del qual sembiante : ed adoprato tal volta il di che in rs*
te di onde , o per la qual cosa , lo dimostra il Cinonio Pariic» SS l.
CANTOXXIX. 4a5
851 Sotto COSI bel ciel , com' io diviso ^
Ventiquattro seniori a due a due
Coronati venian di fiordaliso .
85 Tutti cantavan : benedetta tue
Nelle figlie d' Adamo , e benedette
Sieno in eterno le bellezze tue •
menti dì Dio , e che coestendendo a cotale larghezza gli stendali,
cioè ( com' è detto ) il frutto dei doni dello Spirito Santo , voglia far^
ne capire, essere frutto li questi doni T osservanza de' medesimi di-
vini comandamenti • Diece in cambio di dieci leggono l'edizione della
Crusca e le seguaci moderne; * e i codd. Vat. e Chig. N. E. dieci la
Nidobeatina ed altre antiche edizioni.
8a Com^ io diviso , divisare per descrivere • Vedi il Vocabolario
della Crusca .
83 Seniori . Così , oltre due mss. della Corsini (a) ed alcuni
altri veduti dagli Accademici della Crusca , leggono il Landino , Vellutel-
lo , Daniello , ed il comento della edizione Midobeatina , quantunque il
testo della medesima edizione legga, conformemente a quello degli Acca-
demici della Crusca , signori . Ciò però che dee fame di buon grado ac-
cettare seniori è, che nell'Apocalisse , da cui ritrae il Poeta queste sue
idee ( e ne lo accenna egli stesso nel i^. io5 ) , vide S. Giovanni ventiquat-
tro seniori ( seniores ) , non signori . * Questa lezione è ricevuta anche dal
Biacioli , e da' Rolognesi . L' ha il cod. Stuard. , ma non il Vat. il Chig*
e il €aet. il quale però in margine porta scritto aiiter seniori • Pertanto
chi ben considera le prime origini di nostra lingua , troverli che se^
niore e signore ebbero in italiano il medesimo significato , non essendo
nata la divisione di queste parole se non allora, che niente più furono
considerate le giuste ragioni delle etimo logie. Nota di Salvatore Betti. N.E,
Facendoci il Poeta capire , che altri personaggi , che in seguito
introduce (fi) , figurano i libri scritturali del nuovo Testamento , ragion
vuole , che questi ventiquatro seniori figurino i libri del vecchio Testa-
mento; i quali ecco in qual modo possono per ventiquattro compu-
tarsi . T. Genesi , i. Esodo, 3. Levitico , 4- Numeri , 5. Deuteronomio ^
6. Giosuè , 7. Giudiei , 8. Buth. 9. Be, io. Paralipomeni , 11. Esdra, la*
Tobia , 1 3. Giuditta , i4* Ester, i5. Giobbe, 16. Salmi, i^. Proverbi,
18. Ecclesiaste, 19. Cantica, 20. Sapienza, ai. Ecclesiastico, aa. Pro-
feti maggiori , a3. Profeti minori , 24* Maccabei .
Intorno al detto ultimo sacro volume de* Maccabei avvertasi, che
non fu il primo il Concilio di Trento ( dopo i tempi di Dante) ad am-
metterlo tra* libri canonici ; ma che vi era giii molti secoli innanzi sta-
to ammesso dal terzo Concilio di Cartagine (e) .
84 Coronati di Jiordaiiso 9 di giglio; in segno , bisogna intendere,
della illibata dottrina che in se contengono .
85 86 82 Tutti cantstvan ec. Tutti cantando lodavano la Vergine ;
perciocché nient' altro contiene il vecchio Testamento se non misteri
e profezie , che dinotano l' incarnazione del Verbo nella Vergine , la
(a) Segnati 608 e ia65. (h) Veni ,3 e ««gg, i34 e segg. 1^2 e 1^3.
(e) Cip. 47.
4^4 PURGATORIO
88 Poscia che i fiori e V altre fresche erbette f
A rimpetto di me , dall' altra sponda
Libere far da quelle genti elette;
91 Sì come luce luce in ciel seconda ,
Vennero appresso lor quattro animali ,
Coronato ciascun di verde fronda •
94 Ognuno era pennuto di sei ali ,
Le penne piene d* occhi ; e gli occhi d' Argo>
Se fosser vivi , sarebber cotali .
97 A descriver lor forme più non spargo
Rime , lettor: eh' altra spesa mi strigne
Tanto , che 'n questa non posso esser largo .
lt3o Ma leggi Ezechiel , che li dipigne
quale fu salutata dall' Angelo Gabriel Benedetta sopra tutte fé donne .
Landino — le bellezze tue , le tue vìrtii , perciocché le bellezze dell*
animo sono senza alcuna comparazione più eccellenti che le bellezze
del corpo , e niente è virtii che non sia bello. Laudino — 7*tteperltf,
parafo p^e agli antichi Toscani famigliare •
88 89 qo Poscia che i fiori ec, T^a sentenza è , poscia che tutta la
predetta gente ebbe trascorso quella porzione di prato , che di là dal
fiume era dirimpetto a me .
€>i Sì come luce ec. come in cielo una stella va appresso all'altra,
ad oceupare il luosro di queU.i .
pi Quattro animali^ simbolegf?ianti i quattro Vangeli.
C)5 Coronati ciascun la Nidobeatina , coronato ciascun meglio V altre
edizioni — di verde fronda ^ a dinotare, che la dottrina evangelica,
perchè è vera sempre, starà verde ; e credo , che intenda qui verde fron-
da per il lauro , albero trionfale , perchè questa , la quale sola è vera,
ha vinto tutte le altre, che sono false , e di quelle trionfa. Landino.
qf\ 95 96 Era pennuto di sei ali , le penne piene d! occhi • Dicendo
neir Apocalisse S. Giovanni , che i quattro da lui veduti animali , Aa-
hehant alas senas , et intus piena sunt oculis (a) , attribaisce perciò
Dante ai medesimi le penne piene d^ occhi — .^rs;Oj pastore che fìn-
gono le favole avesse cent* occhi — se fosser vivi ^ per se fosse vivo
esso Argo .* S* el fosse vivo , il cod. Antald. N. E. — cotali , per so-
ndgUanti .
97 98 99 Lor forme la Nidobeatina , lor forma V altre edjz. * e il
cod. Antald. N. E. — piii non sparf^o rime , non v' impiego altri versi —
idtra spesa ec. Allegoria in vece di dire : la necessità di descrivere altre
cose richiede che in questa sia breve . * Ch* a questa , il cod. A'at. e
Y Antald. N. E.
100 IO! ioa Lef(gi Ezechiel , Ìjù ììingai descrizione che fa il Profeta
Ezechiello di questi quattro animali farà vedere che giudiziosamente
(a) Cip. 4.
e A N T O XXIX. 4a5
Come H vide dalla fredda parte
Venir con vento , con nube , e con igne ;
io3 E quai li troverai nelle sue carte,
Tali eran quivi; salvo eh' alle penne
Giovanni é meco , e da lui si diparte .
Dante se ne sbriga con rimetterci ad essa . Ecce ventiis turhinis ve^
niebat ab jéquilone , et nubes magna , et ignis invohens , et splendor in
circuitu ejus ; et de medio ejits quasi species electri , idest , de medio
ignis • Et in medio efus similitudo quatuor animaUum : et hic aspeclus eo-
rtim , similitudo ìiominis in eis . QuaUior facies uni , et quatuor pennae uni»
Pedes eorum , pedes recti , et plancia pedi^ eòrum qiian pianeta pedis vi-
tuli , et scintillae quasi aspectus ofris candentis • Et manus hominis sub
pennis eorum in quatuor partibus ; et facies et pennas per quatuot par^
ies habebant , junctaeque erant pennae eorum Mterius ad alterum . Non
revertebantur cum incederent ; sed unumquodque ante faciem suam gra^
diebatur . Similitudo autem vultus eorum ; facies hominis , et facies leonis
a dextris ipsorum quatuor ; facies autem bovis a sinistri^ ipsorum qua"
fuor, et facies aquilae desuper ipsorum quatuor. Facies eorum y et pen^
nae eorum extentae ilesuper ; auae pennae singtdorum jungebantur , et
duae tegebant corpora eorum : et unumquodque eorum coram facie sua
ambulahat ; ubi erat impetus spiritus illuc gradiebantur ; nec reverteban*
tur cum ambularent. Et similitudo nnimaUum , aspectus eorum quasi
carbonnm ignis ardeniium , et quasi aspectus lampadarum . Haec erat
yisio discurrens in medio animaUum , splendor ignis , et de ignefulgur
egrediens . Et ammalia ibant et revertebantur in similitudinem Julguris
coruscantis (a) ^ dalla fredda parie venir con vento ec. corrispondono
qtieste alle prime parole della riferita profezia, veniebat ab aquilone ^
et nubes magna , et ignis involvens . — Con igne , latinismo Dantesco
avvisa il Vento ri. Bastava però dire latinismo; perchè si sa eh' è Dante
che parla ; e non va poi lontano mille miglia da quei che dicono
igneo per focoso , che pur non si tengono per Danteschi •
io3 IVelle sue carte, per nella sua Profezia.
I o4 1 o5 Salvo eh* alle penne Giovanni e meco , e da lui ( da Eze-
chiello ) si diparte , Salvo che il numero delle ali , che avevano i
quattro detti animali , non era di quattro , come descriveli Ezechiello >
quatuor pennas uni , ma di sei 9 come descriveli S. Giovanni , habebanè
alas senas . Ma qual* è poi la ragione per cui se la tiene Dante su di
Apocalisse di S. Giovanni : jilas senas ( dice al capo 4* ) prò*
pter senarii numeri perfectionem posiium arbitrar y quia in sexta aetate ,
idest adveniente plenitudine temporum , haec Aposiolus neracta comme^
morat . A questa interpretazione quadra assai bene eh Ezechiello non
iscorgesse negli animali che quattro ali , imperocché la profezia di
lui non si estende oltre la quarta età , oltre cioè al termine della
sinagoga , e vocazione delle genti : e quadra altresì y che vedendo Den-
te essi animali nella sesta etii nostra , vedesseli con sei ale, comeS. Gio-
vanni .
(à) Gap. I.
4a6 PURGATORIO
io6 Lo spazio , dentro a lor quattro , contenne
Un carro in su due ruote trionfale ,
Cli' al collo d' un grifon tirato venne .
lo^ Ed esso tendea su Y una e V altr' ale
Tra la mezzana e le tre e tre liste y
Sì eh' a nulla fendendo facea male .
iia Tanto salivan , che non eran viste;
Le membra d' oro avea , quant' era uccello j
E bianche 1' altre di vermiglio miste .
1 06 107 1.0 spazio ec. Lo spazio , che rimase tra i delti quattro
animali , contenne un carro ec. occupato fu da un carro trionfale • Ciò
che con termini allegorici bensì, ma abbastanza chiari , dirà Dante nel
canto xxzii. 1 a5. e segg. che si rendesse questo carro dalla cupidigia
delle ricchez^^e mostruoso , e che da Filippo il bello si conducesse
in Francia , ciò non dee lasciare intendere per esso carro che la sola
Pontificia cattedra , e non come tutti gli espositori chiosano , la cri-
stiana Chiesa — su due ruoto la Nidobeatina ed altre antiche edizioni,
su duoV edizioni della Crusca e le seguaci* Il Landino e il Vellutello
dicono per le due ruote simboleggiarsi il vecchio ed il nuovo Testa-
mento . ciò adattasi benissimo anche al carro inteso per la Pontificale
cattedra: imperocché ad essa pure ambedue i Testamenti rendono te-
stimonianza
108 j^l rollo d'un grifon. Grifone è un animale creduto biforme,
alato, e quadrupede; aquila nella parte anteriore, e lione nella po-
steriore . Cosi il Vocabolario della Crusca : e ne adduce tra V altre ,
la testimonianza delTantico scrittore F. Giordano da Ripalta : i grifo'
ni sono fotti dinanzi a modo d^ agamia ^ e di dietro come leoni , e so-
no fortissimi. Non poteva il poeta nostro trovare altronde miglior
simbolo delle due nature unite sotto una stessa divina persona in Ge-
sù Cristo nostro vSalvatore . Imperocché la natura dell* aquila , uccel-
lo che più di tutti in alto si solleva , ottimamente si adatta a sim-
boleggiare la divinità di Gesù Cristo ; e la natura del leone , anima-
le che da terra non si solleva , ugualmente bene si coni^ a signifi-
care r Umanità di Gesù Cristo ; e per quello ancora che leone viene
appellato il medesimo Gesù Cristo nell'Apocalisse in quelle parole
ecce vicit leo de tribù Juda (a).
109 al ii4 Ed esso tendea ec. Costruzione . Esso tendea su Vale ,
Vìina e Caltra. * Esso tendeva in su funa e Faltra ale , il cod. Antald.
N» E. — 7 Va la mezzana e le tre e tre liste . Intende le sette colorale
liste anzidette [b) ; e vuol dire , che un* ala tendevala in su tra la
mezzana e le tre liste da una banda, e T altr' ala tra essa mezzana
e le tre liste daW altra blinda , e che in somma , comprendeva tra le
due ale la sola lista di mezzo • Essendo questa la lista formata dal
mezzano dono dello Spirito Santo , cioè dal quarto tra li sette , ch'è
la fortezza , pare che voglia il poeta nostro , col fare che stringasi
(a) Gap. 5. (b) Vcrs.77.
e A N T O X X I X . 427
i |5 Non che Roma di carro così bello
Rallegrasse Africano o vero Augusto ;
Ma quel del Sol sarìa pover con elio :
i i8 Quel del Sol , che sviando fu combusto
Per r orazion della terra devota ,
Quando fu Giove arcanamente giusto.
il misterioso grifone tra le ale cotal lista , alludere a quelF indtttus
est Dominus fortiindihem (a) che di Gesù Cristo predisse Davide . Ine-
rendo il Landino alla sua chiosa ai versi 7^. e 75. che figurino cioè
queste sette liste i sette sacramenti , intende qu\ per la lista di mez-
zo , compreso tra le aie del sriTone, il sacramento dell* Eucaristia.
Oltre però la già ivi detta difficoltà che patisce cotale chiosa , ne
cresce qui un' altra , che hiai , né prima né dopo Dante , Htrovasi
da un teologo nella numerazione dei sette sacramenti dato all'Euca-
nstia altro luogo che il terzo {b) , e non giammai il quarto o sia
il mezzano , nel quale la penitenza sempre trovasi collocata — Si ch*a
nulla ec, passavano le ale tra la di 'mezzo e V altre liste senza pun-
to intersecare né quella né queste. * Sì die nulla, ì codd. Vat. e
Ghie. N. E. — l^anto salivan, che non eran viste . Il Landino , il Vel-
lutello , e *1 Venturi vi trovan del mistero anche sopra il binario nu-
mero delle ali del grifone, quantunque numero non dal Poeta scel-
to , ma comunemente da tutti al medesimo animale attribuito : e v'in-
tendono la misericordia e la giustizia . A me altro non sembra cer»
to se non che con cotale stendersi del misterioso grifone in quanto
alla parte che ha di uccello, significante, com'è detto la divinità di
Gesù Cristo , voglia Dante accennare , che Gesù Cristo medesimo co-
me Dio nell'atto ch'era in terra fosse per la sua immensità anche
in cielo — le membra itero, d'aureo colore — quanV era uccello.^
in quella porzione di corpo che aveva di aquila — e bianche t altre
ec, allude al dilectus meus candidus , et rubicundus {e) . Venturi %
ii5 116 117 Nonché Roma ec. Ellittico parlare, in luogo di di-
re , non solamente non si può dire che Africano , o vero y4ugusto ,
trionfando rendesse Roma allegra di carro umtalmente bello . Africano
fu appellato Scipione il maggiore per la Vittoria riportata in Africa
contro di Annibale, per la quale vittoria ebbe in Roma l'onore del
trionfo . Augusto , Ottaviano Imperatore , di cui Svetonio : Curules
triumphos tres egit , Dtdmaticum , Actiacum , Alexandrinum ; continuo
triduo omnes (d) — quel ilei Sole ec, il carro del Sole , quantunque
bellissimo , al paragone di questo sarebbe meschino.
118 119 120 Quel del Sol, che sviando ec. Tocca la nota favola
di Fetonte , che messosi presontuosamente all' impresa di guidare il
carro solare , e , per non saperlo guidare , danneggiando la terra col
troppo avvicinarsele , Giove , mosso ai fervorosi richiami degli uomi-
ni , punì con un fulmine il presuntuoso . Devota^ fervorosa ; accorda
con orazione ; quando non si voglia devota spiegare per supplichevole
■■ • • -P^.^—— !■ I I ■ .1 ■ i Èli. I ■ ■
f (a) Salmo 92. (6) Vedi, per uno avanti Daate« il Maestro delle senteaM
llb. 4 disr. 2 e vedi dopo Dante quanti ne vàol. (e) CanL cap.5. (d) Nella
^ìta di Ottaviano Ao^osto cap. aa.
4«8 PURGATORIO
lai Tre doline in giro dalla destra ruota
Venien danzando , Y una tanto rossa ^
Ch' a pena fora dentro al fuoco nota :
124 L' altr' era come se le carni e 1' ossa
Fossero state di smeraldo fatte :
La terza parca neve teste mossa .
1 27 Ed or parevan dalla bianca tratte ,
Or dalla rossa ; e dal canto di questa
L' altre togliean V andare e tarde e ratte .
imperocché allora accorderebbe con la terra — arcanamente giusto »
"^ sommamente giusto spiega il Vellutello : secondo la segr^e%za e
profondità del suo consi^o , chiosano d'accordo il Volpi , e il Vento-
li • A me piacerebbe di spiegare arcanamente per misteriosamente , o
«la per signijicativamente ; a cUnotare che. Giove con tale gastigo vol-
le signiucato a' mortali il danno che arreca la presunzione .
lai al ia6 Tre donne ec. Costmzione. Dalla destra ruota , dalla
destra jìarte del carro , uenien tre donne danumdo in giro ; intende le
*'®.^^" teologali fede, speranza, e carità — V una tanto rossa (la
Canti ) che appena ec, , che se fosse nel fuoco , appena ( a guisa di
rovente ^ ferro in mezzo agli accesi carboni ) dal tuoco aiscernereb-
l>esi . V altra , la speranza — di smeraldo , pietra di color verde bel-
lissimo ; in virtii del qoal verde colore , alla speranza solito attribuir-
»t, disse il Poeta anche nel terzo canto di questa cantica, mentre che
tn speranza ha fior del verde {a) — La terza i la fede ) parca neve te-
ste mossa : era bianca come neve appena canuta dal Cielo ,* o appe-
na rimossa dal mucchio , la quale suol presentare una superficie mol-
J?..P.*" candida di quella di tutto il mucchio. Dinota cotal candore
1 illibatezza della fede , perocché quella che vince ogni errore (b) .
j II 'V '^^.'^9 ^^ or parean ec. In cotale danza or si vedevano
«alla fede tirate in seguito la carità e la speranza , or dalla carità
tirate la fede e la speranza, né mai se non pedissequa la speranza:
? *^he è verissimo . Imperocché da principio necessariamente la fe-
de delle cose rivelate precede alla carità, poscia la carità condu-
ce la fede ad abbracciare eziandio di quello che non è espres-
samente rivelato , ma che solamente da quello si deduce in alcun
''^^ II* ^ speranza per \o contrario sempre va in seguito della fede
® n ^®*''*^ > oè mai a veruna di esse precede — dal canto di que-
sta yP altre togliean ec. Ciò , che Dante qui suppone, che le tre teolo-
gali Virtù danzando cantassero, dirallo espressamente poi nel can-
*^ XXXI i3o e segg, di questa medesima cantica.
Se dimostrando del più alto tribo
^egli atti , /' altre tre ti fero avanti ,
Cantando al loro angelico caribo .
Dal tempo adunque tenuto in cantare dalla rossa donna ultimamente
commemorata , prendevano il tempo di moversi nella danza tarde e
ratte y preste, l altre due donne. E vuol significare, che la fede e
la speranza non fanno profìtto di eterna vita se non per mezzo del-
la) Verso x35. (^) Infffr. xv 48.
CANTOXXIX. 4«9
l3o Dalla sinistra quattro facean festa ,
In porpora vestite , dietro al modo
P' una di lor , eh' avea tre occhi in testa •
i33 Appresso tutto il pertrattato nodo
Vidi due vecchi in abito dispari ,
Ma pari in atto , ognuno onesto e sodo .
1 56 L' un si mostrava alcun de' famigliari
Pi quel sommo Ippocràte , che natura
Agli animali fé' eh' ella ha più cari ,
la carità . * E al canto , i codd. Vat. e Chlg. E lente e ratte , il
Chig. M.È.
i3o Quattro j le quattro virtii dette cardinali ^ prudenza, giusti-
zìa , fortezza , e temperanza . — facean la Nidobeatina , facen P altre
edizioni : * e il cod. Vat. N. E.
i3i 1 32 7/1 porpora vestite. Induce ( chiosa il Landino, e confer-
ma il A ellutello ) queste vestite di porpora , a dinotar la caritii , ed
il fervor dell* amore , senza il quale pessimo può avere queste virtù*
Io però piego piuttosto a credere che vestale di quella porpora re-
gale che sta bene in dosso agli uomini ne' quali esse vutii risiedo-
no ; o sia a dinotare che le virtù medesime debbon essere le regr
gitrici del inondo — td modo , intendi di damare -^ D'* una di lor*
eh* aveva tre occhi in testa , cioè della prudenza , la quale dice il
Daniello , si dipinge con tre occhi , co i quali mira le tre parti del
tempo , le cose passate considerando , le presenti disponendo , e an-
tivedendo le future.
i33 Appresso tutto il pertrattato nodo-, appresso alla detta union
di cose. Pertrattare al senio di trattare ^ divisare, e simili , da altri
ancora adoperato vedilo nel Vocabolario della Crusca .
i34 P^tdi due {duo V edizione della Crusca e le seguaci ) vecchi
eCf San Luca e Paolo; e dinotano il libro degli atti degli Apostoli
scritto dal primo, e quel dell'epistole dal secondo scritte. Uosa Alo-
BANDO . — in abito dispari , poiché S. Luca veniva in abito di medi-
co ( aual esser egli stato attesta S. Paolo, Colos. 4 ) 9 ^ come fosse uno
dei discepoli d' Ippocràte , l'arte del quale è di curar gli uomini,
e mantenerli in vita ; e Paolo veniva con la spada , la quale è istru-
mento da tor la vita. Landino — Ma pari in atto ^ ognuno onestq e
sodo , così la Nidobeatina ed alcuni mss. veduti dagli Accademici del-
la Crusca *" e II Cod. Chig. N. E. Ma pari in atto ed onestato e so-
do j tutte V altre edizioni : ^ ed il cod. Antald. e il \at. Con istato
sodo leggono due altri codici di Dante segnati 4 ^ ^ presso il signor
marchese Antaldi di Pesaro • N. E.
i?)n i38 Ippocràte con Va lunga richiede il metrico andamento
che qui si pronunzi , tanto più che , oltre la licenza che hanno i poeti
di far u&o al bisogno della diastole , è Ippocràte come Greco , nel
quale dialetto suole 1' alpha essere di misura comune — che natura
agli animali Je\ec» che la madre natura produsse per vantaggio de'suoi
43o PURGATORIO
i39 Mostrava Y altro la contraria cura^
Con una spada lucida ed acuta ,
Tal che di qua dal rio mi fé' paura ^
ì^2 Poi vidi quattro in umile paruta;
E , diretro da tutti , un veglio solo
Venir , dormendo con la faccia arguta .
i^ò E questi sette col primajo stuolo
più cmri animali , cioè degli uomini . Dell' a in vece di per vedi Ci-
nonio {a) .
i5p if\o i4i ^f astrava P altro la contraria ec. Vedi ciò che ha
detto li I^ndino riferito al w. i34*
if^i Poi vidi quattro in umile partita. Per questi qoattro i ce-
mentatori intendono i quattro evangelisti ; ma questi già gli esprime ,
o simboleggia, altrimenti: io piuttosto intenderci li quattro princi-
pali dottori della chiesa. Venturi. Il Landino (risponde al Venturi
ottimamente Rosa Morando) e il Vellutello per questi quattro ^ non
i quattro evangelisti , ma i quattro Apòstoli Giacomo , Pietro , Giovan-
ni , e Giuda , che hanno scritte le lettere dette canoniche , aflermano
simboles'^iarsi qui dal Poeta . Né d' altro si debbe intendere , appa-
rendo cniaramente clie in questo luogo si 8on voluti simboleggiare
ì libri del Testamento nuovo per ordiqe... I quattro animali (v.gi)
sono i quattro libri degli evangelisti : i due vecchi ( ^- 1 34 } son Lu-
ca , e Paolo , e dinotano il libro degli atti degli Apostoli scritto dal
primo , e quel dell* epistole dal secondo scrìtto . Vengono poscia que-
sti quattro , e dinotano le lettere canoniche , come s' è detto ; e r£-
retro da tutti vien finalmente il veglio sqIo , cioè Giovanni , con cui
significar si vuole il libro dclP Apocalisse , eh' è nel fin della Bib-
bia — paruta , apparenza , sembianza . Volpi ,
if\b i4'1 * È dietro da tututtl y il cod. Cbifft N. E. — Un veglio
solo . simboleggia questo , come ora diceva il Rosa , V Apocalisse
scritta da S. Giovanni . Vegfio , cioè vecchio , perocché scrisse quel
libro S. Giovanni nella età di anni poco meno di novanta {b) : 50/0,
per esser questo l' unico libro profetico del nuovo testamento — dor-
mendo^ dinota che le visioni , le quali egli descrive nell'Apocalisse,
ebbe S. (yiovanni quando nella cena s' addormentò in su '1 petto di
Cristo . LàNDiNo . Può però anche alludere all' essere stati i mister]
dell' Apocalisse mostrati da Dio a S. Giovanni mentr'era alienato dai
sensi , e rapito in estasi , oud' è perciò il santo medesimo per anto-
nomasia appellato r estatico di Palmas ^^ con la faccia arguii' pone
questo come a correzione dello aver detto dormendo ^ quasi cioè di-
ca , non pero con faccia stupida e sonnacchiosa , ma arguta e vivace .
1^5 al i5o Questi sette ^ cioè i due vecchi in abito dispari , li
quattro in umile paruta , e il veglio solo — col primajo stuolo ( * col
primiero stuolo , il cod. Antald. N, E. ) erano -abituati , cioè vestiti al-
la stessa foggia , e del color medesimo che i primi ( che i ventiquat-
tro anzidetti seniori (e) ) . Così Par. canto xxxi v. 60 f^estito con le
.* Il ■ ■ - ■ ■ ■ ■ ■ — - ..
(a) Panie. I 22. (p) Vedi , tra gli altri , Tirino Chron, sacr. , cap.
ultimo . (e) Veno 83-
CANTOXXIX. 4^1
Erano abituati ; ma di gigli
Dintorno al capo non facevan brolo »
i48 Anzi di rose e d' altri fior vermigli .
Giurato avria poco lontano aspetto ,
Che tutti ardesser di sopra dai cigli.
i5i £9 quando 1 carro a me fu a rimpetto.
Un tuon s' udì ; e quelle genti degne
Parvero aver V andar più interdetto ^
Ferma ndos' ivi con le prime insegne .
genti gloriose , Volpi. Ilabiluaius al meil esimo senso adoprato ne'Kasst
tempi , come habituati capis doctoralibus^ ani aliis scholasticis indu'
mentis {a): come cioè da vsste vestito^ cos\ da €ibito dicevasi abitua'
io — ili gigli fT intomo al capo ^^ di sopra al capo , i codd. Val. e
Chig. N. E.) non f oceano brolo ec. Brolo appellasi in Lombardia un
terreno chiuso pieno d* alberi fruttiferi (h) : e Dante adopera qui co-
tal termine , in grazia della rima , per giardino ; non già per corona ,
e ghirlanda j come malamente chiosano i compilatori nel Vocabolario
della Crusca, il Volpi , il Venturi , e il Hosa Morando . A quel mo-
do che chi ha fiori in capo può metaforicamente dirsi , che faccia
intorno al capo di fiori brolo , o sia giardino. Vuol adunque Dante
inteso , che non avevano gli ultimi sette coronate le tempia di gì-
gli, come le avevano i ventiquattro seniori j ma di rose et) altri fiori
vermigli ; e ciò ad indicare il martirio , che gli autori de* mentovati
sacri libri soffersero , in conferma della dottrina loro in quelli det-
tata dallo Spirito Santo . -^ Giurato avria poco lontano aspetto ec.
Esige il buon senso , che poco lontano aspetto vaglia qui lo stesso ,
che se detto vivesse , un* aspetto poco , cioè alquanto , lontano ; cosic-
ché non i fiori vedesse, ma solamente i colori. Del tacersi talvolta
la particella uno ^ VXinon. (e), E va errato il Daniello chiosando: Di
rose y e d altri fior vermigli sì /attamente , che alcuno , che non fosse
stato molto da loro lontano, avria giurato, che tutti ardessero ai so-
pra da i cigli.
1 53 V andar più , per /' andar pili oltre .
i54 Con le prime insegne, con i candelabri , come si fermano ta-
lora co i pennelli e gonfaloni quelli che vanno in processione. Daniello.
(a) V^ Fresne Glossarium aiU voce habituatus, {b) Ciò aitesta anche U
Pati citato nel Moc. della Cr. alla voce brolo, (e) Part, aS^.
Fine del canto ventesimonono #
■V,
459
CANTO XXX.
ARGOMENTO {*)
Conii$nii come Beatrice discesa dal cielo riprende Dante della igwo*
ranza e poca prudenza sua , attendo egli dopo la sua morie temm'
ia altra via da quella , ^lla qt^aie eUa per sua salftte P uvea iudi-
riz:^ato , '
Q
4
uando 1 settentrion del primo cielo ^
Che ne occaso mai seppe né orto ^
Ne d' altra nebbia , che di colpa , velo ^
£ che faceva lì ciascuno accorto
Di suo dover , come 1 più basso face
Qual timon gira per yenire a porto »
I Quando 7 settentrion . Come settentrione appelliam noi nel cie-
lo a noi visibile le sette stelle dell'Orsa maggiore, cos\ appella Dan-
te settentrione li predetti sette luminari de* candelabri — del primo
cielo , del cielo empireo del Paradiso ; d' onde cioè li sappone in-
sieme col trionfale carro , e tutta 1* altra comitiva discesi . Ed è la
costruzione . Quando fermo s* affisse , fermo restò , il settentrione ec.
Fermata cotale è stata annunziata nell' ultimo verso del canto pre-
cedente .
a 5 Che nh occaso ec. che (diversamente da queste nostre stel-
le) mai agli occhi non si tolse, né per girare che faccia , né per
velo d* altra nebbia, fuorché di quella della colpa : cagione per cui
r uomo cacciato fu 'lai terrestre Paradiso , e per conseguenza dalla
veduta di cotali belle cose .
4 5 6 Faceva à ciascuno accorto di sue dover. Figurando, co-
me di sopra dicemmo , questi sette lumi i sette doni dello Spirito
£>auto , accenna qui V effetto dei medesimi doni , di fare che ciascun
uomo adempia esattamente gli obblighi del proprio stato — come il
(*) Argomento metrico <iel ceL G* Goni .
Tra 6or discesa in angelica fesra
Viene Bearriee t e della fiamma antica
Forxa nel sen di Dante anco ti desta .
Volgesi a lai la bella Donna amica ,
E gli rinfaccia che il viaggio torse
Via da Tirtà , che V anime notrica ^
Poco pregiando aita ^ che gli porse .
e A N T O XXX. 455
7 Fermo s' affisse ; la gente Terace ,
Venuta prima tra 1 grifone ed esso ,
Al carro volse se , come a sua pace *
IO E un di loro , quasi da ciel messo ,
Veni , sponsa , de Libano , cantando »
Gridò tre volte, e tutti gli altri appresso ,
i3 Quale i beati al novissimo bando
Surgeran presti , ognun di sua caverna
La rivestita carne alleviando ;
Jace ( accorto , intendi , di suo dovere ) qual timori gira et. qualunque
nocchiero volge timone per giungere al bramato porto.
•j S La genie verace; i ventiquattro seniori, simboli de' venti-
quattro libri del vecchio Testamento (a) , e bene perciò detti veraci
— venuta prima tra il grifone , ed esso , tra esso settentrione ,* tra i
sette candelabri , e il grifone , o sia il carro dal grifone tirato .
9 Al carro volse se , al carro , che andando avevano que' seniori
dietro a se , fermati si rivolsero — come a sua pace , al suo scopo ,
al verificativo delle predizioni loro , e figure . * Al carro volse sì co-
me a sua pace , i codd. Vat. e il Chig. N« E.
10 II la Un di loro ^ rappresentante la sacra Cantica, del qua!
libro sono le parole veni de Ubano , sponsa (b) — quasi da ciel mes"
so , quasi deputato fosse a cotale omzio dal cielo , della particella
da per dal , dallo , €lalla , dalle , vedi Cinonio (e) • Fa Dante con le
predette parole della Cantica invitarsi a scendere dal cielo , inteso
pe '1 monte Libano , Beatrice , la celeste sapienza , da lui com'è det-
to [d) figurata in essa donna — tre volte , perchè le parole son que«
ste : veni de Ubano , sponsa mea , veni de Libano , veni . Vbntdei .
i5 Quale, per come , qui pure come Inf. il 127. Quale i fioretti
dal notturno gielo chinati e chiusi ec, — novissimo per ultimo alla ma-
niera de' Latini . Volpi • — bando , per ordinazione , per quella ordi-
nazione che nella fine del mondo sarà fatta ai morti di ripigliar cia-
scuno sua carne, e suajigura (e).
14 Caverna, per sepoltura.
iS La rivestita" carne alleviando, per, rivestendo sua carne agile
e leggera , dote promessa ai beati . '*' La Nidob. legse voce alleviando p
e così il cod. VaL Ma il canonico Dionigi voleva che si leggesse vo-
ce allelujando: lezione che noi pure seguimmo nell' edizione del 1816
veggendola non disprezzata dal Lombardi (/") , anzi da lui riconosciuta
sopra altri codici : e trovandola ripetuta ancora nel cod. Gaetano • M«
il signor Biagioli ce ne fa ora un peccato mortale • Ecco intera U
sua nota che noi poniamo intera senza adontarcene. Non è questa
la prima volta che in mezzo alle sconcezze del trivio abbiamo rin-
venuto qualche dettato che non ci spiacque. « Alleviando ^ allegge-
■ ' I > Il ■ ■ ■ '
(a) Vedi nel casto preced. v, 83. (}) Cap. 4- If) Partie, 70 6. (*l) Va-
il Uf. il 70 ed ahroTe . {é) laf. vi ^« {f) To, 1 EMme 4<1U Coffttia-
ni ce. pag. LsxTlii*
T^. E •
434 PURGATORIO
ft rendo : perocché dai fìjosofi cristiani dicesi , dietro l' autorità del-
ie la divina promessa , che il corpo glorificato sarà lucido e liev^ ,
« siccome de' loro dei afiermano gli stoici . Però Cicerone ( de noL
<c cleorum ) : illud video pugnare te , species ut quasdam sii deorum ,
(c qiiaenihil concreti habeat^ nihil solidi ^ nifdl expressi y nikil eminen-
«e tis , sitque pura , iex^is , pellucida • Quindi il Tasso , conforme all'
« intenzione del poeta nostro :
,9 Qu€l corpo f in cui già vissé alma fi degna «
,f Lo qual con essa ancor ^ lucido é Uve
„ E inmorial fatto ^ riunir si deve .
« Adunque onde cavò mai il sig. canonico Dionigi quella rozza le-
« zione , che porta voce in vece di carne , e , in luogo <f alleviando ,
« alleluiando , parola sconcia per se , e per Torri bil guasto che por*
« ta nel costrutto e nel sentimento ? Ha ben ragione Teeregio signor
« Ugo Foscolo di fare al signor canonico quella lavata ai capo , che
« leggesi in una dalle sue eleganti ed erudite note alla chioma di
« Berenice^ poema di Catullo, da lui maestrevolmente volgarizzato.
« Ma odi spavento! Il signor de Pomanis avendo trovato neirirmgì-
« nito cod. CweL , la rivestita voce aìlelujando , ha stampato nella ri*
« stampa del Lombardi la rivestita voce aìlelujando , e , credendo tatti
« noi italiani altrettanti goccioloni , lasRgiioni , gagliofTacci , ce la suoc*
« ciola per lezionfi decisiva . O santissimo Apollo , san gli giusti occhi
a tuoi rivolti altrove ? O giurato hai d' aObgar V Italia in profondissi-
« ma barbarie , che permetti s\ disonesto strazio delle cose , ond'ha
« più argomento la tua possanza e deità ? Biagioli . d Noi non credeva-
mo che il critico insieni colla Senna avesse bevuto il Lete • Non rì-
Gordò r esame delle correzioni proposte al Lombardi dal Canonico
Dionigi: neppure l* e<'izione bodoniana di Dante; neppure quella
elefante ristampa del Bettoni , comodissima pe' viaggiatori • Coli
si dice donde il Canonico cavò la lezione voce auelitjando , cioè dal fa-
moso codice di Santa Croce , ora J^aurenziano ( plut. sin. n.T. ) che alcuni
vogliono scritto da (ilippo villani : e la mise d'accordo coW anoni-
mo cementatola;^ col più antico chiosatore della divina Commedia:
il quale scrisse (dlet^ando la ri^'estita voce , cioè del corpo che allora
sarà glorificato coW anima . Dispiace al Biagioli C irruginito cod, Cae-
inno ; pare che Tabbìa veduto ! ama piuttosto i codici di Dante scritti
Jori ! iSe alT autorità, che vale pur molto in queste cose, vuoisi ag-
giungere un argomento d'analogia; rammentisi che Dante da Osamia
lece osannare : {a) e però aver i)otuto usurpare eziandio l' allelujam
senza (limaiidarne il permesso al signor Biagioli; tanto più che alle-
lujo ailthijns fu verbo latino bello e conjugato a' rozzi tempi dell*
Alighieri (A) . .Se però sosteniamo a parole le ragioni di voce c^UelujandOy
le quali si fanno più belle dal contesto che segue , cioè di cantare,
Tutti dicdan : bcncdictus qui venis , dopo il quale sta benissimo un
y^lft-uja, o almeno un (><anna ; non vogliamo punto sostenere il fat-
to. Àia siccon e fa rivetita carne alleviando non ci par buona sintassi
da sostenersi coi) quegli escmpj, perchè i beati non allevieranno , ma sa*
ranno alleviati; meglio ci assiste a rinnovarla lezione il divino Miche-
langelo, il quale in quel suo > >iudizio universale , che noi teniam sem-
pre avanti gli occhi , ha dipinto i beati che sbucano dalle caverne
ov' eran sepolti . Veramente quanti dipinsero il finale giudizio non
seppero esprimer meglio che corpi umani rianimati , i quali solleva*
(a) Par. xxvxii (b) Db. Gange Lexicon, verbo ut supra.
e A N T O X X X. 436
16 Colali in su la divina basterna
Sì levar cento, ad vocem tanti senis^
Ministri e messaggier di vita etema •
ìQ Tutti dicean : Benedictus qui venis j
E , fior gittando di sopra e d' intorno ,
Manibus o date lilia plenis .
no chi la pietra della sepoltura , chi colle braccia si allarga la terra »
o di sopra o d'intorno per venir fuori • Invece dunque di porre tra
due virgole a modo di una zeppa di mastro Tacco , ognun ai sua co»
verna y come legge la comune, noi togliamo la seconda, e seguito e
sciolto leggiamo ognun di sua caverna la rivestita carne allevianao . Già
in altro luogo (a) ci divincolammo da que'brutti serpentacci che aveano
afflitto tanti chiosatori fino a toglier loro il fiato , cangiando semplice-
mente coir ai]$>rità di un codice la particola né in non, ora ci sentiamo
lietissimi , e quasi allelujamo , di scampar dalla bava del chiarissimo
Biagioli [ cui sit tèrra levis ] toltici d' innanzi un così piccolo inciam-
po , una virgola . N. £.
16 In su la divina basterna . Basterna ( vocabolo Latino) dee aver
Dante volentieri appellato questo carro su del quale viene a fermarsi
Beatrice, non solamente per comodo della rima , ma fors'anche per
essere la basterna , al dire di Servio {b) , una specie di carro simi-
le air antico pUentum , di cui non si valevano che le sole caste ma-
trone . Il meciesimo vocabolo di basterna adopera in Italiano pur Fa-
zio degli U berti (e). * Il cav. Monti nelle sue proposte prova evi-
dentemente lo svarione preso dalla Crusca in quel passo di Fazio
citato qui dal Lombardi . N. E.
17 18 Si levar ec, alla voce del sopraddetto quasi da del messo
seniore — si levar , intendi , da sedere — cento ministri e messaggier
ec. angeli della celeste corte . \zktiiai .
IO Tutti dicean (dicèn l'edizione della Crusca e le se&;uaci * je
il cocL \at. N. E. ) Benedictus qui venis: benedizione dell' Lnrea tur-
ba a Gesù Cristo quando a cavallo dell' rasina entrò in Gerusalemme.
A chi nel presente caso ponga Dante diretta cotale acclamazione p
non lo dice , quanto veggo , altro espositore che il Vellutello , che
dicela diretta a Beatrice stessa , a cui quell* altra veni sponsa de Li"
bano . Ma , s'è così , perchè non , come ha Dante del Benedictus qui
venit ( che furono le parole genuine dell'Ebraica turba } {d) , fatto Be-
nerlictus qui venis j non ha egli altresì, meglio a Beatrice aggiustan-
do le parole, detto in vece Benedicta quae venis? Io sono ai parere
che supponga Dante fatta cotale acclamazione a se medesimo , come
al mecfesimo fu fatta acclamazione in ogni passare che in l^urgatorìo
fece di girone in girone, ed ultimamente nell* uscir dall'ultimo, con.
quel venite benedicti Patris mei {e) , Sapendo essi cioè che scendeva
dal cielo , e veniva incontro al Poeta la chiamata Beatrice, incomincia-
no a congratularsi con lui , e volgonsi in seguito a sparger fiori pe'l
ricevimento di lei •
2 1 3fambus o date ( intendi dicevano ) UUa plenis : quello che An-
(a) Inf. e. .«. (b) In lib. vili Aeneid. V, 6SÙ, (c) Ditum. lib. 1 cap. 37.
(</) klatth. %i V, 9. {€) Porj. uvll SS.
Bea
4.% fURGATORIO
aa Io vidi già nel cominciar del giorno
La parte orientai tutta rosata ,
E r altro ciel di bel sereno adomo ;
!i3 £ la faccia del Sol nascere ombrata
Sì che , per temperanza di vapori ,
L' occhio lo sostenea lunga fiata •
aS Cosi dentro una nuvola di fiori ,
Che dalle mani angeliche saliva ,
E ricadeva giù dentro e di fuori ,
3i Sovra candido vel, cinta d'oliva,
Donna m' apparve sotto verde manto ,
Vestita di color di fiamma viva .
34 £ lo spirito mio , che già cotanto
chise dice appresso Virgilio di Marcello : manibus date Utia plems ;
Purpureas spargamflores (a). Diniello*
a5 Basata , di leggiere nuvolette di roseo colore sparsa .
a4 ^' i^tro ciel , 1* altre parti del cielo diverse daHa orientale -»
di bel sereno adomo y sgombro affatto d'ogni vapore.
aS Ombrata y dalle predette leggiere nuvole.
a6 Per temperatila ai vapori ^ per ismorzare che i vapori face-
vano il troppo vigore della luce solare,
3o Dentro e tìi fuori ^ intendi della poco anzi divina basterna,
3i 5a 53 Sovra candido vet cinta d'oliva: con velo bianco in ca-
po , • con corona di fronda d'oliva sopra del velo : e però dirà piò
abbasso {b):
Tutto che il vi , che le scenata di tetta
Cerchiato dalla fronda di Minerva ec,
sotto verde manto : è il manto spezie di vestimento simile al man-
tello , (e) * Sotto candido vel , il cod. Chig. N.K. — vestita di color di
fiamma viva : colla veste di rosso acceso colore . La corona d' oliva
eh' è r arbore di Minerva dea delle scienze , dinota Beatrice la sa-
pienza : il bianco del velo , il verde del manto , e il rosso della ve-
ste sono i colori attribuiti alle tre virtù teologali {d)^ e dei mede-
simi perciò ricuopre la celeste sapienza Beatrice , a significare ch'esse
teologali virtìi sono il principale obbietto della celeste sapienza , o sia
della sublime teologia .
34 al 39 Che già cotanto ec. Sono queste , e le seguenti parole
fino al termine del terzetto , una interiezione , colla quale ne fa Dan-
te capire , che mentre viveva nel mondo Beatrice , il di lui spirito
alla presenza di lei diveniva stupido e tremante ; e che pe '1 lungo
tempo scorso dalla morte di lei fino a quel punto , cioè per buoni
(a) Aeneid, vi Ì78. (h) Vtri. 67 e stg. (e) Cosi il Vocibolaiio dalla
C'AfCA • (4Q Osato proctdtBta y» azi e leii.
CANTO XXX. /P7
Tempo era stato che alla sua presenza
Non era di stupor , tremando , affranto ,
37 Senza degli occhi aver più conoscenza ,
Per occulta virtù , che da lei mosse ,
D' antico amor sentì la gran potenza .
4o Tosto che nella vista mi percosse
L' alta virtù , che già m' avea trafitto
Prima eh' io fuor di puerizia fosse ,
dieci anni (a) , non aveva più sofferto cotale abbattimento . Separan*
do io adunque per maggior chiarezza queste dall'altre parole coi se-
gni eh' oggi si praticano d' interiezione , ecco come spiego ambedue
questi terzetti . E lo spirito mio ( quello il quale già etn siato , va-
le passato {b) ) cotanto tempo che non era ,piii alla presenza di Bea"
trice di stupor tremando affranto ^ (abbattuto) senza aver degli occhi
( vale per gli occhi , o dagli occhi (e) ) piìi conoscenza , maggior no-
tizia , di quella ( intende ) che ebbe in veder cotale sovra candido vel
cinta d^ oliva ec. sensa cioè che per gli occhi lo spirito discernessc
chi ella si fosse , per occulta virili che da lei mosse , che dalla mede-
sima donna uscì « sentì ( lo spinto mio ) la gran potenza d* antico
amore •
Tutte , quanto veggo , V edizioni invece di che alla sua presenza
malamente leggendo con la sua presenza , e malamente punto fermo do-
po affranto segnando , hanno fatto rompere inutilmente il capo a tutti
gì' interpreti é Che alla sua presenza , oltre molti mss. veduti dagli Ac-
cademici della Crusca , leggono pur cinque mss. della Biblioteca Cor-»
sini (d) * ( Come altresì il cod. Cass. il Caet. e lo Stuard. ) Il pun-
to fermo poi dopo affranto alcuni mss. lo hanno , ed alcuni nò : ma
bastantemente decide il senso doversi indi rimuovere , e lasciare che
questi due terzetti si uniscano in un solo periodo .
4o Dfella vista , cioè negli occhi , chiosa il \ellutello : nia se il
detto senza degli occhi aver più conoscenza significa , come par che deb-
ba significare , nello spiegato modo , meglio intenderemo qui che nel-
la vista vaglia il mecfesimo che nell'atto della vista y nel méntre ve*
deva io lei. Ed in caso di difficoltà per questa parte, piuttosto che
uniformarmi al Yellutello , eleggerei di leggere col mss. della Biblio-
teca Corsini 610 nella vita in luogo di nella vista : e tanto più volen-
tieri , Guanto che Dante stesso prendendo vita per. anima , o spirito |
dice net Farad, xii 127 Io son la vita di Bonaventura . * Ne la luce,
il cod. Vat. N. E.
4« Prima ch^ io fuor di puerizia fosse . Non aveva Dante compito
il nono anno deireti sua quando prese amore a Beatrice , pure ra-
(a) Estendo il i3oo « coma pia iwitp è datto » 1' anno in cai finga Dia*
te questa ma andata all'altro mondo , ad^e^Mado Bcarrica mort|i ntl 1390 co-
me prova l'autor delle aMmorie per le vita di Dante {. 7. (Jb) Stare 9 riferi-
to a tempo ^ vale passare , insegna il Vocabolario della Crnsca • (e) Cina*
nio Pariic, 81 X2 e iS. (d) Segnati 607 608 (io 12 17 126S.
/p8 PURGATORIO
43 Volsimi alla sinistra , col rispitto
Gol quale il fantolin corre alla mamma 9
Quando ha paura o quando egli è afflitto ,
46 Per dicere a Virgilio : men che dramma
Di sangue m' è rimasa , che non tremi ;
Conosco i segni dell' antica fiamma •
49 Ma Virgilio n'avea lasciati scemi
Di se ; Virgilio , dolcissimo padre ;
Virgilio , a cui per mia salute diemi •
62 Ne quantunque perdèo V antica madre
Valse alle guance nette di rugiada ,
gaziina dì otto in nore anni (a) • Fosse per Jassi detto anche fuor
di rima vedi Purg. xv Sg.
^3 Rispitto ( o respitto , come legge la Nidobeatina ) au\ non è ,
chiosa insieme e critica il Venturi , per rispetto in grazia aella rima ,
come usasi ancor despitto ; né dal verbo rispettare » che il fantolin
con la mamma di questo rispetto per vero aire non ne ha troppo*
ma dal verbo respirare ^ con una delle usate licenze Dantesche ; e il
senso è ; con quel respiro affannoso col quale corre alla mamma Fim-
paurito n afflitto bambino .
Ma se non piaceva al Venturi d' intendere per rispetto una di-
chinrnzione d' animo in termini cortigianeschi , troppo alieni dal fa-
re de' fanciulli , poteva almeno sostituirvi una umiltà , od un atto sup-
plichevole^ cose che anche «'fanciulli si convengono; senza cacciarne
qui pure al bisogno delle usate licenza,
ffi * Per dicere , o Virf^ilio , il cod. Chig. N. E. — Dicere per r//-
re adoprato dagli antichi anche in prosa . Vedi il Vocabolario della
<Srusca — dramma , è V ottava parte d' un oncia .
48 Conosco I segni deW ec. Quel Virgiliano agnosco veteris %^esii'
ginjiammae {b)» Daniello.
49 Scemi , per mancanti , privi .
S\ A cui per mìa salute diemi. Accenna la preghiera fatta da
principio a Virgilio
• • V ii richieggio
Ptr quello Dio , che tu non conoscesti ,
Acciocch* io fugfia questo male e peggio »
Che tu mi meni ec. (e)
Del verbo die' , apostrofato invece di diede > vedi il Prospetto
de* verbi Italiani sotto il verbo rlare n. 6.
5i JYè quantunque perdeo P antica madre ; in vece di dire ne guan-
to vi era di bello in quel Paradiso perduto da Eva la prima madre .
Fonela solo essa per ambedue i primi genitori •
53 False f potè impedire — nette di rugiada ^ per asciutte ili la'
grime.
(a) Vedi Dante steito nel principio dalla Vita nuova, {b) Jitteid» IT 23.
(e) Inf, I i3o e ie|g.
CANTO XXX. 43j^
Che lagrimando non tornasser adre .
55 Dante , perchè Virgilio se ne vada ,
Non piangere anco , non piangere ancora ,
Che pianger ti convien per altra spada .
58 Quasi ammiraglio, che 'n poppa ed in prora
Viene a veder la gente che ministra
Per gli altri legni , ed a ben far la 'ncuora;
6i In su la sponda del carro sinistra ,
Quando mi volsi al suon del nome mio
Che di necessità qui si registra ,
54 jfdre y o per meste , come intende il Vocabolario della Cru-
sca alfa voce Aaroj ovvero per imbrattate y in contrapposizione al
nette del precedente verso .
56 zinco , legge la Midobeatina ed altre antiche edizioni '*' ( co-
me altresì il Cod. Caet N. E.) in vece di anche ^ che legge l'edi-
zione della f )rusca , e le moderne seguaci : e dovendosi in questo ,
come in queir altro parlare ben son ben son Beatrice (a) , intendere
quello interrompi mento di parole che suol accadere in chi con trop-
pa veemenza favella , viene perciò anco , come porzione che è del sog-
giunto ancora-, ad essere necessariamente preferibile ad anche,
57 Per altra spada ^ per altro dolore e punture; che saranno le
parole ch*eUa userà in riprenderlo del suo lungo vaneggiare. Daniello.
58 * Quasi ammiraglio , cfie di poppa in prora y con l'autorità di
soli due testi veduti dai Signori Accademici legge il Signor PortirelU
in luogo d' in poppa ed in prora del P. L. e della Comune* N. E.
60 Per gli altri legni : così la Nidobeatina , ed altre antiche edi-
zioni ; e COSI parecchi mss. veduti dagli Accademici della Crusca , e
cinque altri veduti da me nella Biblioteca Corsini fp) ; '*' ( oltre il
CoD. Cas. che legge egualmente altri, N. E. ) e cosi analmente ri-
chiede il giusto senso: offizio essendo deìV ammirarlo y cioè del con-
dottiere d* armata navale, F osservare dal proorìo legno come la gen-
te degli altri legni fa il proprio dovere . >ialamente adunque alti ia
luogo d* altri leggono appresso alla edizione della Crusca , le moder-
ne edizioni tutte: ^ e il cod. Vat. e 1* Antald. N. E.
61 In su in sponda del carro sinistra. Accenna Dante che la
situazione sua fosse alla sinistra del trionfale carro , e che perciò Bea-
trice per parlargli più da vicino si mettesse su la sponda del carro
sinistra . 1.a cagione poi di cotale sinistra situazione per la parte di
Dante dovrebbe essere a dinotarsi ancor soggettò a riprensione di
Seccato ; di quello cioè per cui nel finale Giudizio staranno i repro-
i alla sinistra del divin tribunale . Vedi anche ciò eh' è detto Purg.
xxvii 26. *
6a 63 Nome mio , che di necessità qui ( nel passato terso 55 )
M registra , si nota y si commemora . Convien dire ( eccp - di nuovo il
{a) Veri. 73* {b) Stguti S07 €08 609 €10 12^S
4io PURGATORIO
64 Vidi la donna , che pria m' appario
Velata sotto l'angelica festa ,
Drizzar gli occhi ver me di qua dal rio .
67 Tutto che 1 vel che le scendea di testa y
Cerchiato dalla fronde di Minerva ,
Non la lasciasse parer manifesta;
70 Regalmente nell' atto ancor proterva
Venturi ) , che Dante portasse opinione non poter il poeta , senza in-
correre un grave fallo , nominar se ne'suoi versi , apporlandcne la ne-
cessità per discolpa. Virgilio però suo maestro non v' ebbe scrupo-
lo , e nel fine della Georgica si nominò francamente : lUo Fìrgilium
me tempore dulcis alebat Parthenope .
' Ma e perchè domin com^ien dire ? E non potè Dante , quan-
tunque persuasi ssimo di lecitamente potersi manifestare , bramar tac-
ciuto il suo nome per sola modestia r Può qui dirsi del Venturi ri-
spetto a Dante quello che disse Dante di se medesimo rispetto a
Virgilio (a).
traeva la parola tronca
Farsi a peggior untenza ^ eh* s' non tennt •
64 65 66 Vidi la ec. Costruzione • Fidi drizzar di qua dal rio <^r
me gli occhi la donna , che pria , precedentemente , m appailo sotto
r angelica festa : intende Beatrice velata dalla nuvola di fiori che , co-
me disse di sobra (6), daUe mani angeliche saliva , e ricadeva ec. t
questa nuvola dfì fiori dalie angeliche mani formata intende .per Pan-
gelica festa. Malamente l'edizioni che adoprano virgole ne segnano
una dopo apparto ; imperocché non lascia cotal vìrgola intendere pei
questa donna Beatrice , ma ne rimanda a Matelda , la prima donna
che apparve a Dante in quel luogo .
68 Fronde di Minerva^ la fronda d'oliva (già detta nel e. 5i }
appella , inerentemente alle favole , che a questa dea attribuiscono la
coltura dell'oliva , e Tarte di trarre olio dal frutto di essa (r).
70 Begalmente la Nidobeatina , realmente V altre edizioni ^ e il
cod. Vat. N. E. — Ma giacché realmente, dovrebbe qu\ significar lo
stesso che regalmente , cioè in aria regale , imperiosa , gioverà la fìi-
doheatina lezione ad allontanamento d'equivoco — nelT aito ancor pro-
terva "* cioè altiera anche nel gesto , nel portamento , oltre di esse-
re in aria maestosa e regale: tale ci sembra il senso pili naturale
di auest' espressione , e non , come vuole il P. L. , che debba in-
tendersi altiera allo stesso modo che quando era viva . Giacché , riflet-
te opportunamente il P. Ab. di C. nella sua lettera y che Boccaccio
nella Aita di Dante scrive, che Beatrice era gentile , piacevole, mo-
desta, non altiera; e lo stesso Dante, di lei vivente, dice ch'era
modesta, non già proterva. Rispetto poi alla nuova lezione del Cod.
Cass. Guardaci ben , ben sem , oen sem , in luogo di Guardami ben ,
ben son , ben son Beatrice : non crediamo di dargli quella preferen-
(a) Inf. IX 14 • segg. (b) Vers. 29 e segg.
(c) Naul Conti MythoL Ub. 4 cap.*5.
CANTOXXX« 441
Continuò , come colui che dice ,
E '1 più caldo parlar dietro riserva :
73 Guardami ben ; ben son , ben son Beatrice *
Come degnasti d' accedere al monte ?
Non sapei tu , che qui è V uom felice ?
76 Gli occhi mi cadder giù nel chiaro fonte ;
Ma , yeggendomi in esso , io trassi all' erba ;
Tanta vergogna mi gravò la fronte •
79 Cosi la madre al figlio par superba ^
za che Torrebbe il prelodato P. Ab. , benché la rinveniamo ancora
ne' ced. Caet. Vat. e Chig. N. E«
^ E il più caldo parlar^ e le maggiori invettive — dietro risero
va^ riserva nei fine.
73 Beni ben son ee. Di questo interrompimento di parlare vedi
ciò eh' è detto al t>. 56.
74 Come devasti di ec. Beatrice (chiosa il Venturi appresso al
Landino e ad altri spositori ) riprende Dante perchè abbia tardato
tanto di ascendere a quel monte , e di venire a rivederla . Però non
lo rimprovera , che abbia avuto ardire di accostarsi , che questo non
s* accorda col principale intento della riprensione . Vuoi dir dun-
que : come mai ti sei degnato finalmente di salire a questo beato
monte? €ome mai ti sei ftnalmiente risoluto di venirmi a rivedere?
Disgrasiato , che dirai per ttia scusa ? Forse che non sapevi esser
quassù la feliciti^ dell' itomo ? Ma tu lo sapevi benissimo .
Malamente però , a mio giudizio , si accorda il come mai ti sei
degnato coi non sapevi tu , cm qui è V uom /elice } a corrisponden^
za di che avrebbe' piuttosto dovuto' dire come mai non ti aemavi ?
La pih breve e sicura io direi che fosse d' intendere , cne ve^
ramente riprenda Beatrice Dante d' ardimento , e che degnasti adope*
tè' il pentimento e le lagrime (b) « osta punto il rammentarsigli da
Beatrice l'indegnità di venire a taiMa grada; massimamente dopo il
rifiuto, che fatto aveva di Umte buone inspiraaioni (e).
7ÌS Sapei per Sapevi^ iincope , vedi Teoria d£ vtrbi Italiani n. 5.
76 77 78 òli occhi mi Cadder giìi nel chiaro fi^ • ma ee. Ab-
bassando io a- cotal riprensione gli occhi, diresstn all' acqua che mi
scorreva al sinistro fianco , del Letèo rito {d) : ma scorgendo in quel^
la la immagine mia , rappresentandoail qàal mi era pieno di confur
STone , mi vergognai di me medesimo, ® P^ non mirare obbietto
tanto spiacevole, /rair5i, volsi ^ii occhi , aZTer^', al erboso suolo.
'*' DèÌ V, 55 al V, 78 pose in musica sublime Luigi Bandellonlia nchiesta
di un amatore di Dante per la Contessa Goitanxà Monti Peirticari . liJ£.
79 Superba f altiera. "
(a) V. Vtc. Ci. (B) Vtr.i^a t^atg^ (e) Vaff.iS4ja fig. (d) Caat. pitc. r.Cy.
s
44» PURGATORIO
Com' ella parve a me : perchè d' amaro
Sente '1 saper della pietate acerba.
82 Ella si tacque , e gli angeli cantaro
Di subito : In te 9 Domine , speravi ;
Ma oltre pedes meos non passaro .
85 Sì come neve tra le vive travi
Per lo dosso d' Italia si congela ,
Soffiata e stretta dalli venti schiavi ;
80 81 ty amaro sente: cosi la Nidohcatina , e parecchi testi mss,
vedati dagli Accademici della Crasca, in vece di se9iCi che leggono
tutte l'altre edizioni * e il cod. Vat. N. F. .— Oltreché in una massi-
ma generale , com' è dritto che questa s'intenda essere , il sentì non
▼i può assolatamente aver luogo; ha di più sente il vantaggio, che
ci allontana dal pericolo , in cui è bonariamente caduto il \ entori «
di prendere senù detto per accorciamento in >cece di senili : non ba-
dando che in tal caso avrebbe il Poeta scritto perchè amaro sena
ec. , e non perchè «T amaro ; che sentir d amaro .significa render sa*
pare di amaro , e dicesi del cibo o della bevanda «- pietate aceiha »
aspra, appella giudiziosamente la pietà :chQ corregge e gaatiga .
87 83 8/| Ella si tacque , e gli angeli ec» Riconosciuto che noi a\>-
biamo il nostro errore , dimostratoci dallii sacra dottrina , a// angeli ,
cioè le buone inspirazioni , e' invitano a fpe^are . E però finge» che
cantino il salmo accomodato alla speranza ^ < Questo è il trigesimo : In
te Domine speravi » non confundar in aetemùm , nel quale David di-
mostrando la speranza che na in Dio , esorta ogni uomo , che si pen-
te del commesso fallo , a far quel medesimo. Ma oltre pedes raeos
non passaro , non passare il versiculodi questo salmo: nec conclusisii
me in mnnibus inimici : statuisti in loco spatioso pedes meos ; perchè
il resto del salmo contiene altra malteria. IaAndino » ed istessaniente
anche il Vellutello; che sono, quanto veggo « i soli che rintracciano
la cagione di questo non cantar oltre il pedes meos* Come pejò in
seguito al versetto contenente il pedes meos viene quell'altro che con-
tiene co/t/icf/^/'f/f/s est in ira oculus meus ^ la mijia di< non far comme*
morare conturbamento d'ira in quel luogo di pace jtotnebb'essere una
più precisa ragione di far restare il caiito aì^ pedes ^ meos •
85 P^ive travi appella gli alberi per metonììtiiia . Così Virgitio/rn-
xineae trahes in vece di fraxineae arbores (a) « acemis trabikus in ve-
ce d' acemis arborilfus (b) , e co^ Ovidio sjrlva Jrequens trqbibus in
voce di frequens arbonhus (e).
S6 Per, vale qui quanto l'Hy nel (d) — ilosso if Italia appella Dan-
te gli Appennini , imperocché 9 come appunto dosso, o sia midolla
spinale di un giumento , alzansi nel mezzo d' Italia ,• e stendonsi da
«n c^po aU' altro della medesima .
^j'.iìfoffiatay percossa col soffio — s^nii schiari chiama Dante i
settentrionali , che rispetto all' Italia vengono di bchiavouia •
(a) ^encid^^i 182. (^b) dcMid, ix 87. (e) Mtt.riil i3o.^ (d) Vedi-
ne altri esempi presso il Èinonip' PUrt'" »«»^ »'».
CANTO XXX. 443
88 Poi liquefatta in se stessa trapela j
Pur che la terra , che perde ombra , spiri ,
Sì che par fuoco fonder la candela ;
91 Così fui senza lagrime e sospiri
Anzi 1 cantar di que' , che notan sempre
Dietro alle note degli eterni giri .
94 Ma poiché 'ntesi nelle dolci tempre
Lor compatire a me , più che se detto
Avesser : donna , perchè sì lo stempre ?
97 Lo giel , che m' era 'n torno al cuor ristretto ,
Spirito ed acqua fessi , e con angoscia
Per la bocca e per gli occhi uscì del petto .
88 In se stessa trapela , penetra cioè quella eh' è di sopra ( ch'è
la prima a squagliarsi) in quella di sotto.
89 La terra , che perde ombra ; intende FA finca , imperocché ha
regioni sottoposte alcuna fiata perpendicolarmente al Sole : nella qua-
le circostanza i corpi che sono in quelle regioni non gettan omhra .
— SDiri , mandi vento ; vento che aa quella parte all'Italia è sempre
calao .
90 «$*> che par ec, connette questo col pHmo verso del terzetto
e vuole in sostanza dire , che si squaglia per vento Afiiicauo la ne-
ve degli Appennini , come si squaglia la cera al fuoco.
91 92 ai Cosi ec. Ad ugual modo rimaso io di gelo all' aspro
rimbrotto di Beatrice , prima che udissi quell' In te Domine speraci
cantarsi daeli angeli , era afiatto impedito in me l' esito alle lagrime
ed ai sospiri . In vece poi di dire angeli adopera Dante circoscrizio-
ne ; nella quale primieramente dall' appellarsi note i segni del can-
to dice notare in luogo di cantare; come comunemente dall' appel-
larsi solfa le medesime note del canto diciam solfeggiare in cambio
di cantare : poi seguendo qui , come altrove (a) i riatonici , ed am-
mettendo che il movimento delle celesti sfere produca armonioso suo-
no , pone che accompagnino gli angeli col canto sempre cotale ar-
monia degli etemi giri y del girare , che mai non avrà une , delle ce-
lesti sfere . ^ Il Cod. Caet. legge rote in vece di note conformemen-
te ad altri testi veduti dagli Accad. della Cr. N. E.
o4 95 96 Ma poiché ec» Quando poi intesi , che gli angeli ani-
manuomi col canto di quel salmo a speranza , davano segno di com-
patire il mio abbattimento, più che se avessero redarguita Beatrice
stessa di troppa invettiva contro di me • "^ Par che se detto , i codd*
Vat. e Chig. N. E.
98 Spirito y ed acqua Jessi , si risolvette in sospiri , ed in lagrime.
99 Uscì , intendi il disciolto gielo «- per la bocca , la porzione
(/i) Vedi tra gli altri Ino^ki Par. I. 78.
'ftm-mmm^mtmmimmm'i^m
444 PURGATORIO
loo Ella, pur ferma in su la destra coscia
Del carro stando , alle sustanzie pie
Volse le sue parole così poscia :
io3 Voi vigilate nell'eterno die
Si, che notte ne sonno a voi non fiira
Passo che faccia 1 secol per sue vie ;
106 Onde la mia risposta è con più cura ,
Che m' intenda colui che di là piagne ,
Perchè sia colpa e duol d' una misura •
109 Non pur per ovra delle ruote magne,
di gielo risoluta in sospiri — per gli occhi , l' altra porzione sciolta in
lagrime . * De la bocca e de li occ/ù, il coJ. Vat. N. E.
lOO loi Su la detta coscia del carro : così, oltre la Nidobeatina,
parecchi mss. veduti dagli accademici della Crusca , ** ( ed il Cod.
Cas. sul quale il Postil. nota avvedutamente idest sinistra , percliè non
si prenda equivoco a legger destra . N. E. ) e cos\ dee necessariamen-
te leggersi , e non destra coscia y come tutte 1* altre edizioni leggo-
no ( * e il cod. Vat. e il Chig. N. E. ) Imperocché significando lo
stesso coscia del carro , che sponda del carro , come poteva Dante
dire pur ( tuttavia ) yj?nita in su la destra coscia del carro Beatrice,
la quale ha nel verso 6i detta in su la spomla del carro sinistra ,
nò di là r ha affatto mai rimossa ? Il Vellutello pretende poter cessare
r imbroglio , che bene avverte apportarsi dalla lezione destra , con
intendere , che volgendosi Beatrice a parlare agli anecli volgessesi a
destra. Ma altro è che volgessesi Beatrice a destra colla persona , ed
altro è che passasse da una sponda del carro all' iltra . '^ Cosi comen-
tava il Lombardi : ma noi voloutieri restituiamo V antica lezione per
le ragioni che adduce il Biagioli cos\ : dicendo in su la destra , dimo-
stra che Beatrice si volse a quella parte per parlare agli angeli , co-
me pur si prova dai terzo verso del seguente canto . l/a nota , che
Beatrice si voltò da quella parte , stando pur ferma nei luogo dov'era
prima . N. K. — coscia del carro ( chiosa il Venturi ) per metafora co-
me per matafora si dice coscia di ponte quella parte d' esso fondata
nella riva .
I o5 I o-i I o5 rói vigilate ec. Etemo die ( die per dt , giorno , pa-
ra^oge) appella Tetcrna divina luce; e dice, che in quella vegliano
gli angeli talmente, che mai passo , che faccia il secol per sue vie y
cosa , che nelle sue rivoluzioni ammetta u tempo , viene ad essi fu-
rata , nascosta , ne per so prav vegnente notte , né per soprawegnente
sonno ; vicende dalle quali sono que* beati spiriti esenti .
io6 107 108 Onde ce. Ver cagione di colale cognizione che voi
avete , io rispondendo alla dimostrata pietà vostra , stenderò il mio
parlare non tanto per istruire voi , quanto \ìer essere ben intesa da
colui y Dante, che di là dal rivo piange ; perchè y affinchè pe*l mio rim-
uroverare si ecciti in lui tanto grande il dolore , quanto fu grande
)a colpa.
J09 al 117 Xon pur ec. Dopo il premesso esordio incomincia
CANTO XXX. 445
Che drizzali ciascun seme ad alcun fine ^
Secondo che le stelle son compagne;
US Ma per larghezza di grazie divine ,
Che si alti vapori hanno a lor piova ,
Che nostre viste là non van vicine ,
1 15 Questi fu tal nella sua vita nuova
Virtualmente , cW ogni abito destro
Fatto averebbe in lui mirabil pruova •
118 Ma tanto più maligno e più Silvestro
Si fa '1 terren col mal seme e non colto y
Quant' egli ha più di buon vigor terrestro •
Beatrice a descrìver agli angeli la condotta di Dante . Costruzione •
Questi, Dante, non pur per ovra delle mote magne y non solamente
per influsso de* cieli , che drizzan ciascun seme ad alcun fine , che a
ciascuna nascente cosa danno inclinazione ad alcun fine , buono o
cattivo , secondo che le stelle son compagne ( * secondo che le rote ,
i codd. Vat. e Chig. N. E. ) , secondo le benefiche o malefiche co-
stellazioni , che nel punto del nascere di ciascuna cosa dominano (a) ;
in cielo ma per larghezza , abbondanza , di grazie dittine che a lor
pio\*a , al loro scendere in noi , hanno vapori ( per cagione , ineren-
temente a piova j della quale sono i vapori cagione ) 5Ì alti, che no»
stre viste là non van vicine , non giungono ; fu nella sua Fita nuova
nella sua novella età (alcuni interpretano che vita /laot'a appelli Dan-
te i suoi piii venti anni allusivamente al libro intitolato vita nuova
dal medesimo Dante comoosto ) virtualmente tale, per virtudi ricevu-
te e dai cieli e da Dio talmente disposto , che ogni abito destro , buo-
no , fatto avrebbe in lui ec, avrebbe in esso proaotti effetti maraviglio-
si • Essere virtualmente per avere viriti , potenza , di essere , è frase
delle scuole adoprata anche da altri buoni Italiani scrittori • Vedi il
Vocabolario della Crusca.
Portualmente ( chiosa il Venturì ) , parola filosofica , vuol dire
in virtù in potenza , cioè di tale attitudine , e buona naturai dispo-
sizione dotato. Sunt enim ingeniis nostris semina innata virtutum , quae
si adolescere liceret , ipsa nos ad beatam vitam natura perdtu:erety disse
nella terza Tusculana Cicerone; cui è da condonarsi questa massima
Pelagiana : da cui però ( ac|;iungo io) Dante, siccome quello che vi
unisce anche la divina grazia ( Ma per larghezza di grazie divine) non
dee avere appreso questo suo sistema ; ma piuttosto dal detto di Sa-
loiiiuiie nella sapienza , sortitas sum animam bonam (6) , cioè bona
indoiis , spiegano i sacri interpreti .
118 119 120 /I/a tanto piti ec» Verissima sentenza ; imnerocchè
terreno che non ha vigore non produce niente ; ove quello che na
vigore , o per mal seme , o solo anche per mancanza di coltura ,
<a) Vedi tu di tale inflakso la parlata di Marco Lombardo Pargat. avi 67
e segg. (Z>; 6u^. 8.
446 PURGATORIO
lai Alcan tempo 1 sostenni col mio Tolto ;
Mostrando gli occhi giovinetti a lai ,
Meco 1 menava in dritta parte volto •
124 Sì tosto come in su la soglia fui
Di mia seconda etade , e mutai vita ,
Questi si tolse a me e diessi altrui •
1 17 Quando di carne a spirto era salita ,
£ bellezza e virtà cresciuta m' era ,
Fu' io a lui men cara e men gradita ;
1 3o £ volse i passi suoi per via non vera ,
Immagini di ben seguendo false j
Che nulla promission rendono intera •
i33 Né r impetrare spirazion mi valse ,
Con le (juali , ed in sogno ed altrimenti ,
rìcaopresi d'erbacce salvatiche, ed anche veae&che. * 3fa tanto più
malvagio , il cod. Chig. Del buon vigor terrestro , il cod. AnUid. N. E.
Ili ìli 1 34 j^lcun tempo ec. Co' miei innocenti sguardi moren-
dolo ad amarmi , e conseguentemente ad imitare i miei costumi , il
sostenni che non traboccasse nel vizio , e meco il menava volto alla
virtù. Era Beatrice, per testimonianza del Boccaccio, assai legfi;iadreUa
secondo F usanza fanciullesca , e ne^ suoi aiti gentile e piacevole molto,
con costumi , e con parole assai piii gravi e modeste y che il suo piccio-
lo tempo non richiedeva (a) •
il] ì-ìS ì'26 St tosto ec. Malamente qui per questa seconda etade
intendono gli espositori , chi la vita , e chi altra strana cosa . Noi da
una parte troviamo , che Dante nel suo Convito {b) , divide l'umana
vita in quattro parti , che et/idi appella , in adolescenza , gioventii , se-
netth , e senio; e che, della prima parlando , /ik//o dubita y dice, ma
ciascun savio s* accorda, disella dura injìno al venticinquesimo anno.
Dall' altra parte siamo assicurati che morì Beatrice nel velesimosesto
anno delP età sua (e) . Chi ora non intende voler Beatrice dire , che
mutò la temporale nell'eterna vita, in su la soglia, su '1 prìucipiare,
della gioventii , nell' anno ventesimosesto ? — Questi , Dante , si tolse
a me, distaccò da me il suo cuore, e rivolsclo ad altri oggetti.
127 iiS Quando di carne a spirto ec. essendo di mortale e cor-
Sorea , immortale ed incorporea , e più bella , e virtuosa divenuta •
ANIELLO .
* I '^9 Fu io men cara a lui , il cod. Chig. N. E.
J 3o Per via non vera , vale per via non dritta .
i5!2 Che nulla promission ec. che ninna promessa adempiono.
i55 i34 i55 Aè P impetrare ec, uè mi giovò l'aver lui impetra-
ci) Nella vita di Dante, {b) Tratl. 4 cap. 24. (e) Memorie per la vita
di Dante ii vii.
e A N T O X X X . 447
Lo rivocai : sì poco a lui ne calse .
j36 Tanlo giù cadde, che tutti argomenti
Alla salute sua eran già corti ,
Fuor che mostrargli le perdute genti .
i39 Per questo visitai V uscio de' morti 9
Ed a colui , che Y ha quassù condotto >
Li prieghi miei piangendo furon porti •
14^ L' alto fato di Dio sarebbe rotto
Se Lete si passasse, e tal vivanda
Fosse gustata , senza alcuno scotto
Di pentimento che lagrime spanda •
te da Dio sante inspirazioni , colle quali e mentre vegliava , e men-
tre anche dormiva , lo andava richiamando al dritto sentiero : tanto
avea costui postergata la virtù.
i36 137 Già cadde , nel profondo , intendi , del vizio — argomenr
a , per prth^edimenU , rimedj {a) , — corii per insufficienti •
i38 TjC perdute gentil l'Inferno.
139 i4o i4i f^sitai t uscio de* morti ^ entrai per l' infernale porta
nel regno delia morta gente {b) . — Ed a colui ec. a Virgilio . * Co-
stui ^ malamente il cod^ Vat. fi. E, ^^ piangendo: cosi fa che riferisca
anche Virgilio stesso (e).
i/p Fato di DiOy cioè decreto, provvidenza, ordinazione divina •
Volpi . — roUo , violato .
m43 i44 ^4^ *^<^ ^'^ ( i^ fiume ch'era di mezzo tra Beatrice e
Dante) sì passasse, e si gustasse tale vivanda^ 1' obblivione cioè del-
le commesse colpe (d) , senza alcuno scotto , compensazione alcuna ,
di pentimento che lagrime spanda ^ che induca a sparger lagrime. In
proverbio ( dice e prova con esempj il Vocabolario della Crusca )
pagar lo scotto vale far la penitenza del fallo {e) .
(a) Vedi il Vocab. dalla Crusca alla voct argomento \. 5. (b) Inf. viii 85.
(e) laf. li xi6, (d) Parg. zztixi 117 e segg. (e) Sotto la voce scotto {. a.
Fine del canto trentesima .
CANTO XXXI.
ARGOMENTO (*)
Beatrice , ieguitando a riprender DatUe , lo induce a confessar di propria
bocca il suo errore ^ ed a tramoriirng di dolore ; dopo di cka « imfato
da Maielda nelfiunu Ute y 6<t;f delle siu acqae •
1 v^ tu , che se' di là dal fiume sacro ,
( Volgendo suo parlare a me per punta y
Che pur per taglio m' era parut' acro )
4 Ricominciò , seguendo , senza cunta ,
Di' , di' , se questo è vero ; a tanta accusa
Tua confession conviene esser congiunta .
7 Era la mia virtù tanto confusa ^
Che la voce si mosse , e pria si spense
Che dagli organi suoi fosse dischiusa •
IO Poco sofferse , poi disse : che pense ?
' i ù\ 6 O tu che ec* È il senso che dopo appena terminato ch'eb-
be Beatrice di esporre agli angeli la prava condotta di Dante , sema
cunta y senza dimora ( dal Latino cuncta ) seguendo , ricominciò a vol-
gere , come prima di rispondere agli angeli, il suo parlare a Dante.
£d è vaghissima l' espressione , di volgere , quasi spada , per punta ,
cioè direttamente a lui quel parlare , che anche per taglio , cioè per
traverso , o sia indirettamente a lui e direttamente agli angeli facen-
do , gli era pure sembrato acro , pungente — fiume sacro , il fiume
Lete , che stava di mezzo tra Beatrice e Dante — dT di* , condupllca-
zione esprimente veemenza di parlare , — se questo è vero , quanto
cioè aveva Beatrice es}>osto aeli angeli della di lui mala condotta»
dal V, 109 fino al termine del passato canto.
j S g La voce si mosse. ^ e pria si spense , Che dagli organi ec. è
quel vox fauclbus haesit di \irgilio (a); e per gli organi intende le
fauci .
I o Poco sofferse , un poco ebbe pazienza aspettando , intendi , mia
risposta — pense per pensi , antitesi in grazia della rima .
Q) Argomento metrico del celebre Gaspare Goni .
Chiede Beatrice che palesi il vero
Ei di saa bocca ; ed ei teme , e faTclla «
Pianto sgorgando per aspro pensiero .
Mentr' ella parla , ed oi %\ rinnovella
Per pentimento , coglielo improvviso
Matelda ^ e il taffa nell' onde , e Y abbella ;
Poi vicin vede Beatrice il viso .
(a) Àentid, zo 754 ) ed altrove .
CANTOXXXI. 449
Rispondi a me , che le memorie triste
In te non sono ancor dall' acque offense •
i3 Confusione e paura insieme miste
Mi pinsero un tal sì fuor della bocca ,
Al quale intender fur mestier le viste .
16 Come balestro frange , quando scocca
Da troppa tesa la sua corda e l'arco ,
£ con man foga 1' asta il segno tocca ;
j^ Sì scoppia' io sott' esso grave carco ,
Fuori sgorgando lagrime e sospiri ;
E la voce allentò per lo suo varco •
sa Ond' eir a me: perentro i miei disiri 9
Che ti menavan ad amar lo bene
Di là dal qual non è a che s' aspiri ,
ab Quai fosse attraversate o quai catene
Trovasti , perchè del passare innanzi
Dovessiti cosi spogliar la spene ?
• li li Le memorie triste , de' peccati tuoi — non sono ancor cf-
Jense ^ scancellate intendi àM acque di Lete (a), lascia per ellissi
d' aggiungere e però non puoi nadurmi per iscusa la dimenticanza •
Dnu acqua leggono 1' edizioni diverse dalla I^idobeatina : '*' e il cod*
Chìg. N,E.
i4 i5 .1/1 pinsero ce. , mi cacciarono fuor della bocca un s\ tan-
to sommessamente pronunziato , che piii per inclinamento del capo ,
che neir asserire si f a , e pe'l movimento delle labbra, potè dagli
occhi di Beatrice scorgersi» che dalle orecchie udirsi — viste ^ per w-
$ta (plurale pe'l singolare) per g/i occhi.
16 Come balestro ; la Nidob. però legge Come al balestro. * Fran^
gè , sottintendi s\ , per non far di questo verbo , cóme fanno i vo-
cabolari , un mostro di quattro teste , cioè un attivo , un passivo ,
un neutro, e un neutro passivo. Biagioli. N. £.
19 20 21 Sì scoppia^ io ec. Come il balestro per troppa tensione
si frange , e la freccia allenta nel suo moto , cosi scoppiai io sotto
il detto grave carico della confusione e paura , fuori sgorgando la-
grime e sospiri, e perdendo forza di mandar fuori le parole.
11 I miei disiri , i buoni desiderj da me inspirati .
33 a4 Lo bene , di là dal qual ce. : il sommo bene Iddio , oltre
del quale non vi è cosa desiderabile.
27 Spogliar la spene , per perdersi di speranza , disanimarsi .
{a) Vedi Pnrg. xxviii 127 e segg.
T.a. F f
/pò PURGATORIO
<ì8 E quali agevolezze o quali avanzi
Nella fronte dell' altre si mostraro »
Perchè dovessi lor passeggiare anzi ?
Zi Dopo la tratta d' un sospiro amaro »
A pena ebbi la voce che rispose ,
E le labbra a fatica la formaro •
34 Piangendo dissi : le presenti cose 9
Col falso lor piacer , volser miei passi
Tosto chel vostro viso si nascose.
37 Ed ella : se tacessi , o se negassi
Ciò che confessi , non fora men nota
La colpa tua ; da tal giudice sassi •
a 8 A fievolezze , per attrattive e maniere dolci* Volpi , — afona ,
guadagni Volpi.
*ìg ^ IVella fronte dell' altre si mostraro , variante del Cod. Caet.
in luogo dì de^i altri della Nidob. de' cod. Vat. e Chìg. e della Co-
mune . Aggirandosi la principal rampogna dì Beatrice sulle infedeltik
coiD messe da Dante per aver amato altre Donpe dopo la sua morte;
e coeroTite a questa essendo specialmente la risposta e la scusa di lui
come si vede al v. 35 e seg. , non meno che 1* opportuna perora-
zione di beatrice , vei'90 4^ ^ s^g- > ^ più palesemente v. 49 e seg. ,
non esitiamo di adot^re il genere feminino in (jue^to luogo , ove
piultostochè trattar de' beni spirituali, come vogliono i Comentatorì ,
senilira, cbe la ./onna faccia all'infido con bell'arte travedere il
primo punto dell'nccusa ; al che ben corrispondono i sospiri ed i pian-
ti del '.'oeta . Ti bia^ioli però vuole stare anche qui contro noi : e di-
ce che a questo degli altri dee intendersi oggetti da te vagheggiatii
spiegazione difesa anche dal sisnor Betti. ^. I>
3o Perchè , vale talmente cfie — lor passeggiar anzi . ^nzi , o sia
avanti , ed intorno , sono particelle , che ad espressione di praticare
le adoperiam noi persinonime, ad ugual senso dicendo /lora mi vanir
pili aitanti , e non "ti venir pili intorno . Lor adunque passeggiar anzi
crederei io <lt'tto ad uguale sigiiifìcalo dì andar loro intorno ^ di ac-
costarsi ad esse . il 1. and ino e il A ellutello chiosano Perchè dovessi
passeggiare y ciati proceder innanzi , senza partirti da loro. Diversa-
mente il Daniello, il Aolpi, e il Àenluri, Passeggiar anzi spiegano
per fare aJf amore , passando sovente i vagheggini davanti alle case
delle innamorata loro ^
7rx ì.a x'oce , che rispose, che diede Ja seguente risposta .
7)\ Le /presenti cose, i mondani obbietti: * e forse meglio, gli
ogj^ofli rhc mi restaron presenti quando tu più non vi eii . K. K.
.>5 fiei passi la rido b. ed altre antiche ediz. , mie^ passi 1' edi-
7.ion«' d( 11.1 Ciusca e le ino<lerne seguaci .
3(1 // vosfm viso si nascose, il vostro volto, morendo, si tolsQ
agli orchi miri ,
e A N T O X X X 1 . 45^
4o Ma quando scoppia dalla propia gota
L' accusa del peccato , in nostra corte
Rivolge se contra 1 taglio la ruota .
43 Tuttavia perchè me' vergogna porte
Del tuo errore , e perchè altra volta ,
Udendo le sirene , sie più forte ;
46 Pon giù 1 seme del piangere , ed ascolta :
Sì udirai , come in contraria parte
Muover doveati mia carne sepolta .
49 Mai non t' appresentò natura od arte
39 Da tal giudice , da Dio , a cui tulio e noto .
40 Ma , in senso di nondimeno — gota per bocca . Volpi .
4i Corte ^ vale qui luogo dove si tien ragione (a).
f^i involge se ec. La ruota rivolge se coutra il taglio , cioè la di-
vina eluslÌEÌa rintuzza la spada della sua vendetta ; presa la nietifo-
ra dalla cole 9 o pietra ( o ruota ) d' agguzzare , la quale volgendosi
contra la schiena del coitello , viene ad agguzzarlo ; roa se si volga
contra il taglio di esso, viene a guastarlo. Volpi.
43 * Me^ , legge la comune, me^io ; e però più , e con più fratto ,
dice ilBiagioli . Perchh piit ^ logge il cod. Chig.i Perchè ma, i codd.
Cass. e Gaet. , lezione da noi già altra volta addottala . Ma non vedendo-
ne ora la necessità , abbiamo piuttosto voluto restituire nel testo la le-
zione comune . N. E. — porte , antitesi in grazia della rima , per porti*
44 4^ Perchè , affinchè , aJtra volta Udendo le Sirene ec, Simbo-
leg^auo le favolose Sirene col loro canto 1' attrattiva de* falsi mon-
dani piaceri ; e Dante ponele qui per ^V islessi mondani piaceri ; il
simbolo per la cosa simboleggiata <-- sie per sii .
46 Pon giii il seme del piangere» jSono discordi gli espositori 9
questo seme del piangere y intendeodo chi il doloro, chi le lagrime,
e chi il pensiero stesso per cui piangeva • A me però sembra che
ne lo abbia accennato il Poeta medesimo poco auzi (ù) nel grave car-
co della confusione e paura ^ sotto del quale confessa d'essergli scop-
piate le lagrime e i sospiri. A colaXe graive carco corrisponde benis-
simo tanto In frase /70/I giii^ quanto il line del deporlo, acciò potes-
se meglio ascollare : certa cosa essendo , che la confuùomi e la paura
ofiuscano 1* intendimento . •
47 In contraria parie , in allontanamento dai falsi piaceri mondani.
48 Mia carne sepolta , vale la morie mia , il conseguente per Tan-
tecedente .
49 Natura od arte legge la Isidob. con altre antiche edizioni,
e parecchi rass. vedati dagli Accademici della Crusca; natura e arte
legge l'edizione della Cr. e le moderne seguaci : "^ e il cod. \at. h.ìù.
(a) Vedi il Vocabolario della Cr. alla voce corte {. 8. (/>) Vers. i3 e seg(.
F f a
452 PURGATORIO
Piacer, quanto le belle membra in eh' io
Rinchiusa fui , e che in terra son sparte •
52 E , se '1 sommo piacer sì ti fallìo
Per la mia morte , qual cosa mortale
Dovea poi trarre te nel suo disio ?
55 Ben ti dovevi , per lo primo strale
Delle cose fallaci , levar suso
Diretro a me che non era più tale •
58 Non ti dovea gravar le penne in giuso ,
^ Ad aspettar più colpi j o pargoletta
O altra vanita con si breve uso .
6ì Nuovo augelletto due o tre aspetta ;
5i * Che sono in terra sparle , il cod. Cass. N. E. — Se non vo-
gliamo che sapponesse Beatrice sparse le sue membra qua e lii , co-
me se state fossero dalle fiere straziate , ovver bruciate , q sparse le
ceneri al vento , dovrebbe , pare a me, sparie qa\ pure , come nel can-
to xxvin i3 della presente cantica , valer quanto spariiie; e dovreb-
be intendersi per trasposizione , a camion della nma , essere scritto
e che son terra sparle, in vece di e che sporte^ spartite da me, sono
terra , sono risolute in terra . '*' Nel xxv del Paradiso si legge , in ter-
ra è terra il mio corpo , che spiega appunto questo testo . Onde spar^
te, vale disciolle , e ridotte in terra. Riagioli . N. E.
5*2 // sommo piacer, che avevi in mirarmi -^ ti fallìo , ti mancò.
Del yerho fallire per mancare vedi il Vocabol. della Cr. * Fu certa-
mente una svista del Lombardi V annotare nella vecchia edizione c^t-
sto Jallio per ingannò citando il Vocabolario , che d'altronde segna-
va yh/Zine per mancare colla citazione di onesto verso. Il Biagioli se
ne avvide , non però gV illustH editori Bolognesi . N. E.
55 56 57 Perlo primo strale Delle cose fallaci, pe '1 primo col-
po che ti diedero le fallaci cose col farmiti mancare • "^ Proprio stra-
le, il cod. Chig. N.E. — levar suso , al cielo — che non era piii tale,
quale in vedendomi ti compiacevi .
58 59 60 JVon ti dos^ea gra\^ar ec. : non ti doveva dal levar suso
rispingere abbasso , ad essere bersaglio d'altri strali, — o pargoletta
o altra ec, o giovinetta donna ,0 altro vano obbictto . Il Daniello ,
e il Venturi dicon9 per tal pargoletta alludersi alla Lucchese Gcn-
tucca , di cui nel canto xxiv 07 e segg. di questa medesima cantica .
Mancarono essi però d' avvertire che iJuonagiuuta nell'indicato canto
ìie fa chiaramente capire , che Dante al tempo di questo suo viag-
gio non sapeva tampoco se Cientucca fosse al mondo ; e che qui Bea-
trice riprende Dante dei peccati già commessi , e non dei futuri . —
con sì breve uso , di cosi corta durata . * Il Con. Caet. e il Chig. al
i'. 58 leggono non ti dovean, in luogo di dovea , sin«|olare . N. £.
61 6i 63 lYuovo augelletto ec. Coir esempio degli uccelli pro-
sieguo Beatrice a far conoscere la follia di un nomo di formato giu<
CANTO XXXI. 453
Ma dinanzi dagli occhi de' pennuti
Rete si spiega indarno o si saetta .
64 Quale i fanciulli , vergognando , muti ,
Con gli occhi a terra , stannosi ascoltando ,
E se riconoscendo , e ripentuti ;
6y Tal mi stav* io ; ed ella disse : quando
Per udir se' dolente , alza la barba ,
E prenderai più doglia , riguardando .
70 Con men di resistenza si dibarba
Robusto Cerro , o vero a nostral vento ,
O vero a qiiel della terra d' larba ,
73 Ch' io non levai al suo comando il mento .
£ , quando per la barba il viso chiese ,
dizio ) che dopo provati gli aspri colpi de' mondani piaceri , non si
diparta da essi. Solamente, dice, il novello sciocco augelletto , do-
po il primo colpo d' insidie aspetta due o tre , non isfuggc il secon-
do o terzo colpo . Ma agli uccelli pennuti vecchi , provato che abbia-
no una volta l'insidia tramata loro sotto lusinga di richiamo o d'esca ,
indarno poscia si tendono reti ( allusivamente a quel de' Troverbi :
Frustra jacitur rete ante ocuìos pennatorum ) (a) ^ o si scagliano saet-
te . Nota che ai tempi di Dante non era ancor trovato 1 archibuso •
6/| 65 66 Quale y vale in quella maniera che — i JanCiulli, ellis-
si , intendi sgridati e ripresi de* loro falli — * Se riconoscendo , inten-
di colpevoli. BiAGioLT . N.£. — • ripenluto per ripentito^ detto da altri
buoni scrittori , vedilo nel Vocao. della Cr.
67 68 69 Quando per udir se* dolente ec. ( vale qu\ il quando lo
stesso che il Latino quandoquidem (b) : giacché il saiutar dolore s'c
in te eccitato per mezzo dell* udito , alza la barba ( pel viso , com'es-
80 Poeta spiega sei versi sotto , dicendo quando per la barba il viso
chiese ) , e per lo sguardo in mirar me crescerà in te il dolore .
70 71 72 Si dibarba, si sterpa-, si diradica — cerro , albero ghian-
difero simile alla quercia (e) — o vero , vale qu\ lo stesso che a sem-
plice o — a nostral vento , al vento boreale , che si muove dal no-
stro ])olo artico . Venturi . In corrispondenza però dall* altro vento
AITricano , detto della terra di larba ( famoso Re di Numidia nell'Af-
frica ) dovrebbe nostrale piuttosto significare della terra nostra , dell*
Europa , come ben può dirsi il vento boreale .
73 // mento , per tutta la faccia .
74 Quando per la barba il viso chiese (per al senso di con (d) ,
e barba pei nome di barba) y quando col nome di barba dimandò il
viso , dicendo alui la barba , in vece di alza il viso .
(a) Gap. I. {b) Vedioe litri esempi riportati dal Cinonio Pariic, aio o*
(e) Vocabol. della Cr. \d) SMàiQìskQ». Pmrtie.i^^ \i.
\1\ PURGATORIO
Ben conobbi '1 yelen dell' argomento •
76 E come la mia faccia si distese ,
Posarsi quelle prime creature
Da loro aspersion l' occhio comprese ;
75 Ben conobbi eà. Non mi pare che possa qu\ artromento pren-
dersi alla scolastica per entimema (a) , oa altra qualsivos^lìa specie
cU argomentazione ; ma che piuttosto debba sififnificare invenzione (b)^
e che perciò ben. conobbi il veten dfiìV arpnmenio vaglia lo stesso che,
ben compresi il velenoso , il mordente fine di cotal invenzione , di
cotal nuovo modo di favellare : che voleva cioè Beatrice farmi capi-
re, ch'io non era nuovo au^U etto ^ ma ben pennuto uccellacrio, ed
indegno di compnssionc nel lasciarmi nuovamente pigliar pelle rete
dai mondani piaceri
76 Si ffistexe, intendi in .«« , a riguardar Beatrice.
77 7^ Quella pHm'» rry^ture, oltre della Nidob. e d'altre antiche
edizioni , leggono moltissimi mss. veduti dagli Accademici della Cru-
sca , ed è necessario che in luogo di belle creature , che hanno l'edi-
zione della Crusca e tutte le moderne , si riceva . Imperocché tra le
belle creature comprcnderebbesi anche Beatrice , e qu\ non si voglio-
so posati che i soli angeli , ai quali unicamente conviene l' appel-
lazione di prime creature , perchè creati da Dio prima degli uomi-
ni — posarsi da loro a^nersion . À^persion ( termine convenientissimo
ad esprimere r atto , già dal Poeta indicato (r), d'essi angeli di spar-
fjer fiori sopra ed intomo a Beatrice, ed a cui ottimamente si confa
il verbo posare) leggono la Nidob. e due mss. della biblioteca Cor-
sini segnati 6og. e 6io: ed è il sentimento, che volendo Beatrice ren-
dere Dante , già ner udir dolente , vie più dolente col manifestargli
agli occhi la bellezza di sua persona, fece cessrìre quella nwola di
fiori , che dalle mani angliche saliva e cadeva (d) intorno a se stes-
sa . * 1 CoD. Cas. Vat. Chig. e Antald. leggono egualmente prime, e
non belh' ; ed in luogo di aspersion legge il primo apersion , la qual
parola viene però intesa dal suo Posili, per aspersione notandovi so-
pra quam faciehant (Angeli) tle florihis , il Cod. Caet. poi legge
istessamente della Nldobcatina . NÌ E. y4n^mrsion , che leggono in ve-
re r altre edizioni (* e i codd. Val. e Chlg. N. F.) è un termine che
non rinviene altrove esempio , e che Aov. in luogo di aspersion esse-
re stato scritto da chi del dello angelico oflizio intorno a Beatrice
non si ricordò: cagionando altrui la briga di arzigogolare, che scom-
parvero gli angeli por non veder Dante in tanto compassionevole aspet-
to per il rabbuffo di Beatrice; o pure?, che per errore si ascosero,
macchialo nncor ravvisandolo di quelle colpe rimproverate lui da
Beatrice (e) , come se colei eh' era servita dagli angeli fosse di un
occhio mon puro e dilicalo, talché reggesse ella a mirar Dante, men-
tre quelli per errore si asnos(*ro ,
Nella menzionata biblioteca Corsini , oltre i due divisati mss.
che concordemente alla Nidobeatina leggono aspersione tutti gli altri
(a) Cosi il Volpi . (b) Vedi il Voc. della Cr. alla voce argomento {.5.
(e) Canto prec. v. 20. (d) Ivi v, a8. e segg. (e) Così il Venturi ; che ia
se^aela di tal saa interpretazione passa a pettinate 11 Landino a il VoUntello.
e A N T O X X X 1 . 455
79 E le mie luci , ancor poco sicure ,
Vider Beatrice volta in su la fiera ^^
Gh' è sola una persona in duo nature .
82 Sotto suo velo , ed oltre la riviera
Verde pareami più se stessa antica
Vincer , che V altre qui quand' ella e* era .
che liella m edesiitia esistono , al numero di cinque , e V edizione del
Numeister i47'-**» leggono per errore apersion . Krrore pet-ò che, come
ognun vede, ricerca minor emenda a formar aspcrsìon , che appar-
Sion» * Il cod. Stuard. legge opemzion, K. E.
ng Le mie luci ancor poco sicure , gli occhi miei ancor alquanto
timiai , o con alquanto timido sguardo .
80 81 frolla in su la Jiera i vale in su quanto sopra, come in
quell' altro verso .
Vn carro in tu due rude trionfale (a)
ed essendo Beatrice situati su '1 carro in alto , bastava che si volges-
se verso la Jiera che tirava il carro , per potersi convenientemente
dire volta in su , sopra , la Jiera . — C/us è sola una persona , forse
con trasposizione , in vece di di' è una persona sola — in duo (b)
nature , divina ed umana . Fiera appella il grifone , di cui ha parla-
lo nel canto xxix. 108. della presente cantica , perchè animale com-
posto di leone , eh* è fiera , e di aquila , eh' è pur uccello fiero.
82 83 84 Sotto suo velo , ricoperta dal candido velo , detto nel
canto precedente v. 3i. — ed oltre la riviera verdis , di là della ver-
de ripa del fiumicello . Verde, perchè ricoperta d* erba ; la qual er-
ba ha detto nel xxviii. 26. e 2^. di questa cantica, che il fiumicello
con site picciol onde piegava. Il sentimento è, che quantunque Dan-
te non discemesse perfettamente Beatrice , e pe'l velo che la rico
priva , e per la distanza in cui si trovava , gli pareva nondimeno ,
che più allora in bellezza superasse se stessa antica ( dal Latino an-
ùcns , anteriore ) , quando cioè anteriormente tra i mortali viveva ,
che non superasse ella , mentre viveva , 1' altre viventi donne . Il Da-
niello per Beatrice antica y chiosa, quella Beatrice , ch'era stata anti^
coniente , quando era in questa mortai vita . Essendo però morta Bea-
trice nel giugno del 1290 (e) , cioè soli dieci anni prima del i3oo.
( anno di questo poetico viaggio ) ; come accenna Dante stesso nel
V. 2. del canto seguente , non pare che potesse un tale intervallo ba-
stare per giudiziosamente riporsi la vita di Beatrice tra le antiche co-
se. Assai però peggio del Daniello chiosano il Landino e*l \eUutel-
lo , che antica s' intenda detta Beatrice in quella seconda età , e men-
tre era di là in spirito . * Il cod. Antald. legge così : Sotto'l suo velo ,
ed oltre la rivela , Vincer pariemi piìi se stessa antica Vieppiù che l'al-
tre ec, E r illustre possessore vi nota : jL' espulsione deli epiteto ver-
de, che non e necessario a queljlume, ed il vieppiù messo opportw-
(a) Purg. xxix 107. (b) Cbe li Nidobeatina il più delle volte e non
sempre legga due ove l' altre edixtoni leggono duo % pnosii ciò ascrivere al
Poeta medesimo , cbe volesse ritenuta , qaal era , in uso • 1* nna e T al'
tra maniera* di scrivere • (e) Mttnoric fer la vita di Dante f. viz.
iJ56 PURGATORIO
85 Di penter sì mi punse ivi V ortica ,
Che di tutt' altre cose , qual mi torse
Più nel suo amor , più mi si fé' nimica .
88 Tanta riconoscenza il cuor mi morse ,
Ch' io caddi vinto ; e quale allora femmi ^
Salsi colei che la cagion mi porse .
91 Poi , quando il cuor virtù di fuor rendemmi ,
La donna , eh' io avea trovata sola ,
Sopra me vidi , e dicea : tiemmi , tiemmi .
94 Tratto m' avea nel fiume infino a gola ;
E , tirandosi me dietro, sen giva
namente renderebbero il senso più chiaro e pili preciso , se nel seeon"
do verso in vece di ptit potesse leggersi 1\ • Questo luoeo è staio ben
maltrattato dai copisti : poiché vincere in principio sì del secondo \ co-
me dfl terzo verso , trovati ne(^i altri Danti da noi confrontati , e nei
Dante del i477* "^ ^ noi aggiungiamo , che la ripetizione dt vincere
si ha pare ne*codd. Vat. e Chlg. N.E.
85 Di penter sì mi punse ivi F ortica : così dee intendersi meta-
foricamente detto in vece di dire: tanto allora (a) il rimorso della co-
scienza m' stimolò di ( per a ) {b) pentirmi . Del verbo pentere , detto
in vece di pentire^ vedi *I Voc;iholario della Crusca. // Landino {n-
ferisce il Venturi ) e il Feliutello ancor ad esso (T accordo , dicono
che sentì allora Dante un prurito di ben pentirsi , qual lo mette addos-
so r ortica ^ dono che ha punto, di ben grattarsi. Il Vellutello però
r ortica del pentire ( chiosa ) è il rimorso della coscienza . * Plnse
ivi C ortica , il cod. Chig. N. E.
86 87 Di tute altre cose, di tutti gli oggetti diversi da Beatrice —
qual , quella , qualunque la quale — più nel suo amor mi tòrse , mi
deviò . * Piìi da suo amor , il cod. Chig. N. E. — piìi in quel punto
mi si fb nemica, mi venne in odio.
pò iSalsi rof'ii , se lo sa colei , Beatrice : ed il si e il se non sono
qui che particelle riempitive (r).
gì Quando il cuor ec; quando riscosso dal deliquio il cuore re-
se la tolta virtii , attività , agli esterni sentimenti .
92 f^ donna , eh* in avpa trovata sola , Malelda , la prima che in
3uesto ameno luogo trovò Dante; e di cui nel canto xxviii 37 e segg.
i questa cantica : E là m' apparve una donna soletta ec,
9^ 9opra me vidi ec. : me la vidi sopra di me di qua dal fiume,
dicendomi che mi appigliassi a lei .
9^ Tratto nCavea ec* Ellissi , il cui pieno dee intendersi : Essen-
done io a lei appigliato y ella si mosse attraverso del Jìume j e tratto
(a"^ Della particella ivi per allora vedi Cinonio Partic.i^^, %. (b) Vedi
lo stesso Ciaonio Partic. 80 ^, (e) Vedi il Vocab. dtiU Cr.nieU' altimo pa-
ragrafo sotto s* •
e A N T O X X X 1 . 457
Sovresso l' acqua , lieve come spola .
97 Quando fui presso alla beata riva ,
Asperges me si dolcemente udissi ,
Ch' io noi so rimembrar, non ch'io Io scriva.
100 La bella donna nelle braccia aprissi,
Abbracciommi la testa , e mi sommerse
Ove convenne eh' io 1' acqua inghiottissi .
io3 Indi mi tolse , e bagnato m' offerse
Dentro alla danza delle quattro belle ,
£ ciascuna col braccio mi coperse .
106 Noi Sem qui ninfe, e nel ciel semo stelle ;
m* avea immerso in quello infino a ( per a la , o alla, omettendo
la particella la) {a) ((ola.
96 Sovresso , lo stesso . che soi*ra (b) — spola e spuola , picciolo
strumento di legno , fatto a guisa di barchetta , che nel tessersi del-
la tela scorre snello da una banda all' altra dell* ordito a stendervi
per entro la trama , che seco porta . * I cod. Vat. Chig. e Caet. leg-
gono stola in vece di spola, N. E.
cn Beata nV/i appella V opposta , perocché stavano da quella i
beatifici obbietti già descritti .
98 Asper^res me , le prime parole per tutta V antifona Asperges
me , Domine , hyssopo ^ et mundabor j lavabis me , et super nivem deal-
babor: parole del salmo cinquantesimo. E come quest'antifona can-
tasi nel coro delle chiese in tutte le domeniche , mentre il sacerdo-
te bagna d' acqua benedetta il popolo , così fa qui Uante che la 'me-
desima cantasse il coro degli Angeli , mentre bagnava lui Matelda nel
fiume Lete .
99 Ch* io no*l so ec. : ch'io non solamente non so descrivere,
ma neppur rammentare — IVon ch* io lo scriva , cuallage , in vece di
non cne scriverlo.
loi Abbracciommi la testa, e mi sommerse; acciò che dalla po-
tenza della memoria , che nel capo risiede ,/si scancellasse poi la ri-
cordanza delle commesse colpe (e) .
102 Convenne ch* io V acqua inghiottissi . Appartiene ciò probabil-
mente a significare una lavanda anche interiore.
io4 Dentro alla danza delle quattro belle , delle quattro cardinali
virtù, dette nel xxix i5o e segg. di questa cantica.
io5 Col braccio mi coperse <, perifrasi , in vece di mi abbracciò ,
106 Noi sem qui ninfe -y perocché in quella beata selva dimoran-
ti ; come ; secondo^le favole , alcune ninfe abitavano ne'boschi — e nel
ciel semo stelle , le quattro chiare stelle vedute dal Poeta nel polo an-
tartico (</) .
(a) Veggafi , tri gli altri, il Menzioi della costruzione irregolare enip^zn,
(b) Vedi Cinoa. Partic. 23ì ì3, (c) V^di Porg. xsviii 127 e scg.
(d) Vedi Purg. 1 a3 e vili 91.
4,<;8 PURGATOEIO
Pria che Beatrice discendesse al mondo f
Fummo ordinate a lei per sue ancelle .
109 Menrenti agli occhi suoi; ma , nel giocondo
Lume eh' è dentro, aguzzeranno i tuoi
Le tre di là che miran più profondo •
112 Così , cantando , cominciaro ; e poi
Al petto del grifon seco menarmi ,'
Ove Beatrice volta stava a noi.
ii5 Disser : fa che le viste non risparmi ;
Posto t' avem dinanzi agli smeraldi 9
Ond' Amor già ti trasse le sue armi •
107 I08 Pria che Beatrice ec. Tutti gli espositori , quanto veggo,
intendono qui la Beatrice mistica , cioè la divina sviene ^ la teologia:
perchè nessuno ( dice ano per tutti , il Landino ) può esser vero teologo t
cioè vivere secondo i precetti tlella teologia , senza questa virtù . Io pe-
rò per isbrigai^ni dall* impegno di ritrovare quando la teologia discen-
desse al mondo , m* appiglierei più di buon grado alla Beatrice rea-
le , alla donna dal Poeta amata , alla quale per gli ottimi di lei co-
stumi n\k sopraddetti (a) potè esso Poeta ragionevolmente fìngere,
che prima che l'anima della medesima incielo creata, s'infondesse
nel di lei corpo , destinate da Dio le fossero per ancelle o per aje le
quattro cardinali virtii : giusta cioè quel praevenisti eum in benedi'
clionibus del salmo :2o.
109 no III Menrenti, sincope, per meneremti , cioè ti menere-
mo — nel giocondo lume , eh* è dentro , cioè nella immagine, o come
dirà (b) idolo del grifone , che si dipinge dentro degli occhi di Bea-
trice — ac^uzzeranno i tuoi , intendi occhi — ì^ ire di là , le tre vir-
tù teologali , che danzavano alla opposta banda del carro , cioè alla
destra ruota (r) — miran piti profondo , inleudi le tlivine cose .
ii/f Oi'6' Beatrice volta stava a noi, F.ssendosi , come ha nel ver-
so 80 avvisato, volta Beatrice in su la fiera , cioè a riguardare «lai
carro, su di cui stava, il grifone che il carro traeva, conseguenza
è, che essendo Dante volto al petto del grifone, rivolta avesse a se
pure Beatrice .
ii5 Le viste, le occhiate, gli sguardi — non risparmi la Nidob.
ed altre antiche ediz. , non rispiarmi V edizione della Cr. e le moder-
ne seguaci .
iiG ^gli smeralfli , Appella metaforicamente gli occhi di Beatri-
ce smeraldi, per essere lo smeraldo gemma che, dice Plinio (d) , ha
un colore piti giocondo d^ ogn' altra , e nel mirare la quale V occhio
mai non si sazia ; ])erò attissima al caso .
1 1 7 Onde , vale da entro ai quali — // trasse le sue armi , ti av-
ventò i suoi strali .
(a) Vedi la nota al v, 13 1 e segg. del preced. canto . (b) Vers. ia6.
(e) Purg- xsix 121. {d) Hi$t, nat, lib. 37 cap. 5.
CANTOXXXI. 459
1 18 Mille dlsìri , più che fiamma caldi,
Strinsermi gli occhi agli occhi rilucenti ,
Che pur sovra 1 grifon stavano «aldi .
J2I Come in lo specchio il Sol , non altrimenti
La doppia fiera dentro vi raggiava
Or con uni or con altri reggimenti .
J 24 Pensa , lettor , s' io mi maravigliava 5
Quando vedea la cosa in se star queta ,
E neir idolo suo si trasmutava .
127 Mentre che , piena di stupore e lieta,
L' anima mia gustava di quel cibo ,
Che , saziando di se , di se asseta ;
118 Distri amorosi, piìt che fiamma ca/(fi , intendi però , tutti ca-
stissimi , come ad animo del tulio purgato si conveniva .
119 Strinsrrmi , aflìssaronmi — agli occhi rilucenti, di Beatrice,
l'io Che /'///*, tutliivia, sovra il grifon stavano saldi la Nidobeati-
na , sovra il grifone stnvan saldi V altre edizioni .
* 1:21 Come in i specchio Sol ^ non altramenti ^ il e od. Chig. ; come
lo specchio il Sol , il cod. Val. K. K.
ini 19^ fa doppia fiera , la fiera composta di due nature , il
grifone , — vi laggiava , mandava i raggi suoi dentro gli occhi di Bea-
trice . E questo misticamente a significare che Gesù Cristo illumina
la teologia: ed il raggiarvi Or con imi or con altri reggimenti ^ che
(per spiegazione di Dante medesimo) {a) come a dire a///, vuol di-
notare il manifestarsi Gesù Cristo alla teologia, ove quanto alla sola
divinità ed operazioni di essa, ove quanto all' unione in esso lui del-
la divina ed umana natura e di lei eifetli : cose tutte delle quali
tratta la teologia. * Or con altìi or con altri reggimenti , i codd. A at.
Anlald. e ( hig. N.E.
ia5 iq6 Quando vedea la cosa ce, Ta cosa e Vidolo vagliono quan-
to r ohhietto e V immagine di lui . Vuole adunque dire che grande-
mente maravigliavasi vedendo , che il grifone non faceva in se alcuna
mutazione, mentre V idolo , T immagine di lui, impresso negli occhi
di Beatrice, rappresentavasi or con uni , or con altri reggimenti. Di-
versamente cioè da quello eh' è qui solito «vvenire, che non mutasi
mai nello specchio T immagine se non simula Tobbietto. Colai mo-
do poi di rappresentarsi nrlT idolo suo il misterioso grifone a parte
a parte , dee indicare la impotenza del nostro intelletto a compren-
dere tutti gli attributi ed operazioni di Dio in un solo alto.
i'2g Che saziando ili se ce, che nel tempo stesso che rende Pani-
ma di se contenln , la rende insieme braniosa : proprietà degli spirituali
(a) Dove ( scrive Dante nel suo Convito ) la divina luce più espediia-
meate raggia , cioè nel parlare e negli atti , che reggimenti e portamenti
sogliono essere chiamati . Vedi il VocaboUrio della Crnsca alla voce reg-
gimento .
^6ò PURGATORIO
i3o Se dimostrando del più alto tribo
Negli atti , r altre tre si fero avanti ^
Cantando al loro angelico caribo •
i33 Volgi , Beatrice j volgi gli occhi santi f
Era la sua canzone , al tuo fedele j
Glie per vederti ha mossi passi tanti •
i36 Per grazia , fa noi grazia che disvele
A lui la bocca tua , si che discema
La seconda bellezza che tu cele .
169 O isplendor di viva luce eterna y
ffodimenti, ne' quali saturiUts (diceS. Gregorio) (a) appelitum parit.
* Che saziando se , i codd. Yat. Chig. e Autaid. N. K..
i5o Tribo j di senerc mascolino in vece di trìbii , dicevasi dagli
antichi Toscani . Vedi il Borghini Orrg. di Firenze , citato a quesl»
voce dal Vocabol. della Cr. Qui però adoperasi dal poeta nostro per
grado j ordine,
i3i IVegii atti j intendi pili maestosi , e nobili — V olire tre ^ le
tre teologali virtii , accennate ne* versi no iii.
i5q Caribo^ ballo, ^/i/Zam^/tto , spiega il Vocabol. della Cr. recan-
do , oltre quésto di Dante , altro esempio del Boccaccio . * Leggendo-
si con altri testi danzando ( e , aggiungiamo noi , co'cod. Vat. e Chig. }
in luoeo di cantando , non si può far meglio che dar alla voce cari-
bo il significato di modo^ f^isa , maniera di danzare, come spiega il
nostro /(fonti nel suo libro delle correzioni ed a^i^iiinte al ^Vocabolario
della Crusca . Biagioli . 1 codd. "\ at. e Chig. scrivono carribo : il che
sia detto per mostrare V antica ortografia di questa voce stranissi-
ma . N. E.
i34 * Era la sua canzone : Il Cod. Caf.t. legge era la lor can-
zone; istessamente di altri sette testi veduti dai Signori Accademici .
N. E. ^
i36 1^7 i38 Fa noi , per Janne (* come legge il cod. Chig. N.E.)
o facci {h) — che disvele a lui la bacca tua (la bocca deesi qui int^^n-
dere per tutta la faccia , o per sineddoche , o per conformazione al
Latino uso , che os appella tanto la bocca , che tutta la faccia ) che
levi il V(^lo , che non lascia lui vedere la tua faccia ( il velo detto
nel cauto precedente v. 3i e 67 , ed iu questo, v. 8q ) — La seconda
bellezza , la bellezza che posteriormente t* è cresciuta (e) salendo da
eame a spirto — che tu cele. Bisogna però intendere, che non la
celasse del tutto.; imperocché , quantunque velata , vedevala Dante piti
bella che nuand' era viva (d) , Disvele, e cele, antitesi in grazia della
rima per tiisveli , e celi,
lig O isplendor ec. : appella Beatrice con termini somiglianti a
quelli con i quali appellasi nelle scritture sacre la divina sapienza,
candor ( graece splendor, nota Tirino) lucis aeteniae (e),
(a) Homil. xS. (b) Vedi Cmon. Partic, 181 1* (e) Ciato prec v. 12S,
(rf) Vers. «5 e seg. (e) Snp, ; 26.
CANTOXXXl. 46i
Chi pallidb si fece sotto V ombra
Sì di Parnaso , o bevve in sua cisterna ,
ì^2 Che non paresse aver la mente ingombra ^
Tentando a render te qual tu paresti
Là dove armonizzando il ciel t' adombra »
145 Quando nell'aere aperto ti solvesti?
i4o al 145 Chi pallido ec. Supponendo Dante il Monte Parnaso
qual lo descrive Gridio , arx umorosa (a) , e che ( conve di fatto sue-
con
quel
cazione a' libri contraggono , ed in vece di dire chi ha mai iònio
studialo y dice , chi si pallido si fece sotto V ombra di Parnaso ec, , o
bevve in sua cisterna ( citerna Tedizioni diverse dalla Nidob. } , o bev-
ve nel suo fonte • Persio , IVec fonie lahra prolui caballino . Dànisl-
i^ — Che non paresse aver la mente ingombra , occupata , intricata .
Daniello — Tentando a render te , mettendosi all' impresa di rico-
piarti — qual tu paresti , quale apparisti • — Là dove armonizzando il
ciel C adombra. Pe'l cielo intende gli angeli , che pittando fiori adom-
bravano y non lasciavano intieramente vedere Beatrice {b) 1 ed aggiun-
ge armonizzando , inerentemente ad avere dichiarato , ciie i meaesimi
angeli sempre armonizzano
notan tempre
Dietro alle note degli eterni giri (e) .
Quando nelT aere aperto ti solvesti • Dee risguardar questo e il mo-
mento in cui già innanzi cessò la ingombrante pioggia di fiori (d) ,
ed il presente togliersi dalla faccia di Beatrice il velo , che in parte
la nascondeva . ^ Biagioli arguisce in ciò di manifesto errore il Lom-
bardi . N. E.
(a) Metam, I. (b) Canto proced. ^. 28 e segg. (e) Vers. 92 a se^.
(d) Canto precod. v. 77 o sagr
Fine del canto trentesimoprimo .
4
CANTO XXXII.
A R G O M E N T O (*)
Contiensi , dopo alcuni accidenti , come il Poeta pervenne all'arbore deU
la scienza del bene e del male , dove egli subito si addormentò .
1 JL anto eran gli occhi miei fisi ed attenti
A -dìsbramarsi la decenne sete ,
Che gli altri sensi m' eran tutti spenti .
4 Ed essi quinci e quindi avèn parete
Di non caler; cosi lo santo riso
A se traéli con V antica rete .
7 Quando per forza mi fu volto 1 viso
Ver la sinistra mia da quelle dee ,
Perch' io udìa da loro un troppo fiso .
I Fisi ed attenti la Nidobealina , Jissi e aJUenti V altre edizioai :
* e il cod. Chlg. N. E.
1 La decenne sete, la brama di rivederla, soflerta già per dicci
anni, cioè dall'anno 1^90. in cui Beatrice mori (a) lino al i3oo. in
cui , come cento volte è detto , fìnge Dante questo suo viaggio ali'
altro mondo .
3 Spenti , per sopiti senza azione .
4 5 6 Ed essi ec, ed essi occhi , acciò non isvagassero da Bea-
trice , a\'én parete di ( per dal) (^} non calere : avevano ostacolo ,
ritegno dal non si curare, intendi, d'altri oggetti — così lo santo ri'
so, il giocondissimo aspetto di Beatrice, a se //vre'// ( sincope di Znw-
ati) con r antica rete, coli* antica , cioè colla primiera, attrattiva.
* Il cod. Anlald. legge ai'/ew patvte , di non calere y così'l santo ^'iso »
A se trasudi . N. E.
789 Quando a sinistra ec. Supponendo Dante, che al sopravve-
nire delle tre virtù teologali , si ritirassero le quattro cai^dinali ( che
al petto del grifone (e) , in fronte al carro menato lo avevano ) al
primiero loro posto , alla sinistra ruota del carro {d) , aggiunge che
— . • ■* ■ ^ *
(*) Argomento metrico del cel, G. Gozzi .
Quando il Poeta del sonno si desta
Tratto sotto alla pianta il Carro vedi >
Cui prima forte un Aquila molesta ,
Ed indi un Drago salendo lo &ede .
Poi d' esso maraviglie escon maggiori j
Allo cui alto senso si richiede
D'allegorico velo trarlo Inori .
(a) Vedi la nota al v, 83. del canto prcc. {b) Vedi Cinoo. PartJc, 80 5»
(e) Canto prcc. y. ii3. (d) Purg. xxi%, i3o e segg.
e A N T O X X X 1 1 . /|(J3
IO E la disposizion eh' a veder ee
Negli occhi , pur teste dal Sol percossi ,
Sanza la vista alquanto esser mi fee .
i3 Ma poiché al poco il viso riformossi ,
Io dico al poco , per rispetto al molto
. Sensibile onde a forza mi rimossi ,
per mirar egli troppo fisamente in Beatrice si sentisse dalla sinistra
parte , dove Je quattro cardinali virtù eransi rimesse , gridare an trop-
pò fiso ( troppo fisamente guardi i * PcrcK io udu da lori non trop^
pò fiso. Il cod. Antald. N. fc.), che fece lai per forza y cioè contra-
riamente alla inclinazione sua, volgere la faccia verso quella parte.
Dee questo intendersi un giusto rimprovero della temperanza, la quar-
ta cardinale virili , ad ìnsinMare quella moderazione che dee Tuomo
avere , siccome in ogni affare , cosi anche nello studio della teolo-
gia , intesa per Beatrice . Imperocché , come bene il Vellutello avvi-
sa , r intelletto si profonda alcuna volta tanto nella divina luce delle
sacre lettere , che vi rimane abbagliato , e vicn ad essere nien capace ,
che se con misura cercasse tU volerle intendere • Ond' è , conchiude il
Landino , proverbio dei dotti : Dfe quid nimis . * Non capisco come
Lombardi faccia qu\ tre gravi errori : il primo supponenao ch'alTar-
rivo delle tre virtù teologali si ritirassero le quattro cardinali , mentr*
esse non tornarono al loro luogo , se non quando il glorioso eserci-
to si fu mosso, V, :i5 ; il secondo , ch'egli sentisse quella voce dal-
la sinistra del carro, eh' era la sua destra , mentr*egli dice ver la si-
ìiislra mia ; il terzo , che questo rimprovero gli fosse fatto dalla
temperanza , dov' egli dice perch* io udia da loro , e non da lei .
BlAGIOLI. N.E^
10 II 13 Eia disposizion ec» e quella disposizione ^ intendi, cai-
diva, o sia indisposizione a vedere eh ee (per è, paragoge degli anti-
chi Toscani) (a) negli occhi pur (particella riempitiva) (b) leste y di
fresco , percossi dal Sole ; mi fee ( per fé* , pure paragoge in grazia
della rima ) esser alquanto sanza la vista , '^ I Coda. Vat. e Chig. tol-
gono r e , e poneono assolutamente la disposizion , facendo questa vo-
ce , com' esser dee , di cinque sillabe • N. E.
|3 .^fa poiché ec. poiché l'organo visivo alterato dal grandissimo
splendore troppo fisamente mirato ,. degli occhi rilucenti (e) di Beatri-
ce , e reso insensibile al poco lume , si ricompose e si riabilitò alla
sensazione anche del poco .
i4_'.^ /o dico al poco ec. Sono onesti due versi una interiezione,
colla quale dichiara il senso della actta parola poco non essere as-
soluto, ma respettivo ; volendo dire che, sebbene il lume del Sole
e de' sette candelabri , che ai di lui occhi dal mirar Beatrice ritolti
si presentarono , fosse assolutamente molto era nondimeno 9 respettiva-
mente a quello degli occhi di Beatrice, poco. Poco sensibile, dice»
e mollo sensibile in vece di poco e molto visibile , di poco e molto lu"
minoso — onde a forza mi rimossi ; rafferma ciò eh' ha detto nel v. y.
(fl) Vidi Mattrofiai Teoria e Prospetto de' verbi Italiani sotto il verba
attere n.3. (b) Vedi Ciaon. Partic. 206 9. (e) Cant. prec. v. 119.
464 • PURGATORIO
i6 Vidi in sul braccio destro esser rivolto
Lo glorioso esercito , e tornarsi
Col Sole e con le sette, fiamme al volto .
19 Come sotto li scudi 9 per salvarsi ^
Volgesi schiera ^ e se gira col segno ,
Prima che possa tutta in se mutarsi ;
22 Quella milizia del celeste regno ,
Che precedeva , tutta trapassonne 9
Pria ohe piegasse! carro il primo legno •
25 Indi alle ruote si torni^r le donne ;
E 1 grifon mosse il benedetto carco ,
Si che però nulla penna croUonne .
16 17 18 In sui brado destro ec, vale quanto a mano iiestm^
Cammìn facendo il Poeta, appena nato il Sole (a), verso levante [b) ,
acciò quei glorioso e5e/Yri7o venisse lui , come veni vagli , incontro (e),
doveva muoversi verso ponente . Or dunque dice , che V esercito , la
comitiva medesima , fatto avendo a destra un caracollo , tornavasi non
solamente con avanti di se il lume de' candelabri ; ma eziandio con
quello del Sole .
19 ao 11 Come sotto ec, come schiera di soldati per sottrarsi al
nemico che la combatte , volgesi sotto gii scudi , facendosi con gli
scudi riparo, e se col segno ^ colla bandiera, ^ira , intendi, gradata-
mente , incominciando a dar volta quelli davanti , e poi gli altri di ma-
no in mano , prima che possa ttUta in se mutarsi , prima che possa in
tutte sue parti muoversi {d) .
11 milizia del celeste regno , celeste truppa .
q5 Precedes^a ^ intendi, al trionfale carro. * Procedeva tutto y A
cod. Vat. N.K.
if{ Il primo legno , il le^no che va innanzi a tutti gli altri che il
carro compongono, cioè il timone.
^5 j4lle ruote si tornarle donne. Alla sinistra del carro già sup<
pose tornate le quattro cardinali virtii (e). O adunque a//<? ruoterai'
ce, si tornar le donne , per compiersi allora il ritorno di tutte , cioè
anche delle tre virtii teologali , le quali erano poco anzi venute a
Dante, al petto del grifone : ovvero adopra ellissi , e si tornar dice
per si tomaro alla primiera danza , che dalle due bande del carro es-
se doime facevano , mentre il carro veniva (f) .
26 // benedetto carco , il benedetto poso , il carro . * E'^t grijbn
volse il glorioso carco , il cod. Antald. N. K
l'j lVì che però nulla ec. in modo però che non die segno di fa-
re movendo quel carro alcuno sforzo j il quale, se fatto avesse, avrel)-
(a) Vedi Parg. xxvii i33 exxvxii 3. (b) Parg.xxix 12. (e) Lo stesso
canto r. 59. (<ii Del verbo mutarsi per muoversi vedi il Vocabolario della
Crusca, (e) Vedila nota al v. 8. (t) Pa^fi» «xxx X2X e so^.
CANTO XXXII. 4^'
28 La bella donna che mi trasse al varco ,
E Stazio ed io seguita vàm la ruota
Che fé' r orbita sua con minor arco .
3i Sì passeggiando Talta selva vota ,
Colpa di quella eh' al serpente crese ^
Temprava i passi un' angelica nota .
34 Forse in tre voli tanto spazio prese
Disfrenata saetta , quanto eràmo
be certamente dovuto , com' «ra la meik aquila , fare qualche movi-
mento di penne , massimamente nelle ale • * Sì che poi , il cod. Vat.
Sk che Ha poi , il « hig. N. £•
a8 La bella donna , che ec. Matelda , che al varco , al varcare ,
al trapassare ch'io feci del Letèo fiume, mi trasse (a) •
ao 5o Seguitasfàm la ruota che ec, seguitavamo il carro dalla ban-
da della destra ruota , la qutle volgenoosi , come ha detto {b) , il
carro dalla di lei parte , doveva necessariamente in esso volgimento
descrivere nel terre.io la sua orbita , la sua rotaja , con arco minore,
dì quello della sinistra ruota . '*' Che P orbila Jacea , il cod. Chig. N,E.
3j j^lta , per Tatte^za del monte in cima del quale era situata — >
90ia d* uomini abitatori •
33 Colpa , vale auanto per colpa — quella eh' al serpente crese ,
Eva , che prestando lede alla fallace promessa dell' indemoniato ser^
pente , eritis sicut Dii ec. mangiò essa la prima del frutto vietato da
Dio, e indusse poi a mangiarne anche Adamo (e) . Del crese per créf-
ietle vedi M astrofini Teoria e Prospetto de* verbi Italiani [d) •
33 Temprava i passi un* anglica nota : cosi con la ^idobeatina
leggono moltissimi mss. veduti dagli Accademici della Crusca * ( co-
me ancora il Cod. Cass. ed il Cod. Cavt. N.£.}; e così dee leggersi,
e non , come tutte le altre edizioni Temprava i passi in angelica no-
ia» Imperocché a questo modo bisognerebbe valutaisi temprava il
medesimo che io ( solo Dante } temprava , e non tutta insieme la co-
mitiva: cosa non solamente per se stessa disdicevole, ma discordan-
te dal contesto nel terzetto seguente, quanto eràmo rimossi; onde
scorgesi , che non del suo andar solamente favella Dante , ma di quel-
lo di tutta la comitiva • Un* angelica nota adunque , un'angelico can-
tò ( intenderemo } temprava , moderava col tempo suo i passi non del
Poeta solo , ma di tutta la beata descritta comitiva , acciò le diversft
selerità del camminare non guastassero la bella ordinanza • '*' I codd.
ITat. e Chig. stanno colla comune t 1 cementatori bolognesi col padre
Liora bardi . Il Hiagioli spiega chiaramente: quella milizia del celeste re-
fno temprava i passi in tmgelica nota • Noi non abbiamo voluto deci-
ler nulla , e nulla mutare . N«£.
34 35 36 forse in tre voli ec. è come se avesse In vece detto /òr-
^C tre tiri di saetta ci traviano avanzati — Disfrenata vale rilasciata
{a) Capto preead, v. 9^ e Mgg. (^) Vert* 1 6. (e) Gen* 3. (</) Sotto il
erbo creder$ a. 14» ^
T.2. G g
466 FIfRGATORIO
Rimossi quando Beatrice scese •
37 Io senti' mormorare a tutti : Adamo •
Poi cerchiaro una pianta , dispogliata
Di fiori e d' altra fronda in ciascun ramo •
dair arco , dove prima vi è quasi in freno ritenata »- prese enalla-
gè y per prende — auando Beatrice scese , intendi , dal trionfale car-
ro , da su del quale aveva a Dante parlato : ed il motivo di scendere
dee essere stato per portarsi a sedere a' piedi dell* alto albero al qua-
le si erano avvicinati , ed ivi alla partenza del grifone restarsene al-
Ja guardia del trionfale carro. Vedi i versi 86. e segg.
37 Io senti* , apocope , per sentii — mormorare : pone questo il
Vocabolario della Crusca tra gli esempj di mormorare per sommes"
samente parlare , e auasi bisbi^are (a) • La maggior parte però degf
interpreti valuta qui mormorare lo stesso che biasimare ^ chiotando
che biasimassero Adamo , e si dolessero della di lui disubbidienza •
Quanto a me non dispiacerebbe d'intendere , che V espresso signifi-
cato sia , che si udisse sotto voce menzionare Adamo ; e che il taci-
to sia , che bisbigliando si dolessero di Adamo — a iuUi per dti
tuta (ò).
38 59 "^ Poi cerchiata una pianta dijogiie e éP altra fronda , i codd.
Vat. e Chig. N. E. Una pianta . Di questa pianta , o sia albero , altro»
quanto veggo , non ci viene detto dalla comune degli espositori , se
non eh' era l'albero della scienza del bene e del male , u frutto del
quale proibì Iddio ai primi genitori nostri ; e che simboleggiava la
virtii dell' ubbidienza .
Con questa sola prevenzione però qual ragione posoia troverem
iquiia , ora a distruggi
frondi dal medesimo albero prodotti , ed ora a spargere e ricoprire
di sua piuma il trionfale veicolo (<?) ? K come in oltre intenderem ra-
gionevole , che facciasi da quest* albero staccato e condotto via dal
gigante il carro {d) a dinotare il condurre che fece Filippo il Bello
in Avigone nella Francia V Apostolica sedia ?
Fer non perderci a questi passi non basta per la pianta inten-
dere 1' .libero della scienza , né dell' obbidienza .
Elleno sono tre massime del poeta nostro • I. Che una monar-
chia sola sia nel mondo voluta da Dio,, e sia necessaria per l'univer-
sale pace (e) . IT. Che monarchia tale per titolo di giustizia , e per la
divina stessa ordinazione competa al solo popolo Romano {J^ . Ili*
Che Itoma e cotal suo Impero furono da Dio stabiliti per lo loco u sie-
de il successor del maggior Piero , cioè per 1' Apostolica universale
cattedra (g) . Quant' io adunque conghietturo , presa Dante idea dall'
altissimo e vastissimo albero sognato da Nabuccodonosor , significante
(a) Vedi sotto quel veibo {. i. (b) Vedi Cinon. Partic i la. (e) Vedi
nel presente canto v, iia e seeg. (d) Vedi il t;.i58 e seg.del preten te canto.
(e) Vedi il trattato de Monarchia composto dallo stessa Dante 3 lib. i ed anche
il di lui Convito tratr. 4 e 5. (/) Vedi lo stesso tratt. dt Menar Ma
lib. 2 e lo stesso Convito tratt. e capi sopraccitati . (g) Inf. il 23 e seg.
CANTOXXXll. 467
40 La chioma sua , che tanto si dilata
Pili quanto più è su , fora dagl' Indi
Ne' boschi lor per altezza ammirata •
43 Beato se' , grifon , che noik discindi
Col becco d' esto legno dolce al gusto y
Posciachè inai si torse 1 ventre quindi •
il di lui regno (a) : e dal chiosare i sacri interpreti detto nella Ge-
nesi r albero della scienza in medio Parodiai ad indicamelo più aito
degli altri (6), erge egli perciò quest'albero a straordinaria altezza;
ed, intendendo pe '1 medesimo il Romano impero, nella volnta da
Dio uniti ed universalità d' esso impero a prò della Chiesa , collocai
la misteriosa cagione del divieto a'primi genitori fatto di non istac-
care da quell'albero frutti (e) . In questa maniera solamente sembra-
mi capibile perchè su di cotal albero pon^a la stanza dell'aquila;
perchè' faccia dall' albero medesimo staccarsi la condotta in Francia
Sede pontificia; perchè finalmente prima della venuta del misterioso
Srifone , e del carro legato ad essa , dispogliata fosse di fiori e fron-
i, cioè di sante operazioni , Con dire dijiori^ e dt altra fronda sup-
pone che anche ai fiori 1' appellazione di fronda si accomuni: e ciò
o per l'etimologia del ì Mino Jrondes a ferendo; quod frondes arbo'
rum huc atque itine a vento ferantur (d) , o iperchè fronda significhi /{>•
g/ia (e) ; ed anche i fiori compongansi di foglie .
40 4> 4^ ^ chioma , peVami ', che come la chioma , o sia i ca-
Selli sopra 1' umano capo 3' innalzano e spargono , così i rami sopra
tronco dell' albero — che tanto si dilata più ec* Nel canto seguen-
te, yers. 60 e se^g. dopo di aver detta creata da Dio questa pianta
mlPuso suo , soggiunge
Dorme lo 'ngiguo iuo 1 se non istima
Per singoiar cagione essere eccelsa
Lei tanto 9 0 sì travolta nella cima .
pare adunque che cotal innalzarsi e dilatarsi verso il cielo appar*'
tenga ad accennarla creata pe'i solo cielo ^fora^ swirehh^jda^ Indi
ne* boschi lor 0€,' Testimonio Virgilio ne' boschi Indiani sono alberi
tanto alti, che non giunge piii alto saetta dall'arco scagliata-
. ...... gerit India Ineos ,
Bxtremi sinus orbis ? ubi aera vincere summnm
^rboris kaud ullm jac^a potuer^ sagitta^ (/) *
43 44 4^ ^^^ ton dUdndi ec. Intendendo Dante com* è detto ,
pel grifone Gesii Cristo , e per quel legno il voluto da esso a tutto
il mondo esteso Hoiaano impero » fa benedirsi. Gesù Cristo perchè
quell'albero non discinde p non dilacera: mirando, credo , massima-
(a) Dan. J^, (b) Vedi , tra gli altri Tirino al cap. a della Genesi ,
(e) Vedi il caace se^. v, 70 e segg. (fi) Rob. Stephanos Thesaurus ling. La-
iinae tixt. front huj US frondis . («) Vocab. della Crucci. (/) Georg, il
laa e segg.
Gg a
/fóS PURGATORIO
46 Così d' intorno all' arbore robusto
Gridaron gli altri . E V animai binato :
Sì si conserva il seme d' ogni giusto •
4^ E volto al tem^ , eh' egli avea tirato 9
Trasselo al pie della vedova frasca ;
E quel di lei a lei lasciò legato .
b% Come le nostre piante , quando casca
Giù la gran luce mischiata con quella
iDente al non avere il Redentore medesimo accondìsceio a' sedisìosi
Giudei , che ricusavano la soggezione al Romano impero » coman-
dando loro: reddile quae tunt Catsaris Coesori ^ BfaU* 23 --- dolce d
misto y posciacbè ec . Accenna co8\ dal peccato de* primi parenti es-
sere negli uomini iosorta la cupidigia di ciascono reraare ; e che
3uesta , depravato avendo il gusto , fa loro sembrar dolce lo scin-
ere il misterioso albero , cioè lo smernbrare V universale impero:
ed in vece di dire avvenuto cotale depravamento di gusto dopo che
i primi parenti osarono, contra il divin con^ndo , ai staccare dt
queir albero frutti , ponendo in luogo d* essa disubbidienza i conso-
citi mali y e questi metaforicamente esprimendo , dice Posdachè mal
si torse il ventre quindi , cioè , dappoiché 1* uman ventre per questa
cagione (per essersi, intendi, pasciuto de' vietati frutti ) malamente,
aspramente , fu tormentato t colla medesimii fresie cioè con cui di-
cono i Latini male torqueri. Della particella quindi al senso di per
questa cagione , vedi il Cinonio (a) . * Mal si torce , i codd • Vat ^
Chig. N. E.
47 <'li altri , la sopraddetta comitiva cerchiante V albero v. 58 —
binato , per combinato , composto di due , d' aquila e di leone {b) .
48 Si si conserva ec, a questo modo , cioè col lasciare nella sui
integrità V universale impero , per Y albero siguificato si conserva ,
intendi nel mondo , il seme d^ ogni giusto , la fonte , la causa pro-
dncitrice d'og^ni giustizia, d'ogni giusto regolamento,
49 5o f^ volto al temo ec . e rivoltosi colla faccia a quel timo^
ne, a cui nell'atto che tiravalo teneva volte le spalle, lo prese con
una zampa e trasse vicino alla vedova frasca . Frasca significa ramo
fronzuto^ vedova frasca adunque, che propriamente significherebbe
ramo s/^ogfioto mfrondi, appella per sineddoche tutto quell'albero.
5i A quel lU lei ec , O le particelle di lei denotano possesso)
quella divina disposizione cioè, già dal Poeta medesimo intesa , che la
}'apale cattedra tosse in fonia , come se in vece detto fosse e quei
corro y eh* era destinato di sua pertinenza ^ a lei lasciò legalo; ovvero
signiftcnr debbono cotali particelle identica di sostanza, come se al-
tnroenti fosse detto e quel carro lasciò legaio a lei coi propri dì lei
rami .
52 55 54 Quando casca già la gran luce ec . Essendo Ariete un
(a) Parlic» ai8 5. (b) Vedi U nou «1 cant, xxxn lo^ ^Ua presente
eantica •
e A N t 0 XXXtl. H/Sg
Che raggia dietro alla celeste lasca ^
55 Turgide fansi , e poi si rinnovella
Di suo color ciascuna , pria che '1 Sole
Giunga li suoi corsier sott' altra stella ;
58 Men che di rose , e pii\ che di viole ,
Colore aprendo , s' innovò la pianta
Che prima avea le ramora s\ sole.
stegno del zodiaco posteriore immediatamente ai Pesci , ed essendo
la 'la«ta una spezie di pesce , Dante in vece di dire quando il Sole
è in jlriete y eh' è dì primavera, dice quando la gran aice, del Sole y
casca giit , viene dal cielo , mischiata con quella che ragfiia , che ìris-
pleni^e ^ dietro alla celeste lasca , cioè con la luce d' Ariete .
Fincresce al \enturi la sineddoche di lasca per i Peseta e pia*
cerc^bhegli una denominazione piti splendida a dinotare quella nobile
eostellauone ; lasciando che di loro ritrovamento così la chiamaMer0
qué* poeti buHohi , che nelle loro rime piacevoli si valsero dello Stile $
che dal suo primario autore si appella bernesco .
Io capisco benissimo che al chiosatore nostro piacesse pi^ lo
storione che la lascia . il Poeta però non volle scegliere da mettere
in cielo pesci saporiti , ma luciai ; tra* quali certamente » e de' prin-
cipali , è la lasca ; la quale veduta nell* acqua contra il Sole pare pro«
prio di lucidissimo argento .
55 56 5j Turgide fansi , rigonfiano loro gemme — si rinnovella
di suo color ^ V aggiunto pe '1 subbi etto , metonimia , in vece di a
rinveste de" suoi fiori e f rondi — pria che il Soie ec. Giusta la poetica
supposizione, che sia il Sole tirato in un cocchio da quattro corsieri^
cavalli , e che ogni mattina per fare il suo giro li giunga , li congiun-
ga ed attacchi al cocchio , viene di conseguenza , che in (quella co-
stellazione nella quale il Sole ha stanza , in quella i suoi corsieri
giunga . In vece adunque di dire , prima che il Sole dalla stanza in
Ariete passi da altra costellazione, dice: pria che il Sole giunga li suoi
corsier sott* altra stella . * Giunta ( da giuntare ) ha il cod. Vat. » Con
mitra stella il cod. Chig. N. E.
58 59 60 Men che di rose , e pili ec. Co5truzione » La pianta , che
prima avea le ramora si sole dispogliate d* ogni fiore e fronda , s^in»
novo , aprendo , mettendo fuori , colore {^erjiori , metonimia ) men che
universale Fomano Impero , e riputandosi misticamente la Chiesa usci-
ta dall'apertura fatta con lancia nel costato del morto Redentore (a) »
dee perciò il Poeta nel determinare il colore a questi per cotal
cagione dall' albero prodotti fiori aver appresa norma da quel parla-
re attribuita a S. Bernardo (^) Inspice lateris apertura m y quia nec iUe'
caret rosa , quamvis ipsa subrubea sit propter mixiuram aquae (e) ;
(a) Vedi tra gli altri S. Gio. Grisost. Hom, 84. (&) D* altro pio aaort
cxedele MabiUoa , note a S. Beioaido • (e) Lib. i de Pass. Pumini cap. 4i«
PURGATORIO
Ilo non lo 'ntesi , né quaggiù si canta
L' inno che quella gente allor cantaro .
Né la nota soffersi tutta quanta .
IS' io potessi ritrar come assonnaro
Gli occhi spietati , udendo di Siringa ,
Gli occhi a cui più vegghiar costò s\ ci
Come pintor che con esemplo pinga ,
Disegnerei com' io m'addormentai:
Ma qual vuol sia che 1' assonnar ben I
|Però trascorro a quando mi svegliai ;
E dico, eh' un splendor mi squarciò*!
cr dire, rhc il colore àc' fior; prodotti da quell'ali
) { air ■.nlPTidlmenlo del color rosso nt delcrmin»ni
le parole me» chiedi rose) meno viv.ice di quello d
ICC di quello clic mischiasi all' niiurro nella viol
'ira per rami dello pure da allri anlicbi Toscani
io della Crusca J/iJ .
1 lo non lo intesi ee. Coslruzione. L'inno, chequi
! r albero (fi) allor cantaro ( in vece di eantì> , ain
I lo'nlesi mai, né cerlnmcnte quaggiù ti eanta *
, il cod. Val
b la noia soffen
e il Chig
tutta quanta ; né ressi , intcudì
€ A N T O XXXII. 47C
Del sonno , ed un chiamar : surgi , che fai ?
73 Quale a veder de' fioretti del melo
Che del suo pomo gli angeli fa ghiotti ,
E perpetue nozze fa nel cielo ,
76 Piero e Giovanni e Iacopo condotti ,
E vinti ritomaro alla parola
Dalla qual furon maggior sonni rotti ,
79 E videro scemata loro scuola
Cosi di Moisè come d' Elia ,
Ed al maestro suo cangiata stola ;
79 Ed un chiamar , ed una voce che gridò .
73 al 76 Quale a veder ec. Paragonando la sposa de'sacri canti-
ci il diletto suo , inteso dalla comune degl' interpreti per Gesii Cristo ,
all'albero del melo: sicut maìus inter Ugna siharum, sic dilecius nutus
ec. (a) ; aUusiYaniente a cotal paragone col nome stesso di melo adom-
bra qui Gesù Cristo anche il poeta nostro ; e , 1* allegoria continuan-
do , appella ^or&/^' ciò che ai Gesù Cristo, godettero qui 'n terra i
tre discepoli Pietro , Giovanni , e Giacomo , nella di lui trasfigurazio-
ne ; e pomo appella il moltissimo di più che del medesimo Gesù Cri-
sto goaono in cielo gli angeli , e gli altri beati . I c|uali però , non
ostante le perpetue nozze cne di esso pomo fanno , dice ghiotti , bra-
mosi , per essere quel cibo tale , che , come nel precedente canto av-
visò y saziando di se , di se assetta {b) • * Pome per pomo hanno i
codd. VaU e Chig. N. E.
77 al 81 E vinti ritomaro alla ec. Neil* atto che i tre nominati
discepoli rodevano della trasfigurazione del Redentore , e degli apparsi
con esso lui Moisè ed Elia , narra il Vangelo (e) che udendo quelle
voci hic est Jilius meus dilectus , ipsum audite , caddero tutti e tre in-
tronati per terra ; e che poi al comando del medesimo Redentóre sur-
file et noli te timere , rialzandosi , più non vedessero né il Redentore
in quella luce di volto e di vestimenti in cui prima vedevanlo , né
Eiù con esso lui i due profeti . Fìnti adunque , cioè intronati ed ab-
attuti , ritomaro si riscossero i tre discepoli , alla parola , al coman-
do del Redentore . Dalla qual furon masgior sonni rotti : accenna quel-
le espressioni che fece Gesù Cristo della morta figlia dell' Arcisinago-
go , e del morto I>azaro parlando , non est mortua puella , sed /£r-
nùt (d) : Lazarus amicus noster dormii; vado ut a somno excitem
eum (e): e però in vece di dire dal comando di Gesù Cristo rotti,
dissipati maggiori tramortimenti , cioè vere morti , dice rotti maggiori
sonni — loro scuola, loro compagnia , perchè di sei ch'erano prima, ri-
masero solamente quattro , partiti che si furono Moisè ed Elia • Da.nicl*
LO. — cangiata stola f metonimia, per cangiato colore della stola ^ del-
la veste (j); sparito cioè ^uel niveo splendidissimo colore poc'anzi
apparso nelle vestimenta di Gesù Cristo.
(a) Cap. 2. (b) Ver». 129. (f) Matth, 17. (</) Motth. 9. (e) Jean. n.
(f) Stola per veste ad imitaiione de' Greci e de' Latini adopera Dante ancjie
laf. Esiii* 1^ • Par. %%% xaj.
/,^!i PURGATORIO
8a Tal torna' io, e vidi quella pia
Sovra me starsi , che conducitrice
Fu de' miei passi lungo '1 fiume prfa .
85 E tutto in dubbio dissi : ov' è Beatrice ?
Ed ella : vedi lei sotto la fronda
Nuova sedersi in su la sua radice •
88 Vedi la compagnia che la circonda ;
Gli altri dopo '1 grifon sen vanno suso ^
Con più dolce canzone e più profonda .
^1 E se fu più Io suo parlar diffuso ,
Non so ; perocché già negli occhi m' era
Quella eh' ad altro 'n tender m' avea chiuso •
94 Sola sedeasi in su la terra vera ,
Come guardia lasciata ì\ del plaustro ,
Che legar vidi alla biforme fiera •
8a 83 84 Tornii' io intendi dal sonno alla veglia — quella jna ee.
Matelda — sovra me starsi . Dopo iveglìato , e non ancor alzatosi da
terra videsi in piedi vicina Matelda , e però la dice soi»m me starsi.
86 87 Ed ella : * Ond* ella il CoD. Caet N. E. — Sotto la fron-
da niioi'a, novamente dall'albero prodotta (a) — in m la sua radice j
imperocché la radice dell' albero è radice anche della fronda .
88 La compagnia^ delle tre virtù teologali , e delle quattro car-
dinali .
89 Oli altri, quelli che figuravano i libri del vecchio, e nuovo
Testamento, descritti nel canto xxix — dopo il grifon sen vanno suso,
risalgono al cielo ond'erano discesi . * Difìó* *l grijbn , il cod. Vat. N.E.
90 Con più. dolce canzone , e pili profonda ; cantando inno pio
soave, e di misterj più profondi di quello che tu poco anzi udendo
cantare ti addormentasli .
93 Quella , Beatrice — ad altro intender m* avea chiuso , mi avevi
chiusa , proibita , l' attenzione ad ogni altra cosa , obbligandola tutta
a se.
94 Terra vera , cioè genuina , dee volere appellata quella del ter-
restre Paradiso in confronto della nostra falsificata e guasta per lo
peccato di Adamo , e non atta per se stessa che a produrre spinas et
trihulos {h) . Al medesimo senso di genuino , adoprasi l'aggettivo vero
parlandosi d' oro d' argento ec E dee Dante commemorando cotale
genuino appoggio di Beatrice intesa per la teologia cristiana, accen-
nare il falso appoggio d'ogui altra teologia dalla cristiana discorde.
95 Plaustro, per carro, dal latino plaustrum,
96 Che legar vidi alla biforme fiera ( alla per dalla ) (e) , che vi-
di dal grifone lasciar legata all' albero {d) .
(a) V«rs. 59. (h) Gtn. 5, (e) Partic i la. (d) Vcm. 5i.
e A N T O XXXIl, ÌÌ73
97 In cerchio le facevan di se claustro
Le setle ninfe , con que' lumi in mano
Che son sicuri d'aquilone e d'austro.
100 Qui sarai tu poco tempo silvano ,
E sarai meco sanla fine cive
Di quella Roma, onde Cnslo è romano.
io3 Però 9 in prò del mondo che mal vive,
Al carro tieni or gli occhi : e quel che redi ,
Ritornato di là , fa che tu scrive •
J06 Così Beatrice; ed io 9 che tutto appiedi
De' suoi comandamenti era devoto ,
La mente e gli occhi y ov' ella volle , diedi •
97 Cìaustro qui per contomo , o corona •
98 99 Le sette nit^e , le tre virtù teologali y e le quattro cardinali
— con que^ lumi in mano : intende che ciascuna delle sette virtù si te-
nesse in roano uno de' sette candelabri detti nel canto xxix f\5 e
aegg. — > che son sicuri tC aquilone e (Taustro , i due venti piii gagliardi ,
per tutti i venti : e significando que'sette candelabri , com'è detto (a),
1 sette doni dello Spirito Santo , egli è certo che sono sicuri da ogni
vento .
100 Qiù sarai tu poco tempo silvano. Pichiede il buon senso che
ifuì vaglia I/I quesf altro monao; e che, come selva e foresta signifi-
cano lo stesso, così lo stesso significhi i^\ silvano che forestiere ^ av-
venticelo, E la sbagliano, a mio parere, quanti intendono che qui si-
gnifichi precisamente questa selva , e che silvano significhi abitatore di
questa selva {b) . Imperocché non era Dante allora per passare da quel-
la selva al Paradiso , ed ivi restarvi sanza fine , ma per tornarsene al
mondo . Ed anzi questa è la cagione per cui vuole Beatrice che osser*
vi Dante quanto era per rappresentarglisi .
loi ioa if? sarai meco ec» Credo che , imitando qu\ Dante le frasi
deir Apostolo scrivente a quei d' Efeso jam non estis hospites et adr
venae , sed estis cives sanctorum {e) , dopo di aversi fatto dire da Bea-
trice che sarebbe in qualità ò\ forestiere^ di oyite, 'stato lì poco tem-
po , facciasi aggiungere e sarai meco sanza f ne cive ec, parlare alle-
gorico significante lo stesso che se sltrimente detto avesse e sarai al^
tra %*olta meco eternamente cittadino di quella città , di cui Cristo è
cittadino y cioè del Paradiso . L'essere Poma la capitale della Chiesa
di Gebù Cristo può e r!ee giustificarne la per cotale figura scelta Po*
ma più ch'altra città: e il ciV^ per cittadino à^X Latino ciVi5 non dee
parer più strano che i termini di civile e civiltà pur dal medesi-
mo presi •
106 T07 led A* piedi de* suoi comandamenti vale soggetto a* di lei
(a) Pnrg. xxix 34. ib) Vedi tra gli altii il Buri citato nel Vocab. della
Cr. alla Toce silvano f. x. • il Vtntnri . (e) Bphu, a I9«
474 PURGATORIO
109 Non scese mai con s\ veloce moto
Fuoco dì spessa nube, quando piove
Da quel confine che più è remoto ,
119 Com' io vidi calar V uccel di Giove
Per r arbor giù , rompendo della scorza 9
Non che de' fiori e delle foglie nuove ;
comandi. De* suo' l'edizione della Cr. e le segnaci — diedi per rii^olsi,
no III Fuoco j il fulmine — di spessa nube ^ di nube condensata,
dalla quale la imprigionata e ristretta materia fidminea non può quan-
do si accende , aprirsi esito se non con grande impeto e fracasso —
quando piove ec. Non pare qu) buono ne il porre quando piove tra
aue virgole , come tutte le moderne edizioni fanno , né ì* intendere ,
che il verbo piove, sia retto dal fulmine, ed equivalga a cade , e sia
mente del Vocta che raschino i fulmini con tanto maggiore velocità ,
quanto da più alto luogo discendono, come ne chiosano Benvenuto
aa ^mola e il ^ ellulello . Che i fulmini da più alto luogo caschino
con maggiore velocità né V esperienza ce lo dimostra , né venta fi-
losofo lo insegna . Anzi dicendo Dante stesso del fulmine
Che fuor di sua natura in giù i' atterra (a)
mostrasi piuttosto essere stato d* avviso che , come il sasso gettato all'
insù allenta il moto , così il fulmine far debba scendendo all' ingiù •
Tolgo io adunque la virgola dopo piove , e congiunto esso verbo
al parlar che siegue , che ne accenni Dante V opinione sua appresa da
antichi (ilosofì , che non caschino fulmini se éon quando vengono in-
nalzate le nuvole sino al più alto e da noi piti rimoto confine dell'
aria, vicino cioè alla creduta sfera del fuoco; tal che porzione di es-
so fuoco nelle nuvole s' immischi ed imprigioni {b) ; e che V effet-
to ponendo per la cagione , la pioggia per le nuvole ( sostituzione ia
é questa affatto necessaria acciò non facciasi a Dante supporre , che
non raschino fulmini se non quando piove; che sarebbe un fargli sup-
porre cosa falsissima ) dice quando piove da quel confine die pili è ri*
moto in vece di dire quando sono al confine piii rimoto delf aria in-
nalzate le nuvole . Di un medesimo sistema pare anche il Frezzi nel
suo Quadriregio , ove delle slére dalla fortuna mosse parlando, dice:
La quarta er* alta infino onde percote
Con le saette Giove , ove il vapore
Dal gel costretto da se V acqua scuote (e) .
* Che più va remoto , in vece di è remoto , leggono nel s/. m.
i CoD. Vat. Chìg. Antald. e Caet. N. E.
112 II 3 ii/f Com* io vidi calar V uccel di Giove , V aquila , insegna
del Romano impero , supposta dal Poeta stanziante nella cima di
3ueir albero significante esso impero {d) — Per t arbor giti , giù pel
etto albero , che al legarvisi del carro dal grifone condotto , produs-
se immantinente fiori e frondi (e) di cristiane virtù . ^ DeW alber già ,
(a) Parad. xxin 4©. (h) Veggasi Arislotelc nel secondo delle Meteore , •
il cemento ivi di S. Tommaso : e veggasi pare Seneca nel 2. delle questioni na-
turali cap. 14. (e) Lib. 2. cap. i3 (d) Vedi ciò eh* è detto al vers. 38. (e) Ve-
di sopra V, So e segg.
e A N T O X X X 1 1. ÌÌ75
1 15 E ferìo 1 carro dì tutta sua forza ;
Ond' ei piegò , come nave in fortuna ,
Vinta dair onde or da poggia or da orza •
1 j8 Poscia vidi avventarsi nella cuna
Del trionfai veicolo una volpe y
Che d' Ogni pasto buon parca digiuna •
1 21 Ma , riprendendo lei di laide colpe ,
La donna mia la volse, in tanta futa ,
Quanto sofFerson V ossa senza polpe .
il cod. AntaM* W.E. — rompendo della scorza y non che de' fiori eccùì
rostro e cogli artigli fìerameute lacerando , non solo porzione de' nuo-
vi fiori e frondi , ma eziandio dello stesso tronco . Inlcntle le perse-
cuzioni fatte da'Bomani principi alla cristiana religione , col danneg-
giarne , non solo il novello ornamento che per essa veniva V impero
acquistando , ma anche T impero stesso , pe 'l distruggimento e sce-
mamento de' sudditi..
ìì5 E ferìo il carro ec. ed urtò fieramente anche nella Cattedra
apostolica (a).
116 117 Ond*€Ì piegò ec. Il perchè essa harcollò a guisa di nave
in Jbrtuna , in burrasca, vinta , spinta ,dair onde or da poggta , or da
orza , ora da roano destra , ed ora da mano sinistra . Orza propria-
mente (chiosa il \enturi colla comune degl' interpreti ) è la corda , che
si lega ad un dei capi dell* antenna alla parte sinistra del navilio ; e
poggia è la corda , che si lega ali* altro capo alla destra . * Dair onda ,
1 codd. Vat. e Chig. N. E.
118. 119 ilo Nella cuna del trionfai veicolo , nella cassa del Inou-
fale carro . Feicolo , dal Latino vheicidum , per carro , detlo anche m
prosa da altri antichi Italiani scrittori vedilo nel Vocabolario della Cru-
•ca — una volpe , che et ogni pasto buon ce, V eresia intrusasi nell Apo-
stolica cattedra , al dire dello stesso Dante, per Papa Anastasio (^) . Giu-
diziosamente veste il Poeta la eresia di volpe . Vulpcs ( dice S. Agosti-
no ) insidiosos , maximeque htereticos fraudolentos sig^lfi^^'*^ • ' '. ^^^
vulpes significantur in Canticis canticorum , uhi dicitur : capite nobis vui-
pes parvulas {e) : e giudiziosamente qui rf* ogni pasto buono digiuna ,
ed m appresso magra afiatto e spolpata la dipinge ; perocché di rei
pascoli pasciuta ; e d* inique mondane brame , non dee andar molto
dissimile dalla lupa figurante l* avarizia , che di tutte bnune sembiava
corca con la sua magrezza (d) •
lai 122 133 Ma riprendendo leiec. ma la mia Beatrice, latcolo-
jia , discoprendole e rinfacciandole i di lei abhominevoli errori , w
fece tanto velocemente fuggire , ^uant' essa per V estrema sua magrez-
za potè . Futa per fuga (e) antitesi : ma sono troppi gli esempi *"
cotal voce adoprata anche da* prosatori . Vedi il Vocabolario della
Crusca .
(a) Vedi ciò eh' è derto Purg. »ix 106 107 in quella nota . (b) Inf. il 8.
Vedi pelò quella nota di Natal Alcsiandro . (e) lu PsaL 80. (d) tnf. 1 40. •
segg. ^f) ^ella noia kl canto ni del Parad. f' X13.
476 PURGATORIO
1 a4 Poscia , per indi end' era pria venutd ^
L' aguglia vidi scender giù nelF arca
Del carro , e lasciar lei di se pennuta .
127 E qual esce di cuor che si rammarca 9
Tal voce uscì del cielo , e cotal disse :
O navicella mia , com' mal se' carca !
1 3o Poi parve a me che la terra s' aprisse
Tra 'mbo le ruote , e vidi uscirne un drago ^
Che per lo carro su la coda fisse «
|33 £ 9 come vespa che ritragge l'ago y
A se traendo la coda maligna ,
Trasse del fondo , e gissen' vago vago «
134 1^^ ^^6 Poscia per indi ee, vidi P agamia , V aquila ^ dallo
stesso alto luogo , ond* era prima discesa , novamente neìP arca , nella
cassa , del cafro , e lasciar quella coperta di sue piome . Intende le
ricchezze e gli agi donati dagl* Imperatori Romani alla sedia aposto*
lica . Cotali agi , con appelhizione di piume , espresse anche il Pe-
trarca :
Già non fo si il nudrita in piume al tézzo (a) .
* Il C6d. Caet. legge, come altra volta, ai/i/iV/i in luogo dt agugÌia,V.E.
li*] E qual esce di cuor ee, cioè voce accompagnata da gemiti e
da sospiri , nevole , e lamentevole , quale esce dal cuore di chi addo-
lorato rammaricasi . Venturi .
11% E cotale intendi voce,
129 Navicella fa appellata Y arca o sia cassa del carro , non solo
per la non affatto dissimile cavità, ma per essere cotal arca apostoli-
ca stata simboleggiata dalla navicella di S. Pietro , da cui perciò chio-
sano alcuni doversi intendere venuto cotale lamento . — corrC mai , apo-
cope in grazia del metro , in vece di come mal.
i3o i3i i32 Che la terra s* aprisse , appartiene ad indicare, che
veniva quel drago dall* Inferno — . Che per lo carro su la coda fa»
se, Fingesi ai draghi in fondo della coda come una lancia : e questa
è che intende Dante fìccasse il drago nel fondo della cassa del trion-
fale carro a trarne parte di esso e lasciarlo forato •
i33 i34 i35 A' ago della vespa , i/ pungiglione — trasse del fondo ^
vale quanto tirò seco una porzione del fondo; e però proseguendo di-
ce quel die rimase , cioè il rimanente del fondo . * Trasse del carro ,
il cod. Chig. N. E, — vago vago , qua e \k allegro e baldanzoso del
fatto colpo •
Per questo dra^o e per questa ferita al carro dal drago fatta in-
tendesi dagli espositori comunemente Maometto , e lo smembrar eh*
egli fece di assai popoli dalla (.hiesa . Per molti cani però sembrami
esposizione cotale da rigettarsi . Primieramente percnè il carro simbo-
(a) Pirt. 1. son, io5.
e A N T O XXXII. 477
1 36 Quel che rimase , come di gramigna
Vivace terra , della piuma , offerta
Forse con intenzion casta e benigna ,
1 3^ Si ricoperse , e funne ricoperta
E Tuna e V altra ruota e '1 temo in tanto t
Che più tiene un sospir la bocca aperta .
14^ Trasformato così '1 diScio santo
Mise fuor teste per le parti sue ,
leggìa la Sedia apostolica , e nou la Chiesa : altrimenti troppo 8CÌoe«
camente adombrerebbe il Poeta il trasporto , che successe , aella sola
Sedia apostolica in Avignone , e non già della Chiesa , col fìngere dal
gigante allontanato dall' ajbero il trionfale carro (a) . Poi per quello
che il Poeta stesso siegue a dire , che il rimanente di (juel tondo tutto
si ricoperse dell' aquiline piume : dal che abbastanza rimane dichiara-
tp , che non avesse quel tondo altro foro , che il recente fattovi dai
drago , il quale però se fosse stato aperto dall' eresia di Maometto ,
troppi altri fori avrebbe dovuto avere compagni , fattivi da cent' al-
tre più antiche e tuttavia duranti eresie , e spezialmente dalla Mani-
che^ , ed Ariana . Poi finalmente per quelP altro , che pure il Poeta di-
chiara , che il drago forasse il fondo al carro prima che questo dell'
aquilina offerta piuma si ricoprisse • Imperocché non solo non fu Mao-
metto prima che accettasse 1' Apostolica Sede le offerte di Costantino »
inteso per la donatrice aauila (b) , ma fu tre secoli dopo .
Io per me adunque direi piuttosto , che il drago fosse il maligno
serpente , che in quel Paradiso medesimo tentò Eva ; il quale con 1' atto
dì sforacchiale il fondo all' arca del carro , dopo appena ricoperta deU'
aquiline piume, indicassene insinuata nel sacerdozio quella stessa; che
aiich^ Inter, zix. ii3, e sega, ghibellinescamente disse in conseguen-
za della Cost^iitiuiana donazione , insinuata inesplebile fame delle ric-
chezze : che però appella esso Dante sanzajine cupa (e) , cioè adire
sfondata ft conseguentemente inesplebile.
A questo modo si rende chiaro perchè appena fattosi dal maligno
serpente quel pertugio , subito accettasse e si ricoprisse il carro fin su
le ruote e su 4 timone , iiella piuma offerta .
i36. al 4i. Quel che rimase , la porzione di fondo rimasta — ea-
Yndi(j[euza de' poverelli,'^ 1 Cod. CAET.Vat^ Antald. e Chig. , come altri
molti testi vedpti dai Signori Accademici leggono intenzion sana inve-
ce d' intenzion ca^ta , M^ £ -r- //i tanto che piti tiene un sospir ec* Non
ci tenendo un sospiro aperta li^ bocca che un momento di tempo, vic-
ine conseguentemente con tale espressione a dime il medesimo che se
dette avesse in meno di un momento •
i4^ al i47* Trasforma cosi pel ricoprimento delle aquiline piu-
me — Mise fiijor teste ec. Non si può assolutamente , né si dee a que-
(a) Vers. i56» e segg. {b) Inf. ei» iiS. (e) Perg, ssè sa.
47^ PURGATORIO
Tre sovra 1 temo 9 ed. una in ciasctm canto •
145 Le prime eran cornute come bue ;
Ma le quattro un sol corno avean per fronte •
Simile mostro in vista mai non fue •
i4S Sicura , quasi rocca in alto monte y
ste sette teste e dieci coma altro significato attribuire se non se il me»
desIiQO , che venne loro attribuito nel canto xix. dell' Tnfer. Ters. km.
e segg. cioè dei sette sacramenti , e dieci comandamenti divini • Solo
che qui si fanno questi deporre come a guardia e difesa delle acqui-
state piume : inerentemente a quanto con espressione più chiara na-
brotta altrove Dante stesso :
Già si soUa con le spade far guerra :
Ma or si fa togliendo or qui , or quipi
Lo pan ^ che *l pio padre a nessun serra (a)
Ve sì dee cercar altronde la cagione perchè ponga Dante sa 1 ti*
mone tre teste e bicornute > e disponga le altre quattro tette con un
sol corno sopra ciascuna ai quattro canti , o sia angoli della qoadrata
arca del carro , se non dall* essere questa la simmetria migliore , che
con nn tal numero di teste e di coma potesse ottenersi •
La maggior parte degli espositori ne trae qu\ senso molto peggio-
re , chiosando che per lo sette teste si^ificbinsì i sette peccati capi-
tali : e buon per Dante che non si rinviene nn vulgato deceiinario no-
merò d* olibrobriose cose , come rinvi ensi *1 settenario de' peccati ca-
pitali , che , credo , avrebbero queste ancora intruse in luogo delle
dieci corna . Senza ragione però fanno esser Dante in questo discor-
de da queir altro accennato luogo , dove le sette teste e dieci coma
non possono , anche per parere de* medesimi qui contrarj espositori ,
essere prese che in senso buono : e discorde eziandio da quelli altri
passi , dove e la Chiesa santa sempre appella (^), e la Papale digni-
tà , quantunque ne riprenda qualche individuo occupatore > professa di
rispettare altamente (f) . * Forse per error del Calligrafo il Cod. Caet.
legge nel v. i]6. Ma le tre in luogo di quattro. Al f . i47- poi legge
coi codici Chig. e Anlald. , simile mostro visto mai nonjue^ non in
vista ec, , cosa di pochissimo momento . N. £•
Oh, ilice '1 Venturi, qui si parla della chiesa difformata e divenir
ta moslvuosa .
Mostruosa sì ( rispondo io ) o la Chiesa o la Pontificia cattedra ,
ma non al preteso segno di portarne in trionfo i sette peccati capita-
li ; che Dante ( ripeto il già altrove detto e provato ) (<Q era ghibelli-
no bensì, ma cattolico.
Il Daniello vuole per le sette teste intesi i sette Cardinali elettori
del Papa : tre Vescovi su '1 timone bicornuti , in significato della mitra ,
e quattro non Vescovi agli angoli , e questi con un sol corno. Ma quan-
do i Cardinali erano in questo solo numero, erano tutti diaconi ,nè
ad essi apparteneva la elezione del Papa . Vedi Ciacconio , e quanti mai
prima e dopo di lui hanno scritto della dignità cardinalizia .
(a) Farad, xviii 127. e scgg. (b) Pargat. xxiv aa. Par. vi 5S. (tf) I«fier-
no X1& 101. {(d) Vtd: la noti ai cant. x il dell' Inf. v. S^. • 60.
e A N T O X X ICI 1 . 4;^
Seder sovr' esso una puttana sciolta
M' apparve , con le ciglia intorno pronte •
i5i E , come perchè non li fosse tolta ,
Vidi di costa a lei dritto un gigante ;
£ baciavansi insieme alcuna volta •
i54 Ma perchè l'occhio cupido e vagante
A me rivolse , quel feroce drudo
La flagellò dal capo insia le piante .
1 57 Poi , di sospetto pieno e d' ira crudo ,
Disciolse 1 mostro 9 e trassel per la selva
Tanto , che sol di lei mi fece scudo
i6o Alla puttana ed alla nuova belva.
14991 i56 Una puttana sciolta; simbolo della prostituzione della pa-
pale dignità ai secolari monarchi ; che il ghibellino nostro poeta m-
tende essersi fatta da Bonifazio Vili, massimamente , e da Clemente V. —
* iV apparve , ii cod Antal. N. E. — con le cime ec descrive mirabil-
mente f chi
(^uà , ed ora
ti , e trarli
del mondo contra Filippo il Bello \\e di Francia , inteso per il ff frante ,
il quale prima gli era amico: onde dice che s\ baciavano insieme;
ma tosto che Filippo s' accorse , che il Vapa tentava la pratica di altri
potentati suoi nemici (il che dimostra per aver rivolti gli occhi nel
Poeta , il quale era Imperiale ) lo flagellò dal capo ai piedi facendolo
prender in Alagna, ov' egli vinto dal dolore fin\ gli anni suoi — come
perchè non li fosse tolta , ( li per gli ) (a) come a fine che nissuno gliela
involasse — (T ira crudo , cruuelmeute irato.
iSS al 160 II mostro , il carro reso pe' detti accessorii mostruo-
so — e trassel per la selva tanto che ec. e trasselo per la selva , in cui
eravamo , tanto lontano , che feccmi essere la interposizione della stes-
sa selva scudo , riparo , ostacolo , alla puttana , ed alla nuova belva ,
vale , a veder la puttana , e 7 nuovo mostro del carro . * Che 7 sol mi
fece scudo , il cod. Chig. e Antald. E l'illustre possessore di quest* ul-
timo aggiunge : così hanno i coild. a , 4 • ^ > ^ ^ edizione del 1 477* ^
perdei di vista quando il sole mi fece ombra della selva. N, E. Accen-
na cos\ in aria profetica il fatto, che già quando scriveva era succedo,
dell'attirarsi Filippo il Bello in Francia il Papa e la papale sedia nel i5o5.
Non tralascio per oltimo di rinnovare alla memoria de' leggitori
quanto altrove {b) in discolpa del Poeta avvisai , che col variare de' se-
coli varia 1' onestà de' yocaooli , e che quelli che a' temp.i nostri sono
i più licenziosi , poterono un tempo essere i più riseroati . I Latini
termini , che sono a di nostri d' ordinario i più coperti , par verisimi-
le che ne' tempi più vicini al comune Latino parlare dovessero essere
i più intesi •
(fi) Gin. Parile. i55. i. (b) Jean. i6>
Fine del conio ireniesimoseconda.
4s#
CANTO XXXIII.
ARGOMENTO f)
PervenuÈo Dante con MaUlda al fiume Ennoé , gatta della fa« meque ,
la cui dolcezza , per la brevità dello spazio che gli retta al compie»
re di questa seconda caalica i dica di uoa potere esprimare .
D.
eusj venerunt g^nte^, alternando
Or tre or quattro , dolce salmodìa
Le donne incominciaro lagrimando .
4 E Beatrice sospirosa e pia
Quelle ascoltava sì fatta , che poco
Più alla croce si cambiò Maria .
7 Ma , poiché l' altre vergini dier loco
A lei di dir , levata ritta in pie »
Rispose , colorata come fuoco :
IO Modicum^ et non videbitis mei
Et iterum ; sorelle mie dilette 9
T Q 3 Deus venenint genles ec, Siuchis! insieme ed ellissi , di cai
la costru/Jonc ed il pieno : Le donne lagrimando incominciaro ^-^ dolce ^
patetica , safmjiùa , s»lineggiamento , alternando , cantaado alternativa-
mente , ora le tre teologali virtd , ora le quattro cardinali il salmo
Deus venerunt gentes : salmo che nelle abbominazioni del tempo di
Gerosolima adombra le disavventure della Cristiana Chiesa . '^ £ iagri"
numdo , i codd. Vat. e Chig. lN. E.
5 6 Si fatta, che poco pili ec. talmente per mestizia cambiata di
volto , che poco più rambiossi Maria Vergine vedendo pendente in cro-
ce il suo divino Figlio .
7 8 Dier loco a lei ec, cessando dalla detta salmodia •
9 Colorata come fuoco: a indizio della carità che movevala a con-
solar le sorelle.
10 II 12 Hodicum ec. Parole di Gesù Cristo (a) , colle quali pre-
(*} Argomento meirico del col. G. Goni .
Volta Beatrice parla in doice aspetto ,
E qael , che D^nte avea con occhi scorto »
Brevemente dichiari al sao intelletto .
Indi perch' abbia nel suo sen conforto
Vera virtd , che l' amme fa belle ,
Bee d' Ennoè , donde si fa pia accorto,
Puro , e disposto a salite alle stelle •
(a) Joan, i$.
CANTOXXXIII. • 4ty
Modicum , et vos videbitis me .
i3 Poi le si mise innanzi tutte e sette;
£ dopo se , solo accennando , mosse
Me , e ]a donna , e 1 savio che ristette .
16 Cosi sen giva ; e non credo che fosse
Lo decimo suo passo in terra posto y *
Quando con gli occhi gli occhi mi percosse ;
1^ E , con tranquillo aspetto : vien più tosto ,
Mi disse , tanto che , s' io parlo teco ,
Ad ascoltarmi tu sie ben disposto.
22 Sì com' io fui , com' io doveva , seco ,
disse a' suoi discepoli , che in breve sarebbesi partito da questo monde
e salito al cielo ; e che in breve parimente sarebbero essi da questa
mortai vita passati a godere di lui eternam i»te . Che che altri chio«
sino , io credo che prevedesse Dante saggiamente , e fac cessela però eoa
tali parole da r>eatrice predire , la breve dimora che fatto avrebbe ia
Francia la t'apale sedia , che poco anzi adombrò dover colà attirarsi
dal iie Filippo il Bello {a) , ed il .di lei ritomo a Uoma . Ci quanto
al senso . Quanto poi al metro , conviene ricor tarsi lecita e praticffii
ta , siccome dai Greci e Latini poeti , così dagl' Italiani la spezzatura ,
• doversi però il primo e il terzo verso di questo terzetto leggere
Modicum, et non vi —^ debiiis me.
Modicum , et vos vi — dehitis me .
Teggasi a tale proposito la nota al canto vi dell' Infer. v. i4* Anche
avvertire si dee , cW essendo queste parole modicum ec. non del Poe-
ta , ma d' altrui , soffre in questo caso eccezione la regola avvisata dal
Signor Filippo Uosa Morando , che le stesse voci in rima nello stesso
significato , non è permesso ripeterle se non quando si ripetan tutte [b) •
Ver ma:.canza probabilmente di questi avvertimenti sclama qui il Ven«
turi : ma che rime , buono Iddio l
i3 14 '5 A'o/ le si mise ec. (ostruzione . Poi solo accennando , sen-
za far altre prole, m» col solo cenno, le si mise innanzi tutte sette ^
3uelle virtù teologali e cardinali, e dopo ^ dietro, se mosse me ^ eia
onna , Matelda , e il savio che ristette y quello de' due savj , Virgi-
lio e tazio , che ristette y cioè Statio ; il quale restò in di lui com*
pagnia partendosi Virgilio , come dì sopra fu detto {e) .
19 ao ai * E contro quello aspetto ^ ì codd. Cat. e Chig. N.E. P^ien
pili tosto ec Accelera il passo acciò mi stii di paro, e ben disposto
ad ascoltarmi: e perciò soggiunge Dante
Sì com' io fui , com* io doviva , teca •
(a) Vedi nel caato prec. v, i5S' e segg. con quella nota . (Jh) Ostervaxio*
■• sopra il Par. cant. xzxv. i6- Vedila pia estesamente riportata nel cinto nsiv
Mia presante cantica v. ix3, (e) Parg. xxx. 49* « ««SS*
T,2. H h
rCBGATOIIO
Diisemi : frate , perchè dod t' atteola
A ili(uaad<irmi ornai reaeodo meco ?
Zom a color clic troppo revereoli ,
Dinanzi a'sao' maggior parlando , som
Che Don traggon la voce viva a' denti
IrTeane a me , che senza intero suono
Incominciai : madonna , mia bisogna
Voi conoscete , e ciò eh' ad essa è ba
ELd ella a me : da tema e da vergogna.
Vojjlio cbe tu. ornai ti dìssiluppe,
Si che non parli più com' uom che so;
Sappi che '1 vaso, che'i serpente roppe
Fu e non è ; ma clu a ha colpa , cn
Che vendetta] Dio non teme suppe .
i r/ttlanli, ti provi , l" arri.Mhi (n) . — .4 tÙmt^dai
1 . e moltissi'ni mw. veduti da^li AeMdemici dell
:mto per tll.i». ) di ciò che ti m-io^e airiosila «fi i
/' Ilio maggior , ha&il , accorciamento inleTiicnlo e j
1, vtiiuio siampjre iteli. i ed i. della Cr. e nelle s-^j
CAIfTOXXXIIl. 483
37 Non sarà tanto tempo senza reda
L* aguglia che lasciò le penne al carro :
Perchè divenne mostro, e poscia preda.
4o CW io veggio certamente , e però 1 narro y
A darne tempo già stelle propinque 9
ne e vino consecrandosi , e così ancora ì^ ÌDteq)reta seco mìo la saa
empiete quel % alvin>5ta rigettiilo d<.l 1 ellannino ; il anale prudeute-
meiilc iiiler|)reta questa suppa conrurine il i andino , 1* hnolese, e il
figliuolo di 1/aiile, coninientatore ui suo padre (aggiungasi anche il
JButi ) (<«} • i ^ii ì^ adunque da sapersi , che di que' tempi in 1 ircnzc vi
cru questa sciocca supcrsliziune , onde la genie si persuadeva, che chi
in terni ine di nove giorni mangiasse la suppa sopra la sepoltura deli*
ucciso , dopo commesso V omicidio , non poteva poi per vendetta di
quello es>ere da altri ucciso . (ù) '1 senso è: ^ddio non teme né cura
qutsli imped menti superstiziosi , sicché lo ritengano dal pigliarne gin*
0ta veudtuu : e vieu cosi a liberare quelT espressone dalla taccia d'
irriveretile , che si meriterebbe posta in quel ocuso ; e a giustifii are il
l'oeta dair accusa ili temerario . \ enturi .
*n conterma di tale interpretazione aggiu igo io due passi del me-
desiino nostro poeta . Il primo è il terzetto stesso nei precedente caa*
to riferito .
Già SI solca con te spade fur guerra .
Ma or SI fa togliendo or qui , or quivi
Lo pu . , citt li p o ptiHrt a nessun >crra (e) .
L* altro è un pajo di terzetti del Credo dello stesso Dante :
Il nostro Signor UiO F< dre ed amico ,
Il corpo %uo , e il suo sangue , benigno
A V aitar ci dimostra ^ coiaio dico -,
Il proprio corpo « cke nel santo Ugno
Di croce fu confitto , e it sangue sparto
Per liberarne dui dtmon maligno ec (jd)
o ad ingann. re ricoprendo sotto quel velo la veritii . l-.cco il senso
vero di questa frase , la quale ha fatto dar nelle girelle tultr quanti gli
spositori di I ante. ìmagioli . Il mio dotto e caro amico ab. i;irolaino
Amati crede che suppe&ÙB qui per supplice {suppiex) : onde s* abbia
a spiegare non cara sup/lire . lo non so se niun codice abbia r/i/ii-
pe : che in tal caso potrebbe questo vocabolo venir dal francese au»
per, che vale i/,gannare , ^ota di Salvatore liciti . K. K.
37 »8 ^9 Aon saf-à tutto tempo ec. Non istarà per sempre senza
erede dell' antico imperiale valore /' Agt/gZ/Vi, T imperiale aquila, T im-
periale dignità , che lasciò ie penne al carm ; pevcUh , cagione per cui,
iU\fennc y esso carro, mostro e poscia pigila [e), * Il Cou. C a et. legga
a* suoi luoghi hereda ed Aquila, >. t-
4o 4» ^'^** ^o veggio ec. clic certamente io veggo, e però loappa-
(fl) Vedilo riportato dal Voc. della Or. alla voce suppa . (^b) ' V. la no-
ta dot f. Ab. di C. a c|aesto verso nella saa Lettsra ec. (e) Par. &V111 127 •
ttgg. {d) Vera. 1x5 o !«££. {e) Yadi il canto pcec. K.i'iS e se^j;. • quelle note*
484 P U H G A T O R I O
Sicure d' ogn' intoppo e d' ogni sI>arro ;
3 Nel quale un cinquecento cJiece e cinque
Messo di Dio aucideià la fuja ,
E quel gigante che con lei delinquei
46 E forse che la mia narrazion buja 9
leso , vicino a* giorni nostri nascere stelle , che coi loro benefici in^
flussi ne faran godere di un tempo , nel quale ec. Attacca il periodo
col terzetto seguente . Propinquo per vicino adoprato da scrittori Ita-
liani anche in prosa vedilo nel ^ ocabolario della Crusca .
4^ Sicure a ogni ec. nell* operar loro sicure da ogni contraposì-
zione, e da ogni resistenza . Sicuro ha eletto di leggere l'edizione del-
la Crusca ; il perchè non si sa . * (^)uesto perchè Io dice il Biagioli , il
quale ordina così tutta la terzina : eh* io veggio . . . sielie propinque
( vicine ) a dame{ a darci un ) tempo sicuro (C ogni intoppo e it iigd
sbarro ( che nullo avverso contrasto uè ostacolo potrà arrestare ) nd
quale ( tempo ) . N. E.
43 Un cinquecento iUeee e cinque . Imita qu\ Dante lo stile profeti-
co rii S. Giovanni neir Apocalisse , ove indica il nome dell' Anticristo
dicendo numerus ejus sexcenti sexaginta sex {a) , e per cinquecento die-'
ce e cinque intende le tre lettere nomane DXV , e la voce eh' esse for-
mano collocandosi la terza fra le due prime a questo modo DV X , che
vuol dire capitano .
Ma non vi è poscia pericolo che per questo capitano intendesse Dan-
te r imperatore Arrigo \ IT , come tutti gli espositori affermano » chi per
certa cosa, e chi per probabile . Imperocché oltre lo aver Dante, fino dal
bel primo canto dell Inferno {b) , H)ndata la speranza della riforma del
iiiondo in Can (ìrande, eil oltre il convenire appuntino la voce DVX
ad rsso Cane , eletto capitano della lega (ghibellina [e) , eh' è quanto a
dire in favore delT aquila imperiale , troviamo poi anche riimovata la
speranza medesima nel canto xxii del ! aradiso {d) vicino al xxx can-
to jn cui manifestamente ci fa Laute capire morto già V Imperatore Ar-
rigo (éf).
/|4» 45- Messo di Dio ( di per da ) (f) mandato da D'io — anciderà ,
per abbatterà e distruggerà — la fuja , la rea donna , detta nel prece-
dente canto (g) . J orse ( avverte il Venturi ) volea i)ante qu\ air furia ,
e gli ha fatto dir Juja la rima. Mainò, dico io :cgli èj'ujo un a<;getlivo
adoprato per reo non solo dal poeta nostro altrove per entro la • om-
ineuia , ma anche in prosa da altri antichi . Vedi V annotazione al can-
to xn deir Inferno i». oo — e quel gigante ec, il gigante altresì detto nel
precedente canto v, ì^i e segg. * \ Lod. Nat. Antald. e Cait. leggono:
con quel ^^i gante, IsA., — delinque , preso , dal i.atino delinquere ^ (T on-
de comunemente dicesi da tutti gli Ualiani r/e//>/^f/(;re -
/|(i Anrmzion buja , predizione oscura .
(u\ Gap. i3. 1 vari nomi , che da cotai numeri ti ricavaao dagl* Interpreti
dell' Apocalisse , vcggjnJi ne' loro scritti . {b) Vers. loi. Vedi quella nota ,
(e) Vedi la sopraccennata annotazione . (tf) Vers. 63 e 142» e seguenti .
(cr) Vers. i33. e segg. Vedi anche quella nota . (/) Cinonio Partic, 80. 4*
(JS} \ci$. 148. e segg.
CANTOXXXIII. 485
Qual Temi e SGnge , men ti persuade ,
Perch' a lor modo lo' ntelletto attuja .
49 Ma tosto fien li fatti le Na)ade
Che solveranno questo enigma forte ^
Sanza danno di pecore e di biade •
4? Qual Temide "^fiùt^ : ellissi; vale, qual etano in suo parlare
se li gettassero dietro le spalle , disse
Ossaque post tergum magnae jactate partntis (a) .
* 1* ••••«■ f.*
mina — men ti persuade , meno ti si fa capire • "' JHe ti persuade , il cod*
Vat. e il Chig. N. t'.
48 ^ lor modo , al modo che solevano parlare Temi e Sfinge -^
intelletto ,quì per senso , concetto {h) — attuja . Non adducendosi nel Vo-
cabolario della Crusca di attujare altro esempio da questo solo di Dan-
te, io per me direi , che ad imitazione del facile scambio della r nell'i
in parecchi altri vocaboli ( come in paro , e pajo , calzolaro e calzola-
jo ec, ) facesse Dante pure per antitesi in grazia della rima il medesimo
scambio , e disse attuja in vece di attura , per ricopre , nasconde .
49 5o 5i ^fa tosto ec. ma prestamente i fatti che avverranno , ti
faranno essi T ofTizio delle ^aj^ui, spiegandoti questo ybr£e , difllci-
1« {e) , enigma . * Ma tosto fien li fatti e le najadi , il e od. Antald. >
ma tosto Jier li fatti ^ i codd. Aat. e Chig. N. E. — senza danno di ec,
senza che intervenga quel danno , che riferisce Ovidio avere i Teba-
ni sofferto da Temi , in vendetta d' essersi le Najadi arrogato di spi^'*
gare oracoli .
Carmina Najades non intelUcta priorum
Solvunt ingeniis \ et praeripitata jacebat
Immemor ambagum vates obscura suarum «
Scilicet alma Themis ; nec talia liquit inulta •
Protinus Aoniis immissa est bellua Thebis ;
Cessit et exriio multis : pecorique, sibique
Kurirolae pavere feram (d) .
Niccolao Heinsio (aggiunge qu\ il Venturi) nell* eccellenti noteso^
pra Ovidio , coli* ajuto dei migliori testi , e dei critici più valenti , emuli-
da i sopraccennati versi in questo modo
Carmina Lajades non intellecta priorum
Solverai ingeniis ec.
e COSI vengono a parlare non delle Najadi fatidiche , né dall* Heirf*
sio credute tali; ma dello scioglimento dell* enigma proposto dalla Sfin-
ge fatto da Kdipo , inteso qu\ sotto quel nome patronimico Lajades \
che significa figliuolo di Lajo (com' era Edipo di fatto ) . L' emenda<^
(a) Ovidio Mct. I 383. (/>) Vediti* altri esenip) nel Vocabolario delU
Crnsca alla voce intelletto f. 2. (e) Vedi il Vocabolario della Ciusca «jtto
r M^ietù^o fona {• 'i. {d) Ma. vii. 760. • srg^«
485 PURGATORIO
5a Tu nota ; e , si come da me son porte
Queste parole, sì le'nsegria a' vivi
Del viver eh' è un con ere alla morte;
55 Ed afl;gi a mente, quando tu le scrivi.
Di non celar qual hai vista la pianta ,
Ch' è or due volte dirubata quivi .
2ione dell' TIeinsio viene ori dai pi'i sejjirta : nv è da stupirsi « che Dui*
te cos\ ingannalo, ahbìa creduto le Nfljadi essere state rìputRte ledi- ;
chìaratrìri degli oracoli (^i Temi .
Onesto passo dì Ovidio però ( risponde il dottissimo Rosa Morin*
do) fn dair TTcinsio , che lesse in qunlclie testo 5r7A'em/,in tal modo
corretto , o forse corrotto , per non aver trovalo che Ninfe ci fosMf
Fatidiche. Ma Pausana nel principid della 11^/iKÌa racconta, che pik
basso quindici sladj del rlterone v' era V antro delle Ninfe Citcrooi-
di , noiiiiiMlo Sfrtifridio , dond<* esse anticamente davan fé risposte ia
or:icolo ; e a queste forse alluse Ovidio, e le chiama V/i/V?///, pren-
dcTido qu ■ »a voce , che propriamente sif;nirica le Ninfe dell' acquCf
nella semplice signidcazion di Ninfe ^ come pur fece Vii^ilio Udore
disse
Qua€ nemora , aut qui vos saltus habuere puella€
Najadef ? fa)
al qanl passo lo spositor '^crvio : YYmphn< xìmpUriter arc:nìnmux ; wiwi
si proprie ÌOtjìietvtur Orradcs rlir/'ref : Nnjndfs enim fontìnm ; Orrntfes
montiiim Dryades athortnn XymphtP sunf . ( io , lasciando d' esa-
minare altre cose , sia detto per moslrare che non e da rigeltarsi m
Inllo la pili comune lezione , e che V emeii'laylone dell' TTcinsio non
del)l)' essere ciecamente ammessa . fOfì troppa franchezza da alcun» cn-
tici vien posto mano negli sciltfor- antichi , e troppo facilmente sì la* 1
sciano alcuni incannare da certe l>ri Manti apparenze .
■Vttjndi» rolla penultima >illa1)a hins^a prcìiuinzia (pii Dante , contro
r uso de' I atini , non sol«> per V arhifrio , che a' poeti si concede, di
valersi, ahhisognaiìdo , della diastrde ; ma per esser Xaptdt's nome CìrC'
co, e ]>er essere V alpha nel ('.reco dialetto di misura conunie .
S.) Cosi (jitcsti* pnrolf! i/tscf^nti a ì'{ku\ i codd. ^ al. e ('hi,^. N. E.
f) 'j /W iveer c/t' i* ce. è cpiesto at;giunlo come una correzione del
predetto a vivi ^ e rome se detto av( sse , ai vivi , dico ^ non di vero vive-
re , r//e tnii sono soìnmcnte i hcnli , / qitnìi di queste notizie non abhisop;na»
no; mn (d vivi del mondo ^ viventi di quel vivere che, piti propriamcn*
te pnrlnndo , i' mi convre alla mottr .
5') .df,QÌ per rdd'i , volti li ilue A in p^ e cos'i ^c^T'Vr per nhhia , af^
pìrtfc \)Cv td finte , usarono • oii di rado !.li antichi italiani f/.), e usano
tMttavia coFunnenitnle i ^apo1etuni : come roggia per rabbia pronun-
ziano i ( cnovcsi .
'»G ni non celar qttal hai vista la pianta ^ cioè la di lei altezza, il
modo di spandere i rami . e il dispo^Iiamen'o in * ni si trovava di fiori
e di IVondi prima che ad essa fosse? legato il li ionlale carro .
5^ Due volle ( dno volto , V edizione della ( ru>ra e le seguaci ) : Tuna
(a) Egloga lo. r. 5. (é^ Vedi il Cinoaio 'Irat. de vtrbi cap. x.
pM»^^
• «
e A N T O XXXMI. 487
58 Qualunque ruba quella , o quella schianta ,
Con bestemmia di fatto offende Dio ,
Che solo all' uso suo la creò santa .
61 Per morder quella , in pena ed in disio
CinquemiF anni e più Y anima prima
Bramò colui , che '1 morso in se punìo •
fu qaando l'aquila con empito scendendo ruppe porzione A fiorì, e
frondi , e perfino della scorza (a) ; V altra quando il gigante distaccò
da essa , e condusse via il carro trionfale (b) .
58 Qualunque ruba quella , per ruba a quella (r) , cioè o delle pro-
duzioni di essa , come fiori , frondi , e frutti , o delle cose alla mede-
sima connesse, come il carro dal grifone a quella legato — o quella
schianta , rompe nel tronco , o ne' rami .
59. Con bestemmia di fatto ec. Diastema ( chiosa il Buti ) {d) h de-
tijazione e mancamento d onore; e però una biastema è di detto , e
altra è di fatto . Riastema di detto è quando con sole parole manchiamo
all' onor di Dio : biastema di fatto è quando co' fatti manchiamo nli'
onor di Dio . * Offende a Dio , i codd. \ at. e Chlg. , ed è bel modo ita-
liano, tolto a* latini , che usando 1' offendere in senso di peccare , d^ er-
rare ec. solevano sempre accompagnarlo col dativo: come nelT ep. i8.
Ub, Q. delle famigliari tii Cicerone : sin quid offenderii , sibi lotum , sibi
nihil qffenderit , Trovasi di frequente ne più antichi scrittori ; e special-
mente inCTuittone , noJ Boccaccio, in Gio:\illani , ne' volgarizzatori del-
le omelie di S. Gio. Crisostomo e flelle favole esopiane , e nel Sacclielti •
E potrebbe qui forse averlo adoperato V Alighieri , per togliere quella
non gentile assonanza dell' ultima sìllaba di offende colla prima di Dio.
Mota di alvatore Retti . N. E.
^o Solo air uso suo , solamente al proprio uso , cioè a prò della
SUR Chiesa (e) — santa dee valere quanto sacrosanta , cioè da non toc-
carsi , da non guastarsi da veruno mai .
(il 6^2 63 Per morder ec. Costruzione. Z'/zmm/i/rfm/z , l' anima di
Adamo , per morder quella , per aver mangiato il frutto di quella pian-
ta , bramò in pena ed in disio cinque milC anni e piit colui , Gesìi Cristo ,
che *l morso in se punto; che colla propria morte soddisfece pc *1 pecca-
to di lui .
Chiosando il Venturi sopra il numero di questi anni : quanti , dice 9
Dante ne conlas^a da Adamo alla morte del Redentore . Ma , perchè quan^
ti Dante ne contava , e non piuttosto quanti comunemente se ne contano
da tutta la Chiesa ? (T) To dubito eh' a1)bia il \enluri malamente inteso,
che contasse Dante solamente gli anni che dopo morto aspettò Adamo
nel Limbo la Redenzione, e non insieme anche quei novecento trent' an-
ni che r aspettò mentre visse . Dante li comprende tutti : anzi perciò
ffl) Cani. precedcDic v, ii3, eseguente . (b) Ivi vers. i58. (e) In 10-
migViante modo anche il Boccaccio Nov. 42. Cominciò a costeggiar la Bar»
berla % rubando ciascuno che meno poteva di lui . (d) Citato nel Vocaboli-
yio della Crusca alla voce bestemmia • (e) Vedi la nota ai versi 38. e 39. ilo\
canto precedente . (f) Vedi tra gli altri Baronio nella noti al di a5. Deeom' r#
nel Martirologio Romano .
486 fUneATORIO
64 Dorme Io 'ngegno tuo 9 se non istimtf
Per singular cagione essere eccelsa
Lei tanto, e sì travolta nella cima •
67 E se stati non fossero acqua d' Elsa
Li pensier vani intomo alla tua mente ^
E 1 piacer loro un Piramo alla gelsa 9
70 Per tante circostanze solamente
La giustizia di Dio nello 'nterdetto
Conosceresti all' alber moralmente •
disse avere Acfamo per rotai numero d' anni bromato Cristo in pena «
ed in 'Hsio .riferendo la pena a* novec<*nto trent'anni che visse nel mon-
do . ed il tHxio al rimanente che aspettò nel T.imbo ; ove certamente i
tanti p dri non ebbero pena . E come ai santi padri assetpiar Dante pe*
Bt nel Limbo 9 se dai gentil- medesimi fa in quel luogo dire
• . • • • • iol Hi tanto offeù
Che senta speme vivemo in disio (n) f
64 Dorme , vale è privo tP accorgimento .
65 66 ^er sinfrrilar cnt^'one , per misterioso eccellente motivo ^ a fi-
ne cioè che si conoscesse creata da Dio solo aìV uso suo ^ esser lei , quel-
la, tanto alta , es\ nella cima dilatata (b) , al contrano delKaltre pian-
te ad uso '^egli uomini •
67 68 69 ^ le xtati ec. Perciò che siegue il Poeta a dire , due ter-
zetti «otto . rendesi chiaro che , allusivamente alla proprietà che V ac-
qua deirrlsn , fiume in Toscana , ha d' impietrire, o sia di ricoprire
d' un tarta»-o petrino fr) , ciò che vi s'immerge, vuole qu\ arcennare
che i vani pensieri gì* impietrirono , cioè resero affatto stupida la men-
te; e che il reo piacere de* mf»desimi vani pensieri marchiò il bel can-
dore di essa mente, come il sangue di Viramo macchiò il candore della
gelsa: irìusto la favola riferita sotto il verso 37. esegg. del canto xxvii
della presente cantica .
Oli errori qu\ del Venturi , d' intendere per ^elsa nò il frutto
ma la p'nnta , e che more appellinsi i frutti del gelso per essere pel
sangue di Viramo di bianchi che erano divenuti neri, vedili , se vuoi
confutati dal l osa Morando .
70 71 71 Per tantf* ec, Sinchisi , di cui panni dovrebb'essere la
costruzione : solamente nlV albero , per daW albero {d) , dal mirar esso
albero , per tante , tanto signifìr^nti , circostanze conosceresti moralmen-
te^ secondo la morale signifìrazione risguardanle l'umano operare,
la ffifistizia di Dio , giusto essere stato Iddio , nelPinterdetto nello ave-
re , per 1* intera conservazione di quell* albero, proibito all'uomo di
staccare da esso frutti . * .4lber moralmcnt' . T' egregio amico mio
ab. ornati essen«^o meco un giorno a studiare la divina commedia , so-
spettò che qu\ fosse errore di copista : e che invece d' alber si doves-
*
(a) ifif. VI 4x. 43. (b) Canto precedente i'. 40. e tegg. (e) Vedi tra gli
altri il dottor Targioai Relazione d* alcuni viaggi per la Toscana , Tom. S.
{d) Cinon. Part* 1 21.
e A N T O XXXIll. ^$9
y5 Ma perch' io veggio te nello 'ntelletto
Fatto di pietra , ed in peccato tinto
Si , che t' abbaglia il lume del mio detto ;
y6 Voglio anche , e se non scritto , almen dipinto y
Che '1 te ne porti dentro a te per quello
Che si reca 1 bordon di palma cinto •
7^ Ed io : sì come cera da suggello ,
Che la figura impressa non trasmuta ,
Segnato é or da voi lo mio cervello .
82 Ma perchè tanto sovra mia veduta
se leggere albiry dal verbo antico romano albine ^ che sta per concepir
colla mente , comprendere ec. Nota di Salvatore Betti . N. E.
7.3 74 Yello intelletto fatto di pietra^ ed in peccato tinto: espri-
me più chiaramente il medesimo , che ha detto due terzetti sopra , es-
sere stati i di lui vani pensieri alla mente come acqua d*£lsa , ren-
dendola di pietra ; e il piacer loro un Piramo alla gelsa , tingeiidoln
di peccato. * Avrebbe voluto qui il Can. Dionisj leggere ed in pei ra-
to tinto , e nelle sue note (a) confessa che ha mal fatto a non porre
così nel testo . Noi troviamo la stessa variante nel Cod. Caet. corro-
borata ancora da una emendazione marginale che dice aliter dimpe-
trato. Siccome però per quanto si stud| il Signor Canonico non ab-
biamo abbastanza d' ingegno per intendere ad evidenza cosa mai vo-
glia dirsi impetrato tinto ^ quando sufficientemente comprendiamo /V/i
peccato tinto , non abbiamo ardire di apporre nel testo una novità ,
della quale non potremmo dare un* adeguata ragione . N. E.
75 T'abbaglia ec, ti si rende incapibile quant* io dico.
76 77 78 Voglio anche ec. Cos\ per rapporto all'altro suo volere
manifestatogli, tu nota , e sì come ec. (i) . Costruzione . Anche per quel-
lo , per quel motivo (ci , che si reca il bordone cinto di palma , che
dai pellegrini ritornanti dalla visita de* sacri luoghi della Palestina
portasi il bastone ornato di foglie di palma , in segno d'essere stali in
^ella regione di palme abbondante {il) , voglio che il , ch'esso {e) ,
intendi mio detto , te ne porli dentro a te ^ e se non scrìtto , se non
chiaramente espresso, almen dipinto , almeno in qualche maniera
adombrato .
7g 80 81 Ed io , intendi , risposi a lei — s\ come cera da suggel^
lo , che ec, , s\ come cera della più soda , è il mio cen'ello or da voi
segnato , sono fortemente impresse nella memoria mia le vostre paro-
le . * Segnate or di voi , il cod. Vat. N. E.
83 83 84 Ma perchè ec. ma e perchè mai il vostro parlare , tan-
(a) La Divina Commedia, £diz. citata, To. ix p. 281. {b) Vers. Si e segg,
(e) Come per ciò , cosi per quello , e per questo tono ellissi del coman par-
lare , invece di ^er questo q per quel motivo m (</) Anche nelle medaglie
degl' Imperadori Vespasiano e Tito simboleggiasi la soggiogata Palestina eoa
un albeio di palma . (r) Vedi U pronome il i^el Ciaonio Partic» 126 l.
490 PURGATORTO
Vostra parola disiata vola ,
Che più la perde , quanto più s'ajata?
85 Perchè conoschi , disse ^ quella scuola
C hai seguitata , e veggi sua dottrina
Come può seguitar la mia parola ;
88 £ veggi vostra via dalla divina
Distar cotanto , quanto si discorda
Da terrai ciel che più alto festina.
91 Ond'io risposi lei : non mi ricorda
Ch' io straniassi me giammai da voi y
Né honne coscienzia che rimorda .
94 £ 9 se tu ricordar non te ne puoi j
Sorridendo rispose , or ti rammenta
Come bevesti di Lete anco! ;
97 £ , se dal fummo fuoco s'argomenta ,
Cotesta obblivion chiaro conchiude
Colpa nella tua voglia altrove attenta .
100 Veramente oramai saranno nude
Le mie parole , quanto converrassi
to a me caro, s* innalza tanto al fìisopra della mia veduta j del mio
intendimento , che quanto più s^ajitta , si adopera essa , per capirlo ,
tanto nia£f<ijionTient(r si trova al hujo ?
85 86 87 Perchè conoscfù ec. affinchè tu conoschi quanto vaglia
quella filosofìa che hai studiato, e vedi comt* puh (vale quanto c/ie
non può) la dottrina di essa uniformarsi alla mia.
89 90 Quanto si dismnla ( per discosta) ec <^>uanl' è dalla terra
distante quel cielo (il nrimo moh'lt^) die per la ma^^ior su» altezza
sopra gli altri cieli, più di essi nel suo moto Tti^tna^ è vf'Ioce ; roin-
piendo esso cioè in ugual tempo un giro più ampio dv^Vi altri cieli.
91 Yon mi ricorda y ellissi, per non mi si ri cor fa.
97 iSfrYinias'si me ^ rrndcssimi stranio, m* allontanass' .
96 Come bevesti di f^tè ancoi^ cosi la Nidoheatina equalcirallra edi-
zione: * (rome anche i Cod. Cas. \ at. Antald. cC^et. N-K.) e -Ice
essere derivalo d:d pregiudizio , divisalo Infer. xiv i3i , ch'altri in ve-
ce scrivessero ; ^Vi come dì f^tèo beesti ancoi — ancin per Of^ [a) .
97 9S 99 /: , se dal fìtmmo ec. Anzi , siccome dal fummo si ar-
gomenta il fuoco, cos'i 'dallo averti T altuffaniento nel .-etèo lìumo
(che la ricordanza delle colpe scancella) (/>) fallo dimentico di esse-
(a) Vedi I4 nota al cauto sili vers» Su della pre«eAte ciolica . (h) Pur-
gatoxio XXV 111 i:ìì).
CANTOXXXIII. 4^1
Quelle scovrire alla tua vista rude*
io3 £ più corrusco , e con più lenti passi ,
Teneva '1 Sole.il cerchio di merigge ,
Che qua e là , come gli aspetti , fossi ;
io6 Quando s'aOìsser , si come s'affigge
Chi va dinanzi a schiera per iscorta
Se trova novitate in sue vestigge ,
109 Le sette donne al fin d' un' ombra smorta »
Qual sotto foglie verdi e rami nigri
Sovra suoi freddi rivi V Alpe porta .
te slata tna voglia aìtrove attenta , attaccata altrove , ad altri oggetti >
argomentasi che in voglia rol;ile fosse colpa.
ioa j^l^a tua vista rude: al tuo ingegno rozzo; perchè non ht
ancora bevuto del fiume I unoè , come poro più di sotto berrà . I^an-
DiNo . Dimostra così '.eatrice di avere finito di tormentar Dante.
io3 io4 F piìt corrusco er. .Costruzione . // Sole e più corrusco
(dal latino coniscus ^ risplendente), e con passi piii lenti (intendi
movendosi ) tene\'a il cerc/iio di merigqe , era nel mezzogiorno . Toc-
cansi qui due apparenze del Sole nel mezzodì . T.a prima è , ch«
sembra d* ordinano più lucido : e ciò perchè passano allora agli oc-
chi nostri i di lui ragj-i per un più corto tratto d'atmosfera, l/al*
tra b che rassembra più lento nel suo moversi : e ciò per trovarsi^
allora rapporto agli occhi nostri nella maggior lontananza da obbietti
terrestri , dallo scostamento dei quali si comprende moversi ; o anche
perchè , come avverte il Daniello , nel nascere e nel tramontar del
Sole molta variazione e mutaziot e fanno le ombre , il che quando
egli è a mezzogiorno non avviene.
io5 r/ie , il qual merif^e — qua e là, come gli aspetti, fassi i
non si fa a tutte le regioni in un luogo , ma a chi qua a chi là , se-
condo i gradi dell'equatore che le regioni co' loro varj meridiani in-
tersecano .
1 06 al III Quando 5' ajpsser ec. Costruzione . Quando le sette doit"
ne ( le sopraddette virtù , tre teologali e quntlro cardinali ) al Jin duit
ombra smoria (al fine della passeggiata selva, e conseguentemente
al fine delTombra smoiia , cioè oscura , che gli alti e folti alberi (a)
cagionavano) qual Pyflpe (montagna alla sponda settentrionale d'Ua-
lia) (h) sotto foglie vertli , e rami nigri {nigro yter negro, antitesi pre-
sa dal latino in giazìa della rinìa anche d;d I etrarca (e): negro pe-
rò ponesi qui per oscuro^ nual* è il colore de' tronchi e rami delle
annose querce) porta, spanne, sovra suoi freddi rivi, s* affissero y si
fermarono, si come s^ affigge c/u per iscoiia va dinanzi a schiera, se
trova novitate in sue vestigge , se ne'suoi passi , nel suo camminare ,
incontra cosa nuova . In sue vestigge leggono quattro mss. della bi-
blioteca Corsini (r/) , e l'edizione Veneta iSjS. : a sue vestigge un al-
(a) Vedi Purg. xx% nel principio , e per entro • (b) Vedi il Vocabolario
iéìU. Cié alla voce jiipe . (t) boa. 44* (<0 Segnati 6od. 601^ 1217 ia6S«
4g!i PURGATORIO
«
412 Dinanzi ad esse Eufrates e Tigri
Veder mi parve uscir d* una fontana ,
E , quasi amici « dipartirsi pigri .
liS O luce , o gloria della gente umana ,
Che acqua è questa che qui si dispiega
Da ^n principio , e se da se lontanai
1 i8 Per cotal prego detto mi fu : prega
tro mss. della medesima ConÌTii (a) : et] o sue vestis^f finalmente la
Nìdobeatìna . La comune dell' altre edizioni lesr^endo in suo vestigs^ ,
adirato chiosa il ^'entnn : Vestif^^ per vestiario lo vuol la rima , e con-
vien arcordarffielo . Non vesti q^ per vestì eifo a^'^orderem noi , ma per
vestifuie; una semplice antitesi . * T Con. Antald.Chi^. e Caet. nel v, 107,
leggono dinanzi ad f^nte ^ in luogo fli ad schiera; e nel v, io8. o
sue vestis[f(e , come altresì il Can. nionis'i , in vere di in sue vestif^.S.E*
Rimane però qu\ da investigare ( ciò che , quinto veggo gli
espositori omettono ) per qual motivo farcia Dante dell* aperta solar
luce schive , e però al fin delV ombra smorta fermarsi quelle sette
donne figuranti le sotte anzidette virtii , che portando ciascuna In ma-
no un de' sette candelabri (li) precedevano la comitiva.
Quantunque siegua il Poeta a dire , che dinanzi ad esse donne
gli paresse di veder uscire (T una fontana Eufrates e Tigri ; nientedi-
meno io non le direi fermate per l' intonilo' delle acque, né per al-
tra cagione se non se pel terminare dell' omhra , cioè della occul-
tazione, amira delle virtù, e d'ogni spirituale dono.
iia Ftifmtes e Tigri, due grandi fiumi dell'Asia.
Ti3 T^è'ìer mi parve ec. per quello r\oh che dalla sacra Genesi
sapeva , che da un solo fiume ii'»'igantc il terrestre "aradiso pirlonsi
Eufrate e Tigri . Veramente dice la Genesi , che colai fiume irrigante
il terrestre Varadiso inde dìviditnr in quntuor camita: nomea uni Phi'
snn . . . et nomen fluvii secundi Oehon . . . nom'm vero fiumi nis t(^rtii
Tygris . . . fluvius antem quart'is ipse est Ennhrates {e) . Ma ben potè
il poeta nostro essere 'lei medesimo intendimento di quc'sacrl inter-
preti , che affermano essere il l'hlson e '1 (vehon una suddivisione
dell' Fufrate e del Tiirri (d) .
iity E quasi amiri ec, attribuendo gentilmente sentimento ed af-
fetto ai fiumi , intende che lentamente e mal volentieri l'uno dall'al-
tro si partiva; come sogliono i veri amici fare. Daniello .*/)*' /mar-
cirsi ha chiaramente il cod. rhig N. F..
ii5 O luce , o (rforia dflìa gente umana : apnella cos\ Dante Bea-
trice come rappresentante la celeste sapitMìza , la teologia; perocché
per questa conosciamo Iddio , e siamo nobilitati sopra tutte le mate-
riali creature, ed indirizzati alP eterna gloria.
117 Da un princinio y da una fontana — e se da se lontana? ed
allontana una sua porzione dalT altra .
1 1 8 Prego , com'anche pn'ego , per pregfùera . Vedi il Vocabola-
rio della Crusca.
(a) Segnato 607. (b) Caiit. prec v. 98. (e) Geu. a. (</) Pererias in
Gctt, lib. 3 de Farad, cap.2 De t^rtio ci quarto fiumint Tjrgri st Eupkrate,
l
e A N T O XXXTII. 493
Matelda che 'I ti dica . E qui rispose 9
Come fa chi da colpa si dislega ,
121 La bella donna : questo ed altre cose
Dette li son per me 9 e son sicura
Che r acqua di Lete non gliel nascose .
1 24 E «Beatrice : forse maggior cura ,
Che spesse volte la memoria priva ,
Fatto ha la mente sua negli occhi oscura •
1 27 Ma vedi Eunoè , che là deriva ;
Menalo ad esso , e , come tu se' usa ,
La tramortita sua virtù ravviva .
119 Matelda . Qui finalmente si appalesa il nome della donna che
rima a ogn' altra vide Dante nel terrestre Varadiso (a) , e dalla qua-
e fu attufTato nel fiume Lete {h) — qui rispose^ intendi, senz'aspettar
altra preghiera.
120 Chi da colpa si dislega j chi si difende da imputata colpa .
Suppone colai espressione ch'avrebbe Matelda mancalo di gentilezza
se non avesse reso Dante instruito di quella ed altre maravigliose co-
se del luogo.
121 122 123 Im, bella donna Matelda appellò pure nel canto xxviii
Purg. 45. e paragona la di lei bellezza con quella di \ roserpina e di
Venere — questo ed altre cose dette li (per g/r ) (r) son ptr me gli so-
no da me state dette. In fatti nel canto xwiii. 121. e segg. disse
Matelda a Dante , che il rivo lungo il quale camminavano usciva da
fontana che versava da due parti ; e che il riVO che correva loro in-
contro si appellava Lete , e quel dall* altro lato Eunoe — son sicura
che r acqua di Lete (d) non gliel nascose , non iscancellò in lui la ri-
cordanza di cotal mio insegnamento: imperocché (intende) non iscan-
cella Lete se non la memoria delle colpe, e non già la ricordanza
d'altre cose. * Che*l Jiume di Lete ^ il cod. Chig. ^.K.
124 1^5 126 Forse maggior cura ec. la sollecitudine (dovrebbe
voler dire) di veder me; che Virgilio accomiatandosi (e) promise a
Dante che avrebbe in quel luogo trovata . ^on altrimenti che per l'at-
tuale veduta di Beatrice confessa Dante di aver perduta attenzione ad
altro parlare della medesima Matelda .
B se fu piii io suo parlar diffuso ,
JNon so : perocché già negli occhi m* era
Quella eh* ad altro intender m' avea chiuso (^f) .
Fatto ha la mente sua negli occhi oscura ; gli ha in tal guisa occupa-
to la mente , che non lascioUa badare a' tuoi insegnamenti .
128 Come tu se' usa , di fare cioè con tutti quelli che qui giungono.
129 La tramortita sua virili ravviva : immergendolo in quelle acque
(a) Parg. xxviii 40 e segg. (b) Puigatorio %%%i 92. e segg (e) Cinoo.
Partic, x5S 2. (d) Lui «{oì pure Ugge U Nidobeatina , ove Letèo leggon altre
edizioni , e massime le seguaci di quella della Crusca , pel pregiudizio divisato
liif. ziv j3i. (<r; Pnrg. xxviii x36 « segg. (f) Csmo puccdeate 91 e segg.
49^i PURGATORTO
i3o Com' anima gentil che non fa scusa ,
Ma fa sua voglia della voglia altrui ,
Tosto com' è per segno fuor dischiusa ;
l33 Così, poi che da essa preso fui,
La bella donna mossesi , ed a Stazio
Donnescamente disse : vieii con luì .
i36 S'io avessi , lettor, più lungo spazio
Da scrivere , io pur cantere' in parte
Lo dolce ber che mai non m'avria sazio •
iZq Ma , perchè piene son tutte le carte
Ordite a questa cantica seconda,
Non mi lascia più ir lo fren dell' arte .
i4^ Io ritomai dalla santissim' onda
Rifatto $\ , come piante novelle
Rin novellate di novella fronda ,
J45 Puro e disposto a salire alle stelle •
rìcccita in lui la IramorUta , la illanguidita , virtii di ricordarsi d*ogni
buona sua opera •
\7ii Tosto com* è ec. subito che cotale altrui voglia si è per aU
cun segno, o di voce o di cenni , data a conoscere.
i5d Donnescamente y con aria signorile, e atto di graziosa donna.
Venturi .
i5(i al \l\\ Cantc re *n parte y cos'i troncamente in vece di canterà
in parte, cioè in disparte, spartatamente , in altro canto {a) — Lo
(lolcH ber , intendi delT acqua «i'Lnnoè, in cui vuole che suppongasi
da Matelda attufFato, come dalla medesima attuilato fu in quella di
Lete [h) — perche piene son ec, , perchè sono compiti i trentatré canti
ordinati per questa cantica , acciò con altrettanti del Paradiso , ed un
di più deir'ni'erno (il priuio cioè , che non è che il proemio di tut-
ta 1 opera) venissero a giuslamente compiere il centenario — piii ire,
stendermi di più — lo ft*en dell'arte, il giusto ordine, che dee Tartf
seguire .
i/lf) ^Ue stelle, al cielo, al Paradiso.
(a) Vedi il Vocabolario delU Cr« sotto l'art, in parie }.«. (Jb) Caat. xxxl
V* f)4 • scgS* <1^'1U presente cantica.
Fine ilei canto trentesimoterzo ,
€ della cantica seconda .
./
IMPRIMATUR.
Si videfaitur Reverendissimo Patri Sacri
Paiatii Apostolici Magistro •
Joseph della Porta Vicesg.
IMPRIMATUR.
Fr. Philippus j/nfossi Sac. Pai. jip. Mag*
3 lilOS 015 Ib') 175
PQ
%302
.E20
V.2
DATE DUE
STANFORD UNIVERSITY UBRARIES
STANFORD, CAUFORNIA
94505