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Full text of "Paradiso"

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nell'intero  testo  di  questo  libro  dalhttp:  //books.  google,  comi 


LA     DIVINA 

COMMEDIA 

D      I 

DANTE  ALIGHIERI 

COKRETTA  ,    SPIEGATA  ,    E    DIFESA 

DAL  P.  BALDASSARRE  LOMBARDI 

M.     e. 

EDIZIONE   TERZA  ROMANA 

SI   AGGIUNGONO   LE   NOTE  DE' MIGLIORI 

COMENTATORI 

CO' RISCONTRI  DI  FAMOSI  MSS. 

NON    ANCORA    OSSERVATI  . 


TOM.    IL 

PURGATORIO 


ROMA 

MDCCCXXI. 

NELLA    STAMPERIA    DE    ROMANIS 

Con  Licenza  de^  Superiori . 


fQ 


asc)-2- 


t  t-O 


v;.  "2. 


Ili 

L'    EDITORE. 


N. 


el  porgerti  con  riverenza  il  secondo  volume  della  Di- 
vina Commedia  nulV  altro  ho  a  dirti  ,  umanissimo  Let" 
tare  ,  che  le  cose  in  questo  mercè  gli  ajuti  delle  persone  al» 
tre  volte  lodate  procederono  come  nel  primo ,  sì  riguardo 
alle  varie  lezioni  de^codici  Faticano ,  Caetano  ,  Antaldia^- 
no  ec.  sì  riguardo  alle  note  istoriche ,  e  grammaticali  ,  e 
Si  ancora  ai  cementi  de^ dotti  dopo  il  Lombardi . 

Mi  è   intravénuto  però  un  episodio  ,  che  quantunque  ci» 
tato  al  suo  luogo ,  mi  pare  giusto  che  tu  lo  sappia  in  prin» 
cipio .  L'avvocalo  D,  Carlo  Fea  commissario  delle  /ioma- 
ne  antichità  »  e  pia  che  altri  noi  creda  padrone  ^  amico 
e  maestro  mio}  del  quale  non  so  che  altri  siavi  pia  ze» 
lante  a    restituire  nella  vita  letteraria  quelle  cose  che  la 
si  meritano  ;  possedeva  il  riscontro  di  un  pregiato  codice 
della  Biblioteca  Chigiana  alla  quale  presiede  per  nobile 
provvidenza  del  dotto  Principe  Don  Agostino  :  ma  siccome 
da  molti  anni  avealo  già  consumato  ,  gli  era  sfuggito  dalV 
occhio  e  non  pia  lo  trovava  .  Ed  io  me  n^f*ro giunto  al  Can» 
to  XV,    del  Purgatorio  quando   mei  ^ndi  venire  tutto  al^ 
legro  con  qufp  tre  volumetti  sotto  il  braccio  della  mia  edizio* 
ne  del  1810.  Ei  me  li  porse  ,  e  me  li  squadernò  di  mano  in 
mano  ,  tatti  scritti  nel  margine  di  varie  lezioni  tratte  co- 
me dissi  da  un  codice   di  casa  Chigi  .  Per  lo  che  io  che 
mi  son  persuaso  ,  esser  tanta  benignità  ne^  lettori  che  spes» 
se  volte  pur  si  contentano  se  non  si  adempiono   in  tutto 
le  promesse  j  colsi  subito  quest'occasione  per  dare  come  sem* 
prc  bramai  un   contrasegno  di  gratitudine  a'  medesimi  :  e 
dal  Canto  Xf\  in  poi  ho  fatto  sì  che  fossero   sempre  ci' 
tate  le  nuove  lezioni  suddette  quando  apparivano  belle  e 
speciose  ,  o  quando  confermavano  la  lezione  di  Nidobeato  y 
o  la  comune  ,  o  quando  s^accordavano  con  gli  altri  famo* 
si  codici   che  ho  finora   adoprati . 

Non  mi  sono  astenuto  di  poi  dal  fare  una  ricognizione 
di  quel  manoscritto  :  e  /'  ho  trovato  quale  qui  lo  descrivo . 
Egli  è  segnato  L,  FUI,  at)4  •  "*  J^Sf-^^  mezzano  :  carata 
tere  semi  goti  co  di  seconda  forma  ^  e  di  bellissima  lettera  ,  a 
due  colonne  :  componesi  di  carte  qS  numerate  modem a^ 
mente  ;  V  ultima  però  che  sarebbe  la  96  manca  affatto  :  di 
maniera  che  dclV  estremo  canto  del  Paradiso    tredici  sol» 


tanto  son  le  terzine  che  vi  si  hanno .  Sonovi  rubriche  ita" 
liane  in  testa  delle  tre  cantiche  ^  ed  al  principio  d^ogni 
canto  non  meno.  La  prima  ^  dice  così  :  la  nomine  domini 
amen  .  Incomincia  lacomedia  di  Dante  alligliieri  nellaqual 
tracia  delle  pene  et  de  punì  menti  de  vizii ,  et  demeriti  et  pre- 
mi! delle  virtù  .  Canto  primo  della  prima  parte  laqaal  ai 
chiama  inferno  nel  quale  lautorc  fa  proemio  a  tutta  lope- 
ra  .  Segue  il  testo  ,  e  in  mezzo  allo  scudo  delV  JV  è  minia" 
to  da  pennello  antico  il  Poeta  in  veste  color  d^  oltre  mare  , 
e  berretto  simile  :  in  mani  il  libro  coperto  di  rosso  con/ib" 
bie  .  Ora  ti  do  un  saggio  deW  ortografia  nel  terzo  ternario . 

Tante  amara  cbe  poche  più  morte 

Ma  per  trattar  del  ben  chi   vi    trouai 

Diro  dellalte  cose  chi  uo  scorte . 
Mi  parve  assolutamente  ,  e  il  eh   Fea  non  me  lo  disdisse  , 
che  questo   codice  sia   del  secolo  KIV, 

Notai  che  in  mezzo  al  margine  superiore   della  prima 
facciata  i;'  è  scritto   in    carattere  corsivo  del  cinquecento  : 

Dello' ììip  a  stato  .  /z^.  òi. 

Il  guai  nome  come  si  scorge  nel  catalogo  degli  Accade^ 
mici  citati  nel  f^ocabolario  ricoprii^a  !^lichelanii;elo  Suonar* 
roti  il  giovine ,  che  stette  censore  e  consolo  df*W  Accademia 
fiorentina  ;  sedette  arcicoconsolo  della  Crusca  ;  lai^orò  al^ 
la  correzione  del  testo  di  Dante  ;  dette  prose  e  versi  a 
stampa  ,  e  fu  pronipote  di  colui  dello  stesso  nome  ,  cele* 
ber  rimo  in  tutte  tre  le  nobilissime  arti  del  disegno  .  Per 
la  qual  cosa  non  mi  parve  una  stravaganza  il  supporre 
che  il  ■  codice  mentovato  fosse  un  tempo  nelle  virtuosissi^ 
me  mani  di  Michelangelo  ,  e  quello  sopra  il  quale  apprese 
la  sua  mente  divina  a  concepir  le  alte  maraviglie  che  non 
solo  in  Pittura  ,  Scultura  ed  Architettura  produsse  ,  ma  in 
poesia  volgare  eziandio ,  nella  quale  imitò  grandemente 
e  felicemente  V  Alighieri  • 

Non  fu  permesso  al  bravo  pittore  Filif>po  Agricola  il  fi- 
nir di  condurre  Dante  e  Beatrice^  benché  neppur  io  siami 
di  molto  affrettato  a  consegnarti  il  volume  .  Ma  siccome 
egli  avendovi  ricollocate  pili  mature  idee  trovasi  di  già 
molto  avanzato  nel  quadro  ;  così  spero  che  da  lui  un^ope^ 
ra  piti  perfetta  ,  e  daW  incisore  una  piti  bella  stampa  ci 
sarà  data:  e  cosi  fia  che  vedremo  la  balla  coppia  laddo^ 
ve  cHnnalzeremo  a  contemplare  la  immagine  del  Paradi- 
ro  .  Ne  senza  questa  stampa  riceverai ,  umanissimo  Letto- 
re  ,  il  terzo  volume  della  presente  Edizione .  ff^ivi felice . 
Di  Rama  li  4  Dicembre  1821. 


FASAOISO  TXKJtXSTRE 


PURGATORIO 

CANTO    l. 


ARGOMENTO    (♦) 

Racconta  il  Poeta  in  questo  primo  canto  i  come  egli  trovò  Vombra  di 
Catone  Uticense  ;  dal  quale  infornato  di  quanto  avea  da  fare  ,  prese 
con  Virgilio  la  via  verio  la  marina  ;  e  lavato  che  Virgilio  gli  ebbe 
il  viso  di  rugiada  ,  e  giunti  al  lito  del  mare ,  lo  ricinse  d' uno  schiet* 
t9  giunco  9  come  gli  era  stato  ii^posto  da  Catone  . 


p 


er  correr  miglior  acqua  alza  le  vele 
Ornai  la  navicella  del  mio  ingegno , 
Che  lascia  dietro  a  se  mar  si  crudele  ; 

I  a  3  Per  correr  ec,  Allegorìcamente  favella  il  Poeta  tlol  suo  scri- 
rer  come  di  una  navìgazìoue;  e  pel  mar  crudele,  che  Liscia  dietro, 
intende  il  gili   descritto  Tnferno. 

Supponendo  il  Castelvetro,  che  mief{or  acqua  appelli  Dante  la 
materia  della  presente  cantica  y  perchè  la  giudichi  più  agevole  da  (rat- 
Ursi  di  quella  dell'  Inferno  ,  e  ricercandone  il  perchè  .  Di  vero ,  di- 
ce ,  altro  non  si  può  rispondere  ,  se  non  ,  che  quella  era  di  mnf^giori 
pene ,  cioè  infernali  ,  e  q. testa  di  minori  ,  cioè  purgative .  Ma  fagèx^O' 
lezza  del  trattar  la  materia  ,  e  del  rnmpnmdersi  in  versi  non  si  consi- 
dera  per  le  cose ,  che'  offendono  piti  o  meno  ;  ma  per  le  cose ,  che  sa- 
no più  o  meno  usìtate ,  agli  uomini  comuni ,  o  piii  comprende\*oli ,  o 
meno  da  loro .  ÌMOnde  C  arti ,  e  le  sciehze  sono  piti  di  filtrili  da  seri'» 
versi  f  perciocché  più  si  scostano  dalP  intelletto  popolare' f  che  nonjan^ 
no  le  storie  e  le  "favole .  Perchè  non  è  detto  se  non  meno  che  prò- 
priiunente ,  che  ut  materia  della  presente  cantica  sia  migliore  ch^  la 
passata  ,  quanto  è  atto  scrivere  ;  non  essendo  P  una  pili  vicina  ,  o  più 
lontana  dotta  conoscenza  popolaresca .  yfnzi  questa  è  peggiore ,  percioc^ 
che  in  essa  si  trattano  questioni  più  sottili  (a) . 

Miglior  acqua  però  appella  Dante  la  materia  della  presente  can- 
tica, non  perche  la  giudichi  pih  agcrole  da  comprendersi  in  versi ,  ma 
perchè  niente  spaventosa,  o  meno  assai  di  quella    dell'  Inferno,    cfie 


(*)  Argomento  metrico  del  cel.  Gaspare  Goxzi . 
Dove  ti  porga  V  anima  ,  e  risorge 

Vaano  i  Poeli  ,  e  lor  di  qaal  cara  miao 
Consiglio  r  ombra  di  Catone  porge  . 
Con  la  rugiada  del  lido  vicioo 

Virgilio  toglie  il  mal  color  ,  cke  tinge 
Le  guance  all'  altro  i  che  tra  cheto  ,  e  chino  , 
E  con  un  giunco  schiotto  lo  ri«iii|re  . 
(a)  Opere  varie  critiche  potte  in  luca  dal  Muratori  nel  17^7  p.  l^'J* 

T.2.  A 


2  PURGATORIO 

4    £  conterò  di  quel  secondo  regno  $ 
Ove  r  umano  spirito  si  purga  , 
E  di  salire  al  ciel  diventa  degno  . 
J7     Ma  qui  la  morta  poesia  risurga  , 

O  sante  Muse  ,  poi  che  vostro  sono, 
E  qui  Calliopea  alquanto  surga , 

IO     Seguitando  1  mio  canto  con  quel  suono, 
Di  cui  le  piche  misere  sentirò 

nel  pensier  rinnuo^a  la  paura  (n)  .  Sembra  ciò  chiaro  per  V  epiteto  di 
crudele,  che  Dante  stesso  all' Inferno  attribuisce;  in  contrapposto  del 
quale  non  pare  che  niif^liore  possa  avere  altro  senso  clic  di  meno  cru' 
dele ,  o  men  orrido  :  e  non  mai  di  piìi  agevole  da  mettere  in  versi  • 
*  Dietro  a  me  y  il  cod.  Antald.  N.K. 

^  Afa  qui  la  morta  poesia  risurga:  ergasi  e  risserenìsi  ora  lo  stile 
mortuale  e  lugubre,  con  cui  lo  recano  della  moria  gi'^tte  Lo  fin  qui  de- 
scritto. Non  aver  Dante  ricercato  nel  descriver  T  Inferno  altro  stile 
che  mortuale  e  lugubre ,  abbastanza  ne  lo  accenna  egli  medesimo  coi 
primi  versi  di  quel  canto  xxxii. 

S*  io  avessi  le  rime  aspre  e  chiocce  » 
Come  si  conterrebbe  al  tristo  buco  ce. 

Tutti  gli  altri  comentatori  vi  aggiungono  ,  chi  li  poesia  della  in- 
nondata Italia  da*  barbari  rimasa  nìorta  e  sepolta  fino  ai  tempi  di  Dan- 
te »  chi  anche  il  consumo  degli  spiriti  ,  e  'l  rifinimento  dal  medesimo 
Dante  sofferto  nel  comporre  Tn  precedente  cantica  . 

8   Prostro  sono  f  vostro  divolo,  d«ir  arte  vostra  studioso. 

0  Calliopea,  o  Calliope  una  delle  nove  Muse,  quella  che  presie- 
de air  eroico  stile.  *  Calliope,  i  codd.  "Nat.  e  Antald.  \.K. ai- 
guanto  surga,  alquanto  sollevi  e  nobiliti  il  basso  mìo  stilo.  ^  l'hs , 
o  Calliope ,  precor  aspirate  vanenti  ^  disse  Virgilio,  Arn.  q.  ottimamente 
qui  rammemorato  dal  Sig.  l'ortirelli ,  N.  lì.  —  Al  :  ig.  I.osa  Morando, 
che  ci  ricorda  qui  di  voler  Haute  a])pellato  questo  componimeiHo  suo 
commedia,  e  del  perchè  cos'i  voglialo  appellato  ,  risponderemo  che 
dal  basso  al  sublime  stile  vi  sono  di  mezzo   più  e  più  gradi . 

1  o  Quel  suono  ptr  quella  voce . 

II  Piche,  furon  chiamate  nove  sorelle,  figliuole  di  Pieno  di 
Fella  città  d'  Egitto  ,  le  quali  non  meno  arro,ì;anti ,  che  di  varie  scienze 
ed  arti  dotate,  ebbero  ardire  di  provocar  le  Muse  a  cantar  con  esso 
loro;  dalle  quali  vinte,  in  pena  della  superbia,  furono  trasformate  in 
piche,  o  gazze  che  vogliam  dire.  Ovidio  nel  quinto  delle  trasforma- 
zioni. Volpi  :  che  però  mal  dice  Fella  città  d' Jìgi/to ,  essendo  città 
della  Macedonia.  *  Il  Cod.  Foggiali  legge,  e  forse  piacerà  ad  alcuni , 
Ninfe  in  luogo  di  Piche,  Erano  infatti  Ninfe  le  figlie  di  Pierio ,  quan- 
do udirono  il  canto  delle  Muse  ,  ed  in  Piche  furono  quindi  dalle  me- 
desime trasformate.  Ma  ci  sia  permesso  di  riflettere,  che  Dante  avreb- 
be accresciuta  una  dillicoltà  agli  interpreti  scrivendo  Ninfe  ,    poiché 

(a)  Inf.  I  S. 


e  A  N  T  O    I.  3 

Lo  colpo  tal  y  che  disperar  perdono  • 

i3     Dolce  color  d' orientai  zaffiro  , 

Che  s'  accoglieva  nel  sereno  aspetto 
Dell'  aer  puro  infino  al  primo  giro , 

16     Agli  occhi  miei  ricominciò  diletto , 

Tosto  eh'  io  usci'  fuor  dell'  aura  morta , 
Che  m' avea  contristati  gli  occhi  e  1  petto  • 

senza  denominazione  genealogica ,  e  senza  alcuna  nota  di  tempo ,  e 
dì  luogo  ,  anzi  nello  slancio  di  una  ardinieotosa  lirica  astrazione  chi 
sa  qua!  canto ,  e  quali  Ninfe  mai  sarieno  andate  per  la  testa  de'  chio- 
satori .  Pertanto  ,  anziché  introdurla  nel  Testo ,  ringraziamo  TÌvamen- 
te  Dante ,  che  usando  a  buon  dritto  la  figura  degli  efletti ,  ha  saputo 
darci  in  poche  parole,  ed  in  maniera  suolime  un  mitologico  esempio 9 
di  cui  non  v*  ha  chi  non  conosca  a  colpo  d'  occhio  i'  istoria .  N,  E. 

1 3  £00  colpo  tal ,  che  disperar  peraono .  Chiosa  e  critica  questo 
passo  il  Castelvetro .  Tale  ,  dice ,  Jìi  il  canto  delle  Afuse  ,  quando  tetè" 
zonarono  con  le  Piche  .^  che  esse  Piche  non  giudicar  trovare  perdono 
del  loro  anlire  S  aver  voluto  tenzonare  di  canto  con  le  Muse .  Se  non 
vi  fosse  stala  molta  differenza  ^  quantunque  fossero  state  superate^  po^ 
te\'ano  sperare ,  che  la  gente  avesse  perdonata  loro  quel  fallo ,  poiché 
ai'evano  onde  porsi  a  tenzone .  Fin  qui  la  chiosa .  Siegue  ora  la  cri- 
tica .  Ma  è  da  por  mente  che  Ovidio  nelle  Metamorfosi ,  nel  fine  del 
quinto  libro ,  dice  il  contrario ,  perciocché  esse  non  riconobbero  il  canto 
delle  Ninfe ,  e  dissero  villania  alle  Muse  •  Perchè  sdegnate  le  Muse  le 
convertirono  in  gazze . 

Dal  racconto  però  di  Ovidio  abbiamo  bensì  che  non  confessassero 
le  Piche  la  loro  inferiorità,  ma  non  già  che  non  la  conoscessero.  Chi 
non  sa  essere  vizio  frequente,  massimamente  della  donnesca  alterìgia  » 
quello  di  negare  la  verità  conosciuta? 

Poi  :  se  potevano  le  Piche  sperare  che  la  gente  avesse  perdonato 
loro  questo  fallo  fin  che  la  cosa  stette  in  parole  ;  non  però  quando 
in  efietto  provarono  il  maggior  valore  delle  Muse ,  vedendosi  trasfor- 
mate in  gazze ,  e  costrette  a  portare  perpetuamente  in  faccia  al  mon- 
do la  pena  della  loro  tracotanza .  Or  come  assicuraci  il  Castelvetro  , 
che  appunto  questa  medesima  trasformazione  non  sia  il  colpo  di  che 
Dante  tavella  r 

i3  al  18  Dolce  color  ec*  Costruzione.  Tosto  eh*  io  usci  fuor  deW 
aura  morta  (  infernale ,  priva  di  luce  )  che  m*  avea  contristati  gli  oc~ 
chi  e  7  petto  (  per  C  animo  )  ricominciò  (  riprodusse  )  a^i  occhi  miei 
diletto  dolce  color  d*  orientai  zaffiro  (  vago  azzurro  colore ,  qual  è  quel- 
lo del  zaffiro  oricutale  )  che  5'  accoglieva  (  esprime ,  credo  la  cagione 
dell'  apparenza  di  cotal  colore  dell'  ammucchiamento  dell'  aria  quasi 
dica  ,  che  pe'  molti  strati  delParia  veniva  ad  adunarsi  )  nel  sereno,  *  nel 
benigno ,  cod.  Antald.  N.  E.  )  €ispelio  delP  aer  puro  (  nella  disgom- 
brata veduta  che  1'  aer  puro  presentava  )  i ri/ino  al  primo  giro  :  nn'  al 
ciel  della  Luna ,  più  prossimo  alla  terra  ,  chiosa  il  Venturi  appresso 
alla  comune  degli  espositori  :  ma  io  più  volentieri  direi  fino  al  pri' 
mo  più.  alto  giro  delle  stelle  ;  alle  quali ,  se  non  giunge  V  aere ,  giu- 

A  a 


4  PURGATOàlO 

1^     Lo  bel  pianeta  9  eh'  ad  amar  conforta , 
Faceva  tutto  rider  V  oriente  , 
Velando  i  pesci  ch'erano  in  sua  scorta. 

da     Io  mi  volsi  a  man  destra  ,  e  posi  mente 
All'altro  polo:  e  vidi  quattro  stelle 
Non  viste  n^i^  fuor  ch'alia  prima  gente. 

giiera  qa^l  sereno  aspetto .  ^'cdi  il  v,  a5 Tosto  eh*  io  uscì*  fuor 

legge  la  ^idobeati1la ,  ove  le  altre  edizioni  ( '^  e  il  cod.  VaL  ^.E.) 
Tosto  ched  V  uscPfttor, 

ig  Lo  bel  pianetn  ec.  La  stella  di  Venere.  Appropria  alla  stella 
qnanto  la  gentili t&  attribuiva  alla  dea  del  medesimo  nome.  In  modo 
simile  anche  il  Petrarca 

Già  fiammeggiava  V  amorosa  stilla 
Per  t  Orienie  te.  (af 

20  Faceva  rider ^  cioè  (  chiosa  il  Daniello  )  con  la  soa  TÌsta  lieta 
e  serena  rallegrava  tutto  T  oriente  ;  come  :  Omnia  nane  rident ,  che 
disse  Virgilio  ;  ed  il  Petrarca  : 

Ridono  or  per  U  piagge  erbette  e  fiori  (b)  . 

91  belando  i  pesci  ec.  Essendo  il  Sole  in  Ariete  (r) ,  dovevano  i 
pesci  alzarsi  prima  del  Sole ,  e  conseguentemente  velarsi  dai  raggi  più 
luiuiuosi  della  stella  Venere,  allora  diana,  cioè  precedente  il  dì. 

31  33  3/|  Io  mi  volsi  a  man  dastìfa  ec.  Tanto  qui  ,  quanto  negli  an- 
tipodi ,  colui  che  tien  la  facpia  verso  oriente ,  tiene  a  mano  destra  To^ 

tro  polo ,  r  antartico vidi  quattro  stelle  non  viste  mai   ec,    »    Iji 

«  geografia  dei  tempi  del  Poeta  non  sapeva  terra  ,  onde  veder  si  pò- 
m  tessero  le  stelle  del  polo  antartico .  Fingendo  esso  però  il  monte  del 
n  Purgatorio  antipodo  a  Gerusal emine  (d)y  doveva  conseguentemente 
n  porre ,  che  al  Purgatorio  apparisse  il  polo  antartico ,  rimanesse  oc- 
«  cultato  r  artico  nostro .  Come  poi  nella  vetta  del  Purgatorio  pone 
«  Dante  essere  stata  T  abitazione  della  prima  gente,  cioè  di  Adamo  e 
«  d' Eva  ,  mentre  innocenti  furono  (e)  ,  perciò ,  ad  accennare  perdu- 
M  ta  al  mondo  di  vista  dopo  il  peccato,  e  solo  ali' innocente  uomo 
«  essere  stata  conspicua  la  virtù  ,  pone  in  quel  polo  ,  solo  ad  esso  in- 
«  nocciite  uomo  stato  visibile,  sotto  figura  di  quattro  stelle  le  quattro 
M  virtù  morali ,  che  cardinali  sogliono  appellarsi ,  cioè  ,  prudenza  , 
«  giinitizia  ,  fortezza  ,  e  temperane  :  cagione  per  cui  le  medesime  stel- 
«  le  luci  sante  appella  in  seguito  (f)  ;  e  sono  le  virtù  stesse ,  che  in 
p  figura  di  vaghe  ninfe  coinpajono  a  corteggiar  Beatrice  {g)  ,  e  che 
«  poi  se  medesime  manifestano  e  dicono 

Is/oi  sem  qui  Ai  in  fé  ,  e  ael  del  temo  stelle  (h)  . 
Fin  qui  Ix)mb\rbi. 

Ma  il  sig.  I  uigi  l-ortirelli  con  una  lunga  eruditissima  nota  os- 
serva ,  che  (i*  apf>rcsso  h)  scoperte  di  Americo  Vesp«cci  ,  il  Sig.  Giu- 
seppe Baretti  nella  disscrlaziuiit;  'iiglese  coutro  il  Saggio  di  >oltaire 
SUI  poeti  Kpici,  fu  il  primo,  che  prendesse  le  qui  nominate  per  qua  t- 

(a)  Sun.  16.  (b)  Caaz.  38.  (f)  Vedi  Inf.  I  iS  e  Purg.  Il  4  o  5.  (//)  Ve- 
ài  il  principu>  del  canto  >cg.  (,)  Vc4i  Purg.  xxviil  91  0  seg.  (/  )  Vers.  37. 
(g)  Pure,  xxlx  ijoe  «cgg.     (h)  Purg.  zxxi  loò'. 


e  A  N  T  O    r  ;  A 

t5     Goder'  pareva  1  ciél  di  lor  fiammelle  ; 
O  settentrional  vedovo  sito  , 
Poi  che  privato  se*  di  mirar  quelle  ! 

18     Gom'  io  da  loro  sguardo  fui  partito  ^ 

tro  reali  stelle  senza  ricorrere  al  senso  allegorico.  D'appresso  poi  aU 
le  nozioni  avute  dal  Sig.  Abate  de  Cesaris  Astronomo  di  Brera  aggiun*^ 
gè,  che  verso  il  Polo  Antartico  quattro  Stelle  sono  vicinissime  ad  esso; 
ed  allre  quattro  bellissime  in  (orma  di  (>roce  (  detta  dai  naviganti  in 
Croce  del  Sud)  sono  nella  costellazione  del  Centauro  alquanto  lontana 
dal  medesimo  Polo  •  Volendo  supporre  che  Dante  avesse  parlato  delle 
prime ,  potrebbe  dirsi  rispetto  al  modo  «  come  fino  dal  suo  tempo  nef 
avesse  contezza ,  che  dimorando  egli .  in  Verona  ,  ed  altre  città  del 
Veneziano  ,  potè  esserne  informato  dal  famoso  Viaggiatore  Marco  Polo 
Veneziano  ,  che  giunse  air  Isola  di  Giava  e  di  Madagascar  al  di  là 
della  linea  equinoziale  e  del  Tropico  di  Capricorno  ,  e  che  fa  di 
ritorno  in  patria  pieno  di  cognizioni  nelF  anno  l'iQJ  ,  cioè  due  anni 
prima ,  che  Dante  ponesse  mano  al  ^oema  .  IVI  a  siccome  nel  Canto 
vili  ^v.  91  ()2  0.3  suppone  il  Poeta,  che,  in  luogo  delle  medesime 
quattro  stelle  di  là  busse ,  tre  altre  alla  sera  ne  fossero  salite  ,  così 
convien  dire,  che  parlasse  delle  seconde  esistenti  nella  costellazione 
del  Centauro;  sì  perchè  le  stelle  vicine  al  Polo  non  trainontai/o  gionn- 
mai  ,  si  perchè  tre  altre  stelli? ,  cioè  le  tre  Alfe  delle  Costellazióni 
deir  Eridano  ,  della  ISave  ,  e  del  Pesce  d'  oro  ,  si  trovano  in  opposi-^ 
zione  l^Ue  quattro  del  Centauro  ,  e  dovevano  essere  appunto  la  sera! 
nel  sito  occupato  da  quelle  in  sul  mattino  .  Riflettendo  poi  ,  che  le 
quaUro  testé  nominate  stelle  erano  di  già  note,  come  descritte  nel 
Catalogo  di  Tolommeo  ,  cosi  acconciamente  conclude  il  Signor  Por- 
tirelli  ,  che  per  la  prima  gente, 'che  le  osservò,  il  Poeta  non  inten- 
desse  i  Progenitori  Adamo  ,  ed  Eva  ,  ma  gli  Arabi ,  i  Fenicj ,  i  Cai" 
dei,  e  ^li  Egizj  ,  che  furono.i  primi  coltivatori  dell*  Astronomia ,  e 
più  meridionali  degli  altri  popoli)  e  sulla  fede  de' quali  scrissero  poi 
antichi  Astronomi  Greci  ,  e  Romani .  N.  E. 

36  O  sellentrional  vedovo  (  derelitto  ,  abbandonato  )  sito .  Il  Ven- 
turi non  vede  potersi  questa  esclamazione  giustificare  se  non  per  via 
del  senso  allegorico ,  pel  significato  cioè  delle  virtù  morali  soprad- 
dette supposto  in  quelle  quattro  stcUe  ;  perocché  anche  il  silo  meri" 
dianole  {  rimbrotta  )  è  altretlanto  vedovo  ,  privato  cioè  dì  veder  le  stel' 
le  del  polo  boreale.  Manca  però  il  \  cnturi  di  riflettere ,  che  nel  po" 
lo  boreale  non  sono  stelle  di  tanta  luce,  quanta  ne  attribuisce  Dante 
a  quelle  quattro  ,  tanta  che  per  mezzo  di  essa  scorgeva  egli  Catone 
cosi  chiaramente  come  7  co/  fosse  davante  (ti)  .  *  Ma  sieno  pure  stelle 
materiali  ,  e  niente  più  belle  ili  quelle  boreali  ,  f7  vedovo  non  sarà 
che  relativo  ;  e  chi  impediva  a  Dante  1'  esclamare  con  doglia ,  che 
dal  Settentrione  non  si  possono  scorgere  quelle  quattro  stelle  ?  Li- 
mitiam  dunque  Dante  ad  un  semplice  desiderio  di  veder  quattro  stel- 
le dì   più,  e  niuno    sarà   tanto  indiscreto  di   condannarlo.   iN.  E. 

*  27  Di  veder  quelle^  il    cod.  Antald.  N.  E. 

(li)   V«rf.  99. 


6  PURGATORIO 

Un  poco  me  volgendo  all'  altro  polo  9 
Là  onde  1  Carro  già  era  sparito  y 

3i     Vidi  presso  di  me  un  veglio  solo  9 

Degno  di  tanta  reverenza  in  vista , 

Che  più  non  dee  a  padre  alcun  figliuolo  « 

34    Lunga  la  barba  e  di  pel  bianco  mista 

ag  Air  altro  polo  ,  opposto  a  quello  in  cui  vedute  avea  le  quattro 
stelle . 

3o  ZA  (  a  quella  parte  di  cielo }  onde  '/  Carro  (  altro  nome  che 
si  dà  air  Orsa  maggiore,  costellazione  vicina  al  polo  nostro ) ^a  era 
spanto ,  già  più  non  si  vedeva  •  \edi  la  nota  sopra  ,  al  vera.  ati.  e 
segg. 

3i  Un  veglio  solo ,  solitario  •  Dal  v,  75.  e  seg^.  si  dichiara  esse- 
re costui  Catone  il  minore ,  detto  Uticense ,  il  quale  sostenendo  col- 
Y  armi  alla  mano  la  libertà  della  Romana  repubblica  contro  di  Cesa- 
re, vedendosi  al  fìne  nell'impotenza  di  resistergli  si  diede  da  se  me- 
desimo la  morte. 

La  supposizione  ,  che  non  possa  qui  dal  poeta  nostro  collocarsi 
Catone  ,  se  non  per  farlo  un  dì  passare  al  Pnraaiso  ,  ha  recato  non  leg- 
gero imbarazzò  alla  mente  di  tutti  quanti  hanno  fm  ora  scritto  so- 
pra questo  passo:  altri  condannando  Dante  di  perversa  teologia,  per 
ammetter  salvo  un  idolatra  e  un  suicida  ;  altri ,  per  liberar  Dante  da 
simile  taccia ,  chiosando  che  per  Catone  non  V  anima  di  Catone , 
intenda,  ma  la  libertà*  Spiacemi  sopratutto  di  udire  tra  i  condan- 
natori uscirsene  il  A'cnturi  con  quell*  aspro  epifonema  :  Per  verità  è  un 
gran  capriccio;   ma  in   ciò  segue  Dante  suo  stile. 

Se  lo  stile  di  Dante  avesse  il  Venturi  diligentemente  considerato, 
avrebbe  forse  parlato  con  maggior  riserba.  Avrebbe  scorto  che,  ovun- 
que introduce  Dante  anime  di  gentili  n  salvazione ,  sempre  si  fa  il  do- 
veroso carico  di  giustifìcare  la  loro  salvezza  a  tenore  di  una  sana  teo- 
logia.  Cosi  di  uno  Stazio  (a),  così  di  un  Kifèo  (ft) ,  così  di  un  Tra- 
jauo  (e)  :  ma  non  così  di  un  Catone ,  di  cui  massime ,  perocché  sa- 
rebbe il  primo  di  tutti ,  maggior  bisogno  sarebbevi  stato  . 

Al  1  urgatorio  però  ,  mi  si  dirà ,  non  vanno  che  le  anime  desti- 
nate al  Paradiso  :  e  quel  eh*  è  più ,  predice  Virgilio  a  Catone  mede- 
simo ,  che  la  corporale  di  lui  veste  al  gran  di  (  dell'  universale  giudi- 
zio )  sarà  si  chiara  (d) . 

Tutto  vero  ,  rispondo  .  Ma  il  Purgatorio  non  è  qui  dov'  è  Cato- 
ne ,  ma  molto  più  in  alto ,  su  la  falda  del  monte  in  serrato  luo- 
go (e)  ,  al  quale  Catone ,  che  vi  sollecita  gli  altri ,  non  s'  è  mosso  mai 
per  mille  trecento  e  più  anni  scorsi  tra  la  di  lui  morte  e  questo  viag- 
gio di  Dante,  in  tempo  che  gli  altri  gentili  spiriti,  che  Dante  pone 
salvi,  già  tutti  (  quantunque  alcuni  di  loro  fossero  di  Catone  assai  più 
recenti;   vi   sono  passati  non  solo,  ma  vi  hanno  terminate  le  lunghe 

(a)  Purg.  xxil  o  icgg.  (b)  Ptrad.  xx  118  e  segg.  (e)  Parg.  x  73  e  Farad. 
XX  io3  e  segg.  (d)  Mctm,  jb  del  canto  presente,  (h)  Vedi  il  piiocipio  del 
canto  X. 


e  A  N  T  O    !•  7 

Portara  a'  suoi  capegli  simigliante  i 
De'  quai  cadeva  al  petto   doppia  lista  4 

37     Li  raggi  delle  quattro   luci  sante 

Fregiavan  sì  la  sua  faccia  di  lume, 

Ch'  io  *1  vedea ,  come  1  Sol  fosse  davante  - 

4o     Chi  siete  yoì  che  ,  contra  1  cieco  fiume  , 
Fuggito  avete  la  prigione   eterna? 

carovane .  Ma  avvisando  in  seguito  (  v,  97  98  )  Catone  stesso ,  che  mal 
sarebbe  Dante  qual  era ,  tinto  d'  infemaìe  fuligine  ,  ricevuto-  dal 
primo  ministro ,  eh*  e  di  auei  di  Paradiso  ,  accenna  se  essere  di  quei 
iieir  Inferno  •  Chiara  ancne  sarà  al  gran  eh  la  veste  di  Catone  :  ma 
di  qual  ]ume  chiara  ?  E  non  si  può  egli  ])resumere  del  lume  stesso 
delle  quattro  stelle  che  fregian  ora  la  di  lui  ombra  ?  Ovvero  coi  fre- 
gio medesimo  della  naturale  beatitudine,  che,  com'è  detto  Ta) ,  pare 
che  Dante  supponga  a  tutti  quei  del  Limbo  destinata,  dopo  l'univer- 
sale giudizio  ,  su  questa  terra  ? 

Pel  erande  amore,  e  fedeltà  alla  patria,  e  per  1*  integri  tli  dei 
costumi  da  tutti  in  Catone  sommamente  commendala,  ha  bensì  Dante 
voluto  questo  gentile  eroe  distinto  ed  onorato  sopra  d' ogn*  altro  :  ma 
che  poi  voglialo  anche  in  Paradiso ,  ciò  né  '1  ci  dice  espressamente  , 
ne  tampoco  ci  somministra  ragionevole  fondamento  di  crederlo. 

35  A  suoi  capegli  simigliante^  accenna  cosi  anche  i  capegli  misti 
di   bianchi   e  neri . 

56  Doppia  lista ,  due  ciocche ,  una  a  destra  e  V  altra  a  sinistra 
del   collo . 

37  Luci  sante  appella  quelle  quattro  stelle  per  ciò  eh'  è  detto  sotto 
il  vers.  11, 

5p  ComeU  solfasse  davante:  ellissi  ,  e  vale  quanto,  come  se  il 
sole  gli  fosse 'davante ,   cioè  gli  battesse  in  faccia. 

/\o  Contra  7  cieco  fiume .  Catacresi  ed  ellissi  insieme  adopera  • 
Per  catacresi  attribuisce  al  fiume  (  cioè  al  sopraddescritto  tortuoso  ru- 
scello )  (b)  scorrente  al  bujo ,  V  epiteto  di  cieco ,  che  propriamente  si 
conviene  a  chi  cammina  senza  vedere.  Per  ellissi  abbrevia  il  parlare, 
e  dice  contro  il  cieco  fiume  in  vece  di  dire  contro  il  corso  del  cieco 
fiume  salendo  , 

f\\  Fuggito  avete  la  prigione  etema.  Addimanda  qui  il  Castelvetro 
come  Catone  sapesse ,  che  Dante  e  Virgilio  venissono  a  Inforno  :  e  per- 
chè non  si  poteva  pili  tosto  immaginare ,  che  venissero  dal  mondo  me- 
nati  quivi  aaW Angelo  ec.  (e) . 

In  pih  modi  però  potè  Celione  conoscere ,  che  Dante  e  Virgilio 
usciti  fossero  dell'Inferno.  Tote  averli  esso  veduti  uscire  da  quel  ba- 
co end'  erano  usciti .  Potè  arguire  che  non  d*  altronde  se  non  di  la 
fossero  usciti ,  per  avere  fino  allora  tenuto  V  occhio  alla  marina ,  né 
visto  venire  nlcuna  nave.  Potè  finalmente  accorgersene  per  la  fuliggi- 
ne ,  che  porlava  Dante  su  '1  viso ,  cui  per  comando  dello  stesso  Cato- 
ne tolse  poi  Virgilio  colla  rugiada  [d)  , 


(a)    Inf.  il    52.       (A)   Inf.   xxxiw    i3o   e  leg.       (e)    Opere  criùìc,   9arÌ€ 
pag    163.     (d)  Verso   laS  •  fcg. 


8  PURGATORIO 

Diss*  €Ì ,  movendo  quelle  oneste  piume . 
43    Chi  v'  ha  guidati  ?  O  chi  vi  fu  lucerna 
Uscendo  fuor  della  profonda  notte , 
Che  sempre  nera  fa  la  valle  inferna? 
46     Son  le  leggi  d*  abisso  cosi  rotte  ? 

O  è  mutato  in  ciel  nuovo  consiglio  y 
Che  dannati  venite  alle  mie  grotte  ? 
49     Lo  duca  mio  allor  mi  die'  di  piglio  , 

E  con  parole  9    e  con  mani  ,  e  con  cenni  ^ 
Reverenti  mi  fé*  le  gambe  e  1   ciglio . 
Sa     Poscia   rispose  lui  :  da  me  non  venni; 

Donna  scese   dal  ciel ,  per  li  cui  preghi 
Della   mia  compagnia   costui  sovvenni. 
55     Ma  da  eh'  è  tuo  voler  che  più  si  spieghi 
Di  nostra  condizion  y  com'  ella  è  vera  , 
Esser  non  puote  '1  mio   eh'  a  te   si  nieghi  • 

/\i  Diss*  el  moy'ende  quelle  oneste  piume  y  la  Nidobcatliia .  Diss*  et 
^f/e//' r  al tr' edizioni .  *  Noi  abbiamo  avvertilo  piii  volte  uella  cantica 
Ae\V  Inferno  y  che  non  siamo  su  questo  punto  (t'accordo  né  colla  Ni- 
dob.  nò  col  P.  Lombardi  :  e  che  abbiamo  restituito  sempre  ei ,  sicco- 
me pili  armonioso  ,  e  tacile  ,  e  ammesso  costantemente  dal  Ood.  Vat. 
e  delTAccad.  della  Crusca.  N.  E.  —  Piuma  (chiosa  e  critica  il  Ventu- 
ri )  disse  la  barba  ancora  Orazio  :  Insperata  lux  cum  venerit  piuma 
superblce  :  ma  parla\^a  fT  una  barba  assai  pili  delicata  e  gentile,  e  che 
pur  allora  lasciala  (V  esser  lanug^ine  ;  ne  voleva  intendere  ,  quando  gli 
fosse  venuta  una  lunga  barbacria ,  ed  ispida ,  come  forza  e  dire  che 
fosse  q 'iella  del  venerando  Catone. 

*^e  il  A'enturi  letta  avesse  quelT  ode  (  eh'  è  la  decima  del  libro 
quarto  )  un  sol  verso  più  avanti  ,  avrebbe  conosciuto  che  parla  Ora- 
zio ,  pure  di  barba  ispida  anzi  che  no . 

Imperata  tace  quum  veniet  piuma  superbia  , 
Et  qua  nunc  humeris  involitant  ,  deciderint  coma  ec. 
Una  barba ,  che  appena  lasci  d'  esser  lanuggine ,  non  suole  essere  ac- 
compagnata dalla  calvizie. 

*  45  Che  sempre  bitja ,  il  cod.  Antald.  N.  E. 

48  Che  dannati  ec,  vai   quanto  ,    che  dopo  d'  essere  stati   condan- 
nati  perpetuamente  all'  Inferno  ,  ve  ii  uscite,  e  venite  alle  mie  grotte  , 
il   plurale   pel    singolare  ,  alla    mia  spelonca  • 
5^  Donna  ec.  Beatrice.  \edi  Inf.  iT.  79. 

56  Com'  ella  è  vera  ,  cioè  quale  ella  veramente  si  sia  .  Daniello  . 

Sy  Esser  non  puote  ec.  Costruzione .  Esser  non  puote ,  che  a  te  si 

nieghi  7  mio  ,    intendi  volere  in  corrispondenza    al    detto  ,    da  eh'  è 


e  A  N  T  O    I.  9 

58    Questi  lìbn  vide  mai  Y  ultima  sera  j 

Ma  per  la  sua    follia  le  fu  sì  presso  ^ 
Ghe  molto   poco  tempo   a  volger  era  • 

6i     Si  com'  io  dissi  »   fui  mandato  ad    esso 

Per  lui  campare  ,  e  non  e'  era  altra  via 
Che   questa    per  la  quale  io  mi  §on  messo. 
64     Mostrat'  ho   lui  tutta  la  gente    ria , 

Ed  ora  intendo  mostrar  quegli  spirti  , 
Ghe  purgan  se  sotto  la  tua  balìa . 

6j     Gom'  io  r  ho  tratto  saria  lungo  a  dirti  . 
Dell'alto   scende  virtù,  che  m'ajuta 

tuo  voler  :  é  vale  quanto  ,  non  può  il  mio  volere  esserti  nes^ativo  .  ^  Più 
semplicemente  il  cod.  Antah).  togliendo  quella  trasposizìune  del  rmo 
prima  del  che  y  la  quale  non  è  la  piJi  felice,  legge:  Esser  non  può  ^ 
che'l  mio  a   te  si  nieghi ,  Nota  di  Salvatore   Retti  .  iN.E. 

58  JJ  ultima  sera,  la  morte,  che  per  F  ultimo  giorno  esprimÌAm 
noi  più  frequentemente.  Addimanda  qui  pure  il  Castel  vetro ,  poiché 
le  quattro  stelle  rendevano  il  luogo  luminoso  ,  perchè  Catone  non  s*  av^ 
vide  ad  alcuna  cosa  o  atto  ,  che  Dante  fosse  vivo  ?  (a) 

Primieramente  il  dichiarare  Virgilio  a  Catone  che  Dante  era  vivo , 
non  obbliga  ad  escludere  in  Catone  qualunque  sentore  (  o  per  F  atto 
della  gola  {b)  o  òer  altro  indizio  )  che  Dante  fosse  tale  :  imperocché 
Dante  stesso  nelP  Inferno  mauifestossi  vivo  a  Catalano  e  Lodcringo  {e) 
che  già  ,  appunto  per  F  aito  della  gola  in  lui  osservato ,  n'  erano  en- 
trati in  sospetto  .  Poi  ,  supposto  Catone  totalmente  di  ciò  inavve- 
duto, la  maraviglia  grandissima  di  veder  uscir  dalP  Inferno  sarebbe 
stato  un  sufficiente  motivo  di  distorlo  da  ogni  altra  riflessione. 

59  Per  la  sua  Jbllia  y  per  la  sua  depravata  vita — le  fu  si  presso: 
accenna  1'  avviso  dell'Apostolo  stimulus  mortis  peccatum  {d)  :  al  che 
mancando  di  avvertire  tutti  ,  quanto  veggo  ,  i  comentatori  hanno  in- 
teso che  il  senso  letterale  sia  1*  allegorico;  e  che  Tessere  stato  Danto 
vicino  all'  ultima  sera  non  voglia  dir  altro  se  non ,  che  stato  sia  vi- 
cino  a  contrarre  abito  nel  vizio  . 

60  Poco  tempo  a  volger  era  :  a  per  da  {e)  :  restava  una  corta  ri- 
voluzione di  tempo  • 

61  «^  com*  io  disse  fui  Ja  Nidob.  «Sì  com*  F  iUssi  fu*  V  altr'  edizioni  : 
♦  e    il  cod.  Vat.  N.E. 

62  £  non  V*  era  la  Nidobeatina  ;  e  non  e*  era  P  altr' edizioni  ^  eil 
cod.  Vat.  da  noi  seguito.  JYon  gli  era  ha  vagamente  il  Cod.  Antald.  N.E. 

66  Che  purgan  se  ec.  La  pigrizia  ad  abbracciare  la  penitenza 
purgavano  l'anime  al  di  qua  del  Purgatorio  50/to  la  ^a//<T  ,  sotto  P  auto- 
torìtà   di  Catone,  di  sgridarle  e  stimolarle  a  correre  verso  il   i'urgato- 

rio  (y)  .  *  Se  Lombardi  avesse  posto  mente   al  verso  8a:  Lasciane  an* 

-  -  -  ^ 

(a)  Nel  preciL  Uo^o.  (ò)  laf.  xxxii  88.  (e)  Ivi .  (d)  1  ad  Cor.  iS. 
(«)  Vedi  CinoD.  Partic,  i  la.  (/  )  Vedi,  per  camion  d'  esempio,  nel  canto  Mg. 
V,  1 19.  e  f  eg. 


!•  'purgatorio 

Conducerlo   a  vederti  e  ad  udirti. 

70     Or  ti  piaccia  gradir   la  sua   Tenuta  ; 
Libertà  va  cercando  ,  eh'  è   sì  cara 
Come  sa  chi  per   lei  vita   rifiuta  . 

73     Tu  1  sai  ;  che  non  ti   fu  per  lei  amara 
In  Utica  la  morte ,  ove  lasciasti 
La  veste   eh'  al  gran  d\  sarà  sì  chiara  . 
^  76    Non  son  gli  editti   etemi    per  noi    guasti  ; 
Che  questi  vive ,  e  Minos  me  non  lega , 
Ma  son  del  cerchio  ove  son  gli  occhi  casti 

79     Di  Marzia  tua  ,  che  'n  vista  ancor    ti   prega  , 

dary  per  li  tuo*  sette  regnt\  non  avrebbe  dato  in  questo  ciottolo  .  Biagio- 
LI .  N.E. 

69  Conducerlo  a  vederti  e  ad  udirti .  Per  accattarsi  la  benevo- 
lenza e  il  favor  di  Catone  pone  Virgilio  questo  accidentarìo  abboc- 
camento con  esso  lui ,  come  uno  Ile'  primarj  fini  cb'  egli  avesse  nel 
condur  Dante  colà .  Vedi  però  come  1*  accorto  Catone  v.  91  e  segg. 
mostra  lui   vana  in   quel    luogo   tale  ed  ogn*  altra  mondana  'lusinga  • 

72  Come  sa  chi  ec.  chi  elegge  morir  libero  piuttosto  /che  viver 
MTVO.  Accenna  esso   Catone. 

73  74  Tu  7  sai  ec.  Nel  fare  che  ih  cotal  modo  parli  Virgilio  a  Ca- 
tone mostrasi  Dante  d'intendimento  ,  che  il  fine  primario  ,  per  cui 
Catone  si  uccidesse  ,  fosse  di  rendere  la  mente  sua  libera  dalle  passioni 
ed  offuscazioni  animali  :  libertà  che  andava  pur  esso  Dante  cercando  ; 
però  con  mezzo  cristiano ,  qual'  è  quello  della  meditazione  ,  intesa 
pel  viaggio  a  questi  luoghi  :  e  lo  avere  di  fatto  Catone  prima  di  fe- 
rirsi letto  due  volte  da  capo  a  fondo  il  libro  deW anima  di  Platone, 
come  testimonia  Plutarco  (a) ,  può  guarentirne  al  poeta  nostro  V  in- 
tendimento . 

Il  Venturi  invece  di  applicarsi -ad  investigare  qual  sorta  di  li- 
bertà si  cercassero  del  pari  Catone  e  Dante ,  si  perde  a  biasimare  il 
Poeta  per  questa  lode  cne  fa  dare  a  Catone;  ed  a  contrapporvi  quel 
distico    di  Marziale  . 

SU    Calo  dum  vivit  ,  sant  vtl   Caesare  major; 
Dum  moritur  ^  numquid  major  Othone  fuit  ? 

*  1/  Autore  del  Comento  al  Con.  Caet.  ,  credendo  non  potersi  so- 
stenere assoluta  parità  tra  Catone  e  Dante ,  cosi  ragiona  »  Qucerit  liber' 
totem  a  vittis  ,  et  argiimentatur  a  ma/ori  ;  quia  si  tu  Caio  paganus  prò 
libertate  temporali  fuisti  passus  tot  et  tantos  lahorcs  ,  et  pericula  infi- 
nita ,  et  ultimo  eleffisti  etiam  mortem  ,  quanto  magis  iste  prò  libertate 
anima?  ,  qute  est  m terna  .  N.E. 

75  Art  veste  ec.  Vedi   ciò    eh' e  detto  al  v.  5i. 

77  7^  79  ^'^^  questi  vive,  e  perciò  (intendi)  non  è  de' condan- 
nati  air  inieino — e  Minos   me  non  lega-,    me  con  sua  coda,  come  fa  , 

(a)     Nella  Yita  di  Catone   • 


PURGATORIO 

CANTO    l. 


ARGOMENTO     (♦) 

Racconta  il  Poeta  in  questo  primo  canto  %  come  igli  trovò  l'ombra  di 
Catone  Uticense  ;  dal  quale  infornato  di  quanto  avea  da  fare  ,  prese 
com  Firgilio  la  via  verto  la  marina  ;  e  lavato  che  f^irgilìo  gli  ebbe 
il  viso  di  rugiada  ,  e  giunti  al  lito  del  mare  ,  lo  ricinse  d' uno  schiet- 
te giunco  9  come  gli  era  stato  imiposto  da  Catone  . 


p 


er  correr  miglior  acqua  alza  le  vele 
Ornai  la  navicella  del  mio  ingegno, 
Che  lascia  dietro  a  se  mar  sì  crudele  ; 

I  a  3  Per  correr  ec.  Allegorìcameute  favella  il  l'oeta  del  suo  seri- 
Ter  come  di  una  navigazione;  e  pel  mar  crudeh  ,  che  lascia  dietro, 
intende  il  gili  descritto  Inferno. 

Supponendo  il  Castelvetro,  che  miglior  acqua  appelli  Dante  la 
materia  della  presente  cantica ,  perchè  la  giudichi  più  agevole  4a  trat- 
tarsi di  quella  dell'  Inferno  ,  e  ricercandone  il  perchè  .  Di  vero ,  di- 
ce ,  altro  non  si  può  rispondere  ,  se  non  ,  che  quella  era  di  maggiori 
pene ,  cioè  infernali ,  e  q. testa  di  minori  ,  cioè  purgative .  Ma  Cagèvà* 
lezza  del  tratìar  la  materia  ,  e  del  comprendersi  in  versi  non  si  consi- 
dera per  le  cose ,  che^  offendono  piìi  o  meno  ;  ma  per  le  cose ,  che  so- 
no più  o  meno  usìUUe ,  agli  uomini  comuni ,  o  piii  comprendex'oli ,  o 
meno  da  loro .  Laonde  F  arti ,  e  le  sciehze  sono  piii  diffiiùli  da  scri- 
versi ,  perciocché  pili  si  scostano  dalF  intelletto  popolare  ,  che  non  fan- 
no le  storie  e  le  "favole .  Percliè  non  è  detto  se  non  meno  che  pro- 
priamente ,  che  fa  materia  della  presente  cantica  sia  migliore  ch^  la 
passata  ,  quanto  è  atto  scrivere  ;  non  essendo  t  una  piii  vicina  ,  o  pili 
lontana  dalla  conoscenza  popolaresca .  y4nzi  questa  è  peggiore ,  percioc- 
cliè  in  essa  si  trattano  questioni  piti  sottili  (a) . 

3ftglior  acqua  però  appella  Dante  la  materia  della  presente  can- 
tica ,  non  perche  la  giudichi  pia  agevole  da  comprendersi  in  versi ,  ma 
perchè  niente  spaventosa ,  o  meno  assai  di  quella    deli*  Inferno ,    che 

(*)  Argomento  metrico  del  cel.  Gaspare  Gozzi . 
Dove  si  porga  V  anima  ,  e  risorge 

Vaano  i  Poeti  ,  e  lor  di  qael  cammino 
Consiglio  r  ombra  di  Catone  porge  . 
Con  la  rugiada  del  lido  vicino 

Virgilio  toglie  il  mal  color  ,  che  tìnge 
Le  guance  all'  altro  ^  che  sta  cheto  ,  e  chino  , 
B  con  un  ginnco  schietto  lo  ricinge 
(a)  Opere  varie  critiche  poste  in  luca  dal  Muratori  nel  1737  p.  t»7« 

T.l.  A 


13  PURGA  TORIO 

Bastiti  ben  che  per  lei  mi  riche^e  . 
94    ^^  dunque  ,  e  fa  che  tu  costui  ricinga 

D'  un  giunco  schietto,  e  che  gli  lavi  1  YisOf 
Sì   eh'  ogni  sucidume  quindi  stinga  ; 
97     Che  non  si  converria  V  occhio  sorpriso 

D'alcuna  nebbia  andar  dinanzi    al  primo 
Ministro  ,  eh'  é  di   quei  di  paradiso  . 

ICO     Questa  isoletta  intomo ,  ad  imo  ad  imo  , 
Laggiù ,  colà  dove  la  batte  V  onda  , 
Porta  de'  giunchi    sopra  '1  molle  limo  . 

io3    Nuli' altra  ,  pianta  ,  che  facesse  fronda 

O  che  'ndurasse ,  vi  puote  ayer  vita  ; 

che  tu  procuri  d*  allettnrnii    ne   con   lodi  ,    né  con  V  amore ,    né    con 
r  amore  di    Marzia .    *  Di   questa  parola    lustn^^a   ha  parlato  assai .  am- 

Siamente  il  conte  l'erticari  nella  sua  difesa  di  Dante  (  par.  11.  cap.  XVII.)  : 
:  quale ,  riportando  appunto  questo  verso  del  divino  poeta ,  dice 
che  lusinga  sta  qui  solo  in  forza  di  prece.  Il  termine  è  romano .NX. 

q\  nìcinga ,  /ficinf^n*  per  semplicemente  cingere  ,  adoprato  por 
i)a  altri  vedilo    nel   \  ocaboiario  della   Crusca  . 

p5  />'  un  giunco  schietto  ,  cioè  di  quelli  senza  foglie  {a) ,  simbolo  , 
per  la  sua  semplicità  ,  di  quella  infantile  schiettezza  ,  alla  qaale  n'  esorta 
tutti  r  Apostolo  s.  Pietro  {b)  ;  e  per  la  sua  flessibilità  ,  della  pazien- 
za ;  virtù  necessarie  per  prender  cammino  verso  il  cielo .  In  riprova 
di  queste  chiose  vedi  il  i'.  io3.  e  segg.  —  e  che  gli  lavi*i  viso  j  pe- 
rocché tinto  d'  infernale   fuliggine:  C(»iiie   apparirà  dai  \ersi  ia8   mg» 

j6  Stinga  j  da  stingere  y  che  significa  ter  via  la  tinta;  qu\  però 
semplicemente  pulire,  purgare. 

§j  Sorpriso  ,  antitesi  a  cagion  della  rima  ,  o  forse  anche  detto 
alla  Napolitana  maniera  ,  in  vece  di  sorpreso  ;  e  vai  quanto  oppresso  , 
cffuscato .  Vedi  il  ^  ocaboiario  della  Crusca . 

98  99  Al  primo  ministre  ,  cA'  è  di  quei  di  Paradiso .  Appartiene 
questo  ,  com'  è  detto  al  i^.  5i ,  a  far  capire  che  il  parlante  Catone 
era  di  quelli  d*  Inferno  ,  ed  a*  quali  non  disconveniva  V  Infernal  su-' 
cidume  che  portava  Dante  su  '1  viso  • 

100  Ad  imo  ad  imo,  significa  quello  ,  che  ad  imo:  ma  raddop- 
piato raddoppia  anche  la  forza  ,  ed  è  quasi  superlativo  ,  come  spesso 
spesso,  bene  oene  ,  esimili.  N  edi  il  N  ocaboiario  della  Crusca  .  Viso- 
tetta  adunque  ad  imo  ad  imo  varrà  (juauto  V  isolctta  nel  piii  basso  suo 
terreno  . 

loi  L*  onda  ,  del  mare  detto.  Irif.  xxxiv  v,  125.  ''^  dov  ella  batte 
r  onda  graziosa  variante  del  ^  aticano    N.R. 

io5   10/4    io5   rfulC  altra  ec.    Vedi   ciò   eh' è»  detto   al   verso  g5  — 

(a)  Dei  giunchi  colle  foglie  ,  detti  latinamente  foUacei  ,  vedi  li  botanici  , 
e  tra  gli  altri  Chabreo,  CUsse  18.     {b)   Bpist.  i  2. 


e  A  N  T  O    I.  Ti 

Però  cValle  percosse  non  seconda. 

MóS     Poscia   non  sia    di    qua  vostra    reddita  : 
Lo  sol  yi  mostrerà  ,  che   surge  omai , 
Prender  '1  monte  a  più  lieve  salita  . 

109     C!osi  sparì.  Ed  io  su  mi  levai  , 

Senza  parlare ,  e    tutto    mi  ritrassi 

Al  duca  mio  ,  e  gli  occhi   a  lui   drizzai. 

1 1  a  Ei  cominciò  :  figliuol ,  segui  i  miei  passi  : 

Yolgianci  indietro  ,  che  di  qua  dichina 
Questa  pianura  a' suoi  termini  bassi. 

1 15     L'  alba  vinceva  1'  ora  mattutina , 

Che    fuggia  'nnanzi  ,  si  che  di  lontano 

O  cAe*ndurasse    la    Nidobeatina  ,  o  indurasse  Taltr'  edizioni  :    ^  «  il 
Cod.  Vat-    N.E. 

1 06  Poscia ,  dopo  cioè  di  aver  trovato  e  fatto  quanto  vi  ho  detto 
—  non  sia  di  qua  vostra  reddita  ,  vostro  ritorno  .  Accenna  che  fosse  il 
monte  da  quella  parte  assai  scosceso  .  Di  questa  reddita  ,  dice  il  Ven- 
turi ,  siamo  obbligati  alla  rima  ,  c/ie  ci  ha  fatti  d*  altri  simili  regali 
molti  .  Poteva  però  riserbare  il  lepido  ringraziamento  ad  altra  occa- 
sione ;  che  reddita  per  ritorno  ,  siccome  anche  reddire  per  ritornai^  , 
furono  da  buoni  scrittori  adopruti  anche  iu  prosa  .  Vedi  il  \  ocab. 
della  Crusca  . 

107  108     Vi  mostrerà prendere  il  monte  la  Nido- 

beatina  ;  vi  mostrerà  ....  prendete  7  monte   ec,     V  altr'  edizioni 
sconcertatamente.  *  Pigliate  y  il  Cod.  \at.  Malgrado  però  questa  gra- 
ve autorità  ,  noi  non  anbiamo  potuto     indurci  a  lasciar  la  lezione  di 
Nidobeato  p  N.E. 

109  no  Così  sparì  .  Dall'escerti  Dante  iroprovisamente  trovato 
Catone  vicino  senza  vederselo  venire  <;.  5i  ,  e  aa  queir  altro  pari- 
mente improviso  comparire  di  Catone'  a  rimproverare  a  Casella  e  com- 
pagni il  lento  loro  andare,  nel  canto  seg.  v,  119  e  seg. ,  sembra  po- 
tersi dedurre  che  questo  sparì  vaglia  propriamente  rendersi  invisibile 
-^  su  mi  ^oi, dallo  star  inginocchione ,  in  cui  lo  avea  messo  Airgi- 
lio    V.  5t. 

*   112  Ei  cominciò  :  seguisci  li  miei  passim  il  Cod.  Aat-N.F. 

ii5  Diclina  ,  discende  . 

p4  -^^  suoi  termini  bassi ^  al  luogo  cioè  indicato  da  Catone  ne' ver- 
si  100  e   loi. 

ii5  116  L*  alba  vincea  già  P  ora  la  Nidobeatina  ,  vinceva  V  ora 
r  altre  edizioni  ^  e  il  Cod.  \aL  che  noi  seguiamo  allettati  dalla  mag- 
gior dolcezza  del  verso,  e  confortati  dalT opinione  di  Biagioli  .  N.É. 
Supponendo  Dante  poeticamente  ,  che  contrastino  tra  di  loro  le  parti 
del  tempo  ,  e  V  una  scacci  V  altra  ,  come  il  suppose  Orazio  in  quel 
truddtur  dies  tlie  (a)  ,  perciò  dice  che  V  alba  vincea  già  Cora  maltu- 
^  I .  j       ^  I  I      -        -  I  -  -  ■ . — . — — y 

(j)  Cairn,  lib,  9  odo  iS. 


i4  purgatorio' 

Conobbi  il    tremolar   della   marina  • 

118     Noi  andavam  per  lo  solingo  piano, 

Com'uom  che   torna    alla  smarrita  strada  9 
Che  'nfino   ad  essa  li  par  ire  in  vano  . 

121  Quando  noi  fummo  dove  la  rugiada 

Pugna  col  Sole ,  e  ,  per  essere  in  parte 
Ove  adorezza,  poco  si  dirada  ; 

124     Ambo  le  mani    in  su  V  erbetta  sparte 
Soavemente  '1  mio  maestro   pose  : 
Ond'  io  ,    che  fui  accorto  di  su'  arte  y 

1 27     Porsi   ver  lui  le  guance    lagrimose  : 
Quivi  mi   fece  tutto  discoverto 

iina  ,  e  che  questa  fug^a  innanzi  ,  cacciata  da  quella  .  Divìde  Dante  » 
quanto  sembra  ,  l' aurora  in  due  parti  ,  e  la  prima  piii  alla  notte 
prossima  appella  ora  mattutina  ,  e  1*  altra  più  vicina  allo  spuntar  del 
Sole  appella  alba  :  e  però  anche  nel  seguente  canto  versi  789  sup- 
pone  durar   l'aurora  tuttavia  . 

117  Della  manna  j'  detta  nel  canto  xxxiv  dell' Inf.  vers.  ia3^  e 
ricordata  anche  nel  presente  canto    v.  loi. 

*    119  Perduta  strada,  hanno    i   Cod.    Vat.  e  Antald.  N.E. 

Ilo  Li  par;  li  per  gli  :  vedi  il  Ci  nonio  («)  •  K  dice  Dante  vero 
che  a  colui  ,  che  non  cammina  se  non  per  trovare  la  smarrita  stra- 
da ,  pare  che  quei  passi  che  fa  prima  di  rinvenirla  ,  sieno  fatti  in  vano  , 
senza   profìtto  ;  perocché  non  sa  dove  si  vada . 

lai  122  iq:>  Doi^e  la  rtitriaila  pugna  ce.  Dee  qu\  il  Poeta  volere 
inteso  che  la  rugiada  in  quel  luogo  ,  e  per  la  copiosa  quantità  ,  e  per 
essere 'in  parte  Oife  ado  rezza  ,  ove  cioè  è  rezzo,  ov' è  omhra  (o) , 
sempre  vi  durasse  ;  né  il  diurno  calore  del  Sole  valevole  fosse  a  to- 
talmente dissiparla  :  e  ciò  a  fine  ,  prohahilmente  ,  di  accennare  im- 
mancabile per  simil  bisogno  in  qualsivoglia  ora  la  nece5saria  copia 
della  medesima  :  siccome  in  seguito  per  rendere  immancabdi  i  giun- 
chi farà  che  in  luogo  dello  sterpato  un   altro  subito  ne  rinasca  • 

1 16  Di  su*  arte  ,  del  fine  del  suo  operare  nel  bagnarsi  le  mani 
di  rugiada . 

ì'ìj  Lagrimose ,  o  per  tenerezza  di  veder  Virgilio  impiegato  in 
queir  amorevole    ed  umile  atto  ;  o  per  allegrezza  di  ritornare  ,  mercè 

S iella  rugiada,  al  suo  natio  colore:  o  lagrimose  ancora  per  la  pie- 
verso  di  tnnli  spiriti  tormentati  ,  e  riconosciuti  in  cosi  acerbi 
suppiicj  j^iii  neir  Inferno  .  Aenturi.  Ma  potrehhersi  anche  intendere 
bagnate  di  lagrime  di  penitenza  necessaria  per  ricevere  quella  miste- 
riosa lavanda  .  *  Tal  giutsa  supposizione  concorda  perfettamente  col 
CoM>f.  Cart.  che  dice  »  et  bene  disposui  me  ad  posnitentiam  recipien' 
dnm  .  N.K. 

(a)  Partic.  t56  i.    (fi)  Vedi  il  VoctboUrio  delia  Crusca  al  verbo  adorezzar^  . 


e  A  N  T  O     I .  iS 

Quel  color  che  V  Inferno   mi  nascose  • 

i3o     Venimmo  poi  in  sul  lito  disertp, 

Che  mai   non  yide   navicar  sue  acque 
Uomo ,  che  di  tornar  sia  pòscia  sperf;o  • 

i33     Quivi  mi  cinse   sì  com' altrui  piacque; 
O  maraviglia  !  che ,  qual  egli  scelse 
L'umile  pianta  ,  cotal  si  rinacque 
Subitamente  là  onde  la  svelse . 

139  Quel  color  ec.  Letteralmente  ,  il  natio   colore  coperto  prima 
èalV  Infernale    faliggine  :    allegoricamente ,   l' innocenza    contaminata  ^ 
dal  peccato  . 

i5i  Sue  acque  la  Nìdobeatìna  ,  su*  acque  V  altre  edizioni:  ^  e  il 
Cod,  ^'at.  N.E,  —  *  Subiililer  vult  dicere  quod  nomo  fuit  qid  unquam 
descnpserit  poetice  purgaiorium  nisi  ego  »  Annota  qui  il  Coment. 
Caiit.   ma  Dio  sa  come .  N.E. 

i3a  Uomo,  che  di  tornar  sia  poscia  5perlo,  laNidobeatina  ;  i/om  , 
che  di  tornar  sìa  poscia  esperto^  1*  altr*  ealzioni .  E  vale  quanto  :  uo- 
mo ,  che  abbia  potuto  ripetere  la  prova  :  imperocché  Ulisse ,  che  fin- 
ge essere  fin  colà  arrivato  ,  vi  peri .  Inf.  xxvi.  i*.  i  o3  e  segg.  *  Esper» 
toy  ha  il  Cod.  Vat;   né  diversinca  in  altro  della  Nìdobeatìna.  N.E. 

i35  ConC  altnd  piacque  ,  a  Catone,  che    così  ordinò:  v.  g!\  e  qS. 

i34  Scelse^  cobe  di  mezzo  a  molt'  altri  giunchi . 

i35  Cotal  si  rinacque.  E*  imitazione  di  Virgilio  ,  il  qual  dimostra , 
che  subito  che  Enea  spiccò  il  ramo  d' oro  nella  selva,  ve  ne  nacque 
nn  altro.  Onde  dice:  primo  avulso  ,  non  deficit  alter  ec.  (a).  Lan  di- 
vo .  La  ragione  di  tale  riproducimento  dovrebb'  essere  la  già  detta  del 
durare  della  rugiada.  Il  Landino  eil  Vellutello  chiosano  ,  voler  Dan- 
te con  questo  esempio  far  capire ,  essere  proprietà  delle  virtù ,  che 
quanti  più  son  quelli  che  di  loro  si  vestono  ,  tanto  pili  si  vengono  ad 
augumentare  e  crescere  ,  Oltre  però  che  per  questo  fine  avrebbe  Dante 
dovuto  in  luogo  del  colto  giunco  farne  nascer  più  d*  uno  ;  puossi 
poi  anche  lo  stesso  dire  dei  vizj  ,  ai  quali  perciò  comunemente  si 
applica  queir  abjssus  abyssum  invocai  . 

(a)  AeaeU.  ti  i^S. 


Fine  del  eanio  primo . 


1« 

CANTO    II. 


ARGOMENTO    (♦) 

Tratia^i  che  i  due  Poeti  veggono  venire  ai  liio  una  aaviceìla 
£  anime  ,  condotte  da  un  /ingelo  a  purg^arsi  :  tra  i  quali  un  Casella 
gran  muùco  eé  amico  di  Dante  \  onde  avviene  che  rallentando  i  potei 
il  musico  per  cantare  «  e  Dante  coW  altra  comitiva^  per  udir  cantare  « 
topraggiunge  Catone  ,  e  riprendeli  tutti  di  negligenza  . 


G 


ià  era  il  Sole  all'  orizzonte  giunto , 
Lo  cui  merìdian  cerchio  coverchia 
Gerusalem  col  suo  più  alto  punto  ; 

I  a  3  Già  era  il  Sole  ec.  Per  interni  ere  questo  passo  conviene 
ai  avverta  esser  supposizione  del  Poeta  che ,  come  ogni  luoso  su  deli'  enti- 
^ferio  nostro  ha  il  suo  proprio  oriz^nte ,  cosi  abhia  il  suo  proprip 
meridiano ,  e  che  sia  questo  un  arco  ,  il  quale  passando  pel  ceoU 
del  luogo  ,  e  pel  punto  del  cielo  dove  il  Sole  ad  esso  luo^o  fa  il 
mezzo  dì  ,  vada  a  terminare  d*  ambe  le  parti  all'  orizzonte  del  me- 
desimo luogo  .  Per  tale  supposizione  non  avendo  ciascun  orizzonte 
per  suo  meridiano  altr'  arco ,  che  quello  solo  ,  il  quale  col  suo  pun- 
to pia  allo  ,  cioè  più  dall'  orizzonte  stesso  elevato ,  coverchia ,  cuopre  , 
i^  rispettivo  luogo  ,  addiviene  necessariamente  una  cosa  il  dire  V  ori*- 
tónte  di  Gerusalemme ,  e  il  dire  l' orizzonte ,  il  cui  merìdian  cerchio 
col  suo  piti  aito  punto  coverchia  Gemsalem .  Siccome  poi  suppone  in 
oltre  il  medesimo  poeta  nostro  che  sia  il  monte  dei  Purgatoria  an- 
tipodo  a  Gerusalemme  ,  talmente  che  sia  lo  stesso  orizzonte  c(unune 
aa  essi  due  luoghi  (  vedi  Ptfrg.  iv  70  )  ,  perciò  dai  giungere  il  Sole 
(giÀ  lof.  XXXIV  68  accennato  cadente)  air  orizzonte  di  Gerusalemme 
deduce  il  vicino  spuntar  del  Sole   al  Purgatorio.. 

II  Velluteilo  ,  li  Venturi  ,  ed  alcioni  altri  dicono  scoprirsi  per 
questi  versi  che  intendesse  Dante  situata  Gerusalemme  nel  taj&vio  della 
terra  abitata  .  Non  veggo  ond'  essi  ciò  si  raccolgano  ;  e  temo  che 
malamente  suppongano ,  che  più.  alto  punto  vaglia  quanto  pik  disco- 
sto  dai  limiti  nella  terra  abitata .  Riserbasi  per  me  tale  scoprimento 
al  principio  del  xxvii  di  questa  medesima  cantica.  *  Il  cui  meridian  ^ 
il  Cod.  \at.   e  il  Caet.  N.E. 


(*)  Argomento  metrico  del  cel.  Gasparo  Gozxi . 

Air  apparire  del  nocchier  celeste  , 

Che  a  farsi  belle  V  anime  condoce 
Nade  di  qoa  di  lor  terrena  veste  , 

Vinto  il  Poeta  da  cotanta  luce 

Cala  con  nmiltade  le  ginocchia 
Davanti  al  messo  c)cil>rerno  duce  . 

Indi  fra  V  ombre  il  suo  Ca$e4u  j-ljcchìa  . 


e  A  N  T  O    1 1.  17 

4  £  la  notte 9  ch'opposita  a  lui  cerchia, 
Uscìa  di  Gange  fuor  con  le  bilance  , 
Che  le  caggion   di   man  quando  soverchia  : 

7     Si   che  le   bianche    e  le  vermiglie  guance  , 
Là  dov'io    era  ,  della  bella  Aurora 
Per  troppa   etade  divenivan  rance. 

4  Ch^  apposita  a  lui  cerchia,  chej^lra  «liameiralmentr  opposta  al 
Sole  •  Per  intendere  la  verità  di  questa  sentenza  basta  rifletttTc,  che 
non  è  la  notte  se  non   un  riparo  ai   raggi  solari  che  fa  la  ttM-ra  . 

5  Usc)a  di  Gange  fuor.  {*  Uscìa  di  Gange  già  il  (!od.  \  al.  N.B.  ) 
Sitppone,  secondo  la  geografìa  de*  tempi  suoi  (a),  che  1*  orizzoiitv 
onentale  di  Gerusalomnic  (osse  un  ineriaiano  dell'  Indie  oiieiitali  ,  in- 
tese  pel  Gange  fiume  di  esse.  —  con  le  bilance,  col  srj^iio  (K*lla  li- 
bra. S' aggiunge  questo  ai  molti  altri  indizj ,  che  il  .role  ,  alla  notte 
opposto  ,  tosse  nel  segno  di  Ariete. 

6  Che  le  caggion  di  man  ec.  Sebbene  sorga  la  noUe  in  compagnia 
delle  bilance,  o  sìa  della  Libra,  sol  quando  è  il  Sole  in  Arirtc* ,  cioè 
nel  r  equinozio  di  primavera,  nero  si  tiene  la  notte  seinprr.'  ut-I  tene- 
broso sno  emisferio  la  Libra  fin  che  va  accorciandosi  ,  cioè  dal  sol- 
stizio jemale  fino  all'  estivo  ;  e  perde  essa  Libra  dair  cnii^sfcrlo  suo 
sol  quando  soverchia,  quando  cresce,  cioè  dal  soltizio  estivo  (ino  al 
]emai«;  imperocché  mentre  scorre  il  Sole  dal  Cancro  al  <  ajtricomo 
non  è  mai  discosto  dalla  Libra  piìi  di  gradi  90. ,  com'è  nccessHrio 
acciocché  rimangasi  la  Libra  l'uor  dell' emisferio  diurno,  'a  roniune 
degli  espositori  intende,  che  quando  la  notte  soverchia  vagli  i  quando 
la  notte  si  Ja  pili  lunga  del  giorno;  lo  che  succede  dopo  1'  c(piinozio 
autunnale.  Malamente  però  ;  imperciocché,  come  ho  detto,  inconnii- 
ciano  a  cadere  di  mano  alla  notte  le  bilance  fin  dal  solstizio  estivo  , 
tre  mesi-  prima  dell'  autunnale  equinozio  . 

'j  Z  Le  bianche  e  le  vermi^ie  guance  ec.  ,  quelli  due  colori  i  quali 
appariscon  nell'  aria  innanzi  che  il  Sole  sia  i)l  tutto  scoperto  .  Landino  • 

9  Etade  la  Nidob.  ,  etate  V  altre  cdiz.  —  rance  .  J'ancio  ,  giallo 
carico  che  piega  in  rosso  ,  qual'  è  il  colore  degli  aranci  maturi  »  e 
qual' è  altresì  l'aurora  nella  sua  maggiore  età.  il  Foccaccio  ricopiò 
questa  descrizione ,  giom.  5.  ,  dove  disse  :  U  aurora  già  di  vermiglia 
cominciava ,  appressandosi  il  Sole ,  a  divenir  rancia  ,  Bancio  dunque 
qui  non  vuol  aire  rancido  o  vieto  ,  come  dicono  il  Landino  e  il  \  el- 
lutello  t  ma  di  colore  dorè  come  sogliam  chiamarlo  .  Cosi  il  '\  enturi 
onitamente  al  Daniello .  Vedi  inoltre  ciò  che  riguardo  al  medesimo 
colore  è  notato  Infer.  icxiii  100. 


(a)  La  suppotizione  medesima  dì  chiaro  a  scorgere  anche  od  priociplo 
d«l  canto  XXV 11  della  presente  cantica  .  Che  poi  la  geografia  di  que'  tempi  cosi 
ammettesse^  pnò  vedersi  in  Ragero  Bacone.,  uno  de'  pid  illustri  matematici  ai 
tempi  di  Dante  ^  Opus  majus  dist.  4*  Possono  anche  vedersi  Tolomeo  e  Solino  : 
r  ultimo  de'  c|nali  parlando  dell'  India  discosta  dalla  Palestina  ugualmente  che 
la  Francia  ,  scrive  nane  Possidonius  adt^ersam  GaiUae  statuti  .  Polyhistor  . 
cap.  55. 

T.a.  B 


•  e 


i8 


PURGATORIO 


IO    Noi  eravam  lunghesso  1  mare   ancora , 

Come  gente  che  pensa  a  suo  cammino  j 
Che  va  col  cuore  ,  e  col  corpo  dimora  : 

|3    Ed  ecco  qual ,  sul   presso    del  mattino  , 
Per  li  grossi  vapor  Marte  rosseggia 
Giù  nel  ponente  sovra '1  suol  marino  ; 

10  Lunghesso  (chiosa  il  Yocab.  della  Crusca)  tofveròioy  lo  stesso 
che  lungo ,  invece  di  rasente  ,  e  accosto  ;  e  la  voce  esso  é  aggiunta 
per  ripieno ,  ed  é  antica  e  usitata  proprietà  di  linguaggi .  Erano  cioè 
ancora  su  *ì  lito  diserto  menzionato  nel   preced.  canto  v,  i3o. 

1 1  Pen^a  a  suo  cammino  la  Nidob. ,  pensa  suo  ec.  V  altre  ediz. 
*  cA'  aspetta  su^  cammino .  Cod.   Vat.  N,E. 

la  Col  cuore  y  colla  mente. 

i3  i4  i5  Su  l  jìresso  del  mattino^  leggono  bene  1*  Aldina  ed  altre 
edizioni  ,  ed  eziandio  alcuni  vass.  veduti  dagli  Accademici  della  Cru- 
cca {a)  'y  imperocché  inteso  che  di  presso  avverbio  fatto  siasi  uu  no- 
me (  come  esempigrazia  Tassi  di  mentre ,  dicendosi  nel  mentre  )  vale 
sul  presso  del  mattino  il  medesimo  che  su  C  appressare ,  nello  ascici' 
narsi  del  mattino;  eh*  è  ciò  appunto  chela  retta  sintassi  richiede:  e 
seguendo  i  prcfati  Accademici  il  maggior  numero  de'  mss.  ed  inserendo 
in  vece  suol  presso  del  mattino  ,  hanno  essi  mancato  di  far  qui  uso 
di  quella  massima  altrove  spesso  da  loro  praticata  ,  di  non  deferire 
tanto  al  numero  de'  testi ,  quanto  alla  ragionevolezza  :  imperocché,  co- 
me avverte  il  Tassoni  {b).,  e  ben  può  ciascuno  avvertire  ,  suol  presso 
esigerebbe  nel  seguente  verso  rosseggiare  in  luogo  dello  scritto  ros- 
seggia  .  *  I   Cod.  Vat.  e  Antald.  hanno   suol  presso .  N"E. 

Sorpixìso  dal  mattino  hanno  anche  trovalo  in  tre  mss.  i  medesimi 
Accademici  :  lezione  ,  che  (  testimonio  il  Venturi  )  pili  piace  al  Ca^ 
Siehetro  d*  ogn*  altra  :  e  soppresso  da  mattino  legge  la  Nidobeatiiia . 
Ma  sorpreso  Marte  dal  mattino  dee  rimanere  in  guisa  soppresso ,  che 
non  appaja  piU  né  rosso  né  biauco  :  imperocché  Dante  fa  incominciare 
il  mattino  dal  nascer  del  Sole  :  e  perciò  nel  canto  dell'  Inferuo ,  do- 
po  di  aver  detto  eli'  erano  le  spalle  di  quel  colle 

Festittgià  dt*  raggi  del  pianeta 
Che  mena  dritto  altrui  per  ogni  calle  (e) , 
in  progresso  del  medesimo  canto  aggiunge 

Temp'  era  dal  principio  del  mattino  , 

E  7  Sol  montava  in  su  ,  con  quelle  stelle  ec.  (</) . 

Che  il  pianeta  Marte  rosseggi  più  o  meno  secomlo  Li  spessezza  é 
rarità  dei  vapori ,  che  '/  seguono  ,  lo  dice  Dante  anche  nel  suo  Convi- 
to (e) .  Qui  però  al  maggiore  di  lui  rosseggiare  unisce  tre  circostan- 
ze. I.a  prima  è  l'  appressarsi  del  mattino  ,  in  temoo  cioè  che  la  spi- 
rante frescura  rende  i  vapori  più  densi .  La  seconda  é  il  trovarsi  Mar- 
te giii ,  sopra  il  suol  marino  ,  ov'  è  certamente  maggior  abbondanza  di 

■I       ■  ■      ■  ■ 

(a)  Vedi  U  Tavola  delle  autorità  de'  testi  posta  in  fine  dell'  edizione  fat- 
ta dagli  Accaf'emici  della  Crusca  ,  ed  in  quella  simile  fatta  dal  Volpi .  (^)  Au- 
liotazioni  sopra  il  Vocab.  delie  Cx%  ait.  ecco»  (e)  Veisi  i"]  18.  (</^  Yecso  37  38» 
(*)   Tratt.  2  cap.  14. 


e  A  N  T  O    II.  19 

16     Co  tal  m'  apps^rye  ,  s  io   ancor  lo  veggia  I 
Un  lume  per  lo   mar  venir  si  ratto , 
Che  1  muover  suo    nessun   volar  pareggia . 

I Q     Dal  qual  com'  io  un  poco  ebbi   ritratto 
L'  occhio  ,  per  dimandar  Io   duca  mio , 
RividiI  più  lucente  e  maggior  fatto  • 

22     Poi   d'  ogni  Iato  ad  esso  m' appario 

Un  non  sapea  che   bianco  ,  e    di  sotto 
A  poco  a  poco  un  altro,  a  lui  n'  uscio  . 

^5     Lo  mio  maestro  ancor  non   fece  motto  , 

Mentre  che  i  primi  bianchi  aperser  l'ali  ; 
AUor  che  ben  conobbe  il  galeotto , 

28     Gridò  :  f a  ,  f a  che  le  ginocchia  cali  ; 

Ecco  r  angel  di  Dio  ;    piega  le  mani  ; 

Tapori  •  La  terza  finalmente  è  l'essere  a  ponente  :  imperocché  se  in 
oriente  fosse  su  '1  presso  del  mattino  ,  il  chiarore  dell'  alba  o  nascon- 
derebbelo  totalmente  all'  occhio  de'  risgaardauti  ,  o  appena  il  lascie- 
rebbe  discernere  . 

16  17  S^  io  ancor  lo  ve^ia  .  Interiezione,  che  vale  quanto  :  così 
un*  altra  fuUa ,  cioè  dopo  morie  ,  abbia  la  sorte  di  vederlo  .  Ma  non  mira 
r  augurio  tanto  a  riveder  quel  lume  ,  quanto  alla  concomitanza  di  andar 
salvo  *  Il  Riagioli  pone  :  sì  ancor  lo  veglia  ,  N.E.  — si  ratto ,  cosi  presto  . 

in  D^ ogni  lato  la  Nidobeatina  ,  meglio  che  leggon l'altre  edizio- 
ni d*  ogni  parte;  imperocché  rf*  ogniparte  significa  lo  stesso  che  d'ogni 
intomo  ;  e  rf  ogni  lato  significa  propriamente  a  destra  ,  ed  a  sinistra  , 
come  dovevan  essere  i  bianchi  delle  mosse  ali  di  quell'angelo.  Che 
fosser   quelli   i  bianchi    dell'  ali   apparisce   dal   v»  ao. 

0.3  i\  Un  non  sapea  che  ec.  Al  bianco  dell'  ali,  perocché,  diriz- 
sate  tenendole  al  cielo  (a)  ,  appariva  sotto  il  bianco,  delle  vestimenta  • 
*  Un  altro  appresso  uscio ,    il  Cod.  Antald.  N.E. 

a6  :ìfentrii  che,  infìn  che  —  aperser ,  misero   in  vista  • 

iy  Conobbe  il  galeotto .  V  Angelo  stesso  ,  che  qui  appella  galeotto  , 
appella  noccliiero  nel  v.  43  ,  come  appunto  fece  di  Flegias  nell'  In- 
ferno vili  1 7  e  80.  Convien  dire  (  nota  il  Venturi  )  che  la  voce  galeotto 
abbia  peggiorato  di  condizione ,  e  perduta  la  nobiltà  ;  perchè  adesso 
non  si  userebbe  in  significazione  di  persona  onorata .  Cosi  certamente 
dee  essere  :  anzi  non  dovrebbe  cotal  peggioramento  essere  avvenuto 
se  non  tardi  ;  imperocché  anche  il  Varchi  nella  traduzione  Italiana  dei 
Benefizj  di  Seneca  ,  ove  dice  Seneca  doversi  talvolta  la  vita  medico 
et  nauiae  {h) ,  traduce  esso  al  medico  ,  ed  al  galeotto . 

29  Piegale  mani  ,  facendogli  riverenza  .  Daniello.  *  Il  Cod.  Caet. 
Chiudi.  N.E. 

(a)  Verso  3^.    {h)  Lib.  3  cap.  35. 

B  St 


QQ  '  PURGATORIO 

Orna'  vedrai  di   si   fatti  uficiali . 

5i     Vedi    che  sdegna  gli  argomenti  umani , 

Sì    che  remo  non   vuol ,  ne   altro-*velo 
Che  r  ali  sue  ,  tra   liti    si  lontani  . 

54  Vedi ,  come  1'  ha  dritte  verso  'l  cielo  , 
Trattando  V  aere  con  1'  eterne  penne  , 
Che    non  si  mutan  come  mortai  pelo  .' 

57  Poi  9  come  più  e  più  verso  noi  venne, 
L' uceel    divino    più  chiaro  appariva; 

3o  Oma\  apocope  in  vece  di  ornai  ^  per  togliere  Limai  sonante 
iricinanKa  che  sarebbe  di  due  voci  terminanti  in  ai^^siJaUi  uficiali^ 
f;ioè  angeli  ,  ministri   di   Dio  • 

?5i  j^rsromenti  vale  qui  lo  stesso  che  istrumeuti  ^  come  al  medesi- 
mo significato  ));)nno  altri  buQui  scrittori  essa  voce  adoprato  .  Vedi 
{)  Vocabolario  della  Crusca  . 

5*2  Velo  per  vela  ,  alla  maniera  dei  I.atini  che  la  vela  appellarono 
velimi  .  E  se  glie  lo  fa  dire  la  rima,  non  ucrò  su  lu  conia  ,  non  tanto 
/cioì>'  mal   volentieri,  come   il  'Nenluri   crede. 

53  Ali  la  Nidob.  e  la  Fulgin.  ,  ale  V  altre  edizioni  *  e  il  Cod. 
Vat.  N.E.  — /ow/</w/ ,  dpi  mondo  abitato  de*  vivi  . 

54  Dritte  ,  alzale  . 

35  56  Trattando  per  agitafido  ,  movendo  —  eteme  ,  immutabili  , 
sempre  durevoli  :  tanto  ne  accenna  con  aggiungere,  Che  non  si  mutiui 
coinc  mortai  pelo . 

58  Uccel  divino  appella  llantc  V  angelo  ,  perocché  alato  ;  come 
ynnlvaj^io  nccellq ,  per  ragione  ste.ssa  ^cce  nell'  Inferno  {a)  appellarsi 
da  Purbarìccia  Farfarello;  e  come,  tra  i  molti  simili  esempj  ,  anche 
Mernirio  fu  da  Stazio  appellato  volucer  Je^eaticus  (b),  impigerales(c)  ec, 
dicendo  il  Daniello  mirabile  questo  variar  del  poeta  in  nomar  T  Angelo 
ora  iraìeotto  ,  ora  divino  uccella  ,  oin  nocchiero  celestiale  ,  n'  esce  il  Ven- 
turi a  dar  la  berta  al  comenlatore  insieme  ed  al  Poeta  :  Il  pili  niira^ 
bile  ,  dice  ,  rt  mio  parere  consiste  in  questo  ,  che  il  glossatore  parla  da 
senno  lodando  ,  non  da  ((iuoro  schernendo  . 

Due  cose  però  sembra  che  possano  dal  criticone  nostro  desiderarsi  • 
Un  concetto  primieramente  più  rispettoso  verso  di  quel  cementatore  , 
delle  di  cui  dotte  osservazioni  si  fa  egli  spesso  onore  senza  neppure  di- 
phiararsegli  obbligato  ;  e  non  maravigliarsi,  che  sinceramente  favelli  chi 
pon  doveva  altrimenti;  e  die,  volendo  cementare  a  modo  del  Ven- 
turi ,  avrebbesi  preso  ,  non  Dante,  ma  V  yéstuzie  di  Bertoldo .  Poi  che 
?i  (legnasse  egli  ahi.euo  di  specificarne  quale  di  queste  varie  appel- 
azioni  ,  che  attribuisce  Dniite  nll'  angelo  ,  sia  quella  che  si  meriti  sclier- 
po  .  Della  voce  galeotto  è  già  dello  al  v,  '27  ,  ed  il  A  enturi  stesso  T  ar- 
gomenta peggiorala  a*  giorni  nostri  di  condizione.  Del  divino  uccello 
crederci  che  il  qui  «letto  possa  i)aalare.  Spiacerebhe  lui  forse  il  ee- 
ìcstial  noccliicro  ?  chi   sa  ? 


(a)  Canio  sxii  96.     (/>)    Silv.  lib.    1  cajm.  2    v,    16.     (e)  Tbcb.  lib.  1  u,  292. 


e  A  N  T  O    II.  il 

Perchè  V  occhio   da  presso  noi  sostenne  5 
4o     Ma   china'  1  giuso  :  e  quei  sen  venne  a  riva 
Con   un  vasello   snelletto  e  leggiero 
Tanto   ,  che  V  acqua  nulla  ne  'nghiottiva  j 
45     Da  poppa  slava    il   celestini  nocchiero 
Tal,  che  faria  beato  pur  descripto  : 
E   pili  di   cento  spirti  entro  sediero  . 
46     In  exitu  Israel  de  jéegypto , 

Cantavan  tutti  'usieme    ad  una  voce 

59  Pèrche  vale  per* la  quàl  còsa  ^  in  ton sentir hzn  di  che  y  in  con-» 
semenza  cioè  delT  apparir  V  Angolo  più  chiaro  di  mano  in  mano  che 
si  appressava  ,  crebbe  tanto  lo  splendore ,  che  1*  occliio  noi  potè  piti 
••sten  ere  . 

4o  China  7  ,  troncamento   di  chinaif ,  Io  slesso  che  il  chinai  . 

/ji  f^ast'Uoy  per  viisctllo  ,  qui  pure  come  è  dello  ìnf.  xxvm  75- 
Vedi   quella   nota  . 

44  *  ^«'  f^he  faria  beato  par  dcscriplo .  Mobilissimi!  tarianle  dfl 
CoD.  Caet.  pra  tanto  bello  e  maesios'O  quelT  Aiij^clo  ,  che  ^  se  potesse 
descrÌK^ersi  in  rima  ,  faria  beati  {*li  ascoltanti  .  Frase  degna  ^el  pensie- 
ro e  de' versi  dell'Alighieri  .'  Il  ladre  Lombardi  ,  che  lesse  colla  co- 
mune Tal  che  parca  bea/o  per  iscritto ,  ebbe  d'uopo  di  fafre  il  seguente? 
Coniente  .  »  Tal  tale  talmente  ,  in  aria  talmente  vaga  e  maestosa  —  pa-i 
*  rea  beato  per  iscritto  .  I^gp;ere  in  viso  ad  alcuno  là  beatitudine ,  la 
«  maledizione  ec.  la  è  frase  comune.  Or  come  il  leggere  suppone  lo 
i*  scritto  ,  però  Dante  usò  T  uno  per  V  altro  ;  ed  in  vece  di  dire  tal  che 
»  si  leceva  in  lui  la  beat  i  tu  f li  ne  ,  dice,  tal  che  parca  beato  per  iscritto  • 
—  li  Bia^ioli  però  sta  col  Lombardi  :  e  così  anche  la  lezione  dei  C(^d. 
\at.  e   deir  Antald.    N.E. 

45  Sediero  hanno  malamente  creduto  alcuni  che  sia  in  vece  di  sC" 
derono.  No:  sta  per  sedieno  mutata  la  /x  in  r  per  accomodare  la  rima. 
Così  nel  Prospetto  di  verbi  Toscani  sotto  il  verbo  sedere  11.  i/j.,  cojwi 
però  non  approvata  dal  Mastro/ini .  V.  detto  Verbo  n.  5.  nella  nuova 
Teoria  e  Prospetto. 

46  *  In  exitu  Israel  de  jEgjpto  Ci  place  di  leggere  colla  Nidobea- 
tina  ,  e  col  Cod.  Caet.  per  vane  ragioni  •  La  ])riina  si  è,  per  non  al- 
terare le  parole  Scritturali  j  la  seconda  per  seguir  la  rima  descripio 
del  i*.  44*  che  saria  peccato  di  riformare  ;  la  terza  perchè  non  vediamo 
necessità  di  leggere  /Egitto  ,  scritto  ,  e  descritta  essendo  comuirssimi 
i  latinismi  in  IJa-nte  .  La  qiuirla  jiercliè  in  Petrarca  son.  160.  troviamo 
describo  ado|)rato  in  rima  come  ancor  bibo^  e  dal  describo  viene  de- 
scripto .  Il  P.  T.ombardi  però  lesse  e  comeiitò  in  tal  guisa  «  In  exitu 
Israel  ile  jEgytto  :  così  io  scrivo  questo  incominciainento  del  sai- 
fi  rao  ii3,  segno  cioè  T  accento  sopra  Va  della  voce  y.frrte/;  impe- 
/'  rocche,  accio  sia  qui  suono  di  verso  ,  dee  la  voce /.vnaW  pronunciarsi, 
V»   come   hanno  pronunciata  pure   alcuni  poeti  T.atini    {n)  ,  colT  a  lon- 

(a)   Vedine  gli  efempj  nella  Reg.  Para.  art.  Israel, 


•r  " 


ia  PURGATORIO 

Con   quanto   di   quel  salmo  è  poi  scripto  . 

49    Poi   fece  1  segno  lor  di    santa  croce  ; 

Ond'ei   si  gittar  tutti  in  su  la  piaggia , 
Ed  ei  sen  gì ,  come  venne  ^  yeloce . 

52     La  turba)  che  rimase  li,  selvaggia 

Parca   del  loco ,  rimirando  intomo , 
Come  colui   che  nuove   cose  assaggia . 

55     Da  tutte   parti  saettava  il  giorno 

Lo   Sol ,  eh'  avea  con  le  saette  conte 
Di  mezzo  1  ciel  cacciato  1  Capricorno; 

»  sa  ',  ed  ove  le  moderne  edizioni  scrivono  Egitto  ,  e  con  carattere 
»  diverso  dalle  antecedenti  parole  ,  ad  indicar  cotale  voce  Italiana  , 
»  io  scrivo  Mgylto  ^  e  col  medesimo  carattere  dell'  In  exittt  Israel , 
»  ad  indicarla  voce  Latina ,  cosi  per  antitesi  dal  Poeta  aggiustata  in 
»  grazia  della  rima  :  tanto  più  che  trovo  tutti  i  mss.  della  biblioteca 
»  Corsini  leggere  chi  Egypto  e  chi  Egipto.  „  Il  Sig.  PortirelH  ha  seguito 
tal  lezione  e  nota  del  Lombardi;  ha  aggiunto  però  la  bella  Osserva- 
zione ,  che  sembra  tratta  dal  Coment©  del  Cod.  Càet.  cioè  ,  che  le 
Anime  canebant  istud  Psalmum  in  Uberatione  ,  quia  evaserant  manum 
Diaboli ,  siciit  Hebraei  evaserant  manum  Pharaonis .  N.E. 

48  *  Scripto  leggiamo  per  le  ragioni  addotte  nelle  note  aui  so- 
pra ai  vv,  44  >  e  t\6.  Avvertiamo  qui  in  ultimo  luogo  che  V  edizioni 
del  Sec.  xv  ,  compresa  la  Fulginate  ,  leggono  i  5  versi  col  pt.  Non 
però  il  Cod.  Vat.    N.E. 

49  Poi  la  Nidob. ,  pò  V  altre  edizioni  — fece  il  segno  ec.  die  loro 
la  benedizione. 

5i   Gì  \3L  Nidob. ,  GìoT  altre  edizioni. 

5a  55  Selvaggia  del  loco .  Pone  selvaggio  per  inesperto  ;  proprietà 
essendo  del  selvaggio  di  non  esser  pratico  d*  altro  luogo  che  della  sua 
selva . 

55 
favol 
Apoll 

vece  di; 'dire  ,  che  irradiavalo  ,  rendevalo  illuminato.  Ed  aggiunge  £Ìa 
tutte  parti  :  non  cioè  solamente  dalla  parte  d*  oriente ,  come  cjuando 
sta  il  Sole  per  alzarsi  ;  ma  per  ogni  aove ,  come  quello  che  già  cac- 
ciato aveva  rà'  mezzo  l  ciel  il  Capricorno ,  segno  del  zodiaco  discosto 
da  Ariete  (  in  cui  trovavasi  allora  il  Sole  )  {a)  una  quarta  parte  di 
circolo  :  il  quale  perciò  non  può  essere  cacciato  di  mezzo  l  cielo  , 
se  non  sia  Ariete  totalmente  dall'  orizzonte  uscito  —  saette  conte  colla 
medesima  allusione  già  detta  appella  i  solari  raggi  :  e  l' aggettivo 
conto  ,  che  altrove  fa  valere  per  chiaro  alP  intelletto  (b)  ,  non  può 
ui  significare  che  chiaro ,  rilucente  alP  occliio  .  Lucida  tela  dici  nota 
Volpi  appellati  i  medesimi  solari  raggi  da  Lucrezio  pure . 

(a)    Vedi  al  v.  5.    (B)  Vedi  a  cagion  d'  etenpio  Inf.  Ili  76. 


S 


e  A  N  T  O    IT.  %S 

58     Quando  la  nuova  gente  alzò   la  fronte 

Ver  noi  ,  dicendo  a  noi  :   se   vo'  sapete  5 
Mostratene  la  via  di  gire   al  monte  • 

61     E   Virgilio  rispose  :  voi   credete 

Forse  che    siamo   sperti    d'  esto  loco  ; 
Ma    noi  sem  peregrin  ,  come   voi  siete  « 

64  Dianzi  venimmo  5  innanzi  a  voi  un  poco  9 
Per  altra  via  ^  che  fu  sì  aspra  e  forte  f 
Che  lo  salire     omai  ne  parrà  giuoco  . 

67     li  anime  ,  che  si  fur  di    me  accorte , 

Per  lo  spirare  5  eh'  io  era  ancor  vivo  ^ 
Maravigliando  diventaro  smorte; 

70     E  come   a  messaggier ,  che  porta   olivo  p 
Tragge  la  gente   per  udir  novelle , 
E    di  calcar  nessun  si  mostra  schivo  : 

70     Così  al  viso  mio  s'  affissar  quelle 

6a  Sperti  per  esperti ,  aferesi  molte  praticata  .  Vedi  il  Vocab.  della 
Crasca  • 

64  J^anzi  ec.  ,  poco  fa ,  un  pò  più  prima   di  voi  venimmo  é 

65  Per  altra  via  ,  intende  1*  attraversamento  dell'  Inferno  . 

67  68  Per  lo  spirare ,  cA'  io  era  ancor  vivo  la  Nidob. ,  Per  lo 
spirar  y  eh*  C  era  ancor  vivo  V  altre  edizioni  .  f^edi  (critica  qui  il  Ca- 
stelvetro  )  se  è  cosa  verisimile ,  che  essendo  t  aer  temperato  ,  e  non 
freddo  y  e  levato  il  Sole^  che  altri  vegga  il  fiato  di  persona  ^  il  guai 
non  si  suole  vedere  ,  se  non  rT  inverno  (a)  .  Ma  anche  di  bella  mez- 
za state  ci  possiam  accorgere  eh'  altri  fiata  ;  o  per  qualche  diffi- 
coltà ed  interrompi  mento  di  voce  ,  se  parla  ;  nel  qual  modo  Sa- 
pia  «ad  occhi  cuciti  si  accorse  dello  spirare  di  Dante,  Purg.  xiii  iSa, 
o  pel  solo  movimento  della  gola  ,  o  del  ventre ,  se  non  parla  1  co- 
me parimente  il  conobber  vivo  Catalano  e  Loderingo  Inf.  xxiii  88. 
'jo  'ji  E  come  ec.  Accenna  il  Poeta  durante  fino  a*  suoi  tempi 
l' antica  costumanza  ,  che  ,  chi  desiderava  la  pace  ,  mandava  ambascia- 
tori a  richiederla  con  rami  d'ulivo  in  mano;  ai  quali  perciò  trtu'va  ^ 
camminava,  accorreva  ,  la  gente  curiosa  di  udir  novelle^  di  ascoltare 
a  quali  condizioni  la  pace  rìchiedevasi .  Avvisa  il  Daniello  a  questo 
proposito  i    versi   di    Virgilio  : 

Itaque  oratores  aderant  ex  urbe  Latina  , 
Felati  ramis  olcac  ,  vemiamque  rogantes  (b)  ; 
«  que'doe  altri  : 

Tum  pater  Aeneas  pappi  sic  fatar  ab  alta  , 
Pacìferaeque  manu  ramum   praetendit  olivae    (e)  . 

«  I  •  Il  I    ir 

(a)  Opere  varie   critiche    {b)  Aeneid.  xi  loo.     (e)  Aeneid.  vixi  xi& 


a4  PURGATORIO 

Anime   fortunate  tutte   quailte^ 
Quasi    obbliando  d'  ire  a  farsi  belle  . 

76     Io  vidi  una    di  loro  trarsi  avante 

Per  abbracciarmi,  con  s\  grande   affetto ^ 
Che    mosse  me  a  far  lo  simìgliante. 

73     0  ombre  vane  ,  fuor  che  nell' aspetto! 
Tre  volte  dietro  a  lei  le  mani  avvinsi  • 
E  tante  mi  tornai  con    esse  al  petto  . 

81     Di    maraviglia ,  credo  ^  mi  dipinsi  ; 

^5  Cosi  a^i  occhi  mìei,  il     Cod.  "Nat.  N.E. 

75  Quasi  ohhliando  ec.  quasi  di  vista  perdendo  il  fìne  per  coi  erano 
state  II  condotto  ;  perchè  cioè  entrassero  in  Purgatorio  a  scancellar  qaelle 
reliquie  di  peccato  ,  eh'  erano  in  esse  . 

^6  Io  i'/V/i  una  di  loro  trarsi  avante  ^  la  Nidob  .  ;  V  vidi  una  di 
lor    inirn'si  alante  ,   T  allre  edizioni:  *  e  il  ('od.  ^at.  "N-E. 

79  (H    ombre  la   ^idob. ,  O    ombre    T  altre  edizioni. 

81  K  tante  ce,  mi  tornai  cioè  senza  stringer  nulla  .  K  imitazione 
Virgiliana  ,  dice  il  Landino  . 

Ter  conatus   ibi    collo  dare  hrachia  cìrcum  » 
Ter  frustra  comprensa  manus  ej^ugit  imago     (a)  • 

8a   Di    mamvigtìa   mi  dipinsi    per   mi  feci  scorgere  mamviglìato» 

Xon  veggo y  dice  qui  il  (;astelvetn>  ,  /xf re/tè  Dante  si  dovesse  di' 
pingi'n'  di  marai'igiia  pecchi*  non  potesse  abbracciar  F  anima  dt  un 
wofio,  /iispondi  ;  in  Inferno  a\*eva  veduto  e  pros'oto  il  contrario  ^  pren^ 
dendo  i  cafteUi  di  fiocca  .4bati  ,  ed  essendo  stato  posto  nel  jwzzo  da 
Anteo  ,  e  f>ortnto  in  sgroppa  ila  Gerione  ,  e  da  IVesso  Centauro  ;  in  gui' 
sa  che  si  dfy\'<'\'a  poter  maravi^^^iare  di  ciò  ,  come  di  cosa  nrto%*n  •  ^/a 
è  cofftìMrio  questo  a  quelto  eh  ei  ///re  (  In f.  canto  Vi.  i».  5  e  scgg.  ) 
e  poiicvani  le  piante  sopra  lor  vanità,  che  par  persona.  Enel  Pur- 
gatorto  stti^so  (canto  vi  v.  ^5)  jmrlando  di  Sordello  e  di  f'^rgHiodi" 
ni:  e  r  un  r;ìUro  abbracciava.  /.'  f>erchè  altri  potrebbe  dire ^  che 
questo  fìuò  a\*er  luogo  tra  anime  di  abbracciarsi ,  %*edi  che  parimenie 
non  ha  luogo  tra  anime  Purg,  canto  xxi  v,  i5o  e  50gg.  cioè  tra  f^r- 
gitio  e    Stazio    (/»)  - 

Yon  è  da  dire  ,  risponde  il  Mazzoni ,  eh*  egli  (  Dante)  si  sia  con" 
franato  -  perciotu^hè  quando  ha  tri  bui  te  le  qualità  corporee  agli  spiriti  y 
ha  natalo  figuratamente ,  secondo  P  eqfd%*oco  delt  usanza  degli  uomini  : 
e  ttiuiudo  le  ha  in  tutto  le\*ate  via  degli  Sf'Hriti  medesimi ,  ha  propria^ 
mente  t\t^''elliìto  ,  E  co>i  de\'onsi  ancona  solx'i  r- alcitne  coniradiiizioni  si' 
mdi  s  che    si    troiano    in    ihnt'co  ^  in     /V/|jt7/tV,    e    negli   altri    buoni 

<  K«iservrtndo  io  perì> ,  ohe  non  renile  mai  Dante  impalpabile  ve- 
runo dannato:  ma  che  i  soli  sdvi  fii  tessere  orn  nai|)abili  ,  ora  no; 
endauìì    dubbio  ,  eh'  es;li  ,  non  per  enx^re  ,  o  per  imitazione  d'  altrui  , 

(.i)  .^e\€nt,  TI  695.  (A)  Opere  ».:rie  crtiuke  pa^.  161.  (e)  Difésa  di 
I^aojc  bb.  I.  cap.  1^. 


e  A  N  T  O    n .  15 

Perchè    V  ombra   sorrise  e  sì  ritrasse  9 

Ed  io  ,  seguendo  lei ,  oltre  mi   pinsi  • 
85     Soavemente  disse  eh'  io   posasse . 

Allor  conobbi  chi  era ,  e  pregai 

Che  j  per  parlarmi  ,  un  poco   s'  arrestasse  • 
88     Risposemi  :  così  com'  i  t'  amai 

Nel   mortai  corpo  ,  cosi  t'amo  sciolta  ; 

Però   m'  arresto  .  Ma  tu  perchè  vai  ? 
91     Casella  mio,  per  tornare  altra  volta 

Là   dove  io  son  ,  fo   io  questo  viaggio; 

Bla   per  proprio  sistema  ,    allusivo    alle  massime  della  Cristiana  no- 
stra  religione ,  ponga  tale  divario  . 

^oi  sappiam  dal  \ angelo  die  il  sacratissimo  Corpo  del  nostro  Si- 
gnor Gesù  (risto  dopo  la  gloriosa  risurrezione  (  modello  de' corpi , 
che  si  riuniranno  agli  eletti  )  ora  si  rendeva  iiupaluabile  ,  e  penetrante 
le    pareti    dei  cenacolo  (a)  ,  ed    ora  palpabile  a'  aiscepoli  [b) . 

Chi  sa  ,  cIjc  il  misteriosissimo  nostro  autore  non  voglia  nell*  om- 
bratile corpo,  che  attribuisce  agli  spiriti,  anticipata  negli  eletti  quella 
liberta  ,  eh*  avranno  ,  di  rendere  i  suoi  corpi ,  come  loro  sarà  a  grado  , 
palpabili ,  ed  impalpabili  :  e  ne*  dannati  al  contrario  la  necessaria 
palpabilità  ,   che    sottri  ranno  ? 

Comunque  però  siasi  la  cosa,  malamente  apprende  il  Castelvetro  , 
che  quanto  dice  Di.nte  nell'  indicato  luogo  ,  e  ponevam  te  piante 
sopra  lor  svanita  che  par  persona ,  sia  contrario  ai  fatti  ,  die  narfa 
essergli  occorsi  con  l^occa  Abati  ,  e  con  uuegli  altri  dannati .  Impe- 
rocché appunto,  acciò  la  vanità  di  quegli  spiriti  paresse  persona ^ 
cioè  corpo  ,  doveva  non  solo  sostenere  le  piante  eli  chi  sopra  vi 
camminava  ,  ma  in  oltre  fare  e  patire  tutto  ciò  ,  che  fa  e  patisce  un 
vero  corpo  « 

Ma  neppure  al  fatto  d*  essersi  "N  irgilio  e  Bordello  abbracciati , 
può  certamente  pronunziarsi  contradittorio  il  parlar  di  Virgilio  a  Sta- 
zio ,  Frale  non  far  ^  che  tu  se  ombra,  e omora  vedi;  e  quel  rispon- 
dere di  Stazio ,  Or  puoi  la  quantitate  comprender  delP  amor  che  a  te 
mi  scalda  ,  quando  dismento  nostra  vanitale ,  tratlando  C  ombre  come 
terra  salda .  Imperocché  da  questo  parlare  e  rispondere  non  si  può 
discemere  se  giudicassero  impossibile  l'abbracciarsi  tra  di  loro,  o  se 
riputassero  inconveniente  al  loro  alto  sapere  l  essendo  ambidue  uomini 
dotti  ,  qual  non  era  Sordello  )  1*  essere  mossi  da  ombrattli  apparenze. 

85  Posasse  ,  antitesi  ,  per  posassi,  fermassimi  cioè  dallo  sforzo  di 
abbracciarla  . 

S6  Conobbi  chi  era  ;  cioè ,  come  in  appresso  dirà ,  Certo  eccellen- 
te musico  nomato  Casella,  del  cui  canto  erasr Dante  compiaciuto  assai . 

gì  gì  Casella  mìo  per  ec.  Taccio  questo  viaggio ,  non  per  re- 
stare f   ma  per   tornarmene  erudito  dalle  vedute  di  qua  pene  e  premj 


(a)  Joan,  ao.     (j))  Lue,  24.. 


a6  PURGATORia 

Ma  a    te  com'  era  tanta    terra    tolta  ? 

94     ^à  egli  a  me  :  nessun  m'  è   fatto  oltraggio  ^ 

Se   quei ,   che  leva  e  quando  e  cui  li  piace  9 
Più  volte  m'  ha  negato  esto  passaggio  ; 

97    Che  di   giusto  voler  lo  suo  si  face  . 

Veramente  da  tre  mesi   egli  ha  tolto 
Chi  ha  voluto  entrar  con  tutta  pace  ; 
lOo     Ond' io  ,  ch'era   ora  alla  marina  volto 
Dove  l'acqua  di  Tevere  s' insala  , 
Benignamente  fu'  da  lui  ricolto  . 

a  viver  altra  volta  meglio  là  doi^e  io  sono ,    dove  tengo  stanza ,  nel 
tristo   mondo. 

Il  Castelvetro  ,  ed  il  Venturi  in  maniera  troppo  forzata  chiosano 
là ,  cioè  in  Paradiso ,  (loife  i  *  son  tutto  colC  animo  ,  e  col  pensiero  .  E 
peggio  gli  altri  espositori  intendono  per  là  indiento  il  luogo  stes- 
so  ov'era  Dante  mentre  così  favellava  ,  facendo  equivalere  là  a  qua, 

93  al  ioa  Ma  a  te  coni  era  tanta  terra  tolta '^  Vosi  la  ^'idobeati- 
na  ,  e  r  Aldina ,  e  più  di  novanta  mss.  veduti  dagli  Accademici  della 
Crusca,'  e  istessamente  i  mss.  della  Corsini  n.  608.  6op.  610.  1217.  ia65. 

Ai  medesimi  Accademici  nondimeno  ,  per  V  autorità  di  soli  quat- 
tro altri  mss.  ,  è  piaciuto  di  mutare  e  leggere  in  vece  r  Diss^  io ,  ma 
a  te  come  tanC  ora  e  tolta  ?  e  ne  allegarono  con  postilla  in  margine 
la  seguente  ragione  »  Dicendosi  tanta  terra  non  ci  pare  che  possa  ca' 
varscne  senso  buono  :  perchè  il  Poeta  cerca  saper  la  cagione  perchè  il 
tempo  ,  non  il  luogo  ,  gli  sia  tolto  di  purgare  i  peccati .  Fssi  cioè  sup- 
pongono ,  siccome  la  comune  degli  espositori  tiene  ,  che  fosse  Casella 
morto  assai  prima  del  tempo  in  cui  tìnse  Dante  questo  suoviageio, 
e  che  faccialo,  quel  mar  traggittando  ,  venire  da  ccrt'  altro  luogo  fuori 
del  mondo  nostro  ,*  ove  dal  punto  di  sua  morte  fino  allora  restato 
fosse  ad  aspettar  quel  tragitto  ,  in  pena  di  essere  in  vita  stato  negli- 
gente ad   abbracciare  la  penitenza  » 

Agli  stessi  Accademici  a  cagione  di  detta  supposizione  riusci  a 
grado  d'incontrare  in  altri  due  mss.  omessa  nel  v.  100  la  particella 
ora  y  e  scritto  Ond^  io  y  che  era  alla  marina  volto  ^  invece  di  Ond' io  y 
ch^  er*  ora  alla  marina  volto  ,  come  tutti  gli  altri  mss.  leggevano  ,  e 
coir  Aldina  legge  anche  la  Nidoheatina  <  Imperocché  ,  se  pel  rivol- 
gersi di  Casella  alla  marina  ,  dove  ec.  dee  intendersi  un'  azione  di  Ca- 
sella ancor  vivente  (  come  tale  la  intendono  tutti  gì'  interpreti  ,  quan- 
tunque tra  di  loro  discordi  nello  specificatamente  determinarla  )  sem- 
pre la  particella  ora  vern'!)be  ad  importare  la  morte  di  Casella  di 
iresco  seguita  :  e  non  ,  com'  essi  Accademici  vogliono  supporre  ,  molto 
tempo   innanzi   al  tragitto  di  quel   mare  . 

Per  molte  però  e  valide  ragioni  mi  sembra  che  si  debba  tale 
quantunque  comune  supposizione  rigettare  ,  e  che  non  si  abbia  ad 
aminettcrc  Casella  morto  se  non  appunto  nel  tempo  stesso  del  poe- 
tico viaggio  . 


e  A  N  T  O    I  I .  ay 

Primieramente  pc)  salmo  //i  exitu  Israel  de  Aet^ypto^  che  can- 
tasi eia  Osella  e  cfagli  altri  spiriti  in  quella  nave  :  salmo  il  quale  e 
pel  costume  ,  che  fu  addietro  di  cantarsi  il  pi-imo  sopra  i  cadaveri ,  * 
che  dalle  case  si  levavano  per  trasferirsi  alle  chiese  (a),  e  per  coe- 
renza al  parlare  di  Beatrice  nel  canto  xxv  del  Paradiso  v*  55  (6) ,  e 
finalmente  per  espressa  chiosa  del  Poeta  medesimo  nella  sua  lettera  a 
Gan  tvrande  (r)  ,  denota  ,  che  allora  allora  scampassero  quelle  anime 
dalla  schiavitù  di  questo  mondo ,  ed  assicurassero  ivi  la  loro  sorte  • 
Tn  secondo  luogo ,  per  la  risposta ,  che  si  fa  Dante  rendere  da 
Casella 

nessun  nC  é  fatto  oltraggio  t 

Se  quei  ,  che  leva  t  quando  ,  t  cui  li  piace  , 
Piti  volte  m'  ha  negato  esto  passaggio  ; 
nella  qual  risposta   attribuisce  Casella  la  tardanza  del  suo  passare  colà 
ad  occulta  disposizione  di    Dio   eseguita  pel    suo   angelo     Dove  ,  in- 
tesa per  tal   passeiggio  la  liberazione  dal  mondo  per  mezzo  della  mor- 
te ,  vi   sta  ben  detto  ,  ed  è  conforme  appunto  alla  sentenza  dell*  Ec- 
clesiastico vita  et  mors  a  dea  sttnt  (d)  .  Al  contrario  ammettendosi  che 
venisse    Casella    d'alcun  luogo  dclT  altro   mondo,  ci  scosteremmo   e 
dal  dettame  evangelico  ,  che   rendaci   Iddio  di  là  ragione  de*  premi  e 
de'  gastiglìi ,  venite  benedicti  ec. ,  esulivi  enitn  et    dcdistis  mini  man- 
ducare  ec, ,  diòcedite  a  nie  maledicti  ec. .  ,  estuivi  enim  ,  et  non  ec.  (e)  , 
t  dal  costume  altresì  del  poeta  nostro  medesimo  ,    che  da   per    tutto 
usa  di   fare  alle    anime  tal  ragione  manifesta .  Cosi,  per  esempio  ,  nel 
fine  del  canto  iv  della  presente  cantica  fassi  da  Bellacqua  rispondere 
Prima  convien  ,  che  tanto  *l  del  m*  aggiri 
Di  fuor  da  essa  ,  quant'  io  feci  in  vita  ; 
Perchè  indugiai  aljin  li  buon  sospiri    (/)  * 
Tn    terzo  luogo  ,  perciiè  in  questo  medesimo    incontro   fa    Dante 
essere  Casella  negligente  a  portarsi    al  Purgatorio  ;    e  ne  lo  fa    perciò 
sgridare  da    Catone  :  Qual  negligenzia  ec,  (g)  •  A  che  dunque  per  pur- 
garlo di  tal    difetto    avrebbelo  latto    altrove  arrestare? 

Tu  quarto  luogo.  Partendosi  Dante  dalla  spaiggia  dove  Casella 
approdò,  e  salendo  il  monte,  trova  alle  falde  di  quello  in  varj  luo- 
ghi brigate  di  spiriti ,  ai  quali ,  in  pena  della  negligenza  loro  ad  ab- 
bracciare la  penitenza  ,  viene  vietato  di  salire  al  luogo  de'  marCiri . 
Il  perchè  se  avesse  Dante  supposto  morto  Casella  molto  innanzi  a 
quel  tempo  ,  e  volutolo  per  simile  negligenza  punito ,  dovrebbe  lui 
pure  avere  per  quella  via  trovato  ,  e  non  farlo  d*  altronde  soprag- 
giungerc  • 

In  quinto  luogo  finalmente  ,  perchè  questa  oltre  quel  mare  ,  dove 
Casella  dopo  morte  aspettato  avrebbe  il  tragitto  ,  sare'poe  1'  unica  stanza 
d'anime,  alla  quale  non  sarebbe  Dante  nel  misterioso  suo  viaggio 
pervenuto  :  e  malamente  perciò  nel  xxui  della  prescute  cantica  di- 
rebbe a  Forese 

Come  se*  tu  quassù  venuto  ?  ancora 

lo  ti  credea  trovar  laggiù  di  sotto  y 
Dove  tempo  per  tempo  si  ristora    (fi) 


(a)  Vedi  '1  Ritaale  d'  Antonio  Santorio  Cardinale  di  s.  Severina  nel  capò 
delle  esequie  de'  morti  .  (ò)  Dice  ivi  Beatrice  venato  Dante  d*  Egitto  in  ve- 
ce di  dirlo  venuto  dal  mondo  .  (e)  Spiegando  in  qaeila  lettera  i  varj  sensi  delle 
riferite  parole  del  salmo  ,  dice  che  giusta  1*  analogia  significatur  exitus  ani* 
ma€  sanctae  ab  hujus  corruptionis  servitute  ad  aeternam  ^loriae  libertatem, 
(d)  Cap.  II.  ▼.  J^.  (e)  Matth.  %%r.  (/)  ¥.  i3o  e  legg.  (jg,)  Verso  lai. 
(A)  Verso  83  e  tegg. 


•:8.  PURGATORIO 

Imperocché  se  fosscsi  trovato  Forese  ancora  nel  luopo  ,  dove  vnolsi 
dhc  restasse  Casella  prima  di  venire  a  quella  spiag|^ia  ,  non  avreb* 
belo  Dante  trovato   m  nessun   luogo  . 

Per  queste  ragioni  ,  e  per  non  vi  essere  stòria  in  contrario  ,  mi 
par  megbo  che,  tra  la  molta  eente,  che  riferisce  il  ^(anni  nella  i$)fi>- 
ria  de^i  anni  santi  (anno  I.)  d'essere  perita  nel  pellegrinaggio  a  Ro- 
ma pel  giubbileo  dell'anno  i5oo.  (anno  di  questo  poetico  viaggio } 
intendasi  morto  anche  Casella  ,  nel  tempo  appunto  in  cui  pervenne 
Dante  al  Purgatorio  (  che ,  secondo  lo  altrove  stabilito  [a)  ,  verrebbe 
ad  essere  la  sera  del  di  7  aprile  )  ;  e  che  perciò  faccialo  Dante  esso 
veggente  giungere   colà . 

Ecco  come  a  questo  modo  ,  senza  bisogno  alcuno  di  quella  ma- 
tazione  che  hanno  fatta  nel  testo  gli  Accademici  ,  sembra  che  tutto 
possa  a  buon  senso  condursi. 

Siiffponcndo  Dante  che  ardesse  in  Casella ,  mentr'  era  tìvo  ,  quel 
pio  desiderio  ,  eh'  espressamente  dice  essere  arso  in  que*  tre  altri 
coetanei  suoi ,  Currado  da  Palazzo  ,  Gherardo  da  Camino ,  e  Guido  da 
Castello 

.     .    .     .    .    .    che  par  lor  tarde 

Che  Dio  a  miglior    vita  li  ripogna    (h)  , 
dopo  di  avere  ne'  due  precedenti    accennato   se  essere  indegno  di    ri- 
manere in  quella  fortunata  regione,  né  esservi  pervenuto  che  per  im- 
parare  la  rdbrma  de'  propri  rei   costumi ,  prosiegue 

Ma  a  te  com'  era  tanta  terra  tolta  ? 
ma  a  te,  o  Casella,  che  pur  cri  d'ottimi  costumi  (di  facile  natura,  e  di  lieti 
costumi  dicelo  a  buon  conto  il  I>andino  )  C0//1'  era  tolta  tanta  terra  ,  com' 
era  negata  tanto  desiderabile  regione  ?  Tanta  compagnia  ^  tanta  gemma  ec. 
diciam  noi  comunemente  in  vece  di  compagnia  tanto  desiderabile  > 
di   gemma  tanto  pregiabiie . 

Ed  egli  a  me  :  nessun  m*  è  fatto  oltraggio  , 

òe  quei  ,  che  leva  e  quando  e  cui  Li  piace  y 

Più  volte  m*  ha  negato  esto  passaggio  ; 
Chi  di  giusto  voler  lo  suo  si  face» 
Più  fiate,  egli   è  vero  ,  la  mia  ardente  brama    ebbe  ripulsa,*  ma  non 
però  ingiustamente:  imperocché    il  voler  di  colui  che   leva  dal  mon- 
do   r  anime  ,  è  diretto  dal    giustissimo  voler  d' Iddio  . 
fieramente  da  tre  mesi   egli  ha  tolto 

Chi  ha  voluto  entrar  con  tutta  pace  . 
Il  fatto  però    fu  ,  che  da  tre  mesi  a  questa  parte  (  il    tempo    intendi 

'  — 1^  -  — 

(a)  Tal  giorno  ed  ora  appunto  riescono  ponendoti  per  base  ciò  eh'  k  detto 
Bel  canto  XX  dell'  Inf.  ▼.  i'i8,  che  il  primo  avvenimento  che  Dante  narra  « 
cioè  Io  smarrimento  nella  selva  oscura  ,  saccedesse  nella  notte  tra  '1  q^narCo  e 
qainto  giorno  di  aprile  .  Eccone  il  conto  in  ristretto  .  La  detta  notte  pattala 
errando  perso  nella  selva  (  Inf.  I  17  )  .  11  giorno  seguente  ,  il  b.  aprile  ,  im- 
piegalo in  contrastare  colle  incontrate  fiere  ,  e  nelT  imbrunire  dell'  aria  entra 
neir  Inferno  (  Inf.  il  i  )  .  Tutta  quella  notte  ed  il  giorno  appresso  ,  cioè 
il  giorno  6.  aprile  ,  spende  in  visitar  V  Inferno  da  cima  a  fondo  (  Inf.  xx  ii^t 
e  xxxiv  68).  Nel  far  della  notte  passa  il  centro  della  terra,  e  sale  pel 
cammino  oscuro  all'  altro  emisfero  ,  e  v*  impiega  tutta  (juclla  notte  e  'I  gior- 
no appresso  ,  cioè  il  giorno  7.  aprile  (computa  Dante  veramente  prima  il 
giorno  e  poi  la  notte  ;  ma  avvertasi  che  qui  è  da  man  ,  quando  di  là  è 
sera  )  ,  e  nell*  incominciar  della  notte  ,  o  sia  noli'  incominciar  del  giorno  di 
là  sotto  ,  vede  venir  la  nave  che  poita  Casella  .     (/>)  Purg.  xvi  iaa« 


e  A  N  T  O     II.  ag 

io3     A  quella  foce  ha   egli  or  dritta  Y  ala  , 

che  durava  ìii  Roma  il  giubbilco)  (a),  ha  egli  con  tutta  pace ,  di  tutto 
huou  grado ,  tolto  c/ù  ha  voluto  entrare ,  ricevuto  ìa  sua  navicella 
chi  ha  voluto   entrarvi  . 

Dee   il  i'octa  ,  quant'  io   intendo  ,   piamente  supporre  che  la  molta 
gente,  per   testimonianza  del   sopraccitato  Manni ,    perita    nel  pelle- 
grinaggio  per  quel   j^Tubbileo ,    fossero    anime    desiderose  di    passare 
agli   eterui    beati   riposi  ;  e  che  dopo  V  acquisto  del  giubbileo  fossero 
da  Dio    esaudite,  e  tra  esse  anche   Casella:  facendo   nel    tempo  stesso 
che   il   medesimo  Casella   accenni    che  noi  pigliasse  V  angelo  prima  , 
per    pigliamelo  dopo  l' acquisto  del    giubbileo  : 
Ond*  io  ,  eh*  er*  ora  alla  manna  volto 
Dove  l*  acqua  del  Tevere  s'  insala  , 
benignamente  fu,  da  lui  ricolto  . 

RitoruaDdomeue  io  adunque  poco  fa  da  Poma  ,  ov'  era  st:ito  pel 
Giubbileo  ,  e  rivolgendomi  verso  il  mare  in  cui  mette  il  Tevere  ,  cioè 
verso  il  COSI  detto  mar  xii  Toscana  (  in  nave  forse  per  Tevere  slesso 
disccDdendo  ,  a  line  di  restistuirsi  in  Toscana  per  la  via  di  mare  )  , 
beoignamente  furono  i  voti  mici  dalT  angelo  esauditi  ,  e  dalT  hgitto 
del  tristo  mondo  fui  a  questa  terra  di  salvazione  condotto  .  '*'  Al  bia- 
gioii ,  il  che  è  cosa  rara  ,  parve  sensata  questa  nota  del  i'.  Lombardi  : 
e  dice  che  tanta  terra  si  ha  pure  nel  Cod.  Stuard.  Noi  aggiungiamo  , 
e  nel  Cod.  \'at;  non  però  nell'  Antald.  che  reca  :  ma  a  te  conC  è , 
tùss'  io  ,  tant^  ora  tolta  :  il  Gaetano  poi  va  d' accordo  pienamente  colla 
Crusca  .  N.E, 

I  o5  A  quella  foce  (  del  Tevere  )  ha  egli  or  dritta  P  ala .  Cosi 
leggono  quattro  mss.  veduti  dagli  Accademici  della  Ousca ,  e  tre 
anche  da  me  veduti ,  uno  della  >atìcana  {b)  ,  e  due  della  Corsini  (r)  , 
ed  uno  pure  veduto  dal  Daniello  .  E  la  ragione  di  doversi  leggere 
COSI  ne  la  rende  il  Daniello  stesso  chiarissima  ;  imperocché  a  questo 
modo  non  si  ferma  il  Poeta  a  indicar  novameute  la  foce  già  indicata 
bastantemente  due  versi  sopra  (  come  cioè  fermerebbesi  leggendo  colla 
comune  yi  quella  foce  Oi>  egli  ha  drìtta  /'  ala  )  ,  ma  passa  a  render 
ragione  perchè  a  quella  facesse  T  angelo  ritorno.  *  Il  ciod.  \at.  «la 
noi  tante  volte  citato  se  ne  sta  colla  comune  lezione  preferita  dal 
Biagioli  che  difiìcilmente  si  stacca  dagli  Accademici  della  Crusca.  N.E. 
—  fia  dritta   C  ala  vale  indirizza  il  corso  . 

(a)  L*  autore  della  Stsria  letteraria  d*  Italia  nel  volarne  2  lib.  i  cap.  4 
f.  €  avendo  col  sig.  Domenico  Maria  Manni  nella  suddetta  Storia  degli  an^ 
mi  santi  ,  osservato  che  la  bolla  Antiquorum  di  Bonifazio  Vili  pel  mento- 
▼ato  giabbileo  ,  fu  data  li  32.  fcbbraro  i3oo.  vuole  che  si.  dicano  tre  mesi 
per  solo  aggiungersi  all'  intiero  marzo  porzione  di  fcbbraro  ,  eporzione  d*  apri- 
le (  il  residuo  cioè  di  febbraro  dopo  li  giorno  22.  in  cui  fa  data  la  bolla  ,  e 
i  pochi  giorni  di  aprile  ,  eh*  erano  scorsi  qnando  giunse  Dance  al  Purgatorio  )  , 
e  censura  Monsignor  Fontanini  perchè  nella  su^  Eloquenza  Italiana  lib.  a» 
cap.  19  suppone  ,  che  incominciasse  quel  giabbilco  dalle  feste  natalizie  del  X299, 
e  dorasse  perciò  tre  veri  ed  intieri  mesi  ,  genoaro  ,  fcbbraro  ,  a  marzo.  Po- 
teva peiò  facilmente  e  doveva  1'  autore  della  Storia  letteraria  avvertire  , 
che  la  bolla  stessa  di  Bonifazio  dichiara  durato  già  quel  giubbileo  anche  anterior- 
mente ,  a  fesco  nattvitatis  Domini  nostri  Jesu  Christi  praeierito  ,  a  tenore 
cioè  della  traditiouc  ,  che  già  nella  chiesa  vìg^cva  ,  cb«-  in  ogni  anno  centc> 
siroo  fos^e  in  Roma  il  giubbileo  ;  e  che  non  volle  il  Papa  con  quella  bolla 
altro  che  certiBcare   vie  pih  e  perpetaare  la    medesima   tradizione  . 

(^)   Num.  2866*     (e)  Uno  col  0*605  l'altro  non  per  anche    ntimcrato  . 


3o  PURGATORIO 

Perocché  sempre  quivi  si  raccoglie 
Qual   verso  d'  Acheronte  non  si  cala  . 

106  Ed  io  :  se  nuova  legge  non  ti  toglie 
Memoria  o  uso  all'  amoroso  canto  , 
Che    mi  solca  quetar  tutte   mie  voglie  y 

109     Di  ciò  ti  piaccia  consolare    alquanto 

L'anima  mia  ,  che,  con   la  sua  persona 
Venendo  qui  ,  è  affanns^ta  tanto  • 

1 1  a  Amor  che  nella  mente  mi  ragiona , 
Cominciò  egli  allor  si  dolcemente  y 
Che  la  dolcezza  ancor  dentro  mi  suona. 

ii5     Lo  mio  maestro,   ed  io ,  e  quella  gente 
Ch'eran  con  lui  parevan  si   contenti, 
Com'  a  nessun  toccasse  altro  la  mente  • 

118     Noi  eravam  tutti   fissi  ed  attenti 

io4  io5  Quivi  s\^m{\C7k  il  medesimo  che  là  ,  in  quel  luogo  —  jéche^ 
ronie  fiume  ò,v\V  Inferno  per  V  Inferno  medesimo  —  si  raccoglie  Qual 
verso  d  Acheronte  leggono  V  edizioni  dalia  Nidobeatina  diverse  ^  e  il 
Cod.  Vat.  da  noi  seguito  perchè  ci  dà  un  verso  più  armonioso.  N.E. 
Pel  Romano  li<lo  ,  ove  il  Tevere  ha  foce,  intende  Dante  la  cattoli- 
ca Romana  chiesa:  e  pel  non  riceversi  dall'  angelo  anime  se  non  al 
detto  luogo  ,  vuole  intesa  la  massima  ,  che  fuor  della  cattolica  Ro- 
mana chiesa  non  può  alcuno  sperare  1'  eterna  salvezza  .  Ego  (  protesta 
s.  Girolamo  a  s.  Damaso  Papa  scrivendo  )  nulltim  primnm  nisi  Chri" 
sfuni  seqìiens  ,  Beatitudini  tiue  ,  idest  cathedra?  Patri  ,  communione  con- 
sociar .  Saper  Ulani  petram  anUficalam  ecclesiani  scio  ,  Quicumque  extrtè 
hanc  (loniuni  af(num  comedepìt  projanus  est .  Ep.  5?. 

106  107  lÌTon  ti  to^e  memonay  o  uso  ,  non  ti  ha  reso  dimentico 
di  tua  arte   musicsi ,  q  non  ti  permette  di  qui  esercitarla  . 

108    fraglie,  per  passioni   d'animo. 

110  Con  la  sua  persona  ,  col  suo  corpo;  come  par  persona  in  veoe 
di  pare  corpo  dice  pur  nell'  Inf.  vi  36.  *  Colla  mia  persola  ,  il  Cod. 
Antald.  N.E. 

1 11  £■' affannata  ,  intende  per  l' orrìbili  pene  vedute  nell*  Infernp  . 
iiTL  Amor  ec.   Introduce  il  Poeta  Casella   a    cantar  una  delle  sue 

canzoni,  e  forse  la  più  bella  e  più  grave  ch'egli  componesse  ed  in- 
terpretasse ,  come  si  vede  nel  suo  Convito  ,  nel  quale  essa  tiene  in 
ordine  il  secondo    luogo    Ira  le  altre  .  Daniello  . 

118  *  Noi  eravam  tutti  fissi ,  ed  attenti  legge  il  Cod.  Caet.  in  ve- 
ce di  andavaniy  che  legge  la  comune.  Si  osservi  di  grazia,  che  Dante 
arrestò  Casella  nel  v.  87  ;  che  quegli  infatti  per  compiacerlo  si  fermò, 
e  che,  dimandato  del  canto,  cantò.  Eran  dunque  fermi,  non  andava- 
no. Ma  se  ciò  non  ba3ta,  si  ascolti  qui  appresso  la  rampogna  di  Ca* 


e  A  N  T  O    I  I.  3i 

Alle  sue  note  ;  ed  ecco  il  veglio  onesto  j 
Gridando  :   che  è  ciò ,   spiriti  lenti  ? 

lai      Qual  negligenzia  ,  qiiale  stare  è  questo? 

Correte   al   monte  a   spogliarvi  lo  scoglio  , 
Ch'  esser  non  lascia  a  toì  Dio  manifesto  . 

1^4     Come  quando  ,  cogliendo   biada  o   loglio, 
Gli  colombi  adunati   alla  pastura  , 
Queti  ,  senza   mostrar  Y  usato   orgoglio , 

1^7     Se  cosa  appare  ond'  elli  abbian  paura  , 
Subitamente  lasciano   star    1'  esca  , 
Perchè  assaliti   son    da   maggior  cura; 

tone  V.  121  ,  e  la  bella  comparazione  de*  Colombi  ,  e  si  vedrà  che  il 
Cod.  Caet.  può  con  ragione  preferirsi  agli  altri .  Il  Biagioli  però  è  di 
contraria  opinione:  e  il  cod.  Vat.  sta  colla  comune.  N.  E. 

119  Fcco  il  veglio.  Catone  soprammentovato . 

121    ia3  y//  monte  ,  nella  falda  del  quale  stava  il  Purgatorio a 

spogliarvi  lo  scoglio  ,  che  ec.  Il  verbo  spogliare  non  permette  che  per 
scoglio  intendasi  qui  ciò  che  comunemente  a'  di  nostri  intendesi  ,  un 
masso  cioè  in  mezzo  al  mare,  o  in  riva  ad  esso;  ma  esige  quelTaltro 
significato,  a  cui  si  rinviene  anticamente  essere  stato  da  buoni  Italiani 
scrittori  esteso,  d^  integumento  e  di  scorza.  Scoglio  (tra  i  molti  altri 
esempj  che  nel  Vocab.  della  Crusca  si  possono  vedere  )  appella  Pier 
Crescenzi  quella  buccia  verde  ,  che  veste  1* avellana,  e'tienla  attaccata 
all'albero:  le  avellane,  dice,  manifestano  la  loro  maturitade ,  quando 
da  loro  scogli  si  partono  [a) ,  Anzi  s'  è  vero  quanto  scrive  S.  Isidoro 
neir  Etimologie  {b) ,  che  possa  il  Latino  scopulus  derivare  dal  Greco 
ffKtm;  significando  ffx.i7rt  lo  stesso  che  integumento ,  scorza  (e),  avreb- 
be una  volta  dovuto  essere  suscettibile  del  significato  medesimo  anche 
il  Latino  scopulus .  Ignorando  il  Castelvetro  cotal  altro  significato  del- 
la voce  Italiana  scoglio ,  s*  è  mosso  a  censurare  il  presente  passo  di- 
cendo ,  che  lo  scoglio  si  rimove ,  si  spezza ,  si  rompe ,  si  fora  ec. ,  ma 
non  si  spoglia  (d) ,  Spogliarsi  adunque  l'anime  dello  scoglio ,  che  non 
lascia  loro  veder  Dio  ,  sarà  togliere  il  sozzo  velame  delle  colpe ,  che 
le  ricopre  ,  e  sarà  frase  buona  ,  an^i  somigliante  a  quella  di  S.  Paolo 
expoUanies   veterem  hominem  cum  actibus  suis  (e) . 

i'2.\  125  126  Come  quando  ec.  Tace  per  ellissi  il  verbo  stanno, 
e  dee  farsi  la  costruzione  così  :  Come  quando  gli  colombi  adunati  alla 
pastura  queti ,  senza  mostrar  C  usato  orgoglio  ,  stanno  cogliendo  biada  , 
o  loglio .  Biada  o  loglio  per  semi  buoni  o  ne/  :  e  per  F  usato  orgoglio 
quel  roteamento  intendi  e  mormorio  ,  che  fanno  i  colombi  di  conli- 
ii«o  .  *  Siccome  ricogliendo,  il  cod.  Antald.  N.  E. 

127  OmT  elli  la  Nidob. ,   ond*  egli  altre  edizioni. 

^ -|  T- ■ 1 1 

<»)  ^gric.  lib.  5  c«p.  3.  {b)  Lib.  16  cap.  5-  (e)  Vedi  SchrtvtlU  lexic, 
àti.  "EnSfict  •    (d)  Opere  crit.  varie  pag.  162.    {e)  dd  Colon.   3.  v.  9. 


3a  C  A  N  T  O     I  I . 

i3o     Cosi  vid'  io  quella    masnada  fresca 

Lasciare  1  canto  ,  e  gire  in  ver  la  costa  ^ 
Com'  uom  che  va ,  né  sa  dove  riesca  ; 
Ne  la  nostra  partita  fu  men  tosta  • 

i3o  Masnada  per  compagnia  semplicemente,  come  Tnf.  xt4*  — 
fresca ,  di  fresco  giunta  a  quel  luogo . 

i3i  Gire  invcr  la  NidoDeatiua,  gire 'nt'er  T  altre  edizioni , — —  co- 
sia  per  monte. 

i3t^  Com'  upm  ec,  mostrando  cioè  ,  col  girar  dell*  attonito  sgiiar* 
do  qua  e  là ,  di  non  saper  dove  s'  andassero  • 


Fine  del  conio  secondo. 


ss 
CANTO    III. 


ARGOMENTO    (*) 

Partititi  i  due  poeti ,  si  volgono  per  salire  il  monte  ,  il  qnaU  veg» 
geudo  tmalagevoU  olire  modo  da  potersi  ascendere ,  mentre  stanno  fra 
se  steui  dubbiosi  viene  una  comitiva  d' anime  cke  gV  indrizza  verso 
il  eaiU  per  cai  al  monte  salivasi  ,  e  con  le  medesime  avviatosi  ,  una 
di  qmaiia  si  manifèsta  a  Dante  d'  essere  Manfredi  il  fu,  Re  di  Puglia 
e  Sicilia  • 

I     iV.yyegiiachè  la   subitane   fuga 

Dispergesse  color  per  la  campagna, 
Rivolti  al  monte  ore  ragion  ne  fruga; 
i|     r  mi  ristrinsi  alla  fida  compagna  • 
E  come  sare'  io  senza  lui  corso  ? 

I  j4v%^egnaehè  ,  lo  i tessQ  ebe  quantunque  (a)    ■    ■  subiiana ,  tQbt« 
tanaa  ,  presta ,  yelpce. 

3  rruga  qa\  pure  dee  stare  per  punge ,  gasèiga  »   come   arrìsa  il 


pagna  col  nnoprovero  delle  commesse  colpe. 

4  Compagna ,  compagnia .  ^fodo  usato  dagli  antichi  di  levar  r  i 
a  sì  /aite  voci .  Così  il  Vocabolario  della  Crusca ,  che  ne  reca  eseia* 
pio  ancbe  dd  Petrarca.  Intende  Dante  per  la ySd^  eompigwii  Vir- 
gilio . 

5  E  come  sare*  io  senza  lui  corso  ?  Se  efi  altri  (  crìtica  di  Castel- 
Tetro  )  per  paura  correvano  ,  e  FlrgiHo  medesimo^  perchè  sarebbe  sio' 
to  pili  forte  et  animo  Dante  a  non   correre  ?    {d) .  Pili  Jorte  tt  animo 

~     I       i  _?!_  f.        j      .  ìone?ol- 


inquan* 
era   dato 

per  fpoLiàsk  agli  altri  :  ma  a  Dante  era  stinto  dal  cielo  destinato  Virgilio 
per  lacorta  • 

Q  Argommito  metrico  del  c«l.  Gataaro  Goni  , 
Noa  san  li  due  come  si  salga  al  monte  , 
Però  pensosi  del  cammin  si  ttanao 
Col  core  incerto  »  e  con  ler  voglie  pronte  • 
Ma  nna  sdiiera  di  tniritit  che  Tanno 
A  farsi  belli  pel  regno  felice 
Mostran  la  yia  •  Manfredi  apre  il  ano  affanno  » 
Nipote  di  Costanta   Imperadrice  • 
(aj  Cin.  Partic,  l'j  i.     (b)   Al  verbo  frugare  f.  S.     (e)    Ini:  lan  70. 
(<0  òpere  crit,  varie  p<ig.  i6a. 

T.2.  C 


34^  PURGATORIO 

Chi  m' avriai  trafeto  ku  per  la  montagna  ? 
7     £i  mi   parea  da  se  stesso  rimorso. 
O  dignitosa  coscienza  e  netta  j 
Come  t'  è   picciol  fallo  amaro  mprso  ! 

IO  *  Qoando  li  piedi  suor  lasciar  la  fretta,  •  )> 

Che  r  onestade  ad  ogni  atto  dismàga  ^^   ' 
Zia  mente   mia  ,  che  prima  era  distcetta^ 

|3     Lo  *ntenlo  rallargò  sì  come  vaga;  •  ••»  • 

6  Chi  m*  avria  tratto, su  per  la  montagna?  Virgilio  (  tfeDira  il 
Castelvetro  )  ;  perciocché/ tessaUi  *ii  ■  àùfto  »  7a  ymtfMfiJiirqMl^  riiorma" 
io  a  Firfrilio ;  il  auaU  §ra  in  luogo ,  che  non  si  perdeva,  éU  vista  (a^. 
Forse ,  per  avere  tVjiéritlcfo  tròppo 'materiàtmenté'prìé^')»' recata  simi- 
litudine dei  colombi  9  fi|Wo^e,  che  coinè. auostl  yola^UfQprfvveneiìdo 
loro  paura ,  s' alzano  dalla' pastura  ,  e  sì  mradahò  botisi;  ma  non  si 
perdono  di  vista;  e  dopo  brieve  ^ìro;si  ntioiscono » ;cf^  fAfgU  sp^^ 
non  corressero  separati,  che  per  pjcciol  tcatto.  Ma  appunto  per  queno, 
e  per  r  antecedente  ver^o  '  si  '  scorge'  avef  Dante  tntéséf  tt'óondarìo  ;  cioè 
che  quegli  spiriti  più  non  si  riunissero ,  ma  ognuno  di  per  se  cercas- 
se la  via  di  salire  al  itoònte.  M  h^n  pviQssi  r^gionevoln^eojtc;.  pensare , 
eh'  abbia  con  ciò  voluto  il  Poeta  accennarci  i  vari  '^'f^U  ^^'^  i^'^^ft^S^Pf  B 
che  seco  recavano  i  medesimi  spiriti;  pe*  quali  cquvcii^iYa  eh  alcuni 
per  più  diritte,  altri  per  più  storte  vie  camminando,  iu  Fafi^J^mpif 
gingnessero  all'  ingresso  dol  Purgatorio. 

7  £1  mi  parea  ec,  la  Nidobcatiua  ;  £i  mi  parea,  V9\tx'eiìzlov^ 
E  vuol  dire  che  non  solamente  Virgilio  mostr^yati  mosl^o  dallo  ^grìdac 
di  Catone;  ma  per  crul)esceuza ,  od  altro  tal  segno  dpi  vi^,  dovasi  a 
scorgere  pentito  internamente  di  quella  dimora, 

8  Dignitosa,  nobile,  dilicata.  *  Sembra  che  il  Poeta»   come   an«-' 
noia  benissimo  il  Sig.  Tortirelli ,  alluda  alla  Sentenza  di  Giovenale  Sat* 

▼ili  V,  l/|0   i4i. 

Omue  animi  vitium  tanta  consp$ctus  ia  s^ 
Crimen  hahet^  quanto  fnajor  qui  peccut  habetmr 
con  questo  delicato  rimorso  della  dignitosa  e  netta  coscienza  di   Vir- 
gilio .  N.  E. 

1 1   Onestà  per  decoro  ,  maestà  — p-  disfnaga    per  toglie  ,  Ja  per- . 
dere ,  fa  periiv.    Vedi  la  nota  all' Inf.  xxv  i46,   ed    agli    altri   passi, 
ivi  allegati ,   La  fretta  ,  di  fatto  ,   mal  si  confà  col  decoro  e  la  maestà 
€^.>ir  azione , 

isk  i5  Distretta  la  Nidobeatinn,  ristretta  l' altr' edizioni  *  e  il  cod. 
Vat.  N.  E.  f)Ilre  però  che  T  a;;gettivo  distretto,  al  senso  ,  che  qui  pur 
conviene,  (V nns^tstiato ,  adopera  Dante  altrove  (&),  ed  altri  buoni  scrit- 
tori (<*)  ;  ha  il  quantunque  piccolo  vantaggio  di  togliere  la  vicinanza 
delle  due  sillabe  m/'f.  L  angustia  poi  dovett*  essere  per  la  tema  accen- 
nata di  perdere  Virgilio  .  L* intento  ec.  Intento  adopra  qui  Dante  nel 
significato  ali*  origine  sua  conforme,  eh' è  dal  Latino  l<?/i^^'re  i/i;  e  eoa 


(a)    Ivi  .     (f)    Purg.   TI    lo^.     (i)   Vedi   a  Vocab.  della    Cr. 


e  A  N  T  O    III.  35 

E  diedi  il  viso  mio  incontro  al  poggio , 
Che  'nverso  '1  ciel  più  alto  si  dislaga. 
i6     Lo  Sol,  che  dietro  fiammeggiava  roggio, 
Rotto  m'era  dinanzi, «alla  figura 
Gh'  aveva  in  me  de'  suoi  raggi  Y  appoggio . 

ellittico  favellare  vuole  dire,  che  sì  come  f/rg;r7,  desiderosa ,  era  la  mente, 
li  conoscere ,  intendi ,  qne'  nuovi  oggetti  ;  peri» ,  cessando  la  soprad- 
detta angustia ,  raliarf^  C  intento ,  si  pose  a  largamente  tendere  in  essi . 
*  ?1  Postillatore  del  Cod.  Caét,  dà  a  questi  due  versi  una  diversa 
interpretazione'.  Siccome  nel  canto  precedente  aveva  detto  il  Poeta , 
che  al  canto  di  Casella  eran  tutti  Jlssi,  ed  attenti  y  corri  a  nessun  toc- 
cmsse  altro  la  mente  w.  117,  118,  cosi  comeuta  ;  Mens  mea  ,  qute 
9n«0^  erat  restrìcta,  et  intenta  soliim  cantui  Casellas  ^  ampli  avi  t  suam 
ì^emiionem  ad  tractandum  Montém'  Purs^atorii ,  Difatti  della  supposta 
wnra  di  essere  abbandonato  da  Virgilio ,  u  Poeta  non  parla  che  ne  segg. 
V,  19  3IO.  N.  E,  ■      , 

14  piedi  per  dirizzai —- incóntro  al  U  Nidob, ,  incontr' al  Tal- 
re  edizioni . 

i5  Pili  alto  si  disfaga^  Intendendo  gli  espositori  tulli,  che  dis^ 
afare  signiOchi  lo'  stesso  che  rlilagare  ed  allagare ,  chiosano  adopra- 
o  qui  di  slogare  traslativamente  per  istenderei  dallq  stendersi  cioè  che 
acque  fanno  quando  alli^gano  •  Il  traslato  non  sarebbe  più  distante 
bl  proprio  ,  di  quello  sia  il  partorire  invidia ,  odio  ec,  che  traslati- 
tmente  dire&i ,  (lai  cmgionare  invidia ,  odio,  ec*  eh'  è  il  proprio .  Io 
»erò  non  voglio  tcnei*e  al  leggitore  celato  un  mio  dubbio  ,  clie  es- 
endo  la  particella  dis  di  contrariante  natura,  come  in  n>oltissime  voci 
i  scorge,  né  si  trovando  del  verbo  dislaqaì^  nel  VocaboUrio  della 
brasca  altro  esempio,  che  quest'unico  dì  Dante ,  possa  anzi  tal  ver- 
K)  significare  il  contrario  di  allagare;  che  sarebbe  F  uscire  dalle  in- 
omo  allaganti,  acqiu:  ;  e  che  ,  supponendo  il  Poeta  ,  com'  è  di  fatto  » 
nnalzarsi  la  terra  e  ì  monti  sopra  jT  allagamento  delle  acque  del  ma- 
e,  voglia  qui  dire,  che  più  d'ogni  altro  monte  alzasi  al  di  sopra  di 
otale  allagamento  il  monte  del  Purgatorio .  È  ,  ripeto  ,  un  mio  dub- 
«0.  *  Ftalicissimo  dubbio ,  che  ha  introdotta  la  vera  interpretazione.  N.E. 

16  Roggio  per  rosso  (  ad  imitazion  forse  del  Francese  ivMgc  )  ado- 
falo  da  buoni  antichi  scrittori  anche  in  prosa  vedilo  nel  Vocabolario 
ella  Crusca .  E  rosso  di  fatto  apparisce  il  sole  quando  è  poco  alto  dall' 
rìzzonte ,  tanto  nel  nascere  (  come  nasceva  allora  al  Purgatorio  )  quaa- 
>  nel  tramontare. 

17  18  Rotto  m* era  ec.  Non  mi  pare,  che  possano  i  due  presenti 
etsi  adoquatamonte  spiegarsi  senzai  mettere  separazione  tra  le  due  par- 
celle dinanzi  ed  atta.  Io  vi  frappongo  una  virgola,  e  spiego  così.  M  era 
inanzi  rotto  il  Sole,  era  su '1  suolo  dinanzi  a  me  rotto  da  ombra  il 
ime  del  sole,  alla  figura  eh' aveva  F appoggiò  de* suoi  raggi  in  me  coi" 
ì  figura  stessa  (  della  particella  a  per  con  vedi  il  Cinonio  )  (a)  coli* 
stensione  e  contomo  medesimo ,  con  cui  appoggiavano  in  me ,  nel 
orpo  mio ,  i  suoi  raggi  • 

(^a)   Par  tic,  17. 

C  2 


5a  PURGATORIO 

1^    Jo  mi  volsi  dallato  ,  con  paura 

D'  Qsser  abbandonato ,  quand'  io  vidi 
Solo  dinanzi  a  me  la  terra  oscura . 

Ita  E  '1  mio  conforto^  perché  pur  diffidi  ? 
(  A  dir  mi  cominciò  tutto  rivolto  ) 
Non  credi  tu  me  teco ,  e  eh'  io  ti  guidi  ? 

^5     Yespero  è  già  colà  dove  sepolto 

%  1  corpo,  deptro  al  quale  io  facev'ombra; 
Napoli  r  h^  ,  e   d^  Brandizio  é  tolto . 


IO  90  91  Io  mi  volsi  da  loro  la  Aidobeatina .  V  mi  vobi  dallalm 
Y  altr  edizioni .  La  costniz/one  di  qqesta  terzina  dee  essere  :  Qu/tuuTio 
indi  oscura  la  terra  solo  dinanzi  a  me  ^  io  mi  volsi  da  lato ,  Terso  cioè 
Virgilio  9  con  paura  dt  esser  abbandonato  :  apprendendo  che  dovesse  Vir« 

gilìo  pi^re ,  siccom'  egli  »  cagionar  la  sua  ombra  su  'l  suolo .  *  Il  Lom- 
ardi  con  la  Nidob.  scrive  da  tato:  ma  se  avesse  riflettuto >  che  vuol 
dire  il  poeta  da  quel  lato  ove  aveva  Virgilio ,  avreb)>e  scritto  pur  egli 
dallato  j  cioè  dal  laiOf  Bugiou •  Anche  i^  Cod.  Vat.  ha  dallato^  e  eùu* 
laÈQ  seguiamo  .  N,  E, 

93  Perchè  pur  diffidi,  Risguardfi  la  particella  pure^  che  vale  ^pù 
iBome  ancora ,  al  tintore  precedente ,  per  cui  si  ristrinse  a  Virgilio  t 
l^ers,  4* 

li  36  Vespero  e  già  colà  ec.  Quasi  dica  :  è  questo  mio  corpo  d'ai- 
ira  materia  da  quello  in  cui  io  fpceva  ombra  :  ed  è  quello  or  da  mo 
tanto  lontano  ,  cne  mentre  è  qui  mattina ,  la  è  vespro  •  Per  vespro ,  co- 
me apparisce  da' primi  sei  versi  del  xv  della  presente  cantica,  inten- 
de il  Poeta  il  resto  del  giorno  dopo  Torà  di  nona;  e  per  colà  inten- 
de Italia  e  Napoli  :  ed  è  il  divario ,  che  pone  qui  tra  T  ora  che  cor- 
reva al  Purgatorio  e  quella  che  correva  in  Italia ,  corrispondente  al  di- 
vario ,  che  pone  tra  essi  luoghi  nel  detto  canto  xv  ove  avvisa ,  eh*  era 
in  Italia  me^za  notte  mentre  al  Purgatorio  rimanevano  ancora  tre  ore 
di  giorno.  Imperocché,  acciò  questo  avvenisse  ne*  primi  d'Aprile  (a) , 
in  tempo  d'  equinozio ,  conveniva  che  nascesse  il  Sole  all'  Italia  no- 
ve ore  prin)a  che  al  Purgatorio .  Di  qui  ne  viene  che ,  supponendo 
e^erc  allora  al  Purgatorio  circa  due  ore  di  giorno  (h^ ,  doveva  eoa* 
rentementc  porre  in  Italia  nove  ore  di  pih ,  cioè  tindici  ore  di  gior- 
no; che,  in  tempo  d'equinozio,  è  quanto  dire  un'ora  avanti  notte  « 
Biene  adunque  dice  Vespero  e  già  colà  dove  sepolto  è  '/  corpo  ec» — — 
dov*  a  sepolto  lo  corpo ,  dentro  al  quale  io  Jacev*  ombra ,  leggono  l' e- 
dizioni  oiverse  dalla  Nidobeatina ,  *"  ed  il  Cod.  Caet*  e  il  \s^t,  N,  E. 
ny  Napoli  P  ha  ec.  il  mio  corpo  ;  ed  è  tolto  da  Brandizio  ;  per- 
chè a  Brandizio  m.or\ ,  e  fu  a  N^ipoli  sotterrato  :  onde  l' epit^Ho  di 
lui  dice  :   Mantua  me  genuit ,   Calabri  rapuere  ,  tenet  nwic  Partheno^ 

(a)  Vedi  U  nota  al  v.  i'j.%  del  canto  %x  dell'  Inf.  (t)  RaccogUesi  dal 
aanto  prcccd.  v.  5o  6^  ove  racccnna  sorto  fuor  dell' eriziopte  già  tatto  il  sf» 
goo    dell'  Aùete  . 


e  A  N  t  o  1 1  t .  S; 

^    Ora  9  se  itinanzi  a  me  nolla.  s'  adomtira  f 
Non  ti  maravigliar  più  che  de'  cieli  j 
Che  r  uno  all'  dltro  raggio  non  ingombra  « 

3i     A  sofferir  tormenti ,  e  caldi  »   e  gieli 
Simili  corpi  la  virtù  dispone  ^ 
Che  ,  come  fa  ,  non  vuol  eh' a  noi  si  sveli* 

34     Matto  è  chi  spera  che  nostra  ragione 
Possa  trascorrer  la  'nfinita  via  • 
Che  tiene  una  sustanzia  in  tre  persone^ 

37     State  contenti  ,  umana  gente ,  al  quia  : 

pe .  nAHiBLU) .  Brandiùo  ,  per  Brindisi  adopera  anche  Gio.  Villani 
Cnrn.  lib*  I.  cap.  13. ,  ed  altrove . 

a8  Ornai  la  Nidob. ,  ora  V  altr*  edizioni ,  *  e  il  cod.  Vat.  che  noi 
fegnìamo  •  Il  Cod.  Anlald.    porta  :    Ora  se  innanzi  me  nulla  s*  aom 
bra»  V.  E* 

39  3o  Piii  che  de*  cieli ^  che.   Questo  secondo  che  vai  quanto  dJ 

^uaìi.  Vedine  esempj  slmili  recati  dal  Cinonio  (a) non  ingombra 

raffio  f  non  impedisce  il  passaggio  della  Ince.  Parla  Dante  colla  filo- 
soSa  da*  suoi  tempi ,  che  ammetteva  i  cieli  come  tante  traslucidissime 
cave  sfere ,  nna  dentro  l'  altra  • 

3i  5a  ^  sofferir  ec.  Passa  ad  aggiungere,  che,  sebbene  simili  corpi 
dati  alle  anime  in  quell'altro  mondo,  non  ingombrino  punto  la  luce; 
\%  virtù  divina  però  dispone  a  soffrire  tormenti ,  e  caldi ,  e  gieli ,-  non 
altrimenti  che  soffrano  i  carnali  corpi  nostri .  Bizzarra  teologia  ,  escla- 
ma qa!  il  Venturi ,  immaginandosela ,  convien  credere  •  nn  nuovo  tro- 
vato del  Poeta  ;  e  noti  come  la  è ,  antica  dottrina  de*  Platonici ,  segui- 
ta da  molti  santi  Padri  • 

33  Che^  la  quale  virtù  divina  ,  non  vuol  cK  a  noi  si  sveli   come 
Jkf  come  operi  una  tale  passibilità  in  corpi  così  dai  carnali  diversi* 

^  Che  come  sia ,  bella  variante  del  cod.  Antald.  N«  E. 

34  35  36  Trascorrere  vale  qui  penetrare ,  conoscere  pienamente  ^-^^ 
ìa^nfinita  via^  l'infinito  modo  mtendi  di  operare — ^»  che  tiene ^  che 
adopera — —  i/iwr  sustanzia  in  tre  persone  ^  Iddio:  e  serve  cotale  peri- 
frasi a  vie  più  allontanare  la  nostra  ragione  dal  pretendere  di  cono- 
scere le  vie  di  Operare  d'un  Ente  tanto  nella  sua  essenza  ammirabile* 

Intendendo  il  Venturi  col  Daniello  e  Vellutello:  che  stendasi  qui 
Dante  a  parlare  delP  audacia  di  nostra  mente  in  voler  conoscere  in  qual 
modo  possa  una  sola  sostanza  essere  in  tre  persone  ,  1'  ha  per  una  mi^ 
retile  scappala ,  e  quasi  importuna .  Ma  non  è  il  Poeta  che  scappi  fuor 
di  proposito  ;  sono  essi  comcntatori ,  che  ve  lo  vogliono  per  forza 
tirare. 

37  Siate  conienti ,  umana  gente ,  sintesi ,  invece  di  sta  contenta  ecm 
ei  quia.  State  al  quia^  tornare  al  quia^  e  consimili ^  vagliono  stare 
la  cervello  f  acquietarsi,-,  ridursi  alla  ragione.  Così  nel  Vocabolario  del- 

(a>  Puriic.  44  $•  •         ^ 


58  PURGATORIO 

Che  f  se  ]potuto  aveste  veder  tutto  f 
AI estier  iloii .  era  partorir  Maria  : 

4o.   E  disiar  vedeste  senza  frutto 

Tal  i  che  sarebbe  lor  disio  quetato  ^ 
Ch'eternamente  è   dato  lor  per  lutto. 

43     I'  dico  d' Aristotele  9  e  di .  Plato  , 

E  di  molti  altri .  E  qui  chinò  la  fronte  f 
E  più  non  disse 9  e  rimase    turbato. 
46     Noi  divenimmo  in   tanto  appiè  del  monte  : 
Quivi  trovammo   la  roccia  si   erta  9 
Che  'ndarno  vi   sarien   le  gambe   pronte  • 


la  Crusca  nlla  voce  (jfitia  t  ove  a  questo  esempio  dì  Dante  se  ne  aggiun- 
gono varj  d'  altri  autori .  A  norma  di  questa  intelligenza  dee  stare  ai  quia 
ncir  esempio  nostro  valer  Io  stesso,  che  stiir  senza  replica  a  auanio 
ite  viene  da  Dio  inscenato  :  e  cretler  si  potrebbe  originalo  Cotal  mo- 
do di  dire  dal  metodo  tenuto  ne' dialoglii  tra  il  discepolo  e  il  mae- 
stro; ove  al  (tuare^  che  adopera  interrogando  il  discepolo,  corrispon- 
de il  quia  del  maestro  *  Saggiamente  però  il  già  lodato  altre  volte  Sig. 
Ennio  \'isconti  riflettendo  aver  Dante  ed  altri  antichi  scrittori  ado- 
prato  sovente  contento  per  contenuto  (a) ,  dubita  non  qui  pure  dica  conr 
tenti  per  contenuti  ^  dal  verbo  contenersi  nel  senso,  che  gli  compete» 
di  ritenersi,  raffrenarsi,  e  che  dir  voglia,  stare  ritenuti  Hai  curiosa^ 
mente  applicarsi  a  cercare  il  perche  delle  cose,  *  Onde  questo ^passo 
si  riferisce  al  detto  di  S.  Paolo  ,  Non  plus  sapere  qiiam  oporict  sa' 
pe/v  ,  sed  sapere  ad  sohrictntcm,  come  annota  il  Porlirelli .  N.E. 

58  09  Che  se  potuto  aveste  ec,  *  Che  se  possido  *  aveste  ,  ha  il 
cod.  A  at.  Che  se  possuto  fosse  ,  V  AntalrL  N.  E.  —  >  uol  dire  che ,  se  fos- 
se all'uomo  stato  concesso  di  veder  la  ragione  di  tutto  il  divino  ope- 
rare ,  veduta  avrebbero  i  primi  nostri  genitori  la  ragione  del  fatto  lo- 
ro divieto  ben  diversa  da  quel  diabolico  eritis  sicut  Dii  {b)  e  reggen- 
do essi  e  noi  nella  primiera  innocenza  ,  abbisognata  non  sarebbe  P in- 
carnazione del   divin  Aerbo. 

t\o  f\\  t\i  E  disiar  vedeste  ce.  Ellissi,  e  corte  se  avesse  invece 
dello  :  K  vedeste  nel  mondo  (  non  al  IJmho ,  come  chiosa  il  Ventu- 
ri )  (Lsiderare  invano  tf  intendere  la  rac^'one  di  tutte  le  divine  opere 
tfdi ,  che ,  se  fosscixf  sUdi  umili ,  avrebbeli  Iddio  illuminati  ;  e  sareb- 
be ora  in  Paradiso  appallato  loro  quel  desiderio  di  veder  Dio ,  che  ri- 
mane in  essi   coiiaggiii    nei  Lindjo   senza     speranza   di  mai  appagar- 

i'i  4'^  Chinò  la  fronte. ,  e  più  ce.  Per  esser  Virgilio  ^esso  del  nu- 
mero (li  coloro,  che  huimo  colai  desiderio  senza  speranza  di  mai  ren- 
derlo pago . 

47  lioccia  ,  ripa,  rupe.  Vedi   ìnf.  vii.  fi. 

48  Che  'ndarno  vi  sarien  ec,     J'^i  per  a  quella  ,    cioè  all'  erta  roc- 

(h)    Vedi  il  Vocab.  della  Cr.    {]b>)    Geo.   3  h.  5.     (e)    Inf.   iv^i  e   scg. 


CANTO     III.  ìg 


49     Tr&  Lerici  e  Tub\a    la   più  diserta       ' 
•  La  più  romita   via   è  'tipa  scala  ,- 
Verso  di  quella ,  i^vole  ed  aperta . 

5a     Or  chi  sa  dà  qual  man  la  costa  cala  f 
Disse  T  maestro' mìo  fermando  1  passo 
SI , che > possa  salir  chi   va   senz'ala? 

55     E  ,  mentre  ch^  ei  teneva  '1  viso  basso 
Esaminando-  del  cammin  la  mente  ^ 
Ed  io  mirava  suso  intorno  al  sasso , 

58     Da  man  sinistra  m'apparì  una  gente 

»  -D'  anime ,  che  movièno  i  pie  ver  noi  , 
E  non  pareva:  sì   véhivan  lente  • 


♦  / 


eia  ,  Tedi  il  Cinouio  (a)  :  e  vuol  dire ,  clic  a  inulta  3crve  la  prontezza 
delle  gambe  ove  non  sia  il  piano  ,  su'!  quale  s*  abbia  a  camminare  , 
abbastanza    inclinato  . 

49  ^o  5i  Tra  Lerici  e  Tuhìa  ec»  Due  luogbi  posti  ai  capi  della 
RÌTÌera  di  Genova ,  piena  di  monti  scoscesi  .  Lerici  da  levante  ,  vi- 
cino a  Sarzana  ;  e  lubìa  da  ponente  ,  vicino  a  Monaco  «^  romita  per 
solitaria  •  *  Era  una  scala ,  il  Cod.  Val.  Tra  Lerice  ed  Urbi  la  pia 
diserta.  La  piti  rotta  ntina  è  una  scala  ec. ,  ha  il  Cod.  Antald.  E 
r  illastre  possessore  aggiungo  saviamente  in  una  nota  stampata  delle 
sole  varianti  del  Purgatorio  (fol.  votante,  Pesaro  i8i5)  :  la  nostra 
lezione  meglio  esprime  il  concetto  del  poeta  ,  poiché  wmita  può  ben 
essere  una_  s^ia  ,  sem^  essere  discoseesa  ,  come  qui  richiede  la  similittt^ 
dine  .  ^oi  aggiungiamo  ,  che  la  diserta  e  romita  della  comune  sono 
voci  pressoché  uguali ,  e  non  ci  par  possibile  tanta  povertà  d'  idee 
in   quella   gran  mente  dclT  Alighieri  .  N.E. 

54  Chi  va  senz*  ala  »  Accenna  dì  nuovo  la  costa  tanto  scoscesa, 
che  non  possa  salirsi  se  non  volando  . 

55  So  £  mentre  ch^  el  teneva  U  viso  basso ,  esaminando^  la  ^ido- 
beatina  ;  E  mentre  die ,  lenendo  7  viso  basso ,  esaminava  ,  1'  ahr'  edi- 
zioni .  *  ifi*  ,  mentre  cK  ei  icnei'a  7  viso  basso  ,  Esaminava  del  cammin 
la  mente;  ed  io  ec.  il.Cod.  \at.  scelga  chi  vuole.  N.h'. — Esaminando 
la  mente  del  cammino  ,  intendo  che  vaglia  quanto  ,  occupandosi  la 
mente  a  pensare  del  cammino ,  cioè  ,  intorno  al  modo  di  salir  quel 
monte  —  Dcf .  Quasi  di  e/,  che  in  vece  di  //  ,  usato  fu  da*  più 
antichi  ,  onde  si  formano  le  particelle  dello  ,  della  ec.  Cosi  il 
Vocabolario  della  Crusca  ,  e  il  Cinonio  (b)  .  Or  ,  come  adunque 
la  particella  di  adoprasi  al  senso  del  Latino  de  o  super  (e)  in  equì- 
v;ilenza  all'  Italiano  intomo  (r/),  istessamente  può  adoprai'si  anche  la 
particella  del .  il  Venturi  chiosa  che  Virgilio  esaminava  la  sua  mente  , 
quasi  interrogandola   del  cammino   da  farsi . 

58  59  60   *  AV  appary^e  ,   il    Cod.    Antald.  K.E.  Una    ^ente  (  una 

(a)  Pan,  25 1  3.     (b)  Pari.  811     {e)  Vedi  il   Voc.  della  Cr.  e  11  Cinonio 
Part.    81  I.    (</}  Cinon.  Panie.  80  6. 


4o  PURGATORIO 

6i     Leva  9  diss'  io  ^  maestro  »  gli  occhi  tuoi  : 
Ecco  di  qua  chi  he   darà  consiglio  9  . 
Se  tu  da  te  medesmo  aver  noi  puoi . 

64    Guarddmmi  allora  ,  e  con  libero  piglio 

Rispose  :  andiamo  in  1& ,  eh'  ei  vengon  piano  ; 
E  tu  ferma  la  speme  y  dolce  figlio . 

67  Ancora  era  quel  popol  di  lontano  9 
r  dico  j  dopo  i  nostri  mille  passi  9 
Quant'  un  buon  gittator  trarria  con  mano  9 

70     Quando  si  strinser   tutti  ai  duri  massi 

Dell'alta  ripa 9  e  stetter  fermi  e   stretti 9 
Com'  a  guardar9  chi  va  dubbiando  9  stassi  • 

73    O  ben  finiti  9  o   gii  spiriti  eletti  9 

Virgilio  incominciò;  per  quella  pace 9 

comitiva  )  €f  anime .  DaU'  essere ,  eome  in  seguito  si  vedrà ,  luu  di 
esse  anime  quella  del  Re  Manfredi  stato  scomunicato  ,  si  possono 
conghìetturar  tutte  della  medesima  condizione .  —  Mùsneno  per  mo- 
veano  (a),  —  E  non  pare%fa  >  la  Nidobeatina  {  cioè  non  pareva  che  mo- 
vessero ec)  :  E  non  par^an ,  1'  altr'  edizioni  *  e  il  Con*  Vat.  K*E« 

6i  Leva  disvio  al  maestro  ,  la  Nidobeatina;  Leva  dissi  al  maestro  ^ 
Y  altr'  edizioni  :  *^  e  il  Cod.  Vat. ,  ma  il  Caet.  meglio  di  tutti  »  il  quale 
abbiamo  preferito  :  Leva  ,  diss^  io  ,  maestro  gli  occhi  tuoi  . 

64  Con  libero  piglio  ,  con  libero  volto  ,  in  aria  franca . 

é5  j^ndiamo  in  M,  verso  quegli  spiriti  —  eh'  ei  venmn  piano '^ 
imperocché  vengon  essi  lentamente  :  e  volendoli  (  intenae  )  aspettar 
qui ,  troppo  tempo   perderemmo . 

C6  Femia  la  speme ,  conferma  la  speranza  »  deponi  ogni  dubbio  • 

67  68  6§  Ancora  era  ec.  Costruzione  .  Dopo  i  nostri  ^  T  dicOf 
io  giudico  a  un  dipresso ,  mille  passi  (  fatti  intendi  ver  loro  )  ,  era 
ancora  lontano  quel  popolo,  quella  comitiva,  quanto  un  buon  gittator  p 
un  valente  sassajolo  ,  trarrha  con  mano  una   pietra  • 

70  Quando  si  strinser  tutti  ec.  Non  veggo  ragione  9  dice  il  Castel* 
vetro ,  perchè  dovessero  queste  anime  restare ,  non  avendo  ancora  co^ 
nosciuto  die  Dante  fosse  vivo  (òì .  Anche  però  senza  la  detta  cagio« 
ne,  lo  scorgere  che  i  due  poeti  tenevano  un  cammino  contrario  al 
loro  ,  e  che  dall'  ingresso  del  Purgatorio  si  allontanavano  (  come  ap- 
parirà dal  verso  100  e  segg.  di  questo  canto),  poteva  a  quelle  onì- 
me  apportare  ammirazione ,  e  rallentamento  —  jdi  duri  la  Nidobeati- 
na  I  a*  duri  l'altre  edizioni   ^  massi  ,  macigni. 

73  O  ben  finiti  ,  o  ben  morti  in  grazia  d' Iddio  —  o  già  eletti  f 
o  già  assicurati  del  Paradiso  • 

(a)  Vtdi  la  nota  laf.  xii  29.    (^)  Oper,  crii  ,var,  pag,  iCi. 


CANTO    tìì.  4t 

Ch'  io  credo  che  per  voi  tutti  s' aspejtti , 

76    Ditene   dove  la    montagna   giace 

Sì  9  che  possibil  sia  V  andare  in  suso  : 
Chèl  perder  tempo ,  a  chi  più  sa  ^più  spiace  • 

79    Come  le  pecorelle  escon  del   chiuso 

Ad  una  ,  a  due  ,  a  tre ,  e  T  altre  stanno 
Timidette  atterrando  Y  occhio  e  '1  muso; 

8ft     £  ciò   che  fa  la  prima  y  e  l'altre  fanno  j 
Addossandosi  a   lei  ^   s'  ella   s'  arresta  , 
Semplici'  e  quete  9  e  lo  'mperchè  non  sanno  ; 

8S  Si  Tid'  io  muover  9  a  venir  9  la  testa 
Di  quella  mandria  fortunata  allotta  9 
Pudica  in  faccia  9  e  nelF  andare  onesta . 

88    Come  color  dinanzi  vider  rotta 

La  luce   in  terra   dal  mio  destro  canto  9 
Sì  che  r  pmbr'  era    da  me  alla  grotta  9 

76  j4  chi  pili  sa  più  spiace  ;  perocché  meglio  ne  conosce  la  pre- 
EÌosiU . 

jg  Chiuso.  Sostantivo  (spiega  il  Vocabolario  della  Crusca)  Luo- 
go circondato  ,  e  serrato  ;  e  la  cosa  ^  che  circonda  ,  e  serra  • 

80  81  i?  r  altre  stanno  timidette^  atterrando  ec.  nel  tempo,  in- 
tende ,  che  le  prime  sfollano  ,  non   potendo  uscir  tutte  in  un  Ù«tto  • 

%i  La  prima  y  t  altre  la  Nidobeatina  ,  la  prima  e  t  altre  V  edìzìorà 
direrse  dalla  Nidobeatina  :  ^  e  il  Cod.  Vat.  9  che  pur  seguiamo  per 
la  maffgior  grazia  del  verso.  N«E. 

si  E  io  *mperchè .  DelP  imperché  in  luogo  di  perchè  y  anche 
eoli*  articolo ,  a  modo  di  sustantivo  ,  com'  è  qui  adoprato ,  vedine  al- 
tri esempj  nel  Vocabolario  della  Crusca  .  *  Perchè  ha  il  Cod.  Vat.  N.E. 

85  86  Sj  Si  vid^ io  ec.  Costruzione.  Sì  vid* io  allotta  ^  allora,  mtio- 
fvn?,  per  muoversi ,  pigliar  (a)  moto  a  v€mre ,  ad  effetto  di  venire  a  noi , 
la  testa  di  quella  mandria  ec.  le  prime  anime  di  quella  greggia .  N*  esce 
mi  il  Venturi  colle  solite  lepidezze  a  mettere  per  questa  voce  man- 
aria  in  canzone  Dante  e  il  Daniello  .  Stupisco  che  non  siasi  il  critico 
riTolto  a  dar  la  baia  anche  alla  chiesa  ,  pel  titolo  d*  archimandrita , 
che  su  la  medesima  traslazione  pur  essa  fonda  ,  e  dona  ad  alcuni 
SBoi  prelati . 

89  oa  Dal  mio  destro  canto  ,  sì  che  ec.  Accenna  ,  che  caromin  fa/ 
cera  col  Sole  alla  sinistra  mano  ,  e  con  a  destra  la  dirupeu  falda 
di  quel  monte,  che  grotta  qui  pure,  come  altrove  QÌ)  simili  ripe, 
appella  « 

(a)  \Ui  il  Vocab.dtlU  Cr.  sarto  11  vaclbo  muovere  1.  sa. 
(1)  Vedi  tra  gU  altri  laogki  ;  lat  uq. 


.  »   • 


4s  PURGATOEIO 

91    'Ristarò ,6  trasser  se  indietro   alquanto. 

£  tutti  gli  altri  che  Tenieno  appressò, 

Non  sappiendo  1  perchè  ,  fero  altrettanto . 
94    Sanza  vostra  dimanda    io  vi  confesso , 

Che   quest'è  corpo  uman  che  voi  vedete , 

Perché  '1  lume  del   Sole  in  terra   e  fesso. 
97     Non  vi  maravigliate;  ma  credete 

Che  non   senza  virtù  y  che  dal  ci^l  vegnàt  9 

Cerchi  di  soperchiar  questa  parete  . 
1  co    Così  *i  maestro  .  £  quella  gente   degna  : 

Tornate  5   disse  ,  intrate  innanzi   dunque  ; 

Coi  '  <los8Ì  delle  man  facendo  insegna . 
loS    £d  un  di  loro  incominciò  :  chiunque 

Tu  sé'  9  cosi  andando  volgi  1  viso  ; 

Pon    mente  se   di  là  mi  vedesti  unque  . 

pi  JRistaro  j  la  Nidobcatina  ;  Restnro  ^  l'altr*  edizioni. 
*  o5  Fenno  altrettanto  ,  il  Cod,  Autald.  e  il  Caet.  ^.E. 

95  QiiesC  è  corpo  y  la  ^idobeatina;  questi é  corpo  ,  V  altr' edizioni . 

96  Perchè ,    vale  qui  laonde  ,  per  lo  che  . 

99  Soperchiar  \2i  Nidobealiua  ,  soverchiar  T  altr*  edizioni  (*  e  il 
Cod.  Vat.  N.E.)  e  s\  1*  uno  che  l'altro  importa  lo  stesso  che  formo/i* 
tare  —  parete  ,  per  costa  ,    ripa  . 

loi  Intrate  innanzi^  ellissi,  vale  quanto  entrate  in  compagnia  no* 
stra  e  andate  innanzi  • 

10^  Dossi  delle  man  appella  i  rovesci  delle  medesime;  come  il 
dosso  ,  o  sia  la  schiena  ,  è  quasi  il  rovescio  dell*  uomo  —  insegna  per 
segno  adoperano  pure  altri  autori  .  Vedi  il  Vocabolario  della  Crusca  . 
L'  alto  che  dice  qui  '1  Poeta ,  è  appunto  quello  ,  con  cui  accenniamo 
altrui   di  tornar  dietro. 

1  o5  Pon  mente ,  se  di  là  mi  vedesti  unque .  Unque  lo  stesso  che 
mai .  Questa  domanda  (  censura  il  Castelvetro  )  è  sciocca ,  perciocché 
Manfredi  (  l*  ombra  che  cotal  domanda  faceva  )  fit  ucciso  V  anno  che 
nacque  Dante  •  Adunque  come  in  vista  poteva  mostrar  tanta  età  ,  che 
lo  potesse  aver  veduto  ?  Non  e  adunque  simile  al  vero  ,  che  Manfre^ 
di  fosse  cos)  sciocco  ,  che  facesse  simile  domanda  (a) ,  È  vero  che  1*  an- 
no 1265  quello  in  cui  nacq'ue  Dante  (b)  ,  fu  morto  Manfredi  Re  di 
Puglia  (r):  ma,  se  nel  giudicare  T  età  degli  uomini,  di  quelli  massi- 
me che  hanno  compiuta  intieramente  la  barba  ,  sbiiglinmo  sovente  le 
decine  e   quindicine  d'  anni ,  molto   più  facilmente  poteva  errar  Man- 

(a)    Opere    crit.  var,  p.  i6a.     (Jb)  Vedi  la  nota  al  canto  I  Imf.  v»  X. 
(e)     VilUni   Gio.  lib.    7  cap.  9.  Maleipini  cap.  180. 


e  A  N  T  O    MI.  43 

106     lo  mi   volsi  ver  lui  ,.  e  guarda  ^  il  fiso  • 

Biondo  era  ^  e  bello  ,  e  di  gentile  aspetto  : 
Ma    r  un  de'  cigli  ìxn  colpo  avea  diviso  . 

I09     Quand' i' mi  fui    umilmente    disdetto 

:D'  averlo  visto  mai ,    ei  disse  :  or  vedi  . 
E   mostrommi'  Una  piaga  a  sommo  1  petto  . 

Ila     Poi  sorridendo  disse  :  io  son  Manfredi 
Nipote  di  Costanti   imperadrice; 
.  Ond'  io   ti  prego  che  y  quando  tu  riedi  y 

fredi  9  che  non  ben  anche  dveva  mirato  Dante  in  faccia  :  imperocché 
quando  iucominciò  a  parlargli ,  teneva  Dante  rivolte  a  lui  le  spalle, 
e  perciò  dice ,  io  mi  volsi  ver  lui  :  e  prima  quando  furono  a  faccia  a 
faccia  y  lo  sbigottimento  in  Manfredi  per  la  veduta  ombra  di  Dantey 
doveva  tenere   lontana    ogni  altra  riflessione . 

106/0  mi  volsi  ver  lui  ,  e  eiiardailfiso  ,  la  Nidobeatina  ;  V  mi 
volsi  vet  iui^  e  guardaci ^fiso  ,  1*  altr'  edizioni . 

1 08  Un  colpo  avca  diviso,  la  Midobeatina  ;  ave* ,  Paìtre  edizioni  •  Co- 
me loeta  attribuisce  le  ferite  ali*  anima  d'  esso  Manfredi  ;  quelle  cho 
aveva  inteso  aver  ricevuto  nel  suo  corpo  ;  e  così  aticora ,  che  fosso 
bello  e  biondo*  Vellutello  .  Kon  però  air  anima  cotali  marche  attri- 
buisce il  Poeta ,  ma  ad  un  sottile  aereo  corpo  >  di  cui  alla  Platonica 
veste  egli   quelle  anime  «  Vedi  sopra  al  v»  5o  e  segg. 

tio  £1  disse ,  la  Nidobeatina  ;  ei  elisse  ,  1'  altr'  edizioni . 

Ili  Uìta  piaga  a  sommo  U  petto .  O  nel  mezzo  del  petto,  rilevato 
nel  colmo  a  foggia  d'  usbergo ,  o  nella  prima  parte  di  quello  ,  dove 
colla  gola  confina.  \ENTuni.  Questa,  dopo  il  detto  colpo  dividente 
un  ile*  cigli ,  deve  esser  V  altra  delle  due  punte  mortali ,  che  nel  w. 
1 19  dirà  • 

112  Poi  sorridentlo  disse  io  son ,  la  Niflobeatìna  :  Poi  disse  soni» 
dendo  C  son  y  T  altr' edizioni  *  Della  cagione  di  tal  sorriso  nissuno 
degl'  interpreti ,  che  lio  alla  mano  ,  ne  fa  la  minima  parola  •  Il  parer 
mio  sarebbe  che  sorridesse  Manfredi  per  suppor  Dante  persuasio  colla 
comune  degli  uomini  che  non  potess'  egli  essere  salvo  ;  e  perciò  vicnt 
subito  a  dichiarargli  come  ottenne  da  Dio  perdono    delle  sue  colpe. 

ii5  Gostanza  •  Costei  fu  figliuola  di  Buggieri ,  e  non  di  Tancre- 
di ,  come  altri  hanno  detto  ,  Be  di  Cicilia  ,  e  donna  di  Arrigo  sesto 
Imperatore  (  vedi  Vatarol  )  (a)  padre  di  Federico  secondo  ,  padre  na- 
turale di  questo  Manfredi»  ^  fi  rostillntoredel  C5>d.  Caet.  annota  per- 
tanto con  sano  discernimento ,  che  Manfredi  »  non  nominavit  se  a  Pa* 
tre  FreiL'rico  Imperatore  quiaerat  expurius  ^sedab  j^va  sua  Constantia  m 
Se  poi  avessimo  a  cercar  la  ragione  ,  per  cui  non  si  nomina  nipote 
di  Arrigo  ,  non  sarebbe  strano  il  dir  cne  la  fosse  per  non  voler  egli 
riconoscere  il  Testamento  dell'Avo  favorevolissimo  alla  Santa  >'ede  .  N.R. 

ii4  itiede  da  rieUrre  per  ritornare  ,  adoprato  molte  fiate  da  Dan- 
te e  dal  l'etrarca  .  Aedi  il  A  ocabolurio  della  Crusca. 


(a)  Scries  Aufust.  101  ,  t  Vtdi  Art,  d€  verifitr  Us  dafs  Paris  1770  p.  897. 


44  PURGATORIO 

1  j  5    Vadi  a  mia  bella  figlia  ,  genitrice 

Deir  onor  di  Cicilia  e  d'  Aragona  j 
E   dichi   a  lei  il  Ter  »  s'  altro  si  dice  « 

ii8    Poscia  eh' i' ebbi  rotta  la   persona 

Di  due   punte  mortali ,  i'  mi  rendei 
Piangendo   a   quei  che   volentier  perdona  • 

I  a  1     Orribil  furon  li  peccati  miei  ; 

Ma  la  bontà  infinita   ha  sì  gran  braccia  , 
Che  prende  ciò  che  si  rivolve  a  lei . 

I  a4    Se  *  1  pastor   di  Cosenza  ,  eh'  alla  caccia 

Di  me  fu   messo  per  Clemente ,  allora 

ii5  1x6  ^  mia  beila  JìgUa  ec.  la  qual  similmente  ebbe  rnnnm 
Gostanza  ;  e  fa  genitrice  ,  cioè  madre ,  deiP  onor  di  Odliti ,  e  <f  ^rw- 
gona^  perchè  fu  donna  ed  don  Pietro  Re  d'  Aragona ,  e  di  lui  generò 
Federigo ,  che  fu  Re  di  Cicilia  ;  e  don  Iacopo  ,  che  dopo  il  padre 
fu  Re  di  Aragona  ,  i  anali  furono  onore  di  quei  reami .  Vbllutbllo  •  * 
Genitrice  delU  onor  di  Cicilia  però  sembra  ,  che  voglia  dire  ancht 
di  pib  ,*  ed  in  fatti  ,  fu  D.  Pietro  suo  marito ,  che  liberò  la  Sicilia  dai 
Francesi  nel  laSa  col  favore  del  popolo,  che  ali*  ora  di  Vespero  ai 
scagliò  contro  di  quelli  ,  e  ne  fece  grandissima  camificina.  N.E. 

117  iS*  altro  si  dice;  se  si  dice  diverso  dal  vero  ,  cioè  eh'  io  per 
la  scomunica  sia  dannato  •  '*'  Il  Cod.  Caet.  le|[ge  questo  verso  con  piii 
dolcezza  :  E  dichi  '/  vero  a  lei  f'  altro  si  dice  ;  E  cosi  l' Antald.  E 
dinne  il  vero  a  lei  ec.  N.E. 

118  Rotta  la  persona^  vale  lo  stesso  che /e  rito  il  corpo  • 

119  Punte  per  punture  o  puntate  :  vedine  altri  esempj  di  Dante 
medesimo  e  d'altri  autori  nel  Vocabolario  della  Crusca -—mi  neiid^'» 
mi  convertii  • 

Ilo  j4  quel  ec,  a  Dio. 

131  Orribil  furon  ec,  Ayrevti  costui  menata  vita  epicurea  :  e  per 
regnare  aveva  data  morte  al  proprio  padre  Irederìco  il  ed  al  fratàù 
Corradi» o ,  ed  era  stato  nemico  e  prosecutore  di  santa  chiesa  (a)  . 

laa  La  bontà  infinita  ^  la  Nidobeatina  :  la  bontà 'rifinita  j  l'altr'edi-' 
xioni  —  ha  sì  gran  braccia ,  è  verso  di  noi  sì  grande . 

ia4  al  lap  Se  il  pastor  di  Cosenza  ec,  A  dilucidazione  di  questi 
due  terzetti  gioverà  il  seguente  piccolo  squarcio  dell'  istoria  di  Gio: 
Villani .  Perchè  il  morto  Manfredi  era  scomunicato  ,  non  volle  il  Ee 
Carlo  che  fosse  recato  in  luogo  sacro  ;  ma  a  piò  ilei  ponte  di  Beni- 
vento  fu  seppellito,  e  sopra  la  sua  fossa  per  ciascuno  delC  oste  gittata 
una  pietra  ;  onde  si  foce  una  grande  mora  di  sassi ,  tifa  per  alcun  si 
disse ,  che  poi  per  mandalo  del  Papa  (  Clemente  IV  )  ti  Fescovo  di 
Cosenza  il  trasse  di  quella  sepoltura  ,  e  tnandoUo  fuori  del  regno ,  per* 


(a)  Vtai  tra  sU  «Itri  Gio.  Villui  Ub.  6.  cap.  42  44  85  a  lib.  7  cap.^ 


e  A  N  T  O    1 1 1 .  45 

Avesse  in  Dio  ben  Ietta   questa  faccia  ; 

1 27     L'  ossa  del  corpo  mio   sarieno  ancora    ' 
In  co'  del  ponte ,   presso  a  Benevento  , 
Sotto  .  la  guardia  della  grave  mora  • 

i3o     Oc  le  bagna  la  pioggia  e  muove  '1  vento 
Di  fuor  del  regno ,  quasi  lungo  1   Verde  j 
Ove  le  trasmutò  a  lume    spento  . 

1 33     Per  lor  maladizion  sì  non  sì  perde , 

^k  era  terra  della  chiesa  ;  e  fu  seppellito  lungo  il  fiume  del  Verde , 
a*  caldini  del  regno  e  di  Campagna  (a) .  Il  Pastore  «dunque  ili  Cosenza 
maiMUilo  da  Clemente  alla  caecia  di  Manfredi»  sarà  il  detto  Vescovo , 
nandato  alla  ricerca  e  disumazione  del  cadarere  dello  scomunicato  Man- 
^cdi  :  oyrero  anche ,  com'  altri  dicono,  il  Voscovo  medesimo  mandato  dal 
Piipa  •  prima  di  quella  finale  battaglia ,  Legato  al  Re  Carlo  |  per  isti- 
molarlo  contro  Manlredi  .  La  mora  sarà  il  mucchio  di  pietre  gittate 
dai  soldati  di  Carlo  sopra  la  sepoltura  di  Manfredi  :  e  non  saHk ,  come 
il  Venturi  si  è  dato  a  credere  ,  che  mole  volesse  dire  il  Poeta  ;  ma 
la  rima  f  obbligasse  a  prevedersi  di  una  di  quelle  sue  solite  licenze  pia 
che  poetiche^  e  dicesse  mora  iier  mole:  che,  essendo  cosi,  non  avreb- 
be in  prosa  detto  mora  il  Villani  .  (  *  Circa  la  voce  mora  si  legga 
la  nota  del  P.  Ab.  di  C.  al  i^.  139  di  questa  cantica  nella  sua  Lettera 
te  N.E.  ^  La  faccia  non  ben  letta  in  Dio  dal  detto  pastore  di  Co- 
sensa ,  dicono  bene  gì*  interpreti  essere  la  non  bene  intesa  facciata 
o  pagina  {b)  delle  divine  scritture  ,  ove  Iddio  dichiarasi  pronto  sempre 
ad  accogliere  il  peccatore ,  che  a  lui  si  converte .  Mancano  solo  di 
dar  peso  all' interpretazione  con  far  avvertire,  che  dicendo  Dante  letto 
in  Dio  invece  di  letto  nelle  divine  scritture ,  usa  quella  frase  mede- 
sima V  colla  quale  diciam  noi  comunemente  leggersi ,  esempigrazia  , 
im  Piatone  ciò  che  l^gesi  neeli  scrìtti  di  questo  filosofo  .  —  Della 
TOC«  co  finalmente  ,  sincope   ai  capo  »  è  già  detto  ìvw.  zx  76. 

i3o  i3i  Or  le  bagna  ec.  Ne  fa  capire  che  fossero  lungo  il  Verde 
sparse  le  di  lui  ossa  ,  senza  sepoltura  veruna  — fuor  dal ,  1*  edizioni 
diverse  dalla  Nidobeatina  ,  Vérde ,  fiume  che  mette  nel  Tronto  non 
lontano  da  Ascoli.  Landino  •  (r)  .  ^  Verde  però  fu  chiamato  il  Gari" 
glianos  e  noi,  se^eqdo  il  P^  Ab.  di  Costanzo  ,  ci  tratterremo  pili  a  lungo 
ao  questa  erudizioi^e  nel  Canto  Vili  del  Paradiso  t^.  61 -53  ,  ove  Dante 
descrive  i  confini  del  Begno  di  Napoli  •  N.E. 

i3a  Le  trasmutò  t  le  fece  passare  —  a  lume  spento  y  senza  ono- 
ranza di  lumi ,  per  dinotare ,  che  il  Cardinale  (  Vescovo  di  Cosenza  ) 
i*  avea  per  iscomunicato .  Imperocché  quando  alcuno  si  scomunica ,  il 
sacerdote  getta  il   lume   in  torma,  che  si  spegne.   Landino. 

i33  Per  lor  maladizion  »  Si  rlfcrifiCe  la  particella  lor  ai  nominati 
Clemente  Papa  ,   e    pastor  di  Cosenza  ;  o  generalmente  ai   sacerdoti  « 


ifCS  Lab.  7  cap.  9.  (^)  Dì  faccia  per  facciata  o  pagina  vedi  il  VocaboU- 
«10  dalla  Crjifc«.     (e)  Altri  però  intenaoao   per  Verde  un  fiumicello  della  cam- 

ladi   Roma  ,   che    si  scarica  nel  Teve  ..         j.    ^l*. 

y eresio  $  ada  cÙ  Osa%  Vedi  'l  Diz,  geog 


^gaa  di   Roma  ,    che    si  scarica  nel  Teverone ,  preteso   oggi  appellato  da    ch^ 
chi  Osa*  Vedi  'l  Diz,  gtogr.  del  Ferrari  e  Baodrand  art.  Veresis, 


46  PURO  A'T  ORIO    • 

Che  non  possa   tornar  Y  eterno  amore  y 
Mentre  che  la  speranza  ha  fior  del  verde  é 

i36     Ver' è  che  quale  in  contumacia   muore 

Di   santa   chiesa ,  ancor  ch'ai  fin.  si  penta» 
Star  li  convien  da   questa  ripa  in  fuore    : 
1 39    Per   ogni  tempo  y  eh'  egli  è  stato  ,  trenta , 
In  sua  presunzion  ;   se  tal.;decreto 
Pili  corto  per  buon  prieghi  non  diveata  «r 

142     Vedi  oramai  se  (u  mi  puoi  far  lieto  , 

Rivelando  alla  mia  buona  Gostanza  *    ..  ^    . .  x. 

Còme  mMiai  vi^to  ,  ed  anco,  esjto  di^liQ^Pl^a, 

Cihè  qui  per  quei  di   là  moltp  $' avanza;          • 


.11. 


i^\  V  etemo ^  anione  ^  P  amicìzia  di  nió.]. 

i35  Ifferìlrè  cAtf  la  Sf9eranza  ha  fior  del  venie,  vaio  quanto  ;  mentre 
che  la  morte  noti  disecchi  del  tutto  la  speranzs^ ,  ma  uó  lasci  verde- 
nn.so\  filo,  un  tantino,*  eh*  e  ciò  che   signlQoa  fiore  avv«;rbio.   Vecfi' 

Ikf.  XXV  i4-i  e  XXXIV  atì.  .•  .    i.!.w  .  •; 

i37  e  seggi  T  Si   ravvisa  in  questo  passo  quello  di  Virgilio ,  Éncid», 
VI  V.  527  ,  e  seguente  .       ^ 

jVey*  ripat  datar  horrendaì  ,  beC  rauca  fiuentà  '' 

Transport'are  ptiu$  9  quam  sedìBus  osia  ^tuerùnt  j 
Centunt  erratU  annoi  »  vólitantque   hoBc   litora  circnni: 
Tarn  demum  adfniisi  stagna  exoptata  mnsunt  ..  JH,  E. 
—  Per  ogni  iert^no   ce.  Costruzióne,    Per  ogni  tempo,   rh* (*^l  è  stato 
in  sua  presunzion,  ìu  sua  pervicacia,    trenta ,  i\  trentuplo . 

i/j3  nis^lando^  la  Nidobeatina;  réy^lando\  V  nltr'  edizioni  . 
l 'il  Come  nC  hai  visto ,  et  anco  ,  Ià  Niddliettìna  ;  Cóme  m*  ha*  vi- 
sto ,  e.  anco  y  T  allr'  edizioni  —  come  ,    sfa   qùV  per  che  (fi)'' —  diinéta  / 
d'  entrar'  in  Purgatorio  se  non  passato   il  détto   treiituplo    della  cKmo« 
ra  fatta  nella  scomunica  • 

lf\i  'Per  qiiei  di  là  ,  per  le  preghiere  di  quei  chfc  scm  nel  mon<> 
do -^  5* /^i^a/isn  ,  si  guadagna  ,  .    ■  -      . 

(a)  Vedine  «Uri  esempj  recati  dil  Cinonio  Par  tic*  5^  5  .      ' 


Fine  del  canto  terzo» 


47 

C  A  N  T  O    IV. 


^fc 


ii-    ' .  r  f.  A^R  »G  O  M  E  N  T  O    n  . 

DàmU  ìm  questa -tanto  Comf  doli»  cómitipa  d*  aminu  ^  uèlla  quaU 
lo. T$fQn^ìticato  Manfredi  «  essendogli, mostrato  uno  strettissimo  cai' 
pel  medesimo  egli  con  Virgilio  salì  al  balzo  ,  dove  tratttnevansi 
U  èke  iiévita  negligenti  furono  ad  abbracciare  la  penitenza  ;  e  come 
costoro  trovò  BeHacqua^* 


«•     t  \f 


V^iiàlftido  per  dilettanze' orrer  per  dòglie, 
•  ■ì'Ghé'Ulcttna  virtù  nostra  domprenda, 
L' 'ànima  bene  ad   essa   si  raccoglie  , 
Par  ch'amùHa  potenzia  più  intenda  ; 

E'^iesto  è  contri  cfuello  error,  che  crede 
Ch' un'  anima  sòvr' altra  in  noi  s'àècenda  . 

r  •  f  ;  -I    *  .    •  .  .'      .         . 

a  3  4  Quarulo  ec.  Dell'  essersi ,  mentre  sì  trattenne  ad  udire  ad 
par  Manfredi ,  innalzatp  molto  il  Sole  senz*  avvedersene  ,  confer- 
•nte  V  insegnamento  (le*  filosofi  che  ,  intenta  fortemente  V  anima 
i  air  esercizio  d'  alcuna  delle  sue  Virili  o  sia  potenze  (a)  ,  ab- 
iia  intanto  affatto  V  esercìzio  d'ogni  altra  :  e  jpassa  quindi  a 
r  .d*  errpr^  coloro ,  che  ammettevano  neiruomo  pili  di  un' ani- 
coìi^fQ  fprse  intendendo  ^  'de*  quali  1'  ottavo    generale  coficlllo  , 


cosa  faci/e  :  imperocché  ove  fpssèro  neìl'  domo  più  atiime ,  pò- 
*,  mentr'una  attendesse  ad  unàflEare,  attenderei'  altra  con  uguale 
à  ad  un  altro  —  c/ie  nel  verso  'X  sta  per  le  quali  ,  —  alcuna  virtìi 
i  comprenda ,  alcuna  operazione  dell*  anima  abbia  seco  —  si  rac- 
,  si  afTisss^ . 

».  S^  accenda .  Metaforicamente  l' qàcendersi  per   dar  lume ,    lume 

'I  -■■  ■■■■       ■        i".  Il  —^1» 

(*)  Argomento  metrico  del  cel.  G.  Gotti. 
Stanco  per  lo  lallr  sul  poggio  siede 
Dante  ,  ed  ammira  li.rai  rilaceati 
Del  sol,  che  guidi  da  sinistra  il  piede* 
E  coU  trova  che  de'  negligenti 
Si  purga  il  villo  ,  e  Belac^ua  conosce  , 
Glie  Ik  sen  giace  fra  gli  sp  rti  lenti  , 
E  oiation  desira  alle  soe  angosce  • 
!)  flirta  e  potenze  nello  stile  scolastico  soao  una  cosa  ;  e  però  qpella  ,  che 
teste  nel  2  verso  viriti,  ,  appella  poscia  ne*  versi  4  e  io  potenza  .     (b)  Can. 
menta  alle  citate  parole   il  Cahassuzio  :    Haec  fuit  veterum  quorumdam 
ophorum  hcsresis  praeter  animam  rationalem  esse  insuper  in  homine 
im  sensitivam^  ex  qua  sola  promaneant  omnes  concupiscendi  actus  , 


4«  PURGATORIO 

7    E  però,  quando  $*  ode  cosa  o  Tede 
Che  tenga  forte  a  se  V  anima  volta  , 
Vassene  1  tempo  ^^  V  uom  non  se  n'arrede  : 

IO    Ch'altra  potenzia  è  quella  che  Tascolu» 
Ed  altra  è  quella  e'  ha  V  anima  intera . 
Questa  è  quasi  legata  »  e  quella  4  sciolta  . 

i3    Di   ciò  ebb'io  esperienzia  yera. 

Udendo  quello  spirto ,  ed  ammirando 
Che  ben  cinquanta  gradi  salita  era 

1 6    Lo   Sole  j  ed  io   non  m' era  accorto  ;  quando 

Veni  mino  dove  quell'anime  ad  una 
,  Gridairo  a  noi  :  qui  è  vostro  dimando  . 

>9    Maggiore  aperta  molte  volte  impruna  , 
Con  una  forcatella  di  sue  spine  » 
L'  uom  della  villa ,  quando  l'uva  imbruna  p 

d*  intendimento  ;   e  metonimicamente  cotal  agire  dell'  anima   per  la 
esistere. 

»o  II  la  CK altra  ee.  Bende  il  Poeto  ragione  perchè  nel  detto 
^o  operi  solamente  Impotenza  uditiTa  o  Tisiva,  e  non  insieme op«pi 
"  riflessivo ,  avvertendo  al  trapassar  del  tempo  :  e  dice  avvenir  ciò 
perchè,  tenendo  la  cosa  fortemente  a  se  l'anima  volta  ^  applicato , 
1*  «ola  potenza  per  cui  la  cosa  volge  a  se  V  anima  ,  trovasi  lihera^  al 
?no  esercizio  ;  ed  ogni  altra  potenza  ,  che  V  anima  ha  int^^'^  >  cioè 
intatta ,  o  sia  non  toccato  dal  medesimo  movente  ohhietto  «  ne  viene 
^uasi  teguta ,  impedito ,  ad  esercitarsi  —  che  V  ascolta  vale  cA»  ^  comi 
^'^^'ta  ,  coerentemente  cioè  al  premesso  quando  s*  ode  cosa  e^* 
'•^  Esperienut  vera  ,  esatta  . 

'5  i6  17  Che  ,  vale  perocché'^ cinquanta  grandi  udiC  era  to  Soh  • 
Concìossiachè  corra  il  Sole  gradi  quindici  ogni  ora,  viene  a  dire, 
^"  eran  pili  di  tre  ore  di  Sole .  —  Ad  una  unitomente  . 

'S  Vostro  dimando^  la  via  di  salire,  che  voi  cercate. 
/O  ao  li  Aperta  per  apertura  adoprarono^  anche  altri  autori  • 
jedi  \\  Vocah.  della  Cr.  Ed  apertura  intendi  di  siepe  o  muro  circon* 
dante  la  vigna— im/j/tm/i  da  imprunare ^  che  vale  serrare  co* pruni  • 
edi  il  detto  Vocab.  —  forcatella  diminutivo  di  forcata  ,  che  appellasi 
(piella  quantità  di  pas^lia  ,  fieno ,  spine  ec.  che  con  un  forcone  si  pi- 
glia ;  e  serve  tal  diminutivo  ad  indicare  vie  più  piccola  quella  fes- 
sura nel  monte ,  per  cui  dovevano  salire .  Imperocché  non  potendo 
una  forcatella  di  spine  serrare  che  piccola  apertura  ,   se  nondimeno 


e  A  N  T  O    I  V.  49 

aa     Che  non   era  Io  calle  onde  saline 

Lo  duca  mio   ed  io  appresso  soli, 
Come  da  noi  la  schiera  si  partine  . 

25     Vassi  in  Sanleo  ,  e   discendesi  in  Noli  , 
Montasi   su   Bismantova  in  cacume 
Con  esso  i  pie'  ;  ma  qui  convien  eh'  uom  voli, 

a8     Dico  con   V  ale  snelle  e  con  le   piume 

Del   gran    disio ,  diretro    a    quel  condotto 

rende  perciò  Dante  il   mutare   dell'  uva    nera  ,  eh'  è   la  sola  che  im- 
runa  ,  pel  maturare  di  tutta  1'  uva  . 

71  Ia)  calle  la  Nidoh. ,  la  calla  V  altre  eiiz.  *  e  il  Cod.  A'a».  N.L. 
la  significando  calla  porta ,  e  calle  strada  {a) ,  e  descrivtMidoci  Dante 
dettissima  non  solo  1*  imboccatura  di  quella  via  ma*  tutta  hi  via  me- 
esima ,  vien  meglio  calle  che  calla  . 


),  ed  in  BismantCH'a  (monte  altissimo  nel  territorio  di  J^eg- 
to  in  Lombardia)  ;  e  di  quella  che  dagli  Apennlni  scende  in  N'oli  y 
ttà  e  porto  tra  Finale  e  Savona  nel  Genovesato  .11  Landino  e  ilVel- 
itello  intendono  cacume  per  un  quarto  luogo  ,  cioè  per  una  molto 
pida  montagna  in  Campagna .  Nel  testo  coi  cementi  dei  due  detti 
ipositori  stampato  in  Venezia  nel  1578.  leggesi  il  verso  26  a  quel 
lodo  veramente^  che  secondo  una  tale  spiegazione  dovrebbe  leggersi, 
Montasi   su   Bismantova  ^  t    in   Cacume  : 

medesimamente  hanno  trovato  in  alcuni  mss.  gli  Accademici  della 
r.  Se  r  esistenza  di  cotal  monte  potesse  accertarsi ,  nulka  restercltbe 
ercbè  lezione  e  spiegazione  tale  non  potesse  ammettersi .  Ma  io  temo 
be  il  monte  Cacume  non  abbia  avuto  esistenza  che  in  mente  de'  pre- 
tti comeutatori  :  imperocché  nelle  più  estese  carte  geografiche  tro- 
)  hens\  Bismantova  nel  Reggiano,  e  non  Cacume  \a  Campagna.  Ter 
nesto  difetto  adunque,  e  per  l'autorità  del  gran  numero  delle  edi- 
ODI  ,  e  de'  mss.  leggenti  su  Bismantova  in  cacume  (  lezione  che  non 
ì  luogo  a  riceversi  cacume  per  nome  proprio  )  ,  e  per  finalmente 
"Ovarsi  cacume  in  luogo  di  cima  adoprato  da  buoni  antichi  scrittori 
oche  in  prosa  (b)  ,  parmi  la  più  sicura  d'intendere  cacume  per  cima; 

che  su  Bisnmntova  in  cacume  vaglia  quanto  su  in  cima  a  Bisnuinr 
va  (e)  . 

iy  Con  esso  ,    il  medesimo  che   il  semplice   con  ;  com'  altrove  è 
etto  ((l)  . 

28  '2g  3o  j4li  la   Nidob.,  ale  l'altre  edizioni   "^  e  11   Cod.  Vat.    da 


(a)  Vedi  il  Vocabol.  della  Or.  (l>)  Vedi  lo  stesso  Vocabol.  (e)  '  Può  con- 
iMrii  la  nou  del  P.  Ab.  di  Costanzo  al  v.  a6  di  questo  canto ,  nella  quale 
poggiato  alla  Lez.  del  Cod.  Cass.  ed  al  suo  Postili,  ci  fa  conoscere  esservi  in 
ilabcia  un  monte  altissimo  detto  Cauzio  o  Cacucio  che  ,  dice  eoli  ,  porrebbe 
lere  il  monte  Cacume  in  questione  .  Noi  però  non  ci  si  accordiamo  gran  l'at- 
,  e  ne  diremo  a  suo  luogo  le  ragioni  ;  qui  ci  persuade  molto  piU  l'  opiniouc 
l  Lombardi .  S.E.     (d)  Vedi  il  Cinon.  ?artic.  106  2. 

T.a.  D 


5o  PURGATORIO 

Che   speranza  mi  dava  e  facea  lume. 

3i     Noi  salivam  per  entro  1  sasso  rotto  » 

E  d'ogni  lato  ne  stringea  lo  stremo  , 
E  piedi    e  man   voleva  1  suol  di  sotto  . 

34     Quando  noi  fummo  in  su  V  orlo  supremo 
'Deir  alta  ripa  ,  alla  scoverta  piaggia  : 
Maestro    mio  ,  diss'  io  ,   che  via  faremo  ? 

37     Ed  egli  a   me  ;   nessun  tuo    passo  caggia  . 
Pur  suso  al  monte  dietro  a  me  acquista  9 
Fin   che  n'  appaja   alcuna  scorta  saggia  • 

^o     Lo  sommo  er'  alto    che  vincea  la  vista  , 

fioi  prefcrilo .  N,K.  a  quel ,  a  A  irgilio  —  e  Jhcea  lume  ,  e  ni*  insegnava  il 
cammino.  *"  /H   speranza  ne  dava  ^  e  fu  ci  ti  lume,  il  Coti.    .inttdiL  lY.E. 

3i  Sale\*am  la  .Nidob. ,  salavnm  T  altre  edizioni  ,  *  e  il  Cod.  \at.  e  il 
Caet.  %.L.  IVovando  noi  anticamente  dello  a;»jKu\'re  ,  ed  apparire  ,  capere 
©  capire  ,  off  onere  ed  offt^rire ,  fererc  q  ferire  ,  pentcre  Q  pentire  ec. ,  per- 
chè non  crederemo  che  anche  dieess-  :»i  sileìv  e  salire  ?  e  che  sale^fit" 
mo  non  sìa  da  snlire  ,  ma  da  salere  -  Sala^uun  ,  che  leggono  V  altre 
^dizioni  ,  e;!  anche  io  .^idobcatina  nel  x  di  questa  cantica  i'.  7  non  pa- 
re che  jiossa  esseri»  scritto  che  per  errore  *  Il  Biagioli  le^^ge  salis^cmy 
e  noi  ,  che  niente  slam  vaghi  di  n(>oh)gisnii  ,  lo  seguiamo  voleu- 
fieri  .   \,'  .  —  per  entro  7  sasso  rotto  ,  pel  viottolo  scavato  in  quel  sasso  . 

Ti'i  />'  o^ni  luto  ne  strinsrca  lo  stremo  ,  V  estremità  ,  le  sponde  di 
queir  incavo  ,  pel  poco  intervallo  ilall*  una  ali*  altra  ,  ne  slringevauo 
A  desna  e  a  sinistra . 

33  /:  piffrli  a  man  er.  1/  erto  snolo  ,  sopra  del  quale  comminava- 
mo,  ri  obbligava  a  cnmminar  carpone,  a  guisa  d*  animali  quadrupedi. 

3}  35  Su  r  orlo  supremo.  Come  la  cavità  dell' iufernal  vallone, 
così  la  convessità  ,  o  sia  il  dorso  di  questo  purgatoi*io  monte,  scom- 
parte  il  Poeta  in  distìnte  ripe  Ibnnanti  dei  ripiani  all'  intorno  a  guisa 
di  gradi  r  e  però  in  vece  a'ì  qui  dire  d'  essere  salilo  su  C  estremità 
supcriore ,  ovvero  sul  ripiano  sov'rastante  alla  ripa  ,  dice  d'  essere  sa- 
lito Su  r  orlo  supremo  della  medesima  —  alla  scoveìia  pi^ig^^in  »  allo 
^coperto   dorso  di    quol  monte. 

37  Nessun  tuo  passo  eaifs^'a  ,  cioè  non  ponere  niiuto  tuo  passo  in 
basso,   nuli    citalo   nel  Vocab.  della    v.is  al   verbo  reggere  ,    oude   fuMÌ 

38  Pur  suso  al  monte  la  Mdob. ,  pur  su  al  monte  T  altre  edizio- 
pi  »  *  ed  il  (.od.  Val.  ^•  E.  /acquista  per  ^uso  al  monte  :  dee  inten- 
dersi lacinia  per  ellissi  altezza,  o  siinil  cosa  ;  e  come  se  detto  avesse , 
(^(jui sta  pure  appressarne  altezza  sopra  al  monte.  Della  preposizione 
fopra  (  a  cui  suso  è  qui  uguale  )  col  terzo  caso  congiunta  ,  vedi  il 
Cinonio  (a)  . 

39  Sair:tia ,  che  sappia  guidarci  . 

/p)  Lo  sommo,  la  sommità,    la   cima   del  monte  —  alto   die  ^  vai 

(a)  Purtic.  a3i   3. 


e  A  N  T  O    I  V.  5f 

£  la  costa  superba   più  assai 

Che  da  mezzo  quadrante  al  centro   lista. 

43     Io  era   lasso,  quando  cominciai  : 

0  dolce  padre  ,  volgiti  ,  e  rimira 
Com'  io  rimango   sol  ,  se  non  ristai . 

46  Figliuol  mio  ,  disse  ,  infin  quivi  ti  tira  ; 
Addii/andomi  un  balzo  ,  poco  in  sue , 
Che  da  quel  lato    il  poggio  tutto  gira  . 

49     Si  mi   spronaron  le   parole  sue  9 

Ch'  i'  mi  sforzai ,  carpando  appresso    lui , 

guanto  allo  talmente  che  {a) — vincea  la  vista  y  estendevasi  più  in  alto 
che  non  arrivasse  la  vista  .  Dice  in  altri  termini  lo  stesso  ne'  versi  86  ^j. 
/|i  /|2  La  costa  ,  il  fianco  del  monte —  superba  ,  erta  :  come  per 
avviso  del  Daniello  ,  disse  anche  il  Petrarca  ,  E  le  torri  superbe  al 
del  nemiche  {b)  —  pili  assai  che  da  mezzo  quadrante  al  centro  (a  cen- 
tro leggono  l'edizioni  dalla  Nidob.  diverse  ,  *  e  il  Cod.  Val.  N.E.  )  /i- 
sta .  Chi  sa  cosa  è  il  quadrante  col  anale  misurano  gli  astronomi 
r  elevazioni  degli  astri  ,  ed  in  c^ual  modo  per  cotal  effetto  si  dispone 

{cioè  con  uno  de'  due  lati  rettilinei  orizzontalmente  collocato ,  e  con 
'altro  eretto  perpendicolarmente  sopra  del  primo)  capirà,  cho  ,  ove 
la  lista  ,  o  sia  il  regolo  colle  due  mire  ,  che  traguardo  si  appella,  passi 
dalla  metà  del  quadrante  al  centro,  viene  la  direzione  cfcila  medesi- 
ma lista  ad  esser  media  tra  la  perpendicolare  e  V  orizzontale  ;  e  che 
dicendo  Dante ,  eh'  era  la  costa  di  quel  monte  superba  pili  assai ,  che 
lista  ila  mezzo  quadrante  al  centro^  non  vuol  altro  dire  se  non ,  eh'  era 
quella  costa  molto  pih  vicina  ad  essere  perpendicolare ,  che  ad  essere 
orizzontale  . 

43  Quando  cominciai  la  rt'idob.  ,  quando  V  cominciai ,  V  altre  edi- 
zioni stucchevolmente  ,  dopo  appena  detto  Io  era  lasso  ,  *  Il  Cod.  Vat. 
sta   colla  comune.  N.b. 

45  lUmango  soly  non  potendoti,  intende,  per  la  stanchezza  se- 
guitare . 

46  Figliuol  mio  disse  la  IS'idob. ,  OJlgUuol  disse  l'altre  edizioni. 
*  O  Jiglio  ,  disse  ,  il  Cod.  A  at.  N.K. 

47  4^  ^1  balzo  un  poco  in  s'ie  la  Nidob.  ,  un  balzo  poco  in  sue 
l'altre  ediz.  *  il  Cod.  \at. ,  e  il  Caet.  che  noi  seguiamo  per  isfuggi- 
re  quei  due  un  così  vicini,  e  senza  necessità.  ^.E.  —  Sue,  in  vece 
di  su  y  dissero  gli  antichi  anche  in  prosa  per  cagion  dell'  accento  pro- 
nunziato mal  volentieri  sopra  T  ultima  sillaba  (e) .  Balzo  vale  qu\  quan- 
to prominenza  ,  spargimento  di  terreno  fuor  della  superficie  del  mot  ite  : 
il  quale  veniva  a  soprastare  all' or/o,  su  del  quale  voleva  fermarsi . — 
Tulio  gira  y  a  guisa   di  loggia  • 


(a)  Di  cotale  significato  della    particella  che  vedi   pore  il  Cinonio  Parttc. 
44  34.     (b)  Son»  106.    {€)  Cinoaio  Sartie.  233  8. 

D  i 


52  PURGATORIO 

Tanto   che  1  cinghio  sotto  i  pie'  mi  fue  . 

5a     A  seder  ci   ponemmo  ivi   amendui, 

Volti   a  levante    ond'  eravam  saliti  : 
Che  suole  a  riguardar  giovare  altrui. 

55     Gli  occhi  pria   dirizzai  a'  bassi  liti  ; 

Poscia  gli  alzai  al  Sole  ,  ed   ammirava 
Che  da   sinistra  n'  eravam  feriti . 

58     Ben  s'  avvide  '1  poeta  che  io  stava 

Stupido  tutto  al  carro  della  luce  , 
Ove   tra  noi  ed  aquilone  intrava . 

6i   Ond'  egli  a  me:  se  Castore  e  Polluce 

Fossero  'n  compagnia  di  quello   specchio , 
Che  su  e  giù  del  suo  lume   conduce  ; 

5i  //  cingfnn  ,  il  predetto  orlo  ,  sul  quale  per  la  stanchezza  vo- 
leva posare.  Cinghio  lo  appella,  perocché  circondante  intomo  tatto 
quel  monte  —  sotto  i  pie  mi  fue  ,  per  essere  ,  com'  è  detto  ,  quel  balwo 
uno  sporgi  mento  di  terreno  ,  e  soprastante  ali*  orlo  su  del  quale  vo- 
leva restare  , 

54  Che  suole  ec.  Ellissi;  e  come  se  detto  avesse  :  perocc/ùt  il  n- 
guardare  onde  siasi  salito  suole  gio\^are  altrui ,  suole  cioò  al  viaggia- 
tore recare  contento  e  coraggio .  A  per  {7  adoprasi  anche  a  d\  nostri 
volgarmente;  dicendosi  ,  a  cagion  d'esempio  >  è  bene  a  guardarsene  ^ 
hi   vece  di  e  bene  il  guardarsene  • 

55  Pria  dirizzai  la  Midob. ,  prima  diriizai  l'altre  edizioni,  *  e  il 
€od.   Vat.  N.E. 

56  57  Ed  ammirava  .  Maravigliasi  che  ,  sedendo  egli  volto  a  le- 
vante (come  poc'anzi  ha  detto)  avesse  a  sinistra  il  Sole;  imperoc- 
ché in  Europa ,  e  nelle  regioni  tutte  al  di  qua  del  tropico  del  can- 
cro ,  chi  sta  volto  a  levante  vede  girare  il  Sole   alla  sua  destra. 

58  §9  60  Jo  resta\>a  la  Nidoh. ,  io  stas^a  V  altre  ediz.  *  e  il  Cod. 
Vat.  e  il  Caet.  da  noi  seguiti  perchè  ci  danno  un  senso  più  poetico  e 
forte.  Poco  diversamente  il  Cod.  Antald.  Ben  s*  accorse  il  poeta  eh*  io 
stava.  N,E.  — al  carro  della  luce ,  al  Sole,  secondo  la  poetica  finzione, 
che  segga  il  Sole  in  un  carro  da  velocissimi  destrieri  tirato.  —  o\*etra 
noi  ed  aquilone  intrava  :  al  contrario  cioè  (  per  quel  monte  antìpodo 
a  Gerusalemme  {a)  ,  città  posta  al  di  qua  del  tropico  del  Cancro  )  dì 
auanto  accade  qui ,  dov'  entra  ,  nasce ,  il  Sole  tra  noi  ed  austro  ,  punto 
aiametrnlmoiite  opposto  all'aquilone  . 

61  6^  (y>  Castofv  ^  Polluce  sono  ,  secondo  la  favola,  i  due  fratelli 
j»emelli  figliuoli  di  Giove  e  di  !-Cvla  ,  che  formano  in  cielo  la  costel- 
lazione appellata  perciò  dai  J^aliui  Gemini  ;  e  per  colali  intende  qui 
Dante   la  cosiollazionc  stossa  — specchio  poi  appella  il  Sole  sul  fonda- 

(a)  Ve^i  'n  seguito   v.  68  e  segg. 


e  A  N  t  O    I  V.  53 

64     Tu  vedresti  '1  zodìaco  rubecchio 

Ancora  alF  Orse  più  stretto   rotare , 

Se  non  uscisse  fuor  del  cammin  vecchio  * 

67     Come  ciò   sia  ,  se  'I    vuoi  poter  pensare, 
Dentro  raccolto ,  immagina  Sion 
Con  questo  monte  in    su  la   terra   stare 

70     Sì  ,  eh'  amendue    hanno   un  solo    orizzon 
E    diversi  emisperi  ;  onde  la  strada  , 
Che  mal   non    seppe   carreggiar  Feton  , 

73     Vedrai  com'  a  costui  convien  che  vada 

Dall'  un  ,  quando   a   colui  dall'  altro  fianco  ^ 
Se  lo  'ntelletto   tuo  ben    chiaro  bada  . 

mento  medesimo  su  del  quale  nel  Varadiso  ix  6i  appella  specchi  gli 
Angeli  ;  perocché  il  primo  agente  cioè  (  inSe;-jna  esso  Dautc  nel  suo  Con." 
9Ìto  )  pinge  la  sua  virtii  in  cose  per  modo  di  diritto  raggio ,  e  in  cose 
per  modo  di  splendore  rinverbcrato  :  onde  nelP  intelligenze  raggia  la  di' 
vina  luce  senso  mezzo  :  nelP  altre  si  ripercuote  da  queste  intelligenze  pri^ 
ma  illuminate  (/i):  per  la  qual  dottrina  viene  il  Sole  ad  essere  come 
uno  specchio  riverberante  a  noi  mortali  la  luce  che  dalle  Intelligenze 
riceve. —  Che  su  e  giù,  ec,  or  alzandosi  ad  illuminare  un  emisfero  ,  or 
abbassandosi  ad  illuminare  T  altro  opposto  . 

S.\  65  Tu  vedresti  ce.  Come  la  aetla  costellazione  de*  Gemini  è  piit 
vicina  air  Orse  (  due  costellazioni  al  polo  nostro  artico  contigue)  di 
quello  sia  Ariete  ,  certa  cosa  è  che  ,  ove  il  ìSole  ,  in  vece  d  essere  , 
com*  era  allora  ,  in  Ariete  {b)  ,  stato  fosse  in  Gemini  ,  sarchliesi  veduto 
e  il  Sole  ,  e  la  porzit>ne  del  zodiaco  dal  Sole  tocca  e  fatta  ruhecchia  » 
rosseggiante  ,  rotare  pdi  stretto  ,  aggirarsi  più  vicino  ,  alC  Orse .  Di  ne- 
cessita dee  pel  zodiaco  rubecchio  intendersi  la  sola  porzione  del  zo- 
diaco dal  Sole  tocca  e  fatta  rosseggiante  ;  imperocché  V  intiero  zodiaco 
non  cangia  mai ,  né  sembra  cangiare  rapporto  al  rimanente  del  cielo  . 
*  Presso  alla  parola  rubeccMo  il  Posti!.  Cass.  nota  :  quce  est  rota  mo^ 
lendini  {Untata  :  E  Jac.  della  Lana  interpreta  egualmente  dicendo ,  che 
robecchio  in  lingua  tosca  vuol  dire  rota  dentata  di  Molino  .Ciò  essendo  » 
potrebbe  dirsi  che  il  Poeta  ha  voluto  imaginosamente  assomigliare  la 
rotonda  figura  dello  Zodiaco  divisa  nelle  dodici  costellazioni  ad  una 
rota   denttita  .  N.E. 

68  al  75  Dentro  raccolto  ,  con  interno  raccoglimento  di  tutta  men- 
te —  immagina  Sion  (  monte  celebre  nella  città  di  Gerusalemme ,  per 
la  città  medesima  )  con  questo  monte ,  del  Purgatorto  ,  stare  in  su  la 
terra  sì  ,  talmente,  eh*  amendue  hanno  un  solo  orizzonte  ,  e  diversi  end" 
speri  •  Questo  è  come  a  dire,  talmente  che  uno  e  diametralmente  opr 
posto  alt  tdtro .  Ho  levata  una  virgola  eh'  era  posta  in  fine  al  verso  69 , 

(a)   Tratt.  3  cap.  14.    {b)  Vedi  U  nou  U  cinto  I  dell'  Inf  0'  ^  8. 


54  PURGATORIO 

76     Certo  ,  maestro  mio  ,  diss'  io  ,  unqaanco 
Non  vid'  io  chiaro   si ,  com'  io  discerno 
Là  dove  mio  'ngegno  parea  manco  , 

79    Che  1   mezzo  cerchio  del  moto  superno , 
Che  si  chiama   equator  in    alcun'  arte 
E  che  sempre  riman  tra  1  Sole  e  '1  verno  y 

82     Per  la  ragion  che   di' ,  quinci  si   parte 
Verso  settentrion  ;  quando    gli  ebrei 
Vedevan  lui  verso    la  calda  parte  . 

la  quale  non  lasciava  apparir  chiaro  il  senso  del  sì  che  nel  princìpio 
del  seguente  verso  ,  —  omle  la  strada  ec.  cosi  legge  la  Nidob. ,  e  co- 
si dee  leggersi  in  vece  di  on/T  è  che  leggono  1*  altre  edizioni  ,  e  de* 
conseguentemente  togliersi  anche  il  punto  fermo  ,  che  le  medesime  col- 
locano nel  fine  dei  seguenle  verso  dopo  Feton  ;  e  lasciare  che  corni 
il  senso  innanzi  ;  e  che  la  strada  medesima  ,  che  mal  non  seppe  ec»  » 
sia  quella  che  vada  daW  un  ,  quando  a  colui  dalT  altro  fianco  ,  acciò 
non  rimanga  quest'  ultimo  parlare  senza  nominativo  .  Ecco  la  mia  co- 
struzione e  spiegazione .  Onde  vedrai  come  la  strada  ,  che  mal  (  mal 
per  lui,  dannosamente) /lO/i  seppe  Feton  carreggiare  (Ìa  strada  del  Sole 
nomata  dagli  astronomi  ecr/i^'c*A  )  convien  che  vada  a  costui  (a  questo 
monte  del  Purgatorio  )  dalPun  fi<uico ,  quando  a  colui  (  al  monte  Sion  ) 
va  intendi  dalt  altro  . 

Due  critiche  fa  a  questo  passo  il  Venturi  .  Da  Fetonte  (  dice  in 
primo  luogo  )  ed  orizzonte  viene  qui  in  riguardo  delia  lima  troncata  per 
privilegio  rarissimo  V  ultima  sillaba  ,  acciò  queste  due  voci  con  quella 
di  Sion  regolarmente  consuonino  :  privilegio  che  non  si  passerebbe  in  oS" 
si  ne  pure  nei  versi  tronchi ^  come  son  questi .  Costui  (  dice  in  secondo 
luogo  )  che  ne  pure  d*  un  animale  ,  fuorché  della  spezie  umana  ,  non 
si  airebbe  ,  lo  disse ,  come  qui  Dante ,  di  cosa  inanimata  ancora  il  Boc- 
caccio nel  Filocolo  • 

Feton  ed  oHzzon  ,  gli  si  risponde ,  non  sono  voci  Italiane  tronca- 
te, ma  Greche  ed  intiere  voci; nò  sono  dal  poeta  nostro  ammesse  che 
con  quel  privilegio  ,  non  rarissimo  ,  ma  a  tutti  i  poeti  comune  ,  d*  in- 
serire opportunamente  ne' loro  poemi  voci  di  diversi  dialetti.  Stupisco 
che  non  siasi  creduto  troncata  anche  Sion  dallo  Sionne  ,  che  pur  ita- 
lianamente si  dice . 

Quanto  poi  all'  adattamento  del  pronome  costui  a  cose  inanimate , 
o  ad  individui  fuor  dell'  umana  spezie ,  Dante  e  l^occaccio  ,  quando 
anche  fossero  soli,  dovrehhero  poter  bastare  per  sottoporre  la  pretesa 
regola  ad  una  qualche  eccettuazione  .  Il  A  ocabolario  però  della  Cru- 
sca ne  cita  autori  del  medesimo  uso  anche  le  Jiime  antiche  ,  ed  il  mo- 
derno elegantissimo  I^edi  . 

76  al  84  Cerio  ec.  Costruzione  .  Maestm  mio  ,  non  vidi  certo  un* 
quanco  sì  chiaro  là  dove  mio  *ngegno  parea  manco  (  non  intesi  giammai 
cosi  chiaramente  cosa  che  prima  scmbravami  impercettibile  } ,  coni*  io  , 
per  la  ragion  che  di*  (  per  la  ragione  detta  ,  di  avere  quel  monte ,  e 
Gerusalemme  lo  stesso  orizzonte  ;  «  diversi  «misfsri  :  ciò  ch«  non  può 


e  A  N  T  O     1  V.  5j    • 

85     Ma  ,  s'  a    te   piace  ,  volenlier  saprei 

Quando  avemo  ad  andar  ;   che  '1  poggio  sale 
Pili ,  che  salir    non  posson  gli    occhi    miei  < 

88     £d  egli  a  me:  questa  montagna  è  tale, 

Che    sempre  al  cominciar  di  sotto  è  grave  * 
E  quanto   uom  più  va    su  ,  e  men  fa  male^ 

91      Però    quand'  ella    ti    parrà    soave 

Tanto  ,    che    1  su   andar  ti  fia  leggiero 
Come    a  seconda  in   giuso  andar  per  nave  ^ 

^     AUor  sarai    al  fin  d'  esto  sentiero  : 

Quivi  di   riposar  V  atfanno   aspetta  . 

essere  se  non  essendo  i  detti  due  luoghi  perfettamente  uno  all'  altrd 
antipodi  ,  ed  uno  ni  di  là  dell*  equatore  tanto  quaiilo  V  altro  è  al  di 
quk  )  discerno  che  7  cerchio  mezzo  (  mezzano  ,  intermedio  )  [a)  dA  mota 
superno  (  del  più  alto  girante  ciclo  :  metonimia  :  il  moto  che  il  cielo 
fa  pel  cielo  stesso)  che  in  aleuti^  arte  {  in  astronomia)  si  chiama  equa- 
tore ,  e  che  rimari  sempre  tra  il  Sole  e  *l  iberno  (  eh'  è  sempre  situato 
tra  la  parte  ove  trovandosi  il  Sole  la  fa  essere  T  estate  ,  e  tra  V  altra 
OTe  il  Sole  mancando  fa  esser  T  inverno  )  si  parte  quinci  (  scostasi 
da  questo  monte)  verso  seftcntrion  ;  quando  ^li  Ebrei  ,  in  tempo  che 
nel  «letto  antipodo  monte  Sion  abitavano  (  ora  per  tutto  il  mondo  di- 
spersi )  vedjsan  lui  y  V  enu-ilore  detto  ,  verso  la  calda  parte  ^  verso  V  au- 
stro .  Calda  /yr/r^e  appella  Dante  V  austro  col  linguaggio  nostro  e  di  lutti 
ì  popoli  situati  tra  \\  tropico  del  C'ancro  e  il  polo  artico  ;  rapporta 
ai  quali  la  parte   australe  è   V  altitazione  del  ^o]e. 

*  85  Se  ti  piace  y  Cod.  Anlald.  N.K. 

86  87  Quanto  avremo  ec.  quasi-  dica  ,  abbiam  noi  forse  da  salire 
fino  alla  cima  di  questo  monte?  sarebl)emi  ciò  impossibile;  imperoc-» 
che  sale  egli  tant*  alto  ,  eh*  io  non  ne  veggo  la  cima  — gli  ecchi  miei  ^ 
dice  per   la  mia  vista . 

88  89  Questa  monfaf(na   è  ec.  Accenna  il  peso   delle  colpe,  delle 

J[iin1i  r anima  si  va  di  balzo  in  balzo  sgravanno  .  il  Landino  e  il  Vel- 
utello  intendono  la  facilità  al  bene  operare  ,  che  induce  il  buon  abito . 
Ma  in  cotal  senso  non  sarebbe  piìi  la  detta  proprietà  cosa  particolare 
di  quella  salita  :  imperocché  ogni  abito  e  fisico  e  morale  induce  faci- 
lità ai  rcspcllivi  atti  .  *  Bella  è  la  variante  dei  Cod  Antald«  e  Quan- 
to pi  it  va  stt  y  e   men  Ja  male  .  N.F. 

9^  Ti  fia  la  TSidob. ,  ti  sia  l'altre  edizioni  . 

9*^  Come  a  seconda  in  f(inso ,  andar  per  nave  la  Nidob.  ,    Com*  of 
seconda  f(ih  V  andar  per  nas'e  V  altre    edizioni  ,  *  e  il  Cod.  \at.  N.F.. 
95   Quivi  di  riposai  t  affanno  ec,  riposare    ottiene  qui  senso  atti- 
vo, quanto  ^/«r  riposare,   acquistare  .  Vedi  il  Vocabolario  della  Cr.  al 
▼crbo   Riposare  §.  5. 
— ,    -  ■  ... 

(a)  Di  mezzo  a|;gettivo  pti  mezzano  ,    o  intermedio  )  vcdinS  altri  esempj 
sai  Vocab.  della  Cr.  sotto  està  voce  $.  4.      v. 


56  PURGATORIO 

Più  non  rispondo  ;  e  questo  so  per  vero  • 
97     £  ,  com'  egli    ebbe  sua   parola   aetta , 
Cna   voce  di   presso  sonò  :  forset 
Che    di   sedere  impria  avrai  distretta. 

lOO     Al  suon   di  lei   ciascun  di   noi   si  torse  9 

E  vedemmo  a  mancina  un  gran  petrone^ 
Del   qual  ne  io  ned  ei  prima  s'  accorse  . 

io3     Là  ci  traemmo;  ed  ivi  eran  persone 

Che   si  stavano  all'  ombra  dietro  al   sasso  y 
Com'  uom  per  negligenza   a  star  si  pone  . 

106  Ed  un  di  lor,  che  mi  sembrava  lasso  9 
Sedeva,  ed  abbracciava  le  ginocchia  9 
Tenendo  '1  viso  giù  tra  esse  basso  . 

109  O  dolce  signor  mio  ,  diss'  io,  adocchia 
Colui  che  mostra  se  più  negligente, 
Che  se  pigrizia   fosse  sua  sirocchia  . 

96  Pili  non  rispondo  ;  e  questo  so  per  vero  .  Parmi  che  intendere 
si  debba  la  particella  e  adoprata  qui  per  ma  (  di  che  vedine  altri  esem- 
pi presso  il  Cinonio  )  (a),  e  come  se  avesse  Virgilio  dciio  ;  Pagano  ^ 
e  aeir  inforno  abitatore  eh'  io  mi  sono  ,  posso  erudirti  di  piii  intomo 
a  questo  luogo  di  salvazione  ;  ma  di  questo  che  t' ho  detto  non  dei 
dubitarne  ,    che   lo    so  per  certo  . 

99  Impria  la  Nidol». ,  in  prima  V  altre  edizioni  .  E  prima  ,  s'  in- 
tende ,  eh'  Usu  andar  ti  Jia  leggiero  ,  detto  da  Vir|»ilio  a  Dante  .  *  Impri' 
ma  ha  pure  il  Cod.  Val.  1/  Aiitaldinno  legge  questi  due  versi  :  Una  vo- 
ce d'appresso  gridò  i  forse  Che  di  sedere  imprinuz -avrai  ilistretta,  N.E. 
^  distretta  ,  necessità  . 

IO!  y/  mancina  j  a  mano  manca,  a  mano  sinistra . 

102  Ne  io,  neil  ei  :  restituisco  1*  Aldina  lezione ,  e  ioì^o  ned  io  ^ 
med  ei  inserito  in  vece  dagli  Accademici  della  Crusca.  Al  ne  ,  quando 
precede  a  vocale,  gii  s*  affisse  ,  dice  il  Cinonio  (b)  ,  il  d  qualche  volta  ; 
che  vuol  dir  fton  semjjìv  .  E  di  l'atto  tra  gli  esempj ,  che  di  essa  parti- 
cella ai  varj  significati  arrecansi  e  dal  Cinonio ,  e  dal  Vocab.  della  Cr. 
molti  si  veggono  ne' quali  ,  non  ostante  il  couseguir  di  vocale,  ado- 
prasi  il  né  pretto  pretto  :  ed  in  quelli  ,  ne'  quali  al  ne  s*  aggiunge  il 
a  ,  non  si  vede  al  ne  conseguire  altra  vocale  che  Té?.*  I\'è  ei ,  ne 
io  ,    il  Cod.  Vat.  N.E. 

io5  Com'  uom  per  negligenza  laNidob.  »  Come  P  uom  per  negghienza 
l'altre  ediz. — a  star  si  pone ,  o  sdrajato,  o  iuconipostamente  seduto, 
come  appresso   dirà  che  stava  Sciacqua  . 

(a)  Par  tic.  loo  i8.    (b)  Panie.   178  8. 


e  A  N  T  O    I  V.  57 

112     Allor  si  volse  a  noi ,  e    pose   mente  , 

Movendo   1  viso  pur  su  per  la   coscia  , 
E  disse  :  or  va  su  tu  ,  che  se'  valente . 

ii5     Conobbi  allor  chi   era  :   e  quell'angoscia, 

Che  m'  avacciava  un  poco  ancor  la  lena , 
Non   m'impedì  l'andare  a   lui  .  E,  poscia 

ij8     Ch'a  lui   fui  giunto  ,  alzò  la  testa  appena  , 
Dicendo  :    hai  ben  veduto  come  '1  Sole 
Dall'omero  sinistro   il  carro  mena, 

121     Gli  atti  suoi   pigri  e  le  corte  parole 

Mosson    la  labbra    mie  un   poco  a   riso  ; 
Poi  cominciai  :    Belaccjua  ,  a  me  non  duoI« 

124     Di  te  omai .   Ma  dimmi:  perchè  assiso 

I  il  \fo\'cn(lo  il  viso  p  r,  movendo  l*  occhio  (a)  solamente — su  per 
la  coscia  (  singolare  pel  plurale  )  scorrendo  coli'  occhio  appena  so- 
pra  l'alto  delle  cosce;    per   non   inconiodarsi  ad  alzare  il  capo. 

ii4  ^  disse;  or  va  tu  su  la  ^idoh.  ,  E  disse  va  su  tu  ^  l'altre 
edizioni  :  *  e  il  Cod.  A  al.  che  noi  seguiamo  per  maggior  regolarità  di 
locuzione .  N.  E. 

ii5  116  117  Queir  angoscia  ec.  I.a  penosa  sofiei*ta  fatica  in  salire  , 
la  quale  proseguiva  anche  un  poco  ad  aflVcttarmi  {b)  il  respiro  {e)  , 
cioè  a  rendermelo  ansante,  non  m*  impedì  ec*  Il  Cod.  Antald.  legge  : 
C/te  mi  avanzava  ancora  un  pò*  la  lena  ,  come  se  fosse  questa  una 
parentesi  ,  e  il  che  signifìcasse  perchè.  M.E. 

118  Fui  giunto  la  Kidob. ,  Ju*  giunto  1'  altre  ediz-  —  alzò  la  testa 
appena  ,  qualche  cosa  di  più  di  muover  solamente  gli  occhi  ,  che  fatto 
aveva  prima  v,   ii3. 

119  120  Dicendo,  hai  ben  ec.  Lo  beffa  che  abbi  voluto  sapere, 
perchè  quivi  il  Sole  gettava  1'  ombra  a  sinistra  ;  perchè  sempre  i  pi- 
gri scherniscono  chi  è  diligente  a  investigare  alcuna  cosa  degna  •  Lan- 
dino •  Dopo  mena  segno  ,  perocché  parmi  che  vi  stia  bene  ,  un  punto 
interrogativo  . 

121  Gli  atti  ec.  y  qucll' abbracciar  sedendo  le  ginocchia,  e  tener 
giii  tra   esse  il  viso  ,  v.  to']  108. 

ia3  124  Poi  la  Kidob.  ,  pò*  V  altre  ediz.  — Belncqua  ,  a  me  non 
duole  di  te  omai:  omai,  o  Sciacqua,  il  dolore  dalla  tua  morte  ca- 
giobatomi  svanisce  del  tutto  nel  trovanti  in  questo  luogo  di  salvazio- 
ne :  come  nel  viu  di  questa  medesima  cantica  verso  55  e  sege.  dirà  di 
Kino  \  isconti  ;  Nin  gentil ,  quanto  mi  piacque  Quando  ti  vidi  non  es- 
ser tra  i  rei .  Chi  fosse  questo  Bela'cqua  non   lo   troviamo ,  confessa  a 


(a)  Visa  per  <  echio  qaì  coroefnf.  iv  11  ,  e  altrove  .  {b)  Avacciare  per 
afrettare  adopr«to  da  altxi  maestri  di  lingaa  vedilo  nel  Vocab.  della  Cr.  (e)  Uel 
Bsedctimo  tigni&caie  di  iena  e  respiro  vedi  lo  sMfto  Yocabol. 


5g  PURGATORIO 

Quiritta  se'  ?  Attendi  tu  iscorta , 
O  pur  lo   modo  usato  t'  ha  ripriso  ? 
127     Ed  egli:  o  frate,  1'  andar  su  che  porta? 
Che    non   mi  lascerebbe  ire    a'  martiri 
L' angel  di  Dio  ,  che   siede  'n  su  la  porta . 

nome  dì  tutti  gli  espositori  il  Vellutello  .  "*"  Il  Posti!.  Cass.  nota  a 
questo  luogo  :  iste  ììwelctcqunfitit  optimus  maffister  chttararum  ,  et  leu* 
torum ,  et  pigrìssimus  homo  in  operibus  mundi ,  sicut  in  operibus  ani" 
nue .  Ónde  conosciamo  per  suo  mezzo,  che  questi  fu  un  eccellente 
fabbricatore  d' istrumenti  musicali ,  e  perciò  non  dee  recar  meraviglia 
che  venga  ricordato  da   Dante .  IV.  E. 

I  a  5  Qui  ritta .  Ai*verbio  di  hiOf»o ,  e  vale  lo  stesso  che  qu^  ;  e  la 
voce  ritta  e*  e  aggiunta  per  proprietà  di  linguaggio .  \  oca!),  della  Cr.  » 
che  ne  arreca  esempj  molti.  *  Il  Biagioli  in  voce  li  spiega  cosi: 
Quiritta y  formula  avverbiale,  la  stessa  che  quiciritta^  hic  recla^  qui 
alla  mia  diriltura .  N.  E. —  iscorta ^  guida. 

i'i6  Lo  modo  usato,  la  solita  pigr»/ia  nel  tuo  operare  —  ripriso 
^er  ripreso  j   ripigliato.   Antitesi   a\Napolitaiit   connaturale. 

127  ia8  AV/  egli  :  o  frate  ,  P  andar  su  chi'  porta  la  Nidob.  Ed  et: 
Jrate  ,  P  andare  in  su  che  porta  T  altre  ediz.  *  ed  il  cod.  Vat.  Il  Bia- 
gioli difende  la  comune  ,  la  quale  secondo  lui  ci  d^  un  verso  pigro» 
come  Belacqua  che  lo  dice,  d  è  arte  bellissima  di  Dante.  Ed  egli  a  mei 
r  andare  in  su  che  porta ,  il  Cod.  Caet.  N.  E.  —  Che  porta  ^  vale  quan- 
to che  importa  •  —  a*  martìri ,  nel  l'urgatorio  . 

129  L\'lnt*el  di  Dio.  In  vece  d' ucccl  di  Dio  che  leggono  l'Aldina, 
ed  altre  antiche  edizioni  ,  tra  quali  anche  la  Nidobeatina  (  *  ed  il  co  h 
\at.  N.  E.  )  avendo  gli  Accademici  della  Cr.  letto  in  due  mss.  uscier  di 
Dio  i  ed  in  quattro  mss.  angnl  di  Dio ,  hanno  scelto  uscier  piuttosto 
che  anfft'ìo.  1/ aggiunto,  che  siede  *n  su  la  porta  mal  certamente  si 
confa  con  uccello  j  non   essendo  il  sedere  atto  di  uccello.  In  vece  pe- 


scrive  L*  angel  di  Dio  ;  sedendo  in  su  la  pò  ria  .  *  yingelo  e  usciere  di 
Dio  è  cerlauicnte  meglio  d' uccel  di  Dio  :  ma  non  per  la  ragione  y 
che  ne  adduce  il  Lombardi  :  perchè  il  sedere  stando,  così  in  buon  lati- 
no ,  come  in  buon  italiano  ,  in  significanza  di  stare,  o  posarsi,  si  fa 
proprio  anche  degli  uccelli:  anzi  di  tutte  le  cose.  Onde  disse  il  nostro 
poeta  nel  V.  dell'  Inf.  siede  la  terra,  e  nel  V.  del  Purg.  quel  paese, 
che  siede  tra  Romagna  e  quel  di  Carlo  :  e  Brunetto  ,  7es.  a  38  siede 
r acqua:  e  il  Petrarca  Canz.  5g  siede  il  pensiero  ec.  E  fra  latini  in 
significato  di  posarsi  l'  usò  Quintiliano  (lib.  a.^c.  4»  Inst.  )  dove  parla  dì 
un  cervo,  che  posò  sul  capo  di  Valerio:  super  caput  falcrii  pugnan- 
tis  sedesse  cervum.  E  Fedro  (  lib.  5  fai).  6)  musca  in  timone  sedit  ;  e, 
per  tacer  di  tanti  altri,  Ovidio  (  3  Amor.  elee.  5):  Cotuix  in  viridi 
garnda  scdit  humo .  Poteva  dunque  ,  per  proprietà  di  linguaggio  ,  usa- 
re anche  Dante  di  questo  verbo  parlando  d'un  uccello,  che  si  posa 
su  d'  una  porta  .  Nota    di  Salvatore  Betti .   N.  E. 


e  A  N  T  O    IV.  59 

i3o  Prima  convien  che  tanto  1  ciel  m'aggiri 
Di  fuor  da  essa  ,  quanto  fece  in  vita  , 
Perch'  io    ndugiai    al  fin  li  buon  sospiri . 

i33     Se  orazione  in  prima  non  m'aita  , 

Che   surga   su  di   cuor  che  'n  grazia  viva , 
L'altra  che   vai  ,    che  'n  ciel  non   è  udita  ? 

i36     £  già  'I  poeta  innanzi  mi  saliva  , 

E  dicea  :   vienne  omai  ;    vedi   eh'  è  tocco 
Meridian  dal  Sole  ,    ed  alla  riva 
Cuopre   la  notte  già  col  pie  Marrocco  • 

i?o  i3i    i5a  Prima  convien  ec.   Costruzione .    Perchè  ^ndusfai  al 

Jbi  (  fino   agli  ultimi  periodi  del  viver  mio  )  li  buon  sospiri  (  il  peii- 
•:^>»*^   ^«»  «««««•:  \ : /  ^1.» ^•.  _^ii_ k-  1' »^  ,i-.ii»  ' -^ 


abbracciati,  e  il  Biagioli  il  quale  fa  questa  costruzione  :  Prima  che  Vuscier 
di  Dio  mi  lasci  ire  a*  martiri ,  conviene  che  il  cielo  mi  aggiri  nel  luogo 
di  fuori  da  essa  porta  pertanto  tempo  ,  per  quanto  fece  in  vita  :  e  ciò  con- 
viene essere ,  perchè  io  indugiai  i  buoni  so.spin  sino  al  fine  del  viver 
miOm  La  qua!  costruzione  è  cosi  savia  da  farci  volentieri  restituir  la 
comune,  e  rifiutare  la  emendazione  ^'idobeatina.  N.  E. 

i5S  i36  Udita  la  Kidob.  più  conformemente  a  quel  peccatores  Deus 
non  audit  {a)  ,  gradita  altr'  edizioni  —  E  già  ec.  La  particella  e  va- 
le qui  quanto  ma  .  Vedine  altri  esempj  presso  il  Cinonio  (^). 

137  i38  1^9  Fieni  la  Nidob.  ,s /7e/iwe  T  altre  edizioni.  *  E  tale  è 
la  variante  del  cod.  Antnld.  del  Caet.  da  noi  seguita  •  E  vienne  vuol 
che  si  legga  con  più  grazia  il  fìiagioli .  Is.  E.  —  Vedi  ch*è  tocco  me- 
ridian  dal  Soie  ^  vedi  che  il  i^-ole  e  nel  meriggio  — ed  alla  riva  (  e 
della  altr' edizioni  diverse  dalla  ^idob. )  al  termine,  intende,  di  quell' 
emisfero.  *  Il  cod.  Vat.  ci  dà  questa  variante  ;  menW/fl/i  dal  Sole  ch'è 
a  la  riva.  Né  ci  par  dispregevole.  N.  E.  —  cuopre  ec.^  già  la  notte 
è  arrivata  sopra  Marrocco  ,  cioè  sopra  Mauritania .  Suppone  esser  con- 
trada all'ultimo  confine  occidentale  dell' emisfero  nostro,  contigua  al 
termine  di  qu  eli' emisferi  o  ;  e  però,  come  non  illumina  il  Sole  se  non 
la  metà  della  terra,  suppone  incominciare  nella  Mauritania  la  notte , 
quando  il  Sole  è  nel  mezzo  di  quell'altro  emisfero  —  col  fi/è,  posto 
intendi ,  nel  fané  il  primo  passo . 

(a)  Joan.  9.    {b)  Partic»  100  i8. 


Fine  del  canto  quarto 


6o 

CANTO    V. 


ARGOMENTO  f) 

Tratta  pur  dt*  negligenti  ,  ma  di  coloro  ,  che  tardando  il  ptntimem» 
to  t  sopn^iifiunti  da  morte  violenta  ^  si  pentirono  ,  e  furono  salvi  .  E 
ira  questi  trova  alcuni  »  eh'  egli  distintamente  nomina  • 

I     JLo  era  già  da  quell'  ombre  partito  , 
E  seguitava  Y  orme   del  mio   duca  ; 
Quando  diretro  ,  a  me  drizzando  '1  dito  , 

4     Una  gridò  :  ve' ,  che  non  par  che  luca 
Lo  raggio    da    sinistra  a  quel  di  sotto  y 
E  come    vivo  par  che  si   conduca  . 

7  Gli  occhi  rivolsi   al  suon  di  questo  motto  y 
E  vidile  guardar  per   maraviglia 

3  4  Quando  ec»  Costruiìone .  Qitando  una  diretro  »  drizzando  il 
dito  a  me ,   accennandomi ,  grit^  —  i*cr  per  veili  ;  apocope  roolto  usa- 

5  ÌjO  m^o  intendi  del  Sole  —  da  sinistm  ,  cioè  su  *1  terreno 
dalla  sinistra  parte  de*  due  poeti  •  Suppone  ohe  camminassero  eglino 
col  Sole  alla  destra:  siceome  aver  lo  dovettero  camminando  prima 
di  5tHÌere.  Imperocché  se,  rivolti  a  levante  ond*  erano  saliti  ,  avevano 
il  Sole  alla  sinistra  (b) ,  dunque  cammin  facen  lo  prima  ,  ed  ora  lo  stes- 
so cammino  ripiffliaudo ,  dovevano  avere  il  sole  alla  destra  —  a  qttel 
di  sotto ,  al  più  basso»  cif  era  Dante,  che  seguiva  \irgilio  che  innanzi 
gli   saliva  (r). 

6  Come  h^ii^o  por  che  si  conduca  :  par  che  si  muova  in  modo  come 
se  vivo  fosse  :  dando  ,  a  cagion  d*  esompio  ,  seì;no  di  gravezza  col  m- 
more  che  nel  camminare  facevano  i  pietli  percotendo  il  suolo;  diver- 
samente da  quello  facessero  1*  omhre  . 

7  Motto  per  parloìye.  Vedine  altri  esempj  recati  dal  Vocabolarìe 
della  Cnisca. 


O  Ar{omc9to  metrico  del    cel.  G    Gotti  . 

Cbe  ^atro    al    terrea  corpo  alma  tea  xmÌm 
Ras  maraTÌ^^Ììa  spìriti  BOTelli 
la  qaelU  di  lor  peae  aspra  coati  «Ja  . 
Cerne  ufCÌroB  M  nsonJo  tre  ài  qaellì 
Narraao  ;  e    ì  m>4i  ài  icr  ncrte  «mari  ; 
Cessjiaio  sol  d*  essere  a  Dio  rovelli 
Alla    lor  &ae  :  oa4*  c^U  aar  |^lì  ka  cari  . 
(d)  Voiì  il  Froitrttto  de*  te' hi  ìtaUam  sotto  il  T^rbo  rr^rr    aam.   Sv 
(jh)  Cast.  p««ct4.  i\  SS  e  se^j.    (e)  Caat.  pi«ce4.  v.  i>>. 


e  AN  T  O    V.  6i 

Pur  me ,  pur  me,  e  1   lume  ch'em  rotto  * 
IO     Perchè   F  animo   tuo   tanto    s'impiglia, 

Disse  '1  maestro  ,  che  V  andare  allenti  ? 

Che    ti   fa   ciò  che    quivi   si  pispiglia? 
i5     Yien   dietro  a    me  ,   e  lascia    dir  le  genti  ; 

Sta    come   torre  ferma ,  che  non  crolla 

Giammai    la  cima  per  soffiar  de'  venti  : 
16     Che  sempre   1'  uomo  ,  in  cui  pensier  rampolla 

Sovra    pensier  ,  da  se  dilunga  il   segno, 

Perchè    la    foga  V  un   dell'  altro  insoUa  , 
19     Che  potev'  io  ridir  ,  se   non  :  io   vegno  ? 

Dissilo ,  alquanto   del   color  consperso 

Che  fa  r  uom  di   perdon  tal    volta  degno  . 
aa     E  'n tanto  per   la   costa  di  traverso    - 

Venìvan  genti   innanzi  a  noi  un   poco, 

9  Pur  me,  pur  me ,  vai  quanto  me  solo  solo  ,  me  solamente — eH 
lume,  eh*  era  rotto,  intendi  ,  dalP  ombra  del  corpo  mio, 

10  Si  impiglia,  s' intriga,  s*  impaccia  . 
la  Si  pispiglia,  si  bisbiglia  ,  si  sussurra. 

i4  *  Il  Cod:  Caet.  e  quello  del  sig.  Poggiali  leggono  :  Sta  fer* 
mo  ,  come  torre ,  che  non  crolla  ;  i  lettori  si  avvedranno  che  tal  lezio- 
ne non  rinchiude  una  specie  di  pleonasmo  ,  che  trovasi  nella  volga- 
la .   N.  E. 

16  Rampolla,  vale  sorge,  ù^A  rampollar  che  si  dicono  le  sorgenti 
acque.    Vedi  il  Vocab.  della  Cr. 

1 7  Da  se  dilunga  il  segno .  Non  arriva ,  anzi  si  scosta  dal  segno 
principale  (dallo  scopo)  della  sua  meditazione,  perocché  pluribus  iu" 
tentus  minor  est  ad  singula  sensus  .  Venturi  . 

18  Foga  adoprasi  da  molti  per  impeto ,  furia  (a)  :  qu\  però  per 
forza  ,  attìsfità  .  L  un  pensiero   adunque  insolla ,  infievolisce  (p)  la  foga 

V  aUività  dell'  altro  . 

*   19  Che  poteva  io  pili  dir,  se  non  ec.  ,Coà,  Antald. 

20  Del  color ,  che  vergogna  dipinge ,  del  color  rosso  —  consper- 
so  ,   tinto . 

11  Che  fa  ec.  Bastando  tal  volta  a  chi  potrebbe  punire  il  delitto 
di  scorgere  nel  delinquente  vergogna   del   commesso  fallo  . 

11  a3  Di  traverso  (  da  traverso  V  edizioni  diverse  dalla  Nidobea- 
tlna  ,  *  e  il  cod.  Vat.  N.  E.  )  venivan,  Scendendo  cioè  dalla  costa  in 
direzione  che  la  via  dei  poeti  attraversava  ;  e  però  dirà  nel  v.  /\o  che 
tornasser  suso , 

(^a)   Vedi  il  Vocabolario  della  Crasca  •    (hi)  Inso  Ilare  propriamente  sign(« 
fica  render  scilo  ,  soffice  \  ma  qui  fi  trasferisce  al  significato  di  render  fteujle. 


$2  PUROATORtO 

Cantando  Misercre    a  verso  a  verso . 

a5     Quando  s'accorser  eh' io  non  dava  loco 

Per  lo  mio  corpo  al  trapassar  de'  raggi , 
Mutar  lo  canto  in  un  oh  !  lungo  e  roco  • 

a8  £  due  di  loro ,  in  forma  di  messaggi , 
Corsero  'ncontra  noi  ^  e  dimandarne  : 
Di  vostra  condizion  fatene  saggi  . 

3i     £  1  mio  maestro  :   voi  potete  andarne, 
£  ritrarre  a  color  che  vi  mandaro , 
Che  1  corpo  di  costui  è  vera  carne . 

34  Se  ,  per  veder  la  sua  ombra  ,  restaro  , 
Com'  io  avviso ,  assai  è  lor  risposto  . 
Faccianli  onore  ;  ed  esser  può  lor  caro  . 

37     Vapori  accesi,  non  vid'  io  si  tosto 

Di  prima  notte  mai  fender  sereno  , 
Ne  Sol  calando  in  nuvole  d' agosto  , 

i5  16  JVon  dava  loco  per  lo  mio  corpo  al  trapassar  de*  '"^tggi  '•  im- 
pediva il  passaggio  de*  raggi  solari  pel  corpo  mio .  *  Il  Biagioli  pone 
per  lo  mio  corpo  tra  due  virgole ,  come  se  Dante  avesse  dello  a  ca- 
gione del  mio  corpo,  N.E. 

27  O/f ,  interjczione  di  maraviglia  —  roco  :  perciocché  chi  è  oppres- 
so da  subita  perturbazione  fa  la  voce  roca .    Landino. 

29  3o  E  dimandarne  ottiene  qu\  il  medesimo  senso  che  e  ne  dis- 
sero —  Saggi ,  notiziosi ,  consapevoli . 

52  Ritrarre^  per  riportare  ,  riferire  . 

36  Ed  esser  pub  lor  caro  .  Poteva  e^ser  loro  caro ,  che  fosse  ve- 
nuto quivi ,  per  le  nuove  ,  che  vuol  inferire  ,  che  porterà  a*  suoi  con- 
giunti di  loro  ,  acciocché  orando  a  Dio  ,  possìno  abbreviar  il  tempo 
della  sun  contumacia;  come  di  questo  veciremo  ,  che  lo  pregheranno. 
Vellutbllo  . 

37  38  3g  Vapori  accesi  ;  quelli  che ,  ne*  tempi  caldi  massimamen- 
te, e  nelle  prime  ore  della  notte,  si  vedono  a  ciel  sereno  cader  dall 
alto  a  guisa  di  razzi ,  e  che  crede  il  volgo  ignaro  essere  stelle  ,  che 
caschino  dal  cielo.  —  *  Di  mezza  notte,  il  cod.  Vat.  N.  E.  — Jender  se- 
reno, strisciare  pel  sereno  aere  —  N'è  Sol  calando  in  nuvole  d^ ^-igosto, 
la  Nidobcatina  ;  Ne  Sol  calando  nuvola  (t^égostOy  V  altr*  edizioni  .  Con 
quest*  ultima  lezione  facendo  gì'  internreti  lutti  delle  parole  Sol  calan- 
do uu  ablativo  assoluto  uguale  al  Liitino  occidente  Sole ,  pus suno  indi, 
parte  a  intendere  ,  che  i  detti  vapori  accesi  fendano  la  nuvola  ;  e  par- 
te a  spiegare,  che  la  nuvola  stessa  agitata  dal  vento,  che  il  caldo  ca- 
giona ,  fenda  il  sereno  . 

Oltre  però  che  per  la  pretesa  equivalenza  del  Latino  occidtuUe  So- 


e  A  N  T  o    y.  © 

4o     Che  color  non  tornasser  suso  in  meno  : 

E ,  giunti  là  ,  con  gli  altri  a  noi  dier  volta 
Come  schiera  che  corre  senza  freno  . 

43     Questa  gente ,  che  preme  a  noi ,  è^'molta  , 
E  vengonli  a  pregar ,  disse  il  poeta  ; 
Però  pur  va  ,  ed  in  andando  ascolta  . 

46     O  anima  ,  che   vai ,  per  esser  lieta  , 

Con  quelle  membra  con  le  quai  nascesti , 
Venian  gridando  ,  un  poco  1  passo  queta . 

49     Guarda  s' alcun  di  noi  unque  vedesti, 
Si  che  di  lui  di  là  novelle  porti . 
Deh  perchè  vai?  deh  perchè  non  t'arresti? 

5a     Noi  fummo  tutti  già  per  forza  morti , 
E   peccatori  infino  all' ultim' ora  ; 

e  dovrebbe  essere  scritto  TVèf ,  il  Sol  calando  ;    nuvola  (Vj4goslo;  co- 
ne  poi  s\  verifica ,  che  sohimente  qaando  il  Sole  cala  ,    tramonta  ,    o 
vapori  accesi  fendano  le  nuvole  ,  o  le  nuvole  fendano  il  sereno  ? 

Colla  Nidobeatina  leggendo  puossi  intendere,  che  al  presto  Jen- 
ìer  sereno,  che  di  notte  fanno  i  vapori  accesi,  aggiunga  Dante  il  pre- 
te fendere,  o  sia  penetrare,  che  fa  il  «Sol  e  nell'Agosto  quelle  nuvole 
ielle  quali  tal  volta  si  nasconde ,  per  essere  queste  in  cjue'  caldi  tempi 
Dolto  rarefatte  e  facilmente  penetrabili  :  e  che  per  ellissi  dica  ne  Sol 
'alando  ec.  invece  di  dire  ne  Sol  d* agosto  in  nusf ole  calando  fende  es^ 
•e  nuvole.  ^  Il  Biagioli  sta  colla  comune,  e  porta  questa  costruzione: 
r^  vidi  mai  (  nel  mese  di  Agosto ,  il  Sole  calando  già  sodo  €  orizzon' 
e  )    vapori    accesi  fender  nuvole  sì  tosto .   N.E. 

ì\\  E  giunti  la  ^idobeatina  con  altre  antiche  edizioni  ;  E  giunto  , 
atte  le  moderne  edizioni  malamente  .  *  Colli  altri  dieder  volta ,  il  cod  • 
kntald.  N.K. 

/|2  Senza  freno ,  quanto  mai  può  correre  .  *  Scorre  ,  il  cod.  Vat.  N.E. 

/p  Che  preme  a  noi y  che  s'  afiblla  di  venir  verso  noi.  Cosi  ne  spie- 
;a  questo  passo  il  \  ocab.  della  Cr.  (a)  . 

4i  f^engonti  questa  gente.  Sintesi  di  numero,  come  il  p/zrf  volu- 
res  factae  d*  Ovidio  (b)  ,  e  il  pars  gladios  stringunt  di  Virgilio  (e)  . 

/|5  Però  pur  va,  ed  in  ec.  <^>uant' io  intendo,  la  particella  pur  si- 
nifìca  quf  tuttavia  (</) .  Intendo  cioè  che,  prevedendo  Virgilio  (ciò  che 
»cl  V.  5i  fassi  etreltivaraente  manifesto  )  che  volentieri  quelle  anime  pi- 
re si  tralterrcbber  fermo  Dante  a  parlar  seco  loro  ,  esortarlo  perciò 
i  proseguir  tuttavia  il  cammino,  e  a  dar  loro  nel  tempo  stesso  orecchio. 

*  5'À  Già  tutti  ,  il  Cod.  A  at.  colla  comune  :  tutti  già  ,  la  Kidob.  N.E. 


(a)  Sotto  il    verbo    premere  §.  j.    (/>)  M«t.   J^.   56o.    (e)  Eneid.  i2«   278. 
t)  Cinon.  Par  tic,  206.  S. 


6.\  PURGATORIO 

Quivi  lume  del  ciel  ne  fece  accorti 

55     Sì ,  che ,  pentendo  e  perdonando  ,  fuora 
Di  vita  uscimmo  a  Dio  pacificati  , 
Che  del  desio  di  se  veder  n'  accuora . 

58     Ed  io  :   perché  ne'  vostri  visi  guati , 

Non  riconosco  alcun  ;  ma  s' a  voi  piace 
Cosa    eh'  io  possa  ,  spiriti  ben  nati , 

6i     Voi  dite  ,  ed   io  farò   per  quella  pace 

Che  j  dietro  a'  piedi  di  si  fatta  guida  , 
Di   mondo  in  mondo  cercar  mi  si  face  . 

64     Ed  uno  incominciò  :  ciascun  si  fida 
Del  beneficio  tuo  senza  giurarlo  , 
Pur  che  '1  voler  nonpossa  non   ricida  : 

67     Ond'  io  ,  che  solo  innanzi  agli   altri  parlo  , 
Ti  prego,  se  mai  vedi  quel  paese 
Che  siede  tra  Romagna  e  quel  di  Carlo  y 

57  58  j4  Dio  nacificati  che  del  desio  ec  pacificati  con  quel  som* 
mo  bene ,  che  si  fa  da  nei  anziosamente  desiderare . 

61  62  63  Per  quella  pace^  c/ie  ec.  \e  lo  giuro  per  quella  pace  y 
che  invogliatomi  di  se ,  mi  fa  cercare  di  mondo  in  mondo  (  dal  mon- 
do di  U  al  mondo  di  nua)  colla  scorta  di  \irgilio.  N  entcri  . 

64  Ed  uno .  Intendi  per  costui  Jacopo  del  (^asscro  cittadino  di  Fa- 
no, il  quale  avendo  contratta  inimicizia  con  Azzone  TU  da  Fste  (per 
avere  sparlato  di  lui  )  fu  dal  medesimo  fatto  uccidere  in  Oriaco  vdla 
nel  contado  di  Padova,  mentre  andava  podestà  in  Milano.  Volpi  *  il 
Postillatore  del  Cou.  Caet.  aggiunge  per  cagione  le  crudeltà  che  usò  il 
predetto  Jacopo  quando  fu  l'odestà  di  fìolo^na  contro  i  parteggiani  del 
Marchese,  Notizia  inserita  dal  Sig.  Tortirelli  nel  suo  comcoto  ,  e  che 
avrà  tratta  da  qualche  istoria  particolare.   N.  E. 

^  lYonpossa  in  una  parola  per  impotenza ,  bene  ,  al  contrario  d' 
ogni  altra 'edizione,  scrive  la  ^idobentma  ed  anche  due  mss.  della 
Corsini  (a);  come  bene  comunemente  scrivesi  noncuranza  per  incuria, 
Kd  a  (juesto  modo  divien  chiaro  il  sentimento  ,  cioè  ,  che  quell*  ani- 
me credevano  bensì  Dante  pronto  a  voler  accontentare  le  brame  loro; 
ma  temevano,  che  per  divina  disposizione  la  nonpossa  ^  T  impotenza» 
uon  ricitiesse ,  non  distruggesse ,   il  buon  proposito  . 

67  Ed  io  chi'  solo  ,   il   cod.  Antald.  ^.  !.. 

68  6()  Qui'l  paese  ,  che  siede  ec.  la  iMarcn  Anconitana ,  in  cui  è 
Fano  ,  situala  tra  la  lìomagna  e  il  regno  di  Napoli  ,  di  cui  era  al- 
lora  padrone  Carlo   II. 

(a)  Segnati  607.  611. 


CANTO?.  C'j 

70     Che  tu  mi  sie  de' tuoi  prieghi  cortese 
In  Fano  sì  9  che  ben  per  me  s'  adori 
Perch'  io  possa  purgar  le  gravi  offese  . 

73     Quindi  fu' io; 'ma  gli   profondi  fori, 

Ond' uscì  ^1  sangue  in  sul  quale  io  sedea , 
Fatti   mi  furo  in  grembo  agli  Antenori , 

76     Là  doT*  io  più   sicuro  esser  credea  . 

Quel   da  Esti  1  fé'  far ,  che  m'  avea  in  ira 
Assai  più    là  che  dritlo  non  volea. 

79     Ma  s'  io  fossi  fuggito  inver  là  Mira 

Quand'  10   fui  sovraggiunto  ad  Oriàco , 
Ancor  sarei    di    là  dove  si  spira  . 

71  Per  me  i  per  la  liberazione  mia  —  5' arfon*  vale  qui  quanto  5Ì 
ori  y  si  preghi .  Del  verbo  adorare  per  orare  vedi  il  Vocab.  aella  Crusca. 

73  Quindi j  vai  tii  quii^i ,  o  a  ivi y  cioè  di  Fano  suddetto,  — Jb' 
rij  ferite. 

7^  Sul  quale  io  sedea ,  nel  quale  aveva  io  sede ,  Notisi  eh'  è  la 
pura  anima  che  favella  cos\ .    Dice    il  Venturi ,   che   fa  Dante  parlar 

Jaest*  aniina  in  cotal  modo  poeticamente  ;  ed  esser  falso ,  che  la  sede 
eir  anima  sia  il  sangue .  Ma  a  buon  conto  io  trovo  che  parlano  di 
«no  stesso  linguaggio  anche  i  medesimi  sacri  interpreti  delle  divine 
scritture .  j4nima  vamis ,  seu  anim^is  ;  in  sanguine  sedem  habet ,  seu  ubi- 
eumque  sanguis  est ,  ibi  est  anima ,  et  operatur ,  scrive  BQnfrerìo  al 
9  della  Gen.  v.  it\>  Ed  a  quelle  parole  dui  Levitico  cap.  17  anima 
omnis  camis  in  sangtdne  est  ^  chiosa  il  Tirino,  tamquam  in  sede  sua,. 
.  •  et  in  .quo  tamquam  in  sede  anima  conquiescere  solet , 

75  In  grembo  agli  Antenori^ ,  figuratamente  invece  dire  nel  Pado- 
vano distretto  .  Antenori  ,  sincope  d  Antenorei  ^  appella  i  Padovani  per 
credersi  Padova  fondata  dal   Trojano  Antenore. 

76  Piii  sicurti  ec.  Pensando  ,  che  quel  paese  fosse  libero  da  simili 
assassinamenti  •   Vellutello  . 

77  Quei  da  £<//,  Azzone  111  da  Este  suddetto.  Esti  invece  d'Este 
scrive  pur  Gio.  Villani  (a)  — 'Vyè'  /«r,  fece  commettere  nella  perso- 
na mia  cotale  assassinio  —  che  ,  vai  perciocché . 

78  Assai  pili  là  che  ec,  oltre  i  confini  del  giusto  •  *  Forse  piit 
ìà  ,  cod.  AnUld.   N.  E. 

79  80  Ma  s  io  ec.  Costruzione.  55^?  quanrtio  ad  Oriaco  (  luogo  del 
Padovano  presso  la  lagune  )  ^fui  sovraf*giunto  (  dai.  sicarj  d' Azzone  ) 
fossi  J'uggito  in  ver  la  Mira^  luogo  del  Padovano,  posto  su  la  Brenta. 
^  Quando  fui  sopraggiunto  y  il  eoa.  Yat. ,  togliendo  così  quella  inutile 
ripetizione  d'io.  N.  E. 

8 1  Dove  si  spira  ,  per  dove  si  vive  in  anima  e  in  corpo  ;  in  que- 
sto  mondo  . 

(.3^  Vedi  a  camion  d'  esempio  Crou.  lib.  9.  cap«  SS. 


e* 


66  PURGATORIO 

82  Corsi  al  padule  ,  e  le  cannucce  e  1  braco 
M' impigliar  si  ,  eh'  io  caddi  ;  e  lì  vid'  io 
Delle  mie   vene  farsi  in  terra  laco  • 

85    Poi  disse  un  altro  :  deh  V  se  quel,  disio 

Si  compia  che  ti  tragge  all'  alto  monte  p 
Con  buona  pietà  te  ajuta  1  mio  »    ^ 

88    r  fui  di  Montefeltro  »  i'  fui  Buonconte  . 

Giovanna ,  o  altri ,  non  ha  di  me  cura  ; 
Perch'  io   to    tra  costor  con  bassa  fronte  ^ 

91     Ed  io   a  lui  :  qual  forza  o  qual  yentunt 

8a  83  Corsi  al  padule  (  paduie  ^  sinonimo  di  palude  ^  di  masco* 
lino  genere  pronunziasi  in  Lombardia  pure)  invece  di  correre  verso 
la  Mira  suddetta  ;  che  sarehbesi  dalia  palude  scostato .  —  braco  per 
antitesi  in  luogo  di  brago  che  Ja ago  significa — nC  impigliar  sì\  va.^  ia- 
vilapparono  Unto.*  Mi  pigliar  si,  lezione  del  cod,  Antald.  ma  noi| 
bello.  N.  E, 

8^  Pene  per  sangue  —  laco  per  lago ,  antitesi  presa  dal  LatinQ 
in  grazia  della  rima  anche  dall'Ariosto  \a) , 

85  86  87  Se  questo  desio  si  compia .  Questo  se  (  chiosa  il  Venta-? 
ri  )  non  è  particella  condizionale  o  dubitativa ,  ma  pregativà  e  desi*? 
derativa  .  Non  sembra  però  che  disconvengale  anche  il  senso  condizio- 
uale  :  posto  che  si  adempia  il  desiderio ,  che  ti  fa  salir  questo  monte ,  il 
desiderio  di  ritornare  al  mondo  purgato  da*  vizi ,  tcU  che  accetto^  sia 
a  Dio  il  tuo  pregare  (b)  —  con  buona  pietate ,  con  opere  di"  Cristiana 
pietà  -^  afiita  il  mio ,  il  desiderio  mio  di  presto  purgarmi  e  passare 
al  Paradiso  .  * 

88  Son  Buonconte  la  Nidob,  ^fui  Biutnconte  V  altr*ediz. ,  che  tutte 
però  leggono  io  son  Manfredi  (e)  ,  io  son  la  Pia   (d) ,  e  non  fui    Maft- 

Jrediy  fid  la  Pia,  Fui  da  Montefeltro  sta  ben  detto  ,  che  non  era  piJi 
di  questo  mondo  :  ma  Buonconte  era  ancora  Buoncotite .  *  Doveva 
però  riflettere  il  P.  Lombardi ,  prima  di  stabilire  così  solennemente 
mia  regola  fra  T/o,  e  il  fui  dell*  altro  móndo ,  che  Ugolino  nel  xxxiii 
dell'  Inf.  dice  di  se  :  io  fui  7  conte  Ugolino  ;  e  dell'^arcivescovo  Rug- 
giero :  e  questi  e  F  arcivescovo  Ruggieri .  Tra  questo  fid  e  quest'  è  co- 
me r  aggiusta  il  nostro  comeotatorc  ?  Restituiamo  adunque  il  passo 
secondo  la  comune  e  i  cod.  Vat,  e  Caet. ,  perchè  non  e*  è  motivo  bastante 
per  variarlo  .   Nota  di   Salvatore  Retti .   K.  E. 

89  Giovanna  moglie  di  Buonconte  da  Montefeltro.  Volpi  ^ 

90  Con  bassa  fronte  ^    segno   di   rammarico. 

91  Qual  forza  etv  Combattendo  lUionconte  contra  Guelfi  nella 
rotta  di  Casentino ,  vi  fu  morto  ,  e  non  si  ritrovò  mai  il  corpo  :  laon? 
de  il  Poeta  finge  quello,  che   qui  descrive.  Landino. 

(a)  Fur,  43  11.  {b)  Cant.  prec.  134.  (t)  Pnrg.  ul  iii.  (rt)  n^A  preseote 
caoto  V.  j33. 


e  A  N  T  O     V .  67 

Ti  traviò  sì  fuor  di  Campaldino  , 
Che  non  si  seppe  mai  tua  sepoltura  ? 
94     Oh  !  rispos'  egli  :  appiè  del  Casentino 

Traversa  un  acqua  ,  e'  ha  nome  Y  Archiano  , 
Che   sovra  V  ermo    nasce  in  Apennino  : 
97     Là  \e  1  vocabol  suo  diventa  vano 
Arriva'  io  ,  forato  nella  gola  , 
Fuggendo  a   piedi ,  e  sanguinando  '1  piano  . 

joo  Quivi  perdei  la  vista;  e  la  parola 
Nel  nome  di  Maria  finì  ;  e  quivi 
Caddi ,  e  rimase   la  mia   carne   sola  . 

io3     Io    diròl   vero,  e   tu '1    ridi  tra   i  vivi; 

gì  Campaldino  è  nome  d'  un  piano  in  Casentino  appiè  del  monte 
di  Poppi,   dove  se^iM  l'accennata  battaj^^lia  il  di   ii    Giugno  l'iSp.  (a) 

9^  Oh  interiezione  è  qui  di  dolore  insieme  e  di  prontezza  di 
volontà  a  soddisfare  alla  curiosità  del  Poeta  (b)  —  Appiè  del  Casentino 
nella  più  bassa  estremità  di  quel  distrfL>]lto  • 

90  Ermo y  sustantivo  :  eremo,  solitudine.  Intendi  qui  l'eremo  di 
Cxinàhloli  f  Volpi  .  —  Apennino ,  catena  di  monti ,  che  dividono  1*  Ita- 
lia per  lungo» 

97  Iji  *ue  (  sinalefa  per  là  osfe  )  il  vocabol  suo  diventa  vano ,  là  do- 
ve finisce  di  esser  appellato  Archiano;  in  vicinanza  cioc  ad  Arno  ,  col 
qaale  mischiando  Archiano  le  sue  acque ,  non  più  Archiano ,  ma  Arno 

si  appella. 

90  A  piedi  la  Nidoheatina  ,  a  piede  altr'  edizioni.  "*"  Fuggendo  ap^ 
pie  e  nsanguinando  il  piano ,  cod.  Antald.  N.  K. 

100  loi  102  Perdei  la  Nidoheatina  ,  /i^fv/e*  altr*  edizioni  .  '—  e  la 
parola  nel  nome  di  Maria  Ji/ùy  fìni  il  parlar  mio  col  pronunziare  il 
nome  santissimo  di  Maria,  (^osi  mi  sembra  doversi  leggere;  e  non  eoa 
quella  interpunzione ,  che  volgarmente  ammettesi ,  Quivi  penici  la  vi- 
sta  e  la  parola  :  Nel  nome  di  Maria  Jìni*  :  interpunzione  per  cui  par- 
rebbe che  pronunziato  avesse  Buonconte  il  nome  di  Maria  dopo  perduta 
la  parola .  Con  tal  fìnirc  nei  nome  di  Maria  sembra  volerne  Dante  ac- 
cennare di  aver  Buonconte  in  quell'estremo  fatta  V  invocazione  ,  solita 
a  farsi  in  casi  simili  da  ogni  buon  Cristiano  ,  dei  nomi  santissimi  di  Gè* 
sii  e  Maria,  *  Biagioli  difede  T  interpunzione  comune  ,  adduccndo  un 
passo  del  Decamerpne  (  n.  7.  giorn.  4*  )  iii  che  si  dice  perde  la  vista 
e  la  parolai  come  se  il  Boccaccio  T  avesse  tolto  da  qne>tn  luogo  di 
Dante •'^oi  non  vogliamo  su  tal  particolare  decider  nulla;  lienchò 
couresdìarao  di  propendere  per  la  volgata  .  N.  E.  —  la  mia  carne  òoìa , 
senz'  anima . 


(a)  Gio.  Villani    Cron.  lib.    7.   cap.    i3o.     (/)   Vedi    il  Voctbolario    della 
Glutea  sotto  la  particella  O  J   4*  ®  '4* 

E  a 


di  .    P  U  K  G  A  X  O  U  I  O 

L'  angel  di  Dio  mi  prese  ^  e  quel  d' inferno 
Gridava:  o  tu  dal  ciel ,  perchè   mi  privi? 

|06     Tu   te  ne  porti  di  costui  l'eterno. 

Per  una  lagrimetta  che  'I  mi   toglie  ; 
Ma  io  farò  dell'  altro  altro   governo  • 

ìqq     Ben  sai   come  nelF  aere    si  raccoglie 

Queir  umido  vapor  ,  che  in  acqua  riede 
Tosto  che  sale  dove  1  freddo  il  coglie . 

1 1  a     Giunse  quel  mal  voler  ,  che  pur  mal  chiede  y 
Con  lo  'ntelletto ,  e  mosse  il  fumò  e  1  vento 
Per  la  virtù  che  sua  natura   diede. 

loi  E  quel  (T  Inferno  ,  V  Angelo  dell*  Inferno  ,  il  Demonio. 

io5  Dal  citila  vale  quanto  dal  etcì  venuto  (n)  —  perchè  mi  privi  t 
ellissi  ,  intendi  delP anima  di  costui. 

io6  L'eterno^  T  incorruttibile ,  e  sempre  durabile  anima. 

io8  Dtir altro,  del  non  eterno,  del  corpp — altro  mjyemoy  altro 
trattamento  ;  diverso  (  intendi  )  da  quel  benigno,  che  tu  fai  dciranima. 

109  yéere  la  Nidobeatina  ,  acr  l' altr' edizioni. 

no  Iti  Umido  vapor,  l'acquee  esalazioni  —  (n  acqua  riede  y  in 
pioggia  convertcsi  —  doK*c*l  freddo  il  coglie,  alla  fredda  reeion  deli* 
nria  ;  dove  Tacquec  esalazioni  dal  freddo  condensate  rendonsi  piii  gra- 
vi dell*  aria  e  perciò  ricascano  in  neve  o  in  pioggia  . 

Ili  ii3  114  Giunse  quel  mal  voler  ttc.  Non  trovo  a  questo  passo 
espositore  che  mi  soddisfaccia  .  Alcuni,  tra'  quali  il  Vellutello  e  il  Ventu- 
ri ,  intendono  che  giunse  vaglia  quanto  arrivò  al  detto  luogo  ,  dove 
i\  freddo  coglie  V  umido  vapotv  :  e  tutti  poi  per  mal  voler  chiosano 
il  Demonio.  Ma  come  bene  poscia  connettcrausi  le  parole  co/t  lo*n' 
teltetto  ? 

(^^uanto  a  me-  premesso  che  il  verbo  giugncre,  come  per  molti 
esoinpj  mostrasi  nel  Vocabolario  della  Crusca ,  può  significare  il  me- 
desimo ch<»  aggìugnere ,  accoppiare;  e  premesso  che  dell'  accpppla- 
mento  della  mala  volontà  con  lo  intelletto  a  far  male  parla  il  Poeta 
più  chi.'iramente  Inf.  xxxi  ove  dice  che  dove  alC ai^gomento  della  men- 
te .V*  aggiunge  il  mal  voler  (b)  :  con  queste  premesse  ecco  quale  ame- 
rei costruzione  e  spiegazione:  Quel,  colui  (quel  d"  In/brno  suddet- 
to )  coir  intelletto  giunse  (  aggiunse ,  accoppiò  )  mal  voler  (  la  cattiva 
volontà  )  che  pur  mal  chiede  (  la  quale  solamente  il  male  desidera  e 
cerca  )  e  per  la  viriti ,  che  sua  ruitura  diede  (  per  dicdegli  (e)  )  mos- 
se (eccitò)  il  fumo  (revaporazioni  umide)  e  7  vento  altro  requisito 
per  suscitar  temporale. 

(a)  Vedi  il  Cinon.  Partìc.  70  i3.  (/')  Vers.  5S  e  segg.  (e)  Avere  i  de- 
moni cotal  possanza  appare  ,  dice  il  Landino  ^  e  por  sainto  Agostino  ,  e  per  Al- 
berilo Mu^ao  in  t|a  suo  picciplo  libro  itititoUto  di  potentia  fiaetjionun^  . 


e  A  N  T  O     V .  $g 

li5     Indi   la  valle  ,  come  T  dì  fu  spento  , 

Da   Pratomagno  al   gran  giogo   coperse 
Di  nebbia  ,  e  1    ciel   di  sopra   foce    intento 

ij8      Sì,  che  1  pregno  aere    in  acqua   si   converse. 
La   pioggia  cadde  ,  e  a'  fossati  venne 
Di    lei    ciò  che  la  terra    non   solFerse  ; 

i3i      E  ,  come  a'  rivi  grandi    si    convenne  , 
Ver  lo   fiume  real  tanto    rdoce 
Si  ruinò  ,  che  nulla    la  ritenne  . 

1^4     Lo  corpo  mio  gelato    in  su  la  foce 

Trovò  r  Archian  rubesto ,  e  quel  sospinse 
Neir  Arno  ,  e  sciolse  al  mio   petto  la  croce 

ì^7     Ch'io  fei   di  me  quando!  dolor   mi    vinse; 
Voltómmi  per  le  ripe   e  per  lo   fondo  , 

ii5  ii6  117  Indi  la  valle  ec.  Costruzione.  Indi  ,  come  il  di  fu 
spento,  (intende  essere  agli  angeli  delle  tenebre  odiosa  In  luce  nel 
giorno),  coperse  di  nebbia  y  di  nuvole,  la  valle ,  da  PratomatrnO,  in* 
cominciando  da  Pratomagno  (  og;gi  detto  Prato  vecchio ,  luogo  c\\Ct 
divide  il  Val  d'Arno  dal  Casentmo.  N  entori  )  ,  al  gran  giogo  j  fino 
a]l*Apennino  summeniovato ,  e  fece  intento  (antitesi  per  intenso  den- 
so costipato ,  effetto  del  freddo  pel  freddo  stesso  )  il  ciel  di  sopra , 
r  aria  soprastante  alia  eccitata  nebbia  .  A  cosi  intendere  per  ciel  ai  so- 
pra ne  aeterminano  la  precedente  dottrina ,  che  P  umido  vapor  in  ac- 
qua riedey  tosto  che  saie  doveri  fredilo  il  coglie;  e  l*  effetto  in  oltre 
che  a  questo  intento  ciel  di  sopra  attribtiisce ,  cioè,  che 'l  pregno  aere 
in  acqua  si   converse;   come  nel  seguente  verso  dirà. 

119  y^i  fossati  y  la  Nidobeatina:  a*  fossati ,  altr*  edizioni  ,  *  ch« 
noi  seguiamo  per  piti   dolcezza .  N.  E. 

1 20  Non  sofferse  ,  per  non  assorbì  * 

lai  ^i  rivi  y  la  Nidobeatina;  a  rivi  ^  1*  altr*  edizioni ,  *  che  ptir 
seguiamo  N.E.  —  grandi y  perocché  verso  il  principal  fiume  scorren- 
do  i   rivi  si  uniscono  ed   acquistano   grandezza . 

laa  Fiume  real  intende    TArno  principal  fiume  della  Toscana. 

125  Hubesto  vale  qui  impetuoso  e  gonfio:  e  si  dee  intendere  re- 
io  tale  allora  per  le  ricevute  acque  :  e  che  prima  fosse  asciutto  ,  o 
così  d'  acaua  scarso  ,  che  smuovere  non  potesse  e  portare  in  Arno  il 
cadavere  ai  Buonconte. 

^1^  E  sciolse  al  mio  petto  la  croce  y  sciolse  le  braccia  che  mo- 
rendo mi  composi  in  croce  sopra  il  petto .  Accenoa  con  ciò  il  Poeta 
l'odio  che  porta  il  demonio  al   salutare  segno  della   croce. 

127  Cìtiofoiy  la  Nidobeatina,  Ch'Vfo\  l'altra  ediz.  —  di  me 
delle  mie  braccia ,  in  crocè  piegandole  . 

ia8  Per  le  coste  y  la  ^iuobeatina,  per  le  ripe,  l'altre  edizioni: 
♦  €  il  cod.  Vat.  N.  E. 


70  PURGATORIO 

Poi  di  sua  pri^da  mi  coperse  e  citisi  # 
I  So     Deh  !  quando  tu   sarai  tornato  al  mondo 

E   riposato   della  lunga  via  , 

Seguitò  1    terzo  spirito  al  secondo  y 
i33     Ricorditi  di  me,  che  son  la  Pia. 

Siena  mi   fé'  :  disfecemi    Maremma  ; 

Salsi  col^i   che  'nnanellata  pria  ^ 
Disposando  ,  m' avea   con  la  sua  gemma  • 

1^9  Di  sua  preda  ,  dì  sua  arena  ai  campi  predataf  —  mi  coperte 
e  cinse f  mi  copri  sopra  e  d'intorno. 

i32  Seguitò  ec.   al  secondo  spirito,  a  Buoiiconte,  seguitò  il  Icno. 

i33  Pia,  gentildonna  Sanese  *  (della  famiglia  de  Toloracis  se- 
condo Benvenuto  da  Imola  ,  e  V  espos.  Casin.  N.  E.  )  Moglie  di  M« 
^ello  della  Pietra ,  la  (piale  ,  come  fu  creduto ,  trovata  dal  marito  in 
adulterio,  fu  da  lui  condotta  in  Maremma  e  quivi  uccisa,  \olpi  ^  Il 
Postili,  dal  CoD.  Caet.  con  molta  grazia  dà  la  storia,  che  sembra  la 
più  genuina  di  questa  donna,  in  tal  guisa  «  Ista  fuit  la  Pia  nohiìis 
Domina  de  Tholomeis  de  Scnis,  et  Uxor  Domini  Nelli  de  Petra  de  Pa- 
noteschis  in  maritima  ,  qute  cum  starci  adjenestram  per  astatem  ,  m/i- 
ritus  ejus  misit  unum  famulum ,  qui  carpii  eam  per  entra ,  et  prójecit 
deorsum  ,  propter  suspectum  ,  quem  habuit  de  ipsa  ,  et  ex  hoc  orium  est 
magnum  odium  in  ter  illas  domos  .  N.  E. 

i35  i36  Sedsi  ec.  Accenna  questa  uccisione  essere  per  opera  del 
marito  seguita  secretamente  ;  e  però  dice  che  Maremma  disfacessimi 
salsi  y  se  lo  sa  colui,  che  disposando^  nel  Tatto  di  sposarmi,  nC  a^ea 
innanellaia  con  la  sua  gemma  ^  m*avca  posto  in  dito  il  suo  gemmato 
anello  . 


Fine  del  canto  quinto 


7» 

C  A  N  T  O    VI. 


ARGOMENTO    (♦) 

oniinua  il  Fotta  imrattat  de  i  medesimi  negligenti,  i  quali  avevano 
indugiato  il  pentimento  infino  alla  loro  violenta  morte  .  Jn  fine  trova 
Sardelle  Mantovano  ,  e  parla  universalmente  cantra  tutta  Italia  ,  e 
pAriicolarmente  cantra  Fiorenza  4 


Q 


uando  si  parte  1  giuoco  della  zara, 
Colui  che  perde  si  riman  dolente , 
Repetendo  le  volte ,  e  tristo    impara  : 

4     Con  r  altro  se  ne  va    tutta  la   gente  ; 

Qual  va  dinanzi ,  e  qual  diriètro  il  prende , 
E   qual  da  lato  li  si  reca   a  mente  . 
7     £i  non  s*  arresta  ^  e  questo  e   quello  ntende  ; 
A  cui   porge  la  man ,  più   non  fa  pressa  ; 
E  cosi    dalla  calca   si  difende  . 

tO     Tal  era  io   in   quella  turba  spessa  , 

Volgendo  a  loro  e  qua  e  la  la  faccia , 
E   promettendo  mi  sciogliea  da  essa  • 

I  al  Iti  Quando  si  parie  ec.  Per  farci  Dante  capire  quanto  fosse 
rande  1'  affollameuto  di  quelli  spiriti  intomo  a  lui ,  ed  il  modo  che 
enne  per  isbrigarsene ,  reca  il  paragone  dell' affollameato  della  ^en- 
e,  quando  sipario  (si  finisce)  il  giuoco  della  zara ,  intorno  a  colui 
be  ha  vinto;  e  della  maniera ,  che  il  medesimo  adopera  per  levarsi 
'  affollata  gente  d*  intorno  ;  eh'  è  di  dar  loro  quel  che  braniaiio  ,  cioè 
na  qualche  porzione  della  fatta  vincita  •  Dice  adunque ,  che  nello 
tesso  modo  anch'  egli ,  promettendo  a  quelli  spiriti  quanto  ciiiede- 
ano  ,  cioè  di  procurar  loro  dalle  genti  di  quassù  alcun  suffragio  9 
e  gii  andava  di  mano  in  mano  allontanando .  Quale  precisamente  si 
osse  il  giuoco  della  zara  ,  poco  importa  di  averne  contezza  :  basta  i{ 
■■  I     ■  ■  ■  ■  il.  ■  —  »  I  > 

(*)  Argomento  metrico  del  cel.  Gaspare    Gozxi  • 
Mentre  il  Poeta  a  qaelì'  alme   promette 

Qualche  sassidio    nell*  acerba  pena  , 

Acciocché  ognuna  piiial  ciel  s'  affrette  « 
Vede  Sordello  Manto^an  ,  che  a  pena  . 

Mantova  ndita  ,  il  buon  Virgilio  accoglie^ 

£  tanta  gentilexxa  indi  lo  mena 
Contro   air  Italia  a  disfogar  sae  d)glie. 


^1  PURGATORIO  V 

1 3    Quivi  era  Y  aretin  ,  che  dalle  braccia 

Fiere  di  Ghia  di  Tacco  ebbe  la  morie , 
£   r  altro  eh'  annegò  correndo  'n  caccia  ; 

i6     Quivi  pregava  con  le  mani  sporte 
Federigo  Novello  ,  e  quel  da  Pisa 
Che  fé'  parer  Io  buon  Marzucco  forte . 

sapere  che  si  faceva  co' dadi ,  come  tulli  gli  espositori  attestano .  Tan* 
to   basta  per  capire,  che  dir  sì  vo^Wai  ripetere  dolente  ^  cpiui  che  per- 
tlcj  le  volte  y  e  tristo  [imparare;  e  che  s*  inganna  il  >cntorì  con  alcum 
altri  spositori  chiosando ,  che  vaglia  onanto  ripetere  nel  suo  pensièro 
le  volte  che  ha  perduto ,  e  a  quelle  rijtetlendo  imparare  a  sue  spese , 
come  contenersi  in  tal  giuoco  un  altra  volta  •   V^olta  (  insegna  ottima- 
mente il  Vocabolario  della   Crusca)  [a)  trattandosi  dielfa  taralo  ^al- 
tro giuoco ,   che  sijaccia  co*  dadi ,  vale  tratto ,  o  rivolgimento  di  essi  dadi 
{volta  por  voltatalo  rivolgimento  adopera  Dante  anche  Ivr.  xx  i^) 
Vuole  qui  adunque  il  Poeta  nostro  accennare  il  costume  di  que*  sciao- 
rati ,  che  tirati  avendo  i  dadi  sfortunatamente  e  con  perdita ,  si  ripi- 
gliano stizzosamente  i  dadi,  e  pruova  facendo  di  gettarli  nuovamente 
e  rigettarli  ,  quasi  tentano  cV  imparar  la  maniera    di    far  uscire    quei 
numeri   che  vorrebbero .   Pel  seguito  poi  finalmente ,  che  dice  Dante 
fatto  dalla  gente  al  vincitore  nella  zara,   risulta  che  fosse  cotale  uno 
de'  giuochi ,  che  si  praticassero  nelle  pubbliche  biscazze  —  dirietro  il 
prende ,  per  le  vestimenla  intendi  •  —  j4  cui  porge  la  man ,   intendi 
quello  —  piii  non  Ja  pressa  ,  toglicsi  dal  fare  calca  intorno  al  vincitore. 
i5  14  V Aretin  che  ec.  Messer  Renincasa  d'Arezzo.  Costui  essen- 
do vicario  del  Podestà   in  Siena,  fece  morire  un  fratel  di  Ghino   di 
Tacco,  Tacco  chiamato,   e  con  lui  un  suo  nipote  Turino  da  Turrita , 
per  aver  rubato  alla    strada  :  per  il  che  sdegnato  Ghino,  in    Roma, 
ove  dopo    certo  tomno  M.  Benincasa  era  ito  Auditore  di  Ruota ,  l'uc- 
cise,  e  ponos5ene  il   capo   di   lui.   Questo   è  quel   c;hino    di    Tacco, 
di  cui   fa  menzione  il  fìocraccio  .   (^)  Daniello.  *  Ti  Postili.  Caet-  ag- 
giunge: istejìtit  Sfnensis  nobilis  et  valitius  inimicus  Comitis  de  Sancta  Pio- 
ni y  et  cum  suis  assassinis  tenehat  totani  Tusriam  in  ditione  ec»  N.  E. 

i5  £  r altro  ec.  intendi  Cione  de' Tarlati,  potentissimi  cittadini 
d'Arezzo,  il  quale  perseguitando  i  Hostoli  ,  altra  famiglia  potente, 
fu  trasportato  dal  cavallo  in  Amo,  e  quivi  annegò.  Volpi  —  in  cac- 
cia ,  dando  la  caccia  ai  nemici  •  Venturi  .  Altri  costui  non  Cione  ma 
Ciacco  a(>pellano ,  e  il  dicono  cacciato  in  Amo  da'  nemici  in  una  rot- 
ta.  *  Il  l'ossil.  Càss.  lo  chiama  Guccius  ile  Pctramala  ec»  e  Pelramala 
era  Castello  dei  Tarlali .   N.  E. 

16  On*  le  mani  sporte j  con  le  mani  stese:  atto  di  chi  prega. 

17  18  Federigo  yo%*e/lo  y  figliuolo  del  Conte  (>uido  da  Pialtifolle. 
Costui  fu  ucciso  da  uno  de'  Rostoli  detto  Forno jttolo ,  \  oi.Pi  —  quel  da 
Visa,  cioè  Farinata,  figliuolo  di  Messer  M^irzncco  degli  S^oringiani  da 
Pisa.  i:oslui  fu  ucciso  da' suoi  nemici,  e  colla  sua  morte  fece  parer 
forte  lo  buon  Marzucco  suo  Padre ,  il  quale  per  certi»  accidente  oc- 
corsogli ,  fattosi  frate   Minore  ,  sopportò  con    gran    fortezza    d'  animo 

(a)  Art.  volta  f.  1.     fj>)  Gioia.  10  aoT.  a. 


e  A  N  T  O    V  I.  ^  73 

19     Vidi  coni' Orso,  e  T anima  divisa 

Dal  corpo  suo  per  astio   e  per  inveggìa  ^ 
^   Come  dicea  ,  non  per  colpa  commisa  • 

a 2     Pier  dalla  Broccia  dico;  e  qui   provveggia , 
Mentr'  è  di  qua  ,  la  donna  di  BrabaUte  , 
Sì  che  però  non  sia  di  peggior  greggia. 

ab     Come  libero  fui  da  tutte   quante 

Queir  ombre  ,  che  pregar  pur  eh'  altri  preghi 

r  Qccìsìon  e  di  Farinata  suo  figliuolo ,  e  baciò  la  mano  dell'  omicida  • 
Volpi  .  In  quanto  a  questo  Marzucco  sparge  gran  luce  di  bello  ,  ed 
opportuno  comeoto  il  Postillatore  del  Cod.  Caet.  che  di  lui  dice  «  Iste 
futi  (le  Pisis  y  cujus  Jtdum  comes  Uffoiintts  fecit  derapiUtri  per  qmm^ 
dfznt  invidiam  ,  et  non  contentus  fedi  principi ,  quod  nemo  aiideret  sep- 
pellire ;  sed  pater  in  sero  verni  ad  romìtcm  sine  planctu ,  et  dixit:  o  Do- 
mine mi,  veli  consentire,  quod  ille  Paiiper  sepelìatur.  Tunc  comes  U- 
golinus  miratus  constanUam  ,  vi  fortiiudincm  istiiis  ,  dixit  :  vade ,  quia 
tua  patientia  ,  et  Jbrtitudo  vicit  duritiem  meami  Ecco  dunque  come  lo 
buon  Marzucco  parve  forte .  K.  lì. 

19  al  it\  Coni' Orso  »  Credono  alquanti,  che  costui  fosse  degli  Al- 
berti di  Firenze ,  ucciso  da'  suoi  consorti  . . .  Alquanti  ,  il  che  io  piutto- 
sto credo  ,  dicono  che  fu  figlinolo  del  Conte  Napoleone  da  Cerbaja  ,  e 
che  fu  morto  dal  conte  Alberto  da  Mangona  suo  zio.  Landino.  *  U 
Postili.  Caet.  nota  istcjìtit  de  comitihus  j-ilbcriis  de  Valle  Biseniii  qui  oc- 
cistis  fuit  a  consortibus .  N.  E.  —  e  T  anima  divisa  ec, ,  V  anima  (  come 
Dante  stesso  dice  quattro  versi  sotto  )  di  Pier  dalla  Broccia .  Pier 
dalla  Broccia  (riferisce  concordemente  agli  espositori  tutti  il  Yelluteì- 
lo  )  secretano  e  consigliere  di  Filippo  il  bello  Re  di  Francia,  perchè 
molto  poteva  appresso  del  Be,  fu  per  invidia  messo  da' Baroni  in  tan- 
ta disgrazia  della  Keina  ,  la  qual  era  di  Brabante ,  che  falsamente  l'ac- 
cusò al  Re ,  che  cercava  di  violare  la  sua  castità  :  onde  il  troppo 
credulo  Re  lo  fece  morire.  ^  Il  Postili.  Caet.  vi  si  accorda  ancb'egli. 
N.  E.  —  inveggia  dice  per  invidia ,  come  per  invidiare  -dirà  inveggia- 
re  (a)  ;  e  non  tanto  (  notano  i  deputati  al  Decamerone)  (b)  al  modo  an- 
tico ,  guanto  al  proprio  e  naturale  dì  questo  paese  (  cioè  della  Tosca- 
na .  )  che  in  simili  voci  muta  il  d  voleni'eri  in  due  g  ,  come  vedo  ,  sie- 
do, chiedo,  in  veggio,  seggio,  cheggio.i1/a  questi  si son  mantenuti; 
queir  altro  par  che  sia  stato  tralasciato  —  commisa  per  commessa  dice 
in  grazia  della  rima  ,  avuto  riguardo  all'  aggettivo  Latino  commissus  , 
a, //m  ,  che  dagP  Italiani  invariato  ritiensi  nella  voce  Jedecommisso  —  e 
qui  j  vale  e  intorno  a  questo  ,  a  questo  proposito  (e)  ed  è  la  presen- 
te un'ammonitoria  interiezione  che  fa  Dante — proveggia  in  vece  di 
prcfveda,  cotpe  hanno  dianzi  avvisato  i  deputati  al  Decamerone  detto 
ve^o  per  vedo  —  la  donna  di  Brabante  ,  la  Brahantcse  calunuiatrice 
Reina  —  si  che  però,  per  cotal  gravissimo  peccato  —  non  sia  di  peg- 
gior greggia,  della  greggia,  non  de' purganti,. ma  de*  dannati. 

i&  Che  pregar  pur,  che  pregarono   istessaniente  ,   intendi ,   come 

(a)  Par.  XII     \ì{i'     (h)  Gioco,    io  nov.  3.    (e)  Vtdi  C'in,  Partic.   aiS.  3. 


74  PURGATORIO 

Sì  9  che  s'avacci  1  lor  divenir  santo  f 
a8    r  cominciai  :  e'  par  che  tu  mi  nieghi  .^ 

O   luce  mia  ,  espresso  in   alcun  lesto 

Che  decreto   del  cielo  orazion  pieghi  : 
3i     E  questa   gente  prega   pur  di  questo . 

Sarebbe   dunque  loro  speme  vana? 

O  non   m'  è  1  detto  tuo  ben  manifesto  7 
34    Ed  elli  a  me  :  la  mia  scrittura  è  piana  y 

E  la   speranza   di  costor  non  falla  9 

Se  ben  si  guarda  con  la  mente  sana  • 
37     Che  cinpia  di  giudicio  non  s' avvalla  , 

Perchè  fuoco  d'  amor  compia  in  un  punto 

fatto  avevano  le  altre  nel  precedente  canto  nominate.   *  S'  incanna  il 
Lombardi ,  dice  Binginli ,  perchè  pur  è  qu\  particella  avversativa.  N.E. 

37  S*  avacci ,  s'  affretti  ;  verbo  anticamente  molto  adoprato .  ^  edi 
il  Vocabolario  della  Crusca  —  il  lor  divenir  sanie ^  il  purgarsi  da  ogni 
reliquia  di  peccato . 

38  ig  3o  Io  cominciai  :  ci  par^  egli  sembra  ;  così  la  Nidobeatina, 
ove  r  altre  edizioni ,  "^  e  il  Vat.  che  noi  seguiaiuo  sempre  quando  sì 
tratta  di  fuggire  questi  neologismi .  /'  cominciai  :  e*  par  N.  E.  —  O 
luce  mia ,  Virgilio ,  perocché  rischiaravalo  in  ogni  ciubbio  —  espres- 
so per  espressamente  —  in  alcun  testo ,  V  indeterminato  nel  detcrmi- 
nato testo  deir  Eneide  lib.  6  ove  cioè  a  Palinuro  ,  che  pregava  Enea 
a 'seco  condurlo  al  di  là  del  fiume  Stige ,  fa  rispondere  dalla  Sibilla  : 

Desine  fata  Deum  ftecii  sperare  precando   (a)  • 
Zi  E  questa  gente  prega  la  Nidobeatina ,   e  queste    genti  pregan 
V  altre  edizioni  —  pur  tuttavia  , 

34  35  È  piana ^  è  chiara  —  Non  falla  ^  non  erra. 

37  Cima  di  giudicio  :  dee  il  Poeta  volere  con  queste  voci  italiana- 
mente esprimere  il  medesimo  ,  che  latinamente  dicesi  da'  giuristi  apex 
juris ,  rigore  di  giudicio ,  rigor  di  legge  —  non  s*  avvalla ,  avvallare 
prouriamente  significa  spiegare,  abbassare  o  simile  (^b);  e  perciò  Dante 
medesimo  nel  canto  xiii  di  questa  cantica  v.  65  dirà 

E  r  uno  il  capo  sottra  V  altro  avvalla  . 
Qui  però  non  s*  avvalla  dee  mctaforicameute   valer  quanto  si  mitiga  y 
non  si  modera. 

38  Fuoco  d*  amor ,  d'  amor  di  Dio  ,  di  carità  ;  e  della  carità  inten- 
di,  con  cui  quelli,  che  sono  in  vita  uniti  a  Dio ,  suffragando  T ani- 
me del  Purgatorio,  vengono  ad  ottenere  effetto  a  quel  pregare,  che 
r  nnime  stesse  fanno  a  Dio ,  di  presto  purgarsi ,  e  passare  a  godere 
del  di  lui  cospetto  —  un  punto  per  qualsivoglia  corto  tempo . 


(a)  Veis.  376.    {b)  Vedi  il  Vocab.  della  Crasca  • 


CANTO    \U  ji 

Ciò  che  dee  soddisfar  chi  qui  s'  astalla  : 

4o     E  là ,  dov'  i'  fermai  cotesto  punto  » 

Non  si  ammendava ,  per  pregar  ,  difetto  ^ 
Perchè  '1  prego  da  Dio  era  disgiunto  • 

43     Veramente   a    cosi  alto  sospetto 

Non  ti  fermar  ,  se    quella   noi  ti  dice 
Che  lume    fia  tra  1  vero  e  lo  'ntelletto  • 

46     Non  SQ  se  ^ntendi  ;  i'  dico  di  Beatrice. 
Tu  la   vedrai  di  sopra  $  in  su  la  vetta 
Di    questo  monte  9  ridente  e  felice  « 

49     Ed  io  :  buon  duca  ,  andiamo  a  maggior  fretta  ^ 
Che  già    non  m'  affatico  come  dianzi  ; 
£  vedi  ornai  che  1  poggio  l' ombra  getta  • 

Sa     Noi  anderem  con  questo  giorno  innanzi  » 
Rispose  ,   quanto  più  potremo  otaiai  : 
Ma  '1  fatto  è  d' altra  forma  che  non  stanzi . 

39  S' astalla,  si  stanzia,  da  stallo y  che  pure  stanut  Significa  (a); 
e  come  dal  Latino-^barbaro  stallus  s'  è  fatto  installo ,  as  {b)  * 

40  Là,  nell*  ìn^umo  ~-^  punto  per  proposizione  o  massima.  Volpi. 
4i   4^  ^on  s' ammendava    ec*    non    poteva  Ja  preghiera    giungere 

ad  ottenere  alcun  buon  efTetto  »  peroccnè  era  colui  che  pregava  dis- 
giunto  da   Dio;  in  disgrazia  di  Dio. 

43  y4llo  sospetto ,   profondo  e  sottil  dubbio .  Vcllutillo  é 

44  4^  ^^^  ti  fermar,  non  ti  acquietare  affatto.  —  ^iitf//af  Beatri- 
ce ,  intesa  qui  per  la  sacra  teologia ,  della  quale  era  Virgilio  sfor^» 
nito  —  Che  lume  fia  ec»  Che  farà  si  che  V  intelletto  tuo  arrivi  a  co- 
noscere il  Vero  ,  come  il  lume  fa  che  l'occhio  vegg^  l'oggetto  «com'è. 

47  Di  sopra  ea^  Vedi  il  canto  xxx  della  presente  Cantica  v.  3^  e  73. 

*  49  Ea  io:   Signore,  il  cod.  Antald.  fié  E. 

So  Non  m'  affatico  come  dianzi  :  e  per  la  natura  del  monte  so- 
praddetta ,  tale  c)ie  quanto  uom  più  i>a  su  ,  e  men  Ja  male  {e) ,  e  mol- 
to pili  per  aver  inteso  ,  che  in  cima  ad  esso  monte  riveder  doveva 
l'amata  Beatrice. 

Si  II  poff^io  r ombra  fletta,  intendi,  sopra  di  noi:  e  vuole  si- 
gnificare ,  che  il  Sole  dato  aveva  volta  verso  ponente  .  Imperocché , 
salendo  i  poeti  quel  monte  dalla  parte  orientale ,  come  n'  è  dato 
avviso  nel  canto  iv  s^,  53  ,  voltando  il  Sole  verso  ponente  doveva  il 
monte   adombrameli. 

54  Stanzi .  Di  stancare  in  corrispondenza  al  Latino  statuere  sono 


(a)   Vedi  il  Vocabolario  della   C  rosea  .     (b)  Vedi  tra  gli  altci  1*  JmaltUa 
onom,    del  Laureati  art.  stallus  .  (e)    Parg.    iv  88.  e  seg|» 


j6  PURGATORIO 

55     Prima   che  sii  lassù  ,  tornar  vedrai 

Colui  che  già  si    cuopre  della  costa 

Sì  j  che  i  suo'  raggi  tu  romper  non  fai  « 

58     Ma  vedi  là  un'  anima  che ,  posta 

Sola  soletta  ,  verso  noi   riguarda  : 
Quella  ne'nsegnerà  la  via   pii\  tosta  • 

6ì     Venimmo  a  lei .  O  anima  lombarda  , 
Come   ti  stavi   altera   e  disdegnosa  , 
E  nel  mover  degli  occhi  onesta  e  tarda  ! 

64     SUa  ^on  ci  diceva  alcuna  cosa; 

esempj  parecchi  (a) .  Or  come  hanno  i  Latini  esteso  il  verho  siatuere 
al  significato  di  pensare  {b) ,  cosi  al  significato  medesimo  estende 
Dante  il    verho  stanziare, 

56  Colui,  il   Sole. 

57  Non  fai ,  come  prima ,  che  del  monte  si  coprisse  ,  (aceri .  Canto 
preceaente  v.  !i5  e  segg. 

58  59  60  Che  posta  sola  soletta  (  che  standosi  affatto  sparlata  dal- 
le altre  anime),  cosi  la  Nidoheatina  a  più  chiaro  senso  del  cA«  a /no- 
sta ,  sola  soletta ,  che  leggono  l' ahr'  edizioni  :  "^  e  il  cod.  \  at.  N.  IC. 
Era  questa  ,  come  in  appresso  dirà,  1* anima  di  Sordello  Mantovano  uo- 
mo per  testimonianza  di  Dante  medesimo  {e)  assai  letterato  :  e  dee 
perciò  nel  collocarlo  cos\  appartato  e  solo,  aver  voluto  accennare,  o 
amica  degli  studj  la  solitudine ,  ovvero  la  scarsezza  degli  uomini  pari 
a  Sordello  in  que'  suoi  tempi  —  tosta  per  brc^*e . 

61  O  anima  Lombarda ,  cosi  appella  Sordello  per  esser  Mantova, 
di  lui  patria ,  una  delle  città  della  Lombardia  •  f^  è  (  chiosa  qui  '1 
Venturi  )  chi  vuol  far  ilei  saccente  interrogantlo  come  Dante  riconosces" 
se  quesC  anima  per  Lombarda ,  e  se  la  riconobbe  dal  cappotto  :  ma  la 
saccenteria  procede  da  non  capire  che  questa  non  è  una  interrogazione 

fatta  air  anima  dal  Poeta  nel  vederla  in  quel  suo  viag^o ,  ma  un'exda^ 
mozione  fatta  nello  scrivere  un  pezzo  dopo  rio  ,  che  nel  via^o  gli  «c- 
catlde ,  quando  già  sapeva  essere  stato  Sonieìlo  ,  come  apparisce  dal 
tempo  del  verbo  stavi  •  Avverta  però  il  Lettore  che  il  saccente  non  è 
d'  adesso ,  ma  di  trecent'  anni  fa  ,  avanti  il  Landino  ,  e  dal  medesi- 
mo istessamente  confutato  . 

62  reitera  e  disdegnosa.  In  nostra  lingua  diciamo  altiero  e  disde. 
gnoso  colui,  che  per  eccellenza  d'animo  non  riguarda,  né  pon  pen- 
siero a  cose  vili ,  né  quelle  degna  :  sicché  dimostra  una  certa  schifez- 
za generosa ,  e  senza  vizio .  Perciocché  quando  uno  sprezza ,  non  per 
grandezza  d*  animo,  ina  per  troppa  alterigia  ,  non  altiero,  ma  superbo 
SiJ  chiamerà  .  K  cosi  chi  per  la  medesima  alterigia  non  si  acqueta  ad 
alcuna   cosa,  è  detto  ritroso    .   Onde  il   Tetrarca   usò  tali  vocaboli  in 

(a)  Vedi  il  VocaboUrio  della  Crasca  ^  e  il  poeta  nostro  stesso  Inf.  xxv  10 
f^)  Vedioe  esempi  nel  Thesaur  .  Itng.  Lai,  di  Roberto  Stefano  .  (c>  EL»qu, 
Ittd,  lib.  1.  cap.  iS. 


CANTO    VI.  77 

Illa    lasciavane  gir,  solo    guardando 
A  guisa  di  leon  quando  si  posa  . 

67     Pur  Virgilio  si    trasse  a  lei  ,  pregando 
Che  ne  mostrasse  la'  miglior  salita  : 
E  quella  non   rispose  al  suo   dimando  ^ 

70     Ma  di   nostro  paese  e   della  rita 

Ci  chiese  •  £  '1  dolce  duca  incominciava  : 
Mantova  ...  £  l'ombra,  tutta  in  se  romita  9 

73  Surse  ver  lui  del  luogo  ove  pria  stava  , 
Dicendo  :  o  mantovano ,  io  son  Sordèllo 
Della  tua  terra.  E  l'un  l'altro  abbracciava. 

76     Ahi  serva  Italia ,  di  dolore  ostello  , 

Nave  senza  nocchiero   in  gran  tempèsta  , 
Non  donna  dì   provincie  9  ma  bordello  ! 

Aroprìa  significazione,  quando  disse  Altiera  e  disdegnosa:  Non  supei^ 
aaj'o   ritrosa  (a):   Lìlndino  . 

66  A  gttisa  ec.  Come  fa  il  leone ,  che  giace .  Ed  ottimamente  ag- 
guaglia la  generositli  di  Sordèllo  a  quella  fiera  ,  che  è  di  sua  natura 
molto  generosa .  Landino  • 

67  Pur,  vale  nondimeno,  non  ostante  cioè  la  prefata  alterigia^, 
disdegno  ,  che  Sordèllo  mostrava.  « 

70  71  71  Di  nostro  paese ,  e  della  vita  ci  chiese  (  e'  incliiese  le 
edizioni  diverse  dalla  Nidobeatina) ,  ci  richiese  che  gli  dicessimo  di 
che  paese  eravamo  ,  e  che  vita  fosse  stata  la  nostra .  Vei^ìutbllo  -^ 
incominciava  ,  Mantova  y  e  voleva  seguitare,  mi  generò^  come  nel  8(10 
epita6o  si  legge.  Ma  fìnge  che  udendo  Sorilello  nominar  la  patria 
sua,  fu  tanta  la  dolcezza  che  gli  venne,  che  non  aspettò  che  dices- 
se più  oltre.  Vellu TELLO  ' —  r ombra  tutta  in  se  romita  y  sottointendi 
da  prima ,  e  come  se  detto  fosse  U  ondfra ,  eh*  era  da  prima,  tutta,  in 
se  romita,  in  se  stessa  raccolta  e  solitaria. 

y6  Ahi  serva  Italia ,  digressione  Ghibellinesca  del  Poeta  —  dì  do-^ 
lare  ostello,  albergo   di   dolore  e  di  guai. 

'  77  *  Nave  senza  nocchiero  ec.  Quia  guandocumque  Italia  est  der 
relieta  ab  Imperatore ,  agitatur  modo  ab  ilio ,  modo  ah  alio  vento  .  Po- 
STiLL.  Caet.  , 

78  Donna  ,  signora ,  dominatrice  ;  ed  accenna  la  grandezza  a  che 
era  salita  cui  Komano  impero  —  ^or^e;//ò,  postribolo  ,  luogo,  dovè  stan- 
no le  meretrici .  Cosi  chiama  Dante  V  Italia  ai  suoi  tèmpi  estremamen- 
te corrotta  .  Vedi  V  Ercolano  del  Varchi  a  carte  agS.  Volpi.  *  Il  P9Stil- 
latore  sopraccitato  porta  più  innanzi  l' interpretazione  della  parala  bor^ 
dello   diminuendo  all'Italia  la  colpa  diretta:    Quia  ibi  concùrrunt om- 

(a)  Cam.  22. 


/ 


yg  PURGATORIO 

79    Quell'anima  gentil  fu   così  presta  » 

Sol  per  lo  dolce  suon  della  sua  terra  » 
Di  fare    al  cittadin  suo  quivi  festa  : 

82  Ed  ora  in  te  non  stanno  senza  guerra 
Li  vivi  tuoi ,  e  r  un  V  altro  si  rode 
Di   que'  eh'  un  muro  ed  una  fossa  serra  • 

85     Cerca  ,  misera  ,  intorno  dalle  prode 

be  tue  marine  ,  e  poi  ti  guarda  in  seno  | 
S'  alcuna  parte  in  te  di  pace  gode  • 

88     Che  vai  perchè  ti  racconciasse '1  freno 
Giustiniano  ,  se  la  sella    è  vota? 
Senz'  esso  fora  la  vergogna  meno  . 

91  Ahi  gente  ,  che  dovresti  esser  devota  , 
£  lasciar  seder  Cesare  in  la  sella  , 
Se   bene  intendi   ciò  che  Dio  ti  nota  ! 

nes  nationes  barbara!  et  aliai .....  dimittunt  et  poniint  in  Italia  omne$ 
paupertales  et  miseri ns»  Quia  vendunt  ItnUcos  siciit  ^nditnrcnro  kuma- 


lupi 

cosa  desiderata.  N.E. 

80  Dolce  suon  ,  dolce  nome  . 

Sa  83  84  Ed  ora  ec.  Vuol  dire  che ,  se  la  medcsìmanza  della  pa* 
Vrisk,  quantunque  in  diversi  tempi  ottenuta  rendeva  Sordello  così  a 
Virgilio  aficzionato ,  molto  più  amare  si  dovevano  i  contemporaneamen» 
te  viveilti  dentro  delle  medesime  mura . 

85  Intorno  dalle  prode  ^  intorno  alle  rive*  Dalle  per  alle  ^  come 
da  per  a .   Vedi  il  Cmonio  (a) . 

S6  in  Seno,  nel  mezzo  . 

S8  Ti  racconciasse  il  freno  ^  raggiustasse  e  riordinasse  le  leggi 
per  riteneteti  nel  dovere  — ^  Giustiniano  Imperatore ,  che  ridusse  a  me- 
todo le  leggi  Romane ,  tagliando  fuori  tutto  il  soverchio  ,  e  ritenen- 
do solanìente  il  necessario,  componendo  le  pandette,  il  codice,  e  le 
i^titazioni  .  Volpi  ,  ^^  se  la  sella  e  vola ,  se  non  ti  siede  sopra  chi 
ti  guidivs 

90  Sem*  esso  f  intende  il  racconciato  freno  delle  leggi  — fora  la 
vergogna  meno:  essendo  cosa  meno  obbrobriosa,  che  sia  in  disordini 
e  scompigli  un  popol^o  senza  leggi ,  che  altrimenti 


(a)  Partic^  70  ». 


V 


e  A  N  T  O    V  I.  79 

^     Guarda    com'  està  fiera  è   fatta  fella  » 
Per  non.  essef  .corretta  dagli   sproni  , 
Poi    elle  ponesti    mano   alla  predella  ! 

97     O   Alberto  tedesco  ^  eh' abbandoni 

Costei    eh'  q  fatta  indomita  e  selvaggia  , 
£    dovresti   inforcar  li  suoi  arcioni  , 

Ghibellino  taccia  d'  indi\'Otì\  dì  disubbidienti  ai  divini  comandamen- 
tj  y  gì*  inimici  suoi  e  dell'  Impèro  •  —  Cesare  in  fa  sella  la  Nidobeati- 
na  con  tutte  J'antichc  edizioni ,  e  con  qualche  agevolezza  maggiore 
nel  verso  che  Cesar  nella  sella ,  che  hanno  voluto  invece  gli  Accade- 
mici  della  Crusca, 

\/ì  9^  96  Està  per  quesia^  afercsi  assai  dagli  antichi  praticata —^e^ 
ni,  intende  l'Italia — ponesti  mano  alla  predella,  Contraddiconsi  gli 
espositori  circa  il  si|[nincato  della  voce  predella  in  questo  passo  di 
Dante .  Il  Buti ,  seguito  dal  Landino ,  \eilutello ,  Daniello ,  e  dagli 
Accademici  nel   Vocabolario  della  Crusca ,  dice  che  predella  qui  si- 


derivisi   da  prtediiim ,  che  significa  possessione ,  e  che  la  sentenza   di 
Dante  sia  :    Quando  tu  pigliasti  possesso   di  ciò  che  a  te   appartenesHi  » 


espositori  in  volere ,  che  1  azione  di  aver  posta  mano  alla  pr 
intridala  Dante  dell'  Imperatore  Alberto  ,  che  in  seguito  nomina ,  e 
che  perciò  la  terzina  Guarda  com*  està  ec.  congiunga  il  senso ,  non 
colla  precedente  terzina  y^hi  gente  ec.y  nxa  colla  seguente  O  Alberto 
ce.  Ma ,  non  avendp ,  da  un  canto  ,  nessuna  delle  due  dette  spiega- 
zioni della  voce  predella  esempio  che  la  confermi  :  né  parendo , 
dell'  altro  canto  ,  tollerabile  che ,  ove  ad  Alberto  parlando  Dante  » 
avesse  detto  Guarda  com*  està  fiera  e  fatta  fella ,  potesse  allo  stesso  in  un 
medesimo  fiato  ripetere  ,  che  abbandoni  costei,  eh' è  fatta  indomita  € 
selvaggia;  mi  eleggerei  io  piuttosto  di  dare  alla  voce  ^r^nie/Z^  un  piii 
ovvio  significato  di  seggio,  o  sgabello,  e  chiosare,  ,clie  riprenda  il 
Poeta  la  stessa  prenominata  gente  di  aver  posto  mano ,  cioè  fatto  vio- 
lenza,  contro  l'Imperiai  seggio;  ovvero  (persistendo  nell' incomin- 
ciata allegoria  deiìsi  fiera,  sella,  e  sproni)  di  avere  sottratto  lo  Sf^a- 
bello  9  ed  impedito  a  Cesare  di  montare  in  sella»  Secondo  onesta  spie- 
gazione dee  togliersi  il  punto  fermo  posto-  in  fondo  della  terzina 
j4hi  gente  ec, ,  e  segnarvisi  in  vece  una  semplice  virgola  •  1/  altro 
punto  poi ,  che  da  tutte  V  edizioni  si  pone  in  fondo  della  terzina  pre- 
sente Guarda  conC  està  ec, ,  come  accresce  opposizione  alla  predetta 
comune  spiegazione  ;  così  a  questa  particolare  mia  diviene  opportu- 
no .  ^  Questa  interpretazione  del  Lombardi  è  stata  lodata ,  e  seguita 
dal  eh.  Riagioli.   N.E. 

97  9^  99  ^  Alberto  Tedesco  ec.  Alberto  d' Austria  figlio  dell'Imp 
peratore  Ridolfo   il  primo  della  casa  d'Austria,  succeduto    nell'im- 

(a)  Vedi  il  Vocibolario  delia  Cresca  sotto  la  Toce  prtétlla  {•  a. 


So  PURGATORIO 

loo     Giusto   giudicio  dalle  «stelle    caggta 

Sovra  il  tuo  sangue  i  E  sia  nuo?o  ed  aperto  j 
'■'■  Tal  .che  1   tuo  snccessor  temenza  n'  aggìa  ! 
io3     Ch'avete  tu    e  1   tuo   padre  'sofferto  , 

Per    cupidìgia    di  costà  distretti  , 

•i    ■ 
..■•*'.•'.     *    ' 

pero  ad  Adolfo  nel  iigS  o  1299  ^  vìssuto  Imperatore  dieci  anni  (a); 
e  "Clie  perciò  viveva  Imperatore  nell'anno  i5oo  in  cui,  com'è  detto 
mk  volte,  finge  Dante  di  aver  fatto  ^^uestó  viaggio  all'  altro  mondo . 
.  È  da  osservarsi  la  nota  del  Postillatore  del  Cod.  C^et.  che  dice 
•  Iste  Albertus  fidt  electus  ad  Imperinrn  anno  i3o3,  et  nunquam  vo- 
luit  venire  in  Italiani  sed  hahcre  volehàt  omagium  suitm  «  Né  si  incoi* 
leriscano  i  Cronologi  se  trovan  patente  contraddizione  circa  1'  anno 
dell'  elezione  in  Imperadore  di  Alberto  »  pdiphè  Papa  Bonifacio  Vili 
io  disapprovò  (fi)  e  soltanto  nel  i3o3  gli  spéiVi  bolla'  di  ricogniùo- 
tie,  conte  Re  dei  Romani»  aftinché  lo  projtegésse  dalle  imprese  ostili 
di  Filippo  il  Bello  Re  àx  Francia.  N.  E.  —  cfC  abbandoni  costèi^  che 
non  ti  curi  di  asso^f;;ettartela  —  dovresti  inforcar  li  suoi  arcioni  •  ^r- 
ciotu  parte  della  sella  ,  detti  qui  in  luogo  di  sella:  ed  inforcar  la  s»l - 
la  dicesi  colui  che  vi  sta  a  cavallo ,  perocché  strlngela  fra  le  gtm* 
.be ,  nella  guisa  che  il  bidente  stringe  ira  suoi  denti ,  o  trebbi ,  ta  p*> 
glia  >  e  fieno  che  inforca . 

1^00  loi  102  Giusto  giudizio  ec,  giusta  vendetta  venga  dal  cielo— 
sovra  il  tuo  sangue,  sopra  il  tuo  lignaggio-:  cosi  doversi  per  fo/ig'iitf  iii<« 
terpretare  ne  indica  la  terzina  seguente  Ch^  avete  tu  e  '/  tuo  padre 
soffèrto  ec.  .-r  nuovo  ed  aperto ,  inusitato  ,  p  manifesto  ,  accioc- 
ché dia  più  terrorre.  Landino.  Gli  manda  ({uesta  imprecazióne  quasi 
profetizzando  ciò ,  che  in  efietto  era  accaduto  ad  Alberto  ,  ucciso 
nell'anno  i3o8  da  Giovanni  suo  nipote  carnale:  dal  che  si  raccoglie 
chiarrtmeiite,  che  Dante,,  il  quale  non  poteva  profetizzare  se  non  il 
passato ,  .scriveva  queste  cose  dopo  l'anno  suddetto  i3o8  mentre  pur 
finge  di  aver  intrapreso  il  sno  fantastico  viaggio  nel  i5oo  come  gìk 
sì  è  notalo.  Ventuiii —  Tal  chi' l  tuo  sitccassor  y  Arrigo  settimo  di 
Lucemburgo  .  *  »$i  che ,  il  cod.  Antald.  N.  E.  —  temenza  /l' nggia  , 
impari  dal  t«o  danno  a  ritener  in  freno  e  timore  l' Italia  .  Scrive 
di  questo  Arrigo  il  Patarol  :  In  Italiam  veniens ,  forreeun  quoque  co- 
ronam  accepit  ìfediolatti  y  ubi  cuncta  armis  oc  terrore  compescuit ,  et 
in  ohed^entiam  adegit^  territa  non  parum  ipsa  urhe  Roma.  Movit  in- 
de in.  Flore fUinos  (  ciò  che  al  Poeta  sopr'  ogni  altra  cosa  premeva  > 
com'è  dietto  al  v,  gì)  Apuliaeque  Regem  Rohertum  iisdem  Javentem  . 
Sed  in  me-Iio  rerum  cursu  sublatus  est  apud  Bonconvjsntum ,  non  longe 
a  Senis  (e) , 

lo'S  E  il  tuo  padre  Piodolfo  di  cui  al  i».  97.  Dice  dell*  Impera- 
tor  Ridolfo  il  Patarol  :  Italiam  nunquam  ingredi  vpluit ,  profteritorum 
■Cfesarum  infortuniis  admonitus  (d) .  *  E  ^l  tuo  sangue  ,  il  cod.  Vat. , 
r  Antald.  e  il  Caet. ,  che  in  post,  reca  ali  ter  padre  ,  Ed  è  bella  variau- 
-te,  secondo  che  noi  stimiamo:  indicandosi  per  tal  modo  tutta  la  casa 
d'  Alberto  .  N.  E. 

ìo\  Per  cupitligìa  di  costai  ellissi,  e  quanto  se  avesse   in   vece 

(a)  Patarol.    Seria    dugust.     {h)  Art.  de  Terificr  U%  dates  .    pag«  ^{S. 
(e)  Scr.  dtiguH,  a.  107.    (d)  Set.  dug,  n.  104.* 


e  A  N  T  O    VI.  8i 

Che  1  giardin  dello  'mperio  sia  diserto  . 
106     Vieni   a   veder   Montecchi  ,  e  Cappelletti, 

Monaldi  ,  e  Filippeschi ,  uom    senza  cura  ; 

Color  già  tristi  ,  e  costor  con  sospetti . 
109     Vien  ,  crudel  ,  vieni  ,  e    vedi    la  pressura 

Dei   tuoi  gentili ,  e  cura  lor   magagne  , 

E  vedrai   Santafìor   com'  è  sicura  .     ' 
112     Vieni  a  veder   la  tua  Roma    che    piagne  , 

Vedova  9   sola  »  e  d\   e  notte  chiama  : 

Cesare  mio  ,  perchè  non  m' accpmpagne  ? 
.11 5     Vieni  a  veder  la   gente   quanto   s'ama; 

£  ,  se  nulla  di  noi  pietà  ti    muove», 

deUo  per  cupidigia  tU  acquistar  paesi  di  costà ,  in  Germania  —  distret- 
ti ,  stretti ,  angustiati  (a) .  Spiega  ahrimcnti  queste  parole  il  Vellute!- 
lo .  Per  cupidigia ,  dice  ,  €Ìi  costà  distretti ,  cioè  per  cupidigia  de*  ter^ 
riiorf  de  la  Hfagna  ;  onde  diciamo  Siena ,  Lucca  ,  e  suo  distretto  :  co- 
me in  sostanza ,  se  fosse  scritto  cupidigia  di  distretti  (  di  acquistar  di- 
stretti )  costà . 

io5  Giardin  dello  ^ mperio^   la  porzione  più  bella  dell*  inuperìo  • 

106  107  iq8  Vieni ec.  Costruzione.  P^enij  tujm  senza  cura  y  a  ve» 
der  ec,  —  .ìfontecchi  ^  e  Cappelletti  ^  nobilissime  e  possenti  famiglie 
Ghibelline  di  Verona  in  quei  tempi  •  Daniello  —  Monaldi  e  FUippC" 
schij  altre  due  nobili  famiglie  pur  della  atessa  fazione  in  Orvieto  • 
Daniello  —  color  gin  tristi  j  cioè  Montecchi  e  Cappelletti ,  per  essere 
stati  oppressi  e  ruinati  da'  Guelfi .  Daniello  — •  e  castoro  >  e  i  Monaldi 
e  Filippeschi ,  con  sospetti ,  d'  essere  essi  ancora  dalla  contnuria  par* 
te  mal  menati  ed  afflitti .  Daniello  .  "^  £  questi  con  sospetti ,  i  codd. 
Vat.  C^el.  e  AnUld.  N.  E, 

109  no  La  pressura  de* tuoi  eentili y  l'oppressione  fktln  a*  suoi 
nobili  y  e  sudditi  Ghibellini  ;  perchè  da*  Gueln  erano  oppressi  •  Vbl« 
LUTELLo .  Lia  pressura ,  che  leggono  la  Nidobeatina ,  l'Alaina  ed  altre 
antiche  edizioni,  hanno  iu  foppressara  mutato  ^li  Accademici  della 
Crusca  ,  quantunque  nel  loro  Vocabolario  abbia  il  primo  più  esco^pi 
che  non  il  secouuo  vocabolo -^ccrre»  hr  moffxfftt^  Tcndica  loro  iugm* 
rie.  Vellutzllo, 

1 1 1    Vedrai ,  così  alcune  ediz. ,  ove  altre  leggono  iwifm*  —  Smnt  a- 
Jtore  contea  nello  stato  di  Siena  -^  cotn  e  àcum  ;  quasi  dica ,  che    *i 

fiaese  è  rotto j  e  pieno  di  rubatorì,  e  di  ladroni.  Landino.    Qualche 
ezione  ha  come  si  cura ,  cioè  vedi  come  barbaramente    si    governa  • 
Venturi.  Bisogna  credere»  che  i  Conti  di  Sanlaiiore    fossero    Guelfi. 
"^  Il  Fosti  Ih  Caet.  isti  Jmrunt  Comites  de  Sancta  fiora   qui  multa  cor 
stra  et  donèinium  hahehani  in  ioaritima  •  ]N.  E* 
114  y^ceampague ^  antitesi  per  accompagni* 

(a)  Ve4i  il  VocaVohfì^  '^^  Crasta  sott^  la  voca  distrtUù  f.  I. 


8i  PURGATORIO 

A  vergognar  ti  vìen  della  tua  fama . 
ii8     E  ,  se  licito   m'è,  o  sommo  Giove, 

Che  fosti  in  terra  per  noi  crocifisso  , 

Son  li  giusti  occhi  tuoi  rivolti  alti*ove  ? 
121     O  e  preparazion  ,  che   nell'abisso 

Del  tuo  consiglio  fai  ,  per   alcun   bene . 

In  tutto    dall' accorger  nostro  ascisso? 
104     Ghè  le  terre  d'  Italia  tutte  piene 

Son  di   tiranni ,  ed  un  Marcel  diventa 

Ogni  villan  che  parteggiando  viene  • 

ff8  Licito  per  lecito  adoprato  spesso  anticamente  vedilo  nel  Vo- 
cabolario della  Crusca  —  sommo  Gioi*e,  Chiama,  sferza  il  Venturi, 
col  nome  fU  dove  il  nostro  Sifmor  Gesii  Cristo ,  quanto  bene  , ,  altri 
per  me  vel  dica  •  risponde  pero  al  Venturi  il  llosn  Moraiido  :  A*  così 
jrequente  ne'  poeti  Cristiani  f  uso  di  chiamar  Giove  il  vero  Dio  >  che 
onesta  voce  è  per  cosi  dire  santificata ,  e  non  fa  pVu  ribrezzo .  Dante 
t  ha  u$ata  in  questo  caso ,  rif^irdando  forse  alC  origine  sua .  Giove 
fu  detto y  secondo  alcuni,  dal  giovare;  e  cìii  ci  lia  giovato  piit  di  Cri- 
sto? Cicerone  (a)  afferma  che  da  iuvans  pater  si  fece  Tupitcr,  o  lup- 
piter  con  due  p  ,  cìte  anche  in  questo  modo  si  trova  scritto ,  per  quel- 
Ì^Jigitra,  che  lettera  nel  mezzo  della  dizioite  aggiungere  i  Greci cìùa- 
marno  epentesi .  jé,  Gellio  però  (b)  afferma  che  non  da  iuvans  pater , 
ma  da  lovis  pater  si  fece  lupiler  :  quod  elisis  et  mutatis  litloris  est  lu- 
piter,  id  plenum  atquc  integrum  €St  lovis  pater:  nii  sarebbe  forse  lon- 
tano dal  vcm  il  dire,  che  lovis  piuttosto  che  a  luva^ndo ,  derivato  fosse 
dal  lebova  degli  Ebrei ,  eh'  è  il  proprio ,  ma  presso  loro  innominabil 
nome  del  vero  Dio,  S* arroge  a  tutto  ciò,  cìie  in  questo  verso  il c/ùa- 
mar  Giove  f  eterno  Verbo ,  vien  consolato  (  per  usar  f  espressione  del 
Castelvetro  )  da  quelle  parole  e  se  licito  m'  è ,  quasi  con  esse  si  voglia 
dire  e  se  m*ò  lecito  cosi  chiamarti.  Non  fu  st  scrupoloso  il  Petrar- 
ca ^  che  senza  questa  consolazione  tlisse 

se  l'eterno  Giove 

Della  sua  grazia  sopra  me  nou  piove  (e) 
e  in  altro  luogo 

, o  vivo  Giove ,. 

Manda ,  prego  ,  il  niio  in  prima  che  il  suo  fine  (d) . 
lai  al  116  O  e  preparaùon  eco  con  questi  mali ,  che  permetti , 
dispone  V  infinito  abisso  della  tua  sapienza  e  providenza  di  preparar- 
ne alcun  bene  dalt  accorger,  dal  pensar,  nostro  in  tutto  ascisso  afTatto 
separato,  del  tutto  rimoto.  Scisso  in  luoco  d* ascisso  leggono  T edi- 
zioni diverse  dalla  Nidobealina  ,  *  e  il  eoa.  Vat.  e  il  Caet,  N.E. — j4sci- 
so  però,  qual  sincope  d*  ascisse ,  trovasi  adopralo  anticamente  anche 
da  altri    (e)  ;  e  serve  qui  a  togliere  quell'  asprezza ,  che  seco  appor- 

ra)  Nat.  Deor.  lib.  1.        {b)    Noct.  At.  Hb    5  cip.   la.        (e)    Son.    l33- 
CJ)  Son.  'joS.        (e)  Vedi  il  Vocabolario  della  Crusca  . 


CANTOVr.  «3 

1  !i7     Fiorenza   mia  y  ben   puoi  esser  contenta 
Di  questa  digression  ,  che   non  ti   tocca 
Mercè  del  popol  tuo  che  sì  argomenta  • 

1 3o     Molti  han  giustizia  in  cuor  ,  ma  tardi  scocca  y 

tano  le  vicine    voci    nostro    scisso .  —  Sarebbe  cosa  empia   (  avverte 
saggiamente  il  Landino  )  credere  che  Iddio  abbandonasse  »  non    dico 
Italia  ,    ma  ima  delle   minime  creature  :   perche  è  falsa  la  credenza  de- 
gli Epicurei,  che  Iddio  non  curi  le  cose  umane.  Per  la  qua l  cosa  la- 
sciando Dante  la  dubitazione,  la  quale  sarebbe  empia,  se  la  ponesse 
affermativa,  viene   a   quello  che  si   può  religiosamente  dire;  percioc- 
ché essendo  Iddio  somma  bontà ,  non  permette  mai  ^Icun  male ,  se 
non  a  fine,   che  quello  sia  preparazione  ad  alcuno  maggior  bene. — 
In   fine  della  terzina   O    è  preparaùon  ec,  segnasi    comunemente  un 
punto  interrogativo  :  a  me  e  parso  bene  di  levarlo  di  qui ,   e  collo- 
carlo nel  fine  della  terzina  seguente;    acciò  si   capisca,  che  formano 
ambedue  queste  terzine  un  solo  periodo  .  *  Noi  però  stiamo  colla  co- 
mune .  N.  E.  —  Jtd  un   MaìTeL  Di  questo   nome  furono  in  llonia  molti 
uomini  segnalatissimi  ;  ma   in  particolare  quegli  ch'espugnò  Siracusa, 
e  l'altro  che  s'oppose    alla    tirannide    di    Giulio    Ces.nre.   \olpi  *  Il 
Postillatore  del  Cod.  Caet.  smidolla  questo  passo  ,  e  ne  trac  sugo   di 
delicatissimo  gusto.  Iste  fini  JA  3farccltuSi(jtiìJuit  inimicus  Ctesaris  ^ 
et  quia  judicavit  Ccesarem  immicum  Senaius ,  et  Heipublicie  Romanm , 
vuìt  dicere ,  quod  sicuti  idem  Marcellus  opposuit  se  Catsari ,  ila  quHi- 
bet  cujuscumque  vilis  conditionis  vult  opponere  se  Cassari  sive  Impera- 
tori.  ti,\L,  —  O^i  viltan ,  ogni   vile  ed  abbietto  uomo  —  che  parteg- 
giando viene  vale  quanto  che  parteggia,  che  prende  parte  nelle  fazio- 
ni .   f^enire  (  insegna  il  Vocabolario  della  Crusca  )  co  gerundi  r/tfVer- 
bi;  come  venir  facendo  ,  raggiiardando  ^  e  simili  ^  Pale  pur  lo  stesso  y 
cioè  fare ,  ragguardare  ;  mono  comune  a  noi ,   e  ai  Gtvci .   *  Il    cod. 
Antald.  porta  i  due  primi  versi  cosi  :  Che  le  Città  d^'ltalia  tutte  piene 
son  di  tiranni  ,  ed  un  Metel  diventa  ec,  N.  E. 


stili.  Caet.  N.  E.  —  mercè  vai  quanto  per  mercè -^  per  grazia  {a),  -—che 
si  argomenta  ,  che  s' ingegna  ,  che  si  studia  (  ellissi  ) ,  intendi  difarii 
essere  di  condizione  diversa  dalla  descritta  comune  ad  Italia  Ittita .  Al 
me  lesimo  significato  adopera  argomentarsi  il  Roccaccio  in  quelle  p«*- 
role  :  veggendo  ,  che  come  volea ,  non  potea  ,  s*  argomentò   fli   fornirla 


noi  stiamo  colla  comune ,  e  col  Hiagioli  che  la  difende ,  quasi  Dante 
dica  :  cìu:  argomenta  sì  (  che  adopera  sì  )  che  questa  digressione  non  ti 
pub  toccare.  N.E^ 

i3o  al  i35  Molti  han  ec,  L' ironia  continuando   ed    accrescendo 
specifica  i  capi ,  pe' quali  non  tocchi  a  Fiorensui  la  premessa  digressio-»' 

(a)  Vedi  il  Vocib.  della  Cr.  sotto  la  voce  mercè  {.   3'    {b)  Nove).  62  14 
(f)  Amer.  proem* 

F  a 


^  PURGATORIO 

Per  non  venir  senza    consiglio    all'  arco  ; 

Ma  '1  popol  tuo  r  ha  in  sommo  della  bocca  • 
i33    Molti  rifiutan  lo  comune  incarco  ; 

Ma  1  popol   tuo  sollecito  risponde  » 

Senza  ciiiamare  ,  e  grida  :  io  mi  sobbarco  • 
i36     Or   ti  fa  lieta  ,  che  tu  hai  ben  onde  ; 

Tu  ricca  ,  tu    con  pace  ,   tu  con    senno  . 

S' io   dico  ver ,  V  effetto  noi    nasconde  • 
13^     Atene  e  Lacedemona  ,   che  fenno 

L' antiche   leggi   e    furon    sì    civili  y 

ne ,  ma  solamente  alle  altre  città  d*  Italia ,  le  virtù  perciò  delle  altre 
città  in  aria  di  vizio  commemorando  ,  ed  ì  vizi  di  Fiorenza  in  aria  di 
virtJi  —  Molli  (  vale  molti  altri  popoli ,  in  contrapposizione  cioè  al  po- 
pol tuo ,  che  ha  già  detto ,  e  eh*  è  per  ripetere  )  han  f;iustizin  in  cuor^ 
ma  ec,  rimprovera  negli  altri  qua!  pigrizia  e  melensaggine  che  non 
siono  corrivi  a  fare  scoccare ,  a  mandare  ad  effetto ,  cjn^hj  giustìzia 
rhe  hanno  in  cuore ,  che  amano  ,  per  non  venir  senza  consiglio  aWar^ 
co^  per  tema  di  non  adoprar  Tarme  della  giustizia  sconsigliatamen- 
te; e  loda  nel  Fiorentino  popolo  qual  sollecitudine  virtuosa  che,  in 
vece  di  avere  la  giustizia  nel  cuore  larda  ad  iscoccare  ,  abbiala  nel 
sommo  della  bocca  ^  cioè  sulle  labbra  ;  intendendo  però  che  abbiala  in 
millanteria  di  parole  solamente ,  e  non  in  fatti  —  molti  rifiutan  ec* 
rimprovera  negli  altri  qual  disamore  verso  della  patria  la  prudente 
modestia ,  che  rend«»li  timorosi  e  schivi  ad  accettar  comune  incarco  , 
cioè  cariche  di  Magistratura  e  governi  ;  e  loda  nel  Fiorentino  popo- 
lo qual  amore  verso  della  patria  1'  avidità  di  cotali  offizj ,  Ul  che  , 
sema  chiamare  (mlen^x  qui  chiamare  nome  verbale  equivalente  a 
e/ua-rtaia  )  sollecito  risponde  e  ^da ,  io  mi  sobbarco ,  cioè  io  m  in- 
curvo  sotto,  intendi  sotto  il  mentovato  comune  incarco.  Questo  ver- 
bo sobbarcare,  se  noi  prese  altronde,  composelo  qui  Danto  giudi- 
ziosamente dalle  voci  Teatine  sub  ed  arcuo ,  as  {a) ,  ad  esprimere  quel 
piegarsi  in  arco  che  l'uomo  fa  sottoponendosi  a  grave  P.^so .  Al  ver- 
ho  arcare  non  dà  il  Vocabolario  della  Crusca  altri  significati  che  di 
Urur  Parco,  e  d'ingannare.  Ma  e  pel  significato  che  vedesi  qui  uè- 
cessano  al  verbo  sobbarcare,  e  per  quelle  in  olire  che  in  ocabolario 
medesimo  attribuisce  all'aggettivo  arcato  ,  scorgesi  che  «^«'«^^ 
vette  ancìie  significare  lo  stesso  che  archeg^iore,  cioè  (chiosa  il  vo- 
cabolario )    torcere  o  piegare  che  eh     sia  a  guisa  a  arco .    ^ 

i36  1^7  Or  ti  fa  lieta  ec.  Continua  l'ironia,  e  vuole  inteso  che 
eli'  era   in  miseria  ,    senza   pace ,  e  senza  senno .  .      ,  • 

i3«  S'  io  diro  ver:  s'è  vero  ciò,  che  voglio  pel  detto  mio  s  in- 
tenda ,  cioè  tutto  il  contrario  —  /'  effetto  noi  nasconde,  V  effetto  lo  di- 
mostra .  .      r         •    • 

1^9  i/|o  ^tene  e  lacedemona,  due  città  della    Grecia    lamosisai- 


(a)  .arcuare  ,  in  modum  arcui  curvare .  Robert.  Stcph   Thtsaur»  ling»  Latt 


e  A  N  T  O    V  1 .  85 

Fecero  al   viver  bene  un  pìcciol  cenno 
i4^     Verso   di   te ,  che  fai  tanto  sottili 

Provvedimenti  ,  eh'  a  mezzo  novembre 
Non  giunge  quel  che  tu  d'  ottobre   fili  * 
145     Quante   volte  ,  del    tempo   che    rimembre  9 
Leggi  ,  monete ,  oflicii ,  e   costume 
Hai   tu  mutato  ,  e  rinnovato   membre  ? 
148     E  ,  se  ben  ti  ricorda  e  vedi   lume , 

Vedrai  te  simigliante  a  quella  'nferma , 
Che  non  può  trovar  posa  in  su  le  piume  f 
Ma   con    dar  volta   suo  dolore  scherma. 

^  me '— che  Jenno  F  antiche  leggi,  Atene  per  mezzo  del  suo  So  Ione ,    e 
Laccdemona  ,  o  sia  Sparla,  per  mezzo  di  Licurgo  —  e  furon  sì  civiìi  ^ 
COSI    ben  regolate. 

i/ji  Fecero  al  viver  ec.  Mostrarono  un  barlume,  diedero  un  pic- 
colo saggio  di  buon  regolamento  politico ,  a  paragone  di  te  tanto  più 
provvida  ec.  Ve1«tubi  . 

142  143  i44  Tanto  sottili •  Parlare  equivoco,  che  può  significare 
tanto  argutamente  pensati ,  e  tanto  Jicvoli  —  ch^  f,  mezzo  novembre  ec* 
Toglie  qui  Dante  la  maschera  al  suo  dire  ;  ed  incomincia  dal  far  ca- 
pire ,  cn'  egli  ha  detto  sottili  i  I  ioreutiui  provvedimenti ,  non  in  al- 
tro senso  che  di  fievoli,  e  di  poco  durevoli;  e  con  metafora  presa 
dalla  poca  durevolezza  del  troppo  sottil  filo,  diceche  cib^ch^fila^ 
cioè  ordina  ,  Fiorenza  d'  ottobre ,  non  giunge  a  durare  fino  a  mezzo 
novembre . 

145  Del  tempo  che  rimembre  (del  per  dal  o  nel,  come  per  le 
particelle  medesime  adoperasi  la  ai  segno  del  secondo  caso)  (a)  dal 
tempo  che  ti  ricordi. 

146  f^gei  »  monete ,  qfficii  la  Nidobeatina  ,  legge  ,  moneta  ,  e  ufi^ 
CIÒ  j  1  aitr  edizioni  . 

147  Hai ,  COSI  leggono  alcune  edizioni,  ove  alcune  altre  fia* .  —  n/i- 
novato  membre  (  antitesi ,  per  membri  o  membra  )  rinnovato  cittadini 
cacciando  ciuesti ,  e  riammettendo  quelli ,  secondo  il  prevalere  de'  par- 
titi   ne'  quali  era  la  città  divisa  . 

i48  Se  ben  ti  ricordi,  la  Nidobeatina  ed  altr' edizioni  antiche;  ti 
ricorda ,  le  più  recenti  appresso  a  quella  degli  Accademici  della  Cru- 
sca —  *ll  Codice  Antald.  legge  :  ma  se  ben  ti  ricorda  .  E  ti  ricorda  , 
come  modo  più  vago  e  toscano,  restiluìanio  noi  volentieri .  N.£.  —  e  vedi 
liune  ,  ed  hai  accorgimento  . 

i5i  Scherma  (da  schermare,  che  pure  usa  Dante)  {b)  vale  n- 
paìyj  ,   cerca  di   riparare . 

(a)  Cinon.  Partic*  80  nura.  5  8.         (J>)  Purg.  xv  26. 

Fine  €Ìel  canto  sesto  . 


86 

CANTO    VII. 


■tei^aHMrt 


A  R  G  O  M  E  N   T  O  (*) 

Tratta  di  coloro^  che  hanno  digerito  il  pentirsi^  per  attere  occupato  V  ani* 
mo  in  signorìe  e  stati  ;  i  quali  purgano  il  lor  peccato  in  un  Perde  •  fiO' 
rito  prato  :  e  quitti  trova  Carlo  e'  molti  altri  • 

1     Aosciachè  F  accoglienze  oneste  e  liete 
Furo  iterate  tre  e  quattro  volte, 
Sordel  si  trasse,  e  disse:  voi   chi  siete? 

4    Prima  eh'  a  questo  monte  fosser  volte 
U  anime    degne  di  salire  a  Dio , 
Fur  r  ossa  mie  per  Ottavian  sepolte  : 

I  a  Posciaché  ec.  Attacca  con  P  un  F  altro  abbracciava  detto  nel 
precedente  canto  v.  ^5  immediatamente  avanti  a  quella  lunga  digres- 
sione; e  ^er V  accoglienze  s'intendono  gli  abbracciamenti —  iterate ^ 
ripetute  • 

3  Si  trasse^  s'arretrò.  Indica  qncll'  alquanto  d' intervallo  a  che  na- 
turalmente quelli  che  si  sono  abbracciati  sogliono  dopo  gli  abbraccia- 
menti rimettersi  —  voi  chi  siete  :  quasi  dica  :  io  vi  ho  manifestata  non 
solo  la  patria  y  ma  anche  il  nome  mio  di  Sordello  (  canto  preceden- 
te V*  74  7^  )  >  e   il   nome  vostro  qual'  è  ? 

4  5  o  Prima .  (  *  u4nzi  ,  il  Cod.  Antald.  N.  K.  )  Suppone  Daìtte 
che  sia  il  monte  del  Purgatorio  V  unica  strada  di  salire  al  ciclo  ;  e 
perciò  fa  dall*  angelo  alla  foce  di  Tevere  raccogliersi ,  e  per  nave  colà 
tradursi  Qual  verso  à! Acheronte  non  si  cala  {a)  .  E  come,  quando  mo- 
rì Mrgilio  ,  regnante  Ottaviano  Augusto  ,  e  prima  della  redenziou  del 
mondo  per  Gesù  Cristo  operata  anche  alle  anime  più  sante  era  ne- 
gato di  salire  al  ciclo  ,  ma  conveniva  passare  al  Limno  ,  eh'  è  quanto 
dire  air  Inferno  ,  saggiamente  il  poeta  nostro  per  non  dare  alle  ani- 
me die  avevano  macchie  da  purgare  luogo  migliore  che  alle  anime  af- 
fatto pure  ,  lascia  che  per  allora  restasse  il  Purgatorio  nel  luogo  me- 
desimo ove  comunemente  si  crede  essere ,  cioè  ncll'  Inferno  ;  e  solo  al 
passaggio    delle  anime   sante  dall'  Inferno  al    ciclo  ,   fìnge  per  effetto 

(*)  Argomento  metrico  del  cel.  Gaspare  Gozxi  • 
Di  gir  più  oltre  a  due  Poeti  toglie 

Sordel  la  speme  ,  in  sin  che  nuovo  giorno 
La  notte  non  isgombri  ,  eh' ivi    coglie. 
Intanto  vanno  con  lor  gaida  intorno  , 
E  trovan  Alme  sedersi  cantando 
Salve  Regina  i  in  luogo    verde    e   adorno  , 
Che  di  lor  pace  al  Ciel  fanno  dimando  . 
(fl)  Pnrg.  il  io5. 


e  A  N  T  O     V  I  1 .  87 

7     Io   son   Virgilio;  e  per  nuli' altro  rio 

Lo  ciel   perdei,  che  per  non   aver  fe\ 
Così  rispose  allora  il  duca  mio  . 

10     Qual  è  colui   che  cosa   innanzi   a  se 

Subita    vede  ,  ond'  ei  si  maraviglia  » 
Che  crede  e  no,  dicendo  :  eli'  è  ,  non  è  ; 

1 3     Tal  parve  quegli  :  e  poi  chinò  le  ciglia , 
Ed  umilmente  ritornò  ver  lui  , 
Ed  abbracciollo  ove  1  minor  s' appiglia . 

16     O  gloria  de'  latin  ,  disse  ,  per  cui 

della  redenzione  medesima  mutato  e  migliorato  anche  il  luoeo  delle 
purganti  anime  .  Malamente  intendendo  questo  passo  il  A  enturi  :  Fa/so 
(  grida  )  che  chi  prima  della  resurrezione  M  Signore  morii'a  in  grazia  ^ 
ma  con  qualche  reato  ,'  non  andasse  subito  al  Puigatorio^  — Fur  V  ossa 
€€•  allude  a  auella  testimonianza  di  Donato  (  o  qualunque  siasi  eoa 
tal  nome  appellato)  :  Trutislala  jussil  Augusti  Virgilii  ossa  .Vaepolinifue^ 
re ,    sepuUaque   ec.   (a)  . 

7  Hioy  qui   pure  (come  Inf.  iv   /\o)  sustantivo   por   reità. 

S  Fé  y  apocope  di  Jede,  qui  non  per  V  intiera  fede  nostra  (  che  mori 
Virgilio  o  prima  che  (iesìi  Cristo  nascesse  ,  o  prima  certamente  che 
colla  predicazione  si  manifestasse  ,  )  (A)  ma  per  la  credenza  nel l' aspet- 
tata redenzione  per  (iesii  Cristo  :  Quia  (  scrive  ,  quello  che  a'  tempi 
di  Dante  leggevasi  da  tutti  i  teologi  ,  il  Maestro  delle  sentenze  )  sine 
Jtde  Mediatoris  nullum  hominem  vel  ante ,  \fel  post  Christi  ad\>entumfuisse 
sal\^um  ,  sanctontm  auctoritates  contestantur  \ti)  . 

II  Onde  si  maraviglia  \a  Kidob. ,  o/irf*  ei  si  maraviglia  l'altre  edi- 
zioni *  ,  che  noi  seguiamo  in  compagnia  del  Cod.  Caet  per  restituire 
una  sillaba  al  verso  .  N.lì.  —  A  ale  qui  la  particella  onde  quanto  per  cui, 

i3  Chinò  le  ciglia,  abbassò  gli  occhi  ,  in   atto  di  rispetto. 

i5  yfbhracciollo  ove  7  minor  s*  appiglia  ,  cioè  alli  piedi  ,  come 
espressamente  nel  xxi  di  questa  cantica  dirà  di  Stazio  che  si  chinava 
ad  abbracciar  li  piedi  a  Virgilio  medesimo  ({{)  •  Quella  forza  poi  d'amo* 
re,  per  cui  si  confesserà  ivi  Stazio  dimentico  d'  esser  egli  e  Virgilio  om- 
bre {e)  y  la  medesima  può  riputarsi  cagione ,  che  Sordello  e  Stazio 
dimenticassero  la  loro  condizione  superiore  a  quella  di  A  irgilio  dannato 
all'  Inferno  ;  senza  che  vi  contraddica  (  come  in  questo  e  nel  citato 
Juoffo  bis})it;liano   il  Venturi  e  il  d*  Aquino  )  quell'  altro  contegno  di  ^'.a- 


eh'  ebbe  la 


tone  verso  Marzia  {f)  .  Imperocché  C.'atone  e  pe'  costumi 
vita  severissimi  ,  e  per  l'  ofllzio  a  cui  è  posto  di  sgridare  e  solleci- 
tare le  negligenti  anime,  può,  e  dee  supporsi  tutto  svegliato  ,  e  pieno 
d*  accori;iniciito  .  *  Il  Cod.  Vat.  dice:  ove  il  nutrir  si  pìglio  >  «?  il   Cod. 

(a)  P.  f'irgìl,  vita  .  (^)  Cos\  a  cagione  d'  asserirsi  comunemente  morto 
Virgilio  neir  anno  ^7,  dell*  impero  d'  Augusto  ,  e  dei  divario  eh*  è  tra  gli  scrit- 
tori nel  deterinioar  i'  anno  del  medesimo  impero  in  cui  Gcsì&  Cristo  nascesse  ; 
vedi  tra -gli  altri  Baronio  Martyrol.  i5  decemb.  (e)  Lib.  3  dist.  a5  (</)  Vars.  j3a 
{e)  Vors.  i35«     {fi  Purg.  i  88  e  segg. 


88  PURGATORIO 

Mostrò  ciò  che  potea  la  lingua  nostra  ; 
O  pregio  etei^o  del  luogo  ond'  io  fui , 

19     Qual   merito  o  qual  grazia   mi  ti   mostra? 
S' i'  son  d'  udir  le  tue  parole  degno , 
Dimmi  se  vien  d' inferno ,  o  di  qual  chiostra  7 

an  Per  tutti  i  cerchi  del  dolente  regno  ^ 
Rispose  lui  ,  son  io  di  qua  venuto  : 
Virtù  del  ciel  mi  mosse ,  e  con  lei  vegno  . 

a5     Non  per  far^  ma  per  non  fare  9  ho  perduto 
Di  veder  l'alto  Sol  che  tu  disiri, 
E  che  fu  tardi  per  me  conosciuto  • 

d8    Luogo    è  laggiù,  non  tristo  da  martìri 
Ma  di  tenebre  solo  ,  ove  i  lamenti 
Non  suonan  come  guai  ,  ma  son  sospiri  : 

Caet  •  ^on  mal  encomiato  abbastanza  ,  i]  quale  reca  la  convenata  lezio- 
ae,  ha  una  postilla  sincrona  che  parimente  legge  alitelr:  ove^l  nutrir 
si  pigiìa  :  variante  che  merita  uno  studio  particolare ,  per  la  quale  ci 
sana  dato  di  conoscere,  che  Sordello  abbracciò  Airgilio  ,  non  a' piedi, 
ma  'sotto  il  petto  ;  cioè  alla   regione  del  cuore .  N.bl. 

in  Ciò  elle  potea  la  lìngua  nostra  ,  la  lingua  che  una  Volta  parlò 
r  Italia  nostra  ,  la  lingua  Latina  :  e  dicendo  potea  acceuala  a  tempi 
suoi  già  morta . 

ai  Vien  per  vieni:  apocope  a  cagion  del  metro — tt Inferno  y  o  di 
•qual  chiostra  la  ^idob.  ,  iC  Inferno  ,  e  (li  qual  chiostra  l' altre  edizio- 
ni :  '*'  e  il  Cod.  Caet.  N.K.  Ma  cercando  se  veniva  dall'  inferno ,  dovette 
dubitare  che  potesse  anche  d*  altro  luogo  (  eh*  è  quanto  a  dire  d'  altra 
chiostra)  venire.  ^  Biagioli  pende  in  diversa  opinione  .  N.£. 

a/j  Vìrtìi  del  ciel  ec. ,  simile  a  f\\xei\o  DelC  alto  scende  virili  f  che  mi 
iijuta  Conducerlo  a  vederti  e  ad  udirti  (a)  .   Daniello  .  * 

a5  26  1']  JVon  per  far ,  ma  per  non  far  :  non  per  scelleragini  com- 
messe, ma  (  giusta  il  di  lui  detto  dieci  versi  sotto  )  per  non  essermi 
vestito  delle  tre  sante  vi/iii  ,  cioè  fede,  speranza  ,  e  carità  — /'  alto  Sol  y 
Iddio  ,  SI  perche  illumina  il  Paradiso  ,  si  perchè  intende  il  Poeta  che 
il  basso  iios(ro  Sole  sia  come  uno  specchio  riverberante  la  divina  luce , 
che  per  mezzo  delle  celesti  intelligenze  a  lui  deriva  (b)  *  Il  veder 
l'altro  sol,  il  Cod.  Anlald.  N.E.  —  tardi  per  me  conosciuto  la  Nidob. , 
tardi  da  ec,  V  altre  edizioni  .  *  e  il  Cod.A  at.  N.F..  —  tanti  cioè  dopo  morta 
solamente . 

a8  29  5o  ÌMOgo  è  la^f^iìt  y  iiitendr  il  Limbo  —  non  tristo  y  non  re- 
so tristo —  ila  mart)ri  y  dalla  pena  del  senso  • — ma  di  tenebre  solo  ,  ma 
reso  tristo  sul  amente  dalle    tenebre  —  ove  i  lamenti  non  suonan    come 


(a)    Purg.  I  68  e  segg.     (b)  Vedi   quanto  è  detto  Purg.  iv  63^ 


e  A  N  T  O     V  I  1 .  89 

3i     Quìtì  Sto  lo  co'parvoli  innocenti 

Dai    denti  morsi  della  morte,  avante 
Che.  fosser  dell'  umana  colpa  esenti  . 

34     Quivi  sto  io  con  quei  che  le  tre  sante 

Virtù   non   si   vestirò  y   e ,  senza  vizio  9 
Conobber  V  altre  e  seguir  tutte  quante. 

37     Ma  ,  se  tu  sai    e  puoi ,  alcun  indizio 

Dà  noi ,  perchè  venir  possiam  più  tosto 
Là  dove  1  Purgatorio  ha  dritto   inizio  • 

fuai  ec» ,  non  hanno  suono  dì  alte  strida  .  Ridice  qui  ciò  che  deli« 
stesso  Limbo  disse  Inf.  vi  a/y.  quivi  JYon  avea  pianto  y  mtd  che  di  sospi- 
ri   ec\  ,  sospiri  di  desiderio  . 

^  3t  Quivi  son  io ,  il   Cod.  Antald.  N.E. 

Sa  Dai  denti  ec.  Concepisce  col  volgo  la  morte  a  guisa  di  un  ani- 
malo   e    dentato   umano  scneletro ,  e  la  fa  agire  col  mordere  • 

34  DelF  umana  colpa  la  Kidoi).  ,  dalV  umana  colpa  V  altre  edizio* 
ni  ,  *  e  il  Cod.  \  at.  e  il  Caet.  N.E.  Intende  per  C  umana  colpa  ,  la  col- 
pa a  tutto  r  uman  genere  comune ,  cioè  la  colpa  originale  —  esenti  per 
purgati . 

5/|  35  36  Qui>^i  sto  io  eon  quei  che  ec.  Accenna  con  quest'  altro 
aggiunto  eh'  erano  nel  Limbo  1  anime  de'  gentili  adulti  dalle  anime 
de'  fanciulli  separate  —  le  tre  sante  virtii,  le  tre  virtù  che  riguardano 
immediatamente  Dio  ,  e  che  perciò  teologali  s'  appellano  ,  fede  ,  speran- 
za ,  e  carità  .  Né  contraddice  questo  a  ciò  che  disse  di  sopra  v,  8,  di 
aver  egli  perduto  il  cielo  per  non  averje;  imperocché  tanto  è  il  dire 
di  non  aver  fede  ,  quanto  è  il  dire  di  non  avere  nissuna  dello  tre  pre- 
fate virtù  —  e  senza  vizio  conobber  ec.  Costruzione .  £  conobber  t  al' 
ire  virtù  ,  e  tutte  quante  seguirò  ,  senza  vizio  >  senza  alcun  peccato  con- 
tro di  esse.  Bene  qui  il  Venturi,  dopo  di  avere  avvisato  che  talcseì^ 
cizio  costante  per  tutta  la  vita  di  tutte  le  virtii  morali ,  senza  verun  atto 
delle  virtii  ieologeUi  ,  è  una  chimera  ;  e  dopo  di  aver  riferito  quanto  del- 
le più  lodate  anioni  degl'  infedeli  scrive  S.  Agostino  ile  spir.et  Ut,  e  a^ 
Sì  discutiantur  quo  fine  fiant ,  vix  inveniunlur  quae  iustitiae  debitam 
laudcra  ,  defensionemve  mereantur  :  però ,  termina ,  convien  soggiungere 
che  ancora  un  infittele  può  fare  nelle  occasioni  almeno  piti  facili  ,  qualche 
azione  interamente  onesta  di  mera  onestà  morale  ,  eziandio  senz*  ajuto 
di  grazia  soprannaturale ,  secondo  la  più.  comune  ,  e  pili  probabile  Inter- 
pretazione di  queir  oracolo  :  Gentes ,  quae  legem  non  habent ,  naturalitei^ 
ea,  quae  legis  sunt,  faciunt.  Rom.  2. 

38  Dà  noi  :  noi  per  a  noi ,  come  più  certamente  usasi  lid  per  a  lui  - 
Fa  noi  grazia  in  vece  dì  fa  a  noi  grazia  dice  il  poeta  nostro  anche 
nel  XXXI   della  presente  cantica  v.  ij6. 

39  Dritto  inizio  ,  vero  principio  ,  non  erano  ancor  giunti  dove  si 
purgavano  i  vizj  ,  ma  si  trattenevano  come  nell'  atrio  del  Turgatorio 
con  le  anime  o  negligenti  ,  o  scomunicate ,  che  non  v'  erano  ancora 
ammesse   a  purgarsi  .  A  inturi  •    Dritta  madre  per  vera  madre  scrisse 


90  PURGATORIO 

4o     Rispose  :  luogo  certo  non  e'  è  posto  ; 

Licito  m'  è  andar  suso  ed  intorno  ; 

Per  quanto  ir  posso ,  a  guida  mi  t' accosto  . 
43     Ma  vedi  già   come  dichina   1  giorno  » 

Ed  andar  su  di  notte  non  si  puote  ; 

Però  è  buon  pensar  di  bel   soggiorno  . 
46     Anime  sono  a  destra  qua  rimote  : 

Se  mi   consenti,  i'  ti  merrò  ad  esse  » 

E  non  senza  diletto  ti  fien  note  . 
49    Com'  è  ciò  ?  fu  risposto  ;  chi  volesse 

Salir  di  notte ,  fora  egli  impedito 

D' altrui  ?  o  non  sarrìa  che  non  potesse  ? 

nel  suo  Tesoro  anche  Ser  Brunetto  Latini  {a)  .  Vedine  altri  eseropj  nel 
Vocab.  della  Cr, 

4o  4»  4^  Lttogff  certo  non  e  e  posto  ec.  Risponde  sAsetu  poi  ^  e  di- 
ce non  essere  nò  n  lui ,  né  ali*  altre  anime  compagne  posto ,  cioè  as- 
segnato ,  certo  determinato  luogo  dal  quale  non  possano  uscire  ;  ma 
esser  loro  permesso  d'  andare  a  piacimento  suso  e  a'  intorno  .  Ui  porre 
per  assegnare  vedine  altr'  esempi  nel  A  ocab.  della  Cr.  (b) .  —  Per  quanto 
ir  posso ,  per  quanto  tempo  mi  rimane  oggi  da  camminare  :  e  ciò  per 
avvicinarsi  la  notte,  la  quale,  come  dirà  ,  impediva  il  cammino.^  Bia- 
gioli  in  vece  sostiene  ,  che  queste  parole  riguardano  il  sentimento  del 
precedente  verso  licito  m*  e  andar  suso  ec.  N.K.  —  a  guida  y  a  in  signi- 
ficato  di  per  (e)  —  mi  t* accosto  ,  mi  t'  accompagno. 

45   Di   bel  soggiorno  ,  di   bel  luogo    da  fermarci  . 

47  Merrb  quanto  mcneì^ò  ,  condurrti  .  Merralle  per  menemìle  anche 
il  Passavanti  ,  {d)  .  '*'  Il  Cod.  Caet.  unitamente  a  quello  del  Sig.  Pog- 
giali leggono  senza  la  sincope ,  e  con  ma'^jglor  bellezza  del  verso  I^fe^' 
nerotti  ;  ma  ,  poiché  non  ne  mancano  esempj  ,  non  gli  abbiamo  dato 
luogo  nel  testo.  Il  Cod.  Antald.  anche  più  semplicemente:  se  *l  mi 
consenti  ,  mcnerotti  ec,  K.E. 

48  Ti  Jien  note  la  Nidob. ,  ti  Jier  note  altr*  ediz.  ,  se  però  il  lesto 
è  sano  ,  dice  bene  il  ^  olpi  ;  non  si  trovando  iìificr  per  Jieno  altro  esem- 
pio    *  Fierha  il  Cod.  Nat.  Fien    hanno  i   Codd.  Stuard.  e  Antald.  N.K. 

49  Fu  risposto  y    dovrebbe   intendersi   da    Virgilio,  Vedi  il  i^.    6i. 
5i    Sarrìa  per  salina  ^  come  sarrà  incielo  per  salirà  incielo   disse 

il  Cavalca  (e)  ,  e  vi  sanvi  su  per  salirei  su  disse  il  r>ocraccio  (J")  ,  r.a 
sia  pur  dimciae  licenza  o  figura,  come  il  Venturi  vuole  appellarla,  non 
fu  Dante  solo  che  1*  adoprusse  .  —  ('he  non  potesse:  la  particella  r/i<?  ha 
qui  senso  di  pen'Jie  .  Il  Cod.  (Jaet.  \e^*^e  Oi*ver  saria  ,  che  non  potesse  ? 
Chi  non  vede  quanto  è  piana  questa  lezione  «    e  forse  più  vera  l   Pure 


(a)  Lib.5  c.3i.     (/»)  Sotto  il  verbo  porre  f  3-     [c)  Vedi  il  Cinon.  Partici  'j.i . 
(d)  Della  scienza  diabolica  pag.    329.     (e)  Pung.  8.    {/)  Giorn.  7.  nov.  5. 


/ 
/ 


e  A  N  T  O    VII.  91 

5 a     £  '1  buon  Sordello  in  terra  fregò  1  dito  »   . 
Dicendo  :  vedi ,  solo  questa  riga 
Non  varcheresti   dopo  1  Sol  partito  ! 

55     Non  però  eh'  altra  cosa  desse  briga  ^ 

Che  la  notturna  tenebra ,  ad  ir  suso  : 
Quella  col  non  poter  la  voglia  intriga  • 

58     Ben  si   porla  con  lei  tornare  in  giuso  9 

£  passeggiar  la  costa  intomo  errando, 
Mentre  che  V  orizzonte  il  di  tien  chiuso  • 

^1     Allora  il  mio  signor,  quasi  ammirando: 
Menane  ,  disse ,  adunque  là  Ve  dici 
Ch'  aver  si   può  diletto  dimorando  • 

64     Poco  allungati  e'  eravam  di  liei  » 

i  Danti  del  Secolo  XIX  non  1*  accettano  .  Perchè  ?  Il  perchè  sta  ripo- 
sto nei  lor  cervelli ,  e  Dio  ci  guardi ,  che  lo  pongan  fuori  accompagnato 
da  tanti  aspri  e  chiocci  esempj  di  tal  fatta,  che  le  nostre  orecchie n# 
sarebbero   sagrifìcale .  N.F. 

5i  In  terra  freQb  */  dito  ,  vera  ipotiposi  ,  col  dito  descrisse  in 
terra  una  linea . 

56  Che  la  notturna  tenebra  ec.  Pone  ciò  allusivamente  al  consiglio 
evangelico  :  y^mbulate  ditm  lucem  habetis  ,  ut  non  vos  tenebrae  cont" 
prefiendant  {a) . 

57  Col  non  poter  la  voglia  intriga^  coli' impotenza,  che  cagiona^ 
priva  di   effetto  la  voglia    che  ciascun  avrebbe  di  salire  . 

58  59  60  Con  lei  ,  colla  prefata  notturna  tenebra  .  —  tornar  ingiu^ 
so  ,  e  passeggiar  ec, ,  eh'  è  come  a  dir  ,  camminar  senza  profitto  ,  al 
quale  ricercasi  la  dirina  grazia  per  la  luce  intesa  .  *  Andare  in  giuso , 
il  Cod,  Vat.  N.E.—  Mentre  che  t  orizzonte  il  di  tien  c/iiuso,  il  di  pel 
Soley  V  effetto  per  la  cagione;  e  come  se  detto  in  vece  avesse  ,  mai- 
tre che   r  orizzonte    tiene  il  Sole   sotto  di  se  . 

&2  Disse  adunque  la  Nidob. ,  disse  dunque  V  altre  edizioni  —  là  \e  9 
per  la  ove,  sinalefa  . 

6.\  Liei  e  quid  per  Pi  e  qui ,  il  Cinonio  ed  il  Venturi  dicono  aver 
Dante  scritto  per  necessità  della  rima  .  Ma  a  buon  conto  liei  scrisse 
prima  di  Dante  e  fuor  di  rima  anche  Scr  Brunetto  nel  suo  Pataffio 
cap.  7,  e  se  non  trovasi  adoprato  da  altri  anche  il  quid  di  per  se  > 
trovasi  adoprato  unitamente  ad  altre  particelle  .  Quicentro  per  qui  entro 
scrive  il  Boccaccio  (b),  e  quiciritta  in  luogo  di  qui  ritta  scrive  pur  Bru- 
netto (r)  .(>//>  ,/i ,  costì  (insegnano  i  Deputati  al  Boccaccio)  ed  altre 
di  questa  maniera  ,  sono  voci  semplici  ,  che  servono  a  luogo;  ed  a  que- 
ste aggiugnìamo  la  sillaba  ci  ,  come  i  Latini  e  i  Greci  danno  certe 
aggiunte  alle  loro  ,  e  se  ne  fa  quid  ^   liei  y  costici  {d)  . 

(a)  loan,  la  55.     iP)  Giorn.    4  nov.  1.    (r)  Pataffi  cap.  8.  {d)  Giorn.  4  nov.  1. 


g^  PURGATORIO 

Quando   m' accorsi  ,  che  1  monte  era  scemo 
A  guisa   che  i  valloni  sceman  quici . 

67     Colà  ,  disse  queir  ombra  ,  n'  anderemo 
Dove  la  costa  face  di  se  grembo , 
E  quivi  il  nuovo  giorno  attenderemo  . 

70     Tra   erto  e  piano  er'  un  sentiero  sghembo  9 
Che  ne  condusse  in  fianco  della  lacca  j 

65  66  Quando  nC  accorsi  la  Nidol).  ,  Quandi  T  m'  accora  V  altre 
ediz.  *  e  il  «Oli.  Vat.  ìi^.-^  che' l  monte  era  scemo  y  A  guisa  cheec.^ 
eh'  era  su  queir  altura  scavato  il  monte  come  scavansi  qui  le  valli  a 
pie  de' monti  :  e  dice  quid,  qui,  cioè  nell'emisfero  nostro^  perocché 
solamente  poteva  il  Poeta  dall'  emisfero  nostro  trarre  esempio  ;  per  nou 
esservi  di  là  che quell' unico  monte,  senza  avere  a'  piedi  veron  incava- 
mento  di  valli . 

6^  Face  di  se  grembo  y  ripiegandosi  alquanto  all'insii  forma  di  se 
medesima  seno  ,  cavità  . 

6q  E  là  il  nuoi^o ,  la  Nidob. ,  E  quivi  '/  nuovo  ,  1*  altre  ediz.  *  e 
il  Cod.  Vat,  e  l'Antald. ,  che  noi  seguitiamo  per  la  maggiore  sponta- 
neità del  verso  ,  Là  il  h  cosa  che  proprio  ci  oltende  l'orecchie.  Il  Cod. 
Vat.  aspetteremo  invece  di  attenderemo.  N.E. 

70  Tra  erto  e  piano  ,  tra  l'  erta  sponda ,  eh'  era  a  lato  dalla  strada  , 
su  della  quale  camminavano  i  tre  soggetti  ,  e  la  piana  strada  medesi- 
ma—  ef^  un  sentiero  sghembo  ,ss\\s?l  (  intendi  accosto  all'erta  sponda) 
un  sentiero  obbliquo  ;  il  piano  cioè  del  quale  non  era  né  orizzonta- 
le ,  coni'  era  quello  della  strada  ,  né  perpendicolare ,  com'  era  la  sponda 
a  lato  della  medesima  strada  . 

71  In  fianco  della  lacca,  alla  sponda  di  quella  cavità.  Significare  lacca 
lo  stesso  chu  cavità  è  detto  altrove  {a)  ,  e  qui  più  chiaramente  appa- 
risce.  ^  Fu  appunto  Tnf.  vii  v^.  16,  che  noi  inserimmo  in  nota  la  spie- 
gazione del  Tostili.  Gas.  alla  voce  Lacca  id  est  circulo ,  e  l'  adottammo 
a  preferenza  di  qualunque  altra ,  benché  non  molto  lontana  dalle  in- 
terpretazioni qualunque  siensi  dogli  altri  coiniMitatori  ,  compreso  il  no* 
stro  Lombardi,  l'otra  però  dircisi  che  troppo  generica  ella  é,  e  piut- 
tosto evasiva  ,  come  che  indichi  piuttosto  la  figura  della  cosa  che  con- 
tiene la  cosi  detta  lacca  ,  che  la  lacca  contenuta  .  L'otremmo  noi  diman- 
dare cosa  dunque  vuol  significare  rotai  parola  giacché  il  Vocab.  della 
Crusca,,  non  ce  lo  ha  detto.  Ma  non  so  dove  potrà  rinvenirsi  una 
spiegazione  che ,  contraria  alla  nostra  ,  soddisfi  con  ragione  .  Noi  in- 
tanto ci  confermiamo  nella  nostra  opinione ,  ed  in  questo  luogo  ab- 
biamo più  che  in  altri  il  nostro  punto  d'  appoggio  .  Passeggiar  la  co- 
sta intomo  del  v,  5g,  il  Grembo  della  costa  v,  68  e*  indicano  a  sufli- 
cienza  una  cavità  circolare  alla  quale  passeggiavasi  intorno  .  Circulus , 
dunque;  e  s'intende  naturalmente  cerchio  dell'inferno,  del  Purgato- 
rio ec.  secondo  il  luogo  e  le  circostanze;  che  equivale  a  luogo  basso 
ristretto  da  un  orlo  circolare  più  o  meno  allo  ;  e  siccome  l'  altezza 
e  bassezza  è  reciproca ,  poiché  non  v'  é  cisterna  senza  orlo  ,  né   lago 

(a)  la/.  VII  17,  e  xii  lu 


e  A  N  T  O    VII.  ^3 

Là  ove  pili  eh' a  mezzo  muore  il  lembo  . 
73     Oro,  ed  argento  fino,  e  cocco,  e    biacca  , 
Indico  legno  lucido  e  sereno  , 
Fresco  smeraldo  in  V  ora  che  si  fiacca , 

senza  ripa  (  Xtfitito^  de*  Greci  )  e  viceversa  ,  co^  noi  pel  nostro  Cin- 
culo  intendiamo  una  fossa  circolare  co'  suoi  argini  ,  come  appunto  era 
quella  che  insacca  il  mal  delP  universo  1.  e.  ,  e  questa  intorno  a  cui 
s  aggirava  il  Poeta  in  compagnia  d'  altri  nel  Purgatorio  •  Aggiungeremo 
soltanto  che  il  P.  L.  avea  molto  n^eglio  schiarito  un  tal  significato 
Inf.  XII  i'.  1 1,  e  che ,  qualunque  significato  saranno  per  dare  gli  Kruditi  di 
Etimologia  a  tal  woce  Lacca^  non  potranno  addurre  altri  escmpj,  che  quelli 
di  Dante ,  ne'  quali  per  un  certo  destino  significa  sempre  cavità  cir- 
colare. N^. 

72  Là  ove  piti  eh*  a  mezzo  muore  il  lembo .  Per  bene  intendere  que- 
sta espressione  .  che  dagli  espositori  pare  fin  qui  mal  intesa  ,  convie* 
ne  primieramente  supporre  che  il  verbo  morirà  può  adoprarsi  al  me- 
desimo significato  che  di  svanire  ,  e  di  perdersi  ,  (a)  ,  Poi  deesi  riflet- 
tere che  facendo  ,  oome  il  Poeta  ha  detto ,  la  costa  di  quel  monte  di 
se  grembo  ,  cioè  rialzandosi  incontro  a  se  medesima  ,  e  conca  forman- 
do ,  conveniva  che  il  lembo  ,  o  labbro  ,  di  cotale  cavità  nel  mezzo  , 
o  sia  nella  parte  piii  dal  soprastante  mpnte  discosta ,  fosse  più  aguz- 
zo ed  appariscente  ,  e  che  aai  fianchi  quanto  più  al  monte  si  avvici- 
nava andasse  colla  grossezza  del  monte  incorporandosi ,  e  di  sua  ap- 
pariscenza perdendo  •  Prevenuti  cos\  facilmente  intenderemo  che  Là  ove 
piii  eh'  a  mezzo  muore  il  lembo  ,  vaglia  quanto  là  ,  a  fianco  della  cavità  f 
dove  il  lembo  ,  o  sia  il  labbro  di  essa ,  svanisce  piit  che  nel  mezzo  . 

73  Oro  et  argento  la  Nidob. ,  Oro  y  e  argento  V  altre  ediz.  — coe^ 
co ,  coccola  di  frutice  usata  per  tignerò  in  color  rosso  nobile  ,  detto 
chermisi ,  oggi  grana  ,  Vocab.  delbrO. ,  e  dovrebb'  essere  il  medesimo  , 
di  cui  Plinio  toccum  Galatiae  nibens  granum  (b),  —  biacca  ^  materia 
di  color  bianco  ,  cavata  per  forza  d'  ^ceto  dal  piombo  calcinato  .  Lo 
stesso  Vocabolario . 

74  75  Indico  legno  lucido  e  sereno .  Alcuni  sposi  tori  ,  tra'  quali  il 
Landino  e  il  Vellutello  ,  intendono  essere  in  questo  verso  nominati  co- 
me due  capi  diversi  1* iWico ,  e '1 /cgTio  lucido  e  sereno:  e  per  V  indi" 
co  intendono  V  indaco  ,  o  sia  il  colore  che  dall'  indaco  si  trae  ;  e  pel 
lef^no  lucido  e  sereno  intendono  l' ebano  per  esser  nero  e  molto  lucente  • 
Air  ebano  però  quanto  conviene  il  lucido  ,  altrettanto  per  la  sua  ne- 
rezza disconviene  il  sereno*  Daniello  intende  indico  legno  ec.  per  un 
capo  solo ,  e  chiosa  essere  l*  azzurro  oltramarino  :  ma  V  azzurro  oltra* 
marino  né  è  le^no  né  si  cava  dal  legno  ,  ma  dal  lapislazzulo  ;  sicco- 
me neppure  1'  indaco  (  altra  matcna  azzurra  )  da  legno ,  ma  da  erba 
si  ritrae  (e)  .  A  me'  pertanto  meglio  parrebbe  che  per  Indico  legno 
lucido  è  sereno  s*  intendesse  il  medesimo  che  se  detto  fosse  Indiano 
colorato  legno  il  pili  rilucente  e  gajo ,  come  cioè  diciamo  aspetto  5«- 
ivno ,  in  vece  di  ga/o  ed  allegro .  —  Fresco  smeraldo  in  V  ora  che  sifiac- 

(a)  Vedi  il  Vocab.    della  Or,  sotto  il  verbo  morire  \,  2  {V)  Hist.  9  41 
(e)  Vedi  Baldiouccì   f^ecab,  del  disegno  irtic.  Azzurro  oltramarino  %  e4 
Indaco  . 


9i  PURGATORIO 

76     Dall'erba  e  dalli   fiori  entro  quel  seno 
Posti ,  ciascun  saria  di  color   vinto , 
Come  dal  suo  maggiore  è  vinto  il  meno  • 

79    Non  avea  pur  natura  ivi  dipinto  » 
Ma  di  soavità  di  mille  odori 
Vi  faceva  un  incognito  indistinto. 

82     Salve  j  regina ,  in  sul  verde  e  'n  su'  fiori 
Quivi  seder  cantando    anime  vidi  9 
Che  per  la  valle  non  parean  di  fuori . 

85     Prima  che  '1  poco  Sole  omai  s'  annidi  ^ 

Cominciò  1  mantovan  che  ci  avea  volti  • 
Ti*à    color  non  vogliate   eh'  io  vi  guidi  . 

88     Da    questo  balzo  meglio  gli  atti   e  i  volti 
Conoscerete  voi  di    tutti  quanti  , 
Che  nella  lama  giù  tra  essi  accolti  • 

.  ea  ,  smeraldo  della  più  fresca  ,  più  recente ,  superfìcie ,  come  Io  è 
neir  atto  che  si  fiacca ,  si  rompe  e  distacca  pezzo  da  pezzo  ;  e  non 
già  di  vecchia  ed  appaunata  superfìcie,  che  non  lascia  bene  spiccare 
il  natio   verde  . 

76  DaUi  fiori  entro  quel  seno   la  Nidob. ,  ilaUi  Jior  {(entro  a  quel 
seno  V  ahre  edizioni  :  *  e  il  Cod.  Vat.  N,E. 

79  Pur  solamente  —  dipinto ,  intendi ,  vafifii  colori . 

81  Un  incognito  indistinto  {indistinto,  sustantivo  x^er  indistinzione ^ 
mistura  )  un'  affatto  nuova  misura  .  '*  Incolto  e  indistinto  ,  il  Cod.  Vat. 
Ed  e  lezione  da  porsi  ad  esame  da  chi  non  si  può  persuadere  ,  che 
indistinto  sia   sostantivo  ,  e  incos^rùto  aggettivo.  N.£« 

85  Quivi  la  Nidob. ,  Quindi  V  altre  edizioni  :  "^  e  il  Cod.  A'at.  e  il 
Biagioli  ,  che  spiega:  dai  luogo  ove  ci  Jermammo .  Il  Cod.  Antald.  ha: 
cantando  h  sedere  anime  vidi .  N.E. 

84  ^àe  per  la  valle  ,  che  per  cagion  del  seno  che  la  valle  face- 
va,—  non  parean  (  non  parèn  V  edizioni    diverse  dalla  Nidob.  ,  )  (a)  €& 

Juori ,  non  si  lasciavano  veder  da  chi  fuori   della  valle  stava  • 

85  al  90  Prima  che  ec.  Costruzione .  //  Mantoi*an  (  bordello  ,  )  clte 
ci  avea  voUi  (  ellissi  ;  intendi  colà  )  cominciò  :  prima  che  ec. ,  vale 
ciò  quanto  se  in  vece  detto  avesse,  non  vogliate  cercare  d*  essere  con- 
flutti  colaggiii  per ,  nei  poco  di  Sole    che  rimane ,   conoscete:  quelli  spi- 


gii  io  lib.  VI  Eneid. 


(jol)  Vedi  su  di  tal  voce  la  mota  al  caato  xix    deli'  Inf.  v*  16, 


CANTOVII.  95 

/^  I     Colui  che  più  sied'  alto  ,  ed  ha  sembianti 
D'aver  negletto  ciò  che    far  dovea  , 
£  che  non  muove   bocca  agli  altrui  canti , 

^     Ridolfo  imperador  fu ,  che  potea 

Sanar  le  piaghe  e'  hanno  Italia  morta , 
Sì  che  tardi    per  altri  si   ricrea . 

^7     L'altro  ,  che  nella  vista  lui  conforta, 
Resse  la  terra    dove  Y  acqua  nasce , 
Che  Molta  in  Albia,  ed  Albia  in  mar  ne   porta. 

Dixtrat  Anehitti  :  natumqae  ,  unaque  Sybiìlam 
Cottvenius  tthait  in  medios  $  turh'imque  sonarUem  : 
Et  tumulum.  capit  ,  undc  omnes  Longo  ordine  possi t 
j^dfftrf^s  legere  ,  eù  venieniun  nosctre  vuUus  , 
Air  incontro   il  Postillatore  del  Cocl.  Caet.  lo  stima  tolto  da   Claudia* 
no  ,  notando  »   V14U  dicere  quod  laus  et  fama  istorum  est  major  eminus 
atuun  co^nìnua  ,  Mt  fUdt  Claudianus  :  Miiutit  pracsentia  Jamam  :   N.E.  — 
lama ,  cort>*  è  osservato  Inf.   xx  79 ,  fiignifica  bassezza ,  cavità  di  terre- 
fio  ;  e  l'adoprarsi  qui  per  sinonimo  di  lacca  («)n'cuna  conferma  .*  Ci 
perdoni  nuì   il  V.   L.  l!araa  secondo  il  contesto   non   ò   clie   il  piano , 
il  letto,  il   fondo  della  lacca,  e  ce  ne  appelliamo  ni  Dizionario.  NJE. 

91  jEt  ha  sembianti  la  T<idob.  ,  e  fa  sembianti  ,  V  altre  ediz.  Sem- 
bianti ,  il  plurale  in  vece  del  singolare  5e/nZ»m/i/&  ,  a  cagioii  della  rima  • 

92  D  aver  negletto  ec,  di  soccorrere  Italia.  Vedi  il  i*.  io3.  e  segg. 
del  precedente  canto;  e  ciò  che  qui  pure  immediatamente  soggiunge. 

95  Non  ìtuàove  bocca  agli  altnii  canti ,  non  canta  insieme  coli*  al* 
tre  anime  la  Salice  regina  •  Con  questo  divario  ,  che  mentre  alcune  di 
quelle  anime  cantavano,  altre  ,  tra.  le  quali  quella  di  Ridolfo,  rimanes- 
sero mutole  e  dolenti ,  pare  voglia  Dante  significarci ,  che  fossero  le 
prime  vicine  al. .termine  della  dolente  loro  carriera  ,  e  l'altre  ancor 
rimotc. 

g\  Ridolfo  Imperatore ,  Austriaco ,  padre  dell'  Imperatore  Alberto  • 
Aedi   i'.  97  e  io3  e  segg.  del   canto  precedente  • 

96  Tardi  per  altri  si  ricerca  (  per  altro  leggono  1*  edizioni  di- 
verse dalla  ^'idob.  *  e  il  Cod.  Vat.  N.E.  )  tardi  le  si  procura  ajuto  e 
soccorso ,  perchè  essendo  morta  n  è  incapace . 

Qj  V  altro  ec»  Ottachero  (  come  appresso  dichiarerà  )  genero  di 
Kidolfo  ,  e  molto  valoroso  :  perchè  dice  il  Poeta  ,  che  in  esso  compia- 
cesi  Ridolfo  di  mirare . 

98  99  Hesse  la  terra  ec. ,  la  Boemia  ,  —  Molta  ^  la  Moldava  ,  fiume 
che  attraversa  Praga  la  capitale  della  Boemia  ,  Midda  e  Multavia  ap- 
pellato in  Latino  ,  e  Multaw  in  tedesco  (b) .  —  Albia  (  Elba  oggi  det- 
to ,  Latino  Albis  )  altro  fiume  che  la  Moldava  e  molti  altri  fiumi  riceve 
e  conduce  ali' Oceano ,  e  non  al  Baltico  ,  come  avvisa  il  Venturi. 

(a)  Lacca  qaesto  medesimo  ricettacolo  d*  anime    appellò   nel  v-  71*  *  Noa 
però  la  cosa  che  le  sostencTi  .  N.E.    (h)  Ferrari  Lex  gcogr,  arcic.  Mulda  • 


c^ì  P  U  U  G  A  T  O  R  I  O 

joo     Ottachero  ebbe  nome:  e  nelle  fasce 

Fu    meglio  assai    che   Vincisiao  suo  figlio 
'   Barbuto  9  cui  lussuria  ed  ozio  pasce  • 

1  o3     E  quel  nasetto  9  che  stretto  a  consiglio    * 
Par  con  colui  e'  ha  sì  benigno  aspetto , 

lero  loi  101  E  nelle  faice  fu  ec.  Iperbole  ,  in  vece  dldìreii« 
giovinetto .  —  Fu  meglio  assai  (  teppe  sgovernar  meglio  )  cke  Flndilmo 
ec.  Qui  Dante  (  dice  il  Venturi  )  par  che  confonda  questo  Vincisiao JU 
gliuolo  di  Ottackero  ,  con  altro  Vincisiao  figfiuolo  tu  questo  medesimo 
Vincisiao ,  e  nipote  di  Oltachero  :  il  primo  anzi  per  la  probità  di^  tuoi 
costumi  fa  detto  il  santo  ;  ed  al  secondo  convengono  le  qualità  cAe  aU 
tribuisce  al  primo.  Vedi  Enea  Silvio  ist.  di  Boem.  Noa  trovando  noi 
però  il  ViDCislao  fìfflio  di  Oltachero  ricevalo  dalla  chiesa  per  tanto  » 
possiam  credere ,  cìfie  Dante ,  vissuto  a  lai  contemporaneamente  ,  ta* 
pesse  di  quelle  cose  che  non  seppe  Enea  Silvio  dacent'  anni  dopo  •  Se 
non  contrastasse  altro  che  il  nome  di  figlio  ,  potrebbe  anche  pensar- 
si >  che  figlio  di  Otlacchero  appelli  Dante  il  nipote ,  il  secondo  ViiH 
cislao  ;  come  fa  dal  Conte  Ugolino  appellarsi  flgu  anche  i  nipoti  (a)  ,  6 
come  il  Poeta  stesso  appella  padrs  Gacctagaida ,  eh'  era  padre  del  MO 
bisavolo  [h)  :  ma  v'  è  un  altro  ostacolo ,  ed  è ,  che  questo  tecoado 
Vincisiao  nel  tempo  del  poetico  viaggio,  cioè,  come  pih  volte  è  det- 
to,  nell'anno  i3oo.  non  poteva  avere  che  dodici  anni,  essendo  nato 
nel  1388.  (e) ,  e  doveva  perciò  essere  imberbe ,  e  non  oarhuto  :  e  per 
tirare  il  detto  a  questo  Vincisiao  bisognerebbe  intendere,  ehe  Sqrdello 
qui  profetizzasse  ,   e  parlasse  del  futuro  come  di  cosa  presente  • 

io3  io4  io5  ^  quel  nasetto  ec.  Da  ciò  che  in  progresso  di  co- 
stui si  dice ,  che  mori  figgendo ,  e  disfiorando  il  giglio ,  e  che  fa  pa- 
dre del  mal  di  Francia ,  viene  a  riconoscersi  per  Filippo  III.  Re  di 
Francia  ;  e  nasetto  V  appella ,  perocché  ,  come  attesta  anche  1*  antico 
comentatore  della  Niao])eatina  ,  era  nasello  ,  cioè  di  naso  piccolo  • 
'^  Il  CoD.  Cut.  legge  JVasuto  in  vece  di  Nasetto;  lasciamo  ad  un  po- 
sterior  Comentatore  di  Dante  1* entrare  in  disputa  su  questo  e  quell'al- 
tro naso  del  v^.  ti3,  perchè  temiamo,  che  col  prolungamento  di  qne^ 
sto  primo  vada  a  rovesciarsi  tutta  la  macchina  genealogica  ed  islori- 
ca  ,  che  si  va  ad  innalzare  •  N.E.  —  con  colui ,  Arrigo  Re  di  Navarra  , 
che  fu  il  (erzo  di  questo  nome,  detto  il  Grasso ^  e  Contedi  Campa- 
gna. Venturi.  Gli  altri  comentatori  in  vece  di  j^rrigo  dicono  Gugtiel' 
mo  Re  di  Yavarra  .  Ma  se  pel  mi/  di  Francia  s*  ha  a  intendere, 
come  tutti  poi  intendono ,  Filippo  il  Beilo  ;  il  si^ocero  di  Filippo  il 
Bello,  o  sìa  il  padre  di  Giovanna  di  lui  moglie,  fu  Arrigo,  e  non 
Guglielmo .  Vedi  lo  St§mmfi  Hiigonis  Capsti  aggiunto  al  Rationarium  iemp. 
del  Petavio ,  Lugdun  .  Batav.  171Q.  Non  però  Arrigo  III.  ivi  leggesi,  ma  Ar- 
rigo  I.  PhiÙppus  IV.  Pulcher  Rex .  Cujus  ex  Johanna ,  Henrici  /.  Regis 
lyavarrei  JUia  et  herede  ,  fiUi  fusrunt  ec.  —  e'  ha  sì  benigno  aspetto . 
accenna  essere  il  medesimo  stato  d*  indole  pietosa  ,  — >  Mork  fuggendo  ec. 
Avendo  il  detto  Filippo  IH.  guerra  con  Pietro  III.  Re  d'Aragona  ,  ed 
entrato  essendo  nella  Catalogna ,  Ruggieri  d*  Oria  ammiraglio  del   Re 

(a)  Inf.xzxiii  ifi.    (b)    Par.  svi  ìQ,    (c)  ìftài  tra  gli  altri  Stransk  Respub^ 
Mohcm,  cip.  8. 


e  A  N  T  O    Vìi.  .      c^Y 

'  Morì  fuggendo  e  disfiorando  1  giglio  ; 

to6     Guardate  là  come  si  batte  1  petto. 

L' altro  vedete  ,  e'  ha  fatto  alla  guancia 
Della  sua  palma ,  sospirando ,  letto  . 

109     Padre  e  suocero  son  del  mal  di  Francia  ; 

Sanno  la  yita  sua  viziata  e  lorda ,  ^  ^ 

£  quindi  viene  il  duol  che  sì  gli  lancia  . 

1 1  a     Quel  che  par  sì  membnito  »  e  che  s'.  accorda 

Pietro  disfece  interamente  1'  armata  navale  di  Filippo  :  il  perchè  non 
potondo  pia  qaesti  trar  vettovaglie  per  la  sua  armata  di  terra ,  fu  co- 
stretto aa  abbandonar  V  impresa  ;  e  dopo  morta  molta  gente  del  suo 
esercito  di  fame ,  morì  egli  finalmente  di  dolore  in  Perpiniano  — > 
èMùrando  il  giffio •  Disfiorare    il  giglio»   guastare  la  sua  bellezza, 

'  '  ire  la  gloria  della  corona  di  Francia  , 


oiu  metaforicamente,  per  macchiare    _  ^ 
r  armi  della  cniale  sono  i  gigli*  Volpi  • 

106  &bam  il  peUo^  per  la  trascurata,  bisogna  intendere ,  miglior 
:aiione  del  figliuolo  • 

107  108  if  altro  ec.  Arrigo  il  suocero  di  Filippo  il  Bello  «—  A^ 
/atto  Otta  guancia  ec.  Costruzione  Sospirando ,  ha  faUo  letto  alla  guan- 
cia della  (  vale  quanto  con  la  )  sua  palma  :  sospiroso  appoggia  la  guan- 
cia alla   palma  ;  atto   di  chi  sta  rammaricato  • 

109  3fal  di  Francia  ^  chiama  Dante  Filippo  il  Bello  Signor  di  quol 
regno  ,  per  li  suoi  laidi  costumi  •  Volpi  .  Altrove  spesso  fa  Dante  ai 
medesimo  Filippo  degli  aspri  rimproveri  (a) ,  *  Grangier  comentatore 
Francese  pretenderebbe  ,  che  qualcne  chiosatore  Italiano  annotasse ,  che 
Dante  ha  parlato  qui  con  troppa  passione  contro  Filippo  il  Bello  ,  è 
spezialmente  si  lagna  di  Venturi  e  di  Lombardi  •  Il  Signor  Cavalier 
Artaud  riporta  soltanto  codesta  querela,  di  maniera  che  sembra  non 
ne  faccia  alcun  caso  •  Noi  Italiani  però  dobbiamo  rispondergli  ;  e  sen- 
za star  a  numerare  al  Sig.  Grangier  i  fatti  Storici ,  da'  quali  Filip- 
po il  Bello  risulta  essere  stato  molto  pregiudizievole  alla  Francia ,  ci 
contentiamo  di  rammentargli  alcune  poche  parole  che  di  lui  dice 
Montfaucon  n  II  etoit  vindioaiif  jusqi^  à  t  oxoès  ,  dur  et  impitqjfabUt  a 
ses  sujds  .  Pendoni  le  cour$  de  son  Regno  ,  il  y  eui  plus  d^  impóts ,  do 
taxes ,  et  de  maltotes  que  dans  tous  les  rcgnes  précedens  •  N.E. 

*  no  Amilo  la  vita  lor  viùatn  e  lorda  ^  £  quinci  ec.  Cod.  Axk< 
Uld.  N.B. 

tu  GU  lancia.  Come  stileUara  comunemente  dicesi  por  Jìsriro  con 
istilello  ,  così  lanciare  trovasi  adoperato  per  ferir  con  lancia  (6)  , 
e   Dante  adoperalo  qui  metaforicamente  per  tormentare  • 

1 1 3  Qnet  che  par  sì  membruto .  Dal  nome  di  Pier  che  di  costwi 
appalesa  Dante  nel  i^^  laS  ,  e  dal  nome  parimente  dei  di  lui  figli  Gi£f 
copo  0  Federigo  ,  scorgevi  esser  questi  il  sopradetto  Pietro  111,  Re 
d*  Aragona  ^  Nello  Stemma  Aragomac  ,  aggiunto  al  Haiia^narium  tempo^ 
non  del   Petavio  ,  appellasi  magnus ,  forse  per  la  mole  del  corpo  • 

(u)  Vedi  Inf.  ziz  85  ,  Pnrg.   xx  86  ,  xxsli  iSz  ,  xxxiii  4$.  Par.  xix  ii8ik 
(b)    Vedi  U  Vocab,  MU  Cr. 


98  PURGATORIO 

Cantando   con  colui  dal  maschio  naso  » 

D' ogni  valor  portò  cinta  la   corda  :    : 
Ii5    E  se  re,  dopo  Ihi  ,  fosse  rimaso 

Lo  giovinetto  che  retro   a  lui  siede , 
,  Beile  andava  il  valor  di  vaso  in  vaso  ; 
118    Che  non  si  puote   dir  dell'altre  rede. 

GiacopO'  ^  Federico  hanno  i  reami  9 

iì5  CantSandó  la  '  Sahe  regina  —  colui  tìn!  maschio  naào  »  Hasdfno 
▼ule  qui  quanto  maiuscolo  (  e  chi  sa  ,  che  di  majuscolo  non  siasi  in 
prìma  per  sìncope  formato  moscaio  ^  e  poi  maschio)  e  dil  Terso  ia6 
e  dalla  grandezza  del  naso  rilevasi  esser  costui  il  Re  Carlo  I  di  i^glia 
Conte  di  >Vovenza,  rhe^ù  ,  dice  il  Landino,  di  gran  naso  • 

lì^  jy  ogni  valor  portò  ec.  Allusivamente  ,  credo  ,  al  ciagern 
di  eorda  de  frati  Minori  ,  ed  altri.  •■  penitenti  :  ^e  qaasi  a  chrt  , 
che  la  di  lai  corda  non  era  ,  come  quella  di  questi  ,  m  «ompo- 
ito  di  canapa  ,  ma  un  composto  agogni  iwore ,  d*  ogni  yirtb'^  imitando 
cos\  queir  accinxii  forUtUfìinc  lumbos  suòs ,  che  della  donna  forte  scrisse 
Salomone  (a) ,  e  quel  1*  altro  che  di  (;esìi  Cristo  prediiise  Isaia-:  era 
justiiia  cingulum  lumbonim  ejus ,  et  fifies  rinctoiiun^  tvHam  ojus  {!>)  • 

ii6  lo  gio^ìneilo .  laudino  e  Nel  lutei  lo  (  ed  il  Daniello  pure  )  per 
questo  giovinetto  intendoi.o  Alfonso  ,  dicendolo  terzogenito  ^  e  che 
perciò  non  possedè  alcun  reame  :  ma  sbagliano  molto  ,  perchè  egli 
fu  il  primogenito  ,  e  successe  al  padre  nel  reame  d'  Aragona  ,  e  morto 
senza  figliuoli,  ebbe  questo  reame  il  fratello  Jacopo  secondogenito  , e 
la  ^Sicilia  iederigo  il  terzogenito.  Vedi  il  Villani  nel  lib.  7  cap.  loi 
e  loa.  Onde  di  ninno  di  questi,  che  tutti  e  tre  furono  Me;  può  aver 
inteso  Dante  di  parlare  y  né  il  Villani  fa  menzione  di  altri  fìglijaoii  di  lui  : 
ma  Bartolommeo  di  Neocastro  Messinese  autor  contemporaneo  ,  e  adopra* 
to  a*  servigi  de' sopradetti  principi  ,  nel  proem.  dell*  istoria  di  Sicilia  stam- 
pata la  prima  volta  nella  raccolta  degli  scrittori  della  cose  d'  Italia 
del  Muratori  tomo  i3  ci  dli  notizia  de' figliuoli  del  Re  It.  Pietro  e  della 
Beina  di  lui  consorte  ;  e  i  maschi  cosi  li  pone  per  ordine  :  Alfonso  , 
Jacopo  ,  Federigo ,  e  Pietro  ,  e  quest*  ultimo  non  ebbe  alcuno  de*  rea- 
mi paterni;  onde  lui  convien  che  intenda  qui  Dante  di  lodare .  Vcntusi  . 

117  Di  vaso  in  vasOy  metafora,  in  vece  di  padre  in  figlio  ,  odi 
He  in  He  •  ■ 

118  Che  non  si  puote  dir  delT  altre  rede  :  ciò  che  non  si  può  dire 
degli  altri  di  lui  figliuoli  ed  eredi  •  Venturi  .  Dell'  estensiooe  della 
voce  reda  a  significare  ed  erede ,  e  Jrgliuolo ,  e  discendente  V  vedi  il 
Vocabolario   della  Crusca . 

119  Giacopo  e  Federico  hanno  i  reami ,  intendi,  solamente.  Nomi- 
na Jacopo  e  Federigo  ,  e  non  Alfonso  ,  perchè  questo  era  morto  alcuni 
anni  avvinti  al  i3oo ,  nel  quale  Dante  finge  di  aver  fatto  questo  viag- 
gio ;  e  gli  altri  due  vivevano ,  e  regnavano  in  quelT  anno  ,  e  soprav- 
vissero di  più  anni  al  Poeta  .  \edi  il  Villani  nel  lib.  10  cap.  44  >  ^ 
nel   lib.   Il  cap.   jZ,  Venturi  • 

(a)  Paiab.  3l.    (b)  Gap.  u. 


.      :    Del  retaggio  mf^ov 'neoànn  possiede, 
jai     Rade  volte  ri3urge  pernii  nmi.:  . 

L'umana   probitade;  e  questb  vuole* 
;  Quei  òhe  la  dà  >  perchè  da  luì  sì  <^iami . 
1  a4  ^  Anco  al  nasuto  vanno  mie  parole  y  \ 

Non  men  cV  all'  altro  p  Pier  che  con  lui^paitfA  » 
«Onde  Puglia  e  Pro^iisa   già  si  duole  . 
1^7     Tant'  è  del  seme  suo    minor  la  pianta^ 

• 

lao  Del  retaggio  miglior^  della  rtiìgUore eredità ,  cfa' è oaella' delfé 
viitia — nessmi  (intendi  dei  due  nominati  Gtacopoe  Federigo)  passio 
de,  niasmifò' 'è  a  parte.  -^ 

iQi  Risorge  per  li  rami  ^  Neeli  alberi  gei|efclogiei  i  rami  nono  \ 
discendènti  ;  e  all'  idea  dei  i  rami  che  stanno  sopra  il  tronco  acco- 
moda il  verbo  tisurgere  ad  ngual  senso  di  risalire  • 

1^2  Prohitade  la  Nidob. ,  prohitate  V  altre  ediz.  — vuole  ,  inteiidl 
permettere , 

i!i3  Quei  che  là  day  Iddio,  da  cni  omne  donum — perchè  ^vale 
acciocché  )  da  fui  si  chiami .  Imperocché  se  i  figli  de'  buoni  padri  fos- 
sero tutti  buoni  ,  crederemmo  la  bontà  naturalmente  discendere  dK 
padre  in  figlio  ,  e  non  già  essere  dono  dato  da  Dio  a  chi  fervorosamente 
glielo  chiede . 

124  ^nche  al  nasttto  .  Avendoqneste  cose  dette  parlando  sol  di  quél 
che  par  sì  membruto ,  cioè  di  Pietro  ITI.  d'  Aragona ,  e  dei  di  luì  figli  , 
passa  ora  ad  avvisare  diretto  il  parlar  suo  anche  al  nasuto  j  a  Carlo  I 
Re  di  Puglia  e  Conte  di  Provenza .  * 

iiS  Pfon  men  eh* air  altro  ,  Pier  ec.'Ho  tra  altro  e  Pier  fVappostft 
una  virgola  ,  acciò  non  sembri  aver  prima  parlato  d'  un  Piero ,  ed  (^ 
parlare  d'un  altro  Piero*.  Non  istà  qu\  Pier  che  per  un  aggiunto  àì^ 
chi  arante  chi  debbasi  intendere  per  V  edtro^  come*  se  aVesse  in  vMé 
detto  :  non  men  eh*  alP  altro ,  cioè  a  Piero  .  -  .  : 

ia6  Pu^ia  e  Provenza^  gli  stati  del  detto  Carlo  I.--gùi  si  duole, 
pel   governo  dei   di  lui    discéndenti .  '    T 

137  Minor  la  Nidob. ,  e  molte  altre  antiche  edizioni  ;  miglior  l' Al- 
dina ,  e  per  isbaglio  di  stampa  1'  edizione  fatta  dagli  Accad.  aella  Cri^ 
8ca  9  e  dietro  a  cotale  sbaglio  la  Cominiana  e  tutte  le  -moderne  edif 
zioni .  La  Cominiana ,  che  ha  rimesse  a .  hiogo  pafrecchie  varianti  le« 
tfoni  stampate  nell'  edizioni  degli  Accad. fuor  di  luogo,  non  hd  avver- 
tito appartenere  a  questo  verso  la  mutazione  che  quello  fa'  di  -migtìori 
iti  minore  nel  (^  i52.  Conrprendesi  lo  sbaglio  chiaramente  dalla  postilla 
stessa  degli  .Accademici  ivi  posta  in  margine  :  così  (  cioè  nìinore  in  vece 
di  migliore  )  hanno  tutti  i  vomenti  che  abbiam  veiluti  :  e  ci  par  che  risponda 
meglio  alla  comparation  che  Seguita',  mentre  ne  a  quel  verso  seguita 
comparazione  alcuna  ,  bens\  al  presente  ;  né  alcun  comento  ,  né  il 
Kidobeatino  ,  né  quel  del  Landino ,  né  quel  del  Yellutello ,  né  quello 
del  Daniello  adoperano  minore  in  Vece  di  migliore  ,  se  non  appunto 
in  questo  verso  ,  leggendo  :  7'ant*  è  del  seme  suo  minor  la  pianta  ;  ove 
l'Aldina,  eh'  è  la  corretta  degli  Accademici  della  Crusca  legge',  miglior 
la    pianta .  —  Per   la  pianta  s' intendono  i    figli  ,    e  pel  seme  ,  che 

G  a   . 


tao  PITBGATOBIO 

Quanto  ,  più  che  Beatrice  e  Margarita  » 

Costanza  dii  marito  ancor  si  vanta. 
l3o    "Vedete  il  re  della   semplice  vita 

Seder  là  solo ,  Arrigo  d' Inghilterra  ; 

Questi  ha  ne'  rami  suoi  miglior  uscita  » 
|3S    Quel  che  più  basso  tra  costor  s' atterra  , 

Guardando /nsuso 9  è  Guglielmo   marchesa. 


ddk  pianta  è  èlgione ,  s' intendono  Ì  genitori  ;  e  ndmor  vale  mm 
iHOm  •  ^  Cpsi  l'intende  anche  il  Biaeioli.  Ma  i  Codd,  VaL  Àntald.  e  CmI.  , 
cho  in  poatilla  reca  aliter  «iiior ,  hanno  migUor;  onJ*  è  chiaro  clfe^  an- 
che prima  dell*  Aldina ,  ansi  nello  stesso  secolo  XIV* ,  s' aiaiaettefa  ^pa- 
fta  varìaaione  di  parola  ,  N.E. 

?38  I9Q  Quamto rnit  eCf  Costruzione.  QuarUo  CotUuna  (moglie di 
Pietro  ITI.  d' Aragona  )  ancor  (  perchè  vivente  )  si  va/Ua  di  manto  (  si 
gloria  di  ayer^  avuto  baon  manto  )  pili  che  Beatrice  e  Marffk&nta  • 

Tondino  e  Aellutello  (ed  anche  Daniello)  per  mariti  ddle  dna 
ultime  inteodonp  li  due  Re  soprannominati  ,  Jacopo  ,  e  Federigo  figli 
del  Re  Pietro  ;  ma  del  primo  fa  consorte  Rianca  ,  del  secondo  Eleono- 
ra, figlie  di  Carlo  TI  Re  di  Sicilia:  così  il  Moren  nel  Dizionario  isto- 
rico  ,  e  il  Giannettasio  Istor.  Nap.  lib.  aa.  Intende  dunque  l>aote  di  Mar- 
gherita ,  e  Beatrice,  figlie  di  Raimondo  Perlinghieri  V  Conte  di  FfO- 
▼enza  :  la  prima  a  suo  tempo  vissuta ,  1'  altra  poco  avnnti  ;  quella  ma- 
ritata a  S.  Luiffi  Re  di  Francia ,  e  questa  al  di  lui  fratello  Carlo  I  Re 
di  bicilia;  a  dice  essere  «tato  miglior»'  il  Re  Pietro  d' Arai^ona  di  qae- 
ati  due  :  iiiten^lendo  forse  ancora  la  casa  Aragonese  di  quella  àÀ  Fran- 
ìcia  9  per  i^fogare  la  sua  hile  contro  di  q|iest;i ,  essendo  stato  col  fa- 
vore di  Carlo  di  Aalois  de*  Reali  di  Francia  cacciato  dalla  contraria 
iasione  d^Ua  patria ,  senza  potervi  mai  pih  ritornare  .  VsifTcai  •  Rai- 
mon.io  il  padre  di  Margherita  e  Beatrice  fu  esso  pure  dello  Aragone- 
se stipite  (a)  . 

i3o  i3i  11  Re  delia  semplice*  vita  ep*  Dee  costui  essere  Arrigo  lUi 
di  eoi  Gio.  Villani  :  Di  Biccìnnlo  nacque  Amiga  ,  che  regnò  dopo  di 
hti  t  e  fu  sempUoe  uomo  ,  e  di  buona  fede  (b) , — seder  ià  soio  .  Dee 
ciò  appartenere  ad  accennarne  la  rarità  di  uomini  cotali  ;  e  similmente 
pensa  anche  il  Landino.  Il  Vellutello  però,  quasi  Arrigo  stato  fosse  pn 
romito  ,  sedewi  solo ,  chiosa  y  perchè  era  stato  ili  4(olitana  vita  • 

i3a  JVei  rami  la  Nidoh. ,  ne*  rami  V  altre  edi^.  — nùglior  uscita  la 
Vidob.  e  tutte  1'  antiche  ediz.  ,  minor  uscita  V  edizione  degli  Accade* 
mici  della  Crusca  per  lo  sbaglio  sopraddetto ,  e  dietro  ad  essa  edì- 
aione  tutte  le  moderne .  Accresce  luce  a  comprendere  lo  sbaglio  ciò  » 
ebe  del  detto  Arrigo  II!  d*  Inghilterra  siegue  a  scrivere  il  testé  citate 
Gio.  ^i]lani  :  JO*  Arrigo  nacque  il  buono  He  Aduardo  ,  che  a'  nostri 
presenti  tempi  regna  y  il  quale  Jece  gran  cose^  come  innanzi  faremo  mem» 
siane  (e) .  Higlior  uscita  aduuque  ebbe  Arrigo  ne'  rami  suoi ,  ne'  suoi 
disci^ndenti  ,  che  non  ebb(e  Pietro  d'Aragona  ,  e  npn  minore, 

i3!S  i34  Quel  che  pi  il  basso  ec.  Sta  più  basso,  perchè  non  di  aaop 
gue  reale.  Landino. —  Guglielìno  Marchese  ^  del  Mpii  ferrato  , 

(à)y.StsmMa  Rtg,  Aragomias  mei   Retion,  U:np,  àt\   Fetavia    Lagd, 
Sai.  1710.    (b)  Star.  lib.  5  cap.  4.     (e)  Ivi  « 


e  A  N  T  O    VII.  101 

Per  coi  ed  Alessandria  e  la  sua  guerra 
I  pianger  Monferrato  e  1  Canavese  . 

i55  i36  Per  cui  ed  jéUessandria  ^  laNidob.  ed  altre  aoticbe  edici<ó- 


però  queste  in  Dante  non  sisno  aconciatore ,  il  nostro  Betti  V  ha  yit- 
loriosaniente  provato  in  una  nota  da  noi  recata  al  C.  XXVin.  v.  I9. 
dell'  Inf.  N£.  —  Ga^lielroo  Blarchese  di  Monferrato  fu  preao  e  tnorto  da 
qaello  d'Alessandna  della  Paglia:  e  nerchè  ne  seca)  guerra  grande 
tra  i  figlioob  di  esso  Marchese  e  gli  Alessandrini ,  dice  che  tal  gnerra 
fa  pianger  Monferrato  e  '1  Canavese .  Dan isllo  .  Cmìunfensis  tpoctus  9  il 
Canarese  (  scrive  Baudrand  )  regiuncula  ItaUae  alias  hfontisferraÈi  pan  » 
nume  atitem  Pedgmonlio  atiribuia  {a)  •*  £  CananHSM  1  il  Codi  Vat.  ^.£• 

(«>  Addii,  ad  Lixie»  g^Ogr,  Ferrar. 


Fine  del  conio  settimo  • 


403 


,C  A  N  T  O    V  li  I. 


w«»^^ 


A  R  G  O.M  E  N  T  O    (♦) 


■  « 


TraUm  »  càe  videro  diu  AngtU  tcéuder  con,  dmé  sjfèeaiB  «  tfmnUH 
$pMd9  41  guardia  dèlta  vaile  ,  ove  discesi  ,  conobbero  f  ombra  di  Nimo\ 
È  poi  viiero  una  biscia ,  contro  la  quale  si  calarono  i  due  angeli  .  la 
fiae  favella  il  Poeta  con  Currado  Bialaspiaa  ,  il  quale  gli  predica  il  ino 
fiUara  eeilio  •  . 

1     Jujra  già  r  ora  che  volge  1  disio 

A'  naviganti ,  e  intenerisce  il  cuore 

Lo  dì  e'  han   detto  a'  dolci  amici  a  dio  ; 

4     E  che  lo  nuovo  peregrìn  d'amore 

Punge  ,  se  ode  squilla    di    lontano  » 

Che   paja  1  giorno  pianger  che  si  muore  ; 

7     Quand'io  'ncominciai  a  render   vano 
L'  udire ,  ed  a  mirare  una  dell'  alme 


igazione 

desideno  verso  gli  abbandonati  amici  :  e  punge  d  amore ,  fa  che  risenta 
stimoli  di  amore  verso  i  lasciati  amici ,  lo  nuovo  peregrino  \  il  postosi 
di  fresco  in  peregrinaggio  ,  se  ode  di  lontano  squilla ,  campana  ,  che 
paja  pianger  il  giorno  che  si  muore  ,  che  con  mesto  suono  e  ouasi  da 
morto  (  come  tra  cattolici  si  pratica  nel  suonare  su  1*  imbrunir  aell'  aria 
ì*  Ave  Hfaria  ,  ed  in  alcuni  paesi  anche  il  De  profundis)  sembri  pian- 

fere  il  terminar  del  giorno  .  La  ragione  percnè  ciò  avvenga  su  F  im- 
runare  dell'aria,  dicela  il  Venturi,  e  par  buona, f'er  trovarsi  f  ani' 
ma ,  mancando  la  luce  e  le  occupazioni ,  meno  distratto  •  Perchè  poi  suc- 
ceda principalmente  nel  primo  o  ne'  primi  giorni  del  viaggio  ,  ne  sono 
cagione  le  ancor  fresche  impressioni  della  patria  e  degli  amici  ;  che 
nel   decorso  del  viaggio  vengono  a   poco  a  poco  a  scancellarsi . 

7  8  Incominciai  a  render   vano  V  udire  ,  vale  quanto  incomindai 


(*)  Argomento  metrico  del  cel.  Gasparo  Gotti  . 
Scendono  a  guardia  di  quel  basto  loco 
Dne  vaghi  spirti ,  che  verdi  han  le  vetti , 
Verdi  le  peone  >  e  spade  hanno  di  foco  • 
Li  quai  si  movon  minacciosi ,  e  presti 
Contro  la  forte  di  quel  mal  serpente  , 
Che  sempre  a  danni  altrui  gli  occhi  tien  desti  ; 
Ond'  ei  sen  fogge  ratto  che  gli  sente  . 
(fi)  Della  particella  il  per  quello  vedi   Cinon.  Partic  itaS  6. 


CANTOYIII.  loS 

Surta  ,  che  l'ascoltar  chiedea  con  mano  • 

IO     Ella  gianse  ^  e  levò  ambo  le  palme > 
Ficcando  gli  occhi   Terso  1'  oriente  j 
Come  dicesse  a  Dio  :  d'  altro  non  calme  • 

i3     Te  lucis  ante   s\  devotamente 

Le  uscì  di.  bocca ,  e   con  si  dolci  note  » 
Che  fece  me  a  me  uscir   di  mente . 

16     E  r  altre  poi  dolcemente  e  devote 

Seguitar  lei  per  tutto  V  inno  intero  , 
Avendo   gli  occhi  alle  superne  ruote . 

1 9     Aguzza  qu\  y  lettor  ,  ben  gli  occhi  al  vero  :     * 
Che  '1  velo  è  ora  ben  tanto  sottile  i 
Certo  che  1  trapassar  dentro  è  leggiero . 

ad  udir  un  alio  siìenzio  :  finito  cioè  avrado  qaelle  anime  di  cantare  la 
Sahe  regina  j  e  finito  altresi  avendo   Sordello  di  favellare. 

9  Suria  ,  alzatasi  dal  sedere  in  sul  verde  ,  e  'n  su^Jiori  come  nel  prcK 
cedente  canto  avvisò  che  sedevano  tutte  quelle  anime  (a)  —  che  t  aseol' 
tar  chiedea  con  mano  ,   accennava   all'  altre  che  le  stessero  attente  • 

1 1  Verso  r  oriente;  secondo  il  costume  degli  antichi  cristiani ,  quadi- 
do  di  notte  oravano  ,  riconoscendo  adombrato  nel  Sole  oriente  Cri<- 
fto  Gesii ,  oriens  ex  alio  I.uc.  i .  Vihturi  . 

la  Come  dicesse  ec.  Con  tal  giun^^ere  ed  alzar  delle  mani  ,  e  con 
tale  mirar  verso  1*  oriente  manifestava  tanto  amor  verso  Dio ,  come  se 
espressamente  detto  avesse  lui  ,    di  te  solo  ,  e  di  niun  alira  cosa  mi  curo  • 

i3  Te  lucis  ante  terminum  è  il  primo  verso  dell'  inno  che  dalla 
chiesa  cantasi  nell'ultima  parte  dell' offizio  divino  appellata  compieta. 

i5  Fece  ma  a  me  uscir  di  mente  vale  il  medesimo  ,  che  se  dicea* 
fé  :  feeenà  tutto  intento  a  se  y  ed  affatto  fUmentico  di  ine  • 

i8  Alle  superne  mote ,  alle  celesti  sfere  ,  al  cielo  . 

19  ao  ax  jégutza  qui  ec.  Che  '/  velo  ec.  Il  fondino  ([dice  il  Teil« 
tari  )  spiega  il  velo  allegorico  esser  sì  trasparente  ,  che  piò  scuoprend!0 
di  quello  che  nasconda  ,  è  facilissimo  a  intendersi  e  penetrarsi  :  e  cosi 
trasporta  il  P.  d'  Aquino  : 

jiccipe  nunc  ,  lector  ,  nostri  velamine  cantut , 
Quae  documenta  damus  *•  nervos  ,  nunUmqun  fatigts 
hlon   opus  est  :  satis    illa  suo  se  lumine   pandunt  • 

10  però  (  continua  il  medesimo  Venturi  )  seguo  il  Vellutello»  e  spia* 
go  così  :  il  velo  del  senso  letterale  \  che  cuopre  1'  allegoria ,  e  il  vero 
primario  obbietto ,  richiede  tal  sottigliezza  di  mente ,  ed  è  5*1  difficile 
ad  intendersi ,  che  il  trapassarlo ,  ed  entravi  dentro ,  e  uscirrie  senta 
penetrarne  il  legittimo  sentimento  ,  per  non  ben  scorgerlo  ,  e  non  fer- 
marvisi  sopra  quanto  conviene  coli* intelletto  a  squarciarlo!    è  ieggier 

(fl)  Vets.  81  83, 


foi  PURGATORIO 

29     I'  vidi  quello  eserdto  gentile 

Tacito  poscia  riguardare  in  sue  f 
Quasi  aspettando  ,  pallido  ed  umile  ; 

a5    E  vidi  uscir  dell'alto  ,  e  scender  giue 
Du'  angeli  con  due  spade  affocate , 

cosa  e  facile  ad  accadere  •  Ciò  che  mi  muove  a  segnirio  è  :  Primo  * 
fé  r  intenderlo  fosse  facile ,  non  ammonirebbe  il  lettore  ad  agusiare 
l' ingegno ,  e  ad  aprire  ben  gli  occhi  :  secondo  ,  perchè'  se  fosse  coA 
agevole  il  penetrarne  l' allegoria  veramente  intesa  aall'  autore*  non  sa* 
rebberò  i  comentatori  sì  varj ,  e  tra  loro  discordi  nell'  interpretatione 
di  quésto  misterio .  Fin  c|uì  il  Venturi . 

Diversamente  da  tutti  questi  pare  a  me  che  dovrebbe  il  presente 
avvertimento  del  Poeta  al  lettore  aver  riguardo  al  ffià  detto  ,  che  canta- 
vano quelle  anime  Te  luàs  atUe  terminum  tutto  intiero  ,  cioè  anche 
la  seconda  strofa  ,  eh'  è 

ProcuL  recedane  somnia  , 
Et  noctium  phamtasmatm  ; 
hostemque  nostrum  comprime  , 
TVe  poUuantnr  corpora  ; 
e  dovrebbe  voler  inteso  ,  eh'  essendo   quell'  ombre  incorporee ,  non  (a» 
cessero  tale  orazione  per  proprio   vantaggio  ,  ma  per  vantaggio  di  noi 
mondani  .*  come  espressamente  fa  poi   dichiararsi   da  quelle  altre  che 
recitano  il  Pater  noster^  che  dopo  quella  orazione  soggiungano 
Quest*  ultima  preghiera  ,   Signor  caro  , 
Già  non  si  /a  per  noi  $  che  non  bisogna  \ 
Ma  per  color  ,  che  dietro  a  noi  restaro   (a)  • 

Siccome  però  per  un  sottilissimo  velo  guardando  trapassa  facil- 
mente la  vista  ad  altri  obbietti  senza  vedere  esso  velo  ,  così  teme 
qu\  il  Poeta  che  di  leggiero  ali  occhi  di  nostra  mente  trapassino  a 
nguardare  come  per  proprio  bisogno  preganti  quelle  anime ,  senta 
scorgere  il  velo  dei  bisogni  nostri,  di  cne  nell'atto  di  tale  preghiera 
si  vestono  .  '*'  Il  Biagioli  approva  quello  che  dice  il  Ix)mbardi  sul  senso 
allegorico,  ma  non  quello  che  spone  sul  senso  delle  parole:  le  quali 
egli  spiega  così  :  lettore ,  aguzza  qui  ec.  .  .  .  .  petrJC  d  velo  è  ora  i^ 
ramente  tanto  sottile  (  cioè  le  sue  maglie  sono  sì  sottili ,  e  però  i  vani 
del  velo  sì  stretti  )  che  il  trapassar  dentro  è  (  è  ,  cioè  esser  debbo  ,  è 
per  forzata  natura  )  leggiero  (  acuto  ,  fine ,  sottile  ) .  Poiché  un  corpo  ckt 
flebbe  passare  di  là  da  un  altro  per  i  stufi  vani^  ha  ad  esser  stato  ^pik 
sottile  ,  quanto  piit  i  vani  sono  stretti  .  N.K. 

s3  *  Tacito  tutto  riguardare  in  sue  ,  il  Cod.  Antald.  N.E.  —  Site  e 
gitie  nella  corrispondente  rima  v,  tS  per  su  e  giii ,  paragoge  ,  non  tanto 
per  la  rima ,  quanto  par  la  cagion  dell'  accento  pronunziato  mal  volen- 
tieri dagli  antichi  sopra  V  ultima   sillaba  (b) . 

34  Quasi  aspettando  pallido  ed  umile  :  come  in  aria  di  aspettare 
con  umiltà  che  venissero  dai  cielo  gli  angeli  a  difenderlo  dall'  assalto , 
che  già  temeva  vicino ,  del  diabolico  serpente .  Pavido  ed  itmile  legge 
il  Con.  Caet.  e  Pavido  in  vece  di  Pallidi}  sembra  piii  conveniente  al 
contesto  .  N.E. 

16  1']  Du  angeli  f  sìnalcfa  ,  in  vece  di  due  angeli  —  le  due  spade 

-    *■— •■"■■■■  I  ^ 

(a)  Parg.   si  22  t  ttgg.     (b)  Vtdi  Ciaon.  Part,  a3S  8t. 


e  A  N  T  O    V  1 1  I .  io5 

Tronche  e  private  delle  punte  sue . 
a8     Verdi ,  come  fogliette  pur  mo  nate  , 

Erano  in  reste  ,  che  da  verdi  penne 

Percosse  traean  dietro   e  ventilate . 
3i     L'un  poco  sovra  noi  a  star   si   venne, 

£  r  altro   scese  in  V  opposita   sponda  ; 

Sì  che  la  gente   in  mezzo  si  contenne  • 
34     Ben  discerneva  in  lor  la  testa  bionda; 

Ma  nelle  facce  V  occhio  si  smania , 

Come  virtù  eh'  a  troppo  si  confonda . 

(  chiosa  il  Landino ,  e  ti  si  uniforma  anche  il  Vellatello)  sono  la  gin^ 
stisia  :  le  ^piali  sono  spuntate  ,  perchè  tal  giustizia  è  mescolata  con  la 
misericordia.  Puossi  però  anche  ragionevolmente  pensare  che, intenden* 
do  Dante  questi  due  cherubini  i  medesimi',  che  dice  il  sacro  tetto  (dì 
messi  da  Dio  alla  |;uardia  del  terrestre  Paradiso ,  dopo  la  cacciata  aet 
primi  parenti ,  acciò  niuno  passasse  per  colà  ,  spuntassero  perciò  le 
spade  quando  per  la  morfe  del  Redentore  incominclossi  quel  passaj;- 
gio  a  riaprire  (b)  •  Il  Venturi ,  forse  non  piacendogli  quanto  trovo  scrit- 
to sa  '1  significare  di  queste  spuntate  spade ,  se  la  passa  con  dire ,  che 
nom  è  cosa  né  facile  ,  ne  molto  giovevole  il  rinvenirlo . 

28  2g  3o  f^errli  erano  in  veste  (  veste  dovrebbe  qui  essere  plurale 
dì  vesta ,  come  ffrcziose  veste  scrive  anche  il  Boccaccio  )  (e)  ,  verdi 
erano  nelle  vestinieiUa .  3fodo  poetico  vago ,  nota  il  Venturi ,  /  atiri" 
buire  agli  angeli  quelt aggiunto f  che  lOnvfrrtbbe  alle  vesti.  *  Erano  in 
vista j  ifcod.  Vat.  e  il  Caet. ,  né  forse  dispiacerà  a  molti.  N.E. —  f^ertU 
come  ec.  di  un  fresco  verde,  come  quello  delle  picciole  foglie /71/r  mo  » 
solamente  adesso ,  recentemente ,  S|>UDtate  dalla  terra  o  dagli  alberi — 
da  verdi  penne  ,  delle  verdi  ale  .  Il  verde  è  colore  che  s' appropria  al- 
la speranza  ,  e  ad  un  tale  appropriaraento  par  che  alluda  u  Poeta  stes- 
so in  quel  verso  Mentre  che  la  speranza  ha  fior  del  vefde  (d)  :  il  ver- 
de adunque  delle  angeliche  vesti  ed  ali  dovrebbe  mirare  a  confortar 
la  speranza  di  quelle  anime  —  ^rco55e  e  i^/iti/erle,  mosse,  ed  all'aria 
sparte  —  traean  dietro  la  Nidob. ,  traen  dietro  V  alti*e  edizioni .  Que- 
sto trarsi  gli  angeli  dietro  le  sparse  e  ventilate  vesti  accenna  la  velo- 
citii  del  volo. 

3a  In  r  opposita  la  Nib.,  nelV  opposta  T  altr' edizioni. 

35  Nelle  facce  F  occhio  si  smania  ,  per  la  troppa  luce. 

36  Come  viriti ,  cA'  a  troppo  si  confonda .  Il  Daniello  e  il  Venturi 
intendono  per  virtii  la  virtù  visiva  ,  cioè  V  occhio  stesso  già  nomina- 
to »  il  quale  dalla  troppa  luce  resta  abbagliato .  Siccome  però  non 
solamente  rocchio  al  troppo  lume,  ma  ogni  altra  qualunque  virtii  al 
troppo  si  confonde,  ed  anche  la  mente  stessa  ;  ed  a  tutti  1  sensi  ri- 
guarda quel  detto  d'Aristotele ,  che  i   nominati   espositori   arrecano  « 

(a)  Gas.  3.    (b)  Vedi  ciò  eh'  à  stabilito  ntl  canto  prece  d.  v^  4.  (e)  A  mei, 
31.     (fi)  Parg.  Ili  iSS. 


to6  PURGATORIO 

37     Ambo  vegnon  del  grembo  di  Maria  f 

Disse  Sordello,  a  guardia  della  valle  9 
Per  .lo  serpente  che  verrà  via  via. 

4o     Ond'  io  ,  che  non  sapea  per  qual  calle , 
Mi  volsi  'ntorno  ,  e  stretto  m' accostai  ^ 
Tiitto  gelato,  alle  fidate  spalle. 

43     E  Sordello  anche  :  ora  avvalliamo  ornai 

Tra  le  grandi  ombre ,  e  parleremo  ad  esse  : 
Grazioso  fia  lor  vedervi  assai . 

* 

excellentia  sensatontm  corrumph  sensits^  mi  par  meglio  che  lascisi  Wr- 
tìi  significare  generalmente , .  e  come  se  in  vece  detto  avesse ,  che  foc 
chic  si  smama  a  quel  modo  eh*  ogni  virili  confonde»  per  troppo  oh* 
bieOo. 

Z-j  Del  grembo  di  Maria.  Né  il  Volpi  né  il  Venturi  chiosano  che 
si  voglia  dire  questo  venire  gli  angeli  dal  grembo  di  .ffaria .  Il  Da* 
niello  con  altri  antichi  espositori  dice  valere  Io  stesso  che  ila  Cristo , 
i7  quale  fu  portato  nel  gremho  e  ventre  di.  Haria  tèrgine .  Sostitusio* 
ne  cotale  sembrami  troppo  dura .  Figurand<T  Dante  (  ecco  come  pinl* 
tosto  io  direi  ì  la  magion  de'  beati  in  Paradiso  a  modo  di  candida  ro* 
sa  (a),  le  foglie  della  quale  sieno  le  sedie  de*  beati  in  guisa  dispo« 
ste»  che  dal  mezzo  verso  la  circonferenza  della  ros^  vadlno  d' online 
in  ordine  rialzandosi  quasi  da  valle  andando  a  monte  {h) ,  e  facen- 
dovi in  una  delle  più  alte  sedie  poste  alla  circonferenza  assisa  Maria 
Vergine,  e  festeggiata  dagli  angeli;  perchè  non  intenderemo  che  co- 
me grembo  appella  il  loeta  la  cavità,  dove  siedono  (|uest* anime  (r)  , 
cosi  grembo  at  Maria  appelli  la  cavità  stessa  della  celeste  rosa  a  cui 
Maria  presiede ,  e  per  cui  quasi  in  grembo  tieiisi  tutte  V  anime  dei 
beati  ?  "^  Al  BiagioiI  non  quadra  nessuna  delle  spiegazioni  dei  conien- 
tatori ,  e  dice  invece  cos)  :  è  mio  sentimento  che  adoperi  il  poeta  co* 
tal  modo ,  a  dichiararci ,  che  i  predetti  angeli  non  erano  di  quelli 
che  posti  sono  da  Dio  a  diversi  ufficj  nel  purgatorio,  ma  bensì  man* 
dati  a  posta  dalla  spera  suprema ,  che  la  Vergine  fa  piìt  Dia  con  la 
sua  presenza  (parafi,  zxiii ,  107  108)  e  dov' ella  è  regina,  per  di- 
mostrare che ,  per  mediazione  di  lei ,  da  quelle  anime  colla  Sadve  Re- 
gina invocata  ,  fossero  gli  angeli   a  loro  guardia  mandati  •  N.  E. 

59  yia  via  lo  stesso  che  subito  subito  f  incontinente .  Vedi  il  Vocab. 
della  Crusca ,  che  ne  reca  altri  esempj  parecchi  • 

4o  Per  qual  calle,  per  qual  via  il  serpente  dovesse  venire. 

4i  Mi  volsi  intomo  girando  1'  occhio  per  veder  se  mai  il  serpente 
venisse . 

4^  jlllejidate  spalle ,   alle  spalle ,  al  tergo  di  colui  in  coi  confi- 
dava ,  di  Virgilio . 

43  E  Sordello  anche ,  ellissi ,  e  vale  quanto  se  scritto  fosse  :  E  Sor- 
dello  anche,  dì  nuovo,  parlando  disse  —  avvalliamo,  scendiam  nella  valle. 

45  '^  Graùoso  «  quod  valde  gratum  est  nobiiibus  et  magnatihus  vi' 

(a)  Farad,  xxxi  1.    (b)  Ivi  t'.  fai.     (e)  Ciaf,  prectd.  v.  68. 


e  A  N  T  O    V  1 1 1.  107 

46    'Soli   tre  pissi  credo  eh'  io  scendesse  , 

£  fui  di  sotto  j  e  vidi  un  che  mirava 
Pur  me  j  come  conoscer  mi  volesse . 

49     Temp'  era  già  che  l' aer  s' annerava , 

Ka  noni  sì  che  tra  gli  occhi  suoi   e'  miei 
Non  dichiarasse*  ciò  che  pria  serrava . 

62     Ver  me  si  fece ,  ed  io  ver  lui  mi  fei  : 

Giudice  Nin  gentil  y  quanto  mi  piacque 
Quando  ti  vidi!  non  esser  tra'  rei  f 

55     Nullo  bel  salutar   tra  noi   si  tacque  ; 

Poi  dimandò  •:  •  quant'  è    che   tu  venisti 
Appiè  ^1  nionte  per  le  lontan-  ac^ue  ? 

dere  Poetas ,  gtiia  qfficium  Poetarum  est  dare  famam  ipsb ,  annota 
acconciamente  il  Postili.  Caet.  Pederti  il  cod.  Vat.  N.E. 

ì^d  Soli  Ire  la  Nidob.,  iolo  tre  1*  altre  edizioni  >  '^  e  il  cod.  Antald. 
V.  E.  Dice  che  fu  la  discesa  di  pochi  passi  per  coerenza  a  ciò ,  che 
diaie  nel  precedente  canto ,  d*  esser  venuti  a  quella  lacca  là  dove  pik 
ck* a  metio    muore  il  lembo.  Vedi  ciò  ch'ivi  è  detto  (a). 

*  47  Ch*  r  fui  tra  loro  9  e  vidi  ce.  Il  cod.  Antald.  N.  E. 

48  Pur  me,  solo  me.  ' 

5i  Non  dichiarasse ,  non  facesse  vedere  —  ciò  che  pria  serrava , 
ciò  che  nella  maggior  distanza ,  pria  che  laggiii  scendessimo ,  occul- 
taTa  ,    cioè  lo  scambievole  riconoscimento. 

53  Giudice  Nin,  Mno  della  casa  de' Visconti  di  Pisa,  giudice  del 
giudicato  di  Gallura  in  .Sardegna ,  capo  di  parte  Guelfa ,   nipote  del 
come  Ugolino  della  Gherardesca.  Vem  il  Villani  nel  lib.  7  cap.  lao. 
"VsifTuai  —  quanto  mi  piacque ,  quanto   mi  consolai . 

54  '*  QuantT  io  ti  vidi ^  il  cod.  Antald.  N.E.—  Tra*  rei^  tra  dannati 
ncir  Inferno.  '*'  Ecco  subito  come  il  Poeta  giunge  all' espcttativa  dei 
j^ndi .  Vede  Nino  in  Purgatorio  e  se  ne  rallegra ,  ma  sotto  il  vela- 
me de'  versi  trasparisce ,  come  Dante  lo  credeva  meritevole  dell'  Infer- 
no .  il  Postili,  del  cod.  CaeL  aggiunge ,  quia  sciebal  quod  multas  gaer- 
rasjecerat  cantra  patriam  •  N.  E. 

55  Nullo  in  forza  di .  addie^ivo  par  niuno  molto  anticamente  ado- 
pra^o .  Vedi  il  Vocab.  della  Crusca  • 

Sj  Del  monte  su  di  cui  stavano ,  del  Purgatorio  -*-  per  le  lontan* 
4u:que  (  lontano  per  lungo  qui  pure  còme  Inf.  il  60  )  pel  lungo  trat- 
to d'acque,  cioè  dalla  foce  del  Tevere  (6)  fin  là;  che  perciò  larghe 
onde  appella  nel  v.  70  del  presente  canto .  *  Per  s)  lontane  acque  legj- 
ge  il  Cod.  Caet.  Abbeiichè  piccìolissìma  iiia  la  variante,  pure  abbi um 
motivo  di  credere ,  che  molti  la  preferiranno .  N.  E. 

.  (a)  Vtit.  72.     (b)  Vadi  Parg.   il  v.  loo  e  segg. 


loS  PUROATORIO 

58  Of  diss'io  lai,  per  entro  i  luoghi  tristi 
Venni  stamane  »  e  sono  in  prima  Tita , 
Ancor  che  V  altra ,  sì  andando ,  wcpiisti  • 

61     E  j  come  fii   la  mia  risposta  udita  , 

Sordello  ed  egli  indietro   si  raccolse  , 
Come  gente  di  sobito  smarrita. 

64    L*  ano  a  Virgilio  ,  e  V  altro  ad  un  si  Yolse 
Che  sedea  lì  9  gridando  :  su  9  Corrado  t 
Vieni  a  veder  che  Dio  per  grazia  nshe» 

67    Poi  volto   a  me  :  per  qoel  singoiar  grada 
Che  ta  dei  a  colai  /  che  sì  nasconde 
Lo  suo  primo  perchè  che  n&n  ^  è  goado  t 


58  59  60  O!  dee  ani  qaes^  particella  esprìmer  iiianti|^ia  dd 
Uso  pensare  dì  Vino.  *  No,  risponde  il  Bianoli  :  effetto  di  iroeilQ 
grìdo  è  la  rìmemìiransa  della  maniera  eh*^U  è  rennto  epa.  N.  E. 
— ;^r  eHiro  i  luoghi  irùti  ee,  non  per  Fonde ,  che  tu  t*iMmyni  y  mft 
passando  per  l' Inferno ,  son  giunto  stamattina  —  e  tomo  in  pnmui  mÈm* 
sono  ancora  nella  yita  mortale  —  ancor  che  taitra  ec.  wMittio  con  Itt 
▼lagno  mi  abilito  ad  accpùstar  I*  immortale . 

03  Si  raccolse ,  scnma ,  per  ji'  raccoieen}  insieme ,  si  rìtimroBO  • 
6^  65  V  olirò  ad  un  si  %Hfise  la  Nidobeatina ,  ed  altre  nnticlie  «di- 
zioni **  (  ed  anche  il  óan.  Cis.  )  :  m^lio  certamente  che  appresso 
airediaìoni  desìi  Accademici  della  Cmsca  non  leggano  la  Comtnimia 
e  tutte  le  moderne  edisioni  :  F  altro  a  tme  si  volse  •  Tralasciando  di 
parlare  dell'assordo  che  sarebbe,  se  Dante  appena  ìtì  giunto ,  edia 
attuali  compliinenti  con  Nino,  sedesse;  com'è  credibile,  che  lo  sb^ 
gottimento  cagionato  a  costui  dil  poeta  nostro  nel  manifestarglisi  aa» 
cor  virente  facesselo  volgere  veno  del  poeta  medesimo  ?  Come  pO* 
scia  ben  s<^^ungerebbe  Dante  nella  seguente  tcrtiiia  :  Poi  voUo  m  me 
ec.  jéd  um  adunane  leggendo ,  intenderemo ,  cIm  Sordello  (  a  cui  puro 

Sinnge  nuovo  che  Dante  sia  ancor  vivo)  a  Virgilio»  e  Nino  aCump 
o  ivi  sedente  si  rìvolgessero .  *  Anche  u  cod.  Vat.  ci  dk  q[nd  brutto 
n  tme ,  che  noi  cosi  volentieri  rifintiamo .  N.  E.  Carnuto  fu  do'  Jdala* 

S^ini  Marchesi  di  Lunigiana,  pndre  di  Matodlo ,  o  Mordlo  ricettatort 
I  Dante  esule  (a) .  Vedi  sotto  ai  versi  iS5  e  segg.  del  presente  canto  • 

66  Che  Dio  per  gnuia  iwte,  ciò  che ,  cosa  Dio  per  graaia  volle 

fare.  "  SàUcei  rem  ioaudUam ^ttod  homo  vivus  veaerit  imier 

mortuos.    Fostil.  Caet.  N.  E.  Dell'oso  presso  gli  antichi  frecpoMute  di 
oolse  per  polle  vedi  il  Prospetto  de*  veAi  ItaKaai  sotto  il  vvbo  eolo- 

67  Grado  vai  cpù  rìconoscenxa  9  gratitudine  . 

68  jÌ  cohd ,  a  Dio . 

69  Perchè  sostantivo  ,  per  eagiome  o  ragtone  di  operare  —  eke 

(o)  Mewàor.  per  la  rilc  di  Demts  f.  %%. 


CANTO    Vili.  i«9 

70    Quando  sarai  di  la  dalle  larghe  onde. 

Dì  a  Giovanna  mia  9  che  per  me  chiami 
Là   dove   agi'  innocenti  ai  risponde  . 

73    Non  credo  che  la  sua  madre  più  m' ami  ^ 
Poscia  che  trasmutò  le  bianche  bende  f 

^  è  gumilo ,  che  non  y'  è  modo  dì  penetrare  in  essa  prima  divina  ra* 

S'one.  I^  partieella  f^i  v«le  aa\  %'i  come  nell'  fnf.  xxtu  54  ma  nan^ 
u  sospeUo  •  La  metafora  del  ^tado  a  penetrar  nella  divina  ragion 
4eUe  coee  è  presa  ,  dice  bene  il  Venturi ,  dal  fiume ,  che  si  dice  non 
aver  goado ,  (mando  è  A  profondo  che  non  si  può  passare  o  guadare  • 

70  Quanao  iorai  di  Ut  dalie  largke  onde^  di  la  dal  vastissimo  ma- 
re mpposto  tra  il  monte  del  Purgatorio  e  la  terra  de'  mortali  ;  quando 
sarai  tornato  al  mondo. 

^i  73  Giovamui  figliuola  di  Nino  de'  Viscoiiti  di  Pisa ,  e  moglie 
di  Rioeardo  da  Cammino  Trìvisìano.  Vo^Ft  —  cAtomf  ,  ori ,  mandi  pr»> 
gkiere •—/(&,  al  divino  tribunale— '«foi^e  agf  innocenti  si  risponde^  in* 
tead«  aff  innocenti  soiamenie }  ed  allude  a  quel  del  Vangelo  peeCfUo* 
ree  Deus  non  audii  (a)  . 

75  La  sua  madre  ^  Beatrice  Marchesotta  di  Esti ,  moglie  di  questo 
nino  9  e  dopo  la  di  lui  morte  rimaritata  a  Graleazso  de'  Ybconti  di  Mi* 

Uno.   VlHTVKI  • 

74  TraàlmUò  le  bianche  bende ,  le  bianche  bende ,  che  dopo  la 
motte  del  primiero  marito  Nino  in  senio  di  vedovanza  portava ,  tra» 
snivtò  in  altre  di  gajo  colore  rimaritandosi  con  Galeazzo  figlio  di  Mat* 
teo  Visconte  Signor  di  Milano  . 

Il  tempo,  in  cui  accenna  Dante  di  aver  fatto  questo  suo  vlag* 
gio  ,  e  conseguentemente  questo  colloquio  con  Nino  Visconti  ,  c\ok 
ae*dk  primi  a' Aprile  del  i3oo  {b)  ,  antecede  al  tempo  che  assegna 
Berearaino  Corio  alle  nozze  di  Beatrice  con  Galeazzo  :  imperocché  la 
ierìve  promessa  a  questo  principe  dopo  il  maggio  dello  stesso  anno  i3oo  » 
•  sposata  solennemente  m  Modena  il  dì  a4  di  giugno  (e)  .  Oltre  però 
cJm  Dante  si  merita  la  maggior  fede  per  essere  stato  alle  cose  contem^ 
poraneo  >  toma  in  favore  del  medesimo  la  discrepanza  notata  da  Gioam* 
Mista   Gimldi  (#Q  negli  scrittori  circa  le  gesta   di  Beatrice . 

Le  bianche  bende  spiega  il  Venturi  eh*  erano  quel  drappo  ,  che 
seemdendo  dai  capo  coprila  gU  occhi  e  il  volto  alle  vedos^e .  Per  molti 
riseontri  però  (e  per  quello  del  Petrarca  Deh  che  sia  nudedetio  chi 
t  attende ,'  e  spera  in  trecce  ^  n  bende  (e)  ,  e  quello  dello  stesso  no* 
itro  poeta  nel  zziv  della  presente  cantica  Femmina  è  nata  ,  e  nom 
porta  ancor  benda  {/)  ,  e  per  quello  stesso  che  dice  qui ,  che  Beatrice 
tnunudò  «  non  depose  le  Dìancne  bende)  sembra  divenir  chiaro  ,  che 
Ibisero  cotali  bende,  quanto  alla  sostanza ,  ornamento  comune  di  tutte 
le  donne  adulte ,  variante  solo  nel  colore  nelle  vedove  e  nelle  altre , 

Qnalttoque  si  fosse  l' origine  delle  bianche  bende  in  segno  di  ve- 
dovansa ,  o  dal  bianco  vestire  usato  una  volta  nel  lutto  da  Siracusa- 
ni »  da  quelli  d' Argo ,  e  dalle  dotine  Komaue  ,    come  pens%  il  Rosa 

Ut)  Jou).  9.     (^)  Vedi  U  nota  Uf.  %%  |2i$.    (e)  iston  di  Milan.  ptr.  z. 
(d)  Cemmsutms,  etili  cote  di  Ferrara  .    (t)  NaUa  Frottola  •    (f)  Veri.  43- 


tio  P  e  R'G  A  T  O  R  I  O 

Le  quai  conyien:  che  9  mìseca  !  ancor  1>raiiii  . 

76  .  Per  lei  assai  di  lieye  si  comprènde  » 

Quanto  in  femmina  fuoco  d'  amor    dura  » 
Se  r  occhio  'o  ^l' tatto  spesso  noi  Taècende  • 

79    Non  le  farà  sì  bella  sepoltura 

La  vipera  che  '1  melanese  accampa  , 
Com^  avria  fatto  il  gallo  di  Gallura  • 

teorando  (a)^  ovvero  d'altronde;  egli  pare  certo  ,  che  anche  ai  tempi 
di  Dante  portassero  le  donne  in  segno  di  loro  vedovile  siato  .oltre 
le  bianche  bende ,  negre  la  vestimenta  ,  come  oggid\  ai  usa  •  vedova 
sconsolata  in  vesta  negra  troviamo  scritto  dal  Petrarca  (fr)  >  che  OJifqiM 
diciassette  anni  primn  che  Dante  morisse  :  Deh  guarda  come  41  C(iw 
donna  stanno  Bene  le  .  bende  bianc/ie  ,  e  i  panni  neri  >  scrìsse  pur  in 
qael  medesimo  torno  il  Boccacio  (e)  ,  ,,  „".. 

Per  non  aver  poi  i  vecchi  cementatori  fatto  alcun  punta  >o|^ 
cotal  foggia  di  bende ,  IVota ,  dice  il  Venturi ,  il  bnuio  ,  o  yedMile 
co*  veli  biancìu  :  tal  convien  elire,  che  fosse  t  tuanta  di  guei  tempii 
ma  pure  dalle  gran  gttarriarofje  di  questi  pienissind  comentatori  non  se 
ne  può  cavare  un  pezzolinn  di  opportuna  ^notizia . 

Essendo  però  dei  secoli  più  d'  uno  scorsi  tra  lo  scrìvere  di  essi 
pienissimi  comcntatori  ,  e  lo  scrivere  del  Venturì  {d)  «  pi|p, ragionevol- 
mente dubitarsi ,  anzi  lo  stesso  comune  silenzio  pare  IP-  dinoti  *  che 
fosse  ai  tempi  loro  la  costumanza  delle  bianche  vedovili  bende  ancora 
in  uso  ,  e  che  appunto  per  essere  cosa  troppo  nota  se  la  passassero 
sotto  silenzio  ,  senza  imoarazzar  davvantaggio  le  loro  gran  guarderobe 
di  pezze  d'osservazioni  affatto   superflue  .  r 

75  Le  quai  convien  che  mistura  ancor  brami .  O  che  Dante  sapeva 
quello  che,  a  cognizione  mia,  nissuno  istorico  dice ,  che  ricevesse  Bee- 
trice  dal  marito  Galeazzo  alcuno  maltrattamento  :  o  dovette  pronosti^. 
cario  dall'essere  Galeazzo  più  giovine  di  Beatrice  d' anni  cinque  (e)  :  Q^ 
forse  anche  ciò  scrisse  per  la  grande  costernazione,  in  cui  si  trovava 
la  casa  di  ( Galeazzo  pochi  anni  dopo  tale  matrimonio  {/") ,  quando  Dpnto 
componeva  questo  poemji  • 

^6^  Di  lieve,  di  leggieri,  agevolmente. 

7^  80  81  Non  le  farà  s^  bella  sepoltura  ^  non  sari  aldi  lei  sepol- 
cro di  tapto  onorifico  ornamentò  —  /^  vipera^  che  i  Mclanesi accana 
pa  9  Nidob.  cioè  1' arme  de' Visconti  di  Milano,  eh' è  una  vipera,  la 
quale  il  Milanese  esercito  portasi  in  campo  per  inscena  :  Maiores  ao- 
^rf  { scrive  appoggiato  al  .'iigonio  il  dottissimo  Milanese  Conte  Se* 
nator  A'orrì  )  publico  decreto  sanxeruni  ne  castra  Jlfediolanensium  loca^- 
rentur,  nisi  vipereo  signo  antea  in  aligua  arbore  constituto  (g).  Melano 
e  Milanesi  e  Milanesi  scrìve  anche  Gio.  Villani  ,  e  tutti  gli  antichi  ,  iq 
maniera  più  conforme  al  J.atino  Mediolanum  .  ^  Che  7  melanese ,    ac-- 

(a)  Annotaz.  a  questo  verso  •  (J>)  Cani.  iO.  (e)  Labe  nato  di  /imore  . 
(d)  L'  ultimo  de'  pienissimi  commentatori  fa  Bernardino  Daniello  ,  o  (  come 
▼noie  Diomede  Borghesi  nelle  sue  lettere  p.3  car.  16  )  Trifone  Gabriello  ,  morti 
amendue  circa  il  mezzo  di^l  secolo  decimesesto  .  (e)  Gorio  nel  precitato  luogo  . 
(/)  Il  medjsimo  ivi  .    (^)  Dita,  de  tituL  et  insign.   tu  40. 


CANTO    Vili.  ,u 

82     Così  dicea  ,  -segnato  della  stampa 

Nel   suo  aspetto  di  quél  dritto  zelò  f 
Che  misuratamente  in  cuore  avvampa  . 

85     Gli   occhi  miei  ghiotti  andavan  pure  al  cielo, 
Pur  là  dove   le  stelle  son  più  tarde  , 
Si  come  ruota   più  .presso  alla^  aieloii     -^ 

88  .  E  1  duca  mio  ;  figliaol ,  phe  lassù  guarde  ? 

campa  ,  bella  lezione  del  Cod.  ÀQtald^  e  Caet.  ^  da  aoi  abbracciata  h  N.E. 
— ff  gallo  ili  Gallura f  Tarine  di  Mino  giudice  di  Gallura,  ch'«ra  om 
gallo.  h  . 

Il  €orio  (a)  ed  il  Giovio   (b)  intendono  «  che  per  questo  JVon  I0 

Jark  d  bella  sepoltura  ec,  voglia  Dante  dire ,  che  non  fosse  fier  essem 

di  tanta  roagmficen^  e  spesa  il  mausoleo  di  Beatrice  fatto  dai  Visconti 

di  Milano  ,  quanto  sarebbe  stato  quello  dei  Visconti  di  Fisa;  e  passe 

quindi  il  Giovio  ad  aspramente  inveire  contro  del  Foeta  • 

Sembra  egli  però  chiaro  abbastanza ,  che  non  parli  Dante  d'  al* 
tra  belletoae  decoro,  che  della  proveniente  dal  genjLilirio stemma  «eni» 
plicemente ,  e  che  voglia  dire ,  che  la  vipera  fat  à  al  mondo  perpetua 
testimonianza  della  bigamia  di  Reptrice,  e  della  rolla  fede  al  cenere 
di  Nino  {e)  ;  ove  il  gallo  di  Gallura  testificato  avrebbe  la  vedovile  ca* 
stità  e  costanza  ,  universa  unente  da  tuUi  e  spezialmente  dai  cristiani  sem- 
pre in  sommo  pfeeio  tenuta  «  Dell' abbprrìmento  alla  bigamia  parlando 
il  Muratori  :  forse  ^  dice  ,  rimane  qualche  vestigio  in  alcun  luogo  d^  Italia^ 
come  in  Modena  ,  dove  se  un  vedovo  della  plebe  sposa  una  vedova  ,  non 
gU  manca  un  solenne  complimento  delle  persone  della  sua  contrada  ,  che 
lor  fan  plausi  strepitosi  con  Jischi ,  motti  pungenti ,  e  vasi  rotti  gettali 
dalle  ^finestre  •  Anzi  da  gran  tempo  è  in  uso  un  aggravio  in  tlanoii 
imponi  alle  doti  di  essi  vedovi  ,  da  pagarsi  ai  palafrenieri  del  prinr 
ape  (fi).  V 

8'i  .85  84  Così  dicea  segnato  ,nel  suo  aspetto  della  (  per  con  la^ 
stampa  (  impronta  )  eli  quel  dritto  (  giusto  )  zelo  j  che  avyampa  in  cuor§ 
misuratamente ,  che  suole  avvampare  bensì ,  ma  con  misura  9  con  di* 
•cretezza  •  \nole  in  sentenza  dire,  che  non  parlava  giii  ^ino  così  per 
odio    ed  astio  ,  ma  per  santo  e  discreto  zelo  . 

85  86  87  Ghiotti  y  avidi  — andayan  pure  al  cielo  j  ogni  altro  .ob- 
bietto  non  curando  rìvolgevansi  solamente  verso  il  cielo -—^i/r /4l  »  e 
Ik  solamente .  *  I  Con.  Cabt.  e  Fogg.  leggono  Colà,  N.t:.  —  dove  le  stelle 
son  pili  tarde ,  al  polo  ,  eh'  essendo  d(  U  daiV  equ^Uore  aveva  allora 
la  prima  volta  veduto,  al  polo  antartico;  dove,  siccome  ancora  nel 
polo  areico ,  fanno  le  stelle  in  vcntiquattr'  ore  un  giro  assai  più  corto  » 
che  non  facciano  1'  altre  dai  poli  nmote  -^  Sì  come  rttota  più,  presso 
ailo  stelo ,  come  cioè  più  tarde  al  moto  sono  nella  girante  ruota  quelle 
pauti  che  sono  più  vicine  allo  stelo,  all'asse;  per   la  stessa  detta  ra- 

K'one;  imuerocchè  correndo   per  u^^ual  .tempo  le  vicine  all'asse  eie 
ntane  ,  fanno  le  prime  un  giro  più  piccolo  •  ^ 

Ce)  Nel  precitato  laogo  •      (b)    Illuitr,  viror.   vitae  lib.  3.    Galeacius  • 
(e)  Frase  adoprau  dal  poeta  oostxo  di  Didoae  parUado  Imv.  v.  62.     (d)  Diss.  23. 


112  PURGATORIO 

Ed  io  a  Ini  :  a  cpielle  tre  facelle , 

Dì  che  1  polo  di   qaa  tulio   quanto  arde . 
gì     Ed  egli  a  me  :  le  quattro  chiare  stelle. 

Che  vedevi  staman  ,  son   di  li  basse  ; 

E  queste  son  salite  ov'  eran  quelle  • 
94    Con  me  1    parlava  »  e  Sordello  a  se  1  tifasse , 

Dicendo:    vedi  li  il   nostr    avversaro . 


gt  ^  fi  Le  quMttro  ckuare  sMe ,  che  vedevi  ee.  déìt  quali  ha  dalto 


viltà ,  fecele  il  Poeta  apparire  sul  principio  dei  giorno  ;  ed  ora  al  prn- 
cipiar  della  notte  fa  in  laogo  loro  vedersi  queste  altre  tre  «gnificaoCi 
le  tre  rìiik  teologali ,  a  dinoUre  (  chiosano  gli  esysitori  otriase^f 
te  )  che  appartengono  quella  alla  TÌla  attiva ,  a  cni  m^lio  ti  conA 
il  A  ;  e  queste  alla  vita  comtemplativa ,  a  evi  meglio  la  notte  ai  con- 
viene .  ^  Vedi  la  nostra  nota  nel  e.  I  i^.  a3 ,  dal  che  si  riliera  cke 
^pesu  tre  facelle  (  sieile  )  del  f^.  89  piuttosto  che  le  virth  Teologali 
lotto  allegoria  ,  sieno  material nente  le  Alfe  dell'  Eridano  ,  della  Nave  $ 
e  dd  Pesce  d*  oro  .  fi£. 

g\  Cam  me  7  pmriava  .  La  lettera  I  in  seguito  a  m*  coli'  apostrofe 
di  metso  vale  qu\  quanto  ei ,  voce  tronca  d'  eUo  o  d' etU  sovente  da- 
gli antichi  adoprata  :  cosi  intende  il  Ginonio  in  quelle  parole  del  Boe- 
caccio  mfumti  che  atcttn  s*  arrìsekùtsse  a  credere  che  *ÌJb§se  detto  i  e 
in  queir  altre  del  Petrarca  rome  morte  eke  1  fm  ee.  («)  .  ParmU  mas. 
veduti  dagli  Accademici  della  Grasce ,  e  la  maggior  parte  di  qnelli  da 
me  veduti  «  ed  anche  1*  edizioni  dd  1471  e  1477  leggono  concorde- 
mente rom^  7  pariatfa.  Osservando  io  però ,  da  un  canto ,  esserti  da* 
gli  antichi  volentieri  scritto  colle  ,  itoUe  ,  mommi  {b)  in  vece  di  com  h  » 
iHMi  le  t  Jioa  mi;  e  y  dall'  altro  canto ,  la  corrispondenxa  di  queste  alle 
aegueoti  parole ,  e  Sordello  e  se  7  trasse  ,  richiedendo  che  scrìtto  font 
com  me  *l  »eHa*ii ,  panni  di  poter  quinci  con  certeua  stabilire  che 
in  luogo  di  com^mf  /(equivalente  a  con  me*l)  siasi  per  isbaglio  scritlo 
e  stampato  com::  7 ,  umessa  cioè  una  m ,  o  nn  segno  che  la  dnpliea- 
sione  della  m  dinotasse .  Altri  mss.  poi  lef^gono  com'  io  :  e  l' edizioiie 
Aldina,  seguita  da  quella  degli  Accademici  della  Gnisca,  dalla  Comi- 
niana ,  e  da  tutte  le  moderne  edìsioni ,  legge  com*  C  jmrim^ .  Oltre 
però  che  non  parlava  Dente  allora ,  ma  \  irgilio ,  come  domin  connet- 
tasi e  SordeUo  m  te  'tirasse?  La  >idoH.  leg^e  cornei ^  forse  per  errore 
cosi  trascritto  essendosi  da  comm  ei  ^  o  com  meei ,  *  Il  Biagioli  sostiene 
la  leaìooe  deli  1  Grusca  ,  che  si  trova  confermata  anche  dal  God.  Vat. 
e  Stttvd.  che  h^nno  comT  e  dal  Caet.  che  legge  compio  e  dal  Cod. 
Antald.  che  ha  Comc'l.  Se  ricerchisi  il  parer  nostro  ,  noi  direnuBO 
che  neppure  a  noi  piace  la  lesione  del  Kiclobeato  ,  e  preferiremmo  pini- 


(J  Pj  rlic.  101  i\.  »  Vedi  tra  (lì  air  ri  aaùcki  scritti  ,  la  HidoWatiaa 
eiiiuon^r  ìa^.  kit  5S  «  xxa  1S3  ed  ìa  ^«ctta  cimto  ét\  Par^.  r.  7^  E4  è  iaù- 
ui.cat.  di,  L«àat  «  che  à\mitciÌMm  «  immt^o  e.\  kia  fiatte  iiUcitmm,  imMer^o» 


CANTO    Vili.  ii3 

£  drizzò  'I  dito  perchè   in   là  guatasse . 

27     D(i  quella  parte  9  onde  non  ha   riparo 
La   picciola   vallea  ,  er'un^  biscia  , 
Forse  qual  diede  ad  Eva  il  cibo  amaro . 

100     Tra  r  erba   e  i  fior  venia   la  mala   striscia , 
Volgendo   ad  or  ad   or  la    testa  ^  e   1  dosso 
Leccando  come   bestia  che   si  liscia  . 

io3     r  noi  vidi  ,  e  però  dicer  noi    posso  , 
Come  mosser  gli  astor  celestiali; 

ifto  quella  del  Cod.  Antald. ,  quasi  1'  Alighieri  avesse  detto  :  mentì'  c^ 
zrUuHg  cosi  9  Sordello  a  se  il  trasse .  Nota  di  Salvatore  Retti .  N.E. 

96  Guidasse  per  guatassi  antitesi  in  favor  della  rima  .  Del  verbo 
mdare  per  guardare  vedine  esempj  nel  Vocabolario  della  Crusca  parec- 
bi  •  *  n   Cod.  Vat.  però  ha  guardasse  «N.E. 

97  9^  99  ^^^  ^^^  ^^  riparo  la  picciola  vallea .  Riparo  dee  esser 
etto  per  ripa ,  e  per  quella  ripa  ,  che  formavasi  dall'  angolo  di  con- 
cinone tra  la  superfìcie  cava  aella  valle ,  e  la  conica  superfìcie  del 
lonte  (  vedi  ciò  eh'  è  detto  al  v.  ij  del  passato  canto  )  ;  e  però  dee 
itendersi  come  se  detto  fosse  dove  C  angolo  della  connessione  tra  h, 
perfide  della  valle  e  quella  del  monte  poco  o  niente  aveva  il  rialza- 
vemio  •  L'allegoria  però  è  a  dinotare,  ch'entra  in  noi  la  tentazione 
er  mancanza  che  trova  di  riparo  .  Vallea  per  valle  anche  1'  Ariosto  {a)  — 
^wude  9  o  signi fìca  ugualmente  che  simile  a  quella  la  quale  ,  o  fors'  an- 
be  importa  identità  ,  e  vale  quanto  quella  la  quale ,  alla  maniera  cioè 
d  Latino  quae  —  cibo  amaro  per  nocivo  ^  apportatore  di  lutti  i  mon- 
■ni  guai . 

loo  Mala  striscia  appella  Dante  o  1'  orma  e  solco  che  veniva  fa- 
mdo  la  biscia  nell'  erba  strisciando ,  ovvero  fors'  anche  striscia  ap- 
ella  la  biscia  stessa ,  per  la  forma  stretta  e  lunga  ,  come  appunto  stri- 
da di  panno  o  d'  altro  che  :  a  quel  modo  che  anche  Lorenzo  Lippi 
ppella  striscia  la  spada; 

Ma  Calagrillo  altiero  e  pien  di  stizza 
Colla  sua  striscia  fa.  colpi  crudeli   (b)  . 

lOi  iot2  La  testa  al  dosso  \si  Nidobeatina  ; /a  testa,  e 'l  dosso  l'altre 
dizioni .  Ritenendo  la  lezione  della  Nidobeatina  ho  segnata  tra  dosso 
leccando  una  virgola  *  Il  Biagioli  grida  qui  contro  il  Nidobeato  ,  e 
:liefza  su  quel  leccare  •  Noi  pur  siamo  della  sua  opinione ,  e  volentieri 
etdtuiamo  il  verso  all'  antica  e  sincera  lezione  .  N.E.  —  leccando  co- 
te besiia  ec.  Questo  leccarsi  e  lisciarsi  della  serpe  indica  T  astuzia 
el  tentatore  di  sempre  procurar  di  abbellire  1'  orridezza  del  peccato  • 

io3  Dicer  per  dire  usato  dagli  antichi  anche  in  prosa.  Vedi  il  Vo- 
abolario  della  Crusca 

io4  Co/Ite  qui  per  quando  :  vedine  altri  esempj  presso  il  Cino- 
io  (f)  •  Accenna  che  avesse  gli  occhi  rivolti  alla  moia  striscia ,  e  che 
ivolgesseli  agli   angeli  solamente  quando  udì  il  loro  svolazzamento*- 

(a)  Farysxzvii  2$.    (ù)  Maini,  xii  SS    (f^.Partic*  SS  i5. 
T.i.  H 


Il',  PURGATORIO 

Ma  vidi  bene  e  Y  uno  e   V  altro    mosso  . 

106     Sentendo  fender  l'aere  alle  verdi  ali  9 

Fuggìo  '1  serpente ,  e  gli  angeli   dier   volta 
Suso   alle   poste   rivolando  iguali  . 

I  o^    L'  ombra  ,  che  s'  era  al  giudice  raccolta 

Quando  chiamò  ,  per  tutto  quello  assalto 
Punto    non  fu  da  me  guardare    sciolta  • 

Ila     Se  la  lucerna  ,  che  ti  mena   in  alto  , 
Truovi  nel  tuo  arbitrio   tanta  cera  , 
Quant'  è  mestiere  in   fin   al  sommo  smalto , 

mosser  per  si  mossero .  Del  verbo  muovere  in  senso  neutro  passivo  Te- 
dine esempi  ^^^^^  "^l  Vocabolario  della  Crusca  —  g/i  astor  celesUo' 
h .  L'  astore  è  uccello  di  rapina  ,  che  si  addomestica  dagli  nomi* 
ni  e  si  fa  servire  per  la  caccia  d'  altri  uccelli  :  asiori  adunque  ce* 
/ey/io//  appella  Dante  que*  due  angeli  perchè  alati  ,  e  perchè  venuti  quasi 
alla  caccia  della  nemica  serpe  .  ^  Ecco  una  prova  chiarissiAia  fra  le 
tante  altre  che  se  ne  potrebbero  addurre,  la  quale  conferma  la  lezione 
iT  uccel  di  Dio ,  che  invece  rf  angei  di  Dìo ,  hanno  molte  reputato  edi* 
tioni  al  V,  129  del  e.  TV*  di  questa  cantica.  Non  è  la  pia  vaga  ma- 
niera :  ma  Dante  usava  cosi  ;  uè  certe  cose  si  possono  torre  ,  senza  con- 
taminar bruttamente  il  venerando  originale.  Nota  di  Salvatore  Betti  •  NJ£. 

108  yille  poste  f  ai  primieri  appostamenti  —  rivfolando  iguaii  ^  con 
ugual  volo  ,  di  pari.  Iguale  per  uguale  molto  dagli  antichi  osato  vedilo 
nel  \  ocab.  della  Crusca  . 

109  Ilo  III  L* ombra  di  Currado  Malaspina  —  al  Gituiice iti  "Sìdo^ 
bcatina  mci^lio  che  a  Giudice ,  che  leggono  V  altr*  edizioni  •  Giudice 
era  titolo  dì  Nino,  per  la  giudicatura  che  teneva  di  Gallura,  non  già 
tome  proprio  ;  e  però  sta  bene  che  al  segnacaso  a  aggiungasi  ancn6 
r  articolo  ,  Così  ,  tra  innumerevoli  csempj  ,  disse  Dante  m'  accostui  TB" 
mendo  un  poco  piti  al  duca  mio ,  {a'^  e  non  a  duca  mio  «-«•  raccolta  per 
asfy^icinata  —  quando  chiamò  ,  quando  gridò  ,  su  ,  Currado  ,  vieni  a  vMer 
ec,  (/>)  ^'per  tutto  quello  assalto  ^  durante  tntto  il  tempo  di  quella  guerra 
tra  il  serpente  e  gli  angeli  —  Punto  non  fu  sciolta  non  si  sciolse  ,  non 
si  distolse ,  da  guardare  me  .  *  Da  me  guardar  discioUay  hanno  con  mag- 
gior suono  i  Cod.  Vat.  e  Antald.  N.E. 

Ili  ii3  114  Se  è  qui  particella  deprecatoria  corrispondente  al  de- 
precatorio SIC  de'  Latini  ;  invece  di  cui  adoprasi  oggi  piii  volentieri 
il  che  y  o  così  {e)  -^la  lucerna  ,  il  lume  inteso  per  la  divina  illuminante 
grazia  —  ttuita  cera  ,  tanta  corrispondenza .  Come  il  lume  materiale  ri- 
chiede esca  di  cera,  olio,  ed  altro  che,  così  la  divina  grazia  richiede 
in  noi  la  cooperazione  nostra  ;  e  perciò  bene  all'  appellazione  di  £u- 
cerna  data  alla  grazia  ,  aggiunge  quella  di  cera  alla  corrispondenza 
nostra  —  QuanC  e  nu'stiere  in  fin  al  sommo  smalto  .  Sommo  appella  il 
cielo,  perocché  all'occhio  nostro  quasi  d' azzurro  smalto  ricoperto  ras- 

(  x)  iof.   s  3o.    (i)    Vtffs.  6S  66.     (e)  Vidi  Cinou.  Parta.  2i5  3a. 


e  A  N  T  O    VI  II.  ii5 

ji5     Cominciò  ella,  se  novella  vera 

Di  Valdimagra  o  di   parte  vicina 

Sai ,  dilla  a  me  che  già  grande  là  era  . 

118     Chiamato  fui  Currado  Malaspina  ; 

Non  son  V  antico ,  ma  di  lui  discesi  ; 
A'  miei   portai  V  amor  che  qui  raffina  . 

121     O,  diss'io  lui,  perii  vostri  paesi 

Giammai  non  fui  ;  ma  dove  si  dimora 
Per  tutta  Europa  ,  eh'  ei  non  sien  palesi  ? 

124     La  fama  9  che  la  vostra  casa  onora, 
Grida  i  signori  e  grida  la  contrada 
Sì,  che  ne  sa  chi  non  \i   fu  ancora. 

127     Ed.  i'  vi  giuro  ,  s' io  di  sopra    vada, 

Che  vostra   gente  onrata  non  si  sfregia 
Del  pregio  della  borsa  e  della  spada . 

sembra.*'  fi  Biagioli  vuole  però,  che  significhi  in  std  verde  smalto  dei 
numte ,  cioè  su  la  xtta  cima  di  fiori  ed  erbe  smaltata  :  perchè  il  poeta 
spiega   sommo  smalto  pi ii  giìi^v.  lay.  ,  colla  parola  disopra»  N.E. 

fi6  Fàldimagra  distretto  della  Lunigiana  ,  dove  Currado  era  stato 
Marchese;  così  appellato  dal  fiume  Magra  ,  che  mette  in  mare  vicino 
mi  golfo  della  Speiie . 

117  Già  grande  là  era  ,  era  ivi  una  volta  signore  . 

119  2Von  son  Cuntico:  accenna  altro  Currado  dì  sua  famiglia  es* 
sere  tUto  celebre 

tao  >^r  miei  portai  P  amor  ,  che  già  raffina  ,  *  Rispetto  all'  amor 
di  Corrado  inverso  i  suoi  il  Postil.  Cass.  chiosa  :  nam  ipse  communi" 
vii  aan  omnibus  de  domo  sua  civitatem  Bussa:  ,  et  castntm  Duosoli  ,  es- 
tera alia  bona ,  qum  acquisivit  in  Insula  Sardinice  ex  dote  sute  uxoris.  Ni. 

—  Haffina  in  senso  neutro  passivo  per  si  raffina  ,  si  purga  cioè  da  que* 
diffcUi ,  che  agli  occhi  di  Dio  rendevanlo  meno  gradito . 

lai  O,  interiezione  qui  d'allegrezza  e  di  congratulazione  —  dissalo 
lui  la  Nidobeatina  ,  dissi  lui  ^  V  al  tr*  edizioni . 

132  123  Ma  dove  si  dimora  per  tutta  Europa  ,  ch^  ei  non  sien  pa^ 
lesi  ?  Dov*  è  luogo  in  Kuropa  in  cui  non  sia  pervenuta  la  fama  di  essi  ? 
Della  particella  che  per  in  cui  o  nel  quale  vedi  il  Cinouio  (a) , 

isS  Grida  ,  pubblica  ad  alta  voce  —  i  signori  i  marchesi  —  la  con-- 
trmda  la  Lunigiana. 

127  128  12^  S* io  di  sopra  vada:  è  auJ  pure  il  ^e  come  il  depre- 
catorio   de'  Latini  Sic  :  cos\  mi    riesca  di  salir  sopra  a   auesto  monte 

—  vi  giuro  che  vostra  ec,  v'  assicuro  con  giuramento ,  che  1'  onorala  vo- 
stra famiglia    non    vien  punto   perdendo  della  lode  di   liberalità  ,  e  di 

(a)  Panie.  44  5^ 

H  a 


ii6  PURGATORIO 

1  So     Uso   e  natura  si  la  privilegia  9 

Che ,  perchè  1  capo  reo  lo  mondo  torca  , 
Sola  ¥a   dritta  e  *l  mal  cammin  dispregia  . 

1 33     Ed  egli  :  or  va ,  che  1  Sol  non  si  ricorca 
Sette  volte  nel  letto  che  '1  Montone 
Con  tutti  e  quattro  i  pie'  cuopre  ed  inforca , 

j36    Che  cotesta  cortese  opinione 

Ti  fia  chiavata  in  mezzo  della  testa 
Con  maggior  chiovi  che  d'altrui  sermone  ; 
Se  corso  di  gìudicio  non  s'arresta. 

falore  in  armi  .  Veitturi  .  *  Curiosa  è  lezione  bontà ,  che  invece  di 
borsa  ha  il  Cod.  VaU  N.E.  —  Onrata  per  onorata  sincope  adoprata  dal 
Poeta  anche  altrove  (a)  . 

i3o  Uso  e  natura  y  l'avvezzamento  per  mezzo  della  buona  edaca- 
yione ,  I  e  la  bupn*  indole  sortita  dalla  nascita  --^  sì  la  privilegia  ,  al  la 
rende  immune  dal  con|une  traviamento  • 

t5i  Perchè  j  qa\  per  ancorché ,  benché  y  come  spesso  os^to  dagli 
antichi  nelle  prose  e  nel  verso  mostra  il  Cinonio  (b)  —  il  capo  reo  lo 
rMndo  torca  f  si  volga  dalla  verace  via  di  virtii.  Dviuillo.  *  Suppoaa» 
aè  forse  mal^i   il  Biagioli  ,  che  qui  si   parli  di  Bonifazio  Vili.  N«E. 

i3a   Sola    diritta  il  mal  cammin  dispregia ,  il  Cod.    Antald.  ]f»E« 

i34  r35  Ifon  si  ricorca  ,  pur  non  rientra  —  nel  letto  (  coeren- 
temente al  si  ricorca  )  nella  porzione ,  nel  tratto  di  cielo  —  i7  Montone  , 
l'Ariete,  segno  celeste,  nel  quale  era  il  Sole  in  tempo  di  questo  poeti? 
Co  viaggio  (e*)  —  cuonre  si  riferisce  a  tutto  il  corpo  del  montone  ,  in- 
J^rC't  nferiscesi  ai  piadi  contenenti  tra  se  il  detto  celeste  tratto  ,  co> 
Ite  la  forca  tra  rebbi  ,  o  denti  ,  contiene  paglia  ,  fieno  ec.  e  vuole 
Iti  sentenza  dire  non  passeranno  anni  sette  • 

137  Ti  Jia  chiamata  (lo  stesso  che  chiovata  ^  inchiodata)  metafo- 
ricamente per  fortemente  impressa  —  in  meizo  delia  testa  ,   per  neUa 
memoria 

i38  Cqn  magfpior  chiovi  (lo  stesso  che  chiodi  }  che  cf  altrtd  ser^ 
mone,  colla  esperienza  che  tu  medesimo  farai  (  della  bontà  ;  in** 
intendi ,  e  generosità  de'  Malaspini  )  :  mezzo  certamente  pih  a  confermar 
nella  buona  opinione  valevole  che  le  altrui  relazioni  .  Fa  cosi  Oanta 
da  Currado  predirsi  le  buone  accoglienze  ,  che  nel  tempo  del  suo  esilio 
ricevette  da  Marcello  Malaspina  figlio  di  Currado  .  (d) 

ng  Se  corso  ec.  Se  altro  non  dispone  la  provvidenza  con  impe- 
dire il  cominciato  corso  delle  cose.  VaNTuai  . 


(a)  Vedi  tra  f\ì  altri  laoglii  ìsr-il  47.   (b)  Partic  19S  2.    (e)  Vedi  iNr.   1  38. 
{d)  Vedi  ìétmor,  per  La  vita  di  Dunts  f.  21. 


Pine  del  canto  ottavo  » 


117 

CANTO    IX- 


ARGOMENTO     (♦) 

Diwnoitra  Dante  in  questo  canto  ,  eotto  la  finzione  d'un  togno y  lei 
tmUim  ènm  infino  alla  porta  del  Purgatorio  «  e  la  via  ch'egli  tenne  per 
mUrmrvi . 


L. 


concubina  di  Titone  antico 
Già  s' imbiancava  al  balco  d' oriente  y 

I  La  concubina  di  Titone ,  cosi  dal  Latino  yerbo  concumbere ,  ia 
Tece  di  dire  coiti  che  dorme  con  Titone  ,  cioè  l'Aurora  •  *  Di  Titan  9 
il  Cod.  Vat.  N.E.  —  antico ,  annoso  ;  allude  cotale  epiteto  alla  favola , 
che  dalle  Parche  impetrasse  V  Aurora    al    Titone    suo    1*  immortalità  : 

f»er  cui  divenuto  poi  vecchissimo  e  rimbambito ,  conveniva  mantener- 
o  in  cuna  a  guisa  di  bambino  (a)  .  '*'  L'  oscurità  delle  tre  prime  ter* 
xine  di  questo  canto  viene  confessata  aa  tutti  gli  espositori ,  e  sebbene 
il  dotto  P.  L.  si  forzi  nelle  seguenti  note  di  dame  con  molto  ingegno 
una  plausìbile  spiegazione  ,  pure  non  ci  lascia  pienamente  convinti. 
Si  legga  la  lunga  ed  erudita  nota ,  che  il  P.  Ab.  di  C.  ha  fatto  su  que- 
sto passo  nella  sua  Letteba  ec.  e  si  resterà  facilmente  persuasi ,  che  il 
nostro  Poeta  ha  voluto  ammettere  un'  Aurora  della  Luna  ;  che  appunto 
per  distinguerla  dall'Aurora  del  Sole  la  chiama  non  moglie  ,  ma  co/i- 
cubina  di  Titone;  e  che  se  dell'Aurora  del  .^'ole  avesse  parlato,  come 
generalmente  si  è  supposto ,  non  tornerebbe  di  nuovo  a  descrìverla 
V.  i3  ,  e  indicarci  1'  ora  ,  nella  quale  ,  dopo  aver  dormito  ,  vide  in 
sogno  r  aquila  ec.  N.E. 

a  *  Balco  leggono  il  Con.  Gas.  ed  il  Con.  Cast,  e  non  balzo  co- 
me la  comune;  e  poiché  ci  è  sembrata  più  naturale,  l'abbiamo  adot^ 
tata  nel  testo  .  Il   P.  L.  che  legge  balzo   dà   le    seguenti   spiegazioni  , 


antipt 

«  stremità  di  quell'emisfero  apjjellare  o  da  balzo,  inteso  per  sito  inac- 
«  cessibile ,  allusivamente  a  ciò  che  rapporto  all'emisfero  nostro  pen- 
»  sa  il  volgo  ,  che  giunto  l'uomo  alla  di  lui  estremità  ,  trovar  si  deb- 
«  ba ,    come    all'  orlo    di   balzo  o  rupe ,  né  possa  andar  oltre    senza 


0  Argomento  metrico  dei  cel.  G.  Gozzi . 
Al    corpo   lasso   del    Poeta    apporta 

Quiete    il  sonno  %    onde   sognando   ei  vedo 
L'  aquila  che  per   1'  aria   alto    nel  porta  . 
E  intende  poi  ,   eh'  egli  ha    malata  sede  , 

fi  r  Angiol  trova  ,  che   delle   sue  brame  > 
E   della  nnoTa  via   ragion   gU   chiede  . 
Poi  di  grand'  ascio   sckiadcgli  il   serrarne . 
(a)  Vedi  liatal  Costi  Mytholog.  lib.6  cap.  4. 


ii8  PURGATORIO 

Fuor  (Ielle  braccia  del  suo  dolce  amico. 
4     Di  gemme  la  sua  fronte  era  lucente  , 
Poste  'n  figura  del  freddo  animale , 
Che  con  la  coda  percuote  la  gente . 

«  precipitare;  ovvero  (  lo  che  mi  par  meglio)  da  b€Uzo  preso  ti  nie- 
«  desimo  significato  di  6ii/za,  T  estrema  parte  della  veste  femminile  (a)  9 
«  o  (come  un  dotto  Fiorentino  mi  assicura)  una  striscia  di  color  di- 
«  verso  intorno  all' estremiti!  della  medesima.  D'essersi  «doprato  bai- 
«  20  al  medesimo  senso  di  balza  ne  rende  certi  F.  Domenico  Cavalca 
<c  celebre  antico  Toscano  con  annoverare  fra*  donneschi  oraamenti  h 
«  corone  ,  e  gli  spilli ,  e  le  nutre ,  e  i  busti ,  e  gli  balzi  ec,  »  (b)  • 

I  La  maggior  parte  de'  vecchi  sposi  tori  (e) ,  e  dietro  ad  essi  il  mo- 
derno Venturi ,  intendendo  che  stendesse  quest'Aurora  il  lume  suo  fìa 
U  dov*  era  Dante ,  cioè  fino  al  monte  del  Purgatorio  ,  e  vedendo 
dall'  altro  canto  supporsi  dallo  stesso  Dante  ,  che  in-  ^uel  medesimo 
tempo  fosse  al  monte  del  Purgatorio  buia  botte ,  sonosi  perciò  ridutti 
a  pensare ,  che  ammettesse  qui  Dante  un'Aurora  non  mai  pib  intesa  , 
r  aurora  cioè  della  Luna  :  sema  tampoco  riflettere ,  che  a  q^eìV  ora 
che  Dante  in  seguito  accenna ,  doveva  al  monte  del  Purgatono  la  Lu- 
na stessa  apparire  ,  non  che  la  di  lei  aurora  ;  o  sia  il  di  lei  albore 
solamente  (a)  .      ^ 

Mainò;  dicendo  il  Poeta,  che  s'imbiancava  l'aurora  al  balso  di 
oriente ,  e  che  U  dov'  egli  era  durava  la  notte  (e) ,  abbastanza  fa  ca* 
pire,  che  non  istendesse  l'aurora  il  lume  suo  fin  là.  Come  ciò  poi 
avvenir  potesse,  capirallo  facilmente  chi  avvertirà  che  dalla  estremità 
di  quell  emisfero  al  colmo  del  medesimo  ,  su  del  quale  suppone  Dan- 
te il  Purgatorio,  correva  il  divario  di  gradi  90  di  longitudine,  e  che 
l'aurora,  siccome  il  Sole,  gira  gradatamente. 

3  Del  suo  (talee  amico .  L' anzidetta  antichità ,  o  sia  vecchiaja  di 
Titone,  e  il  fuggirsene  perciò  da  lui  la  concubina  prima  del  giorno, 
esigono,  o  che  l'espressione  risguardi  i  passati  amori,  come  se  detto 
fosse  ilei  suo  una  volta  dolce  amico  ,   ovvero   che   dolce  amico  vaglia 

J[uauto  amante  di  buona  pasta ,  di  poco  senno  [f)  in  amare  colei  che 
o  tradiva  [g) . 

4  5  6  éf  gemme  ec.  Che  l' aurora  del  Sole ,  la  quale  (  esclusa 
quella  della  Luna)  sola  resta  a  intendersi,  dovesse  allora,  ovunque 
la  fosse ,  adornarsi  la  fronte  di  gemme  poste  *n  figura  del  freddo  ani' 
male  ,  che  con  la  cotta  percuote  la  gente ,  cioè  delle  stelle  del  cele- 
ste Scorpione  ,  intenderà  chi  rifletterà  ,  che  non  è  l' aurora  se  non 
un  passaggio  de'  raggi  solari  per  Y  atmosfera ,  e  che  perciò  il  suo  pih 
basso  limite  dee  sempre  collineare  al  punto  di  cielo  diametralmente 
opposto  a  quello    in    cui  il  Sole   esiste .   Posto    ciò ,    diviiue    chiaro 

n'  essendo  ,    mentre  faceva  Dante  questo  suo  viafi:t;io  ,    avvanzato    il 

ora  avere  il 


eh'  essendo  ,    mentre  faceva  Dante  questo  suo  viaggio  ,    e 
Solo   verso  gli  ultimi   gradi   di   Ariete  {h) ,  doveva    l' aur 


(a)  Vedi  il  Vocab.  della  Cr.  sotto  la  ^oce  balza  {.  a. 

(b)  Putidi  lingua  ediz.  Rom.  i^Si  cap.  a^,  nelle  vecchie  edìz.  cap.  a8. 
(e)  Vedi  Rosa  Morando  a  questo  passo,  [d)  Vedi  lo  stesso  Morando  ivi. 
(e)  Vedi  i  versi  7  8  9  del  presente  canto.  (/)  \edi  il  Vocali,  della  Cr.  alla 
voce  ttolct  $.  5  e  4.  (^)  Vedi  Natal  Conti  MythoL  lib.  6  cap.  ai  (k)  Vedi 
il  computo  uno  secondo  le  Tavolo  Pruteniche  daj;li  Accadamici  della  Cr.  ,  • 
posto  dà  essi  in  line  della  divina  commedia. 


CANTO    ÌX.  iig 

7     E  la  notte  de'  passi  con  che  sale 

Fatti  avea  due  5  nel  luogo  ov'  eravamo  , 
£  1  terzo  già  chinava  'ngiuso  l' ale  ; 

suo  pih  basso  confine  verso  gli  aitimi  gracH  della  Libra ,  e  per  pri' 
mo  intero  segno  occuparne  io  Scorpione  « 

Ma  perchè  (  addimanda  qui  il  Rosa  Morando  )  lo  Scorpione  si  ili' 
rà  freddo  ?  Non  freddo  per  la  natura  dell*  animale  <  c/r'  anii  nemico 
del  Jreddo  intorpidisce  nel  verno  ^  e  col  ringioveni re  della  stagione  riu' 
giovenisce  e  riprende  forza  ....  Non  freddo  per  la  natura  del  segno; 
eh*  è  domicilio  e  casa  di  /V/arte ,  pianeta  ardente  e  focoso  :  e  non  fred- 
do finalmente  riguardo  la  stagione  eh*  abbiamo  quando  v^  entra  il  So^ 
le  ;  lo  che  succede  in  ottobre ,  placido  e  temperato  mese  .  Jn  fatti  ar- 
dente ,  non  freddo ,  lo  chiamò  Firgilio  «  opc  disse  nella  Georgiva  {  lib. 
I   V.  54.  ) 

•  •  .  ipso  tibi  jam  bracMa  contrahit  ardenS 
Scorpius . 

Anzi  f  rispondo  io  y  che  un  animale  intorpidisca  nel  verno  ,  eia 
appunto  è  segno,  che  goda  egli  meno  calore:  e  bene  iu  noi  stessi 
lo  proviamo  ,  che  tra  le  parti  del  corpo  nostro  quelle  piii  facile 
niente  delle  altre  al  freddo  ioterriz^iscono,  alle  quali  in  minor  co- 
pia il  naturai  calore  si  difibnde .  Ed  ove  bastasse  lo  intorpidire  del- 
lo Scorpione  nel  verno  per  non  potersi  dir  freddo  animale ,  biso- 
gnerebbe correggere  eziandio  Virgilio  in  que*  versi  Fri gidus  ^  o  pue ri  f 
fugite  hinc ,  latet  anguis  in  herba  (a)  ;  f'rigidus  in  pratis  cantando  rum- 
piiur  anguis  (b)  ;  imperocché  la  biscia  pure  nel  verno  intorpidisce.  Kè 
finalmente  osta ,  che  \  irgilio  stesso  appelli  il  segno  dello  Scorpione 
ardente  «  ardens  Scorpius  :  peroccliè ,  come  avverte  a  quel  passo  Ser- 
vio ,  ardens  ad  illud  refertur  quia  Mnrtis  est  dondcilium  :  nam  Scor- 
pii  tempus  frigiditm  est ,  quippe  cujus  november  mensis  est  :  entra  cioè 
il  Sole  nello  Scorpione  verso  il  fine  d'  ottobre  ,  e  vi  si  trattiene  fin 
▼erso  il  termine  di  novembre^  mese  nebbioso  e  freddo  anzi  che  pia" 
cido  e  temperato  4 

j  S  g  £  la  notte  de*  passi  ecé  Abbastanza  chiaramente  con  que^ 
fti  versi  dichiara  il  poeta  che  al  Purgatorio ,  dove  si  trovava  ,  era 
notte.  Solo  rimane  ad  indagare  cosa  per  cotai  passi  s*  abbia  a  inten- 
dere ;  se,  com^  alcuni  pensano,  le  ore,  delle  quali  dodici  ne  con- 
tava la  notte  in  quel  tempo  d'  equinozio  ;  e  se ,  com*  altri  dicono  , 
le  quattro  vigilie ,  le  quattro  uguali  parti ,  nelle  quali  soleva  dagli 
antichi  la  notte  di  qualunque  stagione  dividersi  (e) .  U  contesto  pe- 
rò per  du^  riguardi  onninamente  ne  costringe  ad  intendere  le  vigi- 
lie, e  non  1' ore.  Primieramente  pel  detto  imbiancamento  delTaurora 
al  balzo;  o  sia  alP  estremità ^  orientale  di  quell'emisfero.  Imperoc- 
ché intesi  pei  passi  della  notte  le  ore  ,  dovremmo  intendere  ,  ch« 
non  fosse  al  Purgatorio  per  anche  compiuta  la  terz' ora  della  notte: 
e  se  al  Purgatorio,  sul  colmo  dell*  emisfero ,  non  era  compiuta  Torà 
terza  della  notte ,  non  poteva  ali*  estremità  orientale  del  nieciesimo 
emisfero  (  in  distanza  di  gradi  99)  essere  compiuta  l'ora  nona  di  not- 
te •  Or  in  tempo  d*  equinozio  ^  coni*  era  quello  ,  tanto  è    il    dire    non 

(a)  Eclog.  Ili  93.     (b)  Eclog.  tiK  71.     (e)  Di  tale  sentimento  son»  tra  gli 
altri  il  VallatcUo  9  •  il  Rota  Morando  . 


lao  PURGATORIO 

IO     Quand'  io,  che  meco  avea  di  quel  d' Adamo ^ 
Vinto  dal  sonno  in  su  l' erba  inchinai' 
Là  Ve  già  tutti  e  cinque  sedevamo  • 

i3    Neil'  ora  che  comincia  i  tristi  lai 

La  rondinella ,  presso  alla  mattina  » 
Forse  a  memoria  de'  suoi  primi  guai  ; 

compiuta  l'ora  nona  deJla  notte,  quanto  è  il  dire,  che  mancassero  a 
venir  giorno  più  di  tre  ore  ;  e  più  di  tre  ore  avanti  il  giorno  non 
può  mai  air  oriente  di  un  luo^o  antipodo  a  Gerusalemme  (  com'era 
il  monte  del  Purgatorio  )  (a)  biancheggiare  1*  aurora .  Questo  è  il  pri- 
mo riguardo  .  L'  altro  è  cne  cerchiando  la  notte  (  come  Dante  con- 
cepisce )  {b)  opposta  al  8ole ,  presto  è  inteso  che  la  medesima  notte 
colle  due  prime  vigilie  salga ,  e  che  colla  terza  e  quarta  vigilia  scen- 
do ;  e  presto  conseguentemente  si  capisce  eh'  elegantemente  dica  il 
poeta  È  la  notte  de*  passi  ,  con  che  sale ,  fotti  avea  due ,  e  '/  terzo 

fià  chinava  in  giuso  P  ale ,  in  vece  di  dire  che  fatto  aveva  la  notte 
e  due  vigilie,  colle  quali   nel  suo  giro  sale,  e  gi4  la  terza  vigilia 
incominciava  a  fare  scendendo .  All'  opposto    poi  ,    intendendosi    pei 


esempio   per 

il  verbo  salire  non  significhi  solamente  ascendere  j  ma  anche  discen^ 
dere  ;  e  su  del  medesimo  fondamento  vuole  il  summentovato  Sig.  Ro- 
sa Morando  ,  che  le  presenti  parole  del  poeta  nostro  con  che  sale 
dehbansi  riferire  anche  al  terzo  passo ,  che  scende  ;  perchè ,  dice  , 
salire  ha  doppio  significato,  e  vai  discendere  non  men  che  ascendere . 
A  me  però  sembra  dair esempio  dell'Ariosto  dedursi ,  non  che 
il  verbo  salire  assolutamente ,  com'  è  nei  versi  nostri ,  adoprato  signi- 
fichi ascendere  e  discendere  ^  ma  che  preso  al  modo  che  adopranlo 
alcuna  fiata  i  Latini ,  per  saltare ,  possa  indifferentemente  unirsi ,  e 
colla  particella  g/ìc  a  significare  discesa,  e  colla  particella  su  a  signi- 
ficare ascensione. 

10  Avca  di  quel  tT Adamo  ^  di  quello  che  proveniva  da  Adamo, 
cioè  coir  anima  avea  il  corpo  ,  a  difl'erenza  del  rimanente  di  tutta 
quella  comitiva,  ch'eran  puri  spiritile  però  liberi  dal  bisogno  di 
dormire . 

11  Jnc/iinai,  neutr.  pass.,  quanto  m* inchinai ,  m'abbassai» 

1 2  Là  \e  ,  sinalefa  ,  per  la  ove  —  tutti  e  cinque  (  tutt*  e  cinque , 
r  ediz.  diverse  della  Nidob. )  cioè  Virgilio,  Dante,  bordello  ,  Nino» 
e  Currado. 

i3  NeW  ora  che  ec,  ^  nel  far  dell'aurora — i  <m^' /a/ ,  il  lamen- 
toso canto;  che  tale  veramente  rassembra  quel  delle  rondini ,  nell'au* 
rora  specialmente. 

i5  Forse  a  memoria  ec. ,  ricordandosi  di  que'  guai ,  pe'  quali  fu 
di  donna  trasformata  in  uccello .  Progne  la  convertita  in  rondine  cre- 


•  (u;  Purg.  IV  67  e  segg.    (Jb)  Parg.  il  4.     (e)  Far.  vui  ^ 


e  A  N  T  O    IX.  lai 

16     E  che  la  tnente  nostra  ,  pellegrina 

Più  dalla  carne ,  e  men  da'  pensiet  presa  , 
Alle  sue  i^ìsion  quasi  è  divina; 

1^    In  sogno  mi  parca  veder  sospesa 

Un'  aquila  nel  ciel  con  penne  d' oro  j 
Con  r  ali  aperte  ,  ed  a  calare  intésa  ; 

a  a     Ed  esser  mi  parca  là  dove  foro 

Abbandonati  i  suoi  da  Ganimede  9 
Quando  fu  ratto  al  sommo  concistoro  • 

s5     Fra  me  pensava  1  forse  questa  fiede 

Pur  qui  per  uso  j  e  forse  d' altro  loco 
Disdegna  di  portarne  suso  in  piede  • 

a8     Poi  mi  parca  che  ,  più  rotata  un  poco  , 
Terrìbil  come  folgor  discendesse , 

desi  dalla  pib  comune  :  Dante  però  mostrasi  del  sentimento  di  que'po- 
chi  che  dicono  in  vece  Filomela  (a) . 

16  ly  E  che  la  mente  ec.  Più  sciolta  e  libera  dall%  corporee  im- 
pressioni ,  e  meno  svagata  dai  sensi  ,  e  da'  fastidiosi  pensieri  occupa* 
la,  che  la  travaglino  .  Ventubi  .  *  Peregrina  y  il  Cod.  Vat.  N.E. 

18  ^iie  sue  visioh  ec.  ^  giusta  la  superstizione  degli  antichi,  già 
detta  altrove  (b)  ,  che  somnium  post  somnum  efficax  est ,  atque  evemet , 
5iV«r  bonurrty  sive  malum. 

19  10  ai  Sospesa  con  V  ale  aperte  y  ed  al  calare  intesa  j  voÌAUìe  f 
e  rotante  all'  ingiù  ,*  e  però  nel  a8.  Poi  mi  parca ,  che  più  rotata  un 
poco  ec» 

11  23  34  ^à  dove  ec, ,  sul  monte  Ida ,  ove  il  Trojan  Ganimede 
fu  rapito  da  Giove  converso  in  aquila,  e  portato  su  in  cielo.  Daniel- 
i«o  .  — foro y  antitesi,  in  vece  òx  furo  y  apocope  o  sincope  àÀ  furono^ 
molto  dai  poeti  praticata  —  concistoro  ,  qui  metaforicamente  per  adw 
namento  o  corte, 

25  36  27  ^  i'  dicea  fra  me  stesso  :  questa  Jiede ,  il  Cod.  Antald. 
lif.  E.  —  Forse  questa  per  uso ,  di  consueto  yfieile  ,  ghermisce  e  preda, 
qui  pur,  qui  solamente,  su  questo  monte  solo  piglia  gente  per  traspor- 
tare in  cielo  —  in  piede y  pleonasmo  in  grazia  della  rima,  e  dee  valer 
quanto  col  piede  y  o  co*  piedi  y  cogli  artigli  y  come  si  dice  uomo  porta- 
re in  mano  ciò  che  porta  con  la  mano  .  *  Eiagioli  si  ride  dell'  opi- 
nione del  lombardi ,  che  qui  pone  un  pleonasmo  bruttissimo  nell' Ali- 
ghieri :  ed  espone  in  vece,  che  iJante  abbia  detto  portarne  in  piede,  per 
lissare  un'  istante  1'  occhio  del  lettore  all'  idea  che  dipinge.  N.£» 

28  Che  piit  rotata  un  poco  y  che  ripetute  poche  altre  rote«  li 
Cod.  Caet.  legge  che  roteata  N.E. 


(a)  V*di  il  canto  «VII  di  quatta  cantica  v,  i^m  quella  nota.  (A)  Inf.  sxvi  7* 


I  !j  PURGATORIO 

E  me  rapisse  suso  ìnfino  al  foco  • 

3i     Ivi  pareva  eh'  ella  ed  io  ardesse  ; 

E  sì  lo  'ncendio  immaginato  cosse , 
Che  convenne  che  '1  sonno  si  rompesse  • 

34     Non  altrimenti  Achille  si  riscosse , 

Gli  occhi  svegliali  rivolgendo  in  giro , 
E  non  sapendo  là  dove  si  fosse  , 

37     Quando  la  madre  di  Chirone  a  Schiro 

Trafugò  lui ,  dormendo  ,  in  le  sue  braccia 
Là  onde  poi  gli  greci  il  dipartirò  ; 

4o     Che  mi  scoss'  io  ,  sì  come  dalla  faccia 

^^  ^*^S'*o  *1  sonno ,  e  diventai  ismorto 
Come  fal'uom  che  spaventato  agghiaccia. 

45     Da  Iato  m' era  solo  il  mio  conforto  , 

E  1  Sole  er'  alto  già  più  che  due  ore  , 

5o  Injino  al  foco '.  alla  sfera  del  fuoco  immaginato  dagli  antichi 
filosofi  sopra  quella  dell'  aria ,  e  sotto  immediatamente  al  cielo  della 
luna,  dove  perciò  Dante  fa  riuscire  il  Purgatorio. 

3i  Pareva  c/C  ella  ed  io  ardesse.  Adombrando  quest'aquila  Lu- 
cia ,  o  sia  la  divina  grazia  (a*S ,  dovrebbe  Dante  ros\  dicendo  accennar- 
ci ,  che  all'anima  passata  all'altra  vita  senza  grave  colpa  sia  sempre  la 
divina  grazia  compagna;  al  che  vedi  corrispondenza  anche  nel  v.  91. 
del  presente  c.*nto  . 

34  al  59  achille  tolto  dalla  madre  Teli   a  Chirone  Centauro   suo 

S  recettore,  e  trasportato,  mentr' egli  dormiva,  nel  T  isola  di  Sclro  , 
.  ove  dimorò  alquanto  tempo  in  casa  del  ì\e  1  icomede,  vestito  da  don- 
zella, sino  che  fu  scoperto  per  astuzia  d'  Ulisse  ,  e  condotto  {  coi 
Greci  che  lo  bramavano  )  alla  cuerra  di  Troja .  A  olpi  .  *  Non  sap- 
piendoj  il  cod.  Aat.  e  molte  edizioni.  N.  K.  —  Si^hiro  appella  Dante 
queir  isola  alla  maniera ,  che  pronunziano  i  Greci  il  proprio  vocabo- 
lo 2itt;pec.  "^  Gli  greci  indi  il  partirò  y  cod.  Vat.   N.i:. 

4o  /|i  Dalla  faccia  mi  faggio  il  sonno:  prende  la  faccia  y  parte 
principale  in  cui  il  sonno  si  manifesta,  per  tutto  il  corpo  ,  —  diicnlai 
fsmorlo  la    Nidob. ,  dis^entai  smorto  V  altre  ediz.  manchevolmente  • 

4^  Che  spaventato  agghiaccia  ,  a  cui  si  gela  il  sangue  dallo  spa- 
venta. *  Acaccia  j  strana  lezione  dal  cod.   Aat.  N.  F. 

43  Da  lato  la  Nidob.,  Dallato  l'altre  ediz. — il  mio  conforto  y^ìv- 
gì  ho . 

44  ^"'1  di  due  ore  la  ^idob. ,  piti  che  durare  l'altre  edizioni, 
"^  ed  il  Cod.  Caet.  e  il  Aat.  e  T  Antuld.  ,  die  noi  seguiamo,  per  nou 
torre  al  testo  una  grazia  di  Lingua.   IN.  K. 

(a)  Vedi  il   v.  65  e  <|aeUa  oou  • 


e  A  NT  O    IX.  laJ 

£  1  viso  m' era  alla  marina  torto  • 
46     Non  aver  tema  ,  disse  il  mio  signore  ; 

Fatti  sicur  ,  che  noi  siamo  a  buon  punto  ; 

Non  stringer,  ma  rallarga  ogni  vigore. 
49     Tu  se  ornai  al  Purgatorio  giunto  • 

Vedi  là  il  balzo  che  1  chiude  dintorno  ? 

Vedi  r  entrata  là  Ve  par  disgiunto  ? 
62     Dianzi ,  nell'  alba  che  precede  al  giorno  , 

Quando  l'anima  tua  dentro  dormìa 

Sopra  li  fiori  onde  laggiù  é  adomo, 
55     Venne  una  donna  ,  e  disse  :  i'  son  Lucia  ; 

L^ciatemi  pigliar  costui  che  dorme  ; 

Sì  r  agevolerò  per  la  sua  via  • 
58     Sordel  rimase  ,  e  l' altre  gentil  forme  . 

45  M^ era  alla  marina  volto:  appartiene  ad  accrescere  1*  i|;noran- 
xa  del  luogo  ove  fosse  :  imperocché  col  viso  rivolto  alla  manna  noo 
poteva  veder   altro  che  cielo  ed  acqua. 

/|8  Non  5/ri/7^r,  equivale  a  non  tsià  a  strìngere  ^  ad  impicciolirò , 
—  rallarga  ,   accresci  . 

5i  Ià\e  par  disgiunto  (intendi  il  detto  balzo  clie'l  chiude)  ove 
par  fesso.  Vedi  v.  74  e  76. 

5q  Dianzi ,   poco  fa  • 

55  Quando  ec.  Quando ,  chiuse  le  porte  dei  sensi ,  Tanima  dentro 
a  te  prendeva  riposo. 

53  Lucia  la  santa  ,  presa  dal  poeta  in  simbolo  della  divina  gra- 
zia .  Aedi   ciò  eh' è  detto   ìht.  il  97. 

57  «Si  r  agevolerò  ec. ,  ellissi ,  o  come  se  detto  avesse ,  così  pi- 
piandolo  ,  e  meco  portandolo  F  ajuterò  nei  suo  viaggio .  Della  parti- 
cella per  in   vece  d*  in  vedi  il  ciuonio   (a)  • 

58  *  Sordel  rimaso  e  V  altre  genti  for  me .  Così  legge  il  Cod. 
Gas.,  ed  il  P.  Ab.  di  Costanzo  inclina  a  credere  preferibile  questa 
nuova  le2.  per  le  dichiar-rizioni  del  Foslil.  il  quale  al  for  me  nota , 
idest  omnt'S  manserunl  in  circuii'  inferiori ,  me  excepto ,  qui  veni  tecum  , 
ed  alle  parole  altre  genti  nota    scilicet  dominus    Corradus  Malaspina  , 


sistema  niedcsiroo  ,  che  spiega  per  bocca  di  Stazio  Pubg.  c.  zzv  v»  34 
e  seguenti  circa  la  configurazione  delle  anime;  nominando  specialmen- 
te la  virtù  formativa  :  e  però ,  benché  la  lezione  ci  piaccia ,  non  cre- 
diamo di  adottarla .  N.  £.  Il  P.  Lombardi  nota  come  appresso  :  For- 

(a)  Pmriic.  19S  iS. 


12^  PURGATORIO 

Ella  ti  tolse  ,  e  ,  cotae  1  d\  fu  cliiato  ^ 
Sen  venne  suso  ,  ed  io  per  le  sae  orme . 

61     Qui  ti  posò;  e  pria  mi  dimostraro 

Gli  occhi  suoi  belli  quell'  entrata  aperta  ; 
Poi  ella  e  1  sonno  ad  una  se  n'  andaro  . 

64     A  guisa  d' uom  che  in  dubbio  si  raccerta  ^ 
£  che  muti  'n  conforto  sua  paura 
Poi  che  la  verità  gli  è  discoverta  ^ 

C7     Mi  cambia'  io  ;  e ,  come  sanza  cura 

Videmi  1  duca  mio,  su  per  lo  balzo 
Si  mosse  ,  ed  io  diretro  ,  'nver  Y  altura  .. 
•    70     Lettor  i  tu  vedi  ben  com'  io  innalzo 

La  mia  materia  ,  e  però  con  più  arte 
Non  ti  maravigliar  s' io  la  rincalzo  . 

75     Noi  ci  appressammo  ,  ed  eravamo  in  parte  , 
Che  là ,  dove  pareami  in  prima  un  rotto 

me  per  anime ,  su  T  intendimento  che  sia  V  annmtt/orma  corporis:  sen- 
tenza comune  de'  teologi ,  stabilita  da  Clemente  V  nel  concìlio  di  Vien- 
na in  Francia.  '*^  Per  forme  non  s*  intende  dalfyilighieri  l'anima,  cioè 
queir  essere  incorporeo  ,  che  ci  avviva  ;  ma  sì  bene  anel  tenuissimo 
e  aereo  velo,  onde  alla  maniera  de* platonici  Jinge  il  ali  ino  poeta ,  che 
sieno  vestite  le  anime  né*  regni  delV altra  vita  :  cosa  detta  già  chuimmente 
in  questa  cantica  da  Firgiuo  {e.  iii  v.  iS  e  segg.)  .  Senza  di  che  non  si 
potrebbe  comprendere  come  Dante  valesse  a  riconoscere  tante  persone; 
e  osserx'osse  pelano  una  vecchia  cicatrice  neW  un  de^cigU  del  re  Man- 
fredi. Questa  forma  é  quella  medesima,  che  Dante,  parlando  con 
benedico  Caccianemico  (  Inf,  e:  xviii  v.  /\g  ),  chiama  fazione.  Se  le  fa- 
zion  che  porti  non  son  false.  Nota  di  Salvatore  Betti*    N.  K. 

59  Come  '/  dì  fu  chiaro ,  Coerentemente  alla  legge  di  quel  luogo» 
detto  nel  settimo  di  questa  cantica  v.  5i  e  sege. 

60  Sue  orme  la  Nidob. ,  su'  orme  V  altre  edizioni . 

61  61  Mi  dimostraro  ec,  mi  accennarono.  Vuol  dire  che  Lucia, 
senza  parlare ,  gli  fece  cogli  occhi  cenno  air  entrata ,  alla  porta  del 
Purgatorio . 

63  Ad  una,  unitamente,  nel  tempo  stesso.  Così  anche  nel  iv  di 
questa  cantica  i^.  17. 

']i  S*  io  la  rincalzo .  hincalzare  propriamente  vai  mettere  attorno 
a  una  cosa  o  terra  ,  o  altro ,  per  fortificarla ,  o  difenderla ,  accioc- 
ché si  sostenga ,  o  stia  salda  {a)  :  qui  però  adoperalo  X)antc  metafo- 
ricamente per  sostenere  C  innalzata  materia  con  più.  ele^'ato  stile, 

74  Un  rotto ,  una  rottura . 

(a)  Vtdi  il  Vocab.  della  Crasci  . 


e  A  N  T  O    IX.  12$ 

Par  come  un- fesso  che  muro  dìpartCf 
^     Vidi  una  porta  y  e  tre  gradi  di  sotto  y 

Per  gire  ad  essa  ,  di  color  diversi  ; 

Ed  un  portier  eh'  ancor  non  facea  motto  , 
^3     E ,  come  V  occhio  più  e  più  ▼'  apersi  9 

Vidil  seder  sopra  1  grado  soprano , 

Tal  nella  faccia  eh'  io  Qon  lo  soffersi  ; 
Sa     Ed  una  SfMtda  nuda  aveva  in  mano  , 

Che  rifletteva  i  raggi  sì  ver  noi  , 

Ch'  io  dirizzava  spesso  il  viso  in  vano  . 
85     Ditel  costinci  y  che  volete  voi  ? 

Cominciò  egli  a  dire  ;  ov'  è  la  scorta  ? 

Guardate  che  '1  venir  su  non  vi  noi  . 
jB8     Donna  del  ciel  di  queste  cose  accorta , 

Rispose  '1  mio  maestro  a  lui ,  pur  dianzi 

ìfe  dis^e  :  andate  là ,  quivi  è  U  pofrl^^  • 
91     Ed  ella  i  passi  vostri  in  bene  avanzi  ^ 

Ricominciò  1  cortese  portinajo  ; 

Venite  dunque  a'  nostri  gradi  innanzi , 

75  Pur  come  un  la  Nidob. ,  Pur  conC un  l'altre  edizioni -^/«550 , 
fessura ,  fenditura  . 

76  77  Tre  gradi  di  color  diversi .  Della  diversità  de'  colori  di  que- 
sti tre  gradini  vedi  più  abbasso  v,  9.4  e  segg. 

80  Soprano ,   superiore ,  il   più  alto  . 

81  Tal  nella  faccia  ^  talmente  nella  faccia  luminoso,  risplenden- 
te. *  Tal  nella  vista ^  il  cod.  Antald.  N.E. — eh* io  non  lo  soffersi^  cbe 
gli  occhi  miei  rimasero  abbagliati . 

84  Ch*  io  dirizzava  ,  intendi  verso  quel  portiere  ,  quell'  angelo . 

85  Ditel  costinci ,  ditelo  di  cost\ ,  dal  luogo  dove  siete ,  senza  in- 
noltrarvi . 

86  Ov'  è  la  scorta  ?  Chi  vi  ha  guidati  fin  qu\  ? 

87  lyon  vi  noi ,  non  yi  annoi ,  non  v'  incresca  ,  non  vi  faccia 
pentire . 

88  Di  queste  cose  accorta  ,  delle  leggi  di  questo  luogo  consa- 
pevole . 

91  Ed  ella  i  passi  ec.  :  e  la  medesima  donna  y'  ajuti  ^  prosegui- 
re in  bene  il  vostro  cammino  . 

93  Venite  a*  nostri  gradi  innanzi ,  avanzatevi  a  questi  nostri  gra- 
dini.  *  j4  vostri  gradi,  il  cod.  Vat ,  intendendo  forse  venite  come  piU 
i'i  piace  innanzi  ec.  N.  E. 


126  PUaGATO&IO 

94  Là  ne  venimmo  ;  e  lo  scaglion  primajo 
Bianco  marmo  era  ,  sì  pulito  e  terso 
Ch'  io  mi  specchiava  in  esso  qual  io  pajo . 

27     Era  '1  secondo  ,  tinto  più  che  perso , 
D' una  petrina  ruvida  ed  arsiccia, 
Crepata  per  lo  lungo  e  per  traverso  . 
ICO     Lo  terzo  ,  che  di  sopra  s'ammassiccia  , 
Porfido  mi  parca  sì  fiammeggiante  » 
Come  sangue  che  fuor  di  vena  spiccia  • 

g\  g5  gfy  fJt  ne  venimmo .  lenire  qu\  per  arrivare  —  lo  scagliom 
primajo  ,  il  primo  e  più  basso  gradino  •  *  Cod.  Cait.  legge  La  ci 
traemmo  allo  scai*ìion  primajo  ,  N.  K.  —  Bianco  marmo  era  sì  ec. 
Essendo  questa  la  porta  del  Purgatorio  insieme  e  del  Paradiso,  restan- 
do, corno  in  progresso  si  può  vedere,  sempre  di  poi  libero  il  varco, 
finge  Dante  perciò  trovarsi  ed  adoprarsi  qu\  le  chiavi  consegnate  da 
Gesii  Cristo  a  S.  Pietro  ,  appellate  da  Cristo  medesimo  cla^s  regni 
coftorum  (a) .  Ma  come  per  cotali  chiavi  dichiara  in  seguito  il  Salva- 
tore intendersi  1'  autorità  di  sciogliere ,  e  di  legare  nella  sacramentai 
confessione ,  et  q'iodcnmque  lignveris  super  terram  erit  iigntum  et  in 
ccelis  y  et  qiiodcumque  soheris  ec. ,  però  per  tre  diversi  gradini  simbo- 
leggia il  poeta  quant*  è  necessario  acciò  possa  V  uomo  per  la  sacra- 
mentai coafessione  godere  del  benefizio  aelle  chiavi.  Lo  adunque  spec- 
chiante liscio  del  grado  primiero  simboleggia  il  riconoscimento  delle 
proprie  colpe,  e  il  candore,  la  sincerità  della  confessione  delle  me- 
desime,—  qttaP io  pnjo y  quale  veramente  io  apparisco,  diverso  da 
quello  ,     he  V  amor  proprio  mi  fa  ingannevolmente  credere  eh'  io  paja. 

97  98  99  Tinto ^  intendo  qui  detto  per  oscuro  (come  Inp.  ni  29) 
e  conseguentemente  tinto  piti  che  perso  vale  quanto  di  colore  oscuro 
pia  del  perso y  il  quale,  spiega  esso  Dante  nel  Convito,  è  un  colore 
misto  di  purpureo ,  e  di  nero  {h)  :  e  dee  ,  secondo  me ,  tale  oscurità  di 
colore  intendersi  'cagionata  dal  fuoco  medesimo,  per  azione  del  quale 
siegue  a  dire  eh*  era  la  pietra  di  quel  secondo  gradino  arsiccia  (  che 
vale  riarsa  dal  fuoco  )  (e)  e  crepata  per  lo  lungo  e  per  traverso ,  — 
petrina  non  è  (diminutivo  di  pietra  ,  o  petm ,  ma  è  affatto  sinonimo , 
come  lo  sono  calca  e  calcina.  Verline  i  varj  esempi,  che  di  tal  voce 
reca  il  Vocabol.  della  Cr.  Dee  onesto  secondo  gradino  dinotare  il  du- 
ro cuore  del  peccatore ,  e  gli  eUelli ,  che  opera  in  esso  la  contrizione 
(  altro  necessario  requisito  per  ottenere  assoluzione }  avuto  riguardo  e 
air  origine  del  vocabolo ,  cn  è  dal  Latino  conterò  ,  is ,  che  propria- 
mente significa  spezzare ,  ed  al  simbolo  della  carità  produttrice  della 
contrizione ,  eh'  è  il  fuoco  . 

100  101  101  S'ammassiccia^  si  aduna,  s'accresce.  *  Anzi  signi- 
fica è  soprapposto.  Biagioli.  N. E.  —  spiccia  ,  sgorga.  Accenna  in  que- 
sto  terzo  grado  l'  ultimo  requisito  per  la  buona  confessione,  eh'  e  la 
satisfazione  ;  e  il  rosso  di  vivo  sangue  dee  simboleggiare  per  tutte  le 

(a)  Mutth,  iQ  19.    (^;  Tiatt.  4  cap.  lo.      (e)   Ve^U  il  Vo«ab.  a«lU  Or. 


e  A  N  T  O    IX.  i«7 

]o3     Sopra  questo  teneva  ambo  le  piante 

V  angel  di  Dio  j  sedendo  in  su  la  soglia 
Che  mi  sembiava  pietra  di  diamante . 

1 06     Per  li  tre  gradi  su  di  buona  voglia 

Mi  trasse  1  duca  mio  ,  dicendo  :  chiedi 
Umilemente  che  1  serrarne  scioglia . 

I OQ     l)ivoto  mi  gittai  a'  santi  piedi  ; 

Misericordia  chiesi  che  m'  aprisse  , 
Ma  pria  nel  petto  tre  fiate  mi  diedi  • 

1 1  a     Sette  P  nella  fronte  mi  descrisse 

Col  punton  della  spada  ,  e  :  fa  che  lavi  j 
Quando  se'  dentro  ,  queste  piaghe  ,  disse  . 

soddisfazioni  una  delle  più  ardue,  eh' è  quella  di  flagellarsi  a  sangue. 

io4  Su  la  sogiia,  sul  limitare  della  porta. 

io5  Sembiava,  Sembiare  per  sembrare  anche  il  Petrarca  (a) — pie" 
tra  di  diamante.   Dovrebbe   cotale    durissima  pietra  indicare  il  sodo' 
incorruttibile  fondamento  della  Chiesa  autorizzata  ad  assolver  le  col- 
pe .   Il  laudino ,  Vellutello ,  e  Daniello  v*  intendono  la  costanza  del 
confessore  ed  imperturbabilità  a  qualùnque  peccato  che  ascolti. 

106  107  Di  buona  vof^Ua  mi  trasse:  trasse  me  >  che  non  forzata- 
mente ,  ma  di  buona  voglia  seguivalo . 

108  Che*l  serrante  scioglia y  ch'apra  la  serratura. 

no  Misericordia  chiesi  ec.  Non  può  l'uomo  per  operazione  ,  che 
faccia ,  meritare  la  remissione  della  colpa ,  la  quale  meritando  po- 
trebbe domandare  giustizia  :  ma  perchè  non  la  merita  domanda  miseri- 
cordia. Landino. 

1 1 1  Ma  pria  nel  petto  ec,  :  perchè  prima  bisogna  rendersi  in  col- 
pa ,  ed  accusarsi  peccatore ,  e  poi  domandar  misericordia.  Vellu- 
tello "^  Ma  pria  tre  volte  nel  petto  mi  diedi ,  ha  il  cod.  Antald.  to- 
gliendo quell'iato  bisillabo,  eh' è  contro  la  maniera  dei  buoni ,  e  di 
Dante  medesimo  ,  che  già  disse  :  Per  pili  Jiate  gli  occhi  ci  sospinse 
ec.   N.  B. 

iiQ  Sette  P  nella  fronte  ec.  :  per  indicare  con  quésta  lettera  ini- 
ziale della  parola  peccato  i  sette  peccati  capitali ,  de'  quali  lo  assolve- 
va quanto  al  reato  di  pena  eterna ,  ma  rilasciandovi  qualche  mac- 
chia in  ogni  P  da  lavarsi  nel  Purgatorio  ,  soddisfacendo  alla  pena  tem- 
porale ,  di  cui  restava  debitore.  V«nturi  .  Questi  P  si  anderanno  ad 
uno  ad  uno  scancellando  a  capo  di  ciascuno  de'  sette  gironi ,  ne'quali 
distribuisce  Dame  il  Purgatorio . 

Il 3  Puntone  vale  qui  lo  stesso  che  punta ^  chiosa  il  Yocab.  del- 
la Crusca. 

ii4  Piaghe  appella  i  sette  P,  perocché  fatti  colla  punta  della 
spada  • 

m  ■  Il  ■  I  <— W^^^M^^M^^— .— ^— —— M  I 

(a)  Cidi.  2%  3* 


,a8  PURGATORIO 

ii5     Genere  »  o  terra  che  secca  si  cavi  9 

D' un  color  fora  con  suo  Testimento  ; 
£  ,  di  sotto  da  quel ,  trasse  due  chiavi , 

118    li'  un'  èra  d' oro  ,  e  V  altra  era  d'argento  . 

Pria  con  la  bianca ,  e  poscia  con  la  gialla 
Fece  alla  porta  s\ ,  eh'  io  fui  contento . 

lai     Quandunque  1'  una  d'este  chiavi  falla  , 
Che  non  si  volga  dritta  per  la  toppa  , 
Diss'  egli  a  noi  9  non  s'apre  questa  calla  , 

1 24  P^ù  cara  è  V  una  ,  ma  l' altra  vuol  troppa 
D'  arte  e  d' ingegno  avanti  che  disserri  j 
Perch'  eir  è  quella  che  1  nodo  disgroppa  • 

.   1 15  116  117  Terra  secca  dice  ,  perocché  la  terra  umida  è  di  colore 
troppo  da  cruello  della  cenere  dissomigliante  «•  Per  cotal  colore  dell'  ap- 

S elìco  vestimento  il  Landino  e  '1  Daniello  chiosano  dinotata  1'  autorità 
i  assolvere  data  all'  uomo;  il  di  cui  corpo ,  eh'  è  come  veste  dell'  ani- 
ma ,  noo  è  in  realtà  che  cenere  e  terra  secca  ,  o  sia  polvere  •  Il  Vel* 
Itttello  s(iiega  significarsi  dovere  il  portamento  del  sacerdote  esser  lon« 
tano  da  ogni  fasto  ed  alterigia  •  Io  direi  ambedue  insieme  cotai  riguardi 
insinuarsi ,  ed  essere  cioè  r  umano  corpo-  terra  e  polvere ,  e  dovere 
perciò  l'uom  sacerdote  ricordarsi  della  minaccia  dell'  Ecclesiastico:  Quid 
superbii  terra  et  cini^  (a)  ? 

1 1 8  Z*  un*  era  (V  oro ,  e  V  altra  ec,  CUwes  (  dice  la  glossa  ,  d'  ac- 
cordo con  tutti  i  sacri  interpreti ,  parlando  delle  chiavi  consegnate  dm 
Gesii  Cristo  a  S.  iHetro  )  suni  tUscemendi  scientia  ,  et  potentia  ,  qua  di" 
gnos  recipere  ,  indignos  excludere  debet  a  regno  caelorum  (b)  .  Sul  fon- 
dameuto  di  cotali  due  significazioni  i  pittori  ,  per  la  maggior  par- 
te (e) ,  haano  dipinte  in  mano  a  S.  Pietro  due  chiavi ,  una  d'  oro  e 
r  altra  d'  argento  :  e  Dante  si  fa  qui  seguace  degli   uni  e  degli  altri  • 

119  120  Pria  con  la  bianca ^  con  quella  d'argento,  cioè  con  U 
scienza  ;  perocché  innanzi  che  il  confessore  assolva ,  bisogna  che  di- 
scema la  gravezza  delle  colpe  ,  e  facciala  al  bisogno  conoscere  al 
penitente ,  e  sappia  anche  rilevare  se  sia  nel  penitente  medesimo  v6- 
rp  propoi^itQ  di  emenda — poscia  con  la  malia ^  con  la  chiave  d'oro, 
cioè  coir  autqrìtà  sacerdotale  •  —  Fece  aUa  porta  sì  ec,  aperse  la  ser- 
ratura f 

12!  Ili  ia3  Quandunque y  ogni  volta  che,  come  il  Latino  qunn- 
documque^ — toppa  ^  serratura  --r»  calla  ^  porla,  Vocabol.  della  Cr.  E 
vuol  dire,  che  acciò  la  confessione  sia  fruttuosa  ricercasi  nel  sacer- 
dote e  scienza ,  ed  autorità  • 

\i\  125   126  Pili  cara  è  F  una,  quella  d'oro;  e  letteralmente  per 

(a)  Cip.  !•  V.  9.  (h)  In  cap.  16  Hatth.  (e)  NiecoU  Alemanni  nella 
sua  dissertarione  de  parietinit  LqCeranensiLits  produce  delle  anticlie  im  magi- 
ai  di  S.  Pietro  con  nna  ,  e  con  tre  chiavi . 


e  A  N  T  O    I  X.  129 

i«7     Da  Pier  le  tengo;  e  disscmi ,  eli'  io  erri 
Anzi  ad  aprir  eh'  a  tenerla  serrata  , 
Pur  che  la  gente  a'  piedi  mi  s'  atterri . 

i3o     Poi  pinse  V  uscio  alla  parte  sacrata  , 

Dicendo  :  entrate  ;  ma  >facciovi  accorti , 
Che  di  fuor  torna  chi  ndietro  si  guata  . 

i33     £  quando  fur  ne'  cardini  distorti 

Gli  spigoli  di  quella  regge  sacra , 

esser  l'oro  più  prezioso  dell'argento;  ed  allegoricamente,  perocché 
fruito  della  passione  e  morte  del  Uedeutorc  —  ma  P  altra  ^  ìsi  scienza 
nel  sacerdote — troppa  di  arte  per  eli  arte  troppa — che  '/  nodo  disgtop^ 
pOf  che  la  inviluppata  conscienza  del  penitente  schiarisce  e  riordinar, 
e  prescrive  gli  opportuni  mezzi  per  iscliivare  il  peccato  ncH'  avveni- 
re .  Qui  con/iteri  %fuU  peccata  (  parole  di  S.  Agostino  recate  qui  dal 
Daniello  )  ut  inveniat  graiiam ,  qucerat  sacerdotem  scientem  libare  et 
saliere  ;  ne  cum  negiigens  circa  se  exstiterit  ,  neglìgatur  ab  ilio ,  qtd 
eum  nUsericorditer  monet ,  et  petit  ;  ne  ambo  in  fovenm  cadant ,  qttam 
stulius  evitare  holuit, 

1^7  i'i8  iiij  Da  Pier  le  tengo,  perocché  consegnate  da  Gesù  Cri- 
sto a  i>.  Pietro  ,  Tibi  dabo  clwes  regni  ccelorum  ec,  {a) .  —  Ch'io  erri 
umiy  piuttosto,  ad  aprir  che  ec.  Come  Iddio  adopra  con  noi  più  la 
misericordia  che  la  giustizia ,  cosi  vuole  Danle  saviamente  ,  che  do- 
vendo il  sacerdote  errare ,  erri  piuttosto  in  essere  troppo  misericor- 
dioso ,  che  in  troppo  severità ,  —  cA*  a  tenerla  serrata  ,  accorda  con 
calla  sei  versi  sopra .  —  Pur  che  la  gente  tC  piedi  ec.  dee  valer  questo  : 
Pur  che  diano  i  peccatori  veri  segni  di  ravvedimento  e  di  unùliaiione , 
abbondi  pure  in  misericordia  il  sacerdote . 

i3o  Pinse,  spinse  —  l'uscio,  per  le  imposte  che  serrano  l'uscio  % 
Volpi  .  -  y^lla  parte  sacrata  legge  la  ^idob. ,  e  vale  quanto  ali*  inden- 
tro, verso  il  sacro  luogo:  alla  porta  sacrata  leggono  in  vece  l'altre 
edizioni .  *  ^lla  porta  serrata  ha  il  Cod.  \  at.  Io  però  tengo  colia  co- 
mune, corroborata  dal  Cod.  Caet.:  sembrandomi  che  Dante  intenda 
che  r  angelo  spinse  le  imposte  della  porta  ,  come  si  la  per  aj)rire , 
dicendo  in  questo  mentre  ,  entrate .    Il    quale   significato   oltrecchè   è  V 

assai  più  naturale,  toglie  quel  brutto  vedere  prima  aperta  la  porta^ 
che  descritto  il  terribil  tuono  con  cui  s' aprì .  Mota  di  Salvatore  Bet- 
ti.  M.E. 

i3i  Facciovi  accorti,  vi  avverto, 

i3!2  Guata  da  guatare-,  che   per  guardare  fu  molto  dagli  antichi 
adoprato  anche  iu  prosa.    Vedi  j   Vocab.  della  Cr. 

i53  Cardini,  gangheri,  arpioni  —  distorti,  rivolti ,  aggirati . 
i54  Spigoli.  Il   Vocab.  della   Cr.  dopo  definito  spigolo:  canto  vi- 
vo de*  corpi  solidi:  Lat.  angidus ,  passa  a  chiosare,  che  in  questo  passo 
di   Dante  pongasi  spigolo  per  F  imposta  ,  presa  la  pai  te  per  lo  tutto* 
spigolo  (chiosa  il  Volpi  ancora)    per  l'imposta  che  serra  C  uscio ,  pre- 


{a)  Matih,  i5  v,  19. 
T.3. 


i3o  PURGATORIO 

Che  di  metallo  son  sonanti  e  forti , 
i36     Non  raggio  si  ,  né  si  mostrò  sì  aera 

Tarpeja,  come  tolto  le  fu  1  buono 
Metello,  d'onde  poi  rimase   macra . 
'^9     Ip  mi  rivolsi  attento  al  primo  tuono  ^ 
E,  Te  Deum  laudamus^  mi  pareà 
Udire  in  voce  mista  al  dolce  suono  . 

sa  la  parte  per  lo  tutto .  il  Venturi ,  pfcincsso  cfie  spigoli  proprÌAmen- 
le  sìeno  i  canti  acuti  de'  corpi  solidi  ,  aggiunge  clic  s*  adoperino  qui 
per  bandelle ,  p  cosa  equivalente .  1/  osservazione  però  che  fa  in  que- 
sto luogo  il  Landino  può  facilmente  nel  proposito  nostro  mostrar  si- 
Bonimi  le  voci  di  spigolo  e  di  banditile.  Le  gran  porte ,  dice,  non  si 
collegano  tC  gangheri  con  le  bandelle  :  ma  in  cambio  di  bandelle  hanno 
certi  pontoni ,  ed  in  luogo  di  gangheri  hanno  un  concavo ,  in  c/te  en- 
trano questi  pontoni  ;  ed  in  su  quelli  si  bilica  la  porta ,  in  forma  che 
s'apre  e  serra  •  Essendo  cotai  pontoni  le  prominenze  di  grosse  qua- 
drate verghe  di  metallo  ,  che  orlano  e  terminano  le  imposte  dalla 
parte  de'  gangheri ,  fanno  le  medesime  in  realtà  le  veci  e  di  spigoli 
e  di  bandelle,  —  f*<^^^t  porta;  vedine  di  ciò  esempj  moltissimi  recati 
dal  ^  ocab.  della  Cr. ,  e  malamente  va  il  A'enturi  mcudicando  qui  reg- 
ge per  regia, 

i36  137  i38    Non  ruggio  s\  ec.    Accenna    qualche    irruginiracnto 
de'  gangheri  per  cagione  del   vangelico  pauci  electi  {a) ,  cioè  dèi  raro 

f lassar  d'  anime,  che  nel  principio  del  seguente  canto  dirà,  per  quel- 
a  porta  di  salvazione.  Come  poi  Lucano  nel  libro  terzo  della  Far- 
sagfia  ,  narrando  il  yiolenlo  aprimento  e  spoglio ,  che  fece  Giulio  Ce- 
sare dell'  erario  Romano  ,  rimovendone  incli  il  buon  Metello  ,  che  gli 
si  voleva  opporre  ,  descrive  lo  stridere,  che  nell'atto  d'aprirsi  fecero 
le  metalliche  pesantissime  imposte  di  quella  porta ,  ed  il  rimbombare 
di  tutta  la  Tarpeja  rupe ,  su  della  quale  era  1'  erario , 
,  tunc  riipes  Tarpeja  sonat  ,  magnoque  reclusas 

Testatur  stridore  ffres  (b)  ; 
cos^ìf  Dante  ,  per  ingrandire  lo  strepito  ,  che  dice  fatto  dalla  porta  del 
Purgatorio  in  aprendosi  ,  aggiunge  che  Non  ruggio  sì ,  ne  si  mostrò  sì 
aera  (  non  rimbombò  cioè  tanto  nò  cos\  aspro  suono  fece  sentire  ) 
Tarpeja y  come  (quando)  tolto  lefu^l  buon  Jlfctallo  (  l'antecedente 
fatta  rimozione  di  Metello  per  la  conseguente  depredazione  dell'  era- 
rio fatta  da  Cesare  )  d*  onde  poi  (  cqgioue  poi  per  cui  )  Tarpeja  rima- 
se macra f  spolpata  delle  ricchezze  del  suo  erario.  Marra  per  ma- 
gra ,  antitesi  presa  dal  Latino  in  grazia  della  rinyi .  '*'  Perchè  poi  ri- 
mase ^  in  vece  di  d*  onde  poi  legge  stravagantemente  dagli  altri  il  Cod. 
Cact.  N,E. 

ijg  Tuono  per  rumore, 

i/\o  Te  Deum  laudamus ^  l'inno  Ambrosiano  solilo  cantarsi  dalla 
Chiesa  in  rendimento  di   grazie. 

il\\   In  voce  mista  al  dolce  suono,  in  parole  unite  al  canto. 

(a)  Matth,  20  ed  altrove  .     (b)  Verso  i55  e  se^g. 


e  AN  T  O    IX.  i3i 

i4^     Tale  immagine  appunto  mi  rendea 

Ciò  eh'  i'  udiva ,  qual  prender  si  suole 
Quando  a  cantar  con  prgani  si  stea  ; 
Gh'  or  sì  or  no  s' intendon  le  parole  • 

143  i44  Tale  immagine  mi  rendea  ec. ,  taU  impressione  faceva  la 
me  y  neir  udito  mio ,  ciò  eh'  io  ascoltava  ,  quale  si  suole  prender , 
ricevere,  dall'udito  nostro  quando  ec. — stea  per  istia^  antitesi  pra- 
ticata dagli  antichi  (a). 


iXIVite 


(/l)  Vtiii  Mastrofiai  TtorU  e  PrBSptlCi  de*  vtrhi  Italiani  sotto  il  v«rbo 
stare  B.  16. 


Fine  del  canto  nono  , 


I  a 


\ 


tS2 

CANTO    X. 


ARGOMENTO     (*) 

Descriveii  la  porUidil  Purgutorio  ,  e  la  salita  dei  poeti  intino  al  pri- 
mo balzo  ;  nel  quale  sotto  gravissimi  pesi  si  purga  la  superbia  .  Di  poi 
iriderò  essi  alla  Sfia  sponda  intagliati  alcuni  esempj  di  umiltà  :  e  infena 
diverse   anime  sotto  gravissimi  pesi  venire  verso  Icro  . 

I     Jl  oi  fummo  dentro  al  soglio  della  porta  , 
Che  '1  malo   amor   dell'  anime  disusa 
Perchè  fa  parer  dritta   la  via   torta , 

4     Sonando   la  sentii  esser  richiusa  : 

E  9  s' io   avessi  gli  occhi  volti  ad  essa  , 
Qual  fora    stata   al  fallo   degna  scusa  ? 

7     Noi  salevam  per  una  pietra  fessa  , 

Che  si  moveva  d'una  e   d'  altra  parte, 
Sì  come   r  onda  che  fugge  e  s'  appressa  . 

1  Poi  Tale  qui  quanto  poiché  ,  posciacckè ,  come  e  Dante  stesso 
altrove  sovente  (a)  ,  ed  altri  ottimi  scrittori  lo  fan  valere  {b)  —  soglio 
per  soglia,  limitare,  adoprato  da  altri  maestri  di  lingua,  vedilo  nel 
Vocabolario  della  Crusca  . 

2  /^falo  ,  vizioso  —  disusa  ,  rende  poco  usata ,  poco  adoprata  ,  ra- 
de volte  aperta . 

3  Fa  parer  dritta  ec* ,  fa  parer  bene  ciò  eh'  è  male  . 

4  Sonando  la  sentii  ec,  per  uno  strider  de*  cardini ,  somigliante  a 

3 nello  che  mi  ferì  gli  orecchi  mentre  s'aperse,  mi  accorsi,  senza  guar- 
are  indietro  ,  che  s'  era  chiusa  . 

5  6  Qual  fora  ec,  perocché  avvertito  di  non  guardare  indietro  : 
vedi  i  versi  i3i    i32  del  precedenFe  canto. 

7  Sales^am.  Avendo  la  Nidobeatina  nel  iv  della  presente  cantica 
tf.  3i  scritto  salevam  ove  V  altre  edizioni  scrivono  salavam  ,  credo  che 
per  errore  scritto  abbia  qu\  salavam  •  Vedi  la  nota  al  detto  canto  i  v. 

8  9  Si  moveva  ce.  vale  quanto  si  sporgeva  or  dall'  una  or  dall'  al- 

(*)  Argomento  metrico  del  cel.  G.  Goxsl  . 
Di  santa  umiltà  storie  scolpite 
Vede  il   Poeta  \\  dov'  è  V  entrata 
Del  Purgatorio  ,  diverse  ,  ed  anite  : 
Che  specchio  sono  alla  prima  brigata  , 
Dell'  alme  ^  eh'  ivi  purgan  la  lordura 
Della  superbia  da  pesi  oppressata 
■i  Si  ,  che  ben  paga  la  mal  nata  altura  • 
(a)  Vedi  Furg.  x|v  x3o  s  xv  34  ,  Par.  il    56  ,    ni  27.    (b)  Vedi  Ciaonio 
Partic*  201  :». 


e  A  N  T  O    X.  10^ 

IO    Qui   si  conyien  usar  un  poco  d'  arte  : 
Cominciò  1  duca  mio  in  accostarsi 
Or  quinci   or  quindi  al  lato  che  si  parte . 

i3     £  ciò  fece  li  nostri  passi  scarsi 

Tanto ,   che  pria  lo  scemo  della  Luna 
Rigiunse  al  letto  suo   per  ricorcarsi  , 

16     Che   noi  fossimo  fuor  di  quella  cruna  • 
Ma  ,   quando  fummo    liberi   ed  aperti 

tra  parte  ;  a  dinotare  che  non  era  quel  calle  rettilineo ,  ma  tortuo- 
so ,  ma  a  spinapesce ,  dice  il  Landino ,  o  come  1'  edera  sale  per  gli 
alberi  e  pe  muri ,  dice  il  Aellutello.  Il  pericolo  di  urtare  per  co- 
tale viottolo  ne'  prominenti  massi  accenna  gli  ostacoli  facili  ad  in- 
contrarsi da  chi  intraprende  la  via  della  penitenza  .  Traducendo  il 
d'  Aquino  dabat  ascensum  tendentibus  ultra  scisma  tremcnsqiie  silex  , 
tenuigue  erratica  motit ,  intendendo  cioè  troppo  materialmente  il  pa- 
ragone, che  Dante  soggiunse  Sì  come  V  onda  ,  che  fugf;e  ,  e  s*  appres- 
sa^ ne  Tiene  perciò  giustamente  ripreso  dal  Venturi,  e  rimandato  a  ve- 
dere nel  ^  ocabolano  della  Crusca  il  verbo  movere  detto  anche  di 
cose  immobili.  *  Il  V.  d'Aquino  troverebbe  difesa  nella  spiegazione 
allegorica,  che  dà  il  l'ostillatore  del  Con.  Caet.  ,  il  quale  suppone, 
che  quel  masso  realmente  si  movesse  (  ondeggiasse  gius! a  la  simili- 
tudine )  e  che  ciò  serviva  per  indicare  ne  volendo  fugere  unum  vitium , 
quod  est  unum  extremum  ,  incurrat  ad  aliud  y  come  appunto  avviene  , 
che  mentre  un'  onda  incalza  ,  altra  sommerge ,  e  perciò  qui  vult  ire  ad 
viriutes  debet  habere  magnam   solertiam  .  Ì^.E. 

II  la  Or  quinci  y  or  quindi  al  lato  et*.  Descrive  il  modo  di  cam- 
minare che  conveniva  tenessero  di  quel  serpeggiante  viottolo  ;  cioè 
che  di  mano  in  mano  che  il  viottolo  dava  volta  ,  conveniva  abban- 
donare il  lato  y  la  sponda  ,  che  veniva  loro  incontro,  e  volgersi  all'  al- 
tro lato  ,  che  da  foro  scostavasi .  *  j^l  luogo  che  si  parte  ,  il  Cod. 
Antald.  N.E. 

i3  E  questo  Jece  i  nostri  passi  ec.  la  Nidobeatina  ,  £  ciò  fece  li 
nostri  ec,  1  altre  edizioni  *y  da  noi  seguite  per  maggior  dignità  di 
verso,  togliendo  quel  brutto  ed  equivoco  questo.  Il  Cod.  \at.  e  il 
Caet.  portano  £  ciò  foce  r  li  ec.  bella  lezione.  N.E.  La  cautela  di  non 
urtare  facevali  andare  adagio  . 

i4  i5  Lo  scemo  della  Luna  oltre  la  Nidobeatina  e  molti  mss.  ve- 
duti dagli  Accademici  della  Crusca  leggono  anche  il  Buti  e  il  Vellu- 
tello  ;  e  spiegano,  che  vaglia  scemo  quanto  lato  scemo  y  mancante:  e 
fanno  osservare,  ch'essendo  già  scorsi  parecchi  dì  dal  plenilunio  av- 
visato Inf.  XX  127  doveva  la  Luna  esser  di  fatto  scema,  e  che  il  lato 
scemo  è  quello  appunto  che  la  Luna  calante  nel  cadere  nasconde  il 
primo  sotto  l' orizzonte.  Lo  stremo  della  Luna  leggono  meno  felice- 
mente altr'  edizioni  .  (*  e  ij  Cod.  Vat.  N.E.  )  O  lo  scemo  però  legga- 
si ,  o  lo  stremo  ;  sempre  dèe  intendersi  presa  per  sineddoche  la  par- 
te della  Luna  per  tutta  essa  . 

16  Cruna  appella  la  fenditura  eh'  apriva  in  quella  pietra  la  via, 
perocché  Fuifga'e  stretta  ,  a  somiglianza  della  crunRa  dell'ago  •  *  Ci  r,a 
ha  il  Cod.  Antald.  N.£. 


i34  PURGATORIO 

Là  dove  1  monte  indietro  si  rauna  9 

ig    Io  stancato  ,  ed  ambedue  incerti 

Di  nostra   Tia  ,  ristemmo  su  'n  un  piano 
Solingo  più   che  strade   per  diserti  . 

22     Dalla   sua   sponda  ,    ove    confina   il  vano , 
A' pie' dell' alta  ripa  che  pur  sale, 
Misurrebbe  in   tre  volte  un  corpo  umano  ; 

a5     £  quanto  Y  occhio  mio  potea   trar  d'  ale  , 
Or   dal  sinistro    ed  or  dal   destro  fianco  , 
Questa   cornice  mi    parca  cotale  . 

28     Lassù   non   eran  mossi  i  pie'  nostri  anco  9 
Quand'  io  conobbi  quella  ripa    intorno  y 
Che   dritto   di  salita    aveva  manco  , 

18  Là  dove  la  Nidobeatina ,  su  dove  V  allr' edizioni  *  e  il  Coil. 
Vat.  N.E.  —  indietro  si  rauna  ,  ristrijfnesi  ,  ritirasi  indietro  ,  lasciando 
un   piano    all'  intorno  ,  eh'  è  il  primo  girone   del  Purgatorio  . 

1 Q  lo  stancato  ,  »olo  Dante ,  perocché  solo  esso  avea  seco  di  quel 
ìT  Sciamo  {a)  . 

ai  Snlingo  ec.  Accenna  di   nuovo  il  panri  electi  del  Vangelo  . 

*ii  a5  *x\  Dalla  sua  sponda  ec.  Ad  esprimere  quanto  sì  vuole  qui 
esprimere  che  la  misura  di  quel  piano ,  presa  dalla  sponda  confinante 
col  vano  fino  alT  opposta  sponda  confinante  con  la  sovrastante  ripa,  era 
la  lunghezza  di  tre  uomini,  torna  meglio  « /;/6',  in  scuso  iV  al  li  piedi  ^ 
come  alcune  edizioni  leggono  (b)  ,  che  appiè  ,  come  leg;;on  altre  — 
che  pur  sale  ,  che  continua  a  salire  —  niisurrebhe  sincope  di  misu" 
rerebbe  . 

a5  Trar  d*  ale  ,  vai  quanto  volare  ,  ma  qui  e  trasferito  a  signi- 
ficare il  trascorrere  dell' occhio. 

a7  Questa  cornice  ,  questa  strada  ,  che  a  guisa  di  coniice  termi- 
nava la  sottoposta  ripa  —  mi  parca  cotale ,  mi  pareva  in  tutta  la  sua 
lunghezza  larga  ugualmente  alla  detta  misura  ai  tre  uomini  . 

28  Lassù  non  eran  mossi  ec,  non  avevamo  ancora  incominciato  a 
girare  per  quella  strada  . 

QQ  3o  Quella  ripa  intomo ,  che  ec.  Potendosi  per  ripa  intendere 
tutta  la  falda  del  monte  al  di  sopra  di  quella  strada  ,  però  a  speci- 
ficarne la  sola  marmorea  perpendicolarmente  eretta  sponda  ,  che  nella 
parte  al  vano  opposta  ornava  la  strada  »  quella  ripa  ,  la  dice ,  che 
dritto  di  salita  avea  manco:  colla  quale  frase  o  estende  la  voce  dritto 
9  significar  quanto  ragione  tal  volta  significa  ,  cioè  qualità  (£) ,  e  vuol 
dire  ,.  che  per  cagione  dell'ertezza  aveva  essa  manco  (meno)  qualità 
di  salita  (  ai  luogo  per  lo  qual  si  sale),  '(•)   di    quello  avessene  il  ri- 

W— -I  ■  ..-Il 

(a)  Cant  preced.  v.  io.  (b)  Vedi  tra  le  altre  V  edit.  Venete  i568  e  157$ 
(e)  Vedi  il  Vocabolaiiu  della  Cxufca  sotto  ragione  }.  4.  {Jl  /rsnér-g 


e  A  N  T  O    X.  i35 

3i     Esser  di  marmo  candido  ,  ed  adomo 

D' intagli  sì  y  che   non  pur  Policleto  y 
Ma  la    natura    lì  avrebbe  scorno  . 

54     L'  angel  che  Tenne  in  terra  col  decreto 
Della  molt'  anni   lacrimata  pace  , 
Ch'  aperse  1  ciel  dal  suo  lungo  divieto  , 

37     Dinanzi  a  noi  pareva  sì  verace, 

Quivi  intagliato    in    un   atto  soave  , 
Che  non  sembiava  immagine   che  tace  . 

manente  della  falda:  ovvero,  inteso  dritto  per  ragione,  perlai,  ado- 
pera ellissi  ,  e  óìceFnanco  dritto  di  salita  in  vece  di  aire  manco  dritto 
d*  essere  appellata  salita  .  *  Io  spiego  ,  che  aveva  ogni  dritto  di  salita 
manco  ,  cioè  mancato  :  e  però  le  mancava  o^ni  dritto  (  ogni  possibilità  ) 
di  sa/ita  ;  inteso  di  quel  dritto  che  poteva  avere  dall' esser  pendente. 
Fero  d'  uno  che  non  ha  alcun  roezzo  di  vivere  ,  pamii  potersi  dire  : 
ha  manco  o^i  mezzo  di  vivere  ,  Biagioli  .  ^.E. 

òi  *  D' intaglio  A  ,  il  Cod-Antald.  N.E.—  Policleto  la  ^idobeatina 
ed  altre  antiche'  edizioni  (  *  e  il  Cod.  Antald.  N.E.  )  al  modo  che  pro- 
nunziano esso  nome  i  C»reci  e  i  Latini  :  Policreto  V  edizioni  degli  Ac- 
cademici <!ella  Crusca  e  V  edizioni  seguaci  *  e  il  ('od.  "\at.  ^.E.  lu 
costui  celehratissimo  scultore  di  licione  città  del   l'eloponneso . 

Avverta  il  leggitore  che  queste  sculture  rappresentanti  persone  umi- 
li vengono  dal  Poeta  collocate  ritte  in  piedi  ;  e  T.  Itre  che  in  appresso  (<^ 
descriverà  ,  rappresentanti  persone  superbe ,  dlsporralle  stese  per  terra 
e  calpestate.  Dee  Dante  perciò  aver  avuto  rigu-^rdo  all'evangelico  in- 
segnamento :  qui  se  exaltat  humiliabitur ,  et  qui  se  humiliat  exalta- 
bitur  (a)  . 

55  3fa  la  natura  fi  ,  ivi  ,  in  confronto  di  quelle  divine  scultu- 
re—  avrebbe  scorno  ,  si  conoscerebbe  vinta.  G//  invece  di  lì  leggono 
r  edizioni    diverse  dalla  Nidobeatina  . 

3.\  55  56  L' angel  ec.  Esprime  l*  incarnazione  del  divin  Verbo  > 
annunziata  a  Maria  A'erjifine  dall'arcangelo  Gabriello,  per  gli  effetti 
che  V  incarnazione  medesima  ne  ha  prodotti ,  cioè  la  da  molti  secoli 
sospirata  pace,  riconciliazione  con  Dio  ,  la  quale  riconciliazione /i|?er- 
se  ^  sciolse,  liberò  il  cielo  dal  suo  lungo  divieto,  che  da  Dio  eragli 
stato  fatto  di  non  ricevere  anima  alcuna  .  Ovvero ,  prendendo  la  par- 
ticella d/il  nel  senso  che  può  competerle  di  dopo  [i^  ,  spiegheremo  , 
la  qtial  riconciliazione  aperse  il  cielo  dopo  il  suo  lungo  star  chiuso  ,  i'/«r- 
tando  air  anime  C  ingresso  ,  *  Aperse  y  senza  il  c/rer,  legge  il  Cod* 
Vat.  N.E. 

57  58  59  Dinanzi  a  noi  ec.  Costruzione.  Quivi  dinanzi  a  noi  in- 
tagliato  in  un  atto  soa^'C  ,  pareva  si  verace ,  che  ec.  *  Dinanzi  a  me , 
il  Cod.  Antald.  N.E.  —  Immagine  ,  che  tace  ,  immagine ,  statua  priva  di 
loquela . 

(A  Vedi  il    medetimo   alla  voce   salita  .        p)  Vedi   il  canto  ^il» 
(f)  Lac.  18  f»  14.     (^  V«di  Ciaonio  Partic,  70  7. 


i56  PURGATORIO 

4o     Giurato  si  saria  eh'  e'  dicesse  jéve  ; 

Però  ch^  ivi  era   immaginata   quella  , 
Gh'  ad  aprir  l' alto  amor  volse  la  chiave  .  . 

43  Ed  avea  in  alto  impressa  està  favella, 
Ecce  anelila  Dei  ,  si  propriamente 
Gome  figura  in  cera  si   suggella. 

46     Non   tener  pure   ad  un  luogo   la  mente  : 
Disse  '1  dolce  maestro  ,  che  m'  avea 
Da  quella  parte  onde  '1  cuore  ha  la  gente  • 

49    Perch'  10  mi   mossi  col  viso  ,   e   vedea 
*        Diretro  da  Maria  ,  per  quella  costa 
Onde  m' era   colui   che  mi   movea , 

5 a     Un'  altra  istoria  nella  roccia  imposta . 


4o  Ch^  el  la  Vidobeatina  ,  c/i*  ei  ,  oltp'  edizioni  —  ylve  ,  la  prima 
parola  che  disse  V  arcangelo  suddetto  a  Maria  Vergine  nell'  atto  di 
annunziarle  V  incarnazione  in  lei  del  divin  Verbo .  *  E  parca  Gabriel^ 
che  dicesse  Ave ,  Ariosto.  N.F. 

f\^  \ni  Però  ch'ivi  la  Nidobeatina  ,  perchè  ^wiVi  T altr' ediz.  —  im^ 
matrinatft,  effigiata  —  quella^  eh' ad  aprir ec.  Mari»  Vergine  la  quale, 
colla  sua  santità  meritandosi  d*  essere  madre  del  Verbo  incarnato , 
cooperò    a  farci   riamare  da   Dio  . 

4^  ^^  4^  ^d  avea  in  atto  ec.  Ed  era  in  tale  umile  atteggiamento  > 
che,  come  figura  in  cera  per  suggHIo  apparisce,  cos\  chiaramente 
apparivano  dirsi  da  lei  quelle  parole  Ecce  ancilla  Dei,  Ancilìa  Do^ 
mini  hassi  nel  Vangelo  {a)  ,  ma  Dei  ,  sinonimo  di  Domini ,  serve  al 
numero  del  verso.  *  Propriamente  ^  senza  il  5>,  ha  il  Cod.  Vat.  N.E. 

46  Pure ,  solamente  . 

47  48  ^he  nC  avea  da  quella  parte ,  onde  ,  dalla  qnale,  il  cuore  ha 
1(1  gente:  cioè  mi  aveva  a  sinistra,  dalla  parte  del  cuore,  secondo 
la  volgare,  ma  falsa  opinione;  stando  per  verità  il  cuore  in  mezzo 
al  torace ,  colla  sola  punta  rivolta  a  sinistra  .  Ventubi  .  Suo  mucrone 
(del  cuore  pnrlando  dice  il  Vesalio  )  in  sinistrum  latus  impense art' 
ttorsum  vergens  :  ed  a  queste  parole  del  Vesalio  v'  aggiunge  il  chio- 
satore anatomico,  di  Leiden  Pietro  Paw  inter  sinistras  corpons  paries 
ab  aftntomiris  reponitur  (b) . 

4p  al  5a  3fi  mossi  col  viso  :  cos\  in  vece  di  dire  mossi  1*  occhio, 
mossi  lo  sguardo.  *  Afi  volsi  col  viso,  il  Cod.  Antald. .  Da  quella  co^ 
sta,  il  Cod.  Yat.  e  Antald  N.E.  —  vedea  per  quella  costa  ,  in  auel 
lato ,  o  da  quel  lato  (  della  particella  per  in  vece  d' in  o  ila  vedi  il 
Cinonio  )  (e)  ;  onde  rrHera  ,  aal  quale  mi  stava  ,  colui  che  mimovea^ 
che  mi  conduceva  ,  Virgilio ,  diretro  a  Maria ,  dopo  ,  in  seguito  alla 


(a}.t'ac  X.    (^)  Venlii  £'/>i^om.  anafom.  Amstelodami  ^637.    (e)  Parile. 
19^  14  *  i5.  > 


e  A  N  T  O     X  .  iSj 

Perdi'  io    varcai   Virgilio  ,    e  feinmi  presso 
Acciocché   fosse    agli   occhi  miei   disposta  . 

55     Era  intagliato  1\  nel  marmo  stesso 

Lo  carro    e  i   buoi    traendo  Tarca  santa; 
Perchè  si  teme  uficio  non  commesso  • 

58     Dinanzi  parca   gente  ;   e  ,  tutta  quanta 

Partita   in  sette  cori,  a   duo   miei  sensi 
Faceva  dir  :    Y  un  no ,   V  altro  sì  ,  canta  • 

6ì     Similemente  al  fummo  degF  incensi  , 

Che  v'  era  immaginato  ,  e  gli  occhi  e  '1  naso 
Ed  al  sì  ed  al    no  discordi  fensi . 

scaltura   detta  ,  un*  altra  storia  imposta ,  collocata  ,  incìsa  ,  nelìa  roccia . 
nella  ripa . 

53  Forcai  Plrffiiio ,  dalla  sinistra  ,  ov'  io  era  ,  gli  passai  alla  destra . 

54  Pisposta  ,  pjìtente  . 

56  57  Lo  carro i  ^ /  ^wni <?c.  Il  trasporto  che  fece  Davidde  dell'arca 
del  testamento  da  Cariatiai  im  in  Gerusalemme ,  perchè  ,  pel  quale  fat- 
to, 51  teme  lificio  non  commesso  i  pel  gastigo  cioè  di  morte  dato  da 
Dio  al  levita  Oza  ,  che  osò  toccare  e  sostenere  la  vacillante  arca ,  con? 
tro  r  espressa  proibizione  che  avevano  i  leviti  di  non  la  toccare  sotto 
pena  di  morte .  *  Per  cui  si  teme  ec.  ha  chiarsmenle  il  buon  Cod. 
Anuld.  V.E. 

59  60  Partita  in  sette  cori:  Erant  cum  David  septem  chori .  Così 
nel  a  de' Pe  cap.  6  —  a  duo  miei  sensi  la  ^idobeatina,  e  se  non  ma- 
lamente 1*  altr*  edizioni  congiungono  al  segnacaso  a  anche  1'  articolo 
i  e  leggono  ai  duo  miei  sensi  .  "imperocché  allora  soltanto  questo  arti- 
colo VI  starebbe  bene  qunndo  il  loeta  non  avesse  avuti  che  due  sen- 
si ;  ma  conciosir rh^  pvcfsene  cinque  ,  ed  a  due  soli  innominati,  (  all'oc- 


il  Cod.  Vat.  N.E  )  F  un  nò  ^  F  altro  si  canta  ;  ellittico  parlare  ,  che 
per  l'intiera  sintassi  esser  dovrebbe  ,  j4  duo  miei  sensi  faceva  dir  ciò 
che  dicevano ,  P  uno  nò  ,  non  canta  ,  F altro  sì  canta.  Nò  ,  diceva  1'  orec- 
chio ,  che  non  udiva  canto  ;  e  si  diceva  1'  occhio  ,  che  gli  atteggiamenti 
di  canto  osservava  . 

61  6a  De gF incensi , abbruciati  innanzi  1* arca-^{i7imagt/r/ito,  effigiato. 

63  Discordi  fensi  discordanti  si  fenno  {a)  :  riportando  alla  mente 
gli  occhi  il  fumo  come  realmente  fosse ,  e  non  riportando  il  naso  y^ 
ran  senso  di  odore^,  come  riportato  avrebbclo  se  il  fumo  fosse  sta- 
lo vero  . 

(ai)  Dì  fenno  per  fecero  vedi  Mastro&ni  Tcoiia  t  Prospètto  dt*  ¥trhi  lim-^ 
lianì  sott«  il  TOK^.  fare  o.  S. 


i38  PURGATORIO 

64    Li  precedeva   al  benedetto   Taso, 

Trescando   alzato ,  l' umile  salmista  ; 
E  più  e  men  che  re  era  'n   quel  caso. 

67     Di  contra  ,  effigiata   ad    una  vista 

D' un  gran   palazzo  ,  Micol  ammirava 
Sì  come  donna  dispettosa  e  trista. 

70     Io  mossi  i  pie'  del  luogo  dov'  io  stava  , 

Per  avvisar  da   presso   un  altra   storia  » 
Che  diretro  a    Micòl  mi  biancheggiava  • 

73     Quivi  era  storiata  V  alta  gloria 

Del  roman  prince  j   lo  cui  gran  valore 
Mosse  Gregorio   alla  sua  gran  vittoria  • 

64  Lì ,  ivi  —  benedetto  vaso  ,  T  arca  • 

65  Trescando  ballando  —  alzato  chiosano  il  Landino  ,  Vellatello  , 
ed  altri  ,  che  vaglia  quanto  alzato  i  panni  ,  per  potere  più  speditamente 
ballare  .  Non  trovando  noi  però  altro  esempio  m  cui  a  tanto  si  faccia 
stendere  il  semplice  alzare^  o  alzato^  sembra  preferibile  il  parere  del 
Daniello  che  alzato  signifìchi  alzato  da  terra  j  in  {ittual  salto  —  P  umile  , 
allusivamente  alla  risposta  che  fece  Davide  alla  sua  moglie  Micol ,  che 
per  cestai  danza  riprcndevalo  d*  avvilimento ,  et  ludam  ,  et  vilior  Jiam 
plus  quam  Jactus  sum  ,  et  ero  humilis  in  oculis  meis  {a)  —  Salmista  ap- 
pellasi  il    santo  Re  Davide  comunemente  pe*  salmi   da  lui  composti  . 

66  E  piit  y  e  men  che  re  ec.  Più  che  re ,  o  pel  sacerdotale  ve* 
stimento  ephod^  che  intende  il  Poeta  portassesi  Davide  in  quel  caso  ^ 
in  queir  alto  (  come  d'  averlo  portato  ne  assicura  il  sacro  testo  :  porro 
David  erat  accinctus  ephod  lineo  )  (/>)  ,  ovvero  per  V  eroismo  d'amore 
verso  Dio ,  e  di  umiltà  :  men  che  re  ,  per  la  stessa  umiltà  dal  volgo 
mal  intesa  . 

67  68  69  Di  contra  ,  nello  stesso  quadro  ,  dirimpetto  al  saltante 
re  —  ad  una  vista,  F'ista  adopera  qui  Dante  al  senso  che  altri  hanno 
adoprato  veduta  ,  per  luogo  cioè  onde  si  vede  lontano  (e)  :  per  ter- 
razzo  adunque,  o  ringhiera  ^  o  Jinestra — Micol  ^  figlia  di  Saule  ,  mo- 
glie di  Davide ,  del  cui  rimprovero  al  marito  per  quella  danza  è  detto 
al  V.  6^  —  ammirava  si  come  ec.  stava  a  osservai  Io  in  aria  di  donna 
sdegnante  ed  irata. 

71  Avvisare  ,  da  viso  o  vista  ,  per  adocchiare .  Vedine  molti  altri 
esempj  nel   Vocabolario  della  Crusca  . 

7?  Diretto  a  Micol ,  dopo  la  storia  detta  —  mi  biancheggiava ,  mo- 
stravami  il  suo  color  bianco;  perocché  intagliata  essa  pure  in  marmo 
candido  {d) . 

73  Quivi  era  la  Nidobeatina,  ^y/ff  era  T  altr' edizioni  .         * 

74  'P  /^n'/ice  sincope  di  principe,  di  cui  vedine   altri  esempj   nel 

{a)  Rcg.  2  6.     {h)  Nel  prccit.  luogo  .    (o)  Vedi  il  Vocabolario   della  Cra- 
àca  sotto  la  voce  vtduta  {.  i.    (d)  Vers.  3i. 


e  A  N  T  O    X  .  t5g 

76     r  dico    (li  Trajano  imperadore  : 

Ed  una  vedovella  gli  era  al  freno 

Vocabolario  della  Crusca.  *  Dei -roman  principato  il  cui  valgrCj  così 
hanno  1' edizioni  di  Vindelino  e  del  1491  ;  cosi  il  Cod.  Vat.  il  Caet* 
e  quattro  altri  codici  pr«sso  il  signor  Marchese  Anlaldi .  N.E.  •?— i'a/ore, 
virtù  ,  nel  sospendere  1'  ititrapreso  viaggio  alla  testa  del  suo  esercito 
per  rendere  giustizia  ad  una  vedovella ,  alla  quale  era  stato  ammaz- 
zalo il  figlio  —  mosse  Gregorio  ella  ec,  fé'  sì  che  letta  avendo  san  Gre- 
gorio magno  cotal  eroica  azione  ,  movessesi  a  chiedere  ed  ottenergli 
da  Dio  la  gran  vittoria  d'  essere  liberato  dall*  Inferno  .  *  Speciosamente 
ii  poslillatore  del  Cod.  Ckzr,  racconta  questo  fatto  ^  cioè-.  »  Sanctus  Gre^ 

forius  Papa  dum  legeret  historiam  Trayani  considerans  istum  actum 
umili latis  et  justitiae  rogavi t  Deum  prò  ipso  ,  et  brevi  resuscitatus  est , 
et  postea  salvatus  ,  quia  primo  non  erat .  Sed  Deus  ne  justitia  de/ice- 
rei  dixit  per  Angelum  Gregorio  ,  quid  vis- ,  vel  pati  poenitentiam  in  hoc 
mundo  ,  de  eo  quod  debebat  Trayamts ,  vel  in  alio  ?  Eespondit  :  in  hoc  ; 
et  sic  passus  est  in  corpore  suo  muitas  infirmitates  dum  vixit ,  Il  Sig. 
Portirelli  poi  racconta  la  gloria  di  Trajano  con  circostanze  molto  dif- 
ferenti dagli  altri  chiosatori ,  cioè  «  V  imperadore  da  Giustizia  e  da  Pie* 
tà  mosso  mandò  per  iscoprire  r  omicida  ,  e  trovato  ch'era  il  suo  prò- 
pria  figliuolo  y  chiese  alla  vedova  ,  se  voleva  ,  che  il  malfattore  morisse  ^ 
o  se  piuttosto  voleva  nceverlo  in  luogo  delP  ucciso  .  Ta  vedo\m  pensane 
do  ,  che  il  suo  figliuolo  non  risuscitava  ,  perché  quello  deW  Imperadore 
morisse  ,  lo  volle  per  suo  Jìgliuolo  e  C  ebbe ,  e  V  Imperatore  fatta  quC" 
sia  giustizia  si  mise  nuovamente  in  cammino  ec,  N.E. 

Avverte  qui  il  Venturi  riputarsi  questo  avvenimento  come  favo- 
loso ed  affatto  improbal)ile  dal  Baroni©  (a)  ,  e  dal  Bellarmino  (b)  :  ed 
al  canto  xx  del  Paradiso  v,  Ì17  ,  riparlando  Dante  di  questo  medesi- 
mo  avvenimento,  dicclo  favolefta  da  vecchiarelle  * 

Acciò  però  la  non  sia  creduta  affatto  di  quelle  che  cantava  Mar- 
colfa  a  Pertoldino ,  gioverà  avvertire  che,  oltre  Elinando  e  Policrato, 
citati  dal  Landino  (  non  dal  A  ellutello  ,  come  dice  il  A  enturi  )  scrivo- 
no lo  stesso  fatto  Giovanni  Diacono  (r)  ,  l'Eucologio  de*  Greci  {d)  t  e 
S.  Tommaso  d*  Aquino  [e)  :  e  che  ,  se  è  lecito  a*  poeti  di  fingere ,  molto 
pib  dee  esser  lecito  d'  ornare  i  componimenti  suoi  d*  istorie  strepi- 
tose ,   quantunque  ad  alcuni  sospette . 

Per  la  ragione  medesima  •  si'  può  credere  che  non  badasse  Dante 
ne  a  Dione  Cassio  ,  né  al  compilatore  di  lui  rifilino  ,  i  quali  ascri- 
vono cotal  eroica  azione  non  a  Traiano  ,  ina  ad  Adriano  :  imperocché  non 
aggiungono  essi  poi ,  ciò  che  pel  poeta  faceva,  che  per  tale  azione  fosse 
Adriano  ai  preghi  di  S.  Gregorio  liberato  dall'  Inferno ,  come  asse- 
riscono gli  altri  che  a  Traiano  ascrivonla:  né  vi  é  perciò  alcun  biso- 
gno che  a  difesa  drl  poeta  nostro  contro  del  Pulgarini  dicasi  col  Maz- 
zoni che  ignorasse  il  poeta  gì'  isorici,  che  V  eroica  azione  attribuiscono 
ad  Adriano  ;  ovvero  che  per  poetica  licenza  ponesse  Traiano  in  vece 
d'  Adriano  ,  per  essere  Adriano  credulo  da  molti  adottivo  figlio  di  Tra- 
iano  (f) . 

76  r  dico  la  Nidob. ,  E  dico  V  edizione  della  Crusca  q  le  segua- 
ci, e   il  Cod.  Vat.  N.E. 


(a)  Tom.  8  an.  604.  (h)  Lib.  a  de  Purr.  cap.  8.  (e)  f^ita  Gregor,  lib.  2 
cap.  44.  (d)  Cap.  96.  (e)  Sapplero.  qaaest.  73  art.  5  ad  5*  (/")  Vedi  il 
Masxoni   difesa  di  i^an/e  (part.j  lib.    3  cap.  7 


r4o  PURGATORIO 

Di  lagrime  atteggiata    e  di   dolore* 
70     Dintorno  a  lui   parea    calcato  e   pieno 
Di  cavalieri  ,   e*r  aguglie  nell'  oro 
Sovt'  essi  in  vista  ai   vento   si   movièno. 
8s     La  miserella    intra    tutti  costoro 

Parea   dicer  :  signor  ,  fammi  vendetta 
Del  mio  figliuol  eh' è  morto, ond' io  m'accoro  • 
85     Ed  egli  a  lei  rispondere  :  ora  aspetta 

Tanto  eh'  io  torni  .    E  quella  :  signor  mio , 
Come  persona   in  cui  dolor  s' affretta , 

78  IH  lagrime  atUmaia  ec.  Avendo  ogni  figura  di  persona  qaal- 
che  atteggiamento ,  vuol  dire  che  le  lacrime  e  il  dolore  darano  al^ 
figura  della  vedovella  atteegiamento  ;  cn'  è  poi  come  a  dire  ,  eh'  era 
in  atto  di  lagri mante  e  dolente  • 

79  Dintorno  a  lui ,  ellissi ,  per  il  luogo  dintorno  a  lui  —  parea 
dee  qui  valere  lo  stesso  che  vedes^asi . 

80  V  aguglie  ,  le  aquile,  insegne  del  Romano  esercito .  ^  Il  Cod. 
Caet.  legge  aquile,  N.E. —  nelP  oro  ,  nell'  aureo  ricamo  degli  stendar- 
di .  *  aquile  aeir  oro  sovresso  in  vista ,  ha  il  Cod.  Antald. ,  e  il  dotto 
possessore  ne  ha  pubblicata  questa  nota  —  Aquila  legge  sempre  il  co- 
oice  invece  di  aguglia .  Aquile  delP  oro ,  cioè  aquile  a  oro  •  Le  palle 
deir oro  f  in  vece  di  palle  d'  oro,  disse  il  nostro  poeta  (Par.  e.  XVI. 
V,  no  )  ,  e  la  croce  dell'  oro  j  per  la  croce  d'oro,  Giovanni  Villani 
(  lih.  I.  e.  60  )  •  Le  aquile  ,  che  servivano  ai  romani  d'  insegne  mili- 
tari ,  erano  d'oro  e  a  argento,  solide,  e  fìtte  sulle  aste,  come  siri- 
leva  dalle  medaglie,  e  particolarmente  da  quelle  d'  Antonio  triunvi- 
ro,  né  ci  sovviene  d'alcuna  autorità,  che  possa  indurci  a  credere» 
che  le  aquile  fossero  ricamate  in  drappo  o  in  oro  .  V.  anche  Lipsie 
ite  mil.  rom.  Uh:  IV.  diaL  V.  Sarà  quindi  da  preferirsi  la  nostra  lezione* 
quantunque  volesse  opporsi ,  che  le  aquile  solide  non  si  moverebbero 
al  vento  .  Dice  il  poeta  però  ,  che  pareva  che  si  muovessero  al  vento 
non  già  che  realmente  fossero  effigiate  sventolanti  .  N.E. 

81  So^fr^  essi  la  Nidobeatiua  ,  cioè  sovr'  essi  cavalieri  :  sovr*  esso  V  al- 
tre edizioni  —  in  vista  ,  ad  occhi  veggenti  spiegherei  qui  piuttosto  ,  che 
apparentemente ,  come  il  medesimo  avverbio  adoprato  aal  Boccaccio 
spiega  il  Vocab.  della  Cr.  (n)  —  si  movieno  ,   per  si  moveano  {h)  . 

*83,  8/1.  Pareva  dir  ,  il  Cod.  kfUM.  Di  mio  Jiglio  ^  i  Codd.  Vat. 
e  Antald.  N.E. 

85  Dicere  per  dire  adoprarono  antichi  Italiani  scrittori  anche  in 
prosa.  Vedi  il  Vocabolario  della  Crusca. 

86  87  Ch^  io  torni,  dalV  impresa  (  intendi  per  la  quale  vado — e 
quella  <?c.  Costruzione  e  quella ,  come  persona  in  cui  dolor  s^  affretta  ^ 
rispondere ,  signor  mio  ec.  —  5'  affretta  d'  aver  pronto  conforto  .  Ven- 
turi .  Ed  ella  leggono   V  edizioni  diverse  dalla  Nidobcatina  . 


CO  So^to  U  VOC0  vista  {.II.    (ff)  Vedi  la  nota  Inf.  xii  29. 


e  A  N  T  O    X.  i4i 

88    Se  tu  non  tomi?  Ed  ei  :   chi   fia  dov'io. 
La  ti  farà,.  Ed  ella:  l'altrui  bene 
A    te  che  fia  ,   se   1  tuo  metti  in  obblio  ? 

9 1     Ond'  elli  :   or  ti  conforta  ,  che  conviene 

Ch'  i' solva  il  mio  dovere  anzi  eh*  io  muova  : 
Giustizia  vuole ,   e  pietà   mi  ritiene  . 

94     Colui  j  che  mai  non  vide  cosa  nuova , 
Produsse  esto  visibile  parlare, 
Novello  a  noi  perchè   qui   non  si   truova. 

97     Menti*' io  mi  dilettava  di  guardare 
Le   immagini  di  tante  umilitadi , 
£ ,  per  lo  fabbro  loro ,  a  veder  care  : 
I  oc     Ecco  di    qua ,  ma   fanno    i  passi   radi 
(  Mormorava  '1  poeta  )  molte  genti  ; 

88  Se  tu  non  tornì  ?  Ellissi  ,  e  vale  quanto  se  tu  non  tornassi , 
conC onderebbe  la  faccenda  ?  — ed  e/,  la  Nidobeatina  ;  ed  ei ,  l*  altre  edi- 
zioni— chi  fia  dóif*  io  (  intendi  )  sono  ,  cioè  chi  succederà  in  luogo  mjo 
nelT imperiai  seggio. 

89  90  Za  ti  farà  ^  ti  farà  la  vendetta  che  brami  "^F  altrui  bene  a 
te  ee.  Costruzione;  Se  7  tuo  bene  (il  tuo  ben  operare)  metti  in  ob" 
hlio  y  tralasci ,  a  te  che  fia  P  altrui  ?  che  gioverà  a  te  V  altrui  beu«  opra- 
re .  ^  ^  £ii  7  metti  in  obblio ,  il  Cod.  Antald.  N.E. 

91   Onde ,  vale  per  lo  che . 

93  Solva ,  o  dal  Latino  solvere  per  soddisfare  {a)  o  solva  dice  in 
luogo  di  assolva  a  senso  di  compia  ,  come  assolto  m  vece  di  compito 
dice  Pah.  zxv.  v,  35. 

Ma  poiché  il  gratular  si  fu  assolto  . 
Anzi  eh'  io  muova  (  muovere  è  detto    qui ,  come  altrove  (Jb)  ,  a    modo 
del  latino  movere  prò   discedere  (e),  avanti  ch'io   mi   parta. 

o5  Giustizia  ec.  la  giustizia  cos\  da  me  richiede ,  e  la  compassio- 
ne alla  tua   afflizione  mi  sforza  a   fermarmi . 

94  Colui  che  mai  ec.  Iddio  che  ,  visto  già  avendo  tutto  ab  eter- 
no ,  non   vede  certamente  cosa  mai  che  nuova  gli  riesca . 

95  Esto  aferesi  praticata  molto  dagli  antichi ,  per  questo  —  visibile 
parlare ,  il  riferito  parlare  di  quelle  marmoree  fìgure  ,  che  per  la  mae- 
stria de'  loro   atteggiamenti  manifestavasi  all'  occhio  de'  risguardanti  . 

96  Novello  per  nuovo  ,  non  mai  veduto  —  qui ,  tra  noi  mortali  — 
non  si  trova  per   V  imperfezione  delle  sculture   nostre . 

99  Care  ,  gradevoli  a  veder  ^  per  a  vedersi  {d)  —  per  lo  fabbro  loro^ 
per  saperle  fatte  dalla  divina  mano . 

100  loi  Ecco  di  qua  ec.  Costruzione.  //  Poeta  (  Virgilio)  mor^ 


(a)  Vedi  Rob.  .Stef.    'Ih$$aurus  ling.  Lat.    (b)  Esempìgraxia   Iiif.  4?    lU 
(e)  Vedi  Rob.  Stef.  Ihesaur.  liag.  Lat,    (d)  Vedi  Cìbod.  Partic.  229     4* 


*4a  P  U  E  ft  A  T  O  R  I  0 

Questi  ne  'nvieranno   agli  alti  gradi . 

2o3     Gli  occhi   miei ,  eh' a  mirar  erano  intenti 
Per  veder  novitadi  onde  son  vaghi, 
Volgendosi  ver  lui  non  furon  lenti . 

lo6    Non  to'  però ,  lettor ,  che   tu  ti  smaghi 
Di  buon  proponimento ,  per  udire 
Come  Dio    vuol  che  '1  debito  si  paghi  • 

109    Non  attender  la  forma  del  martire  : 

Pensa  la  sucoession  ;  pensa  eh'  ,  a  peggio  j 
Oltre  la  gran  sentenzia  non  può  ire  . 

H2     r  cominciai:    maestro  ,  quel    ch'i'  veggio 
Muover  à  noi  non  mi   sembran  persone  , 

morava  (  diceva  sommessamente  sotto  voce  )  ecco  di  qua  (  dalla  de- 
stra parte  di  essi  due  poeti  stanti  di  paro  con  la  l'accia  volta  a  quelle 
sculture  )  molte  trenti  ,  ma  fanno  i  passi  rari  ,  vengono  a  lento  passo  • 

103  Agli  affi  gradi  j  ai  superiori    cerchi    del  Purgatorio  . 

*  io3   6>a/i  conienti^  il  Cod.  Vat.  N.E. 

io5  f^ol^ndosi  s^er  ec.  Costruzione  .  TVb/i  furon  lenti  volgendosi 
(nel  volgersi  )  ver  lui,  yerso  Virgilio;  ch'essendo  ,  com'è  detto  nel 
V*  4^*  alla  destra  di  Dante ,  era  conseguentemente  dalla  parte  ond« 
'quelle   genti   venivano  • 

1 06  Ti  smaghi ,  vaie  U  smarrischi ,  ti  perdi ,  ti  tolghi .  Vedi  la  nota 
Inf.    x>cv.   if\6,  edagli  altri  passi   ivi  allegati. 

107  ro8  Di  buon  proponimento  ,  per  ec*  Suppone  Dante  che  inten- 
dendo chi  legge  le  pene  dell'  Inferno  faccia  proponimento  di  operar 
bene  per  i schivar  quelle  ,  e  meritarsi  il  Paradiso  :  ora  però  teme  cht 
in  vista  delle  gravi  pene  che  soffrono  1'  anime  al  Paradiso  destinate  , 
non  venga  a  perdersi  di  coraggio ,  e  ad  abbandonare  i  buoni  propo- 
nimenti —  Non  si  confacendo  a  lettore  il  verbo  udire  preso  nei  comon 
senso  di  ascoltare ,  conviene  credere  che  lo  adoperi  qui  Dante  al  mo- 
do  che  adoperano  i  Latini  talvolta  il  verbo  audire ,  per  intendere  (a)  • 

no  III  Pensa  la  successione  pensa  ciò  che  al  martire  dee  suc- 
cedere ,  cioè  la  celeste  gloria  —  a  peggio  vale  quanto  «/  Paggio  de*  peg- 
gi ,  al  peggio  che  possa  succedere  ,  e  T  ho  perciò  collocato  tra  due 
virgole  —  oltre  la  gran  sentenzia  ec.  La  gran  sentenza  finale  Fenite  be- 
nedicti  ec.  Ile  maleaicti  ce,  pone  invece  del  dì  finale  del  mondo ,  dopo 
del  quale  non  vi  sarà  più  Purgatorio  ;  e  però  dice  che  ,  al  peggio 
che  possa  succedere  ,  può  quei  martire  durare  fino  alla  gran  sentenzia  ,  e 
non   più  oltre. 

ii5  Muover  a  noi  la  Nidobeatina  ,  muover  ver  noi  F altre  edizio- 
ni .  Ma  la  particella  a  significa  lo  stesso  che  verso  ,  (^) ,  e  toglie  dall'  al- 
tro cauto   la  cacofonia  del   muovere  ver.  Muovere  ha   qui  senso   pas- 

.(a)  Vedi  Robeito  Stefano  Thesaurus  lingumt   Latinae  • 
(h)  Vedi  CinoD,  Part/c    i  xi. 


e  A  N  T  O    X.  145 

E   non  so  che;  sì  nel   veder  Taneggio. 

ii5     Ed  egli  a  me  :  la   grave  condizione 

Di  lor  tormento  a  terra  gli   rannicchia 
Sì  y  che  i  mie'  occhi  pria  n'  ebber  tenzone . 

]i8     Ma  guarda  fiso  là  ,  e   disviticchia 

Col   viso  quel  che  vien  sotto  a  quei  sassi  : 
Già  scorger  puoi  come  ciascun  si  picdbia, 

121     O  superbi   Cristian,  miseri,  lassi, 

Che  ,  della    vista  della  mente  infermi  y 
Fidanza  avete  ne'  ritrosi  passi  ! 

1  a4     Non  v'  accorgete    voi ,  che  noi   siam  vermi 

sivo  quanto  muoversi  {a)  —  non  mi  sembran  la  Nidobcat. ,  non  mi  sem^ 
blan  V  altre  edizioni  . 

ii\  E  non  so  che,  intendi,  mi  rosse  mb  ri  no  »  Ccrtamenle  cioè  posso 
dire  che  non  mi  sembrano  uomini  ;  se  dovessi  poi  dire  che  mi  ras- 
sembrano  ,  noi  saprei  —  si  nel  veder  vaneggio  ,  tanto  in  guardando  mi 
sforzo  in  vano  ai  schiarirmi  che  oggetti  sicno  quelli  .  ^  £  non  so 
y  io  nel  mio  veder  vaneggio  legge  il  (lod.  Caet.  N.É. 

ii5  116  La  grave  comlizion  di  lor  tormento^  di  dover  portarsi 
indosso  que'  gravissimi  pesi  che  in  seguilo  dirà  —  gli  rannicchia ,  gli 
ripiega  e  ristringe  ,  ^li   raggruppa  . 

117  I  miei  occhi  pria  ec.  Confessa  anche  Virgilio  di  non  avere  a 
prima  vista  ben  compreso  ciò  che  quelle  anime  si  fossero  :  e  trasfe- 
risce agli  occhi  quella  tenzone  quel  contrasto  ,  eh'  è  proprio  della 
mente ,  ouando  V  obbielto  non  si  vede  chiaro  che  sia .  Tenzione  leg- 
gono r  edizioni  diverse  dalla  >'idoheatina  ,  '^  eil  Cod.  Vat.  N.E. 

118  Disviticchia,  metaforicamente   detto  per  distintiti, 

lao  Già  scorger  poi  :  suppone  che  già  Dante  ,  ohbcuito  avendo  ,  ed 
agguzzata  meglio  la  vista  ,  distinguesse  sotto  quei  sassi  le  rannicchiate 
persone  —  ciascun  si  picchia,  per  picchiato  sia,  sia  percosso,  sia  tormentato, 

lai   Lassi,  ^er fiacchi,  deboli, 

IQ3  Della    vista,  per  nella  vista,    come  trovasi   adoprata  la  par- 
ticella rfi  per  in  (6)  — infermi  della  vista  ec,  vai  quanto  offesi,  guasti, 

ia3  ridanza  avete  ec.  pensate  ,  ciechi  che  siete,  di  camminar  be- 
ne e  allo  innanzi ,  mentre  i  passi  vostri  sono  ritrosi ,  retrogradi  (e) , 
Ponete  fiducia  nel  merito  di  quelle  opere  ,  che  la  superbia  vostra 
rende  anzi  demeritevoli .  Pe'  ritrosi  passi  chiosano  gì*  interpreti  in  (ge- 
nerale le  viziose  operazioni .  Ma  qui  inveisce  il  poeta  contro  de' superni, 
i  quali  non  presumono  già  di  opere  di  sua  natura  cattive,  di  furti 
omicidi  ec. ,  ma  di  opere  per  se  slesse  buone ,  e  solamente  dal  loro 
superbo  fine    rese  guaste  • 

ia4  laS  f^emu  nati  a  formar  ec.  Prende  idea  da  que'  vermi  dei 

(a)  Vedi  esempi  <ll  *lroil  modo  parecchi  nel  Vocabolario  della  Crosca 
tstlo  il  verbo  muovere  \.  10.  {b)  Vedi  Cinon.  Partic  80  8  ^  ed  il  Vocabo- 
lario della  Ci  asca .     (e)  Vedi    lo   stesso   Vocabolario   alla   voce    ritroso. 


i44  ruRGATORIO 

Nati  a   formar  V  angelica  farfalla , 
Che   vola  alla  giustizia  senza  schermi? 
137     Di   che  l'animo  vostro  in  alto   galla? 
Voi.  siete  quasi   entomata   in   difetto  , 
Sì  come  verme  in  cui    formazion  fitiUa  • 

Saali  fassi  farfalla ,  e  dice ,  che  noi  pure  siam  vermi  ordinati  a  niMi» 
ar  fuori  dal  nostro  corpo  V  angelica  ,  cioè  la  spirituale  »  Jarfìdla , 
r  anima  nostra  .  *  Nati  a  *nformar ,  ha  il  cod.  Antaid.  »  e  il  lodato 
possessore  aggiunge  :  se  formare  ed  informare  non  sono  esattamente 
sinonimi,  sarà  da  preferirsi  la  nostra  lezione.  Vedi  in  questa  cantica 
il  V.  a/i.  del  e.  XXIII.  N.  E. 

ia6  Senza  schermi  y  1*  intendo  aggiunto  alla  giitsUtia  ad  ispecificar- 
nela  per  la  divina  giustizia  ;  e  come  se  avesse  in  vece  detto  a  quel" 
la  giustizia ,  che  non  ammette  schermo  ,  riparo  ,  coprHura  aleunm  ,  ed 
a  cui  però  ogni  più  nascosta  superba  mira  è  palese  :  *  Io  ,  col  Ven- 
turi ,  al  tribunal  ai  Dio  ,  doi^e  non  vaglion  schermi  e  difese  :  quasi  li- 
mile a  quello  del  Farad.  XXIXi  Da  essa ,  da  cui  nulla  si  nasconde . 
BiàGiOLi  .  N.  E. 

137  Gtdla  galleggia,  metaforicamente  per  5'  erge  in  superbia  .  Es- 
sersi probabilmente  cotal  verbo  formato  da  Dante  sincopando  il  trito 
verbo  galleggiare  è   detto  IifF.  xxi.  57. 

ia8  139.  Fbi  legge  la  Nidobeatina ,  ed  istessamente  hanno  trova- 
to scritto  in  sei  mss.  gli  Accademici  della  Crusca ,  e  ne  dà  ottimo 
senso ,  cioè  voi ,  o  miseri  superbi ,  senza  accorgervi  siete  ec.  Poi  wìV  in- 
contro ,  che  hanno  ritenuto  nel  loro  testo  gli  Accademici ,  e  che  leg- 
gono tutte  r  altre  edizioni ,  (*  e  il  Cod.  Vat.  N.  E.  )  anche  inteso ,  co- 
me r  intende  il  Volpi ,  per  poiché ,  non  sostiene  così  bene  l*  invettiva 
ed  in  oltre  richiederebbe  ,  che  si  trasferisse  il  punto  interrogativo  al 
fondo  della  terzina .  —  siete  quasi  entomata  ec.  Dice  Dante  in  questo 
e  nel  seguente  verso  la  stessa  cosa  :  in  questo  la  esprìme  in  gene- 
rale e  coi  termini  delle  scuole  ,  nel  seguente  la  particolarizza  e  di- 
chiara con  piii  intesi  termini  :  come  se  avesse  in  vece  detto  ,  Fai 
siete  quasi  entomata  [  insetti  ]  in  difetto  [  difettosi  ]  ,  o  piii  chiara- 
mente parlando ,  siete  come  verme  che  non  forma  perfetta  la  sua  far- 
falla» ^  Il  CoD.  Cass.  legge  aitomata  atomi,  ed  il  suo  Postil.  cnio- 
sa  :  etiam  sic  remanemus  attom/i ,  illa  scilicet  corpus  cula  informia  qua 
agitantur  per  radium  solis  transeuntem  per  aliquam  umbram  :  in  defc' 
ctu  ,  idest  deficiente  nobis  spirita .  Il  Coo.  Ca.ct.  e  il  Vat.  leggono  an- 
tomaia ,  ed  il  primo  di  essi  annota  :  Anthomata  est  vermis ,  qui  est 
sine  ulta  forma  membrorum  originalium ,  et  vermis  defectuosus  ;  avvi- 
cinandosi alla  chiosa  di  Lombardi ,  la  quale  però  è  preferìbile ,  come 
altresì  la   lezione .  N.  E. 

Si  unisce  qui  il  Venturi  con  Antonmaria  Salvini  a  condannare  il 
poeta  nostro  d*  ignoranza  della  Greca  lingua  nello  appellare  eniomn- 
ta  gli  insetti  :  Dante ^  dice  ,  e  lo  confessa  ancora  il  Salvini  ,  pigliò  un 
granciporro  :  dovea  dire  entoma ,  voce  Greca  che  corrisponde  per  /'  ap- 
punto alla  voce  Toscana  insetti ,  dai  latini  pigliata  a  significar  vcr- 
micciuoli  'y  mei  vedendo  quel  ta  ,  e  non  lo  riconoscendo  per  articolo  , 
che    nei  vocabolnn    Greci ,  c/ie  lessici  domandiamo  ,  si  mette  appresso 


e  A  N  T  O    X  .  1^5 

i3o    Come  9  per  sostentar  solajo  o  tetto , 
Per  mensola   talvolta   una  fìgura 
Si  vede  giunger  le  ginocchia  al  petto , 

immediaiamenie  a  i  nomi  per  eontmsegno  del  genere  ^  lo  unì  air  enlo- 
noL ,  e  imperitamente  ne  formb   questa  nuova  parola  entomata . 

Per  paragoge  (  risponde  il  Hosa  Morando  )  (/i)  scrisse  Dante  fc- 
ne  ili  cambio  di  fò ,  trci  e  Iree  per  tre ,  este  per  est  Latino ,  laci  per 
là  ,  ee  per  è  ,  con  la  stessa  figura  entomata  per  entorna  .  Francesco  Re- 
di f  che  fu  intendente  della  lingua  Greca  quanf  altri  mai ,  e  fu  scritto^ 
re  accuratissimo^  delia  stessa  voce  per  la  stessa  fgura  accresciuta  non 
dubitò  valersi  ;  non  essendovi  mancato  chi  abbia  detto  la  generazione 
degli  entomati  esser  fatta  dalla  virtù  generatrice  dell'  anima  sensitiva , 
e  Tegctativa  {b)  ,  e  pur  in  prosa  non  gode  de  privilegi ,  che  alia  poe^ 
sia  conceduti  sono  ,  tra  i  quali  principalissimo  è  il  metaplasmo  ,  JigU" 
TU  di  cui  si  valse  frequentissimamente  Omero ,  come  fa  avvertire  Eusta-' 
aio  nel  suo  contento  ^  e  dietro  a  lui  quanti  hanno  poetando  acquistato  fama . 

Trovando  io  però  presso  il  Du  Fresne  (e)  adoprato  entoma  per 
insetto  nel  numero  del  meno,  dubito  che  scostandosi  gli  scrittori  La- 
tini di  que'  tempi ,  e  le  scuole  massime ,  dal  Greco  rigore ,  declinas- 
sero entoma  ,  tis  ,  ta ,  come  thema  ,  tis ,  ta  ,  e  che  ponesse  Dante  en- 
tomata ,  non  come  Greca ,  ma  come  voce  Latina  .  Cosi ,  per  avviso 
dell' altrove  già  lodato  Sig.  Ab.  Gio.  CrÌ5toforo  Amaduzzi,  è  a  un  di- 
presso avvenuto  anche  del  Greco  neutro  plurale  vocabolo  bibita  da'  La- 
tini de' bassi  secoli  adoprato  qual  femminino  singolare  Latino,  e  de- 
clinato biblia  y  ae }  come  per  esempj  lo  stesso  Du  Fresne  ne  dimostra. 

i3i  i32  Per  mensola,  vale  in  vece  di  mensola:  che  appellasi  da- 
gli architetti  quel  pezzo ,  che  sostiene  cosa  prominente  dal  muro ,  tra- 
re  esempigrazia  di  solajo  o  di  tetto  —  una  fgura  intendi  umana  . 
Deir  introduzione  di  umane  figure  in  luogo  di  mensole  vedi  Vitruvio 
lib.  I.  cap.  I.  e  nell'edizione  di  questo  autore  fatta,  non  si  dice  do- 
ve ,  del  i5t23  vedrai  esempj  dello  scherzo  appunto  che  dice  qui  Dan- 
te.  *  Il  eh.  Ennio  Quirino  \isconti  (d)  crede  che  questi  versi  alluda- 
no alla  famosa  Loggia  dei  Lanzi  in  Firenze  ,  i  di  cui  Atlanti  offende- 
vano il  baon  senso  ,  e  gli  occhj  di  Dante.  Noi  però  a  lode  del  vero 
dobbiamo  annotare,  che  Dante  non  poteva  alludervi  ;  poiché,  per  quan- 
to si  sa  nella  Storia  delle  arti,  detta  Loggia  fu  architettata  da  Andrea 
di  Clone  Orgagpa  nell'  anno  i355  quando  già  da  a4  anni  trovavasi  l' 
Alighieri  trai  piii  :  Loggia  celebrata  in  sommo  grado  dal  Divino  Mi- 
chelangiolo ,  e  quella  in  cui  si  videro  la  prima  volta  gli  archi  di 
mezzo  tondo  ,  che  per  1'  addietro  si  usavano  in  quarto  acuto  (e) ,  Il 
nostro  bravo  concittadino  colse  probabilmente  un  tal  errore  nell'  ope- 
retta intitolata  V  Antiquario  Fiorentino ,  ossia  Guitta  ec.  per  la  Città 
di  Firenze  (f)j  in  cui  forse  per  isbaglio  di  stampa  a  pag.  182  dicesi 
detta  Loggia  fabbricata  con  disegno  dell'  Orgagna  nel  ia85;  o  forse 
confondendo  1'  epoca  di  altra  ringhiera  ,  che  fu  innalzata  appunto 
in  tale  ^nno    da  Arnolfo  di  Lapo  valoroso  Architetto  (g) .  Comunque 

(a)  Osserv.  Farad,  iil.  {b)  Inset.  8.  (e)  Glossar,  med.  et    in  firn,  Lat. 

(d)  Museo    Pio    Cleroentino  Tom.  11  statue    pag.  42.  (t;)  Vasari    Vita  di 
Andrea  di  Cione  Orgagna  .  (/)  Firenze  1778  nella  stamperia  Gran  Dacalt  1  voi. 
picc.  8.    (g)  Vedi  Monsig.  Bottari   ael;, Vasari   di    Poma  r759  presso  Pagliari- 
ai  9' Tom.  X  pag.  119  BOt.  3. 
T.a.  K 


1^6  PUliaATORIO 

i33    La  qaal  fa    del  non  ver  vera    rancura 
Nascer  a  chi  la  vede  ;   così  fatti 
Vid'  io  color  j  quando  posi  ben  cura  • 

i36    Vero  è    che  più   e  meno    eran  contratti , 
Secondo   eh'  ayean  più  e  meno  addosso  ; 
E  ,  qual  più  pazienza  avea  negli  atti  » 
Piangendo  parea  dicer  :  più    non  posso  • 

f ia  »  non  sono  rari  gli  esempj  in  Arcbitettura ,  e  specialmente  tra  one  lU 
che  precederono  il  cisorgimento  dell'  arte  :  in  cui  si  veggono  ngu  re 
in  atti  soverchiamente  curvi  «  e  ridicoli  sostener  volte  pesanti ,  e  massi 
grandi  contro  il  buon  senso  e  la  natura  .  È  chiaro  poi  dal  contesto 
che  Dante  non  critichi  in  genere  le  picciole  mensole,  che  da  savj  Ar- 
chitetti  sonosi  fatte  sostener  talvolta  da  figurine  rappresentanti  Genj  » 
Fame,  Angioli  o  simili,  come  si  può  vedere  non  solo  ne' tempi  mo- 
derni ma  negli  antichi  pur  anco  .  N.  E. 

i33  Fa  del  non  ver  ec.  Di  un  affanno  che  in  lei  soltanto  pare  ,  e 
non  è ,  cagiona   una  vera  rancura  un  vero    affanno  ,  in  chi  la  mira  • 

i55  Cura  y  di  ben   discernere   ciò  che  ci  fossero. 

i56  yero  è  la  Nidobeatina,  ver  è  V  altr'  edizioni. 

i38  E  .  In  seguito  al  detto  f^ero ,  è  ch^  erano  coloro  più  e  meno 
oontratti  intendo  che  la  particella  e  abbia  qui  forza  di  ma  (a) ,  o  di 
nondimeno  (5) ,  come  in  quel  del  Petrarca . 

Era  bea  forte  la  nemica  mia  , 
E  Ui  vidi  ferita  ia  mezio  *l  core  {e)  ; 
e  chioso  volerci  il  Poeta  dire  che  quantunque  fossero  quelle  anime 
più  e  meno  aggravate  da'  pesi ,  tutte  però  erano  s\  fortemente  aggravate 
che  quella  che  mostravasi  meno  afflitta ,  piangendo  pareva  dicesse  non  ne 
posso  pili .  *  A  questa  chiosa  è  contrario  il  Biagioli .  N.  E.  — r  dicere  per 
dire  adoprato  anticamente  anche  in  prosa.  Vedi  il  Vocabolarie 
della  Crusca  • 

(a)    Vedi  Ciaeiùo  Partic,  loo  18.    (b)  Vedi  U    stesso    !•••  %•• 
(e)  Part.  1.  toB.  67. 


Fine  dd  conio  decimo . 


i47 

CANTO    XI. 


•      ARGOMENTO     (») 

J^opo  V  oraùon  fatta  dalle  anime  a  Dìo  ,  mostra  Dante  d*  avere  rico- 
nosciuto V  anima  di  Oderisi  d'  J gobbio  miniatore  ,  col  quale  ragiona  a 
lungo . 

1     v^  PADRE  nostro  9  che   ne*  cieli  stai  , 
Non  circonscritto  ,  ma  per  più  amore 
Gh' a' primi  effetti    di  lassù   tu   hai  , 

4    Laudato  sia  il  tuo   nome  e  1   tuo  valore 
Da  ogni  creatura ,  com'  è  degno 
Di  render  grazie  al  tuo   alto  vapore . 

7     Venga  ver  noi   la  pace  del  tuo   regno , 

I  a  5  O  Padre  nostro  ec.  Parafrasi  della  orazione  dominicale  Pa- 
ier  noster  qiù  es  in  caelis  ec,  orazione  verameale  confaccvolo  alle  ani- 
me parganti  la  superbia  :  imperocché  si  chiede  in  esm  che  il  nome 
d*  Indio  ,  e  non  il  nostro ,  abbia  lode ,  e  che  la  divina  volontà  si  fac- 
cia ,  e  non  la  nostra  —  ne*  cieli  stai ,  hai  ne'  cieli  tua  regij  ,  —  non 
circonscritio ,  non  perchè  dai  cieli  sii  tu  rinchiuso ,  che  cceli  caslorum 
te  capere  non  possimi  (a)  —  ma  per  piti  amore  ,  eh*  a  i  primi  effetti  ec. 
ma  per  compiacersi  tua  libera  volontà  maggiormente  ne'  primi  elTetti 
della  onnipotente  tua  destra ,  che  furono  i  cieli  medesimi  e  gli  angeli  (/>)• 

4   funtore ,  potenza  , 

6  ^Ito  vapore  la  Nidob. ,  tlolce  vapore  V  altre  ediz.  *  e  il  cod.  Vat. 
e  il  Caet.  N.  E,  Oltre  però  che  a  prima  vista  si  scorge  che  al  vapore 
mal  si  conviene  l' epiteto  di  dolce ,  deesi  anche  riflettere  che  appel- 
landosi nelle  scrittore  sacre  la  sapiènza  vapore  ;  vapor  est  enim  virtù- 
tìs  Dei  ,  et  emanatio  ec.  (e)  ,  rendesi  perciò  quasi  certo  che  per  vapo- 
re intenda  Dante  non  1'  amore  ,  o  la  grazia ,  come  tutti  gP  interpreti 
clifosano  ,  ma  la  sapienza  ;  alla  quale  certameute  s'  accoppia  meglio 
alto  che  dolce  .  • 


(*)  Argomento  metrico  del  cel.  Gasparo  Gozxi . 
Pregan  gli  fpirci  per  lo  ben  de*  vivi  ; 
Tra  essi  è  Omberto  i  che  ,  di  qaa  s\  altero, 
Sopra  di  sé  ha  glti>cchi  aperti  qaivi  • 
Cosi  conosco  di  sua  £ima  il  vero 
Oderisi  d'  A  gobbio  ,  e  cede  al  trai 
Di  sua  beir  arte  y  con  amil  pensiero  , 
L*  onor  ^  che  Dante  dar  vorrebbe  a  lui  . 
(a)  Parole  di  Salomone  a  Dio  nel  3  libro  dei  Re  cap.  8.  {b)  Vtdi  i  cornea- 
tacori  dtUa    sacra   Genesi  al  cap.  i«    (e)    cap.  7  v.  2S. 

K  'à 


i4S  PURGATORIO 

Che  noi  ad    essa    non   potem  da  noi , 
S'  ella  non  vien ,  con  tutto  nostro  'ngegno  • 

IO     Come  del  suo   voler  gli  angeli    tuoi 

Fan  sagrificio    a    te ,  cantando   osanna , 
Così   facciano  gli  uomini  de'  suoi . 

]3     Dà  oggi  a  noi  la  cotìdiana  manna  , 

Sanza  la  qtial ,  per  questo  aspro  diserto  , 
A  retro    va  chi   più  di  gir  s' affanna  . 

16  E  come  noi  lo  mal ,  che  avem  sofferto , 
Perdoniamo  a  ciascuno  ,  e  tu  perdona 
Benigno  ,  e  non  guardare  al  nostro  merto . 

19     JN^ostra    virtù  ,  che   di   leggier  s'  adona  , 

Non  spermentar  •  con  V  antico  avversaro  : 
Ma   libera   da  lui ,   che  si   la  sprona . 

22     Quest'  ultima  preghiera ,    signor  caro  , 

Già  non  si  fa  per  noi  ;  che  non  bisogna  ; 

8  9  Che  noi  ec.  Perciocché ,  s'  ella  non  viene  a  noi  data  (  inten- 
di )  da  te  y  noi  con  tutto  nostro  ingegno  non  possiam  ad  essa  pervenire. 

1 1  Cantando  osanna  .  Dizione  Ebrea  >  che  vale  deh  Jacci  salvi ,  chio- 
sano gì'  interpreti  della  commedia .  Essendo  però  gli  angioli  già  del- 
la eterna  salvezza  in  possesso  ,  meglio  col  Tirino  ed  aUri  interpreti 
delle  divine  scritture  dirassi  qu\  solemnis  formula  gratulantium  ,  ei  fau- 
sta aeclamantium ,  ut  apud  nos   io  triumphe  ,  visual   Rex    ec»  (n)  . 

12  De*  suoi,  intendi,  voleri  . 

i5  Dà  oggi  ec.  Spiega  fìsuratamente  le  parole  pattern  nostrum 
quotidianum  ,  con  allusione  che  da  se  manifestasi,  alla  sagra  storia 
della   prodigiosa   manna  piovuta  agli  Ebrei  nel  deserto  . 

17  II  tu  perdona  .  Siccome  la  particella  et  fu  dai  Latini  adoprata 
per  etiam  ,  così  anche  V  italiana  e  adopraÀ  qu\  per  ancora .  Vedi  an- 
ch«  il  Cinonio  {b)  . 

19  :io  II  Dfostra  virtii ,  che  ec.  Corrisponde  questa  a  quella  pe- 
tizione et  ne  nos  inducas  in  tentationem  —  5'  adona  resta  abbattuta  (e) , 
—  non  spermentar  ec,  non  permetti  che  sia  tentata  da  Satanasso  ,  Sper- 
mentarc  sincope  di  sperimentare,  molto  adoprata.  Vedi  il  Vocabol. 
della  Cr.  —  aa  lui ,  è  questa  la  petizione  libera  nos  a  nudo  intesa  con 
S.  Gio.  Crisostomo  {d)  valer  quanto  libepa  nos  a  diabolo  —  Che  sì 
la  sprona,  la  instiga  ,  intendi ,  al  male  . 

2.3  Che  non  bisogna  y  non  essendo  più  soggette  quelle  anime  a  ten- 
tazioni ,  né   a   peccati . 

^^—^  .■  .  ■  >         — ^^^  »^^— ^  ^-^i— ^»^-^— ^— ^i^— — i^       1^^»^ 

(a)  In  Mate,  e,  29.  (b)  Partic.  100  i3.  (e)  D*  adonare  per  abbaS' 
sare  ed  abbattere  vedi  altri  esemffj  recati  dal  VociboL  della  Cr.  (tt^  im 
Matth.   e.  6. 


e  A  N  T  O    X  I.  149 

Ma  per  color  che  dietro  a  noi  restaro. 

a5     Cosi ,  a  se  e  noi  buona  rainogna 

Queir  ombre  orando ,  andavan  sotto  1  pondo , 
Simile  a  quel  che  tal  volta   si  sogna  ^ 

s8  Disparmente  angosciate  tutte  a  tondo 
E  lasse  ,  su  per  la  prima  cornice , 
Purgando-  la  caligine  del  mondo  • 

34  Color  che  dietro  ec. ,  coloro   che  lasciammo   nel  mondo  • 

aS  Ramogna .  Dubito  che  non  sia  questo  termine  preso  dal  Fran<» 
cese  ramon ,  che  scopa  ,  e  ramntoner  che  scopare  e  spazzare  significa  ; 
e  che  perciò  vaglia  lo  stesso  che  spazzamento  o purgazione ,  Gl'inter- 
preti comunemente  spiegano  ramogna  per  viaggio  o  proseguimento  di 
viaggio .  Se  però  la  si  ha  a  credere  voce  Italiana ,  io  ,  attesa  la  forma* 
zione  di  essa  ,  direi ,  che  non  semplice  viario  significhi  «  ma  viaggio 
ramingo  e  che  come  pellegrinaggio  appellasi  il  viaggio  del  pellegrino, 
cosi  ramosa  fosse  aetto  il  viaggio  del  ramingo.  Da  ramo  ^  come  ne 
accenna  Pier  Crescenzi  ,  fu  da  prima  detto  ramingo  V  ucello  che  di 
iddio  uscito ,  di  ramo  in  ramo  va  seguitando  la  madre  {a)  ;  e  da  rama 
potè  pur  dirsi  ramosa  anche  lo  stesso  errare  ramingo  .  ìù  noi  qu\  nel 
tristo  noudo  ,  e  quelli  che  nel  Purgatorio  ritrovansi  ,  in  confronto 
di  quei  fortunati  che  già  hanno  spiegato  il  volo  alla  celeste  patria  , 
Siam  proprio  raminghi ,  non  che  pellegrini  ;  e  dobbiam  brne  5apeme 
grado    a  chi  ne  prega  buona ,  cioè  breve  ed  avventurata  ,  ramogna  . 

La  stessa  voce  ramogna  citasi  nel  Vocabolario  della  Cr.  adoperata 
da  Fra  Iacopo  da  Cessole  nel  trattato  suo  degli  scacchi ,  e  del  verbo 
ramognare  (a    menzione   il  Passavanti  nello  Specchio  di  vera  peniten"    . 
za  (b),  quanto  però  a  me  sembra  ,  ^enz'a  fruttarne  maggior  certezza  di 
significato . 

26  al  Qg  Andavan  sotto  ec.  Sinchisi  ,  di  cui  la  costruz.  Andavan 
tulle  a  tondo  su  per  la  prima  cornice  (  il  primo  cerchio  (e)  iUsparmen- 
te  angosciate  e  lasse  (  giusta  T  avviso  dato  nel  v.  i56  e  seg.  del  canto 
prec*  )  sotto  il  pondo  (  pondo  per  peso  adopera  il  Petrarca  pure  )  (d^ 
simile  a  quel ,  che  tal  si  sogna  .  Non  rinvenendo  il  Poeta  peso  qu\  da 
alcuno  realmente  portato  ,  a  cui  agguagliare  il  peso  che  si  portano  ^ 
quelle  anime  ,  volgesi  a  recarne  in  paragone  quello  strabocchevole 
immaginario  peso  cne  tal  volta  sognamo  di  portare  ,  ma  che  ,  se  real- 
mente portassimo ,  non  solamente  ci  opprimerebbe ,  ma  prìverebbeci 
all'  istante  di  vita  . 

Si  perdono  qui  gli  interpreti  tutti  a  rintracciare  hi  cagione  di  si 
fatti  sogni  ;  ed  ommettono  di  applicarsi  alla  ricerca  di  quello  ,  per 
cui  non  venga  questa  similitudine  a  snervare ,  ed  a  far  cadere  in  ridi- 
colo la   descrizione. 

3o  La  caligine  (  legge  la  Nidob.  meglio  che  le  calìgini  l' altre 
ediz.  ^  e  il  eoa.  Vat.  e  il  Caet.  N.  E.  )  cioè  il  peccato  della  superbia. 

(a)  Agric,  lib.  loo.  3.  (b)  Tratc.  della  vanagloiia  ,  nelP  agginnta  al 
cap.  5  Avverti  perd  di  guardare  1'  edii.  di  Firenze  1725  pag.  23o  9  impe- 
rocché altre  edU.  trovo  dell*  accennau  voce  maacanti .  {fi)  Vedi  la  àoia 
al  canto   proced.  v.    27.    {d)  5oa.   73. 


i5o  PURGATORIO 

3i     Se  di  là  sempre  ben  per  noi  si  dice  9 
-^   Di  qua  che  dire  e  far  per  lor  si  puote 
Da   quei   e  hanno  al  voler  buona  radice  ? 

34     Scn  si  de'  loro  aitar  lavar  le  note , 

Che  portar  quinci,  si  che  mondi  e  lievi 
Possano  uscire  alle  stellate  ruote  . 

37     Deh  I  se  giustizia  e  pietà  Vi  disgrevi 

Tosto  ,  sì   che  possiate  muover   Y  ala , 
Che  secondo  1  disio  vostro  vi  levi; 

4o     Mostrate    da  qual  mano  inver  la  scala 

Si  va  più  corto  :  e  ,  se  e'  è  più  d' un  varco  , 
Quel  ne  'nsegnate  che  men  erto   cala . 

43     Che  questi  che  vien  meco  ,  per  lo  'ncarco 

S.  Agostino  (avverte  il  Panirllo  )  a  quelle  parole  del  salmo  loi  .  Quia 
defecerunt  si  cui  fumtis  dies  mei  ,  comcnta  ,  Unde  sicut  fttmus  ,  nisi  pro^ 
pter  (ilationem  siiperhinf  ?  E  poco  dopo  :  Videle  fumum  superbia  simi' 
lem  ,  asrendentem  ,  tumescentcm  ,  vanescentem  ec-  Come  altrove  dice 
Tìnnte  ///wmo  def  pantano  {a)  invece  di  cnZ/gt/i^ ,  così  per  lo  contrario 
adopera  r\u\  c/ttt(*ine  per  fummo  di  superbia . 

3i  Se  di  là  ,  nel  Kurj^atorio  —  sempre  ben  per  noi  si  dice  ,  si  fa  sem- 
pre orazione  per  noi  .  Ùir  del  bene ,  al  senso  di  orare  o  dire  orazio- 
ni ^  In  è  frase,  quanto  io  so,  anche  in  oggi  comune  a  tutta    l'Italia. 

3^  Di  qua  ec.  Costruzione.  Che  si  puote  di  qua  ,  nel  mondo  ,  di' 
TQ  e  fare  per  loro ,   per  quelli  del  Purgatorio  ? 

Si  Da  quei  e*  hanno  ec.  :  dn  quelli  che  hanno  la  volontà  buo- 
na ,  diretta  dalla  grazia  che  posseggono  d' Iddio  :  e  dice  da  cotalì  so- 
lamente, perocché  da  quegli  altri,  che  sono  in  disgrazia  di  Dio,  non 
hanno  le  purs^anti  anime  di  che  sperare  :  come  avvisò  Dante  già  m 
persona  di  Belacqna  nel  canto  iv  della  presente  cantica  v,  i33  e  sc^g- 

3/1  Ben  si  de*  loro  aitar  la  Nidob.  ,  Ben  si  dee  loro  atarV  edizio- 
ne della  Cr.  e  le  seguaci  —   le  note  ,i  segni ,  le  reliquie  de' peccati. 

36  Stellate  ruote ,  i  cieli  ,  perocché  rotondi ,  giranti ,  ed  ornati 
di    stelle . 

37  38  Deh  se  ec.  Ha  qui  la  particella  se  ugual  valore  della  Italia- 
na deprecativa  che  (b)  ,  e  della  sic  de' Latini  :  come  se  detto  fosse  deh 
che  tosto  frfustizia  ,  e  pietà,  l'orazione  de* pietosi  cristiani  (le  pene 
che  soffrite)  w  disgra'i ,  zeuma  di  numero  per  vi  disgradino  y  vi  sgra- 
vino — 

39  F'i  Unn  ,  al  Paradiso  . 

42  Che  men  erto  cala  ^  che  scende  men  ripido;  e  che  perciò  è 
più  agevole  ad  ascendersi  . 


(a)   lof.   vili  12.    (b)  VcdiQBOB.  Partic.  44  a3. 


e  A  N  T  O    X  I.  i5i 

Della  carne  d^  Adamo    onde  sì  veste  ^ 

Al  montar  su  9  contra  sua  voglia  ,  è  parco  • 

46    Le  lor  parole  ,  che  renderò   a  queste 
Che    dette  avea   colui  cu'  io  seguiva  ^ 
Non   fur  da  cui  venisser  manifeste; 

49     Ma  fu  detto  :  a  man  destra  per   la  riva 
Con  noi   venite  ,  e  troverete  *1   passo 
Possibile  a   salir  persona  viva. 

5a     £  9  s' io  non  fossi   impedito  dal  sasso 
Che  la  cervice  mia  superba   doma  9 
Onde  portar  conviemmi  1  viso  basso  , 

55     Cotesti  9  eh'  ancor  vive  e   non  si  noma  » 
Guardere'  io  per  veder  s' io  1  conosco  , 
E   per  farlo  pietoso  a  questa   soma. 

58     Io  fui  latino ,  e  nato  d' un    gran  Tosco  ; 

Guiglielmo  Aldobrandeschi  fu  mio  padre  • 

44  Carne  cC  Adamo  ,  proveniente  per  generazione  da  Adamo  ,  il 
primo  comun  padre  . 

45  Conira  sua  voglia  è  parco ,  vorrebbe  non  esser  parco  ,  lento  , 
ina  per  forza  lo  dee  essere  .  Viene  a  coincidere  con  quello  del  Petrarca 

Lo  spirito  è  pronto  ,   ma  la  carne  è  stanca  (a) . 
49  5o  u4  man  destra  ,  o   sia  alia  destra  parte  ,  dee  intendersi  rap- 
porto alla  sboccatura  del  detto  {b)  tortuoso  viottolo  su  di  quella  cornice  . 
5i   Possibile  a  salir  per  possibile  a  salirvi. 

56  Veder ,  par  esigga  la  struttura  del  verso  che  pronunzisi  colla 
seconda  sillaba  nreve ,  come  da*  Veneziani  pronunziasi  ;  e  come  pro- 
Donziarsi   comunemente  dovette  T  antico  veggere . 

57  Per  farlo  pietoso  a  ec. ,  per  far  sì  che  ,  cortpassionandomi 
•oUo  questo  grave  peso  ,  pregasse  Iddio  per  me. 

58  59  Latino ,  e  nato  ec. ,  Italiano  ,  e  figliuolo  di  un  gran  signore 
di  Toscana  .  Fu  costui  Omberto  de'  Conti  di  Santafiore  nella  montagna 
di  Siena,  figliuolo  di  Guiglielmo  Aldobrandesco  ,  che  non  potcnoosi 
più  per  la  sua  arroganza  da*  Sanesi  patire  ,  lo  fecero  ammazzare  in 
Campagnatico  ,  luogo  della  Maremma  di  Siena .  Venturi  .  *  Il  postil- 
latore del  CoD.  Cast,  ci  favorisce  al  solito  di  sue  recondite  partico- 
lari storie  riguardo  a  quesl'  Omberto  ,  e  la  seguente  sembra  piii  esat- 
ta di  quella  dataci  dal  Venturi ,  e  piìi  coerente  al  Poeta  .  Isti  Comi' 
ies  ile  Sancta  Fiore  fuerunt  multum  potcntes  in  maritima  Senensium  9 
et  Ghibellini ,  et  Senenscs  paullatim  deslruxenint  eos  .  Unde  semel  cum 
gens   Senensis   equitaret  in    Campagnaticum ,  Umbtrius  iste   indignattts 


(fi)  Pirt.  I  soa.  183*    (b)  Cast,  preced*  v.  16. 


\ 


i5a  PURGATORIO 

Non  SO   se   1  ncnne  suo  giammai  fu  tosco  • 

61     L'  antico  sangue  ,  e  l'opere  leggiadre 

De'  miei  maggior  ,  mi  fer  sì  arrogante  » 
Che  j  non  pensando  alla   comune  madre  » 

64    Ogn'uomo   ebbi   'n   dispetto  tanto  avante  y 
Ch'  io  ne   mori',  come   i  sanesi  sanno  9 
E  sallo   in  Campagnatico  ogni  fante  • 

67     I'  sono  Omberto  ;  e  non  pure  a  me  danno 
Superbia  fé' ,  qhe  tutti    i   miei  consorti 
Ha  ella  tratti  seco  nel  malanno  . 

70    £  qui  convien  ch'io  questo  peso  porti 

Per  lei  tanto  eh'  a  Dio  si  soddisfaccia  , 
Poi  eh'  i'  noi  fei  tra'  vivi ,  qui  tra'  morti . 

73     Ascoltando  chinai  in  giù  la  faccia  : 

Ed  un  di   lor   (  non  questi  che  parlava) 
Si  torse   sotto   '1  peso  che  lo  'mpaccia  : 

76     E   videmi,  e  conobbemi  ,  e  chiamava, 

stari'  intus  inctusus  exivit  cum  qiiibusdam  peditihus ,  et  breviterfuii  ùi" 
t^rfrcttts  .  K.E.  —  yildohrandeschi  la  ^idob. ,  jiliìohrandesco  l'altre  edi- 
zioni . 

60  Se  giammai  fu   vosco ,   se  fu  Ira  voi  udito  . 

63  Alla  comune  madìv ,  alla  tcn-a ,  di  cui  siamo  tutti  egualmente 
figliuoli  ,  essendo   tutti  di  quella  impastati .  \  enturi  . 

65  Sanesi  la  Nidob. ,  SSfnesi  V  altre  ediz.  ^~  sanno  ,  che  V  uccisio- 
ne ne  comandarono  .  Venturi  . 

66  Ogni  fante  .  Fante ,  dal  Latino  fans  ,  ogni  parlante  ,  o^ni  uo- 
mo .  Ad  ugual  senso  adopera  fante  il  Poeta  anche  nel  xxv  di  questa 
cautica  t':  61. 

Ma  come  d'animai  divenga  fante: 
e  ben  inteso  ,  che  il  parlare  sia  proprio  dell'uomo  come  il  ragionare,  non 
e*  increscerà  detto  ogni  fante  per  ogni  uomo ,  piii  che  se  detto  fosse  ogni 
ragionatole .  MifOTra^ ,  articulate  ioguentes  ,  anche  Omero  appella  spesso 
gli   uòmini  ,  aggiunge  qui    a  proposito  il  prelodato  8ig.  Ab.  Amaduzzi  - 

68  Tutti  i  miei    consorti ,  tutti  quei  di  mia  schiatta. 

69  3falanno  equivale  a   somma   disavventura  e  miseria .  Vektvm  • 
•ji  Fei  la  ^idb.  ,yè'r altre  edizioni. 

73  Chinai  in  e^ù  la  faccia  :  mortificato  ,  intendi  ,  dall'interno  ri- 
morso della  propria  superbia  (  vedi  che  chiaro  lo  confessa  due  canti 
sotto,  cioè  nel  xiit  sf,  36  e  segg.  )  e  della  non  per  anche  data  aDio 
soddisfazione  . 

75  Lo   *mpaccia   per  lo  ^mpacciwa  ,  enallage  in  grazia  della  rima  . 


G  A  N  T  O    X  1 .  i53 

Tenendo  gli  occhi  con  fatica  fisi 

A  me  y  che  tutto   chin  con  loro  andava  • 

78    O ,  diss'  io  lui  ,  non  se'   tu  Oderisi  9 

L'  onor  d' Agobbio ,   e  V  onor  di  quell'  arte 
Gh'  alluminare  è   chiamata  in  Parisi  ? 

8d     Frate  »  diss'  egli ,  più  ridon  le   carte 
Che  pennelleggia  Franco  bolognese; 
L'  onor  è    tutto  or  suo ,  e  mio  in'  parte . 

85     Ben  non  sare'  io  stato  sì  cortese. 

Mentre  eh'  io  vissi  ,  per  lo  gran  disio 
Deir  eccellenza  ove   mio  core  intese  • 

79  O ,  diss*  io  lui  la  Nidob.  ,  O  dissi  lui  V  altrt  edìz*  —  Oderisi 
d^  jégobbio  (  jigobbio  in  vece  dì  Gubbio  ,  che^  diciam  noi  ogffi ,  scrìre 
anche  Giovan  Villani  )  {a)  cìiXk  nel  ducato  d' Urbino  ,  miniatore  ec- 
cellente uscito  dalla  scuola  di  Ciniabue .  Rettamente  il  Baldinucci ,  avu- 
to riflesso  che  finge  Dante  questo  suo  misterioso  viaggio  nell'  an- 
no i3oo  (p)  ^  argomenta  premorto  a  cotal  tempo  Oderisio  (e)  •  ^  •  Oé/o- 
risi ,  il  Cod.  Antald.  N.B. 

80  81  Di  queir  arte,  dell'arte  del  miniare,  cioè  di  pineere  con 
acquerelli  cose  piccole  in  cartapecora  o  in  avorio  ,  servendosi  ael  bian^ 
co  della  carta  stessa ,  od  avorio  in  vece  del  color  bianco ,  per  i  lumi  ^ 
della  pittura  .  —  Ch*  alluminare  ec.  ,  che  in  Francia  dicesi  enluminer  ; 
ove  avverta  chi  non  ha  cognizione  del  Francese  idioma ,  che  in  quel- 
la lingua  la  e  avanti  la  n  pronunciasi  a  .  *  Chiamata  è ,  il  Cod.  Vat«  e 
il  Caet.  ove  nel  margine  si  legge  per  apostilla  Parisiis  dicitur  lumi* 
nare  et  nos  dicimus  mimare .  Vedasi  il  Buti  cit.  dalla  Crusca  v.  minia- 
re. V£.  —  Parisi  in  vece  di  Parigi ,  in  grazia  della  rima  ,  dal  FranceM 
Paris ,  o  dal  Latino  Parisium . 

8a  Bidon  le  carte  ,  figuratamente  :  cioè  dilettano  colla  varietii  e 
bellezza  de'  colori  (  e  col  miglior  disegno  )  .  Così  sopra  nel  canto  1.  di 
questa  cantica  al  v,  ao.  Faceva  rider  t  oriente .  Orazio  parimente  uelF 
oda   ZI  del  quarto  libro  :  Bidet  argento  domus  .  Volpi  . 

83  Pennelleggia  ,  dipinge  —  Franco  Bolognese  ,  miniatore  eccellen- 
tissimo ,  che  superò  in  quell*  arte  Oderisi  di  Gubbio .  Volpi  . 

84  L*  onore  è  tutto  or  suo  ,  eeli  è  l' intieramente  applaudito  ,  —  « 
JiM  in  parte ,  ed  a  me  si  danno  delle  eccezioni  ;  ovvero  (  come  tutti 
gl'interpreti  chiosano)  io  non  ho  se  non  1'  onore  d'essergli  stato  maestro  • 

85  86  87  Ben  non  sare*  io  ec.  Soggiunge  ,  che  non  sarebbe  stato 
sì  cortese  di  farsi  infei  ior  a  Franco  ,  mentre  eh'  egli  era  in  vita  ,  p«r 
lo  gran  desiderio  dell'  eccellenza  ,  alla  quale  era  dedito  col  cuore  • 
Vellu TELLO  •  —  intese ,  fu  intento  •  Pstrarc  a  :  Poi  che  morto  è  colui ,  che 
tutto  intese  Infardi  ,  mentre  visse  al  mondo ,  onore   (ti) .  Daniello  . 

(a)  Vedi  ,  tra  gli   altri  Inoghi  ,  lib.  o  cap.  ifi,     (h)  Vedi  in  prova  di  cU 
laf.  XXI  la ,  e  Parg.  H  ^8.    (e)  JNotiz*  ae'proftuBri  del  dit$gno  ^oim  1. 
{d)  Pait*  1  tOB.  71. 


i54  PURGATORIO 

88    Di  tal  superbia  cpiì  si  paga  il  fio  f 

£d  ancot*  non  sarei  (]uì  j  se  non  fosAe 
Che  5  possendo  peccar ,  mi  volsi  a   Dio  4 

91     O  vanagloria  dell'  umane  posse , 

Com'  poco  il  verde   in  su  la  cima  dura 
Se  non  è  giunta  dall'  etadi  grosse  ! 

94    Credette  Cimabue  nella  pintura 

Tener  lo  campo  ;  ed  ora  ha  Giotto  il  grido 
Si  9  che  la  fama  di  colui  oscura  • 

97    Così  ha  tolto  l'uno  aH' altro  Guido 

La  gloria  della  lingua;  e  forse   è   nato 

Sg  Ed  ancor  non  sarei  qui ,  vai  quanto  •  e  di  più  non  sarei  ne  me* 
no  in  Purgatorio  y  ma  melP  Inferno  . 

90  Possendo  peccar ,  dice  in  cambio  di  essendo  ancor  wVo  —  mi 
¥OÌsi  a  Dio ,  chiesi  a  Dio   perdono   della  mia  grave   superbia  . 

91  O  vanaglona  ec.  ,  o  gloria  Vana  dell'umano  potere. 

,92  Com* poco  il  verde  legge,  e  dice  doversi  legeere  il  Daniello^ 
e  eom*  poco  el  verde ,  eh'  è  Io  stesso  {a)  ,  legge  ancne  la  Nidob. ,  ove 
l'altre  ediz.(  *  e  il  Cod.  Vat.  e  il  Caet.  N.E.  )  le'ggono  com*  poco  verde  : 
e  vuol  dire  che  ,  appena  la  gloria  dell' umano  potere  è  cresciuta  in 
alto  ,  incomincia  a  guisa  d' infetto  arbore  a  dlsseccnr  nella  cima  .  Com  , 
apocope  di  come ,  praticata  dai  poeti  .  Vedi  Cinonio  partic.  56  a5. 

9$  Se  non  è  giunta  ec*  se  non  le  sopravvengono  tem[)i  goflS. ,  per 
entro  i  quali  ninno  arrivi  a  superarla .  Ond'  è  quel  proverDÌo  :  Heatits 
monoculus  in  terra  caccorum  .  Elati ,  in  luogo  cr  ctacU  ,  leggono  l' edi- 
zioni diverse  dalla  Nidob. 

94  Cimabue,  Giovanni  Cimabue  Fiorentino  un  de' primi  ristaura- 
tori  della  pittura  in  Italia  .  —  Pintura  ,  lo  stesso  che  pittura  . 

95  Tenere  il  campo  y  dicesi  de' guerrieri  che  vincono  la  battaglia^ 

2n\  vale  ottenere  il  piti  alto  grido ,  Crede  rettamente  il  Venturi  proba- 
ile cosa,  che  alluda  qui  Dante  all' epitaffio  fatto  allo  stesso  Cimabue 
nel  duomo  di  Firenze  :  dove  fu  seppellito 

Crcdidit  ut  Cimahos  picturae  castra  tènere  . 
Certe  sic  tenuit  \  nunc  tenet  astra  poli  • 
Giotto  y  altro  Fiorentino   pittore,  discepolo  di  Cimabue,  il  quale  ag- 
giungendo alla  rinascente  arte  perfezione ,  oscurò  la  fama  del  maestro . 

96  Di  colui  y  di  Cimabue  —  è  oscura  la  Nidob. ,  oscura  l'altre  cdiz  .  * 
E*  scura  il  cod.  Vat.  Noi  restituiamo  la  comune  :  perchè  Dante  non 
vuol  dire  ,  che  la  fama  di  Cimabue  è  oscura  genericamente  :  ma  che 
quella  solo  di  Giotto  è  maggiore  .  N.E. 

97  98.  93  ^'  fj^o  ali*  altro  Guido  ec.  Intendi  per  il  primo  Guida 
Cavatcanti  Tìorenùno  y  eccellente  filosofo  e  poeta  ,  il  quale  nella  poe- 
sìa  oscurò  la  fama  dell'  altro  Guido  ,  cioè  di    Guido  Guinicelii  Bolo- 

(a)  Della  particella  el  scritta  daeli  antichi  in  vece  d'  il  vedi  le  annota- 
lieai  dell'  lati^ido  alle  Particelle  del  Cinonio  Janot.  34. 


e  A  N  T  O    X  I .  i55 

Chi  r  uno   e  r  altro  caccerà  di  nido  . 

icx)  Non  è  il  mondan  romore  altro  eh'  un  fiato 
Di  vento,  ch'or  vien  quinci  ed  or  vien  quindi, 
£  muta  nome  perchè  muta  lato  • 

io3     Che  fama  avrai    tu   più,   se   vecchia  scindi' 
Da  te  la   carne,  che  se  fossi  morto 
Innanzi  che   lasciassi  il  pappo  e  1  dindi , 

J  06     Pria  che   passin  mill'  anni  ?  eh'  è  più  corto 
Spazio  air  eterno  ,  eh'  un  muover  di  ciglia 
Al  cerchio  che  più  tardi  in  cielo  e  torto  . 

109     Colui  ,  che  del  cammin  s\  poco  piglia 
Dinanzi  a   me ,   Toscana  sonò  tutta  ; 

goese ,  poeta  a'  suoi  tempi  stimato  •  Del  primo  vedi  pure  nel  canto 
X  deir  Inf.  v.  65.  \clpi  —  della  lingua,  intendi  Italiana  ,  nobilitata 
con  loro  rime ,  —  e  forse  è  nato  clii  ec.  Intende  di  se  medesimo ,  é 
noa  già ,  come  pur  vorrebbe  il  Vellutello  ,  del  Petrarca  ancor  fanciul- 
lino  •  Vektubi  .  Fé  avesse  Dante  in  vece  detto  ed  e  nato  cld  forse  ec* 
non  avrei  diflìcoUà  di  accordarmici  :  ma  dicendoybrse  è  nato  y  dubi- 
to che  non  parli  affatto  in  generale  ,  fondato  unicamente  su  la  con* 
sueta  variazione   delle  mondane  vicende  • 

100  1 01  102  None  il  mondan  ec*  Bassomiglia  ri  romore ,  cbe  la 
fama  nel  mondo  sparge ,  al  vento  ,*  e  vuole  inteso  che ,  come  il  ven» 
to  muta  direzione  e  nome ,  cosi  la  fama  or  da  un.  luogo  si  sparga  9 
or  da  un  altro  ;    ora  un  nome  esalti ,  or  un  altro  . 

io3  al  ig8  Che  fama  ec,  '^  Che  voce  il  cod.  Antald.  N.  E.  — -  Per 
bene  intendere  questi  due  terzetti  fa  d'  uopo  nella  costruzione  met* 
tere  il  secondo  avanti  al  primo  cosk  :  Pria  che  vassin  milP anni  (da 
qal  esempigrazia  a  rovecent*  anni  )  che  (  il  quale  spazio  di  lempo  ) 
aW  eterno  (intendi  paragonato)  e  piii  cotto  che  un  muover  di  aglia 
(  paragonato  )  al  cerchio ,  che  piit  tardi  in  delo  è  torto  (  al  circolar 
moto  che  in  cielo  più  lentamente  fassi  ;  al  giro  cioè  del  cielo  stellato 
da  occidente  in  oriente  ,  cbe  per  sentimento  del  Poeta  scorre  in  cen» 
io  anni  uno  grado  {a) ,  e  conseguentemente  per  V  intiera  rivoluzione 
abbisogna  di  anni  trentasei  mila),  che  fama  avrai  tu  ,  se  scindi  {se^ 
pari  )  da  te  vecchia  la  carne  (  se  muori  vecchio  )  più  che  se  fossi  mor- 
to innanzi  che  lasciassi  il  pappo  e  7  dindi  ?  avanti  che  dismettesi  il 
parlar  de'  bambini  ,   che  il  pane  dicono  pappo  ,   e  i  danari  tUndi  ? 

109  no  C/ie  del  cammin  sì  poco  piglia  ec,  che  così  lento  va  in- 
nanzi —  Toscana  sonò  tutta  ,  tutta  Toscana  lo  nominava  lo  celebra* 
va  .  *  Intendi  Provenzano  Sai  vani  ,  del  quale  il  Postillatore  del  Con. 
Cact.  così  parla  «  qui  fuit  Senensis  Dominus  Provincianus  Sìlvanus  va-» 

(a)  Convito  tratt.  2  cap.  6  Questo  moviineiito  >  osservato  prima  di 
tatti  da  Ipparco  ^  si  vaole  dai  moderni  astronomi  alquanto  piii  ceUxa  9 
taimamta  ciaè  che  par  correrà   no   grado  soli  anni  J2  gli  bastina  . 


l56  PURGATORIO 

Ed  ora  a  pena  in  Siena  sen  pispiglia  ^ 
US     Ond' era   sire   quando  fu  distrutta 

La  rabbia  fiorentina  y  che  superba 

Fu  a  quel  tempo  sì  com'  ora  è  putta* 
il5     La  vostra   nominanza  è  color  d'erba  , 

Che   viene  e   va;  e  quei  la  discolora  ^ 

lens  in  armis  et  Consilio  ,  ed  valde  presumptuòsus ,  et  audax  ,  et  fidi 
ille  qui  dedit  conJUcium  Florentinis  penem  Jirbiam  :  istemet  veifei'f  paste» 
super  territorio  Fiorentino  cum  magno  exercitu ,  idest  ad  Colle  de  yak" 
le  else  ^  et  ibi  habuit  conJUctum  a  Fìcario  Caroli  Primi  y  qui  eroi  Cn- 
pitaneus  ^lorentinorum ,  et  fiat  mortuus  et  amputatum  ei  caput .  U  Mu- 
ratori ricorda  questa  Storia  (  anno  1269)  e  da  lui  abbiamo  contezza, 
che  Giambertoldo  si  cliiamava  il  Vicario  di  Carlo  I,  che  alla  testa 
dei  Fiorentini  di  parte  Guelfa  e  dei  Franzesi ,  ruppe  i  Sanesi  ed  al- 
tre truppe  Ghibelline ,  comandate  da  Guido  Novello  e  da  Provenza- 
no  ,  la  di  cui  testa  fu  portata  in  cima  a  una  lancia  per  tutto  il  cam- 
po •  N.  E. 

Ili  al  II 4  Sen  pispiglia  per  se  ne  paria  —  onde^vaì  della  quor 
le  (a) — era  sire.  Era  bensì  general  d'armi,  e  Talorosissiitfò  cavalie- 
re ,  e  amantissimo  cittadino  ,  e  non  già  signore  e  tiranno ,  com'  inten- 
dono i  comeiitatori  ingannati  dalla  maldicenza  di  Dante  •  Vedi  l' i- 
storìa  di  Siena  del  Malavolti ,  e  del  Tommasi .  Così  il  Venturi  .  An* 
che  però  i  non  maldicenti  storici  Ricordano  Malespìni  e  Giovan  Vil- 
lani più  antichi  ambedue  del  Malavolti  e  del  Tommasi,  ed  fi  primo 
più  antico  dello  stesso  Dante  ,  confermano  ,  come  a'  Senesi ,  spiace' 
va  la  signoria  di  Hf esser  Proventano  Salvani  (b) ,  e  che  fu  Vrovenza- 
no  signore  e  guidatore  delt  oste  {e)  :  e  se  questi  termini  del  Malespì- 
ni e  del  Villani  non  richieggono  in  Provenzano  un  dichiarato  liran- 


che  superba  fu  ec. ,  (  *  Il  Cod.  Clet.  legge  Era.  N.  E.)  che  tanta 
era  allora  altera  e  superba ,  quant'  è  di  presente  vile  e  venale ,  a  gui- 
sa di  donna   vendereccia  . 

Questo  tratto  nobilissimo  (  aggiunge  qui  il  Venturi  )  di  salda  dot- 
trina ,  arricchito  di  sentenze  magnifiche ,  e  ornato  di  splendide  com- 
parazioni ,  sembra  a  taluno  eccèdere  di  gran  lunga  i  debiti  termini  p 
e  non  convenire  al  carattere  d'  un  semplice  miniatore  ,  a  cui  viene 
appropriato  ,  eziandio  che  si  consideri  come  un'  anima  separata  dal 
corpo ,  e  di  sublimi  notizie  doviziosamente  dotata ,  prescrivendo  l'ar- 
te ,  che  ancor  tra  queste   una  giusta  proporzione   si  serbi   intatta  • 

Non  è  però  questo  tratto,  per  quanto  nobilissimo  sia,  un  pezzo 
del  riatonico  Timeo  ;  nò  dee  il  semplice  miniatore ,  o  sia  il  pittore, 
ugguagliarsi  al   cinhnttino  . 

II 5  116  117  É  color  (f  erba  ^  che  ec.  q  come  il  colore  dell'erba, 
che  presto   di  verde    divicn  giallo ,  —   e  quei  (  sincope   di   quegli  ) 

(a^  Vedi  Cinon.  Pari.  19Z  7.  {h)  Malesp.  Star.  Fior.  cap.  166  »  Gio. 
Villani  Cron.  Hb.  6  cap.  ^9.  (e)  Gio.  Villani  iib.  7.  cap.  3i.  Qf)  L9 
sMsso   Iib.    S   cap.    So. 


e  A  N  T  O    XI.  157 

Per  cui  eli'  esce   della  terra  acerba  • 

118     Edio  a  lui:  lo  tuo  ver  dir  m'incuora 

Buona  umiltà ,  e  gran  tumor  m'  appiani; 
Ma  chi  è    quei ,  di   cui   tu  parlavi  ora  ? 

i^i     Quegli  è,  rispose,  Provenzan  Salvasi: 
Ed  è   qui,  perchè  fu  presuntuoso 
A  recar  Siena  tutta   alle  sue   mani  • 

1  a4     I^^  ^   ^^^^  9  6  ^&    senza  riposo , 

Poi  che  morì.   Cotal  moneta   rende 
A   soddisfar  ,  chi   è  di   là  tropp'  oso . 

1^7     Ed  io:  se   quello  spirito  ch'attende, 
Pria  che  si  penta  ,  l'orlo  della  vita. 
Laggiù  dimora  e    quassù  non  ascende  ; 

s3o     Se   buona   orazion  lui   non  aita 

Prima  che  passi  tempo    quanto    visse , 
Come  fu  la  venuta  a  lui  largita? 

Li  discolora  ec, ,  e  quel  Sole  che  col  suo  calore  la  fa  dalla  terra  usci- 
re acerba  y  tenerella  ,  cioè  ,  ed  immatura  ,  il  medesimo  la  disecca  e 
discolora.  Vuole  significare  che  il  tempo  stesso,  che  fa  salire  alcu- 
no iD  fama ,  lo  rende  poscia  in  obblìo  . 

iiii  M^ incuora,  m'insinua.  If  incorare  a  questo  medesimo  sen- 
io vedine  altri  esempi  nel  Vocab.  della   Cr. 

119  £  gran  tumor y  di   superbia,  m* appiani j  m'abbassi. 

120  Di  cui  la  Nidob. ,   iii  cu' 1*  altre  edizioni. 
*   121  Proviman  il  cod.  Vat.  N.  E. 

133  ^  recar  Siena  tutta  ec,  :  a  ridurre  Siena  tutta  in  suo  pugno, 
dìfponendone   a  suo  talento.  Vedi  sopra  al  i/.   iii. 

ia5  Poi  che  per  da  poi  che. 

116  yi  soddisfar ,  a  fine  di  soddisfar  —  cfU  ,  quegli  che  —  h  oso  , 
ad  imitazione  del  Latino  est  ausus ,  fu  ardito  , 

137  ^  Ed  io  a  lui  :  se  lo  spirto^  che  attende:  legge  il  Cod.  Caet. 
£d  io  a  lui  :  fjuello  spirto  ec.  il  cod.  Vat.  E  sono  buone  varianti  ,  a  no- 
stro parere  :  perchè  tolgono  quel  primo  se ,  che  si  fa  inutilissimo  , 
e  genera  oscuriti.  N.E. 

128  V orlo  della  vita  y  gli  ultimi  estremi  del  vivere.  *  AlC orlo , 
il  cod.  Antald.  N.   E. 

1Q9  Laggiù,  nell'  antipurgatorio  . 

i3i  i32  Tempo  guanto  visse,  cioè  tanto  tempo,  quanto  visse  nell' 
indugio  a  pentirsi  (a) .  —  La  venuta  ,  intendi ,  quassit  —  largita , 
concessa  • 

(a)    Vedi  il  canto  IV  della  pittante  cantica  v,  i3o  e  segg. 


i58  PURGATORIO 

i33    Quando  yivea  più  glorioso,  disse 9 
Liberamente  nel  campo  di  Siena , 
Ogni  vergogna  deposta  ,  s*  affisse  ; 

1S6     £  li,  per  trar  l'amico  suo  di  pena 

Che  sostenea  nella  prigion  di  Carlo  9 
Si  coddusse  a  tremar  per  ogni  vena  • 

§39    Più  non  dirò ,  e  scuro  so  che  parlo  : 

Ma  poco  tempo  andrà,  che  i  tuoi  micini 
Faranno  si  che  tu  potrai  chiosarlo  • 

i33  al  i58  Quando  vwea  ec.  Se  nel  verso  i56  vaolsì  legeere 
E^i ,  per  trar  ec. ,  come  dopo  1'  edizione  de^Ii  accademici  della 
crusca  si  è  finora  letto  in  tutte  V  edizioni ,  disgiungerassi  (piesto  dal 
seguente  terzetto,  e  rimarrà  di  nessun  valore.  Rens\  congiung crassi 
e  valore  acquisterà  leggendosi  colla  Nidobeatìna  (col  Cod.  Caet.) 
e  con  altri  antichi  testi  manoscritti  e  stampati  {a)  Eli,  per  trarec,, 
e  questa  sarà  la  coistruzione  :  Disse  ,  rispose  Oderìsi ,  quando  Proven- 
zano  vii^ea  piii  glorioso  ,  in  tempo  che  godeva  de' maggiori  onori  , 
deposta  ogni  vergogna  liberamente  5*  affisse ,  si  fissò ,  s'inchiodò  {  di- 
remo noi  )  nel  Campo ,  nella  piazza  (li)  di  Siena ,  stendendo  ,  dico- 
no i  commentatori ,  (  '^  tamquam  unus  poltrone  aggiunge  quello  del 
CoD.  CàET.  N.  E.)  un  tapeto  per  terra  (immagino  per  soffra  di  quel- 
lo ricevere  la  chiesta  limosina  da'  passaggieri  )  ;  e  A ,  ed  ivi ,  si  con' 
dusse ,  si  ridusse ,  a  tremar  per  ogni  vena  ,  a  chiedere  ansioso  e  tre- 
mante, come  i  mcndici  fanno,  limosina  ,  per  trar  V  amico  suo  di pe^ 
nn ,  che  sostenea  nella  prigion  di  Carlo  ,  per  liberare  1*  amico  suo 
fatto  prigioniero  dal  Re  Carlo  I  di  Puglia  ,  il  quale  non  si  voleva  ri- 
lasciare se  non  collo  sborso  di  dieci  mila  fiorini  d'oro  (e).  Il  Fo- 
STiLL.  Caet.  così  ci  dà  contezza  di  questo  amico  di  Provenzano  :  qui 
diim  erat  Dominus  Senarum  quidam  amtcus  suus  dictus  Figna  reppe- 
rit  se  ad  eonjlictum  Curradini ,  unde  erat  in  carcere  Caroli  ipse  et 
multi  cdii .  Carlo  sosteneva  la  parlo  de'  Guelfi ,  perchè  pretendeva  la 
signorìa  di  tutta  l' Italia  ,  nel  che  fare  avea  d  uopo  clie  il  Papa  lo 
secondasse .  N.   E. 

it\o  Tuoi  scelgo  di  leggere  con  alcune  edizioni  {d)  in  vece  di 
tuo  eh'  altre  leggono  *  e  il  cod.  Vat.  N.  E.  — »  Ficini  per  concittadi- 
ni •  Cosi  il  Petrarca  nel  sonetto  71  ,  dove  piange  la  morte  di  Cino 
da  Pistoja  . 

Pianga  Pistoia  ,  e  i  cittadin  perversi  , 
Che  perdut*  hanno    sì    dolce    vicino  .  Volpi. 

141  Faranno  sì  che  ec,  ,  privandoti  di  lutti  i   tuoi  averi,    ed  esi- 

(a)  Fra  i  mss.  uno  certamente  della  Casanatense  sei^nate-  Z.  III.  4  >  ^ 
tra  gli  stampati  qaello  di  Firenze  i4Si.  (^)  Campii  ,  chiosa  il  I&iindiao  , 
chiamano  i  iianesi  la  loro  piazza  .  (e)  Cos\  tutti  d'  accordo  gli  espositori  » 
saIvo  che  fallano  alcuni  nel  dire  V  amico  di  Provenzano  (atto  prigioniero  da 
Carlo  II  di  Puglia  ;  noa  avvertendo  che  moi\  Provenzano  decapitato  nel  ia6v) 
in  tempo  che  regnava  in  Puglia  Carlo  i  ;  vedi  Gio.  Villani  lib.  7  cap.  3l* 
id)  Vedi  ,  tra  1'  altre  ,  qaoUa  di  Fnligno  e  le  V tutte  i563  ,  e  iS;^. 


CANTO    XI.  i59 

Quest'  opera  gli  tolse  quei  confini  • 

liandoU  dalla  patria  ,  ti  obbligheranno  a  condurli  a  tremar  tu  purm 
per  ogni  vena  per  accattarti  del  pane ,  onde  dall'  esperienza  ammae- 
strato capirai  cne  significhino  auesti  termini.  *  Il  Postill.  Caet.  nota 
anch'esso  così.  N.  !■:.  Già  a  tale  era  Dante  ridotto  mentre  queste  co- 
se scrìveva  :  ma  coli'  affissare  questo  suo  viaggio  all'anao  i3oo  (a)  vie- 
ne  a  render  futuro   il  presente  ed  il  passato  • 

1 4^  Quei  confini  :  non  di  là  delP  acque ,  nelC atrio  del  purgatorio , 
come  spiega  il  \enturi  seguendo  il  Daniello  ;  ma  intomo  al  monte 
medesimo  ,  su  di  cui  erano ,  laggiù  sotto  della  porta  guardata  dall'ani 
celo  ;  dove  per  simile  indugio  a  pentirsi  aspettano  ,  tra  gli  altrì,  Man- 
fredi e  Sciacqua  {b)  •  Vedi  la  lunga  nota  al  canto  II  di  questa  can- 
tica V.  95. 

'  ij  II  ■ 

(a)  Ve^  Inf.  XXI  119  i  Parg.   il  97  «e.    {b)  Pargat.   iiX    iZ%  •  sagg*  t 
IV  ji^  e    seg^ 


V 


Fine  del  canto  undecimo . 


CANTO    XII. 


ARGOMENTO  (0 

Partouii  i  àm€  poeti  da  Od$risi  ,  e  v$mgono  alla  eorniee  ;  0P€  r^* 
gouo  iniagUate  sa  la  prima  molte  immagini  ,  le  quali  $ouo  imita 
/uempj  di  superbia .  Poscia  descrive  la  salita  sopra  il  iaeomdo  halto 
ové  ti  purga  il  peccato  dell*  invidia, 

1     X^i  pari ,  come  buoi  che  Tanno  a  giogo  » 
M' andava  io  con  quella  anima   carca , 
Fin  che  1  sofferse  il  dolce  pedagogo  • 

4    Ma  quando  disse  :   lascia  lui  e   varca  , 

Che  qui  è  buon   con  ta  vela  e  co'  remi , 
Quantunque  può  ciascun ,  pinger  sua  barca  ; 

7    Dritto ,  s\  come   andar   vuoisi  j  rifemi 

Con   la  persona,  avvegna   che  i  pensieri 
Mi  rimanesser  e  chinati  e  scemi . 

a  Come  buoi ,  che  vanno  a  giogo  ;  accenna  lo  andare  che  faceva- 
no ;  come  i  buoi  sotto  al  giogo  vanno,  colia  testa  china,  Oderisi 
pel  peso  che  reggeva,  e  Dante  per  poter  ragionare  con  Oderisi. 

ti  N'andava  io  la  Nidobeatina,  M'andava  io  ^  l'altre  edizioni,  * 
e  il  cod.  Vat.  ,  che  ha  pure  con  quesf  anima  .  N.E. 

3  Pedagogo  per  guida ,  conduttore  Lat.  paedagogus  .  Volpi  • 

4  inarca  passa  avanti. 

5  6  Qui  e  buon  ec.  Paria  del  mover  del  corpo  come  dello  spin- 

Sere  di  una  nave ,  e  vuol  dire  ,  che  in  quei  luogo  è  bene  che  s'9f 
operi    ciascuno  a  camminare   quanto  piìi  può. 

789  Dritto  ,  sì  come  andar  vuoisi ,  com'  è  naturai  che  si  vada  — 
Hfermi  con  la  persona ,  che  per  ragionar  con  Oderisi  teneva  incurva- 
ta .  '*'  Diritto  ,  come  andar  vuoisi,  rifemi  legge  il  Cod.  C4et.  N.  E.  •- 
aiwegna  che  ec.  abbenchè  cotale  raddrizzamento  del  corpo  non  imi- 
tando i  pensieri  ,  mi  rimanessero  e  chinati  e  scemi ,  cioè  piegati  dal- 
la primiera  altura,  e  mancanti  del  primiero  tumore,  a  cagione  delle' 
vedute  pene  de'  superbi ,  e  degli  ammaestramenti  d*  Oderisi  . 

Q  Argomento  metrico  del  cel.  Gasparo  Gozzi  . 
Di  sotto  a'  passi  scolpiti  gli  etempj 

Soa  di  superbia  ,  e    veggonsi  schernii  i 

Quei  che  di  qaa  per  tal  vizio  far  empj . 
Ma  tu  intanto  i  dae  poeti  aiti  , 

Angiol  beato  ;  onde  al  secondo  giro 

Ha  Dante  i  piedi  pid  lievi  e  spediti  « 
Perchè  gli  spinge  in  sa  m'gUor  desiro  . 


e  A  N  T  O    XII.  i6i 

IO     la  m'era  mosso,  e  seguìa  volentieri 

Del  mio  maestro   i  passi,  ed  amendue 
Già   mostravam  com'  eravam  leggieri  j 

i3     Quando  mi  disse  :  volgi  gli  occhi  in  giùe  ; 
Buon  ti  sarà  ,  per  alleggiar  la  via , 
Veder  lo  letto  delle  piante  tue  . 

ì6     Come  ,   perchè  di   lor  memoria  sia  , 
Sovr'  a'  sepolti   le  tombe    terragne 
Portan   segnato   quel    eh'  elli   eran  pria  ; 

ìQ     Onde  lì  molte   volte  si   ripiagne 

Per   la  puntura  della  rimembranza, 
Che  solo   a'  pii  dà  delle  calcagne  : 

sa     Sì   vid'  io    lì ,  ma   di  miglior,  sembianza  , 
Secondo  l'artifìcio   figurato 

i5  Gìiie  per  gzù,  paragoge  voleatieri  dagli  antichi  Italiani  prati- 
cala  (a), 

i4  *  Alleggiar y  alleviare.  Il  Cod.  Caet.  legge  tranquillar,  co- 
me leggono  ancora  molti  altri  testi  citati  dagli  Accad.  e  la  Fuigina» 
tense.  N.  E. 

i5  Lello  delle  piante  y  cioè  de'piedi ,  appella  il  suolo,  per  quell' 
analogia  medesima  per  cui  appellasi  letto  de  fiumi  il  fondo  sopra  dal 
quale  1'  acque  de*  fiumi   si  sostengono  e  scorrono . 

17  Le  tombe  terragne  y  le  sepolture  nel  terreno  scavate. 

18  Portan  segnato  scolpito  ,  nelle  soprapposte  lapidi .  —  quel  eh* eU 
li  eran  pria ,  V  immagini  e  le  gesta  de  sepolti .  (Juel  ch*eeli  era  pria , 
leggono  la  Cominiana  e  1'  altre  ediz.  seguaci  di  quella  degli  Accad. 
della  Cr.  ^  Il  Cod.  Càet.  segue  la  lezione  Nidoheatina.  Il  Cod.  ìog- 
ciALi   legge   Quali  elli  eran  pria .  N.  E. 

19  «Vf  ripiagne  y  si  rinnova  il  pianto  fatto  già  nella  morte  di  co- 
loro che  sono  ivi  sepolti .  Se  ne  piagne  leggono  Tedizioui  diverse  dal- 
la ^iidobeatina  ,  ^  e  il    cod  Antald.  N.  E. 

ai  Che  solo  a  pii  dà  ec.  Dar  delle  calcagne  Vide  stimolare  y  detto 
da  chi  cavalca ,  che  colle  calcagne  annate  di  sproni ,  e  anche  talvol- 
ta senza,  suole  stimolare  il  destriero:  e  vuole  dire,  che  la  rimem- 
branza de'  morti  solo  a*  pii  e  grati  uomini  dà  stimolo  di  compian- 
gerli e  di  pregar  Dio  per  loro  ,  e  non  già  ai  perfidi  ed  ingrati  che  » 
dimenticando  ogni  bene  ricevuto  da'  suoi  antenati  ,  non  ad  altro  at- 
tendono  che   ai  propri  piaceri   ed   interessi. 

22  *  Si  vid*  io  là  ,  il  cod,  Antald.  ^.  E.  —  Di  miglior  sembianzay 
ia  miglior  maniera, 

SD  24  Secondo  C  artifizio  :  secondo  le  buone  regole  della  scultu- 

t 

(a)  VeUi  Ciaoa.    Parile,    ii5    4. 
T.5I.  L 


,5^  PURGATORIO 

Quanto  per  via  dì  fuor  del  monte  avanza* 
25    Vedea   colui ,  che  fu  nobil   creato 

Più  ch'altra  creatura,  giù  dal  cielo 
Folgoreggiando  scendere   da  un  lato. 
28    Vedeva  Briareo  ,  fitto  dal  telo 

Celestial  ,  giacer  dall'  altra   parte 
Qrave  alla  terra  per  lo   mortai  gielo. 

ra  .  Venturi  — figurato  y  ornato  di  (igare  —  quanto  fuor  del  monte 
avanza  per  via  :  tutto  quel  piano  che  fuori  della  soprapposta  falda  sten* 
devasi  per  formare  air  intorno  strada. 

iS  iQ  27  yedea  ec.  Costruzione .  Vedea  da  un  lato ,  da  ana 
parte  di  quella  strada  ,  scender  giù  dal  cielo  folgoreggiando  (  allude 
al  detto  del  Hedentore  i^idebam  Satanam  sicnt  fulgur  ae  caelo  caden- 
lem  )  {a)  colui ,  Satanasso ,  che  fu  creato  piti  nobile  tV  altra  creatura  : 
perocché  sono  gli  angeli  più  nobili  degli  uomini ,  e  Satanasso  era  tra 
gli  angioli  il  piJi  nobile.  *  Pili  cT altra  creatura  lesse  il  F.  L. ,  ma 
siccome  i  codici  C/let.  Pogg.  ed  il  Sig.  Portirelli ,  non  che  la  Fui- 
ginatense  ,  leggono  Piii  c/i*  altra  ;  non  abbiamo  esitato  di  accordar- 
vi la  nostra  Edizione .  N.  K. 

28  29  3o  Vede\fa  ec.  Vedeva  dalP  altra  parie  giacer  Briareo  gi- 
gante, uno  di  quelli  che  mosser  guerra  a  Giove,  e  che  furono  per- 
ciò da  Giove  fulminati  ,  fitto  confìtto  dal  telo  celestiale  .  Appellando- 
si telo  un*  :irme  da  lanciare  {h) ,  bene  appella  Dante  telo  celestiale  il 
fulmine.  *  Celestiale  star  ec,  il  cod.  V^at.  N.  E.  —  Grave  alla  terra 
per  ec.  Essendo  ,  secondo  le  favole  ,  la  terra  madre  di  Briareo  e  de* 
giganti  di  lui  compagni,  coerentemente  fìnge  il  Poeta,  che  Briareo 
per  lo  mortai  gielo ,  cioè  per  essere  morto ,  fosse  grave ,  doloroso  « 
alla  terra. 

Brutto  miscuglio  (  grida  qui  il  Venturi  )  di  sacro  e  di  profano , 
di  verità  rivelate  e  di  favole. 

Le  oneste  favole  però ,  come  sono  queste ,  che  nel  presente ,  e 
*  seguenti  canti  fa  Dante  considerare  alle  purganti  anime,  non  so- 
no in  realtà  che  pratici  insegnamenti  di  una  sana  morale  ;  e  perciò 
esortava  Platone  ,  che  di  cotali  favole  s*  instruìssero  i  fanciulli  dalle 
loro  madri  ed  allevatrici  (r)  :  e  trovansi  delle  medesime  riferite  per- 
fino nelle  scritture  sacre  {d) . 

Contuttociò  non  fa  Dante  di  favole  e  di  fatti  scritturali  un  miscu* 
glio  ;  ma  due  distinte  serie  ne  compone  ;  e  quella  de*  fatti  scritturali 
.^  colloca  da  un  lato  della  strada,  e  V  altra  serie  de*  favolosi  avveni- 
menti ripone  ddP  altra  parte.  E  tra  gli  altri  riguardi,  due  molto  ra- 
gionevoli poterono  determinare  il  nostro  poeta  ad  ammettere  quivi  9 
oltre  gli  scritturali  fatti  ,  eziandio  le  favole .  Uno ,  per  confondere 
maggiormente  que'  che  conobbero  le  scritture  sacre ,  mostrando  loro 
per  quelle  favole  confessate  anche  da*  gentili  le  scritturali  divine 
massime  .    L*  altro  ,  per    rinfacciare    a   que*  gentili ,  che  di    là   passa- 

(n)  Log.  10   v.   18.     (i)  Vadi  il  Vocib.  della  Crusca  .    (e)  De  Reputi. 
lib.  2  •     (d)    ludic,  9  • 


ne 


CANTO     XII.  i63 

3i  Vedea  Timbrèo  ,  vedea  Pallade  e  Marte  , 
Armati  ancora  intorno  al  padre  loro  , 
Mirar  le  membra  de'-  giganti  sparte  . 

34     Vedea   Nembrotto  ,  appiè  del  gran  lavoro  , 
Quasi  smarrito  ,  e  riguardar  le  genti 
Che  'n  Sennaar  con  lui  superbi  foro  . 

TMio  (  a  Stazio ,  Traiano ,  Bifeo  ec.  )  gli  ammaestramenti  e  stimoli  ch'eb- 
bero essi  pure  a  seguire  la  virtù  ,  ed  a  fuggire  il  vizio  .  *  U  Postili, 
del  CoD.  Cast,  è  appunto  di  questo  istesso  sentimento  •.  N.  E. 

5i   32  33  Timbreo  ^  Apolline.    Tjmbraeus  Apollo    dicitur  a   loco 
Troiae  vicino  pieno  thymbm  (  erba  detta  da  noi  sasforeggia  )  (a)  in  quo 
ejus' et  nemus  est ,  et  templiim  (b)   —    Pallade    detta  anche  ìlfinerva  ^ 
elea  delle  scienze  —  Marte ,  dio  della  guerra  —  armati  ancora  intomo 
al  padre  loro  y  intorno  a  Giove    loro  padre     (e)  per    difenderlo   con- 
tro  gli  assalitori  Briareo  e  compagni  giganti.  Allusivamente  allo  scri- 
vere di  Stazio  nel  secondo   della  Tebaide  v.  693  e  segg. 
JS/on   aLittr  Geticae  (si  fas  esc  credere)  PhUgrae 
jirmatum.  immensus    Briareus   stetit  aethera    cantra 
Hinc  Phoebi   pharetras  ,    hinc    torvae  PalLadis  angues  p 
Inde  Peletroniam  praefixa   cuspide   pinum 
Martis  • 

34  35  36  Nembrotto ,  il  principal  autore  della  Babilonica  torre  » 
che  si  voleva  alta  fino  al  cielo  .  Nemrot  appellasi  nella  sacra  Gene- 
»i  {d)  ;  Nembrolle  leggono   l' edizioni  diverse   dalla   Nidobeatina  ,    le 

?[uali  però  leggono  esse  ^ure  JYemb rotto  ,  Inf.  xxxi  77  —  gran  lavoro  ^ 
a  torre  medesima  —  quasi  smarrito ,  quasi   esanimato  ,  per   la  confu- 


del  Landino  1481  che  non  meno  infelicemente  legge  superbo.  Con 
lui  insieme  /l' andò  in  Cipria  scrive  anche  il  Boccaccio  (e).  ^  A  noi  pia- 
ce col  codice  Vaticano  e  Caet.  restituire  la  parola  superbi;  che  ia 
questo  luogo  calza  s\  bene  ,  da  farci  credere  del  tutto  allucinato  il 
Lombardi  col  Landino  e  il  suo  codice  corsiniano  .  Bisogna  non  avere 
un*  anima  poetica  per  intrudere  queir  insieme  sì  freddo  ,  e  che  nien- 
te J>gg»unge  al  concetto .  A  chi  non  volesse  superbi  legga  superbe , 
che  non  sarà  una  bestemmia;  ma  si  ricordi  del  ^//i/e  mo/ii/rfi/n  quoB 
generosius  perire  quaerens  d'  Orazio  .  Queste  licenze  de'  poeti ,  dice  il 
mio  dottissimo  Periìcari  ,  imitauo  il  furore  ,  e  sono  da  tollerare .  No- 
ta di  Salvatore  Betti .  N.  E.  —  Sennaar  ,  regione  in  cui  fu  intrapresa 
la  fabbrica  della  suddetta  torre  {/)  —  foro  ,  antitesi  in  grazia  della 
rima,  in  vece  ài  furo  apocope,  u  sincope  di  furono:  furono  cioè  in- 
sieme con  Nembrotto   al  lavoro  della  gran   torre. 


(a)  Cbabraeus  Sciagraph.  stirp.  class.  i8.  (b)  Servì us  ad  Virg.  Aeneid. 
Ili  85.  (e)  Che  Marte  pare  ,  siccome  Apolline  e  PalUde  ,  figlio  sia  di  Gio- 
ve te  altri  noi  dicono,  il  dice  Esiodo.  Vedi  Natal  Cónti  Mythàlog,  lìl>.  2. 
cap.  7.     (d)  Gap.  10.  1;.  8.    (e)  Gior.  3.  boy.  3.     (/)  Vedi   Cen9S.  11.  v.  a. 

L  3 


i64  PURGATORIO 

37    O  Niobe ,  con  che  occhi   dolenti 

Vedev'  io  te  ,  segnata  in  sa  la  strada  9 
Tra  sette  e  sette  tuoi  figliuoli  spenti  ! 

4o    O  Saul  9  come  'n  su  la  propria  spada 
Quivi  parevi  morto   in   Gelboè  , 
Che   poi   non  sentì  pioggia  ne  rugiada  ! 

43     O  folle  Aragne  ,  sì  vedea  io  te  , 

Già  mezza  aragna,  trista  ,  in  su  gli  stracci 
Dell'  opera  che  mal  per  te  si  fé'  ! 

46     0   Roboam  ,  già  non  par  che  minacci 

Quivi  il  tuo  segno;  ma  j  pien  di  spavento ^ 

37.38^A7o&e,  moglie  di  Anfione  Re  di  Tebe,  iiiBuperbìta  della 
prole  che  aveva  di  quattordici  figli,  sette  maschi ,  e  sette  femmine, 
non  voleva  che  il  popolo  di  Tebe  sacrificasse  a  l^atona  madre  di 
Apollo  e  di  Diana,  ma  piuttosto  a  lei  .  Per  la  c^ual  cosa  sdegnati  i 
figli  di  Intona  uccisero  a  ^iobe  i  figliuoli  tutti,  maschi  e  lemmì'^ 
ne  —  con  che  occhi  dolenti  vedev'  io  te  segnata  ,  quanto  mesta  negli 
occhi  ti  vedev*  io  scolpita  . 

4o  /|i  /|a  O  SaiU  ec,  Saulle  Re  primo  d*  Tsraelle,  uomo  superbo 
e  disubbidiente  a  Dio  .  Costui  essendo  rotto  da'  Filistei  sul  monte  GeT- 
boe ,  e  temendo  di  capitar  vivo  in  mano  de*  nemici ,  diedesi  la  mor- 
te da  se  stesso  .  Volpi  —  Che  poi  non  ec.  por  la  maledizione  data 
perciò  ad  esso  monte  da  Davide  :  niontes  Geìboe ,  ncque  ros  ,  ncque 
pluvia  veniant  super  vos  [a)  . 

43  44  45  Arafpie ,  famosa  tessitrice  di  drappi  avendo  osato  di 
sfidar  Pallade  a  chi  tesseva  meglio ,  sdegnata  la  dea  stracciolle  il  tra- 
vagliato drappo  ,  e  convertì  lei  in  aragna  ,  in  ragno .  Perciò  IJante  al- 
la medesima  Aragne  per  apostrofe  parlando  dice ,  vedea  io  te  già  mez- 
za aragna  ,  già  per  metà  in  ragno  trasformata  ,  trista,  dolente,  in  su 
gli  stracci  della  opera  ,  che  ec.  sopra  i  pezzi  <lc\V  infranta  tela ,  che 
mal,  che  per  tuo  danno  fu  da  te  ordita  .  Ragna  in  vece  di  aragna 
vollero  scritto  qui  gli  Accademici  della  Crusca  ,  quantunque  coli' au- 
torità di  pochi  testi  ,  perocché  aragna  ,  dicono  ,  i/i  questa  lingua  non 
crediam  che  vaglia  ne  ragno  ,  ne  la  sua  tela .  Diversamente  però  han- 
no di  poi  trovato  i  loro  successori  ,  compilatori  del  Vocabolario  ,  i 
quali  riportano  due  p.ìssi  del  hoccaccio  in  prova  che  aragna  ed  ara* 
gno  significano  il  mclesinio  che  ragno:  ed  all'opposto,  di  ragna  al' 
lo  stesso  senso  non  ci  arrecano  altro  esempio  che  questo  medesimo 
introdotto  in  Dante  da'  loro  predecessori  .*  Bellissima  è  la  variante  del 
cod.  Antàld.  Sì  vedeva  io  te  Già  mezza  aragna Jitta  insù  li  stracci* 
N.  E. 

46  47  48  Roboam  (  Roboan ,  V  edizioni  diverse  dalla  Nidobeati- 
na  )  figliuolo  di  Salomone,  da  cui  per  la  superba  sua  tirannia  si  ri- 
bellarono undici  tribù  ,  ed  egli  per  porsi  in  salvo  dal  loro  furore  fug- 

(a)  Reg,  Itb.  a.  cap.  i.  v.  ai. 


e  A  N  T  O    Xn.  i65 

Nel  porta  un  carro  prima  eh'  altri  1  cacci. 
49     Mostrava    ancora  il  duro  pavimento, 

Come  Alnieone  a  sua    madre   fé'  caro 

Parer   lo  sventurato  adornamento  . 

52     Mostrava  come  i  figli  si    gittaro 

Sovra   Sennacherib  dentro   dal   tempio  , 
E   come    morto   lui  quivi    lasciaro . 

55     Mostrava   la  ruina  e  '1  crudo  scémpio 

Che  fé'  Tamiri ,  quando   disse   a   Ciro  : 
Sangue  sitisti  ,  ed  io  di  sangue  t'  empio . 

gì  sopra  un  carro  in  Gerusalemme.  Li^.  5  fìeg,  cap,  \'i.  "\  entum  . — 
già  non  par  che  minacci  quivi  il  tuo  segno  (  segno  adopera  qu\  J)au- 
te  come  adoprarono  5ig7Z{/m  i  latini  per  Jìf» una  scolpita)  (r/)  non  appa- 
risce fiik  in  quel  luogo  di  gastigo  la  scolpita  tua  figura  in  queil  a- 
ria  minaccevole  colla  quale  superbamente  imperavi.  Il  cod.  ^  at.  re- 
ca Quivi  è  tuo  segno .  Ed  è  forse  liclla  lezione  ;  minacci  dipendereb- 
be asL  un  tu  sottinteso  al  vocativo  O  Iloboam,  IN.  F.  —  ma  picn  ec,  msL 
spaventata  se  la  porta  veloce  carro  lungi  dal  popolar  furore  . 

49  Mostrava  ancora  il  duro  la  ^idobeat. ,  ancor  lo  duro  ,  1*  altre 
edìxioni^  e  il  cod.  Vat.  N.  E. — duro  pavimento  ^  la  morm(<rea  scolpita 
strada  •  Nega  il  Biagioli  che  questa  strada  sia  di  marmo  ,  e  si  riporta 
a  qnello  che  narra  il  poeta  al  e.  x  v.-  qq  e  seguenti  .  N.  E. 

50  5i  Come  Almcone  ec.  Essendosi  Anfiarao  padre  d'  Almeone  oc* 
cullato  per  non  esser  condotto  alla  guerra  di  Tebe  ,  Erifile  madre  di 
Almeone,  e  moglie  d' Anfiarao  ,  per  la  superba  avidità  di  adomarsi  di 
on  ricco  gioiello  ,  che  venivale  offerto  se  indicava  ov*  era  il  di  lei  ma- 
rito ,  ne  lo  indicò:  e  per  vendicare  questo  tradimento  fatto  al  padre, 
Almeone yàc^o  pias  et  scelcratus  eodem  (//)  uccise  la  propria  madre.  E 
questo  è  ciò  che  vuol  Dante  significare  dicendo  che  fé  a  sua  madre 
parer  caro  ,  cioè  di  troppo  caro  costo ,  qual  era  quello  della  propria 
▼ita,  lo  sventurato  adornamento . 

51  53  54  Mostrava  come  ec.  Sennacherib  Re  superbissimo  degli 
Assirj  ,  ammazzato  da  due  suoi  figliuoli  in  un  tempio  ,  mentre  faceva 
orazione  agl'idoli  (e)  .  Volpi  .  £  come  morto  lui  quivi  Insciarv  legge  la 
^idobeatina  meglio  (  essendone  la  costruzione  ,  e  come  quivi ,  nel  tem- 
pio ,  lasciarono  lui  morto  ) ,  ove  1'  altre  edizioni  leggono  e  come  morto 
lui ,  quivi  '/  lasciaro  . 

o5  56  57  La  ruina  ^  e '*l  crudo  scempio,  che  Je*  Tamiri  quando  ec, 
L*  uccisione  dee  intendersi  di  Ciro  Re  Persiano  invasore  della  Scitia  , 
e  di  ducentomila  di  lui  soldati  fatta  da'  Sciti  sotto  il  comando  della 
loro  Regina  Tamiri ,  quando  in  seouela  di  tanta  vittoria  ,  avendo  essa 
Regina  fatto  cercare  il  cadavere  di  Ciro  ,  e  fatto  immergere  il  reciso 
di  lai  capo  in  un  vaso  pieno  d'  umano   sangue ,  sntia  (  (fisse  )  te  san- 


(a)    Vedi  Kob.  Stef.    Thes.  ling.    Lat.     (b)   Ovid.    Metam.  IX  409. 
(O  Reg.  4-   «9. 


i66  PURGATORIO 

58     Mostrava  come  in  cotta   sì  fuaairo 

Do 

Gli  assiri ,  poi  che  fu    morto  Oloferne  y 
Ed    anche  le  reliquie  del  martiro . 

6i     Vedeva  Troja  in  cenere   e  in  caverne. 
O  Ilion,  come  te  basso  e  vile 
Mostrava  il  segno  che  fi   si  discerne  ! 

64     Qual  di  pennel  fu  maestro  o  di   stile , 

Che  ritraesse  l' ombre  e   gli  atti ,  eh'  ivi 
Mirar  farieno   uno  'ngegno    sottile? 

gtilne  y  quem  sitisti  (f^  .  Ti  verbo  silire  italianamente  adoprato  da  altri 
pure  vedilo  nel  Anraholario  della  Crusca  — t*  empio  per/f  sazio* 
Sg  P'it  morto  Ofnfcrne  ,  fu  ammazzato  dalla  lamosa  Giuditta  • 

60  F.d  anche  le  reliquie  dt^l  mari) ro  :  e  mostrava  anche  il  resto  della 
battuta  ,  r  inseguire  cioè  che  fecero  gli  Ebrei  il  fuggitivo  esercito .  * 
Anco  j  il    coH.  Vat.  con  più   forza.  N.  E. 

61  62  63  F'edevn  Troia  er.  Troia  è  la  provincia  ,  Ilion  la  cilti 
propriamente,  sebbene  da  A  irgilio  ed  altri  poeti  antichi  spesso  Troia 
per  la  città  si  piglia  .  Dante  figura  Ilio  clRgiato  cosi  umile  ,  mirando 
alla  patetica  espressione  di  Virgil.  Cecidilque  supcii>um  Ilìum  ,  et  omnis 
humo  fumai  Neplunia  Troia  {a)  .  Venturi.  Kon  essendosi  però  ridotta 
in  cenere  e  in  caverne  la  provincia  ,  ma  la  sola  città  di  Troia  ,  par 
meglio  che  Troia  ed  Ilion  appelli  qui  Dante  la  città  stessa  ;  e  che  la 
ricordi  appellata  Ilion  per  insieme  ricordare  1'  epiteto  di  supcrbum  che 
conuette  Virgilio  con  esso  nome  ;  quasi  dica  ,  o  appellala  supcrbum 
lliuni  —  //  sef^no  ,   la  scultura  ,  il  bassorilievo  —  si  disceme  per  si  vede . 

Ci  O  disfile  la  Nidobeatina,  e  di  stile  l'altre  edizioni .  Stile  è  una 
verglietta  .sottile,  che  si  fa  di  due  terzi  di  piombo,  e  un  terzo  di  sta- 
gno ,  e  serve  per  tirar  le  prime  linee  a  cni  vuol  disegnar  con  pen- 
na  (e) . 

65  V  ombre  e  gli  ai'i  legge  la  Nidobeatiiia  e  istcssaraente  leggo- 
no ì  mss.  che  dice  di  aver  veduti  il  Daniello  :  e  dee  valer  quanto 
r effigie  e  gli  atteggiamenti  .  Sciendum  (attesta  Servio)  abati  poelas ^  et 
confuse  vel  simulacrum  ,  vel  undfram  diccre  (d)  :  ed  ombra  per  imma- 
gine ad   ugual   senso   ripete  il  poeta   nostro  nel  segu.  canto    v,   7. 

Ombra  non  gli  è  ,  né  segno  ,  che  si  paia  , 
Le  altre  edizioni  leggono  (  *  e  il  cod.  Antald.  N.  E.)  F ombre  e 
I  tratti,  che  varrebbe  quanto  gli  ombreggiamenti  e  i tratteggiamenti ,  Ma 
o  queste  figure  intagliate  nel  marmo  (e)  si  hanno  a  intendere  liassi  ri- 
lievi ,  e  non  vi  avrebbero  a  che  fare  ombm  uè  tratti  :  o  debbonsi  in- 
tendere semplicemente  segnate  nella  superficie  del  marmo  con  righe, 
a  quel  modo  che  s' incidono  in  rame  le  figure  per  farne  stampa  :  ed 
in  tal  caso  sarebbero  gli  ombreggiamenti  e  i  tratteggiamenti  una  stes- 
sa cosa  • 

66  Mirar  farieno  ec.  Accenna  essere  V  ammirazione  ,  qual  è  ,  figlia 

(rt)  lustÌD.  lib.  1.  cap.  8.  (b)  Aeneid.  Ili  2.  (r)  Baldinucci  Vocabolario 
del  disegno  art.  stile  .  (d)  Jn  VI  Aeneid.  S^I  .  {e)  Vedi  Piirg.  X  52.  55.  ec. 
ed  in  «questo    caoto  v.  26.  e  fteg£« 


e   AN  T  O     XII.  167 

67     Morti  li  morti ,  e  i  vivi  parean  vivi . 

Non  vide  me'  di    me   chi  vide  1  vero  9 
Quant' io  calcai  fin   che   chinato    givi. 

70     Or  superbite  ,  e  via  col  viso  altiero  , 

Figliuoli  d'  Eva  ,  e  non   chinate  1  volto  , 
Sì   che  veggiate   il  vostro  mal  sentiero  . 

73     Più    era  già   p^r  noi   del  monte  volto  , 

£  del  cammin    del  Sole   assai    più  speso , 
Che  non  stimava  V  animo   non  sciolto  ; 

76     Quando  colui  ,  che  sempre  innanzi  atteso 
Andava,  cominciò  :   drizza  la   testa; 
Non  è  più  tempo  da  gir  sì  sospeso. 

79     Vedi   colà   un  angel    che  s'appresta 

Per   venir  verso   noi  ;  vedi  che  torna 
Dal  servigio    del  dì  1'  ancella  sesta  . 

éeUsi  ignoranza,  e  del  corto  intendimento;  e  vuol  dire  rh' era  tale 
il  Invero  di  quelle  sculture  ,  che  avrebbe  cagionato  ainmirazlone  non 
solo  ad  uno  stupido  ingegno  ,  ma  ad  ogni  più  sottile  p  penelmnte.  *  I  ella 
è  la  variante   del   cod.  Antald.   Farien  mtrar  ogni   ingegno  sottile.  ^';E; 

67  Morii  ti  morti  ec.  le  figure  dei  morti  parpvan  proprio  uo"^*°* 
morti,  e  le  figure  de' vivi  parevan  proprio  uomini  vivi-  Pctren  in  ve- 
ce  di  parean  hanno   1*  edizionti   diverse  dalla   Nidobeatina  {a) . 

68  69  Non  vide  ce»  Costruzione  .  Fin  che  chinato  givi ,  finché  p«^ 
guardare  canuninai  chino ,  non  vide  me* ,  meglio  di  me  qitant^  '<^  ^'}y 
cai,  que' fatti  de' quali  mi  furono  sotto  i  piedi  le  immagini,  chi  *''^^ 
'/  vero  chi  all'avvenimento  de' fatti  medesimi  trovossì  presente.  ^'^* 
per  gii  ^   epentesi   in   grazia  della  rima. 

70  71  'J1  E  via  col  viso  altiero  ,  ellissi  ,in  vece  di  e  via  andate-' 
vene  col  viso  altiero  —  Eva  la  prima  madre  —  e  non  chinate  ec,  e  non 
abbassate  mai  lo  sguardo  a   considerare  i  vostri  mali   andamenti. 

75  //  animo  non  sciolto  ,  la  niente  affissa  alla  considerazione  di 
quelle  istorie  ,  e  non   curante  del  tempo  . 

76  j4tteso  ^  attento   a  ciò,    che   convenrva  operare.  Venturi. 

78  Non  è  piìi  ec,  V\\i  non  conviene  che  questi  obbietti  sospen- 
dano la   celerità   del   camminare.  *   D*  andar  ^  il    cod.  vat.  N.  E. 

80  81  Toma  al  sen>igio  del  d)  P ancella  sesta  ,  cioò  la  sesta  ora; 
che  già  era  mezzogiorno  ;  e  chiamala  ancella ,  perchè  le  ore  si  dico- 
no servitrici  e  ministre  del  Sole,  e  per  conseguenza  del  giorno,  che 
na^re  ed  ha    origine  da  esso  Sole  :  onde  Ovidio 

lungere   equn%   Titan  vehcibus   imperai  horis  : 
lussa    Deae    celerei   peragunt   (^)  . 
'~~— ^~~^— ~~— ~— ~— ^  •-  — ~ 

(a)  Vedi  la  naca  al  cani.  XIX  dell'  Inf.  v,  16.     (è)  Metam.  lib.  3.  iiS. 


T(^8  PURGATORIO 

82     Di  riverenza  gli   atti  e  1  tiso  adorna 
Sì  y  eh'  ei  diletti  lo  'nviarci  'n  suso  ; 
Pensa  che  questo   dì  mai  non  raggiorna  • 

85     Io  era   ben  del  suo  ammonir  uso 

Pur  di  non  perder   tempo  ;  sì  che  'n  quella 
Materia  non  potea   parlarmi  chiuso . 

88     A  noi  venia  la  creatura  bella, 

Bianco  vestita ,  e  nella  faccia  quale 
Par  tremolando  mattutina  stella. 

91     Le  braccia  aperse,  ed  indi  aperse  Tale; 
Disse  :  venite ,  qui  son   presso  i  gradi  , 
Ed  agevolemente  omai  si  sale. 

e  il  noeta  nostro  altrove  :  E  già  le  quattro  ancelle  eran  del  giorno 
ec,  (a)  .  Danieli  o. 

83  £i  per  a  lui,  come  Ikf.  x  ii3  disse  FaC  ei  saper,  in  vece  di 
Fate  a  lui  sapere  {h)  —  diletti  ,  sia  di  piacere .  //  viso  e  gli  atti  ador- 
na  sì  che  diletti  ec.  ,  il  cod.  Antald.  N.  E. 

8/|  Mai  non  raggiorna  ,  mai  più  non  5Ì  rifa  da  capo,  mai  non  ri- 
torna ^ 

*  85  Io  era  già  di  suo  ec.  Il  cod.   Antald.  N,  E. 

87  JVon  potea  parlarmi  chiuso ,  con  qualunque  frase  mi  avesse  par- 
lato r  avrei  sempre  inteso  . 

*  88    Fer  noi  venia  ,  il  cod.  Antald.  N.  E. 

89  Jìianco  vestita .  Grecismo  (  chiosa  il  Venturi  )  familiare  ai  poe- 
ti Latini  ,  nigra  oculos  ,  alba  genas  ec.  di  candida  veste  coperta.  Se 
(  riprende  il  Rosa  Morando  )  si  fosse  voluto  esprimere  il  pigra  ocuios, 
o  V alba  genas  ,  non  bianco  vestita,  ma  bianca  le  i^e^/i  si  sarebbe  det- 
to •  Dante  qui  di  due  vocaboli  ne  compose  uno  alla  maniera  de'  Gre- 
Ci  ,  nella  puisa  che 
tre  tali  .  O  rieri  ni  tu 
Chiabrera  grande  i 
senza  imbarazzarvi  uè  Greci  ,  né  Latini  unisce  questo  di  Dante  con  la 
Dio  mercè ,  porta  san  Pietho  ,  orto  san  Michele  e  cent*  altri  esemnj  , 
ne'  quali  dagl*  Italiani  scrittori  la  particella  di  si  tace  e  si  soltoincfen- 
de  (r)  .  *  Hianco  vestito  del  cod.  Vat.  potrebbe  presso  tal'  uni  difen- 
der Dante  dell'  accusa  del  Morando  :  che  ognun  sa  vestito  essere  an- 
cor  sostantivo  .   N.K. 

pò  Tremolando  ,  scintillando .  Scintillare  (  avveilesi  nel  ^'ocabola- 
rio  della  Crusca)  comunemente  si  usa  per  nsplenderc  tremolando  ,  qua- 
sicché  nel  tremolare  paia  che  escano  scintille  —  mattutina  stella,  stella 
in  mattutino  tempo,  nel  confine  della  notte  coli' aurora;  tempo  in  cui 
per  aver  V  atmosfera  deposto  i  vapori  in  rugiada  o  brina,  sogliono 
le  stelle   apparire  più   rilucenti. 

»  —  — 

(0)  Pnrg.  XXU   118.     (i>)  Vedi  quelli  nota  .     (e)  Par  tic.  ^o,  18. 


e  A  NT  O     XII.  169 

94     ^  questo  annunzio  vengon  molto  radi  . 
O  gente  umana  ,  per  volar  su  nata , 
Perchè  a  poco  vento  così  cadi  ? 
97     Menocci  ove  la    roccia   era  tagliata  ; 

Quivi  mi  battèo  l'ali  per  la  fronte , 
Poi  mi  promise  sicura  1'  andata  . 

100     Come  a  man  destra ,  per  salire  al  monte 
Dove  siede  la    chiesa   che  soggioga 
La  ben    guidata  sopra   Rubaconte, 

Jo3     Si  rompe   del   montar  l'ardita   foga  ^ 
Per  le  scalee  che  si  fero  ad  etade 
Gh'  era  sicuro  '1  quaderno  e  la  doga  ; 

94  -^  questo  annunzio  vengon  ec. ,  intendi  ad  udir  questo  annun*^ 
sia  :  accenna  i!  pauci  electi  del  Vangelo  {a) .  *  Il  (od.  Gaet.  legge  A 
questo  invito  ,  e  sembra  ,  che  si  avvicini  più  al  muiti  sunt  vocati  ec.  N.E. 

95  Per  votar  su ,  per  andare  in  Paradiso . 

j|6  A  poco  vento  :  air  urlo  di  poco  vento  di  vanagloria  '■  traslazione 
pigliata  dagli  uccelli,  a  i  quali  viene  dal  vento  il  volo  impedito,  e 
al  basso  sono  trasportali  loro  mal  grado .  Venturi  .  ^on  essendo  pe- 
rò la  sola  vanagloria  la  cagione  per  cui  pochi  si  salvano  ,  non  deesi 
pel  poco  vento  intendere  il  poco  vento  di  f^anaglona  ,  ma  il  cerlamen- 
fe    superabile  ostacolo   d'  ogni  tentazione  . 

Dubita  a  Landino  (dice  il  Venturi  )  se  questo  terzetto  lo  dica  il 
Poeta  in  persona  nropria  ,  o  pure  seguiti  P  angelo  a  favellare  ;  ed  ha 
per  vero  aire  il  duobio  non  leggiero  ne  irraeionevole  fondamento.  Quan- 
to a  me,  sembra  cerio ,  che  solo  T  angelo  potesse  per  esperienza 
per    dire  ,  che  a  queir  annunzio  vadano    gli  uomini  molto  radi . 

08*  Batte  il   cod.   Vat.  N.E. —  Per  la  Jronte  :    vale  qui   li 
ticella  per  ugualmente   che  nella   (b) . 

99  *  Il  Cod.  Caet.  legge  poi  ci  promise  ec.  Ed  il  cod.  Antald. 
hu  entrata  invece  d*  andata  .  N.  E. 

100  al  io5  Cerne  ec.  (ostruzione.  Come  per  salire  a  man  destra 
€tl  monte  dove,  su  di  cui,  siede  la  chiesa  di  S.  Miniato,  che  soggioga 
tien  sotto  air  altezza  sua,  domina,  la  ben  guidata  (  parla  ironicamen- 
te ,  e  vuole  intendersi  come  se  detto  avesse  la  sregolata  città  di  Fi- 
renze) sopra  Bubaconte  ,  in  vicinanza  (r)  del  ponte  sopr'Arno,  ap- 
pellato Hubaconte  dal  nome  di  chi  lo  fece  fabbricare,  cioè  da  M.  1  u- 
Moonte  da  Mandtllo  Milanese,  1  odestà  di  Firenze  nel  1^37,  {d)  si 
rompe  C  ardita  foga  del  montare  :  attribuisce  a  foga  V  epiteto  di  ardi- 
ta,  eroe  di  erta  ,  che  propriamente  si  converrebbe  al  montare  :  come,  tra 
gr inmunmerevoli  escmpj  ,  disse  Virgilio  «/iZ/ni  matunis  Alethes{e)  in 

(fl)  Matr.  22.  {b)  Vedi  Cinon.  Partic.  igS.  i5.  (e)  Della  pirli  cella 
sopra  per  appresso  ,  vicino  ,  vedi  Cioon.  Partic.  aSi.  7.  (d)  Gio  Villani 
lib.    6.  caji.  27.  Paolino  Pieii  an.  1237.     (e)  Aeneid.  IX  246- 


sa- 
a  par- 


Mjm  PURGATORie 

106    .Cosi  s'  allenta  la  ripa  ,  che  cade 

Quivi  ben  ratta  dall'altro  girone; 

Ma  quinci  e  quindi  1'  alta  pietra  rade  • 

109    Noi  volgend'  ivi  le  nostre  persone , 
JBeati  pauperes  spirita  9  voci 
Gantarón  si ,  che  noi  diria  sermone  • 

TCce  dì  maturi  animi  Alethes,  Vale  adunque  come  se  fosse  detto,  a 
rompe  ,  s' interrompe  si  modera  ,  la  foga  ,  fa  violenza,  delt  ardito,  erto, 
montare ,  per  le  scalee ,  per  1*  ajuto  delle  scale  ,  che  si  fero ,  ari  etU" 
de  eh*  era  ec,  sì  rifabbricarono  a  quel  buon  tempo  antico  (  chiosa  il 
Venturi)  che  in  Firenze  non  si  facevano  frodi,  e  furfa  iterie  di  falsa- 
re libri  ,  e  misure  del  pubblico  .  Allude  a  due  casi  segniti  a  suo  tem- 
po :  il  primo ,  che  uno  falsiGcò  il  libro  de'conti  del  i  ubblico  ,  strap- 
pandone una  carta  ,  e  sostituendovene  un'  altra  :  il  secondo ,  che  un 
altro  togliendo  via  la  doga  marcata  (  deve  intendersi  un  peso  o  mi- 
sura col  Sigillo  del  comune)  con  cui  si  regolava  la  vendita  dei  ge- 
neri ,  ed  altra  ne  sostituì  più  scarsa .  Male  però  il  Daniello  spiega  do- 
ga per  la  pagina  ,  che  fu  tolta  via  da  quel  libro  maestro ,  dicendo 
che  i  libri  in  quei  tempi  si  facevano  di  tavole  .  Venturi  .  lYima  pe- 
rò del  Daniello  diede  qui  cotale  ridicola  spiegazione  anche  il  Landi- 
no :  ma  poi  nel  Paradiso  canto  xvi  v.  io5  chiosa  per  toglimento  di 
doga  essersi  da'  Chiaramontesi  fraudolentementc  impicciolito  lo  stajo , 
e  dice  lo  stajo  misura  di  biade,  e  non  di  vino;  come  dal  Vellutello 
prendesi  il  Venturi . 

io6  107  Così  ec.  Così  per  via,  intendi,  di  scale  (n)  s* allenta  sì 
agevola  ad  ascendersi ,  quivi  la  ripa ,  che  cade  ben  ratta  ,  ripitla ,  tiaW 
altro  girone,  DalP alto  sprone  leggono!'  edizioni  diverse  dalla  ^ido- 
beatina  .  Oltre  però  che  in  alto  non  v'  era  il  solo  seguente  girone 
degl*  invidiosi ,  verrebbe  il  medesimo  aggettivo  a  ripetersi  troppo  pre- 
sto nel  seguente  verso. 

108  Ma  quinci  ec.  Detta  la  somiglianza  tra  la  via  di  salire  al  gi- 
rone secondo  ,  e  la  via  di  salire  sul  monte  san  Miniato  ,  acciò  non  fos- 
se inteso  ,  ch&  fosse  quella  simile  a  questa  anche  nella  spaziosità ,  ag^ 
giunge  ,  che  in  questa  V  alta  pietra  che  fa  sponda  alla  via  quinci  e 
quindi  da  una  e  dall'altra  banda,  rade,  strofina  ,  intendi  il  viandan* 
te  y  tanto  che  da  ambo  i  lati  stringelo  :  come  (avverte  il  Daniello) 
della  nave  di  Cloante  scrive  Virgilio  nel  quinto  dell'  Eneide  dicendo  : 
IIU  intcr  navemqut  Gyae  ,  scopuLosque  sonanUs 
Radit   iter  laevum  interior  (b)  . 

log  Noi  volgend*  ivi  ec  incamminandoci  noi  per  quel  viottolo. 
*  Quivi  volgendo  ,  il  Cod.  Antald.  N.  E. 

Ilo  III  Beati  pauperes  ec,  Costruzio  ne  .  T^oci  cantaron  Beati  pau- 
peres sì  ,  COSI  dolcemente ,  che  noi  diria  sermone ,  che  non  potrebbe 
con  parole  esprimersi  .  Siccome  qui  alla  purgata  superbia  fa  cantarsi 
il  vangclico  encomio  alla  povertà  di  spirilo  ,  cioè  alla  umiltà  (e)  ,  cosi 

(a)  Vedi  il  v,  92.     {h)  Vers.   169.     (e)  Sant'  Ambiogio  tra   gli  altri  ,  co- 
mentando  il  detto  di  Gesù    Cristo    Beali    pauperes   spinta  ,  Matt.  5.  Recìc 
dice  hic  intelliguntur  pauperes  spirita  ,  humiles  ,  Lib.  i,  de  sermone  Do- 
mini  in  monte  • 


e  A  N  T  O    XII.  171 

112     Ahi  quanto  son  diverse  quelle  foci 

Dair  infernali  I  Che  quivi  per  canti 
S' entra  ,  e  laggiù  per  lamenti  feroci  • 

ii5     Già  montavàm  su  per  li  scaglion  santi , 
£d  esser  mi  parea  troppo  più  lieve  9 
Che  per  lo  pian  non  mi  parea  davanti . 

118     Ond'  io  :  maestro  y  dì ,  qual  cosa  greve 
Levata  s'  è  da  me  ,  che  nulla  quasi 
Per  me  fatica  andando  si  riceve? 

121     Rispose  :  quando  i  P,  che  son  rimasi 

Ancor  nel  volto  tuo  presso  che  stinti  y 
Saranno  ,  come  Fun,  del  tutto  rasi; 

1  a4     Fien  li  tuo'  pie  dal  buon  voler  si  vinti , 
Che  non  pur  non  fatica  sentiranno , 
IMa  fia  diletto  loro  esser  su  pinti . 
127     Allor  fec' io  come  color  che  vanno 

Con  cosa  in  capo  non  da  lor  saputa  9 

Se  non  che  i  cenni  altrui  sospicar  fanno  ; 

ad  ogni  altro  del  sette  vizj  capitali  purgato  fa  di  girone  in  girone 
cantarsi  encomio  alla  virtù  contraria  al  medesimo  vizio  .  Ver  V  armo- 
nia poi  ,  che  ne  descrive  qui  di  questo  canto  ,  e  per  confronto  a 
3uanto  più  chiaramente  n*  esprime  altrove  (  nel  canto  ,  per  cagion 
'  esempio  ,  xxvii  8  di  questa  cantica  )  debbono  cotali  voci  intendersi 
degli   angeli  .  *  Cantnvan  &ì  ,  il  Cod.  Antald.  N.E. 

1 1 2  Foci  per  aperture  ,  aditi  . 

117  Che  per  io  pian  ^  intendi  camminando:  e  vuol  dire,  che  non 
solamente  saliva  qui  più  lievemente  che  altrove  salisse  ,  ma  più  iie- 
Teroente  ancora  die  in  piano  camminasse  . 

121  111  I  P  ,  ì  sette  P  impressi  dall*  angelo  in  fronte  a  Tante 
neir  in  grcsso  del  1  urgatorio  {b)  —  che  son  rimasi  ancor  nel  volto  tuo 
presso  che  stinti:  accenna  Dante  con  ciò  che  la  supeibia  ,  o  sia  il 
dispregio  della  divina  legge  (radice  ,  come  T  Ecclesiastico  avverte, 
d'  ogni  peccato)  (e)  fot  ma  la  maggior  bruttezza  del  peccato  mede- 
simo :  e  però  colla  totale  estinzione  del  primo  P  ,  cioè  del  peccato 
della  superbia ,  pone  già  rimasi  presso  che  estinti  anche  gK  altri  sei  P . 

123  Come  l  un  y  come   il   primo. 

126  Pinti ,  sinonimo  di  spinti .  '^Essere  sospinti y  il  Cod.  Antald.  N.E. 

129  *  Suspicciar  y  il  Cod.  \at.  N.E. 

(a)  Cast.  U.  112.     {b)  Cap.    io.    v,  x5. 


17»  PURO  A  T  ORIO 

i3o     Perchè  la  mano  ad  accertar  s'  ajuta  , 

E  cerca,  e  truova  ,  e  queir uficio  adeu<^^ 
Che  non  si  può  fornir  per  la  Tedata . 

i33     E  con  le  dita  della  destra  scempie 

Trovai  pur  sei  le  lettere  ,  che  'ncise 
Quel  dalle  chiavi  a  me  sovra  le  tempie . 
A  che  guardando  il  mio  duca  sorrise  . 

i33  Scempie  vale  qui  separate^  allarmi  e  ^  positura  delle  dita  pi2a 
atta  per  trovar  ciò  che  con  la  mano  cerchiamo .  Anche  scempiare  per 
separare  fu  aloprato  {a)  ;  e  per  la  separazione  che  fassi  nello  squar- 
ciarsi o  tagliarsi  in  pezzi  un  corpo  di  vivente ,  dee  cotal  atto  essersi 
appellato  scempio . 

i54  Pur ^  solamente. 

i55  Quel  dalle  chiavi  ^  T  angelo  che  teneva  le  due  chiavi,  detto 
nel  nono  di   questa  cantica  v,  wj. 

i36  ^  die  :  al  qual  atto  di  cercare  ,  e  toccare  ,  e  contar  sulle 
dita  le  incise  lettere  .  Venturi  —  sorrise ,  cioè  pianamente  ,  modesta- 
mente rise  . 

(a)  Vedi  il  Vocab.  della  Crasca  . 


fine  del  canto  duodecimo  . 


«73 

CANTO    XIII. 


ARGOMENTO     (♦) 

Giunie  Dante  sopra  il  secondo  balzo  ,  ove  si  purga  il  peccato  delT  in- 
vidia  %  trova  alcune  anime  vestite  di  cilicio  9  le  quali  avevano  Ctt- 
citi  gli  occhi  da  un  filo  di  ferro  «  e  vede  tra  quelle  Sapìa  don-- 
na   Saiiese  . 

f 

1      JL 1  ci  eravamo  al  sommo  della  scala  , 

Ove  secondamente  si  risega 
.    Lo  monte  ,  che  salendo  altrui. dismala  . 
4     Ivi  così  una  cornice  lega 

Dintorno  il  poggio  ,  come  la  primaja  ; 

Se  non  che  l' arco  suo  più  tosto  piega . 
7     Ombra  non  gli  è  ,  ne  segno  che  si  paja  ; 

3  Secondamente ,  in  secondo  luogo  —  5/  risesa  lo  monte ,  si  ta- 
fflia  ,  s' interrompe  da  un  circolare  ripiano  la  falda  del  monte .  '*'  Ri' 
lega  ,  il  Cod.  Vat.   N.K. 

3  Salendo ,  cioè  mentre  vien  salito  :  modo  di  dire  figurato  .  Così 
il  Petrarca  :  Gustando  affligge  piìi  che  non  conforta  (a)  ;  e  \irgilio  : 
UrittfNe  videndo ,  Fem'na  (^) ,  cioè  dum  videtur  •  Venturi.  Vi  è  però 
chi  li  videndo  di  Virgilio  pretende  sia  attivo  (r)  —  dismala  ,  purga 
dal   male  de'  peccati  .  Venturi  . 

4  Una  cornice,  un  finimento  della  sottoposta  ripa,  —  ^g^f  gi* 
ra  y  circonda  . 

5  Come  la  primaia  ,  dove  i  superbi  vide  punirsi  {(d)  . 

6  V  arco  suo  più  tosto  più  presto  piega  ,  è  di  minor  diametro  j 
perciocché  gira  intomo  al  monte  m  vicinanza  maggiore  all'  acuta  cima  . 

7  Ombra  non  gli  è,  ne  segno  ,  che  ec,  :  non  vi  è  ,  non  è  ivi  ,  im- 
magine,  né  scultura  esposta  all'occhio  de'rìsguardanti  .  Della  parti- 
cella gli  per  vi  od  ivi  vedi  il  A  ocab.  della  Crusca  ;  e  della  voce  om- 
bra  per  immagine ,  vedi  ciò  eh'  è  detto  nel  canto  precedente  v,  65« 
La  particella  òi  aggiungesi   a  paia  per  semplice  ornamento . 

(*)     Argomento  metrico    del    celebre  Gaspare   Gozxi  . 
Liyida    pietra    t^oesto    giro    cinge  , 
£   di    liyidi  manti    ricoperti 
Sono   gli   spirti  «  cai    V  invidia   tinge  . 
La    Divina    Giostiiia    gli   occhi   aperti 

Non    lascia    loi  ,  perchò    gaardaron    tofto 
Mentre  viveano  «  gli  altrui    beni  ,  e  i  meiti. 
Sapla   fa    Dante   di    suo  stato    accorto . 
(fl)  Pan.  I.  son.  6.    (^)  Georg,  iil.  ai5.     (e)  Vedi ,  pei  cagion  d'  esem- 
pio t  Farnabio  •    (J,)  Parg.  (^.20.  e  segg. 


,^4  PURGATORIO 

Par  SI  la  ripa ,  e  par  sì  la  via  schietta , 

Col  livido  color  della  petraja  . 
IO     Se  qui  per  dimandar  gente  s'aspetta  , 

Ragionava  il  poeta  ,  i'  temo  foiose 

Che  troppo  avrà  d' indugio  nostra  eletta  • 
|5    Poi  fisamente  al  Sole  gli  occhi  porse  ; 

Fece  del  destro  lato  al  muover  centro , 

E  la  sinistra  parte  di  se  torse . 
ì6     0  dolce  lume,  a  cui  fidanza  io  entro 

Per  lo  nuovo  cammin ,  tu  ne  conduci , 

Dicea  ,  come  condur  si  vuol  quinc*  entro  I 
19     Tu  scaldi  1  mondo,  tu  sovr  esso  luci . 

8  Par  sì  ec.  Bisogna  la  particella  sì  inten(iere  detta  in  vece  di 
così ,  e  darle  il  significato  che  a  questa  compete  di  adunque  ,  per» 
ciò  ,  o  simile  (n) ,  e  capire  istessameiite  come  se  scritto  fosse  pare  > 
apparisce  ,  perciò  schietta  ,  liscia  ,  la  ripa  ,  e  la  via  . 

9  Livido  ,  nericcio  ,  colore  della  lividura  nell*  umana  battuta  pel- 
le ,  —  petraja  ,  massa  di  pietre  spiega  il  Vocab.  della  Crusca ,  ma  qui 
della  petraja  dovrebbe  valer  quanto  dalla  pietra ,  o  delle  pietre  sem- 
plicemente .  Colorisce  la  pietra  di  questo  balzo  ,  dove  l' invidia  pur« 
gasi  ,  siccome  in  seguito  anche  il  manto  degli  stessi  invidiosi  (6)  ,  di 
livido  colore  ,  allusivamente  allo  appellarsi  livore  la  passione  mede- 
sima della  invidia . 

10  Se  qui ,  pjr  ec.  Ellissi,  e  come  se  detto  avesse  .  Se  qui  si  aS' 
petta  da  noi  frante  per  dima/idrire  quale  delle  ilue  strade  si  debba  eleg- 
gere ,  se  la  destra  o  la  sinistra . 

11  Troppo  avrà  tV  indugio  ec,  :  troppo  tarda  riuscirà  V  etetta  y 
r  elezione  ,  nostra  :  troppo  avremo  a  tardare  ad  eleggerci  per  qual 
parte  andiamo  . 

1 3  *  Poi  Jìsamente  al  Sol  gli  occhj  suoi  porse  legge  il  Cod.  Càet.  N.E. 

if\  i5  Fece  del  destro  ec,  A  tlimostrarne  ,  come  Virgilio  ,  senxa 
mutar  loco  ,  si  volgesse  verso  il  Sole  che  gli  slava  a  sinistra  ,  (  *  anzi 
a  destra  dice  il  Hiagioli  .  N.E.  )  v;ilsi  dei  termini  coi  quali  esprime- 
rebbesi  il  volgere  ai  compasso  per  descrivere  un  circolo  ,  al  quale 
cfTello  di  un  piede  del  compasso  si  fa  centro  ,  e  V  altro  piede  si  fa 
girare;  e  però  dice  che Jèce  Virgilio  del  destro  lato  centro  al  muo^ 
vere  ^  fermo  cioè  tenne  il  lato  destro  ,  e  torse  ,  aggirò  »  la  sinistra 
parte  di  se  ^  \\   lato  sinistro  . 

16  al  19  O  dolce  lume  ec.  Preghiera  al  Sole  (  chiama  il  Venturi  ) 
empia  a  prenderla  in  senso  proprio ,  Per  ridurla  a  buon  senso  ,  fo/i- 
viene  intendere  il  Sole  divino  ,  che  ha  le  sue  perfezioni ,  e  grazie  per 
raggi  ,  Anche  però  llasla  intendere  ,  che  suppone  Dante  essere  il  lu- 
me del  Sole  un  riverbero  della  stessa  divina  luce  rajjffiante  nelle  in- 


(a)  Vedi  Cinon.  Partic,  61.  2.      (b)   Versi  47.  e  48.  del  presente  canto  . 


e  A  N  T  O    X  III.  175 

S' altra  cagione  in  contrario  non  pronta  y 
Esser  den  sempre  li  tuoi  raggi  duci . 

22     Quanto  di  qua  per  un  migliajo  si  conta  , 
Tanto  di  là  eravam  noi  già  iti 
Con  poco  tempo ,  per  la  voglia  pronta  , 

a5     E  verso  noi  volar  furon  sentiti , 
Non  però  visti ,  spiriti  parlando 
Alla  mensa  d' amor  cortesi  inviti . 

28     La  prima  voce  ,  che  passò  volando , 

Vinuin  non  habent ,  altamente  disse  ; 
E  dietro  a  noi  V  andò  reiterando . 

telligenze .  Vedi  ciò  eh'  è  riferito  nel  ly  di  questa  cantica  v,  6r.  — 
tu  ne  conduci ,  ottativo  ;  quinó'  entro  non  vale  né  qui ,  né  qua ,  né  in 
questo  luogo ,  come  spiegano  il  Volpi  e  il  Venturi ,  ma  per  entro  qite- 
sto  luogo .  La  particella  quinci  a  significare  per  questo  luogo  adope- 
rala ,  tra  gli  altri   {a)  ,  Dante  stesso   in  quel  verso 

Quinci  non  passò    mai    anima    buona  (^)  : 
ed  al  medesimo  significato  rìchiedela  qui  il  retto  senso  —  come  con* 
dar  si  vuol ,  cioè  ,  si  dee  ,  si  conviene  ,  bisogna  .  Volpi  . 

20  21  Scaltra  cagion  ec,  (*  ragion  ,  il  Cod.  Antald.  N.  E.  )  Non 
fa  qui  Dante  parlare  Virgilio  che  di  viaggio  propriamente  ,  e  vuole 
stabilito  per  massima  ,  che  non  debba  T  uomo  viaggiare  di  notte  tem  • 
pò  senza  esservi  da  qualche  indispensabile  urgenza  sforzato  .  Pron- 
tare  ,  come  per  molti  esempj  nel  Vocab.  della  Crusca  apparisce  ,  vale 
stimolare ,  sforzare  •  —  li  tuo*  raggi  legge  V  edizione  della  Crusca  con 
le  seguaci  . 

32  iìfigUaio  per  miglio  ,  detto  pur  da  altri  anche  in  prosa  •  Vedi 
il  Vocab.  della   Cr.  —  si  conta ,  si   reputa  . 

34  Per  la  ,  vale  a  cagion  della  —  voglia  pronta  ,  detta  nel  passa* 
to    canto  V.  118.  e  segg. 

35  F'erso  noi ,  venendoci  incontro  .    ^ 
26  Parlando  vale  proferendo  ,  gridando  . 

37  y^lla  mensa  d  amor  ec» ,  detto  metaforicamente  in  vece  di  ad 
empierti  d^ amore  ,  di  fraterna  carità,  virtù  direttamente  contraria  al 
vizio   deir  invidia  ,  che  nel  presente  balzo  si  sconta  • 

29  Vinum  non  habent .  Parole  della  santissima  Vergiiie ,  dette  per 
carità  verso  il  prossimo  alle  nozze  di  Cana  di  Galilea  ,  per  impetrar 
dal  suo  divino  Figliuolo  la  mutazione  dell*  acqua  in  vino  ,  e  con  ciò 
risparmiare  a  quegli  sposi  la  confusione  (e  perciò  attissime  a  ricor- 
dare a  chiunque  le  ode   l'obbligo  della  fraterna  carità),  \enturi. 

5o  E  flietro  a  noi  ec*. ,  dopo  che  verso  dei  due  poeti  volando 
(  coni'  ha  detto  nel  v.  25.  )  avevali  oltrepassati  . 


(a)  Vedi  il  Vocab.  delU  Cr.    (h)  Uf.  iil.  127. 


176  PURGATORIO 

3 1     E  9  prima  che  del  tutto  non  si  udisse 

Per  allungarsi ,  un'  altra  :  i'  sono  Oreste  ; 
Passò  gridando  ,  ed  anche  non  s' affisse  . 

34     O  ,  diss'  io  ,  padre  ,  che  voci  son  queste  ? 
E ,  com'  io  dimandai ,  ecco  la  terza 
Dicendo  :  amate  da  cui  male  aveste  . 

37     Lo  buon  maestro  :  questo  cinghio  sferza 
La  colpa  della  'nvidia ,  e  però  sono 
Tratte  da  amor  le  corde  della  ferza . 

3a  35  Un!  altra  ec.  Costruzione .  Passò ,  ed  anche  non  s*  affisse , 
e  ad  un  medesimo  modo  per  allungarsi ,  svanì ,  un*  altra ,  voce ,  gri- 
dando ,  r  sono  Oreste,  „  Oreste  (chiosa  il  Venturi  )  figliuolo  di  Aga- 
„  melinone  ,  e  di  Clitennesti*a  ,  celebrato  da  poeti  per  1*  amicizia  con 
„  rilade  (  a  segno  di  amare  più  la  vita  di  lui  che  la  sua  propria)  ,  e 
„  infamato  per  aver  ucciso  sua  madre  in  atto  di  praticare  con  Egi- 
„  sto  .  il  P.  d*  Aquino  per  mitigare  1'  indegnità  ,  che  un  matricida  sia 
y,  messo  in  Purgatorio  ,  lo  nomina  col  solo  primo  titolo  di  lode  : 
„  Oresti  •  cui  non  nota  fides  ?  Ma  il  capriccio  poetico  di  Dante  già 
„  s'  è  arrogata  questa  licenza  di   mettere  su  e  giii  chi  gli  piace .  „ 

Stupisco  che  non  ripetesse  ed  accrescesse  il  chiosatore  la  mede- 
sima lagnanza  nel  canto  seguente  ,  a  quelle  voci  ,  io  sono  y^glau" 
To  ec.  (a)  ,  e  molto  piii  a  queir  altre  ancideramnU  qualunque  mi  pren^ 
de  (fr)  ,  voci  di  quel  Caino  ,  cui  Dante  non  solo  dannato  suppone, 
ma  dal  cui  nome  appella   Caina  (e)  la  bolgia  stessa  de' traditori. 

Se  però  non  piaceva  al  Venturi  che  all'orecchio  degli  acciecati 
invidiosi  formassero  gli  angeli  que'  convenieuti  esempj  ,  che  all'  oc- 
chio de'  veggenti  superbi  formavano  nel  precedente  balzo  gli  scol- 
piti marmi  (  che  almeno  quelle  sacre  voci  f^inum  non  habent  (d) ,  ed 
jimate  da  cui  male  aveste  (e)  fossero  angeliche  non  par  disdicevole  )  ; 
non  poteva  certamente  ,  ben  riflettendovi  ,  persuadersi  qual  impossi- 
bil  cosa  che  siccome  infernali  spiriti  servono  talvolta  alle  aivine 
disposizioni  tra  gli  uomini  ,  senza  perciò  divenir  essi  ,  come  gli  uo- 
mini ,  viatori  ,  cosi  servissero  eziandio  nel  Purgatorio  ,  senza  essere 
purganti .  '*  Il  l'ostili,  del  (!od.  Caet.  dà  con  molto  discernimento  la 
ragione  di  codesta  licenza,  e  chiosa:  dedit  exemplum  S.  Scripturae  f 
nunc  dat  exemplum  scripturarum  gentilium  ,  scìUcet  de  Horeste ,  qui 
inter  paganos  Jfuit  sumrnae  charitatis ,  et  (sta  erempìa  paganorum  dat 
in  confusionem  Christianonim  .  Gioverà  qui  di  rileggere  ancora  la  nota 
del   P.  li.  ai  versi  28  29  3o  del  canto   xii.  N.E. 

35  56  £  come  vale  e  mentre .  —  Amate  da  cui  ec,  :  il  comando 
di   Gesii  Cristo   in  quelle  parole  ,  Diligite  inimicos  vestros  {f)  . 

37  al  /|0  *  E  il  buon  maestro  ,  il  Cod.  Vat.  e  Caet.  N.E.  —  Questo 
cinghio ,  cerchio ,  sferza  la  colpa  della  *m>idia  ,  corregge  1'  invidioso  • 
Parla  del  correrger  cotale  come  dell'  addestrare  un  indomito  puledro  ; 


(a)  Vcf  s.  159.     (^)  Vcrf.  i33.    (e)  In*",  xxxìl  5«.     (  /)  Veri.  2$,  del  pre- 
sente canto  .    (e)  Vcrs.  35.  del  presente  canto  .     (/)  Matth,  5.  v,  44. 


e  A  N  T  O     XIII.  177 

4o     Lo  fren  tuoI  esser  del  contrario  suono  : 
Credo  che  V  udirai ,  per  mio  avviso  9 
Prima  che  giunghi  al  passo  del  perdono  ; 

43     Ma  ficca  gli  occhi  per  V  aere  ben  fiso  , 
£  vedrai  gente  innanzi  a  noi  sedersi  ; 
E  ciascun  è  lungo  la  grotta  assiso  • 

46     Allora  più  che  prima  gli  occhi  apersi  : 

Guardami  innanzi ,  e  vidi  ombre  con'  manti 
Al  color  della  pietra  non  diversi . 

49    E ,  poi  che  fummo  un  poco  più  avanti  9 
Udi'  gridar  :  Maria ,  ora  per  noi  ; 
Gridar  :  Michele  9  e  Pietro  ,  e  tutti  i  santi . 

52     Non  credo  che  per  terra  vada  ancoi 

per  cui  cioè  abbisogna  e  la  Terza  per  farlo  muovere  verso  dove  si 
?aol  che  vada  ,  ed  il  freno  per  ritrarlo  da  dove  si  vuol  che  nou  va- 
da; e  dice,  che  le  di  fresco  udite  voci  sodo  lafrrza;  e  siccome  sono 
roci  d*  amoroso  invito  ,  però  ,  con  nuovo  traslato  dalle  corde  della 
Pena  a  quelle  di  un  musicale  instrumentp  ,  dicele  tratte  ;  trattate  , 
tocche  da  amóre:  ma  che  lo  fren  y  cioè  le  voci  frenanti  gl'invidiosi 
dai  correre  nel  loro  vizio  ,  vuol  esser  del  contrario  suono  ,  dee  essere 
lì  voci  minacciose  ,  di  voci  commemoranti  i  severi  divini  gastighì 
mrìcati  sopra  gì'  invidiosi  ;  come  saranno  quelle  del  seguente  cauto 
ù   Tersi   i55.  e  139. 

Anciderammi  qualunque  mi    prende  . 
Io    sono    Aglauro  ,  che  divenni    sasso  . 

41  4^  ^^^  ^io  avviso  ,  quant'io  penso  ,  —  al  pa^so  del  perdono , 
i'  pie  della  scala  ,  che  dal  secondo  al  terzo  balzo  ascende  ,  ove  sta 
1'  angelo  che  perdona  e  rimette  cotal  peccato  .  Daniello  . 
43  ^^a  ficca  il  viso  ,  il  Cod.  Antald.  N.E. 

^  l\S  E  ciaschedun  lungo  la  grotta  ,  il  Codice  Antald.  N.E.  Grotta , 
]DÌ  pare  per  rupe  ,  come  Inf.  xxi.  110. 

Andatevene    su   per    questa  grotta . 

48  Al  color  della  pietra  ,  al  livido  colore  detto  nel  i'.  o. ,  e  sim- 
boleggia un  tal  livido  manto  V  invidioso  livore ,  che  ricopri  1'  animo 
di  costoro  mentre  vissero  . 

5o  5i  Maria  ec. ,  Michele  ec.  Le  litanie  de' santi ,  nelle  quali  all' 
invocazione  di  Maria  Vergine  si  fa  succedere  quella  dell'  arcangelo 
S.  Michele  prima  d'  ogni  auro  santo  . 

Sa  Per  terra  vada  ,  vale  quanto  viva  —  ancoi  qu\  ,  e  in  due  al- 
tri luoghi  («)  dice  Dante  in  vece  d'oggi.  Riferisce  il  Rosa  Morando, 
che  il  Marchese  Maffei  crede  cotal  voce  presa  dai  Veronesi  •  Ma  anco 

I 

(a)  Pargp  sz.^.  f  e  %%%ìì\  96. 


178  PURGATORIO 

Uomo  s\  duro  ,  che  non  fosse  punto 
Per  compassion  di  quel  eh'  io  vidi  poi  ; 

55    Che  quando  fui  si  presso  di  lor  giunto , 
Che  gli  atti  loro  a  me  venivan  certi 
Per  gli  occhi ,  fui  di  grave  dolor  munto  • 

58     Di  vii  cilicio  mi  parean  coperti, 

E  r  un  sofferia  l' altro  con  la  spalla  » 
E  tutti  dalla  ripa  eran  sofferti . 

61     Così  li  ciechi ,  a  cui  la  roba  falla  , 

Stanno  a'  perdoni  a  chieder  lor  bisogna , 
E  r  uno  il  capo  sovra  l' altro  avvalla 

64     Perchè  in  altrui  pietà  tosto  si  pogna, 
Non  pur  per  lo  sonar  delle  parole  , 

(  s^g8^u"§>^  ^S^i  )  "^'^  ancoi  dicono  i  Veronesi  (  e  poco  diverso  i  Lom- 
bardi tutti   e  I  llomagnuoli  )  ,  e  ancoi  è  voce  del  Tiralo  (À^  . 

Parla  qui  il  ^  euturi  in  modo  che  sembra  di  riprovare  il  consi- 
glio di  Dante  d*  agg^^ire  ed  impinguare  la  in  allora  nascente  Italiana 
favella  con  vocid'ultri  dialetti»  Ma  risponderà  lui  per  Dante  Orazio  : 
Ucuit ,  semperaue  licebit  {b)  . 

Sv*)  Quando  fui  la  Nidob.  ,  quando  fiC  l'altre  edizioni. 

56  A  me  venivan  certi ,  mi  si  appresentnvano  con  chiarezza  tale , 
che  non  .mi  lasciavano  dubbio  di  travedimento  . 

67  Per  gli  occhi  fui  ec.  Catacresi  ,  in  vece  di  dire  furonmi  dei 
grave  dototv  spremute  dagli  occhi  le  lagrime .  Della  particella  i&  per 
dal  vedi   il   Cmoiiio  (<  )  • 

5S  Cilicio  ,  veste  aspra  e  puneente  a  dinotare  l' inquietudini  e 
punture  che  cagiona  agli  uomini  V  invidia  •  *  yii  paren  coverti  ,  il 
Cod.  Val.  N.E. 

59  60  Sofferia ,  ^  reggeva  ,  sosteneva .  Ciascuno  appoggiava  il  capo 
su  la  spalla  del  vicino  ,  e  tutti  appoggiavano  la  scniena  alla  ripa  > 
lungo  la  quale  cran  seduti  . 

61  A  cui  la  nyha  Julia  ,  a  cui  manca  provvisione  per  vivere  ,  e 
sono  perciò  costretti  a  mendicare  • 

61  A*  perdoni  y  alle  chiese  dov*è  il  perdono  ,  q  sia  l'indulgenza. 

65  Awalla ,  piega ,  abbassa .  \  edi  la  nota  al  canto  vi  di  questa 
stessa  cantica  i*.  j?» 

6.\  Perché ,  afiinché  —  si  pogna ,  antitesi  in  grazia  della  rimm  y 
in  vece  «li    si  ponga  ,  si  metta  ,  si  ecciti  . 

65  IS'on  pur  per  ce,  :  non  solamente  pel  lamentoso  gridare  • 

(a)  Osserv.  sopra  il  Parr.  canto  xxix.  1^7.  Dal  Latino  barbaro  hmmc  kodit 
riferisce  il  medesimo  Rosa  che  ripeta  il    Marchese  Maffei  1'  origine  della  vocs 
ancoi  :  e  certamente  o  haac  hodie  ^  o  hac  hodic  corrisponde  al  ijiatsi'  Oggi 
comtàne  ai  sesto  d' Italia  .       (6)  />«   ari*  po9t.  V.  58,    (e)  P^iic.  So.  S. 


e  A  N  T  O    XIII.  179 

Ma  per  la  vista  che  non  meno  agogna  . 
67     £  come  agli  orbi  non  approda  1  Sole  ; 

Cosi  air  ombre  9  di  eh'  io  parlava  ora  y 

Luce  del  ciel  di  se  largir  non  vuole  ; 
70     Ch'  a  tutte  un  fil  di  ferro  il  ciglio  fora 

£  cuce  ,  sì  com'  a  sparvier  selvaggio 

Si  £1 9  però  che  <piej(to  non  dimora  • 
73     A  me  pareva  andando  fare  oltraggio  9 

Vedendo  altrui,  non  essendo  veduto;    . 

Perch'  io  mi  volsi  al  mio  consiglio  saggio . 
76    Ben  sapev'  ei  che  volea  dir  lo  muto  : 

66  Ma  per  la  vista  ,  per  la  miserabile  comparsa  —  non  meno 
agogna .  Dee  qui  agognare  intendersi ,  non  per  bramare  ansiosamen' 
te  ,  cb*  è  il  proprio  significato  ,  ma  per  1'  effetto  di  colai  bramare  > 
eh'  è  il  cìiieaere  ,  il  ract:omandarsi  istantemente  ;  e  dèe  essere  il  sen- 
so ,  che  la  miserabile  comparsa  della  positura  del  corpo  chiede  pie- 
tà con  non  minore  istanza  di   quello  /accia  il  parlare. 

67  Non  approda  ,  per  non  arriva  ,  intendi  a  farsi  vedere .  Dal  sì^ 
gnificato  medesimo  che  hanno  i  nomi  sostantivi  proda  e  riva  appa- 
risce chiara  la  ragione  di  potersi  tra  di  loro  scambiare  anche  i  de- 
rivati verbi  arrivare  ed  approdare  —  //  Sole  per  ogni  lume  . 

68  *  Di  cK  io  parlava  ora  leggiamo  col  Cod.  Caet.  in  vece  di 
dos^  io  ec.  che  lesse  colla  comune  (  ed  ora  col  cod.  vat.  }  il  P.  Lom- 
bardi .  E  ciò  per  la  cagione ,  che  il  luogo  era  illuminato  come  si 
rileva  dal  t^.  i5  e  ^eg.  ,  e  perchè  la  privazione  della  luce  si  prova- 
va soltanto  dair  ombre ,  eh'  aveaao  gli  occhj  cucili  come  dal  v.  70 
e  seg.   N.  E. 

69  Di  se  largir  non  vuole ,  non  vuol  far  dono  di  se,  non  vuol 
loro  mostrarsi  . 

no  11  ciglio  in  vece  delle  palpebre ,  come  parti  anch'  esse  dell' 
occhio ,  ed  al  ciglio  vicine  . 

71  Com^  a  sparvier  selvaggio .  Accenna  essere  stato  costume  di 
addomesticare  gli  sparvieri  con  tener  loro  per  qualche  tempo  cuci- 
te  le  palpebre  degli  occhi . 

75  ']ì\  A  me  pareva  ec.  Costruzione.  Pareva  a  me  far  oltraggio  ^ 
di  commettere  inciviltlk  ,  andando  vedendo  ,  nell'  andar  vedendo ,  o/- 
tnd  ,  non  essendo  veduto .  Suppone ,  ed  è  veramente ,  spiacevole  co- 
sa il  sapere  d' essere  guardato  senza  poter  vedere  chi  ci  guarda ,  ed 
alleggerirsi  colai  rammarico  se  colui  che  non  si  può  alla  vista  ma* 
iiifestare  colla  persona ,  manifestasi  almeno  all'  udito  col  parlare  : 
perciò   comanda  in  sequela  ^ir^ilio  a  Dante  che   parli. 

75  Mio  consiglio ,  metonimia  ,  per  mio  consigliere ,  cioè  a   dire , 
irgilio  . 

76  Che  volea  dir  lo  muto  (  parla  di  se  medesimo  come  di  per- 
sona terza }  ,  che  voleva  io  dire  rivolgendomi  a  lui ,  quantunque  non 
parlassi  • 

M  a 


i8o  PURGATORIO 

E  però  non  attese  mia  dimanda  , 

Ma  disse  :  parla  ,  e  sii  breve  ed  arguto  . 

79     Virgilio  mi  venia  da  quella  banda 

Della  cornice ,  onde  cader  si  puote , 
Perchè  da  nulla  sponda  s' inghirlanda  . 

82     Dall'  altra  parte  m' eran  le  devote 

Ombre  ,  che  pe*  V  orribile  costura 
Premevan  si ,  che  bagnavan  le  gote . 

85  Volsinii  a  loro  ,  ed  :  o  gente  sicura  , 
Incominciai  »  di  veder  l' alto  lume 
Che  ']  disio  vostro  solo  ha  in  sua  cura  ; 

88    Se  tosto  grazia  risolva  le  schiume 

Di  vostra  coscienza ,  si  che  chiaro 
Per  essa  scenda  deUa  mente  il  fiume  » 

78  Sii  breve  ed  arguto .  Avverte  il  P.  d'  Aquino  non  essersi  osaUi 
dal  >'oeta  la  parola  arvtiio  per  servire  alla  rima  ,  ma  al  senso  ;  e  per- 
chè essendo  i  cicchi  di  mente  meno  distratta  ,  sta  bene  il  parlare  con 
esso  loro  con  brevità  ed  arguzia  .  Venturi  . 

*  79  Lamia  invece  di  banda  ha  il  cod.  Vat.  N.  E. 

80  Della  cornice,  della  strada  che  a  guisa  di  cornice  terminava 
la  sottoposta  falda  del  monte  . 

81  S* inghirlanda  y  si  cinge. 

83  84  Orribile  costi  tra.  Costura  vale  cucitura:  vedine  altiù  escm- 
pj  nel  Vocabolario  della  Crusca  .  Vuole  Dante  qu\  esprimerci ,  che 
tanto  era  il  dolore  in  quelle  anime ,  che  quantunque  avessero  cucite 
le  palpebre  ,  nondimeno  trapelavano  le  lagrime  fuori  della  cucitura 
a  Bagnar  loro  le  gote .  Nò  poi  V  epiteto  di  orribile  vale  rozza ,  non 
ragguagliata  ,  e  liscia  ,  come  spiega  il  \  enturi  (  domine  !  )  ,  ma  spa- 
ventevole ,  come  ognuno  intende  dover  essere  la  cucitura  delle  pal- 
pebre . 

86  L*  alto  lume  ,  Iddio  . 

87  Che  V  disio  ec.  :  a   cui  solamente  il   disio  vostro  aspira . 

88  89  90  Se  y  vai  qui  ,  come  altrove  è  detto  ,  ugualmente  che  ti 
deprecativo  sic  de'  Latmi  —  schiume  di  vostra  coscienza  ,  Come  la 
schiuma  significa  la  impurità  dell'  acqua  ,  cosi  la  pone  qu\  per  la  im- 
purità della  coscienza .  T3uti  [a)  :  —  sì  che  chiaro  ec.  Per  fiume  delr 
la  mente  intendono  gì'  interpreti  chi  le  voglie  e  i  desideri ,  chi  11  co- 
noscimento .  Io  intendo  tutto  ciò  che  dalla  mente  esce ,  e  pensieri 
ed  affetti;  i  quali  supponendo  Dante  contrar  macchia  dalla  impura 
coscienza ,  intende  conseguentemente  dovere  ,  purgata  che  sia  la  co- 
scienza ,  scendere  ,  uscirsene  chiari . 

(a)  Ciiico  nel  Vocabolario  della  Cxaica  alla  voce  schiuma  {•  i. 


CANTO    XI  III 


iSi 


91     Ditemi  (  che  mi  fia  grazioso  e  caro  ) 

S'  anima  è  qui  tra  voi  che  sìa  latina  y 
E  forse  a  lei  sarà  buon  s' io  1'  apparo  • 
^     O  frate  mio  ,  ciascuna  è  cittadina 

D' una  vera  città  ;  ma  tu  vuoi  dire  , 
Che  vivesse  in  Italia  peregrina. 
97     Questo  mi  parve  per  risposta  udire 

Più  innanzi  alquanto  che  là  dov'  io  stava  ; 
Ond'  io  mi  feci  ancor  più  là  sentire  . 
100     Tra  r  altre  vidi  un'  ombra  ,.  eh'  aspettava 
In  vista  ,  e  se  volesse  alcun  dir  :  come  ? 
Lo  mento  ,  a  guisa  d'  orbo  ,  in  su  levava . 
io3     Spirto  ,  diss'io  ,  che  per  salir  ti  dome  , 
Se  tu  se'  quelli  che  mi  rispondesti , 

91  *  Ditene  ,  il  cod.  Antaìd.  N.  E.  —  Che  mi  sia  grazioso  ec. ,  che 
mi  sadi  di  gradimento  e  piacere  . 

gi2  Latina  per  Italiana,  dal  Lazio,  parte  dMtalia   la  pi2i  celebre. 

93  L'apparo  ,  la  imparo,  la  conosco  :  e  dice  che  forse  sarà  per 
lei  baono  il  conoscerla  ,  per  giovamento  che  possa  arrecarle  colle 
orazioni  sae  e  d*  altrui .  *  E  forse  lei  fia  buon  se  io  lo  ^mparo ,  il 
cod.  Antald.  N.  E. 

94  95  96  Ciascuna  è  cittadina  ec,  È  questo  come  a  dire  :  tu  par- 
li con  noi  come  parleresti  con  uomini  ancor  peregrini  sopra  la  ter- 
ra :  noi   non    contiamo  più   altra  ,  che  la    vera    citta ,  la   vera  nostra 

Satria  ,  eh'  è  il  cielo  ,  già  a  noi  destinato  ;  dovevi  adunc[ue ,  per  sod- 
isfare il  tuo  desiderio  ,  chiedere  in  vece  ,  qual    di  noi    vivesse  una 
▼olia   peregrina  in  Italia  .  Allude  probabilmente  a   quella  di  S.  Paolo  : 
/om  non  estis  kospites  ,  et  advenae  ,  sed  estis  cives  sanctorum  ec,  (a)  • 
So  Mi  feci  ancor  piti  là  sentire ,  avvicinandomi    più  d'  appresso 
a  quello  ,  che  risposto  m'  avea  .  Venturi  . 

100  loi  102  Che  in  vista  aspettava,  che  faceva  sembianza  di 
aspettare  qualche  replica  da  me  .  Venturi  .  —  Se  volesse  alcun  dir  : 
conM  ec, ,  se  taluno  volesse  dirmi  :  Come  poteva  sembrare  in  vista 
«li  aspettare  la  mia  replica  alla  sua  risposta  ?  mentre  pure  aveva  ser- 
rati gli  occhi  ,  che  son  quelli  che  più  d'  ogni  altro  fanno  la  spia 
de'  nostri  affetti  :  (  risponde  Dante  medesimo  a  questa  obbiezione  che 
si  fa  )  eccolo  come  :  teneva  il  viso  alzato  in  su  ,  come  fanuo  i  cie- 
chi >  quando  vogliono  ascoltare  altri  ,  o  parlar  essi  .  Venturi  .  ^  A 
guisa  d^orbo  il  mento  in  su  levava  ,  il  cod.  Antald.  N.  E. 

]o3  Salir  f  intendi  al   cielo  —  dome  ,  antitesi   in  grazia  della  ri-' 
ma  9  per  domi .  Domare  significa  propriamente   rèndere   mansueto ,  e 

truUaoile ,  ma  qui  sta  per  mortificare,  e  purgare. 

_ . . , i 

(a)  Ad  EphtSé  I  V.  19. 


i89  PURGATORIO 

Fammiti  conto  o  per  luogo  o  per  nome  # 
ìcS    Io  fui  sanese,  rispose  ;  e  con  questi 
Altri  rimondo  qui  la  vita  ria , 
Lagrimando  a  colai  che  se  ne  presti  • 
109    Savia  non  fui,  avvegna  che  Sapia 

Fossi  chiamata  ;  e  fui  degli  altrui  danni 
Più  lieta  assai ,  che  di  ventura  mia . 
I J2     £  9  perchè  tu  non  credi  ch'io  t'inganni, 
Odi  se  fui ,  com'  i'  ti  dico ,  folle  • 
Già  discendendo  l'arco  de'  miei  anni , 

io5  Confo,  cognito  (noto  perh  ha  il  cod.  vat.  N.  E.)  —  o  per 
luogo,  o  per  nome,  in  qualche  maniera,  o  dicendomi  il  tuo  nome, 
o  almeno  il   luogo    onde  fosti. 

107  108  ♦  nimendo  legge  il  Con.  Caet.  N.  E.  Rimondo  y  ripur- 
go —  lanrimando  vale  qui  con  la  ferirne  cercando  —  a  colui  intende  a 
Dio  ;  e  r  atto  del  mento  in  su  levato  di  sopra  detto  ,  poteva  agevo- 
larne l'intelligenza  —  che  se  ne  presti,  che  si  conceda  a  noi,  che 
ci  8Ì  dia  a  godere  . 

lop  no  Savia  non  fui,  avvefrna  ac.  Concettino  miserabile  (  rim- 
brotta il  Venturi  >  non  ka  poeta  di  tanto  senno.  Il  P>  d* jiquino  sa- 
viamente ha  stimato  predio  delF  opera  di  tralasciarlo ,  non  però  che 
non  fosse  capace  di  es^er  trasportato  in  Latino  senza  che  asHSSse,  tanto 
dell*  inetto ,  potendo  trarlursi  e  tirarsi  avanti  il  periodo  da  lui  inco- 
minciato così  ?  Sapiam  (  quamquam  sapientia  tantum  nomen  inane  de- 
dit  )  .  Se  vi  è  però  qualcheduno  di  gusto  guasto  ,  a  etti  tali  concetti- 
ni  in  se  medesimi  considerati  non  sembrino  sì  miserabili  ,  soddisfaC" 
ciasi  a  suo  talento ,  gli  lecchi  ,  gli  assapori ,  e  buon  prò  gli  faccia , 
gli  ponga  etsdi  anco  in  opera ,  rinovando  le  sconcezze  delV  oggi  mai  af- 
fatto screditato  secento ,  senza  invidia  ,  seque  et  sua  solus  amabit  * 

Miserabile  ed  importunissimo  cicaleccio  direi  io  piuttosto  que- 
sto del  Venturi  :  imperocché  la  convenienza  ,  o  disconvenienza  dc| 
costumi  al  nome  fu  e  sar«\  sempre  irreprensibilmente  notata  da  chi 
parla  o  scrive  ,  massime  con  brevità  e  di  passagf[io  ,  come  fa  Dan- 
te ;  né  qui  consiste  il  male  del   secentesimo.  Il  piii   bello  però   è  il 


di  *?iena  sec.  il  Postill.  Cass.  ,  N.  E.  )  e  visse  bandita  di  Siena  a 
Colle  ,  ove  essendo  rotti  i  Senesi  dai  Fiorentini  ,  essa  che  grande- 
mente odiava  i  cittadini  suoi ,  ebbe  di  ciò  grandissimo  piacere  e  con- 
tento .  Daniello  . 

114  Discendendo  P  arco  ec.  Fa  qui  Dante  ch'esprima  Sapìa  l'in- 
cominciamento  di  sua  vecchiaja  coerentemente  a  quanto  scrive  egli 
nel  Convito  ,  che  procede  la  nostra  vita  ad  immagine  d^  arco  >  mon- 
tondo  e  discendendo  (a)  . 

(a)  Tratt.  4  cip.  23. 


CANTO    XIII.  it3 

1 15     Erano  i  cìttadin  miei  presso  a  Colle 

In.  campo  giunti  co'  loro  avversari  ; 
Ed  io  pregava  Dio  di  quel  eh'  e'  volle  • 

11^     Rotti. fur  quivi,  e  volti  negli  amari 

Passi  di  fuga  ;  e  ,  veggendo  la  caccia  , 
Letizia  presi  a  tutt'  altre  dispari , 

I  ai     Tanto  eh'  i'  volsi  in  su  V  ardita  faccia 

Gridando  a  Dio  :  ornai  più  non  ti  temo  ; 
Come  fé'  il  merlo  per  poca  bonaccia  • 

1  ^4     Pace  volli  con  Dio  in  su  lo  stremo 

Della  mia.  vita  ;  ed  ancor  non  sarebbe 
Lo  mio  dover  per  penitenzia  scemo  j 

ii5  ii6  Colle  y  cltla  pìcciola  ,  situata  sopra  d'una  collina ^  pres- 
so  Volterra .  Volpi  •  -r*  6V  loro  avversari  »  co'  Fiorentini . 

117  *  £d  i'  pregni  Dio,  il  Cod.  Vat.  N.  E.  —  Di  quel,  eh!  e\ 
volle ,  dì  quella  rotta  tnedéiima  >  che  volle  anche  Dio  che  i  Senesi 
riportassero . 

119  120  La  caccia  y  che  dava  1'  esercito  Fiorentino  al  Sanese  —  a 
tute  altre  la  ?iidob* ,  d^  àf^  altra  l'ediz.  diverse  '^  e  il  Cod.  Vat.  N. 
£•  —  dispari  per  maggiore. 

lai  yòlsi  'n  su  la  Kidobeatina  ,  le^ai  'n  su  V  altre  edizioni ,  *  e 
il  Cod.  Vat.   N.  E. 

1 22  Ornai  più  non  ii  temo .  Accenna  di  non  aver  desiderato  da 
Dio  altro  che  la  disfatta  de' suoi  concittadini ,  e  di  non  aver  temu- 
to da  esso  altro  che  il  contrario  di  quanto  bramava  • 

123  Come  fé  il  merlo  ec.  Così  leggono  la  Jiidobeatina  ed  altre 
antiche  edizioni  e  parecchi  testi  veduti  dagli  Accademici  della  Cru- 
sca, ove  l'Aldina  edizione,  e  quella  de' prefati  Accademici,  e  tutte 
le  moderne  seguaci  leggono ,  Come  fa  ^l merlo .  Appellansi ,  se  non. 
altrove ,  in  Lombardia  certamente  ,  giorni   della  merla  i  tre  ultimi  di 

Sennajo;  e  favoleggiasi,  che  tali  si  appellino,  e  sieno  ,  come  d'or- 
inario sogliono  essere ,  molto  freddi  a  cagione  di  vendetta  ,  che  con'*< 
tinoa  tuttavia  a  far  gennajo  contro  della  merla  ,  la  quale  seutenda 
ima  volta  intorno  a  que'  dì  mitigato  il  freddo  ,  vantossi  di  non  più 
temer  di  gennajo .  Solamente  con  questa  favola  ,  che  gì'  interpreti  pure 
ricordano  {a)  ,  e  colla  lezione  come  fé  il  merlo  ^  può  divenir  chiaro 
e  sensato  il  paragone  che  vuole  Dante  dalla  invidiosa  donna  recalo. 
Senza  di  cotal  favola  che  intenderem  noi  domine  che  faccia  il  mer- 
lo per  poca  bonaccia  ?  P 

124  Pace  volli  con  Dio  in  su  ec.  vicina  a  morte  mi  pentii  de*^ 
gravi   mici  falli ,  e  rimisimi  in  pace  con  Dio  • 

123  al  129  Ed  ancor  non  sarebbe  ec,  :  se  non  fosse  stato  Pietro 
Pettinagno    eremita   Fiorentino  .  (  *  Il  Postillatore  del  Codice  Cassi- 

(a)  V«ai ,  tra  gli  altri  ,  VallataUo  •  DaaiaUo . 


i84  PTJRGAT'ORlO 

197  Se  ciò  non  fosse ,  eh'  a  memoria  m' ebbe 
Pier  Pettinagno  in  sue  sante  orazioni , 
A  cui  di  me  j  per  carìlade ,  increbbe  . 

i3o     Ma  tu  chi  se'  9  che  nostre  condizioni 

Vai  dimandando  ,  e  porti  gli  occhi  sciolti , 
Sì  com'  io  credo  ,  e  spirando  ragioni  ? 

1 33     Gli  occhi  9  diss'  io ,  mi  fieno  ancor  qui  tòlti  y 
Ma  picciol  tempo  :  che  poch'  è  V  offesa 
Fatta ,  per  esser  con  invidia  volti  4 

1 36     Troppa  è  più  la  paura  ,  ond'  è  sospesa 

L' anima  mia  ,  del  tormento  di  sotto  j 
Che  già  lo  'ncarco  di  laggiù  mi  pesa . 

139 .  Ed  ella  a  me  ;  chi  t'ha  dunque  condotto 
Quassù  tra  noi ,  se  giù  ritornar  credi  ? 
Ed  io  :  costui  eh'  è  meco  ,  e  non  fa  motto  r 

ì^%    E  vivo  sono  ;  e  però  mi  richiedi , 

Spirito  eletto  ,  se  tu  vuoi  eh'  io  muova 
Di  là  per  te  ancor  li  mortai  piedi  • 

ncnse  lo  fa  Sanese*  N.E.  )  il  qaalc  avendo  compassione  di  lei ,  orando  le 
impetrò  grazia  di  andar  tosto  al  Purgatorio,  ella  sarebbe  ancora  nell'an- 
tipurgatorio ;  ove  abbiamo  veduto  che  stanno  coloro  che  hanno  indugia- 
to il  pentirsi  insino  al  fine  della  vita  T  come  dice  Sap\a  di  avere  indu- 
giato ) .  Daniello  .  —  caritadc  la  ^idoDeatina  ,  cantate  l'altre  edizioni* 

i3i  i52  Porti  gli  occhi  sciolti  ec.  Degli  occhi  se  sciolti  sieno  ne 
parla  in  dubbio  ,  perchè  non  vede  ;  del  ragionare  spirando  con  as- 
severanza certa  1'  afferma ,  perchè  ci  sente  (  cioè  per  qualche  diAicol- 
tii ,  ed  interrompiraento    di  voce).  Venturi. 

i33  i34  i35  Gli  occhi  diss'  io  ec.  Qu\  pure  riceverò  il  tormento  che 
dà  questo  balzo  della  cucitura  degli  occhi,  ma  per  poco  tempo  y 
perocché  poca  è  1'  offesa  da  me  fatta  a  Dio  col  mirare  invidiosamen- 
te r  altrui  bene . 

.  i36  i37  i38  Troppa  h  più  ec.  Troppa  più  è  la  psiura  del  tormenta 
di  sotto  ,  del  veduto  tormento  che  si  dà  ai  superbi  nel  balzo  di  sotto  r 
ond*  è  sospesa ,  per  cui  è  talmente  in  apprensione,  l'anima  mia,  che 
già  fin   d'  ora    pnrmi  d'avere  indosso  gli  smisurati  pietroni  di   laggiù. 

i/jo  Giii  al  tormento  iti  sotto  .  *  iVe  laggiù  tornar  civdiy  il  Cod.Aut.N^. 

i/\ì   jy  on  fa  motto  i  non    parla. 

143  i/|/|  ih*  io  m-  Oifa  di  )à  per  te  ancor  (  come  per  altri  ho  pro- 
messo di  Tire  )  //  mortai  piedi,  che  vada  cioè  ad  avvisare  di  tuo  bisogno- 
so stato  i  tuoi  perenti  ed  amici.  ^  Di  là  in  parie  ancor  ec. ,  il  Cod.  Yat. 
!<•  E.  — -  lì  morta  piedi  leggono  l' edizioni  diverse  dalla  Nidobeatina  • 


e  A  N  T  O    IC  II  1 .  i85 

145     O  questa  è  a  udir  s\  cosa  nuora , 

Rispose  ,  che  gran  segno  è  che  Dio  t' ami  I 
Però  col  prego  tuo  talor  mi  giova . 

148     E  chieggioti ,  per  quel  che  tu  più  brami  5 
Se  mai  calchi  la  terra  di  Toscana , 
Ch'  a'  miei  propinqui  tu  ben  mi  rinfami . 

i5i     Tu  gli  vedrai  tra  quella  gente  vana 

Che  spera  in  Talamone  ,  e  perderagli 
Più  di  speranza  eh'  a  trovar  la  Diana  ; 
Ma  più  vi  perderanno  gli  ammiragli . 

if\5  y^  udir  per  ad  udirsi,  —  sì  cosa  nuova,  cosa  sì  nuova ,  ed  insolita. 

i5o  Mi  rinjami  y  o  per  mi  ricordi,  ovvero  per  mi  rendi  in  fama 
(ii  salva  ;  raeutr'  essi ,  pel  mio  pessimo  operare  sino  al  fine  della  vi- 
ta ,  mi   tengono  per  dannata  . 

i5i   Gente  vana,  È  proprio  e  peculiar  vizio   de' danesi  la  Tanità< 

i52  i53  Cile  spera  in  Talamone  ,  Hanno  speranza  ,  avendo  acqui- 
stato il  porto  di  Talamone,  di  diventar  grandi  uomini  in  mare.  Talamone 
è  castello  e  porto  al  fine  della  Maremma  di  Siena .  Landino  .  —  e 
perderagli ,  dee  secondo  me  valer  quanto  ma  perderavvi ,  cioè  perde- 
rà ivi  ,  in  quello  ,  essa  gente  vana .  Dell«  particelle  e  per  ma ,  e  gfi 
per  vi  vedi  il  Cinonio  (a) .  Del  medesimo  senso  pare  ctie  supponga- 
no la  particella  gli  anche  il  '\el lutei! o  ,  e  il  Daniello  .  Altri  intendo-  , 
no  che  perderagli  vaglia  perderà  loro  ,Jarà  loro  perdere.  Al  vi  pitit- 
ieranno  però  gli  ammiragli,  che  siegue  a  dire,  si  confa  meglio  il 
perderavvi  la  vana  gente  —  eh*  a  trovar  Diana  .  Dicono ,  e  forse  fabu- 
losamente ,  essere  stata  per  altri  tempi  vana  opinione  de'  Senesi ,  che 
sotto  terra  passasse  per  la  loro  città  una  riviera  ,  la  qual  domandava- 
no Diana  ,  e  che  ,  non  senza  grande  spesa  ,  feron  cavare  in  molti 
luoghi  per  trovarla  .  Vellxjtello  . 

i54  *  Ma  pili  vi  perderanno  .  Cos\  il  Cod.  Gas.  e  TAntald.  che 
noi  abbiamo  preferito  nel  nostro  testo .  Metteranno  ,  la  comune  e  il 
Cod.  \at.  Il  P.  L.  che  siegue  questa  lezione  è  costretto  a  fare  la  se- 
guente glossa.  N.  E.  Dee  qui  mettere  essere  detto  dal  Latino  amU- 
fere ,  che  rimettere  dicesi  volgarmente .  E  vuol  dire  ,  che  speranza 
maggiore  ,  o  fors'  anche  impiegato  danaro  ,  vi  perderanno  quelli  ,  i 
quali  già  per  cotal  porto  si  credono  dover  essere  comandanti  di  flot- 
te. *  Ma  il  Postillatore  del  Cod.  (  rssin.  va  più  innanzi,  e  fino  alla 
perdita  della  vita  ;  aggiugnendo  :  omni  anno  mittunt  ammiraglios ,  qui 
armaiiB  galeari  m  hahent  assistere  ,  ^/  cum  sunt  ibi  propter  malum 
aerem  ut  plurimum  moriuntur .  Da  questa  nota  giudiziosainente  infe- 
rì il  P.  Ab.  di  Costanzo  ,  che  il  Vostilbttore  vivesse  ne'  tempi  a  Dan- 
te vicini ,  quai\f]o  cioè  i  Sanesi  coltivavano  ancora  1*  idea  di  forma- 
re  del  porto  di  Talamone   un  emporio  .  N.  £• 

(a)  Panie.  100,  i8    e  118  a. 

Fine  del  canto  dedmo^erzo  . 


i86 

CANTO    XIV 


ARGOMENTO  (*) 

Continua  il  Poeta  il  purgamento  del  peccato  delta  invidia  i  €  mostra 
di  trovare  sul  medesimo  balzo  M*  Guido  del  Duca  da  Brettinoro  9  e 
M,  Rinieri  4*  Calboli  di  Romagna  • 

I  v^hi  è  costui  che  1  nostro  monte  cerchia 
Prima  che  morte  gli  abbia  dato  il  volo  j 
Ed  apre  gli  occhi  a  sua  voglia  e  coperchia  ? 

4    Non  so  chi  sia  ;  ma  so  eh'  ei  non  è  solo  : 
Dims/ndal  tu  che  più  gli  t' avvicini  j 
£  dolcemente  ,  si  che  parli  a  colo  • 

7     Cosi  due  spirti ,  l' uno  all'altro  chini , 

^  I  Chi  e  costui  ec.  Parla  M.  Guido  del  Duca  di  Bretllnoro  pon  M, 
Rinieri  de*  Calboli  da  Forlì ,  i  quali  stavano  ascohaudo  il  ragionare 
che  si  faceva  tra  Sapìa  e  Dante ,  persona  di  voce    forestiera ,  e   che 

Sia  aveva  detto  èsser  vivo  in  carne  e  ossa  ;  del  che  ammirati  questi 
ne  orbi  tra  se  discorrono  .  Venturi  .  *  Il  Postillatore  del  Cod.  Caet. , 
dopo  aver  annunciato  i  due  stessi  soggetti  qui  fuentnt  de  HomandiO" 
la ,  aggiunge  :  qui  fuerunt  valde  invidi ,  et  istos  iniroducit  Audor  vo^ 
ìens  aemoììstrare ,  quod  in  liomandiola  maxime  regnabat  invidia  .  N. 
E.  —  cerchia  ,  gira   intorno  : 

3  Gli  abbia  dato  il  volo  y  sciogliendolo  dai  lacci  del  corpo  • 
Venturi  . 

3  Coperchia ,  cuopre .  *  Ed   apre   e  chiude  gli   occhi .  N.  E. 

6  *  Sì  che  parli  a  colo  .  Così  legge  il  Cod.  Cass.  ed  il  suo  Po- 
stillatore su  la  parola  a  colo  nota  perfecte ,  aggiungendo  in  margi- 
ne un  dottrinalo  dell*  Etimologie  di  .S.  Isidoro  fJb,ì,  e.  i8.  secondo 
il  quale  parlare  a  colo  significherebbe  parlare  a  coppella  ,  risponde^ 
re  a  martello  .  Così  legge  pure  il  Cod.  Vaticano  .  Questa  lezione  ci 
è  sembrata  preferibile    alla  comune  sì  che  parli,  accolo:  come    leg- 

Sono  anche  il  Lombardi  e  il  Hiagioli  ,  spiegando  acroio  per  sincope 
i  accoglilo  y  egualmente  a  tolo  per   toglilo  (/i).  N.  K. 

7  Vano  alC altro  chini:  atteggiamento  delle  persone,  e  massi- 
inamente  dei   ciechi  ,  quando  tra   di  loro   consultano . 

(*)     Argomento  metrico  del  celebre  Gaspare  Gozzi  . 
Guido  del  Duca  il  Poeta  ritrova  , 
«E  Rinieri  da  Calboli  ,  che  stanno 
Purgando  invidia  in  quella  vita  nova  . 
E  mentre  insieme  a  passo  a  passo  vanno  , 
h'  un  di  qoe'  doe  di  lor  paese  il  vizio 
Va  ricordando  con  doglioso  affanno  . 
Dando  d*  un  mal ,  eh'  avvenir  deve  ,  indizio  • 
(')  Burchiello  part.  a.  son.  3. 


e  A  N  T  O    XIV.  .  187 

Ragionava!!  di  i!!e  ivi  a  mai!  dritta  : 
Poi  fer  li  visi ,  per  dirmi  ,  supini . 

IO    E  disse  r  uno  :  o  anima  che  ,  fitta 

Nel  corpo  ancora  ,  inver  lo  ciel  ten  vai , 
Per  carità  ne  consola  ,  e  ne  ditta 

j3    Onde  vieni  e  chi  se'  ;  che  tu  ne  fai 

Tanto  maravigliar  della  tua  grazia  9 
Quanto  vuol  cosa  che  non  fu  più  mai  • 

16    Ed  io:  per  mezza  Toscana  si  spazia 

Un  fiumìcel  che  nasce  in  Falterona  9 
E  cento  miglia  di  corso  noi  sazia  : . 

19     Di  sovr'esso  rech'  io  questa  persona  . 

Dirvi  eh'  io  sia  ,  saria  parlare  indarno  : 
Che  '1  nome  mio  ancor  molto  non  suona  • 

2a     Se  ben  lo  'ntendimento  tuo  accamo 

9  Li  visi  y  le  facce  —  per  dirmi ,  supini  .  Essendo  qae' ciechi  lun- 
go la  ripa  seduti  (a)  ,  dovevano  per  parlare  a  chi  stava  in  piedi  al- 
zare in  su  la  faccia .  *  Può  ripetersi  ancora  dall'  uso  de'  ciechi ,  nel 
parlare  ,  o  nell*  ascoltare  altri  che  parla  esposto  al  v.  io3.  del  e.  xiii  N.E. 

10  V  imo ,  cioè  M.  Guido.  Venturi.  — Jitta  per  chiusa. 
*  Il  In  verso  il  del,  il   Cod.   Antald.  N.  E. 

la  IVe  ilitta  y  ne  di'.  Allo  stesso  significato  adopera  dittare  an- 
che  il  Petrarca . 

Colui  ,  che  del  mio  mal  meco  ragiona  , 
Mi  lascia  in  dubbio  ;  sì  confuso  ditta  (b)  • 

14  Della  tua  grazia,  del   favore  dal  cielo  a  te  concesso. 

1 5  f^uol  per  cagiona  ,  Ja  . 

16  17  Per  mezza  Toscana ,  in  vece  di  per  mezzo  della  Tosca' 
tUL  —  si  Spazia  un  Jiumicel  :  si  distende  e  dilata  un  fiume  ]picciolo 
ne'  suoi  principj  (  parla  dell'  Arno  )  .  Aektdri  .  —  che  nasce  in  Fal'^ 
terona  ,  montagna  dell'  Apennino  nello  stato  di  Firenze ,  presso  i  con- 
fini   della  Kom;)gna .  Ventvbi  . 

18  E  cento  ce.  Scrive  Giovan  Villani  essere  il  corso  dell'Amo 
di  spazio  da  miglin  i  ao.  (e)  .  Bene  adunque  dice  Dante ,  che  noi  sa- 
tia    il  corso  di  cento  miglia . 

ig  iSovra ,  per  appresso ,  vicino  (d)  :  onde  di  sovr  esso  vai  quan- 
to  di   luogo  vicino  ad  esso» 

ai  Ancor  molto  non  suona  ,  non  è  fin  ora  dalla  fama  reso  mol- 
to  cognito  • 

aa  Accamo  ,  Accamare  propriamente  significa  penetrare  adden^ 

(a)  Caot.  prec.  v.  ^5.    (fi)  Caas.  a8  i.    (e)  Lib.  i  cap.  43.     (<0  Clnon. 
Partic.  i3t  7» 


i8|  PURGATORIO 

Con  lo  'ntelletto ,  allora  mi  rispose 
Quei  che  prima  dicea  ,  tu  parli  d' Amo  • 

%5     E  r  altro  disse  lui  :  perchè  nascose  \ 

Questi  '1  vocabol  di  quella  riviera , 
Pur  com'  uom  fa  dell'  orribili  cose  ? 

%8     E  r  ombra ,  che  di  ciò  dimandata  era  y 
Si  sdebitò  COSI  :  non  so ,  ma  degno 
Ben  è  che  '1  nome  di  tal  yalle  pera  ; 

3i     Che  dal  principio  suo  (  dov'  è  si  pregno 

L'  alpestro  monte  ond'  è  tronco  Peloro  j 
Che  'n  pochi  luoghi  passa  oltra  quel  segno  ) 

34     Infin  là  've  si  rende  per  ristoro 

fno  nella  carne  ;  ma  qui  semplicemente  penetrare  addentro  .  Né  usa 
perciò  Dante  maggior  licenza  di  quella  usano  comunemente  i  Latini 
adoperando  ,  per  cagion  d'  esempio  ,  il  verbo  digiadiari  ad  esprìmere 
qualunque  combattere  eziandio  ai  sole  parole  ;  e  gtMtadiani  aiccnda 
abbracciare  (  che  propriamente  significa  ricevere ,  o  stringere  tra  le 
braccia)  auche  d*  una  sentenza,  o  di   un  consiglio. 

if\  Quei  y  che  prima  dicea  ^  cioè  M.  Rinieri  .  Venturi  . 

a5  Disse  lui  la  Nidobeatina ,  disse  a  lui  V  altre  edizioni  •  —  na- 
scose, sotto   perifrasi. 

26  Riviera  per  fiume  .  Volpi  . 

119  Si  sdebitò  ,  soddisfece   al   debito  che  aveva  di   rispondere  . 

3o  Di  tal  valle  ,  di  tal  lungo  vallicoso  tratto  di  terreno  per  cui 
Arno  scorre  ;  e  perciò  del  medesimo  fiume  siegue  a  dire .  Crie  dal 
principio  suo  ec.  Infin   là  ve  si  rende  per  ristoro  della   marina  ec» 

3i  "Si  53  Dov*  e  sì  pregno.  È  questo  pezzo  insieme  coi  due  se- 
guenti versi  una  interiezione  di  cui  dee  essere  questa  la  costruzione  • 
Dove  C  alpestro  monte  (  l*  Appennino  ,  la  catena  di  monti  ,  che  parte 
Italia  da  cima  a  fondo  )  ona  è  tronco  Peloro  (  da  cui  è  ora  tronco , 
staccato ,  Peloro  ,  quel  promontorio  della  Sicilia  ,  che  anticamente , 
.essendo  la  Sicilia  attaccata  all'  Italia  {a)  ,  faceva  un  sol  monte  con 
Apennino  )  e  sì  pregno  (  ha  le  sue  viscere  sì  d*  acqua  piene  )  che  in 
pochi  luoghi  (  in  poche  altre  sue  parti  )  passa  oltra  quel  segno  di  pre- 
gnezza .  Il  A  ellutello  seguito  dal  Venturi  ,  chiosa  pregno  per  gonfia' 
.io  et  alto .  Ma  però  ,  oltre  che  mal  si  adotta  il  termine  di  pregno 
ad  esprimere  altt'zza ,  distinguesi  poi  anche  V  Apennino  uve  nasce  Ar- 
no più  pc*r  abbondanza  d'acque  (  per  l'origine  ivi  vicina  eziandio 
del  Tevere  )  che  per  altezza  sovra  le  altre  parti  .  Excelsus  maxime 
(  dice  Ferrarlo  delT  altezza  d*  Apennino  parlando)  (h)  inler  agrum 
Pamiensem   et  fjiccnsem  :  ecco   dove   per  altezza   si  distingue. 

34  35  Là  Ve,  sinalefa ,  per  là  Oi*e  .  *  Il  Cod.  Caet.  e  V  Anlald. 

(a)  Parla  secondo  la  storia  o  favola  ,  cbe  fosse    an  tempo  la  Sicilia  attac-' 
cata  air  Italia  .  Vedi  ,  tra  gli  altri  ,  Virgilio  nell'  Eneide   uh  414  •  segg. 
(fi)  Lexìc^  geographic.  art*  Jpenninus  > 


CANTO     XIV.  189 

Di  quel  che  1  ciel  della  marina  asciuga  , 
Ond'  hanno  i  fiumi  ciò  che  va  con  loro  , 
37     Virtù  così  per  nimica  si  fuga 

Da  tutti  come  biscia  ,  per  sventura 
Del  luogo  9  o  per  mal  uso  che  gli  fruga . 
4o     Ond'  hanno  sì  mutata  lor  natura 
Gli  abìtator  della  misera  valle  , 
Che  par  che  Circe  gli  avesse  in  pastura  . 
43     Tra  brutti  porci ,  più  degni  di  galle 

Che  d' altro  cibo  fatto  in  uman  uso  , 
•Dirizza  prima  il  suo  povero  calle  : 
46     Botoli  truova  poi ,  venendo  giuso  , 

leggono  tloi*e  .  N.  K.  —  si  rende  ,  per  si  dà  ,  entra  —  per  ristoro  di 
quel  ec. ,  iu  risarcimento  di  quell'acqua  ,  che  il  Sole  dalla  marina  in 
vapori    innalza  . 

36  Onde  ec.  Dalla  qual  marina  :  seguendo  Dante  V  opinione  ,  che 
i  fiumi  traggono  la  sua  origine  immeaiatamente  dal  mare  ;  la  qual 
opinione  in  oggi  par  che  sia  la  meno  ricevuta .  Cosi  il  Venturi  ;  in  • 
tendendo  che  la  particella  onde  vaglia  necessariamente  dalla  qual  ma- 
rina ;  e  non  avvertendo  che  può  la  medesima  ugualmente  valere  dal 
quale ,  relativamente  a  quel ,  che  7  ciel  della  marina  asciuga ,  cioè  ai 
vapori  ;  dai  quali  convertiti  in  pioggia  o  in  neve  hanno ,  secondo  To- 
pinione  piìi  ricevuta ,  i  Jiumi  ciò  che  va  con  loro  ,  1'  acqua  che  in  essi 
Korre  . 

38  39  Per  sventura  del  luogo  :  per  cagione  di  una  sventurata  si- 
toazione  di  luogo ,  che  temperamenti  produca  indisposti  alla  virtii . 
O  per  sventura  del  luoso  è  piaciuto  agli  Accademici  della  Crusca  di 
leggere  coli'  autorità  di  pochi  testi  —  o  per  mal  uso  che  ^i  fruga  y 
o  per  cattivo   abito  che  cos\   malamente   gli   spinge . 

42  Che  par  che  Circe  ec.  Circe,  maliarda  donna  nelle  favole  fa- 
mosa, dando  agli  uomini  a  mangiare  certi  cibi  convertivali  in  bestie: 
e  però  Dante  in  cambio  di  dire,  che  parevano  gli  abitatori  di  quel- 
la valle  bestie  e  non  uomini  ,  dice  che  pareva  ,  che  Circe  gli  aves- 
se in  pastura  ,  cioè  li  pascesse  con  que'  suoi  venefici  cibi .  In  pastu- 
ra per  in  custodia  e  in  governo  spiega  il  Vellute  Ilo.  *  In  paura  ^  il 
Coci.  Vat.  N.  E. 

43  44  45  Tra  brutti  porci  ec.  Costruzione.  Dirizza^  Arno,  prima 
il  suo  calle ,  il  suo  cammino  ,  povero  (  intendi  d'  acque  ,  non  ancora 
cioè  pe'  molli    entranti  rivi    arricchito  )  tra  brutti  porci ,  degtn  pili  tli 


iggiunge 

Casentino   nominabantur  comites  de  Porciano ,  qui .  .  .  merito  possunt 
vocari  porci .  N,  E. 

46  Botoli  y  spezie  di  cani  piccioli  9  vili ,  e  stizzosissimi .  Intende 


i^  PURGATORIO 

Ringhiosi  più  che  non  chiede  lor  possa  ; 
£d  a  lor  disdegnosa  torce  1  muso  • 

49    Vassi  caggendo  9  e  quanto  ella  più  'ngrossa  » 
Tanto  più  truova  di  can  farsi  lupi 
La  maledetta  e  sventurata  fossa. 

62     Discesa  poi  per  più  pelaghi  cupi  y 
Truova  le  volpi  si  piene  di  froda 
Che  non  temono  ingegno  che  le  occupi  • 

55     Ne  lascerò  di  dir  perch'  altri  m' oda  : 

£  buon  sarà  costui ,  s' ancor  s' ammenta 
Di  ciò  che  vero  spirto  mi  disnoda  • 

degli  Aretini ,  tacciandoli  come  rabbiosi ,  e  superbi  ;  benché  me» 
nelli  ,  e  impotenti  .  Venturi  • 

48  Dìsaegnosa  (  la  detta  riviera ,  Arno  )  torce  7  muso  ,  cioè  ^ 
si  si  sdegnasse  di  loro ,  si  torce  alquanto  (  si  allontana  ^  da  Ara 
gentilmente  attribuendo  il  muso  al  fiume ,  per  così  continuar  la  ì 
tafora  de'  cani .  Daniello  .  Io  credo  però  cbe  muso  dica  qu\  per^ 
eia ,  e  cbe  parli  d*  Amo  piuttosto  come  d'  uomo  »  che  come  di 
cane. 

/|9  Fiossi  caggendo  :  prosieguo  a  scorrere  ali*  ingiii  —  quanle 
la  piit  ^ngrossa  ,  per  altri  fiumi  che  in  se  riceve  di  mano  in  mano 

5o  5i  Tanto  piit  ec,  tanto  più  trova  ,  che  li  cani  cominciali 
divenir  lupi  ;  intendendo  de'  Fiorentini  ,  per  la  ingordigia  ed  avai 
loro.  Daniello  .  —  Fossa  per  Jiume . 

Si  Per  pili  pelaghi  cupi ,  per  molti  profondi  gorghi  . 

53  Trova  le  volpi ,  intese  per  li  Pisani ,  i  quali  chiama  Tol 
per  esser  maliziosi  e  frodolcnti  .  Daniello  . 

54  Le  occiipi  •  Occupare  vale  propriamente  impossessarsi  >  im 
dronirsi  :  ma  qui  metonimicamente  per  superare  ;  cn'  è  l' antecede 
azione  a  cui  consicgue  l' impadronirsi  d'  alcuna  gente .  Occiipi  e 
accento  sull'  u ,  diastole  in  grazia  della  rima  . 

55  Perch*  altri  m*  oda  ec.  É  Guido  del  Duca ,  che  prosieguo  a  ; 
lare  col  suo  vicino  Binieri  de*Calboli,  e  dice  di  non  voler  las 
di  parlare ,  quantunque  ascoltato  fosse  da  estranea  gente  ,  cioè 
due  poeti . 

56  £  buon  sarà  costui  ec.  Ed  a  costui ,  che  s'  è  dato  a  cono 
re  di  paese  vicino  ad  Arno ,  gioverà  a  sminuire  la  sorpresa  e  il 
lore  ,  se  ancora  ,  se  fino  allora ,  che  le  cose  succederanno  9  si 
menta  (  per  si  ammenterà  ,  eil  ammenterà  per  rammenterà  ;  come 
i  mille  altri  esempj  adopransi  ad  ugual  senso  pacijicare  e  rappa 
care  )  di  ciò  ,  che  verace  spirito  profetico  mi  fa  predire .  Della  \ 
ticella  ancora  al  significato  di  fino  allora  vedi  il  Cinonio  {a) . 

57  f^ero  per  veridico  —  disnoda  per  disvela. 

-^—^  

(a)  Panie.  25  3. 


e  A  N  T  O    X  I  V.  191 

58    r  veggio  tuo  nipote  9  che  diventa 

Caccia tor  di  quei  lupi  in  su  la  riva 
Del  fiero  fiume  ,  e  tutti  gli  sgomenta  • 

61     Vende  la  carne  loro ,  essendo  viva  ; 

Poscia  gli  ancide  9  come  antica  belva  ; 
Molti  di  vita  9  e  se  di  pregio  ,  priva . 

64     Sanguinoso  esce  della  trista  selva  ; 

Lasciala  tal ,  che  9  di  qui  a  mill'  anni  9^ 
Nello  stato  primajo  non  si  rinselva  • 

67     Com'  all'  annunzio  de'  futuri  danni 

Si  turba  1  viso  di  colui  eh'  ascolta , 
Da  qualche  parte  il  periglio  l' assanni  ; 

70     Così  vid'  io  r  altr'  anima  ,  che  volta 

Stava  ad  udir,  turbarsi  e  farsi  trista , 

58  5g  60  Io  vegf^io  tuo  nipote  ec.  Fu. nel  i3o2  podestà  in  Firen- 
ze M.  Fulcieri  de'  Calboli ,  nipote  di  Rinieri ,  con  cui  Guido  favella  » 
e  fu  corrotto  con  danari  (a)  da  que*  di  parte  Nera  a  fare  incarcera- 
re ed  uccidere  parecchi  pnmarj  personaggi  di  parte  Bianca  :  e  però , 
come  ha  appellati  lupi  i  Fiorentini,  proseguendo  T  allegoria  appella 
il  nipote  di  linieri  cacciator  tU  q uè  lupi  — fiero  passa  a  denominar 
Amo  dalla  fierezza  già  attribuita  alle  genti   che   lungo  esso  abitano  . 

61  61  Vende  la  carne  ec,  È  il  sentimento  ,  che  facesse  lulcìeri 
di  quei  disgraziati  Bianchi  come  d'  antica  beha  di  vecchia  bestia , 
(  il  singolare  pel  plurale  ,  ed  il  genere  per  la  spezie  )  de'  vecchi  buoi 
ed  al  lavoro  inetti  si  fa ,  che  si  vendono  vivi  »  e  poi ,  tenuti  alquan- 
to tempo  serrati  ad  ingrassare ,  si  macellano  • 

^  Se  di  pregio  priva  ,  per  essersi  dato  a  conoscere  uomo  venale 
e  crudele. 

64  Trista  seha  per  mesta  città  chiosa  il  Daniello  :  ma  come  ap- 

f>ellò  Dante  Amo  fiero  quattro  versi  sopra  ,  può  eziandio  appellar  qu\ 
a  città  di  Firenze  trista ,  cattiva  ,  sciagurata  ^  per  capo  de'  cattivi  cit- 
tadini .  '^  Il   Riagioli  sta  col  Daniello  .  N.  E. 

66  Non  si  rinseha  .  Allusivamente  allo  aver  dato  a  Firenze  il  no- 
me di  selva  dice  non  si  rinselva  in  vece  di  non  si  rifa  • 

^  67  68  ConC  aie  annunzio  de^  dogliosi  danni  •  6i  turba  '1  volto 
di  colui  ec.  legge  il  Con.  Caet.  e  il  \at.  N.  £• 

69  Da  qualche  parte  ec.  Da  qualunque  parte  lo  assalga ,  gli  si 
manifesti  il  pericolo .  Di  qualche  per  qualunque  ,  e  di  assassinare  me- 
taforicamente anche  da  altri  adoperato  per  assalire ,  o  simile ,  vedi  il 
Vocabolario   della    Crusca. 

70  L*  altr'  anima  .  M.  Bini  eri . 


(a)  Vedi  Landiao  ^  e  Veniali 


19»  PURGATORIO 

Poi  eh'  ebbe  la  parola  a  se  raccolta  . 
7?     Lo  dir  dell'  una  ,  e  dell'  altra  la  vista 

Mi  fé'  voglioso  di  saper  lor  nomi  ; 

£  dimanda  ne  fei  con  prieghi  mista  • 
76     Perchè  lo  spirto ,  che  di  pria  parlòmi ,  - 

Ricominciò  :  tu  vuoi  eh'  io  mi  deduca 

Nel  fare  a  te  ciò  che  tu  far  non  vuomi . 
79    JMa  ,  da  che  Dio  in  te  vuol  che  traluca 

Tanto  sua  grazia ,  non  ti  sarò  scarso  : 

Però  sappi  eh'  io  son  Guido  del  Duca  • 
82     Fu  '1  sangue  mio  d' invidia  sì  riarso  , 

Che  se  veduto  avessi  uom  farsi  lieto  j 

Visto  m' avresti  di  livore  sparso  • 
85     Di  mia  semenza  cotal  paglia  mieto  ! 

73  Ebbe  la  parola  a  se  raccolta  per  ebbe  il  parlare  udito ,  in  cor- 
rispondenza alla  frase  Latina  excipere  verba  . 

75  74  ^  ^1*  deW  una  ec,  il  parlar ,  che  io  udiva  t  dell'  ana  e 
il  rattristamento  ,  che  vedeva  delP  altra  •  —  mi  fé  y  zeoma  ,  per  m 
fecero  , 

75  Dimanda  ne  fei  ec,  ne  feci  supplichevole  dimanda  . 

76  Di  pria  ,  innanzi  —  parlami  in  vece  di  paHommi  ,  e  vuomk 
nel   i'.  75  in   vece  di  vuommi,  sincope  in   grazia  della  rima. 

77  W  deduca  per  m' induca ,  riduca ,  disponga  chiosano  il  VbK 
pi  ,  e  il  Venturi.  A  me  però  sembra  che  possa  qui  dedurre  adoprar- 
si  al  senso  in  cui  adoperano  talvolta  i  Latini  deducere  per  abbassa^ 
re  {a)  ,  quasi  dica  tu  vuoi  ch^  io  mi  umilii  nel  fare  ec. 

78  N'on  vuomi ,  non  mi  vuò  ,  non  mi  vuoi  .  Rimprovera  Guido 
a  Dante  la  renitenza  eh'  cbh*  egli  di  manifestare  il  proprio  nome  ,  6 
di  aver  lui  notificato  solamente,  che  veniva  da  luogo  vicino  ad  Ar- 
no (b)  . 

79  Da  che  vale  qu\  poiché ,  perocché  ,  o  simile .  IHa  quando  vao- 
le  IcLlio  che  *n  te  traluca  tanto  sua  grazia ,  il  Cod.  Antald.  N.  E. 
—  *  Trnluca  :  il  Cod.   Caet.   legge  reluca  .  N.  E. 

80  Tanto  sua  grazia  la  Nidoheatina .  Tanta  sua  grazia  y  V  altre 
edizioni  (  e  il  Cod.  Vat.  )  .  La  grazia,  intende,  di  veder  que'  luoghi 
prima  di  morire  —  scarso  ,  per  illiberale ,  nel  dir  lui  cioè  tutto  ciò 
che  bramava  . 

83  />*  invidia  s\  riarso  ,  corrisponde  alla  frase  Latina  ardere  in- 
vidia . 

84  PUsto  m* avresti  ec»  veduto  m'avresti  in  viso  quel  livore  che 
invidia  pinge  • 

{a)  Vedi  il  Tesoro  Litiao  di  Robocto  Stefano  •     (6)  Ytri'  i6t  •  aegg. 


e  A  N  T  O    XtV.  193 

0  gente  umana  »  perchè  poni  1  cuore 
Là  v'è  mestier  di  consorto  divieto  ! 

88     Questi  è  Rinier  :  quest'  è  '1  pregio  e  Y  onora 
Della  casa  da  Calboli  9  ove  nullo 
Fatto  s'  è  reda  poi  del  suo  valore  • 

01     E  non  pur  lo  suo  sangue  è  fatto  brullo  , 

Tra  '1  Po  e  1  monte  e  la  marina  e  1  Reno , 
Del  ben  richiesto  al  vero  ed  al  trastullo; 

85  Di  mia  semenza  ec.  Allude  al  detto  di  8.  Paolo  :  qùae  semi' 
naverit  homo  haec  et  metet  {a)  ;  e  per  accennare  che  raccoglie  mal 
fratto  ,  parla  solo  dì  paglia  e.  non  di  grano  . 

87  La  \^*  e  y  sinalefa  ,  là  dov'è  —  di  coniarlo  divieto:  cosi  colla 
T^idobeatina  e  con  tutte  V  edizioni  antiche  restituisco  nel  testo  in  ve- 
ce di  consorlo ,  o  divieto ,  che  gli  Accademici  della  Crusca  vi  hanno 
di  loro  capo  voluto  intrudere .  Kd  è  troppo  manifesto  essere  i  beni 
di  fortuna 4  di  cui  il  Poeta  ragiona,  tali  che  non  potendosi  da  mol- 
ti insieme  possedere  intieramente ,  v'  è  perciò  mestieri  divieto  di  con* 
sorto  ,  esclusione  cioè  di  compagno  (b)  ;  ciò  che  dà  luogo  all'  invi- 
dia ,  e  ne  fonda  anzi  la  di  lei  malizia .  Il  Poeta  stosso  ne  sommini- 
stra questa  spiegazione  nel  seguente  canto  sotto  il  vers*  /|5  ove  oiman- 
dano  a  Virgilio  : 

Che  volle  dir  lo  spirto  dì  Romagna 
£  divieto  e  consorto  menzionando  ì 
Rispondegli  Virgilio  : 

Perché  5'  appuntano  i  vostri  desiri 

Dove  per  compagnia  parte  si  scema  ; 
Invidia  muove  il  maniaco  a*  sospiri  . 
Da  questo   contesto    appunto  pretendono  gli  Accademie!  della 
Crusca  di  dar  valore  alla  predetta  da  loro  fatta  mutazione.  Essi  però 
lasciano   ad  altrui   la  briga  di  scavarne  il  come  :  ed  io  ,  quanto  a  me  9 
non   posso  altro   che  sospettare  commesso   qui  pure   da'  medesimi  un 
altro   sbaglio  ,  di    apprendere   cioè  menzionati   divieto  e  consorto  co- 
me   due  contrari  oggetti ,  quando  realmente  non  si   rammentano  che 
come   due  mal   capiti   termini .  ^  Di  consorte  divieto  ,  il  Cod.  Caet.  e 
lo  Stuard.    Il   Biagioli  sta  colla  Crusca ,  benché  non  biasimi  l'emen- 
dazione INidobeatina  .  N.  E. 

1/  altra  variante  lezione ,  che  hanno  i  medesimi  Accademici  tro  • 
▼ata  in  due  mss. ,  di  censorii  divieto ,  rischiara  la  spiegazione  nostra , 
e  ci  allontana  vie  piii  dal  credere  ciò  eh'  essi  dicono  ,  che  per  non 
saper  la  regola  deli  apostrofo  qualche  imperito  amanuense  scrivesse 
di  consorto  divieto  invece   di  consorCo  divieto . 

^9  90  t-asa  per  ischiatta  —  ove  ,  vale  nella  quale .  —  Reda  ,  erede  • 

91   g^  gi5  £  non  pur  lo  ec.  Costruzione  E   tra  7  Po  e  7  monte  e 

la  marina  e  '/  Reno  (  cioè  nella  provincia  di  Romagna  )  non  pur  (  non 

solamente)  lo  sangue  suo  (la  discendenza  di  linieri)  è  fatto  brullo 

— 

(a)  Ad  GaUt.  S  v,  8*     (A)  Di  consorto  per  compagno  veiiine  esempi 
parecchi  nel  YocabeUrio  delia  Ciutca  • 


,g4  PURGATORIO 

g4    Che  dentro  a  questi  termini  è  ripieno 
Di  venenosi  sterpi  sì ,  che  tardi 
Per  coltivare  ornai  verrebber  meno  • 
97     Ov'  è  1  buon  Licio  ,  ed  Arrigo  Manardi , 
Pier  Traversaro  9  e  Guido  di  Garpigna  ? 
O  romagnoli  tornati  in  bastardi  I 
100     Quando  in  Bologna  un  Fabbro  si  ralligna? 

(  spogliato  ìgnado  (a)  del  ben  richiesto  al  vero  ed  al  trastullo .  Il  vero 
è  V  obbietto  cui  sie^iic  V  intelletto  ;  e  il  trastullo  ,  o  sia  il  diletto  , 
è  l' obbietto  cui  sìegue  la  voloutà .  Pone  il  Poòta  per  sineddoche 
colali  obbietti  per  V  operire  delle  stesse  due  potenze  ,  ed  in  vece  dì 
dire ,  eh*  erano  i  discendenti  di  Rinicri  sprovveduti  di  ciò  che  sì  ri- 
chiede per  ben  pensare  e  volere  ,  di  scienza  cioè  ,  e  di  costumatez- 
za ,  diceli  brulli  ilei  ben  nc/ucsto  al  s>ero  ,  ed  al  trastullo . 

9/1  Dentro  a  questi  termini,  ai  tcrnjini   suddetti    di    Kom.igna. 

95  96  Pi  venenosi  sterpi .  di  scellerati  custuini  .  Vettori  ,  —  Per 
coltivare;  per  qualunque  coltivare  (/>)  —  tartli  otnai  verrehber  meno ^ 
oramai  troppo  lungo  tempo  vorrebbevi  per  estirparli  .  Dubito  però 
che  ornai  siasi  per  errore  s<*ritto  in  luogo  di  o  niai  :  come  se  noo 
altro  ,  legge  il  nitidissimo  ms.  della  Corsini  608. 

97  lÀcio  ed  y^rn'go  Manardi,  Messer  i  irio  «la  Val  bona  *  (de  Ce- 
sena secondo  il  Posti ll.  Ca.ss.  N.E.)  Como  eccellente ,  e  pien  lìi  vir- 
ili .  Landino  .  Arrigo  Manardi ,  secondo  alcuni  fu  da  Faenza  ,  altri  di- 
cono da  Brettinoro  ,  uomo  prudente  ,  e  molto  magnanimo  ,  e  libera- 
le .  Vellutelio  . 

98  Pier  Traversaro  ,  fu  signor  di  Ravenna ,  molto  splendido  ,  et 
amator  d'ogni  virtù,  il  qual  dicono,  che  maritò  una  sua  fìgliuola  a 
Stefano  Re  d'  Ungarìa  .  Vellutello  —  Guido  di  Carpif^na  fu  da  Mon- 
tefeltro  ,  nobilissimo  uomo  ,  e  sopra  tutti  gli  altri  del  suo  tempo  li- 
béralissimo .  Vellutello  . 

99  Tornati  in  bastardi  ,  vale  quanto  ,  tornati  quei  selvatici  igno- 
ranti  e  scostumati   ch'eravate  prima  che  questi  eroi   vi  ripulissero. 

100  Un  Fabbro  si  ralligna  ?  '*'  Tanto  qui ,  che  dopo  Bernardin  di 
Fosco  abbiamo  aggiunto  nel  testo,  secondo  i  Con.  Cass.  e  Caet., 
un  punto  interrogativo  ,  con  che  si  rende  assai  più  chiaro  il  senso 
di  questi  versi  Cosicché  può  intendersi  :  qtando  sarà  che  rinasca  un 
Fabbro  Lambtrtacci  in  Bologna  ?  Un  Bernardino  di  Fosco  in  Faenza  ? 
Quasi  dicat  ntmquam  ,  dice  il  Postill.  Cass.  Quasi  diceret  tarde ,  il 
Caet.  Il  Biagioli  tiene  opinione  contraria  alla  nostra,  e  toglie  affatto 
ì  due  punti  interrogativi  ,  dicendo  che  il  poeta  perchè  più  colpisca- 
no le  cose  che  dice,  oppone  alla  presente  degenerazione  de' roma- 
gnuoli  l'attuale  ingentilirsi  (  spiegando  il  rallignarsi  per  di  vile  Jarsi 
gentile)  di  quei  personaggi  nati  crumil  gente.  Chi  di  noi  stia  colla 
ragione  ,  lo  giudichi  il  sapiente  lettore  f  —  Fabbro  fu  nome  proprio 
e  non  già  dell'  arte  ;  così  n'  avvertono  Benvenuto    da  Imola  ,  ed  il 

(a)  Brullo  a  cotti  tento  adopera  Dtnte  tache  Inf.  xttiv  60  ed  altri  esem- 
pi   paoi  vedere  nel  Voctb.  della  Cr.     (b)  Vedi  Ciaoa.  Partic»    19S    17. 


e  A  N  T  O     XI  V.  igS 

Quando  'n  Faenza  un  Bernardin  di  Fosco  ? 
Verga  gentil  di  picciola  gramigna  • 

io3    Non  ti  maravigliar  s'  io  piango  ,  Tosco  , 

Quando  rimembro  ,  con  Guido  da  Praia  , 
Ugolin  d' Azzo  che  vivette  nosco , 

106     Federigo  Tignoso  e  sua  brigata , 

La  casa  Traversara  ,  e  gli  Anastagi  : 
£  r  una  gente  e  1'  altra  è  diredata  ; 

109    Le  donne  e  i  cavalier  9  gli  afianni  e  gUagi, 

Postili..  Cass.  che  vi  nota  „  Iste  fuìi  Dom*  Faher  de  Lambertaciis  de 
Bononia.  il  Caet.  vi  aggiunge  :  qui  Juii  valens  mUes^  d'  accordo  con 
Benvenuto  da  Imola .  li  P.  L.  seguendo  la  comune  lezione  senza  l' in- 
terrogativo ,  chiosa  insieme  co'  moderni  espositori  cosi  „  rinasce  un 
fiòbro.  „  Accenna  un  tal  Lambertaccio  ,  uomo  sì  eccellente  che^  difab' 
„  òro  eh*  egli  era  ,  poco  mancò  che  non  divenisse  assoluto  signore  di 
„  Bologna  sua  patria  '1  Cosi  tutti  gli  espositori .  N.E. 

loi  Bernardin  di  Fosco?  Faentino,  uomo  valoroso,  benché  di 
picciola  nazione  (  d'  ignobile  lignaggio  .  )  Votpi .  *  D' accordo  col  Po- 
stila. Caet.  N.E. 

107  P^erga  gentil  di  ec.  Gramigna  erba  vile  ,  che  agevolmente 
barbica  e  dilatasi:  qui  metaforicamente  per  vile  e  volgare  schiatta; 
e  vale  a  dire  ,  da  ignobil  radice  gentil  germoglio  •  Venturi  . 

io3  IVon  ti  maravigliar  ec.  o  Tosco,  non  ti  rechi  maraviglia  s'Io 
piango  •   Tosco  appella  Dante  perchè  manifestatosi  abitante   lung'  Arno. 

1  o/i  Guido  da  Prata ,  luogo  tra  Ravenna  e  Faenza  ,  signor  libe- 
rale 9  e  valoroso  .  Volpi  . 

io5  Ugolin  d^  Azzo  y  che  vivette  nosco  legge  la  Nidobeatina  "^  (  ed 
anche  il  Cod.  Cass.  N.E.  )  ove  vosco  in  luogo  di  nosco  leggono  V  al- 


d'  appresso  ,  ma  aggiunge  una  circostanza  ,  che  a  nostra  notizia  altri 
chiosatori  non  hanno  avvertito  „  Tignoso  per  oppositum  ,  quia  /tabe" 
hot  caput  pulcherrimnm .  N.  E.  —  brigata  vuol  dir  compagnia  ,  radu" 
nanza  :  qui  altri  di  sua  Jenni  glia  ,  e  discendenza.  Venturi  . 

107  108  La  casa  ec.  Gli  Anastagi  e  Traversari ,  nobilissime  fa- 
miglie di  Ravenna ,  1'  una  e  1'  altra  delle  quali  dice  esser  diredata , 
cioè  rimasa  priva  del  valore  e  liberalità  ,  e  d'  altre  virtù  degli  an- 
tichi suoi  .  Daniello  .  Dircdato  per  diradato  adopra  anche  Giovan 
Villani  {a). 

log  Le  donne  ec.  Piango  ancora,  dice  ,  quando  rimembro,  e  tor- 

(a)  don  lib.  S  cap.  6/^, 

.  .  -    N  a 


196  PURGATORIO 

Che  ne  'avogliava  amore  e  cortesia  ^ 
Là  dove  i  cuor  son  fatti  sì  malvagi . 

112     O  Brettinoro  ,  che  non  fuggi  via  , 

Poiché  gita  se  n'  è  la  tua  famiglia 
£  molta  gente  ,  per  non  esser  ria  ? 

ii5     Ben  fa  Bagnacaval  che  non  rifiglia; 

E  mal  fa  Gastrocaro  9  e  peggio  Conia 
Che  di  figliar  tai  conti  più  s'impiglia. 

118     Ben  faranno  i  Pagan  quando  U  demonio 
Lor  sen  gira  ;  ma  non  però  ,  che  puro 
Giammai  rimanga   d' essi  testimonio . 

iianmi  a  memoria  le  graziose  doanc  ,  i   cortesi   cavalieri,  gli   affanni, 
e   le  fatiche  nostre  ,  e   sii  a^i  e  comodi  d'  altri .  Yellutello  • 

Da  questo  verso ,  dice  il   Venturi ,  han  sortito  i  suoi  natali  quel- 
li deir  Ariosto  . 

Le  donne  ,  i  cavalier  ,  V  arme  ,  gli  amori  , 
Le  cortesìe  »  V  audaci  imprese  io  canto  . 

no  III  Che  ne*m'oglia\fa  ce.  Che  amore  ,  e  cortesia  ne  invoejUa' 
va ,  ne  empiva  di  voglia  ,  e  di  desiderio  ad  esser  liberali ,  magnani- 
mi e  cortesi ,  /à  (  in  quella  provincia  stessa  )  dove  si  malvagi  e  rei 
sono   fatti   i  cuori  di    quelli,  che  ora  regnano..  Yellutello  . 

112  ii3  ii4  O  Brettinoro  ec,  Parla  Guido  alla  propria  patna , 
eh'  era  Brettinoro  ,  picciola  città  di  Romagna  ;  ed  accenna  partita  da 
quel  luogo  la  propria  con  altre  famiglie  ,  per  non  potere  adattarsi 
ai  pessimi  costumi  del  paese  .  Hertinoro  s*  appella  oggi  comunemente. 
'  1 1 5  116  117  Ben  fa  Bagnacaval  ec.  Fistiare  e  ri/lgiiare  adopera 
qui  Dante  per  pros^edere  e  riprovedere  di  fifrliuolanzà  ;  e  parlando  in 
modo  come  se  i  paesi  stessi  provedessero  di  fìgliuolanza  i  propr| 
padroni  ,  incomincia  a  lodar  Bagnacavallo  per  aver  lasciato  termina- 
re la  linea  de'  suoi  cattivi  conti  ;  poscia  a^giugne  che  fa  male  Ca- 
Strocaro  ,  e  pcgi<io  Conio  ,  che  piìt  s' impiglia  (  zeuma ,  come  quel  di 
Yirgilio  Mie  illius  arma  ^  hic  curnis  jfìiit)  (a)  si  prende  briga  di  pro- 
vedere  di  figliuolanza  tai  (  tanto  cattivi  )  conti  .  Bagnacaveulo  ,  e  CVi- 
strocaro  sono  terre  di  RQmagna  ,  aventi  in  allora  i  proprj  conti; 
com'  era  pur  di  Romagna ,  ed  aveva  i  proprj  conti  Conio  castello 
ora  distrutto  (h)  . 

118  119  lao  Ben  faranno  ec.  Cangia,  al  solito,  in  vigor  del 
tempo  in  cui  finge  fatto  il  suo  viaggio ,  la  storia  in  profezia  ;  ed  es- 
sendo già  ,  mentre  queste  cose  Dante  scriveva  ,  morto  Mai  nardo  o  , 
com*  altri  l'  appellano  ,  Machinardo  Pagani  signor  d'  Imola  ,  e  di 
Faenza  ,  uomo  cattivo ,  e  per  la  grande  astuzia  soprannomato  il  Dia- 
volo (e)  ,  e  sÌ£;noreggiando  già  i  figliuoli  meglio  del  padre  ,  quan- 
tunque non  del  tutto  anch'  essi   irreprensibilmente  ;  fa   da  Guido  del 

ifl)  AeiMid.  I  20.    (b)  Velli  Leandro  Alberti  Descriz,  d*  Italia  nel  ca- 
po dtUa  Romagna    (e)  LÓindino. 


e  A  N  1*  O    XIV*  197 

lai     O  Ugolin  de' Fantoli  )  sicuro 

£'  il  nome  tuo ,  da  che  più  non  s' aspetta 

Chi  far  lo  possa  ,  tralignando  j  oscuro  • 
124     ^^  ^^  visL  j  Tosco,  ornai,  ch'or   mi  diletta 

Troppo   di  pianger  più  che  di  parlare  ; 

Si  m' ha  vostra  ragion  la  mente  stretta . 

Daca  predire ,  che  /  Pagani ,  i  figli  di  Mainando  ,  quando  (  da  chs 
leggono  in  vece  1* edizioni  diverse  dalla  Nidobeatiua  '*'  e  il  Cod.  VaU 
fi,  K. )  //  Demonio  loro ^  il  loro  padre,  scn  gira  ^  se  ne  morrà,  ben 
faranno^  bene  si  diporteranno  (ben  faranno  a  generare^  chiosano  il 
Venturi  ,  Daniello  ,  e  A  ellutello  ;  )  ma  non  però  talmente  che  ri- 
manga  di  essi   testimonio  puro  ,  memoria  interamente   buona . 

lai  121  ia3  O  Ugolin  de*  Fantoii  {  de*  Fantolin  leggono  l'edizio- 
ni diverse  dalla  Nidobeatiua  (  *  e  il  Cod.  \at.  N.  E.  )  colla  cacofo- 
nia ,  eh'  ognun  ode  ,  delle  vicine  due  voci  Ugolin^Fantolin  )  .  (.ostui 
fu  medesimamente  di  Faenza  ,  uomo  nobile  e  virtuoso  ;  e  perchè  di 
lui  non  s'  aspettava  successione  ,  dice  che  il  nome  e  la  sua  buona 
fama  è  sicura  ,  da  poi  che  non  s*  aspetta  chi ,  tralignandola ,  la  pos- 
sa oscurare  .  Vellutello  . 

ìi6  .Vi  m*  ha  ncstra  regton  ,  cioè  la  brutta  decadenza  di  Roma- 
gna patria  di  Ouido  che  parla  ,  e  di  Rinieri  di  lui  vicino  e  compa- 
gno .  Vostra  rfigion  leggono  in  vece  T  edizioni  diverse  dalla  Wiao- 
beatina:  (  ""  il  C.on.  Cass.  legge  nostra  egualmente  N.  E.  )  ma,  come 
o^un  vede,  malamente  :  e  se  la  ^idobeatina  lezione  osservata  aves- 
sero gl'interpreti,  non  sarebbersi  ,  cred' io  ,  lambiccato  il  cervello 
a  fantasticare  per  vostra  ragione  chi  F  umana  ragione  intesa  per  la 
carità  ,  e  chi  /^  cose  di  vostra  radono  ,  cioè  le  sciagure  ,  che  sono  su 
in  terra  .  F.iagioli  difende  la  lezione  comune  ,  e  dice  che  vostra  ra- 
gion  significa  ,  le  cose  di  vostra  ragione  ,  di  vostro  jure  ,  di  vostra 
spettanza  .  Il  eh.  Marchese  Antaldi  m  una  osservazione  al  prezioso 
suo   codice  ,  che  ha   pure  ragione ,  riferisce  :  »    ragione  per  ragiona- 


»  mento ,  del    che    molti  esempi  anche  in  Dante ,  onde  pieno   e   bel- 

»  lissimo  ne  viene  il  senso  .  Cosi  opinava  doversi  leggere  qu« 

»  go    il  eh.  signor  cav.  Monti ,  e  fu  contento  di  trovar  confermata  la 


»  sua    opinione   da    questo   codice  ,  e  dal  cod.    4*  Avendo  Guido  del 
»  Duca  parlato   solo  delle  vicende   di  Pomagna,  non  poteva  dire  v^o- 
»  sfra   ragione ,  perchè   due    volte    chiamò    Dante    Tosco ,  e  neppure 
»  nostra  per  non  aver  egli  la    patria  comune  coli'  Alighieri .  Non  può 
»  leggersi  poi   vostra    ragione  ,    come    il    Volpi  ,  poiché  il  discorso 
»  commovente  è  di  Guido  .  Eppure  il   A  olpi    aveva   la  lezione   nostra 
»  in    25   testi   a  penna  .  Si    noti    per    ultimo  ,  che   Dante  sempre   ha 
»   fatto    di  quattro    sìllabe  la    parola    regione  .  —  Fin  qui    l' Antaldi  • 
E  noi  vinti    da  tante  belle  ragioni  ,  restituiamo  volentieri  1'  antica  le^ 
zione ,  sulla  fede  ancora  del   bellissimo  Codice  Caetani  .  N.  £.  —  la 
mente  stretta  ,  angustiata  ,  come   disse  \irgilio 

Atqut  aiiimum  patriae  strinxit  pietatis  imago  (a)  . 
^— *— — —  ■      III  —————— ^—^—^——— —i—^ 

(a)  A  enei  d,    ix    394. 


ug»  PURGATORIO 

127    Noi  sapayàm  che  quell'  anime  care 

Ci  sentivano  andar  :  però  »  tacendo  ^ 
Facevan  noi  del  cammin  confidare  • 

i3o    Poi  fummo  fatti  soli  procedendo  9 

Folgore  parve ,  quando  V  aer  fende  y 
Voce  che  giunse  di  contra  ,  dicendo  : 

|33     Anciderammi    qualunque  mi  prende  • 
£  fuggìo  come  tuon  9  che  si  dilegua 
Se  subito  la  nuvola  scoscende. 

127  ia8  lag  Sapavamo  ^er  sapevamo  adopera  anche  il  Boccacìo  (a). 
Avendo  Guido  nel  principio    del  suo  parlar  con  Dante  detto   lui 

o  anima  che  fitta 

I^el  corpo  ancora  ,  ini^er  lo  del  ten  va»  ; 
•apendo  cioè  quelli  spinti  verso  dove  volevano  i  due  Poeti  muover- 
ai ,  e  sentendo  da  qual  parte  prendevano  allora  cammino  ,  non  avreb- 
bero per  loro  honìk  ommesso  il  caritatevole  officio  d'avvisarli  ,  nel 
caso  che  avessero  questi  presa  cattiva  strada:  e  però  tacendo y^ce- 
vanli  confidare  del  cammino ,  venivano  ad  assicurarli  di  proseguir  be- 
ne il.  cammino. 

i3o  Poi  per  poiché  ,  posdache  (h)  . 

i3i  i32  Foìf^re  parve  ec.  Della  velocità  del  muoversi  di  cotale 
voce  dirà  nella  terzina  seguente  ;  qui  parla  solamente  dello  streuito 
eh'  essa  fece  ,  e  dice  che  parve  quello  che  fa  la  folgore  nel  fendere 
r  aria  —  friunse  di  contra^  venne  incontro  a  noi.  *  Incontro  a  noi^ 
Cod.  Antald.  N.  E. 

i3?)  anciderammi  ec,  (lo  stesso  che  uccide mmnii  )  .  Sono  queste 
le  parole  di  Caino  dopo  che  per  invidia  ebbe  ammazzato  il  fratello 
^bele:  omnis  qui  inveneri t  nw  occidel  me  {e)  ,  parole  atte  a  rammen- 
tare a  quelle  anime  purganti  l'invidia  i  tristi  cfletti  di  cotale  vizio. 
Onde  queste  ed  altre  rimproveranti  voci  si  formassero  è  detto  nel 
canto  precedente  v.  5a  —  m*  appreruie  in  luo^o  di  mi  prende  leggo- 
no l'edizioni  diverse  dalla  Nidobcatina  *  e  il  Cod.  Aat.  N.  E.  Aon 
citando  però  il  Vocabolario  della  Crusca  del  verbo  apprendere  in  sen- 
so di  prendere  altro  che  questo  stesso  certamente  mal  sicuro  esem- 
pio di  Dante,  merita  la  Nidobeatina  lezione  di  essere  preferita.  *  (  Il 
Cod.  Cass.  legge  ancora  ini  prende  ) .  N.  E. 

i34  i55  F.  fuggto  la  Nidobeatina  .  E  fuma  l'altre  edizioni .  Fug- 
gi  il  Cod.  \at.  N.  E.  —  come  tuon  che  si  dilegua  ce»  Fare  che  sup- 
ponga con  Lucrezio  (  De  rerum  nat,  vii  197  e  sc^g,)  essere  i  tuoni 
Tenti,  che 

....     magno  indignantur  murmurc  cìausi 
I^ubihus  I  in  caveisqut  ferarum  more  minantur  , 
I^unc  hinc  ,  nunc  Oline  fremi tui  per  natila  mittunt  • 
Quaerentesque  viam  circumvtrsantur  : 

(a)  Vedi  il  Prospetto  di  verbi   Toscani  ietto  il  vorbo    sapere  n.  la. 
(t)  Vedi  la  nota  al  v.  i  del  canto  x  di  questa  cantica*     (e)  Genes  4.  e.  14. 


CANTÒXIV.  199 

\56  Come  da  lei  V  udir  nostro  ebbe  tregua , 
Ed  ecco  r  altra  ,  con  sì  gran  fracasso 
Che  somigliò  tonar  che  tosta  segua  : 

139     Io  sono  Aglauro  ,  che   divenni  sasso  . 
Ed  allor  ,  per  istringermi    al   poeta , 
Indietro   feci  e  non  Innanzi  '1  passo  . 

1^4     Già  era    l'aura   d'ogni   parte    queta  ; 

Ed   ei  mi    disse  :  quel   fu  il   duro  camo  9 
Che  do V ria  l'uom  tener  dentro  a  sua  meta. 

ì^ò     Ma  voi   prendete   V  esca  ,  si   che  Tamo 
Dell'  antico  avversario   a  se  vi  tira  , 

e  che  perciò  il  subito  dileguarsi  del  tuono  ,  cioè  il  trascorrere  dello 
strepito  che  il  tuono  fa  ,  avvenga  dal  subiio  scoscendere  ,  squarciare, 
il  vento   la  nuvola  che  lo  inchiude  ,  e   dalla  medesima  allontanarsi . 

i56  137  Come  da  lei  ec.  Bisogna  nella  costruzione  di  questi  due 
versi  che  la  particella  ed  del  secondo  pongasi  innanzi  al  primo  E 
come  da  lei  ec.  ecco  C  altra  ec.  *  Dio  ti  guardi  dal  crederai,  o  let- 
tore :  esclama  qui  il  Diagioli  contro  il  P.  Lombardi  :  e  con  ragione  : 
perchè  veramente  il  buon  padre  non  comprese  tutta  la  ft.rza  di  quell' 
ed,  la    quale  esprime   la    continuità   immediata  delT  altra  voce.  N.E. 

i38  Tonar ,  che  tosto  segua:  altro  tuono,  che  al  precedente  suc- 
ceda . 

i3q  Io  sono  j4glauro.  Altra  voce  di  rimprovero  agi*  invidiosi  — 
j^glauro  ,  figliuola  d' Eritteo  Re  d'Atene.  Costei  portando  estrema 
invidia  alla  sorella  Erse  amata  da  Mercurio ,  e  opponendosi  con  ogni 
soa  possa  a'  piaceri  di  quel  nume ,  fu  da  lui  convertita  in  sasso  • 
Vedi  Ovidio  nel  'i  delle  Trasformazioni .  Volpi  .  E  la  non  disdicevo- 
vole  cagione  di  unir  favole  alla  sacra  storia  vedila  nel  canto  xii  di 
questa  cantica  sotto  il    v'.  28. 

i4o  Per  istringermi  al  Poeta  :  così  spingendolo  la  paura  conce- 
pita al  forte  tonare  di  quelle  voci  . 

143  i/j'i   Quel  fu  il  duro  camo  ec.  p^ctfto^yraef/iMm  spiega  lo  Schre- 

▼elio  {Lexic.  Latino-Graec.  art.  X^H-^^)  >  ^  per  freno  dee  qui  porlo 
anche  il  poeta  nostro  ;  perocché  fa  qui  egli  verificarsi  ciò  che  av- 
verti nel  Cinto   precedente  f.   4o  e  segg. 

Lo  fren  vuol  esser  del  contrario  suono  ; 
Credo  che  V  udirai  ,  per  mio  avviso  , 
Prima  che  giunghi  al  passo  del  perdono  . 
E  vuol  dire,  che  1'  udito  spaventevole  suono   di  quelle   voci   fu  il  du- 
ro y  il  forte  freno  di  che  avevalo  prevenuto  ,  e  che  dovrebbe  ritener 
r  uomo  ne'  termini   del  dovere  . 

145  ì/\6  Ma  voi  prendete  ec.  Ma  voi  vi  lasciate  adescare  dall' a«- 
tico  avs^ersario  y  «lai  demonio  ,  si  che  con  T  amo  che  sotto  V  esca  na- 
sconde ,  vi   piglia  ,  ed  a  se  vi  tira  . 


•Joo  PURGATORIO 

E  però   poco  vai  freno  o  richiamo .  ' 

i48     Chiamavi  '1  cielo  ,  e  'nlorno  vi   si  gira 
Mostrandovi    le   sue  bellezze  eteme , 
E  l'occhio  vostro  pure  a   terra  mira. 
Onde  vi  batte  chi  tutto    discerne . 

i47  Freno  appella  le  minacce  coutro  del  vizio,  e  richiamo  gli 
allettanof mi  alla  virtù  contraria  . 

i48  i/|f)  i5o  Bellezze  eteme y  cioè  incorruttibili,  intende  gli  astri 
—  pure  a  terra  ,  solamente  alle  terrene  cose.  Da  questo  terzetto  (av- 
vertono il  Daniello  e  il  Venturi  )  con  imitazione  felice  ricavò  il  Pe- 
trarca que'  suoi   bellissimi  versi 

Or  ti  tmlleva  a  più  beata  tpemt 

evirando  il  del ,  che  ti  si  volve  intorno  «e.  (a) . 

i5i  Vi  batte ,  vi  gastiga  —  chi  tutto  disceme  y  colui  a  cui  niente 
è   nascosto ,  Iddio  . 

(a)  Part.  i  cani.  Sg. 


Pine  ilei  canto  deeimoquarto . 


301 

CANTO    XV. 


ARGOMENTO     (*) 

In  questo  canto  dimostra  Dante  ,  che  da  un  angelo  furono  indìrtt' 
Uti  per  le  scale  ,  che  sogliono  sul  terzo  balzo  «  dove  si  punisce  V  ira  ; 
<  che  furono  oppressi  da  uu  gran  fummo  «  il  quale  fece  ,  che  più  oltre 
■OH  poterono  vedere  • 

1      ^v  uanto  ,  tra  V  ultimar  dell'  ora  terza 
E  '1    principio  del   di ,  par  della   spera  , 
Che  sempre  a   guisa  di  fanciullo  scherza  ; 

I  a  Quanto  ee.  Quanto  è  il  tratto  della  releste  sfera  tra  il  pun* 
^  dove  il  Sole  compie  V  ora  terza  ,  e  quello  dove  il  Sole  nasce  . 
Inteso  che  il  Sole  corra  eradi  i5  in  ogni  ora,  intendesi  consegoen- 
t^">ente  che  in  tempo  a*  equinozio  (  com'  era  mentre  faceva  Dante 
^''esto   suo  viaggio  )  (a)  doveva  rotale  tratto  essere  di  gradi  /\5. 

3  Che  sempre  a  ^rìsn  ec,  ,  che  non  si  ferma  mai  ,  come  i  fanciul- 
li fanno  .  Miserabile  simiUhidine  dicela  il  A  eniuri .  Ma  perchè  mai  ? 
(  entra  in  difesa  di  Dante  il  signor  Posa  Morando  )  Non  per  altro., 
mi  crefT  io,  che  perla  troppa  differenza  di  grandezza,  eh*  è  tra  il 
f and  Itilo  e  la  spera .  3fa  Plutarco  ,  nel  ra^onamento  del  genio  e  del- 
la vita  d*  Omero  ,  fa  ossen'are  ,  che  questo  divin  poeta  alcune  volte 
prende  la  comparazione  dalle  picciolissime  cose  ,  avendo  riguardo  alla 
natura  delle  cose  ramponale  ,  non  alla  grandezza  del  corpo;  e  ne  re' 
ca  in  prova  le  comparazioni  delle  vespe ,  delle  mosche  ,  e  dell*  api  . 
Il  fanciulle  ha  per  natura  di  sempre  moversi  ,  e  acciò  mi  vaglia  del' 
le  parole  d^  Orazio  (h)  mutatur  in  horns.  Or  chi  non  vede  che  queste 
dite  cose  guanto  son  proprie  del  fanciullo  sono  proprie  della  spera  al' 
trettanto  ?  Improprio  è  bene  questo  pronunciare  sì  francamente  e  in 
termini  sì  ritrosi,  ylnche  i  gran  poeti  ,  è  vero ,  non  vanno  esenti  talora 
dai  gran  difetti  ;  ma  non  è  di  tutti  il  conoscerli  :  e  P  avvertirti  poi 
con  guest*  aria  di  maestro  e  d*  oracolo  non  è  d*  alcuno.  Ciò  sia  detto 
per  tutte  guelle  espressioni  austere  e  sprezzanti ,  che  tratto  tratto  nel 
nuovo  comento  (  del  \enturi  )  si  leggono.  Zoilo  ,  che  ardì  riprendere 
sfacciatamente  Omero  ,fu  ucciso  a  furia  di  pietre  dal  popolo ,  e  ss 
comprò  la  derisione  e  Codio  di  tutti  i  secoli. 


(*)  Argomento  metrico  del  cel.  G    Gotti  . 
Per  salii    suso  a]   terto  balte  invito 

Hanno  da   un  Anpiol  si  belio  e  ffplepdente^ 
Cbe  Darre  n   ba  lo  suo  %\%o  smarrito. 
E  oltre  andando  fi  ffrma  la  mente 
In  ahi  esempi  ,  onde    distratta  è  1*  ira  « 
Cbe  quanto  quivi  a  Ini  non  è  presente 
In  ▼isìone  estatica  rimira. 
{a)    Vedi  la  nota  al  canto  1  dell  lui.  v.  38.     (b)  Poet.  V.  i6o. 


aoa  PURGATORIO 

4    Tanto  pareva    già  ,  inver   la  sera  , 

Essere  al  Sol  del  suo  corso   rimaso  ; 
Vespero   là ,  e  qui  mezza  notte  era  . 
7     E  i   raggi  ne  ferìan   per  mezzo  1  naso  y 
Perchè    per  noi   girato  era  s\  1   monte  ^ 
Che  già  dritti  andavamo  inver  F occaso; 

IO     Quand'  io  senti'  a  me  gravar  la  fronte 

Allo  splendore  assai  più   che  di  prima  , 
E  stupor  m' eran  le   cose  non  conte . 

i3     Ond'io  levai  le  mani   inver  la  cima 

4  5  Tanto  pareva  ec.  :  parevano  resiHue  non  più  Hi  tre  ore  di  Sole» 
6  Fespero  là  ,  cioè  al  Purg-ilorio  ,  perocché  ,  com*  è  detto  nel  iil 
di  questa  cantica  v,  a5  intende  il   Toeta  per  vespero  tutto  il  rimanen- 
te del   giorno    dopo  T  ora  di  nona  —  e  qui ,  in  Italia ,  dove  scriveva 
il  suo  poema  —  mezza  notte  era»  Ammettendo  Dante  il  monte  del  Pur- 


pi 

lestina  gradi  45.  Nel  che  se  il  Poeta  è  discorde  dalla  odierna  geogra- 
fia ,  che  non  pone  tra  queste  regioni  altro  divario  che  di  gradi  cir- 
ca iS ,  concorda  però  con  se  medesimo  ,  che  seguendo  i  geografi  an- 
tichi, e  de' suoi  tempi  (/>)  ,  mette  tra  T  Ibero  ,  fiume  della  ypagna , 
e  Gerusalemme  gradi  90  {e)  :  in  conseguenza  di  che  ,  essendo  real- 
mente r  Ualia  in  mezzo  tra  la  Spagna  e  la  Palestina,  doveva  tra  Tl- 
talia  stessa  e  la  l^alestina  supporre  gradi   /|5. 

7  Per  mezzo ''l  naso  ,  in  vece  di  nel  mezzo  della  faccia,  sineddo- 
che ricercata  dalla  rima  bensì  ,  ma  ragionevole ,  per  essere  il  naso 
in  mezzo  della  faccia. 

8  9  Perchè  per  noi  ec.  Avendo  detto  nel  canto  ni  di  que- 
sta cantica  che,  mentre  incominciava  a  salire  il  monte,  il  nascente 
Sole  dietro  fi(ìì  fiammeggiava  roggio  (r/),  vieti  ora  a  dire  che  tanto  ave- 
va di  quel  monte  girato  ,  che  il  cadente?  Sole  battevagli  in  faccia.  *  Dan- 
te non  ha  detto  questo  ,  ma  si  che  quando  volsero  il  viso  al  poggio , 
fiammeggiava  loro  dietro  il  Sole,  ma  non  fu  quello  il  luogo  dove 
montarono  ,  perocché  non  era  quello  il  punto  più  diretto  ud  orien- 
te,  ma  si  più  in  là  a  man  dritta,  siccome  puossi  vedere,  calcolan- 
do il  viaggio  che  fece  a  sinistra  prima  di  montar  verso  quelle  aui- 
me,  e  il  ritorno  con    loro  di    qua.    Bikciom.  N.  K. 

10  Gravar  la  fnmte  per  abbarbagliar  gli  occhi  in  fronte. 

11  ^llo  splendore^  dell'angelo  ,  come  seguendo  dirà  —  assai  pili 
die  di  prima  y  persoli   raggi  del  Sole. 

12  E  stupor  m^  eran  ec.  ,  e   non  sapendo  onde  ciò  avvenisse,  n« 
rimaneva  stupido. 

(a)  Purgar.  IV  68  e  segg.     (h)  Vedi  la  nota  al  canto  il  di  questa  canti- 
ca v.  4  «  'Hg*     (<-')  Canto  xxyii  di  questa  cantica  ▼.  i  e  segg.     (d)    Verso  iS. 


e  A  N  T  O    X  V .  '  ao3 

Delle  mie  ciglia  ,  e  fecimi  1   solecchio 
Che  del  soverchio  visibile  lima . 

Ì6     Come  quando  dall'  acqua  o  dallo  specchio 
Salta  lo  raggioifl'  opposita   parte  j 
Salendo  su   per  lo  modo  parecchio 

19     A  quel   che   scende  ,  e    tanto  si  diparte 

Dal    cader  della  pietra  in  igual  tratta  y 

i4  Feci  mi 'l  solecchio.  Solecchio  ,  e  solicchio  (spiega  il  Vocab.  del- 
la Cr.  )  strumento  da  parare  il  Sole ,  detto  ancora  parasole  ,  e  ombrel- 
lo :  e  qui  per  similitudine  appella  Dante  solecchio  quel  riparo  al  trop- 
po Inme  ,  che  colle   mani  alzate  sopra  le  ciglia  facevasì. 

i5  Sos^erchio  visibile  per  eccessivo  splendore.  Volpi.  —  lima  da  //- 
mare  per  i sminai  re,  togliere. 

18  Per  lo  modo  parecchio ,  cioè  parimente,  ed  a  qual  modo 
medesimo  ,  che  era  disceso  giù  ,  su  salendo  riflette.  Daniello.  Parec^ 
chic  (  dice  il  Venturi  )  per  sentire  alla  rima ,  in  vece  di  pari  e  ugna- 
fé.  Ma  parecchio  per  pari  trovasi  adoprato*  da  buoni  scrittori  anche  in 
prosa.  Vedi  il  Vocahol.  della  Cr. 

19  ao  i^'  tanto  si  diparte  dal  cader  ec.  {  "^  E  cotanto  si  parte  ,  il 
cod.  Antald.  N.  E.  )  Chiosano  qui  tutti  gli  espositori  che  voglia  Dan- 
«  esprimere  la  velocità  della  luce  incomparabilmente  maggiore  di 
{oella  del  cadere  di  una  pietra.  Ma  se  ciò  avesse  voluto  Dante  espn- 
nere,  a  che,  domin  ,  aggiunto  ci  avrebbe  queWinigtial  tratta?  Può 
!glì  forse  in  qualche  diversità  di  tratta  agguagliarsi  il  moto  della  pie- 
ni al  moto  della   luce  ? 

Quantunque  non   dissimilmente  dagli  altri  spositori  spieghi  il  lan- 


nenli  ,  è  detta  per  certa  traslazione  una  linea  indotta  a  piombo  . .  Laon- 
le  vuole  nel  medesimo  libro  ^  che  gli  Etiopi  che  abitan  tra  il  Tropi- 
»  estivo  e  r  equinoziale  ,  abbino  due  ardentissime  stati,  perchè  il  So- 
e  passa  due   volte  il   caso  d/^lla  pietra  sopra  i  lor  capi. 

La  convenienza  di  rotale  appellazione  alla  linea  perpendicolare, 
)er  la  perpendicolare  che  sempre  la  pietra  liberamente  sul  suolo  ca- 
lendo  descrive  :  1'  essere  Alberto  A'agno  e  Dante  contemporaneamente 
rissuti  :  e  per  terzo ,  il  non  potersene  in  altro  modo  da  questo  pas- 
o  trarre  buon  senso,  sono  tre  motivi  che  mi  determinano  a*  credere, 
he  pel  cader  delia  pietra  non  intenda  il  Poeta  qui  se  non  la  perpen- 
licofare  medesima. 

Quant*  io  adunque  capisco  vuole  qui  Dente  con  l'ellittico  suo  fa- 
nigliare  linguaggio  accennate  due  uguaglianze  ,  che  serbano  Ira  di 
loro  nel  cadere  e  riflettere  dall'  act.ua  o  dallo  specchio  i  raggi.  la 
prima  di  modificazione  ,  o  sia  di  tessitura  (  quella  cioè  ,  senza  della 
qoale    non  avremmo  certamente    immagine  né  dall*  acqua,  né   dalU 


ao4  PURGATORIO 

Si  come  mostra  esperienza  e  arte  ; 

a  2     Cos\   mi  parve  da  luce  rifratta 

Ivi    dinanzi  a   me  esser  percosso  : 
Perch'  a    fuggir   la^^vista  mia  fu  ratta  • 

a5     Che  è  quel  ,  dolce  padre  ,  a  che  non  posso 
Schermar  lo  viso  tanto   che  mi  vaglia  , 
Diss'  io  ,  e   pare  inver  noi  esser  mosso  ? 

a8     Non    ti   maravigliar  s'  ancor  t'  abbaglia 
La  famiglia   del   cielo ,  a  me   rispose  ; 
Messo  è  che  viene  ad  invitar  eh'  uom  saglia . 

3i     Tosto   sarà  eh'  a  veder  queste  cose 
Non  ti  fia   grave  ,  ma   fieti  diletto 
Quanto  natura   a   sentir  ti  dispose  • 

specchio ,  né  da  Terun  corpo  lucido  ) ,  ed  esprìme  questa  con  dire  ,  che 
Salta  lo  raggio  all'  apposita  parte 
Salendo  su  ,  per  lo  modo  parecchio 
A  quel  che  scende. 
L'altra  uguaglianza  è  quella  degli  angoli  d' incidenza  e  di  riflessione» 
cosa  pure  certissima,  ed  espriniela  con  aggiungere,  che  Io  stesso  ri* 
flettente  raggio  in  igttal  tratta  ,  in  lunghezza  uguale  a  quella  del   rag- 
gio diretto,  si  diparte  dal  cader  della  pietra  ,   dalla  perpendicolare  , 
tanto  (  intendi  valer  tanto  quanto  )  {a)   lo  stesso  diretto  raggio  si  di' 
parte. 

Il  Sì  come  mostra  ce.  :  come  ne  insegna  la  catoptrica  ,  e  ne  com- 
prova r  esperienza. 

22  a3  Jiifratta  per  ribattuta.  Non  senza  cagione  dice  ,  che  i  rag- 
gi della  luce  che  lo  feriano  ,  erano  per  riflessione  :  perciocché  vuol 
aimostrare  ,  che  la  luce  ,  la  qual  veniva  dall'  angelo  in  lui ,  era  rag- 
gio della  divina  luce  che  percotca  1*  angelo  ,  e  quivi  riflesso  perco- 
tea  Dante.  Landino.  E  cosi  ne  insinua  Dante  stesso  nel  FARàD.  xxix 
i36,  ove  dell'angelica  famiglia  parlando  dice  ,  ìm  prima  /i/ctf(  Dio,) 
che  tutta  la  raia.  Vedi  ciò  che  al  medesimo  proposito  è  detto  Puro. 
IV  62.  *  Un  dinami  da  me  esser  percosso  ,   il  eoa.  Antald.  N.  E. 

a4  ^atta,  presta.  *  La  mia  vista  il  cod.  Vat.  N.  E. 

25  ^  che  per  contra,  o   verso  del  quale.  Vedi  Cinonio  (h). 

26  Schermare ,  sinonimo  di  schermire  ,  qui  per  sostenere.  *  Scher- 
mir legge  il  CoD.  Caet.  N.  II.  —  viso  per  occhi  ,  vista  ,  —  tanto  che 
mi  vaglia  j  tanto  che  possa  valermene. 

27  E  pare  in  ver  noi  ec.  :  e  pare  che  venga  verso  noi. 

28  29  Ancor  ^  ybÌc  Jin  ora  ,  —  la  famiglia  del  cielo  ^  gli  angeli. 
3i    Tosto  sarà  ,  quando  sarai  internamente  purgato. 

32  53  Fieti  diletto  quanto  ce.  :  avrai  tu  diletto  tanto  quanto  per  na-- 

(a)  Lo  stesso  cioò  che  il  solo  quanto  alcoDa  fiatm  vale.  Vedi  Cinon.  Par» 
tic.  aii  4.     (b)  Par  tic.  1    11. 


CANtOXV.  ao5 

34.  Poi  giunti  fummo  all'  angel  benedetto  , 
Con  lieta  voce  disse  :  entrate  quinci 
Ad  un  scalèo  vie  men  che  gli  altri  eretto  . 

$7     Noi  montavamo  ,  già  partiti  linci , 
E  ;  beati   misericordes  ,  fue 
Cantato   retro  ,  e  :  godi   tu  che  vinci . 

4o  ^  Lo  mio  maestro  ed  io  ,  soli  amendue , 

Suso   andavamo  ;  ed  io  pensai,  andando  » 
Prode   acquistar  nelle   parole  sue  . 

43     £  dirizzami   a   lui  sì  dimandando  : 

Che   volle  dir  lo  spirto  di  Romagna, 

tura  lu  sarai  capace  di  riceverne .  Della   particella  quanto  al   senso  di 
tanto  auanto  vedi  Ci||onio   {a). 

34  35  Poi  per  perchè ,  qu\  pure  ;  com'  è  detto  al  v.  i  del  can- 
to x  di  questa  cantica.  —  Entrate  la  Nidob. ,  inirate    V  altre  edizioni. 

36  Scaleo  ,  per  scala  ^  qu\ ,  e  Farad,  xxi  ag  forse  dstìV  escaiier  ^ 
che  di  e;enere  del  maschio  i  Francesi  dicono  —  We  nutn  ec,  ,  appar- 
tiene ciò  a  dinotare  che  si  andava  agevolando  la  via  del  cielo.  *  JYon 
meìiy  il  cod.  Antald.   N.  E. 

37  lÀnci.  Qui,  ti  ,  costì  (avvisano  i  Deputati  alla  correzion  del 
Boccaccio  )  et  altre  di  questa  maniera ,  sono  s^oci  semplici  che  servono 
a  luogo ,  et  a  queste  aggiagniamo  la  sillaba  ci ,  come  i  Latini  e  i  iire» 
d  danno  certe  aggiunte  alle  loro  j  e  se  ne  Ja  quid ,  liei ,  costici ,  svo- 
lendo significare  stanza  :  e  se  mos^imento  ,  o  partimento  da  luogo  ,  vi 
si  frameitc  un  n  n^  e  se  ne  Ja  quinci ,  linci ,  costinci ,  voci  buone  e  re* 
goìate  (b).  Partili  adunque  lind  vale  quanto  partiti  del  luogo  dove 
n'  apparve  V  angelo.  *  Il  Cod.  Caet.  legge  :  Noi  raontavam  già  partiti 
da  linci.  N.  E. 


91 
nel 


38  39  Beali  misericordes.  Anche  queste  parole  debbono  intender- 
i  cantate  dagli  angeli  ,  come  di  queir  altre  Beati  pauperes  dicemmo 
lei  cauto  xii  no  ai  quasta  cantica:  e  sono  pur  esse  parole  di  Gesù 
Cristo,  nel  capo  5  di  S.  Matteo,  encomianti  T  amore  del  prossimo, 
virili  contraria  alP  invidia  nel  poco  anzi  passato  girone  purgata.  Qui 
miserelur^  dice  S.  Ambrogio,  largiiur  de  suo.  Qui  suum  donat  non 
quaerìt  alicnum  (r) ,  come  V  invidioso  fa  —  godi  tu  che  vinci ,  corri- 
sponde alle  parole  pur  di  Gesli  Cristo  ,  nel  citato  capo  di  S.  Mat- 
teo ,  Caudate  et  e^sulLitc ,  quoniam  merces  vestra  copiosa  est  in  caelis. 

4'  Pensai  la  Nidob.,  pensava  T altre  edizioni. 

4a  Prode  ^  sustantivo,  per /irò  ,  utilità^  giovamento.  Volpi.  Pen- 
sava rioè  Dante,  eh*  era  un  peccato,  l'impiegar  quel  tempo  nel  solo 
andare  ,  senza  insieme  goder  del  profitto  di  sentire  da  Virgilio  qual- 
che insegnamento. 

44  Lo  spirto  di  Romagna  ,  vale  quanto  ,   quello  spirito  Romagnuo- 


(a)  Panie,  aii  4.     (b)  Giorn.  4.  oov.  !•    (e)  Lib.  5  in  cap.  6  Lucae, 


3o6  FURGATORIO 

E  divieto  e  consorto  menEicmando  ? 

46     Perch'  egli  a  me  :  di  sua  maggior  magagna 
Conosce  1  danno  ;  e  però  non  s' ammiri 
Se  ne  riprende  perchè  men  sen  piagna  • 

49     Perchè   s'  appuntano   i  vostri  destri 

Dove  per  compagnia  parte  si  scema, 
Invidia  muove  il  mantaco  a^  sospiri  . 

Sa     Ma  se   l'amor  della  spera  suprema 

Torcesse  'n  suso  1  desiderio   vostro  , 
Non  vi  sarebbe   al  petto  quella  tema  ; 

55     Ghè  per  quanto  si  dice  più  lì  nostro  y 

lo;  e  intende  M.  Guido  del  Duca  da  Brettlnoro  ,  ^nanifesUtosl  nel  pas- 
sato cauto   c'.  81.  '' 

45  E  divieto ,  e  consorto  ec.  :  con  quella  esclamazione 
0  gentt  umana  p  perchè  poni  *l  cuore 
'Là  v*  è  mesiier  di  consono  divieto  ? 
Vedi  il  passato  canto  v.  86  e  se^. 

/\6  47  4^  ^  ^'<^  maggior  ec.  Egli  conosce  ora  per  esperjjcnza  tt 
danno  che  apporta  a'  mortali  quella  che  fu  la  maggiore  di  lui  maga- 
gna ,  il  maggior  vizio ,  cioè  1  invidia  —  non  s*  ammiri ,  impersonal- 
mente detto  ,  e  vai  quanto  non  cagioni  mantiglia  —  se  ne  riprende^ 
se  riprende  noi  uomini  con  quel  O  gente  umana  ec.  —  perchè  men 
sen  piagna  affinchè  trovisi  in  noi  meno  di  che  piangere  in  pur- 
gatorio. Tanto  Piangere  ,  che  piagnere  (secondo  il  Sig.  Mastrofini  TVo- 
ria  e  Prospetto  de  verbi  Italiani  )  scrissero  i  buoni  autori  di  lingua , 
e  le  voci  che  da  questo  verbo  derivano ,  sono  elegantemente  scritte 
tanto  gn  che  ng  anche  oggi  (a)  • 

49  5o  5i  Perchè  s*  appuntan  ec.  Per  questa  cagione,  che  il  vo- 
stro cuore  s' attacca  a  tal  sorta  di  beni  ,  cne  meno  se  n'  ha  da  cia- 
scuno ,  quanti  più  sono  a  goderne;  di  qu\  è  che  s*  accende  l' invidia 
ec.  .^fantaco  voce  antica  per  mantice  :  e  s*  appuntano  i  desideri  vale , 
vanno  a  ferir  tutti,  e  terminar  in  tal  punto.  Venturi.  Io  però  perii 
appuntano  intenderei  più  volentieri  lo  stesso  ,  che  fanno  punto ,  si 
jermano ,  come  Farad,  vi  a8.  *  Perchè  saputo  hanno  i  nostri  desiri ,  il 
cod.  Vat.  N.  E. 

5a  Spera  suprema  ,  il  cielo  empireo ,   seggio  de*  beati. 

53  Torcesse  per  rivolgesse, 

54  Quella  tema  ,   eh'  altri   partecipassero  con   vostro   discapito. 

55  Che  vale  imperocché  —  quanto  si  dice  più,  lì  nostro  significa 
il  medesimo  che  quanto  in  maggior  numero  sono  quelli  clt^  insieme  go- 
dono  dello  stesso  bene.  *  Perchè  quanto  si  dice ,  il  cod.  Vat.  N.  E. 


(n)  A!  ver^o  piangere. 


e  A  N  T  O    X  V .  207 

Tanto  possiede  più  di  ben  ciascuno  9 
E  più  di  caritade  arde  in  quel  chiostro . 

58     Io  son  d' esser  contento  più  digiuno  , 

Diss'  io  ,  che  se  mi  fosse  pria  taciuto  ; 
E  più  di  dubbio  nella   mente  aduno. 

61     Com' esser  puote,  eh' un  ben  distributo 
I  più  posseditor  faccia   più  ricchi 
Di  se  ,  che  se  da  pochi  è  posseduto  ? 

64  Ed  egli  a  me  :  perocché  tu  rificchi 
La  mente  pure  alle  cose  terrene , 
Di  vera  luce  tenebre  dispicchi  • 

67     Quello  'nfinito  ed  ineffabil  bene  , 

Che  lassù   è  ,  così  corre  ad  amore  y 
Com'  a  lucido   corpo  raggio  viene  . 

56  57  Tanto  possiede  ec.  Molto  a  proposito  il  Landino  cita  qui 
due  degnissime  sentenze;  la  prima  di  S.  Agostino  de  civ.  Nullo 
enim  modo  fu  minor  accedente  consorte  possessio  bonitatis ,  quam  tanto 
latius  ^  quanto  concordlus  individua  sociorum  possidet  carìtas  :  e  1»  se- 
conda di  S.  Gregorio  :  Qui  facibus  invidiae  carere  desiderai ,  illam 
earitalem  appetat ,  quam  mimcrus  possidentium  non  an^ustat.  Venturi.  — 
coniate  arati  'n  leggono  V  edizioni  diverse  dalla  Nidob. 

58  Digiuno  ,  catacresi  per  privo, 

5g  JkTi  fosse  pria  ec.  Fosse  ^ev  fossi  spiega  il  Volpi  {a)  detto  so- 
lamente pei*  cagion  della  rima  ;  ma  questo  passo  però  sembra  dimo- 
stramelo detto    anche  fuor  di  rima. 

60  Pili  di  dubbio  aduno ,  vai  quanto  dubbio  sopra  dubbio  mi  si 
ammucchia, 

61  Distributo  per  distribuito ,  alla  maniera  Latina  ,  anche  fuor  di 
rima.  Pabad.  il  69. 

62  /  pili  posseditor  gli  in  maggior  numero  posseditori. 

65  66  Pure  ,  solamente.  —  Dispicchi  (  preso  dallo  spiccar  frutti 
dagli  altri  alberi  ) ,  cogli ,  tenebre  di  vera  luce  ,  è  quanto  dire ,  viep' 
piii  la  mia  vera  dottrina  f  imbroda  la  mente. 

67  (8  6g  Quello  infinito  ec:  il  divino  glorificante  lume  —  corre 
ad  amore ,  spandesi  sopra  della  carità  —  come  raggio  ,  intendi  ,  so- 
lare ,  viene  a  corpo  lucido  ,  a  corpo  di  levigata  superfìcie  ed  alto  a 
rifletter  luce  ;  come  perciò  diccsi  marmo  lucido ,  lucid*  armi  ec.  Luci- 
do per  diafano ,  trasparente  chiosa  il  Volpi  :  ma  ciò  che  siegue  Dan- 
te a  dire  sei  versi  sotto  ,  E  come  specchio  C  uno  alt  altro  rende  ^  ba- 
sta a  far   capire  il  torto  di  colai  chiosa. 

(a)  Parg.  xvii  ifi  ,  •  mx  42. 


aie  PtJltCATORIO 

94    T^^  m'apparve  un'altra,   con  quell'acque 
Giù  per  le  gote   che  '1   dolor  distilla  , 
Quando  da  gran  dispetto  in  altrui  nacque  ; 

97    E   dir  :   se  tu  se'  sire  della  villa  , 

Del  cui    nome  ne'  Dei  fìi   tanta  lite» 
E  onde  ogni  scienzia    disfavilla ,  . 

100    Vendica  te  di  quelle   braccia  ardite , 

Gh'  abbracciar   nostra  figlia ,  o  Pisistrato  . 
E  '1  signor  mi  parca    benigno  e  mite 

io3    Risponder  lei    con  viso  temperato  : 

Ghe  fa  rem  noi  a  chi  mal  ne  desìra , 

Se  quei  ch^  ci  ama  è  per  noi  condannato  ? 

106    Poi  vidi  gente  accese    in  fuoco  d*  ira 

Gon  pietre  un  giovinetto  ancider,  forte 
Gridando  a  se   pur  :  martira  ,  martb*a  • 

94  9^  9^  '^  ^  /y<in>tf ,  il  cod.  Vat.  N.  E.  —  Uni'  altra  ,  inteodif 
donna ,  e  moelie  di  Pisistrato  tiranno  d*  Atene ,  irata  e  stimolante  il 
marito  a  Tenoetta  contro  di  un  giovane  che  preso  d'amore  verso  dd- 
la  loro  figlinola  avevala  pubblicamente  baciata  .  Vedi  Valerio  Massi- 
mo (a)  -—  con  queir  acque  che  7  dolor  ec,  :  bagnata  nelle  gote  eoa 
quelle  lagrime  che  spreme  dolore  cagionato  da  dispetto ,  da  corruc- 
cio, arrabbiamento,  contro  «i*  alcuno  :  bagnata,  in  sostanza,  di  la- 
grime d*  ira.  —  Della  particella  in  al  senso  di  cantra  vedi  Cinonio  (b), 
97  9^  99  "^"^  »  ^^  stesso  che  signore  —  villa  (  per  città  alla  ma- 
niera de*  Fraazesi  )  del  cui  nome  ne*  Dei  fu  tanta  lite ,  intendi  la  cit- 
ik  d*  Atene  ,  sopra  la  eguale  finsero  i  poeti ,  che  nascesse  contesa  tra 
Nettuno  e  Minerva,  chi  di  lor  dovesse  dar  il  nome  a  quella  cittik; 
e  che  s'accordassero  insieme,  colui  doverla  denominare  che  all' im- 
proviso  producesse  cosa  di  maggiore  utilità .  Percosse  Nettuno  la  ter* 
ra  col  tridente  ,  e  ne  fece  uscire  un  cavallo  :  la  percosse  parimente 
Minerva  coli'  asta  ,  e  ne  trasse  un  ulivo .  Giudicarono  gli  Dei  V  uli- 
vo ,  come  segno  di  pace ,  esser  migliore  del  cavallo ,  eh'  è  segno  di 
guerra  ;  e  perciò  là  vittoria  fu  di  Minerva  ,  che  in  lingua  Greca  si 
chiama  Atenea^  o  Atena.  Volpi.  —  Ed  onde  ogni  scienzia  ec.  Aveva 
letta  in  Cicerone  Dante ,  omnium  bonarum  artium  ins^enirices  Athenas* 
Landino. 

io6  Genti  accese  ec,  :  i  Giudei   lapidatori  di  santo  Stefano. 

f  07  1 08  Un  giovinetto,  santo  Stefano  —  ancidere  per  uccidere ,  ado- 

prato  anche  dal  Petrarca,  e  da  altri.  Vedi   il  VocaLol.   della  O.  — 

jorte  gridando  a  se  pur,  fortemente  gridando  anche  l'uno  all'altro  — 

marttrn ,  marfira.   Martirare   per  martirizzare ,    o  sia  tormentare ,  lo 


(a)  Lib.  5  cap.  I.    (t)  Partic.  i38  4. 


CANTO    XV.  aii 

J09    E  luì  vedea  chinarsi  ,  per   la  morte 

Che  r  aggravava  già ,  inver  la  terra  ; 
Ma  degli  occhi  facea  sempre  al  ciel  porte  ^ 

1  M  2  Orando  all'  alto  sire  in  tanta  guerra  , 
Che  perdonasse  a'  suoi  persecutori  , 
Con  quello  aspetto  che  pietà   disserra. 

i  a5     Quando  l'anima  mia   tornò    di  fuori 

Alle  cose  che  son  fuor  di  lei  vere  , 
Io  riconobbi  i  miei  non  falsi  errori . 

^18     Lo  duca  mio  9  che  mi  potea   vedere 

Far  si  com'  uom  che  dal  sonno    si  slega  , . 
Disse  :  che  hai ,  che  non  ti  puoi  tenere , 
121     Ma   se' venuto  più   che  mezza  lega 

Velando  gli  occhi  9  e  con  le  gambe  avvolte  , 

«doperà  anche  V  Ariosto  (a)  :  qu\  però  marùra ,  marCtm  ,   dee    valere 
quanto  dagli  y  dagli  o  ammazza,  ammazza;  e  dee  colate   geminazione 
ai  parola  intendersi  effetto  del  fuoco  d!  ira ,  di  che  il  Poeta  ha  det-  . 
to  cpielle  genti  accese  « 

III  Degli  occhi  facea  ec.  :  teneva  sempre  aperti  gli  occhi  al 
cielo . 

1 1 3  j4ir  aito  sire ,  a  Dio  —  in  tanta  guerra ,  in  cos\  aspra  perse- 
dizione* 

ii4  Che  pietà  disserra y  che  ottiene  pietli:    e  di  fatto  la  conver- 
sione dell*  apojtolo  S.  Paolo  ascrivesi    dai  santi  Padri  a  cotal    eroico* 
pregare  di  5.  Stefano. 

ii5  116  (^UMndo  r anima  mia  ec.  Quando  mi  riscossi  dall'estasi, 
e  ritornò  V  anima  mia  fuor  della  sua  immaginativa  ai  veri  obbietti 
che  fuor  di  lei  esistono. 

iij  /  miei  non  falsi  errori,  il  Landino  e  il  Veli  niello  prendono 
errore  in  significato  di  vagatione  della  mente,  e  cosi  vi  aggiustano  Pe- 
pitelo di  non  falso;  e  il  Daniello  e  il  Venturi  spiegando  errore  per 
falsa  apprensione  di  realtà  in  obbietti  non  reali ,  vi  accomodano  il 
non  f (USO  per  rapporto  alla  vera  significazione  de*medesimi  apparenti 
obbietti.  Quanto  a  me  parrebbe  meglio  d' intendere  essere  sentimen- 
to del  Poeta ,  che  tornando  sua  mente  da  quelP  estatica  visione  ai 
veri  obbietti  che  sensi  si  appresentano ,  ed  a  quegli  apparsi  esempj 
di  mansuetudine  riflettendo  ,  riconoscesse  i  veri  peccati  suoi  d'iracondia  • 

1 20  Che  non  ti  puoi  tenere  «  che  non  ti  puoi  reggere  bene  su  i 
piedi.  Ventdri. 

Ila  fidando  gli  occhia  colle  palpebre  —  con  le  gambe  avvolte ^ 
con  incrocicchiamento  di  gambe  nel  camminare. 

(a)  Pur.  a8  ^. 

0  9 


3l4 

CANTO    XVI 


ARGOMENTO    (*) 

Mostra  IXanie  iii  questo  canto  «  che  n9l  fummo  tramo  pmmiii  gVtt 
di  ;  tra  I  quali   trova  Marco  Lombardo  «    il  quàU  gli  dimostra    f 
di  coloro  9  che  stimamo  ,  ehm  ogni  mostro  operare  y^mgm  'daUimaia 
influssi  dei  cieli, 

ì  JJujo  d'  inferno ,  e  dì  notte  privata 
D' ogni  pianeta  sotto  pover  cielo  > 
Quant'  esser  può  di  nuvol  tenebrata  9 

4    Non  fece  al  viso  mio  sì  grosso  velo, 

Come   quel  fummo  ch'ivi  ci  coperse  , 
Ne  a  sentir  di  cosi  aspro  pelo  : 

7     Che  r  occhio  stare  aperto  non  sofferse . 
Onde  la  scorta  mia  saputa  e  fida 
Mi  s'  accostò  ,  e  V  omero  m' offerse  . 

I  al  5  Bufo  et  Infamo  ec.  In  paragone  dell' oscurità  del  pn 
to  fummo  dice  minori  due  grandi  oscurità  da  esso  vedute;  q 
cioè  dell*  inferno  ,  e  quella  di  notte  priv^ata  (T  ogni  pianeta  ,  del 
me  cioè  d'  ogni  celeste  lucido  corpo  —  sotto  pover  ciclo.  Il  V< 
seguendo  il  Landino  ,  il  Vellutello ,  e  il  Daniello  ,  spiega  pover  del 
annuvolato ,  e  privo  de*  suoi  ornamenti ,  che  sono  (e  stelle.  Ma  il 
così  pover  cielo  invano  direbbe  poi  Dante  la  notte  stessa  <7i  nuvi 
neonata.  Povero  cielo  adunque  dovrebbe  valere  quanto  porzione  di 
lo  povera  ,  scarsa ,  di  stelle  :  che  di  fatto  ,  non  tutto  il  ciclo  è  u 
mente  sparso  di  stelle,  né  tutte  le  stelle  sono  della  medesima  { 
dezza  e  lume  :  ed  essendo  la  notte  di  nuvol  tenebrata  ,  e  sotto  f, 
cielo  a  cotal  modo  inteso  ,  cresce  l'  oscurità  —  non  fece  al  visd  \ 
agji  occhi  mici  velo  né  s\  grosso»  né  di  pelo  a  sentir^  al  senso, 
si  aspro  (  aspro  pelo  allusivamente  a  velo  appella  le  mordaci  part 
le  di  quel  fummo  )  come  quel  fummo  eh'  ivi   ci  coperse. 

9  /.*  omero    m*  offerse  :  mi  presentò  la  spalla  su  della  quale  m 

poggiassi  per  essere  da  lui  guidato  qual  cieco. 

*  -  -  — 

Q  Argomento  metrico  del  cel.  G.  Goxzi  . 
In  qoefto  loco  ia  colpa  si  monda 

Dell'  ira  ,  e  intorno  dento  fumo  e  tardo 

Tutto  lo  copre  »  e  gli  spirti  circonda. 
Fra  gì'  iracondi  va  Marco  Lombardo  , 

Lo  qnal  libero  arbitrio  si  difende  , 

Che  ragionando  fa  parer  bugiardo 
Cki  per  celesti  inflassi  oprare  intende. 


CANTO    XVI.  2i5 

10    Sì  come  cieco  va   dietro  a  sua  guida 

Per  non  smarrirsi ,  e  per  non  dar  di  cozzo 
:    In  cosa  che  1  molesti  o  forse  ancida^ 

i3     M'andava  io  per  l'aere  amaro  e  sozzo 
Ascoltando  1  mio  duca  :  che  diceva 
Pur  :  guarda  ,  che  da  me  tu  non  sie  mozzo . 

ìS     V  sentia  voci ,  e  ciascuna  pareva 

Pregar  per  pace  e  per  misericordia 
L'Agnèl  di  Dio  che  le  peccata  leva. 

19     Pur  jignus  Dei  eran  le  loro  esordia; 

Una  parola   in   tutte  era  ed  un  modo  ^ 
Si  che  parea    tra  esse  ogni  concordia  . 

aa     Quei  sono  spirti ,  maestro ,  eh'  i'  odo  ? 

Diss'  io .  Ed  egli  a  me  :  tu  vero  apprendi  ^ 
£  d' iracondia  van  solvendo  'l  nodo  • 

13  O forse  l'altre  edizioni,  o  ver  la  Nidobeatlna.  Ma  significan- 
do o  ver  lo  stesso  che  o  anche  ^  viene  il  pleonasmo  a  riuscire  pi2i  ag- 
giustato .  '^  Così  annotò  il  P.  L.  Noi  pero  confermati  dal  Cod.  Caet. 
e  dal  Chieiano  testé  mentovato  {a)  non  crediamo  in  questo  luog€^  di 
scostarci  dalla  comune  ed  abbiamo  restituito  o  forse.  N.  £•  —  ancida 
per  ucdda  :  vedi  nel  passato  canto  al  v,  1 07. 

i3  Amaro  e  sozzo  :  sozzo  perocché  annerito  dal  fummo ,  amaro 
perchè  molesto  agli  occhi ,  catacresi. 

•  14  i5  Che  diceva  pur^  che  solamente  m'andava  dicendo  —  non 
sie  nunio  »  non  sii  disgiunto ,  catacresi.  Di  sie  per  sii  vedi  Mastrofini 
Teoria  e  Prospetti  de^  verbi  Italiani  sotto  il  verbo  essere  n.  17. 

1 8  Peccata  per  peccati.  Vedi  ciò  eh*  é  avvisato  intorno  a  questa 
e  simili  voci  Inf.  v,  9.  —  leva  per  toglie  ,  in  corrispondenea  al  det- 
to del  precursore  Ecce  Agnus  Dei  ,  ecce  qui  toUii  peccata  mundi  (ò)  , 
•d  alla  preghiera  che  tre  volte  ripetesi  nella  messa»  e  nelle  litanie» 
jignus  Dei  ^  qui  tollis  peccata  mundi  ec. 

19  Pur  Agnus  Dei  eran  ec,  non  altro  che  Agnus  Dei  eran  Vesor^ 
dia,  grincominciamenti  delle  loro  preghiere.  Accenna  che  fosse  la 
preghiera  o  la  stessa  ,  o  somigliante  a  quella  che  al  medesimo  divino 
Agnello  fassi  nella  messa ,  e  nelle  litanie  ;  ove  cioè  il  solo  Agnus  Dei 
é  A*  incorni nciamento  della  triplicata  preghiera. 

30  Una  parola  in  tutti  era  ed  un  modo ,  la  Nidobeatina ,  CTna  pa^ 
rola  era  in  tutti ,  e  un  modo  V  altre  edizioni ,  '^  e  il  cod.  Vat.  In  tut" 
te  il  Cod.  Chig.  che  noi  seguiamo  per  concordansa  grammaticale  y  che 
però  si  potreDoe  espungere  senza  timor  della  frusta.  N.  E. 

34  D"*  iracondia  van  solvendo  il  nodo ,  vanno    purgando  le   mac- 

(a")  Canto  precedente  ,    nota  al    V,   aj.        {b)  Joatt.  i  29* 


21$  PURGATOKIO 

25    Or  tu  chi  se'j  che  1  nostro  fumma  fefidi  f  ^ 
E  di  noi  parli  pur  come  se  tue 
Partissi  ancor  lo  tempo  per  calendi  ? 

28     Così   per  una  voce  detto  fue  • 

Onde  1  maestro  mio  disse  :  rispondi  9 
E  dimanda  se  quinci  si  Ta  sue. 

3i     Ed  io  :  o   creatura  9  che  ti  mondi 

Per    tornar  bella  a  colui  che  ti  fece. 
Maraviglia  udirai ,  se  mi  secondi . 

34     r  ti  seguiterò  quanto  mi   lece , 

chìe  in  loro  dall'  iracondia  rimaste.  Non  senza  grandissimo  gludisio 
pone  il  Poet ')  gì*  irosi  nel  fumo  ,  conveniente  pena  a  cotal  fallo  ;  per- 
chè, <*ome  il  fumo  ci  priva  della  vista  corporale,  cos\  Tira  di  goel- 
la  dell'  intelletto  ;  e  s\  fattamente  n'  accieca  ,  che  spesso  a  vergogna , 
e  talor  mena  a  morte.  Daniello.  Anche  netl'  Inferno  sopra  del  panta- 
no ,  in  cui  sono  fitti  i  rei  di  mortale  iracondia ,  fa  Dante  spandersi 
un  denso  fumo.  Vedi  quel  canto  viii  12  e  ix  ^5.  *  Ti  nostro  amico 
Signor  Salvatore  Betti  vorrebbe  che  V  E  in  principio  del  i'.  a4  stesse 
in  luogo  d'  Et  ^  e  che  perciò  si  dovesse  fare  un  punto  e  virgola  do* 
pò  apprendi.  Il  che  basti  d'  avere  indicato.  N.  E. 

^5  //  nostro  fummo  fondi  :  il  fumo ,  in  cui  noi  siamo ,  dividi  • 
parti  col  camminare  permesso  :  il  che  adessi  non  avveniva,  non  aven- 
do corpo.  Venturi. 

16  Tue  per  ùi  adoprato  dagli  antichi  Toscani  anche  fuor  di  rima. 
Vedi  il  Vocabolario  della  Crusca  alla  voce  tu. 

1']  Partissi  ancor  lo  tempo  ec.  Calendi  o  cafende  che  indifFercnte- 
mente  scritto  si  ritrova  )  {a)  none  ,  ed  idi  sono  i  tre  termini  ,  ne*qua- 
li  ogni  mese  secondo  il  Latino  costume  dividesi.  Pone  atlunque  Dan- 
te per  sineddoche  il  primo  per  tutti  e  tre  i  termini,  e  vuole  in  so- 
stanza dire  ,  come  se  tu  vivessi  aneora  nel  tempo  ,  e  non  ,  come  noi  » 
nelT  eternità. 

a8  Fue.  Di  foie  per  fo ,  e  de!  corrispondente  sue  per  su  vedi  ciò 
ch'è  notato  Inp.  il  i/ji. 

*  QQ  Ondo  '/  maestro  mi  disse  ,  il  cod.  Vat.  N.  E. 

3o  Se  quinci  si  va  sue ,  s'  è  questa  buona  strada  per  salire  alla 
vetta  del  monte. 

33  Se  mi  secondi  ,  se  mi  vieni  appresso.  Bramando  Dante  di  sa- 
pere, non  solo  quanto  Virgilio  imposto  gli  aveva  di  chiedere  ,  ma 
della  condizione  altresì  di  quello  spirito  che  udito  aveva  parlare  ,  nò 
potendo  staccarsi  da  Virgilio,  che  proseguiva  il  cammino,  prese  l'e- 
spediente di  pregare  lo  spirito  medesimo  a   voler  far  de'  passi  seco. 

*  34.  Quanto  nd  lece:  quia  nulla  anima  posila  in  Purgatorio  po^ 
test  exire  circulum  suum  donec  foierit  purità:  chiosa  il  Postill.  Caet* 
Vedine  la  corrispondenza  infìne  del  canto  v.  i4i  >  e  se^.  N.  E. 

(a)  Vedi  il  Vocabolario  della  Crntca. 


\ 


CANTO    XVI.  ai7 

Rispose  ;  e   se  veder  fummo  non  lascia  ^ 
L'udir  ci  terrà  giunti  in  quella  vece  • 

37     Allora   incominciai  :  con   quella  fascia 
Che  la  morte  dissolve  men   vo  jsuso» 
£  venni  qui  per  la  'nfemale   ambascia; 

4o     £  se  Dio    m' ha  in  sua  grazia  richiuso 

Tanto  eh'  e'  vuol  eh'  io  veggia  la  sua  corte , 
Per   modo   tutto  fuor  del  modem'  uso  > 

43     Non    mi  celar  chi   fosti  anzi  la  morte  ; 

Ma  dilmi ,  e  dimmi  s'  io  vo  bene  al  varco  9 
£   tue  parole  fien   le  nostre  scorte. 

46     Lombardo  fui,  e  fui  chiamato  Marco; 

35  Fummo  senza  Tarticolo  i7,  al  modo  dei  Latini,  praticato  mol- 
te fiate  anche  dagl'Italiani   (a).  Così  pure  nel  v.  l)IS.  E  tue  parole  ea. 

36  V  udir  ci  terrà  giunti  ec.  in  vece  del  vedere  ci  terrà  accom- 
pagnati l'udire.  r        ,,., 

57  Fascia  appella  il  corpo  umano  ,  perocché   quasi  fascia  o   le- 
game che  tien  r  anima  avvinta  . 

39  Per  la^nfemafe  ambascia,  passando   per  l'Infermo. 

4^  Jìichiuso  per  ricesfuto ,  accollo  .  .  . 

4 1   Ch*  io  vegna  alla   sua   corte  in  vece  di   eh*  io  veggia  la  sun 
corte  lesse  il  Cod.   del  Sig.  Foggiali .  N.  E. 

/\2  Tutto  fuor  del  modem*  uso  :  afiatto  straordinario  ,  e  non  soli- 
to  a  praticarsi  in  questa  provvidenza .  Vektdbi  . 

44  Dimmi  per  me  lo  dì  —  varco  per  ingresso  della   detta  cele-, 
ftial   corte. 

4^  Lombardo  fui,  e  fui  {e  fu  l'edizioni  diverse  dalla  Nidobea^ 
tlna  )  chiamato  Marco .  Tu  questo  Marco ,  come  tutti  gli  espositori 
asseriscono  ,  un  nobile  Veneziano ,  amico  del  poeta  nostro  ,  uomo 
di  gran  valore,  e  molto  pratico  delle  corti,  ma' facile  ali*  ira  :  e 
però  Lombardo  dee  qui ,  come  nell'  Inf.  xxvii  20  ,  valere  lo  stesso 
che  Italiano.  ^  edi  la  nota  al  detto  verso  dell'  Imf.  *  Il  Postili,  del 
Cod.  Caet.  però  chiosa:  Istefhit  Marcus  Lombardus  de  Fenetiis,  et 
fttit  yìulicus ,  et  nobilis  homo ,  et  multum  gratus  dominis  de  Lombare 
dia  ,  Ì€Ìeo  dicebaiur  Lombardus .  Vien  poi  in  mente  al  Sig.  Portirel- 
li ,  che  questi  si  fosse  il  celebre  Marco  Volo  Veneziano  ,  il  quale  per 
aver  fatto  lunghi  e  difficili  viaggi  potea  ben  dirsi  valoroso  »  e  per  le 
sue  maniere ,  colle  quali  seppe  rendersi  benevolo  il  Gran  Can  de 
Tartan  ,  poiea  lodarsi  come  prattico  delle  corti  :  \.  i  w.  che  seguo- 
no ec  (b) .  N.  E. 


-^ ; 

(a)  Vedi ,  tra  gli  altri  ,  Benedetto  Meniioi  Tratt.  dtUa  cosprutiofte 
irregolare  cap.  32.  (b)  Dante  col  comento  di  L.  PortireUi  Milano  1804 
to.    iX.   pag.  202   laogo  che   merita   di    esser    ctasaltato  . 


aiS  PURGATORIO 

Del  mondo  seppia  e*  quel  Talore  amai 
Al  quale  ha  or  dascao  disteso  V  arco  • 

49    Per  montar  ;  su:  diri  ttameate  yai. 

Cosi  rispose;  e  soggiunse^  io  ti  prego 
Che  per  me  preghi  j  quando  su  sarai  • 

52     Ed  io  a  lui  :  per  fede  mi  ti  lego 

Di  far  ;  ciò  che  mi  chiedi  ;  ma   io  scoppio 
*  *      Dentro  da  un  dubbio ,  s'i'  non  me  ne  spiego. 

55     Prima  era  scempio  ed  ora  è  fatto  doppio 
Nella  sentenzia  tua  y  che  mi  fa  certo , 
Qui  ed  altrove  ,  quello  ov'  io  Y  accoppio  • 

47  4^  ^^^  mondo  seppi  •  Saper  del  mondo ,  cioè  esser  pratico  de' 
ncgpzj.  "Volpi  —  valore  per  onesto  operare  —  ha  disteso  rarco*  Si- 
gnifica qci\  disteso  il  contrario  di  teso ,  come  esempigrazia  dispiaciuto 
duadomò  ec,  significano  il  contrario  di  piaciuto ,  adorno  ec.  e  sicco- 
me tender  fafco  a  qualche  oggetto  significa  mirare  a  quello  ,  così 
all'  opposto  vuole  il  Poeta  che  rallentar  !*  arco  al  valore  alla  virtil 
signincni  ctf55ifir ^'  mirare  ad  essa*  (>li  eraditi  a* quali  piacesse  l'i- 
potesi del  Sig.  Portirelli  (a)  potrebber  facilmente  modificare  qaestè 
picciole  chiose  .  N.  E. 

53  Per  fede  nd  ti  lego  ,  vai  quanto  perfide ,  per  promessa  ,  mi 
ti  obbligo. 

53  54  Scoppio  dentro  ila  un  dubbio  s' i*  non  ec.  Se  io  non  mi 
spiego ,  tìon  mi  sviluppo ,  da  un  dubbio  ,  tanto  egli  mi  stimola  e 
stringe ,  che  me  ne  scoppio ,  me  ne  muoio  .  Dal  verso  63  del  pre- 
sente canto  si  capisce  essere  il  di  lui  dubbio ,  se  il  traviamento  de- 
gli uomini  dalla  virtù  cagionisi  da  influssi  celesti ,  ovvero  dalla  uma- 
na stessa  malizia .  *  Denti'  a  un  dubbio ,  il  cod.  Vat.  e  1'  Antald.  Den- 
irò  ad  il  Cod.  Chig.  che  lejg;ge  nel  medesimo  verso  5*  io  non  me  ne 
slego  in  vece  di  spiego  :  variante  che  noi  avremmo  adottata ,  se  non 
ci  avesse  ritenuto  alla  Comune  l' Autorità  del  Buti  cit.  dagli  Acca- 
demici V.  spiego  J.  a.  N.  E. 

55  56  57  Prima  era  scempio  ed  ora  ec.  Accenna  il  fatto  medesi- 
mo ,  che  ode  qui  da  Marco ,  del  traviamento  cioè  degli  uomini ,  aver 
già  altrove  udito  ,  cioè  da  Guido  del  Duca  nel  passato  balzo  {b):  e 
eonciossiachè  quanto  più  rendesi  certa  1*  esistenza  di  un  effetto  ma- 
raviglioso  ,  tanto  maggiormente  s' accresca  nell*  uomo  filosofo  la  bra* 
ma  di  saperne  la  castone ,  perciò  aggiunge  che,  essendogli  la  cer- 
tezza del  fatto  resa  del  doppio  mageiore,  del  doppio  maggiore  sìa 
ahéhe  in  lui  divenuto  il  dubbio ,  cne  a  cotal  fatto  gli  si  accoppia , 
•  sia  r  ansietà  »  che  lo  stesso  dubbio  eccita ,  di  saper  la  ragione  on- 
de ciò  avvenisse .  Dell'  aggettivo  scempio  al  senso  di  semplice  vedi  il 
Vocabolario  delle  Crusca. 


fÈ^  Vtdi  nota   al    v.   di     sopra  •    (#)    Pnrg,  ziv   29  e 


•egg. 


e  A  N  T  O    XVI.  aig 

58  Lo  mondo  è  ben  cosi  tutto  diserto  ' 
D'  ogni  virtute  ,  come  tu  mi  suone , 
E   di  malizia   gravido  e  coverta  ^ 

61     Ma  prego  che  m'additi,  la  cagione, 

Sì  ch'io  la  vegga  ,  e  eh'  io  la  mostri  altrui; 
Che  nel  ciel   uno ,  ed  un  quaggiù  la  pone  • 

64     Alto  sospir ,  che  duolo  strinse  in  hui , 

Mise  fuor  prima,  e  poi  cominciò:  frate, 
Lo   mondo  è  cieco  ,  e  tu  vien  ben  da  lui. 

67     Voi  che  vivete  ogni    cagion  recate 

Pur  suso  aV  ciel  così ,  come  se  tutto 
Movesse   seco   di   necessitate  • 

70     Se  così  fosse  ,  in  voi   fora  distrutto 

Libero  arbitrio  ;   e  non   fora  giustizia 
Per  ben  letizia  ,  e  per  male  aver  lutto. 

Intende  il  Venturi  :  che  ripeta  Dante  il  raddoppiamento  del  su* 
dubbio  dair  udire  da  Marco  stesa  a  lutto  il  mondo  quella  corrutte- 
la che  aveva  Guido  affermata  d' alcun  paese  solamente .  Ma  come 
poi  v'  aggiusterem  noi    quel  che  mi  fa  certo  qiH  ed  altrove  ^       ,      ., 

*  Noi  senza  entrare  in  disputa  aggiungeremo  soltanto ,  che  il 
Con.  Caet.  legge  il  v.  5;  cos\  :    Qui  ^  ed  altrove  U  dov'io  f accoppio. 

58  59  Ben  ^  realmente  —  diserio  per  ispo§fiaip.  Volpi  —  Come 
tu  mi  suone  (  antitesi  per  51/0111 ,  )  come  tu  mi   dici  e  narri .  Vewtubi^ 

60  Di  malizia  gravido  e  coverto  ,  vai  come  di  malizia  lordo  mter- 
namente  ed  esternamente . 

*  &i  Sì  eh*  io  la  saccia,   Cod.  Chig.  N.  E.  . 

63  Che  nel  ciel  uno  ec.  Dee  qui  uno  intendersi  adoprato  m  luo- 
go di  chi ,  e  come  se  avesse  invece  detto ,  che  chi  la  pone  in  cieM , 
cioè  neir  influsso  degli  astri  ,  e  chi  la  pone  quaggiii,  nella  malizia 
dell*  umano   stesso  arbìtrio . 

6/|  65  y^lto  sospir  ec.  Udito  Marco  il  dubbio  di  Dante ,  mise  fuo- 
ri un  grandissimo  sospiro  ,  il  quale  dal  dolor  eh*  egli  aveva  della 
ignoranza  e  cecità  del  mondo  si  converse  (  terminò  )  in  hui ,  cioè  ^ 
oimè .  Daniello  . 

66  E  tu  vien  ben  da  lui  ,  e  tu  veramente  dimostri  venir  da  lui. 
Daniello  . 

67  68  Fbi  ,  che  vivete  vai  quanto  ,  voi  che  nel  mondo  ancor  sie*' 
^e  —  recate  pur  suso  al  ciel ,  così  ec.  (al  cielo  sì,  V  edizioni  diver- 
se dalla  Nidobeatina  )  attribuite  solamente  su  al  cielo  ,  come  se  tu^ 
to  ciò  che  nel  mondo  accade  operasse  il  cielo  necessariamente .  *  Sus^ 
al  cielo  pur  sì  come,  il  Cod.  y^t.  Puf  suso  al  cielo  sì.  Cod.  Chig.  T^.  K. 

71  ji  Libero  arbitrio,  senza  l'articolo,  come  fummo  sopra  ^  nd 
t'.  35  —  «  non  fora  giustizia  per  ben  ec,  corrisponde  a  quello  fcris- 


^aiD  VURGATORIO 

73    Lo   cielo  i  Tostrì  movimenti  inizia  , 

Non  dico  tutti  ;  ma  ,  posto  eh'  io  '1  dica  9 
Lume  y*  è  dato  a  bene   ed  a  malizia  , 

76     E  libero  voler;  che,  se  affatica 

Nelle  prime   battaglie  col  ciel^  dora; 
Poi  vince    tutto  ,  se  ben   si  nolrica . 

79     A  maggior  forza  ed  a   miglior  natura 
Liberi  soggiacete;  e   quella  crìa- 
La  mente  in  voi,chel  ciel  non  ha  in  sua  cura. 

se  Tertulliano  :  IVec  boni  nec  mali  iure  mrrccs  pensaretìir  ci ,  qtti  aut 
bonus  afii  nudns  nec^^itaie  fuissei  im'entus  ,  non  %H)luniate  (a) . 

73  al  78  fo  cielo  i  yatUi  ec.  (  *  //  rido   coH.   A  at.  e  Chìg.  )  ti 
cielo  ed   i  suoi    influssi,  dan   prìnci|MO  ai   nostri   movimenti,  cioè  a 

ti   dell'  appetito  ,  che  non  sono  a   noi   lil>eri  ,   e  per  i 


•        • 


quei   primi    moti   dell  appetiti., 

quali  non  siamo  degni  he  di  ìode ,  jiò  di  biasimo;  e  uè  ancnc  a 
lutti  questi  ,  perchè  alcuni  hanno  origine  dalle  occasioni ,  e  da  i  ma- 
li abiti ,  che  la  nostra  prrversa  volontà  ha  contratti  :  ma  posto  an* 
Cora  che  tutti  questi  primi  moti  provenissero  dagrìnflossi  ,  vi  è  da» 
to  il  lume  della  ragione  ,  col  quale  potete  discerne»-e  il  l>en  dal  ma- 
le ;  e  insieme  con  questo  vi  è  dato  il  libero  arbitrio  da  poter  far 
elezione  di  quello,  che  più  vi  piace.  Vewtcm  .  —  che  ^  se  affiiUct 
nelle  prime  battaglie  col  citi ,  dura  :  cosi  dee  leggersi  con  quattro  msa. 
della  biblioteca  Corsini  {chi  s'affatica  le^ge  fa  Nidobeatina  )  ,  e  dea 
essere  la  costruzione  ed  il  senso:  che  (il  qual  libero  arbitrio)  se- 
nelle  prime  battaglie  col  ciel  (  ne'  primi  contrasti  cogP  influssi  celesti  ) 
affatica  (  s'  adopera  )  dura  (  regee  ,  non  rinraue  superato  )  —  po'  ,  se 
ben  si  nolrica  (  se  fa  acquisto  della  sapienza]  vince  tutto  (supera  ogiu 
celeste  influsso  )  :  ond*  è  quel  detto  di  Tolommeo  Sapiens  dominnbit  f 
astris .  Allo  stesso  senso  riducesi  anche  la  lezione  della  ^iciobeali- 
na  chi  s*  affatica  ec. 

Leggendo  altre  edizioni  (  *  e  il  cod.  \at.  e  il  Chic.  N.  E.  )  come 
tutte  le  moderne  leggono  ,  che  se  fatica  ec.  hanno  data  occasione 
al  Vellutello  d' intender  fatica  per  'nome  ,  e  non  verbo  »  e  di  spie- 
gare se  dura  fatica  ne  le  prime  battaglie  ec.  Ma  posto  per  reQ|aisito 
a  vincer  tutto  'il  durar  fatica  nelle  prime  battaglie ,  a  che  aggmnge- 
rebbesi  quell'altro  se  ben  si  notrica?  E^W  per  verità  non  riuscirebbe 
altrimenti  che  una  poscrìtta  per  cagione  di  smenticanza  —  battaglia 
del  ciel  hanno  1'  edizioni  diverse  d^lla  Nidobeatina . 

79  80  81  j4  maggior  forza  ec.  Una  natura  più  forte  e  più  nobi- 
le degli  astri,  cioè  la  divina  natura.  Iddio,  tiene  il  dominio  sopra 
di  voi  ,  senza  lesione  della  libertà  vostra  ;  e  la  medesima  crea  in  voi 
la  mente ,  quell'  altra  porzione  ,  in  cui  non  hanno  gli  astri  influsso 
veruno  —  Criare  (ond'e  cria)  e  creare  scrissero  gli  antichi  indiffe- 
rentemente .  Vedi  il  Vocabolario  della  Crusca  . 

(a)  Comtra  Marcionim  Ub.  a» 


e  A  N  T  O    XVI.  231 

8s     Però  se  '1  mondo  presente  disvia, 

In  voi  è  la  cagione  ,  in   voi    si    cheggia  : 
Ed  io  te   ne  sarò  or   vera  spia  . 

85     Esce  di  mano  a  lui  ,   che   la    vagheggia  y 
Prima  che   sia,  a    gnisa   di  fanciulla 
Che    piangendo  e  ridendo   pargoleggia  , 

88     L' anima    semplicetta  ,  che   sa  nulla  , 

8a  //  mondo  presente ^  il  mondo  de' nostri  tempi  —  disvia  (esce 
di  retta  via),  cosìr  oltre  la  Nidobeatina  ,  e  tutti  i  manoscritti  del- 
la biblioteca  Corsini,  (  *  od  il  Cod.  Caet.  N.  F.)  leggono  moltissi- 
mi altri  manoscritti  vedati  dagli  Accademici  della  Crusca  ,  in  vece 
di  W  5v'fa  ,  lezione  cbe  hanno  essi  Accademici  ricevuto  dall'Aldina, 
e  trasfuso  in  tutte  le  moderne  edizioni .  Lezione  però  che ,  ben  pon- 
derata ,  scorgesi  guasta  affatto  ed  inetta .  Imperocché  non  si  potendo 
ragionevolmente  pel  mondo  presente  intendere  se  non  la  presente  i/- 
niversità  de^i  uomini ,  nò  per  i^i  Si*ia  potendosi  capir  altro  che  svia 
voi  ,  se  ne  uscirebbe  Marco  di  questione  ,  e  tralascerebbe  di  additare 
al  Poeta  la  cagione  cercatagli  perchè  i7  Mondo  tutto  fosse  diserto  (C  o- 
gni  viriude ,  v.  5S  e  segg. 

83  Cheggii^  da  cheg^re  per  chiedere  ad  oprato  anche  da  altri  ma- 
estri di  lingua  .  Vedi  il  Prospetto  di  verbi  Toscani  sotto  il  verbo 
€hiedere  . 

8/|  yera  spia  ,  esploratore  verace  .  Vera  spia  per  verace  spia 
scrive  anche  (>io.  Villani  (a)  .  È  in  oggi,  egli  è  vero,  il  termine  di 
spia  infame  :  ma  convien  riflettere  ,  eoe  non  lo  è  ugualmente  il  ter- 
mine Òl  esploratore  y  sebbene  significhi  il  medesimo;  e  ciò  non  per 
altro  se  non  per  essere  questo  termine  dal  volgo  poco  o  niente  in- 
teso •  Or  puossì  ragionevolmente  supporre  che  ai  tempi  di  Dante  , 
Ticini  air  in  addietro  comune  Latino  parlare  ,  fosse  il  termine  d'  es- 
phratore  ,  siccome  preso  dal  Latino  ,  il  più  dal  volgo  inteso  che 
quello  di   spia  . 

So  86  87  £sce  y  intendi  Pani  ma  semplicetta  —  a  lui ,  da  colui ,  da 
Dio  -^rhe  la  vag/ieggia  prima  che  sia  ,  che  compiacesi  di  mirarla 
neUe  sue  idee  fin  dalla  eternità  ,  prima  di  donarle  esistenza  :  come 
pei'  esempio  un  pittore  (  dice  il  A  enturi  )  vagheggerebbe  la  pittura  da 
se  concepita  ,  e  nella  mente  ideata  ,  prima  di  esprimerlj|  nella  tela  • 
Dubita  però  esso  Venturi  se  intenda  Dante  vagheggiarsi  la  nostr'ani- 
ma  dal  creatore  in  qudC istante  di  natura  anteriore  air  informazione  del 
corpo  ,  m-fntre  ella  è  spirito  per  ancora  da  se  sussistente  ,  e  però  non 
soggetto  alle  ignobili  pa  sioni  del  corpo  :  e  non  dubitando  ,  ma  affer- 
mando chiosa  il  \  ellutello  il  prima  che  sia  ,  prima  che  ella  abbia  il 
perfetto  essere  ,  che  solamente  è  poi  ,  efuando  sa  ,  e  pub  usar  de  la 
ragione  ,  la  quale  è  propria  di  lei  .  l.gli  però  non  pare  che  prima  che 
sia  possa  altro  significare  che  prima  cK  esista  —  che  piangendo  e  ri- 
dendo pargoleggia ,  che  i  soli  atti  a  lei  competenti  di  bambina  eser- 
cita di  piangere  e  di   ridere  . 

88  Che  sa  nulla .  Tocca  gentilmente  il  Poeta  V  opinione  dei  pc- 


9 


(a)  Stor.  lib«  7  cap.  74. 


!I34  P  U  R  G  A  T  ORIO 

109  L' un  r  altro  ha  spento  9  ed  é  giunta  la  mpada 

.  Gol  pasturale  ;  e  1'  un  coli'  altro  insieme 
Per  viva  forza  mal  convien  che  vada  ; 

|12  '  Perocché,  giunti  ,  V  un  T altro  non  teme. 
Se  non  mi  credi ,  pon  mente  alla  spiga  ; 
Ch'  ogni  erba  si  conosce  per  lo   seme  • 

ii5    In  sul  paese  ,  eh'  Adice  e  Po  riga  9 
Solea  valoi*e  e  cortesia  trovarsi 
Prima  che  Federigo  avesse  briga . 

110  Or  può  sicuramente  indi  passarsi 

Per  qualunque  lasciasse  per  vergogna 
Di  ragionar  co' buoni  od  appressarsi . 

109  110  III  £"  giunta ,  congiunta  —  la  spada  col  pastunde  (  lo 
stesso  che  pastorale  )  la  podestà  temporale  colla  podestà  spirtbule  » 
—  «  r  un  coir  altro  la  Siidob.  ,  e  f  un  %  V  altro  V  edizioni  divene 
•^per  viva  forza ,  vale  quanto  necessariamente  ^-^.che  vada  ,  per  die  si 
ammimstri .  Ricordisi  '1  leggitore  del  già  altrove  avvisato  ffbioelliiiesco 
spirito  del  Poeta,  e  di  quanto  si  è  avvertito  Iff.  xix  ii3. 

113  V  un  t  altro  non  teme  ,  una  podestà  non  dà  soggesione 
•U'  altra ,  e  cessa  perciò  il  motivo  di  operar  ciascuna  cautamente  • 

ii3  ii4  «^P<ga  propriamente  signifìca  la  picciola  pannocchia  do- 
ve stanno  racchiuse  le  granelle  del  grano  ,  dell*  orzo  e  di  simili  bia- 
de :  Dante  però  pone  qui  la  spiga  pel  seme  stesso  ,  o  sia  pel  fratto , 
con  allusione  ,  probabilmente  ,  al  detto  di  Gesù  Cristo  exfructibus 
eorum  cognoscelis  eos  (a)  ;  e  però  in  vece  di  aggiungere  che  dalla  spi- 
ga o  sia  dal  frutto  si  conosce  V  erba  ,  dice  che  si  conosce  per  lo 
seme» 

li  5.  Paese  ,  cK  Adice  e  Po  riga,  intendi  la  Marca  Trivigiana» 
la  T^mbardia  ,  e  la  Romagna  ;  tutte  e  tre  nobilissime  provincie  d'  1- 
talia.  Volpi. 

ii6  f^aJore  in  lingua  Toscana  si&[aifìca  franca  e  prudente  magna- 
nimità .  Cortesia  è  umana  graziosa  liberalità  ,  con  destri  e  moderati 
costumi .  Landino  . 

'  117  Prima  die  Federigo  •  Federigo  II  Imperatore  figliuolo  d'  i^r* 
rigo  V  e  nipote  di  Federigo  Barbarossa  .  \olpi.  —  avesse  briga  ,  in- 
tendi colla  chiesa  ;  per  cui  cioè  scandalizzati  i  popoli  di  buoni  di- 
ventar cattivi. 

118  119  lao  Qualunque  lasciasse  ec.  Costruzione  qualunque  lasàaS' 
se  ad  (  per  ili  )  (a)  appressarsi  per  vergogna  di  ragionar  coi  buoni  — 
Di  ragionar  coi  buoni ,  o  d  appressarsi ,  leggono  con  perturbamento 
di  senso  1'  edizioni  diverse  dalla  Nidobeatina .  *  Cosi  il  Lombardi  che 
leggeva  co*  buoni  ad  appressarsi .  Questo  perturbamento  però  non  ha 
luogo  ,  dove  costruiscasi  sanamente   così  col  Biagioli  :  ora  il  passare 

(a)  Mattt  7  r.  20.     {h}  Vedi.Ctnon.   Partic  li 5. 


e  A  N  T  O    X  V 1 .  9.25 

isi     Ben  y'  en  tre  vecchi  ancora  ,  in  cui  rampogna 
V  antica  età  la  nuova  ,  e  par  lor  tardo 
Che  Dio  a  miglior  vita  li  ripogna  ; 

ia4     Currado  da  Palazzo  ,  e  '1  buon  Gherardo  , 
E  Guido  da  Castel ,  che  me'  si  noma 
Francescamente  il  semplice  lombardo  • 

1  %7     Di'  oggimai  che  la  chiesa  di  Roma  , 

Per  confondere  in  se  duo  reggimenti , 
Cade  nel  fango  9  e  se  brutta  e  la  soma. 

l3o     O  Marco  mio  ,  diss'  io ,  bene  argomenti; 
Ed  or  discerno  ,  perchè  dal  retaggio 
Li  figli  di  Levi  furono  esenti  • 

Ùeuramente  indi  si  può  per  qualunque  persona ,  ia  quale  lasciasse  per 
vergogna  t  occasione  di  ragionare  co*  buoni  ,  o  d*  app  tassarsi  ai  buoni. 

a  giungi  che  od  appressarsi  leggono  ancora  i  cod.  Vat.  e  Chig.  L'An- 
id,  ha   o  ìF  accostarsi .  N.  E. 

i^i  123  En  apocope  di  enno  ,  che  adopora  Dante  in  vece  di  so^ 
no  {a).  —  in  cui  ec. ,  ne'  quali  ,  per  mezzo  de' quali  1* antica  età  ram" 
fogna  ,  riprende ,  la  nuova  ,  resa  viziosa  . 

135  Che  Dio  ec.  che  levili  Iddio  da  questa,  ed  ammettali  alla 
▼ita  migliore  del  Paradiso  .  Hipogna  per  riponga  metatesi  in  grazia 
della  rima  . 

ia4  1^5  126  Currado  ec.  Currado  da  Palazzo,  gentiloomo  di  Bre- 
•cia  .  Gherardo  da  Cammino  di  Trevigi  ,  che  meritò  per  le  sue  vir- 
ili il  soprannome  di  buono  •  Guido  *  (  ^  Kobertis  ile  Regio  cosi  no- 
ta il  PnsTiL.  Ciss.  N.  E.)  nobile  da  Reggio  di  Lombardia.  Vbntori. 
-r-  che  me  (  apocope  di  meglio  )  {b)  si  noma  francescamente  ec*  Fran' 
cescamentc  ,  che  vai  quanto  alla  Francese  maniera ,  non  ha  riguar- 
do che  a  Lombardo  detto  invece  d*  /tediamo  :  permutazione  che  do- 
Tette  presso  de'  Francesi  essere  invalsa  per  cagione  del  vasto  dotni- 
nio  te  '"  "      •  '  "     '  •      «.  .  X     ...       1-  -^ 

marsi 

ano 

sebi 

bardo  per  la  rima  • 

12^  Df  oggimai.  Avendo  Dante  richiesta  a  Marco  la  cagione  del 
pervertito  mondo  ,  a  fine  di  anch'  esso  mostrarla  ad  altrui  (d) ,  però 
conclude  Marco   imponendogli ,  che  dica  pure  ec. 

1 29  £  se  bruita  (  imbratta  )  e  la  soma  ,  a  guisa  di  troppo  carico 
giumento  • 

i3i   i32  Dal   retaf^gio   ec.  dal  ripariimento  (  chiosa  il  Venturi  ) 

(a)  Vedi  Pand.  su    97  xv  77.     (b)  Vedi  molti  esempj  ia  verso  e  in  pro- 
ra ,  nel  Vocab.  della  Crnsca .     (c)  Di  cotal  ntò  invailo  prono  de'  Vranceti  ve- 
di i  dopatati  alla  correzione  del  Boccaccio  n.  37  e  164.    (à)  Veri.  6a. 
T.2.  P 


asó  PURGATORIO 

i33    Ma  qual  Gherardo  è  quel  che  in  j  per  ttggb'i 
Di'  eh'  è  rimaso  d^la  gente  spenta  A 

In  rimproverio  del  secol  selvaggio  ? 

iS6    O  tuo  parlar  m'inganna  o  e'  mi  tenta  , 

Rispose  a  me ,  che  9  parlandomi  Tosco  » 
Par  che  del  buon  Gherardo  nulla  senta  . 

iSg    Per  altro  soprannome  i'  noi  conosco  j 
S' io  noi  togliessi  da  sua  figlia  Gaja  • 
Dio  sia  con  voi  j  che  più  non  vegno  vosco . 

della  U^rra  (U  Canaan^  distribuita  ila  Dio  Come  eredità  delle  dodici ifù 
bit  d*  Israele ,  esclusane  la  sola  tribii  di  Levi ,  che  era  -  la  dedmtUena  : 
discemo  che  ciò  fu ,  perché  non  può  accordarsi  t  ordine  lewiico  e  sa» 
cerdotale  col  dominio  temporale .  3fa  costui  è  ben  losco ,  se  non  discer^ 
ne  più  oltre ,  cioè  che  la  tribii  di  Levi  ebbe  dominio  temporale  non 
minore ,  ami  maggiore  delle  dodici  tribii ,  benché  non  V  ebbe  tutto  um- 


gnando  riferisce  asserito  dal  Lirano  che  quelle  citU  date  a*  Ineriti  k>s- 
sero  solamente  ad  habitandum  ,  non  ad  possidendum  ?  —  Levi  coli'  ac- 
cento snir  ì  ,  come  lo  pronunciano  gli  Lbrei  —  esenti ,  per  esclusi» 
i33  i34  i35  Qual  Gherardo  ec,  Mon  avendo  Marco  specificato 
Gherardo  così  bene  ,  come  aveva  specificato  Currado  con  dirlo  da 
Palazzo ,  e  (vuido  con  dirlo  da  Castello ,  prende  quindi  il  Poeta  mo- 
tivo di  far  questa  dimanda  -^  che  tu  per  saggio  di  ec,  costruzione  cAe 
tu  di*  (  dici  )  eh'  è  rimaso  per  saggio  (  per  un  assaggio  )  della  gente 
spenta  (  de'  buoni  uomini  antichi  )  —  rimproverio ,  e  rimprovero  scrì- 
vevasi  una  volta  indifferentemente  .  Vedi  il  Vocabolario  della  Crusca 
"^  Il  Cod.  Chigi  ha  rimprovero .  N.  E.  —  del  secol  selvaggio  ,  intende 
lo  allora  corrente  secolo  • 


tu  quel 

tald.  N.  E.  —  o  el  mi  tenta  ( 

Nidobeatina  )  ,  o  egli  vuole  far  prova  di  me,  s'io  bene  il  conosca. 

137  i38  Che  parlandomi  Tosco  j  par  ec,  imperocché,  parlandomi 

.  Tosco ,  cioè    di    quel  paese   dove  Gherardo  fu   a  tutti  cognito  ,  pare 

che  di  esso  non   abbi  alcun  sentore ,  alcuna  mìnima  conoscenza  .  •— 

:  senta  per  senti  a  cagion  della  rima,  preferibile  fe/iii .  Vedi  ACastrofìni 

Teoria  e  Prospetto    de' verbi  Italiani  al  verbo  sentire»  Pag.  69.  n.  12. 

139  Per  altro  soprannome ,  fuorché    pe  '1    già  due  fiate  ripetuto 

di  buono:  verso  preced.  e  v*ii{. 

if\o  S*  io  noi  togliessi  ec,  o  cioè  dal    nome  di    essa  Gaia  •  appel- 
landolo padre  di  Gaja  ;  ovvero   dalle  di  lei  virtù  ;  dalla    ai  lei  mo- 
destia >  esempigrazia ,  soprannomando  Gherardo  modesto  ,  come  dalla 
propria  di  lui  bontà  diedegli  il  soprannome  di  buono . 
i4i  Chcy  vale  qui  imperocché. 


CANTOXVI.  ftft7 

i4ft     Vedi  r  albòr  ,  che  per  lo  fummo  raja  , 

Già  biancheggiare  :  e  me  convien  partirmi  ^ 
L' angelo  è  ivi ,  prima  eh'  egli  paja  . 
C!os\  parlò  ,  e  più  non  volle  udirmi . 

143  143  i44  *  Questa  terzina  così  sta  nel  Cod.  Antalid.  Fedi  Pai' 
hory  che  per  lo  fumo  raja^  Già  biancheggiar ^  onde  com^ien  partirmi^ 
V  angiolo  è  quivi ,  pria   eh*  io  lì    appaja .  E   appaja   ha  pure    il  Cod. 


Sole  per  corcar^  —  >  che  per  lo  Jummp  mia  (raia  per  raggia  ^  per 
trasmette  1  i«^)-  I>el  verbo  nig[^arflioiiiui!Dsate  per 'sincope  raia' 
re  qui  ed  altrove  (b)  ,  come  di  rum  .formasi  rai  comunemente  da 
tutti  i  poeti  —  già  biancheggian  ,  già  àpargére  nel  fUmo  -  il  bianco  — 
•  me  convien  ec,  sinchiii ,  di  cui  la  costruzione  :  P  angelo  è  ivi  ,  e 
me  convien  partirmi  (  la  mi  pleonanho  in  grazia  della  nma  )  prima 
eh*  egli  paia,  prima  che  apparisca  • 

1^5  E  pili  non  volle   udirmi ,  se  n*  andò  •  *.  Vedine  la  cagione  e 
corrispondenza  alla  nota  del  v.  34*  E  poi  non  vélie\  il  <Ìod.  Yat.  N.  E. 


M  Vadi  il  Vocab.  deUa  Craica.    (fi)  PixMd.  %r  SC.  uis.  i36. 


* 


Fin€  del  eanto  dedmousfo  • 


,  '• I  ■  • 


Pa       • 


9«Ì 

CANTO    XVH, 


ARGOMENTO     (♦) 

"Usciti  i  éu9  posti  dal  fummo  «  •  ritornati  alla  laes  ,  DamU  è 
attratto  n^lm  immaginarne  <r  alcuni  stepipi  d'  ira .  Poi  è  condono 
éaìV  angelo  per  U  scale  ,  onde  si  va  al  quarto  bal%o  »  sopra  il  ^naU 
si  pérgo  il  peccato  delV  accidia  ,  ' 

1     XVicorditi ,  lettor ,  se  mai  nell'alpe 
Ti  colse  nebbia ,  per  la  qual  vedessi 
Non  altrimenti  che  per  pelle  talpe  ; 

4    Cpme  quando  i  vapori  umidi  e  spessi 
A  diradar  cominciansi,  la  spera 
Del  Sol  debitamente  entra  per  essi  ; 

'  I  al  5  RicordaJd  ^  lettor  ec.  Tutti  gì*  interpreti  intendono ,  che  con 
due  distinti  paragoni  voglia  qu\  Dante  fare  al  leggitore  conoscere  il 
modo ,  col  qqale  cominciass*  egli  a  rivedere  il  Sole  per  quel  fnnio  . 
Primieramente  col  vedere  che  un  fa  attraverso  di  folta  nebbia  ,  non 
altrimenti  che  per  pelle  talpe ,  nello  stesso  modo  cioè  che  pochissimo 
vede  la  talpa  attraverso  di  ciucila  pellicola  che  l'occhio  le  rico- 
pre (a) .  Secondariamente  poi  col  primo  debole  insinuarsi  tlella  -  spC' 
ra  del  Sole ,  cioè  de'  solari  raggi  ,  ne'  vapori  umidi  e  spessi ,  quando 
a  diradar  cominciansi  » 

A  me  sembra  ,  che  la  sintassi  esiga  che  un  solo  s'  intenda  il 
paragone ,  e  che  non  si  possa  bene  ordinare  il  parlar  del  Poeta  se 
non  al  seguente  modo  ,  Lettor ,  se  mai  neW  alpe  ti  colse  nebbia ,  per 
la  qtial  vedessi  non  altrimenti  che  per  pelle  talpe ,  riconlati  come  la 
mera  ilei  Sole  entra  per  gli  umidì  e  spessi  vapori  (  della  nebbia  )  ^f/on- 
ao  eski  cominciansi  a  diradare.  —  j4lpe  per  qualsivoglia  montagna  gè- 
ncralmentc.  Vedine  altri  esempj  nel  Vocabolario  della  Crusca.  —  Tal- 


qui 
tende ,  nel  numero  del  piii  f  *  I  vapor ,  il   Cod.  .Vat.   N.  £. 


(*)     Argomento  metrico    del    celebre  Gaspare    Gesti . 
Volge  \[  Poeta  ,  ia  sé  tatto  ristretto  , 
Esempi  à'  ira ,  e  voce  ode  cortese  , 
Cba.  sa  lo  invita ,  e  scuote  sno  intelletto  , 
Ma  in  che  di  cbiaror  lo  ciel  s'  accese 
Ivi  arrestato  intende  ,  che  parlata 
Evvi  r  accidia  «  che  di  qai  contese 
Lo  beli*  oprar  ^  che  a  Dio  V  alma  fa   grata  . 
(fi)  Di  cotale  pellicola    ricoperto  1'  occhio  della  talpa  credettero  sempre  gli 
antichi  .  Vedi  ,  tra  gli  altri  ,  Aristotele  Hist.   animai,  iib.  i  9.  In   oggi    ai- 
cani  moderni  pensano  che  cotale  sia  la  prima  membrana    dell'  occhio  ^  appel- 
lata cornea  .  '^'^ 


G  AN  r  O    XVII;  33$ 

7    E  fia  la  tua  immagine  leggiera 

In  giugnere  a  veder  com'  io  rividi 

Lo  Sole  in  pria ,  che  già  nel  corcare  era  * 

IO     Si  j  pareggiando  i  miei  co'  passi  fidi 

Del  mio  maestro  ,  usci'  fuor  di  tal  nube  ^ 
Ai  raggi  morti  gii  ne'  bassi  lidi  • 

i3     O  immaginativa ,  che  ne  rube 

Tal  volta  A  di  fuor,  ch'uom  non  s'accorge 
Perchè  d' intorno  suonin  mille  tube , 

16  Chi  muove  te ,  se  '1  senso  non  ti  porge  ? 
Muoveti  lume  j  che  nel  ciel  s' informa 
Per  se  ,  o  per  voler  che  giù  lo  scorge  • 

1 9     Dell'  empiezza  di  lei ,  che  mutò  forma 

Fia  leggiera  f  sarà   poco  a  tu  . 


DeUa 
vidi 


dopo  d'  essermi  stato  langamente  per  quel  fumi 
già  stava  ^orcanelosi ,  nascondendosi  sotto  V  ori 


orizzonte , 

IO  II   12  Si ,  così ,  a   cotal   lume  —  pareggiando  i  miei  co*  passi 

fidi  elei  mio  maestro  :  camminando  di  paro  col  mio   fido  ihaestro.  *  Si 

passeggiando  ,  i  Codd.  Vat.  e  Cbig.  Kd  è  curiosa  lezione .  N.  E.  —  usct 

fuor  di  tal  nube  ,  di  tal  nel  precedente  canto  descritto  fumo  ne  uscii  —^ 

•  •  ..  Il  *_  •  1*1*  ••  l*  _• LI. 

ai  rafigi  morti  "    '        —  -^i— ■.     ^-^-^-.^i^j. 

il  Soie  stava 
monte  erano  spariti 

i3  i4  i5  Immaginativa y  la  potenza  immaginativa,  che  nel  e.  i6. 
eliche  Jantas)a  appella  —  che  ne  rube  (  per  rubi^  antitesi  in  grazia 
della  rima  )  tal  volta  ec,  :  che  alcuna  volta  di  fuor,  nel!'  estemo  no- 
stro ,  ne  rubi ,  ne  spogli  (  dell*  uso  ,  intendi ,  de'  sensi  )  talmente  che 
nen  ci  accorgiamo,  perchè  {  VBÌe  qu\  abbenchè  )  {b)  ci  risuonino  d' in*- 
tomo  mille  trombe  .  Accade  ciò  pur  troppo  nelle  veementi  fissazio- 
ni •  Tuba  per  tromba  adoprano  anche  altri  poeti  .  Vedi  il  Vocabola- 
rio della  Crusca  . 

16  Chi  muove  te  ec,  :  chi  è  ,  che  nel  caso  in  cui  non  ti  porgano  i 
sensi  veruna  roppresentazione,  formati  quell'obbietto  che  tu  contempli» 

1718  Muoveti  lume  ec,  :  non  altro  certamente  ti  muove  se  non 
lume  ,  che  nel  ciel  s*  in  forma  ,  lume  formato  in  cielo,  e  da  esso  ve« 
gnente  per  ie  (  alla  scolastica  maniera  vale  quanto  naturalmente  )  per 
naturale  influsso  delle  celesti  sfere ,  o  per  voler  ec.  ,  o  per  ispeciale 
divino  volere,  che  cotal  lume  Voglia  già  mandare.  '*'  Moveati  y  ilCod. 
Vat^  N.  E. 

19  00  21  DeW  empiezza  di  lei  ec.  Di  Filomela  (chiosa  il  Venta- 

(a)  Patiic.  i38  io.    (b)  Vadi  Cinoo.  Panie.  136.  3. 


!i3a  PUHGATOIIO 

Neirnccel  ch^  a  cantar  più. ai  diletta  t 
Neir  immagine  mia  apparve  V  orma  • 

a  a    £  qu\  fu  la  mia  mente  s\  ristretta 

Dentro  da  se  ,  che  dì  fuor  non  venia 
Cosa  che  fosse  allor  da  lei  recetta , 

aS    Poi  piovve  dentro  all'alta  fantasia 
Un  crocifisso  dispettoso  e  fero 
Nella  sua  vista ,  e  cotal  si  moria  • 

ri  )  che ,  per  vendicare  V  oltraggio  ricevuto  da  Tereo  sao  incestooso 
cognato  I  inaieiiìe  con  Progne  di  lui  moglie ,  e  Miar  sorella ,  uooifo , 
fatto  in  pezzi ,  e  cotto  Tti  figlio  di  Tereo ,  e  datoglielo  a  mangiare , 
fu  trasformata  in  rosignuolo  .  Vedi  Ovidio  nel  lib.  6.  delle  Metamor- 
fosi. 'M8lV  empiezza  (soggiunge  il  med^i^imo  )  fu  piuttosto  di  Progne, 
che  di  Filomela:  e  dall  altra  parte  l'uccello,  che  pid  d'ogni  altro 
par  compiacersi  del  canto  ,  è  u  rofignuolo  piuttosto  che  la  roteine. 
Vero  è  però  i  che  intorno  a  questa  trasformazione  ancor  tra  gli  an- 
tichi poeti  Latini  v*  è  dell'impiccio.  Fin  qu\  il  Venturi. 

L  impiccio  è  (  aggiungo  io  )  che  alcuni  dicono  convertita  Filo- 
mela in  rosicrnuolo  ,  e  Progne  in  rondine;  ed  altri  (  tra  i  quali  Pro* 
)}o  (a)  t  e  Libanio  (b) ,  e  Strahone  (e)  dicono  convertita  Filomda  in 
f|t>Bdine ,  e  Progne  in  rosignuolo  ,  e  che  al  poeta  nostro  è  piaciuto  di 
seguir  questi  e  non  quelli  :  e  però  il  di  lei  dee  spiegarsi  di  Proffm 
appunto  come  brama  il  Venturi  ,  e  non  di  Filomela  —  d' empietuL 
per  empietà  vedi  il  Vocabolario  della  Crusca .  *  Il  Cod.  Caet.  legge 
impiezza  N.  E.  —  nelTimmagine  mia  per  nella  mia  immaginaiisfa m  Vol- 
pi .  —  orma  per  rappresenlaiione . 

Il  Landino,  Vellutello,  e  Daniello  non  hanno  trovato  altro  scam- 
po che  di  rivolffersi  a  dire ,  che  per  V  uccello ,  che  di  cantar  pili  Jt 
diletta  intenda  il  Poeta  la  rondine  ,  perocché  dicono  garrisce  e  canta 
più.  spesso ,  che  ciascuno  altro  uccello  •  Chi  però  sa  il  cantare  ,  e  il 
veramente  dilettoso  cantare ,  che  fa  il  rosignuolo ,  non  di  giorno  so- 
lo, ma  anche  di  notte  continuamente  (  ciò  che  né  la  rondine ,  né 
altri  uccelli  fanno  )  non  potrà  in  cotale  interpretazione  lodare  se  non 
il  buon  desiderio  di  procurare  a  Dante  schermo  . 

au  a3  distretta  dentro  da  se  ^  alienata,  staccata  dai  sensi  estenu. 

a4  -^llor  (  cioè  durante  quella  rappresentazione  )  legge  la  Nido- 
beatina,  ancor  leggono  V  altre  edizioni  *  e  i  Codd.  Vat.  e  Chig.  Il 
Cod.  Caet.  va  d' accordo  colla  ^idobeatina ,  ed  in  vece  di  recetta  leg- 
ge concepta  .  N.  £• 

iS  Piovve ,  metaforicamente  per  s*  infuse  ,  si  dipinse  —  nelF  alta 
fantasìa ,  nella   fantasìa  dai  sensi  staccata  e  sollevata . 

26  ^7  Un  crocifisso  ec.  Da  ciò  che  siegue  si  capisce  eh'  era  co- 
stui il  perfido  Aman  che,  essendo  primo  ministro  del  Persiano  Re 
Assuero  ,  fu  per  divina    disposizione  dal  medesimo   Re  fatto  crocifig- 

(a)  All'  Egloga  ti  di  Virg.  (B)  Excerpta  Gratcorum  sophistarum  ,  ac 
rhetorum.  Leonis  AlUtli  ,  airrit.  12.  (e)  Pr«sso  Natii  Conti  Mylholog» 
Ub«  7«  e.  10. 


CANTOXVII.^  23i 

18    Intorno  ad  esso  era  1  grande  Assuero , 

Ester  sua  sposa  9  e  1  giusto  Mardocheo 
Che  fu  al  dire  e  al  far  così  'utero  • 

3i     E  come  questa  immagine  rompeo 

Se  per  se  stessa  ,  a  guisa  d' una  bulla 
Cui  manca  1'  acqua  sotto  qual  si  feo , 

34     Surse  in  mia  visione  una  fanciulla  , 

Piangendo  forte  9  e  diceva  :  o  regina , 
Perchè  per  ira  hai  voluto  esser  nulla  ? 

37     Ancisa  t' hai  per  non  perder  Lavina  ; 

Or  m' hai  perduta  :  i'  sono  essa  che  lutto  9 
Madre  9  alla  tua  pria  eh'  all'  altrui  mina  • 

4o       Come  si  frange  il  sonno  9  ove  dibutto 

sere  sa  quella  trave  stessa  ,  che  aveva  egli  preparata  pel  buon  Mar* 
docheo  (  vedi  il  libro  d*  Ester  )  —  e  coiai ^  cioè  come  ha  detto  in  w- 
sta  dispettoso  e  fiero  . 

q8  Fra  ,  zeuma ,  per  erano  . 

5a  55  Bulla  ,  antitesi  presa  dal  Latino  ,  per  bolla  ,  appellata  dai 
Toscani  anche  sonaglio  ,  rigonfiamento  d'  aria  sotto  un  velo  d'  acqua. 

—  cui  manca  ec.  Accenna  distruggersi  cotal  bolla  per  isfumazione 
deir  acqua  che  compone  quel  sottilissimo  velo ,  che  ritiene  V  aria  rin- 
serrata • 

54  al  5q  Una  fanciulla  ec.  Lavinia  figliuola  del  Re  Latino  e  di 
Amata  mogfie  di  esso  Re:  e  dice  che  piagneva  forte  la  madre,  la 
quale  per  grandissima  ira  conceputa  in  lei ,  e  per  isdegno ,  credendo 
che  Enea  avesse  ucciso  Turno  (  a  cui  Lavinia  era  stata  promessa  )  e 
che  prendesse  Lavinia  per  moglie  ,  disperata  s'  appese;  come  ne  di- 
mostra Virgilio   Aencicu  xii.  60 1   e  segg.  dicendo 

ìi/ultaque  per  moestuni  demens  efiata  farorem  , 
Purpureos  moritura  manti  diicindit  amictus  9 
Et  nodum  informis  leti  trabe  nectit  ab  alta  . 
Daiciello  .  —  esser  nulla  ,  per  morire  —  or  m*  hai  perduta ,  morendo 

—  tutto  da  luttare  y  che  vale  (  spiega  il  Vocabolario  della  Crusca  ) 
auerelarsi  piangendo.  Sgarbata  cosa  T  dice  il  Venturi)  ma  voluta  dal- 
la tirannia  della   rima  ;  ed  è  verbo  licenziosamente  formato  dal  Poe-. 


scrive  :  La  qual  non  si  può  schifar  di  partirsi  di  buon  volere ,  santa 
piagnere ,  e  sanza  luttare  —  alla  tua  pria  y  eh*  alP  altrui  mina  ;  pnn^ 
che  alla  ruina  di  Turno,  ucciso  da  Enea  dopo  la  morte  della  madre* 
Vellotelio  .  *  La  tua  pria  che   F  altrui  ruina  ,  il  Cod.  Chig.  N.  E. 

4o  Di  butto  d^ei- ai  botto  ,  antitesi  in  grazia  della  rima)  vale  re- 
pentinamente. 


■*93 


i  MI  *  U  R  O  A  T  O  R  I  O 

Nuova  luce  percuote  1  viso  chiuso  , 
Che  fratto  guizza  pria  che  muoja  lutto  ; 

33     Così  r  immaginar  mio  cadde  giuso  , 

Tosto  che  '1  lume  il  volto  mi  percosse  j 
Maggiore  assai  che  quello  eh'  è  in  nostr'  uso  . 

46     r  mi  volgea  per  veder  ov'  io  fosse  , 

Quand'  una  voce  disse  :  qui  si  monta  ; 
Che  da  ogni  altro  intento  mi  rimosse  • 

49     E  fece  la  mia  voglia  tanto  pronta 
Di  .riguardar  chi  era  che  parlava  , 
Che  mai  non  posa  se  non  si  raffronta  • 

52     Ma  come  al  Sol  che  nostra  vista  grava  , 

f\i  II  viso  chiuso  ,  gU  occhi  chiusi .  Venturi  . 

4^  Fratto  guizza ,  pria  ec.  Siccome  il  pesce  tratto  fuor  d'  «caiia 
guizza  prima  di  morire,  così  per  catacresi  appella  guizzare  quello 
sforzo  ctie  V  interrotto  sonno  fa  di  rimettersi ,  prima  che  del  lutto 
svanisca  .  Forse  Dante  (  dice  il  Venturi  )  formò  questa  metafora  ad 
imitazione  ili  quella  di   Virgilio 

Tempns  erat  ,  qoo  prima  «^uiet  morulibnt  aegrit 
Incipit  et  dono  divnm  iratissimi  sarpit  (a)  • 
die  ,  se  può  dirsi  del  sonno  che  nel  suo  principiare  serpeggia  ,  con  po- 
co scomodo  può  dirsi  ,  che  guizza  nel  suo  Jinire . 

/Ì3  44  ^osì  r  immaginar  mio  cadde  ec.  ;  finì  1'  immaginazione  su- 
bilo che  la  mente  fu  richiamata  all'  esterna  gagliarda  sensazione  fatta 
negli  occhi  dal  lume  dell' angelo  ivi  presente.  *  Cos)  C  immagine  mia  f 
i  Codd.  Vat.  e  Chig.  Tosto  eh*  un  lume  il  Cod.  Antald.  N.  E. 

45  Che  quello  eh*  è  in  nostì^  uso  y  di  quel  che  soglia  vedersi  da 
noi .  Venturi  .  ^  Maggior  che  quello  assai ,  buona  lezione  del  Codice 
Antald.  N.  E. 

46  Veder ,  il  metrico  andamento  richiede ,  che  si  pronunzi  senz' 
accento  su  la  seconda  sillaba,  come  ptonuuziavasi  l'antico  veggcr  y  e 
come  o^gi  a  Venezia  si  pronunzia  lo  stesso  vedere  — fosse  per  fossi  ^ 
antitesi  in  grazia  delia  nma  . 

47  4^  Quand*  una  ec.  Costruzione  .  Quand  una  voce ,  che  da  ogni 
altro  intento  (  da  ogni  altro  pensiero  )  mi  nmossc ,  disse  :  qui  si  monta* 

49  Tanto  pronta  per  tanto  sollecita  ,  tanto  bramosa. 

5i  Che  mai  non  posa  ec.  :  enallage,  in  vece  di  che  mai  posata 
non  si  sarebbe ,  se  non  si  fosse  raffrontata  ,  incontrata  ,  trovata  a  fron- 
te dell'oggetto  bramato.  *  Il  Biagìoli  rifiuta  questo  cemento,  e  co- 
struisce invece,  che  quando  fatta  è  pronta  tanto,  non  posa  nud  se 
non  si  raffronta  (  se  essa  voglia  non  trovisi  a  fronte  a  fronte  coli' og- 
getto ,  che  la  pone  in  moto  e  la  fa  vaga  )  .  ^.  E. 

52  53  54  Ma   come  al  sol  ec.  Elittico  parlare  ,  è  come  se  avesse 


(a)  dtneid.  il  268  e  seg. 


CANTOXVII.  a:>5 

£  per  soverchio  sua  figura  vela  , 

Così  la  mìa  virtù  quivi  mancava  . 
55     Questi  è  divino  spirito  ,  che  ne  la 

Via  d' andar  su  ne  drizza  senza  prego  , 

£  col  suo  lume  se  medesmo  cela . 
58     Sì  Ùl  con  noi ,  come  V  uom  si  fa  sego  : 

Che  quale  aspetta  prego ,  e  l' uopo  vede  , 

Malignamente  già  si  mette  al  nego  . 
6i     Ora  accordiamo  a  tanto  invito  il  piede; 

Procacciam  di  salir  pria  che  s'abbui  ; 

Che  poi  non  si  porìa  ,   se  1  dì  non  riede  y 
64     Così  disse  1  mio  duca  ,  ed  io  con  lui 

Volgemmo  i  nostri  passi  ad  una  scala  ; 

£  ,  tosto  eh'  io  al  primo  grado  fui , 
67     Sentimi  presso  quasi  un  muover  d' ala  , 

£  ventarmi  nel  viso  ,  e  dir  :   beati 

in  vece  detto  :  ma  tanto  mancava  ,  era  inabile,  la  mia  virtù  visiva  ad 
affissarsi  in  quelt  oggetto  ,  quanto  manca  ogni  vista  incontro  ai  Sole  ; 
che  col  troppo  suo  splendore  gravandola  y  opprimendola  ,  cela  intan- 
to  se  stesso  .  *  Ma  come  *l  Sole ,  il  Cod.  Chig.  N.E. 

55  56  *  Questi  è  diritto  spirito  ,  i  Codd.  Vat.  e  Chig.  N.  E.  -• 
2Ve  la ,  per  nella  ,  in  rima  dice  il  Volpi .  Il  Cinonio  però  reca  degli 
eserapj  di  ne  la  ,  ne  lo  ^  ne  li  ^  e  ne  te  ^  ancor  fuori  di  rima  {a)  — 
sensa  prego  ,  senza  preghiera ,  senza  esser  da  noi  pregato  . 

58  59  60  Si  fa  con  noi  ec.  Esercita  egli  verso  di  noi  quelF  amo- 


te  al  nego  ,  si  prepara  costui  a  negar  soccorso  ,  in  caso  ne  sia  pre- 
gato.  Allude  a  quel  di  Seneca  Tarde  velie  nolentis  est  (fc).  ^ego  per 
seco  antitesi  in  grazia  della  rima  appoggiata  forse  al  Bomagnuolo  seg> 
*  Il  PosTiLL.  del  Cod.  Caet.  annota  a  questo  passo  m  facit  nobiscum 
sicut  homo  cantaturus  »  alludendo  all'  Oraziano  »  omnibus  hoc  vitium 
est  cantoribiis ,  inter  nmicos ,  ut  numquam  inducant  animum  cantare  rO" 
goti  ec.  N.  E.  —  Nego  dee  dir  qui  per  /legativa  ,  come  dianzi  prego 
per  pregltiera  . 

63  Che  poi  non  si  porrìa;  come  avvisò  già  Sordello  nel  vii.  di 
questa    medesima  cantica   v,  52  ,  e  segg. 

67  68  69  Sentimi  ,  sincope  per  sentiimi .  Volendo  il  Poeta  già  co- 
minciar a  salir  il  primo  grado  del  quarto   balzo ,  si   sent\  far    vento 

|a)  Vtdi  Pariic.  179  a  •  e  seg.    (f)  De  binef.  a. 


334  PURGATORIO 

Pacifici  9  che  son  senza  ira  mala  « 

70     Già  eran  sovra  noi  tanto  levati 

Gli  ultimi  raggi  che  la  notte  segue  5 
Che  le  stelle  appari van  da  più  lati  • 

73     O  virtù  mia  y  perchè  sì  ti  dilegue  ? 

Fra  me  stesso  dicea  j  che  mi  sentiva 
La  possa  delle  gambe  posta  in  tregue  . 

76    Noi  eravam  dove  più  non  saliva 
La  scala  su  ,  ed  eravamo  affissi 
Pur  come  nave  eh'  alla  piaggia  arriva  • 

79    Ed  io  attesi  un  poco  »  s'io  udissi 
Alcuna  cosa  nel  nuovo  girone  ; 
Poi  mi  rivolsi  al  mio  maestro ,  e  dissi  : 

al  volto  ,  quasi  un  mover  d*  ala  »  a  dinotar  che  così  gli  avesse  1*  an- 
gelo cancellato  dalla  fronte  il  peccato  dell'ira,  dal  quale  purgatosi 
era  :  e  di  piii  udì  dirsi  Beati  pacifici ,  che  son  senz*  ria  mala  »  mala 
dicendola  dagli  effetti  rei  e  cattivi ,  che  produce  in  coloro  ,  in  cui 
ella  regna  ,  e  sono  parole  del  Salvator  nostro  Cristo  ,  il  quale  per 
bocca  di  Matteo  dice  Beali  pacifici  quoniam  filii  Dei  vacabuntur  • 
Daniello  .  Potrebbe  però  anche  appellar  mala  l' ira  eh*  è  ivi  punita , 
perocché  peccaminosa  ,  a  differenza  dell*  ira  ,  che  non  è  peccato  ,  e 
della  qnale  intende  David  nel  salmo  4  dicendo  Irascimini  ^  et  nolite 
peccare  ;  dell'  ira  cioè ,  che  giusto  zelo  anche  si  appella  . 

70  71  72  Già  eran  ec.  Quando  il  Sole  al  nostro  emisperio  tra- 
monta ,  non  percuote  piìi  co'  suoi  raggi  1»  nostra  porzion  di  terra  ; 
ma  dando  in  su  ,  viene  a  ferir  solamente  1'  aria  ;  il  che  è  quello  che 
vuol  ora ,  che  s'  intenda  il  Poeta ,  dicendo  esser  tanto  sopra  di  lui  e 
di  Virgilio  alzati  gli  ultimi  raggi  ,  che  (  per  cui  )  ,  tosto  che  finisco- 
no di  nascondersi,  siegue  la  notte,  la  quale  di  stelle,  come  il  gior- 
no di  solari  raggi,  s'adorna.  '*'  Già  eran  sovra  noi  tanto  montati^  il 
Cod.  Antald.  N.  t. 

73  74  75  O  virili  mia  ec.  Sopravvenendo  la  notte  senti  vasi  a  te- 
nore del  divino  stabilimento  sopradetto  {a)  posta  in  tregue^  mancata» 
la  possa  delle  gambe ^  la  forza  di  camminare.  ^  Il  Postill.  del  Cod. 
Cast,  però  crede  cagione  di  tal  ispossamento  l' avvicinarsi  del  Poeta  » 
al  quarto  circolo,  guiay  dice  egli,  debet  tractare  ile  accidiosis  y  qui 
sunt  pigri ,  et  lenti  .  ^^  E. 

76  77  Noi  eravamo  ove  piti  ec*  la  Nidob.  /Voi  eravam  dove  piìi^ 
r  altre  eclizioiii  .  ^  e  il  Cod.  ^  at. ,  e  il  Caet ,  che  noi  seguiamo  per 
maggiore  armonia  di  verso.  N.'F.'*—  affissi  f  fermati. 

78  ♦  Neir  altro  girone  ,  il  Cod.  Antald.  N.  E. 

(a)  Veri.  63. 


CANTOXVII.  a3l 

8d    Dolce  mio  padre  j  dx  j  quale  offensione 
Si  purga  qui  nel  giro  dove  semo? 
Se  i  pie'  Sì  stanno  y  non  stea  tuo  sermone  . 

85    Ed  egli  a  me  :  l' amor  del  bene  scemo 
Di  suo  doTér  quiritta  si  ristora  ; 
Qui  si  ribatte  1  mal  tardato  remo  • 

88     Ma  9  perchè  più  aperto  intenda  ancora , 
Volgi  la  mente  a  me  ,  e  prenderai 
Alcun  buon  frutto  di  nostrsi.4imora . 

91     Ne  creator  né  creatura  mai , 

Cominciò  ei  j  figli  uol  »  fu  senza  amore 
O  naturale  o  d' animo  :  e  tu  1  sai  • 

82  83  Dì  y  dimmi  •  —  Semo  per  siamo  (a)  . 

84  IVon  stea  tuo  sermone ,  non  cessi  il  tuo  parlare ,  —  stea  per 
stia  (b)  .  *  il  CoD.  CiET.  legge  stia  .  N.  E. 

85  86  Amor  del  bene  scemo  di  suo  dover ,  mancante  del  debito 
favore  ,  e  prontezza  (e) ,  amor  guasto  dall'  accidia  ;  eh'  è  quella  ,  che 
vuole  in  questo  quarto  balzo  punita  ,  quiritta ,  qui  appunto  appunto 
spiega  il  Vocabolario  della  Crusca  ;  ma  parrebbe  meglio  ,  almeno  rap- 
porto a  questo  passo ,  che  valesse  il  medesimo ,  che  il  Landino  fue 
recta ,  qui  in  dirittura ,  in  questo  piano  .  *  Il  Cod.  Cabt.  legge  Qui" 
ritto  .  N.  E.  —  si  ristora ,  si  supplisce ,  coerentemente  al  scemo  di  suo 
dover;  e  vuol  dire,  che  soffre  gastigo  proporzionato  al  mancamento 
del  suo  dovere . 

87  Si  ribatte  il  mal  tardato  remo  (  il  remo  pel  rematore  )  si 
batte  ,  si  punisce  ,  il  tardo  rematore  •  Parlare  allegorico  preso  dal  co- 
storne  delle  galere  ;  e  vai  quanto  se  detto  fosse  Qui  si  punisce  il  mal 
tardato  amore. 

88  *  Intenda  ancora^  il  Cod.  Antnld.  che  noi  seguiamo  ,  in  veced'/n- 
tendi  che  con  poca  grammatica ,  siccome  pare  al  mio  debol  giudi- 
zio ,  hanno  le   altre   edizioni .  N.  E. 

89  f^olgi  la  mente  a  me,  corrisponde  al  Latino  animum  adverte* 
9*  9^  9^  lyè  creator  ec.  Sono  due  spezie  d*  amore ,  e  di  deside- 
rio (  chiosa  il  Landino):  l'uno  è  naturale,  il  quale  è  infuso  in  tutte 
le  creature  ;  pel  quale  appetiscon  quel  bene ,  con  che  nel  loro  es- 
sere si  conservano  (d)  :  V  altro  è  animale  (  o  sia  rf*  animo ,  come  di- 
celo Dante)  e  questo  procecie  dalla  volontà,  nella  quale  è  elezione, 
e  libero  arbitrio .  Il  naturale  non  erra  mai  .  L'  animale  può  errare  in 
tre  modi  :  o   per  obbictto  ;  die  è  quando  V  appetito  non  corretto  dal 


(a)  Vedi  Mastrofini  Teoria  e.  Prospetto  dt'  verbi  Italiani  totio  il  verbo 
titere  n.  4-  (M)  Vedi  il  medesimo  Prospetto  de*  verbi  tolto  il  verbo  start 
n.  i6.  (r)  Vedi  i  versi  i  io  e  teg^.  di  questo  canto  .  {d)  Dimostra  ciò 
Dante  diffusamente  nei  suo  ConvttOf  comento  della  canzona  i*  Amor  ch$ 
mila  mente  mi  ragiona  .  Tntt.  3    cap.  3» 


i36  l^URGATORIO 

94    Lo  naturai  fu  sempre  senza  errore  ; 

Ma  r  altro  puote  errar  per  malo  obbielto , 
O  per  troppo  o  per  poco  di  vigore  • 

97     Mentre  eh'  egli  è  ne'  primi  ben  diretto  , 
E  ne'  secondi  se  stesso  misura , 
Esser  non  può  cagion  di  mal  diletto  • 
ICC     Ma  quando  al  mal  si  torce  ,  o  con  più  cara 
O  con  men  che  non  dee  corre  nel  bene  ^ 
Contrrf-'l  fattore  adovra  sua  fattura. 

lume  della  ragione  ama  quello  che  è  male  in  laogo  di  bene:  o  per 
poco  vigore  ;  che  è  quando  quello  che  merita  essere  amato  solameli* 
te  e  sopra  ogni  altra  cosa ,  è  amato  poco  ,  e  freddamente  ;  come  Id- 
dio sommo  bene ,  e  V  onesta  ,  la  quale  contiene  tutte  le  virth  :  ond' 
è  ne'  precetti  dati  da  Moisè  ,  anzi  da  Dìo  per  Moìsè  :  DiKges  Domi' 
num  Deum  Umia  :  o  per  troppo  :  quando  i  beni  temporali ,  i  qnali , 
o  non  si  debbono  riputar  beni ,  o  veramente  infimi  beni ,  sono  ama- 
ti da  noi ,  più  ,  che  il  ben  eterno  —  tu*l  sai ,  intende  per  Ut  studia- 
ta filosofia. 

94  Fu ,  enallage  per  è  .  '*^  Ed  è  legge  il  Con.  Cirr.  e  1'  Antftld. 
N.  E. 

gS  Per  malo  obbietio  ,  per  dirigersi  ad  obbietto  vituperevole  • 
Essendosi  nell'edizione  fatta  dagli  Accademici  della  Crusca  stampato 
per  errore  {a)  male  in  vece  di  mal  che  legge  1'  Aldina ,  o  di  nudo , 
che  leg^e  la  Nidobeatina  s'  è  cotal  errore  trasfuso  in  tutte  le  moder- 
ne edizioni  ;  ed  oltre  d'  averlo  il  Volpi  ammesso  nella  sua  Cominiana 
udizione  ,  vi  ha  aggiunto  anche  la  chiosa  male  per  malo ,  catU\*o  ;  co- 
sa però  che  non  ha  esempio  .  *  l^aV  lesse  nel  suo  Codice  il  Signor 
Poggiali ,  e  male  il   Cod.  Antald.  N.  E. 

96  O  per  troppo  <t  o  per  ec  :  o  per  amar  troppo  un  bene  finito , 
o  per  amar  poco  1*  infinito  bene .  *  E  per  troppo  e  per  poco  di  rigo^ 
re  ,  il   Cod.  Antald.   N.  E. 

97  JVe*  primi  ben  ,  ne*  principali  beni  ,  Iddio  ,  e  le  virtù . 

98  AV  secondi,  ne'  beni  inferiori  —  se  stesso  misura  y  non  ecce* 
de  i  giusti   limiti. 

99  Esser  non  può  ec.  :  non  può  da  cotale  amore  cagionarsi  in 
noi  veruna  riprensibile  dilettazione  . 

100  loi  Con  pili  cura  corre  nel  bene,  intendi  ,  inferiore  —  con 
mcn  intendi   ne*  primi  beni  , 

ioa  Contra  *l  fattore  adovra  ec.  Adovra  ,  adopera  ,  qui  per  ope- 
ra  ;  opera  ,  agisce  contro  il  fattore  la  propria  fattura  ;  1  amore  fattu- 
ra  di  Dio  opera  contro  Iddio  {b) , 

(a)  Che  sii  errore  scorgesi  chiaro  :  imperocché  avendo  gli  Accademici 
della  Ciaica  formata  li  loro  editione  correggendo  V  Aldina  del  i5oa  ,  e  no- 
tando in  margiue  tatto  ciò  che  ripudiavano  ,  avrebbero  qui  pure  notato  in 
margine  mal ,  che  in  vece  di  male  ha  1'  Aldina,  (b)  Di  adoprare  per  opt' 
rari  vedi  il  Vocabolario  delia  Crusca  • 


CANTO    XVII.  23; 

io3    Quinci  comprender  puoi ,  eh'  esser  conviene 
Amor  sementa  in  voi  d'  ogni  virtù  te 
E  d' ogni  operazion  che  merla  pene . 

io6     Or  perchè  mai  non  può  dalla  salute 

Amor  del  suo  subietto  volger  viso  y 
Dall'  odio  proprio  son  le  cose  tute . 

109    E  perchè  intender  non  si  può  diviso  9 

Né  per  se  stante  alcuno  esser  dal  primo  , 
Da  quello  odiare  ogni  affetto  è  deciso . 

iia     Resta  ,  se  dividendo  bene  stimo, 

Che  '1  mal  che  s' ama  è  del  prossimo  ;  ed  esso 
Amor  nasce  in  tre  modi  in  vostro  limo  . 

1 15     È  chi  9   per  esser  suo  vicin  soppresso  , 

io3  io4  io5  Quinci  comprender  puoi  ec.  Paoi  da  questa  dottrina 
ricavare ,  che  amore  è  il  fonte  d'  ogni  operazione  buona  ,  e  cattiva  : 
il  giusto  amore  delle  buone  operazioni  ;  T  ingiusto  delie  ree  .  ^  Se- 
menza ,  il   Cod.  Chig.  N.  E. 

106  I07  loS  Non  può  dalla  ec.  Costruzione.  JVon  può  amor  voi-' 
ge^  viso  dalla  salute  del  suo  subietto  (  suggeito  V  edizioni  diverse  dal- 
la Nidobeatina ,  ^  e  il  Cod.  Chig.  N.  E,  )  inclinando  amore  necessa- 
riamente al  bene  di  quello  in  cui  risiede  ,  che  subietto  dell'  amore 
nelle  scuole  appellasi  —  dalTodio  proprio  son  ec.  perciò  tutte  le  co- 
se^  intendi,  a  amore  sono  capaci ^  sono  sicure,  sono  difese  ,  dalt odio 
proprio  ,  dal  potere  odiare  se  medesime .  *  DeW  odio  \  il  Cod.  Vat.  N.E. 
—  Tute  per  sicure  formasi  dallo  stesso  Latino  tulus ,  ond'  è  formato 
tutela ,  tutore  ec» 

1 09  no  III  E  perchè  intender  ec,  E  perocché  nessun  esser  crea- 
lo può  intendersi  sussistere  ,  e  conservarsi  da  se  solo  diviso ,  e  se- 
parato dair  esser  primo  del  creatore  ,  da  cui  ha  essenzial  dipenden- 
sa  :  quindi  siccome  necessariamente ,  giusta  lo  stabilito  pocanzi ,  in- 
clina ogni  amore  alla  salute  del  suo  subietto ,  cosi  dee  necessaria- 
mente ogni  affetto  esser  deciso  (  figuratamente  p^r  allontanato  rimos- 
ftO  )  dall'  odiare  il  medesimo  essere  primo  ,  da  cui  1'  essere  del  pro- 
prio subbi  etto  dipende*  *  E  per  se  stante  y  il  Cod.  Vat.  e  il  Chig.  N.E. 

112  Resta  y  se  dividendo  ec.  :  se  il  riparti  mento  sia  retto,  viene 
di  conseguenza  ec. 

ii5  114  ^he  7  mal  che  s'amati  del  prossimo.  Avendo  insegnato 
che  nissnno  ama  del  male ,  né  a  Dio  ,  nò  a  se  stesso  ,  resta  certa- 
mente che  non  si  an^i  del  male  se  non  al  prossimo  —  ed  esso  amorec,  : 
e  questo  amor  di  male,  o  vogliam  dire  odio,  per  tre  cagioni  nasce 
in  vostro  limo ,  cioè  nella  imperfezione  yostr^ .  Linio  p^ì  corpo  ^  p 
uer  la  sensualità  che  l' anima  contrae  dal  corpo ,  chiosan  altri  ;  non 
badando  però  ,  che  Lucifero  potè  peccare  di  troppo  amor  proprio  e 
di  superbia  9  qnantunque  non  avesse  né  corpo  ,  né  sensualità  ^      , 

li 5  116  117  È  chi  ec.  Vi  è  taluno >  che  delk  oppressione ii^  ^ 


a38  PURGATORIO 

Spera  tccellenzei  j  e  sol  per  questo  brama 

Ch'  e'  sia  di  sua  grandesza  in  basso  messo  ; 
118    È  chi  podere ,  grazia ,  onore  ,  e  fama 

Teme  di  perder  perch'  altri  sormonti , 

Onde  s' attrista  sì  ,  che  1  contraro  ama  ; 
lai     Ed  è  chi  per  ingiuria  par  ch'adonti 

Sì ,  che  si  fa  della  vendetta  ghiotto  ; 

E  tal  convien  che  1  male  altrui  impronti . 
1^4    Questo  triforme  amor  quaggiù  di  sotto 

Si  piange .  Or  vo'  che  tu  dell'  altro  intende , 

Che  corre  al  ben  con  ordine  corrotto . 
127     Ciascun  confusamente  un  bene  apprende 

Nel  qual  si  queti  Y  animo  ,  e  desìra  ; 

Perchè  di  giunger  lui  ciascun  contende . 


vicino  (  Tale  qu\  vicino  lo  stesso  che  coi  termini  della  scrittim 
dicesi  prossimo  )  spera  ingrandimento  ec.  Dello  stesso  significato  di 
soppresso  ,  ed  oppresso  vedi  il  Vocab.  della  Crusca  —  £1^  oer  egU  » 
▼cai  Cinonio  (a)  •  ***  Abbiamo  già  avvertito  altrove  ,  che  noi  leggiamo 
sempre  e'.  Di  sua  polenta  m  vece  di  sua  grandezza  ,  ha  il  Cod.  Chij^.  N.E. 

lao  Contraro  legge  la Nidobeatina  (contrario  l'altre  edizioni)  • 
cosi  per  entro  il  verso  leggen/o  ,  quant'  io  trovo ,  sempre ,  e  Infeiv 
no  xxxiii  gj\ ,  e  Farad,  v.  ò6 ,  'giova  a  rischiarare  il  duboio  ,  che  eh* 
)>ero  gli  Accademici  compositori  del  Vocabolario  ,  che  usassero  i  poe- 
ti contraro  ,  /orse  a  cagion  della  rima  . 

131  Adonti  vale  si  crucci  . 

123  Impronti,  Dee  qui  improntare  vrer  senso  di  chiedere  ^  dìcer^ 
care  (b) .  *  Che  male  altnd  ,  il  Cod.  Chig.  N.  E. 

1^4  iqS  126  Questo  triforme  amor^  cioè  queste  tre  sorte,  e  mo- 
di di  cattivo  amore  .  Daniello  .  —  ifuaf^ii  di  sotto  si  piange ,  ne'  tre 
precedenti  balzi .  Il  primo  nel  balzo  dei  superbi  :  il  secondo  nel  bal- 
zo degl'  invidiosi  :  co  il  terzo  in  quello  de^l'  iracondi  —  delP  altro , 
amore  —  intende^  antitesi  in  grazia  della  rima  ,  per  intendi  —  con 
online  corrotto ,  cioè  o  con  pili  cura ,  o  con  men ,  che  non  dee  (e)  • 

127  138  129  Ciascun  confusamente  ec.  Incomincia  dall'amor  cor- 
rotto nel  correre  al  bene  con  men  cura^  che  non  dee^  cioè  dal  pi- 
gro amore  verso  Iddio  e  verso  la  virtù ,  dall'  accidia  ,  in  una  parola  : 
e  dee  essere  la  costruzione .  Ciascun  apprende  confusamente  ,  e  desì- 
ra (  sincope  di  desidera)  un  bene  ,  nei  qual  si  quieti  t  aninw  —  Per' 
ehh  •  vale  qoanto  perciò  —  di  munger  lui  ,  di  arrivare  al  possedimen- 
to ai  cotal  Dene .  '*'  Giugner ,  1  Cod.  Vat.  e  Chig.  N.  E. 

(a)  Panie.  101    14.    (&)  Vedi  nel  Vocib.^elU  Crasea  Improntare  {•  1. 
(e)  Vert  100  •  stg. 


CANTO    XVII. 

l3o  Se  lento  amor  in  lui  veder  vi  tira  » 
O  a  lui  acquistar ,  questa  cornice 
Dopo  giusto  pentèr  ve  ne  martira  . 

l33     Altro  ben  è  che  non  fa  1'  uom  felice  ; 
Non  è  felicità  ,  non  è  la  buona 
Essenzia  d' ogni  ben  frutto  e  radice  . 

i36     L'  amor  ,  eh'  ad  esso  troppo  s'abbandona  y 
Di  sovra  a  noi  si  piange  per  tre  cerchi  ; 
Ma  come  tripartito  si  ragiona , 
Tacciolo  9  acciocché  tu  per  te  ne  cerchi . 

i3o  i3i  1Z2  In  lui  veder  vi  Ura  ,  o  a  lui  acquistar  :  o  vedere  sta 
per  conoscere  semplicemente ,  ovvero  il  vedere  ha  rapporto  a  Dio ,  e 
r  acauistare  rapporto  alla  virtù ,  —  questa  cornice ,  questo  girone  (a) 
—  Jopo  giusto  pentèr^  dopo  il  debito  pentimento  avutone  in  vita  — 
ve  ne  marùra  ,  ve  ne  gastiea  ed  affatto  purga  da  ogni  macchia  rima- 
sta.  Del  verbo  pentère  vedi   la  nota  Inh   xrvu    118. 

i33  i34  i35  Altro  ben  è  ec.  Detto  avendo  dell' apore  che  con  or- 
dine corrotto  corre  al  sommo  bene ,  passa  ora  a  dire  enervi  poi  al- 
tro bene  il  quale  non  fa  ,  come  fa  Iddio  ,  T  uomo  felice  r  non  è ,  co- 
me Dio  >  la  stessa  felicità ,  none,  come  Dio,  la  buona  essenza  d* ogni 
altro  bene  radice  y  e/rutto^  caei«ne^  e  premia.  **  D*  ogmbuonjrut- 
io  radice ,  il  Cod.  Antald.  E  l'illustre  possessore  comenta  così  :  se  non 
tutti  intendessero  come  una  cosa  medesima  possa  essere  frutto  e  ra* 
dice j  tutti  sanno  che  cosa  significhi  radice  di  buon  frutto,  vale  a 
dire  origine ,  principio  :  del  quale  significato  cinque  esemp) ,  tutti  di 
Dante ,  reca  la  Crusca  alla  voce  radice  •  N.  E. 

i56  yéd  esso y  bene  diverso  da  Dio. 

137  Di  sovra  a  noi  la  Nidobeatina  ,  ili  sovra  noi  l'altre  edizioni 
•—  per  tre  cerchi  ^  per  quelli  tre  balzi  che  più  in  su  rimangono  cioè 
degli  avari ,  noiosi ,  e  lussuriosi  ;  vale  a  dire  de'  troppo  amanti  delle 
ricchezze ,   de^  cibi ,  e  bevande  ,  e  de'  sensuali  piaceri  • 

i38  Come  tripartito  ec.  Come  si  ragiona  ,  si  giustifica»  triparti- 
to i  come  rendesi  ragione  d'essere  ripartito  in  tre  cerchi. 

i3p  Per  te  i  da  per  te  stesso.  I  comentatori  allegorici  (dice  41 
Venturi  )  vogliono  che  Virgilio  sia  la  ragione  «  e  Dante  il  senso  ;  on- 
de a  lui  lascia  che  da  se  intenda  questi  tre  peccati  carnali,  T avari- 
zia ,  la  gola ,  e  la  lussuria ,  avendogli  esso  dichiarata  la  natura  de* 
peccati  spirituali ,  superbia ,  invidia  ,  ira ,  e  accidia .  Di  questa  di- 
visione vedi  8.   Tommaso  i    a  quaest»  72  art.  a. 

(h)Weàì    la  nou  al  Parg^    %  27. 


Fine  del  canto  deeimosetUmo . 


CANTO    XVIII. 


ARGOMENTO    (♦) 

Dimostra  Dante  in  quatto  canto  quel  che  sia  propriamanU  atmof  :  e 
dopo  alcuni  esempj  di  celerità  contra  il  peccato  dell'  accidia  ^  raccouia 
cpme  da  certi  suoi  pensieri  ne  nacquero  pia  altri  y  e  da  quelli  il  sommo  • 

I     irosto  avea  fine  al  suo  ragionamento 
L*  alto   dottore ,  ed  attento  guardava 
Nella  mìa  vista  s'io  parea  contento  • 

4    Ed  io  9  cui  nova  sete  ancor  frugava  y 

Di  fuor  taceva,  e   dentro  dicea:   forse 
Lo  troppo  dimandar ,   eh'  io  fo ,  li  grava . 

7     Ma  quel  padre  verace ,  che  s' accorse 
Del  timido  voler  che  non  s'  apriva  » 
Parlando  di    parlare  ardir  mi  porse  . 
IO    Ond' io  :   maestro  »  il  mio  veder  s'avviva 
Sì  nel  tuo  lume  ,  eh'  io  discerno  chiaro 

d  L'alio  Dottore^  Virgilio. 

3  Fìsta  ,  per  viso ,  fncda^  sembiante , 

4  IVova  seiCy  per  nuwo  desiderio^  desiderio  di  sapere    —  /ruga- 
i^  per  istimoiava  . 

6  Li  per  gli ,  a  lui .  Vedi  Cinonio  {a) .  *  Il  Cod.  Cast,  legge  ^è- 
sto  verso  con  piii   chiara  sintassi  : 

CheH  troppo  (Unuindar^  ch'io  Jb ,   li  grava,  N.  E. 

8  Non  s'apriva,  non  si    appalesava. 

9  Parlando  di  parlar  ec.  parlando  egli  a  me ,  ed   animandomi  a 
manifestare  il  mio  desiderio,  porse  a  me  ardire  di  parlare  a   lui  • 

10  //  mio   veder  s* avviva ,  1*  intendimento  mio  si  rischiara. 

1 1  IVel  tuo  lume  ,  nel  lume  della  tua  dottrina . 


Q  Argomento  metrico  del  cel.  G.  Gotti . 

Come  si  formi  in  noi  disio  d'  imore 
Chiede  il  Poeta  ;  e  n*  ha  conoseiment* 
Dal  favellar  di  sno  chiaro  dottore  • 
Indi  alme  vede  ,  ratte  come  vento  , 
Passare  ,  e  stimolarsi  a  gir  pia  preste , 
Per  compensar  tardanta  »  e    1*  oprar  lento 
Che  fa  lor  caro  n«ir  nnuaa   veste  . 
C«)  Partic.  |55  I. 


e  A  N  T  O    X  V  1 1  I .  t\i 

Quanto  la   tua  ragion   porti  o  descriva  . 

i3     Però   ti    prego,  Jdlce  padre  caro  , 

Che  mi   dimostri  amore ,  a  cui   riduci 
Ogni  buono  operare  e'I  suo  contraro  • 

i6     Drizza  ,  disse  ,  ver  me  Y  agute  luci 
Dello 'ritelletio ,  e  fieti  manifesto 
L'  error  de'  ciechi  che  si  fanno   duci  . 

19     L'animo  ,  eh' è  creato  ad  amar  presto, 
Ad  ogni   cosa  è  mobile   che  piace, 
Tosto  che  dal  piacere   in  atto  è  desto. 

a2     Vostra    apprensiva  da  esser  verace 

Tragge  intenzione  ,  e  dentro  a  voi  la  spiega , 
Si  che  r  animò  ad  essa  volger  face . 

s5     E  se  rivolto  in  ver  di  lei  si  piega, 

12  Porti y  o  descriva.  *  Ti   cod.  Val.  ha  porta.  N.  E. 
i4  i5  Che  mi  dimostri  amore  ,  che  in*  insegni  cos*  è  amore  ^^  « 
cui  riduci  ogni  ec.  a  cui   ascrivi   ogni  hontà  e  malizia  dell'  operar  no* 
Siro:  e   ciò  per  aver  \irgilió  nel  precedente  canto   detto 

Amor  sementa  in  voi  d*  ogni   virtute  y 
£  d'  ogni  operazion  ,  che  merla  pene  (a)  . 
*  Ogni  ben  operare  ,  il  cod.  Val.   N.  E. 

16  4gute  la  Nidobeatina  q^iì  pure  in  vece  à*  acnte  ^  che  leggono 
throve  {b)  tutte  V  edizioni  :  *  e  u   cod.   Vat.   N.  E. 

17  Fiati  y  ti  sarà  y  ti  jta .  Vedi  TErcolano  del  Varchi  a  carte  aog. 
Volpi . 

18  I^  error  dei  ciechi  ec.  T  error  di  coloro  che  insegnano  essere 
ciascuno  amor  in  se  laiidabil  cosa  (e),  i  quali  ciechi  della  mente  es- 
sendo vogliono  farla  da  duci ,  da  maestri .  Detto  (  dice  bene  il  Yen- 
tori  )  preso  da  quel  del  Vangelo  cacci  sunt  et  duces  caecorum  (d) , 

19  20  ^i  Presto  yer  disposto.  —  É  mobile,  si  muove.  Venturi 
—  Tosto  che  ec.  subito  ,  che  il  piacere  lo  risveglia  all'  atto  di  muo- 
rersi . 

aa  a3  Vòstra  apprensiva ,  la  facoltSi  vostra  di  apprendere  -^  tra^ 
^  invenzione  da  esSi^r  verac*e  ,  ritrae  immagine  dall*  obbieUo  reale 
estrinseco.  In  prova  che  tale  sia  il  significato  della  parola  intenzich 
ne  odasi  il  Varchi  :  Sella  virtìi  fantastica  (dice)  ^  rlserbauo  te  im^ 
magini ,  Oi'vero  similitudini  delle  cose ,  le  quali  i  filosofi  chiamai^}  orc^ 
spezie  ,  ora  intenzioni  (e)  . 

25  In  ver  di  lei  u  piega ,  in  lei  tende  . 

..  ...  ■  «  I      „  ,1  I  I        >       '      ■*  I        I     II  m 

(a)  Vers.  io4  e  see.    (b)   Vedi  Inferao  xxv'ù  So  e   i32  1  xxxiil  35  • 

(cf  Vert.  36.    (<0  fdatth*  iS  v*  14.    (e)    HrooL  pirg.'>^  4«U' •ditió^e  Fi)- 
remili*    iS^o. 

T.a.  Q 


a4i  PURGATORIO 

Quel  piegare  è  amor  ,  quella  è  natura 
Che  per  piacer  di  nuovo  in  voi  si  lega. 

j8    Poi  cornei  fuoco  muovesi   in  altura, 

Per  la  sua   forma  eh' è  nata  a  salire 
La  dove  più  in  sua  materia  dura  ; 

£1     Così  l'animo  preso  entra  in  disire  , 

Gh'è  moto   spiritale  »  e  mai  non  posa 
Fin  che  la  cosa  amata  il  fa  gioire  . 

34    Or  ti  puote  apparer,  quant'è  nascosa 
La  veritade  alla   gente  ,  eh'  avvera 
Ciascuno  amore  in   se  laudabil  cosa  : 

37    Perocché  forse  appar  la  sua   matera 

Sempr'  esser  buona  ;  ma  non  ciascun  segno 
È  buono  ,  ancor  che  buona  sia  la  cera . 

26  37  Quel  piegare  h  ee»  Insegna  non  essere  amore  che  un  le« 
gameuto  o  sia  attaccamento  dell*  animo  all'  obbìetto ,  e  come  suppo- 
ne essere  già  la  natura  dell'animo  legata  di  naturale  amore  alla  pro- 
pria conservazione  (vedi  nel  precedente  canto  i'*  91  ,  e  segg.  )  :  perciò 
dice ,  che  per  questo  amore  proveniente  dal  piacere  legasi  la  natura 
di  lui  nuovamente. 

a8  In  altura ,  in  alto  . 

ao  Forma  del  fuoco  appellano  i  filosofi  quella ,  che  si  congiua- 
ce  alla  materia  prima  a  tutti  i  corpi  comune  »  e  le  dk  essere  di 
fuoco  • 

3o  Là  dove  ec.  sotto  il  concavo  del  cielo  della  Luna  ,  secon- 
do l' opinione  in  oggi  poco  seguita ,  che  ivi  l' elemento  del  fuoco 
abbia  la  sua  spera ,  e  però  vi  si  conservi  meglio .  VsirTuai  —  m 
sua  materia ,  nella  porzione  di  materia  prima  a  cui  si  congiunge  • 

3i  /* animo  preso,  legato  dal  piacere  ad  un  obbictto  —  entra 
in  disire  ,  passa  a  desiderarne  il  possesso . 

3a  Ch  e  moto  spiritale  :  quasi  dica ,  che  se  non  è  moto  loca« 
le  I  come  quello  del  fuoco  »  è  però  una  specie  di  moto  spirituale  ; 
perocch*  è  quello  per  cui  corre  V  animo  all'  amata  cosa . 

53  Finché  ec.  finché  non  gioisce  del  possedimento  della  cosa 
amata . 

35  Awera  .  Avverare  aver  per  vero,  come  spiega  il  Vocabola- 
rio della  Crusca  ,  affermar  per  vero  . 

36  Ciascuno  amore  supplisci  essere  ,  che  per  ellissi  v'  è  trala- 
sciato . 

37  38  39  Perocché  forse  ee.  Parla  in  lingua  assai  peripatetica ,  la 

?  Diale  il  genere  delle  cose,  siccome  determinabile  da  pìk  differenze 
come  la  materia  prima  è  determinabile  da  piii  forme}  chiama  ma- 
teria •  Vuol  dir  dunque  ;  1'  amore  in    genere  forse  apparisce  buono  ; 


CANTO    XVIII.  243 

40    Le  tue  parole  e  1  mio  seguace  ingegno  » 

llispos'io  lui,  m'hanno  amor   discoverto; 
Ma  ciò  m' ha  fatto  di  dubbiar  più  pregno  • 

43     Che,  s'  amore  è  di  fuori  a  noi  offerto , 
£  r  animo  non  va  con  altro  piede  ^ 
Se  dritto  o  torto  va  ,  non  è  suo  merto .  ^ 

46     Ed  egli  a  me  :   quanto  ragion  qui  vede  , 
Dir  ti  poss'io  ;  da  indi  in  là  t'aspetta 
Pure  a  Beatrice,  eh' è  opra  di  fede. 
• 

e  dice  Jbrxey  perchè  a  rigore  preso  cob\  in  genere  non  è  né  buo* 
no,  né  lodevole,  né  biasimevole*  VsNTuai .  A  questa  interpretazio- 
ne corrisponde  molto  bene  ciò  che  siegue  il  Poeta  a  dire ,  ma  non 
ciascun  segno  e  buono ^  ancor  che  buona  sia  la  cera.  Imperocché  è 
appunto  la  cera  come  la  materia  determinabile  ;  ed  il  segno  o  sia  la 
ligurazione ,  come  la  forma  determinante^*  e  siccome  la  cera  o  buo- 
na,  o  non  cattiva  può  per  improntarsi  di  cattiva  figura  acquistar  no» 
me  di  cattivo  per  determinarsi  ad  oggetto  disdicevole  —  matera  o 
materia  adoprano  gli  antichi  indifferentemente.  Vedi  il  Vocabolario 
dèlia  Crusca  . 

4o  Jl  mio  seguace  ingegno,  vale  quanto  la  mente  mia,  che  eom 
attenzione  veniva  appresso  alle  tue  parole  • 

4i  Hispos'  io  lui  la  Nidobeatina  ,  Hisposi  lui  V  altre  edizioni . 

4^  Di  dubbiar  pia  premo ,  piii  pregilo  di  dubbj . 

43  *  U  Postillatore  del  Cod.  Caet.  dichiara  questo  dubbio  con 
molta  leggiadria  così  :  Dubium  est  istud  :  vult  iiicere  :  tu  dixisU  mihi , 
tpiod  ammus  redpit  speciem-  rei  visae  intra  se  ,  et  qiu)d  illa  reflex! o 
est  amor  ;  modo  si  est  verum ,  tfuod  necessario  veniat  de  foris ,  et  di'^ 
às  quod  amor  est  Causa  virtutis  et  vitii ,  quae  est  causa  qumre  de* 
beo  habere  culpam  mei  vitii ,  yel  laiidem  meae  virtutis?  Non  sarà  stra* 
DO  se  qu^  il  lettore  si  rammenterà  del  celebre  Sonetto  ioa  di  Pe- 
trarca Se  amor  non  è,  ohe  iléinque  è  quel  eh*  T  sento .  N.  E.  Di  fuori ^ 
da  esterni  obbietti .  Di  fuore  leggono  V  edizioni  seguaci  di  quella 
della  Crusca. 

44  L*  animo  la  Nidobeatina  ,  P  anima  V  altre  edizioni  *^  e  il  cod. 
Vat.  che  noi  seguiamo .  N.  E.  —  non  va  con  altro  piede ,  che  con 
quello  di  esso  amore,  senza  eioé  veruna  riflessione  e  propria  ele- 
zione . 

46  Ragione,  il  naturai  nostro  intendimento  —  qui  vede,  in  que- 
sta parte ,  su  di  questo  punto  ,   discerné  . 

47  48  Da  indi  in  là  ,  dalla  ragione  in  su  —  £'  aspetta  pure  a  Bea- 
trice.  O  tace  per  ellissi  di  pervenire,  a  adopera  aspettare  ad  ugual 
senso  di  diffenre  ,  e  intende  coma  se  detto  avesse  differisciti,  cioè 
serba  i  duBbj  tuoi ,  a  Beatrice  solamente .  Così  anche  Pàb.  xvii  v.  M* 
—  eh*  è  opra  di  fede ,  perocché  la  piena  risoluzione ,  che  tu  cerchi  , 
del  tuo  dubbio  abbisogna  dei  lumi,  che  la  fede  ,  cioè  le  Scritture 
sacre  ,  somministrano  ;  né  possono  attendersi  d'altronde  che  dalla  ce- 
leste sapienza,  o  sia  dalla   teologìa  per  Beatrice  intesa. 

Q  2 


a/|4  PURGATORIO 

49    ^CP^    forma  sustanzial ,  che  setta 

È  da  materia  ed  è  con  lei  unita , 
Specifica  yirtude  ha  in  se  colletta , 

5d     La   qual  senza  operar  non  è  sentita  9 
Né  si  dimostra  machè  per  effetto , 
Come  per  verde  fronda  in  pianta  vita  • 

55    Però  ,  la  onde  vegna  lo  'ntelletto  ' 

Delle   prime  notizie  ,  uomo  non  sape  » 
E   de'  primi  appetibili  Y  affetto  , 

58     Che  sono  in  voi ,  sì  come  studio  in  ape 
Di  far  lo  mele  :  e   questa  prima  voglia 
Merto  di  lode  o  di  biasmo  non .  cape  . 

/|9  So  > Forma  sitsianziale  appellasi  dalle  scuole  cpiella  cbe  nnit» 
alla  iiiateri»  prima  comune  a  tutti  i  corpi  forma  le  dìffereiiti  specie 
de'  corpi  ;  e  perocché  tcngonla  esse ,  non  per  una  semplice  combi- 
nazione della  materia,  come  gli  atomisti  pensano,  ma  per  una  con 
sustanziale  ,  perciò  forma  siistanziale  V  appellano .  Come  poi  le  me* 
desime  scuole  dividono  le  sustanziali  forme  in  materiali,  o  sia  cor- 
poree ,  ed  immateriali  o  sia  spirituali ,  il  Poeta  nostro  in  Tece  di 
dire  ogni  forma  ^  che  sia  immateriale  ^  cioè  ogni  anima  umana,  dice 
ogni  forma  sustanzial  ^  che  setta  (  dal  \Atmo  sectas  ^  per  distimia)  è  da 
maéeriaj  da  malerialitÀ  —  ed  è  con  lei  unita,  e  solo  unione  ha' col- 
la materia,  e  non  identità. 

5i  Specifica  s^irlìt  che  dalle  altre  forme  la  specifica,  la  particola- 
rizza  —  ha  in  se  colletta ,  dal  latino  collectus ,  contiene  in   se  • 

Si  Senza  ia  Nidobeatiua ,  sanza  V  edizion  della  Crusca  e  le  se- 
guaci. 

*  53  Intorno  al  madie  invece  di  fuorché  v,  ciò  che  ne  ha  scrìt- 
to il  Verticnri  al  e.   i8  della  par.  3.  della  difesa  di  Dante.  N.  E. 

*  54  Come  per  verdi  fronde ,  il  cod.  Antald.  E  ci  pare  miglior 
lezione.   N.K. 

55  5>>  57  Lo^ ntelletto  delle  prime  notizie  ,  Intelletto,  o  intelligen* 
sa  appellasi  nelle  scuole  la  cognizione  de'primarj  assiomi  ,  o  sia  del 
le  prime  fondamentali  notizie  :  di  quella  esempigrazia  impossibìie  est 
idem  simul  esse  et  non  esse  .  E  certamente  non  solamente  ignora  l'uo- 
mo onde  colali  notizie  abbia  acquistato  ,  ma  se  non  venisse  mai  il 
caso  di  valersene  neppur  saprebbe  di  possederle  —  de*  primi  appetì" 
bili  P  affetto  :  l' amore  di  quelle  cose ,  che  primieramente  ogni  uo- 
mo appetisce ,  della  conservazione  propria ,  per  cagion  d' esempio  » 
della  propria  beatitudine  ec. .  *  Il  Cod.  Cabt.  ripete  con  più  chiaro 
senso  la  negativa ,  invece  di  congiungerla ,  leggendo  :  IVè  de*  primi 
ec.  N.  E^ 

58  Stiglio ,  a  quel  senso  che  adopranlo  i  Latini  d'  inclinazione  e 
di  affetto, 

60  Non  cape^  non  ha  merto  di  lode  o  ec»  perocché  affatto  na- 
turale . 


e  A  N  T  O    X  V I  i  T .  a45 

6i     Or  perchè  a   questa  ogni  altra   si    raccoglia  9 
Innata  v'  è  la  virtù   che   consiglia  ^ 
E   delP  assenso  de'  tener  la  soglia  * 

64  Quest'è  '1  principio  ,  là  onde  si  piglia 
Cagion  di  meritare  in  voi ,  secondo 
Che    buoni  e   rei   amori   accoglie  e    viglia  • 

67     Color  che   ragionando  andaro   al  fondo  ^ 
S'  accorser  d'està  innata  liberiate; 
Però  moralità  lasciaro   al   mondo. 

70     Onde  poniam  che  di  necessitate 

Surga  ogni  amor  che' dentro  a  voi  s'accende  » 
Di  ritenerlo  è  in  voi    ia  potestate . 

73     La  nobile  virtù  Beati^ce   intende 

61  6^  65  Or  perchè ,  affinchè  ,  a  questa  prima  naturale  ed  ìono<* 
cente  voglia  si  raccoglia;  si  acconipagni  ogui  altra  morale  e  lodevo- 
le virili  —  innata  v*  è  y  data  vi  e  fin  daì  vostro  nascimento  —  la  vin* 
Ut  che  ec. ,  la  rnsìone  che  vi  dee  consigliare  e  regolare  i  vostri  ap- 
petiti .  Il  Daniello  però  ,  seguito  dal  Venturi  :  fJ  ordine  (dice)  è  :  La 
virtù  che  consiglia ,  cioè  la  ragione ,  v'è  innata ,  cioè  nata  insieme  coh 
voi ,  perchè  ,  affin  che  ogni  altra  voglia  che  nasca ,  in  voi  ,  s*  unisca  » 
accompagni ,  e  raccolga  a  questa  virili  ,  la  quale  dee  tener  la  soglia  » 
deve  custodir  V  entrata  delt assentire  ,  e  consentire  ,  metafora  tolta  Aa- 
ffi  uscieri,  il  proprio  de*  quali  è  d*  ammetter  dentro  ed  introdurre  cui 
piit  lor  piace,  '^  Il  cod.  Antald.  legge  cosi  tutta  questa  terzina  :  E per^ 
che  a  questa  ogni  altra  si  raccoglia ,  Innata  n*  è  la  virili  che  consiglia , 
£d  eli  ha  senso  di  tener  la  soglia.  Al  secondo  verso  anclje  il  cod- 
Vat.  legge  innata  /i'  e* .  N.  E. 

64  65  Gò  QuesC  è  7  principio  ,  questa  regolatrice  ragióne  a  voi 
donata  è  la  sorgente  —  la  onde  in  vece  del  relativo  da  cui  (a)  — 
secondo  che  essa  regolatrice  ragione  viglia,  da  vigliare  per  i scegliere • 
Vedi   il   Vocabolario  della  Crusca. 

67  Che  ragionando  andaro  a  fondo  :  che  con  serie  meditazioni 
giunsero   al  fondo ,  alla   vera  natura   delle   cose. 

69  Moralità^  la  filosofìa  morale ,  con  avvertimenti  da  rtiuovere 
a  seguir  la  virtù  >  e  fuggire  il  vizio  ;  ciò  ,  che  non  avrebber  fatto  > 
se  non  avessero  ben  conosciuto  V  uomo  esser  libero  ali*  una ,  e  all' 
altro  •   Vbntori  . 

.  70  71  71  Onde  poniam  ec.  Conchiude  che,  ancora  che  ogni  amo* 
re  s  accendesse  in  noi  di  necessità  ,  nondimeno  è  in  nostra  potestà 
di  ritenerlo ,  o  lasciarlo  andare .  Vellutello  .  Pogniam  in  luogo  di 
poniam  leggono   1'  edizioni  diverse  dalla   Nidobeatina  . 

73  74  75  f-à  nobile  virili  ec*  Volendo  far ,  che  Virgilio  'ponga  ter- 

(a)  Vedi    Ciaon.   Partic,  iSo  1. 


346  PURGATORIO 

Per  lo  libero  arbitrio  ;  e  però  goardbi , 
Che  Tabbi  a  mente ,  s'a  parlar  tea  pi^ende 

76    La  luna  9  quasi  a  mezza  notte  tarda  1 

Facea  le  stelle   a  noi  parer  più  rade  9 
Fatta  com'  un  secchion  che  tutto  arda  ; 

79     E  correa  contra  il  ciel  per  quelle  strade  9 
Che  il  Sole  infiamma  allor  che  quel  da  Romi 
Tra  Sardi  e  Corsi  il  vede  »  quando  cade  ; 

mine  ut  suo  discorso  con  un  elogio  al  gran  dono  da  Dio  fattoci  m 
libero  i^bitrio  ,  Tassi  dai  medesimo  avvertire ,  che  Beatrice  9  cioè  i 
sacra  teologia  ,  antonomasticamente  appella  cotale  dono  la  medile  vi 
tu.  "^  S*  a  parlar  t^ imprende  ^  il  cod.  Vat«  N«  E. 

76  77  Qu£isi  a  mezza  notte  tarda .  Dee  questo  intendersi  deti 
per  mtenézione ,  ad  indicare  l' ora  in  cui  si  alzava  la  Lnna  ;  e  con 
9e  avesse  in  vece  detto  la  Luna  ,  ta  quale  in  ^Uel  tempo  tarda/Hi  é 
alzarsi  fino  auasi  alla  mezza  notte  ^  faceva  ec.  Di  fatto  essendo  qoflll 
il  tempo  d  equinozio,  e  quella  la  aniota  notte  (a)  del  misterici 
viaggio  a  Luna  piena  incominciato  (b)  ,  e  sorbendo  la  calante  Ln 
tramontato  il  Sole  ,  ogni  sera  più  (ardi  qnasi  d*  6n  Ora ,  dpvevm  i 
quella  notte  alzarsi  verso  Tore  cinqne^  eh' è  qfiamo  dire  verso 
mezza  notte  —  faceva  le  stelle  parer  piti  rade  :  rendendo  col  suo  1 
me  invisibili  le  stelle  di  minor  grandezza ,  e  le  sole  pih  grandi  lascia 
do  vedere  . 

78  Fatta  come  ec.  Essendo  la  Lnna  calante  di  cinqfle  notti  coi 
fina  sfera  troncata ,  viene  appunto  la  figura  di  lei  ad  essere  somiglia 
te  alla  figura  deli'  usitato  secchio  di  rame  ,  tondo  nel  suo  fondo 
tronco  nella  cima  ed  aperto  :  e  se  questo  suppongasi  che  tutto  ard 
cioè  che  arroventato  sia ,  oltre  la  figura  lunare  avrà  anche  il  color 
*  Fatta  come  un  secchion  che  tututto  arda.  Il  cod.  Antald.  La  qual  p 
rola  tututto ,  che  secondo  il  S^ilvini  ha  forza  di  superlativo ,  ci  sei 
bra  qui  di  molta  efiicacia  :  e  gi4  non  solo  l'usarono  il  Boccaccio 
r  antico  volgarizzatore  dell'  Eneide  ,  ma  Dante  medesimo  nella  cani 
ne  ottava  : 

Che  *l  sì  e  7  no  tututto   in  vottra   mano 
Ha  posto  Amore  . 
Il  cod.  Vat.  legge  :  un  secchione  che  tutC  arda  •  Nota  di  Salvate 
Betti .  N.  E. 

79  80  8 r  E  (^orrea  control  del.  Parla  del  motb  periodico,  e 
è  da  occidente  in  levante,  e  perciò  contrario  alla  quotidiana  riv 
luzione  che  fa  il  cielo  stallato  da  levante  in  ponente  *—  per  gue 
strade  ec.  ,  cioè  per  quei  segni,  lo  Scorpione,  intendendo:  pere 
se  la  notte  clic  il  poeta  si  smarr\  nella  selva  era  stata  1'  opposizion 
essendo    il  Sole  nel  primo  grado  d'Ariete,  conveniva  di  necessitile 


(a)  A'  primi  tre  giorni  successi  al  pleoilonio  e  consumati  6no  ali*  vs4 
in  queir  altro  emisfeiio  (  giusta  V  avviso  sotto  la  nota  al  canto  il  it 
presente  cantica  t^S^al  xoa  )  aggtungansi  due  altri  impiegati  ^  uno  nell*  ) 
tipurgatorio  ,    e    1'  altro    fin  qnì .    (h)  Vedi  ln£.   xx  tay. 


CANTO    XVHI.  a47 

8a    £  quell'ombra  gentil  ^  per  coi  si  noma 
Pietola  più  che  villa  Mantovana  ^ 
Del  mio  carcar  diposto  avea   la  soma  . 

85    Perch'  io ,  che  la  ragione  aperta  e  piana 
Sovra  le  mie   questioni  avea  ricolta^ 
Stava  com'  uom  che  sonnolento  vana  • 

88     Ma  questa  sonnolenza  mi  fu  tolta 
Subitamente  da  gente ,  che  dopo 
Le  nostre  spalle  a  noi  era  già  volta. 

la  Luna  fosse  nel  primo  della  Libra  :  ritornando  essa  poi ,  fatta  la  op* 
posizione,  verso  la  congiunzione,  poteva  essersi  accostata  al  Sole  m 
cinque  giorni  per  lo  spazio  di  due  segni ,  ed  esser  a  fine  dello  Scor- 
pione ;  nel  qual  segno  mentre  si  ritrova  il  Sole ,  chi  è  a  Roma  Jgoar- 
dando  tra  Sardegna  e  Corsica  (  che  sono  ad  essa  cittì  occidentali)  lo 
vede  tramontare.  Daniello.  '*'  ]1  Postillatore  del  Cod.  Cast,  è  ai  que- 
sto istesso  sentimento  dicendosi  esses  Romaei  evi  aggiunge  ^r  una 
particolarità  che  non  sappiamo  essere  stata  annotata  da  altri ,  ut  Dan' 
iesjuit  y  et  vidit  hoc  expenmentum ,  Il  Con.  poi  in  vece  di  aUor  che 
quel  da  Homa^  nel  v.  80  legge  Quando  quel  da  Roma .  N.  E.  ^ 

82  83  E  quelt  ombra  ec*  Virgilio  ,  in  riguardo  del  quale  Pietola  » 
picciolo  luogo  presso  Mantova ,  detto  dagli  antichi  Andes ,  in  cui  egli 
nacque ,  è  più  famosa  d' ogni  altro  luogo  del  Mantovano ,  o  di  Man- 
tova stessa .  Vbntdri  . 

84  Del  mio  carcar  i  del  carico  da  me  fattogli  colle  mie  interro- 
gazioni '*'  Di  mio  carco  ,  il  cod.  Antald.  N.  E.  —  diposto  a»fea  la  so* 
Uml  y  erasi  sgravato  col  soddisfarmi . 

85  86  Perch'  io ,  die  la  ragione  ec,  ond'  io ,  che  di  tutte  le  mie 
questioni  ricevuto  aveva  da  Virgilio  chiara  ed  aperta  dilucidazione  ^ 
talmente  che  trovavasi   la  mente  mia   affatto  quieta . 

87  Che  sonnolento  vana  .  Se  non  erano  in  uso  vernare  e  foneg' 
giare ,  come  lo  sono  per  cagion  d^  esempio  tastare  e  tasteggiare  »  sa- 
ri vana  sincope  di  vaneggia  .  Come  poi  vaneggiare  adopera  altrove 
Dante  per  esser  voto  o  vano  (a) ,  cos\  adopera  qu\  vanare ,  e  però 
sonnolento  vana ,  varrà  il  medesimo  che  dm  sonno  preso  rimane  va' 
HO  9  voto  tt  ogni  pensiero  . 

Chiosa  il  Landino  ,  che  per  questo  sonnolento  vaneggiare  con' 
fessa  Dante  P  accidia  y  della  quale  si  {ioveva  purgare.  Osservando  io 
però  ,  che  non  solamente  in  questa  notte ,  ed  in  questo  luogo ,  ma 
ancora  nella  precedente  notte  [b) ,  e  nella  seguente  (e) ,  ed  m  luo- 
ghi ove  tult'  altro  che  accidia  si  purgava,  fu  il  Poeta  medesimamente 
usi  sonno  occupato  ,  direi  piuttosto  che  voglia  ricordarci  quello  stesso 
che  nel  ix  della  presente  cantica  ci  ricorda ,  che  seco  avea  di  quel 
if  jidamo  (d) ,  e  cne  perciò  ogni  notte  pativa  di  sonno  • 

90  Folta  per  indirizzata ,    incamminata  .   '*'  Mo ,  dice  il  Biagioll  : 


(a)  Infer.    svili  5,   e    73.      (^)   Pargatoiio   ix    ii*      (r)    Parg.   zzvii  92. 
{d)  Parg.  ix    10. 


•i  i<  PURGATORIO 

91     £    quale  Ismene  già  vide  ed  Asopo 

Lungo    di  se  di  notte  furia  e  calca  9 
Pur  che  i  teban  di  Bacco  avesser  uopo  ; 

^     Tale  per  quel    giron  suo  passo   falca  9 

Per  quel  eh'  io    vidi  di  color  ,  venendo  9 
Cui   buon    volere  e   giusto  amor  cavalca  • 

97     Tosto  fiir  sovra  noi  y  perchè  correndo 
Sì  movea   tutta  quella  turba  magna; 
E  due  innanzi  gridavan  piangendo  : 
100     Maria  corse   con  fretta  alla  montagna; 

ma  si  ^ra  avendo  data  la  volta ,  avendo  girato  1'  arco  del  monte ,  che 
a  noi  la  nasronrieva.   N.  E. 

f)f  Qo  o^  F.  ffunle  ce.  Per  dimostrare  con  quanta  velocità  proce- 
denno  anellp  anime ,  e  la  gran  moltitudine  che  erano ,  le  assomiglia 
a  quei  Tphani  i  quali ,  secondo  che  scrive  ."^tazio  ,  ne'  sacrifìcj  di  Bac- 
co ,  quando  nvrvnno  bisogno  di  lui  ,  correvano  di  notte  in  grandissi- 
mo numero  lungo  ^smeno  ,  ed  Asopo  fiumi  di  Prozia  con  facelle  acce- 
se ,  gridando  forte  ,  e  chiamando  Pacco  per  molti  e  diversi  suoi  no- 
mi .  '^V.LLrTFi.f.o  —  Tsmeno  ^fn  vide  ed  ^fsopo  :  dando  poeticamente  sen- 
so alla  e  sa  insensata  ,  cioè  la  vista  ai  fiumi ,  come  aiede  1'  udito  Vir- 
gilio :  omnia  quae  Phoeho  (jìtondam  meditnnfe  heatus  audiit  Eurotas  ^ 
jii^sHqìte  edi  scere  iati  ras ,  ille  canit  {a)  .  Daniello  *  Quale  Ismenon  già 
vidr»  ,  il  rod.  Vat.  N.  E.  —  limsro  di  se  lungo  le  sue  rive  —  furia  vale 
qui  moìtitudinp  .  *  Firriq  e  mira  ;  la  prima  di  queste  voci  mostra  il 
furioso  trascorrere  di  quelle  trenti  l  la  seconda  la  gran  calca  .  lombardi , 
dicendo  che  /)/f  7/7  vale  moltitudine,  sbaglia  all'ingrosso  .  Piàgioli  .  N. 
F.  —  raica  affollamento  di  gente  —  pu/rhè  solamente  che  ,  nel  ca- 
so che  . 

p.'j  r'5  pfi  T^ie  per  quei  er.  ^inclusi  ,  di  cui  la  costruzione  :  Taìe 
calca  'cr  qiipi  cììlo  vidi  di  color  ,  crii  cavalca  ,  sprona  ,  buon  volere  ^ 
e  rri'i^tn  rrwore,  fnfra  ,  avanza  sito  pas^o  ver  quel  forane ,  Falcare^  di- 
ce bene  il  "^el!uteHo,  si  è  il  cont*'ario  di  di  falcare  ^  che  sifoni  fica  rfc- 
trarre  ,  e  sminuire ,  ^1  Vocabolario  della  Cr.  chiosando  col  Tuli  ,  e  col- 
la comune  decli  nitri  falcatv  per  piefrare ,  a'Iduce  un  passo  di  ser  Pru- 
netto  T  atini  nel  suo  Tesoro  lib.  7  cnp.  /p  che  non  solamente  non  con- 
ferma il  senso  da  esso  "^  orai  olan'o  preteso ,  ma  è  fatto  a  posta  per 
ìstabllire  c'è  falcare  significa  quanto  avanzare^  il  contrario  di  difai' 
care .  fmmanfencnte  (  cos'i  ser  Prunetto  )  che  P  nomo  vc^te  persona  di 
fiitdirr  .  dcf*  celi  vestir  persona  d*  amici ,  e  gf tardare  ,  che  sua  persona 
non  fJrhi  r  aìtra  . 

ofi  00  ^*apna  dal  fatino  per  grande,  termine  adoprato  da  buoni 
scrJttn-I  inrhe  in  prosa  .  Vedi  il  A  ocabolario  della  C  r.  —  Due  la  ^'idé 
duo  1*  n'frp  edizioni  . 

100  Tof    Toa    'Ilaria  corse  ec.  Due  esempj   di  celeritli  ,  a  redargu- 


(fl)  Eclog.  vi  82  ,   e  teqq. 


CANTO    XVIII.  2/,9 

£    Cesare  ,  per  soggiogare   Ilerda , 
Punse  Marsilia  ,  e   poi  corse  in  Tspagna  . 

io3     Ratto  ,  ratto ,   che  1  tempo   non  si   perda 

Per  poco  amor  ,  gridavan  gli  altri  appresso  ; 
Che  studio   di  ben  far  grazia   rinverda . 

106     O    gente  ,  in   cui  fervore   acuto   adesso 
Ricompie  forse  negligenza   e  'ndugio 
Da   voi   per  tiepidezza  in  ben  far  messo  , 

1C9     Questi  che  vive  (e  certo    io  non  vi  bugio) 

zìoDe  e  slìmolo  degli  accidiosi  :  uno  sacro  di  Maria  Vergine  ,  che  por- 
tandosi n  visitar  sua  cognata  santa  Elisabetta  ahiìt  in  montana  cum 
festinatione  {a)  -  T  altro  profano  di  Giulio  Cesare ,  che  con  grandis- 
sima celerità  ,  cera'  egli  medesimo  nel  primo  libro  de'  ccmentarj  suoi 
descrÌTe  ,  partito  da  1  oma  andò  a  Marsilia  ,  città  a  lui  nemica  ;  e 
quella  punfrentfo  *  cioè  lasciando  da  Pruto  con  parte  dell'esercito  as- 
«ediat» ,  corse  egli  in  Tspagna  ,  ove  superò  AfFranio  ,  I  etrejo  ,  ed  un 
^^liuolo  di  lompeo  ,  e  soggiogò  Ilerda  (  oggi  1  erìda  )  città  famosa 
di  quelLi  provincia  .  —  suggii.  f;are  legge  V  edizione  della  Crusca  e  le 
seguaci  edizioni. 

Vel  primo  sacro  esempio  il  landino  ,  e  il  Vellutello  inten- 
dono la  fuga  di  Maria  in  Fgitto  :  ma  tropt)0  le  recale  parole  del  sa- 
ero lesto  ne  dimostrano  il  torto.  *  Codesti  due  chiosatori  van  d*ac- 
eordo   col  Jostill.  Caet.  N.   E. 

io3  /fatto  latto  presto  presto  —  che ,  vale  acciocché  . 

»o4  Per  poco  amor ,  per  un  omore  accidioso  e  freddo  . 
.  io5  Studio  di  ben  far  grazia  rinverda  .  O  dee  essere  stato  detto 
finverdare  e  rinverdire  cerne  si  dissero  intirizzare  e  intirizzire ,  intie- 
fidare  ,  e  intiepidire  ec.  o  se  non  si  disse  che  rinverdire ,  sarà  qui 
rinverda  detto  per  antitesi  in  luogo  di  rinverdc .  la  sentenza  poi  è 
«he  Io  studio  e  la  sollecitudine  nostra  a  ben  fare  conferisce  ad  ot- 
tenere rinvigorimento   dalla    divina  grazia. 

io6  *  Favore  invece  di  fervore  ha  il  cod.  Val.  N.  E.  —  Acuto  per 
ardente  . 

108  Messo  per  zeuma  si  riferisce  espressamente  a  indugio ,  e  ta- 
eitamente  a  negligenza  . 

109  Non  vi  bugio:  non  vi  dico  bugia  (chiosa  il  Venturi)  da 
httgiare  y  da  cui  vicn  bug-a  .  bugiardo,  come  da  beffare  beffe,  bef- 
fardo :  solo  la  ma^c^-nza  dell'  accenlo  su  l'i  potrà  parere  un  pò  stra- 
na ,  essendo  più   pròpria   del  bugiare  in  significato  di  forare. 

Bugiare  in  significato  di  dir  bugia  trovasi  adoprato  da  altri  an- 
tichi Toscani  scrittori  {b)  :  e  dal  bugiardo  ,  che  pronunziam  noi  seni' 
accento  su  V  / ,  puossi  conghiettuiare ,  che  si  pronunciasse  istessamen- 
te  c'inche  il  verno  suo  originario  bugiare  ;  come  per  cagion  d*  esem- 
pio ,  pronunziossi    1'  1  senz'  accento   in  ammalia  verbo  :  La  cieca  cu- 


(a)  Lucae    1   v.   S9      (^)  Vedi  il  Vocab.  dell*  Crnsca  . 


^S»  PURGATORIO 

Vuole  andar  su ,  purché  il  Sol  ne  riluca  ; 
Però  ne  dite»  ond'è  presso  il  pertugio  • 

Ila    Parole  furon  queste  del  mio  duca  . 
Ed  un  di  quegli   spirti  disse:  vieni 
Diretro  a  noi  y  che  troverai  la  buca  . 

ii5    Noi  siam  di  voglia  a  muoverci  si  pieni  , 
Che  ristar  non  potem  ;  però  perdona  » 
Se  villania  nostra  giustizia  tieni . 

ii8    Io  fui  abate  in  san   Zeno  a  Verona 

Sotto  lo  'mperio  del  buon  Barbarossa  y 
Di  cui   dolente  ancor  Melan  ragiona. 

121     E  tale   ha  già  i' un  pie' dentro  la  fossa, 
Che   tosto  piangerà  quel  monistero  y 

pidigia  9  che  vi  amnudia  (a)  :  quantunque  sempre  si  pronunzi  i*  i  ac- 
cento in  maàa.  Bugiare  per  bucare  creflo  che  'ì\  primo  dicesselo  i'A« 
riosto  {b) .  Certo  è  almeno  che  nel  Vocab.  della  Crusca  non  ha  altro 
esempio . 

àio  Purché 'l  Sol  ne  riluca;  solamente  che  il  Sole  ne  si  faccia  ri* 
▼edere  •  Accenna  l'avviso  dato  lui  da  Sordello  nel  vti  di  (|uesta  me- 
desima cantica  v.  5ti  e  segg. ,  che  di  notte  non  si  poteva  salire  •  '^  Pili 
che  a  sol  ne  riluca ,  il  eoa.  Vat.  N.  E . 

1 1 1  OnfT  è  presso  il  pertugio ,  da  qual  parte  è  la  fenditura  del 
monte  con  entro  la   scala  per  salire .  *  Ov*  è ,  il  cod.  Antald.  N.  E. 

Il*]  Se  ifiifania  ec,  se  ci  tìeniy  ci  reputi ,  scortesi  in  ciò  che  giu- 
stamente e  secondo  il  divin  volere  facciamo  . 

ii8  Io  fui  abate  ec.  Asseriscono  tutti  i  commentatori  che  si  ap^ 
pellinsse  costui  don  Alberto ,  e  che  di  buoni  costumi  fosse  ,  ma  co- 
me il  liondino  v'aggiunge,  molto  rimesso:  ed  è  certo  che  Dante  per 
qualche  motivo  il  volle  tra  gli  accidiosi  —  In  san  Zeno  a  Ferona  : 
san  Zeno ,  abazia  e  chiesa  famosa  in  Verona .  Volpi  . 

119  Buon  Barbarossa:  il  perfido  Federico  T;  buono  adunque  per 
Ironia  ;  se  pur  non  parla  pur  troppo  da  senno  il  ghibellino  poeta  . 
Venturi  , 

lao  Di  cui  dolente  ec.  per  esser  stato  dal  Barbarossa  distrutto  , 
come  tutti  gì'  istorici  narrano  —  Hfelano  Melanesi ,  come  j;ià  altrove 
fu  avvertito,  in  vece  di  Milano  e  Milanesi  scrivono  anche  Ciio.  Villani , 
e  tutti  gli  antichi ,  in  maniera  più  conforme  al  Latino  Mediolanum  , 
Mediolanenses .  *  Milan  però  ha  il  cod.  Vat.  N.  E. 

121  Ila  E  tale  :  intende  di  Alberto  della  Scala  già  vecchio, 
signor  di  Verona,  che  fece  di  potenza  abate  di  quel  monistero  un 
suo  figliuolo  naturale  stroppiato  di  corpo,  e  di  animo  .  Venturi  — 
l*a  già  F  un  piede  entro  la  fossa  (t  un  pie  dentro  V  edizioni  diverse 
dalla  Nidobeatina  *  che  noi  seguiamo  ,  per  più  bella  poesia  .  N.  E.  )  : 

(a)  Pirid.  XXI   139.    (b)  Fur.  il  il.  24. 


CANTO    XVIII.  a5i 

E  tristo  fia  d'  avervi  avuta  possa  ; 

134    Perchè  suo  figlio ,  mal  del  corpo  ^mero  , 
£  della  mente  pCfgio  9  e  che  mal  nacque  y 
Ha  posto  in  luogo  di  suo   pastor  vero  • 

1  &7     to  non  so  se   più  disse  ,0  s'  ei  si  tacque  9 
Tant'  era  già  di  là  da  noi   trascorso  ; 
Ma   questo  intesi ,  e  ritener  mi  piacque . 

1  So     E   quei  ,  che  m' era  ad  ogni   uopo  soccorso  > 
Disse  :  volgiti  in  qua  ;  vedine  due 
All'accidia  venir    dando  di    morso. 

i33     Diretro    a  tutti    dicean  :   prima  fue 

Morta  la  gente  ,  a  cui  il  mar  s'aperse  9 
Che  vedesse  Giordan  le  rede  sue  . 

i36     £  quella  ,  che  V  affanno  non  sofferse 

Fino  alla   fine  col  figliuol  d'Anchise, 
Se   stessa  a    vita  sanza  gloria   offerse. 

forinola  proverbiale ,  che  suol  dirsi  dei  vecchi  già  cagionevoli ,  ed  al* 
la  morte  vicini  .  \  ehtubi  w—  piangerà  quel  monistero  :  piangeri  a  con- 
to  di   quel  monistero    per  avervi  intruso    di    potenza    un   tal  abate  • 

VlHTUBl  . 

ia3  ♦  />•  aver  avuto  ,  il  cod.  Vat.  N.  E. 

1  iS  Mal  nacque ,  perocché  bastardamente  . 

139  Eitener  mi  piacque  ^  perchè  testimonio  valevole  a  persuader- 
ci che  se  Iddio  non  gastiga  il  peccato  in  questo  mondo  ,  gastigalo 
neir  altro . 

i3a  j4ir  accidia  daTtdo  di  morso  l'accidia  mordendo  ,  cioè  biasi- 
mando ;  contando  tristi  effetti  di   cotal  colpa . 

i33  i34  i35  Diccan  la  Kidobeatina ,  (*  ed  il  Con.  Foggiali  N. 
E.)  dicen  l'altre  edizioni  *  ed  il  cod.  Vat.  N.  E.  —  prima  fue  er. 
il  grandissimo  numero  di  quelli  individui  dell'Ebreo  Popolo  ai  quali 
Iddio  per  salvarli  da  Faraone  e  condurli  nella  promessa  Palestina  » 
a{>r\  la  prodigiosa  strada  nel  Mar  Bosso,  tutti  (eccettuati  soli  due, 
Giosuè  e  Caleb)   in  gastigo  della  pigrizia,  e  freddezza  loro  nell'adem- 


,  —  .  _ —   _ —  j 
quella  provincia  .  ^ 

i3o  137  i38  E  quella,  che  ec,  quella  gente  Trojana  ,  che  occu- 
pata dal   tedio  del  lungo  viaggio  ,  volle  piuttosto  senza  alcuna  gloria 
rimanere  in  Sicilia  con  Aceste ,  che  seguire  in  Italia  navigando  ilfi^ 
fdiuol  di  jinchise  Enea,  come  narra  Virgilio  nel  V  dell'Eneide.  *  i**- 
§/io  d  Anchise ,  il  co^.  Vat.  !>(.  E. 


a6a  PURGATORIO 

169    Poi ,  quando  fur  da  noi  tanto  divise 

Queir  ombre  che  veder  più  non  potersi  ^ 
Nuovo  pensier  d|&tro  da  me  si  mise  , 

l4^     Del  qual  più  altri   nacquero  e  diversi  . 
£    tanto  d*uno    in    altro    vaneggiai  , 
Che  gli  occhi  per  vaghezza   ricopersi  , 
£  il  pensamento  in  sogno  trasmutai  • 

i4t  al  ^45  N'ito.'O  pensier  ec.  La  comune  do^jV  interpreti  per  que- 
sto vagare  di  pensiero  vuol  intendere  che  ne  si  descriva  l'accidioso 
pensare:  a  proposito  delTaccidia  che  colà  purgavasi .  Ma  e  perchè  non 
risente  il*  Poeta  istcssaniente  di  mano  in  ninno  effetti  di  quelli  altri 
vizj  che  in  ciascun  girone  si  purgano?  Perchè  tra  i  superbi  non  ri- 
sente affetto  di  superbia?  Tra  gì*  invidiosi  affetto  d' invidia  ec.  ?  La 
maniera  adunque  direi  io  piuttosto  che  voglia  additarci  deli'  oprar 
di  nostra  mente ,  dal  sonno  oppressa  ;  la  quale  di  fatto  da  una  sue- 
cessione  d' imperfetti  ed  instabili  pensieri ,  chiudendosi  finalmente  gli 
occhi,  passa  al  sonno.  —  gli  occhi  per  vaghezza  ricopersi:  per  ca- 
gion  del  vagamento  de'  pensieri ,  cioè  per  non  fissarsi  piii  la  mente 
in  alcun  pensiero ,  cessando  agli  occhi  stimolo  di  restare  aperti ,  mi 
si  chiusero. 


finitici  canto  deeimotta\f& . 


353 

CANTO    XIX. 


ARGOMENTO     (♦) 

•  ■ 

ContUmsl  dopo  certa  vision  di  DanU  la  saUta  sua  sopra  il  quinto  gi' 
rome  ;  dovt  egli  trova  Papa  Adriano  quinto  ,  dal  quale  intende  «  che  ifi 
si  purga  il  peccato  deW  avarizia  • 

1     il  eir  ora  che  non  può  il  calor  diurno 
Intiepidar  più  il  freddo  della  Luna , 
Vinto  da  terra  o  talor  da  Saturno  ; 

4     Quando  i  geomanti  lor  maggior  fortuna 
Veggiono  in  oriente  innanzi  all'  alba 
Surger  per  via ,  che  poco  le  sta  bruna  ; 

1  a  5  DfeW  ora  ec»  Circoscrive  Tultima  ora  della  notte  dalla  fred- 
dezza che  regolarmente  suol  avere  maggiore  sopra  le  ore  preceden-^ 
ti ,  e  tocca  nel  tempo  stesso  la  cagione  per  cui  ciò  avviene  ;  cioè  per- 
chè in  queir  ora  il  calor  diurno  ,  il  caldo  rimasto  nella  terra  e  oell* 
atmosfera  tial  Sole  del  precedente  giorno ,  vinto  ,  estinto  ,  da  terra  y  ' 
dal  naturai  freddo  della  terra  ,  non  può  pili  intìepidare  ,  render  mi- 
nore,  il  freddo  della  Luna  della  notte.  \' aggiunge  anche  vinto  talor 
da  Saturno  (  quando  cioè  trovasi  nell'  emisfeno  notturno  )  per  1*  opi- 
nione che  vi  era  che  questo  pianeta  apportasse  freddo  :  e  riferisce  per- 
ciò il   Landino  ciò   che  di  Saturno  scrive  Alano   astrologo  • 

Uic   algore   suo   furatur  gaudi  a   veris  , 
Furaturque  decus  pratis  ,  et   sidera  florum  . 
4  5  6  Quando  i  geomanti  ec.  Altra  circonscrìzionc  dell*  ora  me-' 
desima  suddetta  prende  dalla    geomanzia  ,  arte  divinatoria  ,  così  det- 
ta dal   Greco  yn  ,  che  vuol  dir  terra  ;  perocché  trae  cotal  arte  le  paz- 
ze sue  predizioni  dalF osservazione  di   figure  in    terrestri    corpi    (a). 
Tra  i  varj   nomi ,  che  davano  i  geomanti  a  varie  combinazioni  di  pun- 
teggiature ,  eh*  essi  alla  cieca  ,  con  punta  di  verga  facevano  in  su  l'a- 
rena, appellavano  (insegnano  il   Laudino,  ed  altri  spositorì)  maggior 
fortuna  {fortuna  major)  quella  disposizione  di  punteggiature,  che  riti» 

'■■.«■■  — ^— — ■   ■   ■  ■ 

(*)     Argomento  metrico  del  celebre  Gaspare  Goxxi  . 
^  Con  falso  canto  nna  femina  lorda 

Sogna  il  Poeta  \  ma  qaesta  ò  scacciata 
Tos|o  dall'  altra ,  che  da  lei  discorda  . 
Svegliasi  ^  e  sale  ove  la  terra  gaata 
Par  chino  in  giuso  chi  quassii  dorixla 
Volle  d'  averi  con  voglia  assetata  , 
Sviandosi  da  Dio  per  avarixia  . 
(fl)  Vedi ,   tra  gli  altri  >  Fassavantl  nel  capitolo   della  ter%et  scienuk  dia^. 
hoUca  • 


a54  PURGATORIO 

7    Mi  venne  in  sogno  una  femmin  a  balba  9 

Negli  occhi  guercia ,  e  sovra  i  pie'  distorta  , 
Con  le  man  monche ,  e  di  colore  scialba  . 

IO     Io  la  mirava  :  e  cornei  Sol  conforta 

Le  frédde  membra  che  la  notte  aggrava  » 
Cosi  lo  sguardo  mio  le  &cea  scorta 

i3     La  lingua  ,  e  poscia  tutta  la  drizzava 
In  poco  d' ora  :  e  lo  smarrito  volto  , 
Come  amor  vuol  »  così  le  colorav  a  • 


que  in  vece  di  dire  ch'era  quell 
Ariete  (a) ,  erano  già  sopra  T  orizzonte  alzati  tutto  Aquario ,  e  parte 
de'  Pesci  (  che ,  per  essere  questi  seffni  immediatamente  precedenti 
Ariete  sarebbe  stato  il  medesimo  che  dire  poco  avanti  il, nascer  del  So* 
le  )  dice  eh'  era  1'  ora  quando  i  geomanti  veggiono  la  loro  maggior 
Jòliuna  surgsre  in  oriente  innanzi  nlV  alba  per  via ,  per  quella  strada , 
cke  pel  presto  venirle  il  Sole  in  seguito ,  poco  le  (  alla  medesima  ma^ 
gjior  fortuna  )  sta  bruna  ,  rimane  oscura . 

Fremette  poi  il  Poeta  essere  stata  questa  1'  ora  del  sogno ,  che 
adesso  è  per  raccontare ,  allusivamente  a  ciò  che  nel  canto  ix  di  que- 
sta cantica  disse ,  che  la  mente  nostra  in  cotale  ora  , 

Aite  sue  vi$ion  quasi  è    divina  {b)   . 

7  Una  femmina  .  Vuole  Dante  coli'  immagine  di  questa  sognata 
femmina  darci  un'  idea  di  ciò  che  fa  1'  uomo  dedito  ai  tre  vizj  ,  che 
in  seguito  si  purgano  ,  dell'  avarizia  ,  gola ,  e  lussuria  :  cioè  che ,  es- 
sendo gli  obbietti  di  questi  vizj  di  sua  natura  deformi  e  spregievoli  , 
r  uomo  colla  sciocca  sua  apprensione  ed  affezione  se  gli  fa  sembrare 


di  torta  guardatura  ,  —  so\fra  i  pie  distorta  ,    cioè  colla  vita  non  so- 
pra i  piedi  eretta ,  ma  incurvata . 

9  Di  colore  scialba .  Scialbo  aggettivo  da  scialbare ,  che  dicesi 
dell*  imbiancar  de*  muri  propriamente  vale  bianco  ,  ma  qui  dee  pren- 
4lBrsi  per  pallÌ€Ìo  smorto  • 

10  II  Come  il  Sol  ec.  Rassomiglia  il  Poeta  l'influenza  della  scioc- 
ca apprensione,  ed  affezione  sua  in  costei  all' influire  del  Sole  nelle 
memora  deeli  animali   interizzite  dal  notturno  freddo  . 

13  al  13  Le  f acca  scorta  la  lingua:  vale  qui  scoria  quanto  agile 
e  pronta  .  Così  Matteo  Villani  lib.  S  cap.  iB  Èlessono  cento  cavalieri 
ec,  con  alquanti  masnadieri  scorti ,  e  destri  —  tutta  la  drizzava  :  driz- 
za vale  la  vita  che  avea  prima  sovra  i  pie  distorta  -^  e  lo  smarrito 
volto  conM  amx}r  vuoi  ;  come  richiede  amore  (intendi  per  far  innamo- 
rare i  risguardanti  )  così  le  colorava  ec, ,  cosi  lo  sguardo  mio  a  quel- 
la femmina  dipingeva.  *  Lo  colorava ^  il  cod.  Vat.  N.E* 

(a)  Vedi  \i  nota  Infei.  I.  38.    (b)  Verso  i8. 


e  A  K  T  O    X  1  X .  255 

i6  Poi  cV'eir  area  il  parlar  cosi  disciolto  y 
Cominciava  a  cantar  s\ ,  che  con  pena 
Da  lei  avrei  mio  intento  rivolto . 

19     Io  son  cantava  ,  io  son   dolce  sirena  , 

Che  i  marinari  in  mezzo  il  mar  dismago  ; 
Tanto  sq^di  piacere  a  sentir  piena  . 

22     Io  trassi  Ulisse  del  suo  cammin  vago 

18  '^  yéifrei  da  lei  ,  il  cod.  Antald.  ;  Da  lei  as>rei ,  la  crusca  e  l'al- 
tre edizioni  ;  da  lei  avre* ,  il  cod.  Vat.  che  noi  seguiamo  per  aver 
Colti  que*  due  sì  bratti  e  vicinissimi  ei  •  N.  E.  Intento  per  attenzione , 
qui  pure  come  Pdrg.  xvii  /|8. 

19  Sirena  la  Midob. ,  ed  altre  antiche  ediz.,  Serena  l'adizione  del- 
la Cr.  e  le  seguaci .  Le  sirene  sono  da'  poeti  figurate  per  voluttà  e  pia- 
céri corporei ,  e  gli  altri  vani  diletti ,  le  quali  con  false  lusinghe  dol- 
cemente cantando  allettano  i  sentimenti  umani  ,  e  V  intrigano  in  gui- 
sa ,  che  da  questi  falsi  beni  non  si  sanno  partire  :  e  però  fingono  , 
che  con  la  dolcezza  del  canto  tirino  a  loro  1  naviganti  ,  e  da  quella 
inebriati  si  addormentino  ,  e  addormentati  essere  da  quelle  divorati  in- 
sino  air  ossa ,  tra  quelli  scogli  di  bicilia  propinqui  a  Feloro ,  ove  es- 
ae  dimoravano.  Daniello. 

20  Dismago ,  smarrisco  ,  perdo ,  faccio  perire  —  Vedi  la  nota  al 
(f.  i46  del  canto  xxv  dell' Inr.  ed  agli  altri  passi  ch'ivi  s' allegano. 

21  Tanto  son  ec.  :  cioè  di  tanto  piacere  ricolmo  chi  ascoltami  : 
seno  a  sentir  per  sono  a  sentirsi .  A  bntori  . 

ai  lo  trassi  Ulisse .  ^  Io  volsi  Ulisse  leggono  i  Cood.  Caet.  e  Pogg. 
N.  E.  Favoleggiando  Omero ,  e  tutti  i  Poeti  d'  accordo ,  che  pervenu- 
to navigando  Tlisse  all'isola  delle  sirene,  provedessisi  contro  il  can- 
to di  quelle  ingannatrici  col  farsi  egli  legare  all'  albero  della  nave , 
e  con  fare  ai  marinari  otturare  con  cera  le  orecchie,  chiosan  perciò 
tutti  gli  espositori  che  faccia  qui  Dante  parlar  costei  da  menzognera  f 
che  facciala  cioè  falsamente  vantarsi  d'  aver  tratto  Ulisse  del  suo  cam- 
mino .  Conveniente  cosa  però  da  un  canto  sembrandomi ,  che  riten-» 
ga  costei  il  carattere  di  scaltra  Menzognera  ;  ed  essendo  dall'altro  can- 
to da  sciocco  il  negare,  o  pervertire  affatto  un  avvenimento  a  tutti 
noto  ;  perciò  10  piuttosto  pieso  a  credere ,  che  per  Io  sviamento  del 
quale  si  vanta  costei ,  si  ahbia  a  intendere  quello ,  che  Ulisse  mede- 
simo confessando  da  Circe  sofferto   (Infer.  xxvi  91,  e  segg.)  dice 

Mi  diparta  da  Circe  $  che  sottrasse 
Me  piti  d*  un  anno  là  presso  a  Gaeta  . 
dove  cioè  con  essa  Circe  commerciando  ebbe  i  due  figli  Telegono ,  ed 
Ardea  (a).  Per  adeguamento  di  tutto  basta  intendere,  che  la  parlante 
sognata  donna  è  il  fallace  piacere ,  e  che  sirena  sì  noma  dal  Greco 
ffvùté  che  tirare  significa ,  e  che  il  fallace  piacere  fu  appunto  ,  che 
trasse  il  viaggiatore  Ulisse  a  restare  con  Circe  — -  cammin  vago ,  non 
deteimi natamente  diretto  ad  alcun  luogo  • 

^    • 

(a)  Naul  Conti  Mytol,  lib.  5  e.  1. 


•r3G  PURGATORIO 

Al  canto  mio  :  e  qual  meco  s'  ausa  , 
Hado  sen  parte  ;  si  tutto  l'appago  ; 

^5     Ancor  non  era  sua  bocca  richiusa  j 

Quando  una  donna  apparve  santa  e  presta 
Lunghesso  me ,  per  far  colei  confusa . 

•iS     0  Virgilio  ,  Virgilio ,  chi  p  questa  ? 
Fieramente  dicea.  Ed  ei  veniva 
Con  gli  occhi  fitti  pure  in  quella  onesta. 

3i     L' altra  prendeva  ,  e  dinanzi  l'apriva 

Fendendo  i  drappi,  e  móstravami  il  ventre  : 
Quel  mi  svegliò  col  puzzo  che  n'usciva. 
[  34     Io  volsi  gli  occhi,  e  il  buon  Virgilio  :  almen  tre 
Voci  t' ho  messe  ,  dicea  ;  surgi ,  e  vieni  ; 
Troviam  l' aperto  ,  per  lo  qual  tu  entre  • 

a5   Qua!  meco  s*  ausa  y  qualunque  meco  s*  addomestica . 

24  Rado  sen  parte  ec.  Accenna  la  difficoltà  di  ritrarre  i  piedi 
dal  tenace  yischio  de' falsi   mondani  piaceri.. 

a5   16  Amor  non  era  ec.  proseguiva    ancora  a  pirlarc  .  —  Una 
'  donna  santa  e  presta  .  Chi  per  costei  intende   In  filosofìa  ,   e   chi  la 
virtù  :  parrebije  però  meglio  intesa  la  verità ,  la  scopritrice  della  men* 
zogna  . 

27  fAinghesso ,  avverbio  ,  vale  qui  lo  stesso  che  appresso  ,  vicino  (a). 

a8  29  ^o  O  f^trgilio  P^rgilio  ce.  Riprende  la  santa  donna  >  ir- 
gilio ,  che  permettesse  a  Dante  di  trattenersi  con  la  ingannatrice  don- 
na ,  —  fieramente  vale  iratantente  —  ed  ei  A'irgilio  .  —  Con  gli  oc* 
chi  fitti  pure  ec, ,  solamente  alT  onesta  donna  r. sguardando  ,  e  come 
saggio ,  neppur  di  uno  sguardo  degnando  la  trista . 

^i  3i  53  V  altra  prendeva:  la  santa  prendeva  l'altra.  E*  tutto 
questo  (  dice  il  Venturi  )  un  eccellente  ritrovamento  di  nobilissima  Jan- 
tosta  Jelicisùmamente  ideato  ,  che  si  maritava  ma^or  lavoro  ,  rf  wiii 
lunga  cultura  nella  distesa.  (Tua  carezza,  ed  uno  schiafib  .  L'intolle- 
rabile puzzo ,  che  risvegliò  il  Toeta ,  noi  pare  ,  che  fosse  soggetto 
dì  più  lunga  cultura:  e  avi  ogni  modo,  doveva  il  Venturi  aver  presen- 
te quella  ragione,  che  del  suo  dir  breve  Dante  stesso  ne  rendè  nel 
canto  XVII  del  Poag.  v.  iSg. 

Taccioh  ,  acciocrhé  tu  per  te  ne  cerchi  . 

*    Venia  ,  apria ,  uscia ,   hanno    i  codd.  Vat.  e   Antald.  N.  £• 

3  \  35  36  lo  volsi  g/i  occhj  :  svegliato  ,  aggirai  gli  occhj  intomo  > 
—  tf  7  buon  VlrgiUo  ec, ,  e  '1  buon  Virgilio  diceva ,  già  ti  ho  chiama* 
to  indarno  almen  tre  fiate  —  surgi ,  e  vieni  :  via  mo  alzati  ,  e  andia- 
mo —  r  aperto  per  lo  qual  ec,  l'apertura  della  scala  ,  per  la  quale  sai- 
ghiamo  all'  altro  balzo .  *  Il  cod.  Caet  il  Vat.  rAntald.  d' accordo  con 

(x)  Vedi   Ciiion.  Panie*    162  2  «   5. 


CANTO    XIX.  25^ 

S7     Su  mi  ^  levai  ;  e  tutti  eran  già  pieni 

Dell'  alto  dì  i  giron  del  sacro  monte  9 
Ed  andavam  col  Sol  nuovo  alle  reni  • 

40     Seguendo  lui ,  portava  la  mia  fronte 

Come  colui  che  1'  ha  di  pensier  carca  » 
Che  fa  di  se  un  mezzo  arco  di  ponte  ; 

43  Quand'  io  udi':  venite  y  qui  si  varca; 
Parlare  in  modo  soave  e  benigno , 
Qual  non  si  sente  in  questa  mortai  marca  « 

46    Con  r  ali  aperte  ,  che  parean  di  cigno  » 
Volseci  in  su  colui ,  che  sì  parlonne  , 
Tra  i  due  pareti  del  duro  macigno  . 

altri  testi ,  e  con  la  Fulgiiiatense ,  leggono  v.  56.  Troviam  la  porla , 
per  la  qual  tu   entre.   N.  K. 

.  37  j8  Eran  già  pieni  deW  alto  di  i  gironi  :  il  già  alzato  giorno 
illaminava  tutto  il  monte  .  Se  non  al  senso  medesimo  può  alto  inten- 
dersi in  quel  passo  pure  ,  che  dall'  antico  manoscritto  Trattato  del- 
le segrete  cose  delle  donne  reca  il  Vocab.  della  Cr.  sotto  di  esso  ag- 
gettivo J.  2  Dfon  prendono  il  medicamento  ,  se  non  è  il  di  alto ,  e  ben 
chiaro  •  ^ 

39  £d  andavam  cól  Sol  nuovo  alle  reni.  Le  reni  per  la  schiena 
come  altri  han  detto  dar  le  reni  per  voltar  la  schiena  ,  per  fuggire  (a)  : 
e  bene  ,  proseguendo  i  poeti  il  suo  cammino  semore  nella  medesima 
direzione  ,  da  levante  in  ponente ,  come  nel  passato  giorno  férivali 
il  cadente  sole  nel  viso  (ì) ,  così  doveva  lo  allora  nato  Sole  batterli 
nella  schiena . 

4a  Che  fa  di  se  un  mezzo  ec,  :  il  quale  cammina  con  la  testa  e 
il  busto  cosi  piegato  »  come  piega  V  arco  di  un  ponte  dal  mezzo  al- 
la sponda  . 

43  Quand  io  ,  la  Nidob. ,  Quand*  i*  V  altre  edizioni  —  ^iii  si  var- 
ca ,  au\  si   passa .  ^  Qua  si  varca ,  il  cod.  Vat.  N.  £. 

45  Mortai  marca .  Adopera  qui  marca  al  senso  medesimo ,  che 
noi  ti  antichi  V  adoprarono  ,  di  regione  (e) .  £  bene  mortai  marca  ap- 
pella questo  mondo  ,  perocché  è  di  fatto  la  region  de'  mortali .  *  il 
cod.  Poggiali  legse  barca  in  vece  di  marca.  Se  il  F.  L.  non  ci  aves- 
se dato  la  sua  beila  spiegazione  avremmo  senza  dubbio  accettata  la 
variante.   N.  E. 

46  47  48  Con  r  ali  aperte  che  parean  la  Nidob. ,  Con  Pale  aper- 
te che  parèn  l'altre  edizioni  (d)  ^  —  di  cigno  ,  uccello  bianchissimo, 
—  volseci  in  su  :  impedendoci  coli'  apertura  dell'  ali  il  più  oltre  cgm- 
roinare  su  di  quel  piano  ne  constrinse  a  salire .  '^  No  ,  grida  il  Bia- 

(a)  Vedi  il  Vocabol&rio  della  Crasca  sotto  la  vece  rea*  {•  4.  (b)  Pn^*  ^^7^\ 
(e)  Vedi  r  AmaUhta  o nomaitica. del  V« stenti,  e  il  Gloiiaritikm  del  DofuiiPf* 
{(f)  Quanto  a  parean  ,  vedi  ia  aala  al  xì%  dtU'.laf.  v«.l€.  y,.    1.  ;  . 
T.2.  R 


flit  PUaOATORIO 

49    Mosse  le  penne  poi ,  e  Tentilonne , 

Qui  lugerU  affermando  esser  beati , 
Ch'  avran  di  consolar  l' anime  donne  • 

02    Che  hai ,  che  pure  in  Ter  la  terra  guati  ? 
La  guida  mia  incominciò  a  dirmi , 
Poco  amendue  dall'  angel  sormontati  • 

55    Ed  io  :  con  tanta  sospeccioa  ùl  irmi 
Novella  vision ,  eh'  a  se  mi  piega 
Si  9  ch'io  non  posso  dal  pensar  partirmi . 

58    Vedesti ,  disse  »  quell'  antica  strega , 

F'oH  :  ma  indirizzando  le  ali  Terso  Tajìerto .  N.  E.  —  Tm  i  due  (duo 
edizioni  diverse,  dalla  Nidob.  )  pareti  del  duro  macigno  :  tra  le  due 
sponde  della  scala  scavata  nell'  erta  marmorea  sponda  • 

49  Fentihnne ,  ne  fece  vento  :  col  qual  vento  intende  Dante ,  che 

Sii  si  scancellasse  il  peccato  che  pnrgavasi  nel  passato  balzo ,  cioè 
eir  accidia  :  come  con  simil  vento  scancellato  gii  fu  da  ^ell*  altro 
imgelo  il  peccato  dell'ira  mentre  partivasi  dal  balzo  degl'  iracondi  |Ìt)» 

50  5i  Qui  lugeni  ec.  Costruzione  .  affermando  esser  beati  guTui- 
geni  i  essere  cioè  benavventnrati  coloro  che  in  questa  mortai  vita , 
non  da  accidia  occupati,  ma  accesi  di  fervoroso  amor  di  Dio  ,  pian- 

1^    :^    ^j  *!• : i_-      rf-ii -11.    ». «j*        •<•'. 


parole  evangeliche  in  lode  di  chi  va  esente  della  colpa  nel  preceden- 
te balzo  purgata  (^  —  Ch*  avran  di  consolar  ec.  :  corrisponde  al  quo- 
ninm  ipsi  consoliwuntur ,  che  il  Vangelo  soggiunge  al  Beati  qui   lu- 

f'nt:  e  però  dovrebb' essere  il  senso:  che^  imperocché,  avran  essi 
anime  donne  y  posseditrici  (dal  Latino  dominus)  ricche  lif  consolar ^ 
nome  verbale  per  di  consolazione  •  Ovvero ,  avran  di  consolar ,  avran 
essi  onde  consolar  l' anime  donne ,  l' anime  loro  mantenutesi  padront 
di  se  medesime ,  e  non  soggiaciute  alla  mondana  schiavitù  . 

Si  Che  pure ,  che  ancora  in  ver  la  terra  guati  ?  accenna  la  par- 
ticella pure  lì  guardar  simile  che  faceva  anche  innanzi  i^.  4o  e  segg. 

54  Poco  amendue  ec. ,  sottointendi  essendo, 

55  Sospeccione  ,  sospetto,  dubbietli.  '^  Il  Cod.  del  Signor  Foggiali 
legge  sospension  •  Il  Vat.  suspition  :  ed  è  forse  la  miglior  lezione.  N.  E. 

56  Novella  ,  di  fresco  avuta  —  mi  piega ^  mi  attrae. 

57  Dal  pensar  partirmi y  ritrarmi  dal  pensare  ad  essa  visione. 

58  Vedesti  disse  ec.  Si  àk  Virgilio  a  conoscere  consapevole  della 
visione  d]  che  Dante*  parla  -^  strega  per  maliarda ,  ammaliatrice ,  in» 
coniatrice  degli  umani  cuori  :  antica  ,  perocché  coetanea  all'  umau  ge- 
nere 9  come  lo  è  certamente  il  fallace  piacere. 

(a)  Pur|.  zvii.    (l>)  Matth,  S.    (c)  Coti  nel  sii  no  in  ammenda  de'Ia  sa- 

Serbia  punita  nel  precedente  balio  odati  il  titattr  pauoerts  spiritu.  Coti  nei  sv 
8  in  ammenda  deli'  invidia  il  Beati  mis$ricordé$  •  Cesi  bsI  svii  68  69  in  am- 
menda  deU' ita  U  Beéli  Paci/iei  . 


e  AN  T  O    XIS.  a5y 

Che  sola  sovra  noi  ornai  si  piagne  ? 
Vedesti  come  l' uom  da  lei  si  slega  ? 

6i     Bastiti,  e  batti  a  terra  le  calcagne  : 

Gli  occhi  rivolgi  al  logoro ,  che  gira 
Lo  rege  eterno  con  le  ruote  magne  • 

64     Quale  il  falcon  ,  che  prima  a  pie'  si  mira , 
Indi  si  volge  al  grido  ,  e  si  protende 
Per  lo  desìo  del  pasto  che  là  il  tira  ; 

59  Che  sola  sovra  noi  ec.  Che  sola  éi  piange ,  purgandosi  i  de« 
litti  per  suo  amore  commessi,  ne' tre  gironi  del  Tur^atorio,  che  ci 
restano   sopra  a   vedere  ,  ove  si  tormentano  gli   avari ,   i  golo.  i  ,  i 

lussuriosi.    \BlfTURl. 

60  ledesti  come  ec,  i  osservasti  quale  metodo  t'insegnò  l'altra 
tanta  donna  per  da  colei  staccartene ,  col  mostrartela  cioè  quaF  è  iu 
se  stessa  schifosa ,  e  puzzolente  ? 

61  Batti  a  terra  ec,  :  vieutene  speditamente ,  o  (  fors'anche  )  scuoti 
da'  tuoi  piedi  la  polvere  in  segno  dS  scordarti  affatto  di  lei  :  come 
per  tale  significazione  venne  ingiunto  agli  apostoli  che  facessero  con 
chi  stato  fosse  loro  inospitale  (Hatt/i,  io  v.  i4). 

62  63  Gli  ocelli  ec.  Logoro  (  propriamente  pezzo  di  cuojo  con  pen- 
ne •  fatto  a  modo  d'ala,  con  cui  il  cacciatore  girandolo,  e  gridando 
richiama  a  se  il  Falcone  )  qui  flgurata^iente  per  il  cielo ,  colla  vi« 
sta  del  quale  Iddio  tira  a  se  le  anime*  Caeli  enarrarli  ec,  Ventori.. 
Meglio  però  sembra ,  che  per  lo^ro  intendasi  semplicemente  richior 
mo  (la  specie  pel  genere  )  e  diasi  a  tutta  la  sentenza  il  medesimo 
senso ,  come  se  fosse  detto  :  Ris^olm  g//  occhi  al  richiamo  che  tija  Id- 
dio col  girare  delle  ruote  magne  delle  celesti  sfere ,  11  medesimo  divino 
invito  espresseci  il  Poeta  neFxiv.  della  presente  cantica  v»  i/|0  e  seg. 

Chiamavi  *l  cielo  «  e  intorno  vi  ti  gira  , 
.  Mostrandovi  le  tue  bellezze  eterne, 
64  65  66  Quale  il  falcon  ec.  Come  nei  precedenti  versi  tacitamen- 
te paragona  Virgilio  1  invito  che  Dio  ne  fa  al  cielo  pel  moto  ,  e 
vaghezza  delle  celesti  sfere ,  all'  invito  ,  che  pel  logoro  fa  il  falco- 
niere al  falcone ,  cos\  paraeona  Dante  il  pronto  suo  prestarsi  a  Vir- 
gilio al  pronto  prestarsi  del  falcone  medesimo  al  falconiere ,  quando 
questi  lo  chiama .  —  prima  a  pie  si  mira  •  Di  ouesto  mirarsi  il  falco- 
ne ai  piedi  piima  di  spiegare  il  volo  verso  del  falcouieré,  non  tro- 
vo spositore  che  stencfa  sua  chiosa  pih  che  a  sUppor  vero  il  fatto, 
senza  rintracciarne  alcuna  cagione .  Sarebb'  ella  adunque  per  avven- 
tura 'Cagionata  tale  al  volare  preventiva  guardatura  dal  timore  di  ave- 
re ai  piedi  la  legaccia,  che  suol  ritenerlo  nelle  mani  del  falconie- 
re? {a)  —  al  gridò  ,  intendi  del  falconiere  —  si  protende^  si  fa  avan- 
ti —  del  pasto ,  a  cui  suole  il  falconiere  chiamarlo . 


(a)  *  Vedi  la  nota  del  Sig.  Portirelli  a  qoasto  medetimo  luogo  ,  ove  eoftral 
nna  nota  di  altra  spiegaiione,  cho  credè  potesse  piacere  al  F.  L,  Ma  estendo  fin 
d'  allora  morto   il  bnon  ?adre  ,  noi  non  abbiamo  ardire   di  |radirU  in  sao 


R  a 


o6o  I^URGATORIO 

67    Tal  mi  fec'  io  :  e  tal ,  quanto  si  fende 
La  roccia  per  dar  via  a  chi  va  suso  9 
N'  andai  infin  dove  'I  cerchiar  si  prende . 

70    Com'  io  nel  quinto  giro  fui  dischiuso  » 
Vidi  gente  per  esso  che  piangea  , 
Giacendo  a  terra  tutta  volta  in  giuso  v 

73     uidhaesit  pavimento  anima  mea  y 
Sentia  dir  lor  con  si  alti  sospiri , 
Che  la  parola  appena  s' intendea  • 

76     O  eletti  di  Dio ,  gli  cui  soffriri 

£  giustizia  e  speranza  fan  men  durì^ 
Drizzate  noi  verso  gli  alti  saliri . 

79     Se  voi  venite  dal  giacer  sicuri  y 

£  volete  trovar  la  via  più  tosto , 

67  68  69  Tal  mifec^io  ec.  TTgualmente  pronto  mi  fec'ìo ,  ed  agual- 
tnente  uronto  andai  quanto  si  fende  la  roccia  per  ec.  :  per  tutto  quel 
tratto  cne  fa  la  ripa  per  formare  scale  a  chi  va  sopra;  cioè  infin  do- 
ve 7  cerchiar  si  orende  :  infin  dove  si  torna  a  girare  intorno  al  mon- 
te ,  infìno  al  qumto  girone.  —  N*  cmdai^  n  fino  ove  l'edizioni  diver- 
se dalla  Nidob. 

71  72  Gente  ^  purgante  il  peccato  dell'avarizia.  —  Giacendo  a 
terra  tutta  volta  ec.  Vedine  il   perchè  in  seguito  v.  ii8  e  segg. 

^3  .llhacsit  ec  parole  dvl  salmo  1 18  esprimenti  l'attacco  ch'eb- 
bero questo  <1uimc  al  suolo  ,  cioè  alle  terrene  ricchezze  .  ^  Sentii  in- 
vece Ji  sjritiaj  il   cod.    Nat.  iN.  E. 

76  Soffriri y  le  pene,  ei  supplicj  che  qui  soffrite*  nome  verbale, 
come  i  parlari ,  che  non  di  rado  si  trova  negli  scrittori  più  Antichi  • 
Venturi 

77  Giustizia  e  speinma  fan  men  duri ,  rendon  men  aspri  ;  quel- 
la ,    per   esser    voi    giustamente    puniti  ,   e    però    volentieri    li    sop- 

I>ortate  ;  questa  ,  perchè  dopo  la  purgazion  vostra  siete  sicuri  di  sa- 
ire alla  celeste   eterna   beatitudine.  Daniello  . 

78  jilli  saliri y  dal  vcrbal  nome  salire ,  appella  le  sa^lienti  scale. 

7Q  Se  voi  venite  ec,  Sentendosi  quelle  anime  purganti  ,  dopo  ap- 
pena veduto  l'arrivo  dei  due  poeti  ,  interrogare  da  essi  della  via  di 
salir  più  alto ,  premettono  perciò  le  medesime  al  parlar  suo  la  con- 
dizionale Se  voi  venite  dal  giacer  sicure  j  cioè,  se  voi  venite  esenti  dal- 
la pena  di  giacer  nosco  bocconi  per  terra  ,  e  sol  venite  per  passare 
più  in  su.  'à  egual  senso  di  esente  e  Ubero  avvisa  il  Daniello  ado- 
prato  da  \  irgilio   anche  il  Latino  securus  in  que'  versi 

Dardania  siratus  destra  ^  stcurus  amorum  , 
Qui  juvenum  tibi  semper  é ratti  (a)  • 

(a)  AéUéid.  %  32€. 


G  A  N  T  O    X  I  X.  a6i 

Le  vostre  destre  sien  sempre  di  furi . 

89     Così  pregò  '1  poeta  ;  e  sì  risposto 

Poco  dinanzi  a  noi  ne  fu .  Perch'  io 
Nel  parlare  avvisai  l'altro  nascosto  , 
85     E  volsi  gli  occhi  agli  occhi  al  signor  mio; 
Ond'egli  m'  assentì  con  lieto  cenno 
Ciò  che  chiedea  la  vista  del  disio  • 

88     Poi  ch'io  potei  di  me  fare  a  mio  senno  , 
Trassimi  sopra  quella  creatura  , 
Le  cui  parole  pria  notar  mi  fenno  9 

91     Dicendo  :  spirto  ,  in  cui  pianger  matura 

Quel  sanza  '1  quale  a  Dio  tornar  non  puossi , 

81  I.e  vostre  destre  sien  ec:  camminate  in  guisa  ,  che  le  vostre 
mani  destre  ,  il  destro  lato  vostro  corrisponda  al  di  fuor  del  monte 
-^  furi  (in  grazia  della  rima)  o  antitesi  di  Jori ,  che  per  fuori  fu 
scritto  {a) ,  o  sincope  di  fuori . 

83  84  Perch'io  nel  parlar  avvisai  V altro  nascosto:  mi  accorsi, 
che  sebbene  queir  anima ,  da  cui  ci  fu  risposto ,  sapeva  che  io  non 
era  1)  per  purgarmi,  non  sapeva  però  l'altro  mistero,  ciiC  io  era  in 
carne  e  in  ossa .  Ti  Daniello  goffamente  spiega  quest*  altro  nascosto 
per  il  dubbio,  se  doveva  purgarsi  o  no.  Venturi.  Dallo  aver  quell* 
anima  detto  Se  voi  venite  aal  giacer  sicuri  non  si  può  col  \  enluri  in- 
ferire che  sapesse  che  Dante  non  era  lì  per  purgarsi ,  ma  solo  che 
non  era  certa  né  del  sì  né  del  nò.  Bensì  però  basta  cotale  aperta 
dubitazione  per  renderne  accorti  che  non  potè  Dante  giù  liziosaincnte 
per  r altro  nascosto  parlare  intendere  se  non  la  persuasione  in  che, 
omettendo  quelT  anima  le  meraviglie  solite  a  farsi  dalle  altre  quando 
risapevano  esser  Dante  vivo,  davasi  a  capire  di  essere,  che  fosse 
Dante,  come  gli  altri  tutti  di  quel  luogo,  piu*o  spirito:  e  però  nel 
V.  96  togliela  di  tal  persuasione  • 

86  yolsi  fili  occhi  agli  occhi  ec:  per  iscoprire  s'era  Virgilio  con- 
tento che  parlasse  egli  a  queir  anima  —  al  signor,  forse  la  particel- 
la al  per  del  y  come  certamente  fu  adoprata  Va  perdi  (/») .  *  Il  Con. 
Caet.  ieg^e  F  volsi  li  occhi  allora  al  òignormio.  Il  contesto  dei  ver- 
si seguenti  ci  ha  fatto  un  certo  ritegno  dall'  inserire  nel  testo  que- 
sta variante  ,  che  d'  altronde  ci   par  bellissima  .  N.  P. 

87  A/i  vista  del  disio  ,  la  dimostraziono ,  1'  esteriore  da  me  dato 
segno  del  mio  desiderio  :  perocché  bene  avverte  il  Daniello  avere 
scritto   il  Petrarca  spesso  nella  fronte  il  cor  si  legge  (e), 

90  Le  cui  parole  ec,  :  il  parlar  della  quale  mi  aveva  precedente- 
mente  fatto   notare   in  lei  ignoranza   del   mio   esser  vivo  v,   8^|. 

gì  gì  In  cui  pianger  matura  Quel  ec*  :  in  cui  il  pianto  affretta  ed 
accelera  quella  soddisfazione  alla  divina  giustizia  ,  senza  della  quale 

(a)  Vedi  la  nota  Inf.  U  70.    (b)  Vadii  U  Vocab.  della  Cr.    (e)  Soa«^t8€. 


9(fo  PURGATORIO 

Sosta  tin  poco  per  me  tua  maggior  cara . 
g4    Chi  fosti ,  e  perché  volli  avete  i  dossi 

Al  su  ,  mi  di' ,  e  se  vuoi  eh'  i'  t' impetri 
Cosa  di  là  ond'  io  vivendo  mossi . 
97    Ed  egli  a  me  :  perché  i  nostri  diretri 

Rivòlga  '1  cielo  a  se  ,  saprai  :  ma  prima 
Scias  quod  ego  fui  successor  Petri  . 

100    Intra  Siestri  e  Ghia  veri  s' aSlma 

Una  fiumana  bella ,  e  del  suo  nome 
Lo  titol  del  mio  sangue  fa  sua  cima  • 

io3    Un  mese  poco  più  prova'  io  come 

Pesa  '1  gran  manto  a  chi  del  fango  1  guarda  : 
Che  piuma  sembran  tutte  l'altre  some. 

soddisfazione  non  sì  paò  tornare  a  Dio ,  cioè  andar  a  stare  (a)   con 
Dìo .  ros\  spiegano  il  verbo  matura  il  Landino  e  il  Daniello  ;  e  r'as^- 

Slunge  questo  secondo  in  conferma  il  maturate  fugam  di  Virff ilio  (ój. 
^ocabol.  della  Cr.  spiega  maturare  detto  qui,  e  nel  v.  141  meta- 
foricamente per  dar  fine  ^  compimento.  Non  recando  però  esso  altri 
esempi  che  questi  stessi  dì  Dante ,  riesce  più  sicuro  il  prenderlo  nel 
naturale  ,  ed  ovvio  significato  del  Latino  maturare . 

9?  Sosta  un  poco  ec.  :  affrena  per  un  poco ,  ferma  ,  e  dà  pausa 
per  amor  mio  alla  tua  prima  e  maggior  cura  >  che  è  di  piangere  per 
presto  purgarti .  '^'iNTuai . 

p^    ///  sN^  all'in  su.  Volpi. 

96  Di  M,  nel  mondo  —  mossi ^  mi  partii. 

97  Dìretri^  dorsi,  schiene. 

98  Iirvolga*l  ri  fio  a  se,  voglia  il   cielo  a  se  rivolti  • 

9Q  Srirrs  quod  epa  ec.  Accondiscende  qui  Dante  all'uso  de* suoi 
tempi  di  volentieri  mischiare  air^taliano  qualche  Latino  pexzetto  {e). 
^  ^1  Sigrn.  rortirelli  aggiunge  che  ciò  Dante  piuttosto  fece  per  dino* 
tare,  che  ì  rontefici  debbono  essere  dottrinati.  Sum  successore  invece 
di  Jìii ,  ha   il  cod.   Vat.  N.  E. 

foo  Siestri  e  Ch inveri ,  due  terre  del  Genovesalo  a  levante  Veh- 
TUBi .  —  5'  nfiima  ,  scofre  ali*  imo ,  al  basso  :  lo  stesso  verbo  ,  al  me» 
desimo  significato  adopera  anche  Federigo  Freizi  [d), 

101  ioa  Una  fiftmnnn  ,  un  fiume,  il  1  avagno  —  bella,  di  limpi* 
da  e  copiosa  acqua  —  p  dei  suo  nome  lo  titol  ec.  t.  Fona  Adriano  V 
di  casa  Fìeschi  rhe  parla,  ed  accenna  denomin^tta  la  ni  lui  famiglia 
dal  predetto  fiume  1  Conti  di  Las^agno  —  fa  sua  cima ,  prende  sua 
orijLÌne . 

io3  To4  Un  mesce  poco  pili:  un  mese  e  nove  giorni  visse  Adria- 


ca) Vedi  il  Vocab.  della  Cr.  sotto  la  voce  tornare  {.  o.    (fj)  A€n$id.  I  lii* 
(e)  Vedi  taf.  I  65.    (d)  Quadnreg.  lib.  5  cap.  17. 


CANTO    XÌX.  sOS 

106    La  mia  conversione ,  omè  I  fa  tarda  ; 

Ma  come  fatto  fui  roman  pastore  » 

Gos\  scopersi  la  vita  bugiarda  • 
Ì09    Vidi  che  li  non  s' acquetava  1  core  9 

Né  più  salir  poteasi  in  cjuella  vita  ; 

Perchè  di  questa  in  me  s' accese  amore  • 
US     Fino  a  quel  punto  misera  e  partita 

Da  Dio  anima  fui ,  del  tutto  avara  ; 

Or ,  come  vedi ,  qui  ne  son  punita  • 
ii5     Quel  ch'avarizia  fa,  qui  si  dichiara 

In  purgazion  dell'anime  converse  ; 

£  nulla  pena  il  monte  ha  più  amara  • 
118    Sì  come  r  occhio  nostro  non  s' aderse 

In  alto ,  fisso  alle  cose  terrene , 

no  Y  nel  FontìGcato  —  il  gran  manto  y  il  manto  ^pontificio  per  la  di» 
gnitit  —  a  chi  del  fango  il  guarda ,  a  chi  non  vuoi  bruttarlo  con  ope* 
re  inde^e. 

106  Omèj  lo  stesso  che  oimòy  interìezion  di  dolore. 

107  108  Come,  per  quando  {a),.  —  Così  allora ^  subito  (b)  —  hi 
9Ìta  bugiarda:  cioè  bugiarda  la  speranza,  che  ci  lusinga  di  poter  ri«* 
trovare  piena  contentezza  in  questa  vita  mortale .  Venturi  • 

1 09  Zi ,  in  queir  altezza  di  stato .  *  Non  si  quietava ,  il  cod» 
Vat  N.  E.  >1 

no  Poùesi  la  Nidob. ,  potèsi  l' edizion  della  Or.  e  le  moderne 
legnaci .  Ma  come  nwvìeno ,  faòeno ,  avìeno  ec,  fu  scritto  invece  dì 
movevano  ,  facevano  ,  avevano  (e)  »  così  poùesi  dee  per  potèasi  essere 
scritto  ,  e  non  potèsi .  *  I  Cod.  A'at.  Chig.  Caet.  e  quello  del  Signor 
Poggiali  leggono  assolutamente  poteasi  •  E  poteasi  noi  quindi  stampia* 
mo .  Aggiungiamo  però  a  quanto  dice  il  P.  U  l'esempio  di  Tasso  (d) 

E  macchine  vtdean^   ma  non  appieno 
Riconoscer  lor  forma  indi  potieno  •  N.  B. 

ii5  ii6  Quel  ch^ avarizia  ec.  Dal  giacer  legato  mani  e  piedi  col- 
la faccia  per  tcn*a,  che  in  purgazione  dell'avarizia  fanno  qui  quest* 
anime  convertite  a  Dio ,  si  dichiara  1'  effetto  della  medesima  avari-» 
zia ,  di  rivolgere  cioè  tutto  lanimo  dell'uomo  al  danaro ,  e  renderlo 
incapace  d'  alcun  buono  operare  •  '*'  Dischiara  »  il  cod.  Chig.  e  l'An* 
tald.N.  E. 

ii8  119  Non  s* aderse  ec.  Costruzione.  Fisso  alle  cose  terrene  ^ 
non  s* aderse  (non  si  erse,  non  si  sollevò)  in  allo»  Merita  d'esser 
qui  riferita  la  solenne  scorbacchiatura ,   che  fa  al  Venturi  il  Rosa  Mo-> 

(a)  V«di  Cinoo.  Partic,  55  i5.  (fi)  Lo  stesso  Partic,  61  8.  if)  Cinofl. 
Tratt,  de' verbi  e.  6  (d)  Gerue,  lib.  xviii  46«  Vodi  Mastro&ni  Teoria  é 
Prospetto  d$'  verbi  Italiani  verbo  potére  n,  8. 


a54  PURGATORIO 

Co$\  giustizia  qui  a  terra  il  merse  • 
191     Come  avarizia  spense  a  ciascun  bene 

Lo  nostro  amore ,  onde  operar  perdèsi  f 
Cosi  giustizia  qui  stretti  ne  tiene 
124    ^^  piedi  e  nelle  man  legati  e  presi  ; 

rando .  Ifon  ^  aidene  (  chiosa  il  Venturi  )  non  adeA  alte  cose  del  de" 
Io,  Pare  che  la  regolar  costruzione  riclùederebbe  ,  che  gueiP aderse  con 
isfroppiatifra  maggiore  da  addrìzzare  venisse  non  da  aderire  ;  ma  nercHè 
qu^'sto  aderse  lo  passa  affatto  sotto  silenzio  la  Crusca ,  né  altri  v'è ,  che 
in  questo  Hf noria  lume ,   non  so  a  che  risolvermi ,  e  qui  mi  fermo . 

Oh  (Hfncoltit  insuperabile  (esclama  il  Bosà)  di  questo  aderse  \ 
oh  infernale  oscuritli  !  oh  tenebre  impenetrnbili  !  Disperanti  del  succes- 
so tacciono  gli  spositori  :  non  ne  fa  parola  la  Crusca;  e  il  povero 
comentatore  non  na  chi  gli  faccia  lume ,  e  non  sa  a  che  risolversi  • 
Avrebbe  mai  il  licenzioso  Dante  fatto  aderse  dal  verbo  aderire  ben- 
ché faccia  nel  passato  aderì  ;  o  dal  verbo  addritzare ,  benché  faccia 
addrizzò  nel  passato  ?  T.a  stroppiatura  sarebbe  grande  >  non  però  ma- 
ravi?liosa  in  costui ,  che  ricuso  ogni  freno  di  grammatica ,  e  fu  s^  so- 
lenne sfronniator  di  vocaboli  •  Ma  Dio  immortale,  è  egli  possibile  che 
il  comentatore  non  si  sia  ricordato  del  verbo  aderf(ere?  É  egli  pos- 
sibile che  da  un  comentatore  di  Dante  ^  che  gli  fa  talora  del  critico 
e  del  maestro  ,  non  si  sia  saputo  ridur  1*  aderse  alla  sua  radice  ? 
jéderfiere  nella  Crusca  a  lettere  majuscole  vien  registrato  ,  e  autoriz- 
zato con  questo  verso  stcssissimo ,  e  con  un  passo  d*  Albertano  da 
Brescia;  ndf^rgere  vien  registrato  nM Indice  del  Signor  Volpi ,  e  si  spo- 
ne soll^'ire  e  drizzare.  Questo  verbo  è  fatto  come  presso  i  Latini 
adamare  aderrare  e  simili .  Nello  stesso  modo  adimare  nel  vewo  *oo 
di   qursfo  canto  medesimo 

Intra  Siestri  ^  e   Chi  a  9  eri  s' aeìima  . 
O  superbissimo  ingegno  umano,  che  stendi  talora  si  audaci  voli  ,  a 
che  miserabili  errori  se' tu  sogijetto! 

Tortese  le^gitor  mio  ,  se  F  invettiva  ti  sembra  contro  del  Venturi 
troppa  ,  .dividila  tu  ,  e  fanne  parte   a  quelli  che   in  Firenze  parecchi 
anni  dopo  stampate  le  dottissime  osservazioni  del  Posa  Moranao,  han- 
no ristampata  la  divina  commedia  colle  chiose  del  Venturi  ,  senza  ve- 
runo avvertimento.  *  È  curiosa  la  lezione  fosso,  in  vece  dijisso,  che 
chiaramente  hanno  i  codd.  Vat.  e  Chig.  N.  E. 
IQO  ^ferse  per  abbassò ,  affondò. 
lai   A  ciascun  bene y  intendi,  bene  vero, 

laa  Onde  operar  perdèsi,  O  perdèsi  sta  in  vece  di  si  perde  ,  e 
sarà  per  sincope  detto  in  vece  di  perdessi;  o  sta  in  luogo  di  ^si  perde  » 
in  tempo  presente,  e  sarà  per  diastole  allungata  coli' accento  la  se- 
conda sillaba.  Pi^ardo  poi  al  senso  :  essendo  l'amor  del  bene,  del- 
la virtii ,  elle  ne  fa  opemre  viiiuosaroente  ,  vien  di  conseguenza  che , 
spegnendosi  dall' avarizia  nell' uomo  r  amore  a  ciascun  bene  y  debba 
perdersi ,  cessare  in  lui  ogni  buona  opera . 
ia3  Stretti y  dee  valere  impediti, 

ia4  lVé*piediy  e  nelle  man  legati  ec,  :  resi  affatto  inoperosi  in  pe- 
na dell'inettitudine  al  ben  fare  cagionata  loro  dai  legami  dell'avarizia . 


e  A  N  T  O    X  I X .  a55 

E  quanto  fia  piacer  del  giusto  Sire  9 

Tanfb  staremo  immobili  e  distesi.  : 

IS7     Io  m'era  inginocchiato ,  e  Tolea  dire  ; 

Ma  com'  i'  cominciai ,  ed  ei  s' accorse  , 
Solo  ascoltando ,  del  mio  riverire  : 

i3o     Qual  cagion ,  disse ,  in  giù  cosi  ti  torse  ? 
Ed  io  a  lui  :  per  vostra  dignitate  j 
Mia  coscienza  dritto  mi  rimorse . 

i35     Drizz£^  le  gambe  e  levati  su  ,  frate  , 
Rispose  ;  non  errar;  conservo  sono 
Te^o  e  con  gli  altri  ad  una  potestate . 

j36     Se  mai  quel  santo  evangelico  «uono. 
Che  dice  necfue  nubent ,  intendesti , 

iqS  Giusto  sire.  Iddio. 

*  Sospesi ,  il  cod.  Chìg.  N.  E. 

i2y  Io  m^ era  infinocchiato,  come  sì  fa  a  parlare  col  Tapa  . 

laé  lap  Ma  conC  io  ec:  ma  incominciando  io  cosi  ingiuoccbia- 
to  a  parlare ,  ed  nccorgendosi  egli  (  pel  solo  ascoltare  avvicinata  là 
mia  voce  a  lui ,  non  per  vedere ,  perocché  avendo  queir  ombre  k 
facce  affisse  al  suolo  (a)  ,  non  potevano  vedere  )  dell'  atto  mio  rive- 
renziale.  —  coni* i*  cominciai ,  ed  ei  leggono  l'edizioni  diverse  dalU 
INideb.  (  *  che  ha  incominciai  ed  el .  N.  fc.  ) 

i3o  Ti  tòrse ,  ti  piegò. 

i32  Mia  coscienza  dritto  mi  rimorse  y  così  la  ^*idob.,  e  vai  quanto 
JLa  mia  coscienza  rettamente  ,  Giustamente  mi  diede  stimolo  <i  questo  do- 
veroso atto  .  L'  altre  edizioni  leggono  Mia  coscienza  dritta  mi  ec.  :  m^ 
è  bene  che  astengasi  il  Poeta  aal  milantar  giusta  la  propria  coscien- 
za .* /)n7/rt  ,  sottintendi  in  questa  parte  ^  in  quest"  atto ,  Così  egregia- 
mente il  Biagif^j^  Perchè  noi  restituiamo  volentieri  l'antica  lezione , 
che  si  conforta  anche   coli'  autorità   de'codd.  \bì,  e  Chig.  N.  E. 

*  i53  Drizza  le  gambe ,  levati  su  ec.  il  Cod.  '^'at.  N.  E. 

i34  i35  iVo/i  errar,  conservo  sono  teco  ec.  *  Abbiamo  creduto  dì 
andar  d' accordo  colla  comune  nella  parola  conservo  tralasciando  il 
che  servo  letto  sulla  Nidob.  dal  P.  Lombardi.  Conservus  dice -il  sagro 
testo  ,  conservo  con  gli  altri  leggono  i  Cod.  Vat.  Chig.  Caet.  Né  conr 
servo  teco  può  intendersi  pleonasmo  nella  nostra  lingua  ;  poiché  gli 
eleganti  scrittori  ridondano  di  esempj  dì  simil  fatta  specialmente  nel 
con  teco  ec,  N.  E.  Piglia  queste  parole  dall'Apocalisse,  dove  é  scrit- 
to ,  che  inginocchiandosi  Giovanni  Evangelista  a*  piedi  dell'  angelo  , 
ricusò  r  angelo  tal  onore  dicendo  :  P^de  ne  Jeceris  ,  conservus  tuus 
sum  el  fratrum   tuontm  (b) ,  LANDI^o  .  * 

1 36  1 37   1 38  Se  mai  ec.  Evangelico  suono  ,  per  Evangelico  parla^ 


(a)   Versi  73  e    118   e    segg.     (/»)  Cap.    19  f.  10. 


a66  PURGATOBIO 

Ben  puoi  veder  perch'  io  così  ragiono  • 
ìZq    Vattene  ornai;  non  vo'  che  più  t\rresti, 
Che  la  tua  stanza  mio  pianger  disagia  f 
Col  qual  maturo  ciò  che  tu  dicesti  • 
à/^%    Nepote  ho  io  di  là  e'  ha  nome  Alagia , 
Buona^  da  se  j  pur  che  la  nostra  casa 
Non  faccia  lei  per  esempio  malvagia  ; 
£  questa  sola  m'  è  di  là  rimasa  • 

re  •—  Neque  mthent  :  due  parole  della  risposta  fattif  da  Gesh  Cristo 
ai  Sadducei  per  trarli  dell'errore  in  coi  erano,  che  anche  nell'altra 
▼ita  fossero  matrimonj  (a)  :  e  supponendo  Dante  essere  qu\  in  tersa 
il  sommo  Pontefice  sposo  djella  chiesa ,  e  perciò  ancfaft  di  Martino  IV 
dicendo,  che 

Ehhe  la  santa  chiesa  in  le  sue  Braccia  (h) 
stende  tacitamente  il  parlar  di  Gesii  Cripto. contro  de'  Sadducei  a  di- 
chiarare sciolto  neir  altra  vita  questo  medesimo  sposalizio  tra  il  Som- 
mo Pontefice,  e  la  chiesa. 

i4o  Stanza  per  dimora,  detta  dagli  altri  Italiani  scrittori.  Vedi 
il  Vocabolario  della  Or.  —  *  Purgar  invece  di  pianger  ha  il  Cod.  An- 
tald.  N.  E.  —  disagia ,  propriamente  varrebbe  scomoda ,  ma  qui  vale 
impedisce. 

i4i  Maturo^  accelero  .  Vedi  la  nota  ai  versi  91  e  91  —  ciò  che 
tu  dicesti ,  ciò ,  che  tu  intendesti  dicendo  (  nel  citato  verso  92  )  Ovel 
ioìua  7  qiude  a  Dio  tornar  non  puoi ,  la  soddisfazione  cioè  alla  oivi- 
na  giustizia . 

ifyi  Alagia,  de*  Conti  Fieschi  Hi  Genova,  nipote  di  Papa  Adrian 
no  V. ,  maritata  ,  come  alcuni  scrivono  ,  al  Marchette  Marcello  Malespi- 
ni .  Volpi  . 

143  144  ottona  da  se  j  purché  ec,  :  buona  e  da  bene  per  se  por 
che  il  cattivo  esempio  della  sua  famiglia  non  le  faccia  cangiar  natu- 
ra, e  di  buona,  malvag'a   diventare.  DIniello. 

145  £  questa  soia  ec. ,  quasi  dica  :  di  congiunti  a*  quali  tu  possa  9 
giusta  r esibizione  tua  (e)  raccomandarmi,  non  ho  cM^questa  sola  ni- 
pote .  *  Di  là  m'  è  rimasa ,  il  cod.  Vat.  N.  E.  • 

(a)  Marc,    la  v.  aS.    (J>)  Parg.  xxiv  aa.        (e)  Vers.  yS  $$. 


Fine  del  «ante  decimenone  • 


««7 

CANTO    XX. 


ARGOMENTO  C) 

Dimostra  il  Poeta ,  che  $$guiiando  il  cammno  ^  dopo  alcuni  etimpj  rae* 
oontàii  da  Ugo  CiapeUa  ,  di  povertà  ,  di.  liberalità  9  #  «T  avarila  « 
0k€  si  purga  in  questo  girone  »  senti  tremare  il  monte  ;  ondi  le  anime  tut* 
te  si  misero  a  cantar  gloria  a  Dio . 

1     vjontra  miglior  voler  voler  mal  pugna  ; 
Onde  contra  '1  piacer  mio  ,  per  piacerli , 
Trassi  dell'  acqua  non  sazia  la  spugna  • 

4    Mossimi ,  e  'I  duca  mio  si  mosse  per  li 
Luoghi  spediti ,  pur  lungo  la  roccia , 
Come  si  va  per  muro  stretto  a*  merli  : 

7     Che  la  gente  ,  che  fonde  a  goccia  a  goccia 

Per  gli  occhi'I  mal  che  tutto!  mondo  occupa , 

I  a  3  Centra  migiior  ec.  Tra  due  voleri ,  o  sìa  deslderj  contrari 
vìncendo  sempre  il  mi^iorey  cioè  il  più  premuroso,  avvenne  quindi 
eh*  essendo  in  Dante  pia  pfemuroso  il  desiderio  di  compiacere  Adria- 
no ,  che  comandato  aveva  lui  di  partirsene  ,  di  quello  fosse  il  desi* 
derìo  di  compiacere  se  medesimo  col  proseguire  ad  interrogarlo  d'al- 
tre cose  ,  si  partì  perciò  colia  spucna  non  ben  saua  tT  acqua ,  colla 
brama  di  sapere  non  del  tutto  soddisfalta. 

4  5  Mossimi  ec.  :  O  per  sinchisi  trasportasi  la  particella  pur  dal 
primo  nel  secondo  verso  del  terzetto ,  a  far  senso  :  mi  mossi ,  e  si 
mosse  pure  il  duca  mio  ec. ,  ovvero  per  ellissi  ;  per  li  luoghi  spediti  pur 
lungo  la  roccia, VBÌe  quanto  per  i  luoghi  voti  lasciati  da  quelle  diste- 
se anime  pur^  solamente,  lungo  la  roccia ^  in  vicinanza  cioè  della  so* 
prastante  ripa  ,  occupando  le  anime  V  altra  parte  della  strada  verso 
il  vano  :  come  dirà  nel  seguente  terzetto  . 

6  Come  si  va  ec.  come  si  cammina  su  i  muri ,  che  nelle  rocche 
formano  un  viottolo  stretto  ,  contiguo  ai  merli  • 

7  8  Che  la  ec.  In  vece  di  dire ,  che  a  goccia  a  goccia  versando 
lagrime  purgavano  quelle  anime  il  mal  dell'  avarizia ,  dice  per  bellit- 

C)     Argomento  metrico    del   celeWe  GaspiTe    Goni . 
Mentre  pel  balxo  va  ,  dove  si  piange 

Avara  voglia  ,  cke  tenne  ristretta 

La  mente  al  mondo  ,  che  acquistando  s*  anga  : 
Trova  il  Poeta    starsi  U{;o  Ciapetta 

Fra  qaegli  afflitti .  che  de'  suoi  si  lagaa  , 

E  sopra  lor  predice  aspra  vendetta  : 
Poi  Itamar  «aaia  alfia  V  alia  montagi» . 


96$  PURGATORIO 

Dall'altra  parte  in  fuor  troppo  s'approccia. 

10    Maladelta  sie  tu,  antica  lupa  , 

Che  più  che  tutte  l'altre  bestie  hai  preda  , 
Per  la  tua  f^me  senza  fine  cupa  I 

i3    O  ciel ,  nel  4mm  girar  par  che  si  creda 

Le  condizion  di  quaggiù  trasmutarsi  j 
Quando  verrà  per  cui  questa  disceda  ? 

j6     Noi  andavam  co'  passi  lenti  e  scarsi  ; 

Ed  io  attento  all'ombre,  eh' io  sentia 
Pietosamente  piangere  e  lagnarsi  ; 

sima  metonimia  che  fondevano ^  versavano ,  cacciavano  fuori  di  se  a 
goccia  a  goccia  1*  avarizia  stessa .  Di  fondere  al  senso  ili  \?ersare  o 
spargere  ec« ,  uniformemente  n  quello'  a  coi  s*  estende  il  Latino  yrm- 
aere ,  vedine  altri  esempj  nel  \  ocabolario  della  Crusca  •  —  *  Per 
gii  occhi  il  eiuol  i  il  cod.  t^hig.  N,  E.  —  Occupa  colP  accenti  nrl/a  pe- 
nultima ^  rima  sforzata  (  rimprovera  il  Venturi  )  ;  come  sopra  (  f.  /{  > 
quella  dei  due  monosillabi  per  li  nella  fine  del  verso  ,  piti  del  bisosrno 
imitata  dalC  Ariosto ,  A  dire  però  occitpaxn  vece  d*  occupa  non  si  ha 
a  fare  maggiore  sforzo  di  quello  facciasi  comunemente  da  tutti  grT- 
taliani  poeti  nel  dire  um^le  in  vece  d'umile:  né  un  discreto  usp  del- 
la diastole  fu  da  veruno  mai  condannato.  Che  poi  imitasse  1* Ariosto 
alcuna  licenza  di  Dante ,  ciò  torna  in  maggior  discredito  della  sofi- 
sticheria . 

9  Dair altra  ec.  Ne  dà  in  certo  modo  a  capire  che  volentieri  es* 
sì  poeti  per  rispetto  a  quelle  anime  scelta  avreohero  la  parte  men  no- 
bile della  strada,  quella  cioè  verso  il  vano  del  monte;  ma  cho  quel- 
le anime  tanto  si  appressavano  al  vano  (in  gastigo  forse  intendendo 
del  vano  loro  piacere  nelle  terrene  ricchezze,)  che  non  lasciavtuo  di 
lù  strada  da  camminare .  Approcciare  per  accostarsi  adopralo  il  Poe- 
ta anche  Inp  xxiii  /|8  ,  e  dee,  com*ivi  si  dice,  esser  tolto  dal  i  ran* 
cese  apprtìcher, 

10  Sie  per  sii  {a)  —  antica  lupa  appella  T  avarizia;  lupa  per  le 
cagioni  già  dette,  Ìnf.  i  49;  antica  perocché  stata  sempre  al  mondo. 

la  Senza  fine  cupa^  vale  lo  stesso  eh  profonda  senza  fine  ^  o  sen" 
za  fondo  ,  ì\  per  capire  come  stia  bene  applicato  alla  fame  uu  tal  ag- 
giunto, basta  avvertire,  che  Taggettivo  sdondolato,  che  propriamente 
vale  senui  fondo ,  trasportasi  da  Toscani  scrittori  a  signincare  insazia* 
bile  (y . 

!.'>  I  f  O  del  nel  cui  girar  ec.  Accenna  l'opinione  rimproverata 
agli  uomini  (fa  Marco  Lombardo  nel  xvi  di  questa  cantica  i'.  67  e  segg. 

f^'oi  ,  che  vivete  ,  ogni  caj^ion  recate 
Pur  suso  al  cielo  ,  si  come  se  tutto 
Movesse  seco  di  neressitat*'  . 
i5  Per  cui ,  ellissi,  in  vece  di   quello  per  cui  ;  e   dovrebbe  intcn- 

((i)  Vedi  MastroBni  Teoria  e  Prospetto  de'  verbi  Italiani  sotto  il  verbo  esse- 
re n.  17.     {l>)  Vedi  il  Vocabolario  della  Cr.  alla  voce  sfóndolato  • 


CANTO    XX.  96(9 

J9    £  per  ventura  udi'  :  dolce  Maria  ; 

Dinanzi  a  noi  chiamar  così  nel  pianto  ^ 
Come  fa  donna  che  'n  partorir  sia  . 

d2     £  seguitar  :  povera  fosti  tanto  y 

Quanto  veder  si  può  per  quell'  ospizio , 
Ove  s{>onesti  1  tuo  portato  santo . 

a5     Seguentemente  intesi  :  o  buon  Fabbrizio  » 
Con  povertà  volesti  anzi  virtnde , 
Che  gran  ricchezza  posseder  con  vizio  . 

s8     Queste  parole  m'eran  sì  piaciate  j 

Ch'  io  mi  trassi  oltre  per  aver  contezza 
Di  quello  spirto  onde  parean  venute . 

3i  £sso  parlava  ancor  della  larghezza 
Che  fece  Niccolao  alle  pulcelle  , 
Per  condurre  ad  onor  lor  giovinezza  • 

34     O  anima ,  che  tanto  ben  favelle  y 

Dimmi  chi  fosti ,  dissi,  e  perchè  sola 

dere  qael  medesimo ,  che  sotto  il  nome  di  sfeltro  intese  nel  i  dell'IiiF. 
V.  loi  cioè  Can  grande  della  ^cala  —  disceda ^  in  grazia  della  rima, 
per  se  ne  parta  y  dal  f. alino  verbo  discedere. 

ai   In  partorir  y  nelle  acerbe  doglie  del  parto  .  Vehtuii  . 

a3  'ìf\  Queir  ospizio  y  intende  il  presepio,  la  capanna  di  Betlamr 
me  —  sponesti  ,  vale  deponesti  ,  cos\  anche  Tnf.  xiv  i3o  —  portato , 
lo  stesso  che  parto  .  Vedi  il    Vocabolario  della  Crusca  • 

a5  Fabrizio ,  consolo  ,  e  capitano  de*  Romani  contra  i  Sanniti ,  e 
contra  il  Be  Pirro.  Tostui  fu  ai  sommo  valore,  e  nemicissimo  dell* 
avarizia ,  cosicché  elesse  di  vivere  poveramente ,  e  ricusò  la  pecunia 
offertagli  dal  detto   l'è  per  corromperlo*  Volpi. 

3o  Parean  la  Nidol>eatina ,  ed  altre  antiche  edizioiù;  parèn  V edi- 
zioni  della  Cr.  e  le  seguaci  moderne  {a):  ^  e  il   Cod.  Tat.  N.  E. 

32  33  Della  larffhezza  ec,  della  cortesia  e  liberalitii,  che  s.  Nic- 
eolao  (  Vescovo  di  Mira  ,  e  non  di  Bari  ,  come  dice  il  Volpi ,  ingannato 
dall'appellarsi  volgarmente  5.  Niccola  di  Bari  ,  per  essersi  a  questa  cittì 
trasferita  la  di  lui  sacra  spoglia)  usò  con  quelle  tre  palle  d'oro, 
con  le  quali  si  dipinge  (  benché  alruni  dicano,  che  furon  sacchetti 
di  danan  }  a  quelle  tre  pulzelle,  che  il  padre  poverissimo  era  costret- 
to a  lasciar  m;>l  capitare  ;  ma  da  questo  santo  ajutato  le  maritò  one- 
stamente .  *  IVicolò ,   il   Cod.  Chig.   N.  E. 

(a)  VediUnoU  aUix  aeU'Inf.  v.  i€. 


970  PURGATORIO 

Tu  queste  degne  lode 
37    Non  fia  senza  mercè  la  tua  parola  , 

S' io  ritomo  a  compier  lo  cammin  corto 
Di  quella  vita ,  eh'  al  termine  vola. 
4o    Ed  egli  :  io  ti  dirò ,  non  per  conforto 
Ch'  io  attenda  di  là  9  ma  perchè  tanta 
Grazia  in  te  luce  prima  che  sie  morto  . 
43    Io  fui  radice  della  mala  pianta 

Che  la  terra  cristiana  tutta  aduggia 

36  Lode  e  lodi  nel  plural  numero ,  come  loda  e  lode  nei  sin- 
golare • 

38  S'io  ritorni^  ì  CodJ.  Vat.  e  Chig.  N.  E.  —  Compier.  Di  com- 
pière  coir  accento  autla  penultima  sillaba ,  ad  imitazione  del  Latino 
compiere  ,  vedine  accennati  esempj  anche  d*  altri  scrittori .  llastrofini 
Teoria  e  Prospetto  de*  inerbi  Italiani  (a)  • 

39  Di  ouella  vita  che  ec.  della  mortai  vita . 

40  4>  ^^  ^<">  p^^  conforto^  ch*  io  attenda  di  là.  Il  Vellutello  e 
Daniello  non  fanno  au\  altro  che  ridirci ,  che  non  attendeva  Ugo  di 
quii  conforto,  il  percnò  non  lo  cercano.  Il  Landino,  seguUo  dal  Ven- 
turi ,  chiosa  che  pel  conforto ,  che  dice  Ugo  Ciapetta  di  non  atten- 
dere dal  mondo  nostro,  intendasi  conforto  m  fama,  e  non  ^tà  di  ora- 
sioni  .  Osservando  io  però  da  un  canto  essere  questa  esibizione ,  che 
fa  Dante  ad  Uffo ,  simile  affatto  alle  esibizioni  hu  qu\  fatte  dal  mede- 
simo ,  e  ad  Aoriano  Papa ,  e  a  tutte  quelle  purganti  anime  con  le  qua- 
li parlò  ;  ed  essere  cotali  esibizioni  state  sempre  intese  di  ajuto  «i'o- 
razioni ,  e  non  mai  di  conforto  di  fama  :  e  dall'  altro  canto  rifletten- 
do che  non  fanno  mai  da  altri  quelle  anime  chiedere  ajuto  dì  ora- 
zioni fuor  che  da'  loro  congiunti  (^)  :  per  questi  motivi  pare  a  me 
piuttosto ,  che  sia  questo  un  de*  più  aspri  motteggi  contro  i  disceuden» 
ti  d'  Ugo  ,  (  per  ragion  massime  del  danno  a  se  ed  a'  suoi  comparti- 
tanti  Bianchì  recato  da  Carlo  di  Valois  )  facendo  ad  Ugo  supporre  i 
discendenti  suoi  diversi  da  quelli ,  che  devono  essere  gl'intercessori  per 
le  purganti  anime  :  Da  quei ,  cioè ,  ch*  hanno  al  voler  buona  radice  (e). 
-—  Grazia ,  di  veder  questi   luoghi  —  in  te  luce ,  per  in  te  si  mostra  • 

43  44  ^^  J^^  radice  ec,  fui  principio  della  stirpe  nuova  (  della 
terza  ora  reeuante  stirpe  }  de'  He  di  Francia  ;  la  quale  chiama  mala 
pianta ,  perchè  vuol  dimostrare ,  che  in  quella  schiatta  furono  molti 
Cattivi  Re .  Landino  —  Che  la  terra  cristiana  tutta  aduggia.  U^a  ,  ond' 
è'I  verbo  aduggiare  ^  è  (  chiosa  il  medesimo  Landino  )  ombra  ^  la  qua* 
le  nuoce .  Aduggìare  adunque  cotal  pianta  tutta  la  cristiana  terra  ,  va- 
le quanto  apportar  essa  colla  stesa  sua  potenza  cat ti v*  ombra ,  cattivo 
influsso ,  a  tutta  la  cristianìtli . 

(a)  Sotto  il  verbo  compi$r$  n.  i.  (b)  Così ,  per  cagion  d*  esempio  aeU' 
vili  di  questa  cantica  v,  ^i  cerca  Niao  Visconti  ajato  dalla  figlia  Giovanna  : 
•os\  nel  XIII  della  stessa  cantica  v.  iSo  raccomandasi  SapVa  d' assefa  licordata 
a  snoi  propinqui  ec,    (e)  Purg.  ax  33.  Vedi  qaalla  nota. 


e  ANTO    XX.  171 

Sì  che  buon  frutto  rado  se  ne  schianta  . 
46     Ma  se  Doagio ,  Guanto ,  Lilla ,  e  Bruggia 

Potesser ,  tosto  ne  saria  vendetta  ; 

Ed  io  la  chieggo  a  lui  che  tutto  giuggia  • 
49     Chiamato  fui  di  là  Ugo  Ciapetta  ; 


ì 


5  Se  ne  schianta  ,  per  se  ne  stacca ,  se  ne  coglie . 

6  47  Doagio ,  Guanto  ec*  Nomina  alcune  delle  prìncipall  Cìitìt 
Fiaminghe  per  la  Fian^lra  tutta ,  occupala  parte  con  la  forza  ,  e  parte 
con  false  lusinghe  dal  He  di  [  raficia  lilippo  il  Bello  nell'anno  1399  (^)* 
Doagio  (detto  dai  Latini  Duacum^  oggi  Do\^ai)  j  e  Guanto  (Gand) 
scrive  por  Gio.  A  illani  (b)  —  *  Doagio  Lilla  Guanto  e  Bruggia ,  hanno 
ì  coda.  Chig.  e  Antald. ,  e  ì*  illustre  possessore  di  qucst*  ultimo  osser- 
va :  Così  geograficamente  trova  situate  queste  città  chi  di  Francia  sfa 
nelle  Fiandre  •  N.K.  —  Tosto  ne  saria  vendetta .  La  vendetta  ,  cioè  la  san- 
guinosa cacciata  de'  Francesi  dalla  Fiandra  era  già  successa  quando 
scriveva  Dante  queste  cose  ;  e  la  speranza  ,  à'v  fresco  rìaccennata  nel 
V»  i5  in  Can  Grande,  n' è  una  delle  cento  riprove:  imperocché  non 

{poteva,  com'è  detto  Inp.  I  loi  ,  entrar  Dante  ragionevolmente  in  ta- 
e  speranza  se  non  verso  il  i3i8,  e  la  cacciata  de  Francesi  dalla  Fian- 
dra avvenne,  dice  Gio.  Villani,  adih  ai  di  marzo  y  li  anni  di  Cri-- 
sto  i3o3  (r).  Fingendo  però  i^ante,  come  altrove  spesso  è  stato  avvi- 
sato ,  questo  suo  viag;j;io  all'altro  mondo  nel  i3oo,  non  poteva  que- 
sta vendetta  se  non  fare  desiderata  ,  e  pregata  .  N'e  faiian  vendetta 
legge  il  Daniello . 

4 8  Chcggio  ,  non  da  chiedere  ma  da  chedere ,  verbo  adoprato  da 
altri  antichi  scrittori  {d)  —  a  luì  j  che  tutto  giuggia  al  supremo  ed 
Qiiiversal  giudice ,  Iddio  .  Giug:j^'ate  per  giudicare  creile  il  Bembo  che 
prendesse  Dante  dal  Trovenzale  idioma  (e) .  Del  giudizio  del  Bembo 
in  jmateria  di  Provenzale  poco  fidasi  il  Venturi  ;  e  ne  allega  per  te- 
stimonio il  Castelvetro  .  Ma  se  non  tolse  Dante  giuggiare  dai  Proven- 
zali,  dee  certamente  averlo  tolto  dai  Francesi,  che  per  giudicare  di- 
cono Jugery  e  pronunziano  la  j  consonante  con  molta  somiglianza 
alla  g  nostra  •  O  però  da'Francesi ,  o  Provenzali  si  togliesse  Dante  one- 
sto verbo,  poco  importa;  se  il  potè,  per  arricchire  la  nascente  Italia- 
na favella  ,  lodevolmente  togliere  :  ne  si  può  senz'  ira  udire  dal  Ven- 
turi ,  che  fossevi  Dante  preso  per  il  collo  dalla  rima  . 

/|9  Chiamato /tti  di  là  Ugo  Ciapetta.  Bisogna  avvertire,  che  per 
quest*  Ugo  Ciapetta  non  intende  Dante  Ugo  Ciapetta  ,  o  Capeto  il  pri- 
mo de'Ae  Capetingi;  ma  il  di  lui  padre,  detto  da  altri  Ugo  Magno y 
Duca  di  Francia  ,  e  Conte  Parigino  {/)  :  altrimenti  mal  farebbe  da 
quest'  Ugo  dirsi  v.  58  e  segg, 

Ch*  alla  corona  vedova  promossa 
La  Usta  di  mio  figlio  fu  ,  dal  quale 
Cominciar  di  cosior  le  sacrate  ossa  . 
Il  Vellutello  dalle  croniche  scritte  da  Ruberto  Giacquino ,  e  Si^ 


(a)  Vedi  tri  tli  altri  Qiovan  Villini  lib.  S  cip.  32.     (b)  Lib    8  cip.  19 
tà  altrove,   (e)  Lib.  8  cip.  S€«  (d)  Vedi  la  nota  Interno  xv  120  (e)  Pro/  1  31, 
(A  Vedi  per  cagion  d'eiempio  stemma  Uugouis  CapeU  aggi  nato  al  Peuvi* 
Aat.  lemp. 


AJt  PURGATORIO 

Di  me  son  nati  i  Filippi  e  i  Luigi , 
Per  cui  novellamente  è  Francia  retta  . 
Sa     Figliuol  fui  d'un  beccajo  di  Parigi. 

gisherio  ,  e  Vìncenti  Bauvais ,  e  da  Piccoletto  Cilles ,  tuUi  Fnuuesi  f 
riferisce  che  y  dopo  il  He  di  Fronda  Carlo  Grasso ,  /u  coronato  Rm 
E  ad;  Conte  di  Parigi ,  Jigliuolo  di  Ruberto  Conte  d*  Angiers ,  e  fra* 
tello  di  Riccardo  Duca  di  Borgogna ,  e  di  Ruberto  Duca  d^  Acquila' 
nia  ,  che  fu  padre  del  Sfagno  Ugo  Ciapetta  Conte  di  Parigi ,  padre 
del  Re  Ugo  Ciapatta. 

Il  Venturi  nondimeno ,  il  quale ,  per  criticare  a  questo  passo 
il  Landino  ed  il  Votpi  ,  ci  rimanda  al  comento  del  Vellutello  ,  come 
se  questi  dal  Vellutello  citati  non  confermassero  la  distinsio^e  de*daa 
Ughi ,  rimane  nella  supposizione ,  che  uno  solo  sia  stato  l' Ugo  Cia- 
petta, e  ci  aggiunge,  cne  gC istorici  dicono  comunemente ^  eh  ei fece 
elegger  Re  se  stesso  (a) . 

5o  5i  /  Filip  fi  e  i  Luigia  per  cui  ec.  Parla  a  questo  modo  ,  pe- 
rocché dalla  morte  d*£nrico  I  del  1060  fino  al  tempo  di  Dante  noa 
erano  stati  Re  di  Francia  che  Filippi ,  e  Luigi .  "^  Francia  è  retta^  il 
Cod.  Antald.  N.  E. 

5i  Fiffliuol  fui  ec.  Ugo  Ciapetta  detto  il  .Va/^o  è  che  favella  ,  co- 
me si  è  detto  al  v.  49  11  padre  di  lui ,  per  le  croniche  poco  anzi 
dal  Vellutello  riportate ,  fu  lloberto  Duca  d'  Àcquitania  ;  e  lo  stesso 
affermando  anche  altri  storici  (b)  v'  aggiungono  per  avolo  altro  Ro- 
berto Duca  di  Francia  ,  soprannomato  1/  forte .  O  adunque  quelle  me- 
desime viete  croniche,  nelle  quali  dicono  Gio.  \illani  {e)  eUl>andi- 
uo  di  aver  letto  simile  stravolgimento  di  genealogia,  hanno  incon- 
trato il  genio  del  nostro  Poeta  esasperalo,  com'è  detto,  contro  del- 
la casa  di  Francia ,  ovvero  coli*  autore  delle  note  a  questo  poema  nell' 
edizion  di  lione  1671  si  dovrà  intendere  appellato  il  padre, d'Ugo 
beccaio  j  macellaio,  metaforicamente;  per  aver  esso  cioè  fatto  lavorar 
mollo  il  carnefice  a  punizione  de' malviventi  :  perchè  (sono  parole 
delPaulore)  in  Francia  quando  si  fa  giustizia  di  moltitudine  di  gente  ^ 
si  suol  dire  il  5'  est  fnict  une  grande  bouchere  ,  che  vuol  dire  s*  è  fai" 
to  Ulta  grande  beccherìa.  Il  prefato  autore  supponendo  che  Ugo  il 
primu  de'  He  Capetingi  sia  colui  che  qu\  favella  ,  ascrive  cotal  rigore 
di  giustizia  al  padre  di  lui  Ugo  Magno .  Chi  però  ha  per  buona  que- 
sta interpretazione ,  ed  intende  con  noi  che  sia  il  medesimo  Ugo  Ma- 
gno che  parli,  potrà  ascrivere  lo  stesso  rigore  al  soprammentovato 
padre  di  lui  Roberto .  *  Noi  aggiungeremo  che  il  Sig.  Cavaliere  Ar- 
taud  {il)  conviene,  che  desso  fosse  Ugo  Magno,  il  quale  facea  gran 
giustizia  de*  rei  riportandosi  al  qui  sopra  citato  ditterio  di  sua  nazio- 
ne.  \ero  si  è  però,  che  da  questa  densa  cortina  che  la  storia  sem- 
bra abbia  temuto  di  squarciare  ,  può  agli  acuti  occhj  de'  critici  tra- 
sparire qualche  oggetto  che  paja  degno  di  Satira  .  Non  essendo  noi 
di  quelli ,  che  quasi  Mitologi  antichi  ripeton  le  origini  delle  famiglie 
Sovrane  da  Giove  ,  e  la  nobiltà  dai  prodigj  de* falsi  semidei ,  doman- 
deremo col  Sig.  Portirelli  ai  nostri  lettori  «  di  grazia  e  forse  piii  no- 

•0)  Vedi  U  di  lui  noia  al  e.  55  e  segg-  (k)  Vedi'l  precitato  stemma 
Hugonis  Capeti  .  (^  Croniche  Ub.  4.  cap.  4.  (iQ  Notat  da  Chant  %x  du 
Purj;aj-   pag.  3a3  e  seg. 


e  A  N  T  O    XX.  178 

Quando  li  regi  antichi  venner  meno 
Tutti ,  fuor  eh'  un  renduto  in  panni  bigi  ^ 

55     Trovami  stretto  nelle  mani  il  freno 

Del  governo  del  regno ,  e  tanta  possa 
Di  nuovo  acquisto ,  e  si  d' amici  pieno , 

58     Ch'  alla  corona  vedova  promossa 

La  testa  di  mio  figlio  fu ,  dal  quale 
Cominciar  di  costor  le  sacrate  ossa  • 

hiie  quello  che  fa  macello  d!  Uomini ,  che  quello  die  non  ammanta  che 
Bestie!  N.  F. 

53  ai  60  Quando  li  regi  ec.  Quanto  veggo,  tulle  T  edizioni ,  cho 
atloprano  punti  e  virgole,  pongono  in  fine  del  precedente  vers.  Sa 
uoa  virgola  ,  e  nel  ime  del  54  un  punto  fermo  .  A  me  è  parso  di  do- 
ver anzi  fare  tutto  il  coiUrario  .  Imperocché  auanto  i  due  versi  Quan^ 
€Ìo  li  rem  antichi  venner  meno  Tutti  ^  fuor  eh*  un  renduto  in  panni  bi^ 
gi  non  hanuo  di  connessione  coi  precedente  fif^iuol  fui  d^  un  becca* 
io  di  Parigi ,  altrettanto  hanno  essi  due  versi  di  attaccamento  a  ciò 
che  viene  loro  appresso  Tro\^àim  stretto  ec,  —  Quando  li  regi  antichi 
venner  meno  :  quando  fini  la  schiatta  dei  Re  di  Francia  Carolingi , 
ch'era  durata  circa  tre  secoli  —  Fuor  che  un  rendalo  in  paniti  bi» 
gi  ;  toltone  uno  (chiosa  il  Venturi),  che  si  era  già  fatto  monaco^  di-» 
ce  il  f^olpi  seguendo  il  Landino  ;  ma  il  ^ellutello  ,  c/ie  tesse  l^iHuslre 
genealogia ,  vuole  inteso  Carlo  di  Lorena  zio  paterno  delT  ultimò  He  di 
quella  stirpe,  che  si. dilettava  ,  per  essere  di  genio  molto  solitario  e 
malinconico ,  di  aver  abiti  di  quel  colore .  Che  sia  di  ciò  ,  certo  è  , 
che  non  si  posson  tener  te  risa  nel  leggere  Daniello ,  che  dice  es- 
sersi quest'unico  rampollo  di  Carlo  Magno  reso  frale  dell'ordine  di 
S*  Francesco;  ed  aggiungendo  anacronismo  ad  anacronismo  ,  ilice  ^  che 
questi  sarà  probabilmente  stato  S»  f^dovfico;  non  correndovi  meno  di 
due  secoli  tni  '/  tempo  di  cui  qui  paria  Dante  ,  e  quello  in  cui  vissero 
S,  Lodovico ,  e  S,  Francesco .  Forse  Dante ,  confondendo  le  istorie  an-^ 
tiche  ,  e  'riniote  da*  suoi  tempi ,  fa  seguire  nella  mancanza  della  secon-- 
da  stirpe  de*  Re  Francesi  Carolingi  ciò  che  accadde  nel  f  ni r  della  pri* 
ma  de  Merovingi ,  quando  V  ultimo  Re  di  questa  Childerigo  IH  come 
stupido  fu  deposto  nel  'j5 1    e  fatto  monaco . 

Se  il  Venturi  quant'è  piò  arguto  critico  del  Daniello ,  fosse  stato  al- 
trettanto svegliato  comeutatore  di  Dante,  avrebbe  scorto  chi  potè'l  1-oe- 
ta  intendere  per  queir<//i  renduto  in  panni  bigi  ,  senza  bisogno  di  du- 
bitare che  coufonda  egli  le  istorie  anticbe  ,  e  i  Carolingi  coi  Me- 
rovioffi . 

Il  Vellutello ,  che  pur  il  Venturi  loda ,  riferisce  che ,  morto  Lo- 
dovico ultimo  he  de*  Carolingi  ,  rimase  il  di  lui  zio  paterno  Carlo 
Duca  di  Lorena  ;  e  ciie  armò  validamente  a  pretender  egli  il  regno 
da  Ugo  occupato;  ed  altri  storici  dicono  anzi,  che  il  regno  ottenes- 
se ;  e  che  gli  fosse  poi  novamente  tolto  (a)  .  Or  perchè  non  chiose- 

(a)  Alinola  dt  gtst,  Fraueor,  Ub.5.  cap.45  ,  ei  anche  il  continaatoie  del- 
la cronica  i;a»cbiaiu  ao.  ^dj, 
T.2.  S 


274  PURGATORIO 

6i     Mentre  che  la  gran  dote  provenzale 

Al  sangue  mio  non  tolse  la  vergogna , 
Poco  valea,  ma  pur  non  fiaicea  male. 

rem  noi ,  che^  bigi ,  cioè  di  vii  colore  ,  appellando  Dante  gli  abiti  da 
addito  per  rapporto  allo  splendore  del   regale  ammanto  ,  dica  per- 
ciò Carlo  renduto  in  panni  ìfigi  in  vece  di  dirlo  della  regale  porpora 
spogliato  ?  *  Non  ci  sembra  inutile  di  dire ,  che  il  Sig.  Ca?aliere  Ar- 
taud  he.  cit.  non  contrasta  punto  questa  opinione.  N.  £•  —  possa  di 
nu(h*o  acquisto  ,  dee  valere  quanto  copia  (ù  ricchezze  nox^eliamenie  ac- 
quistate ,  metonimia ,  rapporto   al  potere  che*  le  ricchezze  cagionano 
.    —~  e  sì  (fumici  pieno  la  Isidobeatina  ,  e  piii  d  amici  pieno  l'altre  edi- 
siioni  *  e  il   cod.  Vat.  N,  K.    —   pieno  per  abbondante   —  corona  ve- 
iiova^  catacresi  ,  per  vacante,  in  occasion  della  morte  di  Lodovico  V 
ultimo  ì*e  Carolingo  .  —  la  testa  per  tutta  la   persona  ,   giusta  sined- 
doche ,  essendo  la  testa  quella   parte  che  la   corona  sostiene  —  dal 
quale  cominciar  ec.  dal  anale  discesero  l'.ossa   sacrate   (forse  perchè 
consacrali  e  unti  Ke  )  de  Filippi,  e  de'Luigi .  Venturi.  Se  sacrate  si 
ha  a  intendere  significare  lo  stesso  che  consagrate ,  non  y'  ha  dubbio 
che  dalla  reale  unzione  e  consngrazione  così   appelli    per  sineddoche 
Y  ossa  in  vece  delle  persone  loro  .  I  vituperi  però  che  ha  Ugo  inco- 
minciato ,  ed  è  per  seguitar  a  dire  di  cotesti  suoi  discendenti ,  dan- 
nomi  non  leggiero  sospetto  ,  che  sacrate  adoperi  miì ,  come   altrove 
sacrarla)  ,  in  senso  di  esecrande  .  Tanto  più  che  nelle  maledizioni  5X>» 
no '\e,qssa  quella   parte  che  più  si  suol  nominare. 

5m£!2  o5  ìfentre  che  la  gran  dote  ec,  (  *  dota  ,  i  codd.  Tal  • 
Chig.  ^^^-•)  Fallano  qui  di  grosso  il  Landino,  Vellutello ,  Venturi, 
e  c|uanti  mai  chiosano  essere  Dante  d' intendimento ,  che  per  essersi 
i  discendenti  d' f^go  stretti  in  matrimonio  con  femmine  della  casa  di 
IVoveiiza  ,  ^i  togliesse  loro  con  tale  parentela  l'avito  disdoro  del  bec- 
caio,  i)o)iiin  !  Lbbe  Ugo  stesso  per  moglie  una  sorella  di  Ottone  I 
Imprrature  (b)  ;  e  prima  (ii  Luigi  TX  il  santo  Redi  ]  rancia ,  i  Fratelli 
del  quale  ed  esso  furono  i  primi  che  colla  casa  di  Provenza  s'impa* 
reiitaroMo  ,  erano  gìh  scorsi  quasi  due  secoli  e  mezzo  ,  e  stati  otto  Re 
tutti   iiiipnrenlali  colle  magciori   case   d'  Luropa  . 

ìAhìtìò  j^ifcrgogna  intende  qui  Dante  in  buon  senso,  per  la  lode- 
vole erubescenza  al  mai  oprare  ;  nò  vuole  che  Ugo  d'altro  ne  instruì- 
6ca  se  non  del  tempo  ,  in  cui  la  di  lui  discendenza  incominciò  a  rom- 
pere i  sacri  cancelli  della  vergogna  al  mal  fare,  ed  a  buttarsi  all' 
usurpazione. 

Anzi  per  questo  motivo  conviene  scostarsi  dal  commi  senso  dei 
prefati  e  di  tutti  gli  espositori  ,  che  per  la  gran  dote  Provenzale  in- 
tendono r  odierna  Provenza  ,  occupata  ,  dicono  ,  dalla  Francia  sotto 
il  nome  tli  dote ,  per  due  figliuole  del  conte  Jiainiondo  Berlinghieri  di 
Tolosa,  signore  di  Provenza,  maritate,  una  al  predetto  S.  Luigi  IX  ^ 
e  r  altra  a  Carlo  d  Angiò  di  lui  fratello  y  e  fu;  fu  poscia  Re  di  Sicilia 
4f  di   Puglia  . 

Né  (dico  io)  il  Raimondo  padre  delle  mogli  de'due  prefati  prin- 
cipi fu  di  Tolosa  ;  nò  la  Provenza  avuta  per  esse  in  dote  fu  con  for- 
tn  dalla  Francia  occupata,  ma  spontaneamente  dal  padre  loro  offeri- 

^  ■  «  ■  ■ 

(a)  Purg.  XXII  4o*    (Jf)  Peuv.  Ratioa.  icmp.fnxu  i  Ub«  8  €ap«i6« 


G  A  N  T  O    XX.  ijS 

fa  ;  né  a  tatti  e  due  iasleme  i  prefati  prìncipi  fa  assegnata  ,  ma  ani* 
camentc  a  Carlo  sposo  delP  ultima  delle  quattro  figlie  di  Paimondo 
di  Pro?eoaa  aTenuooe  S.  ì-uigi  in  dote  della  soa  ,  ricevuto  non  sta- 
ti,  ma  moneta  (vedi  per  tatto  questo  Giovan  Villani  Croni  lib.  6 
cap.  6a ,  e  vedi  che  Dante  stesso  nel  l'arad.  VI  128  e  segg.  parla  af- 
fatto convenientemente  a  Giovan  \  illaui  )  ;  né  finalmente  cotal  Pro- 
venza» eh' e  1  odierna,  sembra  avere  tanta  estensione  da  potersi  di- 
re gran  dote  . 


pro« 
teggere  la  cattolica  fede  contro  1*  eresia  degli  Alhigesì  :  della  qaale 
iavasione ,  dopo  una  lunga  ed  aspra  guerra  di  ben  diciassette  anni  , 
fa  r  attimo  risultato  ,  che  si  sposasse  Alfoiiso  ,  altro  fratello  di  s.  Lai- 
gi ,  r  anica  figlia  di  quel  Conte ,  e  si  prendesse  in  dote  totti  i  di  lai 
steti  (à). 

Sai  diritto  di  cotale  invasione  esservi  insorti  dei  dispareri ,  abba- 
stanza si  può  dedurre  dalla  lunga  dissertazione  stesa  su  di  tal  parti- 
colare dal  ^ atale  Alessandro  (b)  :  quantunque  ne  giudichi  esso  favore- 
volmente a  Filippo  IT. 

Gli  stati  di  Kairaondo  di  Tolosa  erano  veramente  tali  da  potere 
convenir  loro  il  titolo  di  gran  dote  :  imperocché  attesta  il  prefato  Gio- 
vanni Villani ,  che  era  il  Conte  di  Tolosa  ti  mai^mor  conte  del  mondo ,  ed 
uvea  sotto  di  se  quattordici  conti  (e)  ;  riugliclmo  Pirìttonc  avvisa  ,  che 
possedeva  questo  principe  tante  città  quanti  giorni  neiPanno  (^).  '^  Il 
gik  più  volte  lodato  Cav.  Artaud  riporta  in  succinto  questa  istessa  opi- 
nione del  Lombardi,  nò  la   contradice  in  veruna  guisa.  N.  £• 

Rimane  solamente  ad  avvertire,  che  alla  IrOv^nza,  non  si  mette* 
va  al  tempo  del  Poeta ,  come  oggidì  da  tutti ,  quanto  veggio ,  i  geo- 
grafi si  mette,  per  confine  dalia  parte  di  ponente  il  fiume  Rodano: 
ma  che  si  faceva  stesa  moltissimo  anche  al  di  ih  dal  Lodano  ,  fino  ad 
inchiudcre  o  tutti ,  o  in  gran  parte  almeno ,  gli  stati  del  prefato  Rai- 
mondo.  Giovan  \illani  deir altro  Raimondo  conte  di  Provenza  par- 
lando 
Non 

nn  termine 

radiso  v,  5g  chiosa  ,  clie  il  lodano  tlivide  la  Provenza  ,  la  cui  destra 
parte  (  cioè  verso  l'olosa  )  s*  appartiene  al  He  di  Francia ,  e  la  sinistra 
a  auel  di  Puglia.  Pietro  di  \  alle  Cernai ,  scrittore    alla   nascita  dell* 
Alnigese  eresia  contemporaneo,  parlando  della  venula  de'Croccsecnati 
Francesi  contro  di  Raimondo  e  de'di   luì  popoli  ,  venturi  erant  j  dice» 
cantra  Provincialcs  haerelicos  {/)>  td  il  iraininento  storico  de  origine 
Regum  Francorum  ,  nella  raccolta  degli   antichi  storici  della  J  rancia 
fatta  dai  Piteo  ,  narrando  il  passar  che  fece  Luigi  Vili  dalPespugua-) 
to  Avignone  verso  Tolosa  (  che  secondo  la  moderna  geografia  sareb- 
be un  uscire   ed   allontanarsi  dalla  Provenza  )  Rex  inde  ,  dice ,  amòtef 
exercitu  progreditur  per  Provinciam  ,  et  redduntur  ei  pacijice  civitatei^ 
Jbrtericiae ,  et  castra  omnia  usque  ad  leucas  qualuor  a  Tholosa .     ^    | 
Marliano  ,  nella  spiegazione  de'  luoghi  commemorati  negli  scritti 
di  Giulio  Cesare  e  di  Tacito ,   dice  che  nelP  ambito  della  Provincia 


•*»'^. 


(a)  Petav.  Raiion.  temp.  Fait  1  ììhjQ  c*p-4«  (M)  ^^'  *^l>  dist.S  éttA» 
(e)  Nel  precitate  li^.  6  csfw  ^  {0t)  PhUippides  Ub.  8.  (<)  Nal  ffCÌìMm 
Uo(o.    (/)  Hisl.  Albig.  «ap.  i^. 

S  2 


97<l  PURGATORIO 

64    LI  cominciò  con  forza  e  con  menzogna 

La  sua  rapina  ;  e  poscia  ,  per  ammenda  9 
Ponti  e  Normandia  prese  e  Guascogna  • 

67    Carlo  venne  in  Italia ,  e  y  per  ammenda , 

GalUa  Romanorum  prch'inciae  seu  metropoles  Ehredunends ,  Tolottma  , 
€f  IVaròonensis  prò  parie  includabantur.  Questa  probabilmente  sari  stata 
la  ragione  che  continuassero  fino  ai  tempi  di  Dante  ad  appellarsi  lati- 
namente Prthfincia ,  e  volgarmente  Proi^énza  i  medesimi  rilerili  luoghi. 


sa  evidente,  ed  è  non  meno  manifesto  Pinganno  del  I^ombardi  e  di 
chi  pensa  come  lui ,  come  per  la  gran  dote  Provenzale ,  il  i^oeta  ac* 
cèbna  il  matrimonio  di  Carlo  T  di  Francia  ,  conte  d*  Angiò  ,  fratello 
di  S.  Luigi  colla  figliuola  ed  erede  Hi  Berengario  ITI ,  conte  di  Fro- 
Tenta.  L'acquisto  della  contea  di  Provenza  nel  134^  fu  principio  aÌ-> 
la  fortuna  di  onesto  Carlo  ,  capo  della  prima  casa  d'Àngio.  Nel  1369 
fu  investito  del  Regno  di  Sicilia  e  di  Puglia  •  Perde  la  Cicilia ,  è  ve- 
ro,  nel  laS^  »  epoca  del  famoso  vespro  Siciliano;  ma  si  conservò  il 
trono  di  Napoli ,  che  fu  occupato  dalla  prima  casa  d'  Angiò  sino  al 
i38a ,  anno  della  morte  della  sventurata  Giovanna  di  Napoli.  Adun- 
que se  non  può  chiamar  la  Provenza  per  se  gran  tlote ,  la  può  dir  ta- 
le pei  grandi  acquisti ,  ai  quali  essa  aprì  la  strada  alla  sopraddetta 
casa .  BiAGioLi  •  N.  E.  —  poco  valea ,  aveva  ristretto  dominio  e  forze 
*  Poco  potea  y  il  co^.  Antald,  ^•  E.    —  ma  pur  ^  ma  almeno  (a)» 

64  65  66  Lì  cominciò ,  intrudendosi  negli  stati  di  Kaimondo  —  con 
menzogna  ,  sotto  il  pretesto  d'estirpar  l'eresia .  —  per  ammenda ,  iro- 
nicamente detto  qu\  e  ripetuto  in  seguito  due  altre  fiate  ,  quasi  dica 
per  emendare  un  fallo  commessene  un  altro  —  Ponti ,  e  IVorman- 
dia  prese ,  e  Guascos^na .  "^  Questa  è  la  volgata  lezione ,  die  anche 
il  P.  L.  stima  doversi  preferire  alla  Nidobealina ,  da  luì  adottata  nel- 
la prima  Edizione ,  Ponile  yormandi prese  eia  Guascogna.  Vedi  Ksà- 

ME    DELLE    CORSEZIONI    CC.   dcllo    StCSSO    \\    L.   TomO    T.    p.   XXIX.     Il    CoD. 

Cabt.  legge  come  la  volgata  .  N.  K.  Pont)  deve  intendersi  la  Contea 
Stessa  del  Pontbieu  regione  della  bassa  Picardia  .  Per  altro  (  rimbrot- 
ta il  Venturi  )  la  ìVormandia  fu  tolta  dal  ile  Filippo  II  a  Giovanni  Re 
d Inghilterra ,  prima  deW acquisto  della  Provenza.  Varie  volte,  come 
nelle  storie  si  può  vedere  ,  si  presero  i  iie  di  Francia  e  d' Inghilter- 
ra questi  ed  altri  stati  :  e  trovasi  molto  adattabile  al  sentimento  di 
Dante  ciò  che  narra  Lamberto  Silvio,  che  al  tempo  del  Re  d'Inghil- 
terra Arrigo  III  (che  sopravvisse  a  Filippo  II  ed  all'acquisto  della 
Provenza  anni  parecchi  assai  )  {p)  furono  le  memorate  provi ncie  dal- 
la Francia  ritenute  contro  la  promessa  data  di  restituirle    {e), 

67  68  69  Carlo  venne  in  Italia  ec.  Carlo    Duca  d'  Angiò  summen- 

(a)  Vedi  Cinon.  Partic,  ao6  i.      (b)  Mori  Filippo  il  nel  iia.H  e  gli  staci 
il  Raimondo  di  Tolosa  stabilironsi  alla  Francia  in  dote  del  1229,  ed    Arrigo  ili 
Bad' laghi Iterra  mori  nel  la^B.  Vedi  tra  gli  altri  Pecavio  Radon,  iemp.  parct 
ttb.  8  cap.  aa  e  lìjb.  9  cap,  4  «  •  Laca  di  Linda  Dtscfisioaa  dei  mondo  iih»  $ 
(0)  Fior»  dngUc.  Hanrìc,  nL 


CANTO    XX.  «77 

Vittima  fé'  di  Curradino ,  e  poi 

tlipinse  al  ciel  Tommaso  ,  per  ammenda. 

70     Tempo  vegg'  io  9  non  molto  dopo  ancoi , 

Che  tragge  un'altro  Carlo  fuor  di  Francia  ^ 
Per  far  conoscer  meglio  e  se  e  i  suoi . 

73     Senz'  arme  n'  esce  ,  e  solo  con  la  lancia 

Con  la  qual  giostrò  Giuda  ;  e  quella  ponta 
Sì  ,  eh'  a  Fiorenza  fa  scoppiar  la  pancia  • 

forato  ,  fratello  di  S.  Luigi  ,  venne  in  Italia  ad  impossessarsi  del  re* 
gno  di  Sicilia  e  di  Puglia  discacciandone  non  solamente  Tiniqno  pos-* 
•essore  Manfredi ,  che  colla  morte  di  Currado  se  n*  era  reso  padro- 
ne; ma  privandone  eziandio  della  giusta  eredità  e  della  vita  Curra- 
dino figlio  di  Currado  (n)  —  Vlit^mafe  y  quasi  dica  sacrificollo  alla 
propria  cupidigia  —  Jiininxe  al  ciel  Tommaso  ,  quasi  di  nuovo  pinse 
r  anima  di  Tommaso  al  cielo  ^  onde  fu  fiata;  imitando  la  frase  delP 
Ecclesiaste  Reverlatur  puhis  in  terram  suam ,  et  spiritus  retteat  ad  Deum  , 
qui  dedit  illum  (b) .  Del  medesimo  intendimento  sono  anche  il  Daniel- 
lo ,  ed  il  Venturi .  Hipìgnere.  però  e  ripingere  avvisa  il  Vocabolario 
della  Crusca  adoprasi  talvolta  per  semplicemente  pignere  ;  nò  vi  ha  ri- 
pugnanza che  sia  questo  un  de*  luoghi  ove  a  cotal  senso  ristringasi  • 
Quanto  poi  all'istoria  appartiene ,  ò  fama  ,  dice  il  Venturi ,  e  lo  scrìs- 
se il  Villani  (e)  ,  che  questo  Carlo  per  opera  d*  un  suo  medico  fa- 
cesse avvelenar  S.  Tommaso  d'  Aquino ,  mentre  era  in  cammino  per 
andare  al  concilio  di  Lione  ;  temendo  che  sii  dovesse  e«ser  contrarìo. 

*  Il  Postillatore  del  Cod.  Cass.  spiega  ,  che  hocfecit  timendo  ne  ad  Pa^ 
patum  veniret .  N.  E. 

'jo  Veg^  io  la  Nidobeatina  ,  ^^ggli  io  V  altre  edizioni .  —  ancoi 
per  oggi  :  vedi  ciò  che  s'  è  detto  di  sopra  di  questa  voce  nel  xiii 
di  questa  medesima  cantica  v.  Si  •  Essendo  Carlo  di  Valois ,  di  cai 
entra  quìa  parlare,  venuto  da  Francia  in  Italia  nel  i3oi  [d)  y  bene 
fa  preaire,  che  la  di  lui  venuta  sarebbe  stata  fion  molto  dopo  ancoi ^ 
cioè  non  di  lungo  tempo  posteriore  a  quel-  giorno  in  cui  Ugo  cosi 
favellava  ;  eh'  era ,  come  pili  volte  è  detto ,  un  giorno  a  aprile 
del  i5oo. 

71  Tragge  (  da  traggere y  che  trovasi  detto  in  luogo  di  trarre  (e)) 
Tale  qui  quanto  inviasi  [f)  • 

72  Per  far  conoscer  ec,  per  far  conoscere  la  maligna  natura  sua. 

•  de' suoi.  Venturi.  *  E  se  e  suoi ^  i  codd.  Chig.  e  Antald.  N.  E. 

73  74  70  *  Senz* arme  n  esce  ^  solo  ^  e  colla  lancia^  bella  leziona 
eie'  Cod.  Vat.  e  Chig  .  N.  E.  —  Sent^  arme  ne  esce  (  intendi ,  dalln 
Francia  )  cioè  senza  esercito  .  Giunse  (  scrive  Gio.  Villani  )  Messer  Car-^ 
lo  Conte  di  f^alois  ^  e  fratello  del  He  di  Francia  (Filippo  il  Bello) 
con  piii  Conti ,  e  Baroni ,  e  con  5oo.  Cavalieri  Franceschi  in  sua  com*^ 


(c^  Vedi  Gio.  Villiai  Ui^.  6  cap.  ^4  e  segg.  (^1)  Gap.  12  v.  7  (^  Gio. 
Villinilib.  9cap.  ai8.  (>)  Gio.  Villani  lib.  8  eap.  48.  (e)  Vedi  Maser ofial 
Teoria  e  Prospetto  de' verbi  Ital,  sotto  il  verbo  Trarre  num.  1.  (4)  Veéi 
Il  Vocabolario  della  Crasci  sotto  il  verbo    Tirare  l,  10.  '^  . 


37*  PURGATORIO 

76     Quindi  non  terra  ,  ma  peccato  ed  onta 
Guadagnerà  9  per  se  tanto  più  ^ave  9 
Quanto  più  lieve  simil  danno  conta  • 

79     L'altro  che  già  uscì ,  preso  di  nave , 

Veggio  vender  sua  figlia ,  e  patteggiarne 
Come  fanno  i  corsar  dell'  altre  schiave  • 

pagnia  (a) .  Bensì  adanqae  con  grande  corieggio  9  ma  senz*  arme  «  £ 
però  dice  1*  autofse  delle  Jlf emorie  per  la  vita  di  Dante ,  che  Ronifa- 
«io  VU\ /omiio  Carlo  dì  danaro  e  iti  t  ruppe  y  lo  inviò  a  Firenze  {b^ 
-**  solo  con  la  lancia  ,  con  la  qttal  giostrò  Giuda:  cioè  con  tradimenti 
e  frodi .  Venturi  .  Promise  Carlo  (  scrive  Giovan  Villani  (e)  )  di  con^ 
senfare  la  città  in  pacifico  e  buono  stato.  Ed  io  scrittore  fui  a  qtiestè 
cose  presente •  Incontanente  per  lui  ^  e  per  sua  genie  fu  fatto  il  conlra- 
dio  —  ponta  ,  spigne  —  Sì  ,  ch^a  Fiorenza  Ja  scoppiar  la  pancia  :  per- 
chè (chiosa  il  larndino)  in  que' tempi  la  nostra  Repubblica  era  re- 
fertissima  dimoiti  cittadini,  e  di  somme  ricchezze;  e  gli  fu  cagione 
di  vacuarta  dell'  uno  e  dell'  altro  per  molte  occisioni  ed  esilj  •  Diver- 
samente il  Vellutello  e  gli  altri  spositori  chiosano,  che^à  scoppiar  la 
pancia  vaglia  quanto  la  fa  di  pena  e  dolore  crepare. 

76  77  78  Quindi  non  terra  ec.  Vellica  il  soprannome  eh'  ebbe 
esso  Carlo  di  senzaterra  ,  perché  non  giunse  mai  ad  impossessarti 
d*  alcuna  regione  :  e  reputa  ciò  giustamente  avvenutogli  in  gastigo  del-* 
le  sue  m -le  procedure  —  tanto  piit  grave  quanto  piit  ec.  perchè  1^ 
dove  il  rimorso  della  conscienza  è  minor  del  delitto,  quivi  si  ricer- 
ca maggior  punizione.  Vellutello  . 

79  «o  8i  1/ altro,  rlu  e^à  uscì,  l'altro  Carlo,  che  già  è  uscito 
di  Francia .  Detto  avendo  di  farlo  di  Valois  ,  che"  uscirebbe  di  Fraii- 
cia  ,  perocché  non  usci  che  del  i!^oi.  anno  consecutivo  a  quello  in 
cui  Dante  flns^e  di  aver  fatto  questo  suo  viaggio  ;  parlando  ora  di 
Carlo  ^1.  fìcflin  di  Carlo  T.  iJe  di  Sicilia  e  Puglia,  dice  che  già  uscì f 
imperocché  era  uscito  di  Francia  pe'l  riacquisto  della  .Sicilia  ,  viven- 
te ancora  suo  patire,  del  laSa.  nell'anno  stesso  del  Vespro  .Sicilia- 
no (d)  —  preso  di  nave,  o  la  particella  di  per  in  {e),  e  come  se  det- 
to nvesse  preso  in  nave ,  ovvero  preso  di  nave  vai  quanto  tratto  pri' 
moniero  di  nave  ;  cioè  dalla  propria  nave  in  cui  combatteva  contro 
la  flotta  di  l'uggieri  d'Oria  Ammiraglio  del  Kc  Pietro  d'Aragona  (f) 
veggio  vender  er.  Io  ditto  Pe  (arlo  ciotto  (  chiosa  il  cemento  dell'ediz. 
Nidob.  )  ebbe  una  figliuola  per  nome  Beatnce ,  la  quale  elli  die  a  3fiS' 
ser  j4zzo  da  Fste  da  Ferrara  per  moglie;  e  questo  parentado  ft*ce per 
moltissima  pecunia^  che  ^*isser  A  zzo  diede  a  Carlo  Ciotto,  i.rrano  pe- 
rò il  Landino,  Vellutello,  Daniello,  ^olpi,  e  Venturi,  specificando 
essere  il  prefato  Azzo  il  'li.  ,  imperocché  fu  Azzo  il  W,  un  buon  se- 
colo prima  di  Carlo  ^T.  il  zoppo  .  Scrive  (ìiovan  Battista  Giraldi  di 
Azzo  VT.  ch'essendogli  morta  la  prima  moglie  Giovanna  (orsina,  ri- 
prese per  moglie ,   quantunque  fosse  op^mai  vecchio ,  Beatrice    figlia 


00  Cron.   lib.  8.  cap.  ^8.     (h)  \.  io.    (e)  Croa  lib.  e  cap.  precitati. 
{i)  Gi^  Vili.  Cron.Ub.  ;  cap.84.   (t)  Vedi  Cinoa.  Pari.  8o  8.  C/)  Gio.  VilL 
Cxoa.  ub.  cap.  ga. 


e  A  N  T  O    XX.  «79 

82     0  avarizia ,  che  puoi  tu  più  fame  9 

Poi  e' hai  il  sangue  mio  a  te  si  tratto  , 
Che  non  si  cura  della  propria  carne? 

85  Perchè. men  paja  il  mal  futuro  e'I  fatto, 
Veggio  in  Alagna  entrar  lo  fiordaliso , 
E  nel  vicario  suo  Cristo  esser  catto . 

^i   Carlo   Re  di    Napoli,  dal  quale  F  anno   i5o5.  ebbe  in  dote  la  dt' 
ti  dAiri  (a)  .  Il   sesto   adunque  dee  essere  l'Azzo  e  non   il  terzo  \  e 
la  frase,  che  fa  Dante  da  Up^o    adoprarsi ,   i'^ggo  ec.  indica  che,  co- 
me la  dotazione ,  cos\  il  niatriroonio  tra  Azzo  e  Beatrice  seguisse  po- 
steriormente all'anno  del  Dantesco  viaggio  i5oo.  e  finalmente  Tesser 
Auo  oegimai  vecchio   potè  essere  il  motivo    che  per  aversi  Beatrice 
in  moglie  ugnesse  le  mani   al  padre  di  lei  colla  moltissima  pecuniiu 
-^   Lo  stemma    o   sia    arbore   genealogico  della    casa   d*  Angiò ,   che 
s'  aggiunge  al  Bationarium  tempontm  del  Petavio ,  non   ricorda    tra  i 
figli  di  Carlo   II.  questa  Beatrice.    Quandoque  bonus  dormitat  Homo» 
rus .  *  Il  V0STIL.  Cass.  nota   a  <^esto  passo  ,  che  Carlo  Zotto  vendè 
ad  Azzo  d'  bste  la  sua  figlia  chiamata   Beatrice  prò  triginta  milUbui 
florenis  :  nella  Postilla   del  Cod.  Caet.  questa  somma  si  suppone  mag- 
giore, ìef^^emìosi  deditjiìiam  suam  in  Uxorem  i\farclùom  Hestensi prò 
quinquaginta  miìlibus  Jlorenorum  N.E. —  come  fanno  i  corsar  la  Nido* 
Deatma ,  come  fan  li  corsar  \*  altre  edizioni . 

Si  Oi  avarizia  la  Nidobeatina  ,  O  avarizia  V  altre  cdizioiù  *  e  i 
codd.  Vat.  e  Chig.  che  noi  seguitiamo .  N.  bl.  —  che  puoi  tu  ec, ,  che 
puoi  fare  all'  uman  genere  di  peggio  .  Imitazione ,  dice  vero  il  Yen- 
turi ,  di  quell'Apostrofe  Virgiliana  :  Quid  non  mortalia  pectora  cogis 
jiuri  sacra  fames  {b)\  Poteva  però  quindi  e  doveva  il  Venturi  assi- 
curarsi ,  che  drittamente  intese  Dante  cotal  Virgiliana  apostrofe  ,  e 
tacerne  conseguentemente  nel  canto  xxii.  v,  4o.  di  questa  cantica  quel 
suo  troppo  a  Dante  ingiurioso  dubbio  ,  che  intendesse  a  traverso  tut- 
ta la  sentenza  ,  prendendo  il  sacra  famcs  per  una  virtii .  Vedine  ivi  il 
perchè . 

83  84  //  sangue  mio  ,  i  discendenti  miei .  —  Che  non  si  cutpa  ec» 
che  per  tua  cagione  vende  per  fino  i  propri  figli. 

85  Perchè  men  paJa  ec.  affinchè  poi  men  barbaro  rassembri  ogni 
altro  fatto  futuro  e  passato  . 

86  Alagna  appella  la  oggi  detta  Ana^i  (citta  in  Campagna  di 
Roma  )  anche  Gio.  Villani  {e)  ed  altri  antichi  scrittori  —  Fiordaliso  » 
giglio  ,  figuratamente  qui  per  l'insegne  della  casa  di  Francia.  Raccon- 
ta r  anzidetto  Villani ,  che  Stefano  della  Colonna ,  allor  che  per  or- 
dine di  Filippo  il  Bello  Be  di  Francia  portossi  a  catturare  Bonifazio 
"Vili  nel  settembre  del  i35o  ,  entrò  in  A  lagna  con  tré  insegne  del  Re 
di  Francia  [d)  .  *  La  fior  d*  aliso  ,  il  Cod.  Vat.  :  entrare  il  fior  tVoli-* 
so  il  cod.  Chig.   N.  E. 

87  Esser  catto ,  Questo  catto  (  brontola  il  Venturi  )  non  è  pia- 
ciuto alla  Crusca  di  riporlo  tra  le  sue  voci:  e  forse  non  è  latinismo  ^ 


(a)  Comentirio  delle  cosa  di  Ferri»  ia  Azzo  ^I.     (b)  Aeaeid  iti.  5€* 
(e)  Lib.  8.  cip.  63.    (</)  Nel  prec.  laogo. 


»to  PURGATORIO 

88    Veggiolo  un'altra  volta  esser  deriso  f 
Veggio  rìnnovellar  V  aceto  e  'I  fele , 
E  tra  vivi  ladroni  essere  anciso . 

9*     ^^ggìo'I  nuovo  Pilato  s\  crudele, 

Che  ciò  noi  sazia ,  ma ,  senza  decreto  , 
Porta  nel  tempio  le  cupide  vele . 

ma  viene  dal  verbo  Toscano  catturare  ,  ed  è  posto  in  luogo  dì  ed" 
turato  con  qualche  licenza  Dantesca. 

Catto  (risponde  al  Venturi  il  sig.  Rosa  Morando)  si  tro%'eri 
nella  Cmsca  <,  quando  si  sappia  ridurre  alla  sua'  radice  .  I4i  sua  raji- 
ce  è  capere  i  «  aJ  verbo  capere  si  vedrà  citato  questo  stesso  verso 
del  poeta  nostro  ,  insieme  con  quelPaltro  di  Fazio  degli  Uherti  tan- 
ti ne  furo  nJìora  morti  e  catti ^  cioè  fatti  prigioni .  Non  raen  del  pre- 
detto (a)  affen're  e  ad/ri^^^f^  è  giocondo  e  bizzarro  il  dubbio  dd 
catturare.  Ch'i  se  1*  avreb^^  pensato  mai?  Liccma  Dantesca  ^  licenza 
piii  che  bestiale. 

88  f^et^'oh  un  altra  volta  ec,  essendo  stato  Bonifazio  sfacciata- 
mente insultato  dai  principali  di  auell*  impresa  ,  massimamente  dal 
Nogareto  f  romp^erno  di  ^Stefano  della  Colonna  ,  mandato  di  Francia 
da  Filinpo  il  Fello  ),  pensando  con  ciò  di  piacere  al  Re  suo  sovrano 
invelenito  rontra   il  Papa  .  Venturi  . 

89  res^'o  rinnoifellar  ec.  Per  V aceto  e' l  fiele  intende  i  disgusti, 
che  noJ   pure  con  usitata  metafora  appeth'am   bocconi  amari . 

90  F  fra  vivi  ec.  Racconta  il  prelodato  Gio.  Villani ,  che  sì  alta- 
mente rimase  Bonifazio  pel  detto  affronto  rammaricalo  ,  che  tra  po- 
chi t\\  ^  cioè  nel  di  12.  del  seguente  ottobre  fin\  di  vivere  (^).  \uo-* 
le  dunque  intendersi  che  ,  siccome  Gesù  Cristo  prcmor'i ,  secondo  nar- 
ra il  Vangelo,  ai  due  ladroni  seco  crocifissi,  cos\  premorì  Bonifazio 
agli  usurpniori  persecutori  suoi.  *  Essere  affiso ^  buona  lezione  del 
cod.   V»r.  N.  F. 

91  //  nuovo  Pilato ,  appella  Filippo  il  Bello  per  aver  cagionato 
col  suo  romando  str^tz)  e  morte  al   A'icario  di   Cristo. 

9^  93  Senza  decreto,,  norta  nel  tempio  le  cupide  vele  :  cioè  le  de- 
siderose voglie  ne* beni  della  chiesa;  perchè  convertiva  quelli  nel  pro- 
prio uso  ,  senza  decreto  ,  senza  ordinazione  della  Sedia  Apostolica. 
VzLLrTELLO  *  Ma  il  Signor  Poggiali  nel  suo  comeuto  credè  che  in 
questo  passo  restasse  indicata  la  soppressione  dal  detto  Re  procurata 
nel  1^07  del  riero  Ordine  Militare  de*Templarj,  molti  de'quali  sot- 
to speciosi  pretesti  senza  legai  Processo  furon  fatti  morire  .  Ed  in  fatti 
noi  rinveniamo  nel  Flenry  (e)  Storia  Ecclesiastica  an.  i3o7.  il  passo 
Beg.  In  questo  frattempo  il  Be  mandò  de'secretissimi  ordini  ai  suoi  of 
Jiciali  per  tutto  il  Resno  di  stare  allestiti ,  bene  accompagnati  t  e  bene 
armati  ner  un  dato  giorno  ;  e  di  aprire  nella  seguente  notte  le  lettere  9 
che  loro  mandava  con  proibizione  di  aprirle  avanti  sotto  pena  della  vi- 
ta .  JVel  tempo  indicato  aprirono  le  lettere ,  e  vi  lessero  un  ordine  di 
prendere  tutti  i  Templarj,  che  potessero  rinvenire ,  ciascuno  ai  suo  po- 
sto ,  il  che  eseguirono  puntualmente  ponendogli  sotto  buona  custodia  • 

(1)  Cant«prec  ^.  ii8*    (b)  Kel  precitato  loogo.     (e)  Lib.  91.  {.  19. 


CANTO    X  S  •  aSi 

94     O  signor  mio ,  quando  sarò  io  lieto 

A  veder  la  vendetta ,  che ,  nascosa  j 
Fa  dolce  l' ira  tua  nel  tuo  segreto  ? 

97     Ciò  eh'  io  dicea  di  queir  unica  sposa 
Dello  Spirito  Santo  ,  e  che  ti  fece 
Verso  me  volger  per  alcuna  chiosa  ; 
ICQ     Tant'  è  disposto  a  tutte  nostre  prece , 

Quanto  1  di  dura  :  ma  quando  s' annotta , 
Contrario  suon  prendemo  in  quella  vece  • 

Così  furono  i  Templari  nel  medesimo  giorno  presi  per  tutta  la  Fnm^ 
eia  ,  che  fu  il  frenerai  dopo  la  Festa  di  S>  Dionigi  ^  giorno  iredicesi» 
mo  di  Ottobre  i5o7  ,  di  che  tutto  il  Mondo  ne  restò  meravigliato.  Il 
Maestro  Generale  delF  Online  fu  arrestato  come  gli  altri  nella  Casa 
DEL  Tempio  di  Parigi .  Ed  altrove  (a):  avendo  sentita  Papa  ClemenU 
per  fama  comune  la  cattura  de*  Templarj ,  «  non  sapendo  le  ragioni  9 
che  vi  avevano  indotto  il  Hcy  ne  fu  afflitto  e  sdegnato  ec.  Scrisse  pari- 
menti  ai  Re  una  Bolla  ,  in  cui  si  duole ,  che  gli  avesse  occupata  Ut 
sua  f»iurisdizione  Ecclesiastica  facendo  imprigionare  questi  Cavalieri  di" 
rettamente  sof^getti  alla  S.  Sede ,  e  nota  che  gli  mandava  due  Cardino' 
li ,  Berengario  di  Fiesole  ,  e  Stefano  di  Susi ,  perchè  trattasse  seco  loro 
ili  guest"  affare ,  e  consegnasse  nelle  lor  mani  le  persone  e  gli  averi  da* 
Templarj  ec.  Vedi  parimente  Moreri  Diction.  Hist.  art.  Templiers,  il 
quale  soggiunge ,  che  FiJIppo  ii  Bello  si  ritenne  per  le  spese  del  pro- 
cesso i  due  terzi  de*  loro  beni  mobili .  Tale  è  dunque  la  genuina  spie- 
gazione di  questo  passo ,  che  già  con  sano  discernimento  arerà  in- 
dagata il  eh.  Signor  Gaetano  Poggiali .  Il  Signor  Cav.  Artaud  nota  qui 
inline  alludendo  a  quanto  già  Dante  ha  detto  dall'incontro  di  Ugo  a 
questo  punto  :  Ce  morceau  est  ìT  une  grande  force ,  et  montre  la  W- 
gueur  infaligable  du  talent  du  Dante  ;  mais  e*  est  toujours  F  esprit  sa- 
tirique  qui  j  domine.  N.  E. 

95  96  Che ,  nascosa  ,fa  dolce  ec.  Costruzione  :  che  nascosa  nel  tuo 
segreto  y  ne' tuoi  secreti  giudizi  già  stabilita,  yà  dolce  Pira  tua  ^  ren- 
de contenta  e  lieta  la  tua  punitiva  giustizia .  Questo  mi  pare  il  sen- 
so del  presente  passo  :  e  troppo  dal  retto  mi  sembra  traviare  il  Ven- 
turi chiosando  :  Fa  comparire  il  tuo  giusto  sdegno  troppo  dolce ,  e  in- 
dulgente ,  mentre  sta  lunga  pezza  nascosto  negli  arcani  della  tua  sapiem- 
za ,  onde  gli  empi  sempre  piii  insolentiscono  .  1 

97  al  102  Ciò  chUo  dicea  ec.  Avendo  Dante  ad  Ugo  neV.  55.  e3o. 
del  presente  canto  chiesto  di  sapere  chi  esso  fosse ,  e  perchè  solo  egli 
cotali  esempi  di  poverlà  e  liberalità  predicasse,  dopo  di  aver  Ugo 
fin  qui   parlato   di  sua    persona   e  de' suoi    discendenti,  volendo   om 

f cassare  a  soddisfar  Dante  della  seconda  richiesta ,  premette  ,  che  fi 
odavano  ivi  esempj  simili  solamente  di  giorno  ,  ^  che  di  notte  si  pre- 
dicavano in  vece  gastìghi  di  cupidigia  e  d'avarizia.  —  Ciò  ch^ io  di" 
sea  di  queir  unica  sposa  dello  Spirito  santo  ,  intende  di  Maria  Vergi- 


«•-•^ 


(a)  j.  31. 


l8ft  PURGATORIO 

jo3    Noi  rìpetiam  Pigmalìone  allotta , 

Cui  traditore  e  ladro  e  patricida 
Fece  la  voglia  sua  dell'  oro  ghiotta  ; 

jo6     £  la  miseria  dell'avaro  Mida  , 

Che  segu\  alla  sua  dimanda  ingorda  j 
Per  la  qua!  sempre  convien  che  si  rida  • 

ìOQ    Del  folle  Acàm  ciascun  poi  si  ricorda  y 
Come  furò  le  spoglie ,  sì  che  V  ira 


ne;  e  pone  ciò  che  disse  in  primo  luogo  a  lode  di  Maria  Vergine, 
per  tutto  ciò  che  disse  anche  in  lode  d  altii  soggetti  —  ti  fece  verso 
me  volger  per  alcuna  chiosa  y  ti  fece  volgere  a  me  acciocché  ti  spie* 
gassi  eh'  io  fossi ,  e  perchè  solo  io  cotali  lodi  predicassi.  '*'  Alcuna  cO' 
sa ,  i  codd.  Vat.  e  Chig.  N.  E.  —  '*'  Tanto  è  risposta  trovasi  in  alcani 
buoni  Mss.  al  dir  del  Canonico  Dionigi  e  nel  nostro  Con.  Cast.  Le^- 
gesi  pure  in  quel  Codice  di  Santa  Crocè ,  ora  di  S.  I^renzo  in  Fi- 
renze, tanto  celehi*ato  dal  Canonico  suddetto  con  postille  marginali 
di  Fr.  Stefano ,  il  quale  alla  parola  prece  ,  nota  così  :  precibus  quas 
Jhdmus  cantando  quibus  respondent  olii  spiritus.  Ecco  poi  la  chiosa 
del  PosTiLL.  Cait.  «  De  die  canunt  actus  liberalitatis  ^  et  ita  eis  rv- 
tpondetnr ,  ut  patet  in  textii  de  Flrgine  Maria ,  de  Sancto  Nicolao , 
èi  de  Fabritio.  Et  de  nocte  canunt  actus  avarititte,  et  cupiditatis  ad  no- 
iandum ,  guod  liberaìitas  facit  homines  claros  ideo  de  die  canuntur  ejus 
actus ,  et  avaritia  facit  homines  obscuros ,  et  infames  ,  ideo  de  nocte  ec» 
Il  cod.  Vat.  ha  riposta;  il  Chi^.  e  TAntald.  risposto  .Il  Biagioli  sostie- 
ne disposto.  Nel  v.  loi  leggesi  QuancT  el  s^  annotta  y  ne' codd.  Vat.  e 
Chig.  N.E. 

io3  io4  io5  Allotta  y  allora,  ripetiamo,  per  gridiamo  ^  o  comme- 
moriamo ,  Pigmalìone  ,  cui  la  sua  voglia  ghiotta  deW  oro  fece  essere 
(  intendi  )  traditore ,  e  ladro ,  e  patricida  {a) .  Traditore ,  e  patricida  , 
perchè  ammazzò  a  tradimento  Sicheo  fratello  di  Belo  suo  genitore,  e 
marito  della  propria  sorella  Didone  ,  ladro  y  perchè  ciò  commise  a  fi- 
ne d' impossessarsi  dei  tesori  del  medesimo  :  sehbene  per  lestezza  di 
Didone  a  cotal  fine  non  giugnesse.  Vedi  ^irg.  Aeneid,  I:  347-  e  segg. 

io6  107  E  la  miseria  ec,  i.a  miseria  di  non  avere  di  che  cibar- 
si ;  perchè  il  cibo  gli  si  tramutava  in  oro,  dopo  l'ingorda,  e  scon- 
sigliata domanda  fatta  a  Racco ,  di  convertire  in  oro  tutto  ciò  che 
toccava.  Vedi  Ovidio  nel  lib.  iT.  delle  Trasf.  Ventori  . 

io8  Sempre  cpnAen  che  si  rida,  da  chi  si  legge  o  sente  a  narra- 
re cotale  avvenimento. 

109  Del  folle  Acàm  y  fatto  lapidare  da  Giosuè,  per  essersi  contra 
il  comandamento  di  Dio  appropriata  ,  e  riserbata  per  se  parte  della 
preda  di  Gerico  espugnata  ,  e  distrutta.  los.  6.  Venturi.  Del  folle  Acàm 
ancora  si  ricorda ,  il  cod.  Vat.  N.  E. 

(a)  Il  Latino  paricida  giodicano  alcuni  (  appo  Rob.  Stefano  Thet,  ting, 
Xa/.)  detto  per  sincope  da  parenticida  ,  e  patruum  ,  avunculum  ,  amitam 
ec,  tss€  parétUum  loco  ne  dica  la  lef^o  D.  soluta  matrim» 


e  A  N  T  O    X  X.  itfR 

Di  Giosuè  qui  par  eh'  ancor  lo  morda  • 

1 1  a     Indi  accusiam  col  marito  Safira  ; 

Lodiamo  i  calci  eh'  ebbe  Eliodoro  ;  * 

Ed  in  infamia  tutto  1  monte  gira 

1 1 5     Polinestor  eh'  ancise  Polidoro  ; 

Ultimamente  ci  si  grida:  o  Crasso, 
Dilci ,  che  1  sai ,  di  che  sapore  è  V  oro  • 

1 18     Talor  parliam  V  un  alto ,  e  l'altro  basso , 

tu  Di  Giosuè  la  Nidobeatina .  Di  losuh  Paltre  edizioni .  —  mcK 
<£n  per  rimproveri  e  punisca  •  '*'  Di  losuè  qui  pare  ancor  che  7  mordila 
bella  lezione  del  Cod.  Chig.  N.  E. 

1 1  a  Col  marito  Anania  Safira  la  moglie ,  cbe  ritennero  ,  oontra  il 
voto  fatto  (  o  che  venivano  per  fare  )  (a)  di  povertà  (  o  sia  di  vite 
comune)  parte  del  prezzo  delle  vendute  possessioni ,  e  caddero  moità 
«Ila  riprensione  di  s.  Tietro .  j4ct.  5.  Venturi  • 

1 13  Eliodoro .  Costui  fu  mandato  da  ^elenco  Re  di  Siria  in  Ge- 
rusalemme per  torre  i  tesori  del  tempio;  ma,  appena  posto  il  piede 
sulla  soglia  di  quello  ,  gli  comparve  un  uomo  armato  sopra  un  ca- 
vallo ,  cnc  con  i  calci  lo  percuoteva  ;  e  cos\  umiliato ,  ritornò  addiè- 
tro colle  mani  vote  .  2.  Hfac.  3.  Venturi  . 

\if\  ii5  Ed  in  infamia  ec.  £  ad  infamia  rammentasi  per  tutte 
questo  girone  l'olineslore  Fé  di  Tracia  ,  a  cui  mandato  essendo  de 
Priamo  Be  di  Troia  il   figlio  l'olidoro  con  parte  de* regi  tesori  in  cu- 


eridc 

l'altre  edizioni.  Marco  (  rasso  ,  secondo  che  scrive  Appiano  Ak*ssaii- 
drino  ,  dovendo  i  romani  mover  guerra  a'  Parti  ancora  che  ricchis- 
simo fosse  oltre  ad  o^ni  altro  Pomano  ,  sapendo  efser  quei  popoli  ab- 
bondantissimi di  tutti  i  beni  ,  e  massimamente  d*  oro  ,  vinto  qa  som- 
ma avarizia  procurò  d'aver  quella  provincia;  la  qual  ottenuta,  paS9Ò 
V  Eufrate  .  Ma  i  nimici ,  come  sagacissimi ,  avendo  inteso  dell*  avara 
sua  natura  ,  finsero  di  fugeire  ,  lassando  il  paese  non  meno  piene 
d'  aguati  che  di  preda  ;  dalla  quale  essendo  Cr»sso  per  somma  cupi- 
dità acciecato ,  si  trovò  intorniato  da*nemici  :  ed  avendo  vergognosa- 
mente perduto  tutto  l'esercito  ,  per  non  venir  vivo  nelle  mpni  dei  ne- 
mici si  fece  uccidere.  Essendo  poi  da  quelli  trovatoli  corpo  suo  ,  sii 
fu  tagliata  la  testa  ,  e  posta  in  vaso  d'oro  fonduto ,  e  fugli  detto  :  me- 
rum  silisti  ,  aurum  bibe .  Onde  il  letr. 

£  vidi  Ciro  piti  di  sangue  auaro  , 

Che  Crasso  d*  oro  ,  l^uno  e  V  altro  n'  ebbe 
Tanto  ,  che  parve  a  ciascheduno  amaro  . 
Veilutello  —  Di/ci  la  ^idobeatina,  Dicci  l'altre  edi«ieoi*e  il  eod« 
Val.  Dil  tu  che'l  sai  T  Anuld.  N.  E.  —  che'l  sai  ,  perocché  lo  assag- 
giasti   allor  quando   il  tuo  capo   fu  immerso  nell'aureo  fluido. 

118  al   ì'ìi   yafor  parliam  ec.  A  iene  ora  finalmente  Ugo  a  soddi- 

(a)  V«di  f  tri  ^Li  altri  |  Tirino  al  ca^ .  S.  degli  atti  <ÌcgU  Apostoli. 


11*4  PURGATORIO 

Secondo  V  affezion  eh'  a  dir  ci  sprona 
Ora  a  maggior  ed  ora  a  minor  passo  • 

lai     Però  al  ben,  che  1  di  ci  si  ragiona , 

Dianzi  non  er'  io  sol  ;  ma  qu\  da  presso 
Non  alzava  la  voce  altra  persona  • 

1^4    Noi  eravàm  partiti  già  da  esso, 

E  brìgayam  di  soverchiar  la  strada 
Tanto ,  quanto  al  poter  n'  era  permesso  ; 

alar  Dante  circa  V  altro  capo  di  domanda  (  perchè  sola  tu  queste  de* 
mme  lode  rinnovelle  )  (a)  e  a  dirgH  la  cagione  per  cui  così  gli  aem- 
Iraase ,  cioè  perchè  altri ,  che  le  atesse  cose  con  lui  dicevano ,  par- 
lavano con  voce  sommessa  tal  che  egli  non  gli  ascoltava.  *  Talor 
JpoFÌa  Fano  alto  ,  il  cod.  Vat.  N.  E.  —  eh*  a  dir  ci  sprona  ora  n  nuu^ 
àfore  ec,  sopra  di  questa  frase  a  maggior  e  minor  passo  non  trovo  che 
neciano  punto  altn  che  il  Landino  anticamente  «  e  modernamente  il 
.T«ntnri  !  ambedue  però  in  maniera  poco ,  a  giudizio  mio ,  soddisfa- 
cente •  Per  maggior  e  minor  passo  vuole  il  Landino  intesi  maggiori  e 
wUnori  esempj  »  cioè  pia  o  meno  strepitosi  ;  aggiungendo  che  usassero 
patelle  anime  maggiore  esclamazione  ne* maggiori  esempj,  che  ne*mi- 
Bori  •  Oltre  però  altre  difficoltà  importerebbe  questo ,  che  diversi  fatti 
/idi  alto  y  e  r altro  basso  vociferassero  simultaneamente  quelle  anime; 
ciò  che  confusione  di  quel  luogo  indegna ,  e  piuttosto  da  Inferno  , 
cagionerebbe  •  A  maggiore  e  minor  passo ,  a  tempo  di  musica  pi  il ,  e 
meno  veloce,  chiosa  il  Venturi.  Ma  che  ha  ella  a  fare  la  velocitò 
del  tempo  coll'alzar  della  voce  ?  Io  non  sono  musico  ;  ma  almen  que- 
sto so ,  che  puossi  a  tempo  veloce  cantare  con  voce  sommessa ,  ed 
a.  tempo  largo  con  voce  alta .  Piuttosto  adunque  io  intendo  che  ,  aven- 
do Dante  detto  eh*  a  dir  ci  sprona  traslativamente  ,  in  vece  di  che 
e  dir  ne  eccita ,  prosiegua  colla  traslazione  medesima  ad  attribuire  al 
dSfrv,  come  a  più  o  meno  spronato  destriero,  il  maggiore  o  minor 
fosso  ^  in  vece  della  maggiore  o  minore  \>*eemenza  :  accennando  cosi 
Ugo  che  foss*egIi  spronato  a  dire  da  maggior  affezione  che  gli  altri  ^ 
—  al  ben ,  che^l  di  ci  si  ragiona ,  ai  buoni  esempj  di  povertà  e  libe- 
nlitò ,  che  di  giorno  qui  si  rammentano  •  Della  particella  ci  al  senso 
di  qui  vedi  Cinonio  {b)  —  dianzi  poco  fa .  —  '^  Di  presso  ,  il  Cod« 
.YaL  N.  E. 

laS  Brigavàm,  ci  ad  opravamo,  ci  affaticavamo  —  soverchiar  la 
tiruda  per  avanzarsi  nel  cammino  •  Volpi  .  Essendo  la  strada  posta  di 
mezzo  tra  il  luogo ,  onde  ci  moviamo  e  auello  a  cui  vogliamo  pas- 
sare ,  una  cosa  stessa  con  la  distanza  tra  1  uno  e  V  altro  luogo  ,  be- 
ne perciò  ,  come  in  vece  di  avanzarsi  nel  cammino  di  cesi  superare 
la  distanza ,  dirassi  pure  soverchiar  la  strada . 

ia6  Tanto  y  vale  con  tanta  velocità  — al  poter  la  Nidobeatina ,  al 
poder  V  altre  edizioni  *  e  il  Cod.  Vat.  N.  E.  —  Al  per  dtd  Volpi  ..  Ve- 
dine in  comprova  il  Cinonio  (e)  • 

(a)  Vara»  35»  a  36.  dal  prattata  canta,    {b)  Partic.  ^S.  4.    (e)  Partie.  a.  4^. 


CANTO    XX.  air 

i%y    Quand'io  sentii  come  cosa  che  cada , 

Tremar  lo  monte  ;  onde  mi  prese  un  gielo  » 
Qual  prender  suol  colui  eh'  a  morte  vada  > 

i5o    Certo  non  si  scotea  sì  forte  Delo, 

Pria  che  Latona  in  lei  facesse  1  nido 
A  partorir  li  due  occhi  del  cielo  • 

i33     Poi  cominciò  da  tutte  parti  un  grido 

Tal ,  che  1  maestro  inver  di  me  si  feo , 
Dicendo  :  non  dubbiar ,  mentr'  io  ti  guido  • 

1 36     Gloria  in  excelsis  ,  tutti ,  Deo  , 

Dicean  ,  per  quel  eh'  io  da  tìcìu  compresi  9 

Onde  'ntender  lo  grido  si  poteo  .  \ 

139     Noi  ci  restammo  immobili  e  sospesi , 

Ck)me  i  pastor  che  prima  udir  quel  canto  | 
Fin  che  1  tremar  cessò ,  ed  ei  compièsi  • 

*  laS  Tremare  il  monte ,  oìuT  ei  mi  prese  ec, ,  il  Cod*  An- 
Uld.  N.  E. 

i3o  i3r  i52  Yo/i  si  scalea  ec.  Accenna  il  racconto  di  Virgilio 
(a)  y  che  Delo  ,  isola  dell*  Arci  pelago  ,  tremasse  una  volta  continuamen- 
te ,  e  trasporta ssesi  qua  e  U  per  lo  mare  ;  e  che  cotali  fenomeni  vi 
cessassero  allor  che  Latona  partorì  in  queli'  isola  i  gemelli  Apollo  • 
Diana  ;  che ,  per  credersi  Apollo  il  Sole ,  e  Diana  la  Luna  ,  giudizio* 
«amente  appei'a  Dante  U  due  occhi  del  cielo;  come  con  non  minora 
giudizio  dal  nido  che  forman  srli  uccelli  per  deporvi  i  suoi  parti ,  di- 
ce che  Latona  facesse  in  Delo  il  nido ,  in  vece  di  dire ,  che  vi  allog- 
giasse per  partorire. 

i5\  Feo  per  fé ,  e  per  ischivar  l'accento ,  e  per  formar  la  rima  . 
adoprato  anche  dtal  Casa  son.  35.  *  Il  Coo.  Cazt.  invece  di  inver  dr 
me  icggc  inverso  me  N.  E. 

I30  i37  i38  Clona  in   excelsis  ec.  Costruzione.    Per  quel  cK ìq 

compresi  da  vicino ,  dal  vicin  luogo ,  onde  si  poteo  intender  lo  grido  » 

dicean  tutti  Gloria  in  excelsis  Deo .  Gloria  a  Dio  (  chiosa  il  Volpi  )  n^t 

luoghi  eccelsi ,  o   nelle  creature  eccelse.   Principio  deWinno  degli  on* 

geli ,  nella  nascita  di  nostro  Signor  Gesù  Cristo  • 

^  i39  Noi  stavamo  immobili  e  sospesi  ^  i  Codd.  VaL  e  Chig.  N.  E* 
i4o    Come  i  pastor;  i  pastori  invitati  dall'angelo    ad  adorare  il 
nato  Redentore,  i  quali  udirono  cantarsi  il  detto  inno  y^nVna  »  primie- 
ramente, la  prima  volta  (accenna  il  sentirlo  noi  pure  quotidianamen* 
te  cantarsi   nella    messa  )   non  si  mossero  se  non    dopo  finito  cotal 
canto  (b) . 

i4i  il  tremar  f  dei  monte  stt  di  cui  stavano  -^  ed  0/  il  detto  iiH' 

(a)  dtuùdm  ut.  73.  •  ttgg.        Qf)  Usw  a.  V.  iS« 


%9$  FURGATORIO 

14^    Poi  ripigliammo  nostro  cammin  santo , 

Guardando  l'ombre  che  giacean  per  terra 
Tornate  già  in  su  V  usato  pianto  • 

i4^  Nulla  ignoranza  mai  con  tanta  guerra 
Mi  fé'  desideroso  di  sapere. 
Se  la  memoria  mia  in  ciò  non  erra  ^ 

i48    Quanto  pareami  allor  pensando  avere  ; 
Né  per  la  fretta  dimandare  er'  oso , 
Ne  per  me  li  potea  cosa  vedere  ; 
Così  m'andava  timido  e  pensoso. 

■o  angelico  :  ed  ei  leggono  V  edizioni  diverse  dalla  Nidobeatina  •  -~ 
tompiesi  9  per  compiasi ,  o  si  compiè  ;  in  rima .  Vedi  il  ^'archi  neir 
Ercolano  ,  a  carte  306.  Volpi  . 

143  Giaeean  la  Nidobeatina,  giacèn  l'altre  edizioni:  *  e  il  cod. 
Vat.  N.  E. 

i/^  In  nt  ausato  pianto ,  vale  Io  stesso  che  aW usato  pianto ,  al 
pianto  detto  nel  canto  precedente  v,  71.  e  nel  presente  v.  18.  Della 
preposizione  in* su  per  a/  vedi  Ctnonìo  (b). 

145  al  i4S  co^  tanta  p^iterra  in  luogo  di  cotanta  guerra^  oltre  un 
mimerò  grande  dì  mss.  veduti  dagli  Accademici  della  Crusca  (e) ,  leg- 
gono quattro  altresì  della  biblioteca  Corsini ,  segnnti  a65.  607.  oo8.  6og. 
Elezione  tale  sembra  necessaria  pel  legamento  del  discorso ,  che  non 
ini  pare  possa  ordinarsi  se  non  nel  seguente  modo.  Se  la  memoria 
mimy  delle  passate  cose,  non  cr-a^  nitlìa  i^oranza  mi  Je  mai  deside" 
roso  iC  sapeiv  con  gtierra ,  con  anzietà  e  violenza  ,  tanta  ,  quanta  pa» 
riemi  as^ere  allora  ,  pensando  quale  cioè   potcss'  essere  la    cagione  di 

3uel  tremar  del  monte  e  del  vociferato  inno .  *  A  noi ,  senza  mutare 
ove  necessità  noi  richietie  ,  basta  sapere  che  la  forma  cotanta  suona 
appunto  qnanto  con  tanta,  formata  essendo  dal  congiungimento  della 

{proposizione  co  o  con  coir  addiettivo  tanta,  Bìkgiolj  ,ì\  cod.  Vat. 
egge  cotanta.  —  Parénti  in  luogo  d»  pariemi  leggono  l'edizioni  di- 
Terse  dalla  Nidobeatina  ^  e  il  cod.  Vat  N.E.  Ma  vedi  sopra  di  cotal 
variazione  la  nota   al  xix.  dell' Inf.  v.    16.  *  Ti   Coo.  Cast,   legge  mi 

farve ,  ed  il  Chig.  pareami ,  che  noi  per  isfuggire  tanto  ingrati  ueo- 
ogismi  seguiamo.  N. E. 

i49  -Yé  per  la  /retta  j  che  (intendi)  vedevo  voluta  da  Virgilio  nei 
camminare  —  dimandare  er  oso ,  corrisponde  al  Latino  ausus  eram  pO" 
scere ,  aveva  coraggio  di  fare  a  \  irgilio  dimanda . 

i5o  Ne  per  me  Pi  ec,  né  da  me  solo  poteva  ivi  capirne  alcuna 
Ragione  •  Cosa  per  elissi ,  invece  d* alcuna  cosa  . 

i5i  Timidità  di  dimandare  —  pensoso  y  alla  cagione  delle  sen* 
tite  cose* 


{b)  Particiìg.  a.  e  3.     (r)  Vedi  U  tavola  de*tcsti  in  fondo  dell'  edizioaa 
4i  FistftM  iS$S,  ed  in  fondo  pure  al  tomo  i.  della  Couùaiana . 

Fine  del  canto  ventesimo  • 


38j 

C^  N  T  O    XXI. 


A  R  G  O  M  E  N  T  O  n 

CoBiiensi  nel  presente  canto  ,  che  seguitando  Dante  il  suo  viaggio  «  ineont* 
tra  Vanima  di  Stailo  ;  La  quale  essendosi  purgata  ,  saliva  al  Paradiso  9 
e  da  lei  intende  le  cagioni  delle  cose  da  lui  sentite  . 

1     J-Ja  sete  naturai ,  che  mai  non  sazia 

Se  non  con  l'acqua,  onde  la  femminetta 
Samaritana  dimandò  la  grazia  y 
4     Mi  travagliava  y  e  pungeami  la  fretta 

Per  la  'mpacciata  via  retro  al  mio  duca  9 
E  condoleami  alla  giusta  vendetta  • 

I  al  5  Z^  sete  naturai  ec.  Nel  ricordarci  qui  il  Poeta  quanto  dis- 
se nel  precedente  canto  (  eh'  era  cioè  sommamente  desideroso  di  sa- 
per la  cagione  e  dell' improviso  tremar  del  monte,  e  dell' universa!- 
mente  cantato  inno  angelico  ;  ma  che  la  fretta  del  camminare  inipe- 
divalo  a  dimandare)  tocca  insieme  la  natura  della  sete,  o  sia  di^ide- 
rio  naturale  nostro  di  sapere;  che  è  di  non   potersi  perfettamente  sa* 
ziare  per  altra  via,    che  per  la    comunicazione   dell  infinita  sapienza 
di  Dio ,  ed  intendendo  ,  che  di  cotale  comunicazione  favellasse  Gesd 
Cristo  alla  Samaritana  dicendole,  quibiherii  ex  aqua,  quam  ego  dàbo 
ci ,  non  siUet  in  cetemum  {a) ,  perciò  aggiunge ,  che  di  cotal  acqua  ìa 
Jemminetta  Samaritana  dimanaò  la  grazia  ,  con  quella  preghiera ,  Do- 
mine  ,  da  mihì  hanc  aquam ,  ut  non  sitìam  {b) .  Della  particella  ondo 
al  senso  della  quale,  vedi  Cinonio  {e)  — pungeami  lajretta{pungèmi 
le  edizioni  diverse  dalla  Nidob..*  e  il  Cod.  A  at.  N.E.  )  sollecitavaiui  a4 
attendere  al  cammino  ,  ed  a  lasciar  ogni  dimanda  ,  —  per  la  *mpaccÌ4Si' 
la    via,  impacciata   dalla    purgante  turba   che  stava  giacendo  a  terret 
tutta  volta  in  muso  {d) ,  e  talmente  occupante  quella  strada  ,  che  con- 
veniva ai  poeti  camminare  stretti  alla  ripa  del  monte,  Come  si  vapor 
muro  stretto  a*  merli  (e) . 

6  Condolièmi  leggo  con  due  mss.  della  biblioteca  Corsini    (JT)  » 
e  reputo  per  isbaglio  stampato  nell'ediz.  Midobeatina  condolianU  :  im<f 


(*)     Argomento  metrico   del   celebre  Gaspare    Gesti  • 
Ragion  perché  lo  monte  ivi  ti  scaote 
Ode  il  Poeta  di  Statio  ,  che  ascende 
Quindi  purgato  alle  saperne  ruote. 
Lo  qual  gli  narra  quanto  amor  l'iceende 
Del  buon  Virgilio  ;  e  mentre  si  favella 
Nel  riconosce ,  tal  che  gii  sorprende 
Letizia  il  cor  disasata ,  e  novella . 
(a)  loan.  4.  i^.  i3.    Ib)  Ivi.    (e)  Partic,    1527.    (d)  Cut.  %iu  v»    7a. 
(e)  Canto  preced.  v.^    (/7  H,  ^  •  609. 


ut  PURGATORIO 

7    Ed  ecco  9  sì  come  ne  scrìve  Luca 

Che  Cristo  apparve  a'  duo  eh'  erano  'n  via 
Già  surto  fuor  della  sepolcral  buca  y 

IO    Ci  apparve  un'  ombra  ,  e  dietro  a  noi  venia  , 
Dappiè  guardando  la  turba  che  giace  ; 
Ne  ci  addemmo  di  lei ,  sì  parlò  pria  f 

i3     Dicendo  :  frati  miei ,  Dio  vi  dea  pace  . 
Noi  ci  volgemmo  subito  ;  e  Virgilio 
Rendè  luil  cenno  eh' a  ciò  si  conface  » 

perocché  ,  come  osserva  il  Cinonlo  (a) ,  Toso  (  segalto  anche  dal  poe- 
ta nostro  (b)  )  fu  dì  scrìvere  avìèno ,  sogUèno ,  credihno ,  viifieno ,  in 
Vece  dì  wfeano ,  solcano  ec.  Condolenti  hanno  Tedìzioni  della  Crusca  » 
e  le  seguaci  '*'  e  il  cod.  Vat  :  Condoleami  ha  il  Chìg.  e  noi  il  seguitia- 
mo volentieri  per  aver  detto  Dante  due  versi  avanti  pongeami ,  piut- 
tosto che  pungenU^  o  pungienu,  N.  E.  —  giusta  vendetta^  giusta  punì- 
tiene  di  queUe  anime  •  0 

789  Si  come  ne  scrwe  Luca,  Che  eCm  Dell'apparire,  ed  accom- 

Sgnarsi  che  fece  Gesit  Cristo  dopo  la  gloriosa  sna  risurrezione  ai 
e  discepoli  che  andavano  in  Emmaus ,  quantunque  ne  motivi  anche 
0.  Marco  (e) ,  ciò  però  fa  tanto  succintamente ,  che  a  ragione  potè  Dan- 
te dire  come  ne  scrive  Luca  ;  che  di  fatto  ne  descrive  quell'avvenimen- 
to assai  diffusamente  [d)  —  sepulcral  buca  per  sepolcro  . 

10  Un*  ombra  t  Stazio  poeta,  come  in  seguito  manifesterassi  • 

1 1  Dappiè  j  per  terra  ,  su'l   suolo  . 

12  Ci  addemmo  y  ci  accorgemmo  —  ^f  parlò  pria  y  sin  che  lnco« 
mìnciò  a  parlare .  Della  particella  sì  per  sin ,  e  sinché  vedi  '1  Cino- 
nio  (e)  che  ne  allega  tra  gli  altri  anche  il  presente  passo  di  Dante . 

i3  Dea  per  dia  {/")  ;  forse  per  ischivare  la  cacofonia  del  Dio 
vi  dia. 

i5  Rendè  lui'l  cenno,  che  ec.  Dicono  (chiosa  il  Venturi)  i  mix 
(  e  se  non  sono  i  pili ,  almeno  alcuni ,  e  se  non  altri  il  Vellutello  ) 
non  significar  cenno  qui  gesto  alcuno ,  ma  quella  brieve  risposta  ,  che 
mol  darsi  comunemente  a  chi  così  ci  saluta ,  allntUanio  IdiUo  ne  din^ 
o  renda  a  voi,  essendo  questa  la  replica  che  a  quel  complimento  con^ 
▼iene;  ma  considerandolo,  che  la  risposta  al  complimento  vieu  do- 

50  ,  e  molto  più  nobilmente  espressa ,  e  dicendosi  apertamente ,  che 
opo  quel  cenno  si  Cominciò  da  Virgilio  a  parlare,  porto  opinione, 
che  cenno  debba  intendersi  per  un  gesto  di  riverenza  fatto  colla  per- 
sona in  segno  di  gradimento  ;  o  sia  questo  uu  inchino  di  testa  ;  o  un 
baciamano,  o  una  riverenza  col  piede;  che  ancora  questi  riverenti 
segni  e  modi  ben  si  confanno  in  tal  caso ,  e  parte  si  mandano  avan- 
ti ,  parte  si   fanno  accompagnar  le  parole  • 

(a)  Tran,  dt*  verbi  cap.  6.  (fi)  Vedi  per  etempio  lof.  ni.  19*  Parg.  xii. 
Sé,  Per.  SVI  11. 79  (c)  Gap.  16.  (<i)CaD.  24.  (<}  i'ar^ic.  229 4o.  (/^  Vedi 
M«stfo&BÌ  teoria  e  PjospcUo  lUucrbi  hai.  s»ttQ  il  vexlia  dart  «•  17. 


CANTO    XXI.  ^9^ 

i6    Poi  cominciò  :  nel  beato  concilio 

Ti  ponga  in  pace  la  verace  corte  y 
Che  me  rilega  nelF  eterno  esilio  • 

1^     Come  ,  diss'egli ,  e  parte  andava  forte. 

Se  voi  siete  ombre  che  Dio  su  non  degni ,  * 
Chi  v'  ha  per  la  soa  scala  tanto  scorte  ? 

aa     £  1  dottor  mio  :  se  tu  riguardi  i  segni 

Che  questi  porta ,  e  che  1*  angel  profila  » 

i6  Beato  concilio  appella  qui  ed  altrove  (a)  Dante  il  Paradiso  «  imi« 
tando  U  frase  della  scrittura  sacra ,  che  lo  appella  concilium  iusio- 
rum  (b)  adunanza  de'  giusti  • 

1 7  Verace  corte .  Corte  mi  piace  qu\  d' intendere  per  giudicaiu» 
ruy  nel  qual  senso  altri  pure  hanno  essa  voce  adoprato  (e)  -^  verace 9. 
non  soggetta  a  fallo ,  o  ad  iniquità ,  come  pur  troppo  lo  sono  le  corti 
terrene. 

18  Che  me  rilega  ec.y  la  quale,  per  lo  contrario ,  rilega  me  e€* 
*  Che  ne   rilega ,  il  Cod.  Vat.  N.  E. 

Corsiniana 
aggiun( 

E  perchè  andate  forte  ,  che   leggono 
non  può  esservi  stato  intruso  che  per  mancanza   d*  intendimento  •  La 
voce  parte  ha ,  come  il  Cinonio  (r/) ,  e  il  Vocab.  della  Cr.  {e)  ne  di- 
mostrano ,  tra  gli  altri  significati  quello  d*  intanto  »  mentre ,  e  simile. 
La  medesima  voce  a  cotale  significato  adopera  Dante  anche  Inf.  xxiz. 
116.  La  voce  stessa  finalmente,  ed  al  medesimo  significato,  dà  qui  Tot- 
timo  senso,  che  parlava  stazio  e  intanto  fortetnente  camminax^a.  Per 
lo  contrario ,  leggendosi  colla  comune  delle  edizioni  e  perchè  anda- 
te  forte  ^  avremmo  una   interrogazione  di  stazio  mal    corrispondente 
air  essersi  manifestato  Virgilio    rilegato    nelt  etemo  esilio.    Imperoc- 
ché a  manifestazione  cotale  doveva  stazio  maravigliarsi  eh*  eglino  sa 
per  quel  monte  salissero,  e  non  ch'andassero  forte.  ^  Il   Biagioli  è 
di  contraria  opinione.  Andavam  forte ^  il  Cod.  Antald.  Andcwan  for^ 
te,  il  Chig.  N.  K. 

10  i\  Se  uoi  ec.  In  virtii  della  mutazione  fatta  nel  precedente 
verso  tolgo  il  punto  interrogativo  posto  in  fine  a  questo  verso  10. 9 
e  vi  pongo  una  semplice  virgola  :  imperocché  per  essa  mutazione  vie- 
ne 1  interrogazione  ad  esser   una  sola ,  cioè 

Chi  V*  ha  per  la  sua  scala  tanto  scorte  ? 
sua  scala  raìe  scaia  conducente  al  medesimo  Dio^  al  Paradiso  i  quaTè 
quella  del  Purgatorio .  *  Se  voi  sete  ombra  che  il  del  su  non  degni  » 
il  cod.   AnUld.  N.E. 

aa  a5  /  segni  che  ifuesU  porta ,  i  P.  scrittigli  in  fronte  dall'ange- 
io  ;  de*  quali  ne  gli  riraanevaoo  ancora  tre ,  dopo  scancellati  dalPan- 

(a)  Par.  x«vi.  120.    {h)  Psalm.  i.  1/.  6.    (e)  Vedi  il  Vócib.  deUi  Cr.  sotte 
U  voca  corts  J.  8.    (<0  PartiQ.  1^4.  i.  •  x    C«)  Art.  Patte  mv99rb. 
T.2.  T 


99»  ?VR6ATORIO 

Ben  Tedrai  che  coi  buon  conTien  cVei  regni. 
dS    Ma  perchè  lei ,  che  d\  e  notte  fila , 

Non  gli  ayea  tratta  ancora  la  conocchia 

Che  doto  impone  a  ciascuno  e  compila  ; 
a8    L*  anima  sua ,  eh'  è  tua  e  mia  sirocchia  f 

Venendo  su ,  non  potea  venir  sola  » 
f  Però  cVal  nostro  modo  non  adocchia. 

Si     Ond'io  fui  tratto  fuor  dell'ampia  gola 

D' inferno  per  mostrarli ,  e  mostrerolli 

gelo  altri  quattro  —  profila  •  Profilare  proprìameate  vale  deUmettm  il 
profilo  i  ma  qui  semplicemente  deìineare» 

24  ^^^  vedrai  che  ec.  :  imperocché  erano  cotai  segni  an  manif<^ 
ato  indizio  ,  che  ammesso  fosse  dall*  angelo  a  purgarsi  per  passar  in- 
di ai  Paradiso.  ' 

a5  a6  27  Lei^  che  dk  e  notte /Ha  ^  la  Parca  appellata  ÌMcheM.  * 
yPer  colei  il  cod.  Vat.  e  il  Chig.  Per  colei  • . .  Non  gli  era  tratta  ee* 
V  Antald.  N.  E.  —  tratta  ^er  filata  y  dall'atto  che  si  pratica  nel  filare» 
eh'  è  di  trar  fuori  a  poco  a  poco  lo  stame  dalla  conocchia  «  dal  pen- 
necchio 9  e  coirag)9[irar  del  fuso  torcerlo  in  filo  — >  Cloto^  altra  Parca , 
che  al  nascer  di  ciascun  uomo  mette  sopra  la  rocca  della  prenomi* 
nata  sorella  quel  pennecchio  «  durante  la  filatura  del  quale  tuoI  che 
duri  la  TÌta  di  esso  uomo,  —  impone ^  e  compila.  Due  atti  si  fanno 
nel  mettere  sopra  della  rocca  il  pennecchio;  il  primo  è  di  soprap* 
porvelo  largamente,  facendolo  dalPaggirata  rocca  a  poco  a  poco  lam- 
lire ,  e  questo  appella  Dante  imporre  ;  V  altro  è  di  aggirare  intomo 
•1  pennecchio  medesimo  la  mano  per  unirlo  e  restringerlo  ;  e  questo 
appella  compilare. 

a8  Ch*  è  tua  e  mia  sirocchia  :  non  è  pretto  pleonasmo  ,  ma  mira 
•  conciliare  a  Dante  V  amore  di  Stazio  .  *  Su  la  parola  Sirocchia  o 
aorocchia  (  come  più  ama  di  leggere  l*  Ab.  di  C.  )  il  Postil.  Cas.  nota 
ben  a  proposito  propter  artcm  poeticam  ;  Onde  anzi  che  supporre  un 
pleonasmo  Tespressioni  di  Virgilio  che  1*  anima  di  Dante  era  ad  am« 
Mdue  Sorella ,  vediamo  significarci  chiaramente  il  genio  per  la  poe* 
0Ìa ,  che  Dante  aveva  comune  con  Virgilio  e  con  Stazio .  S.  E.  Di  5i« 
TOcchia  per  sorella  vedine  i  molti  esempj  nel  Vocab.  della  Cr. 

3o  Però  eh*  al  nostro  modo  ec.  Perchè  inviluppata  nelle  corporali 
membra  non  può  così  bene ,  come  noi  dal  corpo  sciolti ,  vedere  ed 
intendere  • 

3i  3a  Ampia  gola  «T  inferno.  Intendendo  V  infemal  buca  essere 
come  ventre  della  terra ,  gola  et  Inferno  appella  il  Limbo ,  ond'esso 
In  tratto ,  perocché  posto  alla  sommità  di  quella  buca  :  e  bene  le  ag'f 
giunge  r  epiteto  di  ampia ,  per  essere  il  Limbo  il  primo  ,  e  più  am- 
pio cerchio ,  che  P  abisso  dgne  (a) .  '*  Omf  io  Vho  tratto  fuor  deWami» 
pia  gola  D'inferno  per  mostrarf^i .  Cos\  hanno  i  codici  Vaticano  e  Chi- 
giano  ;  e  così  più  piacerebbe  a  me  che  si  dovesse  qui  leggere  a  mag- 
ia) laf»  j  V.  a^. 


CANTOXXI.  391 

Oltre  quanto  1  potrà  menar  mia  scuola  • 
34    ^  dinne  9  se  tu  sai ,  perchè  tai  crolli 

Die'  dianzi  1  monte ,  e  perchè  tutti  ad  una 

Parver  gridare  infino  a'  suoi  pie  molli  ?         «.^ 
37     Si  mi  die'  y  dimandando ,  per  la  cruna 

Del  mio  desìo  ,  che  pur  con  la  speranza 

Si  fece  la  mia  sete  men  digiuna . 
4o    Quei  cominciò  :  cosa  non  è  che  sanza 

Ordine  senta  la  religione 

Della  montagna ,  o  che  sia^fuor  d' usanza*. 
43    Libero  è  qui  da  ogni  alterazione  ; 

gìor  chiarezza  del  testo  ;  onde  il  luogo  del  limbo  non  avesse  pid  stra- 
namente  a  confondersi  colla  trista  gola  et  inferno .  Nota  di  :>alvatore 
Betti .  N.E. 

33  Quanto  il  potrà  menar  mia  scuola  :  fin  dove  la  naturai  ragio- 
ne basterà  per  istruirlo  delle  cose  che  qu\  sono. 

34  35  36  Perchè  tai  ecm  Sinchìsi ,  di  cui  la  costruzione  :  Perchè  il 
monte  (^tuUo  intendi)  infino  a* suoi  pie  molli  ^  infino  alle  sue  radici  dal 
mare  circondate  e  bagnate  ,  die  dianzi  tai  crolli ,   e  perchè  ad  una , 
nnitamente ,  contemporaneamente  ,  panzer  tutti  gridar  Gloria  in  excel- 
Bis  Oeo  ?  ^  Il  Signor  Portirelli  avreobe  voluto  piuttosto  ,  che  il  i\  L* 
non  analizzasse  e  a  suoi  elementi  richiamasse  la  costruzione  <li  questi 
Tersi ,  credendola  sufficientemente  chiara  •  Noi ,  che  non  siamo  punto 
scolastici ,  non  ci  fermiamo  gran  pezza  su   di    essa  ;   ripetiamo    peri 
molto  di  buon  grado  ,  ciò  che   a  questo  luogo  dice   il  suUodato  Si- 
gnor Professore  :  scrivendo  egli  (Dante  }  con  somma  naturedezza  e  $emr 
plicità  y  talmente  clus  doserebbero  imitario  quelli ,  che  sembrano  far  cot^ 
sisiere  la  principale  bellezza  della  poesia  non    che  della  prosa   in   una 
strana  ,  ridicola  ,  e  confusa  traposizione  di  vocaboli  ;  e  che  propone»-^ 
dosi  anche  di  trattare  materie  Jisiche  scel^no  piuttosto  i  più  intricati 
periodi  delle  vecchie  novelle  ^  che  lo  schietto  aire  del   Galilei  ne*  suoi 
Dialoghi ,  del  Aedi  nelle  sue  Esperienze ,  del  Tassoni  ne^varj  suoi  Penr 
sieri .  N.  E. 

37  38  39  «Ti  mi  die*  ec.  Serve  qu\  la  particella  s\  ad  ambedue  i 
membri  del  parlare  che  siegue  >  e  dee  intendersi  come  se  detto  fosse  : 
Dimandando  Virgilio  così ,  mi  die*  per  la  cruna  del  mio  desio  (  frase 
tolta  daU*  infilar  dell*  ago ,  e  vai  quanto  colse  puntualmente  nel  mio 
denderio)  talmente  che  pur  con  la  speranza  ^  per  la  sola  speranza  d'ei- 
geme  soddisfatto  ,  si  fece  la  mia  seU  ^  la  brama,  men  ^digiuna  y  meno 
avida .  E  ciò  dice  bene  il  Vellutellp  ,  perchè  quanto  più  è  la  sneraa- 
sa  che  Tuomo  ha  di  conseguir  la  cosa  desiderata,  Unto  meno  e  mo- 
lesto il  desiderio  e  la  sete  che  ha  di  quella. 

4o  4i  42  Cosa  non  è  ec.  Rispose  Stazio  dicendo .  Qui  non  è  co- 
sa, che  la  religione  senta  (subisca)  senza  ordine,  e  che  sia  fuor  d'usan- 
za (  inusitata  sia  ) .  Lan  omo  •  •  i  * 

43  Da  ogni  alteraùowt  da  ogni  perturbazione  nei  quattro  el«me&U 


aga  FURGATOHIO 

Di  quel  che  1  ciel  da  se  in  se  riceve 
Esserci  paote ,  e  non  d' altro  ,  cagione  • 

(terra,  acqua,  aria,  e  fuoco)  cagione  dì  tutte  le  rnutazìoni  che  nel 
mondo  nostro  succedono. 

44  4^  t)i  quel  che  il  ciel  da  se  in  se  ec.  (in  se  da  se  l'edizioni 
diTerse  dalla  Nidobeatina).  Che  cosa  h  questa?  (grida  il  Venturi)  Io 
penso  che  voglia  intendere  della  luce  ,  della  quale  ,  massime  nel  sistema 
Tolemaico  temuto  da  Dante ,  si  verifica  benissimo ,  che  il  cielo  in  se  da 
se  la  riceva. 

Qui  il  comentatore  (Risponde  il  Rosa  Morando)  sembra  che 
scherzi  y  non  si  potendo  credere  che  sì  fatte  cose  non  slen  dette  scher^ 
aando  da  uomo  di  lettere .  Chi  udi  mai  dichiarasion  piii  tra%*ofta  ?  co^ 
me  e*  entra  qui  la  luce  ?  che  ci  ha  fare  il  sistema  di  Tohmeo  ?  Varrà 
Dant^ .,  che  nel  monte  del  Purgatorio  sentissi  un  tremore  impro\'iso . 
Virgilio  ne  chiede  il  perchè  a  Stazio ,  che  gli  risponde  essef  libero  quel 
ìuùgo  da  ogni  alterazione ,  e  non  poter  dò  essere  ila  altra  cagion  pro^ 
dotto ,  che  da  quello  che  il  cielo  in  se  da  se  riceve  ,  che  è  t  anima 
che  sale  al  cielo.  V  anima  è  celeste  cosa;  e  perciò  si  dice  che  il  cie- 
lo dk  ae  la  riceve  •  Che  altro  non  intenda  in  questo  luogo  significare 
il  Poeta ,  si  può  vedere  da*  seguenti  versi ,  ove  chiaramente  spone  dò 
che  quk  dice  in  astratto  : 

Tremaci^  quando  alcuna  anima  monda 
Si  sente  >  sì  che  surg'a  «  o  che  si  muova 
Per  salir  su  ec. 
Ecco  la  cagion  del  tremore  f   ed  ecco  spiegata  dallo  stesso  Dante  ogni 
cosa* 

Landino  (  rientra  il  Venturi  )  Sidta  questo  passo  .  Vellutello  Fin- 
tende  del  tremore  del  monte  ec. 

Che  vuol  dir  questo  (  ripiglia  il  Rosa  ) ,  «  pih  strana  congerie  di 
spropositi  chi  i'ide  mai  ?  Il  comentatore  non  ha  inteso  ne  Dante ,  ne  il 
Vellutello ,  e  tutto  intrica  e  confonde .  Ciò  che  il  cielo  in  se  da  se 
riceve  anche  il  Vellutello  disse  esser  V  anima  che  sale  al  cielo .  Inten- 
de però  cielo  per  Dio ,  e  dice  che  Dio  in  se  la  riceve  tirandola  in  su 
e  ammettendola  al  numero  degli  eletti  da  se ,  cioè  mosso  da  se ,  <?  da 
sua  somma  liberalità  e  grazia  ;  non  dal  merito  dclP  anima ,  che  tanto 
ella  non  potria  mai  meritare .  Im  spositione  è  un  pò  stentata  e  Ionia* 
na;  e  la  detta  di  sopra  nù  par  la  vera  {a) , 

Per  manifestare  però  io  pure  1* animo  mio,  oltre  che  troppo 
scarso  per  se  medesimo  mi  sembra  il  da  se  ad  esprìmere  che  sia  1  ani- 
ma celeste  cosa^  cosa  cioè  originata  dal  cielo  ,  accrescemi  diflicollà 
che  cercandosi  la  cagione  dei  suddetti  maravigliosi  avvenimenti  nel 
Purgatorio  ,  e  dir  volendosene  cagione  il  passare  delle  anime  dn!  1*ur- 
gatorio  al  cielo  ,  non  abbia  il  parlare  alcun  espresso  rnpporto  al  Pur- 
gatorio ,  e  si  favelli  in  guisa  che  niente  determini  da  qua!  luogo  pas- 
sino al  cielo  le  anime.  Imperocché ,  secondo  la  significazione  che  al 
da  se  attribuiscono  il  Rosa  Morando  e  il  Vellutello  ,  riceverebbe  il 
cielo  ugualmente  da  se  le  anime  abbellite  nel  i-urgatorio ,  che  le  ani- 
me degl'  innocenti  battezzati ,  le  quali  non  credo  che  faccia  il  poeta 
nostro  passare  pe  '1  Purgatorio . 

Dubito  adunque,  che  non  vaglia   qu\  da  se  quanto  da   lei  da 

(a)  Osservasioni  sopra  al  Fargatorio  a  ^oesto  patso  t 


CANTOXXt.  agS 

46    l^ercliè  non  pioggia ,  non  grando  9  non  neve  y 
Non  rugiada  ,  non  brina  più  su  cade , 
Che  la  scaletta  dei  tre  gradi  breve . 

4g     Nuvole  spesse  non  pajon  né  rade  9 

Ne  corruscar  ,  ne   figlia  di  Taumante 
Che  di  là  cangia  sovente  contrade . 

5a     Secco  vapor  non  surge  più  avante 

questa  montagna  ;  a  norma  cioè  di  qaell'  esempio  che  ne  propone  il 
Cinonio  :  Tuo  padre  mi  manda  a  dirti ,  che  ancora  che  tu  abbia  detto 
mate  di  se  ,  pur  egli  ti  c^njbrta  ,  che  tu  ami  se ,  e  quùnio  prima^  a  se 
ritorni  {a) .  A  questa  interpretazione  meglio  si  adatU  il  modo  dì  leg* 
gere  della  Nidob.  Di  quel  ^  che  il  del  da  se  in  se  riceve  Tmodo  te- 
nuto pure  da  tutti  i  mss.  della  biblioteca  Corsini  )  di  quello  s*  adatti 
l' in  se  da  se  dì  tutte  V  altre  edizioni  . 

Ecco  in  somma  com'  io  vorrei  intesa  tutta  la  sentenza  ne*pre- 
senti  due  versi  contenuta .  La  cagione  delle  novità  ,  che  in  questa 
montagna  accadono  »  non  può  esser  da  altro,  che  d!i  (per  da)  quel  9 
che  il  cielo  da  se ,  da  lei  ,  riceve  in  se  medesimo  :  dalle  anime  che 
passano  dal  purgatorio  al  cielo  *  Il  poeta ,  quasi  indovino  delle  in-  * 
tenzioni  de'  comentatori ,  si  compiacque  di  spiegar  questo  da  se  nell 
ultimo  verso  del  xxiii  di  questa  cantica ,  colla  parola  fa  vostro  se» 
gno  che  da  se  lo  Sf^ombra .  Dico  che  lo  spiega  per  questa  parola  f 
poiché  per  essa  ci  dà  il  mezzo  di  ridur  questo  elittico  parlare  al  suo 
pieno  y  il  quale  si  è  :  cagione  di  quello  che ,  la  montagna  sgombrane 
do  da  se  ^  il  ciclo  riceve  in  se  ,  può  esser  qui ,  ma  cagione  d^  altro  avveni" 
mento  non  può  essere •  ^Bì koìoli  .  Il  eoa.  Antald.  legge  e  non  d^  altra 
cagione  y  ma   sta  poi  colla  Nihobeatina  nel  da  se  in  se.  N.  E. 

46  47  /|8  yon  grando  (  il  Latino  in  vece  dell'  Italiano  grandine ,  . 
che  altrove  ad  opra  (e)  )  ,  non  neve ,  non  ec.  —  piii  su  carte  ,  che  la 
ec*  non  cade  su'l  monte  che  al  di  sotto  della  oreve  scaletta  di  tre 
gradi  ,  dei  tre  marmorei  gradini  posti  avanti  alla  porta  del  Purga- 
torio (il)  :  ed  è  questo  come  a  tlire,  che  dentro  dalla  porta  del  Pur- 
gatorio nissuna  delle  dette  meteore  accadeva  .  *  Di  tre  gradi  breve  9 
lì   cod.  Antald.  N.  E. 

49  IVon  pajon s  non  si   fan  vedere. 

50  5i  Corruscar  j  nome  verbale  per  comiscnzione  ^  lampeggiamene 
to  n  ^-^  figlia  di  Taumante  ec.  ^  Iride;  che  secondo  Ovidio  (nel  primo 
delle  Metamorfosi  )  perchè  facea  sacrificj  molto  accetti  a  Giunone, 
▼olendo  Giove  mandar  il  diluvio  sopra  della  terra,  Giunone  >  per  cam- 

f^arla ,  la  tirò  a  se  nella  sua  regione,  la  quale  è  1' aria  ,  e  convertil- 
a  nell*  arco  celeste  :  che  <li  qua  nell*  emisferio  nostro  lo  veggiamp 
sovente  cangiar  contrade ,  perchè  non  si  mostra  sempre  in  un  mede- 
simo luogo  ,  ma  in  diversi ,  secondo  che  lo  guarda  il  Sole ,  al  cnial 
è  sempre  in  opposizione  :  e  di  là  dico ,  perchè  nelP  altro  emisfeno^y 
dove  egli  era  allora,  non  si  vede ,  fin'^^endolo  inabitato  .  VcLLVTtLLO.. 
52  Secco  vapor,  dal  quale  si  generano   i   venti.  Daniello  ^:^'   ^*^ 

É 

(a)  Panie.  225  2    (b)  VedLil  precit.  Ciaoii.  PaHic.%o  4.    (c)<Vtai  p«c 
•itmpio  IbL  VX.  IO.    (<i)  Parg.  \%.  76  •  segg. 


994  PURGATORIO 

Ch'  al  sommo  dei  tre  gradi  ^  eh'  io  parlai  f 
Dove  ha  1  yicarlo  di  Pietro  le  piante  • 

55     Trema  forse  più  giù  poco  od  assai  ; 

Ma  per  vento  che  'n  terra  si  nasconda  9 
Non  so  come ,  quassù  non  tremò  mai  • 

58    Tremaci  quando  alcuna  anima  monda 

Si  sente ,  si  che  surga  »  o  che  si  muova 
Per  salir  su ,  e  tal  grido  seconda  • 

S5  Dei  tre  gradi ,  eh*  io  parlai  ^  vai  quanto  degU  antideiU  tre  grO' 
dif-'^eno^B* 

54  Dove  ha  il  vicario  ee*  Dove  tiene  i  piedi  l' angelo ,  che  ba  le 
diiari  di  %  Pietro,  e  ne  fa  le  di  Ini  veci.  Oi^' Aa ,  F edisioni  dÌTenc 
dalla  Nidobeatina. 

55  56  57  T*remn  forte  più  giti  ec.  Avvertendo  saggiamente  il  Poe- 
ta ,  che  può  bens\  piovere ,  grandinare  ec.  su  la  porzione  del  mon- 
te al  di  sotto  del  Purgatorio  senza  che  piova  grandini  ec.  su  la  por- 
sione  al  di  sopra  ;  ma  che  non  può  naturalmente  essere  scossa  dal 
terremoto  la  stessa  inferior  porzione  del  monte  senza  apportar  scuo- 
timento anche  alla  soprannosta  parte;  perciò  del  terremoto  parlando 
qn\  mota  stile,  e  dubitando  se  al  di  sotto  alcun  terremoto  succeda, 
r^tringesi  ad  assenri»  di  certo  ,  che  per  vento  sotterraneo  (  cioè  per 
la  da  W'  creduta  naturai  cagione  de  terremoti)  non  risentì  mai  la 
porzione  alta  scuotimento  veruno:  quasi  dica:  o  perchè  neppur  al  di 
sotto  mai  terremoto  succeda ,  o  perchè  prodigiosamente  impedisca 
Dio ,  i*ho  il  terremoto  da  basso  in  alto  si    comunichi . 

58  5o  ^o  '^rf>mari ,  vale  trema  qui  {a)  —  *  Sentesi ,  il  cod.  Vat.  » 
sentasi n  T  Anlaìd.  ed  il  Thig.  N. F.  —  sì  che  surga,  o  che  si  muova 
per  sa'fr  su  :  cz/rjiyf ,  quando  trovisi  in  luogo  vicino  alle-  scale:  si  muO' 
va  Tìe^  .crVr  .«/ ,  quando  sentasi  monda,  e  trovisi  in  parte  che  dalle 
scale  sia  lontana ,  tal  che  prima  di  salire  convengale  girare  del  pia- 
no su  del  quale  sta  ;  nel  qual  atto  non  sale ,  ma  movesi  per  salire  • 
Questo  pare  a  me  il  senso  .  De^li  altri  comentatori  chi  dice  niente, 
e  chi  dire  rosa  che  non  mi  soddisfa .  Ti  Landino  chiosa  ,  che  surga 
al  cielo  .  o  si  muoi'a  da.  un  girone ,  dove  ha  purgato  un  peccato  ,  alP 
tdtro ,  daK*e  nhhia  a  purgare  un  altro  peccato .  Ti  Vellutello  spone , 
che  surf^a ,  cioè ,  che  si  Ipvì  in  pie  :  e  questo  rispetto  a  t anime  di  qud 
girone ,  le  quali  s^'areno  volte  in  c^'ù  :  perchè  il  primo  lor  movimento  » 
quando  si  sentono  mtrfrate ,  ••/  è  Warsi  su  dal  giacere .  O  cFte  si  muo» 
va  ner  salir  su  :  e  questo  riw*»ffn  a  F  anime  fle  gli  altri  foconi ,  che 
mon  (nacenn  quando  sr'mifmenf^  *;  sentono  purgate.  Al  modo  del  Vel- 
lutello spiega  arche  il  PaniclTo .  Malamente  però  suppone  il  Landi- 
no, che  tremi  il  monte,  e  cantisi  il  detto  inno  ad  ogni  muover  d'a- 
nima,  anche  da  or»  girone  alVa'^ro.  T>Ìcendo  Dante  ciò  farsi  quando 
«1cun*anima  si  sente  mondai  assohif amente ,  e  non  quando  sentasi  mon^ 
da  anche  in  r,arte  ;  ti^ ,  di  fatto  ,  f-^cendo  Stazio  in  altro  girone  fer- 
marsi ,  ma  passar  dnftnmente  al  cielo ,  come  in  progresso  si  può  ve- 
dere y  bisogna   intendere  «   che  non  tremi  il  monte  >   né   quel!'  inno 


(a)  Dalia  piiticalla  ci  per  qui  vedi  Cinonio  Partic.  58  4. 


CANTOXXI.  395 

61     Della  mondizia  il  sol  voler  fa  prova  y 

Che  y  tutto  libero  a  mutar  convento  9 
L' alma  sorprende  9  e  di  voler  le  giova  • 

64    Prima  vuol  ben  ;  ma  non  lascia  1  talento 
Che  divina  giustizia  con  tal  voglia  ^ 
Come  fu  al  peccar  ,  pone  al  tormento  . 

s*  ìntuoni ,  se  non  quando  passa  un'anima  dal  Purgatorio  al  Paradiso  • 
Il  Vellutello  poi ,  e  il  Daniello  non  si  sono  avveduti ,  che  il  muO' 
versi  per  salir  su  può  dirsi  ugualmente  tanto  di  chi  in  piedi  essen- 
do muevesi  per  salire,  come  di  chi  giacendo  s'alza  per  salire  ^« 
tal  grido  seconda ,  vale  quanto ,  e  il  aatto  gridare  Gloria  in  ezcelsis 
Deo  accompagna  il  tremare  ,  che  fa  il  monte  allora  • 

61  *  Questa  e  la  seg.  terzina  si  trovano  nel  Coo.  Cass.  con  al- 
cune varianti ,  e  con  una  dottrina  aggiunta  in  margine  •  Il  P  Ab.  di 
C.  stimerebbe  preferibile  quella  lezione ,  e  però  potrà  vedersi  la  sua 
LiTTsiià  ec.  Il  cod.  Antald.  le  legge  così: 

Dell'  immondizia  solversi  fa  prova  « 
Che  tutta   Ubera  a  mutar  convento 
L'alma  sorprende  e  di    voler   le   giova. 
Prima  vuol   ben  ,  ma  noi  lascia  il  talento  t 
Che  divina  giustizia  cantra  voglia  ec. 
Così  a  un  dipresso  anche  il  cod.  Chi  giano  ;   cioè  solver  Ja  prova, 
iar  le  giova ,  contro,  voglia  ec.  N.  E.  —  Fa  pruova  ,   dà  certo  indizio* 
61  65  Che  tutto  libero  la  Nidob.  e  tutti  i  mss.  della  Corsini  "*  (  co- 
me altresì  il  Cod.  Cass.)  Che  tutta  libera  Taltre  edizioni  malamente 
**  e  il  cod.  Vat.  e  il  Chig.N.E.  —  Perchè  ,  come  in  seguito  dice  Dante  » 
V  anima  vorrebbe  anche  prima  ;  ma  il  di  lèi  volere  vien  reso  ineffi- 
cace dal    talento .    Quando    adunque  questo    contrario    talento  cessa  » 
sorprende ,  i  nveste  e  muove   allora  V  anima  nn_yoler  tutto  libero  -— 
convento  per    stanta  —  e  di  voler  le  giova ,  e  non  va  senza  effetto  il 
di  lei  volere;  come  appresso  dirà  che  andava  prima. 

64  Prima  vuol  ben:  bensì  vuole  anche  prima  —  ma  non  lascia  il 
talento  :  ma  V  inclinazione  non  lascia  cotal  volere  essere  efficace .  7Vi- 
lenlo  per  inclinazione  prende  Dante  anche  ove  de' carnali  dice 

Che  la  ragion  sommettono   al    talento  (a)  . 

65  66  Che  divina  giustizia j  omette  l'articolo  la;  dell'uso  della 
quale  omissione  vedi  Benedetto  Menzini  (b),  -»  con  tal  voglia  (  cioè 
con  volere  inefficace  ,  reso  tale  dal  contrario  talento  )  legge  la  Ki- 
dob.  meglio ,  mi  pare  ,  che  non  leggano  tutte  l'altre  ediz.  (  ^  e  del  cod. 
Vat,N.E.)  contra  voglia.  Imperocché  altro  è  il  dire,  che  col  volere  l'uò- 
mo inefficacemente  V  astinenza  dal  peccato  congiuuga  il  volere  effi- 
cacemente il  peccato  ;  ed  altro  è  il  dire  che  pecchi  1'  uomo  contra 
voglia ,  e  che  perciò  contra  voglia  sia  posto  al  tormento .  JV^on  est 
peccatum  nisi  voluntarium ,  è  il  comune  parlare  de'teologi  •  Con  qneU 
la  adunque ,  direi  io ,  inefficace  voglia ,  con  la  quale  fu  l'uomo  con- 
trario al  peccato  ,  mentre  a  peccare  si  determino  ,  con  la  medesima 
vorrebbe  nel  Purgatorio  surgere  dal  tormento ,  mentre  per  inclinazio* 
ae  a  soddisfare  alla  divina  giustizia  si   determina  ad   ivi  rimanere* 


^m* 


{a)  laf.  V*  39.    (à)  CostruM,  irregolar*  della  Uugum  Tose,  fap.  «!• 


39^  PURGATORIO 

€j    Ed  io  9  che  son  giaciuto  a  questa  dogUtf 
Cinquecento  anni  e  pia ,  pur  mo  sentii 
Libera  volontà  di  miglior  soglia  ^ 

70    Però  sentisti  'I  tremoto  ,  e  li  pii 

Spiriti  per  lo  monte  render  lo<^ 
A  quel  signor  ,  che  tosto  su  gì'  invii  • 

73    Cosi  gli  disse  ;  e  però  che  si  gode 

Tanto  del  ber  ìquant'  è  grande  la  sete  » 
Non  saprei  dir  quant'  e'  mi  fece  prode . 

76    E  1  savio  duca  :  ornai  veggio  la  rete 

Che  qui  vi  piglia  ,  e  come  si  scalappia , 
Perchè  ci  trema  ,  e  di  che  congaudete . 

67  68  6p  Giaciuto  a  questa  dogfia  cinquecento  anni  e  pili.  l)all 
•Wpo  di  Gcsb  Cristo  g6 ,  circa  il  quale  Stazio  morì  («),  al  t3oo. ,  in 
coi,  come  più  vofte  è  detto,  finge  Dante  qupsto  suo  viaggio,  «cor- 
sero anni  piii  di  mille  dagento  •  Aven'lone  adunque  ^tazio  passati  in 
questo  girone  cinquecento  e  piity  e  nel  quarto  de^H  accidiosi,  cofme 
nel  seguente  canto  dirli ,  restato  essendo  piti  che  il  quarto  rentesmo  (b) , 
dee  il  rimanente  intendersi  consumato  ne'hioghi  anteriori  —pur  mo^ 
ora  sohmenfe  —  di  miglior  sogÙa  ,  sineddoche ,  per  di  migliore  stan» 
SU)  di  mifffiore  aiitazione, 

ni  Chtf  (osto  su  ffP invii.  O  la  particella  che  pone  per  acciocché  (r)» 
e  nella  lode  a  Dio  per  l' altrui  sollevamento  intende  congiunta  da  que- 
gli »pin  ti  preghiera  ne '1  proprio  comune  sollievo  f  rome  Hi  fatto  nel 
corpo  deirinno  Clona  in  excehts  Deo  hawi  il  qui  toflis  peccata  mun^^ 
di  mis^rere  nohis  /»r.  )  :  o  Che  tosto  sii  gT  im'ìì  ^  una  preghiera  ,  che' 
incidentemente  unisce  Stazio  per  qoe'  medesimi  che  hanno  lodato  Id- 
dio pe'l  proprio  ricevuto  sollievo ,  e  come  se  detto  fosse  il  qual  Si" 
gnore  tosto  essi  pure  su  invii . 

7!^  7/1  Però  che  xi  frode  tanto  del  her^  quanV  e  er.,  allegorica- 
Biente  in  vere  di  dire:  Però  che  si  ha  tanto  piacer  di  sapere ^  quanl*è 
il  desiderio  di  sapere» 

75  Guanto  mi  foce  prode  ,    quanto  il   parlare  di  Stazio  mi   fece 


nezza  di  verso  .  N.  E. 

76  •77  La  rete ,  Che  qui  vi  piglia  <  metaforicamente ,  per  la  co- 
gitone  che  qui  vi  trattiene ,  cioè  il  talento  di  soddisfare  alla  divina 
giustizia  ,  V,  6f\  —  e  come  si  scalappia ,  ed  in  qua!  modo  cotal  rete 
ti  apre ,  si  svolve . 

78  Perchè  ci  trema ,  perchè  suscitato  siasi  qui  poco  fa  quel  tremo- 


^ 


(a)  Vtàì  Fabritio  BihL  Lai.  de  Stailo  poeta,  {h)  v.  $%.  (e)  Cinon.  Par* 
He.  44  iB. 


0  A  N  T  O    XXI,  a^ 

^9    Ora  cki  fosti  piacciati  eh'  io  sappia  5 
£  perchè  tanti  secoli  giaciuto 
Qui  se' ,  nelle  parole  tue  mi  cappia  < 

8a     Nel  tempo  che'I  buon  Tito,  con  lajuto 
Del  sommo  Kege  ,  vendicò  le  fora 
Ond'  uscì'l  sangue  per  Giuda  venduto; 

85     Col  nome  che  più  dura  e  più  onora 

re,  canto  preced.  v,  iq8  (a),  *  Dicche  ci  trema  ^  il  cod.  Antald.  N. 
Eé  •—  «  di  che  cofigaudete  ,  e  di  che  con  quell*  inno  Gloria  in  ex- 
ceUis  vi    congratulnte .  (  ongnudete^  latinismo  in  grazia  della  rima. 

81   Nelle  paroìe  tue  mi  cappia.  Ch'io  intenda,  e  mi  capaciti  per 
mezzo  delle  tue  parole  ;  cosi  il  >  olpi  :  o  legami ,  fammi  piii  a  te  af-  ' 
fezionato  ,  rispondendo  con  parole  cortesi  ,  sì  che  mi   appaghi  :  così 
il  \ellutello  .   Cappiare  non  si  legge  nella  Crusca  ;  accappiare  sì  :  co- 
sì ella   del  suo  arbitrio  prevalesi .  \entiibi. 

Conviene  creHere  che  all'occhio  del  sig.  Bosa  Morando  sfug- 
gita siasi  questa  chiosa  .  Sogna  primieramente  il  Venturi  nell' appic- 
care al  Vellutello  colai  legcmi  ec.  Se  il  cemento  del  Vellutello  uni- 
to a  quello  del  1  andino  neir  edizione  Veneta  1578.  non  è  diverso 
dagli  altri ,  io  non  veggo  ove  ciò  il  ^  eJlutello  si  dica .  A  spropo- 
sito poi  va  a  cercar  dalla  Crusca  il  cappiare  per  averne  il  cappia  ^ 
eh* è  da  capere.  Il  P<mbo  (avvertisi  nel  Prospetto  di  verbi  Toscani 
sotto  il  verbo  capere  n.  8.)  rigetta  la  voce  cavia  ,  e  vuole  che  la  p 
si  raddoppi ,  e  si  dica  cappia  ;  e  dice  bene ,  ctie ,  come  da  sape  sì 
fa  sappia  ,  così  da  cape  si  dee  formar  cappia  .  Poccaccio  giorn.  i. 
nov.    I    Io  san  contento ,  che  così  ti  coppia  nelC  animo  (b) , 

Il  mi  cappia  adunque  significa  il  medesimo  che  mi  capisca ^ 
mi  sappia  :  e  nelle  parole  tue  Val  qunnto  per  le  parole  tue.  l.e  parti- 
celle nelle  ^  ed  in  le  sono  una  cosa;  e  però  come  la  in  si  adopera 
in  luogo  della  per  (r) ,  medesimamente  può  la  nelle  adoprarsi .  Se 
avesée  il  Venturi  ben  intesala  spiegazione  del  A  olpi ,  avrebbe  rispar- 
miato di  cercar   nodi  nel   giunco . 

8a  85  84  Tito  \  espasiano ,  che  continuando  la  guerra  contro  de' 
Giudei  già  da  suo  padre  incominciata ,  distrusse  la  loro  capitale  Ge- 
rusalemme ,  —  buono ,  così  viene  encomiato  da  tutti  gli  scrittori  — 
con  C  ajuto  Del  sommo  iìegr  ,  mosso  dal  divin  braccio  al  gastigo  di 
quel   perverso  popolo  —  vendicò  le  fora.  Come  peccata  scrivesi   per 

Jìeccati  e  così  molt*  altri  nomi  plurali  ,  nello  stesso  modo  fora  per 
ori  per  ferite  ;  e  le  ferite  pone ,  per  metonimia ,  in  vece  della  mor- 
te dalle  ferite  cagionata,  ond*  uscì  il  sancue  per  Giuda  venduto.  \ ie- 
ne con  questo  aggiunto  a  far  capire  ,  cne  vendicò  l'ito  la  morte  di 
Gesù  Cristo  ,  venduto  agli  bbrei  da  Giuda ,  l' empio  discepolo  :  e  tra- 
sferisce alla  parte ,  al  sangue  ,  1*  epiteto  di  venduto ,  conveniente  a 
tutta  la  persona  del   redentore. 

85  Col  nome ,  che  più  ec.  Col  nome  di  Poeta ,  il  quale  pili  dura  ^ 

(fl)  D«1U  particella  ci  per  qui  è  detto  di  sopra  al  v,  SS.  (b)  Vedi  Ma^ 
suofini  Teoria  e  Prospetto  de*verbi  Italiani  ,  ove  diKOxif  di  tal  modo,  Vec« 
ko  Capere  n.  xo^    (e).  Ciaoo.  Pan»  i9<f  i^» 


S9t  PURGATORIO 

Ei^  io  di  là  9  rispose  quello  spirto  y 
Famoso  assai ,  ma  non  con  fede  ancora  • 
88    Tanto  fu  dolce  mio  Tocale  spirto  , 

Che  Tolosano  a  se  mi  trasse  Roma  ^ 

cbed* altro  scrittore;  e  pìii  onora  chi  è  insignito  Teramente  di  tale 
titolo.  Onde  Locano  O  tacer  y  et  mof^nus  vniiim  labori  omnia /aio 
EripiSy  et  donas  popuUs  morialibus  aevum*  T. andino. 

86  Di   là  ,  nel  mon.lo  di  là ,  nel  mortai    mondo  . 

87  Ma  non  con  fede  ancora  :  ma  non  era  per  anche  illominato 
dalla  fede  cristiana . 

88  Tanto  fu  dofre  mio  vocale  spirto:  tanto  dilettò  la  mia  Toce» 
il  mio  cantare  .  Allude  (  chiosano  tutti  gli  espositori  )  all'  encomio  $ 
«he  al  medesimo  .  tazìo  fa  <»iuYena1e  nella  settima  satira 

Cmmtur  ad  vocem  jucmndam  ,  et  cartmen  amieae 
Thtbaidot ,  laetam  fecit  cmm  Statimi  mrhem  , 
Ptomisuque  diem  :  tanta  dmUédint  captai 
Aficit  ti: e  animos  te. 

89  Che  Tofosano .  Stazio  Fapinio  che ,  come  nel  seguente  terzet«< 
to  per  le  proprie  poetiche  composizioni  ne  si  dh  n  conoscere,  è  co- 
cosa  fuor 
medesimo 


i  giustificar 

Dante  con  dire,  che  •  tazio  fosse  nativo  di  Napoli  ,  ed  orit^inario  di 
Tolosa .  Ma  oltre  che  non  fondano  essi  V  asserzicine  sna  in  reruno 
•crittore ,  contraddice  loro  .  tazio  medesimo  ,  che  nell'epicedio  a  suo 
padre  (e)  scrive 

le  de  gente  suam  Lntiis  ascita  colonis 
Gmia  r^fert  Sitile  . 
Migliore  avviso  fu  certamente  quello,  ch'essi  non  vollero  segui- 
re,  del    Landino;   di  rifondere   T^Trore     el  nostro   poeta   in   Placido 
ILAttauzio  (r/)  ,  antico  oomeiitatore  «iella  Tebaide  ed  Achilleide  di  Sta- 
dio .  Di  fatto,  in  fondo  d^uii   antico  codice  contenente  i  comenti  di 
Placido  Lattanzio  sopra  i  prefati   poemi    di   ''tazio,  dato  in  I  nrigi  al- 
le stampe  nel  i  f^oo.  I  egi^esi  :  De   Papinio  Surculo  Statio  ex  veterihus  li» 
tris:  Si  qws  Olite  m  undcfucrit  (  *^tatius  )  qitierat ,  invenitiir  fuisse  The» 
iosensisy  quas  cìvitas   Gaiiiof  fSt;  ideoquc  in    Galh'a  releberrim*^  docuit 
rhetoricam  ;  std  postea  veniens  'iomnm  ad  poffn'nm  se   tmnxtuìit .  Uve 
si  vede  avere  esso  I  attanzio ,  o    qualunque  siasi   I*  antico  scrittore  di 
tale  notizia,   confuso    'tazio   i^apinir»    il  poeta   ^apolitano  con    Stazio 
Surculo  (  Ursolo  e  non  Surculo  voglion  altri  chiamarlo  (e)  )  rettorìco 
di  Tolosa  C/) . 

(a)  Sratio  oelU  letiera  a  Stella  ,  premessa  al  libro  primo  delle  Selve  ,  di- 
ca taa  la  Tebaide.  (b)  \e^f,*t\  .  per  caficn  d'  esempio  la  lettera  che  manda  ia- 
■antl  al  lib.  S,  e  ciò  cbe  nello  stesso  libro  scrive  nd  CI  tudiam  uxorem  n.  5. 
(e)  S'/f'.  lib.  4  n.  3.  id)  EvTi  chi  lo  appella  I  uttazin  .  Vedi  .  tra  gli  al- 
tri Vottio  depottis  Lat  e.  3.  Quantunque  sia^  i  del  disparere  circa  il  tempo 
la  cui  aoesto  cementatore  di  Statio  vivesse  .  che  sia  egli  p  rò  di  gran  lunga  pièi 
■nt;co  di  Dante  non  vi  ò  dubbio  alcuno  .  Vedi  Psbrixio  nella  Biblioteca  Latina 
de  Statio  poeta  .  in  quelle  annoratiooi  .  (e)  Vedi  Gervartio  nel  principio  dal* 
la  oota  alia  Salvo  di  Stazio.    (/)  Chrou.  Susgb.  apad.  s,  Huron.  MMLX  Xllf. 


CANTO    XXI.  199 

Dove  merlai  le  tempie  ornar  di  mirto. 
51     Stazio  la  gente  ancor  di  là  mi  noma  ; 

Cantai  di  Tebe  »  e  poi  del  grande  Achille  ; 
Ma  caddi  'n  via  con  la  seconda  soma  . 

Un  tale  errore  fu  per  tcstìmonìniiza  di  Giuseppe  Scaligero  (a)  , 
fino  a*  tempi  suoi    comune  :  e  poco  dopo  i   tempi  di  Dante  troviant 
noi  del  medesimo  poeta  Stazio  scritto  pure  dn   Giovanni    Boccaccio 
£  Stazio  di  Tolfl%a  ancora  caro    (h) . 
La  maraviglia  però  ,  che  durasse  questo  errore  s\  lungamente, 
e  gìugnesse  ad  eludere  la  vastissima  erudizione  del  nostro  poeta ,  dee 
cessare  onninamente  al   fatto  che  ci  rapporta  il  celebre  Lilio  Oìral- 
di  ;  che  le  Selve   di  Stazio  (  quella  sola  opera  in  cui  ne  manifesta 
Stazio  la  sua  patria  essere  Napoli)  stettero  lungamente  smarrite  (e); 
e  pih  chiaramente  al  rapporto  che  ne  fa  il  chiarissimo  Poliziano ,  eh% 
tutti  i  codici  delle  Staziane  Selve  de'  tempi  suoi ,  trascritti  fossero  da 
uno  recato  di  Francia  dal  Poggio  (ci)  ,  ch'è  quanto  a  dire  posterior- 
mente alla  morte  di  Dante   circa  un  centìnajo  d'anni  (e) 

V  autore  delle  note  al  presente  poema  stampato  in  Lione  dèi 
'S^i.  pensa,  che  per  errore  de' copiatori  siasi  scritto  Tohsano  in  ve» 
ce  di  Teltfsaìio,  cioè  di  Telesa  ,  o  Telesia  ,  città  oggi  distrutta  in  po- 
ca  distanca  da  Napoli . 

Ti  ripiego  per  verità  fu  acuto  :  ma  il  menzionare  Stazio  neHt 
sue  Selve  Napoli ,  e  non  Telesia  ;  Tidentità  dello  sbaglio  in  altri  scrit- 
tori prima  e  dbpo  Dante;  e  il  non  trovarsi  finalmente  neppur  un  so- 
lo manoscritto  che  legga  Telesano  ,  sono  tante  certissime  prove  in 
contrario  . 

pò  ìferiai  le  tempie  ornar  di  mirto.  Solevano  gli  antichi  non  pur 
di  lauro,  ma  di  mirto  ancora  incoronare  i  poeti  :  onde  Virgilio. 

Et  vns  o  lauri  carpam  ,  et  te  proxima  myrte  (f)  ? 
Il  che  imitando  il  Petrarca  disse  : 

Qual  vaghezza  di  lauro  f  o  qual  di  mirto  (g)  ? 
Avvegnaché  la  corona  del  mirto  fosse  pili  propria  de'poeti  che  can- 
tarono d' amore  (  per  essere  quell'arbore  consacrato  a  Venere  )  ,  cho 
non  era  degli   altri.  Daniello. 

91  Stazio  la  gente  ancor  ec.  Il  nome  mio  di  Stazio  ricordasi  tut- 
tavia dalla  mondana  gente. 

9a  Cantai  di  Tebe  ec.  composi  i  dne  poemi  la  Tebaido  ,  e  FAchil- 
leide . 

Cji^  Ha  caddi  'n  via  con  ec.  :  cioè  ,  non  detti  perfezione  al  secon- 
do libro,  che  fu  l'Achi11ei<Ie,  prevenuto  dalla  morte.  Onde  erra  as^ 
sai  Francesco  da  Buti  ,  il   qual    riprende  Dante ,  che   dica  tal   opera 

»  ^_^ 

(n)    ^ot.  in  Ettseh,    Chron-  MMLXXIII.      (b)  Amorosa    vii,  caat.  5. 

(e)  De  Lat,  poet,  dialoc;.  4.    (d)  Scrivtci  colai  memoria  il  Politiano  di  proarl» 

pugno  in   fondo  ad  ooa    copia  che    nella  Cortiniana  biblioteca  consorvati   atUa 

Staziane  Selve  stampate  insieme  con  Catullo  ,  Tibullo,  e  Properzio  dol  l^7^^% 

•  mi  fa  cortesemente  avvisata  e   mostrata  da  qnel  gei^tilissimo  od  OToditissimo 

bibliotecario  sig.   Canonico  Niccoìa  Foggiai,     (e)  Mori  il    Poggio  «  ritrovatoro 

della  predetta  ,  e  d'  altre  opere  d'  anticbi  scrittori  ,  nel  l45o  d'  anni  79  Vedi  « 

tra  gli  altri ,  il  Morali ,  •  morì  Dante  dal  iSai.    (/)  Edo^a  a.      (g)  Pait.  1. 

•tn.  7. 


Soo  PtTUGATOUlO 

94    Al  mìo  aràor  fur  seme  le  fiiville  ^ 

Che  mi  scaldar  ^  della  divina  fiammd 
Onde  sono  allumati  più  di  mille  ^ 

97    Dell'  £neide  dico ,  la  qual  mamma 

Fummi,  e  fummi  nutrice  poetando; 
Sanz'  essa  non  fermai  peso  di  dramma  « 
ice     E  per  esser  yivuto  di  là  quando 

«Mere  imperretta ,  e  vuole  che  sia  perfetta  .  Ma  se  aresse  ben  notato 
il  principio,  avrebbe  manifestamente  inteso  quel  poema  essere  in- 
coato ,  non  perfetto .  Oitra  di  ciò  dicono  alcuni ,  cne  non  cadde  con 
la  seconda  soma  ,  ma  con  la  terza  ;  perchè  avea  assoluto  non  solamen- 
te ia  Tebaide ,  ma  ancora  le  Selve .  A'  quali  rispondiamo ,  che  le  Sei* 
Te  non  sono  onera  laboriosa ,  ma  piuttosto  scritta  per  relassar  1'  ani- 
mo stracco  dalle  laboriose  vigilie  della  Tebaide  .  Adunque  non  me- 
ritavano le  Selve  esser  chiamate  soma ,  come  V  Achilleide  ;  la  quale 
impresa  non  avea  minor  difficolti  che  la  Tebaide  .  LàHoiiro .  Quan- 
to però  a  Quest'ultimo  obbietto  appartiene,  parmi  che  per  le  cose 
dette  sotto  il  verso  So.  si  possa  creaere ,  che  non  sapesse  Dante  es- 
sersi da  Stazio  oltre  della  Tebaide  e  dell'  Achilleide  fatte  altre  com- 
posizioni . 

94  9^  9^  ^^  ^^  a>^or  ec.  Dal  seguente  terzetto  DeìT  Enmde  di" 
eo  ec.  vien  chiaro  che  esalti  Stazio  co*presenti  allegorici  termini  l'Enei- 
de di  Virgilio,  e  che  per  la  divina Jiamma  intenda  essa  Eneide  do- 
nata a  Virgilio  dal  cielo  ad  illuminare  le  menti  degli  uomini ,  ed  ac- 
cenderle all'  amore  della  poesia  .  Al  mio  ardor  (  adunque  io  chioso  ) 
all'affetto  mio  alla  poesia  /wr  seme,  incentivo,  lefamleche  mi  scoi' 
dar  della  divina  fiamma  y  il  calore  che  m'investì  del  celeste  fuoco  in- 
fuso dal  cielo  in  Airgilìo,  onde  ^  dalla  qual  fiamma,  piìi  di  mille  ^ 
moltissimi  uomini ,  sono  allumati ,  accesi  alla  poesia  .  Scrivo  io  per- 
ciò che  mi  scaldar  tra  due  virgole. 

gn  98  Eneide  la  Nidob. ,  Eneida  le  altre  ediz.  "^  e  il  Cod.  Vat« 
e  il  Cnig.  N.  E.  —  Il  celebre  poema  di  Virgilio ,  cos\  da  esso  appel- 
lato da  Enea  Trojano ,  le  di  cui  gloriose*  gesta  sono  la  parte  princi- 
pale di  quel  poema  —  mamma,  madre,  perocché  lo  produsse  alla  poe- 
sia* 3famma  per  madre  diconla  i  compositori  del  \  ocabol.  della 
Cr.  voce  fanciinlcsca  .  Ma  se  in  Toscana  non  s'adopera  colai  voce  che 
da' fanciulli ,  in  altri  paesi  d' Ualia  ,  dai  quali  volentieri  prende  Dan- 
te voci ,  si  adopera  anche  da'  grandi  ,  e  segnatamente  in  Milano  .  — 
nutrice i  perchè  oltre  d'averlo  fatto  applicare  alla  poesìa,  prosegui 
ad  ammaestrarlo   nella  medesima  . 

Op  Sant'essa  non  Jermai ,  (non  pesai  j  il  Cod.  Anlald.  N.  E.) 
non  fissai ,  non  istnbilii  — peso  di  dramma  ,  la  minima  cosa.  Giudica 
il  Vellntello ,  che  faccia  I  tante  Stazio  parlare  così  per  rapporto  a  que- 
gli ultimi  versi  della   Tebaide . 

0  mthi  bis  senoi  muUum  vigilata  per  annos 

Thebai  l 

yivc  precor  ,  nec  iu  divinam  Aeneida  tenta  ; 

Sed   longe  sequcre  ,  et  vestigia  semper  adora . 
100  loi   102  E  per  esser  vivalo  ec»  per  la  sorte  che  avessi  avuta 


GANTO;XXI.  lot 

Visse  Virgilio ,  assentirei  un  Sole 

Più ,  eh'  i'non  deggio ,  al  mio  uscir  di  bando. 

di  convivere  con  Virgilio  —  *  Giunse  Virgilio  ,  il  Cod.  Vat.  N.  E.  — 
assentirei  al  mio  uscir  di  bando  un  Sole  piii  che  non  deggio ,  m' ac- 
contenterei che  si  prolungasse  il  bando  mio  dalla  celeste  patria  un  an- 
no di  piii  di  Quel  che  dee  durare.  Soli  per  anni  anche  Tnf.  vi.  68. 

Oiticanau  il  \enturi  il  taci  che  nel  terzetto  seguente  riferisce 
Dante  esser  lui  stato  detto  co'  gesti  da  Vireilio  per  cagione  di  questo 
parlare  di  Stazio  ,  Questo  taci  (  ilic'  egli  )  io  potei^a  dire  a  Stazio  com 
awisarìo  a  non  dirf  quei  spropositi;  che  non  e  poca  sciocchezza  di 
un*  anima  ^  che  per  5oo,  anni  (anzi  p'iix  di  mille.  Vedi  al  v.  67)  il 
è  purgata ,  voler  patliigginre  un  anno  di  dilazione  di  Paradiso ,  e  di 
permanenza  in  quelle  pene  ^  per  il  vano  contento  di  essersi  tnxmta  a 
convivere  con  f^irgilio  ,  come  bene  osserva  il  P,  £  j4quino  .  tfh  è  suj^ 
Jiciente  ammenda  quel  sorriso  di  Dante ,  che  non  ha  niente  che  fare 
colla  disapprovazione  di  un  tal  detto  poco  considerato  ;  e  mi  stupisco  ^ 
che  come  ammenda  F osservi  il  P,  d^  Aquino  .  Ma  il  pili  belio  è ,  che 
il  Landino  si  mette  a  difendere  seriamente  il  Poeta  da  alcuni,  che 
f  incolpano  tC  aver  fatto  Stazio  tiepido  d*  affètto  verso  Firgilio  ,  me/i- 
tre  fa  che  patteggi  un  anno  solo  di  Purgatorio  per  il  sui&Ho  vanissi- 
mo piacere» 

Dante  non  è  da  riprendere  T  risponde  al  Venturi  il  Rosa  Mo- 
rando )  perchè  questo  si  diebbe  prendere  per  un*  iperbole .  Passo  tutto 
a  proposito  per  la  difesa  ili  questi  versi  si  ha  ne*  Reneficj  di  Seneca 
(lib.  7  cap.  'i3  )  In  hoc  omnis  hyperbole  extenditur,  ut  ad  verum 
mendacio  veniat .  Uaque  qui  dixit,  qui  candore  nives  anteiretj  cursi* 
bus  auras ,  quod  non  poterai  fieri  dixit ,  ut  crederetur  quantum  plu* 
rimum  posset .  Numquam( owc/vi  bene)  tantum  sperat  hyperbole, 
quantum  audet  ;  sed  incredìbiliu  affirmat ,  ut  ad  creaibilia  perveniat  • 
Dante  fa  qui  affermare  a  Stazio  una  cosa  incredibile,  com  e  questa 
dilazione  del  Paradiso ,  acciò  si  venga  alla  credibile ,  eh*  è  la  somma 
venerazione  ed  amore  che  Stazio  porta  a  Virgilio .  Per  questa  ragione 
Catullo  (  carm,  1 02  )  parlando  flella  sua  Lesbia  • 

Ambobm  mihi  quae  carior  est  oculis  g 
e  il  JNaugero 

Diipeream  nisi  tu  vita  mihi  carior  ipsa  , 

Atque  anima  ,  atque  oculis  es  ^  mta  Hyella  t  mtis 
Bello  esempio  se  ne  ha  pure  in  Orazio  \  là  dove  per  mostrare  un  ere* 
dibile  ,  eh*  è  P  amar  Laiage  ovunque  si  fosse ,  dice  un  incredibile ,  ch'k 
r  abitare  amandola  in  que* paesi ,  che  per  soverchia  arsura  ,  e  perfred- 
do  furon  tenuti  inabitabili  al  tempo  suo 

Pone  me  pigris  ubi  nulla  campi s 

Arbor  aestiva  recreatur  aura  , 

Quod  latus  mundi  nebuiae  malusque 

lupi  ter  urget. 
Pone  sub  curru  nimium propinqui 

Solis^  in  terra  domibus    negata  ; 

Dulce  Tidentem  Lalagen  amabo  « 

Dulce  loquentem  (a)  , 
Che  in  quel  noto  sonetto  Pommi  ov'il  Sol  ec.  {b)  fu  dal  Petrarca  imi- 
tato  •  Fin  qui  il  Rosa  • 


(a)  Carm.  lib.  i«  a4t  22.    {h)  Sem.  xi% 


PURCATORIO 

ìo3    Volser  Virgilio  a  me  queste  parole 

Con  viso  che  ,  tacendo ,  dicea  :  taci  ; 
Ma  non  può  tutto  la  virtù  che  vuole  ; 

io6    Che  riso  e  pianto  son  tanto  seguaci 

Alla  passion  da  che  ciascun  si  spicca, 
Che  men  seguon  voler  ne' più  veraci. 

109    Io  pur  sorrisi ,  come  V  uom  eh*  ammicca  : 

Perchè  V  ombra  si  tac<pie ,  e  riguardommi 
Negli  occhi,  ove  1  sembiante  più  si  ficca. 

lift    E ,  se  tanto  lavoro  in  bene  assommi , 

A  me  però  sembrerebbe  la  piii  spedita  dì  rispondere ,  che  sup* 
pone  Dante  essere  quest'  anime  ancor  soprgette  a  passioni  ed  errori , 
e  tali  perdurare  fin  che  non  sieno  eccitate  al  pentimento  ,  e  tarate 
mei  fiume  r^ete ,  Purg.  xxxi.  55  e  segg.  Cotale  aaso^j^gettamento  a  pas- 
sione ed  errore  fa  Dante  qui  tacitamente  confessarsi  da  Stasio  mede» 
Simo,  facendogli  nel  fine  del  presente  canto  dire  a  >irgilio 

Or  puoi  la  qmamiiiaie 

Comprender  dell*  amor  eh'  a  ié  mi  scalda  « 
Quando  ditmento  nastra  vanitalt , 
Trattando  V  ombre  come  cosa  salda  • 
E  se  r  amor  troppo  grande  a  Virgilio  fece  Stazio  dimentico  della  pro« 
pria  attuai  sanità  in  cui  si  trovava;  molto  pih  poteva  farlo  dimenti- 
co delle  pene  in  Purgatorio  patite,  e  del  bene  che  sperava  in    Pa- 
radiso. 

io\  Con  visti  che  ec»  Dnl  dire  in  seguito  Dante  Io  pur  sorrid 
(c^.  109)  ci  si  dà  a  capire,  che  con  sorridente  viso  accennasse  Vir- 
gilio a  Dante  il  silenzio  .  *^  fraise  FirgiUo ,  il  Cod.  Vat.  Disse ,  tad , 
1  codd.  Vat.  e  Chig.  N.  E. 

1  o5  /ui  virtii  che  vuole ,  cioè  quella  potenza  che  si  chiama  Tolon- 
tà.  Landino  . 

106  107  108  Son  tanto  seguaci,  vengono  tanto  prontamente  in 
seguito.  —  Alia  passion  da  che  ciascun  si  spicca j  cioè  all'allegria, 
da  cui  cagionasi  il  riso  ,  ed  alla  tristezza ,  onde  cagionasi  il  pianto  • 
*  Di  chcj  ìì  cod.  Vat.  e  Chig.  N.  E.  —  Che  men  seguon  voler  ne* piti 
veraci.  Prova  concisamente,  che  il  pianto  e  il  riso  seguaci  sieno  del- 
la passione  e  non  del  volere,  dal  far  osservare  che  quanto  più  gli 
nomini  sono  veraci ,  più  semplici  e  di  cuore  aperto  ,  meno  in  cotali 
per  esternarsi  il  pianto  e  il  riso  aspettano  il  volere,  il  concorso  della 
volontà . 

109  Come  Puom,  eh*  ammicca:  come  T  uom  il  quale  accennala 
cosa,  che  non  vuol  esprimere  con  parole.  Vellutbllo.  Dee  ammi* 
care  esser  corruzione  del  fiatino   atlniclare , 

111  IVegti  occhia  a.*e  il semhiante  piti  si  Jicca  :  ove  il  più  verace 
sembiante  aspetto   dclT  animo  si   colloca . 

112  II 3  114  E  se  tanto  lavoro  ec.  *  (labore  il  Cod.  CàZT.  e  il 
Vat.  e  il  Chig.  (a)  N.  E.  )  Essendo  questa  se  tanto  lavoro  in  bene  as- 

{a)  Otscivitmo  cke  aacke  il  Caa.   Dionigi  lessa  Uhors  • 


CANTO    ICXT.  5oS 

Disse  9  perchè  la  faccia  tua  testeso 
Un  lampeggii^r  di  riso  dimostrommi  ? 

1 1 5    Or  son  io  d'  ima  parte  e  d'  altra  preso  ; 
L'  una  mi  fa  tacer ,  V  altra  scongiura 
Gh'  i'  dica  ;  ond'  io  sospiro  ,  e  sono  inteso  • 

Ii8    Di' 9  il  mio  maestro,  e  non  aver  paura. 
Mi  disse  9  di  parlar  ;   ma  parla  ,  e  digli 
Quel  eh'  e'  dimanda  con  cotanta  cura  • 

lai     Ond'io:  forse  che  tu  ti  maravigli, 
Antico  spirito  ,  del  rider  eh'  i'  fei  ; 
Ma  più  d'  ammirazion  vo'  che  ti  pigli  • 

Il4     Questi,   che  guida  in  alto  gli  occhi   miei» 
È  quel  Virgilio ,  dal  qual  tu  togliesti 
Forte  a  cantar  degli  uomini  e  de'  dei . 

sommi  un'  interposta  apprecazione ,  in  cui  la  j?  equivale  al  Latino 
sic  (a)  j  o  all'U-ìliano  cne  (b) ,  e  come  se  in  vece  fosse  detto ,  che  possi 
tu  condttr  a  buon  termine  la  grande  intrapresa  opera  di  visitar  vivo 
questi  luoghi  (r) ,  la  ho  io  perciò  serrata  tra  due  virgole ,  e  faccio  U 
costruzione  così,  E  disse  i  perchè  ^  se  in  bene  assommi  tanto  lavoro  ^ 
la  faccia  tua  testeso  (testò  ora  (^  )  dimostrommi  un  lampeggiar  (C  un 
riso .  *  Un  lampeggiar  di  riso ,  ha  egregiamente  il  cod.  Antalu. ,  e  noi 
lo  seguiamo  invece  AtdW  un  lampeggiar  (C  un  riso  che  leggono  l'altre 
edizioni .  Que'  due  un  sono  pure  la  brutta  cosa  ì  N.  E.  —  Di  a>som^ 
mare  per  condurre  a  fine  vedine  esempj  anche  d'altri  scrittori  nel 
Vocab.  della  r.  Ti  Vclìutello  ,  e  Daniello  Reggono  :  Deh  ,  se  tanto  la- 
voro  ec,  *  Insieme  assommi ,  i  codd.  Vat.   e  ^bie.    N.  E. 

ii5  Ù* una  parte y  da  Virgilio,  col  cenno  fattomi  di  tacere  — 
d^ altra  y  da  Stazio,  che  scongiurami  a  dire. 

ii8  119  Dìy  il  mio  maestro  ec»  Costruzione.  />z,  mi  disse  il  mio 
maestro  y  e  non  a^^er  paura  di  parlar  ^  ma  ec*  Il  Cod.  Caet.  IVAntald. 
e  il  Chig. ,  proseguendo  il  senso,  dopo  inteso  del  y.  ti^,  nel  ì'.  118 
leggono .  Dal  mio  Maestro  •  Questa  variante  ci  sembra  di  qualche 
peso .  N.  E. 

1 24  Che  guida  in  alto  gli  occhj  miei  :  elegantemente  >  in  vece  cU 
che  guida  me  a  vedere  in  alto. 

iiS  126  To^esti  forte  ec:  imprendesti  coras^gioso  a  mettere  in 
versi  i  fatti  degli  uomini  e  degli  Dei  •  Accenna  l' intrecciare  che  fa 
Stazio  ne'  suoi  poemi  gli  avvenimenti  degli  Dei ,  e  degli  nomini ,  nello 
stesso  modo   che  fa  \irgibo  nella  Eneide  •  Il  Vellutello  e   il  Daniel- 

(a)  Vedi  Clnoaio  Pariic.  azS  1»  (b)  Vedi  pare  Cinoa.  Partic.  44  a3. 
(e)  Secoodo  quello  che  Stax*o  aveva  Inteso  da  VirpUo  n«*  versi  aa.  e  fgg, 
del  presente  canto  .  (d)  Vedi  il  VocaboU  della  Cr.  cIm  arreca  esampj  daUii 
nedesima  voce  adopiaia  da  ottimi  icrittexi  esche  ia  presa  , 


So4  PURGATORIO 

1 17    Se  cagione  altra  al  mio  rider  credesti  ^ 
'  Lasciala  per  non  vera ,  ed  esser  credi 
Quelle  parole  che  di  lui  dicesti . 

i3o     Già  si  chinava  ad  abbracciar  li  piedi 

Al  mio  dottor;  ma  ei  gli  disse:  frate, 
Non  far,  che  tu  se'  ombra,  ed  ombra  redi. 

lo  in  vece  di  forte  leggono  forze .  Cotti  variazione  però  non  viene 
richiesta  necessariamente  dalla  ragione ,  uè  garantita  da'mss.  ^  Il  Con. 
Caet.  però  legge  Forza  ^  e  TAntald.  Fortezza  a  coniar  iP  uomini  e  4& 

Dei .  N.  K. 

*  i'i7  il  mio  rider  i  i  cod.  Vai.  e  Chig.  N.  E. 

mg  Quelle  parole  ec.  cioè  Al  mio  ardorf arsente  ee,  v.  g\.  e  segg, 
—  che  di  lui  dicesti  «  intendi  »  che  di  ffersona  da  te  rimoia  :  il  quale 
inganno  di  Stazio  dee  intendersi  la  cagione  del  ridere  del  nostro 
poeta  « 

i3o  »S)t  chinava  ad  abbracciar  li  piedi ,  in  segno  d' inferiorità  e 
divozione.  "^  Ad  abHracciar  i  piedi,  il  cod.  Viit. ,  gli  piedi  y  il  Chig. 
V.E,  — Amplectimwr  Obi  genua  egentes  opnm  ^  scrisse  pur  :  lauto  (a). 
Questo  chinarsi  ancora  (  chiosa  il  \  enturi  )  cne  fa  un*  anima 
del  Purgatorio  ad  abbracciar  le  ginocchia ,  o  li  piedi ,  dove  il  minor 
s'appiglia  (lì) ,  ad  un* animi  del  JJmffO^  non  garbeggia  molto  ai  P* 
if  Aq'ùno  y  e  non  ha  ttttti  i  torli. 

Se  Stazio  (risponde  il  l'osa  Morando)  per  troppo  affètto  y  e  per 
questa  sorpresa  di  repentina  allegrezza  V  esser  suo  proprio  dimentica , 
qual  meroifielia  ,  che  dinusntichi  insieme  la  sua  preminenza  ?  Ciò  sareb» 
ie  degno  £  riprensione  ,  quando  si  Jbsse  fatto  in  altri  avvenire  y  ed  in 
altro  tempo  ;  ma  non  lo  è  facendosi  aifi^ffnire  ncir  amoroso  Stazio ,  che 
tanta  porta  affezione  a  Virgilio ,  e  in  un  incontro  sì  inaspettato  e  im- 
pro\^viso  .  !>feuo  stesso  modo  può  parer  in  Et  ripide  contro  il  decoro 
il  far  escire  una  ^'ergine  senza  P  abito  s^er^inale  ;  ma  non  cos)  parrà 
certamente  ,  quando  si  connderi  ciò  avs^emre  nella  persona  cCAntigo^ 
ne  ,  che  ama  sommamente  i  fratelli  e  la  madre  y  e  nel  tempo  della 
ior  morte ,  lo  che  fa  avvertire  in  quei  versi  P accorto  tragico  ,  con  cui 
r  afflitta  principessa  viene  in  certo  modo  a  scusarsene  mostrando ,  cite 
f affètto  e  il  dolor  soverchio  P  avean  forzata  a  ciò  fare  (Fenis.  v.  i4g6.] 

^cpoftflti    Bot)t;^«    véìtviàv  ^ 
%.p9.<Ptp,vet    J'tKovffsL    KCfjLet^    etTr^i/ioL^^ 
'S.Toy^tJ'et  Kfovoiffrcv    etvitcct   rpupei^ , 
*Ayfficviviict    viKpotft  'proh.vffrovov  • 

Scorro  fra  i  morti  qual  BaccanUy  tcioUa 
Dal  mio  crine  ogni  benda  ,  e  tcìnia  il  fianco 
Della  purpurea  delicata  stola  « 
fo  scorta  moUilagrime  agli  estinti  , 

i3i    Ei  gli  disse  la  Nidob. ,  e*  gli  disse  V  altre  edizioni. 


(a)   Rad,  7.     (b)  Acceona  la  frase  con  cai  eiprime  Danta  on  limila  ab- 
bracciameato  fatta  da  Soriiello  a  Virgilio  roeiofimo  9  Parg.  tu.  i5. 


e  A  N  T  O    XXT.  5o5 

i33    Ed  ei  surgendo:  or  puoi  la  quantitate 

Comprender  dell'  amor  eh'  a  te  mi  scalda  y 
Quando  dismento  nostra  vanitale, 
Trattando  1'  ombre  come  salda . 

i36  Trattando y  vai  quanto  trattar , volendo  scioccamente. 


Fine  del  canto  peHtesimoprimo  , 


T.a. 


5o6 

CANTO    XXII. 


ARGOMENTO    (♦) 

Fanno  i  poeti  al  sesto  girone  ,  ove  si  pur0a  il  peccato  detta  gola  :  #  , 
trovato  un  arbore  pieno  d'odoriferi  pomi  ,  sopra  il  quale  si  spandeva 
un*  acqua  chiara  ,  che  scendeva  dalla  roccia  del  monte  ,  a  questo  arho^ 
re  accostati  odono  una  voce  y  che  da  quello  usciva  • 

1     vjrià  era  V  angel  dietro  a  noi  rimase , 

tJ  angel  che  n'  avea  volti  al  sesto  giro , 
Avendomi  dal  viso  un  colpo  raso  ; 

4  E  quei ,  e'  hanno  a  giustizia  lor  disiro , 
Detto  n'  avean  beati ,  in  le  sue  voci  ^ 
Con  sitio  j  e  senz'  altro  ciò  fornirò  • 

I  ai  6  Già  era  Tangel  ec.  Negli  altri  passaggi  da  un  airone  all'aU 
tro  descrìve  Dante  di  mano  in  mano  l' appresentarsi  dell'  angelo  ad 
iscancellareli  dalla  fronte  uno  de'  sette  F. ,  che  portava  impressi  ,  ed 
il  canto  che  udiva  farsi  in  lode  della  virtù  contraria  al  vizio  recen- 
temente purgato  :  qui  ,  per  variare  ^  non  fa  altro  che  raccontare  co* 
tali  cose  come  già  aweimte .  E  però  dice  che  già  cammin  facendo 
eransi  allontanati  dall*  angelo  ,  che  aveva  lui  dal  viso  raso  un  colpo , 
cioè  una  P,  ed  avevnli  indirizzati  al  sesto  girone:  e  che  già  udita 
avevano  cantarsi  la  rispettiva   solila   lode. 

In  due  capi  mi  sembrano  allontanarsi  qui  dal  vero  le  altrui  chio- 
se, rrimicramcute  nello  stabilire  quale  intendere  si  debba  la  intiera 
scritturale  sentenza  accennata  coli*  iniziale  voce  beati  ;  ove  il  Landino 
e  il  Aellulello  dicono  essere  quella  del  salmo  Beati  quorum  remis- 
S(e  sunt  iniquitates  {a) ,  ed  il  comeiito  della  Nidoheatina  e  il  \  enturì 
inostransi  indiiVerentì  a  intendere  o  la  medesima  del  salmo  ,  ovvero 
quell'altra  del  Vangelo  Beati  qui  esuriunt  et  sitiunt  justitiam  {b).  Se- 
condariamcute  poi  nel  pensare  cbe  si  udisse  cotale  sentenza  non  per 
altre  voci  ,  che  delle  stesse  anime  purganti  nel  quinto  girone  il  pec- 
calo deir  avarizia. 

Facendo  però  Dante  in   offui  altro  passaggio  di  girone  in  giro- 
ne cantarsi  una  delle  otto  evangeliche  beatitudini  (e) ,  e  non  dalle  pur- 

(*)     Argomento  metrico  del  celebre  Gaspare  Gozzi  . 
Quale  in  quel  balzo  sua  colpa  purgasse 

Racconta  Stazio,   ed  a  credenza   santa 
Da  qual  facella  guidato  n'andasse  . 
Oltre  poi  vanno  ,  e  trovano  una  pianta  , 
Che  tutti  li  suoi  rami  ali*  ingiii  piega 
E  d'  odorosi  e  bei  pomi  s'  ammanta. 
In  questo  giro  Gola  si  dislega. 
(a)  Piai.  3i-     (b)  Matth,  5.  v.  6-    (e)  Nel  detto  capo  di  s.  Matteo  . 


e  A  N  T  O    X  X  1 1 ,  3o7 

7     Ed  io  più  lieve  die  per  V  altre  foci 

M'  andava  sì ,  che  senza  a,lcun  labore 

ganti  anime  facendo  cotal  beatitudine  cantarsi ,  ma  dagli  angeli  (a)  ^ 
perchè  anderem  noi  aui  cercando  altra  sentenza  fuor  delle  evangeli- 
che beatitudini,  ed  altre  voci  fuor  delle  angeliche?  None  e^li  for- 
se adattabile  ai  purgati  di  avarizia  il  Beati  qui  esttriuni  et  sitiUnt  ju» 
stitiam  ?  e  forse  non  possono  intendersi  angeli  quei ,  c/i  hanno  a  giu^ 
stizia  lor  distro  ? 

Alla  proibizioni  che  Gesù  Cristo  fa  nel  Vangelo  ,  del  soverchio 
attaccamento  al  danari  ed  a  ciò  che  abbisogna  pi^r  la  vita  tempora- 
le,  aggiunge  Quaeritj  ergo  prirnum  regnum  Dei  et  puslitiam  ejus  {b)  » 
Kon  incongruamL.'i'.e  adunque  potè  Dante  il  Beati  qui  esuriunt  ,  et  m- 
iiunt  justitiani  applicare  in  locte  ai   purgati  dell'  avarizia  • 

lutendeudosi  poi  conie  ben  si  può  intendere ,  che  avere  a  giur 
stizia  adibirò,  importilo  stesso  che  avere  il  desiderio  unito  ai  giustoi 
voler  di  Dio,  verrà  ciò  a  coincidere  con  quello  appunto  che  4^ssc 
Dante  dell'  angelo  tragittante  anime   dal  mondo   al   Purgatorio 

Che  di  giusto  voler  lo  suo  si  fare  (r) 

Gli  angeli  adunque,  secondo  me,  come  altrove ,  cosi  a  questo 
passagio  sono  i  cantori;  e,  dicendo  Dante  ch'eglino  intuonassero  Beati 
con  silio ,  vuole  dire  come  se  avesse  in  vece  detto  che  quella  beati' 
tudine  cantarono  ,  a  cui  s'  accoppia  il  verbo  siiio  ,  /*•  ;  che  non  è  al- 
tra che  la  predetta  Beati  qui  esuriunt  et  siiiunt  Juslitìam  :  e  finalmen- 
te ad  indicare  ,  che  non  conoscono  gli  angeli  altra  fame  e  sete  che 
quella  della  divina  giustizia  ,  e  che  conseguentemente  tanto  vaglia  per 


legge  la  Sec,  terzina 

K  quei  eh'  hanno  a  giastizia  lor  disiro 

Detti  n'avean  beati  ,  e  le  sue  voci 

Con  Sizio  sanz*  altro  ne  fornirò 
La  varietà  dunque  della  nuova  lezione  si  restringe-c  le  sue  voci 
per  in  le  sue  voci-ne  fornirò  per  ciò  fornirò  ^  la  quale  di  versificando 
poco  il  senso  ,  che  il  i*.  L.  ha  saputo  ritrarre  da  tutto  questo  passo , 
non  abbiamo  creduto  d' introdurla  nel  testo  per  novità.  Vedi  Letti- 
BA  ec.  Non  così  potrebbe  avvenire  se  volesse  adottarsi  e  comeutar^i 
la  nuova  lezione  del   Cod.  Caet.  il  quale  legge: 

.     .     .    .     .     .    .     .     et  te  sue  voci 

Cum  siilo  senz*  altro  ciò  fornirò  .  N^  E. 

7  Pili  lieve ,  ficr  lo  scancellato  altro  k> —/oa  appella  clcgantemea- 
te  le  aperture  delle  scale  per  le  scale  stesse. 

8  Labore  per  fatica.  Latinismo  di  Dante  {  dice  lì  \ei\iur'ì)  che  dee 
in  lui  rispettarsi,  non  imitarsi  da  noi-,  come  le  ghiande  delli  nostri, 
antichi  ,  le  quali  fuggendo  ciaschedun   onora . 

Lcdforioso  ,  boriosissimo  ,  laboriosità  ,  laboriosamente ,  che  so- 
no voci  figlie  dì  labore  sono  comunemente  adoprate  ;  e  labore  stesso 
1'  adoprò  prima  di  Dante  ser  Brunetto  Latini   nel  capo  4  del  Tesoretto. 


(a)  Vedi  Purg.  xii   no  e  ciò  che  ivi    s'è  ietto.    Q))  Malth.    §    v.  33. 
(e)  Purg.  il  97  Vedi  ^aella  nota  . 


5o8  PURGATORIO 

Seguiva  in  su  i^li  spinti  veloci  . 

IO     Quando  Virgilio   coiniuciò:  amore 

Acceso  da  virtù  sempre  altro  accese  , 
Pur  che  la  fiamma  sua  paresse  fuore . 

i3     Onde,  dall'ora  che  tra  noi   discese 

Nel  limbo  dello    nfern(y  Giovenale  y 
Che  la  tua  affeziou  mi  fé'  palese  , 

ì6     Mia  benvoglienza  inverso  te  fu  quale 

Pili  strinse  mai  di  non   vist»  persona , 
Sì  eh'  or  mi  parran  corte  queste  scale 

El  non  fina  ,  né  muore  ; 
Ma  tutto  mio  labore 


Convcn  che  si  consumi . 
Dicendo  Dante  anche  noi  l'araci,  canto  xx!!!.**.  6.  f^ras^i  labòr  in  ve- 
ce di  frravi fatiche^  ed  ivi  pure  essendone  ripreso  dal  Venturi  di  latini- 
smo, risponde  il  Kosa  ^Morando  esser  detto  iaboripcr  lavori ,  come  boto 
per  sfoto  ,  hon»  per  voce  ec. ,  per  la  parentela  del  b  coli'  ii  consonante; 
jiò  essere  al  Irò  il  nostro  lavoro  e  lavorare  che  il  labor  e  il  laborate 
de*  Latini. 

Aiunca  però  quril  dotto  critico  d*  avvertimento  che  il  termine  di 
lavoro  adoperiamo  noi  Italiani ,  ed  anche  lo  stesso  Tìantc  adopera  ,  non  a 
sileni ilcitre  quello  elio  i  Latini  dicono  lahor  ,  la  fatica  e  lo  stento  ,  ma 
quello  che  i  l;iitini   dicono  opus,  opera  ,  fattura  . 

I^edea  ^cmhrotto    appiè  del  gran  lavoro  (a)  . 

C)  Gii  spinti   veloci  ,  A  irgllio  ,  e  Sta/  Io  . 

ioli  17  flr£(iiio  cominciò  ,  riparlando  a  Stazio  —  amore  acceso 
da  virfìt  i'c,  :  la  sentenza  è  che ,  so  un  nomo  virtuoso  viene  per  la  sua 
virtù  da  :ilfri  amato  in  guisa  che  si  faccia  lui  conoscere  l'amore  ,  que- 
sto nnioic  ììv  accende  un  altro  nel  virtuoso  amalo  verso  del  conosciuto 
amiiiife  .  i.  *ìtvc.  arccso  (Im'irtìt  ^  imperocché  acceso  da  carnalità  spes- 
so riniaiisi  ;  i7Jo»'e  senza  corrispondenza  .  yicceso  di  virili  leggono  J'  edi- 
zioni  diverse  dalla  !>i(lohn(*tina  *eil  cod.\  at.  N.  K, 

I  "l  1 5  Giownale  ,  c/te  la  luti  afjezion  ec.  Sceglie  a  tal  uopo  Giovena- 
le non  solamente  perchè  fiori  poco  dopo  di  Stazio  ,  ma  perchè  loda 
ìiiTv\nìii\v  (h)  ,  in  cui  Mazio  medesimo  manifesta  altissima  stima  verso 
di   Nirgilio  [e)  .  *  il  CoD.  \  ai:t.  legge  piìi  latinamente  7w.'<?«/i/ff.  N.  K. 

i6  17  Quale  pili  si  tinse  tnii  di  non  vista  persona-,  tace  per  ellissi 
aìnt^^o  ,  o  afruria  persona  ,  e  vai  come  se  fosse  in  vece  detto  ,  quale 
no'ì  isf tinse  mai  maggiormente  alcuna  persona  ad  un  altra  {(l)  per  solo 
noìHc  int.'sa  . 

fo  Or  mi  parran  corte  quesle  scale,  pel  piacere,  intendi  ,  di 
vss-'r  ti'-o . 


m)  PiM^.xTi.34.  (A)  Vfdi  il  canto  precedente  al  v.  88-  (c)  Vedi  nel- 
lo ste^'-o  p.eccdcnt.'  cauto  la  noia  al  v .  97.  (</)  Della  particella  di^  che  ado- 
pera -^ui  Uaatp    i:?r  ad  ,  vedi  CÌQOn.  Partic,%o.  a. 


CANTOXXIl.  3o9 

jc)     Ma  dimmi,  e  come  amico  mi  perdona 
Se  troppa  sicurtà  m'  allarga  il  freno  9 
E  come  amico  omai   meco  ragiona  : 

aa     Come  potèo   trovar  dentro  al  tuo  seno 
Luogo  avarizia  tra  cotanto  senno , 
Di  quanto  per  tua  cura  fosti  pieno? 

a5     Queste  purole  Stazio  muover  fenno 

Un  poco  a  riso  pria ,  poscia  rispose  : 
Ogni   tuo  dir  d'  amor   m'  è  caro  cenno  . 

28     Veramente  pili  volte  appajon  cose, 

Che  danno  a  dubitar  falsa  matera  , 
Per  le  vere  cagion  che  son  nascose. 

3i     La   tua  dimanda  tuo  creder  m'avvera 

Esser,  ch'io  fossi  avaro  in  l'altra   vita^ 
Forse  per  quella   cerchia  dov'  io  era  . 

34     Or  sappi  ,  eh'  avarizia   fu  partita 

Tioppo   da  me  ;  e  questa  dismisura 

a3  if\  i5  Come  poteo  trovar  dentro  attuo  seno  luogo  nvarida?  Aven* 
do  Virgilio  inteso  (la  Adriano  V.  che  nel  prossimo  passato  quinto 
girone  purgavasi  V  avarizia  {a)  ;  e  dì  poi  inteso  avendo  da  Stazio , 
eh'  era  egli  nel  medesimo  girone  giaciuto  cinquecento  anni  e  piti  (b) 
supponeva  perciò  esso  che  fosse  Stazio  infetto  d'  avarizia .  —  tra 
cotanto  senno,  di  quanto  ec  tra  tanta  erudizione,  tanto  sapere»  di 
quanto  tu   per  tua   diligenza  e  studio  fosti  ripieno  . 

27    Cenno  per  segno  . 

ig  Che  danno  ec.  Falsa  adopera  perjldlace  ,  e  matera  o  sia  /ito-- 
teria  per  rnoli\fo  ;  come  se  avesse  in   vece    detto  ,    che  donilo  fallace 
motivo  a  dei  dubbi,  ni  matera  ^^ev  materia  scritto   anticamente  anche 
in  prosa  vedi   il  Vocabolario  della  Cinisca  .   *  Per  le  vere  ragion  che 
sono  ascose ,  il  cod.  Antald.  N.  E. 

Zi  01  La  tua  dimanda  ec.  Costruzione,  La  tua  dimanda  m* avvera, 
per  ini  accerta  ,  esser  tuo  cretler ,  tua  persuasione ,  eh*  io  in  C  altra 
vita  fossi  avaro  . 

35  Forse  per  quella  cerchia  ec.  forse  per  averti  detto  di  essere 
in  quella  cerchia,  in  quel  girone,  dove  gli  avari  si  puniscono  ,  stato 
cinquecent*  anni  e  pili  • 

35  Troppo  ,  cioè  fino  al  vizioso  opposto  estremo  della  prodiga, 
lità.  *  A  questa  disrnisuin  ,  il   cori.   Vat.  N.  E. 

(o)  Purgxix.  XX2  •  fegg.    (by  Canto  precedente  v,  Sy  e  68. 


3ro  PURGATORIO 

Migliaja  di  ìunftri  hanno  punita. 
^7     E  9  se  non  fosse  eh'  io  drizzai  mia  cura  > 

Quand'  io  intesi  là  dove  tu  chiame  $ 

Crucciato  quasi ,  all'  umana  natura  ì 
4o     Per  che  non  reggi  tu,  o  sacra  fame 

Dell'  ot*o,  r  appetito  de'  mortali? 

Vpltandò  sentirei  le  giòstre  gMme  • 

36  Mìgliaja  ,  numero  determinato  per  1*  indeterminato  ^ron^è 
numero  —  lunari  per  periodi  lunari ,  lunazioni ,  che  ,  compiendosi 
ciascuna  in  giorni  circa  yentinòve  e  inezzo,  troppo  di  più  delle  mi" 
gliafn  ,  in  cinquecenC  anni ,  dovevano  essere  scorse  -^  ìianno  punita , 
trasferisce  per  metonimia  la  punizione  ,  che  è  efTettp  delle  pene ,  alle 
ndglinja  di  lunari ,  al   tempo  in  cui  sono  le  pene  durate . 

37  al  4^  ^  se  non  fosse  ec,  *  Ordina  cos\  :  E   voltando  pesi  per 
forza  di  poppa  (Inf,  P^IL)  sentirei  ora  le  giostre  grame  y  se  non  fosso. 

eh*  io  drizzai  mia  cura ,  quando  intesi  la  parola  tua  là  dove  tu ,  qua- 
si crucciato  ,  chiami  contro  alF  umana  natura  ,  dicendo  :  o  sacra  fame 
deir  oro ,  per  che  non  reggi  tu  V   appetito  de*  mortali .  Riagiolt.   QmÌ 
Dante  ha  in  mira  quel  verso  cclehre  di  Virgilio  {a)  Quid  non  mortalia 
pectora  cogis  auri  sacra  fames  ?  Il   cod.  Gaet.  ha   Exclame  crucciato 
quasi  :  e  cos\  avevamo  noi  posto  nel  testo  della  prima  nostra  edizione  ; 
Uba  poi  meglio  riflettendo  alla   stranezza  di  quell'  exclame ,  e  alla  co« 
Stante    lezione  chiame  eh*  hanno   tutti  i  codici    più  venerandi  ,  sib- 
ilio nuovamente  e  di   huon  aniifno    tornati   a  starci    colla    comune.  «-^ 
Voltando  sentirei  le  giostre  grame  allude  al  voltando  pesi  per  fona  A 
poppa  (b) ,  ed  alla  descrizione  delle  pene  che  soffrono  quegli  sciagu- 
l^ti .  N.  F. 

j4  que  non  regf^i  ec,  ha  la  Nidoheatina,  ove  tutte  Tal  tre  edizioni 
hanno  perchè  non  reggi  :  ma  scrivendo  essa  "Nidoheatlna  que  in  vece 
dì  c/ic  anche  altrove  (  come  ,  per  cagion  d*  esempio  ,  Inf.  V.  iii.  "VI. 
60.  )ho  io  perciò  1'   a  que  volto  a  che  . 

Al  chiiaro  di  questa  lezione  risparmiato  avrehhero  ed  il  Ven- 
turi il  nero  duhbio  ,  che  ingannato  Dante  da  quelT  epiteto  sacra  ,  inten- 
flesse  a  traverso  tutta  la  sentenza  prendendo  la  sacra  fames  per  una 
virtii  di  cui  fosse  uffizio  il  regolare  t  appetito  delle  ricchezze;  ed  il  Bosa 
Morando  la  ,  per  altro  lodevolissima,  cura  di  trarre  al  buono  la  parti- 
cella perchè ,  con  isparlire  il  per  dal  che ,  e  d*  intrepretare  ,  psr  cìi6 
distorte    vie,  per  che  malvagità  ,  per  quali   ce. 

Per  poi  intendere  in  qual  modo  la  detta  riprensione,  cheVir- 
|(ilio  fa  alla  fame  dell*  oro  ,  appartenga  a  far  conoscere  cattiva  an- 
che la  prodigalità ,  basta  riflettere ,  che  tanto  V  avaro  che  il  prodigo 
hanno  mala  fame  del  flenaro  .  T/  avaro  ne  ha  fame  per  contemplarlo; 
ed  il  prodigo  ne  ha  fame  per  ottenersi  con  quello  smoderate  soddisfa- 
zioni.  Aggiungasi  ciò  che  dice  Aristotele,  che  lo  spendere  assai  non  si 
può  fare  agevolmente ,  conciossia  che  le  facoltà  manchino  ;  però  son 
costretti  tali    uomini  a    togliere   V  altrui  roba  (e)  . 

(a)  jitneid.    In  56*     {t)  Cant.  vi  1.32.  dell'  Inferno  e  «gg.     (e)  EtlU 
lib.  4  cip.  1   Tridutione  4el  Segni  ,  xiferiu  dal  Ecia  Morando . 


CANTO    XXII.  Sii 

43    Allor  m^  accorsi ,  che  troppo  aprir  Y  ali 
Potean  le  mani  a  spendere  9  e  pentèmi 
Così  di  quel  come  degli  altri  mali  • 

46     Quanti  risurgeran  coi  crini  scemi 

Per  1'  ignoranza ,  che  di  questa  pecca 
Toglie  1  pentèr  vivendo ,  e  negli  estremi  f 

49     E  sappi  che  la  colpa ,  che  rimbecca 

Per   dritta  opposizione  alcun  peccato, 

'*'  Noi  anche  qui  ce  ne  stiamo  colla  comune  ,  e  restituiamo  il 
Per  che  interprelandoio  col  Rosa  Morando  ,  seguito  dal  Biagioli  ,  che 
dice  saviamente  cosi  :  Tomai  a  casa  mia ,  e  cominciai  C  analisi ,  spic^ 
cando  la  proposizione  per  daW  adietiivo  che,  sapendo  che  ,  in  qualsia 
voglia  aspetto  si  presenti ,  egli  è  pur  sempre  addiettivo ,  e  però  ineren^ 
te  a  none  espresso  o  sottinteso  ,  e  tosto  mi  seenne  fatto  di  riempire  il  voto 
scrivendo  perche  {per  quali)  scelleragini  non  reggi  ec,  onde  si  sempli» 
ce  riesce  il  costrutto  che  piti  non  puossi  ne  pur  da  Lombardi  desidera^ 
re.  N.  E. 

45  Aprir  V  ali  per  aprir  le  dita  .  Metafora  . 

44  Potean  la  Nidobeatina  ,  Poten  V  altre  edizioni  *  e  il  cod.  Yat. 
N.  E.  —  pentkmi  ,  sincope  in  grazia  della  rima ,  in  vece  di  penteimif 
da  pentère  del  qual  verbo  vedi    la  nota  Inf.  xxvii.    ii8. 

/]6  Coi  crini  scemi  :  perchè  nel  canto  vii.  dell*  Inferno  ha  detto* 
che  gli  avari  risusciteranno  coi  pugni  stretti,  e  i  prodighi  co  i  capelli 
tosati.  Venturi.  Anzi  ha  ciò  detto  lo  stesso  Virgilio,  il  quale  ha 
pure  insegnalo,  che  in  quel  quarto    infernale   cerchio  sono  insieme 

fmaiti  gli  avari  e  i  prodighi .  Ma  non  vedendo  esso  Virgilio  qu\ 
a  pena  stessa  di  laggiù ,  credette  andar  qui  la  faccenda  diversa- 
mente ;  ed  ha  perciò  con  quella  sua  interrogazione  come  poteo  ec»  (a) 
falto   sorridere    Stazio. 

47  48  Per  r  ignoranza  ec.  (  *  per  ignoranza  i  codd.  Vat.  e  Chig* 
N.  E.  )  crassa  e  supina  ,  e  perg  colpevole .  E  che  s' ignori  o  non 
si  conosca  per  vizio  la  prodigalità  piuttosto  che  V  avarizia  fauto  piii 
odiata  ,  e  biasimata  dal  comun  dalla  gente  ,  egli  è  bea  facile  ad  ac- 
cadere .  Venturi  •  *  D*  accordo  il  Postil..  Caet.  dice:  exclamat  coiu 
tra  prodis^s ,  qui  propter  ignorantiam  non  credunt  prodigalitatem  esse 
vitiiim,  quia  landatur  inter  magnos  sicut  contigit  de  Alexandro  ec* 
N.  E.  —  toglie  il  pentèr.,  impedisce  il  peutimeuto  —  vivendo  e  negli 
estremi ,  vale  quanto  in  vita ,  ed  in  morte  .  *  Vivendo  negli  stremi 
il  cod.  Antald.  E  vorebbe  dire ,  che  1'  ignoranza  di  quel  peccato 
toglie  al  reo  il  pentirsi  negli  ultimi  della  vita.  Onde  vivere  negli  estre» 
mi  sarebbe  un  nuovo  modo  di  esprimersi  secondo  le  frasi  Dantesche* 
Il  che  però  non  vogliamo  asserire  che  con  gran  discrezione.  Nota  di 
Salvatore   Betti.  N.  E. 

/|9  5o  Che  rimbecca  per  dritta  ec.  Rimbeccare  propriamente  si- 
gnifica il  rimandare ,  il  ribattere  la  palla  V  uno  alT  altro  giuocatore  ; 
ma   qui  V  adopera  Dante   metaforicamente  per  contrariare ,    opporsi  ; 

(a)  V«rs.  22  ^segg. 


3ia  PURGATOKIO 

Con  esso  Insieme  qui  suo  verde  secca  « 
Sa     Però  s' io  son  tra  quella  gente  stato 

Che  piange  V  avarizia  ,  per  purgarmi 
Per  lo  contrario  suo  m'  è  incontrato . 
55     Or  quando  tu   cantasti  le  crude  armi 
Della  doppia  tristizia  di  Giocasta, 
Disse  1  cantor  de'  bucolici  carmi , 
58    Per  quel  che  Clio  lì  con  teco  tasta 
Non  par  che  ti  facesse  ancor  fedele 

onde  che  rimbecca  per  dritta  opposizione  alcun  peccato  vale  quant« 
che  drittamente  contraria  ad  alcun  peccato;  come  drittamente  contra- 
ria ,  air  avarìzia  la  prodigalità ,  alia  golosità  1'  inedia  ec.  ,  estremi 
tatti  egualmente  discosti  dal  mezzo  che  tengono  fé  rispettive  virtù  » 
liberalità ,  sobrietà  ec.  Ma  dice  per  dritta  opposizione  ;  e  perchè  sebbe- 
ne oppongasi ,  per  cagion  d*  esempio  ,  all'  avaria  aiu^e  la  golosi- 
tà ,  non  però  se  non  obbliquamente  si  oppone ,  e  non  già  per  drit- 
ta opposizione  ;  e  perciò  in  altro  luogo  si  puniscono  gli  avari ,  ed  in 
altro  i  golosi  . 

5i  *  Come  esse^  il  cod.  Chìg.  N.  E.  Suo  verde  secca  .  Seccare  suo 
verde ,  preso'  dalle  piante  e  dall'  erbe  ,  vale  propriamente  morire  ; 
ma  qui  adoprasi  al  significato   di   consumarsi  • 

54  Contrario  suo  ,  contrario  dell'  avarizia  —  m' è?  incontrato ,  m'è 
accaduto .  Venturi  . 

55  56  Cantasti^  intendi  nel  poema  intitolato  Tebaide ,  *  Contasti 'A 
cod.  Chìg.  N.   E.  —  le  crude  arnii   della  doppia  tristizia  di  Giocafta 

V  aspro  combattersi  corpo  a  corpo  ed  uccidersi  sinmltaneamcnti  , 
che  per  avidità  di  regnare  in  Tebe  fecero  i  due  figli  di  Giocasta  ,  Eteo- 
cle  e  l'olinice  ,    cagionando    perciò  alla   madre    doppio    lutto  .  \e4i 

V  undecimo  b'bro  del  mentovato  poema  di  Stazio  .  focasta  in  vece  ài 
Giocasta  leggono  l'  edizioni  diverse  dalla  Nidobeatina,  *  come  altresì 
il  Cod.  Caet.  e  il  Vat.  N.  E. 

57  II  cantor  tle^  bucolici  carmi  y  Virgilio  cantor  della  Bucolica^ 
o  sia  de'   versi  pastorali  . 

58  Clio  ,  una  delle  nove  Muse  invocata  da  Stazio  nel  principio  delia 
Tebaide ,  Quem  prius  heroum  Clio  dabis  ec,  {a)  —  />  in  quel  tuo  pce- 
na  —  ro;t  teco  :  della  preposizione  con  aggiunta  al  teco  e  meco  ,  n3ii 
per  neccessltà ,  ma  por  proprietà  di  linguaggio  vedi  Cinonio  (b)  — 
tastit .  Questo  tastare  chi  vuole  significhi  cercare  e  tentare  e  chi  toc- 
care per  accennare  :  ma  io  più  volentlen  crederei  ,  che  significhi  J[ul 
lo  stesso  che  toccare  i  tasti,  o  sia  suonare  accompai^nando  ed  ajutàn» 
do  il  canto  di  Stazio  y  e  che  per  sineddoche  ponga  cotal  parte  di 
Clio  per  tutto  1'  ajulo  che  somministrò.  *  Per  quello  che  Clio  {eco 
h  tasta  legge  il  Cor.  Caet.  Osserviamo  che  anche  il  Can.  Lionisj  • 
lesse  cos\ .  N.  E. 

59  Fedffle  ,  credente  .   • 
■~^^^^-^-^ 

{a)  Lib.  14.    (h)  Partic.  167  a. 


CANTO    XXII.  3i3* 

La  fé',  senza  la  qual  ben  far  non  basta. 

61     Se  così  è,  cjual  Sole  ò  quai  candele 
Ti  stenebraron  sì,  che  tu  drizzasti 
Poscia  diretro  al  pescator  le   vele? 

64     Ed  egli  a  lui  :  tu  prima  m' inviasti 

Verso  Parnaso  a  ber  nelle  sue  grotte , 
E  poi  appresso  a  Dio  m'  alluminasti . 

67     Facesti  come   quei  che  va  di  notte , 

Che  porta  il  lume  dietro  ,  e  se  non  giova  ^ 
Ma  dopo  se  fa  le  persone  dotte  , 

70     Quando  dicesti  :  secol  si  rinnuova  , 

f^o  La  fé  senza  la  guaì  ce»  la  fede  cristiana  ,  seuza  la  quale  impos* 
sibile  est  piacere  Deo  ,  avvisa  s.  Paolo  (a) ,  ed  è  perciò  insufficiente  a 
salvarci  ogni  opera  . 

61  Qual  Sole  o  quai  candele  ,  vale  come ,  guai  celeste  o  terreno 
lume . 

61  63  Ti  stenebrarono  ti  d  Issiparono  le  tenebre  —  che  tu  drizzasti  ec* 
che  tu  dìriggesti  la  tua  nave  appresso  alla  nave  di  san  Pietro  :  parla- 
re allegorico  e  come  detto  avesse,  che  li  facesti  seguace  della  chiesa^ 
di  cui  la  nave  di  s.  Pietro  fu  simbolo . 

65  A  ber  nelle  sue  grotte  .  Grotte  qui  pure  per  ripe  ,  come  Inf.  xxu 
1 1  o  Andatevene  su  per  questa  grotta;  e  rurg.xiii.  l\Sy  E  ciascun  e  lungo  la 
grotta  assiso:  e  nelle  ripe  del  monte  Parnaso  erano,  dice  il  Landino  » 
le  fonti  Pegasee  consacrate  alle  Muse  • 

66  *  E  poi:  La  ^idodeatina  e  1'  altre  Edizioni  ,  meno  quella  del 
Canonico  Dionisi  ,  leggono  E  prima  .  la  variante  è  del  Con.  Caet* 
e  ci  sembra  molto  più  coerente  alla  progressione  delle  operazioni , 
che  gli  scritti  di  Virgilio  fecero  sopra  Stazio,  ed  al  contesto  e  maggior 
ravvicJnameiJto  del  terzetto  seguente.  Il  nostro  signor  Salvatore  Betti 
ò  però  di  contraria  opinione:  avvisando  egli,  che  noA  abbia  qui  luogo 
alcuna   progressione    d'  operazioni  ,  ma  cne  stazio  dica  a  Virgilio  :  tu 

primamente  mi  conducesti  a  bere  nella  grotta  di  Parnaso  ,  tu  prima' 
mente  m*  illuminasti  per  andare  appresso  Dio.  Insomma  :  Per  te  Poeta 
fui,  per  te  cristiano  ,  come  si  ha  in  questo  canto  medesimo  al  v.  73. 
I  codd.  Vat.  e  Chig.  stanno  con  esso  lui.  il  savio  lettore  decida  . — 
Per  identità  poi,  come  abbìam  fatto  Qualche  altra  volta  ,  abbiamo  cre- 
duto (li  adottare  appresso  a  Z>io  (  addio  )  dell' istesso  Cod.  Caet.  inve- 
ce  dell'   appresso  Dio  della   ^idob.  e  della  volgata.  N.  E. 

68  Che  porta  il  lume  dietro:  fanno  ciò  spesso  i  servitori  per  condur- 
re i  padroni  —  e  se  in  vece  di  e  a  se  leggono  Y  edizioni  diverse  dal- 
la Kidobcatiua  ,  '^  e  i  codd.  Vat.  e  Antalci.  ,  e  Chig.  e  noi  1'  addotia- 
mo  perchè  è   modo  di   lingua  italiano  bellissimo.  N.  E. 

69  Dotte,  —  istruite  tiove  debban  mettere  i' piedi , 

70  71    72  Quando  diceòti  ce.  Accenna  e  succintantemente  traduce 

(fi)  Hebr.  II.  V,  6, 


3i4  PURGATORIO 

Toma  giustizia  e  primo  tempo  umano  9 
£  progenie  scende  dal  ciel  nuova. 
73     Per  te  poeta  fui ,  per  te  cristiano  . 

Ma  ,  perchè  veggi  me'  ciò  eh'  io  disegno  ^ 
A  colorar  distenderò  la  mano  • 

76     Già  era  il  mondo  tutto  quanto  pregno 
Della  vera  credenza ,  seminata 
Per  li  messaggi  dell'  eterno  regno  ; 

79    £  la  parola  tua  9  sopra   toccata , 

quei  versi  dell*  egloga  4  >  dove  Virgilio  dice  venuto  il  tempo  d'   «dcm- 
piersi  la  profezia  della  Sibilla  Cumana  . 

Magnus  ah   integro  taeclorum  nascitnr  orda. 

Jam  redit   et  virgo ^  rtdeunt  Saturnia  regna  : 


inge 
anche  Stazio  . 

Secol  si  rinnova ,  traduce  Dante  così  il  primo  de'  tre  Virgilia- 
ni versi  yfagniis  ah  integro  sacclorum  nascitur  ondo  —  Toma  giusti* 
sia ,  e  primo  tempo  umano  ,  traduce  1*  altro  Jam  redit  et  virgo  (  Astrea, 


5'  .... 

altri  da  essi  veduti  ,  e  contro  il  leggere  di  tutte  V  edizioni  ,  hanno 
voluto  gli  Accademici  della  Crusca  inserire  progenie  discende  in  ve- 
ce di  progenie  scende  ^  minorando  la  grazia  del  ?erso  senza  veruna 
necessità  . 

74  7^  Perchè  veggi  me*  :  affinchè  meglio  tu  intendi  (  me*  per 
meglio  adopera  Dante  altrove  spesso  )  (e)  —  rio  eh*  io  disegno  .  Dise- 
gnare trasferisce  al  senso  di  esprimere  ,  la  traslazione  seguendo  ,  sic- 
come il  disegno  si  fa  colorando  ,  in  vece  di  dire  stenderò  piti  larga- 
mente la  narrativa ,  dice  distenderò  la  mano  a  colorare .  *  A  colora- 
re  stenderò  la  mano  ,  il  cod.  Vat.  N.  E. 

76  77  Pregno  della  vera  credenza  ,  ripieno  della  vera  cristiana 
fede. 

78  Messaggi  delP  etemo  regno ,  gli  apostoli ,  e  discepoli  di  Gè* 
i&  Cristo  ,  Terocchè  di  lui  ,  e  dell'  eterno   di  lui   regno  annunziatori. 

79  £  la  parola  tua  ec  e  la  profezia  della  Sibilla  Cumanu  espres- 
sa ne  sopra(ldetti  tuoi  versi  .*  M  Cod.  Hogg.  legge  prima  toccata  y  in 
vece  '!i  sopra  toccata  .  Può  questa  variante  includere  V  interpretazio- 
ne, che  Virgilio  in  que'  versi  precedesse  il  linguaggio  degli  Apo- 
stoli .  N.  E. 

^— ^—  I  .11.  I  .  I  ■ 

(a)  Veri.  4  e  seeg.  {h)  Vedi  Nat.  Aless.  Hist,  eccL  saecuL  i.  diss,  i. 
(e)  Vadi  per  camion  a    esempio  Inf.  I.  iiZi  il  36,  x4  3€  ec. 


CANTO    XXlì.  3i5 

Sì  consonava  a' nuovi  predicanti; 

Ond'  io  a  visitarli  presi  'usata . 
>8ti     Vennermi  poi  parendo  tanto  santi , 

Che ,  quando  Domizian  li  perseguette , 

Senza  mio  lagrimar  non  fur  lor  pianti. 
B5     E  ,  mentre  che  di  là  per  me  si  stette , 

Io  gli  sovvenni,  e  lor  dritti  costumi 

Per  dispregiare  a  me  tutte  altre  sette  • 
68     E  pria  eh'  io  conducessi  i  greci  a'  fiumi 

Di  Tebe  ,  poetando ,  ebb'  io  battesmo  ; 

Ma  ,  per  paura  ,  chiuso  Cristian  fumi , 

80  Si  consonava  ec.  sì  uniformava  a  ciò  che  annunziavano  que' 
nuovi  predicatori  ,  ali*  incarnazione  cioè  del  divin  Verbo  avvenuta  in 
Gesii  Cristo  , 

81  Usata  per  usanza ,  Voce  adoprata  anticamente  da  altri  Ita- 
liani scrittori  anche  in  prosa.Vedi  il  \ocab.  della   Crusca. 

83  Quando  Domizian  li  perseguette ,  Morto  essendo  Stazio  ,  come 
di  sopra  avvisai  {a) ,  circa  Tanno  di  Gesù  Cristo  c^6 ,  ed  essendo  cotal 
anno  stato  il  quintodecinio  ed  ultimo  delT  impero  di  Domiziano  (b)i 
né  da  Nerone ,  morto  1*  anno  di  Gesù  Cristo  e8  {e)  fino  a  Domiziano 
stata  essendo  di  mezzo  alcuna  persecuzione  de*  cristiani  ;  bene  perciò 
suppone  Dante  che  Stazio  reso  cristiano  non  vedesse  altra  persecu- 
zione del  cristianesimo  se  non  quella  asprissima  [d)  fatta  da  Domizia- 
no .  —  perseguette ,  parseguito  ,  in  rima  ,  dice  il  Volpi  :  ma  non  in 
vece  di  perseguitò  ,  airei  io  ,  ma  di  perseguì  ,  da  perseguire  (e)  ,  e 
non  in  rima  ,  ma  ,  come  Dante  stesso  {f)  ,  ed  altri  adoprarono  an-» 
che  fuor  di  rima  seguette  (g)  ,  poterono  pur  fuor  di  rima  adoprar« 
il  composto  perseguette . 

8^  Di  là  per  me  si  stette ,  cioè  io  stetti  di  là .  Volpi  .  *  Per  me 
di  là  si  stette^  il   cod.  Chig.  N.  E. 

88  89  90  E  pria  eh*  io  conducessi  ec. E  prima  ch'io  fossi  arrivato 
nel  comporre  la  mia  Tebaide ,  a  quel  passo ,  dove  descrivo ,  come  i 
Greci  sotto  Adrasto  loro  Re  vennero  in  soccorso  di  Polinice ,  e  come 
giunsero  a  Tsmeno  ed  Asopo  fmmi  di  Tebe.  Così  il  Venturi  seguen- 
do il  Landino  eAellutello.  Ciò  essendo  ,  dovrebbe  intendersi  come  se 
detto  avesse ,  prima  che  giugnessi  a  comporre  il  nono  libro  della  7e- 
haide  ;  nel  qual  libro  descrive  Stazio  i  danni  sofTerti  dal  Greco  eser- 
cito nel  passaggio  dei  due  detti  fìumi.  Ma  dubito  che  non  sia  que- 
sto il  senso;  ma  che  piuttosto   \  Jiumi  ili  Tebe  ponendo  persineado- 

(il)  Porg.Yxi  ^7  e  segg.  ()>)  Vedi  fra  gli  altri  Patarol  Striti  Auguttorum 
Flav,  Domitianus  .  (e)  Vedi  il  medesimo  Claudius  Domit,  hlero  (tt)  Vedi 
tra  gli  altri  Eusebio  hist,  eccl.  lib.  ni  cip.  17.  (e)  Vedi  il  Vocab.  della  Cr. 
(/*)  Par.  IX  34.  (g)  Vedi  MafUofiiù  Téorim  €  Prgsptitg  de' v irti  Ualiaui 
vocti»  il  verbo  seguire  tu  5, 


3i6  PURGATORIO 

91     Lungamente  mostrando  paganesmo  : 

E  questa  tiepidezza  il  quarto  cerchio 
Cerchiar  mi  fé'  più  che  1  quarto  centesmo  • 

c)4     Tu  dunque,  che  levato  hai  1  coperchio 
Che  m  ascondeva  quanto  bene  io  dico , 
Mentre  che  del  salire  avèm  soverchio  9 

97     Dimmi  dov'  è  Terenzio  nostro  antico  , 
Cecilio  ,  Plauto  ,  e   Varrò  j  se  lo  sai  ; 

che  in  Tece  di  Tebe  stessa ,  voglia  dire ,  prima  eh*  io  conducessi  i 
Greci  a  Tebe  ;  che  varrebbe  poi  quanto  ,  prima  eh*  io  componessi  la 
Tebaide  —  Chiuso ^  occulto.  *  Fumi  siucopc  di  fuimi ,  cioè  mi  fui, 
mi  stetti  ec.  N.  E. 

ga  Jl  quarto  cercìiio ,  dove  si    punisce  T  accidia  (a) . 

o3  CercAiar .  Veramente  cerchiare  por  girare  (  ciò  che  fanno  gli 
accidiosi  nel  quarto  cerchio  )  adopralo  Dante  anche  altrove  (fi)  .  Non 
sembra  però  affatto  spregevole  anche  il  cercare,  che  leggono  lotte 
l'antiche  edizioni  (*ed  i  codd.  Vat.  e  Antald.  N.E.)  ed  a  cui  gli  Acca- 
demici della  Crusca  ,  per  i*  autorità  di  non  molti  mss. ,  hanno  sosti* 
tuìto  cerchiare  —  piii  che  il  quarto  centesmo  :  rivedi  1*  annotazione  al 
V»  67.  del  passalo   canto  . 

9I  9^  Levato  ha  il  coperchio ,  che  m*  ascondeva  ec>  hai  rimosso 
r  impedimento ,  che  non  mi  lasciava  scorgere  la  verità  della  cristia- 
na credenza. 

Conghietturando  la  cagione  per  cui ,  volendo  Dante  significare 
a  noi  occulte  le  vie  di  Dio  nel  salvare  gli  uomini,  scegliesse  Ira  i 
gentili  a  fingere  cristiano  e  salvo  Stazio,  io  la  direi  quella  prin- 
cipalmente ,  che  vitupera  questo  poeta  al  sommo  ,  e  pone  acremente 
punita  in  Capaneo  1  audacia  contro  il  cielo  {e);  audacia,  e  puni- 
zione avvisala  pure  dal  poeta  nostro  Tuf.  xiv.  63.  e  segg.  xxv.  i5.  e  seg» 

96  yentre  che  del  ec,  (  del  invece  di  per  )  (d)  mentre  che  per  sa- 
lire abbiam  più  tempo  di   quello  ne  abbisogna. 

97  98  Terenzio  nostro  antico  ec.  cos\  leggono  la  Nidobeatina  ed 
altre  antiche  edizioni ,  e  moltissimi  mss.  veduti  dagli  Accademici  della 
Crusca  e  dal  Daniello ,  ed  anche  tre  veduti  da  me  nella  biblioteca 
Corsini  (e)  (  ♦  e  il  Vat.  e  il  Chig.  e  V  Antald.  N.  E.  )  :  e  nostro  amico, 
che  leggono  1*  altre  edizioni ,  potrebbe  prcforirsegli  quando  i  collo- 
cutori Virgilio  e  Stazio  convenissero  nel  genere  di  poesia  con  Te- 
renzio; ma  essendo  questo  comico,  e  quelli  epici,  meglio  è  che  si 
legga  nostro  antico  ,  e  s'  intenda  antico  nostro  Latino .  K  può  ben  an- 
che intendersi ,  che  per  zeuina  V  aggettivo  antico  applicato  a  Teren- 
zio stendasi  anche  agli  altri  connumerati  autori  ,  e  come  se  fosse 
scritto ,  Dove  sono  pli  antichi  nostri  Latini  Terenzio ,    Cecilio  ec. 

Il  Venturi  dice  leggersi    in   più    di   un  codice,   Dimmi  dov*  è 

(a)  Vedi  Pnrg.  xvii  i3o  e  segg.  ed  il  canto  appresso  .     (b)  Pnrg.  ti.  4  i 
XXV  1  ec.    (e)  Thtbaid,  lib.  io.  p.  927  e  seg.     (d)  Ciiion.  Parf,  81  iS. 
(e)  Nom.  607  607  12x7 


CANTO    XXII.  5i7 

Dimmi  se  son  dannati,  ed    in  qual  vico. 

loo     Costoro,  e  Persio,  ed  io,  ed  altri   assai, 

Rispose  1  duca  mio,  siam,  con  quel  greco 
Che  le  Muse  lattar  più  eh'  altro  mai, 

io3     Nel  primo  cinghio   del  carcere  cieco  . 
Spesse  fiate  ragioniam  del  monte, 
C  ha  le  nutrici  nostre  sempre  seco . 

106     Euripide  v'  è  nosco ,  ed  Antifonte  , 
Simonide ,   Agatone,  e  altri  piùe 

Terenzio ,  ov*  è  P  amico  Cecilie  .  Ma  ,  oltre  che  non  ci  dice  dove  tro- 
vinsi ,  e  quanti  sieno  questi  codici ,  non  pare  poi  anche  che  per  una 
ventina  d  anni  al  più ,  che  potesse  Cecilio  essere  anteriore  a  Teren- 
zio (a)  debha  questi  sottrarsi  clair  epiteto  di  antico  —  Cecilio ,  e  Plauto 
furono  ,  siccome  Terenzio  ,  comici  ;  Farro ,  dee  intendersi  quello  a 
cui  fa  Quintiliano  F  elogio  :  Quam  muUa ,  imo  pene  omnia  ,  tradicUt 
Farro  {b). 

99  In  guai  vico .  Fico,  dal  Latino  vicus ,  vale  propriamente  con- 
trada, ma  qui  sta  per  Infamai  cerchio.  Fico  anche  fuor  di  rima  ado- 
pera Dante  Par.  X.  137. 

100  al  io5  Persio,  poeta  sntirico  —  con  quel  Greco,  con  Omero 
—  lattar  per  nutrirono  —  piìi  eh*  altro  mai,  *  il  Cod.  Caet.  legge  pili 
eh*  altri  mai.  N.  E.  —  nel  primo  cinghio  ec,  nel  primo  infemal  cerchio. 
Vedi    Fnf.  iv.  88. 

I  o4  I  o5  Del  monte  ,  Tarnaso  —  Che  ha  le  nutrici  nostre  sempre 
seco  ,   su  (lei  quale  abitano   sempre  le   Muse  . 

106  ìon  FuHpide ,  Ateniese,  poeta  tragico  eccellentissimo .* -^^n- 
tijbnte;  cosi  legge  il  Con.  Cass.  e  il  Chig. ,  mentre  gli  altri,  com- 
preso il  P.  L.  ,  leggono  uénacreonte .  La  giudiziosa  riflessione  del  P. 
Ab.  di  C.  che  Cante  nominando  qui  con  Euripide ,  Simonide  e 
j4gatone  Poeti  ancor  Tragici  non  sembrava  conveniente  vi  unisse 
Anacreonte  semplice  Lirico,  solito  a  descrivere  cose  amorose,  et 
cum  multo  venerem  confundere  vino  ,  ma  più  tosto  Antifonte  ricorda- 
io con  lode  da  Aristotdc  Ira  i  Poeti  ,  e  da  llutarco  annoverato  par- 
ticolarmente fra  i  Tragici  ,  ci  aveva  già  determinato  a  preferire  que- 
sta lezione  pel  nostro  testo;  ma  ne  siamo  restati  ancor  più  soddis- 
fatti vedendola  seguita  ancora  dal  eh.  Sig.  Portirelli  nella  sua  Ediz. 
di  Milano,  e  trovandola  confermata  nel  Con.  Caet.  ove  leggesi  a  chia- 
re note: 

Euripide  ve  nosco  et  antiphonte. 
Kon  crediamo  inutile,  di  recare  a  cognizione  de' nostri  lettori,  che 
il  Canonico  Dionisi  (e)  \e^ge  Anacre'onte ,  e  chiosa  così,,  E  pur  tutU 
i  cotUci  VECCHI  da  me  veduti  hanno  ed  Antifonte  :  O  perchè  Dante 
seppe  di  questo  scrittor  piìt  di  noi ,  o  perchè  P  ebbe  per  poeta  ancor» 
che  non  fosse .    Con  tutto  ciò    non  ho  voluto  andar  contro    P  empito 


(a)  Vedi  Pciav.  Rai,  temp.  l.  4.  cap.  12.  {b)    Jnstit.  orai.  lib.  la. 
(ID  La  Divina  Commedia  ec.  Breicia  Bettoni  1810  ,  tom.  secondo  pi|.  i6)l. 


5i8  PURGATORIO 

Greci ,  che  già  di  lauro  ornar  la  fronte  • 
J09    Quivi  si  veggion  delle  genti  tue 
Antigone ,  Deifile  ,  ed  Argia  , 
Ed  Ismene  si  trista  come  fue  • 
112     Vedesi  quella  che  mostrò  Langìa  : 
Evtì  la  figlia  di  Tiresia,  e  Teti, 
E  con  le  suore  sue  Deidamia. 


dalla  moderna  fiumana,  E  bea  faceste  Signor  Canonico:  perchè  a 
▼oler  lottare  contro  le  opinioni  dei  più  si  vuol  avere  cognizioni  pro- 
fonde e  recondite,  t ppur  voi ,  il  quale,  non  dico  di  queste,  ma 
delle  pia  comuni  mancate ,  spacciando  come  Antifonte  non  fosse 
poeta ,  avete  le  tante  volte  lottato  non  contro  le  moderne  fiumane 
soltanto,  ma  contro  il  mare  di  tulio  il  senno ^  con  che  io  intendo 
I*  antichissimo  buon  senso  ,  travolgendo  a  modo  tutto  vostro  i  detti 
del  Divino  Poeta .  N.  E.  —  Simonide ,  nato  in  Cea ,  isola  del  mare 
Egeo  ,  uno  de' nove  lirici  Greci  famosi ,  non  che  Epico,  e  Tragico. 
Agatone  ,  poeta  Gi*eco  antico ,  d*  una  favola  del  quale ,  intitolata  1* 
jinto ,  o  il  Fiore ,  fa  menzione  Aristotele  nella  sua  poetica .  Volpi  . 
—  piite  per  piit ,  paragoge . 

109  Delle  genti  lue,  Tue^  chiosa  il  Venturi ,  perchè  da  te  decan' 
tate  nella  Tebaide .  Fino  alla^^'Vi  di  Teresia  (  corregge  il  Rosa  Mo^ 
rando  )  le  nominate  son  Tebane ,  e  fin  là  va  bene  il  dire ,  che  Vir- 
gilio ,  riguardando  alla  Tebaide ,  le  dica  a  Stazio  sue  genti  .  Ma 

Teli  , 

ir  con  le  suore  sue  Deidamia 
che  hanno  a  fare  con  la  Tebaide  ,  e  con   Tebe  ?    Questi  son  perso» 
naggì  deir  Achilleide ,  altro    poema   di   Stazio;    e  con   quelle     parole 
delle  genti  tue  non   alle  sole  cantate  nella  Tebaide ,   ma  alle    cantate 
ancora  nell*  Achilleide  si  vuole  alludere  . 

110  al  \i(\  Antigone  figliuola  di  Edipo  Re  di  Tebe.  Costei  fessi 
guida  del  cieco  suo  padre  ,  cacciato  in  esilio  da  Creonte  ;  per  la  qual 
cosa  dal  tiranno  fu  fatta  morire  :  ma  come  scrive  Sofocle ,  in  una  sua 
tragedia  < li  questo  nome,  fu  seppellita  viva,  per  aver  data  sepoltura  al 
corpo  di  Polinice  suo^ fratello  ,  contra  il  regio  divieto.  Deifile^  figliuo- 
la d' Adrasto  He  degli  Argivi ,  moglie  di  Pideo  ,  uno  rfe'  sette  capi- 
tani ,  che  assediarono  Tebe .  Ar^ia  altra  figliuola  del  detto  Adrasto  , 
moelie  di  Polinice.  Ismene.,  figliuola  d'Edipo  Re  di  Tebe,  promessa 
in  isposa  a  un  certo  Cirreo ,  il  quale  avanti  le  nozze  fu  ucciso  da 
Tideo.  Quella  che  mostro  Languì  y  intendi  Tslfile  figliuola  di  Toante 
Re  di  Lenno  .  Costei  essendo  stata  venduta  da*  corsari  a  Licurgo  di 
Nemea  ,  fu  da  lui  data  nutrice  ad  un  suo  figliuolo  chiamato  oTelte  , 
Ora,  un  giorno  ch'ella  era  andata  a  diporto  fuori  della  città,  ac- 
cadde che  Adrasto  con  molti  de*  suoi ,  che  andavano  cercando   acqua 

f>er  bere  la  vide  ,  e  prcgolla  che  qualche  fontana  gTinsoc^nasse;  ond  el- 
a,  lasciato  in  terra  il  fanciullo,  mostrò  loro  nella  selva  una  fonta- 
na chiamata  Langia .  Ritornata  poi  al  fanciullo ,  trovò  quello  essere 
stato  ucciso  da  uu  serpente.  La  figlia  di  Tiresia^  cioè  Vfanto  ,  donna 
iudoviua  .    Tiresia  Tebano  indovino  a*  suoi  tempi  molto    ecccUeutf* 


e  A  N  T  O    XXII.  3t§ 

1 1 5     Tacevatìsi  amendue  già  li  poeti , 

Di  nuovo   attenti  a  riguardare  Jntomo , 
Liberi  dal  salire  e  da'  pareti  ; 

118     £  già  le  quattro   ancelle  eran  del  giorno 

Kimase  addietro,  e  la  quinta  era  al  temo, 
Drizzando  pure  in  su  V  ardente  corno  ; 

Teli  j  dea   del  mare,  madre   d'Achille.  Deidamìa  ,  figliuola  di  Lieo- 
mede  Re   di  Scìro ,  giovane  bellissima.  Volpi. 

Per  la  figlia  di  Tircsia  Manto  anche  il  Venturi  intendendo  ,  qui 
Dante  (critica  )  fu  malamente  tradito  dallm,  memoria ,  ponendo  'Vlanto 
nel  Limbo ,  quando  nel  canto  XX,  delV inferno  C aveva  posta  nella  ter^^ 
za  bolgia   delC  ottavo  cerchio  . 

Ksso  Venturi  però  rimase  veramente  tradito  alla  cieca  sequela 
degli  altri  espositori ,  cadendo  con  essiceli  a  medesima  falsa  suppo- 
sizione ,  che  non  avesse  Tiresia  altra  figliuola  che  Manto  ;  in  tempo 
che  già  dagli  Accademici  della  Crusca  (  credo  in  discolpa  del  poeta 
accusato  già  della  smemoraggine  stessa  dal  Mazzoni  )  {a)  erasi  con  po- 
stilla in  margine  avvisato  ,  che  il  poeta  qui  intende  Dafne  fgliuola 
parimente  di  Teresia ,  della  quale  Diodoro  Siculo  (b) .  E  stupisco  altre- 
sì del  Volpi ,  che  facesse  la  medesima  postilla  nella  Commiana  edi- 
zione sua  ristampare  senza    trarne   esso  alcun   profìtto . 

Ma  anche  questa  Dafne  (entra  il  tlosa  Morando  )yu  indovina f 
e  da  porsi  perciò  ,  non  nel  IJmbo  ,  ma  col  peuire  e  con  la  sorella  (  cioè 
nella  sopraddetta  terza  bolgia  dell*  ottavo  cerchio  )  ;  quando  non  si  vo- 
glia dire ,  che  sia  stata  posta  nel  Limbo ,  perchè  ella  fu  donna  di  lei- 
tere ,  e  lasciò  parecchi  versi ,  che  j  secondo  riferisce  Diodoro  (e)  ,  si 
credono  in  parte  traportati  da  Omero  ne*  suoi  poemi  •  Un*  Istoriailefi' 
gliuola  pur  di  Tiresia  nomina  nella  Beozia  Pausanin  ;  e  di  lei  narra  , 
che  con  una  bella  astuzia  ingannò  le  Formacidi ,  mentre  voleano ,  pei^ 
comando  di  Giunone ,  il  parlo  ili  Alcmena  impedire  .  Di  questa  mi 
credo  eh*  abbia  qui  voluto  il  Poeta  intendere  ;  e  che  perciò  non  sia 
in  questo  luogo  contraddizione   alcuna. 

1 1  ^  Liberi  dal  salire  ec,  finita  essendo  la  scala ,  e  sormontato 
avendo  il  masso  ,  dentro  del  quale  essendo  scavata  la  scala  ,  veniva 
perciò  la  vista  di  chi  saliva  per  quella  ad  essere  ristretta  fra  due  pa- 
reti  o  sponde . 

118  119  120  Le  qiuittro  per  la  prima ,  seconda ,  terza ,  quarta , 
per  le  quattro  prime  —  ancelle  del  giorno  appella  le  ore  »  perocché 
ancelle  del  ^ole  (d) ,  e  per  conseguenza  anche  del  giorno  —  eran  n- 
mase  addietro  ;  avendo  tirato  ciascuna  il  carro  del  ^ole  pe  '1  tangen- 
te suo  spazio  ,  erano  restate  addietro  —  e  la  quinta  era  al  temo ,  e 
la  quinta  ora  travagliava  attualmente  attaccata  al  timone  del  solare 
cocchio  —  Drizzando  pure  in  su  l'ardente  corno,  continuando  essa  pu- 
re ,  come  fatto  avean  le  altre  quattro ,  a  dirigger  in  alto  l' infuocata 
punta  del  timone ,  cioè  verso  il  meridiano  circolo  ,  a  cui  uell'  equi- 
noziale stagione,  che  il  poeta  suppone  {e)  ,  non  lo  fa  pervenire  che 


(a)  Lib.  3-  csp.  77.  (b)  Uh.  4  cip.  6.     (e)  Lib.  e  cap.  cit:    (d)  Vedi  db 
cb'è  detto  Parg.  xix  t^.  8o,    (e)  Vedi  per  cigiooe  d'esempio  laf.  I  38  •  segg. 


3m  purgatorio 

isi     Quando!  mìo  duca:  io  credo  eh' allo  stremo 
Le  destre  spalle  volger  ci  convegna  , 
Girando  il  monte  come  far  solemo. 

1 24    Così  r  usanza  fu  li  nostra  insegna  ; 

E  prendemmo  la  via  con  men  sospetto  , 
Per  ¥  assentir  di  quell'  anima  degna  . 

127     Essi  gtvan  dinanzi ,  ed  io  soletto  "^ 

Diretro  ;  ed  ascoltava  i  lor  sermoni  y 
Ch'  a  poetar  mi  davano  intelletto  • 

i3o    Ma  tosto  ruppe  le  dolci  ragioni 

la  sesta  ora;  dopo  della  quale  la  settima  incomincia  a  Tolgere  il  tf- 
mone  all'  ingiù .  Como  per  ptinta  adoprato  dagli  autori ,  anche  d'af- 
tri  obbietti  favellando ,  vedilo  nel  Vocabolario  della  Crusca . 

131  133  133  Io  credo  «r.  Kntrati  che  furono  Virgilio  e  Dante  nel 
precedente  girone,  e  richiesti  avendo  quegli  spiriti  della  più  breve 
▼ia  di  salire  in  alto ,  fu  loro  insegnato  che  cammin  facessero  tenen- 
do volte  le  loro  destre  al  di  fuor  del  monte  (a)  .  Qui  senz'  altro  di- 
■landare  ,  argomenta  Virgilio ,  che  debba  da  loro  farsi  lo  stesso;  che 
debbano  cioè  camminare  lenendo  le  destre  spalle  ,  il  lato  destro ,  vol- 
to allo  stremo,  all'  estremità  del  monte  continuando  a  girare  nello 
stesso  modo  che  finora  han  sempre  fatto  —  allo  estremo  leggono  l'edi- 
lioni  diverse  dalla  Nidobeatina  ;  ma  stremo  in  vece  di  estremo  tropp* 
altre  fiale  adopra  Dante  {b)  —  solamo  per  sogliamo ,  desinenza  primi- 
tiva ,  ma  ora  per  altro  più  non  si  ammette  se  non  forse  in  rima  di 
rado  e  cautamente  :  dice  il  Signor  Maslrofini  nella  Teoria  e  Prospetto 
de*  verbi  Italiani  (r) . 

134  V  usanza  fu  ti  nostra  inserta:  il  costume  altrove  praticato 
la  ivi   la   nostra   guida  . 

laS  Prendemmo  la  via ,  già  divisata  ,  cioè  camminando  col  lato  de- 
stro volto  air  estremità  del  monte  —  con  men  sospetto  ,  con  meno 
timore. 

136  Per  Vassentir  ec.  per  mostrarsi  del  medesimo  sentimento  an- 
che queir  altr*  anima   degna  di    Stazio  . 

137  Essi  la  Nidobeatina  ;  eUi  l'altre  edizioni. 

139  I/i  davano  intellt^to ,  m'aprivano  la  mente,  m'istruivano. 
*  Et  est  bene  quod  Dantes  bene  intellexit  ambos  istos  poetas  et  multa 
didicit  tdf  ipsis  '..ch'iosa  il  Fostill.  Caet.  N.  K. 

i5o  Hagioni  y  ragionamenti.  Questa  voce  ragioni  in  significato  di 
ragionare  non  la  so  ritrovar  nel  f^ocabolario  copiosissimo  delia  Cru^ 
sca  :  COSI  il  Venturi  una  volta  nella  sua  bile  contro  il  Vocabolario 
non  va  errato  .  Solo  che  ponendo  poi  esso  Vocabolario  nella  parte 
Latina  e  ragione  y  e  ragiorumtento  sotto  della  stessa  voce  ratio  j  fa  con- 
seguentemente capire  che   possa   ragione  significar    lo  stesso    che  ra* 


(a)  Purg.  XI»  «I.     (b)  Vedi  per  cigioa    d' eiempio  Inf.  xvn  32  ,  Porg. 
IV  3a  X  14;  XI li  134  eo.    {c)  Sotto  il  vtrbo  soUré  a.  %> 


e  A  N  TO    XXII.  3ai 

Un  alber ,  che  trovammo  in  mezza  strada 
Con  pomi  ad  odorar  soavi  e  buoni. 

i33     £  come  abete  in  alto  si  digrada 

Di  ramo  in  ramo ,  così  quello  in  giuso; 
Cred'  io  perchè  persona  su  non  vada  • 

i36     Dal  lato,  onde  1  cammin  nostro  era  chiuso, 
Cadea  dall'  alta  roccia  un  liquor  chiaro , 
E  si  spandeva  per  le  foglie  suso  . 

1  Sg  Li  due  poeti  all'  alber  s'  appressaro  ; 
Ed  una  voce  per  entro  le  fronde 
Gridò  :  di  questo  cibo  avrete  caro  • 

14^     Poi  disse:  più  pensava  Maria,  onde 
Fosser  le  nozze  orrevoli  ed  intere , 

gionamento.  *  Il  Con.  Caet.  legge  nostre  ragioni  in  vece  di  dolci 
ec.  N.  £• 

i3i  Alber  y  voce  accorciata  da  a/3ero .  Volpi — in  mezza  strada^ 
vale  quanto  in  mezzo  della  strada  . 

I  Cìi  Con  pomi  ad  odorar  ec.  con  frutti ,  che  spandevano  un  soave 
e  gradevole  odore. 

1 33  1 3/|   1 35  Come  abete  in  alto  si  digrada  di  ramo  in  ramo .  O 

5er  abete  intende  il  solo  tronco  dell'  abete ,  e  vuol  dire  che  siccome 
tronco  dell'abete  alto  salendo  va  digradando,  impicciolendo,  co- 
si all'opposto  il  tronco  del  misterioso  albero  più  innalzando ,  più  in- 
grossasse ,  figura  certamente  che  impedirebbe  l' arrampicamento  su 
di  esso  tronco  :  o  se  vuole  che  dai  rami  si  facesse  l'impedimento  di 
salir  queir  albero  ,  bisogna  intendere  che  i  piii  bassi  rami  npiegaase- 
ro  in  giù  sopra  del  tronco  ,  e  che  gli  altri  rami  di  mano  in  mano  ri- 
piegassero  sopra  i    più  bassi . 

Tutti  gli  antichi  spositori  intesero,  che  avesse  quest'albero  te 
radici  verso  il  cielo  ,  e  la  cima  verso  la  terra  ;  ed  in  tale  stravolgi- 
mento il  dipinsero  anche  all'occhio  nelle  figure  a' comenti  aggitinte. 
Il  primo  che  si  oppose  a  st  fatto  senso  fu  il  Daniello,  ed  appresso 
a  lui  tiensi   anche  il   \  enturi  .  *  Si  disgrada  ,  il   cod.  Antald.  N.   K. 

i56  Dal  lato  ^  onde  ec.  dal  sinistro  lato,  dalla  banda  dd  monte* 

107   lioccia  ^  rupe,  dal   Francese  roche  [a). 

i58  Per  le  foglie  suso ,  su  per  le  foglie,  intendi  ,  del  detto  albe- 
ro .  *  Giuso  j  il  cod.  Aat. ,  e  malamente.  N.  F. 

i.'li  .farete  caro  y  avrete  carestia,  ne  sarete  in  pena  della  golofi- 
tà  che  qui  si  punisce,  privati.  f)i  caro  sustantìvo  \n:r  carestia  vedine 
altri  esempì  nel   \ oc;4f>olario  della  Crusca. 

\!\'i  i.'p  i.|4  Pili  pensava  Maria  ec.  N'olendo  il  poeta  lodare  Del- 
le i.oiaane  femmine  l'astinenza  dal  vino,  come  nel  seguente  tendi' 


(2)   V«ai  ìbL  VII   6. 


522  PURGATORIO 

Ch'  alla  sua  bocca ,  eh'  or  per  voi  risponde  • 
145     £  le  romane  antiche  per  lor  bere 

Contente  furon  d'  acqua ,  e  Daniello 
Dispregiò  cibo  9  ed  acquistò  savere  • 
143     Lo  secol  primo  quant' oro  fu  bello; 
Fé'  savorose  con  fame  le  ghiande  » 
E  nettare  con  sete  ogni  ruscello. 
i5i     Mele  e  locuste  furon  le  vivande 

to  fa,  previene  un'opposizione  che  poteva  farsi  luì  dall' aver  Maria 
Vergine  nelle  nozze  (fi  Caiia  n)Osso  (icsii  Cristo  a  provedere  prodi|^ìo- 
samente  del  vino  ;  e  però  dice ,  che  non  alla  sua  bocca  pensava ,  ma 
a  fare  che  non  ne  avessero  gii  sposi  disonore:  e  di  fatto  non  disse 
vintim  non  habemus^  ma  vinum  non  hahent  {a)  *  (-on  qualche  ragione 
potrebbe  adottarsi ,  in  vece  di  onde ,  (V  onde  come  legge  il  Cod.  Cait. 
W.  K.  —  orrevoU  per  onorevoli .  ^  cdi  ciò  eh'  è  detto  dì  questa  voce 
Inf.  IV.  72. 

145  146  147  Le  Romane  antiche  ec.  Vini  usits  (  attesta  Valerio 
Massimo)  {b)  oìim  Honianis  feminis  i^^tusfint^  ne  sciUcet  in  ali^uod 
dedecus  prolaberentur .  —  Daniello  dispref(iò  cibo  ed  ec.  Avendo  Da- 
niello coi  tre  fanciulli  compagni  pregato  ed  ottenuto  di  pascersi  di 
legumi  in  vece  di  regie  vivande  destinate  loro  dal  Re  di  Rabiionia 
IVabucodonosor  ,  Puens  his  (  aggiunge  il  sacro  testo  {e)  )  dedit  Deus 
4cienliam  ,  et  disciplinam  in  onini  libro ,  et  sapientia  :  Danieli  autem  in- 
telliwsntiam  omnium  visionum ,  et  somniorum .  Bene  adunane  dice  Dan- 
te cne  dispregiando  Daniello  il  regal  cibo  ac(juistasse  da  Dio  sape- 
re —  savere  per  sapere  adoprato  da  altri  autori  di  Lingua  vedilo  nel 
Vocab.  della  Cr. 

i48  QuanC  oro  fu  bello.  In  vece  di  dire  che  fu  il  secol  d^  oro 
appellato  ,  dice  In  ragione  per  cui  cosi  appellato  fosse ,  cioè  perchè 
fu ,  siccome   1'  oro ,  bello   e  senza  neo  di  macchia . 

i49  i5o  Fé  savorose  ec.  Vuole  dire,  che  non  si  mangiando  né 
bevendo  in  que' primi  tempi  se  non  per  fame  e  sete,  e  non  gi2i  co- 
me a'  tempi  nostri  dalla  maggior  parte  degli  uomini  si  fa  ,  per  sem- 
plice ghiottoneria ,  divenivano  le  ghiande  con  fan)e  mangiate  savoro- 
se^ saporite  (<fj,  e  T  acqua  d'ogni  ruscello,  con  sete  bevuta,  pareva 
un  nettare ,  la  bevanda  cioè  degli  Dei  fìnta  da'  poeti .  E  nettare  per 
sete  y  leggono   l'edizioni   seguaci   di   quella  della  Crusca. 

i5t  Locuste^  non  cavallette,  come  alcuni  scioccamente  credono  , 
che  sarebbe  errore  il  credere  ,  che  un  tanto  s;ìnto  di  cotal  cibo  si 
nutrisse;  ma  inlende  delle  cime  teneriiie  degli  alb(»ri  ,  virgulti  ,  ed 
erbe,  tcco  la  chiosa  ilei  dottissimo  Tirino  alle  parole  del  Vangelo 
Joannes  locustas  et  mei  silvestre  edcbat  (e)  .  Premesso   che  corrispoii- 

dentrmente  al  locustas  nel   testo  Latino,  sia  nel  <ireco  **f'^*C ,  pro- 
siegue  ,  per  quod  Reza  vult  intelligi  pyra  silvestria  ;  Ktithjmius  arbo- 


(a)  Ioan.  z.  v.  3.    (A)  Lib.  a.  cip.  i.    (r)  Dan,  i    v,  17.    (</)  V«di  il 
Vccab.  della  Cratca.    (e)  Marc,  i   v»  6. 


e  A  N  T  O    XXII.  3a5 

Che  nudriro  '1  Batista  nel  deserto; 
Perch'  egli  è  glorioso ,  e  tanto  grande 
Quanto  per  Y  evangelio  v'  è  aperto . 

rum  frondiumque  summitates  :  sed  apiissime  Origenes ,  Hilarius  y  Am» 
brosius  y  Chrysostomus  ,  Augusiinus  ,  proprie  dictas  locustas  intelliaunt , 
vulgatum  Aethiopibus ,  Lybiis ,  Parthis ,  et  aliis  orientalibus  cioum  y 
teste  Plinio  et  S,  Hieronymo  j  et  Judaeis  edi  permissum  :  Levitici 
cap,  xT  V,  11. 

i53  i54  Tanto  grande  quanto  per  V  Evangelio  ec.  per  quelle  pa- 
role di  Gesù  Cristo  medesimo  ,  non  surrexit  'inter  natos  muÙerum  nui' 
jor  Joanne  Baptista  (a) . 

(a)  Matth.  xl  v.  ii. 


Fine  del  canto  ventesimosecondo  . 


X  a 


334 

CANTO    XXIII. 


ARGOMENTO     (*) 

Sono  i  potti  sopraggiunti  da  molte  animt  :  tra  le  quali  conobbe  Danta 
quella  di  Forese  ,  dalla  persona  del  quale  «  con  destra  maniera  «  prcit- 
de  di  biasimar  le  donne  fiorentine  intorno  agli  abiti  poco  onesti,  dk'#/* 
le  in  quel  tempo  portavano  . 

1     lYXentre  che  gli  occhi  per  la  fronda  verde 
Ficcava  io  cosi ,  come  far  suole 
Chi  dietro  all'  uccellili  sua  vi^  perde; 

4     Lo  più  che  padre  mi  dicea  :  figliuole  , 

Vieni  oramai,  chè'l  tempo,  che  n'è  'mposto. 
Più  utilmente  compartir  si  vuole . 

1  *  Io  sty  legge  il  CoD.  Cait.  N.  E. 

3  Chi  dietro  ec»  :  chi  perde  il  suo  tempo  perseguendo  uccellino 
entro  le  frondi . 

4  Lo  pili  che  padre  y  Virgilio  —  figliole  legge  la  Nidob.  yjigli- 
ude  l'altre  edizioni.  ^  e  il  cod.  Vat.  N.  E.  Oltre  però  che  general- 
mente ammettesi  per  bene  scritto  tanto  Jigliuolo  cne  Jigiiolo  (a) ,  il 
Vocabolario  della  Crusca  recando  varj  esempj  di  fieliuole  adopra- 
lo  dagli  antichi  nel  quinto  caso  in  vece  di  figliolo ,  aggiunge  , 
che  ciò  facessero  a  somiglianza  del  Latino  filiale  {h) .  Figliole  adunque 
che  legge  la  Nìdobeatina,  come  più  al  Latino  medesimo  somigliante, 
merita  di  essere  preferito  a  figliuole ,  che  leggono  V  altre  edizioni . 
•  Noi  però  abbiamo  creduto  di  restituire  figliuole  col  cod.  Vat ,  non 
solo  perchè  più  usitato  ,  ma  anche  perchè  più  chiaro  e  consuonante 
alle  rime  vuole  e  suole ^  che  qui  pone  il  poeta.  N.  E. 

5  yieni  oramai,  cheH  tempo ,  che  n'è  imposto  legge  la  Nidob., 
ove  l'altre  ediz. ,  (*e,il  cod.  Vat.N.E.)  Fienne  oramai,  che  il  tempo  ^ 
che  e*  è  'mposto  —  *  E  i  codd.  Chig.  e  Antald.  Vienne  oggimai ,  eh*  è 
il  tempo  che  n*  è  posto .  N.  £•  —  Tempo  imposto  per  tempo  assegnato 
a  viaggiare . 


(*)  Argomento  metrico  del  ceì.  G.  Gozzi . 

Desio  dell'  arbor  ,  che  spiega  i  i aoi  rami 
Verso  all'  ingiii ,  e  sete  di  para  ooda 
Tutti  dimagra,  e  andar  ne  gli  fa  grami. 
Narra  Forese  ,  che  quivi  si  monda  , 

Sne  colpe  ;  e  loda  della  moglie  il  pianto  , 
Che  il  suo  purgarsi  avaccia ,  ed  asseconda  # 
E  air  altre  donne  dir  biasimo  ,  intanto  . 
(a)  Vedi  il  VocabeU  della  Or.     (b)  Vedi  il  medesimo  Vocab.  sotto  U  to-. 
figliuolo  ).  4. 


e  AN  T  O    XXIII.  3i5 

7     Io  volsi  1  viso  el  passo  non  men  tosto, 
Appresso  ai  savi ,  che  parlavan  sie, 
Che  r  andar  mi  faceau  di  nullo  costo  . 

IO     Ed  ecco  piangere  e  cantar  s'  udie  : 
Labia  mea  ,  Domine  ,  per  modo 
Tal  9  che  diletto  e  doglia  parturie . 

1 3     O  dolce  padre  ,  che  è  quel  eh'  i'  odo  ? 

Comincia'  io  .  Ed  egli  :  ombre  che  vanno 
Forse  di  lor  dover  solvendo  il  nodo  • 

i6     Sì  come  i  peregrin  pensosi  fanno , 

Giugnendo  per  cammin  gente  non  nota, 

7  Non  men  tosto  ,  intendi  >  che  il  viso  .  *  Io  \folsi  'i  passo  e*l  viso^ 
il  cod.  Val.   N.  E. 

8  »S)cper5Ì,  cosìy  Toscana  paragoge,  come  piite  y  Jìte  ec.jaerpiii^ 
Ju  ec.  Per  la  stessa  ragione  dirà  nelle  corrispondenti  rime  uaie ,  par^ 

furie  per  i/r//,  parturì  » 

9  Facean  La  ì^\Aoh,yfacèn  T  altre  ediz.  *  e  il  cod.  Vat.  N.  E. — 
^  nullo  costo  j  di  ninna  fatica  .  Comes  facundus  in  via  prò  vehiculo 
est ,  sta  scrìtto  da   Publio   Siro   (a)  . 

10  Piangere  e  cantare.  Piangevano  per  contrizione  e  vero  penti- 
roedto  del  peccato  commesso  ;  e  cantavano  per  la  speranza  di  poter- 
lo purgare ,  e  purgatolo   andare  alla   salute .  Landino  • 

1 1  Labia  mea  Domine  .  K  nel  profetico  salmo  Domine  labia  mea 
aperies ,  et  os  meum  annunciabit  laudem  tuam  {b)  :  la  qual  orazione  è 
conveniente  a'golosi  :  acciocché  la  bocca ,  la  quale  hanno  pc'l  passa- 
to aperta  alle  superflue  vivande ,  per  V  avvenire  s'  apra  a  cantare  le 
divine  laudi .  Landino  —  Pospone  la  parola  Domine  al  labia  mea  per 
aggiustamento  del  verso . 

1  !2  Diletto  pe'l  cantare  —  doglia  pe  '1  piangere  —  parlurìe  ,  cagio- 
nò ,  intendi ,  in  me  . 

i4  i5  yanno  di  lor  dover  solvendo  il  nodo:  vanno  sciogliendosi 
da  quel  debito  alla  divina  giustizia  ,  che  qui  legale  • 

i6  Peregrin  pensosi  y  quelli  cioè  che  viaggiano  pensando  ed  anelan- 
do a  prefisso  termine;  non  quelli  che  viaggiano  pe4  semplice  diver« 
timento  del  viaggio ,  i  quali  ad  ogni  nuovo  mìnimo  obbietto  volen- 
tieri  si  fermano  . 

1 7  Giugnendo  ec,  raggiungendo  ,  per  suo  più  veloce  camminare  » 
altra  non  conosciuta  gente  che  per  la  via  stessa  cammini  piìi  adagio. 
Bice  gente  non  nota  ,  imperocché  quantunque  sieno  i  peregrini  penso^ 
si ,  e  più  veloci  corrano  di  quelli  che  raggiungono  ,  se  la  gente  rag- 
giunta sia  loro  cognita  ,  sogliono  essi  o  fermarsi  alquanto  ,  o  almeno 
rallentare  il  passo  per  godere  alquanto  di  loro  compagnia. 


(a)  De  amicitia  et  concordia  ,  tei    i  Crimmenti  del  cit.    Mimo 
(fi)  Psùl,  5o  y.  17. 


Sa5  PURGATORIO 

Che  8Ì  volgono  ad  essa,  e  non  ristanno; 
IO    Così  diretro  a  noi ,  più  tosto  mota , 

Venendo  e  trapassando ,  ci  ammirava 
D'  anime  turba  tacita  e  devota . 
%%    Negli  occhi  era  ciascuna  oscura  e  cava  y 
"     Pallida  nella  faccia  •  e  tanto  scema  , 
Che  dall'  ossa  la  pelle  s' informava  • 
ab    Non  credo  che  così  a  buccia  strema 

i9  Si  \folgona  ad  essa ,  e  non  ristanno  :  la  guardano  senza  punto 
fermarsi 

19  Pia  tosto  mota  ,  prestamente  più  di  noi  mossa  .  J^fota  ,  latinismo 
in  grazia  della  rima . 

ai  Turba  tacita^  Il  Vellutello  e  il  Daniello  non  sanno  combina- 
re il  sopraddetto  pianare  e  cantare  delle  purganti  anime  col  ^irsi 
ora  questa  turba  tacita ,  se  non  intendendo ,  che  sospendessero  qui  il 
piangere  e  cantare  per  la  novità  dei  tre  soggetti  raggiunti.  Egli  è  però  , 
a  mio  giudizio ,  falso  ciò  che  questi  espositori  suppongono ,  che  pian* 

Sessero  cioè  e  cantassero  quelle  anime  solidamente  per  tutta  la  stra- 
a .  Mainò  ,  solamente  cosi  facevan  esse  quando  nell'ageirarsi  pe*l  bai- 
so  pervenivano  ai  misteriosi  alberi .  Tessendo  adunque  1  tre  poeti  pas- 
sati oltre  il  divisato  albero  ,  ma  non  di  molto  ,  poterono  perciò  sentire 
ciò  che  ivi  le  retrovvegnenti  anime  si  dicessero.  In  prova  di  ciò,  ol- 
tre l'andar  che  dice  qu\  Dante,  quella  turba  d'anime /oci/a  e  despota ^ 
e  non  maravigliosa  e  tacita  (  come  avrebbe  dovuto  dire  se  'avesse  in- 
teso al  modo  del  Vellutello  e  Daniello  }  possono  valere  i  v,  67.  e  scgg. 
del  presente  canto 

Di  bere  e  di  mangiar  n*  accende  cura 

V  odor  ,  eh*  esce  del  porno  ,  e  dello  sprazzo 
Che  si  distende  su  per  la  verdura  ; 
e  può  altresì  valere  V  esempio  di  quello  che  dir4  di  Dante  essersi  fat- 
to dalle  anime  giunte  ad  altro  simile  albero  in  questo  medesimo  bal- 
zo collocato. 

f^idi  gente  sotV  esso  alzar  le  mani 
E  gridar  non  so  che  verso  le  fronde^ 
Quasi  bramosi  fantolini  e  vani  (a)  . 
32  Ne^i  occhi  ec.  :  aveva  ciascuna  gli  occhi  posti  all'oscuro,  in 
fondo  cioè  alla  cavità  dell'  occhiaie.  *  Il  Signor  Portirelli  dice,  che 
onesta  è  una  felice  imitazione  della    fame  descritta  da  Ovidio  nell'S** 
delle  Metamorfosi  :  Hirius  erat  crtnis  ec.  N.E. 
23  Scema  per  dimagrata  assai .  Volpi  . 

l'i  Che  daìr  ossa  ec,  :  che  la  pelle  prendeva  la  forma  non  da  al- 
tro che  dalle  ossa  ,  distendendosi  immediatamente  sopra  di  esse  ;  e 
non  sopra  carne  posta  di  mezzo ,  come  fa  ne'  polpacciuti  .  '*'  DeWos- 
sa ,  il   cod.  Antald.  N.  E. 

25  A  buccia  strema,  a  non  avere  altro  indosso  che  la  pelle  ulti- 
ma .  *  A  buccia  scema  ,  il  cod.  Antald.  IN.  E. 


(a)  Canto  fegaeate  9.  loS  •  tegg. 


e  A  N  T  O    X  X  1 1 1  337 

Erisi ton  si  fasse  fatto  secco , 
^  Per  digiunar ,  quando  più  n'  ebbe  tema  . 

a8     Io  dicea  ,  fra  me  stesso  pensando  :  ecco 
La  gente  che  perde   Gerusalemme  j 
Quando  Maria  nel  figlio  die'  di  becco . 
3i     Parean  V  occhiaje  anella  senza  gemme  • 
Chi  nel  viso  degli  uomini  legge  omo  j 
Ben  avria  quivi  conosciuto  V  emme . 

/ 

a5  ErisUòn  .  Erisitone  ,  secoodo  Ovidio  (  ncll'  ottavo  delle  Me 
tamorfost  )  fu  in  Tessaglia  uomo  profano,  e  avendo  in  dispregio 
la  Dea  Ceres  ,  proibiva  che  le  si  facesse  il  culto  .  Per  il  che  (u  dal- 
la Dea  oppresso  di  tanta  insazinhìl  fame  che,  oltre  ad  aver  consu- 
mato ogni  sua  sostanza  ,  consenta,  per  saziarsi  ,  alla  impudicizia  del- 
la figliuola  .  Ed  ultimamente  a  mangiarsi  le  proprie  membra  .  Vel» 
LUTELLO  ,  *  Erisitone  fusse  fatto  cieco  ,  il  cod.   Cnig.  N.  E. 

27  Quando  piii  n'  ebbe  tema  ,  quando  si  trovò  nella  maggiore 
angustia;  quando  non  ebbe  altro  in  che  dare  i  denti  se  non  le  prò* 
prie   membra  . 

a8  ag  Ecco  la  gente  ec.  Ellissi  ,  in  vece  di  ecco  com*  era  la  gen^ 
fé,  r  Ebrea  gente  ,  che  costretta  dalla  fame  dovette  arrendersi  a  Ti* 
to  Romano  Imperatore  ,  ed  abbandonare  alla  distruzione  Gerusalemme. 

3o  Quando  ìfaria  ec.  Maria  donna  nobile  Ebrea  ,  che  nell*  asse* 
dio  di  Gerusalemme  vinta  da  rabbiosissima  fame  ,  si  mangiò  un  suo 
flgliuolino ,  come  si  legge  in  Giuseppe  Ebreo  lib.  7  cap.  io.  Quel  dar 
di  becco,  che  a  prima  vista  sembra  poco  grazioso  ,  è  un  traslato  ,  che 

Siglia  il  Poeta  dagli  uccelli  di  rapina  •  Venturi  .  Il  quale  però  sapen- 
o  ,  che  anche  dei  traslati  ve  ne  sono  de*  sgraziati ,  doveva  m  contrap- 
posizione al  premesso  a  prima  vista  sembra  poco  grazioso ,  dire  è  un 
grazioso  traslato ,  che  ec,  :  e  come  poi  tutti  gli  uccelli ,  anche  non 
di  rapina,  danno  mangiando  di  becco,  poteva  in  compenso  del  raggiun- 
to grazioso  lasciar  d    aggiugnere  di  rapina , 

3i  Parean  la  Nidob. ,  parèn  V  altre  ediz.  —  occhiaje,  cavità  che 
ricevono  entro  a  se  1  bulbi  degli  occhi  —  anella  ienza gemme,  anella 
dalle  quali  cadute  essendo  le  gemme,  rimaste  sieno  col  castone  voto. 
32  33  Chi  nel  viso  ec.  Trovano  alcuni  nel  viso  umano  una  sigla 
o  cifra  di  un  m  con  tra  le  gambe  due  o,  esprimente  omo  ;  che  suo- 
na lo  stesso  che  in  Latino  homo  ,  e  che  molte  nazioni  Italiane  di  fat- 
to volgarmente  pronunziano  in  vece  d'  uomo ,  I  due  o  sono  gli 
occhi,  e  la  m  intendesi  formata  dal  naso  e  dalle  ciglia  e  coste  del- 
le occhiaje  fin  eìh  alle  guance.  Or  come  questa  m  celle  persone  ma- 
cilenti meglio  SI  scorge ,  però  dice  il  poeta  nostro  ,  che  oene  fisono- 
mìsti  cotali  avrebbero  in  queste  macilentissime  purganti  ombre  cono- 
sciuta r  emme . 

Queste  (  dice  il  Volpi  )  sono  di  quelle  cose ,  che  la  poesìa  ab* 
borrisce  ,  non  essendo  capaci  {T  alcun  ornamento:  e  ne  rimanda  a  quel 
precetto  d'  Orazio  Et  quae  despemi  traclata  nitescere  posse  relinquit.  (a). 

■     ■  ■'  I  ■■  Il        ■      ■  I    I       I  %    m 

(a)  Pottic,  V.  149. 


3a«  PURGATORIO 

34    Chi  crederebbe  che  V  odor  d'  un  pomo 
Si  goyemasse  ,  generando  brama  , 
£  quel  d'  un'  acqua ,  non  sapendo  comò? 

37     Già  era  in  ammirar  che  si  gli  affama , 
Per  la  cagione  ancor  non  manifesta 
Di  lor  magrezza  e  di  lor  trista  squama; 

4o    Ed  ecco  del  profondo  della  testa 

Volse  a  me  gli  occhi  un'ombra,  e  guardò  fiso. 
Poi  gridò  forte  :  qual  grazia   m'  è  questa? 

43     Mai  non  V  avrei  riconosciuto  al  viso  ; 

Cosa  (  vi  aggiunge  anche  il  Venturi  )  veramente  insulsa ,  che  pe^ 
tò  giustamente  il  P.  d  Affuino  ha  sdegnalo  di  tradurre  . 

Con  buona  pace  di  questi  valentuomini ,  a  me  sembra ,  che 
iolo  allora  si  menterrebbe  Dante  questa  riprensione  quando  si  fosse 
perduto  a  minutamente  descriverci  la  formazione  della  detta  cifra  nell' 
umano  viso .  Ma  il  trarre ,  che  il  Poeta  fa  qui  in  un  lampo,  dall*  altrui 
qtuditunque  volgari  osservazioni  una  forte  immagine  della  magrezza» 
CIÒ  non  solo  non  viene  biasimato  oè  da  Orazio  ,  né  da  altri  mae^ 
Stri ,  ma  si  merita  anzi  molta  lode . 

34  35  36  Chi  crederebbe  ec.  Costruzione .  Chi  ,  non  sapendo  co- 
ma (  come  cioè  si  può  far  magro  ^  Là  dove  t  uopo  di  nutrir  non  tocca 
(6),  per  non  esservi  cne  anime  dai  corpi  non  già  separate),  crede- 
rebbe che  r  odor  é^  un  pomo  ,  e  quel  d^  un*  acqua  ,  generando  bra- 
ma ,  S^  governasse  ,  si  malamente  conciasse  ,  intendi  ,  quelle  anime  — 
sappienao,  in  luogo  di  sapendo,  leggono  redizioni  diverse  dalla  Midob. — 
comò  per  come  in  rima  ,  dice  n  Volpi  ;  ma  adoprato  molto  ascbe 
fuor  ai  rima  vedilo  nel  Vocnb.  della  Cr.  *  E  questi  dunque ,  non  sap- 
piendo  comò  ,  i  codd.  Vat.  e  Chig.  N.  E. 

3^  38  39  Già  era  in  ec.  Costruzione  .  Già  per  la  non  ancor  ma- 
nifesta cagione  di  lor  magrezza,  e  di  lor  trista  squama  ,  (  catacresi 
per  pelle  )  era  in  ammirar  ,  stava  in  curiosa   ammirazione ,  che  ,   qual 


mente  traveduto  .  N.  E. 

4o  4i  Del  profondo  della  testa  volse  a  me  gli  occhi  ec-  corrispon- 
de al  passato  i^.   'ài. 

JNtgli  occhi   era  ciascuna   oscura  e  cava, 

43  Mai  non  P  avrei  ec»  :  è  Dante  che  parla  ,  e  vuol  dire ,  che  l'om- 
bra che  sV  ^ridò  ,  era  tanto  dalla  magrezza  sformata ,  che  mai  non 
avrebbela  riconosciuta,  se  non  si  fosse  parlando  fatta  per  voce  cono- 
scere . 

(b)  Cot\  viene   a   spiegare  qnesto   corno  il  Poeti  medesimo  nel  xxv  M 
Piirg.  V,  20  9  le^ 


CASTOXXIII.  Zig 

Ma  nella  voce  sua  mi  fu  palese 

Ciò  ,  che  r  aspetto  in  se  avea  conquiso  • 

46     Questa  favella  tutta  mi  raccese 

Mia  conoscenza  alla  cambiata  labbia  ^ 
E  ravvisai  la  faccia  di  Forese  • 

49     Dell  iion  contendere  all'  asciutta  scabbia 
Che  mi  scolora  ,  pregava  ,  la  pelle , 
Ne  a  difetto  di  carne  eh'  io  abbia  ! 


44  45.  ^'\/w  palese  dò  che  ec.  :  mi  risovvenn 
individuali  della  persona  ,  che  1*  aspetto  portava  in 
sti .  ♦  Ciò  che  r  aspetto  suo  ,  il  cod.  Chig.  N.  E. 


risovvennero  quei   caratteri 
ortava  in  se  medesimo  gu*« 
ig.  N.  E. 
46  47  48  Questa  favella  ec,  *  Tutte  le  edizioni    (  e  i   codd.  Vat. 
e  Chig.  )  leggono  favilla ,   trasportate  fo^se  da  un  solo  scrivano  ,  che 
ha  creduto  conveniente  al  metaforico  riconoscimento  ,  cioè  raccensio- 
ne   deir  antica  conoscenza  ,  la  parola  favilla  e  non  favella  .    1  ropria 
e  naturai  cosa  però  ella  si  é,  che  venga  riconosciuta  dall'  inflessione 
e  tuono  di  voce  una  persona    che  per  circostanze  abbia  cangiato  di 
aspetto  .  Inseriamo  dunque  ben  volentieri  ,  questa  variante  del  Cod. 
Caet.  benché    osservata  con  indifferenza  in  altri  Codici  dai    Signori 
Accademici .  E  ciò  malgrado  del  Biagioli  ,  che  ce  ne  riprende  ,  e  spic- 
ca così    il  passo:  questa  favilla  y  per  quello  che  ha  detto  nel  decimo 
dell*  inferno  :  cotanto  ancor  ne  splende  il  sommo  duce.  E  però  seguita  : 
mi  raccese  mia   conoscenza  .  —    Conscienzia  per  conoscenza  ,  il   cod. 
Vat.  N.   E.  —  cambiata  labbia ,  sformata  faccia  :  facendomi  cioè  rico- 
noscere in    lei  quei  caratteri  ,  che  ancora  v'   erano  residui  ,  e  eh*    io 
da  prima  non  riconobbi.  Di  labbia  ^ev  faccia   vedi  il  Vocabol.  della 
Crusca  ,*  E  la  cambiata  labbia  ,  il  cod.'chig.  N.E.  —  Forese  .  Sbaglia- 
no qui    di  grosso ,  quanto  veffgo ,   tutti  gii  espositori  ,  dicendo  costui 
fratello  di  Francesco  Accursio  il  giurisconsulto  ,  mentovato  Tnf.  xv.  no. 
Era  costui ,  come  dal  canto  seguente  v.  i3.  apparisce  ,  fratello  di  Vie- 
carda  ,  e   perciò  fratello   di  M.   Corso  Donati ,  e  non  di  Francesco  Ac- 
cursio .  Tedi  Cionacci    storia  della  beata   Umiliana  (a)  .  *  Dal  Postill. 
Cas.  rilevasi  che  Forese  era  della  famiglia  De  Donatis  de  Florentioy  et 


istigai 

Foresem  ite  Donatis  Anùcum^  et  intimum  siium  etfratrem  />.  Cursi.  N.  E. 
49  5o  5i  Deh  non  ec.  Costruzione.  Deh,  urtava  egli ,  no/i  con- 
tendere  ,  non  attendere  (  del  verbo  contendere  al  significato  di  attendere 
vedine  altri  esempj  nel  Vocabolario  della  Crusca.*  Il  cod.  Chig. ha 
però   intendere y  assai  chiaramente.  N.  E.  )  air  asciutta  scabbia  ^  che  mi 


se  avesse  Dante   inteso    ricoperte   quelle   anime    di  croste  ,   pare   che 
avrebbe  dovuto   nel  descrivere    che  fece  di  sopra  le   penose  di  loro 

— ■ I         ■ Il  ■  ■    I         ..IW        ■    ■  Il  11% 

{a)  pafte  4  cip.  i. 


33o  PURGATORIO 

Ss     Ma  dimmi  '1  ver  di  te ,  e  chi  son  quelle 
Due  anime  che  là  ti  fanno  scorta  ; 
Non  rimaner  che  tu  non  mi  favelle. 

55     La  faccia  tua  ,  eh'  io  lagrimai  già  morta , 
Mi  dà  di  pianger  mo  non  minor  doglia  , 
Rispos'  io  lui  j  veggendola  sì  torta  • 

coDdizioni   aucsta  pure  annoverare  .  To    adunque  più  di  buon   grado 
,     chioserei  ,  che   appelli  asciutta  scabbia  per  catacresi  1*  aridezza  della 

Selle  .  Parendomi  poi  che  la  sentenza  del  presente  terzetto  non  va- 
a  totalmente  disgiunta  dal  seguente ,  ho  levato  il  punto  fermo,  che 
tutte  r  edizioni  fra  questi  terzetti  interpongono ,  e  vi  ho  segnato  in 
vece  punto   e  virgola. 

5^  53  Dimmi  il  ver  di  ie  •  Lo  avere  Forese  nel  riconoscer  Dante 
gridato  guai  grazia  m*  è  questa  (a) ,  e  molto  piìi  ^uel  parlare  che  , 
senz'  altra  dimostrazione  di  maraviglia,  fa  in  seguito  Forese  al  me* 
desino  poeta  nostro , 

Dth  yratt  ^  or  fa  che  piit  non  mi  ti  celi  : 
^edi  che   non  pur  io  ,  ma   questa  gente 
Tutta  rimira  là  dove  il  Sol  veli  (p)  ; 
iono  circostanze  che  mostrano  di  aver  Forese  conosciuto  Dante  ,  e  di 


Stazio  ;  ma  inoltre  che  il  dimmi  il  ver  di  te  ,  siccome  ancora  il  più  non 
mi  ti  celi  negli  altri  citati  versi ,  non  risguardiiio  ad  altro  che  alla  ma- 
niera d'  essere  capitato  vivo  colassd:  come  di  fatto  non  ad  altro  si  estende 
la  risposta  che  rende  a  Forese  —  che  là  ti  Janna  scorine  che  camminando 
in   ih  ti  sono  di  guida .  Che  Virgilio  e   Stazio    camminassero    innanzi 
lo  accenna  Dante  nel  principio  del  canto  dicendo  che  andava  egli  ap' 
presso  ai  savi  (e) ,  ed  ancora  nel  fine  dicendo  di  Virgilio 
Di  quella  vita  mi  volse  costui  ^ 
Che  mi  va  innanzi  (d)  . 
Due  anime  legge  la  Nidob.  ,  Du*  anime  V  altre  edizioni  • 

54  IVon  nnianer  che  Iti  ec.>  non  istà  a  ^negarmi  tuo  parlare ,  direm- 
mo noi. 

55  56  57  La  faccia  tua  ec.  Costruzione.  Hispos^  io  ìui^  la  faccia 
tua  >  che  già  lagrimai  morta  >  veggendola  mo  (  ora  ,  dal  Latino  modo  ) 
sì  torta  (  per  disjformata  )  (e) ,  mi  dà  non  minor  doglia  (  dolorosa  cagio- 
ne )  di  piangere  .  *  I  coad.  Vat.  e  Chig.  leggono:  i/i  dà  di  pianger  mo 
minor  la  do^a  .  Né  mi  sembra  doversi  avere  questa  variante  per 
nulla  ,  dicendo  per  tal  maniera  Dante  a  Forese  piacergli  tanto  il  vede- 
re nuovamente  la  faccia  sua  ,  la  quale  aveva  egli  lagrimata  già  morta  , 
che  pigliava  men  doglia  in  guardarla  ora  divenuta  si  torta  .  Il  che 
parmi  segno  di  vivissimo  desiderio  :  e  molto  p\ìi ,  ritrovando  la  ca- 
ra anima  in  quel  luogo   di  salvamento ,  dove  è  dolcissimo  a  bersi  1'  as- 

(a)  Verso  42.  (b)  f^ers.  ita  •  legg.  (e)  Vert.  8.  («^  Veri .  118  e  seg. 
(«)  Vidi  r  aggettivo  lorfo  idopiato  al  medesimo   significato  Pirid.  zi  li.  iz^. 


CANTO    XXIII,  S3i 

58    Però  mi  di' ,  per  Dio ,  che  sì  vi  sfoglia  ; 

Non  mi  far  dir  mentr'  io  mi  maraviglio  , 
Che  mal  può  dir  chi  ,è  pien  d'altra  voglia. 

6i     Ed  egli  a  me  :  dell'  etemo  consiglio 

Cade  virtù  nell'  acqua  ,  e  nella  pianta 
Rimasa  addietro  ,  ond'  io  si  mi  sottiglio  • 

64     Tutta  està  gente  che  piangendo  canta , 
Per  seguitar  la  gola  oltre  misura  y 
In  fame  e  in  sete  qui  si  rifa  santa  • 

67     Di  bere  e  di  mangiar  n'  accende  cura 

L'  odor  eh'  esce  del  pomo  ,  e  dello  sprazzo 
Che  si  distende  su  per  la  verdura  . 

senzìo  de'  martini ,  come  si  dice  al  v,  86.  Nota  di  Salvatore  Betti.  N.  £• 
—  Risposi  lui  V  edizioni  diverse  dalla  Nidob. 

58  Che ,  qual  cagione  —  sì  vi  sfoglia  •  Sfogliare  adopera  metafo- 
ricamente per  ispogliar  di  carne  e  ridurre  all'  ossa  >  come  si  riduce 
al  legno  albero  per  isfogliarlo  . 

59  60  lYon  mi  far  dir  ec.  Avendo  Forese  richiesto  a  Dante  che 
parlasse  di  se  e  de'  due  compagni ,  espone  Dante ,  eh'  essendo  pieno 
di  maraviglia  per  la  magrezza  di  Forese  e  dell'  altr'  anime,  e  pieno 
di  voglia  di  risaperne  la  cagione,  mal  potrebb'  esso  il  primo  parlare 
e  soddisfare  Forese,  il  perchè  cede  Forese,  ed  incomincia  egli  a  so- 
disfar Dante. 

61  Deir  per  dalt  (a)  ;  anzi  il  DaQÌetto  legge  da  t  eterno  ec.  —  eter- 
no  censito  per  divino  stabilimento . 

da  63  Cade  ,  s' infonde  —  virtà ,  o/irf  io  sì  mi  sottiglio ,  una  certa 
attività ,  per  forza  della  quale  io  a  questo  segno  mi  dimagro  .  Il  Cod« 
Caet.  e  il   Chig.  legge  m' asòottiglio  *    N.  E. 

64  65  Tutta  està  ec.  Costruzione.  Tutta  està  gente  che^  per  se* 
^/(/ar  (  enallage ,  in  vece  di  per  aver  seguitato)  la  gola  oltre  misura  ^ 
piangendo  c/i/i/a  (intendi  giugnéndo  alF  acqua  ed  alla  piantai  com'è 
detto  di  sopra  al  i^.  31  )  . 

66  In  fame  e  in  ec.  Si  riHi  qu\  santa ,  si  purga  dal  peccato  di 
gola  ,  per  fame  ,  e  per  sete ,  che  qu\  soffre . 

68  69  Sprazzo  e  spruzzare  adoprarono  molto  gli  antichi  al  signi- 
cato  medesimo  di  spruzzo  e  spruzzare  (h) ,  Lo  sprazzo  adunque  o  sia 
lo  spruzzo  intendi  dell'  acqua ,  che  dalP  alla  roccia  cadendo  si  span- 
deva su  per  le  foglie  del  detto  albero  (<?)  .  Né  dee  poi  sembrare  stra- 
no ,  che  ad  uno  sprazzo  d'  acqua  ,  e  d*  acqua  pura  ^d)  attribuisca 
Dante  odore .  Odorem  aquae  commemora  pure  la  scrittura  sacra  nei 
libro  di  Giobbe  {e)  ;  e  spruzzandosi  d'  acqua  un  albero  od  altro  cor- 
po che  abbondi  di  particelle  volatili ,  se    non   si   fa  1'  acqua  sentire 


(a)  Vedi  Cinon.  Partic,  81   la.     {b)  Vedi  il  Vocib.  della  Cr.     (e)  Caaro 
pcec.  v.i3i  e  tegg.    (^  Vedi  i  prtcitati  rtrti  dal  aaate  ptae.    («)  Cap.14.  v.  5. 


33a  PURGATORIO 

70     £  non  pure  una  volta  ^  questo  spazzo 
Girando  9  si  rinfresca  nostra  pena  : 
Io  dico  pena ,  e  dovria  dir  sollazzo  ; 

73    Che  quella  voglia  all'  albero  ci  mena  » 
Che  menò  Cristo  lieto  a  dire  Eli  5 
Quando  ne  liberò  con  la  sua  vena  . 

76     Ed  io  a  lui  :  Forese ,  da  quel  dì 

Nel  qual  mutasti  mondo  a  miglior  vita  1 
Ginqu  anni  non  son  volti  infino  a  qui . 

79     Se  prima  fu  la  possa  in  te  finita 

Di  peccar  più  »  che  sorvenisse  1'  ora 
Del  buon  dolor  eh'  a  Dio  ne  rimarita , 

air  odorato  per  se  stessa ,  si  fa  sentire  per  le  particelle  che  dal  cor- 
po fa  volare  —  Per  sua  verdura  leggono  i  Cod.  Vat.  Chig.  e  Caet.  N.£. 

jo  ji  E  non  pure  ec.  Mostra  che  girando  il  monte,  come  finge 
ehe  continuamente  fanno  ,  la  lor  pena  ,  la  qual*  è ,  come  abbiamo  det- 
to, la  voglia  che  hanno  di  mangiare  e  di  bere,  si  rinfresca  e  rìn* 
nuova  in  loro ,  non  pur  una  volta  ,  ma  tante  ,  come  vuol  inferire , 
quante  giungono  a  questo  arbore  •  Vellutello  .  Spazzo  per  suolo  mol- 
to dagli  antichi  buoni  scrittori  adoprato  vedilo  nel  Vocabol.  della  Crus- 
ca .  Bene  adunque  in  vece  di  dire  questa  strada  grondo  dice  Dante 
questo  Spazzo  girando . 

no.  Dovria  {tir  Sollazzo ,  Accenna  che  fosse  maggiore  in  esse  ani- 
me il  piacere  di  soddisfare  alla  divina  giustizia ,  di  quello  fosse  il 
tormento  che  soffrivano  della  fame ,  e  della  sete  —  dovre*  in  vece  di 
dovria  hanno  1*  edizioni  diverse  dalla  Nidob.  '*'  e  il  cod.  Vat.  N.  E. 

n'S  74  7^  ^^  quella  voglia  ec.  Conciossiachè  quella  voglia  e  quel 
desiJerio  ne  mena  ali*  albero,  che  menò  Cristo  lieto  a  dire,  EU 9 
iammasabacihani ,  cioè  Dio  mio ,  perchè  mi  hai  abbandonato  ?  quando 
col  prezioso  sangue  suo  ci  libero  dal  demonio  infernale  :  percnè  an- 
cora che  Cristo  ,  quanto  all'  umanità ,  temesse  la  morte  ,  pur  per  re- 
dimere r, umana  generazione  ,  volentieri  e  lietamente  vi  si  condusse. 
Cos\  quest'  anime  avegna  che  temano  rinnovar  la  fame  e  la  sete  per 
ritornare  a  queir  arbore  ,  pur  per  più  tosto  purgarsi ,  ed  usar  di  quel- 
la pena  ,  vi  ritornano  volentieri.  Daniello.  —  alP  cdbero  legge  la  Ni- 
dobeatina ,  ed  tdr  arbore  V  altre   edizioni . 

77  Mutasti  mondo  a  miglior  vita  :  a  diflerenza  di  que*  che  si  dan- 
nano ,  che  mutano   mondo  a  vita  peggiore. 

79  80  81  Se  prima  ec.  Se  la    mortale    ultima   malattia   t'  impedì 
d'  esercitare  il  vizio ,  a  cui  eri  dedito  della   gola ,  prima  che  ti  so- 
pravvenisse  del  vizio  il  pentimento  ;  quello  che  a  Dio  ne  rimarita  ,  ne 
riunisce  •  Maritare  al  senso  di  congiungere  anche  i  Latini  adoprarono  . 
Ergo    aut  adulta   vitium  propagine 
Alias  maritat  populos  (a)  . 

(a)  Ber.  epod,  a. 


e  A  N  T  O    XXIII.  7^33 

82     Come  se'  tu  quassù  venuto?  Ancora 
Io  ti  credea  trovar  laggiù  di  sotto  , 
Dove  tempo  per  tempo  si  ristora . 

85     Ed  egli  a  me  :  sì  tosto  m'  ha  condotto 
A  ber  lo  dolce  assenzio  de'  martìri 
La  Nella  mia  col  suo  pianger  dirotto. 

88     Con  suoi  prieghi  devoti  e  con  sospiri 

Tratto  m'  ha  della  costa  ove  s'  aspetta , 
£  liberato   m'  ha  degli  altri  giri  • 

^1     Tant'  è  a  Dio   più  cara  e  più  diletta 
La  vedovella  mia ,  che  tanto  amai  ^ 

Si  83  84  Come  se  tu  ec:  Leggendo  tutte  V  edizioni ,  che  ammet- 
tono punti  interrogativi , 

Come  se'  tu  auassù  venuto  ancora  T 
sono  quindi  il  Volpi  ed  il  Venturi  passati   d'  accordo  ad  attribuir  qui 
alla  particella  ancora  il  particolare  affatto  ed  inaudito    significato    di 
così  tosto. 

Essendo  però  tra  i  segni  ortografici  il  punto  interrogativo  d' in* 
venzione  posteriore  ai  tempi  di  Dante ,  come  ne  fa  ampia  fede  la 
mancanza  di  esso  in  tutti  gli  antichi  manoscritti ,  ho  io  in  vece  ri- 
mosso il  punto  interrogativo  dal  fine  del  verso ,  e  1'  ho  collocato  do« 
pò   venuto . 

Come  se'  tu  quassù  venuto  f  ancora 
Io  ti  credea  ec, 
nel  qual  modo ,  ognun  vede  ,  che  la  particella  ancora  nel  suo  natu- 
rale solito  significato  vi  sta  bene,  ugualmente  che  se  detto  fosse  ; /o 
ti  eretica  trovar  ancora  laggiù  di  sotto ,  *  Come  se*  tu  di  qua  venuto , 
il  cod.  Vat.  e  il  Chig.  N.  E.  —  Dove  tempo  ec  :  dove  il  tempo  che  in- 
dugiarono i  pigri  a  pentirsi ,  si  ristora  ,  si  risarcisce ,  si  emenda  1 
con  altrettanto   tempo  di  penosa  esclusione  dal  Purgatorio  • 

85   OneT  egli  a  me ,  ìì  cod.  Vat.  e  il  Chig.  N.  E. 

Sd  Dolce  ^senzio  de'  martìri  y  metaforicamente  ,  per  le  bramate  pe- 
ne del  Purgatorio, 

87  La  Dì  ella  mia ,  intendi  moglie  ;  e  dee  y^eìla  essere  un  accor- 
ciamento di  nome,  come  àiAnnetlay  Giovannella,  o  simile.*  Domina 
Nella  Uxor  hujus  fuit  honestissima ,  et  sobriissima  :  vixit  cum  marito 
ita  gulosoy  quod  est  maxima  laus  ,  et  etiam  post  mortem  ejus  satisju' 
venìs  retinuit  viduitatem  Jaciendo  multa  bona  prò  anima  mariti  :  annota 
a  questo  luogo  il  Postil.  Caet.  N.E.  —  piangere  ^  ^er  piangendo  sup^ 
plicare . 

88  Suoi    la  Nidob. ,  5<io' l' altre  edizioni . 

89  Tratto  mi  ha   della  valle ,  i  cod.  VaU  e   Chig.  N.  E. 

90  ^Itri  giri ,   inferiori  a  questo  dov*  era . 

92  Molto  amai  la  Nidob. ,  meglio  di  tanto  amai ,  che  leggendo 
r  altre  edizioni  ,  non  lasciano  bene  intendere,  che  il  guanto  dei  se- 
guentc  i'.  95.  corrisponde  al /an(*  è  a  Dio  dei  precedente  i^.  91  .  '*'  Koi 


/ 

354  PURGATORIO 

Quanto  in  bene  operare  è  più  soletta  : 
^4    Ct^c  ^^  Barbagia  di    Sardigna   assai 
Nelle  femmine  sue  è  più  pudica , 
Che  la  Barbagia  dov'  io  la  lasciai . 

abbiamo  restituita  V  antica  lezione  ,  confortata  dal  Cod.  Vaticano ,  e 
Caet. ,  la  quale  ci  sembra  afiettuosissima .  Ed  in  grazia  della  verità  »  la 
qoale  rispiende  nel  comparativo  quanto  del  verso  seguente ,  perdone- 
remo al  Biagioli  il  poco  buon  garbo  della  critica  sulle  ragioni  cbe 
per  far  questo  addusse  il  Lombardi  :  Chi  può  cadere  in  così  falla  con^ 
JUsione  ,  legga  il  libretto  di  Bertoldo  e  Cacasenno,  e  né  purjiuti  Dan^ 
te.  £  y  se  pur  f  osa ,  n*  avrà  in  pena  il  credere  e  dire ,  che  Dante  è 
un  cattivo  poeta ,  e  farà  rider  di  se  i  savj^  e  i  folli .  Locchè  non  ci  pa- 
re una  bellissima  conseguenza .  N.  E. 

93  É  piti  soletta  •  Soletto  addieltivo  (  insegna  il  Yocabol.  della 
Or.  )  ,  quasi  solo  solo  ;  detto  così  per  via  di  diminutivo  per  maggiore 
espressione •  Laragipne  però  d'essere  la  Nella  tanto  più  cara  a  Dio 
qnant'  era  nel  bene  oprare  più  soletta ,  non  dee  intendersi  perchè 
la  virtù  tanto  sembri  a  Dio  più  grande  quant*è  in  più  pochi;  ma  per- 
chè in  mezzo  agli  empj  dee  il  giusto  adoprare  maggiore  virtù  per 
reggere  nella  dritta  via  . 

94  9^  96  ^he  la  Barbagia  di  Sardigna  ec,  Neil'  Isola  di  Sardi- 
gna sono  monti  asprissimi ,  ed  in  quelli  popoli  di  costumi  barbari , 
e  le  femmine  molto  lascive;  e  chiamasi  il  paese  Barbagia  (  *  Barbargia^ 
il  cod.  Vat«  N.  E.),  quasi  Barbarico.  Landino.  Il  perchè  appellando 
Forese  per  similitudine  Barbagia  anche  Fiorenza  sua  patria  dice  che 
la  Barbagia  di  Sardigna  ha  femmine  più  pudiche  cne  la  Toscana 
Barbagia,  dov' egli  morendo  lasciò  la  sua  Nella.  *  Col  Postillatore 
del  Cod.  Caet.  e  con  Jacopo  della  Lana ,  riprodotto  in  questo  luogo 
dal  eh.  .signor  Luigi   Portirelli  ,  possiamo  arricchir  di  va&^a    e   recon- 

.  dita  erudizione  la  suddetta  nota  del  ì\  L.  Dice  pertanto  il  Post.  Caet. 
In  Insula  Sardinia  est  montana  alia  quae  dicititr  la  Barbagia ,  et  quan* 
do  Januenses  retraxerunt  dictam  instùam  de  manibus  infidelium,  nun» 
quam  poluerunt  relrahere  dictam  montannm ,  in  qua  luibitat  gens  bar- 
vara  et  si  ne  civilitate  ,  et  fneminae  sua  vadunt  indtitae  subtiti  pirgo- 
lato  (a)  ita  quod  omnia  membra  osiendunt  inoneste  :  nam  est  ibi  ma- 
gnus  calor  ;  et  notat  Florentiam  barbagiam  simiUtudinarie  quia  vadunt 
tllae  dominae  scollatae  ,  et  osiendunt  etc.  Ognun  vede  quanto  si  avvici- 
ni .questa  chiosa  a  quel   che   segue  v,  1 00  ed  appresso .  Jacopo  della 

'  Lana  poi  scrive  :   Or  questa  Barbagia  nelP  età  presente  è  seminata  per 

,    Ogni  luogo .  In  Francia  ed  anche  nei  Piemonte  le  donne  portano  le  mam" 

melle   aperte.  In  ^tamagna  nel  Ducato  di  Gheller  ed  in  altri  luoghi 

entrano  donne  ignude  ne  bagni  ed  in  letto  con  Uomini  a  loro  non  per- 

(a)  Per  Virgolato  anteponendovi  sottile  ,  e  pirlindo  di  Vestimenti  il  Po- 
itill.  Caet.  sembra  che  voglia  intendere  una  certa  veste  di  tal  nome.  Noi  non 
■e  abbiamo  potuto  rinvenire  V  uso  antico  né  il  moderno.  Rajion  però  vuo- 
le ,  cke  significando  la  parola  Pergolato^  secondo  il  Voc.  della  Crusca,  quanti- 
tà di  Pergole ,  che  secondo  esso  stesso  voglion  dire  ingraticolati  di  pali  ^  o 
di  stecconi  ,  o  d*  altro  ec, ,  deggia  intendersi  in  essi  Pirgolati  qualche  spe- 
cie di  velo  tessuto  di  stimi  incrocicchiati  ad  una  certi  distanza ,  e  perciò  tra* 
tpa reati  •  N.  E. 


e  A  N  T  O    X  X  1 1 1  •  355 

^7    O  dolce  frate ,  che  vuoi  tu  eh*  io  dica  ? 
Tempo  futuro  m'  è  già  nel  cospetto  » 
Cui  non  sarà  quest'  ora  molto  antica  ^ 

loo     Nel  qual  sarà  in  pergamo  interdetto 
Alle  sfacciate  donne  fiorentine 
L'  andar  mostrando  colle  poppe  il  petto . 

io3     Quai  barbare  fur  mai ,  quai  saracine , 

Cui  bisognasse ,  per  farle  ir  coverte  » 
O  spiritali  o  altre  discipline  ? 

106     Ma  se  le  svergognate  fosser  certe 

Unenti .  Per  le  Ciltadi ,  e  terre  ^  Italia  come  si  Jacciano ,  e  reggano 
le  Donne y  Dio  lo  sa,  e  ancora  gli  Uomini  del  Mondo;  e  certo  a  chi 
ben  considera  li  costumi  della  terra  sua  non  converrà  per  fare  tal  com* 
parazione  andare  cercando  ne  Barbagia  ne  altro  luogo ,  ma  potrà  dire 
con  Marziale  «  In   medio  Tibure  Sardinia  est .  (a) 

97  O  dolce  frate  ,  che  vuoi  tu^  eh* io  dica  ?  leggono  con  plinto  in- 
terrogativo tutte  r  edizioni .  Io  di  sopra  ,  nel  v,  83. ,  ho  su  1  fonda- 
mento d'  essere  cotal  punto  cosa  d' invenzione  posteriore  ai  tempi  di 
Dante  ,  assecondato  il  bisogno  del  senso  ,  e  mutato  luogo  a  quel  pun- 
to interrogativo:  qui  mi  è  parso  bene  di  levamelo  del  tutto;  imperoc- 
ché egli  non  fa  altro  che  convenire  le  parole  che  vuoi  tu,  eh  io  di' 
ca  ?  in  una  insignì fìcante  e  stucchevole  riempitura.  Che  vi  ha  egli  domin 
a  faYe  qui  che  vuoi  tu  ch*io  dica  ?  La  è  questa  una  risposta  ,  che  so- 
gliamo noi  rendere  a  chi  vuole  da  noi  sapere  di  ciò  che  non  sappia- 
mo .  Ha  forse  adunque  Dante  interrogato  Forese  di  cosa  che  questi 
non  sapesse? 

Ai  contrario ,  levato  il  punto  interrogativo ,  serve  questo  parlar 
di  Forese  come  d'introduzione  al  trascorrere  che  fa  egli  a  dire  a  Dan- 
te di  quello  che  non  era  cercato.  O  dolce  frate,  ecco  la  mia  chio- 
sa ,  che  (  per  il  quale ,  o  meglio  per  da  che)  {b)  vuoi  tu  eh*  io  dica^ 
scongiurandomi  per  Dio  {e),  odi  (quasi  aggiunga)  tinche  ciò,  eh* io 
preveggo .  *  Neppur  qui  siamo  col  Lombardi  ,  e  seguiamo  tutte  le  edi- 
zioni,  piacendoci  assai  ciò  che  in  proposito  ne  scrive  il  Biagioli*  Il 
cod.  Chig.  ha  :  Or  che  voi  tu  eh*  io  dica  ?  N.  E. 

99  Antica  per  anteriore ,  forse  dal  Latino  aggettivo  anticus ,  e  con 
la  stessa  persuasione  di  Niccolò  Fcrotti,  che  omma  ,  quae  post  nos  sunt , 
postica  aicuntur;  sicut  quae  ante  nos  sunt  appellantur  antica  (d), 

foo  Pergamo,  è  lo  luogo  alto  dove  stanno  li  predicatori  ad  an- 
nunziare In  parola  di  Dio  al  popolo.  Boti  (e). 

I  o5  Spiritali ,  o  altre  discipline  :  cioè  pene  spirituali  9  come  sono 

(a)  Mart.  lib.  iv  Epigram.  47  '  ove  però  l'Autore  vaol'  incendere  della 
Mortef  che  si  trova  in  Tivoli ,  come  in  Sardegna,  città  d'  aria  malaana  •  Non 
deve  pertanto  prendersi  qnel  Inogo  di  Marxiale  in  significato  della  Barbagia  ec, 
N.B.  (b)  Vedi  Cinoa  Partic*^^  I9.  (e')  Verso  58.  (tT)  Cornucop*ad  epigr.  a. 
(e)  Citato  nel  Vocab.  della  Cr.  alia  voce  p$rgamo  . 


336  PURGATORIO 

Di  ciò  che  1  ciel  veloce  loro  ammanna , 
Già  per  urlare  avrian  le  bocche  aperte. 

109  Che  ,  se  1'  antiveder  qui  non  m' inganna  , 
Prima  fien  triste,  che  le  guance  impeli 
Colui  che  mo  si   consola  con  nanna  • 

Ita     Deh  ,  frate ,  or  fa  che  più  non  mi  ti  celi  ! 
Vedi  che  non  pur  io ,  ma  questa  gente 
Tutta  rimira  là  dove  1  Sol  veli  • 

iiS     Perch*  io  a  lui:  se  ti  riduci  a  mente 

Qual  fosti  meco  e  quale  io  teco  fui  , 
Ancor  fia  grave  il  memorar  presente  • 

118     Di  quella  vita  mi  volse  costui 

Che  mi  va  innanzi,  Faltr'  ier,  quando  tonda 

1*  interdetto ,  o  la  scomanica  ;  ed  altre ,  come  sono  le  multe  pecunia- 
rie ,  la  carcere ,  la  frusta  ec.  :  ed  è  troppo  ricercata  la  chiòsa  del  Vel- 
lutello ,  che  per  spiritali  s'inteadano  nprension  di  parole ,  che  spirane 
do  si  formano  • 

107  Ammanna y  ammanisce  e  prepara;  o  raccoglie  e  aduna  insie- 
me per  loro  :  da  ammarinare ,  cioè  far  manne ,  che  sono  quei  fascetti 
di  paglia  che  si  fanno  dai  mietitori ,  e  si  dicono  ancora  covoni  :  e  quin- 
di con  grazioso  idiotismo  a  chi  conta  frottole,  so^liam  per  beffe  di- 
re ,  ammanna  eh*  io  lego .  La  Crusca  pone  in  tal  significato  manclla , 
che  io  per  me,  in  tanti  anni  che  sono  stato  in  Toscana,  non  T  ho 
sentito  mai  dire  ;  e  forse  nei  testi  addotti  sarà  scritto  mannelle  dimi- 
nutivo di  manne  y  o  sarà  sbaglio  dei  copiatori.  Venturi.  Essendo  pe- 
rò i  testi  dalla  Crusca  prodotti  scritture  di  tre  o  quattrocent'anni  più 
antiche  del  Venturi ,  e  variandosi  coli*  andar  del  tempo  cosi  il  Tosca- 
no ,  come  ogn*  altro  parlare  ,  non  doveva  un  cosi  piccolo  divario  , 
non  maggiore  che  tra  fommina  e  fomina  (  voci  indifierentemente  ado* 
prate)  cagionare  al  Venturi  maraviglia. 

*  108  ,  Avrian  le  guance  aperte  y  il  cod.  Vat.  N.  E. 

no  III  Prima  fien  triste  ec.  In  vece  di  dire,  che  saran  queste 
scontente  della  loro  sfacciatagine  prima  che  scorra  una  quindicina  d*an« 
ni ,  dice  che  lo  saranno  prima  che  metta  la  barba  un  bambino  che  or 
8Ì  consola  con  nanna  ,  con  quella  cantilena  colla  quale  sogliono  le 
madri   e  nutrici  far  addormentare    i  bambini  . 

iia  1x3  ii4  Avendo  Forese  ubbidito  e  soddisfatto  a  Dante,  pas- 
sa ora  a  pregar  Dante  che  anch*egli  voglia  soddisfar  a  lui  ed  alral- 
tre  anime  sue  compagne  —  rimira  là  dove  il  Sol  veli ,  rimira  là  dove 
col   tuo  corpo  fai   ombra  . 

ii5  110  117  Se  ti  riduci  a  mente  ec.  Seti  riduci  a  memoria  qual 
viziosa  vita  insieme  menammo  ,  dee  esserci  di  dolore  il  farne  menzio- 
)ic  .  Qual  meco  fosti  y  il   cod.  Cliig.  P^'.E. 

iid  al  ia3  Vi  quella  vita^  intende  viziosa  ^—   mi  volse  y  mi  levò 


CANTO    XXIU.  357 

Vi  si  mostrò  la  suora  di  colui  . 

1  a  1     E  1  sol  mostrai .  Costui  per  la  profonda 
Notte  menato  m'  ha  de'  veri  morti , 
Con  questa  vera  carne  che  1  seconda  • 

1 34    I^di  ™'  ^^^  tratto  su  li  suoi  conforti , 
Salendo  e  rigirando  la  montagna , 
Che  drizza  voi  che  1  mondo  fece  torti  • 

1 2J     Tanto  dice  di  farmi  sua  compagna  y 
Ch'  io  sarò  là  dove  fia  Beatrice  ; 
Quivi  convien  che  senza  lui  rimagna  • 

f3o     Virgilio  è  questi»  che  così  mi  dice; 

E  additalo  :  e  quest'  altr'  è  quell'  ombra  » 
Per  cui  scosse  dianzi  ogni  pendice 
Lo  vostro  regno  che  da  se  la  sgombra . 

—  costui  che  mi  va  innanzi  y  Virgilio ,  —  quando  tonda  vi  si  mostrò  ec,  y 
quando  vedeste  la  Luna  piena.  —  E  il  ool  mostrai.  Ellissi ,  in  vece 
di  dire  e  così  dicendo  mostrai  ,  accennai  col  dito  ,  il  Soie ,  —  pro^ 
Jbnda  notte  per  profonda  teneb ricosa  caverna  —  de* veri  morti  ,  de'dan- 
nati ,  perocché  privi  dell'  etema  beata  vita  (  da*  veri  morti  leggono 
r  edizioni  diverse  dalla  Kidob.  '*'  e  il  Cod.  Vat.  N.  E.  )  —  che  il  secon^ 
da ,  che  unitamente  all'  anima  gli  va  appresso . 

126  Cile  drizza  voi  ec.  :  che  colle  sue  pene  raddrizza  in  voi  le  stor- 
ture del  peccato  che  nel  mondo  contraeste . 

127  Compagna  per  compagnia,  modo  usato  dagli  antichi  di  levar 
r  ì  a  SI  fatte  voci  ,  avverte  il  Vocabolario  della  Cr. ,  ed  oltre  a  quelF 
altro  esempio  di  Dante  Inf.  xxvi  loi  ne  allega  parecchi  altri  in  verso 
ed  in  prosa. 

1 29  Himaena  per  rimanga  :  metatesi  in  voci  di  simile  composi- 
zione molto   dagli   antichi  usata  (a) . 

i3i  E  addi  tallo:  e  quest*  altro  la  Nidob.  E  additalo  :  e  quest'altra 
le  altre  edizioni.  *  E  cosi   dee  scriversi,  per  non  essere  strano.  N.  E* 

1 52  235  Scosse  dianzi  ogni  pendice ,  tremò  poco  fa  da  oeni  lato 
—  vostro  regno ,  per  vostro  territorio  —  la  sgombra  ,  per  la  diparte  » 
lasciala  andar  al  cielo .  '*'  Il  vostro  monte  ,  il  cod.  Chig.  N.  E. 

(a)  Vedi  Cinon.  Tratt.  dt'  verbi  cip.  i  '  11  Signor  Mattrofini  ,  Teoria 
«  Prospetto  de'  verbi  luliani  »  Aoa  crede  però  che  tal  voce  possa  adoperarsi  itt 
Prosa  a  dì  nostri.  N.  E« 


Fine  del  canto  veniesimoteno  • 


T.a. 


33ft 

CANTO    XXIV. 


ARGOMENTO     (») 

Giungono  i  nobilissimi  poeti  al  secondo  arbore  ,  da  cui  escono  voci  y  c/k# 
ricordano  alcuni  dannosi  esempj  della  gola  .  Ed  in  fine  trovano  Vange^ 
lo  «  dal  quale  sono  inviati  per  le  scale  ,  che  portano  sopra  il  uttimo  ed 
ultimo  balzo  «  dove  si  purga  il  peccato  della  carne  . 

1     X\  è  '1  dir  r  andar  ,  ne  V  andar  lui  più  lento 
Fàcea  ;   ma  ,  ragionando ,  andavam  forte 
Sì  come  nave  pinta  da  buon  vento . 

4    E  r  ombre ,  che  parean  cose  rimorte  , 
Per  le  fosse  degli  occhi  ammirazione 
Traean  di  me ,  di  mio  vivere  accorte . 

I  a  IVe  il  dir  r andar,  nh  ec.  Tutti  gli  spositori  riferendo  il  pro- 
nome lui  a  direy  intendono  come  se  fosse  scritto  iVeV  dir  C  andar  y 
ne  r  andare  il  dire  piii  lento  facea , 

Il  Cinonio  (a)  allega  degli  esempj  (  di  Dante  nel  Convito  e  di 
Oio.  Villani  nella  cronaca)  ne' quali  si  adopera  il  pronome  hd  nel  ca* 
so  retto  ,  ad  equivalenza  d'egli  .*  ed  io  temo  che  non  sia  qui  un  altro 
esempio  di  Dante  nella  commedia;  e  che  sia  il  senso  JYè  facea  egli 
(  Forese  )  più  lento  P  andare  ,  nò  P  andar  facea  piii  lento  il  dire  —  ra- 

r'onando  andavam  forte ,  Bene  inteso  che  Tandary^r/e,  o  sia  veloce, 
cosa  respettiva  ,  si  concilia  henissimo ,  che  respcttivnmente  a   Dante 
fosse  quello   andar  forte  ,  e  che  per  lo  contrario  a  Forese    scmhrassc 
lento;  dicendo  però  nel  i»  91  e  segg.  del   presento  canto 
Tu  ti  rimami  ornai  ,  che  il  tempo  è  caro 
In  questo  regno  ,  sì  eh*  io  perdo  troppo 
lenendo   teco  sì  a  paro  a  paro  . 

4  E  Poìfdjre  ec.  e  le  anime  ,  che  parevano  non  una  ,  ma  due  vol- 
te morte  tanto  erano  emaciate  e  distrutte.  Venturi.  *  Che  pare\'an 
cose  morie-,  legge  il  Cod.  Caet.  e  il    Vat.  N.  K. 

5  6  Per  le  fosse  ec.  Costruzione,  Accorte  di  mio  vivere  traean  , 
mostravano ,  per  le  fosse  degli  occhi  (  invece  di  ner  gii  occhi  ;  allusi- 
vamente alla  descrizione  di  quest'  anime  fatta  nel  canto  preced.  i^.  aa. 


(*)  Argomento  mettico  del  col.  Gasparo  Gozxi  • 
Un  altra  pianta  qui  spiega  sue  fratte  , 
Sotto   a  cui  stridon  le  bramose    genti 
Col  desio  acceso  ^  e  colle  labbra  asciutte  ; 
Alxan  le    mani  e  a  voto  usano  i  denti . 
Poi  si  d  iparton  li  Poeti  ,  e  vanno 
'  Dove  un    de  Chernbini  rilocenti 

Pib  fu   gr  iavita  ov'  altre  anime  stanno  . 
(a)  Par  tic,  160  61 


CANTO    XXIV  %5§ 

7     Ed  IO ,  continuando  il  mio  sermone , 

Dissi:  ella  sen  va  su  forse  più  tarda 9 
Che  non  farebbe ,  per  V  altrui  cagione  « 

10  Ma  dimmi,  se  tu  sai,  dov'  è  Piccarda  ; 
Dimmi  s' io  veggio  da  notar  persona 
Tra  questa  gente  che  sì  mi  riguarda  . 

i3  La  mia  sorella  ,  che  tra  bella  e  buona 
Non  so  qual  fosse  più,  trionfa  lieta 
Neir  alto  Olimpo  già  di  sua  corona  • 

16     Sì  disse  prima ,  e  poi  :  qui  non  si  vieta 
Di  nominar  ciascun ,  da  eh'  è  sì  monta 
Nostra  sembianza  via  per  la  dieta  • 

«  scgg.  )  ammirazione  di  me .  Ovvero  accorte  per  le  fosse  de^  occhi 
di  mio  \'ii>ere ,  iracan  ammirazione  di  me  —  Iraèn  in  vece  di  traeam 
leggono   redizioni  diverse  dalla   ^idobeatina. 

7  Continuando  il  mio  òcnnonc  ,  incorni ncialo  nel  fine  del  prece- 
dente canto  ,  intorno  air  ombra  di   Stazio  . 

8  9  Ella  scn\'a  forse  ec.  EUa  per  C  altrtd  cagione  y  cioè  per  gode- 
re di  nostra  compagnia ,  sen  s^a  forse  piìi  iarda ,  cammina  più  lenta- 
mente,  che  non Jarebbe  ,  se  non  fosse  con  noi. 

10  Piccarda  Donati  ,  sorella  di  Forese ,  fattasi  monaca  con  assu- 
mersi ii  nome  di   Costanza,  fu  poscia  per  forza   smonacata  {a), 

11  12  Dimmi  ec.  Costruzione.  Dimmi ,  setra  questa  gente ^  che  s\ 
mi  rifniarda  ,  io  ^cg^o  persona  da  notaìVy  persona  cioè  degna  d*esse- 
re  riconosciuta.  *  Ji  riguarda,  ii   cod.  VoL  ^.  E. 

i5  i.\  Che  ira  bella  ec,  ellittico  parlare,  e  come  se  detto  fosse, 
che  dovendo  pudicare  ira  la  bellezza  di  lei  e  bontà  j  non  saprei  quale 
delle  due  fossa  pili. 

i5  Olimpo  y  cielo  (chiosa  il  Landino)  quasi  ofympus  f  cioè  lutto  splen* 
dente  :  Oh^vfiTr^^caelum  (cldosa  pure  Schrevelio)  ab  o^o$  et  T^afivut 
luceo  {b) . 

i'rcteudendo  il  Venturi ,  che  olimpo  appelli   qui  Dante  il  cielo 
allusivamente  a  quo'  versi    di  Orazio 

Sunt  quos  curricuio  puLverem  olympicum 
ColUgisse  juvat  te, 
ne  viene  aspramente  ,  ma  giustamente ,  pettinato  dal  Rosa   Morando  • 
Vedilo  st;  vuoi  • 

if)  17  18  Qin  non  si  vieta  ec.  Snpponendosi  conveniente  cosa  > 
eh*  entrando  nel  girone  nuove  anime  riconoscano  le  sue  colleghe,  e 
massime  s' alcuna  siavi  da  loro  conosciuta  in  vita,  né  si  potendo  que- 
sta conoscere  al  viso ,  perocché  dalla  fame  e  dalla  sete  distrutto  ,  po- 


(d)  Dello  smooacamento  di  Piccirda  vedi  Paridiso  III  107  «  della  di 
lei  parentela  e  nomi  veJi  CioBiccl  Storia  della  B.  Umiliana  pirt.  4  ^'P*  ^ 
(J>)  Lexic,  Gracco- Lat, 

Y  a 


34*  PURGATORIO 

19    Questi  (  e  mostrò  col  dito  )  è  Buonagiùnta  y, 
Buonagiunta  da  Lucca  :  e  quella  faccia 
Di  là  da  lui ,  più  che  Y  altre  trapunta , 

92     Ebbe  la  santa  chiesa  in  le  sue  braccia . 
Dal  Torso  fu;  e  purga  per  digiuno 
U  anguille  di  Bolsena  in  la  vernaccia  • 

f^b    Molti  altri  mi  nomò  ad  uno  ad  uno  ; 
£  del  nomar  parean  tutti  contenti 
Sì ,  eh'  io  però  non  vidi  un  atto  bruno . 

28     Vidi  per  fame  a  voto  usar  li  denti 

nesi  provveduto  per  legge,  che  volentieri  ciascuna  si  nomini,  e  nomi- 
nata sia  da  chi  già  la  conosce.  La  particella  i>ia,  che  staccasi  da  mun-^ 
ia  per  cagion  del  verso ,  dee  nella  costruzione  appressarsele  ,  e  dee 
munta  via  intendersi  detto  per  tolta  via ,  levata  via ,  distrutta  — 
Dièta ,  astinenza  di  cibo  a  fine  di  Santità ,  chiosa  il  Vocabolario  del- 
la Crusca .  Ottimamente  adunane  quest'  astinenjca ,  che  fanno  qui  i 
golosi  per  Santità  delle  loro  auime,  appella  Dante  dièta. 

10  Buonagiùnta  degli  Orbisani  Lucchese  ,  in  que'  tempi  buon  di» 
citor  in  rima .  Da!#iello  • 

3o  31  Quella  faccia  piit  che  F  altre  trapunta.  Trapunta  (da  /m» 
fiugnere ,  al  medesimo  senso  di  trafiggere  )  par  istmùata  dalla  fame  , 
e  dalla  sete .  \L  ,  corrispondendo  la  pena  al  peccato ,  accenna  essere 
cotale  stato  piii  goloso  degli  altri  compugni. 

11  Ebbe  la  Santa  Chiesa  ec.  fu  sposo  di  Santa  Chiesa ,  perocché 
fu  Sommo  Tontefìce .  Vedi  1'  annotazione  fatta  al  parlar  d'  Aariano  V. 
nel  XIX  della  presente  cantica  v.  i36  e  segg. 

a3  i\  Dal  Torso  fu  e  purga  ec.  Questo  fu  Papa  Martino  quarto  dal 
Torso  di  Francia  (  Tours  diconlo  i  Francesi  )  ;  e  faceva  morir  Tanguil- 
le  di  Bolsena  nella  vernaccia  ,  e  di  poi  cuocerlo  coti  varie  specierie  • 
Landino.  —  Bolsena^  oggi  castello,  anticamente  citta  della  Toscana  . 
Qurvi  presso  è  un  lago ,  che  produce  ottime  anguille .  Volpi  —  e  la 
vernaccia  y  in  vece  di  in  la  vernaccia  ^  leggono  V  edizioni  diverse  dal- 
la Midobeatina .  *  Anche  il  (Jod.  Cass.  legge  in  la  vernaccia  come  la 
Kidobeatina ,  ed  il  suo  Postil.  aggiunge  in  proposito  di  Martino  IV. 
unde  super  ejus  sepulcro  fevtur ,  quod  sint  isti  {tuo  versus  : 

,,  Qaudent   Anguiliae  quod  mortuus  hic   jacet  ille 
„  Qui  quasi  morte  reas  txcoriabat  tas. 
Il  CoD,  del  Signor  Poggiali  combina  colla  Nidobeatina  anch'  es- 
so ,  N.  E. 

a5  Mi  nomò  la  Nidobeatina  (  *  ed  il  Cod.  Caet.  e  Poco.  N.  E.  ) 
mi  mostrò  V  altro  edizioni  (  *  ed  il  cod,   Vat.  e  Chig.  N.  E.  ) 

16  E  del  nomar  parean  la  Nidob.,  E  nel  nomar  parèn  V  altre 
edizioni  .  '*'  Jl  PosTiLL.  Caet.  rende  ragione  perchè  parean  coutenti  id 
est  propter  famam  .  N.K. 

27  ^itto  bruno  per  intorbidamento  di  viso ,  o  atto  sdegnoso . 

28  A  voto  usar  li  denti y  movendoli  come  in  atto  di  mangiare, 
ffenza  aver  niente  in  bocca  • 


CANTO»   XXIV*  54t 

Ubaldia  dalla  Pila  ,  e  Bonifazio 
Che  pasturò  col  rocco  molte  genti  • 

ag  5o  UbahUn  dalla  Pila  .  Ubaldliio  degli  Ubaldinl  dalla  Pila  > 
luogo  del  contarlo  di  Firenze  ,  dal  quale  fu  denominato  an  ramo  di 
questa  famiglia  .  Venturi  .  *  Il  Postill.  Caet.  nota  :  Uhaldinus  della  Pi' 
m  ,  qid  fuit  frater  Cardifialis  Octavidni  de  Uhaldinis  valde  gulosus .  (a) 
N.  E.  —  Bonifazio.  Convenendo  tutti  gli  espositori  nel  dire  che  fosse 
costui  arcivescovo  di  Ravenna ,  discordano  fortemente  nella  di  lui  aa- 
zione.  Il  Landino  dicclo  Francioso,  il  Vellutello,  Daniello,  e  Volpi 
diconlo  figlio  del  prefato  Ubnldino  dalla  Pila  ,  e  per  conseguenza  Fio- 
ìrentino.  *  Il  Venturi  Io  dice  dc^Fieschi  Genovese  ^  e  noi  ben  volentie- 
ri lo  confermiamo.  Poiché  abbiamo  rinvenuto  nelle  Istorie  de' Vesco- 
vi Ravennati ,  {b)  che  un  tal  Bonifazio  di  Lavagna  (  Paese  nel  Geno* 
vesato  detto  Lavnnia  in  latino  ,  ed  anticamente  Lebonia)  dell'  Ordine 
de*  Predicatori  fu  eletto  Arcivescovo  di  Ravenna  nel  la^i  ,  e  dopo  aver 
seduto  per  22  anni  mori  nel  1294*  Troviamo  poi  tra  gli  Scrittori  dell* 
Ordine  de'  Predicatori ,  [e)  che  detto  Bonifazio  fu  legato  del  Pontefice 
in  tutta  la  Romagna  ,  che  fu  Nunzio  à\  Onorio  IV  in  Francia  a  Fi- 
lippo ITI  detto  Tardilo^  e  poi  presto  il  di  lui  successore  Filippo  IV 
per  gli  Officj  di  Pace ,  col  Re  a'  Aragona  ec.  e  che  da  Pio  II  e  stale 
chiamato  Nipote  di  Papa  Innocenzo  IV.  Le  epoche  e  le  circostanze 
pertanto  non  ci  fanno  più  dubitare  sull'  identità  di  codesto  Bonifazio 
famoso  a'  tempi  del  Poeta .  N.  E.  —  Pasturò  col  tocco  molte  genti .  Pef 
rocco  si  dee  intendere  quel  medesimo  che  il  Latino  de' bassi  tempi' 
appellò  roccus ,  e  che  con  diminutivo  termine  si  appella  oggi  comii- 
nemente  rocc/ietto,  cioè  la  cotta  propria  de'  vescovi  e  prelati  :  e  dee 
intendersi  adoprata  figuratamente  cotal  veste  episcopale  pel  vescova- 
do stesso  ,  o  Sia  por  le  rendite  del  vescovado  :  e  come  se  avesse  det- 
to ,  colle  rendite  del  vescovado  fece  vivere  allegramente  molle  persone  • 
Carolus  (  riferisce  Du  Fregne  scritto  di  Carlo  Magno  dal  Monaco  di 
S.  Gallo  lib.  2.  )  habcbat  pellicium  berbycinum ,  non  multum  amplioris 
pretii ,  qtiam  eroi  rocctis  lUe  S.  Martini ,  quo  pectus  ambitus  nudis  hra- 
chiis  Deo  sacri ficium  obtulisse  astipulatione  divina  comprobatur  (d)  :  e 
però  alla  voce  Rocchcttum  chiosa  il  medesimo  Du  Fresne  ,  Rocchettum 
nodie  vocant  vestem  lineam  episcoporum  ....  quasi  parvum  roccum  • 

Di  tutte  le  altre  interpretazioni  che  si  danno  a  questa  voce  roc^ 
co  io  non  ne  trovo   alcuna  che  mi  soddisfi  . 

Il  Buti  (citato  nel  Vocabolario  della  Crusca  alla  voce  Rocóó) 
dice  intendersi  per  rocco  il  bastone  pastorale  del  vescovo  fatto  a  mo^ 
do  di  rocco  .  Hocco  appellasi  il  pezzo  degli  scacchi  che  na  forma  di 
torre  ;  e  ,  come  giustamente  chiosa  il  Vocabolario  ,  appellasi  roc£0 
perchè  è  fatto  a  guisa  di  tocca .  Or  che  ha  egli  a  fare  11  baston  pa- 
storale del  vescovo  col  rocco  ,  o  sia  ^colla  torre  degli  scacchi  ? 


(a)  *  Nel  Broccbi  Descriz.  del  Mugello  Fironio  1748  trovati  alla  pag.  S) 
r  impronta  di  una  medaglia  di  codesto  Ubaldino  dalla  Pila  ritrovata  t» 
le  rovino  della  fortezza  di  Monte  Accinico  appartenente  alla  famiglia  Ubai- 
dini  gìk  Signora  del  Mugello  •  Ed  in  Ciacconio  ^iiae  Pont,  et  Card.  Tom.  11 
pag.  izZ  trovansi  bastanti  prove  nella  Vita  del  Card.  Ottaviano  Ulbaldiai 
in  favore  dell'  assertiva  del  Postili.  Caet.  N.  E.  (h)  Amadesins  in  Antist. 
Raven.  Chronotax.  To.  iii  p.  67  et  segg.  (e)  Qaetif  et  Ecbard  Scriptoie» 
Ord.  Praedic,  To.  1  pag«   4^7*    C'^)  ^^ossar,  ait.  Roccus. 


Si*  PURGATORIO 

3i     Vidi  messer  Marchese  ,  eh'  ebbe  spazio 

Già  di  bere  a  Forlì  con  men  secchezza  , 
E  sì  fu  tal  che  non  si  sentì  sazio . 

34    Ma  come  fa  chi  guarda ,  e  poi  fa  prezza 

Più  d'un  che  d'  altro,  fé' io  a  quel  da  Lucca, 

Peggio  poi  dì  gran  lunga  il  Vocabolario  stesso  della  Cnisca* 
Moeeo  dice,  hastofne  ritorto  in  cima^  che  si  porta  da\^anti  a  vcsco\n  ^ 
aHrimenti  datto  paslorale;  e  11*  allega  in  prova  la  sopraddetta  cliiosa 
<fel  Butl .  Il  Bull,  come  ognun  vede  intende  rocro  propriamente  ap- 
pellarsi la  torre  degli  scacchi  ,  ed  appellarsi  dal  poeta  nostro  rocca 
il  baston  pastorale  del  vescovo  sotanienlc  per  traslazione  di  vocabo- 
lo. L* altro  esempio,  che  il  medesimo  Vocabolario  adduce  tratto 
dalla  Jiera  di  Michelangefo  Buonarroti  ,  e  i'a^i ,  o  rocchi  ,  e  nllrc 
simiU  cose ,  niente  decide  che  per  rocchi  si  abbiano  a  intendere  piut- 
tosto bastoni   pastorali    che  vesti  menta  . 

Il  ^'ellutello  pare  che  per  rocco  intenda  accennato  il  campani- 
la:  Teneva,  dice,  di  molla famipf in -i  la  qiial  pasturala  col  rocco  ,  o 
vo^am  dire  coW ombra  del  campanile. 

Degli  altri  espositori  chi  s* accorda  con  alcuno  di  questi,  e  chi 
86  la  passa  con  un  perfetto  silenzio.  '*'  Se  il  P.  I^  avesse  consultato 
Benvenuto  da  Imola ,  ed  avesse  avuto  la  fortuna  di  aver  fra  le  mani 
il  CoD.  Cass.  avrebbe  trovato  una  concorde  e  plausibile  spiegazione 
di  questo  verso 

Che  pasturò  col  rocco  molte  genti 
cioè  governò  e  sostenne  col  Pastorale  una  vasta  popolazione  .  La  pa- 
rola pasturò  vien  spiegata  dal  Posti ll.  Cass.  {rnhentavit  ,  vt  rrxil;  ed 
air  altra  rocco  vi  nota  cujiis  (  Archiepiscopi  ìlavcn.  )  Pastorale  fra- 
strum  hahet  in  snmmitate  quodilam  sìfruum  ad  moditm  unius  rocchi  , 
et  hoc  est  quod  dicit  ile  Rocco,  V  Iniolcse  poi  alla  voce  rocco  chio- 
sa :  nam  cum  celeri  Pasiores  habeant  virfram  pastoralem  ìvtorlam ,  iste 
(  Arch.  Baven.  )  hahet  lotam  virgam  rectam ,  et  in  sitmmitafe  rotundant 
ad  modum  cnlculi  sive  rocchi;  vale  a  dire  ad  uso  di  bordone  che 
usano  i  Pcnegrini .  N.  E. 

Si  3a  33  Messer  Marchese.  Marchese  de' Rigogb'osi ,  Cavalier  di 
Forlì,  gran  bevitore;  a  cui  narrando  il  suo  canovajo ,  che  per  città 
si  diceva,  che  non  faceva  altro  che  bere;  e  tu  rispondi,  disse,  che 
ho  sempre  sete  .  Venturi  —  cK  ebbe  spazio  ec.  che  con  meno  scechcz- 
ta,  con  meno  arsura,  con  meno  sete  (intendi  ,  che  qui  non  ha)  ebbe 
già  a  Forlì  spazio ,  agio  di  bere,  (  agio  che  qui  gli  si  niega  )  —  E  5Ì, 
e  nondimeno    (a),  fu  tal,  tanto   ghiotto  del  bere,  che   mai  ec. 

34  Fa  prezza .  Prezza  (  chiosa  il  Vocabolario  della  Crusca  )  voce 
antica,  lo  stesso  die  prezzo,  stima  conto.  *  IV^on  si  prezza,  il  coti. 
Cfaig.  N.  E. 

35  *  Feci,  invece  à\  fec^  io  il  cod.  Chig.  N.E.  —  A  quel  di  LuC" 
ea,  al  soprammentovato  Buonagiunta. 


(a)    Della    particella    si  al    significato   di  nondimeno    vedi    Cinon.   Par^ 
tic,  21941* 


CANTOXXIV.  343 

« 

Che  più  parca  di  me  aver  contezza  . 
37     Ei  mormorava ,  e  non  so  che  Gentucca 

Sentiva  io  là  ,  ov'  ei  sent\a  la  piaga 

Della  giustizia  che  si  gli  pilucca  . 
40     0  anima ,  diss'  io ,  che  par  si  vaga 

Di  parlar  meco  ,  fa  sì  eh'  io  t' intenda  ; 

E  te  e  me  col  tuo  parlare  appaga  . 
43     Femmina  è  nata  ,  e  non  porta  ancor  benda  9 

Cominciò  ei ,  che  ti  farà  piacere 

La  mia  città ,  come  eh'  uom  la  riprenda . 

r 

36  Che  più  purea  di  me  ec,  essendoci  conosciuti  nel  mondo  ,  • 
scritti  scambievolmente  de*  sonetti .  ^  - 

37  38  39  £1  mormorava ,  sommessamente  parlava-  Ei  in  vece  dV/ 
hanno  l'edizioni  diverse  dalla  Nidobeatina  in  questo  e  nel  seguente 
verso  —  e  non  so  cfie  Gentucca  ec.  Costruzione  :  etò ,  cioè  tra  i  di  lui 
denti,  ov'e/  sentiva  la  piaga  della  giustizia  (la  divina  percossa,  il 
gastigo  della  fame)  che  sì  gli  pilucca  (per  ispolpa)  ,  sentiva  io  un  non 
so  che  Gentucca:  nome  di  ì)ella  nobile  e  costumata  giovane  Lucche* 
se  ,  della  quale  ,  essendo  Dante  nel  suo  esilio  passato  in  Lucca ,  s  in- 
namorò. E  come  il  di  lui  esilio  segui  nel  i3oi  e  questa  sua  andata 
air  altro  mondo  Angela  nel  i3oo  9  perciò  fa  che  Buonagiunta  parli  qui 
da  profeta . 

*  Una  singoiar  postilla  del  Postili.  Caet.  desterà  gran  curio- 
sità su  questo  passo,  che  a  vero  dire  è  stravagantuccio  anzi  che  no,  ' 
SI  pel  nome  di  (ientucca  ,  che  per  le  circostanze.  Dice  dunque:  Gens 
huc  dune  partes  sunti  propter  rimamjacit  unam  .  Il  suddetto  Vostillato- 
re  in  appresso  ,  come  si  vedrà ,  nomina  la  Pargoletta  per  la  femmi- 
na della  quale  Buonagiunta  predice  a  Dante  V  innamoramento ,  dal  ch6 
apparisce ,  che  niente  essa  avea  che  fare  colla  supposta  Gentucca .  Né 
superfluo  è  qui  il  dire,  che  il  Canonico  Dionisi ,  dietro  al  suo  Anò- 
nimo comentatore  ,  intende  che  gentucca  voglia  qui  intendersi  per 
esente  bassa  e  vile,  cioè  gentuccia,  come  era  quasi  tutta  la  fazione 
bianca  detta  con  altro  nome  selvaggia  ,  e  qui  dal  liUCchese  gentnccity 
e  perciò  deggja  scriversi  col  g  piccolo.  Woi  per  ora  ci  contentiamo 
di  annotare  soltanto ,  riserbandoci  di  parlarne  a  lungo  nella  Vita  liei 
Poeta  .  I  lettori  intanto  potranno  leggere  ed  interpretare  a  loro  pia- 
cimento .  N.  K. 

i\o  Par  in  vece  di  pari  sembri ,  apocope  praticata  da  ottimi  scrit- 
tori non  solo  in  verso  ma  anche  in  prosa .  Vedi  Mastro/Ini  Teoria  e 
Prospetto  de*  verbi  Italiani  sotto  il  verbo   parere  n.  3. 

l\i  E  te  e  me  col  ec.  cioè  non  te  solamente  con  quel  parlar  fra* 
denti ,  che  odi   tu  solo ,  ma    liberamente  parlando  appaga   me  pure  / 

43  Dfon  porta  ancor  benda  :  non  andava  velata  per  essere  ancora 
fanciulla  ,  conciosia  che  le  maritate  e  le  vedove  hanno  in  costume  an- 
dar velate  e  bendate.  Daniello. 

45  Come  eli  uom  la  riprenda  :  abbeacbè  sia  alcuno  che  la  biasi- 


344  PURGATORIO 

46    Tu  te  n'andrai  con  questo  antivedere. 

Se  nel  mio  mormorar  prendesti  errore^ 
Dichiareranti  ancor  le  cose  vere. 

49    Ma  dì  s' io  veggio  qui  colui ,  che  fuore 
Trasse  le  nuove  rime ,  cominciando  : 
Donne  ,  eh*  avete  intelletto  dC  amore . 

5a     Ed  io  a  lui  :  io  mi  son  un  che ,  quando 
Amor  mi  spira ,  noto ,  e  in  quel  modo 
Ch'  ei  detta  dentro ,  vo  significando  • 

55    O  frate  9  issa  vegg'  io ,  diss'  egli  ^  il  nodo 

mi  9  essa  "Dante  inten^fendo  (  chiosa  il  Daniello  )  sì  come  ve^amo  che 
Jk  9  quando  dice  nelf  Inferno ,  cA*  o^*  un  (  in  Lucca  )  «»*  era  baraUier 
Jitor  Bonturo  ;  e  de!  no  per  li  danari  vi  si  faceva  ita  (a)  —  della  vo- 
ee  uomo  per  alcuno  vedi  il  Vocabolario  della  Crusca.  ^  Opportana- 
inente  nota  pertanto  il  Postill.  CàBT.  Quani*is  male  fueris  locutus  de 
tiàecha  in  uno  Capitulo  Inferni  ,  tamen  ndhuc  placehit  Ubi  ;  et  hoc  didt 
propter  parffoletiam ,  de  qua  postea  flit  phjrfocapins .  JY.  E, 

46  7Vc  te  fi'  andrai  ec.  Ritornerai  al  mondo  con  qaestst  mia  pre- 
dinone. 

47  ^lA  Dichiareranti^  la  Nidobeatìna  ed  altre  antiche  edizioni  (in- 
terne col  CoD.  CàET.)  Dichiareranlti  j  che  hanno  l'edizioni  moderne 
iefcnaci  di  quella  della  Cnfsca  ,  leggalo  chi  può  :  che  senza  bisogno  di 
tale  durezza  è  benissimo  detto  ,  ancora  le  cose  vere  ,  i  fatti ,  ti  dichia- 
reranno se  prendesti  errore  nel  mio  mormorare;  cioè  se  non  capisti 
che  mi  volli  dire  con  quel  Geniucca ,  ch«  fra'denti  mi  sentitti  mor- 
morare . 

4p  5o  S*io  vegf^o  qui  colui y  se  in  le  io  veggio  colui,  quel  Dan- 
te—nwrwtf  rimey  mirabili  alte  e  rare;  cos\  di  Pollione  Virgilio:  Poi- 
Ho  et  ipsefacit  nova  carmina  (b)  ;  ovvero  nuove ,  cioè  non  più  udite . 
BàNfELLO .  *  Petit  Dantem  de  Dante  quia  laudare  praesentem  est  spe- 
des  adulationis:  nota  il  Postil.  Caet.  N.  E. 

5i  Donne  eh*  avete  ec»  È  questo  il  primo  verso  di  una  sublime 
canzone  composta  dal  poeta  nostro  in  lode  della  Beatrice,  ed  inserita 
nella    f^la  nuova  • 

5i  /JS  54  Ed  io  a  lui  :  io  ini  xon  ec.  Omette  di  espressamente  ri" 
«pendere ,  esser  egli  l'autore  di  cotali  rime .  Accennanao  però  la  fon- 
te ond*  eisse  derivano,  cioè  dal  seguire  la  dettatura  di  amore,  fa  in- 
sieme capire  sé  essere  colui  che  le  compose  —  Amor  mi  spira ,  noto 
et  in  quel  modo  ,  ch*ei  detta  legge  la  Nidobeatìna  ,  (  ed  il  Cod.  Caet.  ) 
amore  spira  ,  noto ,  e  a  quel  modo  che  detta  V  oltre  edizioni .  —  vo 
sif(nificando ,  vado  con  la  voce  e  con  la  penna  esternando .  *  Il  Po- 
STiLL.  Caet.  ne  fa  conoscere  le  cagioni,  dicendo  :  Quare phylocaptus 
melius   loquitur  de  Amore   quam  non  phylocaptus .  N.  E. 

55  56  57  Issa  ,  vale  ora ,  adesso  .  Vedi  ciò  che  di  questa  voce  è 


(fl)  Inf.  XXI  4x  c|se£.        {b)  Edoga  ixl  87. 


CANTO    XXI^V.  345 

Che  'I  Notajo  e  Ouìttone  e  me  ritenne 
Di  qak  dal  dolce  stil  nuovo  eh'  i*  odo . 

58     Io  veggio  ben  come  le  vostre  penne 

Diretro  al  dittator  sen  vanno  strette. 
Che  delle  nostre  certo  non  avvenne  • 

61     £  qual,  più  a  gradire,  oltre  si  mette, 
Non  vede  piiì  dalF  uno  all'  altro  stilo . 
E  ,  quasi  contentato  ,  si  tacette  • 

detto  Tnf.  XXIII.  7.  —  t^e^Vo,  diss^  egli  ^  il  nodo,  che  ec.  AAgelo  di 
Costanzo  in  una  sua  lettera  stampata  dice  a  Bernardino  (meglio  Be* 
Tardino  {a)  )  Rota  sa  tal  proposito  (  e  sono  ambedue  ben  degni  d' es- 
ier  citati  aove  si  tratti  di  poesia  )  amore  è  quegli ,  che  fa  volare  non 
che  correre  :  e  sew^  esso  è  il  voler  empire  i  fogli  un  empirli  di  stop^ 
pa  •  Dice  adunque  Buonagiunta  ,  che  per  difetto  d'amore  egli  »  e  quei 
due  ,-che  nomina  (cioè  il  Notajo ,  e  Guittone  )  non  arrivarono  a  quel^' 
eccellenza  di  stil  poetico ,  dove  arrivò  Dante ,  perchè  era  innamora- 
to. IVodo  vai  qu\  legamento  che  stringe ,  e  ferma  ,  posto  per  ciò  9 
che  fa  incagliare  a  i  poeti  lo  stile;  sicché  non  potendosi  muovere 
andando  avanti,  non  giungono  all'eccellenza.  Vbntubi  — f7  notajo  (no- 
taro  ha  il  Cod.  Yat.  N.  E.  )  intende  un  Jacopo  da  Lentino  rimator  éi 
que*  tempi ,  detto  il  notajo  dall*  arte  che  professava .  *  Il  Postili.  Cast, 
lo  chiama  Jacobus  de  Talentino  ,  non  di  Lentino ,  dictus  notarius , 
cioè  noto  e  famoso  ,  propter  excellentiam  ,  non  per  1*  arte  che  profes- 
sava .  N.  E.  —  Guittone ,  fra  Guitton  d'Arezzo  altro  rimatore  de  mede- 
simi tempi .  ^  Il  CoD.  Caet.  li^gge  il  v.  55  :  O  Frate  ,  disse ,  issa  veg' 
gio  il  nodo.  N.  E. 

58  59  60  lo  veggio  ben  ec.  Conferma  di  veder  esso  pure ,  come 
Dante  e  i  di  lui  compagni  nel  nuovo  stile  (  intendendo  vensimilmente 
Gino  da  Pistoja ,  Guido  Cavalcanti  ec.  )  si  tendono  nel  loro  scrivere 
strettamente  attenti  alla  dettatura  d'  amore  ;  diversamente  da  quello 
eh'  esso  Buonagiunta  e  suoi  compagni  fecero  .  Dittatore  ,  dal  Latino 
dicto  ,  ns  ,  per  dettatore ,  per  colui  che  detta  ,  adoprato  anche  da  altri 
autori  di  lingua  vedilo  nel  Vocabolario  della  Crusca .  *  Nove  penne  il 
cod.  Vat.  N.  E. 

Qi  61  E  qital  piìiec,  e  chi  per  piacere  di  piii  tenta  di  superare 
lo  stile  d'  amore ,  costui ,  acciecato  ,  non  vede  più  la  differenza  grande 
ehe  corre  tra  lo  stile  d'  amore  e  quello  eh'  egli  adopera  ,  quanto  cioè 
sia  quello  di  questo  più  nobile.  Il  Cod.  Caet.  (come  altri  testi  ve- 
duti dai  Signori  Accademici)  legge  guardare  invece  di  gm^'ne. N. E. 

65  E  quasi  conte'itnto  ec.  E  detto  che  Buonagiunta  ebbe  questo, 
si  tacque  a  modo  di  chi  pure  riraan  contento ,  e  non  prova  dispiacere 
che  altri  l'abbia  superato  nella  lode  del  poetare,  non  avendo  luogo 
r  emulazione  nell'  anime  del  Purgatorio .  Venturi  .  Di  tacette  per 
tacque  v»  di  Mastrofìni  Teoria  e  Prospetto  de*  verbi  Italiani  sotto  il  verbo 
tacere  n.  5. 


(a)  Vedi  Resa  Mortadt  a  ^aesta  passo  di  Dapte» 


346  PUBGATORIO 

64    Come  gli  augei ,  che  veroan  verso  '1  Nilo , 
Alcuna  volta  di  lor  fanno  schiera , 
Poi  volan  più  in  fretta ,  e  vanno  in  filo  ; 

67     Cosi  tutta  la  gente  che  lì  era  9 

Volgendo  '1  viso ,  raffrettò  suo  passo  1 
E  per  magrezza  e  per  voler  leggiera . 

70     E  come  1'  uom ,  che  di  trottare  è  lasso , 

Lascia  andar  li  compagni,  e  sì  passeggia, 

64  Gli  auf^i  ec.  T^  grue  che  ,  fuggendo  il  soverchio  calore  ed  il 
soverchio  freddo ,  nella  state  si  portano  verso  il  settentrione  ,  uer 
isfuggire  il  troppo  caldo,  e  nel  verno  per  evitare  il  troppo  freddo 
passano  verso  il  mezzo  giorno ,  verso  i'  Africa ,  nella  quale  scorre  il 
fiume  Nilo  • 

65  66  Alcuna  volta  ec.  Dee  ,  dicendo  ({uì  delle  grue ,  che  prima 
fanno  schiera  ,  e  poi  vanno  infilo^  voler  signiGcare  il  medesimo  che 
degli  uccelli  generalmente  dice  nel  Par.  xviii.  73.  e  se^f^,  * 

E  come  augelli  sorti   di    riviera  , 
Quasi  congratulando  a  lor  pasture  , 

*■  Fanno  di  se  or  tonda  ,  or  lunga  schiera  . 

intendendo  cioè  per  schiera  la  schiera  tonda ,  e  per  T  andar  in  filo  la 
lunga  schiera  :  e  che  nel  principio ,  quasi  per  far  tra  loro  le  congratu- 
lazioni non  attendono  al  volare;  ma  che  poscia  rivolgano  al  volare 
tutta  la  loro  attenzione  .  '*'  Alcuna  volta  in  aer  fanno  schiera  9  il  cod. 
Antald.   N.  E. 

67  68  69  Così  tutta  ec.  Costruzione  .  Cos\  tutta  la  ^ente ,  cA'  era 
li,  lef^era ,  e  per  ma^zza ,  e  per  voler  (  per  desiderio  di  purgarsi  (a)), 
volgendo  il  viso  (  voltando  altrove  la  faccia  )  raffrettò  suo  passo  ,  ripi- 
glio il  frettoloso  camminar  che  faceva  prima  eli  abbattersi  in  me  cne 
col  mio  vivere  le  cagionai  ammirazione  e  rallentamento  nel  cammina- 
re   (b)  . 

70  71  Come  r  uom  ,  che  di  trottare  ec.  Intendendo  il  Venturi  che 
tro^ar^  non  si  dica  se  non  delle  bestie  ,  chiosa  di  trottare,  di  corìvr  di 
trotto  sopra  un  vizioso  ronzino ,  che  lia  della  carogna  e  della  rozza  :  e 
spiega  ,  si  passeggia  ,  lo  mette  di  passo  per  un  poco  ,  giacche  non  gli  può 
jar  pigiare  ne  il  portante ,  ne  il  traino  ,  ne  il  galoppo  .  Ma  trottare 
(  avvisa  il  Vocabolario  della  Crusca  ,  e  ne  allega  con  questo  di  Dante 
altri  esempi  )  e  non  solo  delle  bestie  ,  ma  per  similitudine  si  elice  anche 
delC  uomo ,  e  vale  cammiruir  di  passo  veloce  ,  e  saltarellando  •  Come 
adunque  colui  (  intenderem  noi  )  che  stanco  di  precipitosamente  cor- 
rere in  altrui  compagnia  ,  lascia  andare  i  comnagni  ,  e  si  pone  egli  a 
camminar  passo  passo  .  '*'  Il  Signor  Biagioli  ed  altri  comeiitatori  non  po- 
nendo l'accento  sul  si  del  passeggiare ,  danno  a  credere  malamente,  cho 
Dante  abbia  voluto  usar  passeggiarsi  per  passeggiare:  che  sarebbe  ma- 
niera non  solo  stranissima,  ma  senza  esempio  in  tutte  le  buone  scrit- 
ture. Anche  nelT  edizione  del  Lombardi  era  occorsa  una  simile    svi- 

(a)  Vedi  nel  canto   precedente  v.  73  e  scgg.    (A)   Vedi  v.    S  t   segg.  del 
presente  canto   . 


e  A  N  T  O     XXIV.  547 

Fin  che  si  sfoghi  Y  affollar  del   casso  ; 

73     Sì  lasciò  trapassar  la  santa  greggia 

Forese ,  e  dietro  meco  sen  veniva  , 
Dicendo  :  quando  fia  eh'  i'  ti   riveggia  ? 

76     Non  so  ,  rispos'  io  lui  ,  quant'  io  mi  viva  : 

Ma  già  non  fia  1  tornar  mio  tanto  tosto  , 
Ch'  io  non  sia  col  voler  prima  alla  riva . 

79    Perocché  '1  luogo  ,  u'  fui  a  viver  posto  , 

Di  giorno  in  giorno  più  di  ben  si  spolpa  ^ 
E  a  trista  ruina  par  disposto  . 

8a     Or  va  ,  diss'  ei ,  che  que'  che  più  n'  ha  colpa 
Vegg'  io  a  coda  d'  una  bestia  tratto 
Verso  la  valle ,  ove  mai  non  si  scolpa . 

sta,  e  noi  r  abbiamo   emendata.  Nota  di  Salvatore  Betti.  N»  E. 

72  Fin  che  si  sjbg/ii .  Foga  significa  impeto  ,  yurta  (a)  ,  e  sfogarsi 
vale  qui  liberarsi  dalla  foga  —  V  affollare  tlel  casso  ,  cioè  f  ansar 
del  petto.  Follo (  o  folle)  si  è  il  maniaco;  affollare  ,  si  6  il  tirar  dentro 
e  r  mandar  fuori  di  quello  il  vento  .Questo  fa  il  polmone  in  noi  ,  e 
vedesi  di  fuori  per  V  ansare  e  batter  del  petto  .  Vellutello  .  Ad  uno 
stesso  modo  spiegando  affollare  Inlti  gli  espositori  ,  non  sarebbe  (  ag- 
giutigc  il  \  enturi  )  ne  meno  ima  metafora  mal  fatta  ^  se  qui  affollare» 
prendesse  in  senso  (li  far  folla ,  venfcandosi  ,  che  in  un  uomo  ansante 
I  respiri  s^  incalzano  ,  e  si  fan  folla  —  Casso  (  insegna  il  Vo  e  ab.  della 
Crusca  )  la  parte  concava  del  corpo  circondata  dalle  costole  .  Lat.  cap^ 
sum  ,  Arnob, ,  ed  oltre  a  varj  di  Dante  ,  ne  allega  esempi  anche  d'altri 
autori . 

76  Bispos* io  lui  la  Nidobeatina  ,  risposi  lui  V  altre  adiz'  *  e  il  cod. 
Vat.  N.  E.  —  quanC  io  mi  viva ,  perciocché  non  poteva  Dante  riveder 
se  non  dopo  la  morte  . 

.  77  7?  ♦Vrt  già  non  Jia  ec»  Vuol  dire,  che  anteriore  alla  morte  sa- 
rà ia  lui  il  desiderio  di  morire,  per  cagione  delle  proprie  disavventu- 
re ,  e  della  patria  :  ed  essere  col  volere  alla  riva  ,  in  vece  di  desiderar 
la  morte ,  dee  ,  mi  pare  ,  dire  allusivamente  al  portarsi  in  morte  le 
anime  ,  che  sono  per  passare  al  Purgatorio  ,  alla  riva  del  mare  dove 
r  acqua  di  Tevarv  s*  insala  {b) ,  per  esservi  dall'  angelo  nocchiero  Irag- 
gittate  . 

79  //  luogo  ,  Firenze  • 

Si  Q^ci  y  die  più  ri  ha  colpa  ,  intende  messer  Corso  Donati  ,  caj)0 
de'  Guelfi  o  sia  de'  Neri ,  e  pe'  seguenti  versi  viene  ciò  a  rendersi  più 
manifesto  . 

85  al  87    Vcg^  io  a  coda  ec.  Era  tornato  in  Firenze  messer  Cor- 
ra) Cosi  definisce  il  Vocabolario  della  Crusca  •      (fi)  Vedi  il  canto  i    della 
presente  cantica  v»  loo  e  segg. 


348  PURGAtORtO 

85     La  bestia  ad  ogni  passo  va  più  ratto , 

Crescendo  sempre,  infin  eh' ella  1  percuote ^ 
£  lascia  '1  corpo  vilmente  disfatto  . 

88    Non  hanno  molto  a  volger  quelle  ruote , 
(  £  drizzò  gli  occhi  al  ciel  )  ch'a  te  fia  chiaro 
Ciò  che  1  mio  dir  più  dichiarar  non  puote  • 

so  (intendi  Corso  Donati  Fratello  di  Forese  che  parla)  principe  della 
parte  Nera  col  favor  di  Carlo  Senzaterra,  ed  avea  tolto  lo  stato  a'  Bian- 
chi y  e  rìmaso  principe ,  e  s\  potente ,  che  era  divenuto  sospetto  al 
J popolo  9  parendogli  che  eccedesse  pih  che  non  sì  conviene  in  una 
ibera  repubblica  .  Ed  ultimamente  crebbe  il  sospetto  assai ,  quando 
egli  diventò  genero  d' Uguccion  dalla  Faggiuola  Signor  di  Pisa . 
Onesto  fece  che  con  subito  tumulto  popolare  egli  fu  citato  ,  e  con- 
dannato ,  e  col  .gonfalon  della  giustizia  gli  corse  il  popolo  a  casa  . 
Egli  da  principio  ,  perchè  era  di  grande  animo ,  e  pronto  non  solo 
di  lineua  ,  ma  di  mano ,  si  mise  con  gli  amici  alla  difesa  ;  poi  in  su 
'i  tardi  del  dì ,  abbandonato  già  da  molti,  si  mise  in  fuga:  e  seguitan- 
dolo certi  soldati  Catalani ,  i  quali  né  con  i  prieghi ,  né  con  pro- 
messe potè  placare ,  o  si  gettò  ,  o  cadde  da  cavallo  ,  ed  appiccato 
«Ila  staffa  ,  lo  strascinò  il  cavallo  tanto ,  che  sopraggiunto  ,  fu  uc- 
ciso .  LàNDiifo  .  *  Il  FosTiLL.  Caet,  d^ce  :  loquitur  de  fratre  suo  D, 
€kursio  de  Donatis ,  queni  propter  suam  impoHumtatem  seguacés  de  par- 
ie expuleruni .  N.  E.  Dante  però  par  che  supponga ,  che  il  cavallo  me- 
desimo ,  a  forza  di  percosse  fattegli  ricevere ,  V  uccidesse .  Ma  ben 
potè  essere  che  nel  mentre  che  era  dal  cavallo  stracinato  fosse  feri- 
to ;  ed  indi  finito  fosse  di  uccidersi  dal  cavallo  stesso .  Riputando 
poi  Dante  la  stessa  cosa  V  essere  Corso  stracinato  alla  morte ,  e  1*  es- 
aere stracinato  alT  Inferno  ,  in  luogo  di  dire  ,  che  tirasse  la  bestia 
nel  detto  modo  Corso  alla  morte,  dice  che  tiravalo  verso  la  valle  ove 
mai  non  si  scolpa  (  aggiungi  veruno  )  che  é  quanto  a  dire  verso  V  In- 
ferno ;  ove  per  le  pene  non  si  purga  U  colpa  ,  come  nel  Turgatorio 
fassi.  ^  Il  PosTiLL.  Caet.  ren<ie  ragione  di  questo  castigo  senza  alcuna 
speranza  di  grazia  :  propter  injamiam  ,  (juae  rem  ausit  de  ipso ,  qui 
jidi  causa  destructionis  pacifici  ^  et  boni  status  Flor-'.ntiae  ,  N.  E.  —  •  a 
coda  cP una  bestia  /ra//o ;  espressione  pres9  da  quella,  colla  quale  co- 
munemente slgnifìcasi  la  pena  de*  rei  condannati  ad  essere  da*  cavalli 
stracinati  per  terra . 

88  8^  90  Non  hanno  molto  ec.  Essendo  V  uccisione  di  M.  Corso, 
dal  Landino  descritta,  succeduta  nell*  anno  i?>o8.  {a)  e  fingendo,  co- 
me più  fiate  si  é  detto  ,  il  poeta  nostro  questo  suo  viaggio  nel  i3oo. 
v'erano  di  mezzo  otto  anni  solamente  — ciò  che  il  mio   dir  piti  dichia- 


^pressamente 

vazione ,  che  in  nissun  luogo  del  suo  poema  mai  costui  espressamente 
nomina;  come  notò  anche  1*  autore  delle  memorie  per  la  vita  ai  Dante  {b), 

(a)  Vedi  Gio.  VilUai  Cron.  lib.  8  cap.  96     ^b)  SoMo  il  {.  io 


CANTO    XXIV.  349 

91     Tu  ti  rimani  ornai;   che  T  tempo  è  caro 

In  questo  regno  sì ,  eh'  io  perdo  troppo 
Venendo  teco  sì  a  paro  a  paro . 
^     Qual  esce  alcuna  volta  di  galoppo 

Lo  cavalier  di  schiera  che  cavalchi  5 
E  va  per  farsi   onor  del  primo  intoppo  y 
Q7  '  Tal  si  partì  da  noi  con  maggior  valchi  ; 
Ed  io  rimasi  in  via  con  essi  due , 
Che  fur  del  mondo  sì  gran  maliscalchi  • 
joc     E  quando  innanzi  a  noi  sì  entrato  fue  y 
Che  gli  occhi  miei  si  fero  a  lui  seguaci 
Come  la  mente  alle  parole  sue  1 

91   Caro  f  prezioso  ,  stimabile  • 

94  95  96  Qual  esce  ec.  Come  interviene  alcuna  volta,  che  cavalcan- 
do schiera  di  soldati  per  incontrare  il  nemico  ,  alcun  de'  più  ardi- 
ti esce  dalla  schiera  di  galoppo  incontro  ai  nemico ,  per  aver  esso  Tono- 
re  d*  essere  il  primo  a  comoattere . 

97  Che  maggior  x^alchi  ,  cioè  con  maggiori  passi ,  che  non  andava- 
mo noi.  BuTi  (a).  Non  ci  si  recando  pero  dai  Vocabolario  della  Cm- 
sca  altro  esempio  della  voce  valco  fuorché  questo  dì  Dante ,  io  piego 
a  credere  valchi  detto  per  sincope  in  luogo  di  valichi  ;  e  che  perciò 
valico  non  solamente  significhi  passo  in  senso   di  apertura  per  cui  si 

gassa  (come  spiegalo   il  medesimo  Vocabolario), ma  eziandio  in  senso 
i  spazio  che  intermedia  tra  1*  uno  e  i*  altro  piede  nel    camminare  • 

98  Con  essi   due  la  Nidobeatina  ,  con  essi  i  atte  l'altre    edizioni. 
09  Fur  nel  mondo  s)  gran  maliscalclU  :  cioès\  grandi  governatori  del 

monuo  ec.  Maliscalco  è  governatore  della  corte  e  dell'  esercito  sotto 
lo  imperadore  ,  e  dee  essere  persona  esperta  delie  cose  da  fare ,  sì  che 
sappia  comandare  quello  che  si  dee  fare ,  come  seppono  quelli  due 
poeti  (  V  irgilio  e  Stazio  )  quello  ,  che  si  convenia  fare  nel  mondo  a 
vivere  moralmente  e  civilmente .  Buti  (b) .  Significando  però  nel  La- 
tino de'  bassi  tempi  mareschidlus  quanto  che  magisler  equitum  {e)  ,  io 
son  tirato  a  persuadermi  che ,  come  per  una  spezie  ai  sìneadoche 
suol  talvolta  adoprarsi  capitano  per  capo  generalmente  ,  così  adoperi 
qui  Dante  maliscalchi  specie  di  maestri  per  maestri  jgeneralmente  • 

1 00  Entrato  per  innoltrato  . 

loi  101  Che  gli  occhi  ec.  Avendo  Forese  incominciato  a  parlar 
mormorando  (d) ,  ed  indi  proseguito  avendo  in  modo  di  poter  conchiu- 
dere : 

Se  nel  mio  mormorar  prendesti   errore  > 
Dichiareranti  ec»  (e) 

(a)  Riferito  nel  Vocab.  della  Cr.  ftlU  voce  Valco  .  (b)  Rifeiico  nel  Vo- 
cabolario della  Cr.  alla  voce  maliscalco  (r)  Amalth,  onomast.  e  d'  A<|aino 
Ltxic.  milit.  art.  mareschallus     (d)  Vtrs.  37     {e)   V.  47  e  seg. 


55©  PURGATORIO 

io3    Parvermi  i  rami  gravidi  e  vivaci 

D'un  altro  pomo,  e  non  molto  lontani , 
Per  esser  pure  allora  volto  in  làci . 

106     Vidi  gente  sott'  esso   alzar  le  mani , 

E  gridar  non  so  che  verso  le  fronde  j 
Quasi  bramosi  fantolini  e  vani 

109    Che  pregano  ,  e  1  pregato  non  risponde  ; 

Ma  ,  per  fare  esser  ben  lor  voglia  acuta , 
Tien'  alto  lor  disio  e  noi  nasconde . 

paragona  Dante  il  poco  scorgere  ora  ]'  allontanato  Forese  al  poco  in- 
tenderlo che  fece  prima  mentre  parlava  seco ,  quasi  cioè  dica  ,  che 
gli  occhi  miei  così  poco  lo  vedes^ano  ,  come  la  mente  poco  intendes^alo 
mentre  parlas^a* 

io3  Gravidi  e  vivaci  ^  verdeggianti,  e   di    frutta  carichi. 

loi  io5  Z>'  un  altro  pomo  .  JPomo  per  albero  pomi  fero  .  Ed  ha  qui 
ragione  il  Venturi  di  lagnarsi ,  che  non  abbia  pomo  in  tal    significato 
avuta  ancora  la  sorte  di  essere  dalla  Crusca  accettato  .  Pomo  appelliam 
noi    Lombardi  l'  albero ,  che  nel    Vocabolario  della    Crusca  appellasi 
tnelo  —  e  non  molto  lontani  ^  intendi  dall*  altr*  albero  sopra  descritto— 
Per  esser  pur  allo } a  volto  in  luci  :  perocché  l'altr'  albero  era  solamen- 
te in    quel  punto;  per  gibbosità  del  monte  ,  rìmaso  volto  in  là,  erast 
sottratto    ali  occhio .  Ne  dà   così  Dante  a  capire  che  vi  fossero   su  di 
quella  rotonda  strada   dì  s\  fatti  alberi  parecchi  ,  e  distribuiti  talmente 
^l)c,  appena   uno  per  la  gibbosità  del  monte  agli  occhi   delle  giranti 
anime   si  togliesse  ,  fossone  un  altro  .  Tra  gli  espositori  non  trovo  chi 
ne  procuri  la   dilucidazione  del  presente  passo  che  il  Daniello  ,  il  Vel- 
lutollo ,  e  il  \  cnturi  :  mollo  però  infelicemenle.  Vedili ,  lettore  ,  se  vuoi . 
*  Il   niagioli  dice    che  il  vero  sentimento    è  questo  :  per   esser  V  arco 
del  monte  volto  in  Ih  per  allora .  E  j)er  questo  arco  (  egli  aggiunge  ) 
s'  intende  quello  il  cui  sommo  nasconde  V  oggetto  di  là  •  E  chiunque 
vi  ponga  m^  nte  ,  s'  accorgerà  che  gli  è  occorso  mille  volle   quello  clie 

?[ui  dice  il  poeta:  ma  non  v'ha  posto  mente;  perciocché  le  coso  più 
requenli  e  fuggitive  non  s^osservano  da  lutti ,  mentre  nulla  di  qu.into 
per  occhio  o  per  mente  si  gira  sfuggito  é  al  poeta  nostro  .  N.  K.  —  Quel 
ci  aggiunto  al  là  non  P  no  (dice  il  \  cnturi  )  per  molto  grazioso  vez^ 
XQ  ;  e  meno ,  ne  so  perchè  ,  m*  qffendon  le  orecchie  il  liei  ,  e  il  qui  ci. 
Il  perchè  viene  dall'uso,  che  dì  Pici  e  quid  incontrasi  più  frequente. 
La  regola  però  e  ra;;ione  assegnata  dai  deputati  al  Roccaccio  (<?)  sten- 
desi  ugualmente  al  là  ,  al  // ,  ed  al  qu),  *  Iliaci  ha  il  cod.  Antald.  N.E. 

107  *  Sotto  le  fronde  il  cod.  \  at.  N.  E. 

108  al  III  Quasi  bramosi  fantolini  ec.  llcra  in  paragone  il  bra- 
moso e  vano  pregare  cha  fanno  i  fanciullini  colui ,  che  si  prende  giuo- 
co di  mostrar  loro  cosa  che  ad  essi  piaccia  a  solo  fme  di  stuzzicar 
loro  r  appetito  —  *  ben    la  voglia  acuta  ,  i  codd.  Vat.  e  Chig.  N.  E. 

(a)  Gioì.  4  BOY*  I* 


CANTO    XXIV.  Wi 

iia    Poi  si  partì  sì  come  ricreduta: 

£  noi  venimmo  al  grande  arbore  adesso  > 
Che  tanti  prieghi  e  lagrime  rifiuta . 

ji5     Trapassate  oltre  senza  farvi  presso; 

Legno  è  più  su  che  fu  morso  da  Eva  » 
£   questa  pianta  si  levò  da  esso  : 

118     Sì  tra  le  frasche  non  so  chi  diceva. 

tien  alto  lor  disio  ,  (  disio  per  obbietto  desiderato  )  tiene  sospesa  in 
alto  la  cosa  da  loro  desiderata ,  sicché  i  fanciullini  la  veggano  ,  ma 
uon  possano  giungere  ad  aggrapparla. 

113  Si  partì ,  la  delia  gente  ^  veduta  alzar  le  mani  sotto  V  albero  — 
ricreduta  j  disingannata,  da  ricredere,  che  vale  ricedere' da  ciò  che 
si  crede . 

ii5  Adesso  in  una  parola  ,  invece  di  ad  esso  ,  oltre  la  edizione 
^'idobeatina  ,  e  quella  del  Numeister  1/171 ,  leggono  anche  quattro  mss. 
della  biblioteca  Corsini  ;  '^^  (  il  Cod.  Gas.  ed  anche  il  Con.  Caet.  )  e 
così  dee  leggersi  acciò  non  venga  la  medesima  voce  ad  essere  in  rima 
due  volte,  in  questo  e  nel  verso  1 17.  Le  stesse  voci  (  avverte  il  Signor 
Filippo  Kosa  Morando)  in  rima  nello  stesso  significato  ,  non  è  permes- 
so ripeterle  se  non  quando  si  ripetan  tutte  ,  come  si  vede  aver  fatto 
il  poeta  nostro  nelle  voci  Cristo  (a)  ,  e  vidi  (b)  (aggiungasi  anche  am- 
menda  (e) ,  e  si  eccettui  quando  sono  parole  citate  ,  come  sono  quelle 
modicum  ,  et  non  videbitis  me  ,  et  itetum  modicum  et  vos  videbitis  me  )  (rf)  • 
Aon  ad  esso  dunque  ,  ma  adesso  con  la  e  larga  in  una  dizion  sola  si 
dee  qui  leggere  ,  e  vale  allora  ;  che  adesso  in  signifìcato  d*  allora 
prova  la  Crusca  essersi  usato  dagli  scrittori  antichi .  Fin  qui  il  Rosa  {e)  . 
Adesso  per  allora ,  o  subito  ,  che  per  molti  esempj  prova  detto  il  Vo- 
cabolario della  Crusca  ,  pare  che  possa  trarre  orìgine  dalla  summento- 
vata  voce  issa  (f)  equivalente,  com'è  detto,  ad  ora  :  facendosi  ,  come 
d'  ora  fecesi  allora  ,  cosi  d'  issa  ad  issa  ,  e  poi  di  ad  issa  adesso  .  Isso 
per  esso ,  adopera  Dante  Par.  vii.  91.  *  Vedi  ciò  che  ,  dietro  due  bel- 
lissimi esempj  d*  Arnaldo  da  Marsiglia  e  di  Bertrando  di  Gordon  ,  il 
conte  Perticari  disse  di  questp  avverbio  adesso  per  allora  nella  secon- 
da parte  della  sua  Difesa  di  Dante  cap.  17.  W.  E. 

ii4  Jiifmta  ,  per  rende  inutili  . 

ii5  *  Trapassate  oltre  ec.  Finge  il  Poeta  di  ascoltare  una  voce, 
che  dica  questo  e  eli  altri  due  seg.  versi  ,  ed  il  Postill.  Caet.  spie- 
ga tal  voce  :  ostenait  quam  sit  pessimus  effectus  gidae  ,  et  primo  dal 
vonum  consilium  .   N.  K. 

116  Che  fu  morso  da  Eva  ,  il  frutto  del  quale  fu  contro  al  divin 
comando  mangiato  da  Eva  la  prima  madre  ,  e  dato  a  mangiare  ad 
Adamo  . 

117  »&*  levò  da  esso  .  Rimanendo  quell'albero  nel  terrestre  Paradi- 
so ,  fu  da  un  tralcio  di  esso  allevato  questo  a  pena  de'  ghiotti .  '*'  Si 
partì  da  esso,  i  codd.  Vat.  e  Chig.  N.  E. 

(a)  Par.  xii.  fi  e  segg.     (b)   Par.  xxx  gS  e  seg.     (e)  Purg.  xx  65  e    seg. 
(fi)  Purg.  XXXIII    10  e  segg.     {e)  Osserv.  sopra  il  Par.  canto  xxlv  v.  16 
(/)   Int.  XXIII.    7. 


353  PURGATOmO 

Perchè  Virgilio  Stazio  ed  io ,  ristretti  j 
Oltre  andayam  dal  lato  che  si  leva . 

121     Ricordivi,  dicea  ,  de' maladetti 
Ne' nuvoli  formati,  che  satolli 
Teseo  combatter  coi  doppj  petti; 

1  ^4     £  degli  ebrei  eh'  al  ber  si  mostrar  molli , 
Perchè  non  gli  ebbe  Gedeon   compagni , 
Quando  inver  Madian  discese  i  colli. 

119  Ilo  lììstretti  ec.  Costruzione  .  Andavam  oltre  ristretti  dal  (  per 
4d){a)  lato  ^  die  si  leva  ,  al  lato  della  strada,  che  risguardava  il  cen- 
tro del  monte,  dorè  il  monte  alzandosi  faceva  sponda*  Supponendo 
essere  quell'  albero  impiantato  nel  mezzo  della  strada  ,  ed  avendo  ri- 
cevuto comando  di  non  eli  si  far  presso  ,  conveniva  u  tre  poeti  di 
camminare  in  una  delle  due  estremità  della  strada  ;  e  per  evitare  il 
pericolo  di  troppo  accostatasi  all'  estremità ,  che  guardava  fuor  del 
,  monte ,  perocché  senza  sfonda ,  elessero  perciò  la  estremità  opposta; 
siccome  fecero  Dante  e  Virgilio  nel  girone  precedente ,  a  cagione  del 
troppo  accostarsi  che  facevano  le  prostese  auime  degli  avari  alla  par- 
ÌBmfuor{h)»  Dell'  attenersi  in  camminando  i  .tre  poeti  a  cotal  lato  , 
che  H  leva  y  tra  gli  espositori ,  quanto  veggo  ,  il  solo  Landino  cercan- 
done rasione  y  non  sa  trovarne  che  una  troppo  mistica  ,  cioè  che  il  lato 
^    che  si  leva  segnifica  le  virili  • 

lai  laa  laS  .^faladetiij  abborainandi  —  N'e*  nuvoli  Jòrmati  j  in- 
tende i  Centauri,  perocché  nati  dal  congresso  d' Issione  con  unanuvo- 
lii  rappresentante  la  figura  della  dea  Giunone  (c).Ml  Postill.Caet. dice: 
Jbrmatifuerunt  Centauri  in  nubibus  ad  dcnotandum  velocilatem,  N.  E.  — 
che  satolli  Teseo  combatter,  che  pieni  di  vino  nelle  nozze,  alle  qua- 
li erano  stati  invitati ,  di  Piritoo  ,  tentarono  di  rapire  a  Piritoo  la 
sposa ,  ed  ebbero  perciò  combattimento  con  Teseo  ,  che  prese  le  parti 
m  Piritoo  (d)  —  co  doppi  petti ,  perchè  avevano  i  Centauri  petto  d'  uo- 
mo ,  e  petto  di  cavallo  . 

1^4  Ch'ai  ber  si  mostrar  molli  .  Narra  la  sacra  storia  (e)  ,  che 
volendo  Gedeone  seco  contro  de'  Madianiti  condurre  dieci  mila  uomi- 
ni, gir  ordinò  Id  iio ,  che  scegliesse ,  e  soli  coloro  conducesse,  che 
bevendo  al  fonte  Arad  non  si  fossero  inginocchiati  per  più  agiata- 
mente e  largamente  bere  ;  ma  stando  in  piedi  ,  e  con  la  mano  at- 
tignendo acqua  ,  bevuto  awessero  a  poco  a  poco .  Molli  adunque  al 
ber  vale  quanto  troppo  accondiscenttenti  alla  voglia  di  bere,  *  Nò, 
dice  il  Riagioli  :  ma  dimostra  1'  essersi  adagiati  a  quel  modo  per  be- 
re più  comodamente  ,  e  saziarsi .  N.  K. 

iq5  ia6  Perchè  no*  i  volle  Gedeon  compagni  j  per  cagione  della 
qual  mollezza  Gedeone  non  li  volle  compagni  ,  quando  ec.  Le  edizio- 
ni diverse  dalla  Nidobeatina  leggono  perchìi  non  ebbe  Gedeon  compa^ 
gni  .  Lascia  però  questa  lezione  adito  ad  intendere  ,  che  non  avesse 
Gedeone   movendosi  contro  de'  Madianiti  compagno  veruno  ;  lo  che  è 

(a)  Cinon.  Partic,  73  a.      (b)  Purg.  9.       {e)    Vedi  Nata!  Conti  MytK 
\ìV  S  cap.  iS    (d)   Lo    stesso  lib.  7  cap.  4    (t)  Judic.  7 


CANTO    XXIV.  353 

117     Si,  accostati  all'un  de 'due  TÌvagnì , 
Passammo  udendo  colpe  della  gola, 
Seguite  già  da   miseri   guadagni . 

i3o     Poi,  rallargati  per  la   strada  sola, 

Ben  mille  passi  e  più  ci  portammo  oltre  ^ 
Contemplando  ciascun  ,  senza  parola . 

i33     Che  andate  pensando  sì  voi  sol  tre  ? 

Subita  voce  disse .  Ond'  io  mi  scossi , 
Come  fan  bestie  spaventate  e  poltre  • 

falso.  Volle  in  luogo  di  ebbe  hanno  pur  trovato  in  otto  mss.  gli  Accademi- 
ci della  Crusca  :  ma  la  forza  sta  nel  nò  i  in  vece  del  semplice  non^ 
lo  che  è  particolare  della  sola  iNidobealina  .  '*'  Così  comentava  il  Lem* 
bardi  :  ma  a  noi  ha  saputo  così  male  quel  /io*  i ,  che  piuttosto  abbia- 
mo addottata  la  variante  del  codice  antaldiano ,  che  ci  sembra  inve-* 
ro  bellissima  .  Il  cod.  Vat.  sta  colla  comune;  il  Chigiano  ha  perchè  non 
v'  eObe^ad  ambedue  poi  leggono  distese  i  co.'iì  »  iN.E. 

iij  S't  accostali  air  un  de*  due  vivagni»  La  ^idobeatina  legge  ad 
un:  ma  conciossiachè  abbia  già  menzionato  il  vivagno,  o  sia  il  Iato 
della  strada  al  quale  oltrepassando  queir  albero  si  attennero  ,  il  lato 
cioè  che  si  leva  (a)  ,  torna  meglio  con  segno  aru  colato  leggere  alt  un 
de*  due,  quasi  cioè  al  già  detto  uno  de*  lUte .  Vivagno  (  chiosa  il  Vo- 
cabolario della  Crusca  )  propriamente  C  estremità  de*  lati  delia  tela  .  Qa^ 
adunque  per  similitudine  vale  estremità,  lato  dplla  strada, 

I  ig  Seguite  già  da  miseri  guadagni .  Tutti  ,  quanto  veggo  ,  i  co» 
mentatori  intendono  seguite  per  cagionate,  e  si  accordano  a  chiosar 
col  Landino  ,  die  i  guadagni  illeciti  sono  cagione  de* peccati  della  gola* 
Gli  esempi  però  ,  che  qui  si  accennano  de*  gastighi  dati  al  vizio  del* 
la  gola ,  abbastanza  per  se  stessi  dichiarano ,  che  i  medesimi  inten- 
dere si  debbano  i  miseri  guadagni  ,  cioè  le  deplorabili  conseguenze 
di  colai  vhìo  ;  e  che  perciò  seguite  vaglia  quanto  seguitate  .  Il  Volpi 
altro  non  fa  che  chiosare  guadagno  misero  per  dannoso  ,  senza  spie- 
garne se  per  cotale  si  abbin  a  intendere  un  effetto  del  vizio  della 
gola  ,  ovvero  ,   come  gli    altri    espositori   dicono  ,  una  causa  • 

i3o  Hallargati,  scostatici  dal  lato  ,  presso  del  quale  m^/i&//i  cam- 
minavano —  sola  per  solitaria  ,  come  pe  '1  medesimo  signilìcato  ado- 
prnrono  i  Latini  T  aggettivo  solus ,  a ,  um  .  Quum  in  locis  solis  mae" 
stus  errares  (h) , 

i5i    *  Portar  oltre  ,   i   codd.  Vat.  e  Chig.  N.  E. 

i5!2  Ciascun  (  sottintendi  di  noi)  considerando  le  cose  vedute  ed 
udite. 

i5.^  Sì  voi  sol  tre ,  voi  tre  cosi  soli  • 

i55  Poltre  ,  Benvenuto  da  Imola  (dice  il  Venturi)  spiega  poledre^ 
o  giovenchelle ,  che  sono  delle  già  domate  bestie  piìi  paurose ,  e  più 
facilmente  si  adombrano:  Landino,  \ellutello,  Daniello,  e  Volpi 
(^pongasi   a   capo  di  tutti   il  Buti ,   citato  a  questo  passo  dal  ^  ocabo- 

{a)  Weis.  i3o.     (b)  Cic.  de  DÌ9Ìnat*  i. 
T.2.  Z 


554  PURGATORIO 

1 36     Drizzai  la  testa  per  veder  chi  fossi  ; 
E  giammai  noa  si  videro  in  fornace 
Vetri  o  metalli  si   lucenti  e  rossi , 

iZq    Com'  io  vidi  un  che  dicea  :  s'  a  voi  piace 

Montare  in  su ,  qui  si  couTien  dar  volta  ; 
Quinci  si  va ,  chi  vuole  andar  per  pace . 

s4^     L'  aspetto  suo  m'  avea  la  vista  tolta  ; 

Perch'  io  mi  volsi  retro  a'  miei  dottori  , 
Gom'  uom  che  va  secondo  eh'  egli  ascolta. 

145     E  quale  annunziatrice  degli  albori  y 

larìo  della     Crusca ,  ed  at^giungasi   il   Vocabolario   stesso  )   spiegano 
pigre  ,  sonnacchiose ,  poltrone  .  '*'  HI  cosi    anche  il   Hiagioli  .    N.  E. 

1/  xVriosto  (  dico  io  )  per  non  far  torto  a  nissuno  adopera  poltro 
in  ambedue  i  significati  :  nel  primo    in  que'  versi  del  Furioso  • 

La  bestia^  ch'era  spaventosa  e  poltra  , 
Senza  gUiirJa»'si  i  pie  ^  corse  a  traverso  (a)  : 
liell^  altro  in  que'  della  Satira  iv, 

£  più  mi  piace  dt  posar  le  poltre 

Membra  »  che  di  vantarle  ,  eh*  agli  Sciti 
V  Sìtn  state  ,  agi*  Indi^  agli  Etiopi^  et  oltre  • 

Ma  sa  non  abbiamo  negli  antichi  buoni  scrittori  Italiani  altro 
esempio  dell'  aggettivo  poltro  fuor  che  il  presente  di  Dante ,  e  ne 
rimane  peritai  difetto  dubbioso  il  di  lui  significato,  abbiamo  però 
ne'  medesimi  antichi  buoni  st^rittori  varj  esempj  del  diminutivo  poi- 
truccio  y  e  tali ,  che  non  ci  lasciano  punto  dubitare  del  vero  unico 
di  lui  significato  di  pohuirurrio  .  ^ell  antica  vita  di  Gesù  Cristo  leg- 
giamo, che  comandò  il  medesimo  a'Oiscepoli  ,  che  gli  menassono  C lisina 
e  il  poltrttccioy  eh*  erano  legriti  ec,  (  veg<;asi  questo  ed  altri  esempj 
nel  \ocaboiario  della  Cinisca  alla  vore  poltruccio  )  •  Puossi  egli  dubi- 
tare ,  che  r  asina  e  U  poltruccio  non  corrispondano  all'  asinam  et  pitllitm 
del  A  angelo  di  S,  Matteo  (b)  ?  E  se  poltruccio  vale  polcdruccio  ,  dubi- 
tiircm  noi,  che /;o//nt?  non  vaglia  lo  stesso  che  poledre ,  massime  ve- 
dendo noi    il    buon  accordo,    che  in   questo  scuso  fa   con  spaxf  culate  ? 

i'^6  tossi  y  antitesi  in    grazia  della  rima,  yierfosae, 

i/p  Quinci  si  va  :  si  accompagna  al  verbo  i'a  la  particella  si  per 
semplice  ornamento  (e) ,  e  però  quinci  si  va  suopa  qui  lo  stesso  che 
di  quo   va  , 

i\i  i'olta  ,  intendi ,  pe  '/  troppo  lume  . 

i/p  ì\\  1/1  volsi  retro  a  miei  dottori  y  legj^e  la  Nidobeatina  meglio, 
che  mi  volsi  indietro  V  altre  edizioni  :  *  e  il  cod.  A  at.  N.  E.  Tnipero- 
chè  la  M(l(>he;itina  lezione  meglio  esprime  ciò  che  vuol  qui  Dante 
fiignificare ,  cioè  ,  che  non  potendo  egli  sofl'rire  pe  '1  troppo  lume 
deir  angelo  di  camminar  di  paro  co'  due  compagni  ,  si  rivolse  e  si 
mise   loro  dietro,,  dirigendosi  nel  cammino,  non   colla  vista,  eh'  era 


{a)  Caat.  xxii   Si  90.      (J>)  Gap.  11.    (e)  V«<li  il  Cinoo.  Partic*  929  3i 


CANTOXXIV.  555 

L'  aura  di  maggio  muovesi ,  ed  olezza 
Tutta  impregnata  dall'  erba  e  da'  fiori  ; 

l48     Tal  mi  senti'  un  vent^  dar  per  mezza 

La  fronte  ;  e  ben  senti'  muover  la  piuma  y 
Che  fé  sentir  d'  ambrosia  1'  orezza  « 

l5i     E  senti'  dir:  beati ,  cui  alluma 

Tanto  di  grazia  »  che  1'  amor  del  gusto 
Nel  p^tto  lor  troppo  disir  non  fuma  ^ 
Esuriendo  sempre  quanto  è  giusto^ 

abbarbagliata ,  ma  coli'  udito  ,  coli'  adire  a  parlarci  i  compagni  ai 
quali  s'  era    messo  retro  . 

t/|6  Olezza  t  reodc  ottimo  odore,  perchè  co  mn^ove  quell'aura  )t 
nuove  erbe  e  iiori .  J. andino. 

i49  ^  piuma ,  r  ala  dell'  Angelo  ,  che  ventavagli  in  fronte  ;  co- 
me già  espressamente  narra  Dante  stesso  avergli  fatto  1'  angelo  nel 
passare  dal  terzo  al  quarto  girone  (a)  . 

i5o  D*  ambrosia  f  orezza .  Orezza ,  spiega  il  Vocabolario  della  Cru- 
sca ,  piccola  atira  ,  venticello  :  qui  però  a*  ambrosia  V  orezza  dovrebbe 
valer  quanto  ff/i  cfjUm  delC  ambrosia  ,  o  lo  spirar  delT  ambrosia  .  Tratto 
(  avverte  ottimamente  il  Landino)  dal  primo  di  \irgilio;  quando  fin- 
ge che  \  enere  nel  partir  da  Enea  spargesse  grande  odore  ;  onde  dice: 
Zémbrosiae  comae  divinum  vertice  odorem  spiravere  (6). 

i5i  Cui  jSer  quelli  che  y  come  i  Latini  adoprarono  il  pronome  ^iit 
al  senso  d'  ini  qui  — »  alluma  >  illumina  • 

i5i  V  amor  del  gusto ^  V  inclinazione  al   mangiare  e  bere. 

i53  Troppo  disir  non  fuma  y  non  dà  nel   troppo. 

i54  Esuriendo  per  appetendo  —  quanto  e  giusto  ,  quanto  è  bisogne- 
vole per  sostentare  la  vita  ,  e  non  per  dilettare  il  palato  . 


*<   m 


(a)  Parg.  kkii.  6^   e  seg.    (li)  Aencid.  U  l^oj. 


finf  4^1  conte  v§nt$sim9quarÌ0 . 


Z  9 


556 

CANTO    XXV. 


ARGOMENTO     (♦) 

Essindo  DauU  salito  su  f  uUimq  girone ,  irova  che  ntl  fuoco  si  purga 
il  peccato  dèlia  carne .  Da  Stàzio  ,  e  da  Firgilio  gli  sono  dichiarati 
alcuni  dubbi  :  e  si  ricordano  alcuni  esem^j  di  castità  - 

1  xjvsi  era  onde  *\  salir  non  volea  stptpio , 
Che  ^'l  Sole  aveva  il  cerchio  di  merigge 
Lasciato  al  Tauro ,  e  la  notte  allo  Scorpio  • 

I  Onde  vale  qu\  nella  quale  (a)  —  i7  salir  non  volea  storpio ,  non 
ammetteva  indugio  *  impedimentum  come  nota  alla  parola  storpio  il 
Fosti LL.  Cass.  N.  E.  Del  sustantivo  storpio  e  stroppio  per  indugio  ^  o 
impedimento  sono  troupi,  e  troppo  belli ,  gli  esem pj,  che  a  questo  di 
Dante  unisce  il  Vocab.  della  Cr.  di  Gio.  A  Ulani ,  e  del  Hetrarca  >  per 
non  lasciarne  piacere  di  piii  quelP  altra  spiegazione  di  non  so  cni , 
che  riferisce  il  Venturi  ;  eh'  era  F  ora  sì  tarda ,  che  non  ci  voleva 
uno  stòrpio  delle  gambe  a  salir  là  con  quella  /retta ,  e  prestezza  che 
richitdevasi . 

a  3  Che  il  Sole  aveva  ec.  Supponendo  Dante  fatto  questo  suo  viaggio 
nel  principio  di  aprile  (b)  ,  nel  qual  tempo  trovasi  il  Sole  ne'  primi 
gradi  d'  Ariete;  in  luogo  di  dirci  che  era  gii  trascorso  pe'l  meridiano 
circolo  tutto  il  segno  di  ariete  ,  e  che  per  conseguenza  era  passato 
il  mezzogiorno  di  circa  due  ore  (e) ,  dice  che  il  Sole  aveva  lasciato 
occupare  esso  meridiano  ,  segno  ad  Ariete  consecutivo  :  E  come  del 
pari  suppone  stanziar  la  notte  nel  segno  opposto  a  quello  in  cui 
abita  il  Sole(d),  e  che  perciò  fosse  allora  in  Libra,  v'aggiunge  eh' 
essa  notte  pure  col  segno  suo  di  Libra  oltrepassato  avesse  il  meri- 
diano medesimo  dalla  parte  sua,  ed  avesselo  lasciato  occupare  dal- 
lo Scorpione,  segno  alla  Libra  seguace.  Tauro,  e  Scorpio  al  modo 
Latino  per  Toro,  e  Scorpione  — a\'ea  lo  cerchio,  hanno  1*  edizioni  se- 
guaci di  quella  della  Crusca.  *  Aveva  al  cerchio  di  merigge  lasciato 
il  tauro .  Il   cod.  Chig.  N.  E. 

(*)     Argomento  metrico  del  celebre  Gaspare  Gozxi  . 
Come  sì    può  far  magro  ove  dob  sia 

Uopo    di    cibo  ,    Dante  chiede  ,    e    Stazio 
Gli    solve    il    dubbio  mentre    sono    in  via. 
Poi    trovan    &amma    nell'  ultimo    spaxio  , 
Cbe    quivi    ardendo    quel    peccato    monda  , 
Ond'  hanno   1'  alme    salta    terra    strazio  , 
Se    mal  volere    Venere    asseconda  . 
(a)  Vedi  Cinon.  P.iriic,  192  6  e  segg.     (b)  Vedi  tra  gli   altri   luoghi    Inf. 
%%,  128      (e)   Impiegando    il    zodiaco   nel   trascorrere    tutto    per  un  punto  fisso 
ore  24.  v'  impiega  conseguentemente  nel  trascorso  di  ciascuno   de'  suoi    dodici 
segni    ore   2.    (d)  Vedi    Purg. 


e  A  N  T  O    XXV*  357 

4    Perchè  come  fa  V  uom  che  non  s^*  affigge  » 

Ma  vassi  alla  via  sua ,  checché  gli  appaja  ^ 
Se  di  bisogno  stimolo  il  trafìgge  ;  ; 
7     Così  entrammo  noi  per  la  callaja.,  ^   s 

Uno  innanzi  altro  ,  prendendo  lascila 
Che  per  artezza  i  salitor  dispaja  .   .  ^  • 

IO     £  quale  il  cicognin  che  leva  V  ala 

Per  voglia  di  volare ,  e  non  s'  attenta 
D'  abbandonar  lo  nido  5  e  giù  la  cala  ; 

i3     Tal'  era  io  ,  con  voglia  accesa  e  spenta 
Di  dimandar  ,  venendo  infino  all'  atto 
Che  fa  colui  eh'  a  dicer  s'  argomenta . 

16  Non  lasciò  9  per  1'  andar  che  fosse  ratto  , 
Lo  dolce  padre  mio  ,  ma  disse  :  scocca 
L'  arco  del  dir ,  eh  'nfino  al  ferro  hai  tratto  • 

456  Perchè  come  ec.  Cofitriizione .  Perchè  9  come  fa  Vuom ,  se  sii'- 
molo  di  bisogno  il  trafigge,  quando  ha  premura,  che  non  ^^  affigge ^ 
non  si  ferma  ma  vassi  alla  sua  via  y  chechè  gli  appaja ,  .qualunque  cosa 
gli  si  presenti . 

7  Calla ja,  valico,  passo  (^  chiosa  il  Vocab.  della  Or.),  è  auella 
apertura  che  si  fa  nelle  siepi  per  potere  entrare  nei  campi  :  qui  per 
1  apertura  nel  sasso ,  entro  a  cui  era  )a  scala  >  che  conduceva  al  gi- 
rone di  sopra. 

9  Per  artezza  i  salitor  dispaja  ,  yer  cagione  di  sua  strettezza  ob- 
bligando i  salitorì  ad  andar  su  ad  uno  ad  uno,  o  sia  un  dopo  T 
altro  .  *  Ertezza  .   i  cod.  Vat.  Autald*  o  Chig.  N  E. 

IO  II  12  Cicognino  appella  la  cicogna  di  nido;  e  pone  questa 
spezie  d'  uccello  pe  '1  genere  ;  proprio  essendo  di  tutti  gh  uccelli  di 
nido,  allorché  son  pennuti  ,  di  far quell* atto  che  dice  Dante  del  ci- 
cognino ,   cioè  di  tentare  i*  aria  colie  ali ,   e  di  abbassarle  . 

f5  i4  i5  Tal  era  io  con  ec.  Entrano  in  questo  parlare  la  ellissi  e  la 
sinchisi!,  e  dee  intendersi  come  se  detto  fosse  ì  Tal  era  io,  ora  con 
voglia  accesa  di.  dimamlar,  venendo,  infino  alt  aito,  che  Ja  colui',  che 
s*  argonienha  dicer  (.infino  cioè  a  '  quell  incominciar  a  muover  le  lab- 
bra, che  fa  colui  che  si  dispone  a  dire  )  (a) ,  ed  ora  con  voglia  spenr 
ta,  deposta  intendi;  per  timore  di  nan  riuscire  nojoso.  ^  f^oce  in- 
vece (U  iH)^ia  ha  il  cod.  Chig.  N.  £• 

16  17  ^l8  Npn  lasciò  ec.  Altra  siuchisi ,  di  cui  la  costruzione  :  per 
ratto  che  fosse  T  andare  (  pe  '1  quantunque  veloce  andare)  lo  dolce  p€^ 
dre,  Tirgilio  ,  non  lasciò ,  intendi  di  tùre-^  scocca  P  arco, del  tiir^c^., 

(a)  Dicere  per  dire  adoprata  dagli  antichi  Tosctai  anche  io  prosa  .veTilo* 
nel  Vocab.  della  Cr.  ■.. .        .  .     ,,     .         fi' 


S$Ì  PURGATORIO 

ì  9    AUor  sienramente  aprii  la  bocca  , 

E  cominciai  :  come  si  può  far  magro 
Là  ,  dove  l'uopo  di  notrir  non  tocca  ? 

22  Se  t' ammentassi  come  Meleagro 

Si  consumò  al  consumar  d' un  tizzo  ^ 
Non  fora  ^  disse ,  a  te  questo  s\  agro  « 

sS     E  se  pensassi  come  al  vostro  guizzo 

Guizza  dentro  allo  specchio  vostra,  image  ^ 
Ciò  che  par  duro  ti  parriebbe  vizzo . 

d\  par  liberamente  rì^  cbe  all'  atto  che  fai  inostrl  di  aver  salla  puntA 
della  lingua .  T/  allegoria  è  tratta  dalla  balestra  ,  in  cui  quando  si  ca- 
rica ,  ronvien  fermare  la  corda  a  quel  puntino  di  ferro  ,  cbe  comu- 
nemente si  dimandi  il  grilletto  ;  o  dall'  arco  semplice  ,  del  quale  la 
corda  su  rui  è  incoccato  lo  strale,  tanto  si  tira,  finché  quasi  le  due 
punte  di  ferro  dell'  arco  si  tocchino  tra  di  loro  ,  e  combacino .  A  iw- 
TWRi .  A  me  però  sembra  deciso ,  che  pc  '1  ferro ,  nò  'l  (p^lletto  della 
balestra,  o  le  punte  ^deir  arco  s' abbiano  a  intrudere,  ma  lo  strale 
medesimo  ;  a  cui  di  fitto  ,  quanto  piii  V  arco  si  tende  ,  tanto  colle 
sue  estremiti^  pih  gli  si  avvicina  ;  ed  allora  h  la  maggior  tensione  quan- 
do 1*  estremità  dell'  arco  sono  tiVate  fino  a  torcar  lo  strale  * 

ao  ori  Còme  si  puh  far  magr^-  éc.  Come  nelle  anime,  cAe  per 
nlafntenersi  non  abbisognano  di- nutrimento  ,  essendo  spiritnfeU,  può 
aver  luogo  fame,  e  magrezza  ?*/)«/ «o^rrr ,  il   rod.  Chig.  N.E. 

22  a3  'xf\  Se  t*  amnienf  assi' cornei  ec.^Dixse,  rispose  Virgilio,  .?<»  f 
ammentassi  (  allo  significato  di  rammentassi ,  come  allo  stesso  signi- 
ficato si  adoperano  comunemente  pacificare  ,  e  rannacificare ,  spar- 
miare  o  risnnrmiare  ec.  )  {a)  come  Meleagro  ec,  ft  favola  di  Melea- 
gro figlio  di  Eneo  Pe  di  Talidonia  ,  che  le  Fate  nascendo  Meleagro 
ordinarono  ,  che  la  vita  di  lui  durasse  tanto  quanto  durasse  un  le- 
gno posto  da  esse  ad  ardere  nel  fuoco;  e  che  la  di  lui  Madre  Altea, 
dòpo  di  avere  levalo  dal  fuoco,  e  smorzato  quel  tizzo  per  salvare  la 
▼ita  del  figlio  ,  finalmente  arrabbiata  per  aver  Meleagro  uccisi  due  suoi 
*ii  ,  e  di  lei  fratelli  ,  rimiselo  ad  ardere.  Vuole  adunque  Virgilio  con 
tale  esempio  fare  a  Dante  capire  che,  come  si  consumava  Meleagro, 
non  per  mancanza  di  nutrimento,  ma  per  la  potente  ordinazione 
delle  Fate ,  cosi  per  1*  onnipotente  divina  ordinazione  può  ivi  essere 
fame  e  magrezza  dove  non  ^  bisogno  di  nutrimento,^—  a  le  questo 
la  ^'idob. ,  ouesto  a  te  V  altre  edifcieni  .  *  e  i  cod.  Vat.  e  €hif .  N.  E. 
•—  sì  aprro ,  cioè  s\  malagevole ,  che  tn  noi  vedessi  come  sia  possibile  • 

ì^tSl  {b)  .  .         '         ; 

q5  26  27  E  se  pensassi  ec.  Previene  ,  ed  accenna  ci^  che  a  di- 
lucidazione del  quesito  proposto  è  per  fame  dire  da  Stasio  t*.  88.  e 
^^%%'y  <^he  l'anima  separata  dal  terrestre  corpo  imprime  ,  per  la  wr- 
tu  tnfoìTttativa  di  cui   e  dotata ,  immagine  di  corpo  umane  ^elF  aria 

■ji  ■  i»i      II  ,  I  ■ 

ffi)  Lo    stesso    ammeniare  per  rammtntart  «dopora  Dante  anche   nel  xiv 
56  della  presente  cantica  .    (b)  Citato  atl  Vocab.  della  Cr.  lUa^Voct  ngro  {  4- 


e  A  N  T  O    X  X  V.  359 

28     Ma  perchè  dentro  a  tuo  voler  t'  adage  i 

Ecco  qui  Stazio  ;  ed  io  lui  chiamo ,  e  pregp 
Che  sia  or  sanator  delle  tue  piage  • 

3i     Se  la  veduta  etema  gli  dislego  ^ 
Rispose  Stazio  ,  là  dove  tu  sie  , 
Discolpi  me  non  potert'  io  far  niego  • 


a  se 
altri 


*  vicina;  e  che  qaesta  immn^ine  si  figura  secondo  li  des)ri  y  egli 
i  affètti  della  istess'  anima  ;  Tassi  cioè  ridente ,  se  J*  anima  è  alle- 
gra;  lagrirannte ,  se  1' anima  è  afflitta  ;  magra  se  l'anima  iia  desiderio 
di  cibo  ec.  E  come  ciò  ha  similitudine  culla  immagine  che  l*  oggetto 
uroduce  nello  specchio  ,  modiHraudosi  1*  immagine  istessamente  cgme 
1*  oggetto  si  modifica ,  però  dice ,  che  se  pensasse  come  ài  gtiizzo 
(  ali*  agitarsi,  al  muoversi  }  nostro ,  guizza  istessamente  nostra  imma- 
gine nello  specchio ,  parrebbegli  allora  iùzzo  ,  molle  (  perjacile  a  pe^ 
netrarsi  colC  intendimento  )  ciò  che  ora  par  duro  .  Image  adopera  alla 
Francese  per  immagine . 

'iS  Perchè  dentro  a  tuo  voler  V  adage ,  affinchè  ti  accomodi  e 
acquieti  nel  desiderio  tuo  .  Adage  per  adagi ,  da  adagiare ,  antitesi  in 
grazia  della  rima  •  *  Al  tuo ,  il  Cod.  Chig.  N.  E. 

19  3o  liceo  qui  Stazio  ec.  Finge  Dante  che  Virgilio  conosca  essere 
il  trattato  della  creazione  ed  infusione  delle  anime  ragionevoli  oell' 
uman  corpo ,  e  della  condizione  loro  nello  stato  di  separazione  dal 
medesimo,  negozio  piuttosto  di  un  cristiano,  come  della  vera  fede 
illuminato,  che  di  uo  gentile,  qual  era  egli;  e  però  sostituisce  a  tal 
uopo  Stazio  .11  VosTiL.  Cast,  dice  :  quia  habuit  Virgilius  opinionem  Pla^ 
ionis ,  qui  dicebat  quod  animae  erant  infusae  a  caelo  et  redibant  in 
astra  quod  est  erroneitm  apud  Jidem .  N.  E.  —  sanator  delle  tue  pia» 
gè,  per  piaghe ,  o^  licenza  in  grazia  della  rima,  o  forse  per  uso  in 
allora  di  pronunziarsi  e  piaghe,  e  piage ^  come  in  oggi  diciamo  in- 
differentemente astrologi ,  ed  astrologhi .  *  3Iie  piaghe ,  il  cod.  vat.  N.  £• 

Zi  Se  la  veduta  eterna  ec.  leggono  con  la  Nidob.  più  di  una  tren- 
tina di  niss.  veduti  dagli  Accademici  della  Or.  (  il  Cod.  Cass.  ed  il 
Cast.  )  se  la  vendetta  eterna  leggono  1'  altre  edizioni .  A  me  piace  meglio 
la  prima  lezione ,  e  chioso  :  se  ^  dislego ,  se  ^li  dìsciolgo ,  gli  spie- 
go ,  la  veduta  eterna ,  ciò  che  si  vede  in  qu  esti  luoghi  eterni .  Il  ter- 
mine di  veduta ,  per  ciò  che  si  vede ,  V  adopera  Dante  anche  Inf.  xvii- 
ii3  e  segg. 

• e  vidi  fpenta 

Qgni  veduta  ,  fuor  che  (fella  fiera  . 
E  V  affgiunt  ^  di  etemo  alla  veduta  eziandio  del  Purgatorio ,  perocché 
essendo  esso  pure  dalle  vicende  del  tempo,  ed  .appartenente  in  ^utto 
air  eterna  vita  ,  non  pare  disdicevole .  V  altra  lezione  aU*  incontro,  di 
vendetta  etema  meglio  all'  Inferno  che  ai  Pucgajtorio  si  conlarebbe  « 

3a  Sie  per  sii  f  adoprato  da  altri  autori  anche  fuor  di  rima.  Vedi 
Mastrofìni  Teoria  e  Prospetto  Je*  Fefifi  Italiani  (a) 

33  Non  potere  io ,  dice  in  vece  di  il  non.  potert^  io ,  secondo  il  Te-  1 
scano  costume  di  omettere  talvolta  V  articolo  — Jar  niego  per  negare*    j 

(a)  Sotio  il   vtibo  iSHr^  a.  19.  « 


3tìo'  Purgatorio 

54    l^oì  cominciò  :  se  le  parole  mie , 

Figlio ,  la  mente  tua  guarda  e  ricevfJ  f 
Lume  ti  fieno  al  come  che  tu  d\e . 
37     Sangue  perfetto ,  che  mai  non  si  beve 
Dall'  assetate  vene  ,  e  si  rimane 
Quasi  alimento  che  di  mensa  leve , 
4p    Prende  nel  cuore  a  tutte  membra  umane 
Virtute  informativa,  come  quello 
Ch'  a  farsi  quelle  per  le  Vene  vane . 
.  4^     Ancor ,  digesto  scende  ov^  è  più  bello 

Tacer  che  dire;  e  quindi  poscia  geme 
Sovr^  altrui  sangue  in  naturai  vasello  • 
•  4^    T^ì  ^'  accoglie  r  uno  e  Y  altro  insieme  , 

Cos\  dicpsi  mettersi  al  nef^o  per  disporsi  m  hegare  canto  xvti.  A\  questa 
cantica  al  v.  60.  Volpi  .  T  a  frase  medesima  adoprata  anche  da  altri 
scrittori  vedila   nel  Vocab.  della  Cr. 

36  /iì  come ,  che  tu  die ,  al  come  si  puh  fnr  maf^ro  ec.  (n)  ,  che  tu 
dici .  D)e  per  dì  ;  dici  ,  pnragoge  Toscana  ,  come  sic  per  si' .  Vedi  le 
annotazioni   dei  reputati  alla  correzion  del  laccacelo  giorn.  3.  nov.  9. 

37  al  4^  Sarìf^ie  perfetto  ec.  »Sinrhisi ,  di  coi  parrni  la  costruzione 
ed  il  senso.  Porzione  la  più  puf  a  del  sangue  che,  come  quella,  che 
per  le  vene  ne  va  ,  ne  scorre  ,  a  solo  fine  di  prepararsi  n  formare  per 
generazione  1*  uman  corpo  ,  non  si  beve  perciò  mai  dnlle  quantunque 
bibaci  vene  ,  ma  si  lascia  sempre  residua  (  come  quella  vivanda  ,  che 
residua  dopo  il  pasto  dalla  mensa  tu  levi)  passando  per  entro  al  cuo- 
fe  prende  in  esso  virtii  informativa  Ce. ,  cioè  forza  a  potef  formare 
futte  le  umane  membra  .  ^  Sicut  otnim  n  eallina  dice  il  Vostil.  Caet. 
N.  E.  —  7^  si  rimane  le(;ge  la  Nidob.  ed  altre  antiche  edizioni  ;  e  ma- 
lamente l'edizione  della  Crusca,  e  le  moderne  di  quella  seguaci  vi 
omettono  la  copulativa;  senza  della  quale  non  si  capisce  che  sia  que- 
sta, come  la  è  di  fatto,  una  mera  interiezione .— Atfv  per  levi ^  an- 
titesi in  grazia  della  rima  .  *  Il  cod.  Antald.  ha  Che  poi  non  si  bei*e^ 
e  che  fra  tu*  quello  per  le  vene  vane:  N.  E. 

43  44  4^  y^ncor  dee  in  questo  luogo  valere  quanto  di  piii ,  i/io/- 
tre,  ec.  (b)  *  oppure  ancor  piit  digerito,  smaltito  tw* altra  volta  y  e 
pero  fatto  piit  perfetto,  come  vuole  il  Biagioli .  N.  E.  —  diposto,  di- 
gerito, appurato  —  scende  ov*  è  piit  hello  ec. ,  scende  negli  ultimi  vasi 
spermatici  ,  da  non  nominarsi  modestamente  col  nome  volgare.  Yen- 
tubi  .  *  ^*oi  lo  diremo  in  latino  insieme  col  fostiLL.  Caét.  Descen- 
dit  ad  vasa  seminalia  scilicet  ad  testiculos  .  N.  E.  —  altrui  sangue ,  cioè 
della  femmina.  Vr.>'TtJiii .  —  in  naturai  vasello,  ncU'utero  .  Venturi  • 
*  SciUcet  matricis  ,  il  Fostill.  ('a et.  N.  E. 

(a)  Ver*©    ao  e  seg.    (h)  Vedi  Cina*.  Partici  t5  7. 


CÀNtOXXV.  36i 

L'  un  disposto  a  patire  ,  e  1'  altro  a  fare 
Per  lo  perfetto  luogo  onde  si  preme  ; 

4^     £  9  giunto  lui ,  comincia  ad  operare  y 
Coagulando  prima ,  e  poi  avviva 
Ciò  che  per  sua  materia  fé'  constare  . 

52     Anima  fatta  la  virtute  attiva , 

47  L*  un  disposto  a  patire  ec.  Ti  sangue  della  madre  atto  di  nata* 
ra  sua  a  ricevere  come  materia  ciò  che  ne  faccia  il  sangue  paterno 
attivo  e  spiritoso.  Ventoki.  Patire  per  ricevere  impressione,  è  termi- 
ne delle  scuole. 

48  Per  lo  perfetto  ec.  Ti  Yellutello  e  11  Venturi  chiosano ,  che  per 
cotale  perfeìio  luof^o  intenda  Dante  il  materno  utero  ;  e  che  V  onde 
si  preme  vaglia  dal  quale  è  stretto  e  serrato .  Diversamente  il  1. andi- 
no e  il  Daniello  ,  intendendo  che  onde  si  preme  significhi  lo  stesso 
che  onde  si  spreme ,  vogliono  che  pe  '1  perfetto  luogo  debbasi  capire 
l'uomo  ,  il  maschio  ,  perocché  della  femmina  più  perfetto  e  attivo,  io 
per  me  piuttosto  mi  eleggerei  di  credere ,  cne  in  grazia  della  rima 
adopeii  Dante  il  semplice  pe  '1  composto ,  premere  per  imprimere  ; 
e  che  riaccennando  la  detta  virtù  informativa ,  che  dal  cuor  riceve 
il  maschjl  seme ,  dica  Per  lo  perfetto  luogo ,  onde  si  preme ,  in  vece 
di  dire  :  Per  la  perfezion  del  cuore ,  onde  5'  imprime ,  da  cui  riceve 
impressione.  Pare  clie  a  questo  senso  favoriscano  i  i^.  58  e  segg. 

Or  si  piega  ,  figliuolo  1  or  si  distende 
La  virtù  ,  eh*  è  dai  cuor  del  generante  , 
Dove  natura   a  tutte  membra  intende  • 
*  Ti  PosTiLL.  Cass.  su  la  paroìSL  perfecto  loco  nota  scilicet  corde i 
onde  vien  confermato   il  sentimento   nel  nostro  P,  L.  N.  E. 

49  E  giunto  lui  ,  e  congiunto  il   paterno  al   materno  sangue . 

50  jivviva  la  Nidoh. ,  ravviva  l'altre  edizioni ,  *  e  il  Cod.  Vat.  N.E. 
5i   Per  sua  materia  ,  per  far  servire  di  materia  alla  sua  virtÌA  in-^ 

Jbrrnativa — Je  constare  légge  la  ^idob.  non  solamente,  ma  parecchi 
testi  ancora  veduti  dagli  Accademici  della  Cr.  (  *  e  il  cod.  Stnard. 
N.  E.  ) ,  e  inteso  constare  al  proprio  ed  etimologico  senso  che  dassi 
al  latino  constare,  eh* è  di  simul  stare  (a),  varrà yè  constare  ugual- 
mente che  foce  coagulare;  come  nel  precedente  verso  ha  «letto  che 
opera  esso  maschile  sangue  sopra  quello  della  femmina  .  *  Ti  Postili. 
C'aet.  Tìotsi  Jtrmum  stare  sopra  la  parola  constare.  N.  E.  —  Fé  gesta- 
re  ,  air  opposto  che  leggono  tutte  le  altre  edizioni ,  non  vejjgo  aual 
buon  senso  possa  avere  :  e  se  non  malamente  si  adoperano  il  A  ellu- 
tcllo  ed  il  \enluri  ad  istiracchiainelo  al  senso  d'i  Jf*re  adunarsi,  o 
J('ce  disporsi,  diente  piii  plausibilmente  il  'N  ocab.  della  Cr.  alla  spie- 
gazione che  dà  al  verbo  gestare  (  verbo  latino  .  Portare ,  condurre  ) 
soggiunge  in  prova  questo  malomente;  trascritto  passo  di  Dante.  ^  Gu" 
stare  hanno  i  codd.  Vat.   e  Chìg.  ^.E. 

52  55  54  y^nima  fatta  ec.  La  virtù  attiva  e  spiritosa  del  sangue 
paterno,  diventata  e  fatta  già  anima  vegetativa.  Segue  Dante  la  sen- 
tenza  di  alcuni  Aristotelici  circa  la  successione  delle  anime  nella  fo^- 


(a)  Constare  ,  simul  stare  ;  Kob*  Stoph.  Tkestar.  ling.  Lat.  '  ' 


3fo  PURGATORIO 

Qual  d' UDa  pianta  »  in  Unto  differente 
Che  quest'  è  'n  via  ,  e  quella  è  già  a  riva  p 
55     Tanto  ovra  poi ,  che  già  si  muove  e  sente 
Come  fungo  marino  :  ed  indi  imprende 
Ad  organar  le  posse  ond'  è  semente . 

inazione  dell'  uomo .  IVofiy  enim  simuì  animai  fìt  et  homo ,  disse  Ari- 
stotele nel  lib.  3  de  ffenerat.  cap.  5.  La  qual  sentenza,  se  mette,  <  o- 
me  fa  Dante,  che  l' istess'anima  vegetativa  diventi  sensitiva  con  acqui- 
stare in  se  questa  perfezione  :  come  il  lucido  divien  pìii  lucido  ,  e 
il  caldo  più  caldo  :  non  è  sentenza  probabile  ,  e  la  rigetta  vigorosamea* 
te  ^*  Tommaso  i  p.  q.  1 18  art.  'i  ad  a.  Se  poi  vuole  che  nel  feto  sia  pri- 
ma Tanima  vegetativa ,  la  qual  finisca  d'essere  al  nrodursi  l'anima  sensi- 
^va ,  e  finisca  questa  ancora  al  prodursi  deirintellettiva ,  cosi  è  sentea* 
sa  probabile  e  assai  comune  tra  i  Tomisti  ;  benché  molti  gravi  dottori , 
eziandio  della  scuola  peripatetica  ,  la  rifiutino  ,  voli^ndo  che  il  feto  urna- 
fio  non  sia  mai  animato  da  altr' anima  che  dal  T  intellettiva»  Venturi.' 
l^a  dottrina  dì  S.  Tommaso  nel  citato  luogo  è  :  nicendum  est 
auod  anima  praeexislit  in  emhryone;  a  principio  quidem  nutritiva ,  po^ 
stmodum  autem  sensitiva ,  et  tandem  inteìlectiva .  Dicunt  ergo  quidam  » 
auod  supra  animam  vegetabilem ,  quae  primo  inerat ,  stiper>enit  alia  ani'- 
mn ,  quae  est  sensitiva  :  supra  illam  iterum  alia ,  qiuie  est  inVillectiva  • 
Et  sic  sunt  in  homine  tres  animae  ^  quorum  una  est  in  potcntia  ad 
aliam  :  quod  supra  improbatum  est .  Et  ideo  alii  dicunt ,  quod  illn  ea* 
dem  anima  quae  primo  fuit  vegetativa  tantum  ,  postmodum  per  actionem 
virtutis ,  quae  est  in  semine  ,  perducitur  ad  hoc  ,  ut  ipsa  cadem  fiat  in- 
tellectiva  :  non  quidem  per  virtutem  arttvam  seminis  ,  sed  per  virtutem 
superioris  agentis  ,  scilicet  Dei ,  de  Jbris  iUustrantis .  Et  prjpter  hoc  di- 
cit  Philosophus  quod  intellectus  venit  ab  extrinseco .  Sed  hoc  stare  non 
potest  ec. 

Dante  non  dice  né  che  l'anima  intellettiva  siala  sensitiva  stes- 
sa innalzata  a  cotal  ^rado ,  né  che  sìeno  nell'uomo  tre  anime ,  ma  di* 
ce   anzi   essere  V  anima  intellettiva 

Spìrito  nuovo  di  virtù  repUtp  , 
Che  ciò  che  trova  attivo  ,  quivi  tira 

In  sua  sustanzia  ,  e  fassi  un'  alma  sola  fa). 
In  tanto  differente ,  in  onesto  solamente  diversa  ,  dall'  in  hoc  tantum 
de*  Latini  —  Che  questa ,  i*  anima  vegetativa  dell'uman  feto  —  è  in  vìa  , 
4ende  ad  inno! trarsi  e  divenire  sensitiva  —  e  quella ,  l'anima  vegeta- 
tiva della  pianta — è  già  a  riva,  e  già  al  termine  fli  sua  perfezione. 
55  56  37  Tanto  ovra  poi ,  tanto  poi  la  stessa  virlute  attiva  segui- 
ta ad  operare  —  che  già  si  muove  e  sente,  che,  già  divenuta  anima  sen- 
sitiva ,  moto  ottiene  e  senso ,  cioè  facoltà  di  risentirsi  essendo  tocca- 
ta —  Come  /tingo  marino.  Questi  funghi,  o  spugne  che  stanno  attac- 
cate alli  scogli,  si  stimano  animate  a  un' anima  più  che  vegetativa: 
perché  si  slargano  ,  si  stringono  ,  e  danno  altri  segni  da  giudicarli 
più  che  le  piante  ;  e  però  si  chiamano  plantanimalin ,  o  zoofiti .  Vzn- 
Tuai .  —  ed  indi  y  ed  in  seguito  ,  legge  la  Nidob.  meglio  che  non  leg- 
gono ed  ivi  l'altre  ediz. —  imprende,  sì  mette  airimprcsa  ,  all'opera.  — 

(a)  Vtito  71  •  tegg.  del  prtitote  canto  . 


CANTO    XXV.  365 

&8     Or  si  spiega  ,  figliuolo  ,  or  si  distende 

La  virtù  ,  eh'  è  dal  cuor  del  generante 
Dove  natura  a  tutte  membra  intende  • 

61     Ma  come  d'  animai  divenga  fante , 

Non  vedi  tu  ancor  :  qùest'  è  tal  punto 
Che  più  savio  di  te  già  fece  errante 

64    Sì ,  che  ,  per  sua  dottrina ,  fé'  disgiunto 
Dall'  anima  il  possibile  intelletto  , 
Perchè  da  lui  non  vide  organo  assunto  • 

^d  organar  le  posse  ^  vniTè  semente.  Intendendo  nelle  parti  del  teme 
paterno  varie  particolari  yitiii  a  foilnare  quale  1' uno ,  e  quale  l'altr^ 
organo  dell' uman  corpo,  fa  che,  dopo  animata  di  anima  sensitiva 
tutta  la  informe  massa  dell*  embrione ,  si  applichi  ciascuna  ad  orgn^ 
nar  le  posse ,  a  pfovedere  le  potenze  dell*  uomo ,  visiva  ,  uditiva  ec. 
de'  respettivi  orgaili  ,  ond^  è  semente ,  dei  quali  ciascuna  parte  del  se- 
me è  produttrice.   Una  est  radix  et  origo  ,  dice  il  Postili..  Cait.  N.  £• 

58  Or  si  spiega  ,  così  ,  oltre  la  Nidob. ,  leggono  e  spiegano  il 
Tondino  e  il  '^'ellutello .  Si  spiega  ,  cioè  si  dis^ide  in  di\*erse  parti  la 
virili ,  la  quale  e  unita  in  se  :  Chiosa  il  Landino  .  Ora  spallarm  et  apre  : 
chiosa  il  Velhitello.  Si  piega y  ohe  leggono  in  vece  l'edizioni  segua- 
ci di  quella  della  Crusca,  non  pare  che  della  virtii  generativa  sia  oen 
detto  —  si  distende ,  spiegata  vie  più  si  dilata , 

59  60  Ch*è  dal  cuor  ec.  ^  perocché  y  come  ha  detto  di  sopra,  pren- 
de il  sangue  nel  cuore  vi rtute  informativa  a  tutte  membra  unume -^ do^ 
ve  ,  nel  quale ,  relativo  a  cuore . 

61  D* animai y  di  animato  d'anima  sensitiva — fante  adopera  qu\ 
pure  al  senso  che  adoperalo  nell'xi.  di  questa  cantica  v,  €6^  per  uo- 
mo y  dal  Lntiiio /an' ,  parlare,  eh' è  proprio  del  solo  uomo:  eci,  oltre 
a  questa  propnetà ,  essendo  il  parlare  una  manifestazione  dell'interno 
ragionare  ,  può  anche  per  questo  riguardo  prendersi  il  parlare  per  la 
stessa  ragione,  e  òxr^  fante  in  vece  di  ragionevole. 

63  al  66  Piìi  savio  di  te  ec.  Averroe  comentator  d'Aristotele,  di 
cui  parlando  Scoto  :  Commentator  y  dice,  3  de  anima  ponit  intellectum 
possiti  lem  esse  suhstantinm  separatam  -(a)  .  Possibile  intelletto  significa- 
va nppo  i  Scolastici  la  facoltii  d'intendere;  imperocché,  all'intellet- 
to cn  essi  nomavano  agente ,  cotale  facoltà  non  attribuivano  :  Nullus 
intellectus  intelligit  (dice  il  medesimo  Scoto  {b))  nifi  intellectus possi" 
hilis  y  quia  agens  non  intelligit  :  altro  cioè  non  era  l' officio  dell'intel- 
letto agente ,  che  di  formare  traendo  dalle  materiali  le  spirituali  spe- 
cie,  colle  quali  movesse  l'intelletto  possibile  all' intendin^ento  :  e  per 


ietto y  perocché,    vuole,  che   nelV  uomo  non  sia  proprio  e  pariicidar^ 

(a)  In  4  dÌ5t.iiS  qu.2.    {b)  ìwi  qu.  i.    (e)  Passibile  in  vcct  di  possibi- 
U  legge  il  Vcllutello .    (d)  Passibili^  ot  passiyus  dica  Scoto  nel  pxecit.  laogo* 


364  PURGATORIO 

67     Apri  alla  verità  ,  che  viene  ^  il  petto  ; 
E  sappi  che ,  si  tosto  come  al  feto 
L'  articolar  del  cerebro  è  perfetto , 

70     Lo  motor  primo  a  lui  si  volge  lieto  y 
Sovra  tanta  arte  di  natura ,  e  spira 
Spirito  nuovo  di  virtù  repleto  , 

73     Che  ciò  che  truova  attivo  quivi ,  tira 

In  sua  sustanzia  ,  e  fassi  un'  alma  sola  9 
Che  vive  e  sente  e  se  in  se  rigira . 

inielletio ,  ma  che  sia  un  iìOeUmUo  universale  estrinseco ,  il  quale  /  in" 
fonda  in  tutti  gli  uomini ,  non  aUrimenti  che  /accia  il  Sole  per  tutte 
le  parti  del  mondo,  passa  a  dichiarare  che  chiamasi  questo  intelletto 
possìbile ,  per  essere  in  potenza  <f  infondersi  in  tutte  le  nature  diverse 
degli  uomini,  ed  operare  in  essi  la  virtù  òua.  Ma  ciò  potrebbe  accor- 
darsi quando  solo  Averroe ,  eh'  era  in  cotale  falsa  credenza ,  cosi  ap- 
pellato lo  avesse,  e  non  tutti  unitamente  gli  Scolastici,  anche  i  piii 
•avj .  —  Perchè  da  lui  ru)n  vide  organo  assunto  :.  perchè  non  vide  che 
l'intelletto  per  intendere  si  adoprasse  venin  organo  corporeo  ,  sic- 
come fa  r  anima  sensitiva ,  che  per  vedere ,  esempigrazia ,  adopera 
r  occhio ,  per  udire  1*  orecchio  ec.  Assunto  adunque  vai  quanto  aS' 
sunto  aie  operazione  sua . 

67  .ipri  alla  verità  ec.  :  ricevi  la  verità  che  ora  ti  si  fa  palese  • 
Aprire  il  petto  alla  verità ,  detto  colla  stessa  ragione  che  dicesi  la  ve- 
rità insinuarsi ,  che  letteralmente  vale  introdursi  nel  seno .  *  Apri  la 
verità  che  viene  al  petto  ,  il  cod.  Vat.  N.  E. 

68  /^ eto  ,  per  embrione  nell*  utero.  Volk  . 

(ìy  L*  articolar  del  cembro ,  per  f  articolazione  del  cerebro  ,  cioè 
per  la  struttura  de'  suoi   orgaui  . 

70  7 1  yi  Lo  motor  primo ,  Iddio  —  a  lui  si  volge  lieto  ,  al  feto 
cosi  perfezionato  ris^uardando  si  compiace  ;  secondo  quel  vidit  Deus 
quia  bonum  est  ,  del  Genesi  (a)  ,  o  quel  laetabitur  Dominus  in  operi- 
bus  suis ,  del  Salmo  (b) .  Il  Daniello  per  a  lui  intende  al  cerebro ,  e 
per  la  tant*  arte  di  natura  intende  quella  usata  da  lei  in  formar  in 
quel  feto  il  cerebro  .  Se  però  dee  intendersi ,  che  in  quel  medesimo 
a  cui  Iddio  si  volge ,  infoude  i7  niwvo  ,  il  novellamente  creato,  spi- 
rito ,  infondendosi  questo  uon  nel  solo  cerebro ,  ma ,  coni'  è  sentenza 
a  tutti  gli  scoi  stici  comune  ,  in  tutto  il  feto  ,  a  tutto  esso  feto  con- 
viene intendere  che  Iddio  lieto  si  volga  —  spira  per  inspira  ,  infon^ 
de -^  repleto  ,  ripieno  ,  in  rima:  è  voce  Latina.  Volpi. 

75  74  75  Che  ciò,  che  truova  attivo  quivi ,  che  l'anima  sensitiva, 
che  ivi  ritrova  —  tira  in  sua  sustanzia ,  unisce  a  se .  Vedi  la  nota  al 
ir.  53  ,  e  segg.  —  vive  per  vegeta  —  se  in  se  rigira  ,  rivolge  se  sopra 
se  medesima  ,*  cioè  riflette  sopra  1'  azioni  sue .  Pone  il  Poeta  il  ritlet- 
lere  per  l'intendere,  la  specie  pe'l  genere. 

ia)  Gap.  I     (b)  io3. 


e  A  N  T  0    XXV.  365 

76     E  ,  perchè  meno  ammiri  la  parola  , 

Guarda  1  calor  del  Sol  ,  che  si  fa  Tino 
'    Giunto  air  umor  che  dalla  vite  cola  • 

79     Quando  Lachèsi  non  ha  più  del  lino  9 
Solvesi  dalla  carne ,  ed  in  virtute 
Seco  ne  porta  e  V  umano  e  1  divino  . 

82     L'  altre  potenzie  tutte  quasi  mute  ; 

Memoria ,  intelligenzia  ,  e  volontade  , 
In  atto  9  molto  più  che  prima  ,  acute . 

85     Senza  restarsi ,  per  se  stessa  cade 
Mirabilmente  all'  una  delle  rive  ; 

76  La  parola  per  le  parole ,  i7  parlar ,  che  ti  faccio . 

nn  78  Guarda  il  calor  ec.  Siccome  il  calor  dei  Soie  giùnto^  uni- 
to ,  all'  umore  acqueo  delle  vite  lo  trasmuta  in  vino ,  così  7  vuole  Sta- 
zio inferire  )  il  novello  spirito  da  Dio  creato  ed  unito  ali  anima  sen- 
sitiva ,  trasmutalfi  in  anima  ragionevole;  eh' è  una  cosa  diversa  e  dal 
puro  spirito  ,  e  dair  anima  sensitiva  ;  come  è  diverso  il  vino  e  dal 
calor    del  Sole ,  e  dall'  umor   acqueo   della  vite . 

gg  Quando  Lachèsi  non  ha  più  del  lino ,  cosi  la  Nidob. ,  E  quem- 
do  Lachesis  non  ha  più  lina  V  atre  edizioni,  '^  e  il  cod.  Chig.  N.E.  — 
Lachèsi  una  delle  tre  Parche,  quella  a  cui  ,  com'  è  detto  al  xxi  i».  ^5 
di  questa  cantica,  quando  ciascun  uomo  nasce,  impone  la  sorella  do- 
to su  la  rocca  quel  pennecchio  ,  durante  la  filatura  del  qu  Je  durar 
dee  la  vita  di  quell'uomo.  Quando  adunque  Lachèsi  nonna  piii  del 
lino   su  la  rocca  ,  allora  V  uomo  muore . 

80  al  84  Sohesi  ec.  Costruzione.  Solvesi y  sciogliesi  la  detta  idma 
dalla  carne  ,  e  seco  in  s^iriute  ne  porta  e  il  ilivino ,  e  F  umano .  Me- 
moria ,  intelligentia ,  e  volontade  ,  in  aito  acute  molto  pili  che  prima  : 
r  altre  potenzie  tutte  quasi  mute.  E  vuol  dire,  che  1*  anima  separata 
dal  corpo  ritiene  in  sua  virtù  tutte  le  potenze  dell'uomo,  tanto  le 
spirituali  che  pose  Iddio  in  lei  ,  quanto  le  corporee  ,  eh'  ella  unen- 
dosi  al  corpo  tirò  in  stui  sustanzia  [a)  .  Col  divario  però  che  le  spi- 
rituali,  memoria,  intelletto,  e  volontà,  le  adopera  attualmente,  ed 
anzi  meglio  che  prima  ,  quando  albergava  nel  corpo  ;  Taltre  potenze 
poi  ,  visiva  ,  uditiva  ec. ,  le  ritiene  bensì,  ma  quasi  nutte^  cioè  a  gui- 
sa di  muto  ,  che  per  mancanza  d' organo  non  può  esercitare  la  po- 
tenza che  ha  di  parlare.  Tutte  quante  mute  leggono  T  edizioni  diver- 
se dalla   ^idob. '*^e  il  Cod.  Vat.  e  il  Chig.  e  T  Antald.  IN.  K. 

85  86  Senza  restarsi ,  la  detta  anima  sciolta  dalla  carne  ,  per  se 
stessa  mirabilmente  ,  per  interno  impulso ,  cade ,  scende  alPuna  delle 
rive  ,  cioè  o  alla  riva  d' Acheronte  ,  dove  ha  detto  (b)  che  conven- 
gono d'  ogni  paese  tutti  quelli  che  rauojono  nell'  ira  di  Dio  ;  o  alla 
riva  del  mare ,  dove  t  acqua  di  Tevere  s*  inseda ,  dove  ha  detto  (e)  , 


(a)  Vtrio  73  e  seg.    (fi)  inL  ili  122  e  segg.    (e)  Parg.  il  iqo  e  segg. 


ZC6  PURGATORIA 

Quivi  conosce  prima  le  sue  strade  « 

88     Tosto  che  luogo  1\  la  circonscrive , 

La  virtù  informativa  raggia  intomo 
Così  e  quanto  nelle  membra  vive  • 

91     £  come  V  aere ,  quand^  è  ben  piorno  , 

Per  r  altrui  raggio  che  'n  se  si  riflette  x 
Di  diversi  color  si  mostra  adorno  ; 

Q^    Cosi  r  aer  yicìn  quivi  si  mette 

In  quella  forma  y  che  in  lui  suggella 
Virtualmente  V  alma  che  ristette  • 

97     E  simigliante  poi  alla  fiammella  ^ 

che  si  raccoglie  quid  verso  ^ Acheronte  non  si  cala ,  chi  cioè  non  t« 
ali*  Inferno . 

87  Quivi  conosce  prima  ec.  Dalla  ripa  a  cui  si  trova  preconosce 
ella  le  strade  che  dee  battere  esternamente  ;  se  quelle  del  Purgatorio 
e  del  Paradiso ,  o  quelle  dell'  Inferno . 

88  Tosto  che  luogo  lì  ec.  Subitamente  che  T  anima  si  trova  ad 
una  di  quelle  rive  ,  in  altro  luo^o  fuori  dell'  uman  corpo  collocata . 
Là  in  vece  di  ti  leggono  1'  edizioni  diverse  dalla  Nidob^ ,  ma  la  vi- 
cinanza dell'  altro  la  ne  dee  far  preferire  la  lezione  Nidobeatina  :  7b- 
sto  che  luogo  h  la  circonscrive . 

89  Aa  virtli  informativa  ,  legge  la  Nidob.  qu\  come  nel  v.  ^i  ^  le 
allre  edizioni  nel  v.  4i  leggono  injbmiativa  ,  e  qui  JbrnuUiva  ^-' nzg^ 
già  intorno ,  spande  la   sua  attività  nel  vicino  aere . 

90  Così ,  e  quanto  ec,  ;  nello  stesso  modo  ,  e  coli*  istes5a  forza 
che  adoprava  nelle   membra  dell'  uman  corpo . 

01  Piorno  per  pieno  di  piova,  pieno  d*  acqua  ,  piovoso.  Vedi  il 
Vocabolario  delia  Cr.  ^  Plenus  vaporibus  spiega  più  esattamente  il  Po- 
5TIL.  Las.  N,  e. 

9^  Per  P  altrui  raggio ,  del  Sole ,  che  in  se  si  riflette  >  che  in  es- 
so percuotendo  rimbalza. 

o3  Di  diversi  color  ec,  come  nell*  Iride ,  o  nello  Alone .  *  Divenu- 
ta adorno  in  vece  di  si  mostra  adomo  legge  il  Cod.  Caet.  e  il  Vat. , 
non   meno  che  il   Can.  Dionisi .  N.  E. 

96  Suggella^  imprime. 

96  f^irtufdmente  ;  cioè  non  perchè  abbia  l'anima  in  se  colai  forma 
e  stampila  neU*aria,  come  il  sigillo  stampa  la  figura  che  ha  nella 
cera;  ma  perchè  ha  virtù  di  così  l'aria  disporre,  —  che  ristette y 
che   lial  corpo  separata  ivi   fermassi 


none 


Il  \  eniuri  vuole ,  che  questa  aerea  veste  deiranime  passi  per  fin- 
f}Oetica  .  In  realtà  però  la  fu  opinione  iV  alcuni  Padri  addetti 
alle  l  latoniche  dottrine  di  Origene ,  tra  gli  altri ,  e  di  Clemente  Ales- 
sandrino ;  è  tale,  che  S.  Agostino  lasciala  problematica  :  e  del  modo 
cercando  col  quale  possano  gli  spiriti  infernali  essere  tormentati  dal 
fuoco  materiale  9  adnaerebunt,  dice,  si  eis  nulla  sint  corpora,  spiritus 


e  A  N  T  O    X  X  V .  567 

Che  segue  1  fuoco  là  'vunque  si  muta , 
Segue  allo  spirto  sua  forma  novella  . 

ico     Perocché  quindi  ha  poscia  sua  paruta, 

£  chiamata  ojnbra  ;  e  quindi  organa  poi 
Ciascun  sentire  infino  alla  veduta . 

.io3     Quindi  parliamo  ,  e  quindi  ridiam  noi , 
Quindi  facciam  le  lagrime ,  e  i  sospiri 
Che  per  lo  monte  aver  sentiti  puoi . 

406     Secondo  che  ci  affiggono  i  desiri 

E  gli  altri  affetti  ,  V  ombra  si  £gura  : 
£  questa  è  la  cagion  di  che  tu  ammiri . 

jdaemomtm  j  immo  sniritfs  daemones  ^  licei  incorporei  corporeìs  ignibus 
cruci andi  ec.  (ile  di'.    Dei  lib.  ai   cap.  io). 

gH  là  dunque ,  sìnalcfR  ,  per  ià  os^unque  .  ^  Dovunque^  il  cod.  Àntald. 
e  11  ^'hig.  N.  L. — si  muta  per  si  muove.  Fonda  cotale  cambio  nella 
definizione   del  moto  ,  mutntio  loci  • 

1 00  Perocché  quirnii ,  da  questo  aereo  corpo  —  ha  ,  intendi  la  spi- 
rituale anima  ,  —  sua  paruta  ,  sua  apparenza ,   suol  esser  visibile  • 

loi    Organa^  organizza. 

I  oa  Sentirti  per  sentinipnlo  —  x^eduta  ,  vista  .  *  Il  ^^ignor  Portirelli , 
che  ci  »nssicura  avere  confrontato  la  Nitlobcatina,  legge  in  questo  ver- 
so differentemente  al  F.  I^.  cioè  fin*  alla  i*eduta  invece  di  infine  alla 
i»e^tt/ 1  ;  Il  poco  mtefiMse  però,  cne  risvegliano  coirli  differenze,  non 
ci  spìnge  al  dì  )à  del  Tevere  per  osservare  l' Edizione  ^idobeatiIUl 
della  Biblioteca  Corsiniana.  '^.  R. 

io3   Quindi  ,  in  virtù  di  questo   aereo  corpo  . 

106  Ciaffif(ffonOj  ci  attaccano  ad  allegrìa,  intendi,  o  a  tristezza. 
Ci  affUgeono  i  desiri  leggono  in  vece  parecchi  codici  ve<lutl  da^li  Ac- 
cademici della  Cr.  ed  anche  altri  da  me  veduti  :  ma  questo  verbo  si 
conia  solo  col  quindi  facciam  le  lacrime  e  i  sospiri  y  e  non  col  quindi 
ridiam  noi.  *  Ciaffligon  li  desiri ,  ha  il  cod.  Vat.  ^on  sappiamo  come  il 
Signor  l'ortìretlì  abbia  preferito  qfligon  .  Vedi  la  nota  al  i'.   102.  N.  E. 

107  L'  ombra  ^  V  aereo  corpo. 

108  Di  che  tu  ammiri,  dì  ciò  che  ti  fa  stupore;  cioè  ,  come  si 
può  far  magro  La  dove  F  uopo  di  nutrir  non  tocca  {a)  :  interrogazio- 
ne che  fece  Dante  a  Virgilio,  e  per  soddisfare  alla  quale  ha  fin  qui 
Stazio  per  preghiera  dì  Virgilio,  favellato  —  tu  miri  in  vece  di  tu  am- 
miri h*ggono  1*  edizioni  diverse  dalla  Nidob.  *"  e  i  codd.  Vat.  Chig. 
e  Antald.  ^.  F. 

Quid  dignum  tanto  ?  (  borbotta  qu\  pezzi  d'  Orazio  {h)  il  Ven- 
turi )  Parturient  montes .  Mon  dicendocene  però  alcun  motivo  ,  io  per 
me  non  saprei  pensarne  altro  che  quella  medesima  già  detta  (r)  Tal- 
sìssima  di   lui  supposizione,  che  il  ricoprirsi  l'anime  separate  dai  cor- 


{a)  Verso  30  e  Mg.   ^iji)  Pé  arU  poel,  v.  iS^  0  tegg.    (e)  Sotto  il  v.g^. 


368  PURGATORIO 

109     E  già  Tenuto  all'  ultima  tortura 

S' era  per  noi ,  e  volto  alla  man  destra  ^ 
Ed  eravamo  attenti  ad  altra  cura  • 

1 1  a     Quivi  la  ripa  fiamma  in  fuor  balestra  ; 
£  la  cornice  spira  fiato  in  suso  , 
Che  la  riflette  ,  e  via  da  lei  sequestra  • 

1 15     Onde  ir  ne  convenia  dal  lato  schiuso 

Ad  uno  ad  uno  ;  ed  io  temeva  1  fuoco 

pi  amant  d'  altro  aereo  sottilissimo  velo  sia   una  finzione  poetica ,  e 
che  per  conseguenza  la   non  si  meritasse  tante  parole. 

'^  In  line  del  comento  a  questo  sublime  luogo  ,  il  Professore 
Signor  Portirelli  con  lungo  passo  deirDpera  sulle  sensazioni  di  Mendel- 
sohn  e  con  altro  del  di  lui  traduttore  Signor  Pizzetti  ammonisce  i  Gio- 
vani a  non  porger  orecchio  a  ^uecli  scioli,  che  dicono,  essere  ornai  ma* 
nifesto  perciitempo  l' applicarsi  alle  cose  metafisiche  ;  onde  non  si  con-> 
ccpisca  opinione  poco  favorevole  di  Dante,  che  di  esse  occupasi  ogni 
qualvolta  glie  ne  venga  il  buon  tratto  .  N.£. 

109  110  Già  venuto  ecGìh  finita  essendo  quella  scala  che  salivamo 
mentre  Stazio  così  parlava  (a) ,  giunti  eravamo  alP  ultima  tortura  j  all'ul- 
timo tormento  chd  gastiga  V  anime  su  di  auel  monte ,  air  ultimo  gi- 
rone ;  e  volti  ci  eravamo  già ,  secondo  il  solito  ,  a  prender  via  dalla  de- 
stra parte .  *  f^oUi ,  i  codd.  Vat.  e  il  Chig.  e  Antald. ,  il  quale  di  piii 
ha  venuti  e  intenti  •  N»  E. 

1 1 1  Intenti  ad  altra  cura  :  non  più  a  quella  di  sapere  come  si  può  Jan 
magro  Là  dove  l'uopo  di  nutrir  non  tocca  ,  alla  quale  erasi  fin  ]\  atteso  : 
ma  a  quella  di  trovar  via  di  camminare  senza  essere  offesi  dalle  fiamme, 
che  dalla    ripa  si   lanciavano  sopra  la  strada,  come  in  appresso  dice. 

ria  ii5  ii/|  Quivi  la  ripa  ec.  La  falda  del  monte,  che  fa  spon- 
da alla  strada  ,  balestra  ,  getta  ,  in  fuor  fiamma  :  £  la  cornice  ,  Torlo 
della  strada  dalla  parte  opposta  alla  sppuda  ,  spira  fiato  in  suso,  man- 
da vento  in  su,  Che  la  riflette  ,  che  quella  fiamma  rispinge,  e  W/x  da 
lei  sequestra 'i  e  caccia  via  da  lei  .  Con  queste  fiamme  il  poeta  nostro 
niou  solamente  simboleggia  e  gastiga  ne*  lussuriosi  le  flamine  della  libi- 
dine ,  ma  viene  a  costruire  intorno  al  Paradiso  terrestre ,  imme<liata- 
roente  sovr*  essa  sponda  collocato,  quella  siepe  di  fiamme,  che  vi  am- 
mette S.  Isidoro:  Seplus  est  undique  rhom,phaea  fiamma,  ita  ut  ejus  cura 
coelo  pene  jungatur  incendium  (b) ,  Che  poi  il  vento  vegnente  dalla 
cornice ,  vale  a  dire  dalla  parte  che  sovrasta  al  prossimo  passato  giro- 
ne ,  in  cui  con  fame  e  sete  si  puniscono  i  golosi ,  abbia  forza  di  ri- 
Spiiigere  quelle  fiamme;  ciò  ciovrebb'  essere  detto  a  significare  la 
possniiza  che  ha  il  digiuno  di  reprimere  in  noi  le  fiamme  della  con^ 
cupiscenza . 

ii5  Dal  lato  schiuso  ,  senza  sponda,  d'onde  saliva  il  vento,  che 
le  fìamiiìe   rispingeva  . 

1 16  /ili  uno  ad  uno  :  accenna  la  strettezza  del  sentiero  ,  che  per 
ajuto  del  vento  rimaneva  libero    dalle   fiamme  . 

*  ■  ■  -  '  ■■■  ■■» 

(ex)  Verso    7  e  segg.    (by  Etym.  Ub.  14  cip.  3* 


CANTO     XXV.  369 

Quinci ,  e  quindi  temeva  il  cader  giuso . 

118     Lo  duca  mio  dicea  :  per  questo  loco 

Si  vuol  tenere  agli  occhi  stretto  '1  freno , 
Perocch*  errar  potrebbesi  per  poco  . 

I  a  1     Summce  Deus  clementice  ,  nel  seno 

Del  grand'  ardore  allora  udi'  cantando , 
Che  di  volger  mi  fé'  caler  non  meno . 

1^4     ^  ^i<^i  spirti  per  la  fiamma  andando  ; 

Perch'  io  guardava  a  i  loro  ed  a'  miei  passi , 
Compartendo  la  vista  a  quando  a  quando  • 

127     Appresso  1  fine  eh'  a  quell'  inno  fassi , 
Gridavan  alto  :  virum  non  cognosco  ; 
Indi  ricominciavan  1'  inno  bassi . 

T19  Si  vuol  tenere  agli  occhi  ec.  Letteralmente  ri  sguarda  la  strettez- 
za del  sentiero,  ed  allegoricamente  il  ibmite  che  alla  lussuria  appor- 
ta la  libertà  degli  occhi  :  onde  tra  gì*  infiniti  avvertimenti  abbiam 
quello   deir  Ecclesiastico  :   A^fcrie  Jaciem  tuam  a  mutiere  compia  (a)  • 

lai  111  Summae  Deus  c/ef/iuf/i/iVi&  :  principio  dell'inno  che  cauta 
la  chiesa  nel  mattutino  del  sabbato  ,  tal  quale  si  legge  negli  antichi 
breviarj  :  ne'  moderni  leggesi  Summae  parens  clementiae  .  Sceglie  cotal 
inno  il  Poeta  a  far  cantare  dalle  anime  purganti  il  vizio  della  lussuria, 
perocché  cercasi  in  quello  da  Dio  il  dono  della  purità,  Luxu  remo- 
to pessimo  —  rial  seno  del  grande  ardore ,  in  mezzo  a  quelle  cocentis- 
sime  fiamme  —  udi*  cantando  ,  udii  a  cantare  ;  come  ben  si  dice  ,  se 
ne  staila  cantando  ,  in   vece  di  se  ne  stava  a  cantare  • 

I  lò  Che  di  volger  ec.  Che  mi  fece  premuroso  di  voltarmi  a  guai^ 
dar  colà  ,  non  meno  che  la  strettezza  del  sentiero  tra  '1  fuoco  e  '1  pre- 
cipizio mi  facessero  premuroso  di  tener  V  occhio  al  sentiero  medesimo» 

ia5  ii6  Perch'io  guardava  ec,  Losiruzìonv  ,  Perch  io  guardava^ 
compartendo  a  quando  a  quando  (  io  stesso  che  di  quando  in  quando)  la 
vista  a  i  passi  loro  ,  eda^  miei,  '^  ^el  cod.  A  at.  non  si  ha  questo  verso  y 
ma  si  pone  in  sua  vece  quello  eh' è  il  9.  del  e.  xxix.  cioè  Picciol 
passo  con  picciol  seguilundo  ,  N.  E. 

127  ia8  129  yippresso  iljineec:  in  seguito  all'  ultima  strofe  dell' 
inno —  Gridavan  alto  ,  Firum  ec,  Seguendo  Dante  l'usato  stile  di  faro 
dalle  purganti  anime  gridare  esempj  di  virtù  contraria  al  vizio  che 
in  ciascun  girone  si  purga ,  fa  qui  cotali  esempi  gridarsi  interpolata- 
mente al  predetto  inno;  ed  incomincia  da  quello  che  ne  diede  Maria 
Vergine,  quando  alla  proposta  dell'  Arcangelo  Gabriele  Ecce  concipi- 
cs  ec,  ,  rispose  Quomodojiet  istudj  quoniam  vi  rum  non  cognosco  (^)  ?  Del 
cantar  poi  quegli  spiriti  V  inno  bassi  ,  cioè  con  voce  bassa  ,  con  voce 
sommessa,  e  di  gridare  gli  esempj  alto ,  ad  alta  voce,  dovrebbe  e&- 

Ca)  Gap.  ^.     ^j^)  Lucae  u 
T.a.  A  a 


370  PURGATORIO 

i3o     Finitol ,  anco  gridavano  :  al  bosco 

Sì  tenne  Diana  ,  ed  Elice  caccionne 
Che  di  Venere  avea  sentito  il  tosco  . 

1 33     Indi  al  cantar  tornavano  ;  indi  donne 
Gridavano  e  mariti  che  fur  casti , 
Come  virtù  te  e  matrimonio  imponne  . 

iZfy     £  questo  modo  credo  che  lor  basti 

Per  tutto  1  tempo  che  1  fuoco  gli  abbrucia  ; 
Con  tal  cura  conviene  e  con  tai  pasti 

seme  il  motivo  ,  che  i*  inno*  era  orazione,  che  facevano  a  Dio;  e  gli 
eseinpj  erano  riprensioni  che  a  se  medesimi  facevano  •  '*'  JUneomindo' 
vanOy  il   cod.  Chig.  N.E. 

i3o  i5i  Al  basco  si  terme  Diana  <t  ed  Elìce  caccionne .  Così  oltre  la 
^idob,  anche  altre  antiche  edizioni  {a)  meglio  che  non  leggono  la  edi- 
zione della  Crusca  e  le  seguaci  Al  bosco  corse  Diana  ,  ed  ec. ,  che  se- 
condo la  favola  già  Diana  al>itava  nel  bosco ,  quando  riconosciuta  ^/i- 
Cff  9  o  sia  Callisto  ,  gravida  ,  caccioniiela ,  e  si  tenne  ,  restò ,  al  bosco^ 
■essa  con  1'  altre  vergini  compagne .  Elice  è  il  Greco  nome  di  quella 
costellazione  che  noi  Orsa  maggiore  appelliamo  ;  ed  in  cui  favoleg- 
giasi trasferita  Callisto  .  '*'  Finitolo  anche  gridavano  ,  1*  edizioni  comu- 
ni •  Noi  abbiamo   seguita   la  grave  armonia  del    cod.  \at.  N.  E. 

lirutto  miscu^io  ed  solito ,  torna  qui  a  rimbrottare  il  Venturi 
per  r  unione  di  cotali  sacri  profani  csempj  .  \  edi  però  quello  che 
gli    si  è  risposto  nel  canto  xii.  della  presente  cantica  v.  a8. 

i32  Che  di  Fenere  ec.  Tosco  di  Fenere  chiama  Dante  il  piacer 
disonesto  e  carnale  .  A  olpi  . 

i33  i5/|.  i35  Jndi  al  cantar  tornavano  ,  indi  gridavano  ec.  ricor- 
davano csempj  di  mariti  e  mogli  eh'  erano  castamente  vivati  ,  come 
viriate  ,  cioè  essa  castità  ,  e  il  vincolo  matrimoniale  ne  impone  e  co- 
manda che  fare  dobbiamo  .  Daniello. 

Imponne  per  impone  glielo  fa  dire  la  rima  ,  chiosa  il  Venturi  , 
Delle  due  dizioni  (  risponde  il  Rosa  Morando  )  impon  e  ne  fe- 
ce qui  il  Poeta  imponne ,  come  da  son  e  da  ne  fece  sonne  il  Boccac- 
cio nella  novella  di  Andreuccio;  e  sonne  guai  tu  mi  vedi,  Imponne 
vai  quanto  impone  a  noi^  e  non  per  cagion  della  rima,  ma  regolarmente 
è  detto  .  Si  può  bene  applicare  al  commentator  nostro  ciò  che  del 
troppo  Platonico  Origene  lasciò  scritto  Cassiodoro  ,  ubi  bene  nenia 
melius ,  ubi  male  nemo  pejus . 

i36  07  E  questo  modo  ec,  e  c^uesto  ordine  così  tenuto  da  loro 
cantando  tal  inno  ,  e  gridando  quegli  csempj  di  castità  ,  crede  il  ,1'oe- 
ta  clic  basti  a  quelli  per  tutto  il  tempo  costituito  e  determinato  lo- 
ro ad  essere  da  quella  fiamma  abbruciati  ,  sino  a  tanto  che  sieiio 
purgati  di  cotal  vizio  .   Daniello  . 

i58  Con  tal  cura  ec.  Intendi  :  con  tali  mezzi  di  cantare  cioè  con 
voce  sommessa    1*  inno   summae  Deus   clementiae ,   e   gridare    ad    alta 

(a)  Vedi  tra  It  altre  quella  dì  Venezia  iS^S,  in   fogl. 


e  A  N  T  O    XXV,  571 

Che  la  piaga  dassezzo  si  ricucia  . 

voce  gli  esempi  ^^  castilÀ  virum  non  cognosco  ec.  e  col  pascolo  del 
fiioco  purgante,  avviene  che  si  rimargioi  la  jEiiaga  posta  in  ultimo,  os- 
sia il  P  ultimo  segnato  dall*  Angelo ,  cioè  il  peccato  di  lussuria  .  \%ài 
Cp  IX.  1 1  a.  ^  Né  da  questa  spiegazione  differisce  Jacopo  della  Laua  •  N.  £a 
r^  Dassezzo  ,  vale    posta    punita  in  ultimo  luogo  (a) . 


(fi)  Vedi  il  Vocabol.  della  Cr. 


Fi^tdgl  canto  s^nUsimo'iidr^fi  9 


A  a  3 


3;. 

CANTO    XXVI. 


A  R  G  O  M  E  N  T  O  (*) 

Introduce  Dante  in  questo  xsti  canto  Guido  Guinictlli  y  ed  Arnaldo  Da-» 
niellò  a  parlar  seco  • 

]      IfXentre  che  si  per  V  orlo ,  uno  innanzi  altro  j 
Ce  n'  andavamo  ,  e  spesso  il  buon  maestro 
Diceva  ;  guarda ,  giovi  eh'  io  ti  scaltro  ; 

4     Feriami  1  Sole  in  su  \  omero  destro  , 

Che  già ,  raggiando  ,  tutto  V  occidente 
Mutava  in  bianco  appetto  di  cilestro  • 

I  Uno  innanzi  altro  :  omette  in  grazia  del  metro  V  articolo  avanti 
altro  y  come,  tra  gli  altri  esempj  molti,  disse  Che  mi  solca  quetartut* 
te  mie  voglie  (a) .  Il  perchè  poi  così  camminassero  lo  ha  di  già  avvisa- 
to nel   canto  precedente  i^.  ii 8. 

^  a  IJ  edizioni  non  pongono  V  e  avanti  spesso  :  ma  Vel  pone  il 
cod.  Vaticano .  E  con  buona  lezione ,  unendo  cosi  fra  loro  queste  due 
prime  terzine,  le  quali,  pel  punto  posto  dopo 5cW<ro ,  erano  disuni- 
te. ^ota  di  Salvatore  Betti.  N.  E. 

3  Guarda  ,  intendi  a  ciò  eh'  è  dentro  di  quelle  fiamme  :  "**  anzi 
a* piedi  tuoi f  perchè,  come  gli  ha  detto  nelT  altro  cauto,  errar  potreb- 
besi  per  poco  .  Biagioli  ,  N.K.  — giovi  eh*  io  ti  scaltro ,  giovili  eh'  io  ti 
rendo  avvertito.  Del  verbo  scaltrire  adoprato  a  cotal  senso  anche  da 
altri  vedi '1  \ocab.  della  Crusca. 

4  Feriami  il  Sole  ec.  Dice  che  il  Sole  ferivalo  su  V  omero  a  dino- 
tare eh'  era  in  allora  piii  abbassato ,  e  conseguentemente  di  più  lun- 
ga ombra  reso  il  :*ole  ,  che  non  disselo  in  princìpio  del  canto  pre- 
cedente .  Specifica  poi  il  destro  omero  per  Far  capire  ,  che  V  ombra 
del  suo  corpo  doveva  cadere  sopra  le  naninie.  Imperocché  se  salito 
che  fu  al  sommo  della  scala  che  mette  al  presente  girone  ,  prese  cam- 
mino alla  destra  parte  s\  della  strada  che  delle  fiamme  {h)  ,  ed  il  Sole 
abbassato  ferivalo  nel  destro  lato ,  doveva  necessariamente  V  ombra  dei 
dì  lui    corpo  cadere  sopra  le  vicine  fiamme  . 

5  6  Già  raggiando  ec.  (iià  suoi  raggi  spandendo  mutava  tutto  P  oo 


(')  Argomento  metrico  del  celebre  G.  Gozzi  . 
lo  pianto  ,  e  taoco    1'  mima  s'  af&na  , 
£  ardendo  purga    quegli  error  perrer ti 
Di  cui  Lussuria   fa    studio  ,   e  dottrina  . 
Tra  que'   tapini  spiriti  diversi 

Dante    conosce   Guido  Guinicelli 
Tester  si  dolce  d*  amorosi    versi  , 
E   Arnaldo  Daniello    anch' e^  con  quelli. 
(a)  Purg.  li  loS.    (b)  Cut.  pctc.  v.  no  e  segg. 


CANTO    XXVI*  373 

7     Ed  10  iacea  con  Y  ombra  più  rovente 

Parer  la  fiamma  ;  e  pure  a  tanto  indizio 
Vidi  molt'  ombre ,  andando  ,  poner  mente  . 

IO     Questa  fu  la  cagion  che  diede  inizio 
Loro  a  parlar  di  me  »  e  cominciarsi 
A  dir  :  colui  non  par  corpo  fittizio  . 

i3     Poi  verso  me  9  quanto  potevan  farsi  y 
Certi  si  feron  ^  sempre  con  riguardo 
Di  non  uscir  dove  non  fossero  arsi  • 

16     O  tu  che  vai ,  non  per  esser  più  tardo 
Ma  forse  reverente  9  agli  altri  dopo  , 
Rispondi  a  me  che  'n  sete  ed  in  fuoco  ardo  . 

19     Ne  solo  a  me  la  tua  risposta  è  uopo  ; 

Che  tutti  questi  n'  hanno  maggior  sete  9 
Che  d'  acqua  fredda  Indo  o  Etiopo  . 

aa     Dinne  com'  è  che  fai  di  te  parete 

Al  Sol ,  come  se  tu  non  fossi  ancora 
Di  morte  entrato  dentro  dalla  rete  . 

tidente ,  la  parie  occidentale  del  cielo ,  di  cilestro  aspetto  ,  in  colore, 
bianco  :  mutazione  solita  apparire  agli  occhi  nostri  nella  porzione  di 
cielo  vicina  al  Sole  . 

789  Facea  con  F  ombra  pili  rovente  parer  la  fiamma .  Accenna 
la  proprietà  del  fuoco  di  sembrar  nelF  omora  vie  più  rosso ,  ed  ac- 
ceso .  Forse  rovente  (  dice  il  Venturi  )  viene  dal  Latino  rubens .  lo  il 
direi  senza  forse — e  pure  y  ed  altresì,  ed  ancora  (a)  —  a  tanto  indi- 
tio ,  a  Questo  segnale  tanto  manifesto   di  aver  io   vero  uman  corpo  . 

*  i5  .  Ordina  ;  poi  certi  si  fecero  verso  me  tanto  quanto  ^  poteva^ 
no  farsi  verso  me  ,  con  riguardo  di  non  uscir  dove  ec.  perocché  la  lor 
maggior  vogh'.i  si  è  di  soddisfare  alla  giustizia  etema  .  Riagioli'.N:  E. 

17  Forse  reverente:   così  invece  di  ripeter  il  per  essere  ^  e     dire 
forse  per  essere  riverente  . 

18  Scte^  metaforicamente  per  desiderio  di  sapere  ,  sete  di  risposta , 
come  nel  terzetto  seguente  dichiara  esso  medesimo  che  parla  .  E  di- 
ce bene  il  Venturi ,  che  la  corporal  sete,  intesa  dal  Landino  ,  è  il  toi> 
mento  del  girone  di  sotto  ,   e  non  di  questo . 

1 1   Che   iV  acqua  fredda  ec,  che   non  bramino  T  acqua   fresca  i 
popoli  deir  India ,  e  dell'  Etiopia  ,  regioni  dal  Sole  riarse  . 
11  Parete ,    per  ostacolo  . 
73  it\  Come  se  tu  ec,   come  se  non  ti  avesse  la  morte  ancor  pi- 

(a)  Vedi  Cinon.  Par  tic,  3o6.  a. 


Sy4  PURGATORIO 

nB    si  mi  parlava  un  d'  essi  ;  ed  io  mi  fot* sl 
Già  manifesto  ,  s' io  non  .fossi  atteso 
Ad  altra  novità  eh'  apparse  allora  ; 

à8     Che  per  lo^mezzo  del  cammino  acceso 

Veline  gente  col  viso  incontro  a  questa  ^ 
La  qual  mi  fece  a  rimirar  sospeso  . 

3i     Lì  veggio  d'  ogni  parte  farsi  presta 

Ciascun'  ombra ,  e  baciarsi  una  con  una  f 
Senza  restar ,  contente  a  breve  festa  . 

34     Così  perentro  loro  schiera  bruna 

S' ammusa  V  Una  con  V  altra  formica , 
Forse  a  spiar  lor  via  e  lor  fortuna . 

3^     Tosto  che  parton  V  accoglienza  amica  , 
Prima  che  '1  primo  passo  lì  trascorra , 
Sopragridar  ciascuna  s'  affatica  . 

giìMo  .  Suppone  poeticamente  che  pigli  la  morte  gli  uomini  coitie  si 
prendono  gli  uccelli  e  i  pesci  dai  cacciatori  e  pescatori . 

a5  a6  Mi  fora  ,  mi  sarei  —  manifesto  ,  dee  qui  riputarsi  sincope 
di  manifestato —  s\io  non  fossi  atteso^  enallage  ,  in  rece  di  s*  io  non 
fossi  stato  atteso:  come,  tra  gli  altri  esempj ,  scrisse  Otvlzio  forrent 
in  Vece  di  tuìissem  in  que*  versi  . 

JVoi»  ego  hoc  ferrem  calìdus  inventa  $ 
Cortfulé  Fianco    (a)  . 

28  Del  cammino  acceso  ,   dell*    infiammata  strada. 

ap  Venne  la  Nidobeatina,  verna  Taltre  edizioni,  *  e  il  cod.  Vat.  N.  E. 

*  3i  Ciascun  ombra  a  baciarsi  ,  non  dispregevol  lezione  del 
cod.  C.hì^.  N.  E. 

33  A  brev§  festa  ,  di  un  breve  abbracciamento .  Della  particella 
a  per  di  vedi  Clnonio  {b)  . 

3/|  Bnina  ,  di  color  negreggiantc  ,  com'  è  la  formica  . 

35  S*  ammusa  ec,  scontrasi  muso  a  muso  . 

37  Tosto  che  parton  ec.  Becato  per  interiezione  il  paragone  del- 
le formicbe  prosieguo  a  narrar  ciò  che  quelle  anime  si  facevano  . 

38  Prima  che  ec,  avanti  che  sia  ivi  finito  il  primo  passo,  che 
vale  a  dire  nelt  atto  stesso  di  scostarsi.  *  Primo  passo  li  trascorra  ,  il 
cod.  Val.  Potrebbe  avere  forse  alcuna  relazione  cogli  ultimi  versi  del 
canto  jìrccedente  ?  Con  tal  cura  conviene  e  con  tai  passi  che  la  piaga  das- 
sezzo  si  ricucia  .  Pf.  E. 

39  Sopragridar  ciascuna  ce,  Sopragridar  in  una  parola  le^'goiio  non 
tulamentc  la  Kidobeatina  ed  altre  antiche  edizioni,  ma  anchel*  Aldi- 
na slessa  del  i5o2. ,  quella  edizione  che  presero  a  correggere  gli  Ac- 
cademici della  Crusca  per  formare  la  edizione  loro  dtl  i595.  .Solo  in 

*i  ■■    ■■  '         '  I         ■  ■■ 

(jiì  CaTm:;,)ìh.J.  Ode  i4    (h)  Panie,  I  i5. 


CANTOXXVI.  375 

4o  La  nuova  gente  :  Soddoma  e  Gomorra  ; 
E  r  altra  :  nella  vacca  entra  Pasife  , 
Perchè  '1  torello  a  sua  lussuria  corra  . 

43     Poi ,  come  gru  eh'  alle  montagne  Rife 

Volasser  parte  ,  e  parte  inver  V  arene  , 
Queste  del  giel ,  quelle  del  Sole  schife  ; 

46  L'  una  gente  sen  va  ,  V  altra  sen  viene  , 
E  tornan  lagrimando  a'  primi  canti  9 

^esta  edizione  (legli  Accademici  s' incomincia  a  leggere  spartitameli* 
te ,  anzi  con  interposta  virgola  ,  sopra  ,  gridar  ;  ed  a  norma  di  es- 
sa veggonsi  poi  tulle  le  moderne  edizioni  .  Oltre  però  che  vedesi 
per  se  medesima  colale  spartizione  nociva  al  senso  ,  vien  anche  dagli 
Accademici  slessi  lasciata  senza  il  consueto  corredo  in  margine  della 
variante  lezione  rigettata  ;  lo  che  fa  maggiormente  dubitare  che  non 
sia  cotale  uno  de'  moltissimi  errori  di  stampa  in  essa  edizione  acca- 
duti (a) .  Sopragridare  ,  all'  incontro ,  detto  in  una  parola  ,  e  inteso 
che  vagli  quanto  gridar  di  piti ,  o  superar  gridando  ,  accorda  molto 
bene  col  ciascuna  5*  affatica  .  V.he  se  del  verbo  soppragridarv  non  tro- 
vasi altro  esempio ,  bastano  de'  simili  in  sopravvegghiare  ,  soprawi" 
vere  ec. 

f\o  La  nuova  gente  ,  quella  che  vide  venire  incontro  alla  prima 
cui  stava  osservando  —  Soddoma ,  e  Gomorra  ,  intendi  ,  gr'dava  .  §od«^ 
doma  e  Gomorra  furono  città  della  Palestina  dedite  al  vizio  carnale 
contro  natura ,  e  però  distrutte  da  celeste  fuoco  :  cosi  adunque  gri- 
dando quelle  anime ,  mostrano  di  essere  stale  imbrattate  di  cotale 
lordura;  ed  esser  ivi  a  subire  quella  pena  ,  che  dopo  la  ottenutane 
in  vita   assoluzione  della   colpa  ,  rimase  loro   a  scontare  . 

4i  4^  V  altra  ^  la  prima  da  lui  veduta  gente  —  nella  vacca  cn- 
ina  legge  la  Nidobeatina  ,  <?/?/ró  l' altre  edizioni.  Ma  la  ^^idobeatina  ac- 
corda meglio  col  corra  del  seguente  verso  —  Pasife  ,  favoloso  esem- 
pio di  bestialità  .  Vedi  ciò  che  di  costei  si  è  detto  al  canto  xii.  dell' 
Inferno  y.  la.  Il  j)erchè  poi  quest'  altre  ombre  si  gridassero  Pasìfi 
vedilo   più  innanzi ,  al  v,  82.  e  segg.  *  ' 

43  44  45  Come  gru  ec.  Paragona  quest'  anime  alle  grue  non  per 
altro  se  non  perchè  a  guisa  appunto  di  grue  van  cantando  lor  lai  {b) 
loro  magagne  ,  e  come  di  quest'  aninpe  parte  va  con  una  direziono, 
e  parte  con  direzione  del  tutto  contraria  ,  però  pone  per  ipotesi  ciò 
che  manca  alla  perfetta  somiglianza  ,  cioè  che  le  grue  volassero  pai'ta 
alle  montagne  Hije.,  del  (  \ycT  dal  )  Sole  schife  ,  ri  mole  (  pcrochè  esisten- 
ti nella  Mosrovia  boreale  )  (e)  ,  e  parte  in^*cr  V  arene  del  gielo  schifo  , 
cioè  inverso  V  arenosa  Libia ,  regione  dell'  Afri.ca  di  giclo  esente  :  (fel- 
la qual  dice  anche  nelT  Inf.  Piii  non  si  vanti  Libia  con  sua  rena  ec,  (d), 

47  4S   ^i  primi  canti,  ed  al  gridar ,  che  piti  ec.  Avendo  nel  pre-^ 

(a)  Lo  stampatore  Manzani  f  attesta  il  Volpi  nel  catalogo  delle  edizioni 
della  presente  commedia  )  la  ricolmò  d'  una  prodigiosi  quantità  d'  errori  in 
qaalanqae  genere  .  (h)  Inf.  V.  4^*  (<^)  Vedi  Baudrand.  Lexic.  geogr.  ari. 
hhiphaci  montes  .    (d)  Jnf.  sxiv.  85. 


5;6  PtJRGATOmO 

Ed  al  gridar  che  più  lor  si  conviene  # 

49     E  raccostarsi  a  me ,  come  davanti  , 

Essi  medesmi  che  m' avean  pregato  ^ 
Attenti  ad  ascoltar  ne'  lor  sembianti . 

52     Io ,  che  due  volte  avea  visto  lor  grato  » 
Incominciai  :  o  anime  ,  sicure 
D' aver ,  quando  che  sia  ,  di  pace  statò  , 

55     Non  son  rimase  acerbe  ne  mature 

Le  membra  mie  di  là  ,  ma  son  qui  meco 
Col  sangue  suo  e  con  le  sue  giunture. 

58     Quinci  su  vo  ,  per  non  esser  più  cieco  ; 

Donna  è  di  sopra  che  ii'  acquista  grazia  , 

cedente  canto  detto ,  che  cantavano  queste  anime  V  inno  Summae  Deus 


ipr< 
e  convenienti  alla  vanetÀ  delle  colpe  die  da  ciascun  ceto  si  sta  in 
quei  luogo  purgando  . 

4q  e  raccostarsi  :  la  particella  e  dovrebbe  qu\  aver  senso  di  per- 
ciò  (e)  ,  e  come  se  fosse  detto  per  caf^ione  di  cotali  frirm^oUe  rai^co- 
starsi  fc.  *  E  raccostarxi ,  il  cod.  Vat.  K.  E.  *-  cóme  davanti  ,  come  fe- 
cero  r  altra  volta  v.  i3.  e  segg. 

5i   attenti  ec.   ne' sembianti  ed  atti  loro  mostrando  slare  attent 
per  ascoltarlo  .  Daniello  . 

5q  Dne  volte  leggono  la  ^'idobeatina,  ed  altre  antiche  edizioni  : 
duo  volle  V  amica  sempre  del  duo  edizione  della  Crusca  e  le  moder- 
ne seguaci .  Qui  però ,  oltre  del  latinismo  ,  ci  apporta  ancora  il  catti- 
vo suono  di  quel  uo  vo — grato  ^  sustantivo  per  piacere ,  grado  y  desi' 
derio .  Volpi  . 

5/|  Quando  che  sia  ,  vai  quanto  una  volta ,  ad  ugual  senso  del  La- 
tino  nlinuando .  Vedine  altri    esempj  nel  Vocabolario  della  Crusca . 

55  56  57  Non  son  rimase  ec.  Morendo  gli  uomini  o  in  acerba  o 
in  mntura  età ,  però  invece  di  dire  che  non  era  ancor  morto  ,  dice 
di  non  essere  rimase  di  la ,  cioè  sopra  la  terra  ,  le  membra  sue  né 
acerbe,  no  mature y  ma  di  averle  seco;  e  non  già  apparentemente, 
come  quelle  anime  le  avevano,  ma  realmente  col  sangue  suo,  e  con 
le  sue  giunture . 

58  Quinci  su  ,  qua  su ,  (d) ,  cioè  al  cielo  —  per  non  esser  più  eie- 
ro,af1ìnchè  il  divino  lume  m*  illumini  a  dirigere  meglio  che  non  fe^ 
ci   fin  ora  le  operazioni  mie  . 

59  Donna  è  la  Nidobeatina  ,  meglio  che  non  leggono  le  altre 
edizioni  donn*  è .  Beatrice  intende  per  questa  donna   (e) . 

(a)  Vers.  121  e  seg.  (A)  Vers.  laS  e  segg.  (e)  Vedi  Cinonio  Par» 
tic.  100  31.  (fi)  Vedi  Cinonio  Partic.  217  5.  (e)  Vedi  tra  gli  altii  luoghi 
molti ,  Inf.  li  70. 


e  A  N  T  O    XXVI.  377 

l^erchè  '1  mortai  pel  vostro  mondo  reco. 

61      Ma  ,  se  la  vostra  maggior  voglia  sazia 

Tosto  divegna  sì ,  che  1  ciel  v'alberghi 
Ch'  è  pien  d'  amore  e  più  ampio  si  spazia , 

64     Ditemi ,  acciochè  ancor  carte  ne  verghi, 
Chi  siete  voi ,  e  chi  è  quella  turba 
Che  si  ne  va  diretro  a'  vostri  terghi  ? 

67     Non  altrimenti  stupido  si  turba 

Lo  montanaro  ,  e  rimirando  ammutA  , 
Quando  rozzo  e  selvatico  s'inurba, 

yo  Che  ciascun'  ombra  fece  in  sua  parata  . 
Ma  poiché  furon  di  stupore  scarche , 
Lo  qual  negli  alti  cuor  tosto  s'  attuta  : 

60  Perchè  vale  qui  per  la  quale  grada  (a)  —  il  mortai ,  il  mor- 
tai corpo  — pel  vostro  mondo,  per  le  regioni  vostre  ,  da  noi  pureo/- 
tro  mondo  appellate. 

61  6i  65  Se ,  per  cosi ,  detto  con  affetto  di  desiderio  ,  e  di  pre- 
gare altrui  prosperi  avvenimenti  ;  in  quella  guisa  che  i  poeti  Latini 
adopravano  il  loro  sic.  Volpi.  —  la  vostra  maggior  voglia j  la  voglia 
di  pnssare  al  T  aradiso  .  —  il  ciel ,  cA'  è  pien  df  amore  ,  e  piìi  ampio  si 
spazia  :  il  cielo  empireo ,  eh'  è  sopra  a  tutti  gli  altri  cieli ,  e  però  il 
più  spazioso;  è  ripieno  di  santo  amore,  perocché  è  in  esso  la  sede 
de'  beati  (b). 

64  acciocché  ancor  carte  ne  verghi  :  ellissi ,  e  sarebbe  Tinliero  par- 
lare ,  per  mia  erudizione ,  ed  anche  acciocché  ne  verghi  carte  (  ne  scri- 
va  memoria)  per  erudizione  altrui. 

66  Che  se  ne  va  la  Nidobeatina ,  ed  altre  antiche  edizioni  :  che  sì 
ne  va  ,  V  edizioni  della  Crusca  e  le  moderne  seguaci ,  ""^  e  il  cod.  Vat. 
che  noi   seguiamo  .  N.  E. 

67  68  Si  turba ,  si  confonde  —  ammuta ,  ammutolisce . 

6g  Quando  rozzo  e  selvatico ,  quando  non  essendo  stato  mai  che 
tra  le  selve  :  *  salvatico ,  il  cod.  Vat.  ,  ed  è  secondo  la  maniera  anti- 
ca .  N.  E.  —  s*  inurba  ,  mettesi  ad  abitare  in  città  .  Inurbarsi  per  en- 
trare o    mettersi  in  città,  adoprasi  anche  dal   Pulci  (e). 

70  Che  in  corrispondenza  al  non  altrimenti  (  tre  versi  sopra  )  dee 
valere  di   quello  che  —  in  sua  panda j  in   sua   sembianza. 

72  j4lti  cuor ,  cuori  elevati,  innalzati  cioè  sopra  la  massa  del  bas- 
so ignorante  volgo  —  sbattuta  ,  si  acquieta .  Vedine  del  medesimo  ver- 


bo 
5ca 


allo  stesso  senso  altri  esempj  parecchi  nel  Vocabolario  della  Cru- 
.  ^  Tosto  si  muta  ,  i  codd.  Vat.  e  Chig.  N.E. 


(12)  Vedi  pnre  Cinon  Parile.  19  io     (b)  Vtdi  Dante  medesimo  nel  Con- 
▼ixo  ,  tratt«  2  cap.  4*     (f)  Morg.  zsv  se.  399. 


ijS  PURGATORIO 

73    Beato  te ,  che  delle  nostre  marche , 

Ricominciò  colei  che  pria  ne  chiese , 
Per  viver  meglio ,  esperienza  imbarche  ? 

76    La  gente  ,  che  non  vien  con  noi ,  offese 
Di  ciò  perchè  già  Cesar  trionfando, 
Regina  ,  contra  se  ,  chiamar  s'  intese  ; 

79     Però  si  parton  Soddoma  gridando  j 

Rimproverando  a  se  ,  com'  hai  udito  j 
Ed  ajutan  V  arsura  vergognando  • 

75  Delle  per  dalle  (a)  —  marche y  vale  distretti ,  contrade,  o  si- 
mile (6). 

74  Colei ,  queir  ombra  .  *  Che  prima  ne  *nchiese  i  codd.  Vat.  Chìg. 
«  ^Dtald.  ;  Per  morir  meglio  ,  i  codd.  Chig.   e  Antald.  N.  E. 

75  Imbarche  detto  metaforica  niente  per  riporti ,  e  forse  con  mira 
al  non  si  poter  naturalmente  andare  né  partirsi  da  quel  monte,  cir- 
condato d' ogni  intorno  dal  mare ,  se  non  per  barca .  Imbarche ,  per 
imbarchi  ,  antitesi . 

Metafora  fatta  (  chiosa  il  Venturi  )  per  servire  alla  rima  ,  e  che 
di  sopra  più  violenta  la  desinenza  ,  facendo  terminare  in  e  quella  voce , 
che  iloveva  finire  in  i  . 

La  nietnfora  però ,  gli  si  risponde  ,  ha  i  suoi  ragionevoli  rap* 
porti  :  e  se  l'antitesi,  massime  cotale,  si  ha  a  dir  violenza  ,  non  tro- 
Terem  poeta  che  non  sia  violento  . 

76  Che  non  vien  con  noi ,  invece  di  dire ,  che  ci  vien  col  viso  in- 
contro (e) ,  che  cammina  in  contraria  direzione  .  —  offese  ,  intendi  ,  Dio  . 

77  78  Di  ciò  vale  in  ciò ,  in  quelC  atto  (d)  —  perchè ,  per  cui  (e) 
— •  contra  se ,  in  suo  rimprovero  —  Dicono  che  Giulio  Cesare  nella 
sua  gioventù  fu  mandato  a  Nicomede  Re  di  Bitinia  :  e  fu  opinione 
ch'esso  Nicomede  usasse  di  lui  come  de  la  Regina;  e  per  questo  nel 
suo  trionfo  della  Gallia ,  i  soldati,  la  licenza  de' quali  in  tai  trionfi 
era  grandissima  ,  gli  rimproveravano  questo  ,  chiamandolo  Regina  .  "N'el- 
LUTELLO.  Svetonio  nella  vita  di  Giulio  Cesare  cap.  49,  Octaviui  qui- 
dam ,  scrive ,  valetudine  mentis  liberius  dicax  ,  conventu  maximo  cum 
Pompejum  regem  saìulasset ,  ipsum  (  Caesarcm  )  reginam  salutavit  . .  . 
Gallico  denique  triunipho  milites  ejiis  inter  caetera  carmina  ,  qitalia 
curnim  prosequcntcs  joculariter  canunt ,  etiam  vulgatissimum  Ulta  prò- 
nuntiaverunt  :  Gallias  Caesar  subegit ,  Dfìcomedes  Caesarem  ec.  Pe'l  me- 
desimo significare  dell'uno  e  dell'altro  motteggio  pone  Dante  mot- 
teggiato Cesare  anche  nel  trionfo  col  gergo  medesimo  ,  col  quale  fu  al- 
trove da  Ottavio  motteggiato  . 

79  Si  parton ,  intendi  da  noi  • 

81  Ed  ajutan  ec.  e  con  la  vergogna  ,  che  cagiona  loro  cotal  con- 
fessione pubblica  ,  accrescon  1'  arsura  che  soffrono  dalle  fiamme .  yib- 


(a)  Vedi  Cinon.  Pariic.  Si  12.  (è)  Vedi  M  Vocabolario  della  Crnsca  ,  e'I 
Glossano  del  Da  Fresoe  art.  marca  .  (e)  Vers.  99.  (//)  Vedi  Cinoa.  Partic* 
So  8.    (e)  Vedi  Lo  stesso  Par  tic.  156  10 


CANTOXXVI.  oTf 

8*     Nostro  peccato  fu  ermafrodito  ; 

Ma  perchè  non  servammo  umana  legge , 
Seguendo  come  bestie  V  appetito  , 

85     In  obbrobrio  di  noi  per  noi  si  legge , 
Quando  partiamci ,  il  nome  di  colei 
Che  s' imbestiò  nelF  imbestiate  schegge  . 

88     Or  sai  nostri  atti ,  e  di  che  fummo  rei  ; 

bruciar  ili  vergogna  suol  dirsi  comunemente.  Il  Landino  e  il  Vellutel- 
lo  spiegano  che  si  adoperi  qui  aiutare  ad  ugual  senso  che  di  sminuì' 
rff,  e  spegnere.  Ma,  dice  bene  il  Venturi,  non  si  sa  perchè.  Al  me* 
desimo  Venturi  pare  che  dai  prefati  due  interpreti  non  si  scosti  il 
padre  d' Aquino  ,  traducendo  htcrosum  incutiunt ,  pariuntque  pudorem  • 
Supponendosi  però  ,  come  dee  supporsi ,  che  cotale  accrescimento  d'ar- 
sura giovasse  ad  abbreviare  a  quelle  anime  il  tempo  della  da  loro 
bramata  purgazione ,  non  è  se  non  bene  applicato  al  rossore ,  che  per 
tal  confessione  soffrivano  ,  l'epiteto  di  lucroso  y  anche  intendendo  che 
ajutare  stia  qui  per  accrescere  .  *  Ed  aggiunta  alt  arsura  ,  i  codd.  Vat. 
e  Chig.  N.E. 

83  Fu  Ermafrodito .  Bai  favoloso  ermafrodito ,  al  di  cui  corpé 
unendosi  per  voler  degli  Dei  quello  della  ninfa  Salmace  ,  si  compo- 
se un  solo  corpo  avente  ambeoue  i  sessi  {a)  ,  appellansi  ermafroditi 
tutti  quelli  che  sortiscono  dalla  natura  simili  corpi  ;  e  quindi  trasfe- 
rendo applica  Dante  Y  epiteto  di  ermafrodito  al  peccato  stesso  di  con* 
giunzione  di   maschio   con  femmina . 

Il  Vellutello  assertivamente ,  e  dubbiosamente  il  Volpi ,  chiosa- 
no ,  che  Dante  chiama  ermafrodito  il  peccato  cohtra  natu/n ,  elove  it 
maschio  viene  in  cerio  modo  ad  affeminarsi ,  cioè  a  cangiarsi  infemmi" 
na.  Altri,  al  riferir  del  Venturi,  intendono  la  bestialità ,  per  f*  esem- 
pio ,  che  si  adduce  dì  Pasife .  A  me  sembra  però  che  il  peccato  di 
costoro  consistesse  in  azioni  tali  che ,  osservata  circa  di  esse  umana 
ìegge,  sarebbero  state  lecite,  quali  certamente  esser  non  potevano  né 
la  soddomia  tra'  maschj ,  ne  la  bestialità  ;  consisteva  cioè  in  illeciti 
congiungimenti  tra  i  due  sessi  (b) . 

83  Umana  legge ,  per  umano  contegno. 

84  Come  bestie  ,  siirenatamente ,  senza  far  alcun  uso  della  ragio- 
ne .  *    Come  bestia ,  i  codd.  Vat.   e  Chig.  N.  E. 

85  Per  noi  ,  lo  slesso  che  da  noi  nwdesimi  —  si  legge  «  per  si.  gri" 
da  :  catacresi  in  grazia  della   rima. 

86  Quando  partiamci ,  intendi  da  quegli  altri  che  gridano  Soddo» 
ma  e  Gomorra  —  di  colei ,  di   Pasife . 

87  5'  imbestiò  ,  prese  fìgura  di  bestia  ,  di  vacca  —  nelP  imbestiate 
schegge ,  ne*  pezzi  di  legno  composti  in  forma  di  una  vacca ,  com'  è 
detto  Inf.  XII   l'x. 

88  Edi  che  fummo  rei,  cioè  parte  dell'uso  fatto  d*  oggetti  ille* 
citi  ,  e  parte  del  mal  uso  di  oggetti  leciti . 

(a)  Vedi  Ovidio  nel  it  delle  Metamorfosi  v.  374  e  segg.     (A)  Meiita  di  es- 
ser letta  la    nota    che   scrisse  a  qnesto   proposito  il  Professor    Portirelli,  noa 
meno  che  (|aelU  del  Canonico  Dionisio  Edizione  di  Brescia  per  Bettoni  tom,  1. 
pag,  269. 


Sbo  purgatorio 

Se  forse  a  nome  yuoi  saper  chi  semo  i 
Tempo  non  è  da  dire  ,  e  non  saprei. 

91     Farotti  ben  di  me  volere  scemo  ; 

Son  Guido  Guinicelli ,  e  già  mi  purgo 
Per  ben  dolermi  prima  eh'  allo  stremo  . 

94     Quali  nella  tristizia  di  Licurgo 

Si  fer  due  figli  a  riveder  la  madre  ^ 
Tal  mi  fec'  io  ,  ma  non  a  tanto  insurgo  , 

89  j4  nome  invece  di  per  nome  (a)  —  semo  originale  di  siamo  (b)  - 

90  Tempo  non  e  ec.  perchè  è  tardi  e  già  sera  ;  né  saprei ,  per- 
chè tra  tanti   che  slamo  »    ce   ne  son    molti  ,   che  non  li    conosco  « 

VlHTURI  . 

91  Farotti  ben  ec.  bens\  col  dirti  chi  io  sono  ,  farò  che  si  scemi 
manchi  ,  cessi ,  in  te  il  voler  me  ;  ellissi  j  in  vece  di  voler  saper  me  * 
*  //  vohrx! ,  il  cod.  Antald.  N.  E. 

gì  93  .fc/f  Guido  Guinicelli .  Fu  costui  da  Bologna  ,  buon  rima^ 
tore  per  quei  tempi .  Vedi  il  canto  xi  (della  presente  cantica)  vers.  97 
Venturi  —  e  già  mi  purgo  :  benché  morto  di  fresco  ,  sono  in  Purgato- 
lo ,  e  nò  nel r  antipurgatorio ,  come  sarei  se  avessi  indugiato  a  pen^ 
tirml  sino  alla  morte.  Venturi  — per  ben  dolermi  y  enallage  ,  in  vece 
di  per  essermi  ben  doluto ,  come  nel  vers.  a6  notai  Aei\o  fossi  in  vece 
di  fossi  stato  —  prima  eh*  allo  stremo  ,  altra  ellissi ,  e  come  se  avesse 
detto ,  prima  che  venissi  alt  estremità  di  mia  vita . 

94  95  Velia  tristizia  di  Licurgo  :  mentre  Licurgo  Re  di  Nomea  era 
adirato  per  csse'*gli  stato  ucciso  da  un  serpente  il  proprio  figliuoli- 
no  '  >felte  ,  e  voleva  vendicarsi  colla  morte  d*  Isifile  sua  schiava ,  alla 

3 naie  avendo  dato  in  custodia  il  fi^liuolino ,  lo  aveva  essa  mal  cuslo- 
ito  —  due  fgli  Toante  ed  Eumenio  girando  in  traccia   d' Isifile  loro 
madre ,  trovaronla  e  riconobherla  nell'  atto  che  disponeva  Licurgo  di 
ucciderla ,  e  la  salvarono  —  Duo  in  vece  di  tlue  legge  l'ediz.  della  Cr. 
e  le  seguaci ,  diversamente  dalla    Nidob. ,  ed   altre  antiche   edizioni  • 
^  f^fv  i  fgli  ,  bella  lezione  del  cod.  Antald.    N.  E. 

96  !^a  non  a  tanto  insurgo .  La  comune  degli  espositori  intende  , 
che  dica  così  Dante  in  vece  di  dire  che  non  corresse  egli  però  ,  per 
timor  delie  fiamme,  nd  abbracciar  Guido,  come  corsero  i  due  figli 
ad  abbracciar  la  madre .  A  questo  modo  sarebbe  insurgo  detto  per 
enallage  in  luogo  i*insursi.  Ti  Venturi  vi  aggiunge,  che  possa  colai 
espressione  valer  quanto  fo  dico  per  somiglianza  ,  non  per  paragone , 
pretendendo  solo  di  confrontare  il  mio  affetto  col   loro,  non  me  con 

Jfuesti  eroi  osando  mettere  al  pari.  A  me  passa  anche  per  mente  ,  che 
ondi  Dante  1'  espressione  su  la  frequente  unione ,  che  hanno  tra  di 
loro  le  particelle  tale  e  tanto  ;  e  che  do;)o  <li  aver  detto  tal  mi  fecio  , 
siegua  ma  non  a  tanto  insurgo y  in  luogo  di  dire,  avvertite  però,  che 
dal  tale  io  non  m*  avanzo  al  tanto ,  cioè ,  a  dir  anche  a  tanto  ;  accen- 

(a)  Della  particella  a  in  tieai&cato  di  per  vedi  Cinon.  Partic.    1  a2> 
(b)  Vedi  Mastrofiai  Teoria  e  Prospetto  de'verbi  Italiani  ^  sotto  il  verbo  es- 
sere B.  4. 


CANTOXXVI.  58r 

^7     Quando  i'  udi*  nomar  se  stesso  il  padre 

Mio  j  e  degli  altri  miei  miglior ,  che  mai 
Rime  d'  amore  usar  dolci  e  leggiadre. 

I  oo     £  ,  senza  udire  e  dir ,  pensoso  andai 
Lunga  fiata  rimirando  lui  , 
Ne  per  lo  fuoco  in  là  più  m'  appressai . 

io3     Poiché  di  riguardar  pasciuto  fui , 

Tutto  m'  offersi  pronto  al  suo  servigio  , 
Con  r  affermar  che  fa  credere  altrui . 

106     Ed  egli  a  me  :  tu  lasci  tal  vestigio, 

Per  quel  eh'  i'  odo  ,  in  me  ,  e  tanto  chiaro  9 
Che  Lete  noi  può  torre  ne  far  bigio  • 

109     Ma ,  se  le  tue  parole  or  ver  giuraro  , 

Dimmi  ,  che  è  cagion  perchè  dimostri 
Nel  dire  e  nel  guardar  d' avermi  caro  ? 

112     Ed  io  a  lui  :  li  dolci  detti  vostri , 

Che  ,  quanto  durerà  Y  uso  moderno , 
Faranno  cari  ancora  i  loro  inchiostri . 

fiando  essere  bensì  stato  il  suo  rallegramento  uguale,  ma  non  ugual- 
mente operativo  verso  l'oggetto  amalo  ,  di  abbracciarlo  ;  e  di  liberar- 
lo dalla  pena  in  cui  trovoilo;  come  fecero  i  due  figli  verso  la  ma- 
dre Isiiile .  *   Il  Liagioli  sta  colla  comune.  N.  £. 

97  9^  99  Q^^^^o  ec,  quando  Dante  udì  che  Guido  si  nominò ,  il 
qual ,  perche  fu  precettor  suo  ,  e  di  molti  altri  nel  dir  in  rima ,  lo 
nomina  padre  suo  e  degli  altri  miglior  di  se,  i  quali,  med  ^  per  al- 
cun tempo  ,  usaro  rime  leggiadre  e  dolci  d'amore.  LÀNDI^o.  ^  è  ca- 
pisco come  potesse  il  Aenturi  chiosare  Qm  il  \nti\  senz*  altra  aggéiin- 
la  negazione  nega  benissimo  :  imperocché  ,  ciò  supposto  ,  nou  avrebbe 
Dante  detti   colali  poeti   né   figli  di   Guido  ,  né  mij^liori   di   se . 

1 02  A^é .  Come  la  e  adoprasi  tal  Volta  per  ma  (a) ,  così  parmi , 
che  la  ne  stia  qui  ^er  ma  non  —  per  lo  Juoco  ^  per  cagione  uel  luoco. 

1  o5  Con  r  affermar ,  che  fa  credere  ,  con  1*  afi'erroare  cioè  con 
giuramento:  come  meglio   dichiarasi   quattro   versi  sotto. 

io6  107  108  Tal  vestigio  in  me  ec.  Tal  segno  del  tuo  amore  ver- 
so di  me ,  che  i  1  fmme  lete  ,  inteso  qui  per  obblivione ,  né  lo  potrà 
mai  torre  ,  né  punto  oscurare .  Ventubi  . 

114/  loro  inchiostri ,  i  caratteri  che  tengonli  registrati  • 

(a)  Ciaon.  Partic,  loo  1$. 


384  PURGATORIO 

Con  si  tosi  vei  la  spassada  folor  j 
Et  vie  giau  sen  le  ior  y  che  sper  denan . 
1 45     jéra  vus  preu  pera  chella  valor , 

Che  vus  ghida  al  som  delle  scolina  y 

chiosa  il  Ventarì ,  che  parli  Arnaldo  così  in  lingua  Gimnmtse» 
ra ,  parie  Provenude ,  e  parte  Caialama  ,  accozzando  insieme  ii  perfi- 
do  Franzese  col  pessimo  Spagnuolo . 

Doveva  il  Venturi  per  procacciar  fede  al  suo  detto  stenderci 
egli  in  pretto  Provenzale  dìi  que'tempi  il  medesimo  scntinkento  che  vuol 
Dante  ad  Arnaldo  espresso .  Imperocché  se  la  lingua  I^roveiuale  y  o 
perchè  dalla  Catalana  formata,  e  trasfusa  alla  Francia  (a) ,  o  per  qual- 
sivoglia altra  cagione,  comprendeva  di  sua  natura  termini  comuni 
alla  Spagna  ed  alla  Francia;  come  bene  per  colai  termini  dirassi  ii 
parlar  d'Arnaldo  Giannizzero?  L'Italiano  nostro  idioma  (  chi  no  'I  sa?  ) 
La  dei  termini  molti  comuni  col  Latino  ,  Spagnuolo  ,  Francese  ec. 
Potrà  egli  per  tal  motivo  dirsi,  che  non  Italiano  favelli,  ma  un  lin- 
guaggio Giannizzero  e  misto  ,  chi  colali  termini  adopra  ? 

Il  Chiarissimo  Antonio  Basterò  (  che,  come  autore  della  applau- 
dita opera  della  Crusca  Provenzale  ^  puossi  ragionevolmente  supporre 
della  Provenzale  favella  motto  piii  intendente  del  Venturi  )  nella  pre^ 
fazione  della  detta  sua  opera  {b)  parla  di  questi  versi  di  Dante  ,  ne 
vi  trova  altro  declinante  dal  Provenzale  linguaggio  se  non  je  stùs  ^ 
che  leggono  alcuui  testi  da  luì  veduti  in  vece  di  jeu  sui ,  o ,  com*egli 
legge  ,  eu  sai . 

Sorprende  poi  quelP  epifonema  del  medesimo  Venturi  ,  nud 
Jbrse  Dante  non  si  è  spiegato  piii  chiaro ,  che  in  questa  miscea  di  Un- 
gtiagci .  Io  credo  che  ciò  dica  egli  burlando  :  ma  se  eli  può  burlan- 
do rispondere  che  se  il  buon  nostro  conientatorc  chiosa  a  sproposi- 
ti ,  dove  Dante  si  spiega  più  chiaro ,  che  dee  dal  medesimo  aspettarsi 
dove  Dante  è  più  oscuro  r 

*  Il  sig.  I).  Giovacchlno  Plat. ,  eruditissimo  Tibliolecario  della 
Barberini  qui  in  Roma  ,  ci  ha  favorito  la  sct^uente  lezione  di  questi 
versi  prodotta  dal  confi*oulo  di  molti  codici ,  e  dalle  sue  vaste  co- 
gnizioni sulle  lingue: 

Tao  m'  abelis  vostre  cortes  deman 

Quieu  non  paese  ,  ni  vueill  a  vos  cobrir  . 
Je  soi  Aroaut ,  qoe  plor  ,  e  vai  chaotan 

Con  s\  tost  vei  la  passada  folor  \ 

E  vei  iaaten  lo  iorn  ,  que  esper  ,  denan  . 
Araus  prcc  per  aqaella  valor  , 

Que  vos  guida  al  som  de  la  scalini 

Sovengaas  a  temps  de  ma  dolor  . 
Speriamo ,  che  i  Filogrammatici  terranno  a  conto  le  respeltive 
varianti  ec.  La  versione  poi  eh'  egli  crede  doversi  dare  a  questo  pas- 
so non  diiferisce  in  sostanza  da  quella  del  Volpi,  che  nel  solo  quar- 
to verso ,  in  cui  invece  di  in  questo  rosso  guaito  la  passata  follia  do- 
vrebbe interpretarsi  come  sì  tosto  veggio  la  passata  follia ,  che  per  ve- 

(a)  Vedi  V  ernditissima  opera  dell'  abate  D.  Giovanni  Andres  fieli'  ori^in^ 
e  progressi  d*  ogni  letteratura  ,  tom.  1  cap.  11.    (b)  Num,  25. 


CANTO    XXVI.  5S5 

Sovegna  vus  a  temps  de  ma  dolor . 
Poi  s'  ascose  nel  fuoco  che  gli  affina . 

rità  ci  piace  pel  contesto  del  piango  e  canto  del  v*  antecedente*  Se 
qualcuno  volesse  leggere  io  versi  italiani  la  risposta  di  Arnaldo  sen- 
za cangiarvi  le  rime ,  n'  esibiamo  qui  un  abbozzo  uscitoci  di  penna 
nel  porre  in  carta  questa  nota . 

Piacenti  si  vostro  gentil  dimando 
Ch*  io  non  posso  né  vuommi  a  voi  coprire: 
Arnaldo  son  ^   che  piango  ^  e  vò  cantando 
Cam  tosto  veggio  7  mio  passato  errore  , 
O  'l  di  ,  che  verrà  lieto ,  e  sto  sperando  » 
Or  vi  prego  ,  per  quelV  alto  valore 
Ch*  alla  cima  del  monte  v^  incammina  , 
Che  a  tempo  v*  ammentiate  7  mio  dolore  •  N.B. 
i48  Gli  affina^  per  gli  purga ^  detto  dai  metalli,  che  col  purgai^ 
si  affinano  . 

*  Lo  iiffina  ,  il  cod.  Gaet.  N,  E, 


Fine  del  tanto  ventesimosesio  • 


T.a.  B  k 


3S6 

CANTO    XXVIL 


ARGOMENTO     (♦) 

Haeconta  DanU  una  tua  visione  :  e  come  di  poi  risvegliato  salì  àlP  nU 
$imo  scaglione  :  sopra  il  quale  come  i  poeti  si  trovarono  ,  Virgilig 
lo  mise  in  libertà  di  far  per  innanzi  quanto  a  Ini  pareva  ,  unut 
$ua  ammonizione  • 

I     i3l  come  quando  i  primi  raggi  vibra 

Là  dove  1  suo  fattore  il  sangue  sparse  » 
Cadendo  Ibero  sotto  V  alta  Libra , 

4     ET  onde  in  Gange  da  nona  riarse  ; 

Sì  stava  il  Sole  :  onde  '1  giorno  sen  giva  , 
Quando  Fangel  di  Dio  lieto  ci  apparse  . 

I  al  6  iTi  come  ec.  Costruzione .  Stavasi  il  Sole  sì ,  in  quella  me- 
desima posizione  ,  come  quando  sfibra  i  primi  raggi  là  dove  il  suo  fai' 
tare  (  il  suo  creatore  )  sparse  il  sangue  ,  cioè  in  Gerusalemme  ,  dove 
Cristo  Redentore  sparse  per  noi  il  preziosissimo  sangue ,  cadendo  Ibe- 
ro sotto  r  alta  Libra y  nel  qual  tempo  va  cadendo^  scorrendo  Ibero , 
principal  fiume  della  Spagna  ,  sotto  V  ivi  fino  al  meridiano  inalzato 
segno  della  Libra,  e  V  onde  in  Gange ^  fmme  dell'  Indie,  cadendo 
(intendi  )  ,  esse  pure  riarse  ^  riscaldate,  da  nona,  dal  mezzoili  ,  dal 
meridiano  .Sole  :  onde  il  giorno  sen  giva  ,  il  perchè  nel  luogo  ov'eravam 
noi ,  nel  Purgatorio,  finiva  il  giorno  ;  quando  ,  qunnd*  ecco  ,  VAngeì  ec. 

E  ^n  r  onde  in  Gange  leggono  tutte  V  edizioni  ,  ove  la  Nicìohea- 
tina  e  V  onde  in  Gange»  Se  però  il  verbo  cadendo  del  precedente  ver- 
so regge  anche  il  presente ,  come  reggelo  certamente  ,  che  vi  ha  egli 
a  faro  quel   primo  in  ? 

Anche  aa  nona  riarse  legge  la  medesima  Kidobealina  ,  con  qualch' 
altra  antica  edizione  {a) ,  ed  alcuni  testi  mss.  veduti  dagli  Accncieniici 
della  Crusca ,  più  significantemente  che  di  nuoi^o  riarse ,  che  leggono 
altre  antiche  cuizioni ,  e  tutte  le  moderne;  imperocché  da  nona,  vai 
quanto  dal  mezzodì ,  ilal  meridiano  del  Sole  (^)  .  *  1  codd.  V  at.  e  Chig. 
hanno  di  nuovo  .  N.  E. 

(*)  Argomento  metrico  del  cel.  G.  Gotti  . 
Entra  nel  faoco  per  veder  Beatrice 
Dante  ,  e  lo  passa  con  dolce  pensiero  , 
Che  lo  rinfranca  par  4*  esser  felice  • 
Indi  col  sonno  piii  si  fa  leggiero  : 

Ma  desto  al&n  Virgilio  gli  rammenta 
Ch'  ei  non  gli  è  guida  nel  novo  sentiero  , 
In  cai  pad  gir  da  se  qaando  il  consenta  . 
(a)  Vedi  a   cagion    d'esempio    la   Veneta  del  1578.     (^)  Vedi   il    Vocab. 
della  Crusca  alla  voce  nona  ,  e  le  pardle  del  Buti  ,  che  ivi  si  riferiscono  . 


e  A  N  T  O    XXVII,  587 

7     Fuor  della  fiamma  stava  in  su  la  riva  , 
E  cantava  ;  Beati  mando  corde  , 
In  voce  assai  più  che  la  nostra  viva . 

I  o    Poscia  :  più  non  si  va ,  se  pria  non  morde  , 
Anime  sante  ,  il  fuoco  ;  entrate  in  ^sso  » 
Ed  al  cantar  di  là  non  siate  sorde  • 

|3     Sì  disse  come  noi  gli  fummo  presso  ; 

Perch'  io  divenni  tal ,  quando  lo  'ntesi  y 
Quale  è  colui  che  nella  fossa  è  messo  • 

GrantT  imbroglio  (  esclami^  qui  il  Venturi  )  di  parole  ,  e  di  cose , 
fion  volendosi  pur  dir  altro ,  se  non  che  tramontava  il  Sole  •  Ma  o  l' im- 
broglio nasce  dalie  poche  parole  che  la  Niilobeatinil  corregge,  o  egli 
non  si  ricorda  ,  che  nel  principio  dei  canto  il  di  questa  slessa  can- 
tica ,  descrivendoci  Dante  ad  una  ugualissiina  maniera  il  nascere  del 
£>oie,  ed  essendone  perciò  ripreso  da  alcuni  di  oscurezza  ,  v'  entra  esso 
per  difensore ,  e  dice  ,  che  se  quel  passo  non  è  chiarissimo ,  non  è 
però  necessario  essere  un  J icone  per  intenderlo .  Vedi,  lettore,  quei  Ino-» 
go  ;  e  vedi  che  inteso  ivi  essere  il  monte  dei  Purgatorio  antipodo  a 
Gerusalemme,  e  il  comune  orizzonte  di  que' due  luoghi  essere  il  me- 
ridiano del  Gange,  o  sia  dell*  India,  tosto  anche  qui  rendesi  chiaro, 
che  mentre  il  òole  vibra  i  primi  raggi  a  Gerusalemme ,  vibra  gli  ul- 
timi al  Purgatorio ,  e  i  medii  ,  cioè  quelli  dei  mezzodì  ,  al  Gange  : 
e  che  non  si  aggiunge  qui  altra  supposizione  se  non  ,  clie  V  orizzonte 
stesso  di  Gerusalemme  sia  dalla  banda  occidentale  il  meridiano  della 
Spagna  :  ciò  che  Dante  accenna  anche  nel  canto  xx.  dell'  Infcr.  v,  124* 
e  segg.  ,  e  ciò  che  nel  suddetto  principio  del  canto  il.  di  questa  can- 
tica appunto  mancava  per  discoprirsi  Dante  di  sentimento  '  che  fosse 
Gerusalemme  situata  in  mezzo  delia  terra;  il  cui  ultimo  orientale  con- 
fine era  creduto  T  India  ,  e  T  occidentale  la  Spagna .  \  edi  quella  no- 
ta ,    e  troverai  la  geografia  di   Dante  conforme  all'  antica  geografia  • 

j  In  su  la  riva ,  su  la  estremità  della  strada  che  pgiiardava  fuor 
del  luonte  ,  perocché  tutto  il  rimanente  largo  delia  strada  era  occu- 
pato dalle   fiamme.  Vedi  il    canto  xxv.  v,  112.   e  segg. 

IO  II  12  Piìi  non  si  va  ec.  Costruzione.  Anime  sante  ^  non  si  va 
pili ,  più  oltre ,  se  pria  il  fuoco  non  morde ,  se  pria  il  fuoco  non  vi 
tormenta  e  pui  ga  :  entrate  adunque  in  esso ,  e  non  siate  sorde ,  e  date 
orecchio  ,  al  cantar  di  là ,  ad  una  voce  ,  che  di  là  udirete  cantare 
venite  benedicti  Patris  mei.  Vedi  in  appresso  v.  55.  e  se^^. 

'*'  i5  14  Poiché  noi  ....  quand*  io  lo  intesi .  .  .  quale  colui  y  il 
cod.  Chig.  iS.E. 

i5  {Juale  e  colui  ec*  smorto  come  un  cadavere,  che  si  sepcilisce, 
chiosano  tutti  gli  espositori  ;  mal  applicando  il  pronome  di  persona 
ad  un  cadavere  .  Più  volentieri  però  mi  sottoscrivo  al  suggerimento 
del  dottissimo  altrove  già  da  me  lodato  Signor  Ennio  \  isconti ,  che 
per  colui  intenda  il  Poeta  non  un  cadavere  ,  ma  un  uomo  vivo  con- 
dannato ad  essere  propagginato:  ad  essere  cioè  impiantato  a  capo  in 
giù  in  una  buca  scavata  nel  terreno,  ed  indi  con  gettar  terra  uella  buca 

b  b  2 


3S8  PUVGATORIO 

i6    In  su  le  man  commesse  mi  protesi, 

Guardando  1  fuoco ,  e  immaginando  forte 
Umani  corpi  già  veduti  accesi . 

j  9  Volsersi  verso  me  le  buone  scolte  , 
E  Virgilio  mi  disse  :  figliuol  mio  , 
Qui  puote  esser  tormento ,  ma  non  morte  • 

2 a     Ricordati ,  ricordati  ;  e ,  se  io 

Sovr'  esso  Gerion  ti  guidai  salvo  y 
Che  farò  or  che  son  più  presso  a  Dio  ? 

ftS     Credi  per  certo ,  che  se  dentro  all'  alvo 
Di  questa  fiamma  stessi  ben  milF  anni , 
Non  ti  potrebbe  far  d'  un  capei  calvo  • 

soffocato  :  supplìzio  del  quale,  come  di  cosa  a' tempi  suoi  praticata» 
se  ne  yale  Dante  per  formarne  anche  un  altro  paragone  •  Ini.  xix  49 
e  segg. 

16  In  su  le  man  ec.  Dice  di  aver  egli  fatto  ciò  che  di  ordinario  fii 
ogni  uomo  in  atto  di  aorprendimento ,  e  perplessità  intomo  a  ciò 
cne  8Ì  elegga  ,  di  commettere  cioè  le  mani ,  inserendo  le  dita  ddl' 
una  in  quelle  dell'  altra  e ,  volte  sforzosamente  le  palme  ali*  ingiù  , 
stirarsi  nelle  braccia  e  nel  corpo  :  e  siccome  a  stiramento  cotale 
servano  quasi  d'  appoggio  le  commesse  mani,  perciò  dice  bene  In 
su  le  man  commesse  mi  protesi .  '^  In  su  le  mani  commesse  mi  presi^ 
i    codd.  Vat.    e  Chig.  N.  £. 

18  Unuiìd  corpi  già  ec.  Accenna  di  essersi  trovato  presente  a 
qualche  eseguimento  di  giustizia  di  rei  condannati  al  fuoco  . 

19  Ia!  buone  scorte  y   \irgilio   e  Stazio, 

'l'I  Bicordati ,  ricordati  :  conduplicazione,  esprimente  la  prc^mura 
in  ^  irgilio  che  si  risolvesse  Dante  a  quel  passaggio  •  *  Aicorditi  ,  il 
cod.  rhig.  N.   E. 

l'S  Sovresso  ,  vai  quanto  il  semplice  sovra  ,  o  sopra  {a)  —  Gerio^ 
ne  ,  moiktro  infernale  che  pigliatisi  su  '1  suo  dorso  Virgilio  e  Dante 
deposeli  dal   settimo  nelT  ottavo  cerchio  dell'  Inferno  (b) . 

'2f\  Pili  presso  a  Dio ,  più  vicino  al  cielo ,  ove  risiede  lo  stesso 
Dio  che  mi  ti  manda  in  ajuto,  e  scorta.  *  Che  farò  ora  presso  pia  a 
Dio ,  il  cod.  Vat.  N.  E. 

q5  '26  u4  ir  alvo  di  questa  fiamma^  all'  interno,  al  mezzo  di  questa 

fiamma  ;   traslato  uguale  a   quello    della  scrittura  sacra  in   S.  Matteo  : 

erit  fìlius  hominis  in  corde  terrae  (r)  ,  ed  a  quell'  altro  dell'  Ecclesiastico 

de  altitudine  ventris  Inferi  [d)  .  Medesimamente  dirà  Dante  nel  Par.xii.28« 

Del   cuor   dell'  una    delle  luci   nuove 

Si  mosse  voce  • 

27  Far  d*  un  capei  calvo  ,  abbracciarti  un   capello  , 

(a.)  Vedi  il    Vocab.  della  Crusca  ,     {b)  Vedi   lof.  xvii.  91  e   seg. 
(fi)  Gap.     12  ^o,     i'i)  Gap.  i5  7. 


e  A  N  T  O    XXYII*  389 

&8    E ,  se  tu  credi  forse  eh'  io  t' inganni , 
Fatti  ver  lei ,  e  fatti  far  credenza 
Con  le  tue  mani  al  lembo  de'  tuoi  panni . 

3i  Pon  giù  ornai  y  pon  giù  ogni  temenza  ; 
Volgiti  'n  qua  ,  e  vieni  oltre  sicuro . 
Ed  io  pur  fermo  ,  e  contro  a  coscienza  « 

34     Quando  mi  vide  star  pur  fermo  e  duro , 

Turbato  un  poco ,  disse  :  or  vedi ,  figlio  ^ 
Tra  Beatrice  e  te  è  questo  muro  . 

37     Come  al  nome  di  Tisbe  aperse  '1  ciglio 
Piramo  in  su  la  morte ,  e  riguardoUa , 
AUor  che  1  gelso  diventò  vermiglio  ; 

a8  E  se  tu  forse  credi  la  ^'idobeat{na  ,  e  se  tu  credi  forse  V  altre 
tdizioni  .  *  Compresa  quella  del  Signor  Fortirelli  e  i  codd.  Vat.  € 
Chig.  N.  E. 


29  5o  Fatti  far  credenza  ,  fatlene  dar  pruova  ^-^  al  {  per  col  )  («) 
iembo  de^  tuoi  panni',  approssimando  cioè  con  le  tue  mani  alle  fiamme 
il  lembo  de'  panni  tuoi  •  Tuoi  panni  amo  di  leggere  con  alcune  anti- 
che   edizioni  {b)  piuttosto  che  tuo^ panni  con  altre. 

"*  32  Volgiti  in  qua  e  vieni ,  entra  sicuro ,  il  Cod.  Antald.  ;  ed  è  bel* 
la  leziose.  N.£. 

35  Ed  io  pur  fermo  (  ellissi ,  intendi  stava  )  e  contro  a  coscienza  : 
ed  io  proseguiva  a  starmene  tuttavia  fermo  ,  e  ripugnante  a  quello 
stimolo  ,  che  la  mia  coscienza ,  il  mio  intemo  ,  mi  faceva  di  obbe- 
dire a  Virgilio . 

56  Tra  Beatrice  e  te  .  Beatrice ,  la  morta  giovane  amata  dal  Poe- 
ta ,  ed  in  cui  figura  egli  la  celeste  sapienza  (e)  —  è  questo  muro  ^  vi 
è  il  solo  ostacolo  della  presente  fiamma  (  muro  per  ostacolo  adopera 
anche  il  Petrarca  nel  sonetto  i3.  Tra  la  spiga  e  la  man  qual  muro  è 
messo  ?  } .  Passata  di  fatto  quella  fiamma  non  rimane  più  veruno  im- 
pedimento per  salire  al  Paradiso  terrestre  ,  dove  Beatrice  apparirà  (rQ. 
Che  poi  se  non  purgati  tutti  i  peccati  y  non  si  faccia  Beatrice ,  la 
celeste  sapienza  ,  vedere ,  ciò  è  conforme  a  quello  che  della  sapienza 
medesima  sta  scrìtto  ,  che  non  habitahit  in  corpore  subdilo  peccatis  (e). 

37  38  39  Come  al  nome  di  Tisbe  ec.  Accenna  il  favoloso  tragico 
avvenimento  dei  due  Babilonesi  giovani  amanti  Piramo  e  Tisbe ,  rac- 
contatoci da  Ovidio  (f)  ;  e  f u  ,  che  datosi  questi  due  amanti  V  appun- 
tamento di  ritrovarsi  soli  fuor  di  città ,  ad  un  ceri'  arbore  di  gelso 
vi  pervenne  Tisbe  la  prima  .  Ma  vedendo  venire  verso  di  se  una 
lionessa ,  fuggì  ella  con  tanta  fretta  ,  che  lasciò  a  pie  del  gelso  il 
proprio  velo  •  Questo   la  fiera  trovando ,  e  stracciando ,  e  del  fresco 

(a)  Cinon.   i  7  e  a  3.    (b)  Vedi  ,  tra  le  altre  ,  le  Venete   i563  e  1678 
(e)  Vedi    U   nota  al   canto   il  dell' Inf.  v,rjm,      (d)  Cant.  %%x  3i  e  segg.  della 
presente  cantica,     ^e)  Sap.  1   4.      (/*;  Mtìanu    iv.    55  e  segg. 


Sgo  PURGATORIO 

4o     Cosi  y  la  mia  durezza  fatta  solla  , 

Mi  volsi  al  savio  duca  j  udendo  il  noiné 
Che  nella  mente  sempre  mi  rampolla . 

43    Ond'  ei  cigliò  la  fronte  ^  e  disse  :  come  f 
Votemi:;!  star  di  qua  ?  Indi  sotrise  9 
Come  al  fanciul  si  fa  eh'  è  vinto  al  pome  è 

46    iPoi  dentro  al  fuoco  innanzi  mi  si  mise  9 
Pregando  Stazio  che  venisse  retro , 
Che  pria  per  lunga  strada  ci  divise  . 

sangue  ,  end'  era  intrìsa  di  straziati  animali  imbrattando  ,  se  ne  andò« 
Giunse  intanto  Piramo  al  pattuito  luogo  ,  ed  osservate  avendo  prima 
nel  polveroso  suolo  le  recenti  pedate  della  partita  fiera  ,  indi  vcaendo 
que*  pezzi  insanguinati  del  velo  ,  che  ben  conobbe  della  sua  amata , 
credendola  dalla  fiera  divorata  ,  disperatamente  col  proprio  pugnale 
si  trafisse  il  petto  i  Mentre  giaceva  moribondo  per  ter^a  ,  e  già  la 
morte  gli  chiudeva  gli  occhi  ,  sopravvenne  Tisbe  ,  e  tra  te  alte  acerbe 
strida  se  stessa  nominando ,  riapri  Piramo  i  moribondi  occhi  a  riguar- 
darla ;  ma  di  nuovo  e  per  ultimo  colla  morte  chiudendoli ,  la  dispe- 
rata Tisbe  col  pugnale  medesimo  del  suo  amante  si  uccise  :  ed  il  san- 
gue ivi  sparso  de'  due  amanti  f^  sì ,  che  il  gelso  j  il  quale  per  lo 
innanzi  prò  duceva  i  suoi  frutti  bianchi  ,  pròducesseli  di  poi  vermigli 
—  Gelso  al  medesimo  significato  di  gelsa ,0  mora^  pon    qui   Dante, 

/|0  SoUa  ,  per  arrendevole  ^  piegtievole .  Vedi  la  nota  al  canto  xvi 
dall'  Tnf.  i».  a8. 

f\'ì  Mi  rampolla ,  mi  sorge  :  dal  rampollar  che  si  dicono  le  sor- 
genti acque  .  Vedi  il  Vocabolario  della  Crusca. 

43  Onft  ei  crollò  la  fronte;  in  atto,  io  intendo,  di  beffare,  è  qua- 
si dicesse,  ah  ah  ,  ho  pur  trovata  V  esca  per  tirarti  .  On(V  e* crollò  la 
testa  leggono  l'edizioni  diverse  dalla  Niiloneatina  ,  *  compresa  quella 
del  Sig.  Portirelli  .  Tesia  e  non  Fronte  leggono  parimente  1  Cod.  Vat.  e 
Caet,  N.E.  —  come  ,  j)cr  il  quid  de'  T.atini .   Vecli  Cinonio  (a)  . 

44  Volcmci  star  di  qua?  Invito  ironico,  a  dimostrarsi  inteso  del- 
la brama  entrata  in  Dante  di  essere  a  qualunque  costo  colla  sua  Bea- 
trice. 

45  Come  al  fanciul  ec,  concìosìa  che  per  gola  che  ha  di  gustar  un 
pomo  ,  che  mostrato  gli  sia  ,  si  lascia  agevolmente  condescendere  a 
far  quel  che  1'  uom  vuole  .  Daniello  .  Pome  e  pomo  detto  degli  an- 
tichi indifferentemente  tanto  in  rima  quanto  in  prosa  vedilo  nel  Vo- 
cabolario della  Crusca.  *  I  Cod.  Caet.  A  al.  e  Chig. ,  ed  altre  antiche 
edizioni,  leggono  fantin  in  vece  lìì  Jaitciul ,  N;  K. 

47  48  C^i^  venisse  rtro  ec.  che  venisse  dono  di  me,  talmente 
che  non  dividesse  me  da  Virgilio,  come  aveva  (atto  prima  per  lun- 
go cammino  ;  e  perciò  dissero  a  Dante  le  anime  nel  precedente  can-* 
to  ,  f .  1 6 ,  e  se^g. 

O  tu   che    vai  ,   non  per  esser  più   tardo  , 
Ma  forse   riverente  ,  agli  altri    dopo  • 
'  — "        '  ~  '        >-  '—.II» 

(fl)  Parti  e,  56  18. 


CANTO    XXVI!.  Sgi 

ijg    Com'  i'  fui  dentro  ,  in  un  bogliente  vetrO 
Gittato  mi  sarei  per  rinfrescarmi  ; 
Tant'  era  ivi  lo  'ncendio  senza  metro . 

52  Lo  dolce  padre  mio  ,  per  confortarmi , 
Pur  di  Beatrice  ragionando  andava  , 
Dicendo  :  gli  occhi  suoi  già  veder  parmi  • 

55     Guidavaci  una  voce  9  che  cantava 
Di  là  ;  e  noi ,  attenti  pure  a  lei , 
Venimmo  fuor  là  ove  si  montava  • 

58     Venite  ,  benedicti  patris  mei  ^ 

Sonò  dentro  a  un  lume  9  che  lì  era 
Tal ,  che  mi  vinse ,  e  guardar  noi  potei  • 

61     Lo  Sol  sen  va ,  soggiunse  ,  e  vien  la  sera  ; 
Non  v'  arrestate  ,  ma  studiate  il  passo 
Mentre  che  V  occidente  non  s'  annera  . 

64     Dritta  salìa  la  via  perentro  1  sasso 

Verso  tal  parte  ^  eh'  io  toglieva  1  raggi 
Dinanzi  a  me  del  Sol  eh'  era  già  lasso  • 

E  dee  ciò  volere  Virgilio,  acciocché  Dresentandosi  a  Beatrice  ,  dal- 
la quale  gli  era  stato  Dante  raccomandato  [a) ,  vedesselo  vicino  non 
ad  altri  che  a  se  medesimo  .  Di  questo  nuovo  ordine  voluto  da  Vir- 
gilio tra  essi  nel  camminare,  ^1  interpreti  o  non  ne  fanno  parola 
o  non  ci  dicono  che  sottili  mistichitadi .  Vedi  per  cagion  d'  esempio 
il  Landino  e  il   Vellutello  . 

49  5o  5i  Com*  io  fui  dentro  la  Nidobeatina  ,  come  fui  dentro  V 
Mitre  edizioni  —  In  un  bogìiente  ec.  Tanto  era  senza  metro ,  smisurato 
1'  ardore  di  quel  fuoco  ,  che  il  bogliente  vetro  in  paragon  di  quel- 
lo ,  sarcbbemi   parso  un  fresco   liquore. 

57  Fuor  fuori  delle  fiamme  —  là  ove  si  montava ,  là  dove  era  la 
scala  per  montar  sopra . 

5q  60  iSo/iò  ,  vociferossi — .cA^  à  era  y  tal^  eh*  era  ivi  tanto  ri- 
splendente —  cìie  mi  vinse  ,  che  mi  sforzò  a  voltar  via  gli  occhi 

61  Soggiunse  ,  la  voce  medesima  ,  intendi ,  che  si  èra  fatta  senti- 
re dentro  quel  lume  . 

63  Mentre  che  Voccidente  ec.  mentre  che  nell'  occidente  appar  vesti- 
gio di  Sole  ,  mentre  che  non  è  affatto  notte .  Fa  loro  così  risovve- 
nire la  legge  che  v'era  in  Purgatorio  ,  che  non  potessero  di  nottetem- 
po muovere  1*  anime  all'  insù  nemmeno  un  passo   (^ì . 

65  ^  yerso  tal  parte  eh*  io  ec.  Essendo  il  Sole  nell'atto  di  coricar- 

(a)  lof.  li.  53  e   segg.     (b)  Vadi  Parg.  vii   49  <  <^SS* 


S^a  FURGATORfO 

67    £  di  pochi  scaglion  levammo  i  saggf , 

Che  1  Sol  corcar,  per  V  ombra  che  si  spense^ 
Sentimmo  dietro  ed  io  e  gli  miei  saggi . 

70     E ,  pria  che  'n  tutte  le  sue  parti  immense 
Fosse  orizzonte  fatto  d'  un  aspetto  9 
E  notte  avesse  tutte  sue  dispense  , 

73  Ciascun  di  noi  d'  un  grado  fece  letto  ; 
Che  la  natura  del  monte  ci  aflfranse 
La  possa  del  salir  ,  più  che  1  diletto . 

76     Quali  si  fanno  ruminando  manse 

Le  capre  y  state  rapide  e  proterve 

ti ,  se  mentre  saliva  Dante  la  dritta  scala  mandaya  V  ombra  aaa  di- 
nanzi a  se  stesso ,  dunque  dìrigevasi  quella  scala  verso  oriente  — 
iiel  Soly  eh*  era  già  laiso .  Lasso  appella  il  Sole  che  si  corica  ,  suppo- 
nendo poeticamente  che  si  corichi  per  istanchezza  del  diurno  fatto 
correre  .  Alcune  edizioni  però  in  luogo  di  lasso  leggono  basso  :  *  e 
così  1  codd.  Vat.  e  Chig.  N.  £• 

0,7  Lessammo  i  saggi  ,  vale  quanto  pigliammo  assaggio  yf ecimo  V  asr 
saggio i  la  prova» 

68  i^^r  r o/ii^Ai ,  cagionata  dal  corpo  di  Dante. 

09  Sentimmo  per  conoscemmo ,  intendemmo  ,  ci  accorgemmo .  Del 
sentire  a  questo  senso  vedine  esempj  parecchi  nel  A'ocabolario  della 
Crusca  sotto   esso  verbo  5.  5.  —  g/i  miei  saggi,  \irgilio,  e   Stazio. 

70  71  ^  pria  ec.  E  prima  che  V  immenso  giro  dell*  orizzonte  fos- 
se intieramente  annerito  ,  anche  cioè  in  quella  parte  dove  il  Sole  di 
fresco  tramontato  cagiona  qualche  chiarore  *  Prima  che  tutte  ec.  » 
il  cod.  Antald .  N.  E. 

72  E  notte  avesse  tutte  sue  dispense  ,  dee  valer  quanto  e  fosse  la 
notte  da  per  tutto  dispensata ,  cioè   distribuiti . 

^3  Di  un  grado  fece  letto ,  ponendosi  a  giacere  sopra  uno  di  quei 
scaglioni  .  Venturi  .' 

74  75  Che  la  natura  ec.  Perocché  la  ripidezza  ,  o  altra  naturai 
proprietà  di  questo  sacro  monte  ,  che  impeaiva  il  salir  di  notte ,  ci 
affranse  e  ci  tolse  ,  non  già  il  diletto ,  ma  la  lena  e  possibilità  di  sa- 
lire .  Il  Vellutello  sfiora  la  grazia  di  questo  senso  con  fare  il  diletto 
nominativo ,  considerando  ,  che  ancora  il  diletto  può  rendere  le  per- 
sone spossate;  ma  considerandolo  poco  a  proposito  .  Venturi.  Ma  se 
a  torto  il  Vellutello  pensa  cos\  ,  non  mi  pare  che  a  dritto  dire  si 
possa ,  che  togliesse  la  natura  del  monte  la  possa  del  salir ,  pili  che 
li  diletto,  quando  del  diletto  nulla  restasse  tolto.  Direi  io  adunq[ue 
che  togliesse  anche  del  diletto  medesimo  ,  quello  cioè  che  nel  salire 
provavano  :  ma  ,  perocché  la  possa  del  salir  restava  affatto  nulla  ,  e 
restava  loro  gran  diletto  ancne  dal  trovarsi  ov' erano,  perciò  dice 
Dante  che  affranta  rimanesse  più  la  possa  del  salire  che  il  diletto  • 
76  *  Quali  si  fanno  :  il  Con.  Cast,  legge  si  stanno .  K.  E. 


e  A  K  T  o  xxvtr.  395 

Sopra  le  cime  ,  avanti  che  sien  pranse , 

79     Tacile  air  ombra   mentre  che  1  Sol  ferve  ,] 
Guardate  dal  pastor  che  'n  su  la  verga 
Poggiato  s'  è ,  e  lor  poggiato  serve  ; 

8a     E  quale  il  mandrian  ,  che  fuori  alberga 
Lungo  1  peculio  suo ,  queto  pernotta  , 
Guardando  perchè  fiera  non  lo  sperga  ; 

85     Tali  eravamo  tutti  e  tre  allotta , 

Io  come  capra ,  ed  ei  come  pastori  , 
Fasciati  quinci  e  quindi  dalla  grotta  . 

88     Poco  pò  tea  parer  lì  del  di  fuori  ; 

78  *  avanti  leg^e  il  P.  L.  in  vece  di  prima  della  Comune  ;  e  pol- 
che Io  vediamo  seguito  dal  Sig.  Portirelli  convieu  credere  ,  che  ritro- 
visi nella  Nidobeatina  .  N.  £•  —  Pranse  vale  pasciute  ,  satolle  dal  la- 
tino pransus* 

Si  E  lor  poffgiato  serve  intendi  guardandole  dalle  fiere,  come  tre 
▼ersi  di  sotto  dirà  farsi  dal  mandriano  verso  del  suo  Peculio  .  *  il 
CoD.  Càet.  ed  il  Can.  ])ionisj  leggono  invece  e  lor  di  posa  ser*'e , 
che  può  esser  seguito  dall'  interpretazione ,  che  quando  il  Pastore  si 
ferma ,  è  come  un  segnale  di  riposo  per  le  capre  ec.  cosa  che  par 
naturale .  Ma  nel  conflitto  delle  opinioni  rifuggiamo  alla  I«iidobea- 
tina.  N«  E. 

82  83  Mandriano  ,  custode  della  mandra ,  del  gregge  —  che  /uO' 
ri  alberga  ,  che  sta  fuori  delle  sue  case  in  campagna  aperta .  —  Lun'- 
go  il  peculio  suo,  vicino  alla  sua  mandra  —  pernotta ,  veglia  ,  dal  La- 
tino pemoctare  ,  interpretato  vigilare  (a) .  *  Il  Con.  Caet.  legge  il  f. 
83  Lungo  7  pecuglio  et  quieto  per  noeta  N.  E. 

85  86  .allotta  per  allora  adoprato  dagli  scrittori  in  prosa  e  in  ri- 
ma .  Tedi  il  Vocabolario  della  Crusca .  —  Io  come  capra  :  solo  esso 
Dante  aveva  bisogno  di  riposo  ,  e  perciò  di  custodia ,  per  aver  seco 
di  quel  d^ Adamo ,  giusta  la  frase  a  altrove  {h) . 

87  Fasciati ,  per  serrati  —  quinci  e  quindi  da  ambo  i  lati  —  dal" 
la  grotta,  dalle  pareti  della  buca,  della  sfenditura,  dentro  della  qua- 
le saliva  la  scala  .  *  />'  alta  gi^tta ,  il   cod.  Vat.  N.  E, 

88  Poco  potea  parer  h  del  dìj'uori:  poco  ivi  per  la  strettezza  e 
profondità  della  sfenditura  poteva  vedersi  del  di  fuori ,  di  anello  ch'era 
di  fuori .  Di  (  chiosa  il  Venturi  )  in  questo  luogo  signinca  cielo  :  e 
vuol  dire,  che  poca  parte  del  cielo  ne  compariva  scoperta.  In  qual- 
che edizione  (  *e  nel  cod.  Antald.  N.  E.  )  leggesi  :  Poco  potea  parer 
lo  del  ili  fuori ,  Ma  e  il  pensamento  del  dì  pel  cielo,  e  il  non  di- 
spiacergli cotal  varia  lezione,  eli  etti  furono  del  non  sapere,  che  all' 
avverbio  di  fuori  si  antepose  qualche  volta  1'  articolo  {e)  :  imperoc-  « 


(fi.)  Vedi  Kob.  Stefano  nel  Tesoro  della  lingna  Latina  .     r^^)  Purg.  ix.  i«« 
(e)  Vedi  Cinoa.  Par  ti  e»  87  7. 


594  PURGATORIO 

Ma ,  per  quel  poco  ,  vedev'  io  le  stelle 
Di  lor  solere  e  più  chiare  e  maggiori . 

gì     Sì  ruminando  ,  e  sì  mirando  in  quelle  9 

Mi  prese  '1  sonno  ;  il  sonno  che  sovente  y 
Anzi  che  1  fatto  sia  ,  sa  le  novelle  • 

94    Neir  ora  credo  che  dell'  oriente 

Prima  raggiò  nel  monte  Citerea  , 

Che  di  fuoco  d' amor  par  sempre  ardente  ^ 

97     Giovane  e  bella  in  sogno  mi  parea 

Donna  vedere  andar  per  una  landa 
Cogliendo  fiori  ;  e ,  cantando  ,  dicea  : 
100     Sappia ,  qualunque  1  mio  nome  dimanda , 

che  il  di  per  cielo  non  sì  trova  mai  detto ,  e  del  ili  fuori  rorrebbc 
per  corrispondenza  un  ciel  di  dentro. 

*  I  CoD.  Val.  Chig.  e  Caet.  leggono  questo  verso  Poco  parca  A 


.  —   ___ queste 

getto  .  iJ.  E.  ^ 

?9  90  ^a  per  quel  poco ,  intendi ,  die  di  fuori  aoparisfa  —  sole- 
n,  in  forza  di  nome,  per  uso,  per  solito*  Questa  che  dice  Dante 
maggior  chiarezza  delle  stelle  vedute  da  quella  scala  in  capo  della 
quale  era  il  terrestre  Paradiso  (a) ,  corrisponde  al  descrivere  che  fa 
S.  Basilio  esso  Paradiso  ;  Locum  praelustrem  ,  et  spectatu  dignissimum , 
et  qui  ob  sitits  celsitudinem  nulla  tenebrescit  caltene  ;  q tappe  quem  exo- 
rientiiim  sìderum  splendor  illuminat ,  et  undique  suo  lumitie  circumfun- 
^'l  (b),   ♦  £•  piìi  alte  e  mag^ori ,  il   cod.  Vat.  N.  E. 

91  S'i  ruminando^  e  sì  ec.  Mentre  mi  stava  cotale  insolito  splen- 
dore e  grandezza  delle  stelle  meditando  ,  e  nelle  stelle  medesime  fìs- 
*'  gli  occhi  tenendo.  Del  verbo  ruminare  adoprato  metaforicamente 
per  tiandar  col  pensiero  ,  o  sia  meditarej  vedi  il  Vocabolario  della  Cru- 
sca .  ♦  £  rimirando  in  quelle ,  il  cod,  Antald.  N.  E. 

93  Sa  le  noK'elle ,   per  ne  ha  notizia . 

94  95  JYeir  ora  credo  che  delF  (  per  dalP  )  (e)  oriente  prima  ,  an- 
teriormente n\  Sole,  raggiò  nel  monte  j  del  l'urgatorio,  Citerea ,  Ve- 
nere (  la   stella  )  antonomaslicamente  Citerea  a|>pellata   dal  culto  che 

3 nella  dea  riscosse  nelP  isola  Citerà .  Nota  Dante  cotal  ora  ,  coinci- 
ente  coli'  aurora  ,  allusivamente  ali*  antica  persuasione  che  i  sogni 
fatti  in  quella  parte  di  tempo  sieno  veritieri .  \  edi  ciò  che  sopra  que- 
sto particolare  si   è  detto  Inf.  xtcvi   7  e  Pur.  ix  i. 

96  Che  di  fuoco  ec.  che  col  singoiar  carattere ,  che  tra  le  erranti 
stelle  ottiene  ,  di  scintillare  vivamente ,  sembra  che  arda  sempre  d'a- 
moroso  fuoco  . 

98  landa ,  pianura   (  vedi   Inf.  xiv  8  ) ,  qui  per  prato , 

(a)  Vedi  il  canto  segneote  f^,  jfì  e  segg.  (b)  Uomil.  de  Farad,  Terrestm 
(e)  Vedi  CinoD.  Fartic.  81  la. 


CANTO    XXVII,  SgS 

t!h'  io  mi  son  Lia  ,  e  vo  movendo  'ntorho 

Le  belle  mani  a  farmi  una  ghirlanda  • 
ìo3    Per  piacermi  allo  specchio  qui  m'  adorno; 

Ma  mia  suora  Rachel  mai  non  si  smaga 

Dal  suo  miraglio ,  e  siede  tutto  giorno  • 
i  06     Eir  è  de'  suoi  begli  occhi  veder  vaga  ^ 

Com'  io  dell'  adornarmi  con  le  mani  ; 

Lei  lo  Vedere ,  e  me  l' ovrare  ^  appaga  • 
k  09     £  già  per  gli  splendori  antelucani  ^ 

Che  tanto  a  i  peregrin  surgon  più  grati , 

loi  ioa  Lia  figliuola  dì  Laban ,  prima  moglie  del  patriarca  Gìa« 
cobbe ,  intesa  per  V  azione ,  o  sia  vita  attiva  •  Volpi  .  li  fare  alla  purga- 
zione de'  peccati  sopravvenire  la  vita  attiva  intesa  per  Lia  ,  dee  alludere 
a  quel  del  salmo  35.  Diverte  a  malo,  et  Jac  bonum  —  e  vo  movendo 
intomo  le  belle  mani  ec,  accenna  V  azione  ,  e  la  corona  che  ci  otter- 
rà in  Paradiso   il  merito   delle  buone  operazioni. 

io5  Per  piacermi  allo  specchio  :  per  trovai'mi  bella  allorché  mi 
specchierò  in  Dio* 

io4  io5  Mia  suora  Bachel,  fislia  dello  stesso  Laban ,  e  seconda 
moglie  del  Patriarca  Giacobbe ,  iigura  della  vita  contemplativa  (a) 
—  mai  non  si  smaga  ,  non  si  smarrisce ,  non  si  toglie  —  dìal  suo  mi' 
raglio,  dallo  specchio  suo,  eh' è  Iddio  ^  tutta  occupandosi  nella  di- 
vina contemplazione .  ammiraglio  in  vece  di  miraglio  leggono  l'edi- 
zioni diverse  dalla  Nidobeatlna  *  e  il  cod.  Vat.  N.  E.  ' —  Leggono  però 
colla  Nidobeatìua  miraglio  anche  ventidue  testi  manoscritti  veduti  da- 
gli Accademici  della  Crusca  :  e  non  si  trovando  della  voce  ammira- 
glio in  significato  di  specchio  (  come  certamente  qui  significherebbe  ) 
altro  esempio  che  questo  stesso  ,  perciò  dubbioso  ;  ragion  vuole  che 
preferiscasi  mirarlo,  e  si  lasci  ammiraglio  altrove  scritto  (b)  a  sigtiì- 
iìcare  capitano  d'  armata  navale.  *  Anche  il  Cod.  Gas.  legge  ntim- 
glio,  ed  il  P.  Ab.  di  C.  riflette  con  buona  critica  ,  che  il  Voci  della 
Cr.  Ila  stabilito  male  a  proposito  che  la  voce  Ammira^io  significhi 
specchio  sul  solo  supposto  che  Dante  l'abbia  usata  in  questo  verso.  A'e- 
cli  C.  XXX  58  ove  Ammiralo  sta  per  comandante  di  Una  flotta  >  il  P« 
L.  lesse  forse  colla  Nidob.  al  v,  io5  tutto  il  giorno  in  vece  di  tutto 
giorno  dell'altre  edizioni  tutte.  Non  avendocene  però  egli  giustifica- 
la la  lezione  ,  crediamo  conveniente  di  sopprimere  sull'esempio  gctic- 
rale  ,  e  particolarmente  delle  recenti  Edizioni,  qUelPinutilissimo  il*  N*E. 

100  E  ir  e  (le^  suoi  begli  occhi  ec.  Esso  fa  le  sue  delizie  in  mirare, 
in  riconoscere  ,  hello  specchio  suo  Iddio,  i  bei  lumi  che  le  compar- 
le  —  De* suff  begli  occhi  leggono  1'  edizioui  seguaci  di  quella  della  Cr. 

*  io8  E  me  r  ornare  appaga,  \\  cod.  Antald. ,  e  T  illustre  posses- 
sore vi  annota  :  cosi  il  cod.  f\ ,  e  f  edizione  ili  Vìndelino .  Ornare  me- 
glio  corrisponde  agli  antecedenti ,  m'  adorno  ,  d'  adomarmi .  N.  E. 

109  Splendori  antelucani,  quel  chiarore  che  si  fa  iu  ciclo,  poco 


(a)  Vedi  fnf.  zi  102.     ip)  Parg.  zlii  iS^  sxs  58. 


^  PURGATORIO 

Quanto  ,  tornando  ,  albergan  men  lontani  f 

iia     Le  tenebre  fuggìan  da  tutti  i  lati^ 

E  '1  sonno  mio  con  esse  ;  ond'  io  levami  f 
Veggendo  i  gran  maestri  già  levati  • 

ii5     Quel  dolce  pome,  che  per  tanti  rami 
Cercando  va  la  cura  de'  mortali , 
Oggi  porrà  in  pace  le  tue  farai . 

118    Virgilio  inverso  me  queste  cotali 

Parole  usò  ;  e  mai  non  furo  strenne , 
Che  fosser  di  piacere  a  queste  iguali . 

lai     Tanto  voler  sovra  voler  mi  venne 

Deir  esser  su  ,  eh'  ad  ogni  passo  poi 
Al  volo  mi  sentìa  crescer  le  penne  • 

pnma  che  nasca  il  Sole  9  appellato  alba.  Antelucani  è  yoce  Latina. 

VOLPI  • 

III  Tornando ,  intendi  ,  alla  patria  —  men  lontani  da  essa  pa- 
tria. *  I  CoD.  Càet.  Vat.  e  Chig.  legeono^^fù  lontani  ^  ed  il  primo  in 
margine  ha  :  aliter ,  men  •  Quel  più  lontani  per  verità  non  ci  di- 
spiace ,  aspettandosi  ansiosamente  il  mattino  quando  s'  ha  a  fare  un 
Viaggio  non  tanto  breve .  Qualche  Editore  dopo  di  noi  chi  sa  che 
/  non  gli  dia  luogo  nel  Testo  ?  N.  E. 

114/  fC^^  maestri f  \irgilio  e   Stazio. 

II 5  116  117  Quel  dolce  pome  ec.  Il  sommo,  e  vero  bene,  che 
gli  uomini  solleciti  di  posseaerlo  van  cercando  per  tanti  rami ,  dove 
none,  quante  sono  le  cose  mondane,  che  desiderano  conseguire  con 
tanto  d'  ansia ,  non  scoprendone  prima  della  esperienza  ,  e  ne  disin- 
ganna ,  la  verità  ,  porrà  in  pace  le  tue  fami  ,  le  tue  brame ,  che  saran- 
no appagate.  Venturi.  Pome ^  e  pomo  indifferentemente  detto  per 
frutto  d'  ogni  albero  vedilo  nel   Vocabolario  della  Crnsca  . 

119  iQo  Mia  non  furo  strenne  <,  che  fosser  ec.  Strenne  dee  aver 
Dante  qui  scritto  per  epentesi  in  grazia  della  rima  in  vece  di  strC" 
ne^  dal  Latino  sirena ^  che  significa  regalo  x  e  vuole  perciò  dire,  che 
mai  a  nissuno  fu  fatto  regalo  di  maggior  piacere  di  quello  fosser  a 
1  lui  le  parole  dettegli  da  Virgilio  . 

Il  Landino  chiosa ,  che  strenne  in  lingua  lombarda  significa 
monde:  ma  se  tal  voce  non  era  del  Lombardo  dei  tempi  del  Lan- 
dino ,  del  presente  la  non  è  certamente .  Il  Vellutello ,  Daniello  »  e 
il  Venturi  diconla  voce  Francese:  scrivendo  però  i  I-rancesì  estreine 
pare  che  con  mageior  sicurezza  possa  dirsi  voce  Latina  accorciata 
d'  una  n  in  grazia  della  rima  . 

121   Tanto  voler  ec,  tanto  la  brama,  che  già  era  in   me,  si  ac- 
crebbe . 

125  Al  volo  mi  senùa  ec.  Metaforicamente,  in  vece  di  mi  sentìa 
crescere  la  lena  a  camminare,  Kel   riferito  modo  leggendo  la  ^tido- 


CANTO    XXVII.  jc^J 

4^4     Come  la  scala* tutta  sotto  noi 

Fu  corsa ,  e  fummo  in  su  '1  grado  superno  ^ 
In  me  ficcò  Virgilio  gli  occhi  suoi , 

1 27     £  disse  :  il  temporal  fuoco  e  l' eterno 

Veduto  hai ,  figlio  ,  e  se'  venuto  in  parte  9 
Ov'  io  per  me  più  oltre  non  discerno. 

i3o     Tratto  t'  ho  qui  con  ingegno  e  con  arte  » 
Lo  tuo  piacere  omai  prendi  per  duce  ; 
Fuor  se'  dell'  erte  vie  ,  fuor  se'  dell'  arte . 

i33    Vedi  là  il  Sol  che  'n  fronte  ti  riluce; 

Vedi  r  erbetta  ,  i  fiori ,  e  gli  arboscelli , 
Che  quella  terra  sol  da  se  produce . 

heatitia  e  tutte  V  antiche  edizioni ,  è  piaciuto  agli  Accademici  delU 
Crusca  ,  per  V  autorità  di  soli  dodici  mss. ,  di  leggere  in  cambio  Al  volo 
mio  senùa  ec»  Oltre  però  la  contrarietà  di  tutte  V  edizioni ,  e  del  maggior 
numero  degli  altri  mss.  pur  da  essi  Accademici  consultati ,  piò  di  no- 
vanta ,  non  lascia  cotal  lezione  cosi  bene  come  la  nostra  intendere ,  che 
sieno  le  penne  e  il  x'olo  detti  metaforicamente  ;  e  malamente  col  volo 
propriamente  inteso  confacendosi  i  passi  ,  soffrono  queste  parole  mag- 
gior contrasto   colle  immediatamente  precedenti  ad  ogni  passo  . 

177  //  temporal  fuoco  ec,  il  fuoco  del  l'urgatorio,  e  dell'Infer- 
no ,  perocché  nel  1  urgatorio  vi  stanno  le  anime  un  dato  tempo  so- 
lamente ,  e  neir  Inferno  vi  hanno  a  stare  per  tutta  V  eternità  . 

lag  Ov*  io  per  me  pili  oltre  ec,  dov' io  dame  solo  più  non  veg- 
go ,  cioè  piii  non  ti  posso  instniire .  Farla  Virgilio  in  cotal  modo  a 
significare,  che  la  naturai  ragione,  di  cui  egli  è  figura  ,  bensì  richie- 
desi  nel  cono5ciniento  delle  celesti  cose  ;  ma  che  da  se  sola  ,  senza 
l*  ajuto   dei   lumi  che  nella  teologia  somministra  la  fede  ,  non  basta . 

i3o  Con  ingegno  e  con  arte  i  adoprando  verso  di  te  i  lumi  tutti 
somministratimi   e  dall'ingegno  mio,  e  dall'arti  da  me  studiate. 

i3i  Lo  tuo  piacere  omai  ec.  ora  che'l  tuo  piacere  è  reso  lon- 
tano da  ogni    rea  passione ,  puoi  tu  fartelo  tua  sicura  guida  , 

iZi  Erte  i  ripide  —  arte  ^  strette   dal  Latino  arctus. 

i35  Vedi  il  Sole  la  Nidob. ,  vedi  là  il  Sol ^  l'altre  edizioni  *  e 
il  cod.  Vat.  e  il  Chig.  che  noi  seguiamo  per  maggior  efficacia  di 
espressione  e  di  verso .  N.  E.  —  che  in  fronte  ti  riluce  .  Se  mentre  sa- 
livano i  tre  poeti  quella  dritta  (a)  scala  iì  cadente  Sole  ferivali  nel- 
la schiena  ( £} ,  consiegue  certamente  che,  se  dopo  di  avere  su  per 
la  medesima  scala  pernottato ,  eiungono  al  di  lei  sommo  mentre  na- 
sceva il   Sole  ,  dovesse  questo  ferimeli  in  viso . 

i54  ArhosceUi  la  Nidodeatina ,  arbiiscelli  l'edizioni  della  Crusca, 
e  le  seguaci* 

1^0  Sol  da  se  produce:  senza  alcuna  semenza;  onde  dirà  nel  se- 
guente canto  (e)  : 

(a)   Vedi  €4.    (b)  Vei^.  SS  •  segg.     (e)  Vers.  68  e  segg. 


4oo  PURGATORIO 

Ch'agli  occhi  temperaTa  il  nuovo  giorno  ; 
4     Senza  più  aspettar  lasciai  la  riva , 

Prendendo  la  campagna  lento  lento 
Su  per  lo  suol  che  d'  ogni  parte  oliva  • 
7     Un'  aura  dolce  ,  senza  mutamento 

Avere  in  se  9  mi  fer\a  per  la  fronte 
Non  di  più  colpo  che  soave  vento  ; 

10     Per  cui  le  fronde  ,  tremolando  pronte  , 
Tutte  quante  piegavano  alla  parte 
U'  la  prim'  ombra  gitta  il  santo  monte  ; 

j3     Non  però  dal  lor  esser  dritto  sparte 

Tanto,  che  gli  augelletti  per  le  cime 

umana  spezie.  Buti  (a)  —  spessa  e  viva  ^  piena  d'alberi,  d'erbe,  e 
di  fìori ,  e  tutti  vivissimi',  senza  mistura  d'appassimento  o  seccume 
alcuno . 

5  j^gli  occhi  temperava  il  nuovo  giorno.  Il  verde  della  foresta 
temperava  la  luce ,  o  la  luce  del  nuovo  dì  temperava  e  rendeva  pih 
chiaro  il  cupo  verde  della  foresta  :  e  vi  è  una  anfibologia ,  non  so  se 
a  bella  posta  dall'  autore  cercata ,  o  voluta  ;  ma  certamente  graziosa , 
come  quella  di  Terenzio  néiV  Hecjm:    omnes  socnts  oderuni  nurus, 

VlKTURI  . 

4  5  Lasciai  la  riva  Prendendo  la  campagna  :  mi  discostai  dalla 
riva  del  monte ,  avviandomi  per  quella  pianura  . 

6  Oli^a  da  olirei  che  spiega  il  Vocanol.  della  Cr.  gettare,  e  ren' 
dere  odore  •  Quello  però  cne  tra  gli  altri  esempj  arreca  il  Vocabol. 
atesso  del  Galateo  iVb/i  si  vuol  ne  putire ,  ne  olire ,  conferma  ciò  che 
Dante  qui  suppone,  che  olire ^  senz'  altro  aggiunto,  vaglia  spirar 
buon  odore . 

7  8  Senza  mutamento  Avere  in  se  :  la  quale  in  se  ninno  muta- 
mento aveva  ,  non  essendo  ella  sottoposta  ad  alcuna  alterazione  o 
perturbazione  ,  che  maggiore  ,  o  minor  la  reiiilesse  .  Daniello  .   —  mi 

jerin  per  la  fronte  ,  mi  spirava  la  faccia  :  perocché  vegnente  da  Orien- 
te, al  quale  era  volto  {b)  .  La  cagione  poscia  di  questo  venticello  la 
dirà  in  questo  medesimo  canto    i'.  io3.  e  segg. 

9  Non  di  pili  colpo  ec.  ,  non  di  maggior  forza  di  quella  abbia 
un  zcfiretto  soave  . 

II  12  Alia  parte  U*  la  prinC  ombra  gitta  ec:  alla  parte  occiden- 
tale ,  dove  non  solo  quel  monte  ,  ma  ogni  corpo  necessariamente  al 
primo  lume  del  nascente  Sole  getta  la  nrim'  ombra  .  Dell'  i/'  per  dove 
vedi  Cinonlo  [e)  ,  *  Prim'  onda ,  il  eoa.  Val.  1>J.  E.  —  Santo  monte  ap- 
pella il   monte  del  Purgatorio  ,  perocché  abitato   da  anime  elette  • 

i3  i/j   i5  ìVon  però  da  loro  ec;  non  però  dal  vento  erano  quel- 

(a)  Riportato    nel  Vocabolario    della    Crusca    alla    voce  foresta  .     {k)  Vedi 
Il  canto    precedante  ,  verso  i33.    (f)  Partic,  I93   12. 


e   AN  T  O     XXVIII.  4oi 

Lasciasser  cV  operare  ogni  lor  arte  ; 
16     Ma  con  piena  letizia  l' ore  prime  , 

Cantando  ,  riceyèno  intra  le  foglie, 

Che  tenevan  bordone  alle  sue  rime 
19     Tal,  qual  di  ramo  in  ramo  si  raccoglie 

Per  la  pineta  in  sul  lito  di  Chiassi, 

ie  fronde  tanto  dal  loro  diritto  stare  sparte  (  ad  ugual  senso  di  spar^ 
tiie  9  alloiitannte;  o  fors*  anche  la  medesima  voce  spartite ,  cosi  per 
sincope  pronunciata  )  tanto  cioè  dal  vento  non  si  spiegavano  ,  cne , 
come  ne  venti  impetuosi  tra  noi  avviene ,  si  nascondessero ,  e  muli 
se  ne  stassero  gli   augelietti . 

16  17  Ma  con  piena  ec. .  Costruzione .  ^fa  ricevieno  le  prime  ore 
con  piena  letizia  ^  cantando  intra  le  Jb^ie  .  Il  Daniello  per  le  prime 
orcy  intende  le  prime  ore  del  giorno;  ed  il  Venturi  i  primi  raggi. 
Io  però  ho  qualche  dubbio  che  non  adoperi  Dante  ore  per  aure  y 
come  adopraio  il  Petrarca  nel  sonetto    i43. 

Pormi  d'  udirla  >  udendo  i  rami  ,  e  V  ore  , 
£  le  frondi  ,  e  gli  augei  lagnarsi  ec. 
Ma  o  il  vento ,  o  il  tempo  ,  che  per  1'  ore  s*  intenda  ,  torna  sempre 
meglio  che  intendere  col  Landino  e  col  Vellutello  ,  che  le  ore  sieno 
soggetto  del  canto  ,  e  non  del  ricevimento ,  chiosando  che  gli  uccelli 
cantassero    le  prime  ore;   a  similitudine  (v'aggiunge  particolarmente 
il  \ellutello  )  che  Ja  la  chiesa  ^  la  qual  a  tal  ora  canta  prima,  terza , 
e  sesia .  '*'  Il  Biagioli  è  di  contraria  opinione  :  e  con  un  bel  passo  di 
Boccaccio   sostiene   che  sono    le  prime  ore   del   giorno  che  cantano , 
e  non  T  aure  del   Lombardi.  N.   E.  —  Hicevieno  legge  la  Midob. ,  ed 
altre  antiche  ediz. ,  riceveanoV  eùìvL.  della  Crusca,  e  tutte  le   moder- 
ne seguaci  :  ma  s'  accordano   poi  le  ultime  colle  prime  a  legger  par^ 
rieno  in  questo  medesimo  canto  v»  29. ,  e  movieno  nel  canto  seguente 
t^,  59.  *  Aiceveano  y  il  cod.  Chig. ,  ricevèno  y  il   cod.  Vat.  N.   E. 

18  Che  ,  le  quali  foglie  col  mormorio  in  esse  cagionato  dal  ven- 
ticello ,  tenevan  bordone  alle  sue  rime ,  facevano  il  contrabasso  al  cau- 
to degli  augelietti .  Del  verbo  tenere  per  Jare  ne  abbiam  esempj  an- 
che in  altre  espressioni,  in  quelle  esempigrazia   di   tener  conto y  per 

far  conto,  Jare  stima:  tener  negozio  per  far  negozio  ec,  e  fare  bor- 
done in  vece  di  tener  bordone  disse  V  Allegri  :  E  fa  bordone  alla  zanh' 
pogna  mia  (a)  :  e  tenere  o  far  bordone  per  fare  il  contrabbasso  ;  d«e 
esser  detto  dalla  piva  ,  e  sia  cornamusa  ,  la  di  cui  più  grossa  e  più 
lunga  canna ,  quclìa  che  ,  mentre  le  altre  più  picciole  si  tasteggiano 
a  formar  varie  voci ,  con  grave  invariato  tuono  suona  il  contrabbas- 
so, appellasi  bordone;  e  perciò  disse  il  Berni  .  Geme^  che  par  d^  una 
pis^a  il  bordone  [b)  .  Bordi)  appellasi  cotale  canna  in  Lombardia .  '*'  li 
Cod.  Caet.  legge  /àcevaw  bordone;  e  il   Chig.  alle  lor  rime,  K.  E. 

l'oco  soddisfacenti  mi  sembrano  a  questo  verso  le  chiose  degli 
altri  interpreti  ,  e  nientissimo  quella  del  Volpi  .  Tener  bordone ,  so* 
stener  la  musica   con  quella    voce  che  si  chiama  tenore. 

19  20  21   Tal  y  tal  bordone,  tal  mormorio  —  (piai  si  raccoglie ^ 

■^  .     Il 

(n)  Cosi  il  Vocab  della  Cr.  alla  voce  bordone  ,    (b)  Così  il  medesimo  ,  ivi. 

.  .i.  Ce 


I,oì  PURGATORIO 

Qnand'  Eolo  scirocco  fuor  discioglie . 

aa     Già  m'  avean  trasportato  i  lenti  passi 
Dentro  all'  antica  selva  tanto ,  eh'  io 
Non  potea  rivedere  ond'  io  m' entrassi . 

a5     Ed  ecco  il  più  andar  mi  tolse  un  rio  , 

Che  'nver  sinistra  con  sae  picciol'  onde 
Piegava  V  erba  che  'n  sua  ripa  uscio  . 

a8     Tutte  V  accjue  ,  che  son  di  qua  più  monde  , 

(Sii  spnso  del  Teatino  se  recipii  \  quale  srorre  ,  di  ramo  in  ramo  :  essen* 
(io  il  monnorio  cai(ionato  dal  vento  ,  il  quale,  come    1' esperienza  in- 


distrutto,   ed  ove  a*  giorni   nostri    ancora  v' *•  una   vastissima    pineta^ 
o  sia  selva  di  pini  .     QuancT  Eolo,  Re   de'  lenti  ^fuor  disviale  sci- 


rocco ,  scioglie   dalle  catene ,  e   manda  fuor  della  sua   grotta  il  vento 
scirocco  .  *  Scilocco  fuor  scioglie  ,  il  cod.  Chig.  N.  t. 

23  antica  sewa  ,  perocché  fatta  da  Dio  fìn  dal  principio  del 
mondo  per  abitazione  dfeir  uomo  innocente  .  *  Scisma  antica  ,  il  cod. 
Vat.  N.  E, 

*  a/j  Ov*  io  m*  entrassi  ,  il  cod.  Vat.  N.  E. 

a5  i6  ^7  £d  ecco  il  piii  andar  mi  tolse  ,  m*  impedì  V  andar  più 
oltre.  Fd  ecco  piìi  andar  senza  la  particella  i7,  leggono  T  edizioni  di- 
verse dalla  Nidobeatina  (  *  e  il  cod.  Vat.  N.  E.  ) ,  diflormeraente  però 
da  quegli  altri  versi   del  medesimo  nostro  Poeta  . 

Che  del    bel  mante  il  corto  andar  ti  tolse  ,  (a) 
E    se  V  andar  più    oltre  e*  è    negato  •   (^) 
Un  rio 'ni*er  sinistra  ec.  Essendo  alT  uomo  giustificato   rammaricante  la 
memoria   delle  commesse  colpe,  ed  all'opposto   gradevole  essendo  la 
ritnembranza  delle  falle  opere   buone  ;  volendo    perciò    Dante  dispor- 
re 1*  anima  a  passare    slal  terrestre  al   e<"lesle   l^aradiso  ,  ove   tutto    lie- 
to   esser  conviene  ,  fa    che    da   essa  tolgasi   la  memoria  delle  commes- 
se colpe,  e  ravvivisi    in  vece   nella  medesima    la    nmembranza    delle 
fatte   opero  buone.  Deputa  egli    a  questo    effetto  due  rivi  ,   che   dalla 
medesima   fonte  in  contrarie  direzioni  si  dipartono  .  Uno  ,  eh'  è   il  pre- 
sente ,  fa  colle  sue  acque  1'  effetto  di  togliere  la  memoria  de'  peccati; 
e  perciò  Lete  appella  (e)  dal   Greco  vocabolo  Xttd-ti  ,    clie   obblivione 
significa  :  l'  altro   ravviva  la  memoria  delle  opere  buone  ,  ed    appella 
Eunoe  (d)  ,  vocabolo  (  chiosa  il  Aolpi)  di  Greca  derivazione,  che  può 
significar  buona  mente,  L  perocché  il  luogo  del  peccato  sarà  nel   fnia- 
le  giudizio   alla  sinistra  ne'  reprobi  ,  e  quello  delle  opere   buone   sarà 
alla  destra  negli  eletti  (e)  ,  perciò  il  presente   rivo,  scorrente  a   toglie- 
re memoria  del  peccato  ,    fa  scorrere    im^er  sinistra  ,  ed  in    contraria 
parte,  o  sia  verso  la  destra,  quell'  ìtltro    {/)  — che'n  sua  ripa  uscio 

(a)    Inf.  iJ   I20.     (b)  Inf.  vili.   loi.      (e)  Verso  i3o  del  canto  presente  , 
•  96  del  canto  xxxiii.     (d)  Verso  i3i     (e)  Matta,  25.     (/)  Vcrù  126  e  segg. 


CANTO     XXVIII.  /,</j 

Parrieno  avere  in  se  mistura  alcuna , 
Verso  di  quella  che  nulla  nasconde  : 

3i  Avvegna  che  si  muoya  bruna  bruna 
Sotto  r  ombra  perpetua ,  che  mai 
Raggiar  non  lascia  Sole  ivi  ne  Luna  . 

34     Co'  pie'  ristetti ,  e  con  gli  occhi  passai 
Di  là  dal  (ìumicello  ,  per  mirare 
La  gran  variazion  de'  freschi  mai  ; 

37  E  ,là  m' apparve  ,  sì  com'  egli  appare 
Subitamente  cosa  che  disvia 

(  uscio  per  ascia  ,  ecallage  in  grazia  della  rima  )  ,  che  spuntava    dal- 
la sua  ripa  e  toccava  V  acqua  .  ^  Jtiva  il  cod.  Cbig.  N.  lì. 

*  29  Parrian  aver^  il  cod.  Vat.  N.  E. 

5o  Che  nulla  nasconde ,  lasciando  per  In  sua  limpidezza  trasparire 
chiaramente  tutto  ciò  eh'  è  sotto  di  essa  ; 

3i  32  33  Astenga  che  ec»  Lo  scorrere  V  acqua  bruna  y  cioè  in  luo- 
^o  ombreggiato  ,  e  lasciar  nondimeno,  come  nel  t^.  5o.  ha  detto  ,  tra- 
sparir tutto  quello  che  ha  sotto  di  se ,  è  ciò  argomento  di  maggior 
mondezza  —  Sotto  V  ombra  perpetua  ,  intende  cagionata  dalla  selva,  che 
spessa  ha  di  già  detta  nel  v,  ti.  ^  folta  appellerà  nel  io8,  di  questo  can- 
to raeàes^itìo  •  Friu:tuosis  nemoribus  opacatum  descrive  il  Paradiso  ter* 
restrc  anche  S.  Agostino  (a)  .  Col  fatto  che  pone  Dante  nel  fine  della 
presente  cantica  {b) ,  che  il  drappello  delle  virtù  non  uscisse  dai  li- 
miti deir  ombra  della  selva,  ne  1';^  capire  di  valersi  egli  della  mede- 
sim*  ombra  a  signifìcare  il  nascondimento  che  dee  V  uom  procurare 
delle  proprie  virtù;  e  perciò  intenderem' qu\  pure  per  T  ombreggia- 
mento deir  acqua  l.etèa  volersi  nelT  ombra  del  nostro  interno  cela* 
<i  gli  spirituali  doni  che  Dio  comparte  . 

*  34  Co'  pie  ,  colli  ocelli   ristretti  passai  ,  il  cod.  Vat.  N.  E. 

35  Di  là  dal  Jiumicel,   per  ammirare  la  Nidob. ,/)/  là  daljiumicel' 

10  per  mirare  V  altre  edizioni  ,  *  e  il  cod.  Vat. ,  che  noi     segniamo  . 
Jtimirare  il  eoa.  Chig.  N.  E. 

36  La  gran  variazione  ec.  la  gran  varietà  de'  verdi  e  fronzuti  ar- 
boscelli .  Il  maio  si  chiama  in  Toscana  un  bel  verde  e  gran  ramo  ^ 
che  i  primi  giorni  di  tal  mese  si  soleva  nei  contadi  porre  dagl'  innamo- 
rati agli  usci  e  fenestre  delle  lor  dame  :  e  di  qui  viene  la  parola  am- 
nudare  ,  ammalo ^  che  ancor  si  dice  in  Toscana:  e  ai  tempi  nostri  più 
moderati  in  certe  terre  il  primo  dì  di  maggio  si  mette  il  maio  in  qualche 
piazza  o  contrada  più  frequentata ,  come  iu  ho  visto  e  sentito  nominarsi 
maio  tal  albero    posticcio  in  popolazioni  di  ottimo    dialetto  Toscano  . 

11  Volpi  nel  suo  indice,  seguendo  la  Crusca  ,  asserisce  maio  esser  sorta 
dialberoalpino,  ma  preso  qui  dal  Poeta  per  qualunque  pianta.  Venturi. 

*  3^  £  là  ci  apparile,  i  codd.  Vat.  e  Chig.  N.  E. 

3S  39  Cosa  ^  che  disiala  Per  marai^iglia  ec:  cosa  ,  che    colla   sua 

(/i)  De  Gtntsi  ad  Ut*  libi  %  cipi  i.    (f)  <"ant.  sxsixi  v*  io(ì  e  itn. 

tea 


/|0i  PURGATORIO 

Per  maraviglia  tutt'  altro  pensare  , 
40     Una  donna  soletta  ,  che  si  già 

Cantando ,  ed  iscegliendo  fior  da  fiore 

Ond'  era  pinta  tutta  la  sua  via . 
43     Deh  I  bella  donna  ,  eh'  a'  raggi  d'  amore 

Ti  scaldi ,  s' io  vo'  credere  a'  sembianti 

Che  soglion  esser  testi mon  del  core, 

maraviglia  richiamando  a   se  tutta    la  mente  ,  €Ìisi'ìa  tati*  altro  pensa' 
re ,  caccia  ogn'  altro  pensiere  che  prima  nella  mente  fosse . 

40  Una  donna  .  Questa  è  Mateida  ,  di  cui  il  Poeta  aspetta  a  pa- 
lesare il  nome  al  verso  119.  del  canto  xxxm.  di  questa  cantica  ,  quan- 
tunque di  lei  ne'  canti  a  questo  susse«^uenti  quasi  del  continuo  ra- 
gioni .  Per  essa  è  certo  ,  che  il  Poeta  intende  la  vita  attiva  .  Chi  poi 
ella  si  sia,  è  difRcile  il  risaperlo.  1  comentatori ,  tirando  a  indovi- 
nare ,  suppongono  essere  la  gloriosa  e  tanto  della  Chiesa  e  dell*  Italia 
benemerita  contessa  IVIatilde  ,  di  cui  vedi  Frilncesco  Maria  Fiorentini 
nel  libro  delle  recenti  notizie  di  lei  •  Venturi  • 

Mateida  la  conlessa  Matilde  appella  anche  Gio.  Villani  (a)  .  0 
la  sia  però  questa  che  Dante  qui  introduce  la  contessa  medesima ,  ov- 
vero un  altro  soggetto  ,  non  si  può  dubitare  che  la  non  sìm  un  sog. 
getto  diverso  da  Uà  la  sorella  di  Hachele  ;  e  che  peiciò,  avendo  Dan- 
te poco  anzi  fìgurata  già  la  vita  attiva  in  Lia  {h) ,  se  non  istucche- 
volmente  tornerebbe  qui  a  figurarcela  in  altro  affatto  nuovo  soggetto  , 
Lasciando  adunque  da  parte  la  vita  attiva,  altro  carattere  dee  nella 
Mateida  nostra  ricercasi  . 

Nella  storia  di  Matilde  ,  la  nominata  contessa  ,  il  carattere  che 
più  di  tutti  ci  si  presenta  innanzi  e  ne  salta  ,  per  cosi  dire,  negli 
occhi  ,  è  la  grande  propensione  ed  affetto  eh'  ebbe  essa  per  santa 
C:hiesa:  e  come  generalmente  in  chiunque  si  mette  ad  arte  o  scienza, 
per  fare  in  quella  profitto ,  è  necessario  prima  di  tutto  che  alla  me- 
desima arte  o  scienza  V  introduca  ed  accompagni  affezione,  cosi  ne- 
cessario essen<lo  a  chi  vuole  nella  Chiesa  profittare  V  amore  verso 
della  medesima  ,  quest*  affezione  direi  io  intesa  àA  poeta  nostro  nella 
presente  prima  donna  ,  che  gli  si  fa  innanzi  ,  e  V  introduce  ,  e  sempre 
accompagnata  in  questa  divina  foresta  ,  tipo ,  com'  è  detto  (e)  ,  della 
(.hiesa  . 

A  questo  significato  allude  molto  bene  il  terzetto  seguente  : 
Dtk  !  bella  donna  ,  eh*  a*  raggi   d*  amore 
Ti  scaldi  ,  1'  io  vo*  credere  a*  sembianti  , 
Che  soglion    esser  testimon  del  core  , 
Iniendendo  cioè  per  sembianti  gli    egregi   fatti   dell*  illustre  donna  in 
prò  di   santa   Chiesa,  e  vi   allude  altresì   il   e   i.  del  canto  seguente 
Cantando   come  donna  innamorata . 

41  Cantando  ed  iscegliendo  ec:  atti  ,  possono  intendersi ,  diretti  ad 
innamorar  Dante  di  quel  luogo  . 

(a)  Cron.  lib.  4  cap.  17.  ,  ed  altrove  in  pib  luoghi  .  {b")  Nel  6ne  del 
canto  precedente  ^f,  xoo  e  segg.  (e)  Vedi  la  Ragione  premesta  alle  note  del 
presente  canto  . 


CANTOXXVItl.  4o5 

46     Vegliati  voglia  di  trarreti  avanti , 

Diss'  io  a  lei ,  verso  questa  riviera  ^ 
Tanto  eh'  io  possa  intender  che  tu  canti . 

49     Tu  mi  fai  rimembrar  dove  e  qual  era 
Proserpitia  nel  tempo  che  perdette 
La  madre  lei ,  ed  ella  primavera  . 

02     Come  si  volge  ,  con  le  piante  strette 

A  terra  ed  intra  se  ,  donna  che  balli , 
E  piede  innanzi  piede  a  pena  mette  ; 

55     Volsesi  'n  su'  vermigli  ed  in  su'  gialli 
Fioretti  verso  me  ,  non  altrimenti 
Che  vergine  che  gli  occhi  onesti  avvalli  ; 

46  47   Trarreti ,  intiero  del  sincopato  trariiy  che   piìi  frequente- 
mente adopriamo.  —  Hiviera  per  rho  .  Volpi  . 

*  /\S  Che,  supplisci   ciò  :  ciò  che.   Biagìoli   N.  E. 

49  5o  5i  Tu  mi  fai  rimembrar  ec.  Tu  rai  fai  risovvenire  dove ,  e 
t|ualeera  Proserpina  ,  cioè  1'  amenissimo  prato  ,  dov*  era  ,  e  la  bellis- 
sima ,  innocentissima  donzella  eh'  ella  era  nel  tempo  che  [u  da  Wu- 
tone  rapita  ,  e  la  sua  madre  Cerere  perde  lei ,  ed  ella  i  fiori  raccolti , 
che  con  dispiacere  della  semplicetta  le  caddero  di  grembo:  allude  ai 
vaghi  versi  d*  Ovidio  nel  lib.  5.  delle  Metamorforsi  {a) 

ColUcti  fiores  tunicis  cecidere  remissis  , 
Tantaque  simpLicitas  pueriiibus   affuit   annis} 
Haec  quoque  virgintum  movit  iactura   dolorem  * 
Cos\   il  Venturi  ,  e  così  tutti  gli  altri  espositori .   lo  però  per  la  da 
Proserpina   perduta   primavera  amerei  d'  intendere,  non  i  fiori  caduti 
a  lei  ai  grembo ,  ma  piuttosto   la  perduta  amena  regione  onde  fu  ra- 
pita ,  allusivamente  cioè   al  perpetuum  ver  eh'  Ovidio  stesso  vi  asseri- 
sce {b)  .   *  Il  Boccaccio  nella  Fiammetta  ebbe  in  pensiero  questo   bel 
passo  di  Dante  ,  qunndo  scrisse  :  E  così  ornata  levatami  ,  qua!  Proserà 
pina  allora  che  Plutone  la  rapì  alla  madre,  cotale  me  ne  andava  per  la 
nuova  primavera  cantando  .  Questi  canti  xxviit.  e  xxix.  ,  che  sono   de' 

Siù  gentili  della  divina  commedia  e  per  concetti  e  per    lingua ,  han 
ato  jgran  cose  ad   imitare  non  solamente  al  Foecaccio ,   ma  agli    altri 
maggiori  nostri  poeti  .  Nota  di  Salvatore  Betti  .  N.  E, 

5q  55  Con  le  piante  strette  ec.  :  con  agile  giravolta  ,  senza  alzar 
piede  da  terra ,  ma  strisciando  solamente  ,  e  strette  intra  se ,  tra  di 
loro  ,  Tuna  ali*  altra ,  tenendo  le    piante . 

54  £  piede  innanzi  piede  ec.  e  con  piccioli  ma  lesti  passi   si  mnove. 

55  56  67  f^olsesi  ec,  :  aggirò  sua  persona  su  quel  fiorito  suolo  , 
e  rivoltosi  a  me  ;  non  però  m  altr*  aria  che  di  virginella  ,  che  i  casti 
occhi  abbassi .  Avvcdlare  per  abbassare  ,  adoprato  molto  da  bnoni  scrit- 
tori anche  in  prosa  ,  vedilo  nel  Vocab.  della  Cr. 

■  .  '  .  ■  .  ■     ■  ■■     I  II  >  I        r  II  I  ■     ■        ■ 

(a)  Vtrso  399  e  segg.    (b)  Verso  391. 


W]  PURGATORIO 

58     E  fece  i  prieghi  miei  esser  contenti , 

Sì  appressai^o  se  y  che  '1  dolce  suono 
Veniva  a  me  co'  suoi  intendimenti . 

(>i     Tosto  che  fu  là  dove  l'erbe  sono 

Bagnate  già  dall'  onde  del  bel  fiume , 
Di  levar  gli  occhi  suoi  mi  fece  dono . 

64     Non  credo  che  splendesse  tanto  lume 
Sotto  le  ciglia  a  Venere  trafitta 
Dal  figlio ,  fuor  di  tutto  suo  costume . 

67     Ella  ridea  dall'  altra  riva  dritta , 

Traendo  pii)  color  con  le  sue  mani , 

60  Intendimenti,  per  rnnretti ,  parole, 

6a  Giik ,  è  qn\  particella  riempitiva ,  come  lo  è  in  altri  es«mpj 
eh  arreca  il  rinonio  (a). 

6^  Di  ìf*i*ar  ^1  occhi  suoi  ,  di  guardarmi .  Vento bi  .  —  mi  fece 
dono  %  mi  fere  grazia  . 

64  6*)  66  ÌS^on  credo  che  splendesse  ec.  Suppon«»ndo  Pante  ciò  che 
il  Daniello  avverte,  che  nefdi  occhi  delle  donne  innamorate  si  ve^a 
un  non  so  che  di  più  vivace  splendore  o  bellezza  eh*  esse  non  innamora' 
te  non  h^'no^  vuole  dire,  che  quantunque  ì  ellissimi  e  lucidi.ssimi 
esser  dovesspro  j»li  orchi  di  Venere  innnmornla  di  Adone ,  più  belli 
nondimeno  e  più  lucenti  erano  pli  occhi  di  Vnlelda  :  e  come  di  co- 
tnlc  innnmoran-'ento  di  tenere  fu  cagione  la  casnnlc  ferita  che  fecelc 
il  proprio  fìfjlio  Tupido  noli'  atto  ih  ahhraccinrla  ,  con  una  punta  di 
Strale  che  usciva^li  dal  turcasso  (h)  ,  e  non  avonrlo  mai  Cupido  feri- 
ta persofia  alcuna  se  non  avvedutamente,  perciò  Dante  in  vece  di  di- 
re la  Don  irtrtnmorata  di  j4done  ^  dicola  trnftttn  dai  fit;lìo  ^  fuor  di 
tutto  sitn  costume  ,   rh*   era  di  sempre  con  accorgimento  ferire  . 

ti  Venturi  oltre  di  nuosto  senso  ,  che  danno  alle  parole /i/rjr  di 
iutto  suo  costume  il  T  andino  e  il  'X'ellutpllo  ,  dice  potersi  le  parole 
medesime  anpìicnre  a  Venere  e  sjùetfnre ,  fùii  bella  ,  e  con  pili  \'ii*ace 
snlendore  di  mai,  Ta  è  anzi  questa  l'unica  spiegazione  del  Daniello: 
la  costruzione  nero  ,  che  per  questo  senso  ahhisopnn  ,  connettente  lo 
splendore  in  allora  detjli  orchi  di  Venere  ccm  fuor  di  tutto  ^uiO  costume, 
oltre  eh'  è  dura  .  lascia  poi  anche  capire  elicgli  ocrhi  di  Venenc  non 
fossero  solitamente  splendenti. 

67  r>air  altra  nva  dritta  :  alla  destra  riva  ,  essendo  io  alla  ripa 
sinistra  rispetto  alla  corrente  del  fiume  :  e  non  può  significar  dritta 
della  persona  ,  perchè  Matelda  si  piegava  a  coglier  fiori  ;  e  chi  cosi 
spiega  ,  hisogna  che  s'  immagini,  che  avesse  le  hraccia  lunghe  lunghe 
Ja  per  altro  hella  Mctelda  ,  e  mostruosamente  sproporzionate.  Venturi, 

68  Piit   color  ^    metonimia,  per  più  fiori  ,    come   disse  Virgilio: 
JVvcte  tribus  nodìs  ternos  j4maryUi  colorvs .  Egloga  viii  76.  *  Il  Con- 


(«)  Panie.  114  7.        (b)  OWd.  Metam,  x.  ia5. 


e  A  N  T  O     X  X  V  I  1  1 .  407 

Che  r  alta  terra  senza  seme  gitta  - 

70     Tre  passi  ci  facea  '1  fiume  lontani  ; 

Ma  Ellesponto  ,  là  Se  passò  Xeise , 
Ancora  freno  a  tutti  orgogli  umani  , 

73     Più  odio  da  Leandro  non  sotFerse 

Per  mareggiare  intra  Sesto  ed  Abido  9 
Che  quel  da  me ,  perdi'  allor  non  s  aperse  . 

76     Voi  siete  nuovi ,  e  forse  perch'  io  rido., 
Cominciò  ella  ,  in  questo  luogo  eletto 
Air  umana  natura  per  suo  nido  , 

7g     Maravigliando  tienvi  alcun  sospetto  ; 

Caet.  ,  come  altri   Codici  veduti  dai  Signori  Accademici  ^  legge:  Trai- 
iando  più  color  in  vece  di   Traendo,  IN.  E. 

61^  Che  V  alia  ec.  ;  i  quali  colori  (  i   nuai  fiori  )  produce  quell'  ele- 
valo terreno    di  per  se  ,  srnza  hlsoguo    clic  vi  si  seminino  e  coltivino. 

7?   al  75  Ma  FAlesponto  y  là  *  ve  passò  Xersc  ec.   Xerse  ,  come  scri- 
ve Lucano,  per  fornire  la   guerra   cominciata   dal  padre    Dario  ,   fece 
sopra  lo  Kllesponlo  (  piccìoi  braccio  di  mare,  che  divide   T  Asia  dall' 
Europa)  un   ponte  su   le  navi,  per  lo  qual  passò  in  (irecia  con   ^ette- 
centomila   \  ersi  ;    e  nondimeno   per   industria  di  Temistocle  Ateniese 
fu  rotto  ,  e  vilmente  con  pochissmii  de'  suoi  si  fuggi  :   e  giunto  nella 
fuga  al  detto   ponte  ,  e  trovato  quello  essere  stato  guasto    da'  nemici  , 
fu  necessitato  per  non  venir  nelle   mani    di  quelli,   come  scrive  Pao- 
lo Orosio  ,  a  contentarsi   d'una  sola  piccola  barchetta  d'  un  pescatore» 
nella  quale  ,  non    senza  gran  pericolo  di  sommergersi ,    passò  quel  pic- 
ciol   braccio    di   mare,  non  avendo   la  fortuna  permesso  ,  che  in    tanta 
sua  calamità  potesse  servirsi  d'  una  sola   di  tante  migliara  di  navi    che 
condotte  avea   in  tale  espedizione,  dalle  quali   parca  prima  che  tutto 
il  mar    fosse  coperto  .  (inde  il  poeta  dice  ,  Xerse  esser  m\c  or  freno  , 
cioè  ritegno,  a   tutti  umani  orgo^i  ;  volendo  inferire  che,  se    costui 
con  tante  quasi  innumcrabili  copie  fu  rotto  da  pochi  suoi  nemici  ,  nes- 
suno si  denbe  insuperbire  per  trovarsi  di  forze  superiore  all'  inimico 
suo  ,  ma   pensar  che    il  medesimo    potrebbe    avvenire    a    lui  ;  e  con 
questo  esempio  raffrenar   1'  orgoglio  e  la   superbia  sua .   Piti   odio  da 
Leandro    non    sofferse  .    Leandro  ,    secondo    Ovidio    nell*  Fpist.  ,    fu 
d^Abido ,  terra  a  riva  del  detto  mare  dalla  parte  d'  Asia  .  Costui  amava 
Ero  gentilissima  fanciulla   da    Sesto  ,  terra  dall'  altra  parte   dell'  Elle- 
sponto ,  su  'l  lito  d'  Europa  ,  e  per  trovarsi  con  lei  notava  questo  brac- 
cio  dì   mare  :    ma   sopraggiunto  una  notte    da  crudel  fortuna  ,  fu    da 
quella    gettato    morto  ove  vivo  non  era  possulo  andare  .  Adunque  il 
Poeta  dice  in  sentenza,  che  questo  mare   non  so  d'erse  pi  ii  odio  da  Lean- 
dro ,  per  lo  impedimento  che  gli   era  all'  andar  ad  Ero  ,  che  Lete  sof- 
friva da  lui  ,  perchè  non  s'  aperse  allora  acciò  che  potesse  andar  a  Ma- 
telda  .  Vellotello  .    \fa  Ellesponto  doveri  passò  Serse  ,  il  end.  Antald., 
dove  passò  ,  il  Cliig.  N.  E.  —  Per  nuireg^iara  io  stesso   che  per  ond  •  ;• 
giare .  \  edi  il  Vocab.   della  Cr. 


/|08  PURGATORIO 

Ma  luce  rende  il  salmo  Delectasti , 
Che  puote  disnebbiar  vostro  intelletto . 

82     £  tu  ,  che  se'  dinanzi  e  mi  pregasti  9 

Di'  s*  altro  vuoi  udir  ;  eh*  io  venni  presta 
Ad  ogni  tua  question  ,  tanto  che  basti . 

85     L*  acqua  ,  diss'  io ,  e  '1  suon  della  foresta 
Impugnan  dentro  a  me  novella  fede 
Di  cosa  eh'  io  udi'  contraria  a  questa . 

88     Ond'  ella  :  io  dicerò  come  procede 

Per  sua  cagion  ciò  eh'  ammirar  ti  face  , 
E  purgherò  la  nebbia  che  ti  fiede . 

91     Lo  sommo  bene ,  che  solo  a  se  piace  , 

80  81  Luce  rende  il  salmo  Delectasti .  Salmo  dice  per  yersetto 
del  salmo  ,  pe  'l  versetto  5  del  salmo  91  Delectasti  me  Domine  in 
factum  tua  ,  et  in  opeHbus  manuum  tuarum  exultabo  .  -—  Che  puote 
disnehbinr  ec.  il  quale  versetto  può  dar  lume  ali*  intelletto  vostro  a 
conoscere  la  cagione  per  cui   qu\  si  ride ,  e  si  gioisce . 

85  8/|  Presta ,  pronta  —  tanto  che  basti ,  aggiunto  ,  credo ,  allu- 
sivamente air  avvertimento  di  S.  Paolo  :  Non  plus  sapere  quam  opor- 
Ut  {a)  .  * 

86  87  *  Imnufrna^  i  codd.  Vat.  e  Chip.  N.  E.  Novella  fede  di  co- 
sa eh*  in  ec,  quella  credenza  che  poco  anzi  prestai  a  Stazio  ,  quan- 
do mi  disse  ,  che  dalla  porta  del  Vurgatorio  in  su  non  v'  eraii  pih 
né  venti  ,  né  pioggie,  ne  brine  ec.  (/»)  ;  insegnamento  contrario  al 
fatto  che  qui  trovo  ,  dell*  acqua  che  scorre  in  questo  rivo ,  e  del  ven- 
to che  fi)  risuonar  la  foresta  . 

88  Dicerò  .  Dicere  in   luogo  di  dire  ,  molto  anticamente  adopra 
to  ,  vedilo  nel   Vocabol.  della  Cr. 

89  Face  per  /Ji ,  detto   anche  fuor  di   rima  ,    vedilo  in   Mastro- 
fini  Teoria  e  Prospetto  de*  verbi  Italiani  (e)  . 

qo  Purgherò  la  nebbia  che  HJlede,  toglierò  l'ignoranza  che  t'in- 
gombra . 

91  Lo  sommo  bene  ,  che  solo  a  se  piace  :  cioè  Iddio  sommo  bene , 
e  intera  beatitudine,  il  quale  solo  a  se  pince;  perchè  non  essendo 
1*  intelletto  nostro  atto  per  se  stesso  a  salir  tanto  alto  ,  che  possa 
considerare  quale  e  quanta  sia  la  perfezion  d*  Iddio  ,  avviene  che  egli 
non  ci  piace  tanto  ,  quanto  ci  piacerebbe,  se  conoscessimo  la  per- 
fezion sua  ,  la  quale  essendo  solamente  da  esso  veduta  e  riconosciur 
In  ne  seguita  eh'  egli  piaccia  solamente  a  se  stesso  :  e  questa  è  la 
vera  esposizione  ,  come  che  altri  altramente  l' intenda  .  Daniello  . 
Meglio  però  sarebbe  a  me  se  si  chiosasse  Lo  sommo  bene  ec,  iddio  , 
cui  solo  la  propria  gloria  piace  ;  né  si  può  compiacere  se  non  in  co- 
sa tendente  a  quella .  Lo  sommo  ben  ,  che  solo  esso  a  se  piace  :    leg- 

(a)  Ep,  ad  Rom,  la.    (h)  Porgjcxx  46  e  segg.  (e)  Sotto  il  verbo  fare  b3- 


e  A  N  T  O     XX  vili.  409 

Fece  r  uom  buono ,  e  1  ben  di  questo  loco 
Diede  {>er  arra  a  lui  d'  eterna  pace  . 

94     Per  sua  diffalta  qui  dimorò  poco  : 

Per  sua  diflalta  in  pianto  ed  in  affanno 
Cambiò  onesto  riso  e  dolce  giuoco. 

97     Perchè  1  turbar  ,  che  sotto  da  se  fanno 
L'  esalazion  dell'  acqua  e  della  terra  , 
Che  quanto  posson  dietro  al  calor  vanno , 
100     Air  uomo  non  facesse  alcuna  guerra, 
Questo  monte  salìo  ver  lo  ciel  tanto , 

gono  r  edizioni  diverse  dalla  Kidob. ,  inserendo  cioè  queli'  esso^  che 
non  serve  ad  altro  che  a  produr  mal   suono  . 

p^  *  Fece  r  uom  bono  ,  e  Uben  di  questo  loco  legge  il  Cod.  Caet. 
ed  altri  due  testi  citati  dai  Signori  Accademici,  ove  il  P.  L.  colla 
comune  lesse  :  Fere  P  uom  bono  a  bene  ,  e  questo  loco  ec.  Dal  che  na- 
sceva una  cacofonia  di  senso  e  di  parole  ;  e  mentre  gli  altri  cemen- 
tatori chiosnvano  ,  che  Dio  fece  V  uomo  innocente  acciò  bene  operas- 
se ,  egli  preferiva  d*  interpretar  buono  al  bene  nel  significato  d'  idoneo 
ai  bene  .  Chi  non  vede  quanto  sia  più  consentaneo  al  fatto  ed  alla 
ragione,  che  Dio  facesse  ITomo  buono,  cioè  innocente  e  puro  >  e 
che  gli  di^  per  saggio  delle  delizie  del  Cielo  il  godimento  del  Ter- 
restre Paradiso  ?  Questa  è  la  ragione  per  cui  abbiamo  adottato  pel 
Testo  la  Lez.  e  7  ben.  T  codd.  \at.  e  Chic,  dicono:  e  bene  a  questo 
luo^o  Diede  per  arra    lui    tV  eterna  ,  il  Chig. ,    V  eterna  ,  il  Yat.  N.  E. 

93  j^rra ,  caparra — eterna  pace,  pe'l  celeste  Paradiso. 

q4  Diffalta  per  Jallo  ,  colpa  ,  adoprato  anche  da  altri  vedilo  nel 
Vocabol.  della  Cr.  —  qui  dimorò  poco  ,  perciocché  non  vi  stette  piii 
che  da  prima  insino  a  nona  :  cioè  dall'  alba  infino  a  mezzo  giorno , 
coinè   nel   xxvi  canto  della  terza  cantica  ne  dimostra  (a) .  Dai^iello  . 

96  Onesto  riso ,  innocente  allegrezza  —  iiolce  giuoco ,  dilettevole 
passatempo . 

9j  Perchè  ,  affinchè  —  sotto  da  se  dee  valer  quanto  sotto  ad  es" 
so^  cioè  sotto  al  nominato  luogo  dato  da  Dio  all'uomo  per  arra 
d'  eterna  pace .  Delle  particelle  da  per  a ,  e  se  per  esso  vedi  Cino- 
nio  {b)  . 

*  98  V  esaltazione  il   Cod.  Vat. ,  Pesultaùony   il  Cod.  Chig.  N.E. 

p9  Quanto  posson  ec,  6nchè  il  calore  rende  esse  esalazioni  meno 
gravi   dell'  aria  . 

loi  Questo  monte  salìo  ver  lo  ciel  tanto y  intendi,  quanto  tu  hai 
per  prova  nel  salinai  conosciuto.  j4lexander  de  Hales  {  riferisce  Pere- 
rio  del  terrestre  Paradiso  parlando  )  (e)  ait ,  Paradisum  esse  in  aere 
quieto  et  tranquillo  ,  qui  superior  est  hoc  nostrali  aere  inquieto  oc  tur- 
Dulento  :  et  locum  Paradisi  esse  ubi  finis  est  et  terminus  exhalationum 

(a)    Verso  i^o  e  segg.      {b)    Par  tic,  70  2  e  223  a.      (e)   Disp.  in  Gen. 
lib.  i  qa.  a. 


4io  PURGATORIO 

E  libero  è  da  indi  ove  si  serra . 

io3     Or  perchè  in  circuito  tutto  quanto 
U  aer  si  volge  con  la  prima  volta  , 
Se  non  gli  è  rotto  il  cerchio  d'  alcun  canto  ; 

106     In  cfuesta  altezza,  che  tutta  è  disciolta 
Neir  aer  vivo ,  tal  moto  percuote , 
E  fa  sonar  la  selva  perch'  è  folta  ; 

109     E  la  percossa  pianta  tanto  puote  , 

Che  della  sua  virtute  V  aura  impregna  , 
E  quella  poi  girando  intorno  scuote . 

iia     ET  altra  terra  ,  secondo  eh'  è  degna 

Per  se  o  per  suo  ciel ,  concepe  e  figlia 
Di  diverse  virtù  diverse  legna  . 

0t  vaporum  quorum  Jluxus  et  progressus  Lunae  potesiaii  ac  efficientiae 
attrimiHur.  *  Questo  monte  sali  verso  il  ciel  tanto,  il  cod.  Antald.  N.E. 
101  E  W^ero  è,  dal  turbar  che  fanno  V  esilazioni  —  da  indi  ove 
si  serra  ,  dalla  porta  del  Purgatorio  in  su .  *  £  liberonne  d  indi  ,  i 
Codd.  \at.   e  Chig.  N.E. 

io3  al   108  Or  perchè  in  circuito  ec.  Avendo  Matilda  dimostrato  a 
Dante  ,  che  Stazio  gli   aveva   detto   il  vero  ,  che  i  terrestri  vapori  non 
ascendono    più    su    che  al   terzo    grado    della    porta    del    Purgatorio , 
ora  viene   a   dimostrargli    la  cagione  del  mover  delle  foglie  ,  che  sen- 
tiva per  In   foresta:   la    qual    è,  perchè   (rimanendo    la  terra    ferma) 
l'aere  si    volge  tutto  quanto  in   circuito  con  la  pnrna  vfo/fa^  cioè  col 
primo   mobile,  il  qual  si    tira   dietro  da  oriente  in  occidente  tutti   gli 
altri  cieli,  che  sono  di   sotto  a  lui,  e  l*aere  insieme  con  quelli;  Se 
non  gii  è  rotto  (V  alcun  canto  il  cerchio  ;  come  spesse   volte  avviene 
quaggiù  basso  ,  daVaporì   caldi   ed  umidi  ,  da*  quali  è  conturbato   V  ae- 
re ,  e  generalo  il  vento  :    ed  allora  V  aere   non  gira    tutto   quanto    in 
circuito,  per  essergli  rotto  il  cerchio  d'alcun    canto:  ma    gira    sola- 
mente quella  parte  del    cerchio  ,  la  qual  è  libera    da    tal   alterazione. 
In  questa  altezza  adunque  ,  la  qual    è   tutta  disciolta  ,    e   libera  ,  nelC 
aere  vivo  ,    e  non  morto   ed  oppresso  da   tali  alterazioni ,  percuote   tal 
moto;  e  per  esser  la   selva  folta  di   piante,  percuotendo  nelle  sue  fo- 
glie le  fa  sonare.  Vellutello  .  *  L'  erotto  ,  i  codd.  Vat.  e  Chig.  N.E. 
1 1  o  Imprt'f^na  per  carica  . 

Ili    E  quella  j  oioè   P  aura  ,  V  aria  —  scuote  ,  denone  . 
iia  L*  altra  terra,  diversa  da   quella    del    Paradiso  terrestre,  la 
terra  nostra  ,  —  degna  per   abile  . 

1 13  Per  suo  ciel ,  per  suo  clima  —  concepe  per  concepisce  da  con- 
cepere  detto  da  buoni  autori  anche  fuor  di  rima,  ed  in  prosa.  Vedi 
Mastrofini    Teoria   e  Prospetto  de*  verbi  Italiani  ,  *  verbo  concepii^ , 

\ii\  Di  diverse  virili  diverse  legna  ^  pianf.e  e  frulli  di  virtù  diver- 
se .  Daniello  . 


e  A  N  TO     XXVIII.  4ii 

1 15     Non  parrebbe  di  là  poi  inaravigb'a, 

Udito  questo,  quando  alcuna  pianta 
Senza  seme  palese  vi  s'appiglia. 

118     E  saper  dei  che  la  campagna  santa, 

Ove  tu  se' ,  d'  ogni  semenza  è  piena  , 

E  frutto  ha  in  se  che  di  là  non  si  schianta. 

j2i  L'  acqua  ,  che  vedi ,  non  surge  di  vena 
Che  rislori  vapor  che  giel  converta  , 
Come  fiume  eh'  acquista  o  perde  lena  : 

1 1 6  Udito  questo ,  vale  quanto  se  questo  udito  fosse . 

117  Senza  seme  palese  y  senza  vedersene  prima  il   seme. 

118  Campagna,  pianura  —  santa,  perchè  falla  per  T  abilazioue 
dell'  uomo  innocente 

119  D*  ofrni  semenza  piena.  Qui  il  Vellulello  (dice  il  Venturi) 
per  vana  paura  che  il  Poeta  non  si  conlraddic»  ,  perchè  ha  dello  di 
sopra  ,  parlando  d'  erbe ,  e  fiori ,  ed  arboscelli  , 

Che  quella  Urrà  sol  da  se  produce  (a)  . 

Che  i'  alta  terra  senza  seme  gitta  (h); 
spiega  £  piena   di  ogni  sorta   di   arbori .    Ma  qm  semenza ,  con  sua 
buona  pace  ,  significa  semenza;  non  però  l'usuale  e  comune,  che  pro- 
duce  ell'etli    simili    sdlu  sua  causa  i  ma  cj^uella  mialilà  e   virtù  ,  di   cui 
s'è  l'aria  imbevuta  dal  toccare   quei  fiori,  quefrerbe,  e  quelle  pian- 
te ;  e  che  poi,  come  ha    detto   il    1  oeta ,  girando  intonto  scuote;  nh 
ha  che  fare  colla  semenza  negata   di  sopra  alla  terra  estranea,  la  (]uai 
semenza  è  la   nostrale,  e  viene  ajutata  però  dalTindustria  de'coltiva- 
tori  della   campagna. 

Con  buona  pace  però  anche  del  Venturi  ,  a  me ,  non  tanto  per 
non  contraddire  ai  citati  lontani  versi,  quanto  per  meglio  accordare 
co'  due  vicini ,  par  meglio  chte  per  ogni  semenza  intendasi  ot^ni  spezie 
di  pianta;  e  che  semenza  appelli  quelle  piante  pe'l  sopraddetto  im- 
pregnar che  fanno  esse  P  aura  di  sua  virtute,  a  produrne  altre  altro- 
ve, secondo  che  ec.  Imperocché,  schiettamente  e  senza  figura  parlan- 
do ,  sembrami  più  propriamente  detto  che  la  campagna  sia  piena  d^ogni 
spezie  di  piante  ,  che  piena  d'ogni  semenza  ;  e  che  schiantarsi  il  frutto 
dicasi  dalla  pianta,  e  non   dalla    semenza. 

120  Frutto  ha  in  se,  che  di  là  non  si  schianta;  il  quale  nell' 
altro  emisferio  non  si  coglie  (  non  si  stacca  dall'  albero  )  ,  intenden- 
do del  frutto  dell'arbore  della  vita  ,  del  quale  chi  mangia  non  muo- 
re mai .  Vellltello. 

121  ìli  125  Non  surge  di  vena,  Che  ristori  vapor  ec:  non  esc« 
da  colai  sotterraneo  canale ,  in  cui  vengavi  rimessa  dai  vapori  ,  che 
il  freddo  dell'aria  converte  in  pioggia  ;  come  ristoransi  in  qU^elTaltro 
emisferio  i  fiumi  vostri,  che  perciò  ora  abbondano  d'acqua  ,  ora  scarseg- 
giano .  Allude  alle  parole  aella  Genesi  :  IVon  pluerat  Dominus  Deus 
super  terram  . . .  sed  fons  ascendebat  e  terra  ,  irrigans  universa  m  super  fi- 
cicm  terrae  (e) .  *  Ch  aspetta  ,  o  perde  lena ,  i  codd.  Val.  e  Chig.  ^i.  F. 

(a)  Canto  jprcc.  v.  i35.     (l)  C.  prec.  ¥,  65.     (e)  Gap.  •;. 


4ia  PURGATORIO 

1  a4     Ma  esce  di  fontana  salda  e  certa  , 

Che  tanto  dal  voler  di  Dio  riprende  , 
Quant*  ella  versa  da  due  parti  aperta . 

127     Da  questa  parte  con  virtù  discende 

Che  toglie  altrui  memoria  del  peccato  ; 
Dair  altra ,  d' ogni  ben  fatto  la  rende  . 

i3o     Quinci  Lete,  così  dall'  altro  lato 

Eunoè  si  chiama  ;  e  non  adopra  , 

Se  quinci  e  quindi  pria  non  è  gustato  . 

j53     a  tutt' altri  sapori  esto  è  di  sopra; 

E ,  avvegna  che  assai  possa  esser  sazia 
La  sete  tua  ,  perch'  io  più  non  ti  scuopra , 

I3/|  Salda  e  certa ,  invariabile  ed  immancabile  . 
laS  ia6  Che  tanto  dal  voler  ec:  la  qual  fontana  di  al  tre  tUnf  acqua 
viene  da  Dio  immediatamente  proveduta  ,  quant'  ella  ne  versa  per  ciue 
apertane  ,  per  due  canali .  Del  voler  leggono  1*  edizioni  diverse  dalla 
Midobaetina  ,  *  e  il  cod.  Vat. ,  tU  voler  il  Chig.   N.  E. 

127  al  i3a  Da  questa  parte  ec.  Di  questi  due  rivi,  de'loro  nomi, 
effetti  e  direzioni  vedi  quant*  è  detto  nella  nota  al  verso  aS  e  segg. 
del  presente  canto  .  Aggiungesi  qui  la  particolare  proprietà  d*£unoè , 
che  oevuto  senza  prima  aver  bevuto  ai  Lete  ,  non  produrrebbe  l'ef- 
fetto (li  rendere  la  memoria  d^  oeni  ben  fatto  ,  Il  Venturi  alle  parole 
e  non  adnpra  Se  quinci  e  quindi  pria  non  è  gustato ,  chiosa  in  mo- 
do di  togliere  vicendevolmente  anche  a  Lete  T  effetto  d*  indurre  ob- 
blivione  delle  colpe,  se  non  insieme  bevasi  d*  F.unoè  :  IVesòun  ^  di- 
ce ,  de*  due  produce  pienamente  V  effetto  suo ,  e  fa  vero  prò  frustato 
solo.  Il  contrario  però  insegna  Dante  nel  canto  xxxiii  di  questa  can- 
tico ,  ove  solo  per  aver  bevuto  di  Lete ,  prima  di  bere  d*Ennoè ,  tro- 
vasi dimentico  d*  essersi  un  tempo  straniato  da  Beatrice  {a)  •  ^  D*ogni 
ben  frtdto  le  rende,  il    cod.  Vat.   N.  E. 

i53  A  tutt  altri   sapori  er.  :    il   sapore  di   quest'acqua,  tanto   in 
Lete  ,  quanto  in  Eunoè,  supera  ogni  altro  sapore. 
1 34  Avvegna  che ,  sebbene . 

i55  Tm,  sete  tua  ^  la  tua  brama  di  conoscere  le  maraviglie  di  que- 
sto luogo  —  perch*  io  la  Nidob. ,  perchè  V  altre  ediz.  :  e  dee  qui  per- 
che  intendersi  adoprato  al  senso  di  ancorché,  benché y  al  quale  (te- 
stimonio il  Cinonio  )  (b)  fu  spesso  usato  itagli  antichi  nelle  prose  ,  e 
nel  verso .  *  Questo  perche  non  mi  pare  che  debba  valere  benché  :  non 
avendo  avuto  il  poeta  in  questo  luogo  bisogno  o  per  rima  o  per  al- 
tro di  scambiare  fra  loro  i  due  diversissimi  avverbii .  Crederei  piut- 
tosto che  qui  Dante  voglia  dire  :  perchè  tu  non  iscuopra  pili  il  dub- 
bio animo  tuo  ,  non  ne  chieda  piti  ,  non  muova  più.  quittioni  ec.  Vedi 
il  V  84  e  seguenti-.  Ovvero:  perch  io  non  ti  dica  piii  oltre  y  insomma 

(a)  Vcrfi  51  e  segg.    (b)  Panie.  96  3. 


e  A  N  T  O    XXVIII.  4i3 

i36     Darotti  un  corollario  ancor  per  grazia  , 
Ne  credo  che  ^1  mio  dir  ti  sia  men  caro 
Se  oltre  promission  teco  si  spazia . 

j39     Quelli  eh'  anticamente  poetaro 

L'  età  deir  oro  e  suo  stato  felice, 
Forse  in  Parnaso  esto  loco  sogna ro . 

i4^     Qui  fu  innocente  V  umana  radice  : 

Qui  primavera  sempre ,  ed  ogni  frutto  : 
Nettare  è  questo  di  che  ciascun  dice . 

j4&     Io  mi  rivolsi  addietro  allora  tutto 

per  terminarla  una  volta  ec,  ,  ch'è  modo  sì  famigliare  in  tutti  i  discor- 
si .  In  tal  caso  P avvegnaché  starebbe  per  conciossiachè  .  Ma  io  forse 
m'  ingannerò  .  il  cod.  Antald.  legge  :  perck*  io  piti  non  discuopra  • 
iS'ota  di  Salvatore   Belli.  N.  E. 

i36  Corollario  è  quella  nuova  verità  ,  che  dalle  principali  verità 
ricercale  si  deduce  e  ricava,  \entdri.  —  per  grazia,  per  giunta  li- 
berale e  gratuita  .  Venturi  . 

i38  Se  olire  promissione  la  quale  fu  io  dicerò  come  procede  per 
sua  cagioni  ciò  ch^  ammirar  ti  face  {a);  non  già  di  dirgli  anche  di 
quelle  cose  che  Dante  neppur  immaginasse. 

i3p  i/jo  i4i  *  Altamente,  il  cod.  Chig.  N. E.  —  Poetaro  Vetà  deW 
oro  ,  Cioè  finsero  e  favoleggiarono  ne*  lor  poemi  V  età  dell*  oro .  A  ol- 
pi .  — forse  in  Parnaso  esto  loco  sognaro .  Mon  lo  finsero  (chiosa  il 
Venturi)  essere  in  Parnaso  quel  secol  d'oro,  come  sogna  Daniello; 
ma  l'arnaso  ^gnifìca  qui  1*  estro  poetico  ,  e  allude  a  quel  di  l'ersio 
IVec  in  bicipiti  sommasse  Pamasso  :  forse  col  loro  estro  s*  immagi- 
narono ,  e  adombrarono  ,  ma  rozzamente  e  confusamente ,  come  si  fa- 
rebbe  in  torbido   so^no  ,  questo  beato  luoffo . 

Il  Daniello  pero  fu ,  quanto  veggo  ,  il  primo  ad  illustrare  que- 
sta espressione  di  Dante  con  quella  di  Persio  IVec  in  bicipiti  somniaS' 
se  Parnasso  :  e  se  per  questo  parlar  di  Persio  non  richiedesi  in  Par- 
naso altro  che  il  puro  sogno ,  e  non  già  la  cosa  sognata  ,  non  ve^- 
go  come  possa  il  Venturi  accusare  il  Daniello  che  ammetta  essere  m 
Parnaso  quel  secol  d'oro.  Ecco  bella  e  intiera  la  chiosa  del  Daniel- 
lo .  Quelli  che  anticamente  poetaro  ,  cioè  quelli  eh*  anticamente  poe- 
tando posero  1'  età  dell*  oro  ,  forse  sognarono  questo  luogo  in  Par- 
naso :  ond^   Persio  ,  IVec  in  bicipiti  sommasse  Parnasso . 

142  Qui  fu  innocente  ec.  Qui  F  umana  radice  ,  i  primi  genitori 
stettero  finché   innocenti   furono  • 

1 43  1 4  i  Qui  primavera,  ec,  Ovidio  :  Fer  erat  aetemum  placidi' 
que  tepentibus  auris  Mulcebant  zephiri  natos  sine  semine  Jlores  :  e  po- 
co più  sotto  ,  Flumina  jam  lactis ,  jam  Jlamina  nectaris  ibant .  Daniel- 
lo .  Matelda  dunque  dai  lodati  in  quel  luogo  perpetui  fiori  e  frutti 
passando   a  lodare  1*  acqua  del  rivo  che  scorreva    di  mezzo  tra  essa 


(a)  Vtrsi  88  e  89. 


4i4  PURGATORIO 

A'  miei  poeti ,  e  v  idi  che  con  riso 
Udito  avean  V  ultimo  construtto . 
Poi  alla  bella  donna  tornai  '1  viso . 

e  Dante  ,  nettare^  dice,  ìt  questo,  di  che  ciascun  ce,  :  qucsf acqua  cioè 
è  quel  liquore  tanto  appo  tutti  rinomato  ,  e  creduto  bevanda  de- 
gli Dei . 

i/|6  Con  riso,  per  sentirsi  trattati  tutti  quanti  da  sognatori. 
i/|7  Costrutto,  al  scuso  di  cosirtizione  o  sia  ortUnazione  di  par^ 
lare  {a),  detto  figuratamente  pe'l   parlare  niedosimo  . 

1  /|8  Tornai  il  viso ,  rivolsi  la  faccia  9  o  gli  occhi  .  f^iso  adopera 
iftrove  Dante  ora  per  Jaccia  {b) ,  ed  ora  per  cwt/m  (t)  :  qui  è  susccl- 
jhilc  dell*  uno  e  deir  altro  significato  * 


a 

ti! 


(a)  Vedi  il  Vocab.  della  Cr.  alle  voci  costrutto  e  costruzione  .    (^)  Pt- 
rad.  XVI li  17.    (e)  Inf.  iv  ix. 


Fine  del  eanto  K'entesinwtttwo  ^ 


4i5 

CANTO    XXIX. 


ARGOMENTO     (♦) 

Andando  Dante  e   Matelda  lungo  le  rive  del  fiume  ,  ammonito  egli  dalla 
donna  ,  incominciò  a  guardare  ,  e  ad  ascoltare  una  gran  novità  . 

I     VJ  alitando  ,  come  donna  inamorata  , 
Continuò  col  fin  di  sue  parole  : 
Beati  ,  quorum  teda  sunt  peccata  . 

4     E  come  ninfe ,  che  si  givan  sole 

;         Per  le  selvatiche  ombre  disiando 

Qual  di  fuggir  ,  qual  di  veder  lo  Sole , 

7     Allor  si  mosse  contra  '1  fiume ,  andando 
Su  per  la  riva  ,  ed  io  pari  di  lei , 
Picciol  passo  con  picciol  seguitando  . 
IO     Non  eran  cento  tra  i  suoi  passi  e  i  miei, 

I  Innamorata ,  piena  d'amore  verso  di  santa  chiesa  ,  secondo  ch'è 
detto  nel  presente   canto  v.  /|0. 

1  Continuò  ,  congiunse  y  col  Jin  di  sue  parole,  coU'ultime  parole 
dette  nel  precedente  canto ,  che  furono  nettare  e  questo  ,  di  erte  da' 
scun  dice  (a)  . 

5  Jìeati  quorum  tecta  ec.  parole  del  salmo  5i  convenienti  alla 
materia  ;  perciocché  già  dovea  Dante  bere  dell'  acqua  di  Lete ,  per 
la  quale  avea  a   dimenticar  i  peccati.  Landino. 

\  al  g  E  come  Ninfe  ec,  Matelda  si  mosse  andando  contro  al 
ilume   su    la  riva    di    quello,    nella  guisa  che  sogliou    fare  le   Ninfe, 


Juggir  ,  i  codd.  \at.  Chig.  e  Antald.  N.  E.  —  ed  io  pari  di  lei  j  inten- 
de mi  mossi  —  picciol  passo  ec.  i  corti  passi  di  lei  seguitando  con 
corti  passi   eh'  io  pur  faceva . 

io  lYon  eran  cento  ec.  non  e'  eravam  innoltrati  una  cinquantina 
di  passi.  Suo* passi  leggono  l'edizione  delia  Crusca   e  le  seguaci. 
^■^— ™-»^™^^^— ^— ^— ^^— ^-^— ^■— ^— — i^~— ^-^— ^— — »— ^^       ^-^^^™^^— ^— —^^^-^^ii^^i^— ^— ^ 
(*)     Argomento  metrico  del  celebre  Gaspare  Goxii  . 
Da  luDge  vede  sette  alberi  d'  oro 
Dante  ,  che  sono  candelabri  e  luci  , 
Che  adagio  vanno  ,  e  (aa  beato  coro  • 
Diretro  ad  essi  pur  come  a  lor  duci 
,  Vede  genti  venir  ,   ed  animali 

Misteriosi  ,  in  cai  usa  le  luci  . 
Lettore  ,  i*  noi  so  dir  ,  s*  ivi  noa  sali . 
(a)  Vers.  144. 


4»6  PURGATORIO 

Quando  le  ripe  ìgualmente  dier  volta 
Per  modo ,  eh'  a  levante  mi  rendei . 

i3     Ne  anche  fu  cosi  nostra  via  molta  , 

Quando  la  donna  a  me  tutta  si  torse  j 
Dicendo  :  frate  mio ,  guarda  ed  ascolta  . 

16     Ed  ecco  un  lustro  subito  trascorse 
Da  tutte  parti  per  la  gran  foresta , 
Tal  che  di  balenar  mi  mise  in  foi^e . 

1  9    Ma  perchè  '1  balenar  come  vien  resta  , 

E  quei  durando  più  e  più  splendeva  , 
Nel  mio  pensar  dicea  :  che  cosa  è  questa? 

2  a     Ed  una  melodia  dolce  correva 

Per  r  aer  luminoso  ;  onde  buon  zelo 
Mi  fé'  riprender  V  ardimento  d' Eva  : 

11   ìgualmente  ilter  ^oUa ,  senza  cioè  perdere  il  loro  parai ellìsnio. 

17  y4  levante  mi  rendei  :  direzione  tenuta  anche  prima  che  se 
gli  attraversasse  quel  rivo  (a)  ,  e  dalla  quale  si  era  tolto  solamente 
m  questi  detti  pochi  passi  fatti  di  paro  con  Matclda  contro  al  cor- 
so del  rivo  medesimo,  ^l  levante ^  leggono  1*  edizioni  diverse  dalla 
^idobeatina  : 

i/\  La  donna  a  me  tutta  si  torse:  cosi  la  Nidobcatina.  *  Il  Cod. 
Cass.  ed  il   Cod.  Caet.  leggono  quasi  conformemente  alla  Nidobeatina. 

Quando  la  donna  tutta  a  me  si  torse  ^  N.  E.    —   la    voce   tutta   ' 
intesa  per  con  tutta  premura  ,  o  totalmente  {b)  ,  sta  detto   benissimo. 
La  danna  mia  a  me  si  torse  ,  leggono  V  altre  edizioni  '^  e  i   codd.  \  at. 
e  <  big.  N.  F. — Dante  però   non  appella  altrove   Matclda  mai  la  mia 
donna  ;  ma  /a  donna ,  la  bella  donna  ec, 

i6  Un  lustro  y  un  chiarore,  proveniente,  dee  intendersi,  dalle 
sette  fiamme  ,  dinotanti  i  sette  doni  dello  Spirito  sauto  ,  che  in  ap- 
prèsso dirà  portate  da  sette  aurei   candelabri .  \  edi  v.  5o  e  segg. 

i8   7 al  che  ec,  di  modo  che  mi  fé'  dubitare  che  balenasse.  Ventcri. 

19  Come  vien  resta.  Può  la  com<?  aver  senso  di  mentre  (e);  ed 
a  questo  modo  come  vien  resta  varrebbe  quanto  nello  stesso  mentre 
die  si  fa  vedete  5/7rtri5Ctf .  Intendendosi  poi  colla  comune  degli  espo- 
sitori ,  che  la  particella  come  significhi  in  quella  ffiiisa  ,  spiegheremo 
co'  medesimi   in   quella  grtisa  c/ie  subito  viene  ,  subito  cessa . 

ai   IS'et  mio  pensar^  dentro  di   me. 

11  Una  melodia ,  un  dolce  suono ,  che  poi  scoprirassi  esser  can- 
to .  V.  36. 

l'S  it\  Buon  zelo  j  giusto  zelo;  mi  fi*  riprendere  ^  biasimare,  V  ar- 
dimento (T  Eva  la  prima  madre . 

{a)  Purg.^xjivii    153  e  sstxii  7.     {]b)  Vedi  Ciò.  Partic  247  i     (e)  Ve- 
di Cinoaio  Fatica  56  ^. 


CANTOXXI7C.  4«7 

25     Che  9  là  dove  ubbidìa  la  terra  e  1  cielo  , 

Femmina  sola  ,  e  pur  teste  formata  j 

Non  sofferse  di  star  sotto  alcun  velo; 
a8     Sotto  '1  qual  se  divota  fosse  stata  , 

Avrei  quelle  ineffabili  delizie 

Sentite  prima  j  e  più  lunga  fiata . 
3i     Meutr'jo  m'andava  tra  tante  primizie 

Dell'  eterno  piacer  tutto  sospeso  j 

E  disioso  ancora  a  più  letizie  j 
34     Dinanzi  a  noi  tal ,  quale  un  fuoco  acceso  9 

Ci  si  fé*  r  aer  sotto  i  verdi  rami  > 

a5  16  ij  Che,  là  dove  ec.  Imperocché  ,  mentre  ubbidiva  a  Dio 
e  cielo  e  terra  ,  la  femmina  sola  ,  e  creata  pur  teste ,  solamente  allo- 
ra, non  sofferse   che  fessele  da  Dio  velata  alcuna  cognizione;  e  pe- 
rò s'indusse ,  non  ostante  il  divieto  ,  a  mangiare  quel  pomo  ,  per   cui 
virtù  credette  1*  incauta   d'acquistare  ogni    scienza.  Dell*  avverbio  là 
dove  ,  o  laddove ,  per   mentre   vedi  il  Vocab.  della  Cr.  e  il  Cinonio  . 
»Se  la  prende  il  poeta  contro   di   Lva  solamenti* ,  perchè  fu  la  prima 
a  gustare  del  vietato   frutto ,  e  a  indurre  Adamo  nel  medesimo  delitto  • 
5o   Sentite    (  gustate  )  prima ,  poiché    sarebbe    nato  nel  Paradiso 
medesimo   e  non  in  Firenze  —  e  più  lunga  fiata ,  cioè  non  per  «un  mo- 
mento ,  come  allora  gustavale ,  ma  dal  suo   nascimento  fino  al  tempo 
allora    presente,    per  anni    35  (a),   E  poi   lunga  Jiaiay  diversamente 
dalla  Kidobeatina   e  da  parecchi  mss.  veduti   dagfi  Accademici   della 
Crusca ,    leggono    le    altre  edizioni  ^  e  i  codd.   Vat.  e  Antald.  N.  E» 
I^'on  sembra  però  che  meriti  questa  lezione  di  essere  a  ouella  preferita* 
3i  5^2  7m  tante  primizie.  Perchè  queste  furono   le  prime  cose, 
che  cominciò  a  vedere  ,  ed  udire  nella  contemplazione    delC  etemo 
piacere ,  cioè  del  sommo  bene  il   quale  consiste  nella   contemplazio- 
ne •  Così  d'  accordo  il  Laudino  e   il    Vellutello ,  i  soli ,  quanto    veg- 
go ,  che  si  fermano  a  spiegarne  ciò  che  si  ha   a  intendere  qui  per 
eterno   piacere .  Ma  io ,    lasciando  cotale    allegoria ,    mi  piglierei  per 
senso   letterale  che  ,   computando   Dante  venire  al  terrestre   Paradiso 
immediatamente  in  seguito  il  Paradiso  celeste  ,  quello  in  cui  v'  è  eter^ 
no  piacere  ,  ed  essere  anzi  il    primo    dato  all'  uomo  per  arra  {h)  del 
secondo  ;  perciò   computi  ancora  le  nel   terrestre  Paradiso  vedute  ed 
udite    prime   cose  quali  primizie ,    primi  assaggi  >  delV  etemo  piacere 
del  celeste  Paradiso .  —  tutto  sospeso^  totalmente  astratto  . 

33  E  disioso  ancora  ec,  e  aspirando  alle  pih  perfette  contentez^^ 
del  Cielo  empireo.  \' saturi. 

34  35  Quale  un  fuoco  acceso  ci  si  J^V  aer  sotto  ec.  Il  vano  tutto 
della  selva  dai  folti  rami  ricoperto  parve  un  acceso  fuoco;  e  inten- 
de ,  che  ciò  avvenisse  per  l'avvicinarsi  delle  fiamme ,  eh'  erano  sopra 

(a)  Vidi  la  Nou  al  prillo  versa  dalla  Comoiadia.  (b)  Pargatorio  asviii  a), 
e  seg. 

i'-i  V  d 


4iS  PURGATORIO 

E  'I  dolce  suon  per  canto  era  già  'nteso  • 

37     O  sacrosante  vergini ,  se  fami , 

Freddi ,  o  vigilie  mai  per  voi  soffersi  j 
Cagion  mi  sprona  eh'  io  mercè  ne  chiami  . 

4o     Or  coavien  eh'  Elicona  per  me  versi , 
£  Urania  m' ajuti  col  suo  coro 
Forti  cose  a  pensar  ^  mettere  in  versi . 

i  sette  candelabri ,  dei  quali  dirà  ne*  versi  5o  e  3egfi^. ,  e  pe'  quali , 
per  sentimento  comune  degl*  interpreti ,  intende  Dante  i  sette  doni 
dello  Spirito  Santo»  *  Quale  infoco  acceso  ^  il   cod.  Antald,  N.E,  - 

36  ^7  dolce  suon  ec,  E  quello  che  da  prima  non  pareva  cbe 
un  dolce  suono  ,  meglio  già  (per  essersi  più  avvicinato)  si  capiva, 
che  era  di  voci  che  cantavano  ,  senza  però  capirsi  ancora  che  si  can- 
tassero (^)p 

37  Ss  39  Sacrosante  vergini  appella  le  Muse,  perocché  celesti, 
anzi  aivine  {h)  —  se  mai ,  se  in  alcun  tempo ,  soffersi  per  voi ,  per 
gli  studj  a' quali  voi  presedete. — cagion  mi  sprona y  costringemi  la 
necessità  —  chUo  merce  ne  chiami  ,  eh*  io  vi  chiegga  ajuto.  Merce  per 
ajuto  adopera  il  Petrarca  pure  nel  son.  [\\. 

Che  quando  più  'l  tao  ajuto  mi  bisogna  , 

Per  dimandar  mercede  ,  allor  ti  stai 

Sempre  più  fredda  • 
Adoprandosi  però  mercè  anche  a  significar  premio ,  ricompensa  {e) , 
potrebbe  intendersi  che  per  mercè  altro    espressamente  non  chiegga 
che  ricompensa  ;  ma  anche  poi  per  cotal  ricompensa  tacitamente  in* 
tenda  1'  ajuto  .  '*'   FI  chiami ,  il  cod.  Chig.  e  1*  Antald.   N.  E. 

40  elicona  è  giogo  in  Parnaso ,  ove  nasce  il  fonte  Pegaseo  de- 
dicato alle  Muse  ;  onde  il  Poeta  prese  il  giogo  per  il  fonte  ,  il  qual 
versa  allora  ,  che  eloquentemente  si  scrive  in  poesia  ,  essendo  il  fio- 
me ,  eh'  esce  da  quello ,  significato  per  Ja  eloquenza  ;  onde  il  Petrar- 
ca nel  son.  7. 

Che  per  cosa  mirabile  s*  addita 

Chi  vuol  far  d*  eloquenza  nascer  fiume  .  Vbllutello  * 

41  Urania .  Volendo  trattare  delle  cose  celesti  convenientemente 
invoca  questa  Musa ,  che  è  nominata  dal  Cielo  (  appellato  grecamen- 
te evùetvog)»  Landino.  Come  però  le  Muse  non  istanno  mai  disgiun- 
te, perciò  con  Urania  prega  Dante  anche  il  di  lei  coro  ^  cioè  tutte 
le  altre  muse  compagne . 

42  Forti  cose  a  pensar  ec.  lega  con  m' ajuii  :  nC  aiuti  a  pensare , 
mettere  in  versi  ,  omette  per  asyndeton  ,  la  e  avanti  mettere  in  versi  — 
cose  forti  y  difRcili  (d) .  Ti  Vellulello,  Daniello,  e  Venturi  intendono 
essere  la  costruzione  ,  m'  ajuti  metter  in  versi  cose  forti  a  pensare . 
Oltre  però  la  dura  trasposizione  di  parole  che  questa  costruzione 
induce  ,  favorisce  alla  prima ,  che  il  pensare ,  o  sia  il  preparare  la 
materia  del  poema   è  realmente  opera  diversa  dal  metterla  in  versi; 

(a)  Vedi  in  appresso  v.  5l.  (h)  Vedi  tri  gli  altri  Nital  Conti  Myth. 
lib.  7  cap.  i5.  (e)  Vedi  il  Vocab.  della  Cruscm .  (J)  Vodi  il  Vocab.  deiU 
Ctttsca  sotto  V  addiettivo  forte  {.  a* 


CANTO     XXIX,  4,0 

43    Poco  più  oltre  sette  alberi  d'oro 

Falsava  nel  parere  il  lungo  tratto 

Del  mezzo ,  ch'era  ancor  tra  noi  e  loro;  ^ 

46     Ma  quando  i'  fui  sì  presso  di  lor  fatto , 

Che  r  obbietto  comun  ,  che  '1  senso  inganna  , 
Non  perdea  per  distanza  alcun  suo  atto  ; 

49     La  virtù ,  eh'  a  ragion  discorso  ammanna  , 
Si  com'  elli  eran  candelabri  apprese , 
£  ,  nelle  voci  del  cantare ,  Osanna  • 

e   che  è  necessarìo   all'  una  e  all'  altr'  opera  V  a)ato  delle  Muse  . 

45  44  4^  >V&^^#  alberi  (T  oro  falsewa  ec,  la  seguito  al  descrìtto 
chiarore  delle  dette  fiamme  »  che  ardevano  sopra  \  sette  candelabn ,  * 
incomincia  a  scorgere  anche  i  candelabri  medesimi ,  i  quali  d'  oro 
essendo  e  di  sn^isurata  grandezza  ,  né  bene  ,  per  la  distanza  ancor 
molta  ,  potendone  discemere  la  precisa  loro  tigura  ,  gli  apprende  per- 
ciò falsamente  per  alberi  d'oro  .  Dice  adunque  che  i7  lungo  tratto  fai" 
sas^a  nel  parere  sette  alberi  à^  oro ,  faceva  falsamente  dall'  estimativa 
potenza  apprendersi  alberi  d'  oro ,  in  InogQ  di  candelabn  .  '*^  Falsava 
nel  parete  il  luogo  tratto  ,  il  cod.  Vat»   N,  E, 

S.  Giovanni  nel  capo  i.  dell'  Apocalisse  vide  sette  candelieri 
d'  oro  ,  e  nel  capo  4  vide  sette  lampade  risplendenti  davanti  al  di- 
vin  trono  .  Dante  unendo  le  lampade  ai  candelieri  pone  quelle  sopra 
di  questi ,    credo    su  '1  fondamento  ,  eh'  alcuni  sacri   interpreti ,  tra  i 

Jfuali  Ruperto  ,  dicono  significarsi  le  cose  medesime  pei  sette  cande^ 
lerì  ,  e  per  le  sette  lampade  (a) , 

47  48  Che  r  obbietto  comun  j  che  ec.  Tocca  la  vera  cagione  per 
la  quale  si  apprende  tal  volta  per  via  dei  sensi  una  cosa  per  un  al- 
tra; ed  è  il  fare  una  cosa  obbietto  ai  sensi  di  ciò  solamente  che 
ha  comune  con  altre  cose  •  Una  statua  esempigrazia ,  veduta  di  lon- 
tano non  fa  obbietto  all'  occhio  se  non  di  un  contorno  comune  all' 
umano  corpo  ;  e  perciò  facilmente  può  in  vece  di  una  statua  appren- 
dersi ]an  uomo  •  Ove  poi  per  la  maggiore  vicinanza  viene  tale  obbiet- 
to coroqne  a  non  perdere ,  a  non  {asciare  occulto  all'  occhio ,  alcun 
suo  atto ^  ^Icun  suo  particolar  distintivo,  allora  la  mente  apprende 
la  cosa  per  quello  che  è.  Nel  nostro  proposito  adunque  l' obbietto 
comune  ingannatore  era  una  cotale  grandezza  e  terminazione  di  con- 
torno nei  candelieri  .simile  a  quella  degli  alberi  •  *  Che  F  obice  co^ 
mun ,  il  cod.  Chig.  1V,E. 

4q  La  virili ,  eh*  a  ragion  ec,  la  estimativa  ,  che  col  suo  appren- 
dere (delle  cose  ammanna  (  da  ammannare ,  che  vale  il  medesimo  che 
ammannire  )  prepara  alla  ragione  la  materia  del   di  lei   discorso . 

5o  Elh  eran  la  Nidobeatina  ,  egli  eran  altre  edizioni. 

5i  £  nelle  voci  eCf  Ed  apprese  osanna  nelle  voci  del  cantare  :  e 
capì  la  viilù  estimativa  che  osanna  cantavano  quelle  voci  che  prìma , 

(a)  Vedi  tra  gii  altri  Tirino  «1  capo  i  dell'  ApoctliisOi 

D  J  a 


4iO  PURGATORIO 

* 

b%     Di  sopra,  fiammeggiava  il  bello  arnese 

Più  chiaro  assai  che  Luna  per  sereno  « 
Di  mezza  notte ,  nel  suo  mezzo  mese  , 

55     Io  mi  rivolai  d' ammirazion  pieno 

Al  buon  Virgilio  ;  ed  esso  mi  rispose 
Con  vista  oarca  di  stupor  non  meno  . 

58    Indi  rendei  Y  aspetto  all'  alte  cose  , 

Che  si  movieno  incontro  a  noi  sì  tardi  j 
Che  foran  vinte  da  novelle  spose  . 

• 

in  maggior  distanza ,  non  capiva  che  si  cantassero  —  Osanna ,  TOCf 
Ebraica  che  tuoI  dire  Deh  satumci  •  Virtdri  • 

5a  53  54  Di  sopra  ec.  JUunme^ava ,  gettava  fiamme  nella  suprer 
ma  sna  parte,  Landino.  — •  i7  bello  arnese ^  il  beirordine  de'candelic^ 
ri  •  —  più  chiaro  assai  ec.  assai  piti  chiaramente  di  quello  risplendà 
la  Luna  quando  maggiormente  splende,  che  è  quando  si  uniscono  tre 
circostanze  \  d'essere  cioè  nel  suo  metto  mese  ;  d'essere  di  mezza  not- 
<tf;  e  d'  essere  il  tempo  sereno.  Nel  suo  mezzo  mese,  cioè  in  quin- 
tadecima ,  perocché  splende  allora  a  noi  con  tutta  la  sua  faccia .  Di 
mezza  notte  ,  imperocché  essendo  la  Luna  piena  in  tal  ora  sempre  in 
mezzo  al  cielo ,  attraversano  i  di  lei  raggi  venendo  a  noi  un  piti 
corto  tratto  d' atmosfera  :  eh'  é  la  ragione  perché  nel  if  ezzo  giomp 
anche  il  iSole  stesso  sia  più  lucente.  Di  tempo  sereno  finalmente,  pe« 
rocche,  come  sa  ognuno,  impediscono  le. nuvole  ogni  celeste  lume* 

56  Mi  rispose  ,  vale  quanto  riguaniò  me. 

58  Rendei  P  a'ipetto  au  alte  cose^  ritornai  l'occhio  agli  alti  can- 
delieri . 

59  Movieno ,  moveano  ,  Vedi  la  nota  al  f.  29  del  canto  xii  dell' 
inferno . 

60  Foran  vinte  da  novelle  spose  -  Vale  questo  come  se  detto  aves- 
se :  sebbene  le  novelle  spose  assai  lentamente  si  movano  ,  pili  lentamente 
però  si  movevano  incontro  a  noi  queir  alte  cose  .  Di  questo  lento  mo- 
versi delle  novelle  spose  il  Venturi  solo  quanto  veggo  tenta  di  render- 
cene la  ragione  :  vanno  ,  dice  ,  c<m  lentezza  ,  e  pareggiate  x  perchè  nulla 
si  scompigli  e  scomponga  di  quel  gran  mondo  a  ornamenti  ,  che  tengo^ 
•no  addosso ,  e  non  sono  ancor  bene  avvezza  a  portare ,  Dubito  io  pe- 
rò ,  che  intenda  Dante  piuttosto  dell'  andare  la  prima  volta  le  spose 
a  casa  dei  mariti ,  e  che  acceni  durante  fino  a  tempj  suoi  la  fem- 
minile smorfia ,  che  delle  antiche  donne  riferisce  Alessandro  di  Ales- 
sandro di  affettare  cioè  in  tal  passaggio  lentezza  e  ripugnanza  .  Cumaue 
ad  vintm  profectura  nova  nupta  egredi  vult ,  ipsum  limen  transcenaere 
sua  sponte  ,  àut  vestibulum  tangere  non  sinunt;  sed  quasi  raptam  et  invi' 
tnm  è  grcmio  et  sinu  matris  transcendere  limina  voluat ,  videlicet  nisi  eoa- 
età  suos  reUctura ,  aut  proprios  lares  exitura  non  fuissef  :  vel  quia  tdfi 
delibandus  Jlos  maritalis  erat  ,  invitam  ingredi  videri  volunt  {a)  .  *   Ch^ 

Jbrien  giunte ,   ì)  cod.  Antald.  N.  E. 

(a)  Gtn,  D'ut.  lib.  a*  cap.  5. 


CANTO    XXtX.  4^t 

61     La  donna  mi  sgridò  :  perchè  pur  ^rdi 
Si  neir  aspetto  delle  vive  luci , 
E  ciò  che  vien  diretro  a  lor  non  guardi  ? 

64     Genti  vid'  io  alloi" ,  com'  a  lor  duci  9 

Venire  appresso  ,  vestite  di  bianco  ì 
£  tal  candor  giammai  di  qua  non  fu  ci . 

67  L'  acqua  splendeva  dal  sinistro  fianco  , 
£  rendea  a  me  la  mia  sinistra  costa  > 
S' io  riguardava  in  lei ,  come  specchio  anco  » 

70     Quand'  io  dalla  mia  riva  ebbi  tal  posta  , 
Che  solo  il  fiume  mi  facea  distante , 
Per  veder  meglio  a'  passi  diedi  sosta  ; 

73     £  vidi  le  fiammelle  andare  avante  , 

61  &i  Perchè  pur  ardi  sì  nelV  aspetto ,  così  la  Nidobeatina  ,  e  pa* 
recchi  mss.  veduti  dagli  Accademici  della  Cmsca  più  coerentemente 
al  rendei  V  aspetto  v.  58,  che  sì  nelC  affetto  ,  come  tutte  V  altre  edi- 
zioni leggono  *  e  li  codd  Vat.  e  Chig.  N.  E.  —  e  vuole  dire  ,  perchè 
solamente  sì  ti  compiaci  nella  veduta  delle  vive  luci  ,  e  tralasci  di  guar- 
dare Ciò  ,  che  vien  dietro  €id  esse?  *  Ardi  nelF  affetto  ec.  Si  spiega 
da  Alfieri  :  cos\  ti  compiaci  a  mirarlo  .  Se  alla  frase  ardi  nelC  affetto 
sostituisci  quella  della  ^idob.  preferita  dal  Lombardi  ,  ardi  nelV  aspeU 
io  ^  ogni   bello  svanisce  .  Biagioli  .  N.  £• 

64  65  Genti  ec.  Costruzione  .  Aliar  io  vidi  genti  vestite  di  bianco 
venire  appresso  (  alle  dette  vive  luci  )  come  a  lor  duciy  come  a  loro  guide. 

66  Nonfuci ,  non  ci  fu .  La  ci  però  non  è  che  un  ornamento  ed 
in  grazia  della  rima  . 

67  Splendeva  ,  pe  '1  fiammeggiar  del  bello  arnese .  *  Prendeami  t 
acqua  dal  sinistro  fianco  ^  E  rendeami  la  sinistra  costa  ^  il  cod  Chig.N.E. 

68  69  £*  rendea  ec.  Costruzione ,  e  anco  come  specchio ,  5*  io  n- 
guardava  in  lei  rendea^  rappresentava,  a  me  la  mia  sinistra  costa,  il  mio 
lato  sinistro  che  teneva  volto  ad  essa  acqua  • 

70  Posta ,  qui  lo  stesso  che  posto  :  situazione .  ^  Fui  in  concio ,  in 
luogo  opportuno.  Alfieri .  N.  E. 

71  *CAe  solo  il  lumcs  ì  codd.  Vat.  e  Chig.  N.  E.  —  Mi  facea 
distante  ,  intendi ,  dagli  obbietti  di   là  dal  fiume  veduti  . 

72  Sosta  per  quiete ,  posa ,  voce  da  buoni  autori  adoprata  molto. 
Vedi  il  Vocabolario  della  Crusca  •  Diedi  adunque  sosta  ai  passi  vale 
quanto  mi  fermai . 

73  Le  fiammelle  le  fiamme  eh'  erano  in  cima  ai  candelieri .  *  An- 
dar d^  avante ,  il  cod.  Vat.  N.  E. 

7/1  75  Lasciando  dietro  a  se  ec.  Dee  cotal  lasciata  impressione  dino- 
tare il  frutto  che  i  doni  dello  Spirito  Santo  producono  nelle  anime 
di  quelli  ne' quali  albergano.  Il  Landino  ammettendo  colla  comune 
degli  sposi  tori ,  che  i  sette  lumi  de'  candelabri  dinotino  i  sette  doni 


4«»a  PURGATORIO 

Lasciando  dietro  a  se  l'aere  dipinto  ^ 
£  di  tratti  pennelli  avean  sembiante  » 

7^     Sì  che  di  sopra  rimanea  distinto 

Di  sette  liste  >  tutte  in  quei  colori 
Onde  fa  V  arco  il  Sole  4  e  Delia  il  cinto* 

79     Questi  stendali  dietro  eran  maggiori 

Che  la  mia  vista  ;  e ,  quanto  a  mio  avviso  , 
Dieci  passi  distavan  quei  di  fuori . 


dello   Spirito   Santo ,  si  partlcólarlzza   poi  a  chiosare  per  queste  se 
liste  i  sette  Sacramenti   della   Chiesa.  Ma  ,  oltre  che  non  si  capii 


sette 
capisce 
come  dai  doni  dello  Spirito  Santo  abbiano  origine  i  Sarraraenti  del- 
le rhiesa  ,  si  verrebbe  poi  anche  a  malamente  fare  ,  che  i  Sacramenti 
della  nuoVa  legge  precedessero  V  arrivo  del  misterioso  grifone  ^  cioè 
di  Gesù  Cristo  —  avean  semhinnie ,  cosi ,  oltre  dieci  mss.  vé<iuti  da- 
gli accademici  della  Crusca,  iegfiforio  concordemente  tutti  i  mss.  del- 
la biblioteca  Corsini  ;  ove  tutte  1*  edizioni  leggono  a\*ea  sembiante  . 
*  Ti  CoD.  Cass.  le^ge  avien^  che  forse  è  più  Tìantesco  .  N.  E.  I^- 
gendosi  però  avean  diviene  affatto  chiaro  il  senso,  che  cioè  cotàli 
scorrenti  fiammelle ^  a  sfuisa  di  pennelli  in  tela  o  in  tavola  tratti,  la- 
sciassero dietro  a  se  1*  aere  dipinto  .  *  TÌ  Biagioli  sta  colla  comune,  e 
costruisce  e  V  aere  asfea  sembiante  simile  a  quello  di  pennelli  thUU  in 
tela .    Ancìie  i  codd.   Vat.  e  Chig.  hanno  avea  N.  E.  ' 

76  V)  che  di  sopra  er.  la  Nidobeatina  ,  meglio  che  non  leggo- 
no tutte  l'altre  edizioni  (*  e  il  cod-  Vat.  N.  E,)  Di  ch^  Cf^i  sópra; 
nella  miale  lezione  sebbene  tirisi  il  di  che  a  significare  lo  stesso  che 
il  st  che  ^  o  perla  qual  cosa  {a)  ,  la  chiarezza  nondimeno,  e  lo  scanso 
d*  incominrinre  istessamente  col  verso  seguente,  rendono  la  prima 
lezione  preferibile  —  di  sopra  ,  in  allo  ,  dove  passavano  le  fiamme  eh* 
erano    in   rima  ai    candelabri  . 

78  L*  arco  ,  V  arcobaleno  — ^  Delia  il  Cinto  ,  la  Luna  1*  alone. Es- 
sendo una  cosa  la  luna  e  Diana  ,  come  àntonomasticamente  Dianzi  per- 
chè nata  in  Delo  Delia  appellasi ,  così  Delia  appella  Dante  la  Luna  . 
Notisi  che ,  sebbene  tanto  il  Sole  quanto  la  T-una  formino  degli  ar- 
cobaleni e  degli  aloni  ,  il  Sole  peri  fa  più  sovente  e  più  b^n  dipinto 
r  arcobnleno  che  1*  alone  ;  ed  al  contrario  la  Luna  forma  più  ben  spes- 
so  e  più   vatjo  1*  alone  che  1*  arcobaleno  . 

7P  80  81  Questi  stendali  ec.  Queste  liste  (  colorate  ,  che  sembrava- 
no stendardi  )  si  stendevano  in  lungo  più  di  quel  che  portasse  il  mio 
occhio  ,  non  ne  potendo  vedere  il  fine  .  Ventdhi.  *  Ti  Cod.  Caet.  il  Chig. 
e  il  Vat.  leggono  osiendali  ^  ed  il  Can.  Dionisj  osiendai,  N.  E.  —  quan- 
to a  mio  avviso  ,  intendi,  era  i  quanto  a  me  sembrava  —  Dieci  passi 
distavan  quei  di  fuori  ,  i  due  estremi  stendali  ,  il  primo  cioè  e  il  setti- 
mo ,  erano  tra  di  loro  distanti  dieci  passi  .  Lasciando  gli  altrui  pareri ,  io 

tengo   che  pei  dieci    passi    accenni  Dante  la   via    dei  dieci  conianda- 

' — ■-  — f 

(a)  Così  fa  il  Volpi  nel  nostro  caso  ^  <iivercamente  dal  Vellatello  ,  che  di 
eh*  egli  interpreta  del  qual  sembiante  :  ed  adoprato  tal  volta  il  di  che  in  rs* 
te  di  onde  ,  o  per  la  qual  cosa  ,  lo  dimostra  il  Cinonio  Pariic»  SS    l. 


CANTOXXIX.  4a5 

851     Sotto  COSI  bel  ciel ,  com'  io  diviso  ^ 

Ventiquattro  seniori  a  due  a  due 

Coronati  venian  di  fiordaliso . 
85     Tutti  cantavan  :  benedetta  tue 

Nelle  figlie  d'  Adamo ,  e  benedette 

Sieno  in  eterno  le  bellezze  tue  • 

menti  dì  Dio  ,  e  che  coestendendo  a  cotale  larghezza  gli  stendali, 
cioè  (  com'  è  detto  )  il  frutto  dei  doni  dello  Spirito  Santo ,  voglia  far^ 
ne  capire,  essere  frutto  li  questi  doni  T  osservanza  de'  medesimi  di- 
vini comandamenti  •  Diece  in  cambio  di  dieci  leggono  l'edizione  della 
Crusca  e  le  seguaci  moderne;  *  e  i  codd.  Vat.  e  Chig.  N.  E.  dieci  la 
Nidobeatina  ed  altre  antiche  edizioni. 

8a  Com^  io  diviso  ,   divisare   per    descrivere  •  Vedi  il  Vocabolario 
della  Crusca . 

83    Seniori .  Così  ,  oltre    due    mss.  della  Corsini    (a)   ed    alcuni 
altri  veduti  dagli  Accademici  della  Crusca ,  leggono  il  Landino ,  Vellutel- 
lo  ,  Daniello ,  ed  il  comento  della  edizione  Midobeatina  ,  quantunque  il 
testo  della  medesima  edizione  legga,  conformemente  a  quello  degli  Acca- 
demici della  Crusca ,  signori .  Ciò  però  che  dee  fame  di  buon  grado  ac- 
cettare seniori  è,  che  nell'Apocalisse  ,  da  cui  ritrae  il  Poeta  queste  sue 
idee  (  e  ne  lo  accenna  egli  stesso  nel  i^.  io5  )  ,  vide  S.  Giovanni  ventiquat- 
tro seniori  (  seniores  ) ,  non  signori  .  *  Questa  lezione  è  ricevuta  anche  dal 
Biacioli ,  e  da'  Rolognesi .  L' ha  il  cod.  Stuard. ,  ma  non  il  Vat.  il  Chig* 
e  il  €aet.  il  quale  però  in  margine  porta  scritto  aiiter  seniori  •  Pertanto 
chi  ben  considera  le  prime  origini  di  nostra  lingua  ,  troverli  che  se^ 
niore  e  signore  ebbero  in  italiano  il  medesimo  significato  ,  non  essendo 
nata  la  divisione  di  queste  parole  se  non  allora,  che  niente  più  furono 
considerate  le  giuste  ragioni  delle  etimo  logie.  Nota  di  Salvatore  Betti.  N.E, 
Facendoci  il  Poeta  capire ,  che  altri  personaggi ,  che  in  seguito 
introduce  (fi)  ,  figurano  i  libri  scritturali  del  nuovo  Testamento  ,  ragion 
vuole  ,  che  questi  ventiquatro  seniori  figurino  i  libri  del  vecchio  Testa- 
mento;  i  quali  ecco  in  qual  modo  possono  per  ventiquattro    compu- 
tarsi .  T.  Genesi ,  i.  Esodo,  3.  Levitico  ,  4-  Numeri ,  5.  Deuteronomio  ^ 
6.  Giosuè  ,  7.  Giudiei ,  8.  Buth.  9.  Be,  io.  Paralipomeni ,  11.  Esdra,  la* 
Tobia  ,  1 3.  Giuditta  ,  i4*  Ester,  i5.  Giobbe,  16.  Salmi,  i^.  Proverbi, 
18.  Ecclesiaste,  19.  Cantica,  20.  Sapienza,  ai.  Ecclesiastico,  aa.  Pro- 
feti maggiori ,  a3.  Profeti  minori ,  24*  Maccabei  . 

Intorno  al  detto  ultimo  sacro  volume  de*  Maccabei  avvertasi,  che 
non  fu  il  primo  il  Concilio  di  Trento  (  dopo  i  tempi  di  Dante)  ad  am- 
metterlo tra*  libri  canonici  ;  ma  che  vi  era  giii  molti  secoli  innanzi  sta- 
to ammesso  dal  terzo  Concilio  di  Cartagine  (e)  . 

84  Coronati  di  Jiordaiiso  9  di  giglio;  in  segno ,  bisogna  intendere, 
della  illibata  dottrina  che  in  se  contengono . 

85  86  82  Tutti  cantstvan  ec.  Tutti  cantando  lodavano  la  Vergine  ; 
perciocché  nient'  altro  contiene  il  vecchio  Testamento  se  non  misteri 
e  profezie ,  che  dinotano  l' incarnazione  del  Verbo    nella  Vergine ,  la 

(a)  Segnati  608  e  ia65.    (h)  Veni  ,3  e  ««gg,  i34   e  segg.  1^2    e  1^3. 
(e)  Cip.  47. 


4^4  PURGATORIO 

88     Poscia  che  i  fiori  e  V  altre  fresche  erbette  f 
A  rimpetto  di  me  ,  dall'  altra  sponda 
Libere  far  da  quelle  genti  elette; 

91     Sì  come  luce  luce  in  ciel  seconda  , 

Vennero  appresso  lor  quattro  animali , 
Coronato  ciascun  di  verde  fronda  • 

94     Ognuno  era  pennuto  di  sei  ali , 

Le  penne  piene  d*  occhi  ;  e  gli  occhi  d' Argo> 
Se  fosser  vivi ,  sarebber  cotali . 

97     A  descriver  lor  forme  più  non  spargo 

Rime ,  lettor:  eh'  altra  spesa  mi  strigne 
Tanto  ,  che  'n  questa  non  posso  esser  largo . 
lt3o     Ma  leggi  Ezechiel ,  che  li  dipigne 

quale  fu  salutata  dall'  Angelo  Gabriel  Benedetta  sopra  tutte  fé  donne . 
Landino  —  le  bellezze  tue  ,  le  tue  vìrtii ,  perciocché  le  bellezze  dell* 
animo  sono  senza  alcuna  comparazione  più  eccellenti  che  le  bellezze 
del  corpo ,  e  niente  è  virtii  che  non  sia  bello.  Laudino  —  7*tteperltf, 
parafo p^e  agli  antichi  Toscani  famigliare  • 

88  89  qo  Poscia  che  i  fiori  ec,  T^a  sentenza  è  ,  poscia  che  tutta  la 
predetta  gente  ebbe  trascorso  quella  porzione  di  prato ,  che  di  là  dal 
fiume  era  dirimpetto  a  me  . 

€>i  Sì  come  luce  ec.  come  in  cielo  una  stella  va  appresso  all'altra, 
ad  oceupare  il  luosro  di  queU.i  . 

pi   Quattro  animali^  simbolegf?ianti  i   quattro  Vangeli. 
C)5  Coronati  ciascun  la  Nidobeatina  ,  coronato  ciascun  meglio  V  altre 
edizioni  —  di  verde  fronda  ^    a  dinotare,  che  la  dottrina    evangelica, 
perchè  è  vera  sempre,  starà  verde  ;  e  credo  ,  che  intenda  qui  verde  fron- 
da per  il  lauro  ,  albero   trionfale  ,  perchè  questa ,  la  quale  sola  è  vera, 
ha  vinto  tutte  le  altre,  che  sono  false  ,  e  di  quelle  trionfa.  Landino. 
qf\  95  96  Era  pennuto  di  sei  ali  ,  le  penne  piene  d!  occhi  •  Dicendo 
neir  Apocalisse   S.  Giovanni ,  che  i  quattro  da  lui  veduti  animali ,   Aa- 
hehant  alas  senas ,    et  intus   piena  sunt  oculis   (a)  ,    attribaisce    perciò 
Dante  ai  medesimi  le  penne  piene  d^  occhi  — .^rs;Oj   pastore  che   fìn- 
gono le  favole  avesse  cent*  occhi    —  se  fosser  vivi  ^  per  se  fosse  vivo 
esso  Argo  .*  S*  el  fosse  vivo ,  il  cod.  Antald.  N.  E.  —   cotali ,  per  so- 
ndgUanti  . 

97  98  99  Lor  forme  la  Nidobeatina  ,  lor  forma  V  altre  edjz.  *  e  il 
cod.  Antald.  N.  E.  —  piii  non  sparf^o  rime  ,  non  v'  impiego  altri  versi  — 
idtra  spesa  ec.  Allegoria  in  vece  di  dire  :  la  necessità  di  descrivere  altre 
cose  richiede  che  in  questa  sia  breve .  *  Ch*  a  questa  ,  il  cod.  A'at.  e 
Y  Antald.  N.  E. 

100  IO!    ioa  Lef(gi  Ezechiel ,  Ìjù  ììingai  descrizione  che  fa  il  Profeta 
Ezechiello     di  questi  quattro  animali  farà  vedere  che  giudiziosamente 

(a)  Cip.  4. 


e  A  N  T  O    XXIX.  4a5 

Come  H  vide  dalla  fredda  parte 
Venir  con  vento ,  con  nube ,  e  con  igne  ; 
io3     E  quai  li  troverai  nelle  sue  carte, 

Tali  eran  quivi;  salvo  eh'  alle  penne 
Giovanni  é  meco ,  e  da  lui  si  diparte . 

Dante  se  ne  sbriga  con  rimetterci  ad  essa .  Ecce  ventiis  turhinis  ve^ 
niebat  ab  jéquilone  ,  et  nubes  magna ,  et  ignis  invohens ,  et  splendor  in 
circuitu  ejus  ;  et  de  medio  ejits  quasi  species  electri ,  idest ,  de  medio 
ignis  •  Et  in  medio  efus  similitudo  quatuor  animaUum  :  et  hic  aspeclus  eo- 
rtim ,  similitudo  ìiominis  in  eis .  QuaUior facies  uni  ,  et  quatuor pennae  uni» 
Pedes  eorum  ,  pedes  recti ,  et  plancia  pedi^  eòrum  qiian  pianeta  pedis  vi- 
tuli ,  et  scintillae  quasi  aspectus  ofris  candentis  •  Et  manus  hominis  sub 
pennis  eorum  in  quatuor  partibus  ;  et  facies  et  pennas  per  quatuot  par^ 
ies  habebant ,  junctaeque  erant  pennae  eorum  Mterius  ad  alterum .  Non 
revertebantur  cum  incederent  ;  sed  unumquodque  ante  faciem  suam  gra^ 
diebatur .  Similitudo  autem  vultus  eorum  ;  facies  hominis  ,  et  facies  leonis 
a  dextris  ipsorum  quatuor  ;  facies  autem  bovis  a  sinistri^  ipsorum  qua" 
fuor,  et  facies  aquilae  desuper  ipsorum  quatuor.  Facies  eorum  y  et  pen^ 
nae  eorum  extentae  ilesuper  ;  auae  pennae  singtdorum  jungebantur ,  et 
duae  tegebant  corpora  eorum  :  et  unumquodque  eorum  coram  facie  sua 
ambulahat  ;  ubi  erat  impetus  spiritus  illuc  gradiebantur  ;  nec  reverteban* 
tur  cum  ambularent.  Et  similitudo  nnimaUum  ,  aspectus  eorum  quasi 
carbonnm  ignis  ardeniium  ,  et  quasi  aspectus  lampadarum  .  Haec  erat 
yisio  discurrens  in  medio  animaUum ,  splendor  ignis ,  et  de  ignefulgur 
egrediens  .  Et  ammalia  ibant  et  revertebantur  in  similitudinem  Julguris 
coruscantis  (a)  ^  dalla  fredda  parie  venir  con  vento  ec.  corrispondono 
qtieste  alle  prime  parole  della  riferita  profezia,  veniebat  ab  aquilone  ^ 
et  nubes  magna  ,  et  ignis  involvens .  —  Con  igne ,  latinismo  Dantesco 
avvisa  il  Vento  ri.  Bastava  però  dire  latinismo;  perchè  si  sa  eh'  è  Dante 
che  parla  ;  e  non  va  poi  lontano  mille  miglia  da  quei  che  dicono 
igneo  per  focoso  ,  che  pur  non  si  tengono  per  Danteschi  • 

io3  IVelle  sue  carte,  per  nella  sua  Profezia. 

I  o4  1  o5  Salvo  eh*  alle  penne  Giovanni  e  meco ,  e  da  lui  (  da  Eze- 
chiello  )  si  diparte ,  Salvo  che  il  numero  delle  ali ,  che  avevano  i 
quattro  detti  animali ,  non  era  di  quattro ,  come  descriveli  Ezechiello  > 
quatuor  pennas  uni ,  ma  di  sei  9  come  descriveli  S.  Giovanni ,  habebanè 
alas  senas .  Ma  qual*  è  poi  la  ragione  per  cui  se  la   tiene  Dante  su  di 


Apocalisse  di  S.  Giovanni  :  jilas  senas  (  dice  al  capo  4*  )  prò* 
pter  senarii  numeri  perfectionem  posiium  arbitrar  y  quia  in  sexta  aetate  , 
idest  adveniente  plenitudine  temporum ,  haec  Aposiolus  neracta  comme^ 
morat .  A  questa  interpretazione  quadra  assai  bene  eh  Ezechiello  non 
iscorgesse  negli  animali  che  quattro  ali ,  imperocché  la  profezia  di 
lui  non  si  estende  oltre  la  quarta  età  ,  oltre  cioè  al  termine  della 
sinagoga  ,  e  vocazione  delle  genti  :  e  quadra  altresì  y  che  vedendo  Den- 
te essi  animali  nella  sesta  etii  nostra  ,  vedesseli  con  sei  ale,  comeS.  Gio- 
vanni . 

(à)  Gap.  I. 


4a6  PURGATORIO 

io6     Lo  spazio  ,  dentro  a  lor  quattro ,  contenne 
Un  carro  in  su  due  ruote  trionfale , 
Cli'  al  collo  d'  un  grifon  tirato  venne . 

lo^     Ed  esso  tendea  su  Y  una  e  V  altr'  ale 
Tra  la  mezzana  e  le  tre  e  tre  liste  y 
Sì  eh'  a  nulla  fendendo  facea  male . 

iia     Tanto  salivan  ,  che  non  eran  viste; 

Le  membra  d' oro  avea  ,  quant'  era  uccello  j 
E  bianche  1'  altre  di  vermiglio  miste  . 

1 06  107  1.0  spazio  ec.  Lo  spazio  ,  che  rimase  tra  i  delti  quattro 
animali ,  contenne  un  carro  ec.  occupato  fu  da  un  carro  trionfale  •  Ciò 
che  con  termini  allegorici  bensì,  ma  abbastanza  chiari ,  dirà  Dante  nel 
canto  xxzii.  1  a5.  e  segg.  che  si  rendesse  questo  carro  dalla  cupidigia 
delle  ricchez^^e  mostruoso  ,  e  che  da  Filippo  il  bello  si  conducesse 
in  Francia  ,  ciò  non  dee  lasciare  intendere  per  esso  carro  che  la  sola 
Pontificia  cattedra  ,  e  non  come  tutti  gli  espositori  chiosano  ,  la  cri- 
stiana Chiesa — su  due  ruoto  la  Nidobeatina  ed  altre  antiche  edizioni, 
su  duoV  edizioni  della  Crusca  e  le  seguaci*  Il  Landino  e  il  Vellutello 
dicono  per  le  due  ruote  simboleggiarsi  il  vecchio  ed  il  nuovo  Testa- 
mento .  ciò  adattasi  benissimo  anche  al  carro  inteso  per  la  Pontificale 
cattedra:  imperocché  ad  essa  pure  ambedue  i  Testamenti  rendono  te- 
stimonianza 

108  j^l  rollo  d'un  grifon.  Grifone  è  un  animale  creduto  biforme, 
alato,  e  quadrupede;  aquila  nella  parte  anteriore,  e  lione  nella  po- 
steriore .  Cosi  il  Vocabolario  della  Crusca  :  e  ne  adduce  tra  V  altre , 
la  testimonianza  delTantico  scrittore  F.  Giordano  da  Ripalta  :  i  grifo' 
ni  sono  fotti  dinanzi  a  modo  d^  agamia  ^  e  di  dietro  come  leoni  ,  e  so- 
no fortissimi.  Non  poteva  il  poeta  nostro  trovare  altronde  miglior 
simbolo  delle  due  nature  unite  sotto  una  stessa  divina  persona  in  Ge- 
sù Cristo  nostro  vSalvatore .  Imperocché  la  natura  dell*  aquila  ,  uccel- 
lo che  più  di  tutti  in  alto  si  solleva  ,  ottimamente  si  adatta  a  sim- 
boleggiare la  divinità  di  Gesù  Cristo  ;  e  la  natura  del  leone ,  anima- 
le che  da  terra  non  si  solleva  ,  ugualmente  bene  si  coni^  a  signifi- 
care r  Umanità  di  Gesù  Cristo  ;  e  per  quello  ancora  che  leone  viene 
appellato  il  medesimo  Gesù  Cristo  nell'Apocalisse  in  quelle  parole 
ecce  vicit  leo  de  tribù  Juda  (a). 

109  al  ii4  Ed  esso  tendea  ec.  Costruzione  .  Esso  tendea  su  Vale , 
Vìina  e  Caltra.  *  Esso  tendeva  in  su  funa  e  Faltra  ale ,  il  cod.  Antald. 
N»  E.  —  7 Va  la  mezzana  e  le  tre  e  tre  liste .  Intende  le  sette  colorale 
liste  anzidette  [b)  ;  e  vuol  dire  ,  che  un*  ala  tendevala  in  su  tra  la 
mezzana  e  le  tre  liste  da  una  banda,  e  T altr' ala  tra  essa  mezzana 
e  le  tre  liste  daW  altra  blinda ,  e  che  in  somma ,  comprendeva  tra  le 
due  ale  la  sola  lista  di  mezzo  •  Essendo  questa  la  lista  formata  dal 
mezzano  dono  dello  Spirito  Santo ,  cioè  dal  quarto  tra  li  sette ,  ch'è 
la  fortezza ,  pare  che  voglia   il  poeta  nostro  ,  col  fare  che  stringasi 


(a)  Gap.  5.      (b)  Vcrs.77. 


e  A  N  T  O    X  X  I  X .  427 

i  |5     Non  che  Roma  di  carro  così  bello 

Rallegrasse  Africano  o  vero  Augusto  ; 
Ma  quel  del  Sol  sarìa  pover  con  elio  : 

i  i8     Quel  del  Sol ,  che  sviando  fu  combusto 
Per  r  orazion  della  terra  devota  , 
Quando  fu  Giove  arcanamente  giusto. 

il  misterioso  grifone  tra  le  ale  cotal  lista  ,  alludere  a  quelF  indtttus 
est  Dominus  fortiindihem  (a)  che  di  Gesù  Cristo  predisse  Davide  .  Ine- 
rendo il  Landino  alla  sua  chiosa  ai  versi  7^.  e  75.  che  figurino  cioè 
queste  sette  liste  i  sette  sacramenti  ,  intende  qu\  per  la  lista  di  mez- 
zo ,  compreso  tra  le  aie  del  sriTone,  il  sacramento  dell*  Eucaristia. 
Oltre  però  la  già  ivi  detta  difficoltà  che  patisce  cotale  chiosa  ,  ne 
cresce  qui  un'  altra ,  che  hiai  ,  né  prima  né  dopo  Dante  ,  Htrovasi 
da  un  teologo  nella  numerazione  dei  sette  sacramenti  dato  all'Euca- 
nstia  altro  luogo  che  il  terzo  {b)  ,  e  non  giammai  il  quarto  o  sia 
il  mezzano  ,  nel  quale  la  penitenza  sempre  trovasi  collocata  —  Si  ch*a 
nulla  ec,  passavano  le  ale  tra  la  di  'mezzo  e  V  altre  liste  senza  pun- 
to intersecare  né  quella  né  queste.  *  Sì  die  nulla,  ì  codd.  Vat.  e 
Ghie.  N.  E.  —  l^anto  salivan,  che  non  eran  viste .  Il  Landino  ,  il  Vel- 
lutello ,  e  *1  Venturi  vi  trovan  del  mistero  anche  sopra  il  binario  nu- 
mero delle  ali  del  grifone,  quantunque  numero  non  dal  Poeta  scel- 
to ,  ma  comunemente  da  tutti  al  medesimo  animale  attribuito  :  e  v'in- 
tendono la  misericordia  e  la  giustizia .  A  me  altro  non  sembra  cer» 
to  se  non  che  con  cotale  stendersi  del  misterioso  grifone  in  quanto 
alla  parte  che  ha  di  uccello,  significante,  com'è  detto  la  divinità  di 
Gesù  Cristo ,  voglia  Dante  accennare  ,  che  Gesù  Cristo  medesimo  co- 
me Dio  nell'atto  ch'era  in  terra  fosse  per  la  sua  immensità  anche 
in  cielo  —  le  membra  itero,  d'aureo  colore  —  quanV era  uccello.^ 
in  quella  porzione  di  corpo  che  aveva  di  aquila  —  e  bianche  t  altre 
ec,  allude  al  dilectus  meus  candidus  ,  et  rubicundus  {e) .  Venturi  % 

ii5  116  117  Nonché  Roma  ec.  Ellittico  parlare,  in  luogo  di  di- 
re ,  non  solamente  non  si  può  dire  che  Africano ,  o  vero  y4ugusto , 
trionfando  rendesse  Roma  allegra  di  carro  umtalmente  bello .  Africano 
fu  appellato  Scipione  il  maggiore  per  la  Vittoria  riportata  in  Africa 
contro  di  Annibale,  per  la  quale  vittoria  ebbe  in  Roma  l'onore  del 
trionfo .  Augusto ,  Ottaviano  Imperatore ,  di  cui  Svetonio  :  Curules 
triumphos  tres  egit ,  Dtdmaticum  ,  Actiacum  ,  Alexandrinum  ;  continuo 
triduo  omnes  (d)  —  quel  ilei  Sole  ec,  il  carro  del  Sole ,  quantunque 
bellissimo  ,  al  paragone  di  questo  sarebbe  meschino. 

118  119  120  Quel  del  Sol,  che  sviando  ec.  Tocca  la  nota  favola 
di  Fetonte ,  che  messosi  presontuosamente  all'  impresa  di  guidare  il 
carro  solare ,  e ,  per  non  saperlo  guidare ,  danneggiando  la  terra  col 
troppo  avvicinarsele ,  Giove ,  mosso  ai  fervorosi  richiami  degli  uomi- 
ni ,  punì  con  un  fulmine  il  presuntuoso  .  Devota^  fervorosa  ;  accorda 
con  orazione  ;  quando  non  si  voglia  devota  spiegare  per  supplichevole 

■■  •     •    -P^.^——  !■  I  I         ■ .1      ■  i  Èli.  I  ■  ■ 

f  (a)  Salmo  92.  (6)  Vedi,  per  uno  avanti  Daate«  il  Maestro  delle  senteaM 
llb.  4  disr.  2  e  vedi  dopo  Dante  quanti  ne  vàol.  (e)  CanL  cap.5.  (d)  Nella 
^ìta  di  Ottaviano  Ao^osto  cap.  aa. 


4«8  PURGATORIO 

lai     Tre  doline  in  giro  dalla  destra  ruota 

Venien  danzando  ,  Y  una  tanto  rossa  ^ 
Ch'  a  pena  fora  dentro  al  fuoco  nota  : 

124     L'  altr'  era  come  se  le  carni  e  1'  ossa 
Fossero  state  di  smeraldo  fatte  : 
La  terza  parca  neve  teste  mossa . 

1 27     Ed  or  parevan  dalla  bianca  tratte  , 

Or  dalla  rossa  ;  e  dal  canto  di  questa 

L'  altre  togliean  V  andare  e  tarde  e  ratte . 

imperocché  allora  accorderebbe  con  la  terra  —  arcanamente  giusto  » 
"^  sommamente  giusto  spiega  il  Vellutello  :  secondo  la  segr^e%za  e 
profondità  del  suo  consi^o ,  chiosano  d'accordo  il  Volpi ,  e  il  Vento- 
li  •  A  me  piacerebbe  di  spiegare  arcanamente  per  misteriosamente ,  o 
«la  per  signijicativamente  ;  a  cUnotare  che.  Giove  con  tale  gastigo  vol- 
le signiucato  a'  mortali  il  danno  che  arreca  la  presunzione . 

lai  al  ia6  Tre  donne  ec.  Costmzione.  Dalla  destra  ruota  ,  dalla 
destra  jìarte  del  carro ,  uenien  tre  donne  danumdo  in  giro  ;  intende  le 
*'®.^^"  teologali  fede,  speranza,  e  carità  —  V una  tanto  rossa  (la 
Canti  )  che  appena  ec, ,  che  se  fosse  nel  fuoco ,  appena  (  a  guisa  di 
rovente  ^  ferro  in  mezzo  agli  accesi  carboni  )  dal  tuoco  aiscernereb- 
l>esi .  V  altra  ,  la  speranza  —  di  smeraldo ,  pietra  di  color  verde  bel- 
lissimo ;  in  virtii  del  qoal  verde  colore  ,  alla  speranza  solito  attribuir- 
»t,  disse  il  Poeta  anche  nel  terzo  canto  di  questa  cantica,  mentre  che 
tn  speranza  ha  fior  del  verde  {a)  —  La  terza  i  la  fede  )  parca  neve  te- 
ste mossa  :  era  bianca  come  neve  appena  canuta  dal  Cielo  ,*  o  appe- 
na rimossa  dal  mucchio  ,  la  quale  suol  presentare  una  superficie  mol- 
J?..P.*"  candida  di  quella  di  tutto  il  mucchio.  Dinota  cotal  candore 
1  illibatezza  della  fede ,  perocché  quella  che  vince  ogni  errore  (b) . 
j  II  'V  '^^.'^9  ^^  or  parean  ec.  In  cotale  danza  or  si  vedevano 
«alla  fede  tirate  in  seguito  la  carità  e  la  speranza ,  or  dalla  carità 
tirate  la  fede  e  la  speranza,  né  mai  se  non  pedissequa  la  speranza: 
?  *^he  è  verissimo  .  Imperocché  da  principio  necessariamente  la  fe- 
de delle  cose  rivelate  precede  alla  carità,  poscia  la  carità  condu- 
ce la  fede  ad  abbracciare  eziandio  di  quello  che  non  è  espres- 
samente rivelato ,  ma  che  solamente  da  quello  si  deduce  in  alcun 
''^^  II*  ^  speranza  per  \o  contrario  sempre  va  in  seguito  della  fede 
®  n  ^®*''*^  >  oè  mai  a  veruna  di  esse  precede  —  dal  canto  di  que- 
sta yP altre  togliean  ec.  Ciò  ,  che  Dante  qui  suppone,  che  le  tre  teolo- 
gali Virtù  danzando  cantassero,  dirallo  espressamente  poi  nel  can- 
*^  XXXI  i3o  e  segg,  di  questa  medesima  cantica. 
Se  dimostrando  del  più  alto  tribo 

^egli  atti  ,  /'  altre  tre  ti  fero  avanti  , 
Cantando  al  loro  angelico  caribo  . 
Dal  tempo  adunque  tenuto  in  cantare  dalla  rossa  donna  ultimamente 
commemorata ,  prendevano  il  tempo  di  moversi  nella    danza  tarde  e 
ratte y   preste,  l  altre  due  donne.  E   vuol   significare,  che  la  fede   e 
la  speranza  non  fanno  profìtto  di   eterna  vita  se  non  per  mezzo  del- 

la)  Verso  x35.    (^)  Infffr.  xv  48. 


CANTOXXIX.  4«9 

l3o     Dalla  sinistra  quattro  facean  festa , 

In  porpora  vestite ,  dietro  al  modo 

P'  una  di  lor ,  eh'  avea  tre  occhi  in  testa  • 

i33     Appresso  tutto  il  pertrattato  nodo 
Vidi  due  vecchi  in  abito  dispari , 
Ma  pari  in  atto ,  ognuno  onesto  e  sodo  . 

1 56     L'  un  si  mostrava  alcun  de'  famigliari 

Pi  quel  sommo  Ippocràte ,  che  natura 
Agli  animali  fé'  eh'  ella  ha  più  cari , 

la  carità  .  *  E  al  canto  ,  i  codd.  Vat.  e  Chlg.  E  lente  e  ratte ,  il 
Chig.  M.È. 

i3o  Quattro  j  le  quattro  virtii  dette  cardinali  ^  prudenza,  giusti- 
zìa  ,  fortezza  ,  e  temperanza .  — facean  la  Nidobeatina ,  facen  P  altre 
edizioni  :  *  e  il  cod.  Vat.  N.  E. 

i3i  1 32  7/1  porpora  vestite.  Induce  ( chiosa  il  Landino,  e  confer- 
ma il  A  ellutello  )  queste  vestite  di  porpora  ,  a  dinotar  la  caritii ,  ed 
il  fervor  dell*  amore ,  senza  il  quale  pessimo  può  avere  queste  virtù* 
Io  però  piego  piuttosto  a  credere  che  vestale  di  quella  porpora  re- 
gale che  sta  bene  in  dosso  agli  uomini  ne'  quali  esse  vutii  risiedo- 
no ;  o  sia  a  dinotare  che  le  virtù  medesime  debbon  essere  le  regr 
gitrici  del  inondo  —  td  modo  ,  intendi  di  damare  -^  D'* una  di  lor* 
eh*  aveva  tre  occhi  in  testa ,  cioè  della  prudenza  ,  la  quale  dice  il 
Daniello ,  si  dipinge  con  tre  occhi ,  co  i  quali  mira  le  tre  parti  del 
tempo  ,  le  cose  passate  considerando  ,  le  presenti  disponendo  ,  e  an- 
tivedendo  le  future. 

i33  Appresso  tutto  il  pertrattato  nodo-,  appresso  alla  detta  union 
di  cose.  Pertrattare  al  senio  di  trattare ^  divisare,  e  simili ,  da  altri 
ancora  adoperato  vedilo  nel  Vocabolario  della  Crusca  . 

i34  P^tdi  due  {duo  V  edizione  della  Crusca  e  le  seguaci  )  vecchi 
eCf  San  Luca  e  Paolo;  e  dinotano  il  libro  degli  atti  degli  Apostoli 
scritto  dal  primo,  e  quel  dell'epistole  dal  secondo  scritte.  Uosa  Alo- 
BANDO .  —  in  abito  dispari ,  poiché  S.  Luca  veniva  in  abito  di  medi- 
co (  aual  esser  egli  stato  attesta  S.  Paolo,  Colos.  4  )  9  ^  come  fosse  uno 
dei  discepoli  d' Ippocràte ,  l'arte  del  quale  è  di  curar  gli  uomini, 
e  mantenerli  in  vita  ;  e  Paolo  veniva  con  la  spada ,  la  quale  è  istru- 
mento  da  tor  la  vita.  Landino — Ma  pari  in  atto ^  ognuno  onestq  e 
sodo ,  così  la  Nidobeatina  ed  alcuni  mss.  veduti  dagli  Accademici  del- 
la Crusca  *"  e  II  Cod.  Chig.  N.  E.  Ma  pari  in  atto  ed  onestato  e  so- 
do  j  tutte  V  altre  edizioni  :  ^  ed  il  cod.  Antald.  e  il  \at.  Con  istato 
sodo  leggono  due  altri  codici  di  Dante  segnati  4  ^  ^  presso  il  signor 
marchese  Antaldi  di  Pesaro  •  N.  E. 

i?)n  i38  Ippocràte  con  Va  lunga  richiede  il  metrico  andamento 
che  qui  si  pronunzi  ,  tanto  più  che ,  oltre  la  licenza  che  hanno  i  poeti 
di  far  u&o  al  bisogno  della  diastole ,  è  Ippocràte  come  Greco  ,  nel 
quale  dialetto  suole  1'  alpha  essere  di  misura  comune  —  che  natura 
agli  animali  Je\ec»  che  la  madre  natura  produsse  per  vantaggio  de'suoi 


43o  PURGATORIO 

i39    Mostrava  Y  altro  la  contraria  cura^ 
Con  una  spada  lucida  ed  acuta  , 
Tal  che  di  qua  dal  rio  mi  fé'  paura  ^ 

ì^2     Poi  vidi  quattro  in  umile  paruta; 

E  ,  diretro  da  tutti ,  un  veglio  solo 
Venir ,  dormendo  con  la  faccia  arguta . 

i^ò     E  questi  sette  col  primajo  stuolo 

più  cmri  animali  ,  cioè  degli  uomini .  Dell'  a  in  vece  di  per  vedi  Ci- 
nonio   {a)  . 

i5p  if\o  i4i   ^f astrava  P  altro  la  contraria  ec.    Vedi  ciò  che   ha 
detto   li  I^ndino  riferito  al  w.  i34* 

if^i  Poi  vidi  quattro  in  umile  partita.  Per  questi  qoattro  i  ce- 
mentatori intendono  i  quattro  evangelisti  ;  ma  questi  già  gli  esprime , 
o  simboleggia,  altrimenti:  io  piuttosto  intenderci  li  quattro  princi- 
pali dottori  della  chiesa.  Venturi.  Il  Landino  (risponde  al  Venturi 
ottimamente  Rosa  Morando)  e  il  Vellutello  per  questi  quattro ^  non 
i  quattro  evangelisti  ,  ma  i  quattro  Apòstoli  Giacomo  ,  Pietro ,  Giovan- 
ni ,  e  Giuda ,  che  hanno  scritte  le  lettere  dette  canoniche  ,  aflermano 
simboles'^iarsi  qui  dal  Poeta .  Né  d'  altro  si  debbe  intendere  ,  appa- 
rendo cniaramente  clie  in  questo  luogo  si  8on  voluti  simboleggiare 
ì  libri  del  Testamento  nuovo  per  ordiqe...  I  quattro  animali  (v.gi) 
sono  i  quattro  libri  degli  evangelisti  :  i  due  vecchi  (  ^-  1 34 }  son  Lu- 
ca ,  e  Paolo ,  e  dinotano  il  libro  degli  atti  degli  Apostoli  scritto  dal 
primo ,  e  quel  dell*  epistole  dal  secondo  scrìtto .  Vengono  poscia  que- 
sti quattro  ,  e  dinotano  le  lettere  canoniche  ,  come  s'  è  detto  ;  e  r£- 
retro  da  tutti  vien  finalmente  il  veglio  sqIo  ,  cioè  Giovanni ,  con  cui 
significar  si  vuole  il  libro  dclP  Apocalisse  ,  eh'  è  nel  fin  della  Bib- 
bia —  paruta  ,  apparenza  ,  sembianza  .  Volpi  , 

if\b  i4'1  *  È  dietro  da  tututtl  y  il  cod.  Cbifft  N.  E.  —  Un  veglio 
solo .  simboleggia  questo  ,  come  ora  diceva  il  Rosa  ,  V  Apocalisse 
scritta  da  S.  Giovanni .  Vegfio  ,  cioè  vecchio ,  perocché  scrisse  quel 
libro  S.  Giovanni  nella  età  di  anni  poco  meno  di  novanta  {b)  :  50/0, 
per  esser  questo  l' unico  libro  profetico  del  nuovo  testamento  —  dor- 
mendo^ dinota  che  le  visioni  ,  le  quali  egli  descrive  nell'Apocalisse, 
ebbe  S.  (yiovanni  quando  nella  cena  s'  addormentò  in  su  '1  petto  di 
Cristo .  LàNDiNo .  Può  però  anche  alludere  all'  essere  stati  i  mister] 
dell'  Apocalisse  mostrati  da  Dio  a  S.  Giovanni  mentr'era  alienato  dai 
sensi ,  e  rapito  in  estasi ,  oud'  è  perciò  il  santo  medesimo  per  anto- 
nomasia appellato  r  estatico  di  Palmas  ^^  con  la  faccia  arguii'  pone 
questo  come  a  correzione  dello  aver  detto  dormendo  ^  quasi  cioè  di- 
ca ,  non  pero  con  faccia  stupida  e  sonnacchiosa ,  ma  arguta  e  vivace . 

1^5  al  i5o  Questi  sette  ^  cioè  i  due  vecchi  in  abito  dispari  ,  li 
quattro  in  umile  paruta ,  e  il  veglio  solo  —  col  primajo  stuolo  (  *  col 
primiero  stuolo  ,  il  cod.  Antald.  N,  E.  )  erano  -abituati ,  cioè  vestiti  al- 
la stessa  foggia  ,  e  del  color  medesimo  che  i  primi  (  che  i  ventiquat- 
tro anzidetti  seniori  (e)  )  .  Così  Par.  canto  xxxi  v.  60  f^estito  con  le 
.*         Il  ■  ■  -  ■  ■       ■  ■ ■ —       -  .. 

(a)  Panie.  I  22.     (p)  Vedi  ,  tra  gli    altri  ,  Tirino  Chron,   sacr.  ,   cap. 
ultimo  .    (e)  Veno  83- 


CANTOXXIX.  4^1 

Erano  abituati  ;  ma  di  gigli 
Dintorno  al  capo  non  facevan  brolo  » 

i48     Anzi  di  rose  e  d'  altri  fior  vermigli . 

Giurato  avria  poco  lontano  aspetto  , 
Che  tutti  ardesser  di  sopra  dai  cigli. 

i5i     £9  quando  1  carro  a  me  fu  a  rimpetto. 
Un  tuon  s'  udì  ;  e  quelle  genti  degne 
Parvero  aver  V  andar  più  interdetto  ^ 
Ferma  ndos'  ivi  con  le  prime  insegne  . 

genti  gloriose ,  Volpi.  Ilabiluaius  al  meil  esimo  senso  adoprato  ne'Kasst 
tempi  ,  come  habituati  capis  doctoralibus^  ani  aliis  scholasticis  indu' 
mentis  {a):  come  cioè  da  vsste  vestito^  cos\  da  €ibito  dicevasi  abitua' 
io  —  ili  gigli  fT  intomo  al  capo  ^^  di  sopra  al  capo  ,  i  codd.  Val.  e 
Chig.  N.  E.)  non  f oceano  brolo  ec.  Brolo  appellasi  in  Lombardia  un 
terreno  chiuso  pieno  d*  alberi  fruttiferi  (h)  :  e  Dante  adopera  qui  co- 
tal  termine ,  in  grazia  della  rima ,  per  giardino  ;  non  già  per  corona  , 
e  ghirlanda  j  come  malamente  chiosano  i  compilatori  nel  Vocabolario 
della  Crusca,  il  Volpi  ,  il  Venturi  ,  e  il  Hosa  Morando  .  A  quel  mo- 
do che  chi  ha  fiori  in  capo  può  metaforicamente  dirsi  ,  che  faccia 
intorno  al  capo  di  fiori  brolo  ,  o  sia  giardino.  Vuol  adunque  Dante 
inteso ,  che  non  avevano  gli  ultimi  sette  coronate  le  tempia  di  gì- 
gli,  come  le  avevano  i  ventiquattro  seniori  j  ma  di  rose  et)  altri  fiori 
vermigli  ;  e  ciò  ad  indicare  il  martirio  ,  che  gli  autori  de*  mentovati 
sacri  libri  soffersero  ,  in  conferma  della  dottrina  loro  in  quelli  det- 
tata dallo  Spirito  Santo .  -^  Giurato  avria  poco  lontano  aspetto  ec. 
Esige  il  buon  senso  ,  che  poco  lontano  aspetto  vaglia  qui  lo  stesso , 
che  se  detto  vivesse  ,  un*  aspetto  poco ,  cioè  alquanto  ,  lontano  ;  cosic- 
ché non  i  fiori  vedesse,  ma  solamente  i  colori.  Del  tacersi  talvolta 
la  particella  uno  ^  VXinon.  (e),  E  va  errato  il  Daniello  chiosando:  Di 
rose  y  e  d  altri  fior  vermigli  sì  /attamente  ,  che  alcuno ,  che  non  fosse 
stato  molto  da  loro  lontano,  avria  giurato,  che  tutti  ardessero  ai  so- 
pra da  i  cigli. 

1 53  V  andar  più ,  per  /'  andar  pili  oltre . 

i54  Con  le  prime  insegne,  con  i  candelabri ,  come  si  fermano  ta- 
lora co  i  pennelli  e  gonfaloni  quelli  che  vanno  in  processione.  Daniello. 

(a)  V^  Fresne  Glossarium  aiU  voce  habituatus,  {b)  Ciò  aitesta  anche  U 
Pati  citato  nel  Moc.  della  Cr.  alla  voce  brolo,  (e)  Part,  aS^. 


Fine  del  canto  ventesimonono # 


■V, 


459 

CANTO    XXX. 


ARGOMENTO     {*) 

Conii$nii  come  Beatrice  discesa  dal  cielo  riprende  Dante  della  igwo* 
ranza  e  poca  prudenza  sua  ,  attendo  egli  dopo  la  sua  morie  temm' 
ia  altra  via  da  quella  ,  ^lla  qt^aie  eUa  per  sua  salftte  P  uvea  iudi- 
riz:^ato  ,  ' 


Q 


4 


uando  1  settentrion  del  primo  cielo  ^ 
Che  ne  occaso  mai  seppe  né  orto  ^ 
Ne  d'  altra  nebbia  ,  che  di  colpa  ,  velo  ^ 
£  che  faceva  lì  ciascuno  accorto 

Di  suo  dover ,  come  1  più  basso  face 
Qual  timon  gira  per  yenire  a  porto  » 


I  Quando  7  settentrion  .  Come  settentrione  appelliam  noi  nel  cie- 
lo a  noi  visibile  le  sette  stelle  dell'Orsa  maggiore,  cos\  appella  Dan- 
te settentrione  li  predetti  sette  luminari  de*  candelabri  —  del  primo 
cielo ,  del  cielo  empireo  del  Paradiso  ;  d'  onde  cioè  li  sappone  in- 
sieme col  trionfale  carro  ,  e  tutta  1*  altra  comitiva  discesi .  Ed  è  la 
costruzione .  Quando  fermo  s*  affisse  ,  fermo  restò  ,  il  settentrione  ec. 
Fermata  cotale  è  stata  annunziata  nell'  ultimo  verso  del  canto  pre- 
cedente . 

a  5  Che  nh  occaso  ec.  che  (diversamente  da  queste  nostre  stel- 
le) mai  agli  occhi  non  si  tolse,  né  per  girare  che  faccia  ,  né  per 
velo  d* altra  nebbia,  fuorché  di  quella  della  colpa  :  cagione  per  cui 
r  uomo  cacciato  fu  'lai  terrestre  Paradiso ,  e  per  conseguenza  dalla 
veduta  di  cotali    belle  cose . 

4  5  6  Faceva  à  ciascuno  accorto  di  sue  dover.  Figurando,  co- 
me di  sopra  dicemmo  ,  questi  sette  lumi  i  sette  doni  dello  Spirito 
£>auto  ,  accenna  qui  V  effetto  dei  medesimi  doni  ,  di  fare  che  ciascun 
uomo  adempia  esattamente  gli   obblighi  del  proprio  stato  —  come  il 


(*)  Argomento  metrico  <iel  ceL  G*  Goni . 

Tra  6or  discesa  in  angelica  fesra 

Viene  Bearriee  t  e  della  fiamma  antica 
Forxa  nel  sen  di  Dante  anco  ti  desta  . 

Volgesi  a  lai  la  bella  Donna  amica  , 
E  gli  rinfaccia  che  il  viaggio  torse 
Via  da  Tirtà  ,  che  V  anime  notrica  ^ 

Poco  pregiando  aita  ^  che  gli  porse . 


e  A  N  T  O    XXX.  455 

7     Fermo  s' affisse  ;  la  gente  Terace , 

Venuta  prima  tra  1  grifone  ed  esso  , 
Al  carro  volse  se ,  come  a  sua  pace  * 

IO     E  un  di  loro  ,  quasi  da  ciel  messo  , 

Veni  ,  sponsa  ,  de  Libano  ,  cantando  » 
Gridò  tre  volte,  e  tutti  gli  altri  appresso , 

i3     Quale  i  beati  al  novissimo  bando 

Surgeran  presti ,  ognun  di  sua  caverna 
La  rivestita  carne  alleviando  ; 

Jace  (  accorto ,  intendi ,  di  suo  dovere  )  qual  timori  gira  et.  qualunque 
nocchiero  volge  timone  per  giungere  al   bramato  porto. 

•j  S  La  genie  verace;  i  ventiquattro  seniori,  simboli  de' venti- 
quattro libri  del  vecchio  Testamento  (a) ,  e  bene  perciò  detti  veraci 
—  venuta  prima  tra  il  grifone ,  ed  esso ,  tra  esso  settentrione  ,*  tra  i 
sette  candelabri ,  e  il  grifone ,  o  sia  il  carro  dal  grifone   tirato  . 

9  Al  carro  volse  se  ,  al  carro  ,  che  andando  avevano  que'  seniori 
dietro  a  se ,  fermati  si  rivolsero  —  come  a  sua  pace ,  al  suo  scopo , 
al  verificativo  delle  predizioni  loro ,  e  figure .  *  Al  carro  volse  sì  co- 
me a  sua  pace  ,  i  codd.  Vat.  e  il  Chig.  N«  E. 

10  II  la  Un  di  loro  ^  rappresentante  la  sacra  Cantica,  del  qua! 
libro  sono  le  parole  veni  de  Ubano ,  sponsa  (b)  —  quasi  da  ciel  mes" 
so ,  quasi  deputato  fosse  a  cotale  omzio  dal  cielo  ,  della  particella 
da  per  dal ,  dallo  ,  €lalla ,  dalle ,  vedi  Cinonio  (e)  •  Fa  Dante  con  le 
predette  parole  della  Cantica  invitarsi  a  scendere  dal  cielo  ,  inteso 
pe  '1  monte  Libano  ,  Beatrice ,  la  celeste  sapienza  ,  da  lui  com'è  det- 
to [d)  figurata  in  essa  donna  —  tre  volte ,  perchè  le  parole  son  que« 
ste  :  veni  de  Ubano  ,  sponsa  mea ,  veni  de  Libano ,  veni .  Vbntdei  . 

i5  Quale,  per  come ,  qui  pure  come  Inf.  il  127.  Quale  i  fioretti 
dal  notturno  gielo  chinati  e  chiusi  ec,  —  novissimo  per  ultimo  alla  ma- 
niera de'  Latini  .  Volpi  •  —  bando ,  per  ordinazione  ,  per  quella  ordi- 
nazione che  nella  fine  del  mondo  sarà  fatta  ai  morti  di  ripigliar  cia- 
scuno sua  carne,  e  suajigura  (e). 

14  Caverna,  per  sepoltura. 

iS  La  rivestita" carne  alleviando,  per,  rivestendo  sua  carne  agile 
e  leggera ,  dote  promessa  ai  beati .  '*'  La  Nidob.  legse  voce  alleviando  p 
e  così  il  cod.  VaL  Ma  il  canonico  Dionigi  voleva  che  si  leggesse  vo- 
ce allelujando:  lezione  che  noi  pure  seguimmo  nell'  edizione  del  1816 
veggendola  non  disprezzata  dal  Lombardi  (/") ,  anzi  da  lui  riconosciuta 
sopra  altri  codici  :  e  trovandola  ripetuta  ancora  nel  cod.  Gaetano  •  M« 
il  signor  Biagioli  ce  ne  fa  ora  un  peccato  mortale  •  Ecco  intera  U 
sua  nota  che  noi  poniamo  intera  senza  adontarcene.  Non  è  questa 
la  prima  volta  che  in  mezzo  alle  sconcezze  del  trivio  abbiamo  rin- 
venuto qualche  dettato  che  non  ci  spiacque.  «  Alleviando ^  allegge- 

■     '    I  >  Il  ■  ■  ■  ' 

(a)  Vedi  nel  casto  preced.  v,  83.  (})  Cap.  4-  If)  Partie,  70  6.  (*l)  Va- 
il  Uf.  il  70  ed  ahroTe  .  {é)  laf.  vi  ^«  {f)  To,  1  EMme  4<1U  Coffttia- 
ni  ce.  pag.  LsxTlii* 

T^.  E  • 


434  PURGATORIO 

ft  rendo  :  perocché  dai  fìjosofi  cristiani  dicesi ,  dietro  l'  autorità  del- 
ie la  divina  promessa  ,  che  il  corpo  glorificato  sarà  lucido  e  liev^ , 
«  siccome  de'  loro  dei  afiermano  gli  stoici .  Però  Cicerone  (  de  noL 
<c  cleorum  )  :  illud  video  pugnare  te ,  species  ut  quasdam  sii  deorum , 
(c  qiiaenihil  concreti  habeat^  nihil  solidi  ^  nifdl  expressi  y  nikil  eminen- 
«e  tis ,  sitque  pura  ,  iex^is ,  pellucida  •  Quindi  il  Tasso  ,  conforme  all' 
«  intenzione  del  poeta  nostro  : 

,9  Qu€l  corpo  f  in  cui  già  vissé  alma  fi  degna  « 
,f  Lo  qual  con  essa  ancor  ^  lucido  é  Uve 
„  E  inmorial  fatto  ^  riunir  si  deve  . 
«  Adunque  onde  cavò  mai  il  sig.  canonico   Dionigi   quella  rozza  le- 
«  zione  ,  che  porta  voce  in  vece  di  carne ,  e ,  in  luogo  <f  alleviando , 
«  alleluiando ,  parola  sconcia  per  se ,  e  per  Torri bil  guasto  che  por* 
«  ta  nel  costrutto  e  nel  sentimento  ?  Ha  ben  ragione  Teeregio  signor 
«  Ugo  Foscolo  di  fare  al  signor  canonico  quella  lavata  ai  capo ,  che 
«  leggesi  in  una  dalle   sue  eleganti  ed    erudite  note  alla   chioma  di 
«  Berenice^  poema   di  Catullo,  da  lui  maestrevolmente  volgarizzato. 
«  Ma  odi  spavento!  Il  signor  de  Pomanis  avendo  trovato  neirirmgì- 
«  nito  cod.  CweL  ,  la  rivestita  voce  aìlelujando ,  ha  stampato  nella  ri* 
«  stampa  del  Lombardi  la  rivestita  voce  aìlelujando ,  e ,  credendo  tatti 
«  noi  italiani  altrettanti  goccioloni ,  lasRgiioni ,  gagliofTacci ,  ce  la  suoc* 
«  ciola  per  lezionfi  decisiva .  O  santissimo  Apollo  ,  san  gli  giusti  occhi 
a  tuoi  rivolti  altrove  ?  O  giurato  hai   d'  aObgar  V  Italia  in  profondissi- 
«  ma  barbarie  ,  che  permetti  s\  disonesto  strazio  delle  cose ,  ond'ha 
«  più  argomento  la  tua  possanza  e  deità  ?  Biagioli  .  d  Noi  non  credeva- 
mo che  il  critico  insieni  colla  Senna  avesse  bevuto   il  Lete  •  Non  rì- 
Gordò  r  esame  delle  correzioni   proposte  al   Lombardi  dal   Canonico 
Dionigi:    neppure  l*  e<'izione    bodoniana   di    Dante;    neppure   quella 
elefante   ristampa  del    Bettoni  ,   comodissima   pe'  viaggiatori    •    Coli 
si  dice  donde  il  Canonico  cavò  la  lezione  voce  auelitjando  ,  cioè  dal  fa- 
moso codice  di  Santa  Croce ,  ora  J^aurenziano  (  plut.  sin.  n.T.  )  che  alcuni 
vogliono  scritto  da  (ilippo  villani  :  e  la   mise  d'accordo   coW  anoni- 
mo  cementatola;^  col   più  antico  chiosatore  della   divina   Commedia: 
il   quale  scrisse  (dlet^ando  la  ri^'estita  voce ,  cioè  del  corpo   che  allora 
sarà  glorificato  coW  anima .  Dispiace  al  Biagioli  C  irruginito  cod,  Cae- 
inno  ;  pare  che  Tabbìa  veduto  !  ama  piuttosto  i  codici  di  Dante    scritti 
Jori  !   iSe  alT  autorità,  che  vale  pur  molto  in   queste  cose,   vuoisi   ag- 
giungere un  argomento  d'analogia;  rammentisi  che  Dante  da   Osamia 
lece  osannare  :  {a)   e  però  aver   i)otuto  usurpare  eziandio   l'  allelujam 
senza  (limaiidarne   il  permesso  al   signor  Biagioli;  tanto   più  che  alle- 
lujo  ailthijns  fu  verbo    latino    bello   e  conjugato   a' rozzi  tempi    dell* 
Alighieri  (A) .  .Se  però  sosteniamo  a  parole  le  ragioni  di  voce  c^UelujandOy 
le  quali  si  fanno   più  belle  dal  contesto  che  segue  ,  cioè  di  cantare, 
Tutti  dicdan  :  bcncdictus    qui  venis ,  dopo  il  quale  sta   benissimo  un 
y^lft-uja,  o  almeno  un   (><anna  ;  non  vogliamo   punto  sostenere  il  fat- 
to.  Àia  siccon  e  fa  rivetita   carne  alleviando  non  ci  par  buona  sintassi 
da  sostenersi  coi)  quegli  escmpj,  perchè  i  beati  non  allevieranno  ,  ma  sa* 
ranno  alleviati;  meglio  ci  assiste  a  rinnovarla  lezione  il  divino  Miche- 
langelo, il  quale  in  quel  suo  >  >iudizio  universale ,  che  noi  teniam  sem- 
pre avanti  gli    occhi  ,  ha  dipinto  i   beati   che   sbucano   dalle  caverne 
ov'  eran    sepolti  .    Veramente  quanti  dipinsero  il    finale    giudizio  non 
seppero  esprimer  meglio  che  corpi  umani  rianimati ,  i   quali   solleva* 

(a)  Par.  xxvxii     (b)  Db.  Gange  Lexicon,  verbo  ut  supra. 


e  A  N  T  O    X  X  X.  436 

16     Colali  in  su  la  divina  basterna 

Sì  levar  cento,  ad  vocem  tanti  senis^ 
Ministri  e  messaggier  di  vita  etema  • 

ìQ     Tutti  dicean  :  Benedictus  qui  venis  j 

E ,  fior  gittando  di  sopra  e  d' intorno , 
Manibus  o  date  lilia  plenis  . 

no  chi  la  pietra  della  sepoltura ,  chi  colle  braccia  si  allarga  la  terra  » 
o  di  sopra  o  d'intorno  per  venir  fuori  •  Invece  dunque  di  porre  tra 
due  virgole  a  modo  di  una  zeppa  di  mastro  Tacco ,  ognun  ai  sua  co» 
verna  y  come  legge  la  comune,  noi  togliamo  la  seconda,  e  seguito  e 
sciolto  leggiamo  ognun  di  sua  caverna  la  rivestita  carne  allevianao .  Già 
in  altro  luogo  (a)  ci  divincolammo  da  que'brutti  serpentacci  che  aveano 
afflitto  tanti  chiosatori  fino  a  toglier  loro  il  fiato  ,  cangiando  semplice- 
mente coir  ai]$>rità  di  un  codice  la  particola  né  in  non,  ora  ci  sentiamo 
lietissimi ,  e  quasi  allelujamo ,  di  scampar  dalla  bava  del  chiarissimo 
Biagioli  [  cui  sit  tèrra  levis  ]  toltici  d' innanzi  un  così  piccolo  inciam- 
po ,  una   virgola .  N.  £. 

16  In  su  la  divina  basterna .  Basterna  (  vocabolo  Latino)  dee  aver 
Dante  volentieri  appellato  questo  carro  su  del  quale  viene  a  fermarsi 
Beatrice,  non  solamente  per  comodo  della  rima  ,  ma  fors'anche  per 
essere  la  basterna  ,  al  dire  di  Servio  {b) ,  una  specie  di  carro  simi- 
le air  antico  pUentum ,  di  cui  non  si  valevano  che  le  sole  caste  ma- 
trone .  Il  meciesimo  vocabolo  di  basterna  adopera  in  Italiano  pur  Fa- 
zio degli  U berti  (e).  *  Il  cav.  Monti  nelle  sue  proposte  prova  evi- 
dentemente lo  svarione  preso  dalla  Crusca  in  quel  passo  di  Fazio 
citato  qui  dal  Lombardi .  N.  E. 

17  18  Si  levar  ec,  alla  voce  del  sopraddetto  quasi  da  del  messo 
seniore  —  si  levar ,  intendi ,  da  sedere  —  cento  ministri  e  messaggier 
ec.  angeli  della   celeste  corte  .  \zktiiai  . 

IO  Tutti  dicean  (dicèn  l'edizione  della  Crusca  e  le  se&;uaci  *  je 
il  cocL  \at.  N.  E.  )  Benedictus  qui  venis:  benedizione  dell' Lnrea  tur- 
ba a  Gesù  Cristo  quando  a  cavallo  dell'  rasina  entrò  in  Gerusalemme. 
A  chi  nel  presente  caso  ponga  Dante  diretta  cotale  acclamazione  p 
non  lo  dice  ,  quanto  veggo  ,  altro  espositore  che  il  Vellutello ,  che 
dicela  diretta  a  Beatrice  stessa  ,  a  cui  quell*  altra  veni  sponsa  de  Li" 
bano .  Ma  ,  s'è  così ,  perchè  non  ,  come  ha  Dante  del  Benedictus  qui 
venit  (  che  furono  le  parole  genuine  dell'Ebraica  turba }  {d) ,  fatto  Be- 
nerlictus  qui  venis j  non  ha  egli  altresì,  meglio  a  Beatrice  aggiustan- 
do le  parole,  detto  in  vece  Benedicta  quae  venis?  Io  sono  ai  parere 
che  supponga  Dante  fatta  cotale  acclamazione  a  se  medesimo ,  come 
al  mecfesimo  fu  fatta  acclamazione  in  ogni  passare  che  in  l^urgatorìo 
fece  di  girone  in  girone,  ed  ultimamente  nell*  uscir  dall'ultimo,  con. 
quel  venite  benedicti  Patris  mei  {e) ,  Sapendo  essi  cioè  che  scendeva 
dal  cielo ,  e  veniva  incontro  al  Poeta  la  chiamata  Beatrice,  incomincia- 
no a  congratularsi  con  lui ,  e  volgonsi  in  seguito  a  sparger  fiori  pe'l 
ricevimento  di  lei  • 

2 1  3fambus  o  date  (  intendi  dicevano  )  UUa  plenis  :  quello  che  An- 

(a)  Inf.  e.  .«.     (b)  In  lib.  vili  Aeneid.  V,  6SÙ,  (c)  Ditum.  lib.  1  cap.  37. 
(</)  klatth.  %i  V,  9.      {€)  Porj.  uvll  SS. 

Bea 


4.%  fURGATORIO 

aa     Io  vidi  già  nel  cominciar  del  giorno 

La  parte  orientai  tutta  rosata , 

E  r  altro  ciel  di  bel  sereno  adomo  ; 
!i3     £  la  faccia  del  Sol  nascere  ombrata 

Sì  che ,  per  temperanza  di  vapori , 

L'  occhio  lo  sostenea  lunga  fiata  • 
aS    Cosi  dentro  una  nuvola  di  fiori , 

Che  dalle  mani  angeliche  saliva  , 

E  ricadeva  giù  dentro  e  di  fuori , 
3i     Sovra  candido  vel,  cinta  d'oliva, 

Donna  m'  apparve  sotto  verde  manto  , 

Vestita  di  color  di  fiamma  viva . 
34    £  lo  spirito  mio  ,  che  già  cotanto 

chise  dice  appresso  Virgilio  di  Marcello  :  manibus  date  Utia  plems  ; 
Purpureas  spargamflores  (a).  Diniello* 

a5  Basata ,  di  leggiere  nuvolette  di  roseo  colore  sparsa . 

a4  ^'  i^tro  ciel ,  1*  altre  parti  del  cielo  diverse  daHa  orientale  -» 
di  bel  sereno  adomo y  sgombro  affatto  d'ogni  vapore. 

aS  Ombrata y  dalle   predette  leggiere  nuvole. 

a6  Per  temperatila  ai  vapori ^  per  ismorzare  che  i  vapori  face- 
vano il  troppo  vigore  della  luce  solare, 

3o  Dentro  e  tìi  fuori  ^  intendi   della   poco  anzi  divina  basterna, 

3i  5a  53  Sovra  candido  vet  cinta  d'oliva:  con  velo  bianco  in  ca- 
po ,  •  con  corona  di  fronda  d'oliva  sopra  del  velo  :  e  però  dirà  piò 

abbasso  {b): 

Tutto  che  il  vi  ,  che  le  scenata  di  tetta 
Cerchiato  dalla  fronda  di  Minerva  ec, 
sotto  verde   manto  :  è  il   manto  spezie  di   vestimento  simile  al    man- 
tello ,  (e)  *  Sotto  candido  vel ,   il  cod.  Chig.  N.K.  —  vestita  di  color  di 
fiamma  viva  :  colla   veste  di  rosso  acceso   colore  .  La  corona  d'  oliva 
eh'  è  r  arbore    di   Minerva  dea  delle    scienze ,  dinota  Beatrice   la  sa- 
pienza :  il  bianco  del  velo  ,  il   verde  del  manto ,  e  il  rosso  della  ve- 
ste sono  i   colori  attribuiti   alle   tre  virtù  teologali   {d)^  e  dei  mede- 
simi perciò  ricuopre  la  celeste  sapienza   Beatrice  ,  a  significare  ch'esse 
teologali  virtìi  sono  il  principale  obbietto  della  celeste  sapienza  ,  o  sia 
della  sublime  teologia . 

34  al  39  Che  già  cotanto  ec.  Sono  queste  ,  e  le  seguenti  parole 
fino  al  termine  del  terzetto  ,  una  interiezione  ,  colla  quale  ne  fa  Dan- 
te capire  ,  che  mentre  viveva  nel  mondo  Beatrice ,  il  di  lui  spirito 
alla  presenza  di  lei  diveniva  stupido  e  tremante  ;  e  che  pe  '1  lungo 
tempo  scorso  dalla  morte  di  lei  fino  a  quel   punto ,  cioè  per  buoni 

(a)  Aeneid,   vi   Ì78.     (h)  Vtri.  67  e  stg.    (e)  Cosi  il  Vocibolaiio   dalla 
C'AfCA  •    (4Q  Osato  proctdtBta  y»  azi  e  leii. 


CANTO    XXX.  /P7 

Tempo  era  stato  che  alla  sua  presenza 
Non  era  di  stupor  ,  tremando  ,  affranto  , 

37     Senza  degli  occhi  aver  più  conoscenza  , 
Per  occulta  virtù ,  che  da  lei  mosse , 
D'  antico  amor  sentì  la  gran  potenza  . 

4o     Tosto  che  nella  vista  mi  percosse 

L'  alta  virtù  ,  che  già  m' avea  trafitto 
Prima  eh'  io  fuor  di  puerizia  fosse , 

dieci  anni  (a)  ,  non  aveva  più  sofferto  cotale  abbattimento  .  Separan* 
do  io  adunque  per  maggior  chiarezza  queste  dall'altre  parole  coi  se- 
gni eh'  oggi  si  praticano  d' interiezione ,  ecco  come  spiego  ambedue 
questi  terzetti .  E  lo  spirito  mio  (  quello  il  quale  già  etn  siato ,  va- 
le passato  {b)  )  cotanto  tempo  che  non  era  ,piii  alla  presenza  di  Bea" 
trice  di  stupor  tremando  affranto  ^  (abbattuto)  senza  aver  degli  occhi 
(  vale  per  gli  occhi ,  o  dagli  occhi  (e)  )  piìi  conoscenza  ,  maggior  no- 
tizia ,  di  quella  (  intende  )  che  ebbe  in  veder  cotale  sovra  candido  vel 
cinta  d^ oliva  ec.  sensa  cioè  che  per  gli  occhi  lo  spirito  discernessc 
chi  ella  si  fosse ,  per  occulta  virili  che  da  lei  mosse ,  che  dalla  mede- 
sima donna  uscì  «  sentì  (  lo  spinto  mio  )  la  gran  potenza  d*  antico 
amore  • 

Tutte  ,  quanto  veggo ,  V  edizioni  invece  di  che  alla  sua  presenza 
malamente  leggendo  con  la  sua  presenza  ,  e  malamente  punto  fermo  do- 
po affranto  segnando ,  hanno  fatto  rompere  inutilmente  il  capo  a  tutti 
gì'  interpreti  é  Che  alla  sua  presenza  ,  oltre  molti  mss.  veduti  dagli  Ac- 
cademici della  Crusca ,  leggono  pur  cinque  mss.  della  Biblioteca  Cor-» 
sini  (d)  *  (  Come  altresì  il  cod.  Cass.  il  Caet.  e  lo  Stuard.  )  Il  pun- 
to fermo  poi  dopo  affranto  alcuni  mss.  lo  hanno  ,  ed  alcuni  nò  :  ma 
bastantemente  decide  il  senso  doversi  indi  rimuovere ,  e  lasciare  che 
questi  due  terzetti  si  uniscano    in  un  solo  periodo  . 

4o  Dfella  vista  ,  cioè  negli  occhi ,  chiosa  il  \ellutello  :  nia  se  il 
detto  senza  degli  occhi  aver  più  conoscenza  significa ,  come  par  che  deb- 
ba significare ,  nello  spiegato  modo  ,  meglio  intenderemo  qui  che  nel- 
la vista  vaglia  il  mecfesimo  che  nell'atto  della  vista  y  nel  méntre  ve* 
deva  io  lei.  Ed  in  caso  di  difficoltà  per  questa  parte,  piuttosto  che 
uniformarmi  al  Yellutello  ,  eleggerei  di  leggere  col  mss.  della  Biblio- 
teca Corsini  610  nella  vita  in  luogo  di  nella  vista  :  e  tanto  più  volen- 
tieri ,  Guanto  che  Dante  stesso  prendendo  vita  per.  anima ,  o  spirito  | 
dice  net  Farad,  xii  127  Io  son  la  vita  di  Bonaventura  .  *  Ne  la  luce, 
il  cod.  Vat.  N.  E. 

4«  Prima  ch^  io  fuor  di  puerizia  fosse  .  Non  aveva  Dante  compito 
il  nono  anno  deireti  sua  quando  prese  amore    a  Beatrice ,  pure  ra- 

(a)  Estendo  il  i3oo  «  coma  pia  iwitp  è  datto  »  1'  anno  in  cai  finga  Dia* 
te  questa  ma  andata  all'altro  mondo  ,  ad^e^Mado  Bcarrica  mort|i  ntl  1390  co- 
me prova  l'autor  delle  aMmorie  per  le  vita  di  Dante  {.  7.  (Jb)  Stare  9  riferi- 
to a  tempo  ^  vale  passare  ,  insegna  il  Vocabolario  della  Crnsca  •  (e)  Cina* 
nio  Pariic,  81  X2  e  iS.    (d)  Segnati  607  608  (io  12 17  126S. 


/p8  PURGATORIO 

43     Volsimi  alla  sinistra ,  col  rispitto 

Gol  quale  il  fantolin  corre  alla  mamma  9 

Quando  ha  paura  o  quando  egli  è  afflitto  , 
46     Per  dicere  a  Virgilio  :  men  che  dramma 

Di  sangue  m' è  rimasa  ,  che  non  tremi  ; 

Conosco  i  segni  dell'  antica  fiamma  • 
49    Ma  Virgilio  n'avea  lasciati  scemi 

Di  se  ;  Virgilio  ,  dolcissimo  padre  ; 

Virgilio ,  a  cui  per  mia  salute  diemi  • 
62     Ne  quantunque  perdèo  V  antica  madre 

Valse  alle  guance  nette  di  rugiada , 

gaziina  dì  otto   in    nore  anni  (a)  •  Fosse  per  Jassi  detto   anche  fuor 
di  rima  vedi   Purg.  xv  Sg. 

^3  Rispitto  (  o  respitto ,  come  legge  la  Nidobeatina  )  au\  non  è , 
chiosa  insieme  e  critica  il  Venturi ,  per  rispetto  in  grazia  aella  rima , 
come  usasi  ancor  despitto  ;  né  dal  verbo  rispettare  »  che  il  fantolin 
con  la  mamma  di  questo  rispetto  per  vero  aire  non  ne  ha  troppo* 
ma  dal  verbo  respirare  ^  con  una  delle  usate  licenze  Dantesche  ;  e  il 
senso  è  ;  con  quel  respiro  affannoso  col  quale  corre  alla  mamma  Fim- 
paurito  n  afflitto  bambino . 

Ma  se  non  piaceva  al  Venturi  d' intendere  per  rispetto  una  di- 
chinrnzione  d'  animo  in  termini  cortigianeschi ,  troppo  alieni  dal  fa- 
re de' fanciulli  ,  poteva  almeno  sostituirvi  una  umiltà  ,  od  un  atto  sup- 
plichevole^ cose  che  anche  «'fanciulli  si  convengono;  senza  cacciarne 
qui  pure  al  bisogno   delle  usate  licenza, 

ffi  *  Per  dicere  ,  o  Virf^ilio ,  il  cod.  Chig.  N.  E.  —  Dicere  per  r//- 
re  adoprato  dagli  antichi  anche  in  prosa .  Vedi  il  Vocabolario  della 
<Srusca  —  dramma  ,  è  V  ottava  parte  d'  un  oncia . 

48  Conosco  I  segni  deW  ec.  Quel  Virgiliano  agnosco  veteris  %^esii' 
ginjiammae  {b)»  Daniello. 

49  Scemi ,  per  mancanti ,  privi . 

S\  A  cui  per  mìa  salute  diemi.  Accenna  la  preghiera  fatta  da 
principio  a  Virgilio 

•  • V  ii  richieggio 

Ptr  quello  Dio  ,  che  tu  non  conoscesti  , 
Acciocch*  io  fugfia  questo  male  e  peggio  » 
Che  tu  mi  meni  ec.  (e) 
Del  verbo   die' ,  apostrofato   invece  di  diede  >  vedi  il  Prospetto 
de*  verbi  Italiani  sotto  il  verbo  rlare  n.  6. 

5i  JYè  quantunque  perdeo  P antica  madre  ;  in  vece  di  dire  ne  guan- 
to vi  era  di  bello  in  quel  Paradiso  perduto  da  Eva  la  prima  madre . 
Fonela  solo   essa  per  ambedue  i  primi  genitori  • 

53  False  f  potè  impedire  —  nette  di  rugiada  ^  per  asciutte  ili  la' 
grime. 


(a)  Vedi  Dante  steito  nel  principio  dalla  Vita  nuova,  {b)  Jitteid»  IT  23. 
(e)  Inf,  I  i3o  e  ie|g. 


CANTO    XXX.  43j^ 

Che  lagrimando  non  tornasser  adre . 

55     Dante ,  perchè  Virgilio  se  ne  vada  , 

Non  piangere  anco ,  non  piangere  ancora , 
Che  pianger  ti  convien  per  altra  spada . 

58     Quasi  ammiraglio,  che  'n  poppa  ed  in  prora 
Viene  a  veder  la  gente  che  ministra 
Per  gli  altri  legni ,  ed  a  ben  far  la  'ncuora; 

6i     In  su  la  sponda  del  carro  sinistra  , 

Quando  mi  volsi  al  suon  del  nome  mio 
Che  di  necessità  qui  si  registra  , 

54  jfdre  y  o  per  meste ,  come  intende  il  Vocabolario  della  Cru- 
sca alfa  voce  Aaroj  ovvero  per  imbrattate  y  in  contrapposizione  al 
nette  del  precedente  verso  . 

56  zinco ,  legge  la  Midobeatina  ed  altre  antiche  edizioni  '*'  (  co- 
me altresì  il  Cod.  Caet  N.  E.)  in  vece  di  anche  ^  che  legge  l'edi- 
zione della  f  )rusca ,  e  le  moderne  seguaci  :  e  dovendosi  in  questo  , 
come  in  queir  altro  parlare  ben  son  ben  son  Beatrice  (a) ,  intendere 
quello  interrompi  mento  di  parole  che  suol  accadere  in  chi  con  trop- 
pa veemenza  favella ,  viene  perciò  anco  ,  come  porzione  che  è  del  sog- 
giunto ancora-,  ad   essere  necessariamente  preferibile  ad  anche, 

57  Per  altra  spada  ^  per  altro  dolore  e  punture;  che  saranno  le 
parole  ch*eUa  userà  in  riprenderlo  del  suo  lungo  vaneggiare.  Daniello. 

58  *  Quasi  ammiraglio  ,  cfie  di  poppa  in  prora y  con  l'autorità  di 
soli  due  testi  veduti  dai  Signori  Accademici  legge  il  Signor  PortirelU 
in    luogo  d'  in  poppa  ed  in  prora  del  P.  L.  e  della  Comune*  N.  E. 

60  Per  gli  altri  legni  :  così  la  Nidobeatina ,  ed  altre  antiche  edi- 
zioni ;  e  COSI  parecchi  mss.  veduti  dagli  Accademici  della  Crusca ,  e 
cinque  altri  veduti  da  me  nella  Biblioteca  Corsini  fp)  ;  '*'  (  oltre  il 
CoD.  Cas.  che  legge  egualmente  altri,  N.  E. )  e  cosi  analmente  ri- 
chiede il  giusto  senso:  offizio  essendo  deìV ammirarlo  y  cioè  del  con- 
dottiere  d* armata  navale,  F osservare  dal  proorìo  legno  come  la  gen- 
te degli  altri  legni  fa  il  proprio  dovere .  >ialamente  adunque  alti  ia 
luogo  d*  altri  leggono  appresso  alla  edizione  della  Crusca ,  le  moder- 
ne edizioni   tutte:  ^  e  il  cod.  Vat.  e  1*  Antald.  N. E. 

61  In  su  in  sponda  del  carro  sinistra.  Accenna  Dante  che  la 
situazione  sua  fosse  alla  sinistra  del  trionfale  carro ,  e  che  perciò  Bea- 
trice per  parlargli  più  da  vicino  si  mettesse  su  la  sponda  del  carro 
sinistra .  1.a  cagione  poi  di  cotale  sinistra  situazione  per  la  parte  di 
Dante    dovrebbe  essere  a  dinotarsi    ancor  soggettò  a  riprensione    di 

Seccato  ;  di  quello  cioè  per  cui  nel  finale  Giudizio  staranno  i  repro- 
i  alla  sinistra  del  divin  tribunale .  Vedi  anche  ciò  eh'  è  detto  Purg. 
xxvii  26.  * 

6a  63  Nome  mio  ,  che  di  necessità  qui  (  nel   passato  terso  55  ) 
M  registra  ,  si  nota  y  si  commemora .  Convien  dire  (  eccp  -  di  nuovo  il 


{a)  Veri.  73*    {b)  Stguti  S07  €08  609  €10  12^S 


4io  PURGATORIO 

64     Vidi  la  donna ,  che  pria  m' appario 
Velata  sotto  l'angelica  festa  , 
Drizzar  gli  occhi  ver  me  di  qua  dal  rio . 

67     Tutto  che  1  vel  che  le  scendea  di  testa  y 
Cerchiato  dalla  fronde  di  Minerva , 
Non  la  lasciasse  parer  manifesta; 

70     Regalmente  nell'  atto  ancor  proterva 

Venturi  ) ,  che  Dante  portasse  opinione  non  poter  il  poeta ,  senza  in- 
correre un  grave  fallo  ,  nominar  se  ne'suoi  versi ,  apporlandcne  la  ne- 
cessità per  discolpa.  Virgilio  però  suo  maestro  non  v'  ebbe  scrupo- 
lo ,  e  nel  fine  della  Georgica  si  nominò  francamente  :  lUo  Fìrgilium 
me  tempore  dulcis  alebat  Parthenope . 

'  Ma  e  perchè  domin  com^ien  dire  ?  E  non  potè  Dante  ,  quan- 
tunque persuasi ssimo  di  lecitamente  potersi  manifestare  ,  bramar  tac- 
ciuto  il  suo  nome  per  sola  modestia  r  Può  qui  dirsi  del  Venturi  ri- 
spetto a  Dante  quello  che  disse  Dante  di  se  medesimo  rispetto  a 
Virgilio  (a). 

traeva  la  parola  tronca 

Farsi  a  peggior  untenza  ^  eh*  s'  non  tennt  • 

64  65  66  Vidi  la  ec.  Costruzione  •  Fidi  drizzar  di  qua  dal  rio  <^r 
me  gli  occhi  la  donna ,  che  pria ,  precedentemente  ,  m  appailo  sotto 
r  angelica  festa  :  intende  Beatrice  velata  dalla  nuvola  di  fiori  che ,  co- 
me disse  di  sobra  (6),  daUe  mani  angeliche  saliva  ,  e  ricadeva  ec.  t 
questa  nuvola  dfì  fiori  dalie  angeliche  mani  formata  intende  .per  Pan- 
gelica  festa.  Malamente  l'edizioni  che  adoprano  virgole  ne  segnano 
una  dopo  apparto  ;  imperocché  non  lascia  cotal  vìrgola  intendere  pei 
questa  donna  Beatrice ,  ma  ne  rimanda  a  Matelda  ,  la  prima  donna 
che  apparve  a  Dante  in  quel  luogo . 

68  Fronde  di  Minerva^  la  fronda  d'oliva  (già  detta  nel  e.  5i  } 
appella ,  inerentemente  alle  favole  ,  che  a  questa  dea  attribuiscono  la 
coltura    dell'oliva  ,  e  Tarte   di  trarre  olio   dal  frutto  di   essa  (r). 

70  Begalmente  la  Nidobeatina  ,  realmente  V  altre  edizioni  ^  e  il 
cod.  Vat.  N.  E.  —  Ma  giacché  realmente,  dovrebbe  qu\  significar  lo 
stesso  che  regalmente ,  cioè  in  aria  regale ,  imperiosa ,  gioverà  la  fìi- 
doheatina  lezione  ad  allontanamento  d'equivoco  —  nelT  aito  ancor  pro- 
terva "*  cioè  altiera  anche  nel  gesto  ,  nel  portamento  ,  oltre  di  esse- 
re in  aria  maestosa  e  regale:  tale  ci  sembra  il  senso  pili  naturale 
di  auest'  espressione  ,  e  non  ,  come  vuole  il  P.  L. ,  che  debba  in- 
tendersi altiera  allo  stesso  modo  che  quando  era  viva .  Giacché ,  riflet- 
te opportunamente  il  P.  Ab.  di  C.  nella  sua  lettera  y  che  Boccaccio 
nella  Aita  di  Dante  scrive,  che  Beatrice  era  gentile ,  piacevole,  mo- 
desta, non  altiera;  e  lo  stesso  Dante,  di  lei  vivente,  dice  ch'era 
modesta,  non  già  proterva.  Rispetto  poi  alla  nuova  lezione  del  Cod. 
Cass.  Guardaci  ben  ,  ben  sem ,  oen  sem  ,  in  luogo  di  Guardami  ben , 
ben  son  ,  ben  son  Beatrice  :  non  crediamo  di  dargli  quella  preferen- 


(a)  Inf.  IX  14  •  segg.     (b)  Vers.  29  e  segg. 
(c)  Naul  Conti  MythoL  Ub.  4  cap.*5. 


CANTOXXX«  441 

Continuò  ,  come  colui  che  dice , 

E  '1  più  caldo  parlar  dietro  riserva  : 
73     Guardami  ben  ;  ben  son  ,  ben  son  Beatrice  * 

Come  degnasti  d' accedere  al  monte  ? 

Non  sapei  tu  ,  che  qui  è  V  uom  felice  ? 
76     Gli  occhi  mi  cadder  giù  nel  chiaro  fonte  ; 

Ma  ,  yeggendomi  in  esso ,  io  trassi  all'  erba  ; 

Tanta  vergogna  mi  gravò  la  fronte  • 
79    Cosi  la  madre  al  figlio  par  superba  ^ 

za  che  Torrebbe  il  prelodato  P.  Ab. ,  benché  la  rinveniamo  ancora 
ne'  ced.  Caet.  Vat.  e  Chig.  N.  E« 

^  E  il  più  caldo  parlar^  e  le  maggiori  invettive  —  dietro  risero 
va^  riserva  nei  fine. 

73  Beni  ben  son  ee.  Di  questo  interrompimento  di  parlare  vedi 
ciò  eh'  è  detto  al  t>.  56. 

74  Come  devasti  di  ec.  Beatrice  (chiosa  il  Venturi  appresso  al 
Landino  e  ad  altri  spositori  )  riprende  Dante  perchè  abbia  tardato 
tanto  di  ascendere  a  quel  monte ,  e  di  venire  a  rivederla .  Però  non 
lo  rimprovera ,  che  abbia  avuto  ardire  di  accostarsi ,  che  questo  non 
s*  accorda  col  principale  intento  della  riprensione .  Vuoi  dir  dun- 
que :  come  mai  ti  sei  degnato  finalmente  di  salire  a  questo  beato 
monte?  €ome  mai  ti  sei  ftnalmiente  risoluto  di  venirmi  a  rivedere? 
Disgrasiato  ,  che  dirai  per  ttia  scusa  ?  Forse  che  non  sapevi  esser 
quassù  la  feliciti^  dell'  itomo  ?  Ma  tu  lo  sapevi  benissimo . 

Malamente  però  ,  a  mio  giudizio  ,  si  accorda  il  come  mai  ti  sei 
degnato  coi  non  sapevi  tu  ,  cm  qui  è  V  uom  /elice }  a  corrisponden^ 
za  di  che  avrebbe'  piuttosto  dovuto'  dire  come  mai  non  ti  aemavi  ? 

La  pih  breve  e  sicura  io  direi  che  fosse  d' intendere ,  cne  ve^ 
ramente  riprenda  Beatrice  Dante  d'  ardimento ,  e  che  degnasti  adope* 


tè'  il  pentimento  e  le  lagrime  (b)  «  osta  punto  il  rammentarsigli  da 
Beatrice  l'indegnità  di  venire  a  taiMa  grada;  massimamente  dopo  il 
rifiuto,  che  fatto  aveva  di  Umte  buone  inspiraaioni  (e). 

7ÌS  Sapei  per  Sapevi^  iincope  ,  vedi    Teoria  d£  vtrbi  Italiani  n.  5. 

76  77  78  òli  occhi  mi  Cadder  giìi  nel  chiaro  fi^  •  ma  ee.  Ab- 
bassando io  a- cotal  riprensione  gli  occhi,  diresstn  all' acqua  che  mi 
scorreva  al  sinistro  fianco  ,  del  Letèo  rito  {d)  :  ma  scorgendo  in  quel^ 
la  la  immagine  mia ,  rappresentandoail  qàal  mi  era  pieno  di  confur 
STone ,  mi  vergognai  di  me  medesimo,  ®  P^  non  mirare  obbietto 
tanto  spiacevole,  /rair5i,  volsi ^ii  occhi ,  aZTer^',  al  erboso  suolo. 
'*'  DèÌ  V,  55  al  V,  78  pose  in  musica  sublime  Luigi  Bandellonlia  nchiesta 
di  un  amatore  di  Dante  per  la  Contessa  Goitanxà  Monti  Peirticari  .  liJ£. 

79  Superba  f  altiera.  " 

(a)  V.  Vtc.  Ci.  (B)  Vtr.i^a  t^atg^  (e)  Vaff.iS4ja  fig.  (d)  Caat.  pitc.  r.Cy. 


s 


44»  PURGATORIO 

Com'  ella  parve  a  me  :  perchè  d'  amaro 
Sente '1  saper  della  pietate  acerba. 

82     Ella  si  tacque  ,  e  gli  angeli  cantaro 

Di  subito  :  In  te  9  Domine ,  speravi  ; 
Ma  oltre  pedes  meos  non  passaro  . 

85     Sì  come  neve  tra  le  vive  travi 

Per  lo  dosso  d' Italia  si  congela  , 
Soffiata  e  stretta  dalli  venti  schiavi  ; 

80  81  ty  amaro  sente:  cosi  la  Nidohcatina ,  e  parecchi  testi  mss, 
vedati  dagli  Accademici  della  Crasca,  in  vece  di  se9iCi  che  leggono 
tutte  l'altre  edizioni  *  e  il  cod.  Vat.  N.  F. .— Oltreché  in  una  massi- 
ma generale ,  com'  è  dritto  che  questa  s'intenda  essere ,  il  sentì  non 
▼i  può  assolatamente  aver  luogo;  ha  di  più  sente  il  vantaggio,  che 
ci  allontana  dal  pericolo ,  in  cui  è  bonariamente  caduto  il  \  entori  « 
di  prendere  senù  detto  per  accorciamento  in  >cece  di  senili  :  non  ba- 
dando che  in  tal  caso  avrebbe  il  Poeta  scritto  perchè  amaro  sena 
ec. ,  e  non  perchè  «T  amaro  ;  che  sentir  d  amaro  .significa  render  sa* 
pare  di  amaro ,  e  dicesi  del  cibo  o  della  bevanda  «-  pietate  aceiha  » 
aspra,  appella  giudiziosamente  la  pietà  :chQ   corregge  e  gaatiga . 

87  83  8/|  Ella  si  tacque  ,  e  gli  angeli  ec»  Riconosciuto  che  noi  a\>- 
biamo  il  nostro  errore ,  dimostratoci  dallii  sacra  dottrina ,  a//  angeli , 
cioè  le  buone  inspirazioni ,  e' invitano  a  fpe^are .  E  però  finge»  che 
cantino  il  salmo  accomodato  alla  speranza  ^  <  Questo  è  il  trigesimo  :  In 
te  Domine  speravi  »  non  confundar  in  aetemùm ,  nel  quale  David  di- 
mostrando la  speranza  che  na  in  Dio  ,  esorta  ogni  uomo ,  che  si  pen- 
te del  commesso  fallo  ,  a  far  quel  medesimo.  Ma  oltre  pedes  raeos 
non  passaro ,  non  passare  il  versiculodi  questo  salmo:  nec  conclusisii 
me  in  mnnibus  inimici  :  statuisti  in  loco  spatioso  pedes  meos  ;  perchè 
il  resto  del  salmo  contiene  altra  malteria.  IaAndino  »  ed  istessaniente 
anche  il  Vellutello;  che  sono,  quanto  veggo  «  i  soli  che  rintracciano 
la  cagione  di  questo  non  cantar  oltre  il  pedes  meos*  Come  pejò  in 
seguito  al  versetto  contenente  il  pedes  meos  viene  quell'altro  che  con- 
tiene co/t/icf/^/'f/f/s  est  in  ira  oculus  meus  ^  la  mijia  di<  non  far  comme* 
morare  conturbamento  d'ira  in  quel  luogo  di  pace  jtotnebb'essere  una 
più  precisa  ragione  di  far  restare  il  caiito  aì^  pedes ^  meos  • 

85  P^ive  travi  appella  gli  alberi  per  metonììtiiia .  Così  Virgitio/rn- 
xineae  trahes  in  vece  di  fraxineae  arbores  (a)  «  acemis  trabikus  in  ve- 
ce d' acemis  arborilfus  (b)  ,  e  co^  Ovidio  sjrlva  Jrequens  trqbibus  in 
voce  di  frequens  arbonhus  (e). 

S6  Per,  vale  qui  quanto  l'Hy  nel  (d)  —  ilosso  if Italia  appella  Dan- 
te gli  Appennini  ,  imperocché 9  come  appunto  dosso,  o  sia  midolla 
spinale  di  un  giumento ,  alzansi  nel  mezzo  d' Italia  ,•  e  stendonsi  da 
«n  c^po  aU' altro  della  medesima . 

^j'.iìfoffiatay  percossa  col  soffio  —  s^nii  schiari  chiama  Dante  i 
settentrionali  ,  che  rispetto  all'  Italia  vengono  di  bchiavouia  • 

(a)  ^encid^^i   182.    (^b)  dcMid,  ix  87.    (e)  Mtt.riil  i3o.^   (d)  Vedi- 
ne altri  esempi  presso  il  Èinonip'  PUrt'"    »«»^  »'». 


CANTO    XXX.  443 

88    Poi  liquefatta  in  se  stessa  trapela  j 

Pur  che  la  terra  ,  che  perde  ombra ,  spiri , 
Sì  che  par  fuoco  fonder  la  candela  ; 

91     Così  fui  senza  lagrime  e  sospiri 

Anzi  1  cantar  di  que' ,  che  notan  sempre 
Dietro  alle  note  degli  eterni  giri . 

94     Ma  poiché  'ntesi  nelle  dolci  tempre 

Lor  compatire  a  me ,  più  che  se  detto 
Avesser  :  donna ,  perchè  sì  lo  stempre  ? 

97     Lo  giel ,  che  m' era  'n torno  al  cuor  ristretto , 
Spirito  ed  acqua  fessi ,  e  con  angoscia 
Per  la  bocca  e  per  gli  occhi  uscì  del  petto . 

88  In  se  stessa  trapela ,  penetra  cioè  quella  eh'  è  di  sopra  (  ch'è 
la  prima  a  squagliarsi)   in  quella  di  sotto. 

89  La  terra ,  che  perde  ombra  ;  intende  FA  finca  ,  imperocché  ha 
regioni  sottoposte  alcuna  fiata  perpendicolarmente  al  Sole  :  nella  qua- 
le circostanza  i  corpi  che  sono  in  quelle  regioni  non  gettan  omhra . 
—  SDiri ,  mandi  vento  ;  vento  che  aa  quella  parte  all'Italia  è  sempre 
calao  . 

90  «$*>  che  par  ec,  connette  questo  col  pHmo  verso  del  terzetto 
e  vuole  in  sostanza  dire ,  che  si  squaglia  per  vento  Afiiicauo  la  ne- 
ve  degli  Appennini ,  come  si   squaglia   la  cera  al  fuoco. 

91  92  ai  Cosi  ec.  Ad  ugual  modo  rimaso  io  di  gelo  all'  aspro 
rimbrotto  di  Beatrice  ,  prima  che  udissi  quell'  In  te  Domine  speraci 
cantarsi  daeli  angeli ,  era  afiatto  impedito  in  me  l' esito  alle  lagrime 
ed  ai  sospiri  .  In  vece  poi  di  dire  angeli  adopera  Dante  circoscrizio- 
ne ;  nella  quale  primieramente  dall'  appellarsi  note  i  segni  del  can- 
to dice  notare  in  luogo  di  cantare;  come  comunemente  dall' appel- 
larsi solfa  le  medesime  note  del  canto  diciam  solfeggiare  in  cambio 
di  cantare  :  poi  seguendo  qui ,  come  altrove  (a)  i  riatonici ,  ed  am- 
mettendo che  il  movimento  delle  celesti  sfere  produca  armonioso  suo- 
no ,  pone  che  accompagnino  gli  angeli  col  canto  sempre  cotale  ar- 
monia degli  etemi  giri  y  del  girare ,  che  mai  non  avrà  une ,  delle  ce- 
lesti sfere .  ^  Il  Cod.  Caet.  legge  rote  in  vece  di  note  conformemen- 
te ad  altri  testi  veduti  dagli  Accad.  della  Cr.  N.  E. 

o4  95  96  Ma  poiché  ec»  Quando  poi  intesi ,  che  gli  angeli  ani- 
manuomi  col  canto  di  quel  salmo  a  speranza ,  davano  segno  di  com- 
patire il  mio  abbattimento,  più  che  se  avessero  redarguita  Beatrice 
stessa  di  troppa  invettiva  contro  di  me  •  "^  Par  che  se  detto ,  i  codd* 
Vat.  e  Chig.  N.  E. 

98  Spirito y  ed  acqua Jessi  ,  si  risolvette  in  sospiri ,  ed  in  lagrime. 

99  Uscì ,  intendi  il  disciolto  gielo  «-  per  la  bocca  ,  la  porzione 


(/i)  Vedi  tra  gli  altri  Ino^ki  Par.  I.  78. 


'ftm-mmm^mtmmimmm'i^m 


444  PURGATORIO 

loo    Ella,  pur  ferma  in  su  la  destra  coscia 
Del  carro  stando ,  alle  sustanzie  pie 
Volse  le  sue  parole  così  poscia  : 

io3     Voi  vigilate  nell'eterno  die 

Si,  che  notte  ne  sonno  a  voi  non  fiira 
Passo  che  faccia  1  secol  per  sue  vie  ; 

106     Onde  la  mia  risposta  è  con  più  cura , 

Che  m' intenda  colui  che  di  là  piagne , 
Perchè  sia  colpa  e  duol  d' una  misura  • 

109    Non  pur  per  ovra  delle  ruote  magne, 

di  gielo  risoluta  in  sospiri  —  per  gli  occhi ,  l' altra  porzione  sciolta  in 
lagrime  .  *  De  la  bocca  e  de  li  occ/ù,  il  coJ.  Vat.  N.  E. 

lOO  loi  Su  la  detta  coscia  del  carro  :  così,  oltre  la  Nidobeatina, 
parecchi  mss.  veduti  dagli  accademici  della  Crusca  ,  **  (  ed  il  Cod. 
Cas.  sul  quale  il  Postil.  nota  avvedutamente  idest  sinistra  ,  percliè  non 
si  prenda  equivoco  a  legger  destra .  N.  E.  )  e  cos\  dee  necessariamen- 
te leggersi  ,  e  non  destra  coscia  y  come  tutte  1*  altre  edizioni  leggo- 
no (  *  e  il  cod.  Vat.  e  il  Chig.  N.  E.  )  Imperocché  significando  lo 
stesso  coscia  del  carro ,  che  sponda  del  carro  ,  come  poteva  Dante 
dire  pur  ( tuttavia ) yj?nita  in  su  la  destra  coscia  del  carro  Beatrice, 
la  quale  ha  nel  verso  6i  detta  in  su  la  spomla  del  carro  sinistra , 
nò  di  là  r  ha  affatto  mai  rimossa  ?  Il  Vellutello  pretende  poter  cessare 
r  imbroglio  ,  che  bene  avverte  apportarsi  dalla  lezione  destra ,  con 
intendere  ,  che  volgendosi  Beatrice  a  parlare  agli  anecli  volgessesi  a 
destra.  Ma  altro  è  che  volgessesi  Beatrice  a  destra  colla  persona  ,  ed 
altro  è  che  passasse  da  una  sponda  del  carro  all'  iltra .  '^  Cosi  comen- 
tava  il  Lombardi  :  ma  noi  voloutieri  restituiamo  V  antica  lezione  per 
le  ragioni  che  adduce  il  Biagioli  cos\  :  dicendo  in  su  la  destra  ,  dimo- 
stra che  Beatrice  si  volse  a  quella  parte  per  parlare  agli  angeli ,  co- 
me pur  si  prova  dai  terzo  verso  del  seguente  canto  .  l/a  nota  ,  che 
Beatrice  si  voltò  da  quella  parte  ,  stando  pur  ferma  nei  luogo  dov'era 
prima  .  N.  K.  —  coscia  del  carro  (  chiosa  il  Venturi  )  per  metafora  co- 
me per  matafora  si  dice  coscia  di  ponte  quella  parte  d' esso  fondata 
nella  riva . 

I  o5  I  o-i  I  o5  rói  vigilate  ec.  Etemo  die  (  die  per  dt ,  giorno ,  pa- 
ra^oge)  appella  Tetcrna  divina  luce;  e  dice,  che  in  quella  vegliano 
gli  angeli  talmente,  che  mai  passo ,  che  faccia  il  secol  per  sue  vie  y 
cosa  ,  che  nelle  sue  rivoluzioni  ammetta  u  tempo  ,  viene  ad  essi  fu- 
rata ,  nascosta  ,  ne  per  so prav vegnente  notte  ,  né  per  soprawegnente 
sonno  ;  vicende   dalle   quali  sono  que*  beati  spiriti   esenti  . 

io6  107  108  Onde  ce.  Ver  cagione  di  colale  cognizione  che  voi 
avete ,  io  rispondendo  alla  dimostrata  pietà  vostra ,  stenderò  il  mio 
parlare  non  tanto  per  istruire  voi  ,  quanto  \ìer  essere  ben  intesa  da 
colui  y  Dante,  che  di  là  dal  rivo  piange  ;  perchè  y  affinchè  pe*l  mio  rim- 
uroverare  si  ecciti  in  lui  tanto  grande  il  dolore ,  quanto  fu  grande 
)a  colpa. 

J09  al    117  Xon  pur  ec.    Dopo    il  premesso    esordio  incomincia 


CANTO    XXX.  445 

Che  drizzali  ciascun  seme  ad  alcun  fine  ^ 
Secondo  che  le  stelle  son  compagne; 

US     Ma  per  larghezza  di  grazie  divine  , 

Che  si  alti  vapori  hanno  a  lor  piova , 
Che  nostre  viste  là  non  van  vicine , 

1 15     Questi  fu  tal  nella  sua  vita  nuova 

Virtualmente  ,  cW  ogni  abito  destro 
Fatto  averebbe  in  lui  mirabil  pruova  • 

118     Ma  tanto  più  maligno  e  più  Silvestro 

Si  fa  '1  terren  col  mal  seme  e  non  colto  y 
Quant'  egli  ha  più  di  buon  vigor  terrestro  • 

Beatrice  a  descrìver  agli  angeli  la  condotta  di  Dante .   Costruzione  • 
Questi,  Dante,    non  pur  per  ovra  delle  mote  magne y  non  solamente 
per  influsso  de*  cieli ,  che  drizzan  ciascun  seme  ad  alcun  fine ,  che  a 
ciascuna   nascente   cosa  danno  inclinazione  ad    alcun    fine  ,  buono  o 
cattivo  ,  secondo  che  le  stelle  son   compagne  (  *  secondo  che  le  rote  , 
i  codd.  Vat.  e  Chig.  N.  E.  ) ,   secondo  le  benefiche   o  malefiche  co- 
stellazioni ,  che  nel  punto  del  nascere  di  ciascuna  cosa  dominano  (a)  ; 
in  cielo   ma  per  larghezza  ,  abbondanza  ,  di  grazie   dittine  che  a  lor 
pio\*a ,  al  loro  scendere  in  noi ,  hanno   vapori  (  per  cagione ,  ineren- 
temente a  piova  j  della  quale  sono  i  vapori  cagione  )  5Ì  alti,  che  no» 
stre  viste  là  non  van  vicine  ,  non  giungono  ;  fu  nella  sua    Fita  nuova 
nella  sua  novella  età  (alcuni  interpretano  che  vita  /laot'a  appelli  Dan- 
te i  suoi  piii  venti   anni   allusivamente  al  libro  intitolato  vita  nuova 
dal  medesimo  Dante  comoosto  )  virtualmente  tale,  per  virtudi  ricevu- 
te e  dai  cieli  e  da  Dio  talmente  disposto ,  che  ogni  abito  destro  ,  buo- 
no ,  fatto  avrebbe  in  lui  ec,  avrebbe  in  esso  proaotti  effetti  maraviglio- 
si  •  Essere   virtualmente  per  avere  viriti ,  potenza ,  di  essere ,   è   frase 
delle  scuole  adoprata  anche  da  altri  buoni  Italiani  scrittori  •  Vedi  il 
Vocabolario  della  Crusca. 

Portualmente  (  chiosa  il  Venturì  ) ,  parola  filosofica  ,  vuol  dire 
in  virtù  in  potenza ,  cioè  di  tale  attitudine  ,  e  buona  naturai  dispo- 
sizione dotato.  Sunt  enim  ingeniis  nostris  semina  innata  virtutum  ,  quae 
si  adolescere  liceret ,  ipsa  nos  ad  beatam  vitam  natura  perdtu:erety  disse 
nella  terza  Tusculana  Cicerone;  cui  è  da  condonarsi  questa  massima 
Pelagiana  :  da  cui  però  (  ac|;iungo  io)  Dante,  siccome  quello  che  vi 
unisce  anche  la  divina  grazia  (  Ma  per  larghezza  di  grazie  divine)  non 
dee  avere  appreso  questo  suo  sistema  ;  ma  piuttosto  dal  detto  di  Sa- 
loiiiuiie  nella  sapienza  ,  sortitas  sum  animam  bonam  (6)  ,  cioè  bona 
indoiis ,  spiegano  i  sacri    interpreti . 

118   119  120  /I/a  tanto  piti  ec»  Verissima  sentenza  ;  imnerocchè 
terreno   che  non  ha  vigore  non   produce   niente  ;  ove  quello  che   na 
vigore ,  o  per    mal  seme  ,    o   solo    anche  per  mancanza  di    coltura , 

<a)  Vedi  tu  di  tale  inflakso  la  parlata  di  Marco   Lombardo    Pargat.  avi  67 

e  segg.     (Z>;  6u^.  8. 


446  PURGATORIO 

lai  Alcan  tempo  1  sostenni  col  mio  Tolto  ; 
Mostrando  gli  occhi  giovinetti  a  lai , 
Meco  1  menava  in  dritta  parte  volto  • 

124     Sì  tosto  come  in  su  la  soglia  fui 

Di  mia  seconda  etade  ,  e  mutai  vita , 
Questi  si  tolse  a  me  e  diessi  altrui  • 

1 17     Quando  di  carne  a  spirto  era  salita  , 
£  bellezza  e  virtà  cresciuta  m' era , 
Fu'  io  a  lui  men  cara  e  men  gradita  ; 

1 3o    £  volse  i  passi  suoi  per  via  non  vera , 
Immagini  di  ben  seguendo  false  j 
Che  nulla  promission  rendono  intera  • 

i33    Né  r  impetrare  spirazion  mi  valse  , 

Con  le  (juali ,  ed  in  sogno  ed  altrimenti , 

rìcaopresi  d'erbacce  salvatiche,  ed  anche  veae&che.  *  3fa  tanto  più 
malvagio ,  il  cod.  Chig.  Del  buon  vigor  terrestro ,  il  cod.  AnUid.  N.  E. 

Ili  ìli  1 34  j^lcun  tempo  ec.  Co'  miei  innocenti  sguardi  moren- 
dolo ad  amarmi ,  e  conseguentemente  ad  imitare  i  miei  costumi ,  il 
sostenni  che  non  traboccasse  nel  vizio ,  e  meco  il  menava  volto  alla 
virtù.  Era  Beatrice,  per  testimonianza  del  Boccaccio,  assai  legfi;iadreUa 
secondo  F  usanza  fanciullesca  ,  e  ne^ suoi  aiti  gentile  e  piacevole  molto, 
con  costumi  ,  e  con  parole  assai  piii  gravi  e  modeste  y  che  il  suo  piccio- 
lo tempo  non  richiedeva  (a)  • 

il]  ì-ìS  ì'26  St  tosto  ec.  Malamente  qui  per  questa  seconda  etade 
intendono  gli  espositori  ,  chi  la  vita  ,  e  chi  altra  strana  cosa .  Noi  da 
una  parte  troviamo  ,  che  Dante  nel  suo  Convito  {b) ,  divide  l'umana 
vita  in  quattro  parti  ,  che  et/idi  appella  ,  in  adolescenza ,  gioventii ,  se- 
netth  ,  e  senio;  e  che,  della  prima  parlando , /ik//o  dubita  y  dice,  ma 
ciascun  savio  s*  accorda,  disella  dura  injìno  al  venticinquesimo  anno. 
Dall'  altra  parte  siamo  assicurati  che  morì  Beatrice  nel  velesimosesto 
anno  delP  età  sua  (e)  .  Chi  ora  non  intende  voler  Beatrice  dire ,  che 
mutò  la  temporale  nell'eterna  vita,  in  su  la  soglia,  su '1  prìucipiare, 
della  gioventii ,  nell'  anno  ventesimosesto  ?  —  Questi  ,  Dante  ,  si  tolse 
a  me,  distaccò  da  me  il  suo  cuore,  e  rivolsclo  ad  altri  oggetti. 

127  iiS   Quando  di  carne  a  spirto  ec.    essendo  di  mortale  e  cor- 

Sorea  ,  immortale    ed  incorporea  ,  e  più  bella ,    e  virtuosa  divenuta  • 
ANIELLO  . 

*  I  '^9  Fu  io  men  cara  a  lui ,  il  cod.  Chig.  N.  E. 
J  3o  Per  via  non  vera  ,  vale  per  via  non  dritta . 
i5!2  Che  nulla  promission  ec.  che  ninna  promessa  adempiono. 
i55  i34  i55  Aè  P  impetrare  ec,  uè  mi  giovò  l'aver  lui  impetra- 
ci) Nella  vita  di  Dante,    {b)  Tratl.  4  cap.  24.    (e)  Memorie  per  la  vita 
di  Dante  ii  vii. 


e  A  N  T  O    X  X  X .  447 

Lo  rivocai  :  sì  poco  a  lui  ne  calse  . 

j36     Tanlo  giù  cadde,  che  tutti  argomenti 
Alla  salute  sua  eran  già  corti , 
Fuor  che  mostrargli  le  perdute  genti . 

i39     Per  questo  visitai  V  uscio  de'  morti  9 

Ed  a  colui  ,  che  Y  ha  quassù  condotto  > 
Li  prieghi  miei  piangendo  furon  porti  • 

14^     L'  alto  fato  di  Dio  sarebbe  rotto 

Se  Lete  si  passasse,  e  tal  vivanda 
Fosse  gustata ,  senza  alcuno  scotto 
Di  pentimento  che  lagrime  spanda  • 

te  da  Dio  sante  inspirazioni  ,  colle  quali  e  mentre  vegliava ,  e  men- 
tre anche  dormiva  ,  lo  andava  richiamando  al  dritto  sentiero  :  tanto 
avea  costui   postergata  la  virtù. 

i36  137  Già  cadde  ,  nel  profondo  ,  intendi ,  del  vizio  — argomenr 
a ,  per  prth^edimenU  ,  rimedj  {a) ,  —  corii  per  insufficienti  • 

i38  TjC  perdute  gentil  l'Inferno. 

139  i4o  i4i  f^sitai  t  uscio  de*  morti  ^  entrai  per  l' infernale  porta 
nel  regno  delia  morta  gente  {b) .  —  Ed  a  colui  ec.  a  Virgilio .  *  Co- 
stui ^  malamente  il  cod^  Vat.  fi.  E,  ^^ piangendo:  cosi  fa  che  riferisca 
anche  Virgilio  stesso  (e). 

i/p  Fato  di  DiOy  cioè  decreto,  provvidenza,  ordinazione  divina  • 
Volpi  .  —  roUo  ,  violato  . 

m43  i44  ^4^  *^<^  ^'^  (  i^  fiume  ch'era  di  mezzo  tra  Beatrice  e 
Dante)  sì  passasse,  e  si  gustasse  tale  vivanda^  1' obblivione  cioè  del- 
le commesse  colpe  (d) ,  senza  alcuno  scotto ,  compensazione  alcuna , 
di  pentimento  che  lagrime  spanda ^  che  induca  a  sparger  lagrime.  In 
proverbio  (  dice  e  prova  con  esempj  il  Vocabolario  della  Crusca  ) 
pagar  lo  scotto  vale  far  la  penitenza  del  fallo  {e) . 

(a)  Vedi  il  Vocab.  dalla  Crusca  alla  voct  argomento  \.  5.  (b)  Inf.  viii  85. 
(e)  laf.  li  xi6,     (d)  Parg.  zztixi  117  e  segg.    (e)  Sotto  la  voce  scotto  {.  a. 


Fine  del  canto  trentesima . 


CANTO    XXXI. 


ARGOMENTO     (*) 

Beatrice  ,  ieguitando  a  riprender  DatUe  ,  lo  induce  a  confessar  di  propria 
bocca  il  suo  errore  ^  ed  a  tramoriirng  di  dolore  ;  dopo  di  cka  «  imfato 
da  Maielda  nelfiunu  Ute  y  6<t;f  delle  siu  acqae  • 

1     v^  tu ,  che  se'  di  là  dal  fiume  sacro  , 

(  Volgendo  suo  parlare  a  me  per  punta  y 
Che  pur  per  taglio  m' era  parut'  acro  ) 

4     Ricominciò  ,  seguendo ,  senza  cunta  , 

Di' ,  di' ,  se  questo  è  vero  ;  a  tanta  accusa 
Tua  confession  conviene  esser  congiunta  . 

7     Era  la  mia  virtù  tanto  confusa  ^ 

Che  la  voce  si  mosse ,  e  pria  si  spense 
Che  dagli  organi  suoi  fosse  dischiusa  • 
IO    Poco  sofferse ,  poi  disse  :  che  pense  ? 

'  i  ù\  6  O  tu  che  ec*  È  il  senso  che  dopo  appena  terminato  ch'eb- 
be Beatrice  di  esporre  agli  angeli  la  prava  condotta  di  Dante ,  sema 
cunta  y  senza  dimora  (  dal  Latino  cuncta  )  seguendo  ,  ricominciò  a  vol- 
gere ,  come  prima  di  rispondere  agli  angeli,  il  suo  parlare  a  Dante. 
£d  è  vaghissima  l' espressione  ,  di  volgere ,  quasi  spada  ,  per  punta , 
cioè  direttamente  a  lui  quel  parlare  ,  che  anche  per  taglio  ,  cioè  per 
traverso ,  o  sia  indirettamente  a  lui  e  direttamente  agli  angeli  facen- 
do ,  gli  era  pure  sembrato  acro ,  pungente  — fiume  sacro  ,  il  fiume 
Lete ,  che  stava  di  mezzo  tra  Beatrice  e  Dante  —  dT  di* ,  condupllca- 
zione  esprimente  veemenza  di  parlare ,  —  se  questo  è  vero  ,  quanto 
cioè  aveva  Beatrice  es}>osto  aeli  angeli  della  di  lui  mala  condotta» 
dal  V,  109  fino  al  termine   del  passato   canto. 

j  S  g  La  voce  si  mosse. ^  e  pria  si  spense ,  Che  dagli  organi  ec.  è 
quel  vox  fauclbus  haesit  di  \irgilio  (a);  e  per  gli  organi  intende  le 
fauci . 

I  o  Poco  sofferse ,  un  poco  ebbe  pazienza  aspettando ,  intendi ,  mia 
risposta  —  pense  per  pensi ,  antitesi  in  grazia  della  rima . 

Q)    Argomento  metrico  del  celebre  Gaspare  Goni  . 
Chiede  Beatrice  che  palesi  il  vero 

Ei  di  saa  bocca  ;  ed  ei  teme  ,  e  faTclla  « 
Pianto  sgorgando  per  aspro  pensiero  . 
Mentr'  ella  parla  ,  ed  oi  %\  rinnovella 
Per  pentimento  ,  coglielo  improvviso 
Matelda  ^  e  il  taffa  nell'  onde  ,  e  Y  abbella  ; 
Poi  vicin  vede  Beatrice  il  viso  . 
(a)  Àentid,  zo  754  )  ed  altrove . 


CANTOXXXI.  449 

Rispondi  a  me ,  che  le  memorie  triste 
In  te  non  sono  ancor  dall'  acque  offense  • 
i3     Confusione  e  paura  insieme  miste 

Mi  pinsero  un  tal  sì  fuor  della  bocca  , 
Al  quale  intender  fur  mestier  le  viste . 

16     Come  balestro  frange ,  quando  scocca 

Da  troppa  tesa  la  sua  corda  e  l'arco  , 
£  con  man  foga  1'  asta  il  segno  tocca  ; 

j^     Sì  scoppia'  io  sott'  esso  grave  carco  , 
Fuori  sgorgando  lagrime  e  sospiri  ; 
E  la  voce  allentò  per  lo  suo  varco  • 

sa     Ond'  eir  a  me:  perentro  i  miei  disiri  9 
Che  ti  menavan  ad  amar  lo  bene 
Di  là  dal  qual  non  è  a  che  s'  aspiri , 

ab     Quai  fosse  attraversate  o  quai  catene 

Trovasti ,  perchè  del  passare  innanzi 
Dovessiti  cosi  spogliar  la  spene  ? 

•  li  li  Le  memorie  triste  ,  de'  peccati  tuoi  —  non  sono  ancor  cf- 
Jense  ^  scancellate  intendi  àM  acque  di  Lete  (a),  lascia  per  ellissi 
d'  aggiungere  e  però  non  puoi  nadurmi  per  iscusa  la  dimenticanza  • 
Dnu  acqua  leggono  1'  edizioni  diverse  dalla  I^idobeatina  :  '*'  e  il  cod* 
Chìg.  N,E. 

i4  i5  .1/1  pinsero  ce. ,  mi  cacciarono  fuor  della  bocca  un  s\  tan- 
to sommessamente  pronunziato ,  che  piii  per  inclinamento  del  capo , 
che  neir  asserire  si  f a  ,  e  pe'l  movimento  delle  labbra,  potè  dagli 
occhi  di  Beatrice  scorgersi»  che  dalle  orecchie  udirsi  —  viste  ^  per  w- 
$ta  (plurale  pe'l  singolare)  per  g/i  occhi. 

16  Come  balestro  ;  la  Nidob.  però  legge  Come  al  balestro.  *  Fran^ 
gè ,  sottintendi  s\ ,  per  non  far  di  questo  verbo  ,  cóme  fanno  i  vo- 
cabolari ,  un  mostro  di  quattro  teste ,  cioè  un  attivo  ,  un  passivo  , 
un  neutro,  e  un  neutro  passivo.  Biagioli.  N.  £. 

19  20  21  Sì  scoppia^  io  ec.  Come  il  balestro  per  troppa  tensione 
si  frange  ,  e  la  freccia  allenta  nel  suo  moto ,  cosi  scoppiai  io  sotto 
il  detto  grave  carico  della  confusione  e  paura  ,  fuori  sgorgando  la- 
grime e  sospiri,  e  perdendo  forza  di  mandar   fuori  le  parole. 

11  I  miei  disiri ,  i   buoni  desiderj  da  me  inspirati . 

33  a4  Lo  bene ,  di  là  dal  qual  ce.  :  il  sommo  bene  Iddio ,  oltre 
del  quale  non  vi  è  cosa  desiderabile. 

27  Spogliar  la  spene  ,  per  perdersi  di  speranza  ,  disanimarsi . 

{a)  Vedi  Pnrg.  xxviii  127  e  segg. 
T.a.  F  f 


/pò  PURGATORIO 

<ì8     E  quali  agevolezze  o  quali  avanzi 

Nella  fronte  dell'  altre  si  mostraro  » 
Perchè  dovessi  lor  passeggiare  anzi  ? 

Zi     Dopo  la  tratta  d' un  sospiro  amaro  » 
A  pena  ebbi  la  voce  che  rispose , 
E  le  labbra  a  fatica  la  formaro  • 

34    Piangendo  dissi  :  le  presenti  cose  9 

Col  falso  lor  piacer ,  volser  miei  passi 
Tosto  chel  vostro  viso  si  nascose. 

37     Ed  ella  :  se  tacessi ,  o  se  negassi 

Ciò  che  confessi ,  non  fora  men  nota 
La  colpa  tua  ;  da  tal  giudice  sassi  • 

a  8  A  fievolezze  ,  per  attrattive  e  maniere  dolci*  Volpi  ,  — afona , 
guadagni  Volpi. 

*ìg  ^  IVella  fronte  dell'  altre  si  mostraro ,  variante  del  Cod.  Caet. 
in  luogo  dì  de^i  altri  della  Nidob.  de'  cod.  Vat.  e  Chìg.  e  della  Co- 
mune .  Aggirandosi  la  principal  rampogna  dì  Beatrice  sulle  infedeltik 
coiD messe  da  Dante  per  aver  amato  altre  Donpe  dopo  la  sua  morte; 
e  coeroTite  a  questa  essendo  specialmente  la  risposta  e  la  scusa  di  lui 
come  si  vede  al  v.  35  e  seg. ,  non  meno  che  1*  opportuna  perora- 
zione di  beatrice ,  vei'90  4^  ^  s^g-  >  ^  più  palesemente  v.  49  e  seg. , 
non  esitiamo  di  adot^re  il  genere  feminino  in  (jue^to  luogo ,  ove 
piultostochè  trattar  de' beni  spirituali,  come  vogliono  i  Comentatorì , 
senilira,  cbe  la  ./onna  faccia  all'infido  con  bell'arte  travedere  il 
primo  punto  dell'nccusa  ;  al  che  ben  corrispondono  i  sospiri  ed  i  pian- 
ti del  '.'oeta  .  Ti  bia^ioli  però  vuole  stare  anche  qui  contro  noi  :  e  di- 
ce che  a  questo  degli  altri  dee  intendersi  oggetti  da  te  vagheggiatii 
spiegazione  difesa   anche  dal    sisnor  Betti.  ^.  I> 

3o  Perchè ,  vale  talmente  cfie  —  lor  passeggiar  anzi .  ^nzi  ,  o  sia 
avanti  ,  ed  intorno ,  sono  particelle ,  che  ad  espressione  di  praticare 
le  adoperiam  noi  persinonime,  ad  ugual  senso  dicendo /lora  mi  vanir 
pili  aitanti  ,  e  non  "ti  venir  pili  intorno .  Lor  adunque  passeggiar  anzi 
crederei  io  <lt'tto  ad  uguale  sigiiifìcalo  dì  andar  loro  intorno  ^  di  ac- 
costarsi ad  esse  .  il  1. and  ino  e  il  A  ellutello  chiosano  Perchè  dovessi 
passeggiare y  ciati  proceder  innanzi ,  senza  partirti  da  loro.  Diversa- 
mente il  Daniello,  il  Aolpi,  e  il  Àenluri,  Passeggiar  anzi  spiegano 
per  fare  aJf  amore ,  passando  sovente  i  vagheggini  davanti  alle  case 
delle  innamorata    loro  ^ 

7rx   ì.a  x'oce ,  che  rispose,  che  diede  Ja  seguente  risposta  . 

7)\  Le  /presenti  cose,  i  mondani  obbietti:  *  e  forse  meglio,  gli 
ogj^ofli   rhc   mi  restaron  presenti   quando  tu   più   non   vi    eii .  K.  K. 

.>5  fiei  passi  la  rido  b.  ed  altre  antiche  ediz.  ,  mie^  passi  1' edi- 
7.ion«'  d(  11.1   Ciusca    e  le  ino<lerne   seguaci  . 

3(1  //  vosfm  viso  si  nascose,  il  vostro  volto,  morendo,  si  tolsQ 
agli  orchi  miri  , 


e  A  N  T  O     X  X  X  1 .  45^ 

4o     Ma  quando  scoppia  dalla  propia  gota 

L' accusa  del  peccato ,  in  nostra  corte 
Rivolge  se  contra  1  taglio  la  ruota . 

43     Tuttavia  perchè  me'  vergogna  porte 

Del  tuo  errore  ,  e  perchè  altra  volta  , 
Udendo  le  sirene  ,  sie  più  forte  ; 

46     Pon  giù  1  seme  del  piangere  ,  ed  ascolta  : 
Sì  udirai ,  come  in  contraria  parte 
Muover  doveati  mia  carne  sepolta  . 

49     Mai  non  t'  appresentò  natura  od  arte 

39  Da  tal  giudice ,  da  Dio ,  a  cui  tulio  e  noto . 

40  Ma ,  in   senso   di  nondimeno  —  gota  per  bocca .  Volpi  . 
4i    Corte ^  vale   qui   luogo  dove  si  tien  ragione  (a). 

f^i  involge  se  ec.  La  ruota  rivolge  se  coutra  il  taglio  ,  cioè  la  di- 
vina eluslÌEÌa  rintuzza  la  spada  della  sua  vendetta  ;  presa  la  nietifo- 
ra  dalla  cole  9  o  pietra  (  o  ruota  )  d'  agguzzare  ,  la  quale  volgendosi 
contra  la  schiena  del  coitello  ,  viene  ad  agguzzarlo  ;  roa  se  si  volga 
contra  il  taglio  di    esso,  viene  a  guastarlo.  Volpi. 

43  *  Me^ ,  legge  la  comune,  me^io  ;  e  però  più  ,  e  con  più  fratto  , 
dice  ilBiagioli  .  Perchh  piit  ^  logge  il  cod.  Chig.i  Perchè  ma,  i  codd. 
Cass.  e  Gaet. ,  lezione  da  noi  già  altra  volta  addottala .  Ma  non  vedendo- 
ne ora  la  necessità ,  abbiamo  piuttosto  voluto  restituire  nel  testo  la  le- 
zione comune  .  N.  E.  —  porte  ,  antitesi  in  grazia  della  rima  ,  per  porti* 

44  4^  Perchè  ,  affinchè  ,  aJtra  volta  Udendo  le  Sirene  ec,  Simbo- 
leg^auo  le  favolose  Sirene  col  loro  canto  1'  attrattiva  de* falsi  mon- 
dani piaceri  ;  e  Dante  ponele  qui  per  ^V  islessi  mondani  piaceri  ;  il 
simbolo  per  la    cosa  simboleggiata  <--  sie  per  sii . 

46  Pon  giii  il  seme  del  piangere»  jSono  discordi  gli  espositori  9 
questo  seme  del  piangere y  intendeodo  chi  il  doloro,  chi  le  lagrime, 
e  chi  il  pensiero  stesso  per  cui  piangeva  •  A  me  però  sembra  che 
ne  lo  abbia  accennato  il  Poeta  medesimo  poco  auzi  (ù)  nel  grave  car- 
co della  confusione  e  paura  ^  sotto  del  quale  confessa  d'essergli  scop- 
piate le  lagrime  e  i  sospiri.  A  colaXe  graive  carco  corrisponde  benis- 
simo tanto  In  frase /70/I  giii^  quanto  il  line  del  deporlo,  acciò  potes- 
se meglio  ascollare  :  certa  cosa  essendo  ,  che  la  confuùomi  e  la  paura 
ofiuscano  1*  intendimento .  • 

47  In  contraria  parie  ,  in  allontanamento  dai  falsi  piaceri  mondani. 

48  Mia  carne  sepolta ,  vale  la  morie  mia  ,  il  conseguente  per  Tan- 
tecedente . 

49  Natura  od  arte  legge  la  Isidob.  con  altre  antiche  edizioni, 
e  parecchi  rass.  vedati  dagli  Accademici  della  Crusca;  natura  e  arte 
legge  l'edizione  della  Cr.  e  le  moderne  seguaci  :  "^  e  il  cod.  \at.  h.ìù. 


(a)  Vedi  il  Vocabolario  della  Cr.  alla  voce  corte  {.  8.  (/>)  Vers.  i3  e  seg(. 

F  f  a 


452  PURGATORIO 

Piacer,  quanto  le  belle  membra  in  eh'  io 
Rinchiusa  fui ,  e  che  in  terra  son  sparte  • 

52     E  ,  se  '1  sommo  piacer  sì  ti  fallìo 

Per  la  mia  morte  ,  qual  cosa  mortale 
Dovea  poi  trarre  te  nel  suo  disio  ? 

55     Ben  ti  dovevi ,  per  lo  primo  strale 
Delle  cose  fallaci ,  levar  suso 
Diretro  a  me  che  non  era  più  tale  • 

58    Non  ti  dovea  gravar  le  penne  in  giuso , 
^  Ad  aspettar  più  colpi  j  o  pargoletta 
O  altra  vanita  con  si  breve  uso . 

6ì     Nuovo  augelletto  due  o  tre  aspetta  ; 

5i  *  Che  sono  in  terra  sparle ,  il  cod.  Cass.  N.  E.  —  Se  non  vo- 
gliamo che  sapponesse  Beatrice  sparse  le  sue  membra  qua  e  lii ,  co- 
me se  state  fossero  dalle  fiere  straziate ,  ovver  bruciate ,  q  sparse  le 
ceneri  al  vento  ,  dovrebbe ,  pare  a  me,  sparie  qa\  pure ,  come  nel  can- 
to xxvin  i3  della  presente  cantica  ,  valer  quanto  spariiie;  e  dovreb- 
be intendersi  per  trasposizione ,  a  camion  della  nma ,  essere  scritto 
e  che  son  terra  sparle,  in  vece  di  e  che  sporte^  spartite  da  me,  sono 
terra ,  sono  risolute  in  terra .  '*'  Nel  xxv  del  Paradiso  si  legge  ,  in  ter- 
ra è  terra  il  mio  corpo ,  che  spiega  appunto  questo  testo .  Onde  spar^ 
te,  vale  disciolle ,  e  ridotte  in  terra.  Riagioli  .  N. E. 

5*2  //  sommo  piacer,  che  avevi  in  mirarmi  -^  ti  fallìo  ,  ti  mancò. 
Del  yerho  fallire  per  mancare  vedi  il  Vocabol.  della  Cr.  *  Fu  certa- 
mente una  svista  del  Lombardi  V  annotare  nella  vecchia  edizione  c^t- 
sto  Jallio  per  ingannò  citando  il  Vocabolario  ,  che  d'altronde  segna- 
va yh/Zine  per  mancare  colla  citazione  di  onesto  verso.  Il  Biagioli  se 
ne  avvide  ,  non  però  gV  illustH  editori  Bolognesi  .  N.  E. 

55  56  57  Perlo  primo  strale  Delle  cose  fallaci,  pe '1  primo  col- 
po che  ti  diedero  le  fallaci  cose  col  farmiti  mancare  •  "^  Proprio  stra- 
le, il  cod.  Chig.  N.E.  —  levar  suso  ,  al  cielo  —  che  non  era  piii  tale, 
quale  in  vedendomi   ti  compiacevi . 

58  59  60  JVon  ti  dos^ea  gra\^ar  ec.  :  non  ti  doveva  dal  levar  suso 
rispingere  abbasso ,  ad  essere  bersaglio  d'altri  strali,  —  o  pargoletta 
o  altra  ec,  o  giovinetta  donna  ,0  altro  vano  obbictto  .  Il  Daniello , 
e  il  Venturi  dicon9  per  tal  pargoletta  alludersi  alla  Lucchese  Gcn- 
tucca  ,  di  cui  nel  canto  xxiv  07  e  segg.  di  questa  medesima  cantica . 
Mancarono  essi  però  d'  avvertire  che  iJuonagiuuta  nell'indicato  canto 
ìie  fa  chiaramente  capire  ,  che  Dante  al  tempo  di  questo  suo  viag- 
gio non  sapeva  tampoco  se  Cientucca  fosse  al  mondo  ;  e  che  qui  Bea- 
trice riprende  Dante  dei  peccati  già  commessi ,  e  non  dei  futuri .  — 
con  sì  breve  uso ,  di  cosi  corta  durata .  *  Il  Con.  Caet.  e  il  Chig.  al 
i'.  58  leggono  non  ti  dovean,  in  luogo  di  dovea  ,  sin«|olare  .  N.  £. 

61  6i  63  lYuovo  augelletto  ec.  Coir  esempio  degli  uccelli  pro- 
sieguo Beatrice  a  far  conoscere  la  follia  di  un  nomo  di  formato  giu< 


CANTO    XXXI.  453 

Ma  dinanzi  dagli  occhi  de'  pennuti 
Rete  si  spiega  indarno  o  si  saetta  . 

64     Quale  i  fanciulli ,  vergognando ,  muti , 

Con  gli  occhi  a  terra ,  stannosi  ascoltando , 
E  se  riconoscendo ,  e  ripentuti  ; 

6y     Tal  mi  stav*  io  ;  ed  ella  disse  :  quando 
Per  udir  se'  dolente  ,  alza  la  barba  , 
E  prenderai  più  doglia ,  riguardando . 

70     Con  men  di  resistenza  si  dibarba 

Robusto  Cerro  ,  o  vero  a  nostral  vento , 
O  vero  a  qiiel  della  terra  d' larba  , 

73     Ch'  io  non  levai  al  suo  comando  il  mento  . 
£ ,  quando  per  la  barba  il  viso  chiese , 

dizio  )  che  dopo  provati  gli  aspri  colpi  de'  mondani  piaceri ,  non  si 
diparta  da  essi.  Solamente,  dice,  il  novello  sciocco  augelletto  ,  do- 
po il  primo  colpo  d' insidie  aspetta  due  o  tre ,  non  isfuggc  il  secon- 
do o  terzo  colpo .  Ma  agli  uccelli  pennuti  vecchi ,  provato  che  abbia- 
no una  volta  l'insidia  tramata  loro  sotto  lusinga  di  richiamo  o  d'esca , 
indarno  poscia  si  tendono  reti  (  allusivamente  a  quel  de'  Troverbi  : 
Frustra  jacitur  rete  ante  ocuìos  pennatorum  )  (a)  ^  o  si  scagliano  saet- 
te .  Nota  che   ai   tempi   di   Dante  non  era  ancor  trovato   1  archibuso  • 

6/|  65  66  Quale  y  vale  in  quella  maniera  che  —  i  JanCiulli,  ellis- 
si ,  intendi  sgridati  e  ripresi  de*  loro  falli  —  *  Se  riconoscendo ,  inten- 
di colpevoli.  BiAGioLT .  N.£.  —  •  ripenluto  per  ripentito^  detto  da  altri 
buoni  scrittori  ,  vedilo    nel  Vocao.  della  Cr. 

67  68  69  Quando  per  udir  se*  dolente  ec.  (  vale  qu\  il  quando  lo 
stesso  che  il  Latino  quandoquidem  (b)  :  giacché  il  saiutar  dolore  s'c 
in  te  eccitato  per  mezzo  dell*  udito  ,  alza  la  barba  (  pel  viso ,  com'es- 
80  Poeta  spiega  sei  versi  sotto  ,  dicendo  quando  per  la  barba  il  viso 
chiese  ) ,  e  per  lo  sguardo  in    mirar  me   crescerà  in  te  il  dolore  . 

70  71  72  Si  dibarba,  si  sterpa-,  si  diradica  —  cerro  ,  albero  ghian- 
difero  simile  alla  quercia  (e)  —  o  vero  ,  vale  qu\  lo  stesso  che  a  sem- 
plice o  —  a  nostral  vento ,  al  vento  boreale ,  che  si  muove  dal  no- 
stro ])olo  artico  .  Venturi  .  In  corrispondenza  però  dall*  altro  vento 
AITricano  ,  detto  della  terra  di  larba  (  famoso  Re  di  Numidia  nell'Af- 
frica )  dovrebbe  nostrale  piuttosto  significare  della  terra  nostra  ,  dell* 
Europa  ,  come   ben  può  dirsi  il   vento  boreale  . 

73  //  mento ,  per  tutta  la  faccia . 

74  Quando  per  la  barba  il  viso  chiese  (per  al  senso  di  con  (d)  , 
e  barba  pei  nome  di  barba)  y  quando  col  nome  di  barba  dimandò  il 
viso ,  dicendo   alui  la  barba ,  in  vece  di  alza  il  viso  . 


(a)  Gap.  I.    {b)   Vedioe  litri  esempi  riportati  dal  Cinonio  Pariic,  aio  o* 
(e)  Vocabol.  della  Cr.    \d)  SMàiQìskQ».  Pmrtie.i^^  \i. 


\1\  PURGATORIO 

Ben  conobbi  '1  yelen  dell'  argomento  • 
76     E  come  la  mia  faccia  si  distese  , 
Posarsi  quelle  prime  creature 
Da  loro  aspersion  l' occhio  comprese  ; 

75  Ben  conobbi  eà.  Non  mi  pare  che  possa  qu\  artromento  pren- 
dersi alla  scolastica  per  entimema  (a) ,  oa  altra  qualsivos^lìa  specie 
cU  argomentazione  ;  ma  che  piuttosto  debba  sififnificare  invenzione  (b)^ 
e  che  perciò  ben. conobbi  il  veten  dfiìV arpnmenio  vaglia  lo  stesso  che, 
ben  compresi  il  velenoso ,  il  mordente  fine  di  cotal  invenzione  ,  di 
cotal  nuovo  modo  di  favellare  :  che  voleva  cioè  Beatrice  farmi  capi- 
re,  ch'io  non  era  nuovo  au^U etto  ^  ma  ben  pennuto  uccellacrio,  ed 
indegno  di  compnssionc  nel  lasciarmi  nuovamente  pigliar  pelle  rete 
dai   mondani  piaceri 

76  Si  ffistexe,  intendi   in  .«« ,  a  riguardar  Beatrice. 

77  7^  Quella  pHm'»  rry^ture,  oltre  della  Nidob.  e  d'altre  antiche 
edizioni ,  leggono  moltissimi  mss.  veduti  dagli  Accademici  della  Cru- 
sca ,  ed  è  necessario  che  in  luogo  di  belle  creature ,  che  hanno  l'edi- 
zione della  Crusca  e  tutte  le  moderne ,  si  riceva .  Imperocché  tra  le 
belle  creature  comprcnderebbesi  anche  Beatrice ,  e  qu\  non  si  voglio- 
so posati  che  i  soli  angeli ,  ai  quali  unicamente  conviene  l' appel- 
lazione di  prime  creature  ,  perchè  creati  da  Dio  prima  degli  uomi- 
ni —  posarsi  da  loro  a^nersion .  À^persion  (  termine  convenientissimo 
ad  esprimere  r  atto ,  già  dal  Poeta  indicato  (r),  d'essi  angeli  di  spar- 
fjer  fiori  sopra  ed  intomo  a  Beatrice,  ed  a  cui  ottimamente  si  confa 
il  verbo  posare)  leggono  la  Nidob.  e  due  mss.  della  biblioteca  Cor- 
sini segnati  6og.  e  6io:  ed  è  il  sentimento,  che  volendo  Beatrice  ren- 
dere Dante  ,  già  ner  udir  dolente  ,  vie  più  dolente  col  manifestargli 
agli  occhi  la  bellezza  di  sua  persona,  fece  cessrìre  quella  nwola  di 
fiori  ,  che  dalle  mani  angliche  saliva  e  cadeva  (d)  intorno  a  se  stes- 
sa .  *  1  CoD.  Cas.  Vat.  Chig.  e  Antald.  leggono  egualmente  prime,  e 
non  belh' ;  ed  in  luogo  di  aspersion  legge  il  primo  apersion  ,  la  qual 
parola  viene  però  intesa  dal  suo  Posili,  per  aspersione  notandovi  so- 
pra quam  faciehant  (Angeli)  tle  florihis ,  il  Cod.  Caet.  poi  legge 
istessamente  della  Nldobcatina .  NÌ  E.  y4n^mrsion  ,  che  leggono  in  ve- 
re r  altre  edizioni  (*  e  i  codd.  Val.  e  Chlg.  N.  F.)  è  un  termine  che 
non  rinviene  altrove  esempio  ,  e  che  Aov.  in  luogo  di  aspersion  esse- 
re stato  scritto  da  chi  del  dello  angelico  oflizio  intorno  a  Beatrice 
non  si  ricordò:  cagionando  altrui  la  briga  di  arzigogolare,  che  scom- 
parvero gli  angeli  por  non  veder  Dante  in  tanto  compassionevole  aspet- 
to per  il  rabbuffo  di  Beatrice;  o  pure?,  che  per  errore  si  ascosero, 
macchialo  nncor  ravvisandolo  di  quelle  colpe  rimproverate  lui  da 
Beatrice  (e)  ,  come  se  colei  eh'  era  servita  dagli  angeli  fosse  di  un 
occhio  mon  puro  e  dilicalo,  talché  reggesse  ella  a  mirar  Dante,  men- 
tre quelli  per  errore  si  asnos(*ro  , 

Nella  menzionata   biblioteca  Corsini  ,  oltre  i   due  divisati  mss. 
che  concordemente  alla  Nidobeatina  leggono  aspersione  tutti  gli  altri 

(a)  Cosi  il  Volpi .  (b)  Vedi  il  Voc.  della  Cr.  alla  voce  argomento  {.5. 
(e)  Canto  prec.  v.  20.  (d)  Ivi  v,  a8.  e  segg.  (e)  Così  il  Venturi  ;  che  ia 
se^aela  di   tal  saa   interpretazione  passa  a  pettinate  11  Landino  a  il  VoUntello. 


e  A  N  T  O    X  X  X  1 .  455 

79     E  le  mie  luci ,  ancor  poco  sicure , 

Vider  Beatrice  volta  in  su  la  fiera  ^^ 
Gh'  è  sola  una  persona  in  duo  nature . 

82     Sotto  suo  velo ,  ed  oltre  la  riviera 

Verde  pareami  più  se  stessa  antica 
Vincer ,  che  V  altre  qui  quand'  ella  e*  era  . 

che  liella  m  edesiitia  esistono  ,  al  numero  di  cinque ,  e  V  edizione  del 
Numeister  i47'-**»  leggono  per  errore apersion .  Krrore  pet-ò  che,  come 
ognun  vede,  ricerca  minor  emenda  a  formar  aspcrsìon ,  che  appar- 
Sion»    *    Il  cod.   Stuard.  legge  opemzion,  K.  E. 

ng  Le  mie  luci  ancor  poco  sicure ,  gli  occhi  miei  ancor  alquanto 
timiai ,  o  con  alquanto  timido  sguardo  . 

80    81    frolla  in  su   la  Jiera  i  vale  in  su  quanto  sopra,  come  in 
quell'  altro  verso . 

Vn  carro  in  tu  due  rude  trionfale  (a) 
ed  essendo  Beatrice  situati  su  '1  carro  in  alto ,  bastava  che  si  volges- 
se verso  la  Jiera  che  tirava  il  carro ,  per  potersi  convenientemente 
dire  volta  in  su ,  sopra  ,  la  Jiera  .  —  C/us  è  sola  una  persona ,  forse 
con  trasposizione ,  in  vece  di  di'  è  una  persona  sola  —  in  duo  (b) 
nature  ,  divina  ed  umana  .  Fiera  appella  il  grifone  ,  di  cui  ha  parla- 
lo nel  canto  xxix.  108.  della  presente  cantica  ,  perchè  animale  com- 
posto di  leone  ,  eh*  è  fiera  ,  e  di  aquila  ,  eh' è  pur  uccello  fiero. 

82  83  84  Sotto  suo  velo  ,  ricoperta  dal  candido  velo ,  detto  nel 
canto  precedente  v.  3i.  —  ed  oltre  la  riviera  verdis ,  di  là  della  ver- 
de ripa  del  fiumicello  .  Verde,  perchè  ricoperta  d*  erba  ;  la  qual  er- 
ba ha  detto  nel  xxviii.  26.  e  2^.  di  questa  cantica,  che  il  fiumicello 
con  site  picciol  onde  piegava.  Il  sentimento  è,  che  quantunque  Dan- 
te non  discemesse  perfettamente  Beatrice  ,  e  pe'l  velo  che  la  rico 
priva ,  e  per  la  distanza  in  cui  si  trovava ,  gli  pareva  nondimeno  , 
che  più  allora  in  bellezza  superasse  se  stessa  antica  (  dal  Latino  an- 
ùcns  ,  anteriore  ) ,  quando  cioè  anteriormente  tra  i  mortali  viveva  , 
che  non  superasse  ella  ,  mentre  viveva ,  1'  altre  viventi  donne  .  Il  Da- 
niello per  Beatrice  antica y  chiosa,  quella  Beatrice ,  ch'era  stata  anti^ 
coniente ,  quando  era  in  questa  mortai  vita .  Essendo  però  morta  Bea- 
trice nel  giugno  del  1290  (e)  ,  cioè  soli  dieci  anni  prima  del  i3oo. 
(  anno  di  questo  poetico  viaggio  )  ;  come  accenna  Dante  stesso  nel 
V.  2.  del  canto  seguente ,  non  pare  che  potesse  un  tale  intervallo  ba- 
stare per  giudiziosamente  riporsi  la  vita  di  Beatrice  tra  le  antiche  co- 
se. Assai  però  peggio  del  Daniello  chiosano  il  Landino  e*l  \eUutel- 
lo ,  che  antica  s' intenda  detta  Beatrice  in  quella  seconda  età  ,  e  men- 
tre era  di  là  in  spirito  .  *  Il  cod.  Antald.  legge  così  :  Sotto'l  suo  velo  , 
ed  oltre  la  rivela ,  Vincer  pariemi  piìi  se  stessa  antica  Vieppiù  che  l'al- 
tre ec,  E  r  illustre  possessore  vi  nota  :  jL'  espulsione  deli  epiteto  ver- 
de,  che  non  e  necessario  a  queljlume,  ed  il  vieppiù  messo  opportw- 


(a)  Purg.  xxix  107.  (b)  Cbe  li  Nidobeatina  il  più  delle  volte  e  non 
sempre  legga  due  ove  l'  altre  edixtoni  leggono  duo  %  pnosii  ciò  ascrivere  al 
Poeta  medesimo  ,  cbe  volesse  ritenuta ,  qaal  era  ,  in  uso  •  1*  nna  e  T  al' 
tra  maniera* di  scrivere  •    (e)  Mttnoric  fer  la  vita  di  Dante  f.  viz. 


iJ56  PURGATORIO 

85    Di  penter  sì  mi  punse  ivi  V  ortica  , 

Che  di  tutt'  altre  cose ,  qual  mi  torse 
Più  nel  suo  amor ,  più  mi  si  fé'  nimica  . 

88     Tanta  riconoscenza  il  cuor  mi  morse , 

Ch'  io  caddi  vinto  ;  e  quale  allora  femmi  ^ 
Salsi  colei  che  la  cagion  mi  porse . 

91     Poi ,  quando  il  cuor  virtù  di  fuor  rendemmi , 
La  donna ,  eh'  io  avea  trovata  sola  , 
Sopra  me  vidi ,  e  dicea  :  tiemmi ,  tiemmi . 

94     Tratto  m' avea  nel  fiume  infino  a  gola  ; 
E  ,  tirandosi  me  dietro,  sen  giva 

namente  renderebbero  il  senso  più  chiaro  e  pili  preciso  ,  se  nel  seeon" 
do  verso  in  vece  di  ptit  potesse  leggersi  1\  •  Questo  luoeo  è  staio  ben 
maltrattato  dai  copisti  :  poiché  vincere  in  principio  sì  del  secondo  \  co- 
me dfl  terzo  verso  ,  trovati  ne(^i  altri  Danti  da  noi  confrontati ,  e  nei 
Dante  del  i477*  "^  ^  noi  aggiungiamo  ,  che  la  ripetizione  dt  vincere 
si  ha  pare  ne*codd.  Vat.  e  Chlg.  N.E. 

85  Di  penter  sì  mi  punse  ivi  F  ortica  :  così  dee  intendersi  meta- 
foricamente detto  in  vece  di  dire:  tanto  allora  (a)  il  rimorso  della  co- 
scienza m'  stimolò  di  (  per  a  )  {b)  pentirmi .  Del  verbo  pentere  ,  detto 
in  vece  di  pentire^  vedi  *I  Voc;iholario  della  Crusca.  //  Landino  {n- 
ferisce  il  Venturi  )  e  il  Feliutello  ancor  ad  esso  (T  accordo ,  dicono 
che  sentì  allora  Dante  un  prurito  di  ben  pentirsi ,  qual  lo  mette  addos- 
so r ortica  ^  dono  che  ha  punto,  di  ben  grattarsi.  Il  Vellutello  però 
r  ortica  del  pentire  (  chiosa  )  è  il  rimorso  della  coscienza  .  *  Plnse 
ivi  C  ortica ,  il    cod.  Chig.   N.  E. 

86  87  Di  tute  altre  cose,  di  tutti  gli  oggetti  diversi  da  Beatrice  — 
qual ,  quella  ,  qualunque  la  quale  —  più  nel  suo  amor  mi  tòrse ,  mi 
deviò .  *  Piìi  da  suo  amor ,  il  cod.  Chig.  N.  E.  —  piìi  in  quel  punto 
mi  si  fb  nemica,  mi    venne  in  odio. 

pò  iSalsi  rof'ii ,  se  lo  sa  colei ,  Beatrice  :  ed  il  si  e  il  se  non  sono 
qui  che  particelle   riempitive  (r). 

gì  Quando  il  cuor  ec;  quando  riscosso  dal  deliquio  il  cuore  re- 
se la  tolta  virtii ,  attività  ,  agli  esterni  sentimenti . 

92   f^  donna ,  eh*  in  avpa  trovata  sola  ,  Malelda ,  la  prima  che  in 

3uesto  ameno  luogo  trovò  Dante;  e  di  cui  nel  canto  xxviii  37  e  segg. 
i  questa  cantica  :  E  là  m'  apparve  una  donna  soletta  ec, 

9^   9opra  me  vidi  ec.  :  me  la  vidi  sopra  di  me  di  qua  dal  fiume, 
dicendomi  che  mi   appigliassi  a   lei . 

9^  Tratto  nCavea  ec*  Ellissi ,  il  cui  pieno  dee  intendersi  :  Essen- 
done io  a  lei  appigliato  y    ella  si  mosse  attraverso  del  Jìume  j  e  tratto 

(a"^  Della  particella  ivi  per  allora  vedi  Cinonio  Partic.i^^,  %.     (b)  Vedi 
lo  stesso  Ciaonio  Partic.  80  ^,     (e)   Vedi  il  Vocab.  dtiU  Cr.nieU'    altimo  pa- 
ragrafo  sotto  s*  • 


e  A  N  T  O    X  X  X  1 .  457 

Sovresso  l' acqua  ,  lieve  come  spola  . 

97     Quando  fui  presso  alla  beata  riva , 

Asperges  me  si  dolcemente  udissi , 

Ch'  io  noi  so  rimembrar,  non  ch'io  Io  scriva. 

100     La  bella  donna  nelle  braccia  aprissi, 

Abbracciommi  la  testa  ,  e  mi  sommerse 
Ove  convenne  eh'  io  1'  acqua  inghiottissi . 

io3     Indi  mi  tolse  ,  e  bagnato  m'  offerse 

Dentro  alla  danza  delle  quattro  belle , 
£  ciascuna  col  braccio  mi  coperse  . 

106     Noi  Sem  qui  ninfe,  e  nel  ciel  semo  stelle  ; 

m* avea  immerso  in  quello  infino  a  (  per  a  la  ,  o  alla,  omettendo 
la  particella  la)  {a)  ((ola. 

96  Sovresso  ,  lo  stesso .  che  soi*ra  (b)  —  spola  e  spuola ,  picciolo 
strumento  di  legno  ,  fatto  a  guisa  di  barchetta  ,  che  nel  tessersi  del- 
la tela  scorre  snello  da  una  banda  all' altra  dell*  ordito  a  stendervi 
per  entro  la  trama ,  che  seco  porta  .  *  I  cod.  Vat.  Chig.  e  Caet.  leg- 
gono stola  in  vece  di  spola,  N.  E. 

cn  Beata  nV/i  appella  V  opposta  ,  perocché  stavano  da  quella  i 
beatifici  obbietti   già  descritti  . 

98  Asper^res  me ,  le  prime  parole  per  tutta  V  antifona  Asperges 
me ,  Domine  ,  hyssopo  ^  et  mundabor  j  lavabis  me ,  et  super  nivem  deal- 
babor:  parole  del  salmo  cinquantesimo.  E  come  quest'antifona  can- 
tasi nel  coro  delle  chiese  in  tutte  le  domeniche  ,  mentre  il  sacerdo- 
te bagna  d'  acqua  benedetta  il  popolo ,  così  fa  qui  Uante  che  la  'me- 
desima cantasse  il  coro  degli  Angeli ,  mentre  bagnava  lui  Matelda  nel 
fiume  Lete . 

99  Ch*  io  no*l  so  ec.  :  ch'io  non  solamente  non  so  descrivere, 
ma  neppur  rammentare  —  IVon  ch*  io  lo  scriva ,  cuallage ,  in  vece  di 
non  cne  scriverlo. 

loi  Abbracciommi  la  testa,  e  mi  sommerse;  acciò  che  dalla  po- 
tenza della  memoria  ,  che  nel  capo  risiede  ,/si  scancellasse  poi  la  ri- 
cordanza delle  commesse  colpe  (e) . 

102  Convenne  ch*  io  V acqua  inghiottissi .  Appartiene  ciò  probabil- 
mente a  significare  una  lavanda   anche  interiore. 

io4  Dentro  alla  danza  delle  quattro  belle ,  delle  quattro  cardinali 
virtù,  dette  nel  xxix   i5o  e  segg.  di   questa   cantica. 

io5  Col  braccio   mi  coperse  <,  perifrasi  ,  in  vece  di  mi  abbracciò , 

106  Noi  sem  qui  ninfe -y  perocché  in  quella  beata  selva  dimoran- 
ti ;  come  ;  secondo^le  favole  ,  alcune  ninfe  abitavano  ne'boschi  —  e  nel 
ciel  semo  stelle ,  le  quattro  chiare  stelle  vedute  dal  Poeta  nel  polo  an- 
tartico (</) . 

(a)  Veggafi ,  tri  gli  altri,   il   Menzioi  della  costruzione  irregolare  enip^zn, 
(b)  Vedi  Cinoa.  Partic.  23ì   ì3,    (c)  V^di  Porg.  xsviii  127  e  scg. 
(d)  Vedi   Purg.   1  a3  e  vili  91. 


4,<;8  PURGATOEIO 

Pria  che  Beatrice  discendesse  al  mondo  f 
Fummo  ordinate  a  lei  per  sue  ancelle . 

109    Menrenti  agli  occhi  suoi;  ma ,  nel  giocondo 
Lume  eh' è  dentro,  aguzzeranno  i  tuoi 
Le  tre  di  là  che  miran  più  profondo  • 

112     Così ,  cantando ,  cominciaro  ;  e  poi 

Al  petto  del  grifon  seco  menarmi  ,' 
Ove  Beatrice  volta  stava  a  noi. 

ii5     Disser  :  fa  che  le  viste  non  risparmi  ; 
Posto  t' avem  dinanzi  agli  smeraldi  9 
Ond'  Amor  già  ti  trasse  le  sue  armi  • 

107  I08  Pria  che  Beatrice  ec.  Tutti  gli  espositori ,  quanto  veggo, 
intendono  qui  la  Beatrice  mistica  ,  cioè  la  divina  sviene ^  la  teologia: 
perchè  nessuno  (  dice  ano  per  tutti ,  il  Landino  )  può  esser  vero  teologo  t 
cioè  vivere  secondo  i  precetti  tlella  teologia ,  senza  questa  virtù .  Io  pe- 
rò per  isbrigai^ni  dall*  impegno  di  ritrovare  quando  la  teologia  discen- 
desse al  mondo  ,  m*  appiglierei  più  di  buon  grado  alla  Beatrice  rea- 
le ,  alla  donna  dal  Poeta  amata  ,  alla  quale  per  gli  ottimi  di  lei  co- 
stumi n\k  sopraddetti  (a)  potè  esso  Poeta  ragionevolmente  fìngere, 
che  prima  che  l'anima  della  medesima  incielo  creata,  s'infondesse 
nel  di  lei  corpo ,  destinate  da  Dio  le  fossero  per  ancelle  o  per  aje  le 
quattro  cardinali  virtii  :  giusta  cioè  quel  praevenisti  eum  in  benedi' 
clionibus  del  salmo  :2o. 

109  no  III  Menrenti,  sincope,  per  meneremti  ,  cioè  ti  menere- 
mo —  nel  giocondo  lume  ,  eh*  è  dentro  ,  cioè  nella  immagine,  o  come 
dirà  (b)  idolo  del  grifone  ,  che  si  dipinge  dentro  degli  occhi  di  Bea- 
trice —  ac^uzzeranno  i  tuoi ,  intendi  occhi  —  ì^  ire  di  là ,  le  tre  vir- 
tù teologali  ,  che  danzavano  alla  opposta  banda  del  carro  ,  cioè  alla 
destra   ruota    (r)  —  miran  piti  profondo  ,  inleudi  le  tlivine  cose . 

ii/f  Oi'6'  Beatrice  volta  stava  a  noi,  F.ssendosi  ,  come  ha  nel  ver- 
so 80  avvisato,  volta  Beatrice  in  su  la  fiera ,  cioè  a  riguardare  «lai 
carro,  su  di  cui  stava,  il  grifone  che  il  carro  traeva,  conseguenza 
è,  che  essendo  Dante  volto  al  petto  del  grifone,  rivolta  avesse  a  se 
pure  Beatrice  . 

ii5  Le  viste,  le  occhiate,  gli  sguardi  —  non  risparmi  la  Nidob. 
ed  altre  antiche  ediz. ,  non  rispiarmi  V  edizione  della  Cr.  e  le  moder- 
ne seguaci  . 

iiG  ^gli  smeralfli ,  Appella  metaforicamente  gli  occhi  di  Beatri- 
ce smeraldi,  per  essere  lo  smeraldo  gemma  che,  dice  Plinio  (d)  ,  ha 
un  colore  piti  giocondo  d^  ogn'  altra ,  e  nel  mirare  la  quale  V  occhio 
mai  non  si  sazia  ;  ])erò  attissima   al  caso . 

1 1 7  Onde ,  vale  da  entro  ai  quali  —  //  trasse  le  sue  armi ,  ti  av- 
ventò i  suoi  strali . 


(a)  Vedi  la  nota  al  v,  13 1  e   segg.  del  preced.  canto  .    (b)  Vers.  ia6. 
(e)   Purg-  xsix  121.     {d)  Hi$t,  nat,  lib.  37  cap.  5. 


CANTOXXXI.  459 

1 18     Mille  dlsìri ,  più  che  fiamma  caldi, 

Strinsermi  gli  occhi  agli  occhi  rilucenti , 
Che  pur  sovra  1  grifon  stavano  «aldi  . 

J2I     Come  in  lo  specchio  il  Sol ,  non  altrimenti 
La  doppia  fiera  dentro  vi  raggiava 
Or  con  uni  or  con  altri  reggimenti . 

J  24     Pensa  ,  lettor  ,  s' io  mi  maravigliava  5 

Quando  vedea  la  cosa  in  se  star  queta , 
E  neir  idolo  suo  si  trasmutava . 

127  Mentre  che  ,  piena  di  stupore  e  lieta, 
L'  anima  mia  gustava  di  quel  cibo , 
Che  ,   saziando  di  se  ,  di  se  asseta  ; 

118  Distri  amorosi,  piìt  che  fiamma  ca/(fi ,  intendi  però ,  tutti  ca- 
stissimi ,  come  ad    animo   del   tulio  purgato    si  conveniva  . 

119  Strinsrrmi ,   aflìssaronmi  —  agli  occhi  rilucenti,  di    Beatrice, 
l'io   Che  /'///*,  tutliivia,  sovra  il  grifon  stavano  saldi  la  Nidobeati- 

na  ,  sovra  il  grifone  stnvan  saldi  V  altre  edizioni . 

*  1:21  Come  in  i specchio  Sol  ^  non  altramenti  ^  il  e  od.  Chig.  ;  come 
lo    specchio  il  Sol ,  il   cod.  Val.  K.  K. 

ini  19^  fa  doppia  fiera  ,  la  fiera  composta  di  due  nature ,  il 
grifone  ,  —  vi  laggiava  ,  mandava  i  raggi  suoi  dentro  gli  occhi  di  Bea- 
trice .  E  questo  misticamente  a  significare  che  Gesù  Cristo  illumina 
la  teologia:  ed  il  raggiarvi  Or  con  imi  or  con  altri  reggimenti  ^  che 
(per  spiegazione  di  Dante  medesimo)  {a)  come  a  dire  a///,  vuol  di- 
notare il  manifestarsi  Gesù  Cristo  alla  teologia,  ove  quanto  alla  sola 
divinità  ed  operazioni  di  essa,  ove  quanto  all' unione  in  esso  lui  del- 
la divina  ed  umana  natura  e  di  lei  eifetli  :  cose  tutte  delle  quali 
tratta  la  teologia.  *  Or  con  altìi  or  con  altri  reggimenti ,  i  codd.  A  at. 
Anlald.   e  (  hig.  N.E. 

ia5  iq6  Quando  vedea  la  cosa  ce,  Ta  cosa  e  Vidolo  vagliono  quan- 
to r  ohhietto  e  V  immagine  di  lui .  Vuole  adunque  dire  che  grande- 
mente maravigliavasi  vedendo  ,  che  il  grifone  non  faceva  in  se  alcuna 
mutazione,  mentre  V idolo  ,  T  immagine  di  lui,  impresso  negli  occhi 
di  Beatrice,  rappresentavasi  or  con  uni  ,  or  con  altri  reggimenti.  Di- 
versamente cioè  da  quello  eh' è  qui  solito  «vvenire,  che  non  mutasi 
mai  nello  specchio  T  immagine  se  non  simula  Tobbietto.  Colai  mo- 
do poi  di  rappresentarsi  nrlT  idolo  suo  il  misterioso  grifone  a  parte 
a  parte ,  dee  indicare  la  impotenza  del  nostro  intelletto  a  compren- 
dere  tutti   gli   attributi   ed   operazioni   di   Dio   in  un  solo    alto. 

i'2g  Che  saziando  ili  se  ce,  che  nel  tempo  stesso  che  rende  Pani- 
ma  di  se  contenln  ,  la  rende  insieme  braniosa  :  proprietà  degli  spirituali 

(a)    Dove  (  scrive  Dante  nel  suo  Convito  )  la  divina  luce  più  espediia- 
meate  raggia  ,  cioè  nel  parlare  e   negli  atti  ,  che  reggimenti  e  portamenti 
sogliono    essere    chiamati  .  Vedi  il  VocaboUrio    della  Crnsca  alla  voce  reg- 
gimento . 


^6ò  PURGATORIO 

i3o     Se  dimostrando  del  più  alto  tribo 

Negli  atti ,  r  altre  tre  si  fero  avanti  ^ 
Cantando  al  loro  angelico  caribo  • 

i33    Volgi ,  Beatrice  j  volgi  gli  occhi  santi  f 
Era  la  sua  canzone  ,  al  tuo  fedele  j 
Glie  per  vederti  ha  mossi  passi  tanti  • 

i36     Per  grazia  ,  fa  noi  grazia  che  disvele 
A  lui  la  bocca  tua  ,  si  che  discema 
La  seconda  bellezza  che  tu  cele . 

169     O  isplendor  di  viva  luce  eterna  y 

ffodimenti,  ne' quali  saturiUts  (diceS.  Gregorio)  (a)  appelitum  parit. 
*  Che  saziando  se ,  i  codd.  Yat.  Chig.  e  Autaid.  N.  K.. 

i5o  Tribo  j  di  senerc  mascolino  in  vece  di  trìbii ,  dicevasi  dagli 
antichi  Toscani .  Vedi  il  Borghini  Orrg.  di  Firenze ,  citato  a  quesl» 
voce  dal  Vocabol.  della  Cr.  Qui  però  adoperasi  dal  poeta  nostro  per 
grado j  ordine, 

i3i  IVegii  atti  j  intendi  pili  maestosi  ,  e  nobili  —  V olire  tre  ^  le 
tre  teologali  virtii ,  accennate  ne*  versi  no  iii. 

i5q  Caribo^  ballo,  ^/i/Zam^/tto ,  spiega  il  Vocabol.  della  Cr.  recan- 
do ,  oltre  quésto  di  Dante ,  altro  esempio  del  Boccaccio  .  *  Leggendo- 
si con  altri  testi  danzando  (  e ,  aggiungiamo  noi ,  co'cod.  Vat.  e  Chig. } 
in  luoeo  di  cantando ,  non  si  può  far  meglio  che  dar  alla  voce  cari- 
bo il  significato  di  modo^  f^isa  ,  maniera  di  danzare,  come  spiega  il 
nostro  /(fonti  nel  suo  libro  delle  correzioni  ed  a^i^iiinte  al  ^Vocabolario 
della  Crusca  .  Biagioli  .  1  codd.  "\  at.  e  Chig.  scrivono  carribo  :  il  che 
sia  detto  per  mostrare  V  antica  ortografia  di  questa  voce  stranissi- 
ma .  N.  E. 

i34  *  Era  la  sua  canzone  :  Il  Cod.  Caf.t.  legge  era  la  lor  can- 
zone; istessamente  di  altri  sette  testi  veduti  dai  Signori  Accademici . 
N.   E.        ^ 

i36  1^7  i38  Fa  noi ,  per  Janne  (*  come  legge  il  cod.  Chig.  N.E.) 
o  facci  {h)  —  che  disvele  a  lui  la  bacca  tua  (la  bocca  deesi  qui  int^^n- 
dere  per  tutta  la  faccia ,  o  per  sineddoche ,  o  per  conformazione  al 
Latino  uso ,  che  os  appella  tanto  la  bocca  ,  che  tutta  la  faccia  )  che 
levi  il  V(^lo  ,  che  non  lascia  lui  vedere  la  tua  faccia  (  il  velo  detto 
nel  cauto  precedente  v.  3i  e  67 ,  ed  iu  questo,  v.  8q  )  —  La  seconda 
bellezza ,  la  bellezza  che  posteriormente  t*  è  cresciuta  (e)  salendo  da 
eame  a  spirto  —  che  tu  cele.  Bisogna  però  intendere,  che  non  la 
celasse  del  tutto.;  imperocché  ,  quantunque  velata ,  vedevala  Dante  piti 
bella  che  nuand' era  viva  (d)  ,  Disvele,  e  cele,  antitesi  in  grazia  della 
rima  per  tiisveli ,  e  celi, 

lig  O  isplendor  ec.  :  appella  Beatrice  con  termini  somiglianti  a 
quelli  con  i  quali  appellasi  nelle  scritture  sacre  la  divina  sapienza, 
candor  (  graece  splendor,  nota  Tirino)  lucis  aeteniae  (e), 

(a)  Homil.  xS.    (b)  Vedi  Cmon.  Partic,  181  1*    (e)  Ciato  prec   v.  12S, 
(rf)  Vers.  «5  e  seg.     (e)  Snp,  ;  26. 


CANTOXXXl.  46i 

Chi  pallidb  si  fece  sotto  V  ombra 

Sì  di  Parnaso  ,  o  bevve  in  sua  cisterna , 

ì^2     Che  non  paresse  aver  la  mente  ingombra  ^ 
Tentando  a  render  te  qual  tu  paresti 
Là  dove  armonizzando  il  ciel  t'  adombra  » 

145     Quando  nell'aere  aperto  ti  solvesti? 

i4o  al  145  Chi  pallido   ec.  Supponendo  Dante  il   Monte  Parnaso 
qual  lo  descrive  Gridio ,  arx  umorosa  (a) ,  e  che  (  conve  di  fatto  sue- 

con 
quel 

cazione  a'  libri  contraggono ,  ed  in  vece  di  dire  chi  ha  mai  iònio 
studialo  y  dice ,  chi  si  pallido  si  fece  sotto  V  ombra  di  Parnaso  ec, ,  o 
bevve  in  sua  cisterna  (  citerna  Tedizioni  diverse  dalla  Nidob.  }  ,  o  bev- 
ve nel  suo  fonte  •  Persio  ,  IVec  fonie  lahra  prolui  caballino .  Dànisl- 
i^  —  Che  non  paresse  aver  la  mente  ingombra ,  occupata ,  intricata  . 
Daniello  —  Tentando  a  render  te  ,  mettendosi  all'  impresa  di  rico- 
piarti —  qual  tu  paresti ,  quale  apparisti  •  —  Là  dove  armonizzando  il 
ciel  C  adombra.  Pe'l  cielo  intende  gli  angeli ,  che  pittando  fiori  adom- 
bravano y  non  lasciavano  intieramente  vedere  Beatrice  {b)  1  ed  aggiun- 
ge armonizzando ,  inerentemente  ad  avere  dichiarato  ,  ciie  i  meaesimi 
angeli  sempre  armonizzano 

notan  tempre 

Dietro  alle  note  degli  eterni  giri  (e)  . 
Quando  nelT  aere  aperto  ti  solvesti  •  Dee  risguardar  questo  e  il  mo- 
mento in  cui  già  innanzi  cessò  la  ingombrante  pioggia  di  fiori  (d) , 
ed  il  presente  togliersi  dalla  faccia  di  Beatrice  il  velo  ,  che  in  parte 
la  nascondeva  .  ^  Biagioli  arguisce  in  ciò  di  manifesto  errore  il  Lom- 
bardi .  N.  E. 


(a)   Metam,  I.     (b)  Canto  proced.  ^.  28  e  segg.    (e)  Vers.   92   a  se^. 
(d)  Canto  precod.  v.  77  o  sagr 


Fine  del  canto  trentesimoprimo  . 


4 


CANTO    XXXII. 


A  R  G  O  M  E  N  T  O  (*) 

Contiensi  ,    dopo  alcuni  accidenti  ,  come  il  Poeta  pervenne  all'arbore  deU 
la  scienza  del  bene  e  del  male  ,  dove  egli  subito  si  addormentò  . 

1       JL  anto  eran  gli  occhi  miei  fisi  ed  attenti 
A  -dìsbramarsi  la  decenne  sete  , 
Che  gli  altri  sensi  m'  eran  tutti  spenti . 

4     Ed  essi  quinci  e  quindi  avèn  parete 
Di  non  caler;  cosi  lo  santo  riso 
A  se  traéli  con  V  antica  rete  . 

7     Quando  per  forza  mi  fu  volto  1  viso 
Ver  la  sinistra  mia  da  quelle  dee  , 
Perch'  io  udìa  da  loro  un  troppo  fiso  . 

I  Fisi  ed  attenti  la  Nidobealina  ,  Jissi  e  aJUenti  V  altre  edizioai  : 
*  e  il  cod.  Chlg.  N.  E. 

1  La  decenne  sete,  la  brama  di  rivederla,  soflerta  già  per  dicci 
anni,  cioè  dall'anno  1^90.  in  cui  Beatrice  mori  (a)  lino  al  i3oo.  in 
cui ,  come  cento  volte  è  detto ,  fìnge  Dante  questo  suo  viaggio  ali' 
altro   mondo  . 

3  Spenti ,  per  sopiti  senza  azione . 

4  5  6  Ed  essi  ec,  ed  essi  occhi  ,  acciò  non  isvagassero  da  Bea- 
trice ,  a\'én  parete  di  (  per  dal)  (^}  non  calere  :  avevano  ostacolo  , 
ritegno  dal  non  si  curare,  intendi,  d'altri  oggetti  —  così  lo  santo  ri' 
so,  il  giocondissimo  aspetto  di  Beatrice,  a  se  //vre'// (  sincope  di  Znw- 
ati)  con  r  antica  rete,  coli*  antica  ,  cioè  colla  primiera,  attrattiva. 
*  Il  cod.  Anlald.  legge  ai'/ew  patvte ,  di  non  calere  y  così'l  santo  ^'iso  » 
A  se  trasudi  .  N.  E. 

789  Quando  a  sinistra  ec.  Supponendo  Dante,  che  al  sopravve- 
nire delle  tre  virtù  teologali ,  si  ritirassero  le  quattro  cai^dinali  (  che 
al  petto  del  grifone  (e)  ,  in  fronte  al  carro  menato  lo  avevano  )  al 
primiero  loro  posto ,  alla  sinistra  ruota   del   carro  {d)  ,  aggiunge  che 

—      .  • ■*  ■  ^     * 

(*)  Argomento  metrico  del  cel,  G.  Gozzi  . 
Quando  il  Poeta  del  sonno  si  desta 

Tratto  sotto  alla  pianta  il  Carro  vedi  > 
Cui  prima  forte  un  Aquila  molesta  , 
Ed  indi  un  Drago  salendo  lo  &ede  . 

Poi  d'  esso  maraviglie  escon  maggiori  j 
Allo  cui  alto  senso  si  richiede 
D'allegorico  velo  trarlo  Inori  . 
(a)  Vedi  la  nota  al  v,  83.  del  canto  prcc.     {b)  Vedi  Cinoo.  PartJc,  80  5» 
(e)  Canto   prcc.   y.  ii3.     (d)  Purg.  xxi%,   i3o  e  segg. 


e  A  N  T  O    X  X  X  1 1 .  /|(J3 

IO     E  la  disposizion  eh'  a  veder  ee 

Negli  occhi ,  pur  teste  dal  Sol  percossi , 
Sanza  la  vista  alquanto  esser  mi  fee  . 

i3     Ma  poiché  al  poco  il  viso  riformossi , 

Io  dico  al  poco  ,  per  rispetto  al  molto 
.  Sensibile  onde  a   forza  mi  rimossi  , 

per  mirar  egli  troppo  fisamente  in  Beatrice  si  sentisse  dalla  sinistra 
parte  ,  dove  Je  quattro  cardinali  virtù  eransi  rimesse ,  gridare  an  trop- 
pò  fiso  (  troppo  fisamente  guardi  i  *  PcrcK  io  udu  da  lori  non  trop^ 
pò  fiso.  Il  cod.  Antald.  N.  fc.),  che  fece  lai  per  forza  y  cioè  contra- 
riamente alla  inclinazione  sua,  volgere  la  faccia  verso  quella  parte. 
Dee  questo  intendersi  un  giusto  rimprovero  della  temperanza,  la  quar- 
ta cardinale  virili ,  ad  ìnsinMare  quella  moderazione  che  dee  Tuomo 
avere ,  siccome  in  ogni  affare  ,  cosi  anche  nello  studio  della  teolo- 
gia ,  intesa  per  Beatrice  .  Imperocché ,  come  bene  il  Vellutello  avvi- 
sa ,  r  intelletto  si  profonda  alcuna  volta  tanto  nella  divina  luce  delle 
sacre  lettere ,  che  vi  rimane  abbagliato ,  e  vicn  ad  essere  nien  capace , 
che  se  con  misura  cercasse  tU  volerle  intendere  •  Ond'  è  ,  conchiude  il 
Landino ,  proverbio  dei  dotti  :  Dfe  quid  nimis  .  *  Non  capisco  come 
Lombardi  faccia  qu\  tre  gravi  errori  :  il  primo  supponenao  ch'alTar- 
rivo  delle  tre  virtù  teologali  si  ritirassero  le  quattro  cardinali ,  mentr* 
esse  non  tornarono  al  loro  luogo  ,  se  non  quando  il  glorioso  eserci- 
to si  fu  mosso,  V,  :i5  ;  il  secondo  ,  ch'egli  sentisse  quella  voce  dal- 
la sinistra  del  carro,  eh'  era  la  sua  destra  ,  mentr*egli  dice  ver  la  si- 
ìiislra  mia  ;  il  terzo ,  che  questo  rimprovero  gli  fosse  fatto  dalla 
temperanza  ,   dov'  egli    dice   perch*  io  udia  da  loro  ,  e    non  da  lei . 

BlAGIOLI.  N.E^ 

10  II  13  Eia  disposizion  ec»  e  quella  disposizione  ^  intendi,  cai- 
diva,  o  sia  indisposizione  a  vedere  eh  ee  (per  è,  paragoge  degli  anti- 
chi Toscani)  (a)  negli  occhi  pur  (particella  riempitiva)  (b)  leste  y  di 
fresco ,  percossi  dal  Sole  ;  mi  fee  (  per  fé* ,  pure  paragoge  in  grazia 
della  rima  )  esser  alquanto  sanza  la  vista ,  '^  I  Coda.  Vat.  e  Chig.  tol- 
gono r  e ,  e  poneono  assolutamente  la  disposizion ,  facendo  questa  vo- 
ce ,  com'  esser  dee  ,  di  cinque  sillabe  •  N.  E. 

|3  .^fa  poiché  ec.  poiché  l'organo  visivo  alterato  dal  grandissimo 
splendore  troppo  fisamente  mirato  ,.  degli  occhi  rilucenti  (e)  di  Beatri- 
ce ,  e  reso  insensibile  al  poco  lume ,  si  ricompose  e  si  riabilitò  alla 
sensazione  anche  del  poco . 

i4_'.^  /o  dico  al  poco  ec.  Sono  onesti  due  versi  una  interiezione, 
colla  quale  dichiara  il  senso  della  actta  parola  poco  non  essere  as- 
soluto, ma  respettivo  ;  volendo  dire  che,  sebbene  il  lume  del  Sole 
e  de'  sette  candelabri  ,  che  ai  di  lui  occhi  dal  mirar  Beatrice  ritolti 
si  presentarono ,  fosse  assolutamente  molto  era  nondimeno  9  respettiva- 
mente  a  quello  degli  occhi  di  Beatrice,  poco.  Poco  sensibile,  dice» 
e  mollo  sensibile  in  vece  di  poco  e  molto  visibile ,  di  poco  e  molto  lu" 
minoso  — onde  a  forza  mi  rimossi  ;  rafferma  ciò  eh'  ha  detto  nel  v.  y. 

(fl)   Vidi  Mattrofiai  Teoria  e  Prospetto  de' verbi  Italiani  sotto  il  verba 
attere  n.3.    (b)  Vedi  Ciaon.  Partic.  206  9.    (e)  Cant.  prec.  v.  119. 


464  •  PURGATORIO 

i6     Vidi  in  sul  braccio  destro  esser  rivolto 
Lo  glorioso  esercito ,  e  tornarsi 
Col  Sole  e  con  le  sette,  fiamme  al  volto  . 

19     Come  sotto  li  scudi  9  per   salvarsi  ^ 

Volgesi  schiera  ^  e  se  gira  col  segno  , 
Prima  che  possa  tutta  in  se  mutarsi  ; 

22     Quella  milizia   del  celeste  regno  , 

Che  precedeva  ,  tutta   trapassonne  9 

Pria  ohe  piegasse!  carro  il  primo  legno  • 

25     Indi  alle  ruote  si  torni^r  le  donne  ; 

E  1  grifon  mosse  il  benedetto  carco  , 
Si  che  però  nulla   penna  croUonne  . 

16  17  18  In  sui  brado  destro  ec,  vale  quanto  a  mano  iiestm^ 
Cammìn  facendo  il  Poeta,  appena  nato  il  Sole  (a),  verso  levante  [b) , 
acciò  quei  glorioso  e5e/Yri7o  venisse  lui ,  come  veni  vagli  ,  incontro  (e), 
doveva  muoversi  verso  ponente .  Or  dunque  dice  ,  che  V  esercito ,  la 
comitiva  medesima  ,  fatto  avendo  a  destra  un  caracollo  ,  tornavasi  non 
solamente  con  avanti  di  se  il  lume  de'  candelabri  ;  ma  eziandio  con 
quello  del  Sole  . 

19  ao  11  Come  sotto  ec,  come  schiera  di  soldati  per  sottrarsi  al 
nemico  che  la  combatte  ,  volgesi  sotto  gii  scudi ,  facendosi  con  gli 
scudi  riparo,  e  se  col  segno  ^  colla  bandiera,  ^ira ,  intendi,  gradata- 
mente ,  incominciando  a  dar  volta  quelli  davanti  ,  e  poi  gli  altri  di  ma- 
no in  mano  ,  prima  che  possa  ttUta  in  se  mutarsi  ,  prima  che  possa  in 
tutte  sue  parti  muoversi   {d) . 

11  milizia  del  celeste  regno ,  celeste  truppa . 

q5  Precedes^a  ^  intendi,  al  trionfale  carro.  *  Procedeva  tutto  y A 
cod.  Vat.  N.K. 

if{  Il  primo  legno  ,  il  le^no  che  va  innanzi  a  tutti  gli  altri  che  il 
carro  compongono,  cioè  il  timone. 

^5  j4lle  ruote  si  tornarle  donne.  Alla  sinistra  del  carro  già  sup< 
pose  tornate  le  quattro  cardinali  virtii  (e).  O  adunque  a//<?  ruoterai' 
ce,  si  tornar  le  donne  ,  per  compiersi  allora  il  ritorno  di  tutte  ,  cioè 
anche  delle  tre  virtii  teologali  ,  le  quali  erano  poco  anzi  venute  a 
Dante,  al  petto  del  grifone  :  ovvero  adopra  ellissi  ,  e  si  tornar  dice 
per  si  tomaro  alla  primiera  danza ,  che  dalle  due  bande  del  carro  es- 
se doime  facevano  ,  mentre   il   carro  veniva  (f)  . 

26  //  benedetto  carco  ,  il  benedetto  poso  ,  il  carro  .  *  E'^t  grijbn 
volse  il  glorioso  carco ,  il  cod.  Antald.  N.  K 

l'j  lVì  che  però  nulla  ec.  in  modo  però  che  non  die  segno  di  fa- 
re movendo  quel  carro  alcuno  sforzo  j  il  quale,  se  fatto  avesse,  avrel)- 

(a)  Vedi  Parg.  xxvii  i33  exxvxii  3.  (b)  Parg.xxix  12.  (e)  Lo  stesso 
canto  r.  59.  (<ii  Del  verbo  mutarsi  per  muoversi  vedi  il  Vocabolario  della 
Crusca,     (e)  Vedila  nota   al  v.  8.     (t)  Pa^fi»  «xxx  X2X  e  so^. 


CANTO    XXXII.  4^' 

28    La  bella  donna  che  mi  trasse  al  varco  , 
E  Stazio  ed  io  seguita vàm  la  ruota 
Che  fé'  r  orbita  sua  con  minor  arco . 

3i     Sì  passeggiando  Talta  selva  vota  , 

Colpa  di  quella  eh'  al  serpente  crese  ^ 
Temprava  i  passi  un'  angelica  nota  . 

34     Forse  in  tre  voli  tanto  spazio  prese 
Disfrenata  saetta  ,  quanto  eràmo 


be  certamente  dovuto ,  com'  «ra  la  meik  aquila ,  fare  qualche  movi- 
mento di  penne  ,  massimamente  nelle  ale  •  *  Sì  che  poi ,  il  cod.  Vat. 
Sk  che  Ha  poi  ,  il  «  hig.  N.  £• 

a8  La  bella  donna ,  che  ec.  Matelda  ,  che  al  varco ,  al  varcare , 
al  trapassare  ch'io  feci  del   Letèo  fiume,  mi  trasse  (a)  • 

ao  5o  Seguitasfàm  la  ruota  che  ec,  seguitavamo  il  carro  dalla  ban- 
da della  destra  ruota ,  la  qutle  volgenoosi  ,  come  ha  detto  {b)  ,  il 
carro  dalla  di  lei  parte  ,  doveva  necessariamente  in  esso  volgimento 
descrivere  nel  terre.io  la  sua  orbita  ,  la  sua  rotaja  ,  con  arco  minore, 
dì  quello  della  sinistra  ruota .  '*'  Che  P orbila Jacea ,  il  cod.  Chig.  N,E. 

3j  j^lta ,  per  Tatte^za  del  monte  in  cima  del  quale  era  situata  — > 
90ia  d*  uomini  abitatori  • 

33  Colpa  ,  vale  auanto  per  colpa  —  quella  eh'  al  serpente  crese  , 
Eva ,  che  prestando  lede  alla  fallace  promessa  dell'  indemoniato  ser^ 
pente  ,  eritis  sicut  Dii  ec.  mangiò  essa  la  prima  del  frutto  vietato  da 
Dio,  e  indusse  poi  a  mangiarne  anche  Adamo  (e) .  Del  crese  per  créf- 
ietle  vedi  M astrofini   Teoria  e  Prospetto  de*  verbi  Italiani  [d)  • 

33  Temprava  i  passi  un*  anglica  nota  :  cosi  con  la  ^idobeatina 
leggono  moltissimi  mss.  veduti  dagli  Accademici  della  Crusca  *  (  co- 
me ancora  il  Cod.  Cass.  ed  il  Cod.  Cavt.  N.£.};  e  così  dee  leggersi, 
e  non ,  come  tutte  le  altre  edizioni  Temprava  i  passi  in  angelica  no- 
ia» Imperocché  a  questo  modo  bisognerebbe  valutaisi  temprava  il 
medesimo  che  io  (  solo  Dante }  temprava ,  e  non  tutta  insieme  la  co- 
mitiva: cosa  non  solamente  per  se  stessa  disdicevole,  ma  discordan- 
te dal  contesto  nel  terzetto  seguente,  quanto  eràmo  rimossi;  onde 
scorgesi ,  che  non  del  suo  andar  solamente  favella  Dante  ,  ma  di  quel- 
lo di  tutta  la  comitiva  •  Un*  angelica  nota  adunque ,  un'angelico  can- 
tò (  intenderemo }  temprava ,  moderava  col  tempo  suo  i  passi  non  del 
Poeta  solo  ,  ma  di  tutta  la  beata  descritta  comitiva ,  acciò  le  diversft 
selerità  del  camminare  non  guastassero  la  bella  ordinanza  •  '*'  I  codd. 
ITat.  e  Chig.  stanno  colla  comune  t  1  cementatori  bolognesi  col  padre 
Liora bardi .  Il  Hiagioli  spiega  chiaramente:  quella  milizia  del  celeste  re- 
fno  temprava  i  passi  in  tmgelica  nota  •  Noi  non  abbiamo  voluto  deci- 
ler  nulla  ,  e  nulla  mutare  .  N«£. 

34  35  36  forse  in  tre  voli  ec.  è  come  se  avesse  In  vece  detto  /òr- 
^C  tre  tiri  di  saetta  ci  traviano  avanzati  —  Disfrenata  vale   rilasciata 


{a)  Capto   preead,  v.  9^  e  Mgg.    (^)  Vert*  1 6.    (e)  Gen*  3.    (</)  Sotto  il 
erbo  creder$  a.  14»  ^ 

T.2.  G  g 


466  FIfRGATORIO 

Rimossi  quando  Beatrice  scese  • 
37     Io  senti'  mormorare  a  tutti  :  Adamo  • 

Poi  cerchiaro  una  pianta  ,  dispogliata 

Di  fiori  e  d'  altra  fronda  in  ciascun  ramo  • 

dair  arco  ,  dove  prima  vi  è  quasi  in  freno  ritenata  »-  prese  enalla- 
gè  y  per  prende  —  auando  Beatrice  scese ,  intendi ,  dal  trionfale  car- 
ro ,  da  su  del  quale  aveva  a  Dante  parlato  :  ed  il  motivo  di  scendere 
dee  essere  stato  per  portarsi  a  sedere  a' piedi  dell*  alto  albero  al  qua- 
le  si  erano  avvicinati ,  ed  ivi  alla  partenza  del  grifone  restarsene  al- 
Ja  guardia  del  trionfale  carro.  Vedi  i  versi  86.  e  segg. 

37  Io  senti* ,  apocope  ,  per  sentii  —  mormorare  :  pone  questo  il 
Vocabolario  della  Crusca  tra  gli  esempj  di  mormorare  per  sommes" 
samente  parlare ,  e  auasi  bisbi^are  (a)  •  La  maggior  parte  però  degf 
interpreti  valuta  qui  mormorare  lo  stesso  che  biasimare  ^  chiotando 
che  biasimassero  Adamo  ,  e  si  dolessero  della  di  lui  disubbidienza  • 
Quanto  a  me  non  dispiacerebbe  d'intendere  ,  che  V  espresso  signifi- 
cato sia  ,  che  si  udisse  sotto  voce  menzionare  Adamo  ;  e  che  il  taci- 
to sia  ,  che  bisbigliando  si  dolessero  di  Adamo  —  a  iuUi  per  dti 
tuta  (ò). 

38  59  "^  Poi  cerchiata  una  pianta  dijogiie  e  éP altra  fronda ,  i  codd. 
Vat.  e  Chig.  N.  E.  Una  pianta .  Di  questa  pianta ,  o  sia  albero  ,  altro» 
quanto  veggo ,  non  ci  viene  detto  dalla  comune  degli  espositori ,  se 
non  eh'  era  l'albero  della  scienza  del  bene  e  del  male ,  u  frutto  del 
quale  proibì  Iddio  ai  primi  genitori  nostri  ;  e  che  simboleggiava  la 
virtii  dell'  ubbidienza . 

Con  questa  sola  prevenzione  però  qual  ragione  posoia  troverem 


iquiia ,  ora  a  distruggi 
frondi  dal  medesimo  albero  prodotti ,  ed  ora  a  spargere  e  ricoprire 
di  sua  piuma  il  trionfale  veicolo  (<?)  ?  K  come  in  oltre  intenderem  ra- 
gionevole ,  che  facciasi  da  quest*  albero  staccato  e  condotto  via  dal 
gigante  il  carro  {d)  a  dinotare  il  condurre  che  fece  Filippo  il  Bello 
in  Avigone   nella    Francia  V  Apostolica  sedia  ? 

Fer  non  perderci  a  questi  passi  non  basta  per  la  pianta  inten- 
dere 1'  .libero  della  scienza ,  né  dell'  obbidienza . 

Elleno  sono  tre  massime  del  poeta  nostro  •  I.  Che  una  monar- 
chia sola  sia  nel  mondo  voluta  da  Dio,,  e  sia  necessaria  per  l'univer- 
sale pace  (e) .  IT.  Che  monarchia  tale  per  titolo  di  giustizia  ,  e  per  la 
divina  stessa  ordinazione  competa  al  solo  popolo  Romano  {J^ .  Ili* 
Che  Itoma  e  cotal  suo  Impero  furono  da  Dio  stabiliti  per  lo  loco  u  sie- 
de il  successor  del  maggior  Piero ,  cioè  per  1'  Apostolica  universale 
cattedra  (g) .  Quant'  io  adunque  conghietturo  ,  presa  Dante  idea  dall' 
altissimo  e  vastissimo  albero  sognato  da  Nabuccodonosor ,  significante 

(a)  Vedi  sotto  quel  veibo  {.  i.  (b)  Vedi  Cinon.  Partic  i  la.  (e)  Vedi 
nel  presente  canto  v,  iia  e  seeg.  (d)  Vedi  il  t;.i58  e  seg.del  preten te  canto. 
(e)  Vedi  il  trattato  de  Monarchia  composto  dallo  stessa  Dante  3  lib.  i  ed  anche 
il  di  lui  Convito  tratr.  4  e  5.  (/)  Vedi  lo  stesso  tratt.  dt  Menar  Ma 
lib.  2  e  lo  stesso  Convito  tratt.  e  capi  sopraccitati  .    (g)  Inf.  il  23  e  seg. 


CANTOXXXll.  467 

40     La  chioma  sua  ,  che  tanto  si  dilata 

Pili  quanto  più  è  su ,  fora  dagl'  Indi 
Ne'  boschi  lor  per  altezza  ammirata  • 

43    Beato  se' ,  grifon  ,  che  noik  discindi 

Col  becco  d' esto  legno  dolce  al  gusto  y 
Posciachè  inai  si  torse  1  ventre  quindi  • 

il  di  lui  regno  (a)  :  e  dal  chiosare  i  sacri  interpreti  detto  nella  Ge- 
nesi r  albero  della  scienza  in  medio  Parodiai  ad  indicamelo  più  aito 
degli  altri  (6),  erge  egli  perciò  quest'albero  a  straordinaria  altezza; 
ed,  intendendo  pe '1  medesimo  il  Romano  impero,  nella  volnta  da 
Dio  uniti  ed  universalità  d' esso  impero  a  prò  della  Chiesa ,  collocai 
la  misteriosa  cagione  del  divieto  a'primi  genitori  fatto  di  non  istac- 
care  da  quell'albero  frutti  (e)  .  In  questa  maniera  solamente  sembra- 
mi capibile  perchè  su  di  cotal  albero  pon^a  la  stanza  dell'aquila; 
perchè'  faccia  dall'  albero  medesimo  staccarsi  la  condotta  in  Francia 
Sede  pontificia;  perchè  finalmente  prima  della  venuta  del  misterioso 

Srifone  ,  e  del  carro  legato  ad  essa  ,  dispogliata  fosse  di  fiori  e  fron- 
i,  cioè  di  sante  operazioni  ,  Con  dire  dijiori^  e  dt altra  fronda  sup- 
pone che  anche  ai  fiori  1' appellazione  di  fronda  si  accomuni:  e  ciò 
o  per  l'etimologia  del  ì  Mino  Jrondes  a  ferendo;  quod  frondes  arbo' 
rum  huc  atque  itine  a  vento ferantur  (d) ,  o  iperchè  fronda  significhi /{>• 
g/ia  (e)  ;  ed  anche  i    fiori  compongansi  di  foglie . 

40  4>  4^  ^  chioma  ,  peVami  ',  che  come  la  chioma ,  o  sia  i  ca- 

Selli  sopra  1'  umano  capo  3'  innalzano  e  spargono  ,  così  i  rami  sopra 
tronco  dell'  albero  —  che  tanto  si  dilata  più  ec*  Nel  canto  seguen- 
te, yers.  60  e  se^g.  dopo  di  aver  detta  creata  da  Dio  questa  pianta 
mlPuso  suo ,  soggiunge 

Dorme  lo  'ngiguo  iuo  1  se  non  istima 
Per  singoiar  cagione  essere  eccelsa 
Lei  tanto  9  0  sì  travolta  nella  cima  . 

pare  adunque  che  cotal  innalzarsi  e  dilatarsi  verso  il  cielo  appar*' 
tenga  ad  accennarla  creata  pe'i  solo  cielo  ^fora^  swirehh^jda^  Indi 
ne*  boschi  lor  0€,'  Testimonio  Virgilio  ne'  boschi  Indiani  sono  alberi 
tanto  alti,  che  non  giunge  piii  alto  saetta  dall'arco  scagliata- 

.    ......    gerit  India    Ineos , 

Bxtremi  sinus  orbis  ?  ubi  aera   vincere  summnm 
^rboris  kaud  ullm  jac^a  potuer^  sagitta^  (/)  * 

43  44  4^  ^^^  ton  dUdndi  ec.  Intendendo  Dante  com*  è  detto , 
pel  grifone  Gesii  Cristo ,  e  per  quel  legno  il  voluto  da  esso  a  tutto 
il  mondo  esteso  Hoiaano  impero  »  fa  benedirsi.  Gesù  Cristo  perchè 
quell'albero  non  discinde p  non  dilacera:   mirando,  credo ,  massima- 

(a)  Dan.  J^,    (b)  Vedi  ,  tra  gli  altri  Tirino  al  cap.  a  della    Genesi  , 
(e)  Vedi  il  caace  se^.  v,  70  e  segg.     (fi)  Rob.   Stephanos  Thesaurus  ling.  La- 
iinae  tixt.  front  huj US  frondis  .    («)  Vocab.  della    Crucci.     (/)    Georg,  il 
laa  e  segg. 

Gg  a 


/fóS  PURGATORIO 

46     Così  d' intorno  all'  arbore  robusto 

Gridaron  gli  altri  .  E  V  animai  binato  : 
Sì  si  conserva  il  seme  d' ogni  giusto  • 

4^  E  volto  al  tem^ ,  eh'  egli  avea  tirato  9 
Trasselo  al  pie  della  vedova  frasca  ; 
E  quel  di  lei  a  lei  lasciò  legato . 

b%     Come  le  nostre  piante  ,  quando  casca 

Giù  la  gran  luce  mischiata  con  quella 

iDente  al  non  avere  il  Redentore  medesimo  accondìsceio  a'  sedisìosi 
Giudei  ,  che  ricusavano  la  soggezione  al  Romano  impero  »  coman- 
dando loro:  reddile  quae  tunt  Catsaris  Coesori ^  BfaU*  23  ---  dolce  d 
misto  y  posciacbè  ec .  Accenna  co8\  dal  peccato  de*  primi  parenti  es- 
sere negli  uomini  iosorta  la  cupidigia  di  ciascono  reraare  ;  e  che 
3uesta  ,  depravato  avendo  il  gusto ,  fa  loro  sembrar  dolce  lo  scin- 
ere  il  misterioso  albero  ,  cioè  lo  smernbrare  V  universale  impero: 
ed  in  vece  di  dire  avvenuto  cotale  depravamento  di  gusto  dopo  che 
i  primi  parenti  osarono,  contra  il  divin  con^ndo  ,  ai  staccare  dt 
queir  albero  frutti ,  ponendo  in  luogo  d*  essa  disubbidienza  i  conso- 
citi mali  y  e  questi  metaforicamente  esprimendo  ,  dice  Posdachè  mal 
si  torse  il  ventre  quindi ,  cioè ,  dappoiché  1*  uman  ventre  per  questa 
cagione  (per  essersi,  intendi,  pasciuto  de' vietati  frutti  )  malamente, 
aspramente  ,  fu  tormentato  t  colla  medesimii  fresie  cioè  con  cui  di- 
cono i  Latini  male  torqueri.  Della  particella  quindi  al  senso  di  per 
questa  cagione ,  vedi  il  Cinonio  (a)  .  *  Mal  si  torce ,  i  codd  •  Vat  ^ 
Chig.  N.  E. 

47  <'li  altri ,  la  sopraddetta  comitiva  cerchiante  V  albero  v.  58  — 
binato  ,  per   combinato ,  composto  di  due ,  d' aquila  e  di   leone  {b) . 

48  Si  si  conserva  ec,  a  questo  modo ,  cioè  col  lasciare  nella  sui 
integrità  V  universale  impero  ,  per  Y  albero  siguificato  si  conserva  , 
intendi  nel  mondo  ,  il  seme  d^  ogni  giusto ,  la  fonte  ,  la  causa  pro- 
dncitrice  d'og^ni  giustizia,  d'ogni  giusto  regolamento, 

49  5o  f^  volto  al  temo  ec  .  e  rivoltosi  colla  faccia  a  quel  timo^ 
ne,  a  cui  nell'atto  che  tiravalo  teneva  volte  le  spalle,  lo  prese  con 
una  zampa   e  trasse  vicino  alla  vedova  frasca .  Frasca  significa  ramo 

fronzuto^  vedova  frasca  adunque,  che  propriamente  significherebbe 
ramo  s/^ogfioto  mfrondi,  appella  per  sineddoche  tutto  quell'albero. 

5i  A  quel  lU  lei  ec ,  O  le  particelle  di  lei  denotano  possesso) 
quella  divina  disposizione  cioè,  già  dal  Poeta  medesimo  intesa ,  che  la 
}'apale  cattedra  tosse  in  fonia  ,  come  se  in  vece  detto  fosse  e  quei 
corro y  eh* era  destinato  di  sua  pertinenza ^  a  lei  lasciò  legalo;  ovvero 
signiftcnr  debbono  cotali  particelle  identica  di  sostanza,  come  se  al- 
tnroenti  fosse  detto  e  quel  carro  lasciò  legaio  a  lei  coi  propri  dì  lei 
rami . 

52  55  54   Quando  casca  già  la  gran  luce  ec .  Essendo  Ariete  un 

(a)  Parlic»  ai8  5.  (b)  Vedi  U  nou  «1  cant,  xxxn  lo^  ^Ua  presente 
eantica  • 


e  A  N  t  0    XXXtl.  H/Sg 

Che  raggia  dietro  alla  celeste  lasca  ^ 
55      Turgide  fansi ,  e  poi  si  rinnovella 

Di  suo  color  ciascuna  ,  pria  che  '1  Sole 
Giunga  li  suoi  corsier  sott'  altra  stella  ; 
58    Men  che  di  rose ,  e  pii\  che  di  viole  , 
Colore  aprendo  ,  s' innovò  la  pianta 
Che  prima  avea  le  ramora  s\  sole. 

stegno  del  zodiaco  posteriore  immediatamente  ai  Pesci  ,  ed  essendo 
la  'la«ta  una  spezie  di  pesce  ,  Dante  in  vece  di  dire  quando  il  Sole 
è  in  jlriete y  eh' è  dì  primavera,  dice  quando  la  gran  aice,  del  Sole y 
casca  giit ,  viene  dal  cielo ,  mischiata  con  quella  che  ragfiia ,  che  ìris- 
pleni^e  ^  dietro  alla  celeste  lasca ,  cioè  con  la  luce   d'  Ariete . 

Fincresce  al  \enturi  la  sineddoche  di  lasca  per  i  Peseta  e  pia* 
cerc^bhegli  una  denominazione  piti  splendida  a  dinotare  quella  nobile 
eostellauone  ;  lasciando  che  di  loro  ritrovamento  così  la  chiamaMer0 
qué*  poeti  buHohi ,  che  nelle  loro  rime  piacevoli  si  valsero  dello  Stile  $ 
che  dal  suo  primario  autore  si  appella  bernesco  . 

Io  capisco  benissimo  che  al  chiosatore  nostro  piacesse  pi^  lo 
storione  che  la  lascia  .  il  Poeta  però  non  volle  scegliere  da  mettere 
in  cielo  pesci  saporiti  ,  ma  luciai  ;  tra*  quali  certamente  »  e  de'  prin- 
cipali ,  è  la  lasca  ;  la  quale  veduta  nell*  acqua  contra  il  Sole  pare  pro« 
prio  di  lucidissimo  argento . 

55  56  5j  Turgide  fansi ,  rigonfiano  loro  gemme  —  si  rinnovella 
di  suo  color  ^  V  aggiunto  pe '1  subbi  etto  ,  metonimia  ,  in  vece  di  a 
rinveste  de"  suoi  fiori  e  f rondi  —  pria  che  il  Soie  ec.  Giusta  la  poetica 
supposizione,  che  sia  il  Sole  tirato  in  un  cocchio  da  quattro  corsieri^ 
cavalli  ,  e  che  ogni  mattina  per  fare  il  suo  giro  li  giunga ,  li  congiun- 
ga ed  attacchi  al  cocchio ,  viene  di  conseguenza  ,  che  in  (quella  co- 
stellazione nella  quale  il  Sole  ha  stanza  ,  in  quella  i  suoi  corsieri 
giunga .  In  vece  adunque  di  dire ,  prima  che  il  Sole  dalla  stanza  in 
Ariete  passi  da  altra  costellazione,  dice:  pria  che  il  Sole  giunga  li  suoi 
corsier  sott* altra  stella .  *  Giunta  (  da  giuntare  )  ha  il  cod.  Vat.  »  Con 
mitra  stella  il  cod.  Chig.  N.  E. 

58  59  60  Men  che  di  rose ,  e  pili  ec.  Co5truzione  »  La  pianta  ,  che 
prima  avea  le  ramora  si  sole  dispogliate  d*  ogni  fiore  e  fronda  ,  s^in» 
novo ,  aprendo  ,  mettendo  fuori ,  colore  {^erjiori ,  metonimia  )  men  che 


universale  Fomano  Impero ,  e  riputandosi  misticamente  la  Chiesa  usci- 
ta dall'apertura  fatta  con  lancia  nel  costato  del  morto  Redentore  (a)  » 
dee  perciò  il  Poeta  nel  determinare  il  colore  a  questi  per  cotal 
cagione  dall'  albero  prodotti  fiori  aver  appresa  norma  da  quel  parla- 
re attribuita  a  S.  Bernardo  (^)  Inspice  lateris  apertura m  y  quia  nec  iUe' 
caret  rosa ,  quamvis   ipsa  subrubea  sit  propter  mixiuram   aquae   (e)  ; 

(a)  Vedi  tra    gli  altri  S.  Gio.  Grisost.  Hom,  84.     (&)  D*  altro    pio  aaort 
cxedele   MabiUoa  ,  note  a  S.  Beioaido  •    (e)  Lib.  i  de  Pass.  Pumini  cap.  4i« 


PURGATORIO 

Ilo  non  lo  'ntesi ,  né  quaggiù  si  canta 
L' inno  che  quella  gente  allor  cantaro  . 
Né  la  nota  soffersi  tutta  quanta  . 

IS'  io  potessi  ritrar  come  assonnaro 

Gli  occhi  spietati ,  udendo  di  Siringa  , 
Gli  occhi  a  cui  più  vegghiar  costò  s\  ci 
Come  pintor  che  con  esemplo  pinga  , 
Disegnerei  com' io  m'addormentai: 
Ma  qual  vuol  sia  che  1'  assonnar  ben  I 

|Però  trascorro  a  quando  mi  svegliai  ; 
E  dico,  eh' un  splendor  mi  squarciò*! 

cr  dire,  rhc  il  colore  àc'  fior;  prodotti  da  quell'ali 
)  {  air  ■.nlPTidlmenlo  del  color  rosso  nt  delcrmin»ni 
le  parole  me»  chiedi  rose)  meno  viv.ice  di  quello  d 
ICC  di  quello  clic  mischiasi  all'  niiurro  nella  viol 
'ira  per  rami  dello  pure  da  allri  anlicbi  Toscani 
io  della  Crusca  J/iJ . 

1  lo  non  lo  intesi  ee.  Coslruzione.  L'inno,  chequi 
!  r  albero  (fi)  allor  cantaro  (  in  vece  di  eantì> ,  ain 
I  lo'nlesi  mai,  né  cerlnmcnte  quaggiù  ti  eanta  * 


,   il  cod.  Val 

b  la  noia  soffen 


e  il  Chig 

tutta  quanta  ;  né  ressi ,   intcudì 


€  A  N  T  O    XXXII.  47C 

Del  sonno ,  ed  un  chiamar  :  surgi ,  che  fai  ? 
73     Quale  a  veder  de'  fioretti  del  melo 

Che  del  suo  pomo  gli  angeli  fa  ghiotti , 

E  perpetue  nozze  fa  nel  cielo , 
76    Piero  e  Giovanni  e  Iacopo  condotti , 

E  vinti  ritomaro  alla  parola 

Dalla  qual  furon  maggior  sonni  rotti , 
79    E  videro  scemata  loro  scuola 

Cosi  di  Moisè  come  d'  Elia , 

Ed  al  maestro  suo  cangiata  stola  ; 

79  Ed  un  chiamar ,  ed  una  voce  che  gridò . 

73  al  76  Quale  a  veder  ec.  Paragonando  la  sposa  de'sacri  canti- 
ci il  diletto  suo  ,  inteso  dalla  comune  degl'  interpreti  per  Gesii  Cristo , 
all'albero  del  melo:  sicut  maìus  inter  Ugna  siharum,  sic  dilecius  nutus 
ec.  (a)  ;  aUusiYaniente  a  cotal  paragone  col  nome  stesso  di  melo  adom- 
bra qui  Gesù  Cristo  anche  il  poeta  nostro  ;  e ,  1*  allegoria  continuan- 
do ,  appella  ^or&/^'  ciò  che  ai  Gesù  Cristo,  godettero  qui 'n  terra  i 
tre  discepoli  Pietro  ,  Giovanni ,  e  Giacomo ,  nella  di  lui  trasfigurazio- 
ne ;  e  pomo  appella  il  moltissimo  di  più  che  del  medesimo  Gesù  Cri- 
sto goaono  in  cielo  gli  angeli ,  e  gli  altri  beati .  I  c|uali  però ,  non 
ostante  le  perpetue  nozze  cne  di  esso  pomo  fanno  ,  dice  ghiotti ,  bra- 
mosi ,  per  essere  quel  cibo  tale ,  che ,  come  nel  precedente  canto  av- 
visò y  saziando  di  se  ,  di  se  assetta  {b)  •  *  Pome  per  pomo  hanno  i 
codd.  VaU  e  Chig.  N.  E. 

77  al  81  E  vinti  ritomaro  alla  ec.  Neil*  atto  che  i  tre  nominati 
discepoli  rodevano  della  trasfigurazione  del  Redentore ,  e  degli  apparsi 
con  esso  lui  Moisè  ed  Elia ,  narra  il  Vangelo  (e)  che  udendo  quelle 
voci  hic  est  Jilius  meus  dilectus  ,  ipsum  audite ,  caddero  tutti  e  tre  in- 
tronati per  terra  ;  e  che  poi  al  comando  del  medesimo  Redentóre  sur- 
file  et  noli  te  timere ,  rialzandosi  ,  più  non  vedessero  né  il  Redentore 
in  quella  luce  di  volto  e  di  vestimenti  in  cui  prima  vedevanlo ,   né 

Eiù  con  esso  lui  i  due  profeti .  Fìnti  adunque ,  cioè  intronati  ed  ab- 
attuti ,  ritomaro  si  riscossero  i  tre  discepoli ,  alla  parola ,  al  coman- 
do del  Redentore  .  Dalla  qual  furon  masgior  sonni  rotti  :  accenna  quel- 
le espressioni  che  fece  Gesù  Cristo  della  morta  figlia  dell' Arcisinago- 
go ,  e  del  morto  I>azaro  parlando ,  non  est  mortua  puella ,  sed  /£r- 
nùt  (d)  :  Lazarus  amicus  noster  dormii;  vado  ut  a  somno  excitem 
eum  (e):  e  però  in  vece  di  dire  dal  comando  di  Gesù  Cristo  rotti, 
dissipati  maggiori  tramortimenti ,  cioè  vere  morti ,  dice  rotti  maggiori 
sonni  —  loro  scuola,  loro  compagnia ,  perchè  di  sei  ch'erano  prima,  ri- 
masero solamente  quattro ,  partiti  che  si  furono  Moisè  ed  Elia  •  Da.nicl* 
LO.  —  cangiata  stola  f  metonimia,  per  cangiato  colore  della  stola  ^  del- 
la veste  (j);  sparito  cioè  ^uel  niveo  splendidissimo  colore  poc'anzi 
apparso  nelle  vestimenta  di  Gesù  Cristo. 

(a)  Cap.  2.  (b)  Ver».  129.  (f)  Matth,  17.  (</)  Motth.  9.  (e)  Jean.  n. 
(f)  Stola  per  veste  ad  imitaiione  de' Greci  e  de' Latini  adopera  Dante  ancjie 
laf.  Esiii*  1^  •  Par.  %%%  xaj. 


/,^!i  PURGATORIO 

8a     Tal   torna' io,  e  vidi   quella  pia 

Sovra  me  starsi ,  che  conducitrice 
Fu  de'  miei  passi  lungo  '1  fiume  prfa  . 

85     E  tutto  in  dubbio  dissi  :  ov'  è  Beatrice  ? 
Ed  ella  :  vedi  lei  sotto  la  fronda 
Nuova  sedersi  in  su  la  sua  radice  • 

88     Vedi  la  compagnia  che  la  circonda  ; 

Gli  altri  dopo  '1  grifon  sen  vanno  suso  ^ 
Con  più  dolce  canzone  e  più  profonda  . 

^1     E  se  fu  più  Io  suo  parlar  diffuso  , 

Non  so  ;  perocché  già  negli  occhi  m'  era 
Quella  eh'  ad  altro  'n tender  m'  avea  chiuso  • 

94     Sola  sedeasi  in  su  la  terra  vera , 

Come  guardia  lasciata  ì\  del  plaustro  , 
Che  legar  vidi  alla  biforme  fiera  • 

8a  83  84  Tornii'  io  intendi  dal  sonno  alla  veglia  —  quella  jna  ee. 
Matelda  —  sovra  me  starsi .  Dopo  iveglìato ,  e  non  ancor  alzatosi  da 
terra  videsi  in  piedi  vicina  Matelda  ,  e  però  la  dice  soi»m  me  starsi. 

86  87  Ed  ella  :  *  Ond*  ella  il  CoD.  Caet  N.  E.  —  Sotto  la  fron- 
da niioi'a,  novamente  dall'albero  prodotta  (a)  — in  m  la  sua  radice j 
imperocché  la  radice  dell'  albero  è  radice  anche  della  fronda  . 

88  La  compagnia^  delle  tre  virtù  teologali ,  e  delle  quattro  car- 
dinali . 

89  Oli  altri,  quelli  che  figuravano  i  libri  del  vecchio,  e  nuovo 
Testamento,  descritti  nel  canto  xxix  —  dopo  il  grifon  sen  vanno  suso, 
risalgono  al  cielo  ond'erano  discesi .  *  Difìó*  *l  grijbn  ,  il  cod.  Vat.  N.E. 

90  Con  più.  dolce  canzone ,  e  pili  profonda  ;  cantando  inno  pio 
soave,  e  di  misterj  più  profondi  di  quello  che  tu  poco  anzi  udendo 
cantare  ti   addormentasli . 

93  Quella  ,  Beatrice  —  ad  altro  intender  m*  avea  chiuso  ,  mi  avevi 
chiusa ,  proibita  ,  l' attenzione  ad  ogni  altra  cosa  ,  obbligandola  tutta 
a  se. 

94  Terra  vera  ,  cioè  genuina ,  dee  volere  appellata  quella  del  ter- 
restre Paradiso  in  confronto  della  nostra  falsificata  e  guasta  per  lo 
peccato  di  Adamo  ,  e  non  atta  per  se  stessa  che  a  produrre  spinas  et 
trihulos  {h) .  Al  medesimo  senso  di  genuino ,  adoprasi  l'aggettivo  vero 
parlandosi  d'  oro  d' argento  ec  E  dee  Dante  commemorando  cotale 
genuino  appoggio  di  Beatrice  intesa  per  la  teologia  cristiana,  accen- 
nare il  falso  appoggio  d'ogui  altra  teologia  dalla  cristiana  discorde. 

95  Plaustro,  per  carro,  dal  latino  plaustrum, 

96  Che  legar  vidi  alla  biforme  fiera  (  alla  per  dalla  )  (e)  ,  che  vi- 
di dal    grifone  lasciar  legata   all'  albero  {d)  . 

(a)  V«rs.  59.    (h)  Gtn.  5,   (e)  Partic  i  la.    (d)  Vcm.  5i. 


e  A  N  T  O    XXXIl,  ÌÌ73 

97     In  cerchio  le  facevan  di  se  claustro 

Le  setle  ninfe  ,  con  que'  lumi  in  mano 
Che  son  sicuri  d'aquilone  e  d'austro. 

100     Qui  sarai  tu  poco  tempo  silvano  , 
E  sarai  meco  sanla  fine  cive 
Di  quella  Roma,  onde  Cnslo  è  romano. 

io3    Però  9  in  prò  del  mondo  che  mal  vive, 

Al  carro  tieni  or  gli  occhi  :  e  quel  che  redi , 
Ritornato  di  là ,  fa  che  tu  scrive  • 

J06    Così  Beatrice;  ed  io  9  che  tutto  appiedi 
De'  suoi  comandamenti  era  devoto , 
La  mente  e  gli  occhi  y  ov'  ella  volle ,  diedi  • 

97  Cìaustro  qui  per  contomo ,  o  corona  • 

98  99  Le  sette  nit^e ,  le  tre  virtù  teologali  y  e  le  quattro  cardinali 
—  con  que^  lumi  in  mano  :  intende  che  ciascuna  delle  sette  virtù  si  te- 
nesse in  roano  uno  de'  sette  candelabri  detti  nel  canto  xxix  f\5  e 
aegg.  — >  che  son  sicuri  tC  aquilone  e  (Taustro ,  i  due  venti  piii  gagliardi , 
per  tutti  i  venti  :  e  significando  que'sette  candelabri  ,  com'è  detto  (a), 
1  sette  doni  dello  Spirito  Santo ,  egli  è  certo  che  sono  sicuri  da  ogni 
vento . 

100  Qiù  sarai  tu  poco  tempo  silvano.  Pichiede  il  buon  senso  che 
ifuì  vaglia  I/I  quesf  altro  monao;  e  che,  come  selva  e  foresta  signifi- 
cano lo  stesso,  così  lo  stesso  significhi  i^\  silvano  che  forestiere  ^  av- 
venticelo, E  la  sbagliano,  a  mio  parere,  quanti  intendono  che  qui  si- 
gnifichi precisamente  questa  selva  ,  e  che  silvano  significhi  abitatore  di 
questa  selva  {b) .  Imperocché  non  era  Dante  allora  per  passare  da  quel- 
la selva  al  Paradiso ,  ed  ivi  restarvi  sanza  fine ,  ma  per  tornarsene  al 
mondo .  Ed  anzi  questa  è  la  cagione  per  cui  vuole  Beatrice  che  osser* 
vi  Dante  quanto  era  per  rappresentarglisi . 

loi  ioa  if?  sarai  meco  ec»  Credo  che  ,  imitando  qu\  Dante  le  frasi 
deir  Apostolo  scrivente  a  quei  d'  Efeso  jam  non  estis  hospites  et  adr 
venae ,  sed  estis  cives  sanctorum  {e) ,  dopo  di  aversi  fatto  dire  da  Bea- 
trice che  sarebbe  in  qualità  ò\ forestiere^  di  oyite, 'stato  lì  poco  tem- 
po ,  facciasi  aggiungere  e  sarai  meco  sanza  f  ne  cive  ec,  parlare  alle- 
gorico significante  lo  stesso  che  se  sltrimente  detto  avesse  e  sarai  al^ 
tra  %*olta  meco  eternamente  cittadino  di  quella  città ,  di  cui  Cristo  è 
cittadino  y  cioè  del  Paradiso  .  L'essere  Poma  la  capitale  della  Chiesa 
di  Gebù  Cristo  può  e  r!ee  giustificarne  la  per  cotale  figura  scelta  Po* 
ma  più  ch'altra  città:  e  il  ciV^  per  cittadino  à^X  Latino  ciVi5  non  dee 
parer  più  strano  che  i  termini  di  civile  e  civiltà  pur  dal  medesi- 
mo presi  • 

106  T07  led  A*  piedi  de*  suoi  comandamenti  vale  soggetto  a*  di  lei 

(a)  Pnrg.  xxix  34.     ib)  Vedi  tra  gli  altii  il  Buri  citato  nel  Vocab.  della 
Cr.  alla  Toce  silvano  f.  x.  •  il  Vtntnri .    (e)  Bphu,  a  I9« 


474  PURGATORIO 

109    Non  scese  mai  con  s\  veloce  moto 

Fuoco  dì  spessa  nube,  quando  piove 
Da  quel  confine  che  più  è  remoto , 

119    Com'  io  vidi  calar  V  uccel  di  Giove 

Per  r  arbor  giù  ,  rompendo  della  scorza  9 
Non  che  de'  fiori  e  delle  foglie  nuove  ; 

comandi.  De* suo'  l'edizione  della  Cr.  e  le  segnaci  —  diedi  per  rii^olsi, 

no  III  Fuoco  j  il  fulmine  —  di  spessa  nube  ^  di  nube  condensata, 
dalla  quale  la  imprigionata  e  ristretta  materia  fidminea  non  può  quan- 
do si  accende ,  aprirsi  esito  se  non  con  grande  impeto  e  fracasso  — 
quando  piove  ec.  Non  pare  qu)  buono  ne  il  porre  quando  piove  tra 
aue  virgole ,  come  tutte  le  moderne  edizioni  fanno  ,  né  ì*  intendere , 
che  il  verbo  piove,  sia  retto  dal  fulmine,  ed  equivalga  a  cade  ,  e  sia 
mente  del  Vocta  che  raschino  i  fulmini  con  tanto  maggiore  velocità , 
quanto  da  più  alto  luogo  discendono,  come  ne  chiosano  Benvenuto 
aa  ^mola  e  il  ^  ellulello  .  Che  i  fulmini  da  più  alto  luogo  caschino 
con  maggiore  velocità  né  V  esperienza  ce  lo  dimostra ,  né  venta  fi- 
losofo lo  insegna .  Anzi  dicendo  Dante  stesso  del  fulmine 

Che  fuor  di  sua  natura  in  giù  i'  atterra  (a) 
mostrasi  piuttosto  essere  stato  d*  avviso  che ,  come  il  sasso  gettato  all' 
insù  allenta  il  moto ,  così  il  fulmine  far  debba  scendendo  all'  ingiù  • 

Tolgo  io  adunque  la  virgola  dopo  piove  ,  e  congiunto  esso  verbo 
al  parlar  che  siegue ,  che  ne  accenni  Dante  V  opinione  sua  appresa  da 
antichi  (ilosofì  ,  che  non  caschino  fulmini  se  éon  quando  vengono  in- 
nalzate le  nuvole  sino  al  più  alto  e  da  noi  piti  rimoto  confine  dell' 
aria,  vicino  cioè  alla  creduta  sfera  del  fuoco;  tal  che  porzione  di  es- 
so fuoco  nelle  nuvole  s' immischi  ed  imprigioni  {b)  ;  e  che  V  effet- 
to ponendo  per  la  cagione  ,  la  pioggia  per  le  nuvole  (  sostituzione  ia 
é  questa  affatto  necessaria  acciò  non  facciasi  a  Dante  supporre  ,  che 
non  raschino  fulmini  se  non  quando  piove;  che  sarebbe  un  fargli  sup- 
porre cosa  falsissima  )  dice  quando  piove  da  quel  confine  die  pili  è  ri* 
moto  in  vece  di  dire  quando  sono  al  confine  piii  rimoto  delf  aria  in- 
nalzate le  nuvole  .  Di  un  medesimo  sistema  pare  anche  il  Frezzi  nel 
suo  Quadriregio ,  ove  delle  slére  dalla  fortuna  mosse  parlando,  dice: 
La  quarta  er*  alta  infino  onde  percote 
Con  le  saette  Giove  ,  ove  il  vapore 
Dal  gel  costretto  da  se  V  acqua  scuote  (e)  . 

*  Che  più  va   remoto  ,  in  vece   di  è  remoto  ,    leggono  nel  s/.  m. 
i  CoD.  Vat.  Chìg.  Antald.   e  Caet.  N.  E. 

112  II  3  ii/f  Com*  io  vidi  calar  V  uccel  di  Giove  ,  V  aquila  ,  insegna 
del    Romano  impero  ,  supposta    dal    Poeta     stanziante     nella  cima   di 

3ueir  albero  significante  esso  impero  {d)  —  Per  t  arbor  giti ,    giù  pel 
etto  albero  ,   che  al  legarvisi  del  carro  dal  grifone  condotto  ,  produs- 
se immantinente  fiori  e  frondi  (e)  di  cristiane  virtù .  ^  DeW  alber  già  , 

(a)  Parad.  xxin  4©.  (h)  Veggasi  Arislotelc  nel  secondo  delle  Meteore  ,  • 
il  cemento  ivi  di  S.  Tommaso  :  e  veggasi  pare  Seneca  nel  2.  delle  questioni  na- 
turali cap.  14.  (e)  Lib.  2.  cap.  i3  (d)  Vedi  ciò  eh*  è  detto  al  vers.  38.  (e)  Ve- 
di sopra  V,  So  e  segg. 


e  A  N  T  O    X  X  X  1 1.  ÌÌ75 

1 15     E  ferìo  1  carro  dì  tutta  sua  forza  ; 

Ond'  ei  piegò  ,  come  nave  in  fortuna  , 
Vinta  dair  onde  or  da  poggia  or  da  orza  • 

1  j8     Poscia  vidi  avventarsi  nella  cuna 
Del  trionfai  veicolo  una  volpe  y 
Che  d' Ogni  pasto  buon  parca  digiuna  • 

1 21     Ma  ,  riprendendo  lei  di  laide  colpe  , 

La  donna  mia  la  volse,  in  tanta  futa  , 
Quanto  sofFerson  V  ossa  senza  polpe  . 

il  cod.  AntaM*  W.E.  —  rompendo  della  scorza  y  non  che  de'  fiori  eccùì 
rostro  e  cogli  artigli  fìerameute  lacerando  ,  non  solo  porzione  de'  nuo- 
vi fiori  e  frondi  ,  ma  eziandio  dello  stesso  tronco  .  Inlcntle  le  perse- 
cuzioni fatte  da'Bomani  principi  alla  cristiana  religione ,  col  danneg- 
giarne ,  non  solo  il  novello  ornamento  che  per  essa  veniva  V  impero 
acquistando  ,  ma  anche  T  impero  stesso  ,  pe  'l  distruggimento  e  sce- 
mamento  de' sudditi.. 

ìì5  E  ferìo  il  carro  ec.  ed  urtò  fieramente  anche  nella  Cattedra 
apostolica  (a). 

116  117  Ond*€Ì  piegò  ec.  Il  perchè  essa  harcollò  a  guisa  di  nave 
in  Jbrtuna  ,  in  burrasca,  vinta  ,  spinta  ,dair  onde  or  da  poggta  ,  or  da 
orza ,  ora  da  roano  destra  ,  ed  ora  da  mano  sinistra  .  Orza  propria- 
mente (chiosa  il  \enturi  colla  comune  degl' interpreti )  è  la  corda  ,  che 
si  lega  ad  un  dei  capi  dell*  antenna  alla  parte  sinistra  del  navilio  ;  e 
poggia  è  la  corda  ,  che  si  lega  ali*  altro  capo  alla  destra .  *  Dair  onda , 
1  codd.  Vat.  e  Chig.  N.  E. 

118.  119  ilo  Nella  cuna  del  trionfai  veicolo  ,  nella  cassa  del  Inou- 
fale  carro  .  Feicolo  ,  dal  Latino  vheicidum ,  per  carro  ,  detlo  anche  m 
prosa  da  altri  antichi  Italiani  scrittori  vedilo  nel  Vocabolario  della  Cru- 
•ca  —  una  volpe  ,  che  et  ogni  pasto  buon  ce,  V  eresia  intrusasi  nell  Apo- 
stolica cattedra  ,  al  dire  dello  stesso  Dante,  per  Papa  Anastasio  (^) .  Giu- 
diziosamente veste  il  Poeta  la  eresia  di  volpe  .  Vulpcs  (  dice  S.  Agosti- 
no )  insidiosos  ,  maximeque  htereticos  fraudolentos  sig^lfi^^'*^  •  '  '.  ^^^ 
vulpes  significantur  in  Canticis  canticorum  ,  uhi  dicitur  :  capite  nobis  vui- 
pes  parvulas  {e)  :  e  giudiziosamente  qui  rf*  ogni  pasto  buono  digiuna  , 
ed  m  appresso  magra  afiatto  e  spolpata  la  dipinge  ;  perocché  di  rei 
pascoli  pasciuta  ;  e  d*  inique  mondane  brame  ,  non  dee  andar  molto 
dissimile  dalla  lupa  figurante  l*  avarizia ,  che  di  tutte  bnune  sembiava 
corca  con  la  sua  magrezza  (d)  • 

lai  122  133  Ma  riprendendo  leiec.  ma  la  mia  Beatrice,  latcolo- 
jia ,  discoprendole  e  rinfacciandole  i  di  lei  abhominevoli  errori ,  w 
fece  tanto  velocemente  fuggire  ,  ^uant'  essa  per  V  estrema  sua  magrez- 
za potè  .  Futa  per  fuga  (e)  antitesi  :  ma  sono  troppi  gli  esempi  *" 
cotal  voce  adoprata  anche  da*  prosatori  .  Vedi  il  Vocabolario  della 
Crusca . 


(a)  Vedi  ciò  eh'  è  derto  Purg.  »ix  106  107  in  quella  nota  .  (b)  Inf.  il  8. 
Vedi  pelò  quella  nota  di  Natal  Alcsiandro  .  (e)  lu  PsaL  80.  (d)  tnf.  1  40.  • 
segg.     ^f)  ^ella  noia  kl  canto  ni  del  Parad.  f'   X13. 


476  PURGATORIO 

1  a4  Poscia  ,  per  indi  end'  era  pria  venutd  ^ 
L' aguglia  vidi  scender  giù  nelF  arca 
Del  carro  ,  e  lasciar  lei  di  se  pennuta  . 

127     E  qual  esce  di  cuor  che  si  rammarca  9 

Tal  voce  uscì  del  cielo ,  e  cotal  disse  : 
O  navicella  mia  ,  com'  mal  se'  carca  ! 

1 3o     Poi  parve  a  me  che  la  terra  s' aprisse 

Tra  'mbo  le  ruote ,  e  vidi  uscirne  un  drago  ^ 
Che  per  lo  carro  su  la  coda  fisse  « 

|33     £  9  come  vespa   che  ritragge  l'ago  y 
A  se  traendo  la  coda  maligna  , 
Trasse  del  fondo ,  e  gissen'  vago  vago  « 

134  1^^  ^^6  Poscia  per  indi  ee,  vidi  P  agamia  ,  V  aquila  ^  dallo 
stesso  alto  luogo ,  ond*  era  prima  discesa  ,  novamente  neìP  arca  ,  nella 
cassa  ,  del  cafro  ,  e  lasciar  quella  coperta  di  sue  piome  .  Intende  le 
ricchezze  e  gli  agi  donati  dagl*  Imperatori  Romani  alla  sedia  aposto* 
lica  .  Cotali  agi ,  con  appelhizione  di  piume ,  espresse  anche  il  Pe- 
trarca : 

Già  non  fo  si  il  nudrita  in  piume  al  tézzo  (a)  . 
*  Il  C6d.  Caet.  legge,  come  altra  volta,  ai/i/iV/i  in  luogo  dt  agugÌia,V.E. 

li*]  E  qual  esce  di  cuor  ee,  cioè  voce  accompagnata  da  gemiti  e 
da  sospiri ,  nevole ,  e  lamentevole  ,  quale  esce  dal  cuore  di  chi  addo- 
lorato  rammaricasi .  Venturi  . 

11%  E  cotale  intendi  voce, 

129  Navicella  fa  appellata  Y  arca  o  sia  cassa  del  carro  ,  non  solo 
per  la  non  affatto  dissimile  cavità,  ma  per  essere  cotal  arca  apostoli- 
ca stata  simboleggiata  dalla  navicella  di  S.  Pietro ,  da  cui  perciò  chio- 
sano alcuni  doversi  intendere  venuto  cotale  lamento  .  —  corrC  mai ,  apo- 
cope in  grazia  del  metro  ,  in  vece  di  come  mal. 

i3o  i3i  i32  Che  la  terra  s* aprisse  ,  appartiene  ad  indicare,  che 
veniva  quel  drago  dall*  Inferno  — .  Che  per  lo  carro  su  la  coda  fa» 
se,  Fingesi  ai  draghi  in  fondo  della  coda  come  una  lancia  :  e  questa 
è  che  intende  Dante  fìccasse  il  drago  nel  fondo  della  cassa  del  trion- 
fale carro  a  trarne  parte  di  esso  e  lasciarlo  forato  • 

i33  i34  i35  A' ago  della  vespa ,  i/  pungiglione  —  trasse  del  fondo  ^ 
vale  quanto  tirò  seco  una  porzione  del  fondo;  e  però  proseguendo  di- 
ce quel  die  rimase  ,  cioè  il  rimanente  del  fondo  .  *  Trasse  del  carro , 
il  cod.  Chig.  N.  E,  —  vago  vago  ,  qua  e  \k  allegro  e  baldanzoso  del 
fatto  colpo  • 

Per  questo  dra^o  e  per  questa  ferita  al  carro  dal  drago  fatta  in- 
tendesi  dagli  espositori  comunemente  Maometto  ,  e  lo  smembrar  eh* 
egli  fece  di  assai  popoli  dalla  (.hiesa  .  Per  molti  cani  però  sembrami 
esposizione  cotale  da  rigettarsi .  Primieramente  percnè  il   carro  simbo- 

(a)  Pirt.  1.  son,  io5. 


e  A  N  T  O    XXXII.  477 

1 36    Quel  che  rimase  ,  come  di  gramigna 
Vivace  terra  ,  della  piuma  ,  offerta 
Forse  con  intenzion  casta  e  benigna , 

1 3^     Si  ricoperse  ,  e  funne  ricoperta 

E  Tuna  e  V  altra  ruota  e  '1  temo  in  tanto  t 
Che  più  tiene  un  sospir  la  bocca  aperta  . 

14^     Trasformato  così  '1  diScio  santo 

Mise  fuor  teste  per  le  parti  sue , 

leggìa  la  Sedia  apostolica ,  e  nou  la  Chiesa  :  altrimenti  troppo  8CÌoe« 
camente  adombrerebbe  il  Poeta  il  trasporto  ,  che  successe  ,  aella  sola 
Sedia  apostolica  in  Avignone ,  e  non  già  della  Chiesa  ,  col  fìngere  dal 
gigante  allontanato  dall'  ajbero  il  trionfale  carro  (a) .  Poi  per  quello 
che  il  Poeta  stesso  siegue  a  dire ,  che  il  rimanente  di  (juel  tondo  tutto 
si  ricoperse  dell'  aquiline  piume  :  dal  che  abbastanza  rimane  dichiara- 
tp  ,  che  non  avesse  quel  tondo  altro  foro  ,  che  il  recente  fattovi  dai 
drago  ,  il  quale  però  se  fosse  stato  aperto  dall'  eresia  di  Maometto  , 
troppi  altri  fori  avrebbe  dovuto  avere  compagni ,  fattivi  da  cent'  al- 
tre più  antiche  e  tuttavia  duranti  eresie ,  e  spezialmente  dalla  Mani- 
che^  ,  ed  Ariana  .  Poi  finalmente  per  quelP  altro  ,  che  pure  il  Poeta  di- 
chiara ,  che  il  drago  forasse  il  fondo  al  carro  prima  che  questo  dell' 
aquilina  offerta  piuma  si  ricoprisse  •  Imperocché  non  solo  non  fu  Mao- 
metto prima  che  accettasse  1'  Apostolica  Sede  le  offerte  di  Costantino  » 
inteso  per  la  donatrice  aauila  (b) ,  ma  fu   tre  secoli  dopo . 

Io  per  me  adunque  direi  piuttosto  ,  che  il  drago  fosse  il  maligno 
serpente  ,  che  in  quel  Paradiso  medesimo  tentò  Eva  ;  il  quale  con  1'  atto 
dì  sforacchiale  il  fondo  all'  arca  del  carro  ,  dopo  appena  ricoperta  deU' 
aquiline  piume,  indicassene  insinuata  nel  sacerdozio  quella  stessa;  che 
aiich^  Inter,  zix.  ii3,  e  sega,  ghibellinescamente  disse  in  conseguen- 
za della  Cost^iitiuiana  donazione  ,  insinuata  inesplebile  fame  delle  ric- 
chezze :  che  però  appella  esso  Dante  sanzajine  cupa  (e)  ,  cioè  adire 
sfondata  ft  conseguentemente  inesplebile. 

A  questo  modo  si  rende  chiaro  perchè  appena  fattosi  dal  maligno 
serpente  quel  pertugio ,  subito  accettasse  e  si  ricoprisse  il  carro  fin  su 
le  ruote  e  su  4  timone ,  iiella  piuma  offerta  . 

i36.  al  4i.  Quel  che  rimase  ,  la  porzione   di  fondo  rimasta  —  ea- 


Yndi(j[euza  de' poverelli,'^  1  Cod.  CAET.Vat^  Antald.  e  Chig.  ,  come  altri 
molti  testi  vedpti  dai  Signori  Accademici  leggono  intenzion  sana  inve- 
ce d'  intenzion  ca^ta  ,  M^  £  -r-  //i  tanto  che  piti  tiene  un  sospir  ec*  Non 
ci  tenendo  un  sospiro  aperta  li^  bocca  che  un  momento  di  tempo, vic- 
ine conseguentemente  con  tale  espressione  a  dime  il  medesimo  che  se 
dette  avesse  in  meno  di  un  momento  • 

i4^  al  i47*  Trasforma  cosi  pel  ricoprimento   delle  aquiline  piu- 
me —  Mise  fiijor  teste  ec.  Non  si  può  assolutamente ,  né  si  dee  a  que- 

(a)  Vers.  i56»  e  segg.    {b)  Inf.  ei»  iiS.    (e)  Perg,  ssè  sa. 


47^  PURGATORIO 

Tre  sovra  1  temo  9  ed.  una  in  ciasctm  canto  • 
145     Le  prime  eran  cornute  come  bue  ; 

Ma  le  quattro  un  sol  corno  avean  per  fronte  • 
Simile  mostro  in  vista  mai  non  fue  • 
i4S     Sicura ,  quasi  rocca  in  alto  monte  y 

ste  sette  teste  e  dieci  coma  altro  significato  attribuire  se  non  se  il  me» 
desIiQO  ,  che  venne  loro  attribuito  nel  canto  xix.  dell'  Tnfer.  Ters.  km. 
e  segg.  cioè  dei  sette  sacramenti  ,  e  dieci  comandamenti  divini  •  Solo 
che  qui  si  fanno  questi  deporre  come  a  guardia  e  difesa  delle  acqui- 
state piume  :  inerentemente  a  quanto  con  espressione  più  chiara  na- 
brotta  altrove  Dante  stesso  : 

Già  si  soUa  con  le  spade  far  guerra  : 
Ma  or    si  fa  togliendo  or  qui  ,  or  quipi 
Lo  pan  ^  che  *l  pio  padre  a  nessun  serra  (a) 

Ve  sì  dee  cercar  altronde  la  cagione  perchè  ponga  Dante  sa  1  ti* 
mone  tre  teste  e  bicornute  >  e  disponga  le  altre  quattro  tette  con  un 
sol  corno  sopra  ciascuna  ai  quattro  canti ,  o  sia  angoli  della  qoadrata 
arca  del  carro  ,  se  non  dall*  essere  questa  la  simmetria  migliore  ,  che 
con  nn  tal  numero  di  teste  e  di  coma  potesse  ottenersi  • 

La  maggior  parte  degli  espositori  ne  trae  qu\  senso  molto  peggio- 
re ,  chiosando  che  per  lo  sette  teste  si^ificbinsì  i  sette  peccati  capi- 
tali :  e  buon  per  Dante  che  non  si  rinviene  nn  vulgato  deceiinario  no- 
merò d*  olibrobriose  cose  ,  come  rinvi ensi  *1  settenario  de'  peccati  ca- 
pitali ,  che  ,  credo  ,  avrebbero  queste  ancora  intruse  in  luogo  delle 
dieci  corna .  Senza  ragione  però  fanno  esser  Dante  in  questo  discor- 
de da  queir  altro  accennato  luogo  ,  dove  le  sette  teste  e  dieci  coma 
non  possono  ,  anche  per  parere  de*  medesimi  qui  contrarj  espositori , 
essere  prese  che  in  senso  buono  :  e  discorde  eziandio  da  quelli  altri 
passi  ,  dove  e  la  Chiesa  santa  sempre  appella  (^),  e  la  Papale  digni- 
tà ,  quantunque  ne  riprenda  qualche  individuo  occupatore  >  professa  di 
rispettare  altamente  (f) .  *  Forse  per  error  del  Calligrafo  il  Cod.  Caet. 
legge  nel  v.  i]6.  Ma  le  tre  in  luogo  di  quattro.  Al  f .  i47-  poi  legge 
coi  codici  Chig.  e  Anlald. ,  simile  mostro  visto  mai  nonjue^  non  in 
vista  ec, ,  cosa  di  pochissimo  momento  .  N.  £• 

Oh,  ilice  '1  Venturi,  qui  si  parla  della  chiesa  difformata  e  divenir 
ta  moslvuosa  . 

Mostruosa  sì  (  rispondo  io  )  o  la  Chiesa  o  la  Pontificia  cattedra , 
ma  non  al  preteso  segno  di  portarne  in  trionfo  i  sette  peccati  capita- 
li ;  che  Dante  (  ripeto  il  già  altrove  detto  e  provato  )  (<Q  era  ghibelli- 
no bensì,  ma  cattolico. 

Il  Daniello  vuole  per  le  sette  teste  intesi  i  sette  Cardinali  elettori 
del  Papa  :  tre  Vescovi  su  '1  timone  bicornuti ,  in  significato  della  mitra  , 
e  quattro  non  Vescovi  agli  angoli ,  e  questi  con  un  sol  corno.  Ma  quan- 
do i  Cardinali  erano  in  questo  solo  numero,  erano  tutti  diaconi  ,nè 
ad  essi  apparteneva  la  elezione  del  Papa  .  Vedi  Ciacconio  ,  e  quanti  mai 
prima  e  dopo  di   lui  hanno  scritto  della  dignità  cardinalizia  . 


(a)  Farad,  xviii     127.  e  scgg.     (b)  Pargat.  xxiv  aa.  Par.  vi  5S.    (tf)  I«fier- 
no  X1&  101.     {(d)  Vtd:  la  noti  ai  cant.  x  il  dell'  Inf.  v.  S^.  •  60. 


e  A  N  T  O    X  X  ICI 1 .  4;^ 

Seder  sovr'  esso  una  puttana  sciolta 

M' apparve ,  con  le  ciglia  intorno  pronte  • 

i5i     E  ,  come  perchè  non  li  fosse  tolta  , 

Vidi  di  costa  a  lei  dritto  un  gigante  ; 
£  baciavansi  insieme  alcuna  volta  • 

i54     Ma  perchè  l'occhio  cupido  e  vagante 
A  me  rivolse ,  quel  feroce  drudo 
La  flagellò  dal  capo  insia  le  piante  . 

1 57     Poi ,  di  sospetto  pieno  e  d'  ira  crudo  , 

Disciolse  1  mostro  9  e  trassel  per  la  selva 
Tanto  ,  che  sol  di  lei  mi  fece  scudo 

i6o     Alla  puttana  ed  alla  nuova  belva. 

14991  i56  Una  puttana  sciolta;  simbolo  della  prostituzione  della  pa- 
pale dignità  ai  secolari  monarchi  ;  che  il  ghibellino  nostro  poeta  m- 
tende  essersi  fatta  da  Bonifazio  Vili,  massimamente ,  e  da  Clemente  V.  — 
*  iV  apparve ,  ii  cod  Antal.  N.  E.  —  con  le  cime  ec  descrive  mirabil- 
mente f  chi 
(^uà  ,  ed  ora 
ti  ,  e  trarli 

del  mondo  contra  Filippo  il  Bello  \\e  di  Francia  ,  inteso  per  il  ff frante  , 
il  quale  prima  gli  era  amico:  onde  dice  che  s\  baciavano  insieme; 
ma  tosto  che  Filippo  s' accorse ,  che  il  Vapa  tentava  la  pratica  di  altri 
potentati  suoi  nemici  (il  che  dimostra  per  aver  rivolti  gli  occhi  nel 
Poeta  ,  il  quale  era  Imperiale  )  lo  flagellò  dal  capo  ai  piedi  facendolo 
prender  in  Alagna,  ov'  egli  vinto  dal  dolore  fin\  gli  anni  suoi  —  come 
perchè  non  li  fosse  tolta  ,  (  li  per  gli  )  (a)  come  a  fine  che  nissuno  gliela 
involasse —  (T  ira  crudo ,  cruuelmeute  irato. 

iSS  al  160  II  mostro  ,  il  carro  reso  pe' detti  accessorii  mostruo- 
so —  e  trassel  per  la  selva  tanto  che  ec.  e  trasselo  per  la  selva  ,  in  cui 
eravamo  ,  tanto  lontano ,  che  feccmi  essere  la  interposizione  della  stes- 
sa selva  scudo ,  riparo ,  ostacolo  ,  alla  puttana  ,  ed  alla  nuova  belva  , 
vale  ,  a  veder  la  puttana  ,  e  7  nuovo  mostro  del  carro .  *  Che  7  sol  mi 
fece  scudo  ,  il  cod.  Chig.  e  Antald.  E  l'illustre  possessore  di  quest*  ul- 
timo aggiunge  :  così  hanno  i  coild.  a ,  4  •  ^  >  ^  ^  edizione  del  1 477*  ^ 
perdei  di  vista  quando  il  sole  mi  fece  ombra  della  selva.  N,  E.  Accen- 
na cos\  in  aria  profetica  il  fatto,  che  già  quando  scriveva  era  succedo, 
dell'attirarsi  Filippo  il  Bello  in  Francia  il  Papa  e  la  papale  sedia  nel  i5o5. 

Non  tralascio  per  oltimo  di  rinnovare  alla  memoria  de'  leggitori 
quanto  altrove  {b)  in  discolpa  del  Poeta  avvisai ,  che  col  variare  de'  se- 
coli varia  1'  onestà  de'  yocaooli ,  e  che  quelli  che  a'  temp.i  nostri  sono 
i  più  licenziosi ,  poterono  un  tempo  essere  i  più  riseroati  .  I  Latini 
termini ,  che  sono  a  di  nostri  d'  ordinario  i  più  coperti ,  par  verisimi- 
le che  ne'  tempi  più  vicini  al  comune  Latino  parlare  dovessero  essere 
i  più  intesi  • 

(fi)  Gin.  Parile.  i55.  i.    (b)  Jean.  i6> 

Fine  del  conio  ireniesimoseconda. 


4s# 

CANTO    XXXIII. 


ARGOMENTO    f) 

PervenuÈo  Dante  con  MaUlda  al  fiume  Ennoé  ,  gatta  della  fa«  meque  , 
la  cui  dolcezza  ,  per  la  brevità  dello  spazio  che  gli  retta  al  compie» 
re  di  questa  seconda  caalica  i  dica  di  uoa  potere  esprimare  . 


D. 


eusj  venerunt  g^nte^,  alternando 
Or  tre  or  quattro ,  dolce  salmodìa 
Le  donne  incominciaro  lagrimando . 

4     E  Beatrice  sospirosa  e  pia 

Quelle  ascoltava  sì  fatta ,  che  poco 
Più  alla  croce  si  cambiò  Maria  . 

7     Ma ,  poiché  l' altre  vergini  dier  loco 
A  lei  di  dir ,  levata  ritta  in  pie  » 
Rispose  ,  colorata  come  fuoco  : 

IO     Modicum^  et  non  videbitis  mei 
Et  iterum  ;  sorelle  mie  dilette  9 

T  Q  3  Deus  venenint  genles  ec,  Siuchis!  insieme  ed  ellissi  ,  di  cai 
la  costru/Jonc  ed  il  pieno  :  Le  donne  lagrimando  incominciaro  ^-^  dolce ^ 
patetica  ,  safmjiùa ,  s»lineggiamento  ,  alternando  ,  cantaado  alternativa- 
mente ,  ora  le  tre  teologali  virtd ,  ora  le  quattro  cardinali  il  salmo 
Deus  venerunt  gentes  :  salmo  che  nelle  abbominazioni  del  tempo  di 
Gerosolima  adombra  le  disavventure  della  Cristiana  Chiesa  .  '^  £  iagri" 
numdo ,  i  codd.   Vat.  e  Chig.    lN.  E. 

5  6  Si  fatta,  che  poco  pili  ec.  talmente  per  mestizia  cambiata  di 
volto ,  che  poco  più  rambiossi  Maria  Vergine  vedendo  pendente  in  cro- 
ce il  suo  divino  Figlio . 

7  8  Dier  loco  a  lei  ec,  cessando  dalla  detta   salmodia  • 

9  Colorata  come  fuoco:  a  indizio  della  carità  che  movevala  a  con- 
solar le  sorelle. 

10  II   12   Hodicum  ec.  Parole   di  Gesù  Cristo  (a)  ,  colle  quali  pre- 

(*}  Argomento  meirico  del  col.  G.  Goni  . 

Volta  Beatrice  parla  in  doice  aspetto  , 

E  qael  ,  che  D^nte  avea  con  occhi  scorto  » 
Brevemente  dichiari  al  sao  intelletto  . 
Indi  perch'  abbia  nel  suo  sen  conforto 
Vera  virtd  ,  che  l'  amme  fa  belle  , 
Bee  d'  Ennoè  ,  donde  si  fa  pia  accorto, 
Puro  ,  e  disposto  a  salite  alle  stelle  • 
(a)  Joan,   i$. 


CANTOXXXIII.      •  4ty 

Modicum  ,  et  vos  videbitis  me  . 

i3     Poi  le  si  mise  innanzi  tutte  e  sette; 

£  dopo  se ,  solo  accennando  ,  mosse 
Me ,  e  ]a  donna  ,  e  1  savio  che  ristette  . 

16     Cosi  sen  giva  ;  e  non  credo  che  fosse 

Lo  decimo  suo  passo  in  terra  posto  y   * 
Quando  con  gli  occhi  gli  occhi  mi  percosse  ; 

1^     E  ,  con  tranquillo  aspetto  :  vien  più  tosto  , 
Mi  disse  ,  tanto  che  ,  s' io  parlo  teco  , 
Ad  ascoltarmi  tu  sie  ben  disposto. 

22     Sì  com'  io  fui ,  com'  io  doveva  ,  seco  , 

disse  a'  suoi  discepoli ,  che  in  breve  sarebbesi  partito  da  questo  monde 
e  salito  al  cielo  ;  e  che  in  breve  parimente  sarebbero  essi  da  questa 
mortai  vita  passati  a  godere  di  lui  eternam  i»te  .  Che  che  altri  chio« 
sino  ,  io  credo  che  prevedesse  Dante  saggiamente  ,  e  fac cessela  però  eoa 
tali  parole  da  r>eatrice  predire ,  la  breve  dimora  che  fatto  avrebbe  ia 
Francia  la  t'apale  sedia  ,  che  poco  anzi  adombrò  dover  colà  attirarsi 
dal  iie  Filippo  il  Bello  {a)  ,  ed  il  .di  lei  ritomo  a  Uoma .  Ci  quanto 
al  senso  .  Quanto  poi  al  metro  ,  conviene  ricor  tarsi  lecita  e  praticffii 
ta ,  siccome  dai  Greci  e  Latini  poeti  ,  così  dagl'  Italiani  la  spezzatura  , 
•  doversi  però  il    primo  e  il  terzo  verso  di  questo  terzetto  leggere 

Modicum,  et  non  vi  —^  debiiis  me. 
Modicum  ,  et  vos  vi  —  dehitis  me  . 
Teggasi  a  tale  proposito  la  nota  al  canto  vi  dell' Infer.  v.  i4*  Anche 
avvertire  si  dee ,  cW  essendo  queste  parole  modicum  ec.  non  del  Poe- 
ta ,  ma  d'  altrui ,  soffre  in  questo  caso  eccezione  la  regola  avvisata  dal 
Signor  Filippo  Uosa  Morando  ,  che  le  stesse  voci  in  rima  nello  stesso 
significato  ,  non  è  permesso  ripeterle  se  non  quando  si  ripetan  tutte  [b)  • 
Ver  ma:.canza  probabilmente  di  questi  avvertimenti  sclama  qui  il  Ven« 
turi  :  ma  che  rime ,  buono  Iddio  l 

i3  14  '5  A'o/  le  si  mise  ec.  (ostruzione  .  Poi  solo  accennando  ,  sen- 
za far  altre  prole,  m»  col  solo  cenno,  le  si  mise  innanzi  tutte  sette ^ 
3uelle  virtù  teologali  e  cardinali,  e  dopo  ^  dietro,  se  mosse  me  ^  eia 
onna  ,  Matelda ,  e  il  savio  che  ristette  y  quello  de' due  savj  ,  Virgi- 
lio e  tazio  ,  che  ristette  y  cioè  Statio  ;  il  quale  restò  in  di  lui  com* 
pagnia  partendosi  Virgilio ,  come  dì  sopra  fu  detto  {e)  . 

19  ao  ai  *  E  contro  quello  aspetto  ^  ì  codd.  Cat.  e  Chig.  N.E.  P^ien 
pili  tosto  ec  Accelera  il  passo  acciò  mi  stii  di  paro,  e  ben  disposto 
ad  ascoltarmi:    e   perciò  soggiunge  Dante 

Sì  com'  io  fui ,  com*  io  doviva  ,  teca  • 

(a)  Vedi  nel  caato  prec.  v,  i5S'  e  segg.  con  quella  nota  .    (Jh)  Ostervaxio* 
■•  sopra  il  Par.  cant.  xzxv.  i6-  Vedila  pia  estesamente  riportata  nel  cinto  nsiv 
Mia  presante  cantica  v.  ix3,     (e)  Parg.  xxx.  49*  «  ««SS* 
T,2.  H  h 


rCBGATOIIO 
Diisemi  :  frate ,  perchè  dod  t'  atteola 
A  ili(uaad<irmi  ornai  reaeodo  meco  ? 

Zom   a  color  clic  troppo  revereoli , 
Dinanzi  a'sao'  maggior  parlando  ,  som 
Che  Don  traggon  la  voce  viva  a'  denti 

IrTeane  a  me  ,  che  senza  intero  suono 
Incominciai  :  madonna  ,  mia  bisogna 
Voi  conoscete ,  e  ciò  eh'  ad  essa  è  ba 

ELd  ella  a  me  :  da  tema  e  da  vergogna. 
Vojjlio  cbe  tu.  ornai  ti  dìssiluppe, 
Si  che  non  parli  più  com'  uom  che  so; 

Sappi  che '1  vaso,  che'i  serpente    roppe 
Fu  e  non  è  ;  ma  clu  a  ha  colpa  ,  cn 
Che  vendetta]  Dio  non  teme  suppe  . 

i   r/ttlanli,   ti  provi  ,  l"  arri.Mhi  (n)  .  —  .4  tÙmt^dai 
1 .  e  moltissi'ni  mw.  veduti  da^li    AeMdemici    dell 

:mto  per  tll.i».  )   di   ciò  che  ti  m-io^e   airiosila  «fi   i 
/'  Ilio  maggior ,  ha&il  ,  accorciamento inleTiicnlo  e  j 
1,  vtiiuio    siampjre  iteli. i   ed  i.  della  Cr.  e  nelle  s-^j 

CAIfTOXXXIIl.  483 

37     Non  sarà  tanto  tempo  senza  reda 

L*  aguglia  che  lasciò  le  penne  al  carro  : 
Perchè  divenne   mostro,  e  poscia  preda. 

4o     CW  io  veggio  certamente ,  e  però  1  narro  y 
A  darne  tempo  già  stelle  propinque  9 

ne  e  vino  consecrandosi  ,  e  così  ancora  ì^  ÌDteq)reta  seco  mìo  la  saa 
empiete  quel  %  alvin>5ta  rigettiilo  d<.l  1  ellannino  ;  il  anale  prudeute- 
meiilc  iiiler|)reta  questa  suppa  conrurine  il  i  andino  ,  1*  hnolese,  e  il 
figliuolo  di  1/aiile,  coninientatore  ui  suo  padre  (aggiungasi  anche  il 
JButi  )  (<«}  •  i  ^ii  ì^  adunque  da  sapersi ,  che  di  que'  tempi  in  1  ircnzc  vi 
cru  questa  sciocca  supcrsliziune  ,  onde  la  genie  si  persuadeva,  che  chi 
in  terni  ine  di  nove  giorni  mangiasse  la  suppa  sopra  la  sepoltura  deli* 
ucciso ,  dopo  commesso  V  omicidio  ,  non  poteva  poi  per  vendetta  di 
quello  es>ere  da  altri  ucciso  .  (ù)  '1  senso  è:  ^ddio  non  teme  né  cura 
qutsli  imped  menti  superstiziosi ,  sicché  lo  ritengano  dal  pigliarne  gin* 
0ta  veudtuu  :  e  vieu  cosi  a  liberare  quelT espressone  dalla  taccia  d' 
irriveretile  ,  che  si  meriterebbe  posta  in  quel  ocuso  ;  e  a  giustifii  are  il 
l'oeta  dair  accusa  ili  temerario  .   \  enturi  . 

*n  conterma  di  tale  interpretazione  aggiu  igo  io  due  passi  del  me- 
desiino  nostro  poeta  .  Il  primo  è   il  terzetto  stesso  nei  precedente  caa* 

to  riferito  . 

Già  SI  solca    con    te   spade  fur   guerra  . 
Ma  or    SI    fa  togliendo   or    qui  ,    or  quivi 
Lo  pu  .  ,   citt    li  p  o  ptiHrt    a    nessun    >crra  (e)  . 
L*  altro  è  un  pajo  di  terzetti   del  Credo  dello  stesso  Dante  : 
Il    nostro    Signor    UiO    F<  dre    ed    amico  , 
Il  corpo    %uo  ,    e  il   suo  sangue  ,  benigno 
A   V  aitar    ci  dimostra  ^    coiaio    dico -, 
Il   proprio    corpo  «   cke   nel  santo  Ugno 

Di    croce  fu  confitto  ,    e   it    sangue  sparto 
Per  liberarne  dui  dtmon    maligno  ec   (jd) 


o  ad  ingann.  re  ricoprendo  sotto  quel  velo  la  veritii  .  l-.cco  il  senso 
vero  di  questa  frase  ,  la  quale  ha  fatto  dar  nelle  girelle  tultr  quanti  gli 
spositori  di  I  ante.  ìmagioli  .  Il  mio  dotto  e  caro  amico  ab.  i;irolaino 
Amati  crede  che  suppe&ÙB  qui  per  supplice  {suppiex)  :  onde  s*  abbia 
a  spiegare  non  cara  sup/lire  .  lo  non  so  se  niun  codice  abbia  r/i/ii- 
pe  :  che  in  tal  caso  potrebbe  questo  vocabolo  venir  dal  francese  au» 
per,  che  vale  i/,gannare ,  ^ota  di  Salvatore  liciti  .  K.  K. 

37  »8  ^9  Aon  saf-à  tutto  tempo  ec.  Non  istarà  per  sempre  senza 
erede  dell' antico  imperiale  valore  /' Agt/gZ/Vi,  T  imperiale  aquila,  T  im- 
periale dignità  ,  che  lasciò  ie  penne  al  carm ; pevcUh  ,  cagione  per  cui, 
iU\fennc  y  esso  carro,  mostro  e  poscia  pigila  [e),  *  Il  Cou.  C  a  et.  legga 
a* suoi  luoghi  hereda  ed  Aquila,  >.  t- 

4o  4»   ^'^**  ^o  veggio  ec.  clic  certamente  io  veggo,  e  però  loappa- 

(fl)  Vedilo  riportato  dal  Voc.  della  Or.  alla  voce  suppa  .  (^b)  '  V.  la  no- 
ta dot  f.  Ab.  di  C.  a  c|aesto  verso  nella  saa  Lettsra  ec.  (e)  Par.  &V111  127  • 
ttgg.    {d)  Vera.  1x5  o  !«££.    {e)  Yadi  il  canto  pcec.  K.i'iS  e  se^j;.  •  quelle  note* 


484  P  U  H  G  A  T  O  R  I  O 

Sicure  d' ogn'  intoppo  e  d' ogni  sI>arro  ; 
3    Nel  quale  un  cinquecento  cJiece  e  cinque 
Messo  di  Dio  aucideià  la  fuja  , 
E  quel  gigante  che  con  lei  delinquei 
46     E  forse  che  la  mia  narrazion  buja  9 

leso  ,  vicino  a*  giorni  nostri  nascere  stelle ,  che  coi  loro  benefici  in^ 
flussi  ne  faran  godere  di  un  tempo  ,  nel  quale  ec.  Attacca  il  periodo 
col  terzetto  seguente  .  Propinquo  per  vicino  adoprato  da  scrittori  Ita- 
liani anche  in  prosa   vedilo  nel   ^  ocabolario  della  Crusca  . 

4^  Sicure  a  ogni  ec.  nell*  operar  loro  sicure  da  ogni  contraposì- 
zione,  e  da  ogni  resistenza .  Sicuro  ha  eletto  di  leggere  l'edizione  del- 
la Crusca  ;  il  perchè  non  si  sa  .  *  (^)uesto  perchè  Io  dice  il  Biagioli ,  il 
quale  ordina  così  tutta  la  terzina  :  eh*  io  veggio  .  .  .  sielie  propinque 
(  vicine  )  a  dame{  a  darci  un  )  tempo  sicuro  (C  ogni  intoppo  e  it  iigd 
sbarro  (  che  nullo  avverso  contrasto  uè  ostacolo  potrà  arrestare  )  nd 
quale  (  tempo  ) .  N.  E. 

43  Un  cinquecento  iUeee  e  cinque  .  Imita  qu\  Dante  lo  stile  profeti- 
co rii  S.  Giovanni  neir  Apocalisse ,  ove  indica  il  nome  dell'  Anticristo 
dicendo  numerus  ejus  sexcenti  sexaginta  sex  {a)  ,  e  per  cinquecento  die-' 
ce  e  cinque  intende  le  tre  lettere  nomane  DXV ,  e  la  voce  eh'  esse  for- 
mano collocandosi  la  terza  fra  le  due  prime  a  questo  modo  DV  X ,  che 
vuol  dire  capitano  . 

Ma  non  vi  è  poscia  pericolo  che  per  questo  capitano  intendesse  Dan- 
te r  imperatore  Arrigo  \  IT ,  come  tutti  gli  espositori  affermano  »  chi  per 
certa  cosa,  e  chi  per  probabile  .  Imperocché  oltre  lo  aver  Dante,  fino  dal 
bel  primo  canto  dell  Inferno  {b)  ,  H)ndata  la  speranza  della  riforma  del 
iiiondo  in  Can  (ìrande,  eil  oltre  il  convenire  appuntino  la  voce  DVX 
ad  rsso  Cane  ,  eletto  capitano  della  lega  (ghibellina  [e)  ,  eh'  è  quanto  a 
dire  in  favore  delT  aquila  imperiale  ,  troviamo  poi  anche  riimovata  la 
speranza  medesima  nel  canto  xxii  del  !  aradiso  {d)  vicino  al  xxx  can- 
to jn  cui  manifestamente  ci  fa  Laute  capire  morto  già  V  Imperatore  Ar- 
rigo (éf). 

/|4»  45-  Messo  di  Dio  (  di  per  da  )  (f)  mandato  da  D'io  —  anciderà , 
per  abbatterà  e  distruggerà  —  la  fuja  ,  la  rea  donna  ,  detta  nel  prece- 
dente canto  (g)  .  J  orse  (  avverte  il  Venturi  )  volea  i)ante  qu\  air  furia  , 
e  gli  ha  fatto  dir Juja  la  rima.  Mainò,  dico  io  :cgli  èj'ujo  un  a<;getlivo 
adoprato  per  reo  non  solo  dal  poeta  nostro  altrove  per  entro  la  •  om- 
ineuia  ,  ma  anche  in  prosa  da  altri  antichi  .  Vedi  V  annotazione  al  can- 
to xn  deir  Inferno  i».  oo  —  e  quel  gigante  ec,  il  gigante  altresì  detto  nel 
precedente  canto  v,  ì^i  e  segg.  *  \  Lod.  Nat.  Antald.  e  Cait.  leggono: 
con  quel  ^^i gante,  IsA.,  —  delinque  ,  preso  ,  dal  i.atino  delinquere ^  (T  on- 
de  comunemente   dicesi  da  tutti  gli  Ualiani  r/e//>/^f/(;re - 

/|(i  Anrmzion  buja  ,  predizione  oscura  . 


(u\  Gap.  i3.  1  vari  nomi  ,  che  da  cotai  numeri  ti  ricavaao  dagl* Interpreti 
dell'  Apocalisse  ,  vcggjnJi  ne'  loro  scritti  .  {b)  Vers.  loi.  Vedi  quella  nota  , 
(e)  Vedi  la  sopraccennata  annotazione  .  (tf)  Vers.  63  e  142»  e  seguenti  . 
(cr)  Vers.  i33.  e  segg.  Vedi  anche  quella  nota  .  (/)  Cinonio  Partic,  80.  4* 
(JS}  \ci$.  148.  e  segg. 


CANTOXXXIII.  485 

Qual  Temi  e  SGnge ,  men  ti  persuade , 
Perch'  a  lor  modo  lo'  ntelletto  attuja  . 
49     Ma  tosto  fien  li  fatti  le  Na)ade 

Che  solveranno  questo  enigma  forte  ^ 
Sanza  danno  di  pecore  e  di  biade  • 

4?  Qual  Temide   "^fiùt^ :  ellissi;  vale,  qual  etano   in  suo  parlare 


se  li   gettassero   dietro  le  spalle  ,  disse 

Ossaque  post  tergum  magnae  jactate  partntis  (a)  . 

*  1*  ••••«■  f.* 


mina  —  men  ti  persuade ,  meno  ti  si  fa  capire  •  "'  JHe  ti  persuade  ,  il  cod* 
Vat.  e  il  Chig.  N.  t'. 

48  ^  lor  modo  ,  al  modo  che  solevano  parlare  Temi  e  Sfinge  -^ 
intelletto  ,quì  per  senso  ,  concetto  {h)  —  attuja  .  Non  adducendosi  nel  Vo- 
cabolario della  Crusca  di  attujare  altro  esempio  da  questo  solo  di  Dan- 
te,  io  per  me  direi ,  che  ad  imitazione  del  facile  scambio  della  r  nell'i 
in  parecchi  altri  vocaboli  (  come  in  paro ,  e  pajo ,  calzolaro  e  calzola- 
jo  ec,  )  facesse  Dante  pure  per  antitesi  in  grazia  della  rima  il  medesimo 
scambio  ,  e   disse  attuja  in  vece  di   attura ,  per  ricopre ,  nasconde  . 

49  5o  5i  ^fa  tosto  ec.  ma  prestamente  i  fatti  che  avverranno ,  ti 
faranno  essi  T  ofTizio  delle  ^aj^ui,  spiegandoti  questo  ybr£e  ,  difllci- 
1«  {e)  ,  enigma .  *  Ma  tosto  fien  li  fatti  e  le  najadi  ,  il  e  od.  Antald.  > 
ma  tosto  Jier  li  fatti  ^  i  codd.  Aat.  e  Chig.  N.  E.  —  senza  danno  di  ec, 
senza  che  intervenga  quel  danno  ,  che  riferisce  Ovidio  avere  i  Teba- 
ni  sofferto  da  Temi  ,  in  vendetta  d'  essersi  le  Najadi  arrogato  di  spi^'* 

gare  oracoli . 

Carmina  Najades  non  intelUcta  priorum 
Solvunt  ingeniis  \    et  praeripitata  jacebat 
Immemor  ambagum  vates  obscura  suarum  « 
Scilicet   alma   Themis  ;  nec  talia  liquit  inulta  • 
Protinus  Aoniis  immissa  est  bellua   Thebis  ; 
Cessit  et  exriio  multis  :  pecorique,  sibique 
Kurirolae    pavere  feram  (d)  . 
Niccolao  Heinsio  (aggiunge  qu\  il  Venturi)  nell*  eccellenti  noteso^ 
pra  Ovidio  ,  coli*  ajuto  dei  migliori  testi ,  e  dei  critici  più  valenti ,  emuli- 
da  i   sopraccennati   versi  in  questo  modo 

Carmina  Lajades  non  intellecta  priorum 
Solverai  ingeniis  ec. 
e  COSI  vengono   a  parlare  non    delle  Najadi  fatidiche  ,  né  dall*  Heirf* 
sio  credute  tali;  ma  dello  scioglimento  dell*  enigma  proposto  dalla  Sfin- 
ge  fatto  da  Kdipo  ,  inteso  qu\  sotto  quel   nome  patronimico  Lajades  \ 
che   significa   figliuolo  di  Lajo  (com' era   Edipo  di  fatto  )  .  L' emenda<^ 

(a)  Ovidio  Mct.  I  383.  (/>)  Vediti*  altri  esenip)  nel  Vocabolario  delU 
Crnsca  alla  voce  intelletto  f.  2.  (e)  Vedi  il  Vocabolario  della  Ciusca  «jtto 
r  M^ietù^o  fona  {• 'i.    {d)  Ma.   vii.  760.  •  srg^« 


485  PURGATORIO 

5a     Tu  nota  ;  e  ,  si  come  da  me  son  porte 
Queste  parole,  sì  le'nsegria  a' vivi 
Del  viver  eh' è  un  con  ere  alla   morte; 

55  Ed  afl;gi  a  mente,  quando  tu  le  scrivi. 
Di  non  celar  qual  hai  vista  la  pianta , 
Ch'  è  or  due  volte  dirubata  quivi . 

2ione  dell'  TIeinsio  viene  ori  dai  pi'i  sejjirta  :  nv  è  da  stupirsi  «  che  Dui* 
te  cos\   ingannalo,  ahbìa  creduto   le  Nfljadi  essere  state   rìputRte  ledi-  ; 
chìaratrìri    degli    oracoli  (^i  Temi  . 

Onesto  passo  dì  Ovidio  però  (  risponde  il  dottissimo  Rosa  Morin* 
do)  fn  dair  TTcinsio ,  che  lesse  in  qunlclie  testo  5r7A'em/,in  tal  modo 
corretto  ,  o  forse  corrotto  ,  per  non  aver  trovalo  che  Ninfe  ci  fosMf 
Fatidiche.  Ma  Pausana  nel  principid  della  11^/iKÌa  racconta,  che  pik 
basso  quindici  sladj  del  rlterone  v'  era  V  antro  delle  Ninfe  Citcrooi- 
di ,  noiiiiiMlo  Sfrtifridio  ,  dond<*  esse  anticamente  davan  fé  risposte  ia 
or:icolo  ;  e  a  queste  forse  alluse  Ovidio,  e  le  chiama  V/i/V?///,  pren- 
dcTido  qu  ■  »a  voce  ,  che  propriamente  sif;nirica  le  Ninfe  dell'  acquCf 
nella  semplice  signidcazion  di  Ninfe ^  come  pur  fece  Vii^ilio  Udore 
disse 

Qua€   nemora  ,  aut  qui  vos   saltus  habuere  puella€ 
Najadef  ?  fa) 
al  qanl  passo  lo  spositor  '^crvio  :    YYmphn<  xìmpUriter  arc:nìnmux  ;  wiwi 
si  proprie   ÌOtjìietvtur  Orradcs  rlir/'ref  :  Nnjndfs  enim    fontìnm  ;  Orrntfes 
montiiim      Dryades    athortnn    XymphtP    sunf .     (  io  ,  lasciando    d' esa- 
minare   altre  cose ,  sia  detto  per  moslrare  che  non  e  da  rigeltarsi   m 
Inllo  la  pili  comune  lezione ,    e  che   V  emeii'laylone  dell'  TTcinsio  non 
del)l)' essere  ciecamente  ammessa  .  fOfì  troppa  franchezza  da   alcun»  cn- 
tici  vien  posto  mano  negli   sciltfor-  antichi  ,  e  troppo  facilmente  sì  la*  1 
sciano  alcuni  incannare  da  certe  l>ri Manti    apparenze  . 

■Vttjndi»  rolla  penultima  >illa1)a  hins^a  prcìiuinzia  (pii  Dante  ,  contro 
r  uso  de'  I  atini  ,  non  sol«>  per  V  arhifrio  ,  che  a' poeti  si  concede,  di 
valersi,  ahhisognaiìdo  ,  della  diastrde  ;  ma  per  esser  Xaptdt's  nome  CìrC' 
co,  e  ]>er   essere  V  alpha  nel   ('.reco  dialetto    di  misura  conunie  . 

S.)   Cosi  (jitcsti*  pnrolf!   i/tscf^nti   a  ì'{ku\  i  codd.  ^  al.  e  ('hi,^.  N.  E. 

f)  'j  /W  iveer  c/t'  i*  ce.  è  cpiesto  at;giunlo  come  una  correzione  del 
predetto  a  vivi  ^  e  rome  se  detto  av(  sse  ,  ai  vivi  ,  dico  ^  non  di  vero  vive- 
re  ,  r//e  tnii  sono  soìnmcnte  i  hcnli  ,  /  qitnìi  di  queste  notizie  non  abhisop;na» 
no;  mn  (d  vivi  del  mondo ^  viventi  di  quel  vivere  che,  piti  propriamcn* 
te  pnrlnndo  ,  i'  mi  convre  alla  mottr  . 

5')   .df,QÌ  per  rdd'i  ,  volti   li    ilue  A  in  p^  e  cos'i  ^c^T'Vr  per  nhhia  ,  af^ 
pìrtfc  \)Cv  td finte  ,  usarono    •  oii  di  rado  !.li  antichi  italiani  f/.),   e  usano 
tMttavia  coFunnenitnle   i   ^apo1etuni  :  come  roggia   per  rabbia  pronun- 
ziano i  (  cnovcsi  . 

'»G  ni  non  celar  qttal  hai  vista  la  pianta  ^  cioè  la  di  lei  altezza,  il 
modo  di  spandere  i  rami  .  e  il  dispo^Iiamen'o  in  *  ni  si  trovava  di  fiori 
e  di   IVondi    prima  che  ad    essa   fosse?  legato  il   li ionlale  carro  . 

5^   Due  volle  (  dno  volto ,  V  edizione  della  (  ru>ra  e  le  seguaci  )  :  Tuna 

(a)  Egloga  lo.  r.  5.     (é^  Vedi  il  Cinoaio  'Irat.  de   vtrbi  cap.  x. 


pM»^^ 


•  « 


e  A  N  T  O    XXXMI.  487 

58    Qualunque  ruba  quella ,  o  quella  schianta  , 
Con  bestemmia  di  fatto  offende  Dio  , 
Che  solo  all'  uso  suo  la  creò  santa  . 

61     Per  morder  quella ,  in  pena  ed  in  disio 
CinquemiF  anni  e  più  Y  anima  prima 
Bramò  colui ,  che  '1  morso  in  se  punìo  • 

fu  qaando  l'aquila  con  empito  scendendo  ruppe  porzione  A  fiorì,  e 
frondi  ,  e  perfino  della  scorza  (a)  ;  V  altra  quando  il  gigante  distaccò 
da  essa  ,  e  condusse  via  il  carro  trionfale  (b)  . 

58  Qualunque  ruba  quella  ,  per  ruba  a  quella  (r) ,  cioè  o  delle  pro- 
duzioni di  essa  ,  come  fiori ,  frondi ,  e  frutti ,  o  delle  cose  alla  mede- 
sima connesse,  come  il  carro  dal  grifone  a  quella  legato — o  quella 
schianta  ,  rompe  nel  tronco  ,  o  ne'  rami . 

59.  Con  bestemmia  di  fatto  ec.  Diastema  (  chiosa  il  Buti  )  {d)  h  de- 
tijazione  e  mancamento  d  onore;  e  però  una  biastema  è  di  detto  ,  e 
altra  è  di  fatto  .  Riastema  di  detto  è  quando  con  sole  parole  manchiamo 
all'  onor  di  Dio  :  biastema  di  fatto  è  quando  co'  fatti  manchiamo  nli' 
onor  di  Dio  .  *  Offende  a  Dio ,  i  codd.  \  at.  e  Chlg. ,  ed  è  bel  modo  ita- 
liano,  tolto  a*  latini  ,  che  usando  1'  offendere  in  senso  di  peccare  ,  d^  er- 
rare ec.  solevano  sempre  accompagnarlo  col  dativo:  come  nelT  ep.  i8. 
Ub,  Q.  delle  famigliari  tii  Cicerone  :  sin  quid  offenderii  ,  sibi  lotum  ,  sibi 
nihil  qffenderit ,  Trovasi  di  frequente  ne  più  antichi  scrittori  ;  e  special- 
mente inCTuittone  ,  noJ  Boccaccio,  in  Gio:\illani  ,  ne' volgarizzatori  del- 
le omelie  di  S.  Gio.  Crisostomo  e  flelle  favole  esopiane  ,  e  nel  Sacclielti  • 
E  potrebbe  qui  forse  averlo  adoperato  V  Alighieri  ,  per  togliere  quella 
non  gentile  assonanza  dell'  ultima  sìllaba  di  offende  colla  prima  di  Dio. 
Mota  di    alvatore  Retti .  N.  E. 

^o  Solo  air  uso  suo  ,  solamente  al  proprio  uso  ,  cioè  a  prò  della 
SUR  Chiesa  (e)  —  santa  dee  valere  quanto  sacrosanta  ,  cioè  da  non  toc- 
carsi ,  da  non  guastarsi   da  veruno  mai . 

(il  6^2  63  Per  morder  ec.  Costruzione.  Z'/zmm/i/rfm/z ,  l' anima  di 
Adamo ,  per  morder  quella  ,  per  aver  mangiato  il  frutto  di  quella  pian- 
ta ,  bramò  in  pena  ed  in  disio  cinque  milC  anni  e  piit  colui ,  Gesìi  Cristo , 
che  *l  morso  in  se  punto;  che  colla  propria  morte  soddisfece  pc  *1  pecca- 
to di  lui . 

Chiosando  il  Venturi  sopra  il  numero  di  questi  anni  :  quanti  ,  dice  9 
Dante  ne  conlas^a  da  Adamo  alla  morte  del  Redentore  .  Ma  ,  perchè  quan^ 
ti  Dante  ne  contava  ,  e  non  piuttosto  quanti  comunemente  se  ne  contano 
da  tutta  la  Chiesa  ?  (T)  To  dubito  eh'  a1)bia  il  \enluri  malamente  inteso, 
che  contasse  Dante  solamente  gli  anni  che  dopo  morto  aspettò  Adamo 
nel  Limbo  la  Redenzione,  e  non  insieme  anche  quei  novecento  trent' an- 
ni che  r  aspettò  mentre    visse  .  Dante  li  comprende  tutti  :  anzi  perciò 

ffl)  Cani.  precedcDic  v,  ii3,  eseguente  .  (b)  Ivi  vers.  i58.  (e)  In  10- 
migViante  modo  anche  il  Boccaccio  Nov.  42.  Cominciò  a  costeggiar  la  Bar» 
berla  %  rubando  ciascuno  che  meno  poteva  di  lui  .  (d)  Citato  nel  Vocaboli- 
yio  della  Crusca  alla  voce  bestemmia  •  (e)  Vedi  la  nota  ai  versi  38.  e  39.  ilo\ 
canto  precedente  .  (f)  Vedi  tra  gli  altri  Baronio  nella  noti  al  di  a5.  Deeom' r# 
nel  Martirologio   Romano  . 


486  fUneATORIO 

64    Dorme  Io  'ngegno  tuo  9  se  non  istimtf 
Per  singular  cagione  essere  eccelsa 
Lei   tanto,  e  sì  travolta  nella  cima  • 

67     E  se  stati  non  fossero  acqua  d' Elsa 

Li  pensier  vani  intomo  alla  tua  mente  ^ 
E 1  piacer  loro  un  Piramo  alla  gelsa  9 

70     Per  tante  circostanze  solamente 

La  giustizia  di  Dio  nello  'nterdetto 
Conosceresti  all'  alber  moralmente  • 

disse  avere  Acfamo  per  rotai  numero  d'  anni  bromato  Cristo  in  pena  « 
ed  in  'Hsio  .riferendo  la  pena  a*  novec<*nto  trent'anni  che  visse  nel  mon- 
do .  ed  il  tHxio  al  rimanente  che  aspettò  nel  T.imbo  ;  ove  certamente  i 
tanti  p  dri  non  ebbero  pena  .  E  come  ai  santi  padri  assetpiar  Dante  pe* 
Bt  nel  Limbo  9  se  dai  gentil-  medesimi  fa  in  quel  luogo  dire 

•    .    •    •    •    •  iol  Hi  tanto  offeù 

Che  senta  speme  vivemo  in  disio  (n)  f 

64  Dorme ,  vale  è  privo  tP  accorgimento  . 

65  66  ^er  sinfrrilar  cnt^'one ,  per  misterioso  eccellente  motivo  ^  a  fi- 
ne cioè  che  si  conoscesse  creata  da  Dio  solo  aìV  uso  suo ^  esser  lei ,  quel- 
la, tanto  alta  ,  es\  nella  cima  dilatata  (b) ,  al  contrano  delKaltre  pian- 
te ad  uso  '^egli  uomini  • 

67  68  69  ^  le  xtati  ec.  Perciò  che  siegue  il  Poeta  a  dire ,  due  ter- 
zetti «otto  .  rendesi  chiaro  che  ,  allusivamente  alla  proprietà  che  V  ac- 
qua deirrlsn  ,  fiume  in  Toscana  ,  ha  d'  impietrire,  o  sia  di  ricoprire 
d' un  tarta»-o  petrino  fr)  ,  ciò  che  vi  s'immerge,  vuole  qu\  arcennare 
che  i  vani  pensieri  gì*  impietrirono  ,  cioè  resero  affatto  stupida  la  men- 
te; e  che  il  reo  piacere  de*  mf»desimi  vani  pensieri  marchiò  il  bel  can- 
dore di  essa  mente,  come  il  sangue  di  Viramo  macchiò  il  candore  della 
gelsa:  irìusto  la  favola  riferita  sotto  il  verso  37.  esegg.  del  canto  xxvii 
della  presente  cantica  . 

Oli  errori  qu\  del  Venturi  ,  d'  intendere  per  ^elsa  nò  il  frutto 
ma  la  p'nnta  ,  e  che  more  appellinsi  i  frutti  del  gelso  per  essere  pel 
sangue  di  Viramo  di  bianchi  che  erano  divenuti  neri,  vedili  ,  se  vuoi 
confutati  dal   l  osa  Morando  . 

70  71  71  Per  tantf*  ec,  Sinchisi ,  di  cui  panni  dovrebb'essere  la 
costruzione  :  solamente  nlV  albero  ,  per  daW  albero  {d) ,  dal  mirar  esso 
albero  ,  per  tante  ,  tanto  signifìr^nti ,  circostanze  conosceresti  moralmen- 
te^ secondo  la  morale  signifìrazione  risguardanle  l'umano  operare, 
la  ffifistizia  di  Dio ,  giusto  essere  stato  Iddio ,  nelPinterdetto  nello  ave- 
re ,  per  1*  intera  conservazione  di  quell*  albero,  proibito  all'uomo  di 
staccare  da  esso  frutti  .  *  .4lber  moralmcnt' .  T'  egregio  amico  mio 
ab.  ornati  essen«^o  meco  un  giorno  a  studiare  la  divina  commedia ,  so- 
spettò che  qu\  fosse  errore  di  copista  :  e  che  invece  d'  alber  si  doves- 
* 

(a)  ifif.  VI  4x.  43.  (b)  Canto  precedente  i'.  40.  e  tegg.  (e)  Vedi  tra  gli 
altri  il  dottor  Targioai  Relazione  d*  alcuni  viaggi  per  la  Toscana ,  Tom.  S. 
{d)  Cinon.  Part*  1  21. 


e  A  N  T  O    XXXIll.  ^$9 

y5    Ma  perch'  io  veggio  te  nello  'ntelletto 
Fatto  di  pietra ,  ed  in  peccato  tinto 
Si  ,  che  t'  abbaglia  il  lume  del  mio  detto  ; 

y6     Voglio  anche  ,  e  se  non  scritto  ,  almen  dipinto  y 
Che  '1  te  ne  porti  dentro  a  te  per  quello 
Che  si  reca  1  bordon  di  palma  cinto  • 

7^     Ed  io  :  sì  come  cera  da  suggello , 

Che  la  figura  impressa  non  trasmuta , 
Segnato  é  or  da  voi  lo  mio  cervello  . 

82     Ma  perchè  tanto  sovra  mia  veduta 

se  leggere  albiry  dal  verbo  antico  romano  albine  ^  che  sta  per  concepir 
colla  mente ,  comprendere  ec.  Nota  di  Salvatore  Betti  .  N.  E. 

7.3  74  Yello  intelletto  fatto  di  pietra^  ed  in  peccato  tinto:  espri- 
me più  chiaramente  il  medesimo  ,  che  ha  detto  due  terzetti  sopra ,  es- 
sere stati  i  di  lui  vani  pensieri  alla  mente  come  acqua  d*£lsa  ,  ren- 
dendola di  pietra  ;  e  il  piacer  loro  un  Piramo  alla  gelsa ,  tingeiidoln 
di  peccato.  *  Avrebbe  voluto  qui  il  Can.  Dionisj  leggere  ed  in  pei  ra- 
to tinto ,  e  nelle  sue  note  (a)  confessa  che  ha  mal  fatto  a  non  porre 
così  nel  testo  .  Noi  troviamo  la  stessa  variante  nel  Cod.  Caet.  corro- 
borata ancora  da  una  emendazione  marginale  che  dice  aliter  dimpe- 
trato.  Siccome  però  per  quanto  si  stud|  il  Signor  Canonico  non  ab- 
biamo abbastanza  d' ingegno  per  intendere  ad  evidenza  cosa  mai  vo- 
glia dirsi  impetrato  tinto  ^  quando  sufficientemente  comprendiamo  /V/i 
peccato  tinto ,  non  abbiamo  ardire  di  apporre  nel  testo  una  novità , 
della  quale  non  potremmo  dare  un*  adeguata  ragione .  N.  E. 

75  T'abbaglia  ec,  ti  si    rende  incapibile  quant*  io  dico. 

76  77  78  Voglio  anche  ec.  Cos\  per  rapporto  all'altro  suo  volere 
manifestatogli,  tu  nota ,  e  sì  come  ec.  (i) .  Costruzione .  Anche  per  quel- 
lo ,  per  quel  motivo  (ci  ,  che  si  reca  il  bordone  cinto  di  palma ,  che 
dai  pellegrini  ritornanti  dalla  visita  de* sacri  luoghi  della  Palestina 
portasi  il  bastone  ornato  di  foglie  di  palma  ,  in  segno  d'essere  stali  in 
^ella  regione  di  palme  abbondante  {il) ,  voglio  che  il ,  ch'esso  {e) , 
intendi  mio  detto  ,  te  ne  porli  dentro  a  te  ^  e  se  non  scrìtto  ,  se  non 
chiaramente  espresso,  almen  dipinto  ,  almeno  in  qualche  maniera 
adombrato  . 

7g  80  81  Ed  io  ,  intendi ,  risposi  a  lei  —  s\  come  cera  da  suggel^ 
lo ,  che  ec, ,  s\  come  cera  della  più  soda ,  è  il  mio  cen'ello  or  da  voi 
segnato ,  sono  fortemente  impresse  nella  memoria  mia  le  vostre  paro- 
le .  *  Segnate  or  di  voi ,  il  cod.  Vat.  N.  E. 

83  83  84  Ma  perchè  ec.  ma  e  perchè  mai  il  vostro  parlare ,  tan- 

(a)  La  Divina  Commedia,  £diz.  citata,  To.  ix  p.  281.  {b)  Vers.  Si  e  segg, 
(e)  Come  per  ciò  ,  cosi  per  quello  ,  e  per  questo  tono  ellissi  del  coman  par- 
lare ,  invece  di  ^er  questo  q  per  quel  motivo  m  (</)  Anche  nelle  medaglie 
degl'  Imperadori  Vespasiano  e  Tito  simboleggiasi  la  soggiogata  Palestina  eoa 
un  albeio  di  palma  .    (r)  Vedi  U  pronome  il  i^el    Ciaonio  Partic»  126  l. 


490  PURGATORTO 

Vostra  parola  disiata  vola , 

Che  più  la  perde  ,  quanto  più  s'ajata? 

85  Perchè  conoschi ,  disse  ^  quella  scuola 
C  hai  seguitata ,  e  veggi  sua  dottrina 
Come  può  seguitar  la  mia  parola  ; 

88     £  veggi  vostra  via  dalla  divina 

Distar  cotanto ,  quanto  si  discorda 
Da  terrai  ciel  che  più  alto  festina. 

91     Ond'io  risposi  lei  :  non  mi  ricorda 

Ch'  io  straniassi  me  giammai  da  voi  y 
Né  honne  coscienzia  che  rimorda  . 

94     £  9  se  tu  ricordar  non  te  ne  puoi  j 

Sorridendo  rispose ,  or  ti  rammenta 
Come  bevesti  di  Lete  anco!  ; 

97     £  ,  se  dal  fummo  fuoco  s'argomenta  , 
Cotesta  obblivion  chiaro  conchiude 
Colpa  nella  tua  voglia  altrove  attenta  . 
100     Veramente  oramai  saranno  nude 

Le  mie  parole  ,  quanto  converrassi 

to  a  me  caro,  s* innalza  tanto  al  fìisopra  della  mia  veduta  j  del  mio 
intendimento  ,  che  quanto  più  s^ajitta  ,  si  adopera  essa  ,  per  capirlo , 
tanto   nia£f<ijionTient(r  si   trova  al   hujo  ? 

85  86  87  Perchè  conoscfù  ec.  affinchè   tu  conoschi  quanto   vaglia 
quella  filosofìa   che  hai    studiato,  e  vedi  comt*  puh  (vale  quanto  c/ie 
non  può)  la  dottrina  di    essa  uniformarsi   alla  mia. 

89  90  Quanto  si  dismnla  (  per  discosta)  ec  <^>uanl' è  dalla  terra 
distante  quel  cielo  (il  nrimo  moh'lt^)  die  per  la  ma^^ior  su»  altezza 
sopra  gli  altri  cieli,  più  di  essi  nel  suo  moto  Tti^tna^  è  vf'Ioce  ;  roin- 
piendo  esso  cioè  in  ugual  tempo  un  giro  più  ampio  dv^Vi  altri  cieli. 

91    Yon  mi  ricorda  y  ellissi,  per  non  mi  si  ri  cor  fa. 

97  iSfrYinias'si  me ^  rrndcssimi   stranio,  m*  allontanass' . 

96  Come  bevesti  di  f^tè  ancoi^  cosi  la  Nidoheatina  equalcirallra  edi- 
zione: *  (rome  anche  i  Cod.  Cas.  \  at.  Antald.  cC^et.  N-K.)  e -Ice 
essere  derivalo  d:d  pregiudizio  ,  divisalo  Infer.  xiv  i3i  ,  ch'altri  in  ve- 
ce scrivessero  ;   ^Vi  come  dì   f^tèo  beesti  ancoi  —  ancin  per  Of^   [a) . 

97  9S  99  /: ,  se  dal  fìtmmo  ec.  Anzi  ,  siccome  dal  fummo  si  ar- 
gomenta il  fuoco,  cos'i  'dallo  averti  T  altuffaniento  nel  .-etèo  lìumo 
(che  la  ricordanza  delle  colpe  scancella)  (/>)  fallo  dimentico  di  esse- 


(a)  Vedi  I4  nota  al  cauto    sili  vers»  Su  della  pre«eAte  ciolica  .     (h)  Pur- 
gatoxio  XXV  111    i:ìì). 


CANTOXXXIII.  4^1 

Quelle  scovrire  alla  tua  vista  rude* 
io3     £  più  corrusco  ,  e  con  più  lenti  passi , 
Teneva  '1  Sole.il  cerchio  di  merigge  , 
Che  qua  e  là ,  come  gli  aspetti ,  fossi  ; 
io6     Quando  s'aOìsser  ,  si  come  s'affigge 
Chi  va  dinanzi  a  schiera  per  iscorta 
Se  trova  novitate  in  sue  vestigge , 
109     Le  sette  donne  al  fin  d'  un'  ombra  smorta  » 
Qual  sotto  foglie  verdi  e  rami  nigri 
Sovra  suoi  freddi  rivi  V  Alpe  porta  . 

te  slata  tna  voglia  aìtrove  attenta  ,  attaccata   altrove ,  ad  altri  oggetti  > 
argomentasi    che  in    voglia  rol;ile  fosse  colpa. 

ioa  j^l^a  tua  vista  rude:  al  tuo  ingegno  rozzo;  perchè  non  ht 
ancora  bevuto  del  fiume  I  unoè  ,  come  poro  più  di  sotto  berrà  .  I^an- 
DiNo  .  Dimostra   così    '.eatrice  di  avere  finito  di  tormentar   Dante. 

io3  io4  F  piìt  corrusco  er.  .Costruzione  .  //  Sole  e  più  corrusco 
(dal  latino  coniscus  ^  risplendente),  e  con  passi  piii  lenti  (intendi 
movendosi  )  tene\'a  il  cerc/iio  di  merigqe ,  era  nel  mezzogiorno  .  Toc- 
cansi  qui  due  apparenze  del  Sole  nel  mezzodì  .  T.a  prima  è ,  ch« 
sembra  d*  ordinano  più  lucido  :  e  ciò  perchè  passano  allora  agli  oc- 
chi nostri  i  di  lui  ragj-i  per  un  più  corto  tratto  d'atmosfera,  l/al* 
tra  b  che  rassembra  più  lento  nel  suo  moversi  :  e  ciò  per  trovarsi^ 
allora  rapporto  agli  occhi  nostri  nella  maggior  lontananza  da  obbietti 
terrestri  ,  dallo  scostamento  dei  quali  si  comprende  moversi  ;  o  anche 
perchè  ,  come  avverte  il  Daniello  ,  nel  nascere  e  nel  tramontar  del 
Sole  molta  variazione  e  mutaziot  e  fanno  le  ombre  ,  il  che  quando 
egli  è  a  mezzogiorno  non  avviene. 

io5  r/ie  ,  il  qual  merif^e  —  qua  e  là,  come  gli  aspetti,  fassi  i 
non  si  fa  a  tutte  le  regioni  in  un  luogo  ,  ma  a  chi  qua  a  chi  là  ,  se- 
condo i  gradi  dell'equatore  che  le  regioni  co'  loro  varj  meridiani  in- 
tersecano . 

1 06  al  III  Quando  5'  ajpsser  ec.  Costruzione  .  Quando  le  sette  doit" 
ne  (  le  sopraddette  virtù  ,  tre  teologali  e  quntlro  cardinali  )  al  Jin  duit 
ombra  smoria  (al  fine  della  passeggiata  selva,  e  conseguentemente 
al  fine  delTombra  smoiia  ,  cioè  oscura  ,  che  gli  alti  e  folti  alberi  (a) 
cagionavano)  qual  Pyflpe  (montagna  alla  sponda  settentrionale  d'Ua- 
lia)  (h)  sotto  foglie  vertli  ,  e  rami  nigri  {nigro  yter  negro,  antitesi  pre- 
sa dal  latino  in  giazìa  della  rinìa  anche  d;d  I  etrarca  (e):  negro  pe- 
rò ponesi  qui  per  oscuro^  nual*  è  il  colore  de' tronchi  e  rami  delle 
annose  querce)  porta,  spanne,  sovra  suoi  freddi  rivi,  s*  affissero  y  si 
fermarono,  si  come  s^  affigge  c/u  per  iscoiia  va  dinanzi  a  schiera,  se 
trova  novitate  in  sue  vestigge ,  se  ne'suoi  passi  ,  nel  suo  camminare  , 
incontra  cosa  nuova  .  In  sue  vestigge  leggono  quattro  mss.  della  bi- 
blioteca Corsini  (r/)  ,  e  l'edizione  Veneta  iSjS.  :  a  sue  vestigge  un  al- 

(a)  Vedi  Purg.  xx%  nel  principio  ,  e  per  entro  •     (b)  Vedi    il  Vocabolario 
iéìU.  Cié  alla  voce    jiipe  .     (t)   boa.  44*    (<0  Segnati   6od.  601^    1217  ia6S« 


4g!i  PURGATORIO 

« 

412     Dinanzi  ad  esse  Eufrates  e  Tigri 

Veder  mi  parve  uscir  d*  una  fontana  , 
E  ,  quasi  amici  «  dipartirsi  pigri . 

liS     O  luce  ,  o  gloria  della  gente  umana  , 

Che  acqua  è  questa  che  qui  si  dispiega 
Da  ^n  principio  ,  e  se  da  se  lontanai 

1  i8     Per  cotal  prego  detto  mi  fu  :  prega 

tro  mss.  della  medesima  ConÌTii  (a)  :  et]  o  sue  vestis^f  finalmente  la 
Nìdobeatìna .  La  comune  dell'  altre  edizioni  lesr^endo  in  suo  vestigs^ , 
adirato  chiosa  il  ^'entnn  :  Vestif^^  per  vestiario  lo  vuol  la  rima  ,  e  con- 
vien  arcordarffielo  .  Non  vesti q^  per  vestì eifo  a^'^orderem  noi ,  ma  per 
vestifuie;  una  semplice  antitesi .  *  T  Con.  Antald.Chi^.  e  Caet.  nel  v,  107, 
leggono  dinanzi  ad  f^nte ^  in  luogo  fli  ad  schiera;  e  nel  v,  io8.  o 
sue  vestis[f(e ,  come  altresì  il  Can.  nionis'i  ,  in  vere  di  in  sue  vestif^.S.E* 
Rimane  però  qu\  da  investigare  (  ciò  che  ,  quinto  veggo  gli 
espositori  omettono  )  per  qual  motivo  farcia  Dante  dell*  aperta  solar 
luce  schive  ,  e  però  al  fin  delV  ombra  smorta  fermarsi  quelle  sette 
donne  figuranti  le  sotte  anzidette  virtii ,  che  portando  ciascuna  In  ma- 
no un  de' sette  candelabri  (li)  precedevano  la  comitiva. 

Quantunque  siegua  il  Poeta  a  dire  ,  che  dinanzi  ad  esse  donne 
gli  paresse  di  veder  uscire  (T  una  fontana  Eufrates  e  Tigri  ;  nientedi- 
meno io  non  le  direi  fermate  per  l' intonilo'  delle  acque,  né  per  al- 
tra cagione  se  non  se  pel  terminare  dell'  omhra  ,  cioè  della  occul- 
tazione, amira  delle  virtù,  e  d'ogni  spirituale   dono. 

iia  Ftifmtes  e  Tigri,  due  grandi    fiumi  dell'Asia. 

Ti3  T^è'ìer  mi  parve  ec.  per  quello  r\oh  che  dalla  sacra  Genesi 
sapeva  ,  che  da  un  solo  fiume  ii'»'igantc  il  terrestre  "aradiso  pirlonsi 
Eufrate  e  Tigri  .  Veramente  dice  la  Genesi  ,  che  colai  fiume  irrigante 
il  terrestre  Varadiso  inde  dìviditnr  in  quntuor  camita:  nomea  uni  Phi' 
snn  .  .  .  et  nomen  fluvii  secundi  Oehon  .  .  .  nom'm  vero  fiumi nis  t(^rtii 
Tygris  .  .  .  fluvius  antem  quart'is  ipse  est  Ennhrates  {e) .  Ma  ben  potè 
il  poeta  nostro  essere  'lei  medesimo  intendimento  di  quc'sacrl  inter- 
preti ,  che  affermano  essere  il  l'hlson  e  '1  (vehon  una  suddivisione 
dell' Fufrate  e  del  Tiirri   (d)  . 

iity  E  quasi  amiri  ec,  attribuendo  gentilmente  sentimento  ed  af- 
fetto ai  fiumi ,  intende  che  lentamente  e  mal  volentieri  l'uno  dall'al- 
tro si  partiva;  come  sogliono  i  veri  amici  fare.  Daniello  .*/)*' /mar- 
cirsi ha   chiaramente  il   cod.  rhig    N.  F.. 

ii5  O  luce  ,  o  (rforia  dflìa  gente  umana  :  apnella  cos\  Dante  Bea- 
trice come  rappresentante  la  celeste  sapitMìza  ,  la  teologia;  perocché 
per  questa  conosciamo  Iddio  ,  e  siamo  nobilitati  sopra  tutte  le  mate- 
riali creature,  ed   indirizzati   alP  eterna  gloria. 

117  Da  un  princinio  y  da  una  fontana  — e  se  da  se  lontana?  ed 
allontana  una  sua  porzione  dalT  altra  . 

1 1 8  Prego  ,  com'anche  pn'ego  ,  per  pregfùera .  Vedi  il  Vocabola- 
rio  della  Crusca. 

(a)  Segnato  607.     (b)    Caiit.    prec    v.  98.    (e)  Geu.  a.      (</)  Pererias  in 
Gctt,  lib.  3  de  Farad,  cap.2  De  t^rtio  ci  quarto  fiumint  Tjrgri  st  Eupkrate, 


l 


e  A  N  T  O    XXXTII.  493 

Matelda  che  'I  ti  dica  .  E  qui  rispose  9 
Come  fa  chi  da  colpa  si  dislega , 

121     La  bella  donna  :  questo  ed  altre  cose 
Dette  li  son  per  me  9  e  son  sicura 
Che  r  acqua  di  Lete  non  gliel  nascose  . 

1 24     E  «Beatrice  :  forse  maggior  cura  , 

Che  spesse  volte  la  memoria  priva  , 
Fatto  ha  la  mente  sua  negli  occhi  oscura  • 

1 27     Ma  vedi  Eunoè  ,  che  là  deriva  ; 

Menalo  ad  esso  ,  e  ,  come  tu  se'  usa  , 
La  tramortita  sua  virtù  ravviva  . 

119  Matelda  .  Qui  finalmente  si  appalesa  il  nome  della  donna  che 
rima  a  ogn'  altra  vide  Dante  nel  terrestre  Varadiso  (a) ,  e  dalla  qua- 
e  fu  attufTato  nel  fiume  Lete  {h)  — qui  rispose^  intendi,  senz'aspettar 

altra  preghiera. 

120  Chi  da  colpa  si  dislega  j  chi  si  difende  da  imputata  colpa  . 
Suppone  colai  espressione  ch'avrebbe  Matelda  mancalo  di  gentilezza 
se  non  avesse  reso  Dante  instruito  di  quella  ed  altre  maravigliose  co- 
se del  luogo. 

121  122  123  Im,  bella  donna  Matelda  appellò  pure  nel  canto  xxviii 
Purg.  45.  e  paragona  la  di  lei  bellezza  con  quella  di  \  roserpina  e  di 
Venere  —  questo  ed  altre  cose  dette  li  (per  g/r  )  (r)  son  ptr  me  gli  so- 
no da  me  state  dette.  In  fatti  nel  canto  xwiii.  121.  e  segg.  disse 
Matelda  a  Dante  ,  che  il  rivo  lungo  il  quale  camminavano  usciva  da 
fontana  che  versava  da  due  parti  ;  e  che  il  riVO  che  correva  loro  in- 
contro si  appellava  Lete ,  e  quel  dall*  altro  lato  Eunoe  —  son  sicura 
che  r  acqua  di  Lete  (d)  non  gliel  nascose ,  non  iscancellò  in  lui  la  ri- 
cordanza di  cotal  mio  insegnamento:  imperocché  (intende)  non  iscan- 
cella  Lete  se  non  la  memoria  delle  colpe,  e  non  già  la  ricordanza 
d'altre  cose.  *  Che*l  Jiume  di  Lete  ^  il   cod.  Chig.  ^.K. 

124  1^5  126  Forse  maggior  cura  ec.  la  sollecitudine  (dovrebbe 
voler  dire)  di  veder  me;  che  Virgilio  accomiatandosi  (e)  promise  a 
Dante  che  avrebbe  in  quel  luogo  trovata  .  ^on  altrimenti  che  per  l'at- 
tuale veduta  di  Beatrice  confessa  Dante  di  aver  perduta  attenzione  ad 
altro   parlare  della  medesima   Matelda  . 

B  se  fu  piii  io  suo  parlar  diffuso  , 
JNon  so  :  perocché  già  negli  occhi  m*  era 
Quella  eh*  ad  altro  intender  m'  avea  chiuso  (^f)  . 
Fatto  ha  la  mente  sua  negli  occhi  oscura  ;  gli  ha  in  tal   guisa  occupa- 
to  la  mente ,  che  non  lascioUa    badare  a'  tuoi  insegnamenti . 

128  Come  tu  se' usa  ,  di  fare  cioè  con  tutti  quelli  che  qui  giungono. 

129  La  tramortita  sua  virili  ravviva  :  immergendolo  in  quelle  acque 

(a)  Parg.  xxviii  40  e  segg.  (b)  Puigatorio  %%%i  92.  e  segg  (e)  Cinoo. 
Partic,  x5S  2.  (d)  Lui  «{oì  pure  Ugge  U  Nidobeatina  ,  ove  Letèo  leggon  altre 
edizioni  ,  e  massime  le  seguaci  di  quella  della  Crusca  ,  pel  pregiudizio  divisato 
liif.  ziv  j3i.    (<r;  Pnrg.  xxviii  x36  «  segg.    (f)  Csmo  puccdeate  91  e  segg. 


49^i  PURGATORTO 

i3o    Com' anima  gentil  che  non  fa  scusa  , 

Ma  fa  sua  voglia  della  voglia  altrui , 
Tosto  com'  è  per  segno  fuor  dischiusa  ; 

l33    Così,  poi  che  da  essa  preso  fui, 

La  bella  donna  mossesi ,  ed  a  Stazio 
Donnescamente  disse  :  vieii  con  luì . 

i36     S'io  avessi ,  lettor,  più  lungo  spazio 
Da  scrivere  ,  io  pur  cantere'  in  parte 
Lo  dolce  ber  che  mai  non  m'avria  sazio  • 

iZq    Ma ,  perchè  piene  son  tutte  le  carte 
Ordite  a  questa  cantica  seconda, 
Non  mi  lascia  più  ir  lo  fren  dell'  arte  . 

i4^     Io  ritomai  dalla  santissim'  onda 

Rifatto  $\  ,  come  piante  novelle 
Rin novellate  di  novella  fronda  , 

J45     Puro  e  disposto  a  salire  alle  stelle  • 

rìcccita  in  lui  la  IramorUta ,  la  illanguidita ,  virtii  di  ricordarsi  d*ogni 
buona  sua  opera  • 

\7ii  Tosto  com* è  ec.  subito  che  cotale  altrui  voglia  si  è  per  aU 
cun  segno,  o  di  voce  o  di  cenni  ,  data   a  conoscere. 

i5d  Donnescamente y  con  aria  signorile,  e  atto  di  graziosa  donna. 
Venturi  . 

i5(i  al  \l\\  Cantc re  *n  parte  y  cos'i  troncamente  in  vece  di  canterà 
in  parte,  cioè  in  disparte,  spartatamente ,  in  altro  canto  {a)  —  Lo 
(lolcH  ber  ,  intendi  delT  acqua  «i'Lnnoè,  in  cui  vuole  che  suppongasi 
da  Matelda  attufFato,  come  dalla  medesima  attuilato  fu  in  quella  di 
Lete  [h)  —  perche  piene  son  ec,  ,  perchè  sono  compiti  i  trentatré  canti 
ordinati  per  questa  cantica  ,  acciò  con  altrettanti  del  Paradiso  ,  ed  un 
di  più  deir'ni'erno  (il  priuio  cioè ,  che  non  è  che  il  proemio  di  tut- 
ta 1  opera)  venissero  a  giuslamente  compiere  il  centenario  —  piii  ire, 
stendermi  di  più  —  lo  ft*en  dell'arte,  il  giusto  ordine,  che  dee  Tartf 
seguire . 

i/lf)  ^Ue  stelle,  al  cielo,  al  Paradiso. 

(a)  Vedi  il  Vocabolario  delU  Cr«  sotto  l'art,  in  parie  }.«.  (Jb)  Caat.  xxxl 
V*  f)4  •  scgS*  <1^'1U  presente  cantica. 


Fine  ilei  canto  trentesimoterzo , 
€  della  cantica  seconda  . 


./ 


IMPRIMATUR. 

Si  videfaitur  Reverendissimo  Patri  Sacri 
Paiatii  Apostolici  Magistro  • 

Joseph  della  Porta  Vicesg. 


IMPRIMATUR. 
Fr.  Philippus  j/nfossi  Sac.  Pai.  jip.  Mag* 


3  lilOS  015  Ib')  175 


PQ 
%302 
.E20 
V.2 


DATE  DUE 

STANFORD  UNIVERSITY  UBRARIES 
STANFORD,  CAUFORNIA 

94505