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LA VILLA
DIALOGO DI M.
BARTOLOMEO
T A E Gì O,
AirinuittifTimo;, 6c gloriofinimo Imperatore
F E R D I N A_N DO PRIMO»
F E, R D I N A N^D O
r
Dalla Stamp4 di Francejco Mofckni\
IN ME LA N 0 ^
M D 1, 1 X.
J L T ^ E G I 0,
Q H* intender uuol^qudntogìoui i ueiere
J^epiiggìe, cr quanto (ia do/cr, e fecur^
ì.a viUa^cr fuor difofi' argin' ò mura
Seguir cacciando le ueloci fiere*
chi nuoue lodi brama di fapere
De rutile^ cr antica Agricoltunt,
Come l' arte foccorri àia natura.
Et faccia ti cultor lieto ilfuo podere*
Chi ueder uuol, come tutti colóro.
Che con rara uertu poggiano al Cielo,
Non U città, ma i campi hebbero inpregid
Chi de le facre mufe al fommo coro
Defìaferutre, e algranfìgnor di Deh,
hegg4 U Villi M Paftor T A E G 1 0»
Aii'lnuittiùimo^ 61 gioriofifsfmo Tmpèfatorc
FERDINANDO PRIMO,
BARTOLOMEO TAEGIO.
O I :,che d tutto lì mondo è chiaro Qlnuit/
ttJ?imo:,^gIonofif?mo C e s a k e ^chc
l^ , M . per Ihnnata bontd delVanimoftiOy
fopra d'ogni altra cofa attende alla Jalute^
dcjuoipopuli^y uofipOjJoJe non credere :,ch'ella caminando
per Vorme di Ciro potèttj^mo Rè de Verji.huomo di ai/
tif?tmo inaiegno^ CT dt gloria illiiflre^ metta ogni cura per
tenere ifigg^ttifnoi Jìcuri dalli nemici col ualor delle ar/
miy Cr abondanti delle coje neceffarie^col tenere in pregio
la nobile :>et utilij?ima arte deir,,l^gricoltura:,no men ap/
prezzando che fieno gli huomini fuoi ottimi nella coltura,
delle uiìle loroj, che ualenti delle coje della guerra^Jip de»
pender da qiiella Vabondanza de paejt ^ come da cpiejla la
faluezza de popoli*y^perJapere lajeruitu^cbe teneua con
f^^ A/, la felice memoria di i^mico Taegio ^ che fi
mio "^io \ hauendo io composìo un Dialogo in lode della
T^iUa;>0' deir<^gricoltura:,giudico:>che adaltri:,che d
Lei:> più propriamente dedicar non fi pojfa ^fi per Vobli/
go^ ch'io ho per her edita aUwJìnite corte jte di (Quella;, co»
me per trattar egli di cofa;,cheper tre rifletti Qdgiudicio
mio )fommamente U diktta-^Vuno per lafcrtilitd;,0" abo»
\^^ ij danz<t
danza dcpdtfi :, che najce dall ' agricoUiira ♦^ l ' altro per
VamicUìUp ZfX fontiglianz<tp t hanno tra loro la miUtta^ CT
l'arte di coUiuarei cafltpi ^ // terzo per la cognition del
Cielo ;,Q?' Cuoi ordinati corjl ^ la cluale e anima deWagri^
coltura C CT per qiieU ch'intendo^ motto cara d /^* Af .
come d colei:, che per le Jingolanj'ue ucrtù ha da pojjèder^
eternamente il Ctelop la cui faenza (fecondo V opinione de
gli antichi faui^ è lapin nobde ;, lapin uerm^ CT lapin cer
ta di tutte ([ueUe:, che da noi imparar fi pojfano\ ^ la na/
tura fra tutti altri animali ^fcce folamente llmomo con la
ficcia riuolta al Cielo ^per darci ad incendere :,che dourem*
mo uolgergli occhi della mente d coje alte^^ alla coment
platione de i corjìcele/lh O* delle jlelle :, la cpuule non fola
ci moftra la gloria ;, CT Veccellenza del fommo ^ CT im/
mortale Creatore ddVuniuerfo :, guidandone felicemente
mila conoscenza della fua diuina MaeHd'y ma ejja è an^
Cora mezzana fa le cofe caduche :,et fempiter ne. Et per^
che fon certifimo^che s'io hauefi mille lingue:,^ mille an»
ni ra^ionafi delle meritisfime lodi delVi^jlrologta p che
de corfi de cieli tratta:, più toflo mi macherebbe il tempo ^
che la materia p più oltre no miflendo\ma tornando al prò
pofìto miOp dicoj che fé Theocrito indirizzò tifo ruftca»
no Poema d Verfajuo amatipmo fatcllo ^fe P'^ergiho
conferò taf a diuimfima Georgica al fuo ^uorito Afc-
cenate p Crje CVlmio dedicò la fa naturale Htjloria ,
douc
doue attamente parla dcW^^^gricoìmrd aljuo V^cjpajia*
no Jmperatorcyperche no debbo anchw offerire il mio ru^
Jlicano Dialogo aWlmperatore Ferdinando mio Signo»
re f Et più oltre Je tutte V opere ^ che trattano di uertù d
per Jone uertuojc dedicar JldeonO;>d c^ualpiu uertuojo Vrè
cipe:,C^ protettore de ijacerdoti delle jacre muje pfipoj^
fono offerirei parti dello ngegno;, che d l^ . Af , lac^ialt
nonuplamente aggradtjce quegli ^ che con Vali della nertm
cercano di poggiare al cielo ;>ma Q come dtjje il maeflro di
color :^ che fanno ^^rijlotile ad L^lejjandro Magno )
Jltma^che non per altra cagione la fortuna gli habbiapo»
fio in mano il fieno quafi di tutto il mondo ^je non pergio^
uar d tutti gli huomini. Ilche chiaramente Jiconojce dal uè*
derejch'ella adimitatione di quel buono :,^ nero prencipe^
che firma ^enofinte:>come pietofij et legitimo padre am
monendojtCT' caligando ifiioifidditi^Q^ figliuoli;, proceda
tempre con amore :,clementia;>QX' configliO;,mettendo ad efi
fitto quello y che dinotano le tre corone;, d'oro ^ darqento j,
et di firro p di che per antico ordine de R omani fi foglio*
no cingere Ihonorate tempie de Cefari, Ilche fi dimoflra
ancora per la fiatila di Gioite filminatore ;, ilquale finfc
Vantiquitdjche tenefje trefaette degli tjlefii metalli ;, mille»
riofamente velando fiotto talfittione quella idea del bengo*
uernare;,che perfittisfiimafi uede in f^^.M Jaquale ad al*
tro noattendepche d cojèrudre ifudditifuoi in una aurea ;,et
c^ Hi fiUcfiima
jftlicij^intct pace ^ inuitando con ìefue mdQ^nanìtne :, O* gìo^
riojc imprefe tutti i uertuofi d celebrarla;,ad ejjaharla^ CT
d darle dtuini bonori'^no altrimenti ^che gid fi ficejjc d Ce»
fare L^ugujlo;, ilcjuale;yoltre^ che per la uertùjùa ?Jegli
cojacrauano de gli altari:, fé gli porgcuono de notile fi gin
rana per lo nome di cpiello^per ejjer anch* egli fato jàuore^
uole allifudiofidellagricoltura ^ P^ergiho nel principio
della fua Georgica^^come nuoua deitd lo chiama in aiuto fuo
in compagnia de gli altri TDì) ^ CT TJee della uilla. ^^
'K^.M, ,adun(^^come d cofa dimna^nf^gno della daiotio/
ne dellanimo mio^confacro (puejia mia humde:,^ rificana
tìtica Qcpiiale ella fi fa^ aficurandola;, che tato più uoluntie»
ri mi muouo d Jarle dono di tal maniera :,iy.ianto conofo ^
ch'ella nel congiugner felicemente j<fT con dolce nodo lar*
te mditare con Ihonoratifimofudio de i corfi celfi^da i
quali depède ogni ragione :,et nero gouerno dell^^gricol
tura j, non folo gloriofamente contende con la uertù di Ci»
ro/D* degli altri antichi JO* ottimi Vrencipv-^ma poggian*
do per le lor pedate ^ e peruenuta d tanta altezx^^ dbono»
re^ et lode^ eh ella fé gli lafcia d dietro, T^ renda aduncpìc
V^.M ,(piefo miopicciol dono;, imitando cofi ella nellac»
cettarlo ilgrandifimo Iddio :> che le uittimefima per laf
fétta j, C?" pnritd della mente de facrif canti pO^ non per lo
pregio di cpielle ^ come io imito nel oferirlo coloro ^ che:
non potendo accendere un torchio difacri altari^accendo^
no una
no una piccioU cattdcU ) doue più riJJ^kttJe la fiamma del
lor inno amorcych la ì^ualttd della coja omertà . Et per^
che confido , che dalla grandezza dellanimo fuo mi fard
coptacciuto in cofi honejlo deJlderioMtgià Jentendo Vobìi*
qO:,col (filale ho da reflar perpetuamente legato alla ben»
td (Ila p conojco che l uolerla hor ringraticir con parole ^
altro non farebbe :, che fciemare il debito mio con uergo»
gna ^ qiieto intra me jlejfo attenderò d contemplare Vhu^
manitd p la genttlezz^t ^^la cortefla di V^. M. llch^
fard effetto della gratitudine mia;, CT (Quella e fa di magm
gior pregio ^ & più conueniente alle celefltfte qualità :,
chHo dar le poffa p per effere Vanimo la più nobile ^ C^ più
diuina parte delthuomo. Et cofi Scendo fine a lei prego
felicita ^ CT uo^ia di comandarmi.
Alli faggi , 6c giudiciofi lettori
Bartolomeo Taegio,
B L Mandare qite/Jo mio Uialoi^o (^hun
matii/?tmi lettori ') dalle tenebre alla luce ^
parmi dintrar in unalto^ <^ perigliQJo ma^
re dmuidia^ d'odiose di dt/]yrezZ0:> colmo di
mali^nitdjdi pareri;, CT* di biajimi. Onde non jia poco yji
difendere mi potrò dallempito dell onde Jue tempeflofe^
JM a fendo io nato huomo atto naturalmente aljallire ^ co"
me Jia maipoJ?tbde ^ ch'io nonfia biafimato ^ anzi in fin al
uiuo traiptto dalle polenti lingue de maldicenti^fe l'i/l^JJ^
natura^ch'è pur guidata da uno infillibile ordine d Iddio ,
tden biajtmata da i temerari/ giudici^ degli huomini ì Gid
mi ricordo d'hauer letto apprejjo d'uno antico poeta ^ che
la natura non fece mai animale più cattiuo dellbuomo'^per*
cioche egli per difjnezzo uitupera Vtnfèriore:,per odio il
pare^et per inuidia il maggiore. Et cpieflo Qp mio auifo^
fon delle cofèjchegid mofjero dfdegno il diuintfimo Ho»
mero contra la natura ^ cpuandó ei chiamò Vhuomo animai
le de tutti altri inJvhciJ?mo. Quanto più noijì sforziamo di
uiuere uertuofamente^ effercitandoji intorno d cojè alte^CT
eccellenti , tanto più nemica Jì ne mojlra la fortuna:,^ con
maggior empito jlleua contra di noi ^ il rabbiojo uento
della nuidia^ Onde Simonide poeta ^ effendo addimandato
in che
in eh tftatùerafuggirjtpotejje Iodio de gVinuidiofi^rinìOm
fé nonfificendo coja uertuofaj,'<:^ mag.^^ chefir dio adutf
que debbo marcir nellociO;,fer no jottopormi allanuidia^
CT d guifa di bejlia trapajjare il breue corjo della mia vi»
ta conjilentiof noH uoglia Iddio ;,cbe dal proponimèto mio
mi rimoua^ne il gracchiar del uolgo ignorante;>ne il uele^
no delle cattine lingue de gVinuidiofi et maligni maldicenti^
Il biajmenole aff'itto dellanuidia tutto chejia mala cojajja
pur quejlo di buono inje;, che afflige ti peccatore:, ^ non
Vinuidtato. Onde Socrate Fdojojo di aitiamo inge/
gno;, il cui petto fii chiamato tempio diJàpientiaJolea dt^
re:,che uolontieri haurebbe uoluto Cj^'fijpjli^to poJ?tbtle^
che gli occhi ;, ^gli orecchi deglmuidiofi ji)J?ino jlatiin
ogni città p accioche daluedert:, Crjentire le grandezze ,
C^Jilicitd de cittadmi la pena loro accrejciuta uenejje'^im»
f er oche ^(luanti fono i diletti degli huomini filici ^ tanti fo*
no i pianti delle per fone inuidiofi;,alcuni altri Q non per in»
tiidia^ ma per una loro maligna natura di controllare ad
ogni cofa ^uitup erano fenza ri/J^etto tutti gli altrui com»
fonimenti.Isle ui mancano etiandio di qtteglis^che per mera
ignoranza>V poco giudicio dicono cofe da^rfmafcella/
re delle rifa Democrito : CT (^ue/ìi tali per la fomiglian»
za e hanno gli efremi col mezzo p Cr per confeguente il
tiitio con la uirtute *yfe uno nel dire fard dolce ^ diranno ,
cKegli è bajfo;,fe maturo gli daranno delfiuero;>fe grauc
B del
deldur0;,fe alto dtì gonfio :,je fententiojo deljilofofi , O"
jefard imitatore^ chiamer annoio robbatore t^je pictofo in'»
^lufto :,fcgiujlo rigor ojo. £t perche fi jempre naturai
co/lume del uitiofo Cper coprire il proprio diffnto^ dare.
alla uertà il nome del uitio contrario alfioJe Ihnomo fo/
Urte ^fagace ^ CT ddtgente ne fiuoi maneggi mojìrera di^
fior Co ygiudicio;, CT integrità- d' animosi melenfio ^ trafcu^
rat0:,O* neghittofio ^chiamer allo importuno ., Cr mahtiofio.
Et da l altra parte dfiodolente ^ CT precipitofio:, uorrd ,
che lajhto ^ CT aecurratofia un codardo;,^" gocciolone.
Et fie liberalmente fipend^rd le ficultd per fiyjlenimento
della cafafiay degli amici ^ de % par enti Ae uertuofii JCD* di
coloro p che fiior de i lor meriti ^ per colpa della nemica
firtuna in pouertdfaranno uenuti\ Il prodigo lo biafmerd
per aliar 0 ^ GT Vauaro lo uituperard per dtfiipatore del
patrimonio ♦ Etfie per fola uertilfirtemente fiy/ìenerd la
morte )Cht pender d neirejlremo del poco gli dard dell'alt»
dace^et l eccedente nel troppo lo noterà per timido ^et fie te»
aeratamente ufierd i diletti delguilo^^ del tattOy quello ,
che difouercho per fola ingordigia , CT sfienata libidine
di loro feruirafiene:,chiam era la continenza col nome della
(lupidezz<'- - E't dall altra parte linfienfato d tutti i conti
uorrd ^ chel temperato fia incontinente. Et fi meritando
conoficerd i meri-i fioi y CT qnafii pregato abbracciando
cofie importanti ^ CT docili p prenderà gli honort con tè»
Iterato
perato paJ?o moflrando ^ che nonfolamente fé r/Ii conuen^
aono p ma artcora^che minori jìtno di ciucilo ^ che merita ^
lo sficciatOpfimoJoyCt prefomuojo iChefi trouerd nellejlrc
mo del troppo ^fcnza alcun rojjore della propria indi^
gttitdj temerariamente chiedendo i primi honori y lo repii^
ter a per per fona uile , abbietta;, C?* trajcurata, DaWal^
tra parte poi ,-> (Quello j che per qualche jua rara nertù ^ e
jcienza Java in civetto di gran merito y non conhjcendo il
proprio ualore ^ pieno di uilta d animo prejo perjejlejjo
fi renderà ^ CT* per coprir la bajjezz^^ delVanimo fuO:,cól
uitio d lui contrario chiamerà la magnanimità sjacciatag;»
giney<^ prejontione^ Etje non come magnanimo ;,ma pur
come dejìofo dhonore ;, mediocremente abbraccierd quelli
honori ^ che tutto il giorno naccajca di riceuere ^ ^ non
riceuere ^ de quali ne fia neramente degno il pujillanimo ^
codardoMinhfimo mormorator del uolgO:»che conuerfe^
ràfe non co per Jone baf?ijìime:>et in luoghi dishonejlifimi ^
chiamerà il defiofo dhonore ambitiofo. Et daW altra par^
te quello;, ilquale non per uia della uertù ^ ma per lejlradc
di uituperiO;,con mille inganni;>0" infidie ^ uà procacciando
ogni minimo honoruzzo ^ reputerà il dejìofo dhonore per
perjona uolgare CT bajja. Et fé ueihrà dun habito non
men leggiadropche ricco ^^ fiudierà di tener e la cafafta
polita y^ ripiena di belle majjeritie p ornata dt uaghe pit»
ture;,Jlatue^O' difmtuof^Z^^Jjdendtdigiardini^talche pa^
B i i ia nellìn^
id nellinttdYui dentro ^ eh ogni coja riia, ([iieìlo che inji
fitte politezza palJerd nellejlremo del troppo ;, uorrd:>chc
lo fplendidofia unhnomofordtdo ^ /porco :>k3^ amico fola^
mente dell utile *, daWahra parte il jordido ^ ^JJwrco in
effètto y dtrd^ejjer la fplendidezz^ t^na jouerchici politez:^
za y ZfJ* uanitd di coje^ che jolamente dilettano all'occhio^
Et fé nelle comierjationijard tutto dolcej^aifabiìc;, etgrdt^
tiofo p talché fecondo il grado ^O" decoro di ciajcunoyjap^
pia uiuerepCT pratticare:>in modo^che mantenendo la pro'»
pria dignità > communemente accunjliapprejjo d'ognuno >
O" gratiaj,^ beninolenz^S ^we//o poi ^ che per la contra/
riajlrada uiene;, O* che per lo dejìderi0;^chd d'ejjer tenu^
io per grane pfaputOj C p^'^figg^^^ ajpro^ O" difficile
fi mojlrerd Tempre neluolto^cole rughe allajrotejadogni
coja contra[lerd;,0" ogni operatione;,che Jtia no [iafenzct
rifletto uitupererdy dando il nome di adulatore allapfona
a-fàbde ^ GTgratiofa. Dall'altra parte poi uerfo lejlre»
mo del troppo jCluello che armato di uile adulatione^ ogniun
loda.ogni operatione ejfalta^dogni parola fi merauigliaj
fempre riderne dice mai cofa^ che non ritorni in lode di chi
gli è innanzi fenza hauer riguardo alla qrauitdfua^ alla
qualitd delle perfone \ CJ* delle occaJioni,chefe gli offerii
fono, dir d.che Vajfabile è troppo grane, feuerO;, C^ poco
conuerfatino. Etf d Vira tanto oltre dard loco :> che ba^
Jli d difènder la uertù delle ignominie ^^ ingiurie del uitio^
fo;,talcl?c
fojtal che meriti ti nome di manfuetO;, il colerico lo chiame^»
rd Jreddo , aghiacciato ^ C^ perfotta di pocojpirico ; O*
dalialtra parte ([uejlo tale ^ che peccherà neWejlremo del
poco per fcioccbezz^ > ò injima bajpzz^ d animo ^ dirà ,
che'l manjueto è troppo iracondo yfocojo;, <0* uendtcatiuOi
Btje in ognijJia couucrjatione ^ operatione ^ CT par ola Ji
mojir era (incero^ leale ^O" uerace ^accordando Jempr e in»
Jleme i concetti ;, le parole :,0" le attioni ^ talché ad un fot
cenno :>alcun non fia:,che ogni jlio hauere nonglijìdi^il bii^
giardo uantadore ^ Jicendo fempre le coje maggiori di
(j^ueltoj^che le fono '^ tiorrd ad ogni patto ^ che ^uejio talefict
undiJ?imiilatore:,un doppio;, un hipocr ito. Et dalialtra par
te il aero hipocritOy che pende nelle^remo del poco ^ et che
per ilualcbefuo dtjegno d utile ^ ò d'bonorefa le coje mino»
ri di (Quello, che lejono^^ che con Varmi dcirhumiltdfi la,
Juperbia di gran logijìtperiore ^ lo accufèrd digloria;,^^
uantamento. Et fé d certi tempi in compagnia Jt ritrouerdj
O" injìeme con alcuni honejli g-inochi^e motti^e burle ^ alle^
gramente:, con gran ricreation d'animo trapajprd il tem»
pò , hauendojempre riguardo al loco :, al tempo ^ C^ alla
qualitd delle perjonej CT ctrconjlantie y fecondo lequali nel
motteggiar Jl ^ouerni ;, in maniera^ che ciò che dice 0"fd
nonfolamente dtlettO;,ó rifo commcua^mafecondos^che Voc»
cafion comporta p mantenga ancora la grauitd del grado
fuo. chinilo che eccederà nel confine del troppo ^che d nojlri
B iii tempi
tempi e domandato bu^ont^non fi curando d'altro ;, che di
£r ridere con atti dishomjliy et parole indegne dellhuomo
ciuilep ingiuriando ;>o offendendolo come fi uoglta altrimèti
ciò Seda Jo biafmerdper zotico ;,agrejle :,<0' huomo di uiU
la. Et citiellojche mancherà nelleflremo del focoj, C9" che
infitti fard rozzO;>CT*fi malcreato;, che odendo alcun bd
motto arQiìtoj^D' ingeniofo:,mai non riderà per la tardan*
za delfao rintuzzato ingegnoyche non uillafcierd intende»
re:,o per innidia:y6 per qtial fi noglia altra caufa ^ rnujiado
come crucciato ;>et recando pw^hdiO:,che piacere d quegli;,
che lo uedrannophattczz^^d Vurbanitd^uertù nobihfima ^
per bufoneria. Et pajjando dalle uertù morali^ d i puri
afetti dell animo :>fe Ihuomo da bene fi contrijlerj^ per le
proJ])eritd de i rei:,co rallegrarfhche puniti fieno :^uorrdn^
no i maldicenti^chel lodeuole a f etto della indignatione al^
tro nonfia ;, che inuidta C^ malignitade , Et fé per tems
del patir mllhonore mojlrajje alcun rofore neluolto :,da
un canto, quello:» che eccedendo nel poco ^fard un sficciato
infame ;> CT'Jènza uergogna yfenza alcun riguardo ;> biaf
mera il uer^ognofo ^ daWaltro canto poi uè ne fono alcuni
tanto timidh che per ogni picciola cofafificciano;, ò dica/
no yfubitof arroffconojO* rejlano mutoli ;, sbigottiti ;,0*
balordvyZ!^ quejli tali per coprir la lor balordaggine :,non
fi uergo(rnano poi di chiamare la lodeuole mediocrità deU
la uergogna p sficciataggine, TDi maniera;>che operi pur
uertuofametc
mrtuojamente Vhuomo ([uattfo sa y che maifiggir nonpo^
trd le reprenjioni, Socrate ^ Vlatone ., L^rijlotele p con
quanti dotti Jiirono mai ^ hebbcro^chcfirc d poterfi difiif
dere da una certa generatione dhuomini increCceuoli ^ che
nod uerop dubitar e :,ma il dubitare per lo uero^sHngegmt
no di guadagnar e ;,<D' fanno delfici nò^come i angari nel
giuoco della correggiuola^^nonfapendo gì infelici ^ che gli
antichi finfèro Vallade hauer in odio ^.^ rugane ^ per di^
mojlrarciyche la troppa jottigliezz^ dello'ngegnofiijentm
pre odnfa alla fapienza ;> CT" cofa degna di grandif?imo
biafimo. Et oltre quejh tali:, fono generalmente gli htiomi*
ni tanto inuolti nella perfuafione di lorflefìi:, che ognuno fi
ferfuade difaper:,et di hauer più bello intelletto lun dell al
tro^onde ne procedono giudici) temerari);, C^ biafimifuor
d'ogni douere, Tal che ne mai fu , ne per lauemrfard ^
che quejìo mondo nonfia una gabbia dt pazzi maldicenti^
CT' che i calonniatori non ufino lucido loro^et operi cia^
fcuno fecondo lafua natura. Onde yfe riguardo hauer fi
dnueije al dir de reprenditori ^ non fitrouarebbe alcuno ,
che per commune utile > molìrafìe mai al mondo le fuefaii»
che;>bifngna aduncj^ue chiudergli orccchijafiado a og^niun
gracchiare quanto uuole ;»C^ m quel modo;,che una R epu^
blica :> laquale tende d ^radezz^i > prefupone per incornici
niente neceffario la confifione^ fimilmente ^li huomini^ che.
uagti difupplire con la fama all'accorciamento della uita;^
mandano
manicano Vopért loro al cojjyetto de mortali ^ deotto tenu
re per un necejjario inconueniente Vejpr traffìtto dalle uè»
letto fc lifigue de tnaligtti calori filatori^ da i ([uali non tiorrei
anco ejjer lodato >p^rfiggir djof^etto d'ejjer tenuto co»
me loro. lyla ditemi 6 tniei riprenjori ^ che uendetta pen»
fate noi ^ che Jacejje il Taegio ^ (piando ben hauejje auto»
r ita [opra dt uoi^per (pianto male potejle mai dir di lui:, m
dtfuoifcrittiìcertamente^ch^gli 6 tolerarebbe patiètemen»
te il tieleno delle uojlre maldicenti lingue ^ imitando Vejjèm»
pio del Émojtjìmo Virrojigliuolo di Eacide ^ aguale di^
cendogli un giorno alcuni jtioi y ch'egli doueJ?e cacciar di
K^tnbracia un nonjo chi;>cbe diceua mal di hi 5 io uogho
più tojlo j, rijpoje y eh' eglififlia (pii:>che non habbia agire
errando;, e parlando mal di noi prejjo più gente , O nera»
mente ;>chefeguendo dconjìglio di Diogene honorati/?ma»
mente fi uendicarebbe cotra di noi;, col cercar dt uenir me»
^liore di (piel p ch'egVè ^ riconoscendo gli errori Cuoi da i
biafimi uojlri, Etje uale d dire il nero ^ d mal dire ci ap»
portapiu di giouamento :> che di danno ^ conciona che una
perdona mordace ^col dir male accerbamente :, riprenden/
doci d'ogni minimo errore^genera in noi un habito di pru»
dentia , che tteja dijcorrer ben le cofe prima ^ch e le mettia»
mo in efpcutione. Et per lo contrajio:,chejuolfir la mala
lingua p Vhuomo diueta cauto nel parlar e ^pronto tielrif^o»
dere ^ acuto nello accufare^fagace ttel difendere;, Cr pru»
dente
dtnti nel rifpondcre, una mala lingua^ fecondo^ che/pejje
uolte chiama la mrtà per lo nome del uitio) dijlingne al^
trefi rinppocrefia dalla bontà , la malitia dallajiutia ^
& la Jraude dalla jagacitd. Et mentre le male lingue de.
Greci^O* Cartaginejìcontrajlaronocon Romanica glo»
ria del nome Romano andójempre accrefcendo^ come eU
le taci^uero per la dejlrution loro la grandezza de Ro»
mani comincio d declinare. X enojonte huomo prudentij?i^
mo dice :,che gli huomini gitidiciofi dalli nemici ne traggo*»
no molto utile :,et ciò penjo dicejje \ perche il nemico col dir
male delle operationi nojlre ci amja dt quanto shabbiamo d
guardare^ Il perche K^ntijicne ajferma p che per dififa
della jalnte nojlra^fd di mejlieri;,che habbiamoj, 6 de ueri
amicipó degradi ncmici^percioche (Quelli con le ammonitio^
ni;>et cjuejli col mal dire ci ritraggono da i uitij.Et ejjendo
(come dice Vlatone^ lamor cieco^et (come afferma Tlu*
tarco ') Iodio di acutij^ima uijla per uenire in cognition del
nero è piujicura uia quella del nemico maldicète^^che quella
del lamico. Il maledico è un uigilante ojjeruatore denoftri
cojlumi:>et come Vauoltoiojentejtibito l'odore de corpi fra^
cidi ^ co/z d nemico ^fe ne cojlumi nojlri è qualche co fa di
male odore ^jubito lafente;, ^ pcnfando di offenderci col
publicarla:,ci apporta giouamentOj^comeJi può uedere nel^
Vejjempio di Vrometheo di Theffaglia^ilquale penfando di
uccidere il nemico gli tagliò unapujìema ^ CT g;uarinnelo^
C Dal
'Daìfopportare te porgenti pdrok de maldicenti s'impara
dfo^crire patientementc le perturbationi^chefi hanno nel
gouerno della cajuydije jlejjoy CT della republica* per la^
qiial cofa^fi come i cacciatori ^ nonjolamentefi aJ?tcurano
dalle o^eje delle fiere^ma fi pajcono ancora delle lor car»
ni ;» ueììonCi delle lor pelli ^fijernono delfcle ^ del latte ^
CT de i denti per rimedi d dinerjì malv^ cojì ijaiii nonjola^
mente fi junno guardare 3 che i nemici maldicenti non gli
pojjano offendere :,ma da loro ne canario anco utile gran^
dfmo. Il che per auentnra potrebbe interuenire al Tae^
gio ;, ili.jiiale non fola fi dijindcrd gag-hardamente dalle
fondenti hnque de^^h imàdiofi maldiccrdijet dagli acuti de»
ti delle mordaci penne :> majard conofcer al mondo ^che nel
giardino della fua Fatila dalle Jjnne fi coq^lieranno la
rofe, Utca adutKjiie ogniuno ciò che mtole contra di me ^
che d riparo ^ chojatto contra Vempito delle male lingue ^
e tale ;> chioJj)ero ^ dguifa di cjiiadrato dado ^ di non pò»
ter cadere fé non in piede.
AL MOLTO ILLVST. MONS.
IL 5. GIVLIO SIMONETTA
ABBATE DI GRATTASVOLO»
BARTOLOMEO TAEGIO,
L^ che fili con V^. S. mi diffèpje penfauo d'ha*
uer poca impreja alle mani ^ hauendo io tolto d
lodar la Prilla ;,0" biajmar la città ^al che non
hauendo io potuto rij^ondert in quella per lo impedimento
chejoprauennejjora le dico^che di grande ardire^ CTyS»
tica fu qudla impreja dHercole il Thebano ^ (Quando le
fette tefie tronco allHidra lernea 5 trajfe Cerbero dalle
mejle ombre delle Tartaree portet^ammazzò alFMefpe^
ride d Drago difcnfore delle mele d'oro ^ tolfe (forzai
tamente il balteo à Menaltppé\fvce morire il crudel Bu»
firv^ per coffe con la mazza il Leon nemeo \ uccife d Cin^
ghiaie d'Eritmantho'^ atterrò la Cerna nel bofco di Me^
nelaoyfice nelle braccia fcoppiar e t^nteo gigante^ pian
tale colonne neWOcceano *j rubbó icauallidt Diomede';
nccfe Caco alla fpeloncat^ ammazzò IHarpie in ^^Tr^
cadta ; uinfe ^\helao ♦^ Domo d Jvcofo Toro'^rotò Lì^
co ali aria \fuperò Gerione t^fofìenne il Cielo^^O' fìnaU
mente Jpenfe I\lefo Centauro'-^ma bora di molto più ardia
re ^ QT'^tica e Vimprefa mia d uohr io foto combattere
contra tutti gli babitatori delle Citta p^ prender Varmi
C a contro.
coftira la vita ciuiìe in fuor e della rtjjlicatta. Già tnitttro^
tta ti capo :, ^par di Jtntirini intorno un uejpaio de Cit/
tadini^ che mi trajjiganojinal uiuo ♦ O" che con lafuper^
èia , Vamhitione ^ Vauaritia:, CT lanuidia caccino la quiete
dell'animo fior delie lor fiuorite Città, Si che i giudici
delle miefitiche potranno uedere d quanti pericolilo mi
Jla poflo : nondimeno J^cro d\ijcirne dfaluamento ppur
eh eglino pacientemente comportando la ueritd^ CT po/Io
giù lanuidia^Ji mettano con animo lincerò d leggere quejlé
mieifcritti;,^ d considerare ^che ejpndo nato Ihuomo non
tanto per attendere algouerno di Jèfiejjòj^delle co fé fue ^
O* della republica^ quanto per ejjèrcitar le firze dellm^^
telletto intorno agli ej^ettijche dependono (non da noi aU
tri mortali ) ma dalla natura;, ^ dal gr andiamo Iddio j
loco alcuno non fi può trouar più accomodato per tale ef
jercitatione dt mente ^ che tamena;, etjolitaria Fatila ^ oue
reggiamo , che tutte le coje dalla natura create non fola'»
mente de/ìano in noi il defiderio di faper le canfe de i we-
^uti effetti :, ma incaminandoji con temperato paffouerfo
la lor perfttione ^ cinuitano d mettere ancora noi tutti i
no/ìrijludff:, tutte leftiche:>0" tutti ipenfieriper ueder di
confeguire il no/ir ofommo bene. Et fé t tre f ni delle hu*
mane operationi jono la gloria ;, V utile ^'O' ilddettO:,fe con
dritto occhio mirar uogliamo la jilicitd della uita ruflica^
na^trouaremo in lei quc^i trefni uniti di maniera ^ che la
gloria
ghria fard diUtteuoh;, O* utile ^ lutile gloriofo O" dilet^
tcuole^<!y ti diletto utile :> O* gloriojo^Z^ cominciando daU
la gloriarlo jludio che fi fi in uilla delle cofe naturali;,et di^
ulne non è e^li de tutti altri il più gloriofo ff per la no^
biltd della potenza dell anima in cuifitroua la felicità co^
templatiua y come per la grandezza delVoggiettofuo^ch'c
effo Iddio. Circa airunhtdpclualjludio è più utile di (J^uejlo?
Te col mezzo fuo V anima nojlra confieguela perfttionfua,
CT di nudaj ignorante :,^fimtle alla tauola rafa d'ieri'»
jlotelefi riuejle di cogmtione;,et d'habiti intellettuali. Quan^
io al ddetto jludto più diktteuoh non fi troua di cliiefo per
ejjer il conofcimento delle cofe;, per le fé caufe il uero cibo
dell'animo ^ che fempre lo tienpafciuto ^ Z^fatio di celejlc
ambrofa.Mor che diremo della i^gricoltura^non è et
la parimente gloriofap utile ;> C^ dtletteuoleìEt cominciane
do dalla gloria ^ chi mi negherà:, che Vu^gricoltura non
fia honorata:,nobile, (CJ'glorioft :,fe gV Imperatori jRo-
mani;, i potenti fimi Ré pi ualorofi Capitani;, et i degnifi»
mi Senatori la effer citarono ^fe (come ajfermajyl . Ca^
tone') (Quello huomo :^che gli antichi Romani chiama^
vano buono coltiuatore:, pensavano di hauerlo grandemen^
te lodato , Quanto ali utilità di lei ;, che diremo noi ;, fé
quando la terra uiene da maefreuol mano purgata tanto fi
tnoflra cortefe ^ benigna p ^ liberale uerfo di noi ^ che ci
rende affli più che non riceue*^^fe àguifa di nouellajjpo»
C Hi fa di
ja ii fir Ménti ^ di uith O" di uarie forti ài frutti ^ (^tiafijtit
Gcmtm ornata^ radoppia i receuuti bemjìcìj Qpur che da
i ceU/ìi injltj^i non uenga impedita ') circa al ddetto ^ non
(ente laaricoltor e piacere inejiimabde dal tierdeggiar deU
la terra ;, dal nafcer de Jrutti ;, dal moltiplicar de gliar/
menti ydal germogliare delle gemme :, CT inne/lati rapoU
lische qiuìfifiie creature crejcer iiede di man in manoìOn^^
de molti honorati personaggi tirati dal diletto di cpiiejla de»
gnif?tma arte:, lajciarono le degnitày igouerni;, i regnilo*
i trionfi yper darli al coltiuar de campi ^^ taccio d bel tra»
flullo:>cbe rhnomo di Potila fi prende dalla caccia ^ dalla
pefcaggione ^ daWuccellare'-^^S^ concludo ^ che cefi infni»
ta e la q^loria p infinito l'utile ^ O" infinito il diletto della
tiita ruflicana p come infntte fono le miserie del uiuer cit^
tadinefco.
LA VILLA
DIALOGO DI M.BARTO.
LOME O T AEGIO,
HE F^itaéjlatalauo/lrada
che ragionamo injiemme? J^.Son
Jlato continouamente in F^tlla^^
pertjo tornami di corto (je potrò
Jpedirmi d^unct miajacèda)che {Jvr
j zittamente nt ha fitto uenire alla cit
td. P« Dun(^ue penjàte noi di j^endere la maggior parte
del tempo in villa f l^ .Cofi penjo;,^ ne fono rejolutif?i^
vto.'P. Molto mi merauiglio ^ che unbuomo come uoi tut»
to ciuile p affabile :> dolce nelle conuerfationi p C7^ ricco di
maniera j che aggiatamente può uiiiere nella città p uoglia.
jlarjcne d più del tempo in uilla. p^ . Et io della meraui»
glia p che del fitto mio prendete pper ejjer uoi perjona di
molta ijjjerienza p di fodo giudicio p C^ di buone lettere p
molto mi merauiqlto t perche dimojlrate non japcre quan^
tofia grande lafilicitd della uilla. P. l^ me ba/ìa /i«
psr quanto fia grande la mijeria della mila, p^ , ha mila
none
LA VILLA, DIA.
non è mijcria yjiior che d ([uegh ^ che uijlanno ocioQt^
mente ^ O* che chiudendogli occhi della mente nel jango
deWignoranz^ dormanogli anni loro. V,L^ncor:,cKio
jappia^che noi non potete ejjer nel numero di que tali ^ pur
haurei caro intendere ;> in che maniera uè nejltate in T^il»
la y C^ come ji dtfpenjtno Vhore uojlre. J^^Non pò»
tendo io mancar di compiacerui in coji honejlo defiderio ^
Ut dico^chein Votila principalmente mi godo dellhonora»
to odo di (Quelle lettere ^ che fono conformi al genio mio ^
dapoi mi dò bora allt^gficoltura 3 bora alla caccia ^
quando aWuccellare , (jitando alla pejcaggione ^ O" ahh
na uolta ad altri honejli piaceri della Prilla ^ O" contento
di poco più di ([uello;, chefolo il nojlro femplice^& natu^
ralejiato conferua;, lontano dalle ambitioni ;> dalli tumuU
ti :,0" dalle Jrecpuentie delle citta j me ne uiuo d'una affai
tranquilla ^ V ripofata uita ^Jènza nuocer ad alcuno ^ O*
fenz<t uedere i maluaggi co fiumi de cittadini. P, Se non
uedete in Fatila i uitij de cittadini ^non uedete ancora le uir
tu loro. P^. Le uertà de cittadini dguifa doro in arena
fono accompagnate ;,<ZT contaminate da mille injvlicitd^^
prometto ^ che Ci poco è Voro della uertà rifpetto allajab»
hia de uitij ^cl) egli è quali incomprenfibile^O^ per me conm
fèllo liberamente ^ ch^ nelle cittd altro non ueggio ;, che
Jùperbia^ambitioncp auaritia p inuidia^fimulatione^^ ido^
latria^
DEL TAEGIO. 5
latria. P, Perche dite uoi idolatria. Jy^ . Ver che in vece
della verità s adorano filfi QT bugiardi TDij, "P^^^nco
nelle città fi trouano degli hominh che innocentemente ut»
uendop hanno per lor jìne il Japere la tieritd delle coje^
T^ . Qjie^i ;, che uoi dite ;> hanno dirizzata dentro della
lor -^ntafia la deità di Pallade ^ laiptale non folamente
ej?i adorano ^ ma uorrehhono per tjuella da gli altri ef?
jer adorati ) Di maniera ^ che adorando uno idolo della
dottrina loro ^ e hanno fitto dentro di fé y CT non il nero
^ folo Iddio :, ancKeft iianno nel numero de gli idolatri:,
CT de gli ambitiofi.V. K^orreiftperej^i^uali C^ qnuti ere»
dete uoi ;, chefianogV idoli de cittadini. /^. GUdoli de
cittadini fono treja gloria J Mie:, O" d diletto, alcuni per
lo sfrenato defiderio channodifalirealli maggiori fq^
gi delle città loro ^ comettono infinite fceleratezz^ 5 &
ficendofi di Uberi Jer ut ;> mai non hanno ripofo alcuno ^ O*
qiiefti in uece del nero Iddio portano nel cuore Vhonor del
mondo, x^ltri ad altro non attendono:, che adammaj^
far oro :, C^T* per arricchire non fi uergognano dingan»
tiare hor cpuefloMr (Quello) e à rifchio di mille morti cor^
rono per li gonfiati mari à i più lontani lidi ) ne per lo
iempeflofo Orione^ neper lo mortifero Cane resiano di
fguire il loro malageuole camino j^C^la ricchezza ("- il
berzagUo^uer cui fi dirizzano tutti ipenfieri:, CT defderif
D dicluejli
4 LA V I L L A, D I A.
di ipejlé tali molti adorando K^cnere;,^ Bacco ^ ad altro
non attendono :, eh d lajciui amori ^ delicate uiuande j
freciofi tiini :, carte , dadi^ cani ;, fparuieri ;, caualliyfia^
gie :> canti y filoni ^ O" cofejìmiti) O'jlimandojh che quejla
Uà la nera uita dd gentil huomO;0rezZMO tutti cluellh cha
uiuono altrimenti. Talché adorando il piacere ;, lutde ,
O" la gloria i cittadini fi fittamente uiuono ^ che lor mede^
fimiji finno indegni delpreciojb dono de IF intelletto ^ non
fé neferuendo d (^uelfine ^ d che egli ce dato. "P. L^p^
ponto fopra di quefìo ho caro ragionar con ejjo noi p O"
uorrei ;, che dejcendendo un poco più olii particolari ;, mi
dicefle^ d che cofa uorrejle uoi ^ che sapplicajp ^intelletto
nojlro, J^.u^lle diuine^V Immane Ryeculattoni.V, Ver
ejfer noi huominijojpeculare alle uolte le cofe bimane non
mi par dtJdiceuole:,ma il uolere inueiìigare ijegretid'ld^
dio mi par temerità :,et un uoler mettere la Matura d jin»
dicato :, comegid fecero gì mfolenti ^ Z^ pazz't JilofoJì\
/^, P^oi nonjapete^ che Vinteli etto e cofa diuina^ & che
ìhnomo e lanello della catena che lega le cofe mortali con
le diuinef V. In che modo fi fa cotejlo uojlro legament o?
T^. P^^oi douete Japere p che gli elementi hanno Vejjèrc
folamente :> Cr le piante la uita jC^ lo effere con gli eie»
menti communi :, le beflie ilfenfo ;, C^ leffère commune con
gli elementi^O' la uita^che participa con le piante ; Et gli
buomini
DEL TAEGIO. ^
hiomini hanno leffere commum con gli elementi p la tiita
con le piante ^ iljenfo con ìejìere:, CT ImellettOp che coni'»
munica con gli L^ngeli . Onde fi prona VimmortaUtd
delle anime no/ire^ Emendo adumpie l intelletto cojadi^
uina :, perche col mezzo fno non debbiamo noi intendere
Iddio ejjer Jomma ejjentta :, da cui tutte Vejjentie ^ Comma
vita y da cui tutte le iute :, ^jommo intelletto :, da cui tutti
altri intelletti dependonof Et perche non debbiamo noi con^
templare lejoflanze incorporee ^eterne:,prodotte dalla pri"
ma intelligentia p C^ infieme cofiderare le Idee ^ i concuti
tmiuerjalhimoti de cieli :,Q^ come ([uè fio mondo inferiore
Jia continouamente Jotto la rota della demojlratìone:,^ del
najcondimentoì V, Io non uoglto bora contendere con uoi
circa allufficio dell'intelletto no/ìro j ma ben ut dico y che
più huomini contemplatila fi trouano nelle città ;> che nelle
utile, l^^ i^nzi non è fi proprio Ihumor allacdua ^
(guanto è proprio la folitudme della Filila agli huomini
contemplatiui, V. Se cote fio è nero? è un chiaro Q^ uiuo
argumento della pazzia de Filofojì ♦ perche nelle lorfo/
litudini fuggono :,come coja mala la conuerjatione dellhuon
mo ;, il quale nella natura è pur un miracolo grandif?imo ,
CT animale degno di reuerenza : conctojia ch'egli Qcome
uoi pur dianzi hauete detto^ con Veccellèza dell intelletto
pajjando alla dima naturaci fa fomiglidte ad ejjo Iddio^
"D a Queflo
6 LA V I L L A, D I A.
Qjfflo è pur colui , d cui Vtnuifibih Ré del Ciclo per cf»
(aitarlo togliendolo daljeruitio della natura ^ ha fitto do*^
no della libertà del uolerc ^ CT della fignoria jopra gli
altri animali. Qj^e/lo è pur quel mira bde^<<:D^jacro ani^
tnalcyin cuij, come in lucido criiiallo ^fi uede una picciolo,
imagine di tutta la machina del mondo ♦ ma d dina d uero
quejli tali Fdofojì d me paiono per Jone ociojè ^ QT dapo^
CO;, che per coprire la uiltd dell animo loro^con una appa»
renza di uirtih dij^rezz^no con parole :, CT non confitti^y
le ricchezze ?gli honoris G^i piaceri del mondo ^ comeji
nofojjero di carne ^ ma pure intelligenza • Ondh per Va=»
mor p ch'io porto alle uertù uo/ìrc ^ uorrei ^ che ad o^ni
uoflro potere ui fjvrzafle di allontanami più che potete
dalla Ulta di cluejli Hipocriti ;, CT ociofi Fdofotì ^ CT la^
Jciando i campii le piante? (3" le fiere della Prilla j^uenejle
djlaruenejragli huomini nella cittd. T^ ♦ Vìoue fi tro^
nano gli huomini nelle città ? non ui fouiene d'hauer letto ^
chel buon Diogene andando un giorno per lo foro di
L^^thene con una lucerna accefain mano ? gli fii addi ^
mandato:, perche ciòfàceffe ^ al che egli rijpofe ? io uo cer»
cando unhuomO:,per dimofJrare ;, che molte bejlie in f^r»
ma humanafi trouano nelle cittd , ma pochi ;,ò niuni chefie^
no neramente huomini ? Et feuolete confano occhio mirar
loflato della cittd;,uoi uederetCp che quanto di male fi troua
negli
DEL r ^ E G 1 O. 7
negli animali brutti^ tutto qiiafi in un corpo è raccolto nel
gregge de cittadini ^ ivi è la crudeltà della Ti^re ^ la im»
fietd ddl^OrfoJa bejlialitd del Cinghiale^ lajirocitd del
Leone ^ la fiperbia del Cauallo 5 la rapacità del Lupo ^
lojlinatione del Bue :> Vmg^anno della F^olpe ;, la malitia
del Cameleonte ;, la uarietd del Pardo ^ la mordacità del
Cane ^ la dtJJ)erattone delVElejante 0 la uendetta del Ca^
mcllo ;, la pctulantia del Becco :, la bruttezza del Porco ^
la pazzia deW^^fino^ la bujjxineria della Scimia;, la ri^
balderia delle Sirene ;> la furia de Centauri ^ la ingordi^
già delle Llarpieja lujjuria de Satiri^ C^ Quanta niaha^
gitd d'animali irragionetioliJO^ fj^ìauentojl mojlri creò già
mai la natura'^ Il perche ^c^uado uengo dalla città alla F^il
lapparmi di uenire dalla Jeruitù alla libertà y dalla guer^
ra alla pace ^O^ da un perigliojo^ CT* adirato mare ad un
Jìcuro :, Cr tramj^uillo porto, P. v^* mal porto diriz"
Zate la uoftra uela^Je penjate difiggir la tempefla delle
mijerie Immane :> per uè nir itene in Prilla:, doue non fi tieg^
gonojè non infelicità 'y Et fi a le altre mi negar eie uoi^ che
quefle non fieno tre infelicità grandj?me dcirbuomo ^ che
tiiue nelle fylitudini della Fatila ;, d trouarfì priuo della
dolce conuerjatione degli amici :> delle gradezze?comodi^
et delitie delle città p et della prattica di uarie maniere di
genti;, che (^uiin concorrono :>Jenz(t laquale l'huomo non può
D Hi faperche
« LA VILLA, DIA.
faper che crjajia ^fìo modo;,m^r acipiflo dell' honoKitif^i
ma etfplèdidifima uertù della prude lavande depèdc lafc
licita bumanay et ^^pria dellhiiomo. l^ .Quanto d (Quella
far te y che dite :, che Vbuomo ^ chejla in Fatila non g;ode
la dolce conuerjdtione degli amici^ che habbitano alla cit^
td p ui rtfl^ondo ;, che hi gioia degli amici è pojia jolamcn^
te nella uertù ^ latjuale mojlrandofi in ogni luogo ;, caufa ^
che oimndue rhuomo jì troni poi] a godere delle dolcezze
dcllamicitia *y ma che più *j non Jolamente aliammo non Jl
toglie per la allontananza piacere alcuno t ma ne dglioc^
chi ancoraiyperche i neri amici Qcomeji ferine diEuandrO:,
CT Vallante^ in ogni cojàjlanno limo negliocchi dellal^
tro :, il che uien conjirmato da Af ♦ Tullio:, ihpjale jcrU
uendo a Balbo juo amico , che era in Pranza con Ceja<^
re y dice, che non JolarHente loportaua nell animo ; ma ne
gli occhi ancora ^ tal che cpuando io jono lontano dal mio
Partenio iol ueggio ;, iojcherzo ;, CT io ragiono con ejjo
lui. Circa d quel che dite ^ che fìando in Prilla non fi go^
de delle grandezza :> commodi ;, CT delitie delle città \ ri^
Jpondoy ch'd me più dolce e Ihauere intorno Faggi^Quer»
cie^L^beti/Dliui^Lauri^^ Ginebri;,che una qran copia
di Jer Ultori ^piu mi dilettano le nouelle fondi de gli albe^
ri y^ i uaqhi fon de prati:» che abbellifcono la Prilla ^
che i panni doro ^ CT d argento ^ che nelle citta adornano
lepompofe
DEL TAEGIO. ,
k pompofe camere de l^rettcìpi ) più grette mi fono le cap*
panne , le ualli ;, i monti ;, QT le pi<tg^^ie , che i fu/
perhi pdUaxxi pimerauigliofitheatri ^leampie piazze ^
t^ gli honnratijeggi. Viu in pregio ho Vkerhe:,ijrutti;, il
latte p C}* fintili cibi ;, che altri non hanno i fig^iani ^ le le/
fri 5 C lojlree • C tutto ^ cFio alle volte pefchi :, cacci ^
CT uccelli \ nondimeno ciò jaccio non per cag^ion di
gola ^ ma per recrear Vanimo nelle joliteCue attioni affa»
ticato.L^^lla partituoche dite ^ che non pratticando nelle
citta con diuerje maniere di genti ^ Vhuomo non può Capè»
re :, che cofajia ipefìo mondo ^ rifj^ondo :, chejlando io in
Filila falò nel mio tugurio p uengo per auentura in mag^
gtor cognitione del mondo ;, che nonfinno quegli ^ che neU
le citta comierjano con più Jorti di perjone. P. In che
modo ? T^ , Con Vanimo ^ non mouendoji alcuna parte
del corpo ;, cerco tutte le parti dellOceanO:>circondo tutta
que/la rotonda palla:,che terra fi chiama ♦ uo a trouare
quanti mari la innondino :> quanti laghi la bagnino ^ quauti
fumi la irrighino :> quante ifole^ porti yfcogU:, monti;, pia»
ni p caf iella ^ città;, promncie p CT regioni fi trouino. Et
più adentro penetrando uo a trottar le tiene delloro ^ dcl^
V argento ^ CT degli altri metalli ^ infieme col centro deU
la terra. Et non contento di quelle cofe hafJeyWi leuo con
Vali del penfiero d nolo \ Et pajfando per tutte le regioni
dellaria
ro LA V I L L A. D I A.
delluria^O* laJJ^hera del fico entro nel cielo ;, CT con la
mente (correndo dijjiheyct infj)hera p^ da una pura in»
telligenza dllaltra ^ finalmente mi conduco ad elfo Iddio^
Et ([Hindi tutto ripieno di meraviglia comincio ordinata/
mente a ritornare alla con fideratione delle coje da luipro^
dotte 'y CT in tal manierajàlendo ^ O^fcendendo^ uengo in
fernetta cog^nitione di qiieilo mondo *^ CT con gran con»
tentezz<t pctjjO i giorni miei ^^ da> questa contempla»
iione deriua la frlicitd humana , CT non dalla prudenza
come noi dite. "P. U humana felicità conjìjle nelloperare:,
CT non nello Jpeculare ♦, perche Vhuomo ( come afferma
^^^ri/ìotele) nonperjèfolopma ancora per gli altri vie»
ne in due fio mondo : tlperche io dico ^ che più honore y <D*
maqoior ftltcitàjarebbe allhuomo il uiuere alla cittd^ CT
ingegnarfi digiouar agli amici) a i parenti:>et alla repu»
blica p che andarjene ^ come nemico di tutti altri ^ Z^ ami»
co Col dijejlejjo ^ à uiuere rinchiudo nelli jludip ó difperjo
per lejelue. p^ , Io ui nego^ che più honorata^ CT* piuji»
licefia la uita attiua:> che la contemplativa ^ perche lojpe»
calare ^ ^ intendere è coja diuiniftma ^ cr* e ([uello ^ che
ite jà jìmili d gli K^ngeli * douetepur jlipere ^ che la
fclicitd contemplatiua è più degna^ CX più nobile della ciui»
te-) fi per la nobdtd della potenz<t dell anima:, in cui fi tro»
va;,fi ancora per la grandezza dell'oggetto fuo;, eh è ejjo
Iddio
DEL T A E G I O. ^t
Jddio.Donete purjapcre ancora^come lojpectilar nojlro
e un faggio dt (Quello ^ che^remo poi nella patria del eie/
lo ^^ che noifiamo huomini per lo intelletto^ la cui per»
fìttione è l intendere la ueritd delle cofe ; onde poi ne deri^
uà la falute della republicd ♦ "P. i^nzi fé nelle citta fi
trouafe gran copia di qtiefi ocinfi Fdofof\ne feguirebbo»
ito le routne delle republicbe ^ non altrimenti ;, che interue»
fterebbc del corpo :, fé tutti i membri fuoiuolejjerojlarc
ociofi ^ // che ejjendo conofciuto fn da pagani gli indujji
ad ^Jjergli nemici ;, ^ chel fia nero domandatene a gli
i^^thcniefi ^ i quali jicero morir Socrate f domandatene
d Lacedemoni;, CT d i Meffani;, i (jualt nelle lor republi»
che non uollero ammettere i Filofof contemplatiti '^ i quali
ancora al tempo di Domiciano fiirono baditi da tutta Ita^
lia\0" il re s^ntiocofce una legge contra d ipadri;>che
lafciauano imparar flof fa dfuoi figliuoli. Et non fola/
mente quefi tali fiirono cacciati da i Rè ^ da gì Impera/
tori ^ er dalle republicbe ;, ma L^riflofine ^ Thimone ;,
CT s^rifltde fcrifero libri contra di loro ;, conftcran^
do aWimmortalitd lafneria di qucfii nemici capitali della
£tica^ CT* dellopèratione ;>fenza la quale nelle citta non ui
farebbono mura ^ che ci riparajpro da uno improuifo af
falto de nemici^nefi uedrebbono nauilìj;> onde ne nafce tan»
ta commoditd alla republica j ne ui farebbono cafe ;, che ci
E dijfendefero
n LA V I L L A> D I A.
dt-ffettdejjero daljreddo;, dal caldo y^ daliempito de uett»
ti y tton Jì uedrebbono tanti magnijichi pallazzi ;> theatri ,
amfìtheatri ^ jcene: , archi trionjàli ;, piramidi ^ temfij ^
portici :, CT infinite altre jìiperbejabriche ^ che danno pur
mae/ldj^CT' ornamento grandij^imo alle cittadi^ J^.Que^
tic fon coje ^ che fé l'ingiuria del nemico ^ iljvco y ò altra
calamità non le diflrugge ^ nondimeno il tempo le con fu»
merci , però iojlimo y che U falute della republica confi^
Jia y non negli edijìcij y ma nei buon coiìumi;, ZT nel uer»
tuofo uiuere de cittadini.P. Qticjlo è uero: ma la lode dcU
la uertàQcome a^erma M. Tullio^ non rifiede ella neU
Vattione, T^ . V^ ditemi ciò ^ che uo dire, CT poi rtfpon^
dete. P* Seguite adumpe. l^ , I buoni cojlnmi de citta^
dini j onde nafcono? P. dulie buone leggi. ì^^ * Chi dif^
Jvnde;,(3^ mantien uiue le buone leggi? T^.La uertù di ([uem
gli y che le ufano. l^ . ha uertù di coloro p che ufano h
leggi^onde nafceì V Sballa ragione^ 1^ Mt la ragione^
onde piglia ilfuo uigore. P. Dairejjircitio. T^ . La per»
jittione delleiferciiiO;,onde procedei P* dalla ueritd.
p^ , Et la ueritd;,gid che non Ji può hauerefe non col me»
Zo del dfcorfoy'O' ocio^chefi mette per lac^uiflo di lei?
P. K^ncor queflo è cofa chiara. J^ . \^dun([ue dal
difcorfo:, C?* daWoccio deriua la falute della Republica.
P, P^'oi m'hauete pian piano condotto d un pajjo ^ ch'io
fon
DEL TAEGIO. 15
fon forzato d dir come uoi\E^h è ben ueroj^chejt poireb»
be dire ^ che c^uefto e eletto dellintelletto prattico^^ non
del contemplatiuo. /^< Mentre ^ che quello intelletto ,
che noi chiamate prMico uà inuelìigando qnal neramente
fia il gi^jio ;, ihone/lo ;, C rutile , egli é fj^ecidatino , ma,
qiìado l applica poi aUattione^et particolari douenta prat^
tico. T* Mor pojh :, che cofifiu:, mi negherete noi:, che
più non habbia del uerijìmile j che le coje uicine d Iddio gli
fieno più care ^ che le lontane f l^. Et che uolete uoi dir
per cpuejloì P. Dico ^ che tutte le cofe dalla natura crea»
te;,(ptanto più iauicinano al grandij^imo Iddio fono più at»
tuoje;, et nemiche delFociOjQT' cominciando dall' huomo:,non
ueggiamo noi ^ ch'egli é più in potenza :> che in atto ^ paj^
fando poi dgli elemett non trouiamO:iCh' eglino per lagene
ratione:,^ corruttione oprano continouamentef O" uenen»
do finalmente d i cieli y che fono più uicini alle diuine inteU
Jigenze :> O* primo motore ^ non trouiamo ^ chej^iper lo
continouofi mouono ^ CT mouendoji caujano il moto degli
elementi^. T^ . Qjjeélo è nero \ ma ditemi;, qual è più aui»
cinarji al grandifiimo Iddio :, ó neramente unirli con ejjo
lutf P. Monfì può negare ^ che non fia più Vunirfi con
lui,che laccoflarfegli. l^ . Hauete dfapere ^ che Ihuo»
PIO quando rotti i legami de lifin^heuoli fenfi :, con la vit/
toria dijejlejjo p s'innalza allajfpeculatione delle cofe na^
U il turali^
14 LA VILLA, DIA.
turali ;> GT* indijvlicemente pajja alla contempladone delle
[piriti cde/ìi y doue limagim d'Iddio ^ come in un lucido
jpecchio rtfpledcytntto fi accendere infiama nel uero amor
ditiino \ CJ^Jalendo poi con la mente alla prima inteUt^en^
Z^ gouernatrice deltutto^con ejjo lei s*unijcey CT" di nettai
rej^fy ambrojta con Comma dtlettatione fipafce, V.Que^
èia uojlra unione mi pare un fogno ;, C (^uejle Jono delle
chimere de FiUjofi contemplatim ^ la cui pazzia è tanto
grande :, che l Elleboro di tutta la terra non bajlerebbe d
purgarla. Il qiitdtciofo Homero landò f'^lijje^non per»
chejiajlato in ocio^ma perche fice hauere diGreci lejaet
te di Filolette pfenza le eguali Troia non poteua ejjer prc
fi ^ diflrujp il jep olerò di Laomedonte "^ uccife Rhejo ,
entrò nella regnai corte d\^lcinoo :, guerreggiò con h
cicoiyney andò dtrouar i Lotopigi ^ accecò Volijimo:, na»
ui^ò alli Le/ìrigoni :> dtfcefe allo infimo :ifcce refijìenz(t
d g^Vincanti della uenejica Circe ypaj?ò per me zoSilU
CT Cariddhuenne per fortuna di mare d Calijo con Val»
bero della naue;, trouò Eolo re de uentiy entròjcognojciu^
to O* ueflito da medico in Troia ^ rubbò il PalladiOjetfi»
n^ilmente ritornato nella patria y ninfe i riualu l^ . Q^ie»
(la è una fttione d' Homero ^ ihpiale mente altro per lei
din^flra . fi non, che l'huomo trafcorrcndo per molti uiti) ^
s^ dipoi purgandofene arriua alla ffeculationc, ne pen*
fate.
t) E L T A E G I Ò. ,r
fate^ ch'altro dinoti V^hjjlj^quando per Io dono da A/er*
curio riceuuto rejijle d qI incantamenti di Circe ;, fé non
Vanima hnmana ^ cj^iiando con crii bahiti delle uertih ^ con
Vaiato della rcigione d lei da Iddio conceduta :>Jì da altct
contemplazione in maniera , che più nonjente le perturba»
tioni dell animo. VeròM mio dolce "Partenio^uorrei^che ad
imttatione dP^lijje Hogq^imai domajlc j,^ fggiogajic
gliijfptti dell animo ;, accioche in libera;, & tranquilla pa^
ce ui pojstate dare alla contemplatione, P, Et io ;, ti mio
doictJ?mo F^itaurO:,uorret:iChe hormai vi rijolue/ìe di la»
Jciare ([nefle uojlre mule in T^amajo^et di ritornamene ad
kabitar alle cittadi :> lequalifon jatte per albergo :,commo^
ditd^^ comercio degli huomint ^ C^JonO:, come fchole di
buone creanze ^ honoratejcienze ^ C^ lodevoli uertiì ^ c^ui»
uijìortjcono tutte le arti , CT' lanimo duro ZD^filuejlre de»
fojla ogni rujlicana afj)rezza p di ciuile delicatezza fi ri»
ve/ìe*y^per dir breue le cittdfonjatte per g^li huominhO^
le uille per le bejhe, T^ . V^'oi mi dipingete la città per
un VaraJtfo terrefìre:>C9' pur in quel loco aprico^ Ò" ri»
fieno di tutte le delitie ^ che dal grand f?imo Iddio fii dfi»
gnato al noftro primo padre per habitationefua^non uent
alcuna di quelle uoflre Jiuorite cittd \ Icquah nonfarebbo^
fio elle fate giamai fondate yfe nonfjp crefciuta la mali^
tia degli huomim V entrata lufperbia^C^ nata lauaritia*^
B Ili ^chel
i^ L A V I L L A, D I A;
CT" chelfia nero lo dica lattar o ^ crudele ^ CT" maluitgio
Cain Jigliuolo di indarno ^ iLjualc fii ti primiero ^ che
edijicajje città con mura in Oriente ^^ nominolla Enoch
dafuofìgliHolo^che cofi chiamaiiajìynjzce habitare dogni
forte dt fcelerati. Onde fé mai non jofero fate edificate
ne citta y ne caflella , gli httomini uiuendo alla campagna
con fomma concordia ^ C^ trancpiillità d animo pajjerieno
gVatini nella maniera , cheficeuano le antiche ^enti ndf»
colo deWoro ;, nel iettale ( come dice Ottidio^
LfL^ F E DE ^ela bontà candida eptira
L^lbergaitano allhor in ogni petto ;>
]S/on ti era error ^ ne pena ^ ne paura ^
JVe defio^ nejperanza p neffpetto j
iS/on legge ancor ^ ne digtudicio cura t
JMa tutti hauendo il cuorfincero e netto p
S ecuri da Vo^efe p e dagl'inganni
V\ueano quieti^ e ripofatigli annì^
jSJon era ancor dal fio natio terreno
Tagliato in cima àgli alti monti il Vino 5
Con che poi Ihuomo d'auaritia pieno
Cercò, del mondo ogni lontan confino 5
l^ a contento goder Ci il bel freno
'Del patrio del ^fnz'ejje r peregrino ^
^ojjcdca con la moglie il proprio fto ;
2>7econofceua.
DEL T A E G I 0» 17
iViJ conojcetia altro paeje ^ 6 lito^
Is/on erari cinte k citta d'intorno
JDigrojJe mura > e di projondejojp, t
J^on era tromba ;> 6 beìlicojo corno ^
Che ifreddi cuori d Varme accender pojja^
JS/onfJ-iade ^ onde ha ueduto ^ e uede d giorno
SpeJJo di fanone human la terra rojja 5
Islon usberghi ;> non elmi o e maglie p e feudi J
I^on petti cofi iniilui ^ e co fi erudii
Senza ejjer rotto ;, e lacerato tutto
T)al P^omero y dal raflro p e dal bidente p
Ognifoaue ^ e delicato Jrutto
TDaua d grato terren Uberamente 5
Et (puah e^li nenia da luiprodutto
Se lo gode a la Jortunata gente ^
Che fjirecriando condir le lor uiuandè
Mangiauan come ^ e more ^ ejraghe p e ghiande^
Febojemprepiu lieto iljùo maggio
Facea girando lafupernaffira ^
M conjicondo p e temperato raggio
Recaua al mondo eterna "Primauera ^
Zefiro ijior di^prilc ^ e ijior di Maggio
JSfutria con aura tepida p e leggiera ,
Stillaua il mei da gli clcipC 4^ gli Oliui
Correan
rg LA V I L L A, D I A.
Correan nettare ^ e latte ^ e fiumi ^ e riuU
Ojortuftata età pfhlice gente ;,
Che ti trouaSh in coji nobili anni;,
C halle fìi ti corpo libero^ e la mente;,
Qjwfla da reipenfìer^ ([tiel da tiranni^
JDotie era almenficuro Vinnocente
TDagli odìjy dalle inuidie^ e dagVinganni 5
3eato neramente Jècol d'oro y
JDone fenx^ alcun mal tutti i ben foro.
"P. qiiefla iio/lra etd delloro d me pare^chejojp tetd
della poltroneria;>^ ignoranza*-) O' jìtmo^ che tanto obli'
gato non fieno gli armenti d ipafcoli ^ l herbe alle piog^
cie:>et le pecchie al timo^^uantofiiamo noi mortali alla //e«
cefittdjO* alla fina fidinola indijlria. Onde nacc^ue la beh
la arte del nauigare^ s'imparò d menar le mercatantie fin
da le parti dlndia ;, procedette lauo/lra fiuorita arte
dellL^gricoltura ^ uenne il bel artificio della lana:,deri»
fio la necejjària arte delledficare \, quindi :,qtiafii in un par»
tOp nacquero alle nojlre republiche tutte quante le arti me^
canice :> quindi nacquero le liberali ;, quindi le leggi ^ quin^
di i co fiumi :> quindi la libertà della tiita ♦ CT quindi finaU
mente p come riuo dafiòntederiuò tutto Vhonore ^ ^ luti»
le della uita bimana ^ il perche noifiiamo tenuti d'un lega»
me di perpetuo obligo d Gioue ^ il quale non filf^^fi^ ^^^
gli
DEL TAEGIO 19
gh huomini del fecola fuo uiuejpro ociofamentCp V in con^
tittoua notte d'ignoranza^ il che mojiró V^ergilio in ^tieU
le parole^
ESSO padre del del ejjer non uollc
Del coltiuar la uia/acile^ ei primo
IPer arte mojje i campi;, d Vafpra cote
De le curejollecite i mortali
Cuori aguzzando;, nèjoj^erfe ijuoi
R egni uia trappajjarc e pigri e tardi.
Innanzi Gioue nulla agricoltore
Conjlrigneua le terre d dar lor frutti \
JN^e lecito era dipartir i campix
F^iueuajiin commune,^ et ejja terra
Senza alcun Cerne produceajuoi parti;
E (empre pronta Jènz altrui richiejla
"Porgea con larga mano il uitto d tutti^
Egli 7 crudo uelen diede d ifer penti 5
Commijè d i lupi andar predando ; e al mare
Gonfiar ji;, QT agitato ejJer da uenti^
S coffe giù da le foglie 7 mele ; e 'Ifoco
Tolfe d mortali ^ e poi di mano in mano
Ritenne ifumi ;, che correan di uino ^
Solo perche penfandotufo humano
Viarie arti partorijje ; e del far mento
F Uherba
■jo LA V I L L A, D I A,
'Zj'herba cercando per It falchi andajjct
X)e le felci e trahejje il foco fuor e.
s^lhorfentiro i fiumi i canati alni :
i^lbor conobbe ti numer de lejlelk
Il buon nocchier ^ e die lor prima il nome
Tleide ([liefle chiamando ^ Mtade Quelle *>
t^rtho e di Licaon più chiara prole *
^^Tbor per prender ^uefia e quella fera
Fur prima ritrouaù lacci ^ e uijco
'Per ingannar ifemplicetti augelli :
£ Icgranfelue circondar coreani,
Qn^gli col giacchio 'Ifume alto percuote
Quefli tragge per mar gli humidi lini :
K^ llhor fi ritrouato il duro ferro ^
E la (tridente lama de lafega j
Che pria s fender folean con z^pe il legno,
V^enner arti diuerfe , l^ince Y tutto
Uafpr a fatica :,ela neccjftade;,
Chefiol ne caCi auuerft altrui premendo ,
Spejfo dtjlargli addormentati ingegni.
Bt in oltre ui dico p che qiiegli kuomini ^ chefttrouaro^
no nella prima età di Saturno non fi poteuano neramente
chiamar f liei t per che non gujlauano :, ne conofceuano la
lor felicità;, per non hauer alcuna conojcenz^ del male, fa»
petc
D E L T A E G I O. ' u
petehefi^che la fatica rende qt cito il ripojo ^ lajetefa pa^
rerefaporitc lac^ue ^ C^* chel ctbofigujìa per la fame,
T^ , per tutto qticjlo^uoi non prouate^che le Città non
habbiano hauuto origine dalla malitia degli huowinij eguali
fejojero uijfuti^ comejìfcea nelfecolo:,non che di^Satur^
nO;, ma di Gioue^nel quale nacque lindiiflriapcbe dite;>cer»
tamente:^che non farebbono (late necejjarie le citta per fai ^
uezz^ della uita^ddrhonore:,et delle foflanze no/lre^per»
che niitendo del nojlro [udore ficuri Jaremmo flati nelle ca»
panne d'alberij^O" di falche intejjutuma poi che gli huomi*
nifi diedero alle armi CT diuennero fodoletti^ et malttio^
fi;, mutandofi lorO;> CT argento in rame O^firro ^f irono
trovate le citta ;> C^ come dice Ouidto«
ì^4^ UHO R nel mondo d larga fchiera entrar o
I uitij tutti abominofi e rei :
'Dhonefldpfde^ e ueritd lafciaro
'Priua la terra;, e fé n andar fa i Dei :
La ucr gogna figgi :, figgi di paro
I buon co fiumi : ne contar potrei
Le faudi p che tii uennero;, e gì inganni ^
Empiendo tutto di perpetui a f anni.
Col firro adunque il cieco mondo infetta^
Si f per tutto d le rapine uia :
Merce di quella ingorda ^ e maladetta
F ti Sete
xt L A V I L L A, D I A
Sete d'haucr imperio e Jtgnoria
La terra:, che dal mar gli era interdetta ^
T^ago di c^uel ^ che io fio figge uia
Cercò l aliar o a picciol legno drentot,
Che ancor non conojcea Jlella ne nento,.
S cojl prilli gli alberi di fiondi j
JL pojcia fitti mondi e ficchi legni
In tiarie firme furpofli neVonde^^
JEfilcar di Nettungli Immidi re(^ni\
O per condur da le più ricche Jponde
Lauori e merci dartificij degni ^
E gemme CJ* oro e predo fi odori ;
O per torre ad altrui [lati e thefiri^
Onde la terra pch^era d ognintorno
Ugualmente comune d cjuello^ed (jtteflo\
Si come é d tutti noi la luce e'I giorno^
Fu poi diuija e terminata pre/ìo^
E tal fin già di real pompe adorno ^
\^ lontani e d uicin grane e mole fio ,
T'alp onero e mendico hebbe fipoco^
Che dpena dfipellir gli re fio loco^
l>7e filper fioflentar queilo terreno
'Pefi-^ eh' d morte uà per uariejlrade ♦,
i^l caldo ;, al gelo p al torbido p alfereno
Valla
DEL TAEGIO.
JDalU terra cercò Infate biade
Lf'tuomo p ma dentro al Jiio profindojeno
'Permontiyeperfolinghe ajpre contrada
h'oro cauò ^ cKal maggior fondo interno
Sepellito giacea prejjo d Vinjirno^
bratto fi lorO;, CT tratto il ferro poi
7Da la ejecrabil cura de mortali ;
L^mbi nocini al mondo p & ambedoi
Sola cagion di tutti i noflri mali*y
IDa c^ueflt bebber V origine fi a noi
Le guerre al cor fio human graui e mortati :
Que/ìi lor danno firz<t - ma di loro
'Ptu noce al mondo e più dannojo i toro^
Di ^ui per terminar Ihumano efiglio
T^iujpedtto camin trono la morte ;
T^redan l'altrui co'l finguinojo artiglio
Ubar pie ^ clnficir da le tartaree porte.
/^on è Ipatrefiicur dal proprio figlio ^
Il marito non è da la confirte ♦
Sono ijoceri d generi rubellt 5
E di raro e concordia tra fiatelli ♦
iVe Vetd uie più bella e più fiorita ,
Quando Vi^prd de gli anni è più ridente^
La matrigna crudd toghe di vita
^ F Hi Jlfigliallro
.♦ L AVI L L A. DIA/
Il figliailro mefchino O" innocente ^
'Per quefli? laginfJitia sbigottita
Fuggendoti mondo y e la profana gente ^
Onde dtjcejèpria ^ ritornò in cielo ^
TDi lei c^ui non lajciando orma ne uelo^
Di maniera^ il mio Dolce Partenio ^ che felici fa^
rcm^nojlatt :>fe mai non Jojje nata Voccafione dt edificar
fortezze;, ne cittd\ le quali Q algindicio di S olone ) nonfo»
no altro che ricetti delle mifarie Immane. V. In che modo
di^Je qiieflo S olone ^ /^^ J^^^eggiendo S olone uno de.
fuoi amici grauemente attri/larji ^ loprejè per mano ^ O*
conduttolo in cima della Rocca di-s^^thene ;> lo pregò,
che guardaf?e tutti i cafamenti^ ch'erano dattorno^yCT' poij
ch'egli Vhebbefitto^ difje 5 penfa hora tcco medejimo ([uan/
ti affiinni:^ mijèrie;, O* infihcitd per Vadietro fojjero^ hog;*
gi fieno, 0"per lauenir faranno fotto quejli tetti, CT la/
fcia horamai di piangere gVincommodi communi, come tuoi
proprijST al che con i-lueflanuoua maniera di coflationc
uuolle dimojlrare il prudentif?imo greco ;,che le citta erano
alberghi mifer abili delle affltttioni degli huomini. E in
nero pochi, CT per auentura^ niunifono qiie cittadini, d cui
gli animi non fieno incpnieti ^ CT trauagliati , ò d'ambitio/
ne, oda inuidia , ò da (Quella ingorda , ^ efecrabilefete.
di hauere ^ Cr usurpar Valtrui^da le (^uaU trepeflilenz^
dellanimo
DEL T A E G I O. t^
deiranimo lotitavh fi ne trottano i firtunati agricoltori ^
cui già mai non moJ?e;>come afferma F^'crgiho.
D / V^^ N O Honor
JDeJìr alcun ;, non porpore regali j
JNon la discordia inicpia ^che jouentc
Uun frate dX altro fuol render nemico^y
IVon Daco ;, d Scitha;, che da Vl^ro altero
K^ i noUri danni congiurato fcenda :
JSlonlecoJe Romane p non di regni
Alutationi p 6 roine ^ ejfo non mai
O' dela pouertd trifìa ji duole ^
O porta inuidta a le ricchezze altruK
EJJo c^ue frutti p che porgono i rami ,
E di fua uoluntd propria la terra
Coglie y e di cpueifipafce ^ ei mai non vide p
I^e conobbe già mai le dure leggi
La pazza corte ^ 6 ipublichi cancelli^
Sollecitano alcuni i ciechi mari
Co remi ^ CT altri da furor fojpinti
Corron precipitojamente d larme^
'Penetran quefii le regali jale 5
l[^ongon (pielli d ruina^ djacco in preda
Qjie/ìa e quella cittd^ quefìo e quel regno ^
Sol per poter ne le dorate tazz^
Trarji
u E A V I L L A. D I a:
'jTrarJlIajete •) e per dormire in ojlro^
Sotterra ajconde altri ltheJòrO;,eJopra
QjjieU che toltogli fia temendo giace^
Stuptfce orando quei ne rofìrij c[ue^h
JDal doppio plaujo ne tbeatri è prejo
De i ^raiii Senator ^ dtl popol lieue*
Godon dcljangue de fratelli fj)drfi\
E con amaro ejilio le lor dolci
"Proprie cafe cangiando^ un'altra patria ,
Sottanco un altro Sol ^ cercando uanno^
Muoue laqricohor col curuo aratro
Ls terra ognanno^jìta dolce Jitica,
Qjnnci la patria ^ e i pargoli nepoti,
Qjiincijojlien gli armenti :> e l^fi^gf^^g^^
iS/e mai sarrejlaj, 6 poja infin ;, che Vanno
Fertile non li renda frutti in copia ♦,
O de le pecorelle i parti ^ ò ch'empia
JDi biade ijolchi prima ^ e i granar poL
T^ienjene Y uerno :>ji^i loglio ;, e i porci
Riedon ^raj?i di ghiande p dan lejelue
Seluaggi frutti :, ©" nari parti *^'utunno
]Sìe colli aprici fi matura luua^
^endon in tanto i cari figli intorno
\^ dolci bafci de parenti loro:,
La calla
DEL TAEGIO. 27
IjU cafla cafa pudtcitiajèrua ,
l^icn di latte le mamme han legiouenche p
Sin d terra pendenti ^ urtan Vun V altro
I^e uerdi prati con le corna Jpejjo y
Scherzando infieme i teneri capretti 4>
Ej^i le felle Ju per Vherbafj^arjl
Col fuoco in mezzo incoronan le tazz^ ^
Sacrificando d Bacco'y cn cima àgli olmi
"Pongonfegno ^ u drizz^v pojjangli ilrali^
JSIefenza premio pa fiori ^ e bifolchi
Esercitano ancor nudi d la lotta
Le forti membra ;, e lor robufli corpi *
Et in oltre ui dico ^ che lauita riiHicana è molto più
nobile della ciiiile Cje nero è;, che tanto più nobile Jìa una
co ftp (J^uanto é più antica ^ percioche nella prima etd del
mondo gli huomini habitauano alla campagna;, O" Vagri^
coltura trajje Voriginefua dal no flro primo parete;, quan^
do per lajtia difubidienza fu cacciato da i giardini ueSìiti
di eterna Trimauera ; il diuin 'Platone hebbe d dire p che
la più utikpGT più dolce cofa di tutte Valtre èduiuerfenc
alla mila. Il che ejjendo conofciuto da P^crgilio-y lo in»
dujje ad ejclamare
Fortunati e felici agricoltori ^
E molto più filici e fortunati ^
G Se
18 LAVILLA, DIA*
Se ddtto hauejje lor natura j ol cielo
T^oter cottojcer (guanto defuoi betti
Lor fi tnojlrò cortefe e qiiella e qiiello ^
K^ cui da le dtjcordi armi lotttatio ^
La^ujla terra il fidi tatto porge .
Se bett tra lor le caje alle eJJiperbe
JSlotiJì ttedort Q^ettarfiorjìgrattdofida
Di c^ue;, chafalntarj & riuerire
La mattina ne uanno ilor maggiori ♦
/^e bramano agognando le gran porte
Ricche di molti uarif ^ e bei lauori ;
iVe le d'oro uergatC;, ^JJ^arJe gonne 5
£t di Corintho ipretiofi uaji^
iVe bianca lana uijirio color tinta \
JSIe con la cajjìajì corrompe Voglio ,
JMaficuro ripoji) ^Jenza inganno
Semplice uita iuijiuiue \ ricca
Di uarie coje ^ iui non mancan mai
Gli ocljficuri p e lej^eloncbe prate,
I uiui laghi y ijreddi ombrojì bojchi^
II mugito de buoi ;, foaui i fornii ,
Sott'alberijrondoji d laura ejliua^
JS/onfelue e grotte ;, non ampie campagne
i^iftte d le caccie di diucrje fiere
um
DEL TAEQIO 19
Funi la giouetttù gagliarda^ auezza
i^ Miutr parcamente d le fatiche j
HeUgiofa la uecchiaia^ e patita.
Della medefima opinione mofìrod'ejjer Horatio^
([uando dijje
^ ^ ^^ r O chi lontan da lefacende , jv^^m^ '"^^^/^.^-^-^
Senza debito alcun (lalìi d la lutila \ ''^^^-^^l^ .y::^^^^
•n n X, , * ^ /r^^n^ /vo^^rxL o-^yp^^>^^
ntji comepcea la gente antica .j^Ur}^^^Ì^^^^
Co bouifiioi coìtiua i propri campi y "^'^"^^JxS'^T^
Ne fentemaiVhorribil firn di tromba, t^" '""""'^'^ife,.
l\e teme l alto mar^ quando s adira . p \M^-^ -r^, cuu^
t ugg, l r ornar del conietttiofofiro > ^., ^^^^ .^.^^^^
Ut bfiperùe cafe de potenti . , ^tJ'r/lS^^
i^dundue^ 6 ch'ei conaionae con ipopoli . ^ i
L/a ere ciuta propacrin de le uttt^ ^ ^ ^^.«xWc^^,.^^
O che igiouenchm (pialche chiufa ualk ^^^T^^^^cS^}^
P^a riguardando con IWrantegregge^'^^'^^^^^^^^'^
Ouer che inneja lefeluaggie piante, ^^J^f^r2CÌ7'i
O ne i politi uà fi il mei ripone ^ """^ '^Z^^'^-XÌt^^
O le pecore tonda humili e inferme , '''^^^'^^C^^Hr''
Ouer quando ne campi i^utonno innalza ^^^y:^^^::^
Il capo ornato di mature mele r^^^- ^^^^£w^
ode jpiccando gì innejtatiperi ; ^^^^.'^^^ ù:u:rr ^i^
Et luua^ che contende con la porpora,
G a
?o LA VILLA, DIA.
Con che Vriapo d te fi fanno i doni ,
£ d te Siliian padre:, e tutor de campi .
Idor gli piace dijlarfenfottim Elee ^ /j^i^r^^ <^ u. '--^^/^^
l-ìor di giacer ne qratimnofi prati ^ /-w^-6. ^. /^,^ccV<*^/.-.
L^adonfra tanto da le balze iacdue^ ^ y^y^''' 'J^^'^a
St lamentan ali uccelli per le (elue^ .^^wfe^w^ ^^^j cr^(f^1.,j^
jP^'^« mormorando gli correnti ionti ^'^-^^^ ^--^^^ ---^r>w^^.,^
J mutando ciaìcuno d dolci fonni % ^ , [óy^^^^-^ -y^^y
£q-/ì co/ molto numero de cani . L^*^<^ ^ .-.^^^^^ ''7'"^
J. porci caccia ne le reti te kj <^-^ <c^^xx/jl. ^^ .r^^^r^^/^j:^
Ouer.chaitordiuatendendoinfidie, 7Cll.r:ZÌ::t^ i
£: pre J^/ de la timida lepre, J^^ZXTZ;^^
E la gru peregrina in laccio accoglie ; ^'^Ji"^ '.^Z^ÌTZjì^^ '
Chi duncluefa colui;, che in ([uè Zìe gioie ^"^^ ^^Cl^^w^'^ *
JNonfgombri da la mente ipenfer tri/li ?
Et perche égiuslop che da i nobili huominé^ efcr citate
fieno le nobili cofe :,gV Imperatori Romanici potcntif^i^^i
He, e ijamofi Capitani, non fi sdegnarono di Umor are
i campi:,inmjlare gli alberi, et tagliar con la falce i ranui»
felli inutili : Etf di ciò dubitate , domandatene d Diodi/
tianoy che depo/ìo Vlmperio fi diede aWagricolturaf Di/
calo K^ttolo, che lufciato il gouerno del Re^no fice il
mcdefimof fide nejaccia Manto Curio Dètato, che dopo
le uittoric
ì
5»
DELTAEGIO.
le uìtioric hauute cotta di Virro con tutte lejvrze del cor
pò et ddVanimo s applicò al lauorard [olito juo terreno^
che diremo noi di M.^^ttilio Serrano:, CT di Cincinna/
to huomini eccellenttj?imi:, i quali da i campi;, C3" dallara/
tr 0 furono chiamati a i maggiori;, O" più honorati JNta/
gi/lrati;, Et poi uoluntariamente depoflij, ritornauano al
coltiuar le proprie terre;, CT pojjeftoni loro ? non dobbia^
mo metter nel numero di qtiefti Mario B.eguloj ilquah
curò più di tornar algouerno delfuo terreno^ che dijìare
in L^Jjrica Capitano generale degli ejfercitiì che diraj?i
di L^ tttlio Colatino;, che per la uertufua dalVaratro^ et
dalla zappa Ju fitto il primo huomo di Romat^ Della qual
coja nejàcea poco contot^ percioch'egli era più vago della*
gricoltura;>che della DittaturaìDoue lafciamo noi il gran
Scipione x^ffricano^ ilpale molte uoltefe n andava in uil
la à traflullarfi con V agricoltura ì con quai parole loderà
io la indugia CT ddigenza di Seneca;, il quale difua ma/
no piantò de i platani;, cauò uiuai;, O" condufje acque? ver/
gogna del pr ef ente [ecolo ;, che quello, che Vanttco d hono»
refi reputò, queflo d uituperio iarreca^Da quello nobile
ejjercitio dell agricoltura uennero i cognomi di quelle no»
biltpmefimiglte de Fahij, Lentuli;, Tifoni, CT Ciceroni:^
^ fé in tanto pregio &honore eraqucfa arte apprejjo
de gli antichi^ che nonfolamentehaueuanoper cofa hono'»
G Hi rata
,1 LA V I L L A> D I A.
rata, O* magnijica lojcriuere Parte delcoltiuare i campii
come fece Hierone , Epicarmo , '^^ttalo;, Ftlometore,
JDiodorOj, c.yfrchela0j Mago , Filone ;, i^riiìandroj
Lifimaco^ Fiefiodo^ Marco K^arrone;, Columella;, Ca
tonej l^ergiho;, VliniOj V tetro CrcfcenzO;, "Palladio^ et
molti altri più noni di cpiefliy ma eticidio i Vrencipi uoìfero
roper col raflro le dure zolle della terra^ et maneggiar
VaratrO;, la jàlce^ la marra;, la uag-d;, il nomerò ;, i carri;, i
triboli^ le treggie:,gli arpici:> le corbe:, il vaglio ^ C^ altri
ruflicani injlr amenti^ perche douete noi dubitare della no/
biltd dellagricolturaf P* ancora che noi altamente ragia»
niate dell'agricoltura;, ^ che tanti illuflri Contadini hab»
biano con le inuittC;, O'JiloJoJiche mani^ con le cpiiali con*
feguirono tante uittorie^ CT tanto JcrijJerO:> gouernato Va»
ratro^ O* élimulato i buoi ^ nondimeno ^uejla arte non mi
può uenire in gratia^ considerando lajaticojit uita^ ^ h
mi ferie degli agricoltori^ d cui hor la temperagli rouina
i campi;, hor qU moiono i buoi p hor ijoldati gli menano
tiia le beflie : Onde la sbigottita fimiglia fé ne more di fi»
me 3 et i mejchini da capo ritornano d certa Jadca con dub»
bioja/j^eranza:, et q^ueflifono i vantaggi;, cpiefli i comodi j
CT ([uefe le fclicitd de contadini. P^. JVon Japete^ che
dalla necij^itd nafce linduflria(come pur dianzi ho detto^
cy chele fitiche^ che fo^rono gli agricoltori Vejlate in
campagna^
DELTAEGIO. ^
campagna^ fono cjudle^cbe glijattno guflar Vocio O" ripom
Co del uertto? la doue godono non altrimenti^ che bedano i
ìiauiganti;, (Quando dopo unfiticojo uiaggio allegri fi ridu^
cono in porto) in confr mattone della ^ualcofa dice l^er^
gilio
I riLLWNl
Rende ociofi il pigro inuerno;^ ond'eJ?i
Uè laci^uijiato bcngodonfi allegri ;
Fanno d vicenda lor conviti infieme^
%^ ciòfir lajlagionjredda glmita^
'Piti de piaceri^ e del ripofo affair
Che del difàgiO;, e de travagli amica ^
horficendo obliar ognalira cura^
Si come aVhor^chegid toccaro il porto
Sbattuti^ esanchi i legni^foglion lieti
I navicanti coronar le naui^
Dalla fitica ne deriva ancora la ^vieté deiranimo;, ep
fendo daWamhitione;, dalVaiiaritia:, O" dallinvidia rimoti^
ex lontani gli agricoltori. IP, Fior mai io non vi Co più ^
che rif^ondere;,fe non;, che Vagricoltvra O* vita rurale ut
rejlan debitrici di molto ;, innalzando voi tanto^comejàte le
fue lodtyfolui ricordo;, cheljoverchio amore;, che portate
alla villa ;,ui fa dir co fé dal nero molto lontave, P^^
s^nzi (jvelcho detto è uero^come fé Jojfe vfcito dalle
cor^
3+ LA V I L L A, D I A,
cortine di Febo ; Et tanto Jono alti i meriti di ([uejla non
mai d bajlanza lodata arte dell agricoltura;, CT baffè le
Jvrz^ del mio debole ingegno^ ch'io Jon sfirzato d dire in^
fieme conV^ergilio
p7 O N abbracciar defio co uerjì miei
\ Il tuttOp ne potrei uolend'ancora^
\ Che cento lingue hauej^i e cento bocche^
Con le noci d'acciar fonanti efirti.
"P, Io mi dubito p che uoi non habbiate tolto d confettai
re un flerco) uoi nonfirete maij che Vejjercitio di lauorar
la terra nonfia uile*^^ mi rido di ([uegl Imperatori;, Re;,
Cr nobilipmi Cauallieri^ che con cpaelle i^ìejje mani;, con
le (piali combattendo lanciauano dardi;, Cr conjèguiuano
tante honorate vittorie j^ z^pp^ :>f^^ci;, CT aratri adopera^»
feroy et /limulajfero i buoi;, cofe(cK al parer de Saui)pon^
to nonflconuengono ad animo nobde O" generofot^ Cr di
pocogiudicio mi paiono cptelli^ che prepongono Vagricol/
■ tura alle arti liberali^ ancora^ che gV Imperatori antica^
I mente rhauejjèro in tanto pre^io'y circa alla qual cofa udì»
te ciò;, che ne dice il Petrarca in perfona della ragione;^
doue tratta de rimedi deWuna;, e Valtrafirtuna.
\HO Rs^^ io ritorno allarte deWagricoltura^la cpiah
\ ejjendo operata da grandi huominij CT' da grand ingegni
fu gid in pregio^ nella (piale p come in molte altre cofe il
primo
DEL T A E G I O. ?r
primo loco tiene Catone Cenjorino;, di cui j bkhejiajcrit»
io con ueritd;, ch'egli foifè ottimo Senatore^ ottimo Orato^
re^ O^ ottimo Capitano :,Jìnalmcnte alla moltitudine delle
fue lodi fu agg^ionto agricoltore al jiio tempo,^fenza emolo
C^fènza ejjempio. Chi fi uergognerebbe adun.pic lauorar
la terra con Catone ^ Chi fi penferebbe:, che ffe brutto
quello :, ch'egli fi imagmò bellifimo;, haucndo e^li oltre h
iiertà del corpo '^ dcllanimo:, CT la gloria delle imprefc
fatte, triofto della Spagna ì Chi fi uergognerebbe di fh^
mulare^ CT ammonire i buoiyi quali drizz^ua quella uoce^
che haueua accefi tanti ejferciti alla guerra:» C^^ che hauea
elegatifimametejnodate mille dubbio je caufeìChi haureb<^
be in odio O^ Varatro el rafìro y ejjendo Jìati tocchi da
quella dotta O" uittoriofa manO;, la quale haueua riportate
tante uittorie de fuoi inimici:, CT haueua fritto tanti ottimi
libri appartenni allafloffa^ alla hifioria;, 6 allufo deU
la uita\ come fon quelli:, ch'egli frife di colui, che noi bora
ragionamo ^ ^^pprefo di noi egli primo diede i precetti
del coltiuar la terra, ^T gli mfe m fritto, il quale fii poi
feguitato da molti, de quali certi inalzarono quellhumile et
bafo ejjercitio, con nobilfimi, ZfT^altifimi uerf) de quali
ricordandomi, CT con quelli della necefitd della natU"
ra humana non biafimò Vag^ricoltura. JSfientedimeno non
fa^ che 6 la chiarezza de gli fcrittori^ 6 la paura della
l'i pouertd
3^ LA VILLA, DIA.
foiicrtd mi sforzi d dire :,ch^ ([liejla debba ejjer prepofla
alle arti liberali^ ne anco farla loro uguale ^ benché quegli
hnomini fojero infieme CT illuHri Imperatori , CT buoni
agricoltori '^ perche per amor del tempo la coja è mutata^,
ne ancora gl'ingegni nofìrifono b^Jleuoli d tate uarie ope<»
rationi^per ejjer la natura diuentata menfirte ^ <C^ in que»
/Il tempi no permette dgli huominidi qualche ingegno at/
tendere ali agricoltura;, come d principale arte *y ma ben
per fuggir lodo p et per un certofgrauamento dipenjìeri^
C?* lajciogli qualche uolta annejlar i teneri rami in fu
legiouani gemme , C^ tagliar le inutili foglie con la falce ^
CT piantar igiouani tralci nelle cauatejvjjiy perche elleno '
facciano fitto :, O" uolger i riui d gli affettati prati *y ma
arare ^ CT zappare pertinacemente o C9" uolqerfi tutto d
queflojludio Cfgtd la neccfitd non ne sfrza) non è con^
veniente ad animo tarile O" dotto ^ non potendoqli d fatica
mancar più nobile efjercitio\ la madre natura;, quando ella
diede larte dgli huominij^fcegltngegni diuerfi ^ accioche
ognuno defe opera d quello d che egli era più atto. Et uè»
drai qualch'unodi mediocre inge^noy il quale tanto mae^
Jlreuolmente folcherd i marij et arerd le terre;, che lacu^
tezz^t dellmgegno diqual fi uoglia flofof non gfi potrà
in quejla cofa porgere induflria alcuna) <fr farebbe cofa
pazza ^fiocca cotenderc non nella tua arte\ ma nellaU
trui^
DEL TAEGIO. 37
trui, potendo rimaner vinto in cojafi mIe;>eJJendoJiato nelle
arandtj?ime uincitore. p^ ^ Il Vararci ^ucfto dijje più
per dimojlratione d'ingegnO;, che di neritd:> CT noi potete,
dire ciò che ui piace J bajìa che igitifli /limatori delle cojc
confijjano;, che Vane del coltiuar i campi è molto nobile,
utile:, CT* necejjaria. P. Se nero è:, che una coja tanto più
nobile fi reputa;, qiuito ella e più antica:,per ejjerjlato pri»
ma la uita rujlicana:,che la citale ^la ragion uojlra haureb»
becpualche colore \ pur non jir eternai :>chel uo/Irofiuo»
rito l^ergilio nel fuo ruiìicano poema non la /limi coJa
da per Jone tali , rozz^ , O* di pigro ingegno j> c^tian^
do dice
S E fieddo (angue intorno al cor mifiede , ^
Si ch'io non pojpt intender di natura
Q^e/h (ì belli y e glorio fi ejfetti ,
Grate mifìan le uille^ el ueder d'alti
Monti cadendo;, andar rigando ijiumi ,
Con grato mormorar Vherbofe ualli 5
Senz<^ gloria amerò lejelue e ijiumi *
Et per ejjèr anco iljoggetto dell'agricoltura la terra^
la quale è di natura fredda CT pigra;, molto per lejùe qua»
htdfi conforma al freddo et j^igro ingegno de zottchi con»
tadmi, P^^ Ver que/lo p^ergiho non intende :,che Vartc
del coltiuar e i campi nonfia nobile ^ ma uuol Jlgntfcare,
Id ti che
38 LA VILLA, DIA.
che fe'lfuo ingegno non fard atto alla cognitione delle cofc
naturali:, clregli fi dard allagricoltura \ j^cr ejfer la uifa
degli agricoltori innocenti/Sima;, CT* priua dognipertnr^
batione : ben é nero, ch'egli prepone la Fijica alVarte deU
Vagricoltura t ma tutto ^ ch'egli dejìderi la cognitione delle
cofc naturali;, CT chiami filici quegli ^ d cui lalte cagioni
delle cofe non fon nafcojle*^ pur apprejjò allafilicitd delji»
lojofipone quella dcWagricoltore^ dicendo
B Q^J^ EGLI ancora firtunatO;, d quale
Tutti gli agre/h Dei conobbe y come
^an^ eluecchio Siluano^ e le (or elle
V^ezzofe Nmfi leggiadrette e cajle.
2^. Horpojlo;, che Vagricoltura fi Je arte nobile :,per^
che la chiamate uoi tanto utile & neceffariaì l^ ^ "Perche
fia tutte le arti cojl liberali^ come mecanìche niuna uè ne
ha;, cFd mortali apporti più digiouamentOp 6 fia più necef
faria ali ufo della uita loro. P* Qjiefla ragione non uale
per effere una cofa ifleffa col detto ito/ìro. T^ ^ Senza
Vagiuto di cojlci;, come potrebbero gli artefici continouare
nelle fitiche^ come Voratore per fuader ebbe y 11 poeta imi«
terebbe;,^ il dialetico difìinguefebbe d uero dal filfof
come letico cojlumatamente menerebbe la uita > liconomi»
co reggerebbe la famiglia;, et il politico gouerner ebbe le
cofepubhchc f come il filofofi naturale con felice odo uà/
chcrcbbe
DEL T A E G I 0. 59
chrcbbe intorno alla cognitione di quelle cofcp che fono
cojìfomerje nella materia;, che ne trovare;, ne intendere
jipojjonojenza ejjagiamai ? come il M athematico jilojo»
farebbe circa allmtendtmento di quelle coje^ che Ce ben ri»
trouare nonjì pojjonojenza materia^ pur colno^ìro inteU
letto poJ?iamo dalla materia Jjiogliarh et intenderle fenza
qiiella^Et finalmHe come jur ebbe il Metajijlco ad alzar»
Jìcon la mente alla contemplatione di quelle coje;,chefenz<t
materia (ono:,&jcnza quella intendere Ji pojjono :> fé dal
tiigore er uertu dell'agricoltura i corpi non uenejprojo^
Jlenuti? M^ Terentio F^arrone dice :> che nonjenza cau»
Ja i no^ìri maggiori dalla città d i campi mandavano ijiioi
cittadini \ per Cloche ne' tempi di pace eglino erano panciuti
da i ruflichi Romani^ & ne tempi di guerra da loro era*
fio difcjìjl Platonico MafimoTirio con molte uiue ra*
gioni :> Z^ jirtij^imi argomenti proua :> che alle cittadijono
più utiligh agricoltori;, che ijoldati. Ciro infegnaua dfuoi
Joldati la militia;, O" Varte di colmar i campi, accio chej^i
con quella fi potejjero dtjindere, C^ con queJlafoflenerf\
Gelone Tiranno dell fola Focaia;, dopo chebbe vinto i
Carthaginefi mandò ijoldati di Siracfa d lauorar t cam»
fi, ajjine, che con la fatica Zf^ tj] eremo f jàc effe ro più ro»
bufìt et forti per le cofe della guerra. Gli Setti g-iudicado
Varte dell'agricoltura necejjaria alla uita dellbuomo^in
H ili hi
40 LA V I L L A, D I A.
hifolamente mettono le lor fatiche ^ Cr fiudij*^ O" per Vu^
tik:>che tiajce da (^ucfla arte apprejp) de Romani Ju in tan»
ta reputatione V agricoltura;, che bavendo ^id preja Car^
thagine:, donarono uia ad altri Re amici loro tutte le li^
brarte^ che ni ritrouarono ; ne altro di cpielle riportarono
dRoma:>per far tradurre in lingua latina;, fé non certi
libri della^ricoltura :, et delle facultd delle piante di Ma^
gone Carthagineje, Et fé nolete più chiaramente uedere,
quanto fia utile qiiefla piaceuole C7" honorata arte deWa^
gricokura udite cpueU che dice Socrate apprejjo di JCe^
nofonte.Qf^ EST B cofe Critobolo tho dettoflamete^
perche tu tieggU;, che i grandi j e i potenti hanno in pregio
Vagricolturay però che conofcono;, ch'ella ha in f un non
fo che di fatica ddetteuole^ che augwnenta le cafc;, e le fo^
jlanz^ merauigliofamentep ejjìrcita i corpi;, egli ajjuefd d
poter foUener ;, occorrendo tutte cpielle fitiche , che fi con^^
vengono ad un huomo ;, che habbi l'animo libero ^ gene^
rofo) oltre d c^ueflo^ cpiel di che noi uiuiamo;, najce dalla
terra^ tutte cptelle cofe;, con le eguali noi adorniamo gli alta»
ri, e leflutue;, e noi medefimi^ come fono ghirlande p odori
di più forti, efimili cofe, uengon dalla terra ^ gli ofonlj, t
X altre cofe necejjariey la terra folo^ ò le produce, 6 le nu^
trifcey però che la cura ancor de be/liami fi può chiamar
Jpecic di agricoltura^ dalla quale habbiamo con chefacri/
fcando
DEL TAEGIO. 41
jicando poJ?iam mitigar Vira degli TDij'y EJc ben la terra,
è coti liberale al tenerci abondanti di tutti i beni ^ non per
duello ci lajja goder (Jruttijuoi;, viuèdo noi infingati nelVo^
cio^ e nella pigritia? anzi itjjuefa gli huominipche la godo*
no dfopportar ageuolmente caldi e freddi;, dando jorza è
ga^liardix d coloro ^ che con le man proprie Vejjercitano^
jàcendo diligenti;, ejolleciti cluegli altri ^ e hanno cura^ cht
lafia coltiuata^peròp che fi sforza d leuarfi la mattina d
grand bora y et andar confollecitudine d procurar gli ope»
ratori faccino rujfcio loro*^peró:>che nella udla;,comc
nelle città gli ejfercitr/ hanoi tepi loro determinatiti oltre d
^ueiìo;,fe noi occorrendo;, poter aiutar;, e dtfnder la cit»
td tua^ a cauallo^ 6 d piedi;, la terra è ([uella^che ti porge»
rd da poter nodrir caualliy e ti fardfanifimO;, e rfijientc
alle fatte he. Ejp, tinuita alle caccie-^ dandoti da nodrir
cani y e porgendo nodrimèto alleferet^ e i caualli ^ei cani
medefimamente fi godono dd futto della terra;, & delle
fatiche tue ti rendono il cambtot^ però;, chel cauallo ti dard
comoditd di poter andar la mattina d riueder le cofe della
uilla;,elaferamedefimatornarfcnealla cittd ^ Et i cani
guardano amoreuolmente^ che ne dfutii tuoi;, ne d befti<tn
mifaccin danno le fere;, 6 altri : rendono altrui ficuro in
ogni loco quantunc^ue fclitarior^ peró^ che occorrendo fue^
glian chi diafoccorfo al patron loro; oltre d ([uefìo;,q^ualc
ejprcitio
41' LA V I L L A, D I a;
effercitio più dcllagricolturu ;, rend^ gii buomini dt/pofli
al correre :> falur e ;> lanciar dardh efunili altre belle;, O*
utili operationi ? Qj^^l arte ricompenja più le fatiche^ che
fi durano in ejjercitarla? Qjiale è. di più contentezza^ d chi
è auido diguadai^nOj che cpuejla ;, la cpuale porge d clualun»
que fi impaccia con ejjaj tutto quel eh' è neceOarioì Qual
fa riceuer più copiojamente ijvre/ìieri:, douejtpuo la uer^^
nata hauer più comodità di buon fiochi^edi caldi bagni,
che nelle mlk;, douè lajlate poi fi può goder più beli ombre
e dolci aure;, e fiefche acque f dout fi pofan porgere d g^li
Dij primitie più conueneuoliy efarfifle più allegre f dbe
cofa può tenere i ferui più lieti;, e la moglie;, i fìgli ^ egli
amici più contenti ? d me certo parrdfempregran meraiii^
glia fé quelli;, chefn liberi di fé mede fimi p fìimerano;, che
altra uita apporti più dolcezza ^ commoditd^ et utde infe»
me;, che quejla dhauer cura;, che le cofe della uillafien ben
gouernatep e cujlodite.Si uedepoi^ che la terrafj)ontanea»
Piente ;,dd effempi d glihuomini nella giu/litia;, pero che
fecondo ;scbe 6 trafcuratamente;, ò con ddigenza è coltiuuta,
cofi rende il cambio ;> ò buono ;, 6 cattiuo co frutti fuoi ^ E je
accade y che da nemici in tempo di guerra fia impedita la
fia coltura ^ ejja ha coft nodriti CT" auezzi :> animofi e uà»
lenti ifuoifeguaci :, che e fi prontifimi ^ GT con gli animi;,
e co' corpi p pofon facilmente Qf Dio non gli è cotrario^
ricacciar
DEL T A E G I O. 45
ricacciar in dietro i nemici;> e predar j^^r lo continuo^ fan*»
tOj^che ne uiuatto abondantemente.Verò;, che in fai tempii è
piuficuro procacciarjl il vitto con Vurme p che congVin^
linimenti della udla. Var :,ch'ammomjca medefitnamentc
clihuomim V agricoltura:, non men^che la guerra;, adaiu»
tarji^ ejouenirji lun laltroj ejpndo;, che qiirjle due cojè
hanno in fé molto del fimdc:, per ciò:, eh' è necejpiri0;,che
colui:, che uuol firjrutto nella udla jiia vfi ogni ingegno
di procacciarci^ e mantenerfi i lavoratori amici) e preiìi;,
e/pontanei ad ejjerh obedienti:,e donile rimeriti ipellhchc
diligentemente fin cjueUchefe li conuicne:,e pumjca gli
ociofi &* negligentiMR^effe uoltegli eserciti con parole-^
QJ^inanimiJca;, egli empi di fj^eranze j conciojìa che non
men giovino lejperanze a fervi ^ che d liberi : anzi molto
piUp e cofi li ficea volvntariamentefir Vujjicio loro. Tutte
quefle cof;,medeJìmamente fi appartengono dfirad vn
buon Capitano;, verfo de faldati fuoi ^ onde fauiamente giù»
dicava c^uello^ che difc;, che Vagricoltvra è matre:,<0' nv»
trice di tvtte altre arti : la quale ^ s'ella e ben efjer citata ^
tutte altre pigUanfir za:, e fé per lo cotrario ella éjj^rez'*
Zata:, et abandonata ^ Valtre medefimamente ji corrompo^
no^ e dormono inutili^ cofi di mare^ come di terra, "P, Io
non SO) che cofafipojfa dir di più di ^vello^ che dtjje JCe»
nofonte in fiuor ddragricoltura, l^ , Qji^unto più fi
1 parla ^
44 1- A VILLA, DIA.
farla p fili crejce materia da diret^ non fapcte noi;, che Ca^
ione apprejjo di Af , Tullio dice coje merauiglioje in fi^
uor di ([nella ùelli/sinta arteì P, Si come mi hauete recita'^
to liflejje parole di ^enojvnte^doue altamète parla deU
Vagricoltura;, iiorrei;, cheficefle il medefimo di Cicerone^
l^, M. Tullio nel Uh, chejece della uecchiezza in per^
fona di Catone ragionando con Lelio ;> et Scipione;, parla
in ([ue/lo modo . P^ E JSlG O bora alle uoluttd degli
agricoltori y di che prendo diletto incredibile ;> li qnai da
ninna uecchiezz<^ impediti non fono ;, C^ mi paiono acco^
Jlarfi alla uita delfauioy perciò che hanno comercio con la
terra;, la ([naie mai non rijtnta lo imperio;, ne mai cjncly
che ha ricenuto rende fenz^ tijìira ♦^ ma talhor con minor e,
CT molte uoltecon maggior guadagno*^ benché nonfolo il
frutto certamente^ ma la uertù etiandiop CT la natura di
cjfa ter rami diletta;, lagnale;, poi che lojparfofeme nel
fio intenerito j C coltinato grembo ha ricenuto^ quello pri^
mieramete coperto confiringet^ onde la copertura y la qiia^
le fi tal effetto è nominata;, dapoi daluapore, ^ abbrac^
ciamento di lei r faldato difonde;,0' trahe da lui la her»
bfcente uerdezza;> la quale frmata alle fremita delli
crani a poco a poco crefe ^ CT drizzato lo annodato
gitmbopgid qua fi mettendola prima barba nelle vagine
s inchiude;, dalle quali ella^poi chef ori né ifcita la biada
d ordine
DEL TAEGIO. 4r
d ordine dijjnca tejjìita nejparge:^ et con lojleccato dalli
minori uccelli fi difende. \^ che tnijléderò io in dirui per
quante maniere fi piantino ^ et come toflo naJcano:> et ciuan*
io grandemente crescano le uitif non pojjo per la molta di»
lettatione di cotai cojefatiarmi;, accio che conojciate óiial
jìa il ripofo:> Z^ refrigerio della mia uecchiezza ^ perciò ^
eh w pofpongo la propria frza di tutte quelle cofe^che,
nafcono dalla terra ^ la quale da uno fi picciolo granucciO;,
quanto e quello del fco^ 6 pur deWuuUj, ouero dalle minu^
tifime femenze degli altri futti ^ tanto gran tronchi ^ C?*
rami produchi. Li maioli:> le piante ;> gli far menti;, le uiti^
le radici;, gli rajfofi nonjanno nò cotai cofe ;, che ciafcuno
con ammiratione dilettino f la uite^ che per natura è cadu^
ca^fe non èfoftenuta per la terra fi fende p accio ch'ella
ff^ff^ f dirizzi ?^l^^^^ccia con fuoi caprioli;, CT* quafi
mani qualunche co fa ritroua*y la quale mentre con uario et
errante tracorfofe ne ud aggrappando ^ Varte de gli
agricoltori col taglio la ritiene;, accio ;, dulia riempiendo^
fi di rami y non fé infelui^ne troppo fi diifonda in ogni par ^
te. Il perche in quelli rami;, che alla Vrimauera rimando*»
no ecci quafi;, come dgli nodi quel;, chef chiama Vocchio^
dal quale Vuua nafcendo fi dimoJlra;,che per lo fucco
della terra;, CT per lo caldo del Sole crefcendo;, prima è
acerhifima algufìoy poi maturata fi addolcifce;, et ueflita
la de
4€ LA VILLA, DIA.
de pampani di moderataJl<tgiom non mancup et dagli ec»
cej?im ardori del Sole fi difende. TDdla quale ^ che coft
può ejfere;, 6 di frutto più lieta^ 6 piuformofa d'a/petto ^ di
lui certamente nonjolo Vutilitd (come di [opra io di^i;, ma
etiandiola cultura ^O* la propria naturami diletta:, gli
.ordini delle piante;, lo accompagnar degli capi^ la relt^a*
tioney lo rejojjarey il tagliar de far menti :, ch\o dtfh C^ lo
injerire.y^ che dirò adunc^ue delle adacc^uationi^ delfof
fadare;, O^ del zappare;, Z^ ammotar le uiti:y per le quai
cofe la terra fi fa molto piufrtilefd che etiandio dirò deU
Vutilitd del ledamare f perciò che ne ho detto in quel libro ^
ch'io fcrifi delle cofe da uilla^ della quale il dotto Hfio^
dofcriuendo del coltiuamento della terra non ne fece men»
tione alcuna'-^ ma Homero^ il quale (per la mia opinione^
fii molti fecoli innanzijif^troduce Laerte padre di P^life,
per mitigar il dolore deWaJJenza del figliuolo acoltiuar
la terra:, <0" ledamare, Ne perciò le cofe della uillafono
diletteuoU folo per cagion delle biade ;, de prati ^ delle
uigne^ CT* ddle piante \ ma ancor per li giardini;, f^^S^^
hortij, per li pafcoli degli animali ;, per la congregatione
delle api;, ^ per la uarietd de fiori. Mefolamente lo in^
calmar à tagliatura;, ma etiandio a fijjura diletta , delle
quali niuna cofa più artificioja Vagricoltura ritroua . Io
potrei per molte dilettationi di cofe da mila difcorrere;,ma
quelle
D E L T A E G I O. 47
quelle:, che ho raccontato conojco ejpr Jlate longUJ?me*^
CT nondimeno mi perdonerete:, perciò ^ chw mi fono inuec»
chiato nello jludio delle cofe della mlla:> CT la mcchiezza
etiandio è per natura loc^uace^ acciò:, eh io non appaia lei
da tutti i uitìj hberare, Qjiinci adunque ne auuenne^ che
Marco CuriOy pojcia;, ch'egli hebhe de Sanniti? de Sabi^
ni;, O" di Tirro trionfato:, conjimò in tal uita Vultimo tem»
pò de fuoi giorni. La mila del quale in nero? mentre io la
contemplo Cperciò:, creila da me non è molto dijlante^non
fojjo d bajlanza bora la continenza di quello huom0;,hora
la regola di que tempi lodare. Gli Sanniti hauendo d Cu^
rio? che al fiiocofedeua portato grande quatitd di oro^jii^
rono da luiJ]^rezzati?percioche non bauere oro^ma com»
mandar d quegli? che nhaueffero ? dijje parergli co fa ho^
noreuole. "Poteua uno tanto animo non haiiere gioconda la
uecchiezzaf nò certamente. Ma io ritorno d gli agricoU
tori della terra? accioche da me mede fimo io non mi partii.
Habitauano nelle uille d que tempi gli Senatori ? cioè li
vecchi t^ percioche d Lucio Q^unto Cincinato arante fu
nunciatofe ejjerfato fitto Dittatore per commandamèto
del quale? Caio Seruilio Mala Sinifcalco del noflro Cam*
fo uccife Spurio MeliO;, mentre attendeua d confeguir et
occupar l Imperio. Erano Marco Curio? CT molti altri
uecchi chiamati dalle utile al Senato? dal che quelli? che gli
I Hi andd*
48 LA V I L L A, D I A\
andauano d domandare fiir otto detti uiatori, Tartn adun^
qiie^ eh la mcchiezza de fi fitti hnomini:, che fi fieno dtht»
tati del coltiuamento della terrafijje mirabde f Io per me
certamente non so;, fé uita alcuna più beata poft ejjere^^ ne
ciò folamente per la cj^ualitd del benefìcio;, che da cotal co»
fa ne rifilta;, perciò cheì coltiuamento della ter rafia fi^
lutare d tutta Thumanageneratione^ ma etiandioper queU
la ddettatione^ cFio ho raccontatolo" per lafocietdO*
abondanza di tutte Quelle coje^ che al vitto de gli huomini^
O' al culto etiandio delli TDlj appartengono *) ma perche
queflo alcuni defiderano torniamo hoggimai àgli agì CT*
piaceri della uilla ^ perciochejempre la cella del uino;, C?*
quella dell olio ^ CT lafaluarobba del buono etfollecitopa»
trone è piena^ O' la ca^a della uilla è tutta ricca 5 perche
ahonda di porci ^ becchi p agnelli p galline p latte ^ cafo,
CT* mele ♦ Qli horti neramente ([uanto fieno utili p gid è
manififlot^conciofia che (Quella contadini un altra carne
folata ejjer dicono. Et oltre d ciò Yuccellare & il cac»
dare (cofe tuttauia di opera ejlraordinaria ')finno cotai
colè effer piufiporite* che debbo dire della uerdura de i
prati.) ouer amente degli ordini degli alberi ^ 6 pure della
bellezza delle uigneJO' degli oliueti ? Io cochinderò bre»
uemente che della terra ben coltiuata niuna cofa può efere
ne alhfo più graffarne di bellezx^t più ornata, T. Per
guanto
DEL T A E G I 0. 49
quanto potejjc mai dire Senofonte, CT Cicerone in lode
dell'agricoltura, CT della tiita rufìicana con quanti pre^
giati, ^ frmofifcrittori le habbiano nell'opere loro loda^
te:> Cr celebrate, nonfia mai, cFio non /ìimi gran biafi^
mO;,^fommoiiituperio di quelli:, che con le proprie ma^
ni maneggiando la terra fi danno d quejlajaticofa O* ma^
ledetta arte, la quale(come uoi diteggia fi cotanto lodata^
Cr esercitata dagli antichi. />^, Nefolamentefi quejla
bella, nobde, CT gloriola arte dt coltiuare i campi in»
fieme con laurea, Cr dolcifima libertà del iiiuer rurale
anticamente da honoratiJ?imi perjònìtggi cr lodata^, O*
ejprcitata) ma non le mancò ancora chi di leifigloriajfej
&dfommalodefitenejJe VeJJercitarla bene ^ come chia^
Ktmentejipuo uedere nellejjempio di Ciro Ré de Terfi^
il quale ejjendo uenuto da lui Lijjandro Lacedemonio con
doni in nome de' confederati C^ legati con ejjo ^ dapoi che
amoreuolmente Ihebbe accolto nelfuo Regale albergo^, lo
meno in un belli/^imo giardino dfollazzop il quale haueua
in Sardi \ doue ueggiendo Lijjandro lordine merauiglio»
foj, la leggiadria^ ^ il compartimento delle piante ^ che
u erano pojle tutte infirma di quinconce^ cioè con una pa»
ritd ^tnifira angolare ^^ dirittezza da non credere
C come più chiaramente Jl può uedere nella fig^ura, che
fegue ;,^la quale è la nera pianta del detto quinconce^
cr
LA VILLA>DIA.
CT* infinite altre meratii^he ^dijfe al Re;,uerametite Ciro,
confiderando la uaghezz^ et ordine di ipicjlo giardino ^ mi
Jl^ipijco delVecceìlezct di ciucili^ che coji rnijiiratamete^ et co
tao ordine hapojlo ciajcuna cojà.al che Ciro rallegrado^
Jì^ rifhojè^ c^uejie coje, LiTandro^ iojlejjo le ho ordinate e
dtlpojle.
DEL TAEGIO. n
dijj^ojle^ a una buona parte piantate con le mie mani pro^
prie. Meraui^UandoJì LiJJandrOp e mirando la ricchez^
za dclueftirjìio^ O* ue^giendolo pieno di gioie di gran^
dtJ?imo pregio ;> e di riccami^ tutto ripieno di delicatura;, et
di buono odore gli dijje ^ che coja mi dici Ciro^ come può
ejjìre^ che cotejle mani habbin piantato alcuna di c^uefla
cofe ^Ciroriprefe le parole e dijpyd merauigli forfè.
Lijjandro ^ ti giuro per quel Sok:, che cpuando io mi fento
ben difj^ojlo della perfona non ojo di mangiar mai^Je pri/
ma non m^ affatico jin al pudore:, ò in (gualche ejjercitio uti»
le alla militia ^ ouero in (jualche operatone ddlagricoltu»
ra :, delle quali due cofe fono principalmente defiderofo ♦
il cbefentendo Lifàndro^ rallegradofi con efjo dilp;, hor
conofco;, che giujlamente puoi ejjer chiamato beato :> perciò
che alla tua uertù ne fono aggiorni i beni della fortuna ^^
IDt maniera ;, il mio caro Tartenio p uedete , che oltre
alFejfere Vagricoltura utiltfma ella è ancor diletteuoh
nelloperatione gratijfima apprejjo a Dio^ è fumata da i
jRe, Cr che più, ageuolifimamentefi lajfà imparare j ^
hauere da chi la uuole \ Il perche o chi dubita ( come dice.
Ifcomaco ci Socrate apprejjo di JCenofonte^ che Fagri»
coltura nonfipojfa chi^mareficnza magnanima egene^
rofaffi come noi chiamiamo generofi quelli animali ^ che
ejjendo bdlifimi et utili agli huominifno ancora manjiieti
K e dome-
rz L A V I L L A, D I A*
e domeiìici. P ♦ x^^nco hancteche dire in ftuorc delVa^
gricolturaìf^. Come non fapete^ che i Mikfij ordinai
rono^ che (Quegli douejjero gouernar le cittd:, i cui poderi
haneano trottati ben cohitiati f O* Romulo prepojefempre
ijaticofi agricoltori agli ocioji cittadini . Non ui ricor*
date d'haiier letto nelle hiflorie^come MumaVomptlio
con doni CT carezza Jenzu fine honoraiia ijollecitip dili^
gentil CT tndii/lriojt lauoratori ^ nonjàpete uoi^ che anti^
camente fokuajì dire in prouerbiO;, che male agricoltore
era colidj che comprafje co fa;, che'ljìto terreno baueffe po^
Vito produrre :y CT che pej^imo era c^iiel padre di famiglia:,
che nel tempo Jereno luuorajje più toiio in caja ;, che alla
campagna? Marco Catone a^erma^ che i noflri mag»
giori;, quando uoleuano grandemente lodare unhuomojo=
leuano dire;,egli è buono agricoltore*yet in oltre dice^ chel
guadagno ;, che najce daWagricoltura èpio^jlabde > ZD"
' jenz<t inuidia. M. Tullio anch^egli uuole ;, che ninna jortt
di guadagno più honeflo;, CT degno di per fona libera ji
pojjatrouare^che quello^ che Ji trahe daWagricoltura^
Tal che per tutte quejle ragioni;, ejjempi;, QT auttoritatiy
concludo^ che Vagricoltura è un arte diletteiiole :,nobiliJ?i»
tna:,iitde;» necefjaria, maejlra di dilK^enza^eJ] empio di
giuélitia^^ Jj)ccchio di perjimonia. IP^Hora d citta»
dmo potrebbe ragioneuolmete dire al uillano^ come dijje il
magno
DEL TAEGIO. r?
ntdQ^fio L^lejpindro nellctrriitar^ eh ficc alUJèpoItum
O jortunato^ che fi chiara tromba
Troua^h ^ chi di te fi altofcrijje^
T^^ x^nzi trattando io un talfog^etto col mio baf»
fo iìdefcemo le lodi dell'agricoltura^
Ciy è dHomero degmfima^ e d Or fio ^
O* del Vaiìorp eh ancor JMantoua honora^
/da fi come L^lejjandro gionto^ ch'egli fu alla Jà^
mofa tomba d's^chille:,ffjnrandoy et dandogli delfor^
innato mo/lró d'hauer hauuto dolore della forte di qiiello\
cofi il cittadino fé guflajfe un trattole dolcifime amari^
tiidini della uita contadmefcafon certtftmo:, che ancFe^
gli porterebbe inuidta al contadino^ P, Ejfcndo Vinui^
dia dolore del bene altrui j^et r agricoltura cofi mala,
come porterà mai inuidia Vhuomo ciuile allagar icoltur a ?
p^^ V^oi^teun prefupofitojaifo'^ perche ìagricoltu^,
ra non è cofa mala. P. Se V agricoltura non fnjje cofa
mala^ ella non farebbejlata effetto del peccato;, QT male^
dittione del grande Iddi0;> ti quale cacciando \^ damo
dal Varadfo delle delitie, dtjje maledetta fa la terra,
nellopera, C^ nelle fitiche tue mangerai de ifuttifuoi :
Et fé la pena del peccato fife peccato^ lagricoltura:} che
fi pena della dfubidienza d^.^ damo farebbe cofa mala'y
K i i per»
M LA VILLA, DIA.
fer cloche folamente il peccato è male : ma fendo il cafli*
go del peccato cojagiu/ìi^ima efufifaj^feg^ue ^ che lagri*
coltura e coja buona j O^fe nonfijp tale indarno con le
fitiche:, etjlidore del noltojiio^ nonhaurebbe ricouraia la
grada delgarde Iddio ^ che perdette nelle dcltcie del ter»
rejireVaradtfo;,le cpuali delitie:>cht le aj>imighajje alle
delicatezza de gliocioji gentdlmomini^che uiiiono alle
città:, non commetterebbe errore :,Ji come anco non erre»
rebbe chi dtcejp lejàtiche de contadmi ejjèr Jreno al pec^
catO;, O* gli ocij de cittadini JJ^rone aljallire ^ Jr adim<^uc
Vagricolturafii cailigO;, V purgationc del male;, uoi non
dourejle dir mal di lei:, anzi chef te tenuta d lodarla:, per
lo buono effetto y che da lei nac([nt. P. Io non pofo loda^
re un arte :, che nf gai ad offender la natura p Vfr molti
mali e f etti, l^ ^ In che manierai P. In che maniera ahi
non ne mofra cojlei molte mojlruofe fbricbe di piante^
Jlrani inne/h , & methamorffi d alberi :, non ne infgna
rinchiuder nelle gabbie:, nelle pefchere:, C^ ne'uiuai quegli
ammali, che dalla naturafronojatti hberifOnde habb:a=»
vto noi imparato ilfr congiungere i caualli con Vafne, e
i lupi con le cagne^ onde mule C^ Ucifche ne nafcono con»
tra la legge di Matura, fé non da (pie fa arte? con la (pia»
h:, CT' la pajlnrap CT la pefcagionC:, C la caccia vanno*
Che cojafìf non Vagricolturap che ci ajjotttgliafe Von»
gegno
DEL T A E G T O; sf
gegno nel linOy il ([uale di piantajauo uela coljìato de uen»
ti sforzagli hnommi ad affogare in tnare^^ come fé fojji
foco d morire in terrafAIa che fittagli agricoltori Jii»
ferflitioji:, CT contrarli alla legge divina^ credono con
certi lorjegrefi) ojjeruationi p C incanti di poter accre»
(cere ijcminatip acquetar le tempcjle^ cacciar i lupi^fèr'^
mar lejiiggitiuejiere^ incantar le infìrmitd delle pecore ;,
CT altre cofe merauigltofe. l^ , P^oijate:, che molte co^
je fieno male^, CTfn buone ;> C^ molte altre ne attribuite d
glt agricoltori:, che non appartengono al loro ufficio \ ma
quanto a miracoli;, che dtte credere gli agricoltori di pò»
tcrflr con certi loro incanti ^ ui rtjpondo;, che dal uoU
go molte cofe fono tenute per miracoli^ le quali f no pe^
r 6 naturali t,Jè noi hauefe quella gran cognition della
JSIatura^che anticamente haueano i Verfiy gì Indiamogli
JSthiopi;, C3" i Caldei;, non parler ejle in quello modo '^ non
fapete uoi^ che i diligentifimi ej^loratori della natura;,
conducendo quelle cojè;, che fono da lei preparate p CT* ap^»
flicando gli attiui d pafiuip molte uolte innanzi al tempo
ordinato dalla natura ^producono e^etti^che dalla gente ^
d cui fi £ notte innanzi fera^fono tenutijlupcndi miracoli^
^ pur fono cofe naturali p non uinteruenendo altro^che
lafolaanticipatione del tempo ^ come s'alcuno di M arzo
facejfc nafcer rofe^ ò crefcer Vuue mature inpocofjiatio
jK iti d'b ore
fé LA V I L L A , D I A .
dhore^ CT* dipiufàcejp tiajcer nuuoIe:,pio^giep tuotth O"
animali di dtuerfe forti t ma lajciando ^ue/ìi fegreti di
natura;, uoktCj clno ui dica ([uaUJieno le malie^ CT incan^
ti;, che tifano i buoni agricoltori per accrejcer i lor jemi^
natii P. Qjialtfono ÌP^ ^ La^tica;,Vinduflria^ C^ la
diligenza'-) cr /e d me non credete^ domandatene d C.Fu»
rio CreJìnO;,il([uale ejpndo inuidiato :, perche traheua
maggior frutto dhm fio picciolo campicello;, che nonface^
vano gli molti del gran terreno^fu accufato da Sp, t^U
bino per incantatore ^ che difruggefe le altrui biade ; on^
de egli nel giorno ordinato al giudicio p s'apprefento in
piazza con tutte Var mi rnflicane :, con una fia figliuola
giouane^ C^ robujla;, CT* con un paio di buoi ben pafiuti^
CT (gagliardi;, O"poi riuolto uerf i giudici dife • i^^-
(li fono Romani ^ ([uefli fono gfincanti ;, con i (puah ho
danncQ-j^iato la mejjóne altrui ♦, mi duole di non hauer pò*
tuto condur qui al uoiìro cojpetto lefitiche^ ifudori ^ CT
le uiqilie;, ch'io ho durato per render fcrtde il mio terrea
no. P. ^dunque anticamente fi JàceU'ino giudicij fopr a
la maniera di coltiuar la terra, l^* Senza dubbio^ non
fapete uoi;, cKappreffo Romani;, nera una legge;, che da^
uà auttoritd al Cenfore di cafligar ([uegli;, chejvjjero nC"
gligenti nella coltura defuoi poderi. Gran diligenza cirm
ca al coltiuar della terra fi ufaua ancora apprefodc
Pcrfi,
D E L T A E G I O. ^7
Terfi^nel tempo :, che regttauaCiro^comefi puouedere
in qitejle parole di J^enojvnte dette per bocca di Socra^
te ^ Qjianiopoi alla faluexx^ depopoli:>0' abondan^
za delle città:, e contadi;, noi fappiamo;, che cjnei luoghi ^
ch'egli iflejjo poteva ricercare y lojaceuaprontiJ?imamen^
te \ ne gli altri poi teneva del continuo perjone di gran
credito:, chejàcefjero cine fio medcfimo^ e fé Ivoghi vedeva^
6 intendeva ejjer Jrecpnente d'habifatori p O* di inlle ben
coltivate p C^ arborate^ e Jrvttifvre honorava ^vegli^ che
uhavevanopo/h principi in nomefvo in tai Ivoghi p C3" gli
accresceva dominio:,^ di doni:>^J])ecialmente di (edie.
honorateìi rimeritava: ^ per lo contrario pvniva^ e pri^
tiaua di principato c^velUp che lavavano le città;, C?" // con^
tado mancar dlmotnini;, e difvrtilitd;, e nodrirfi neWocio^
'P, Guai d me fé anco hogqidi uivejjero cotejle leg-gip C?"
cojlumip perciò p chw non vado mai d uifitare i campi miei^
ne mi curop che uadtno inculti *, purp che da tal negli(renza
ne nafca la coltvra delVanimo mio\ meglio è Q come folca
diri^^ ri/lippo^che'l poder uadi mal p me^ duo per lui,
P^. F^'oi in vdla commodamente potrefe attendere alla
coltvra del campo O" dell'animoypercioche quefli due uf
fctj non fono tncompatibdi. "P. Se circa cìlagricoltura
anco hnggidt fi feruafjero le lepgi de Romani p C^T de
Perfi^ non farebbe meglio fir e attendere alle uojlre pof
ffioni
rs LA V I L L A > D I A.
jej^toniper un diligerne jattore^ ^Jlaruene mi alla citta\
dotte celiando pur uolefle ancor dar opera allijludf/ di Fi/
lojofìa ;, trouarejle maggior comntoditd ^ che in mila ^
T^ , Cote fio nò p perche lo JlrepitO;, CT* comercio delle
città è capital nemico deHijiiidif delle buone lettere:, i quali
con Vagricolturafilicemente fi congiongonO;> O' il filen^
tio delle campagne piacque fempre alle perjònejludioje^
C^ chel jìa nero lo dica Marco Tullio ^quando con
grandi/?imo ddettojilojofaua hor nel TuJculano;> bor mi
Cumanoy bor nel Formiano;, CT hor nel Vompciuno *, lo
dica Seneca^, quando nel fuo Sabino con fvlice ocio:,0'
gran quiete d'animo attendena dfuoi honoratifimi jludij \
CJ* quando con mirabile artificio conduceua acque ;> e bei
Cuoi giardini irrigajjèro) lo dica M . Caton Cenjorino^
che tanto Jii uaqo della uilla:, chebbe d dire non poterai
frollar uita più beata di quejla*^ Traccio L/. Lucullo;, Ta*
rio Rufo^ Q^SceuoUyC. Martio :y Cr molti altri;,
che godettero lafilicitd della uilla t della quale nonfola^^
mente ghbuomini;, ma anco i Di/;, &" le Dee ne furono
JludiofiJ?imi ;, come fi' Bacco ^ Tan ^ Saturno ^ Cerare^
Diana j Flora;, Vale ^ Satiri 3 Fauni ^ Siluani ^ Driadh
Oriadi :, Mapecp^^madriadi^ Naiadi;,^ altre tali
Ddtd. P. Ver dar opera allijludij più commodi fono le
città ^ che k uille^ del che ne può dir teflmonio lajludioja
y^thena^
DEL T A E G I O. n
K^thena. P^ . Se cofifijp il diuin Tlatone non hanrcb^
belafciato i^thenepcrIauiUa:,che elefjc per la tanto
fua celebrata y^cademia^^ Is/onjàpete tioiy che lajolitu^
dine delle campag^nefufempre amica delle perjone lette/
rate:, dijpirito^ CT di ualoreì non in ricordate noi d'hauer
letto ^ che Seneca;,Jcriuendo d Lucilio Balbo ;, lo auerti/
(ce p che desiderando dt coglier Jriitto dalle letterejì debba
Jèquejlrar dalla moltitudine de gli huomini;, CT da i tumuU
ti delle cittdp CT ritirarji in loco remoto^ oue non uegga^
ne oda coj}^ che lo ritraghino daljiio propojìto ? il mede/
fimo ricordo diede Vlinio nipote aljuo Fondano'^ in con»
jirmatione della celiai cofa il dotto Filone Hebreo dice
ejjer necejpirio d chi uuol caminare per lo jaticofo calle
delle uertà il lajciar d dietro dpenjiero dogni altra cofat^
fer (juello i poeti non jìnjero^ che le mujè habitajpro ne
romori delle citta, ma nella jolitudine del monte Varnafo^y
per ^uejlo il Tetrarca;, flore, per cui fempr e fiorirà Fio^
renxct confumò la maggior parte defuoi giorni in uilla j
oue (^ come egli folca dire ') non u erano
3^ u^ L L^ Z'Z/ 1 , non theatro, ò loggia ,
hi a in lor uece un l^ bete, un Faggio, un Tino ♦
Tra Vherba uerde , el bel monte uicino^
Ondefifcende poetando e poggia ,
Leuan di terra al del noflro intelletto,
L Ter
XI L A VILLA, DIA.
\Pcr c^uefli njpettifu molto amico della mila il dottif^
fvnoVolitianO;,in jrdc della c^ual cojlt^nditc duel^^ctni
dijc
Quanto èpin dolce y e c^nanto e pitijictiro
Seguir kJiereJuQ^gitliic in caccia
Fra bofchi antichi fiior dijvjja:, 6 muro p
E /piar lor coiài per Unga traccia ;
Feeder la tialle:> e7 colle;, e Vaer puro^
L'berbe:> ejìor;, Vaccjiia uiuay chiara;, e ghiaccia^
T^^dir qli atigeifuernar^ ribombar Vonde^
E dolce al uento mormorar le fronde.
Quanto gioua dueder pender da un'erta
Jue capre;, e pajcer c^ueflo^ e (juel uirgulco^
El montanaro d l'ombra più conjerta
JDejlar ìa(liajampogna;,eluerfo inculto ;,
feeder la terra di pomi coperta ^
E ogni alber dafuoi Jriitti c^uajì occulto^
V^eder cozzar monton^ uacche mughiare^
E le biade ondegg^iar^ come fai mare ,
J-Ior delle pecorelle d rozzo mailro
Si ucde d lajìia torma aprir la sbarra^
"Poi quando mone lor colfuo uincafiro;,
IDolce é d notar come d ciajcuna garra^
JHorfi uedc il uillan domar col rafìro
Le dure
DEL TAEGIO. ;?
Le dure zolle , hor maneggiar la marra ^
J-Ior la contadinella (cinta ejcalza
Star con lacche ci filar Jotto una balza ^
'Perjimtl cagione il F teina Jì ritiro nel fua monte iiec^
chio . Il Vico della Mirandola habitaua uolemi^i mila
villetta Fcjulana. Il Sannazaro je ne (lana al ftamnorito
l^avjllipo. Il medejimofcce il Bembo ;, ([ucl inr^MÌo fvn»
te dijcicnza. Ma pialleremo naigli ejjempijoìa^mite da
i morti ì IVon hubbiamo noi boQgidi il prudeniìj^o S *
Gio. i^ngelo de Medici Cardinale jamojijùnip ^ C^
tetnpio di Santità ^ religione f nelle cui lodi non vaglio
entrare al preQnte^ potendo pia agevolmente trovarne il
principio^, che'ljìne:, bajla^ che in vero fi può ben dtre^
ch'egli fia uno de' primi protettori;, Z^ ferme colonne, dcl^
la Chrislianafcde. Qjieslo nobile;, ^ generofofpirito
anch' egli è fi vago della villa;,che nel tempo ;, che l'alta fia
mente da luogo d i pia gravi pensieri ;, lafcia Melano per
godere il giocondij^imo^ anzi beato loco di Frafcarolo,
ove gli antichi marmi;, lefuperbe muraglie;, lampiejlrade;,
Je vive fontane^ anzi lucenti O" pungimi crijìaUr^ i lieti CT
felici giardini^ gli ameni Q^fultif^imi bofchi;, ravrafoave^
che levando la rabbia del celejle Cane ammolhfcc ilgravt^
G" acuto caldo del Sole :, quando ritorna ad albergare
col fero Leone j la bella vifia^ et naturale perfj-ettiua del
L a verde
^^/4 LA VILLA. DIA.
uerde ^ fiji^ggi^tntc colle :>con tutte altre doti della l^a^
tura e dell'arte;, che defiderare fi pofpino:, riempiono gli
JJ)ettatori della gratioja mila di gioia;, CT di meratiiglia
infinita. Qjn uiene ilfiggio O' gran T'atierna^Jiipremo
Cancclliero del Sereni^. Ré di Spaqna;, CT chiarifima
luce della gloria AI ilaneje ;, quejli quelle poche hore^ che
può rubbare da gVtmportantifimifuoi negotij ^le dtjpenja
bora nejtioi uagbi giardini di Melano p hora nelfccondij^
Jìmojìio cotado di Landriano, et più nelVaprica mila della
Jamofa Canonica^ per la cui uicinanza il Labro et JMon^
Zaje ne vano tanto altieri, Qjjift^ luogo è fi allegro gio^
condo^ et merauigliofo;, che quanto fcrijje già mai la Gre^
eia ;, er P^oma ^ delle fiperbe fabriche ;,C^ de ^li ameni
giardini di L^lcinoo^ di i^\lante^ ©^ degli antichi Re
di Media è nulla d paragone del liUo> <fy ridente col^
le chHui fiuede ^ la cui uaghezz^ e tale^ che mifijlupire,
quaVhor di lui confiderò laprefenxa ^ Varte^gli honori . i
Jrtitti peregrini^ gli arbufcelli^i fiori^Vherbe ;, gli odori ^ i
ben mifuratifentieri ^ l'acque chiare;, chef orrendo per gli
herbofi calli y uanno a trar la fete alla ucrde famiglia di
"Priapo conffoaue mormorio ^ che fanno inuidia ci quelle ^
che in Helicone fono tanto pregiate J' ^^ pollo CT dalle
dotte for elle. T accio le folte feluc;, oue i Satiri et Vani con
k Driadi fanno lieti d cantare i pregi^ le pompe ^ CT le
ricchezza
D h L TAECilO. ^;
ricchezza dell'ameno luogo. Traccio V herbe;, le radici;, O*
ìjrutti portati da i longhi confini di Terfta;> d^ndta^ZD" di
Libia-^i quali menano felice uita tra noi;, no temèdo iljrcd^
dofpirito di u/TilmlonC;, ne la mutatione dell aria ^ cr del
terreno *y onde chiaramètefi uedc come la natura cede alla
indu/ìria:, CT per longo ufo muta copume. Taccio infinite
altre coje degne di confideratione O" merauigliap ehm fi
ueggono:, er coeludo che tanta è la piaceuolezz<t di queiìo
amenifiimo colle;, che quelli che ui uègonogli fare di ueni»
re in luogo fimile d quello;, oue dicono habitar gli animi no^
firi p quando partiti di qua come da un tempejlofo mare
arriuano in parte ;,doue fermati ^ per non ejlenderfi più
oltre ildefderio loro;, contenti godono una tranquillità in»
finita. Hor doue lafcio il mio VadronC;, CT uertuofifimo
Monfignor Boromeo^Jf^ecchio neramente di bontà O*
di uertùt, qucfi alle uohe per ricreare lanimo affaticato
udii fiiOi honoratfimijìudfj C^ dfcorfi di cofe di gran^
didima importanza pluf ia Melano per andarfene d ui»
fitare la Regina del laco M aggiore ;, dico K^rona
contado fiO;, CT luogo fi ameno ^ gratiofo per la bontd
dell aria;, per la uicinanza dell acqua p<2" per la ferii»
litd del terreno^ che la bella riuiera non che di Lario^
CT Benaco :, ma di Vartenope ^ C^ Gaieta con la uà/
ghezz^f del lor tnareThirreno ^^ cmtinoua uerdura
Li ili di
j^ LA V I 1. JL A , U I A .
di aranzh litnoni et cedri :, portano graJifSinta imddia alle
fronde del ricco yfamofo:, & beato I^er batto. Ma doue
Cete uoifirjnor Gio ♦ Battijla Ratnoldo Senator merttij^i^
mo f a udì tocca pur di honorare (jueslo TDialogo del uo^
tiro alfutionatif^iino Taegio con la chiarezza del uojlro
nome ;, d noi tocca di abbellire c^uejla fiia Filila ;, anzi
*Parnafo^ che (Ite Qfe la uojlra modestia cottjentep. cìno il
dica ^fipremo ornamento delfacro coro delle Mujc:, O*
amictJ?imo della uilla. hlor nenga il mio leale^jìnccro;, et
cortefe Monjtgnor Ennio Riccio meco congionto in le^
gami dWo d amore, O" tale^ ch'ei uiue nel imoler mto^ O*
io neljìio di maniera;, chejra noi due fi uerificano ([uè ner^
fi d'I-Joratio p doue dice alJJio amato ^^ritio
l ciuel ;> che limo uuole ^ e laltro ancora
f^uol parimente p e nega ciò ch\i nega ^
Efjendo in ambi un animo fraterno
E uiuendojra noijchictti efinceri
Si come puri e candidi colombi ♦
In due fio honoratifimo gètiVhuomo è ima cortejla in*
•finita puna bontà fondata con altifime radici^ una dottrina
uaria degna neramente d'huomo noLilc y et tutte (Quelle ho»
fiorate (^ualitdfipojjono defiderare ^ cpiefii e fi amico deU
la inlla:>chefouéte figge la città di Melano per andarfe^»
ne d jy^illantefuo feudo p Cr loco fi piaceuok p Cr orna»
todi
DEL TAEGIO. r?
to difuperhe fibriche ^ C^ delie afij?imi giardini ^ (guanto
altro fia nello (lato di Melano, Tra quejli honoratiJ?imi
perjòna^gi uictte il cortcjh C^ dottij^imo Monfìrrnor
Sfindrato grande O" illujlre Senator di Melano^ CT"
rarijstmo ej] empio di uertiif (incili dopale moke cure^
che ^li apporta VhonoKitiJ^tmo grado Jìio lajcia JJicjJe
volte la città per godere l'aperto cielo^ ^ amenità della
J^lendidij^imi mila di BellaJìo.JMa douc refla il dottij^i^
vtOy CT* giudiciojìjjìgnor Cejare Simonetta;, il quale con
grandtj?ima recrcatiofte d'animo conjuma i Giorni Cuoi
nella piaceuoh mila del Cajlellazzo> douefra infinite co»
je degne di meraniglia:, ha d più bello & delicato qiardi^
nO:> duo mi uedej^i mai. P. Deh fé non in annoia ^ ditemi
come é fitto quello bardino, J^ . Il loco è cinto d'attor'^
no duna pongettftma^Jvltay CT larga f epe:, la civaie noti
Jolamente lo difende dalle greggiC;, CT dalfiror d\^ ^
(^uilone : ma allajlagion nouellayjjiargcndojoaue odor e ^
allegra d ben piflofentiero ;, CT prejla il nido d nulle tia^
gin augelletti^ che con noue C dolci rime Varia adolcen^
do cantano i lor c^mori. Ejjo ha d'intorno da fe^^
per lo mezzo in molte parti itie con dritta Taglione fi ben
mifurate:, C^' a dritto occhio tirate:, che effendopari i can*
toni:, O" leficcic uguali;» l occhio al mirar non nefente of^
fifa alcuna;, ne fono kflrade troppo ampie ^ ne fretti/ti^
me^y
rs I^ A V I L L A> D I A.
tm i mu tali, che ben confinno al delicato giardino. Valirt
parti poi di clucflo piaceiiol locoj oue deono albergarci
Jìori;>^rherbeJJtrgono(luadratc con uag^oaJpetto-^O*
tra lor diftinte^ et pari, Longo i calli y che iauolgono in»
torno d detti iptadri s'alza la palidetta faluia , il uerde
rofmarinoj Volente fpigo, il iiago mirto ^ il crefpo hujjoj
il tenerd lenttjcojl pongente genebro;,d parnafìco alloro,
Yhumd corbaxzolo;, CT altri fUnili arbiifcelli;, che ordina»
tamente pofliyO^ tenuti ba/?t dalla maejlreuol mano del
faggio cultore sferrano tutti i jentieri del felice giardi»
no. Il camino principale ;y che parte d luoQ^o in croce:>è
coperto di pergolati di nouelle uiti^icui lati jono cpiiaji
tutti chiufidi rofai;, Q^ gelfomini;> che fi grande C^ grato
odore: rendono per lo giardino^ che in nero parc;, che tèi
fieno tutte lefpecierie dcllOriente, Et le flrade fono fi
ben difhCe dal Sole^ che dognhorajotto odorifera et pia»
cerni ombra fenz^ ^jpr tocco da raggi di (Quello ui fi può
per tutto andare. Le piante poi fi)no con merauigliofo or»
dine pofìe, O* di ([uelh;, che fono tanto lodeuoli^che Vaer
noflro patifcono cjuiui né grandtfitma copia, j qiiiui fono
fenz<tfine gVingeniofi innefh ^ che confi gran memuiglia
al mondo mofirano^ guanto fia Vindufìria d'un accorto
giardiniero, che incorporando Varte con la natura fi ;> che
damendnc ne riefce una terz<t natura^ la ([ual caufa ;, che i
frutti
DEL T A E G I O. e^
Jriitti fieno iluiui piujap oriti ^ che ahroue, v-^' fftati delira
in Ciapo del giardino né un praticello dipinto di milk ua^
rida di Jìorh oue Vaurcjoaui ^ cpiajì Jra lor Jcherzando
dolcemente finno tremolar le tenere et minutijùme hcrùct»
tCp O* in oltre qiieflo ameniJ?imo prato è chiujo intorno di
verdi C^ mi limoni;, aranzij ^ cedri;, che pendenti ^frep
chip acerbiy^ maturi haueano i pomi loroinjìeme con i
fuoijiori.T accio gli odorati^pretiofi^ O" rari arbufcelli^
portati fin dalle parti d'India ^ che illijlrano la hellezz<^
di c^ueflo aprico loco, Taccio uno ombrojop CT diletteuole
boschetto p oueforgerfiuede il drttttfimo i^yfùete^ la ro»
hujla (^uerciay Valto/raj^inop il nodorojo cajlagno^ lecceU
jo pinop Vombrojo-^ggiOp il Jragde tamarijcop Vincorrut"
tibdtigltap lOriental palma p il fiinebre ciprejfo^ il durif
Jimo corniOp Vhumil falcio^ VameniJ?imo platano ^ CT altri
bellifmi alberi^ i quali non fono fi dfcortefi^ che con le lo»
ro ombre uieténo del tatto intrar i raggi del Sole nel bel
bofchettOp anzi l'herba^ che neper dètroper diuerfepar'^
tigratiofamètegli riceue, Quindipoi nafcono diuerfe ma^
nieredi canti d uccelli;, i quali fi dolcemente cantano^ che
mentre Vhuomojla intento alla loro harmoniajj^ejje fata
non s'accorge p chel loco épienojorfe di mille varietà d'w
nimaluli accio mille rijpnfli recefi dellamenifimo giar^
dinop intorno al quale acanto allafiepe con foaue mormo»
M rio
rio dtfcorre un rujcello d'achilia procedente da una chiara
■fontana;, che forge nel mezzo d'una grotta^ che giace dal
canto fini flro del giardino ^ CT* dell accana:, chefaprabon^
da dal pieno della fontana;, parte attornia il giardino ;, ZT
parte intra in una belltf^ma pefchiera intorno cinta di
iiogQ-ioli di marmo bianckij^mo^ CT ornata di merauigho»
fi intagli , marmoree figure^ CT* infinite belltfime unti»
chaiej che par C;, chejliano d contemplar la uaghezz<^ deU
la notabile pefchiera t^ oue fi ueggono i pejci tn frotta
andar notando;, C?" talhor fguizZ(^ndo ufcir agalla ^ CT*
Vaccina è fi pura^ tran^uilla^ CT chiara^ che gli occhi c/e
riguardanti fenz^ impedimento alcuno mirano la diuerfttd
delle pietruzz^^ che fono al fondo '-^ C lejiatucj che fono
intorno ;,come in un ben polito fpecchio fi ueggono parimen
te nellaccluai^ ondHo ui prometto e giuro ^ che alcuna uolta
nel nafcere;, ^ tramontar del Sole^ ho uiflo cofefi belle ^
CT merauigliofe nella detta pefchiera ;, che mi parea uifp
fé un altro mondo *y ^fi dolce m'era ([ueflo errore^ che
non uè certezza;, che l'^ggf^a^J^<^fJ^* Taccio infniti altri
miracoli di cine fio loco \ Et fé non foffe^ ch'io non uoglio
mefcolar le fiuole col tieroj dirrei^ che cpuiui :> CT non in
Cipro Joffe il regno di f^enere ^ CT delfuofigliuol Cu/
pidot^ ([uiui ogni cofa ridcp C?" e ripiena d'amore y di gioia,
er diìlupon^'y c^uiuifempr e fi ueggono nuoue merauighe et
piaceri^
DEL TAEGIO. 69
piaceri. Ma eh piti ;, (J^mi ijiori CT l herbe nonfolamen/
te dilettano qli occhi corporei dejjiettatori ^ ffia d'un foa^
ui/^imo cihopajcono ancora cptiegli della mente ^ perciò che
dentro de quadri fi ueggono di belhj?tme impreje con motti
Viotto arguti j CT ingenioji*^ O" cofi quelle come cpie/ìijo^
no compo/ìi dijìori, CT di minute ber ietterai che bijogna
ben chejìano ddigenti quegli occhia che per f]iejJo ^ ch'ini Ji
torni non ritrouinojempre cojè noue;, CT* degne dicovjide*
ratione, JDi maniera;, che ragioneuolmente a que/ìo ame»
mJ?imo giardino ceder deonogli horti dellHcfJperide;, et
di^^donip et infua lode J])argerji dourebbono tutti i pia
purgati inchio/Jri. P* J^oi hauete detto di gran coJe\ ma
(^ come fi dice') mi dubito ;,che non fiate Jlato per un porro
dfare un bel mazzo : ma (Jè non uincrefce^feguite d dir»
mi quali fieno quegli huomini diJpiritO;, che lafcino le citta.
per le uille. J^ ^ Qonofcete il S, .Aurelio Cattaneo*
"P. Conofcolo per un gentiliJ?imof^iritO;>et huomodibuo»
ne lettere, T^ , hlon ne lafcia egli la città di Milano 3
doue puojlarjene agiatamète^per uiuer nella fua amenifi^
ma uilla di Cernujchio, Et che dirò dt mejpr Gio^^^m*
brogio Monetai^ Ferrante:,^ Lodouico;>frateUi^ i qua»
li, mercé di quegli animi:, chef per tempo hanno dato luo»
go d i maturi Z^fintipenferij lafciandogli amori? le fi*
Jie^ e i giochi;, che la fcapeflrata giouanexz<t porge innan»
M il zid
70 LA VILLA, DIA.
Xiii vìi altri} nella pidceisoliiilla di V onte di Seufiapaf/
tendono d ([uella nera FiIofoJìa;,che non s'innalza con men
tite penne :, ne s aggira per le uaniui delle inutili qiieflioni 5
ma con certi? & jiiati paj^t nefcorge allajalute . Che di^
remo noi di Monsignor Giulio Simonetta;, chiarìj^ima hi»
ce della gloria Italiana , non lajcia egli jouente la citta di
Melano per goder la dolcij^ima compagnia d'^^ pollo ^
Cr delle JMiije ncllamena etfiltcifstma mila di TorefeU
lardone egli per lajoauifd della do trina :>^ candore deU
la elocpienzafua c/pejje iiolte uifitato da i dotti ingegni? et
pellegrini giudici). T>oue lajcio il gentil? cor teje et uertiiojo
Jìgnor Felippo Rainoldo*y d ([uale nella cognitione della
buone lettere non folo contende con la gloria degli antt/
chi j ma poggiando per le 1 or pedate é pervenuto d tanta
altezza di lode^ V honore? che fé gli lajcia d dietro ;
(jiiefli è Jì amico della dolce: libertd della uilla ^ che
fi come il Sole co' r aggi jla in terra? non partendofi dal
cielo ?coJì e^lifta co'penjìeri allajiiajàuorita uilla di Mo»
nato? non partendofi dalla cittd di Melano Jn (pieslo nu^
nterouiene il Jìgnor Camillo Cafligltone Jpecchio della
prudeza M ilanf:,il cpiah?tutto che Ihonoratifimogra'»
dojuo Io tenga occupato in un cupo pelago de negoCì)?pur
robba cpialcbe bora per goder un fio amenifimogiardinoj
e ha poco difcoflo di Melano. Ver che taccio ilgenerofo^
DEL TAEGT O.-, y^
O* magnammo Conte Lodouico Secco^ il (^uak e fi vago
della mila:, etjludio dille belle lettere cotato amiche del Ji»
lentia delle campagne :> che Jpejje fiate abbandona M cla^
neper la fua ameniftma mila di F^tmercato ? In ([ttcjla
nobile compag;ma mene il uertuoJij?imo fignor "Pomponio
Cotta:, hiceniij?, lume di dimnità ;, il quale figgèdo talvolta
dalle noioje carceri di JM ciano ^ hor cerca nelle jolitudini
della fi ^ mila di V^arè di perder glialtri huominiper ri»
tr Oliar fé Jlejjo:, hor fi dà alla caccia ^ hor al legger cofe
appartened all'agricoltura:, et quando aljSr dipingere im^^
prefe con motti tutti pieni dij^irito et argiitia;, che al mon^
do fin chiara fede della bontà del fio for ito ingegno'^ O"
fa le mirabili pitture;, che uifonO;,fi iiede lalta^ et incom^
parabilefbrica del merauigliofo theatro dcireccellentifi^
mo Giulio Camillo) doue egli con longa fatica nelle fette
fpraceleiìi mifure rapprefntate per liftte pianeti:, tra»
uò ordine capace ^ bafante:,diflinto^ et tale? che tiene fem^
pre ilfenfofuegliato , GT la memoria percoffa ^ <f^fd non
folamente ufficio di confruarci le affidate cofe ;, parole?
CT* arti? che a man faina ad ogni noflro bifog^no Ci pojfa»
fio trouare^y ma ci da ancora la uera fapientia? ne i fonti
della quale ueniamo in cognitione delle cofe dalle cagioni^
^ non dagli effetti P* Fra le notabilcofe ^ che dette mi
bauetedi hauer uifio nelle uilledauoi nominate ? quefljo
M Hi artif/f ^
7c L A V I L L A, D I A.
ardjiciojo;, mirabile p C^ dwitio trovato di Giulio Camillo
ottiene il prittcipato^y ma (Je per corte fia mi concedete^ che
Jìjìccia una breue digreJ?ione^ uorrei^chc con uno ejpm»
fio pili chiaramente mi cjjmmejle Vultimo effetto ;, che dite
fire (^ueflo tanto celebrato ^ jamofo Theatro. J^ ^ L\^
Jlejp> Giulio Camillo ui rijponde cojt dicendo.Se noiJvJ?i»
mo in un gran bojco^ ^ haueJ?tmo dejìderio di ben ueder^
lo tnttO:> in cpuello jlando ^ al desiderio no^ho non potremo
Jodtsjare : percioche la uifla intorno uolgendoy da noi non
fé ne potrebbe uedere^Je non una piccola parte ^ impeden»
doci le piante circonuicine^ il uedere delle lontane t ma fé
uicino d cpuello tnfife un erta;, la quale ci conducete foprd
un alto colle ^ del bofco tfcendo, dall'erta^ cominciaremo d
uedere in gran parte la forma di quello ^ poifopra il colle
if cefi ;, tutto intiero il potremo rafjigurare , Il bofco è
queflo noflro mondo infhriore^ Verta fono i deh j CT il
colle ilfpracelefle mondo. Et d uoler bene intendere cpie*
(te cofe injiriori:, è necejjario di afendere alle fuperiori^
CT* di alto in g-iu guardando di cpief e potremo hauere più
certa coqnitione. V, Gran cofe in nero fi contengonofotto
la granitica di queflo Theatro : ma perche gli occhi
del mio intelletto non pojjonofo-^erir e la luce de i diuini
concetti di Giulio Camillo^ uorrei^ che tornando al uojlro
f^ropofito perfeuerajle nella nominatione di quelli^ ch'ama^
noia
DEL TAEGIO. 7}
fto la dolaj^ima lihertd della uilla, P^ . i^pprejfo il mio
dolcij^imo S. Vomponio Cotta viene il ^entile^ cort:j}^ O*
amoreuok S. Iacopo Felippo Scrcgno^di^iutle con lo
JJdendore della prejenzajua /J^eJ?i/^inte volte tllujlra la
florida uilla di Caponago, Quello ijleffofì il mio ca^
roj CT dolce S, Girolamo da Elio con lafuajàuorita iiiU
la di I^iguardd ; Et (guanto credete uoi che fiano amici
della mllaj il S. Vietro i^ntonio Chiocca^ O* ilS.Fer»
rame d'<^ da^fe Jèquejirati dalla Jrec^iientia degli huo^
ntini;, et tumulti:, che fono nelle cittd^je nejlanno continua^
mente in uillaMtj, perche lafcio d dietro ilcorteJe,et amo»
reuole Monjìgnor K^ntonello ^^^rcimholdo^il eguale
gran parte della Jtia uita conjiima in uilla'^ neji de tacer il
S*^^lejj andrò Viola;, che tutto cj^uel tempo ^che può ruh»
bare dajuoi negocvj lo difpèja ne' piaceri della uilla din»
zago. Et quanto douemo noipenjar^ che ila ardente Vani»
mo del gentiltj?imo S. Gio, "Paolo Cafato ne' piaceri della
mila;, s'egli ha pò fio tutto il ripojo^ C^ tutto il contento
dell animo nel goder fi la piaceuol^ima udla di Roiecco^
l^otrei addurui lejjèmpio delgenerojo S^ Pietro IVoua»
to^ della cui uertute mijì di me éìieri^ ch'io taccia;, per non
dir daltofoggettOj ^ roco^ O* poco ; que/li è tanto ami»
co della uilla ^ che jolamente mette à conto di uita quegli
annip chejlando ne Juoi poderi^ trapajja con molta fa Jò*
disfittionc^
74 t A V I L L A> D I A.
disfattione^Votrei qiieflo ijlejp) dirui del S. Enea Tor^
inello acadcmico pa flore;» alia ad zampognila più d gloria
mi terrei di poter metter la bocca;, ch'alia Tibia di 'PaU
ìadcyper cui Vinfolentc Satiro con fuo danno prouocò
L^pollo< Ma dono rejla il nobile ^ uertuofo S. Gio,
Francesco T orniello Giureconjidto eccellett/^imo^ il qua*
hj come Jì può sbrigar ;y 6 per dir megltOyjar un poco di
trecrua con i negocij;, che cpuaji continuamente lo tengono
occupato in NouanXy per rifJKtto del fuo bonoratifmo
gradone nefiigge ali aprico ;,et filicijùmo colle di V^er^
gano^ doue con qran trancpiillitd d'animo gode la libertà^
C7* i piaceri della uilla f Che debbo dire del giudtciojo Zfy
amoreuok S . Camillo GallaratO;, il quale col corpojld
in jN Oliar a:, CT con la mente uà Jilopfindo per li ripofli
lochi del monte Varnajo f Et perche non illuflro il mio
ragionamento con lofplendore del chiaro nome della Si,^
gnora Vaiolante Sforza;, la quale tra le donne è un Solc^
the con la uertu de ragghi jJwi accende;, C^ infiamma ciaf
cuno;, che per fa buona forte lauede a nero defio d'hono»
re\ quejìa genero ja TDonna è fi uaga degli hone/li dipor»
ti della uilla;, che Jpejfe uolte lafcia M elano per uiftare
gli ameni giardini di Caranaggio. Dopo lei uiene la nobi^
Itftma:, ^ magnanima Contejja Mafimigliana;, la qua^
h^mtìjcom^ donna j m^t come cofa non mortale riuerir fi
DEL TAEGIO. jy
delie 5 predo eh ella di nera rehqione ornata e tutta piena
del titnor di DiO;, CT o^nijita parola :,ge/lo^ ^ atto è
chiaro te flitnonio dt jomma mode fiiUjZfT' di quella tanto
lodata honeilàj che tra le uertù delle donne ottiene il pri^
mo loco) Qj^ejla miracoloja donna^ perjapere quanto fia
accomodata la uilla all'altezza de jiioijanti pejieri:,et qtian
to Dngegno juegliato dal locojjnnga gli fjnrti generoji
alla cotempla(ione;,Jonente cangia Melano colfuo-jilicif?^
Cujago . Hor doue lajcio l honoratijlima S • Gineura
Bètiuoglia;, che in compagnia di Diana^ CT delle cajle fue.
ìtinjvper collie piaggie;, uallij ^ bofchi uà tutto difeguen»
do le figgitiueJiereflVefi de lajciar d dietro la dtuiniCsi^
ma Caualliera F^tfcontc C^ Fiejca;, rarijsimo ef[empio
di hone/ldycon la quale coronando et adornando lincom»
prenfibde bellezza fia;> che dal uoltO;, dalle parole :, O"
dalle maniere fiilgentifsima jjdende :> rende felice que/Ia
nojlra etadet^ CT d quelli;, che hanno fi fir te intelletto:, che.
non fi abbagliano nellojjìlendore delle uertù CT bellezze ^
che fono in lei, fd palefe quanto in donne pojja porre di
perfcttione la natura ♦, Et per che ^ come buona moglie ar^
de nella uoglia delfuo amatfsimo conforte agghiacciando
ne' propri/ alfetti:,conofcendo:,chel magnammo CauaU
Itero F^ifconte è molto uago della caccia ^^de qli altri
bonefli trajlullt della mila p anch'ella uuole ciò cliei uuole*y
N ^lufcia
7^ LA VILLA, DIA.
Cr lafcia uohntieri Melatio per goder infieme con ejjo
lui VatneniU della jilicij?imct uilla dt Groppello t^ ne di ciò
mi merauigliOy fendo ella un ricchifmo CT abondantì/?tmo
Jvnte d'ogni uertih CT per ejjer nata CT nodrita nello alle^
groyJiorUO;, QT bea.tiJ?uno colle di Crauacuore ^ doue la
bontà deWaricty lo perpetuo uerdeggiar delle cofliere^ la.
uagbezx^ di fiorii la uiuezz^ de jontij lombra delli bof^
chetti:, la piaceuolezz^ delle grotte^ il refrigerio deWau»
ra^ il mormorar delVacc[ue:> il lamentar de g^li uccelli;, con
infinite altre cofe jirftiliyferbanofempreQ^giouanij^O'
lieti gli habitatori del flicifimo colle j CT per me certa^
mente metto folamente d conto di uita quel tempo ;, che (gid
fug-gitoper le guerre ^fletti nel caf elio di Crauacuore in
compagnia del gentilif^tmo et uertuojìfimo S. "Pietro Lu^
ca FiefcO:,lucentifimoJ^ecchio di diuinitd;,^ huomofi
amico della quiete della uilla ;, che lafcia laforidtfima cit'
td di Genouaper uiuere nelfuo piaceuolcj, et non mai d ha*
flaz^ lodato colle di Crauacuore. Et perche taccio la bel^
lifima O' hone^tftma S.Fauflina:,chefu moglie delibo^
noruta et felice memoria del S.Feltppo Sacco Vr efidente
delleccellètifimo Senato di M ciano ^ quejla rara QT'glo»
rio fa donna il più del tempo fé nefla in una fua florida O^
Jplèdidfima uilla\ doue ha un belhfimo;, et mirabdegiar*
dtno copiofo di pellegrine piante^ 0^ pretiofiforij, che da.
ma
DEL TAEGIO. yr
urta chiarij?ima fontana per ditierjì rujctlli uègono bagnai
uMt perche pajjo confikntio la bella ^ leggiadra C^ «er«
tuofij^ma SJfabella P^ijlarina ^ nella (^uale rijj^lende un
ramaio di diuinitd j onde non jolamente cpiahmche gran
donna de noftri tempi ^ ma ciajcuna delle antiche Q al giii^
dicio mio ) agguaglia di ualore^ bellezz^^-) CT leggiadria^y
qiiejlajapendo quanto meglio l ingegno fiorifca nelle jio^
ritc CT apriche piaggie:, che nelli chiufi alberghi delle cit^
tdj buona parte dell'anno dtjpenja nelle jìie amenij?tme uiU
le.T accio la gentilij?ima S.Giouanna de Bojij :,che ogni
anno lafcia la citta di t^igeuano per uenir in compagnia
del Jtio dolctjsimo conjorte d godere Vamenitd della gio^
conda O* gloriofa uilla di Robecco, Taccio la nobiltjsi»
ma O" uertuojifsima S.V^ittoria K^madea^ O" QriueU
lai^ la quale parte dell anno dtj^enfa nella uaga etgratioja
uilla d Imago infieme colfuo caro conforte. Taccio Vho<»
noratijsima C?* ualoroja S. Bianca Vanfana C arcana;, la
quale coljuo amatissimo confortejpende la maggior parta
del tèpo nelfuofiuorito Tajerra^ CT amenijsxolle della
Tieue d'^^nzino^y ouefi ueggono merauiglie injìnite;, O*
Gratie^ch'd pochi ti del largo de flina^
Taccio infinite altre Illufl. belle;, er honefìfsime donne ^
che nominar potrei '-i le quali fono più amiche della quiete
della uilla^ che del romore della cittd;, er uengo algiudim
iV a ciofo
78 LA V I L L A. D I A.
ciofo S,FranceJco Suoli ^ ilcluale^ oltre Ve(Jer noùthfsi/
mo:, Cr de ipiu chiari lumi della fta patria ^ tale fi dttno^
Jlra ttefioi componimcmi tutti ripieni di dottrina ;, di/Jnri=
tO;, C7* d" artificio ^ che non è^ che non prezzi :> O" ammiri i
pretiofi frutti della fia dotta penna ^ ^uefii anch'exit lajcia
Jpejjejìate i lajciui amori delle città per trajlullarfi in uiU
la-i (pi^i^io co libri , C3" quando con la caccia. Ma voi
Monfignor Tcrracina;, douejete ì d noi piace pur lajo»
ìitudtne delle campagne^ d noi diletta pur la coltura^ C?*
R)lendtdezz<t de giardini^ ^ duoi le fiere Mujeprejla^
no pur i calami jiioi bagnati ne dottipimi inchio/lri^che
Cogliono temprare nell acque Cajlalie;, quando dalle lor
•Qticbe uengono ajciugati) CT chi m'allontana dalla memo^
ria lofuegliato ^ pellegrino ingegno del S. Giulio Cla^
ro grande CT iWtjlre Senator di Melano y ornato di bel'
Jif^ime lettere ;, ZfT' huomo tanto uniuerjale , che quegli^
che leggono glijcrittijiioip dubitano s'egli più Jtlojojojìa^
che oratore;, pia l^g<^tjl^:> che mathematico ^ più mathema^
tiC0:> che naturale^ più naturale;, che theologo^ più theolo^
gOy che profeta :,QrJinalmente più projvta.che miracol
di natura ^ quefli anch'egli è tanto amico della uilla y che.
buona parte deWanno uiconjumerebbeyje nonjvjje l'impe»
dimento deljùo honorattjsimo grado , Et perche non uiene
in compagnia di que^ijpiriti generojl Vhonoratifsimo CT
diuino
DEL T A E G I O. 79
diuino S. Gabrio Vanigaroìa^Joggetto da fcancdr tutte
h dotte pene de i più pregiatijcrittori ^ (J^uesìi con una mi»
rabil uaghezxa dì parole^ V* regal ntae/ìd dijententie^
pajjando per tutte le me degli Immani ajfetii ^ con piaceuol
mouimento C^ dolcezza in maniera fé tnjignorijce delVaU
trui uoclie^ CT reQ;ge il freno de gli animi noiìri;, che jS
Jltipir il mondo con lagranfrza della fua fltce lingua^
qtiefli ancFegli è fi uago de i piaceri della uilla;> CT de i
giardini;, che dallo JjAendore C9" uaghezz<t de fioi ameni
poderi;, ben fi conofce (guanto fia rara la ballezz^ dellV^
nimofio. Hor uenga il Conte Girolamo Grotto GauaU
Itero honorato^ Giureconjldto eccellente^ oratore meraui*
gliofo;, ^ illiijlre agricoltore*^ (^tiefli^ nella fua bellifsima
uilla di Robbio ha fitto jar giardini delicatifsimi^doue
Jpiegatefi ueggono tutte le pompe della nobile arte della»
gricoltura. Ma che dirò di uoi S. ^^nnibal carro ^ che
per le merauigliofe uojlre qualità in luogo d'incenfi meri/
tatefempre ifoauijsimi odori di cptie fiori;, che tutto di co»
gltono le dotte ninfv nellafommud di Varnafoyd uoi piace
purfommamente la liberta della uilla ^ come quella^ che è
molto più atta olii uo/lri honoratifimijludij pche la feruta
tu della città. In queflo numero uiene il S. s^ le jj andrò
'JPiccofominiflofJo eccelld qual copofe la maggior par»
te delloperefue in uilla^ V in quel fio felle e C^ tanto me»
iV i i i ntuigliofo
80 LA V I L L A, D I A.
rauigìiojo giardino di Siena;, delcluak éfj)iirfa la fitna
fer tutta Italia, Mot uenga il diuimJ?mo S.Spron Spro»
tii^ il quale in fi fitta maniera Vanima dejuoi uaphi C Jor-
ti componimenti toglie da ijacri finti della filosofia ^ CT* il
corpo da i fioriti giardini della poefia^,^ dell arte orato^
ria^ e he:, fi (come dice Vithagora^ Vanirne nojlre jPW/^*
ro dullun corpo aWaltro dirrei ^ che TDemoflbene;, Cice^
ronep Homero^ GT P^ergtliofijfiro tutti infiieme in lui,
ferlamerauigliaoche dà al mondo dellaltezza del fio
diuino ingegno ^^ quefli anclngli è tanto amico della uilla,
che niente più . Ma perche pajjo confilentio Veruditi/ìtmo
S.Claudio Tolomeiy il cjuale gran parte dellannofieqtte^
(Irato dalli romori delle cittd;>fie ne gode ilfilentiO;, (^fi*
Ittudine della uilla;^rinfirzando la fua uecchiezz^ con lo
accrefier de i beni dell animo, Hor douefite noi il mio S^
Giofippe Bettufi, noi chiamo in te/limonio delVamicitia,
che fii fcmpre tra la uilU;, CT la uita contemplatiua ^ noi
prouate pur tutto di cpttantofiia dolce la liberta delle cam*
pagnc;, ^fioaue lojìudio della filofiofia. Ma doue rejla il
dotto C^ ualorofio S* Conte Clemente da "Preda:, il (puah
èfii uago della uilla;>cha lafiiato Melano :,Z^ Vauia^per
andarfine d goder gli ameni colli di Firenze in copagnia
del dottifimop <D" ficondifiimo S, Lodouico Domenichi:, il
(jiiah s'è procacciato uita dopo la morte con Vanima degli
inchioflri^
DEL TAEGIO. gt
inchioflri, CT" con loj^irito delle penne ^ ne manca tutto il
giorno di Jìr cojè:, che al mondo janno chiaro te fiimonio
della finezza ddjiio ingegno ^^ danno altrui f)iutoflo
caujk dt werauigharj'h che ardire di poterle imitare*^ c^ue^
ìli anch'egli è molto amico della uilla^ et ddiallegria delle
campagne ♦ Et perche taccio il nobile :, C gentilipma
lylonjtqnor Landriano con lajtja tìuorita mila dt F^idi*
golfi:, doue ha un florido O" incomparabde giardino^ nel
quale oltre l'altre infnite merauiglie^ ehm fono ;, in mez/
zo duna bellif^ima pefchiera giace una fi molle y delicata^
^ piaceuoleifoletta:, copiofa d'aranzh cedri;, O" limonh
CT ripiena di diuerfi ^ CT manfueti animali ^ che ragione^
uolmente alla uaghezza di lei ceder dourebhe la bella ifo*
la di Citharea:>diColcO:,d7thicaydiOgigia:,di Baia^
d*^ndro ^ di Cipro :, d Fatica ;, di Etalia > di Leno^
d'IJchta^ con quante altre fimofe i fole furono maiìEt per^»
che non fi mette in queflo rollo il diuino ingegno del mio
S. .Antonio ì^olpe y il quale ha con la dottrina delle,
buone arti accompagnato ti conofcimento delle poetiche ^ et
oratorie dtfcipline in fi fitta maniera;, che non uè huomo^
per dotto ^ficondo;, ^giudiciofo;, che fa, che fi bene^ co»
me eglh Ihumtli cofe alzando^ le alte abbacando ;> le lafci»
uehonejlandoy^ allelieui dando grauita^ i fuoi concetti
fp^^g^>i":> ^we/?/ qualhorfi tregua con leficendefuefi ritira
in udla
gì LA V I L L A> D I A.
in tiilla) oueramenfe al Jamojo mufeo della fzlice memorici
del dottiJ?mo Giouio^ CT qiiiui ( con gran ([uiete d'animo)
Ce ne gode i piaceri della uilla. Et dove rejlalojuegliato^
raro^ CJ* dtiiino ingegno di Alonji'gnor di Brera;, il t^io»
uane dico, il ij^uale ne iprctiojijrnttt deljlio pellegrino in»
gegnopCon una jior ita V rimaneva di parole JcieltepO*
con iinfruttijiro ^^futonno di leggiadri cocetti p uà fi ben
tejpndo rutile col ddettO:, cb'ei uiuerci immortale nella ///e-
moria degli huomini ♦ CT tuttO;, ch'egli habbia nel più alto
loco deWanimaJìia la deità di Vallade;> uonjìjcorda però
di Diana j in compagnia della q^uale/pejje uolte cacciando
le fiere d uifttarje ne uà tutti gli bojcarecci T)ij , Et per^
che pajfo con filentio lo Jllujl. f]^lendidoj CT ltberalij?imo
jMonJìgnor Ottauiano ^^rcimboldo;, huomo di lettere^
& cojlumi;, tempio di nera religione;, Z.Tji raro esempio
di bontd^che ognuno ama;,oJJeruapZlT*(J^uaJi adora la
bellezz^t-^ candore dellanimojuot^ cine fli ancFegli è ji
ajfettionato alla mila di F^iboldone-^ che'lpiu del tempo ut
dimora con tutti Quelli hone/li piaceri;, che fi pojjanopi.^
gliare in Cimili luoghi. Hor doue rejla d ualorojo S J"^i»
cenzo Falcutio Senator eccellente;, CO" per fona di gran
merito;, O' tanto uaga della utllap che tutto il tempOy che
gli auanzct dairujpciofuo lo Jpende nello piaceuoh;,^
jilice M ir abello neramente bello da mirare ;>^uanto altro
ameno
DEL T A E G I O. jj
ameno luogo ji troni ncirinjubvia. Et perche non fi de
ajcriuere d que/ìo h onorato rollo il gentiìifmo;, CT dot^
ttfimo S, Gio, Francesco Sormano f^icario generale
dellL^rcinefcouo di Afelano^Z^ amici/Simo della tiillaì
Et che diremo del M agnijico ^ liberale S.Gio. Taolo
Cofano colfofimofoj^fegnalatO;, C!^ fèlicif imo giardino j
e ha nella Jplendida O' jloridifima uilla dt Gujano^ doue
tutta la nobiltà d'Italia concorre d vedere le merauiglie
delVamemf imo loco :,iluiui lordine merauigìiofo^la eh^
ganza CT nouitd de fiorii le zifere:, ZD^ groppi fitti di mi^
nutij?ime ber bette ;> la bella difpofitione delle piante for e ^
Jliere tutte pofte con una paritd^ ordine;, mifura^ CT dirit*
tezx<t incredibile 5 ipretiojì fmplici:, chwi fi ueggonofi
perdi O" lieti d'ogni tempo ^ che (jtiafi dir fi potrebbe^
cKiui entro fvffe
La Sythiap VEthiopia^ i Gadtj, e g;VIndi 5
Lepiaceuoli uerdure intejjutedi buffot^lartificiofo mon»
ticello;, dùuefi ueggono tanti pa fiori :, luoghi di Hercmi^
ti^ grotte;, Satiri;, Fami;, Seluani;, Driadij et acque chia»
ridirne;, che da tutti i lati furgendo porg-ono allifhettatorì
non manco merauiglia^^ piacere;, che gid fi ficejfe d
Lijjandro Lacedemonio lo mirabile ^ Z^ celebratiftmo
giardino di Ciro Ré de Verfi, Hor doue lafcio il gene»
rofo S.GioMattiJla "Zarbellone'yhuomoji ripieno di uer*
84 JL A V 1 L i. A, DIA.
tih CT ^entilezz^^ ckejjnrafemprefior qtialche bello e/^
fvtto confirmc alla nobiltd dclV animo juo:, qucfli mena
parte de Jiioi giorni trauqinlli nella gratioja. uilla di Gor*
gonzolaj locoji bello 27' amno^che^ ijliiptre chi lo uede^
In quefìo numero laene il magnanimo C ilhjjlre Conte
Mauritio da "Preda F^cjcouo di F^tgeuano^ CT Sena^
tor di Melano;, il canale non è meno amico de gli honefli
piaceri ddla uilla ^ cKeifia degli honoratij^imt jìudt delle
belle lettere. Hor doue hjcio il gentile^ corteQ:, ^ tier^
tuo(iJ?imo (ignor Camillo Porro Giureconjulio eccell O*
hiomo di fi gran nalorey CT configlio :> cìno non m^aj^icu*
ro entrar nel campo dille fie lodi^ anzi > come notturno
augello;, non pofjo Jrrmar gli occhi nel Sole de i meriti
fuoi degni neramente della dotta penna di MjTullio^ ò di
Demojlhene'yMaficomegid nonfi lecito ad alcuno dt^
pintore^ nefcultore dt rapprcfntar Vimagine di u^/rp^
fandro M agno ^ fuor eh a LifippOp CT Z^ pelle, O" pur
non rejlauano perciò ^li altri dipintori di ridurre il regio
ajpetto ne i loro ejjempi ; cofi bora interuiene al mio doU
cif?imo S, Camillo :, foggiato folamente degno del detto
Gr eco ;, slatino Oratore;,^ pur Vamore CJ'feruitù^
eh IO porto alla uertùfua mi sjorza a dirC;, ch'egli ha la^
nimofuo adorno di tutte ciucile lodeuole partii ch^fi ricer^
cano nella uera^ bonorata^ V felice uita dclVhuomo nata
nobile^
DEL TAEGIO. gy
nobile > et che fupem nella nertà I-^Icroica nonjlAo c^uahif
due gran perfoiiaq^iO;, che ne i tempi nofìrijì troni j m<t
cujcheduno degli antichi : onde ejjendo egli ar rinato ali*
indiutfihil ponto :> doue cojijle il mezzo di tutte le uertù^ reti
defvliceyjamojliy C dtuina la citta di. Melano infiammatt
do ognuno col fio raro ejjempio d uero defio disonore et
gloria*^ f^e/ìi anch egli prende un diletto incredibile dine»
dcre le uillejìie belle:, liete ^ ^ ben colduate'^TDcl che ne fi
chiara fède lo ivlice e beato loco di Qaluairato ^ douei
ogni coft ride:» O" fi mojlra di gioia;, et d'amor ripiena^
C^ doue laCipiaQch'é l'anima:, et lofpirito del terreno^ è fi
abondante^ che da ogni banda frgcr fi ueggono uitiefn^
tane, che f or redo per diuerfi rujcelli confane mormorio
hanno irrigando tutte le parti dell ameno giardino. Quiui
ritratti dalla natura;, CT dallartefi ueggono ifuperbi ut*
tiai-di Lucullo*^ ijamojì bagni di Gordiano j rameni/ìimo
bofchetto di Tibet io^ CT il luogo ripo/Io della Capriolaci
gli uccellatoi di Cefare u^ngtfo:, ipomi d'oro delVHe^
fjreridc:, ^finalmente tutte ([nelle dclitie^ che anticamente,
f irono ne i delicati giardini di Media. Tra qvefii uiene
il molto illujlrc CT ualorofo S, ,^lef andrò Cafttglione
Caualhero di gran nome^ ornato d'armi;, di Uttere^ CT di
coflumi^ zrfopra tutto d'una dolcfima honcfìà;.C" d'unti
honcflifima doIcezz.^?aI(^ualcp mentre jludiauo in Tauict
O ti fono
ger LA VILLA, DIA.
fortojlato amico :, QT bora per le fue rartfime^ CT merdm
m^liofe qualità Iho infomma rUierenza;, ZT tanto più Va»
mo C7 Ojjeruo;, ([nattto intendo cìùgli è amici/?tmo di tutti i
trajlulli ddla uilUp che fi conuengono ad Imomo nobile C^
ben creato, Q^e/lo ijlejjofi può dire del fuo gcntiìij^imo
JratcUo il S.Gio, Francefco CafligUone ;» huomo parimen
te digran merito, CT* uago anch^e^li della uilla^ & dell^
amenità- O* allegria delle campagne. Ne fi dèpajjarcon
Jìlentio il mio dolcif^imo;,^^' cortefefignor Giojeppe Giof»
jano rariJ?imo esempio di utrtà C7" bontà '-^ ijue^i quelle
poche bore;, che gli auanxano daljuo bonoratij^tmo ufficio
del dottorato le di/J)enfa nelVameniJ^ima inlla di Gtojjano^
hom in compagnia d'i^pollo;, O" delle Mufe:, bor con
la caccia;, alcuna uolta con Vuccellare y/}>effo con la pej^
caggione;, quando con Vagricoltura d'un (ito aprico et fio*
rido giardino^ C7* quado nel corner tio d'altri honoratif?imi
aentilhuomini, Q^e/io ijlejjofì nella piaceuole uilla di
i^rluno il gentiliJ?imo fignor Gio, Battijla Litta:igio/
nane difpirito-^ CT digrandij^imajperanza:, O" molto ua^
go della caccia C^ dell uccellar e. Me pajpró con filentio
il mio caro O^ generojo fignor t^lejjkndro Concilo*
nero ;, d quale tutto quel tempo ;, che può ruhbar dal jlio
fublico ZT honoratij^imo ufficio;, lofpende nella deUtioja^
V felice uilla di Senago^ et della Confllonera-^ oue mer»
ce della
DEL TAEGIO. 87
ce della ftta induilria hajatto iwiidia d molti col ridurre
grhifpidt dumi.ipofigetitijlecchiy kjj^inofe vepri;, itiete*
nofijterpij gli acuti primi:, gli aJJ)eri rujchipglioffenjiui
triboli:^ ^k arride Jabbie in fiorite piagge;, uerdeggian»
ti prati:, amenij?imi giardini^ dikttemli ingncpaprici colli;,
liete coiìtere:, ampli edifici/;, ^ fuperbe peschiere Jn cpue»
Jlagenerofafclnerauiette il gemili/ìtmo Jtgnor Frattce^
^0 Bernardino Riuolta con la Jtia piacenoli/sima villa
di L^Cipiabella , luogo molto ameno fi per la bontd
dell'aere p eluvi é perfittif^imo ^ come ancora per ogni'
altra dote della natura^ che nella villa defiderar fifvole^
come fono accpiie chiare :, frutti pregiati ;, collie valliyfelue^
fiumi y prati p e giardini ripieni d'ogni vaghex<<t *^ doiic
ihanno mille comodità per trattar ingannile cogiur e con*
tra lafemplicitd de i pejci, C^ degli uccelli t ma qiialhora
in ([ueilo JDrtunatifimo loco entra la donna;, nella cui «o-
glia arde il detto Rivolta^ manifxflamente fi uede^ dulia
col Sole degli occhi fuoi nuovo vigor porgendo alle pian»
tC:, C?* allberbeyfubito le Ja fiorire;, ^ riempie Vaer d^at^
torno di tal dolcezza :> che bajlerebbe d ritenere il tempo ^
che mai non recajje la uecchiezx^t dgli hahitatori dififi»
lice villa, Dove refia il dotto O' elocluente S. Gio. Pietro
'jTeJla;, il quale tutto che lEcclefiaìlico grado fuo lo ten^
ga occupato in Novara ^ la natura lofice però fludioflf*
O iti fimo
83 LA V I L L A, D I A.
fimo della uiìla CT ddlc lettere \ perche non ponao io in
qi'ejh nobile ^ gaierofa compagnia il S. Gio. Iacopo
T orniello^ d .piale mila dolce CT amatajolitudme rima*
trnd) O' lutgundo per gli ameni colli;, et apriche piaggia
di f^ergartO:,Jidd alpcnfar coje alte^ C7" eccellenti. JSlc
fi de: tacere dgcnulJ?imo S . Gio.BatttJia TerzagO:,pf
cerdote anclùgU d\^^poUoy O" delle Alujè , Ojf? ami*
co della lidia ;,Z^ della caccia;, chejouente abùadona Afe*
latto per lo Juo KojatcMt che dcbbiamonoi dire del mio
dolct/^tmoyCJ* dotnj^imo fignor "Preciuallo Bejózzo^il
quale tutte le uolte;, che puo-^r tregua con lefìcendefuefi
ritira al fio amatìJ?imo Befozzo ^ ([uefio ifcejjò fi il mio
car 0 /dolce :,^ amorenole S.FranceJco Tanigarola^
amatore de i piaceri della mila;, et degli honoratijùmi jh*
dij difihfyjia^ J>erchc d cpteflo rollo non jì mette il tio^
bik;,^ pellegrino ingegno del S* Jacopo FelippoCri*
nello ;, il (piale (j>ejjO uifita lafaa cara iiilla di i\/eruiano4.
JVefi de tacere il magnammo S* I^Iarc^^ntonio Boj^
foj il quale col corpojla in Melano :, C^ con la mente uà
jìlofyjìrìd(y:,0^ poeteggiando per liriposh lochi del fio
monte Parnajo di ^ZZ^> terra cofi atta d fimili jludij ;»
chel S. Girolamo Bojjojiftco eccellenttpmo;, CT Vocia
rarrJ?iino non fi fa partire dalla Jolitudine dt ^uella^ QjA
mne dgenerofo;^ cortejc;^ ugètihjsimo S^Carlo da Ca^^
patto
DEL TAEGIO. f^
(latto non men cacciatore p che perfhttipimo Corti^iano^
JSlefi de tacere ti dotto O'ficondiptmo S. Felippo Tie^
trafantay trtfieme col S, furio Camillo jratdlh ^ amen^
dnefi uà ahi della uilla:, che quelli uijla continuamente:, O*
duegli per lofommo piacere:, e ha del cacciare ha cowpo»
Ilo nella uilla di Marcatutto un opera neramente dilette^
uole^ dentro la quale utjonojeminatt molti ragionamenti^ e
(opra ogni cofajì ha tolto di lodare con dottojlile la cac»
cia^ &'t piaceri j che da leijt prende. Hor doue fono gli
non mai d bajlanz^ lodatijratelli il S* <^ lejptndro:, CT
SXjio.Baltijla Cafìiglione amici amedne della uilla ^ per
ejjer quegli cacciatore :,Zfy quefli poeta eccellenttjsimo^
Ut che diremo delPkonoratrfsimoJIgnov Girolamo Tofo^
il quale tatogradtjce Vamenità delle campagne:, che vicino
al nauilio maggior di Melano j ha ^tto fir un loco^ che
cimata aljìlojojareì Qj^e/loijleJJoJi può dire del noi ile j
CT* corteje S. Iacopo Briuio^ il quale anch'egli tanto pre»
già la uilla:> che in Carpianello hatìttofire i più belli g^iar
dmi^cheuederjlpojfano. Et perche non pongo in qucjlct
(jonorata compagnia lo fpleridtdtjlimo S. Ottaviano Cujcf
no^ che quatunque alla Citta habbia un delicati fUmo 0ar^
dino, 0*fia occupato dalle infinite ficende :, che gli da ti
vicariato di prouijione;, nondimeno tutte le i ohe :, che può
fé ne uà a godere anco i piaceri della uilla. Il medefimofd^
lamoreuoh
90 LA VILLA>DI A.
Vamorcuoìe^ CT magnifico S. GaJ^ar Birago t^O'ilS^
Lodouico s^madeo;, amcndue amicij?iwi della uilla * ma
doue lajcio ([nel ttolnlc:, C^ pellegrino ingegno del S, JS/^i*
colò Secco ^ anzi uerde perpetuamente nella memoria, de
gli huomini^per lefne rare ^ merauigUofe qualità ^ que»
ìli e fi amico delle buone Ietteremo' dell amenità delle cam^
'(<^gtte^ che buona parte dellannoje nejla àtìlojofare ne i
ripolìi recejìt della Jua aprica:, & ftlictfsima uilla. Et che
fi dirà del dottissimo 3 ZT eloquentijsimo S. Gto.L^ngeh
RitiOp il quale tutto il tempo^ che può rubbare daljuo ho»
ttomto ufficio lo conjuma in compagnia delle Mufc negli
ameni giardini del jiio amatissimo Caflelletto*^ ma doue la»
(ciò VaccortO;, Z^Jaqace S* Lucio Cotta con lajiiafiuori^
ta terra di Olbia-, nome in nero conueniente ali amenità del
loco'y perciò che Strabone non uuole ^ch'altro fignifichi
duella noce;, che loco beatot^O* certamente ^je Vlinio nipo»
teamicijsimo anchegh deljìlentioy & dellajolitudine del*
la uilla ^come io bauefse uiflo la delicatezza di queflopia-»
ceuollocoyla bellijsima firma delledijicioja uaghezza
del Cito, l'allegria del uerdeg^iante terreno;, la chiarezza
del lucido CT aperto cielo j chHiii fi uede:, i fioriti colli;, le
ombrofe ualli^ V le fefche fontane -^ chefoauemente mor^
Plorando circondano Vaprico loco j gli farebbe uenutoin
dijhratia ilfuo Laurentino, Il medefimo haurebbono fìtto
Marco
D E JL T A t fjf 1 O. sx
Marco Catone Cenjorino col jìto ameno Sabino, hi ^
Tullio col (ito fiiiorito Tujculano ♦, O" Herode filojojo
L^thmeje con la Tua cara CephiJìa.Et che diremo dello
iìlijjlre:, & dottij?imo S^ Marc .Antonio Calmo Sena^
tor de^nij^vno di Melano \ del iiertuoJiJ?Lmo 5* t^lef^
fandro'^ delgentihj^mo S,Gio.Battifla\ O" delcortefe et
amorevole S. Gio, .Alberto ^fuoi honoratij^imi fratelli ;
nelli primi tre di [[tiefìi quattro pellegrini ingegni jiortj^
cono le belle lettere *yoltre^ che del detto S. ^^lejj andrò
la profonda cognitione dellajilojojia mathematica ^ dima
CT naturale accompagnata dalle dijcipline oratorie^ et il^
lujlrata dalla bellezza de cofliimiy non Jolo rende chiara
C^ fortunata la citta nojira di Melano ^ ma ha pò fio an»
Cora laJSmafua in camino;, che uelocemente battendo lali^
porta il Juo gloriojo nome a consacrare al tempio delVe^
ternitd. P, Meritamentefì conjacra alla immortalità il
nome d'ejjo S.^^lefjandro Caimo;, perche intendo;, ch'e«
gli è ancor perfctttf^imo architetto:, CT che tra Vopere
fue merauigliofe ha fabricato in un fuo bellif^imo giardi^
no una fontana :> la quale per fDrz<t d'ariamo fia di uento
getta acqua quafi di continouo, f^. Io ho uiiìo quejla ar'»
tificiofa et notabile fontana^ O" ho ancora difcorjo con lui
intorno alla cauja de fi lodeuole effetto, V. Dch:>fe mi
amate ;>infegnatemi quejlo bello artefìciOjCT di quello^
P ched
9t L A VI L L A, D I A*
DEL TAEGIO. 5^5
che d noi il cielo :,itijieme col detto S.Caimofii tanto corte'»
Je;, non ne fiate fcarfo al uojlro a-ffettionatifimo ^^arteniò,
il (J^ualejommamente defidcrajarne fibricar una fintile nel
Tuo giardino, l^ . ISlonpoJJofir^ ch'io non ni compiaccia
in cofi hone/ìo defiderio ; Vero hauete dfapere^ che tutto
il corpo di qtiejlajontana;, che qui prefènte uedetC;;, ignuda
prima:,et poi uejlita, fi parte in tre uafifegnati u^pB^C.
C^ in tre canne fé gnate Dy E^ F* Dal primiero uafofc^
gnato L^". quale èfcoperto efce la canna E, onde forge
Vaccpia:, CT dalle bande di detta canna fonoci due buchi^
Vuno de quali rifponde nel uafo B, neferue ad altro ;, che a
poter riempir d'acqua efjo uafo B. Et laltro per la can*»
na F^ mena l'acqua nel uafo inferiore fegnato C, Flora d
uolcre:, che quefla fontana;, òfia machina di FFerone Q co=
me la chiama il dottifimo Cardano '^ getti acqua '^ Vri»
mieramentejà di meflieri^ che delli detti due buchi fi ferri
quello ;y^ondepajfa Vacqua dal primo uafo <^, al uafo C^
dapoi bifogna che! uafo i^fi riempia d'acqua due^ 6 tre
uoltefn d tanto^ chel uafo /l fia colmo della detta acqua j
che inlui difende per lo buco aperto del uafoL^f^. qnal
pofcia turato riempir fi deue il uaf^^.Zf^ aprire il chiù»
fo buco della canna F. Il chejattofibitoforgere fi uedrd
t acqua ^ pur che la fontana (ìa con tal proportione Jabri^
cata^ che la fa dtfcefa dal uafo w^\ al uafo C.fia mag»»
"P a giore^
54 LA VILLA, DIA.
giore^ eh la fahta dal Jondo del uajo B. alla Jòmmitd
della canna E, 1>, "Perche cote fio f T^ , Perche natu^
Talmente non può montar più in su luna accana ^ che l altra
(benda ingiù) onde procede ^ che (guanto maggior e fard la
dtjceja deWaccptia del uajo \^ .al uajo C. CT minor laja»
lita del uajo B. allajommitd della canna E. tanto più ^a»
gltardamentcìy^ con maggior empito Vaccpiiafalirdjiior
della canna E. C^ di quefh bijogna hauer gran cura^^^J"
nonje nejcordare ^ perche io uijo dire;, che molti non ha^
ucndo hauuto alcun riguardo d quefìo principale:, anzi in^^
fiero fondamento di qtie/li mouimenti ji jono ritrouati nel
tìrfibricar tale injlrumentOj hauer con li danari il tempo^
<fy il frutto del lor jludio perduti. V. U effetto di c[uejla
fontana mi par miracolojo:, uorreip che degnaje firmi ca»
pace della Jua cauja. Jy^. Haucte djapere^ che ([ui jono
tre moti, due naturali;, C^ uno uiolento-^ Vuno de eguali e la
djceja deirac(lua^ che per efjer graue naturalmente tende
al centro:, et Valtro è lajalita dellaeret, ti eguale per ejjere
di natura leggero $ innalza uerjo la jua regione^ il moto
uiolento è iljalirc dellac(lua:,il eguale jicauja dalli due mo^
ti naturali dell'aere^ O* del^ac^a, P. In che modolj^ .
tiauete djapere^ che prima il uajo C. è tutto ripieno di
aereo ne hajc non duefpiraglio Vuno^ che ri/ponde nel uà»
jo w^t per uia della canna F, CT laltro nel uajo B. per
mezzo
DEL TAEGIO, ^f
mezzo della canna D* onde lacc^ua^ che dentro ni cade
dal uajò ^^ . èfirza:> chefpin^a raere:>cbe chiù fo Ci tra»
uà nella canna F. la quale arriua jin apprejjo al Jonda
del uaCo C*Cr rijoluendofi d detto aere in uento per la ca»
duta etfjnnta dcllacqua*y ne hanendo altra ufcita^che c[ueU
la della canna D, per hi afcende nel uaJo B. ripieno dac^
(^ua^ la quale jentendofi cacciata dalVempito del uentOj, che
Cale per la canna D* ne hanendo altra uia da ufcire:, che
la bocca della canna E. èfirza;, che per leifalendo^ccia
leffetto^ che fi tiede*^ il qual piacere ha tanto di uita;, quan^
to dura Vacqua;, che fi troua ejjere nel uafo B, !P. Verche
hanete noi detto :, che£ di meìlieri^ che la canna F, arriui
jin apprejfò aljondo del uafo C? J^ ^ liollo detto :> per •
che fé la canna F, nonfojje tanto longa;, che arriuajje fin
al detto fendo y doue lacqua chiude fé la bocca difetto d'efe
fa canna :, fi che Vaere per lei più entrar non potejje ;, molto
piufcdmente per ejja l aere falirebbe^che per la cana D*
il che impedirebbe il defiato effetto della fentana^ P, Fi
perche più fàcilmente ufeirebbe da qwejla^che da quella?
f^. Ver che non puofehr per quella prima;, che non cacci
fuor V acqua ^ che troua nel uafo B. per la canna E. il che
è di maggior sferzo ^ chefecèdofiuia per quefla ufire per
lo uafo i^^ T, Hor fi;,ch\o re fio ben rfoluto de i
dubbi, che nfuegliati mi s'erano nella mente y CT benifeuno
2P i i i hinuets
96 LA V I L L A, D I A.
hauete fciolti i nodh che germogliauano da fi fitto ramo»
ftamento) onde Vanimo mio^^cFera accejo di fi ardente de»
fiderio d intender la caufa ^ onde fi riconojce ti bel effitto
della fintana, bora s^a(lueta:,godc;, Z^Tjlima un bora mille
anni:, che fé ne uenga alla pr oita, ^,u^ ciò uerrafi^
quando minor rete. P. Qjuejla i/])erienza diffcrfcoad
Wialtrajidtay bora uorrei;, che rientrando nel uojlro prò»
pofito tornajle agli honorati perfona^giy che tanto ara»
difono lauojlrafiuorita udlapche lafciano le città per lei.
P^. Conofcete il S. Conte Giulio Cefare Boromeo f P,
Conofolo per huomo dotato di raro in^egno^ O" di aene*
rofacortefia. /^* V^oi dite il nero ;>Z3^ hauete dfapere^
che (pie fio rartf imo gentiV huomo per effer non men flo^
fojo eccellente :,chefegnalato Caualliero è molto uago del»
la uillay doue horfi da alla caccia ;, bor alVuccellarep (^
Jl^ejfe uolte alla contemplatione dt cofe alte O" eccellenti.
Et doue laccio il S, Fracefco della Torre:, il S. "Pietro
sintomo Fofjano;, CT il S. Gio. Batttjla i^rconato
qiiefli tre cognati:, CT Cauallieri di gran fj^irito CT* ualo»
re lafciano jl^ejj e uolte gli amorij lefvfe:, e i giuochi delle
cittdper darfi alla caccia;, C2^ agli altri infiniti piaceri
della uilla. Qjteiìo ifl^Jfo fi fouente il corag^iofo Conte
JSdanfiè T orniello^ ©" tifo cortef:, C?" amoreuole cti^
gtno il S, Cefare Cafato ) cjtiesìi come e baggiano tutti
qiie
D b J^ T A Jb U 1 U. ^7
due commodi nelle città;, che defiderar fi poj?ino ^ j^ur jono
fi tidghi della caccia, CT delle campagne p che gran parte
della uita loro confumano luno nella piaceuole terra di
Brtona, C?" l'altro neWamenipma mila di Contorbia, Et
che dirò del S.Gio.Francefco CafttO:, il (gitale éfl inna^
morato della uilla^che c^uafi ordinariamente fla nel fuo
JDeirago.Qjte/ìoifleJJo^ il mio S , Conte Dionigi Bo»
romeo nella fa ^uorita pcfchiera.L^ i piaceri della mila
fp^jjofi danno ancora il Conte Francefco, il Conte Fe^
drigO:, CT* il Conte Gio, Battifa Boromeip cauallieri di
gran nome O^ ualoreJn qiieiìo numero uiene Vafentito et
uertuof S.Carlo P^ifconte;, amico della villa:, della Ro»
mana eloi^uenza chiarifimo lume;, et protettore de ifacer^
doti delle fiere JMuf non altrimenti, che già fijjerogli
antichi Af ecenati. Fior doue lafcio Ihonoratifimo CT uà»
lorofo S, Cefare da Carcano;, gentil buomo di gran me»
rito, di gloria illujlre, CT tanto amico della uilla, che tut^
te le uolte, chef può sbrigare dalle cofe pertinenti algo/
verno della Republica,fe ne uà in uilla d trafullarfi con i
libri, con la caccia, col pefcarft^ con Vuccellare^^!^ con
Vagricoltura in cjiuel modo, che gidfolcuafire il gran Sci»
pione ^^jfricano nel buon tempo de Romani. Qjée/Io
iflejffi il prudente Conte ^^^nnibal F^ifconte Cattala
liero^ V cacciatore fingolarifimoMt che dirò io dèi ma»
gnanimo
9 s i- A V 1 L L A> U I A.
gnanimo 5, Ferrante CaJlaìdo:,gioiiam di grandif^ima
Jpcranza*-) ([uefii p^r /iìggir gli ociofi^ CT lafciui amori
delU cittd.Jpefjefiatefak alla campagna^O* nella caccia
Jegumdo le fuggitine jier e mojlra la grandezza del Jiio
ualore. Q ueilo ijìejjojl può dire del S. Francefco Ca^
jldlanz^^T accio il S. Conte ^^lejjàndro Criuellojljt»
gnor Guido Galtarato^ ti S. Conte s,^luigi F^tjconte^
il S. Dionigi BriuiOp il S. Conte Hippolito del MainOy
il S. Baldejar Tu[lerla^d S. Conte Lodouico Belzo-»
iojo) il S^ Gio, Batttjla Castiglione^ il S. Conte SJorc
za JMoronep il S* Ce fare Tauerna^ il S* Conte Fran»
cejco Borella^ il S, t^^lejjandro Cafliglione^ ilfignor
Conte ^^IJonfo della Sodaglia ^ il Jig^nor L^lejjan^
dro Lampugnano;,il ualorofo fignor Capitano Girola^
mo Simonetta ytl fignor Vietro (.Antonio Lonato ^d
fignor Fabritio F errar Opti fignor G$o. Battifla F^if»
conte p il fignor Cojlanzo d'^^^da^il Jìgnor Girola»
ma ^ il fignor Giouan Vaolo^ & ilfignor ^^lejjandra
Simonetti fratelli^ ilfignor Hermes F^ifc onte ^ il fignor
Giouan Maria F^tfconte^ il fig^nor HcrcoU Vagna^
no ^ il fignor Giouan Maria della Croce p il fignor
L^lejjandro Graffo ^ il jìgnor Vietro Francefco ^f/»
conte p ilfqnor Giouan Vaolo^^ fignor Giouan laco^
jpo Barzip^i fignor i Spetiani Jratellip il fignor Gio^
i^ndrea
DEL T A E G I O. 99
i^ndrea Torfiiello;, ilfignor Giouanni i^^rcimboldo^
il S. Criftofi.ro L^ppianOy il fignor Girolamo Mar^
lianoy ilfignor Lodouico Borroy ilfignor Camdlo Gal»
larato :>il fignor Giouatt Batttjla S eregno ^ ilfignor
Gio. Francefco V ir ottano ;^ il fignor FrancejcoCaimo,
il jìgnor Camillo BiQ^lia^il jignor M ario i^rrigo»
no? ilfignor SaJJo F^ifconte^ ilfignor Cefar F^tfcontc^
ilfignor Cauallier F^ifontC;, il f gnor Guido Boromco;,
ilfignor Camillo CaJlellazZ0;> ilfignor Gio, Battijla Ca
Jlel Mollato :, ilfignor Francefco Bar zu;, Ilfignor Con^
jlandno de Inarchi;, il Jìgnor Gio. Battijla Criuelloy ti
fignor Gto.L>fn^elo Triuultio^ ilfignor Mario Bira»
go^ il fignor L^ ntonio de JSfarchij il f gnor Camillo
Cajlellazzo^ il fignor Gio^ì^^ngelo Coiro-y il Jìgnor
Felippo Candtano;, il f gnor Vietro Francefco Reina ^ il
Capitano Reinino;, il f gnor Lodouico del Conte^ il (i^
gnor Marc ^^ntonio CaJiellcttOpil fgnor Baldefkr
da Ro;, il f gnor Manfedi da Rop ilfignor SaJJo Ri^
fo;, ilfignor Giulio Mouato^ il fignor MarCi^ntonio
i^r conato:, ilfignor Gio, Battijla;^ Zf^ Jìgnor L^lef
fandro Carcanifratelli^ ilfignor Caualliero della Tela;,
il Jìgnor Giijjjar K^ifconte^ il fignor Otto F^ifonte;, il
fignor i^nnibal Gallar atO;, iljignor Gio, Marco Fa"
gnanop il Jìgnor Marcantonio Mugiano;, ti fignor
100 LA VILLA. DIA.
'Pietro Barbohj^iljignor Cefarcj CT* ^^IJonfo Barha^
uarifratellh ilfignor GioMattiJla Gufano ^ iljignor Va»
rfs Burbauara ^ ilfignor Francejco Bernardino Ferrai
ro yil jignor Lodoiiico Brebbict :,il fignor K^ntonio
Francejco MagnO;, ilfignor Pompeo della Croce;» il fi*
gnor Gio , (Alberto Vietrafanta yil fignor Giofeppc
Sirtoriy il fi(^nor Ccfare Pictrafanta :>il fignor Gio^
sintomo :, O'fignor Pietro Georgia Borri;, ^ fateU
li:> il f^nor Teodoro Terz^go^ il fignor Nicolò;, Cr*
Opecino T" ornielli;, il f gnor Gio. Bernardino Caxz^:> il
Ji^nor Rinaldo T or niello ;,ilfignor Gio Jacopo Onga»
refe :> ilfignor t^lejfandro BriuiOp il f gnor Gio, Battiti
(la Calhglionep il f gnor Bartolomeo da Locamo^ il fi^
(rnor Gio. Batti fla PiottOp il f gnor Marco ^^ntonio
Bri! fato p il f gnor L^lticonte Caimo\Et infiniti altri
aentilhuomini honoratifimi;, che fono amici/^imi della cac»
eia? O" altri piaceri della mila,
St fé i aiardinifono imagini delle uille? perche non abbelUfco
il mio ragionamento col cbiarojplendore del uertuofftmo
S. Pietro Paolo t^rrigono Prendente delì'cccellentif
fimo Senato di Melano p huomo di altifimo ingegno ;, O*
di gloria illuflrtfimo 5 quefli tutto il tempo ^ che può
rubbare dalpro^ndo^ CT ampio mare de fot negotif:, Io
fpende ne gU honcfli trajlulli dmfuo ameno cr delicato
luogo)
DEL T A E G I O. loi
liiOQ^o \ doue coji nella mirabile:, O* bene intej^ajahrica d'un
fuperbo palazzo :> come nel compartimento :> nelVordine ^
nella uaghezz^-^ CT nella leggiadria d)ifi jiio belliftmo
giardino ^ moflra chiaramente la fplendidezza ^ ^ ma^
gnificenza dell'animo fw: Qjnui tra le g^randij?ime mera*
uigliCy che fi iie^^ono apertametejì conojce ^ che il Grato ^
CT il Latto f])oliaronofeJlef?i di doriche colonne:, dt archi
ampìj^imi:, CT dijlatue antiche per ritte {lime CT adornar»
ne qiiefto reale albergo , E-t che Giunone priuò di pomi
d'oro il florido giardino :> e ha nelle ejlreme parti deWOc»
adente j per illiijirarne quello fvlice terreno 5 (^uiui è uenuto
ad habitare ^^ pollo con le dotte The/piadh ^ lejìori»
te Napee lor compagne^ le cptialijra ruggiadoje C uer^
di her bette:, anzi lucèti ^ jinij?imifmeraldi accompagnati
da topazip zapkiri:, rubini <T perle ^ uanno tejjèndo belltp
Jìme ghirlande per adornarne le tempie del minacciojo
Iddio degli horti) cpiitti cptiando nel cielo intorno all'auro»
ra in Oriente appare d pietofo Delfino con Vi^^qutla ce»
lejle^ Cr lafaetta d'Hercok:, V che F^erttmno ha prefo
firma di V^erno y "Pomonajà germorjliar le piante ;, G/
prignia dona uertn a mdle lajciue ber bette ^ CT Flora uà
Jj^argendo nouelli fiori non altrimenti :, che fogliano fare
nel ritorno del dolce O* defiato ^^prile\Et quando il
Sole Jfiega gli aurati fuoi crini fopra d feroce Leone^ C?*
Q^ i i che al
,01 LA V I L L A, D I A.
eh al primo imbrunir della notte la bella i^Jlrea fra le
Jalje onde attii^Jur fi uede \ cj^mi non Borea ;, non k^u»
Jlrojlride^ ma Zefiro jl)auetnèce fJ)irando tempra Var»
dorè di quella celeiìe caqnuola ^ che da Gioue fu pofìa
nel cielo ;, perche antiuide il mio uag^o p ki^rqiadro:, & uez*
Zojo cagnuolino : Et oltre i detti miracoli nello JJ)lendidip
Jìmo giardino Ji uede ancora un-folrij^imo;, ameno ^ C^Jvr*
innato bojchetto con certi fuoi beatijeggiy <^ coperti jcn^
tieri;, done pare^che neramente alberghi la quiete C^ tran^
qudlitd deWanimo :y C^ che per Jlanza tu jita Diana con
tutto il [acro coro delle Jue caiìe ninji in compaqma della
diuini/?.SA SS AB ELLk ARRIGONA
moglie honoratij^ima d'ejjo. Ss Vr e fidente;, la quale per ef*
fere bellifima,honejltj?ima^ C^ in ognigrado di perjvttio^
ne perjvttifima y é forza :, ch'ella partmète infieme colfuo
amatif?imo conforte ami C^gradifa il fio piaceuolegiar^
dmo p come uiuo CT naturai ritratto della uilla ^ nel qual
loco da una fontana di bianchi/?imo marmo forge acqua
chiarif?tma ^ che con Jì grato f farro uà dtjcor rendo per
dentro dellamenif?imo bofchetto y che accordandofi con lui
il mormorar della dolce aura:, C^ ti cantar de gli uccellet»
ti ne riefce una armoma;>che Varia addolcifce di maniera^
cluui mai non swueccbia : Delle quali qratie V* priuilegi
le uaghc Driadc accompagnate da i lor fcltfaggi Dif mo*»
Jlrano
D E L T A E G I O. lot
tirano aperti fc^qni di allegrezza :> empendo con hojcarec^
ci canti d cielo ddjiio honorato O" gloriojo nome.T accio
infinite altre mcraiiiglie di (lue fio beato locO:, CT concludo
che lamemJ?imo giardino CT d magnifico Valazzoy coma
due amanti:, d prona Vun dcll'altrojloprono i pregila
pompe :, O" le ricchezza ^^^'^^ i -Qj^!/^'^^ f ^^ ejjìre adorno
dellopere migliori ^ e bcbbero ji w pregio Vrajttele^ CT
T^bidiaymojlra dejjcre contento d pieno d'bauere un com»
pagnoft lieto :, fior Ito CJ" ftjìeggiantep et qiidlo aWincon»
tro rallegrando fidi hauere unjt tiobde et pregiato vicinò ^
negli abbracciamenti di lui dolcemète impltcandnjija mille
ripoiìi recefih che riempiono Vanima de riguardanti diitt
merauig^Uojo piacere. P. Voeticamente CT molto gentiU
mente hauete descritto quefto giardino^ ma non so coma
comporteremo i dóiti;> che in proja nei vjiate h figure^ che
fono proprie del iierjo. T^ . Ciò non faccio fenza ragion
ne;» della c[uale ne parleremo altroue.V. Ripigliate adun^
qiie d proposito iioftro, l^ , Dopo il S. Vrehdente ueng^o
algiudiciojo^ dottifiimo:, et corteje S. Scipione Simonetta ^
huomo di tanto ff)iritO:y conJì^liOj et valore ;> che mente /:try;
Qjie^h ha> un/pledido^ fvlice^ et aureo giardino in Afe*
lano vestito di eterna Vrimaucra^ oveji veggono cole ra»
re;, meraviglìoje;, CT none ; (puiui larte^ <^ la natin-a bora
dgarra luna dell'altra mollrano l'ultime lor prove ^ bora
Q^^ ili amenduc
loi LA VILLA, DIA.
amettiiie incorporate:, unite:, ^ ricocihate infiewejanno cofc
Jlnpende, Et la tiatin-a tanto cortefc:, Z^jàuoreiiok fi mo/
Jlra à {[ueólo ben nato terreno^ che fi come diindctidofi le
patrie delle radici^ de W herbe:, de fori j O" de gli alberi^
ad alcuni da lei per patria è data V^fia:, ad altri lEu^
rapa:, CT d molti V^jfrica \ cofi qtieììogloriofo et pri'^
tnìegiato loco e dato fio per patria commune d tutti ipre^
giati.^moJiyO" pellegrini f empiici. Qjjìuì uerdeggia d
Rheubarbaro di Tur chiama colocafia di Cecilia Ja pia
ta dello forace di Vanfliaj l Erica di Grecia ^ laloe deU
la Celeforia :,il fco d' India :> il gelfo muto di Sp&gna:,
Ihelleradi Cilicia:,il cipero di ^4^ Ufandria:,la ftaphi
d'Iflria^ lo f or dio di Candia:, il Tkimo di Cappadocia^
Valipo di LeuantC:, Velleboro di Goritia Ja fìella di u^-
thene:, V apocino di Soria,^ il tajjo di i^rcadia;, la M an<»
dragora di Vaglia^ la grana di Cojlantinopoh;, la radice
Hhodta di Macedonia:, il medio di Mcdia^ il ffamoidc
di K^nticira:, Vamomo di \^rmema: il co fio di t^^i'a^
hiS> il balfamo di Giudea:, VaJJialatbo di Rhodi:, la pian^
ta del mojco di Vhenicia^ lacantho di Cirema:,la(:fallo^
co di Qalecnty il platano di Lidia ^ il na[lurtio di Babdo^
ftia^ d terebintho delVifole Ctcladi , il cedro di Cipro^ il
Cif d'Egitto j il croco d'i^u/lria^ il qionco odorato di
J^abathea^ dphu di Tonto^ con guanti femplici fi troua^
no defritti
DEL T A E G I 0. ' \o^
no defcritti da McjiiCy L^uiccnnu;, J-Jtppocrate ^ T)iof*
coridc:, GdletiO:, Theophraiìoj CT Phnio con tutti altri
tìfnoji O^feQytalati fempltciiit *y Et perche in que fio Jor/
innato loco tra ifemplici incogniti appreso di noij^Ci trotta
VEmpetrOy il chrijogono^ il lagopo^, rhokiìiO;, il filibo^
la Voligala^ il Glauco^ la phiteuma ;, la chamcleuca^ la
cacaltay rijopiro C^ lonagra\ ben ji potrebbe dirC;, che
que/ìojojje quel Jegr età et Jauor ito giardino della natura;,
che fi rijerba dtjemplici incogniti per non fi privar d'ogni
cofa^ ^jarm ognunfignore ; ma d ciò contrajìa lagett»
al natura dello J])!cndido CT* hberaliJ?imo Simonetta ^ il
quale nonjolamentefi contenia di mojlrarc cortefemente il
tutto d ciiìjcnnoy cheji diletti della ficultd defemplici 5 ma
ancora di partecipar con tutti delle piante rare;, eh wiji
frollano. Del che ne rifulta non men gloria d que/Io pen/
tihJ?imoflnritO:>cke faceta aWillufìrifimo Crjèrenì/ìimo
Senato K^eneiiano deWamphf imo giardino^ che per co^
modo publico;, C ornamento della medicina^ ha fitto fi^
bricar ndlafloridifima citta di Vadoua^ oueramente aU
VeccellentifimoCofmo Duca di Fiorenza del giardino^
e ha fitto edificare nellanttchifima città di Tija^ oue uer»
deggiarjiueggono infinite rare piante j che altroue in ItUn
liajin bora non fono uedute;,fiior che nel giardino del mio
dolcifiimo Simonettaj il quale come che fa occupato nel
gouerno
loj LA VILLA, DIA.
gommo delle cofe puhìichc 5 non rejla però di mandare
fer diuerfe. C9" lontane regioni non riguardando d JpHa
alcuna per hauere le piante Jore^iere lc(^itime<T uere^ ci
per acclaijlare glt aromati prctiojìjsim ^ eletti C finceri :
onde fj)ejje uoltejì richiamano in ulta molti di coloro la cui
falutegid diJJKratafi uedea da tutti i medici, i eguali infinito
obligo hauer dourcbbono d queflo honoratij^imo gentil buù
ino^ che tanto accrejce^ ^ ilhijlra la merauiglioja Jàcultd
dejempliciy d imitatione degli antichi Imperatori ;, i (juali
Q come afferma Galeno^ c^uantnncjiie jojero occupati per
lo ffouerno;, che teneuano della P.eputhca:,0" detrimptf'ro
loro^ tanto hebbero in pregio quejla diuina CJ^glorioJa
jcienza^che per hauere ije:nplici neri teneuano pronifio*
nati in dtuerfe parti del mondojempticiili accurattj^imi, et
medici eccellentifiimi per lo dejlderio ddla gloria infitiita^
che cpnindi loro ne rijultana^ per lo beneficio uniuerfale de
gli huominiy ^ per la memoria de i chiari ejjempi de fuoi
antichi padri;, i quali nonfAutnente portauano ne i trionji
lejpoglie de i reami accpnjlati:, O" i Ke priQ^ioni alianti d
loro*^ ma etiandio varie O" pelleg^rine piante t de (puah non
frendeiiano minor gloria hauendole poi d Roma negiar»
dinij cheji prendejjero de i trojii:, delle jlatue ;, ^ degli
archi trionphali^ che in perpetua lor memoria fi dirizza"
nano dal popolo CT Senato Romano, Mor partendomi
da
n E L T A E G I O. ro5
da cjticjlo uertuojtj^tmo gètilhuomo uengo alfag^act etge^
mrojo. S.Gio. Jacopo Raitioldhd cjiiale in M elatio ha un
aUrdinoji tiaqo €tjzjlrggiante:,'che mijento riempir latti*
ma ditn mcrauigltojo piacere cjualhor mi uiene alla mète la
delicatezza di cpiiello. Tra ([tfejli uiene il noùilifimo et dot»
uJ?imo. S. Galeazzo Brugora ^ ti quale ^Ji come ha Vanim
mo jìioben coltiuato :,^ ripieno di lodeuohCT' diuerji
ptenze : cofi ancora ha il jiio ampio ^ delicato g^iardi*
no ben colmato :,^ ripieno denari CT pregiati frutti.
Hor che diremo dei S, Marc't^^ntonio Vorrò ;, raro
esempio di Jf)lendidezza ♦j Qjue/ìi in M^ ciano ad imita*
tione de Babiloni ha fatto fubricare un g^iardtno mWarict
fi merauigliofo ;, che chiunque lo uede non fi può fatiare di
fafceregli occhi di fi raro p nuouo ^ CT diletteuolefpetta*
colo : Et dallo flato diquejlo aprico giardino ben fi cono*
fce quanto fia que/ìo Caualliero amoreuolc cortefe^fO'
liberale^ percioche Iha pnjlo:, oue chi uuolepuo ^oder della
bella uiò^a di quello. Ne fide tacere Vhonorattj^.S.Fran*
cefco Bo^jo Giureconfuko eccellètif^imo;, C rartfimo ep
fé m pio di bontà ^ ti quale in Melano ha un aprico > uagOj
• CT beato giardino ;, doueper cofa notabile fi uede ondcQ*
giare d bujjo non altrimeti :, ch'ei faccia nel monte Citerete
Etchediraf?i del giardino e hall S, Tietro IVouato in
f'^oghiera ^ oue fra laltre cofe degne di mag^gior meraui*
glia, fi
'fc4 LA V I L L A> D I A.
glia :,Jìuede unfohiJ?imo boschetto di nocciuoli fitto infor^
ma di laberinto ;, ttdle cui corteccie intagliate ^ C7" itìjicme
crejciute con le piante fi veggono (Quelle lettere^
Quinci efce il Is/occiuolin chel cor mi rode
Et tn mezzo di cjiieflo ameniJ?imo luogo euui un l^ pollo
di hianchi&mo mar m0;>chejiede (opra un rozzo et humido
fafjo^ ondejale una fontana ^che d^aa^ua chiarij?ima J^ruz
za ciascuno che fé Vauicina:,ct (jUeJlo Iddio p latìitto ch'egli
ntojlra nel uolto fàfegno che per la dolce memoria della
Jua amata Dafne goda ancora di contemplar la bclkzz^^
d'alcuni giouinetti lauri;, che in ^uija di corona (^lifurgono
dattorno^ Et fi come già fi trouaua in focide fi monte
l^arnafo unjpeco entro del eguale chiunque guardava ri*
ceueua lo Jpirito profetico 5 cojl quiui chi mira il det/
to ^^pollo:>^ fnte tlrefigerio del Laura clnuifoaue/
mente Jjnrafubito riempier fi fente di diuinitd :,Z^ poetig^
giando dice cofe merauegliofe in honor dVfjo JJnrito deU
L'aura^ O' della uacrhezza della IVicola ho uoluto dir
JSIocciuola frutto preciofif imo di cpuel felice giardino:, del
che chiara fede ne fanno le dotte CT* dolci rime d'ef/
fo gentihfimo ^ S . I^ouato ^ da cui partendomi uen^o
al miracolo del giardino del uertuoffimoi C?* honorattf
fimo Signor Giuliano Gojfelini^ doue la C H I ^^^
jRu^ luce del Sole porgendo nuouauertu alle piante^
dforip
DEL TAEGIO. '%
d fiorii CT airherbe^caiija in ejjo ma continoua Trimam
tiera^ il perche non Solamente in qitejla parte cedergli do»
urebbono gli altri giardini di Melano ^ ma come dice
V^ergilio parlando di Italia
I^ E ancor de AI edi le gran feluc;, terra
Ricca e beatati nelfimofo Gange ♦
ISle de Vharene d'or torbido ^ Ihermo \
I\lon qtiei di Battra;, ne qiie'dlndia^ 6 tutta
Grajja d^ncenjt;, e fertile Vanchaia ♦
Con le lodi contendino di cjueflo auenturato^ O* bea»
tijsimo luogo. Taccio il vago C3" notabile giardino del fa»
gace^ cortejè C" dottijsimo S.Lodouico Maggienta ;, iU
lu[lre Senator di Melano, Taccio iljtgnor Domenico
Saoli abondanttjsimojonte degni uertù coljìio amenifsimo
giardino. Taccio d cortejè ^ et gentihfsimojtgnor Bernar
do Brebbia:, che nel mezzo del fuo filicijsvno giardino ha
unafintana^bricata per mano di Bramante;, O* Jregia»
ta da una giocondifsima felua di aranzi? limoni^ CT cedrù
Taccio lo molto dlujlre et uertuofifsimo Vrejidente Grajl
foy il dottifsitno Senator Maritano ^ il cortejè -^ O^ genti»
Itfsimofignor JDanefe Figltodono Senator degnifsimop il
Jìgnor Tietro Georgia F^ifcotite;, iljìgnor Gio. Batdjla
Tanigarola ;, d Jìgnor i^ntonio Francejco Cre/]^Op il
Jìgnor L/fleJJandro K^rchinto ^ il fignor Benedetto
Vecchio^
io(^ LA V I L L A, D I A.
pecchia ;, il Jìgnor Girolamo P^ifcontC;, il S, Girolamo
JMoniiOy il S\ Francesco Lodouico FaJJatOy il S, Fran^
cejco LandrianO;, il S.^^Tgoflo de Capitani injteme col
S. "Pirro Jratelloptl S, Vietro Frattcejco;,^ L^ntottio
Ilaria Calchi et fratelli^ ilS. Gio, Battigia ^madeo^
il S.Gottardo et Cefare Reini efatelli^il S.Gio.Fran»
ceJcoCazz<t^il S. Cejare Lamptigano;,il S. Marco
Marcello Rincio^ il ^.Girolamo Capra^ il S.Q uinti*
liano Afettdojìo;, il S.Vomponio Cujàno;, il S.Franctjco
Malumbra^ col S^ Vietro Iacopo Jratello;, il S. 'Pietro
K^rriQ'onO;, il S.CaradojJo Foppay il S.Gio.FrattceJ^
co T orniello :, il S.Giulio Schiafinato-^ il S.CeJare Can»
diano^il S.Cefare i^uogadro^il S^Horatio Carpano,
il S.Girolamo F^erffO;> il S. Marct^ntonio s^re^
fio, il S.Damiano tejla, il S.\^Jcanio Mozzone, il S^
Benedetto Longo, il S. Gio. Battijla Saluatorino, il S^
Cefare V^ignarca,il S.Gio. MatheoCataneo,ilS ^
Gio. Francesco Cauagliano, 0^ S\ Gio* Sterpino fi ateU
lo, il S, Camillo Traiano, il S.Gto. Battijla della Tua,
il S.Gio.<^ntonio V^tmercato, il S.k^ luigi Marita'^
no, il S, GaJJ)ar Cafuto, il S.^^ luigi da Lodi. Et inji»
Ititi altri honordtij^.et uertuofijsimi (^entiVhuomini vaghi di
heigiardini) non per altro fé no perche rapprefentano la
uilla cotanto amata da tutte k^erfone dij^irito et ualore^
Ma
DEL T A E G I O. ''^ ic7
Ida oltre gli eQ empi di tanti honorati perjottaggi^ch
perfejlej^i doiirebbono bcjlare per mettere iti j;ratia di
ciajciino la libcrtd dolici mila:, et in odio UferuHù della cit*
td. Che diremo noi del piacer :> che Ihuomofi piglia alla
mila del uederforger da un uiuofajjo ima chiara^, Z^yfref»
cdjontana'y la quale non ahrimentiycheje di puro crijiallo
io.] e àgli occhi de riguardanti manifvjla ifegreti del fuo
lucido Jondo, Qjiali occhi fon cluelli;, d cui no piaccia la vi*
Jla dun dtletteuole boschetto j, le cui piante fi gratiojamentc
riceuano i raggi del Soky che Vherba da loro ne prenda
grandtfima recreatione ì chi non gode deluedere;, (Quando
Jpirano i tepidi zephiri j germogliar gli alberi ^ O" (j^uaji
d ^arra lun delValtro riue/lirji di uerdijrondi f chi non è
uago del uederforger e in alto ilfiggio;, et Veliera co'pie^
di torti andar carpone f d cui non è dolce il ueder ifiumi^
(Quando cadendo dagli alti monti j con piaceuol mormorio
vanno rigando Iherbofe ualli^ et ipefij, quando hor nota^
no in f otta ^ hor intorno al fonte girando guidano ddet^
tofo ballo^ O" hor Vun V altro feguendo guizzano per
Vacqua? d cui nongioua lafoauitd degli odori;, che dolce^
mente da i uarij fiori Jpirarffnte f chi non (i trajlulla
del ueder cozzar montoni dauanti alle amorofe fue pecOi^
relleì chi nonuede uolontieri i paurojt daini;, quando per
laprefnza deWamata druda fi fanno arditi^ ^ i timidi
R. conigli^
log LA VILLA, DIA.
conigli:, ([lunlo fi accouacciano Vun con Vultro:, oue fitti rU
de Vrvnaueraì chi non ^ioifce del correr delle orecchiute
lepri? chi non s'allegra dal vedere i ruQmadoji fiorii
Quando per la nenuta del Sole fi cominciano ad aprire:, CT
ijronztiti rami:, (piando ondeggiano al uentoì d chi non di^
Iettano i dolci accenti de i uaghi uccelletti ^ (piando piajl d
prona Vun dell altroy cantano i lor amori? oue lajcioh
qemme:, di che la notiellajlagione riuejle Iberbe di nerdi
prati ? oue ilpollular de gVinnefiati rampolli:, i qualip co»
me noflre creature con piacer fingolarif imo crejcer ueg»
giamo? oue la pampinea uite^ quando racpuifla i perduti
tralci:, O' maritandofi con gli olmi dirami juoi sauitic^
chia ? ó quando ella^ 6 Y albero d cui sappogia é ( come
dice P^ergdio )
C O ISI jl^atio ugual Dino da Valtro po/Io
"Per tratte ri^he ginjlamente lungi \
Come talhor perfir giornata injieme
Con Valtro ungrojjo ejjercitojìjìende
'Per aperta campagna;, ej^atioja
In dritte tìla :, CT ordtnatefchierc
Stan con le jr orni agli nemici uoltc
L'ardite genti ^ e dal lucido ferro
Tutta la terra d'ogn intorno JJdende^
Jsle s appicca la z^^ffa ancor ^ ma in mezzo
^ tarme
DEL r \ B G I O. f^3 109
v^' Varme incerto Marte horribd erra.
Is/e crederò iogiamai;, che alcuno Jì) tanto indtjcreto;,
che mi neqhi^ che in mila non fi prenda un piacer incili^
viabile da un cielo aperto^ et chiaro ;, che con un uiuo/Jilen»
dore;,(luaJi con unfuorijo cinuiti alla allegria^ G" che
non goda del uedere un lieto :iJruttijiro^ ^ fijleggianiz
colle:, con mille ripofli recefh doue paia:, che la quiete;^ et
la felicita tendanola loro habitatione;,0' dal fentire k
filuejlrc canzoni delle fempltci villanelle:, O" ilfuono delle
incerate canne de pafioriMt che dirò della uifia de i roz^"
zi bij6lchi:>quando ornandogli aratri di nouellijiori, dan^
nofegno di piaceuoleocioì Et perche taccio i cacciatori^
quando feguono le figgitiue Jìere:,C^ ([uando nel rojjeg^
giar dell Oriente :ytendono k reti f doue lafciole diuerjc
maniere danimali^ quando a lor diletto fé ne uannofolaz»
zando per li prati dipinti di mille varietà di colori:, ove
laure efliue fcherzando tra fiori finno dolcemente tre^
molar le tenere her bette, Jopajfo confikntio molte altri
cofefimilije quali dilettano ifenfi^r ecreano glijlnrti :, de»
flano lo'ngeqno:, ©" raccendono in noi ildefiderio di cer^
car le cai fé de i ueduti effetti, T, L'ingegno fiegliato daU
Vamenitd del loco cofijpìnge gli huomini alla lajciuia:, co^
me alla inuefhgatione delle cofe naturali :, G^ le perfine
fante hanno fior ito più nelle deferte rupi, che negli ameni
K ti lochi;
no
M^
LA VILLA. DIA.
lochi \ ma lajciattdo (Quello da canto ^ hor che battete con^
tato le gioie della uilUpfonete anco all'incontro i piaceri
della citta, l^ ^ Le gioie^ C7* piaceuoli /pettacoli della
; citta fono ruhbariejflatrocini/^ afjafsinamentip parcialita^
conjjnrationiyingiuriey tradimenti ;>filji giuramenti di re»
jhmonij :>jàljijicamenti de notari,preuaricationi d'auuocath
corruttioni de giudici ^ ambitioni de configlieri y conjì^
nsmenti de buoni y coniennationi d'innocenti;, e oppre/?wni
dipoueriydi uedoueyQT'di pupdlt. Taccio la bella tnjla
■ del boidy del bargello;, de birri, delie Jorche^ de ceppi,
delle catene , CT de prigioni. Taccio i crudclh O" borri/
btltjpettacoli;, chefijanno de i condonati d morte pergiu^
Jittia. Taccio ilpiaceuole incontro dt certi cancbcrojì jor/
&ntip che Jìngendo lo Jlr oppiato lanciano il fico di janto
i^ ntonio addojjo d chi non compiace aWimportumtd lo/
ro. Taccio d grato JJ)ettacolo degli ammorbati JJ^cdaK
Taccio la bella perfpettiua del puzzolente borgo ta noce.
Taccio la dolce bar monta delle tioci dolenti de poueri , i
duali per le cittdfe ne morono dtjàme in imperio deliba^
tnanitd.T accio tigrato concento delle tncrejceuoli fcam/
pannate^ che fi fanno nella morte de gran p^f^^^ggi*
Taccio la melodia de noio fi ciabattini , CT altri Jciagura»
ti:, che dgttifa depazzi> ò anime dannate iianno gridando
per kjlrade, P* F^oi hauete detto tutte le miferie delle
citta.
DEL T A E G I O;
^
III
città j V tacciute hfvlicitd loro;, come fono i tnagnijìchi^
i^fuperbi palaxztj coti k predofe waJjàritiC:, C?^ thejorh
che ut fon dentro^ le diucrje^ CT artificiofe (lattie^ le degne
CT merauigliofe pitture Je piaceuokzz^ de gì Hi/lrionij,
i dtuerjì fpettacoli:, la uifla delle vaghe <T ornate genttU
donne;, le pompofe corti de Vrencipi ^O'ie belle cre^
anz^ de Cortegianiy CT altre cofefimili. T^ . Cotejle co*
fe^ che noi dite fono felicità apparetip et non uere. V. Ter*
che cai ft fono tali? f^. Xslon fapete cominciando dalla
magnificenza delle cafe^ pretto fé maj?aritie;> ^ thefori^
che ti più delle uolte nei palazzi de igran Rèfitroua la
fitica^ CT il dolore^ O" ne i baft tuguri) depoueri la quie*
te? O" ralle^rezz<i S^ fi ^^^ ^^^ credete à F^itauro^
udite ([uelj che dice F^alerio Mafimo, Gige infuperbito
affai per trouarfi Ré di Lidia? abbondantifùmo d'armi^
& di ricchezza? effendo andato in IDelJo à domandar lo*
racolo d'ampolline? fc trai mortali alcuno più felice di
luijl trouaua? hebbe per rtjpojla del facratiftmojj^eco di
qiicllo Iddio? che u^glaojilofojoy era di luipiujvlice? et
fin beato. Era coflui d'^^rcadia pouertfimofpra tutti
gli altri? ne mai era ufito fuori de i confini d)wfuo pode*
retto :t contento de i frutti? e dei piaceri ? che gli porgeua
quella fa picciolapojpfione. Et certamète ^ pollo con
fie^a afiuta maniera di ^arlare^ uenne alhora à defcri^^
a Hi uercy
ftT^'L A V I L L A, D I A.
ver e, Zf^ determinare ([^ial fijje la uera felicita j O^ non
Tappar ente ^ onde rifpondèdo d Gige^, ch'abbagliaua neU
lofplcndore ddlafuajvrtuna^in cotalguija uenne dfi^ni»
jìcarli;, che più approiiaua una capanna pailorak;, riden»
te;, Vficura^ che ipalUzzi:^ CT h corti de Vrencipi pie»
ne di mille cure^, O* follicitudini ; più un poco di terreno
pojjìdiitofenza paura V'foJ^etto ^ che i Jvrtilij?imi campi
di Lidia ripieni di molto timore *^ più ti pojpdere unojyò
due para di buoip che ficilmente fi guardano ^ ^ cufiodij^
cono 3 che gli ejjerciti^ Varmi;, CT la caualkria^ tutte coje
dijpefa^ CT trauaglio grandifimo*ypiu un picciolo grana*
io all'ufo necejjarto hajlante:> C da niuno cerco ^ ò defide»
ratOj, che i thejori efJooHi alle infidie^ d i tradimenti;, et al»
le rapacità dognuno.Qjianto alle uaghe pitture ;, CT ar»
tifìciojejlatue;, che dite;, ut rifpondoy che s'ellc fono antiche
(^ benché delle pitture poche fé ne trouino ^fono chiarifimQ
argomento delgua/lo mondo ^ Cr del uituperìo della pre»
(ente etdy nella quale gli huomini. d gran prezzO:> ^ con
JJ)efe traboccheuoli comprano le antichaie:, O" de lodeuoli
cofiumi;,^ uertuofe operationi de gli antichi;, alle quali ac»
cendere^ O' infiammargli dourebbono le fatue;, non fé ne
curano ponto ;, anzi diff)rezz<tno ogni uertih ^ ddlanti»
co altro non hanno p che qualche fragmento d)ina fatua di
Cefare^ ó di ScipioneMtflefatuep che dite fono modcr»
' nef^
DEL TAEGIO. -^^7 nj
ne^ Cr rapprejentanog-li huomini del fecola prefcnte di^
jJiUccionofommamente d^U occhi delle perfone giudicio^
jc^ conojcendo^cbe hoggidi per lordtttariojì pongono le
(latue d i rtcchh che con gran pregio pojjono comprarci
jìm felini marmi;, C7 non d (jtiegli ^ che fono uertuojì. come
jokuanojàr qli antichi ;»appr e jjo i (luali lejiatue erano te»
(limoni della tiertù^ mjìdirizz<tuanofe non d coloro;, che
fijlero dotti <^ ingentojt;, come fu fatto d F^ittorino;, ò d
quegli ^ e bauejjero liberato la patria;, come d Scipione
L^f/ricanojòchejojjeromorti per lei ^ come d quegli
K^ mbajciatori;, che fiirono morti dal Re deT^ehietij^
cuer amente adaltri^chauejferofitteimprefe qrandtfime^
P, Tutto ;, che le imagini^ C^ antic baie p per ejpr incita^
mentO;, C^J])rone alla uertih facciano chiara al mondo la
figritia^ C3" dapocaggine di quegli;, che Jì dilettano d^ha»
uerlejempre innanzi^ CT per loro ponto non fi movano ad
imitar lopcrationi uertuof degli antickiiet che le moderne
fatue fieno teiìimonijnon della uerirhma della ricchezza^
O" prefotnione degli huomini ; per quejlo non rejìa^ ch'eU
le infieme con le uagbepitture^ CT altri belhftmi fpettaco»
li non fieno grande ornamento delle cittd;, ^ che non dl^
lettino cofigli occhi de riguardanti;, come ficciajto ti uer»
deggiar delle campagne;, la vaghezza de i fiorii il ger»
mogliar delle piantegli naferdejrutti^la mezza de i
Jonti
'"iT4 LA VILLA>DIA.
finth Ict chiarezza de ifùmij Ut fj^ejfezza de i bofchi, la
fiaceuolezZ(t de i collie lotnbra delle ualli ^ ramcnttd de i
frati;, O" altre cofefimtli. T^ . lo ut confvjfo;, che le belle
pitture j et le arttjiciojejiatiie allettinogli occhi de r irritar •
danti X ma ben ut nego^ che le coje dalla natura prodotte^
tanto aggradino dgli occhi nofiri ^ (guanto ([uelk;, che na»
(cono dalVarteJa qiiale non darà mai j come la natnntjjn»
rito^ O* anima alloperefue, V, i^nchora;, che l pittore
nonjaccia Voperefue animate'^ nondimeno mojlra nella pit»
tura Jùa coja;, che Jommamente diletta j la quale ueder non
fi può negli efjvtti di natura, l^ . Che coja è coteJla:> che
uoi ditef P.E'la uertà delimitare;, la eguale e di tanta
jorzap dulia fa, che le cofe brutte;, et dt/piaceuoli piaccia»
fto^ come per ejjempiofi può ueder e nella figura di Lao^
coonte;, il cui dolore, il morir delVun de figliuoli, la paura
dell altro, con Vauinchiarfì de ifer penti, cotanto di diletto
ci porge, O'pur la morte, ijojjnri, le /Irida, i morfl, et
il timore fono cofe trifiifime, CT odiofe. Il che parimente
ha loco nelle fittioni poetiche'-^ onde è, che molti molto mag»
gior diletto prendono da i pianti, dalle di/perationi ^O*
dalle morti delle tragedie, che non janno da i giuochi, da
i rifi, CT da i contenti delle comedie. T^, L^JJai mag^
gior diletto nafce dalle cofe belle, che produce la natura,
che non fi dalla uertà di colui;, che le uà imitando. Il che
chiaramente
DEL T A E G I O. ^^^ ut
chiaramente lo dimojlra la dtffrrenxa^cb'è dctim^jotttana
naturale ad ima artifìacitaj, CT* da un paefe dipinto ad uno^
chejìa nero. P* Mor pò fio ^ che cofijìu mi negherete noi;,
che da i giardini delle città non fi piglino molti de' piacer
ri^ che uoijSte propri^ della uilla . l^ . Cotejlo non ut ne*
got^ ma ben ut dico^ che negli antichi Jecoli nelle citta non
u erano giardini^ ^ che Epicurojtl quale fu il primo j
che tronajje i giardini in v^thene non gli hebbe in tanto
pre^io^Jè non perche rapprejentauano un naturai ritrat^
to della uillay i cuipiacert uanno molto più dguflo^ Z^piti
longo tempo ddettano;, che non janno qtielli delli giardini
delle città. P. Perche caujaf f^. Ver la uicinanza del
lor contrario ; perciò chejj:ejje tiolte in uilla fi uecrgono
minaccio fi monti, tanne duferpi^ ojcure cauernc;, horridc
balze jjlr ani greppi, dirupati bricchi;, rouinati faf^i^ aU
berght dheremiti ^ ajjne rocciC;, alpe/ìri diferti ^ CT cofè
fimilt :, le quali:, cluantumpiefenxa horror e rare uolte ri^
guardar f pofjano^ nondimeno più compiuta rendono la
gioia ^ f licita della uilla*^ ma;, che più ^ negli horti delle
città folamente fi gioifce della uijla degli alberi dome/ìi^
ci :,0* da maejlreuol mano coltiuati j ma nella mila figo»
de ancora del uedere le feluaggie piante dalla natura prò»
dotte negli alti monti:, le quali fuogliono cofe recar più de»
gne O" memorabili^ che nonfinno le colttuate uiti degiar^
S dmi. Et
ii^^^e^L A VILLA, DIA*
dtfii. Etj} fijp Jlato addimatìdato d LiJJandro L acede ^
money cj^uado andò da Ciro per ambajciatore ^quali fojìero
di maggior ddettOyò gli alberi ugualmente con beli ordi^
ne Din dull altro Jeparady durano nel deliciojo giardino
dejjo CtrOy oueratnente lejelue di bujjo del monte Citho^
roy (J^tiando nelVari^ ondeggiano non altrimenti^ cheficcict
il mar e y Quando dal uento quinci ^ e quindi uiene agitato ^
fon certiJ?tmoj cKegli haurebbe rifpoflo in^uor delle [iU
ne di Cithoroyjtcome anco F^crgilio dtjje
D I L ET T <^ molto d riguardar Cithoro
JDi bit/?i ondante , e di JSlaritia i bojchi
Carchi di pece^ O' tteder qioua i campi
JSlon adaratriy odarpicifoggettiy
JSlon obligati d'alcun huomo d cura.
E (ce del gran Caucajo in Valta cima
Sterili felucy che gli animojì euri
Soplion conflati lor piegar crollando^
E ferendo jchiantar continuamente y
feltri danno ^ altri parti y quefle i pini ♦
V^'til legno d nauigiy djoflenere
Le cafey quelle alti cuprej?i y e cedri y
Qmncififinno O" d le ruote i raggi ,
Timpani d i carriy CT d le nani iljòndo^
Son di uimine^ e Calici Jicondi ^
Di
DEL TAEGIO. '^'117
D/ fiondigli olnih ^ di fitte hajle il mirto
JDa tjjar in guerra è buono il cor niO;, fono
L^ttijstmi dpiegarjì i tafii in archi ^
3 h pulite tiglie^ eljacil Svjjo :,
E d riceuer;, qtiaV huom uuolp firma attorno.
Si cauan tutte con acuto firro ♦
L^ncora ilfiagtl alno in fiume pò fio
'Per le precipiteuoli onde nuota ^
K^ncora dentro d le corteccie cauc
Del putrido elee fin lor cafe Vapi ^
Q^al cofii memorabile^ 6 fi degna
Coja recar le uiti ad alcun mai ?
TDiede Bacco d la colpa le cagioni p
Egli col filo licor condujje d morte
J gran Centauri d'alio fiir or pieni ^
E RhetO;, e Tholoj, e con gran tazz^ i^ ^^^o
Minacciante i Lapithi il fiero Hileo*
"P, Se nelle uillegioua anco d iteder gli alberi fieluag^
giy che non fi ueggono ne i delicati giardini delle cittdj, aU
rincontro fii ueggono nelle citta de i merauigliofii /pettacoli
O^ giochi;, che non fi ueggono nelle uille , C^ mafiimamen»
tealCarnouale. /^* I publichi JpettacoliC^ giochi;, che
noi ditefiironofiempre contrarij d i buoni cofiumi;, ^ chi
d loro fi n andrà cattiuo ne ritornerd peggiore *^ ciuiui s'è 1
S il perduto '
118 L A VILLA. DIA.
jperdufo Vhonore di molte honorate gentildonne ^ O" (Quindi
molte fé ne fono partite impudiche ;,molte dubbioje'^nta ninna
itone tornò mai cafta.V. F^oi biafmatc liJ])ettacoli;,etgh
antichi Romani^ ch'erano pur fior de gli hnomini;, tanto
Je ne ddettauano^ che da loro andauano non Jolamente il
popolo Romano*y ma etiandto il S enato ;» ^gVImperato^
ri del mondo\ più dicoj che gli Jpettacoli tanto haueuano di
qioia con loro^ ch'eglino menauano in publiconon purh
mogli de i Ce fari:, ò le figliuole , ma le uergini uc fiali an»
Cora, Jy^ ^ Lagrandezza dt chi erra non emenda l'erro»
re^fecondo i giudici) migliori^ Roma non hebbe cofapiu
biajmeuole^ che la dtjcordia ciuik;, Zf^ la uanitd de giochi ^
io trouo;, che nonfolamente d ([ueflij^ettacohfi uà a peri»
colo di perder Vhonore^ ma la uita ancora^ P. In che ma»
nieraì f^, ISlon ui ricordate d'hauer letto nelle JFIt/ìoi^
rie;, che in Fidenaal tempo di Tiberio Imperatore per
la caduta del i^^nphitheatro morirono uetimila perjone^y
JEtje non bajla della perdita della vita:, C^ dellhonore^
che s'aipijla in fimdijf^ettacoli^fjoejje fiate fi perde anco»
ra la robbaf P, Et (pie fio uorrei intendere. P^^ M.en»
( tre y che glihuomini priuati fiono tenuti dal defiderio de gli
Jpettacolhpoco ricordeuoli del guadagno ordinario;, non
jentono il giorno, che pajja^, CT* la pouertd che viene • C^
cofi duicenda il mal priuato nel publico^ CT ti publico nel
prillato
DEL T A E G I O. n^
f rinato ji cangia. V, Certamente:, ch'io conojco^ che mi
dite ti uerop V mi ricordo dhatier Qtdmfìo^iu uolte in
Melano alcuni uccellacela che ahbandonauano le bolechc
lorO:> per andar dietro deerti carri infrcjjcatiyfopra de
qnaliji recitauano le più gojj} jilo^rochene del mondo;
ma circa alle donne:, io ui dico^ che più diletta lo fJ)ettaco*
lo :,Cr bella uijla delle vaghete leggiadre gentildonne
delle citta :, che (guanto veder Jì pojja in uilla, l^ .he don^
ne della valla jono più belle ^ amabili ^ C^ ca^Cy che (Quelle
di Ila citta ;, nelle quali non fi uedc altroché artifìcio :,ZD^
torto j chejijà alla natura, P, i^nxi è il contrario:, C?*
fi come unfinìf^imo diamante più bello riefce dallartifcio»
fa manO:, che Vhaurà polito j che dalla natura:, che Ibaurd
prodotto *, cofi unagiouane donna è molto pili grata àgli
occhi de riguardanti^ ([uando ornata O" polita fé ne uiene.
dallo IpecchiOj che quddof apigliata Crfnnnacchiofa efct
dJ letto. T^ . \>fnxi una bella k^^ jr e fc a fanciulla :,(puan^
do uien tinta d alcun lijcio^ pare m n ua^adafai^^ la
ragione é:, perche la natura alle uolte per mene a un certo
fegnop oltre d ij^uale il nojlro deftderio non jì fttnde:, &
althora pare:, cFella rifiliti Fopera dell arte t^ C^ oltre ce
ciò (li dico:, che lo fludiofo ornato per la ffpettione ^ che
nafce dalla molta indijìria alle belle fema la gratta della
bellezza^ et alle brutte fcopre le mende loro colfioffhn^
S Hi dorej
I20
LA V I L L A, D I A.
dorc:, il perche le donne di mila fono più gratio(è;,Jìncerc
& leali;, che le cittadine,-, le quali ( per la maggior parte^
mojlrano incanno fin nella pcciaj douejotto mi biacca^ et
jolimato (epe Ulta fi uede la lor natia uiuacitdp effe ne tro=
nano di quelle tanto ua^he d'ingannar altrui con quejla ma
ladctta majchera^ che tutto che fieno inferme? magare:, O*
Jecche^ di bianco :, e roCjojì dipingono il uijo:, come fé fof^
fero di quegli mamolini:, che per ornamento fi mettono jo^
fra gli altari ^ Et per far più bel fpettacolo alcuni altri
vioflri di cinquanta anni fi trottano :y che fui uolto s'accon»
ciano quel lorofmerdamento di belletto in manient^che per
entro lui la carne uecchiafi ucde^ non altrimenthchefijàc»
eia la litiiJez^d dun muro afjumatofotto poca calcina. Et
fé uogliamo noi confrjjar il nero non e più tofto un fimil
f)ettacolo degno dodio^ che d'amor eì P, Qjianto d que»
(lo io fon qua fi della uojlra opinione ; ma circa allefer le
lìillane più cajle:, che le cittadine ^ io fono di contrario pa=
rere^ CT* uorrei^ che mi dicejh la ca^ione^ che ui ha ntojjo
d cofi dire, l^ ^ ha cagione è rinimicitia^ che fuole efjere
tra Vocio^ et la cafiud'y O" le nobili^ et ricche donne delle
citta [tanno uolontieri ociofe. V. Che uolete noi ^ chejacci^
nojìmile donnei che uadino d 'z<^ppare^ come le uillane^ 6
che fi guadagnino il pane con la^Op 6 la conocchia. T^^
ha buona mogliere perfuegliare in altrui il dfiderio di
operare^
DEL T A E G I O. m
o^trart;, mone alle mite cofi le mani :, come la lingua ^ ^
fi mojlra nemicif?ima ddlociO:,il quale e radice di migliaia
dtnjrrmicdy cojì dellammo;» come del corpo ^ perciò che i
fenfieri della perjona ociofa (^ ninfa da i piaceri del mon^
do) iiincono qualji uoglia proponimento^ la qnal coja^ pp»
fendo inteja da poeti^glindujje d finger Diana ca/ìtfima
iDea cacciatricc:, per dimojlrare:, che in un medejìmo pet/
io non fi concordano infieme Vocio :, CT la cafìitax ma neU
le donne per l or dinar io cai fa più maU che bene. Et di qui
viene ^ che communemente i hanno inffj-^etto le donne lette»
rate, V, Et perche coteftoì J>^ . Ver che alla malitia na»
turale delle donne:, fé le agg;ionqe lartifcialey che fi ap^
prede dalle dottrine:^ Et fé uoUte uedere^ che rare uolte le.
lettere s'accordino con la ca/ìitàfpecchiateui nellefemm
pio di Sajo, quella dico^chefii di tanto grido nella poefia,
la quale tanto lafciuamente amò FaoncNe minor Liafimo
fi da ii Sempronia da Salu/ìio in un medejìmo tempo hia^*
Jimata d^mpudicitia:, CT* lodata di dottrina^ nepaffèrò con
filcntio Leontia:, la quale fu concubina di Metr odoro da
cui appref la dottrina Epicurea. Et per nonfajhdirui con
la moltitudine degli ejjempi, ui dicoj che infinite f irono le.
donne dotte:, CT impudiche. V, Sanclùo ui uolefi mettere
innanzi la glorioja fhiera delle donne letterate:, C^ cafe^
forfè ^ che maggior farebbe il numero loro ^ che quejlo del»
le d:tte^
^121 LA VILLA>DIA.
k JfftCj O' dishonejl^t^ma hfctanJo^It ejjempi da banda^
vorrei faper da uoi , fé la donna che leqqe le cofe mora^
h non impara /prezzar il tiitiOs^GrJe mlle buone lettere
C comedi Sole nel cielo) non rifjdende la luce della uertù ?
l^. Et Jè per auentira qualche donna non credejje ciój
che uoi ditC:, l^gg^ l^ nouelle del Boccaccio:, ^ maj?ima»
Piente cjuelle^ che tnjcgnano alle mogli pr la be-ffa ci t ma^
riti;, <0" trouerdj che tn ejje:, come nel tempio dt Frenerà
arde unajìamma dijènfitiuo amore ballante d raccendere
di pellegrina lujj uria (^ual Ji uoglia ca fio petto. Taccio
quelle amoroje lettere ^ eh' ardono:, piangono :, J^yJJnr ano ^
<^fi difperano in maniera, che bajlerebbono d corrompe^
re qualunque fcmina per uer^ognoja^ timida:, C honejla,
ch'ella fiJe.Taccio i lajciui uerjì de poeti atti d mettere
fojjopra la ca fìtta. P, La lettione de buoni libri ammae/
Jlru:, ^ non corrompe^ porge Far me della ragione ^^
non quelle dell'appetito^ CT da quefio le donne imparerie/
no d conoscere quanto bello ^ CT pretiofo thejorojia la ca»
Jlitd. J^^"^* "Perche dt natura le donne Jono più Jragdi p che
glt huomini:, G^jono naturalmente più inclinate al mah che
al bene:, tii dicO:, ch'elle hanno più tofìo bijogno di fieno ^
che dijl^rone^^ dt^eruitiUche dt lthertà:,la donna^che
l^gg^ d troppo gran pericolo fi mette^^ Et io ne conojco di
qiielle^c hanno un gentil J^iritO;, pur quando leggono la
inflitutione
DEL T A E G r O. 125
inflitntione delle d^ynne fi faiìidifcono d un tratto^ 0"fi la»
{ciano uinccre daljonno, ^ (filando leggono le nouelle del\
Boccaccio;, mai non fi fallando di IcgQ^ercp nefentono una ^
dolcezz<^ infinita;, di maniera:, che per tutte le fudette ra^
gioni;, ZT ejpmpi io conchiudo ^ che Vocio delle lettere è de
gli hnomini;, CT non delle donnet^Vuffìcio delle quali è dm»
farar dgouernar ben lafuajamiglià;, CT" non di legqere^
"P. Certamente, chHo credo :, che qucjla uoflra conci f ione *
fa nera : ma hora^ che habbiamo ragionato dell odo let^
terato^ V deWociofenx^ lettere ^ uorrei:, che ragionafi»
mo ancora delfuo contrario;, cioè deWejJercitiO:, che feruc
alla finita del corpo ^ Z3* alla recreatione deWanimo^
V^. Che ì uolete noi firf dire^ che più commoda non fa
la uillaperfir efercitio^ che la città f P^ Et noi penfatc
di poter fof enere il contrario f l^ ^ lo ne fonofcuro.
!P. Perche caufa non ne habbiamo noi nelle città delle
piazza :> ^ delle f rade più belle^G^ accommodate perfr
effercitio^ che non fi ueggono nelle ville f /^* Uejjercitio
delle citta uiene impedito da molti Jiftidiof incontri^ i qua»
liJJ^^Jf uolte riempiono gli animi nofìri di triftitia y CT in
quel ponto uorremmo ejjer ciechi-^ cofa^ che non internici
ne alla uillat doue in qualunque parte ni trouiate^ uedetc
una giocondiftma uerdura;, la quale nonflamentc ddetta
Vecchio^ O'fieglia la mente j ma conforta^ O^giouafom»
T mamente
124 LA VILLA, DIA.
"^ matftete la tdiìa. P, In che modo? l^ , "Perche la natura
del uedere e lucida CT* uaga della luce^ e molto ageuole ad
allargarjì^ O^/pargerfi ♦^ onde auiene;, cKella cofi fi dif*
(ohe tropico rigtiardMo nelle coje lucide j come fi rejlrin»
gè uedendo le Cenebrojè^ di maniera;, eh e'I uedere brama
di fruir la luce in modi^ che'l piacere non lo dtjperda:, CT
nelle tenebre^ doue non uifipuo dilatare ;,non ha godimene
to alcuno ) il color uerde^ perche participa temperatamene
te del chiaro^ O* dellofcuro^ non dilatandofi troppo in lui
il uedere^ ne uenendo impedito il piacere per le fouerchie
tenebre:^ ddetta la uifla^ CT la conjerua con una piaceuoh
alteratione^ non altrimenti che feda lojpUndido delicato
dmfpecchiOy 6 la chiarezza dunafntana:, chefenza of^
fcfa alcuna refijla d i raggi degli occhi nojlri, V. Qjie^
Jta e una ragion fi iiiua^cKionon faprei mai^che dirle
contrai^ etpenfoy che di c[ui uenga^che igentiVhuomini or»
ninolejlanzelorodi panni uerdipò di pitture di paefi^
l^ , V^oi dite il uerox ma le uerdi CT uiue piatite non fa»
lamente confrtano la uifla *, ma con Vodore^ che /girano
aiutano molto gli /piriti uitali deWhuomot^ cofa che non pof
fono fare i panni uerdi de cittadini. V. Io nonfaprei mai
che dirui contra \ ma circa alle corti de Signori;, CT lor
ben creati Corte^iani;, che rispondete uoiì f^. Io ui con»
{cfo trouarfi de Signori uertuofi/?imi^ CT delle corti;, che
fono
DEL TAEGIO. 12^
fono honoratiJ?ime:, dove fi coglie il flore d^ ogni gentil cre^ i
anz^^ CT doue concorrono tutti i ^pellegrini ingegni d di^ |
moflr are il lor valore dgarra Dm dellaltro^^come fér
ejpfftpiofueded tempi noflri nella corte dcllinuittif imo
Cefare:, del Serenif?tmo Rè dt Spagna:, del Cbri/hanij^
fimo Ré di Francia y k^ d'alcuni altri Trencipi degni uè"
rumente del prencipato loroì, ma ben ui dicO;, che quefìoji \
vede in pochi lochi , CT che nella maggior parte delle cor^
ti Q colpa del corrotto mere di hogqidi ^fi trovano tante
felerapg^iniy (Quante ne fieno nel reéh del mondot^ et thuo^
mo per buona fruiti/ cb\i tìccia^ non folamete da Signo» \
ri non ne può hauere ; ma ne R^erare ancora premio ;, che
fa di longheJatiche:> O^ di rifchio di morte:, fé nonfriuoU
gè ad aci^uifare per mezzo uìtuperofox perciò chefi Qper
Vordtnario^ non effaltanof non quegli;,che non meritano^
fte uogliono uederf avanti;, fé non chi per aljabeto sd le /
flanze^ le pr attiche j €9" le qiialitd delle meretrici :,CT' dei \
ganimedi ] ne premiano fé non buifoni ^ CT miniiìri della \
lor lujjvriat, ne £nno grate accoglienze sfitti:, fé non d :
chi gli sd trovare piufegrete vie per accpnifar danari \ ne
carezz^tnofe non quegli :> che con più colorate fife fanno ■
torgli dalle j])alle i creditori ;, CT per fa cai fa mancar di \
fede d ognuno ^ ne portano innanzi et f^nno grandi f non '
certi lor nemici fimigliari^ amici di firtuna^ nemici della
jT i i ueritd
,2^ LA VILLA, DIA.
'ueritd^jaljejìrenep etjcimie di corte :,chc adulatori fi chicf
matto ;, Cr in ([ue/ìi tali fi ueggono le belle creanza ?che uoi
dite. "P. Che creanze fon cotejle, J^. Come che creanze^
non facete :> che altre uolteoccorfe in Franza^chel Rè
^ Luigi:, per hauer brutta gamba;, uefliua confaghone lott^
gofn alle calcagna^ CT indi d pochi giorni fii imitato da
tutto d Regno in maniera^ che (non ojlante la bruttezz^t
dellhabito') tutti i Cortegiani uefltuono Jtmdmente;, anco»
\ r^yche dalla natura Jojpro dotati d'un beli fimo corpo^,
' Succedendo poi d Luigi Francefco^ il quale ^ perche ha^
ueua bella dffpofidon di uita;, O" proportionattfime mem»
' Bra;> uefliua di corto in modo;, che cjiiafi tutte le parti del
corpo fcoperte fé gli uedeuano )Jìibito i Cortegiani ^ cor^
rendo da uno ejlremo allaltrop quantunque hauejjero h
gambe torte fi ueilirono di corto^come il Rè: Et tanto
oltre pafò quejla adulatione in quella corte^ che ejjendo
flato ueduto il Ré caualcar più duna uolta un ronzino con
la coda tagliata^ d un tratto fi videro tutti i Cortegiani d
cauallo de ronzinifenza coda. Et fé ciò non ui bafiaper
intender le fciocchezz^?^ adulationi de Cortegiani ^ui
doucte pur ricordare:, che CUfojo adulator di Felippo
Rè di Macedonia Jifngeua zoppo ^y perche Feltppo ha-*
ueua una gamba rotta;, e jlorceua la bocca;, egli occhi in
quel modop cheficeua Vifiejjo Rè J* X^on uifouiene ancora
di
DEL TAEGIO. 127
di ([nello ^ eh occorje d T^ionigh il ([uak una uolta ridett/\
do vide CariTofi para fitOy che da Ungi rideua ancFegli^y \
onde addimandato perche ridfjje^ rijpojèp perch'io penjo '
quelle coJe;> che noi dite ejjer degne di rtjo, iSla che piu^
quejlefcimie cortegiane nonfolamente imitano la indrjpojt^
tione del corpo p Vimperfittione del ueilire^ le maniere O*
i capricci de Signori : ma etiandio le qualità dellanimo^
onde i eglino far anno vitiojì l'adulatore jì sjorxerd di ap^
parer Villejjo uitio^ negli errori delpatrone\ ne con par 0^
le-^ ne con jàtii gli fard mai noiofo:> anzi al canto di quello
firdfempre tenore foauifimo^ CT loderd il uitio col nome,
delle uertà propinque ;,chiamando ifimofi magnanimi;,i he*
filali animofip i licentiofi buon compagni ^ ^ i prodighi li^
berali.Et talhora^per acquijlar mag;gior cr edito yfingen^
dofiuinti da troppo amore riprenderanno d Signore con
tajjarlo di troppa cortefia^ liberalitd:,jatica;y animojìtd;, 6
d altre cofefimili 5 talché fé uno fard un codardo:, CT uilif
fimo d animo col tajjarlo di troppo ardire ^ pafjare lo fì/
ranno da una mltd grande ad una poltroneria grandtf?i»
ma^ O* infimiafia perpetua. P, // riprender di queiìi
tali èfimih al grattar della rogna;, che par che doglia ^et
pur dilettata ne credo ;, che più tri/ìa generatione d'huomini
fi troui al mondo di queili ajjentatori ^ O^ domeflici nemi»
ci, J^^ Et che fiauero coteéh domandatine ad^^na*
zdo
128 LA V I L L A, D I A.
ZilofilofofD:, il ([uale folcita dire Vadulatore cjjlr fimiU al
uermc nato mljrumento'^ perche mai non Vabbandonafìn
d tantOy che non l'ha corro fo tutto dentro ♦ perloche Dio»
gene dicena ejjer manco male jlare fra i comi;, che fra gli
adulatori:^ percioche Quelli mangiano i corpi morti p et que*
'fi confumano i nini , Mor qnejfii fonagli huomini de quali
abondano le cittd*^ CT quefie fono le belle creanze de i no»
Jlri guariti Cortegiani,T accio laferuitihglifentiy C7* la
reufcita deglialtri injvlicifùmi Cortegianij che non fanno,
6 non uogltono adulare :, O" che uiuendofotto Vimpero du»
ito infoiente maftro dì caft mangiano al fon di campaneU
la:, Cr dormono allo altrui fonno. T accio gli odio fi mira»
coli della cortCp Q^ mafune quando fi uede confettare un
Jlerco, Taccio il uedere chi hieri era falito fopra delle
felle ^ hoggi efjer caduto nelVabijfo^ O" ali incontro uolar»
fene bora fin al ciclo^, chi pur dianzi erafpolto nel centro
della terra. Taccio VodiOy che ordinariamente portar Ji
fiole alleperfone uertuofJT accio li fcherzi^che usói^yf»
leffaniro d Lifimaco^ CT Tiberio d Sciano fuoijàuor fi»
mi Cortegiani:, & concludo la corte;, CT la città efer non
altrimenti da fuggir;, che fieno gli per igliofi fogli di Sii»
la O* Cariddi. P* Jhlor ben conofco chiaramente ;,che noi
dite il uero;, & che tanto deue effer dolce la libertà della
V uilUp guanto in effetto è amara la fruita della città:, O"
della
DEL T A E G I O. 119
della Corte. T^ ^ Se uoi g^ji^Ji^ tm tratto la dolcezz^t
della inta riifficale-y fon certi^tmo;, che d guifa del topo
ruflicano dt Horatio^ dtrejle d Dio cittadmhwai più non
mi uedretejra le uojlre tnurct^ V^ Ricordatemi per uita
vojlra:, come fu lajàuola dt cote fio topo. T^ . Irloratio in
unafta Satira;, douè grandemente loda la uita ruflicana^
dice in (pie fio modo
G / \^' un topo de la uilla inulto feco
L^ * dejinar neljJto pouero albergo
F^n^chenelacittade era nutrito:
Si come amico inuitarjJiol lamico^
Il topo contadino era tenace
TDdJii0;> ma non però;, che ne' contati
JSlon dimojlrajp un animo corteje ^
TD ir olio in breue^ Ejjoglipofe innanzi
Ceci da lui jèrbati ^ e lunga auena ,
E diedegli portando feco in bocca
t^cinijecchi duua:, ejrufli ancora
Di mezo rofo lardo;, dijìojo
Con nari cibi dijgombrar la noia
Deljiio compagno^ che mal uolontieri
M^angiaua de le date d lui uiuande ^
Toccando ognuna confuperbo dente :
Egli p chelpadron era de la cafa
Mangiane
130 LA VILLA>DIA.
]M anelando Jarro^ e loglio^ e d lui lajciando
I miglior cibi : e tuttauia g-iacena
Sopra un poco di paqlia di qucllanno x
c^' cui il topo ciuil parlo in talguija ♦
Caro mio amico , eh ddetto prendi
TD'halntar c^ueélo bojco erto ejduaggio^
donerò ejolitario ? uoi tufirjh
ì^^nteporre il comertio de le genti ^
lE^ le adorne cittadi d rajprejèlue f
V^ien meco in compagnia;, poi^ che benjai^
Che dt noi beflie Vanirne mortali
Sono;, e conuien^ cKognun per tempo^ 6 tardi
Gionga d la morte;, che non p^^o fuggirli ♦
Onde mentre p che poi ^ uiue fvltce
Godendo di quel ben^ chauer fi puote t
V^iui te dico:, Et haggifempre d mente p
Ch'i la uita di noifiiggace e breue ì
'Poij che (puejle parole il contadino
Topo mojpro d uoglta dt cangiare
Jj oJlatojJio con miglior uita ^ ratto
f^Cci del tetto uilc;, in che albergala p
iBt antbeduifi mtjero in camino ^
T>efideroji dajcender di notte
De k cittd le mura^ egid la notte
Teneua
DEL TAEGIO.
Tettcua la metd deicida^ ([uafido
L'uno e Falcro arriuaro entro una caja
T)' un gran ricco p Et in cj^uejlajopra letti
JDauvrioJì ucdean ricche coperte
"Di purpureo colore;, CT" auanzaua
JD)4nagran cena Jatta il giorno innanzi
i^jjaigran quantità di nari cibi ;,
/ eguali eran repofli in più cancflri ;
"Pojcia^ ch'aduncpue il ctml t.)po mijjl
Il contadm jopra il purpureo panno
T)i qiid^ dt Id uà leg^riadretto preflo
Continuando le uiuande ^ e fice
Ojjicio dt buonjeruop la credenza
Facendo d'ogni cojày che gli reca ♦
Egli fedendo adagio fi rallegra
D'hauer cangiato fjr te ^ ef dtmojlra
x^Uegro conuitato : Et ecco s'ode
K^ngran rumor ^ ejlrepito di porte ♦
Che Dino e laltrofuor de' kttifcojje ^
Cominciar efi d correr d'ognintorno
Timidi pe'l tinello;, e fcmpre crefcc
Lor la paura ^ CT* eran mezi morti ♦
^-^gg^^f^gi d ([uè fio ^ che la cafa tutta
JDe Vabbaiar de can rifuona intorno .
r^ K^lhom
M«
i}i LA VILLA, DIA.
* ^ l^lhora il topo ruflico al compagno
JDtjJe:, non fi per me cotefla uita ^
c^ Diojratello, Me lejèlue;> e un buco
Con un poco di uil legume O* ejca
Terrà pajciuto efatiO:,fenza tema ^
Ch'alcun uenga djbtrbar la mia (Quiete ♦
T. Bella cr artificiofajìttione fi cjuejla di Horatio:,
/^perche in uero gli agi delle città fono accompaqnati da
[ infinite vtijerie, ^giudico uita injvlicij^ima di quelli;> che
I hauendo tanto ^ quanto gli bijogna per Tufo del lor uiuerc
nece^ario\ malcontenti della Jua firtuna;, per arricchire
diliberifijìnnoferui;, ne mai hanno ripojo alcuno. l^Jn
conjirmation di cote fio ^ udite quel^ che Jcriue Horatio
a Fojco u^ritiofuo compagno
V^ hJ ceruofiy ch'd unpouero cauallo ,
T^erch'era più di luigagliardo ejorte ^
ISJon lajciaua mangiar Vherbe communio
OndeJJopoi;, che combattuto ajjai
fiebbe con quel maluagio ^finalmente
V^eggiendofl da lui battuto e uinto ^
Hicorjè humile per aiuto d Vhuomo 5
T^a cui pofloglifijiibito iljreno ^ ì
Eri hebbe la uittoria del nimico 5
JS£a rimafe di luifemprefoggetto ^
Bfemi
DEL T A E G I 0 : ij,
E (ènti grane poi la bocca ti dorfo ♦ >
Cofi rhiiom;, che teme fido pouertade ^
Ciyauanza di ualor Vargento e Voto p \
Ter le ricchezze s'affatica e fida ^ j
I-Iaurdfempre ilpadron^ che lo caualchi^i
Efia uiuendo eternamente ferito , .'
Chi delpoco^ ch'egli ha non sa ualerf^ \
X^efi troiia di lui contento e pago ^ \
s^ * cui fa jacultd non è conforme ^ \
Leiden ^ ^ual de la f arpa : che s'è grande \
IT^ia più del pie;, cader fi fj^e^o Vhuomo :
S'è troppo corta;, e fretta lo tormenta ♦
Tu de lo fato tuo mi contento
K^ritio;, e far ai faggio : ef tu uedi ^
Chh uoglia più raccor di quel che bafi ,
Riprendemi con grani af^r e parole ♦
// danaio éfgnor^ òferuo altrui %
Ma più conuiene d Phnom^ che pieno impero
JHabbia di quel^ chef lojaccia donno ,
"P. Ben dice in nero d prudentifimo HoratiO;, che
Ihuomo dourebbe accommodar lafarpa al piede;, et con^
tentarfl della fa fortuna;, altrimenti mai nonhauerd Va^
nimo tranquillo. T^, Hor noi l intendete ^ ZfT aficurate^
m;, cFé felice Ihuomo^ che f comèta di queU che bafia alla
f^ a natura^
IJ4. oL A VILLA, DIA,
natura. Il perche dijfe Horatio aijuo ibrido
Fiig^i l'altezxcty che ben lice d rimomo
Sotto pouero tetto j e in flato humih
F^incere i ricchi ^ e i Jortiinati Reg^i ,
Et appa^andoji noi di qiiel pocoj, che hahùiamoj che
loco poj^tamo trouarc più al propojìto noiìro ^ che la
uilla f ^ chel fia uero^ domandatene alltjlejjo poetai il
cpidl dice
H O R w^ fé noi uogliamo ejpr contenti
JDi (putì;, che bajla dia natura j e hauendo
T) il jabricar ci una magione honejia ^
E da cercar primieramente il luogo ♦,
F^oi ne riconoscete alcun migliore
"De la gioconda ^ anzi beata uilla l
Ouefi troua più tiepido il uerno ì
Et oue laura piufoajiiep e grata
Leua la rabbia del celejle cane ^
Et ammollijce ilgraue acuto caldo
TJel Soh (Quando egli ne la caja alberga
JDelJier leone ^ v la noiofa cura ,
O' lainuidia nemica del ripojo
X^Ieno già mai ci turba^ ò rompe iljonno f
Con ([uel chejieguey doue pojponendo i finti O* igiar/
dini di Roma alle piaggie;, et fiumi della uilla;, dice
Majàr
DEL T A E G I O. ij;.
iVf ^^ jàr fìoftfi può forza d la natura ,
Che calca jempre uincitrice Varie ♦
"P. Hot ben conojco^ che Horatio non fi men prom
tettore della uilla^ che fiate noi . l^. i^nzi Horatio^
come più dotto O" eloqtiente di me fi ancora più naiorofoj
& gagliardo difinfore della mila di cjuello:, che fono tot
ma circa al dejiderto di uiuere in una gioconda et lieta uiU
la po(Jo dire uer amente injieme con ejjò lui
K^ LT RO ne uoti miei non fi già mai ^
C'hauerfolo un poder non molto grande p uifsuc^'u^
Oue cifijJeunhortO;,epre(Joalmio l i
Tetto un perpetuo finte dacc^ua chiara p \ ,
£ un poco difeluctta, Eccogllddij \^
Mifiir più larghi di cj^uel , ch'io bramai ,
Tanto j ch'i mi contento^ ne più cheggio
Figlinol di M aia \fiior che mi conjerui
Qjjefìi de ifommi Dei graditi Doni ♦
Et fin nei più teneri anni della mia Janciullezza fin /
Jempre vtolto più uag^o de i piaceri della mlla^ che di (Quelli
della città y C^ cofi crescendo da una età nell'altra crebbe
parimente in me il defiderio di consumar i giorni miei nella
dolct/?ima liberta delle campagne ydouc più grato m'é il
Jìiono dellhumili zampo^rnepcbe nelle citta lojlrepito deU
k tragiche trombe. Eternando partito dalla citta giongo
l^ Hi alla
ij^ / LA V I L L A, D I A.
alla mlUp dolciJ?imo porto de tnmpèjicri^ alhora uftpro^
Joftdo O' largojojfjirare^ eh mi s'apre dal cuore da me
discaccia tutti i mali humori p O' Vattimo mio rajjeretia di
ffiamera;,chead altro non penfo;, che d goder lietamente
la dolce liberta dell ameno loco. 'P, Dejìdero Japer da
uoiyfiior de iuoflrijludipqiial fia quella cofa^che piuui
diletti in uilla. l^. IJ uccellare m'aggrada Sommamente ^
'P. L^menduefiamo dWifìeJJo uoleret, perlochè uorrei^
che mi dicejle di che tempo ^ C7" con cptiali ingegni andate
uoi injidiando alla liùertd de ijèmplici ^ innocenti ucceU
li, l^ , Uhore^ ZD" le ajlutie^ che ufo neiruccellare:>fono
(Quelle ijlejjì;, che dice il Sannazaro per la bocca di Sincf
ro in ([uelie parole
XsfOI alcuna uolta in sulfir del giorno^ quando appéna
fparite Ujlelle^per lo uicinoSole uedeuamolOriente,
tra uermig-li nuuoletti rojpggiare^ nandauamo in qualche
9 halli lontane dal conuerjar delle gentit^ O* quiuijra due aU
^ tì/^imi :, Z3^ dritti alberi tendeuamol ampia rete^, la quale
JottiliJ?imapche appena tra le fiondi fcerner fi potea^
\^ ragne per nome chiamauamo^ CT qutjla ben maejlre^
uolmente p come fi bifogna^ordinata^ne moueamo dalle
remote parti del bofco:,^cendo con le mani romorijpa^
uenteuoli;, O" con basloni;, CT con pietre di paffo in puffo
'battendo le miiicchie'j uerfo quella parte ^ oue la retejlaua i
tordi ^
DEL T A E G I O. rj7
tordh h mcrtik p ^ gli altri uccelli fgridauano^ li ([uah '
dinanzi a noi fanrojip figgendo difanedutamente dauano
tipetto nelli teji inganni^ C7" in Quelli inuillupati , cjiiafi in
pinfaccuU diuerjamentc pendeuano;,ma al Jì'ne ucggendo
la preda ejjer bajleuole allentauano d poco d poco i capi. "
delle maejirefiinipcluelli calando^ oue quali trouati pian^ *
gere^quali perniimi giacere in tata copia ne abbondauano^
che molte uoltefi/ìiditi di ucciderli;, O" non hauendo luogo
oue porgli;, conjujàmente con le mal piegate reti gli por»
tauamo infino dgli tifati alberghi, salirà fiata;, (piando
ftelfuttijcro L^futonno lejoltecaterue di forni uolandor-
in drapcUo raccolte fi mcfrano d riguardanti ;>cptafi rom ?
tonda palla nelVaria-y ne ingegnauamo di hauer ducp 6 tre !
di quelli;^ la (piai cof di leggeri fi poteua trouare ^ d i pie^
di de i (piali un capo di (^aghetto fottiltf imo onto dutdifom
lubil ufo legauamo longo tanto^ quanto ciaf uno dfopo*
teua portare^ CT ipiindi come la notante fchiera uerfo noi
fi approfimaua;, cofi li lafciauamo in lor liberta andar e^ li '
quali fibitamente d compagni figgendo;, ^fra quelli (f
come e lor natura^ mefcolando conueniua^ che dfirxa con
lo inuefato canape una gran parte della r fretta molti»
tudtne ne tirajferofco;,per la qualcofa mferi ;,fntendof
a bajfo tirare^ C^ ignorando la cagione^ cheluolar lò'm»
fedina gridauanojortif imamente^ empiendo Varia di do»
lorofc
158 . L A V I L L A> D I A.
lorofe uoch^ di pajfo in pajjo [)cr le late campagne tic
It uedeuamo dinartzi di piedi cadere ♦j onde rara era quclU
uoka;, che con li jaccln colmi di caccia non ne tornaJ?vno
alle nojlre cajl\ Ricordami batter ancora;, non poche uolie
y^rijo de cali della male augurata cornice^ C7* tidito come
f ogni fiata;, che tra le mani (Ji comejpejjo attiene ) alcuna
di (lucile ne capitana^ noijltbttamente ne andatiamo in ([ual»
che aperta pianura j CT qutuiper le ejlr ente ponte delle ali
la ligauamo rijupina in terra^ ne più ne menO;, come Je i
corti delle Jlelle hauejje hauuto d cotemplare;>la cjitale non
\ frima fifcnttua co fi ligata^ che con [Iridenti noci ^ gridaua
1 iS" palpitauafifirte^ che tutte le contiicine cornici Jacena
\ intorno afe ragunarc;, delle ([uali alcuna Jorjè più de mali
della compagnia pietofa^che de Jitoi auedufa:,fl lafciaua
^ alle uolte di botto in quella parte calare per aitttarla;, <T
/peffò per bentìre riceueua malgitiderdonc;, conciojìa co^
jet;, che non fi toflo ueragionta;, che da qtielU;, cbel foc^
corfo afJKttaua Qfi come defiderofa di jcampare ')Jtibito
con le oncinute unghie abbracciata;, CT* rijlretta nonfifjey
per maniera;, che forfè uoluntieri haurebbe uohtto (fé poj^
fitto hauej^e^juilupparfi dajuoi artigli \ ma ciò era niente^
però^ che cjuclla lafijlringeita? CT riteneua fi forte ^ che
non la lafciaua ponto da Ce partire;, onde haurejlein quel
ponto ueduto najcere una nona pugna^quefla cercando di
figgire.
DEL T A E G I O. 1^9
jitQgirep ([tiella di aiiitarfi:, Vana C5^ laltra egualmente fin
della propria;, che dell olir ni fallite folUcita 7 procacciarci
il fio (campo ^ Ver la qtialcofa noi^ che in occulta parte
dimorauamo^ dopo longa fjlajopra diciòprcJayUi anda^»
uamo , C?" ra^uetato alcluanto il romore ne riponeua^
mo aWuJato luogo y da capo attendendo-, che alcuna al^
tra uenijje con Cimile atto d rappiarne h hauuto pici»
cere. Fior:, che ut diro io della cauta grua f non gli ua^
leuap tenendo in pugno la pietra jarji le notturne ejcubie,
però;, che da i noflri ajjalti non uiueua ancora di mezzo
giorno ficura^ Et al bianco ci^no:, che giouaua habitare
nelle humide acque per guardarci dal fioco p. temendo delle
coje dt F etote :,Jè in mezo di quelle nonfipoteua egli dal»
le noflre infidie guardare ? Et tu mifera^ et cattiuella per^
dice dche fchi^auigli alti tetti penjando aljìero auueni^
mento dellantica caduta^je nella piana terra^ quando piit
jicurajlar ti credeui nellinoUri lacciuoli inciampaui ì chi
crederebbe pofibde^ che lajagace occhajollecita paleja^
trice delle notturnejfrode nonjàpeua fé medefima le nojlre
infidie palefareffimilmente defiggianij, delle tortore ^deU
le colombe^ delle fluuide anitre ^ C^ de gli altri uccelli ni
dico^niuno non fi mai di tanta ajlutia dalla natura dotato;^
il quale da noflri ingegni guardandofi;, fi potef e longa li*
ber td promettere, V, Ter mia fi;, che nel fentir contarui
^ quejle
146 L A VILLA, DIA.
^tiefle piaceuolezze :> io godo, io giubilo^ io triotì/op O" di
qtìi chiaramente conojco ipatttojìa bella j^giaìoQi:, CT bea/
ta la aita rufhcana ^ ondio mi rijoliiO:, Crfon determina/
tiftfuo contetatìdomi della miajortuna;, di uiuer giocodij^t^
ma vita:, hor con la caccia^ bor con la pcfcaggionc^ duati''
do con Vuccellarcy ©" quando con [agricoltura dm mio
amenij^imo giardino. J^ . V^oi uolete uccellare y caccia/
rejpejcare:^ irrigare :,fcminar e;, innejlare^ O" coltiuarc il
uoflro giardino perjeruitio del corpo , CT la cura dclVa/
^mm(\douehtlaJciate uoi; lutile, ^ e il diletto è il fine della
mcn nobil parte di noi^ cioè del corpo, il cj^uale é terrejlrcp
CT mortale'^ ma il fin dellanima^ch'é la più degna parte
dellhuomo per ejjer celejle CT immortale^ è la cognitionc
del nero p alla quale non pojjendo noi accollarci Jen za
Vaiuto dejentimèti delcorpo'^neja mejlieri anco tener con*
to d'elio corpO:^ la bontà del cuijangue riCchiaragli f^iri^
(i^ e tanto LphitogU /piriti fono più chiari ifcnttmert meglio
fnno Vuftìcio loro *, ma non douemo però tanto attendere
al corpo 3 che fi [cordiamo di noijìcfii ;, €7* del nofìro nero
fine* T.Se la coja é come noi dite:, onde procede;, che l hu»
mane operationi per la maggior parte s'inchinano alDiti»
le 7 C^ diletto^ l^ . Queflo procede per la merauigliofa
unione e ha Vanima col corpo ^ la quale fidata dalle lufiin*
ghc de i fienfii di quello ;> corre dietro d i ben mondani^ i
quali
DEL TAEGIO. ^"^m
quali nonjono ueramente beni ; ma apparenti per (gualche
utile p ò diletto ) che fitroua in loro) Et di (ptii procede Vin»
Jatiahilttd degli huomini^ chefejojjero neri beniportereb^
beno con ejjo loro la quiete dell'animo, P. K^dunqua
dairejjer Vanima di natura diuerfa dal corpo najce la uà»
rietd delle Immane operationi^ ^ diuerjìtd de no/lripen»
fieri *y onde ipartegiani del corpo corrono dietro airutih
Cr diletto;, O" ignoriti dell anima cercano dtfapere;, ^
dhtender le cauje delle cojèy per conseguire , 6 auicinarjl
almeno piUpche pojjono alla lor perj^ttione, l^ . V^oi
Vtntendete:,Z^ da qual parte uirijjoluete noi d'ejjèref P.
Dalla parie dellanima;, EtperògiontO;, chhfia in uilU;,
uoglio darmi tutto d gli h onorati Jludi) di Jilojojia:,0*
mi rijoluo di Jludiar Jempre ♦ f^. JVe que/io uo/lro
proponimento mi piace 5 per cloche VaJ^iduitd dello Jludio
lena il giudiciOp C^Ji come la injìrmitd delVanimo najcc
dalla tirannia del corpOj, cofi anco Vanimop quando tiran»
neggia il corpo dtjìriigge lajanitd di quello. V.Onde na-*
fce q^icjia tiranidef ^ , Ella najce per inganno ;y^ per
troppa eccellenza deiranima^ la quale per ejjer diuinaj,
Jj>^jfc uolte:, quando piglia qualche ajpggio della fua diti»
nita tanto je ne inuaghifce:, che laltra parte mortale;, CT
lontana da ogni diuimtd :>odiaj^ brama jepararfene^
Il troppo Jtudtar guajla t^ corrompe ancora la fatntd
J^ i i del
,42 L A VILLA. DIA.
del corpo , perche ti profindo pettfiero p et malinconia deU
lojludtojo tirando gli fjnr iti al capo ;, irli kua da quelle
farti, doue eglino hanno djar Vopere:,che appartengono
alla conjeruatione del corpo humanoj^onde poi fi caufa Fin»
dtJJ)ofitione de ifentimenti :> che per fertiitio dell intelletto;,
non po^'ono poi fir bene Diffido loro t, tal che V anima fi
riduce d termine^ che uorrebUp CT non può mojlrar la
uertufua;, non altrimenti;, che foglia fir e un buon fonatori
di lento ;, che defideri mojlrar leccellenzct delVartefua^ CT
Jì troni alle mani un kutaccio rocoy mutO;, C^ di nejfun ua^
lore\ Cr inoltre ni dico ;, che cofi lanimo come il corpo
neUc attionifue affaticato fi jlracca^^onde per ricrear fi gli
fi di meflieri ;, che ricerchi (lualche^quiete^per la quale ri^
JloratopoJJa dapoi ritornar più gagliardo^ che mai alle
fue uertuofe operationi, V. l^ dunque allo jludtofo è cofi
necejjaria la recreatione dell animo ^ come alle membra
per le attionifiticate ilfonno, P^ , Cofi è. P. Et che ma*
niera di recreation danimo;, mi configliate noi duo mi dia
dopo lijludij miei? J>^ , Gli honeiìi piaceri della uillafono
molti ^ pur fagli altri ui laudo la caccia p la pefaggione;,
V uccellare p O" l agricoltura;, pur ^ che i canile reti;, i lac»
cip ^gli aratri non ui uengano tanto ingratia-, che uific*
date foJ])etto per la fimilitudinep che fole efere tra Va^
mante^ e la cofa amata, T. Di cote fio non dubito ponto ^
perche
DEL T A E G I O. ^^> 14}
perche non conojco piacere jopra (Quello dell imparar e ^
CT* mentre :>cìno l^ggo (gualche Itbro^ che mi piaccia ctunji
nobilcibo:,jento pajcerji la mente mia;, che ne il nettare;, ne
Vambrofia inuidio a Gioue, Fior uorrei per cortefia;, che
raaionajte un poco di tutte le maniere de piaceri;, che pi*
aliar iiifolete nella uillat^ O" che mi dicejle;, che cojajra le
altre io debbajludiare. p^ ^ "Per Vamor ch'io ut porto non
pojjo mancar di compiaceruh p^rò ni dico^ che tutti i dilet»^
tifi riducono d tre forti di piacere. "P. Et i^ualijon (^uejle?
P^ . F^oi douetejapere ;, che fi come Ihuomo è compo/lo
d'anima O' di cor pò ;> coli Timo de i tre piaceri èfolamentt
del corpO;>^ chiamafi fnfitiuo^Zfy (Quello è (juellopchc
mi dite;, il quale io laudo ^ pur che fia dalla ragione tem*
peratO;, & che nontìccia^ che l corpo ^ come bo detto ;> do*^
uenti tiranno dell ammontai che rhuomo non penfi mai in
altro ^ che ne i godimenti de i piacerifenfitiui ^ laltro éfo»
lamente dell'animo j quale è quello di colui^ che contemplan
do i mirabili ejfetti di natura trappajja Vhore miglioria
Il terzo diletto participi delfnfitiuo^ O" dellwtellettua^
UpCome e quello della poefia/della rethorica;,^^ della
mnfica^ percioche di ejjogode lanimo^ et VorecchiOp quel*
lo per larte:, C7" queìio per lo numero, J-Jor queflifono i
ire modi di piaceri;, che noi douete pigliare nella uojlra
{iaceuokuilla^la bellezza della quale col puro jf leu»
J^ i i i dorC;,
144 2 L A V I L L A , D I A .
dorcj, O' tiino lume delle cofe dalla natura create^ uorrch
che ui fijjiro guida per condurre il uo[lro intelletto alla
Jl^eculatione delle cofe naturali;, alla eguale uinuita V^er^
gilto là doue dice
T^ E prima innanzi ^ ciascun altra cojà
Hiceuin Ialine e dolci mufc;, ondio
Tiagrandamorp chh porto lorjojfdnto^
Songid molti anni jacer dote ^ quelle
Zie vie del del mi moflrino^ e le (Ielle :
JDel Sole i uarij mancamenti j, e ([uali
Sian le fatiche de la Luna'y come
Tremin le terrcp ([ualjegretajorzct
TDi natura il mar gonfi;, e gonfiato éjca
Da i r otti Jcher mi y fior del proprio letto*,
'Pojcia di nouo in fé medefmo torni ♦
Cerche tanto s affretti ne lOceano
Tuffar il Sole a- lajlagion piufiedda >
JE ne la calda^ qual longa dimora
F ciccia le notti d noi uenirfi tarde •
Gran contento CT utile certamente noi trouiamo nel
contemplar le caufe, e la uertih e la natura di tante cofe
tnerauigliof:, che nella terra;, nellaccpia ^ e nellaere fi
producono continuamente^ ma gioia et profitto a[fai mag»
giore noi prouiamop quando alzando d uolto ci fi appre^
fintano
DEL T A E G I O. ^vs i4r
Centuno cigli occhi iconjinh ^ /^ ff^tira di q^iiejla granfia-
bricadifi ricche^ fregiate gemme ornata^ che con lo
fhkniore:, CT lor continuo girare :, concorrono alla uita^
Cr alle,! ere di tutte le cofe^ intorno d cheJJ-^eculando;, C?"
di camone in cagione discorrendo perueniamo alla primie^
racaufa:, nella quale e Jorza^che ci ipietiamotemendoy
dmando:,<^ riuerendo rwfinitafua pojjanza, P. l^»
dundtie f opra ogni altra coja mi eshortatc d darmi alli
jiudij della jilojcjia naturale , J^ . Cofi ni eshorto. V^
Et io prometto di attenderuii^ma circa d quella terza
Jjutiedi ddettO:>che pur dianzi haiiete detto ^ come uolete
uoh che migouernif l^ . V^oglio^ chel uoflro intelletto :^
poi fard grauido dwjìnitejcienzc y partortfca qualche c/e-
gho poema;, ò bella profa: C^ che de fi nobili parti nefic»
eia anco partecipeuoligli amici:, ilcheficendofon certij?i^
inoy che nonjolamente haurejle d uile tutti altri ddetti ^ ma,
che li terrejle per nulla^ rifletto d quella dolcezza^ che
frouarejle nelfentir lodare i uojìri componimeti da iper»
fitti giudici^. P. L^ncora^ che in ciajcuno naturale fia il
ddetto dijèntirjì lodare^ et naturahJ?tmo il dejtderio dim»
mortalarjU nondimeno per ejjere Vtmpreja del compone^
re dtjjicde:,^ penculojaj^^ coja da huomini;, che fieno
nati d queiloj CT" che dalla lor ■fimullezz<t fieno auezzi d
legger gli ottimi Scrittori 5 C per efjer io nuovo nelli
Jludij
r^ LA V I L L A> D I A.
Jlitdi) delle lettere :, mi rijoluo di non mettermi d cojt ardi»
ta intprefay accioche d me non interuenga^ come d Feton»
te dellufurpatct Incedi Febot^^ poflo:,chHofiJ?t nato d
tuie eJJcrcitiOp et chhjo^i non men dotto ;, che facodo;, non
uorrei componer libro alcuno, l^ Jo non mi so imaginar
la caujd;> che ut moua d dir qiiefto:, ejjendo come dice ti di»
ìiin Telatone Vbuomo nato per giouar all'altro huomo^ uoi
dourejle pur ySr parte del uoflrojapere ancora dgli aU
tri^ CT per ejjèr uoi nato allofcriuere non e il douere;, che
con c^uefio uoflro proponimento ficciate ingiuria alla na»
tura;, CT che fiate fi nemico della gloria;, la quale è pur
guiderdone della uertiL P. u^ me bajla il piacer di leg«
gere C^ intender e fenz^ :> che la prefontuofa mano prenda
y la penna perjar acq^ttifìo d'un poco daura populare, J^^
^ Se tutti Jojjero del uoilro parere ninno fcriuer ebbe;, O*
perire bbono tutte le belle faenza ?^ le nobili arti. V.MoU
ti penfano d'aCipJijlarf honore col componer e CT mandar
in luce i fioi componimenti^ CT actpnflano uer^ogna C7*
JcornaMtfe il rubbarejoje co fi drffcile^ come e l imita'»
re, forfè:, che hoggidi nonfitrouarieno tatui componitori,
i (^uali trafcriuendo le co fé altrui^ a-^afciano libri ^ ^fen»
za uergogna lodando h or qtie fio :,hor quello;, uccellano
conjimd rete alle lodi proprie ^non saccorqendo ipazziy
che mentre uanno cercando il uento della gloria^ il tempo
atto
DEL TAEGIO, 147
atto a più bonejle jacendc ^fe ne figge C^Jopraghnge la
uecclnezz<^y l^ pouerta;»& il dijprezxoy tale chefìnalmètt
i mejchifìifi trouano hatier accjMi flato in uece di finta famt
fimo ^ infamia^ T^ . ^ghi uno dourebbe mijurar bene
le forze fne ^ pur fii jempre coja lodeuole il cercar nome
in (puefla uita :, et uita apprejjo alla morte con Vajfaticarji
in coje honorate C7" eccellenti ♦^ E il metterfi d fi alte inf
prejè 3 che quafi lefirze no/ìre non ba/ltno per condurle
al fio debito fine ;, e un difetto degno di lode ^ il quale
ageuolmente da ogni nobile animo uien perdonato ;> et mafi
fimamente da quelli ^ che più degli altri fono dotati di ra^
ro intelletto ^ C di generofa cortefia ;, CT per me com^
pongo alle uoltenon tanto per j^eranza ? chwm'hab^
bia di trovare ageuolmente perdono del mio troppo ar^
dire 0 quanto perche con lo fcriuere CT memoria delpaf^
fatofiiggo la pr e finte noia ^ C^ col cercar di fapere ^ me
ne caccio uia Vocio p Vambitione ^ Vauaritia ^ & altre fin 1
miti fieleratezze p conofcendo per lo mezzo fio quanto (
fieno le ricchezze ^ ^ gli honori di poco mometo^ et quan^ ^
to breue ^ O' fiagil cofa fa Ihuomo ^ tolta, quella parte ^
che ci rimane immortale t ma tornando alla filofofia na»
turale pdicoui p ch'ella è appontocibo per la mente uo»
Jlra< V^ Gid ardo di defiderio dhauer in mano la fifica
d'u^rijìotik J ma ditemi (se hi piace) poi^ chaurògran
Y pezzo
148 j^f ^ VILLA, DIA.
pezzo ragionato con la natura ^ QT con i morti ;. non dd»
bo anco ragionar co uiui ì l^ . K^nzi m laudo d fare
eletuonc dun compagno fimdc a uoi ^ CT* conjirirc con
ejjo lui ([uanto banrete O^Jlttdtato ^,0" fcritto . ^^rchi^
ta T harentino Jiloffo ecc.^^folcuadire^^cbefeunofa^
hjje al cielo :,<:Tdtla fi confiderajjc U natura delle coji
di ([ne fio mondo , CT la bellezza ddlejlelle :,& la if?flu/
enz^ dellt pianeti j, non parerebbe d lui cofajoaue ^ /e (eco
non bauejje un compagno dcui lopotejje conferire /P^
F^orreì Caper da uoi je mi è licito d comparir alle uolta
fu per le piazza tn compagnia de gli altri gentilbuomini ,
cbe babitano la uiìla f p^ , Come Je ui è lecito ^ effendo
Ibuomo animale per fua natura conuerjatiuo ;, come fi co^
ttojcerebbe Vaffabilitd ^ CT urbanità ^ due uertu fplendi^
dtfime yje tolta ne fojje la conuerjatione f anzi meritare^
te gran lode (e nelle conuerjationi ui renderete grato ^afi
fabile p ^ gratiofo giouando ? ddettando ^ CT godendoti
injìeme con alcuni hone/ìigiuocbi , motti ^ C burle p auer^
tendo però fempre di non ingiuriare , 6 ofjindcr il com^
pagano con giuochi :, O" troppo mordenti motti :, Vargutia^
C uiuacitd de i (piali p non ui dcue trasportar d far torto
ad alcuno , ben euerò > cbe epuelle bore ^ cbe dfjptnjar fi
ì^ourebbono d piubonorate tmpreje ;,non uorrei^cbe Ji
fonjtimajjero ingiochi^O* burle fu per le piazza- Jfocratc
DEL T A E G I 0/ 14^
filojofì dt alttJ?tmo ingegno ejjendo addimandato da Gor/
già perche non conuerjuua in piazza con qli <iltri ^ rif^o*
Jc:, perche c[uello che fi fi in piazza io nonjirrei^ ZT queU
lo e he fi IO non fi può fare in piazza* P* Ifcrate (^ d gium
dicio mio ) intende di ipielle piazze :> dotiefono le perfoncjl
malcreate :, che non fanno mai dir cofa ^ che non rifca in
uituperio dt qualcun ^ che prefente , ò ajjentefia j ouera^
mente ^ che non fanno far altro o che biaflemar :, muocar
CT* dtr parole indegne delgentd^huomo. P^ ^ V^oi Vintene
dtte:> Cr C per quel ch^io mi creda ) tale fu la mente d'Ifo^
orate t ma il comierfare alle tiolte tra perfine hònorate^ et
per recreatione d'animo ritrovar fi d certi tempi infieme
con giuochi , motti ^ CT burle honefle p d me piace fimma»
mente ^ perche Vanimo affatigato nellijludij delle lettere itf
quefla maniera recreandofi prende qualche quiete;, la qua*
le è poi cagione ^ ch'egli ri fiorato più uehemente ^ che mai
ritorni alle uertuofi fue operationi . P. Mor circa al
conuerfare co gentilhuomini so come reggermi debbiai
ma fendo in uilla maggior copia di uillani p che di gentil
Vhuomim p come uolete noi ^ eh 'io migouerni circa alprat»
ticare con loro f P^^ Non mi dijj)iace ^ che alle uolte uè* ^
niate a parlamento con i contadini.V. c^' che tempo fa*
te mi cotefto quando fete in F^illa, P^ , Ne giorni fcfli
ui O'piouofi^ <ZT nellajlagionepche i uillani dmenuti ociofi
Y i i per la
1/0 L A V I L L A, D I A.
fer la umiltà del pigro l^trno attendono d godere alle/
gramète ijrutti delle pajfatejatiche.V. 'Ditemi per uita no»
Jtra (gualche particolare delle coje ^ che rag^ionate con effo
loro. T^ ^ Ragiono della maniera ^ che deono tener gli
i,^ffricoltori nel rompere O" arare delle terre -^ deltem»
pò dwgrajjarle ^ del modo d inastare i prati ^ della ([uà»
litd del terreno ^ della bontà de femi ^ delle coflellatio/
ni :, Cotto le eguali fi deggtano jàr le facendo rufìicane^ de
i legni y per li cj^uahfi pojjano antiuedere lepioggie pi
uenti y CT i tempi fereni ;, parlo delle diuerfe maniere del
coltiuar delle piante ^ delle ulti ^ de ifilueflri uirguU
ti ;, O' del come :, CT quando jì piantino ^ s'inne/lino p CT
fitrappiantino gli alberi. V. P^oikamte detto ^ che ra»
gionate couillani delle coflellationi sfotto pali lopre ru»
Jlicanefar fi deggianoj O" de ifgni p per li (pali fi anti^
veggano i buoni et cattiui tempii circa al che to ui dico p che
luna e V altra cofa d me pare fi appartenga agli ajlrolo^
ghi p d marinari ^ e non d contadini p ipali non hanno che
fare con le (Ielle, l^.^^nzi la cognitione dcllejielle non
è men necejfaria d contadini ^ ch'ella fifa d naiiiganti ^ C?*
il cognofcere gli orti ^gli occafi loro ^ i tempii Z3" i uenti y
affine ^ che quellifappiano il pando sha da nauigare p O*
(pefli di arare ^ eCeminar le terre, llche uien confirmato
da f^ergilio la doue dice.
Oltre ciò
DEL T A E G I O. i;i
Oltre ciò debbiam noijcruar d't^rturo^
TDel lucido Serpente :,ede capretti
Il najcev:, el morir ^ non altrimenti
Che s'ojprinn color ^che Jan ritorno
'Per perigltofo mare al patrio albergo^.
E in nero i contadini fenza cognitione del cielo finno infì^
ftiti errori^ CT uengonoJ]:>ejJe uolte ingannati da tempi ;, il
che non auerrebbej^Je hauejjero intendimento dellejlelle^ et
Japejpro lamicitia^ chat culo con la terra fP^ K^orrei^
che con (gualche effempio mi rendere più chiaro della men»
te uoflrat, perche diffìcilmente mi muouo d credere p cVal
villano appartenga il conofcer delle flelle ^ C3" prono/li»
car de tempi. T^ . Sei contadino antiuedejp il mal tempo ;,
che minaccia il mattutino apparir della Lira circa d mez*
zo Maggio;, oche egli fi affretterebbe di ridurre iljieno
al coperto , ouer amente resìarebbe dijcgare j CT s'egli
uolejjeJUrpar la gramigna ^ non pen fate, che gli giouajjc
iljaper y che le radici di talherba mai non fi dtftruggono
del tutto -yfuor ^ che (Quando ti Sole alberga col Cancro j
O" che la fe/ìa luna èpofla neljrgno di Capricorno? Et
^'^glifipejje p che tutte le cofe ;, che najcono il quinto gior^
no dopo la congiontione della Luna diuentanojlerili p ere»
detep che d que/lo non auertirebbe nelfeminare ffapendo^
che lorzo Qcome afferma Plinio) najce iljettimo di dipoi^
. Y Hi ch'i
iriifbL A V I L L A^ D I A.
cKèfeminato ^ CT i legumi il (Quarto , 6 al più tardi il /etti»
ino ^ Et sci contadino antiuedejfe le battaglie de uenti che
JJìejp fiate in ejja riccolta concorrono ^O* £nno ,co^
me dice F^ergilio in ([uefle parole^
Spejp) uidh j» quando ne campi intrato
Il mictitor p con luna mano hauendo
%^' pena Jlr ette al gran le bionde chiome;,
E con l altra d tagliarle incominciato ,
JDe tienti tutte le battaglie infieme
i^ffrontarjl^ e combatter con tal forza?
Che legrauide biade da radice
Suelte gettar 0 in alt0:>O* con ruina
"Portarne il nero e tempejlojò turbo
Le fottil gambe ^ è le uolanti paglie ^
Spejjojcender dal del gran Jguadre d acque ^
E le nugole ad un rejlrette ^ hor renda
Sparger grandine ;, e pioggie ojcure e folte j
Precipiteuolmente d terra cade
Sublime il cielo e lejemenze liete ,
E de buoi le fatiche innunda e lana ^
Empionji ijoJ?i p crtjcon con gran rombo
J cauijiumi ^ bolle irato il mare
E quel cbefegue ^ non penjate noi ^ che egli reflarebbe
dijèminare o di mietere f ^feluillan antiuedejje lapiog^
gia^
DEL T A E G I O. ir,
gi<tptr ìiCegni ddleflelle non credete che egli Jojje utile
per lo piantar dclli canneti y ^ je minar dAle biade f con/
ciofia:, che quelli no fi pongono jc nonjoprajld la pioggia^
CT ijiiefii fi fc minano (Quando dipoi ha dpiouere\nonjape^
te , che Democrito ^ mietendo iljuo Jratel Datnajio ^ gli
dtjje :, che reftajje dalloperUp Z^ che conducejje al coperà
io quello y che haueua mietuto ^ ^ poche bore dipoi uennc
grandij^ima pi'^ggi^ ? l^ {^ale approuò il fuo detto ^ Cjc
Jinal mente il contadino antiuedejjè per uertu delle Jlelle la
fitura ingiuria del tempo ;, penjate noi ^ eh' egli perdejje ti
feme ^ CT /e etiche Jtie ^ che jorje non fi ualejje d'una
tale occafione per douentar ricco. P,que/ta è una occa^
(ione per douentar pouero;, ^ non ricco, p^. udite circa
d quello ^ che ne dice Plinio nella fua naturale Hifioria,
Dicono, che Democrito ^ il quale primo inteje 3 GT
dimoflrò lafocietà del cielo con la terra d ricchifimi cit»
tadini^ chejpezz^^ano quejla cura :>hauèdo preuifia la ca^
rejtia dell olio dui fituro najcere delle P^ergiUeyper quel»
la ragione;, che noi dicemmo p C^ demojlreremo più piena»
mète con grande utilità hauere coperato tutto Folio de quel»
la ragione^ quadofi credeua^ che ne hauefje ad e^Jer abon»
dunza:, merauigliandofi quegli, che japeuano;, che tale huo»
mo amaua grandifimamente la pouertd ^ la quiete delle
dottrine;, ma come apparue la cauJa^Z3" il gran corjo delle
rich^ZZ^
i^44SÌL A VILLA>DIA.
ricchezza ? dicono hauer reflituito la mercede d Quegli y
che acidamente Ji pemirotto di hauer uenduto ^ contento di
hauer cojì prouato poter facilmente arrichir ogni uolta
che uokjje ; ma poniamo calo j chel uillano p per ejjer.di
grojjapafìa compoflo nonpotejje penetrar tanto adentro
nelle cojè di ^^Jlr elogia;, non dourebbe egli almeno Jape»
re accommodar l'opere ruflicane d fuoi debiti tempi mo^
pratici dalle Jlelk;, CT antiuedere lepioggie ., i uenth ^ le
tepe/ìe , che caujano ejjejlelle aJ?tcurandofi in quejlo modo
da gì inganni de tempi f 'V,x^dun(^ue le (Ielle causano le
mutationi de'tempif l^ , Come p nonjapete;, che alcune de
loro fono fredde nella refolutione ddlbumore;, alcune nel
condensarlo in pruine ^ alcune in conftringerlo in neue p al»
tre in congelarlo ingrandini^altrejanno uento^ altre tem»
peramento d'aria;, alcune uapori^alcune rugiada^ GT alcu»
ne altrejreddof "P. P^oifigentdmente ragionate delh
uertù delle Jlellep^ dell'agricolturaj, che nonjolamète ha^
uete dejlo nell animo mio uno ardete dcjìderio dt Capere per
quali jegni antiuederfipojja ti mal tempo ^ CT d'intendere
Jotto eguali cojlellationi farji deggiano Vopere ruflicane^
V ipelche renda i campi f^rtiliJO" lieti: ma de fiderò an*
corafommamente di conojcer come fi debbiano coltiuar le
piante ^ curar le uiti ^ regger gli armenti ^ CT" finalmente
gouernar Vapi, f^^ Coteflo uojlro defiderio comprende
tutta
DEL TAEGI O..^^ irr
fatta Varie ddV agricoltura ^ aìc^uale prometto dijodiff^r/
in parie (e per bora mi Ujciera jar tatto di panja ;, ch'io
poffa andar douejono ajpetiato par una miajacenda d'irne
portanza* V. Deh fé mi amate :, fitemi gratta ^ di tndu»
giarui un poco ^ ^ datemi per cortesia ahnen (gualche bel
ricordo circa aira^ricohura de giardini, f^, i^^nco»
ra chiofia ^agricoltore di poco pregio ^ Z2" mal pojjà
Jodiffare al dejìderio uoflrot, pur Q qual io mi fia ) uoletie^
ri co noi participerò il ragionamèto di i^ gricoltura;, che
fi hierjera dopo cena nel giardino del Vili J^ S. Camillo
"Porro p perche maggior piacer non prendo^chejàre c^ua»
to porta la natura mia, d cui aliro^che qiouar non aggra»
da*-, pero come ^ cheltetnpo Jiabreue: nondimeno ac»
cenando i uofiri prieghi ^ ui dico ^ chel detto S. Camillo^
come ([nello p che sa (guanto fi conuenga d un JJ^irito gene^
rofo la Magnificenza p Z^ liberalità ^ due JJ^lendidìfima
verta :>J]^cJJe uolie dun fw giardino difco(lo un miglio da
Melano d mangiar f co inuita gli atnici fuoi , tra i eguali
tr Oliandomi ancKio conuitaio hierfera^molto piactre prefi
de i uarij ;, ingegnofi ^ dotti ^ ^fìlofofci difcorfi^chefii^
rono hauti bor da queflo ^ hor da quello-,0^ mafimamentc
della piaceuolezza dellhortolano d'ejfo loco J(^ de i mera»
uigliofi fegr etiche da i cornatati gli fir otto infegnatu P.
Hor c[ue[lo é Quello ^ che uorreifaper da noi, t^ ^ Intor»
2/ tio al
(
fy6 LA VILLA, DIA.
' no al fìtte della cena Q qtiafi in atto di comedia ) s*appre^
jèntò alla tauola detto giardiniero dijcinto ^ (^ [calzo con
una ghirlanda in capo di figlie di vite ^ onde tra i pampi^
ni y ^ tralci pendevano i grappoli delluua matura con un
bronco di pero in mano ;, e he poco dianzi hauetia rotto Vem^
fito del uento y CT* con mito tutto fì/leuole (CT'follazzofo
parlo in ([uefla maniera, f^oi hauete dfaper Signor i;,ch'io
^fono Vortolano del S . Camillo Torro ^ CT /e piante ^
che uedite qui intorno fono mie creature;, C^ tutti quelli beU
li inne/ìi ^ che ui sapprefentano innanzi fiirono jàttt dalle
ì mie ijlejje mani;, CT le belhpme ortaglie;, ^J* fiori ;, che ri*
dono fi a que/le uezzofe her bette fono proceduti dalla mia
^ induflria O' fudore ^ Et perche fopra ogni altra cofa de»
fiderò far mi eccellente nelDfiicio mio dell'ortolano fi per
fodisfiatione del mio Signore j, còme anco per interejje deU
Vhonor mio , ^fapendo che uoi (^entiVbuomìni hauete uolti
molti libri, CT che dovete fipere tutti if greti delli antichi
^agricoltori ji quali ( per quel chwtendo ^firono mefi
in fritto da un certo Marco J^aroneX^olumella/Theo
fia/ìoy ValladiO;, CT altri;, che non mi ricordo ^ il perche
1 con tutti quelli più caldi CT uiuiprieghi duo pojjo, uifup.^
flico d firmi tanta parte della uoflra dottrina ^ quanta ui
firo io de i preciofi fiuta di qveflo fvlicifimo giardino^
Laiche rifpofilS. "Pomponio Cotta, Gran fc or tefia
certamente
DEL T A E G I O. iry
certamente farebbe la ttofìra haucndo noi goduto de ijrut»
ti di queò% ^tardino ^ d non uoler compiacere al giardr^
mero in cola tanto houejla \ l^erò^hortolano mio ^ djodtp
jàtione d. 1 iioflro dejiderio ^ io cominciero d pagare d de*
bito col dirui y cheje ueder uokte rijttrgere uerde ;yfrejca ,
CT lieta lajlicra ruta^fd de mejlierh cbejc U dica oltrag»
gi0:,O^ s'auuertifca ben ^ che nel piantarla non fio, vifla ne
tocca dalla mano di dona immoda^ ^Je unarborejrutnji
ro tarda troppo d cominciar difirjrutto ^ficciafi nellao»
tunno un buco con una triuelU nell'una delle fue pili grofje
radici in modo ^ che non paj?i di la ^ CT in ej[o cacctji una
cauigha di legno Jecco chiudendo bene di fiori con cera:,poi
ricoprendo di terra y c^uellanno ijlejjo al Juo tempo jìrd
jrutto. Et io ui dico y dijje il S. Vreciuallo Bejozzo p che
Je bramate ueder e nelle zucche marinerò cedri Qje nhaue»
re) nouiy O^ flrani nolti p debbiate far fibricare un uafo di
crijìallo di (Quella firma p che più ui piace p CT* poi chiuder^
le dentro cj^uandojono nella loro più acerba etd p onde ue^
drete dpoco d poco la z^icca crejccdofirjì Jimile al uajop
Cr reujcir V effetto chUo ui dico ^ 0"fe d qualche arbore
nel uo^ro giardino cajcano jacilmeme i fiori fi fird ^ che
produca il fiuttojènza fiorire pfi uoi linne/ìarete infico^.
Et io uifijaperepjoggionje d S. Camillo Vorrop chefo»
pra di ^uc fio pero et di quel uer miglio morojipojjono in»
Z I é nejlar
l^j^ LA VILLA. DIA.
neéìargli aranzij'ag-rezz^^ de quali tiolendola mi addoU
ciré fi di mefite ri ^ che -foriate mezzo il tronco da ba(\o ,
dando m que/ìa maniera luogo al trijlo bimorefin tanto :>
che i pomijì ueggano ben {ormati, poi bijogna con lotojèr»
rar la piaga loro *, onde ne uedrete effetto memuigìiofo ;
O" in oltre ui dico ^ chefir et e Urna mojcatellafe tagliate la
vite che fi pianta in maniera che ne reflino tre occhi di ef»
fajopra terra ;, CT canatolefiiori con un filo dijirro tutta
la medolla riempiraj?i quella canna di poluere di noce mo^
jcada p chiudendo poi il buco di fepra molto bene di cera ^
fi che acqua alcuna non ui pojja entrare. Et io uijojàp^rc
dijje il S. Iacopo Briuio;, che fi come in Fraza d'ogni jla^
gione fi uede una gran copia di car chiodi :, il medejimo
uedrete nel uoflro giardino;, auer tendo noi d cinque cofe^ la
prima delle quali fera un muro ;, che gli difenda da tra^
montanara feconda che fieno ejpojli al meriggio fenza ha*
uer cofa auati che glimpedfca dfoleja terza medicare al
freddo deluerno colfmo O* con l'acqua tepida p la quarta
inafftarli ben Vejlate ^ la quinta ^ CT ultima tramutar eia*
fcun me fé gli occhi fuoi *, il che tìcendo haurete neluojlro
giardino carchioffi d'ogni hora\ et di più ui^ofapere^^chel
pefco maturerà molto per tempo fé fard innejlato in moro^
onero in uite. <^l chefoggionfe d S. Caradojfo Poppa;,
et io uijiccio intèdere^che l'ortaglie uojlrefi uogliono femi*
nare^ <T
DEL T A E G I O. ir9
tiare ^et trappiatìtare nel primo quarto del crejcer della /w-
n^ p Cr quando un'arbore non ritiene il fiuto > ò che auan*
ti alla maturitdfopra (luelloficorrumpa.fegli defire nei
tronco un buco con una triuella grojja circa un dito ^ che
faft dètrofin al mezzo alto da terra circa un braccio;, et
quello jerr art ^^ impire dt una cauiglia di legno fecco^chc
ut entri per jorxa ^ chiudendo ancora la parte di fiori di
cera, perche non ui entri humore - che pojjajar corruttio^
neJDoucte ancofapere.dijfe ti S. Giulio Schiaffijtato^cht
Ce noi piantate una cipolla con dentro feme dt lino , che na^
[cera drcigoncdlo^'<J"io ui dico ( dijjè il S.Giofeppe GioJ^
fano^ che Ce una donale habbia ilfuojiore uà due ò tre uoU
te intorno e p mezzo del uojlro giardino Jubito cader ano d
terra le ruche p O" altri uermicelh ;, chefuogliono rouina»
re Fortag^lie ^ al che fegui dicendo il S. Cejare Landria^
no ;>^ io ui dico :, che fé canate la medolla dalla uitejìibito
tiataj'uua nafcerdfenzagranaj.CT' hauete anco a fapere^
che ogni frutto d'arbore matura più per tempo inne»
flato in ciregio j in una fjnna ;, CT in moro negro ;, che in
qualfi uoglia altra pianta, ^^ llhorajoggionje il S. Ca^
millo F^aiano ^ hauete afapere che ipini cresceranno più
in uno anno ^ che in quattro Ce nel piantarli gittarete nella
fiija loro due^ò tre grani d'orzo^ZT di più ui dicO;,cFogni
frutto d'arbore fi f più dolce ^ faporito bagnando ilfòrm.
Z iti colo
j^o LA V I L L A, D I A.
colo in mele ([uanJo smne(la^CT' più odorato ponèdouipoì^
nere dtgarojam ^ noce mofcata ^ C^ cofejtmih.ma chefiem
no ben pefle. Et io Mortolano;, dijje il S.Lodouico Lo»
mazzo ^ vififaperep che fé noi piantate ^ cogliete Vagito
mentre la Luna alluma Valtro hemfjpero, ch'egli perderci
Vacutezz<t dclfuo moleslo odore^<^ m oltre ut dicop che le
fir miche figgiranno p Z^ morir ano Ce canato un poco di
terra al pie dAlarboreJe gli metterà attorno della calige»
ne del camino ^ ouero della fe^atura di (guercia . Soggio^
Je d S. Francesco Biancardo ^ Et io ni dico che la noce Ce
prima che fia fiatata Jèrd tenuta d molle cinque gliomi nel
Vorina d)mfinciuUop produrrà noci con la coccia tatojot*
tde 0 che ogniuno con le dita jacilmente le potrà rompere ^
Et io dijp il Taegio ;, perche neggio ^ chel piano dejln»
tìeri del uojlro giardino non e uguale ^ onde Vocchio de ri^
guardanti ne Jente non picciola oiftja ;> ui uoglio infegnarc
con ([uejlaguajladetta d'accpua ;, che qui uedete y dliucllare
giitjlif^imamete un piano^yil che ui fruirà no Colo per la ua^
ghezz^ del giardino y ma ancora per la comodità del co»
dar ddlacque d i luochi dejìderati. Et per uenire alla prò*
va ui dico ;, che primieramente pigliar Jì deue una in^hifla»
ra di uetrofottile C chiaro^<:!T empitane la metà dt acqua^
0 altro licpiore con ejfa ui porrete nelVuno de capi del loco^
che noi uorrete liuellarc pficendo che un altro fi metta neU
laltro
DEL T A E G I O. i^i
laUro di efi campi con una hafla in mano ;, CT* una carta
bianca) poi ferrando un occhio ^ come fichi mira di archi^
bugilo ;, 6 altra Cimile coja ^ porrete Valtro cjpti prejjò di
ejja inahislara ^ ^O' guardar eie diritto per longo delpia^
no dtllaCilua ucrjo Vhajìa^ che 1 altro hauera in manojcr»
mata con il calce in terra;, ^ farete p che appoggiata rjja
carta allhajla ^ ciucila tanto uadt alzando C^ abhajjandoj
fin che uoi Jcorgerete detta carta al diritto del piano deU
Vacqua , auertendo che non uediate ponto di ejjo pfanOj, ma
che luna ^ O" laltra eflr entità di qua. e di Id del detto pia*
no dell acqua tupaia ima jol linea ^che iiadid tagliar d tra
uerjo eJJa carta ; Jl che fitto mifur erete quanto ejjo piano
della detta acqua (la alto da terra :, O" il me defimo farete
della carta:,^ quanta differenz<t trouarete dalVuna ahez
za ali altra p di tanto fard più baffo Vuno capo di efofto^
che Valtro p come fc per cafo dal piano dcUacqua d terra
Jojjero due braccia ^ et dalla carta d terra tre^ dun brac»
ciò farebbe più baffo illoco doue foffe quello dell hafla <CT
la carta ^ che quello doue fofìc uoi con linghiflara. P»
Queflo ètm bellifiimofegretOp il quale dourebbe effer molto
carogna fio d igiardinterip perche pojjano colfo mezzo
render uguale ilpianode fuoifentieri\ma ancora d tutti gli
habitatori della uilla^doue^ come alla cittade^non slia corn
moditddingegnieriperhuellare lina campagna^ per cai fa
del
i6i LA V I L L A> D I A.
dd condurre dell 'accjtia. p^ , Egli e ucro^et d^iti cf)iara
intelhgenz^ d^ognuno ficeU ^rejente figura.
"P.Cbefeginpoi, P^ .Ubortolano redette ^llegratie che
douea d i nomittati getti huotniith et p guidar dotte de gì iti*
tejifegreti protnijje dtjar ci parte defuoi ìttejli. Et qiiejio è
quoto fu detto hierjera in ^pojìto dellagricoltura^ et prò»
jìtto delgiardimero, Lrlor jlate felice;, ch'io tne ne uoglio
andare p né più pojjo differire ^ perche la pofta e alle x x.
bore p CT credo chepaJ?ino anzi che nò ♦ P* «Se la papa e
alle X X. bore :, potete indugiare anco un bora p perche noti
arriuano alle diecinoue, /^* F^oi digran longa utngan^
nate p perche Vombra mia dimojlra ^ che pajiino x x, hore^
3^* y^doncpue Vbore jì pojfono conoscere allombra del/
Ihuomo, l^ . Chi nba dubbio. "P. "Partenio ne dubita ne
fi sd imaginar comepojja ejfer cotejlo ♦ f^, Mor ut uo^
glio
D E L T A E G IO. i^j
^lio anco injcgtmre cjuejlohdhfimofegreto comecofacltia^
fi ttecejjaria allbuomo:,chahitt in mila ^ doueJ})ejJe volte no
ni fono borioliy et efendoinfonoJalffimi.V.x^^nco in vii»
la lenza tanti horioli fi pojfono conofcerc Ihore dairarco
che cani atomo dfegna il fole girando dalloriente aWcc^
adente . l^ . Egli é nero pur che s'habbia cognitione della
sfera del mondo ^ doue ciucilo ah fimo i^^frchitetto^che la
Jàbricò rachiife qiiàto lafciar uolle al reggimèto della na/
tura uniuerfale. V . Senza cognition di sfira fi jàllireb'^
he di poco \ ma lafctando ^uejlo da banda ^ ingegnatemi ui
pregio d fé greto ddl ombra ^ ch'io uè ne rejìaró con obli»
co. J^ . Non corre obligofa noij CT ([uado ui cor refe
farebbe dal canto mio ^ che hoggimai dourei haueruifor^
dito con tanti cicalamenti ^ ma in ([uejlo la colpa mia a noi
me defimo perdonar ete. Hauete adun(][ue dfapere ;,che
dal moderno ^^rchimede d S. i^lejjandro Calmo ho
imparato (jiiejlo bellipmof greto ;, per chiarezza del c^iia»
le iè copojia lafeguente tauola ;, che non ùflende fuor del
tiojlro clima p la quale contiene li dodeci mefi delTanno ^ ne
li quali ad uno ad uno:, di cinque in cinque giorni p per non
ejjer in fi poco tempo mutatione che importi fi uede d tut'»
te Vhore del (giorno quanti piedi;, CT oltre alli piedi quante
onderò fa dui pollici fia longa in terra ben piana lombra
del corpo di ciafcuno dalla cima del capo fin d terra co»
i^^a minciado
1^4. LA VILLA, DIA.
minciandola dmifurare dalla cauiglia dell'uno ali altro
piede:, per ri/Jwndere al piombo ^tiel loco a chijld ben rit^
toalla detta fommitd del capo fin al fine d^ejja ombra ^fi
cheponiam cafo che allt ifji Maggio doppo mezzo crior
no io dejìderifapere che horafia^uado al fole iloco piano ^
et uoltatogli lafchiena ^ come nella prefente figura uedete^
'Pongo mente Jin dove arriui la mia. ombra et quella mifu*
rata trouo creila è longa fette piedi et fette dtta^ che fono
un dito più di mezz(^ piede'^ perche la longhezza del piede
cotiene dodeci oncie^òfia come ho detto dodeci pollici in tra
uerfo, guardo nel mefe di Maggio fotto allt lyJi Mag^
gio quale fia ql numero ;>che più sapprej?i di queflo et trouo
d man dritta delle io, bore ?♦ piedi Cr 6. dita^fiche dico,
che fono tato più di io, bore quato importa quel dito dipiu^
G E N A I O»
D E L T A E G I O. i^r
G E N A I O.
Giorni V X - XV XX xxv xxx
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22 i3 2 18 o I7 105 17 85 17 62 11 4t
23-58 115- 58.7 - 57 II - 5<^ 105- S^ 7 - 5^ 32
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AGOSTO.
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OTTOBRE.
Giorni. V X XV XX xxv xxx
14-404 - ^8 lè - III I -MS I -
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Itf- li II - 14 ó^ - 16 ^ - 13 ^è - 20II5 - 21 ^
17 IO i^ II 5 12 I 15 5^ 14 lo i<r 5
18 - 8 1O5 - p 7è - lo 5 - II 4 - li J - 13 i5
Ip 9 I 9 7 IO lè IO loì II 5" 12 j
20 - 9 II - IO 45 - IO 10^ - II tf - Il Ili - 12 7
21 12 6k 12- IIÉ 13 5 13 II5 14 5è 15 I
22 - iS 75 - 13 ni - 19 4 - 19 IO - 20 4 - 20 II|
li S^ 105 n 62 il II 58 7 40 o 41 55
NOVEMBRE^
GiCJ-ftf» V X XV XX XXV XXX
15-89 IO -170 7 - LonghiJ^im4é
16 28 9 34 7 41 05 49 I 57 4è ^^ O
17 -18 4é - 20 4 - 21 5 - 24 j -. 25 II - 27 7I
13 14 <^ i5 7 «^ ^ 17 8è 18 S 19 6^
19 _ n I - 14 O2 - «4 3 - 15 45 _ 15^ O - 1^ ^
20 15 Sk 14 » «48 15 15 15 7i i^ t
2i_i5 IO - 16 5 - i^ Il - I7 4è- 17 95-18 I
12 il Sé 22 5 22 9 2i Si »i IO 24 :5
2J-42 4-45 j - 44 I - 45 O - 45 5 - 45 lOg
DECEMBRE.
Gl'or»/* V X XV XX XXV xxx
16-71 22 - 75 «0 - 74 3i « 70 2 - 6} Il - 53 II
17 29 o 29 9i 29 7 23 7 2<? Ili 2S 4
18 -20 I - 20 5 - 20 4 - 19 II _ 19 5 _ ,g ji
19- i(J ici 17 O I7 O iS S t^ ik IS IO
20 -\6 S - 16- 7 - 1^ 7 - 16 }2 -i<^ O - 15 ^i
21 iB ^2 18 6i iS 5i 18 i2 13 o 17 S
22-24 <Ji - 24 toi ^ 24 8 ^ 24 ^i- 24 3 - 2i 9
ii 4^ "05 4^ «05 4-? loi 4^ i<^è 45 5 45 0#
ire. L A V I L L A> DIA.
7^. Io seggio (indio che dite nella prejènte tauolat^ ma non
so perche detto tnhabhiate ;, che fieno pia lofio i^.hore^at»
tejò che nella linea di ejjì hore i^.fotto il detto irJi Mag
gio fi ueggono appoto 7, piedi:,V 7. onde, P" , per (piie*
fio hopoSÌo il cafo j chefùjfe dopo mezzogiorno. P. Cht
fia pajjato meriggio 6 nò farà fidi cofa ilfaperlo d cpneU
le hore che gh fono molto lontane ^ come la mattina innan^
zi Vhont comune del dfinarc , C^ uerfo il uefjuro :,ma d
Quelle hore che gli f no prejjo ^ come fifapera chefiapaf
fatOy 0 nò. P^ . M oltojàcilmente ponendo mente fé dipo»
co in poco Vomhrafi uaficendo piti longa^òpiu corta;, per»
che fn che fia mezzo giorno V ombra di ciaf ima cofa in
piano fi uajàcendo più corta ^ O* dopo fnhito comincia ai
allongarfi, P* Ii[or fn ben rifiuto d'ogni dubbio., P^ ^
s^ccontètateui aduncpie darmi licèz^ di andare d/pedirc
il negotio^che pur dianzi uho detto. T. Che negotio è (pue»
fio uofìro di tanta importanza:, che non pofiate dimorar^
tii anco una mezza hora meco ì l^ , L'indugiar potrebbe
portarmi danno ) perche è morto il miojàttor di mila p CT
hifogna che (pianto prima me ne prouegga dWaltro ;» C^
la pò fia data èfolamente per tale effetto. V. x^ ' pon^
tofopra (piefla materia ho caro ragionare un pochetto con
tfjo udì. P^ . L^- un altra fata prometto di attenderla:,
bora partir miuoglio ad ogni modop d Dio. V. Dehfr^
mateui;,
DEL T A E G IO. lyr
matcui^fcrmateui uifuppliC0;>ct mo/lrate^ che in noi nonfia
morto (^ueljeme della dolce ;> ^ fiagheuoh bumanitd ;, che
dalle natura fi Jparfo nelle radici de nojlri cuori ^ crje
purjlate anco jìil duro di non uokr piagar l animo uojlro
dji honejla domandatatelo ui (congiuro per la luce dt cjue»
oli occhi j, chefironojoggetto delle uoslre rime^'^ chan»
nofiuo mille uolte inutdia al Sole* l^ , Qjl^^ animo non
piegherebbe dfinnl incanto^ poi che tato con la uojira cor/
tejia mi honoratc :> C^ col pregar m'offendete quagliami
Vubedtre al mio gentiltj^imo Vartenio 5 Vero ditemi quel
che da me intendere dejiderate delittore di uilla. P, Prz»
mierarnete uorreifaperèfe noi pigliate tljàttore dotto et ec^
celiente nellarte jua;> 6 uer amente Unflituiie noi à modo no»
flro, Jy^ . ^<^Ji^j]^ mifj^orxo dwfegnarli Tuificio juo pe»
ro ch'egli non ha dajar altro ([uando io fono ajjentefe non
quello iliejjo ck\ojarreis\o uifijje prejente , il che Japen^
dojir IO :yfard ageuolcoja ancora ch'io lojappia injegna*
re ad altrui. V, Bijogna adunque chel jittore ch'entra in
uoslro luogo fia molto beniuolo et affitttonato d noi C aU
le coje uojìre ^ che altrimenti ^ quantunque ejpertifìimofijje
non Japrei conojcere qual utilitd da lui trar fé ne potejjè^
J^. Gli e nero , ma quejla aj^ttione uerfo me ^ è la prima
co fa nella quale iolin^itufco. "P. Et come fi può una tal
cofa infegnare ì P^ * Rimeritando è graitjicandcwclo ^
B b ficendol
171 LA VILLA, DIA.
jacendol partecipe di quei berlicche Dio mi concede^ et c^uè»
Ita e una buona uia :, CT ottimo flr omento per accluijlarjl
beniuoleza. V.Qj^ado poi ve lo jete fitto amico J?iijla ([ue^
Jlo d farlo diligente in quel che gli ha dafaref noi fu p e te pur
che infiniti fono gli huomini y i quali tutto che naturalmente
fieno amici di lorjlefi ^ nondimeno ifano negligentia infir
quelle cofy onde dtpcde tifine del defiderio loro, l^ . Fat^
io ch^io me lo fono amico ^ io Vinjlitmfco poi nella follicitu^
dine CT dìUgenxa^tT moflrogli minutamete;, come ciaf una
co fa habbia daguidare^ prouedere. P. Io non peifauo^
che quella accutezx<t fi potejjl molto bene infegnare dchi
naturalmente non g-li è inchinato. T^ . E aero cKo^ninno
non è idoneo, P. Qj^alifono quegli y che fono più atti che
gli altri ? Is/on farebbe maipo/?ibile y che glin^ordt del
ttino Q ancor che uolefjero )ffero atti a quejla cura et di/
li^enz^ > ch\o dico y che per lo inebriar f tutto ti giorno fi
fcorderebbonofempre quello yC hanno daJare^Oltre d que»
Jlo quelli chefnofchiaui delfonno^malpofonofir cofa al»
cunayche buona fia^ne ejjere intorno d chi la£ccia. P. Va
re d mey che bafi reijer continente in quefle due cofyO pur
bif^na altro f l^ . JS7on ba/la y perche Ihauer lanimo
prefo ne lacci d'amore y leua merauiglif amente il petficr
dog-ni altro neg-ocio.percioche nonfitroua al modo wa^»
gior dolcezi:a di cjlla ci) è nelle prattiche d'amor e;,ne mag*
gior
DEL T A E G I O, 175
0or pcij^tone di (fucila dell amante quado è poco (limato dal
la cnfà amataci che in man di tali huoinini no è da porre in
m(]ìin modo tlgouerno delle cojejue. P, Q^ielli che fono
amici dd guadagno Jlimate noi;, che jhno atti allufpcio del
fittore de mila i l^ . I^ejjiwajorte d))nomini è più atta d
ciòcche qnejìi che in dici, perche bajla J^damente d mojlrar
loro:,che dalla fua diligenza uifia per nafcer ti guadagno^
"P. Horjejara alcuno continente di tinte le coje e hai dct*
to et amico mediocremente del guadagnare ^ che lia tenete
perjarlo curio f) &follecito. 1^ . E ageuolcoja^ perciò
che quando io treggia ch'egli hablna tifata jollccttudine in
qualche coja io lo lodo^O" mi(J\)rzo di honorarlo ^ CT sio
conojco il contrario nùtigegno di morderlo ^ 6 con parole
6 con jirlo in qualche modo tiergo^nar dhauer mancato,
"P, Poi che noi detto tnhauete le parti che fi ricercano itt
un buon jattor di uilla ^ tiorrei bora che noi mi dicefie dal»
Idltra parte quale ha ejjer colui ^ che lo injlitmfce ^ <^ po'»
nejbpra alle ccjè della uillafiia p Z^ prima (egli épojbibi»
le p che un neghittofo 'O* trascurato pojjafir altrui dtlig^e^
te ? l^ . Mon altrimenti:, chepoffa uno ignorante nellar»
chitettura jàr un perfittiJ?imo architetto 5 perciò che tien
dcll\mpoJ?dnle p che Jendo il maejìro ignorante fieno mai
dotti lijcolari ^ CT che Ce un padrone e ociofo^ e infìngar*
dopficno iferuijolleciti e curioji) Et mjomma chi uuolfar
Bb li altrui
174 LA VILLA, DIA.
aìtriiij^iej^liato e diU^etiteJJnJogna frima che fi mojlri eg-U
Ji^ifo hauer cura de le cofe ^ O^ dkatier curo\i che ciafcimo
fia premiato fecondo i meriti^ CT hauer d flegno che aìcu/
no porti guiderdone non lo meritandolo' bellijsima riJJ'io»
Jla giudico ciucila di colui j^ che fendo addimandato , che co/
fa in poco tempo jaccia grafjo un cauallo , rifpoje l occhio
del padrone ; cojì dico io ^ che la cura del padrone è c^uel/
la y che guida bene ogni co fa. !P, Hor pojlo che noi bah»
biate jatto diligente a bajìanz^t ^ue/Io uojlro fetore ftrd
perciò idoneo àfir compitamente l officio juo > ó pur fi di
mejlieri ;, che uoigVinfegnate (gualche altra cofa ^ l^ .ISIo
bajla questa a/fettione CT diligenz<t :,fe non Je gli mojlra
ancora;^ come e cjuando s'ha da&re ciafcuna coja^ altrimè^
ti no farebbe egli d altro giouamento alla uilU;, chejijia un
medico ad un infirmo^ ilpalejia diligente in uijìtarlo mai»
Una eJera^O" nonfappia poi conoscere quel che pojfagio/
uar d quella injìrmita, P* Dapoi che gli haurai mojlra»
to minutamente in che modo CT d che tempo debba far le
facendefuchara egli b fogno d altro f l^ * B fogna dopo
que/lo che gì impariate dfapere comandare d lauoratori
eferui della uilla ch'egli hafottolgouerno fo^ P. Et chi
gli mojlra quejlof l^ , Mi (forzo dt mojlrarglielo io più
ch'io poijo. V. Ditemi per corte fia ^ come noi facciate ad
infegnarc il faper comandare, f^. Si uedc chiaramente
Tartcnio
DEL T A E G I O. 171-
Tartcnio :, che itHutti altri ammali due co fé fono cagioni
frincip^Itf?ime che Ji foitomettano C ubedfchano d gli
huomtni ;, ciò è ctuando ubedendofono accarezzati^ e repi»
cnando fon purdn ) non fer altra uia un domator d'un ca^
uallofe lo fard man feto fé non hor con lufinghe ^ hor con
battiture y fecondo ti bifogno \ e parimente ancora con Jì»
md arte fi rendono i cani CJ" altri animali ubedienti ad un
cenno QT aduna noce nofira\ cofi interuiene ancora dfer^
uiy O" d lauoratori ^ i quali con le ragioni CT con le paro*
Ufi lajjàno perfuader e;, facendoli noi conofcere^, che ilfer*
tur uolontierifia il meglio loro^ gafligandogli fé noi fan/
nos.O' accarezzandogli fecondo i meriti ^fecondo la na*
tura CT appetito loro ^ percioche altri fono chauendo pò/
(lo d ufo di fiere tuttol fommo bene nel piacer della gola ,
bifogna premiargli di cofe ^ che f disfacciano d (jueflo ap/
petito *, altri per ejpre ambitiofi CT" inuidtofi uogliono ejjer
ri fiorati con lodi O* honori ; queile auertenze conofcendo
io 3 ho fempre infegnato d i mici fattori di utUa p accioche
fapeffero con l'^ff^fgiufi C^ humani render fi ubedienti CT
CT beniuoli i lauoratori ^ O* altri fer ui ♦ oltre d queflogli
mojlrauo con Vejjempio mio p che shan da guardare ^ che,
le uefli p CT altri premi ^ e mercedi ^ che d diuider ihan/
no fra ferui ^ non fieno d tutti uguali O'fmdi ^ ma fé*
condo i meriti 0 migliori ^ 0 peggiori ^ però che molto fi
Bh iti dfferaro.
r^tf^rt^ LA VILLA, DIA.
Jifjjcrcire et auilire i buoni il uedere ^ che ucrualmente fie/
fio premiati coloro c'hanno joggitaìa fatica e fono jlafi
negli^euti ndlujjicio loro , CT .^tìdli che con pericolo CT
fudove fono fluii dilige ntifmvy CT* fer cine fio quando ueg»
aio che unfuttor mio habbia haiwto que/ìa auertez^ iti ri^
meritar Qiuftamentc lo lodo C^ honoro "y è parimente lo
riprendo qiundo jenza caufa hahbta honorato alcuno tnde^
inamente. P. K^oi li parete di tale ingegno ncll infime»
re d /attor uoftro neljaper dominare C comandare;, che
non dubito ponto ^ che noi parimente Japejleinfìruere un
"Prencipe tt un Ré*^ma dapoi^chegh haurete mi)jlro limo
do del comandare hara bifogno d'altro ad ejjer perfetto ì
l^ . Bifìgna che fia fidato al padronfuo^ CT* non fi faccia
parte nafcofamente delle fojlanze che gli nengonoin ma^
no ;> perche ahrimenti^d che giouer ebbe egli al padronfuo
con Utjua diligèza? P. K^oi adunque gV infognate ancora
il f mar la giufitiaìt-^. M'aiuta infcr quejlo il mojlrar»
(tU quai fieno le leggi che punifcano i ladri ;, C^ qtiai fieno
quelle^, che promettano premio agli huomini da bene % Ut
poicheunauolta barò ufato benignità tierJoalcimO;,ne per
duello farà ponto megìiore come inutile me lo tolgo dman»
Zi> quelli altri poi duo li^ggioy che non tanto per lo fimo-»
lo detlauaritia quanto per affettar da me lodo O" honore
fiaffatigano uertuofamente ^quefi come Uberi tengo ap^
prejjo
DEL T A E G I O. 177
preffo me p CT* gh honoro. P. f'^ olendo aduncjtic tìege»
re uno che gouerni k cofc della villa hijogna hauere auevm
tenza d cimjue coje che Jia aifcttionato al patrone ;, che/ìct
diligente y che Coppia il tempo el modo di far ctajcunct open
ratione della udlu:>che fappia comandare ^^ chejlajìda^
io al padrott Ino '^ Ma ditemi Je nel fermare un perjrti^
tofattor dt uilia bifognaauertir ad altro f l^ . Fa di me/
(Iter ancora ^ ch'rqhjia nato in mila et non in cittade^ per»
chefj'fejje uolte y^jerebbe i campi per ritornar aljuo natio
loco, bipygna ancora ctùgli Jia di Jangtie rujlico ^ C9" che.
gujlato non hag^ia Vombra ^ il rtpojo ^ C^' le dclitie delle
città.neji de lajciar di pigliare unfattore^ perche nonfap»
pia far conto ^ icriuere ^ perche tale ha maggior memo/
ria :> ne sd come un dotto ^fìnger menxcgne per ingannar
il patrone :> al cpiale piufpeijo porta danari che libri, letd
Cua deue ejjer uinle :, <f^jo^girji de lafouerchiagioninez^
za^ et la troppa uecchiezz^ parche alluna maca la degni*
tdy C^ all'altra lajorz^* conuiene ancora ;, ch'egli haggia
moglie^ ma non fi bella^ che amore 6 gelofìa hficcia aba^
donare il laiioro ;, ne fi brutta che fas^tidiofo della fìiafia
sforzato d cercar raltrui.fogqir deue i conuiti;, e le frjle^.
X^on s'at lontani dulie f^e terre ;>Jè non per comprar 0 uè»
dcrc be filami ^ò biad^\ Il cercar di far- fi noni amici non gli
conuiene^^ di spello e ha in cafa deue cjprfarfò. In caft
fianon
r7^( L A V I L L A> D I A.
Jua non de inuitare et accarezzare fé non gli amici delpa*
trone^ ne laj?tfir nuouejlrade ne Jlioi campi ] ma tenga ri'
Jlrette ne gli antichi confini quelle eh' ci trottò con fife CT*
fiepity ddle cofe ^ cheferuonofolamente ad konorcy gratta^
& bellezza nonficciafe non c[ucltantO;,cbe comandatogli
tierrd dal padrone :, Crjà/a egli intenda alle cofc di prò/
fito.fiafempre il primo a metter mano nellopera trafuoi
lauoratori;, di (piali fia largo di mercede O^farfì di tem^
pò per ciafcunaflagione. Et fi come il faggio Imperato^
re^che uede figgendo tornar in drieto la ^ente fta pallida
CT ajjlitta p CT* che non gli ual confino ne priego alcuno
per Jjnngerla inanzi eghjlefo tutto difdegno accefo prè»
de la trepidante infgna ^ Z3" con noce piena d'bonore ;> ^
di dijjyetto a uiua fòrza pajft per mezzo delle inimichi
fcbiere^Onde Vabaietta gente riprende ardire;, C^ Cfp^^
uergogna ;> come per dejìo di raccptiflar Vbonore ) fifir^
tefegue il fio f gnor e combattendo ualorofamente ^ che la
perdita fi conuertifce in vittoria o co fi il buon fittore di uiU
la ueggendo i lauoratori fuoi pigri nel lauoro con Vefem^
pio di fefiejjo deue fpronargh alle fittcbc\ancora mancar
negli deono Tarme contro aluerno per non bauer occafio*
ne dtjlarfi al fico (piando fa uentOj piog^gia^ o gielo. JSlc
deue bauer uiuande diifcrenti da quelle de i lor lauoratori j
tra i duali de mangiare j perciò che bauendo il fittore
compagno
D E L T A E G IO. 175^
compagno più contenti fj^ejjo refìano del poco p cheljèn^
za lui dd molto. Me lajci tifare i lauoratori il confine da
Cuoi terreni Jènza licentia ;, ne anche ejjojuor di necej?ita
deue mandargli altrove. Deuc ancora uenderc ajjai più
che comprare ancora che certo uedejje ti guadagno'-^ per»
ciò che tal cura foucnfe lo fi obliare quello che più im»
porta. Il tempo ^ che gli auanzalo de j^endere mWim»
parare dal uicino qualche bel fegreto di agricoltura ♦
De anco il buonfittore ej?er denoto CT oj^eruatore delle
le^Q^iy ne contro ai comandamenti della Janta chiefauen»
ga aWopere ne giorni f^fliui ^ ne i quali Jènza offcja del
cielo potrebbe jeccare un riuo che potejp inondare ti qra»
no 0 dirizzare una Jiepe per aj^icurare il giardino dal
uento p dal uiatore p ZT dal cattiuo uicino . Me i tempi poi
che non fi può lauorare alla campagnia ^ fi de fuggir /o-
cio col Jgombrar le corti p nettar lejlalkp condur la pa»
glia nel jvjfo d macerare arrotare il uomero pCompor
laratro CT uifitare tutte Tarme ru/licane p O" per la
uignia ordinare i uinciqli del falcio p ^ fir per la fua
fimiglia hor cefle hor corbe p hor feggi hor archep che
fieno ricetto del uillamfco theforo p^ altre cofe fimi»
li per fuggir Vocio p ti quale è il tardo cheinfiemero»
de le ricchezza p il cuore p CT Ihonore p C^ e padre di
tutti i uitij. V, Io conofco che noi dite il nero ma cir^ 1
Ce ca al come '\
igo LAVILLA, DIA.
ca al come e al quando ilfittore babbiadfìre le f cefi/
dt della mila voi mi corjo delle parole Jète (lato (rop^
pò breiie^n ipiefla e quella parte che delle altre è più im»
portante però che poco giouarebbeVamore:,Vaccnratez'^
\ za :>VubidtenzayO' la jvdcltd con Valtre qualità cha^
; uetc dette fenza la dottrina particolare delle cofe chejò»
\ no necejjarie alla villa e fi contengono nella Jcienza deU
\ l'agricoltura ^ // perche iiorrei che di queìlo partico/
\ lare ;, come di coja pia necejjaria CT" importante ^ me ne
1 ragiona/le d pieno. T^ , S io guardaci allappetitouo/
(Irò le coje mte andar ebbono male :> noi mi fate Joueni^
re di Socrate quando apprejjo Xenofinte ra^ionan/
l do con Critobolo ^gli conta il difcorjo ^ cFei fece con
Jfcomaco :>il quale mentre nel portico di Giout Eleute»
rio flaua appettando certi negocianti ^ dalle parole dep
Co Socrate quaji non fene accorgendo Ju tirato a ragio»
tiare di quelle coje e ho^gi fia noi fono (late trattate ^et
finalmente fi indotto a parlare dellarte di coltiuare i
campii ma inquefla ultima parte ^ fé noi fete Socra»
te p io non uoglio ejjer Ifcomaco ;, CT mi rifoluo dif^
frire il ragionamento deWagrtcoltura d più common
da occafione ^ in que/lo mezzo uiuete ZT amatemi . 'P^
l^oi fcte pazzo d partimi per quello caldo. T^^ . Se
la pazzie^ fijj^ dolore in ogni cafa fi fentirebbe Jlrt»
dere^nc
DEL T A E G I O.^^^ isi
dere^nc conojco dijj^crenxd dal pazzo al Jauio fc non
che Vinto fi le pazzie in palejè CT Faltro in occulto^
^^i^dun^ tutti gli huomini jono pazzi* J^"^* co fi è
CT chi fauio ejjer fi crede e più de gii altri pazzo^
Morjlate fano , d Dio^
IL F I N B.
M. D. LIX:. a di XXX:. Maggio.
Con Vriuilegio dell E ce. ^^ Senato.
y^ida^ Cr fottojcritta.
Fran. Tetramera ^
F. Io. Bapt. eia. G, 7//^*
Io, Fran, Sor, l^.
Ce a
TAVOLA DI TVTTE LE COSE
T^otahtìi eh fi contengono nella ^rejènte opera.
ARTIFICIO Dt jave una fontana che getti
aCi^ua per forza di uenio. foL $i
^^^uertenza nel piantar della ruta, fU ir 7
i^ nticamente fi jaceuano giudicij fopra la maniera di
coltiuar la terra, fL y6
K^ jir che un arbore futtifcro tardo d fruttare comin»
eia d far frutto quello anno che fi uuole^JoL ir 7
x^ f,r chel pefco maturi per tempo. fòL ijg
y,^ jàr che gli alberi ritengano i fori CT che ifutti fai
il peruengano alla Jua debita maturezz^^fil* ^T9
\ >L^ jàr nafcer Vuuafenza grana, fU is9
\^^ far ch'ogni arbore ficciafutto per tempo, fi, ifp
L^jSr che Vaglio non habbia alcun molejlo odore f Li 60
u^ fr che i pini erefcano pre/ìo,fiL is9
K^^jar nafcere le noci con la coccia fottdif ima, fU 1 60
Bnonfutto tallbor nafce da mala radice, nel principio.
Brutta cofa è alle donne limbelletarfi.fiL 1 21
Come le grandezze delle città fono miferic O* non f»
hcitd,fL III
Come più ddettino le donne delle uille che quelle delle
citta, fi 1 20
Come il corpo tiraneggi Vanima et V anima il corpo f, 141
Come il dra^
/^
Conte il dragoncello tiafca dalfcme del hno^jol. is9
Come dolce etfaj^oritofijaccict ognifiutto d'alùcro^Jo, it9
TDellatuLpita della tuta rujiicatìa.fiU 27
IDellct nobiltd dcll\tQ;ricoltora. jvL 50
Dejcritione d^un bellif^imo giardino, jvì^ s 7
'Della conuerjatione del gcntilbuomo di tiilla.joU i48
'Delle corte C^ ulti) de cortegiani, foL i if
Delle qualità che deue hauer un pjzttojattor dimlla.Jc.i'ji
Forma del qiUnconce,jDÌ yo
Forza dellimtatione.foh 14.
Jn che modo i cittadini fi ^o^ano chiamar idolatri, foL j
In quali alberiji pojjano innc/ìar gli aranci limoni O*
cedri, fiL ijy
Le perfone uertuo fé furono femore ami che della villa fy z
L'odo letterario fi couiene dglihuominiet noalledone^nA-
Li'huomo dotto può arricchire quando uuole.JoL lyz
L'opere ruflicaneje deonojìr e fecondo ilnafere O* tra^
montar delle felle* fiL i jo
L'agrezza daranzi comefipojft addolcire* if g
M ohe cofe fono tenute dal uulgo per miracoli che fono
naturali, joL jy
J^otabile giardino defmplici.foL loi
Ogni uua fi può far douentar mofcatella,foL i/g
Noetica defcittione d)in giardino. foU 100
Tiaceuokzzc della mlla.foU 109
Ce i a Cerche il
\Ptrche il color uerìegioui alla uifla.foL 1 24
Qual intafia più degna ò Vaitiua 0 la contepladua.foL io
Qjkil uiiicrfia megliore al rvflicatto ol ciuile.foL 2
Quanto fia commoda la mila alhjludij dijilojojìa.fo. s%
QjiaIJia dfitic del Theatro di Giulio Camillo, foL 71
Quanto più dillctci una coja naturale che una arttjì/
cioJa^foL li 9
Qjianto fia necejjaria la cognitiont delle Jlelle a gli
( agricoltori. fòL ifi
y^ Rimedio contra iuermicelli che fuogUono diflrvggerc
V or taglie. foL iS9
y Rimedio da dtjindere le piante dalle formiche. foU 1^0
Ragioni da liuellarc un piano con una inghiftara dac^
qua.foL '^^
y Ricetta d'hauer carchioff'i tutto Vanno. foL iJ8
RaQ^ione da conofcer Ihore d^ogni tempo dell'anno in ([ut*
'^ éìo clima all'ombra dellbuomo . foL i^4
Segreto di dar che frmafi uuole alti cedri. foL 1/7
Sotto qualjlato dellahna feminare O' trappiantare fi
debbiano l ortaglie. foL iS9
Tutte le uertn morali con gli eflremifuoL nel principio^
IT re fo rti di piace ri. fol 1 43
IL FINE.
Gli errori correggili cofh
A c4rtà i« d prima faccia duerjì 4. leggi [opra ogni aUr<t*
à carte s* ^tfic» 2. ìiinf, 12. leg. apprejjo t4no*
cr poco di fotta Ug, il pari y cr cantra noi*
i 16 s. a faci, agggiongi fotto G E N A 1 O, 1 folto fignati numeri.
21-17. I — 16 8 — i^ I — 15 5 — 14 IO — I4 2~
22 2^ ik 22 8 22 I 21 ^ 20 7^ 20 I
2^-44 ^è-45 3- 42 5è-4i " - 41 oè - ?^ ?è
nd mefc di MARZO, fotto i XXX. giorni per mezzo Vhore ip,
Uggì d. o. V fotto igiorni S*aggiongi al numero 7* $> un ^,
nel mefe di APRILE, fotto il giorno XX V» di rimpctto aUe io»
hore leggi lyS* 9k>
nel mefe di MAGGIO, [otto i giorni XV. per mezzo Ihore 2i«
leggi n. ce.
nel mefe di L v G L I O, fotto XXX» giorniper mezzo le u.hore
Ifggi 3 0» 4è«
CT fotto igiorni XX. per mezzo le i-j.hore leggi j» 55,
nel mefe il AG O ST O, fotto y:XX, giorni per mezzo le bore 11,
leggi IO* 105.
nel mefe di SETTEMBRE, fotto igiorni :^KX, p mezzo aUe 21^
^or 4,, leggi 11, I*
nel mefe di OTTOBKEjotto igiorni X,p mezzo Vhore isJeggi 11.
4 carte 49./4C. i. uerfo ultimo la parentejiche è appreffo alia uoce
fgue^ leuala cr mettda dopo la uoce quinconce^
i ar^ I, 4 fac, u i uer^ 1* leggi infitme.
Gli iltri errori fi lafciano al giudicio del difcreto lettore»
Reg;i/ìro ddlo^era,
^BCDEFGHIKLMNOVQ^
Tutti Jono Duerni;, eccetto Q. cfuaVè Terno,
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