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Full text of "La villa : dialogo"

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in  2010  with  funding  from 

Research  Library,  The  Getty  Research  Institute 


http://www.archive.org/details/lavilladialogoOOtaeg 


LA  VILLA 

DIALOGO  DI  M. 

BARTOLOMEO 

T  A  E  Gì  O, 

AirinuittifTimo;,  6c  gloriofinimo  Imperatore 
F  E  R  D  I  N  A_N  DO    PRIMO» 


F  E,  R  D  I  N  A  N^D  O 


r  


Dalla  Stamp4  di  Francejco  Mofckni\ 

IN      ME    LA    N   0  ^ 


M    D  1,  1  X. 


J  L     T  ^  E  G  I  0, 


Q  H*  intender  uuol^qudntogìoui  i  ueiere 
J^epiiggìe,  cr  quanto  (ia  do/cr,  e  fecur^ 
ì.a  viUa^cr  fuor  difofi'  argin'  ò  mura 
Seguir  cacciando  le  ueloci  fiere* 

chi  nuoue  lodi  brama  di  fapere 

De  rutile^  cr  antica  Agricoltunt, 
Come l' arte  foccorri  àia  natura. 
Et  faccia  ti  cultor  lieto  ilfuo  podere* 

Chi  ueder  uuol,  come  tutti  colóro. 

Che  con  rara  uertu  poggiano  al  Cielo, 
Non  U  città,  ma  i  campi  hebbero  inpregid 

Chi  de  le  facre  mufe  al  fommo  coro 
Defìaferutre,  e  algranfìgnor  di  Deh, 
hegg4  U  Villi  M  Paftor  T  A  E  G 1 0» 


Aii'lnuittiùimo^  61  gioriofifsfmo  Tmpèfatorc 
FERDINANDO    PRIMO, 

BARTOLOMEO     TAEGIO. 

O  I  :,che  d  tutto  lì  mondo  è  chiaro  Qlnuit/ 
ttJ?imo:,^gIonofif?mo  C  e  s  a  k  e  ^chc 
l^ ,  M .  per  Ihnnata  bontd  delVanimoftiOy 
fopra  d'ogni  altra  cofa  attende  alla  Jalute^ 
dcjuoipopuli^y  uofipOjJoJe  non  credere :,ch'ella  caminando 
per  Vorme  di  Ciro  potèttj^mo  Rè  de  Verji.huomo  di  ai/ 
tif?tmo  inaiegno^  CT  dt  gloria  illiiflre^  metta  ogni  cura  per 
tenere  ifigg^ttifnoi  Jìcuri  dalli  nemici  col  ualor  delle  ar/ 
miy  Cr  abondanti  delle  coje  neceffarie^col  tenere  in  pregio 
la  nobile :>et  utilij?ima  arte  deir,,l^gricoltura:,no  men  ap/ 
prezzando  che  fieno  gli  huomini  fuoi  ottimi  nella  coltura, 
delle  uiìle  loroj,  che  ualenti  delle  coje  della guerra^Jip  de» 
pender  da  qiiella  Vabondanza  de  paejt  ^  come  da  cpiejla  la 
faluezza  de  popoli*y^perJapere  lajeruitu^cbe  teneua  con 
f^^  A/,  la  felice  memoria  di  i^mico  Taegio  ^  che  fi 
mio  "^io  \  hauendo  io  composìo  un  Dialogo  in  lode  della 
T^iUa;>0'  deir<^gricoltura:,giudico:>che  adaltri:,che  d 
Lei:>  più  propriamente  dedicar  non  fi  pojfa  ^fi  per  Vobli/ 
go^  ch'io  ho  per  her  edita  aUwJìnite  corte jte  di  (Quella;,  co» 
me  per  trattar  egli  di  cofa;,cheper  tre  rifletti  Qdgiudicio 
mio  )fommamente  U  diktta-^Vuno  per  lafcrtilitd;,0"  abo» 

\^^  ij       danz<t 


danza  dcpdtfi  :,  che  najce  dall  '  agricoUiira  ♦^  l  '  altro  per 

VamicUìUp  ZfX  fontiglianz<tp  t  hanno  tra  loro  la  miUtta^  CT 

l'arte  di  coUiuarei  cafltpi  ^  //  terzo  per  la  cognition  del 

Cielo  ;,Q?' Cuoi  ordinati  corjl  ^  la  cluale  e  anima  deWagri^ 

coltura  C  CT  per  qiieU  ch'intendo^  motto  cara  d  /^*  Af . 

come  d  colei:,  che  per  le Jingolanj'ue  ucrtù  ha  da  pojjèder^ 

eternamente  il  Ctelop  la  cui  faenza  (fecondo  V  opinione  de 

gli  antichi  faui^  è  lapin  nobde  ;,  lapin  uerm^  CT  lapin  cer 

ta  di  tutte  ([ueUe:,  che  da  noi  imparar  fi  pojfano\  ^  la  na/ 

tura  fra  tutti  altri  animali  ^fcce  folamente  llmomo  con  la 

ficcia  riuolta  al  Cielo ^per  darci  ad  incendere :,che  dourem* 

mo  uolgergli  occhi  della  mente  d  coje  alte^^  alla  coment 

platione  de  i  corjìcele/lh  O*  delle  jlelle  :,  la  cpuule  non  fola 

ci  moftra  la  gloria  ;,  CT  Veccellenza  del  fommo  ^  CT  im/ 

mortale  Creatore  ddVuniuerfo  :, guidandone  felicemente 

mila  conoscenza  della  fua  diuina  MaeHd'y  ma  ejja  è  an^ 

Cora  mezzana  fa  le  cofe  caduche  :,et  fempiter  ne.  Et  per^ 

che  fon  certifimo^che  s'io  hauefi  mille  lingue:,^  mille  an» 

ni  ra^ionafi  delle  meritisfime  lodi  delVi^jlrologta  p  che 

de  corfi  de  cieli  tratta:,  più  toflo  mi  macherebbe  il  tempo ^ 

che  la  materia p  più  oltre  no  miflendo\ma  tornando  al  prò 

pofìto  miOp  dicoj  che  fé  Theocrito  indirizzò  tifo  ruftca» 

no  Poema  d  Verfajuo  amatipmo  fatcllo  ^fe  P'^ergiho 

conferò  taf  a  diuimfima  Georgica  al  fuo  ^uorito  Afc- 

cenate  p  Crje  CVlmio  dedicò  la  fa  naturale  Htjloria  , 

douc 


doue  attamente  parla  dcW^^^gricoìmrd  aljuo  V^cjpajia* 
no  Jmperatorcyperche  no  debbo  anchw  offerire  il  mio  ru^ 
Jlicano  Dialogo  aWlmperatore  Ferdinando  mio  Signo» 
re  f  Et  più  oltre  Je  tutte  V opere  ^  che  trattano  di  uertù  d 
per  Jone  uertuojc  dedicar JldeonO;>d  c^ualpiu  uertuojo  Vrè 
cipe:,C^  protettore  de  ijacerdoti  delle  jacre  muje  pfipoj^ 
fono  offerirei  parti  dello  ngegno;,  che  d  l^ .  Af ,  lac^ialt 
nonuplamente  aggradtjce  quegli  ^  che  con  Vali  della  nertm 
cercano  di  poggiare  al  cielo ;>ma  Q  come  dtjje  il  maeflro  di 
color :^  che  fanno  ^^rijlotile  ad  L^lejjandro  Magno  ) 
Jltma^che  non  per  altra  cagione  la  fortuna  gli  habbiapo» 
fio  in  mano  il  fieno  quafi  di  tutto  il  mondo  ^je  non  pergio^ 
uar  d  tutti  gli  huomini.  Ilche  chiaramente Jiconojce  dal  uè* 
derejch'ella  adimitatione  di  quel  buono :,^  nero prencipe^ 
che  firma  ^enofinte:>come  pietofij  et  legitimo  padre  am 
monendojtCT'  caligando  ifiioifidditi^Q^ figliuoli;,  proceda 
tempre  con  amore :,clementia;>QX'  configliO;,mettendo  ad  efi 
fitto  quello y  che  dinotano  le  tre  corone;,  d'oro ^  darqento  j, 
et  di  firro  p  di  che  per  antico  ordine  de  R  omani fi  foglio* 
no  cingere  Ihonorate  tempie  de  Cefari,  Ilche  fi  dimoflra 
ancora  per  la  fiatila  di  Gioite  filminatore  ;,  ilquale  finfc 
Vantiquitdjche  tenefje  trefaette  degli  tjlefii  metalli  ;,  mille» 
riofamente  velando  fiotto  talfittione  quella  idea  del  bengo* 
uernare;,che  perfittisfiimafi  uede  in  f^^.M  Jaquale  ad  al* 
tro  noattendepche  d  cojèrudre  ifudditifuoi  in  una  aurea ;,et 

c^     Hi      fiUcfiima 


jftlicij^intct  pace  ^  inuitando  con  ìefue  mdQ^nanìtne  :,  O*  gìo^ 
riojc  imprefe  tutti  i  uertuofi  d  celebrarla;,ad  ejjaharla^  CT 
d  darle  dtuini  bonori'^no  altrimenti ^che gid fi ficejjc  d  Ce» 
fare  L^ugujlo;,  ilcjuale;yoltre^  che  per  la  uertùjùa  ?Jegli 
cojacrauano  de  gli  altari:,  fé  gli  porgcuono  de  notile  fi  gin 
rana  per  lo  nome  di  cpiello^per  ejjer  anch* egli  fato  jàuore^ 
uole  allifudiofidellagricoltura  ^  P^ergiho  nel  principio 
della fua  Georgica^^come  nuoua  deitd  lo  chiama  in  aiuto fuo 
in  compagnia  de  gli  altri  TDì)  ^  CT  TJee  della  uilla.  ^^ 
'K^.M,  ,adun(^^come  d  cofa  dimna^nf^gno  della  daiotio/ 
ne  dellanimo  mio^confacro  (puejia  mia  humde:,^  rificana 
tìtica  Qcpiiale  ella  fi fa^  aficurandola;,  che  tato  più  uoluntie» 
ri  mi  muouo  d  Jarle  dono  di  tal  maniera :,iy.ianto  conofo  ^ 
ch'ella  nel  congiugner  felicemente  j<fT  con  dolce  nodo  lar* 
te  mditare  con  Ihonoratifimofudio  de  i  corfi  celfi^da  i 
quali  depède  ogni  ragione :,et  nero  gouerno  dell^^gricol 
tura  j,  non  folo gloriofamente  contende  con  la  uertù  di  Ci» 
ro/D*  degli  altri  antichi  JO*  ottimi  Vrencipv-^ma  poggian* 
do  per  le  lor  pedate  ^  e  peruenuta  d  tanta  altezx^^  dbono» 
re^  et  lode^  eh  ella  fé  gli  lafcia  d  dietro,  T^  renda  aduncpìc 
V^.M ,(piefo  miopicciol  dono;,  imitando  cofi  ella  nellac» 
cettarlo  ilgrandifimo  Iddio  :>  che  le  uittimefima  per  laf 
fétta  j,  C?"  pnritd  della  mente  de facrif  canti pO^  non  per  lo 
pregio  di  cpielle  ^  come  io  imito  nel  oferirlo  coloro  ^  che: 
non  potendo  accendere  un  torchio  difacri  altari^accendo^ 

no  una 


no  una  piccioU  cattdcU  )  doue  più  riJJ^kttJe  la  fiamma  del 
lor  inno  amorcych  la  ì^ualttd  della  coja  omertà .  Et  per^ 
che  confido  ,  che  dalla  grandezza  dellanimo  fuo  mi  fard 
coptacciuto  in  cofi  honejlo  deJlderioMtgià  Jentendo  Vobìi* 
qO:,col  (filale  ho  da  reflar  perpetuamente  legato  alla  ben» 
td  (Ila  p  conojco  che  l  uolerla  hor  ringraticir  con  parole  ^ 
altro  non  farebbe  :,  che  fciemare  il  debito  mio  con  uergo» 
gna  ^  qiieto  intra  me  jlejfo  attenderò  d  contemplare  Vhu^ 
manitd  p  la genttlezz^t  ^^la  cortefla  di  V^.  M.  llch^ 
fard  effetto  della  gratitudine  mia;,  CT  (Quella  e  fa  di  magm 
gior  pregio  ^  &  più  conueniente  alle  celefltfte  qualità  :, 
chHo  dar  le  poffa  p  per  effere  Vanimo  la  più  nobile  ^  C^ più 
diuina  parte  delthuomo.  Et  cofi  Scendo  fine  a  lei  prego 
felicita  ^  CT  uo^ia  di  comandarmi. 


Alli  faggi ,  6c  giudiciofi  lettori 
Bartolomeo  Taegio, 


B  L  Mandare  qite/Jo  mio  Uialoi^o  (^hun 
matii/?tmi  lettori  ')  dalle  tenebre  alla  luce  ^ 
parmi  dintrar  in  unalto^  <^ perigliQJo  ma^ 
re  dmuidia^  d'odiose  di  dt/]yrezZ0:>  colmo  di 
mali^nitdjdi  pareri;,  CT*  di  biajimi.  Onde  non jia  poco  yji 
difendere  mi  potrò  dallempito  dell  onde  Jue  tempeflofe^ 
JM  a  fendo  io  nato  huomo  atto  naturalmente  aljallire  ^  co" 
me  Jia  maipoJ?tbde  ^  ch'io  nonfia  biafimato  ^  anzi  in  fin  al 
uiuo  traiptto  dalle  polenti  lingue  de  maldicenti^fe  l'i/l^JJ^ 
natura^ch'è  pur  guidata  da  uno  infillibile  ordine  d  Iddio  , 
tden  biajtmata  da  i  temerari/  giudici^  degli  huomini  ì  Gid 
mi  ricordo  d'hauer  letto  apprejjo  d'uno  antico  poeta  ^  che 
la  natura  non  fece  mai  animale  più  cattiuo  dellbuomo'^per* 
cioche  egli  per  difjnezzo  uitupera  Vtnfèriore:,per  odio  il 
pare^et  per  inuidia  il  maggiore.  Et  cpieflo  Qp  mio  auifo^ 
fon  delle  cofèjchegid  mofjero  dfdegno  il  diuintfimo  Ho» 
mero  contra  la  natura  ^  cpuandó  ei  chiamò  Vhuomo  animai 
le  de  tutti  altri  inJvhciJ?mo.  Quanto  più  noijì  sforziamo  di 
uiuere  uertuofamente^  effercitandoji  intorno  d  cojè  alte^CT 
eccellenti ,  tanto  più  nemica Jì  ne  mojlra  la  fortuna:,^  con 
maggior  empito  jlleua  contra  di  noi  ^  il  rabbiojo  uento 
della  nuidia^   Onde  Simonide  poeta ^  effendo  addimandato 

in  che 


in  eh  tftatùerafuggirjtpotejje  Iodio  de gVinuidiofi^rinìOm 
fé  nonfificendo  coja  uertuofaj,'<:^  mag.^^  chefir  dio  adutf 
que  debbo  marcir  nellociO;,fer  no  jottopormi  allanuidia^ 
CT  d  guifa  di  bejlia  trapajjare  il  breue  corjo  della  mia  vi» 
ta  conjilentiof  noH  uoglia  Iddio  ;,cbe  dal  proponimèto  mio 
mi  rimoua^ne  il  gracchiar  del  uolgo  ignorante;>ne  il  uele^ 
no  delle  cattine  lingue  de gVinuidiofi  et  maligni  maldicenti^ 
Il biajmenole aff'itto dellanuidia  tutto  chejia  mala  cojajja 
pur  quejlo  di  buono  inje;,  che  afflige  ti  peccatore:,  ^  non 
Vinuidtato.   Onde   Socrate  Fdojojo  di  aitiamo  inge/ 
gno;,  il  cui  petto  fii  chiamato  tempio  diJàpientiaJolea  dt^ 
re:,che  uolontieri  haurebbe  uoluto  Cj^'fijpjli^to  poJ?tbtle^ 
che  gli  occhi  ;,  ^gli  orecchi  deglmuidiofi  ji)J?ino  jlatiin 
ogni  città  p  accioche  daluedert:,  Crjentire  le  grandezze  , 
C^Jilicitd  de  cittadmi  la  pena  loro  accrejciuta  uenejje'^im» 
f  er oche ^(luanti fono  i  diletti  degli  huomini filici  ^  tanti fo* 
no  i  pianti  delle  per fone  inuidiofi;,alcuni  altri  Q  non  per  in» 
tiidia^  ma  per  una  loro  maligna  natura  di  controllare  ad 
ogni  cofa  ^uitup  erano  fenza  ri/J^etto  tutti  gli  altrui  com» 
fonimenti.Isle  ui  mancano  etiandio  di  qtteglis^che  per  mera 
ignoranza>V  poco  giudicio  dicono  cofe  da^rfmafcella/ 
re  delle  rifa  Democrito  :  CT  (^ue/ìi  tali  per  la  fomiglian» 
za  e  hanno  gli  efremi  col  mezzo  p  Cr  per  confeguente  il 
tiitio  con  la  uirtute  *yfe  uno  nel  dire  fard  dolce  ^  diranno  , 
cKegli  è  bajfo;,fe  maturo  gli  daranno  delfiuero;>fe  grauc 

B      del 


deldur0;,fe  alto  dtì gonfio  :,je fententiojo  deljilofofi  ,  O" 

jefard  imitatore^  chiamer annoio  robbatore  t^je  pictofo  in'» 

^lufto  :,fcgiujlo  rigor  ojo.   £t  perche  fi  jempre  naturai 

co/lume  del  uitiofo  Cper  coprire  il  proprio  diffnto^  dare. 

alla  uertà  il  nome  del  uitio  contrario  alfioJe  Ihnomo  fo/ 

Urte  ^fagace  ^  CT  ddtgente  ne  fiuoi  maneggi  mojìrera  di^ 

fior  Co  ygiudicio;,  CT  integrità-  d' animosi  melenfio  ^  trafcu^ 

rat0:,O*  neghittofio ^chiamer allo  importuno  .,  Cr  mahtiofio. 

Et  da  l  altra  parte  dfiodolente  ^  CT  precipitofio:,  uorrd  , 

che  lajhto  ^  CT  aecurratofia  un  codardo;,^"  gocciolone. 

Et  fie  liberalmente  fipend^rd  le  ficultd  per  fiyjlenimento 

della  cafafiay  degli  amici  ^  de  %  par  enti  Ae  uertuofii  JCD*  di 

coloro  p  che  fiior  de  i  lor  meriti  ^  per  colpa  della  nemica 

firtuna  in  pouertdfaranno  uenuti\  Il  prodigo  lo  biafmerd 

per  aliar 0  ^  GT  Vauaro  lo  uituperard  per  dtfiipatore  del 

patrimonio  ♦  Etfie  per  fola  uertilfirtemente  fiy/ìenerd  la 

morte )Cht  pender d  neirejlremo  del  poco  gli  dard  dell'alt» 

dace^et  l  eccedente  nel  troppo  lo  noterà  per  timido ^et fie  te» 

aeratamente  ufierd  i  diletti  delguilo^^  del  tattOy  quello  , 

che  difouercho  per  fola  ingordigia  ,  CT  sfienata  libidine 

di  loro  feruirafiene:,chiam era  la  continenza  col  nome  della 

(lupidezz<'-  -  E't  dall  altra  parte  linfienfato  d  tutti  i  conti 

uorrd  ^  chel  temperato fia  incontinente.    Et  fi  meritando 

conoficerd  i  meri-i  fioi  y  CT  qnafii  pregato  abbracciando 

cofie  importanti  ^  CT  docili  p  prenderà  gli  honort  con  tè» 

Iterato 


perato  paJ?o  moflrando  ^  che  nonfolamente  fé  r/Ii  conuen^ 
aono  p  ma  artcora^che  minori jìtno  di  ciucilo  ^  che  merita  ^ 
lo  sficciatOpfimoJoyCt  prefomuojo iChefi  trouerd  nellejlrc 
mo  del  troppo  ^fcnza  alcun  rojjore  della  propria  indi^ 
gttitdj  temerariamente  chiedendo  i  primi  honori  y  lo  repii^ 
ter  a  per  per  fona  uile  ,  abbietta;,  C?*  trajcurata,  DaWal^ 
tra  parte  poi  ,->  (Quello  j  che  per  qualche  jua  rara  nertù  ^  e 
jcienza  Java  in  civetto  di  gran  merito  y  non  conhjcendo  il 
proprio  ualore  ^ pieno  di  uilta  d  animo  prejo  perjejlejjo 
fi  renderà  ^  CT*  per  coprir  la  bajjezz^^  delVanimo  fuO:,cól 
uitio  d  lui  contrario  chiamerà  la  magnanimità  sjacciatag;» 
giney<^  prejontione^  Etje  non  come  magnanimo ;,ma  pur 
come  dejìofo  dhonore  ;,  mediocremente  abbraccierd  quelli 
honori  ^  che  tutto  il  giorno  naccajca  di  riceuere  ^  ^  non 
riceuere  ^  de  quali  ne  fia  neramente  degno  il  pujillanimo  ^ 
codardoMinhfimo  mormorator  del  uolgO:»che  conuerfe^ 
ràfe  non  co  per  Jone  baf?ijìime:>et  in  luoghi  dishonejlifimi  ^ 
chiamerà  il  defiofo  dhonore  ambitiofo.  Et  daW altra par^ 
te  quello;,  ilquale  non  per  uia  della  uertù  ^  ma  per  lejlradc 
di  uituperiO;,con  mille  inganni;>0"  infidie  ^  uà  procacciando 
ogni  minimo  honoruzzo  ^  reputerà  il  dejìofo  dhonore  per 
perjona  uolgare  CT  bajja.  Et  fé  ueihrà  dun  habito  non 
men  leggiadropche  ricco  ^^  fiudierà  di  tener  e  la  cafafta 
polita  y^  ripiena  di  belle  majjeritie  p  ornata  dt  uaghe  pit» 
ture;,Jlatue^O'  difmtuof^Z^^Jjdendtdigiardini^talche  pa^ 

B     i  i       ia  nellìn^ 


id  nellinttdYui  dentro  ^  eh  ogni  coja  riia,  ([iieìlo  che  inji 
fitte  politezza  palJerd  nellejlremo  del  troppo  ;,  uorrd:>chc 
lo  fplendidofia  unhnomofordtdo  ^ /porco :>k3^  amico  fola^ 
mente  dell  utile  *,  daWahra  parte  il  jordido  ^  ^JJwrco  in 
effètto  y  dtrd^ejjer  la fplendidezz^  t^na  jouerchici  politez:^ 
za  y  ZfJ*  uanitd  di  coje^  che  jolamente  dilettano  all'occhio^ 
Et  fé  nelle  comierjationijard  tutto  dolcej^aifabiìc;,  etgrdt^ 
tiofo  p  talché  fecondo  il  grado  ^O"  decoro  di  ciajcunoyjap^ 
pia  uiuerepCT pratticare:>in  modo^che  mantenendo  la  pro'» 
pria  dignità  >  communemente  accunjliapprejjo  d'ognuno  > 
O" gratiaj,^  beninolenz^S  ^we//o  poi  ^  che  per  la  contra/ 
riajlrada  uiene;,  O*  che  per  lo  dejìderi0;^chd  d'ejjer  tenu^ 
io  per  grane  pfaputOj  C  p^'^figg^^^  ajpro^  O"  difficile 
fi  mojlrerd  Tempre  neluolto^cole  rughe  allajrotejadogni 
coja  contra[lerd;,0"  ogni  operatione;,che  Jtia  no  [iafenzct 
rifletto  uitupererdy  dando  il  nome  di  adulatore  allapfona 
a-fàbde  ^  GTgratiofa.  Dall'altra  parte  poi  uerfo  lejlre» 
mo  del  troppo jCluello  che  armato  di  uile  adulatione^  ogniun 
loda.ogni  operatione  ejfalta^dogni  parola  fi  merauigliaj 
fempre  riderne  dice  mai  cofa^  che  non  ritorni  in  lode  di  chi 
gli  è  innanzi  fenza  hauer  riguardo  alla  qrauitdfua^  alla 
qualitd  delle  perfone  \  CJ*  delle  occaJioni,chefe  gli  offerii 
fono, dir  d.che  Vajfabile  è  troppo  grane,  feuerO;,  C^  poco 
conuerfatino.  Etf  d  Vira  tanto  oltre  dard  loco  :>  che  ba^ 
Jli  d  difènder  la  uertù  delle  ignominie ^^  ingiurie  del  uitio^ 

fo;,talcl?c 


fojtal  che  meriti  ti  nome  di  manfuetO;,  il  colerico  lo  chiame^» 
rd  Jreddo  ,  aghiacciato  ^  C^  perfotta  di  pocojpirico  ;  O* 
dalialtra  parte  ([uejlo  tale  ^  che  peccherà  neWejlremo  del 
poco  per  fcioccbezz^  >  ò  injima  bajpzz^  d animo  ^  dirà  , 
che'l  manjueto  è  troppo  iracondo  yfocojo;,  <0*  uendtcatiuOi 
Btje  in  ognijJia  couucrjatione  ^  operatione  ^  CT  par  ola Ji 
mojir era  (incero^  leale ^O"  uerace ^accordando Jempr e  in» 
Jleme  i  concetti  ;,  le  parole  :,0"  le  attioni  ^  talché  ad  un  fot 
cenno :>alcun  non fia:,che  ogni jlio  hauere  nonglijìdi^il  bii^ 
giardo  uantadore  ^  Jicendo  fempre  le  coje  maggiori  di 
(j^ueltoj^che  le  fono '^  tiorrd  ad  ogni  patto  ^  che  ^uejio  talefict 
undiJ?imiilatore:,un  doppio;,  un  hipocr  ito.  Et  dalialtra  par 
te  il  aero  hipocritOy  che  pende  nelle^remo  del  poco  ^  et  che 
per  ilualcbefuo  dtjegno  d utile ^  ò  d'bonorefa  le  coje  mino» 
ri  di  (Quello, che  lejono^^  che  con  Varmi  dcirhumiltdfi  la, 
Juperbia  di  gran  logijìtperiore  ^  lo  accufèrd  digloria;,^^ 
uantamento.  Et  fé  d  certi  tempi  in  compagnia Jt  ritrouerdj 
O"  injìeme  con  alcuni  honejli  g-inochi^e  motti^e  burle ^  alle^ 
gramente:,  con  gran  ricreation  d'animo  trapajprd  il  tem» 
pò  ,  hauendojempre  riguardo  al  loco  :,  al  tempo  ^  C^  alla 
qualitd  delle  perjonej  CT  ctrconjlantie  y fecondo  lequali  nel 
motteggiar Jl  ^ouerni  ;,  in  maniera^  che  ciò  che  dice  0"fd 
nonfolamente  dtlettO;,ó  rifo  commcua^mafecondos^che  Voc» 
cafion  comporta  p  mantenga  ancora  la grauitd  del  grado 
fuo.  chinilo  che  eccederà  nel  confine  del  troppo ^che  d  nojlri 

B  iii     tempi 


tempi  e  domandato  bu^ont^non fi  curando  d'altro  ;,  che  di 
£r  ridere  con  atti  dishomjliy  et  parole  indegne  dellhuomo 
ciuilep  ingiuriando  ;>o  offendendolo  come  fi  uoglta  altrimèti 
ciò  Seda  Jo  biafmerdper  zotico ;,agrejle :,<0'  huomo  di  uiU 
la.  Et  citiellojche  mancherà  nelleflremo  del  focoj,  C9"  che 
infitti  fard  rozzO;>CT*fi  malcreato;,  che  odendo  alcun  bd 
motto  arQiìtoj^D'  ingeniofo:,mai  non  riderà  per  la  tardan* 
za  delfao  rintuzzato  ingegnoyche  non  uillafcierd  intende» 
re:,o  per  innidia:y6  per  qtial fi  noglia  altra  caufa  ^  rnujiado 
come  crucciato ;>et  recando  pw^hdiO:,che  piacere  d  quegli;, 
che  lo  uedrannophattczz^^d  Vurbanitd^uertù  nobihfima  ^ 
per  bufoneria.  Et  pajjando  dalle  uertù  morali^  d  i  puri 
afetti  dell  animo  :>fe  Ihuomo  da  bene  fi  contrijlerj^  per  le 
proJ])eritd  de  i  rei:,co  rallegrarfhche  puniti  fieno  :^uorrdn^ 
no  i  maldicenti^chel  lodeuole  a  f etto  della  indignatione  al^ 
tro  nonfia  ;,  che  inuidta  C^  malignitade ,  Et  fé  per  tems 
del  patir  mllhonore  mojlrajje  alcun  rofore  neluolto  :,da 
un  canto, quello:»  che  eccedendo  nel  poco  ^fard  un  sficciato 
infame ;>  CT'Jènza  uergogna  yfenza  alcun  riguardo  ;>  biaf 
mera  il  uer^ognofo  ^  daWaltro  canto  poi  uè  ne  fono  alcuni 
tanto  timidh  che  per  ogni  picciola  cofafificciano;,  ò  dica/ 
no  yfubitof  arroffconojO*  rejlano  mutoli  ;,  sbigottiti  ;,0* 
balordvyZ!^  quejli  tali  per  coprir  la  lor  balordaggine :,non 
fi  uergo(rnano  poi  di  chiamare  la  lodeuole  mediocrità  deU 
la  uergogna  p  sficciataggine,   TDi  maniera;>che  operi  pur 

uertuofametc 


mrtuojamente  Vhuomo  ([uattfo  sa  y  che  maifiggir  nonpo^ 
trd  le  reprenjioni,  Socrate  ^  Vlatone  .,  L^rijlotele  p  con 
quanti  dotti Jiirono  mai  ^  hebbcro^chcfirc  d  poterfi  difiif 
dere  da  una  certa  generatione  dhuomini  increCceuoli  ^  che 
nod  uerop  dubitar  e  :,ma  il  dubitare  per  lo  uero^sHngegmt 
no  di  guadagnar  e  ;,<D' fanno  delfici  nò^come  i  angari  nel 
giuoco  della  correggiuola^^nonfapendo  gì  infelici  ^  che  gli 
antichi  finfèro  Vallade  hauer  in  odio  ^.^ rugane  ^  per  di^ 
mojlrarciyche  la  troppa  jottigliezz^  dello'ngegnofiijentm 
pre  odnfa  alla  fapienza  ;>  CT"  cofa  degna  di  grandif?imo 
biafimo.  Et  oltre  quejh  tali:, fono  generalmente  gli  htiomi* 
ni  tanto  inuolti  nella  perfuafione  di  lorflefìi:,  che  ognuno  fi 
ferfuade  difaper:,et  di  hauer  più  bello  intelletto  lun  dell  al 
tro^onde  ne  procedono  giudici)  temerari);,  C^  biafimifuor 
d'ogni  douere,  Tal  che  ne  mai  fu  ,  ne  per  lauemrfard  ^ 
che  quejìo  mondo  nonfia  una  gabbia  dt  pazzi  maldicenti^ 
CT'  che  i  calonniatori  non  ufino  lucido  loro^et  operi  cia^ 
fcuno  fecondo  lafua  natura.  Onde  yfe  riguardo  hauer  fi 
dnueije  al  dir  de  reprenditori  ^  non  fitrouarebbe  alcuno  , 
che  per  commune  utile  >  molìrafìe  mai  al  mondo  le  fuefaii» 
che;>bifngna  aduncj^ue  chiudergli  orccchijafiado  a  og^niun 
gracchiare  quanto  uuole  ;»C^  m  quel  modo;,che  una  R  epu^ 
blica  :>  laquale  tende  d  ^radezz^i  >  prefupone  per  incornici 
niente  neceffario  la  confifione^  fimilmente  ^li  huomini^  che. 
uagti  difupplire  con  la  fama  all'accorciamento  della  uita;^ 

mandano 


manicano  Vopért  loro  al  cojjyetto  de  mortali  ^  deotto  tenu 
re  per  un  necejjario  inconueniente  Vejpr  traffìtto  dalle  uè» 
letto fc  lifigue  de  tnaligtti  calori  filatori^  da  i  ([uali  non  tiorrei 
anco  ejjer  lodato  >p^rfiggir  djof^etto  d'ejjer  tenuto  co» 
me  loro.  lyla  ditemi  6  tniei  riprenjori  ^  che  uendetta  pen» 
fate  noi  ^  che  Jacejje  il  Taegio  ^  (piando  ben  hauejje  auto» 
r ita  [opra  dt  uoi^per  (pianto  male  potejle  mai  dir  di  lui:,  m 
dtfuoifcrittiìcertamente^ch^gli  6  tolerarebbe  patiètemen» 
te  il  tieleno  delle  uojlre  maldicenti  lingue  ^  imitando  Vejjèm» 
pio  del  Émojtjìmo  Virrojigliuolo  di  Eacide ^  aguale  di^ 
cendogli  un  giorno  alcuni  jtioi  y  ch'egli  doueJ?e  cacciar  di 
K^tnbracia  un  nonjo  chi;>cbe  diceua  mal  di  hi  5  io  uogho 
più  tojlo  j,  rijpoje  y  eh'  eglififlia  (pii:>che  non  habbia  agire 
errando;,  e  parlando  mal  di  noi  prejjo  più  gente ,  O  nera» 
mente ;>chefeguendo  dconjìglio  di  Diogene  honorati/?ma» 
mente  fi  uendicarebbe  cotra  di  noi;,  col  cercar  dt  uenir  me» 
^liore  di  (piel  p  ch'egVè  ^  riconoscendo  gli  errori  Cuoi  da  i 
biafimi  uojlri,  Etje  uale  d  dire  il  nero  ^  d  mal  dire  ci  ap» 
portapiu  di  giouamento  :>  che  di  danno  ^  conciona  che  una 
perdona  mordace ^col  dir  male  accerbamente :,  riprenden/ 
doci  d'ogni  minimo  errore^genera  in  noi  un  habito  di  pru» 
dentia ,  che  tteja  dijcorrer  ben  le  cofe  prima  ^ch e  le  mettia» 
mo  in  efpcutione.  Et  per  lo  contrajio:,chejuolfir  la  mala 
lingua  p  Vhuomo  diueta  cauto  nel  parlar  e  ^pronto  tielrif^o» 
dere  ^  acuto  nello  accufare^fagace  ttel  difendere;,  Cr  pru» 

dente 


dtnti  nel  rifpondcre,  una  mala  lingua^ fecondo^  che/pejje 
uolte  chiama  la  mrtà  per  lo  nome  del  uitio)  dijlingne  al^ 
trefi  rinppocrefia  dalla  bontà  ,  la  malitia  dallajiutia  ^ 
&  la  Jraude  dalla  jagacitd.  Et  mentre  le  male  lingue  de. 
Greci^O*  Cartaginejìcontrajlaronocon  Romanica  glo» 
ria  del  nome  Romano  andójempre  accrefcendo^  come  eU 
le  taci^uero  per  la  dejlrution  loro  la  grandezza  de  Ro» 
mani  comincio  d  declinare. X enojonte  huomo prudentij?i^ 
mo  dice :,che gli  huomini  gitidiciofi  dalli  nemici  ne  traggo*» 
no  molto  utile :,et  ciò  penjo  dicejje  \  perche  il  nemico  col  dir 
male  delle  operationi  nojlre  ci  amja  dt  quanto  shabbiamo  d 
guardare^  Il  perche  K^ntijicne  ajferma  p  che  per  dififa 
della  jalnte  nojlra^fd  di  mejlieri;,che  habbiamoj,  6  de  ueri 
amicipó  degradi  ncmici^percioche  (Quelli  con  le  ammonitio^ 
ni;>et  cjuejli  col  mal  dire  ci  ritraggono  da  i  uitij.Et  ejjendo 
(come  dice  Vlatone^  lamor  cieco^et  (come afferma  Tlu* 
tarco  ')  Iodio  di  acutij^ima  uijla  per  uenire  in  cognition  del 
nero  è  piujicura  uia  quella  del  nemico  maldicète^^che  quella 
del  lamico.  Il  maledico  è  un  uigilante  ojjeruatore  denoftri 
cojlumi:>et  come  Vauoltoiojentejtibito  l'odore  de  corpi fra^ 
cidi  ^  co/z  d  nemico  ^fe  ne  cojlumi  nojlri  è  qualche  co  fa  di 
male  odore  ^jubito  lafente;,  ^  pcnfando  di  offenderci  col 
publicarla:,ci  apporta  giouamentOj^comeJi  può  uedere  nel^ 
Vejjempio  di  Vrometheo  di  Theffaglia^ilquale  penfando  di 
uccidere  il  nemico  gli  tagliò  unapujìema  ^  CT  g;uarinnelo^ 

C       Dal 


'Daìfopportare  te  porgenti  pdrok  de  maldicenti  s'impara 
dfo^crire  patientementc  le  perturbationi^chefi  hanno  nel 
gouerno  della  cajuydije  jlejjoy  CT  della  republica*  per  la^ 
qiial  cofa^fi  come  i  cacciatori  ^  nonjolamentefi  aJ?tcurano 
dalle  o^eje  delle fiere^ma fi pajcono  ancora  delle  lor  car» 
ni  ;»  ueììonCi  delle  lor  pelli  ^fijernono  delfcle  ^  del  latte  ^ 
CT  de  i  denti  per  rimedi  d  dinerjì  malv^  cojì  ijaiii  nonjola^ 
mente  fi  junno  guardare  3  che  i  nemici  maldicenti  non  gli 
pojjano  offendere :,ma  da  loro  ne  canario  anco  utile gran^ 
dfmo.  Il  che  per  auentnra  potrebbe  interuenire  al  Tae^ 
gio  ;,  ili.jiiale  non  fola  fi  dijindcrd  gag-hardamente  dalle 
fondenti  hnque  de^^h  imàdiofi  maldiccrdijet  dagli  acuti  de» 
ti  delle  mordaci  penne :>  majard  conofcer  al  mondo ^che  nel 
giardino  della  fua  Fatila  dalle  Jjnne  fi  coq^lieranno  la 
rofe,  Utca  adutKjiie  ogniuno  ciò  che  mtole  contra  di  me  ^ 
che  d  riparo  ^  chojatto  contra  Vempito  delle  male  lingue  ^ 
e  tale  ;>  chioJj)ero  ^  dguifa  di  cjiiadrato  dado  ^  di  non  pò» 
ter  cadere  fé  non  in  piede. 


AL    MOLTO    ILLVST.    MONS. 

IL      5.      GIVLIO      SIMONETTA 
ABBATE  DI   GRATTASVOLO» 

BARTOLOMEO     TAEGIO, 

L^  che  fili  con  V^.  S.  mi  diffèpje  penfauo  d'ha* 
uer  poca  impreja  alle  mani  ^  hauendo  io  tolto  d 
lodar  la  Prilla ;,0"  biajmar  la  città ^al  che  non 
hauendo  io  potuto  rij^ondert  in  quella  per  lo  impedimento 
chejoprauennejjora  le  dico^che  di  grande  ardire^  CTyS» 
tica  fu  qudla  impreja  dHercole  il  Thebano  ^  (Quando  le 
fette  tefie  tronco  allHidra  lernea  5  trajfe  Cerbero  dalle 
mejle  ombre  delle  Tartaree  portet^ammazzò  alFMefpe^ 
ride  d  Drago  difcnfore  delle  mele  d'oro  ^  tolfe  (forzai 
tamente  il  balteo  à  Menaltppé\fvce  morire  il  crudel  Bu» 
firv^  per  coffe  con  la  mazza  il  Leon  nemeo  \  uccife  d  Cin^ 
ghiaie  d'Eritmantho'^  atterrò  la  Cerna  nel  bofco  di  Me^ 
nelaoyfice  nelle  braccia fcoppiar e  t^nteo gigante^ pian 
tale  colonne  neWOcceano  *j  rubbó  icauallidt  Diomede'; 
nccfe  Caco  alla  fpeloncat^  ammazzò  IHarpie  in  ^^Tr^ 
cadta  ;  uinfe  ^\helao  ♦^  Domo  d  Jvcofo  Toro'^rotò  Lì^ 
co  ali  aria  \fuperò  Gerione  t^fofìenne  il  Cielo^^O'  fìnaU 
mente Jpenfe  I\lefo  Centauro'-^ma  bora  di  molto  più  ardia 
re  ^  QT'^tica  e  Vimprefa  mia  d  uohr  io  foto  combattere 
contra  tutti  gli  babitatori  delle  Citta  p^  prender  Varmi 

C  a       contro. 


coftira  la  vita  ciuiìe  in  fuor  e  della  rtjjlicatta.  Già  tnitttro^ 
tta  ti  capo  :,  ^par  di  Jtntirini  intorno  un  uejpaio  de  Cit/ 
tadini^  che  mi  trajjiganojinal  uiuo  ♦  O"  che  con  lafuper^ 
èia  ,  Vamhitione  ^  Vauaritia:,  CT  lanuidia  caccino  la  quiete 
dell'animo  fior  delie  lor  fiuorite  Città,  Si  che  i giudici 
delle  miefitiche  potranno  uedere d quanti  pericolilo  mi 
Jla  poflo  :  nondimeno J^cro  d\ijcirne  dfaluamento  ppur 
eh  eglino  pacientemente  comportando  la  ueritd^  CT  po/Io 
giù  lanuidia^Ji  mettano  con  animo  lincerò  d  leggere  quejlé 
mieifcritti;,^  d  considerare ^che  ejpndo  nato  Ihuomo  non 
tanto  per  attendere  algouerno  di  Jèfiejjòj^delle  co  fé  fue  ^ 
O*  della  republica^  quanto  per  ejjèrcitar  le  firze  dellm^^ 
telletto  intorno  agli  ej^ettijche  dependono  (non  da  noi  aU 
tri  mortali  )  ma  dalla  natura;,  ^  dal gr andiamo  Iddio j 
loco  alcuno  non  fi  può  trouar  più  accomodato  per  tale  ef 
jercitatione  dt  mente ^  che  tamena;,  etjolitaria  Fatila  ^  oue 
reggiamo  ,  che  tutte  le  coje  dalla  natura  create  non  fola'» 
mente  de/ìano  in  noi  il  defiderio  di  faper  le  canfe  de  i  we- 
^uti  effetti  :,  ma  incaminandoji con  temperato  paffouerfo 
la  lor  perfttione  ^  cinuitano  d  mettere  ancora  noi  tutti  i 
no/ìrijludff:,  tutte  leftiche:>0"  tutti  ipenfieriper  ueder  di 
confeguire  il  no/ir  ofommo  bene.  Et  fé  t  tre f  ni  delle  hu* 
mane  operationi  jono  la  gloria  ;,  V  utile  ^'O'  ilddettO:,fe  con 
dritto  occhio  mirar  uogliamo  la  jilicitd  della  uita  ruflica^ 
na^trouaremo  in  lei  quc^i  trefni  uniti  di  maniera  ^  che  la 

gloria 


ghria  fard  diUtteuoh;,  O*  utile  ^  lutile  gloriofo  O"  dilet^ 
tcuole^<!y  ti  diletto  utile :>  O* gloriojo^Z^  cominciando  daU 
la  gloriarlo jludio  che  fi  fi  in  uilla  delle  cofe  naturali;,et  di^ 
ulne  non  è  e^li  de  tutti  altri  il  più  gloriofo  ff  per  la  no^ 
biltd  della  potenza  dell  anima  in  cuifitroua  la  felicità  co^ 
templatiua  y  come  per  la  grandezza  delVoggiettofuo^ch'c 
effo  Iddio.  Circa  airunhtdpclualjludio  è  più  utile  di  (J^uejlo? 
Te  col  mezzo fuo  V  anima  nojlra  confieguela  perfttionfua, 
CT  di  nudaj  ignorante  :,^fimtle  alla  tauola  rafa  d'ieri'» 
jlotelefi  riuejle  di  cogmtione;,et  d'habiti  intellettuali.  Quan^ 
io  al  ddetto  jludto  più  diktteuoh  non  fi  troua  di  cliiefo  per 
ejjer  il  conofcimento  delle  cofe;,  per  le  fé  caufe  il  uero  cibo 
dell'animo  ^  che  fempre  lo  tienpafciuto  ^  Z^fatio  di  celejlc 
ambrofa.Mor  che  diremo  della  i^gricoltura^non  è  et 
la  parimente gloriofap  utile ;>  C^  dtletteuoleìEt  cominciane 
do  dalla  gloria  ^  chi  mi  negherà:,  che  Vu^gricoltura  non 
fia  honorata:,nobile,  (CJ'glorioft  :,fe  gV Imperatori  jRo- 
mani;,  i  potenti  fimi  Ré  pi  ualorofi  Capitani;,  et  i  degnifi» 
mi  Senatori  la  effer citarono  ^fe  (come  ajfermajyl .  Ca^ 
tone')  (Quello  huomo  :^che  gli  antichi  Romani  chiama^ 
vano  buono  coltiuatore:,  pensavano  di  hauerlo  grandemen^ 
te  lodato ,  Quanto  ali  utilità  di  lei  ;,  che  diremo  noi  ;,  fé 
quando  la  terra  uiene  da  maefreuol  mano  purgata  tanto  fi 
tnoflra  cortefe  ^  benigna  p  ^  liberale  uerfo  di  noi  ^  che  ci 
rende  affli  più  che  non  riceue*^^fe  àguifa  di  nouellajjpo» 

C    Hi      fa  di 


ja  ii  fir  Ménti  ^  di  uith  O"  di  uarie  forti  ài  frutti  ^  (^tiafijtit 
Gcmtm  ornata^  radoppia  i  receuuti  bemjìcìj  Qpur  che  da 
i  ceU/ìi  injltj^i  non  uenga  impedita  ')  circa  al  ddetto  ^  non 
(ente  laaricoltor e  piacere  inejiimabde  dal  tierdeggiar  deU 
la  terra  ;,  dal  nafcer  de  Jrutti  ;,  dal  moltiplicar  de  gliar/ 
menti ydal germogliare  delle  gemme  :,  CT  inne/lati  rapoU 
lische  qiuìfifiie  creature  crejcer  iiede  di  man  in  manoìOn^^ 
de  molti  honorati  personaggi  tirati  dal  diletto  di  cpiiejla  de» 
gnif?tma  arte:,  lajciarono  le  degnitày  igouerni;,  i  regnilo* 
i  trionfi yper  darli  al  coltiuar  de  campi  ^^  taccio  d  bel  tra» 
flullo:>cbe  rhnomo  di  Potila  fi  prende  dalla  caccia  ^  dalla 
pefcaggione  ^  daWuccellare'-^^S^  concludo  ^  che  cefi  infni» 
ta  e  la  q^loria  p  infinito  l'utile  ^  O"  infinito  il  diletto  della 
tiita  ruflicana  p  come  infntte  fono  le  miserie  del  uiuer  cit^ 
tadinefco. 


LA  VILLA 

DIALOGO  DI  M.BARTO. 

LOME  O   T  AEGIO, 


HE  F^itaéjlatalauo/lrada 
che  ragionamo  injiemme?  J^.Son 
Jlato  continouamente  in  F^tlla^^ 
pertjo  tornami  di  corto  (je  potrò 
Jpedirmi  d^unct  miajacèda)che  {Jvr 
j  zittamente  nt  ha  fitto  uenire  alla  cit 
td.  P«  Dun(^ue  penjàte  noi  di  j^endere  la  maggior  parte 
del  tempo  in  villa  f  l^  .Cofi  penjo;,^  ne  fono  rejolutif?i^ 
vto.'P. Molto  mi  merauiglio ^  che  unbuomo  come  uoi  tut» 
to  ciuile  p  affabile  :>  dolce  nelle  conuerfationi  p  C7^  ricco  di 
maniera  j  che  aggiatamente  può  uiiiere  nella  città  p  uoglia. 
jlarjcne  d  più  del  tempo  in  uilla.  p^ .  Et  io  della  meraui» 
glia  p  che  del  fitto  mio  prendete  pper  ejjer  uoi  perjona  di 
molta  ijjjerienza  p  di  fodo  giudicio  p  C^  di  buone  lettere  p 
molto  mi  merauiqlto  t  perche  dimojlrate  non  japcre  quan^ 
tofia grande  lafilicitd  della  uilla.  P.  l^  me  ba/ìa  /i« 
psr  quanto  fia  grande  la  mijeria  della  mila,  p^ ,  ha  mila 

none 


LA     VILLA,    DIA. 

non  è  mijcria  yjiior  che  d  ([uegh  ^  che  uijlanno  ocioQt^ 
mente  ^  O*  che  chiudendogli  occhi  della  mente  nel  jango 
deWignoranz^  dormanogli  anni  loro.  V,L^ncor:,cKio 

jappia^che  noi  non  potete  ejjer  nel  numero  di  que  tali  ^  pur 
haurei  caro  intendere ;>  in  che  maniera  uè  nejltate  in  T^il» 
la  y  C^  come  ji  dtfpenjtno  Vhore  uojlre.  J^^Non  pò» 
tendo  io  mancar  di  compiacerui  in  coji  honejlo  defiderio  ^ 
Ut  dico^chein  Votila  principalmente  mi  godo  dellhonora» 
to  odo  di  (Quelle  lettere  ^  che  fono  conformi  al  genio  mio  ^ 
dapoi  mi  dò  bora  allt^gficoltura  3  bora  alla  caccia  ^ 
quando  aWuccellare  ,  (jitando  alla  pejcaggione  ^  O"  ahh 
na  uolta  ad  altri  honejli  piaceri  della  Prilla  ^  O"  contento 
di  poco  più  di  ([uello;,  chefolo  il  nojlro  femplice^&  natu^ 
ralejiato  conferua;,  lontano  dalle  ambitioni  ;>  dalli  tumuU 
ti  :,0"  dalle  Jrecpuentie  delle  citta  j  me  ne  uiuo  d'una  affai 
tranquilla  ^  V  ripofata  uita  ^Jènza  nuocer  ad  alcuno  ^  O* 

fenz<t  uedere  i  maluaggi  co  fiumi  de  cittadini.  P,  Se  non 
uedete  in  Fatila  i  uitij  de  cittadini ^non  uedete  ancora  le  uir 
tu  loro.  P^.  Le  uertà  de  cittadini  dguifa  doro  in  arena 
fono  accompagnate ;,<ZT  contaminate  da  mille  injvlicitd^^ 
prometto  ^  che  Ci  poco  è  Voro  della  uertà  rifpetto  allajab» 
hia  de  uitij ^cl)  egli  è  quali  incomprenfibile^O^ per  me  conm 
fèllo  liberamente  ^  ch^  nelle  cittd  altro  non  ueggio  ;,  che 

Jùperbia^ambitioncp  auaritia  p  inuidia^fimulatione^^  ido^ 

latria^ 


DEL     TAEGIO.  5 

latria.  P,  Perche  dite  uoi  idolatria.  Jy^ .  Ver  che  in  vece 
della  verità  s  adorano  filfi  QT  bugiardi  TDij,  "P^^^nco 
nelle  città  fi  trouano  degli  hominh  che  innocentemente  ut» 
uendop  hanno  per  lor  jìne  il  Japere  la  tieritd  delle  coje^ 
T^ .  Qjie^i  ;,  che  uoi  dite  ;>  hanno  dirizzata  dentro  della 
lor  -^ntafia  la  deità  di  Pallade  ^  laiptale  non  folamente 
ej?i  adorano  ^  ma  uorrehhono  per  tjuella  da  gli  altri  ef? 
jer  adorati  )  Di  maniera  ^  che  adorando  uno  idolo  della 
dottrina  loro  ^  e  hanno  fitto  dentro  di  fé  y  CT  non  il  nero 
^ folo  Iddio  :,  ancKeft  iianno  nel  numero  de  gli  idolatri:, 
CT  de  gli  ambitiofi.V.  K^orreiftperej^i^uali  C^  qnuti  ere» 
dete  uoi  ;,  chefianogV  idoli  de  cittadini.  /^.  GUdoli  de 
cittadini  fono  treja  gloria  J  Mie:,  O"  d  diletto,  alcuni  per 
lo  sfrenato  defiderio  channodifalirealli  maggiori  fq^ 
gi  delle  città  loro  ^  comettono  infinite  fceleratezz^  5  & 
ficendofi  di  Uberi  Jer  ut  ;>  mai  non  hanno  ripofo  alcuno  ^  O* 
qiiefti  in  uece  del  nero  Iddio  portano  nel  cuore  Vhonor  del 
mondo,  x^ltri  ad  altro  non  attendono:,  che  adammaj^ 
far  oro  :,  C^T*  per  arricchire  non  fi  uergognano  dingan» 
tiare  hor  cpuefloMr  (Quello)  e  à  rifchio  di  mille  morti  cor^ 
rono  per  li  gonfiati  mari  à  i  più  lontani  lidi  )  ne  per  lo 
iempeflofo  Orione^  neper  lo  mortifero  Cane  resiano  di 
fguire  il  loro  malageuole  camino  j^C^la  ricchezza  ("-  il 
berzagUo^uer  cui  fi  dirizzano  tutti  ipenfieri:,  CT  defderif 

D        dicluejli 


4        LA     V  I  L  L  A,    D  I  A. 

di  ipejlé  tali  molti  adorando  K^cnere;,^  Bacco ^  ad  altro 
non  attendono  :,  eh  d  lajciui  amori  ^  delicate  uiuande  j 
freciofi  tiini  :,  carte  ,  dadi^  cani  ;,  fparuieri  ;,  caualliyfia^ 
gie  :>  canti  y  filoni ^  O"  cofejìmiti)  O'jlimandojh  che  quejla 
Uà  la  nera  uita  dd gentil huomO;0rezZMO  tutti  cluellh  cha 
uiuono  altrimenti.  Talché  adorando  il  piacere  ;,  lutde  , 
O"  la  gloria  i  cittadini  fi  fittamente  uiuono  ^  che  lor  mede^ 
fimiji  finno  indegni  delpreciojb  dono  de IF intelletto  ^  non 
fé  neferuendo  d  (^uelfine  ^  d  che  egli  ce  dato.  "P.  L^p^ 
ponto  fopra  di  quefìo  ho  caro  ragionar  con  ejjo  noi  p  O" 
uorrei  ;,  che  dejcendendo  un  poco  più  olii  particolari  ;,  mi 
dicefle^  d  che  cofa  uorrejle  uoi  ^  che  sapplicajp  ^intelletto 
nojlro,  J^.u^lle  diuine^V  Immane Ryeculattoni.V, Ver 
ejfer  noi  huominijojpeculare  alle  uolte  le  cofe  bimane  non 
mi  par  dtJdiceuole:,ma  il  uolere  inueiìigare  ijegretid'ld^ 
dio  mi  par  temerità :,et  un  uoler  mettere  la  Matura  d  jin» 
dicato  :,  comegid  fecero  gì  mfolenti  ^  Z^  pazz't  JilofoJì\ 
/^,  P^oi  nonjapete^  che  Vinteli  etto  e  cofa  diuina^  &  che 
ìhnomo  e  lanello  della  catena  che  lega  le  cofe  mortali  con 
le  diuinef  V.  In  che  modo  fi  fa  cotejlo  uojlro  legament  o? 
T^.  P^^oi  douete  Japere  p  che  gli  elementi  hanno  Vejjèrc 
folamente  :>  Cr  le  piante  la  uita  jC^  lo  effere  con  gli  eie» 
menti  communi  :,  le  beflie  ilfenfo  ;,  C^  leffère  commune  con 
gli  elementi^O'  la  uita^che  participa  con  le  piante  ;  Et  gli 

buomini 


DEL     TAEGIO.  ^ 

hiomini  hanno  leffere  commum  con  gli  elementi  p  la  tiita 
con  le  piante  ^  iljenfo  con  ìejìere:,  CT  ImellettOp  che  coni'» 
munica  con  gli  L^ngeli .  Onde  fi  prona  VimmortaUtd 
delle  anime  no/ire^  Emendo  adumpie  l  intelletto  cojadi^ 
uina  :,  perche  col  mezzo  fno  non  debbiamo  noi  intendere 
Iddio  ejjer  Jomma  ejjentta  :,  da  cui  tutte  Vejjentie  ^  Comma 
vita  y  da  cui  tutte  le  iute  :,  ^jommo  intelletto  :,  da  cui  tutti 
altri  intelletti  dependonof  Et  perche  non  debbiamo  noi  con^ 
templare  lejoflanze  incorporee  ^eterne:,prodotte  dalla  pri" 
ma  intelligentia  p  C^  infieme  cofiderare  le  Idee  ^  i  concuti 
tmiuerjalhimoti  de  cieli  :,Q^  come  ([uè fio  mondo  inferiore 
Jia  continouamente Jotto  la  rota  della  demojlratìone:,^  del 
najcondimentoì  V,  Io  non  uoglto  bora  contendere  con  uoi 
circa  allufficio  dell'intelletto  no/ìro  j  ma  ben  ut  dico  y  che 
più  huomini  contemplatila  fi  trouano  nelle  città  ;>  che  nelle 
utile,  l^^  i^nzi  non  è  fi  proprio  Ihumor  allacdua  ^ 
(guanto  è  proprio  la  folitudme  della  Filila  agli  huomini 
contemplatiui,  V.  Se  cote  fio  è  nero?  è  un  chiaro  Q^  uiuo 
argumento  della  pazzia  de  Filofojì  ♦  perche  nelle  lorfo/ 
litudini  fuggono :,come  coja  mala  la  conuerjatione  dellhuon 
mo  ;,  il  quale  nella  natura  è  pur  un  miracolo  grandif?imo  , 
CT  animale  degno  di  reuerenza  :  conctojia  ch'egli  Qcome 
uoi  pur  dianzi  hauete  detto^  con  Veccellèza  dell  intelletto 
pajjando  alla  dima  naturaci  fa fomiglidte  ad  ejjo  Iddio^ 

"D    a      Queflo 


6        LA     V  I  L  L  A,   D  I  A. 

Qjfflo  è  pur  colui ,  d  cui  Vtnuifibih  Ré  del  Ciclo  per  cf» 
(aitarlo  togliendolo  daljeruitio  della  natura  ^  ha  fitto  do*^ 
no  della  libertà  del  uolerc  ^  CT  della  fignoria  jopra  gli 
altri  animali.  Qj^e/lo  è  pur  quel  mira bde^<<:D^jacro  ani^ 
tnalcyin  cuij,  come  in  lucido  criiiallo  ^fi  uede  una  picciolo, 
imagine  di  tutta  la  machina  del  mondo  ♦  ma  d  dina  d  uero 
quejli  tali  Fdofojì  d  me  paiono  per  Jone  ociojè  ^  QT  dapo^ 
CO;,  che  per  coprire  la  uiltd  dell  animo  loro^con  una  appa» 
renza  di  uirtih  dij^rezz^no  con  parole :,  CT  non  confitti^y 
le  ricchezze  ?gli  honoris  G^i  piaceri  del  mondo  ^  comeji 
nofojjero  di  carne ^  ma  pure  intelligenza  •  Ondh  per  Va=» 
mor  p  ch'io  porto  alle  uertù  uo/ìrc  ^  uorrei  ^  che  ad  o^ni 
uoflro  potere  ui  fjvrzafle  di  allontanami  più  che  potete 
dalla  Ulta  di  cluejli  Hipocriti  ;,  CT  ociofi  Fdofotì  ^  CT  la^ 
Jciando  i  campii  le  piante?  (3"  le  fiere  della  Prilla  j^uenejle 
djlaruenejragli  huomini  nella  cittd.  T^  ♦  Vìoue  fi  tro^ 
nano  gli  huomini  nelle  città  ?  non  ui  fouiene  d'hauer  letto  ^ 
chel  buon  Diogene  andando  un  giorno  per  lo  foro  di 
L^^thene  con  una  lucerna  accefain  mano  ?  gli  fii  addi ^ 
mandato:,  perche  ciòfàceffe  ^  al  che  egli  rijpofe  ?  io  uo  cer» 
cando  unhuomO:,per  dimofJrare  ;,  che  molte  bejlie  in  f^r» 
ma  humanafi  trouano  nelle  cittd ,  ma  pochi ;,ò  niuni  chefie^ 
no  neramente  huomini  ?  Et  feuolete  confano  occhio  mirar 
loflato  della  cittd;,uoi  uederetCp  che  quanto  di  male  fi  troua 

negli 


DEL     r  ^  E  G  1  O.  7 

negli  animali  brutti^  tutto  qiiafi  in  un  corpo  è  raccolto  nel 
gregge  de  cittadini  ^  ivi  è  la  crudeltà  della  Ti^re  ^  la  im» 
fietd  ddl^OrfoJa  bejlialitd  del  Cinghiale^  lajirocitd  del 
Leone  ^  la  fiperbia  del  Cauallo  5  la  rapacità  del  Lupo  ^ 
lojlinatione  del  Bue  :>  Vmg^anno  della  F^olpe  ;,  la  malitia 
del  Cameleonte  ;,  la  uarietd  del  Pardo  ^  la  mordacità  del 
Cane  ^  la  dtJJ)erattone  delVElejante  0  la  uendetta  del  Ca^ 
mcllo  ;,  la  pctulantia  del  Becco  :,  la  bruttezza  del  Porco  ^ 
la  pazzia  deW^^fino^  la  bujjxineria  della  Scimia;,  la  ri^ 
balderia  delle  Sirene  ;>  la  furia  de  Centauri  ^  la  ingordi^ 
già  delle  Llarpieja  lujjuria  de  Satiri^  C^  Quanta  niaha^ 
gitd  d'animali  irragionetioliJO^  fj^ìauentojl  mojlri  creò  già 
mai  la  natura'^  Il  perche  ^c^uado  uengo  dalla  città  alla  F^il 
lapparmi  di  uenire  dalla Jeruitù  alla  libertà  y  dalla guer^ 
ra  alla  pace  ^O^  da  un  perigliojo^  CT*  adirato  mare  ad  un 
Jìcuro  :,  Cr  tramj^uillo  porto,  P.  v^*  mal  porto  diriz" 
Zate  la  uoftra  uela^Je  penjate  difiggir  la  tempefla  delle 
mijerie  Immane :>  per  uè nir itene  in  Prilla:,  doue  non  fi  tieg^ 
gonojè  non  infelicità  'y  Et  fi  a  le  altre  mi  negar  eie  uoi^  che 
quefle  non  fieno  tre  infelicità  grandj?me  dcirbuomo  ^  che 
tiiue  nelle  fylitudini  della  Fatila  ;,  d  trouarfì  priuo  della 
dolce  conuerjatione  degli  amici :>  delle  gradezze?comodi^ 
et  delitie  delle  città  p  et  della  prattica  di  uarie  maniere  di 
genti;,  che  (^uiin  concorrono :>Jenz(t  laquale  l'huomo  non  può 

D    Hi      faperche 


«       LA     VILLA,   DIA. 

faper  che  crjajia  ^fìo  modo;,m^r  acipiflo  dell' honoKitif^i 
ma  etfplèdidifima  uertù  della  prude  lavande  depèdc  lafc 
licita  bumanay  et  ^^pria  dellhiiomo.  l^ .Quanto  d  (Quella 
far  te  y  che  dite  :,  che  Vbuomo  ^  chejla  in  Fatila  non  g;ode 
la  dolce  conuerjdtione  degli  amici^  che  habbitano  alla  cit^ 
td  p  ui  rtfl^ondo  ;,  che  hi  gioia  degli  amici  è  pojia  jolamcn^ 
te  nella  uertù  ^  latjuale  mojlrandofi  in  ogni  luogo ;,  caufa  ^ 
che  oimndue  rhuomo  jì  troni  poi] a  godere  delle  dolcezze 
dcllamicitia  *y  ma  che  più  *j  non  Jolamente  aliammo  non  Jl 
toglie  per  la  allontananza  piacere  alcuno  t  ma  ne  dglioc^ 
chi  ancoraiyperche  i  neri  amici  Qcomeji ferine  diEuandrO:, 
CT  Vallante^  in  ogni cojàjlanno  limo  negliocchi  dellal^ 
tro  :,  il  che  uien  conjirmato  da  Af  ♦  Tullio:,  ihpjale  jcrU 
uendo  a  Balbo  juo  amico  ,  che  era  in  Pranza  con  Ceja<^ 
re  y  dice,  che  non  JolarHente  loportaua  nell  animo  ;  ma  ne 
gli  occhi  ancora  ^  tal  che  cpuando  io  jono  lontano  dal  mio 
Partenio  iol  ueggio  ;,  iojcherzo  ;,  CT  io  ragiono  con  ejjo 
lui.  Circa  d  quel  che  dite  ^  che  fìando  in  Prilla  non  fi  go^ 
de  delle  grandezza :>  commodi  ;,  CT  delitie  delle  città  \  ri^ 
Jpondoy  ch'd  me  più  dolce  e  Ihauere  intorno  Faggi^Quer» 
cie^L^beti/Dliui^Lauri^^  Ginebri;,che  una  qran  copia 
di Jer  Ultori  ^piu  mi  dilettano  le  nouelle  fondi  de  gli  albe^ 
ri  y^  i  uaqhi  fon  de  prati:»  che  abbellifcono  la  Prilla  ^ 
che  i  panni  doro  ^  CT  d  argento  ^  che  nelle  citta  adornano 

lepompofe 


DEL     TAEGIO.  , 

k  pompofe  camere  de  l^rettcìpi  )  più  grette  mi  fono  le  cap* 
panne  ,  le  ualli  ;,  i  monti  ;,  QT  le  pi<tg^^ie  ,  che  i  fu/ 
perhi  pdUaxxi  pimerauigliofitheatri  ^leampie  piazze  ^ 
t^ gli  honnratijeggi.  Viu  in  pregio  ho  Vkerhe:,ijrutti;,  il 
latte  p  C}*  fintili  cibi  ;,  che  altri  non  hanno  i  fig^iani  ^  le  le/ 
fri  5  C  lojlree  •  C  tutto  ^  cFio  alle  volte pefchi  :,  cacci  ^ 
CT   uccelli  \  nondimeno  ciò  jaccio  non  per  cag^ion  di 
gola  ^  ma  per  recrear  Vanimo  nelle  joliteCue  attioni  affa» 
ticato.L^^lla  partituoche  dite  ^  che  non  pratticando  nelle 
citta  con  diuerje  maniere  di  genti  ^  Vhuomo  non  può  Capè» 
re  :,  che  cofajia  ipefìo  mondo  ^  rifj^ondo  :,  chejlando  io  in 
Filila  falò  nel  mio  tugurio  p  uengo  per  auentura  in  mag^ 
gtor  cognitione  del  mondo  ;,  che  nonfinno  quegli  ^  che  neU 
le  citta  comierjano  con  più  Jorti  di  perjone.   P.  In  che 
modo  ?     T^ ,  Con  Vanimo  ^  non  mouendoji  alcuna  parte 
del  corpo  ;,  cerco  tutte  le  parti  dellOceanO:>circondo  tutta 
que/la  rotonda  palla:,che  terra  fi  chiama  ♦  uo  a  trouare 
quanti  mari  la  innondino  :>  quanti  laghi  la  bagnino  ^  quauti 
fumi  la  irrighino  :>  quante  ifole^  porti  yfcogU:,  monti;,  pia» 
ni  p  caf  iella  ^  città;,  promncie  p  CT  regioni  fi  trouino.  Et 
più  adentro  penetrando  uo  a  trottar  le  tiene  delloro  ^  dcl^ 
V argento  ^  CT  degli  altri  metalli  ^  infieme  col  centro  deU 
la  terra.    Et  non  contento  di  quelle  cofe  hafJeyWi  leuo  con 
Vali  del  penfiero  d  nolo  \  Et  pajfando  per  tutte  le  regioni 

dellaria 


ro  LA     V  I  L  L  A.    D  I  A. 

delluria^O*  laJJ^hera  del  fico  entro  nel  cielo  ;,  CT  con  la 

mente  (correndo  dijjiheyct  infj)hera  p^  da  una  pura  in» 

telligenza  dllaltra  ^  finalmente  mi  conduco  ad  elfo  Iddio^ 

Et  ([Hindi  tutto  ripieno  di  meraviglia  comincio  ordinata/ 

mente  a  ritornare  alla  con fideratione  delle  coje  da  luipro^ 

dotte  'y  CT  in  tal  manierajàlendo  ^  O^fcendendo^  uengo  in 

fernetta  cog^nitione  di  qiieilo  mondo  *^  CT  con  gran  con» 

tentezz<t  pctjjO  i  giorni  miei ^^ da>  questa  contempla» 

iione  deriua  la  frlicitd  humana  ,  CT  non  dalla  prudenza 

come  noi  dite.   "P.  U  humana  felicità  conjìjle  nelloperare:, 

CT  non  nello  Jpeculare  ♦,  perche  Vhuomo  (  come  afferma 

^^^ri/ìotele)  nonperjèfolopma  ancora  per  gli  altri  vie» 

ne  in  due  fio  mondo  :  tlperche  io  dico  ^  che  più  honore  y  <D* 

maqoior  ftltcitàjarebbe  allhuomo  il  uiuere  alla  cittd^  CT 

ingegnarfi  digiouar  agli  amici)  a  i  parenti:>et  alla  repu» 

blica  p  che  andarjene  ^  come  nemico  di  tutti  altri  ^  Z^  ami» 

co  Col  dijejlejjo  ^  à  uiuere  rinchiudo  nelli  jludip  ó  difperjo 

per  lejelue.  p^ ,  Io  ui  nego^  che  più  honorata^  CT*  piuji» 

licefia  la  uita  attiua:>  che  la  contemplativa  ^  perche  lojpe» 

calare  ^  ^  intendere  è  coja  diuiniftma  ^  cr*  e  ([uello  ^  che 

ite  jà  jìmili  d  gli  K^ngeli  *  douetepur  jlipere  ^  che  la 

fclicitd  contemplatiua  è  più  degna^  CX  più  nobile  della  ciui» 

te-) fi  per  la  nobdtd  della  potenz<t  dell  anima:,  in  cui  fi  tro» 

va;,fi  ancora  per  la  grandezza  dell'oggetto fuo;,  eh  è  ejjo 

Iddio 


DEL     T  A  E  G  I  O.  ^t 

Jddio.Donete  purjapcre  ancora^come  lojpectilar  nojlro 
e  un  faggio  dt  (Quello  ^  che^remo  poi  nella  patria  del  eie/ 
lo  ^^  che  noifiamo  huomini  per  lo  intelletto^  la  cui  per» 
fìttione  è  l  intendere  la  ueritd  delle  cofe  ;  onde  poi  ne  deri^ 
uà  la  falute  della  republicd  ♦  "P.  i^nzi  fé  nelle  citta  fi 
trouafe  gran  copia  di  qtiefi  ocinfi  Fdofof\ne  feguirebbo» 
ito  le  routne  delle  republicbe  ^  non  altrimenti  ;,  che  interue» 
fterebbc  del  corpo  :,  fé  tutti  i  membri  fuoiuolejjerojlarc 
ociofi  ^  //  che  ejjendo  conofciuto  fn  da  pagani  gli  indujji 
ad  ^Jjergli  nemici  ;,  ^  chel  fia  nero  domandatene  a  gli 
i^^thcniefi  ^  i  quali  jicero  morir  Socrate  f  domandatene 
d  Lacedemoni;,  CT  d  i  Meffani;,  i  (jualt  nelle  lor  republi» 
che  non  uollero  ammettere  i  Filofof  contemplatiti  '^  i  quali 
ancora  al  tempo  di  Domiciano  fiirono  baditi  da  tutta  Ita^ 
lia\0"  il  re  s^ntiocofce  una  legge  contra  d  ipadri;>che 
lafciauano  imparar flof fa  dfuoi  figliuoli.  Et  non  fola/ 
mente  quefi  tali  fiirono  cacciati  da  i  Rè  ^  da  gì  Impera/ 
tori  ^  er  dalle  republicbe  ;,  ma  L^riflofine  ^  Thimone  ;, 
CT  s^rifltde  fcrifero  libri  contra  di  loro  ;,  conftcran^ 
do  aWimmortalitd  lafneria  di  qucfii  nemici  capitali  della 
£tica^  CT*  dellopèratione  ;>fenza  la  quale  nelle  citta  non  ui 
farebbono  mura  ^  che  ci  riparajpro  da  uno  improuifo  af 
falto  de  nemici^nefi  uedrebbono  nauilìj;>  onde  ne  nafce  tan» 
ta  commoditd  alla  republica  j  ne  ui  farebbono  cafe  ;,  che  ci 

E       dijfendefero 


n  LA     V  I  L  L  A>  D  I  A. 

dt-ffettdejjero  daljreddo;,  dal  caldo y^  daliempito  de  uett» 
ti  y  tton  Jì  uedrebbono  tanti  magnijichi  pallazzi  ;>  theatri , 
amfìtheatri  ^  jcene:  ,  archi  trionjàli  ;,  piramidi  ^  temfij  ^ 
portici  :,  CT  infinite  altre  jìiperbejabriche  ^  che  danno  pur 
mae/ldj^CT'  ornamento grandij^imo  alle  cittadi^  J^.Que^ 
tic  fon  coje  ^  che  fé  l'ingiuria  del  nemico  ^  iljvco  y  ò  altra 
calamità  non  le  diflrugge  ^  nondimeno  il  tempo  le  con  fu» 
merci  ,  però  iojlimo  y  che  U  falute  della  republica  confi^ 
Jia  y  non  negli  edijìcij  y  ma  nei  buon  coiìumi;,  ZT  nel  uer» 
tuofo  uiuere  de  cittadini.P.  Qticjlo  è  uero:  ma  la  lode  dcU 
la  uertàQcome  a^erma  M. Tullio^  non  rifiede  ella  neU 
Vattione,   T^ .  V^ ditemi  ciò  ^  che  uo  dire,  CT  poi  rtfpon^ 
dete.  P*  Seguite  adumpe.  l^ ,  I  buoni  cojlnmi  de  citta^ 
dini  j  onde  nafcono?  P.  dulie  buone  leggi.  ì^^ *  Chi  dif^ 
Jvnde;,(3^  mantien  uiue  le  buone  leggi?  T^.La  uertù  di  ([uem 
gli  y  che  le  ufano.   l^ .  ha  uertù  di  coloro  p  che  ufano  h 
leggi^onde  nafceì  V Sballa  ragione^  1^ Mt  la  ragione^ 
onde  piglia  ilfuo  uigore.  P.  Dairejjircitio.  T^ .  La  per» 
jittione  delleiferciiiO;,onde  procedei   P*  dalla  ueritd. 
p^ ,  Et  la  ueritd;,gid  che  non Ji  può  hauerefe  non  col  me» 
Zo  del  dfcorfoy'O'  ocio^chefi  mette  per  lac^uiflo  di  lei? 
P.  K^ncor  queflo  è  cofa  chiara.    J^ .  \^dun([ue  dal 
difcorfo:,  C?*  daWoccio  deriua  la  falute  della  Republica. 
P,  P^'oi  m'hauete  pian  piano  condotto  d  un  pajjo  ^  ch'io 

fon 


DEL     TAEGIO.  15 

fon  forzato  d  dir  come  uoi\E^h  è  ben  ueroj^chejt  poireb» 
be  dire  ^  che  c^uefto  e  eletto  dellintelletto  prattico^^  non 
del  contemplatiuo.  /^<  Mentre  ^  che  quello  intelletto  , 
che  noi  chiamate  prMico  uà  inuelìigando  qnal  neramente 
fia  il  gi^jio  ;,  ihone/lo  ;,  C  rutile ,  egli  é  fj^ecidatino  ,  ma, 
qiìado  l  applica  poi  aUattione^et  particolari  douenta  prat^ 
tico.  T*  Mor  pojh  :,  che  cofifiu:,  mi  negherete  noi:,  che 
più  non  habbia  del  uerijìmile  j  che  le  coje  uicine  d  Iddio  gli 
fieno  più  care  ^  che  le  lontane  f  l^.  Et  che  uolete  uoi  dir 
per  cpuejloì  P.  Dico  ^  che  tutte  le  cofe  dalla  natura  crea» 
te;,(ptanto  più  iauicinano  al grandij^imo  Iddio  fono  più  at» 
tuoje;,  et  nemiche  delFociOjQT'  cominciando  dall' huomo:,non 
ueggiamo  noi  ^  ch'egli  é  più  in  potenza  :>  che  in  atto  ^  paj^ 
fando  poi  dgli  elemett  non  trouiamO:iCh' eglino  per  lagene 
ratione:,^  corruttione  oprano  continouamentef  O"  uenen» 
do  finalmente  d  i  cieli  y  che  fono  più  uicini  alle  diuine  inteU 
Jigenze  :>  O*  primo  motore  ^  non  trouiamo  ^  chej^iper  lo 
continouofi  mouono  ^  CT  mouendoji  caujano  il  moto  degli 
elementi^.  T^ .  Qjjeélo  è  nero  \  ma  ditemi;,  qual  è  più  aui» 
cinarji  al  grandifiimo  Iddio  :,  ó  neramente  unirli  con  ejjo 
lutf  P.  Monfì  può  negare  ^  che  non  fia  più  Vunirfi  con 
lui,che  laccoflarfegli.  l^ . Hauete  dfapere  ^  che  Ihuo» 
PIO  quando  rotti  i  legami  de  lifin^heuoli  fenfi  :,  con  la  vit/ 
toria  dijejlejjo  p  s'innalza  allajfpeculatione  delle  cofe  na^ 

U    il       turali^ 


14      LA     VILLA,   DIA. 

turali  ;>  GT*  indijvlicemente  pajja  alla  contempladone  delle 
[piriti  cde/ìi  y  doue  limagim  d'Iddio  ^  come  in  un  lucido 
jpecchio  rtfpledcytntto  fi  accendere  infiama  nel  uero  amor 
ditiino  \  CJ^Jalendo  poi  con  la  mente  alla  prima  inteUt^en^ 
Z^ gouernatrice  deltutto^con  ejjo  lei  s*unijcey  CT"  di  nettai 
rej^fy  ambrojta  con  Comma  dtlettatione  fipafce,  V.Que^ 
èia  uojlra  unione  mi  pare  un  fogno  ;,  C  (^uejle  Jono  delle 
chimere  de  FiUjofi  contemplatim  ^  la  cui  pazzia  è  tanto 
grande  :,  che  l  Elleboro  di  tutta  la  terra  non  bajlerebbe  d 
purgarla.  Il  qiitdtciofo  Homero  landò  f'^lijje^non  per» 
chejiajlato in  ocio^ma perche fice  hauere  diGreci  lejaet 
te  di  Filolette pfenza  le  eguali  Troia  non  poteua  ejjer  prc 
fi  ^  diflrujp  il  jep olerò  di  Laomedonte  "^  uccife  Rhejo  , 
entrò  nella  regnai  corte  d\^lcinoo  :,  guerreggiò  con  h 
cicoiyney  andò  dtrouar  i  Lotopigi  ^  accecò  Volijimo:,  na» 
ui^ò  alli  Le/ìrigoni  :>  dtfcefe  allo  infimo  :ifcce  refijìenz(t 
d  g^Vincanti  della  uenejica  Circe  ypaj?ò  per  me zoSilU 
CT  Cariddhuenne  per  fortuna  di  mare  d  Calijo  con  Val» 
bero  della  naue;,  trouò  Eolo  re  de  uentiy  entròjcognojciu^ 
to  O*  ueflito  da  medico  in  Troia  ^  rubbò  il  PalladiOjetfi» 
n^ilmente  ritornato  nella  patria  y  ninfe  i  riualu  l^ .  Q^ie» 
(la  è  una  fttione  d' Homero  ^  ihpiale  mente  altro  per  lei 
din^flra . fi  non, che  l'huomo  trafcorrcndo per  molti uiti) ^ 
s^  dipoi  purgandofene  arriua  alla  ffeculationc,  ne  pen* 

fate. 


t)  E  L     T   A  E  G  I  Ò.  ,r 

fate^  ch'altro  dinoti  V^hjjlj^quando  per  Io  dono  da  A/er* 
curio  riceuuto  rejijle  d  qI  incantamenti  di  Circe  ;,  fé  non 
Vanima  hnmana  ^  cj^iiando  con  crii  bahiti  delle  uertih  ^  con 
Vaiato  della  rcigione  d  lei  da  Iddio  conceduta  :>Jì  da  altct 
contemplazione  in  maniera  ,  che  più  nonjente  le  perturba» 
tioni  dell  animo. VeròM  mio  dolce  "Partenio^uorrei^che  ad 
imttatione  dP^lijje  Hogq^imai  domajlc  j,^  fggiogajic 
gliijfptti  dell  animo  ;,  accioche  in  libera;,  &  tranquilla  pa^ 
ce  ui  pojstate  dare  alla  contemplatione,    P,  Et  io  ;,  ti  mio 
doictJ?mo  F^itaurO:,uorret:iChe  hormai  vi  rijolue/ìe  di  la» 
Jciare  ([nefle  uojlre  mule  in  T^amajo^et  di  ritornamene  ad 
kabitar  alle  cittadi  :>  lequalifon  jatte  per  albergo :,commo^ 
ditd^^  comercio  degli  huomint  ^  C^JonO:,  come  fchole  di 
buone  creanze  ^  honoratejcienze  ^  C^  lodevoli  uertiì  ^  c^ui» 
uijìortjcono  tutte  le  arti ,  CT'  lanimo  duro  ZD^filuejlre  de» 
fojla  ogni  rujlicana  afj)rezza  p  di  ciuile  delicatezza  fi  ri» 
ve/ìe*y^per  dir  breue  le  cittdfonjatte per  g^li  huominhO^ 
le  uille  per  le  bejhe,    T^ .  V^'oi  mi  dipingete  la  città  per 
un  VaraJtfo  terrefìre:>C9'  pur  in  quel  loco  aprico^  Ò"  ri» 
fieno  di  tutte  le  delitie  ^  che  dal  grand f?imo  Iddio  fii  dfi» 
gnato  al  noftro  primo  padre  per  habitationefua^non  uent 
alcuna  di  quelle  uoflre  Jiuorite  cittd  \  Icquah  nonfarebbo^ 
fio  elle  fate  giamai  fondate  yfe  nonfjp  crefciuta  la  mali^ 
tia  degli  huomim  V  entrata  lufperbia^C^  nata  lauaritia*^ 

B    Ili        ^chel 


i^       L    A     V  I  L  L  A,   D  I  A; 

CT"  chelfia  nero  lo  dica  lattar o  ^  crudele  ^  CT"  maluitgio 

Cain  Jigliuolo  di  indarno  ^  iLjualc  fii  ti  primiero  ^  che 

edijicajje  città  con  mura  in  Oriente  ^^  nominolla  Enoch 

dafuofìgliHolo^che  cofi  chiamaiiajìynjzce  habitare  dogni 
forte  dt  fcelerati.    Onde  fé  mai  non  jofero  fate  edificate 

ne  citta  y  ne  caflella  ,  gli  httomini  uiuendo  alla  campagna 

con  fomma  concordia  ^  C^  trancpiillità  d  animo  pajjerieno 

gVatini  nella  maniera  ,  cheficeuano  le  antiche  ^enti  ndf» 

colo  deWoro  ;,  nel  iettale  (  come  dice  Ottidio^ 
LfL^  F  E  DE  ^ela  bontà  candida  eptira 

L^lbergaitano  allhor  in  ogni  petto ;> 

]S/on  ti  era  error  ^  ne  pena  ^  ne  paura  ^ 

JVe  defio^  nejperanza  p  neffpetto  j 

iS/on  legge  ancor  ^  ne  digtudicio  cura  t 

JMa  tutti  hauendo  il  cuorfincero  e  netto  p 

S ecuri  da  Vo^efe  p  e  dagl'inganni 

V\ueano  quieti^  e  ripofatigli  annì^ 
jSJon  era  ancor  dal  fio  natio  terreno 

Tagliato  in  cima  àgli  alti  monti  il  Vino  5 

Con  che  poi  Ihuomo  d'auaritia  pieno 

Cercò,  del  mondo  ogni  lontan  confino  5 

l^  a  contento  goder  Ci  il  bel  freno 

'Del  patrio  del  ^fnz'ejje  r  peregrino  ^ 

^ojjcdca  con  la  moglie  il  proprio fto  ; 

2>7econofceua. 


DEL     T  A  E  G  I  0»  17 

iViJ  conojcetia  altro  paeje  ^  6  lito^ 
Is/on  erari  cinte  k  citta  d'intorno 

JDigrojJe  mura  >  e  di  projondejojp,  t 

J^on  era  tromba  ;>  6  beìlicojo  corno  ^ 

Che  ifreddi  cuori  d  Varme  accender  pojja^ 

JS/onfJ-iade  ^  onde  ha  ueduto  ^  e  uede  d giorno 

SpeJJo  di  fanone  human  la  terra  rojja  5 

Islon  usberghi  ;>  non  elmi  o  e  maglie  p  e  feudi  J 

I^on  petti  cofi  iniilui  ^  e  co  fi  erudii 
Senza  ejjer  rotto  ;,  e  lacerato  tutto 

T)al  P^omero  y  dal  raflro  p  e  dal  bidente  p 

Ognifoaue  ^  e  delicato Jrutto 

TDaua  d  grato  terren  Uberamente  5 

Et  (puah  e^li  nenia  da  luiprodutto 

Se  lo  gode  a  la  Jortunata  gente  ^ 

Che  fjirecriando  condir  le  lor  uiuandè 

Mangiauan  come  ^  e  more  ^  ejraghe  p  e  ghiande^ 
Febojemprepiu  lieto  iljùo  maggio 

Facea  girando  lafupernaffira  ^ 

M  conjicondo  p  e  temperato  raggio 

Recaua  al  mondo  eterna  "Primauera  ^ 

Zefiro  ijior  di^prilc  ^  e  ijior  di  Maggio 

JSfutria  con  aura  tepida  p  e  leggiera  , 

Stillaua  il  mei  da  gli  clcipC  4^  gli  Oliui 

Correan 


rg        LA     V  I  L  L  A,    D  I  A. 

Correan  nettare  ^  e  latte  ^  e  fiumi  ^  e  riuU 
Ojortuftata  età  pfhlice  gente  ;, 
Che  ti  trouaSh  in  coji  nobili  anni;, 
C  halle  fìi  ti  corpo  libero^  e  la  mente;, 
Qjwfla  da  reipenfìer^  ([tiel  da  tiranni^ 
JDotie  era  almenficuro  Vinnocente 
TDagli  odìjy  dalle  inuidie^  e  dagVinganni  5 
3eato  neramente Jècol  d'oro  y 
JDone  fenx^  alcun  mal  tutti  i  ben  foro. 

"P.  qiiefla  iio/lra  etd  delloro  d  me  pare^chejojp  tetd 
della  poltroneria;>^  ignoranza*-)  O'  jìtmo^  che  tanto  obli' 
gato  non  fieno  gli  armenti  d  ipafcoli  ^  l  herbe  alle  piog^ 
cie:>et  le  pecchie  al  timo^^uantofiiamo  noi  mortali  alla  //e« 
cefittdjO*  alla  fina  fidinola  indijlria.  Onde  nacc^ue  la  beh 
la  arte  del  nauigare^  s'imparò  d  menar  le  mercatantie  fin 
da  le  parti  dlndia  ;,  procedette  lauo/lra  fiuorita  arte 
dellL^gricoltura  ^  uenne  il  bel  artificio  della  lana:,deri» 
fio  la  necejjària  arte  delledficare  \,  quindi :,qtiafii  in  un  par» 
tOp  nacquero  alle  nojlre  republiche  tutte  quante  le  arti  me^ 
canice  :>  quindi  nacquero  le  liberali  ;,  quindi  le  leggi  ^  quin^ 
di  i  co  fiumi  :>  quindi  la  libertà  della  tiita  ♦  CT  quindi  finaU 
mente  p  come  riuo  dafiòntederiuò  tutto  Vhonore  ^  ^  luti» 
le  della  uita  bimana  ^  il  perche  noifiiamo  tenuti  d'un  lega» 
me  di  perpetuo  obligo  d  Gioue  ^  il  quale  non  filf^^fi^  ^^^ 

gli 


DEL     TAEGIO  19 

gh  huomini  del  fecola fuo  uiuejpro  ociofamentCp  V  in  con^ 
tittoua  notte  d'ignoranza^  il  che  mojiró  V^ergilio  in  ^tieU 
le  parole^ 
ESSO  padre  del  del  ejjer  non  uollc 
Del  coltiuar  la  uia/acile^  ei  primo 
IPer  arte  mojje  i  campi;,  d  Vafpra  cote 
De  le  curejollecite  i  mortali 
Cuori  aguzzando;,  nèjoj^erfe  ijuoi 
R  egni  uia  trappajjarc  e  pigri  e  tardi. 
Innanzi  Gioue  nulla  agricoltore 
Conjlrigneua  le  terre  d  dar  lor frutti  \ 
JN^e  lecito  era  dipartir  i  campix 
F^iueuajiin  commune,^  et  ejja  terra 
Senza  alcun  Cerne  produceajuoi  parti; 
E  (empre  pronta Jènz  altrui  richiejla 
"Porgea  con  larga  mano  il  uitto  d  tutti^ 
Egli  7  crudo  uelen  diede  d  ifer penti  5 
Commijè  d  i  lupi  andar  predando  ;  e  al  mare 
Gonfiar ji;,  QT  agitato  ejJer  da  uenti^ 
S  coffe  giù  da  le  foglie  7  mele  ;  e  'Ifoco 
Tolfe  d  mortali  ^  e  poi  di  mano  in  mano 
Ritenne  ifumi  ;,  che  correan  di  uino  ^ 
Solo  perche  penfandotufo  humano 
Viarie  arti  partorijje  ;  e  del  far  mento 

F       Uherba 


■jo       LA     V  I  L  L  A,   D  I  A, 

'Zj'herba  cercando  per  It falchi  andajjct 
X)e  le  felci  e  trahejje  il  foco  fuor  e. 
s^lhorfentiro  i fiumi  i  canati  alni  : 
i^lbor  conobbe  ti  numer  de  lejlelk 
Il  buon  nocchier  ^  e  die  lor  prima  il  nome 
Tleide  ([liefle  chiamando  ^  Mtade  Quelle  *> 
t^rtho  e  di  Licaon  più  chiara  prole  * 
^^Tbor  per  prender  ^uefia  e  quella  fera 
Fur  prima  ritrouaù  lacci  ^  e  uijco 
'Per  ingannar  ifemplicetti  augelli  : 
£  Icgranfelue  circondar  coreani, 
Qn^gli  col  giacchio  'Ifume  alto  percuote 
Quefli  tragge  per  mar  gli  humidi  lini  : 
K^  llhor  fi  ritrouato  il  duro  ferro  ^ 
E  la  (tridente  lama  de  lafega  j 
Che  pria  s fender  folean  con  z^pe  il  legno, 
V^enner  arti  diuerfe ,  l^ince  Y  tutto 
Uafpr  a  fatica  :,ela  neccjftade;, 
Chefiol  ne  caCi  auuerft  altrui  premendo  , 
Spejfo  dtjlargli  addormentati  ingegni. 

Bt  in  oltre ui  dico  p che  qiiegli kuomini  ^  chefttrouaro^ 
no  nella  prima  età  di  Saturno  non  fi  poteuano  neramente 
chiamar  f  liei  t  per  che  non  gujlauano  :,  ne  conofceuano  la 
lor  felicità;,  per  non  hauer  alcuna  conojcenz^  del  male,  fa» 

petc 


D  E  L     T  A  E  G  I  O.  '       u 

petehefi^che  la  fatica  rende  qt  cito  il  ripojo  ^  lajetefa  pa^ 
rerefaporitc  lac^ue  ^  C^*  chel  ctbofigujìa  per  la  fame, 

T^ ,  per  tutto  qticjlo^uoi  non  prouate^che  le  Città  non 
habbiano  hauuto  origine  dalla  malitia  degli  huowinij  eguali 
fejojero  uijfuti^  comejìfcea  nelfecolo:,non  che  di^Satur^ 
nO;,  ma  di  Gioue^nel  quale  nacque  lindiiflriapcbe  dite;>cer» 
tamente:^che  non farebbono  (late  necejjarie  le  citta  per  fai ^ 
uezz^  della  uita^ddrhonore:,et  delle foflanze  no/lre^per» 
che  niitendo  del  nojlro  [udore  ficuri  Jaremmo flati  nelle  ca» 
panne  d'alberij^O"  di  falche  intejjutuma  poi  che  gli  huomi* 
nifi  diedero  alle  armi  CT  diuennero  fodoletti^  et  malttio^ 
fi;,  mutandofi  lorO;>  CT  argento  in  rame  O^firro  ^f irono 
trovate  le  citta ;>  C^  come  dice  Ouidto« 

ì^4^  UHO  R  nel  mondo  d  larga  fchiera  entrar o 
I  uitij  tutti  abominofi  e  rei  : 
'Dhonefldpfde^  e  ueritd  lafciaro 
'Priua  la  terra;,  e  fé  n  andar  fa  i  Dei  : 
La  ucr gogna  figgi  :,  figgi  di  paro 
I  buon  co  fiumi  :  ne  contar  potrei 
Le  faudi  p  che  tii  uennero;,  e  gì  inganni  ^ 
Empiendo  tutto  di  perpetui  a  f anni. 

Col  firro  adunque  il  cieco  mondo  infetta^ 
Si  f  per  tutto  d  le  rapine  uia  : 
Merce  di  quella  ingorda  ^  e  maladetta 

F     ti        Sete 


xt       L   A     V  I  L  L  A,    D  I  A 

Sete  d'haucr  imperio  e  Jtgnoria 
La  terra:,  che  dal  mar  gli  era  interdetta  ^ 
T^ago  di  c^uel  ^  che  io  fio  figge  uia 
Cercò  l  aliar o  a  picciol  legno  drentot, 
Che  ancor  non  conojcea  Jlella  ne  nento,. 

S  cojl  prilli  gli  alberi  di  fiondi  j 
JL  pojcia  fitti  mondi  e  ficchi  legni 
In  tiarie  firme  furpofli  neVonde^^ 
JEfilcar  di  Nettungli  Immidi  re(^ni\ 
O  per  condur  da  le  più  ricche  Jponde 
Lauori  e  merci  dartificij  degni  ^ 
E  gemme  CJ*  oro  e  predo  fi  odori  ; 
O  per  torre  ad  altrui  [lati  e  thefiri^ 

Onde  la  terra  pch^era  d ognintorno 

Ugualmente  comune  d  cjuello^ed  (jtteflo\ 
Si  come  é  d  tutti  noi  la  luce  e'I giorno^ 
Fu  poi  diuija  e  terminata  pre/ìo^ 
E  tal  fin  già  di  real  pompe  adorno  ^ 
\^  lontani  e  d  uicin  grane  e  mole  fio  , 
T'alp onero  e  mendico  hebbe  fipoco^ 
Che  dpena  dfipellir  gli  re  fio  loco^ 

l>7e  filper  fioflentar  queilo  terreno 
'Pefi-^  eh'  d  morte  uà  per  uariejlrade  ♦, 
i^l  caldo  ;,  al  gelo  p  al  torbido  p  alfereno 


Valla 


DEL     TAEGIO. 

JDalU  terra  cercò  Infate  biade 

Lf'tuomo  p  ma  dentro  al  Jiio  profindojeno 

'Permontiyeperfolinghe  ajpre  contrada 

h'oro  cauò  ^  cKal  maggior  fondo  interno 

Sepellito  giacea  prejjo  d  Vinjirno^ 
bratto  fi  lorO;,  CT  tratto  il  ferro  poi 

7Da  la  ejecrabil  cura  de  mortali  ; 

L^mbi  nocini  al  mondo  p  &  ambedoi 

Sola  cagion  di  tutti  i  noflri  mali*y 

IDa  c^ueflt  bebber  V origine  fi  a  noi 

Le  guerre  al  cor  fio  human  graui  e  mortati  : 

Que/ìi lor  danno  firz<t  -  ma  di  loro 

'Ptu  noce  al  mondo  e  più  dannojo  i  toro^ 
Di  ^ui  per  terminar  Ihumano  efiglio 

T^iujpedtto  camin  trono  la  morte  ; 

T^redan  l'altrui  co'l  finguinojo  artiglio 

Ubar  pie  ^  clnficir  da  le  tartaree  porte. 

/^on  è  Ipatrefiicur  dal  proprio  figlio  ^ 

Il  marito  non  è  da  la  confirte  ♦ 

Sono  ijoceri  d  generi  rubellt  5 

E  di  raro  e  concordia  tra  fiatelli  ♦ 
iVe  Vetd  uie  più  bella  e  più  fiorita  , 

Quando  Vi^prd  de  gli  anni  è  più  ridente^ 

La  matrigna  crudd  toghe  di  vita 

^       F  Hi     Jlfigliallro 


.♦      L  AVI  L  L  A.   DIA/ 

Il  figliailro  mefchino  O"  innocente  ^ 
'Per  quefli?  laginfJitia  sbigottita 
Fuggendoti  mondo  y  e  la  profana  gente  ^ 
Onde  dtjcejèpria  ^  ritornò  in  cielo  ^ 
TDi  lei  c^ui  non  lajciando  orma  ne  uelo^ 

Di  maniera^  il  mio  Dolce  Partenio  ^  che  felici  fa^ 
rcm^nojlatt  :>fe  mai  non Jojje  nata  Voccafione  dt  edificar 
fortezze;,  ne  cittd\  le  quali  Q  algindicio  di  S olone  )  nonfo» 
no  altro  che  ricetti  delle  mifarie  Immane.  V.  In  che  modo 
di^Je  qiieflo  S olone  ^  /^^  J^^^eggiendo  S olone  uno  de. 
fuoi  amici grauemente  attri/larji  ^  loprejè  per  mano  ^  O* 
conduttolo  in  cima  della  Rocca  di-s^^thene  ;>  lo  pregò, 
che  guardaf?e  tutti  i  cafamenti^  ch'erano  dattorno^yCT'  poij 
ch'egli  Vhebbefitto^  difje  5  penfa  hora  tcco  medejimo  ([uan/ 
ti  affiinni:^  mijèrie;,  O*  infihcitd  per  Vadietro  fojjero^  hog;* 
gi fieno,  0"per  lauenir faranno  fotto  quejli  tetti,  CT  la/ 
fcia  horamai  di  piangere  gVincommodi  communi,  come  tuoi 
proprijST  al  che  con  i-lueflanuoua  maniera  di  coflationc 
uuolle  dimojlrare  il prudentif?imo greco ;,che  le  citta  erano 
alberghi  mifer abili  delle  affltttioni  degli  huomini.  E  in 
nero  pochi,  CT  per  auentura^  niunifono  qiie  cittadini,  d  cui 
gli  animi  non  fieno  incpnieti  ^  CT  trauagliati ,  ò  d'ambitio/ 
ne,  oda  inuidia  ,  ò  da  (Quella  ingorda  ,  ^  efecrabilefete. 
di  hauere  ^  Cr  usurpar  Valtrui^da  le  (^uaU  trepeflilenz^ 

dellanimo 


DEL     T  A  E  G  I  O.  t^ 

deiranimo  lotitavh  fi  ne  trottano  i  firtunati  agricoltori  ^ 
cui  già  mai  non  moJ?e;>come  afferma  F^'crgiho. 
D  /    V^^  N  O     Honor 

JDeJìr  alcun  ;,  non  porpore  regali  j 
JNon  la  discordia  inicpia  ^che  jouentc 
Uun frate  dX altro  fuol  render  nemico^y 
IVon  Daco  ;,  d  Scitha;,  che  da  Vl^ro  altero 
K^  i  noUri  danni  congiurato  fcenda  : 
JSlonlecoJe  Romane  p  non  di  regni 
Alutationi  p  6  roine  ^  ejfo  non  mai 
O' dela  pouertd  trifìa  ji  duole ^ 
O  porta  inuidta  a  le  ricchezze  altruK 
EJJo  c^ue  frutti  p  che  porgono  i  rami , 
E  di  fua  uoluntd  propria  la  terra 
Coglie  y  e  di  cpueifipafce  ^  ei  mai  non  vide  p 
I^e  conobbe  già  mai  le  dure  leggi 
La  pazza  corte ^  6  ipublichi  cancelli^ 
Sollecitano  alcuni  i  ciechi  mari 
Co  remi  ^  CT  altri  da  furor  fojpinti 
Corron  precipitojamente  d  larme^ 
'Penetran  quefii  le  regali  jale  5 
l[^ongon  (pielli  d  ruina^  djacco  in  preda 
Qjie/ìa  e  quella  cittd^  quefìo  e  quel  regno  ^ 
Sol  per  poter  ne  le  dorate  tazz^ 

Trarji 


u     E  A     V  I  L  L  A.  D  I  a: 

'jTrarJlIajete  •)  e  per  dormire  in  ojlro^ 
Sotterra  ajconde  altri  ltheJòrO;,eJopra 
QjjieU  che  toltogli  fia  temendo giace^ 
Stuptfce  orando  quei  ne  rofìrij  c[ue^h 
JDal  doppio  plaujo  ne  tbeatri  è  prejo 
De  i  ^raiii  Senator  ^  dtl  popol  lieue* 
Godon  dcljangue  de  fratelli  fj)drfi\ 
E  con  amaro    ejilio  le  lor  dolci 
"Proprie  cafe  cangiando^  un'altra  patria  , 
Sottanco  un  altro  Sol  ^  cercando  uanno^ 
Muoue  laqricohor  col  curuo  aratro 
Ls  terra  ognanno^jìta  dolce  Jitica, 
Qjnnci  la  patria  ^  e  i  pargoli  nepoti, 
Qjiincijojlien  gli  armenti  :>  e  l^fi^gf^^g^^ 
iS/e  mai  sarrejlaj,  6  poja  infin  ;,  che  Vanno 
Fertile  non  li  renda  frutti  in  copia  ♦, 
O  de  le  pecorelle  i  parti  ^  ò  ch'empia 
JDi  biade  ijolchi  prima  ^  e  i granar  poL 
T^ienjene  Y  uerno  :>ji^i  loglio  ;,  e  i porci 
Riedon  ^raj?i  di  ghiande  p  dan  lejelue 
Seluaggi  frutti  :,  ©"  nari  parti  *^'utunno 
]Sìe  colli  aprici  fi  matura  luua^ 
^endon  in  tanto  i  cari  figli  intorno 
\^  dolci  bafci  de  parenti  loro:, 

La  calla 


DEL     TAEGIO.  27 

IjU  cafla  cafa  pudtcitiajèrua , 

l^icn  di  latte  le  mamme  han  legiouenche  p 

Sin  d  terra  pendenti  ^  urtan  Vun  V altro 

I^e  uerdi  prati  con  le  corna Jpejjo  y 

Scherzando  infieme  i  teneri  capretti 4> 

Ej^i  le  felle Ju  per  Vherbafj^arjl 

Col  fuoco  in  mezzo  incoronan  le  tazz^  ^ 

Sacrificando  d  Bacco'y  cn  cima  àgli  olmi 

"Pongonfegno  ^  u  drizz^v  pojjangli  ilrali^ 

JSIefenza  premio  pa  fiori  ^  e  bifolchi 

Esercitano  ancor  nudi  d  la  lotta 

Le  forti  membra  ;,  e  lor  robufli  corpi  * 

Et  in  oltre  ui  dico  ^  che  lauita  riiHicana  è  molto  più 
nobile  della  ciiiile  Cje  nero  è;,  che  tanto  più  nobile  Jìa  una 
co  ftp  (J^uanto  é  più  antica  ^  percioche  nella  prima  etd  del 
mondo  gli  huomini  habitauano  alla  campagna;,  O"  Vagri^ 
coltura  trajje  Voriginefua  dal  no  flro  primo  parete;,  quan^ 
do  per  lajtia  difubidienza  fu  cacciato  da  i giardini  ueSìiti 
di  eterna  Trimauera  ;  il  diuin  'Platone  hebbe  d  dire  p  che 
la  più  utikpGT  più  dolce  cofa  di  tutte  Valtre  èduiuerfenc 
alla  mila.  Il  che  ejjendo  conofciuto  da  P^crgilio-y  lo  in» 
dujje  ad  ejclamare 
Fortunati  e  felici  agricoltori  ^ 
E  molto  più  filici  e  fortunati  ^ 

G        Se 


18       LAVILLA,    DIA* 

Se  ddtto  hauejje  lor  natura  j  ol  cielo 
T^oter  cottojcer  (guanto  defuoi  betti 
Lor  fi  tnojlrò  cortefe  e  qiiella  e  qiiello  ^ 
K^  cui  da  le  dtjcordi  armi  lotttatio  ^ 
La^ujla  terra  il  fidi  tatto  porge . 
Se  bett  tra  lor  le  caje  alle  eJJiperbe 
JSlotiJì  ttedort  Q^ettarfiorjìgrattdofida 
Di  c^ue;,  chafalntarj  &  riuerire 
La  mattina  ne  uanno  ilor  maggiori  ♦ 
/^e  bramano  agognando  le  gran  porte 
Ricche  di  molti  uarif  ^  e  bei  lauori  ; 
iVe  le  d'oro  uergatC;,  ^JJ^arJe gonne  5 
£t  di  Corintho  ipretiofi  uaji^ 
iVe  bianca  lana  uijirio  color  tinta  \ 
JSIe  con  la  cajjìajì  corrompe  Voglio  , 
JMaficuro  ripoji)  ^Jenza  inganno 
Semplice  uita  iuijiuiue  \  ricca 
Di  uarie  coje  ^  iui  non  mancan  mai 
Gli  ocljficuri  p  e  lej^eloncbe  prate, 

I  uiui  laghi  y  ijreddi  ombrojì  bojchi^ 

II  mugito  de  buoi  ;,  foaui  i fornii , 
Sott'alberijrondoji  d  laura  ejliua^ 
JS/onfelue  e  grotte  ;,  non  ampie  campagne 
i^iftte  d  le  caccie  di  diucrje fiere 


um 


DEL     TAEQIO  19 

Funi  la  giouetttù gagliarda^  auezza 
i^  Miutr  parcamente  d  le  fatiche  j 
HeUgiofa  la  uecchiaia^  e  patita. 

Della  medefima  opinione  mofìrod'ejjer  Horatio^ 
([uando  dijje 

^  ^  ^^  r  O  chi  lontan  da  lefacende  ,  jv^^m^  '"^^^/^.^-^-^ 
Senza  debito  alcun  (lalìi  d  la  lutila  \   ''^^^-^^l^  .y::^^^^ 

•n    n  X,  ,  *     ^  /r^^n^  /vo^^rxL  o-^yp^^>^^ 

ntji  comepcea  la  gente  antica  .j^Ur}^^^Ì^^^^ 

Co  bouifiioi  coìtiua  i  propri  campi  y  "^'^"^^JxS'^T^ 
Ne  fentemaiVhorribil  firn  di  tromba,  t^"  '""""'^'^ife,. 
l\e  teme l  alto  mar^ quando  s adira  .      p      \M^-^ -r^, cuu^ 


t  ugg,  l  r ornar  del  conietttiofofiro  >     ^.,  ^^^^  .^.^^^^ 
Ut  bfiperùe  cafe  de  potenti .  ,  ^tJ'r/lS^^ 

i^dundue^  6  ch'ei  conaionae  con  ipopoli       .  ^      i 

L/a  ere  ciuta  propacrin  de  le  uttt^  ^  ^  ^^.«xWc^^,.^^ 

O  che  igiouenchm  (pialche  chiufa  ualk    ^^^T^^^^cS^}^ 
P^a  riguardando  con  IWrantegregge^'^^'^^^^^^^^'^ 
Ouer  che  inneja  lefeluaggie  piante,        ^^J^f^r2CÌ7'i 
O  ne  i  politi  uà  fi  il  mei  ripone  ^  """^  '^Z^^'^-XÌt^^ 

O  le  pecore  tonda  humili  e  inferme  ,         '''^^^'^^C^^Hr'' 


Ouer  quando  ne  campi  i^utonno  innalza ^^^y:^^^::^ 
Il  capo  ornato  di  mature  mele  r^^^-  ^^^^£w^ 

ode jpiccando gì innejtatiperi  ;  ^^^^.'^^^  ù:u:rr ^i^ 

Et  luua^  che  contende  con  la  porpora, 

G    a 


?o       LA     VILLA,    DIA. 

Con  che  Vriapo  d  te  fi  fanno  i  doni , 
£  d  te  Siliian  padre:,  e  tutor  de  campi . 

Idor  gli  piace  dijlarfenfottim  Elee ^  /j^i^r^^  <^  u.  '--^^/^^ 

l-ìor  di  giacer  ne  qratimnofi  prati ^  /-w^-6.  ^.  /^,^ccV<*^/.-. 
L^adonfra  tanto  da  le  balze  iacdue^       ^         y^y^'''  'J^^'^a 

St  lamentan  ali  uccelli  per  le  (elue^  .^^wfe^w^  ^^^j  cr^(f^1.,j^ 

jP^'^«  mormorando  gli  correnti  ionti  ^'^-^^^  ^--^^^  ---^r>w^^.,^ 
J mutando  ciaìcuno  d  dolci  fonni  %  ^  ,  [óy^^^^-^  -y^^y 

£q-/ì  co/  molto  numero  de  cani  .  L^*^<^  ^  .-.^^^^^  ''7'"^ 

J.  porci  caccia  ne  le  reti  te kj  <^-^  <c^^xx/jl.  ^^  .r^^^r^^/^j:^ 

Ouer.chaitordiuatendendoinfidie,   7Cll.r:ZÌ::t^      i 
£:  pre  J^/  de  la  timida  lepre,  J^^ZXTZ;^^ 

E  la  gru  peregrina  in  laccio  accoglie  ;  ^'^Ji"^  '.^Z^ÌTZjì^^  ' 
Chi  duncluefa  colui;,  che  in  ([uè  Zìe  gioie  ^"^^  ^^Cl^^w^'^  * 
JNonfgombri  da  la  mente  ipenfer  tri/li  ? 

Et  perche  égiuslop  che  da  i  nobili  huominé^  efcr  citate 
fieno  le  nobili  cofe :,gV Imperatori  Romanici potcntif^i^^i 
He,  e  ijamofi  Capitani,  non  fi  sdegnarono  di  Umor  are 
i  campi:,inmjlare  gli  alberi,  et  tagliar  con  la  falce  i  ranui» 
felli  inutili  :  Etf  di  ciò  dubitate  ,  domandatene  d  Diodi/ 
tianoy  che  depo/ìo  Vlmperio  fi  diede  aWagricolturaf  Di/ 
calo  K^ttolo,  che  lufciato  il  gouerno  del  Re^no  fice  il 
mcdefimof fide  nejaccia  Manto  Curio  Dètato,  che  dopo 

le  uittoric 


ì 


5» 


DELTAEGIO. 

le  uìtioric  hauute  cotta  di  Virro  con  tutte  lejvrze  del  cor 
pò  et  ddVanimo  s  applicò  al  lauorard [olito  juo  terreno^ 
che  diremo  noi  di  M.^^ttilio  Serrano:,  CT  di  Cincinna/ 
to huomini eccellenttj?imi:, i quali  da i campi;,  C3" dallara/ 
tr 0 furono  chiamati  a  i  maggiori;,  O" più  honorati  JNta/ 
gi/lrati;,  Et  poi  uoluntariamente  depoflij,  ritornauano  al 
coltiuar  le  proprie  terre;,  CT  pojjeftoni  loro  ?  non  dobbia^ 
mo  metter  nel  numero  di  qtiefti  Mario  B.eguloj  ilquah 
curò  più  di  tornar  algouerno  delfuo  terreno^  che  dijìare 
in  L^Jjrica  Capitano  generale  degli  ejfercitiì  che  diraj?i 
di  L^  tttlio  Colatino;,  che  per  la  uertufua  dalVaratro^  et 
dalla  zappa Ju fitto  il  primo  huomo  di  Romat^  Della  qual 
coja  nejàcea  poco  contot^  percioch'egli  era  più  vago  della* 
gricoltura;>che  della  DittaturaìDoue  lafciamo  noi  il  gran 
Scipione  x^ffricano^  ilpale  molte  uoltefe  n  andava  in  uil 
la  à  traflullarfi  con  V agricoltura  ì  con  quai  parole  loderà 
io  la  indugia  CT  ddigenza  di  Seneca;,  il  quale  difua  ma/ 
no  piantò  de  i  platani;,  cauò  uiuai;,  O"  condufje  acque?  ver/ 
gogna  del  pr  ef ente  [ecolo  ;,  che  quello,  che  Vanttco  d  hono» 
refi  reputò,  queflo  d  uituperio  iarreca^Da  quello  nobile 
ejjercitio  dell  agricoltura  uennero  i  cognomi  di  quelle  no» 
biltpmefimiglte  de  Fahij,  Lentuli;,  Tifoni,  CT  Ciceroni:^ 
^ fé  in  tanto  pregio  &honore  eraqucfa  arte  apprejjo 
de  gli  antichi^  che  nonfolamentehaueuanoper  cofa  hono'» 

G     Hi       rata 


,1      LA     V  I  L  L  A>  D  I  A. 

rata,  O*  magnijica  lojcriuere  Parte  delcoltiuare  i  campii 
come  fece  Hierone  ,  Epicarmo ,  '^^ttalo;,  Ftlometore, 
JDiodorOj,  c.yfrchela0j  Mago ,  Filone  ;,  i^riiìandroj 
Lifimaco^  Fiefiodo^  Marco  K^arrone;,  Columella;,  Ca 
tonej  l^ergiho;,  VliniOj  V tetro  CrcfcenzO;,  "Palladio^  et 
molti  altri  più  noni  di  cpiefliy  ma  eticidio  i  Vrencipi  uoìfero 
roper  col  raflro  le  dure  zolle  della  terra^  et  maneggiar 
VaratrO;,  la  jàlce^  la  marra;,  la  uag-d;,  il  nomerò ;,  i  carri;,  i 
triboli^  le  treggie:,gli  arpici:>  le  corbe:,  il  vaglio ^  C^  altri 
ruflicani  injlr amenti^  perche  douete  noi  dubitare  della  no/ 
biltd  dellagricolturaf  P*  ancora  che  noi  altamente  ragia» 
niate  dell'agricoltura;,  ^  che  tanti  illuflri  Contadini  hab» 
biano  con  le  inuittC;,  O'JiloJoJiche  mani^  con  le  cpiiali  con* 
feguirono  tante  uittorie^  CT  tanto JcrijJerO:>  gouernato  Va» 
ratro^  O*  élimulato  i  buoi  ^  nondimeno  ^uejla  arte  non  mi 
può  uenire  in  gratia^  considerando  lajaticojit  uita^  ^  h 
mi  ferie  degli  agricoltori^  d  cui  hor  la  temperagli  rouina 
i  campi;,  hor  qU  moiono  i  buoi  p  hor  ijoldati  gli  menano 
tiia  le  beflie  :  Onde  la  sbigottita  fimiglia  fé  ne  more  di  fi» 
me 3  et  i  mejchini  da  capo  ritornano  d  certa  Jadca  con  dub» 
bioja/j^eranza:,  et  q^ueflifono  i  vantaggi;,  cpiefli  i  comodi  j 
CT  ([uefe  le  fclicitd  de  contadini.  P^.  JVon  Japete^  che 
dalla  necij^itd  nafce  linduflria(come  pur  dianzi  ho  detto^ 
cy  chele  fitiche^  che  fo^rono gli  agricoltori  Vejlate  in 

campagna^ 


DELTAEGIO.  ^ 

campagna^  fono  cjudle^cbe glijattno guflar  Vocio  O"  ripom 
Co  del  uertto?  la  doue godono  non  altrimenti^  che  bedano  i 
ìiauiganti;,  (Quando  dopo  unfiticojo  uiaggio  allegri  fi  ridu^ 
cono  in  porto)  in  confr  mattone  della  ^ualcofa  dice  l^er^ 
gilio 

I  riLLWNl 

Rende  ociofi  il  pigro  inuerno;^  ond'eJ?i 
Uè  laci^uijiato  bcngodonfi  allegri  ; 
Fanno  d  vicenda  lor  conviti  infieme^ 
%^  ciòfir  lajlagionjredda glmita^ 
'Piti  de  piaceri^  e  del  ripofo  affair 
Che  del  difàgiO;,  e  de  travagli  amica  ^ 
horficendo  obliar  ognalira  cura^ 
Si  come  aVhor^chegid  toccaro  il  porto 
Sbattuti^  esanchi  i  legni^foglion  lieti 
I  navicanti  coronar  le  naui^ 

Dalla  fitica  ne  deriva  ancora  la  ^vieté  deiranimo;,  ep 
fendo  daWamhitione;,  dalVaiiaritia:,  O"  dallinvidia  rimoti^ 
ex  lontani  gli  agricoltori.  IP,  Fior  mai  io  non  vi  Co  più  ^ 
che  rif^ondere;,fe  non;,  che  Vagricoltvra  O*  vita  rurale  ut 
rejlan  debitrici  di  molto ;,  innalzando  voi  tanto^comejàte  le 
fue  lodtyfolui  ricordo;,  cheljoverchio  amore;,  che  portate 
alla  villa  ;,ui  fa  dir  co  fé  dal  nero  molto  lontave,  P^^ 
s^nzi  (jvelcho  detto  è  uero^come  fé  Jojfe  vfcito  dalle 

cor^ 


3+      LA     V  I  L  L  A,   D  I  A, 

cortine  di  Febo  ;  Et  tanto Jono  alti  i  meriti  di  ([uejla  non 
mai  d  bajlanza  lodata  arte  dell  agricoltura;,  CT  baffè  le 
Jvrz^  del  mio  debole  ingegno^  ch'io Jon  sfirzato  d  dire  in^ 
fieme  conV^ergilio 

p7  O  N  abbracciar  defio  co  uerjì  miei 

\     Il  tuttOp  ne  potrei  uolend'ancora^ 

\     Che  cento  lingue  hauej^i  e  cento  bocche^ 
Con  le  noci  d'acciar  fonanti  efirti. 

"P,  Io  mi  dubito  p  che  uoi  non  habbiate  tolto  d  confettai 
re  un  flerco)  uoi  nonfirete  maij  che  Vejjercitio  di  lauorar 
la  terra  nonfia  uile*^^  mi  rido  di  ([uegl  Imperatori;,  Re;, 
Cr  nobilipmi  Cauallieri^  che  con  cpaelle  i^ìejje  mani;,  con 
le  (piali  combattendo  lanciauano  dardi;,  Cr  conjèguiuano 
tante  honorate  vittorie j^  z^pp^  :>f^^ci;,  CT  aratri  adopera^» 
feroy  et  /limulajfero  i  buoi;,  cofe(cK al  parer  de  Saui)pon^ 
to  nonflconuengono  ad  animo  nobde  O"  generofot^  Cr  di 
pocogiudicio  mi  paiono  cptelli^  che  prepongono  Vagricol/ 

■      tura  alle  arti  liberali^  ancora^  che gV Imperatori  antica^ 

I  mente  rhauejjèro  in  tanto  pre^io'y  circa  alla  qual  cofa  udì» 
te  ciò;,  che  ne  dice  il  Petrarca  in  perfona  della  ragione;^ 
doue  tratta  de  rimedi  deWuna;,  e  Valtrafirtuna. 

\HO  Rs^^  io  ritorno  allarte  deWagricoltura^la  cpiah 

\     ejjendo  operata  da  grandi  huominij  CT'  da  grand  ingegni 
fu gid  in  pregio^  nella  (piale p  come  in  molte  altre  cofe  il 

primo 


DEL     T   A  E  G  I  O.  ?r 

primo  loco  tiene  Catone  Cenjorino;,  di  cui  j  bkhejiajcrit» 
io  con  ueritd;,  ch'egli  foifè  ottimo  Senatore^  ottimo  Orato^ 
re^  O^  ottimo  Capitano :,Jìnalmcnte  alla  moltitudine  delle 
fue  lodi  fu  agg^ionto  agricoltore  al  jiio  tempo,^fenza  emolo 
C^fènza  ejjempio.  Chi  fi  uergognerebbe  adun.pic  lauorar 
la  terra  con  Catone  ^  Chi  fi  penferebbe:,  che  ffe  brutto 
quello :,  ch'egli  fi  imagmò  bellifimo;,  haucndo  e^li  oltre  h 
iiertà  del  corpo  '^  dcllanimo:,  CT  la  gloria  delle  imprefc 
fatte,  triofto  della  Spagna  ì  Chi  fi  uergognerebbe  di  fh^ 
mulare^  CT  ammonire  i  buoiyi  quali  drizz^ua  quella  uoce^ 
che  haueua  accefi  tanti  ejferciti  alla  guerra:»  C^^  che  hauea 
elegatifimametejnodate  mille  dubbio je  caufeìChi  haureb<^ 
be  in  odio  O^  Varatro  el  rafìro  y  ejjendo  Jìati  tocchi  da 
quella  dotta  O"  uittoriofa  manO;,  la  quale  haueua  riportate 
tante  uittorie  de  fuoi  inimici:,  CT  haueua  fritto  tanti  ottimi 
libri  appartenni  allafloffa^  alla  hifioria;,  6  allufo  deU 
la  uita\  come  fon  quelli:,  ch'egli frife  di  colui,  che  noi  bora 
ragionamo  ^  ^^pprefo  di  noi  egli  primo  diede  i precetti 
del  coltiuar  la  terra,  ^T  gli  mfe  m  fritto,  il  quale  fii  poi 
feguitato  da  molti,  de  quali  certi  inalzarono  quellhumile  et 
bafo  ejjercitio,  con  nobilfimi,  ZfT^altifimi  uerf)  de  quali 
ricordandomi,  CT  con  quelli  della  necefitd  della  natU" 
ra  humana  non  biafimò  Vag^ricoltura.  JSfientedimeno  non 
fa^  che  6  la  chiarezza  de  gli  fcrittori^  6  la  paura  della 

l'i      pouertd 


3^       LA     VILLA,    DIA. 

foiicrtd  mi  sforzi  d  dire :,ch^  ([liejla  debba  ejjer  prepofla 
alle  arti  liberali^  ne  anco  farla  loro  uguale  ^  benché  quegli 
hnomini  fojero  infieme  CT  illuHri  Imperatori ,  CT  buoni 
agricoltori  '^  perche  per  amor  del  tempo  la  coja  è  mutata^, 
ne  ancora  gl'ingegni  nofìrifono  b^Jleuoli  d  tate  uarie  ope<» 
rationi^per  ejjer  la  natura  diuentata  menfirte  ^  <C^  in  que» 
/Il  tempi  no  permette  dgli  huominidi  qualche  ingegno  at/ 
tendere  ali  agricoltura;,  come  d  principale  arte  *y  ma  ben 
per  fuggir  lodo  p  et  per  un  certofgrauamento  dipenjìeri^ 
C?*  lajciogli  qualche  uolta  annejlar  i  teneri  rami  in  fu 
legiouani  gemme ,  C^  tagliar  le  inutili  foglie  con  la  falce  ^ 
CT  piantar  igiouani  tralci  nelle  cauatejvjjiy  perche  elleno  ' 
facciano  fitto  :,  O"  uolger  i  riui  d  gli  affettati  prati  *y  ma 
arare  ^  CT  zappare  pertinacemente  o  C9"  uolqerfi  tutto  d 
queflojludio  Cfgtd  la  neccfitd  non  ne  sfrza)  non  è  con^ 
veniente  ad  animo  tarile  O"  dotto ^  non  potendoqli  d  fatica 
mancar  più  nobile  efjercitio\  la  madre  natura;,  quando  ella 
diede  larte  dgli  huominij^fcegltngegni  diuerfi  ^  accioche 
ognuno  defe  opera  d  quello  d  che  egli  era  più  atto.  Et  uè» 
drai  qualch'unodi  mediocre  inge^noy  il  quale  tanto  mae^ 
Jlreuolmente  folcherd  i  marij  et  arerd  le  terre;,  che  lacu^ 
tezz^t  dellmgegno  diqual  fi  uoglia  flofof  non  gfi  potrà 
in  quejla  cofa  porgere  induflria  alcuna)  <fr  farebbe  cofa 
pazza  ^fiocca  cotenderc  non  nella  tua  arte\  ma  nellaU 

trui^ 


DEL     TAEGIO.  37 

trui, potendo  rimaner  vinto  in  cojafi  mIe;>eJJendoJiato  nelle 
arandtj?ime  uincitore.  p^ ^  Il  Vararci  ^ucfto  dijje  più 
per  dimojlratione  d'ingegnO;,  che  di  neritd:>  CT  noi  potete, 
dire  ciò  che  ui  piace  J  bajìa  che  igitifli  /limatori  delle  cojc 
confijjano;,  che  Vane  del  coltiuar  i  campi  è  molto  nobile, 
utile:,  CT*  necejjaria.  P.  Se  nero  è:,  che  una  coja  tanto  più 
nobile  fi  reputa;,  qiuito  ella  e  più  antica:,per  ejjerjlato  pri» 
ma  la  uita  rujlicana:,che  la  citale ^la  ragion  uojlra  haureb» 
becpualche colore \  pur  non jir eternai :>chel  uo/Irofiuo» 
rito  l^ergilio  nel  fuo  ruiìicano  poema  non  la  /limi  coJa 
da  per  Jone  tali ,  rozz^  ,  O*  di  pigro  ingegno  j>  c^tian^ 
do  dice 
S  E  fieddo  (angue  intorno  al  cor  mifiede  ,         ^ 
Si  ch'io  non  pojpt  intender  di  natura 
Q^e/h  (ì  belli  y  e  glorio  fi  ejfetti , 
Grate  mifìan  le  uille^  el  ueder  d'alti 
Monti  cadendo;,  andar  rigando  ijiumi , 
Con  grato  mormorar  Vherbofe  ualli  5 
Senz<^  gloria  amerò  lejelue  e  ijiumi  * 

Et  per  ejjèr  anco  iljoggetto  dell'agricoltura  la  terra^ 
la  quale  è  di  natura  fredda  CT  pigra;,  molto  per  lejùe  qua» 
htdfi  conforma  al  freddo  et  j^igro  ingegno  de  zottchi  con» 
tadmi,  P^^  Ver  que/lo  p^ergiho  non  intende :,che  Vartc 
del  coltiuar  e  i  campi  nonfia  nobile  ^  ma  uuol  Jlgntfcare, 

Id     ti       che 


38        LA     VILLA,    DIA. 

che  fe'lfuo  ingegno  non  fard  atto  alla  cognitione  delle  cofc 
naturali:,  clregli  fi  dard  allagricoltura  \  j^cr  ejfer  la  uifa 
degli  agricoltori  innocenti/Sima;,  CT*  priua  dognipertnr^ 
batione  :  ben  é  nero,  ch'egli  prepone  la  Fijica  alVarte  deU 
Vagricoltura  t  ma  tutto ^  ch'egli  dejìderi  la  cognitione  delle 
cofc  naturali;,  CT  chiami  filici  quegli  ^  d  cui  lalte  cagioni 
delle  cofe  non  fon  nafcojle*^  pur  apprejjò  allafilicitd  delji» 
lojofipone  quella  dcWagricoltore^  dicendo 
B   Q^J^  EGLI  ancora  firtunatO;,  d  quale 
Tutti  gli  agre/h  Dei  conobbe  y  come 
^an^  eluecchio  Siluano^  e  le  (or elle 
V^ezzofe  Nmfi  leggiadrette  e  cajle. 

2^.  Horpojlo;,  che  Vagricoltura  fi Je  arte  nobile  :,per^ 
che  la  chiamate  uoi  tanto  utile  &  neceffariaì  l^ ^  "Perche 
fia  tutte  le  arti  cojl  liberali^  come  mecanìche  niuna  uè  ne 
ha;,  cFd  mortali  apporti  più  digiouamentOp  6 fia  più  necef 
faria  ali  ufo  della  uita  loro.  P*  Qjiefla  ragione  non  uale 
per  effere  una  cofa  ifleffa  col  detto  ito/ìro.  T^ ^  Senza 
Vagiuto  di  cojlci;,  come  potrebbero  gli  artefici  continouare 
nelle  fitiche^  come  Voratore  per fuader ebbe y  11  poeta  imi« 
terebbe;,^  il  dialetico  difìinguefebbe  d  uero  dal  filfof 
come  letico  cojlumatamente  menerebbe  la  uita  >  liconomi» 
co  reggerebbe  la  famiglia;,  et  il  politico  gouerner  ebbe  le 
cofepubhchc  f  come  il  filofofi  naturale  con  felice  odo  uà/ 

chcrcbbe 


DEL     T  A  E  G  I  0.  59 

chrcbbe  intorno  alla  cognitione  di  quelle  cofcp  che  fono 

cojìfomerje  nella  materia;,  che  ne  trovare;,  ne  intendere 

jipojjonojenza  ejjagiamai  ?  come  il  M athematico  jilojo» 

farebbe  circa  allmtendtmento  di  quelle  coje^  che  Ce  ben  ri» 

trouare  nonjì  pojjonojenza  materia^  pur  colno^ìro  inteU 

letto  poJ?iamo  dalla  materia Jjiogliarh  et  intenderle  fenza 

qiiella^Et  finalmHe  come  jur ebbe  il  Metajijlco  ad  alzar» 

Jìcon  la  mente  alla  contemplatione  di  quelle  coje;,chefenz<t 

materia  (ono:,&jcnza  quella  intendere Ji pojjono  :> fé  dal 

tiigore  er  uertu  dell'agricoltura  i  corpi  non  uenejprojo^ 

Jlenuti?  M^  Terentio  F^arrone  dice  :>  che  nonjenza  cau» 

Ja  i  no^ìri  maggiori  dalla  città  d  i  campi  mandavano  ijiioi 

cittadini  \  per  Cloche  ne' tempi  di  pace  eglino  erano  panciuti 

da  i  ruflichi  Romani^  &  ne  tempi  di  guerra  da  loro  era* 

fio  difcjìjl  Platonico  MafimoTirio  con  molte  uiue  ra* 

gioni  :>  Z^  jirtij^imi  argomenti  proua  :>  che  alle  cittadijono 

più  utiligh  agricoltori;,  che  ijoldati.  Ciro  infegnaua  dfuoi 

Joldati  la  militia;,  O"  Varte  di  colmar  i  campi,  accio  chej^i 

con  quella  fi  potejjero  dtjindere,  C^  con  queJlafoflenerf\ 

Gelone  Tiranno  dell  fola  Focaia;,  dopo  chebbe  vinto  i 

Carthaginefi  mandò  ijoldati  di  Siracfa  d  lauorar  t  cam» 

fi,  ajjine,  che  con  la  fatica  Zf^  tj]  eremo f jàc  effe  ro  più  ro» 

bufìt  et  forti  per  le  cofe  della  guerra.  Gli  Setti  g-iudicado 

Varte  dell'agricoltura  necejjaria  alla  uita  dellbuomo^in 

H     ili       hi 


40      LA     V  I  L  L  A,   D  I  A. 

hifolamente  mettono  le  lor  fatiche ^  Cr  fiudij*^  O"  per  Vu^ 
tik:>che  tiajce  da  (^ucfla  arte apprejp)  de  Romani Ju  in  tan» 
ta  reputatione  V  agricoltura;,  che  bavendo  ^id  preja  Car^ 
thagine:,  donarono  uia  ad  altri  Re  amici  loro  tutte  le  li^ 
brarte^  che  ni  ritrouarono  ;  ne  altro  di  cpielle  riportarono 
dRoma:>per far  tradurre  in  lingua  latina;, fé  non  certi 
libri  della^ricoltura  :,  et  delle  facultd  delle  piante  di  Ma^ 
gone  Carthagineje,  Et  fé  nolete  più  chiaramente  uedere, 
quanto fia  utile  qiiefla  piaceuole  C7"  honorata  arte  deWa^ 
gricokura  udite  cpueU  che  dice  Socrate  apprejjo  di  JCe^ 
nofonte.Qf^  EST  B  cofe  Critobolo  tho  dettoflamete^ 
perche  tu  tieggU;,  che  i grandi j  e  i  potenti  hanno  in  pregio 
Vagricolturay  però  che  conofcono;,  ch'ella  ha  in  f  un  non 
fo  che  di  fatica  ddetteuole^  che  augwnenta  le  cafc;,  e  le  fo^ 
jlanz^  merauigliofamentep  ejjìrcita  i  corpi;,  egli  ajjuefd  d 
poter  foUener  ;,  occorrendo  tutte  cpielle  fitiche ,  che  fi  con^^ 
vengono  ad  un  huomo  ;,  che  habbi  l'animo  libero  ^ gene^ 
rofo)  oltre  d  c^ueflo^  cpiel  di  che  noi  uiuiamo;,  najce  dalla 
terra^  tutte  cptelle  cofe;,  con  le  eguali  noi  adorniamo  gli  alta» 
ri,  e  leflutue;,  e  noi  medefimi^  come  fono  ghirlande  p  odori 
di  più  forti,  efimili  cofe,  uengon  dalla  terra  ^  gli  ofonlj,  t 
X altre  cofe  necejjariey  la  terra folo^  ò  le  produce,  6  le  nu^ 
trifcey  però  che  la  cura  ancor  de  be/liami  fi  può  chiamar 
Jpecic  di  agricoltura^  dalla  quale  habbiamo  con  chefacri/ 

fcando 


DEL     TAEGIO.  41 

jicando  poJ?iam  mitigar  Vira  degli  TDij'y  EJc  ben  la  terra, 

è  coti  liberale  al  tenerci  abondanti  di  tutti  i  beni  ^  non  per 

duello  ci  lajja goder  (Jruttijuoi;,  viuèdo  noi  infingati  nelVo^ 

cio^  e  nella  pigritia?  anzi  itjjuefa  gli  huominipche  la  godo* 

no  dfopportar  ageuolmente  caldi  e  freddi;,  dando  jorza  è 

ga^liardix  d  coloro  ^  che  con  le  man  proprie  Vejjercitano^ 

jàcendo  diligenti;,  ejolleciti  cluegli  altri  ^  e  hanno  cura^  cht 

lafia  coltiuata^peròp  che  fi  sforza  d  leuarfi  la  mattina  d 

grand  bora  y  et  andar  confollecitudine  d  procurar  gli  ope» 

ratori faccino  rujfcio  loro*^peró:>che  nella  udla;,comc 

nelle  città  gli  ejfercitr/  hanoi  tepi  loro  determinatiti  oltre  d 

^ueiìo;,fe  noi  occorrendo;,  poter  aiutar;,  e  dtfnder  la  cit» 

td  tua^  a  cauallo^  6  d  piedi;,  la  terra  è  ([uella^che  ti  porge» 

rd  da  poter  nodrir  caualliy  e  ti  fardfanifimO;,  e  rfijientc 

alle  fatte  he.  Ejp,  tinuita  alle  caccie-^  dandoti  da  nodrir 

cani  y  e  porgendo  nodrimèto  alleferet^  e  i  caualli  ^ei  cani 

medefimamente  fi  godono  dd  futto  della  terra;,  &  delle 

fatiche  tue  ti  rendono  il  cambtot^  però;,  chel  cauallo  ti  dard 

comoditd  di  poter  andar  la  mattina  d  riueder  le  cofe  della 

uilla;,elaferamedefimatornarfcnealla  cittd  ^  Et  i  cani 

guardano  amoreuolmente^  che  ne  dfutii  tuoi;,  ne  d  befti<tn 

mifaccin  danno  le  fere;,  6  altri  :  rendono  altrui  ficuro  in 

ogni  loco  quantunc^ue  fclitarior^  peró^  che  occorrendo  fue^ 

glian  chi  diafoccorfo  al  patron  loro;  oltre  d  ([uefìo;,q^ualc 

ejprcitio 


41'      LA     V  I  L  L  A,   D  I  a; 

effercitio  più  dcllagricolturu  ;,  rend^  gii  buomini  dt/pofli 
al  correre :> falur e ;>  lanciar  dardh  efunili  altre  belle;,  O* 
utili  operationi  ?  Qj^^l  arte  ricompenja  più  le  fatiche^  che 
fi  durano  in  ejjercitarla?  Qjiale  è.  di  più  contentezza^  d  chi 
è  auido  diguadai^nOj  che  cpuejla  ;,  la  cpuale  porge  d  clualun» 
que  fi  impaccia  con  ejjaj  tutto  quel  eh' è  neceOarioì  Qual 
fa  riceuer  più  copiojamente  ijvre/ìieri:,  douejtpuo  la  uer^^ 
nata  hauer  più  comodità  di  buon  fiochi^edi  caldi  bagni, 
che  nelle  mlk;,  douè  lajlate  poi  fi  può  goder  più  beli  ombre 
e  dolci  aure;,  e  fiefche  acque  f  dout fi pofan  porgere  d  g^li 
Dij  primitie  più  conueneuoliy  efarfifle  più  allegre  f  dbe 
cofa  può  tenere  i  ferui  più  lieti;,  e  la  moglie;,  i  fìgli  ^  egli 
amici  più  contenti  ?  d  me  certo  parrdfempregran  meraiii^ 
glia  fé  quelli;,  chefn  liberi  di  fé  mede  fimi  p  fìimerano;,  che 
altra  uita  apporti  più  dolcezza  ^  commoditd^  et  utde  infe» 
me;,  che  quejla  dhauer  cura;,  che  le  cofe  della  uillafien  ben 
gouernatep  e  cujlodite.Si  uedepoi^  che  la  terrafj)ontanea» 
Piente ;,dd  effempi  d  glihuomini  nella  giu/litia;,  pero  che 
fecondo ;scbe  6  trafcuratamente;,  ò  con  ddigenza  è  coltiuuta, 
cofi  rende  il  cambio ;>  ò  buono ;,  6  cattiuo  co  frutti fuoi  ^  E  je 
accade y  che  da  nemici  in  tempo  di  guerra  fia  impedita  la 
fia  coltura  ^  ejja  ha  coft  nodriti  CT"  auezzi  :>  animofi  e  uà» 
lenti  ifuoifeguaci  :,  che  e  fi  prontifimi  ^  GT  con  gli  animi;, 
e  co' corpi  p  pofon facilmente  Qf  Dio  non  gli  è  cotrario^ 

ricacciar 


DEL     T   A  E  G  I  O.  45 

ricacciar  in  dietro  i  nemici;>  e  predar  j^^r  lo  continuo^  fan*» 
tOj^che  ne  uiuatto  abondantemente.Verò;,  che  in  fai  tempii  è 
piuficuro  procacciarjl  il  vitto  con  Vurme  p  che  congVin^ 
linimenti  della  udla.  Var  :,ch'ammomjca  medefitnamentc 
clihuomim  V agricoltura:,  non  men^che  la  guerra;,  adaiu» 
tarji^  ejouenirji lun  laltroj  ejpndo;,  che  qiirjle  due  cojè 
hanno  in  fé  molto  del  fimdc:,  per  ciò:,  eh' è  necejpiri0;,che 
colui:,  che  uuol  firjrutto  nella  udla  jiia  vfi  ogni  ingegno 
di  procacciarci^  e  mantenerfi  i  lavoratori  amici)  e  preiìi;, 
e/pontanei ad ejjerh  obedienti:,e  donile  rimeriti  ipellhchc 
diligentemente  fin  cjueUchefe  li  conuicne:,e  pumjca  gli 
ociofi  &*  negligentiMR^effe  uoltegli  eserciti  con  parole-^ 
QJ^inanimiJca;,  egli  empi  di  fj^eranze  j  conciojìa  che  non 
men  giovino  lejperanze  a  fervi  ^  che  d  liberi  :  anzi  molto 
piUp  e  cofi  li  ficea  volvntariamentefir  Vujjicio  loro.  Tutte 
quefle  cof;,medeJìmamente fi  appartengono  dfirad  vn 
buon  Capitano;,  verfo  de  faldati fuoi  ^  onde fauiamente  giù» 
dicava  c^uello^  che  difc;,  che  Vagricoltvra  è  matre:,<0'  nv» 
trice  di  tvtte  altre  arti  :  la  quale  ^  s'ella  e  ben  efjer citata ^ 
tutte  altre  pigUanfir  za:,  e  fé  per  lo  cotrario  ella  éjj^rez'* 
Zata:,  et  abandonata  ^  Valtre  medefimamente  ji  corrompo^ 
no^  e  dormono  inutili^  cofi  di  mare^  come  di  terra,  "P,  Io 
non  SO)  che  cofafipojfa  dir  di  più  di  ^vello^  che  dtjje  JCe» 
nofonte  in  fiuor  ddragricoltura,  l^ ,  Qji^unto  più  fi 

1       parla  ^ 


44       1-  A      VILLA,     DIA. 

farla p  fili  crejce  materia  da  diret^  non  fapcte  noi;,  che  Ca^ 
ione  apprejjo  di  Af ,  Tullio  dice  coje  merauiglioje  in  fi^ 
uor  di  ([nella  ùelli/sinta  arteì  P,  Si  come  mi  hauete  recita'^ 
to  liflejje  parole  di  ^enojvnte^doue  altamète parla  deU 
Vagricoltura;,  iiorrei;,  cheficefle  il  medefimo  di  Cicerone^ 
l^,  M. Tullio  nel  Uh,  chejece  della  uecchiezza  in  per^ 
fona  di  Catone  ragionando  con  Lelio ;>  et  Scipione;,  parla 
in  ([ue/lo  modo .  P^  E  JSlG  O  bora  alle  uoluttd  degli 
agricoltori  y  di  che  prendo  diletto  incredibile  ;>  li  qnai  da 
ninna  uecchiezz<^  impediti  non  fono ;,  C^  mi  paiono  acco^ 

Jlarfi  alla  uita  delfauioy  perciò  che  hanno  comercio  con  la 
terra;,  la  ([naie  mai  non  rijtnta  lo  imperio;,  ne  mai  cjncly 
che  ha  ricenuto  rende  fenz^  tijìira  ♦^  ma  talhor  con  minor  e, 
CT  molte  uoltecon  maggior  guadagno*^  benché  nonfolo  il 
frutto  certamente^  ma  la  uertù  etiandiop  CT  la  natura  di 
cjfa  ter  rami  diletta;,  lagnale;,  poi  che  lojparfofeme  nel 
fio  intenerito j  C  coltinato grembo  ha  ricenuto^  quello pri^ 
mieramete  coperto  confiringet^  onde  la  copertura y  la  qiia^ 
le  fi  tal  effetto  è  nominata;,  dapoi  daluapore,  ^  abbrac^ 
ciamento  di  lei  r faldato  difonde;,0'  trahe  da  lui  la  her» 
bfcente  uerdezza;>  la  quale  frmata  alle  fremita  delli 
crani  a  poco  a  poco  crefe  ^  CT  drizzato  lo  annodato 
gitmbopgid  qua  fi  mettendola  prima  barba  nelle  vagine 
s  inchiude;,  dalle  quali  ella^poi  chef  ori  né  ifcita  la  biada 

d  ordine 


DEL     TAEGIO.  4r 

d  ordine  dijjnca  tejjìita  nejparge:^  et  con  lojleccato  dalli 
minori  uccelli  fi  difende. \^  che  tnijléderò  io  in  dirui  per 
quante  maniere  fi  piantino  ^  et  come  toflo  naJcano:>  et  ciuan* 
io  grandemente  crescano  le  uitif  non  pojjo  per  la  molta  di» 
lettatione  di  cotai  cojefatiarmi;,  accio  che  conojciate  óiial 
jìa  il  ripofo:>  Z^  refrigerio  della  mia  uecchiezza  ^  perciò ^ 
eh  w  pofpongo  la  propria  frza  di  tutte  quelle  cofe^che, 
nafcono  dalla  terra  ^  la  quale  da  uno  fi  picciolo  granucciO;, 
quanto  e  quello  del  fco^  6  pur  deWuuUj,  ouero  dalle  minu^ 
tifime  femenze  degli  altri futti  ^  tanto  gran  tronchi  ^  C?* 
rami  produchi.  Li  maioli:>  le  piante  ;>  gli  far  menti;,  le  uiti^ 
le  radici;, gli  rajfofi  nonjanno  nò  cotai  cofe  ;,  che  ciafcuno 
con  ammiratione  dilettino  f  la  uite^  che  per  natura  è  cadu^ 
ca^fe  non  èfoftenuta  per  la  terra  fi  fende  p  accio  ch'ella 
ff^ff^  f  dirizzi ?^l^^^^ccia  con  fuoi  caprioli;,  CT*  quafi 
mani  qualunche  co  fa  ritroua*y  la  quale  mentre  con  uario  et 
errante  tracorfofe  ne  ud  aggrappando  ^  Varte  de  gli 
agricoltori  col  taglio  la  ritiene;,  accio ;,  dulia  riempiendo^ 
fi  di  rami  y  non  fé  infelui^ne  troppo  fi  diifonda  in  ogni  par  ^ 
te.  Il  perche  in  quelli  rami;,  che  alla  Vrimauera  rimando*» 
no  ecci  quafi;,  come  dgli  nodi  quel;,  chef  chiama  Vocchio^ 
dal  quale  Vuua  nafcendo  fi  dimoJlra;,che  per  lo  fucco 
della  terra;,  CT  per  lo  caldo  del  Sole  crefcendo;,  prima  è 
acerhifima  algufìoy  poi  maturata  fi  addolcifce;,  et  ueflita 

la        de 


4€     LA     VILLA,     DIA. 

de  pampani  di  moderataJl<tgiom  non  mancup  et  dagli  ec» 
cej?im  ardori  del  Sole  fi  difende.  TDdla  quale ^  che  coft 
può  ejfere;,  6  di  frutto  più  lieta^  6  piuformofa  d'a/petto  ^  di 
lui  certamente  nonjolo  Vutilitd  (come  di  [opra  io  di^i;,  ma 
etiandiola  cultura ^O* la  propria  naturami  diletta:, gli 
.ordini  delle  piante;,  lo  accompagnar  degli  capi^  la  relt^a* 
tioney  lo  rejojjarey  il  tagliar  de  far  menti  :,  ch\o  dtfh  C^  lo 
injerire.y^  che  dirò  adunc^ue  delle  adacc^uationi^  delfof 
fadare;,  O^  del  zappare;,  Z^  ammotar  le  uiti:y per  le  quai 
cofe  la  terra  fi  fa  molto  piufrtilefd  che  etiandio  dirò  deU 
Vutilitd  del  ledamare  f  perciò  che  ne  ho  detto  in  quel  libro ^ 
ch'io  fcrifi  delle  cofe  da  uilla^  della  quale  il  dotto  Hfio^ 
dofcriuendo  del  coltiuamento  della  terra  non  ne  fece  men» 
tione  alcuna'-^  ma  Homero^  il  quale  (per  la  mia  opinione^ 
fii  molti fecoli  innanzijif^troduce  Laerte  padre  di  P^life, 
per  mitigar  il  dolore  deWaJJenza  del  figliuolo  acoltiuar 
la  terra:,  <0"  ledamare,  Ne  perciò  le  cofe  della  uillafono 
diletteuoU  folo  per  cagion  delle  biade  ;,  de  prati  ^  delle 
uigne^  CT*  ddle  piante  \  ma  ancor  per  li  giardini;,  f^^S^^ 
hortij, per  li pafcoli  degli  animali  ;,  per  la  congregatione 
delle  api;,  ^  per  la  uarietd  de  fiori.  Mefolamente  lo  in^ 
calmar  à  tagliatura;,  ma  etiandio  a  fijjura  diletta  ,  delle 
quali  niuna  cofa  più  artificioja  Vagricoltura  ritroua .  Io 
potrei  per  molte  dilettationi  di  cofe  da  mila  difcorrere;,ma 

quelle 


D  E  L     T   A  E  G  I  O.  47 

quelle:,  che  ho  raccontato  conojco  ejpr  Jlate  longUJ?me*^ 
CT  nondimeno  mi  perdonerete:,  perciò  ^  chw  mi  fono  inuec» 
chiato  nello jludio  delle  cofe  della  mlla:>  CT  la  mcchiezza 
etiandio  è  per  natura  loc^uace^  acciò:,  eh  io  non  appaia  lei 
da  tutti  i  uitìj  hberare,  Qjiinci  adunque  ne  auuenne^  che 
Marco  CuriOy  pojcia;,  ch'egli  hebhe  de  Sanniti?  de  Sabi^ 
ni;,  O"  di  Tirro  trionfato:,  conjimò  in  tal uita  Vultimo  tem» 
pò  de fuoi giorni.  La  mila  del  quale  in  nero?  mentre  io  la 
contemplo  Cperciò:, creila  da  me  non  è  molto  dijlante^non 
fojjo  d  bajlanza  bora  la  continenza  di  quello  huom0;,hora 
la  regola  di  que  tempi  lodare.  Gli  Sanniti  hauendo  d  Cu^ 
rio?  che  al  fiiocofedeua  portato  grande  quatitd  di  oro^jii^ 
rono  da  luiJ]^rezzati?percioche  non  bauere  oro^ma  com» 
mandar  d  quegli?  che  nhaueffero  ?  dijje  parergli  co  fa  ho^ 
noreuole.  "Poteua  uno  tanto  animo  non  haiiere  gioconda  la 
uecchiezzaf  nò  certamente. Ma  io  ritorno  d  gli  agricoU 
tori  della  terra?  accioche  da  me  mede  fimo  io  non  mi  partii. 
Habitauano  nelle  uille  d  que  tempi  gli  Senatori  ?  cioè  li 
vecchi  t^  percioche  d  Lucio  Q^unto  Cincinato  arante  fu 
nunciatofe  ejjerfato fitto  Dittatore  per  commandamèto 
del  quale?  Caio  Seruilio  Mala  Sinifcalco  del  noflro  Cam* 
fo  uccife  Spurio  MeliO;,  mentre  attendeua  d  confeguir  et 
occupar  l  Imperio. Erano  Marco  Curio?  CT  molti  altri 
uecchi  chiamati  dalle  utile  al  Senato?  dal  che  quelli?  che  gli 

I     Hi       andd* 


48       LA     V  I  L  L  A,   D  I  A\ 

andauano  d  domandare fiir otto  detti  uiatori,  Tartn  adun^ 

qiie^  eh  la  mcchiezza  de  fi  fitti  hnomini:,  che  fi  fieno  dtht» 

tati  del  coltiuamento  della  terrafijje  mirabde  f  Io  per  me 

certamente  non  so;, fé  uita  alcuna  più  beata  poft  ejjere^^  ne 

ciò  folamente  per  la  cj^ualitd  del  benefìcio;,  che  da  cotal  co» 

fa  ne  rifilta;,  perciò  cheì  coltiuamento  della  ter  rafia fi^ 

lutare  d  tutta  Thumanageneratione^  ma  etiandioper  queU 

la ddettatione^ cFio ho  raccontatolo" per  lafocietdO* 

abondanza  di  tutte  Quelle  coje^  che  al  vitto  de  gli  huomini^ 

O'  al  culto  etiandio  delli  TDlj  appartengono  *)  ma  perche 

queflo  alcuni  defiderano  torniamo  hoggimai  àgli  agì  CT* 

piaceri  della  uilla  ^  perciochejempre  la  cella  del  uino;,  C?* 

quella  dell  olio  ^  CT  lafaluarobba  del  buono  etfollecitopa» 

trone  è  piena^  O'  la  ca^a  della  uilla  è  tutta  ricca  5  perche 

ahonda  di  porci  ^  becchi  p  agnelli  p  galline  p  latte  ^  cafo, 

CT*  mele  ♦  Qli  horti  neramente  ([uanto fieno  utili  p  gid  è 

manififlot^conciofia  che  (Quella  contadini  un  altra  carne 

folata  ejjer  dicono.  Et  oltre  d  ciò  Yuccellare  &  il  cac» 

dare  (cofe  tuttauia  di  opera  ejlraordinaria  ')finno  cotai 

colè  effer  piufiporite*  che  debbo  dire  della  uerdura  de  i 

prati.)  ouer amente  degli  ordini  degli  alberi ^  6  pure  della 

bellezza  delle  uigneJO'  degli  oliueti  ?  Io  cochinderò  bre» 

uemente  che  della  terra  ben  coltiuata  niuna  cofa  può  efere 

ne  alhfo  più  graffarne  di  bellezx^t  più  ornata,  T.  Per 

guanto 


DEL     T  A  E  G  I  0.  49 

quanto  potejjc  mai  dire  Senofonte,  CT  Cicerone  in  lode 
dell'agricoltura,  CT  della  tiita  rufìicana  con  quanti  pre^ 
giati,  ^ frmofifcrittori  le  habbiano  nell'opere  loro  loda^ 
te:>  Cr  celebrate,  nonfia  mai,  cFio  non  /ìimi  gran  biafi^ 
mO;,^fommoiiituperio  di  quelli:,  che  con  le  proprie  ma^ 
ni  maneggiando  la  terra  fi  danno  d  quejlajaticofa  O*  ma^ 
ledetta  arte,  la  quale(come  uoi  diteggia  fi  cotanto  lodata^ 
Cr  esercitata  dagli  antichi.  />^,  Nefolamentefi  quejla 
bella,  nobde,  CT  gloriola  arte  dt  coltiuare  i  campi  in» 
fieme  con  laurea,  Cr  dolcifima  libertà  del  iiiuer  rurale 
anticamente  da  honoratiJ?imi  perjònìtggi  cr  lodata^,  O* 
ejprcitata)  ma  non  le  mancò  ancora  chi  di  leifigloriajfej 
&dfommalodefitenejJe  VeJJercitarla  bene  ^  come  chia^ 
Ktmentejipuo  uedere  nellejjempio  di  Ciro  Ré  de  Terfi^ 
il  quale  ejjendo  uenuto  da  lui  Lijjandro  Lacedemonio  con 
doni  in  nome  de'  confederati  C^  legati  con  ejjo  ^  dapoi  che 
amoreuolmente  Ihebbe  accolto  nelfuo  Regale  albergo^,  lo 
meno  in  un  belli/^imo giardino  dfollazzop  il  quale  haueua 
in  Sardi  \  doue  ueggiendo  Lijjandro  lordine  merauiglio» 
foj,  la  leggiadria^  ^  il  compartimento  delle  piante  ^  che 
u  erano  pojle  tutte  infirma  di  quinconce^  cioè  con  una  pa» 
ritd  ^tnifira  angolare  ^^  dirittezza  da  non  credere 
C  come  più  chiaramente  Jl  può  uedere  nella  fig^ura,  che 
fegue  ;,^la  quale  è  la  nera  pianta  del  detto  quinconce^ 

cr 


LA     VILLA>DIA. 


CT*  infinite  altre  meratii^he ^dijfe  al  Re;,uerametite  Ciro, 
confiderando  la  uaghezz^  et  ordine  di  ipicjlo giardino ^  mi 

Jl^ipijco  delVecceìlezct  di  ciucili^  che  coji  rnijiiratamete^  et  co 
tao  ordine  hapojlo  ciajcuna  cojà.al  che  Ciro  rallegrado^ 

Jì^  rifhojè^  c^uejie  coje,  LiTandro^  iojlejjo  le  ho  ordinate  e 

dtlpojle. 


DEL     TAEGIO.  n 

dijj^ojle^  a  una  buona  parte  piantate  con  le  mie  mani  pro^ 
prie.  Meraui^UandoJì  LiJJandrOp  e  mirando  la  ricchez^ 
za  dclueftirjìio^  O*  ue^giendolo  pieno  di  gioie  di  gran^ 
dtJ?imo pregio ;>  e  di  riccami^  tutto  ripieno  di  delicatura;,  et 
di  buono  odore  gli  dijje  ^  che  coja  mi  dici  Ciro^  come  può 
ejjìre^  che  cotejle  mani  habbin  piantato  alcuna  di  c^uefla 
cofe  ^Ciroriprefe  le  parole  e  dijpyd  merauigli  forfè. 
Lijjandro  ^  ti  giuro  per  quel  Sok:,  che  cpuando  io  mi  fento 
ben  difj^ojlo  della  perfona  non  ojo  di  mangiar  mai^Je  pri/ 
ma  non  m^ affatico jin  al  pudore:,  ò  in  (gualche  ejjercitio  uti» 
le  alla  militia  ^  ouero  in  (jualche  operatone  ddlagricoltu» 
ra  :,  delle  quali  due  cofe  fono  principalmente  defiderofo  ♦ 
il  cbefentendo  Lifàndro^  rallegradofi  con  efjo  dilp;,  hor 
conofco;,  che giujlamente puoi  ejjer  chiamato  beato  :>  perciò 
che  alla  tua  uertù  ne  fono  aggiorni  i  beni  della  fortuna  ^^ 
IDt  maniera  ;,  il  mio  caro  Tartenio  p  uedete  ,  che  oltre 
alFejfere  Vagricoltura  utiltfma  ella  è  ancor  diletteuoh 
nelloperatione  gratijfima  apprejjo  a  Dio^  è  fumata  da  i 
jRe,  Cr  che  più,  ageuolifimamentefi  lajfà  imparare j  ^ 
hauere  da  chi  la  uuole  \  Il  perche  o  chi  dubita  (  come  dice. 
Ifcomaco  ci  Socrate  apprejjo  di  JCenofonte^  che  Fagri» 
coltura  nonfipojfa  chi^mareficnza  magnanima  egene^ 
rofaffi  come  noi  chiamiamo  generofi  quelli  animali  ^  che 
ejjendo  bdlifimi  et  utili  agli  huominifno  ancora  manjiieti 

K        e  dome- 


rz       L  A     V  I  L  L  A,    D  I  A* 

e  domeiìici.  P  ♦  x^^nco  hancteche  dire  in  ftuorc  delVa^ 
gricolturaìf^.  Come  non  fapete^  che  i  Mikfij  ordinai 
rono^  che  (Quegli  douejjero gouernar  le  cittd:,  i  cui  poderi 
haneano  trottati  ben  cohitiati  f  O*  Romulo  prepojefempre 
ijaticofi  agricoltori  agli  ocioji  cittadini .  Non  ui  ricor* 
date  d'haiier  letto  nelle  hiflorie^come  MumaVomptlio 
con  doni  CT  carezza  Jenzu  fine  honoraiia  ijollecitip  dili^ 
gentil  CT  tndii/lriojt  lauoratori  ^  nonjàpete  uoi^  che  anti^ 
camente  fokuajì  dire  in  prouerbiO;,  che  male  agricoltore 
era  colidj  che  comprafje  co  fa;,  che'ljìto  terreno  baueffe  po^ 
Vito  produrre  :y  CT  che  pej^imo  era  c^iiel  padre  di  famiglia:, 
che  nel  tempo Jereno  luuorajje  più  toiio  in  caja  ;,  che  alla 
campagna?  Marco  Catone  a^erma^  che  i  noflri  mag» 
giori;,  quando  uoleuano grandemente  lodare  unhuomojo= 
leuano  dire;,egli  è  buono  agricoltore*yet  in  oltre  dice^  chel 
guadagno  ;,  che  najce  daWagricoltura  èpio^jlabde  >  ZD" 
'  jenz<t  inuidia.  M.  Tullio  anch^egli  uuole  ;,  che  ninna  jortt 
di  guadagno  più  honeflo;,  CT  degno  di  per  fona  libera ji 
pojjatrouare^che  quello^  che  Ji  trahe  daWagricoltura^ 
Tal  che  per  tutte  quejle  ragioni;,  ejjempi;,  QT  auttoritatiy 
concludo^  che  Vagricoltura  è  un  arte  diletteiiole  :,nobiliJ?i» 
tna:,iitde;»  necefjaria,  maejlra  di  dilK^enza^eJ] empio  di 
giuélitia^^  Jj)ccchio  di  perjimonia.  IP^Hora  d  citta» 
dmo  potrebbe  ragioneuolmete  dire  al  uillano^  come  dijje  il 

magno 


DEL     TAEGIO.  r? 

ntdQ^fio  L^lejpindro  nellctrriitar^  eh  ficc  alUJèpoItum 

O  jortunato^  che  fi  chiara  tromba 
Troua^h  ^  chi  di  te  fi  altofcrijje^ 

T^^  x^nzi  trattando  io  un  talfog^etto  col  mio  baf» 
fo  iìdefcemo  le  lodi  dell'agricoltura^ 

Ciy  è  dHomero  degmfima^  e  d  Or  fio  ^ 
O*  del  Vaiìorp  eh  ancor  JMantoua  honora^ 

/da  fi  come  L^lejjandro gionto^  ch'egli  fu  alla  Jà^ 
mofa  tomba  d's^chille:,ffjnrandoy  et  dandogli  delfor^ 
innato  mo/lró  d'hauer  hauuto  dolore  della  forte  di  qiiello\ 
cofi  il  cittadino  fé  guflajfe  un  trattole  dolcifime  amari^ 
tiidini  della  uita  contadmefcafon  certtftmo:,  che  ancFe^ 
gli  porterebbe  inuidta  al  contadino^  P,  Ejfcndo  Vinui^ 
dia  dolore  del  bene  altrui j^et  r agricoltura  cofi  mala, 
come  porterà  mai  inuidia  Vhuomo  ciuile  allagar icoltur a  ? 
p^^  V^oi^teun  prefupofitojaifo'^  perche  ìagricoltu^, 
ra  non  è  cofa  mala.  P.  Se  V agricoltura  non  fnjje  cofa 
mala^  ella  non  farebbejlata  effetto  del  peccato;,  QT  male^ 
dittione  del  grande  Iddi0;>  ti  quale  cacciando  \^ damo 
dal  Varadfo  delle  delitie,  dtjje  maledetta  fa  la  terra, 
nellopera,  C^  nelle fitiche  tue  mangerai  de  ifuttifuoi  : 
Et  fé  la  pena  del  peccato  fife  peccato^  lagricoltura:}  che 
fi  pena  della  dfubidienza  d^.^  damo  farebbe  cofa  mala'y 

K     i  i       per» 


M     LA     VILLA,     DIA. 

fer cloche folamente  il  peccato  è  male  :  ma  fendo  il  cafli* 
go  del  peccato  cojagiu/ìi^ima  efufifaj^feg^ue  ^  che  lagri* 
coltura  e  coja  buona  j  O^fe  nonfijp  tale  indarno  con  le 
fitiche:,  etjlidore  del  noltojiio^  nonhaurebbe  ricouraia  la 
grada  delgarde  Iddio ^  che  perdette  nelle  dcltcie  del  ter» 
rejireVaradtfo;,le cpuali  delitie:>cht  le  aj>imighajje  alle 
delicatezza  de  gliocioji  gentdlmomini^che  uiiiono  alle 
città:,  non  commetterebbe  errore  :,Ji  come  anco  non  erre» 
rebbe  chi  dtcejp  lejàtiche  de  contadmi  ejjèr  Jreno  al  pec^ 
catO;,  O* gli  ocij  de  cittadini  JJ^rone  aljallire  ^  Jr  adim<^uc 
Vagricolturafii  cailigO;,  V  purgationc  del  male;,  uoi  non 
dourejle  dir  mal  di  lei:,  anzi  chef  te  tenuta  d  lodarla:,  per 
lo  buono  effetto y  che  da  lei  nac([nt.  P.  Io  non  pofo  loda^ 
re  un  arte  :,  che  nf gai  ad  offender  la  natura  p  Vfr  molti 
mali  e  f etti,  l^ ^  In  che  manierai  P.  In  che  maniera  ahi 
non  ne  mofra  cojlei  molte  mojlruofe  fbricbe  di  piante^ 
Jlrani  inne/h  ,  &  methamorffi  d  alberi  :,  non  ne  infgna 
rinchiuder  nelle  gabbie:,  nelle  pefchere:,  C^  ne'uiuai  quegli 
ammali,  che  dalla  naturafronojatti  hberifOnde  habb:a=» 
vto  noi  imparato  ilfr  congiungere  i  caualli  con  Vafne,  e 
i  lupi  con  le  cagne^  onde  mule  C^  Ucifche  ne  nafcono  con» 
tra  la  legge  di  Matura,  fé  non  da  (pie fa  arte?  con  la  (pia» 
h:,  CT'  la  pajlnrap  CT  la  pefcagionC:,  C  la  caccia  vanno* 
Che  cojafìf  non  Vagricolturap  che  ci  ajjotttgliafe  Von» 

gegno 


DEL     T  A  E  G  T  O;  sf 

gegno  nel  linOy  il  ([uale  di  piantajauo  uela  coljìato  de  uen» 
ti  sforzagli  hnommi  ad  affogare  in  tnare^^  come  fé  fojji 
foco  d  morire  in  terrafAIa  che  fittagli  agricoltori  Jii» 
ferflitioji:,  CT  contrarli  alla  legge  divina^  credono  con 
certi  lorjegrefi)  ojjeruationi  p  C  incanti  di  poter  accre» 
(cere  ijcminatip  acquetar  le  tempcjle^  cacciar  i  lupi^fèr'^ 
mar  lejiiggitiuejiere^  incantar  le  infìrmitd  delle  pecore ;, 
CT  altre  cofe  merauigltofe.  l^ ,  P^oijate:,  che  molte  co^ 
je  fieno  male^,  CTfn  buone ;>  C^  molte  altre  ne  attribuite  d 
glt  agricoltori:,  che  non  appartengono  al  loro  ufficio  \  ma 
quanto  a  miracoli;,  che  dtte  credere  gli  agricoltori  di  pò» 
tcrflr  con  certi  loro  incanti  ^  ui  rtjpondo;,  che  dal  uoU 
go  molte  cofe  fono  tenute  per  miracoli^  le  quali  f  no  pe^ 
r 6  naturali  t,Jè  noi  hauefe  quella  gran  cognition  della 
JSIatura^che  anticamente  haueano  i  Verfiy gì  Indiamogli 
JSthiopi;,  C3"  i  Caldei;,  non  parler ejle  in  quello  modo  '^  non 
fapete  uoi^  che  i  diligentifimi  ej^loratori  della  natura;, 
conducendo  quelle  cojè;,  che  fono  da  lei  preparate  p  CT*  ap^» 
flicando  gli  attiui  d  pafiuip  molte  uolte  innanzi  al  tempo 
ordinato  dalla  natura  ^producono  e^etti^che  dalla  gente  ^ 
d  cui  fi  £  notte  innanzi  fera^fono  tenutijlupcndi  miracoli^ 
^  pur  fono  cofe  naturali  p  non  uinteruenendo  altro^che 
lafolaanticipatione  del  tempo ^  come  s'alcuno  di  M arzo 
facejfc  nafcer  rofe^  ò  crefcer  Vuue  mature  inpocofjiatio 

jK     iti     d'b  ore 


fé      LA     V  I  L  L  A ,   D  I  A . 

dhore^  CT*  dipiufàcejp  tiajcer  nuuoIe:,pio^giep  tuotth  O" 
animali  di  dtuerfe  forti  t  ma  lajciando  ^ue/ìi  fegreti  di 
natura;,  uoktCj  clno  ui  dica  ([uaUJieno  le  malie^  CT  incan^ 
ti;,  che  tifano  i  buoni  agricoltori  per  accrejcer  i  lor  jemi^ 
natii  P.  Qjialtfono  ÌP^ ^  La^tica;,Vinduflria^  C^  la 
diligenza'-)  cr /e  d  me  non  credete^  domandatene  d  C.Fu» 
rio  CreJìnO;,il([uale  ejpndo  inuidiato  :,  perche  traheua 
maggior  frutto  dhm fio  picciolo  campicello;,  che  nonface^ 
vano  gli  molti  del  gran  terreno^fu  accufato  da  Sp,  t^U 
bino  per  incantatore ^  che  difruggefe  le  altrui  biade  ;  on^ 
de  egli  nel  giorno  ordinato  al  giudicio  p  s'apprefento  in 
piazza  con  tutte  Var mi  rnflicane :,  con  una  fia  figliuola 
giouane^  C^  robujla;,  CT*  con  un  paio  di  buoi  ben  pafiuti^ 
CT  (gagliardi;,  O"poi  riuolto  uerf  i giudici  dife  •  i^^- 
(li  fono  Romani  ^  ([uefli  fono  gfincanti  ;,  con  i  (puah  ho 
danncQ-j^iato  la  mejjóne  altrui  ♦,  mi  duole  di  non  hauer  pò* 
tuto  condur  qui  al  uoiìro  cojpetto  lefitiche^  ifudori  ^  CT 
le  uiqilie;,  ch'io  ho  durato  per  render  fcrtde  il  mio  terrea 
no.  P.  ^dunque  anticamente  fi JàceU'ino  giudicij  fopr  a 
la  maniera  di  coltiuar  la  terra,  l^*  Senza  dubbio^  non 
fapete  uoi;,  cKappreffo  Romani;,  nera  una  legge;,  che  da^ 
uà  auttoritd  al  Cenfore  di  cafligar  ([uegli;,  chejvjjero  nC" 
gligenti  nella  coltura  defuoi  poderi.  Gran  diligenza  cirm 
ca  al  coltiuar  della  terra  fi  ufaua  ancora  apprefodc 

Pcrfi, 


D  E  L     T  A  E  G  I  O.        ^7 

Terfi^nel  tempo :,  che  regttauaCiro^comefi  puouedere 
in  qitejle  parole  di  J^enojvnte  dette  per  bocca  di  Socra^ 
te  ^  Qjianiopoi  alla  faluexx^  depopoli:>0'  abondan^ 
za  delle  città:,  e  contadi;,  noi  fappiamo;,  che  cjnei  luoghi  ^ 
ch'egli  iflejjo  poteva  ricercare y  lojaceuaprontiJ?imamen^ 
te  \  ne  gli  altri  poi  teneva  del  continuo  perjone  di  gran 
credito:,  chejàcefjero  cine  fio  medcfimo^  e  fé  Ivoghi  vedeva^ 
6  intendeva  ejjer  Jrecpnente  d'habifatori  p  O*  di  inlle  ben 
coltivate p  C^  arborate^  e  Jrvttifvre  honorava  ^vegli^  che 
uhavevanopo/h  principi  in  nomefvo  in  tai  Ivoghi  p  C3"  gli 
accresceva  dominio:,^ di  doni:>^J])ecialmente  di  (edie. 
honorateìi  rimeritava:  ^  per  lo  contrario  pvniva^  e  pri^ 
tiaua  di  principato  c^velUp  che  lavavano  le  città;,  C?"  //  con^ 
tado  mancar  dlmotnini;,  e  difvrtilitd;,  e  nodrirfi  neWocio^ 
'P,  Guai  d  me  fé  anco  hogqidi  uivejjero  cotejle  leg-gip  C?" 
cojlumip  perciò p  chw  non  vado  mai  d  uifitare  i  campi  miei^ 
ne  mi  curop  che  uadtno  inculti  *,  purp  che  da  tal  negli(renza 
ne  nafca  la  coltvra  delVanimo  mio\  meglio  è  Q  come  folca 
diri^^  ri/lippo^che'l poder  uadi  mal  p  me^  duo  per  lui, 
P^.  F^'oi  in  vdla  commodamente  potrefe  attendere  alla 
coltvra  del  campo  O"  dell'animoypercioche  quefli  due  uf 
fctj  non  fono  tncompatibdi.  "P.  Se  circa  cìlagricoltura 
anco  hnggidt  fi  feruafjero  le  lepgi  de  Romani p  C^T  de 
Perfi^  non  farebbe  meglio  fir  e  attendere  alle  uojlre  pof 

ffioni 


rs      LA     V  I  L  L  A  >   D  I  A. 

jej^toniper  un  diligerne  jattore^  ^Jlaruene  mi  alla  citta\ 
dotte  celiando  pur  uolefle  ancor  dar  opera  allijludf/  di  Fi/ 
lojofìa  ;,  trouarejle  maggior  comntoditd  ^  che  in  mila  ^ 
T^ ,  Cote  fio  nò  p  perche  lo  JlrepitO;,  CT*  comercio  delle 
città  è  capital  nemico  deHijiiidif  delle  buone  lettere:,  i  quali 
con  Vagricolturafilicemente  fi  congiongonO;>  O'  il  filen^ 
tio  delle  campagne  piacque fempre  alle  perjònejludioje^ 
C^  chel  jìa  nero  lo  dica  Marco  Tullio  ^quando  con 
grandi/?imo  ddettojilojofaua  hor  nel  TuJculano;>  bor  mi 
Cumanoy  bor  nel  Formiano;,  CT  hor  nel  Vompciuno  *,  lo 
dica  Seneca^,  quando  nel  fuo  Sabino  con  fvlice  ocio:,0' 
gran  quiete  d'animo  attendena  dfuoi  honoratifimi  jludij  \ 
CJ*  quando  con  mirabile  artificio  conduceua  acque  ;>  e  bei 
Cuoi  giardini  irrigajjèro)  lo  dica  M .  Caton  Cenjorino^ 
che  tanto Jii  uaqo  della  uilla:,  chebbe  d  dire  non  poterai 
frollar  uita  più  beata  di  quejla*^  Traccio  L/.  Lucullo;,  Ta* 
rio  Rufo^  Q^SceuoUyC.  Martio  :y  Cr  molti  altri;, 
che  godettero  lafilicitd  della  uilla  t  della  quale  nonfola^^ 
mente ghbuomini;,  ma  anco  i  Di/;,  &"  le  Dee  ne  furono 
JludiofiJ?imi  ;,  come  fi'  Bacco  ^  Tan  ^  Saturno  ^  Cerare^ 
Diana j  Flora;,  Vale  ^  Satiri  3  Fauni  ^  Siluani  ^  Driadh 
Oriadi :,  Mapecp^^madriadi^  Naiadi;,^  altre  tali 
Ddtd.  P.  Ver  dar  opera  allijludij  più  commodi  fono  le 
città ^  che  k  uille^  del  che  ne  può  dir  teflmonio  lajludioja 

y^thena^ 


DEL      T   A  E  G  I  O.  n 

K^thena.  P^ .  Se  cofifijp  il  diuin  Tlatone  non  hanrcb^ 
belafciato  i^thenepcrIauiUa:,che  elefjc  per  la  tanto 
fua  celebrata  y^cademia^^  Is/onjàpete  tioiy  che  lajolitu^ 
dine  delle  campag^nefufempre  amica  delle  perjone  lette/ 
rate:,  dijpirito^  CT  di  ualoreì  non  in  ricordate  noi  d'hauer 
letto ^  che  Seneca;,Jcriuendo  d  Lucilio  Balbo  ;,  lo  auerti/ 
(ce  p  che  desiderando  dt  coglier Jriitto  dalle  letterejì  debba 
Jèquejlrar  dalla  moltitudine  de  gli  huomini;,  CT  da  i  tumuU 
ti  delle  cittdp  CT  ritirarji  in  loco  remoto^  oue  non  uegga^ 
ne  oda  coj}^  che  lo  ritraghino  daljiio  propojìto  ?  il  mede/ 
fimo  ricordo  diede  Vlinio  nipote aljuo  Fondano'^  in  con» 
jirmatione  della  celiai  cofa  il  dotto  Filone  Hebreo  dice 
ejjer  necejpirio  d  chi  uuol  caminare  per  lo  jaticofo  calle 
delle  uertà  il  lajciar  d  dietro  dpenjiero  dogni  altra  cofat^ 
fer  (juello  i  poeti  non  jìnjero^  che  le  mujè  habitajpro  ne 
romori  delle  citta,  ma  nella  jolitudine  del  monte  Varnafo^y 
per  ^uejlo  il  Tetrarca;, flore, per  cui fempr  e  fiorirà  Fio^ 
renxct  confumò  la  maggior  parte  defuoi  giorni  in  uilla  j 
oue  (^  come  egli  folca  dire  ')  non  u  erano 
3^  u^  L  L^  Z'Z/ 1 ,  non  theatro,  ò  loggia  , 
hi  a  in  lor  uece  un  l^  bete,  un  Faggio,  un  Tino  ♦ 
Tra  Vherba  uerde  ,  el  bel  monte  uicino^ 
Ondefifcende  poetando  e  poggia , 
Leuan  di  terra  al  del  noflro  intelletto, 

L       Ter 


XI       L   A     VILLA,    DIA. 

\Pcr  c^uefli  njpettifu  molto  amico  della  mila  il  dottif^ 

fvnoVolitianO;,in  jrdc  della  c^ual  cojlt^nditc  duel^^ctni 

dijc 
Quanto  èpin  dolce  y  e  c^nanto  e  pitijictiro 

Seguir  kJiereJuQ^gitliic  in  caccia 

Fra  bofchi  antichi fiior  dijvjja:,  6  muro  p 

E /piar  lor  coiài  per  Unga  traccia  ; 

Feeder  la  tialle:>  e7  colle;,  e  Vaer  puro^ 

L'berbe:>  ejìor;,  Vaccjiia  uiuay  chiara;,  e  ghiaccia^ 

T^^dir  qli  atigeifuernar^  ribombar  Vonde^ 

E  dolce  al  uento  mormorar  le  fronde. 
Quanto  gioua  dueder  pender  da  un'erta 

Jue  capre;,  e  pajcer  c^ueflo^  e  (juel  uirgulco^ 

El  montanaro  d  l'ombra  più  conjerta 

JDejlar  ìa(liajampogna;,eluerfo  inculto  ;, 

feeder  la  terra  di  pomi  coperta  ^ 

E  ogni  alber  dafuoi  Jriitti  c^uajì  occulto^ 

V^eder  cozzar  monton^  uacche  mughiare^ 

E  le  biade  ondegg^iar^  come  fai  mare , 
J-Ior  delle  pecorelle  d  rozzo  mailro 

Si  ucde  d  lajìia  torma  aprir  la  sbarra^ 

"Poi  quando  mone  lor  colfuo  uincafiro;, 

IDolce  é  d  notar  come  d  ciajcuna garra^ 

JHorfi  uedc  il  uillan  domar  col  rafìro 

Le  dure 


DEL     TAEGIO.  ;? 

Le  dure  zolle  ,  hor  maneggiar  la  marra  ^ 
J-Ior  la  contadinella  (cinta  ejcalza 
Star  con  lacche  ci  filar Jotto  una  balza  ^ 

'Perjimtl  cagione  il  F teina Jì  ritiro  nel  fua  monte  iiec^ 
chio .  Il  Vico  della  Mirandola  habitaua  uolemi^i  mila 
villetta  Fcjulana.  Il  Sannazaro je  ne  (lana  al  ftamnorito 
l^avjllipo.  Il  medejimofcce  il  Bembo  ;,  ([ucl  inr^MÌo  fvn» 
te  dijcicnza.  Ma  pialleremo  naigli  ejjempijoìa^mite  da 
i  morti  ì  IVon  hubbiamo  noi  boQgidi  il  prudeniìj^o  S  * 
Gio.  i^ngelo  de  Medici  Cardinale  jamojijùnip  ^  C^ 
tetnpio  di  Santità  ^  religione  f  nelle  cui  lodi  non  vaglio 
entrare  al  preQnte^ potendo  pia  agevolmente  trovarne  il 
principio^,  che'ljìne:,  bajla^  che  in  vero  fi  può  ben  dtre^ 
ch'egli  fia  uno  de' primi  protettori;,  Z^  ferme  colonne, dcl^ 
la  Chrislianafcde.  Qjieslo  nobile;,  ^ generofofpirito 
anch' egli  è  fi  vago  della  villa;,che  nel  tempo  ;,  che  l'alta fia 
mente  da  luogo  d  i  pia  gravi  pensieri  ;,  lafcia  Melano  per 
godere  il  giocondij^imo^  anzi  beato  loco  di  Frafcarolo, 
ove  gli  antichi  marmi;,  lefuperbe  muraglie;,  lampiejlrade;, 
Je  vive  fontane^  anzi  lucenti  O"  pungimi  crijìaUr^  i  lieti  CT 
felici  giardini^  gli  ameni  Q^fultif^imi  bofchi;,  ravrafoave^ 
che  levando  la  rabbia  del  celejle  Cane  ammolhfcc  ilgravt^ 
G"  acuto  caldo  del  Sole  :,  quando  ritorna  ad  albergare 
col  fero  Leone  j  la  bella  vifia^  et  naturale  perfj-ettiua  del 

L     a        verde 


^^/4     LA     VILLA.     DIA. 

uerde  ^ fiji^ggi^tntc  colle :>con  tutte  altre  doti  della  l^a^ 
tura  e  dell'arte;,  che  defiderare  fi  pofpino:,  riempiono  gli 

JJ)ettatori  della  gratioja  mila  di  gioia;,  CT  di  meratiiglia 
infinita.  Qjn  uiene  ilfiggio  O' gran  T'atierna^Jiipremo 
Cancclliero  del  Sereni^.  Ré  di  Spaqna;,  CT  chiarifima 
luce  della  gloria  AI ilaneje  ;,  quejli  quelle  poche  hore^  che 
può  rubbare  da  gVtmportantifimifuoi  negotij  ^le  dtjpenja 
bora  nejtioi  uagbi giardini  di  Melano p  hora  nelfccondij^ 

Jìmojìio  cotado  di  Landriano,  et  più  nelVaprica  mila  della 

Jamofa  Canonica^  per  la  cui  uicinanza  il  Labro  et  JMon^ 
Zaje  ne  vano  tanto  altieri,  Qjjift^  luogo  è  fi  allegro  gio^ 
condo^  et  merauigliofo;,  che  quanto  fcrijje già  mai  la  Gre^ 
eia  ;,  er  P^oma  ^ delle  fiperbe  fabriche  ;,C^  de  ^li  ameni 
giardini  di  L^lcinoo^  di  i^\lante^  ©^  degli  antichi  Re 
di  Media  è  nulla  d  paragone  del  liUo>  <fy  ridente  col^ 
le  chHui  fiuede  ^  la  cui  uaghezz^  e  tale^  che  mifijlupire, 
quaVhor  di  lui  confiderò  laprefenxa  ^  Varte^gli  honori .  i 

Jrtitti peregrini^ gli  arbufcelli^i  fiori^Vherbe ;, gli  odori ^  i 
ben  mifuratifentieri  ^  l'acque  chiare;,  chef  orrendo  per  gli 
herbofi  calli  y  uanno  a  trar  la  fete  alla  ucrde  famiglia  di 
"Priapo  conffoaue  mormorio  ^  che  fanno  inuidia  ci  quelle  ^ 
che  in  Helicone  fono  tanto  pregiate  J'  ^^ pollo  CT  dalle 
dotte  for  elle. T  accio  le  folte feluc;,  oue  i  Satiri  et  Vani  con 
k  Driadi  fanno  lieti  d  cantare  i  pregi^  le  pompe  ^  CT  le 

ricchezza 


D  h  L      TAECilO.  ^; 

ricchezza  dell'ameno  luogo. Traccio  V herbe;,  le  radici;,  O* 
ìjrutti  portati  da  i  longhi  confini  di  Terfta;>  d^ndta^ZD"  di 
Libia-^i  quali  menano  felice  uita  tra  noi;,  no  temèdo  iljrcd^ 
dofpirito  di  u/TilmlonC;,  ne  la  mutatione  dell  aria  ^  cr  del 
terreno  *y  onde  chiaramètefi  uedc  come  la  natura  cede  alla 
indu/ìria:,  CT  per  longo  ufo  muta  copume.  Taccio  infinite 
altre  coje  degne  di  confideratione  O"  merauigliap  ehm  fi 
ueggono:,  er  coeludo  che  tanta  è  la  piaceuolezz<t  di  queiìo 
amenifiimo  colle;,  che  quelli  che  ui  uègonogli  fare  di  ueni» 
re  in  luogo  fimile  d  quello;,  oue  dicono  habitar  gli  animi  no^ 
firi  p  quando  partiti  di  qua  come  da  un  tempejlofo  mare 
arriuano  in  parte  ;,doue  fermati  ^  per  non  ejlenderfi  più 
oltre  ildefderio  loro;,  contenti  godono  una  tranquillità  in» 
finita.  Hor  doue  lafcio  il  mio  VadronC;,  CT  uertuofifimo 
Monfignor  Boromeo^Jf^ecchio  neramente  di  bontà  O* 
di  uertùt,  qucfi  alle  uohe per  ricreare  lanimo  affaticato 
udii  fiiOi  honoratfimijìudfj  C^  dfcorfi  di  cofe  di  gran^ 
didima  importanza  pluf  ia  Melano  per  andarfene  d  ui» 
fitare  la  Regina  del  laco  M aggiore  ;,  dico  K^rona 
contado fiO;,  CT  luogo  fi  ameno  ^  gratiofo  per  la  bontd 
dell  aria;,  per  la  uicinanza  dell  acqua  p<2"  per  la  ferii» 
litd  del  terreno^  che  la  bella  riuiera  non  che  di  Lario^ 
CT  Benaco  :,  ma  di  Vartenope  ^  C^  Gaieta  con  la  uà/ 
ghezz^f  del  lor  tnareThirreno  ^^  cmtinoua  uerdura 

Li     ili       di 


j^        LA      V    I   1.  JL    A  ,    U   I  A . 

di  aranzh  litnoni  et  cedri  :,  portano graJifSinta  imddia  alle 
fronde  del  ricco yfamofo:,  &  beato  I^er batto.  Ma  doue 
Cete  uoifirjnor  Gio  ♦  Battijla  Ratnoldo  Senator  merttij^i^ 
mo  f  a  udì  tocca  pur  di  honorare  (jueslo  TDialogo  del  uo^ 
tiro  alfutionatif^iino  Taegio  con  la  chiarezza  del  uojlro 
nome  ;,  d  noi  tocca  di  abbellire  c^uejla  fiia  Filila  ;,  anzi 
*Parnafo^  che  (Ite  Qfe  la  uojlra  modestia  cottjentep.  cìno  il 
dica  ^fipremo  ornamento  delfacro  coro  delle  Mujc:,  O* 
amictJ?imo  della  uilla.  hlor  nenga  il  mio  leale^jìnccro;,  et 
cortefe  Monjtgnor  Ennio  Riccio  meco  congionto  in  le^ 
gami  dWo  d amore,  O"  tale^  ch'ei  uiue  nel  imoler  mto^  O* 
io  neljìio  di  maniera;,  chejra  noi  due  fi  uerificano  ([uè  ner^ 
fi  d'I-Joratio  p  doue  dice  alJJio  amato  ^^ritio 
l  ciuel  ;>  che  limo uuole ^  e  laltro  ancora 
f^uol parimente  p  e  nega  ciò  ch\i  nega  ^ 
Efjendo  in  ambi  un  animo  fraterno 
E  uiuendojra  noijchictti  efinceri 
Si  come  puri  e  candidi  colombi  ♦ 

In  due  fio  honoratifimo  gètiVhuomo  è  ima  cortejla  in* 
•finita  puna  bontà  fondata  con  altifime  radici^  una  dottrina 
uaria  degna  neramente  d'huomo  noLilc  y  et  tutte  (Quelle  ho» 
fiorate  (^ualitdfipojjono  defiderare  ^  cpiefii  e  fi  amico  deU 
la  inlla:>chefouéte figge  la  città  di  Melano  per  andarfe^» 
ne  d  jy^illantefuo  feudo  p  Cr  loco  fi  piaceuok  p  Cr  orna» 

todi 


DEL     TAEGIO.         r? 

to  difuperhe  fibriche  ^  C^  delie afij?imi giardini  ^  (guanto 
altro fia  nello  (lato  di  Melano,  Tra  quejli  honoratiJ?imi 
perjòna^gi  uictte  il  cortcjh  C^  dottij^imo  Monfìrrnor 
Sfindrato  grande  O"  illujlre  Senator  di  Melano^  CT" 
rarijstmo  ej]  empio  di  uertiif  (incili  dopale  moke  cure^ 
che  ^li  apporta  VhonoKitiJ^tmo  grado  Jìio  lajcia  JJicjJe 
volte  la  città  per  godere  l'aperto  cielo^  ^  amenità  della 
J^lendidij^imi  mila  di  BellaJìo.JMa  douc  refla  il  dottij^i^ 
vtOy  CT* giudiciojìjjìgnor  Cejare  Simonetta;,  il  quale  con 
grandtj?ima  recrcatiofte  d'animo  conjuma  i  Giorni  Cuoi 
nella  piaceuoh  mila  del  Cajlellazzo>  douefra  infinite  co» 
je  degne  di  meraniglia:,  ha  d  più  bello  &  delicato  qiardi^ 
nO:>  duo  mi  uedej^i  mai.  P.  Deh  fé  non  in  annoia  ^  ditemi 
come  é fitto  quello  bardino,  J^ .  Il  loco  è  cinto  d'attor'^ 
no  duna pongettftma^Jvltay  CT  larga f  epe:,  la  civaie  noti 
Jolamente  lo  difende  dalle greggiC;,  CT  dalfiror  d\^ ^ 
(^uilone  :  ma  allajlagion  nouellayjjiargcndojoaue  odor  e  ^ 
allegra  d  ben  piflofentiero  ;,  CT  prejla  il  nido  d  nulle  tia^ 
gin  augelletti^  che  con  noue  C  dolci  rime  Varia  adolcen^ 
do  cantano  i  lor  c^mori.  Ejjo  ha  d'intorno  da  fe^^ 
per  lo  mezzo  in  molte  parti  itie  con  dritta  Taglione  fi  ben 
mifurate:,  C^'  a  dritto  occhio  tirate:,  che  effendopari  i  can* 
toni:,  O"  leficcic  uguali;»  l  occhio  al  mirar  non  nefente  of^ 
fifa  alcuna;,  ne  fono  kflrade  troppo  ampie  ^  ne  fretti/ti^ 


me^y 


rs      I^  A     V  I  L  L  A>   D  I  A. 

tm  i  mu  tali,  che  ben  confinno  al  delicato  giardino.  Valirt 
parti  poi  di  clucflo  piaceiiol  locoj  oue  deono  albergarci 
Jìori;>^rherbeJJtrgono(luadratc  con  uag^oaJpetto-^O* 
tra  lor  diftinte^  et  pari,  Longo  i  calli  y  che  iauolgono  in» 
torno  d  detti  iptadri  s'alza  la  palidetta  faluia ,  il  uerde 
rofmarinoj  Volente  fpigo,  il  iiago  mirto ^  il  crefpo  hujjoj 
il  tenerd  lenttjcojl  pongente  genebro;,d  parnafìco  alloro, 
Yhumd  corbaxzolo;,  CT  altri fUnili  arbiifcelli;,  che  ordina» 
tamente  pofliyO^  tenuti  ba/?t  dalla  maejlreuol  mano  del 
faggio  cultore  sferrano  tutti  i  jentieri  del  felice  giardi» 
no.  Il  camino  principale  ;y  che  parte  d  luoQ^o  in  croce:>è 
coperto  di  pergolati  di  nouelle  uiti^icui  lati  jono  cpiiaji 
tutti  chiufidi  rofai;,  Q^ gelfomini;>  che  fi  grande  C^ grato 
odore:  rendono  per  lo  giardino^  che  in  nero  parc;,  che  tèi 
fieno  tutte  lefpecierie  dcllOriente,  Et  le  flrade  fono  fi 
ben  difhCe  dal Sole^ che  dognhorajotto  odorifera  et  pia» 
cerni  ombra  fenz^  ^jpr  tocco  da  raggi  di  (Quello  ui  fi  può 
per  tutto  andare.  Le  piante  poi  fi)no  con  merauigliofo  or» 
dine  pofìe,  O*  di  ([uelh;,  che  fono  tanto  lodeuoli^che  Vaer 
noflro patifcono  cjuiui  né  grandtfitma  copia,  j  qiiiui  fono 
fenz<tfine  gVingeniofi  innefh  ^  che  confi  gran  memuiglia 
al  mondo  mofirano^  guanto fia  Vindufìria  d'un  accorto 
giardiniero,  che  incorporando  Varte  con  la  natura  fi  ;>  che 
damendnc  ne  riefce  una  terz<t  natura^  la  ([ual  caufa  ;,  che  i 

frutti 


DEL     T   A  E  G  I  O.  e^ 

Jriitti  fieno  iluiui piujap oriti  ^  che  ahroue,  v-^'  fftati  delira 
in  Ciapo  del  giardino  né  un  praticello  dipinto  di  milk  ua^ 
rida  di  Jìorh  oue  Vaurcjoaui  ^  cpiajì  Jra  lor  Jcherzando 
dolcemente finno  tremolar  le  tenere  et  minutijùme  hcrùct» 
tCp  O*  in  oltre  qiieflo  ameniJ?imo  prato  è  chiujo  intorno  di 
verdi  C^  mi  limoni;,  aranzij  ^  cedri;,  che  pendenti  ^frep 
chip  acerbiy^  maturi  haueano  i  pomi  loroinjìeme  con  i 
fuoijiori.T  accio  gli  odorati^pretiofi^  O"  rari  arbufcelli^ 

portati  fin  dalle  parti  d'India  ^  che  illijlrano  la  hellezz<^ 
di  c^ueflo  aprico  loco, Taccio  uno  ombrojop  CT  diletteuole 
boschetto p  oueforgerfiuede  il  drttttfimo  i^yfùete^  la  ro» 
hujla  (^uerciay  Valto/raj^inop  il  nodorojo  cajlagno^  lecceU 

jo  pinop  Vombrojo-^ggiOp  il  Jragde  tamarijcop  Vincorrut" 
tibdtigltap  lOriental palma p  il  fiinebre  ciprejfo^  il  durif 

Jimo  corniOp  Vhumil  falcio^  VameniJ?imo  platano ^  CT  altri 
bellifmi  alberi^  i  quali  non  fono  fi  dfcortefi^  che  con  le  lo» 
ro  ombre  uieténo  del  tatto  intrar  i  raggi  del  Sole  nel  bel 
bofchettOp  anzi  l'herba^  che  neper  dètroper  diuerfepar'^ 
tigratiofamètegli  riceue,  Quindipoi  nafcono  diuerfe  ma^ 
nieredi  canti  d uccelli;,  i  quali  fi  dolcemente  cantano^  che 
mentre  Vhuomojla  intento  alla  loro  harmoniajj^ejje  fata 
non  s'accorge p  chel  loco  épienojorfe  di  mille  varietà  d'w 
nimaluli  accio  mille  rijpnfli  recefi  dellamenifimo  giar^ 
dinop  intorno  al  quale  acanto  allafiepe  con  foaue  mormo» 

M       rio 


rio  dtfcorre  un  rujcello  d'achilia  procedente  da  una  chiara 
■fontana;,  che  forge  nel  mezzo  d'una  grotta^  che  giace  dal 
canto  fini  flro  del  giardino  ^  CT*  dell  accana:,  chefaprabon^ 
da  dal  pieno  della  fontana;,  parte  attornia  il  giardino  ;,  ZT 
parte  intra  in  una  belltf^ma  pefchiera  intorno  cinta  di 
iiogQ-ioli  di  marmo  bianckij^mo^  CT  ornata  di  merauigho» 
fi  intagli ,  marmoree  figure^  CT*  infinite  belltfime  unti» 
chaiej  che  par C;,  chejliano  d  contemplar  la  uaghezz<^  deU 
la  notabile  pefchiera  t^  oue  fi  ueggono  i  pejci  tn  frotta 
andar  notando;,  C?"  talhor  fguizZ(^ndo  ufcir  agalla  ^  CT* 
Vaccina  è  fi  pura^  tran^uilla^  CT  chiara^  che  gli  occhi  c/e 
riguardanti  fenz^  impedimento  alcuno  mirano  la  diuerfttd 
delle  pietruzz^^  che  fono  al  fondo  '-^  C  lejiatucj  che  fono 
intorno ;,come  in  un  ben  polito fpecchio  fi  ueggono  parimen 
te  nellaccluai^  ondHo  ui  prometto  e  giuro  ^  che  alcuna  uolta 
nel  nafcere;,  ^  tramontar  del  Sole^  ho  uiflo  cofefi  belle ^ 
CT  merauigliofe  nella  detta  pefchiera ;,  che  mi  parea  uifp 
fé  un  altro  mondo  *y  ^fi  dolce  m'era  ([ueflo  errore^  che 
non  uè  certezza;,  che  l'^ggf^a^J^<^fJ^*  Taccio  infniti  altri 
miracoli  di  cine  fio  loco  \  Et  fé  non  foffe^  ch'io  non  uoglio 
mefcolar  le  fiuole  col  tieroj  dirrei^  che  cpuiui  :>  CT  non  in 
Cipro Joffe  il  regno  di  f^enere  ^  CT  delfuofigliuol  Cu/ 
pidot^  ([uiui  ogni  cofa  ridcp  C?"  e  ripiena  d'amore  y  di  gioia, 
er  diìlupon^'y  c^uiuifempr  e  fi  ueggono  nuoue  merauighe  et 

piaceri^ 


DEL     TAEGIO.  69 

piaceri.  Ma  eh  piti  ;,  (J^mi  ijiori  CT  l herbe  nonfolamen/ 
te  dilettano  qli  occhi  corporei  dejjiettatori  ^  ffia  d'un  foa^ 
ui/^imo  cihopajcono  ancora  cptiegli  della  mente  ^  perciò  che 
dentro  de  quadri  fi  ueggono  di  belhj?tme  impreje  con  motti 
Viotto  arguti j  CT  ingenioji*^  O"  cofi  quelle  come  cpie/ìijo^ 
no  compo/ìi  dijìori,  CT  di  minute  ber  ietterai  che  bijogna 
ben  chejìano  ddigenti  quegli  occhia  che  per  f]iejJo  ^  ch'ini  Ji 
torni  non  ritrouinojempre  cojè  noue;,  CT*  degne  dicovjide* 
ratione,  JDi  maniera;,  che  ragioneuolmente  a  que/ìo  ame» 
mJ?imo  giardino  ceder  deonogli  horti  dellHcfJperide;,  et 
di^^donip  et  infua  lode  J])argerji  dourebbono  tutti  i  pia 
purgati  inchio/Jri.  P*  J^oi  hauete  detto  di  gran  coJe\  ma 
(^  come  fi  dice')  mi  dubito  ;,che  non  fiate  Jlato  per  un  porro 
dfare  un  bel  mazzo  :  ma  (Jè  non  uincrefce^feguite  d  dir» 
mi  quali  fieno  quegli  huomini  diJpiritO;,  che  lafcino  le  citta. 
per  le  uille.  J^ ^  Qonofcete  il  S,  .Aurelio  Cattaneo* 
"P.  Conofcolo per  un gentiliJ?imof^iritO;>et  huomodibuo» 
ne  lettere,  T^ ,  hlon  ne  lafcia  egli  la  città  di  Milano 3 
doue  puojlarjene  agiatamète^per  uiuer  nella fua  amenifi^ 
ma  uilla  di  Cernujchio,  Et  che  dirò  dt  mejpr  Gio^^^m* 
brogio  Monetai^  Ferrante:,^  Lodouico;>frateUi^  i  qua» 
li,  mercé  di  quegli  animi:,  chef  per  tempo  hanno  dato  luo» 
go  d  i  maturi  Z^fintipenferij  lafciandogli  amori?  le  fi* 
Jie^  e  i giochi;,  che  la fcapeflrata giouanexz<t  porge  innan» 

M     il       zid 


70     LA     VILLA,     DIA. 

Xiii  vìi  altri}  nella  pidceisoliiilla  di  V onte  di  Seufiapaf/ 
tendono  d  ([uella  nera  FiIofoJìa;,che  non  s'innalza  con  men 
tite  penne :,  ne  s  aggira  per  le  uaniui  delle  inutili  qiieflioni  5 
ma  con  certi?  &  jiiati paj^t  nefcorge  allajalute .  Che  di^ 
remo  noi  di  Monsignor  Giulio  Simonetta;,  chiarìj^ima  hi» 
ce  della  gloria  Italiana ,  non  lajcia  egli  jouente  la  citta  di 
Melano  per  goder  la  dolcij^ima  compagnia  d'^^ pollo ^ 
Cr  delle  JMiije  ncllamena  etfiltcifstma  mila  di  TorefeU 
lardone  egli  per  lajoauifd  della  do  trina  :>^  candore  deU 
la  elocpienzafua  c/pejje  iiolte  uifitato  da  i  dotti  ingegni?  et 
pellegrini  giudici). T>oue  lajcio  il  gentil?  cor  teje  et  uertiiojo 
Jìgnor  Felippo  Rainoldo*y  d  ([uale  nella  cognitione  della 
buone  lettere  non  folo  contende  con  la  gloria  degli  antt/ 
chi  j  ma  poggiando  per  le  1  or  pedate  é  pervenuto  d  tanta 
altezza  di  lode^  V  honore?  che  fé  gli  lajcia  d  dietro  ; 
(jiiefli  è  Jì  amico  della  dolce:  libertd  della  uilla  ^  che 
fi  come  il  Sole  co' r aggi  jla  in  terra?  non  partendofi  dal 
cielo ?coJì  e^lifta  co'penjìeri  allajiiajàuorita  uilla  di  Mo» 
nato?  non  partendofi  dalla  cittd  di  Melano  Jn  (pieslo  nu^ 
nterouiene  il  Jìgnor  Camillo  Cafligltone  Jpecchio  della 
prudeza  M  ilanf:,il  cpiah?tutto  che  Ihonoratifimogra'» 
dojuo  Io  tenga  occupato  in  un  cupo  pelago  de  negoCì)?pur 
robba  cpialcbe  bora  per  goder  un  fio  amenifimogiardinoj 
e  ha  poco  difcoflo  di  Melano.  Ver  che  taccio  ilgenerofo^ 


DEL     TAEGT  O.-,     y^ 

O*  magnammo  Conte  Lodouico  Secco^  il  (^uak  e  fi  vago 
della  mila:,  etjludio  dille  belle  lettere  cotato  amiche  del  Ji» 
lentia  delle  campagne  :>  che  Jpejje fiate  abbandona  M  cla^ 
neper  la  fua  ameniftma  mila  di  F^tmercato  ?  In  ([ttcjla 
nobile  compag;ma  mene  il  uertuoJij?imo fignor  "Pomponio 
Cotta:,  hiceniij?,  lume  di  dimnità  ;,  il  quale figgèdo  talvolta 
dalle  noioje  carceri  di  JM ciano  ^  hor  cerca  nelle  jolitudini 
della  fi ^  mila  di  V^arè  di  perder glialtri  huominiper  ri» 
tr Oliar  fé  Jlejjo:,  hor  fi  dà  alla  caccia  ^  hor  al  legger  cofe 
appartened  all'agricoltura:,  et  quando  aljSr  dipingere  im^^ 
prefe  con  motti  tutti  pieni  dij^irito  et  argiitia;,  che  al  mon^ 
do  fin  chiara  fede  della  bontà  del  fio for  ito  ingegno'^  O" 
fa  le  mirabili  pitture;,  che  uifonO;,fi  iiede  lalta^  et  incom^ 
parabilefbrica  del  merauigliofo  theatro  dcireccellentifi^ 
mo  Giulio  Camillo)  doue  egli  con  longa  fatica  nelle  fette 
fpraceleiìi  mifure  rapprefntate  per  liftte  pianeti:,  tra» 
uò  ordine  capace ^  bafante:,diflinto^  et  tale?  che  tiene  fem^ 
pre  ilfenfofuegliato ,  GT  la  memoria  percoffa  ^  <f^fd  non 
folamente  ufficio  di  confruarci  le  affidate  cofe ;,  parole? 
CT*  arti?  che  a  man  faina  ad  ogni  noflro  bifog^no  Ci  pojfa» 
fio  trouare^y  ma  ci  da  ancora  la  uera  fapientia?  ne  i  fonti 
della  quale  ueniamo  in  cognitione  delle  cofe  dalle  cagioni^ 
^  non  dagli  effetti  P*  Fra  le  notabilcofe  ^  che  dette  mi 
bauetedi  hauer  uifio  nelle  uilledauoi  nominate  ?  quefljo 

M     Hi       artif/f  ^ 


7c       L  A     V  I  L  L  A,   D  I  A. 

ardjiciojo;,  mirabile  p  C^  dwitio  trovato  di  Giulio  Camillo 

ottiene  il prittcipato^y  ma  (Je  per  corte fia  mi  concedete^  che 

Jìjìccia  una  breue  digreJ?ione^  uorrei^chc  con  uno  ejpm» 

fio  pili  chiaramente  mi  cjjmmejle  Vultimo  effetto  ;,  che  dite 

fire  (^ueflo  tanto  celebrato  ^  jamofo  Theatro.  J^ ^  L\^ 

Jlejp>  Giulio  Camillo  ui  rijponde  cojt  dicendo.Se  noiJvJ?i» 

mo  in  un  gran  bojco^  ^  haueJ?tmo  dejìderio  di  ben  ueder^ 

lo  tnttO:>  in  cpuello  jlando  ^  al  desiderio  no^ho  non  potremo 

Jodtsjare  :  percioche  la  uifla  intorno  uolgendoy  da  noi  non 

fé  ne  potrebbe  uedere^Je  non  una  piccola  parte  ^  impeden» 

doci  le  piante  circonuicine^  il  uedere  delle  lontane  t  ma  fé 

uicino  d  cpuello  tnfife  un  erta;,  la  quale  ci  conducete foprd 

un  alto  colle ^  del  bofco  tfcendo,  dall'erta^  cominciaremo  d 

uedere  in  gran  parte  la  forma  di  quello  ^  poifopra  il  colle 

if cefi  ;,  tutto  intiero  il  potremo  rafjigurare ,  Il  bofco  è 

queflo  noflro  mondo  infhriore^  Verta  fono  i  deh  j  CT  il 

colle  ilfpracelefle  mondo.  Et  d  uoler  bene  intendere  cpie* 

(te  cofe  injiriori:,  è  necejjario  di  afendere  alle  fuperiori^ 

CT*  di  alto  in  g-iu  guardando  di  cpief  e  potremo  hauere  più 

certa  coqnitione.  V,  Gran  cofe  in  nero  fi  contengonofotto 

la  granitica  di  queflo  Theatro  :  ma  perche  gli  occhi 

del  mio  intelletto  non  pojjonofo-^erir e  la  luce  de  i  diuini 

concetti  di  Giulio  Camillo^  uorrei^  che  tornando  al  uojlro 

f^ropofito  perfeuerajle  nella  nominatione  di  quelli^  ch'ama^ 

noia 


DEL     TAEGIO.  7} 

fto  la  dolaj^ima  lihertd  della  uilla,  P^ .  i^pprejfo  il  mio 
dolcij^imo  S.  Vomponio  Cotta  viene  il  ^entile^  cort:j}^  O* 
amoreuok  S.  Iacopo  Felippo  Scrcgno^di^iutle  con  lo 
JJdendore  della  prejenzajua  /J^eJ?i/^inte  volte  tllujlra  la 
florida  uilla  di  Caponago,  Quello  ijleffofì  il  mio  ca^ 
roj  CT  dolce  S,  Girolamo  da  Elio  con  lafuajàuorita  iiiU 
la  di  I^iguardd  ;  Et  (guanto  credete  uoi  che  fiano  amici 
della  mllaj  il  S.  Vietro  i^ntonio  Chiocca^  O*  ilS.Fer» 
rame  d'<^  da^fe  Jèquejirati  dalla  Jrec^iientia  degli  huo^ 
ntini;,  et  tumulti:,  che  fono  nelle  cittd^je  nejlanno  continua^ 
mente  in  uillaMtj, perche  lafcio  d  dietro  ilcorteJe,et  amo» 
reuole  Monjìgnor  K^ntonello ^^^rcimholdo^il eguale 
gran  parte  della Jtia  uita  conjiima  in  uilla'^  neji  de  tacer  il 
S*^^lejj andrò  Viola;,  che  tutto  cj^uel  tempo ^che può  ruh» 
bare dajuoi negocvj  lo difpèja ne' piaceri  della  uilla  din» 
zago.  Et  quanto  douemo  noipenjar^  che  ila  ardente  Vani» 
mo  del gentiltj?imo  S.  Gio,  "Paolo  Cafato  ne' piaceri  della 
mila;,  s'egli  ha  pò  fio  tutto  il  ripojo^  C^  tutto  il  contento 
dell  animo  nel  goder  fi  la  piaceuol^ima  udla  di  Roiecco^ 
l^otrei  addurui  lejjèmpio  delgenerojo  S^  Pietro  IVoua» 
to^  della  cui  uertute  mijì  di  me éìieri^  ch'io  taccia;, per  non 
dir  daltofoggettOj  ^  roco^  O*  poco  ;  que/li  è  tanto  ami» 
co  della  uilla ^  che  jolamente  mette  à  conto  di  uita  quegli 
annip  chejlando  ne Juoi  poderi^  trapajja  con  molta  fa  Jò* 

disfittionc^ 


74     t  A     V  I  L  L  A>   D  I  A. 

disfattione^Votrei  qiieflo  ijlejp)  dirui  del  S.  Enea  Tor^ 
inello  acadcmico  pa  flore;»  alia  ad  zampognila  più  d gloria 
mi  terrei  di  poter  metter  la  bocca;,  ch'alia  Tibia  di  'PaU 
ìadcyper  cui  Vinfolentc  Satiro  con  fuo  danno  prouocò 
L^pollo<  Ma  dono  rejla  il  nobile  ^  uertuofo  S.  Gio, 
Francesco  T orniello  Giureconjidto  eccellett/^imo^  il  qua* 
hj  come  Jì  può  sbrigar ;y  6 per  dir  megltOyjar  un  poco  di 
trecrua  con  i  negocij;,  che  cpuaji  continuamente  lo  tengono 
occupato  in  NouanXy  per  rifJKtto  del  fuo  bonoratifmo 
gradone  nefiigge  ali  aprico  ;,et  filicijùmo  colle  di  V^er^ 
gano^  doue  con  qran  trancpiillitd  d'animo  gode  la  libertà^ 
C7*  i  piaceri  della  uilla  f  Che  debbo  dire  del  giudtciojo  Zfy 
amoreuok  S .  Camillo  GallaratO;,  il  quale  col  corpojld 
in  jN Oliar  a:,  CT  con  la  mente  uà  Jilopfindo  per  li  ripofli 
lochi  del  monte  Varnajo  f  Et  perche  non  illuflro  il  mio 
ragionamento  con  lofplendore  del  chiaro  nome  della  Si,^ 
gnora  Vaiolante  Sforza;,  la  quale  tra  le  donne  è  un  Solc^ 
the  con  la  uertu  de  ragghi  jJwi  accende;,  C^  infiamma  ciaf 
cuno;,  che  per  fa  buona  forte  lauede  a  nero  defio  d'hono» 
re\  quejìa  genero ja  TDonna  è  fi  uaga  degli  hone/li  dipor» 
ti  della  uilla;,  che Jpejfe  uolte  lafcia  M elano  per  uiftare 
gli  ameni  giardini  di  Caranaggio.  Dopo  lei  uiene  la  nobi^ 
Itftma:,  ^  magnanima  Contejja  Mafimigliana;,  la  qua^ 
h^mtìjcom^  donna  j  m^t  come  cofa  non  mortale  riuerir  fi 


DEL     TAEGIO.  jy 

delie  5  predo  eh  ella  di  nera  rehqione  ornata  e  tutta  piena 
del  titnor  di  DiO;,  CT  o^nijita  parola  :,ge/lo^  ^  atto  è 
chiaro  te flitnonio  dt  jomma  mode fiiUjZfT'  di  quella  tanto 
lodata  honeilàj  che  tra  le  uertù  delle  donne  ottiene  il  pri^ 
mo  loco)  Qj^ejla  miracoloja  donna^  perjapere  quanto fia 
accomodata  la  uilla  all'altezza  de  jiioijanti pejieri:,et  qtian 
to  Dngegno  juegliato  dal  locojjnnga  gli  fjnrti  generoji 
alla  cotempla(ione;,Jonente  cangia  Melano  colfuo-jilicif?^ 
Cujago  .  Hor  doue  lajcio  l  honoratijlima  S  •  Gineura 
Bètiuoglia;,  che  in  compagnia  di  Diana^  CT  delle  cajle  fue. 
ìtinjvper  collie  piaggie;,  uallij  ^  bofchi  uà  tutto  difeguen» 
do  le  figgitiueJiereflVefi  de  lajciar  d  dietro  la  dtuiniCsi^ 
ma  Caualliera  F^tfcontc  C^  Fiejca;,  rarijsimo  ef[empio 
di  hone/ldycon  la  quale  coronando  et  adornando  lincom» 
prenfibde  bellezza  fia;>  che  dal  uoltO;,  dalle  parole :,  O" 
dalle  maniere  fiilgentifsima  jjdende  :>  rende  felice  que/Ia 
nojlra  etadet^  CT  d  quelli;,  che  hanno  fi  fir  te  intelletto:,  che. 
non  fi  abbagliano  nellojjìlendore  delle  uertù  CT  bellezze  ^ 
che  fono  in  lei,  fd  palefe  quanto  in  donne  pojja  porre  di 
perfcttione  la  natura  ♦,  Et  per  che  ^  come  buona  moglie  ar^ 
de  nella  uoglia  delfuo  amatfsimo  conforte  agghiacciando 
ne' propri/  alfetti:,conofcendo:,chel  magnammo  CauaU 
Itero  F^ifconte  è  molto  uago  della  caccia  ^^de  qli  altri 
bonefli  trajlullt  della  mila  p  anch'ella  uuole  ciò  cliei  uuole*y 

N       ^lufcia 


7^     LA     VILLA,     DIA. 

Cr  lafcia  uohntieri  Melatio  per  goder  infieme  con  ejjo 
lui  VatneniU  della  jilicij?imct  uilla  dt  Groppello  t^  ne  di  ciò 
mi  merauigliOy fendo  ella  un  ricchifmo  CT  abondantì/?tmo 
Jvnte  d'ogni  uertih  CT  per  ejjer  nata  CT  nodrita  nello  alle^ 
groyJiorUO;,  QT  bea.tiJ?uno  colle  di  Crauacuore  ^  doue  la 
bontà  deWaricty  lo  perpetuo  uerdeggiar  delle  cofliere^  la. 
uagbezx^  di  fiorii  la  uiuezz^  de  jontij  lombra  delli  bof^ 
chetti:,  la  piaceuolezz^  delle  grotte^  il  refrigerio  deWau» 
ra^  il  mormorar  delVacc[ue:>  il  lamentar  de  g^li  uccelli;,  con 
infinite  altre  cofe  jirftiliyferbanofempreQ^giouanij^O' 
lieti  gli  habitatori  del  flicifimo  colle  j  CT  per  me  certa^ 
mente  metto  folamente  d  conto  di  uita  quel  tempo ;,  che  (gid 
fug-gitoper  le  guerre  ^fletti  nel  caf  elio  di  Crauacuore  in 
compagnia  del gentilif^tmo  et  uertuojìfimo  S.  "Pietro  Lu^ 
ca  FiefcO:,lucentifimoJ^ecchio  di  diuinitd;,^  huomofi 
amico  della  quiete  della  uilla  ;,  che  lafcia  laforidtfima  cit' 
td  di  Genouaper  uiuere  nelfuo  piaceuolcj,  et  non  mai  d  ha* 
flaz^  lodato  colle  di  Crauacuore.  Et  perche  taccio  la  bel^ 
lifima  O'  hone^tftma  S.Fauflina:,chefu  moglie  delibo^ 
noruta  et  felice  memoria  del  S.Feltppo  Sacco  Vr efidente 
delleccellètifimo  Senato  di  M ciano ^  quejla  rara  QT'glo» 
rio  fa  donna  il  più  del  tempo  fé  nefla  in  una  fua florida  O^ 
Jplèdidfima  uilla\  doue  ha  un  belhfimo;,  et  mirabdegiar* 
dtno  copiofo  di  pellegrine  piante^  0^  pretiofiforij,  che  da. 

ma 


DEL     TAEGIO.         yr 

urta  chiarij?ima  fontana  per  ditierjì  rujctlli  uègono  bagnai 
uMt  perche  pajjo  confikntio  la  bella  ^  leggiadra  C^  «er« 
tuofij^ma  SJfabella  P^ijlarina  ^  nella  (^uale  rijj^lende  un 
ramaio  di  diuinitd  j  onde  non  jolamente  cpiahmche  gran 
donna  de  noftri  tempi  ^  ma  ciajcuna  delle  antiche  Q  al  giii^ 
dicio  mio  )  agguaglia  di  ualore^  bellezz^^-)  CT  leggiadria^y 
qiiejlajapendo  quanto  meglio  l  ingegno fiorifca  nelle  jio^ 
ritc  CT  apriche piaggie:,  che  nelli  chiufi  alberghi  delle  cit^ 
tdj  buona  parte  dell'anno  dtjpenja  nelle  jìie  amenij?tme  uiU 
le.T accio  la gentilij?ima  S.Giouanna  de  Bojij :,che  ogni 
anno  lafcia  la  citta  di  t^igeuano  per  uenir  in  compagnia 
del  Jtio  dolctjsimo  conjorte  d godere  Vamenitd  della  gio^ 
conda  O* gloriofa  uilla  di  Robecco,  Taccio  la  nobiltjsi» 
ma  O"  uertuojifsima  S.V^ittoria  K^madea^  O"  QriueU 
lai^  la  quale  parte  dell  anno  dtj^enfa  nella  uaga  etgratioja 
uilla  d  Imago  infieme  colfuo  caro  conforte.  Taccio  Vho<» 
noratijsima  C?*  ualoroja  S.  Bianca  Vanfana  C  arcana;,  la 
quale  coljuo  amatissimo  confortejpende  la  maggior  parta 
del  tèpo  nelfuofiuorito  Tajerra^  CT  amenijsxolle  della 
Tieue  d'^^nzino^y  ouefi  ueggono  merauiglie  injìnite;,  O* 

Gratie^ch'd pochi  ti  del  largo  de  flina^ 
Taccio  infinite  altre  Illufl.  belle;,  er  honefìfsime  donne ^ 
che  nominar  potrei '-i  le  quali  fono  più  amiche  della  quiete 
della  uilla^  che  del  romore  della  cittd;,  er  uengo  algiudim 

iV    a     ciofo 


78     LA     V  I  L  L   A.     D  I  A. 

ciofo  S,FranceJco  Suoli  ^  ilcluale^  oltre  Ve(Jer  noùthfsi/ 
mo:,  Cr  de  ipiu  chiari  lumi  della  fta  patria  ^  tale  fi  dttno^ 
Jlra  ttefioi  componimcmi  tutti  ripieni  di  dottrina ;,  di/Jnri= 
tO;,  C7*  d" artificio ^  che  non  è^  che  non  prezzi  :>  O"  ammiri  i 
pretiofi  frutti  della  fia  dotta  penna  ^  ^uefii  anch'exit  lajcia 
Jpejjejìate  i  lajciui  amori  delle  città  per  trajlullarfi  in  uiU 
la-i  (pi^i^io  co  libri ,  C3"  quando  con  la  caccia.  Ma  voi 
Monfignor  Tcrracina;,  douejete  ì  d  noi  piace  pur  lajo» 
ìitudtne  delle  campagne^  d  noi  diletta  pur  la  coltura^  C?* 
R)lendtdezz<t  de  giardini^  ^  duoi  le  fiere  Mujeprejla^ 
no  pur  i  calami  jiioi  bagnati  ne  dottipimi  inchio/lri^che 
Cogliono  temprare  nell  acque  Cajlalie;,  quando  dalle  lor 
•Qticbe  uengono  ajciugati)  CT  chi  m'allontana  dalla  memo^ 
ria  lofuegliato  ^  pellegrino  ingegno  del  S.  Giulio  Cla^ 
ro grande  CT  iWtjlre  Senator  di  Melano y  ornato  di  bel' 
Jif^ime  lettere  ;,  ZfT'  huomo  tanto  uniuerjale ,  che  quegli^ 
che  leggono glijcrittijiioip  dubitano  s'egli  più  Jtlojojojìa^ 
che  oratore;,  pia  l^g<^tjl^:>  che  mathematico  ^  più  mathema^ 
tiC0:>  che  naturale^  più  naturale;,  che  theologo^  più  theolo^ 
gOy  che  profeta  :,QrJinalmente  più  projvta.che  miracol 
di  natura  ^  quefli  anch'egli  è  tanto  amico  della  uilla  y  che. 
buona  parte  deWanno  uiconjumerebbeyje  nonjvjje  l'impe» 
dimento  deljùo  honorattjsimo  grado ,  Et  perche  non  uiene 
in  compagnia  di  que^ijpiriti  generojl  Vhonoratifsimo  CT 

diuino 


DEL     T   A  E  G  I  O.         79 

diuino  S.  Gabrio  Vanigaroìa^Joggetto  da  fcancdr  tutte 
h  dotte  pene  de  i  più  pregiatijcrittori  ^  (J^uesìi  con  una  mi» 
rabil  uaghezxa  dì  parole^  V*  regal  ntae/ìd  dijententie^ 
pajjando  per  tutte  le  me  degli  Immani  ajfetii ^  con  piaceuol 
mouimento  C^  dolcezza  in  maniera  fé  tnjignorijce  delVaU 
trui  uoclie^  CT  reQ;ge  il  freno  de  gli  animi  noiìri;,  che  jS 
Jltipir  il  mondo  con  lagranfrza  della  fua  fltce  lingua^ 
qtiefli  ancFegli  è  fi  uago  de  i  piaceri  della  uilla;>  CT  de  i 
giardini;,  che  dallo JjAendore  C9"  uaghezz<t  de  fioi  ameni 
poderi;,  ben  fi  conofce  (guanto fia  rara  la  ballezz^  dellV^ 
nimofio.  Hor  uenga  il  Conte  Girolamo  Grotto  GauaU 
Itero  honorato^  Giureconjldto  eccellente^  oratore  meraui* 
gliofo;,  ^  illiijlre  agricoltore*^  (^tiefli^ nella  fua  bellifsima 
uilla  di  Robbio  ha  fitto  jar  giardini  delicatifsimi^doue 
Jpiegatefi  ueggono  tutte  le  pompe  della  nobile  arte  della» 
gricoltura.  Ma  che  dirò  di  uoi  S.  ^^nnibal  carro ^  che 
per  le  merauigliofe  uojlre  qualità  in  luogo  d'incenfi  meri/ 
tatefempre  ifoauijsimi  odori  di  cptie  fiori;,  che  tutto  di  co» 
gltono  le  dotte  ninfv  nellafommud  di  Varnafoyd  uoi  piace 
purfommamente  la  liberta  della  uilla  ^  come  quella^  che  è 
molto  più  atta  olii  uo/lri  honoratifimijludij  pche  la  feruta 
tu  della  città.  In  queflo  numero  uiene  il  S.  s^ le jj andrò 
'JPiccofominiflofJo  eccelld  qual  copofe  la  maggior  par» 
te  delloperefue  in  uilla^  V  in  quel  fio  felle  e  C^  tanto  me» 

iV     i  i  i       ntuigliofo 


80       LA     V  I  L  L   A,   D  I  A. 

rauigìiojo  giardino  di  Siena;,  delcluak  éfj)iirfa  la  fitna 
fer  tutta  Italia,  Mot  uenga  il  diuimJ?mo  S.Spron  Spro» 
tii^  il  quale  in  fi  fitta  maniera  Vanima  dejuoi  uaphi  C  Jor- 
ti  componimenti  toglie  da  ijacri  finti  della  filosofia  ^  CT*  il 
corpo  da  i fioriti  giardini  della  poefia^,^  dell  arte  orato^ 
ria^  e  he:, fi  (come  dice  Vithagora^  Vanirne  nojlre  jPW/^* 
ro  dullun  corpo  aWaltro  dirrei  ^  che  TDemoflbene;,  Cice^ 
ronep  Homero^  GT  P^ergtliofijfiro  tutti  infiieme  in  lui, 
ferlamerauigliaoche  dà  al  mondo  dellaltezza  del  fio 
diuino  ingegno  ^^  quefli  anclngli  è  tanto  amico  della  uilla, 
che  niente  più .  Ma  perche  pajjo  confilentio  Veruditi/ìtmo 
S.Claudio  Tolomeiy  il  cjuale gran  parte  dellannofieqtte^ 
(Irato  dalli  romori  delle  cittd;>fie  ne  gode  ilfilentiO;,  (^fi* 
Ittudine  della  uilla;^rinfirzando  la  fua  uecchiezz^  con  lo 
accrefier  de  i  beni  dell  animo,  Hor  douefite  noi  il  mio  S^ 
Giofippe  Bettufi,  noi  chiamo  in  te/limonio  delVamicitia, 
che  fii  fcmpre  tra  la  uilU;,  CT  la  uita  contemplatiua  ^  noi 
prouate  pur  tutto  di  cpttantofiia  dolce  la  liberta  delle  cam* 
pagnc;,  ^fioaue  lojìudio  della filofiofia.  Ma  doue  rejla  il 
dotto  C^  ualorofio  S*  Conte  Clemente  da  "Preda:,  il  (puah 
èfii  uago  della  uilla;>cha  lafiiato  Melano :,Z^  Vauia^per 
andarfine  d goder  gli  ameni  colli  di  Firenze  in  copagnia 
del  dottifimop  <D" ficondifiimo  S,  Lodouico  Domenichi:,  il 
(jiiah  s'è  procacciato  uita  dopo  la  morte  con  Vanima  degli 

inchioflri^ 


DEL     TAEGIO.  gt 

inchioflri,  CT"  con  loj^irito  delle  penne  ^  ne  manca  tutto  il 
giorno  di  Jìr  cojè:,  che  al  mondo  janno  chiaro  te  fiimonio 
della  finezza  ddjiio  ingegno ^^  danno  altrui  f)iutoflo 
caujk  dt  werauigharj'h  che  ardire  di  poterle  imitare*^  c^ue^ 
ìli  anch'egli  è  molto  amico  della  uilla^  et  ddiallegria  delle 
campagne  ♦  Et  perche  taccio  il  nobile  :,  C  gentilipma 
lylonjtqnor  Landriano  con  lajtja  tìuorita  mila  dt  F^idi* 
golfi:,  doue  ha  un  florido  O"  incomparabde  giardino^  nel 
quale  oltre  l'altre  infnite  merauiglie^  ehm  fono  ;,  in  mez/ 
zo  duna  bellif^ima  pefchiera  giace  una  fi  molle  y  delicata^ 
^  piaceuoleifoletta:,  copiofa  d'aranzh  cedri;,  O"  limonh 
CT  ripiena  di  diuerfi  ^  CT  manfueti  animali  ^  che  ragione^ 
uolmente  alla  uaghezza  di  lei  ceder  dourebhe  la  bella  ifo* 
la  di  Citharea:>diColcO:,d7thicaydiOgigia:,di  Baia^ 
d*^ndro  ^  di  Cipro  :,  d  Fatica  ;,  di  Etalia  >  di  Leno^ 
d'IJchta^  con  quante  altre fimofe  i  fole  furono  maiìEt  per^» 
che  non  fi  mette  in  queflo  rollo  il  diuino  ingegno  del  mio 
S.  .Antonio  ì^olpe y  il  quale  ha  con  la  dottrina  delle, 
buone  arti  accompagnato  ti  conofcimento  delle  poetiche ^  et 
oratorie  dtfcipline  in  fi  fitta  maniera;,  che  non  uè  huomo^ 
per  dotto  ^ficondo;,  ^giudiciofo;,  che  fa,  che  fi  bene^  co» 
me  eglh  Ihumtli  cofe  alzando^  le  alte  abbacando  ;>  le  lafci» 
uehonejlandoy^  allelieui  dando  grauita^  i  fuoi  concetti 
fp^^g^>i":>  ^we/?/  qualhorfi  tregua  con  leficendefuefi  ritira 

in  udla 


gì      LA     V  I  L  L  A>   D  I  A. 

in  tiilla)  oueramenfe  al  Jamojo  mufeo  della  fzlice  memorici 
del  dottiJ?mo  Giouio^  CT  qiiiui  (  con  gran  ([uiete  d'animo) 
Ce  ne  gode  i  piaceri  della  uilla.  Et  dove  rejlalojuegliato^ 
raro^  CJ*  dtiiino  ingegno  di  Alonji'gnor  di  Brera;,  il  t^io» 
uane  dico,  il  ij^uale  ne  iprctiojijrnttt  deljlio  pellegrino  in» 
gegnopCon  una  jior ita  V rimaneva  di  parole  JcieltepO* 
con  iinfruttijiro  ^^futonno  di  leggiadri  cocetti  p  uà  fi  ben 
tejpndo  rutile  col  ddettO:,  cb'ei  uiuerci  immortale  nella  ///e- 
moria  degli  huomini  ♦  CT  tuttO;,  ch'egli  habbia  nel  più  alto 
loco  deWanimaJìia  la  deità  di  Vallade;>  uonjìjcorda  però 
di  Diana  j  in  compagnia  della  q^uale/pejje  uolte  cacciando 
le  fiere  d  uifttarje  ne  uà  tutti  gli  bojcarecci  T)ij ,  Et  per^ 
che  pajfo  con  filentio  lo  Jllujl.  f]^lendidoj  CT  ltberalij?imo 
jMonJìgnor  Ottauiano  ^^rcimboldo;,  huomo  di  lettere^ 
&  cojlumi;,  tempio  di  nera  religione;,  Z.Tji  raro  esempio 
di  bontd^che  ognuno  ama;,oJJeruapZlT*(J^uaJi  adora  la 
bellezz^t-^  candore  dellanimojuot^  cine  fli  ancFegli  è  ji 
ajfettionato  alla  mila  di  F^iboldone-^  che'lpiu  del  tempo  ut 
dimora  con  tutti  Quelli  hone/li  piaceri;,  che  fi  pojjanopi.^ 
gliare  in  Cimili  luoghi.  Hor  doue  rejla  d  ualorojo  S  J"^i» 
cenzo  Falcutio  Senator  eccellente;,  CO"  per  fona  di  gran 
merito;,  O'  tanto  uaga  della  utllap  che  tutto  il  tempOy  che 
gli  auanzct  dairujpciofuo  lo  Jpende  nello  piaceuoh;,^ 
jilice  M  ir  abello  neramente  bello  da  mirare  ;>^uanto  altro 

ameno 


DEL     T   A  E  G  I  O.  jj 

ameno  luogo  ji  troni  ncirinjubvia.  Et  perche  non  fi  de 
ajcriuere  d  que/ìo  h onorato  rollo  il  gentiìifmo;,  CT  dot^ 
ttfimo  S,  Gio,  Francesco  Sormano  f^icario  generale 
dellL^rcinefcouo  di  Afelano^Z^  amici/Simo  della  tiillaì 
Et  che  diremo  del  M  agnijico  ^  liberale  S.Gio.  Taolo 
Cofano  colfofimofoj^fegnalatO;,  C!^  fèlicif imo  giardino  j 
e  ha  nella  Jplendida  O' jloridifima  uilla  dt  Gujano^  doue 
tutta  la  nobiltà  d'Italia  concorre  d  vedere  le  merauiglie 
delVamemf  imo  loco :,iluiui  lordine  merauigìiofo^la  eh^ 
ganza  CT  nouitd  de  fiorii  le  zifere:,  ZD^  groppi  fitti  di  mi^ 
nutij?ime  ber  bette  ;>  la  bella  difpofitione  delle  piante  for  e  ^ 
Jliere  tutte  pofte  con  una  paritd^  ordine;,  mifura^  CT  dirit* 
tezx<t  incredibile  5  ipretiojì  fmplici:,  chwi  fi  ueggonofi 
perdi  O"  lieti  d'ogni  tempo  ^  che  (jtiafi  dir  fi  potrebbe^ 
cKiui  entro  fvffe 

La  Sythiap  VEthiopia^  i  Gadtj,  e  g;VIndi  5 
Lepiaceuoli  uerdure  intejjutedi  buffot^lartificiofo  mon» 
ticello;,  dùuefi  ueggono  tanti pa  fiori  :,  luoghi  di  Hercmi^ 
ti^ grotte;,  Satiri;,  Fami;,  Seluani;,  Driadij  et  acque  chia» 
ridirne;,  che  da  tutti  i  lati  furgendo  porg-ono  allifhettatorì 
non  manco  merauiglia^^  piacere;,  che  gid  fi  ficejfe  d 
Lijjandro  Lacedemonio  lo  mirabile  ^  Z^  celebratiftmo 
giardino  di  Ciro  Ré  de  Verfi,  Hor  doue  lafcio  il  gene» 
rofo  S.GioMattiJla  "Zarbellone'yhuomoji  ripieno  di  uer* 


84     JL    A     V  1   L  i.  A,     DIA. 

tih  CT  ^entilezz^^  ckejjnrafemprefior  qtialche  bello  e/^ 
fvtto  confirmc  alla  nobiltd  dclV animo  juo:,  qucfli  mena 
parte  de Jiioi giorni  trauqinlli  nella gratioja.  uilla  di  Gor* 
gonzolaj  locoji  bello  27'  amno^che^  ijliiptre  chi  lo  uede^ 
In  quefìo  numero  laene  il  magnanimo  C  ilhjjlre  Conte 
Mauritio  da  "Preda  F^cjcouo  di  F^tgeuano^  CT  Sena^ 
tor  di  Melano;,  il  canale  non  è  meno  amico  de  gli  honefli 
piaceri  ddla  uilla ^  cKeifia  degli  honoratij^imt  jìudt  delle 
belle  lettere. Hor  doue  hjcio  il  gentile^  corteQ:,  ^  tier^ 
tuo(iJ?imo  (ignor  Camillo  Porro  Giureconjulio  eccell  O* 
hiomo  di  fi  gran  nalorey  CT  configlio  :>  cìno  non  m^aj^icu* 
ro  entrar  nel  campo  dille  fie  lodi^ anzi >  come  notturno 
augello;,  non  pofjo  Jrrmar  gli  occhi  nel  Sole  de  i  meriti 
fuoi  degni  neramente  della  dotta  penna  di  MjTullio^  ò  di 
Demojlhene'yMaficomegid  nonfi  lecito  ad  alcuno  dt^ 
pintore^  nefcultore  dt  rapprcfntar  Vimagine  di  u^/rp^ 
fandro  M  agno ^ fuor  eh  a  LifippOp  CT  Z^ pelle,  O"  pur 
non  rejlauano  perciò  ^li  altri  dipintori  di  ridurre  il  regio 
ajpetto  ne  i  loro  ejjempi  ;  cofi  bora  interuiene  al  mio  doU 
cif?imo  S,  Camillo  :, foggiato  folamente  degno  del  detto 
Gr eco ;, slatino  Oratore;,^  pur  Vamore  CJ'feruitù^ 
eh  IO  porto  alla  uertùfua  mi  sjorza  a  dirC;,  ch'egli  ha  la^ 
nimofuo  adorno  di  tutte  ciucile  lodeuole  partii  ch^fi  ricer^ 
cano  nella  uera^  bonorata^  V felice  uita  dclVhuomo  nata 

nobile^ 


DEL     TAEGIO.  gy 

nobile >  et  che  fupem  nella  nertà  I-^Icroica  nonjlAo  c^uahif 
due  gran  perfoiiaq^iO;,  che  ne  i  tempi  nofìrijì  troni  j  m<t 
cujcheduno  degli  antichi  :  onde  ejjendo  egli  ar rinato  ali* 
indiutfihil ponto :>  doue  cojijle  il  mezzo  di  tutte  le  uertù^  reti 
defvliceyjamojliy  C  dtuina  la  citta  di.  Melano  infiammatt 
do  ognuno  col  fio  raro  ejjempio  d  uero  defio  disonore  et 
gloria*^  f^e/ìi  anch  egli  prende  un  diletto  incredibile  dine» 
dcre  le  uillejìie  belle:,  liete  ^  ^  ben  colduate'^TDcl  che  ne  fi 
chiara  fède  lo  ivlice  e  beato  loco  di  Qaluairato  ^  douei 
ogni  coft  ride:»  O"  fi  mojlra  di  gioia;,  et  d'amor  ripiena^ 
C^  doue  laCipiaQch'é  l'anima:,  et  lofpirito  del  terreno^  è  fi 
abondante^  che  da  ogni  banda frgcr fi  ueggono  uitiefn^ 
tane,  che  f  or  redo  per  diuerfi  rujcelli  confane  mormorio 
hanno  irrigando  tutte  le  parti  dell  ameno  giardino.  Quiui 
ritratti  dalla  natura;,  CT  dallartefi  ueggono  ifuperbi  ut* 
tiai-di  Lucullo*^  ijamojì  bagni  di  Gordiano  j  rameni/ìimo 
bofchetto  di  Tibet io^  CT  il  luogo  ripo/Io  della  Capriolaci 
gli  uccellatoi  di  Cefare  u^ngtfo:,  ipomi  d'oro  delVHe^ 
fjreridc:,  ^finalmente  tutte  ([nelle  dclitie^  che  anticamente, 
f irono  ne  i  delicati  giardini  di  Media.  Tra  qvefii  uiene 
il  molto  illujlrc  CT  ualorofo  S,  ,^lef  andrò  Cafttglione 
Caualhero  di  gran  nome^  ornato  d'armi;,  di  Uttere^  CT  di 
coflumi^  zrfopra  tutto  d'una  dolcfima  honcfìà;.C"  d'unti 
honcflifima  doIcezz.^?aI(^ualcp  mentre  jludiauo  in  Tauict 

O     ti     fono 


ger     LA     VILLA,     DIA. 

fortojlato  amico :,  QT  bora  per  le  fue  rartfime^  CT  merdm 
m^liofe  qualità  Iho  infomma  rUierenza;,  ZT  tanto  più  Va» 
mo  C7  Ojjeruo;,  ([nattto  intendo  cìùgli  è  amici/?tmo  di  tutti  i 
trajlulli  ddla  uilUp  che  fi  conuengono  ad  Imomo  nobile  C^ 
ben  creato,  Q^e/lo  ijlejjofi  può  dire  del  fuo gcntiìij^imo 

JratcUo  il  S.Gio,  Francefco  CafligUone  ;»  huomo  parimen 
te  digran  merito,  CT*  uago  anch^e^li  della  uilla^  &  dell^ 
amenità-  O*  allegria  delle  campagne.  Ne  fi  dèpajjarcon 

Jìlentio  il  mio  dolcif^imo;,^^'  cortefefignor  Giojeppe  Giof» 

jano  rariJ?imo  esempio  di  utrtà  C7"  bontà '-^  ijue^i  quelle 
poche  bore;,  che  gli  auanxano  daljuo  bonoratij^tmo  ufficio 
del  dottorato  le  di/J)enfa  nelVameniJ^ima  inlla  di  Gtojjano^ 
hom  in  compagnia  d'i^pollo;,  O"  delle  Mufe:,  bor  con 
la  caccia;,  alcuna  uolta  con  Vuccellare  y/}>effo  con  la  pej^ 
caggione;,  quando  con  Vagricoltura  d'un  (ito  aprico  et  fio* 
rido  giardino^  C7*  quado  nel  corner tio  d'altri  honoratif?imi 
aentilhuomini,  Q^e/io  ijlejjofì  nella  piaceuole  uilla  di 
i^rluno  il  gentiliJ?imo  fignor  Gio,  Battijla  Litta:igio/ 
nane  difpirito-^  CT  digrandij^imajperanza:,  O"  molto  ua^ 
go  della  caccia  C^  dell  uccellar  e.  Me  pajpró  con  filentio 
il  mio  caro  O^  generojo  fignor  t^lejjkndro  Concilo* 
nero  ;,  d  quale  tutto  quel  tempo  ;,  che  può  ruhbar  dal  jlio 
fublico  ZT  honoratij^imo  ufficio;,  lofpende  nella  deUtioja^ 
V  felice  uilla  di  Senago^  et  della  Confllonera-^  oue  mer» 

ce  della 


DEL     TAEGIO.         87 

ce  della  ftta  induilria  hajatto  iwiidia  d  molti  col  ridurre 
grhifpidt  dumi.ipofigetitijlecchiy  kjj^inofe  vepri;,  itiete* 
nofijterpij  gli  acuti  primi:,  gli  aJJ)eri  rujchipglioffenjiui 
triboli:^  ^k  arride Jabbie  in  fiorite  piagge;,  uerdeggian» 
ti  prati:,  amenij?imi giardini^  dikttemli  ingncpaprici  colli;, 
liete  coiìtere:,  ampli  edifici/;,  ^  fuperbe  peschiere  Jn  cpue» 
Jlagenerofafclnerauiette  il gemili/ìtmo  Jtgnor  Frattce^ 
^0  Bernardino  Riuolta  con  la  Jtia  piacenoli/sima  villa 
di  L^Cipiabella ,  luogo  molto  ameno  fi  per  la  bontd 
dell'aere  p  eluvi  é  perfittif^imo  ^  come  ancora  per  ogni' 
altra  dote  della  natura^  che  nella  villa  defiderar  fifvole^ 
come  fono  accpiie  chiare  :, frutti  pregiati  ;,  collie  valliyfelue^ 
fiumi  y  prati p  e  giardini  ripieni  d'ogni  vaghex<<t  *^  doiic 
ihanno  mille  comodità  per  trattar  ingannile  cogiur  e  con* 
tra  lafemplicitd  de  i pejci,  C^  degli  uccelli  t  ma  qiialhora 
in  ([ueilo  JDrtunatifimo  loco  entra  la  donna;,  nella  cui  «o- 
glia  arde  il  detto  Rivolta^  manifxflamente  fi  uede^  dulia 
col  Sole  degli  occhi fuoi  nuovo  vigor  porgendo  alle  pian» 
tC:,  C?*  allberbeyfubito  le Ja  fiorire;,  ^  riempie  Vaer  d^at^ 
torno  di  tal  dolcezza :>  che  bajlerebbe  d  ritenere  il  tempo ^ 
che  mai  non  recajje  la  uecchiezx^t  dgli  hahitatori  dififi» 
lice  villa,  Dove  refia  il  dotto  O'  elocluente  S.  Gio.  Pietro 
'jTeJla;,  il  quale  tutto  che  lEcclefiaìlico grado fuo  lo  ten^ 
ga  occupato  in  Novara  ^  la  natura  lofice  però  fludioflf* 

O     iti      fimo 


83        LA     V  I  L  L   A,   D  I  A. 

fimo  della  uiìla  CT  ddlc  lettere  \  perche  non  ponao  io  in 
qi'ejh  nobile  ^ gaierofa  compagnia  il  S.  Gio.  Iacopo 
T orniello^  d  .piale  mila  dolce  CT  amatajolitudme  rima* 
trnd)  O'  lutgundo  per  gli  ameni  colli;,  et  apriche  piaggia 
di  f^ergartO:,Jidd  alpcnfar  coje  alte^  C7"  eccellenti.  JSlc 
fi  de:  tacere  dgcnulJ?imo  S .  Gio.BatttJia  TerzagO:,pf 
cerdote anclùgU  d\^^poUoy  O"  delle  Alujè ,  Ojf? ami* 
co  della  lidia  ;,Z^  della  caccia;,  chejouente  abùadona  Afe* 
latto  per  lo Juo  KojatcMt  che  dcbbiamonoi  dire  del  mio 
dolct/^tmoyCJ*  dotnj^imo  fignor  "Preciuallo  Bejózzo^il 
quale  tutte  le  uolte;,  che  puo-^r  tregua  con  lefìcendefuefi 
ritira  al  fio  amatìJ?imo  Befozzo  ^  ([uefio  ifcejjò  fi  il  mio 
car 0 /dolce  :,^  amorenole  S.FranceJco  Tanigarola^ 
amatore  de  i  piaceri  della  mila;,  et  degli  honoratijùmi  jh* 
dij  difihfyjia^  J>erchc  d  cpteflo  rollo  non  jì  mette  il  tio^ 
bik;,^  pellegrino  ingegno  del  S*  Jacopo  FelippoCri* 
nello ;,  il  (piale (j>ejjO  uifita  lafaa  cara  iiilla  di  i\/eruiano4. 
JVefi  de  tacere  il  magnammo  S*  I^Iarc^^ntonio  Boj^ 
foj  il  quale  col  corpojla  in  Melano :,  C^  con  la  mente  uà 
jìlofyjìrìd(y:,0^  poeteggiando  per  liriposh  lochi  del  fio 
monte  Parnajo  di  ^ZZ^>  terra  cofi  atta  d  fimili  jludij ;» 
chel  S.  Girolamo  Bojjojiftco  eccellenttpmo;, CT  Vocia 
rarrJ?iino  non  fi  fa  partire  dalla Jolitudine  dt  ^uella^  QjA 
mne  dgenerofo;^  cortejc;^  ugètihjsimo  S^Carlo  da  Ca^^ 

patto 


DEL     TAEGIO.  f^ 

(latto  non  men  cacciatore  p  che  perfhttipimo  Corti^iano^ 
JSlefi  de  tacere  ti  dotto  O'ficondiptmo  S.  Felippo  Tie^ 
trafantay  trtfieme  col  S,  furio  Camillo jratdlh  ^  amen^ 
dnefi  uà  ahi  della  uilla:,  che  quelli  uijla  continuamente:,  O* 
duegli  per  lofommo  piacere:,  e  ha  del  cacciare  ha  cowpo» 
Ilo  nella  uilla  di  Marcatutto  un  opera  neramente  dilette^ 
uole^  dentro  la  quale  utjonojeminatt  molti  ragionamenti^  e 
(opra  ogni  cofajì  ha  tolto  di  lodare  con  dottojlile  la  cac» 
cia^  &'t  piaceri j  che  da  leijt  prende.  Hor  doue  fono  gli 
non  mai  d  bajlanz^  lodatijratelli  il  S*  <^  lejptndro:,  CT 
SXjio.Baltijla  Cafìiglione  amici  amedne  della  uilla ^  per 
ejjer  quegli  cacciatore  :,Zfy  quefli  poeta  eccellenttjsimo^ 
Ut  che  diremo  delPkonoratrfsimoJIgnov  Girolamo  Tofo^ 
il  quale  tatogradtjce  Vamenità  delle  campagne:,  che  vicino 
al  nauilio  maggior  di  Melano j  ha  ^tto  fir  un  loco^  che 
cimata  aljìlojojareì  Qj^e/loijleJJoJi  può  dire  del  noi  ile j 
CT*  corteje  S.  Iacopo  Briuio^  il  quale  anch'egli  tanto  pre» 
già  la  uilla:> che  in  Carpianello  hatìttofire  i più  belli  g^iar 
dmi^cheuederjlpojfano.  Et  perche  non  pongo  in  qucjlct 
(jonorata  compagnia  lo  fpleridtdtjlimo  S. Ottaviano  Cujcf 
no^  che  quatunque  alla  Citta  habbia  un  delicati fUmo  0ar^ 
dino,  0*fia  occupato  dalle  infinite  ficende  :,  che  gli  da  ti 
vicariato  di  prouijione;,  nondimeno  tutte  le  i  ohe  :,  che  può 
fé  ne  uà  a  godere  anco  i  piaceri  della  uilla.  Il  medefimofd^ 

lamoreuoh 


90     LA     VILLA>DI  A. 

Vamorcuoìe^  CT  magnifico  S.  GaJ^ar  Birago  t^O'ilS^ 
Lodouico  s^madeo;,  amcndue  amicij?iwi  della  uilla  *  ma 
doue  lajcio  ([nel  ttolnlc:,  C^  pellegrino  ingegno  del  S,  JS/^i* 
colò  Secco ^  anzi  uerde  perpetuamente  nella  memoria,  de 
gli  huomini^per  lefne  rare  ^  merauigUofe  qualità  ^  que» 
ìli  e  fi  amico  delle  buone  Ietteremo'  dell  amenità  delle  cam^ 
'(<^gtte^  che  buona  parte  dellannoje  nejla  àtìlojofare  ne  i 
ripolìi  recejìt  della Jua  aprica:,  &  ftlictfsima  uilla.  Et  che 
fi  dirà  del  dottissimo 3  ZT  eloquentijsimo  S.  Gto.L^ngeh 
RitiOp  il  quale  tutto  il  tempo^  che  può  rubbare  daljuo  ho» 
ttomto  ufficio  lo  conjuma  in  compagnia  delle  Mufc  negli 
ameni  giardini  del jiio  amatissimo  Caflelletto*^  ma  doue  la» 
(ciò  VaccortO;,  Z^Jaqace  S*  Lucio  Cotta  con  lajiiafiuori^ 
ta  terra  di  Olbia-,  nome  in  nero  conueniente  ali  amenità  del 
loco'y perciò  che  Strabone  non  uuole ^ch'altro  fignifichi 
duella  noce;,  che  loco  beatot^O*  certamente ^je  Vlinio  nipo» 
teamicijsimo  anchegh  deljìlentioy  &  dellajolitudine  del* 
la  uilla ^come  io  bauefse  uiflo  la  delicatezza  di  queflopia-» 
ceuollocoyla  bellijsima firma  delledijicioja  uaghezza 
del  Cito,  l'allegria  del  uerdeg^iante  terreno;,  la  chiarezza 
del  lucido  CT  aperto  cielo j  chHiii  fi  uede:,  i  fioriti  colli;,  le 
ombrofe  ualli^  V  le fefche  fontane -^  chefoauemente  mor^ 
Plorando  circondano  Vaprico  loco  j gli  farebbe  uenutoin 
dijhratia  ilfuo  Laurentino,  Il  medefimo  haurebbono  fìtto 

Marco 


D  E  JL      T    A   t  fjf   1  O.  sx 

Marco  Catone  Cenjorino  col  jìto  ameno  Sabino,  hi ^ 
Tullio  col  (ito  fiiiorito  Tujculano  ♦,  O"  Herode  filojojo 
L^thmeje  con  la  Tua  cara  CephiJìa.Et  che  diremo  dello 
iìlijjlre:,  &  dottij?imo  S^  Marc  .Antonio  Calmo  Sena^ 
tor  de^nij^vno  di  Melano  \  del  iiertuoJiJ?Lmo  5*  t^lef^ 
fandro'^  delgentihj^mo  S,Gio.Battifla\  O"  delcortefe  et 
amorevole  S.  Gio,  .Alberto ^fuoi  honoratij^imi  fratelli  ; 
nelli  primi  tre  di  [[tiefìi  quattro  pellegrini  ingegni  jiortj^ 
cono  le  belle  lettere  *yoltre^  che  del  detto  S.  ^^lejj andrò 
la  profonda  cognitione  dellajilojojia  mathematica  ^  dima 
CT  naturale  accompagnata  dalle  dijcipline  oratorie^  et  il^ 
lujlrata  dalla  bellezza  de  cofliimiy  non  Jolo  rende  chiara 
C^  fortunata  la  citta  nojira  di  Melano  ^  ma  ha  pò  fio  an» 
Cora  laJSmafua  in  camino;,  che  uelocemente  battendo  lali^ 
porta  il  Juo gloriojo  nome  a  consacrare  al  tempio  delVe^ 
ternitd.  P,  Meritamentefì  conjacra  alla  immortalità  il 
nome  d'ejjo  S.^^lefjandro  Caimo;,  perche  intendo;,  ch'e« 
gli  è  ancor  perfctttf^imo  architetto:,  CT  che  tra  Vopere 
fue  merauigliofe  ha  fabricato  in  un  fuo  bellif^imo giardi^ 
no  una  fontana  :>  la  quale  per  fDrz<t  d'ariamo  fia  di  uento 
getta  acqua  quafi  di  continouo,  f^.  Io  ho  uiiìo  quejla  ar'» 
tificiofa  et  notabile  fontana^  O"  ho  ancora  difcorjo  con  lui 
intorno  alla  cauja  de  fi  lodeuole  effetto,  V.  Dch:>fe  mi 
amate ;>infegnatemi  quejlo  bello  artefìciOjCT  di  quello^ 

P        ched 


9t      L  A     VI  L  L  A,    D  I  A* 


DEL     TAEGIO.  5^5 

che  d  noi  il  cielo :,itijieme  col  detto  S.Caimofii  tanto  corte'» 
Je;,  non  ne  fiate  fcarfo  al  uojlro  a-ffettionatifimo  ^^arteniò, 
il  (J^ualejommamente  defidcrajarne  fibricar  una  fintile  nel 
Tuo  giardino,  l^ .  ISlonpoJJofir^  ch'io  non  ni  compiaccia 
in  cofi  hone/ìo  defiderio  ;  Vero  hauete  dfapere^  che  tutto 
il  corpo  di  qtiejlajontana;,  che  qui  prefènte  uedetC;;,  ignuda 
prima:,et  poi  uejlita,  fi  parte  in  tre  uafifegnati  u^pB^C. 
C^  in  tre  canne  fé gnate  Dy  E^  F*  Dal  primiero  uafofc^ 
gnato  L^".  quale  èfcoperto  efce  la  canna  E,  onde  forge 
Vaccpia:,  CT  dalle  bande  di  detta  canna  fonoci  due  buchi^ 
Vuno  de  quali  rifponde  nel  uafo  B,  neferue  ad  altro ;,  che  a 
poter  riempir  d'acqua  efjo  uafo  B.  Et  laltro  per  la  can*» 
na  F^  mena  l'acqua  nel  uafo  inferiore fegnato  C,  Flora  d 
uolcre:,  che  quefla fontana;,  òfia  machina  di  FFerone  Q  co= 
me  la  chiama  il  dottifimo  Cardano  '^ getti  acqua '^  Vri» 
mieramentejà  di  meflieri^  che  delli  detti  due  buchi  fi  ferri 
quello  ;y^ondepajfa  Vacqua  dal  primo  uafo  <^,  al  uafo  C^ 
dapoi  bifogna  che!  uafo  i^fi  riempia  d'acqua  due^  6  tre 
uoltefn  d  tanto^  chel  uafo  /l  fia  colmo  della  detta  acqua j 
che  inlui  difende  per  lo  buco  aperto  del  uafoL^f^.  qnal 
pofcia  turato  riempir  fi  deue  il  uaf^^.Zf^  aprire  il  chiù» 
fo  buco  della  canna  F.  Il  chejattofibitoforgere  fi  uedrd 
t acqua ^  pur  che  la  fontana  (ìa  con  tal  proportione  Jabri^ 
cata^  che  la  fa  dtfcefa  dal  uafo  w^\  al  uafo  C.fia  mag»» 

"P     a       giore^ 


54      LA     VILLA,     DIA. 

giore^  eh  la  fahta  dal  Jondo  del  uajo  B.  alla  Jòmmitd 
della  canna  E,  1>,  "Perche  cote  fio  f  T^ ,  Perche  natu^ 
Talmente  non  può  montar  più  in  su  luna  accana  ^  che  l  altra 
(benda  ingiù)  onde  procede  ^  che  (guanto  maggior  e  fard  la 
dtjceja  deWaccptia  del  uajo  \^ .al  uajo  C.  CT  minor  laja» 
lita  del  uajo  B.  allajommitd  della  canna  E.  tanto  più  ^a» 
gltardamentcìy^  con  maggior  empito  Vaccpiiafalirdjiior 
della  canna  E.  C^  di  quefh bijogna  hauer gran  cura^^^J" 
nonje  nejcordare  ^  perche  io  uijo  dire;,  che  molti  non  ha^ 
ucndo  hauuto  alcun  riguardo  d  quefìo  principale:,  anzi  in^^ 
fiero  fondamento  di  qtie/li  mouimenti  ji  jono  ritrouati  nel 
tìrfibricar  tale  injlrumentOj  hauer  con  li  danari  il  tempo^ 
<fy  il  frutto  del  lor  jludio  perduti.  V.  U effetto  di  c[uejla 
fontana  mi  par  miracolojo:,  uorreip  che  degnaje firmi  ca» 
pace  della Jua  cauja.  Jy^.  Haucte  djapere^  che  ([ui  jono 
tre  moti,  due  naturali;,  C^  uno  uiolento-^  Vuno  de  eguali  e  la 
djceja  deirac(lua^  che  per  efjer  graue  naturalmente  tende 
al  centro:,  et  Valtro  è  lajalita  dellaeret,  ti  eguale  per  ejjere 
di  natura  leggero  $  innalza  uerjo  la  jua  regione^  il  moto 
uiolento  è  iljalirc  dellac(lua:,il  eguale  jicauja  dalli  due  mo^ 
ti  naturali  dell'aere^  O*  del^ac^a,  P.  In  che  modolj^ . 
tiauete  djapere^  che  prima  il  uajo  C.  è  tutto  ripieno  di 
aereo  ne  hajc  non  duefpiraglio  Vuno^  che  ri/ponde  nel  uà» 
jo  w^t  per  uia  della  canna  F,  CT  laltro  nel  uajo  B.  per 

mezzo 


DEL     TAEGIO,         ^f 

mezzo  della  canna  D*  onde  lacc^ua^  che  dentro  ni  cade 
dal  uajò  ^^ .  èfirza:>  chefpin^a  raere:>cbe  chiù fo  Ci  tra» 
uà  nella  canna  F.  la  quale  arriua  jin  apprejjo  al  Jonda 
del  uaCo  C*Cr  rijoluendofi  d  detto  aere  in  uento  per  la  ca» 
duta  etfjnnta  dcllacqua*y  ne  hanendo  altra  ufcita^che  c[ueU 
la  della  canna  D,  per  hi  afcende  nel  uaJo  B.  ripieno  dac^ 
(^ua^  la  quale  jentendofi  cacciata  dalVempito  del  uentOj,  che 
Cale  per  la  canna  D*  ne  hanendo  altra  uia  da  ufcire:,  che 
la  bocca  della  canna  E.  èfirza;,  che  per  leifalendo^ccia 
leffetto^  che  fi  tiede*^  il  qual  piacere  ha  tanto  di  uita;,  quan^ 
to  dura  Vacqua;,  che  fi  troua  ejjere  nel  uafo  B,  !P.  Verche 
hanete  noi  detto :,  che£  di  meìlieri^  che  la  canna  F,  arriui 
jin  apprejfò  aljondo  del  uafo  C?  J^ ^  liollo  detto :>  per • 
che  fé  la  canna  F,  nonfojje  tanto  longa;,  che  arriuajje  fin 
al  detto  fendo  y  doue  lacqua  chiude  fé  la  bocca  difetto  d'efe 
fa  canna :,  fi  che  Vaere  per  lei  più  entrar  non  potejje  ;,  molto 
piufcdmente per  ejja  l aere falirebbe^che per  la  cana  D* 
il  che  impedirebbe  il  defiato  effetto  della  fentana^  P,  Fi 
perche  più  fàcilmente  ufeirebbe  da  qwejla^che  da  quella? 
f^. Ver  che  non  puofehr  per  quella  prima;,  che  non  cacci 
fuor  V acqua ^  che  troua  nel  uafo  B.  per  la  canna  E.  il  che 
è  di  maggior  sferzo  ^  chefecèdofiuia  per  quefla  ufire  per 
lo  uafo  i^^  T,  Hor  fi;,ch\o  re  fio  ben  rfoluto  de  i 
dubbi,  che  nfuegliati  mi  s'erano  nella  mente y  CT  benifeuno 

2P     i  i  i       hinuets 


96      LA     V  I  L  L   A,   D  I  A. 

hauete  fciolti  i  nodh  che  germogliauano  da  fi  fitto  ramo» 
ftamento)  onde  Vanimo  mio^^cFera  accejo  di  fi  ardente  de» 
fiderio  d  intender  la  caufa  ^  onde  fi  riconojce  ti  bel  effitto 
della fintana,  bora  s^a(lueta:,godc;,  Z^Tjlima  un  bora  mille 
anni:,  che  fé  ne  uenga  alla  pr  oita,  ^,u^  ciò  uerrafi^ 
quando  minor  rete.  P.  Qjuejla  i/])erienza  diffcrfcoad 
Wialtrajidtay  bora  uorrei;, che  rientrando  nel uojlro prò» 
pofito  tornajle  agli  honorati  perfona^giy  che  tanto  ara» 
difono  lauojlrafiuorita  udlapche  lafciano  le  città  per  lei. 
P^.  Conofcete  il  S.  Conte  Giulio  Cefare  Boromeo  f  P, 
Conofolo  per  huomo  dotato  di  raro  in^egno^  O"  di  aene* 
rofacortefia.  /^*  V^oi  dite  il  nero ;>Z3^  hauete  dfapere^ 
che  (pie  fio  rartf imo  gentiV huomo  per  effer  non  men  flo^ 
fojo  eccellente :,chefegnalato  Caualliero  è  molto  uago  del» 
la  uillay  doue  horfi  da  alla  caccia  ;,  bor  alVuccellarep  (^ 
Jl^ejfe  uolte  alla  contemplatione  dt  cofe  alte  O"  eccellenti. 
Et  doue  laccio  il  S,  Fracefco  della  Torre:,  il  S.  "Pietro 
sintomo  Fofjano;,  CT  il  S.  Gio.  Batttjla  i^rconato 
qiiefli  tre  cognati:,  CT  Cauallieri  di  gran  fj^irito  CT*  ualo» 
re  lafciano  jl^ejj  e  uolte  gli  amorij  lefvfe:,  e  i  giuochi  delle 
cittdper  darfi alla  caccia;,  C2^  agli  altri  infiniti  piaceri 
della  uilla.  Qjteiìo  ifl^Jfo  fi  fouente  il  corag^iofo  Conte 
JSdanfiè  T  orniello^  ©"  tifo  cortef:,  C?"  amoreuole  cti^ 
gtno  il  S,  Cefare  Cafato  )  cjtiesìi  come  e  baggiano  tutti 

qiie 


D  b  J^      T   A   Jb  U  1  U.  ^7 

due  commodi  nelle  città;,  che  defiderar  fi  poj?ino  ^  j^ur  jono 
fi  tidghi  della  caccia,  CT  delle  campagne  p  che  gran  parte 
della  uita  loro  confumano  luno  nella  piaceuole  terra  di 
Brtona,  C?"  l'altro  neWamenipma  mila  di  Contorbia,  Et 
che  dirò  del  S.Gio.Francefco  CafttO:,  il  (gitale  éfl  inna^ 
morato  della  uilla^che  c^uafi  ordinariamente  fla  nel  fuo 
JDeirago.Qjte/ìoifleJJo^  il  mio  S ,  Conte  Dionigi  Bo» 
romeo  nella  fa  ^uorita  pcfchiera.L^  i  piaceri  della  mila 
fp^jjofi  danno  ancora  il  Conte  Francefco,  il  Conte  Fe^ 
drigO:,  CT*  il  Conte  Gio,  Battifa  Boromeip  cauallieri  di 
gran  nome  O^  ualoreJn  qiieiìo  numero  uiene  Vafentito  et 
uertuof  S.Carlo  P^ifconte;,  amico  della  villa:, della  Ro» 
mana  eloi^uenza  chiarifimo  lume;,  et  protettore  de  ifacer^ 
doti  delle  fiere  JMuf  non  altrimenti,  che  già  fijjerogli 
antichi  Af  ecenati.  Fior  doue  lafcio  Ihonoratifimo  CT  uà» 
lorofo  S,  Cefare  da  Carcano;, gentil  buomo  di  gran  me» 
rito,  di  gloria  illujlre,  CT  tanto  amico  della  uilla,  che  tut^ 
te  le  uolte,  chef  può  sbrigare  dalle  cofe  pertinenti  algo/ 
verno  della  Republica,fe  ne  uà  in  uilla  d  trafullarfi  con  i 
libri,  con  la  caccia,  col  pefcarft^  con  Vuccellare^^!^  con 
Vagricoltura  in  cjiuel  modo, che  gidfolcuafire  il  gran  Sci» 
pione  ^^jfricano  nel  buon  tempo  de  Romani.  Qjée/Io 
iflejffi  il  prudente  Conte  ^^^nnibal  F^ifconte  Cattala 
liero^  V  cacciatore fingolarifimoMt  che  dirò  io  dèi  ma» 

gnanimo 


9  s       i-    A       V   1   L  L  A>    U  I  A. 

gnanimo  5,  Ferrante  CaJlaìdo:,gioiiam  di  grandif^ima 
Jpcranza*-)  ([uefii  p^r  /iìggir  gli  ociofi^  CT  lafciui  amori 
delU  cittd.Jpefjefiatefak  alla  campagna^O*  nella  caccia 
Jegumdo  le  fuggitine  jier e  mojlra  la  grandezza  del  Jiio 
ualore.  Q  ueilo  ijìejjojl  può  dire  del  S.  Francefco  Ca^ 
jldlanz^^T accio  il  S. Conte  ^^lejjàndro  Criuellojljt» 
gnor  Guido  Galtarato^  ti  S.  Conte  s,^luigi  F^tjconte^ 
il  S.  Dionigi  BriuiOp  il  S. Conte  Hippolito  del  MainOy 
il  S.  Baldejar  Tu[lerla^d  S.  Conte  Lodouico  Belzo-» 
iojo)  il  S^  Gio,  Batttjla  Castiglione^  il  S.  Conte  SJorc 
za  JMoronep  il  S*  Ce  fare  Tauerna^  il  S*  Conte  Fran» 
cejco  Borella^  il  S,  t^^lejjandro  Cafliglione^  ilfignor 
Conte  ^^IJonfo  della  Sodaglia  ^  il  Jig^nor  L^lejjan^ 
dro  Lampugnano;,il  ualorofo  fignor  Capitano  Girola^ 
mo  Simonetta  ytl  fignor  Vietro  (.Antonio  Lonato  ^d 
fignor  Fabritio  F  errar  Opti  fignor  G$o.  Battifla  F^if» 
conte  p  il  fignor  Cojlanzo  d'^^^da^il  Jìgnor  Girola» 
ma  ^  il  fignor  Giouan  Vaolo^  &  ilfignor  ^^lejjandra 
Simonetti  fratelli^  ilfignor  Hermes  F^ifc  onte  ^  il  fignor 
Giouan  Maria  F^tfconte^  il  fig^nor  HcrcoU  Vagna^ 
no  ^  il  fignor  Giouan  Maria  della  Croce  p  il  fignor 
L^lejjandro  Graffo ^  il  jìgnor  Vietro  Francefco  ^f/» 
conte  p  ilfqnor  Giouan  Vaolo^^ fignor  Giouan  laco^ 
jpo  Barzip^i  fignor i  Spetiani  Jratellip  il  fignor  Gio^ 

i^ndrea 


DEL     T  A  E  G  I  O.  99 

i^ndrea  Torfiiello;,  ilfignor  Giouanni  i^^rcimboldo^ 
il  S.  Criftofi.ro  L^ppianOy  il  fignor  Girolamo  Mar^ 
lianoy  ilfignor  Lodouico  Borroy  ilfignor  Camdlo  Gal» 
larato  :>il  fignor  Giouatt  Batttjla  S  eregno  ^  ilfignor 
Gio.  Francefco  V  ir  ottano  ;^  il  fignor  FrancejcoCaimo, 
il  jìgnor  Camillo  BiQ^lia^il  jignor  M ario  i^rrigo» 
no?  ilfignor  SaJJo  F^ifconte^  ilfignor  Cefar  F^tfcontc^ 
ilfignor  Cauallier  F^ifontC;,  il f gnor  Guido  Boromco;, 
ilfignor  Camillo  CaJlellazZ0;>  ilfignor  Gio,  Battijla  Ca 
Jlel  Mollato :,  ilfignor  Francefco  Bar zu;, Ilfignor  Con^ 
jlandno  de  Inarchi;,  il  Jìgnor  Gio.  Battijla  Criuelloy  ti 
fignor  Gto.L>fn^elo  Triuultio^  ilfignor  Mario  Bira» 
go^  il  fignor  L^  ntonio  de  JSfarchij  il  f  gnor  Camillo 
Cajlellazzo^  il  fignor  Gio^ì^^ngelo  Coiro-y  il  Jìgnor 
Felippo  Candtano;,  il f gnor  Vietro  Francefco  Reina ^  il 
Capitano  Reinino;,  il  f gnor  Lodouico  del  Conte^  il  (i^ 
gnor  Marc  ^^ntonio  CaJiellcttOpil  fgnor  Baldefkr 
da  Ro;,  il f gnor  Manfedi  da  Rop  ilfignor  SaJJo  Ri^ 
fo;,  ilfignor  Giulio  Mouato^  il  fignor  MarCi^ntonio 
i^r conato:,  ilfignor  Gio,  Battijla;^  Zf^ Jìgnor  L^lef 
fandro  Carcanifratelli^  ilfignor  Caualliero  della  Tela;, 
il  Jìgnor  Giijjjar  K^ifconte^  il  fignor  Otto  F^ifonte;,  il 
fignor  i^nnibal Gallar atO;,  iljignor  Gio,  Marco  Fa" 
gnanop  il  Jìgnor  Marcantonio  Mugiano;,  ti  fignor 


100     LA      VILLA.     DIA. 

'Pietro  Barbohj^iljignor  Cefarcj  CT*  ^^IJonfo  Barha^ 
uarifratellh  ilfignor  GioMattiJla  Gufano ^  iljignor  Va» 
rfs  Burbauara  ^  ilfignor  Francejco  Bernardino  Ferrai 
ro yil  jignor  Lodoiiico  Brebbict :,il  fignor  K^ntonio 
Francejco  MagnO;,  ilfignor  Pompeo  della  Croce;»  il  fi* 
gnor  Gio  ,  (Alberto  Vietrafanta  yil  fignor  Giofeppc 
Sirtoriy  il  fi(^nor  Ccfare  Pictrafanta  :>il  fignor  Gio^ 
sintomo :,  O'fignor  Pietro  Georgia  Borri;,  ^  fateU 
li:>  il  f^nor  Teodoro  Terz^go^  il  fignor  Nicolò;,  Cr* 
Opecino  T"  ornielli;,  il f gnor  Gio.  Bernardino  Caxz^:>  il 
Ji^nor  Rinaldo  T  or  niello  ;,ilfignor  Gio  Jacopo  Onga» 
refe  :>  ilfignor  t^lejfandro  BriuiOp  il f gnor  Gio,  Battiti 
(la  Calhglionep  il f gnor  Bartolomeo  da  Locamo^  il  fi^ 
(rnor  Gio.  Batti  fla  PiottOp  il  f gnor  Marco  ^^ntonio 
Bri! fato  p  il  f gnor  L^lticonte  Caimo\Et  infiniti  altri 
aentilhuomini  honoratifimi;,  che  fono  amici/^imi  della  cac» 
eia?  O"  altri  piaceri  della  mila, 
St  fé  i  aiardinifono  imagini  delle  uille?  perche  non  abbelUfco 
il  mio  ragionamento  col  cbiarojplendore  del  uertuofftmo 
S.  Pietro  Paolo  t^rrigono  Prendente  delì'cccellentif 
fimo  Senato  di  Melano  p  huomo  di  altifimo  ingegno ;,  O* 
di  gloria  illuflrtfimo  5  quefli  tutto  il  tempo  ^  che  può 
rubbare  dalpro^ndo^  CT  ampio  mare  de  fot  negotif:,  Io 
fpende  ne  gU  honcfli  trajlulli  dmfuo  ameno  cr  delicato 

luogo) 


DEL     T   A  E  G  I  O.  loi 

liiOQ^o  \  doue  coji  nella  mirabile:,  O*  bene  intej^ajahrica  d'un 

fuperbo  palazzo  :>  come  nel  compartimento  :>  nelVordine  ^ 
nella  uaghezz^-^  CT  nella  leggiadria  d)ifi  jiio  belliftmo 
giardino  ^  moflra  chiaramente  la  fplendidezza  ^  ^  ma^ 

gnificenza  dell'animo  fw:  Qjnui  tra  le  g^randij?ime  mera* 
uigliCy  che  fi  iie^^ono  apertametejì  conojce  ^  che  il  Grato ^ 
CT  il  Latto  f])oliaronofeJlef?i  di  doriche  colonne:,  dt  archi 
ampìj^imi:,  CT  dijlatue  antiche  per  ritte  {lime  CT  adornar» 
ne  qiiefto  reale  albergo  ,  E-t  che  Giunone  priuò  di  pomi 
d'oro  il  florido  giardino  :>  e  ha  nelle  ejlreme  parti  deWOc» 
adente j  per  illiijirarne  quello  fvlice  terreno  5  (^uiui  è  uenuto 
ad  habitare  ^^ pollo  con  le  dotte  The/piadh  ^  lejìori» 
te  Napee  lor  compagne^  le  cptialijra  ruggiadoje  C  uer^ 
di  her bette:,  anzi  lucèti  ^ jinij?imifmeraldi  accompagnati 
da  topazip  zapkiri:,  rubini  <T  perle  ^  uanno  tejjèndo  belltp 

Jìme  ghirlande  per  adornarne  le  tempie  del  minacciojo 
Iddio  degli  horti)  cpiitti  cptiando  nel  cielo  intorno  all'auro» 
ra  in  Oriente  appare  d pietofo  Delfino  con  Vi^^qutla  ce» 
lejle^  Cr  lafaetta  d'Hercok:,  V  che  F^erttmno  ha  prefo 

firma  di  V^erno  y  "Pomonajà germorjliar  le  piante  ;,  G/ 
prignia  dona  uertn  a  mdle  lajciue  ber  bette  ^  CT  Flora  uà 

Jj^argendo  nouelli  fiori  non  altrimenti  :,  che  fogliano  fare 
nel  ritorno  del  dolce  O*  defiato  ^^prile\Et  quando  il 
Sole Jfiega gli  aurati fuoi  crini fopra  d feroce  Leone^  C?* 

Q^    i  i         che  al 


,01       LA     V  I  L  L  A,   D  I  A. 

eh  al  primo  imbrunir  della  notte  la  bella  i^Jlrea  fra  le 

Jalje  onde  attii^Jur  fi  uede  \  cj^mi  non  Borea  ;,  non  k^u» 

Jlrojlride^  ma  Zefiro jl)auetnèce  fJ)irando  tempra  Var» 

dorè  di  quella  celeiìe  caqnuola  ^  che  da  Gioue  fu  pofìa 

nel  cielo ;,  perche  antiuide  il  mio  uag^o  p  ki^rqiadro:,  &  uez* 

Zojo  cagnuolino  :  Et  oltre  i  detti  miracoli  nello JJ)lendidip 

Jìmo giardino Ji  uede  ancora  un-folrij^imo;,  ameno  ^  C^Jvr* 

innato  bojchetto  con  certi  fuoi  beatijeggiy  <^  coperti  jcn^ 

tieri;,  done  pare^che  neramente  alberghi  la  quiete  C^  tran^ 

qudlitd  deWanimo  :y  C^  che  per  Jlanza  tu  jita  Diana  con 

tutto  il  [acro  coro  delle  Jue  caiìe  ninji  in  compaqma  della 

diuini/?.SA  SS  AB  ELLk  ARRIGONA 

moglie  honoratij^ima  d'ejjo.  Ss  Vr  e  fidente;,  la  quale  per  ef* 
fere  bellifima,honejltj?ima^  C^  in  ognigrado  di  perjvttio^ 
ne  perjvttifima  y  é forza  :,  ch'ella  partmète  infieme  colfuo 
amatif?imo  conforte  ami  C^gradifa  il  fio  piaceuolegiar^ 
dmo  p  come  uiuo  CT  naturai  ritratto  della  uilla  ^  nel  qual 
loco  da  una  fontana  di  bianchi/?imo  marmo  forge  acqua 
chiarif?tma  ^  che  con  Jì grato f farro  uà  dtjcor rendo  per 
dentro  dellamenif?imo  bofchetto  y  che  accordandofi  con  lui 
il  mormorar  della  dolce  aura:,  C^  ti  cantar  de  gli  uccellet» 
ti  ne  riefce  una  armoma;>che  Varia  addolcifce  di  maniera^ 
cluui  mai  non  swueccbia  :  Delle  quali  qratie  V*  priuilegi 
le  uaghc  Driadc  accompagnate  da  i  lor  fcltfaggi  Dif  mo*» 

Jlrano 


D  E  L     T  A  E  G  I  O.         lot 

tirano  aperti  fc^qni  di  allegrezza :>  empendo  con  hojcarec^ 
ci  canti  d cielo  ddjiio  honorato  O" gloriojo  nome.T accio 
infinite  altre  mcraiiiglie  di  (lue  fio  beato  locO:,  CT  concludo 
che  lamemJ?imo giardino  CT  d  magnifico  Valazzoy  coma 
due  amanti:,  d prona  Vun  dcll'altrojloprono  i  pregila 
pompe :,  O"  le  ricchezza  ^^^'^^  i  -Qj^!/^'^^  f  ^^  ejjìre  adorno 
dellopere  migliori  ^  e  bcbbero  ji  w  pregio  Vrajttele^  CT 
T^bidiaymojlra  dejjcre  contento  d pieno  d'bauere  un  com» 
pagnoft  lieto  :, fior  Ito  CJ"  ftjìeggiantep  et  qiidlo  aWincon» 
tro  rallegrando  fidi  hauere  unjt  tiobde  et  pregiato  vicinò  ^ 
negli  abbracciamenti  di  lui  dolcemète  impltcandnjija  mille 
ripoiìi  recefih  che  riempiono  Vanima  de  riguardanti  diitt 
merauig^Uojo  piacere.  P.  Voeticamente  CT  molto  gentiU 
mente  hauete  descritto  quefto  giardino^  ma  non  so  coma 
comporteremo  i  dóiti;>  che  in  proja  nei  vjiate  h figure^  che 
fono  proprie  del  iierjo.  T^ .  Ciò  non  faccio  fenza  ragion 
ne;»  della  c[uale  ne  parleremo  altroue.V. Ripigliate  adun^ 
qiie  d proposito  iioftro,  l^ ,  Dopo  il  S.  Vrehdente  ueng^o 
algiudiciojo^  dottifiimo:,  et  corteje  S.  Scipione  Simonetta ^ 
huomo  di  tanto  ff)iritO:y  conJì^liOj  et  valore  ;>  che  mente  /:try; 
Qjie^h  ha>  un/pledido^  fvlice^  et  aureo  giardino  in  Afe* 
lano  vestito  di  eterna  Vrimaucra^  oveji  veggono  cole  ra» 
re;,  meraviglìoje;,  CT  none  ;  (puiui  larte^  <^  la  natin-a  bora 
dgarra  luna  dell'altra  mollrano  l'ultime  lor  prove ^  bora 

Q^^   ili       amenduc 


loi      LA     VILLA,    DIA. 

amettiiie  incorporate:,  unite:,  ^  ricocihate  infiewejanno  cofc 
Jlnpende,  Et  la  tiatin-a  tanto  cortefc:,  Z^jàuoreiiok  fi  mo/ 
Jlra  à  {[ueólo  ben  nato  terreno^  che  fi  come  diindctidofi  le 
patrie  delle  radici^  de  W  herbe:,  de  fori  j  O"  de  gli  alberi^ 
ad  alcuni  da  lei  per  patria  è  data  V^fia:,  ad  altri  lEu^ 
rapa:,  CT  d  molti  V^jfrica  \  cofi  qtieììogloriofo  et  pri'^ 
tnìegiato  loco  e  dato  fio  per  patria  commune  d  tutti  ipre^ 
giati.^moJiyO"  pellegrini  f empiici.  Qjjìuì  uerdeggia  d 
Rheubarbaro  di  Tur  chiama  colocafia  di  Cecilia  Ja  pia 
ta  dello forace  di  Vanfliaj  l Erica  di  Grecia  ^  laloe  deU 
la  Celeforia  :,il  fco  d' India :>  il  gelfo muto  di  Sp&gna:, 
Ihelleradi  Cilicia:,il  cipero  di  ^4^  Ufandria:,la  ftaphi 
d'Iflria^  lo  f  or  dio  di  Candia:,  il  Tkimo  di  Cappadocia^ 
Valipo  di  LeuantC:,  Velleboro  di  Goritia  Ja fìella  di  u^- 
thene:,  V apocino  di  Soria,^  il  tajjo  di  i^rcadia;,  la  M  an<» 
dragora  di  Vaglia^  la  grana  di  Cojlantinopoh;,  la  radice 
Hhodta  di  Macedonia:,  il  medio  di  Mcdia^  il  ffamoidc 
di  K^nticira:,  Vamomo  di  \^rmema:  il  co  fio  di  t^^i'a^ 
hiS>  il  balfamo  di  Giudea:,  VaJJialatbo  di  Rhodi:,  la  pian^ 
ta  del mojco  di  Vhenicia^  lacantho  di  Cirema:,la(:fallo^ 
co  di  Qalecnty  il  platano  di  Lidia ^  il  na[lurtio  di  Babdo^ 
ftia^  d  terebintho  delVifole  Ctcladi ,  il  cedro  di  Cipro^  il 
Cif  d'Egitto j  il  croco  d'i^u/lria^  il  qionco  odorato  di 
J^abathea^  dphu  di  Tonto^  con  guanti femplici  fi  troua^ 

no  defritti 


DEL     T  A  E  G  I  0.      ' \o^ 

no  defcritti  da  McjiiCy  L^uiccnnu;,  J-Jtppocrate  ^  T)iof* 
coridc:,  GdletiO:,  Theophraiìoj  CT  Phnio  con  tutti  altri 
tìfnoji  O^feQytalati  fempltciiit  *y  Et  perche  in  que fio Jor/ 
innato  loco  tra  ifemplici  incogniti  appreso  di  noij^Ci  trotta 
VEmpetrOy  il  chrijogono^  il  lagopo^,  rhokiìiO;,  il  filibo^ 
la  Voligala^  il  Glauco^  la  phiteuma  ;,  la  chamcleuca^  la 
cacaltay  rijopiro  C^  lonagra\  ben  ji  potrebbe  dirC;,  che 
que/ìojojje  quel Jegr età  et Jauor ito  giardino  della  natura;, 
che  fi  rijerba  dtjemplici  incogniti  per  non  fi  privar  d'ogni 
cofa^  ^jarm  ognunfignore  ;  ma  d  ciò  contrajìa  lagett» 
al  natura  dello  J])!cndido  CT*  hberaliJ?imo  Simonetta  ^  il 
quale  nonjolamentefi  contenia  di  mojlrarc  cortefemente  il 
tutto  d  ciiìjcnnoy  cheji  diletti  della  ficultd  defemplici  5  ma 
ancora  di  partecipar  con  tutti  delle  piante  rare;,  eh  wiji 
frollano.  Del  che  ne  rifulta  non  men gloria  d  que/Io  pen/ 
tihJ?imoflnritO:>cke  faceta  aWillufìrifimo  Crjèrenì/ìimo 
Senato  K^eneiiano  deWamphf imo  giardino^  che  per  co^ 
modo  publico;,  C  ornamento  della  medicina^  ha  fitto  fi^ 
bricar  ndlafloridifima  citta  di  Vadoua^  oueramente  aU 
VeccellentifimoCofmo  Duca  di  Fiorenza  del  giardino^ 
e  ha  fitto  edificare  nellanttchifima  città  di  Tija^  oue  uer» 
deggiarjiueggono  infinite  rare  piante j  che  altroue  in  ItUn 
liajin  bora  non  fono  uedute;,fiior  che  nel  giardino  del  mio 
dolcifiimo  Simonettaj  il  quale  come  che  fa  occupato  nel 

gouerno 


loj      LA     VILLA,   DIA. 

gommo  delle  cofe  puhìichc  5  non  rejla  però  di  mandare 

fer  diuerfe.  C9"  lontane  regioni  non  riguardando  d  JpHa 

alcuna  per  hauere  le  piante  Jore^iere  lc(^itime<T  uere^  ci 

per  acclaijlare  glt  aromati  prctiojìjsim  ^  eletti  C  finceri  : 

onde  fj)ejje  uoltejì  richiamano  in  ulta  molti  di  coloro  la  cui 

falutegid  diJJKratafi  uedea  da  tutti  i  medici, i eguali  infinito 

obligo  hauer  dourcbbono  d  queflo  honoratij^imo gentil  buù 

ino^  che  tanto  accrejce^  ^  ilhijlra  la  merauiglioja  Jàcultd 

dejempliciy  d  imitatione  degli  antichi  Imperatori  ;,  i  (juali 

Q  come  afferma  Galeno^  c^uantnncjiie  jojero  occupati  per 

lo  ffouerno;, che  teneuano  della  P.eputhca:,0"  detrimptf'ro 

loro^  tanto  hebbero  in  pregio  quejla  diuina  CJ^glorioJa 

jcienza^che  per  hauere  ije:nplici  neri  teneuano  pronifio* 

nati  in  dtuerfe  parti  del  mondojempticiili  accurattj^imi,  et 

medici  eccellentifiimi per  lo  dejlderio  ddla gloria  infitiita^ 

che  cpnindi  loro  ne  rijultana^  per  lo  beneficio  uniuerfale  de 

gli  huominiy  ^  per  la  memoria  de  i  chiari  ejjempi  de  fuoi 

antichi  padri;,  i  quali  nonfAutnente  portauano  ne  i  trionji 

lejpoglie  de  i  reami  accpnjlati:,  O"  i  Ke  priQ^ioni  alianti  d 

loro*^  ma  etiandio  varie  O"  pelleg^rine  piante  t  de  (puah  non 

frendeiiano  minor  gloria  hauendole  poi  d  Roma  negiar» 

dinij  cheji  prendejjero  de  i  trojii:,  delle  jlatue ;,  ^  degli 

archi  trionphali^  che  in  perpetua  lor  memoria  fi  dirizza" 

nano  dal  popolo  CT  Senato  Romano,  Mor  partendomi 

da 


n  E  L     T  A  E  G  I  O.  ro5 

da  cjticjlo  uertuojtj^tmo  gètilhuomo  uengo  alfag^act  etge^ 

mrojo. S.Gio.  Jacopo  Raitioldhd  cjiiale  in  M elatio ha  un 

aUrdinoji  tiaqo  €tjzjlrggiante:,'che  mijento  riempir  latti* 

ma  ditn  mcrauigltojo  piacere  cjualhor  mi  uiene  alla  mète  la 

delicatezza  di  cpiiello.  Tra  ([tfejli  uiene  il  noùilifimo  et  dot» 

uJ?imo.  S.  Galeazzo  Brugora  ^  ti  quale  ^Ji  come  ha  Vanim 

mo  jìioben  coltiuato  :,^  ripieno  di  lodeuohCT'  diuerji 

ptenze  :  cofi  ancora  ha  il  jiio  ampio  ^  delicato  g^iardi* 

no  ben  colmato  :,^  ripieno  denari  CT  pregiati  frutti. 

Hor  che  diremo  dei  S,  Marc't^^ntonio  Vorrò  ;,  raro 

esempio  di  Jf)lendidezza  ♦j  Qjue/ìi  in  M^ ciano  ad  imita* 

tione  de  Babiloni  ha  fatto  fubricare  un  g^iardtno  mWarict 

fi  merauigliofo  ;,  che  chiunque  lo  uede  non  fi  può  fatiare  di 

fafceregli  occhi  di  fi  raro  p  nuouo  ^  CT  diletteuolefpetta* 

colo  :  Et  dallo  flato  diquejlo  aprico  giardino  ben  fi  cono* 

fce  quanto  fia  que/ìo  Caualliero  amoreuolc  cortefe^fO' 

liberale^  percioche  Iha  pnjlo:,  oue  chi  uuolepuo  ^oder  della 

bella  uiò^a  di  quello.  Ne  fide  tacere  Vhonorattj^.S.Fran* 

cefco  Bo^jo  Giureconfuko  eccellètif^imo;,  C  rartfimo  ep 

fé m pio  di  bontà  ^  ti  quale  in  Melano  ha  un  aprico  >  uagOj 

•  CT  beato  giardino  ;,  doueper  cofa  notabile  fi  uede  ondcQ* 

giare  d  bujjo  non  altrimeti  :,  ch'ei  faccia  nel  monte  Citerete 

Etchediraf?i  del  giardino  e  hall  S,  Tietro  IVouato  in 

f'^oghiera  ^  oue  fra  laltre  cofe  degne  di  mag^gior  meraui* 

glia, fi 


'fc4      LA     V  I  L  L  A>  D  I  A. 

glia  :,Jìuede  unfohiJ?imo  boschetto  di  nocciuoli fitto  infor^ 
ma  di  laberinto  ;,  ttdle  cui  corteccie  intagliate  ^  C7"  itìjicme 
crejciute  con  le  piante  fi  veggono  (Quelle  lettere^ 
Quinci  efce  il  Is/occiuolin  chel  cor  mi  rode 

Et  tn  mezzo  di  cjiieflo  ameniJ?imo  luogo  euui  un l^ pollo 

di  hianchi&mo  mar m0;>chejiede  (opra  un  rozzo  et  humido 

fafjo^  ondejale  una  fontana  ^che  d^aa^ua  chiarij?ima  J^ruz 

za  ciascuno  che  fé  Vauicina:,ct  (jUeJlo  Iddio  p  latìitto  ch'egli 

ntojlra  nel  uolto  fàfegno  che  per  la  dolce  memoria  della 

Jua  amata  Dafne  goda  ancora  di  contemplar  la  bclkzz^^ 

d'alcuni giouinetti  lauri;,  che  in  ^uija  di  corona  (^lifurgono 

dattorno^  Et  fi  come  già  fi  trouaua  in  focide  fi  monte 

l^arnafo  unjpeco  entro  del  eguale  chiunque  guardava  ri* 

ceueua  lo  Jpirito  profetico  5  cojl  quiui  chi  mira  il  det/ 

to  ^^pollo:>^  fnte  tlrefigerio  del  Laura  clnuifoaue/ 

mente  Jjnrafubito  riempier  fi  fente  di  diuinitd  :,Z^  poetig^ 

giando  dice  cofe  merauegliofe  in  honor  dVfjo  JJnrito  deU 

L'aura^  O' della  uacrhezza  della  IVicola  ho  uoluto  dir 

JSIocciuola  frutto  preciofif  imo  di  cpuel  felice  giardino:,  del 

che  chiara  fede  ne  fanno  le  dotte  CT*  dolci  rime  d'ef/ 

fo  gentihfimo  ^  S  .  I^ouato  ^  da  cui  partendomi  uen^o 

al  miracolo  del  giardino  del  uertuoffimoi  C?*  honorattf 

fimo  Signor  Giuliano  Gojfelini^  doue  la  C  H I  ^^^ 

jRu^  luce  del  Sole  porgendo  nuouauertu  alle  piante^ 

dforip 


DEL     TAEGIO.       '% 

d fiorii  CT  airherbe^caiija  in  ejjo  ma  continoua  Trimam 
tiera^  il  perche  non  Solamente  in  qitejla  parte  cedergli  do» 
urebbono  gli  altri  giardini  di  Melano  ^  ma  come  dice 
V^ergilio  parlando  di  Italia 
I^  E  ancor  de  AI edi  le  gran  feluc;,  terra 
Ricca  e  beatati  nelfimofo  Gange  ♦ 
ISle  de  Vharene  d'or  torbido  ^  Ihermo  \ 
I\lon  qtiei  di  Battra;,  ne  qiie'dlndia^  6  tutta 
Grajja  d^ncenjt;,  e  fertile  Vanchaia  ♦ 

Con  le  lodi  contendino  di  cjueflo  auenturato^  O*  bea» 

tijsimo  luogo.  Taccio  il  vago  C3"  notabile  giardino  del  fa» 

gace^  cortejè  C"  dottijsimo  S.Lodouico  Maggienta  ;,  iU 

lu[lre  Senator  di  Melano,  Taccio  iljtgnor  Domenico 

Saoli  abondanttjsimojonte  degni  uertù  coljìio  amenifsimo 

giardino. Taccio  d  cortejè ^  et gentihfsimojtgnor  Bernar 

do  Brebbia:,  che  nel  mezzo  del fuo  filicijsvno giardino  ha 

unafintana^bricata  per  mano  di  Bramante;,  O*  Jregia» 

ta  da  una giocondifsima  felua  di  aranzi?  limoni^  CT  cedrù 

Taccio  lo  molto  dlujlre  et  uertuofifsimo  Vrejidente  Grajl 

foy  il  dottifsitno  Senator  Maritano ^  il  cortejè -^  O^ genti» 

Itfsimofignor  JDanefe  Figltodono  Senator  degnifsimop  il 

Jìgnor  Tietro  Georgia  F^ifcotite;,  iljìgnor  Gio.  Batdjla 

Tanigarola  ;,  d  Jìgnor  i^ntonio  Francejco  Cre/]^Op  il 

Jìgnor  L/fleJJandro  K^rchinto  ^  il  fignor  Benedetto 

Vecchio^ 


io(^     LA     V  I  L  L  A,   D  I  A. 

pecchia ;,  il  Jìgnor  Girolamo  P^ifcontC;,  il  S,  Girolamo 
JMoniiOy  il  S\  Francesco  Lodouico  FaJJatOy  il  S,  Fran^ 
cejco  LandrianO;,  il  S.^^Tgoflo  de  Capitani  injteme  col 
S. "Pirro Jratelloptl  S,  Vietro Frattcejco;,^ L^ntottio 
Ilaria  Calchi  et  fratelli^  ilS.  Gio, Battigia  ^madeo^ 
il  S.Gottardo  et  Cefare  Reini efatelli^il  S.Gio.Fran» 
ceJcoCazz<t^il  S.  Cejare  Lamptigano;,il  S.  Marco 
Marcello  Rincio^  il  ^.Girolamo  Capra^  il  S.Q  uinti* 
liano  Afettdojìo;,  il  S.Vomponio  Cujàno;,  il S.Franctjco 
Malumbra^  col  S^  Vietro  Iacopo Jratello;,  il  S.  'Pietro 
K^rriQ'onO;,  il  S.CaradojJo  Foppay  il  S.Gio.FrattceJ^ 
co  T orniello :,  il  S.Giulio  Schiafinato-^  il  S.CeJare  Can» 
diano^il  S.Cefare  i^uogadro^il  S^Horatio  Carpano, 
il  S.Girolamo  F^erffO;>  il  S.  Marct^ntonio  s^re^ 
fio,  il  S.Damiano  tejla,  il  S.\^Jcanio  Mozzone, il  S^ 
Benedetto  Longo,  il  S.  Gio.  Battijla  Saluatorino,  il  S^ 
Cefare  V^ignarca,il  S.Gio.  MatheoCataneo,ilS  ^ 
Gio.  Francesco  Cauagliano,  0^  S\  Gio*  Sterpino  fi ateU 
lo,  il  S, Camillo  Traiano,  il  S.Gto.  Battijla  della  Tua, 
il  S.Gio.<^ntonio  V^tmercato,  il  S.k^ luigi  Marita'^ 
no,  il  S,  GaJJ)ar  Cafuto,  il  S.^^ luigi  da  Lodi.  Et  inji» 
Ititi  altri  honordtij^.et  uertuofijsimi  (^entiVhuomini  vaghi  di 
heigiardini)  non  per  altro  fé  no  perche  rapprefentano  la 
uilla  cotanto  amata  da  tutte  k^erfone  dij^irito  et  ualore^ 

Ma 


DEL     T  A  E  G  I  O.      ''^  ic7 

Ida  oltre  gli  eQ empi  di  tanti  honorati  perjottaggi^ch 
perfejlej^i  doiirebbono  bcjlare  per  mettere  iti  j;ratia  di 
ciajciino  la  libcrtd  dolici  mila:,  et  in  odio  UferuHù  della  cit* 
td.  Che  diremo  noi  del  piacer :>  che  Ihuomofi  piglia  alla 
mila  del  uederforger  da  un  uiuofajjo  ima  chiara^,  Z^yfref» 
cdjontana'y  la  quale  non  ahrimentiycheje  di  puro  crijiallo 
io.] e  àgli  occhi  de  riguardanti  manifvjla  ifegreti  del  fuo 
lucido  Jondo,  Qjiali  occhi  fon  cluelli;,  d  cui  no  piaccia  la  vi* 
Jla  dun  dtletteuole  boschetto j,  le  cui  piante  fi gratiojamentc 
riceuano  i  raggi  del  Soky  che  Vherba  da  loro  ne  prenda 
grandtfima  recreatione  ì  chi  non  gode  deluedere;,  (Quando 
Jpirano  i  tepidi  zephiri  j  germogliar  gli  alberi  ^  O"  (j^uaji 
d  ^arra  lun  delValtro  riue/lirji  di  uerdijrondi  f  chi  non  è 
uago  del  uederforger  e  in  alto  ilfiggio;,  et  Veliera  co'pie^ 
di  torti  andar  carpone  f  d  cui  non  è  dolce  il  ueder  ifiumi^ 
(Quando  cadendo  dagli  alti  monti  j  con  piaceuol  mormorio 
vanno  rigando  Iherbofe  ualli^  et  ipefij,  quando  hor  nota^ 
no  in f  otta  ^  hor  intorno  al  fonte  girando  guidano  ddet^ 
tofo  ballo^  O"  hor  Vun  V altro  feguendo  guizzano  per 
Vacqua?  d  cui  nongioua  lafoauitd  degli  odori;,  che  dolce^ 
mente  da  i  uarij  fiori  Jpirarffnte  f  chi  non  (i  trajlulla 
del  ueder  cozzar  montoni  dauanti  alle  amorofe  fue  pecOi^ 
relleì  chi  nonuede  uolontieri  i paurojt  daini;,  quando  per 
laprefnza  deWamata  druda  fi  fanno  arditi^  ^  i  timidi 

R.       conigli^ 


log      LA     VILLA,    DIA. 

conigli:,  ([lunlo  fi  accouacciano  Vun  con  Vultro:,  oue  fitti  rU 
de  Vrvnaueraì  chi  non  ^ioifce  del  correr  delle  orecchiute 
lepri? chi  non  s'allegra  dal  vedere  i  ruQmadoji  fiorii 
Quando  per  la  nenuta  del  Sole  fi  cominciano  ad  aprire:,  CT 
ijronztiti  rami:,  (piando  ondeggiano  al  uentoì  d  chi  non  di^ 
Iettano  i  dolci  accenti  de  i  uaghi  uccelletti  ^  (piando  piajl  d 
prona  Vun  dell altroy cantano  i  lor amori? oue  lajcioh 
qemme:,  di  che  la  notiellajlagione  riuejle  Iberbe  di  nerdi 
prati  ?  oue  ilpollular  de gVinnefiati  rampolli:,  i  qualip  co» 
me  noflre  creature  con  piacer  fingolarif  imo  crejcer  ueg» 
giamo?  oue  la  pampinea  uite^  quando  racpuifla  i  perduti 
tralci:,  O'  maritandofi  con  gli  olmi  dirami  juoi  sauitic^ 
chia  ?  ó  quando  ella^  6  Y albero  d  cui  sappogia  é  (  come 
dice  P^ergdio  ) 
C  O  ISI  jl^atio  ugual  Dino  da  Valtro  po/Io 
"Per  tratte  ri^he  ginjlamente  lungi  \ 
Come  talhor  perfir  giornata  injieme 
Con  Valtro  ungrojjo  ejjercitojìjìende 
'Per  aperta  campagna;,  ej^atioja 
In  dritte  tìla  :,  CT  ordtnatefchierc 
Stan  con  le jr orni  agli  nemici  uoltc 
L'ardite  genti  ^  e  dal  lucido  ferro 
Tutta  la  terra  d'ogn  intorno  JJdende^ 
Jsle  s  appicca  la  z^^ffa  ancor ^  ma  in  mezzo 

^  tarme 


DEL     r  \  B  G  I  O.  f^3  109 

v^'  Varme  incerto  Marte  horribd  erra. 

Is/e  crederò  iogiamai;,  che  alcuno Jì)  tanto  indtjcreto;, 

che  mi  neqhi^  che  in  mila  non  fi  prenda  un  piacer  incili^ 

viabile  da  un  cielo  aperto^  et  chiaro ;,  che  con  un  uiuo/Jilen» 

dore;,(luaJi  con  unfuorijo  cinuiti  alla  allegria^  G"  che 

non  goda  del  uedere  un  lieto :iJruttijiro^  ^ fijleggianiz 

colle:,  con  mille  ripofli  recefh  doue  paia:,  che  la  quiete;^  et 

la  felicita  tendanola  loro habitatione;,0' dal  fentire  k 

filuejlrc  canzoni  delle fempltci  villanelle:,  O"  ilfuono  delle 

incerate  canne  de  pafioriMt  che  dirò  della  uifia  de  i  roz^" 

zi  bij6lchi:>quando  ornandogli  aratri  di  nouellijiori,  dan^ 

nofegno  di  piaceuoleocioì  Et  perche  taccio  i  cacciatori^ 

quando feguono  le figgitiue Jìere:,C^  ([uando  nel  rojjeg^ 

giar  dell  Oriente  :ytendono  k  reti  f  doue  lafciole  diuerjc 

maniere  danimali^  quando  a  lor  diletto  fé  ne  uannofolaz» 

zando  per  li  prati  dipinti  di  mille  varietà  di  colori:,  ove 

laure  efliue  fcherzando  tra  fiori  finno  dolcemente  tre^ 

molar  le  tenere  her bette,  Jopajfo  confikntio  molte  altri 

cofefimilije  quali  dilettano  ifenfi^r ecreano glijlnrti  :,  de» 

flano  lo'ngeqno:,  ©"  raccendono  in  noi  ildefiderio  di  cer^ 

car  le  cai  fé  de  i  ueduti  effetti,  T,  L'ingegno fiegliato  daU 

Vamenitd  del  loco  cofijpìnge  gli  huomini  alla  lajciuia:,  co^ 

me  alla  inuefhgatione  delle  cofe  naturali  :,  G^  le  perfine 

fante  hanno  fior  ito  più  nelle  deferte  rupi,  che  negli  ameni 

K     ti       lochi; 


no 


M^ 


LA     VILLA.     DIA. 


lochi  \  ma  lajciattdo  (Quello  da  canto ^  hor  che  battete  con^ 
tato  le  gioie  della  uilUpfonete  anco  all'incontro  i  piaceri 
della  citta,  l^ ^  Le  gioie^  C7*  piaceuoli  /pettacoli  della 

;  citta  fono  ruhbariejflatrocini/^  afjafsinamentip  parcialita^ 
conjjnrationiyingiuriey  tradimenti  ;>filji giuramenti  di  re» 
jhmonij  :>jàljijicamenti  de  notari,preuaricationi  d'auuocath 
corruttioni  de  giudici  ^  ambitioni  de  configlieri  y  conjì^ 
nsmenti  de  buoni  y  coniennationi  d'innocenti;,  e  oppre/?wni 
dipoueriydi  uedoueyQT'di  pupdlt.  Taccio  la  bella  tnjla 

■  del  boidy  del  bargello;,  de  birri,  delie  Jorche^  de  ceppi, 
delle  catene ,  CT  de  prigioni.  Taccio  i  crudclh  O"  borri/ 
btltjpettacoli;,  chefijanno  de  i  condonati  d  morte  pergiu^ 
Jittia. Taccio  ilpiaceuole  incontro  dt  certi  cancbcrojì  jor/ 
&ntip  che  Jìngendo  lo Jlr oppiato  lanciano  il  fico  di  janto 
i^  ntonio  addojjo  d  chi  non  compiace  aWimportumtd  lo/ 
ro.  Taccio  d grato JJ)ettacolo  degli  ammorbati  JJ^cdaK 
Taccio  la  bella  perfpettiua  del  puzzolente  borgo  ta  noce. 
Taccio  la  dolce  bar  monta  delle  tioci  dolenti  de  poueri ,  i 
duali  per  le  cittdfe  ne  morono  dtjàme  in  imperio  deliba^ 
tnanitd.T accio  tigrato  concento  delle  tncrejceuoli  fcam/ 
pannate^  che  fi  fanno  nella  morte  de  gran  p^f^^^ggi* 
Taccio  la  melodia  de  noio fi  ciabattini ,  CT  altri  Jciagura» 
ti:,  che  dgttifa  depazzi>  ò  anime  dannate  iianno gridando 
per  kjlrade,  P*  F^oi  hauete  detto  tutte  le  miferie  delle 

citta. 


DEL     T  A  E  G  I  O; 


^ 


III 


città j  V  tacciute  hfvlicitd  loro;,  come  fono  i  tnagnijìchi^ 
i^fuperbi  palaxztj  coti  k  predofe  waJjàritiC:,  C?^  thejorh 
che  ut  fon  dentro^  le  diucrje^  CT  artificiofe  (lattie^  le  degne 
CT  merauigliofe  pitture  Je  piaceuokzz^  de  gì  Hi/lrionij, 
i  dtuerjì fpettacoli:,  la  uifla  delle  vaghe  <T  ornate  genttU 
donne;,  le  pompofe  corti  de  Vrencipi  ^O'ie  belle  cre^ 
anz^  de  Cortegianiy  CT  altre  cofefimili.  T^ .  Cotejle  co* 
fe^  che  noi  dite  fono  felicità  apparetip  et  non  uere.  V.  Ter* 
che  cai ft fono  tali?  f^.  Xslon  fapete  cominciando  dalla 
magnificenza  delle  cafe^  pretto  fé  maj?aritie;>  ^  thefori^ 
che  ti  più  delle  uolte  nei  palazzi  de  igran  Rèfitroua  la 
fitica^  CT  il  dolore^  O"  ne  i  baft  tuguri)  depoueri  la  quie* 
te? O" ralle^rezz<i S^ fi  ^^^  ^^^  credete à F^itauro^ 
udite  ([uelj  che  dice  F^alerio  Mafimo,  Gige  infuperbito 
affai  per  trouarfi  Ré  di  Lidia?  abbondantifùmo  d'armi^ 
&  di  ricchezza?  effendo  andato  in  IDelJo  à  domandar  lo* 
racolo  d'ampolline? fc  trai  mortali  alcuno  più  felice  di 
luijl  trouaua?  hebbe  per  rtjpojla  del  facratiftmojj^eco  di 
qiicllo  Iddio?  che  u^glaojilofojoy  era  di  luipiujvlice?  et 
fin  beato.  Era  coflui  d'^^rcadia  pouertfimofpra  tutti 
gli  altri?  ne  mai  era  ufito fuori  de  i  confini  d)wfuo  pode* 
retto  :t  contento  de  i frutti?  e  dei  piaceri  ?  che  gli  porgeua 
quella  fa  picciolapojpfione.  Et  certamète  ^  pollo  con 
fie^a  afiuta  maniera  di  ^arlare^  uenne  alhora  à  defcri^^ 

a    Hi       uercy 


ftT^'L  A     V  I  L  L   A,   D  I  A. 

ver  e,  Zf^  determinare  ([^ial  fijje  la  uera  felicita  j  O^  non 
Tappar  ente  ^  onde  rifpondèdo  d  Gige^,  ch'abbagliaua  neU 
lofplcndore  ddlafuajvrtuna^in  cotalguija  uenne  dfi^ni» 
jìcarli;,  che  più  approiiaua  una  capanna  pailorak;,  riden» 
te;,  Vficura^  che  ipalUzzi:^  CT  h  corti  de  Vrencipi  pie» 
ne  di  mille  cure^,  O* follicitudini  ;  più  un  poco  di  terreno 
pojjìdiitofenza  paura  V'foJ^etto  ^  che  i Jvrtilij?imi  campi 
di  Lidia  ripieni  di  molto  timore  *^  più  ti  pojpdere  unojyò 
due  para  di  buoip  che ficilmente fi  guardano  ^  ^  cufiodij^ 
cono 3  che  gli  ejjerciti^  Varmi;,  CT  la  caualkria^  tutte  coje 
dijpefa^  CT  trauaglio  grandifimo*ypiu  un  picciolo  grana* 
io  all'ufo  necejjarto  hajlante:>  C  da  niuno  cerco ^  ò  defide» 
ratOj,  che  i  thejori  efJooHi  alle  infidie^  d  i  tradimenti;,  et  al» 
le  rapacità  dognuno.Qjianto  alle  uaghe  pitture  ;,  CT  ar» 
tifìciojejlatue;,  che  dite;,  ut  rifpondoy  che  s'ellc  fono  antiche 
(^  benché  delle  pitture  poche  fé  ne  trouino  ^fono  chiarifimQ 
argomento  delgua/lo  mondo ^  Cr  del  uituperìo  della  pre» 
(ente  etdy  nella  quale  gli  huomini.  d  gran  prezzO:>  ^  con 
JJ)efe  traboccheuoli  comprano  le  antichaie:,  O"  de  lodeuoli 
cofiumi;,^  uertuofe  operationi  de  gli  antichi;,  alle  quali  ac» 
cendere^  O'  infiammargli  dourebbono  le  fatue;,  non  fé  ne 
curano  ponto ;,  anzi  diff)rezz<tno  ogni  uertih  ^  ddlanti» 
co  altro  non  hanno  p  che  qualche  fragmento  d)ina fatua  di 
Cefare^  ó  di  ScipioneMtflefatuep  che  dite  fono  modcr» 

'      nef^ 


DEL     TAEGIO.   -^^7  nj 

ne^  Cr  rapprejentanog-li  huomini  del  fecola  prefcnte  di^ 

jJiUccionofommamente  d^U  occhi  delle perfone  giudicio^ 

jc^  conojcendo^cbe  hoggidi  per  lordtttariojì  pongono  le 

(latue  d  i  rtcchh  che  con  gran  pregio  pojjono  comprarci 

jìm  felini  marmi;,  C7  non  d  (jtiegli  ^  che  fono  uertuojì.  come 

jokuanojàr  qli  antichi  ;»appr e jjo  i  (luali  lejiatue  erano  te» 

(limoni  della  tiertù^  mjìdirizz<tuanofe  non  d  coloro;,  che 

fijlero  dotti  <^  ingentojt;,  come  fu  fatto  d  F^ittorino;,  ò  d 

quegli  ^  e  bauejjero  liberato  la  patria;,  come  d  Scipione 

L^f/ricanojòchejojjeromorti  per  lei  ^  come  d  quegli 

K^ mbajciatori;,  che  fiirono  morti  dal  Re  deT^ehietij^ 

cuer  amente  adaltri^chauejferofitteimprefe  qrandtfime^ 

P,  Tutto ;,  che  le  imagini^  C^  antic baie  p  per  ejpr  incita^ 

mentO;,  C^J])rone  alla  uertih  facciano  chiara  al  mondo  la 

figritia^  C3"  dapocaggine  di  quegli;,  che  Jì  dilettano  d^ha» 

uerlejempre  innanzi^  CT  per  loro  ponto  non  fi  movano  ad 

imitar  lopcrationi  uertuof  degli  antickiiet  che  le  moderne 

fatue  fieno  teiìimonijnon  della  uerirhma  della  ricchezza^ 

O"  prefotnione  degli  huomini  ;  per  quejlo  non  rejìa^  ch'eU 

le  infieme  con  le  uagbepitture^  CT  altri  belhftmi  fpettaco» 

li  non  fieno  grande  ornamento  delle  cittd;,  ^  che  non  dl^ 

lettino  cofigli  occhi  de  riguardanti;,  come  ficciajto  ti  uer» 

deggiar  delle  campagne;,  la  vaghezza  de  i  fiorii  il  ger» 

mogliar  delle  piantegli  naferdejrutti^la  mezza  de  i 

Jonti 


'"iT4     LA     VILLA>DIA. 

finth  Ict  chiarezza  de  ifùmij  Ut  fj^ejfezza  de  i  bofchi,  la 
fiaceuolezZ(t  de  i  collie  lotnbra  delle  ualli  ^  ramcnttd  de  i 
frati;,  O"  altre  cofefimtli.  T^ .  lo  ut  confvjfo;,  che  le  belle 
pitture  j  et  le  arttjiciojejiatiie  allettinogli  occhi  de  r irritar • 
danti  X  ma  ben  ut  nego^  che  le  coje  dalla  natura  prodotte^ 
tanto  aggradino  dgli  occhi  nofiri  ^  (guanto  ([uelk;,  che  na» 
(cono  dalVarteJa  qiiale  non  darà  mai j  come  la  natnntjjn» 
rito^  O*  anima  alloperefue,  V,  i^nchora;,  che  l pittore 
nonjaccia  Voperefue  animate'^  nondimeno  mojlra  nella  pit» 
tura Jùa  coja;,  che Jommamente  diletta j  la  quale  ueder  non 
fi  può  negli  efjvtti  di  natura,  l^ .  Che  coja  è  coteJla:>  che 
uoi  ditef  P.E'la  uertà  delimitare;,  la  eguale  e  di  tanta 
jorzap  dulia  fa,  che  le  cofe  brutte;,  et  dt/piaceuoli  piaccia» 
fto^  come  per  ejjempiofi  può  ueder  e  nella  figura  di  Lao^ 
coonte;,  il  cui  dolore,  il  morir  delVun  de  figliuoli,  la  paura 
dell  altro,  con  Vauinchiarfì  de  ifer penti,  cotanto  di  diletto 
ci  porge,  O'pur  la  morte,  ijojjnri,  le  /Irida,  i  morfl,  et 
il  timore  fono  cofe  trifiifime,  CT  odiofe.  Il  che  parimente 
ha  loco  nelle fittioni poetiche'-^  onde  è, che  molti  molto  mag» 
gior  diletto  prendono  da  i  pianti,  dalle  di/perationi  ^O* 
dalle  morti  delle  tragedie,  che  non  janno  da  i giuochi,  da 
i  rifi,  CT  da  i  contenti  delle  comedie.  T^,  L^JJai  mag^ 
gior  diletto  nafce  dalle  cofe  belle,  che  produce  la  natura, 
che  non  fi  dalla  uertà  di  colui;,  che  le  uà  imitando.  Il  che 

chiaramente 


DEL     T   A  E  G  I  O.  ^^^    ut 

chiaramente  lo  dimojlra  la  dtffrrenxa^cb'è  dctim^jotttana 
naturale  ad  ima  artifìacitaj,  CT*  da  un  paefe  dipinto  ad  uno^ 
chejìa  nero.  P*  Mor  pò  fio  ^  che  cofijìu  mi  negherete  noi;, 
che  da  i giardini  delle  città  non  fi  piglino  molti  de' piacer 
ri^  che  uoijSte  propri^  della  uilla .  l^ .  Cotejlo  non  ut  ne* 
got^  ma  ben  ut  dico^  che  negli  antichi  Jecoli  nelle  citta  non 
u  erano  giardini^  ^  che  Epicurojtl  quale  fu  il  primo  j 
che  tronajje  i  giardini  in  v^thene  non  gli  hebbe  in  tanto 
pre^io^Jè  non  perche  rapprejentauano  un  naturai  ritrat^ 
to  della  uillay  i  cuipiacert  uanno  molto  più  dguflo^  Z^piti 
longo  tempo  ddettano;,  che  non  janno  qtielli  delli  giardini 
delle  città.  P.  Perche  caujaf  f^.  Ver  la  uicinanza  del 
lor  contrario  ;  perciò  chejj:ejje  tiolte  in  uilla  fi  uecrgono 
minaccio  fi  monti,  tanne  duferpi^  ojcure  cauernc;,  horridc 
balze jjlr ani  greppi,  dirupati  bricchi;,  rouinati  faf^i^  aU 
berght  dheremiti  ^  ajjne  rocciC;,  alpe/ìri  diferti  ^  CT  cofè 
fimilt  :,  le  quali:,  cluantumpiefenxa  horror  e  rare  uolte  ri^ 
guardar  f  pofjano^  nondimeno  più  compiuta  rendono  la 
gioia  ^  f  licita  della  uilla*^  ma;,  che  più  ^  negli  horti  delle 
città folamente fi gioifce  della  uijla  degli  alberi  dome/ìi^ 
ci  :,0*  da  maejlreuol  mano  coltiuati  j  ma  nella  mila  figo» 
de  ancora  del  uedere  le  feluaggie  piante  dalla  natura  prò» 
dotte  negli  alti  monti:,  le  quali  fuogliono  cofe  recar  più  de» 
gne  O"  memorabili^  che  nonfinno  le  colttuate  uiti  degiar^ 

S       dmi.  Et 


ii^^^e^L   A     VILLA,     DIA* 

dtfii.  Etj}  fijp  Jlato  addimatìdato  d  LiJJandro  L acede ^ 
money  cj^uado  andò  da  Ciro  per  ambajciatore ^quali  fojìero 
di  maggior  ddettOyò gli  alberi  ugualmente  con  beli  ordi^ 
ne  Din  dull  altro Jeparady  durano  nel  deliciojo  giardino 
dejjo  CtrOy  oueratnente  lejelue  di  bujjo  del  monte  Citho^ 
roy  (J^tiando  nelVari^  ondeggiano  non  altrimenti^  cheficcict 
il  mar  e  y  Quando  dal  uento  quinci  ^  e  quindi  uiene  agitato  ^ 
fon  certiJ?tmoj  cKegli  haurebbe  rifpoflo  in^uor  delle  [iU 
ne  di  Cithoroyjtcome  anco  F^crgilio  dtjje 
D  I L  ET  T  <^  molto  d  riguardar  Cithoro 
JDi  bit/?i  ondante ,  e  di  JSlaritia  i  bojchi 
Carchi  di  pece^  O'  tteder  qioua  i  campi 
JSlon  adaratriy  odarpicifoggettiy 
JSlon  obligati  d'alcun  huomo  d  cura. 
E  (ce  del  gran  Caucajo  in  Valta  cima 
Sterili  felucy  che  gli  animojì  euri 
Soplion  conflati  lor  piegar  crollando^ 
E  ferendo  jchiantar  continuamente  y 
feltri  danno ^  altri  parti  y  quefle  i  pini  ♦ 
V^'til  legno  d  nauigiy  djoflenere 
Le  cafey  quelle  alti  cuprej?i  y  e  cedri  y 
Qmncififinno  O"  d  le  ruote  i  raggi , 
Timpani  d  i  carriy  CT  d  le  nani  iljòndo^ 
Son  di  uimine^  e  Calici Jicondi  ^ 

Di 


DEL     TAEGIO.     '^'117 

D/  fiondigli  olnih  ^  di  fitte  hajle  il  mirto 

JDa  tjjar  in  guerra  è  buono  il  cor niO;,  fono 

L^ttijstmi  dpiegarjì  i  tafii  in  archi  ^ 

3  h  pulite  tiglie^  eljacil  Svjjo  :, 

E  d  riceuer;,  qtiaV  huom  uuolp firma  attorno. 

Si  cauan  tutte  con  acuto firro  ♦ 

L^ncora  ilfiagtl  alno  in  fiume  pò  fio 

'Per  le  precipiteuoli  onde  nuota  ^ 

K^ncora  dentro  d  le  corteccie  cauc 

Del  putrido  elee  fin  lor  cafe  Vapi  ^ 

Q^al  cofii  memorabile^  6 fi  degna 

Coja  recar  le  uiti  ad  alcun  mai  ? 

TDiede  Bacco  d  la  colpa  le  cagioni  p 

Egli  col  filo  licor  condujje  d  morte 

J gran  Centauri  d'alio  fiir  or  pieni  ^ 

E  RhetO;,  e  Tholoj,  e  con  gran  tazz^  i^  ^^^o 

Minacciante  i  Lapithi  il  fiero  Hileo* 

"P,  Se  nelle  uillegioua  anco  d  iteder gli  alberi  fieluag^ 
giy  che  non  fi  ueggono  ne  i  delicati  giardini  delle  cittdj,  aU 
rincontro fii  ueggono  nelle  citta  de  i  merauigliofii  /pettacoli 
O^  giochi;,  che  non  fi  ueggono  nelle  uille ,  C^  mafiimamen» 
tealCarnouale.  /^*  I  publichi  JpettacoliC^ giochi;,  che 
noi  ditefiironofiempre  contrarij  d  i  buoni  cofiumi;,  ^  chi 
d  loro  fi  n  andrà  cattiuo  ne  ritornerd  peggiore  *^  ciuiui  s'è  1 

S     il       perduto       ' 


118      L   A     VILLA.     DIA. 

jperdufo  Vhonore  di  molte  honorate gentildonne  ^  O"  (Quindi 
molte  fé  ne  fono  partite  impudiche  ;,molte  dubbioje'^nta  ninna 
itone  tornò  mai cafta.V. F^oi biafmatc  liJ])ettacoli;,etgh 
antichi  Romani^  ch'erano  pur  fior  de  gli  hnomini;,  tanto 
Je  ne  ddettauano^  che  da  loro  andauano  non  Jolamente  il 
popolo  Romano*y  ma  etiandto  il S enato ;»  ^gVImperato^ 
ri  del  mondo\  più  dicoj  che  gli  Jpettacoli  tanto  haueuano  di 
qioia  con  loro^  ch'eglino  menauano  in  publiconon  purh 
mogli  de  i  Ce  fari:,  ò  le  figliuole ,  ma  le  uergini  uc fiali  an» 
Cora,  Jy^ ^  Lagrandezza  dt  chi  erra  non  emenda  l'erro» 
re^fecondo  i giudici)  migliori^  Roma  non  hebbe  cofapiu 
biajmeuole^  che  la  dtjcordia  ciuik;,  Zf^  la  uanitd  de  giochi ^ 
io  trouo;,  che  nonfolamente  d  ([ueflij^ettacohfi  uà  a  peri» 
colo  di  perder  Vhonore^  ma  la  uita  ancora^  P.  In  che  ma» 
nieraì  f^,  ISlon  ui  ricordate  d'hauer  letto  nelle  JFIt/ìoi^ 
rie;,  che  in  Fidenaal  tempo  di  Tiberio  Imperatore  per 
la  caduta  del  i^^nphitheatro  morirono  uetimila  perjone^y 
JEtje  non  bajla  della  perdita  della  vita:,  C^  dellhonore^ 
che  s'aipijla  in  fimdijf^ettacoli^fjoejje fiate  fi  perde  anco» 
ra  la  robbaf  P,  Et  (pie  fio  uorrei  intendere.  P^^  M.en» 
(  tre  y  che  glihuomini  priuati  fiono  tenuti  dal  defiderio  de  gli 
Jpettacolhpoco  ricordeuoli  del  guadagno  ordinario;,  non 
jentono  il  giorno,  che  pajja^,  CT*  la  pouertd  che  viene  •  C^ 
cofi  duicenda  il  mal  priuato  nel  publico^  CT  ti  publico  nel 

prillato 


DEL     T  A  E  G  I  O.         n^ 

f  rinato  ji  cangia.  V,  Certamente:,  ch'io  conojco^  che  mi 
dite  ti  uerop  V  mi  ricordo  dhatier  Qtdmfìo^iu  uolte  in 
Melano  alcuni  uccellacela  che  ahbandonauano  le  bolechc 
lorO:> per  andar  dietro  deerti  carri  infrcjjcatiyfopra  de 
qnaliji  recitauano  le  più  gojj}  jilo^rochene  del  mondo; 
ma  circa  alle  donne:,  io  ui  dico^  che  più  diletta  lo  fJ)ettaco* 
lo :,Cr bella  uijla  delle  vaghete  leggiadre  gentildonne 
delle  citta :,  che  (guanto  veder Jì pojja  in  uilla,  l^ .he  don^ 
ne  della  valla  jono  più  belle ^  amabili ^  C^  ca^Cy  che  (Quelle 
di  Ila  citta  ;,  nelle  quali  non  fi  uedc  altroché  artifìcio  :,ZD^ 
torto j  chejijà  alla  natura,  P,  i^nxi  è  il  contrario:,  C?* 
fi  come  unfinìf^imo  diamante  più  bello  riefce  dallartifcio» 
fa  manO:,  che  Vhaurà  polito j  che  dalla  natura:,  che  Ibaurd 
prodotto  *,  cofi  unagiouane  donna  è  molto  pili  grata  àgli 
occhi  de  riguardanti^  ([uando  ornata  O"  polita  fé  ne  uiene. 
dallo IpecchiOj  che  quddof  apigliata  Crfnnnacchiofa  efct 
dJ  letto.  T^ .  \>fnxi  una  bella  k^^  jr e fc a  fanciulla :,(puan^ 
do  uien  tinta  d  alcun  lijcio^  pare  m  n  ua^adafai^^  la 
ragione  é:,  perche  la  natura  alle  uolte  per  mene  a  un  certo 
fegnop  oltre  d  ij^uale  il  nojlro  deftderio  non  jì  fttnde:,  & 
althora  pare:,  cFella  rifiliti  Fopera  dell  arte  t^  C^  oltre  ce 
ciò  (li  dico:,  che  lo  fludiofo  ornato  per  la  ffpettione ^  che 
nafce  dalla  molta  indijìria  alle  belle  fema  la  gratta  della 
bellezza^  et  alle  brutte  fcopre  le  mende  loro  colfioffhn^ 

S      Hi       dorej 


I20 


LA     V  I  L  L   A,   D  I  A. 

dorc:,  il  perche  le  donne  di  mila  fono  più  gratio(è;,Jìncerc 

&  leali;,  che  le  cittadine,-,  le  quali  (  per  la  maggior  parte^ 

mojlrano  incanno  fin  nella pcciaj  douejotto  mi  biacca^  et 

jolimato  (epe  Ulta  fi  uede  la  lor  natia  uiuacitdp  effe  ne  tro= 

nano  di  quelle  tanto  ua^he  d'ingannar  altrui  con  quejla  ma 

ladctta  majchera^  che  tutto  che  fieno  inferme?  magare:,  O* 

Jecche^  di  bianco :,  e  roCjojì  dipingono  il  uijo:,  come  fé  fof^ 

fero  di  quegli  mamolini:,  che  per  ornamento  fi  mettono  jo^ 

fra  gli  altari  ^  Et  per  far  più  bel  fpettacolo  alcuni  altri 

vioflri  di  cinquanta  anni  fi  trottano  :y  che  fui  uolto  s'accon» 

ciano  quel  lorofmerdamento  di  belletto  in  manient^che  per 

entro  lui  la  carne  uecchiafi  ucde^  non  altrimenthchefijàc» 

eia  la  litiiJez^d  dun  muro  afjumatofotto  poca  calcina.  Et 

fé  uogliamo  noi  confrjjar  il  nero  non  e  più  tofto  un  fimil 

f)ettacolo  degno  dodio^  che  d'amor  eì  P,  Qjianto  d  que» 

(lo  io  fon  qua  fi  della  uojlra  opinione  ;  ma  circa  allefer  le 

lìillane  più  cajle:,  che  le  cittadine ^  io  fono  di  contrario  pa= 

rere^  CT*  uorrei^  che  mi  dicejh  la  ca^ione^  che  ui  ha  ntojjo 

d  cofi  dire,  l^ ^  ha  cagione  è  rinimicitia^  che  fuole  efjere 

tra  Vocio^  et  la  cafiud'y  O"  le  nobili^  et  ricche  donne  delle 

citta  [tanno  uolontieri  ociofe.  V.  Che  uolete  noi  ^  chejacci^ 

nojìmile  donnei  che  uadino  d  'z<^ppare^  come  le  uillane^  6 

che  fi  guadagnino  il  pane  con  la^Op  6  la  conocchia.  T^^ 

ha  buona  mogliere  perfuegliare  in  altrui  il  dfiderio  di 

operare^ 


DEL     T  A  E  G  I  O.  m 

o^trart;,  mone  alle  mite  cofi  le  mani  :,  come  la  lingua ^  ^ 

fi  mojlra  nemicif?ima  ddlociO:,il  quale  e  radice  di  migliaia 

dtnjrrmicdy  cojì  dellammo;»  come  del  corpo  ^  perciò  che  i 

fenfieri  della  perjona  ociofa  (^  ninfa  da  i  piaceri  del  mon^ 

do)  iiincono  qualji  uoglia  proponimento^  la  qnal  coja^  pp» 

fendo  inteja  da  poeti^glindujje  d finger  Diana  ca/ìtfima 

iDea  cacciatricc:,  per  dimojlrare:,  che  in  un  medejìmo  pet/ 

io  non  fi  concordano  infieme  Vocio  :,  CT  la  cafìitax  ma  neU 

le  donne  per  l or  dinar  io  cai  fa  più  maU  che  bene.  Et  di  qui 

viene ^  che  communemente  i hanno  inffj-^etto  le  donne  lette» 

rate,  V,  Et  perche  coteftoì  J>^ .  Ver  che  alla  malitia  na» 

turale  delle  donne:,  fé  le  agg;ionqe  lartifcialey  che  fi  ap^ 

prede  dalle  dottrine:^  Et  fé  uoUte  uedere^  che  rare  uolte  le. 

lettere  s'accordino  con  la  ca/ìitàfpecchiateui  nellefemm 

pio  di  Sajo, quella  dico^chefii  di  tanto  grido  nella  poefia, 

la  quale  tanto  lafciuamente  amò  FaoncNe  minor  Liafimo 

fi  da  ii  Sempronia  da  Salu/ìio  in  un  medejìmo  tempo  hia^* 

Jimata  d^mpudicitia:,  CT*  lodata  di  dottrina^  nepaffèrò  con 

filcntio  Leontia:,  la  quale  fu  concubina  di  Metr odoro  da 

cui  appref  la  dottrina  Epicurea.  Et  per  nonfajhdirui  con 

la  moltitudine  degli  ejjempi,  ui  dicoj  che  infinite  f irono  le. 

donne  dotte:,  CT  impudiche.  V,  Sanclùo  ui  uolefi  mettere 

innanzi  la glorioja  fhiera  delle  donne  letterate:,  C^  cafe^ 

forfè  ^  che  maggior  farebbe  il  numero  loro  ^  che  quejlo  del» 

le  d:tte^ 


^121      LA     VILLA>DIA. 

k  JfftCj  O'  dishonejl^t^ma  hfctanJo^It  ejjempi  da  banda^ 
vorrei faper  da  uoi ,  fé  la  donna  che  leqqe  le  cofe  mora^ 
h  non  impara /prezzar  il  tiitiOs^GrJe  mlle  buone  lettere 
C  comedi  Sole  nel  cielo)  non  rifjdende  la  luce  della  uertù  ? 
l^.  Et Jè per  auentira  qualche  donna  non  credejje  ciój 
che  uoi  ditC:,  l^gg^  l^  nouelle  del  Boccaccio:,  ^  maj?ima» 
Piente  cjuelle^  che  tnjcgnano  alle  mogli pr  la  be-ffa  ci  t  ma^ 
riti;,  <0"  trouerdj  che  tn  ejje:,  come  nel  tempio  dt  Frenerà 
arde  unajìamma  dijènfitiuo  amore  ballante  d  raccendere 
di  pellegrina  lujj uria  (^ual  Ji  uoglia  ca  fio  petto.  Taccio 
quelle  amoroje  lettere  ^  eh' ardono:,  piangono :, J^yJJnr ano ^ 
<^fi  difperano  in  maniera, che  bajlerebbono  d  corrompe^ 
re  qualunque  fcmina  per  uer^ognoja^  timida:,  C  honejla, 
ch'ella fiJe.Taccio i lajciui  uerjì  de  poeti  atti  d  mettere 
fojjopra  la  ca  fìtta.  P,  La  lettione  de  buoni  libri  ammae/ 
Jlru:,  ^  non  corrompe^  porge  Far  me  della  ragione  ^^ 
non  quelle  dell'appetito^  CT  da  quefio  le  donne  imparerie/ 
no  d  conoscere  quanto  bello ^  CT  pretiofo  thejorojia  la  ca» 
Jlitd.  J^^"^*  "Perche  dt  natura  le  donne Jono  più Jragdi  p  che 
glt  huomini:,  G^jono  naturalmente  più  inclinate  al  mah  che 
al  bene:,  tii  dicO:,  ch'elle  hanno  più  tofìo  bijogno  di  fieno ^ 
che dijl^rone^^ dt^eruitiUche dt  lthertà:,la  donna^che 
l^gg^  d  troppo  gran  pericolo  fi  mette^^  Et  io  ne  conojco  di 
qiielle^c  hanno  un  gentil  J^iritO;, pur  quando  leggono  la 

inflitutione 


DEL     T  A  E  G  r  O.  125 

inflitntione  delle  d^ynne  fi faiìidifcono  d  un  tratto^  0"fi  la» 
{ciano  uinccre  daljonno,  ^  (filando  leggono  le  nouelle  del\ 
Boccaccio;,  mai  non  fi  fallando  di  IcgQ^ercp  nefentono  una  ^ 
dolcezz<^  infinita;,  di  maniera:,  che  per  tutte  le  fudette  ra^ 
gioni;,  ZT  ejpmpi  io  conchiudo ^  che  Vocio  delle  lettere  è  de 
gli  hnomini;,  CT  non  delle  donnet^Vuffìcio  delle  quali  è  dm» 
farar  dgouernar  ben  lafuajamiglià;,  CT"  non  di  legqere^ 
"P.  Certamente,  chHo  credo :,  che  qucjla  uoflra  conci f ione  * 
fa  nera  :  ma  hora^  che  habbiamo  ragionato  dell  odo  let^ 
terato^  V  deWociofenx^  lettere ^  uorrei:,  che  ragionafi» 
mo  ancora  delfuo  contrario;,  cioè  deWejJercitiO:,  che  feruc 
alla  finita  del  corpo  ^  Z3*  alla  recreatione  deWanimo^ 
V^.  Che  ì  uolete  noi  firf  dire^  che  più  commoda  non  fa 
la  uillaperfir  efercitio^  che  la  città  f  P^  Et  noi  penfatc 
di  poter  fof  enere  il  contrario  f  l^ ^  lo  ne  fonofcuro. 
!P.  Perche  caufa  non  ne  habbiamo  noi  nelle  città  delle 
piazza  :>  ^  delle f  rade  più  belle^G^  accommodate  perfr 
effercitio^  che  non  fi  ueggono  nelle  ville  f  /^*  Uejjercitio 
delle  citta  uiene  impedito  da  molti Jiftidiof  incontri^  i  qua» 
liJJ^^Jf  uolte  riempiono  gli  animi  nofìri  di  triftitia  y  CT  in 
quel  ponto  uorremmo  ejjer  ciechi-^  cofa^  che  non  internici 
ne  alla  uillat  doue  in  qualunque  parte  ni  trouiate^  uedetc 
una giocondiftma  uerdura;,  la  quale  nonflamentc  ddetta 
Vecchio^  O'fieglia  la  mente  j  ma  conforta^  O^giouafom» 

T       mamente 


124     LA     VILLA,    DIA. 

"^  matftete  la  tdiìa.  P,  In  che  modo?  l^ ,  "Perche  la  natura 
del  uedere  e  lucida  CT*  uaga  della  luce^  e  molto  ageuole  ad 
allargarjì^  O^/pargerfi  ♦^  onde  auiene;,  cKella  cofi  fi  dif* 
(ohe  tropico  rigtiardMo  nelle  coje  lucide  j  come  fi  rejlrin» 
gè  uedendo  le  Cenebrojè^  di  maniera;,  eh e'I  uedere  brama 
di  fruir  la  luce  in  modi^  che'l  piacere  non  lo  dtjperda:,  CT 
nelle  tenebre^  doue  non  uifipuo  dilatare  ;,non  ha  godimene 
to  alcuno )  il  color  uerde^  perche  participa  temperatamene 
te  del  chiaro^  O*  dellofcuro^  non  dilatandofi  troppo  in  lui 
il  uedere^  ne  uenendo  impedito  il  piacere  per  le  fouerchie 
tenebre:^  ddetta  la  uifla^  CT  la  conjerua  con  una  piaceuoh 
alteratione^  non  altrimenti  che  feda  lojpUndido  delicato 
dmfpecchiOy  6  la  chiarezza  dunafntana:,  chefenza  of^ 
fcfa  alcuna  refijla  d  i  raggi  degli  occhi  nojlri,  V.  Qjie^ 
Jta  e  una  ragion  fi  iiiua^cKionon  faprei  mai^che  dirle 
contrai^  etpenfoy  che  di  c[ui  uenga^che  igentiVhuomini  or» 
ninolejlanzelorodi  panni  uerdipò  di  pitture  di  paefi^ 
l^ ,  V^oi  dite  il  uerox  ma  le  uerdi  CT  uiue  piatite  non  fa» 
lamente  confrtano  la  uifla  *,  ma  con  Vodore^  che  /girano 
aiutano  molto  gli /piriti  uitali  deWhuomot^  cofa  che  non  pof 
fono  fare  i  panni  uerdi  de  cittadini.  V.  Io  nonfaprei  mai 
che  dirui  contra  \  ma  circa  alle  corti  de  Signori;,  CT  lor 
ben  creati  Corte^iani;,  che  rispondete  uoiì  f^.  Io  ui  con» 
{cfo  trouarfi  de  Signori  uertuofi/?imi^  CT  delle  corti;,  che 

fono 


DEL     TAEGIO.         12^ 

fono  honoratiJ?ime:,  dove  fi  coglie  il  flore  d^ ogni  gentil  cre^  i 
anz^^  CT  doue  concorrono  tutti  i  ^pellegrini  ingegni  d  di^  | 
moflr are  il lor  valore  dgarra  Dm  dellaltro^^come  fér 
ejpfftpiofueded  tempi  noflri  nella  corte  dcllinuittif  imo 
Cefare:,  del  Serenif?tmo  Rè  dt  Spagna:,  del  Cbri/hanij^ 
fimo  Ré  di  Francia y  k^  d'alcuni  altri  Trencipi  degni  uè" 
rumente  del prencipato  loroì,  ma  ben  ui  dicO;,  che  quefìoji  \ 
vede  in  pochi  lochi ,  CT  che  nella  maggior  parte  delle  cor^ 
ti  Q  colpa  del  corrotto  mere  di  hogqidi  ^fi  trovano  tante 
felerapg^iniy  (Quante  ne  fieno  nel  reéh  del  mondot^  et  thuo^ 
mo  per  buona  fruiti/  cb\i  tìccia^  non  folamete  da  Signo»     \ 
ri  non  ne  può  hauere  ;  ma  ne  R^erare  ancora  premio ;,  che 
fa  di  longheJatiche:>  O^  di  rifchio  di  morte:, fé  nonfriuoU 
gè  ad  aci^uifare  per  mezzo  uìtuperofox  perciò  chefi  Qper 
Vordtnario^  non  effaltanof  non  quegli;,che  non  meritano^ 
fte uogliono uederf  avanti;, fé  non  chi  per  aljabeto sd  le  / 
flanze^  le  pr  attiche  j  €9"  le  qiialitd  delle  meretrici  :,CT'  dei  \ 
ganimedi  ]  ne  premiano  fé  non  buifoni  ^  CT  miniiìri  della    \ 
lor  lujjvriat,  ne  £nno  grate  accoglienze  sfitti:, fé  non  d    : 
chi  gli  sd  trovare  piufegrete  vie  per  accpnifar  danari  \  ne 
carezz^tnofe  non  quegli  :>  che  con  più  colorate  fife  fanno  ■ 
torgli  dalle  j])alle  i  creditori  ;,  CT  per  fa  cai  fa  mancar  di  \ 
fede  d  ognuno  ^  ne  portano  innanzi  et  f^nno  grandi f  non    ' 
certi  lor  nemici  fimigliari^  amici  di  firtuna^  nemici  della 

jT     i  i       ueritd 


,2^      LA     VILLA,     DIA. 

'ueritd^jaljejìrenep  etjcimie  di  corte  :,chc  adulatori  fi  chicf 
matto  ;,  Cr  in  ([ue/ìi  tali  fi  ueggono  le  belle  creanza  ?che  uoi 
dite.  "P.  Che  creanze  fon  cotejle,  J^. Come  che  creanze^ 
non  facete  :>  che  altre  uolteoccorfe  in  Franza^chel  Rè 
^  Luigi:,  per  hauer  brutta  gamba;,  uefliua  confaghone  lott^ 
gofn  alle  calcagna^  CT  indi  d  pochi  giorni  fii  imitato  da 
tutto  d  Regno  in  maniera^  che  (non  ojlante  la  bruttezz^t 
dellhabito')  tutti  i  Cortegiani  uefltuono  Jtmdmente;,  anco» 
\  r^yche  dalla  natura  Jojpro  dotati  d'un  beli  fimo  corpo^, 
'  Succedendo  poi  d  Luigi  Francefco^  il  quale  ^  perche  ha^ 
ueua  bella  dffpofidon  di  uita;,  O"  proportionattfime  mem» 
'  Bra;>  uefliua  di  corto  in  modo;,  che  cjiiafi  tutte  le  parti  del 
corpo  fcoperte  fé  gli  uedeuano  )Jìibito  i  Cortegiani  ^  cor^ 
rendo  da  uno  ejlremo  allaltrop  quantunque  hauejjero  h 
gambe  torte  fi  ueilirono  di  corto^come  il  Rè:  Et  tanto 
oltre  pafò  quejla  adulatione  in  quella  corte^  che  ejjendo 
flato  ueduto  il  Ré  caualcar  più  duna  uolta  un  ronzino  con 
la  coda  tagliata^  d  un  tratto  fi  videro  tutti  i  Cortegiani  d 
cauallo  de  ronzinifenza  coda.  Et  fé  ciò  non  ui  bafiaper 
intender  le  fciocchezz^?^  adulationi  de  Cortegiani  ^ui 
doucte  pur  ricordare:,  che  CUfojo  adulator  di  Felippo 
Rè  di  Macedonia  Jifngeua  zoppo  ^y  perche  Feltppo  ha-* 
ueua  una  gamba  rotta;,  e  jlorceua  la  bocca;,  egli  occhi  in 
quel  modop  cheficeua  Vifiejjo  Rè  J*  X^on  uifouiene  ancora 

di 


DEL     TAEGIO.         127 

di  ([nello ^  eh  occorje  d  T^ionigh  il  ([uak  una  uolta  ridett/\ 
do  vide  CariTofi  para fitOy  che  da  Ungi  rideua  ancFegli^y  \ 
onde  addimandato  perche  ridfjje^  rijpojèp  perch'io  penjo  ' 
quelle  coJe;>  che  noi  dite  ejjer  degne  di  rtjo,  iSla  che  piu^ 
quejlefcimie  cortegiane  nonfolamente  imitano  la  indrjpojt^ 
tione  del  corpo p  Vimperfittione  del  ueilire^  le  maniere  O* 
i  capricci  de  Signori  :  ma  etiandio  le  qualità  dellanimo^ 
onde  i eglino  far  anno  vitiojì  l'adulatore  jì  sjorxerd  di  ap^ 
parer  Villejjo  uitio^  negli  errori  delpatrone\  ne  con  par  0^ 
le-^  ne  con jàtii  gli  fard  mai  noiofo:>  anzi  al  canto  di  quello 
firdfempre  tenore foauifimo^  CT  loderd  il  uitio  col  nome, 
delle  uertà  propinque  ;,chiamando  ifimofi  magnanimi;,i  he* 
filali  animofip  i  licentiofi  buon  compagni  ^  ^  i  prodighi  li^ 
berali.Et  talhora^per  acquijlar  mag;gior  cr edito yfingen^ 
dofiuinti  da  troppo  amore  riprenderanno  d  Signore  con 
tajjarlo  di  troppa  cortefia^  liberalitd:,jatica;y  animojìtd;,  6 
d altre  cofefimili  5  talché  fé  uno  fard  un  codardo:,  CT  uilif 
fimo  d  animo  col  tajjarlo  di  troppo  ardire  ^  pafjare  lo  fì/ 
ranno  da  una  mltd grande  ad  una  poltroneria  grandtf?i» 
ma^  O*  infimiafia  perpetua.  P,  //  riprender  di  queiìi 
tali  èfimih  al  grattar  della  rogna;,  che  par  che  doglia  ^et 
pur  dilettata  ne  credo ;,  che  più  tri/ìa generatione  d'huomini 
fi  troui  al  mondo  di  queili  ajjentatori  ^  O^  domeflici  nemi» 
ci,  J^^  Et  che fiauero  coteéh  domandatine  ad^^na* 

zdo 


128       LA     V  I  L  L   A,   D  I  A. 

ZilofilofofD:,  il ([uale folcita  dire  Vadulatore  cjjlr  fimiU  al 

uermc  nato  mljrumento'^  perche  mai  non  Vabbandonafìn 

d  tantOy  che  non  l'ha  corro fo  tutto  dentro  ♦  perloche  Dio» 

gene  dicena  ejjer  manco  male  jlare  fra  i  comi;,  che  fra  gli 

adulatori:^  percioche  Quelli  mangiano  i  corpi  morti  p  et  que* 

'fi  confumano  i  nini ,  Mor  qnejfii  fonagli  huomini  de  quali 

abondano  le  cittd*^  CT  quefie  fono  le  belle  creanze  de  i  no» 

Jlri guariti  Cortegiani,T accio  laferuitihglifentiy  C7*  la 

reufcita  deglialtri  injvlicifùmi  Cortegianij  che  non  fanno, 

6  non  uogltono  adulare :,  O"  che  uiuendofotto  Vimpero  du» 

ito  infoiente  maftro  dì  caft  mangiano  al  fon  di  campaneU 

la:,  Cr  dormono  allo  altrui  fonno.  T  accio  gli  odio  fi  mira» 

coli  della  cortCp  Q^  mafune  quando  fi  uede  confettare  un 

Jlerco,  Taccio  il  uedere  chi  hieri  era  falito  fopra  delle 

felle  ^  hoggi  efjer  caduto  nelVabijfo^  O"  ali  incontro  uolar» 

fene  bora  fin  al  ciclo^,  chi  pur  dianzi  erafpolto  nel  centro 

della  terra.  Taccio  VodiOy  che  ordinariamente  portar  Ji 

fiole  alleperfone  uertuofJT accio  li  fcherzi^che  usói^yf» 

leffaniro  d  Lifimaco^  CT  Tiberio  d  Sciano fuoijàuor fi» 

mi  Cortegiani:,  &  concludo  la  corte;,  CT  la  città  efer  non 

altrimenti  da  fuggir;,  che  fieno  gli  per  igliofi fogli  di  Sii» 

la  O*  Cariddi.  P*  Jhlor  ben  conofco  chiaramente ;,che  noi 

dite  il  uero;,  &  che  tanto  deue  effer  dolce  la  libertà  della 

V  uilUp  guanto  in  effetto  è  amara  la  fruita  della  città:,  O" 

della 


DEL     T  A  E  G  I  O.  119 

della  Corte.  T^ ^  Se  uoi  g^ji^Ji^  tm  tratto  la  dolcezz^t 
della  inta  riifficale-y  fon  certi^tmo;,  che  d  guifa  del  topo 
ruflicano  dt  Horatio^  dtrejle  d  Dio  cittadmhwai  più  non 
mi  uedretejra  le  uojlre  tnurct^  V^  Ricordatemi  per  uita 
vojlra:,  come  fu  lajàuola  dt  cote  fio  topo.  T^ .  Irloratio  in 
unafta  Satira;,  douè grandemente  loda  la  uita  ruflicana^ 
dice  in  (pie  fio  modo 
G  /  \^'  un  topo  de  la  uilla  inulto feco 
L^  *  dejinar  neljJto  pouero  albergo 
F^n^chenelacittade era  nutrito: 
Si  come  amico  inuitarjJiol lamico^ 
Il  topo  contadino  era  tenace 
TDdJii0;>  ma  non  però;,  che  ne'  contati 
JSlon  dimojlrajp  un  animo  corteje  ^ 
TD  ir  olio  in  breue^  Ejjoglipofe  innanzi 
Ceci  da  lui  jèrbati  ^  e  lunga  auena  , 
E  diedegli  portando  feco  in  bocca 
t^cinijecchi  duua:,  ejrufli  ancora 
Di  mezo  rofo  lardo;,  dijìojo 
Con  nari  cibi  dijgombrar  la  noia 
Deljiio  compagno^  che  mal  uolontieri 
M^angiaua  de  le  date  d  lui  uiuande  ^ 
Toccando  ognuna  confuperbo  dente  : 
Egli  p  chelpadron  era  de  la  cafa 

Mangiane 


130     LA     VILLA>DIA. 

]M anelando Jarro^  e  loglio^  e  d  lui  lajciando 
I  miglior  cibi  :  e  tuttauia  g-iacena 
Sopra  un  poco  di  paqlia  di  qucllanno  x 
c^'  cui  il  topo  ciuil  parlo  in  talguija  ♦ 
Caro  mio  amico ,  eh  ddetto  prendi 
TD'halntar  c^ueélo  bojco  erto  ejduaggio^ 
donerò  ejolitario  ?  uoi  tufirjh 
ì^^nteporre  il  comertio  de  le  genti  ^ 
lE^  le  adorne  cittadi  d  rajprejèlue  f 
V^ien  meco  in  compagnia;,  poi^  che  benjai^ 
Che  dt  noi  beflie  Vanirne  mortali 
Sono;,  e  conuien^  cKognun  per  tempo^  6  tardi 
Gionga  d  la  morte;,  che  non  p^^o  fuggirli  ♦ 
Onde  mentre  p  che  poi  ^  uiue  fvltce 
Godendo  di  quel  ben^  chauer  fi  puote  t 
V^iui  te  dico:,  Et  haggifempre  d  mente  p 
Ch'i  la  uita  di  noifiiggace  e  breue  ì 
'Poij  che  (puejle  parole  il  contadino 
Topo  mojpro  d  uoglta  dt  cangiare 
Jj  oJlatojJio  con  miglior  uita  ^  ratto 
f^Cci  del  tetto  uilc;,  in  che  albergala  p 
iBt  antbeduifi  mtjero  in  camino  ^ 
T>efideroji  dajcender  di  notte 
De  k  cittd  le  mura^  egid  la  notte 

Teneua 


DEL     TAEGIO. 

Tettcua  la  metd  deicida^  ([uafido 
L'uno  e  Falcro  arriuaro  entro  una  caja 
T)' un  gran  ricco  p  Et  in  cj^uejlajopra  letti 
JDauvrioJì  ucdean  ricche  coperte 
"Di  purpureo  colore;,  CT"  auanzaua 
JD)4nagran  cena  Jatta  il  giorno  innanzi 
i^jjaigran  quantità  di  nari  cibi  ;, 
/  eguali  eran  repofli  in  più  cancflri  ; 
"Pojcia^ ch'aduncpue  il ctml  t.)po  mijjl 
Il  contadm  jopra  il  purpureo  panno 
T)i  qiid^  dt  Id  uà  leg^riadretto  preflo 
Continuando  le  uiuande  ^  e  fice 
Ojjicio  dt  buonjeruop  la  credenza 
Facendo  d'ogni  cojày  che  gli  reca  ♦ 
Egli  fedendo  adagio  fi  rallegra 
D'hauer  cangiato fjr te  ^  ef  dtmojlra 
x^Uegro  conuitato  :  Et  ecco  s'ode 
K^ngran  rumor ^  ejlrepito  di  porte  ♦ 
Che  Dino  e  laltrofuor  de'  kttifcojje  ^ 
Cominciar  efi  d correr  d'ognintorno 
Timidi  pe'l  tinello;,  e fcmpre  crefcc 
Lor  la  paura  ^  CT*  eran  mezi  morti  ♦ 
^-^gg^^f^gi  d  ([uè  fio ^  che  la  cafa  tutta 
JDe  Vabbaiar  de  can  rifuona  intorno . 

r^       K^lhom 


M« 


i}i    LA     VILLA,    DIA. 

*  ^  l^lhora  il  topo  ruflico  al  compagno 

JDtjJe:,  non  fi  per  me  cotefla  uita  ^ 

c^  Diojratello,  Me  lejèlue;>  e  un  buco 

Con  un  poco  di  uil  legume  O*  ejca 

Terrà  pajciuto  efatiO:,fenza  tema  ^ 

Ch'alcun  uenga  djbtrbar  la  mia  (Quiete  ♦ 

T.  Bella  cr  artificiofajìttione  fi  cjuejla  di  Horatio:, 

/^perche  in  uero  gli  agi  delle  città  fono  accompaqnati  da 

[     infinite  vtijerie,  ^giudico  uita  injvlicij^ima  di  quelli;>  che 

I     hauendo  tanto ^  quanto  gli  bijogna  per  Tufo  del  lor  uiuerc 

nece^ario\  malcontenti  della  Jua  firtuna;,  per  arricchire 

diliberifijìnnoferui;,  ne  mai  hanno  ripojo  alcuno.  l^Jn 

conjirmation  di  cote  fio  ^  udite  quel^  che  Jcriue  Horatio 

a  Fojco  u^ritiofuo  compagno 
V^  hJ  ceruofiy  ch'd  unpouero  cauallo  , 

T^erch'era  più  di  luigagliardo  ejorte  ^ 

ISJon  lajciaua  mangiar  Vherbe  communio 

OndeJJopoi;,  che  combattuto  ajjai 

fiebbe  con  quel  maluagio  ^finalmente 

V^eggiendofl  da  lui  battuto  e  uinto  ^ 

Hicorjè  humile  per  aiuto  d  Vhuomo  5 

T^a  cui  pofloglifijiibito  iljreno  ^  ì 

Eri  hebbe  la  uittoria  del  nimico  5 

JS£a  rimafe  di  luifemprefoggetto  ^ 

Bfemi 


DEL     T  A  E  G  I  0  :        ij, 

E  (ènti  grane  poi  la  bocca  ti  dorfo  ♦         > 
Cofi  rhiiom;,  che  teme  fido  pouertade  ^ 
Ciyauanza  di  ualor  Vargento  e  Voto  p        \ 
Ter  le  ricchezze  s'affatica  e  fida  ^  j 

I-Iaurdfempre  ilpadron^  che  lo  caualchi^i 
Efia  uiuendo  eternamente  ferito  ,  .' 

Chi  delpoco^  ch'egli  ha  non  sa  ualerf^    \ 
X^efi  troiia  di  lui  contento  e  pago  ^  \ 

s^  *  cui  fa  jacultd  non  è  conforme  ^  \ 

Leiden  ^  ^ual  de  la f  arpa  :  che  s'è  grande  \ 
IT^ia  più  del  pie;,  cader  fi fj^e^o  Vhuomo  : 
S'è  troppo  corta;,  e  fretta  lo  tormenta  ♦ 
Tu  de  lo  fato  tuo  mi  contento 
K^ritio;,  e  far  ai  faggio  :  ef  tu  uedi  ^ 
Chh  uoglia  più  raccor  di  quel  che  bafi , 
Riprendemi  con  grani  af^r  e  parole  ♦ 
//  danaio  éfgnor^  òferuo  altrui  % 
Ma  più  conuiene  d  Phnom^  che  pieno  impero 
JHabbia  di  quel^  chef  lojaccia  donno , 

"P.  Ben  dice  in  nero  d  prudentifimo  HoratiO;,  che 
Ihuomo  dourebbe  accommodar  lafarpa  al  piede;,  et  con^ 
tentarfl  della  fa  fortuna;,  altrimenti  mai  nonhauerd  Va^ 
nimo  tranquillo.  T^,  Hor  noi  l  intendete ^  ZfT  aficurate^ 
m;,  cFé felice  Ihuomo^  che  f  comèta  di  queU  che  bafia alla 

f^     a       natura^ 


IJ4.    oL  A     VILLA,     DIA, 

natura.  Il  perche  dijfe  Horatio  aijuo  ibrido 
Fiig^i  l'altezxcty  che  ben  lice  d  rimomo 
Sotto  pouero  tetto j  e  in  flato  humih 
F^incere  i  ricchi  ^  e  i  Jortiinati  Reg^i , 

Et  appa^andoji  noi  di  qiiel  pocoj,  che  hahùiamoj  che 
loco  poj^tamo  trouarc  più  al  propojìto  noiìro  ^  che  la 
uilla  f  ^  chel  fia  uero^  domandatene  alltjlejjo  poetai  il 
cpidl  dice 
H  O  R  w^  fé  noi  uogliamo  ejpr  contenti 
JDi  (putì;,  che  bajla  dia  natura  j  e  hauendo 
T) il  jabricar ci  una  magione  honejia  ^ 
E  da  cercar  primieramente  il  luogo  ♦, 
F^oi  ne  riconoscete  alcun  migliore 
"De  la  gioconda  ^  anzi  beata  uilla  l 
Ouefi  troua  più  tiepido  il  uerno  ì 
Et  oue  laura  piufoajiiep  e  grata 
Leua  la  rabbia  del  celejle  cane  ^ 
Et  ammollijce  ilgraue  acuto  caldo 
TJel  Soh  (Quando  egli  ne  la  caja  alberga 
JDelJier  leone  ^  v  la  noiofa  cura  , 
O'  lainuidia  nemica  del  ripojo 
X^Ieno  già  mai  ci  turba^  ò  rompe  iljonno  f 

Con  ([uel  chejieguey  doue  pojponendo  i finti  O*  igiar/ 
dini  di  Roma  alle  piaggie;,  et  fiumi  della  uilla;,  dice 

Majàr 


DEL     T  A  E  G  I  O.  ij;. 

iVf  ^^  jàr  fìoftfi  può  forza  d  la  natura  , 
Che  calca  jempre  uincitrice  Varie  ♦ 

"P.  Hot  ben  conojco^  che  Horatio  non  fi  men  prom 
tettore  della  uilla^  che  fiate  noi .  l^.  i^nzi  Horatio^ 
come  più  dotto  O"  eloqtiente  di  me  fi  ancora  più  naiorofoj 
&  gagliardo  difinfore  della  mila  di  cjuello:,  che  fono  tot 
ma  circa  al  dejiderto  di  uiuere  in  una  gioconda  et  lieta  uiU 
la  po(Jo  dire  uer  amente  injieme  con  ejjò  lui 

K^  LT  RO  ne  uoti  miei  non  fi  già  mai  ^ 

C'hauerfolo  un  poder  non  molto  grande  p      uifsuc^'u^ 
Oue  cifijJeunhortO;,epre(Joalmio  l  i 

Tetto  un  perpetuo  finte  dacc^ua  chiara  p       \  , 

£  un  poco  difeluctta,  Eccogllddij  \^ 

Mifiir  più  larghi  di  cj^uel ,  ch'io  bramai , 
Tanto j  ch'i  mi  contento^  ne  più  cheggio 
Figlinol  di  M aia  \fiior  che  mi  conjerui 
Qjjefìi  de  ifommi  Dei  graditi  Doni  ♦ 

Et  fin  nei  più  teneri  anni  della  mia  Janciullezza  fin  / 
Jempre  vtolto  più  uag^o  de  i  piaceri  della  mlla^  che  di  (Quelli 
della  città  y  C^  cofi  crescendo  da  una  età  nell'altra  crebbe 
parimente  in  me  il  defiderio  di  consumar  i giorni  miei  nella 
dolct/?ima  liberta  delle  campagne ydouc  più  grato  m'é  il 
Jìiono  dellhumili  zampo^rnepcbe  nelle  citta  lojlrepito  deU 
k  tragiche  trombe.  Eternando  partito  dalla  citta  giongo 

l^      Hi       alla 


ij^  /     LA     V  I  L  L  A,  D  I  A. 

alla  mlUp  dolciJ?imo  porto  de  tnmpèjicri^  alhora  uftpro^ 

Joftdo  O'  largojojfjirare^  eh  mi  s'apre  dal  cuore  da  me 

discaccia  tutti  i  mali  humori  p  O'  Vattimo  mio  rajjeretia  di 

ffiamera;,chead  altro  non  penfo;,  che  d goder  lietamente 

la  dolce  liberta  dell  ameno  loco. 'P,  Dejìdero  Japer  da 

uoiyfiior  de  iuoflrijludipqiial  fia  quella  cofa^che  piuui 

diletti  in  uilla.  l^.  IJ uccellare  m'aggrada  Sommamente ^ 

'P.  L^menduefiamo  dWifìeJJo  uoleret,  perlochè  uorrei^ 

che  mi  dicejle  di  che  tempo ^  C7"  con  cptiali  ingegni  andate 

uoi  injidiando  alla  liùertd  de  ijèmplici  ^  innocenti  ucceU 

li,  l^ ,  Uhore^  ZD"  le  ajlutie^  che  ufo  neiruccellare:>fono 

(Quelle  ijlejjì;,  che  dice  il  Sannazaro  per  la  bocca  di  Sincf 

ro  in  ([uelie  parole 

XsfOI  alcuna  uolta  in  sulfir  del  giorno^  quando  appéna 

fparite  Ujlelle^per  lo  uicinoSole  uedeuamolOriente, 

tra  uermig-li  nuuoletti  rojpggiare^  nandauamo  in  qualche 

9    halli  lontane  dal  conuerjar  delle gentit^  O*  quiuijra  due  aU 

^    tì/^imi  :,  Z3^  dritti  alberi  tendeuamol ampia  rete^,  la  quale 

JottiliJ?imapche  appena  tra  le  fiondi  fcerner  fi  potea^ 

\^ ragne  per  nome  chiamauamo^  CT  qutjla  ben  maejlre^ 

uolmente  p  come  fi  bifogna^ordinata^ne  moueamo  dalle 

remote  parti  del  bofco:,^cendo  con  le  mani  romorijpa^ 

uenteuoli;,  O"  con  basloni;,  CT  con  pietre  di  paffo  in  puffo 

'battendo  le  miiicchie'j  uerfo  quella  parte ^  oue  la  retejlaua  i 

tordi  ^ 


DEL     T  A  E  G  I  O.  rj7 

tordh  h  mcrtik  p  ^ gli  altri  uccelli  fgridauano^  li  ([uah     ' 
dinanzi  a  noi  fanrojip  figgendo  difanedutamente  dauano 
tipetto  nelli  teji  inganni^  C7"  in  Quelli  inuillupati ,  cjiiafi  in 
pinfaccuU  diuerjamentc  pendeuano;,ma  al  Jì'ne  ucggendo 
la  preda  ejjer  bajleuole  allentauano  d  poco  d poco  i  capi.  " 
delle  maejirefiinipcluelli  calando^  oue  quali  trouati  pian^  * 
gere^quali  perniimi  giacere  in  tata  copia  ne  abbondauano^ 
che  molte  uoltefi/ìiditi  di  ucciderli;,  O"  non  hauendo  luogo 
oue  porgli;,  conjujàmente  con  le  mal  piegate  reti  gli  por» 
tauamo  infino  dgli  tifati  alberghi,  salirà  fiata;,  (piando 
ftelfuttijcro  L^futonno  lejoltecaterue  di  forni  uolandor- 
in  drapcUo  raccolte  fi  mcfrano  d  riguardanti  ;>cptafi  rom  ? 
tonda  palla  nelVaria-y  ne  ingegnauamo  di  hauer  ducp  6  tre  ! 
di  quelli;^  la  (piai  cof  di  leggeri  fi  poteua  trouare  ^  d  i  pie^ 
di  de  i  (piali  un  capo  di  (^aghetto fottiltf imo  onto  dutdifom 
lubil  ufo  legauamo  longo  tanto^  quanto  ciaf  uno  dfopo* 
teua  portare^  CT  ipiindi  come  la  notante  fchiera  uerfo  noi 
fi  approfimaua;,  cofi  li  lafciauamo  in  lor  liberta  andar  e^  li  ' 
quali  fibitamente  d  compagni  figgendo;,  ^fra  quelli  (f 
come  e  lor  natura^  mefcolando  conueniua^  che  dfirxa  con 
lo  inuefato  canape  una  gran  parte  della  r fretta  molti» 
tudtne  ne  tirajferofco;,per  la  qualcofa  mferi  ;,fntendof 
a  bajfo  tirare^  C^  ignorando  la  cagione^  cheluolar  lò'm» 
fedina gridauanojortif  imamente^  empiendo  Varia  di  do» 

lorofc 


158  .  L  A     V  I  L  L  A>   D  I  A. 

lorofe  uoch^  di  pajfo  in  pajjo  [)cr  le  late  campagne  tic 

It  uedeuamo  dinartzi  di  piedi  cadere  ♦j  onde  rara  era  quclU 

uoka;,  che  con  li  jaccln  colmi  di  caccia  non  ne  tornaJ?vno 

alle  nojlre  cajl\  Ricordami  batter  ancora;,  non  poche  uolie 

y^rijo  de  cali  della  male  augurata  cornice^  C7*  tidito  come 

f  ogni  fiata;,  che  tra  le  mani  (Ji  comejpejjo  attiene  )  alcuna 

di  (lucile  ne  capitana^  noijltbttamente  ne  andatiamo  in  ([ual» 

che  aperta  pianura j  CT  qutuiper  le  ejlr ente  ponte  delle  ali 

la  ligauamo  rijupina  in  terra^  ne  più  ne  menO;,  come  Je  i 

corti  delle Jlelle  hauejje  hauuto  d  cotemplare;>la  cjitale  non 

\   frima  fifcnttua  co  fi  ligata^  che  con  [Iridenti  noci  ^  gridaua 

1    iS"  palpitauafifirte^  che  tutte  le  contiicine  cornici  Jacena 

\  intorno  afe  ragunarc;,  delle  ([uali  alcuna Jorjè  più  de  mali 

della  compagnia  pietofa^che  de  Jitoi  auedufa:,fl  lafciaua 

^  alle  uolte  di  botto  in  quella  parte  calare  per  aitttarla;,  <T 

/peffò  per  bentìre  riceueua  malgitiderdonc;,  conciojìa  co^ 

jet;,  che  non  fi  toflo  ueragionta;,  che  da  qtielU;,  cbel  foc^ 

corfo  afJKttaua  Qfi  come  defiderofa  di  jcampare  ')Jtibito 

con  le  oncinute  unghie  abbracciata;,  CT*  rijlretta  nonfifjey 

per  maniera;,  che  forfè  uoluntieri  haurebbe  uohtto  (fé  poj^ 

fitto  hauej^e^juilupparfi  dajuoi  artigli  \  ma  ciò  era  niente^ 

però^  che  cjuclla  lafijlringeita?  CT  riteneua  fi  forte ^  che 

non  la  lafciaua  ponto  da  Ce  partire;,  onde  haurejlein  quel 

ponto  ueduto  najcere  una  nona  pugna^quefla  cercando  di 

figgire. 


DEL     T  A  E  G  I  O.  1^9 

jitQgirep  ([tiella  di  aiiitarfi:,  Vana  C5^  laltra  egualmente  fin 
della  propria;,  che  dell  olir  ni  fallite folUcita  7  procacciarci 
il  fio  (campo  ^  Ver  la  qtialcofa  noi^  che  in  occulta  parte 
dimorauamo^  dopo  longa  fjlajopra  diciòprcJayUi  anda^» 
uamo  ,  C?"  ra^uetato  alcluanto  il  romore  ne  riponeua^ 
mo  aWuJato  luogo y  da  capo  attendendo-,  che  alcuna  al^ 
tra  uenijje  con  Cimile  atto  d  rappiarne  h  hauuto  pici» 
cere.  Fior:,  che  ut  diro  io  della  cauta  grua  f  non  gli  ua^ 
leuap  tenendo  in  pugno  la  pietra  jarji  le  notturne  ejcubie, 
però;,  che  da  i  noflri  ajjalti  non  uiueua  ancora  di  mezzo 
giorno ficura^  Et  al  bianco  ci^no:,  che  giouaua  habitare 
nelle  humide  acque  per  guardarci  dal  fioco  p.  temendo  delle 
coje  dt  F etote  :,Jè  in  mezo  di  quelle  nonfipoteua  egli  dal» 
le  noflre  infidie guardare  ?  Et  tu  mifera^  et  cattiuella  per^ 
dice  dche  fchi^auigli  alti  tetti  penjando  aljìero  auueni^ 
mento  dellantica caduta^je nella  piana  terra^ quando piit 
jicurajlar  ti  credeui  nellinoUri  lacciuoli  inciampaui  ì  chi 
crederebbe  pofibde^  che  lajagace  occhajollecita  paleja^ 
trice  delle  notturnejfrode  nonjàpeua  fé  medefima  le  nojlre 
infidie palefareffimilmente  defiggianij,  delle  tortore ^deU 
le  colombe^  delle fluuide  anitre ^  C^  de  gli  altri  uccelli  ni 
dico^niuno  non  fi  mai  di  tanta  ajlutia  dalla  natura  dotato;^ 
il  quale  da  noflri  ingegni  guardandofi;,  fi  potef e  longa  li* 
ber  td  promettere,  V,  Ter  mia  fi;,  che  nel  fentir  contarui 

^       quejle 


146     L  A     VILLA,    DIA. 

^tiefle  piaceuolezze  :>  io  godo,  io  giubilo^  io  triotì/op  O"  di 
qtìi  chiaramente  conojco  ipatttojìa  bella j^giaìoQi:,  CT  bea/ 
ta  la  aita  rufhcana  ^  ondio  mi  rijoliiO:,  Crfon  determina/ 
tiftfuo  contetatìdomi  della  miajortuna;,  di  uiuer giocodij^t^ 
ma  vita:,  hor  con  la  caccia^  bor  con  la  pcfcaggionc^  duati'' 
do  con  Vuccellarcy  ©"  quando  con  [agricoltura  dm  mio 
amenij^imo giardino.  J^ .  V^oi  uolete  uccellare y  caccia/ 
rejpejcare:^  irrigare :,fcminar e;,  innejlare^  O"  coltiuarc  il 
uoflro giardino  perjeruitio  del  corpo ,  CT  la  cura  dclVa/ 
^mm(\douehtlaJciate  uoi;  lutile, ^  e  il  diletto  è  il  fine  della 
mcn  nobil  parte  di  noi^  cioè  del  corpo,  il  cj^uale  é  terrejlrcp 
CT  mortale'^  ma  il  fin  dellanima^ch'é  la  più  degna  parte 
dellhuomo  per  ejjer  celejle  CT  immortale^  è  la  cognitionc 
del  nero p  alla  quale  non  pojjendo  noi  accollarci  Jen za 
Vaiuto  dejentimèti  delcorpo'^neja  mejlieri  anco  tener  con* 
to  d'elio  corpO:^  la  bontà  del  cuijangue  riCchiaragli  f^iri^ 
(i^  e  tanto  LphitogU /piriti fono  più  chiari  ifcnttmert  meglio 
fnno  Vuftìcio  loro  *,  ma  non  douemo  però  tanto  attendere 
al  corpo  3  che  fi  [cordiamo  di  noijìcfii  ;,  €7*  del  nofìro  nero 
fine*  T.Se  la  coja  é  come  noi  dite:,  onde  procede;,  che  l  hu» 
mane  operationi  per  la  maggior  parte  s'inchinano  alDiti» 
le  7  C^  diletto^  l^ .  Queflo  procede  per  la  merauigliofa 
unione  e  ha  Vanima  col  corpo ^  la  quale  fidata  dalle  lufiin* 
ghc  de  i  fienfii  di  quello ;>  corre  dietro  d  i  ben  mondani^  i 

quali 


DEL     TAEGIO.    ^"^m 

quali  nonjono  ueramente  beni  ;  ma  apparenti  per  (gualche 
utile p  ò  diletto )  che  fitroua  in  loro)  Et  di  (ptii  procede  Vin» 
Jatiahilttd  degli  huomini^  chefejojjero  neri  beniportereb^ 
beno  con  ejjo  loro  la  quiete  dell'animo,  P.  K^dunqua 
dairejjer  Vanima  di  natura  diuerfa  dal  corpo  najce  la  uà» 
rietd  delle  Immane  operationi^  ^  diuerjìtd  de  no/lripen» 
fieri  *y  onde  ipartegiani  del  corpo  corrono  dietro  airutih 
Cr  diletto;,  O"  ignoriti  dell  anima  cercano  dtfapere;,  ^ 
dhtender  le  cauje  delle  cojèy  per  conseguire ,  6  auicinarjl 
almeno  piUpche  pojjono  alla  lor  perj^ttione,  l^ .  V^oi 
Vtntendete:,Z^  da  qual parte  uirijjoluete  noi  d'ejjèref  P. 
Dalla  parie  dellanima;,  EtperògiontO;,  chhfia  in  uilU;, 
uoglio  darmi  tutto  d gli  h onorati  Jludi)  di  Jilojojia:,0* 
mi  rijoluo  di  Jludiar  Jempre  ♦  f^.  JVe  que/io  uo/lro 
proponimento  mi  piace  5  per  cloche  VaJ^iduitd  dello  Jludio 
lena  il  giudiciOp  C^Ji  come  la  injìrmitd  delVanimo  najcc 
dalla  tirannia  del  corpOj,  cofi  anco  Vanimop  quando  tiran» 
neggia  il  corpo  dtjìriigge  lajanitd  di  quello.  V.Onde  na-* 
fce  q^icjia  tiranidef  ^ ,  Ella  najce  per  inganno  ;y^  per 
troppa  eccellenza  deiranima^  la  quale  per  ejjer  diuinaj, 
Jj>^jfc  uolte:,  quando  piglia  qualche  ajpggio  della  fua  diti» 
nita  tanto  je  ne  inuaghifce:,  che  laltra  parte  mortale;,  CT 
lontana  da  ogni  diuimtd  :>odiaj^  brama  jepararfene^ 
Il  troppo Jtudtar guajla  t^  corrompe  ancora  la  fatntd 

J^      i  i        del 


,42     L   A     VILLA.     DIA. 

del  corpo ,  perche  ti profindo  pettfiero  p  et  malinconia  deU 
lojludtojo  tirando  gli  fjnr iti  al  capo ;,  irli  kua  da  quelle 
farti,  doue  eglino  hanno  djar  Vopere:,che  appartengono 
alla  conjeruatione  del  corpo  humanoj^onde  poi  fi  caufa  Fin» 
dtJJ)ofitione  de  ifentimenti  :>  che  per  fertiitio  dell  intelletto;, 
non  po^'ono  poi  fir  bene  Diffido  loro  t,  tal  che  V anima  fi 
riduce  d  termine^  che  uorrebUp  CT  non  può  mojlrar  la 
uertufua;,  non  altrimenti;,  che  foglia fir  e  un  buon  fonatori 
di  lento ;,  che  defideri  mojlrar  leccellenzct  delVartefua^  CT 
Jì  troni  alle  mani  un  kutaccio  rocoy  mutO;,  C^  di  nejfun  ua^ 
lore\  Cr  inoltre  ni  dico  ;,  che  cofi  lanimo  come  il  corpo 
neUc  attionifue  affaticato  fi jlracca^^onde  per  ricrear  fi  gli 
fi  di  meflieri  ;,  che  ricerchi  (lualche^quiete^per  la  quale  ri^ 
JloratopoJJa  dapoi  ritornar  più  gagliardo^  che  mai  alle 
fue  uertuofe  operationi,  V.  l^ dunque  allo  jludtofo  è  cofi 
necejjaria  la  recreatione  dell  animo  ^  come  alle  membra 
per  le  attionifiticate  ilfonno,  P^ ,  Cofi  è.  P.  Et  che  ma* 
niera  di  recreation  danimo;,  mi  configliate  noi  duo  mi  dia 
dopo  lijludij  miei?  J>^ ,  Gli  honeiìi  piaceri  della  uillafono 
molti  ^  pur  fagli  altri  ui  laudo  la  caccia  p  la  pefaggione;, 
V uccellare p  O"  l agricoltura;, pur ^  che  i  canile  reti;,  i  lac» 
cip  ^gli  aratri  non  ui  uengano  tanto  ingratia-,  che  uific* 
date foJ])etto  per  la fimilitudinep  che  fole  efere  tra  Va^ 
mante^  e  la  cofa  amata,  T.  Di  cote  fio  non  dubito  ponto  ^ 

perche 


DEL     T   A  E  G  I  O.  ^^>  14} 

perche  non  conojco  piacere  jopra  (Quello  dell  imparar  e  ^ 
CT*  mentre :>cìno  l^ggo  (gualche  Itbro^  che  mi  piaccia  ctunji 
nobilcibo:,jento  pajcerji  la  mente  mia;,  che  ne  il  nettare;,  ne 
Vambrofia  inuidio  a  Gioue,  Fior  uorrei  per  cortefia;,  che 
raaionajte  un  poco  di  tutte  le  maniere  de  piaceri;,  che  pi* 
aliar  iiifolete  nella  uillat^  O"  che  mi  dicejle;,  che  cojajra  le 
altre  io  debbajludiare.  p^ ^  "Per  Vamor  ch'io  ut  porto  non 
pojjo  mancar  di  compiaceruh  p^rò  ni  dico^  che  tutti  i  dilet»^ 
tifi  riducono  d  tre  forti  di  piacere.  "P.  Et  i^ualijon  (^uejle? 
P^ .  F^oi  douetejapere  ;,  che  fi  come  Ihuomo  è  compo/lo 
d'anima  O'  di  cor  pò  ;>  coli  Timo  de  i  tre  piaceri  èfolamentt 
del corpO;>^ chiamafi fnfitiuo^Zfy (Quello  è  (juellopchc 
mi  dite;,  il  quale  io  laudo ^  pur  che  fia  dalla  ragione  tem* 
peratO;,  &  che  nontìccia^  che  l  corpo ^  come  bo  detto ;>  do*^ 
uenti  tiranno  dell  ammontai  che  rhuomo  non  penfi  mai  in 
altro ^  che  ne  i godimenti  de  i  piacerifenfitiui  ^  laltro  éfo» 
lamente  dell'animo j  quale  è  quello  di  colui^  che  contemplan 
do  i  mirabili  ejfetti  di  natura  trappajja  Vhore  miglioria 
Il  terzo  diletto  participi  delfnfitiuo^  O"  dellwtellettua^ 
UpCome  e  quello  della  poefia/della  rethorica;,^^  della 
mnfica^  percioche  di  ejjogode  lanimo^  et  VorecchiOp  quel* 
lo  per  larte:,  C7"  queìio  per  lo  numero,  J-Jor  queflifono  i 
ire  modi  di  piaceri;,  che  noi  douete  pigliare  nella  uojlra 
{iaceuokuilla^la  bellezza  della  quale  col  puro jf leu» 

J^     i  i  i       dorC;, 


144  2  L  A     V  I  L  L    A ,   D  I  A . 

dorcj,  O'  tiino  lume  delle  cofe  dalla  natura  create^  uorrch 
che  ui  fijjiro guida  per  condurre  il  uo[lro  intelletto  alla 
Jl^eculatione  delle  cofe  naturali;,  alla  eguale  uinuita  V^er^ 
gilto  là  doue  dice 
T^  E  prima  innanzi  ^  ciascun  altra  cojà 
Hiceuin  Ialine  e  dolci  mufc;,  ondio 
Tiagrandamorp  chh  porto  lorjojfdnto^ 
Songid  molti  anni  jacer dote  ^  quelle 
Zie  vie  del  del  mi  moflrino^  e  le  (Ielle  : 
JDel  Sole  i  uarij  mancamenti  j,  e  ([uali 
Sian  le  fatiche  de  la  Luna'y  come 
Tremin  le  terrcp  ([ualjegretajorzct 
TDi  natura  il  mar  gonfi;,  e  gonfiato  éjca 
Da  i  r otti Jcher mi y  fior  del  proprio  letto*, 
'Pojcia  di  nouo  in  fé  medefmo  torni  ♦ 
Cerche  tanto  s  affretti  ne  lOceano 
Tuffar  il  Sole  a-  lajlagion  piufiedda  > 
JE  ne  la  calda^  qual  longa  dimora 
F ciccia  le  notti  d  noi  uenirfi  tarde  • 

Gran  contento  CT  utile  certamente  noi  trouiamo  nel 
contemplar  le  caufe,  e  la  uertih  e  la  natura  di  tante  cofe 
tnerauigliof:,  che  nella  terra;,  nellaccpia  ^  e  nellaere  fi 
producono  continuamente^  ma  gioia  et  profitto  a[fai  mag» 
giore  noi  prouiamop  quando  alzando  d  uolto  ci  fi  appre^ 

fintano 


DEL     T  A  E  G  I  O.  ^vs  i4r 

Centuno  cigli  occhi iconjinh ^  /^  ff^tira  di  q^iiejla  granfia- 

bricadifi  ricche^  fregiate  gemme  ornata^  che  con  lo 

fhkniore:,  CT  lor  continuo  girare  :,  concorrono  alla  uita^ 

Cr  alle,! ere  di  tutte  le  cofe^  intorno  d cheJJ-^eculando;,  C?" 

di  camone  in  cagione  discorrendo  perueniamo  alla  primie^ 

racaufa:,  nella  quale  e  Jorza^che  ci  ipietiamotemendoy 

dmando:,<^  riuerendo  rwfinitafua  pojjanza,  P.  l^» 

dundtie  f opra  ogni  altra  coja  mi  eshortatc  d  darmi  alli 

jiudij  della  jilojcjia  naturale ,  J^ .  Cofi  ni  eshorto.  V^ 

Et  io  prometto  di  attenderuii^ma  circa  d  quella  terza 

Jjutiedi  ddettO:>che  pur  dianzi  haiiete  detto ^  come  uolete 

uoh che migouernif  l^ .  V^oglio^ chel uoflro intelletto :^ 

poi  fard grauido  dwjìnitejcienzc  y  partortfca  qualche  c/e- 

gho  poema;,  ò  bella  profa:  C^  che  de  fi  nobili  parti  nefic» 

eia  anco  partecipeuoligli  amici:,  ilcheficendofon  certij?i^ 

inoy  che  nonjolamente  haurejle  d  uile  tutti  altri  ddetti  ^  ma, 

che  li  terrejle  per  nulla^  rifletto  d  quella  dolcezza^  che 

frouarejle  nelfentir  lodare  i  uojìri  componimeti  da  iper» 

fitti  giudici^.  P.  L^ncora^  che  in  ciajcuno  naturale  fia  il 

ddetto  dijèntirjì lodare^  et  naturahJ?tmo  il dejtderio  dim» 

mortalarjU  nondimeno  per  ejjere  Vtmpreja  del  compone^ 

re  dtjjicde:,^  penculojaj^^  coja  da  huomini;,  che  fieno 

nati  d  queiloj  CT"  che  dalla  lor  ■fimullezz<t  fieno  auezzi  d 

legger  gli  ottimi  Scrittori  5  C  per  efjer  io  nuovo  nelli 

Jludij 


r^    LA     V  I  L  L  A>   D  I  A. 

Jlitdi)  delle  lettere :,  mi  rijoluo  di  non  mettermi  d  cojt  ardi» 

ta  intprefay  accioche  d  me  non  interuenga^  come  d  Feton» 

te  dellufurpatct  Incedi  Febot^^ poflo:,chHofiJ?t  nato  d 

tuie  eJJcrcitiOp  et  chhjo^i  non  men  dotto ;,  che  facodo;,  non 

uorrei  componer  libro  alcuno,  l^  Jo  non  mi  so  imaginar 

la  caujd;>  che  ut  moua  d  dir  qiiefto:,  ejjendo  come  dice  ti  di» 

ìiin  Telatone  Vbuomo  nato  per  giouar  all'altro  huomo^  uoi 

dourejle  pur  ySr  parte  del  uoflrojapere  ancora  dgli  aU 

tri^  CT  per  ejjèr  uoi  nato  allofcriuere  non  e  il  douere;,  che 

con  c^uefio  uoflro  proponimento ficciate  ingiuria  alla  na» 

tura;,  CT  che  fiate  fi  nemico  della  gloria;,  la  quale  è  pur 

guiderdone  della  uertiL  P.  u^  me  bajla  il  piacer  di  leg« 

gere  C^  intender  e fenz^  :>  che  la  prefontuofa  mano  prenda 

y  la  penna  perjar  acq^ttifìo  d'un  poco  daura  populare,  J^^ 

^    Se  tutti  Jojjero  del  uoilro  parere  ninno fcriuer ebbe;,  O* 

perire  bbono  tutte  le  belle  faenza  ?^  le  nobili  arti.  V.MoU 

ti  penfano  d'aCipJijlarf  honore  col  componer  e  CT  mandar 

in  luce  i  fioi  componimenti^  CT  actpnflano  uer^ogna  C7* 

JcornaMtfe  il  rubbarejoje  co  fi  drffcile^  come  e  l  imita'» 

re,  forfè:,  che  hoggidi  nonfitrouarieno  tatui  componitori, 

i  (^uali  trafcriuendo  le  co  fé  altrui^  a-^afciano  libri  ^  ^fen» 

za  uergogna  lodando  h or  qtie fio :,hor  quello;,  uccellano 

conjimd  rete  alle  lodi  proprie  ^non  saccorqendo  ipazziy 

che  mentre  uanno  cercando  il  uento  della  gloria^  il  tempo 

atto 


DEL     TAEGIO,  147 

atto  a  più  bonejle  jacendc  ^fe  ne  figge  C^Jopraghnge  la 
uecclnezz<^y  l^  pouerta;»&  il  dijprezxoy  tale  chefìnalmètt 
i  mejchifìifi  trouano  hatier  accjMi  flato  in  uece  di  finta  famt 
fimo  ^  infamia^  T^ .  ^ghi  uno  dourebbe  mijurar  bene 
le  forze  fne  ^  pur  fii  jempre  coja  lodeuole  il  cercar  nome 
in  (puefla  uita  :,  et  uita  apprejjo  alla  morte  con  Vajfaticarji 
in  coje  honorate  C7"  eccellenti  ♦^  E  il  metterfi  d  fi  alte  inf 
prejè  3  che  quafi  lefirze  no/ìre  non  ba/ltno  per  condurle 
al  fio  debito  fine  ;,  e  un  difetto  degno  di  lode  ^  il  quale 
ageuolmente  da  ogni  nobile  animo  uien  perdonato  ;>  et  mafi 
fimamente  da  quelli  ^  che  più  degli  altri  fono  dotati  di  ra^ 
ro  intelletto  ^  C  di  generofa  cortefia  ;,  CT  per  me  com^ 
pongo  alle  uoltenon  tanto  per  j^eranza  ?  chwm'hab^ 
bia  di  trovare  ageuolmente  perdono  del  mio  troppo  ar^ 
dire  0  quanto  perche  con  lo  fcriuere  CT  memoria  delpaf^ 
fatofiiggo  la  pr  e  finte  noia  ^  C^  col  cercar  di  fapere  ^  me 
ne  caccio  uia  Vocio  p  Vambitione  ^  Vauaritia  ^  &  altre  fin  1 
miti  fieleratezze  p  conofcendo  per  lo  mezzo  fio  quanto  ( 
fieno  le  ricchezze ^  ^  gli  honori  di  poco  mometo^  et  quan^  ^ 
to  breue  ^  O'  fiagil  cofa  fa  Ihuomo  ^  tolta,  quella  parte  ^ 
che  ci  rimane  immortale  t  ma  tornando  alla  filofofia  na» 
turale  pdicoui  p  ch'ella  è  appontocibo  per  la  mente  uo» 
Jlra<  V^  Gid  ardo  di  defiderio  dhauer  in  mano  la  fifica 
d'u^rijìotik  J  ma  ditemi  (se  hi  piace)  poi^  chaurògran 

Y        pezzo 


148  j^f   ^     VILLA,    DIA. 

pezzo  ragionato  con  la  natura  ^  QT  con  i  morti  ;.  non  dd» 
bo  anco  ragionar  co  uiui  ì  l^  .  K^nzi  m  laudo  d  fare 
eletuonc  dun  compagno  fimdc  a  uoi  ^  CT*  conjirirc  con 
ejjo  lui  ([uanto  banrete  O^Jlttdtato  ^,0"  fcritto .  ^^rchi^ 
ta  T harentino  Jiloffo  ecc.^^folcuadire^^cbefeunofa^ 
hjje  al  cielo  :,<:Tdtla  fi  confiderajjc  U  natura  delle  coji 
di  ([ne  fio  mondo  ,  CT  la  bellezza  ddlejlelle  :,&  la  if?flu/ 
enz^  dellt  pianeti  j,  non  parerebbe  d  lui  cofajoaue  ^ /e  (eco 
non  bauejje  un  compagno  dcui  lopotejje  conferire  /P^ 
F^orreì  Caper  da  uoi  je  mi  è  licito  d  comparir  alle  uolta 
fu  per  le  piazza  tn  compagnia  de  gli  altri  gentilbuomini , 
cbe  babitano  la  uiìla  f  p^ ,  Come  Je  ui  è  lecito  ^  effendo 
Ibuomo  animale  per  fua  natura  conuerjatiuo  ;,  come  fi  co^ 
ttojcerebbe  Vaffabilitd  ^  CT  urbanità  ^  due  uertu  fplendi^ 
dtfime  yje  tolta  ne  fojje  la  conuerjatione  f  anzi  meritare^ 
te  gran  lode  (e  nelle  conuerjationi  ui  renderete  grato  ^afi 
fabile  p  ^ gratiofo  giouando  ?  ddettando  ^  CT  godendoti 
injìeme  con  alcuni  hone/ìigiuocbi ,  motti  ^  C  burle  p  auer^ 
tendo  però  fempre  di  non  ingiuriare  ,  6  ofjindcr  il  com^ 
pagano  con  giuochi  :,  O"  troppo  mordenti  motti  :,  Vargutia^ 
C  uiuacitd  de  i  (piali  p  non  ui  dcue  trasportar  d  far  torto 
ad  alcuno  ,  ben  euerò  >  cbe  epuelle  bore  ^  cbe  dfjptnjar  fi 
ì^ourebbono  d  piubonorate  tmpreje  ;,non  uorrei^cbe  Ji 
fonjtimajjero  ingiochi^O*  burle  fu  per  le  piazza-  Jfocratc 


DEL     T  A  E  G  I  0/         14^ 

filojofì  dt  alttJ?tmo  ingegno  ejjendo  addimandato  da  Gor/ 
già  perche  non  conuerjuua  in  piazza  con  qli  <iltri  ^  rif^o* 
Jc:,  perche  c[uello  che  fi  fi  in  piazza  io  nonjirrei^  ZT  queU 
lo  e  he  fi  IO  non  fi  può  fare  in  piazza*  P*  Ifcrate  (^  d  gium 
dicio  mio  )  intende  di  ipielle  piazze :>  dotiefono  le  perfoncjl 
malcreate  :,  che  non  fanno  mai  dir  cofa  ^  che  non  rifca  in 
uituperio  dt  qualcun  ^  che  prefente  ,  ò  ajjentefia  j  ouera^ 
mente  ^  che  non  fanno  far  altro  o  che  biaflemar  :,  muocar 
CT*  dtr  parole  indegne  delgentd^huomo.  P^ ^  V^oi  Vintene 
dtte:>  Cr  C  per  quel  ch^io  mi  creda  )  tale  fu  la  mente  d'Ifo^ 
orate  t  ma  il  comierfare  alle  tiolte  tra  perfine  hònorate^  et 
per  recreatione  d'animo  ritrovar  fi  d  certi  tempi  infieme 
con  giuochi ,  motti  ^  CT  burle  honefle  p  d  me  piace  fimma» 
mente  ^  perche  Vanimo  affatigato  nellijludij  delle  lettere  itf 
quefla  maniera  recreandofi prende  qualche  quiete;,  la  qua* 
le  è  poi  cagione  ^  ch'egli  ri  fiorato  più  uehemente  ^  che  mai 
ritorni  alle  uertuofi  fue  operationi .  P.  Mor  circa  al 
conuerfare  co  gentilhuomini  so  come  reggermi  debbiai 
ma  fendo  in  uilla  maggior  copia  di  uillani  p  che  di  gentil 
Vhuomim  p  come  uolete  noi  ^  eh  'io  migouerni  circa  alprat» 
ticare  con  loro  f  P^^  Non  mi  dijj)iace  ^  che  alle  uolte  uè*  ^ 
niate  a  parlamento  con  i  contadini.V.  c^'  che  tempo  fa* 
te  mi  cotefto  quando fete  in  F^illa,  P^ ,  Ne  giorni  fcfli 
ui  O'piouofi^  <ZT  nellajlagionepche  i  uillani  dmenuti  ociofi 

Y     i  i       per  la 


1/0       L  A     V  I  L  L  A,   D  I  A. 

fer  la  umiltà  del  pigro  l^trno  attendono  d  godere  alle/ 

gramète  ijrutti  delle  pajfatejatiche.V. 'Ditemi  per  uita  no» 

Jtra  (gualche  particolare  delle  coje  ^  che  rag^ionate  con  effo 

loro.  T^ ^  Ragiono  della  maniera  ^  che  deono  tener  gli 

i,^ffricoltori  nel  rompere  O"  arare  delle  terre -^  deltem» 

pò  dwgrajjarle  ^  del  modo  d  inastare  i  prati  ^  della  ([uà» 

litd  del  terreno  ^  della  bontà  de  femi  ^  delle  coflellatio/ 

ni  :,  Cotto  le  eguali  fi  deggtano  jàr  le  facendo  rufìicane^  de 

i  legni y per  li  cj^uahfi  pojjano  antiuedere  lepioggie pi 

uenti  y  CT  i  tempi  fereni  ;,  parlo  delle  diuerfe  maniere  del 

coltiuar  delle  piante  ^  delle  ulti  ^  de  ifilueflri  uirguU 

ti  ;,  O'  del  come  :,  CT  quando  jì  piantino  ^  s'inne/lino  p  CT 

fitrappiantino  gli  alberi.  V.  P^oikamte  detto  ^  che  ra» 

gionate  couillani  delle  coflellationi  sfotto  pali  lopre  ru» 

Jlicanefar  fi  deggianoj  O"  de  ifgni  p  per  li  (pali  fi  anti^ 

veggano  i  buoni  et  cattiui  tempii  circa  al  che  to  ui  dico  p  che 

luna  e  V altra  cofa  d  me  pare  fi  appartenga  agli  ajlrolo^ 

ghi  p  d  marinari  ^  e  non  d  contadini  p  ipali  non  hanno  che 

fare  con  le  (Ielle,  l^.^^nzi  la  cognitione  dcllejielle  non 

è  men  necejfaria  d  contadini  ^  ch'ella  fifa  d  naiiiganti  ^  C?* 

il  cognofcere gli  orti  ^gli  occafi  loro  ^  i  tempii  Z3"  i  uenti  y 

affine  ^  che  quellifappiano  il  pando  sha  da  nauigare  p  O* 

(pefli  di  arare  ^  eCeminar  le  terre,  llche  uien  confirmato 

da  f^ergilio  la  doue  dice. 

Oltre  ciò 


DEL     T  A  E  G  I  O.  i;i 

Oltre  ciò  debbiam  noijcruar  d't^rturo^ 
TDel  lucido  Serpente  :,ede  capretti 
Il  najcev:,  el  morir ^  non  altrimenti 
Che  s'ojprinn  color ^che Jan  ritorno 
'Per  perigltofo  mare  al  patrio  albergo^. 
E  in  nero  i  contadini  fenza  cognitione  del  cielo finno  infì^ 
ftiti  errori^  CT  uengonoJ]:>ejJe  uolte  ingannati  da  tempi  ;,  il 
che  non  auerrebbej^Je  hauejjero  intendimento  dellejlelle^  et 
Japejpro  lamicitia^  chat  culo  con  la  terra  fP^   K^orrei^ 
che  con  (gualche  effempio  mi  rendere  più  chiaro  della  men» 
te  uoflrat,  perche  diffìcilmente  mi  muouo  d  credere  p  cVal 
villano  appartenga  il  conofcer  delle  flelle  ^  C3"  prono/li» 
car  de  tempi.  T^ .  Sei  contadino  antiuedejp  il  mal  tempo  ;, 
che  minaccia  il  mattutino  apparir  della  Lira  circa  d  mez* 
zo  Maggio;,  oche  egli  fi  affretterebbe  di  ridurre  iljieno 
al  coperto  ,  ouer amente  resìarebbe  dijcgare  j  CT  s'egli 
uolejjeJUrpar  la  gramigna  ^  non  pen fate,  che  gli  giouajjc 
iljaper  y  che  le  radici  di  talherba  mai  non  fi  dtftruggono 
del  tutto  -yfuor  ^  che  (Quando  ti  Sole  alberga  col  Cancro  j 
O"  che  la  fe/ìa  luna  èpofla  neljrgno  di  Capricorno?  Et 
^'^glifipejje  p  che  tutte  le  cofe  ;,  che  najcono  il  quinto  gior^ 
no  dopo  la  congiontione  della  Luna  diuentanojlerili  p  ere» 
detep  che  d  que/lo  non  auertirebbe  nelfeminare  ffapendo^ 
che  lorzo  Qcome  afferma  Plinio)  najce  iljettimo  di  dipoi^ 

.  Y      Hi       ch'i 


iriifbL  A     V  I  L  L  A^  D  I  A. 

cKèfeminato  ^  CT  i  legumi  il  (Quarto  ,  6  al  più  tardi  il /etti» 
ino  ^  Et  sci  contadino  antiuedejfe  le  battaglie  de  uenti  che 
JJìejp  fiate  in  ejja  riccolta  concorrono  ^O*  £nno  ,co^ 
me  dice  F^ergilio  in  ([uefle  parole^ 
Spejp)  uidh  j»  quando  ne  campi  intrato 
Il  mictitor  p  con  luna  mano  hauendo 
%^' pena  Jlr  ette  al  gran  le  bionde  chiome;, 
E  con  l  altra  d  tagliarle  incominciato  , 
JDe  tienti  tutte  le  battaglie  infieme 
i^ffrontarjl^  e  combatter  con  tal  forza? 
Che  legrauide  biade  da  radice 
Suelte  gettar  0  in  alt0:>O*  con  ruina 
"Portarne  il  nero  e  tempejlojò  turbo 
Le fottil gambe  ^  è  le  uolanti  paglie ^ 
Spejjojcender  dal  del  gran Jguadre  d  acque  ^ 
E  le  nugole  ad  un  rejlrette  ^  hor renda 
Sparger  grandine  ;,  e  pioggie  ojcure  e  folte  j 
Precipiteuolmente  d  terra  cade 
Sublime  il  cielo  e  lejemenze  liete , 
E  de  buoi  le  fatiche  innunda  e  lana  ^ 
Empionji  ijoJ?i  p  crtjcon  con  gran  rombo 
J  cauijiumi  ^  bolle  irato  il  mare 

E  quel  cbefegue  ^  non  penjate  noi  ^  che  egli  reflarebbe 
dijèminare  o  di  mietere  f  ^feluillan  antiuedejje  lapiog^ 

gia^ 


DEL     T   A  E  G  I  O.  ir, 

gi<tptr  ìiCegni  ddleflelle  non  credete  che  egli  Jojje  utile 

per  lo  piantar  dclli  canneti  y  ^  je minar  dAle  biade  f  con/ 

ciofia:,  che  quelli  no  fi  pongono jc  nonjoprajld  la  pioggia^ 

CT  ijiiefii fi fc minano  (Quando  dipoi  ha  dpiouere\nonjape^ 

te ,  che  Democrito  ^  mietendo  iljuo  Jratel  Datnajio  ^  gli 

dtjje  :,  che  reftajje  dalloperUp  Z^  che  conducejje  al  coperà 

io  quello  y  che  haueua  mietuto  ^  ^  poche  bore  dipoi  uennc 

grandij^ima  pi'^ggi^  ?  l^  {^ale  approuò  il  fuo  detto  ^  Cjc 

Jinal mente  il  contadino  antiuedejjè  per  uertu  delle  Jlelle  la 

fitura  ingiuria  del  tempo  ;,  penjate  noi  ^  eh'  egli  perdejje  ti 

feme  ^  CT  /e  etiche  Jtie  ^  che  jorje  non  fi  ualejje  d'una 

tale  occafione  per  douentar  ricco.  P,que/ta  è  una  occa^ 

(ione  per  douentar  pouero;,  ^  non  ricco,  p^.  udite  circa 

d  quello ^  che  ne  dice  Plinio  nella fua  naturale  Hifioria, 

Dicono,  che  Democrito  ^  il  quale  primo  inteje  3  GT 

dimoflrò  lafocietà  del  cielo  con  la  terra  d  ricchifimi  cit» 

tadini^  chejpezz^^ano  quejla  cura  :>hauèdo  preuifia  la  ca^ 

rejtia  dell  olio  dui fituro  najcere  delle  P^ergiUeyper  quel» 

la  ragione;,  che  noi  dicemmo  p  C^  demojlreremo  più  piena» 

mète  con  grande  utilità  hauere  coperato  tutto  Folio  de  quel» 

la  ragione^  quadofi  credeua^  che  ne  hauefje  ad  e^Jer  abon» 

dunza:,  merauigliandofi  quegli,  che  japeuano;,  che  tale  huo» 

mo  amaua  grandifimamente  la  pouertd  ^  la  quiete  delle 

dottrine;,  ma  come  apparue  la  cauJa^Z3"  il  gran  corjo  delle 

rich^ZZ^ 


i^44SÌL  A     VILLA>DIA. 

ricchezza  ?  dicono  hauer  reflituito  la  mercede  d  Quegli  y 
che  acidamente  Ji  pemirotto  di  hauer  uenduto  ^  contento  di 
hauer  cojì  prouato  poter  facilmente  arrichir  ogni  uolta 
che  uokjje  ;  ma  poniamo  calo  j  chel  uillano  p  per  ejjer.di 
grojjapafìa  compoflo  nonpotejje  penetrar  tanto  adentro 
nelle  cojè  di  ^^Jlr elogia;,  non  dourebbe  egli  almeno Jape» 
re  accommodar  l'opere  ruflicane  d  fuoi  debiti  tempi  mo^ 
pratici  dalle Jlelk;,  CT  antiuedere  lepioggie .,  i  uenth  ^  le 
tepe/ìe  ,  che  caujano  ejjejlelle  aJ?tcurandofi  in  quejlo  modo 
da  gì  inganni  de  tempi  f  'V,x^dun(^ue  le  (Ielle  causano  le 
mutationi  de'tempif  l^ ,  Come  p  nonjapete;,  che  alcune  de 
loro  fono  fredde  nella  refolutione  ddlbumore;,  alcune  nel 
condensarlo  in  pruine  ^  alcune  in  conftringerlo  in  neue  p  al» 
tre  in  congelarlo  ingrandini^altrejanno  uento^  altre  tem» 
peramento  d'aria;,  alcune  uapori^alcune  rugiada^  GT  alcu» 
ne  altrejreddof  "P.  P^oifigentdmente  ragionate  delh 
uertù  delle Jlellep^  dell'agricolturaj,  che  nonjolamète  ha^ 
uete  dejlo  nell  animo  mio  uno  ardete  dcjìderio  dt  Capere  per 
quali  jegni  antiuederfipojja  ti  mal  tempo  ^  CT  d'intendere 
Jotto  eguali  cojlellationi  farji  deggiano  Vopere  ruflicane^ 
V  ipelche  renda  i  campi  f^rtiliJO"  lieti:  ma  de  fiderò  an* 
corafommamente  di  conojcer  come  fi  debbiano  coltiuar  le 
piante  ^  curar  le  uiti  ^  regger  gli  armenti  ^  CT"  finalmente 
gouernar  Vapi,  f^^  Coteflo  uojlro  defiderio  comprende 

tutta 


DEL     TAEGI  O..^^     irr 

fatta  Varie  ddV agricoltura  ^  aìc^uale  prometto  dijodiff^r/ 

in  parie  (e  per  bora  mi  Ujciera  jar  tatto  di  panja  ;,  ch'io 

poffa  andar  douejono  ajpetiato  par  una  miajacenda  d'irne 

portanza*  V.  Deh  fé  mi  amate  :,  fitemi  gratta  ^  di  tndu» 

giarui  un  poco  ^  ^  datemi  per  cortesia  ahnen  (gualche  bel 

ricordo  circa  aira^ricohura  de  giardini,    f^,  i^^nco» 

ra  chiofia  ^agricoltore  di  poco  pregio  ^  Z2"  mal  pojjà 

Jodiffare  al  dejìderio  uoflrot,  pur  Q  qual  io  mi fia )  uoletie^ 

ri  co  noi  participerò  il  ragionamèto  di  i^  gricoltura;,  che 

fi  hierjera  dopo  cena  nel  giardino  del  Vili  J^  S.  Camillo 

"Porro  p  perche  maggior  piacer  non  prendo^chejàre  c^ua» 

to  porta  la  natura  mia,  d  cui  aliro^che  qiouar  non  aggra» 

da*-,  pero  come ^  cheltetnpo  Jiabreue:  nondimeno  ac» 

cenando  i  uofiri  prieghi  ^  ui  dico  ^  chel  detto  S.  Camillo^ 

come  ([nello  p  che  sa  (guanto  fi  conuenga  d  un  JJ^irito gene^ 

rofo  la  Magnificenza  p  Z^  liberalità  ^  due  JJ^lendidìfima 

verta  :>J]^cJJe  uolie  dun  fw giardino  difco(lo  un  miglio  da 

Melano  d  mangiar  f  co  inuita  gli  atnici  fuoi ,  tra  i  eguali 

tr Oliandomi ancKio  conuitaio  hierfera^molto piactre  prefi 

de  i  uarij  ;,  ingegnofi  ^  dotti  ^  ^fìlofofci  difcorfi^chefii^ 

rono  hauti  bor  da  queflo  ^  hor  da  quello-,0^  mafimamentc 

della  piaceuolezza  dellhortolano  d'ejfo  loco  J(^  de  i  mera» 

uigliofi  fegr etiche  da  i  cornatati  gli  fir otto  infegnatu  P. 

Hor  c[ue[lo  é  Quello ^  che  uorreifaper  da  noi,  t^ ^  Intor» 

2/        tio  al 


( 


fy6     LA     VILLA,     DIA. 

'  no  al  fìtte  della  cena  Q  qtiafi  in  atto  di  comedia  )  s*appre^ 

jèntò  alla  tauola  detto  giardiniero  dijcinto  ^  (^ [calzo  con 

una  ghirlanda  in  capo  di  figlie  di  vite  ^  onde  tra  i  pampi^ 

ni  y  ^  tralci  pendevano  i  grappoli  delluua  matura  con  un 

bronco  di  pero  in  mano  ;,  e  he  poco  dianzi  hauetia  rotto  Vem^ 

fito  del  uento  y  CT*  con  mito  tutto  fì/leuole  (CT'follazzofo 

parlo  in  ([uefla  maniera,  f^oi  hauete  dfaper  Signor i;,ch'io 

^fono  Vortolano  del  S  .  Camillo  Torro  ^  CT  /e  piante  ^ 

che  uedite  qui  intorno  fono  mie  creature;,  C^  tutti  quelli  beU 

li  inne/ìi  ^  che  ui  sapprefentano  innanzi  fiirono  jàttt  dalle 

ì    mie  ijlejje  mani;,  CT  le  belhpme  ortaglie;,  ^J* fiori  ;,  che  ri* 

dono  fi  a  que/le  uezzofe  her  bette  fono  proceduti  dalla  mia 

^    induflria  O' fudore  ^  Et  perche  fopra  ogni  altra  cofa  de» 

fiderò  far  mi  eccellente  nelDfiicio  mio  dell'ortolano  fi  per 

fodisfiatione  del  mio  Signore  j,  còme  anco  per  interejje  deU 

Vhonor  mio ,  ^fapendo  che  uoi  (^entiVbuomìni  hauete  uolti 

molti  libri,  CT  che  dovete fipere  tutti  if greti  delli  antichi 

^agricoltori  ji  quali  (  per  quel  chwtendo  ^firono  mefi 

in  fritto  da  un  certo  Marco  J^aroneX^olumella/Theo 

fia/ìoy  ValladiO;,  CT  altri;,  che  non  mi  ricordo  ^  il  perche 

1    con  tutti  quelli  più  caldi  CT  uiuiprieghi  duo  pojjo,  uifup.^ 

flico  d firmi  tanta  parte  della  uoflra  dottrina  ^  quanta  ui 

firo  io  de  i  preciofi  fiuta  di  qveflo  fvlicifimo  giardino^ 

Laiche  rifpofilS.  "Pomponio  Cotta,  Gran  fc or tefia 

certamente 


DEL     T   A  E  G  I  O.         iry 

certamente  farebbe  la  ttofìra  haucndo  noi  goduto  de  ijrut» 
ti  di  queò%  ^tardino  ^  d  non  uoler  compiacere  al  giardr^ 
mero  in  cola  tanto  houejla  \  l^erò^hortolano  mio  ^  djodtp 
jàtione  d.  1  iioflro  dejiderio  ^  io  cominciero  d  pagare  d  de* 
bito  col  dirui  y  cheje  ueder  uokte  rijttrgere  uerde  ;yfrejca  , 
CT  lieta  lajlicra  ruta^fd  de  mejlierh  cbejc  U  dica  oltrag» 
gi0:,O^  s'auuertifca  ben  ^  che  nel  piantarla  non  fio,  vifla  ne 
tocca  dalla  mano  di  dona  immoda^  ^Je  unarborejrutnji 
ro  tarda  troppo  d  cominciar  difirjrutto  ^ficciafi  nellao» 
tunno  un  buco  con  una  triuelU  nell'una  delle  fue  pili  grofje 
radici  in  modo  ^  che  non  paj?i  di  la  ^  CT  in  ej[o  cacctji  una 
cauigha  di  legno  Jecco  chiudendo  bene  di  fiori  con  cera:,poi 
ricoprendo  di  terra  y  c^uellanno  ijlejjo  al  Juo  tempo  jìrd 
jrutto.  Et  io  ui  dico  y  dijje  il  S.  Vreciuallo  Bejozzo  p  che 
Je  bramate  ueder  e  nelle  zucche  marinerò  cedri  Qje  nhaue» 
re)  nouiy  O^  flrani  nolti  p  debbiate  far  fibricare  un  uafo  di 
crijìallo  di  (Quella  firma  p  che  più  ui  piace  p  CT*  poi  chiuder^ 
le  dentro  cj^uandojono  nella  loro  più  acerba  etd  p  onde  ue^ 
drete  dpoco  d  poco  la  z^icca  crejccdofirjì  Jimile  al  uajop 
Cr  reujcir  V effetto  chUo  ui  dico  ^  0"fe  d  qualche  arbore 
nel  uo^ro  giardino  cajcano  jacilmeme  i  fiori  fi  fird  ^  che 
produca  il fiuttojènza  fiorire  pfi  uoi  linne/ìarete  infico^. 
Et  io  uifijaperepjoggionje  d  S.  Camillo  Vorrop  chefo» 
pra  di  ^uc  fio  pero  et  di  quel  uer  miglio  morojipojjono  in» 

Z        I  é     nejlar 


l^j^     LA     VILLA.     DIA. 

neéìargli  aranzij'ag-rezz^^  de  quali  tiolendola  mi  addoU 

ciré  fi  di  mefite  ri  ^  che  -foriate  mezzo  il  tronco  da  ba(\o  , 

dando  m  que/ìa  maniera  luogo  al  trijlo  bimorefin  tanto  :> 

che  i  pomijì  ueggano  ben  {ormati, poi  bijogna  con  lotojèr» 

rar  la  piaga  loro  *,  onde  ne  uedrete  effetto  memuigìiofo  ; 

O"  in  oltre  ui  dico  ^  chefir  et  e  Urna  mojcatellafe  tagliate  la 

vite  che  fi  pianta  in  maniera  che  ne  reflino  tre  occhi  di  ef» 

fajopra  terra  ;,  CT  canatolefiiori  con  un  filo  dijirro  tutta 

la  medolla  riempiraj?i  quella  canna  di  poluere  di  noce  mo^ 

jcada  p  chiudendo  poi  il  buco  di  fepra  molto  bene  di  cera  ^ 

fi  che  acqua  alcuna  non  ui  pojja  entrare.  Et  io  uijojàp^rc 

dijje  il  S.  Iacopo  Briuio;,  che  fi  come  in  Fraza  d'ogni  jla^ 

gione  fi  uede  una  gran  copia  di  car chiodi  :,  il  medejimo 

uedrete  nel  uoflro giardino;,  auer tendo  noi  d  cinque  cofe^  la 

prima  delle  quali  fera  un  muro  ;,  che  gli  difenda  da  tra^ 

montanara  feconda  che  fieno  ejpojli  al  meriggio fenza  ha* 

uer  cofa  auati  che  glimpedfca  dfoleja  terza  medicare  al 

freddo  deluerno  colfmo  O*  con  l'acqua  tepida  p  la  quarta 

inafftarli  ben  Vejlate  ^  la  quinta  ^  CT  ultima  tramutar  eia* 

fcun  me  fé  gli  occhi  fuoi  *,  il  che  tìcendo  haurete  neluojlro 

giardino  carchioffi  d'ogni  hora\  et  di  più  ui^ofapere^^chel 

pefco  maturerà  molto  per  tempo  fé  fard  innejlato  in  moro^ 

onero  in  uite.  <^l  chefoggionfe  d  S.  Caradojfo  Poppa;, 

et  io  uijiccio  intèdere^che  l'ortaglie  uojlrefi  uogliono  femi* 

nare^  <T 


DEL     T   A  E  G  I  O.  ir9 

tiare ^et  trappiatìtare  nel  primo  quarto  del  crejcer  della  /w- 
n^  p  Cr  quando  un'arbore  non  ritiene  il  fiuto  >  ò  che  auan* 
ti  alla  maturitdfopra  (luelloficorrumpa.fegli  defire  nei 
tronco  un  buco  con  una  triuella  grojja  circa  un  dito  ^  che 
faft  dètrofin  al  mezzo  alto  da  terra  circa  un  braccio;,  et 
quello  jerr art ^^  impire  dt  una  cauiglia  di  legno  fecco^chc 
ut  entri  per  jorxa  ^  chiudendo  ancora  la  parte  di  fiori  di 
cera,  perche  non  ui  entri  humore  -  che pojjajar  corruttio^ 
neJDoucte  ancofapere.dijfe  ti  S.  Giulio  Schiaffijtato^cht 
Ce  noi  piantate  una  cipolla  con  dentro  feme  dt  lino  ,  che  na^ 
[cera  drcigoncdlo^'<J"io  ui  dico  (  dijjè  il  S.Giofeppe  GioJ^ 
fano^  che  Ce  una  donale  habbia  ilfuojiore  uà  due  ò  tre  uoU 
te  intorno  e  p  mezzo  del  uojlro  giardino Jubito  cader  ano  d 
terra  le  ruche  p  O"  altri  uermicelh  ;,  chefuogliono  rouina» 
re  Fortag^lie  ^  al  che  fegui  dicendo  il  S.  Cejare  Landria^ 
no  ;>^  io  ui  dico  :,  che  fé  canate  la  medolla  dalla  uitejìibito 
tiataj'uua  nafcerdfenzagranaj.CT'  hauete  anco  a  fapere^ 
che  ogni  frutto  d'arbore  matura  più  per  tempo  inne» 
flato  in  ciregio  j  in  una  fjnna  ;,  CT  in  moro  negro  ;,  che  in 
qualfi  uoglia  altra  pianta, ^^ llhorajoggionje  il  S.  Ca^ 
millo  F^aiano  ^  hauete  afapere  che  ipini  cresceranno  più 
in  uno  anno  ^  che  in  quattro  Ce  nel  piantarli  gittarete  nella 
fiija  loro  due^ò  tre  grani  d'orzo^ZT  di  più  ui  dicO;,cFogni 
frutto  d'arbore  fi f  più  dolce  ^  faporito  bagnando  ilfòrm. 

Z     iti       colo 


j^o      LA     V  I  L  L  A,   D  I  A. 

colo  in  mele  ([uanJo  smne(la^CT'  più  odorato  ponèdouipoì^ 

nere  dtgarojam  ^  noce  mofcata  ^  C^  cofejtmih.ma  chefiem 

no  ben  pefle.  Et  io  Mortolano;,  dijje  il  S.Lodouico  Lo» 

mazzo ^  vififaperep  che  fé  noi  piantate  ^  cogliete  Vagito 

mentre  la  Luna  alluma  Valtro  hemfjpero,  ch'egli  perderci 

Vacutezz<t  dclfuo  moleslo  odore^<^  m  oltre  ut  dicop  che  le 

fir  miche  figgiranno  p  Z^  morir  ano  Ce  canato  un  poco  di 

terra  al  pie  dAlarboreJe  gli  metterà  attorno  della  calige» 

ne  del  camino  ^  ouero  della  fe^atura  di  (guercia  .  Soggio^ 

Je  d  S.  Francesco  Biancardo  ^  Et  io  ni  dico  che  la  noce  Ce 

prima  che fia  fiatata  Jèrd  tenuta  d  molle  cinque  gliomi  nel 

Vorina  d)mfinciuUop  produrrà  noci  con  la  coccia  tatojot* 

tde  0  che  ogniuno  con  le  dita  jacilmente  le  potrà  rompere  ^ 

Et  io  dijp  il  Taegio  ;,  perche  neggio  ^  chel  piano  dejln» 

tìeri  del  uojlro giardino  non  e  uguale  ^  onde  Vocchio  de  ri^ 

guardanti  ne  Jente  non  picciola  oiftja  ;>  ui  uoglio  infegnarc 

con  ([uejlaguajladetta  d'accpua  ;,  che  qui  uedete  y  dliucllare 

giitjlif^imamete  un  piano^yil  che  ui  fruirà  no  Colo  per  la  ua^ 

ghezz^  del  giardino  y  ma  ancora  per  la  comodità  del  co» 

dar  ddlacque  d  i  luochi  dejìderati.  Et  per  uenire  alla  prò* 

va  ui  dico  ;,  che  primieramente  pigliar Jì  deue  una  in^hifla» 

ra  di  uetrofottile  C  chiaro^<:!T  empitane  la  metà  dt  acqua^ 

0  altro  licpiore  con  ejfa  ui  porrete  nelVuno  de  capi  del  loco^ 

che  noi  uorrete  liuellarc  pficendo  che  un  altro  fi  metta  neU 

laltro 


DEL     T  A  E  G  I  O.  i^i 

laUro  di  efi  campi  con  una  hafla  in  mano  ;,  CT*  una  carta 
bianca)  poi  ferrando  un  occhio  ^  come  fichi  mira  di  archi^ 
bugilo  ;,  6  altra  Cimile  coja  ^ porrete  Valtro  cjpti  prejjò  di 
ejja  inahislara  ^  ^O'  guardar  eie  diritto  per  longo  delpia^ 
no  dtllaCilua  ucrjo  Vhajìa^  che  1  altro  hauera  in  manojcr» 
mata  con  il  calce  in  terra;,  ^  farete  p  che  appoggiata  rjja 
carta  allhajla  ^  ciucila  tanto  uadt  alzando  C^  abhajjandoj 
fin  che  uoi  Jcorgerete  detta  carta  al  diritto  del  piano  deU 
Vacqua  ,  auertendo  che  non  uediate  ponto  di  ejjo  pfanOj,  ma 
che  luna  ^  O"  laltra  eflr  entità  di  qua.  e  di  Id  del  detto  pia* 
no  dell  acqua  tupaia  ima  jol  linea  ^che  iiadid  tagliar  d  tra 
uerjo  eJJa  carta  ;  Jl  che  fitto  mifur  erete  quanto  ejjo  piano 
della  detta  acqua  (la  alto  da  terra  :,  O"  il  me  defimo  farete 
della  carta:,^  quanta  differenz<t  trouarete  dalVuna  ahez 
za  ali  altra  p  di  tanto  fard  più  baffo  Vuno  capo  di  efofto^ 
che  Valtro  p  come  fc  per  cafo  dal  piano  dcUacqua  d  terra 
Jojjero  due  braccia  ^  et  dalla  carta  d  terra  tre^  dun  brac» 
ciò  farebbe  più  baffo  illoco  doue  foffe  quello  dell  hafla  <CT 
la  carta  ^  che  quello  doue  fofìc  uoi  con  linghiflara.  P» 
Queflo  ètm  bellifiimofegretOp  il  quale  dourebbe  effer  molto 
carogna  fio  d  igiardinterip  perche  pojjano  colfo  mezzo 
render  uguale  ilpianode  fuoifentieri\ma  ancora  d  tutti  gli 
habitatori  della  uilla^doue^  come  alla  cittade^non  slia  corn 
moditddingegnieriperhuellare  lina  campagna^  per  cai  fa 

del 


i6i      LA     V  I  L  L  A>    D  I  A. 

dd  condurre  dell  'accjtia.  p^ ,  Egli  e  ucro^et  d^iti  cf)iara 
intelhgenz^  d^ognuno  ficeU  ^rejente  figura. 


"P.Cbefeginpoi,  P^ .Ubortolano  redette  ^llegratie  che 
douea  d  i  nomittati  getti  huotniith  et  p  guidar  dotte  de  gì  iti* 
tejifegreti  protnijje  dtjar ci  parte  defuoi  ìttejli.  Et  qiiejio  è 
quoto  fu  detto  hierjera  in  ^pojìto  dellagricoltura^  et  prò» 
jìtto  delgiardimero,  Lrlor  jlate  felice;,  ch'io  tne  ne  uoglio 
andare  p  né  più  pojjo  differire  ^  perche  la  pofta  e  alle  x  x. 
bore  p  CT  credo  chepaJ?ino  anzi  che  nò  ♦  P*  «Se  la  papa  e 
alle  X  X.  bore :,  potete  indugiare  anco  un  bora  p  perche  noti 
arriuano alle diecinoue,  /^*  F^oi digran  longa utngan^ 
nate p  perche  Vombra  mia  dimojlra  ^  che  pajiino  x  x,  hore^ 
3^*  y^doncpue  Vbore  jì  pojfono  conoscere  allombra  del/ 
Ihuomo,  l^ .  Chi  nba  dubbio.  "P.  "Partenio  ne  dubita  ne 
fi  sd  imaginar  comepojja  ejfer  cotejlo  ♦  f^,  Mor  ut  uo^ 

glio 


D  E  L     T   A  E  G  IO.  i^j 

^lio  anco  injcgtmre  cjuejlohdhfimofegreto  comecofacltia^ 

fi  ttecejjaria  allbuomo:,chahitt  in  mila  ^  doueJ})ejJe  volte  no 

ni  fono  borioliy  et  efendoinfonoJalffimi.V.x^^nco  in  vii» 

la  lenza  tanti  horioli  fi  pojfono  conofcerc  Ihore  dairarco 

che  cani  atomo  dfegna  il  fole  girando  dalloriente  aWcc^ 

adente .  l^ .  Egli  é  nero  pur  che  s'habbia  cognitione  della 

sfera  del  mondo  ^  doue  ciucilo  ah  fimo  i^^frchitetto^che  la 

Jàbricò  rachiife  qiiàto  lafciar  uolle  al  reggimèto  della  na/ 

tura  uniuerfale.  V .  Senza  cognition  di  sfira  fi  jàllireb'^ 

he  di  poco  \  ma  lafctando  ^uejlo  da  banda  ^  ingegnatemi  ui 

pregio  d  fé  greto  ddl ombra  ^  ch'io  uè  ne  rejìaró  con  obli» 

co.    J^ .  Non  corre  obligofa  noij  CT  ([uado  ui  cor  refe 

farebbe  dal  canto  mio  ^  che  hoggimai  dourei  haueruifor^ 

dito  con  tanti  cicalamenti  ^  ma  in  ([uejlo  la  colpa  mia  a  noi 

me  defimo  perdonar  ete.  Hauete  adun(][ue  dfapere  ;,che 

dal  moderno  ^^rchimede  d  S.  i^lejjandro  Calmo  ho 

imparato  (jiiejlo  bellipmof  greto  ;,  per  chiarezza  del  c^iia» 

le  iè  copojia  lafeguente  tauola  ;,  che  non  ùflende  fuor  del 

tiojlro  clima  p  la  quale  contiene  li  dodeci  mefi  delTanno  ^  ne 

li  quali  ad  uno  ad  uno:,  di  cinque  in  cinque  giorni  p  per  non 

ejjer  in  fi  poco  tempo  mutatione  che  importi  fi  uede  d  tut'» 

te  Vhore  del  (giorno  quanti  piedi;,  CT  oltre  alli  piedi  quante 

onderò  fa  dui  pollici  fia  longa  in  terra  ben  piana  lombra 

del  corpo  di  ciafcuno  dalla  cima  del  capo  fin  d  terra  co» 

i^^a     minciado 


1^4.  LA     VILLA,    DIA. 

minciandola  dmifurare  dalla  cauiglia  dell'uno  ali  altro 
piede:,  per  ri/Jwndere  al  piombo  ^tiel  loco  a  chijld  ben  rit^ 
toalla  detta  fommitd  del  capo  fin  al  fine  d^ejja  ombra  ^fi 
cheponiam  cafo  che  allt  ifji  Maggio  doppo  mezzo  crior 
no  io  dejìderifapere  che  horafia^uado  al  fole  iloco  piano  ^ 
et  uoltatogli  lafchiena  ^  come  nella  prefente  figura  uedete^ 


'Pongo  mente  Jin  dove  arriui  la  mia.  ombra  et  quella  mifu* 
rata  trouo  creila  è  longa  fette  piedi  et  fette  dtta^  che  fono 
un  dito  più  di  mezz(^  piede'^  perche  la  longhezza  del  piede 
cotiene  dodeci  oncie^òfia  come  ho  detto  dodeci  pollici  in  tra 
uerfo, guardo  nel  mefe  di  Maggio fotto  allt  lyJi  Mag^ 
gio  quale fia  ql numero ;>che  più  sapprej?i  di  queflo  et  trouo 
d  man  dritta  delle  io,  bore  ?♦  piedi Cr  6.  dita^fiche  dico, 
che  fono  tato  più  di  io,  bore  quato  importa  quel  dito  dipiu^ 

G  E  N  A  I  O» 


D  E  L     T  A  E  G  I  O.        i^r 

G  E  N  A  I  O. 

Giorni    V  X  -  XV         XX         xxv         xxx 

15-00    O      -    1S$       1      -  11^      8      -^8    I     -    50     2  -    53    né 

Itf    44   ^            ^^    loè  31     ^          2.5   9        22     5            l^  IO 

I7_  29  2é    -      21     5     -  IS   né  -  17   45-  15    P  -    14    25 

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D  E  L     T  A  E  G  I  O»  tg^ 

OTTOBRE. 

Giorni.    V  X  XV  XX  xxv        xxx 

14-404  -    ^8     lè  -    III     I -MS     I     - 

15  19  6k          24     9           2S    z         34    7        42    9k  SS     7I 
Itf-  li  II  -  14     ó^     -     16    ^     -  13     ^è  -  20II5  -  21       ^ 

17  IO  i^  II      5  12    I  15     5^      14  lo  i<r    5 

18  -    8  1O5    -       p    7è    -    lo     5   -     II    4  -    li    J    -     13     i5 
Ip         9     I  9     7  IO    lè         IO  loì        II    5"  12     j 

20  -    9  II     -     IO    45    -    IO  10^  -    II    tf    -    Il  Ili  -     12     7 

21  12  6k  12-   IIÉ  13      5  13  II5       14     5è         15     I 

22  -  iS  75    -     13  ni   -     19  4    -    19  IO  -    20  4    -     20    II| 
li      S^  105        n    62        il  II         58    7       40   o        41     55 

NOVEMBRE^ 
GiCJ-ftf»      V  X  XV  XX  XXV  XXX 

15-89  IO    -170    7     -  LonghiJ^im4é 

16  28   9  34    7  41    05      49     I        57    4è      ^^     O 

17  -18  4é    -    20    4     -    21    5  -    24    j  -.  25   II     -  27     7I 
13      14  <^  i5     7  «^    ^  17    8è      18     S  19    6^ 

19  _  n    I       -     14     O2  -     «4     3    -    15    45  _  15^    O    -    1^     ^ 

20  15  Sk  14  »  «48  15  15  15  7i  i^  t 
2i_i5  IO    -     16     5    -     i^   Il   -     I7    4è-    17    95-18    I 

12  il     Sé  22       5  22       9  2i       Si         »i    IO  24      :5 

2J-42    4-45      j  -    44      I    -    45    O  -  45     5    -    45    lOg 
DECEMBRE. 

Gl'or»/*     V  X  XV  XX        XXV        xxx 

16-71    22    -    75    «0     -    74     3i    «  70     2   -  6}   Il    -     53    II 

17  29     o  29     9i  29     7  23      7         2<?    Ili         2S    4 

18  -20    I      -       20      5     -      20  4     -     19    II    _    19     5     _     ,g      ji 
19-     i(J   ici  17      O  I7     O  iS     S  t^      ik  IS    IO 

20  -\6    S      -       16-      7      -     1^      7   -      16      }2  -i<^     O     -     15      ^i 

21  iB  ^2  18  6i  iS  5i  18  i2  13  o  17  S 
22-24  <Ji  -  24  toi  ^  24  8  ^  24  ^i-  24  3  -  2i  9 
ii     4^  "05        4^    «05        4-?  loi       4^  i<^è      45    5         45    0# 


ire.     L  A     V  I  L  L  A>   DIA. 

7^.  Io  seggio  (indio  che  dite  nella prejènte  tauolat^  ma  non 

so  perche  detto  tnhabhiate  ;,  che  fieno  pia  lofio  i^.hore^at» 

tejò  che  nella  linea  di  ejjì  hore  i^.fotto  il  detto  irJi  Mag 

gio  fi  ueggono  appoto  7,  piedi:,V  7.  onde,  P" ,  per  (piie* 

fio  hopoSÌo  il  cafo  j  chefùjfe  dopo  mezzogiorno.  P.  Cht 

fia  pajjato  meriggio  6  nò  farà  fidi  cofa  ilfaperlo  d  cpneU 

le  hore  che gh fono  molto  lontane  ^  come  la  mattina  innan^ 

zi  Vhont  comune  del  dfinarc  ,  C^  uerfo  il  uefjuro  :,ma  d 

Quelle  hore  che  gli f  no  prejjo  ^  come  fifapera  chefiapaf 

fatOy  0  nò.  P^ .  M  oltojàcilmente  ponendo  mente  fé  dipo» 

co  in  poco  Vomhrafi  uaficendo  piti  longa^òpiu  corta;,  per» 

che  fn  che  fia  mezzo  giorno  V  ombra  di  ciaf  ima  cofa  in 

piano  fi  uajàcendo  più  corta  ^  O*  dopo  fnhito  comincia  ai 

allongarfi,  P*  Ii[or  fn  ben  rifiuto  d'ogni  dubbio.,  P^  ^ 

s^ccontètateui  aduncpie  darmi  licèz^  di  andare  d/pedirc 

il  negotio^che  pur  dianzi  uho  detto.  T.  Che  negotio  è  (pue» 

fio  uofìro  di  tanta  importanza:,  che  non  pofiate  dimorar^ 

tii  anco  una  mezza  hora  meco  ì  l^ ,  L'indugiar  potrebbe 

portarmi  danno  )  perche  è  morto  il  miojàttor  di  mila  p  CT 

hifogna  che  (pianto  prima  me  ne  prouegga  dWaltro  ;»  C^ 

la  pò  fia  data  èfolamente  per  tale  effetto.  V.  x^  '  pon^ 

tofopra  (piefla  materia  ho  caro  ragionare  un  pochetto  con 

tfjo  udì.  P^  .  L^-  un  altra  fata  prometto  di  attenderla:, 

bora  partir  miuoglio  ad  ogni  modop  d  Dio.  V.  Dehfr^ 

mateui;, 


DEL     T  A  E  G  IO.  lyr 

matcui^fcrmateui  uifuppliC0;>ct  mo/lrate^  che  in  noi  nonfia 
morto  (^ueljeme  della  dolce ;>  ^  fiagheuoh  bumanitd  ;,  che 
dalle  natura  fi  Jparfo  nelle  radici  de  nojlri  cuori  ^  crje 
purjlate  anco  jìil  duro  di  non  uokr  piagar  l  animo  uojlro 
dji  honejla  domandatatelo  ui  (congiuro  per  la  luce  dt  cjue» 
oli  occhi  j,  chefironojoggetto  delle  uoslre  rime^'^  chan» 
nofiuo  mille  uolte  inutdia  al  Sole*  l^ ,  Qjl^^  animo  non 
piegherebbe  dfinnl  incanto^  poi  che  tato  con  la  uojira  cor/ 
tejia  mi  honoratc  :>  C^  col  pregar  m'offendete  quagliami 
Vubedtre  al  mio  gentiltj^imo  Vartenio  5  Vero  ditemi  quel 
che  da  me  intendere  dejiderate  delittore  di  uilla.  P,  Prz» 
mierarnete  uorreifaperèfe  noi  pigliate  tljàttore  dotto  et  ec^ 
celiente  nellarte  jua;>  6  uer amente  Unflituiie  noi  à  modo  no» 
flro,  Jy^ .  ^<^Ji^j]^  mifj^orxo  dwfegnarli Tuificio  juo pe» 
ro  ch'egli  non  ha  dajar  altro  ([uando  io  fono  ajjentefe  non 
quello  iliejjo  ck\ojarreis\o  uifijje  prejente  ,  il  che  Japen^ 
dojir  IO  :yfard  ageuolcoja  ancora  ch'io  lojappia  injegna* 
re  ad  altrui.  V,  Bijogna  adunque  chel  jittore  ch'entra  in 
uoslro  luogo fia  molto  beniuolo  et  affitttonato  d  noi  C  aU 
le  coje  uojìre  ^  che  altrimenti  ^  quantunque  ejpertifìimofijje 
non  Japrei  conojcere  qual  utilitd  da  lui  trar  fé  ne  potejjè^ 
J^.  Gli  e  nero ,  ma  quejla  aj^ttione  uerfo  me  ^  è  la  prima 
co  fa  nella  quale  iolin^itufco.  "P.  Et  come  fi  può  una  tal 
cofa  infegnare  ì  P^ *  Rimeritando  è  graitjicandcwclo  ^ 

B  b      ficendol 


171     LA     VILLA,    DIA. 

jacendol  partecipe  di  quei  berlicche  Dio  mi  concede^  et  c^uè» 

Ita  e  una  buona  uia  :,  CT  ottimo  flr omento  per  accluijlarjl 

beniuoleza.  V.Qj^ado  poi  ve  lo jete fitto  amico  J?iijla  ([ue^ 

Jlo  d  farlo  diligente  in  quel  che  gli  ha  dafaref  noi  fu p  e  te  pur 

che  infiniti  fono  gli  huomini  y  i  quali  tutto  che  naturalmente 

fieno  amici  di  lorjlefi  ^  nondimeno  ifano  negligentia  infir 

quelle  cofy  onde  dtpcde  tifine  del  defiderio  loro,  l^ .  Fat^ 

io  ch^io  me  lo  fono  amico  ^  io  Vinjlitmfco  poi  nella  follicitu^ 

dine  CT  dìUgenxa^tT  moflrogli  minutamete;,  come  ciaf  una 

co  fa  habbia  daguidare^  prouedere.  P.  Io  non  peifauo^ 

che  quella  accutezx<t  fi  potejjl  molto  bene  infegnare  dchi 

naturalmente  non  g-li  è  inchinato.  T^ .  E  aero  cKo^ninno 

non  è  idoneo,  P.  Qj^alifono  quegli  y  che  fono  più  atti  che 

gli  altri  ?  Is/on  farebbe  maipo/?ibile  y  che  glin^ordt  del 

ttino  Q  ancor  che  uolefjero  )ffero  atti  a  quejla  cura  et  di/ 

li^enz^  >  ch\o  dico  y  che  per  lo  inebriar f  tutto  ti  giorno  fi 

fcorderebbonofempre  quello  yC  hanno  daJare^Oltre  d  que» 

Jlo  quelli  chefnofchiaui  delfonno^malpofonofir  cofa  al» 

cunayche  buona fia^ne  ejjere  intorno  d  chi  la£ccia.  P.  Va 

re  d  mey  che  bafi  reijer  continente  in  quefle  due  cofyO  pur 

bif^na  altro  f  l^ .  JS7on  ba/la  y  perche  Ihauer  lanimo 

prefo  ne  lacci  d'amore  y  leua  merauiglif amente  il  petficr 

dog-ni  altro  neg-ocio.percioche  nonfitroua  al  modo  wa^» 

gior  dolcezi:a  di  cjlla  ci)  è  nelle  prattiche  d'amor e;,ne  mag* 

gior 


DEL     T  A  E  G  I  O,         175 

0or  pcij^tone  di  (fucila  dell  amante  quado  è  poco  (limato  dal 
la  cnfà  amataci  che  in  man  di  tali  huoinini  no  è  da  porre  in 
m(]ìin  modo  tlgouerno  delle  cojejue.  P,  Q^ielli  che  fono 
amici  dd guadagno  Jlimate  noi;,  che  jhno  atti  allufpcio  del 
fittore  de  mila  i  l^ .  I^ejjiwajorte  d))nomini  è  più  atta  d 
ciòcche  qnejìi  che  in  dici,  perche  bajla  J^damente  d mojlrar 
loro:,che  dalla  fua  diligenza  uifia  per  nafcer  ti  guadagno^ 
"P.  Horjejara  alcuno  continente  di  tinte  le  coje  e  hai  dct* 
to  et  amico  mediocremente  del  guadagnare  ^  che  lia  tenete 
perjarlo  curio f)  &follecito.  1^ .  E  ageuolcoja^  perciò 
che  quando  io  treggia  ch'egli  hablna  tifata  jollccttudine  in 
qualche  coja  io  lo  lodo^O"  mi(J\)rzo  di  honorarlo  ^  CT  sio 
conojco  il  contrario  nùtigegno  di  morderlo  ^  6  con  parole 
6  con  jirlo  in  qualche  modo  tiergo^nar  dhauer  mancato, 
"P,  Poi  che  noi  detto  tnhauete  le  parti  che  fi  ricercano  itt 
un  buon  jattor  di  uilla  ^  tiorrei  bora  che  noi  mi  dicefie  dal» 
Idltra  parte  quale  ha  ejjer  colui  ^  che  lo  injlitmfce  ^  <^  po'» 
nejbpra  alle  ccjè  della  uillafiia  p  Z^ prima  (egli  épojbibi» 
le  p  che  un  neghittofo  'O*  trascurato  pojjafir  altrui  dtlig^e^ 
te  ?  l^ .  Mon  altrimenti:,  chepoffa  uno  ignorante  nellar» 
chitettura  jàr  un  perfittiJ?imo  architetto  5  perciò  che  tien 
dcll\mpoJ?dnle  p  che  Jendo  il  maejìro  ignorante  fieno  mai 
dotti  lijcolari  ^  CT  che  Ce  un  padrone  e  ociofo^  e  infìngar* 
dopficno  iferuijolleciti  e  curioji)  Et  mjomma  chi  uuolfar 

Bb    li       altrui 


174     LA     VILLA,     DIA. 

aìtriiij^iej^liato  e  diU^etiteJJnJogna  frima  che  fi  mojlri  eg-U 
Ji^ifo  hauer  cura  de  le  cofe  ^  O^  dkatier  curo\i  che  ciafcimo 
fia  premiato  fecondo  i  meriti^  CT  hauer  d  flegno  che  aìcu/ 
no  porti  guiderdone  non  lo  meritandolo'  bellijsima  riJJ'io» 
Jla  giudico  ciucila  di  colui  j^  che  fendo  addimandato  ,  che  co/ 
fa  in  poco  tempo  jaccia  grafjo  un  cauallo  ,  rifpoje  l  occhio 
del  padrone  ;  cojì  dico  io  ^  che  la  cura  del  padrone  è  c^uel/ 
la  y  che  guida  bene  ogni  co  fa.  !P,  Hor  pojlo  che  noi  bah» 
biate  jatto  diligente  a  bajìanz^t  ^ue/Io  uojlro  fetore  ftrd 
perciò  idoneo  àfir  compitamente  l  officio  juo  >  ó  pur  fi  di 
mejlieri  ;,  che  uoigVinfegnate  (gualche  altra  cofa  ^  l^ .ISIo 
bajla  questa  a/fettione  CT  diligenz<t  :,fe  non Je gli  mojlra 
ancora;^  come  e  cjuando  s'ha  da&re  ciafcuna  coja^  altrimè^ 
ti  no  farebbe  egli  d  altro giouamento  alla  uilU;,  chejijia  un 
medico  ad  un  infirmo^  ilpalejia  diligente  in  uijìtarlo  mai» 
Una  eJera^O"  nonfappia  poi  conoscere  quel  che  pojfagio/ 
uar  d  quella  injìrmita,  P*  Dapoi  che  gli  haurai  mojlra» 
to  minutamente  in  che  modo  CT  d  che  tempo  debba  far  le 
facendefuchara  egli  b fogno  d  altro  f  l^ *  B fogna  dopo 
que/lo  che  gì  impariate  dfapere  comandare  d  lauoratori 
eferui  della  uilla  ch'egli  hafottolgouerno  fo^  P.  Et  chi 
gli  mojlra  quejlof  l^ ,  Mi  (forzo  dt  mojlrarglielo  io  più 
ch'io  poijo.  V.  Ditemi  per  corte  fia  ^  come  noi  facciate  ad 
infegnarc  il  faper  comandare,  f^.  Si  uedc  chiaramente 

Tartcnio 


DEL     T  A  E  G  I  O.  171- 

Tartcnio  :,  che  itHutti  altri  ammali  due  co  fé  fono  cagioni 
frincip^Itf?ime  che  Ji foitomettano  C  ubedfchano  d  gli 
huomtni  ;,  ciò  è  ctuando  ubedendofono  accarezzati^  e  repi» 
cnando  fon  purdn  )  non  fer  altra  uia  un  domator  d'un  ca^ 
uallofe  lo  fard  man  feto  fé  non  hor  con  lufinghe  ^  hor  con 
battiture  y  fecondo  ti  bifogno  \  e  parimente  ancora  con  Jì» 
md  arte  fi  rendono  i  cani  CJ"  altri  animali  ubedienti  ad  un 
cenno QT  aduna  noce  nofira\  cofi interuiene  ancora  dfer^ 
uiy  O"  d  lauoratori  ^  i  quali  con  le  ragioni  CT  con  le  paro* 
Ufi  lajjàno  perfuader e;,  facendoli  noi  conofcere^,  che  ilfer* 
tur  uolontierifia  il  meglio  loro^  gafligandogli  fé  noi  fan/ 
nos.O'  accarezzandogli  fecondo  i  meriti  ^fecondo  la  na* 
tura  CT  appetito  loro  ^  percioche  altri  fono  chauendo  pò/ 
(lo  d  ufo  di  fiere  tuttol  fommo  bene  nel  piacer  della  gola  , 
bifogna  premiargli  di  cofe  ^  che  f  disfacciano  d  (jueflo  ap/ 
petito  *,  altri  per  ejpre  ambitiofi  CT"  inuidtofi  uogliono  ejjer 
ri  fiorati  con  lodi  O*  honori  ;  queile  auertenze  conofcendo 
io  3  ho  fempre  infegnato  d  i  mici  fattori  di  utUa  p  accioche 
fapeffero  con  l'^ff^fgiufi  C^  humani  render  fi  ubedienti  CT 
CT  beniuoli  i  lauoratori  ^  O*  altri  fer  ui  ♦  oltre  d  queflogli 
mojlrauo  con  Vejjempio  mio  p  che  shan  da  guardare  ^  che, 
le  uefli  p  CT  altri  premi  ^  e  mercedi  ^  che  d  diuider  ihan/ 
no  fra  ferui  ^  non  fieno  d  tutti  uguali  O'fmdi  ^  ma  fé* 
condo  i  meriti  0  migliori  ^  0  peggiori  ^  però  che  molto  fi 

Bh  iti       dfferaro. 


r^tf^rt^  LA     VILLA,   DIA. 

Jifjjcrcire  et  auilire  i  buoni  il  uedere  ^  che  ucrualmente  fie/ 
fio  premiati  coloro  c'hanno  joggitaìa  fatica  e  fono  jlafi 
negli^euti  ndlujjicio  loro  ,  CT  .^tìdli  che  con  pericolo  CT 
fudove  fono  fluii  dilige  ntifmvy  CT*  fer  cine  fio  quando  ueg» 
aio  che  unfuttor  mio  habbia  haiwto  que/ìa  auertez^  iti  ri^ 
meritar  Qiuftamentc  lo  lodo  C^  honoro  "y  è  parimente  lo 
riprendo  qiundo  jenza  caufa  hahbta  honorato  alcuno  tnde^ 
inamente.  P.  K^oi  li  parete  di  tale  ingegno  ncll infime» 
re  d /attor  uoftro  neljaper  dominare  C  comandare;,  che 
non  dubito  ponto  ^  che  noi  parimente  Japejleinfìruere  un 
"Prencipe  tt  un  Ré*^ma  dapoi^chegh haurete mi)jlro  limo 
do  del  comandare  hara  bifogno  d'altro  ad  ejjer  perfetto  ì 
l^ .  Bifìgna  che  fia  fidato  al  padronfuo^  CT*  non  fi  faccia 
parte  nafcofamente  delle  fojlanze  che  gli  nengonoin  ma^ 
no  ;>  perche  ahrimenti^d  che giouer ebbe  egli  al  padronfuo 
con  Utjua  diligèza?  P.  K^oi  adunque gV infognate  ancora 
il f  mar  la  giufitiaìt-^.  M'aiuta  infcr  quejlo  il  mojlrar» 
(tU  quai fieno  le  leggi  che  punifcano  i  ladri  ;,  C^  qtiai  fieno 
quelle^,  che  promettano  premio  agli  huomini  da  bene  %  Ut 
poicheunauolta  barò  ufato  benignità  tierJoalcimO;,ne  per 
duello  farà  ponto  megìiore  come  inutile  me  lo  tolgo  dman» 
Zi>  quelli  altri  poi  duo  li^ggioy  che  non  tanto  per  lo  fimo-» 
lo  detlauaritia  quanto  per  affettar  da  me  lodo  O"  honore 
fiaffatigano  uertuofamente  ^quefi  come  Uberi  tengo  ap^ 

prejjo 


DEL     T  A  E  G  I  O.  177 

preffo  me  p  CT*  gh  honoro.  P.  f'^ olendo  aduncjtic  tìege» 

re  uno  che  gouerni  k  cofc  della  villa  hijogna  hauere  auevm 

tenza  d  cimjue  coje  che  Jia  aifcttionato  al  patrone  ;,  che/ìct 

diligente  y  che  Coppia  il  tempo  el  modo  di  far  ctajcunct  open 

ratione  della  udlu:>che  fappia  comandare ^^  chejlajìda^ 

io  al  padrott  Ino  '^  Ma  ditemi  Je  nel  fermare  un  perjrti^ 

tofattor  dt  uilia  bifognaauertir  ad  altro  f  l^ .  Fa  di  me/ 

(Iter  ancora  ^  ch'rqhjia  nato  in  mila  et  non  in  cittade^  per» 

chefj'fejje  uolte  y^jerebbe  i  campi  per  ritornar  aljuo  natio 

loco,  bipygna  ancora  ctùgli  Jia  di  Jangtie  rujlico  ^  C9"  che. 

gujlato  non  hag^ia  Vombra  ^  il  rtpojo  ^  C^'  le  dclitie  delle 

città.neji  de  lajciar  di  pigliare  unfattore^  perche  nonfap» 

pia  far  conto  ^  icriuere  ^  perche  tale  ha  maggior  memo/ 

ria  :>  ne  sd  come  un  dotto  ^fìnger  menxcgne per  ingannar 

il  patrone  :>  al  cpiale  piufpeijo  porta  danari  che  libri,  letd 

Cua  deue  ejjer  uinle  :,  <f^jo^girji  de  lafouerchiagioninez^ 

za^  et  la  troppa  uecchiezz^  parche  alluna  maca  la  degni* 

tdy  C^  all'altra  lajorz^*  conuiene  ancora  ;,  ch'egli  haggia 

moglie^  ma  non  fi  bella^  che  amore  6  gelofìa  hficcia  aba^ 

donare  il  laiioro  ;,  ne  fi  brutta  che  fas^tidiofo  della  fìiafia 

sforzato  d  cercar  raltrui.fogqir  deue  i  conuiti;,  e  le  frjle^. 

X^on  s'at lontani  dulie f^e  terre  ;>Jè  non  per  comprar  0  uè» 

dcrc  be  filami  ^ò  biad^\  Il  cercar  di  far- fi  noni  amici  non  gli 

conuiene^^  di  spello  e  ha  in  cafa  deue  cjprfarfò.  In  caft 

fianon 


r7^(  L   A     V  I  L  L  A>    D  I  A. 

Jua  non  de  inuitare  et  accarezzare  fé  non  gli  amici  delpa* 
trone^  ne  laj?tfir  nuouejlrade  ne Jlioi  campi  ]  ma  tenga  ri' 

Jlrette  ne  gli  antichi  confini  quelle  eh' ci  trottò  con  fife  CT* 

fiepity  ddle  cofe  ^  cheferuonofolamente  ad  konorcy  gratta^ 
&  bellezza  nonficciafe  non  c[ucltantO;,cbe  comandatogli 
tierrd  dal  padrone  :,  Crjà/a  egli  intenda  alle  cofc  di  prò/ 

fito.fiafempre  il  primo  a  metter  mano  nellopera  trafuoi 
lauoratori;,  di  (piali  fia  largo  di  mercede  O^farfì  di  tem^ 
pò  per  ciafcunaflagione.  Et  fi  come  il  faggio  Imperato^ 
re^che  uede figgendo  tornar  in  drieto  la  ^ente  fta  pallida 
CT  ajjlitta  p  CT*  che  non  gli  ual  confino  ne  priego  alcuno 
per  Jjnngerla  inanzi  eghjlefo  tutto  difdegno  accefo  prè» 
de  la  trepidante  infgna  ^  Z3"  con  noce  piena  d'bonore  ;>  ^ 
di  dijjyetto  a  uiua  fòrza  pajft  per  mezzo  delle  inimichi 

fcbiere^Onde  Vabaietta gente  riprende  ardire;,  C^  Cfp^^ 
uergogna  ;>  come  per  dejìo  di  raccptiflar  Vbonore  )  fifir^ 
tefegue  il  fio  f gnor  e  combattendo  ualorofamente  ^  che  la 
perdita  fi  conuertifce  in  vittoria  o  co  fi  il  buon  fittore  di  uiU 
la  ueggendo  i  lauoratori  fuoi  pigri  nel  lauoro  con  Vefem^ 
pio  di  fefiejjo  deue  fpronargh  alle  fittcbc\ancora  mancar 
negli  deono  Tarme  contro  aluerno  per  non  bauer  occafio* 
ne  dtjlarfi  al  fico  (piando fa  uentOj  piog^gia^  o  gielo.  JSlc 
deue  bauer  uiuande  diifcrenti  da  quelle  de  i  lor  lauoratori  j 
tra  i  duali  de  mangiare  j  perciò  che  bauendo  il  fittore 

compagno 


D  E  L     T   A  E  G  IO.  175^ 

compagno  più  contenti  fj^ejjo  refìano  del  poco  p  cheljèn^ 

za  lui  dd  molto.  Me  lajci  tifare  i  lauoratori  il  confine  da 

Cuoi  terreni  Jènza  licentia  ;,  ne  anche  ejjojuor  di  necej?ita 

deue  mandargli  altrove.  Deuc  ancora  uenderc  ajjai  più 

che  comprare  ancora  che  certo  uedejje  ti  guadagno'-^  per» 

ciò  che  tal  cura  foucnfe  lo  fi  obliare  quello  che  più  im» 

porta.  Il  tempo  ^  che  gli  auanzalo  de  j^endere  mWim» 

parare  dal  uicino  qualche  bel  fegreto  di  agricoltura  ♦ 

De  anco  il  buonfittore  ej?er  denoto  CT  oj^eruatore  delle 

le^Q^iy  ne  contro  ai  comandamenti  della Janta  chiefauen» 

ga  aWopere  ne  giorni  f^fliui  ^  ne  i  quali  Jènza  offcja  del 

cielo  potrebbe  jeccare  un  riuo  che  potejp  inondare  ti  qra» 

no  0  dirizzare  una  Jiepe  per  aj^icurare  il  giardino  dal 

uento  p  dal  uiatore  p  ZT  dal  cattiuo  uicino  .  Me  i  tempi  poi 

che  non  fi  può  lauorare  alla  campagnia  ^ fi  de  fuggir  /o- 

cio  col  Jgombrar  le  corti  p  nettar  lejlalkp  condur  la  pa» 

glia  nel  jvjfo  d  macerare  arrotare  il  uomero  pCompor 

laratro  CT  uifitare   tutte  Tarme  ru/licane  p O"  per  la 

uignia  ordinare  i  uinciqli  del  falcio  p  ^  fir  per  la  fua 

fimiglia  hor  cefle  hor  corbe  p  hor  feggi  hor  archep  che 

fieno  ricetto  del  uillamfco  theforo  p^  altre  cofe  fimi» 

li  per  fuggir  Vocio  p  ti  quale  è  il  tardo  cheinfiemero» 

de  le  ricchezza p  il  cuore  p  CT  Ihonore  p  C^  e  padre  di 

tutti  i  uitij.  V,  Io  conofco  che  noi  dite  il  nero  ma  cir^  1 

Ce  ca  al  come     '\ 


igo     LAVILLA,    DIA. 

ca  al  come  e  al  quando  ilfittore  babbiadfìre  le  f  cefi/ 

dt  della  mila  voi  mi  corjo  delle  parole  Jète  (lato  (rop^ 

pò  breiie^n  ipiefla  e  quella  parte  che  delle  altre  è  più  im» 

portante  però  che  poco  giouarebbeVamore:,Vaccnratez'^ 

\  za  :>VubidtenzayO'  la  jvdcltd  con  Valtre  qualità  cha^ 

;  uetc  dette  fenza  la  dottrina  particolare  delle  cofe  chejò» 

\  no  necejjarie  alla  villa  e  fi  contengono  nella Jcienza  deU 

\  l'agricoltura  ^  //  perche  iiorrei  che  di  queìlo  partico/ 

\  lare  ;,  come  di  coja  pia  necejjaria  CT"  importante  ^  me  ne 

1   ragiona/le  d pieno.  T^ ,  S  io  guardaci  allappetitouo/ 

(Irò  le  coje  mte  andar ebbono  male  :>  noi  mi  fate  Joueni^ 

re  di  Socrate  quando  apprejjo    Xenofinte  ra^ionan/ 

l  do  con  Critobolo  ^gli  conta  il  difcorjo  ^  cFei  fece  con 

Jfcomaco  :>il  quale  mentre  nel  portico  di  Giout  Eleute» 

rio  flaua   appettando  certi  negocianti  ^  dalle  parole  dep 

Co  Socrate  quaji  non fene  accorgendo  Ju  tirato  a  ragio» 

tiare  di  quelle  coje  e  ho^gi  fia  noi  fono  (late  trattate  ^et 

finalmente  fi  indotto  a  parlare  dellarte  di  coltiuare  i 

campii  ma  inquefla  ultima  parte ^ fé  noi  fete  Socra» 

te  p  io  non  uoglio  ejjer  Ifcomaco  ;,  CT  mi  rifoluo  dif^ 

frire  il  ragionamento  deWagrtcoltura  d  più  common 

da  occafione  ^  in  que/lo  mezzo  uiuete  ZT  amatemi .  'P^ 

l^oi  fcte  pazzo  d  partimi  per  quello  caldo.  T^^ .  Se 

la  pazzie^  fijj^  dolore  in  ogni  cafa  fi  fentirebbe  Jlrt» 

dere^nc 


DEL     T  A  E  G  I  O.^^^    isi 

dere^nc  conojco  dijj^crenxd  dal  pazzo  al  Jauio  fc  non 
che  Vinto  fi  le  pazzie  in  palejè  CT  Faltro  in  occulto^ 
^^i^dun^  tutti  gli  huomini  jono  pazzi*  J^"^*  co  fi  è 
CT  chi  fauio  ejjer  fi  crede  e  più  de  gii  altri  pazzo^ 
Morjlate  fano  ,  d  Dio^ 

IL    F  I  N  B. 


M.   D.   LIX:.   a  di  XXX:.  Maggio. 
Con  Vriuilegio  dell  E  ce. ^^  Senato. 
y^ida^  Cr  fottojcritta. 


Fran.  Tetramera  ^ 

F.  Io.  Bapt.  eia.  G,  7//^* 

Io,  Fran,  Sor,  l^. 


Ce       a 


TAVOLA  DI  TVTTE  LE  COSE 

T^otahtìi  eh  fi  contengono  nella  ^rejènte  opera. 

ARTIFICIO   Dt  jave  una  fontana  che  getti 
aCi^ua  per  forza  di  uenio.  foL  $i 

^^^uertenza  nel  piantar  della  ruta,  fU  ir  7 

i^ nticamente  fi  jaceuano  giudicij  fopra  la  maniera  di 
coltiuar  la  terra, fL  y6 

K^  jir  che  un  arbore futtifcro  tardo  d  fruttare  comin» 
eia  d  far  frutto  quello  anno  che  fi  uuole^JoL        ir  7 
x^ f,r  chel  pefco  maturi  per  tempo. fòL  ijg 

y,^ jàr  che  gli  alberi  ritengano  i  fori  CT  che  ifutti  fai 
il  peruengano  alla  Jua debita  maturezz^^fil*         ^T9 

\    >L^ jàr  nafcer  Vuuafenza grana, fU  is9 

\^^  far  ch'ogni  arbore  ficciafutto  per  tempo,  fi,  ifp 
L^jSr  che  Vaglio  non  habbia  alcun  molejlo  odore  f  Li 60 
u^  fr  che  i pini  erefcano  pre/ìo,fiL  is9 

K^^jar  nafcere  le  noci  con  la  coccia fottdif  ima,  fU  1 60 
Bnonfutto  tallbor  nafce  da  mala  radice,  nel  principio. 
Brutta  cofa  è  alle  donne  limbelletarfi.fiL  1 21 

Come  le  grandezze  delle  città  fono  miferic  O*  non  f» 
hcitd,fL  III 

Come  più  ddettino  le  donne  delle  uille  che  quelle  delle 
citta,  fi  1 20 

Come  il  corpo  tiraneggi  Vanima  et  V anima  il  corpo  f,  141 

Come  il  dra^ 


/^ 


Conte  il  dragoncello  tiafca  dalfcme  del  hno^jol.  is9 

Come  dolce  etfaj^oritofijaccict  ognifiutto d'alùcro^Jo,  it9 
TDellatuLpita  della  tuta  rujiicatìa.fiU  27 

IDellct  nobiltd  dcll\tQ;ricoltora.  jvL  50 

Dejcritione  d^un  bellif^imo  giardino,  jvì^  s  7 

'Della  conuerjatione  del gcntilbuomo  di  tiilla.joU  i48 
'Delle  corte  C^  ulti)  de  cortegiani,  foL  i  if 

Delle  qualità  che  deue  hauer  un  pjzttojattor  dimlla.Jc.i'ji 
Forma  del  qiUnconce,jDÌ  yo 

Forza  dellimtatione.foh  14. 

Jn  che  modo  i  cittadini  fi  ^o^ano  chiamar  idolatri,  foL  j 
In  quali  alberiji pojjano  innc/ìar  gli  aranci  limoni  O* 

cedri,  fiL  ijy 

Le  perfone  uertuo fé  furono  femore  ami  che  della  villa  fy  z 
L'odo  letterario  fi  couiene  dglihuominiet  noalledone^nA- 
Li'huomo  dotto  può  arricchire  quando  uuole.JoL  lyz 

L'opere  ruflicaneje  deonojìr  e  fecondo  ilnafere  O*  tra^ 

montar  delle  felle*  fiL  i  jo 

L'agrezza  daranzi  comefipojft  addolcire*  if  g 

M  ohe  cofe  fono  tenute  dal  uulgo  per  miracoli  che  fono 

naturali,  joL  jy 

J^otabile  giardino  defmplici.foL  loi 

Ogni  uua  fi  può  far  douentar  mofcatella,foL  i/g 

Noetica  defcittione  d)in  giardino.  foU  100 

Tiaceuokzzc  della  mlla.foU  109 

Ce    i  a        Cerche  il 


\Ptrche  il  color  uerìegioui  alla  uifla.foL  1 24 

Qual  intafia  più  degna  ò  Vaitiua  0  la  contepladua.foL  io 
Qjkil  uiiicrfia  megliore  al  rvflicatto  ol  ciuile.foL  2 

Quanto  fia  commoda  la  mila  alhjludij  dijilojojìa.fo.  s% 
QjiaIJia  dfitic  del  Theatro  di  Giulio  Camillo,  foL      71 
Quanto  più  dillctci  una  coja  naturale  che  una  arttjì/ 
cioJa^foL  li  9 

Qjianto  fia  necejjaria  la  cognitiont  delle  Jlelle  a  gli 
(     agricoltori.  fòL  ifi 

y^  Rimedio  contra  iuermicelli  che  fuogUono  diflrvggerc 
V or  taglie.  foL  iS9 

y  Rimedio  da  dtjindere  le  piante  dalle  formiche.  foU      1^0 

Ragioni  da  liuellarc  un  piano  con  una  inghiftara  dac^ 

qua.foL  '^^ 

y Ricetta  d'hauer  carchioff'i  tutto  Vanno.  foL  iJ8 

RaQ^ione  da  conofcer  Ihore  d^ogni  tempo  dell'anno  in  ([ut* 

'^     éìo  clima  all'ombra  dellbuomo .  foL  i^4 

Segreto  di  dar  che  frmafi  uuole  alti  cedri.  foL  1/7 

Sotto  qualjlato  dellahna  feminare O'  trappiantare fi 

debbiano  l  ortaglie.  foL  iS9 

Tutte  le  uertn  morali  con  gli  eflremifuoL   nel  principio^ 

IT  re  fo  rti  di  piace  ri.  fol  1 43 

IL     FINE. 


Gli  errori  correggili  cofh 

A  c4rtà  i«  d  prima  faccia  duerjì  4.  leggi  [opra  ogni  aUr<t* 
à  carte  s*  ^tfic»  2.  ìiinf,  12.  leg.  apprejjo  t4no* 
cr  poco  di  fotta  Ug,  il  pari  y  cr  cantra  noi* 
i  16 s.  a  faci,  agggiongi  fotto  G  E  N  A  1  O,  1  folto fignati numeri. 
21-17.    I —  16   8 — i^    I  —  15     5 — 14    IO  —  I4      2~ 

22       2^      ik        22    8        22       I         21      ^        20     7^         20       I 

2^-44    ^è-45   3-  42    5è-4i  "  -  41    oè  -    ?^      ?è 
nd  mefc  di  MARZO,  fotto  i  XXX.  giorni  per  mezzo  Vhore  ip, 
Uggì  d.  o.  V  fotto  igiorni  S*aggiongi  al  numero  7*  $>  un  ^, 
nel  mefe  di  APRILE,  fotto  il  giorno  XX V»  di  rimpctto  aUe  io» 

hore  leggi  lyS*   9k> 
nel  mefe  di  MAGGIO,  [otto  i  giorni  XV.  per  mezzo  Ihore  2i« 

leggi  n.  ce. 
nel  mefe  di  L  v  G  L I  O,  fotto  XXX»  giorniper  mezzo  le  u.hore 

Ifggi  3  0»    4è« 
CT  fotto  igiorni  XX.  per  mezzo  le  i-j.hore  leggi  j»  55, 
nel  mefe  il  AG  O  ST  O,  fotto  y:XX,  giorni  per  mezzo  le  bore  11, 

leggi  IO*    105. 
nel  mefe  di  SETTEMBRE,  fotto  igiorni  :^KX,  p  mezzo  aUe  21^ 

^or 4,, leggi  11,     I* 
nel  mefe  di  OTTOBKEjotto  igiorni  X,p  mezzo  Vhore  isJeggi  11. 
4  carte  49./4C.  i.  uerfo  ultimo  la  parentejiche  è  appreffo  alia  uoce 

fgue^  leuala  cr  mettda  dopo  la  uoce  quinconce^ 
i  ar^  I,  4  fac,  u  i  uer^  1*  leggi  infitme. 

Gli  iltri   errori  fi  lafciano  al  giudicio  del  difcreto  lettore» 
Reg;i/ìro  ddlo^era, 

^BCDEFGHIKLMNOVQ^ 
Tutti  Jono  Duerni;,  eccetto  Q.  cfuaVè  Terno, 


^,7^^'^r3 


y.'i- 


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4.    :] 


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