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MÉMOIRES
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L'ACADÉMIE IMPERIALE
DES SCIENCES,
LITTÉRATURE ET BEAUX-AE.TS.
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MEMOIRES
D E
L'AGADÉMIE IMPERIALE
DES SCIENCES,
LITTÉRATURE ET BEAUX-ARTS
DE TURIN,
POVR LES ANNÉES XIl ET XIII.
LITTERATURE
ET BEAl'X-ARTS.
TURIN,
UK l'iMPRIMERIE de l'aCADÉMIE imperiale DES SCIENCES.
A r« oc I n — 1 8 o 5.
n
NOTIZIA DE' LAVORI
DELLA CLASSE
DI SCIENZE FILOSOFICHE, DI LETTERATURA, E BELLE ARTI
PEL CORSO DI QUATTRO ANNI.
FRANCESCO RE GIS
segretahio della classe, e rnOFESSonE di eloquemza
NEL l' ATENEO.
D
AL di, che ristabilita l' Accademia di Torino quasi
a noi-ma dell' Instituto Nazionale di Parigi, venne questa
Classe a quella delle scienze fisiche , e matematiche asso-
ciata , non tralasciò ella mai di adoperarsi con tutto il possi-
bile zelo negl' importantissimi studj , che come suoi pro-
prj, e particolari le furono dal Governo assegnati. La mo-
rale, e politica depositarie di tutto ciò, che a schiarare, e
reggere l' uomo in suo essere privato , e in bene ordinata
società si richiede ; la metafisica dispeusatrice primiera
di cognizioni, e guida verace dell'umano intendimento;
la letteratura per ogni parte nel vastissimo suo dominio
largitrice di lume, e di magistero a ben intendere, giu-
dicare, e comporre; le belle arti con nobil gara appli-
cate a conservare, ed aggrandire il ricco lor patrimonio;
( 'O
ecco il mnltiplice scopo, a cui stati sono senza inteimis-
sioue i Involi di lei alternativamente indirizzati. Or di
questi ufficio mio egli è il porgere al pubblico una qual-
che notizia , la quale dal principio di ventoso dell'anno
IX partendo, e sino al fine di piovoso dell'anno XIII
arrivando, presenti come sotto un sol punto di vista
tutto quello, eh' ella andò in tal periodo di tempo ope-
rando. La multiplicità di essi, e la legge, che mi è im-
posta si di essere breve, e si di astenermi da elogi, mi
obbligano ad accennarne solo, come fra termini di picciola
tela, i disegni. Ma da quel poco che ne dirò, e dal con-
fronto , che se ne potr:\ fare sulla lettura di quelli, che
nel primo, o nel secondo volume sono già distesamente
stampati, ognuno di leggieri vi scorgerà, se non altro,
una fedelissima testimonianza, che la Classe allo avanza-
mento de' suoi studj ella è con tutto l' ardor maggiore
consacrata. E come 1' ordine in questo genere di cose
soprattutto agevola la precisione, allontana le ripetizioni,
e dà luogo alla varietà, mi è perciò pai'uto dovere ciascun
lavoro sotto a quegli articoli di scienze, lettere, ed arti
a' quali appartiene, ordinatamente raccorre, con premet-
tere eziandio alla testa di ogni articolo, e, dove occorra,
di ogni sezione di articolo, quel tanto, che a dar luce,
o avviamento a' sottoposti argomenti sembrerà non inop-
portuno.
( III )
Morale, e Politica.
Se r antichità è quasi un carattere di errore per le
idee di fisica , ella lo è per lo più di verità per le idee di
morale , e politica. Nacquero , si può dire , queste due
facoltà col mondo ; perchè col mondo sorsero i doveri
dell' uomo , che sono 1' oggetto della morale , sorsero i
vizi, a frenare i quali per ben delle città dovea mirare
la politica. R sebbene l' una per dirigere 1' uomo trasse
poi gran prò dalla luce del cristianesimo, e l'altra, non
ostante il dotto retaggio, che le venne dagli antichi fi-
losofi , ebbe pure mestieri di ben altro capitale di suc-
cessive cognizioni per governare le nazioni qua e là di
presente sulla superficie dt-lla terra distribuite; ad ogni
modo , chiunque profondaudosi nel cuor dell' uomo , e
nella storia anJrà interrogando l'uomo stesso, e le so-
cietà, potrà, fio da' tempi più remoti incominciando,
rinvenire passo passo schiarimenti, onde adunare molte
verità sparse , proscrivere molti errori mal conosciuti ,
legare meglio tra loro le idee e le passioni, gettar lumi
sulla legislazione, porre in veduta ciò che conserva,
indebolisce, distrugge gli Stati, additare finalmente agli
uomini, e alle comunanze loro quella felicità, che ne è
sempre o troppo lontana , o troppo di tenebre ingombra.
Entro a questi limiti colle loro penne spaziarono parecchi
Accademici , senza intanto gir mai dietro a fallace chia-
rore di sistema , che volcudo tutto schiarare , suole oscurar
(IV)
tuffo, e senza né anche portare mai erdita la mano a
discoprire certi misteij di governo, che nel santuario
del ministero vogh'ono rimanere nascosti.
Il signor Bava S. Paolo, in un discorso che destinò
a precedere una sua maggior opera su i progressi delle
Scienze, dell'Arti, e de' costumi dal secolo undecimo
dell'Era cristiana sino al diciottesimo, dà un' occhiata
alla seguita rinnovazione de' buoni studj nel secolo XV,
alle fortunate invenzioni della bussola, della carta, della
stampa, della polvere, e delle armi da fuoco, alla sco-
perta del nuovo mondo , del nuovo passaggio per l' Indie
orientali; tocca i varii effetti ch'indi ne sentì la navi-
gazione, lo spirito umano, la milizia, la morale; fa sopra
gli altri nel secolo decimo settimo campeggiare questi
due, il feudalismo distrutto, l'ignoranza dissipata; e
mostra finalmente come l' Europa era già nel secolo diciot-
tesimo in istato di formarsi a migliori sistemi politici,
e di ergersi nelle scienze , e nelle arti a un grado da lei
sin allora non conosciuto.
- . Ju un altro , che denominò paììngénésie de loute espèce,
addita i perpetui cangiamenti, a' quali l'universo , quanto
nella fìsiea, tanto nella morale, e politica economia delle
nazioni, e degl'individui, egli è con frettolosa alternativa
sottoposto; e a vedere" ne dà poi sensibilmente, come in
mezzo all'universale continuo sconvolgimento, due sole
cose, la verità nel mondo fisico, e la religione nel mo-
rale, stabili ed immote rimangono.
E in un altro , che intitolò Coiip-cfoeìl sur le ragne
( o
do Charles- ]\lugn e , dopo avere accennato i natali di
cjuesto Eroe, le circostanze, in cui salì al trono, e le eccel-
lenti disposizioni, che vi apportò, con una rapidità, qual
a sì fatto titolo conveniva, discorre sul modo, col quale
pose freno a' disordini, massimamente dal governo feu-
dale originati, sulle leggi riformate, od accresciute, sulla
disciplina nelle truppe introdotta, sulla quiete al didentro
assicurata, sulle conquiste gloriose fatte al di fuori ampia-
mente : riflette all' attiva , e illuminata politica , che tenne
verso la Possanza ecclesiastica, alla magnifica protezione ,
onde favorì le lettere da lui riconosciute le sole capaci
di diradare le tenebre della sua età; ne tiapassa alcuni
difetti, che in esso riconosce pure la storia: ma osserva
sparir questi all'aspetto della prima, e 'piìi luminosa virtìi
de' regnanti, voglio dire della giustizia; e fermatosi al-
quanto a guardare come eminentemente la possedè, come
nelle più maravigliose maniere la esercitò , termina il
suo assunto con un' allusione che ne sorge spontanea-
mente a onore di chi a' nostri tempi , aggiuntavi la
qualità di fondatore , si può come la più perfetta im-
magine di quel Monarca conquistatore riputare.
Il signor Giaufrancesco Galeani-Napione in una sua
lezione entra in quella parte dell' amministrazione poli-
tica, che riguarda le finanze, parte del governo come la
più interessante, cosi la più intricata, raccoglie certi
principi fondamentali di questa scienza , tratti per Io più
da antiche memorie di valenti ministri Piemontesi; e
presenta alcune particolari riflessioni suU' aumentar la
(VI)
rtionela in generale, e sul coniar quella di rame, due
operazioni, le quali, mal eseguite, furono, e saran
sempre alle pubbliche, e alle private fortune diserta-
menlo, e ruina.
In un'altra, volgendosi all'economia pubblica, materia
anch'essa di grande rilievo, e con grande disparità di
opinioni da uomini grandi trattata, cerca particolarmente,
se in uno Stato di terreno fertile più si debba favorire
r estrazioge delle materie prime, o quella delle manifat-
ture; e con precise definizioni valevoli a dichiarare, e
stabilire la natura, e i limiti delle materie prime; con
politici divisamenti sul multiplice scopo, e soggetto delle
manifatture; con varj sguardi su la qualità de'paesi di
natia fecondità arricchiti , ne prepara a risolvere il gran
quesito, cioè se in uno Slato ubertoso meriti più di
essere promossa l'industria, o l'agricoltura, argomento
di disputa tra due sette di filosofi economisti interminato.
Il siguor Prospero Balbo in un discorso anche eco-
nomico-politico cercò di ridurre al giusto suo valore
la volgare opinione , che attribuisce al Piemonte una fer-
tilità grandissima. Certo un si fatto vantaggio della patria,
quando ci fosse, dovrebbe esser caro a ciascuno; ma se
il magnificarlo troppo potesse mai o diminuire la in-
dustria, e la sollecitudine degli abitanti, o dare a coloro
che partecipano nel maneggio de' pubblici affari , una mal
misuiata idea, ottima cosa fa colui, il quale con veri-
dica penna piglia a rettificare su di un tal soggetto il poco
diritto pensamento comune. Ciò fa per 1' appunto l'autore.
( VII )
Nella coltivazione, die' egli, la piia importante, cioè deJ
frumento , la proporzione del prodotto colla semenza è
presso noi interiore a quella , che altrove si osserva ; la
qualità eziandio del frumento nostrale è men piegevole
di quel, che sia in altre regioni; l'abbondanza de' vini
non è per noi cagion di ricchezza ; la produzione del
riso , dopo la separazione del bel paese tra Sesia , e 1 i-
cino , è ristretta ad una porzione di un «solo Diparti-
mento; e Analmente quella delle sete, di gran lunga 1«
più ricca delle nostre produzioni, trovasi da più anni •
in istato di sensibile decadenza. Sia pure stata , aggiugne,
negli anni addietro considerabile la ricchezza del Pie-
monte: ma questa , anziché alla naturale fecondità del
suolo, è da attribuire principalmente alla moltitudine dei
contadini, alla loro condizione, al numero, e alla qualità
de' buoi , all' eccellenza dell'aratro , alla perizia del bifolco,
ed alla opportuna distribuzione de' capitali, di cui gran
parte si rivolgea del continuo a migliorare le terre. Sieno
pur anche alcuni tratti del Piemonte molto fertili vera-
mente : ma vuoisi contrapporvi l' immensa superficie oc-
cupata da monti altissimi, da ignude rupi, da eterni
diacci. Che se, prosegue egli, volgiamo lo sguardo a
monumenti storici ,. noi troveremo, che le guerre han
potuto altre volte ridurre queste provincic alla più trista
desolazione. La pace all'incontro in meno di un mezzo
secolo ha fatto quasi raddoppiare i prodotti della nostra
agricoltura.
La dimostrazione di questa importante verità foima
(vili)
l'oggetto piìiicipale di un supplemento al discorso. Un'al-
tra appciulicc contiene l'estratto di tre opuscoli sulla
agricoltura Piemontese, che a confermare molte delle
asserite particolarità giovano singolarmente. Né contento
ancora il nostro Accademico di tutto ciò, ond' è pure
il suo assunto vittoriosamente provato , impreso a fare
sul medesimo argomento alcune nuove ricerclie , le quali
non essendo «per anco terminate, sono cagione, die il
suo lavoro, a cui la classe diede già di buon grado
l'approvazione per la stampa, sia al seguente volume
riservato.
Il sig.' Francesco Grassi in un suo componimento letto
molto innanzi , che decretata fosse la unione del Piemonte
alla Francia, espose alcune sue politiche considerazioni su
i vantaggi, che a noi doveano quindi risultare. E l'aumento
di sicurezza, che ne avveniva, trovandoci come appog-
giati a uno Stato per forza propria, e per costituzione
fermo ed inconcusso ; il provento di nostro suolo , il
prodotto di nostre manifatture , ed arti , il commercio ,
la popolazione, lo accrescimento de' lumi di ogni ma-
niera , il tutto divenuto più esteso , e più facile , erano
di tal soggetto' ì punti principali.
In altro lavoro storico-politico , lo stesso Accademico ,
ad ammaestramento delia gioventù, presentò quasi un
prospetto delle cose antiche fino a Giulio Cesare. Ivi
sono i fatti principali delle nazioni dal principio del
Mondo sino a tal epoca delineati secondo 1' ordine de' tem-
pi; si segue la divisione de' varj Governi conosciuti,
(IX)
e qiiosti per le qualificazioni loro o lodevoli, o biasi-
mevoli sono additati; si premettono le basi politiche, e
morali di ogni spezie di monumenti fabbricati, scolpiti,
coniati, incisi, dipinti, intessuti, ricamati, in poesia,
in |)rosa descritti; e con toccare un poco il carattere
de' primi storici si Greci, che Latini, viene sbozzato, e
come su breve tela posto sott' occhio il multiplice diseguo
delia storia antica.
Il signor Cesare Saluzzo ne lesse similmente una
molto estesa dissertazione con questo titolo : Mémoire
sur rutilile des études morales. Destinolla 1' autore a
dover precedere un suo saggio , che sta lavorando su' primi
principi della morale, oggidì caduta pur troppo in un
certo non meritato disprezzo; e vi piglia a mostrare il
sommo vantaggio , che da questa scienza deriva , che che
ne dicano in contrario alcuni poco d' accordo colla ra-
gione, e colla sperienza. Comincia egli ragionando a dis-
tinguere dalla vera filosofia ciò , che contro ogni diritto
ne porta il nome , come altresì da' veri filosofi i tanti ,
che così sono immeritamente chiamati: talché sulla falsa
filosofia , e su' falsi filosofi ricadano in fine i rimproveri ,
che la vera filosofia, e i veii amatori suoi non deggiono
per nessun conto sostenere. Dopo scorrendo pel vasto
campo della storia, ne trae qua e là a coufermaziou
del suo tema vie piià forti argomenti: e se talora nelle
età più corrotte s' abbatte a vedere anche fiorir maggior-
mente gli studj fnorali , ella è anzi questa per lui una
prova novella della somma influenza di essi su' costumi,
2
( X )
r suirjinimo di chi li professa. Di qui die' egli non
averci noi a maravigliare, che i secoli de' Scorati , e de' Ci-
ceroni abbiano dalle scienze morali cotanta luce ri-
j)ortato; ne doverci anco stupire, che il secol nostro, il
qual corrotto è d' assai, sia per tal riguardo tuttavia
chiaro ancora, e luminoso. Al qual proposilo de' tempi
presenti aggiugne, che se la corruzione non trovasi
tant' oltre, quanto si vide forse in altre età , vuoisi questo
iu gran parte ripetere da que' filosolìci precetti, i quali
laddove nelle tenebre del paganesimo quasi anche a' più
saggi erano oscuri, od ignoti, ora per la luce del Vangelo
sono a' più ignoranti eziandio chiari, e conosciuti.
Tai ridessi presentano all' autore un' assennala conclu-
sione , ed è, che se a tutti i buoni, e più a' più illu-
minati dee esser caro lo studio della morale, tocca
soprattutto a un saggio Governo il promoverlo, il fa-
vorirlo. Che a vero dire chi ha il freno de popoli niente
dee avere più a cuore, che leudtre gli uomini vir-
tuosi; e niente a ciò più efficacemente contribuisce, che
lo studio di quella scienza, la quale facendoci conoscere,
che la vera felicità si è la virtù, ne fa certi ad un tempo,
che il nostro interesse medesimo ad essere virtuosi ne
appella.
Spettante ancora al .presente articolo egli è un discorso
letto all' Accademia da uno de' suoi corrispondenti, e poi
a parte stampato. Questo con varie osservazioni politiche
mira propriamente a far vedere i meazi più pronti, e
più sicuri, onde avanzare in meglio sempre l'industria
(XI )
della minuta, e povera geutc nelle città principali del
Piemonte, ed ha per titolo: Mcmoire sur la necessitò
de dé<^eIopper, déleiidre el dulilìser l'induslne en Fié-
moni', de M.' Charron, commissaire general de police.
Metafisica.
Coloro , che la piìi frivola delle conoscenze umane
chiamarono la metafisica, intesero, io credo, parlare
di quella, che arrogante insieme, e tenebrosa voleva
un di innoltrarsi per entro a spazj non suoi, e discor-
rere sopra soggetti, ne' quali si smarrirono pressoché;
tutti i filosofi antichi. Noi all' opposto diciamo essere la
metafisica una delle scienze più vantaggiose , ed impor-
tanti: ma la riguardiamo sotto un aspetto ben differente;
co-me quella cioè, che sprezzale tutte le ciuestioni ridi-
cole, agitatesi lungamente nelle scuole, mira a sviluppare
gli astrusi priucipj , generalmente ignorati dall'antichità,
a segnare il vero metodo dell' intendimento umano ,
e il suo progresso dagli oggetti sensibili alle idee astratte,
dalle idee semplici alle idee collettive ; come quella che
si occupa a rivelare gli abusi, e gli errori troppo fa-
cilmente dal tempo, e dalle passioni nel linguaggio in-
trodotti; come quella infine, che più d'ogni altra cono-
scendo il nostro spirito , e più d' ogni altra sommini-
strandogli nozioni nette, ed esatte di tutto, il può iu
ogni maniera di studio sicuramente guidare. A tal norma,
a tal lume, per quel che coucerne questa facoltà, si
(Xll)
limitò rigorosamente la Classe, uè mai ebbe la sfrana
vaj^hezza di vedere strappato dalla natura il secreto di
certe metafisicbe cognizioni, che inutili ad ogni stabile
uso , polrebbono appena sei'vire a contentare una pas-
seggiera curiosità.
Pertanto nel corso di più adunanze fissò ella ben vo-
lentieri la sua attenzione sopra un' opera del Signor
Falletti-Barolo, il titolo della quale si h Kclaircisse-
mens sur plusieurs poinls concenians la théorie des
operalìons et des f acuì tés intcllecladlps; titolo, la cui
molta modestia potrebbe servire di rimprovero a tal
altro troppo fastoso da qualche moderno metafisico posto
in fronte a opere più voluminose, ma di questa men
pregevoli assai.
L' autore in essa non mirò veramente a formare un
nuovo, e compiuto trattato, ma sì bene ora a mettere
in nuova luce , ora a sottoporre a nuova investigazione
alcuni punti non ancora a parer suo pienamente diluci-
dati intorno all' ideologia, ed all' arte intellettuale ragio-
natrice, che ne deriva. Che se in qualunque ragionamento
non si possono spiegare nuovi concetti , senza accennar
pii!i o meno quelle idee primordiali , e que' principi ,
dalla cui combinazione, od applicazione sono essi ge-
nerati; egli tuttavia ciò fece con tal riserbo, che mo-
strando sempre una manifesta ripugnanza a replicar quello,
che già in tali materie si sa , rigorosamente in tutto il
corso de' suoi riflessi da ogni replica si astenne, tranne
quelle poche, alle quali la legge della chiarezza, anzi
( XIII )
della nccpssilii Io cosdinse. E se i vari oggetti qua e
ih Irascelli nel vastissimo campo della raziouale filosofia,
non collocò egli ( ciò che possibil non era ) in tal vi-
cinanza, e contiguità da formarne una ordinata serie,
una non interrotta catena ; diede loro assolutamente quella
connessione, e concatenazion maggiore, la qual vi potea
aver luogo, e la quale vi scorgeranno, son certo, tutti
gl'illuminati lettori.
Nuove ricerche adunque inforno alla natura, origine,
distinzione, e filiazione delle idee; nuovo saggio intorno
alla graduai progressione, e scala delle astrazioni ; nuovo
prospetto delle relazioni intellettuali, e reali : rapida oc-
chiala sopra l'utilità, e l'abuso dell'analisi, sopra i varj
caratteri della medesima, con arrestarsi però un poco
di pili sulle analisi deliberative, morali , e di cose spet-
tanti al gusto, ed alla imitazione: sviluppamento de' primi
principi di ogni ordine, e di ogni metodo, con un
cenno inforno alle multiformi applicazioni di essi, come
pure circa gli errori, che si potrebbono chiamare
metodici: identità dell' arte di osservare, e di quella,
che propriamente dialettica si chiama, coli' arte della veia
analisi, che non può andar mai disgiunta dal metodo:
in fine una matura disamina di ciò, che costituisce pro-
priamente la così detta fantasia, od immaginazione, come
venga essa in noi generata dalle altre intellettuali facoltà;
quali proprietà a lei specialmente convengano, e quali
sieno gli ufiizj suoi pro^^rj , e quali le sue usurpazioni,
colla rimembranza insieme di alcune fulse ipotesi, o dirò
f X I V )
meglio, di alcuni sbagli su questo particolare, che da
poco esatta nomenclatura provengono; ecco i precipui
capi, che questa produzion metafisica presenta da coa-
(cmplare all' occhio di profondo metafisico.
Similmente la Classe persuasa, che lo sviluppare i
veri principj come di ogni genere di letteratura , così
della poesia, e delle liogue, più che a' retori, sofisti,
e gramatici, tocca a' filosofi, che ne sono i primi, e veri
insegnntori, porse favorevole attenzione alle metafisiche
riflessioni fatte in tal proposito dal Signor professore
Dépéret in tre suoi discorsi , l'uno de' quali intitolò ;
RechercJies plìilosophic/ues sia- le langagn des sons ar-
llculés ; V altro Rpjlexions sur les di\'eìs systémcs
de versificali on tpndantes à prouver qiLon ne pciit in-
Irndiiire, avec succès , dons la poesia francai se les
règles prosodi ques des Grecs et des Laliiis; e 1' altro
in fine RecJierches et e.Tposilions des principes qui ser-
vent de base au systéme de la versifica tion firangaise.
Nel primo di essi l'autore comincia ad osservare, che
vi ha un gran numero di circostanze, in cui noi ci fac-
ciamo intendere, in cui interessiamo gli uditori per la
dolcezza del parhue, senza destare precisamente nello
spirito loro 1' immagine degli oggetti proprj ad essere
dalle parole, che adoperiamo, rappresentati. Quindi
passa a distinguc^re due poteri nelle parole, 1' uno fisico,
o musicale, l' altro metafisico, o significativo; e viene
con molti fatti, che adduce, comprovando, che il primo
di questi pf)teri prevale al secondo, e il rende persino
talora inefiicace.
(XV )
Nel secondo discorso prende a diVliirunic il scguenle
principio da adnt farsi poi alla lingua fancese. Qualunque
sistema di versifirazione , die' egli, altro non è, che
l'accordo delle regole, a tenor delle quali debbono in
ciascuna lingua esser composte la frase musicale, che
costituisce ciascuna specie di versi, e la frase logica,
o gramaticale, che sostiene il canto, ed esprime il pen-
siero poetico, che l'accompagna. Ma queste regole non
potrebbono, venendo applicnte, produrre l'armonia poe-
tica, selle non procedessei'O insieme dal genio di ciascuna
lingua, considerata in riguardo alla sintassi, e alla pro-
sodia delle parole, che la compongono. II perchè il
sistema di versificazione di ciascun popolo in particolare
dee essere tanto diverso dal sistema di tal altro, quanto
il genio della lingua di quello differisce dal genio della
lingua di questo.
Nel terzo ragiona a un di presso co4 ; facendo il con-
fronto della maniera, con cui lo spirito procede nella
prosa per l'analisi, ed espressione del pensiero, con
quella, che adopera per lo stesso oggetto nella poesia ,
uno specialmente può giugnere a determinare il genio
poetico di ciascuna lingua , e la natura delle regole es-
senziali, che ne derivano. La lingua francese sotto questi
due punti di vista considerata, è forse fra tutte If lingue
conosciute quella , che offre meno di divario tra la sua
frasologia poetica, e la prosaica. Ond' è, che la prima,
la più essenzial regola della versificazione francese, quella,
che è di fondamento a tutte le altre , inlluisce più su' modi
( xyi )
(Iella locuzione, e sulla divisione del pensiero, che sul
ritmo, e sulla scelta delle parole. Or questa regola fon-
damcnlalo, stata già dal legislatore del Parnaso fi aacese
espressa felicemente in questi due versi ;
» Que toiijours dans vos s'ers le sens coupanl les mols
» Suspencle flicinisticìie , en marque le repof-j «
ella è appunto quella, che 1' autore con la scorta della
filosofica ragione piglia a ricercare, ed esporre primiera-
mente. Indi seguendone le conseguenze immediate scende
a parlare dell' influenza della rima sulla poesia francese,
del rompimento del verso, de' versi sciolti, e dell' uso
degli epiteti; e termina con disaminare le altre regole,
che più all' armonia de' suoni , che a quella de' pensieri
si riferiscono.
Appartiene anche di special diritto a questo luogo
un' opera manuscritta, ora stampata, la quale fu spedita
alla Classe dal signor La-Boulinière suo corrispondente,
sotto questo titolo; Mtimoìre ou précis d'ideologìe. Lo
scopo dell'autore si fu ravvicinare, e legar più stretta-
mente i punti principali della dottrina ideologica , ten-
tare, se è possibile, di aggiugnere alla catena, che ne
porgono le opere in questo genere più rinomate , alcuni
anelli, o almeno di gettare qualche lume su quelli , che
come non troppo apparenti , pare che lascino una tal
catena interrotta. A tal effetto facendo egli la rassegna
delle diverse operazioni dello spirito, passa rapidamente
$u quelle , intorno alle quali dicesi d' accordo cogli scrit-
tori da lui tolti per guida, e si ferma su quelle altre,
( XVII )
che non furono , secondo lui , alibasfanza discusse. Nel
che riusci veramente a potere su i principj già ^itabihti
adunare de' raggi luminosi , eh' erano sparsi nelle opere
de' pili solenni metafisici , e a mettere in mostra alcune
verità nuove di molta importanza , e a verificare non
poche storte idee.
Insieme colla materia è da lodare in questo compendio
ideologico la forma, che vi si scorge, pari alla preci-
sione è la chiarezza, lo stile è rapido, armonioso, e
nuche fiorito. E benché i materiali , che formano il fondo
dell'opera, abbiano a un dipresso la disposizione mede-
sima , che si trova negli scritti , da' quali gli estrasse, si
può dire, che l'autore ha dato a tutte le parti una tal
configurazione a potersi esse unir meglio con quelle, che
loro sono contigue, e a dovere il tutto essere piìi di-
sposto a ricevere la luce, che vi riflettono sopra" i prin-
cipj di Locke, di Condillac, e di Bonnet. ,
LETTERATURA.
CRITICA, ED ERUDIZIONE,
Essendosi la Classe spesso occupata nella critica, nella
erudizione, e nello stile, che sono le tre cose, in cui
si può dire la facoltà del letterato essenzialmente con-
sistere, comincieiò io dalle due prime, come quelle,
che a' letterari studj accademici deggiouo essere innanzi
tutto raccomandate. Si suol diie a onore delle scienze
5
( XVI II )
astratte esclusivamente, che sono esse, che introdussero
nel mondo lo spinto filosofico , quello appunto , per cui
si sa ciedere, e dubitare a proposito. Ma essendo esso
in fine nient' altro , se non se la ragione rischiarati^
su' veri principj delle cose di qualunque natura si sieno,
perchè non potrebbe il medesimo essere altresì 1' opera
della critica, e appartenere conseguentemente alle lettere?
Quel che è certo si è , che questa superiorità di ragione,
che tanto si vanta nel nuovo dominio della Gsica, e
delle matematiche , merita pur di essere nella moderna
repub])Ii<:a letteraria siugolartnente glorificata. Che gli
antichi, a vero dii-e , eccetto nelle materie di eloquenza,
e di poesia , in tutto il rimanente non giunsero essi ad
attignere quel pieno , e sicuro lume di critica , che do-
veva sorgere unicamente dalle accumulate ritlessioni degli
uomini, fatte a misura che avrebbono coli' acquisto di
nuove conoscenze la sfera di loro idee aggrandita. Tal
è della erudizione: i moderni che largo campo di co-
gnizioni non percorsero, il quale uè era, ne poteva
essere aperto alle antiche età? Religione, leggi , costumi,
successioni d' imperj , serie di principi , trasmigrazioni
di popoli, fondazioni di città, guerre, alleanze, trat-
tati di pace, nascita di arti, progressi di scienze, di-
plomi, comeutarj , iscrizioni, medaglie, e monumenti
di ogni genere, tutto essi con un prodigioso successo
hanno vecjulo, raccolto, e come in uc tesoro, qual non
s' era veduto mai, adunato. Or varj accademici non pie-,
ciola parte di lor fatiche indirizzarono a conservare , e
( XIX )
quanto era in loro, ad accrescere anco , se possibii fosse,
questo doppio vanto de' nostri tempi bellissimo, ed in-
contrastato. Ma rispetto alla critica furono essi in ciò
ferini, e costanti a non permettere , i che lo spirito dì
l^V P<^i' quanto credasi utile a guarirne da una cieca
ammirazione degli antichi , introduca egli mai con inop-
porfuno rigore le fredde , e didascaliche discussioni nelle
còse di sentimento. E riguardo all' erudiziotìe, concedendo
a lei tra le infinite altre di molto rilievo certe ricerche,
puramente curiose , pei-chè agli studj di essa in qualche
modo concatenate, la sgridano, la condannano però sem-
pre , quando o troppo si attacca a laboriose frascherie ,
o magnifica con fasto sterili scoperte, o vanta stolta-
mctìfe il frivolo vantaggio di saper picciole cose igno-
rate Òdi pii!i, perchè dai più a bella posta trascurate.
Or dietro a questi principi il Signor GaleaniNapione
dettò qffatfro lezioni. Nella prima su di un luogo famoso,
che al principio del primo dialogo di Cicerone intorno
la natura degli Dei si trova, detto comunemente il tor-
mento , la croce degV interpreti , apportò varie osserva-
zioni critiche, per isgombrare le tenebre all' intelligenza
dì esso attraversate , e per mettere in chiaro molte di
qua dipendenti verità storiche insieme, e filosofiche.
Nella seconda fra molti passi , che di astrusa politica
avviluppali ne lasciò il lirico latino, prese a svolgere
quello, che ne offre l'ode ventesima settima del libro 3.°,
e C(in forti congetture da altri critici ancora non tocche,
giunse quasi a dimostrare , che Galatea , di cui parla
(XX)
ivi il poeta, ella è Ottavia medesima, sorella di Au-i
gusto , e moglie di Marco Antonio , alla quale augura
felice riuscita per li politici maneggi , tendenti a rimet-
tere la buona intelligenza tra il marito, e il fratello, onde
poteasi ordire uà altro beu diverso destino all' Imperio
del Mondo,
Nella terza produsse un estratto di elogio, dagli scritti
di Monsignor F" abboni cavato, di Dante, di Poliziano,
di Ariosto, di Tasso: e fu suo intendimento di pro-
porre con ciò r idea di un giornale da imprendersi delle
opere , che escono alla luce in Italia , giornale , che come
già quello di Modena , e di Pisa , sia veramente caro alla
odierna letteratura italiana.
Nella quarta, che è inscritta: notizie de principali scrit-
tori di arte militare italiani y mostrò che quest'arte non
ebbe altrove , come in Italia , tanti , e tanto eccellenti
scrittori : annoverò prima rapidamente gli architetti mi-
litari, e civili, i lettorati eruditi, gli storici, e i politici,
che più segnatamente ne scrissero; indi passando a quelli,
che le opere della penna con quelle della spada con-
giunsero, senza obbliare il nostro D'Antoni, de' cui vo-
lumi conserve onorate si fanno in più luoghi, si arrestò
alquanto sulle memorie del Generale Montecuculi , il
cui lungo studio valse cotanto a Federico lì per aprire
poi, come fece, nel Settentrione una nuova scuola di
guerra più saggia insieme, e più terribile.
A queste lezioni tien dietro una dissertazione del me-
desimo Accademico in dodici capi distinta, sulla patria
( XXI )
di Cristoforo Colombo, argomento di critica ben inte-
ressante per se medesimo, e molto ancor più per coloro ^
a cui i natali di sì grand" uomo appartengono. L' autore
pertanto accennando prima che nei determinare la vera
patria di un qualche personnaggio vuoisi riguardare non
al luogo della nascita alccidentalc , ma alla sede origi-
naria della famiglia, entra nelle lodi del Colombo, e
mostra i.° che il caso non ebbe parte nella scoperta da
lui fatta del nuovo Mondo, e che là sua navigazione
fu unicamente diretta a scoprir nuove terre, le quali
sperava egli dii ritrovare nel mare- immenso frap-
posto tra le coste della Spagna , e l' estremità orientale
dell' As-ia. 2." Che noni solo fu il primo, che scopri
le isole del golfo del Messico, ma che prirnSi di; ogni
altro eziandio scoprì il Continente di America. ! 3.° Che
fu pure di lui la importantissima scoperta delle varia-
zioni della declinazione dell' ago calamitato.
Viene quindi allo stato della questione. Rammenta le
tre principali opinioni inforno la patria del Colombo,
che il vogliono o Genovese, ossia della riviera di Ge-
nova, o Piacentino, o di Cuccaro, castello del Mon-
ferrato, di nobile famiglia, signora del castello medesimo.
Qui l'Autore s'accinge di proposito a provare che non
fu Genovese, che è incerto il luogo preciso della sua
nascita , che venuto in grande slato in Ispagua ,, lasciò
per giusti motivi ignorare la residenza de' suoi genitori,
che la sua famiglia era distinta, e che ebbe egli una
liberale, e saggia educazione. Dopo ciò allega le testi-
( X X I I )
monianze di fededegni scrittori , che il dicono di Cuc-
caro, presenta i documenti di una lite verso il fine del
secolo X\ I agitatasi tra Baldassarre Colombo de' signori
di Cuccaro, e diversi Magnati delle Spagne per la suc-
cessione di un maggiorasco istituito da Colombo medesi-
mo? documenti, che mostrano ad evidenza, cihe i Colombi
feudatari di' Cuccaro erano della stessa famiglia, e che
il castello di Cuccaro in Monferrato fu veramente la patria'
dello scopritore del nuovo Mondo. Produce inoltre un
estratto di un consulto legale di Giovan-Pietro Sordi
in favore di Baldassar Colombo, pxibblicatosi in un cogli
altri consulti di quel giurisperito sin dall' anno i58g.
Addita nel sommario stampatosi in Madrid V anatì ì5qo
partitamente divisate le ragioni, per le quali suU'figna-
zione di Cristoforo Colombo co' feudatari di Cuccerò ,
e per conseguenza sulla patria di lui non vi resta dubbio
veruno. Ricava eziandio da tal sommario, il quale, ciò
che è da notare, concorda pienamente nella sostanza còlla
storia di Cristoforo Colombo, scritta da D. Ferdinando
figliuolo di lui, ricava, dico, diverse curiose partico-
larità concernenti la famiglia, i congiunti, le epoche
diverse , e gli eveniraenti della vita dello scopritor
dell'America. Dà insieme una particolare notizia deldetto
Ferdinando Colombo^ e dell'opera di lui dettata in lingua
Gastigliana, e delle edizioni, che se ne hanno in lingua
italiana.
Posta fuori di controversia la patria del Colombo ,
piglia ancora il nostro Accademico a disaminare i monu-
( XXIII )
menti , su cui si fondano i principali sostenitori delia-
opinione diversa, come ìISalinerio, che il vuole Savo-
nese , il Casoni , che il fa Genovese , e il Campi , che
il pretende Piacentino. Discute pure alcuni documenti
inserti nell'elogio di Cristoforo Colombo stampato in
Parma nel 1781, ed un codicillo preteso di Colombo,
pubblicatosi dall' Abate Tiraboschi ; e dimostra che tutte
quelle carte o nulla conchiudono in contrario, o sono
interpolate, e male interpretate, e alcune di piìi apocrife;
cosi che, non ostanti le medesime, restano sempre nella
integrità loro i monumenti , i quali pienamente ne ac-
certano che Cristoforo Colombo, qualunque per acci-
dente possa essere stato il luogo della sua nascita, usci
dalla famiglia degli antichi Signori di Cuccare, e che
perciò il nostro Monferrato si può gloriare di essere la
patria di lui originaria.
Il signor Bava S. Paolo ha pur egli quattro discorsi,
e sono sulle cagioni della caduta delle lettere ne' secoli
di ferro, sulla letteratura, sulla storia, sull'antiquaria.
Nel primo partendo da una massima ben giusta, che
Despkeaux in questi due versi espresse :
« Sans la langue , ai un mot , l'autcw le plus dìvin ,
Est toujours, quok/uil Jxtsse , un méchant écvìvain. »
Comincia a toccare il tristo stato, in cui per difetto
d'idioma fisso, e regolalo giaceano le arti, e le lettere
presso tutte le nazioni di Europa ne' secoli di ferro , che
è a dire dopo, o poco dopo il nono sino al quarto-
decimo secolo. E la necessità di avere una lingua a certo
( X X I V )
sistema ridotta , la qualità sgraziata di quella , che allora
ucl parlare , e nello scrivere si usava , la ditlerenza tra
una liiififiia morta ed una nascente, una certa paralisi
di morte, iu cui erano le lingue antiche, la diflicoltà,
che si opponeva al sorgere delie moderne, i principi , e
gli avanzamenti di queste, il nuovo aspetto della letteratura
Europea allo abbellirsi, e perfezionarsi delle lingue prin-
cipalmente d'Italia, e di Francia, sono questi gli essen-
ziali punti , per li quali prestamente discorre. Fa ancora
im cenno sul merito speciale della lingua Italiana, e Fran-
cese, astiensi dal darne all'una, o all' altra la precedenza,
benché per la natia mostrisi, come è giusto, un po' piili
inclinato. . Poi torna alla sua tesi, e conchiude, che la
perdita della lingua , che innanzi si parlava in Europa ,
e la impossibilità di crearvenc tosto un'altra, che ne
tenesse degnamente il luogo, si fu la cagiou prima, che
troppo i secoli di ferro prolungò.
Nel secondo mira a dimostrare il pregio, e i vantaggi
della letteratura , considerandola sotto questi riguardi ,
cioè che accelera i progressi di ogni maniera di sapere,
che abbellisce la vita, aguzza lo spirito, e anche lo
intendimento; che prepara, e perfeziona la lingua alle
scienze , che queste accredita, e diffonde, e che con queste
amichevolmente alleata dà, e riceve a vicenda lume, e
soccorso, cosa soprattutto importante nel secolo presente,
in cui uno né potrebbe diventare, e apparire filosofo,
senza avere acquistata in lettere una convenevole tintura,
ne saprebbe esser tenuto letterato, senza essersi ibtrutlo
( X X V )
della parte sferica di tutte le scienze , e averne nozioni^
se non compite, almeno giuste, e generali.
> Nel terzo entrando ad esaminare lo storico sapei'C
del secolo XVI , e limitandosi alla storia civile , e po-
litica ( se non che vi mette poi un' appendice su quella,
che alle lettere, scienze, ed arti appartiene ) tocca pri-
mieramente i fini di qualsisia storia , la maniera di
riuscirvi , i materiali di essa , e i metodi di scriverla.
Indi parla della cronologia , _e della geografia , alle quali
tanto lume diedero gli eruditi del seguente secolo : ag-
giugne , che questa doppia fiaccola non mancò vera-
mente agli storici del seicento ; ma che per difetto di
scienza , di esercizio , di esemplari , e di gusto non si
fecero nelle lingue viventi vedere libi'i di storia in ogni
punto compiti : e discoD-endo per alcuni storici Fran-
cesi , con darne il giudizio , e affermando avere gV Ita-
liani, benché non del tutto esenti da' diletti , ottenuto
in questa parte il vanto prima d' ogni oltj-amontaua
nazione , finisce con accennare i vizj da fuggire , e le
avvertenze da portare in cjuesta maniera di scritti.
Nel quarto dojjo avere dato un' idea generica dell' an-
tiquaria , e cerca se sia essa stata nel seicento coltivata,
e promossa. Ricorda tra le cagioni di suo poco avan-
zamento le difficoltà , che le si attrav(?rsano , i mezzi ,
che le sono necessarj , e la stemperata voglia , che di
esteso , anziché di concatenato sapere , ebbero in tale
età molti eruditi , e filologi. Non trapassa i multiplici
oggetti, che abbraccia questa scienza, i varj popoli.
( XXVI )
onde ci vennero i documenti più autentici, e I mag-
giori savj , che vi attesero. Poscia distingue le parti più
elaborate dell" antiquaria , che sono la diplomatica , la
lapidaria , la numismatica , e dà di tutte e tre una suc-
cinta idea , avvertendo però che il titolo di scienza an-
tiquaria i-itenne quella , che va in traccia di ogni altro
antico monumento , od avanzo , e include tutto ciò ,
che al pratico vivere , agli utensili , al costume , alle
beUe arti manuali , o scientifiche dell' antichità si rife-
risce. Per ultimo disceude a quelli tra moderni , che
meglio durante tal tempo in questo studio riuscirono :
nomina con ispezial lode i Francesi , i Britanni , vi aggiu-
gne gli Olandesi , non ommette i Germani , benché un
po' troppo amanti di futili controversie. Quanto agi' Ita-
liani non dissimulando , che le dispute sul gramati-
cale significato dei testi , e su ogni meschina anticagUa
loro in generale nocquero assai , afferma tuttavia , che
fiu'ono essi al di sopra di tutti per ciò in particolare,
che riguaida le arti del disegno , come quelli , che me-
gUo di tutti vi doveano da' laassi-rilievi , dalle antiche
sculture , e da' grandiosi cdifizj , che ne rimangono ,
essere ammaestrati.
Il Signor abate Valperga - Caluso , il quale al par
de' più celebri Italiani dello scorso secolo accoppia In se
lo studio delle lettere con quello delle specolazioni più
asti-alte, ne venne anch' egli con un'eruditissima disser-
tazione a dilucidare un oscuro punto intorno alla violenta
morte di un' inclita Dama , nomata Livia , dell' illustre fa-
( XXVII )
miglia Colonna. Tace su di tal avvenimento la storia;
solo vi ha una raccolta di rime , con cui verso la metà
del secolo XVI i migliori poeti d' allora , senza però in
fronte di essa apporre niente di positivo , o qualificante,
celebrarono di costei la vita , e la morte. Or da varj
passi di quelle poesie per l'appunto va traendo l'Autore
sode , e naturalissime congetture a provai-e , quanto
per valore di "critica si può , che cotesta Livia fi-
gliuola di Marc' Antonio Colonna Duca di Paliano ,
indi moglie di Marzio Colonna duca di Zagarolo , fu
strozzata nel suo letto , e chi la strozù fu il genero
suo Prospero Colonna ; misfatto non raro a succedere
tra' Grandi a quella stagione , in cui ve li potea molto di
leggieri trasportare la sicurezza dell' impunità , quando
massimamente per sete d' oro , o di vendetta vi fossero
già inclinati.
Tra il luogo , dov' era 1' antica città d' Industria , e il
castello di Verrua si trovò nel Po una coppa d' argento,
la quale presenta sopra di se un basso-i'Uievo , non in-
degno di sagace oculatissimo antiquario.
Il Signor abate Tarini recatala suUa tavola dell' Ac-
cademia prese con un discorso a spiegare ciò , che più
alla rarità di tal lavoro pareva richiesto. Dopo un cenno
dell' antichità , e della ricchezza di si fatti vasi , che si
usavano ne' sagrifiz} , e ne' conviti , imprende a dare
una piecisa idea di quello , che fa il soggetto del ra-
gionare. Dice eh' esso è da rapportare a' be' tempi della
Grecia , e che rappresenta la sconfitta da Ercole data
( X X V I 1 1 )
alle Amazonì. Vi riconosce 1' Eroe incaricato da Euristeo
di levare il cinto ad Antiope , e 1' Eroina vicina a soc-
combere sótto la forza del vincitore : vi addita nel guer-
riero a cavallo Belleroibnte , il primo , che insegnò a
pianeggiar colla briglia i cavalli ; e colui che tiene una
di queste Amazoni pe' capehi , pensa che sia Priamo ,
autore di questa spedizione in favore de' Frigj : vi di-
stingue a pie delle balze alcune di quPsle Amazoni in
atto di prigioniere, e sulla cima di una m(nilagna un
tempio , a rimenibranza forse del sacrilego attentato di
queste donne contro il temjiio di Diana in Efeso. In
fine vi osserva in queste guerriei-e un armarsi , un ve-
stirsi alquanto differente da quello , che medaglie , e
altri monumenti generalmente ci mostrano ; e posciachè
tutto ciò vi scorge semjire al lume , che Omei'o gli
appresenta , crede di potere non senza ragione eonchiu-
dere di avere con fedeltà in questo monumento il pen-
siero dell' artista interpretato : perciocché giusta 1' abate
Bamer le favole , e la traduzione eran da prima meno
composte di quello , che ne furono dopo , e a meglio
spiegarle fa mestieri prenderle il men che si può dalla
loro origine lonlaue.
In mezzo a' rottami del torrione di una delle porte
di Torino» si è rinvenuta nel 1802 una pietra in marmo
bianco con le seguenti parole scolpite in bel carattere,
e ornale di un contorno regolare.
e. IIU TJLIO GALLICO COS. II.
T. FLAMUS se APULA
( XXIX )
Il Signor Paroletti credette , che sì fatta consolar
iscrizione non l'osse da trasaudare , e compostavi sopra
una notizia storica, da Parigi', dove di presente si tro-
va , la trasmise alla Classe , a cui egli appartiene. Il
luogo , ove fu trovato il monumento , che è la porta
detta del Palazzo, dalle rovine della Regia , o palazzo
Augusfale , r architettura di questo palazzo ornata delle
statue de' personaggi , ch'erano stati i benefattori di
questa città , esame minuto di ciascuna delle parole ,
che entrano nella iscrizione , osservazioni esatte sulla
famiglia Rutilia , su i due consolati di Rulilio , sull epo-
ca di essi , su i Consoli surrogati , autorità niulfiplici
di perspicacissimi antiquarj , e letterati , quanto infine
può a schiarimento di tal soggetto concorrere , tutto
all' uopo suo trasse 1' Accademico , onde spargere , per
. quanto possibil gli era , un nuovo tratto di luce sopra
un punto della storia di queste contrade troppo nell' oscu-
lità de' temjji avviluppalo.
Mentre i codici , i rotoli , ed altre antiche perga-
mene de' jDubhlici archivj erano sul punto di ripartirsi,
e trasportarsi poscia a' rispettivi Dipartimenti , l'Acca-
demia avvisando , che tai monumenti , se rimasti fos-
sero presso di se , avrebbono forse potuto al progresso
della storia patria , e di altri studj esser non poco gio-
vevoU , entrò quasi in pensiero di domandargli al Si-
gnor Amministratore Generale. Ma prima di nulla de-
liberare , volendo su lo stato di essi avere ogni più
convenevole lume , invitò un socio fia tutti espertissimo
a fargliene il necessario rapporto.
( X X X )
H signor Jacopo Durandi adunque assunse l' incarico ;
ed ecco la somma del ragionamento letto da lui su di
tal punto. Rammentata la immensa farraggine delle di-
verse pergamene, e il tempo inflnilo ^ che vi vorrebbe
a lame la scelta opportuna , rislrigne le sue viste ad
una certa maniera di carte , che dalia forma loro si di-
cono rotoli , e sono conti de' castellani , o de' ricevi-
doi-i , ed esattori di ogni sorta di rendite del jirinci-
pato. Osserva da prima , che questi , benché i più an-
tichi abbiano già , è gran tempo , trapassate le Alpi ,
cominciano verso la metà del secolo Xlll , e vanno un
po' di là del XY , e si trovano tuttavia in grandissimo
numero , e composti , quai sono , di pergamene le une,
e le altre insieme ricucite , formano altrettanti volumi.
Poscia va discorrendo per li vantaggj , che trar si pos-
sono , se non da tutti , almeno da una gran parte di
questi rotoli. Giovano , die' egli , a scoprire la verità di
parecchi l'atti, di epoche, o date precise , di varie par-
ticolarità , le quali benché spesso minute , e talora an-
che frivole in apparenza , possono col tempo per certa
non preveduta combinazione di cose umane , divenir
pur esse di gran momento. Danno sicuri lumi sul si-
gnificato di molti vocaboli della lingua latino-barbara ,
su costumi d'allora, su uflizj , persone, genealogie, su
spese fatte per feste , per viaggj , per fabbriche , e per
guerre , sulla maniera del lusso de' nostri avi più ri-
spettabile delle pi-escnli morbidezze , per tacere di sto-
riette curiose , e di anolli accidenti non altrove regi-
{ XXXI )
sfrati. Forniscono di più ampia materia a far confronti
intorno le variazioni di mano in mano sej^uite sul prez-
zo delle derrate, de' terreni , degli animali, de salar),
de' fitti ; intorno le loi*o cause , le alterazioni nel suc-
cessivo valore delle monete , e del marco d' argento ;
intorno le differenti specie di tributi , e di gravezze ,
come anco intorno i vantaggi , e svantaggi di quelle
etti , la popolazione , il nascente commercio , e simili :
notizie tutte capaci di dar luogo a ricerche , e discus-
sioni utilissime ancora oggidì per risolvere importanti
problemi di pubblica economia , e conoscer meglio la
forza , r indole , e gli avanzamenti del nostro paese.
Ma come cotesti rotoli , prosegue l' autore , conten-
gono anche documenti riguardanti l' interesse del pub^
blico , e de' privati , contratti, patenti, titoli, e cose so-
miglianti , ragion vuole , che si- stiano essi per lunga
pezza negli archivj , come necessarj in molte circostanze
ad attestar fatti , e a finire litigj , massimamente tra
il fisco , o regio patrimonio , e i cittadini. Il perchè sa-
viamente conchiude , che per ora un tal acquisto non
fa per l'Accademia ; e o segua tra' Dipartimenti la di-
visione di questi rotoli ( che allora circa due terzi ne
rimarranno tuttavia a Torino ) o non abbia essa luogo
{ ciò che mcgho sarchile ) , potrà l'Accademia stessa ,
senza essere guardiana di tai monumenti , ricori'ere in
ogni tempo , avendone mestieri , al Governo , il qual
contento , com' è da credere , di vedere una com-
pagnia sì fatta vogliosa di attignere a pubblico prò
( XXXII )
3a quella pmissima fonte indispensabili schiarimenti ,
glicl' aprirà , quanto fia in lui , ad ogni occasione li-
beralmente.
Trovnronsi , pochi anni sono , nel demolire le mura
di Su sa due torsi loricati , creduti non immeritevoli di
^ma particolare disamina.
Il Signor Franchi-Pont s' accinse all' opera , e prese
in ima sua dissertazione a cercare a qual età apparten-
gano , a qual monumento servissero d'ornato, e quai
personaggi rappresentassero essi. In primo luogo adun-
que dalla eleganza , e maestria de' liassi-rilievi , che fre-
giano le loriche de' torsi Secusini , argomenta essere
questi stati lavorati nel secolo di Ottaviano Augusto;
riè è lontano dal ciedernc autori anche ai'tisti Piemon-
tesi ; reca perciò delle congetture plausibili a dimo-
strare come r arte statuaria da' tempi più remoti fu
coltivata nelV Italia superiore , e come artefici valenti
ognora in queste contrade si trovarono seguaci della
scuola antica Italica , e della Greca. Poscia riflette, che
nel!' antica città di Susa , già sede di Donno , e di
Gozio Re delle Alpi dette Cozie da quest' ultimo , due
monumenti in ispecic meritavano di essere da statile
decorali , che sono il celebre arco innalzato ad Angusto
da Marco «Giulio Cozio , e il sepolcro di questo Prin-
cipe rammentatoci da Ammian Marcellino , se per av-
ventura non. sono una cosa medesima e l'arco, e il
sepolcro. Suppone , che questi torsi facessero parte
degli -ornamenti dell" arco , sì perchè Ammiaao in par-
' ( XXXIII )
landò del sepolcro non fa motto nessuno di statue , e
sì perchè gliel fa parere molto probabile l' esempio di
altri ben molti archi , ornati pur essi di statue. Dopo
ciò viene a' Personaggi , che potevano es^^ere i-appresen-
tafi da colesti busti loricati : dalla mossa dell' uno , e
dell' altro trae motivo di supporre , che uno di essi i"ap-
presenti un Guerriero, e l'altro un Re, od un Magi-
strato primario. E come si sa , che l'arco di Susa fu
eretto in occasione , che Augusto andò nelle Gallie per
produrre all' esercito i due suoi figliuoli adottivi Cajo ,
e Lucio , disegnati suoi successori , e nati da Marco
Vipsanio Agrippa , e da Giulia figliuola di Augusto;
come si nota , che Agrippa fu quegli , che domò inte-
ramente le Alpi ; che per domaiie si valse dclf ajuto
di Cozio figliuolo di Donno , il quale sin dall' età di
Giuho Cesare avea stretta alleanza co' Romani ; che
Agrippa probabilmente procacciò a Cozio l' amicizia di
Augusto ; che gli anzidetti Cajo , e Lucio godeano am-
pie possessioni non lungi dalle alpi Cozie , pensa l'au-
tore potersi verisimilmente dedurre , che il torso da
guerriero spetti alla statua di Agrippa, e f altro da
uom grave alla statua di Cozio , o di Donno padre di
lui. Aggiugne altresì in tal proposito alcune non disa-
datte osservazioni , che fa così sulla qualità de' bassi-
rilievi , che fregiano entrambe le loriche de' torsi , co-
me sul luogo , in cui doveano questi essere collocati ,
e termina la dissertazione con i-accogliere ancora con-
siderabiU notizie spettanti alla storia degli anticlii Re
5
( ce X \ 1 V )
nlpiiii , comiucinnclo da Domio , sino a cliC le Alpi
Ciozie furono da Nerone ridotle in Provincia Romana.
Il piofessore Regis lesse pur egli tre discorsi , cioè
sulla mitologi* considerata còme maestra di morale , e
politica , sulla natura dell' eloquenza , sulle piramidi
dell' Egil lo.
Nel primo rilevata da principio coli' autorità del Gran
Cancelliere d' Inghilterra Bacone 1' eccellenza della mi-
tologia priniiliva , e toccati i precipui motivi , onde gli
antichi per mezzo di lei ne porsero anche le più su-
])limi massime morali , e politiche , si mette sulle tracce
di questa misteiiosa insegnatrice ; la segue nelle con-
trade dell' Egitto , e della Grecia ; ne accenna i più es-
senziali dettami nelle opei-e de' migliori Poeti , Storici ,
ed Oratori; e ne addila in fine chiari vestigj nella stessa
scrii fina sanla , tesoro inestimabile di sapienza non
meno , che di anlichilà.
Nel secondo , che si aggira specialmente su di una
certa novissima definizione data dal Signor D'Alembert
alla eloquenza , 1' Autore con tutti i riguardi a si gran
savio dovuti prende ad esaminare , se il parer di esso
solo in tal quistione debba , o no gire innanzi al pa-
rere di tutti i maggiori letterati. Discute partitamente
in tutta la' sua novità la cjuistionata definizione , e eoa
argomenti , che trae dalla natura dell' eloquenza , da
mulliplici ullizj , e requisiti di lei ; e col confronto , che
fa di tal definizione con quelle , che in specie ne die-
dero il Grecò Filosofo , e il Retore Romano , viene a
( XXXV )
contliiuflcrc , che qualunque sia il merito del Signor
D' Alembert ( il quale di buon grado , discorrendo
per lult' i capi a cotant' uomo onorevoli , confessa che
è grandissimo ) ad ogni modo in fatto di eloquenza
sembra più sicuro partilo lo atteueixi fedelmente a prin-
cipi , che sin qui senza essere contraddetti mai , da so-
lenni maestri ne vennero tramandati.
Nel terzo * il cui scopo sono le famose piramidi , co-
me principalmente dagli Egiziani destinate ad essere di
ogni lor bella conoscenza depositarie , va egli iscor-
rendo per tutto quello, che può a questa opinione acqui-
stare probabilità. L' amore speciale di quel popolo per
la immortalità , 1' altro suo senno incontrastato , le sue
opere tutte quante a pubblico prò ordinale , la neces-
sità di assicurare sopra sodissime fabbi'iche i simboli,
e li jerogUfici , che soli per la mancanza della scrittura
poteano conservare da distruggitori rivolgimenti avve-
nire le scienze , e le arti , il costume aniico , e gene-
rale , che vi era d" affidare alle pietre le belle notizie ,
e gli Utili ritrovamenti , le colonne , gli obelisci , e gli
altri grandi edifizj , che restano , per testimonianza di
illuminati viaggiatori , per .giudizio di dottissimi antirr
quarj , ancora di tai mistiche, note cospèrsi , il dispen-
dio , il tempo , il lavoro immenso , che costarono mas-
simamente le piramidi , la maravigliosa durevolezza delle
medesime, la fonna , la similitudine, la quantità, e
ogni cosa , che le riguarda, a niun altro fine si veri-
sixuilmenle , come a questg iudiritta , sono le princi-
( XXXVI )
pali conghit'tturc , che in un colle ciicoslanze piìi pro-
prie a rinforzarle, mette in vista 1' autore per provare,
se è possibile, che coteste moli, anziché la stupidità,
e r orgoglio degli Egiziani , attestano la loro saviezza ,
e prudenza.
Qui meritano ancora onorevole ricordanza alcune
dotte dissertazioni lette all' Accademia in tal genere di
studj da qualche suo corrispondente ; e sono
De la ctitiijue considévée comnie emploi des Aca-
demies. De M/ La-Cretelle , membre de l'Institut
National.
Sur les itnposliires littéraìres de VAbhé Vella. De
M.' AcTis , vice-bibliothécaire de l'Alliénée f'aisant les
l'onctions de bibliothécaire en chef.
De l'ulililé de la designation dea historìographes
cìiez les corporadons savantes. Du mcme auteur.
Stile.
Qualità necessaria , e parte importantissima della bella
letteratura si è lo stile , sotto il cui nome s' intende lo
studio , e fesercizio di quella lingua , che altri usar
vuole scrivendo. Le lingue dotte in Piemonte sin dai
tempi i più antichi non furono neglette mai. Ma dopo
il restauramento della nostra Università , il quale jier
la oculatissima magnificenza di Vittorio Amedeo II
ebbe luogo verso il 17:10 si videro esse con un ar-
dore , con un frutto sì fatto coltivare , che forse non
( X X X V 1 1 )
ne sperimentarono altrove l'eguale. Le cattedre di
eloquenza in lingua latina , italiana , e greca, dalle
quali scelti giovani , usciti già da' cancelli filosofici ,
e dentro educatiice ( \ ) magione morigeratissima man-
tenuti , dovettero d' allora in poi essere formati per
insegnare qua e là nelle provincie le lettere ; un col-
legio di Savj destinati dalla legge a provarne la capa-
cità , prima di segnar loro le patenti ,' che aveazio ad
introdurli nel geloso magistero : un codice egregio , un
Magistrato vigilantissimo sull' ordine , e sulla uniformità
dell' univei-sale insegnamento: sì fatto stabilimento ap-
punto , il pili assennato , e in tal genei-e per lungo
tempo forse 1' unico in Europa , ebbe tanto potere ,
che le nostre contrade in men di quarant' anni , come
nelle altre parti lettei-arie , così nella perizia , ed ecccb
lenza della lingua de' Greci , de' Latini , e degV Italiani
non dovettero temer più il rigoroso confionto di alcuno
de' più colti Stati d' Italia. A mantenere pertanto sta-
bile , e perenne fi-a noi la gloria di queste favelle , co-
me anche a pi-omovere la eleganza, e la ricchezza della
Francese , or di nostra ragione quasi divenuta , ella è
particolarmente deputata la Classe di letteratura , e tra
i multiplici mezzi , che indefessamente vi adopera ^
mira anche in buona parte a riusciivi con prose , con
poesie , e con traduzioni di ogni maniera.
Certo avendo lo stile sempre relazione colla maniera
( 1 ) Il Collegio già detto delle Provincie.
( X X X V I I I )
del pensare , e abbracciando come sue c/ualità princi-
pali la perspicuità , e l'ornamento , sono già per cjuesto
rispetto da riferir qui le prose , clie vanno innanzi :
nondimeno vi hanno ancora a trovar luogo lor pro-
prio le seguenti , di cui farò oi-a rimembranza.
Il Signor Bava-S.-Paolo sul dilettevole di ogni stilo
ne arrecò una dissertazione , nella quale pose da prin-
cipio , che il diletto è il mezzo più possente a trar
dalle scritture il massimo vantaggio : poscia stabilì , e
spiegò i fonti primarj , da cui questo diletto in cpia-
lunque maniera di scrivere infallibilmente dei-iva.
Lo stesso autore ne intrattenne anche molte volto
a sentii'C parecchj dialoghi tra morti , che a foggia di
quelli del nipote del gran GorneUo egli compose , con
istudiarsi però soprattutto di evitare in queste tranquille
conversazioni de campi elisi quella sottigliezza , e cfuel
licercato , da cui non seppe assai guardarsi lo allora
ancor giovine Fontenelle , come altresì di non cadere
in quella certa unifoimità di caratteri , per cui ogni
personaggio nelle mani del lodato scrittore diventa trop-
po facilmente Francese.
Il signor Prospero Balbo ne porse un consldei-abile
saggio di recente storia letteraria patria , il quale ben-
ché scritto già da molto tempo , fu per certa combi-
nazione di circostanze pervenuto ad essere legittima
possessione della presente Classe di letteratura. L'au-
tore appunto , essendo segretario aggiunto dell' antica
Accademia , avea piglialo a scrivere non gli elogj , ma
( X X X i X )
le vite degli Accademici dthioti. E cotne il D'Amom fu
il primo, che veaoe a morte dopo la solenne instituzione
dell' Accademia , fu 'a sua vila la prima ad essere da lui
compilata: fu essa già letta nelle private sessioni del mese
di novembre l'anno 179 1, anzi di un compendio della
medesima si fece lettura nella seguente adunanza pubblica
del piimo di dicembre. Ma tra perchè scritta egli l'aveva
in italiano , e i volumi dell' Accademia allora stampa-
vansi unicamente in francese, e perchè stava attendendo
di poterla nel voluto idioma unire alle altre vite com-
pagne, dalle quali altre, ed altre occupazioni il distol-
sero, e perchè infine a stamparla separata dalle altre,
come lo aveano poi i suoi colleghi ordinato, sorsero
vicende che ne lo ritardarono, ritornato che fu da'viaggi
suoi con gran desiderio di tutti in seno alla listaurata
Accademia, la rilesse, qual dapprima composta l'avea,
alla classe letteraria, e questa volentieri l'udì, e volen-
tieri nel presente volume la collocò. Ne crede il nostro
Accademico, che verun savio e discreto giudice possa
in alcun modo un tal lavoro biasimare di ciò, che porti
ad ogni passo l' impi-onto e il marchio del tempo , in
cui fu scritto. Troppo ridicola affettazione sarebbe stata
il voler ora cangiare ogni tratto , ogni parola , ogni ti-
tolo, che pili non convenga a' tempi nostri. Ed anzi chi
diritto e stima troverà, che appunto a' tempi presenti
conviene il non biasimare i passati, il commendameli ezian-
dio in ciò, ch'era degno di giusta commendazione.
Ora venendo alla vita stessa, nella quale la purità
( XL )
dello stile italiano va di paio colla sceltezza della ma-
teria, l'autore ricordata l'origine , la nascita, e la prima
educazione del D'Antom , cel rappresenta sul principio
semplice soldato fra gli artiglieri, distinto però col titolo
di rolontan'o , solito a concedersi a quei di l'amiglia
riguardevole; e il segue poi ne' successivi avanzamenti a
viemaggiori gradi, premj ognora di suo valor, di suo
senno in guerra, e in pace dimostrato: parla de' primi
passi da esso nelle scienze falli sotto la scorta di eccel-
lenti uomini ; non obblia il prò che trasse dal conver-
sare coir Abate Tagliazucchi , valente non meno nella
matematica, che nella poetica, ed oratoria facoltà; dal
frequentare le adunanze dell'Abate Nollet , e di altri
fisici sperimentatori ; e dal sostenere con parecchi dotti
uffiziali incumbenze all' incremento di questa scienza in-
dirizzate. S'arresta alquanto a riguardarlo nella affidatagli
direzione delle nuove scuole teoriche, alle quali fa scala
la scuola pratica, che prima di esse dalla capitale erasi
già estesa a ogni Città presidiata. Fa menzione de' libri
per uso delle medesime stampati , ne' quali egli ebbe
cotanta parte ; loda il suo Esame della pohere , che
tradotto in varie lingue fia un eterno monumento della
gloria di lui; le sue Istituzioni fisico-meccaniche , e
la sua Artiglieria pratica , che in occasione che la Corte
di Francia ne avea domandato una copia, furono esse
stampate; come pure \ Architettura militare anche dal
Re di Spagna richiesta , e 1' Uso dell' armi da fuoco ,
degnissimo supplemento aW Esame della polvere, e
( X L I )
anch' esso nelle lingue Francese e Inglese recato. Accen-
nate quindi altre magnifiche testimonianze, che il nostro
artigliere pel più ciotto fra gli artiglieri di Europa ma-
nifestano , prende occasione di spaziare con ricca fiaccola
storica su' progressi che fece presso di noi la scienza
dell'artiglieria; e sin dal finir del secolo XV incomin-
ciando vien raccogliendo tutte le più pregevoli notizie
a tal bisogno appartenenti, sinché rientra ne' tempi dal
D'Antoni particolarmente illustrati. E rammemorati molti
sperimenti, molti fatti aggiunti tra noi ultimamente alla
scienza, passa ad accennare va.rj essenzialissimi punti,
in cui dopo i precedenti scrittori sembra che la scienza
siasi qua di molto avanzata , mercè del filosofico spirito,
ond' égli era animato , di sottile ricerca , di attenta osser-
vazione , e di meditazione profonda.
Dopo tutto ciò con dotti ed eruditi ragionamenti es-
posto ed arricchito a luogo a luogo di massime salutari,.
di viste politiche, quai sono tra le altre quelle sull'arte
difficilissima di far cose grandi con piccioli mezzi sulla
giusta e misurata distribuzione degli onori , e de'premj
(lode un tempo particolare del nostro governo) , lo Scrit-
tore della vita si volge a mostrare come il singoiar- me-
rito del D'Antoni dentro , e fuori conosciuto, ed ammi-
ralo, fu eziandio dal Ke Carlo Emanuele, e da Vittorio
Amedeo III, senza interruzione veruna, singolarmente
gradito, e distinto. E l'onor che ebbe di servire a tutti
i Reali Principi di maestro non solo in ciò che spetta
ad artigliere, o ad ingi-gnere, ma in tutto quello, che
6
( X L I I )
alla tattica, etl iu generale all'arte della guerra appar-
tìcnsi (giacché in tutte queste parti era doltissiino, e
di tattica scrisse due opere considerabili inedile ), l'inca-
rico che sempre gli fu dato di accompagnare ora gli
Augusti Allievi, ed ora anche stranieri Principi ragguar-
devolissimi a visitare le rrostre rinomate fortezze , o alcuni
•de' luoghi più famosi nella storia militare (ni qual uopo
nhino era certo più adatto di lui per la conoscenza va-
stissima delle nostre guerre, su delle quali ne lasciò
preziosi monumenti), e lo avanzamento che fecene'gradl
della milizia, tratto essendo dal suo merito solo, dopo
i primi già avutivi ad essere Maggior generale, indi Te-
nente generale, poi Ajutante generale d'Armata, e infine
rappresentante il Gran Mastro di artiglieria, tutto ciò
basta , secondo lui , a palesare evidentemente l' altissimo
conto, in cui fu ognora da' suoi Sovrani tenuto. E qui
Jo Scrittore, toccate ancora alcune saggie e benefiche
provvidenze che il D'Antoni , rivestito della suprema
autorità nell'artiglieria procurò, quai sono un adottato
nuovo sistema di artiglieri ausiliarj , e provinciali, me-
todi i migliori fissati per le scuole pratiche, nuovi ordi-
namenti sulla polvere, sul nitro, e sulle fondite, inse-
gnamento regolare della chimica introdotto ncU' Arsenale,
Maestri stabiliti, e stipendiati con una porzione de' suoi
dritti medesimi, a dirozzare gl'idioti artiglieri, e ram-
mentate insieme alcune altre particolarità, e venture per
lui onorevolissime, pon termine alla sua storia, con ma-
nifestare ij vivo rincrescimento, che con tutta la patria
( Xt III )
per là morte di sì grand' uomo senti partìcolarmenter
r Accademia , di cui egli era uno tra' maggiori ornamenti.
11 signor Francesco Grassi lesse pure due suoi discorsi
sulla drammatica : in uno , premesse alcune osservazioni,
sullo stile in generale a questo genere di poesie con-?
veniente, entrò a dare una facile e chiara norma onde"
giudicar sanamente sì della bellezza di tali componimenti,
e sì dell' esattezza degli autori nel rappresentarli: in un
•rltro espose la difficil arte d'inventare gl'intrecci; toccò
un poco i soggetti storici, mitologici, di semplice in-
venzione; e non preterì il modo di portare ne" soggetti
antichi intrecci novelli.
11 fu Professor Vigo , dalla sperienza di molti anni ,
e di gloriose fatiche ammaestrato, a' letterati, cui brama'
eccessiva di sapere agita e trasporta , con un paradosso
latino donò questo salutare avviso, che negli studj si
va più innanzi, quando si osserva, che quando si om-
inette nel faticare la moderazione.
Si udì ancora in parecchie distinte adunanze la let-
tura di due prefazioni italiane , che gli autori di esse
per lo stile ugualmente , e per la materia procurarono
che fossero, almen quanto per lor si potea, non indegne
delle opere, alla testa delle quali sono esse destinate.
L' una è dtl signor Napione , da premettersi alla sua
traduzione delle questioni Tusculane di Cicerone, 1 altra
del professore Regis, da stamparsi in fronte alla sua
traduzione della ciropedia di Senofonte.
E dove per parte eziandio della Lingua Francese lascio-
( X L I V )
tm discorso , il quale benché di buon diritto spetfaufe
a tutta r Accademia , di sua natura non di meno a questa
classe, e a questo luogo appartiene particolarmente? parlo
di quello, che il signor Generale Menou, Amministra-.
tore generale, li 17 frimajo amio XII, in una scelta
mimerosa adunanza, recitò nel prendere tra noi in qualità
di socio per la prima volta il posto, a cui gli unanimi
voti dell' Accademia lo aveano pochi dì prima chiamato.
Il nuovo Accademico con un grave principio tratto
dalla sua propria carriera delle armi propone, che gli
studi dopo i grandi rivolgimenti politici , dopo le guerre
di opinioni, e i movimenti dalle passioni generati, an-
ziché trovarsi infievoliti prendon polso e lena maggiore.
A confermazione .di sua proposta tocca alcuni argomenti,)
che tira dalle leggi della natura, dall'indole dello spirito
umano ; volge un occhiata agli annali della storia lette-
raria, e politica, e dice espressamente, che dopo i fu-
rori della lega, e del partito opposto alla Corte, dopo
le guerre di religione sì funeste alla Francia, e all'Eu-
ropa, dopo la rivoluzion d'Inghilterra, e quella del Por-
togallo , dopo i movimenti sotto Filippo II agitatori della
Spagna, dopo le discordie dall'animosità de' Principi
cattolici e protestanti sorte nell' Impero Germanico, dopo
tutto ciò appunto egli appare il secolo, che il secolo si
chiamò di Luigi XIV. Passa di qua a un fausto presagio
pe' tempi, in cui siamo entrati all'uscire di una di quelle
grandi convulsioni, che raramente, per fortuna dellaf-
spezie umana, scuotono l'universo. Fa, com' è giusto.
( XLV )
campeggiare l'Eroe, che diede fiue a tanti mali; e che
dopo i trionfi per guerre indispensabili nell' uno, e
nell'altro emisperio accumulati, sentì che la sua vera
grandezza è fondata sulla felicità de' popoli, e che questa
felicità è fondata pur essa sul rinascimento delle lettere,
sul progresso delle scienze, e dell'arti. Hicorda come
quest'Eroe tiene a sì bel fine tutte le mire, e le opere
sue indirizzate; fa un cenno della guerra, che, obbliati
i trattati più solenni, ha rotto l'Inghilterra, inquieta pel
ben della Francia, e invita, e conforta i compagni d'arme
alla vittoria; non lascia intanto di avere qualche credenza,
che la gran rivale possa tuttavia rivolgersi a più sano
consiglio pacifico , e annunzia , che allora sotto un nuovo
Augusto fia chiuso il tempio di Marte, e aperto quel
delle Muse. A parte di sì belle speranze chiama in sin-
golar modo l'Accademia di Torino, e con un elogio
alla medesima non di quelli, che il tempo fa invec-
chiare , e che il numero stesso indebolisce , pon fine al
suo ragionare.
Poesia.
Se l'opinione di coloro, i quali dicono, che la poesìa
è un ostacolo al sapere, poggiasse in su qualche fonda-
mento, ragion vorrebbe, ch'io m' accignessl ad abbat-
terla prima di sceudere a far menzione di nosti-e scritture
poetiche. Perciocché troppo indegno parrebbe di una
dotta compagnia lo occuparsi anche per poco intorno ad
( X L V I )
•una facoltà, die il gusto loglieese degli altri studj , che
jneno dilcllevoli sono, e più sodi. Ma cotestoro Iraggon
motivo di giudicare si falsamente, dal vedere darsi il
nome di poeta a certuni, i quali senza avere ricevuto
dalla natura un ingegno sublime, e. una viva immagi-
nazione, senza conoscer punto né regole, nò esempj,
né lingue de' primi autori e maestri dell'antichità, senza
penetrare a tesoro nessuno di Scienza o di arte , vanno
ad ogni lieve occasione, a ogni capricciosa fantasia pub-
blicando versi, de'cjuali i meno cattivi son quelli, a cui
solo si può rimproverare di essere frivoli. Noi all'opposto
in troppo pili alto prezzo mettiamo giustamente il bel
nome di Poeta; noi senza parlare della dottrina amplis-
sima degli antichi poeti, sappiamo, che tra' nostri mo-
derni que' , che in profondità di erudizione si dislins^ero,
quasi tutti ne lasciarono poetiche produzioni eccellenti ;
noi a' nostri dì, o poco da noi lontani veggiamo ben
molti, i quali alle scienze le più serie, e le più astratte
hanno saputo, e sanno congiungere tutta la dolcezza, e
leggiadria delle Muse Latine, Italiane, e Francesi, 11
perchè, senza arrestarmi punto nel mio troppo lungo
cammino, verrò tosto accennando le poesie, colle quali
varj Accademici spesso gì' intervalli delle assemblee non
indebitamente riempirono.
Madama Diodata Saluzzo-Roero ne fece molte volte,
e su varj soggetti sentire il valore della conosciuta sua
celerà. Con un endecassillabo annunziò le belle speranze
concepute di gentile a lei cara donzellina; con più sonetti
( X L V I I )
onorò la morte di un'illustre sua amica, da lei già con
molti altri interessantissimi versi celebrata in una sua
raccolta stampata a Torino , e ristampata a Pisa ; con
una canzone anacreontica intitolata l'Amorino , spiegò i
suoi giusti sensi sul!" amore , a cantar le cui lodi era sfata
da una Gentildonna Italiana invitata; con un'altra sotto
il titolo degli atomi espresse ingegnosamente i vantaggi
della gloria sopra la bellezza; e con un'elegia sulla tomba
dì Alfieri, copri le ceneri di questo gran tragico quasi
di uno scudo insuperabile contro i colpi, che vi possa
lanciar mai la ignoranza , o l' invidia.
Ella ne recitò altresì due capitoli in 3.* rima; 1' uno
inviato a una giovine poetessa Romana , nel quale ris-
pondendo ad una canzone ricevutane da essa, la conforta
a continuare animosamente l' erto cammino di Parnaso.
E chi meglio di lei esserle poteva incitamento, e guida
ad un tempo ? 1' altro al signor abate Denina , dove ÌQ
ispezie per cortese leggiadrissima maniera gli dà conto
di se, e degli sfudj suoi: gli dice come avviossi al lu-
cido monte, ove stassi Melpomene, come sacrò all'ara
di lei i ben accolti suoi voti : legge colà il nome de' tre
famosi tragici della Grecia, e maravigliandosi su i quat-
tro della Senna si duole, che X Italia con la mae-
stosa sua lingua pur un di questi non avesse : poi si
racconsola al vedere il nuovo Sofocle nostro sorto in
tempo a vendicare 1' Italo nome; protesta, che questo
ella pili di tufli gli altri onora, ed annunzia che ve-
stendo anch' ella tragico coturno con due tragedie sue
( XLVIII )
pinse r atroce Tullia, e pianse sul destino di Erminia.
Indi passa a notificargli come s' invaghì pure della filo-
sofia veduta sotto la sembianza d' Ipazia pudica, filosofia,
che attrasse i cuori dell' antica età, ed accenna così il
nuovo poema su tal soggetto da lei intrapreso. !Nè gli
tace , che talora ripigliate le usate ghirlande torna a
sciorre lirico canto , e talora involta in bruno velo va
piangendo la perduta sua dilettissima Giosefllna. Chiude
in fine il capitolo con dirgli , che non passa giorno ,
che ella non si oda intorno suonare il nome, il valore
di lui , con assicurarlo che tuttora il serbano altamente
in cuore i genitori, e i germani di lei: lode a parer
mio, non l' ultima tra le lodi di questo gran letterato,
l'essere sì caro ed in prezzo ad una famiglia, ove le
scienze e le lettere per sì segnalata guisa sono, si può
dire , indistintamente ereditarie.
La stessa autrice in altre diverse adunanze ne lesse
appunto due canti dell' ora accennato poema suo delle
filosofie. Uno de' più luminosi princi[)j , che Aristotile
suir esempio di Omkro porge a qualunque poeta, il qual
massimamente imprenda a scrivere opere che procedano
assai in lungo, egli b, che abbiasi la poesia a rendere
drammatica, o vogliam dire attiva. Qua mirarono que'
pochi, che più presso al grand' epico poggiarono, e qua
mirò altresì la valente Accademica in questo assai lungo
poema scritto da lei , come quel di Dante in terza rima.
Ella vi mette a fare il primo personaggio la celebre
Ipazia figliuola del filosofo Teone; pone la scena in
( X L I X )
sandria di Egillo; ristrigue all' anno qualtrocenlesimo
dell' era cristiana il tempo doli' azione, la quale si è una
rivoluzione degli Egizi contro i Romani : v' introduce
per attori principali i varj Capi delle varie sette filoso-
fiche, che fiorivano in Alessandria, con fargli operare,
per quel che a ciascuno di essi appartiene, a seconda
delle loro conosciute opinioni morali; e pon termine al
poema colla morte d' Ipazia, viltinia infelice, e virtuosa
degli errori universali. Da queste poche parole ognuno
può argomentare quanto fedelmente siasi ella attenuta
all' anzidetto principio dal maggior de' maestri presenta-
toci, e dal maggior de' poeti adoperato. Aggiugnerò ,
che se gli Omerici poemi sono sì lodati anche per essere
sparsi di punti di morale, e di politica utilissimi, otterrà
pur questo assai lode per due grandi oggetti eziandio,
i quali in ispezie a istruzione del mondo si propose di
mira: e sono i.° provare quanto in mezzo a' molti er-
rori delle varie sette filosofiche campeggi la superiorità
della cristiana .filosofia; 2." insegnare quanto di rado nel
vortice delle umane vicende trionfi chi destò i tumulti,
e le civili discordie.
Ci sono parimente della medesima poetessa due consi-
derabili canzoni: la prima è sulf ozio; e con questa
tentò specialmente di scuotere dal lusinghevol sonno
r Italia, e richiamarla al viaggio dell'antica sua gloria:
la seconda è sulla fortuna, soggetto invero già venduto
celebre da Pindaro, da OjtAzio, dal Guidi, e dirò anche
da RoustìfiAU , beuchò quest' ultimo sia molto distante dal
7
greco lirico, qui da lui preso giustamente per modello,
come altrove da lui poco debitainenle censurato. JMa ella
comechò ricca sempre dell' estro di questi gran vati
tenne in si fatta sua poesia un modo, che nulla ha di
comune con quelle di loro. Tal è quando dipigne Iddio
nella sua maestà , e ncll' atto , che tira dal nulla la
fortuna, quando introduce se stessa a rifiutare con no-
bile alterezza i favori della capricciosa Dea, e quando
rammenta il suo magnanimo padre, i suoi diletti fra-
telli , e la morte di un di loro su gli abborriti campi
di Verona.
Ecci infine della stessa sotto il nome di Glaucilla
Eurolea un poemetto per nozze, intitolato la Capanna,
indiritlo al Signor Aliate Valperga-Caluso tra gli Ar-
cadi Euforbo Meleslgenio. La ingegnosa maniera gra-
ziosissima , con cui ella invita Euforbo a celebrare lo
illustre maritaggio, la destrezza, con cui nell' opera in-
tromette la più vezzosa delle grazie, l'idea sublime, che
dà dell'amore, nato negli stellati armonici regni, fecon-
datore, e abbellitore del Mondo, lo elogio nobile, e
riguardoso, che fa degli sposi da mistico velo adom-
brato , oltre la novità delle immagini , e la varietà del
ritmo, sono una luminosa prova, che in Italia, anche
su tai soggetti , qualunque sieno le accuse, che ne facciano
alcuni Oltremontaui , vi è tuttora, chi si sa ben al dis-
sopra della volgare schiera innalzare.
Il Signor Abate Valperga-Caluso sotto il suo nome
di Arcadia Euforbo ha pur egli su questo argomento
( LI )
meclesimo un poema dello stesso genere. La vivace af-
fettuosa novità , con cui tratta egli uà soggetto sì usato,
qual è quello di uozze , può servire ad ampliare la monte
di coloro, che in sì fatto cammino non sanno abban-
donar mai l'angusto spazio, che corrono i più. Invitato
r autore dalla celebie poetessa Madama Diodata Saluzzo-
RoERO col nome di Glaiidlla , si scusa dapprima con
dire, che lo snirito suo da sei anni si sta fra le ombre
di un'onoranda tomba, cioè dove riposano le ceneri
adorate di una Principessa * per le sue virtij, per le sue
grazie elernaimcnte tra noi memorabile, Principessa, dalla
cui eccelsa fiamma poteva un tempo essere la sua voce
animata. Poscia sentendo giugner vie piìi dolci in fondo
del caro avello i versi di Cianci Ila, quasi suo malgrado
se ne spicca , vien fuori , prende la cetera , e canta.
Entrato con sì nuova maniera nel canto , anche con bella
novità insieme , ed accortezza prosegue egli a cantare i
pregi degli sposi, le glorie degli avi, e le speranze
de' discendenti : e finisce annunziando in un modo bea
onorevole per chi al cauto lo invitò, ch'egli dalla sem-
pre acerba, e cara rimembranza viene alla trista tomba
richiamato.
Il Signor Carlo Bossi ne recò altresì un poemetto misto
di sciolti, e di ottave, intitolato: Amore, e calore.
* V. Omaggio poplico Hi Euforbo Meìesìgenin P. A. alla serenissima Al-
tezza (li ''Giuseppina Teresa ili Lorena, Principessa di Carignano. Parma
Booom 1792.
Qiial minisfra di Dio inteiessanfissima ivi h infrodotfa
la natura. Gioisce ella al primiero aspetto doli' uomo ,
uscito di fresco dalie mani del Creatore. Poscia scor-
gendovi dentro al cuore un torbido affetto distrug-
gitor di se stesso, e dentro la mente anche un' assimile
idea feroce, che assegna in terra i primi onori a chi
uccide maggior numero di viventi , se ne affanna ella
profondamente. Traggesi sollecita dinanzi a lui, che Io
creò, e con una maniera degna di chi parla, e di chi
ascolta espone il suo tristissimo affanno. Al tacere della
gran donna un improvviso fascio di luce la investe, e
sulla base del trono empireo le offre impresse in ful-
gid' oro note consolatrici, per le quali vede, che la dote
primiera dell' uomo doveva essere il valore : ma che insie-
me con esso gli fu dato 1' amore ; e sul dolce accordo , e
sulle felici conseguenze di questi due affetti ella intende
cose, che la rendono tranquilla, e serena. Pari in questo
componimento alla novità de' pensieri, all' elevatezza
de' sentimenti sono la forza, la precisione, la chiarezza,
e la eleganza dello stile.
Il Siguor Bava S. Paolo recitò parecchi canti di un
suo poema filosofico, che in verso sciolto compose sul
bello visibile. Persuaso 1' autore, che in si fatta maniera
di poesia il metodo, e fordine è cssenzialissimo, prese
con questa doppia vista a rintracciare il bello regolar-
mente spaziando per le proprietà dell'organo visivo, per
la luce, e pe' colori , pe' regni vegetabile, ed animale,
per la natura umana, e per l'arti tutte. E come Io instruire,
( Lllt )
bencTib sia questo il principal fine, ivi non basta, stu-
diossi inoltre, il più che potè, di avvivare le moltiplici
istruzioni in sì vasto campo raccolte , con introdurre fi-
gure , e circostanze tali a poter dilettare 1' immaginazione,
nascondere l'aridità del soggetto , e abbellirlo con poe-
fiche pitture. Il leggitore, poiché il poema -in un vo-
lume a parte è già per intero stampato, facciane il con-
fronto con quello de' piaceri dell immaginazione di
Akenside, o con quello della filosofia Neiitoniana di
Stay , o con quello di Dufrenoi de re graphica , o con
qual altro de' moderni più vi somiglia nell'argomento,
e giudichi, senza ch'io ne dica più avanti, a qual sia
da attribuire la preminenza. '
Il signor Marengo con due lettere in verso sciolto' a
Lesbia indirizzate, con un'ode erotica intitolata: l'invito
alla campagna , ne recitò a tempo a tempo due poemetti:
L' uno in 3.^ rima sulla natura poetica , e vi dichiarò,
che quantunque a riuscir bene in poesia la natura , e
l'arte diansi mano a vicenda, la natura nondimeno vi
contribuisce incomparabilmente di più :
L' altro in versi sciolti , il qual ha per titolo: la loinha
del secolo XVIII, e in esso le vicende accadute già
nelle varie rivoluzioni delle nazioni , in un co' moderni
successi , adombrò nel simulacro della storia , che in un
prisma da lui ideato fa vedere la tela del passato, del
presente, ed annunzia parte del futuro col predire la
pace , che realmente si conchiuse poco dopo.
Il medesimo autore ne produsse ancora una buona
parte del canto VII della Rodi salvata, poema epico,
il qiial condotto da lui oiamai a teiinine, e già de' suf-
fragi di una insigne letteraria società onorato , sarebbe
pur esso venuto alla luce, se a trattenerlo non sorgeva
nuovo corso di tempi.
Il Signor Francesco Grassi oltre due odi , 1' una
sulla battaglia di Marengo, e l'altra sulla pace, oltre il
primo canto sul galvanirmo in versi sciolti, n<'l qual
canto fatto di tal igneo spirito un agente universale della
natura il comincia ad applicare al regno minerale, ne
lesse egli distinto in cjuicdici canti un suo poema, il cui
titolo si è: La ragione nella adolescenza, virilità, e
vecchiezza. L' autore volendovi delineare un quadro mo-
rale, e fisico dell'umana vita, ne' primi cinque canti
sotto la scorta della ragione conduce 1' uomo dalla culla
sino a sacra magione , dove s' incorona una razionale
disciplina: ne' cinque seguenti pe' vari impieghi civili
avanzatolo nella società lo scorge sino all^i più alta per-
fezione delle sue facoltà intellettuali, e morali; ne' cinque
ultimi guidatolo alla sede veneranda della religione, e
da questa sovranamente preparato lo scioglie da' lacci
mortali , onde innalzarlo al tempio di gloria.
Il Signor MoRARDi in sei distinte poesie espose sei di-
stinti punti rilevantissimi, le leggi del moto, la pietri-
ficazione, i coralli, il flusso e riflusso del mare, l'ori-
gine de' colori, e gli abitatori dflla Luna. I poeti, non
v' ha dubbio, anche nelle finzioni, e nelle ingegnose
(loro allegorie deggiono sempre mostrarsi filosofi : ma
( LV )
quando direttamente , e alla scoperta pigliano ad esporre
i be' ritrovamenti, e i gravi mister) della filosofia, pare
che nelle viste di lei entrino maggiormente. Perciocché
la versificazione, l'armonia, e le grazie poetiche assai
più che il ragionamento della prosa giovano a rendere
amabili le speciali cognizioni filosofiche , a diffonderle
negli spiriti, e a conservarle nella memoria.
Il Ili Carlo Leprotti, senza che la sua età anche
più avanzata mostrasse gran fatto intiepidito 1' ardore,
che in più occasioni la sua gioventù palesò nel poetico
stadio, ed esercizio, ne venne ancora leggendo varie
poesie e latine , e italiane. In alcune di esse prese a
lodare personaggi per chiarezza di amministrazione civile,
e di arte militare fra noi cari, ed illustri; in alcune altre,
che sono principalmente tre lunghi componimenti dram-
matici, il primo l'Idra aiterrala, il secondo il Coti"
gresso de fiumi , e il terzo Nettunno in villa intitolati,
volle figurare sotto allegorico velo misteriosi sensi po-
litici.
11 Signor Cesare Saluzzo ci porse parecchie poesie
come di lingua, così di genere diverse. Le italiane ri-
volse egli per lo più alla pastorale, specie di poesia
quanto ognora gradita da' valorosi ingegni, altrettanto
difficile a ben condursi , massime per quel giusto mezzo
da tenere fra la troppa rusticità da una parte, e il troppo
raffinamento dall' altra ; e gì' idillj scritti dal poeta Sici-
liano alla corte del Re Tolomeo, e que'coraposti a quella
di Augusto dal poeta Latino, furono i principali suoi
esemplari. Le poesie Francesi poi il nostro Accademico
adoperò ia favole, e narrazioni piacevoli, inanieia di
poetare, in cui anche ben pochi seppero unire le qua-
lità ivi sopra ugni altra essenziali, cioè la brevitii, la
pulitezza, l'eleganza, e la semplicità; e dal modo, che
vi tenne , si scorge , che il suo maggior modello fu
La-Fontaine , del quale che che ne abbia detto Vol-
taire , troppo aspro in censurarne certe espressioni, e
certi pensieri, si dovrà confessare, che con quell'aria,
che ha costantemente di naturalezza, di verità, d'inte-
resse, di candore, e buona fede, innamora tutti coloro,
che il leggano con occhio disappassionato.
Il Signor professore Dépéret, fidatosi giustamente al
valore del natio suo idioma, entrò come in una gentil
gara con un de' moderni italiani , che appunto al van-
tato novellatore Francese si assomiglia d' assai. Prese
pertanto ad imitare alcuna favola del celebre nostro
PiGNOTTi ; e seguendo 1' esempio di quegli assennati suoi
compatrioti poeti, che mossi non da spirito di critica
riscaldata , ma da verace desiderio di arricchire il pub-
blico letterario patrimonio, ebbero cura d'introdurre nel
parnaso fiancese tutto il bello poetico delle altre nazioni ,
con una nobile imitazione di que' pregj , che nel suo il-
lustre rivale spiccano maggiormente , si sforzò di pro-
vare, che il naturale , il semplice, il grazioso dell'autore
italiano si può con pari felicità esprimere al suono di
gallica cetela.
Il fu professore Vigo , cui nella Repubblica letteraria
i
( LVII )
renderono celebre snprattiUto vaij poonii Ialini; Do Sin-
done 'iaurinensi : Corlex periaianus: Tubcia teiraei
Cannabis : Mormora Subalpina : CJiarta: Lanijiciuin ,
et lanificii curalio: Il lodato Professore, io dico, simile
appunto a quegli alberi rari, e preziosi, i quali non
conoscono inverno, e colla inesausta loro fecondità arric-
chiscono tulle le stagioni, anche nell'ultimo diciaset-
tesimo lustro del suo vivere ne fece dono de' suoi poe-
tici frutti; e con un'ode latina celeb-'ò la pace, che Ira
la Francia, e f Inghilterra erasi poc'anzi fatta; con
un'altia descrisse gì" incomodi, che attorniano la cadente
vecchiaja ; e con due elegie rappresentò quinci gli affetti,
che la prima delle madri sentì al vedere steso in terra
l'innocente Abele; quindi i mali, e in ispecie la ver-
tigine, a cui d'ordinario il soverchio studio conduce
i letterati. ,
Il professore Regis insieme con un carme italiano in
versi sciolti sopra gli orti di Pomona, e un' ode alla
pace, scritta allorquando le vittorie al Reno, e al Mincio
la faceano sperare non lontana , presentò alla Classe in
più volte un poemetto latino su gli animali microsco-
pici. Nel corso di esso 1' accademico, per ciò che spetta allo
stile, seguitò quanto più potè da vicino, quai maestri,
ed autori suoi Lucbezio , e Virgilio ; e per quel che
riguarda la materia , cioò la natura di que.'>ti maravi-
gliosi viventi, la loro generazione, e il modo della loro
vita, cercò diligentemente di schiararsi tuttora al lume,
che gli porsero i precipui sperimentatori in questo par-
8
( LVIII )
fìcoliro ramo di storia naturale, Spallanzani, Boknft,
H.AKER , Rkaumur, Saussure. Nel fine poi valsegli anche
lo studio de' poeti, e filosofi maggiori, ondo con un
episodio natogli dall' argomento medesimo, annoverare
i molti, e grandi vantaggi, de'qnali la filosofia in gene-
rale fu dalla sperienza in questi ultimi tempi arricchita.
Aggiugnerò ancora, che la Classe ha pure gradito
assai tre poesie, le quali gi:\ impresse co'tipi Bodoniani,
le presentò la sua Corrispondente signora Clotilde Tam-
BRONi, sempre onoranda, ossia che colle colte sue rinre
intrattenga i leggitori, ossia che colle erudite lezioni
ammaestri gli uditori suoi nella Lingua Greca, la cui
cattedra ella tiene con singolar lode nell' Instituto di
Bologna. Le poesie sono:
Un epitalamio greco colla traduzione in versi parafi-a-
sata dalla medesima per le nfzze del signor conte Nicolò
Fava Ghisilieri, colla signora Marchesa Gaetana Marescotti
Berselli.
Un'ode saffica greca, tradotta anche dall'Autrice io
Toscano , al signor Conte Senatore Ferdinando Marescal-
chi Fava pel quinto solenne suo ingresso al Gonfalonie-
rato di Giustizia della città, e popolo di Bologna.
Un' elegia groca in onore del celebre tipografo Giam-
battista Bodoni , con la versione italiana del Padre Mae-
stro Giu<!ep[>e Maria Pagnini.
( L I X )
TRADUZIONI.
Il tradurre nella propria lingua ciò, che ciascun secolo
produsse di eccellente tra le altre nazioni, è, non vi ha
dubbio, un mezzo opportuuissimo per esfendoie le nostre
cognizioni, per mantenerci nel gusto della buona lette-
ratura, per guardarci dal ricadere nell'antica barbarie. E
se talun ebbe a dire, che moltiplicandosi esse, potreb-
bono per avventura portare un colpo mortale a' buoni
studj , o parlò egli da irragionevole, o vuoisi il suo detto
con molta circospezione interpretare. Certo, se le tradu-
zioni mirassero a mandare in disuso le dotte lingue, o
fossero tali a mettere in discredito gli autori antichi,
forse più nocive, che salutari sarebbono alla repubblica
letteraria. Ma la bisogna ha da essere altrimenti: gio-
vino pur esse a tanti e tanti, a' quali senza un tal soc-
corso sarebbono gli antichi idiomi perpetuamente inter-
detti; ma questi stiansi sempre in pregio, e vigore,
anzi diille medesime vie più schiariti, e agevolati. Che
senza di essi in breve si altererebbe la tintura del gusto
antico, che fa ora il maggior pregio di nostre scritture,
e noi, con qualsivoglia eccellenza nel tradurre, mal
potremmo sperare di poter essere per li nostri discen-
denti ciò, che per noi furono i Greci, e i Romani. Si-
milmente persuadausi i traduttori, che a far si, com'è
loro dovere , che per le loro traduzioni i più non isce-
miuo la stima per gli antichi, anzi maggiormente s' ia-
( LX) ^
vngliiio di studiarli , e di .nudarvi a rercare ì veri
modelli iu tutto, hanno essi delle grandi difficoltà a
vincere si per ragion dello stile, e sì pel fondo delle
cose. Ma se possederanno ben bene la loro lingua , mas-
simamente ove trattisi dell' Italiana nostra , di tutte la
più varia, la più flessibile, la più capace di forme
differenti ; se avranno una piena conoscenza , ed intera
tanto della favella nelf originale o greco, o latino ado-
perata, quanto di tutto ciò, che appartiensi a' costumi,
alle usanze, alle leggi, alla religione, al governo, alla
storia, e alle diverse instituzioni de'.tcmpi, le vince-
ranno eglino pure queste difilcoltà, e rendeianno a
questo modo un grandissimo servigio alla loro nazione,
mettendole sotto gli occhi ciò , che di più prezioso ne
lasciò massimamente l'antichità. Da questo spirito dettate
ecco le traduzioni della classe , eh' io deggio ricordare.
Tra le odi scritte da'più valenti poeti antichi, e mo-
derni non ve ne ha, che nella correzione, armonia, e
felicità dell'espressione possano pareggiare quelle di Ora-
zio. Quindi è, che tutti gli amatori del buon gusto le
riguardarono sempre con ispeciale amore, e molti di
essi traslatandole , cercarono anche di arricchirne la loro
lingua natia.
Il signor Bava S. Paolo entrò nel numero di questi,
e buona parte di esse tradusse, parafrasò, e in meiro
conforme lesse ad ora ad ora alla Classe. Lo stesso
Autore ne recitò eziandio un canto della Messiade di
Clopstok, da lui presa non senza ragione a traslatare.
( r. X I )
Io non dirò, comò già taluno, che la Messinde di CIop-
stok s'abbia da coiividfiuie lispclto a' poemi dei Milton,
come l'Eneide di ^ iroiuo, riguardo a quelli di Omero;
ne mollo meno mi accordeiò col dr.iio critico * Tedesco,
il quale chinniò divini i canti del suo paesano, e assi-
curò, che Dio sfesso per miracolosa maniera li salverà
fin nelle stesse ruiue del mondo. Ma certo dobbiamo
saper grado al traduttore di farci nella nostra lingua co-
noscere il calore d'immaginazione, il fuoco d'entu-
siasmo, e la vivacità, ed energia delle espressioni, che
negar non si possono ni primo poeta dell' Alemagna.
11 siguor Grassi, unitamente al discorso ventesimo
sesto di Massimo Tirio sopra il Genio di Socrate, ne
recitò molti passi di Virgilio , eh' egli prese a tradurre
dal principio al fine in altrettanti versi esametri, misu-
rati secondo il sistema metrico da lui esposto in una
sua grammatica comparativa , che farà tosto di pubblica
ragione. Persuaso egli, che l'uniformila di metro vaglia
assaissimo ad avvicinare all' originale qualunque tradu-
zione di poeta antico, volle per rispetto all'italiana,
ch'egli crede da ciò, farne la prova sul maggiore de' poeti
latini. E veramente si assomiglia al metro latino 1' ende-
casillabo detto alla latina , come :
Piangete, o Veneri , piangete, o Amori;
* Il signor Botbmer.
e I. X ! I )
si assomig)ia al safììco quest'altro, coli' accento sopra
la quarta , e la sesta
E la corrente rapida seguendo;
si assomigliano al giambico quaternario i settcnai-j sdruc-
cioli , come:
Già ne beati Elisii
Posa sereno, e placido.
faccio degli asclepia.lei adoperati talora con felicità dai
Chi ^BRERA.
Ma il costruire anche nella Lingua Italiana , salvo il
genio della medesima , versi , che agli esametri , come
pure a'pentametri somiglino, egli fu sempre aHare mollo
gravoso; e se l'Autore con la molta fatica, che vi usò
potrà da'leggilori riportare un favorevol giudizio sopra
della sua Eneide per tal modo tradotta, sarà egli più
fortunato dello stesso Claudio Tolomei, il quale tentò
pare d'introdurre in Italia si fatti versi, senza la con-
solazione di vederli ne molto, né poco seguiti.
La poetica di Boileau, benché la più parie de' suoi
bellissimi precetti sieno della nazione, della poesia, e
della lingua Francese unicamente proprj , porta ella
verseggiando un'espressione sì corretta ed elegante, una
imitazione degli antidii sì felice, che in qualunque idioma
apparisca, fia pur sempre un bello, ed util modello a
contemplare.
Il signor Mabenco pertanto credette pregio deU' opera
( L X I I 1 )
lo iijtrapirn Icinc Jii Iraduzione iu vtrsi italiaui, e giù
DO prestulò un saggio competente. (Questo poema diuat-
tito , pregio insigne della Francia letterata, ebbe giù in
Fortugallo, nella persona del conte di Eiiceyia uu va-
lente traduttore; perchè mercè di alcun de' nostri Acca-
demici non dovrà averlo in Italia, ora spezialmeote ,
che per molti rispetti le muse italiane si trovano colle
francesi più e più confederate?
Il signor Galeani-Napione ne recò altresì parecchi tratti
fra i più teneri dell' Eneide Virgiliana , da lui in verso
sciolto tradotti, ne' quali studiossi soprattutto di portai vi
quella dilicalezza, che manca per lo più &l celebre tra-
duttore Anmbal Caro. E veramente il principal distin-
tivo dell'epico latino essendo la tenerezza, nella quale
non solo a tutti gli altri poeti, ma ad Omero medesimo
è superiore d' assai , chi non vede che il primo dovere
di chi lo traduce egli è di sapervi ritrarre al vivo la
dilicafa, e profonda sensibilità, che m 11' originale cam-
peggia in particoiar maniera?
Lo stesso Autore ne lesse pur anco una gran parte
della traduzione delle quistioni Tusculane, da lui ora
a termine condotta. Bella invelo è la forma , che i com-
ponimenti filosofici prendono, quando sono debitamente
trattati pervia di dialogo; e fra i capi d'opera, che in
questo genere ne lasciarono gli antichi, bellissimo, ed
utilissimo insieme è quello delle quistioni , le quali por-
tano il nome di Tusculane dalla città di Tasto/ o , pre^so
cui r Orafor Romano nella sua villa obbliando i suoi
( L X I V )
fi'ionfi, e la sua dipnilà s' inlrattrnova dolcemente togli
amici sulla filosofia. Quest'opera ricchissima sopra leallre
di morale, parve al nostro Accademico hon meritevole
di comparire novellamente agli occhi dell' Italia nella sua
lingua, come a que' della Francia nel suo idioma già
rappresentò l'Abate d'OLivET in compagnia d'illustre
socio,
11 professore Regis finalmente intrattenne pur esso in
varie adunanze la Classe colla ripartita lellura di alcuni
libri della Ciropedia di Senofonte, che dal Greco in
Italiano tradotta, e con molte noie illustrata pubbli-
cherà quanto prima. L'Autore non si accinse all'impresa
se non prima di aver ben bene esaminato le principali
traduzioni fattesi di questa storia in varie lingue; e fu
questo attento esame, che lo pose in isperanza di potere
ancora non senza prò correre il frequentatissimo aringo.
Che se il buon volere, e la diligenza grande, che vi
apportò, avranno un qualche successo non {sfortunato,
potrà egli con questa fatica agevolare a' suoi discepoli di
lingua Greca nell'Ateneo la intelligenza, e il gusto di
uno Scrittore, la cui penna fu, si può dire, dalle Muse,
e dalle Grazie guidata, e verrà, quel che è molto più, a
mettere nella sua patria in nuova luce gli acconcj spe-
zialmente al nostro secolo aurei precetti, ed^esempi, di cui
abbonda questa fra tutte preziosissima opera dell' anti-
chità.
( LXV )
BELLE ARTI.
Il Piemonte, a vero dire, non può del pari, che
altri coDfìaaDti dominj vantare un' antica non interrotta
scuola delle Belle Arti. Ch'esse, siccome amiche natu-
ralmente di quiete e di tranquillità, mal sanno posarsi
là, dove troppo sovente giugne lo strepito delle armi
a spaventarle: e questo stato, siccome guei-riero , e per
sua situazione soggetto ad essere il teatro della guerra ,
potè ben più volte ad altri Popoli Italiani proleggere
la durevole stanza di esse, ma non valse egli a procu-
rarla, e a proteggerla a se medesimo stabilmente. Ciò
non ostante, in ogni tempo sino dal risorgimento loro
iucomiuciando , ebbe il Piemonte uomini in esse rag-
guardevolissimi. Basta volgere un'occhiata sul Museo No-
varese del Cotta, suir abecedario pittorico dell' Orlanli,
e sulla raccolta di cose patrie del signor Vernazza, per
vederne parecchi da più savj Pontefici delle più splendide
iucumbeuze onorati , alcuni pur Capi di Accademie accre-
ditatissime, e Maestri di valentissimi Discepoli, varj ad
ora ad ora gareggianti co' più famosi , e qualcuno dallo
stesso Rafaello anche a' suoi lavori associato , e molti
finalmente qiià e là vivi e spiranti ne'proziosisimi mo-
nuuienti, onde ogni primaria città vicina e lontana illu-
strarono. Anche in ogni tempo fra noi la Famiglia Sov-
rana, se non potè sì tosto per colpa delle circostanze
provvedere alle Belle Arti una successione di scuola ,
9
( L X VI )
non lasciò però mai ài favoriilc, pioniovciKlom* sollc-
citameute lo studio ne' sudditi suoi, e thianìccdo a se
COQ istipendj ed onori considerabili gli artefici , che fuori
aveano maggiore rinomanza. E allorché tempi rren tor-
bidi gliel perinisero, ella di buon giado gettò Je fon-
damenta di questa scuola , e senza intermissione tirò
sempre più in alto il ben avventuroso edificio. Cosi nel
1662 diede opera, che sorgesse la compagnia de' Pro-
fessori delle Belle Arti, la quale da S. Luca si deno-
minò, e fu alla romana indi a poco aggregata; cosi
nel 1678 la eresse, e stabilì * in Accademia; e con mu-
nirla di esteri ingegni i meglio fatti per dare a' nazio-
nali lo avviamento, e stimolo maggiore; con impie-
garla di mano in mano ad abbellire il palazzo e le vill^
reali, le basiliche, e altri pubblici edifizj ; con restau-
rarla all'uopo, ed accrescerla di Piofessori, di leggi,
e di ajuti di ogni maniera , mercè soprattutto le spe-
ciali cure di tre successivi Re di lei amantissimi, la portò
nel secolo XVIII a tal celebrila , che Torino nella pit-
tura , neir architettura , nella statuaria , e maestria in
bronzi dopo Roma non la cede quasi a nessuna delle
città capitali d'Italia**.
Erede al presente, e depositaria di questa gloria la
Classe nostra, una buona parte de' suoi sfudj , e delle
* V. Storia pittorica dell'Italia. dell'Abate Lanzi, pag. Syi.
** V. ibid. pag. 386.
( L X V I I )
sue occupazioni tiene ella sulle Belle Arti fervorosamente
rivolta. Comincio da' Professori medesimi: che cosa bella
è invero quando chi un'arte professa pratico insieme
di tutta la Greca, e Komana erudizione, scrive sull'arte
stessa, e può non men colle dottrine j che cogli esempj
l'ingegno, e la mano altrui reggere e perfezionare.
Il signor PÉCHEUX adunque nel corso di questi quattro
anni pigliò in varie adunanze a trattare varj punti impor-
tantissimi; ed ora ci presentò come un compito ritratto
delle Arti , nel quale da' tempi i piìi lontani movendo,
e sino a di nostri arrivando, mette in vista l'origine,
il progresso, la decadenza, e il risorgimento loro al
secolo quindicesimo: ora ne porse un'idea ragionata su
gli antichi pittori, nella quale mira principalmente a
combattere la comune opinione, ostinata nel dare a' Pit-
tori antichi troppa superiorità su' moderni; ed ora ne
fece pure una fedele rassegna delle differenti scuole
pittoriche, che si videro in diverse epoche dal rinnovel-
lamento dell'arte in Italia fiorire, con additarne insieme
il vantaggio , che trar se ne può per l' esame delle opere
successivamente apparite.
Parlò un di sulla grazia della spezie umana conside-
rata, e applicata alla pittura, facendo prima vedere,
che i movimenti sono i principali agenti di essa, e dise-
gnando poscia r età , e il colore onde aumentarne la
possanza: in un altro trattò della pittura a fresco, e
studiossi di scoprirne i principi, ^^ spiegarne l'opera-
zione, e di esporne in fine la cagione della sua poca
( LX vili )
durata per l' azione appunto del caldo , e dell' umido
dell' atmosfera.
In due altre occasioni ne lesse due saggi, l'uno de' quali
fu sul gusto nella pittura , e 1' altro su i diversi caratteri
della pittura espressi per semplicità, patetico, energico,
e sublime. Nel primo di essi dimostrò, che il gusto nella
pittura è infinitamente vario ; che dipende molto dal
carattere del pittore, delle scuole, e anche del secolo;
che è soggetto a viziarsi per sensibili passaggi da poli-
tiche circostanze originati; e che da ciascuna nazione si
può il medesimo eoa osservazioni su' vicini fatte miglio-
rare d' assai. Nel secondo insegnò , che lo applicar giusta-
mente il semplice, il patetico, l'energico, ed il sublime,
egli è dovere dell' occulato artista; notò che da questa
giusta applicazione può l' opera solo ricevere il suo mag-
gior lustro; e finì annoverando diversi quadri, in cui
eccellenti maestri seppero al vivo questi differenti carat-
teri rappresentare.
Avvi ancora del medesimo Professore due ragiona-
menti, cioè sulla bellezza relativamente alla pittura, e
alla scultura, e sull'armonia in pittura.
Riguardo alla bellezza egli ha per iscopo di far ve-
dere, che non essendovi bellezza alcuna assoluta, l'oggetto
di questo vocabolo è a' soggetti rappresentati meramente
relativo. E nozioni esatte sulla natura della bellezza,
soprattutto considerata nella spezie umana , sul senti-
mento, che di essa in noi si sviluppa, su i due generi
di bellezza, naturale presso gli uomini, ideale presso gli
( LXIX )
Dei, e gli Eroi, tutte e due relative all'età, al sesso,
al carattere, alla condizione; osservazioni particolaà
sulla bellezza ideale, sulla perfezione che le viene dalla
forza, e grandezza dell' immaginazione, su i differenti
caratteri di essa; infine riflessioni distinte sulle diverse
età, sulla bellezza propria di ciascuna ^i esse, e sulla
difficoltà maggiore tra noi a ritrovare queste difftrenti
bellezze, tutto egli è adoperato destramente a meglio
spiegare, ed arricchire il proposto argomento.
Rispetto all'armonia, mira l'Autore a spiegarne il ca-
rattere sull'esempio massimamente de' pittori, che sopra
gli altri vi si segnalarono. Data perciò un' idea generale
dell'armonia, dice come si applica essa alla pittuia ,
da quali, e quante cose dipende: accenna, che pochi
quadri hanno di questa armonia ricreatrice; che gli an-
tichi occupati solo delle altre parti dell' arte non bada-
Vano a questa , ne per questa sono essi di fatto lodati da
savio estimatore. Osserva non esservi esempio di quest' ar-
monia anteriore all'anno i55o; fa special menzione de' pit-
tori, che furono i primi a sentirla, a porla in opera,
e chiude esortando gli artisti a volere, or che non man-
cano i belli esempj , adoperarsi diligentemente per acqui-
stare nuovi lumi su questa parte, di tutte la pii!i dilet-
tevole, la più utile a portar l'arte alla sua perfezione,
e a far passare la memoria di essi alla posterità.
Tanta suppellettile di dottrina contenuta nelle accen-
nate lezioni già bella per se stessa, lo diventa ancor piìi
per la chiarezza che le viene dalle opere di chi la dettò.
( L X X )
Percioccht; il nostro Accademico prima che nell'anno
1777 chiamato fosse di Roma in Piemonte da Vittorio
Amedeo HI ad essere suo primo pittore, e a diligere
insieme sulla norma tenuta molto prima dal celebre Ca-
valiere Beaumont, la novellamente restaurata Accademia
di pittura e scultura, aveva egli già con isp'endida mae-
stria più fatti pennelleggiato. Per tacere di pregiatis-
simi ritratti di gran Signori, di Regnanti, di Pontefici,
ornamento al presente di molte Reggie, ne sono in
ispezie testimoni hi adorazione de' Pastori, quella de' Re
Magi, e la crocifissione che pur in sua gioventù gli
fruttarono di essere Professore in Campidoglio, e mem-
bro dell'Accademia di S, Luca, e di Parma, e di Bo-
logna; testimonj la Venere che dissuade Adone dal gire
alla caccia, l'Attilio Regolo, il Coriolano, lo sposalizio
di Amore, e Psiche, la Tetide chiamata in Olimpo, il
ritorno della Santa Sede in Roma , il Padre Eterno ,
che divide gli Elementi, la Madonna addolorata, e la
Virginia avanti al Decemviro Appio, il qual ultimo quadro
proposto per concorso nel portò appunto tra noi a di-
rigere la scuola Torinese. E dopo anche dobbiamo a lui
i multiplici soggetti, che adornano la volta della Biblio-
teca interna del palazzo reale, dobbiamo il S. Vincenzo
Ferreri, che risuscita una morta, il Presepio, il Batte-
simo del Principe Nazaradeolo , la Clelia, che passa il
Tevere, il transito di S. Giuseppe, lo Alessandro abhrac-
ciato dal figliuolo di Dario, la morte di Epaminonda,
la natura consigliata dalla ragione, il Narciso innamorato
i
( LXXI )
di se medesimo, il riposo in Egitto, lo Augusto die
chiude il tempio di Giano, il Muzio Scovolo, lo Acliille
che freme in consegnando Briseide, opere tutte, le quali
mentre qua e là dove sono da vicino, e da lontano
esaltano il pennello, che le lavorò, ne illustrano anche,
e ne avvalorano la penna, che scrisse i testé riferiti
animaesfranienli dell' arte.
Il signor Krvelli altresì chiamò l'attenzione della
Classe alle seguenti leMure. Intorno a' rami di anatomia,
che si trovano uell' enciclopedia di Padova, fa egli in
una assai distesa lettera al signor Conte Carburi indi-
rizzata, chiaramente vedere, che colesti non sono per
niun conto esatti, e propone un metodo infallibile, onde
avere tavole anatomiche, disegnate colla maggior esat-
tezza, ed acconcie a presentare l'osteologia, e la raiolo-
gia in qualunque animale perfettamente situate.
Sul modo di rettificare la vista a' disegnatori, accom-
pagna con uno scritto una macchinetta da lui inventata,
mercè della quale si misurano non solo le linee perpen-
dicolari , ma le orizzontali eziandio, e le obblique. In
esso mostra in che consiste il diseguo, e come usandosi
finora in tutte le scuole d'Italia, e d' oltramonti unica-
mente il piombino, mancava per anco il mezzo di ret-
tificare con facilità, e sicurezza la vista; reca parecchie
osservazioni sopra un passo di Mengs , dove raccomanda
agli allievi di disegnare delle figure geometriche, accenna
in quali circostanze l'usare il compasso sia utile, in quali
dannoso; e finisce con dare una chiara idea della forma ,
( LXX 1 I )
e doli' USO della proposla niacchinetfa, già da' suoi Disce-
poli nella scuola del disegno fiulfuosamente adoperata.
Andie sul foro Bonaparte ideato in Milano, abitiamo
di lui una dissertazione. In questa comincia dallo espoiTe
con (juai monumenti gli antichi Greci, e Spartani ono-
rassero i loro Eroi, e con quali in appresso gli onoras-
sero di tempo in tempo gli altri popoli, che per gran-
dezza d'imprese, e per estensione di dominio furono
i più famosi. Poi dopo avere toccato qual monumento
debba essere più caro ad un Eroe, che ami la vera im-
mortalità, entra a ragionare di que' monumenti che l'am-
bizione, e di quelli, che l'amore, e la pietà innalza-
rono: prova ad evidenza, che le moli più strepitose
non possono se non dalle più grandi nazioni innalzarsi:
e come tale appunto sarebbe l' idea del foro Bonaparte ,
come a tanto non può levar le sue mire la nazioa Cisal-
pina, e come soprattutto l'Eroe, a cui onore vorrebbesi
far ciò, ama di vedere la sua gloria su migliori basi
fondata, conchiude l'autore esser poco probabile, che
siasi mai per recare ad esecuzione lo ideato foro gran-
diosissimo , contro cui reclamerebbe quasi anche la na-
tura del sito medesimo, che appartato, qual è, sarebbe
pure mal adatto a fiere, a mercati, a commercianti.
Lo stesso Professore intorno all' arte di ben panneg-
giare ne presenta come un trattatello originale e compito;
tratta del migliore stile da tenersi ne' panneggiamenti ;
prova, che debbano questi studiarsi sifl vero, e perfe-
zionarsi coir arte; tocca le occasioni, che ì' ideale, ossia
( L X X I I I )
rimmnginazlonc ricliioggouo per esej^uirli; porge delle
critiche riilcssiorii sopra due articoli di JMengs a tal ma-
teria appartecenfi; indica i modelli da seguire ne'paii-
neggiauicnti, e il modo , onde analizzare, dirò così, le
pieghe di un panno; parla del manichino, ossia della
statua movibile , dell'inventore di esso, e de' vantaggi,
e de' danni, che ne possono a' coltivatori di questi sludj
avvenire ; inliue espone diligentemente i mezzi , onde arri-
vare a ben comporre i panneggiamenti, tanfo perchè
sieno essi naturali, ed esprimenti le varie stoflé, quanto
perchè diano grazia , e leggiadria alle figure di donna ,
e un'aria di maestà alle figure d'uomo, che maestosa-
mente hanno da comparire.
Il primo volume di opere filosofiche sulla pittura ,
pubblicato più anni fa dall'Autore, ci fa desiderare il
secondo, e il terzo, che promessi ne furono; e questi,
come alimentati parimente da' sodi studj fatti in Italia,
e massimamente in Roma su le statue Greche, su Ra-
FAELLO, su i Cab ACCI, su Tiziano, su Coreggio, su i
migliori della scuola fiamminga, su l'uso della camera
ottica oscura; cosi arricchiti poscia, e corroborati da'dotti
esercizj , dopo il suo ritorno in patria non mai intei:*:
rotti, daranno abbondante materia a nuove letture, colle
quali vorrà egli, son certo, a' Colleghi anticipatamente
conmnicare le recenti sue fatiche teoriche. Che quanto,
alla maniera , con cui sa egli metterle in pratica , senza
ricordare gli altri, bastano a faine fede due soli quadri
suoi: parlo del Cristo giudicato da Caifa, e dell'Olimpia
IO
( LX X 1 V )
abbandonata da Biieno , i quali esposi! pur di presente
nel suo studio non si sazia di visitare il coito citta-
dino , e sti-aniero.
11 primo nel miglior modo, che sia possilnle, insieme
colla forza e verità negli eifetti del lume, insieme colla
robustezza del colorito di stile fiammingo, esprime la
innocenza, e la divinità, che traluce nella faccia del
Salvatore, e nel suo contegno, la malignità del Giu-
dice, l'attenzione de' circostanti , e l'intimo loro rancore.
11 secondo, colla purità del disegno, col colorito della
scuola veneziana, e fiamminga, colla i-icchezza della
composizione, il tutto in sommo grado, ci presenta
nella tradita Principessa il carattere di dolcezza, e te-
nerezza si veracemente, che si può dire avere il nostro
dipintore col divino poeta, da cui tolse l'idea, felicis-
simamente gareggiato. La povera Olimpia , che assisa
sul letto, levando gli occhi al cielo, e stracciandosi con
una mano i crini, e coli' altra additando il Ietto, e
l'isola, ci manifesta un dolore tranquillo, e nell'anima
concentrato; la tenda, che in un angolo del quadio si
appoggia sopra un ramo d'albero, il mare che in lon-
tananza è rischiarato da' raggi del sole uiisccnte, la nave,
che se ne porta 1' amante infedele, e tutti infine gli ac-
cessori perfettamente corrispondenti al principale , sono
altrettante prove recenti, che fia sempi-e caro alla Classe
ciò, che sull'arte sua vorrà leggere il Professore acca-
demico.
Il signor professore Porporati, già sotto Vittorio
( LXX V )
Atnedeo III, incisore, e custode do' (lise{!;ni di piftuin ,
sfulUira, e orcliilettura civile, meiiìbro dell' Accademia
reale delle Arti di Torino, e di quella di Parigi, ed
ora Corrispondente dell'Instituto nazionale, se non fosse
un notabile indebolimento di vista, e il cagionevol tenore
di salute, colpa dell'età, e piìi ancora di sue lunghe
fatiche, certo avrebbe egli qui tra' lavori di nostra Classe
un luogo distinto. Perciocché di questo valente artista
ognun sa come nell'inlaglio sia forte, suave, e diligente
il bulino ; come le opere di lui a piìi colti , a più lon-
tani paesi pervenute , il facessero da splendide Corti con
vantaggiose distinzioni invitare; e come veramente nella
capitale della Francia, ov'era stato spedito dal suo Re ,
durante il lungo soggiorno, che vi fece, fornisse di sue
rare produzioni quell'Accademia, in seno alla quale era
sfato onoratissimamente ricevuto. Che se altrettanto nella
nostra, atteso il presente suo slato, non potè fare, egli
non lascia perciò di esserne utile, e pregiato. Che belli
sono sempre i lumi, i riflessi, che apporta nelle adu-
nanze, belli, e diritti i giudizi, che dà ogni volta che
in fatto di arti è nominato nelle commissioni ad essere
o direttore, o conoscitore delle opere altrui. Soprattutto
poi dee essere a tutti caro lo studio, e zelo che pone
nel formare nella sua scuola a parte gli allievi suoi ,
de' quali alcuno, come dirassi a luogo suo, già presentò
all' Accademia produzioni non indegne diun tanto maestro.
Ed è veramente da saper grado assai al Governo , il
quale giudicando, che ampia troppo è la materia, che
( L XX V I )
riguai-da il disegno iu tutte le sue parti, e quella che
riguarda le fabbiiche , le manifalturc, e quiuJi Iaconi-
posizione, il modo di panneggiare, la teoria della luce,
de' colori, e la filosofia dell'arte per la tanfo diflicile
espressione degli affetti , volle , a prò di questi multiplici
studj , accrescere il numero de' Professori , che per lo
innanzi nelle Accademie di pittura era molto scarso ,
onde tutto si potesse per debito modo insegnare, e tutto
partitameufc imparare.
Il signor Abate Tarini , direttore del Museo di anti-
chità, è autore anch' egli di tre ragionamenti, che alle
Belle Arti appartengono.
In uno piglia a descrivere una preziosa antica pittura
a musaico , la quale si discoprì in Sardegna , e si con-
serva nel nostro Museo : unisce a questa descrizione varj
riflessi sopra la diversa manieia ne' tempi andati , e
ne' presenti in tai dipinture pi-aticata : annovera i van-
taggi dell'una, e dell'altra, e ricorda a qiial uso oggidì
destinar si potrebbe ciascuna di esse utilmente.
Nell'altro esamina l'origine, i progressi, e la deca-
denza delle arti,' principalmente appo gli Egizj, i Greci,
gli Etruschi , i Romani ; e mostrata la eccellenza a cui
esse più per gli antichi, che pe' moderni salirono, pro-
pone de' mpzzi acconcj a fornirle di nuovo spirito, e
a portarle all' altissimo grado della loro gloria primiera.
Nel terzo s' accigne a provare l'utililà delle grandi
raccolte delle antiche medaglie, per relazione massima-
mente alle Belle Arti. Entra nell'argomento eoa alcune
( LXiCVll )
lincssioni SU la 'stima, clie i dotti al Hcomiacì.'iré della
scienza nurnismalica t-bbero per questi monunieufi, su
la cura, che i Principi protettori delle lettere si presero
di l'ai li generalmente in istérminati volumi raccorrà, e
sulla nt'c<>si«ifài di averne in particolare a prò delle Belle
Arti una ricca, e scella raccolta. Si ferma alquanto a
mostrare come la storia, e la mitologia hanno ricevuto,
e ricevono da essi tuttora degli schiarimenti da potere
in gran parte supplire alla perdita delle memorie, e al
silenzio degli autori. Poi viene a' singolari vantaggi, che
ne derivano alle Arti, che hanno per base il disegno,
vantaggi ben njolti, e ben conosciuti da' celebri artisti,
che camminano sulle tracce degli antichi. Infine con-
chiude, che una raccolta sì fatta di antiche medaglie,
come quanto «11' erudizione è ufi tesoro di storia figurata,
cosi quanto alle arti si può ella dire un tesoro di dise-
gni di sua natura il più faqile a conservare contro le
ingiurie de' tempi. '"<','
Il signor professQre Dépébet accoppiando le sue rifles-
sioni a quelle di Luigi Gonzaga di Castiglione, pigliò
in un discorso a ricercare, se una nazione, pervenuta
che sia al più alto punto di gloria nelle arti, possa lun-
gamente mantenere il buon gusto in tutta la purità, e
allontanare quella decadenza, che per intervalli più, o
men lunghi limita, e separa le epoche luminose dell'in-
gegno, e de'talenti. Osserva in prima, che le regole,
e i precetti vennero dopo a capi d'opera dell'immagi-
nazione , e non ne sono , a così dire , che 1' analisi
( L X X V 1 1 1 )
paiipgiiira. Quindi argomenta, clie le teorie giovano a
ben dirigere l'ingegno, ma non vagliono a farlo nascere;
e mostra in appresso, che non tanto il difetto de'lumi,
quanto 1" incongtanza naturale dello spirito, e del cuore
ne' suoi godimenti si è quella, che cagiona l'alterazione
del buon gusto, e dà luogo a quella infinita varietà,
che veggiamo nelle produzioni delie Arti medesime in
tempi differenti. Dal che prudentemente conchiude , che
$oIo lottando sempre contro la moda , e sempre cer-
cando a rimontare a' secoli anteriori, si può giugnere
a conservare le Belle Arti in quel grado di perfezione ,
a cui sicnsi già presso di una nazione sollevate.
Il professore Regis sottopose altresì al giudizio de' suoi
Colleghi un paralello della pittura, e scultura: in esso
al fido lume, che gli porgono i più valenti cono-
scitori, va fedelmente esponendo la natura, gli ufficj ,
e i meriti dell'una, e dell'altra facoltà; mette nella
maggior luce, che può, le ragioni, per le quali cias-
cuna di esse pretende di essere da più: e senza ardire
di nulla positivamente decidere su cotal maggioranza ,
già cagione di troppo vive, di troppo lunghe dispute
in Italia, si rcstrigne ad avvertire, che quesle due Arti,
nate come sono da' medesimi parenti, avvalorate da' me-
desimi principi , e destinate a riempiere un medesimo
oggetto , deggiouo esse rimanersi sempre tra loro con-
cordi ed amiche.
Ma la classe, come rispetto alle scienze filosofiche,
ed alle lettere, insieme colle mentovate letture rivolse
e LXX IX )
altresì l'occhio, e il pensiero su var*j alfii Oggetti, e
segnatamente su libri molti da'privati autori, e da diverse
Accademie a lei oHerli, ( de' quali suo luogo farà men-
zione); cosi riguardo alle Belle Arti eziandio, ella,
oltre il sin qui detto, ora si occupò a stendere per la
scuola , e pel professore di architettura regolamenlJ , e
istruzioni, il piili che possibil fosse coofacevoli a con-
servare in Torino questa facoltà in quel grado di eccel-
lenza, a cui già da qualche tempo vi si trova solle-
vata. Ora ptMò in più modi a porgere incitamento, e
materia alla tra noi tuttora fiorente scultura, nella quale
ci' toccò pure d'avere artefici tdli *, che col valoroso
loro scalpello ravvivarono tra nói in gran parte le smor-
zate idee di quel grande, e sublime, che figurò f^ìk un
BuoNAROTi, un Algardi, un Bernini. Ora diede opera
a disegni, a stemmi, a medaglie per onorare alcuna
delle epoche memorabili, che furoQo passò, e avan-
zamento al presente tranquillo ordine di cose. Ed ora,
ciò che fece e molto spesso, e sempre con grande zelo,
attese ad esaminare, a favorire, a promovere varie pro-
duzioni delle Belle Arti, che presentate da' varj Autori
io verrò qui ancora acceimando :
La Carità df-H' Albano al palazzo Bolognetti :
La Erodiade di Guido Rem nella galleria Colonna :
* I celebri Collini Ignazio, e Filippo.
( LXXX )
Il S. Michele del GriDO parimente; copie esattissime ,
e assai bene dipinte:
Alcuni rifratti inoltre in pastello ,, che presentano molto
vigore,, e. .molta intelligenza. Di madamigella Soffia Le-
Clerk , corrispondente.
La morte di Agamemnone:
Tullia parricida:
Deucalione , e Pina:
Apoteosi di Vittorio , Alfieri :
Filippo II, in atto che annunzia la condanna di morte
a D. Carlo suo figliuolo; soggetto tratto dalla tragedia
sotto tal nome, di Vittorio Alfieri, cornei i , quattro,
innanzi Io sono da varie poesie di madama Diodata
Saluzzo :
Diogene in riposo :
Due Torsi loricati, scoperti, pochi anni sono, nel
demolire le mura di Susa; disegni tutti del sigtìor Mon-
TicoNE, ne' quali, secondo la varietà de' medesimi, si
vede spirito , espressione , e modo suo lodevole di
comporre.
Progetto dì architetture specialmente teatrali , e vo-
lume di si fatti abozzi giudicati degni del pubblico , e
utib'ssimi a' pittori insieme, ed agli archilelti. Del signor
Barberi architetto Romano.
La Pace, figura bella, gentile, e ben panneggiata:
modello in creta del signor Amedeo Lavy.
Ercole, che abbatte un centauro:
( L X X X I )
Enea , che uccide Turno. Modelli di buon disegno ,
del signor Giudice scultore.
Busto di Napoleone I, vestilo all'eroica, modellalo
con molta diligenza. Del signor Boliaki scultore.
II principe Tommaso di Savoja : disegno assai lodato
del signor Tosetti.
Un paese dipinto all' incausto con molta leggiadria :
del signor Cebutti di Ceutallo.
Due lavori in rame di buono intaglio : del signor
Valpebca incisore.
Due vasi Etruschi , perfettamente imitanti lo stile , e
la forma degli antichi vasi Sanniti, conosciuti general-
mente sotto il nome di Etruschi : del signor D'Angrogxa
LUSERNA.
Finalmente un musaico antico di Sardegna, disegnato,
e intagliato da due allievi* del signor Pecheux :
Due stampe, rappresentanti l'una il tragico Alfieri,
r altra il signor Abate Valpebga-Caluso: di un giovine **
esso pure scolare del signor Porporati; lavori si il primo,
che i due ultimi di non oidinaria aspettazione.
Or la Classe non contenta di osservare di passaggio
tutte queste opere, ne udì regolarmente il rapporto, che
gliene fecero di tempo in tempo le commissioni a lai uopo
in seno di lei nominate. E schiarata vie più dulie spe-
ciali osservazioni di arte, di critica, e di gusto sulla
* I Signori BouciiERoy , e Galuano. <
** Il fitjliuolo dell' illudile Palmieri.
I l
( LXXXIl )
natura, e sul merito di ciascuna di esse, talor con dice-
vole elogio onorò la maestria degli Autori già alla meta
o pervcnu(i, o molto avanzati, e talor eziandio con un
qualche premio aggiunse lena, e vigore a quelli, che
sebbene ancora nel principio della carriera, danno tut-
tavia bt'lle speranze di se medesimi: servigio in verità
noe picciolo , che tra i molti rendono alle Arti in sì
flitta maniera le Accademie.
MÉMOIRES
DE LITTÉRATURE
ET BEAUX-ARTS.
DISCOURS
SUR
L'UTILI TÉ DES SCIENCES,
LITTÉRATURE ET BEAUX-ARTS,
M/ L'ABBÉ VINCENT TARIN.
Lu dans la séance publique du 29 messidor an io.
j_jORSQUE l'Europe sortit progressi vement de la profonde
igDorance où elle avait élé plongce depuis la chiUe de
l'Empire dOccident , le premier pas vers la civilisation
flit d'entrevoir l'utilité des Sciences, de la Littératurc et
des Ar(s. On roconnut que ces connaissances donnent
non seulement aux Nations qui les cultivent , une supé-
riorité iucontestable sur les autres , et qu'en vivifìant
l'iudustrie , elles tcudeut à l'accroissemeut de la popula-
tion et de la force des Etats ; mais on acquit encore la
cerlitude qu elles contribuent essentiellement à la félicité
individuelle , en adoucissaut les mocurs, en resserraut les
liens sociaux , et siu'-tout en rcpandant les principes de
philautropie, de grandeur d'ame et de vertui
I
2 SVK L'uTiriTÉ DES SCIENCES ,
Le desìi" de s'instruire se propagea bientót plus géné-
ralemeiit, et augmeata à proportion qua les moycns se
multiplièrent par l'invention de rimprimerie. Enfin le
dix-huiticine siècle a vu les Sciences et la Littéiatuie por-
tées à un degré de perfection , dont les tems antdricurs
u'avaient point foiirni dcxcmple; et si un Ecrivain célèbre
a prétendu démontrer qu'elles sout moins avanfageuses
que nuisibles au genre humaiu, cet ingénieux paradoxc,
quoique souteuu par l'élégance et la pureté d'un style
euchaatcur , n'a servi qua prouver leloquence de son
auteur, et à fournir à qaelques iodividus un prétexte
plausible pour jiistifiier leur ignorance.
La mnltiplicité des ouvrages instructifs que plusieurs
.Socicfés savaufes out publiés dans diHéreutes contrées de
l'Europe et sur-tout en Frauce, nous a convaincus que
rien a'est plus proprc à accélérer les progrès des con-
naissances que la protection accordc^e par les Gouverne-
mens à ces Sociétés , afiu de Ics exclter à tenter des de-
couvertcs intéressautes , et ù consacrer leurs travaux h
l'utilité pnbliqiie.
Le Piémont avait des Acadi'mies et des Établissemens
littéraires, qui se sont illustrés par leurs productions ,
et plusieurs Savans quii a prodult , ont éié appelés
chez l'étranger, et y jouissent d'une considération très-
distinguée.
Un nouvel ordre de choses s'étant établi dans ce pays,
le General Jourdan alors Administrateur General, aussi
sage qu'éclairé , sentii bientòt la nécessité de relevei- ces
PAR M.' l'aBBÉ TAhIN. 3
instifufi'oDS imporlanfcs j il y appoifa des changcmens et
des soins qui le font regarder corame un viai fouda-
teur , et ses vues bienfaisantos ont été secondces par un
Gouvernement puissant et généreux qui velile à nos
destinées et vcut notre prospérité.
Déjà l'Athénée débarrassé des entraves et des prcjugés
qui retardaient les progiès des Sciences, et pourvu de
plusieurs chaiies que l'on désirait depuis long-tems , offre
à la jeunesse une iustruction plus facile et plus generale.
Le Collège national dirige les élèves dans la carrière
des sciences et de Ihonneur. Une Ecolc vélérinaire ,
si utile dans un Etat , vient d'étre fondée avec une
intelligence qui annonce les plus grands succès. L'ad-
mission des élèves de la 27.* Division militaire à fècole
polytechnique, la plus illustre qui existe en Europe, nous
assure des avanfages inapprcclables, et devieut un nouveau
gage de la fraternitc que nous accorde la Grande Kation.
L'Acadcmie d'Agriculture et fAcadéiriie subalpine d Ilis-
toire et de Beaux-Arts , s'occupent avec ardeur , la pre-
mière à des découvertes utiles et intércssantes , la seconde
à épurer le goùt , et k exciter une émulation qui conlribue
infiniinent à perfectionuer la liltérature.
Mais, que dirai-je de l'Académie des Sciences, de Lil-
térature et des Beaux-Arts ? on sent les progrcs qu'elle
peut falre et qu'elle fera, sur-tout aclucUenient qu'uu
Héros imraortel, seconde par des luinistrcs habilcs, porte
ses vues sur toutes les branches de l'industrie, et encourage
d'une manière distinguée les Savans et les Artistes.
"4 SUR l'uTILITÉ T)TS sciencks,
Quels bienfaits la 27.* Divi^ion niilitaire ne doit-elle
pas aftendre de la sollicitiide dii Gueirier philosophe.,
qui, à l'exemple dcs Martellus et des Mutius Scevola ,
vicnt de parcourir les df^paitemens confiés à .«on adnii-
nistration, afin de se procurer )e8 renseignemens les plus
détaillés sur leur état actuel, et pour recheicher les
meilleurs nioj'cns d'y. rendie l'agiiculfure et le commerce
de plus ea plus florissans, et sur-tout d'y perfectionner
l'instruction publique , qui seule peut développer ces
talens précieux, dout la nature n'a jeté quo le germe
dans un petit nombre d'hommes extraordiuaires, et qui
sans l'étude seraient toujours ignorés. Puisseut ses efforts
assurer à des établissemens si nécessaires la perpetuile
que paraìt en promettre le pian qu'il ea a forme dans
sa sagesse! Puisseut toutes les branchos d'inslruction
recevoir le comble de perfectjon , à laquelle il travaille
sans relàcbe ! I ■ ^
Tel est Tavenir consolant que nous font espérer des Ad-
ministrateurs éclairés. Le succès de leurs snges disposifious
nous est garanti par la prudence avec laquelle elles sont
combinées. La gioire de poser les bases de notre félicité
ctait réservde à une Nation grande et gc^ndreuse, et si
nous ne pouvons, comme faisaient lesprovinces Romaines*
* Les habitaiu de Calane cn Sicile consacrèrent leur gyranase à
Marcellus.
Q. Mutiiis P. Filius Asiam tinpulan'ler rexerat , aJeo tit tttes feslus a
Crcecit in honorem ejus tonstituerelur . qui dicertlur Muda. Ascoa. in
Verrin. 4.
PAR m/ l'abbÉ TABIN. S
à régàrd des Proconsuls qui It-s lavoiVnt bjVn gouvernées,
lui attester notre rcconnaissance par des féles publiques
et des monum.cDS ' sok'jnaek; du nwins oe Isentinient
restera-t-il à jamais grave detns nos coeurs, et la postcrité
recannaìssalite no prononcerà le' nona' dé^'sés 'bienfaiteurs,
quavCc attendrisseraerit et reispéct.'
BA*l
EXPLIGATION
D'UN BAS-RELIEF ANTIQUE
SCrtPTÉ SUR UNE COUPÉ EN ARGENT, DÉTERRÉE DANS LE PÒ, ENTRE
l'eNDROIT OÙ ÉTAIT BATIE l'aNCIENNE VILLE o'iNDVSTRlA ET
I£ CHATEAU DE /^ERRUE , APPELÉ PAR LES ANCIENS FERVC^ ,
PAR M.' L'ABBÉ TARIN.
Lue le ay tlieriuidor, an ii.
.VA NT d'entrer en matière, perraettez, Académiclens ,
que je rappelle à votre souvenir que les premiers
hommes commencèrent par faire iisage des cornes de
certains auimaux, principalement de celles de boeuf,
pour leur teuir lieu de vases à boire ou de coupes ,
dont le Dom était aussi general que celui de verre peut-
étre aiijourd'hui panni nous; et conime en toutes clioses
et sur-tout dans les arts, les idées des hommes ne chan-
gent que par degrés, lors mémes qu'ils commencèrent à
employer d'autres matières à ce méme usage, ils con-
servèrent cefte forme dans leurs vases à boire, dont
quelques-uns sont parvenus jusqu'à nous. Dans la suite
oa adopta la forme à laquelle nous doanous le nom
PAR M.' l'aBBÉ TARIN. "7"
de coup!?, et les ancicns qui se servaient de ces vases
dans les sacrifices ci dans les ffstius , ne négligèicnt n'ea
pour s'en procui-er de très-richrs, soit par la matière
dont ils €-taient foirnés, soit par la bcauté du travail
dont on les ornaiC.
Oiitrc la quautité considérable que l'on en a déterré,
et que l'on en di'tene tous les jours, on peut juger, par
l'examen détaillé qu'en fait Athénée, de la considérafion
oij étaient ces vases daus les tems dHoMÈRE et dans les
siècles suivans.
Les Rotnains ne manquèrenf pas d'adopter aussi ce
luxe: ViRGiLE dans ses églogues introduit deux bergers,
qui se disputent le prix du chant, et se font un défi :
l'un d'eux offre à l'autre deux con pes de bois de héfre,
travaillé par Alcimédon , auquel il donne 1 epithète de
diviu, à cause de sou habiielé dans ce genre douvrages.
On pourrait ciler une quanlitc considérable de ces
mouumens précieux qui orneut plusieurs cabinets d'Eu-
rope, et qui ont été illustrés par des savans célèbres,
mais comme la briévefé du tems ne uous permet pas
d'entrer dans ces détails , nous nous bornerons à faire
quelques observations sur celui dont j'ai l'honneur de
vous préscnter les dessins.
La matière dont cette coupé est formée, est d'argent;
les dimensions sont les mcmes que celles des dessins.
La conservation n'est pas aussi parfaite qu'on la souhai-
terait, car le roulement des caux, le sable et le frot-
lement contre les pierres, lui ont fait perdre ce beau
8* EXPL1C\TI0N d'un BAS-RliLIEF ANTIQUE,
vernìs qne le fetns imprime sur les mélàux, et en ont
presqueflacé quelques figures.
Le style àv cet ouvrage peut étre rapporté aux beaux
tems de la Grece.
Ali premier coup-d'ocil ou volt que l'artiste, qiii en
avait forme le dessin, a voulu ■ représenter la défaite
des Amazones par Hercule.
Cet événemeut, qui a fait tant de bruit et qui a
exercé l'itliagination exaltée des poetes , a été tellement
déOguré, que plusieurs auteurs de l'antiquité l'odt place-
au rang des fables.
Si nous devons nous défier de ce que plusieurs ' au-
teurs anciens nous débiteut au sujet des Amazoues du-
Thermodon , nous ne devons pas cependant rejeter une
tradition historique conflrmée par des auteurs sages et
éclairés. ^
Dès le tems d'HoMÈRE, l'existence des Amazones de
l'Asie mineure était une opinion géùéralement re^ue. Ce^
poete nous dit qu'elles étaicnt puissantes dans ce pays
au siècle de Bellérophon, d'Hercule et de la jeunesse de
Priam. 11 les place à Torient du fleuve Sangar et de la
Phr^'gie ; parie de leurs expcditions en Lycie et de leurs
courses dans la Troade.
Ea dessiuant ce sujet, il paralt que l'Artiste a suivi
ce grand peiutre des liistoires ancienues. Car on voit
Hercule, chargé par EurystWe d'enlever h Antiope sa
ceioture, aux prises avec cette femme célèbre qui, à la
lète de 6CS compngnes, se distingua plusieurs fois par
PAR M.' l'aBBÉ TARIN. 9
son courage et sa férocité, et disputa aux liéros de ces
tenis-là l'honneur de ravager la terre. Malgré la hardiesse
avcc laquello line de ses coinpagnes volc à soa secours,
la malhcureusc Antiope est prCtc à siiccoiiìbcr ou à su
rendre à discit'tioii aii vaiuqucur.
Le guerrier à theval pourrait biea rcprésentcr Ecllé-
roplion, le premier qui a enseigné à niener un clieval
avec le secours de la bride. Celili qui tient une de ces
heroVnes par les clicvcux, sera probablenicnt Priam, auteur
de celle cxpcdiliou en faveur dcs Plirygiens.
Aux pieds des rochers quelques-unes de ces Amazoncs
sont liées, et d;ins raltilude de prisonuières de guerre.
Sur le haut dune montagne ou voit un tempie , par,
lequel l'aiiUnu- du dessiu aura voulu rappeler le sou-
venir de l'atlculat sacrilège de ces femmcs , qui oscrcut
biùltr le tempie de Diane à Ephèse.
Une observation intéressante qui se présente naturelle-
ment dans cette composition , c'est le costume de ces
gueri-iers.
Sur les revers des médailles des villes qui reconuais-
saient ces héroines pour leurs fondatrices, on les voit
représentées habillées de peau des bélcs qu'elles tuaient
à la oliasse. Leurs armes sont l'are, les flèchcs, la ja-
veiiue et une hache d'armrs h deux trauchans, inven-
tée, dit-on, par Penthésilée, une de leurs reincs.
Elles portaient un bouclier nommé pella , qui avait
la forme d'un croissant, et leur tètc était délendue par
un casque orné de plumcs.
2
IO EXPLICATION ij'UN BAS-BELIFl' ANTIQIK.
Le costume des Amazones de iiode bas-ielief est un
peu différeut : elles n'out point de bottines qu'on leur
donne sur Ics autres monumens; sur ce bas- reliet" elIcs
sont dcchaussces, et l'habit et le bonnct sout à la phry-
gienne.
De ces observations il risulte que ce nionument est
précieux, premièremeut pour les artistes, à cause de la
beante de la composition, et de la découverte d'un cos-
tume qui n'était pas encore connu géuéralenieut.
En second lieu, ayaiit pris pour guide Homère dans
l'cxplication que nous venons de donnei", nous croyons
avoir mieux interprete la pensée de l'artiste, car, selon
l'observation très-sage de l'abbé Bannier, les fables et
la tradition étaieut d'abord moins composées qn'elles ne
l'ont été dans la suite, et lorsqn'on veut les expliquer,
il faut les prendre le plus près qu'il se peut de leur
origine: le f'ond de l'histoire qu'elles renferment y est
plus aisé à découvrir, et les allégories sont plus sensibles.
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XI
NOUVEL APERCU
SUR LES CAUSES DE LA CHUTE DES LETTRES AUX SIÈCLES
DE l'Ère vulgaire, appelés de fer.
PAR M.' EMMANUEL BAVA S. PAUL.
Lu le 27 therinidor an ii.
« Oans la langue, vn un mot, l'Auteur le plus diviu
Est foujouis, quoiqu'il fasse, uà méchant écrivaiu. »
Si IHorace', si le Juvenal de la Franco, si Despbeaux
a dit vrai , aitisi que je le crois, daus les deux vers ci-
dessus, quel sera le sort des Beaux-arts et de la Littérature
d'une Natica qui n'a pas un idiome, ou qui uécrit pas
la langue quelle parie, ou plutut quelle ailicule sans
aucune règie? Tel fut cependant le sort, non pas d'une
Natica seule , mais de toutes celles de l'Europe dans ces
siècles de fer, c'est-à-dire depuis, ou à-peu-près depuis
le 9.' jusqu'au i4** siècle.
Cette f'atalitc qui condamna tous les Européens à
riguorauce , aurait été un mal sans remède, quand mé-
me il ne serait uè ù cette epoque, et dans cette parlie du
12 SUR LKS CArSrS DE LA CHUTE DES LETTRES,
monde, qiic des gcnies transccndans avcc une volente la
plus décidée de s'instruire eux-mèmes et ics autres, quand
inc'ine le gouvcrnement des ficfs n'aurait pas isole les
hommes et alienti les csprits.
Le grand hoinme est toujours un peu au-dessous ,
jaiiiais au-dessus de la tieinpc des instiumens et de
l'empire des circonstances, dont il se trouve pourvu et
entouré. La parole est l'élément de l'instruction , j'en
conviens, mais commeut en devienti ra-t-elle rinstrumeut
actif , si on n'agence , si on ne porte le langage à un
systéme de langue que l'on parie et que Fon écriv^e
habituellement, et dont les mots soient lus et entendus
de tous? Mais telle fut cependant la destinée des siècles
dont je vous entretiens; cette langue, telle que je la
coneois devoir éfre, et semblable à celles qn'eu grand
uomhre nous avons aujourd'hui , manquait alors à^notre
Occident, et ne pouvait que forcéraent lui manquer.
Biea des gens écrivaient plus on raoins mal, ce qu'on
appelait toujours chi /a/ in , taodis qu'untrès»petit nombre
de personnes qu'on qualifiait de Grands clercs, enten-
daient encdre tous, ou quelques-uns des Auteurs classi-
ques de la haute ou de la basse lalinité, quoiqu'il n'y
eùt pcrsonne qui sùt se servir de l'une ou de Tautre pour
ètre eompris dans les cutretiens familiers; mais de quelle
langue s'y servait-on donc? car enfin il fallait se faire
entcndre. Quelle langue!... un jargon, un baragonin, tei
à-peu-près que notre Piémontais, et cela dans tonte
l'Europe; on ne l'écrivait pas, et par conséquent il n'étai!
PAR M.' EMMANUEL BAvA S. PAUt. l3
admisslble dans aucun actc ou contrat juridiqiie et public,
n'ayant ni accent fixe, ni orfographe, ni grainmaire ,
ni prosodie, et dans Ja bouche mème des Notables variant
d'une cité à l'autre et de commune cn commune ; de
facon que ces siècics de fer se trouvèrent placi's par un
fatalisme aussi indéclinable qu'unique, peut-ètre, dans
l'histoire de l'e<iprit humain, cntre une langue morte et
une langiie à peine au berceau, qui ne peut encore que
bégayer les pensées , et ne saurait s'en rendre un compte
exact et se les retracer sur le papier.
Qu'on place fant qu'on voudra à une (epoque semblable
les Aristotes, les VerulamÌs, les Platoks , les Neutons,
les ViRGiLKS, ils ne deviendront tout au plus que dcs
magiciens ou des asfrologues, des ménétriers ou des
jougleurs, à moins qu'ils ne s'adonnent à la Théologie , à
la Métaphysique, ou au Droit canon, et dès-lors on pourra
en faire des Hiucmars, des Rabans, des Marculphes, des
Abaillards, et, s'ils s'cu tienuent aux lettres latines, des
Ermoldes Nigelles, ou des Douizons.
Pour éclaircir un peu mieux moa sujet,^ je vous de-
mande, ou plulót je me dcmande à moi-mème ce que
c'est qu'uue langue morte, et ce qiie c'est qu'une langue
naissante? et je me réponds, que la première peut ótre
comparce à un cadavre bien embaumé et bien conserve
par des injections, il gardc tous les traits et la frakheur
du teint qui l'embellissaient pendant sa vie , mais lequel
('■tant sans ame, ne saurait s'exprimer ou se mouvoir; car
Ja vie dcs langucs git et se propage et s'accroit par des
l4 SUR LES CAUSES DE LA CHUTE DES LETTRES,
moiivemeus pai-faitcmeut aualogues et non interrompus
de lèvres, de piume et de presse conjoiuts et simultanés,
et elle a perdu ce qui l'anime, aussitòt qu'on ne peut
plus l'écrire, à peu de cliose près, à la manière dont
elle est parlée par tous les individus de la nation.
Je icponds enfia que la seconde peut se comparer à
un enfant au berccau, vivant à la vérité, mais qui ne
saurait encore tracer nulle pait les sons, bien plutòt que
les mots non articulés, quii nous f'ait parvenir à l'oreille.
Or cela suppose, quelle puissauce ou quelle sagesse pour-
ront jamais établir et former un commerce d'idécs entre
un cadavrc ou momie, et un enfant dans ses langes,
quelle iusti'uction y puisera-t-on, quelle littérature pour-
ra-t-oa en voir ressortir et en attendre?
G'est un fait constate par l'expérience et l'histoire que
Ics langues, (andis qu'elles sont vivantes, changent et
s'aUèrent toujours et encore plus rapidement , à niesure
que les progrès de l'esprit luiinain et de la philosophie
sont plus accélérés; il u'est pas moins vrai et sur, que
les écrivains s'efforcent beaucoup plus de plaire à leurs
contemporains, qui doivent les lire, les juger sur-Ie-
champ et les goiiter, que non pas à une postérité dont
ils ne sauraieut deviuer ou calculer le goùt, et à laquelle
ils ne sauraieut élre assurés de parveuir avec leurs ou-
vrages; quant à leurs devanciers dans la carrière des lettres,
ils n'existeut plus , et ce serait une folie que d'eu vouloir
capter les suffrages.
Or, c'cst eu partaat de ces deux vérités de fait que
PAR M/ EMMANUEL BAVA S. PAUL. l5
je soutiens > que c'est prccisément, parce que la latinité
da siècle d'Auguste ne fut plus la niéme aux sièclcs des
Antonins, et paice que dans les iisages de la vie et la
forme du discouis elle dut par cela seul changer cncore
davantage pendant les huit siècles siiivans, que pour
étre lus et compris, les écrivains l'urent forcés de seloi-
gner et de diverger du latin des Auteurs , qu'anjourd'hui
nous qualifions de classic/ues, dont plusieurs de ceux-
là auraieut .fort bien su se servir en les iniitant, mais
sous peine de n'étre pas lus et goùtés du comraun des
lecteurs de la nation ; et c'est ce qui arriverait meme
i\ piéseut, si en Italie un homrae de leftres s'avisait
d ecrire dans la laugue et le style de Jacopone de Todi,
ou du Passavanti, ou si un Francais écrivait conime
jadis'Mes Joinvilles ou les Philippes de Comines.
A<«ant que d'aller plus loin et de conciare , j'ai encore
une observation non moins importante à vous l'aire; la
voici; fc'est que la laugue des anciens Homains au siècle
d'Auguste (et on peut en dire autant de celle des Grecs
au siede d'Alexandre), ayant enl'anté des chefs-d'oeuvres
presqu'ea tous les geures de littérature, on ne pouvait
plus les atteindre ou les surpasser, à moins que cette
raéme langue ne vìnt à changer au point de paraìtre,
ou comme on voudra, d'étre en effet une langue nou-
velle ; et c'est ce qui s'est enfin accompli et parachevé
plus ou moins fard depuis le i/j-' siècle en Italie, en
France et en Espagne. C'est pourquoi l'on a pu dès-lors,
chez ces trois Nations, reproduire dans des idiomes non-
i(d sua LES CAUSES DE LA CHUTE DES LETTRE.S,
veaux , conniis de lout le inondo dès l'enfnnce , des
chefs-d'oeuvres frappés au coiii atlni^'ant de la nouvcautt?,
et qui rivalisent, quoique dans un gout et par un mode
plus ou moins varie, avec ccux de l'ancieunc lionie et
de lolite l'anliquitc.
Mais c'est ce qui eùt éié impossiblc d'oblcnir pendant
la trop longue duréc des siècles de fer, savoir: tandis
que la langue latino était dans la paralysie de la nioit,
et que les langues modcrues élaient dans le travail de
l'enfanlemcut, et n'étaient ni forniées, ni udnltes, c'est-
à-dire ni régularisées, ni admises dans Ics actes publics.
Il réguait douc alois dans toute l'Europe deux langues,
ou plutót doux langages infoimes et monstrueux , ceUii
des clercs de toutes facuUés, théologiens, canonistes ,
incdecins, ou gens de loi et de chicane, c|ui, sans le
padei- familiaireinent, écrivaient dans uiisquclette, en-
core plus décluqueté par eux de langue latine, et celui
des hauts Seigneurs, Ghevaliers et Paladina qu'on parlait
et qu'oa grifounait méme, mais sans règie et ortographe ,
et qui, sous le nom de langue vulgaire en Italie, et
sous celui de langue romance en Fiancc et eu Espagne,
était dédaigné des clercs ci-dessiis; et commc dans la
Datui-e l'cnfance a quelque chose de plus attrayaut et
expressif, quo non pas la vieilleésc pàio et ridée, de
méme celle langue romance, quoique enfantiue et en-
core mal-formée, étalait déjà des altraits, présages heu-
reux de sa perfectibilité future et prochaine, que, disparus,
la laogue latine avait perdus sans ressource.
PAR M." EMMANUEL, BAVA S PAUL. l'J
Mais bicn qu'à pas tardifs cette laugue enfanli'ne élant
parveniio ò sa maUiiité avec des (raits diveisifics daus
nolrp Occidcnt pendant le j4'*j et encore plus pendajit
le \o.' et le iG." siècics, la littéiatui-e se Iroiiva parvcniic
aussi à l'epoque heureuse de se voir en mesure de repa-
raitre avaiitageusenient sous l'enveloppe, et par l'organe
des langues modernes ci-dessus, qui forcément nnlles et
informes auparavaat, et pendant la durée des siècles de
fer, n'tn pouvaient avoir une.
Dès-lors , les laugues italienne et frauraise , (car jc
fais abslraction ici de la belle langue espagnole,) régu-
lan'sces, écrites , imprimées, et chacuue dans son pas'S
entendues de tout le monde, purent rivaliser dans Ics
ouv'tages liltéi-aires de tonte espèce avec ceux des anciens ,
et niérae dans un sens avec avanfage, quoique dans un
gout différcut et un peu varie, ainsi que je l'ai inarqué
ci-devant.
Je dis avec avantage, non que les autcurs modernes
qui les manicnt, soient de plus grands hommes que n'ont
été les anciens, mais parce que les premiers écrivant
dans des idiomes nouveaux, et, pour ainsi dire , encore
vierges, ils purent, saus encourir le reproclie de pla-
giaires, s'approprier ce qu'ils rencontraient dans ces der-
niers de plus beau et frappant, et parce qu'il est tout
sitnpic et naturel , ò mesure quo les siècles se succèdent
et s'accumulent, que la masse du savoir au profit de
l'esprit humain gngne toujours et s'enrichisse sans cesse.
J ai ajouté que nos productions modernes rivaliscrcnt
3
l8 SUR LES CAUSES DE LA CnUTE DKS LETTRÉS,
avec les anciennes, mais dans un goùt dit'férent et un
peu vario; et en effet il ne se pouvait que la cbose
ne flit aiusi; car, tandis que nos savans et uos gens de
lettres couuaissaient par l'étude Ics moeurs et les usages
de tous les peuples antérieurs et de l'autiquité, ils avaient
k\ et sous leurs yeux les usages et les moeurs de leur
cation, à laquelle ils consacraient leurs veilles et dcsti-
naient Icurs travaux. Il (5tait dono naturel et couscqucnt
il eux, qu'ils ne prisseut chcz les auteurs qui les avaient
dcvancés j que Ics peintures, les iraages et les concep-
tions qui , ayant la nature pour base., sont stables et
indcpendantes de toutes les révolutions des tems, des
moeurs, des partis, et des lieux, et toujours d'abord
senties, et par cela seul d'abord admises et accueillies.
Il était encore naturel que , soigneux d'écarter tout ce
qui choquait leurs moeurs nationales, et les opiuions
adoptces de la plupart et courautes, ils en fissent un
tout assorti et nuance au goùt et à l'intelligence des
contcmporains. Voilà sous quelle forme et sous quel
aspect nous avons vu s'élever parmi nous la litt(5rature
européenne et moderne , dès qu'étayée par la maturité
des deux langues ci-dessus, elle y trouva, et put y puiser
le foud des secours nécessaires et les couleurs assorties
pour tout pciudre et exprimer.
Ce goùt différent et varie dans les ouvragcs de lit-
térature, résulte et dépend absolument de la variation
et de la diversità des moeurs, des habitudes et des
cultes ; le Merveilleux mythologique d'Homère a diì
PAR M/ EMMANUEL BAVA S. PAUL. ig
céder dans le Tasse au Mervcilleux lomanesque et ma-
gique de l'epoque des Cioisades; et Milton a dù em-
pruater le sicn ( c'est-à-dire le Seul Merveiileux véritablc) ,
de la Géuèse de Moyse.
Ce ne fut plus sur des chars, que, comme ceux de
l'Iliade, se battirent les héros de la Jérusalem , mais à
pied ou à clu'val , la lance ou Vópée, la hachc ou la
massue à la main; la piéfé de Godefroi de Bouillon
fut plus grave et ferme, et moins superstitieuse etcraia-
tive , que non pas celle du pieux Enee. Le dogme du
fatalisme, et nommément dans les dcrits des ancicus
Grecs, trancile tous les noeuds, décolore toutesles vertus,
excuse et justifie presque tous les crinies , tandis qu'à
préseut , dans les nòtres , soit sur nos théàtrcs , soit dans
l'epopee, c'est l'Amour, c'est la Bravoure, l'Ambition, ou
la Gioire, qui tour-à-tour couvrent tous les excès, et
semblent fa ire tout pardonner.
L'esclavage chez les anciens enchaìnait et abrutissait pour
le moios la moitié des hommes et presque toutes les fem-
mes, calcul qui enveloppe les trois quarts du genre hu-
main, et c'est ce qu'on voit, à peu de chose près, encore
de nos jours, par-tout ailleurs qu'en Europe.
Uq partage si inégal eutre les individus qui étaient
tout, et les individus qui, dans toute nation de l'antiquité,
en qualité d'hommes, netaieut comptés pour rien, est-
ce qui fait si fort contraster les nòtres d avec les mceurs
des anciens , et ce qui par conséquent doit faire diverger
coQsidérablemcQt , soit uos éeonomies politiqnes , soit
20 SUR LES cAusFS DE LA cnuTE r»r:s LETTnf:S,
jiomraément notre littérature, de fcuit ce qui, sons ce
doublé rapport, nous est parv-enu dcs auciens pcuplfs.
Il est si vrai que, pour composer dans nos langues
formées, écrites et imprimécs , un écrivain habile doit
connaltrc et se pénctrer des moeurs, des opinions et dcs
polices de sa Nation, qu'oa observe à l'égaid dcs meil-
leui'S d'entr'eux, que c'est ordiaairement des passioris
natiouales à la mode, que pour pròtei- de l'énerf^ie à
sa diction, il tire Ics expressions fìgurées et Ics bclleS
niétaphores, dont il sait aninier et embellir son sujrt et
soa style. Voici quelques exemples de pareilles niétaphores
d'abord senties et brillantes.
La tactique cu l'art niilitaire, parce que Ics guerres
y furent peu iuterroinpues, fut f'ort étudiée en Frauce
et de tout le monde, duraut le long règne de Louis XIV;
et aussitót on y voit passcr les phrases propres et téch-
niques de cet art à la mode sous la piume de tout
écrivain, et en étre flgurément employées sous mille
rapports éloignés et difft'rens; c'est pourquoi on prèta
dès-lors le flanc à la critique , au ridicale, à la mt'di-
sance, comme parsa mal-adresse une arraée laissait le siea
à découvert à la merci de l'eunemi.
Cliez les anciens Romaius, qui out supérieurement,
et à l'euvi cultivé la jurisprudence, combien ne trouvons-
nous pas de termes tcchuiqucs passés du barreau dans
les discours familiers et dans leurs écrits de toutc espèce?
et chez les anciens Grecs combien de modes et de fa^ons
de s'cxprimer n'a-t-on pas trausporté de leurs liturgies.
PAR m/ EMMANUEL BAVA S. PAUL. 21
ou Ju langagc proprc aux arts imitalifs, et aux heaiix
nrts, où ils excelicicot, daus ics livres de leiu's dcrivains,
soit orafcurs, soit historicns, soit poétes, ou sopliistes
ou pliilosophcs? C'est des Grecs, poiir le dire en passant,
qiie nous av-^ons empriinté la métaphore, un peu ^picu-
rérnnc de sacrifter à Vénus , pour exprimer ce qu'on
énonccrait littéralemeat en disaut se livier aux plaisirs
de r amour.
Je ne m'étendrai pas davantage à vons faire ici le
dénombrement des touis et des mots techniques, qui de
nos joiirs ont passe des opérations commercialcs et des
Sciences de calcul dans le langage poli et faniilier des
modernes et dans nos livres ; chacuu de nous peut
s'en apercevoir et s'en readre compie, et méme consta-
tei" combien de pareilles tianslations sout analogues à
la trempe et à la marche de l'esprit liumain dans la
liaison des idées et des sons; combien de jour, de lu-
mière et d'energie ellcs impriment et rcpaudent sur la
pensee, et combien les deux langues Italienne et Fran-
^aise en ont tire parti et s'en sont bien trouvées.
Je n'entamerai pas non plus ici, messieurs mes chers
Confrères, l'éloge de ces deux langues; vous les connais-
sez assez, pour vous en dire au-delà de ce que je vous
en dirois; j'enfamerai encore moins leur parallèle, ce
qui excéderait nies forces, et m'en tiendrai à convenir
avec les personnes instruites et versées dans l'une et dans
l'autre, savoir : que la langue Francaise est peut-étre
plus régulière, plus evidente et plus claire, que non
22 SUR LES CADSES DE LA GHUTE DKS LETTRES,
pas ritalieude, mais que celle-ci eu revauche est bica
plus sonore, et cadeucée, hannouieuse et par conscqucnt
plus poétique.
lei, voulant drmeurer neutre et impartial entr'elles ,
je m'arréte tout court; mais si on voulait savoir à laquelle
des dcux je donne la préférence, je répondrais que je
8uis natif d'Italie. > -'- -.-
J'en reviens dono à ma tlicse, et c'est pour conclure,
que la longue durée des sièclcs de fer, et que le long
règne de lignorance eu Europe, n'eurent pour cause
première et toujours active et toujours insurmonlable dans
ses resultata, que la perte, à laquelle on ne pouvait s'op-
poscr, de la langue qu'ou y parlait auparavant, et l'ini-
possibilité d'en créer de sitót»une nouvelle, susceptible
de la remplacer.
i
«5
RÉFLEXIONS
SUR LES DIVERS SYSTÈ:WES DE VERSIFICATI ON,
TeNDENTES a PROUVER Qu'oN ne PEUT INTROpUlRE , AVEC SUCCÈS ,
DANS LA POESIE FRAN§AISE, LES.RÈGLES PBOSODIQUES
DES GRECS ET DES LATINS,
PAR LE CITOYEN DÉPÉRET,
Lues le 14 nivóse an 11.
Ifon quivis vi^(t , immodulala poemata judex.
HORACE.
ÌK versification n'a jamais été , chez tous les peuples
éclalrt^s, que la parile systématique du langage con-
sidéré dans sou pouvoir musical.
Chez tous, elle a cu pour but d'augmenter l'iufluence
des sons articulés , sur les passions humaines , cn offrant
des moyens pavlicuHers de conibiner le pouvoir qu'ont
ies mots de parler à rentendemcnt , avec celui qu'ils
oul d'exciter des sensalions par la force active du son
de la voix qui les arlicule.
Aussi indcpcndammcnt de la considération des rap-
poiis diffcicus, sous lesquels le prosateur et le petite
24 SUR LES SYSTÉMES DE VERfilFICATION ,
envisageiit les objels qu'ils traitcnt, il naif de la formo
donnée par Tua et par l'aulre à rexprcssiou de leurs
pensees, des moyens particuliers de plaire, de (ouchcr
et diastruire; et ces moyens se Irouveot dans les com-
binaisons différeutes du pouvoii- musical, avcc le pouvoir
de signification dont les mots sont susceptiblcs.
Tous les genres de style, tant dans la prose que dans
les vers , ticnuent lem- differcnce et leur propricté des
dogrés de proportion qui pcuvent se Irouver daus Ics
combinaisous do ce doublé pouvoir des mots.
Pour mettre ces idécs dans le plus grand jour , il faufc
cousidérer les langues anciennes et modernes sous le
doublé point de vue de leur pouvoir musical et de leur
syataxe*. Celle considcration, en confirmaut ce que je
viens d'avancer , nous fera connaìtre le principe qui a
fixé et qui doit fixer à jamais le système de versifi-
cation adopté par chaque peuple.
Dans toutes les langues , tant anciennes que modernes,
il y a deux accens géuéraux qui , dans l'cmploi, se
trouvent pour diacune dans des proportions différentes:
ces deux accens géuéraux sont , ì'acceni syllabique et
* J'eiilends, ici par s^'ntaxe l'ensemble des slgiies qui, dnns rliaque hnnguo,
funi comiaitre Ifs mpports successifs que Irs mols oiit enir'eiix dans la
plirase. La roniiaissanre de ces signrs guide l'écrivain dans la conslruclioii
des inols, el elle fail que IVsprit de celui qui écoule ou qui lit, rélablit
dans lorrlrc de l'analyse de In pensée les niols transposés. Une langue est
pliH Oli iiioiii'! iransposilive, selon qu'elle esl plus ou tnoins riche en sigues
fie celle cspèce,
PAR LE CIToyEN DETÉRET. 2Ó
Yaccent oratoi/e. Le premier fixe la longueur ou labiic-
veté, le grave ou l'aigu des syllabes de cbaque mot; il
appartieat cntièremcut à la prosodie de cliaque laoguc :
le second doune à la pronouciation de tous Ics mols
qui coinposent une phrase ou une période , Ics in-
flexioDS et Ics nuances que le sentiment exige pour l'cx-
prcssion de la pensée, dont il a, pour aiusi dire, dé-
terminé le mode et la coulcur.
Dans le langage, l'accent syllabique est à l'accent ora-
toire , ce qu'est , daus la musique , l'accompagucment
au cbant principal. Si raccompaguemcnt est trop foit ,
trop senti , s'il ne se foud pas parfaitement avec le cbant,
Tcffct du morceau de musique est altere; il n'y a plus
d'barmonie.
L'accent oratoire est, pour ainsi dire, l'effet total des
vibrations d'un ressort secret qui s'appuye, d'une pait,
sur les organes de l'orateur , et de l'autre , sur ceux ana-
logues de ses auditcurs. Les oudulations larges et noa
intcrroitipues que le sentiment fait faire au mouvement
qu'il imprime à ce ressort, ne doivent jamais étre con-
trariécs par le mouvement partici que peut donner à ce
meme ressort l'accent syllabique. Ce deruier doit tou-
jours, dans la déclamation, étre subordonné au premier,
et ne doit se faire éminemment sentir, que dans les
cas où il peut en quelque sorte le suppléer: tels sont
ceux, par excmple, où l'euphonie devient le moyen le
plus propre à l'exprcssion de la pensée.
. Pour savoir maiutcnaut quels sout les dcgrés de subor-
4
sS Sli^ LES SYSTÉMES DE VERRIFICATION ,
diuaflon qui existeut dans c'haqiie languc entro ces deux
acccus , et qui sont la cause de la diflcrence qu'on le-
rnarqiie dans les divers systémcs de versification; il faut
se rappeler quo toutes les langucs, tant ancienncs que
modernes, peuvent étre distingue'es, par rapport à leur
syntaxe, eu langues plus ou moins transposilives , et ea
langues plus ou moius analogues; c'cst'à-dire que les
iiucs, à l'aide des déclinaisons dans leurs mots dénomì'
Tialìjs et qualijicatìfs , pcrnieltent que dans l'expression
de la pensée on n'observe , euti-e les différcntcs parties
de la pUrasc, d'autre ordre ou arrangement que celui
déterminé par le feu de rimagination, par l'iulérét de
celui qui parie, et par le besoiu de plaire et de toucher.
La majeure partie des mots dans ces langues, einpor-
lant toujours dans l'empiei le signe évident du rapport
qu ils soutieuuent les uns avec les autres , les écrivains
n'y sont, le plus souvent, portés à adopter telle ou telle
constructiou , que par les charmes de Iharmonie, e' est-
à-dire, par les plaisirs de l'oreille.
Daus les langues analogues, au contraire, les mots
u'attestant les rapports qu'ils out entr'eux dans la plirase,
que par la place qu'ils y occupeul , et cette place étant
fixée par l'ordre que l'esprit a suivi dans l'analyse de
la pensée, il faut nécessairement que l'harmoaie des
soDs y soife très-souvent sacrifiée à la clarté et à la pré-
cisioa de l'élocution.
Les Grecs et les Latins avaient des déclinaisons; avec
trois mots latins on obtieat six constructions di£féreutes :
PAR LE CITOYEN DEPERET. 27
avcc les trols mèmes mots, les laugucs analogues u'en
ont, c\ la rigueiir, qu'une seule. Dans cet état de choses ,
qu'est-ce qui déterruinera l'écrivain latin à préférer l'une
plutót qiie Tautre de ces six conslriicfions qui satisfout
égaleraent rcntendemcnt ? . . . Ce sera l'oreille , c'est-à-
dire que, dapiès l'acccnt syllabiqiie, tous les mots à
employer seront disposés dans l'ordic qui peut amener
la suite de sons la plus agréable et la plus conforme à
la nature du mouvemeut oratoire imprimé par le senti-
ment. Tandis que dans les langues analogues, telles que l'ita-
lieune, l'espagnole, la francaise, l'ordrc dans lequel les
mots doivent se succèder, ctant déjà determina par celui
que l'esprit a suivi dans l'analyse de la pensée, l'oreille
aura beaucoup moins de part à leur construction que l'in-
telligonce et le seutiment. Aussi les premières ont-elles
une prosodie fixe et iuvariable, c'est-à-dire des règles ,
d'aprcs lesquellcs la place de chaque mot est, pour ainsi
dire, assignée dans le vers, par rapport à la quantité
des syllabcs qui la composent.
Dans ces langues, la prosodie exerce sur les mots
employés par le versificateur, l'empire qu'exerce la syn-
taxe sur ceux employés par le versificateur dans Ics
langues analogues.
Ce qui fait que dans ces dernicres, l'accent syllabique
doit y étre plus faible, et que l'accent oratoire peut
s'y faire sentir avec plus ou moins d'avantage , seloa
qu'ellos sont plus ou moins analogues. Je crois mèmc
pouvoir avanccr, à cette occasion, que la langue fraa"
28 SUR LES SYSTÉMES DE VERr.IFICATION ,
caise est, peut-étre , de foutcs les langues vivanfcs et
nualogucs , la plus éloquonfe, la plus energique et la
plus propre à la dóclamafion, parce qiie racccut sjlla-
bique y est eutièicracnt suboidouné à racceut oratoire,
et quelle est sans prosodie.
Cctte subordination entra l'accent syllabiqnc et l'ac-
cent oratoire , est la base de la déclamafion considérce
dans l'organe de la voix. Les degrés dout elle est suscep-
tible sont, pour chaque languc, fixés par le rapport
de la syntaxe de chacune avec l'accent syllabique des raots
qui la composent.
J'ai entcudu eu Italie déclamer de très-beaux vers et
pronoucer des discours oratoires par des hommos habiles,
et j'ai le plus souvent senti que l'accent syllabique dans
cette langue, en i-endant trop sensible le son partici de
chaque mot, suspendait Tclau de la voix , l'entrecoupait
et nuisait entièremcat à ce son fbndamental , qui, pi-o-
duit par le scntiment, doit refentir et s'étendre depuis
la première jusquà la dernière syllabe d'une phrase ou
d'une période.
Je puis donc dire déjà , que les langues transposi-
tives ont dù avoir un sj^stéme de versification ditférent
de celni des langues analogues, et que la cause pie-
micre de cette différence découle essentiellemcnt de la
syntaxe et du genie de chaque langue.
Aussi voyons - nous que dans les langues transposi-
tives, l'accent syllabique domine plus ou moins sur
l'accent oratoire , et que dans les langues plus ou moins
PAR LE CITO YEN DÉrÉnET. 2Cf
analogucs, laccent oratoiie domine plus ou moi'ns sur
l'uccent syllabique. Diius les piemicrcs , le ibylhnie et
la radencc des vcrs y soni niarqucs par le son et la
qnanlité de chaque syllabe: et l'oieille et le goùt, sans
cniiiite de nuire à rintcUigence, y pcuvent, à Icur gié ,
piacer les mots daas l'ordro qui dounc la suite de sous
la plus agréable et la plus analogue à laccent oiatoiie.
Dans ce systéme de versiiìcatiou , la syntaxe n'in-
fluant, eu aucuue manière, sur l'arrangement des mots,
l'acceut oratoire peut s'appuyer, avec autaut d'avantage,
sur telle suite de mots que sur Ielle autre. Que si dans
toutes c^s suites possibles, il en est une meillcure , ce
sera sans coutredit celle que loreille et le goùt auront
déferminée.
Mais il en est autrement dans les langues analogues.
Dans celles-ci, l'acceut oratoire, ne pouvant s'appuyer
que sur la suite de mots la plus conforme, et à la syn-
taxe et au genie de la langue, laccent syllabique y est
moius considerò et doit , par conséquent, y étre plus
soumis à l'acceut oratoire. Aussi dans le système de
versiiìcatiou de ces langues, le rliythme et la cadence
des vers , y sont-ils marqués seuicment , ou par des
repos nommés césnres , ou par des sons syllabiques plus
forts, qui suspendent l'accent oratoire, et lui donncnt
des nuances qu'il n'aurait pas sans ces nioyens.
Dans la langue francaise (langue analogue et la plus
conforme à son propre genie), c'est par des repos bien
marqués que l'acceut oratoire est raodifié en poesie. Le
3o SUR LES SYSTÉMES DE VERSIFlCATION,
rliythnie et la cadence u'y soiit détermincs que par lo
nombre des syllabes et par la longueur égale dos scns
partiels bicn distiiicts de la pliiase; car , loujours dans
nos vers, le scns coupant lesynols, y suspend l'einis-
tiche, en niarqiie les repos. Cotte derniòre circonstauce
est une des principales sources des beautés de notre poesie:
c'est elle qui nous for^ant de doauer de la rondcur
et la mérae étendue à toules Ics parties distiuctes de la
pensée à eufcrmer dans le vers, nous force aussi àcette
multitude de figures et de tours que nous nommons poé-
ticjues, et que la prose ne peiit convenablement employer.
Toules les langiies vivantes ont un système de versi-
fication entièreraent conforme aux priucipes que je viens
de développer, d'où l'ou peut conclure que les langues
transpositivcs, telles que la latine et la grecque, ont un
systcìne prosodique de versiGcation qui ne peut en aucune
manière étre avantagcusement adapté aux langues vivantes
analogues, lors méme quellcs seraient plus accenfu('es
qu'elles ne le sont; parce que dans les premières ce n'est
point la syntaxe qui influe sur l'arrangement des raots ,
et que tonte suite de sons déterrainée par l'oreille et le
goùt y peut servir d'appui à l'accent oratoire ; tandis
que dans les dernières, quelqu'avantage qu'elles puissent
avoir du coté de l'accent syllabique , comme on ne peut
y donner pour soutien à l'accent oratoire, que la suite
de mots détermiuée par la syntaxc et le genie de cha-
cune d'el'.es, l'accent syllabique y est moins considéré,
et par couséquent plus subordouné à l'accent oratoire.
PAR LE CrrOYEW DÉPÉRET. 5j
Mais polir ne laisscr rica de douteux dans les consé-
queaces que nous avons tirées des principos cxposés plus
haut, coDsidcrons eu lui-rucme uu syslème de versi-
fication quelconqiie.
Eu l'emontant h rorigiae des vers, on s'assure aisé-
ment que c'cst le chaut qui les a fait naìtre, et que
tout systéme de versification n'est que l'ensemble des
règles , d'après lesquelles doivent ètra cotnposées dans
chaque langue , la phrase musicale qui coastitue chaqua
espèce de vers, et la phiase logique et granimaticale
qui soutient le chant , et qui exprime la peusce poéti-
que qui raccompagne.
Pour bien parler des vers , il faut douc les considé-
rer d'abord sous le rappoit du chant; et alors ils ne
sont qu'une phrase musicale: ensuitc, sous le rapport
des mots qui soutiennent cette phrase musicale, et qui
exprimeut la pensée poétique; et dans ce dernier cas,
ils ne sont que des lignes, dont toutes les syllabes sont
comptées et réglces.
La versification donne des rògles pour la facture du
vers vu sous ce doublé rapport, L'harmonie poétique
est le but qu'on se propose d'atteindre en suivant ces
règles; et il n'est point de vers harmonieux, si le choix
des expressions par rapport au sons et à la construction,
ne les assortii entr'elles de manière que toutes ccs syl-
labes du vers produisent , par leur sou , par leur nombre
et leur quanfité , une sorte d'exprcssion pour l'oreille qui
ajoute encore à la siguificatioa naturelle des mots.
5-2 SUR LES SYSTÉMES DE VEaólFICATlON,
L'iiarmonie poétiquo ne peut donc se trouver dans le
vers, qu autant qu<; la nature de la phrase musicale aura
une paifaite analogie avcc les tours, les arrangcmcns ,
et les transposilious qu'autoriscra la syntaxe de la langue
dans laquelle on écrit; c'est-à-dire, qu'autaut qua les
règles qui regardent la phrase tnusicale , ne sereni point
oppos(?cs à cellcs qui appartieuueut à la coustruction dea
mots qui entrcnt dans les veis.
■ Bien plus, il faut que l'harmonie da vers soit telle,
que par le caractère particulier qu'elle lui donne, cu
puisse reconnaitre le genre de la pièce doù il est tire,
et quelquefois la touche du poeto qui l'a compose'e.
La versificatiou envisagée sous ce point de vuc, je
domande si les phrases musicales déterrainées par chaque
systeme de versification , ne doivent point avoir un
caractère , un mode et une expression , non seulement
conformes au genie propre de chaque- peuple , mais
encore à la construction et à la syntaxe de chaque laugue ;
puisque le vers u'est exact et harmonicux qu'autaut que
la pensée qu'il reufcrme, forme un accord parfait avec
le chant soutenu par les mots.
Le poete se distingue du prosateur, autant par la
manière dout il envisage les objets, que par celle dont
il les peint à l'aide du langage.
Le poiite cherche à faire connaitre l'objet qui roccupe,
en le peignant par des imagcs, et en le présentant com-
me le soutipn des tableaux nombreux et variés qui ont
excité. en lui des sensatious plus ou moius agréables.
PAI\ LE GITO YEN DÉPÉRET. 33
C'est en rcmuniit, en échauii'anl; lo cccur qu'il vcut
iutéressci- et éclaiicr Tesprit. Jl ne pcint pus comnie il
voit, il pcint cornine ilsent, ut piclura poesis.
Le prosuteur, par une autrc route, cherche à noiis
attacher eu iìxaut uotie attcutiou. 11 peint les objets tels
quii les voit. Il Ics analj'^se, et nous Ics presente en
défaillant succcssivcment et par parties , leurs qualilés ,
leurs prnpriétés et leurs rapports prochaius ou éloignt!s ;
il veut uioiilrcr 1 objet ayec vérité. Il s'en tient à ^claircr
notre esprit ^ et nous laisse maìtres dans l'exercice de notre
seusibilité , à la vue de ce quii nous a moutré.
Gette distinclion enlre le poete et le prosateur prouvc,
que le langage de l'un doit avoir des moyens particu-
liers qui n'appartienneut pas au langage de l'autre. Le
pr(Mnier a plus en vue les plaisirs des seus et du coeur;
le sccond ceux de l'esprit.
Aussi voyons-nous que tous deux employant la force
active du son de la voix pour nous attacher , l'un l'em-
ploit avec toutes les raodulations et toutes les modifica-
tions que peuvent lui donncr les situations intérieures
que lame est susceptible de recevoir de la part des
objets exlérieurs; landis que l'autre l'emploit sans toutes
ces modulalions et toutes ces modifications : aussi le pre-
mier chante en parlanf , le second ne fait que parler.
D'où il suit, que le chant est essentiel à la poesie, et
qu'il procède da coeur de chaque polite, aussi immédia-
temcnt et aussi naturellemcut que l'exprèssiou de la
peusée qui doit le soutenir, procède de son esprit.
5
34 vSt'R T^ES SVSTKMES DE VERMFICATION ,
Mais l'esprit et le cocur concoiircnt à fbrmcr le carac-
lèir particulier de chaque peuple ! . . . tout systéme de
versification est dono essenLiellement détermiuc lui-mrine,
et par la manière de sentir, et par la manière de penser
et de s'exprimer de chaque peuple. Le genie et la synr
taxe de chaque laugiic, qui sont toujouw conformes à
CCS deux manièies, puisquc leur caractère particulier n'a
pas d'autre source, sout donc lunique base de tout sys-
téme de versification. On ne peut donc pas emprunler
la phrase musicale des vcrs d'une lauguc pour la faire
souteuir par des mois, pi'is dabs une autie d'un genie
et d'une syntaxe dilférens.
Que si on l'essaye , je demande comment ou parvieudra
à pvoduire par-là uno harmonie rcelie dans les vers, puis-
qu'il est dcraonlré quelle consiste dans le rapport exact
des sons et des mots avec la pensée , dans le concert
parfait entre la manière de sentir, et celle dout la pen-
sée est aualysée et exprimée, entre la phrase musicale et
la phrase grammaticale qui la soutient.
Toutes les loix de l'harmonie poétique sont , pour chaque
langue, positives et fixes; elles n'ont rien d'arbitraire et
de vague. Lorcille et l'esprit sont toujours là pour voir
si la pensée quadre bien avec l'expression ; et le plaisir
que cause l'harmonie poétique na sa source que dans
Videntité du jugemcnt porte alors siraultauément par L'un
et par lautre.
La phrase musicale des vers grecs ou latins, quelque
supérieure en beante qu'elle nous paraisse, ne peut donc
PAR LE CITOYEN DÉI'ÉRET. 35
pas ótre trausportée dans les langues modernes, lors
mérae qu'elles sembleraicnt offrir par leur accent sylla-
bique tous les moyens de se plier aux règles de cette
phrase musicale.
Due semblable tentafive a été et sera toujours sans
succès ; il ne peut en étre autrement: l'obstacle est in-
vincible, puisqu'il rcpose sur le genie de chaque langue,
et sur le son méme des mots qui la composent. J'ai dé-
montré la première partie de cette proposition ; je vais
démontrcr la seconde.
En supposant que le genie et la syntaxe d'une langue
ne s'opposassent point à ce qu'on lui adaptàt une versifi-
catiou étrangère, (ce que j'ai démontré impossible) il
resterait toujours pour obstacle h cette adaptation la diffé-
rence de l'accent general, et du mode du soq de chaque
langue.
Tous les icrs soni enjans de la lyre. Oui ! mais cha-
que peuple a sa lyre particulière, et le ton auquel cha-
cune d'elles est montée , ne permet pas d'en tirer des
soDs harmonieux daus tonte espcee de moda
Il est des genres de poesie qui ne peuvent étre con-
venablement chantces par la lyre de tei peuple , et qui
le sont avec le plus grand succès sur la Ij're de tei
autre.
En effet, compterait-on pour rien dans le caractère
musical des langues, le mode du son produit par les
mots, et qui chez toutes est nuance et diffcranció, non-
seulement par la combinaisou des consounes et des vo-
36 SUR LBS SYSTÉMF.S DE VÈRSIFICXTION,
ycllcs, mais cucorc par Ics modifìcations qiic donuont
ù l'organe de la voix, le climal, IVdncation, Ics nimus,
CD un mot toufes Ics circonstanccs pliysiqiK's et moralcs,
qui font qiie cliez le mémc pciiple, les mémcs mot?
sout articiilés et prononcc^s d'uue manière diflércnte, et
avec des nuances musicales appréciables.
Ne sent-ou pas qne le son des mots enfendus sufiit,
saus le secours de l'intelligence, pour nous mettre dans
le cas de les rapporter à Ielle ou telle langue? Et'com-
mcut pourrious-nous le faire, si le son qui est prodiiit
par l'aiticulatiou quils nécessitcnt , n'apparfcnait pas a
des modes musicaux esseutielicmeut diffcrens, mais que
nous reconnaissous commc apparfouaut aussi au carac-
tère musical de la langue de tei ou tei peuple?
]\Iais medira-t-on, il est des langues vivantes qui ont
des lougues et des bréves , conime la langue latine !
A cela je répondrais d'aprcs tous ceux qui ont du
goùt et de l'oreille , que les longues et les bréves qui
sont dans la langue vivante la plus acccntuée, ne sont
pas longues et bréves, de la mème manière que chez
les latins.
L'accent vocal dans la langue latine est plus ferme,
plus soutcnu, plus égal ; la quantité cu est fixe et dcter-
miuée; la proportion entre les bréves et les lougups y
est toujours la mérae. Tandis que dans la langue vivante
dont ou parie, laccent y est plus moelleux, plus irré-
gulier, plus flexible et par-là plus varie. Les bréves •
que j'aime mieux nommer glissantes, (sdrucciole), ou
PAR LT2 riTOVEI* nÉpÉRET. Z'J
rapìclcs, n'y ont iivcc Ics longues qu'une proportioa
varlable, plus appiéciable par leur rapport musical, que
par leui- rapport de quantité.
Je sais que la poesie grecque et latine est plus rhyth-
mique, et par conséqucnt , que la phrase musicale des
vers y est plussentic, plus éuergiquc, et pour ain«i dire,
plus ópiquc; je sais que Ics syllaljcs des mots y sont
régiccs par la quantité qui les rend bréves ou longues ,
par le nombre qui fait qu'il y en a plus ou moins , et
quolquefois rnémc par l'un et par l'aufre, còmrne dans
l'asclépiade et l'hendécasyllabe, tand'is que dans les lan-
gues modernes elles ne le sont que par le nombre.
Mais Iharnionie du vers est-elle le produit de la quan-
tité seule? et le vers n'cst-il qu'un chant tout cntier pour
l'oreillc , qui ne doive rien cxciler dans l'esprit , et par
conséqucnt dont l'harmonic soit indépcndaute de soa
accord avec la pensée poétique, exprimée par les mots
qui le soutiennent? C'cst là le lot de la musiquc propre-
ment dite, de cct art jaloux de scs prérogatives , qui
maitrise le cocur, et semble ne vouloir de triomphes
que ceux quii peut dérober à l'esprit. Il n'en est pas de
mcme de la poesie, cilene veut, au contraire, de triom-
phes que ccux cju'elle a remporté également sur le cocur
et sur l'esprit ; ou plutòt elle disparaìt si elle n'est avouée
simultanémcnt par l'un et par lautre.
L'accent syllabiqvie d'une langue ne doit donc pas etre
cousidéré séparéracnt des moyens par lesquels on y
dispose Ics mots pour former un scns dans l'e^sprit ,
38 SUR LES SYSTÈME6 DE VERSIFICATION ,
pour souteuir l'accent oratoire et la phrase musicale dii
vera.
Il faut toujours voir eusemble la prosodie et la S3'a-
taxe d'une laague pour déteriniuer le systéme de versi-
fication qui lui convient: or, le plus convenable pour
chacuoe doit étre nécessairenient celui où la phrase
musicale pourra se préter à toutes les modifications, et
à toutes les nuances que la phrase logique qui la sou-
tient , est elle-méme susceptible de recev'oir dans le
courant d^uae méiue pièce de poesie. Sous ce rap-
port , n'est-on pns force de convenir que la versifica-
tion des Grecs et des Latins est trop sevère et trop
stricte pour les langues modernes. La quantité dans la
versificatiou ne peut appartenir qu'aux langues absolu-
.ment transpositives.
.. Mais dira-t-on en insistant : les plaisirs des sens l'era-
portent sur ceux de l'esprit, et le chant a précède les
vers. Sans examiner ici , si les plaisirs des sens , coni-
binés avec ceux de l'esprit , ne sont pas préférables pour
l'homme cultivé aux plaisirs des sens simplement, et si
la priorité d'existence est une prcuve d'excellence , je
répondrai qu'il serait facile de dèmonfrer que notre
imagination nous exagère beaucoup les avanfages que
nous donnons aux Grecs et aux Latins, par rapport à
la quantité qui rendait en effet la phrase musicale de
leurs vers plus prononcée, plus cadeucèe et plus rhy-
thuiique.
Le jugement prévenu fait ici illusioa à nos sens, Chaque
PAR LE CITOYEN DÉrÉRET. S^
langne a ses bcaulcs musicales qui sont iualldnables ,
parce qu'elles ne naisscnt que du fmid memo de la langue
qui Ics possedè.
« L'hiatus chez Ics Grecs dtait un des agrdmens du laugage.
Los La(ins admiraicnt pour le grcc ce principe de me-
lodie dans Ics sons des mols, et le rejetaicnt pour leur
propre langue. Là l'Lialus flallait leur oreille; ici il la
blessait, » Preuve inconlestable de la différence essentielle
du mode musical de chnquc langue, et par conséquent
de la néccssité d'un sysléme de versiBcation différent pour
cliacune d'elles.
« G'est la douceur du climat, (a dit Monsieur Thomas
» dans son essai sur les éloges) c'est la molle souplesse
» des organes, c'est la politesse des mcEurs, c'est le
» désir de plaire, en flattant l'ame et l'oreille, par l'ex-
» pression d'un sentiment doux qui polit les langues ^
» et les rend harmonieuses. »
En adniettant cette opinion, la langue la plus harmo-
nìeuse sera celle qui n'aura rien d'apre , d'austère dans
ses sons, et oìi les mots s'inclinant, se renversant molle-
ment les uns sur Ics autres, dounent à la prononciation
ime sorte de fluiditc, et la rendent très-propre à l'ex-
pression musicale du vers.
Or, si nous comparons sous ce point de vue la langue
francaise à la langue latine, il nous sera facile de faire
sentir que la mesure du vers latin ne convient nulle-
ment h la poesie francaise. La quantitc était chcz les
Lalins trop dcterminée, et pour ainsi dire , trop calculée.
i'fO SLR LES SYSTÉMES DE VERf.lFICATlON ,
JjC rapport des syllabcs longues aux syllabos brcves , y
est trop cxactcment fixé, et donne à la pluase musicale
du vers trop de piccisiou et do rc'gularilé , pour quo
la laugue fraucaise puisse l'adopter sans miire à sa dou-
cem-, et pour ainsi diie, à sa ductilité.
Chauler, c'est exprimer par Ics sons de la volx l^s
diverses siluations intérienres du canir; situations loii-
jours ana'logues cn lui , aux impressions qu'il a recuesy
et aux passions qui l'agitent.
Les parolcs qui accompagncnt le chaut ont dcux pou-
voirs distinets. Par le mode du soa des syllubes qui Ics
composcnt, elles peigueiit le scntimcnt ; par les sons
variés de l'articulation qu'elles ndcessitent , elles expri-
Tjbent nos pensées; mais les peusées se détachent Ics uncs
des autres , comme Ics points de vue et les actes de
4'esprit qui les considera ; tandis que les sentimeos sont
des tous iudivisibles qui se succèdent cu nous sans in-
terruption , parce qu'ils naissent de la situation méme de
notre coeur, qui sous ce rapport peut éfre rcgardc comme
imrauable. Les niots cousidérés musicalcracnt doivent dono
avòir des propriéte's qu'ils n'ont pas , lorsqu'on Ics cou-
sidcre logiquement. 11 faut douc que par rapport au son
ils aient : i.° uu mode diffcrent dans chaque langue,
parce que la manière de sentir de chaque peuple néces-
site, dans son expression par le chant, un toa esscntiel-
Jement différent; 2.° une aptitude plus ou moins grande
à se lier Ics uns les autres par leur consounance, afin
de pouvoir peindre nos sentimens, et en marquer J.a
liaisoa et les nuauces successives.
I PAR LE CITOYEN DÉpÉp.ET. /j t
On a parie beaucoiip de la mnsiqtie cliez les Grecs,
et on a dit peii de chosrs, ou prescjue ricn de la musi-
qtie chcz Ics Lalins. La musique sernble appaifenir pi-^s-
qu'(n propre à l'Italie, et la Fi ance emploit, pom- la
naifoualisei- chez elle, non-seulement toiis ses moyens,
mais encore ceux des ualions ctrangères. Pourquoi cctte
différence?
Je ne prononce point sur rette question. Je ne fais
que l'indiqiier. Peut-éde qu'un jour je la traiterai Ce que
j'ai dit plus haut s"y rappoite , je crois, très-directement.
Je reutre dans mon sujet, et je joins aux preuvcs de
raisonneraent , quelque"? preuves de fait et dexpérieiice.
La lanofae latine difTfere de la langue francaise , par
son acccnt vocal et par sa syntaxe; au«si aije senti,
taut en lisant moi-méme, quVn entendant lire des vers
francais mesuiés, Ics efibrfs pénibles faits par ceux qui
les avaient composés , et la conti ainte soiitenue où se
trouvait Porgane do la voix en les récitant ? Je ne parie
pas de la peine que causent les violations faites aux rè-
gies de la synlaxe de la langue francaise, pour pouvoir
l'assujcttir à ce système de versification; je ne veux faire
observer ici que ce qui appartieni à la phrase musicale
des vers latins, lorsqu'ou la transportée sur des paroles
francaises.
Jai senti que le langage francais, pour devenir alors
plus ferme et plus éuergiqne , devenair dur et apre , et
qie pour se prèter à la quaulité du vers latin, il se pré-
cipitait ou se ralectissait sans niesuie, ni agrément. Hien
42 SUR LES SYSTEMES DE VERSIFICATION,
n'était naturel, les orgnnts de la voix étaient, pcudant
la lecture, dans une sitiiation violente, qui n'était sou-
tcnue quc par les effoits coustaus de 1 imagination qui
me rappt'Iait le soa analugue d'un vers latin.
Au licu que daus la lecture faite ou entendue de vers
écrits d'api ès le systèrae de vcrsIGcation, propre à la
langue francaise, je scns, si je veux me livrer particu-
lièicment au plaisii- de la melodie de leur plirase mu-
sicale, que tout y est naturel. Les sons se succèdent sans
cfibrts, et avec une molle douceur qui les lie , et les
reud proprcs à cntrer dans le mode que le stntiment a
déterminé. ; , i..
Dans le premier cas je;&'ai de plaisirs que ceux quc
j'obtiens en violentant mon imagination: dans le second,
ils sont tous agréables et faciles, parce que je les recois
sans les provoquer , ni les rechercher.
Il n'est rien à quoi les laugues ne se prétent; la maiu
de l'ouvrier fait tout: mais il n'est de vraies beautéà
dans le langage prosa'i'que ou poélique, que celles qui
naissent naturellement du propre fond de chaquc langue.
On pcut imiter des sons par des sons; on peut intro-
duire des dactyles et des spondces dans la langue fran-
caise, mais jamais on ne réussira avec un tei systéme de
versification, à faire des vers qui puisseut étre avoués
par le bou sens et la raison ; parce que la syntaxe ,
qui dans ehaque langue déterminé les dcgrés de subor-
dination qui doivent exister entre l'accent oratoire et
l'accent syllabique, a fìxé par-là méme pour chacune
PAR LE CITOYEN DÉPÉBET. ^^'
le systéme de versificalion qui luiconvient, et le ttieil-
leur de CSs ' systòixles esfcelui^' dont Ics i-^glesrrelatives
à la phrase musicale du vers, ont une si grande analo-
gie atee celles relatives à rarranerement des mots , que
f, '."T:r:rf/ ;/. 5.:-?. /il. \i ./loft / .)i.m/ yrz'iih
laccent syllabique y soit toujours eu harnionie avec lac-
cent oratoire, la prosodie avec la syntaxe.
.;". -■: mi Zs ol «.I
ui ,Iup 3fn-i9i 30 jiAog aL.i
£'.b iiiu.it ì::i.j;. Il 2'jl i èìjott loìrpof ''séq ^q^RgTo'I
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Iff .TEflàlàa H.iYOTID 3J RAI
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Dir GOtJT' EN TEINTURE, ^ ;'«'
i/ii. ;..'> ulj^jijijj ic, '.libi 'liO fCili !■.. '-jliiiif ! Aiì jc/jKi'J J,i Jj
DìpSON APPLICATION. ET DE SES .VÀRIETES, ^"^
.'j/BjaT(R fil 09VB 'jibogfjjc] «1 tS'iioJc'io Ja93
PAR LE CITOYEN PÈCHEUX,
Lu le a3 uivóse an iz>
lE goùt, ce terme qui, pris eu propre, de'signe
l'organe par lequel nous recevons les inipressions des
saveurs, exprime aussi, au figure en peinture, la faculté
par laquelle nous éprouvons des sensations agi-éablea, à
la vue des ouvrages , dont les parties , quoique très-
variées, forment entr'elles une harmouie de couleurs et
de formes, facile à saisir, et propre à caractériser chaque
Peintre.
Gomme, à laide de l'imagination, l'Artiste voit, avant
de l'exécuter, le tableau qu'il doit faire, le goùt parti-
culier de chaque Peintre se montrera alors dans le choix
du sujet, dans la composition, dans le dessin, dans le
coloris, et méme dans l'exécution mécanique.
Les graces sout seules capables d'exciter cefte faculté,
et d'eu diriger l'exercicej saus elle le goùt s'évanouit, et
ne peut subsister.
par: le CITOYEN PècHEUX. 4^
- ! IHìiit les difficukésjJ'et'inie peut se soutenìn dans le»
travaux serviles, òu trop opiniàtres. r/aT 1
11 est plus sensible A nos yeux dans la partìe du co-
krrìs^ qae dans celle du^ dessin, et[ dte la còraprosition. II
ajoute au coloris ce qu'une odeur suave ajoute auxi belles
fleurs. ■'■'■- . ; • ' '^ -i 1 , •;..' . ' . ,
; II ne peut étre applique , dans le dessin, qu'à un
effet bien entendu du clair-obscur, à celui des reflets,
et au mécanisme de l'exécution; car, les contours, les
fonnes et l'expressipn , appartiennént à la sdence de l'art,
et exigeut de l'étude, du choix et de la perfection.
.Dans la composition, le goùt dispose avantageusement
,les groupes; les rend susceptibles d'effets agréables et
nouveaux; et fait naìtre sous le piuceau ce qui peut
'flatter délicieusement le sens de la vue. 'i
_ Chaque Artiste porte en lui-méme un goùt particulier
qui dépend de sou moral, comme de son pliysique;
sii est sage et prudent, il aura dans le choix de ses
sujets'une prédilection poUr le tendre et le grave; ses
.compositions seront raisounées , il fuira les expressions
outrées , sa couleur sera simple et fondée sur la vérité
de chaque objet ; il exécutera avec soin. Cependant ce
gout-là remuera raoins le spectateur inexpert , que celui
qui serait òutré, et mème lin Jjeu extravagant.
Celui dont le pliysique esti ardent, ajjnera ,à trailer de
grands sujets, et à peindre des aclions violentes; comrae
il est prompt à sentir les diffc'rentes passions, dont son
sujet est susceptible, sa composiliQD sera Jfacile et ingé-.
^6 DU «OtT EN PBINTCBP)
nièuse, et sa couleur ideale justju'à raltórati'oii : Micrel-
Ange et TiNTORETTO pcuvcut servir d'exemple dans ce
geure.
Lhomme flegtnatique , au contraire, choisira tjes gujetà
patliéliques et raéme mélancoliques ; il peindi-a froide-
iiient , et manquera méme de graces dans les sujetà
agréables; son exdcutiou sera soignée et recherchée dans
les ddtails; sou colox'is, quoique tendaiit à la ivérité ide
cliaqiie óbjet, lie.remuera que faibléinent le spectateur,
commé il est arrivé à Gaiio. poiyci, d'ailleuis exceileBlt
dans plusieui-s parties. :.(ur.i ni: ,')';i', ' ;rn-<My, j-
L'Artiste d'un tempt^ratnent vif saisira facilement le ca-
ractère de chaque sujet; il composera avec sentiraent ,
exprimera avec force ce quii aura CÌon(;u ; son raéca-
nisme sera facile et agi-t'able; il sera fortement senti
dans l'idéal; ce qui caractcrise Guido Reni, Albake et
Pietro da Coi-tone. , •■\'
Oq petit dono en quelque sorte juger du caractère d'im
auteur pai- le goùt répandu dans son ouvrage; puisqu'en
opéraìTt , 'cette faciìilte porte chaque artiste plutót sui-
telle ptìrtie de l'art, que sur telle autre , et qu'^elle lui
fait trouvep plus de facilitò et de satisfaction dans tei
siijet, 'qiie! d$as -td aòtre;;! qu'eufin dsus ittìus lés cas ,
c'est elle' qui flxe sou ©hoix, et gtiide son piticeau, C'ost
par ehi partiiCtìlaritéS ©bservées et saisies par le specta-
teur que le goùt de chaque peintre est caraclérisó et
distiogué. De-là , les déaominations données au goùt de
tei ou'de lei Artiste. ' ' ta .-jldi^
PAR LE CITOYEN PÈCHEUX. 47
Pai- excniple, le goùt distinctif de Michel- Ange est
une force daus l'cxpression de chaque action , une har-
diesse à énoncei* les muscles, une fierté daus Ics carac-
tères de tèlcs qui Ics i-end imposantes, et «ne exécution
vraiment magistrale.
Le goùt de Léonard de Vinci offre une tliéorie sou>-
tenue; il n'y a jamais rien de hasardé; une exécution
i la vérité fatiguée, mais tcndante à la perfectiou. Il est
toujours en garde contre Uii-mcmc, ce qui peut avoir
été la cause de peu de productions quo nous avons
de lui.
Raphael avait du gout pour les actious naturelles; il
en seutait et saislssait l'expression et la grace; il en
choisissait le poiut le plus infelligible et le plus simple.
Ses compositions sont riches et variées , judicieux dans
la variété des caractères des tétes; le style de son dessin
est sans altération; il ne surprend pas, mais il arréte le
spcctateur, et le force à l'observer avec l'atlenfion la plus
soutenue.
Le goùt de Titien est une simplicité d'actions , une
vérité de couleur, dont il caractérise chaque objet jusqu'à
lillusion, ce qui lui a mérité la prééminence sur tous
les autres Peintres , comme coloriste : les ouvrages dans
les diffrfrcns gcnres qu'il a exécutés portent le vrai carac-
tère de cliaque objet; il est toujours agréable.
Le TiNTORETTo sc fait connaitre par sa fécondité, son
energie, et la facilité de l'exécution, quclqucfois cepen-
dant négligée; il se montre toujours possesseur des prin-
ij.8 " DU GOUT EN PriNTURB,
cipales parlies de lait. Son gout {Vappa Ics Carraches,
tilt admiié ot rediercht' par Rubens.
Le goùt du CoRFÈGE élait la gtace, la friiuheur dans
les tons, et la rondcur dcs objefs 8es idcfs et ledi, ix de
ses sujets tendent tonjours h lui procurer des effets gra-
cìeiix Ses ouvragrs noiis cliarment par le contraste df s
mouvenieus, leur ench.ànenient de lumière et lintérét
de l 'action. Son tableau de Saint- Jerome nous en ollie
un bd exiniple.
Pciul ViRONESE avait c'fé frappé dans sa jeunessp pal-
la pompe des représentatious publiques. Son goùt est
tonjours ridie et iaslueux, mais vrai dans ies détails ,
tout y' coucourt , habillemeus , ai cliifecture , et tous les
acressoiies qu'il introduisit pourenridiir sa composition ;
quoiqu'il soit observateur peu rigoureux des niceurs et
des cfuitumes des nations, dont il tirait ses sujets, il a
wn diainie qui occupa agréablement le spectafeur.
André Del- Sarto a un goùt sage; ses compositions
sont uai'ves; son dessin est naturel, rarcment idéal; il
choisissait bien ses modèles , et les rendait avec vérité
et finesse, lant pour l'expression que poui- le caractère.
Fréderic Baroccio est varie et riche dans ses compo-
sirions, gracieu« dans les mouveraens de- ses figures ;
coloriste agréable et brillant, qudquefois peut-ètre tiop
idéal, cependant (oujours dans la marche de la nature;
soigneux dans son exécutiou; il a più de son vivant, et
plaira toujours.
AnuibaI Carrache avait une prédilection pour les objets
PAR LE CITOYEN PÉCHEUX. 49
de caractère , il était énoncé, mais avec science et à
propos; ses Ggures sont développées et offrent de belles
formes dans toutes leurs parties; son goùt de couleur est
plus fier que choisi, mais sou exécution est savautc, il
a su sccondcr Ics divers talens de ses élèves, et nous a
laissé une école florissante et nombreuse.
Guido Reni a eu une inclinalion pour les objets
gracieux, et son goùt de couleur y était propre , il
donnait de la noblesse aux caraclères de tétes, il habil-
lait aussi ses figures d'une manière riche et elegante ; il
ctait douc d'une grande facilité de pinceaux qui le dis-
tingue de ses contemporains .• ses ouvrages ont du char-
me pour toute sorte d'amateurs.
Le goùt de Guercin est fort facile à étre distingue ;
il a un clioix de caractères de létcs , qui joint à l'idéal
un air de véritd, et un relief qui les dctache de la toile;
on peut juger de sa grande facilité par la grande quan-
tité de ses oeuvres.
Dominique Zampieri airaait la simplicité dans ses
compositious , la vérité de l'expression dans chaque fi-
gure, un dessin corrcct et très-étudié dans les figures
nues; il est varie dans le choix des tétes, et reudait ses
compositious fort vraiscmblables. Il est aussi à reraar-
quer par la nai'vcté dcs épisodcs qu'il puisait dans la
nature, et qu'il plagait avec beaucoup de prudence et
de jugement.
Francois Albane cberchait les sujefs agrcables ; il y
mettait du poétique qu'il exprimait avec grace. Sa cou-
7
fif) nv GOUT EN PEINTURE,
iour , qnolque pni varióo, t'st «gii'ablc ; il est fucile S
rccounaìtrc par rnnicuité ile ses compositious qui nous
rnppellcut Tidée de la gaieté chainpcire.
Nicolas Poussin, dont le goùt se distingue par la sé-
vi^rité de la composition, et récouoiiiie dans le nonibra
des fìgurcs, corame aussi par la justesse de diaque ex-
pressiou qui pr($seute sans t^quivoque le carnctère des
niccurs de chaque naiion, dont il traile Ics sujots, l'archi-
tocfuiT, et niòme los sites, tout contiibue ù le faire re-
gardor coiunie le philosophe de lart de la peiuture.
Cause de la dècadence du hon goùt dans ies diverses
écoles.
Outre Ies gcùts particuliers A chaque Artiste, il rì>-
gue aussi un goùt gónL^ial de si^de et de naiion qui
se pi^opage par Ies écoles, et rémulotion cnfre Ics jeunes
artistes , qui trop souvont coureut après Ies louanges
déjà méritées par leurs coudisciples, et perdent en partie
leurs propres lacultés.
L'école vénitieuue a eu un goùt exeellent pour la cou-
leur; elle étiidiait et fiuissait ses ouvrages. Quelque Ar-
tiste s'ótait laissi5 transportcr par une facilitò naturelle,
trouva des admirateurs, ce qui sc'duisit la jeuncsse, qui,
en cherchaut cotte facilité, pordit la vraie route de
rjtude et du goùt , qui est propre à chacun , et s'égara
par sa propre faiblesse.
L\5cole bolonaise a eu le mcme sort; d'une manière
P\R LE CITOYEN PÉCUFUX. 5r
forte et caractérisée , rlle est lombi-t" daus le clinqnant,
et dans une aCfoctation tlìriitralc, qui uè conserve ancuoe
trace de iVcole carachesque, à qui elle devai» sa celibi il^.
Le goùt de ledile lombarde à peine forme par le
CoRhÈGE et ses discipics, sest confondu dans les écoles
•voisiues, où il avait été iutroduit, et n'a subsisté qu'une
gt'nc^rafion.
Celui de l'école flammande et hollandafse qui lient bf au-
coup aux caractcres des mcEurs de ces peuples, parait
devoir se soufenir; ils sont soigneux et propres par
tempérament; la nature tlicz eux est fraiclie et belle
pour la couleur; ils en sont affrcfés et cherchent à la
rendre avec verité: cep'-ndant ceffe école a souffert une
grande alterai ion dans le genre héroVque qui y avait été
iutroduit pnr Rubens et ses discijiles.
Le goùt de fècole francaise a changt? plusieurs fois,
mais il est toujours revenu à préscnter le genie et le
caractère de la nailon; susceplible des passions agréa-
bles, les francais s'occupent volontiers de sujets gais, et
ont cherché plutót à étre agréables et nouveaux, pour
jouir dune repulalion présente, que de courir la car-
rière de leurs savans compalrioles , Poussin, Lebrun ,
M GNARD et fant d'aufres. Mais à prdseut, enflammés par
la réunion des chefs-doeuvres nombreux qu'ils posscdent,
ils paiaissent vouloir reprendre la route de ces grands
hoinmes.
Les amnteurs de la peinture ont aussi leurs goùts ;
les uas sont affectés par l'agréable, d'aufres par le pa-
5a DU GOUT EN PEINTURB, ETC.
Ihéh'qne ; quelqiies-uns senti'ut Ttnerf^ique , les ouvragcs
d imitation dans de petits (ableaux flanimaods ou hullan*
dais, soat recherchés de pliisioiirs, (andis que d'autres
recherchent cxclusivement les productious des écolt s
italipiinos et les sujets graves; les aiiteuj-s classiques soat
seuis dignes de lours regards, ils eu exclueut lout autre
gerire. Le paysage, ce geme si agiéiible de la peinlure,
et qui a étu poussé si loia' par plusieurs Ailistes de nos
jours, n'obtient aiicun sulliage de hur p.irt. Plusieurs
préfòrcnt un cheval, une vache, des rnoutons, pein(s par
les flanimands, à un tableau du Carkachiì ou de TAl-
BANE. EuGn tout est relatif au curactère et au tempéra-
ment de cliaque hotnme, d'où il résulte quii est aussi
très-raisonnabie d'admeftre que chaque Artiste suive sua
goùt, et que chaque amateur goùte à sa manière.
65
RÉFLEXIONS
8UR L'ART DE BIEN DRAPER LES FIGURES-.
ARTICLE V
Du meilleur sfyle par rapport aux draperies.
PAR M.' ,R E V E L.
Lues le 14 nivóse su 12.
JjN ronsiclérant le style des Greca à l'^gard des drape-
ries, Toh voit que l'Artiste a loujours eu des buts priuci-
paux daos IVxécution. Le premier, deviter la symctrie ,
la repétition et la durelé, afiu d'amener par un rou'.rasfe
contimi la variété la plus belle et la plus couveuible;
le second, de faire entrevoir sans la moindre alf'eciatioa
a-n-dessous des draps l'exactitude des proportions , la
forme et la rondeur des parties, et l'endroit des articu-
lations, pour étaler ainsi une profuude inleliigence daD»
le dessia.
54 SUR l'art de bien praper i.es figure»,
Cette niétliode prociiianf à la'il et à rcsptif deus
sensations agiéables , lune pioduite par Ics graces de la
draperie, et l'autre par la proportion et lélégauce des
forraes transparenles en parile au- dessous de lliabille-
ment, a toujours eu une supériorifé sur ies autrcs; et
c'est pour cela quelle fut adoptée par le grand Raphael
d'Urbin et LÉoNARr) de Vinci, par les Carrachis, le Pous-
sin , Charles Llbbun et leurs écoliers, tous célèbres aimi-
ratenrs de l'anliquilé, et c'est pour cela qu'elle duit étre
proposée cornine la meilleure par les Professeurs.
A R T I C L E IL*
JLes Jiahìllemens doìvevt étre adaptés au tems et aux
ciiconstances du siijet que l'on veut n'présenler ; ih
do'wPììt étre étudlés sur la nature et pcrfectionrn's
avec l'art. Occasions oà il est necessairi^ de sf^ servir
de l'idéal, cesl-à-dìre, de l'imagi nailon pour les
meltre en eocécution.
Avant tout, l'habillement qui forme la draperie, doti
étre adapié au costume du tems. il faut quun Grec
soit habillé à la grecqiie, un Egyptien à i'égypticnue,
un Romain à la romaine, et ainsi des autres uations.
En second lieu il doit étre copie du naturel, lors-
quii est possible, et perfectionné avec l'art; et ce non-
seulement parca qu'il arrive diflicilement qu'ua jet de
plis soit assez beau, diversiGé et heureux pour satie-
PAR m/ REVEL. 55
faire aux denx objcts piincipaux de l'Artiste, dont fait
raeution l'article précédent, mais aussi parca qua vou-
lant bicn souvcnt ajoutcr dcs plis sur le mannequin , ou
ea introduire de nouveaux pour marquer le nud , Fon
gate ceux qui dtaicnt le mieux faits, et l'on ne finit quo
par des résultats difformes et forcés.
Je dis qu'il faut que les draps soient copiés du natu-
rel , lorsqu'il est possible , parce qu'il y a plusieurs cir-
constanccs oìi il convient da s'aider avec l'iraagination ,
et des occasions òù il est impossible d'avoir un modèle
qui nous présente continuellement, et de la mème ma-
nière un drap agite par le mouvement ou par le vent.
Penetro, Mengs, de cette vérité, il dit dans ses ré-
flexions sur Raphael : * « l'idéal a l'accès jusque dans la
> composition des draperies , puisque pour représenter
6 un homme qui court rapidement , il est nécessaire,
» copiant la nature, de faire que les habillemens volti-
> gent d'un coté, et pour le faire d'une au tre manière,
» lorsqu'il convient, il faut faire usage de l'idéal. Si
t> par exemple un Ange vele , il convient de faire voir
6 dans sa draperie, s'il va en haut ou en bas, et de don-
» ner à connaìtre par les plis dans chaqne membra, et
* dans tonte la 6gure s'il est en action, ou si elle est
♦> terminée, si le mouvement est doux, fort ou violent,
* Voyez ses réflexions sur Raphael , Corrège et TiTiEN , le §. V du
cLap. II , où U traile de l'idéal du premier.
56. SUR l'art de bien drAper les figures,
» et s'il est au comraencement ou à la Cu; après tout
« cela je crois méme qua l'idéal doit eutrer jusque daos
» It'S chcveux. »
De cetfe proposìtion Fon doit infcrer que le très-
savant Peiutrc alleaiand, malgró sa passioD de tout cò-
picr dii naturel, lorsquil a dù peindre dcs Anges ve-
lans , ou dcs figures trausportées en l'air avec des cheve-
lurcs libres, des voiles, ou des draps, il a dù égale-
ment faiie usagc de limagination, et i^tudier beaucoup
les accidens naturels , et les lois du rnouvcmeut , pour
se conduire dans ces cas \ìì, et qu'ici avec le mot d'idéal,
il n'exprime qu'ua eflort de l'espiit, ou l'acte d'imaginer
les choses, dont dous ne pouvons pas avoir des niodclcs
fixes et perinaneus; et ce qu'il dit ensuife, cornine ci-
après, pi'ouve cette déducfion de ma pari.
« 60. Pour concevoir et conuaìtre ce que c'cst celi
» idéal, et jusqu'où il s'étend, je conseillerais principa-
» lement les peintres de lire les poetes, lesquels u'ont
;>^i"ien écrit saus l'avoir imaginé auparavant , tout com-
» me s'ils le xasscnt; et ceux qui ont su choisir le meil-
» leui- de leurs idées, sout les plus excellens. L'idéal se
» trouVe ea toute cliose, dans tous les arts, et il a quel-
* qutì pai't aussi daus toutes les sciences; dans la musl-
» que e'est l'harraonie, daus la peinture c'est l'invention,
» et ainsi dans tous les autres arts connus ; mais dans
» aucune il brille autant corame dans la poesie et la
» peiuture, lorsqu'elles sont traitécs par un grand genie,
y> c'est pourquoi les anciens appelèrent la peinture une
» poesie muetie, et la poesie luie peinture parlante.»^
PAR M.' REVEL. 67
ARTICLE III.'
Observations sur Ics deux articles de towrage
de Meugs cì-dessus a'ùés.
Quoiqne le i." article soif éccit avec beaucoup d'obscu-
ritc", et qu'il semble à quelqu'un quo l'auteur n'ait poiut
voulu s'exprimer clairement, pour laisser encore alasi
couverte d'un voile la vérité, et la rcndre raoins con-
naissable aux iuilics dans ces scicnces , ce nonobstant
l'on peut falle Ics rcflcxious suivantes , lesquelles, si
cUes n'expllqueront pas, ce que Mengs a pretenda de
déraontrer rccllement, elles indiqueront du moins ce
qu'il devait dire à ce propos , pour étre intelligible à
tous, et pour donnei' Ics raisons de l'art.
11 dit : l'idéal a l'accès jusque dans les compositions des
draperics. Gela signifie que les draperies aussi, quoique
tirées du naturel , ellcs peuvent étre perfectiouuccs par
l'imaginatiou , et qu'elles peuvent devcuir le résultat de
l'union des plis qui sont les plus propres pour faire
conuaìtre le but de l'artiste et recrt'er l'ceil. Ce qu'il
ajoute ensuite pour une preuve de sa proposition, ou
il est mal cxprimé , ou il faut avouer qu'il se con-
tredit; en eflet si l'on doit rcpréscnter un homme
qui court rapidement, il n'est pas possible de le co-
I- pier d'après nature, parce que l'impctuosllé du cours,
le contiasle de l'air fendu par le corps, et l'clans des
8
58 SUR l'art de BIEN DRAPER LES riGURES,
membres font changer de figure aux draps prosqu'à
cliaque iustaat , et no permeUcnt pns au pcitilre de
ronsidérci' pour un moment le modcle sous le mème
point de vue, se dérobant commo un éclair.
Ce quii dit ensuite, qua dans la course Ics hnbillemens
voltigent d'un còte, c'est aussi s'expiimer dune manière
inexacfc, attendu quo, lorsqu'une figure court vers nous ,
cu s'éloigne impétueusemcnt , et par angle droit, l'oa
ne voit point Ics habillemens dun còle, mais plutót vol-
tiger derrière, ainsi que la chevelure, si elle est libre
et longue.
Il était dono mleux dMtablir pour règie que les ha-
billemens des figures courantes doivcnt étrc toiijours
peiutes voltigeaut derrière , étudié et combine en con-
sultant la vérité pour choisir ce qui est plus beau et
plus proprc pour leur donner toute l'élégance , et en
méme tems les faire paraitre parfaitement couformes à
la nature.
La mème dt^monstration sert aussi pour les figures
que l'on veut faire dans l'action de voler; les habille-
mens resteront toujours derrière et sur la mème ligne
que parcourt le corps qui fend l'air; et autant plus ce
corps volerà horizontalement, d'autant plus aigu sera
l'angle forme par la draperie qui se trouvera serrée sous
les niaraelles, ou aux lonibes, c'est-à-dire d'autant moins
l'habillement se separerà de la figure; et pour me faire
mieux comprendre, je me servirai de l'exemple suivant:
Que l'on prenne un bàton, que l'on y attaché un fil,
PAR m/ revel. 5g
et qii'on l'exposé au soufile d'un vcnt fort, et de ma-
niere que celui-ci frappe également de haut cn bas le
bàton , l'oii verrà que le fil formeia un angle droit sur
la ligiic du bàton; que l'on bciisse cusuite peu-à-peu la
poinfe du bàton vcrs le vent, 1 on reconnoitra qu'autant
plus on le baisscia , d'autant plus aigu deviendra l'angle
{'orme par le fil sur le bàton , jusqu'à ce que le teoant
horizontalement Ton verrà que le fil ne se separerà plus.
Ce que l'uu dit du fil, on peut l'appliquer à une dra-
perie quelconque qui n'est pas serrce au corps , comma
DOS habilieniens; mais cependant, avec celta difl'crerce,
qu'autant la drapeiie sera Icgère, d'autant moius ella
dcv'ra paraìtrc d'étre tirée vers le sol par la force cen-
tripete qui agit sur tous les corps qui ne sont pas ^^)é~
cifiqucment plus légers que l'air. Passons maiuLcnaut ù
l'autre article.
A l'égard de celui-ci je n'ai qu'une soule difficulté à
objecter, et c'est que jc ne coniprends pas coniment l'au-
teur ne parlant ici que des drnperies et des clieveux ,
clioses que fon doit rcgaider plulót conime le resultai
de l'imitalion , ou d'une conibinaison de lignes et du
clair-obscur , et non conime des productious de limagi-
nalion, il invite les Peinfres de lire les Poétes pour
concevoir et counaìtre leur ideal.
Le genie le plus énerglque et iraitatcur de la poesìe,
ne pourra jamais arriver à peindre ime draperie, décrire
les lignes et les clairs-obscurs qui relèvent les plis pour
ca doauer une idée exacte. Un Pcintre pourra bien savoir
é)0 SUR l'art de BIEN DRAPER LES FIGl'RES,
par coeur toutes Ics pocsies et toutes les images Jes plus
sublimes cVHomère, de Vibgile , du Dante, du Pé-
TRARQUE, du Tasso et de I'Arioste, mais s'il n'aura pas
étudié la nature, il ne pourra jamais draper avec grace,
et uouer une clievelurc avec élégauce.
Ce n'est que dans Tinvention que la poesie peut étre
d'un grand secours au Pcintre imaginatif, comme ce
n'est que dans l'étude et la description d'cxcellens tableaux
que le poéte s'habitue à imiter le beau de la nature , à
en pcindre Ics effets avec pompe , et à se contenir dans
la sphère du possible; c'est ce qui uiet en mouvement
les passions avec plus de véhémence.
A R T I C L E IV.
Manière de ludi er la Draperie.
Pour bien réussir dans l'art de draper les fìgures, il est
nécessaire de se former premièrement le style sur les
statues et bas-reliefs de l'antiquité , sur les cliefs- d'oeuvre
de Raphael, de Caracci et des aulres auteurs qui peu-
vent soutenir leur parallèle dans cette partie.
Il faut bien examiner dans les ouvrages de ces grands
raaìtres les formes que présentent les parties principales
d'une draperie, à quelles fìgures géométriques on puisse
les comparer, et cnsuite passer à examiner les tours des
plis, l'cntrelacemcnt des ligncs, de quelle manière elles
laisseut eutrevoir sans affectation les membres cu voilés,
I
PAR M."^ REVEL. 6l
ou couvcrts par la draperie, ainsi qiic le manlemcnt des
clairs et des ombres dans la paitie éclaiiée, et celui des
rcllcis dnns la partie obscure.
Aprcs cela l'on doit comparer les ouvrages les plus
avGC les moÌDS parfaits, pour connaitre enfia en qiioi
cousiste la supi'rioiité du stylc, et pour s'accoulumer à
faire un choix judicieux du bon entre le mediocre, pour
s'en servir ensuite en copiant la véri té.
Lorsque ces études seront achevées, et qu'au inoyen
d'une contemplation sérieuse la fanlaisie sera remplie Je
tout ce qui peut foimer un goùt excellent dans l'art de
draper, l'ou s'occuperà premièreuient à faire des jets de
plis sur un modèle, et à les pcifectionner, suivant le
meilleur style; ensuife fon s'appliquera à l'étude de ce
que fon ne peut pas voir dans ledit modèle, et qui
concerne ces mouvemens des draps.
Mais pour faire des progrès dans cette théorie, il est
indispensable de s'habituer à etre observateur, puisque ,
et en conversant et en se prome-oant, il arrive toujours
de voir dans Ics habillemens certains accidens produits
par le mouvemeut, ou par les cffets de la lumière, qu'il
serait très-bon de flxer avec quatre coups de crayon ,
parce qu il est presqu'irapossible de les revoir une autre
fois.
La dernière règie de l'art que devra pratiquer finale-
raent celui qui anibitiouncra d'égaler les peintres et les
sculptcurs Ics plus célèbres cu fait de drapcries, sera
de ne jamais faire une figure , quoiqu'clle dùt étre toule
62 SUR l'art de bien draper les figures,
couverte dedraps, saus la dessiaer auparavant toufe mie;
c'est la route tenue par Raphael; et plusieurs do srs
dessins , qiie l'on couserve eucore aujouid'hui, prouvent
cotte proposition.
A R T I C L E V.
EU MANNEQUIN,
Soii de la statue mobile ihtns les artìculatfovs par
qui elle fui invenlée. Des avanlagcs et clcs dcsu<,'an-
tages quelle cause dans cetle elude.
Un modcle bien utile aux peiutres, lorsqn'il s'a<;It de
faìre des figures qui ne sont point en niouvement, est
celui qu'en se déuouant dans toutos les arllculations, on
peut le mettre dans plusieurs attitudes. 11 a cté inventé,
euivant Georges Vasari, par le renomnié fière Babthe-
LEMi de S. - Marc * , contemporain de Raphael, de
Lyonard, de Michel- Ance et de tnos les autres grands
honitnes qui biillcrent dans le quinzième et seizième
siede, et son invention est due à son genie naturelle-
ment incline à ne rien faìre sans avoir un modèle devant
les yeux.
Plusieurs ayant méprisé ce modèle, et beaucoup d'autres
* Voyez dans Vasari Ja vie de frère Barthelemi de S.-Marc.
PAR m/ revel. 65
Tayant trop estlmé, je crois quii uè sera pas hors dcpio-
pos que nous nous arrétioos un moment pour parler tant
des avautagcs, quc dos désavantages quii peut apportcr.
Afiu que ce modèle soit utile, il faut, avaiit tout ,
qu'il soit exact dans ses proportions et tieii tailié, et
que les globes qui lui seivent darticulatioa uaugnien-
tent, ni diminucnt nuUement la lougueur des mcmbres.
Après cela, pour éviter que Ics draps ne s'insinuent
trop dans les articulatious, ou qu'ils sortent mal à pro-
pos, corame ce serait dans les replis extérieurs du coude,
dn gcnou et autres, il convieni, avant que d'iiabiiler
la figure, de modeier , au nioycn de quelque matière
apte à la cliose, les parties raanquautes, et de remplir
les vides, et rendre suivis, pour autant qu'il est pos-
sible, les contours de toute la figure.
Ce modèle n'étant point exact ou dans la proportion,
ou dans la forme des parties, ou vraiment n'étant point
réparé dans les vides, alors il est absolument indispen-
sable de travailler avec l'ordre suivant. 11 convient pre-
mièrenient de tracer avec cxactitude , et d'ombrer lé-
gérement la figure que l'on vcut peindre habillée, eu-
suite de contourner sur le méme dessin toute la drape-
rie et régler les lignes et le clair et l'obscur de Ja ma-
nière la plus propre à corriger les défauts du modèle,,
et à ajouter ce qui manque.
Le mannequin est très-coramode pour iniiter spécia-
lement les voiles , les deutelles , les étoffes de soie ù
plusicurs couleurs, et les habits brodés; objels qu'il faut
beaucoup de tcnis pour Ics copìcr et perfectiouner.
64 SUR l'art de bien draper les figures,
Il est aussi très-utile pour étudier la variété du colorfs
que présenteut les draps de soie tant dans la partie
éclairée , quo dans les onibres et les reflets ; mais h cet
égard, pour bien opérer, ne devant pas les choses élre
toujoiirs peintes telles qu'elles s'olfrent à la vue , il faut
etre bien instruit dans la théorie de la lumière et des
couleurs, autremejit l'òn risque de faire un tableau avec
deux genres différens de lumière, par les raisons que
je donne dans mcs observations sur lliarmonie des
tableaux.
Maintenaut que j'ai exposé les circonstanccs où le
mannequin peut étre d'un grand secours, il i'aut que je
démontre aussi lorsqu'il devicut nuisible.
L'on peutregarder le mannequin corame préjudiciable
toutefois quii fait sacrifier l'expression à la beante de
la draperie, et toutefois que le sujet exigeant un mou-
vement instantané dans une figure, c'est-à-dire le pas-
sage d'une action à une autre , iuduit le pein're à ne
point l'exécuter , pour éviter ainsi de peindre Ics plis
en mouvement , attendu qu'on ne peut pas le copier
d'après le modèle , et le coutenir dans la mème position.
Tous les peintres qui ont abusé de cette comraodifé ,
ont fini par faire des statues. Le frère Barthelemi de
S.'-Marc est d'un grand exemple pour ne pas parler
de plusienrs autres; et Mengs mème, quoique convaincu
de celle vérilé, est tombe bien souvcnt dans la méme
erreur , laquclle l'a rendu autant inféricur à l'immortel
Raphael, qu'unc belle statue est inférieure à une belle
figure animée.
i
PAR M.' REVEL. 65
Qu'on regartle son parnasse peiat dans la ville Albani;
qn'on s'Imagine Apollon tei quii devrait étre pendant
qii'il tonche sa lyrc en accompagnaiit sa voix divine;
qu'on s'imagiue quelle attention , quel trausport , quelle
àdmiiation respcctueuse devrait cxciter, dans le chocur dcs
Miiscs, le chant dólicicux du Dieu de Dcle, et si quel-
qu'une d'elles pourrait demeui-er distraile dans un tei
moment, se feindre iosensible à cette harmonic, qui
expliquc les mystòres Ics plus dlevés et les plus profonds
de la na[ufc. Qu'on juge ensuite son ouvrage avec l'ima-
ginatlon lemplic de ccs réflexions; qu'on examine lo
caractòre de cliaque figure, son attitude, son expression ,
et l'ou conviendia avec moi que cette dernière paitie
a ctc sacrifiée à la commodité de l'usage du mannequin
et de copier des statucs. Si Raphael et Michel-Akge
eussent eu une telle timidifé et une semblable passioa
de tirer tout d'un modcle non vivant, verrait-on l'Elio-
dore, le tableau d'Attila oliasse de Rome, l'incendie de
Borgo , la Transfiguration , Jes couvres iramenses de la
Chapelle Sixtine, et tous les autres prodiges qui n'ont
pu étre exécutés que par un effort du genie, et par une
imagination terrible?
Comraent auraient-ils esprime dans les draperies l'effet
d'un orage de vent, d'un mouvement prompt, commela
foudre, ou d'un corps , tei qu'uu meteore qui s'eleva
raajestueusement eu l'air?
De ce que l'on a dit jusqu'ici, l'on peut dono infé-
rer clairemcnt, que lo mannequin n'est pas toujours utile
9
66 SUR l'art de BIEN DRÀPER LES FIGURES,
et notammcnt daus les circonstances ou le mouvement
c}e la figure, ou le vent agit sur les habilleniens; et ce
attenda qu'il présente des ligues pcrpcndiculaires , lors-
qu'elles doivcut ètre courbes, et ne peut pas rendre
visibles au naturel les parties soumises aux draps, lors-
qu'un corps habillé eu longue robe et ampie s'avancq^
ou change de position.
C'est beaucoup plus comniode aux sculpteurs de faire
des études sur la draperie , puisque n'ayant que trcs-
peu de variations à offrir dans les étoffes, ils peuvent
inodeler en grand la figure qu'ils pensent de faire, et
après quelle est bien perfectionnéc et bien sèdie, arran-
ger les draps et les ajuster à leur aise et daus le style
le plus severe. -
A R T I G L E VI.
Règles polir bien composer les draperìes.
Lc-s règles nécessaires pour parvenir à faire de bonues
draperies, sont élablies sur les mèmes bases fondamcn-
tales de la composition en general; s'il faut éviter dans
celle-ci la répétitiou , tant dans les attitudes des figures ,
que dans la disposition de leurs groupes, et s'il faut prò-
curcr que l'on ne voie jamais deux lignes ou courbes,
ou droites, parallèles cntr'elles; si l'on doit plutót se
proposer sans cesse d'inlroduire la plus grande variété
en tout, et faire que la lignc qui desccud Iransversa-?
P^R m/ RKVEL. G'J
Icmcnt de droltc à gaudio , soit coutrastce par une au-
tre qui dfscend de gauche A droite, sans cepcudaut la
cioiipcrv il 'fa'itt pràliquór' d^e i^eniè ttans la co'minnaìtón
des plis, eu tenaut légères Ics ombrcs daos les grandcs
piutics lìliimlncfcs, et prOcùihnt (du)òurs de dònnor où
il est possiblc, ÙDc forme serpentine à toiites leslignes,
pour leur donnei" plus d'agrc'ment, et Ics rendre plus
apfes à iiiarqueu la configuration et ranondissenicut dcs
nieitiìircs' qii'ils cachcnt.
"ìjies habiiremens dont les femmes se servent aujo'uidhui,
s'Àj')ìirocherit de beaucoup au goùt gVec, tant par la finesse
que par le tail, et nous font voir souvcnt des drapcries
txxiikì V'ari(5es et ' aussi agrcabicment dis'posées , qirdles •
peuvcnt se cottiparer aux plus bellcs que l'ou admirc
parmi les ouvrages anciens, mais riucoustance de la mode,
cetfe folle manie de varier toujours, ne laissera pas jouic
long>tems les artistes de nos joiirs de ces costum'es aussi
utiics qu'cstlmables.
Pour que l'on puisse dire qu'une drapcrie soit compo-
sée avec ék'gauce, il ne suffit pas que Ics plis ayent
line belle configuration et qu'ils aunonccnt les formes
qu'tls couvrcnt, mais il'faut aussi qu'ils tourncnt, suivant
le point de vue d'oìi l'on regarde, l'objet liabillé. Cctte
règie est si importante , que tout'efois quelle est négli-
gce, l'on voit les mcrabres paraitre cassés.
En effct, si en dessinant une colonne envcloppce trans-
versalement d'un drap, l'on y faisait les plis sur le sond-
met , Gomme si l'ou dùt les rcgarder d'uu point de
68 SUR l'art de BIEN DRAPEtV LES FIGUF.ES.
vue plulùt haut, et vers la fin, coiiunc si l'on dùt Ics
rcgarder d'un point de vue l)as, il eii v(5suUerait que
toutes CCS lignes discordautes entr'ellcs fcraieut paraìtre
la colonne rompue.
Dans l'estanipe qui représente l'aurore peinle par le
Guide au palais Rospigliosi, l'oor y voit un exemple du
tnauvais effet produit par une direction de lignes mal
conibinée.
Farmi les lieures qui entourent le cliar du soleil ,
l'on y voit des bras qui semblent courbés, et cela pour
y avoir des lignes concaves oìi elles devraient étre con-
vexes.
Un bracclet bien dessiné aide à exprimcr le raccourci
d'un bras; mal dessiné, le fait paraitre tortueux.
Pour ne pas tomber dans ces défauts, il est très-néces-
saire de u'avoir jamais les modclcs trop prcs de l'ccil, et
d'òter les plis qui ne secondent pas la position.
Un point de vue place loin , ne peut jatnais nuire à
l'effct d'un tableau, qu'au coutraire, s'il est trop près ,
quoique les objets soient dessinés très-exactemcnt , ils
parattront toujours se renverser sur nous, et ce sera
d'autant plus désagréable à la vue que le tableau sera
plus elevo de terre.
Un autre objet de la plus grande importance qu'il faut
soigner, en habillant spécialenient les figurcs de femme,
c'est de les bien parer et avec élégance , pour qu 'elles
acquiòrent de la grace et de la beante.
Un liabillemeut ajusté au corps avec adi'csse, qui ne
PAR m/ rével. 6g
grossisse point les forjues, et laisse cntrevoir un scia
virgiual et intacte, un beau flauc et ccttc liguc serpen-
tine qui peut présenlcr en différentes inanicres agrcablcs
le dos d'une jcuue fille cUavmanfe , douée d'une, figure
pleine d'agilité et instmite par les graces, sera, toujours
cslimé dans tous les siècles et au milieu des modes Jes
plus discordautes,
Au confraire, un liabillemcnt qui grossit la figure et
qui ne la rend point gracieuse,^ ,pi^;^majestueuse , sera
blamable dans tous les tems. .atii. ',,• i .,
La raison en est qiie l'homme , malgré toutes les
modes, il estime toujours plus la beauté da corps dans
Ics ouvrages de peiulurc et de: sculptur/e, ^ue- celle;, des
draps, afteudu que ccux-ci ne sont que des acf,essoii,'es.
Pour que Ics drapcries soient diversiilées et, que le
spectacle d'un tableau reprdsenfant plusieurs figures, réus-
sisse plus agréable et plus magnifique, il n^ faut pas
absoluraeut se servir du mOme d^;ap pour habiller Ics
modcles ou le mannequin; tous ceux qui ne se confor-
uieut pas à celle règie, ne donucut aucune variété aux
draperies, répctent toujours les mcmes plis, et se met-
Icut hors du cas de faire voir clairement si une figure
est habillée de voile ou de grosse toile, de satin ou de
velours, de soie à différentes couleurs, ou de drap
grossier.
Lorsque l'on doit peindre des figures en grand et que
Ton n'a qu'un petit modèle pour composer la drapcrie ,
alors il faut employer les éloffes Ics plus fines, les plus
fB SUR l'art DE'Bltì^ DRAPEft LES FIGl'RES.
'tìod'pl'èfe et 'lés'hu'mèotei', dinV;reinment Ics plis rosteronH:
(rop grands et l'étòffe paraìfra plus grossiere de ce quelle
doit étre.
^ Alitant ùil drap est plus subtil (moj'enuant qn'il ne
sbit pas gomme); aùtanl plus petits et nombieux dcvien-
nent Ics ffngles des plis, principalcmenL où ils sout sorré^
par quelque ccinture ; le nud reste raarqné avec plus de
précisioii , le volume èst moindre, et lorsqne le di-ap'est
%u*<^eadttJ, l*oli'i>bit'-^rodmr'e des lignes prèkjiie jp^rj^icn"-
diculaires.
23^11' iitotdit'é' le" contraire d'un drap grossier et rude,
tibtàmmerit si k l epaisseur il joint la Idgèrcté , parce
qn'alors il né s'arrauge qua difficilement aux- metóbi-es
•da'-coi^s.- ••»!' '>'-'\' ^''■■" '■■■ ''•'■''■' ■ r "'■^■■"- •^•■!'^"f'
^^ Aptès totìt tiè' qu'é dessus, il faut eucoré lire dans
Touvrégé de Mengs le chap. 5/ des réflexions sur là
beauté , et' l'òn y'iti'bùvèt'à une espèce d'analyse de la
manièi-fe de ^!'?èn, émjilo'jrée par Raphael, laquelle est
tKiii^lWél'éssàSifé'par èoh "exàbtitude et digne de rdttention
aè' tóus '' lés'-'Pfófésseufs de l'art.
■jh jjo uilB? ab ,9lioJ 9?>,o-i^ ab uo aliov ab shll'iC
7»
DIALOGO TRA MORTI,
; V •'"•'Il Vi •
CIOÈ
: ' a ì:::.- ■- i jìj iai --
TRA PIETRO CORNELIO E 'L MARCHESE
MAFFEI
.1 SOPRA LA TRAQEDIAi,lj>07 ìat ddoisrf
DI EMANUELE BAVA S. PAOLO.
Letto li i8 pratile anno iz.
■P
: iiiq ji
ih ,«J. CORNELiPoinoO): 8 JJÌq
te dunque iu Italia la tua Merope sola acquistò non
disuguale celebrità a quella, che eoa tutte le mie venti
e più ti-agedie sepp' io procacciarmi pella Francia, e nel
mondo ?
MAFFEI.
Che ciò sia sfato, come per avventura ti vien narrato
da qualche appassionato Italiano, noi voglio credere in
^S DIALOGO TRA MORTI SOPRR LA TRAGEDIA ,
verun conto; che abbia dovuto poi essere così, aperta-
mente tei nego; il padre della moderna tragedia sei tu
senza fallo, e padre di prole non solamente fecondo,
ma di bellissima prole, end' è , che per meglio chia-
rirmi del valor vero di questa mia Merope , desiderava
teco averne ragionamento.
CORNELIO.
Volentieri, ma, di grazia, più apertamente dichiarami
perchè mi vogli 'teco a- parte nello esaminare lo tuo
dramma, e non cerchi piuttosto diRassine, del Trissiuo
tuo, o de' Greci?
MAFFEI.
Perche appunto io ben riconobbi da quell' esame, che
tu stesso già facesti de' tuoi , che sei il piìi perito non
solo, ed il giudice migliore dell'arte nostra, ma il pii!i
candido ancora , il piia imparziale verso te stesso , ed il
più severo. Or siccome tra vivi durando, chi per amor
che ti porta, o proprio interesse, al cielo t' innalza, chi
poi per invidia e nialevoglienza ti trae Tino più sotto
degli abissi , di vero e schietto nulla può quasi ritrarsi;
così questa limpida verità vorreimi pur una volta tro-
varla tra i morti , ne altri, chequi stanno, è che meglio
possa di tanto appagarmi.
CORNELIO.
Ascolta, come puoi di leggieri figurarti, hommi lassù
DI KMANUELE BAVA S. PAOLO. JÒ
non poco praticato gli autori, massime Poeti, 1' indole
irritabile e stizzosa ne conosco e ne apprendo; e sebbcn
sempre siami riuscito di non mai aver briglie e guerre
letterarie, o almcn tali da farne trionfare gli sciocchi,
so tuttavia quali punture una critica , anche moderata
e civile, porti spesso al cuore d'un letterato, e quai
puntigli quindi ne sorgano , e quai fiamme n'avvampino;
ond' io , il quale abbenchè c]ui tra morti ti vcggia, non
mi fido dell'amor proprio, che ultimo muore, e soprav-
vive talvolta, vo' per non inimicarmiti, compiacerli si,
ma ad un patto.
MAFFEI.
A quale, di.
CORNELIO.
A questo , che , poiché detto io ti ho del tuo dramma
e il bene e il male che ingenuamente ne sento, tu vogli
dirmene de' miei altrettanto , e con altrettanta schiettezza.
MAFFEI.
Oh! non ne sono capace, non sou da tanto.
CORNELIO.
Eh! chiacchiere, modcsterie accademiche; o il patto
accetta, o più non mi trai una parola di bocca.
KAFFEI.
Ma un tal patto , perchè ?
IO
74 DIALOGO TRA MORTI SOPRA LA TRAGEDIA ,
CORKEIIO,
Perchè? questo perchè tei voglio pur ancor dire , ma
poscia se non accetti, son muto; perchè so alcun mio
rilievo in quanto sono per dirfi authc molto avanti fe-
riscati, potrai col pensicr consolarti della vendetta , che,
venuta la tua volta, sarà in tua mano di farne; prospetto
tale e si dolce distoglieratti dall' adirarti, e all'amor
proprio , offeso forse , appresterà in buon punto medi-
cina e conforto.
M A F F E I.
Sia come vuoi, ma per ubbidirti, altrimenti non pre-
sumerei tanto, nò.
CORNELIO.
Bene, ma si, o nò ?
M A F F E I.
Via via , sì si.
CORNELIO.
Dunque l'esame incomincio, e nel notare della Meropc
i difetti ....
MAFFEI.
I difetti soli? epperchè non i pregi?
CORNELIO.
Bene , gli uni prima , gli altri dopo , è giusto ; nel
DI EMANUELE BAVA «. PAOLO. jB
toccarne adunque i difetti, osserverò ad un tempo alcuni
difVlti a quelli corrispondenti, che ne' miei drammi brut-
tamente si scorgono, e pria d' ógni cosa, l'imitazione
servile un po' troppo in me degli Spagnuoli , in te dei
Greci spiacque del pari , tracndoci entrambi lontani al-
quanto, io dalla patria, tu dal secolo, in cui siam vissuti.
. , ,, MAFFEI. ,
I 9l6r»p Blhn Ii'»
Hd sernpre inteso predicare che fossero i Greci i veri
nostri maestri ed esemplari cosi nell'arte tragica, come
nell'altro, e ciò non ostante, parmi averli imitati con ri-
serbo e giudizio.
CORNELIO.
1 Greci per la Grecia eran otiimi, per noi in chi lor
segua colla benda in sugli occhi , pouno diventar pes-
sime scorte; è vero verissimo, che in tal imitazione ti
sei assai temperalo, cosi m' avess' io fatto imitando gli
Spngnuòli , che lo sdolcinato favellar romanzesco dc'miei
amorosi non farebbe sguajate le scene; ma ho dovuto
piegare il genio a quello stil di romanzo che in allora
era in grido; tu meglio facesti, o men male, e mi
duole trovare che li tuoi eroi tratto tratto esprimano
concelti indegni di loro in sermoni triviali e pedestri;
il far intendere all'udienza, che Adrasto ha veramente
voluto involare ad Egislo 1' aucl di diamante, può esser
bellezza greca, moderna non giù, questo va contro il
decoro de' costun^i correnti.
7^ DIALOGO TRA MORTI SOPRA LA TRAGEDIA ,
MAFFEI.
Foi's' è , che in oggi uii cortigiano non abbia mai mal
lucrata una gemma ?
CORNELIO.
Il caso può esser accaduto benissimo , ma è tenuto
subito per caso comico, non da tragedia, nella quale i
soli vizj aulici debbono campeggiare , ed avervici luogo
solamente gli eroici.
MAFFEI.
Un vizio eroico ....
CORNELIO.
Sì, ve ne son dei tali, e poiché non sou pochi gli
croi viziosi, que'vizj, ch'eglino soli appunto ponno no-
drire e sfogare , han da dirsi eroici; di più soggiungoti,
che non solamente i vizj e le virtù , ma i caratteri , gli
accidenti, tutto in somma nel drammatico genere ha da
pigliare una certa universale tinta di eroismo, che spiri
maestà , e quella convenevolezza di costumi conservi ,
la quale risulta non dalla moralità de' caratteri e fatti ,
ma dal non aver nulla di volgare ne questi , ne quelli.
MAFFEI.
Sia : ma in questo proposito, oltre la censurata gemma,
non mi pare avere altro nco.
DI EMANUELE BAVA S. PAOLO- 77
CORNELIO,
Oh! a me diversamente parrebbe; e quell'assalto di
febbre, col quale Merope fa del non poterle comparir
avanti le scuse al tiranno, e l'ironico motteggiarne poi
di Polifonie medesimo , sono cose di simil conio.
MAFFEI.
Come! una donna reale non sarà più donna ? dovrassi
travisare la natura dell'un sesso e dell'altro, e fare che
l'una salgane sulle scene tutta ideale, e tutta artifizio,
e che l'altra genuina e vera si rimandi sempre alle ta-
verne e alle piazze? io me n'appello, signore, ad Ari-
stotele e a tutta la Grecia, prima legislati'ice delle tra-
giche favole.
CORNELIO.
Prima legislatrice della tragedia , I' accordo , nostra e
moderna, negolp apertamente; e siccome giusto non
sarebbe colui riputato, il quale osservando le leggi di
Solone , le patrie leggi poi trasandasse , cosi non deb-
bonsi allegar leggi antiche contro gli odierni costumi ,
che più non uè comportano l'osservanza.
,: alcvit
MAFFEI.
i/I ih olnnqqG > ,if)
Ma oggidì le Regine non lian mai febbre?.
CORNELIO.
SI, quanto le fantesche, e più spesso ancora.
J^ DIALOGO. TBA iVIOHl'I SOPRA LA TRAGEDIA ,
. MAFFEI.
Dunque se T hanno , o se aversela ponno , pnossi far
parlare che Tiabhiano , o che fingono averla , e valersi
all'uopo di accidieaté siffatto, verisimile quanto altro
mai. ' '
CORNELIO.
i'''''Vt>'rOiimili^sim^:'q ''''«^ «'■ ' i;tm lornoO
Silo ?}ifii 3 ttiUis'ibE) 9 o^so2 r,ii'ihb Biojisa ni aicaivmt
,OÌsnÌhG Olljl -ì MAFFEI.
■'■^'Fppèrò beri trovato. ;:-i;;i .^ 'j
-i" ' . . I . .VAI.;.-] olir, rt '"■•■■■-■'
-E CORNELip..,^ PJ fiif,^ p, ,>
NÒ , male.
M A F F E I.
"■^Ma 'come, rtialél Spiegatevi , signóre.
ìb ig^^oi ci oUauvTw.o oi<»f;p ìi ,o'.;;jJtat, iiaÌG> i(<.id . ; . ■
-dab uoa koo . ^^- ' ftÓRÀ Èli o. ' ' ' ' ' "" '
^ ' 'n ;! '-I • 1 ! ITI"" '': 1
Ecco mi sjjiego in poche parole: il verosimile e il
convenevole sono due cose, o vogliam dire due qualità
diverse, e appunto perchè la scusa di Merope è troppo
verosimile j cessa ^i ' essere convenevole ; sarebbcl essa
in commedia, ove la verosimiglianza piìi spesso si con-
fonde , che non nel tragico avvenga , colla convene-
volezza. '
DI EMANUELE BAVA S. PAOLO. ^g
MAFFEL
Ma io non so bene intenderla , nepperò digerirla.
CORNELIO.
Ascoltate., la. febbriciuola , il dolor di capo, sono
pretesti rifritti tanfo oggidì , massime dalle donne per
trarsi alcune volte d'impiccio, che già son cose volte a
materia di riso nelle brigate colle e gentili, onde chi
le introduce in iscena tragica, sveglia subito n^gli spet-
tatori le idee consuete e le risate compagne, queste bastano
a far cadere il dramma, e ad iscreditarne l'autore, come
mancante dell'arte di scegliere ben gl'ineidentr; arte,
la quale nelle Corti si affina mirabilmente, in esse si,
ove ogni fil di ridicolo prima s impara a conoscere , e
poi a fuggire al pari dell'aconito.
MAFFEI.,
Questo f idicoTo , il quale ògghnai nella vostra 'Francia
s'appicca ad ogni cosa, vi ci crea cento scrupoli e ca-
villi, che tormentano la schietta natura, e in fine la
spengono per sostituirgliene un'altra che non è umana,
ma privativamente, e soltanto francese.
CORNELIO^- .... TA
n-^iì ì,".'}-n. IT) :.i- 01 oh . ) tiij/i
Non vi riscaldate, che ombre siarh nói, larve é 'cose
fredde , e la morta nazione , di cui siam quaggiù citta-
dini, è una sala, e poi non voglio negarvi che noi Fran-
8o DIALOGO TRA MORTI SOPRA LA TRAGEDIA ,
cesi di lassù, per troppo aver voluto ralfìnaie, massime
nell'arti, non abbiamo di alquanto la natura alterata,
e non sempre ben travestita; ma non so consentirvi al-
trettanto del nostro teatro, circa del quale a buon conto
una servile imitazion de' Greci non ci la rei contro il
moderno costume, né ci rende sospetti d'incapacità di
creare.
..MAFfEI.
9 9l!t) . ■ .:
Credete voi, che così parlate, eh' io non conosca il
vostro teatro ? chi più del Rassine ha ricopiato Euri-
pide, e ne ha tradotte le intere scene? Egli è, che nella
Fedra appunto ha dovuto muover più eh' altri sospetto
di non poter creare cosa alcuna; egli è che appunto in
tale tragedia, e sulle tracce del suo Euripide ha messo
in iscena una real donna travagliata da febbre lenta,
com' io la mia Merope, ma perchè è francese avrà avuto,
anche ricopiando , mente creatrice, senso squisito di con-
venevolezza, producendo Fedra ammalata; ed io perchè
italiano , facendo le cose stessissime , sarommeue stato un
imitatore servile di genio, depravato di tutto, e di
grosso , criterio.
CORNELIO.
Non credo io già dì avervi detto mai , che Io sconve-
nevole stia egli neir imitare, e ueppur nel tradurre anche
letteralmente un tragico greco, ma in cosa bensì, che
ripugni alle presenti opinioni , ed usanze , e parrai che
DI EMANUELE BAVA S. PAOLO. 8l
corra grande il divario tra Merope , che si finge inferma
per porre ritardo alle nozze, e Fedra, che lo è realmente
a cagione del mal conccputo amore del figliastro, e dei
rimorsi, che ne son lo stipendio, e clic ne la straziano
fierissimamente; ove trovinsi le nostre opinioni in quelle
de' Greci, sarh per avventura, non che imitarli, ancor
ben fatto tradurli, ove diverse, neppur sarallo seguitarli
da lungi.
MAFFEI.
Cosi decretando, già preparate, lo veggo, le scuse a
voi stesso, che avete tradotto, il dirò pur troppo, ser-
vilmente gli meu buoni de' Latini poeti ( che già non
sapevate di Greco ) Lucano, e Seneca, a' quali aggiun-
gendo non di rado la grandiloquenza degli Spaguuoli ,
n'andate poi tumido, come il loro Tago, a perdervi in
un mare di concetti egualmente insulsi, affettati e puerili.
CORNELIO.
Già mi son colpevole confessato di Spagnuolo-mania,
ne forse è qui gentil tratto, quando mi do per vinto,
volermi affrontare; ma non mi so arrendere cosi buo-
namente poi circa que' pezzi , che ho presi, o se volete
anche rubati di pianta ai latini Seneca, e Lucano: del
primo volli nel mio idioma trasportarmi soltanto alcuni
bellissimi versi, e forti concetti, ma veri, non mai i suoi
falsi pensieri , o gli infrecci peggiori ; del secondo poi
credo, che quanto ne ho tolto stia assai meglio espresso
II
Sa DIÀLOGO TRA MORTI SOPRA LA TRAGEDL\ ,
in una tragica aziono, che nel suo poema narrativo, ed
eroico, ove con poco sano giudizio se ne valse Lucano.
MAFFEI.
Sì, ma quelle grandiose immagini, quelle sentenze
ampollose a Lucano rapite, fan esse poi un contrasto
l'idicolo colle scene amorose, andanti spesso senza capo,
né coda, che seguono, ove i-egna un inarrivabile i't-òi/s,
che neppure un leale Calvandro sciferare saprebbemi.
CORNELIO.
Non so che rispondere.
MAFFEI.
Eh! di molti altri errori vi potrei far parola, a cui
non havvi risposta.
CORNELIO.
Di grazia proseguitene l'enumerazione.
MAFFEI.
Vi è doppia azìon negli Orazj , e forse anche nel
Cinna , ove non vi ha finale catastrofe, per difetti ed
iscouci , il Cid poi è un mostro.
CORNELIO.
Sì un mostro , qual è la Sirena , con parti alcune
bellissime , alcune veramente deformi.
DI EMANUELE BAVA S. PAOLO. 83
M A F F E I.
Non solo la condotta del Cid mi par ella un conti-
nuo deviamento dalle regole, ma lo stile e il verso
alcuna fiata cadono in quel triviale , che voi tanto spesso
a noi Italiani rinfacciate.
CORNELIO.
Questo neppur vo' negarvi.
M A F F E I.
Oh ! circa lo stile siete disuguale in tutte le tragedie.
CORNELIO.
Sarà.
M A F F E I.
E quanto avete di robusto, e di sublime nel pensiere,
siete non poco accusato di averlo involato a certo Ro-
TROu, antico vostro autore di drammi.
CORNELIO.
Sarà.
M A F F E I.
Sicché , se Rotrou , Seneca , Lucano e gli Spaguuoli
ripigliassero dalle vostre tragedie ciascheduno il loro,
a voi non rimarrebbe nò stile, nò concetti, uè intreccio.
84 DIALOGO TRA MORTI SOPRA LA TRAGEDIA ,
CORNELIO.
Aggiungete almeno né anche i difetti.
MAFFEI.
Nò, questi son vostri assolutamente.
CORNELIO.
Avete ragione.
MAFFEI.
Crederei di sì.
CORNELIO.
Ora vi siete sfogato e vendicato, e senza che più
abbia dovuto farvene cenno , o premura alcuna , vi siete
volentieri ricordata la promessa, che da principio del
ragionar nosti-o ho dovuto strapparvi a forza; il vostro
amor proprio letterario appena scalfito vi ha subito mosso
a rendermi la pariglia , e non senza usura : or che ab-
biamo fatto questo ricambio di amari motti, son pago,
son soddisfatto, e amico mi ti offerisco; tu ragionevole,
qua! ti conosco, non vorrai ributtar certamente le mie
proferte, e mi terrai in conto di fratello carissimo, sol,
te ne prego, non presumere che vada spento per morte
mai l'amor proprio, il quale, per cangiar di cielo, per
variar di slato , non muore.
85
DIALOGO TRA MORTI,
CIOÈ
TRA PARACELSO, FRANCESCO PIZARRO
E LAUV SCOZZESE
SUI MODI DIVERSI DI ACCUMULAR l' ORO
DI EMANUELE BAVA S. PAOLO.
Letto li 9 messidoro anno 12.
PIZARRO.
J. 1 ON volete capirla, signor Paracelso di Zurigo, pur la
cosa cosi sta, chi vuol l'oro ha da cercamelo senza
dubbio , ma trovatolo poi , dee tosto insignorirsene col
sudor della fronte e con l'eccidio, come appunto fec' io ,
di quanti gli fanno opposizione , non vi è altra via.
PARACELSO.
Vi sarebbe quella più spedita e più comoda, e assai
più umana di farlo , di cui vi veniva ragionando.
B6 DIALOGO SOPRA I MODI d'aCCUMULAR LORO,
P I Z A R R O.
Eh SÌ, me ne ragionaste, e anche troppo; io nulla
intesi, ne, non ve l'abbiate a male, punto so dolermene.
PARACELSO.
Come potrei credervi ? versaste lassìi tanto sangue per
siffatta avidit;\ del reale metallo, ed unitamente per
accrescerne di alquanto le decine di pie' cubi che già
n'aveyate, ed ora qui poi volete far l'indifferente, trat-
tandosi del miglior modo di procacciarvelo , che mi
sarei forse degnalo indicarvi ?
PiZARRO.
Che dite di volérmi insegnare? La chimica vostra e
un arte, ed io si nel morale che nel fisico mi appago
della natura assai più, massime quando si tratti di vo-
lermi arricchire; essa non fa promesse, ma doni, non
trae, non separa gli elementi gli uni dagli altri, ma
li produce nell' ampio suo seno puri e non misti.
PARACELSO.
Gli presenta puri talvolta e nativi , come voi dite ,
vel concedo, ma che il più delle volte ciò avvenga,
vel nego : anzi c[uasi sempre essi insiem combinati rin-
vengocW ; essa a grado suo può bensì sceverarli, e
quindi ancora rimestarli in appresso, ma appunto alla
guisa medesima, che facciam noi: onde avete detto uà
chimico sproposito.
* DI EMANUELE BAVA 5. PAOLO. 87
PIZ ARRO.
Via se pur l'ho detto, non temo la vostra ferula ma-
gistrale, né iniziato mi professo agli ermetici misterj ,
nò addetto , ma vo' esservi largo conccditor di prodigj
piucchc non pensate, e supporre che rinvenuto v' abl)iatc
il gran segreto di comporre il vostro re de' metalli.
PARACELSO.
Ah!
FIZARRO.
Che ! vi par poco ?
PARACELSO.
Ah ! non mi dolea del poco o del molto ! ma seguite
quanto andavate parlando; ebbene , trovato che ho questo
metallo re?
p I z A R R o.
SI , dopo apjjunto di averlo trovato , avrete da ve-
dcrvclo balzare giù dal soglio, perchè voi e gli addetti
vostri ne comporrete in tanta copia e tanta , che di corto
cesserà di esser raro e di esser prezioso; nepperò 1' averne
abbondanza sarà allora più ricchezza e opulenza.
L A U V.
Bravo , signor conquistatore del Perù , avete speculato
88 DIALOGO SOPRA I MODI d'acCUMULAR LORO,
bene da economista; e al par di Sulli, da uomo di
Stato.
PARACELSO.
Oh , oli ! chi siete voi , che sin oi-a tacito ed acci-
gliato stavate ad udirne?
L A u V.
Un tal mi son io, che l'oro so levare via dal regal
seggio, e farvi in mezzo di esso come Mida intisichire
e morir della fame, quand" anche n'aveste tanto da po-
tcrvici mangiare , dormire e passeggiar dentro e sopra ,
anzi piìi allora che più n' avrete.
PARACELSO.
Oh! voi l'oro, che dite.'* renderlo inutile agli
usi, ai piaceri, alle delizie degli uomini?
L A u V.
Non perche; bello h l'oro e delizia, ma perchò è raro;
onde, se per mezzo vostro comnn diventasse, sarebbe
subito men caro altrui , ed ismonterebbe dalla gran
stima in cui tiensi; voi povero , avendone le sacca ri-
colme, dovreste, a poter c[uindi campare, pregarmi di
volervi accettare a discepolo.
PARACELSO.
Io scolar vostro ? e come ? avete forse inventata 1' uni-
versal panacea , il racnstruo per eccellenza , 1' alkaestro ?
I
DI BMANUELE BAVA S PAOLO. 8i)
t
LAUV,
No, ma il segreto di sostituire anche le più vili
materie , come la carta , e Cuo i cenci , all' oro , sempre
ch'egli per soverchia abbondanza divenga troppo co-
mune , ed eziandio qualora , a cagion dello scialacquo
fattone, più non s'ha, che il grido di averne.
PIZ ARRO.
, Questo segreto si che l' indovino.
LAUV.
Su via, in che sta?
PIZ ARRO.
Nel sapere ben di scherma , e nel tirare colpi maestri
di spada , uccider chi ha l' oro , e pigliarselo poi.
LAUV.
V ingannate , questa non è più cosa arcana , ma è
nota a tutta una nazione.
PIZARRO.
E a quale?
LAUV.
A quella degli assassini e ribaldi.
12
QO DIALOGO SOPRA I MODI D ACCUMULAR LORO,
FIZARRO.
Voi mi pungefe, e quanto a torto forse dol vi pen-
sate; potrei dimostrarvi, che per lo più i pessimi fra
i ribaldi quelli sempre non sono , che feriscoa di ferro.
LAUV.
Oh! in tal quisLion vi do retta, e mi reco anche a
gloria di dovervi cedere ; chi son io da poter con essoi
voi disputare in fatto di ribalderie?
FIZARRO.
Ma apriteci dunque questo blando segreto di aver
ricchezze senz' oro , e vedrem poi , se pur 1' avete ,
come sia egli tanto innocente.
LAUV.
Oh! è innocentlsslmo, ma lo aprirlovi non e cosa si
facile o sì breve; è ciò tutto opera dell' intelletto, co-
sicché per via di calcoli si fa sparir l'oro e la carta,
e li rabeschi, le cifre e le altre cose consimili sotten-
trare, e farne le veci, acciocch' esse partoriscano i me-
desimi effetti, e ogni cosa cammini come prima,
meglio, facendo che l'oro, il quale per lo più è l'effi-
gie di tutte le cose, sia anch' egli da tutte le cose alla
sua volta effigiato, e spesso dal nulla.
DI EMAKUELB BAVA S. PÀOLO. 9I
PARACELSO.
Che paradossi ne venite narrando ? il nulla produce
nulla , e non può rappresentar cosa alcuna.
LAUV.
Cosi è, ogniqualvolta sia riconosciuto per tale, non
già però qualora esso nulla sia creduto essere qualche
cosa, allora 1' opinione farà il miracolo. E che cale ad
uno Stalo , purché sia felice, che fiorisca il suo traffico
per via di opinione , o di realtà ?
PARACELSO.
Ma tosto o tardi V opinion cade , e con essa allora il
tutto va in perturbazione , e precipita.
LAUV.
E vero , ma il merito dell' arte mia consiste nel farla
durare, ed anche, se mesticro me n'abbia, nel per-
petuarla.
PARACELSO."
Cioè neir Ingannare la gente sciocca.
LAUV.
Non tanto quanto credete: imperciocché le cose che
r oro rappresenta e significa , sono poi quelle , che
riesconci di utilità vera e diretta alla vita, non l'oro.
92 DIALOGO SOPRA 1 MODI D ACCUMULAR LORO,
ed in fatti ogni segno sempre di ciò che significa, è
iutiiusecamcntc mcn prezioso , cppcrciò forse non melen-
saggine sarebbe, ma rara prudenza, Vinstiluire talvolta
a segno delle merci, non i metalli , ma cose di più facile
acquisto, e di minor conto che essi noi sicno, che al-
lora non vi sarebbe necessità alcuna di seppellire la metà
degli Affricani nelle miniere di America , e di impaz-
zire in Europa chimicamente per lo medesimo scopo ,
giacché l'argento e l'oro nativi de' torrenti e de' fiumi,
ci basterebbero onde adornarne le nostre vesti , e la
suppellettile rallegrarne.
PARACELSO.
Ma come senza moneta coniata volete fare il cambio,
le girate e ogni traffico vendere, comperare?
L AUV.
Qui sta il segreto, concorro con esso voi a credere,
che tolte le monete erose e di basso conio , il traffico
ne sarebbe tosto stranamente impedito , perciò le vi
lascio ; ma I' oro e l' argento tolgogli via senza temerne
sconcerti.
PARACELSO.
Come , senza oro ! uno Stato senza oro !
LAUV.
Senz' oro sì , eppercliè in pie non sosterrassi ? ditemi ,
DI EMANUELE BAVA 9. PAOLO. g3
r oro coniato non acquista egli ogni valor suo dalle
cose , che rappresenta piuttosto che dalla sua intrinseca
proprietà , che nel renda direttamente di uso alle Re-
pubbliche ?
PARACELSO.
Sì come il simbolo, Io specchio, il mezzo di tutte
le godibili i-icchezze , e in qualità di stipendiatore , e
a cosi dir , d' impresario de' piaceri e degli agj tutti , è
Y oro stimabilissimo.
L A U V.
Godo che cosi l' intendiate , perchè quindi conchiudo ,
cì\£ ima qualsisia materia improntata di marchio pubblico
può rappresentar 1' oro , prima unico rappreseutator delie
cose , e farne 1' uffizio.
PARACELSO.
Sarà , ma dal porlo in serbo ed in ozio , qual prò
ne trarrete? e come, così operando, v'infingete poi di
fare il gran guadagno , e il gran bene ? •
LAUV.
Non vi ho detfo già di voler rendere l' oro stagnante
ed ozioso,, ma vi dico bensì, che le alte imprese mi è
dato compire, facendolo uscir dallg Stato, e volgen-
done fuori r utilità.
94 DIALOGO SOPRA I MODI D ACCUMULAR , L ORO ,
ni' ■ ■ ■
PARACELSO.
Ah ! men di prima v' intendo.
L A u V.
Ditemi, l'oro non sta egli tra quelle cose che rap-
presenta e quell'altre, che come segni lui stesso rap-
presentare potrebbero ?
•i ,Ì!Jfjì is-, 1 ,
PARACELSO.
Sì, questo mi par verità.
LAUV.
Ora , se il tolgo di mezzo , saravvi sempre ad age-
volare i trafllci un segno delle cose , come prima , ac-
concio ai bisogni almen per un tempo, e per tale rico-
nosciuto, epperò il tutto andrà bene, massime quando
si faccia credere al volgo , che 1' oro non sia tutto annien-
tato od uscito.
. .' J'j'i
PARACELSO.
Ma , a che vi può condurre di buono l' aver tolto
r oro di mezzo , e avergli voluto surrogare altro segno ?
LAUV.
Ora il saprete , ascoltatemi , 1' oro è ad un tempo istesso
moneta di alto coìiio-, e merce preziosa,'' e in quasi
tutti i paesi del mondo in tal doppio conto è tenuto [
DI EMANUELE BAVA 5. PAOLO. gS
cpperò fatevi meco a supporre, che in uno Sfato vi
sieno cento rnillioni in oro coniato, e che quindi io,
a far significare questo numero di uiillioni , istituisca
un'altra materia, pezzi di carta improntata ad esempio,
allora è chiara cosa, che in vece di cento, Io Stato di-
verrà possessore di duceuto rnillioni posti in corso.
PARACELSO.
SI , ma non sarà plìx ricco che per Io avanti , e fo
coujettura ch'anzi potrebbe di corto impoverire.
LAU v.
Voi giudicate, ottihiarrtente, è se non togliete via 1' oro
per dirigerne altrove l'attività, e se non lasciate senza
impicci far le di lui veci alla carta, andrà il tutto di
male in peggio.
.') oidcaiv
PARACELSO.
. 1 ? j 7T
Regolandomi come narrate, e a piacer vostro, com-
prendo benissimo, che se nessun m'impedisca, farò il
mio interesse a pigliarmi per me i cento rnillioni d'oro,
ma quel dello Stato, a cui gli rubo, non già.
•♦8 ih Ml'i'-q flo3 rnor''T."1'5{
LAUV.
.1 n?39
Anzi intcado, che, più de' vostri, facciate grandemente
jgV interessi dello Stato , quando seguitiate a volenni
dar retta.
gQ DIALOGO SOPRA I MODI d' ACaJMULAR LORO ,
^ r ohi .
PARACELSO.
Andate innanzi che vi ascolto.
LAU V.
Lasciamo' adunque fare uell' interno dello Stato ogni
commercio attivo e passivo, minuto o grande , alla carta
improntata , e dell' oro significatrice.
•- PARACELSO.
titnuvB ' ,oa firn
Ma, e l'oro?
LAUV.
- Ma di quest' oro non siate in fastidio die lo spediremo
* viaggiare fuori paese, ove egli è riconosciuto a signor
grande, quanto in patria. Fra gli esteri pervenuto, farà
€gli colà ciò che altre materie non potrebbero fare in
cambio di lui.
PARACELSO.
' Oh' ! che fare saprà egli mai ?
L A l' V.
Estinguerà con parte di se i debiti accesi della Na-
zione, se essa ne ha, e coli' altra farà un attivissimo
commercio , e proficuo al sommo a chi avrallovi colà
spedito con tal pensamento, e il frutto ubertoso, e il
termine de' suoi viaggi fia di ritornarsene in patria mol-
DI EMANUELE BAVA S. PAOLO. QJ
tiplicato di assai in capo a pochi anni, e di avervici
tratto seco molti altri generi di ricchezze. Così coli' ajuto
della carta e di alcune parole, le quali tton tendano ad
aver ingannati, ma ad affidare i popoli, avrò saputo
ricavare sommi vantaggi dall' annientare almcn per un
tempo , e a così dire , dallo sbalzare questo vostr' oro
dal soglio. Or che ne dite , non è questo mio un se-
greto di arricchire senz'oro? o a meglio dire, per via
del Laudo che gli si dà dallo Stato ? Qui non si tratta ,
come voi chimici per lo piìi l'intendete, di trarre ogni
onore, ogni luce di ricchezza dal fumo.
PARACELSO.
Traveggo in questo ragionamento alcune scintille di
verità, ma ciò non ostante, se non passate a mostrarmi
elle in pratica abbiate riuscito, non mi arrendo uè punto,
uè poco.
PIZARRO.
Oh! si, la pratica, i fatti, ecco gli oracoli miei; qual
paese avete voi arricchito, signor computista, signor
sbauditore dell' oro ?
I,AUV.
Poco mancò y che non abbia arricchita la Francia al
sommo, e certo era per seguirne l'effetto, e se mi si
dava retta sino al compimento de' miei sisteraL
9^' DIALOGO SOPRA I MODI d' ACCUMULAR l'oRO i
PIZ ARRO.
Questo è un concederci che di essi vi andò fallita la
pratica.
LAUV.
Non già per mia colpa , o per vizio delle mie speco-
lazioni, ma per l'altrui malvagità, leggerezza, imperi-
zia dovetti abbandonare un sistema sublime, vedermelo
rovinar sul più bello, e quindi perseguitato a torto,
misero e fuoruscito perirmene di stento a Venezia.
PIZARRO.
Vedete il sublime calcolatore , non aver ne' suoi calcoli
saputo dar luogo alla nequizia, alla volubilità, alla diffi-
denza degli uomini, per poscia estrarne il prodotto; ma
il geometra mira sempre alla quantità, e troppo meno,
che non converrebbegli, alle qualità delle cosej oh che
pazzo !
LAUV.
Ma voi sì prudente, voi sì scaltrito guerriero, il quale
tant'oro avete disseppellito, quanto il sole arcichimico
volle formarne colà nelle viscere della terra; voi carne-
fice degli Incassi timidi ed oppressi, come, ditemi, riu-
sciste poi a godervi in pace tesori colanti? come dall' j
altrui cupidigia rivale veniste a schermirvi, e per quali
DI EMA^SCELE BAVA S. PAOLO. 99
astuzie, per qual destrezza avete saputo sottrarvi all'occhio
sempre vegliante dell' umana nequizia?
PIZARRO.
Ah ! mi ci sarei sottratto assai e assai tempo , noa
fosse stata la perfida razza degli Almagro , che invidiosa
ardi mostrare deU' oro maggior sete di me; attraver-
sommi prima ogni via di raddoppiarne le sacca, e
poscia studiò cosi bene l' arte di spegnermi , che il tra-
delc intento ottenne; rubossi, ahi! l'oro tutto, e man-
dommi qui ignudo , onde di me non rimase altra me-
moria nel mondo , se non se quella di un signor deca-
duto, e di un ladro punito.
- L A U V.
Un altro adunque colsesi il frutto di tante vostre car-
nificine e ribalderie , e con tant' oro gìh vostro avrìi poi
saputo farsi Principe Sovrano in luogo di voi.
PIZARRO,
No certamente, che mi fu qui narrato, che 1' impe-
rador Carlo V. l'e di Spagna, mandò al Perù i suoi
soldati, i quali dispersero poscia, o giustiziarono tutti
gli Almagro, e lui, come già 1' era del Messico, dell'oro
e del Perù rendettero assoluto e pacifico possessore.
LAUV,
E voi, che in pria non reggeste contro gli Almagro,
lOO DIALOGO SOPRA I MODI d' ACCUMULAR LORO ,"
pensavate poi sempre far fronte alla potenza di tanto
Principe ?
PIZARRO.
SI, perchè m'erano coloro a'fianclii, questa lontana,
e tenuta in travaglio da' suoi nemici d'Europa.
L A u V.
Dunque calcolaste assai bene le possibilità de' rimoti
e futuri pericoli, e male malissimo quelle de' vicini e
presenti , che per più degli altii dovevano tenervi ia
pensiero, e poi de' miei calcoli vi fate beffe e mi deri-
dete; quella degli Alraagro non fu con vói forse ne-
quizia ?
PlZARRO.
Oh ! orribilissima.
L A u V.
E non era nequizia umana.
PIZARRO.
Anzi diabolica.
L A u V.
Bene, perchè non foste geometra , giammai non avete
saputo dar luogo ne' vostri disegni, ne alla diabolica
DI EMANUELE BAVA S. PAOLO. 101
nequizia , ne all' umana , e foste un pazzo , e oli the
pazzo !
PARACELSO.
Oh! quanto bene calza ad entrambi il titolo di pazzi,
che vi andate geutiloiente ricambiando , lo mi sembrate
infatti amendue appunto, per non aver saputo scansare
gli insulti portativi dell' umana nequizia, invidiosa mai
sempre ed intesa a rovesciar la fortuna di chiunque dà
nell'occhio del pubblico.
PIZARRO.
Ma quale evvi senz' alcun strepito maniera di far
fortuna, di tii-are a se l'oro.
L A u V.
Vi è forse la mia invenzione, la quale sarebbe stata
di dare alla carta l'aspetto e il valore di esso, e intanto
Sotto il mentito simulacro della medesima farlo tutto a
mano a mano sdrucciolar chetamente ne' proprj scrigni.
PARACELSO.
Misto ad assai falsità scorgo alquanto di vero in questa
idea , la massima di sempre coprire i proprj maneggj
ad accumular l'oro senza disturbi e con sicurezza, è ottima,
ma la sbagliaste davvero circa il modo adoperato, che
è il tutto.
103 DIALOGO SOPRA I MODI D ACCUMULAU LORO,
LAUV.
Dove sta, ia grazia, l' enoie, lo sbaglio?
PARACELSO.
E non riflettete che allo scomparire poco a poco
dell'oro che prima sapevasi esistere, e allo sottentrarvì
della carta, che ognuno già se ne turba, che ognuno
entra in dillìdeuza di voi, e vienvi a impresa non ter-
minata già incontro ognuno fierissinKimente a dimandarvi
ragione dell' operato ?
LAUV.
Noi vi nego; gli sciocchi, Be' quali infinito è il nu-
mero, non hanno, ne aver possono alquanto mai di
pazienza; ma, ciò posto, qual sarebbe il segreto di non
metterli al cimento di doverla perdere almen così presto,
e in questo mentre di procacciarsi i tesori?
PARACELSO.
Eccolo il segreto, attenti, io ve l'accenno: convieu
saperlo fabbricar da se stesso in qualche dimentica abi-
tazione , che nessuno ne sospetti , oppur se n' accorga ,
e quindi mandarlo fuor fuori a poco a poco agli occhi
degli uomini.
LAUV.
Quando si sa comporre l'oro, il premunirsi colle
I
DI EMANUELE BAvA S. PAOLO. Jo3
mentovale cautele , capisco essere indispensabile a chiun-
que intenda godersene il frutto; ma non vogliate, sfug-
gendole, deludere le mie dimande, vi tengo al propo-
sito, rispondetemi a due questioni, l'avete voi fatto, e
come r avete fatto ?
PARACELSO.
Oh ! naturalmente l' arte è lunga , e la vita è breve ,
e qualunque raro intelletto d' uomo accingasi alla grande
opera, dee prima di lavoiarvici , studiare la scienza di
abbreviare L'arte, e dì allungare la vita; io aveva quasi
trovato il primo segreto , e già aveva mille indizj , onde
di corto poscia scoprire il secondo , ma troppo lieto di
si fatte venture, oh misero me!
PIZARRO.
Oh ! che vi avvenne ? forse gli Almagro ?
PARACELSO.
Eh non già, ma pien di giubilo delle ben avviate
scoperte , volli alla locanda lare uno stravizzo , mi sentii
tosto opprimere dall' indigestione , e per aver la boccia
del mio elisire dimenticata, non potei subito rimediare
al male, onde in un attimo fui suflocato e condotto a
morirmi; ah! se svessi recata meco la mia cara boccetta,
sarei tuttor fra i viventi , e certo non piìi di vent' anni
di vita dovean condurmi allo scoprimento dell'oro.
I04 DIALOGO SOPRA I MODI D ACCUMULAR LORO,
LAUV.
Ah ! ne' vostri calcoli avete ommesso di considerare
r incertezza del tempo , oramissione per voi più di danno
forse dell' obbliato elisire.
PARACELSO.
Veramente non ci ho badato quanto era mestiero.
p I z A R R o.
E per fretta di girvene a far gozzoviglia, vi siete
scordata in casa la vita vostra, e il pegno, a vostro^
credere , sicuro di essa.
PARACELSO.
Ragionate a meraviglia , pur troppo cosi è.
PIZARRO.
Siete adunque morto per mera inavvertenza, oh che
pazzo !
io5
SULLA
NATURA DEL L' ELOQUENZA,
D I S G O R SO.
'iv ^J \l/iQ'ì lotj o obi.
DI FRANCE3.Cp. REGIS. , ,.,
,: ) i' Jii! ]'• l'.j. ■•' j;;
Lello li 12 piovoso anno ii.
I
L signor d' Alembert nel solenne discorso , che allo
entrare nell' Accademia Francese pronunziò , e nelle inge-
gnose riflessioni , che a spiegamento di certi principi in
esso accennati vi aggiunse, definì l'eloquenza il talento
di iar passare con rapiditèi, e d'imprimere con forza
nell'animo altrui il sentimento profondo, ond'uno è pe-
netrato ; e coloro che tenendo dietro agli antichi vollero
eh' ella fosse l'arte di persuadere, chiamò superstiziosi
e servili copisti dell'antichità. Si dovrà egli tacere, dopo
che un sì grand' uomo parlò? o sarà egli permesso di
esaminare con tutti i riguardi a sì gran savio dovuti ,
se nella presente cjuistion letteraria il parer suo parti-
colare debba gire innanzi al parere universale de' mag-
gior letterati? Certo, se vi ha tribunale, davanti a cui
'A'è^ Sl'LLA NATIRA DELl' ELOQUEN ZA ,
non possa la inngnaniin' Ombra sdegnarsi , che un liil
punto novellamente si tratti, egli è questo vostro, Acca-
dernici. Io pertanto, se non vi è discaro^, qui ne favel-
lerò brevemente, e senza nulla decidere, starò da voi
la sentenzia attendendo.
L'eloquenza, dice l'ilUislrc Accndcniico, ella è uà
talento naturale, che ha il suo germe in una rara sensi-
bilità pel grande e pel vero; uè vi è arte per lei, per-
chè arte non vi è per sentire. ^
Io certo non negherò , che , per essere eloquente ,
necessario non sia soprattutto questo bel dono della na-
tura; mi accorderò pure cori chi ne lasciò scritto, che
r anima è quella che ne fa eloquenti. Quindi, anche
senza precetti , eloquente fu il discorso , che il rozzo
abitante- ddle rive del Danubio tenne contro a' Romani
ili, presétìea- de* Romani stessi; eloquente cjuello, che il
feroce Scita ebbe coraggio d' indirizzare al maggior con-
quistatore insieme, e turbator della terra. Ma se per
èsser stabil possessor dell' eloquenza bastasse questo
talento, cjuesto impulso, questa sensibilità, com' è che
la natura sì prodiga di altri suoi pregiatissimi doni ,
sarebbe stata di questo sì avara verso gli uomini , a
potere nel corso di tanti e tanti secoli trovare appena
due perfetti oratori? o com'è che questi due medesimi,
non ostante un tal favore dalla natura abbondevolissi-
mameute ricevutp , credettero, che trascurare i loi-o beni
e la loro sanità , sagriGcare tutto ciò che vi ha di piii
caro all'amor d'istruirsi, internarsi a fondo nella cono-
I
DISCORSO DX FRANCESCO REGIS. '?. itkit^
Bcenza dell' uomo , e spaziar lungamente in tutte le vie
della sapienza, fosse per essi indispensabile, onde prov-
vedersi le armi, che furono poi in man di loro ognor
vittoriose? Fatto sta, che se io non m'inganno, questo
prcscufe della natura, per quanto prezioso egli sia, non
basta ancora ,• né basterebbe tuttavia , quand' esso anche
sopi'a ogni altra cosa giovasse alla mozione degli animi.
Perchè l' eloquenza al muovere , benché sia questo un
de' suoi principali ufficj , non si restrigne imicamente ,
che se così fosse, del pari che al tempo del gran Tullio,
sarebbe già ella stata fra Romani al sommo grado per-
venuta al tempo de' Gracchi , i quali per la forza de' loro
discorsi , spezzate le catene della servitù , fecero più che
mai bella e vigorosa sorgere la libertà. Ma ella esige
di più una profonda cognizione de' costumi, delle pas-
sioni , e di tutti i mezzi del cuore umano eccitatori ;
ella vuole il più ampio tesoro di scienza, la più ricca
varietà di erudizione , la maggior finezza di discerni-
mento e di gusto; ella oltre la convenevolezza della pro-
nunzia e del gesto, abbraccia l'armonia dello stile, la
quale, come sicura producitrice di sorprendenti effetti,
fu sempre da' sommi oratori gelosamente studiata, ab-
braccia con tutte le sue grazie e venustà la elocuzione,
la quale i maggiori Retori riguardarono ognora come
la sola capace d' imbalsamare , dirò «osi , le opere , ed
assicurarle della eternità. Or se ciuesta non è un'arte,
qual altra il sarà mai ? così avesse ella potuto le sue
lezioni continuare in mezzo alle stesse felici circostanze ,
Io8 SULLA NATURA DELL'ELOQUENZA,
in cui le dava ne' più be' tempi di Roma , quando i
suoi discepoli erano del dolce , del santo amor della
patria ardentemente iofiammati ; quando costituiti inter-
preti della nazione, e giudici de' suoi veri interessi,
teneano nelle lor mani la bilancia , in cui si pesava il
destino dell' Impero del mondo ; quando aveano 1' ono-
rato incarco di aricgare a un Senato , che all' attonito
Ambasciatore di Pirro sembrato era un assemblea di
Re, e a un popolo, la cui sola presenza bastava a tras-
formare de' vili gladiatori in eroi. Che allora un' arte sì
fatta, ben lungi dall'essere mai da alcuno de" migliori
ingegni spogliata del nome di arte, sarebbe sempre stata
dalla maggior parte di essi più di qualunque altra scienza,
eh' oggi sia cara ed in prezzo , abbracciata e seguita
volentieri.
Ma nò anco so indurmi a credere , che il lodato Acca-
demico renda , com' egli dice , più compita e più giusta
la definizione dell' eloquenza , con aggiugnere essere
proprio di lei il far passare con rapiditcì , e imprimere
con forza in altrui il profondo sentimento , oud' uno è
penetrato. O egli, come par che suonino le prime pa-
role , comprende soltanto certi tratti vivi e rapidi , nei
quali soli appunto ripone la vera eloquenza. E allora ,
essendo questi sempre in un discorso ben rari, la defi-
nizione sua non sarà ella scarsa d'assai e limitata? non
sarà ella anche a tutto il restante di troppo ingiuriosa ?
ed egli è pur questo restante , che per tenere svegliati
gli uditori, e disporli a quel vivo, a quel rapido,
DISCORSO DI FRANCESCO RECIS. lOg
eh' ei viconosce soUnnto per eloquente , abbisogna io
ispezie dell' eloquenza , e dell' eloquenza fa sicuramente
non isprpgevole parte. Ovvero egli, come dichiara in
alcun luogo delle sue riflessioni , infende di dar con ciò
tuttavia dell'eloquenza un'idea, qual si possa, la più
generale ed estesa. Ma allora, dico io, questo suo modo
di definire, comunque si voglia interpretare, includerà
egli tanti scritti , i quali fuori dell' oratorio aringo sono
riguardati per eloquenti, senzfi che i sentimenti dello
scrittore si rapidamente e sì forte passino nell'animo del
leggitore, e vi s'imprimano? includerà tanti concetti,
che nelle grandi assemblee antiche pur di eloquenza pie-
nissimi si andavano bel bello nel cuore degli uditori , quasi
senza che se ne avvedessero, insinuando? includerà tanti
pensieri sedati e tranquilli che precedevano, accompa-
gnavano, e seguivano indivisibilmente que' fulminanti
tratti , co' quali il greco ed il romano oratore faccano
impallidire l' uno in mezzo alle falangi i Filippi e gli
Alessandri , e 1' altro in mezzo agli audaci satelliti , i
Catilina e gli Antonj ? non mi arresterò alle parole, che
nella questionata definizione sono le ultime. Perciocché
specificandosi in esse solo il profondo sentimento, onde
uomo è penetrato, che sarà di tante altre parti, pur a
una perfetta opera di eloquenza essenzialissime , nelle
quali , né tale profondità di senso , ne tal verace pene-
trazione interna non ha luogo assolutamente ? che sarà
di que' medesimi altissimi sentimenti che l'oratore, mercè
di una viva immaginazione veste egli sovente , e coma-
JIO SULLA NATURA DELL ELOQUENZA,
uica a' suoi uditori, senza esserne egli stesso realmente
tocco ? la quella guisa che fervido attore di scena
mettendosi a luogo del personaggio per lui rappresen-
tato, agita e turba gli spettatori col racconto animato
delle disgnizie ch'egli pur non provò?
Ora a tali diflicoltà sull' eloquenza no non dieder luogo
il Greco filosofo , e il Retore romano , con averla defi-
nita , il primo una facoltà di vedere ciò che in ciascuna
cosa conduca alla persuasione , e il secondo un' arte di
dir bene , e acconciamente a persuadere. Per queste defi-
nizioni la eloquenza , il più difficile studio che si possa
a valente ingegno proporre , e il più meritevole di essere
di sode cognizioni nudrito , e da provvide regole gui-
dato, ella è veramente una facoltà, un'arte. E qual.
facoltà , qual arte non parve ella agli occhi di colui ,
che in ciò tutto vide, e tutto seppe, voglio dir di
Cicerone? I soli tre libri suoi assennatissimi dell'oratore,
non ostante le molte lor digressioni, bastano essi a inge-
nerare per lei come I' entusiasmo il più vivo, cosi il
credito il più grande e il più sublime. Che se Platone
ricusò tuttavia di riguardarla come tale , non è di lei
in generale ch'egli parlò, ma sì bene di quella de' sofisti
del suo tempo , i quali ne facevano un abuso funesto
a' progressi della ragione e della verità. Leggansi i suoi
dialoghi , e si sentirà ben tosto di quante riflessioni , e
di quanto studio corredò egli stesso il suo divino inge-
gno, per potere, siccome fu, non men grande oratore,
che grao filosofo divenire. Per queste definizioni simil-
DISCORSO DI FRANCESCO REGIS. 1 I T
niente non sarà V eloquenza , come pur si vorrebbe , con
iugiuslo divieto ristretta a pochi tratti vivi e rapidi,
clic quai lampi passeggieri possono appena di quando
in quando aver luogo nelle anco più lunghe opere ora-
torie. Ma si estenderà ella, com'è dicevole, a tutto ciò
che si scrive, o si parla a proposito per ottenere il
fine, che scrivendo, o parlando un si pi-opone. Che
qualunque volta uom prende a parlare, o a scrivere, si
suppone, che com' essere ragionevole abbia sempre di
mira un qualche fine, e questo esser non può, se noa
se d' istruire, o dilettare, o persuadere. Quindi eloquente
dovrà dirsi colui , che con efficacia saprà tutte le sue
parole al conseguimento di questo fine adattare. Quindi
r eloquenza potrà non solo nelle pubbliche aringhe, ma
in" ogni gx?nere eziandio di scrittura avere parte e diritto.
Ed etco per tal maniera il dominio di questa nobilis-
sima facoltà immensamente allargato.
Senza di che, quanto sterminati non sono già eglino
it} se gli oggetti , che generalmente si riconoscono come
suoi propri e particolari? anche considerata come intesa
solo a dilettare gli uditori co' panegirici, colle invettive,
colle orazioni gratulatorie, e colle funebri, che estensione
di arte non esige tuttavia per non perderei in una vana
ostentazione? quanto maggiore ancora non ne richiede,
se si riguarda nel foro occupata a mettere nel migliore
aspetto le cause , a togliere i pregiudizi sfavorevoli , a
scegliere i più opportuni argomenti, a invigorirli, a
disporli, ad esprimerli con leggiadria, e ad avviare.
Jia SULLA NATURA DELL ELOQUENZA ,
e condurre i giudici a quella seuteuza, cjie> è I9 meta,
e lo scopo del suo perorare? soprattutto poi,^ l^al l^^go
campo non comprende essa , e quanto non abbisogna
conscguentcmenlG d'indirizzo e di guida, quando s'ag-
gira nelle pubbliche adunanze a trattare delia pace, della
guerra, del ben degli Stati, della salute db' popoli,!^
di somiglianti altre materie importantissime ? o quando
ella spazia nel nuovo ricchissimo teatro agli antichi
Creci e Romani ignoto, cioè in seno alla Chiesa, e in
prò di nostra religione , sia pur l' eloquenza da' primi
maestri , per rispetto al suo principale officio , che è di
influire sulla condotta degli uomini, sia pur, dico, defi-
nita particolarmente l' arte di persuadere. Ma quanti in-
sieme, e quanto essenziali requisiti da loro non vi si
soft' intendono , onde farci strada a questa persuasione,
e renderla durevole e fruttuosa? Or tutto ciò, quanto
vasto egli è , che certo è vastissimo , crederem noi che
si possa racchiudere in quelle parole della nuova defi-
nizione, nuli' altro infine specificanti, che un rapido, pas-
saggio, una forte impressione in altrui di alcun nostro
profondo sentimento ?
Io pertanto venero il signor d' Alembert per l'ampiezza,
per la rarità delle sue conoscenze e scoperte matema-
tiche, basf evoli a meritargli in queste scienze forse il
primo luogo in Francia, se a' suoi tempi la già propa-
gata celebrità del nostro incomparabil La- Grange, non
lo avesse pur fatto de' secondi onori rimaner pago e
contento. Lo ammiro per 1' egregio discorso da lui alla
DISCORSO DI FRANCESCO REGIS. Ij3
enciclopedìa premesso, nel quale riunì si fattamente la
forza e l'eleganza, la dottrina e la venustà, il dono di
pensar diritto, e il talento di scriver bene, da far di
cotant' opera concepire all' Europa le più luminose spe-
ranze. Il loderò eziandio per la destrezza, pel senno,
per la facondia che in parecchie opere puramente let-
terarie appalesò, in ispezie nelle sue riflessioni sull'abuso
della critica in materia di religione, nel suo saggio sopra
le persone di lettere, e ne' suoi elogj accademici. Né
per iscemare la sua autorità sulla proposta questione
rammenterò alcuni paradossi per lui in letteratura avan-
zati , di alcuni de' quali si confessò poi egli stesso ricre-
duto: né sono per valermi del falso ingiurioso giudizio,
che per piaggiare un po' troppo altrui, portò di Cor-
nelio e di Racine, due massimi luminari della tragica
scena francese : né tanto meno sono per accostarmi a
chi per gettare una fosca nube su tutta la sua gloria
letteraria , allegò la parziale lunghissima amicizia di lui
con Voltaire , e negandogli quasi ogni luce propria
il riguardò meramente qual necessitato satellite di quel
gran pianeta. Che l'alta stima , ond' egli fu costante-
mente onorato dal medesimo Voltaire , non solito ma-
nifestarla a' mediocri ingegni; il credito singolare, che
ottenne presso tutti i più illustri viaggiatori, che capi-
tando a Parigi ambivano di parlargli , e di sentirlo ;
la speciale inlluenza , che ebbe tuttora nelle dotte pri-
marie società , e più nella oculatissima Accademia Fran-
cese ; la bella nominanza , che di lui , come di uno
i5
JT/j. SIITXA NATURA DKTX' FL0OrEN7,A ,
de' ^iù insigni scritlori della sua nazione ampiamente si
sparse, e si mantenne ; le iterate caldissime istanze^ che
CATEhiNA IF. , e Federico il Gratide gli fecero di re-
carsi ne' loro Stati, l'una per allìdargli l'educazione del
Gran Duca delle Russie , 1' altro per farlo presiedere alla
famosa Accademia di Berlino , queste splendide prove ,
congiunte col bello stile sempre adatto , sempre conforme
a molti diversissimi argomenti , che trattò , fanno essi
apertissima testimonianza , che per essere chiaro fra let-
terati , non abbisognava egli di quello splendore , che
su lui poteva dal suo illustre amico riflettere.
Contuttociò in fatto di eloquenza, se voi, dotti Col-
leghi, il giudicate, io più volentieri che a' principj suoi,
mi atterrò a quelli, che i solenni maestri antichi ne
porsero. Gli antichi veramente concederanno a noi di
leggieri la gloria di essere stali più faticosi , più avidi
di cognizioni , più esatti osservatori della natura , più
attenti , e più perspicaci nelle ricerche , più universali ,
e più dotti; non ne contrasteranno fors' anche in varie
produzioni d'ingegno sì in prosa, che in poesia, l'onor
della uguaglianza , e talora anche della preminenza. Ma
nella eloquenza ritengono eglino tuttavia per se a buon
diritto la palma; né in tanti secoli, che seguirono poi,
hanno ancor veduto a sorgere alcuno , che rivale di
Demostene, o di Cicerone possa sedere non dico a
canto, ma neppure un po' da vicino all'uno, o all'altro
di que' due famosi Oratori. Tal è di coloro , che tra gli
antichi diedero suU' oratoria facoltà insegnamenti : non
I
msrORSO DI FRANCESCO REGIS. Il5
Dippo, clic i niodnni in vaij gcnerr di loltorafura alj-
biaiio auro alzalo una critica fiaccola, tjnal nelle passale
età non sera Corse mai allumafa. Ma ìd prc^posito deirai te
di ben pailare ninno di essi, con buona pace di pa-
recchi PVance^i, Italiani, ed Inj^iesi, che non senza qual-
che lode tentarono d' illustrai la , oiuno di essi potè an-
cora avvicinarsi a quel raccolto niaravigiioso lume, che
DP'loro trattali ne lasciarono sprcialmente il Filosofo di
Sfaj^ira, e il R<tore di Roma, ossia che essi fossero
ancora sfhiaiali dalla presenza dell'immenso fol^or di
eloquenza, onde l'uno la, Grecia, l'altro la Grecia, e
l'Italia vide largamente irraggiata, ossia che locati si
trovassero in un posto, e in un tempo da poter essere
d^lla tuitof grande importanza di questa diviu' aite sti-
molati a ricercarne pii!i addentro la vera natura, e le
proprie qualità tutte; egli è certo, che con tan'a pe-
netrazione e giustezza con tanto gusto e buon senso
ne ragionarono, che qualunque di poi in alcun punto
essenziale da loro si diparta, il potremo, io penso. Ac-
cademici, come novatore, o almen come sospetto diuun-
ziare alia Repubblica letteraria.
ii6
DELLA PATRIA
DI CRISTOFORO COLOMBO,
DISSERTAZIONE
DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE.
Letta li 26 piovoso anno XIL
n
Ina delle quistioni più ardue, e eoo maggior calore
agitate , e eoa tutto l' impegno possibile tra eritici di
diverse contrade d' Italia si è quella intorno alla patria
del celebratissimo Cristoforo Colombo, li fu Canonico
di Casale Ignazio De-Gio vanni, già molti anni or sono
passati, avea messo insieme moltissime carte riguardanti
questo curioso argomento; che anzi aveva inoltre in-
trapreso a dettare in questo pi-oposito una disserta-
zione per leggerla in quella nostra Societil» letteraria, da
cui uscirono i volumi de' Piemontesi Illustri, Società,
che ebbe vita troppo più breve di quello, che sarebbe
stato desiderabile, che avesse. Assalito poscia i! mento-
vato Canonico De-Giovanni da pericolosa infermità, mi
feci animo, a persuasione di chi al pari di me temea ,
che que' documenti corressero la sorte di tanti altri, e
DI CIANFBANCESCO GAT.EANI NAPIONE. I 1 7
^andasse^o irremissibihueate smaniti, di ricercarlo a far-
mene copia. Più fortunato riuscir non potea l'esito della
ricliiesta, né fu necessario di adoperar persuasioni, ed
istanze: perciocché appena gli feci noto il mio deside-
rio, che mi trasmise tosto con liberalità rara tra' letterati
i documenti tutti, che trovavansi presso di lui, trascriltl
la maggior parte di proprio pugno dagli originali. Ac-
compagnò poscia ogni cosa con una lettera piena di
amorevolezza, in cui tesse la storia delle sue i-icerche
intorno alla patria del Colombo. E non posso ancora al
presente senza una specie di tenerezza rimirar quc' caratteri
con vacillante mano formati, e quel non breve Scritto
steso per compiacermi, con vista oltremodo infievolita,
e tra gli incomodi di una infermità penosa.*
Ora adunque che ho in poter mio le armi penso di
non dover differir più oltre di adoperarle, e mi fo
animo ad affrontar con esse i più formidabili nemici:
che ben posso dire di averle trovate forbite, e tem-
prate a tutte prove. Con si fatte armi alla mano entrar
potremo in lizza, non solo contro gl'imparziali, che han
* Di qdpsla inffrinUà morì il Canonico De-Giovanni ai 25 del mese di
dicpiiibro dell'alino 1801 ( v. s. ). Fu uomo collissiuio, grande umico del
celclire Abate Dkmna , che in molli luoghi delle opere sue ne fa onorevole
menzione, dicendo, che era quegli, che da giovane in coll^s'o «eccitava
mnjjgioiinenle la sua emulazione. Loda tostile epistolare di lui; ed invero, se
avessimo una raccolta delle sue lettere scelte , si vedrebbe ogni volta piill
come la lingua Italiana si adatti eziandio a quelle grazie spontanee, a quella
urbauilìi , e nobile sprezzatura , cbe è la principal dote dello siile epistolare.
I l8 DEH.A PATRIA DI CRISTOF COLOMBO, iNTHOtì,
creclufo di dover sosttMicie opinione conlrariii, ma eoa
qualsivoijiia Genovese più Irnci-o, e zel.'nie tìvììe glorie'
ddla Pallia sua, od affei-maie senza e>*i'azionp vei-iiiia,.
che la pallia dtl Colombo fu l'antico IVlonfcnato E
questa verità, che il Monferrato sia la vera patria del
Colombo potremo coi documenti suecennati so^teuerla,.
ancorché si provasse con altre carte n;;!i occhj de' cri-
tici più acuti riconosciute per irrefragabili ( carte, che
mancano però tuttora ), che il Colombo nato fosse in
Genova, od in qualunque altro luogo del Genovesato.
Di fatti , quando risultasse ad evidenza , che uscito fosse
dal Monferrato il padre di quell' uomo immortale , che
la sua famiglia, i suoi antenati da più secoli fossero
Monfprrini, in tal caso la nascita accidentale di lui nei
domiuj della Repubblica- di Genova non darebbe diritto
a' Genovesi di considerarlo per loro paesano. Nessuno
contrasta la gloria all'Italia, ed all'antico Piemonte di
esser patria del Principe Eugenio di Savoja, sebben nato
v.Tfraboschi, pgji gja in Parigi; ed in Parigi pur uaccjue , secondo la
ur^iura iidiiana pj^ fondata op.nione , e di madre Parigina (il che se
iri» ediz. Modeu. (jybi^iajjj credere a certuni ha tanta inQuenza nell'indole
delle persone) uu uomo in troppo diversa professione
rinomatissimo, il Boccaccio. Ciò non osfaufe, non solo
Firenze se ne pregia a buon diritto come di uno dei
suoi più rari ornamenti, ma Certaldo eziandio ond' erano
originar] i suoi maggiori; E chi pretese mai che Aretino,
e non Fiorentino chiamar si debba il Petrarca, perchè
nato in Arezzo; Reggiano, e uou Ferrai-ese I'Ariosto,.
DI CtANFRANCCSCO GAT.EANI NAPIONE. I ig
perchè sorti i natali in Reggio; e Pisano, e non Fio-
rentino r immortale Galilei , perchè nato in Pisa ? Non
vi ha pure dubbio nessuno , che in Sorento , e non ia
Bergamo antica patria de' suoi maggiori, venne alla luce
lo sventurato cantor della Gerusalemme Torquato Tasso;
eppure l'Italia tutta letterata , non solo applaudì alla co-
piosa elaborafissima Vita, che ne dettò 1' Abate Serassi ,
ma approvò l'encomio, con cui la Città di Bergamo
volle mostrarsene riconoscente , coniando ad onor di lui
una medaglia colla leggenda: propagatori Patriàe laudis.
Lieve argomento poi per la storia in genere non si
è certamente quello di determinar la Patria di un uomo
così grande qual fu il Colombo : perciocché , se è comun
detto , quando s' intende celebrare qualche personaggio
rarissimo , lo asserire esser egli uno di quegli uomini ,
che non si ritrovano più se non se nelle vite di Plu-
tarco , fu uomo così grande il Colombo , che Plutarco
stesso non troverebbe a farne il confronto coli nessuno
di quegli illustri Greci, e Romani medesimi, di cui dettò
le vite. Né picciolo sarebbe il vanto di queste nostre
contrade quando risultasse manifestamente , eh' egli fu
nostro paesano ; e questo vanto non si ridurrebbe già ad
un solo strepito di paix)Ie , proprio soltanto a pascere la
vanità inerte degli sfaccendati, ma produr potrebbe eflèlti
vantaggiosissimi negli animi generosi.
120
CAPO I.
Lodi del Colombo ;
Giusta idea dell' impresa della scoperla
della America.
Io non mi tratterrò qui a tessere l'elogio del Colombo;
Elogi Morie id! Molti anni già sono passati, che ne venne pubblicato
Crisloforo Co-
lombo, e di An- uno assai diffuso in Parma, opera di un autore ano-
area Dona. Par- ^
ma 1801 io ,.» nimo Genovese , che vi unì quello parimente del fa-
moso Andrea Doria. Singolare combinazione in vero :
dappoiché , se i Genovesi pretendono , che sia loro Pae-
sano il Colombo , mentre che dubbioso assai , per non
dir altro, si è ch'egli nascesse in luogo della Riviera
di Genova, e certamente fu di famiglia del Monfer-
rato, maggior diritto vantar potremmo noi sopra Andrea
sigoniiis Tiia DoRiA , chc uacque indubitatamente in Oneglia , luogo
Audr. Auriac. . , • iii • ir
Stato msmo ad ora mtimamente unito ali antico Pie-
monte ; tanto più che Piemontese divenne nel secolo
stesso , in cui fioi-ì il rinomato Ammiraglio di Carlo V,
Rea'ì'e'"'di^s°a'vo7a ^^ ^amo della famiglia DoRiA , che avea la signorìa di
i.^n, e. ib, p. Qjjpgijg^ y[^ siccome cediamo di buon grado a' Genovesi,
perchè appunto originario di quella Città , il vanto di
aver prodotto Andrea Doria , così a buona ragione esi-
ger possiamo, che a noi, come uscito dal Monferrato ,
appai'tenga il Colombo.
Se fosse lecito il far uso di domestici elogj , non però
DI GIANFRANCESCO CALEANI NAriONE. 121
cTa sprezzarsi quando in tutto conformi al vero , uno
assai magnifico ed ampio, e per quanto io sappia sco-
nosciuto in Italia, si contiene nel memoriale, che nell'an-
no 1671 presentò alla Corona di Spagna D. Pietro di
Portogallo Ammiraglio e Governatore Generale delle
Indie, Duca di Veragua , e discendente per via di donne
da D. Diego figliuolo di Cristoforo Colombo, affine di
conseguire un compenso per lo Marchesato della Gia-
maica feudo Principesco , * di cui erano stati investiti
i discendenti di Colombo in correspettivo di maggiori
diritti, invaso a' tempi di Cromuello dagli Inglesi, e
quindi dovuto cedersi dalla Spagna all' Inghilterra nella
pace conchiusa nell' anno antecedente , curioso docu-
mento , che mi fu trasmesso dal mentovato Canonico.
Lascio da parte quanto si dice in quella Scrittura in lode
di Cristoforo Colombo, e de' magnanimi suoi fatti, e lo
affermarsi in essa senza dubbietà nessuna , che , quantun-
que a tante sue doti personali necessaria non fosse la
nobiltà del sangue , non avea ciò non pertanto voluto
Iddio, che gli mancasse questo pregio , poiché era uscito
dall' illustre , ed antico casato dei Signori del Castello di
Cucaro. Di questo si tratterà a luogo piìi opportuno , re-
candone le prove irrefragabili. Non posso però tratte-
nermi per più rispetti dallo accennare un luogo del
* » Eli està isla possoja el Duque lodo quanto avia sellar , ecclesiastico,
a salva la sobrann regalia, y tenia eo su nia^or dimiaucion mas de quatro
y> jnil casa» de Vassallos. »
16
122 DELLA PATRIA 151 CRTSTOF, COLOMBO, CAP. t.^
nostro Boterò riferito in quel memoriale , e detto pò-
litieo dottissimo , * che in lirevi parole dà a divedere
quanta fosse la grandezza d' animo del Colombo , dicendo :
che mai fu uomo , che mostrasse maggior costanza di
lui; perciocché perseverò nella risoluzione di entrare in
una impresa da molti stimata pazza , da molti impossi-
bile , sprezzata da' Portoghesi , menata iii lungo dagli In-
glesi, tenuta in poco conto dal Re Cattolico, con tanta
fermezza d' animo , e con chiedere condizioni tanto ono-
rate e vantaggiose per lui, e per li suoi posteri, come
se egli avesse in pugno , non già il solo pensiero , ma
lo scoprimento , e 1' acquisto del nuovo mondo. Che se
si brama di veder in breve co' fiori più vivaci della elo-
quenza del pari , che della poesia encomiato il Colombo,
basta rivolger gli occhj alle meravigliose Stanze del Tasso ,
ove introduce quella fatidica donna condottiera di Ubaldo
e di Carlo a parlare dello scoprimento futuro del nuovo
mondo sepolto in seno all' Oceano. Quantunque notis-
simo è così bello quel tratto , e congiunge sì bene la
verità filosofica ed istorica con quanto abbia di più pom-
poso e più vago la poesia, che mi dò a credere , che
dispiacer non possa il sentirlo di bel nuovo.
MiTmuK- ifb""- " Dunque ( a lei replicava il Cavaliero )
"'i9^"scg.^^ ■ " Quel Dio, che scese a illuminar le carte,
» Vuole ogni l'aggio ricoprir del vero
» A questa , che del mondo è sì gran parte ?
* Juan Boterò doclissimo y politico escrilor, Boterò — Relazioni uni-
renali , par. IV, lib. II, pag. !\z, Ediz. di Torino l6oi.
DI CrANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. I2Ì
» No ( rispose ella ) auzi la fé' di Piero
» Fiavi introdotta ed ogni civil arte ,
» Nò già sempre sarà , che la via lunga
» Questi da' vostri popoli disgiunga.
y> Tempo verrà, che fian d'Ercole i segni
» Favola vile a' naviganti industri :
» E i mar riposti , or senza nome , e i Regni
» Ignoti , ancor fra voi saranno illustri.
» Fia che 1 più ardito allor di tutti i legni,
» Quanto circonda il mar circondi e lustri;
» E la terra misuri, immensa mole,
» Vittorioso, ed emulo del Sole.
» Un uom della Liguria avrà ardimento
» A l'incognito corso esporsi in prima;
» Né il minaccioso fremito del vento,
» Né r inospito mar , né il dubbio clima ,
» Ne s'altro di periglio, e di spavento
» Più grave, e formidabile or si stima,
y> Faran che il generoso entro ai divieti
» D' Abila angusti , l' alta mente acheti.
» Tu spiegherai. Colombo, a un novo polo
» Lontane sì le fortunate antenne ,
» Ch' appena seguirà con gli occhi il volo
» La Fama ch'ha mille occhi, e mille penne.
» Canti ella Alcide e Bacco , e di te solo
» Basti a' posteri tuoi, che alquantoacccnue:
» Che quel poco darà lunga memoria
» Di poema diguissima , e d' istoria.
124 DELLA PATRIA DI CRISTOF. COLOMBO, CAP. I.-,
Dopo si magnifico, e giusto elogio dell'Italiano Vm-
Tirahos . sior. GiLio poco prciTier dee, che la Colombiade latina di Lo-
dala Lt'UeraliUM ^ i i \ • i
iiaiiaua, T.vii, l'cozo Uaaibara , Denchè scritta non senza eleganza, ap-
piir.lll. pag.ifiB. . . . .
Lo Siigiiani pena possa dirsi poema epico a giudizio del chiarissimo
rouipose un |)oc- Lio
ma su laie ar- TiRABOscHi 1 che dal Tassouì siasi appena abbozzato il
goaionio; ed un ' ir
EncTiil^ Roiua principio di si fatto poema in idioma italiano ; e che
in<iodi°'ì''iibri'ii soltanto una Donna Francese Madama du Boccage abbia
P.L'bort Carrara . «i -ti • i
Gesuita, iniii.: avuto il coraggio di portarlo a compimento, con qiial
CoUimhus cor- •.,,,,
mfnipicwn.va csito il lascio gludicar da' Francesi medesimi , che quanto
chiaro nostro let- ^
w °d'i*'éah.5 ^ ""'' sarebbe cosa troppo scortese , e contraria alla ga-
"on"Taco'!ìce''' ^3°f<^'''^ letteraria il non sapergliene grado.
Rià^ompoli'c'ar. Ad ogni modo nelle invenzioni più singolari, che co-
munemente si tiene, che abbiano cangiata la faccia del
mondo, quai sono la polvere da guerra, la bussola, e
la stampa , vi ebbe gran parte il caso , se pure del caso
non furono interamente figlie. Nulla il prova maggior-
mente quanto l'essere delle due prime oscura l'origine,
ed avvolta in mille controversie, dubbio persino il tempo,
il luogo , in cui da prima comparvero. E quanto alla
stampa , di cui più nota è l' epoca della invenzione , o
per meglio dire de'varj ritrovati, per cui alla perfezione
pervenne, non saprei dire, se maggiore sia la gloria degli
inventori , o la vergogna che ne viene all' universale degli
uomini, per essere stati migliaja d'anni suU' orlo di quella
invenzione, a dir cosi, senza avere saputo mai fare l'ul-
cic. .le nai. timo passo , clic pur sembrar dovea si facile. Non parlo
di quel luogo di Cicerone famoso; ma le medaglie,
ma i sigilli, ma le lettere impresse sulle figuline non
DI CIANFRANCESCO GALEAKI NAPIONE. IsS
erano già vere stampe ? Senzadio non sarebbe così facile
il dimostrare, che queste tre invenzioni abbiano prodotto
nel mondo i piìi grandi cambiamenti, ed i più vantag-
giosi ai moderni. L'Algarotti mostrò di dubitarne, Aig»roiii,t<i.
nou ostante l'universale opinione favorevole. La bussola mu;'". an s"|".
,',. ,, 11- 1 • 1. Fiorcnt.Jfi.XV,
6ola, egli crede che abbia mutate le cose m meglio, p. 97, 0|;. i iv,
. cdiz.diLiTorno.
aggiungendo , che senza la scorta di essa mai non si
sarebbe scoperta l'America. Ma nella scoperta appunto
dell' Amei'ica , il caso non vi ebbe parte veruna. Fu questa
il risultato delle lunghe e profonde meditazioni di un
uomo versatissimo nello studio della cosmografia , e della
nautica, della storia de' viaggi e delle navigazioni piìi
famose sia dell'antichità, che de' tempi piìi a lui vicini.
Fu questa il frutto dello studio posto negli antichi geo-
grafi, del carteggio, e delle dotte conferenze coi cosmo-
grafi di maggior grido de' tempi suoi ; opera fu infine
di un uomo , che , alle più vaste cognizioni che potè
acquistare nel secolo in cui visse, congiungeva una lunga
pratica di mare. Né la scoperta dell'America fu opera
del sapere soltanto, e di una consumata perizia delle
cose marinaresche acquistata in lunghe e pericolose na-
vigazioni, ma in oltre della costanza, della destrezza,
dell'attività, della eloquenza , della magnanimità nel non
lasciarsi atterrir dagli ostacoli, del valore, della pru-
denza , e di tutte quelle virtù che formano i veri eroi
nello eseguirla.
Ben vide il figliuol suo D. Ferdinando , che la gloria
maggiore del padre consisteva principalmente nello avere
J26 DELLA PATRIA DI CRISTOF. COLOMBO, GAP. I. ,
scientificainente e filosoficamente , e non già da avven-
turier fortimato scoperta l'America; ima lunga parte
Storie di n. , o • • • i • •
FirJinauJo Co- delia sua otoiia pertanto impiega a mostrar le ragioni, per
lombo dsl csp.
.vjiooaicapxi. CUI il CoLOMBo si mosse a credere, che scoprir si potesse
quella incognita parte della terra, A far conoscer meglio
lo Scopritor dell' America , pit!i di qualunque pomposo
elogio oratorio, servir potrebbe la Vita esatta e sincera
che ne dettò il succennato suo figliuolo D. Ferdinando.
Una nuova edizione di essa, o per meglio dire della
traduzione italiana, che si pubblicò sin dal secolo XVI,
diligentemente riscontrata e corretta sul testo spagnuolo,
e schiarita con sobrie illustrazioni , sarebbe libro assai
pili curioso ed istruttivo di tante storie recenti , dove
si parla della memorabile impresa dello scoprimento
deli' America. Opera è questa che porta impresso il ca-
rattere della ingenuità, scritta da chi negli ultimi viaggi
navigò col Colombo al nuovo mondo; e dalla viva voce
del padre, e dalle lettere e relazioni sue raccolse i ma-
teriali per il suo lavoro. Ed è in verità cosa da farne
le meraviglie, che eziandio le dotte e colte persone leg-
•gano avidamente le compilazioni moderne, e se ne ap-
paghino, mentre con tanta facilità si potrebbe ricorrere
ai fonti. Al Paw tra gli altri (che per il corso di nove
anni altro non fece che leggere e compilar relazioni di
America, per dettar le sue Ricerche /ìioso/ìche) rinfaccia
Oirii.Lcticre 1 Grudito Contc Gap.li di essere caduto in errori per non
leu.'iv" pag!'*! aver veduta questa Storia di F'erdiuando Colombo; e se
veduta l'avesse I'Algarotti, non si sarebbe spiegato
I
DI CIANFRANCESCO GALEANI KAPIONE. I27
risòetto alla scoperta dell* America ed al merito del Co- Aigaroui.Op.
LOMBO (sebbene lo annoveri tra que' pochissimi , che, diversi, i>3e»5.
a giudizio di lui , in qualunque tempo saicbbono stati
grandi) come si spiegò in alcuna parte delle opere sue.
Perciocché, dopo di aver detto, che delle grandi sco-
perte, anche nelle cose scientifiche, siamo debitori il
più delle volte al caso , ed eziandio talvolta all' errore ,
che conduce felicemente altrui alla verità ; in prova di
quest'ultima parte, che l'errore conduca talvolta alla
verità , reca l' esempio di colui che primo navigò in
America Cristoforo Colombo. Ingannato dalle carte geo-
grafiche, che si aveano allora, dice I'Algarotti, si dava . A'garoiii.pem
a credere, che il tratto di mare, che è tra le coste del "Siei;,».
Portogallo e della China fosse assai minore di quello
che in fatti non è; e trovò, il nuovo mondo cercando,
più breve e più facile navigazione per giungere alla parte
più doviziosa del vecchio.
Ma il fatto sta , che in questo particolare s' ingannò
a partito I'Algarotti medesimo. Di fatti, afferma chia-
ramente il figliuolo D. Ferdinando , che Colombo avea
ferma speranza di poter trovare alcuna isola , o terra di
grande utilità , prima di arrivare alle Indie orientali , ed
impiega un capo intero dell'opera sua a divisare le ra-
gioni, sulle quali fondandosi il suo padre, accertò colla
forza dell'ingegno l'esistenza del nuovo mondo; tra le
quali è notajjile quella , che tocca della notizia eh' egli
avea, che Aristotile, nel Libro delle cose naturali ma-
ravigliose affermava , che era fama , che alcuni racrca-
128 DELLA PATRIA DI CRISTOF. COLOMBO, CAT, L,
siori>aiFcr<i. tanti Cartaginesi avessero navigato per lo mare Atlantico
Colombo, capo
K. in un' isola fertilissima , erudizione che forni poi materia
ne' tempi nostri a fanti dotti , ma non saprei se egual-
mente utili scritti. La natura stessa della impresa di-
mostra , che non già viaggio nuovo a conosciute terre ,
quali erano le hidie Orientali e la China, ma scoperta
di terre affatto incognite si prometteva di fare Co-
lombo; dappoiché pose per condizione la dignità di
Governatore e di Viceré delle terre, che si sarebbono
scoperte. Più giusto l'Abate Tiraboschi, che non il Conte
Algarotti verso il Colombo, dice bensì, che la prima
idea di Colombo era di ritrovare un assai più breve
tragitto per navigare alla China , per mezzo dell' Oceano
occidentale; ma soggiunge poi, che a questa idea sot-
Tirabosthi t^ntrò la seconda, che fu eseguita di scoprir le terre
fiau.vi'lj'aruii che a lui sembrava, che rinvenir si dovessero in quel
v'&- '79- mare immenso. Pare per altro , che alcun poco diminuisca
la gloria di questo suo altissimo pensiero, dando a di-
vedere che contribuissero a farlo nascere le lettere re-
cate da Ferdinando medesimo , scritte a Cristoforo da
Paolo ToscANELLi, Astronomo Fiorentino, con cui sin
da Lisbona carteggiava il Colombo, Ma ben lungi di
potergli quelle lettere far nascere in mente tal concetto,
Storie JiFcid. risulta dalle medesime, come osservò lo stesso Ferdi-
Colombo , capa '
^"'' nando Colombo , che appunto il Cosmografo Fiorentino
era in errore, come quello che credeasi che le prime
terre che ritrovar si dovessero , fossero il Gatajo ( che
così allora chiamavasi la China), e l'Impero del gran
DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIOKE. I2g
Kam. La gloria adunque sia di aver concepita l'idea della sco-
perta dell'America, che di averla eseguita, fu non solo ragio-
nata e non casuale, ma fu unicamente propria di Colombo.
Per ciò che appartiene poi alla impresa medesima ,
si è posto da taluno in dubbio, se il Colombo sia giunto
a scoprire il primo il Continente di America. Sebbene,
a dir vero , scoperte che furono le isole di Cuba , della
Giamaica , della Spngnuola , e le altre adjaccnti al golfo
del iVIessico , si poteano dire spalancate le porte del
nuovo moudo , e che altro più non rimanesse a fare ,
che entrarvi a' viaggiatori, the tennero dietro al Colombo;
tuttavia defraudar non si dee di questa parte della sua
gloi'ia il Colombo medesimo. Ma questo punto è stato
co.4 pienamente trattato, e con tanto numero di testi-
monianze autorevolissime messo fuori controversia dall'
Abate Tiraboschi , che altro a me non rimane , che ri- delia l.ii.ii.i..
Ice. cil. , pag,
mettermi allo Storico della Letteratura Italiana. Mi basterà «87-
di accennare, che Pietro Martire d'Anghiera, che tro-
vavasi allora in Ispagna , ragiona dell'approdar che fece
Colombo alla terra di Paria nell'anno 1498, da lui rico-
nosciuta per terra ferma ; dal che ne viene esser certis-
simo, che Colombo scoprì il continente, quando conti-
nente sia, non isola, tutta l'America. Delle arti, con cui
Amerigo Vespucci giunse a contrastar questa gloria al
Colombo, e perfino a dare il nome all'America, ne civ.,p3s. .'ss.
ragiona abbastanza il Tihaboschi *, senza che necessario
* Il P. Canovai , Professore di Matematica in Firenze , in una sua Qis-
•ertazione , che va unita al suo elogio dei Vbsfucci , fa tutti gli sforzi prr
»7
lOO DELLA PATRTA DI CRISTOF. COLOMBO, CAP. T. ,"
sia il trattenersi iu questo uon troppo grato argomento.
Piacenii assai più lo adoperarmi per raccogliere le me-
morie di quegli uomini, che si studiarono di esser grandi,
che non nello scoprir gli arfiGcj di quelli , the s' inge-
gnarono di sembrarlo. Già si provvide abbastanza da
costoro alla propria gloria, an/i, a meglio dire, vanità,
di cui furono più solleciti, che uon del vero bene degli
uomini; e circa questi artificj del Vespdcci, più parti-
colari chiarimenti aver si potrebbono mediante la Storia
di America di D. Gio. Battista Mugnos , che negli
anni addietio si è stampata in Ispagna. Se fossero più
conosciuti tra noi i libri Spagnuoli, una più chiara idea
avremmo del concetto grande, in cui è tuttora il nome
del Colombo presso quella Nazione : poiché dall' Abate
D. Antonio ExiMENO sappiamo, che quel Regio Storio-
grafo delle Indie, nel primo volume della sua Storia
descrisse le vicende di quel uomo raro, di una gran-
dezza d'animo e di mente, e di una probità incompa-
rabile , assicurandone il trionfo contro i suoi avidi ed
ambiziosi rivali, tra' quali l'Abate Eximeno annovera
specialmente lo stesso Amerigo Vespucci *.
mostrare , che questi fu lo scopritor dell' America ; ma il chiarissimo TiRA-
Boscm, dopo di aver ponderate le ragioni del P. Canovai, non credette
di dover cangiar di sentimento: Tirab., Storia della Lett. Ital., i. XI,
giunte e correz. pog. 162.
* V. la Lettera dell' Abate D. Antonio ExiMEno al chiarissimo D. Gio.
Battista Mugnos, in fronte al libro intitolato: Lo spirito del MACcmAVElLl,
•isia lìijicssioni sapra V Elogio di Nicolò MaCCHIAVELI.I ,■ in Cesena 1795»
DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. j3|
Un vanto del Colombo, di cui noti tocca punto né
poco il TiRABOscHi , c clie eziandio il dolio Abaie Akdres
a tutt' altri atlribuisce, fuorché al Colombo, mentre è
incontrastabilmente proprio di lui, si è di avere osservato
il primo le variazioni notabili della declinazione dell' ago
calamitato tanto all'Oriente, come all'Occidente, rilevan-
tissima scoperta nella Fisica magnetica ; variazioni ridotte
poscia a grande precisione dall'astronomo Inglese Hallejo,
che formò tavola dei gradi di declinazione , diversi se-
condo la diversità de' tempi e de' luoghi; tavola perfe-
zionata quindi dal De-l'isle. Dico le variazioni notabili:
perciocché la declinazione dell' ago magnetico dal polo ,
dovette di necessità esser nota a tutti quelli , che da prima
pag. 4 < 5 , dove sono notabili le parole seguenti : fi convlen eziandio ìa
sua chiara memoria ( di Cristoforo Colombo ) dalle imposture di Americo
ì'eòPVCCIO purgare. Un Fiorentino anonimo, altamente offeso da questa
espressione dell' Abate Eximeno , dettò nel 1796 una JJiJesa di Amerigo
T'espvcci di pochi foglj Ma per poter asserire come fa 1' anonimo Scrit-
tore, che a torto sia sialo il Vespucci accusalo d'impostura, converrebbe
prima recare ed esporre candidamente i documenti e le ragioni , che si tro-
vano nella Storia del signor D. Gio. Battista Mugnos, quindi mostrar
che non ne sono fondate le prove, il che tutto l'Anonimo Fiorentino in
quel breve Scritto non fa (.di 16 pag. in 8.° ), impiegandone anche gran
pane a difendere il Macchiavelh. Ad ogni modo non furono i primi ,
né il MuoNOS, né 1' Abate Eximeno a chiamar il Vespucci impostore^
Così il chiamarono, dice il TinABOSCln (/oc. cit. pag. 188), tulli gli Scrit-
tori Spagnuoli seguili da molli, e segnatamente da Charlevois: « io rorrei
s liberarlo (conchiude il Tiraboschi), da taccia cotanto odiosa {à' iiopfy-
» store ) , ma con/esso che incontro non leggieri difficoltà »,
l32 DELLA PATRTA DI CRISTOF. COLOMBO, CAP. I. ,
si valsero della Bussola; e di questa declinazione proba-
V. Andrej , bilmcnte inlese iDarlare sin dall'anno 1269 quel Pietro
siurl'i'ogn'^rLci". Adsiger , di cuì fa menzione il Tevenot. Ma la diversità
eii ivi Musciun- dcllc variazioDi orientale ed occidentale non poteva sco«-
brock, de ma- ...
gncii- , exper. ^7. prirsi prima delle grandi navigazioni nell'Oceano, sic-
come me ne avverte gentilmente il nostro signor Abate
di Caluso, dotto in tante e si diverse scienze, ma della
Nautica in ispecie, anche per pratica espertissimo. Se la
scoperta della Bussola, la sua origine, la perfezione ed
il primo uso di quell'istromeuto mirabile, sono cose av-
volte in mille controversie, come si può vedere presso
Tirab., Storia V Abate TiRABOsciii , e presso l'Abate Andres succennati
t. IV, pig. ,53 ( sebben la gloria della invenzione venga comunemente,
ad i6i, Andt(5, . ^
/oc-. CI/, p. 550. e più probabilmente attribuita agli Amalfitani ); la sco-
perta della variazione delle declinazioni dell'ago calami-
tato dal polo, dovette appartenere a chi primo attraversò
l'Oceano, e non vi ha dubbio che appartenga al Colombo.
Foscarinì , Si. Vero è, clic 1' crudito Doce Foscarini attribuisce tal
dilla Let. \'ea., ^ ...
i>ag. 415. vanto al suo Navigatore Veneziano Giovanni Casotto. Ma
non essendo uscita alla kice, con grave sciagura degli
studj migliori, quella parte della sua Opera insigne, dove
della navigazione e del commercio de' Veneziani dovea
ragionar ex-professo, non saprei su quali fondamenti
ciò aflermar potesse. La sola testimonianza, che riuscì al
•iiesior.ìeiiir., TiRABOSCHi di rintraccìame , si è quella di Livio Sanuto,
Patrizio Veneto , che circa la metà del secolo XVI dettò
una Geografia dell' Affrica ; ne questi altrimenti il potè
affermare, che sulla fede di un Guido Gì annetti da Fano,
I
DI GIANFRAN'CESCO CALEANI NAPIONE.' i33
che era presso il Re d'Inghilterra, quando il Cabotto
gli die avviso della scoperta che fatto avca. Ma il preci-
tato dotto Spagnuolo l'Abate Andres, dopo di avere
asserito di non aver ritrovato fondamento veruno presso
antichi scrittori del vanto, che si vuol dare al Cabotto
di questa scoperta da alcuni moderni, soggiunge, che
la prima notizia che abbia egli rinvenuto di tale decli-
nazione, è nella Storia delle Indie, di Gonzalo Fernan- Andrei, DcIP
DEZ d'Oviedo. Avea questi dall'anno i5i3 all'anno 3535 d-^òlnfLci", r!
per otto volte attraversato l'Oceano; e della declinazione
dell' ago magnetico parla in una maniera , che si scorge
che supponea nuovo un tale fenomeno. Se però lo Scien-
ziato vivente Spagnuolo avesse rivolte le Storie di Fer-
dinando Colombo, avrebbe potuto chiarirsi dell' epoca „ siorie a; d.
' "^ ^ Ferd Colombo.
precisa dell'invenzione, e che tale fenomeno venne os- <:apxix
servato dal suo Genitore sin nel suo primo viaggio fatto
neir anno 1492 per la scoperta dell'America. Questo fatto
fu pure riferito dallo Storico Spagnuolo Herbera , il j, iluV' ^*
quale asserisce, che tale variazione non era mai stata
avvertita da nessuno per lo innanzi, del che molto si
maravigrliù il Colombo. Il Charlevoix parimente nella cuariev., Hist.
. . . . . «^s S.-Doming. ,
sua Storia di S.'-Domingo , dice che una sì fatta novità 'ìt. », p. «i.
diede non poco da pensai-e a que' Navigatori. Ad ogni
modo, quello che dimostra ad evidenza che questa gloria
non può toccare al Cabotto , si è che , secondo la giusta
osservazione dell'Autor dell' Elogio del Colombo stampato Eiogiostor. di
^ Crisi. Colombo,,
in Parma, i viaggi del Cabotto furono posteriori alla pS'. nota (18).
scoperta del nuovo mondo: perciocché le Patenti accor-
l34 DELLA PATRIA DI CRISTOF. COLOMBO, GAP. I-,
date dal He d'Inghilterra Arrigo VIT, a Giovanni Cabotto,
ed inserite negli Atti pubblici d' Inghilterra del Rymer ,
portano la data dell' anno 1496- Anche ultimamente
l'Abate Carlo Amoretti, nella Introduzione al Viaggio
PrimoTisgEio „ 1 A • T-> • • IT- •
iniornoaiGiubp, latto da AntoHio PiGAFETTA , patnzio Vicentmo , sulla
del l av. Anion. ' '
vigafeiMecMi- squadra del famoso Magaglianes negli anni i5iq sino
al 1622 , da lui per la prima volta pubblicato tratto
da un Codice della Biblioteca Ambrosiana , molto bene
avverti questa gloria da pochi avvertita ( sebbene incon-
trastabile ) dei Colombo , di aver trovato il primo la
declinazione dell' ago magnetico. Cosi la scoperta
dell' America , che senza la Bussola non si sarebbe po-
tuta tentare giammai , servì pure a perfezionarla ; e ciò
per opera dello stesso Eroe, che se ne valse, che fece
sul Globo terracqueo ciò appunto, che un altro valo-
roso Italiano il Galileo fece poi rispetto al Cielo ,
perfezionando, anzi piuttosto inventando f istromenfo
delle sue maravigliose scoperte astronomiche il Tele-
scopio , che il caso avea offerto ad un artefice Olandese.
Se dal vantaggio poi, che dallo avere sì ampiamente
dilatati per gli uomini i confini del Mondo , ne derivò
alla umanità tutta , si vuol far ragione del merito di
chi condusse a termine l'impresa, altra mai non ne fu
pili illustre e degna di essere maggionnente celebrata.
Di tutti i memorabili evenimenti della Storia, osserva
«ob»ri.Aniiis giustamente un chiaro Scrittore Inglese il Robertson,
torieal Hisqui'il. o o '
r°"uTiSscri ^^^^ alcuno mai non ne fu più rilevante, e che abbia
ni, g^g ,40142, cagionato variazion più notabile nelle relazioni tra le
DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. i35
diverse parti del Globo; evenimento che produsse in Gne
quel cangiamento d' idee di commercio , e quell' ordine
di cose, che costituisce la principale differenza, che passa
tra i costumi e la politica degli antichi , e de' moderni
tempi. li possesso delle immense regioni, ricche non
tanto di oro , ciie delle produzioni più rare della na-
tura, di cui il Colombo fece dono alla Spagna, difTùse
in tutta Europa uno spirito si fatto d'industria, ed eccitò
una tale attività, che da se sola bastò per dirigere, per
nuove ed insolite vie , il corso de' traffici. Del rimanente,
per coloro che non temono di trovare encomiate le
grandi imprese degli Italiani, dagli Scrittori Italiani me-
desimi, grato riuscir dee il leggere ciò che tanto prima
del Robertson ne lasciò scritto il Cardinal Bembo nelle pciri^mbi,
sue Storie , chiamando quel fatto il più grande ed il hist. ub. vi ia
. . princ.
più magnifico di quanti alcuna età avesse veduti giam-
mai ; ed il Segni, dopo aver parlato a lungo nelle sue
Storie delle scoperte del nuovo Mondo, conchiude essere
stata quella impresa degna di maraviglia grandissima ,
e di sommo pregio, onde chi la recò ad effetto, me-
ritava, a giudizio suo, maggior lode, che non Ercole segn^/ub. vu^
e Bacco , che furono tenuti Dei , e non recarono tanta ^' *^ "
utilità a' mortali.
Nuovo mondo pertanto diede il Colombo alla Spagna, zton nt^Joiùfn.
• - _ , . .« ào dio Colon ,
giusta quel breve e semplice, ma sugoso e raagninco sior. di Ferdin.
, Colombo 7 cap.
elogio, che narra il figliuol suo essere stato scolpito sulla cmh.
tomba di lui, per ordine del Re Cattolico; e non solo
il diede alla Spagna, ma all'Europa intera. Ma il vantaggio
l36 DELLA PATRFA DI CRISTOF. COLOMBO, CAF, I.,
più grande recato da queir Eroe , non consiste tanto nello
essersi colla scoperta dell'America arriccliita l'Europa,
ampliata la sfera delle umane cognizioni, ed aperto un
più vasto campo alla industria , all' attività degli uomini
animosi, quanto perchè appunto sì gran parte di mondo
si trasse mediante di essa dalla barbarie , e da feroci
costumi alla civile vita. Di fatti gli Americani , sebbene
conservino tuttora un odio inveterato contro gli antichi
loro conquistatori, a tal segno, che in S. Domingo si è
spenta totalmente la popolazione Indiana, per non aver
voluto , per quanto assicurasi , due sole figlie che ne
rimanevano ancora, trent'anni sono circa, accasarsi con
Ispagnuoli; hanno con tutto ciò in venerazione il nome
del Colombo, e dolce e gradita per essi è oltremodo
la rimembranza di lui. Tre dotti Americani di Proviucie
Apologie ile - , i • t i /-^ i
Barili, de Las- divcrsc , cousultati dal Oregoire per tessere la sua apo-
Casas, par lecil. , . ,.. r y^ • •
Gregoire , Mcm. logia di Bartolommco de Las-Gasas mserita negli ul-
de riiislii. nat. "
ec,scieneesmo timi volumi dell' Instituto di Parigi asserirono, che il
raU's el polidq. ; *^ '
x^ 'pagrjs/e ^°^° unanime de' Compatriotti loro era di veder innal-
'^^' '^* zate due statue nel nuovo mondo , una a Cristoforo
Colombo, e l'altra a Bartolommeo de Las-Casas, come
ai due loro più insigni benefattori; sentesi pure, che
alcuni recenti scrittori Anglo-Americani usano di chiamar
Colombia, anziché America il loro continente, e mostrano
la più alta venerazione pel Colombo. Che se ne vennero
troppo presto da quelle contrade mali fisici , e gravi danni
agli Stati di Europa, onde ai vani declamatori, ed agli
applauditi sofisti fu poi soggetto di paradossi lo scopri-
DI GIANFRANCESCO galeani napione. i57
monto dell'America, si è perchè gli Europei aveano
portato prima in quelle rimofe regioni, in un colle arti
del Mondo aulico, la loro dissolutezza, la cupidigia loro,
la loro indocilità, e la superba sfrenata brama di signcv
reggiare, e di noti essere signoreggiati. Se tutti coloro,
che dall' Europa passarono in America avessero avuto*
le virtii di Colombo, né l'America avrebbe avuto ragion
di dolersi dell'Europa, ne giusto motivo l'Europa di
lagnarsi dell'America.
C A P O 1 1.
Importanza di accertar la patria di Cristoforo
Colorìibo.
Ma grande pur sia , e degno d' immortale fama il
Colombo , a che monta , dirà più d' uno , il cercarne
la patria? Basti alla gloria d' Italia, se il vanto nazio-
nale in qualche conto tener si dee, il sapere che fa
Italiano , intorno alla qual cosa non vi ha contesa ve-
runa. Io certamente non dirò mai , che lo scoprir la
patria del Colombo , sia impresa da eguagliarsi allo sco-
primento dell' America ; che anzi io sono sempre stato
d'avviso, che quelle minute municipali controversie, per
cui si fregiano di eccessive non dovute lodi uomini
mediocri , e si deprime sovente il vero merito altrui ,
sieuo niente confacenti a chi nutre spiriti generosi in
cuore. Ma questo non toglie, che una determinata con-
trada vantar non si possa di aver prodotto un noma
18
l38 IMPORTANZA DI ACCENTARE LA PATRIA DEL C. ,
grande. Trasciiraoclo di pregiarsi di aver prodotti uomini
grandi, si trascura pure di apprezzarne, e di imitarne
le lodevoli azioni. Ben diversa è la nobile emulazione,
che invita e sprona a gareggiar nella carriera della gloria
cogli uomini più preclari, sebben d'ultra contrada , da
quella bassa invidia propria di animi vili, che rende in-
giusto verso il merito altrui, defraudandoli delle boa
dovute lodi, e che chiude gli occhi alla luce che gli
abbaglia. La prima è stimolo ed alimento, la seconda,
morte d' ogni, virtìi.
Da questa emulazione lodevole ne raccolse frutti am-
plissimi r Italia , segnatamente nelle cose di Lettere , e
nelle Arti di pace; e tra i fatti, che alle Arti di pace riferir
si debbano, il più illustre, il più memorabile e vantag-
gioso , fu al certo la scoperta delle Indie Occidentali ,
frutto della emulazione delle Italiane Nazioni navigatrici.
Non pochi Scrittori nostri , e móltissimi che si vantano
tra noi di Scienza politica , non lasciano di ripetere , che
danno grandissimo ne venne alla Nazione Italiana dal
non essersi mai potuta riunire in un solo corpo dopo
il Mille , e dallo aver dovuto resfare divisa in tanti Stati
e dominj diversi; condizione di cose, a cui, abbagliati
dalle rumorose agitazioni di più vaste , ma non più for-
tunate regioni, attribuiscono un avvilimento ideale, una
sognata miseria. Ma se nel fine del secolo XV, e nel
principio del susseguente (che fu appunto l' epoca dello
scoprimento dell'America) non si fosse trovata divisa
l'Italia in tanti dominj, avrebbe forse potuto meritarsi
,.n .-.DIiGIANFRANCESCO GALEANl NAPIONE. «Sg
dal dotto Inglese , recente scrittore della vita di Lorenzo
De' Medici il Dwttor Guglielmo Roscoe*, quello splendido
elogio, che a qne^ tempi ciascheduna delle cillà Italiche
chiamar ipotevasi una nuova Atene? Soggiunge egli che
questa, eh' ei chiama foi'tuonta coDtrada, vantava Slarici,
Poeti, Oiatori ed Artisti, che contrastar potevano la gloria
a' nomi più grandi deli' antacluità-; che le principali città
venivano a mollile gara tra loro di scienza ed ingegno, vna <i; lo-
, , , 11T1I/-»' renio De' Me-
e che tanto maggioi'e era lo splendor delle Corti, quanto <iìcì, iWDotior
più grande era il numero , e più rari i talenti de'Let- v rsione.iairin-
' glcsc, Pisa 1799,
terati che le illustravano colla, presenza loro. • rf^^^pasvui
Ora, se tutte le Provincie d'Italia si fossero ridotte
sotto un solo governo, non solo parlato sai-ebbcsi uni-
camente di Roma, ovvero di Napoli, o di Milano, ma
quella slessa capitale non sarebbe per avventura perve^
nula alla celebrità nelle scienze e nelle arti , a cui per-
vennero moltissime città capitali di piccioli Stati, e città
eziandio di provincia, come, per tacer di Firenze, furono
e 'Mantova, e Modeda , e Fewara, e Bologna, 'e Ve»
1*5 ib 1 'ab
-. ^
*Tile fu l'incontrò ch'ebbe qupst' op<»ra netta- contratta dei Ci/AiiEi»DON,
dogli HuM£ , dei Robbktsqn , ót?i, GiraoN , che un veccliio i^/ Wait
Poi.E , Jqpo nveila l«Jla , spedì a Livoppool , patria d<'l Dottore RoscoE,
il iiiigiror pittore dì Londria , scrivendo all' Aiilore, che la sua éta ed i suoi
incoiiiocfi 1' itn'^erfivàiio di iVcarsi a Lìvei-pool per (Conoscerlo dr pfrsonaj
onde il pregava di perineltprgli di cercarne il compenso , luedioDlo il
ritratto di lui, da •collocarsi' onorevolmcnle nella sua Biblioteca. — Mfmoires
àe Oii>BON, t. I, ParU an V, cap. XIV , pag, i5», {nota del Trtuiuttor*
Francese). '' ' ■ : . ' '"- ■ -'
140 IMPORTANZA DI ACCERTARE LA PATRIA DEL C,"
rona , ed Urbino, e tante altre per rari ingegni ccle-
bratissime. E qual felicità mai ne derivò alla Italia an-
tica dallo essersi a' tempi de' Romani ridotta sotto un
solo governo , ed in un solo corpo ? Prescindo da' tor-
renti di sangue Italiano versato da' Romani per soggiogar
i nazionali loro. Operata che fu , per cos'i fattoi crudel
maniera , la conquista di tutta 1' Italia , ne furono forse
più felici ipopoli? Le guerre e le conquiste straniere,
Siila, Mario, i Triumviri, e poi (dopo Augusto) tanti
Imperadori malvagi, quale forsennato, qual furibondo,
dal dissimulatore Tiberio, infino a Comodo gladiatore,
ed allo osceno Eliogabalo , quale felicità poteano lasciar
godere agli Italiani ? Era l' Italia , come ottimamente
riflette Antonio Cocchi, la> piìi florida , la più beata
parte del mondo, prima che il genio turbolento e ra-
pace de'Romani avesse la forza di guastarla. E dopo che
le Provincie Italiane passarono sotto il giogo de'Romani,
^uagorico.pag. ppodusscro forsc gli uomini grandi, che aveano prodotto
prima ? Che diremo della Magna Grecia antica scuola
de' Pitagorici, piena di Filosofi, di Artisti, tanto colta
ab'àhtìcóy "che si crèdefFè dà taluni patria persino dì
Omero? che della Sicilia? Si trovano più forse in Si-
cilia, dopo la dominazione de'Romani ,- un ' Teocrito,
un Archimede ? Osservò il succeunato Cocchi , del pari
dotto Grecista , che valente Medico ed antiquario , che
CI/, pag. i3. quelle stupende medaglie , che sembrano camei, scompa-
iono affatto a' tempi Romani in Sicilia. Altre memorie
non si haano più delle arti Siciliane, eccetto le rapine
Cocchi Villo
Cocchi, toc.
DI òiAnfrancesco galeani napione. 14*
de' monumenti antichi fatte da Verre, ed in vece degli
encomj del niunillco Cerone, le invettive giustissime di
Tullio contro il Proconsole depredatore. Che diremo
poi dell'antica Etruria , di quella Provincia, che nella
Storia moderna è 1' Attica dell'Italia, e porta il primo
vanto di coltura e d' ingegno ? I Romani ne soffocarono
per si fatto modo gli spiriti, che ne andò spenta persino
la lingua ; e forse non ne avremmo gli scarsi monumenti
che ce ne rimangono, se Mecenate non fosse stato ori-
ginario Toscano. Ogtiun sa, che Orazio favorito del
Ministro, di Augusto pregiava gli antichi cimelj Etruschi, u, norat.uhJi,
Non parlo de' Liguri sì antichi , sì estesi , sì famosi, emuli
degli Etruschi, che con tanta bravina, e sì lungamente
difesero contro i Romani la propria libertà; non delle
Provincie dell' Adria , non delle altre dell' Italia tutta, im-
merse nelle tenebre , e prima per arti Creche o Toscane
floridissime , e ciò per opera degli altieri Romani , per
indole distruttori, come li chiama il Verri, e più illustri ^^v. Veni.Noui
che felici, se illustre chiamar si può chi per atroci fatti
divien famoso.
Quanto più degni di lode e di riconoscenza non sono
gli studj e le arti degli Italiani dopo il Mille? quanto
più utili alla umanità tutta ? quanto essi medesimi più
fortunati , mediante la divisione degli Stati tanto deplo-
rata da certuni ? Che sì fatto scompartimento deU' Italia
moderna in parecchi Stati e dominj non abbia recato
pregiudicio alla felicità della Nazione, è pienamente con- of'ìmi'°oc'?cij
torme a quanto ne scrive con Inglese proiondita il savio /./iViVjp.soesj.
142 IMPORTANZA DI ACCERTARE LA PATRIA DEL C,
autore della Storia della Società civile Ferguson, per-
fettamente adattandosi il fatto colle speculazioni sue.
Troppo lunga cosa sarebbe il riferir quanto egli vien
divisando intorno a questo particolare nel ragionar che
fa della vera felicità delle Nazioni. Osserva egli, che
quando le Nazioni sono ristrette ad angusti confini , si
godono più agevolmente i vantaggi di poter spiegare le
naturali doti dell' ingegno , e di mettere in esercizio la
propria virtù, veri pregj degli animi ingenui , attivi, e
generosi, nel che, a parere di lui, consiste l'umana
felicità. Biasima perciò quel concetto, io cui si tiene
l'Impero Romano, la cui grandezza fu fatale alla virtù,
edalla felicità del genere umano. L'emulazione delle
Nazioni procede dalla division loro. Atene , dice egli
ingegnosamente, era necessaria a Sparta per farle dar
prova della sua virtù, come l'acciajo è necessario alla
selce, per mandar fuori scintille di fuoco; e se le città
della Grecia fossero state unite sotto un solo capo, non
avremmo inteso mai a parlare di Epaminonda, né di
Trasibulo, di Licurgo, né di Solone. Diversi ' distinti
e separati Governi danno campo di mostrar ì' abilità ,
ed aprono un." teatro di gloria a molti. Ne' piccioli Stali
delta Grecia, iquasi in ogni villaggio Irovavansi tutte le
parti che formano una Nazione. Ogni picciolo, distretto
era il seminario di uomini rarissimi; e ciò che è al
presente un angolo meschino di un grande Impero, fu
il campo, da cui raccolse il genere umano la messe
più abbondante di glòria; Che all'incontro a difetto di
i
DI GIANFRANCESCO CALEANI NAZIONE. ì/fZ
emulazione attiibiiiscc il Gibbon la decadenza dell' Ini- Giibon. hìi».
ol dcrt-ij and fall
pero de' Greci ne' bassi tempi. of Koum .mp..
• *■ ^ rhap. LUI, I. X,
II ritratto dell'antica Grecia non è forse in tutto con- p-^s-'^^'il-
forme a quello delia moderna Italia , segnatamente nel
secolo iu cui nacque il Colombo? L'essere gli Sfati d'Italia
piccioli fu appunto la cagione , per cui gì' Italiani sono
grandi. Se le gare de' tralHci e del dominio de' mari
tra Pisani ed Amalfitani, tra Genovesi e Veneziani, apri-
rono le vie a formar cjuel uomo , che dovea scoprire il
Nuovo Mondo, non fu piìi vantaggioso al Mondo tutto ,
non che all'Italia, che questa emulazione tra que' diversi
Domiuj si eccitasse ? Ma , postochè l'emulazione è parti-
colar pregio e frutto naturale di un tale ordine di cose,
a' Savj di ciascuna Nazione veramente amici degli uomini,
premer dee , che si mantenga acceso un sì nobil fuoco.
Glie sarebbe stata la Storia di tante picciole Nazioni così
iustruttiva e curiosa , se l' Italia fosse stata riunita in un
solo corpo? La storia di Firenze, che è la storia di poco
più di quattrocento mila persone, è letta e studiata * da
* Grandissima pratica delle Storie Italiane, e non pur di Firenze, ma dì
molte altre assai minori Citlìi ha dimostrato 1' Americano Adams , che fu
il principale Legislatore degli Stati uniti di America, nel suo celebre Libro
intorno alla costituzione delle Repubbliche antiche e moderne. La prima
delle sue lettere si aggira intorno a S. Marino; e di questo si piccolo Stato
hanno pure scritto ex professo due altri famosi Inglesi, uno più antico,
cioè Addison, l'altro più recente, di cui se ne trova uu buon estratto
nella Biblioteca Britannica di Ginevra. Aggiungeremo, che in quest'anno
medesimo 1804, il Cavaliere Melchior Delfico, divenuto cittadino di S,
Marino , ne pubblicò in Milano la Storia.
Brpneman, Dis.
d.Rt
»A e
Piind,
1/(4 IMPORTANZA DI ACCERTARE LA PATRIA DEL C,
oltramontani colti , quasi come quella di Atene. Avrebbe
forse un dotto Olandese il Bbekcmanno scritta la Storia
l'i ^Tic^Tiiì!'" dì Amalfi per parlare appunto di uno Stato marittimo?
E come mai si emuleranno le azioni memorabili e grandi
degli uomini preclari delle altre contrade d'Italia, quando
non si curassero punto le domestiche glorie? Le Nazioni,
del pari che le famiglie possono , anzi debbono pregiarsi
di predar personaggi segnalati per valore, e per eroica
virtù. Chi congiunge gli studj delle lettere colla Scienza
politica ben ravvisa pertanto f importanza di poter van-
tare per nostro paesano il Colombo, sebbeu da certuni
sia tenuto questo in conto di frivolo soggetto, e di
controversia oziosa. Non cosi pensava la Grecia, di cui
si favellava teste , che sulla patria di Omero , come
ognun sa, contese con tanto calore; controversia agitata
sì lungamente, e non mai decisa , ed intorno a cui, ancora
de^TuHoral' "^^ sccolo XVII, il dotto moderno Greco Leone Allacci
Gr'«c.cr(Jn!""p. dettò uu' Opera eruditissima e voluminosa , per attribuirne
la gloria all' isola di Chio sua patria. Io mi lusingo ,
che quando saranno palesi a' Letterati imparziali i monu-
menti, che si sono fortunatamente rinvenuti, cesseranno
quelle intorno alla patria del Colombo.
7>S
DI OIAMFRANCESCO G ALBANI KAl'IONE. l/^5
CAPO III.
Incertezza del luogo della nascita di Colombo.
Il determinare l'origine, la patria, il luogo preciso',
m cui nacque Cristoforo Colombo, sono divenuti punti
intralciati oltreraodo , e sorgenti di questioni intermi-
nabili, perchè quelli, che primi dovettero parlare di questo
uomo straordinario , o scrissero lontani dall' Italia , od
ebbero interesse di nascondere il vero. Colombo istesso
per particolari circostanze Irovossi probabilmente costretto
a celare la professione del Padre , e per conseguente
dovette parlare oscuramente del luogo, ove nella sua
puerizia fosse nodrito, c]uantunque della origine sua
illustre, quando fece mestieri, non abbia oscuramente
ragionato. E questa ultima particolarità di asserir di essere
di sangue illustre, è degna di speciale considerazione
in un uomo , che tanto era grande , che non avea d'uopo
di mendicar lode da una supposta nobiltà di natali , e
che altronde facea professione di una probità e di una
sincerità severa. Da tutto ciò ne viene , che maggior
opera impiegar per me si dovrà in certo modo nel con-
futai-e le falsità, sgombrar gli errori, accennarne l'ori-
gine, che non per istabilire il vero. Co' documenti Mon-
ferrini, di cui da nessuno degli Scrittori, che insino
ad ora entrarono in questa controversia si fece uso ,
come affatto ad essi sconosciuti, mi lusingo, che agevole
àeW.
146 INCERTEZZA DEL LUOGO DKLLA NASCITA EC. GAP. ITI,
mi riuscire il mostiare ad evidenza, che dal Mouferrafo
trasse 1' origine il Colombo ; ma mi converrà ciò nou
pei'tauto , o conciliarli con quelli che sembrassero appa-
rentemente contrari prodotti da chi sostiene opinion di-
versa, o mostrare che supposti sieno gli aperlamenle
contrarj. 1 • ',
Avanti ogni cosa resta necessario esporre colla mag-
gior chiarezza possibile lo stato della questione. Prima
di me peraltro , e per me >già Io ha fatto colla perspi-
cuità sua propria il celebre Scrittore della Letteratura
Tinb.,sto-ia Italiana, il fu Abate Tiraboschi. Tre sono le principali
■Uh Lell.lliil. , ' "^ '
•• ^'' p-"^'* '' sentenze intorno alla patria del Colombo. Alcuni il dicono
pag. 171. ....
Genovese, e questi «i dividono tra di loro , volendo
alcuni, eh' ei veramente nascesse in -Genova, altri in
Savona , altri in Nervi nella riviera di Levante , altri in
qualche altro piccolo luogo di quel Dominio. Alcuni il
vogliono Piacentino, e natio di Pradella piccolo vil-
laggio della valle di Nura. Alcuni finalmente il fauno
.nato in Cuccare, castello del Monferrato, di nobile fa-
miglia, e signora del Castello Toedesimo. Quello che è
più strano , tutte tre queste diverse opinioni hanno per
loro fondamento monumenti che sembrano , dice il Tira-
boschi, incontrastabili. Io non entrerò qui ad esporre
le prove di ciascuna di queste opinioni, del che mi oc-
coi'rerà di ragionare partitamente altra volta. Per ora
mi basti premettere, che le prove, che si pretende che
favoriscano i Genovesi, trovansi in un Cemento di Tacito.
stampato non prima dell'anno 1602, in cui le ha pubbli-
t
DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. l/^'J
cate Giulio Salinehio Gimeconsulto Savonese. I monu-
nienti de Piacentini gli abbiamo nella Storia di Piacenza
del Campi , che venne alla luce nell'anno 1662. Ma
rispetto a'Monferrini, soggiunge il Tiraboschi, non aver Tirab./o<-.o.«.
trovato scrittore che ne abbia posto in luce le ragioni.
]1 Canonico Campi le ha recate per confutarle; e quan-
tunque da uno Scrittore così fatto non si possa sperare,
che sieno state esposte nel suo vero ed imparziale aspetto,
se ne prevalse peiò il Tikaeoschi per darne qualche
notizia. Prende poscia il dotto e diligente Storico della
Italiana Letteratura a bilanciare i monumenti, che pote-
vano essere a lui noti , e sebbene propenda dal canto dei
Genovesi , e procuri di conciliare i monumenti loro con
quei de' Piacentini , non nega però che trovar si potes-
sero più certe prove in favor de' Monferrini. Conchiude TUab.ioe.cU.
p. 175, 177.
m fine con aurea sincerità , e con cjuell' amor del vero
ond'era animato, dicendo, che avea esposto soltanto ciò
che gli sembrava più verisimile intorno a questa si oscura
questione , pronto ad arrendersi a chi con monumenti
più certi si facesse a sostenere qualche altra opinione
diversa. E volesse il cielo che la morte non lo avesse
sì tosto involato alle Lettere, ed all' onor dell'Italia,
che potrebbe esser giudice inappellabile di quelli , che
avventuratamente si sono ora rinvenuti ; né io , per
quanto a me si aspetta, avrei mai ricusato di ricono-
Tlrab. , Storia
scerlo per tale, io che il ritrovai sì gentile, sì giusto, Jdiii Leu. hai.,
, O ' o J i.rx.gionlep.j.
e sì spassionato avversario.
Anche l'altro celebre Estense Bibliotecaria il Mura-
14B INCERTEZZA DEL LUOGO DELLA NASCITA EC. CAP. m,
TORI , nella prefazione premessa a due opuscoli inediti
di Antonio Gallo , il primo riguardante la storia di
Genova, l'altro le navigazioni del Colombo, pubblicati
la prima volta nella sua gran Raccolta delle cose d' Italia ,
quantunque tenga di non leggier peso 1' autorità del
t.xxiii.p^j'/, ^'^^'^o, come di contemporaneo, rispetto al dirlo di
Nazion Ligure , e quantunque noto pur gli fosse
ciò che in questo proposito lasciò scritto Bartolommeo
R.i.t.xxiv, Senarega, altro Scrittor Genovese di que' tempi , da
lui pubblicato parimente, che a' un dipresso si esprime
come il Gallo , soggiunge però non doversi trascurare
quello , che intorno alla patria del Colombo ne ragiona
in contrario Pietro Maria Campi, sforzandosi di vendicar
questo vanto a Piacenza ; il che tutto dà a divedere , come,
non ostante le testimonianze degli Storici Genovesi , che
tutti il pretendono loro nazionale dietro la scorta del
Giustiniano*, non teneva con tutto ciò quel celebre
Critico , al pari del Tiraboschi , la coniroversia per
decisa. Anche negli Annali d' Italia si esprime in uà
modo, da cui appare, tuttoché di volo soltanto parli
Annai. Jel CoLOMBo , chc nou cra però ben chiaro quale ne
fosse la patria precisamente. Ben sapevano que' due rino-
mati Scrittori della Storia politica, e della Storia lette-
* Gli Annali di Genova del Giustiniani furono stampali in Genova
soltanto neir anno i535. Il Salterio però fu pubblicato nella medesima città
di Genova parecchi anni prima, vale a dire uel i5i6.
Murai
all'anno
DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 149
rana d'Italia, che chi vive ia paesi lontani dalla sua
patria , si chiama col nome di una grande e conosciulu
città vicina al luogo di suo nascimento ; tanto più , che ,
per lasciar da parte che il nome di Liguria presso gli
Scrittori latini a' tempi di Augusto comprendca , non
che il Monferrato, ma gran parte del Piemonte proprio',
si estese poi in appresso a' tempi di Costantino e di
Giustiniano sì ampiamente, che Milano divenne la capi-
tale della Liguria. E cosa questa abbastanza manifesta ,
e se ne trovano le prove nelle opere di antica Geografia
del nostro Jacopo Dubandi. Ma , perchè non potrebbe
forse appagare i Genovesi 1' autorità di quel dotto nostro
Geografo ed Antiquario, mi servirò di quella dell'eru-
dito e colto Antiquario loro, l'Abate Gaspare Luigi
Oderico. Ad o":ni modo, a' tempi del Petrarca, il Pie- ,.oaenco,uti.
o ' i ' ligustiche, Ictt
monte istesso in Latino idioma dicevasi L/^M/v'a, Parlando ^"«^"'•
egli del fiume Po nella traduzion sua Latina della novella
del Marchese di Saluzzo del Boccaccio , dice che divi- u^fll^'ì^^^'
deva la Liguria ; e sin nel secolo XVI , traducevasi Li-
guri per Genovesi. Il Bonacciuoli traduttore applaudito b^„,„ ,^j
di Strabone, dice i Taurini di nazione Genovesi; e Li- g^^\"^;',|'/°*'
gure vien detto il Santo Pontefice Pio V nella sua logia 'de'p«ratì
iscrizion sepolcrale che è nella Basilica di S. Pietro in '*'"''^'
Roma , sebben nato presso Alessandria.
Oltre a tutto ciò, particolari relazioni passavano tra
il Monferrato e Genova a' tempi del Colombo. Andavano
a pigliar soldo , dice l' Abate Denina , ed esercitar sopra Denina.Rivoi.
• T • /-> • • d'Iialia, 1. li, p.
1 legni de' Genovesi così la marineria , come la merca- 4»»-
l5o INCERTEZZA DEL LUOGO DELLA NASCITA EC. CAP. HI,
tura molti uomini delle Langhe , della provincia del
Mondovì e del Monferrato ; ed è cosa fuori di contro-
versia, che sin dal secolo X, nel famoso Diploma di
Ottone Imperadore in favor di Aleramo ceppo dei
Marchesi del Monferrato, si concede a quel Principe
quel tratto di paese, che chiamasi al presente Riviera di
Genova , e che nel governo di quella Città grande in-
fluenza aveano essi Marchesi. V ha di più nel secolo XV ,
vale a dire nel secolo di Colombo , furono veri Sovrani
di Genova. Difatti, nel 14*^9» secondo che narra l'esatto
nica del Mouf. , Crouista BENVENUTO di S. Giorgio, la parte Ghibellina
p. 198, e.ìiz. di ^
Tot. in 4.01780. di Genova, che erano Spinoli e Doria , cacciato il Go-
vernator Francese, introdussero nella Città il Marchese
Teodoro con le genti d' arme e fanterie sue. Constituito
egli Principe di Genova , fu da Facino Cane valoroso
Condottier Monferrino sconfitto sopra la Fraschea nello
«H'p^ioi'èKg. Alessandrino Bucicaldo Governator di Genova per lo
Re di Francia, e Monsignor della Fajetta nelle Langhe,
per lo che se ne ritornarono in Francia, ed il Marchese
Princepicip^i- Teodoro rimase Signore della Città; ne ottenne il do-
sarius Tinp. Gc, , , • • -r *
nua: ei or<^ Li. mmio, c Dcr tale fu riconosciuto dall'Impero. Anche
laruciuntiasupé uelf auDO 1 4 1 -^ 5 «sso Marchcsc Teodoro, e come Mar-
nonU Imp. sur "^
cap.''vi'i'r^i"i ' f^'i^se di Monferrato, e come Vicario Imperiale, si portò
?7«8.^' ''^'"''' come Sovrano in Genova, riformandone il Governo,
sia in ciò che riguardava la creazione del Dogo , sia
rispetto al reggimento di essa Città. Qual meraviglia
adunque , che un Monferrino , nato in picciolo castello
dciDomioj del Marchese, in lontana contrada, Genovese
I
DI GIANFRANCESCO CALEANI KAPIOME. l5l
si nominasse? anche il Tasso, in più luoghi delle opere
sue chiamasi Napolitano , benché nato in Soreato , e di
padre Bergamasco.
Non ostante adunque , che da Pietro Martire d' An-
ghiera Scrittore Italiano, che a' tempi della jcoperla
del Nuovo Mondo trovavasi in Ispagua , sia detto il Co-
lombo Ligure ,, e Ligure o Genovese dagli Storici Ge-
novesi, io dico, che incerto tuttora è il luogo preciso
dov' ei nascesse. Già venne avvertito dal Campi , che ed
il Sabellico, e Rafaelj.0 da Volterra , e Giacomo Filippo campi , dm.
, T, c • 1. • !!• islor. Circa la pa-
da Bergamo , oci'ittori vicinissimi a tempi , non lo chia- tria di crisiof.
Colombo, in fine
mano Genovese; che neppiir tale lo chiama Papa Ales- ^ci t. iii deii»
' "^ *■ "■ Sicria uDiTcrs.
Sandro VI nella Bolla, in cui fa menzione di lui; che d» Pi««nia-
Leandro Alberti, nel ricordare gli uomini illustri di
Genova, e specialmente i valorosi Capitani di mare ,
niun cenno fa del Colombo, cui avrebbe dato il più ono-
revol luogo, se lo avesse creduto Genovese; che la S'tessa
avvertenza, di non dirlo tale, usarono il Pamgabola , il
Boterò, il Boccalini, cui potevasi pure aggiungere il
Tasso , che il disse un uom della Liguria , che in lin-
guaggio poetico , sì ampio tratto di paese comprendea.
Osserva quindi il Campi, che le varie opinioni, che in-
■torno alla patria di lui si aveano in Jspagna meatre ei
visse, dimostrano, che di questo si era sempre stato ia
dubbio, non avendo mai il Colombo voluto dichiarare,
se veramente fosse egli nativo di Genova , di qualche
luogo della Riviera , o di qualche altro paese , onde
conchiude, che gli Autori stranieri, quantunque uomini
:t,; :«o
ì5'2 INCERTEZZA DEL LUOGO DELLA NASCITA EC, CAP. IH,
gravi , senza pensare più oltre, presfarono troppa fede
alla asserzione degli Scrittori Genovesi. Tra questi Storici
stranieri non si vuole annoverar il celebre Robertson ,
il quale, sebben non abbia toccato che di volo questo
punto nella sua Storia di America , dice però , che si-
nora noto non era il luogo preciso della sua nascita ;
ma non mette in dubbio che fosse di nobile Famiglia,,
tuttoché venuta per le disgrazie in basso stato*.
CAPO IV.
Dimostrasi che il Colombo non Jìi Genovese.
Stimo pregio dell' opera esporre le ragioni , per via
di cui si fa manifesto, che il Colombo non fu Geno-
vese, prima di divisar partitamente quelle tutte, che deb-
bono convincere ognuno , che fu egli Monferrino- E
primieramente assai valido argomento , a mostrar che
nato ei non sia in Genova, si raccoglie da quanto in-
torno al luogo del suo nascimento ne scrive il figliuol
suo Ferdinando. Nervi , Cogoreo , Bugiasco , tutti piccoli
Fcrd. Colombo, luoghi prcsso la città di Genova, erano le Terre, se-
•ap. I. .
ni m
* «Neither the time, nor place ofhis birth ( Of Columbus) areKiiowo
« wilh certenily, but he was descended of an honorable fatnily, ihongh
» reducrtl to indigence by vàrioiis misforiuhes. »
Robertson ffisiory of America Book II , p. 70, t. I, Basii. 1790,
I
I
DI GIANFRAKCESGO GALEANI NAPIOKE. i53
eondo che ei dice , che additavano coloro che in certo modo
pensavano di oscurar la fama di lui; mentre altri, che
volevano esaltarlo, il dicevano Savonese, Genovese , ed
anche Piacentino. A nessuna di queste asserzioni aderisce
pelò Ferdinando, soggiungendo, che quanto fu la per-
sona del padre , secondo che a Dio piacque , adorna di
tutte quelle doti, che convenivano a sì gran fatto, tanto
volle che men fosse conosciuta e men certa la sua patria.
Ed è notabile, che ciò si asserisca da D. Ferdinando,
mentre altrove reca alcuni rozzi versi, con cui Barto-
lommeo Colombo, fratello di Cristoforo, presentò al Re stor. diFft*
Enrico VII d'Inghilterra un mappamondo (che forse °'"^'
fu il primo che vide la patria di Neutone), ne' quali
versi chiamasi Genovese. Dal che s'inferisce chiaramente
come fosse cosa consueta, che nelle straniere rimote coi>
trade si chiamassero Genovesi que' Lombardi , che in
Genova , o nella Riviera attendevano all' arte marina-
resca; non tenendo conto Ferdinando di questa appa-
rente contraddizione (quando corrotto ed interpolato
non sia quel luogo, come pretende il Campi) perchè da campi d;<c.
tutti ben sapevasi allora , che il Colombo non erfi
Genovese.
Un'altra considerazione, che tralasciar non si dee di
fare , si e , che gli Storici Genovesi asseriscono , che il
Colombo, alla Repubblica di Genova^ come a sua patria,
proponesse , prima che agli altri Potentati di Europa ,
l'impresa della scoperta del Nuovo Mondo. Eppure il
figliuolo di lui, in quella parte delle sue Storie, dove
20
l54 IT. COLOMBO KON FU GENOVESE , CAP. IV,
così minntamente descrive le lunghe pratiche fatte dal
Padre nelle Corti di Portogallo, di Castiglia, di Francia
e d' Inghilterra per ottener che si ascoltasse e si met-
tesse ad effetto il suo disegno, di questa proposta fatta
a' Genovesi , non tocca né punto , né poco. Anche il col-
tissimo e diligente Storico delle Indie Gio. Pietro Maffei
non parla di questa esibizione . che si pretende fatta da
Colombo a' Genovesi, anzi espressamente scrive, che ne
«Tmiisn/fom- fccc la proposta prima d'ogni altro al He di Portogallo.
ycxpcdJllasii':'!? Non HC parla nemmeno nel luosro già accennato delle
3o tei. Maffei, t) i • • • t. o o
Hisi. Indie, lib. Relazioni sue il nostro Boterò, sebbene, come quegli
I, p. 33 , colon. _
'^so- che era informatissimo delle cose del Mondo , ed in
ispecie di quello che risguardava la Spagna, e l'Italia,
ne avrebbe dovuto aver contezza. Ma quello che è piìi,
il Gallo , ed il Senarega , i due Scrittori Genovesi
pili antichi che parlino del Colombo intorno a questa
proposta da lui fatta al Governo di Genova , serbano il
più alto silenzio, cosa che dee rendere molto sospetta
la fede de' posteriori Storici Genovesi , anche in altre
particolarità concernenti il Colombo.
A dimostrar , eh' egli non possa essere Genovese fa
modo nessuno, ragioni assai stringenti si allegano dal
Campi. Vero è , che il Giustiniani ne' suoi Annali recati
H;si.p.2:7e<iivi dal Campi asserisce, che il Colombo lasciò per testa-
l^y' '•■'" "°° mento all'Ufficio di S.Giorgio di Genova la decima
parte delle sue entrate , ma non si vede, soggiunge
egli, che il mentovato Ufficio abbia fatto conto di tale
supposto legato, ne dato opera per conseguirlo. Anzi
DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. l55
osserva all' iuconiio, che D. Ferdinando Colombo dice
chiararneutc, clic i Genilori dtll' Ammiraglio erano di
Lombardia, non di Genova, né della Liguria, e ridotti sior..iin.Fer-
dia. Col. cap. »
in basso stato per le guerre e parzialità di Lombardia.
Billette in oltre esso Campi, che D. Ferdinando venne in
Ita ha Ira Tanno i535, in cui usci alla luce la Cronica del
GivSTiNiANi , ed il i53g, in cui morì, e che allora non
esistevano iu Genova le Sciitture allegate, che si vuole
che provino il Colombo Genovese. Senzachè, non solo
non si mostrò sollecitudine veruna da' Genovesi, per
esigere come è detto l'opulento supposto Legato, ma
non si fecero parti per mostrar che lo Scopritor delle
Indie fosse Genovese, e neppur ciò si fece, qualora,
n^atieala la linea dei discendenti maschj di Colombo, si
. r • /-> T /-> Campi loe.cit.
mossero dopo il 1072 1 Colombi di Guccaro a promo- p. ^^sustg-
vere le ragioni loro in Ispagna. Di questo Testamento,
e Scritture accennate dal Campi occorrerà di parlar più
di proposito a luogo opportuno. Ad ogni modo degno
è di speciale considerazione il vedere , che D. Ferdi-
nando ignorava in qual parte precisamente della Lom-
bardia fosse nato il Padre, cosa che dee parer nuova,
ma che non è peiò raen vera, qualunque fosse il mo-
tivo, per cui Cristofoi'o volle serbare su questo punto sì
alto silenzio. D. Gonzalo cV Oviedo, che serviva da Paggio
nella Corte di Spagna, e vide i primi Indiani, che dopo
la scoperta di America vi furono dal Colombo condotti,
avea notato nella sua Storia, che Cristoforo Colombo,
per quanto avca egli inteso da uomini della ISazion sua.
ìo6 IL COLOMBO NON FU GENOVESE, CAP. IV,
fu della Provincia della Ligiuia , di cui Genova e Capo;
che alcuni il dicevano di Savona , altri di un piccolo
villaggio detto Nervi, ma per più certo tenersi, ch'egli
OTicjD.sior. fosse di Cugurco; ma non dicendo l' Oviedo, nulla di
afUelud.lib.ll, ., . .
cap. Il nella Rac. piu Dositivo qucsfo nou CPa il caso di Ferdinando. Egli
rfelKamiiuui.lJI, . .
foi. 64r.f non vide i Commentar] delle cose Genovesi di Antonio
Gallo , e di Bartolommeo Senarega , che il vogliono
Genovese , perciocché questi andavano attorno manoscritti,
ed uscirono soltanto alla luce nella gran Raccolta del
Muratori. Vide bensì il figliuolo di Colombo gli An-
nali di Genova di Agostino Giustiniani, che lo fa nascere
di Padre plebeo Genovese, tessitor di panni di lana,
e vuole , che in arte meccanica lo stesso figliuolo si fosse
adoperato ; ma per aver trovato quello Storico in con-
traddizion con se stesso , non gli prestò fede. Stimò
adunque, per chiarirsi del vero, di venir in Italia. Ap-
prodato in Genova un figliuolo, com' egli era del più
rinomato uomo della età sua, per mille rispetti rag-
guardevolissimo, non vi potea vivere sconosciuto, e si
ha ragion di credere, che venisse ricevuto a grande onore,
e festeggiato da tutti. Non si poteva ignorare , eh' egli
erasi recato a Genova per cercar 1' origine di suo Padre.
Come adunque non si trovò quivi chi gli togliesse in-
torno a questo particolare ogni dubbio , ricorrendo ai
Registri pubblici , o valendosi della tradizione in cosa
di fresca data, e che esser poteva ancora nella memoria
degli uomini; e mentre poteva essere ancora in vita
taluno , che avesse conosciuto Cristoforo stesso? Questa
.DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONEJ^ 1^7
era la maggior cortesia , che usar se gli potesse , sapen-
dosi , che per questo solo fine intrapreso avea sì lungo
viaggio. Nessuno però il fece, e la ragion si è, che
Cristoforo non era nato in Genova, e che punto non
avea che fare co' Genovesi.
Nessuna adunque delle carte, che tanto tempo dopo
vennero messe in campo, e che poteano sciogliere la
questione , allora si produsse. Eppure i Genovesi, che
furono sempre amantissimi di tutto quello che può tor-
oare in decoro e splendore della patria loro, se le aves-'
eero avute per le mani, non avrebbero al certo trascu-
rato cosa veruna per convincere Ferdinando , che la
gloria di aver dato i natali a Cristoforo , ad essi intera-
mente apparteneva. iAnzi si vuol credere, che se fosse
constato loro , che Cristoforo fosse nato in qualche vil-
laggio del Dominio , avrebbero nondimeno tirato alla
Capitale tutta la gloria. Non avendo Ferdinando potuto
„ , , . . . , . Slor. ai Feri
rintracciare m Genova alcun chiarmiento, si recoinCoi.cap, ii.
Cogoreo. Procurò di aver contezza di due fratelli , che
erano i piìx agiati di quel Castello , " e si diceva , che
erano alquanto suoi parenti ; ma essendo giunti que-
sti ad una vecchiaja estrema, non furono in grado,
per aver perduto, secondo è verisimile in quella de-
crepitezza, la memoria d'ogni idea passata, di dargli
alcuna notizia. Non accenna Ferdinando di esser passato
alla vicina terra di Nervi , od a Savona , dove alcuni
pretendevano che fosse nato il Colombo. Ma quand an-
che uoa lo abbia fatto, i pareuti suoi, se ne avesse avuti
l58 Il4.;COLOMBO NON FU GENOVESE, CAP. IV,
in quelle parti , sarebb^no accorsi cplla speranza di qa-
varne vantaggio ed onore , facendosi conobcere congiunti
di saqgue con un personaggio di sì alto stato; perlochè
Ferdinando lasciò la Ligwia senza avervi ritrovalo la
patria di suo Padre, ed in quésta incèrtezzza éi rimase,
ancorché avesse egli veduti gli Annali di Genova del
Giustiniani, dove aveva trovalo scritto a chiare note, e
senza esitazione veruna, che Cristoforo er» nato in Genova.
SeilCoLOMBo nato fosse in Genova, :pd in alcun. lMOg,o^
della Riviera , i Genovesi amantissimi , come dissi ; di" tutto-
quello, che può tornare in decoro e splendore della patria
]oro, non avrebbono tardato ad innalzare qualche pubblico
monumento, che ne asaicurasse tutta la posterità, come
praticarono per altri Personaggi di minor fama. Vero è,,
che. nel palazzo Ducale di Genova scorgesi una, dipin-
tura, che rappresenta Cristoforo Colombo , che arriva in
y La Lande. ■^'"^"''^ > € vì pianta la Crocc ; ina l'opera è affatto
k v'iiif''^''*"'^' naòderna , cioè del Pittore Napolitano Soluvi^ne, m,aii<?^to
di vita non ancora sessant'anni soqo passati. Il troppo
rerente monumento dà chiaramente a divedere , che upn
nacque, e non si radicò siffatta opinione, che loro nazio-
r\ale fosse il Colombo, se non se insensibilmente. Sa-
rebbe più favorevole per essa, che il quadrp accennato,
iii vece di essere lavoro del pennello del moderno Pittor
Napolitano, il fosse stato di quel nostro Pittor Nizzardo
sopran'i prrJùii t'odovico Bbea , il quale , secondo che scrive il Soprani
LcinrijS'or pi(. .. i»r^' • • .• • • ,\ * r i ••
diiai.i.iu.pag. neJle vite de riltori suoi compatriotti, gitlo i lonaamcnti
della Scuoia Pittorica Geaovcse in quegli anni appunto,
■ -' DI CIANFRANCESCO CALEANI NAPIOKEJ iS^
in cui il nostro Monfcmno Colombo facea la scoperti
del Nuovo Mondo; rara fatalità di queste nostre con-
trade, che alle altre Nazioni più che a noi riescano van-
taggiosi gli uomini grandi, che produssero; e che, di
ciò non paga l'avversa fortuna, un concorso di circo-
stauze nemiche farcia si, che' non rade volte se ne tras-
curi, e se ne perda per sì fatta guisa la memoria, che
coir andar del tempo ci venga persino contrastato il vanto
di averli prodotti. JJ^nig
IflJ, il) ol-iTii),
CAPO V.
Congetliire intorno ai motivi, per li quali restarono
nella oscurità la projessione , ,. e la residenza dei -,
Genitori di Colombo^
Strano sembra a buona ragione all' Abate TiRABOscHr, xirab., swr.
che un uomo uscito d' illustre Famiglia , e venuto in Joc.civ.p^ijs,
grande onore, abbia lasciato ignorare al suo figliuolo
vissuto lungamente con lui , da quale stirpe egli nascesse.
Di ciò, crede il Tiraboschi, che non si ritrovi esempio.
Se il Colombo fosse stato dell' antica e nobile Famiglia
de' Colombi Feudatarj di Cuccaro , ei non avrebbe occul-
tata la sua origine, né Ferdinando di lui figliuolo ne
sarebbe rimaso all' oscuro. Ma replicar possiamo al Tira-
boschi , che né Ferdinando visse lungameùte con Cristo-
foro suo Padre, nò, se si considera bene ,- il Padre il
l6o CONGETTURE INTORNO Al MOTIVI EC. , GAP. V,
lasciò al bujo della origino sua, della stirpe, e, dcHà
condizione e stato de' suoi proprj Genitori, e del modo
in cui egli fosse stato nodrito ne' primi suoi anni.
Elogio di Col. Passò ad altra vita Cristoforo Colombo in tempo, iit
pfXnomcl"', cui Ferdinando suo figliuolo non potca contare più di
«1 ivi H.rrcra , . .
itc.i.hb. i,c.;. sedici anni circa, ond egli dice, che di molte cose ap-
partenenti al Padre non avca piena notizia: perciocché
venne a morte in tempo, eh' egli non avea tanto ardire ,
Cofca ""iv "''■ "^^ pratica per la riverenza filiale, che ardisse dì richie-
derlo di tali cose; e soggiunge, che, per parlar più'
veramente , si trovava come giovane molto lontano da;
sì fatti pensieri. Ciò non ostante egli stesso accenna,
che il Padre di lui traeva l'origine sua dì sangue illustre,
ancorché i Genitori del medesimo, per malvagità delia
u.ihid.c.i. fortuna fossero venuti in grande necessità e hisoguo.
Prosegue poi Ferdinando dicendo , che avendolo Iddio
Signor nostro destinato a sì gran cosa , quale fu lo sco-
primento del Nuovo Mondo , volle che imitasse lui me-
desimoj che, essendo i suoi maggiori del regal sangue
di Gerusalemme , gli piacque che i Genitori suoi fossero
iQL\eQ conosciuti. Lo stesso replica altrove dicendo, che
essendo i Genitoi'i di Cristoforo ridotti in povertà, nou
avea trovato come vivessero ed abitassero, recando però
una lettera del Padre, dove dicea , che il traffico dei
medesimi era sempre stato per mare. Dal che tutto parmì ,
che inferir se ne debba, che il Padre fosse mercatante,
e che, siccome portava la profession sua, ora in un luogo,
ora in un altro abitasse. La qual congettura the mcrca-
ld.MJ.r.lì.
i
DI GIAN FRANCESCO GALEANI NAPIONE. iGl
fante ei fosse ci vicue allorzala , non tonto dal dirsi dal
Senarega e dal Gallo , che il Padre di Colombo atten-
desse air qrte della lana, quanto da due riscontri, die
abbiamo da Fiìrdikamjo medesimo. Il primo si è la
maniera , con cni si spiega parlando delle ricerche fatta
da lui intorno all'origine del Padre, dove soggiunge
aver per meglio, che tutta la gloria a lui , ed agli altri
della Famiglia , ne venisse dalla persona di Cristoforo ,
che andar cercando se fosse mercatante il Padre di Cri-
stoforo, o se andasse alla caccia con falconi, vale a
dire se signorilmente vivesse da Gentiluomo. L'altro
riscontro si è quella lettera di Cristoforo stesso, accen-
nata dal figliuolo di lui , scritta ad una Dama primaria
della Spagna , vale a dire alla Nutrice di D. Giovanni
di Castiglia, in cui asserisce, che non era egli il primo
Ammiraglio di sua Famiglia; e soggiunge, elicgli met-
tessero pure il nome che avrebbono voluto: che in ul-
timo Davidde Re, era stato prima guardiano di pecore,
e poscia Re di Gerusalemme. Dal che tutto si raccoglie ,
che tanto il Padre come il Figliuolo fossero persuasi,
che la Famiglia ond' erano usciti fosse chiara ed illustre,
ma che, caduti i Genitori di Colombo in basso sfato,
avessero dovuto attendere ai traffici, e che dagli invi-
diosi e maligni rivali, che ebbe Cristoforo , gli venisse
rinfacciata tale professione, contraria al viver cavalle-
resco; sebbene di Gentiluomini, che non si studiano
di sostener co' lodevoli fatti il pregio del sangue , mi-
gliaja ne furono in ogni contrada , secondo che si espri-
21
n.iUi.e.lT.
1^2 CONGETTURE INTORNO AI MOTIVI EC, CAP. V,
me Ferdinando, Ja cui memoria, al terzo giorno dalla
morte loro , fra loro slessi parenti e vicini mancò.
La ragione pertanto, per cui io sou d'avviso, che
tanto dal Padre, come dal Figliuolo stesso si bramava,
•che non si sapesse dove trattenuto si fosse il Genitore
di Cristoforo, altra non era, se non se il temersi non
forse venisse in. chiaro , che era stato , come ben da essi
si sapea , mercatante; e che, essendo molto più agevole il
ritrovar come vivesse il Genitor di lui venuto iu basso
stato, come cosa recente, che non l'origine illustre della
Famiglia ne' tempi trapassati , amavano meglio stendere
sopra ciò un velo, non negando da un canto la povertà
del Genitor di Colombo , ed accennando dall' altro la
nobiltà del Casato, e gli uomini grandi, che ne' tempi
andati avea prodotto. L'aver poi Cristoforo Colombo
sposalo iu Portogallo, ne' primi tempi, in cui trovavasi
colà, una Gentildonna d' illustre condizione , mentre era
egli ancora in mediocre stato di fortuna e di onori, è
non lieve argomento, che non solo fosse egli pure di
chiaro sangue, ma per tale riconosciuto in Lisbona. Che
se alcuno la cagion chiedesse, per cui il Colombo dovesse
avere ribrezzo di confessare ingenuamente, che il Padre
suo, per campar la vita, fosse stato costretto, tuttoché
di nobile stirpe, a darsi alla mercatura, professione,
a que' tempi, ed anche per interi secoli dopo il Colombo,
in Italia , e segnatamente in Genova , onoratissima , per
modo, che, non solo Gentiluomini primarj , ma di piij ,
personaggi s'i grandi , che potevano considerarsi di con-
DI GIANFRANCESCO GALEANI NAriONE. l65
dizione principesca , come furono un Cosimo, un Lorenzo
De'-Medici, si pregiavano del titolo di mercatanti, se
falun ciò mi chiedesse, gli risponderei, che troppo in-
torno a questo particolare erano diverse le idee , troppo
i costumi diversi, e le opinioni in Cartiglia, ed in tutta
Spagna. Crisloibro Colombo dovette in Ispagna tra quei
Gentiluomini, che nuli' altro spiravano, che cavalleria,
per conservarsi quel nome colà allora necessario, pei"
poter condurre a buon termine grandi e difEcili imprese,
asserir la nobiltà della origine del padre, non negarne la
povertà, ma dissimularne la professione, il che far da
lui non si poteva, se non se parlandone oscuramente.
Non negherò pure, che, per quanto supporre si voglia
il Colombo di animo grande, e di schietta e sincera
natura, abbia in ciò contril)ui(o assai il lungo soggiorno
da lui fatto in contrade, dove le idee ed i costumi erano
tanto da quelli d' Italia diversi.
Ch'egli già ne avesse imbevuto i costumi ben si rac-
coglie da un Privilegio , che impetrò dai Re di Spagna
Ferdinando ed Isabella per instituire un Magglorasco ,
di cui mi accaderà altra volta di scriver più a lungo. I
motivi principali allegati dal Colombo per impetrarlo
sono , affinchò restasse di lui perpetua memoria presso ai
posteri, ed il nome del suo Casato e della sua prosapia
non mancasse, ed affinchè onorati fossero i Discendenti
e Successori suoi : quasiché la scoperta dell' America a
Colombo, assai più che ad Epaminonda le vittorie di
Lcutri e di Mantinea, tener non potessero il luogo di
1^4 CONGETTURE INTORNO Al MOTIVI EC, CAP. V,
qualunque tUscendcuza più illustre. Ma anche gli uomini
grandi , e superiori al secolo , in cui vissero , non possono
a meno di lasciarsi talvolta strascinar dalla corrente ;
tanto più qualora , versando nella luce degli uomini ,
per conservarsi quella autorità e qncl credito , che è
necessario per recar ad efielfo cose grandi, sono costretti
a vezzeggiar le opinioni volgari, e ad avervi riguardo.
Che non è già lo stesso il caso di un privato Filosofo,
che non abbisogna, che della sua mente senza concorso
altrui , per giungere alle scoperte più sublimi , come
quello di un Generale, di un Ammiraglio, di un Capo
di qualunque impresa , alla quale molti debbano con-
correre, o per approvarla ed ordinarla , o per cooperare
ad eseguirla. Se non ha questi, non solo quelle doti
di virtù, ma di fortuna eziandio, che necessarie sono
per conciliarsi rispetto presso l'universale, quanto più
grandi e sottoposte ad incontrare ostacoli saranno le
imprese , a cui si accinga , tanto più si faranno queste
maggiori. I titoli di Ammiraglio , di Viceré delle Indie,
e perpetuo Governatore chiesti da Colombo, non pote-
vano a meno di eccitar l' invidia in tutti coloro, che, nati
di sangue illustre , ma di merito senza comparazion nes-
suna minore di lui , aspiravano a' medesimi onori. Ecco
il motivo, a parer mio, per cui Colombo , alTermando
che nuova non era nella sua Famiglia la dignità di
Ammiraglio, dovea in ogni modo nascondere in Ispagna
la professione paterna ; e per meglio potersi celare, non
ispicgarsi apertamente intorno al luogo, dove il Genitor
(
DI GIANFRANCESCO CALEANI NAPIONB. l65
SUO facesse dimora; attesoché, poste le idee, che aveaiio
a que' tempi gli Spaglinoli , nou si sarebbe potuto con-
ciliare insieme chiarezza di sangue, e dignità militare
uegli Antenati, colla profession mercantile nei Gcnifoie,
benché venuto in assai basso stato, colla quale, in ogui
caso, creduto si sarebbe, che derogato egli avesse alla
antica sua nobiltà. Di fatti , che la ristrettezza delle for-
tune non desse in Ispagna ragion di applicare ai traf-
fici, si raccoglie dal non permettersi nemnicn tal .cosa
affiglinoli minori de' Nobili, che, privi mediante l'insti-
tuzione de' Maggioraschi della successione paterna, e
soltanto spruzzati , come dice Giovan Pietro Maffei , di
, . . . T , , T , , . ^ . Jo. Pel. MalT.
una leggerissima parte delta eredita , nondimeno ( in ignat.vitaiib.i,
ciò di troppo deterior coudizione degli Inglesi ) colla
piratica delle Corti, colla Milizia, ed al più colle pro-
fessioni scientifiche soltanto, potevano por riparo a sì
grave danno, che dalle leggi e da' costumi della Nazione
loro ne veniva. E questi costumi , e questo spirito di
Cavalleria era sì altamente radicato negli Spagnuoli, che,
anche dopo aperto un sì ampio campo ai traffici colla sco-
perta dell' America , non ne ritrasse la Spagna il vantaggio,
che ne avrebbono cavato le Nazioni trafficanti d'Italia,
e che ne cavarono in appresso le altre grandi Nazioni di
Europa. L' Agricoltura stessa mancava in quel jFlegno ,
come ce ne assicura il nostro Boterò , informatissimo
Bolero Rag. di
delle cose di Spagna, ed in Ispagna riputa tissitno, per- stato, lib. vii,
che la Nazione, essendo inclinala all'esercizio delle armi,
ed al sussiego, seguiva la Milizia, da cui ricavava utile
ì66 CONGETTURE INTORNO AI MOTIVI EC. , GAP. V,
ed onore, ed abborriva la coltura de' toricni ; e rispetto
alla iuduslria , ed all'esercizio delle Arti manuali veniva,
die' egli, a tal segno dagli Spngnuoli questo abborrito,
che non vi era , a' tempi in cui il Boterò scrivea ,
cioè verso il fine del Secolo XVI, contrada più sfornita
di manifatture- Le lane perciò, e le sete, e gli altri
naturali prodotti andavano in gran parte fuori di paese,
e quei pochi, che vi restavano, erano lavorati dagV Ita-
liani. Circa que' tempi in oltre, vale a dire nel i588 ,
Ugo di Vcrdala Gran-Mastro di Malta Spagnuolo ordinò ^
p. 19" ^ '' che non potessero essere ascritti a quell'Ordine Caval-
leresco tutti coloro, che, sebben nobili, discendessero
da Padre od Avo, che avesse esercitato il traffico; la
qitàl legge, in un con altre promulgate dal suo suc-
cessore pure Spagnuolo , vennero , secondo che narra il
Zilioll, Hlst. .. . \ . . -
Mem. lib. n,p. ZiLiOLT, disaporovate in Italia, e non accettate in alcune
<», 63. ... ., .
delle Provincie di essa più dedite a' traffici. Non dovca
adunque il Colombo urtar l' opinione comune di fronte
in questo particolare , con confessare , che nato era di
Padre Mercatante, e Manifattore di lane, professione
tenuta del tutto a vile, se scapitar non voleva nel con-
cetto universale, con pregludicio della riputazione, che
A richiedoa ad un Ammiraglio, ad un Viceré delle In-
die. Ed ecco sciolta l' apparente contraddizione notata
dall'Abate Tiraboschi , che il Colombo potesse scri%'t're
ad una Dama Spagnuola , non esser egli il primo Am-
miraglio della sua Famiglia, vanto tenuto troppo impor-
tuno da quello Storico, in chi non ardiva nominar il
Luogo onde fosse natio.
DI GIANERANOESGO GALVANI UAPIONE. l6j
-. ! .
'f
CAPO VI.
Orìgine dalla Famiglia dì Colombo secondo le S/orie
dì Ferdinaìido suo Figliuolo , Educazione scientifica
e liberale di Colombo.
Della origine della stirpe di Colombo non è da sup-
porre', che non avesse nolizia lo Scrittore della vita dì
lui, il proprio figliuolo Ferdinando: perciocché non igno-
rava eh' era della Famiglia stessa di quel Colombo detto
il Giovane, valoroso, e riputatissimo Capitano di mare,
sui legni del quale militò lungamente Cristoforo; il quale
Colombo , sebbene av\'ilito poscia indegnamente dal
Salinerio, chiamandolo Corsaro, conduceva un' armata
contro gì' Infedeli, e riportò una segnalata vittoria contro
i Veneziani in quella età sì potenti in mare. Non igno- sior. diFera
lava pure D. Ferdinando, come appare manifestamente '^o'"'^» "P'^-
dalle sue Storie, il vincolo di parentado, con cui era
congiunto il Padre suo coi Colombi di Cogoreo; ne è
cosa fuori verisimiglianza, che D. Ferdinando, avendo
inteso parlare dal Grande Ammiraglio suo Genitore dei
Colombi di Cogoreo parenti di lui , e di quelli di Cuc-
caro, vej'à originaria patria della famiglia, dal cui ceppo
erano derivati quelli di Cogoreo , attesa k consomi-
glianza de' nomi ignoti, massime pronunciati inuna
lingua straniera, di entrambi (Juei luoghi ne formasse
un solo, il che avrà éonhibaifò dstìai a rendergli difficile
l68 ORIGINE DELLA FAMIGLIA DI COLOMBO , GAP. VI,
il rinvenire la prima sede della Famiglia sua. Si lagna
poi giustamente Ferdinando del Giustiniahi, che nella
sua Storia non fece menzione di una vittoria tanto me-
morabile riportata da quel Capitano di mare dettò Co-
lombo il Giovane," affinchè nt>u si sapesse, che là Fami-
glia de' Colombi non era tanto oscura coni' egli diceva ,
mentre che il Sabelligo Storico contrario, ne fa men-
zione , e ne fa tanto capitale , che dice , che perciò fu-
rono mandati Ambasciadori al Plc di Portogallo. Di fatti,
gli Storici Veneti, anche prdsso il medesimo Abatis Ti-
Tinb.ioc.cii. BABoscHi, raccontano il combattimento seguito verso l'anno
i486, di quattro loro grosse Galee, Contro sette del
Colombo il Giovane, ia cui i Veneziani furono sconfitti,
è ne rimasero morti tpe(|eiito, , e, tutti gli altri furono
fatti prigioni. E secondo Ferdinando, la ciurma e uomini
di dette Galee grosse Veneziane , che tornavano di B'iandra ,
furono spogliati e messi in terra da Colombo il Giovane
presso Lisbona, nelle cui acque era seguita la Battaglia
navale; e segue- a, dire ,; icJbe avetidoli il Re di Porto-
gallo Giovanni li vestiti e sovvenuti, dando loro il
modo di ritornarsene a Venezia , fu mandato da Vene-
zia in Portogallo Ambasciatore Girolamo Donato, af-
finchè in nome pubbliqo della Signoria ne rendesse
grazie a cjuel Monarca. Né il d'ii'si da Ferdinfiudo, che
in quel conflitto abbia dovuto il Padre salvarsi a nuoto,
appoggiato ad un remo, che galeggiava sulle acque, che
gli riuscì di afferrare , sebbene due leghe circa discosto
da terra, per essere andata iu fiamme la Galea nemica.
■;., DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPlOiJE. jGg
in un con quella su cui egli ferocemente combaltea, ripu-
gna, come pare che inferir voglia il Tiraeoschi, a quanto
riferiscono il SaBellico , e gli altri Storici Veneziani,,
anzi Ferdinando medesimo , cioè che i Veneziani sieno
rimasi scoulitti. Perciocché, quantunque il Capitano di
mare Colombo detto il Giovane , avesse perduto una
Galea delle sette del suo stuolo, tutte quattro le loro
galeazze convien dire che abbiano perdute i Veneziana,
incendiate o predate, attesoché riuscì al Vincitore di
mettere in terra svaligiati tutti gli uomini , che erano sopra
di esse. Questo prova bensì soltanto quanto liero ed
ostinato sia stato il combattimento.
Anche il celebre Lejbkjzio riferisce una lettera di
Ferdinando Re di Napoli, scritta nell'anno i474 ^ Lo-
dovico XI Re di Francia, in cui si lagna, che fossero
state prese due Galee, che faceano vela verso le Fiandre, , i^^'»''': ^^•
da Colombo Capitano di mare, al soldo 'di esso Re pTj^'^'s^^"'
Luigi, colla risposta del Re di Francia, in cui, benché
ne prometta la restituzione, scusa con tutto ciò il suo
Capitano. Sbaglia però il Leibnizio nello spiegarsi che jucuniumtrit
la m guisa, che sembra, che da lui si credesse, che Vipi.Prndr. 17
affarti Ci"f^oÌt*
questo Colombo, che militava in mqre a' servigi di Luigi c<tu,nh suhuid.
XI, fosse il celebre Cristoforo Scopritor dell'America, ^ J'']^" c^'n*.'"
e non già, come era, uà suo congiunto. Ad ogni modo,
se un uomo che avea il comando di sette Galee , un
uomo, il cui nome era foimidabile, come scrive Fei--
dinando , agli Infedeli , contro cui facea guerra, non di-
versamente da quello che fece poi Andrea Doria contro
•22
lyo ORIGINE DELLA FAMIGLIA DI COLOMBO, CAP. VI,
. i Barbareschi, secondo che narra il Sigonio, un uomo
^ fi. A";»''''' ^^^^ riportò cosi segnalata vittoria contro una Potenza ma-
rittima, qual era allora quella de' Veneziani , un uomo che
era , parecchi anni prima , al soldo del Re di Francia
colle sue Galee, non in diversa condizione di quella,
g. j^^ ^.^ in cui il fu poscia nel principio del Secolo susseguente
nitc'ls^se?' '^^' il summentovato cclebratissimo Andrea Doria, se un
uom cosi fatto debba chiamarsi Corsaro, oppure piut-
tosto, come il chiama Cristoforo Colombo in quella sua
lettera ad una Dama di Spagna , Ammiraglio , il lascio
giudicar a chiunque.
Quello , che concederò al Giustiniani , come pure al
Senarega, ed al Gallo, che lo hanno preceduto, e ad
Uberto Foglietta, ed agli altri Storici Genovesi, che
hanno scritto dopo di lui , si è , che il Padre di Cri-
stoforo Colombo attendesse all' arte della lana, e che
de' panni lavorati nelle sue manifatture facesse traf-
fico marittimo nella Riviera di Genova , per sosten-
tare se e la Famiglia con una lodevole industria, piut-
tosto che torpire in un ozio misero ad un tempo , ed
orgoglioso, onde non avesse fisso domicilio, ed alcuni
il dissero barcaiuolo. Del rimanente , lo smercio di panni
lani lavorati nelle proprie manifatture in riraote contrade
con legni proprj , era traffico che facevasi, anche verso il
fine del Secolo XVI, da tal Città del Piemonte posta
fra terra, e di cui ho toccato altrove, ed era traffico
non ancora andato in disuso dopo la metà del Secolo
XVII in Italia , né tenuto sconveniente e indecoroso a
i
DI GIANFRANCESGO GALBAJNI JIAPIONE. 17I
Gentiluomo: perciocché asserisce il Savary, il quale g^ p^^j.
scrivea dopo il i65o, che eranvi, pressoché iu tutta ^^f^^^ehap"!." '
Italia, parecchi Gentiluomini che aveano Galere proprie
per tralHcare iu tutto il Mediterraneo. Ma oltre al do-
vere la condizione del Padre di Colombo vollero povera
e meschina gli Storici Genovesi ; e senza essere infor-
mati della Famiglia di lui , la dissero a torto plebea ,
e quello che è più, ridussero Cristoforo e Bartolommeo
suo fratello a' meccanici cardatori di lana , studiandosi
di avvilirli, per poterli più agevolmente chiamar Geno-
vesi , senza essere costretti a render conto della stirpe
e discendenza loro, come di persone, di cui è impos-
sibile il tesserne la genealogia. Comunque siasi lo sde-
gnarsi che fa a buona ragione Ferdinando contro il
Giustiniani , perchè, ad arte meccanica allatto, pretende,
che fosse ridotto Cristoforo ne' primi suoi anni, mostra
chiaramente, che consapevole era in se stesso, che il
Padre di esso Cristoforo ed Avolo suo erasi adoperato
nel lanificio, congiungendolo co'trafEci marittimi. Nega
che Cristoforo fosse cardatore di lane, ma non nega,
che all'arte della lana attendesse il Padre di lui, go-
vernandosi prudentemente nel parlar di questa cosa ,
intorno a cui il Padre, per le ragioni dette sopra , avea
creduto di dover serbare un cauto silenzio. a
Restringendosi adunque Ferdinando a levar fuori il sior di d Fera.
Padre dalla schiera de' meccanici , e di coloro che esercitano "''"■
arti manuali, principalmente contro quello, che ne avea
scritto il precitato Agostino Giustiniani, che era il più
172 ORKSTNE nELL\ FAMICLIA DI COLOMBO , CAP. VT,
antico degli Storici Genovesi, tra quelli che parlarono
del Colombo , che allora avesse veduto la luce , osserva
primieramente, che siccome per una parte la cosa non
dovea tenersi per incontrastabile per averla scritta il Giu-
stiniani, così d'altro cauto non avrebbe bastato il dirsi da
lui , die aveva da mille inteso il contrario. Quello che faD.
Ferdinando si è di porre in contraddizione il Giustiniani
medesimo, perciocché il Giustiniani nel suo Salterio sopra
quel verso, in oninem lenxtrn exivìt sonits eoriim, dice, che
Cristoforo Colombo, avendo ne' teneri suoi anni imparati
i principi delle Lettere , si diede all' arte del navigare , e
se ne andò in Lisbona , dove imparò la Cosmografia , e
con quello che avea inteso da' Navigatori Portoghesi piìi
animosi, e con quello che avea letto ne' Cosmografi, si
pensò di poter andare a quelle terre che scoprì. Se
zj.ìbij. adunque, riflette Ferdinando, per confessione del Giusti
NiANi medesimo , Cristoforo Colombo impiegò la pue-"
tizia in imparare Lettere, e la gioventù nella Nautica e
nella Cosmografia , e la sua maggiore etò io iscopri-
menli, è manifesto, che non esercitò arte meccanica,
ed il Giustiniani si fa conoscere per inconsiderato , o
iJ.itiJ. per parziale e maligno. Un uomo, il quale in alcun' arte
manuale, o mestiere fosse stato occupato, come mai
avrebbe potuto andar peregrinando per tante terre? Come
mai avrebbe apprese tante Lettere e tanta Scienza, sic-
come le opere sue dimostrano ? Come inai avrebbe potuto
diventar sì dotto , specialmente nelle quattro più princi-
pali Scienze , che si ricercano per far quello eh' egli
DI GIAN FRANCESCO C ALBANI NAPIONE." lyS
fece, che sono, dice Ferdinando, Astronomia, Cosmo-
grafia, Geometria, e Nautica? Conchiude in fine non esser
da meravigh'arsi , che il Giustiniani in questo parti-
colare, che è occulto , ardisca non dire il vero, poiché
nelle cose molto chiare dello scoprimento e navigazione
del Colombo, in breve squarcio del suo Salterio v'in-
serì dodici falsità , che viene parfitaraente divisando.
Rispetto poi alla Storia del Giustiniani, curiosa parti-
colarità s' incontra nel Libro di D. Ferdinando , partico-
larità , di cui fa eziandio menzione il Campi , benché campi dìjc;
non se ne ritrovi verun cenno in alcun altro luogo, non ^'p**^ '
parlandone neppure I' accuratissimo Apostolo Zeno nelle „?f°j^J'"p'"'
annotazioni sue al Fontanini , dove ragiona di Agostino < "< p- ^'i.iss.
Giustiniani, e delle opere di lui. Dice adunque Ferdi-
nando, che la Signoria di Genova, considerata la falsità
di quella Storia , avea messo pena contro coloro , che
la ritenessero o leggessero, e con diligenza grande avea
mandato a cercarla in ogni luogo ov' era stata mandata ,
affinchè per pubblico Decreto venisse scancellata e sop-
pressa.
Ma ritornando alla instituzion puerile dello Scopri- stor.diDFet.
tore del Nuovo Mondo , se com' egli medesimo asserisce '°" "^"
in una Lettera riferita dal figliuol suo D. Ferdinando,
indirizzata ai Re Cattolici, e scritta nell'anno i5oi ,
cominciò a navigare di soli quattordici anni , e se già
prima nella sua più tenera età avea imparato Lettere, ij.ind.c.m.
e studiato in Pavia tanto, che gli bastava per "ben inten-
dere i Cosmografi, alla cui lezione fu molto alTezionato,
Stor.diD.Ferd.
174 ORIGINE DELLA FAMIGLIA DI COLOMBO , GAP. VI,
per lo quale rispetto si diede alla Astronomia ed alls
Geometria , essendo si fatte Scienze in tal modo con-
nesse tra di loro , che una abbisogna dell' altra ; se in
oltre in quella sua prima età diede opera eziandio al
disegno , quando mai gli sarebbe rimaso tempo per at-
tendere alla ignobile professione di cardator di lana ,
a cui col Giustiniani il condannano i pretesi suoi Na-
zionali, gli Storici Genovesi? E come mai avrebbe potuto
acquistare tutta quella antica erudizione , di cui era egli
fornito , come risulta da quella parte delle Storie del
figliuol suo D. Ferdinando , dove a lungo ragiona delle ca-
gioni che mossero il Colombo a credere di potere scoprire
le Indie ? Come mai , se dagli anni più teneri non avesse
cap.viieviH. posto studio in quclla parte di astruso e difficile sapere,
avrebbe potuto carteggiare, intorno al suo magnanimo
ed inaudito disegno di scoprire un Nuovo Mondo, con
quel Paolo Toscanelli , il più celebre Astronomo per
avventura, che allora vi fosse, ed autore del famoso
Gnomone di Firenze, carteggio, di cui parla pure difFu-
Tirab. sioria samcnte lo stesso Abate Tikaboschi ? E questa institu-
HeUaLet.Ital./oc.
''•'■ zione liberale ricevuta da Cristoforo, e la dottrina, di
cui era egli fregiato, mentre ad evidenza convincono
, di falsità tutti coloro , che asserirono , eh' egli atteso
avesse negli anni suoi giovanili all' esercizio meccanico di
cardator di lana, somministrano pure una forte ragione
per credere , che , sebbene considerar si dovesse il Padre
suo come ridotto a povertà , avuto riguardo alla nobile
condizion sua , non era però questa povertà tale , che
DI GIAN FRANCESCO GALEANI NAPIONEJ 176
tolto gli venisse il modo di educar alle Lettere i figli-
uoli suoi, onde soverchiamente venne avvilito dagli an-
tichi Storici Genovesi, che semplice tessitor di lane il
dissero , quando convicn dire , che , siccome più ragio-
nevolmente venne supposto dal Casoni Storico loro piìi
recente, attendesse egli a quel traffico più in grande,
dirigendo fabbriche di panni lani , e forse eziandio con
proprj legni facendone smercio in mare, specie di
traffico a qualunque Gentiluomo non disdicevole , segna-
tamente a quo' tempi in Italia , com' è detto sopra , qua-
lunque fossero in tal particolare le idee delle Nazioni ,
che non avevano ancora spogliata la ruggine Gotica in-
teramente.
Un' altra singolarità riguardante la instituzione puerile
di Cristoforo Colombo merita speciale menzione. Dice
Ferdinando, che il Padre suo di tal carattere di Lettere stor.aiD.Fett
scrivea, che con quello solo si sarebbe potuto procacciare il "''"
vitto. Ora è cosa manifesta , che soltanto nella prima età
si può acquistare questa pratica pregevolissima dello scri-
vere pulitamente. Come mai una mano avvezza al gros-
solano mestiere di cardator di lane, ed instupidita in
quel meccanico lavoro, avxebbe potuto acquistare la pe-
rizia lodevolissima in un uomo scienziato di formar bene
i caratteri ? Del resto , questo ornamento , che ora comu-
nemente vien trascurato, è di tanta importanza, che a
lungo ne ragionano il Fontanini , ed Apostolo Zeno; e Fonian.BiW.
lui. I. I, p. I e 3,
di personaggi illustri calligrafi fanno un assai ampio re- ^ "i note a.i
gistro. Basti accennare tra' Letterati Dante , e Petrarca,
Pallavic. Stor.
Ij6 ORIGINE DELLA FAMIGLIA DI COLOMBO, CAP. VI,
che seriveauo in bel caiattere, avuto n'guardo alla pra-
tica di quel tempo. E se parlar iulendiamo di Uomini
di Stato e di Principi grandi, Augusto tenne tal cosa
da tanto, ch'egli stesso non ebbe a sdegno d' insegnar a
scrivere a' Nipoti suoi; e il rinomato amico del Pe-
trarca Andrea Dandolo Doge di Venezia scrivea pari-
mente con bel carattere. Bello e peifetto Scrittore era
pui-e Carlo Malatesta Signore di Rimini, Piincipe non
meno valente che dotto , che potea gareggiare co' più
esperti copisti di Codici. Che all'incontro Diego Lainez,
celebre Generale de' Gesuiti , scrivendo in modo , che i
dd Conci iTr." suoi Caratteri-, come dice il Pallavicino, erano piuttosto
lib.XVni.c.XV. ......
cifre note a lui solo, che lettere comuni e intelligibili,
ha tolto alla posterità il modo di giovarsi d' innumera-
bili dotte sue fatiche , neppur d' im foglio : tanto è cosa
sconsigliata il trascurar quelle Arti , che sono strumento
necessario per conservar i parti dell' intelletto.
CAPO VII.
Sc7'ìltorì che affermano, che il Castello di Cuccavo
in Mon fenato si è la patria del Colombo.
Insino ad ora non sono io peranco propriamente en-
trato nel forte della mischia. Ho però creduto necessario,
prima di produrre i monumenti da' quali risulta, che dee
il Colombo chiamarsi natio del Monferrato , mostrare che
non Itt egli Genovese, e che incerto è tuttora il luogo
DI GlAhFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 177
preciso della sua nascita , accennando pure l' origine di
sì fatta incertezza. Al presente mi rimane ancora da
soddisfare a due dilficoltà messe in campo dall' Abate
TiRABOSCHi; la prima che nessuno Scrittore abbia posto rinb., stor.
..-,-,_ .. ,, ,. ,.,. . dilla Leti. Ical.,
m luce le ragioni de Monierrmi , eh egli trovo ruerite in-.di.p.fji*
dal Campi , che sostiene opinione contraria , ascrivendo
a Piacenza il vanto di aver dato 1' origine allo Scopiitor
dell' America ; la seconda , che da nessuno si è mai cre-
duto , che il Colombo fosse del Monferrato insino a quel
tempo, in cui insorgesse la lite, di cui devo ragionare,
e dalle di cui carte appunto risulta ad evidenza , che
per nostro paesano deve considerarsi il Colombo. A
queste due difficoltà, od improbabilità, ameghodire,
rilevate dal Tibaboschi, risponderò ad un tratto, che
non mancarono Scrittori , i quali , sebbene non si sieno
preso pensiero di trattar a lungo, e discutere questa
controversia, non temettero però di affermar chiaramente,
che il Colombo fu di Cuccaro nel Monferrato ; e quanto
al non esservi alcuno che tal cosa credesse prima della
lite, di cui dovrò ragionare, ciò è vero in quanto che
nessuno Storico prima di quell' epoca manifestò, che
da lui si credesse il Colombo nativo del Monferrato ;
ma non è però vero , ove s' intenda di affermare , che
insino a quell' epoca i si|oi paesani non credessero che
egli fosse Monferrino: che anzi, la certezza , eh egli fosse
di Cuccaro , presMj i Monferrini era così radicata , che
da essa si desume, come si vedrà in appresso, una delle
prove più convincenti di sì fatta verità.
23
178 SCRITTORI CHE AFFERMANO CHE CrCCARO EC. , CAP.VfT,
E come mai potevano gli Storici Monf'orrini parlar
del Colombo prima dell' epoca, in cui scoppiò la lite suc-
cennata verso il fine del Secolo XVI , cioè ottani' anni
soli circa , e non più dopo la morte di Colombo , se
in quel periodo di anni , il Monferrato avvolto in guerre ,
e , per r estinzione della Famiglia degli antichi suoi natu-
rali Sovrani, passato sotto straniera dominazione, non
potè produrre alcuno Storico? Benvenuto di S.Giorgio,
che tra' primi con gusto diplomatico e critico dettò la
sua Cronaca de Marchesi di Monferrato , lodato perciò
MaiTei, Istoria giustamente dal Marchese Maffei, oltreché stese una Sto-
waniol^^*^!';!;."' ria Genealogica della Famiglia di que' Principi, piuttosto
che una Storia degli avvenimenti del Monferrato, ter-
mina la sua Cronica Italiana all'anno 1490, e per con-
seguente in un'epoca anteriore allo scoprimento dell'Ame-
rica. Non parlo di alcune date riguardanti la successione
sola de' Principi , che nella breve Cronica Latina si
'estendono iusino all'anno i5i8. Una Storia del Monfèi^
rato dettò bensì il P. Fulgenzio Alghisi Agostiniano ,
che fiorì intorno alla metà del Secolo susseguente del
1600: ma questa restò manoscritta nel Convento di S.
Croce di Casale. Fu T Alghisi natio della città di Casale,
ed essendo in Roma, prima Procuratore Cenerale, e poi
Vicario Generale della Congregazion di Lombardia , or-
dinò l'Archivio del Convento della Madonna del Popolo
con somma diligenza e fatica, dal che, se dobbiamo dar
Scri^"p«ym'. retta al nostro Rossotti, rare cognizioni ritrasse. Della
^''^ ^' Storia del Monferrato dettata da lui non parla però il
DI GIANFRANCESCO CALEANI NAPIONE. 173
medesimo Rossottx, che accenna soltanto che TAlghisi
avea preparata per la stampa la Storia della Congrega-
zion sua Agostiniana di Lombardia. Ad ogni modo, seb-
bea questa Storia del Monferrato si riconosca da chi ha
avuto agio di scorrerla , come dettata con poco buon
gusto, dobbiamo con tutto ciò saper grado all'Autore
•per averci conservata la memoria della lite mentovata ,
;e de' mouuraeuti, da cui risulta la origine indubitata di
•Cristoforo Colombo; ma non si può ia nessun modo
•biasimare l'Abate Tihaboschi , se non n'ebbe notizia,
trattandosi di cosa inedita.
Uno Scrittore Piemontese noto all'Abate Tirabosciii,
e le cui opere hanno veduto la luce, ha bensì parlalo
del Colombo , e senza esitazione veruna ha asserito ,
che fu egli della Famiglia de' Signori di Cuccaro. Si e
questi il nostro diligente Vescovo di Saluzzo, Monsi-
gnor Francesco Agostino della Chiesa. Prima delTAL-
OHisi parlando il Chiesa nella sua Storia Cronologica dei
Prelati del Piemonte, di Giovan- Giacomo Colombo,
de' Signori di Cuccaix), Vescovo Titolare di Betlemme
circa l'anno i/|65 , il dice fratello di Domenico , Padre
di Cristoforo Colombo Scopritore delle Indie, dal che ^^ ^„ ^a„»
conchiude essere manifesto, che il celebre Colombo noa "umnnnv'gH^n
fu giù della Riviera di Genova, ma bebsl Piemontese. 'Lm fJsZ".
. , „ . Fr:nc Auy.ab
Con masrj^ior corredo di autorit;ì, e pui diflusamente m ecci.hì^i. aro
^'^ , . noi. p. 376 Aug..
questa stessa sentenza ne ragiona lo stesso Monsignor Taur. i6,j.
della Chiesa nella nota Opera sua della Corona Reale di
Savoja, pubblica,ta dodici anni dopo l'Opera ora citata
,• j8o scrittori che affermano che cuccàro ec, cap. vii,
della "Cronologia de' Prelati Piemontesi. Avca veduto il
dotto nostro Prelato in quel frattempo l'Opera de' Co-
menti su Tacito del Salinerio, da lui detto Silino, e
dice, che sforzavasi questi di provare per via d' Istro-
menti e di Scritture, che nato fosse il Colombo in Sa-
vona da Parenti affatto plebei; che altri il facevano Pia-
centino ; altri , confondendo Cuccaro con Coccoreo , vil-
laggio della Diocesi di Genova , dicevano esser nato in
uno di essi Luoghi, ne mancarvi di quelli, che asseri-
vano esser nato nella valle d' Oneglia. Ma Monsignor
R di's^o"ap''i' ^^^^^ Chiesa, sebbene non neghi che possa essere stato
J°^'^^*°' ^°"''° il Colombo cittadino di Savona, ed aver appresa in
quella Città la professione marinaresca, tiene però che
i suoi predecessovi fossero da' Colombi Signori di Cuc-
caro derivati. Avvalorano, dice il Chiesa, 1' opinioa
sua, D. Ferdinando figliuolo del Colombo, il quale
scrivendo la vita di lui accenna , che era nato da nobili
Progenitori, come pure l'autorità dello Storico Spa-
gnuolo Errerà, di Alfonso Lopez, di Guido Antonio*
Malabaila, i quali ^'concordemente asseriscono essere
stati i maggiori di lui i Colombi di Cuccaro. Addita
poi il Chiesa la Genealogia del medesimo Colombo
» Guitlo Antonio Malabaila, eie' Conti di Canale, di mi parla il Ros-
SOTTI (.Sy//ai«j .Srripl. Prdemnnt. p. iSy) , pubblicò un libro inlilolalo: Com-
pendio istoriale delia città d' Asti , Roma l638, cap. Ili di Cristoforo CO-
LOMBO , la cui Famiglia era di Cuccaro.
t
DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. I 8 1
presso il mentovato Scrittore Spagnuolo Lopez , dove ,
oltre il Gio. Giacomo Colombo Vescovo Titolare dì
Betlemme, si fa meuzioue di un Apolonio * Fratcl-Cu-
gino di Cristoforo, e Consignorc dello stesso Castello,
che nell'anno 1490 diede due figliuole sue in matri-
monio a due Consignori della Manta de' Marchesi di
Saluzzo; e conchiude con dire, essere sempre stati i Co-
lombi antichi Feudatarj de' Marchesi di Monferrato , e
che sino dall'anno 1220, oltre a Cuccare, possedevano
altre Castella.
Alle testimonianze degli Scrittori Piemontesi, vale a
dire il Malabaila , il Chiesa , I'Alghisi , si deve ag-
giungere quella di uno straniero , il quale prima di
essi , senza esitazione nessuna asserì , che Cristoforo Co-
lombo era , non solamente oriondo , ma nato nel castello
di Cuccaro in Monferrato , e questo si è il Donesmondi,
che nel principio del 1600 dettò una Storia di Mantova.**
* Tra le Memorie gentilmente comutiicatemi dal signor Giuseppe Ver-
NAZZ\Freney, trovo un Apolonio Je CoLvaiBls ex nobilibus Cuccar»; testi-
monio in Alba a' 5 di Luglio 1456.
In un Documento poi del 1190 pubblicalo dal MoRlONDO ( iUonum«nf.
Aquensia par. II , col-Zb^^ , è nominato un Guglielmo Colombo.
** « Di questo stesso anno mori Papa Innocenzo Ottavo , succedendoli
» Alessandro VI Spagnuolo, di casa Borgia, mentre Cristoforo Colombo
» nato nel Castello di Cuccaro sul Monferrato, (benché molti ingannati
» lo scrivono Grnovese) con maraviglioso ardire si diede a scoprire per
» la perizia sua nella navigazione, l'Indie Occiùenlali» — Istoria Eccìesta-
stica di Mantova del li. P. F. Ippolito Douesmonuj , par. II. lib. F/,p. 80.
Mantova 1616 , presso Aurelio e Lodovico Osanna Stampatori Ducali-
182 SCRITTORI CHE AFFERMANO CHE CUCCARO EC. , CAP. Vir,
Auche r Errerà , riputato Storico Spaguuolo, che scrivea
la Stoiia delle ludie Occidentali, parecchi anni prima
che si pubblicasse la sua Storia dal Dokesmondi , e
nieufre appunto agitavasi in Ispagna la lite , di cui
dovremo parlare ben tosto , dopo aver riferite le di-
verse opinioni che correvano intorno alla patria di Co-
lombo, dicendo che alcuni asserivano che fosse di Pia-
cenza, alti'i di Cucureo nella Riviera di Genova, altri
finalmente de' Signori del castello di Cuccaro in Mon-
ferrato, soggiunge poi, che qual fosse la più vera di-
scendenza si sarebbe deciso dal Consiglio Supremo delle
ludie , avanti cui vei'tiva la lite. *
Dal sin qui detto adunque si raccoglie av^r preso
errore il celebre Storico della Letteratura Italiana , di-
cendo, che alcuno Scrittore non Uvea posto in luce le
ragioni de' Monferrini ; quantunque a dir vero , non
oserei biasimarlo , se non n' ebbe egli cognizione. E
come mai uno Scrittore accinto ad uua si vasta impresa,
qual si era quella della Storia generale della Lefteratuia
Italiana, pensar potea a rivolgere tutti i precitati libri,
* « Uiios qiiieien que fucse dePIasencia, y otios deCiiciiroo en la Ribna
» rfe Genoi'a cerca de la misma Ciutad , y olros de los Segnorrs dclCaslillode
«Curaro, que cae m la parte de Italia, que se dixo Liguria, que allora
» es juridicion del Ducado de Monferrato .... pero qual sea la mas cierla
» descendencia , en ci Consejo Supremo de las Indias, adonde se litiga so
» determinerà »- Antonio de HEnitERA Tordesiìlas - Historia general de ìos hechos
dt lot Casfellanos en las LIas y Tìerra firma del mar Oceano. Tom. I, Madrid
1601.
DI Gì ANFRAN" CESCO GALEÀNI NAPIONE. 1 85
e scf^nafamente la Cronologia de' Prelati Piemontesi , e
queir utile , ma disordinato Zibaldone di notizie riguar-
danti la Storia, la Geografia del Piemonte, cui piacque
all'Autor suo d'intitolare Corona Reale di Savoja ? Se
il cenno sopracitato, che del Colombo e della origine
sua Monferrina , fondandosi appunto suH'Alghisi, e su
altre Memorie inedite , fa il nostro Abate Denina nelle
applaudite sue Rivoluzioni d' Italia , fosse alquanto più
esteso, cosicché non avesse per avventura potuto sfuggir
l'occhio dell'Abate Tibaboschi , potrebbe con qualche
maggior ragione venir ripreso per non aver tratto mo-
tivo di dubitare, e di chiedere eziandio chiarimenti da
Letterati Piemontesi , non contentandosi di quelli che
ebbe da' Genovesi. Ne sarebbegli stato malagevole 1' otte-
nerli , come tanti ne ottenne dal signor Giuseppe Ver-
NAZZA Freney, versatissimo nelle cose del Piemonte,
il quale parimente, senza esitazione veruna, in alcuni
suoi Opuscoli geografici affermò , che lo Scopritore
dell'America era uscito della famiglia di que' Colombi ,
che erano già a' tempi di Cristoforo , e sono stati Si-
gnori di Cuccaro insino a' giorni nostri in Piemonte ,
la qual asserzion sua, come da lui medesimo intesi,
fondava egli principalmente sul Consulto di un antico
Giurista Monferrino , di cui dovrò io pur ragionare in
appresso.
Del più sicuro fonte, onde poteansi attingere le prove
indubitate della origine del Colombo, ebbe però alcuna
notizia il Tiraboschi , e queste contenute sono nel Som-
184 SCRITTORI CHE AFFERMANO CHE CUCCARO EC, GAP. Vir,
mario della Causa stampatosi in Madrid per la lite , che
insorse tra i Colombi di Cuccaro, e diverse Famiglie
potenti di Spagna , essendo mancata la discendenza di
Cristoforo in D. Diego suo pronipote. Ma questi Monu-
menti, non solamente l'Abate Tiraboschi non li vide
in fonte, ma, quello che è più, l'estratto, per mezzo di
cui ne potè aver cognizione, è tale, che per necessità
ha dovuto vederli in una luce sfavorevole, poiché l'au-
tore che glieli fece conoscere , cioè il Campi , li recò colla
intenzione principale di confutarli. Ora queste Carte, che si
lungamente hanno celato il vero , copiate diligentemente
dalla rara Stampa , per mano dello stesso Canonico De-
GiovANNi , sono quelle , che mi sono state con gentilezza
non ordinaria trasmesse da quel colto nostro Letterato*.
Dall'esame di esse vedremo quanto sieno stati travisati
questi Monumenti dal Campi ; come 1' Alghisi medesimo
non ne abbia tratto nella sua Storia manosci'itta del Mon-
ferrato quei convincenti argomenti , da' quali risulta ,
che il Colombo fu Monferrino . e resterà pure ognuno
convinto , che troppo diverso uso ne avrebbe fatto il
Tiraboschi , se avesse potuto consultarli originalmente.
* Degli Atti di questa lite ebbe pure notizia il Moriondo , il quale,
dopo averli accennati , dice così ; Quid i>ero si ex ejus litis Actis monumenta
idipsum probantia in lucem edanlur ?( cioè che il Colombo fosse Monferrino),
ot hanc Spartam adomahil vir et ingenio et eloquentia clarissimus : colle quali
parole fece allusione al fu Canonico De-Giovanni, il solo Letterato, che
SI sappia che allora ìi possedesse. {V.MomvUDUS monumenla Aguensia, pari,
li, col. 773 — 1790.
DI GIANFRANCESCO GALEANI KAPIONE. l85
CAPO Vili.
Ragguaglio della Lite insorta in Ispagna per la suc-
cessione del Maggiorasco instituilo da Colombo ,
da cui risulla , che hi patria di lui fu Cuccuro in
Monferrato.
Certa cosa si b, clie molto più dilettevole lavoio sa-
rebbe il ricavare dagli Storici classici dell' anlicliilà , o
delle colle moderne Nazioni di Europa , e da libri ele-
ganti di argomento o letterario, o filosofico, i fatti di
cui si abbisogna , come per lo più si fa da' Critici e
dagli Autiquaij , piuttosto che da Scritture forensi, e
da allegazioni di Dottori pragmatici. Non sono queste
al certo deliziosa lettura; non sono né Livio, né Tacito.
E se parlar vogliamo di Storia, e di Storia Genovese,
assai più gradita fatica riuscirebbe il rivolgere le Storie
del FocLiiiTTA , o del Bonfadio. Ma, per cercare e sta-
bilire una verità sulle basi le più solide, io son d'avviso,
che non vi possa essere mezzo più sicuro, quanto sia
quello di una controversia forense, da cui dii)enda la
decisione di una lite di gran momento, che si agiti tra
persone facoltose e potenti. Gli sforzi della Critica ani-
mati dall'interesse si spiegano in tutto il loro vigore, e
le ragioni , che si possono allegare, sia da un canto, come
daU' altro si espongono in pieno lume , ed i più minuti
fatti e circostanze, che favorire, o sfavorir possono la
l86 KACCUACLIO DEIXA I.ITE EC. , CAP. VJII,
causa , vengono con occhi lincei notomizzafi. Da queste
Abbandonate carte pertanto ed inamabili , alle quali un
Ciceroniano elegante, od un purista nostro Petrarchesco,
sarebbero per poco tentati di adattar quell' aggiunto niente
pulito, con cui Catullo notò gli Annali di VoLusio ,
vedremo sorgere la verità pura e candida,
» Come da fctid'erba nasce il giglio.»
Se r instituzione de' Maggioraschi , da' più savj Scrit-
tori di cose politiche si tiene comunemente, che abbia
recati gravi danni agli Stati, ed alle Nazioni; e se, ben
lungi dal giovare alla perpetuità delle Famiglie, fa sì,
che assai piìi presto vengano a spegnersi , siccome av-
venne alla discendenza di Colombo , mancata prima del
fine del Secolo stesso, in cui egli movi, fu però questo
ordine di successione favorevole a noi in quanto, me-
diante un Maggiorasco ordinato da Cristoforo, e mediante
le controversie che ne insorsero , si conservarono i monu-
menti incontrastabili della origine sua Monferrina. Tanto
è vero non esservi cosa si cattiva, che non porti seco
alcun bene. Qualora pertanto da queste Carte apparisse
ad evidenza , che da persone , le quali avcnno sommo
interesse per provare che il Colombo non fosse discen-
dente dalla Famiglia de' Feudatarj di Cuccare in Mon-
ferrato, siasi dovuto concedere, che tale ei fosse ; e
quando ciò abbiano dovuto confessare, dopo essersi in
tutti i modi studiati per escluderlo , e dopo aver potuto
esigere le più rigorose prove, a me pare, che tale verità,
Beli" ordine delle verità morali, debba ravvisarsi per una
DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 187
di quelle, che maggior grado di certezza non possono
ricevere, he altre verità storiche riposano soltanto sulla
i'ede degli Scrittori; questa sulla evidenza del fatto, che
noa si è potuta contrastare da chi fece ogni sforzo per
opporvisi. Vi è pertanto tra la maggior parte delle verità
storiche, e quella, di cui si tratta, la diHereuza che passa
tra un fatto , intorao alla verità di cui non si è pro-
ceduto a particolar esame, ed un fatto stato sottoposto
alla discussione la più severa ; e quindi dovuto ricono-
scersi per vero, per sentenza non solo imparziale , ma
estorquila dalla forza della verità slessa , e proferita da
Avversar] interessati, ed impegnati a sostenere l'asser-
zione contraria.
Che la cosa sia così non è difficile, ne lunga opera
richiede il dimostrarlo. Resta indispensabile soltanto il
premettere un breve ragguaglio della controversia agi-
tatasi in Jspagna. Ad ogni modo, a diminuirne il tedio
contribuirà il curioso argomento, e lo scopo che ne forma
l'oggetto, che è nulla meno, che conquistare il vanto
di aver prodotto il Colombo. Da' Monarchi di Spagna,
Ferdinando ed Isabella, impetrò Cristoforo Colombo la
facoltà d' instituire un Maggiorasco splendidissimo , eoa
Privilegio accordatogli nell'anno 1497 da que' Regnanti;
ducchè allora non si ardiva , senza una legge speciale
de' Sovrani offendere in certo modo le leggi della natura.
Nell'anno seguente 1498 fece Colombo il suo Testa-
I mento , in cui institul un Maggiorasco, al quale, dopo
i inaschj legittimi più prossimi, furono chiamati gli agnati
l88 RAGGUAGLIO DELtA LITE EC. , CAP. Vili,
della Famiglia. Dicesi poscia che uu altro Testamento eì
facesse nell'anno i5o2, lasciandolo in custodia nel Mo-
nastero di Siviglia de Las-Cuevas, Testamento confer-
mato finalmente con autentici Codicilli dell'anno i5o6,
in cui resta ripetuta l' instituzione del Maggiorasco. Com-
prendea questo Maggiorasco quelle amplissime dignità ,
dritti e possessioni , che avea pattuite il Colombo col
Re Cattolico per premio della sua magnanima impresa,
considerata come superiore alle forze umane , con tal no-
bile confidenza, come se appunto, già prima della sco-
perta, egli medesimo del Nuovo Mondo ne fosse il
possessore. Erano adunque queste la dignità di Ammi-
raglio dell'Oceano, di Viceré, e di Governatore per-
petuo sia della Terra ferma, che delle Isole scoperte, col
diritto che a lui spettar dovesse la decima delle cose
tutte ritrovate , in qualità d' Inventore , ed in oltre la
terza parte di esse, come Ammiraglio, di tal fatta, che
di trenta parti, tredici spettar ne dovessero all'Ammi-
raglio, il rimanente al Re Cattolico. Morto Colombo,
ebbe il possesso del Maggiorasco D. Diego suo figliuolo;
a D. Diego succedette D. Luigi. Questi ebbe lite con
Carlo V Imperadore sul particolare delle cose scoperte,
sul modo di partirne le entrate, e sul modo di conferir
le cariche, sia come Viceré, che come Governatore.
Fatto compromesso in un Cardinale , il medesimo pro-
nunciò il suo Laudo, a cui acconsentirono l'Imperatore
Carlo V, ed il prenominato D. Luigi. Si dichiarò nei
Laudo, che a D. Luigi, in vece della dignità di Viceré,
DI CIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. l8r)
verrebbe accordata l'isola della Giamaica ia titolo di
Marchesato, ed in vece di quella di Governatore, ven-
tiquattro leghe in terra ferma nella contrada detta Bc
raglia in titolo di Ducalo ; e che aunualineule gli do-
vessero venir pagate dieci mila doppie in oro in per-
petuo dalla Camera delle Indie , in luogo della decima
convenuta nella Capitolazione. Del resto , che ritener
dovesse D. Luigi Colombo il titolo, co' diritti di Am-
miraglio delle Indie, salva nel restante interamente la
natura del Maggiorasco. Dopo questo D. Luigi Colombo
mancato senza figliuoli raaschj , fu possessore della pri-
mogenitura un altro Diego, nipote di D. Luigi, pei'
via di Cristoforo suo fratello. Questo D. Diego fu l' ul-
timo dei discendenti maschj in retta linea del celebra-
tissimo Cristoforo, avendo cessato di vivere ncll' anno
1678, settantadue anni soli dopo la morte dello Sco-
pritore delle Indie, senza lasciare dopo di se prole di
sorte veruna , nò maschile , ne femminile. Fiera lite si
accese tantosto, appena spirato l'ultimo possessore della
primogenitura , tra parecchie persone intorno alla inter-
pretazione delle parole del Testamento, con cui Co-
lombo avea iustituito il Maggiorasco. Rispetto al qual
Testamento è da notarsi, che si rinvenne bensì quello
dell'anno 1498, ed i Codicilli del i5oò', ma non riuscì
di rinvenir l'altro Testamento succennato del i5o2.
Quanto io son venuto sia qui divisando si è ricavato coiumba oìUgL'.
1 11 A 11 • • - i\ * 1 • 1 II* inCattsaDttcatus
esattamente dalle Allegazioni stampate in ftladrid nellanno He.a^uac a a,,-^
— , . v- • r-» Tii-rurnm Matrìli
1 5q4 in favore di Baldassarre Colombo. Chi fosse Bai- s..b die s uciot.
igo RAGGUAGLIO DELLA LITE EC. , GAP. Vili,
dassarre, e quali gli Avversar) suoi, non da semplici
Alleganze di Giurecousulti , ma dal Diploma dello stesso
Re di Spagna chiaramente si raccoglie. E questo uua
Lettera del Re Filippo 11 al Duca di Mantova , allora
al possesso del Ducato del Monferrato , in data dei 4 di
Ottobre dell'anno i583. Si accenna in essa, che pen-
deva lite avanti al Consiglio Reale delle Indie tra D.
Cristoforo di Cardona Ammiraglio di Aragona, Donna
Francesca Colomba , D, Alvaro di Portogallo Conte di
Gelves, Donna Giovanna di Toledo Vedova del fu D.
Luigi della Cueva, e la Badessa, Monache, e Monastcì'O
della Villa di Vagliadolid , e Donna Maria Colomba,
Monaca Professa nel detto Monastero , e D. Cristoforo
Colombo, sopra la tenuta e possesso del Ducato di
Beragua , Marchesato di Giamaica , ed Ammiragliala
delle Indie. Si aggiunge essersi opposto D. Baldassarre
Colombo , dicendo , eh' era egli chiamato ad esso Mag-
giorasco, e che a lui apparteneva la tenuta e possesso
di quello Stato. Siccome per provare l' inten/ion di D.
BaldassaiTe si aveano ad esaminare testimouj in Mon-
ferrato , richiede perciò il Re Filippo il Duca , affinchè
desse ordine per farli esaminare da' suoi Magistrati entro
il termine di sei mesi, esigendo da ciascheduno di essi
testimoni il giuramento in debita forma, per conto degli
interrogatorj , che per parte del D. Baldassarre venissero
loro fatti, per essere poscia quegli esami rimessi al pre-
detto D. Baldassarre, onde, presentandoli al Supremo
Tribunale di Spagna, ottener potesse giustizia.
DI CIANFRANCESCO GALEANI KAPIONE. igi
Da questa Lettera del Re Filippo II appare , che
ncll'anao i583, vale a dire cinque soli anni dopo la
morte di D. Diego Colombo, ultimo della discendenza
maschile legittima del famoso Cristoforo ( poiché l'ultimo
D. Cristoforo annoverato tra' Pretendenti al Maggiorasco,
era figliuolo spurio del D. Luigi ) già entrato era in
lite il D. Baldassarre. Da' Capitoli poi annessi alla pre-
fata Lettera del Re di Spagna, ed intorno a' quali si
aveano ad interrogar i Testimonj da esaminarsi (per
toccar soltanto i sommi capi di essi) appare, che i
punti di fatto, da accertarsi mediante i medesimi, erano
sostanzialmente, che il D. Baldassarre era dell'antica Fa-
miglia dei Colombo Cousignori di Cuccaro in Mon-
ferrato : che discendeva egli da comune stipite col fa-
moso Cristoforo: che l'Avolo dello Scopritore delle In-
die era Quadritavo di D. Baldassarre : che Domenico
Colombo nominato in iscritture pubbliche tra' Consignori
di Cuccaro, fu Padre di Cristoforo succenoato ; e per
ultimo, che era cosa pubblica, ed a tutti manifesta ,
che Cristoforo Colombo era discendente dai Colombi del
castello di Cuccaro. Oltre a questi principali punti do-
veano pure esaminarsi i testimonj intorno a diverse
particolarità concernenti la Famiglia dei Colombi di Cuc-
caro; i rami che da quel ceppo eransi divisi e stabiliti
in diversi Luoghi, i Parentadi e le diverse vicende della
Famiglia; e come Cristoforo, perle Parentele che erano
tra il Casato de' Colombi di Cuccaro, ed i Genovesi, e
per la vicinanza della Città di Genova, tenuta per la
192 KACGUAGLIO della lite EC. , CAP. Vili,
Capitale della Liguria, e per la pratica che teuca co' Ge-
novesi per mare , potè chiamarsi Genovese , tuttochò
fosse del castello di Cuccare.
Vennero esaminati i testimonj da un Senatore * Dele-
*>■• «47. gato del Duca di Mantova , ed avanti due Notaj , Segre-
tari del Senato di Casale di Monferrato , e la legalità di
quegli Atti venne comprovala coli' autorità del Senato,
e con quella eziandio del Vicario del Vescovo di Casale.
Lunga cosa sarebbe il riferire partitamente le risposte
di essi testimonj , e le riflessioni e difllcoltà messe in
campo dagli Avversar) , e le repliche , che per parte del
D. Baldassarre vi si fecero. Mi basterà per ora , per
ottener il mio intento , e per isciogliere ogni questione
intorno alla Patria di Colombo, il diro , che , dopo essersi
prodotto nella Causa in Ispagna il risultato di questo
esame, benché la lite proseguisse circa altri punti, per
quello che si aspetta alla gloria dell' antico Monferrato ,
gli Avversar) di Baldassarre Colombo furono costretti
a darsi per vinti, ed a confessare, che il celebratissimo
Cristoforo Scopritor del Nuovo Mondo, era uscito da'
Signori del castello di Cuccaro; e ciò quantunque questo
punto fosse di tale importanza, e di tale natura, che,
ove fosse loro riuscito di far nascere intorno ad esso
dubbj alquanto fondati, non si sarebbe più fatto luogo
alla discussione degli altri punti. In questa maniera
* Fu questi il Senatore Ferrari Piacenliuo,
♦
DI gianfrancesco galeam napione. igS
adunque que' potenti Magnati delle Spagne, che con tanto
calore per lo possesso di tante ricchezze litigavano contro
D. Baldassarre, per ciò che si appartiene alla contro-
versia intorno alla Patria di Cristoforo Colombo, pro-
ferirono in favor nostro la più giusta, la più impar-
ziale Sentenza.
I punti discussi in quella Causa , e che si sostenevano
dai Difensori di D. Baldassarre erano cinque, come ri-
Gulta dalle mentovale Allegazioni pubblicatesi in Ispagna
nel 1094; primieramente che Cristoforo Colombo potè
instiluire il Maggiorasco , e nel modo, che venne da
lui instituito; 2.° che appariva ad evidenza qual fosse
la volontà sua intorno a questo particolare dal suo Te-
stamento e Codicillo; 3.° che a tenore tanto dell'uno,
come dell' altro di quegli Atti , restavano chiamati alla
Primogenitura i maschj agnati legittimi della Famiglia;
4.° che D. Baldassarre Colombo avea provato ad evi-
denza esser egli Aguato maschio e legittimo della Fa-
miglia del Testatore; 5." finalmente, che niuno era com-
parso più prossimo di lui , e che i Collitiganti restavano
esclusi come incapaci. Il punto dell' Agnazione si è quello
che unicamente a noi preme, che si decidesse favorevol-
mente. Ma circa a questo , le prove furono appunto così
convincenti, che non fu d'uopo di Sentenza veruna, e
dopo essersi esaminate, come risulta dal Sommario, colla
più scrupolosa esattezza e sottigliezza dettata dall'inte-
resse degli Awersarj , dacché, come è detto, se si fatte
prove si fossero potute soltanto infievolire ad un segno
25
194- RAGCUACLIO DELLA LITE EC. , CAP. Vili,
da porre la cosa in dubbio, cadeva a terra ogni pre-
tensione di D. Baldassarre, le trovarono di tal peso,
che, senza aspettare Sentenza di Magistrato , furono essi
Avversar) dalla evidenza di esse costretti ad ammetterle
per concliiudenti. Tanto si raccoglie dalle Allegazioni
precitate, dove dicesi, che questi punti, vale a dire,
che Baldassarre Colombo Consignore di Cuccaro, fosse
maschio agnato legittimo , e della Famiglia del Testatore,
si erano provati cosi pienamente, che non potevano ri-
cevere grado maggiore di evidenza , dappoiché gli Av-
versar) , non solo tacitamente vi acconsentivano , ma
aveano espressamente riconosciuto D. Baldassarre come
tale , secondo che ne risultava dal Processo , ne altro vi
opponevano, se non se esser egli in grado assai riraoto*.
Non è questo il solo riscontro che si abbia, che gli
Avversar) di D. Baldassarre siensi acquietati intorno al
punto succennato , ed abbiano ammesse per convincenti
le prove da lui addotte per dimostrare Tagnazion sua
collo Scopritor dell' America. Trovandosi Baldassarre Co-
lombo in lontan paese , impegnato in così dispendiosa
Lite contro personaggi sì grandi, chiese, mentre questa
* « Hscc aiilpm (srilicet D. Ballhasarem mascukim legitiinum , et d»
» Familia Teslaloris esse) nullo modo plenius probari poluerant, quam
» probata sunl, ciim Partes Colliliganles, non modo tacile consentiant, sed
» exprcsse admiltant D. Balthasarem uti talem , neqtio aliiid illi opponant,
» quaiu esse in gradu adoiodiim remoto , ut in Processa ».
Allegazioni precitate stampate in Madrid nel i594.
DI GIANFRANCESCO GALEANl NAPIONE. 1^5
vertiva , gli alimeuti sul fondo che cadeva in Lite , per
essere egli male agiato di beni di fortuna , ed aver do-
vuto spendere tutte le sue sostanze nel promovere le sue
ragioni. Tra i diversi motivi allegati da lui per ottener
tal cosa, in un Memoriale, che trovasi pure stampato
ed unito al Sommario della Causa, uno si è, che le
Parti contrarie vi acconsentivano , e confessavan tutti
esser egli agnato di Colombo come constava , ed il te-
nevano per provato , soggiungendo soltanto , che era
egli in grado rimoto *. Nello stesso Sommario poi, {or-
matosi sin dall'anno 1684, si pone per base, che D. Bal-
dassarre discendeva da un comuu ceppo con Cristoforo
Colombo, poiché Lancia Colombo Signore del Castello
di Cuccaro, il quale fu Avolo paterno del rinomatissimo
Ammiraglio Cristoforo Scopritore delle Indie, fu Qua-
dritavo di D. Baldassarre; e cjuesto articolo del parentado
di D. Baldassarre con Cristoforo Colombo è ricavato dal
Memoriale di fatto , che risulta concertato colle Parti
avversarie**.
•«Constando, come consta, que todos lo conncssan y lo tiene provadQ,
» solo dizen que es mas remolo y apartado ».
Memoriale ài D. Baldassarre Cozomko.
** Il Sommario Spagiiuolo comincia in questi precisi termini « Don Bal-
» thasar Colombo de los Segnorcs del Castillo de Cucaro , que es en
» Italia, eii el Ducado de Monferrato en 12 Enero de l'ano passado de
» i583 .... se opuso al pleyto del Estado de Vcragua, diziendo ce
rf E dopo segue così — Porque su parcntesco y decendencia del Fundador e»
4> uua misma , pues ambos dicieudeu de una cepa y tronco , que fuc Lan^a
ÌC)6 RAGGUAGLIO DELLA LITE EC, CAP. Vili,
Dobbiamo adunque riguardar come decisa a favor
nostro la controversia , dopo una confessione così aperta
ricavata per forza della verità, dalla bocca di chi avea
il maggior interesse per contrastarla, e dopo aver posti
in pratica tutti i piìi studiati argomenti per porla in
dubbio; e potrà ciascuno di noi esclamare, con intima
compiacenza , come già Archimede , ho intronalo. Do-
vrebbe pur compiacersene quel colto Signore diLangeac,
che dettò una bella Epistola in versi Francesi riguardante
il Colombo , coronata negli anni addietro dall' Accade-
mia di Marsiglia, nel ravvisare, che la Famiglia di quello
uomo immortale non ebbe né la oscura origine eh' ei
presuppone, ne la breve durata di poco piìi di settanta
anni, com' egli si dava a credere; che anzi sussisteva
molto prima del Colombo , ed avea già prodotti uomini
di chiaro grido, segnatamente nella Milizia Navale , e
sussiste tuttora nell'antica sua prima sede nel Monferrato*.
») Colombo, Segnor de la Villa y Castillo de Cucaro, el qual fue Abuelo
» paterno del dicho Almiranle, y quarto Abuelo del dicho D. Balthasv-
* COLOMB dans ces feri, aprls la découverte de VAmirique. Épitre qui a
remporti le prix de rAcadémie de Marseille , précède d'un précis historique
tur CoLOBiB, par liU te Chef, de Langeac, in 8,<>, Paris 1782.
DI GIANFRAKCESCO GALEÀNI NAPIONE. ign
CAPO IX.
Eslrallù del Consulto del Sordi nella Causa della
successione del j\Iaggiorasco insdluito da Cristoforo
Colombo.
Che r Autore della Storia di Piacenza Pier Maria
Campi non abbia saputo veder la luce del vero , che
sfavillava dalle Carte eh' ebbe avanti agli occhi, giacche,
se a lui note non furono per avventura le Allegazioni
succcnnate pubblicatesi nell'anno i5g4, vide però il
Sommario della Causa per la successione del Maggio-
rasco fondato da Colombo , stampato in Madrid nel
iSgo, non ne faremo meraviglia nessuna*. La preven-
zione che il Colombo fosse Piacentino, e l'impegno di
non trovar in esse Carte ciò che era contrario al suo
intento ; in somma la lodevole , ma ingannatrice passione
dell' amor della Patria , gli fece velo all' intelletto. Molto
più singoiar cosa si è, che I'Alghisi, il quale ebbe la
* Il Campi non solo avea gi;"l fissato il suo sistema, ma avea in oltre,
come confessa egli medesimo, stesa gran parte del suo Islorlco discorso
circa la Patria ili Cristoforo CoiOMEo , quando gli capitò il Sommario Spa-
glinolo ( V. p. 243 ) : fece pertanto a un dipresso quello , che diccsi che
facesse certo Storico , quando , speditegli le Memorie originali di un asse-
dio da inserirsi nella sua Opera , mentre 1' avea già immaginato e descritto
a suo senno , rispose jncrescerli , che tali Memorie giunte fossero tardi ,
e che il suo assedio era già fatto.
ICjS ESTRATTO DEL CONSULTO DEL SORDI EC. , CAP. IX,
sorte di aver fra le mani tutti questi Documenti , e che
intendeva valersene per assicurar al Monferrato la gloria
di aver prodotto il Colombo , non abbia saputo trarne
partito. Dico cosi , perchè in quel lungo Articolo dove
tesse la Genealogia de' Signori Colombo Feudatarj di
Cuccaro, parla bensì della gita di Baldassarre Colombo
in Ispagna per promovere le sue ragioni , onde conse-
guire il possesso del Maggiorasco posseduto dall' ultimo
Duca di Beragua; ma di ciò che forma il più stringente
argomento , per provare che il Colombo fu infallante-
mente della Famiglia de' Feudatarj di Cuccaro, non tocca
né punto nò poco ; e questo consiste nello essere stato
riconosciuto ccncordemente da tutti gli Avversar) suoi ,
come Agnato del Colombo, ammessione , la quale, come
si è veduto , furono loro malgrado costretti di fare ia
forza delle più rigorose prove e minuti esami presentati
Aighisi si.r ^^^ Baldassarre. Anzi col conchiudere che fa I'Alghisi
p.'ii.'iib.u,°j'!,'.',.' ^^ nari-azion sua dicendo, che Avversar] così grandi e
potenti, quai erano quelli, con cui Baldassarre piativa,
condussero la Lite per lo spazio di ventisette anni , onde
vi lasciò egli la vita; e che, sottentrato ad essa il Figli-
uolo, con ricevere dodici mila doppie, fece accordo eoa
essi, e si partì di Spagna ^ ritornandosene alla sua Patria,
rende dubbioso ciò che è fuori di controversia. Sembra
in questa guisa , che il punto della Lite, su cui si venne
ad un tale accordo, fosse l'essere, o non il Baldassarre
Agnato del celebre Cristoforo Colombo ; quandoché il
nodo della questione, come si è mostrato, si era ridotto,
DI GIANFRANCESCO CALEANI NAPIONE. igg
non già a contrastargli l' agnazione collo Scopritore
dell' America (intorno al qual punto di fatto non era
rimasto dubbio nessuno), ma bensì a determinare, se,
a seconda delle parole del Teslamcnto di Colombo, chia-
mato fosse al Maggiorasco un discendente da uno Zio pa-
terno del Testatore, a preferenza delle Figlie discendenti
dal Testatore medesimo ; punto di ragione assai più
difficile ed arduo , posta la sottigliezza de' Giureconsulti
neir interpretare le parole e le intenzioni de' Testatori ,
e perciò soggetto al dubbio evento di una Sentenza ,
tuttoché accertato si fosse il punto dell' agnazione di Bal-
dassarre Colombo. Eppure quelle Carte ebbe 1' Alghisi
tutto r agio di esaminarle, avendone avuto copia da As-
canio Colombo Consignore di Cuccaro, ed uno degli
Antenati de' viventi a' giorni nostri. Forse l' essere quel
Sommario in lingua Spagnuola, ed il trattarsi di que-
stione giuridica co' termini usati nel foro, fu il motivo
per cui il buon Religioso Agostiniano non vi si internò
più che tanto.
Ma che diremo noi, se, prescindendo da queste Stampe
Spagnuole in Italia rarissime , si presentasse altra Scrit-
tura forense , da cui tal cosa giù risultava pienamente ?
Scrittura pubblicata sin dal Secolo XVI , di un Giure-
consulto nostro Piemontese, i cui Consulti si ritrovano
quasi in ogni Biblioteca de' nostri As'vocati ? Ciò non
pertanto , dello aver ignorato questo nuovo irrefragabile
Documento per provar la Patria Monferrina del Colombo,
non ne darò biasimo né al Tirabosciii , ne ad alcun
200 ESTRATTO DEL CONSULTO DEL SORDI EC, , CAP. IX,
altro Letterato , che abbia scritto intorno a questa con-
troversia famosa. Il trovarsi si fatta memoria preziosa sep-
pellita in quegli immensi Volumi in ira alle Muse , era
lo stesso come foro, che si giace nelle viscere delle mon-
tagne le pili scoscese; e quando si tratta tra' Letterati di
libri, non si tratta mai di quelli, clic da' Giureconsulti
medesimi non sono tenuti già in conto di libri da leg-
gersi e da studiarsi, ma piuttosto di semplici materiali
stroraenti da venir adoperati al bisogno. Eppure non solo
dalle antiche piìi rozze Leggende , che alla fin fine sono
libri appartenenti alla Storia , si ricavano notizie riguar-
danti il Governo, i costumi, e la Storia delle età rozze,
inn eziandio s'incontrano queste ne' volumi ponderosi ed
indigesti , e massime ne' Consulti de' Giuristi della Scuola
antica di Baldo e di Bartolo , che , anche ne' Secoli
di eleganza e coltura, come furono il Secolo XV, ed il
XVI , perseverarono , e perseverano tuttora ad armarsi
da capo a piedi di barbara dottrina. Sento che v' abbia
chi, non lasciandosi sbigottire da questo ostacolo for-
midabile , abbia, con tanfo pii!i benemerita , quanto piìi
dura, anzi Erculea fatica, ricavato da questo sconosciuto
fonte, facendo spoglio esatto di sì fatto genere di libri,
molte peregrine notizie patrie, che servir potrebbono ,
e giovar moltissimo a chi prendesse una volta a dettare
una Storia del Piemonte*, Opera, che attesa la non
* È slata stampata di fresco una Storia del Piemonte dell' Abate Denina
in Gerraanla; ma è uscita alla luce in liagaa Tedesca.
DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 20I
cuianza della maggior parte , e la incontentabile accu-
ratezza di alcuni pochi , manca tuttora allo nostre
contrade.
Ad ogni modo, venendo al particolare del Colombo,
quegli che ci conservò una irrefragabile prova della
Patria di lui ne' suoi Consulti, si è GiovanPietro Sordi
di Crescentino Senatore nel Senato di Casale, che norl
verso il fine del Secolo XVI , vale a dire del Secolo
slesso in cui mori il Colombo, ed ebbe a dettare per
buona sorte un Consulto, nel mentre che agitavasi in
Ispagna la Lite tra Baldassarre Colombo, e que' potenti
Magnati Spagnuoli. Non ostante che venga il Sohdi detto
dal nossoTTi Dottore di gran fama, e non ostante gli scripi. Pedcm.,
Epigrammi in lode di lui , di due Letterati Monfcrrmi
Stefano Guazzo Autor della Conversazione civile, e di
Rime e Prose, e di Annibale Magnocavalli interlocutor
ne' Dialoghi della Conversazione civile, e non ostante
le replicate edizioni che si fecero de' suoi Consulti*, io
non avrei forse mai cercato quel Volume, se non mi
fosse stato additato il Consulto che riguarda il Colombo, di
cui stimo buona cosa il presentarne un succinto estratto.
Prima di tutto però si vuol riflettere, che quello, che
* I Consulti del Sordi furono stampati secondo il Rossotti in Torino
ed iu Venezia nel iSSg; ve ne ha altra edizione posteriore di Francforl.
11 titolo di questa, che ho sotto gii occhi, si ò il srguenle — Comiliorum
Domini Joan. Petri SuRni I. C. et Senatori! preeclarissimi lib. II, Francoforti
i6i6, V. Cousilium CCXLI, pag- 8oo e scg.
26
202 ESTBATTO DEL CONSULTO DEL SORDI EC. , CAP. ÌX,
nella controversia intorno alla Patria del Colombo, ci
dà vinta la Causa , non è già V eloquenza , ma il silenzio
del Sordi. Stese egli il suo Consulto , dopoché da Bal-
dassarre Colombo eransi già presentate le prove della
agnazion sua col celebre Cristoforo Colombo. Essendo
questo fatto la base di tutti i suoi ragionamenti, sì
darebbe altri a credere, che si diffonda il Sordi per
provarlo. Eppure intorno a questo punto non si trova
neppure una sillaba nel suo Consulto. Qual prova mag-
giore, che in Monferrato il Colombo fosse tenuto senza
dubbio nessuno come della Famiglia de' Signori di Cuc-
caro? E quello che è più, in qual modo si può dimo-
strare più ad evidenza tal cosa, come colla intera e piena
acquiescenza degli Avversai)? Acquiescenza che risulta dal
non farsi parola dal Sordi intorno a sì fatta questione,
quantunque questa questione medesima , secondo quello
che appare dal Sommario , si fosse agitata col maggior
calore, e mettendo in opera tutta la sottigliezza la più
minuta, per non dir cavillosa, della Critica Forense. Non
voglio poi lasciar di avvertire una particolarità, che mi
sembra da notarsi in quel Consulto , e si è , che l' entu-
siasmo dell' amor della Patria , che non potea a meno
di eccilarsi parlando di un uomo qual fu Cristoforo
Colombo , non giunse in nessun modo a riscaldare il
Giureconsulto Consulente. Con freddissima imparzialità
tanta, e sì mirabile parla egli di Cristoforo Colombo, che,
non solamente mai non lo qualifica per Iscopritore del
Nuovo Mondo, ma nemmeno gli è cortese di na bre-
DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONK. 2o3
vlssimo aggiunto di illustre , o di celebre ; ben diverso in
ciò dal Giureconsulto Spagnuolo, che stese le Alloga-
zioni stampate in Madrid ; il che non già ad artificio
del Giureconsulto nostro Monferrino io attribuisco , ma
bensì a quella Stoica indifli-renza, connaturale agli uomini
di quella professione, per tutto ciò che non riguarda di-
rettamente il punto, di cui trattar debbono. In questa
guisa l'Avvocato di Baldassarre Colombo, per rispetto
alia gloria, che pofea venirne alle nostre contrade dallo
esser Patria dello Scopritore delle Indie, lascia traspa-
rire , senza artificio nessuno, una tale e tanta piìi che Filo-
sofica insensibilità, che intorno a questo particolare alle-
gar si potrebbe por testimonio non sospetto, nulla meno,
che se fosse nato egli medesimo nelle Indie.
Ma venendo una volta al punto, ecco quali sieno le
questioni agitate dal Sordi nel suo Consulto, e con qual
ordine vengano discusse. Premette egli, che la disposi-
zione , o sia Codicillo di Cristoforo Colombo , scritto
nell'anno i5o5, di cui constava per rogito di Notajo
in Vagliadolid dell'anno seguente i5oG, era valido ; atte-
soché, quantunque si riferisse ad un Testamento da lui
anteriormente fatto nella Città di Siviglia , conteneva
però ciò che asseriva in esso Testamento aver egli ordi-
nato. Stabilisce perciò il Sordi non potersi porre in
dubbio l'instituzionc, e la sostanza del Maggiorasco. Pre-
messa adunque la validità della disposizione, ecco il punto
della difficoltà, intorno a cui si aggira il Consulto del
Sordi. Trattavasi di determinare , se al Maggiorasco
precil.
ti." II
204 ESTRATTO DEL CONSULTO DEL SORDI EC, GAP. IX ,
instituito da Cristoforo Colombo fosse chiamato Baldas-
sarre Consiguore del Castello di Ciiccaro, e se dovesse
venir preferito alle Femmiue, ed a' discendenti per mezzo
di linea femminile. Prende perciò, secondo il consueto
stile de' Giuristi , ad esporre prima le ragioni che alle-
gar si potevano contro il suo Cliente Baldassarre Co-
ecTi^'N°3°1d ^°^i^<^> 6 ^i''"* queste non vi ha neppure un cenno, che
lasci trasparir che si dubitasse esser egli vero Agnato
del famoso Cristoforo Inslitutor della Primogenitura.
I principali motivi, che si adducono come messi in
campo dagli Avversar] per escludeilo , sono bensì i se-
guenti. E primieramente perchè , sebben Cristoforo Co-
lombo avesse instituito un Maggiorasco de' suoi beni, lo
avea instituito soltanto tra' suoi Discendenti, ed in man-
canza di questi tra i Discendenti de' Fratelli suoi proprj :
ne da. lui si nominano altri Aguati: che chi dicesse,
che il Maggiorasco conteneva eziandio questo caso , era
tenuto a provarlo , essendo., come dice il Sordi con aurea
i.ra*us"sUo"o5U5 schiettezza, il Maggiorasco odioso, e fuori delle regole
»el exorbilans a 1 i t-v •., t . ., . . ,,
ireguiisjurisco- del JJu-itto comunc ; doversi perciò interpretare stretta-
vmiinis , slricle <r> i \ rr i -i t~v ■ i
«debei inierpre- meutc , amuciie Hicno oHeuda il comune Diritto; e che
Ilari , ul uiinus
»ia:dat jus co- quautunquo Cristoforo Colombo , dopo aver enumerate
Comii. cit. ig persone de' Figliuoli e de' B'ratelli, aggiunga*; Che
* Le parole precise di quel Codicillo si hanno in un Albero de Colombi
di Cuccare, che, mentre aoitavasi la Lite iu Ispagna, comparve in Pia-
cenza, e vien recato dyl Campi che allora vivea, nel suo Discorso isjft-
DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 2o5
a' intenda così di uno in altro il Parente più pros-
simo della sua linea ; tuttavia dovei-si iutendere quelle,
parole rispetto a' discendenti da'Figliuoli e da' Fratelli ,
non mai in maniera, che altri, oltre a questi, s'inten-
dano chiamati. In secondo luogo , perchè il Maggiorasco
venne instituito sotto la condizione , se il D. Diego pri-
mogenito di Cristoforo, ed altri primi chiamati, fossero
morti senza prole ; ora siccome il D. Diego avea lasciati
Figliuoli, per conseguente le susseguenti instituzioni fatte,
si aveaao da tener come fatte sotto la condizione della
mancanza de' Figliuoli. In terzo luogo fioalménte, perchè
il IMuggiorasco non si estende al di li del quarto grado ,
ed il Baldassarre Colombo né si trovava entro la quarta
generazione, uè trovavasi congiunto entro al decimo
grado col D. Diego ultimo possessore, e per questa
coricirca la Patria di Cristoforo CoiOMBO : ( Istoria universale di Piacenza
tom. HI, p. 237). Eccole fedelmente trascritte «Io feci il mio raro figlio
« D. Diego hercde di tulli li miei beni, che io avea de juri et de liere-
»dilA, de quale ne feci Majorazgo, et non havendo lui figlio liered©
«maschio legitimo, che herediti D.Fernando mio figlio per la medesima
» munera ; et se lui non haverii figlio hercde legitimo maschio , eh' here-
» diti l'altro mio Fratello, che s'intenda così de uno all'altro il Parente
■n pjìi prossimo olla mia linea, (parole recate dal Sonni) et questo sii per
«sempre, et non herediti Donna, salvo se mancasse che non si trovasse
»huomo, et se questo occorresse, sii la Donna piii prossima alla mia linea».
Le parole recate dal Sonni nel suo Consulto pienamenlc conformi a
questo articolo di Codicillo , ne dimostrano sempre più 1' autcnticil;i , il
che rileva assai lo avvertire, per rispetto a quello , che dovremo dire i«
progresso de' supposti Testamculi di Colombo.
Sorili Consti,
ril. N.' Il e 19.
206 ESTRATTO DEL CONSULTO DEL SORDI EC, GAP. IX,
ragiooe printìipalmente doverne venir escluso : pcrcioccliè
«ella successione de Maggiorasclii si ha riguardo alla
persona dell' ultimo gravato.
Queste erano le ragioni che si allegavano contro Bal-
dassarre Colombo. Qual peso aver possano presso i Giu-
reconsulti, altri potrà determinarlo meglio. A me sol
basta, che tra queste sottigliezze d'interpretazioni, e
l'egole, e massime adottate riguardanti le primogeniture,
non ritrovo il menomo indizio di dubbietà inforno al
punto , che non bastava in favore di D. Baldassarre , e
che per noi importa il tutto, vale a dire il punto della
Agnazione. Non sarà inutile ciò non pertanto lo scorrere
rapidamente i motivi contrarj a'succennati , e sopra i
quali si fonda il Sordi per sostenere il suo assunto;
cioè che il cospicuo Maggiorasco , intorno a cui si con-
tendeva spettar dovesse a D. Baldassarre ; tanto più che
tra questi, nuovi riscontri ritroveremo della indubitata
Agnazione de' Signori di Cuccaro collo Scopritore della
America. Sostiene adunque il Sordi, che a tenor della
disposizione di Cristoforo Colombo , non ostante il sin
qui deltO', dovea essere ammesso D. Baldassarre al pos-
sesso del Maggiorasco, a preferenza di tutti gli altri
chiamati, e segnatamente dei Discendenti dalle Fem-
mine. Di fatti osserva , che constava palesemente , che
Cristoforo Colombo volea conservar le sue sostanze nella,
propria Famiglia ed Agnazione, perche chiamò sempre
i Maschj ; perchè escluse le Femmine dalla successione,
semprechè vi fosse un Maschio ; perchè fece parecchi
DI GIANFRANCESCO GALEANI KAPIONE. 207
gradi di sosliLuzione, ili cui chiamò sempre i Maschj;
perche questa si è la piiucipale ragione , per la quale
s'instituiscono Maggiorasohi , affinchè i beni si conser-
vino indivisi , per decoro , onore c'grandezza delle Fa-
miglie; perchè finalmente, a quest'oggetto appunto che
presso i posteri rimanesse di se perpetua memoria , ed
i posteri suoi venissero riputati, avea impetralo Cristo-
foro Colombo dai Re Cattolici la facoltà d' instituire il
Maggiorasco ; sebbene in verità diremo noi , tanto chiaro
si è il nome di lui , che non abbisognava di posteri ,
come oscurato avea quello di tutti i suoi Antenati ,
ancorché in maie famosi. s . .: ; ■.. 0
Conchiude adunque il Sordi, die, dappoiché D. Bai*
dassarre era della Famiglia ed Agnazione di Colombo,
(ciò che a noi basta) dovea venir ammesso alla suc-
cessione del Maggiorasco , esclusi gli altri Competitori ,
che o erano Femmine , o Discendenti da Femmine , e
che per conseguente sono inabili, e non sono chiamati
ad un Maggiorasco ìnstituito a favor dell'Agnazione; e
che bastava per lui aver provato esser egli congiunto
col Testatore , cioè con Cristoforo Colombo in ottavo
grado , e col D. Diego , che fu 1* ultimo Possessore del
Maggiorasco, nell' undecimo; gradi che confrontano esat-
tamente con quelli segnati nell' Albero, che trovo unito
al Sommario in lingua Spagnuola. Che se ciò bastar per
avventura non potea per dar vinta la Causa del Mag-
giorasco in favore di D. Baldassarre , basta certamente
per dimostrare ad evidenza , che Cristoforo Colombo
1208 ESTRATTO DEL CONSULTO DEL SORDI EC, , CAP. IX,
era uscito dalla Famiglia di que' Gentiluomini Monfer-
rini, e per darla vinta a noi contro tutti coloro, che
ci contrastano , che fosse egli nostro paesano.
Io non mi tratterrò a riferir le obbiezioni contro la
conchiusion sua , che si accinge a sciogliere il Sordi ia
progresso del suo Consulto , perciocché non fanno al caso
nostro. E soltanto degno di considerazione il non rin-
venirsi pure, tra le difficoltà che si vengono sciogliendo
da quel Giureconsulto, ombra veruna di dubbio circa
l'Agnazione di Colombo co'Feudatarj di Cuccaro. Che
anzi, vie più si conferma il grado preciso di Parentela,
che passava tra D. Baldassarre ed il celebre Cristoforo
Colombo, nel risponder che si fa dal Sordi alla obbie-
zione che si desumeva dal non potersi aprire la succes-
sione ad un Maggiorasco, se non è iu favore di chi
trovisi entro il decimo grado; poiché replica, che D.
Baldassarre era congiunto in ottavo grado * con Cristo-
foro Colombo, come appariva dall'Albero dell'Agnazione,
dal che ogni volta più si fa manifesto, che intorno a
quest' Albero Genealogico non vi era questione veruna ,
ne dubbietà; e che, se vi si era stata fatta qualche op-
posizione da prima , erasi in progresso risposto così vit-
toriosamente, che non occorreva più nemmeno di parlarne.
• « Respondeo esse advertemlum quod Don Baldassar est conjunclus
» celavo gradu Don Crisloplioro , ut ex Arbore Agnalionis deprehenàitur».
Sviw. Consti, cit.
DI GIAnFRANCESCO CALEANI NAPIONE. 20g
Non ne pcirleremo neppure noi più oltre, attesocliè
il mettervi più parole sarebbe in certo modo fare sca-
pitare una causa chiarissima , non essendovi spediente
migliore, per rendere oscuro ciò che è cliiaro, e dubbio
quello che è certo , che lo accingersi a dimostrarlo con
minutezza soverchia. Del resto non ci vuol meno che
il trattarsi di far nostro un uomo così grande come il
CoLOAiBO , per divorar la noja di un estratto di un Con-
sulto legale , e di un Consulto in fatto di Primogeni-
ture , mostruosa inslituzione nata dal Gotico orgoglicv
de' Secoli di mezzo, congiunto colla superstiziosa sotti-
gliezza de' Giureconsulti Romani trovata per eludere le
leggi; instituzione però, che ha contribuito a conser-
varci , ed assicurarci il vanto di poter annoverare tra'
nostri paesani 1' uomo , che abbia fatto il miglior uso
delle sue vaste cognizioni , e del suo straordinario inu-
sitato coraggio in una pacifica impresa, il Colombo. Non
altri che il più dotto Geografo de' tempi suoi, come
venne chiamato, potea concepire si vasto disegno; e di
triplice bronzo, assai più che que' primi Navigatori , di
cui parla Orazio , dovea aver cinto il petto , chi , con
un semplice ago calamitato alla mano, osò lanciarsi il
primo in seno all'Oceano immenso.
*7
2 IO SOMMARIO SPAGNOOLO GAP. X ,
CAPO X.
Principali motii>>i allegali nel Sommario della Causa
agilatasi in Ispagna, per dimostrare, che Colombo
era uscito dalla Famiglia de Feudatarj di Cuccar o.
Tuttoché gli argomenti indubitati , e le prove , e le
testimonianze , che da Baldassarre Colombo , e da chi
patrocinava la Causa di lui in Ispagna si presentarono
per dimostrare , che Cristoforo Colombo era uscito dalla
Famiglia de' Feudatarj di Cuccaro , sieno stati di tanto
peso, che obbligarono, senza aspettar Sentenza veruna,
i suoi Avversar) ad arrendersi alla evidenza ; e che questo
argomento solo sia così stringente, che non faccia più
d' uopo di allegar partitamcnte gli altri , poiché in se li
comprende ; sono persuaso ciò non pertanto , che non
riuscirà discaro lo aver sotto gli occhi almeno le ragioni
principali, da cui mossi gli acuti Giureconsulti Spa-
gnuoli , che difendevano le pretensioni di que' Grandi
clienti loro , credettero di dover cedere di buon grado
quel terreno , a cui si gran parte della difesa loro si
riducea, e che per noi importa il tutto. Altronde 1' espo-
sizione di questi motivi, non solo gioverà a mostrare con
quanta acutezza sieno state promosse le ragioni degli
Avversarj nella Causa di Baldassar Colombo e nostra,
onde sempre più vien fuori lucido in mezzo alle ob-
biezioni, e trionfa il vero, ma in oltre non può che
i
DI GIANFRANCESCO GALEAKI KAPIONE. 211
riuscir grata versando iatorno a molte particolarità della
vita, e delle vicende di quell'uomo glande. Il Sommario*
Spagnuolo adunque contiene 1' esame de' leslimonj fattosi
in Moufcrralo , in seguito alla Lettera del Re Filippo
II al Duca di Mantova; le opposizioni che ad esso esame
si fecero da' Patrocinanti degli Avversar] di Baldassarre
Colombo, e le risposte, che per iscioglierle da Baldas-
sarre medesimo si recarono.
Una delle prove, che il rinomato Colombo fosse dei
Cousignori di Cucoaro , è ricavata dalla fama pubblica.
Di questa io ragionerò avanti ogni cosa : perciocché
n'ebbe qualche notizia l'Abate Tìraboscih, ma non ne Tir=i,. sioria
(ltllal.el.Ilal..'oe.
tenne alcun conto, chiamandola una semplice tradizione, "'• p's- 'r^-
la quale ognun sa quanto sfa fallace. Ma ognun sa pa-
rimente, che questo è uno de' ronìucti artifizj consigli^Tti
da' Retori, che quella fama, che si risguarda rome con-
senso di un intero Popolo, e come testimonianza pub-
blica, si ha da chiamare da coloro, cui e contraria, ru- n,,int;i.insi;i.
more diffuso da incerto Autore, cui la credulità diede lu"'' ' ' '"'"'
accrescimento. Ma il poter la fama pubblica aver diversa
origine, obbliga bensì a distinguerla da'vani rumori, ma
non concede mai di poterle n^gar fede, quando porta
seco tutti i caratteri della veracità. E gli Storici , e i
Documenti medesimi , che ci tramandano la memoria
* Questo Sommario ìa Lingua Spngnuola fu stampalo in foglio ia Ma-
ùm\ l'anno iìQo alli cinque di Dicembre.
2 12 SOMMARIO SPAGNUOLO CAP.'X , '
de' fatti, altro non sono, se non la fama pubblica me-
desima espressa in lettere, in vece dì venir tramandata
colle parole: ma nel caso nostro non trattasi di tradi-
zione, trattasi della testimonianza legale di persone, che
dalla viva voce de' contemporanei aveano potuto accer-
tarsi de' fatti. E che ne sia il vero , che Cristoforo
Colombo, ed i suoi fratelli fossero discendenti da' Feu-
datari ^^1 Castello di Cuccaro, e fossero figliuoli di
Domenico Colombo, figliuolo di Lancia, del qu al Lan-
cia era pur figliuolo Franceschino Consignor di esso
sommar.Spagn. Castello in Monferrato , da cui discendeva il Baldassarre
in retta linea, è quello appunto che si ricava, e si ve-
rifica mediante la deposizione giurata di trentanove te-
stimoni. E questi testimonj rendono ragione dell' asser-
2Ìon loro, specificano i tempi e le persone, da cui il
sentirono affermare , e sono tutti nativi de' Luoghi e
Castelli più vicini a Cuccaro , come Vignale , Fubine ,
Conzano , e de' più cospicui del Monferrato , come Coc-
conato, e la Città stessa di Casale. Merita pure riguardo
la qualità de'testimonj maggiore d'ogni eccezione, per-
sone di Chiesa , Gentiluomini della primaria condizione,
tra' quali parecchi de' Conti di Cocconato.
Sommat.N.'ij. ^^ ^^ ^^^ oltre osscrvare in esso Sommario, che i festi-
nionj si riferiscono a cento e venti otto persone, da cui
udirono asserir tal cosa, ed è notabile, che quattro dì
essi , tra' quali tre dello sfesso luogo di Vignale , assi-
curano di averla intesa dalla propria bocca di Secondo
Coinachia dì Vignale, persona assai attempata , che avea
Som. N." z^.
DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 2i3
ConoSCÌiUo lo stesso Ammiraglio Cristoforo Colombo, e
navigato con lui. Dopo i testimouj si riferiscono nel som. n,»!!!
mentovato Sommario parecchi Documenti , che lunga *'^'
ed inutile cosa sarebbe il venir minutamente divisando.
Tra questi si presenta il Diploma dell'anno 1419 d'In-
vestitura concessa a Franceschino e Domenico Ggliuoli
di Lancia Colombo, e ad altri Consorti per lo Feudo
e Castello di Cuccare ; e si adduce la ragione per la
quale non apparisce, che fossero investiti di tal Feudo
il celebi-e Ammiraglio Cristoforo , ed i Fratelli suoi ,
la quale si è, che partirono da quel Castello essendo
giovani, e vivendo ancora il Padre loro; e dichiarano
molti testimouj , che il non aver essi più fatto ritorno
a quel Castello dopo la morte del Padre loro Dome-
nico, si era il vero motivo, per cui non furono investili,
come il sarebbero stati , se vi avessero fatto ritorno.
Non si mancò di allegare in contrario da uno degli
Avversar)' di Baldassarre Colombo , che Cristoforo non
potea essere del luogo di Cuccaro , attesoché , essendo
egli in età di quarant' anni , stava in Genova, e non
fu a Cuccaro, essendo così vicino; e si presentò ia
questo proposito dal predetto Avversario un luogo della
Storia di Pietro Martire di Aughiera, il qual dice,
the essendo l'Ammiraglio in età di quarant' anni, pro-
pose alla Signoria di Genova lo scoprimento delle hidic.
La risposta , che a questa obbiezione si fece da D. Bal-
dassarre, oltre allo essere vittoriosa e convincente, con-
tiene diverse particolarità notabili intorno alle epoche
Som. N. iS.ij.
•21 4 SOMMARIO SPA.GNU0LO CAP. X,
più sostanziati della vita di Cristoforo. Risultava (ed ìa
questo punto non v'era controversia tra le Parti), che
Cristoforo Colombo era nato nell'anno 1437, e che
cominciato avea a navigare in età di quattordici anni ,
vale a dire nell' anno 1461 , e navigato avea 26 anni con-
tinui senza mai scender dal mare , e quando prese terra,
fu fa Lisbona, ove si ammogliò, e \h erasi stabilito
nell'anno 1474, continuando a navigare sino all'anno
1484, in cui venne a Cordova a far la proposta dello
scoprimento delle Indie a' Re Cattolici, il che lo trat-
ìenne sino all'anno i49^' ^^^^ ^^ l'anno memorabile
dello scoprimento del Nuovo Mondo , dove fece tre
altri viaggi , sino a tanto che mori. Da tutto questo sì
conchiude, che non può sussistere in vcrun modo ciò
che asserisce Pietro Martire , che sia stalo Colombo in
Genova a proporre il suo discoprimenlo a quella Re-
pubblica, essendo egli in età di quarant' anni; tanto pii!i
che in quella età, cioè nell'anno 1477, trovavasi, sic-
come narra egli medesimo, nella Frislandia.
Io non mi diUinglierò maggiormente intorno a questo
errore preso da Pietro Martire , seguito poscia dagli
Storici Genovesi, tolti i due più antichi Antonio Gallo,
ed il Senarega, e quindi da tutti i moderni, dicendo,
che Colombo proponesse il disogno dello scoprimento
V. sipra c-p. del Nuovo Mondo alla Signoria di Genova: poiché già
in altro proposito ne ho ragionato abbastanza. Non voglio
però lasciar di avvertire, che il fatto, secondo che si
ritrae da questo Sommario Spagnuolo, è pienamente con-
1
DI GUNFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 2l5
Torme alla narrazione già sopracceiinata del celebre Gian
Pietro Maffei , che inroraiatissiuio era di que' successi ,
come quegli che nella età sua più florida avea esercitati
in Genova verso la metà del Secolo XV'I, prima 1' im-
piego di Professore di Eloquenza , e quindi il carico
rilevante di Segretario della Repubblica , secondo l'uso
di quella età , in cui non si riputavano incapaci df
maneggiare gli aflàri pubblici quelli, che professavano y.Sfrrani.Tira
elegante letteratura : quindi recatosi , già fatto Gesuita , Mairei,rrinie»j
*-■ ' •' ' o ' 3|i^, jm opere.
in Lisbona, scrisse sulle piìi certe notizie che gli furono j^I[JLeiI.n^['^
somministrate, per ordine del Cardinale, poi Re, Enrico pjg.'j^i'.'"^*"'
di Portogallo , una piena Storia delle Indie , terminata
poscia e pubblicata sotto gli auspicj del Re di Spagna
Filippo II , in potere di cui era passato quel Regno.
Ora questo celebre e colto del pari, che diligente Sto-
rico , non solo non fa cenno nessuno di questa proposta
fatta dal Colombo, come si pretende da Pietro Martire,
a" Genovesi , ma sostanzialmente la nega dicendo , che il
Colombo , prima che a verun altro Potentato , la fece al
Ro di Portogallo * , e che essendo stato sprezzato il suo
* « Crislophorus Columbus Lìgur ingealis animi vir, et rei Naulicae in
» primis perilus ex Astronomica Disciplina, et nonnullis velerum monu-
» uieiilis, statuii trans Doti orbis temiiuos magna terraium apatia ctiam ia
» Occidtntem patere. Dein experiuudi et cognoscendi studio , quod sino
i) magno apparalu ea res tentari non posset , Lusitano ante omnes Regi eam
» e.Ypediliuneui suasit suam in id operam et industriam enixe detulit. A
» quo lejecius, lamquam ioauia et fabulosa aiTerretj nd fioitimum Castella:
2l6 SOMMARIO SPAGNUOLO CAP. X,
discguo, come vano e romanzesco da quel Re, si recò
a farne la proposta al vicino Monarca di Castlglia. Dove
è anche da notarsi, che nel numero stesso degli anni,
in cui perseverò il Colombo con costanza mirabile in
. quella pratica, proponendo parliti per quella spedizione,
vale a dire un settennio , è pienamente d' accordo il
Maéfei col Sommario , dal che si raccoglie , che agli
slessi fonti sinceri aveanó attinte le; loto notizie, sia
l'elegante Storico, àia il Difensore della Causa di Balr
dassar Colombo e nostra.
Pei* coi'roborare la discendenza di Colombo da' Feu-
idat^rj, di ^uccaro , altra prova si ricava eziandio nel
Sommario Spagnuolo dal grado certo e preciso di Pa-
rentela e consanguinità , che passava tra i Signori Co-
storie di D. LOMBO di Cuccaro , e quelli di Piacenza. Ragionasi adun-
«p. i. ' que in quel Sommario nella conformità seguente. Dice
D. Fernando Colombo nella Storia della vita del Padre,
che' ia Piacenza vi erano alcune onorate persone della
sua Famiglia, e sepolcri con armi gentilizie, ed iscrizioni
Som. spagn. dc' CoLOMBi. Ora provaudosi ( si prosiegue a dire ) , che
i Colombi di Piacenza erano , e sono una stessa Famiglia
» Regem Fernandum eodem Consilio se se contulit. Ibi, cum nihilo magis
» audiretur, invida qiiadnm animi pertinacia to/am yère septennium vorando
») rppulsus, urgendo, instandoque, per se et per amicos tandem aliquando
« pervicit , ut ili eam inquisilionem tria sibi regio sumptu adornata navi-
» già ad Hispalim orae Beticae praebereulur ». Jo, Peiri M^FFEi Hisl. Indie,
ìib. 1, pag.'ii, 33, Coloniae iSgo.
DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. lìf
con quelli di Cuccaro, ne viene per necessaiia conse-
guenza, che r Ammiraglio Ciistofbio era di Cuccaro,
e della famiglia de' Feudatari di quel Castello. Molle
sono le prove, che si adducono della identità della Fa-
miglia^ divisa in qua' due rami di Piacenza e di Cuccaro ;
e se ne additeranno brevemente alcune delle più con-
chiudenli. Lasciando adunque in disparte e le attesta-
zioni de' tcstimonj , e gli ufllcj di amistà e di cortesia
soliti praticarsi tra' Parenti , due Carte basteranno a porre
la cosa in manifesta luce. Da una Investitura dell' anno
1427 consta, che Petrino Colombo abitante in Piacenza, «..umar. num.
e Ferrarino abitante nel Castello di Cuccaro , erano fra-
telli e figliuoli di Delfino Colombo di Cuccaro, e che
il predetto Ferrarino fu investito tanto in nome proprio,
che in nome di Pctrino assente , della porzione del
Feudo che pò sedeva il Padre loro in esso Castello.
Di questa Investitura , che è in data degli undici del
mese di Aprile del mentovato anno 1427 , ne avea tro-
vato memoria nel registro de' Feudi, che esisteva negli
Archivj della già Regia Camera de' Conti di Torino , il
diligentissimo Raccoglitore di cose patrie , il signor
Giuseppe Vernazza Freney , da cui mi venne gentil-
mente comunicata. Da un' altra Carta poi riferita pari-
mente nel Sommario si ritrae, che' Petrino Colombo
residente in Piacenza era in corrispondenza con Ferra-
rino suo fratello. Questa contiene un istromento di Pro-
cura dell'anno i44'' spedito nella mentovata città di
Piacenza da Petrino a Ferrarino suo fratello abitante iu
28
2l8 SOMMARIO SPAGNUOLO GAP. X ,
goa N 5' Cuccaro. Cou Documenti autentici si tesse poi la genea-
logia di questo Delfino figliuolo di un Antonio, il quale
Antonio figliuolo era di un Enrico , e figliuoli entrambi
di Terrario comune stipite de' Colombi di Cuccaro e di
Som. N. 48. Piacenza. Non è necessario di accennare quanto si narra
in esso Sommario di un Ecclesiastico, il quale attcsta,
che nel recarsi a Roma nell'anno i55o , passando per
Piacenza, presentò una Lettera di favore scritta da Gian-
Giorgio , e da Bonifacio dc'Fcudatarj di Cuccaro ad un
Gentiluomo della casa Colombo di Piacenza , il quale
il regalò , il trattenne , e ragionando cou lui della sua
Famiglia e Parentela, disse, che i Colombi di Piacenza
discendeano dai Signori di Cuccaro , e gli fece vedere
le Investiture succennate concedute a Petriuo. Non si
lascia di avvertire , che le armi gentilizie de' Colombi
di Piacenza erano le stesse come quelle che portava il
celebratissimo Ammiraglio in Ispagna prima dello sco-
primento delie Indie, ed in tutto conformi a quelle di
Baldassarre Colombo, che sono Colombi d'argento in
campo azzurro.
Un argomento de' più conchiudentl , per provar sempre
più la stessa verità della discendenza di Cristoforo Co-
lombo da'Feudatarj di Cuccaro, si deriva dall' altra Pa-
rentela, che teneva il medesimo con i Colombi stabiliti
in Cogoreo, terra della Riviera di Genova, e discen-
denti pure da' predetti Feudatarj di Cuccaro , Parentela ,
che del pari di quella con i Colombi di Piacenza , diede
origine a far credere dagli uni Piacentino , dagli altri
Som. N. 59.
.'■'om. N. 74.
DI GIANFRAKCESCO GALEANI HAPIONE. 219
di Cogoreo Io stesso Cristoforo Colombo. Provasi per- g^^, j^. 5,^ ,
tanto con autentici Documenti ed Investiture , che dal "^'
precitato Sommario risulta essere state presentate, clie
Ferrario Colombo Signore del Castello di Cuccaro posto
nell'Albero per comune stipite, e ceppo di tutta la pro-
sapia de' Colombi, ebbe tre figliuoli, cioè Eurico , Fran-
cesco ed Antonio. Dall'Enrico vivente neli3/(.i nacquero
Nicolò e Lancia. Lancia fu Avolo dell' immortale Cristo-
foro. Nicolò si stabili in Cogoreo nella Riviera di Ge-
nova, ed ebbe due figliuoli, il primo de' quali si chiamò
Bartolommeo, ed il secondo Cristoforo ,. nomi, che die-
dero origine a' parecchi sbagli , ed a far confondere
questo primo Cristoforo Cugino carnale di Domenico ,
col suo Nipote-Cugino assai più celebre Io Scopritore
delle Indie, che avea lo stesso nome; tanto più che il
fratello del primo Cristoforo chiamossi pure Bartolom-
meo , come il fratello del secondo. Aggiungasi che il
primo Cristoforo Zio-Cugino del celebratissimo Colombo-
fu parimente uomo di mare, anzi Ammiraglio famoso,
e che secondo ogni verosimiglianza, Domenico diede
a' figliuoli suoi il nome medesimo dei due suoi Cugini ,
perchè uomini di più splendida fortuna , ed in ispecic
il nome di Cristoforo a quello tra essi , che avea desti-
nato a militare sin dagli anni più giovanili col suo va-
loroso congiunto.
Queste particolarità, che mi sembrano curiose, e che,
nel mentre che dileguano parecchi equivoci , riescono di
una nuova evidente riprova della discendenza di Colombo
220 SOMMARIO SPACNUOLO' CAP. X,
da' Feuclatarj di Cuccaro , meritano qualche speciale disa-
niina. Per via di testimonj , di Dichiarazioni di Ufficiali
puJjblici, e di Scritture autentiche si dimostra, che Ni-
colò Colombo stabilitosi in Cogoreo ebbe i due figlinoli
succeunati , il primo de' quali si chiamò Bartolommeo ,
Som. N. 67. ^^ ^^ secondo Cristoforo. Citasi una Carta di Procura
fatta nell'anno 1461 da Bartolommeo Colombo figliuolo,
(come in essa si esprime) di Nicolò, tanto in nome pro-
prio , che di Cristoforo suo fratello assente. Da questo
Bartolommeo di Cogoreto, come si giustificò per via di
autentici Documenti accennati nello stesso Sommario ,
discese un Bernardo Colombo, il quale, tosto estinta
Som. Dum.;3 , ... ,
•74- la discendenza maschile del celebre Cristoforo in Ispagna,
si recò colà a far parti per ottenere il dovizioso e
principesco Maggiorasco da lui instituito. Ma per aver
questi falsamente preteso , con informazioni presentate
nell'anno i583, che discendeva da Bartolommeo Colombo
fratello dello Scopritore delle Indie, quandoché discen-
dea realmente da un altro Bartolommeo fratello di quel
primo Cristoforo , di cui si è ragionato , il quale Barto-
lommeo era perciò Zio-Cugino bensì, ma non già fra-
tello dello Institutore del Maggiorasco, venne dal Con-
siglio delle Indie rigettata l'opposizione fatta a Baldas-
sarre dal mentovato Bernardo Colombo di Cogoreo. Dalle
Carte però presentate da esso Bernardo Colombo mani-
festamente si venne a provare il grado preciso di Pa-
rentela , che passava tra i Colombi di Cogoreo , ed il
famoso Ammiraglio Cristoforo di Cuccaro : poiché si
DI GIANFRAKCESCO CAI.EANI NAPIONE. 221
provò, che Nicolò Colombo che si stabili in Cogoreo ,
e da cui discendeva il succennato Bernardo, era fratello
di Lancia Colombo di Cuccnro, Avolo del cclebratis-
slmo Colombo, ed Avolo parimente di Bonifacio Bisa- som. N. t?.
volo di D. Baldassarre, come si dimostra nel Sommario ,
e risulta dall'Albero Genealogico. Dal che tutto, come
si conchiude in esso Sommario * , chiaramente si viene
a conoscere , che Cristoforo Colombo era di Cuccaro ,
e non già di Cogoreo , né di Piacenza , ma bensì che i
Colombi e di Piacenza, e di Cogoreo erano di Cuccaro.
Anche lo Storico Herreka accenna i Documenti che
mostravano la comune origine di questi diversi rami
della Famiglia Colombo.
Del rimanente, che quel Colombo detto per sopra-
nome il Giovane , parente di Cristofoio lo Scopritor
delle Indie , con cui egli navigò, dalla prima età sua di
anni quattordici, per lo spazio di ventitré anni, fosse
quel suo Zio-Cugino , per nome anche Cristoforo , di
cui si è ragionato testé, vien dimostrato nel Sommario e 7°.
Spaguuolo , dove si toccano le segnalate sue imprese ,
ed il chiaro e formidabile nome, che di lui si era sparso
*" Con queclarainentp se conoce, que el AlmJrante D. Christoval era de
» Cuccaro, corno se ha provado , y no de Cugureo, ni de Plaseacia , sino que
» los CoLOMBOS de Plasencia y de Cugureo eran de Cuccaro , corno se ha
» provado y parece por el Arbol N.° yS: /' IlEnnsitA Hlst. lom. I; por
» otras Escriliiras parece, que los CoLOMBOS de Cucaro, Cucurco , y
» Plasencia eraa unos mismos.
222 SOiMMAttlO SPACNUOLO CAP. X,
per tutte le spiagge del mare , e tra gli Infedeli , pe?
la potente annata che traca seco, ed in ispecie per là
sconfìtta data a' Veneziani al Capo di S. Vincenzo, dì
cui parlano gli Storici , come si è detto altra volta. Ed
•affinchè ogni volta più si venga a confermare quanto
si uaiTa della grandezza di questo Capitano di mare ,
avvilito a segno di confondei-Io con un semplice Cor-
saro, si allega pure nello stesso Sommario l'autorevole
.)f^Ara»on'"i\ì!! testimonianza dello Zurita illustre Storica di Aragona ,
'^6^ui?'n/io3. dove parla della venuta del Capitano Colombo coli' Ar-
mata di mare del Re di Francia alla Costa di Biscaja
nei mese di Agosto dell'anno 147^? con dodici Navi e
cinque Caravelle, e due mila Soldati, per levare il Re
di Portogallo , e condurlo in B'rancia. Non potea adunque
Cristoforo Colombo vantarsi di non essere il primo
Ammiraglio di sua Famiglia ? E siccome questo Capitano
di mare veniva chiamato Colombo il Giovane a diffe-
renza di un altro dello stesso Casato , stato grand' uomo
di mare prima i di lui, si mostra nel Sommario non
aver questi potuto esser altri fuorché Francesco Colombo,
che dall' Albero Genealogico appare non aver lasciato
discendenza in Cuccaro , che fu Zio di Nicolò padre
dell' Ammiraglio Cristoforo di Cogoreo , e fu Zio
^^Som. x.64,e pgj,j^gj^{g di Lancia Avolo paterno (\q[\' Al mirante
Don Cristoforo di Cuccaro, come chiama lo Scrittore
Spagnuolo il rinomatissimo Colombo.
Provandosi ad evidenza in quel Sommario , che il
Capitano di mare del Re di Francia, sotto cui Colombo
DX GIANFRANCESCO CALEAKI KAPIONE. 223
apprese i rudimenti deJla faticosa e dura Milizia mari-
naresca era suo parente, e della stirpe illustre de' Fcu-
datarj di Cuccaro, resta pure, anche in' nuova e diversa
maniera ad evidenza dimostralo , che dalla stessa Fami-
glia dovea essere uscito lo Scopritore del Nuovo Mondo.
Le particolarità poi che riguardano l' Institufore di uà
uomo così grande qual fu il Colombo, mi pare, che,
prescindendo da ogni altro riguardo , degne sieno della
attenzione di tutti coloro , che hanno in quel concetto ,
in cui aver si debbono i personaggi della umanità piìi
benemeriti. Non mi sì darà biasimo pertanto, se mi
sono trattenuto a ricercarne l'origine, e le vicende al-
quanto minutamente.
CAPO XI.
Conformila tra il contentilo nel Sommario della
Causa agitatasi i?i Ispagna , e quanto narra circa
il Colouìbo il Jìgliuolo di lui D. Ferdinando nelle
sue Storie.
Vaa. parte considerabile del Sommario in Lingua
Spagnuola , di cui ho intrapreso a ragionare, s'aggira
intorno alla conformità, che passa tra quello che risulta
dalle Carte, e prove giuridiche messe in campo in quella
Lite per parte di Baldassar Colombo, con quanto viea
narrando D. Ferdinando Colombo nella vita del Padre,
conformità , dalla quale forza maggiore ed evidenza vi-
cendevolmente ricevono. In alcune parti il Sommario
224 conformità' TRA IL SOM. E LA STORIA, EC.,CAP. XI,
serve a dir così di Comentaiio e d illustrazione ad essa
vita , ed iu altre di supplemento. Giacché adunque questa
Scrittura Forense ( caso non troppo frequente ) serve a
porger lame alla Storia, ed alla Storia dello Scopritor
dell'America, non sarà grave il continuare a scorrerlo,
e rilevar gli Annedoti che contiene.
^ .' Già abbiam veduto, che la Parentela di Colombo eoa
quelli dello stesso Cognome, che erano in Piacenza, ed
in Cogoreo presso Genova, soltanto accennata di volo
da Ferdinando, resta accertata, mediante quelle memo-
rie, mettendosi in chiaro il luogo originario onde eransi
partiti que' due rami, vale a dire il Castello di Cuccaro,
scoprendosi la Genealogia loro , ed il grado preciso in
cui erano congiunti con Colombo. Con quanto poi si
è divisato, seguendo la scorta di quelle Memorie, intorno
a' due Ammiragli > ^ ^^^ Capitani di mare , e segnata-
mente a quello detto Colombo il Giovane, resta liberato
da ogni inopportuna taccia di vanità quanto dice Co-
sior.aiD.Fcr LOMBO medesimo presso il figliuolo suo D. Ferdinando,
's'oibVk'joiÌ t^hs non era egli il primo Ammiraglio della sua Fa-
miglia : si spiega pure , come a buona ragione dir potesse
il suo Padre, che i suoi Maggiori erano stati gente di
mare; e probabilmente il fu anche Domenico Padre di
lui, tuttoché alla marineria mercantile attendesse sol-
tanto, non alla militare. Ad ogni modo si osserva nel
mentovato Sommario , che di questi illusti-i suoi Mag-
giori parla replicatamente D. Ferdinando ; e che di questi
*^ &>m?"N "io8 '^^^^ iui^eirogati que' due suoi Congiunti di Cogoreo, ,
DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 225
ì quali, per soverchia vecchiaja, non seppero dargliene
contezza. ]\Ia vediamo ora altri più minuti e curiosi ris-
contri di questa conformità mirabile, che passa tra la
narrazione di D. Ferdinando Colombo, e le Scritture e
Diplomi della Famiglia de' E'eudatarj di Cuccaro riferiti
in quel Sommario.
Dice D. Ferdinando, clie, essendo i Genitori dell' Almi-
rante Cristoforo per le guerre e parli di Lombardia sior. a\ Firi
venuti in basso stato, e ridotti in povertà, non avca
trovato (o forse non avca voluto manifestare) come vi-
vessero. Ora D. Baldassarre Colombo prova , che gli
Antecessori di Colombo erano Lombardi di Cuccaro, e
que' medesimi , che di facoltosi erano diventali poveri.
Mostra egli, che nell'anno iS/fi Enrico, Francesco,
ed Antonio Colombo figliuoli di Ferraiio furono inve-
stili de' Castelli di Cuccaro, Conzano, Rosignano , Lù,
Altavilla, e di altri Luoghi; ma che nell'anno i4o5.
Lancia Colombo, figliuolo di uno de' succennati Fratelli,
cioè di Enrico , non lasciò a' suoi figliuoli , che erano
sei, altro, se non se la parte, che tenea di Cuccaro e
di Conzano , per aver perdute le altre Castella nelle
Guerre e Fazioni di Lombardia; e che nel 14 '9 Dome-
nico Colombo, uno de' sei figliuoli del predetto Lancia ,
e Padre di Cristoforo Colombo , non fu più investito , se
non se della decima ottava parte del Castello mento-
vato di Cuccaro ; cosicché la parie che avrebbe toccalo
a Cristoforo Colombo , non sarebbe giunta a quaranta
Ducati di entrata, o forse a meno. Anche nelle Allegazioni
Soia. DinD.7t
2'J.G conformità' tra il som. e la storia EC. , GAP. xt,
.,. . ^ stampate in Madrid si asserisce, che la rendita del Castello
t)uc. , B.raguaf jj Cuccaro uon eccedeva mille scudi d'oro, e che do-
vendosi partire tra venti Consiguori circa, quando Dome-
nico CoLOiMBo ne fu investito, manifestamente appariva,
che, di ricchi che erano i suoi Maggiori, erano divenuti
poveri.
Di questa sciagura toccata a que' Gentiluomini , cer-
tamente ne poterono esser cagione le lunghe guerre ,
che dopo la metà del Secolo XIV sino a que' tempi
aveauo devastata la Lombardia, ed in cui i Feudatarj ,
posto il rigoroso sistema Feudale di quella età, doveano
sostenerne si gran parte , intorno alle quali guerre si
possono vedere gli Storici contemporanei, ed in ispecie il
Cronista del Monferrato Benvenuto di S. Giorgio. Ma non
si può negare , che contribuito vi abbia pur grandemente
l'uso de' Gentiluomini di allora, di ammogliarsi tutti,
ed in questa guisa moltiplicarsi oltremodo ; costume, che
conservava le famiglie, ma non poteva far a meno dì
ridurne in estreme angustie que' Rami, in cui veniva a
meno l'industria, l'attività, ed il valore; come allo
incontro , l' uso introdottosi in appresso delle Primoge-
niture, conservando le ricchezze, tante illustri Famiglie
sradicò onninamente. Di quella prima usanza non è ne-
cessario recarne esempj , poiché ne' Villani, ed in tutte
le Croniche e Memorie de' Secoli antichi sino al Secolo
XVI, se ne incontrano infiniti. Il Marchese Maffei nella
sua Verona illustrata, parlando de' suoi Antenati, dice
piacevolmente, che, di sette Fratelli, che si trovarono
DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIOKE. 227
nella sua Famiglia, tutti sottesi ammogliarono, per ti-
more che andasse spenta. Tale dobbiam credere che
fosse il caso degli Antenati di Cristoforo Colombo; se
non che il Padre di lui , in vece di lasciarsi dalla po-
vertà avvilire , si recò in contrada, dove più facile gli
fosse lo attendere a'irafllci, ed in tal modo sovvenne
a' suoi bisogni e della Famiglia, e potè nudrir alle Let-
tere ed alla Milizia di mare Cristoforo, e gli altri fi-
gliuoli suoi nel modo che si è accennato. Lo essersi
mostrato , che non più di cinquanta scudi di annua
entrata toccar gli potevano, è una prova manifesta, che
dovette egli attendere ai traffici, e supplire in questa
guisa alle ingiurie della fortuna.
Tra le opposizioni , che vennero fatte a D. Baldassarre
Colombo da' suoi Avversar) in Ispagna, per mettere in
dubbio, che Cristoforo Colombo fosse uscito da' Feuda-
tari di Cuccano, una si fu, che non avesse procurato
di condurre nella sua famosa spedizione alcuni de' Pa-
renti ed aderenti suoi dal Monferrato. Nel rispondere a
questa studiata difficoltà , si reca nel Sommario il luogo
della vita di lui, scritta da D. Ferdinando, dove nar-
rasi, che navigò seco al Nuovo Mondo im suo Parente di^.°rap'.Lxv.''
per nome Giovan-Antonio Colombo, e che nel viaggio
per le Indie intrapreso nel 1498, era uno de' Capitani
delle navi, che seguivano l'avventurato suo Congiunto;
ma nel Sommario si dimostra, che questo Giovan-Antonio
Colombo , morto in Ispagna due anni dopo Cristoforo
Colombo, cioè nell' anno i5o8, era della stessa Famiglia ^s ,1.. s. 91 e
228 conformità' tra il som. e la storia EC. , CAP. XI ,
de' Consignori di Cuccaco , e Fratello di Gian-Battistn,
Colombino, e Giovan Giorgio, investili nell'anno i532
delle porzioni loro del Feudo di Cuccaro. Dal che si
raccoglie, non solo che esso Giovan- Antonio era della
Famiglia di Cristoforo Colombo, ma il grado preciso di
Parentela con lui.
Osservasi poscia , che altri Parenti di lui , e persone
sior, dio. Fcr- native di Lombardia vengono additate da D. Ferdinando,
din.cap.XCVlI. . . . ...
Som. N. 95 e come Compagni delle memorabili sue navigazioni, e spe-
cialmente Secondo Cornachia del Luogo di Vignale, e
Michele Balestrerò del Luogo di Fubine , il qual uhimo
non fece mai più ritorno in. Monferrato. Di questo Mi-
Slor.di n.Fer-
<iin.c.Lxxviii. chele Balestrerò parla D. Ferdinando , qualificandolo
Alcayde, o sia Governatore dell'Isola della Concezione;
ma nel Sommario si specifica la Patria di lui Fubine,
attestandosi tal cosa da pii!i testimonj ; e si aggiunge ,
oap. vili, '■ che, sebbene r Oviedo abbia lasciato scritto, che Michele
Balestrerò fosse Catalano , non se ne dovea far mera-
viglia: perciocché allo stesso modo che sbagliò egli ris-
petto alla Patria di Cristoforo Colombo , che disse essere
Cogoreo, prese anche errore per ciò che appartiene alla
patria di Michele Balestrerò; dappoiché più testimonj
affermavano con giuramento, che era questi partito da
Fubine per navigare col Colombo , lasciando in quel
Luogo altri parenti suoi dello stesso cognome de' Bale-
streri, e dappoiché i testimonj allegati aveano udito af-
fermarsi tal cosa prima , che 1' Oviedo scrivesse la sua
Storia pubblicata nell'anno 1647, dovendosi far troppo
CI CIANFIVA^'CESCO CALEANI NAPIONE. 2C9
maggior caso di tcstimouj , che Io aHcrniavano di pro-
posito, e cou giuramento, di quello che far si debba dì
uno Scrittole, che ne tocca incidentemente. Non ho sti-
mato inutile lo esteudermi intorno a questi particolari,
non tanto perchè curiosi, a parer mio, quanto affinchè
aver si possa un saggio dell'impegno, e dell'acutezza,
con cui si contrastò palmo a palmo, a dir così, il ter-
reno dagli Avversar) , e del discernimento , cou cui si
trattò quella Causa dai Difensori di Baldassarre Co-
lombo ; cosicché, se dovettero gli Avversar] suoi cessare
da ogni opposizione sul punto della origine di Colombo
dalla Famiglia de'Fcudatnrj di Cuccaro , si è perchè vana
fatica si era lo impugnarlo, chiudendo gli occhi al lume
incontrastabile del vero; onde i Difensori di Baldassarre
colla forza della evidenza espugnarono il consenso loro.
Un altro punto, che sempre più dà a divedere la con-
formità mirabile, che passa tra la narrazione di D. Ferdi-
nando , e le Memorie e prove, sulle quali si fondano le
asserzioni contenute nel Sommario, si è ciò che in esso
si allega intorno alla Patria di Cristoforo Colombo. Pre-
teudea uno degli Avversar) di provare, che Cristoforo Som. n. uS,
Colombo non era della Famiglia de' Signori di Cuccaro:
perciocché, (secondo questo Avversario di D. Baldas-
sarre) Colombo medesimo dice, che nato era in Genova ,
e molti Scrittori autorevoli il dicono Genovese, o della
Liguria, e non di Cuccaro, che è in Lombardia, Pro-
vincia affatto distinta dalla Liguria. Ne inferiva poi, che
se il Colombo era o Genovese , o di un Luogo del
23o conformità' tra il som. e la storia ec.,cap. xr,
Genovesato , nou poteva essci- egli figliuolo di Domenico
CoDsignorc di Cuccalo. Da tutto questo si raccoglie ,
che erasi fatto uso dagli Avversar] di Baldassarre del
preteso Testamento del Colombo , su cui si fondano
V. cap. IV. tutti coloro, che il dicono Genovese. Di questo Testa-
mento già si è toccato piìi sopra. Ora è necessario il
parlarne alquanto piìi .di proposito.
Dice in esso chiaramente Cristoforo di esser nato in
Genova ; lascia al Banco di S. Giorgio , in prova della
sua afiezione verso la Patria , la decima parte delle sue
entrate , e si spiega essere precisa intenzion sua , che
uno de' suoi Discendenti vada a stabilirsi in quella Città,
Campi Dijc. e vì tenga casa aperta. Ma il Campi, dopo di averlo
esaminato attentamente, non teme di asserire esser falso
quel Testamento , perchè i Genovesi non cercarono mai
di farlo eseguire , quantunque si trattasse di una somma
considerabilissima da esigersi ogni anno; e non sola-
mente non mostrarono sollecitudine nessuna di conse-
guire il supposto opulento Legato , ma neppure fecero
parti per mostrare, che Colombo fosse Genovese, qua-
lora si mossero i Colombi di Cuccaro dopo l'anno 1B72,
essendo mancata la discendenza maschile di Colombo in
Ispagna ; esser falso , perchè D. Ferdinando non ne
parlò mai nella sua Storia , e non ei-a certamente cosa
da omettersi , perchè cosa per se grandissima , e che
tornava in onore del Padre di lui ; falso finalmente ,
perchè i Genovesi non ne fecero pur motto a Ferdi-
nando venuto in Genova , per cercar della origine del
DI CIANFRAKCESCO GALEANI NAPIONE. 23 I
Padre suo. Riflette parimente il Campi , che, se tale
Legato fosse stato vero, la Repubblica di Genova pos-
sente e ricca , non solo non avrebbe trascurata spesa , né
fatica per sì grande e perpetua entrata , ma la Repub-
blica , e lo stesso Banco di S. Giorgio avrebbero in
onore del loro benefico Eroe , e per perpetuar la gloria
di aver dato alla luce lo Scopritor dell'America, cretto
Statua di bronzo, o di marmo, il che, ossei'va il Campi ,
suole essa fare, anche per cagioni mcn rilevanti. Di fatti,
per recarne uno esempio in comprova , aggiungerò io,
che una appunto iu S. Giorgio ne eressero i Genovesi
a qua' tempi, vale a dire intorno al 1498 , per imprese chiesa. Cor.
in Corsica, ad Ambrogio Negroni Antenato di quel Ne- pàg.' ^^oTediz!
GRONE de' Negri Marchese di Mulassano , che fu Gene- ^ ''"'
rale delle Finanze del Duca di Savoja Emanuele Fi-
liberto.
Del rimanente, anche all'Abate Tiraboschi sembrò Tirabos. stor.
assai sospetto quel Testamento, non sapendo, die' egli, p.^I'^s? " '"^'""
se mai ne fosse sfata presentata autentica Copia. Altronde
poi, lo stesso Campi parla di un Documento stato alte- campi.Disc,
rato danno di que' Grandi di Spagna, che contendevano ""''■*''•
con Baldassar Colombo per Io Maggiorasco. E che istro-
menti falsi andassero attorno a' tempi di quella Lite fa-
mosa, si raccoglie da una Lettera del Dottore Francesco
Antonio Colombo di Pradello sul Piacentino al medesimo p.^j"'" "'""''
Campi, in cui parla di un istromento da trarsi da Ge-
nova, ma che non si poteva aver con meno di cin-
quanta scudi, soggiungendo, che temeva di restar deluso
232 conformità' tra il som. e la storia EC, ,CAP. XI,
con qualche istromcnto falso. A queste considerazioni
del Campi , e del Tirabosciu aggiungeremo , che ignoto
fu questo preteso Testamento di Cristoforo Colombo al
Sordi, quando dettò il suo Consulto; che è contrario
direttamente a quel Codicillo di esso Colombo recato
dal Sordi medesimo, Codicillo riguardalo, d'accordo da
tutti que' Giuristi che ebbero parte iu quella controversia
forense , come la vera Disposizione testamentaria di Cri-
stoforo , ed il fondamento delle pretensioni reciproche
di tutti coloro, che aspiravano al possesso del Maggio-
rasco instituito daini; che per ultimo risulta pienamente,
come si è detto sopra , che Carte apocrife erano state
presentate anche da quel Bernardo Colombo di Cogo-
reo, che sostener volca esser l'Agnato più prossimo di
Cristoforo ; Carte tutte nate dalla avidità , con cui ne
facevano ricerca gli interessati nella Lite, e dalla malizia
de' falsar), che ne voleano trar guadagno.
Restringendoci però al Testamento succennato , Bal-
dassarre Colombo cautamente giudicò, che opportuno
non fosse lo entrare nella discussione dell'autenticità, o
falsità di esso, llispose pertanto, che l'intento suo eradi
Som. numi ij, provare , che Cristoforo Colombo era figliuolo di Dome-
nico Colombo, de' signori di Cuccaro, e non già che
nato fosse piuttosto in Cuccaro, che in Genova, non
avendo mai preteso di affermare precisamente in qual
Luogo egli nascesse, e non facendo al caso il nascere
in un Luogo , od in un altro , per esser figliuolo dello
«tesso Padre. Dal dirlo poi gh Scrittori o Genovese , o
xao.c Ili.
DI GUNFRANCESCO GALEANI HAPIONE. 235
della Liguria osserva doverseue inferire » che non sape-
vano di qual Luogo precisamente fosse nativo. Che al-
tronde poi potevano dirlo della Liguria: perciocché
Cuccaro è situalo nei Ducato del Monferrato, parte della
Liguria, e distante quarantacinque miglia dalla Città di
Genova, che n' è la Capitale. Che se per avventura fu
il Grande Ammiraglio delle Indie Cristoforo detto Ge-
novese, fu ciò, secondo l'uso degli uomini, che si ritro-
vano in rimote parti , ed interrogati della Patria loro ,
si facevano sempre chiamar dal nome di alcuna Città
principale più conosciuta , e pilli vicina al Luogo del
uascimcnlo loro men conosciuto.
Vi ha di più, da una clausula di quello stesso Testa-
mento , dagli Avversar) recato, per provar che il Co-
lombo fosse Genovese, Baldassar Colombo ne trae argo-
mento in contrario. Di fatti ordina in esso Testamento
Cristoforo , che quegli , che avrebbe avuto in eredità il
Maggiorasco da lui instituilo , debba sempre mantenere
nella città di Genova una persona della sua Famiglia,
che vi tenga casa aperta con entrata per viverci ono- Som. n. hs
ratamente, e si stabilisca e pianti radice m essa Citta,
come naturale di essa. Da questo si raccoglie, dice D.
Baldassarre, che la stirpe dell' Ammiraglio Cristoforo
knon era della Città di Genova : perciocché, se stati fossero
Genovesi i Parenti suoi , avrebbouvi già avuto abitazione
e domicilio; ne sarebbe stato necessario prescrivere, che
una persona del suo Casato venisse a vivere e stabilirsi
in Genova; e quello che maggiormente il dà a divedere ,
5o
aS/f conformità' tra il som. e la storia EC , gap. XI,
,Q,„jj ;jSÌ è il dir che fa — CJie si stabilisca, e pianti radice
' di/ha cfiTiant ^'^ ^**" Città, coiìie naturale della medesima; il che
»deUa. "^"^ era lo stesso come dichiarare, che la sua stirpe non era
di Genova: poiché, se già stato lo fosse, non potca dire
che vi piantasse radice per diventarlo.
Per afforzare ogni volta più questo argomento , e pro-
vare che il Colombo non era Genovese , si recano in
quel Sommario le attestazioni, ed i fatti de Genovesi
medesimi. Notabile tra queste testimonianze si è c[uella
di un Personaggio ragguardevolissimo Genovese, vale a
dire di Niccolò Grimaldi Principe di Salerno , uomo di
ottantatrè anni. Questi attestò, che in tutta vita sua mai
non avea saputo, né inteso a dire, che nella Città di
Genova vi fosse alcuno del Cognome di Colombo : che
se stato vi fosse, non avrebbe potuto far a meno d'inten-
derlo a dire da qualche persona, o di averlo letto, od
incontrato scritto in alcun luogo, avendo egli fatto
Som. N. 129. lunga dimora in quella Città , di cui era nativo. Si fa
anche caso del non essersi negli Annali di Genova te-
nuto registro delle eroiche imprese di Colombo, ne in-
„ ., _ nalzato alcun monumento in onore di esso , come si
, Som. N. 132, '
praticò per altri Personaggi di minor fama, argomenti,
di cui si valse poscia , come abbiam veduto , il Campi ,
l'icavandoli probabilmente da questo Sommario. Di questo
silenzio degli Annali pubblici*, e mancanza di monu-
*Ecla notarsi, die il G.M.LO ed il Senahega erano allora inedili , e
forse venuero interpolali mentre andavano attorno ms.
0 \:>3.
DI GIANFRANGESCO GALEANI NAPIONE. 235
frienti, ue fece pur fede lo sfesso Palrizio Genovese or
mentovato iJ Principe di Salerno Niccolò Grimaldi, si-
lenzio, che riflette eziandio le gesta degli altri due Ani-
miraglj usciti dalla Famiglia Colombo , e specialnicuto
di quello detto Colombo il Giovane , tuttoché avesse som. n. i?«.
egli sconfuti i Veneziani , che erano allora in guerra
co' Genovesi.
Ad ogni modo, che questo Testamento di Cristoforo
Colombo, da cui si pretende di dedurre, ch'egli fosse
Genovese, da Baldassarre, né ammesso per genuino, ne
contraddetto per non muovere una questione inutile, possa
essere stato o supposto, o interpolato a' tempi delle prc-
teusioui messe in campo dal Bernardo Colombo di Co-
goreo, e che gli Avversar] medesimi, che si valevano
di esso per far Genovese Cristoforo Colombo contro
Baldassarre, avessero già prima, agitando la Lite contro
il succennato Bernardo Colombo di Cogoreo, rifiutate
le prove da esso Bernardo allegate per provare, che
Cristoforo Colombo era Genovese , ponendosi cosi iu
aperta contraddizione, acconciamente si rilevò da Bal-
dassarre Colombo. Allega egli le precise parole, con cui Som. n." 137.
essi mostrarono, che, sebhene Bernardo Colombo di Co-
goreo si fosse affaticato assai per provare parentele anti-
chissime in Genova, mai non eragli riuscito di poter
dare aspetto di verità alle pretensioni sue, se non con
testimoni falsi.
L' origine adunque illustre Lombarda di Cristoforo
Colombo, la povertà de' suoi Genitori, gli uomini famosi
236 conformità' tra il som. e la storia EC, ,CAP. XI,
in mare della sua Famiglia, i Parentadi coi Colombi ai
Piacenza e di Cogoreo , i Parenti e gli aderenti suoi
nazionali, le testimonianze incontrastabili, che non era
egli Genovese , cose tutte accennate da D. Ferdinando
Colombo nella vita del Padre, sono ampiamente spie-
gate, schiarite, e poste in piena luce nelle prove ed
Esami autentici, che si contengono nel Sommario Spa-
gnuolo , cosicché formano un tutto , le parti di cui hanno
giusta corrispondenza tra di loro , e confermano vieppiìi
l'assunto principale, che si è il dimostrare, che lo Sco-
pritore del Nuovo Mondo era uscito dalla Famiglia degli
antichi Feudatari ^i Cuccaro in Monferrato.
CAPO XII.
Notizie riguardanti D. Ferdinando Colombo ,
e la sua Stoiia,
Si bramerà per avventura al presente da più d' uno
di avere qualche speciale notizia dello Scrittor della vita
di Colombo, il figliuolo di lui D.' Ferdinando. Se
un Apostolo Zeno, od un Mazzuchelli ne avessero
scritto , non ci avrebbono certamente lasciate ignorare
quelle minute particolarità riguardanti specialmente la
vita sua letteraria, e l'Opera sua, che tanto riescono
gradite a chi pregia l' erudizione , e di buon gusto è
fornito. Da Niccolò Antonio, che è il solo Scrittore Spa-
guuolo a me noto , che parli di lui , ricaveremo alcuna
1
DI GIANFRANCESCO CALEANI NAPIONE. sSy
notizia, che, in mancanza di più pieno ragguaglio, potrà jj.|^|.p, j^.^
servir di qualche lume. Era egli figliuolo naturale di T^l^^'f J p*"j""''
Cristoforo Colombo. Sua madre fu Beatrice Enriques ,
che Colombo nel suo Codicillo fatto in Segovia nel i5o5
riconosce come Madre di lui, e come tale raccomanda
a' suoi Eredi. Nacque Ferdinando circa l'anno 1489,
giacche al tempo della morte del Padre suo non avca più v. cap.vi.
di sedici anni, come abbiamo accennato più sopra, e
riuscì Uomo letteratissimo, a segno tale, che Niccolò An-
tonio afferma, che nella diversa carriera degli Studj
emulò la paterna virtù. Visse celibe, anzi lu Saceidote,
ed abitava un ampio palagio in Siviglia lungo il Gua-
dalquivir di amenissimo prospetto. In esso avea egli adu-
nata una Biblioteca ricchissima d'ogni specie di libri,
che nella età sua avessero già veduta la luce delle stampe,
e di moltissimi Codici manoscritti, senza risparmio di
spesa, né già a sola pompa, come molti fanno de' graa
Signori. Coir assiduo studio erasi egli resa vivendo fami-
gliare si v^asta suppellettile scientifica, ed in morte la lasciò
finalmente alla Chiesa di Siviglia, in cui volle essere
seppellito. L'anno in cui egli morisse, i viaggi da lui
fatti in Italia , di cui parla egli stesso, come si è veduto
nelle sue Storie , e le altre particolarità della sua vita
non le ho rinvenute in Niccolò Antonio , ne saprei dove
rintracciarle. Della Biblioteca (segue a dire Niccolò An-
tonio) , per cjualche tempo n' ebbe cura Giovanni Vasco
Fiammingo uomo rao, e soggiunge lo stesso dottis«i Bi-
bliotecario Spagnuolo, che mentre egli scrivea, benché
238 NOTlZIfiBlGUARDANTlD. FERO. E LA SUA STORIA CAP.Xir,"
con poca cura custodita nel Coro della vastissima Chiesa
di Siviglia , manifestava ancora 1' animo munilicenlissirao
del primo possessore verso le lettere , non meno che
verso i Letterati , ed i monumenti scientifici d' ogni
maniera.
Reca poi Niccolò Antonio un breve , ma splendido
elogio tessuto a Ferdinando Colombo da un Alfonso
Garzia Matamoro nella sua Opera delle Accademie , e
degli Scienziati Spaguuoli , dicendo aver Ferdinando
goduto nelf ozio letterario quasi di una estimazione
eguale a quella conseguita dal Padre suo Cristoforo nella
operosa vita. Esimio e singolare Filosofo edificò con
grande magnificenza (virtìi, aggiungeremo noi, di cui
pochi sono i Filosofi che possano far pompa ) , un vasto
palagio sulle sponde del Guadalquivir in luogo salubre
ed ameno , grata stanza alle Muse. Ombrosi viali vi piantò
intorno ad abbellirlo; vi apri una Biblioteca di venti
mila volumi dotata di annue entrate, onde potesse ar-
ricchirsi de' libri, che giornalmente venivano alla luce,
ed in seno agli amati studj terminò la vita. Ma eziandio
..... questo Alfonso Matamoro delle epoche della vita di Fer-
ii campi iiince ^ r
nd"anno'''.539! ^^"^"^^^j dc' viaggi suoi in Italia, e delle Opere da
Olle. itt-j. 11,9. j^j lasciate, e segnatamente della Storia della vita del
Padre, e d'ogni altra particolarità, che eccitar potrebbe
l'altrui curiosità erudita, ci lascia totalmente al bujo.
Scrivrano que' buoni Spagnuoli piuttosto colla brevità
maestosa degli Storici dell' antichità, che non colla esatta
e minuta critica de' moderni Biografi e Bibliografi. Ci
DI GIANFRANCESCO GALEANl NAriONE. sSg
basti ad ogni modo di sapere, che Ferdinando Colombo
fu dotto e splendido Signore , Scrittore savio ed auto-
revole, Figliuolo e Storico beu degno di im tanto
Genitore.
Dell'Opera adunque intorno alla vita di Cristoforo
Colombo, di cui mi lusingava di ritrovar notizie co-
piose presso lo Scrittore della Biblioteca Ispanica , altro
non posso dire, se non se cosa che mostra quanto ai
tempi di Niccolò Antonio , che fiorì dopo la metà del
Secolo XVII, scaduti fossero gli studj delle cose patrie
in Ispagna, Dice pertanto questo Bibliografo, che, volendo
Ferdinando perpetuare la memoria de' virtuosi domestici
fatti , scrisse la Storia di Cristoforo Colombo , il cui
originale in lingua Spagnuola combatteva colla polvere,
e cogli insetti io alcun angolo riposto di qualche Biblio-
teca , se pur avca potuto scampare da una oblivione
totale. Particolarità , o notizia bibliografica riguardante
si fatto libro , non ne reca veruna. Parla bensì della
traduzione Italiana fattane da Alfonso Ulloa , e di questa
accenna due edizioni, una dell'anno 1671 in Venezia,
dove dimorava il Traduttore, la seconda del 1614. Non
lascia d'indicare la forma stessa del libro; e tutto ciò
vien partitamente divisando rispetto alla traduzione Ita-
liana, mentre dell'originale Spagnuolo nh il nome della
Città, ne l'anno, in cui siasi la prima volta, o forse
l'unica stampato, seppe accennare, o si curò d'inda-
garlo il Bibliotecario Spagnuolo. Io non posso aggiunger
altro, se non che esso originale non può essere stato
240 NOTIZIE RIGUARDANTI D.FERD. ELASUA STORIA CAP.XII,
scritto prima dell' anao loSy, poiché, come aldove si
è avvertito, si fa menzione in esso degli Annali Geno-
vesi di Agostino Giustiniani pubblicatisi non prima
di quell'anno. L'eruditissimo Foscarini dice pure, che
la Storia delle navigazioni di Cristoforo Colombo scritta
da Ferdinando suo figliuolo, non si conosce altramente
che nella versione Italiana , recando anche l' auioritìi del Len-
CLET, che questa versione Italiana appunto ne riferisce;
della qual cura degli Italiani di tradurre libri Spagnuoli e
Fo^icariniLet. Portoghesi , aggiuHge lo stesso Foscarini, che ce «ne
^*'" debbono saper grado le straniere Nazioni, per la diffi-
coltà che avrebboDO di rinvenir codeste Opere nell'idioma
originale. Circa il Traduttore Ulloa, che visse e fiorì
in Italia intorno alla metà del Secolo XVI, si può leg-
gere quanto ne lasciarono scritto il Fontanini ed Apo-
iiai.°ioni"ii,t!ag! slolo Zeno , il qual ultimo reca una lettera del Dolce
iiom.up. 474.' del 1557, dove, facendo rrteazione di questo Alfonso
Ulloa, dice, che, liducendo molte Opere di Lingua.
Spagnuola in Italiana, giovava parimente all' una ed all'altra.
E cosa notabile intanto, che ne dell'originale della
Storia di Ferdinando Colombo , ne della traduzione non si
faccia parola nella copiosissima Biblioteca Slorica dello Stru-
vio stampata in Jena nel 1740 colle aggiunte del Budero.
Ma in questa parte delle Storie di D. Ferdinando, e
delle due Edizioni della tiaduzione Italiana nessuno ra-
gionò con maggior esattezza e critica di quello che abbia
isixi^i'ia pji'rTa f''t'o il Campi. Rcca egli le due Lettere dedicatorie della
p!n"'" " Edizione di Venezia del 1671, e di quella di Milano del
DI GIANFRANCESCO GALEANI HAPIONE. 24 I
1614; r Edl-cion di Venezia vien dedicata da un Giuseppe
MoLETO al signor Baliano de' Fornari. Se dobbiam prestar
fede a questa Lettera , il Fornari era venuto di Genova
in Venezia, con proponimento di fare stampar le Storie
di D. Ferdinando Colomiio, cosi nella Lingua Castigliana,
nella quale erano state scritte, come nella Italiana, ed
appresso col fine di farle tradurre nella Latina ; ma si
soggiunge, che astretto dalle molte occupazioni sue, e
private e pubbliche a ritornarsene in Genova, se n'era
presa cura il signor Gio. Battista di Marino, il quale,
essendo (dice il RIollto) mollo jnio signore, ìia volalo y
che in buona parte la cura di tal negozio fosse mia.
Trascrive quindi il Campi per intiero la Lettera dedi-
catoria della ristampa di Milano in data dei 4 ^^^ mese
di Giugno dell'anno 1614, con cui lo Stampatore Giro-
lamo Bordoni presenta il libro al Doge ed ai Gover-
natori della Rt'pul)blica di Genova. Nel titolo sì esprime :
con aggiunta di lettere, e Testamento deli Ammiraglio ;
e nella Lettera dedicatoria, dopo essersi accennato, che
non si ritrovava più alcuno esemplare della prima im-
pressione fatta in Venezia nel 1671, e solo se n'era
potuto avere un esemplare da Aquilino Copino Lettore
in Milano , dicesi , che nelle proprie sue lettere il Gran
Colombo chiamava Genova Patria sua , ed in quelle , e
ne' suoi Testamenti affermava di esservi nato , onde es-
sendogli pervenute alle mani, avea stimato di darle alla
luce colla sostanza del Testamento in un colla Storia.
Ora il Campi, confrontando le due Edizioni della Tra-
5i
l4 2 NOTIZIE RIGUARDANTI D. FERD. E LA SUA STORIA CAP. XII ,
Camfiioe.cìt. cUizioue ItaliuDa , venne in sospetto, the tali Uocuinentì
non fossero cose legittime, ma inventate, non solo perchè
mancavano nella prima Edizione del 1671, constituen-
dosi il Bordone di Stampatore che era Istoriografo della Se-
renissima Repubblica di Genova , ma eziandio perchè esso
Bordoni , non contento di aver cangiato in varj luoghi
alcune parole in altre di suo capriccio , avea eziandio
cancellate ed omesse nel Capitolo II otto linee ia
p.i's!^' ''"''"'' pregiudicio del vero , e del racconto dell' Autore. La
stessa cosa replica altrove il Campi notando, che dal
Bordoni si tralasciarono maliziosamente cose essenziali,
e lascia vedere, che da lui portavasi opinione, che quelle
Carte date alla luce nel 1614 fossero state alterate, o
supposte, mentre agltavasi la Lite in Ispagna , di cui
si è parlato più sopra lungamente.
Zo.-.f<v.p.i45. Ma parlando generalmente delle due Edizioni Italiane
della vita di Colombo , dice il medesimo Campi , che si
vede in amendue le Edizioni, che i Dedicanti dicono
cose , le quali dal contesto si raccoglie non essere nello
Originale Castigliano , che però , non ostante tutte le
diligenze usate, non eragli riuscito di poter vedere; e
ciò che più importa in amendue i Dedicanti, si scopre
una passion grande di persuadere, e stabilire , che Cristo-
foro Colombo fosse d'origine Genovese. Riflette in oltre
il Campi , che essendo la prima Edizione Veneta del
1671, come dimostra il titolo, traduzione di Alfonso
Ulloa , è cosa notabile , che esso Ulloa non abbia de-
dicato egli l'Opera, come era usato di fare, e che in
DI GIAKFRANCE6CO GALEANI ^AP10KE. 243
essa Edizione si attribuisca all' Ulloa Spagnuolo la tia-
duzioue, ed al Moceto Siciliano la Dedicatoria, eh' ei
fece ad un Gentiluomo Genovese, lu somma osserva
egli, che i Genovesi procurarono di fare tradurre e
slampare la vita di Colombo per mezzo de' ISobili Ge-
novesi Ballano Fornari , e Marini, e sospetta , che anche
questa Traduzione stampata in Venezia la prima volta ,
sia Opera del medesimo Moleto, e non già dell'ULLOA,
non tanto perchè il predetto Ulloa non vi fa dedica-
toria veruna , quanto perchè il Ghilimi nel suo Teatro
de' Letterati di que' tempi, ove rammemora diverse tra-
duzioni dell'ULLOA, non vi annovera questa della vita
di Cristoforo Colombo, ed altronde parlando del Moleto
accenna, che si esercitò anche in tradurre varie Opere.
Quello, che non ha potuto fare il Campi, vale adire
confrontar le traduzioni Italiane col Testo Spagnuolo,
lo potremo far noi , ove fossero piij comuni nelle con-
trade nostre i libri dettati in Lingua Spagnuola , poiché Hisionadorei
fTilnilivosdi'Ir.s
,^.„ -..,-, , ,^.« ^ w.. , ndij^OcoiJenl.
' ' ■■ *- in lol. voi. Ili ,
che primi scrissero delle cose delle Indie Occidentali, che Ma'irid>7;,9vou
venne pubblicata in Madrid ucU'anno 1749, e di cui il^^w"!/
fa menzione il Robertson nella sua Storia di America, chTutZ-Mohn.
si diede di nuovo alla luce 1' Originale Castigliano della
Storia della vita di Colombo scritta da D. Ferdinando.
Vero è perù , che , se curioso esser potrebbe questo con-
fronto , non resta ciò non pertanto, posto il finqui divi-
sato , in nessun modo necessario.
244 MONUMENTI CONTRABJ ALLEGATI EC. CAP. XIII,
CAPO XIII.
JMonumenlì contrari allegati da alcuni Scrittori non
possono far rnetlere in dubbio la Patria del Colombo.
Esamina di sì fatti monumenti.
Un celebre Filosofo Tedesco , dopo di aver meditafo
lungamente intorno alla Metafisica, e finalmente datone
alla luce un profondo sistema , non volea più leggere
libro nessuno appartenente a quella Scienza. Se nello
operar a questo modo, rispetto ad una facoltà , che non
si può in ogni sua parte ridurre a matematica dimostra-
zione, giudiciosamente si governasse, ad altri il lascierò
giudicare. Ma, se da taluno, dopo aver esaminati i mo-
numenti nostri Monferrini risguardanti la Patria del Co-
lombo , non si volesse pivi dar retta, non solo agli Sto-
rici, che gli assegnarono una Patria diversa, ma tenesse
in conto di supposti, o interpolati i monumenti tutti,
che dal Salinerio , dal Casoni, e da altii ultimamente
si produssero , io non potrei disapprovare questa deter-
minazion sua. Dopo autentiche prove giudiciali ricono-
sciute per evidenti da chi avea il massimo interesse di
porle in dubbio ; dopo che una verità ha ricevuto tutto
quel grado di certezza, che si può bramare intorno alle
verità morali, qual caso far potremo di Carte, le quali
non si produssero se non se tanto tempo dopo la morte
di Colombo, e dopo quelle state presentate da Baldas-
DI ciAnfrAkcesco galeani kapione. 245
saiTC Colombo? di carte, di cui nessuno degli Avver-
sari di lui ebbe notizia, quantunque in Genova si fa-
cessero da essi le più minute ricerche, di carte da pri-
vati Scrittori additate, che nessuno ha veduto autentiche,
ed intorno alla legittimità delle quali alcun Magistrato
non pronunciò Sentenza, o se la pronunciò, fu per
dichiararle supposte, come abbiam veduto rispetto ad
alcune prodotte dal Bernardo Colombo ? Non dobbiamo
adunque credere , che dagli Scrittori Genovesi sieuo state
queste supposte per poter attribuire alla Patria loro la
gloria di aver dato al Mondo un si grande Eroe ? Spiace
però a me tanto il ritrovar gli uomini falsi e di mala
fede , eziandio per la brama , nel resto lodevole, di ac-
crescere celebrità e fama alla Patria, che voglio sup-
porli piuttosto ingannati , che non ingannatori. E quale
ingannator più innocente dell' amor della Patria ?
Due rami abbiam veduto, che esistevano de' Colombi
originarj di Cuccaro in Piacenza , ed in Cogoreo. Rispetto
a' Colombi del Piacentino ripetuti erano frequentemente
i nomi di Domenico, di Cristoforo, di Bartolorameo;
ed in ordine al ramo di Cogoreo abbiam veduto, che
a' tempi medesimi del famoso Colombo erano un Cri-
stoforo , ed un Bartolommco , e che questo Cristoforo
fu parimente Ammiraglio di grido, alla cui celebrità
nulla pregiudicò maggiormente quanto lo essere stato
nelle imprese di mare superato d'immenso tratto dal suo
allievo e cugino-nipote il Cristoforo Colomuo Scopri-
tore del Nuovo Mondo. Posti questi replicati nomi di
1780.
24S MONUMENTI CONTHAIU ALLEGATI EG.,CAP. XllI,
Cristofori , e di Bartolommci uc' rami diversi dt-lla Fami-
glia Colombo, quale meraviglia che si prendessero sbaglj,
e si cambiassero gli uni cogli altri, massime avuto ri-
guardo alla natura dell'uomo, che crede sempre, e vede
quello che desidera di credere e di vedere? Nella Fa-
miglia Principesca de' Gonzaghi, che ebbe il dominio del
Ducato di IMantova , e trattandosi di Personaggi di grido
usciti dalla medesima , e vissuti nel Secolo XVI in
mezzo a tante lettere, a tanta coltura, quale fatica non
Lat?''Gonln''Ì ^^vctte durarc 1' erudito P. Affò, per distinguere le per-
«"/'.'"nouliTsTo" so'^^ ^^ ^ f^''^ ^^ ^^^ Luigi Gonzaga vissuti ai tempo
pog. s, Parma medcsimo ?
Da questi nomi ripetuti furono adunque tratti pa-
recchi in errore, e tra gli altri anche il Campi, che si
è però quello, tra gli Scrittori, ch'entrarono in questa
controversia famosa, che con maggiore apparato di no-
tizie ne abbia trattato, e con lumi di critica migliore*.
* Pier Maria Campi passò ad altra vita di anni ollanla ai 9 di OUobie
dell'anno 1649 {Poggiali, Memorie di Piacenza tnm. X, p. 382.) La sua
Opera intitolala Istoria unitcrsale cosi delle cose Ecclesiastiche , come Secolari
di Piacenza , e di altre Città d' Italia , vide la luce in Piacenza parecchi
anni dopo la morie di lui, vale a dire nel 1C62 , con dedica di un Nipote
alla Duchessa di Piacenza e Parma Margherita di Savoja. Il Discorso
Istorico circa la Patria e Nascita di Cristoforo Colombo sta nel tomo III,
pag. 2i5. Il Poggiali precitato {tom. l'Ili, pag. Ii5, Piacenza 1760)
il cliiama forte e sensato. Parlando però altrove di quella Storia in gene-
rale, dopo aver lodata la copia, la fedeltà, l'esattezza dell'Autore, ne
biasima i pregi u d izj , la credulità, e la disattenzione. POGGIALI iom. X,
pog. 383.
s
DI CIANFRANCESCO C ALBANI NAPIONE. 2/|7
Egli perciò pretende erroneamente , che i Colombi di
Pradcllo nel Piacentino fossero agnati più prossimi di
Cristoforo Colombo , che non Baldassarre , quantunque
non neghi, che Baldassarre Colombo Consiguore di Cuc-
caro fosse pure della stessa agnazione, e che per conse-
guente , dallo stesso ceppo del Monferrato discesi fossero
tanto esso Baldassarre Colombo, come i Colombi del
Piacentino. Ma già si è veduto sopra quanto tempo prima i
Colombi di Piacenza , benché dello stesso legnaggio ,
separati 8Ì fossero dal ramo principale di quelli di Cuc-
caro, da cui discese il celebratissimo Cristoforo. E la
Campi , Dis».
semplice asserzione del Campi ognun vede di quanto sior. prccu. pag.
poca forza sia , in confronto di scrupolosi esami di esperti
Giureconsulti , e delle decisioni di autorevolissimi Ma-
g [strati.
Rlllettasi in oltre , che le succennate Carte apparen-
temente contrarie alla verità possono essere state guaste,
od interpolate a' tempi della Lite per la successione del
Maggiorasco , state per avventura allora preparate , e poi
non adoperate, per non essersi avuto l'ardire di presen-
tarle, dacché di falsi testimonj si fa pur menzione nel
Sommario Spagnuolo. Ad ogni modo non comparvero
quelle Scritture, se non se dopo il principio del Secolo
XVII; e per conseguente venti o trent' anni circa dopo,
che si ei-a intentata quella famosa Lite avanti al Con-
siglio delle Indie in Ispagna, Un altro fonte di errori
fu verosimilmente 1' imperizia nel leggere gli antichi
caratteri. E noto a' Diplomatici , che le Scritture de' Nola]
248 MONUMENTI CONTRARJ ALLEGATI EG,,CAr. XIII,
del Secolo XV, sono forse le più difficili a leggersi,
e ucl principio del Secolo XVII non avea ancora quell'
arte fatto i progressi , che fece verso il fine. Non si do-
vrebbe pertanto far meraviglia, qualora quelle Scritture,
ancorché incorrotte, erroneamente si fossero lette. Il
nostro Filiberto Pingone avea pure avanti agli occhi
manoscritti autentici, e non guasti della Cronica della
Novalesa , era egli ragguardevole Magistrato, ed in con-
cetto di uomo assai dotto, e preso avea a stendere le
Storie nostre di proposito; eppure, senza una. cattiva
intenzione al mondo, e per mera imperizia di leggere
gli antichi Testi, di cui si valea , tesse una sì assurda
TcmaeoAac- Genealogia della celebre Contessa di Torino Adelaide ,
Inde Illust.lom 1. .. r-i
che dovette impiegare gran parte delle sue dotte iatiche
il valente Critico il fu signor Tommaso Terraneo per
isgombrarne gli errori.
v.Tirabo5cbi lo uon cego aduuque , che tra sì fatte Carte, e se-
"■'■ ■^°^"'^" gnatamente tra quelle recate dal Salinerio ne' suoi Co-
mentaij di Tacito, stampati nell'anno 1602, per dimostrare,
che il Colombo fu Savonese*, ve ne possano essere
* A questo S.\LiNEnio io penso, che sia indirizzala quella Canzone eroica
fifl celebre Gabriello Chiabrera , in cui quel Poeta (sebben egli stesso
forse d' origine Monfcrrino , seconiìo che ho inleso affermarsi da persone,
che potevano esserne informate) considera come Savonese Cristoforo Co-
lombo ( Chi AB. Rime parte I , Con:. XII per Cristnforo Colombo ), Neil' ul-
tima Stanza di quella Canzone, dire il Pindaro Savonese :
« E quanti, o Salinoiìo , ebbero imperi,
» Che densa notte è la lueiaoria loro i" »
i
DI GIANFRANCE3CO GALEANI NAPIONE. 2/(9
delle genuine, nja iù tal caso o non si oppongono ai
Mouuinenti Monferrini , o furono mal lette, e male inter-
pretate. Dove è da notarsi , che Domenico Padre di
Cristoforo Colombo, essendo, come vi ha ragion di cre-
dere, traflicanle nella Riviera di Genova, non è cosa
ripugnante a' Monumenti Monferrini, che in più di una
Città o Luogo di essa in diversi tempi dimorasse. Ne „. . ,
il dirsi in alcuna Carta cittadino di Genova bastar do- Ì.re."oa'^'ji'„Vr°
vrebbe a farla riguardare come interpolata, o supposta :
perciocché era massima de' Giureconsulti di que' tempi ,
e specialmente de'nostri Monferrini, che chiunque abi-
tato avea durante lo spazio di cinque anni in una Città,
ed ivi trasportate le sue sostanze, poteva chiamarsi cit-
tadino di essa, e che anzi, chiunque avea domicilio in
una Città, potea riguardarsi in ogni cosa di favore come
cittadino. Di si fatta pratica degli antichi Forensi ce ne
fa fede quello stesso Giureconsulto Monferrino Giovan-
Anlonio Sordi, che ci ha tramandato uno dei Docu- , ^^5?=»! ''"^'i
' Cons. CLXXIV.
menti più convincenti per provare , che dal Castello di
Cuccaro usci il Colombo. È anche da notarsi , che nel
Secolo XV e XVI usavano molti di impetrar {irivilegj
di cittadinanza , in Città diverse da quella ond' erano
nativi; del che se ne potreb])ono recar parecchi esempj.
Mi basterà di recarne uno ricavato da autentico Docu-
Qiiantlo non debba leggersi piuttosto 5/(r,7KFJlO , io stimo che il ClllABRF.RA
abbia cangialo il cognome di Sauherìo iu Saunouo per miglior suono.
32
s5o MONUMENTI CONTRARI ALLEGATI EC, CAP. XIII,
mento dell' anno i56g, comunicatomi dal signor Giuseppe
Vernazza Freney, in cui un Conte Camillo della Pietra
s' intitola ad un tempo cittadino di Piacenza , di Pavia ,
e di Alessandria. Non voglio neppure lasciar addietro
una considerazione , la quale può liberar dalla taccia di
contrarie a' Monumenti Mouferrini, e per conseguente
di supposte , interpolate , o guaste alcune delle Carte ,
di cui fa uso il Salinerio , e ciò riguarda quelle, dove
niente altro si opponesse , fuorché il diverso nome del
Padre, di Domenico , che secondo i Monumenti Monfer-
riui fu Lancia ; perciocché potrebbe essere intervenuto ,
che più di un nome avesse, e che ora di uno, ora di
un altro facesse uso Lancia Colombo, come se ne hanno
parecchi esempj, anche a' giorni nostri, di chi nelle stesse
sottoscrizioni sue, ora si serve del nome di Battesimo,
ora il tralascia, ora fa uso di uno, ora di un altro tra
diversinomi che gli sieno stati dati, ed ora finalmente
del solo nome del Feudo, ed ora del cognome di Fa-
miglia si vale. Potrebbe anche darsi, che il nome di
Lancia fosse un sopranome del Padre di Domenico Co-
lombo , sotto il quale fosse stato più conosciuto iu Mon-
ferrato, quantunque diverso dal nome suo di Battesimo.
Quello che è degno poi di speciale considerazione
si è la contraddizione manifesta , per ciò che appartiene
alla condizione di Cristoforo Colombo , che passa fra il
Salinerio , che scrivea in principio del Secolo XVII ,
ed un altro Storico Genovese , voglio dire il Casoki ,
che un Secolo dopo stese i suoi Annali di Genova del
I
DI GIANFRANCESCO GALEANI MAPIONE. 261
Secolo XVI, all' autoiità del qiial ultimo, sebbene Scrit-
tore allatto- senza critica , e sì lontano da' tempi , deferì
interamente l'Abate Gasparo Luigi Oderico. Il Sali-
KERio , colla prevenzione nata dagli antichi Storici Ge-
novesi, i quali, ignorando l'origine di Cristoforo Co-
lombo, e sapendo molto bene, che la Famiglia di lui
non era Genovese , come poscia giuridicamente si provò
in Ispagna , non ebbero ribrezzo per farselo loro nazio-
nale di avvilirlo , s' ingegna di adattar le sue Scritture
a quel sistema; e pare che si sdegni contro D. Ferdi-
nando Colombo, che non volle mai concedere, che
suo Padre fosse un semplice meccanico, ed asserì in
genere essere illustre 1' origine di lui; rimproverando
perciò il Salikehio di vanità e leggerezza quel savio ed
imparziale Scrittore.
Il Casoni all'incontro, quasi volendo risarcire del „'*""?'!, ^'^"»
■* Kep di Genova
torto soflerto il Colombo , trova la Famiglia Colombo fjò^esTJdLtlii'-
tra le antiche Famiglie della città di Genova, ed asse- tLPilTrnoX
1 , r> T j • . • 111 MIXXVllI Itb.
nsce, che era questa Capo di uno dei novantasci Alber- i aiianno isos ,
ghi, in cui era la Città medesima divisa, contro la testi- ''
mouianza di tutti gli Scrittori, e le giurate Attestazioni
di Personaggi Genovesi iuformatissimi. La dice ouora-
tissima, e, come uscito da essa, addita un Guglielmo
Colombo Cancellier del Comune nell'anno 1140, di cui
fa menzione il Caffari * , travisando in questa guisa
* Il Caitaai {Annalet Gcnuenses lib. l. — R. I. tom. Vi, pag. i6o) pnrlaudo
=52 MONUMENTI CONTRAB.1 ALLEGATI EC. CAP. XIII,
Guglielmo della Colomba, in Colombo , ed aHcrmandoIo
Genovese, cosa che il Caffari non dice; quasiché il
Segretario non polossc essere stato di nazione diversa ,
come appunto fu Segretario di quella Repubblica in
tempi più vicini il celebre Giovan-Pielro Maffei Berga-
masco. Mirabile uomo del rimanente si è il CASoni nel
mostrarsi informalo di tutte le Parentele, e degli affari,
direi così, domestici degli Ascendenti del celebre Cri-
stoforo Colombo, citando Scritture pubbliche, che non
addita; e facendoci conoscere e la Madre, e le Sorelle
dello Scopritore delle Indie, e con chi accasate, e la
speciale professione della mercatura non solo, ma le (;ase
e le possessioni della Famiglia , e cento altre partico-
larità, che altri direbbe, che quello Storico vissuto avesse
famigllarmente, non solo con Colombo medesimo, come
D. Ferdinando suo figliuolo, ma con tutti i suoi Mag-
giori. E che mai cercheremo di più per affermare, che
que' due Scrittori il Savonese Salinerio, ed il CavSoni
Genovese, servendosi forse di alcune lacere e tronche
Carte, dov' erano nominati alcuni de' veri Parenti di Co-
de'Consoli crPiUi in Genova nel ii4o> delti Consuìfs ^e Pìacitis , dice,
che furono quaUro, che enumera ; e quindi soggiunge — et in isto Consulatu
Culielmus de Ciiìumba Scril/anus inlravit. Da Giovanni Villani sappiamo,
che mille Cavalieri Tedeschi delle Masnade del Re Giovanni, chiama-
ronsi i Cavalieri della Colomba , perchè si erano ridoui alla Badia della
Colomba in Lombardia: {Viliaki , Storie lib. XI, cap. iS) Potrebbe darsi ,
che da quello slesso Luogo avesse preso il Cognome questo Segrelario , di
cui fa menzione il Caffari.
DI CIANFRANCESCO CALEANI NAPIONE. 253
LOMBO, le abbiano o mal lette, o travisate, o guaste,
per adattarle alle opinioni loro, dappoiché uc traggono
conseguenze direttamente contrarie ?
Ma i pili rari Monumenti recati dal Casoni, e che, a
vero dire, mi fa stupore, che siano stati come legittimi
ammessi dall'Abate Tiraboschi (giacche quanto all'Abate Tirab., gùmio
Oderico doviò attribuire al doppio amore della Patria, uu n^i i ix,
' •■ pjg. 52i-3z3.
e della Famiglia il riguardarli come tali) sono le Lettere
dello stesso Cristoforo Colombo all'Ufficio di S.Giorgio*.
Furono queste quai rari ginjelli inserite nell'Elogio di Elogio <iiCai.j
Colombo pubblicatosi in Parma, e l'Abate Tiraboschi, ""^p"'*
congiungendole coli' asserzione del succeunato Storico Ca-
soni, che ne parla a lungo, guardò la questione intorno
alla Patria del Colombo, come decisa in favor de' Ge-
novesi. La prima e una Lettera , che si suppone scritta
'Nell'Elopio Sloriio eli Gasparo Luigi Odehico scritto da Francesco
CABnEGA. Segretario dell' Instilutu Nazionale della Liguria (Genoia i8o4 ,
pag. 7, e 8). annoverandosi gli uomini di grido usciti dalla Famiglia
Odehico, olire ad un Ottaviano Doge nell'anno i565, e ad un Pittore
Gian-Paolo morto nel ifSy, si parla del Niccolò Oderico Ambasciadore
«Ha Corte di Spagna a' tempi di Colombo, e di queste Lettere di esso
Colombo, citando 1' ultima Edizione della Storia del Tibaboschi, edirendo:
«Questi Monumenti sì preziosi, ne' quali Genova vien nominata Patria di
«Colombo, e le Lettere di lui al suddetto Niccolò si conservarono presso
» la Famiglia Odebico sino al 1670 , nel qual anno Lorenzo Oderico
«Bisavolo del nostro Autore (^Y Abate Gasparo T.w'^i) li presentò in dono
» alla Repubblica , acciocché fossero gelosamente custoditi ne' pubblici Ar-
si chi vj. Esiste tuttavia presso i superstiti Odehico l'onorevole Decreto
« di ringraziamento , che ne fé allora il Governo al sopranomiuato Lorenzo ,
» e Gian-Paolo di lui figliuolo».
254 MONUMENTI CONTRAHJ ALLEGATI EC. CAP. XUX,
di Siviglia uell'anno i5o2 da Cristoforo Colombo a' Sì*
gnori dell' Ufficio di S. Giorgio , dove egli medesimo si
dichiara Genovese; lascia ordine al figliuol suo, che, dei
profitti delle terre ritrovate, somministrasse la decima p.'irte
ogni anno all'Uflicio di S. Giorgio, per diminuire l'im-
posizione sopra il commestibile, ed accenna aver mandato
a Niccolò Oderico le relazioni de' suoi viaggi, e gli esem-
plari dei Reali Privilegi , acciocché i suoi Concittadini
avessero la consolazione di vederli. Ma questa Lettera ,
in un colla risposta del Magistrato di S. Giorgio , già
dovea essere stata scritta , ed esistere molti anni prima
che D. Ferdinando Colombo venisse in Genova pei*
cercar notizie della origine paterna ; e questa Lettera ^
che poteva sciogliere la questione, allora non si produsse.
V. foprt cap. • , 1 ■ T 1 • I
IV. JNon potremo perciò conchmdere a buona ragione , che
mai non sia stata scritta , e mai non esistesse ? Rispetto
poi a' Privilegi concessi da' Regnanti di Spagna a Co-
lombo spediti all' Oderico ( Privilegi , che non hauna
però nulla che fare colla questione della Patria del Co-
lombo) non si sa concepire, come rimasti sieno pressa
la Famiglia Oderico per lo spazio di quasi due Secoli,
non essendo stati presentati alla Repubblica da Lorenzo
Oderico , Bisavolo del mentovato Abate Gasparo Luigi,
prima dell'anno 1670, per essere custoditi ne' pubblici
Archiv),
Eio iodi Crisi Delle due Lettere Spagnuole scritte da Colombo allo
g"'r8l'«p"'"J! sfesso Messer Niccolò Oderico Ambasciatore della Signoria
di Genova in Ispagaa da Siviglia negli anni 1602, e
DI CIAKFRANCESCO GALEANl NAPIONE. 255
iHo/|. , clove si sottoscrive seniplicemeute Chrìstoferens ,
Ledere, che restarono pure presso la Famiglia Oderici
sino all'anno predetto 167P, e della autenticità loro,
dopo di averle attentamente esaminate , ne decidano i
Critici. Quanto a me io non entrerò in sì fatta disa-
mina, attesoché non fanno sostanzialmente al caso nostro.
Ma il Casoni si tonda principalmente sopra la succca-
nata Lettera, che si dice scritta di Siviglia da Colombo
all' Uflìcio di S. Giorgio a' 2 di Aprile dell'anno i5o2_
Sebbene io non abbia veduto l' Edizione del Bordoni
della Traduzione della Storia di D.Ferdinando Colombo
pubblicatasi in Milano nel i6i4) e di cui si è ragionato
sopra , crederei di non ingannarmi dicendo , che sia questa
la medesima Lettera stampatasi in quel libro, di cui,
come di rara scoperta, parla il Bordoni nella sua Lettera
dedicatoria al Doge ed alla Repubblica di Genova ,
Lettera giustamente riguardata come supposta dal Campi.
Di fatti, se l'originale di questa Lettera trovavasi , come
trovar si dovea , presso l'Ufficio di S. Giorgio, come
tnai non solo non si presentò a D. Ferdinando, non di
altro bramoso quando fu in Genova, che di aver con-
tezza dell'origine della Famiglia di suo Padre, come
abbiamo accennato testé, ma in oltre di un così ricco
Legato, di cui in essa si parla, e nel supposto Testa-
mento, non furono solleciti quegli antichi accuratissimi
Magislrali di procurarne la riscossione? Che se poi la
succcnnafa Lettera originale si produsse soltanto da Lo-
renzo Oderico nel 1670, in im colle altre due dirette
256 MONUMENTI CONTRAKJ ALLEGATI EG, CAP. XIII,
al SUO antenato Niccolò, ed a quegli esemplari dc'PrivI-
legj de' Regnanti di Spagna, come taluno potrebbe in-
ferire dal conlesto del Caconi, in tal caso poco diligente
apportatore di una Lelleia di tanto rilievo Cu q'.icllo
antico Ainbasciator Genovese, e trascuratissimi eziandio
si dovrebbono chiamare i Discendenti di lui, che indu-
giarono pressoché due Secoli inteii a consegnar una Let-
tera sì importante ad un sì ragguardevole Magistrato ,
a cui era indirizzata, per modo che severi , rimproveri
avrebbono dovuto riportar dalla Repubblica loro , in vece
di quel Decreto di gradimento , di cui fa parola il
Tirali. Sloria t n -i -i
cifiiiiLei. Hai. t. TiRABOScm. Eppuic, chc Soltanto di fresco , quando il
Casoni scrivea, fosse stata, consegnata quella Lettera ali
Ufficio di S. Giorgio si raccoglie, e dal non essersene
fatto uso da Scrittore veruno, prima di cjuesto recentis-
cosoniAnnai; simo Sforico , e specialmente da quelle parole del Casoni,
«li Genova p. 31. .... . .
dove dice in precisi termini — ^ La sua Leltera ( del
Colombo ) AL PRESENTE si conserva neW Archi\>io
dell'Ufficio di S. Giorgio, il che esclude, che da prin-
cipio si trovasse in quel luogo unico, in cui ritrovar
si dovea, e non altrove, vale a dire in esso Archivio.
Qual conto far si debba dell' autenticità di simile monu-
mento, il lascio pertanto al giudicio di chi ha fior di
senno.
Aggiungasi, che cose inette, ed improprie contiene
quella Lettera , forse accortamente omesse nell' articolo
comunicato all' Abate Tiraboschi , ma che si leggono
perù negli Annali del Casojni , ( copia di cui , dice il
DI CIAKFRANCESCO CALEANI NAPIONE. 267
TiRABOSCiii iiu'dtbirno, che noQ. si avea in Modena) e Tirab. /or.cV.
neir Elogio i)iil)blicntosi poscia in Parma. Tali sono, il Eiogio.iiiroi.
dirsi dal Colomho modfsimo — C//e le sue grandi im-
prese sarcòbono riuscite altrettanlo famose e celebri ,
se l oscurità del Governo non le avesse in parte of-
J'uscate — parole , che ognun vede quanto sieno sconve-
nienti in bocca del Colombo, quanto contrarie al ca-
rattere di lui, e come spirino, piuttosto la dettatura del
Seicento , che non la schiettezza del Secolo in cui egli
visse, e quella moderazione maestosa, ch'era propria del
suo grand' animo; tanto più che in nessun modo potea
lagnarsi il Colombo del Governo dei Monarchi di Spagna,
da' quali, prima della data della supposta Lettera, avea
ottenute ricchezze immense. Stati, e Dignità Princi-
pesche ereditarie nella sua Famiglia , come appare ad
evidenza dallo splendidissimo Maggiorasco institiiito da
lui. Cile diremo poi delia sottoscrizione del Colombo,
consimile a quella delle due Lettere in Lingua Spa-
gnuola scritte a Niccolò Oderico , sottoscrizione stampa-
tasi, per dare maggiore autenticitti alla cosa , incidendo
in legno la propria forma de' caratteri ( cjuasichè non
si potessero fingere sottoscrizioni, come si fingon Let-
tere) dove si segna Christoferensì E di quella pelle-
grina osservazione del Casoni, che quel grand' nomo, f^*%oaìiot.cu.
abbandonando in così fatta guisa il cognome antico della
propria Famiglia di Colombo, di altro non si pregiasse,
che di aver portata la cognizione di Cristo alle rimo-
tissime Regioni dell' Occidente ? Per verità io temo forte
33
258 MONUMENTI CONTRARI ALLEGATI EC, CAP. Xm,
non qualche incognita, e troppo cortese mano abbia alla
Famiglia Oderico procurato il modo di far questo raro
dono alia Repubblica di Genova, e fornito il Casoni ili
materia onde arricchirne i suoi Annali.
Da una stessa officina pare uscito il Codicillo di Co-
lombo , colla stessa sottoscrizione di C/irisloferens , che
ora conservasi nella Biblioteca Corsini in Roma , se-
condo che n' ebbe notizia dal chiarissimo Abate Andres
T T'? v'i^u'"'!' il mentovato Tiraboschi , che l'inserì nelf ultima Edi-
rimnEdlifo^ne'cìi zìohc della sua grand' Opera. Questo Codicillo si pre-
i.xVp^iBgddia tende scritto da lui, sedici giorni soli innanzi alla sua
ccuieneiegiuQ- inorte , sui cartoni di un llffìciuolo della B. V., che
non si sa come sia capitato in quella Biblioteca. Chi
ha pratica di Documenti del Secolo XV, e XVI , legga
quello Scritto , e giudicar potrà, se abbia il colore di
scrittura di quel tempo. Lascio a parte il divoto regalo
di un Uflìciuolo della B. V. fatto da Papa Alessandro
VI , eh' ebbe sì diversi pensieri , cos'i da lungi a Cri-
stoforo Colombo, con cui non si sa che parlasse giammai.
Ma come mai di questo Codicillo non si fece menzione ,
ne si ebbe notizia sino a questi ultimi tempi in Roma,
e nemmeno in Genova, sebbene ordini il Colombo , the
dopo la morte sua si dovesse consegnare esso Ufficinolo
col Codicillo all' amatissima Patria sua la Repubblica
Genovese? Ben trascurati, al pari degli Eredi di Messer
Kicrolò Oderico , converrebbe supporre, che sicno stcti
gli Esecutori festaTnentarj di quel Grand' Uomo. E come
mai, di quelli stabili ( che non si sa come egli possedesse
f
DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 269
in Italia) ordinò, che si ci'igesse un Ospedale per li
poveri , e questo Sj)rdale mai non venne fondato ? E
quali furono mai i benefuj dalla Repubblica Genovese
filli al Colombo? Di tutte queste cose nella vita scritta
da D. Fei vli'vmdo si.o figliuolo , benché ne abbiamo sol-
tanto traduzioni passate per le mani di Genovesi , ed a
Genovesi dedicate , non si trova neppur un lieve cenno.
Quello poi che dimostra ad evidenza , che questo monu-
mento è supposto ed apocrifo, si è, che sostituisce ia
esso il Colombo la Repubblica Genovese, in mancanza
della linea sua mascolina, al Maggiorasco dell' Ammira-
gliato delle hidie , e delle cariche, e dignità di Viceré e
Governatore , ed entrate annesse , confondendo la Re-
pubblica di Genova colf Ufficio di S. Giorgio, o chia-
mandola col nome di esso. Non parlo della singolarità
d' iustituire una Repubblica in un Maggiorasco di tale
natura , in cui una Repubblica avrebbe dovuto esercitare
impieghi gelosi cotanto in uno Stato straniero. La Re-
publ)lica di Genova Ammiragliessa delf Oceano, e Vice-
Regina delle Indie, sarebbe stato nuovo fenomeno poli-
tico, ed assai più straordinario di quello delf Ufficio
stesso di S. Giorgio, che eccitò l'ammirazione del Se- ^ AWhiaTein,
c5 ' Stor.Fiorr'nl nb,
gretario Fiorentino. Ma quello che toglie ogni questione viii, 30.101^84.
si è l'alto silenzio, che nelle lunghe ed ostinate Liti
eccitatesi per la successione a queir insigne Maggiorasco,
serbò sempre sia la Repubblica di Genova , che 1' Ufficio
di S. Giorgio, non avendo mai né allora, nb dopo
promosse le ragioni ben giuste, che lor dato avrebbe
260 MONUMENTI CONTRABJ ALLEGATI EC. OAP. XIU,
sopra quella ricca eredità questo Codicillo di Colombo,
qualora a que' tempi già esistesse , e si fosse riguardato
come Scrittura autentica , e non già , quale si è , come
un semplice non saprei se troppo lodevole ritrovalo,
per lusingare * la vanità nazionale.
V ha di più; E certo che esisteva il Codicillo fatto
dal Colombo. Questo è recato dal Campi ; e , ciò che
più importa, su questo si fonda il Sordi: ma questo
appunto ad evidenza dimostra , che è falso e supposto
quello esistente nella Libreria Corsini. Del vero Codi-
cillo sappiamo, che ne constava per rogito di Notajo,
come lo attesta il succennato Sordi, e non era scrilto
Jìiore militari sopra un Ufficiuolo; comprendea disposi-
zioni diverse, né comprendere potea ciò, che contiene
il finto. Del rimanente , le sottoscrizioni di Chrislofe-
* Ecco il Codicillo trovato nella Libreria Corsini, come viene riferito
dal TiivABOSciii « Codicilliis more militari Clirislophori Columbi. Cuui SS.
» Alexander Papa VI me hoc devotissimo preciim libello lionorarit sum-
» mum mihi praebente solatium in captivilatibus , praeliis et adversilalibiis
« meis , volo ut post mortem meam prò memoria tradatnr amantissimae
» meae Patriae Reipublicae Genuensi; et ob beneficia in eadera urbe re-
» cepla, volo ex stabilibus in Italia reditibus erigi ibidem novum Hospi-
j) tale , ac prò pauperum in Patria meliori subslentallone , deficienteque linea
» mea masculinain Admiralalu meoindiarum, et annexis, juxla Privilegia dicti
» Regis, in successorem declaro et substituo eandcm Rcmpublicani S. Georgii.
«Dnium Valledoliti 4 Maii i5o6 SS. A. S. X. M. Y. XPOFERENS »
Eccetto il Chrìstoferens nessuno, che io sappia , ha spiegate le altre sigle
che il precedono. Confrontisi questo supposto Codicillo col vero e genuino
riferito sopra, trattando del Sonui. ( V. cap.IX, pag. zoS in noia.
DI GIANFRANCEi r.EANI NAPIONE. 26 1
rens In vece di Cristo ">ao secondo ogni vero-
simiglianze inventate, ju si^i... . quanto vicn dicendo
D. Ferdinando nelle sue Storie, in quel luogo, dove
con sottigliezza soverchia va speculando intorno al nome
del Padre suo; se pure, come sospetto , 'non è stato cj'°c/'?"^'
intruso queir intero tratto nell' Originale dai Traduttori
Italiani.
Ma per terminar finalmente queste discussioni, ed esami
di monumenti non sinceri , supponiamo che volessimo
riguardare per genuine tutte le Carte, di cui fece uso
il moderno Annalista Genovese, vale a dire, ed il Testa-
mento messo in dubbio con ragioni cosi stringenti dal
Campi , e sospetto al medesimo Abate Tibaboschi , e
le due Lettere di Colombo a Niccolò Oderico , e quella
all'Ufficio di S. Giorgio, ed il Codicillo, che si è ritro-
vato nella Biblioteca Corsini , Documenti prima adatto
sconosciuti a tutti gli Scrittori Genovesi, che ne segui-
rebbe da questo? Non altro, se non se che Colombo sì
confesserebbe Genovese di nascila. Resterebbono pertanto
sempre nella integrità loro i Monumenti , mediante i
quali si è dimostrato ad evidenza, che, qualunque possa
essere stato il Luogo della nascita accidentale di quel
Grand' Uomo , \\. Monferrato fu la sua Patria originaria ;
e la Famiglia ond'egli è uscito quella degli antichi Si-
gnori di Cuccaro. Allo stesso modo, che Torquato Tasso,
come già ho accennato altra volta , volle chiamarsi egli
stesso in alcuna Opera sua Napolitano , bencliò nato sol-
tanto in una Città di quel Regno, cioè in Soieuto, e
eGz monumenti CONTRARJ allegati EC, gap. XIII,
di Famiglia di Bergamo in Lombardia, avrebbe anche
potuto chiamarsi Genovese Cristoforo Colombo, benché
lioa nato in Genov^a , e di Famiglia incontrastabilineute
del Monferrato. Quando gi-andi furono i Genovesi in
mare, vale *a dire dal Secolo XII sino al Secolo XVI,
il furono in parte, mediante il coraggio e l'ingegno degli
uomini delle Provincie del Piem.onte, e del Monferrato ,
che militavano, e trafficavano allora nella Riviera di Ge-
nova. Non posso poi terminare queste Memorie, senza
compiangere la condizione del Piemonte , che gli Uomini
Grandi , che ha prodotto , o rimaner debbano il piìi
delle volte sconosciuti in Piemonte, e defraudati delle
giuste lodi, o quando il nome loro giunse a superar
l'invidia, sieno comunemente tenuti per istranieri, come
intervenne al Colombo.
f
263
TAVOLA.
J. NTRODVZlOyE Pag. uff
Gap. I. Lodi del Colombo. Giusta idea della
impresa della Scoperta dell' America » 120
Gap. II. Importanza di accertar la Patria di Cri-
stoforo Colombo . . . . » iSj
Gap. III. Incertezza del Luogo della nascita del
Colombo . . . . . • » 145
Gap. IV. Dimostrasi, che il Colombo non fu Ge-
novese . . . . . . .111 vS .i5a
Gap. V. Congetture intorno a motivi , per li quali
restò nella oscurità la professione, e la
residenzux de' Genitori di Colombo . » iSg
Gap. vi. Origine della Famiglia di Colojnbo ,
secondo le Storie di Ferdinando suo figli-
uolo. Educazione scientifica e liberale dì
Colombo . . . . • . » 1G7
Gap. vii. Scrittori che a/fermano , che il Castello
di Cuccaro in Monferrato si ò la Patria
del Colombo . . . . . » 176
Gap. Vili. Ragguaglio della Lite insorta in Ispa-
gna per la successione del Maggiorasco
insliluito da Colombo , da cui risulta , che
la Patria di lui fu Cuccaro in Monferrato » i8o
Gap. IX. Estratto del Consulto del Sordi nella
Causa della successione del JMaggiorasco
insti tui lo da Cristoforo Colombo . " '97
Gap. X. Principali motivi allegati nel Sommario
della Causa agitatasi in Ispagna per di-
mostrare, che Colombo era uscito dalla Fa-
miglia de Feudatari di Cuccaro . » 210
Gap. XI. ConJ'or mi tà tra il contenuto nel Sommario
della Causa agitatasi in Ispagna , e quanto
narra circa il Colombo il figliuolo di lui
D.Ferdinando nelle sue Storie . -n 2.i'ò
Gap. XII. Notizie riguardanti D. Ferdinando Co-
lombo , e la sua Storia ...» 2.ZG
Gap. XIII. Monumenti contrarj allegati da alcuni
Scrittori non possono Jar mettere in dubbio
la Patria di Colombo. Esamina di sì fatti
Monumenti . . . . . » 244
2G5
NOTICE HISTORIQUE
SUR UNE INSCRIPTION CONSULAIRE TROUVÉE DANS LES DÉCOMBRES
DU DONJON d'une DES PORTES DE LA VILLE DE TURIN ,
PAR MODESTE PAROLETTI.
Lue le 12 pluvióse an iz.
.Ljes rempaits de la ville de Tiirin, qui avaient joué
un iòle si brillant dans l' histoire miiilaii-e du Nord de
r Italie vcrs le commencement dii dix-huitième siede ,
virent leur gioire s'éclipser au commencement du siècle
dix-neuvième. Leur démolition ordonuée par le Gouver-
nement Francais, fut commencée en 1801 et terminée
ea 1802. Les avenues extérieures de cette Ville étaient
souvent encombrées d' une foule de pcrsonnes attirées
par le spectacle de ces ruines. Je me trouvais un jour
prcs de l'endi'oit, oìi s'élevait autrefois le Donjon de la
porte dite du Palais, et à l'aspect de cet amas de des-
truction , je ne pouvais m'empécher de réver aux vicis-
situdes de la fortune, lorsque je fis attention que mas
pieds foulaient un monument de l'Empire Romaiu.
Gomme l'histoire physique du Globe se retrouve daus
les couches des substances pierreuscs qui composent sa
sui'face , de meme l'histoire du monde moral se présente
dnns les débris qui échappent à la voracifc du tems. Les
I^uturaiistes enrichissent tous les jours le domaiue de la
34
266 NOTICE IHSTORIQUE,
geologie; Ics Antiquaires doivent préparer les matérlaux
pour les annales des Nations.
Ce mouument est va marbré blanc : sa sui-race pré-
sente un parallélogramme, ayant de chaque coté cnvi-
ron 8q centimètres de longueur: soa épaisseur est de
26 centimètres ; sur une des faces de cette derniòi-e sont
gravés les mots suivans ea beau caractère, et omés d'un
coDtour régulier :
C. RVTILIO GALLICO COS. n
T. FLAMVS SCAPVLA.
que je lis Cajo RiUilio Gallico Consuli iterum Tìtus
JPlavìus Scapula.
Cette pierre paraìt avoir servi de piédestal à une
statue pedestre. Le nom du personnage dont elle fait
mention, l'endroit et les circonstances de sa dccouverte,
me firent concevoir le projet de la publier-
Si nous voulons préter foi à ceux de nos hisloriens
qui ont parie des ancieus monumens de la ville de Turin ,
tels que Tesauro et Pingone, la porte du Palais avait
pris et conserve ce nom de l'ancien Palais d'Auguste
indiqué dans une inscriptiou antique par ces mots :
eterna domus Julìce Augustos Taurinorum (1): Dans
ce Palais se tenaient les séances des principales Magis-
tratures de cette Ville, qui, étant d'abord Colonie, avait
pris le rang de Municipe, d'après l'opinion des savans
RlCOLVI et RlVAUTELLA (2).
L'endroit oi!i cette inscription fut découverte , paraìt
ibufuir la preuve de son authenlicilé. II est permis de
PAR MODESTE PAROLETTI. zGj
supposer que la porte nomm^e Palatine alt ctc bàtte
sur les masures de l'ancien Palais d'Auguste, cu, pour
le moi'ns, que les débris de la maison Imperiale aient
dù servii" pour sa rcconstruction. Cefte pierre qui sort
aiijourd liui de ces ruioes , devient un monument d'autaut
plus précieux qu'il nous relrace rarchitccture de ce Palais
que l'on appclait du nom du fondatcur de l'Empire,
ornée des statues des personuages, qui avaieut été les bien-
faiteurs de la ville de Turin. La beante du canictère 1»
fait rapporter au premier siècle de l'Empire Romaia.
Los mofs de TiTus Flavius, qui se trouvent dans la
seconde ligne, iudiquent qu'cUe n'est pas autérieure à
l'Kmpire de Vespasicn : ces deux préuoms, pris par le
persoanage Scapola, qui est le fondateur du mouument,
fcmt prc^sumer que ce citoyen , habitant des contrccs
subalpines, s'honorait de la clieatelle de l'EmpereurVespa-
sien , et en avait emprunté les noms de TiTus Flavius.
Le persounage Cajus Rutilius Gallicus n'est pas in-
connu daus les fastes Consulaires.
L'Almeloven rapporte un C. Rutilius Gallicus parmi
les Consuis, sans en designer l'epoque (3). Il est vrai
que la famille Rutilia était plébéienoe: on trouve des
Rutilius parmi les Tribuns, et sur les monnait-s Ro-
maines, ils ont le prénom de Flaccus. Dans le Musée de
Turin on conserve une mounaie qui se réfere à Ruti-
lius P'laccus Edilis r an de Rome 697, et Priefor pro-
vincialis en l'an 600. Il parait que cette pièce avait été
frappée avant ces deux époques, etlorsqu'il était Qiicnstor
2^8 NOTICE HISTORIQTJE,
ProvinciaUs. Le tj'pe est d'un coté la lete eie Rome
avec le Casque ( Galea ) ; et de l'autre une Victoire
attelée de deux chevaux. Rosikus , auteur d'un traité des
antiquités Romaiues , prétend que la famille Rutilia
était patricìenne ; selon lui, elle se partageait en Calvi,
Centorini , Crassi, Lupi et Rt)Fi(4); quoiqu'il soit dif-
ficile de prononcer sur le patriciat de cette famille , il
est cependant prouvc qu elle avait pris un raug distingue
dans la Républiqiie. Cette considcration dont elle jouis-
sait, suffit pour établir la probabilité que le C. Rutilius
Gallicus ait pu étre élevé à la dignité consulaire.
L'Almeloven que je viecs de citer, a inséré le C.
Rutilius Gallicus parrai les Consuls, d'après l'autorité
de Dominique Magagni , Professeur aux écoles publiques
de Turin vcrs le seizième siede.
Cet auteur estiraable (5) parie d'une table de marbré
trouvée dans l'Eglise de S.-Vito, située en-delà du Pò,
portaut l'inscription : G. Rutilio Gallico Consulì. Il
ajoute que cette pierre lui fut donnée par la munifi-
cence des Chanoiues de Téglise de S.-Jean , tutelaiie de
la ville de Turin. Je suis flatté de me voir dcvancé
dans ces recherches par l'autorité d'un Liltérateur qui a
fait honueur à mon pays (fi), et de rendre hommage
aujourdhui à sa célébrité par un travail qui peut répandre
quelque lumière sur le fait quii a annoncé.
Il y aura des Savans qui seront portés à croire , que
le monument dont j'enfreprends l'explication , soit le
méme qui est public par cet Auteur. Ce soup^on paraìt
?AR MODESTE PAROLETTI. 2.6f)
avoli- un foudcmcnt daus la coiucidcnce du Ileu, où ce
Profcsseur pouvait avoir place sa pierre avec celui où
la mienne a été ddcouverte. Il est probable qua les éco-
]os publiques de Tuiln fussent sitiiées dans le quarticr
qui avoisine l'endroit où éfait la porte du PalaJs. Le
Profcsseur Magagni pcut avoir logé dans la maison des
ccoles publiques qui appartcnait vraisemblablemcnt à
l'Administralion Municipale de la Ville. Lui-mcme lin-
dique dans l'ouvrage qufe j'ai cité par ces mofs : Forihus
mei gymnasii scholasllci adslat Currus Phoetonteus
marmoreus (7). Cet emblème est un de ccux qui ont
tonjours signalé la ville de Turin. Le monument du Pro-
fcsseur Magagni, oublié, perdu, pcut avoir é^é enfoul
dans Ics décombrcs de quelque démolition, et confonda
parrai les pierres de taille que l'oa a craployé à batic
le Donjoa de la porte. Mais toutes ces conjectures sont
improuvées par les mots iterum , Titus Flavius Scapula,
qui se trouvent dans la nouvelle inscription, et qui ne
sont pas rapportés par l'Editeur de l 'ancien monument,
et d'ailleurs la pierre dont il est question, ne peut pas
avoir servi pour une épitaphe, comme celle dont parie
rOrateur de la ville de Turin.
L'inscription découverte par le Profcsseur Magagni est
rapport^e par le Reinesius dans l'ouvrage qu'il a publié
dcs inscriptions classiqucs (8). Mais il parait que cet
Auteur s'est trompé cn la rapportant dans sa collection ,
car, tout en parlant d'après l'autorild du Profcsseur, il
change le mot ConsuU en cclui de Commissi. Cede
?70 NOTICE HISTORIQUE,
cneur a été remorquce par toiis les Anflquaires, et par
ccu\ ménie qui n avaient aucuae connaissance des uoles
de 1' Éditeui- d'AuBixius Victor.
Daus l'oiivrage unprimé à Turin sous le titre de Alar-
mora Taurinensìa (9) , 00 trouve une inscn'ption qui
regalile une peisonno de la famille Rutilia, et dont
l'explicatiou parait établir qu.elque rapport avec celle de
Macaoni et la mienne.
MINITI^ LVCII FILI^ PETIN^
UXORI RVTILII GALLICI LEPTITANI
PVBLICE.
Les savans Ricolvi et Rivautella, éditeurs de l'ouvrage
que je viens de citer, croient que ce Rutilius Gallicus
Leptitanus soit le méuie dont parie le poéte Stace
dans le premier livre du poéme des Silves (jo); l'idea-
tité de persoune entre ces deux RuriLius est indiquée
par les vers de ce Poéte, où il dit que Rutiuus Valeus
avait trioinphé de l'Afrique :
Lybici quid mira tributi
OBSEQUIA et MISSUM MEDIA DE PACE TRIUMPHUM.
Dans ces vers le Poete Latin , en parlant de la guerre
d'Afiique, parait designer la victoire de Leptis, et par
conséquent le Rutilius Galwcus Leptitanus serait le
Préfet de Rome auquel est dédié le premier livre de
son poéme.
Je suis surpris que les éditeurs des monumens de la
ville de Tuiin , qui ont illustre cette inscription, n'aient
poiut fait mentiou de Rutilius Gallicus Consul. Vrai-
PAR MODESTE PAROLETTI. CTi
seniblablement ces deux Auteurs n'avaient aneline con-
uaissance de l'ouvragc de leur Prédéces^eur, car Ics vers
dii poéme qu'ils out cité, fournissaicut matière à dcs
(onjectures séduisantes, et il ne Icur fallait qucla nohoa
du fait annonct'C par l'ancicn Prolesseur pour apcrcevoir ,
que les vers de Stace font mcntiou de la Dignité Con-
sulaire accordéc dciix fois par lEmpcreur à luti des an-
cètres de la famille Rutilia :
Sed REVOCANT FASTI, MAJOMQUE CURULIS,
NEC FROJIISSA SEMEL.
Le rcsultat de ces rapprochemctìs , qui paraìt indiqncr la
protection que les personnagcs de la famille Rutilia
accordaient aux liabitans de ce pays , où Icurs noins
sont transmis à la postcrild, ajoute à l'intéiét que jai
attaché aux recherches que je fais pour fixer l'epoque
des deux Consulats.
Il est des Auteurs qui ont imaginé que les Magisfrafs
des Villes et des Coionies aient pu prcndre le titre de
Consuls sous les Empercurs : cctte manière d'inteipréter
Ics anciens mouuracns éfait commode et faite pouf prevenir
les diflicultés (ii). Quelques Savans d'un mérite distingue
ont adopté cette opinion. La note des anndcs du Con-
sulat qui se trouve daus qUelques monumcns t'ievés à
des Consuls substitués, leur a paru un nocud difficile à
rdsoudre, et un indice de l'abus iutroduit dans Ics Pro-
vinccs de dt^signer par le nora de Consuls Ics Rlagistrats
Municipaux de Icurs villes. Il est vrai que Ics Consuls
substitués ne donuaieut poiat le uom à l'année, et que
272 NOTICE HISTORIQUE,
les raonumens où Fon reucoatre la note prìmum , secun-
dum, ont tous élé découverts loia de Rome, et daus Ics
Proviuces reculées de TEmpii-e.
De plus, un Dccret de l'Einpereur Aulonin rapporté
dans le digeste (12), parie des Consuls de Province, et
indique presque des Juges qualifies de ce nom.
Ces diflérentes observations peuvent fournir des argu-
mens pour un nouveau genre de recherches sur les Con-
sulats honoraires qui s'étaient probablement multipliés
sous les Enipereurs Romains; mais comme l'inscription
que je public se rapporto décidcmcnt au premier siede
de l'Empire; corame elle fait mention d'un peisounage
dont les descendans ont exercé les premières Magislra-
tures de la ville de Rome, et que l'epoque des deux
Consulats peut se détermlner par des raisonnemens assez
concluans, Je crois devoir poser des liraites aux combi-
naisons fondées sur des conjectures, et me renfermer dans
le genre de démoustration qui s etablit sur les faits , lais-
sant à des liommes plus célèbres la gioire de parcourir
la carrière des probabilités. J'observerai au surplus, que
la note des années des Consulats, qui a embarrassé les
Antiquaires , peut avoir été introduite dans les Provinces
pour marquer les aauées de la clieutelle exercée par les
Consuls subrogés, lorsqu' elles voulaient les honorer.
Le célèbre Maffei a public un fragment d'iuscriptìon
latine, conservce dans le Musée Imperiai de Vienne,
qui peut servir à établir l'epoque du premier Cousulat
de C. Ruiiuus Gallicus (ì3).
i
l'AB MODESTE PAROLETTI. 273
.... RI AVGVST
IMPER- XXVII.
. . . . CLA- VISPTANO GALLO
C RVTiLlO GA . . O.
Maffei remai-que que cctte inscriptlon cloit regardcr
lIEiiipereur Claude, le seul qui soit porte dans' les me"
dailles JMP. XXVII; et sur l'observation que la famiile
Vjpstania élait Consulaire, il en dcduit que les deux
persounages Claudìus Vìpslanus Gallus , et Càjus Ru-
lilius Gallus doivent étre raugcs panni les Consuls subs-
litués pour les années qui tombcnt sous l'IÌNlPER.
XXVIL , titre douné à l'empereur Claude , c'est-à-dire:
pour les anaées 62 , 53 et 64 de la naissance de J. C.
Le Savaut Hagenbukins , qui a rapportò cctte memo
inscriptlon , confirmc l'opinion de M.*^ Maffei , et fait
des remarques très-judicieuses. Voici couime il s'exprime
dans l'uu des ouvrages quii a public (14)= « IMaffei
» observe très-bien que cette iuscriplion regarde Tem-
» pereur Claude , qui est le seul à qui on ait donne' le
» titre d'imp. XXVII. A la deruière ligne je supplée
j> GALLICO. On sait , que sous Domitien il y eut un
» RuTiLius Galligus qui fut Préfet de Rome , et qui
» pouvait otre le llls, ou le petit-fils de celui-ci. CLA,
» dans la ligne précédente, est, si je ne me trompe ,
» pour CLAVDIO. Cela suppose que c'était sou nom de
» famiile, et non Vipstanus, comme l'a pensé M.'Maffiìi,
» car que signifierait le nom précédent?
» Au surplus, VirsTANUS et Rutilius paraisscnt avoir
35
274 NOTICE niSTORIQUE,
»> été Consiils , Qiais subi-ogés , et apparemm^nt l'antiche
T> móme de J. G. 52 , daus laquelle Claude- fiit appclc
n IMP. XXVII, et Oli il y eut plusieurs Consuls de
•>■> cette espèce » jiisqu'ici le savant Hagenbukins.
L'opiuioa de Maffei est encore confirmée par l'aiito-
vité de Corsini , auteui- de Touvrage sur les Préfets de
Rome (i5), qui, en parlant du Préfet Rutilius fiait
par ces mots : Postremo addldìsse juverit , guod C. Ru-
tilius Galiicus Valens facile alterius C. Rati Iti Gallici
nepos fuit , qui anno CJiristi 62 una cwn Claudio
Vipslanio Gallo Consul fuit.
Il ne raauquait plus que l'inscrlption que j'ai publiée
pour mettre en évidence la justesse de l'aper^u de M/
Maffei , et les coinpilateurs des fastes consulaires peuvent
aujourd hui inserire , sans crainte , parmi les Consuls
subrogés de l'année 52 de J. C. les Claudius VipstU"
nius Gali US , et C. Rutilius Galiicus.
Il nous reste à fixer l'epoque du second Consulat de
C. Rutilius Galiicus , qui est indiqué par le mot iterum.
D'après les remarques que j'ai faites au commence-
ment de ce m(?moire pour coustater l'aothenticité du mo-
nument, l'epoque du nouveau Consulat doit se rapportet
aux années qui succédèrent à l'Empire de Vespasien. Oa
ne rencontre guères de Titus Flavius avant l'année de
J. G. 69: Le personnage Scapula s'honorait probable-
ment des prdnoms de Vespasien , et jusqu'à ce qu'un
nouveau inouumcnt ne vienne donner un éclaircissement
précis sur cet objet, je crois devoir encore classer le
PAR MODESTE PAROLETTI. syS
Cajus RuTiLius Gallicus parmi les Gonsuls subrogés
poui- les prcrnières années dii Rogne de cet Enipereur. -
Làge dcjà avance de ce personnage qui avait óté Consul
ea l'année Bz , l'oubli fait de lui par retnpercur Néion
et ses successeurs, et le rappel des gens honnètes, lait
par Vespasicn , vienncut à lappui de cette opinion.
En résumaut actucllement les résultats de mes raison-
nemens , je crois pouvoir couclui-e:
^ r." Qua le Cajus Rutilics Gallicus mentionué daus
l'dpitaphe de Magagni est le méme personnage tìont il
est questiou dans le fragment de M/ Maffei, et daus
liuscription que j'ai publiée.
2." Que le doublé Consulat de ce personnage qm est
indiqué par le vers du Poete Stace , se trouvè 'confirmé
paV le contenu de ces frois monumens , et mis en évi-
dence par l'expHcation que j'en ai donnée.
5.° Que l'epoque de ces deux Gonsulats, quoique rela-
tive i\ des Gonsuls subrogés, peut se fixer aux années
52 et 69 de J. G.
4.° Que leRuTiLii's, Préfct de Rome, vainqueur d'Afri-
que , et auquel ce Poete avait dédié le premier livre des
Silves , est la méme personne dont il est parie dans l'ins-
cription insérée dans les monumens de la ville de Turin.
5." Et enfin, que la famille Rutilia était une de celles
qui avaient acquis des droits à la bienveillance des ha-
bitans de la Gaule Subalpine, par la foi qu'eu font les
différens monumens qui ont ctó trouvés dans ce pays (16).
A la suite de cette explication qui, en éclairant les
27^ NOTICE niSTORIQUE,
fastes consulaires , seit à rapprocher les opinìons clcs
savaas Magagni, Rigolvi , Maffei et Corsini, et à ré-
pandrc uà trait de lumière sur une (epoque de l'hlstoire
du Pidmont, qui est envoloppc^e dans l'obscurité destems,
je ciois devoii- dii-e uq mot sur linscriplion rapportée
par PiNGONE (17).
P- RVTILIVS-
AVG- TAVR- PUOCONSVL.
Getta inscriptioa n'a pas l'assentiment dos Antiquaires,
à cause sur-tout du mot Proconsul, qui se trouve dans
la 2.* ligne.
Oa pourrait cepondaut, à mon avis, étnblir quelques
conjectures eu sa faveur, et qui seraicnt appuyées par
■ tout ce que je viens de dire de la famille des Rutilius.
La pulssance proconsulaire , dans les tcms de Rome
libre , se donnait aux Consuls apròs Tannée de leur ma-
gistrature. Nous en avons le premier excmple dans 2.
Publius Phiion, l'aimée de Rome 427 (18). Quelques-
fois on nomraait des Proconsuls qui n'avaient jamais
été revètus de l'autorité consulaire. Dans la seconde guerre
Punique, P. Scipion, à l'àge de 24 ans, fut envoyé Pro-
CONSUL en Espagne, Pompée, n'étant encore que simple
particulier, fut envoyé Procoksul contre Sertorius.
Cctait une loi ordiuaire à Rome que celui qui,nprès
le Gonsulat , obtenait une Province , se noramat Pro-
CONSUL , et de mème celui qui se tenait au méme rang
après la Preture , s'appelait Propréteur. Quelquefois le
Prcteur, après la Preture, dcveuait Proconsul , et nous
#Ar modeste fAroletti. 277
trouvons irièrae des personnages qui tantót sont nom-
mós Piétcuis, et tantót Proconsuls. Quintus Cicero est
appelé Proconsul pai- Svétoae, et Pretor par Marcus
TuLUUs (19).
Dans le tems des Empereurs , le Proconsulat eut une
plus grande extension. Le Sénat et le Peuple pouvaient
aussi envoyer des Proconsuls dans certaines Provinces (20).
Cette magistrature se donnait à ceux qui avaient été
Cousuis, et à ceux qui ne l'ayaient jamais été.
Pour ne laisscr rien à désircr dans cette espèce de
rechcrclies, on pourrait supposer que le Publius Ruti-
Lius ait pu étre envoyé Proconsul à Turin , après avoir
été Consul; ou bica, qu'étant l'un des dcscendans de
cette illustre Famille , après avoir rempli quelque missiou
honorable dans ce pays, ait pu étre décoré du titre de
Proconsul. Mais il faut se garder de confondre ce qui
u'est dit ici que par simple conjecture avec tout ce qui
a été démontré , ou suppose , au moins, d'une manière
très-probable.
Tous ces faits sont peu importans par eux-mcmes: ils
méritent cependant l'attention des historiens. Souvent
telle notion , qui, prise isolémcnt, ne présente que peu
d'intérót, devient un trait de lumière, lorsque par la
suite des découvertcs, la critiquc parvicnt à rapprochcr,
dans un ordre analytique, les résultats des rechcrclies des
Savans. Un homme célèbre a dit avec sagesse, que la
scicnce des inscripfions et des médailles formait l'osteo-
logie de l'histoire.
27S KOTICE HISTORIQUE,
NOTES,
(1) ha Kefigio , 0 Pttìazeo ^ugusfaìe , ec, , le eiiì rocrne àdnnn ancor in
oggi il nome alla porta orientale della Jet Palazzo. Tosauro , Storia di Toi'iuo.
f;''* P*St "?4» P'ng- A^'ÉUSt, Tauriii. Porla Palatina, horti Palatini.
(2) RicOLVi et RlVAUTELLA, marmoia lauriiicntia, pag. 270, pag. i.Non
haud inviti creJimus Taurinorvm Augustam jam lam splendiJissimam Urbem
TX Colonia in mitnicipium , guo4 mefjori erat (ondilione , Slatum (rit fU^uo,
Iinperajore redaclam fulsse.
(3) Samueli Jansonii Almeloven 8.", où il cite Machaneus ad Vili,
(lo Vir. Illust. cap. 42. vorum Reines. IiiscHp. class. 17, N."* 104, pag. 84S.
Vocem Cons, pìutat in Civnmiss.
(4) RosiNUS Autiq. Roman, l-upi uicininit Cicsar, lib, 1 de bello rivili
et Quint. lib. 1, cip. 11.
(5) Machaneus ad Victorem de A'ii-. illusi., cap. 41 > Romani certe hie
nipote in commune totius GaUiw Cisalpince diversorium divertere solcbant, vii
Epitiphium a me inventum in marmoreo conditorio Sacelli. D. T'iti ultra Padiim
indicai hac inscriptiune. C. liutilio Gallico Consuli. De quo Proefeclo homce
sub Domitiano Jincnalis. Et Custos Callicus Vrbis. Marmoreum lume lapidem
sacnim Canonicorum Collegium D. Joannis Tutelari nostri mihi dono muiiijì-
rentissime dedit.
Le savant Dbakenboiich , dans la fliseitation Ialine qu'il a imprimé sur
Ics Préfels de Rome, fait l'observalion suivanle sur ce vcrs de Juvenal :
"Ucet enim Custos Vrbis proprius titulum Juerit Prajecli eigilum , vt palei ex
Cassiodoro , lib, VII, cap, VII , scepe tamen Prcejecto Urbi iribvitur, Vid.
Sene: , ep. 84.
Oli verrà dans la suite que le Rulilius, Préfet de Rome sous Domilieii,
fy&ìt déscendant de la famille du Consul.
(6) Parrai Ics Professeurs qui cut illustre les écoles do Turili dans le
16.' siede , on doit distinguer Dominique Della-Bella , qui avait pria
le nom de IWacagni, du village Macagno, situé dans le ci-devant Nova-
rais, où il était né; l'epoque de sa naissance doit étre fìnie entre le i45o
et le 1460. Il eut pour Précepteur de Rhétoriquo le célèbre Colla-Montano,
«jui est connu dans l'histoire de Milaa , comme l'auteur de la conspiration
Iramée contre le Prince Galeas-Sforza , tue en 147G.
Dominique Magagni était savant dans la liltérature, dans les langucs
i»AR MODESTE paroletti. syg
anricntips *l les antiqiiités. (I a ^'lé d'nbord Professpur de Bellcs-Lettrog
h iMilnn, et fut appelé, vers le commenccmcnt du 16.' sièclo , à la chaire
d'Jìloqueiice nux écoles publiqiies de Turin.
Le savant MtnuLA , daus l'ouvrage qu'il a imprimé sur la Caule Cisal-
pine, parie d'avoir assistè aux le^ons de Macaoni à Turili, et d'avoir
adrairé l'étendue de ses connaissauces dans l'explicatioa quii faisail à scs
élèves de l'hist. nat. de Pline.
Les Ducs de Savoie ne tardèrent pas à Taire un grand cas des (aleiis
du Professeur Macaoni. Il fut nommé par un à la place d'historiographe ,
et passa sa vie k recueillir les matériaux nécessaires à la conipilalioa de
l'bistoire de la Maison Ducale.
Il mourut en ibZo à Turin , après avoir parcouru honorablcment la
carrière de l'instruction publique, et avoir acquis la répulalion d'un Litté-
ratcur distingue.
Les ouvrages què le professeur Macagni a publiés , soni : i.° Des notes
très-eslimées sur les vies de Sexius Aurelius Victor, qui furenl iniprimccs
avec le tcxle pour la première fois à Turin, en i5c8. Ces notes sont in-
sérdes dans presque toules les éditions de cet Auteur, et se trouvenl dans
l'Editioa d'Amsterdam cum notis variomm. i.° Une description corographiquo
du Lac-Majeur , écrile en latin , et iinprimée pour la première fois à
Milan àia fin du i5.* siede, et réimprimée dans la métoe Ville en 1690.
3." Une disserlation latine, intitulée de Cancellarlo Sectetariis et Scribis ,
eorumque vocabulis.
4." Une autre dissertation ÌDtitulée Observatioltes ad Tranquitlum U Val^
TÌum Maximum.
5." Ncuf vies des f'rinces de la Maison de Savoie , écrilM de méme
en latm.
(6) Un mémoire sur les antiquilés allobroges, énrif en langue italienne.
(7) Quelques autres observations, intitulées Qurestiuncuìw. Quomodo secer-
nerenlur cincres corporum combuslorum apud Romanos. Quid sinl Pagani.
Prinripium Valerii Maxirai a barbarie vindicatum.
(8) DiCférentes Leiires sur des objets littéraires. — Les N."' 3 et suivans
ne soni pas iruprim/'S.
Le Professeur Macaoni dans les ouvrages qu'il a publiés , s'intitulait
Orateur de la commune de Turin, Publicus Tour. Orator. Sa célébrité a
icndu sa famille illustre; ses descendans fureiit distingués par les places
bonorables qu'ils occupèrenl , soli dans la Mcngistralure , soit dans la Diplo-
aRo NOTICE HISTORIQUE ,
malie, Vide liist. ijpograph., Modiol.' anno i44o. Ani. Sa^ii pag. 3i5,
EJ. Mecl. 1745 sub liliilo Phil. Aigel. Bonon. Bibliol. Script. IVIediol.
(7) Mach, ad Vict. de Vir. Illusi., cap. 42.
(8) Reines. Iiiscript. class. 17, N." 104, pag. 845.
(9) Marmerà Taurin. pag. 4* > P- *•
(io) VersSi, 83, Silv. lib. I, Slalio.
(ii)Panvin. antiq. ver. lib. II, cnp. t2, Fabretli pag. 'jiZ , Gruter pag.
438, N." 7.
Reincsius Ep. XVIIt ad Ruperl. de Consiilibus provincialibus non possimi
nmplius dubitare ab ignaris anliquitatuni roniananim ftibricatos fuisse. Mon-
signor della Torre, libro d'Anzio pag. 3Gl , dit — Coloniis et Municipiis
consularem dignilatem cegreferunt viri dodi.
(11) Dig. lib. XXIX, fit. 2, de adquirmda , vel omitlenda hceredilale. Ul-
pianus lib. Vili , ad Sabinum. Curri quidam legntionis causa abscns Jìlium
hieredem ìnstitulum non potaisset jubere adire in pronncia agenlem , Divus Plus
rescripsit ConsuUbus , subvenire ei oportere mortuo fdio; eo ijuod licipublica-
causa oberai.
(i3) Maffei, Osserv. Iettar, tom. I, pag. i83, N." 22.
(14) Hagenbukius Epist. epigraph.
(i5) Corsini de prtcfect. urbis Pisis 1766 4-'' P- 48- Cet aulcur rapporto
la Préfec.ture de C. Rutilius Valens à l'année de Rome 838 , et de J. C.
85 , d'après l'autorité de Stace.
(16) Si on voulait hasarder une conjecture , on pourrait supposrr que
Je surnom de Gaìlicus, pris constamment par les personnages de la famille
Riitilia, ait eu pour bui de relracer le souvenir de quclque action ecla-
tante, qui ait pu rendre leur nom illustre dans la Gaule Subalpine.
(17) PlNG. , Aug. Taur. ibid. in domo mainorum in basi turrl9.
(18) Liv. lib. Vili, cap. 23 et 26.
Decrelum in urbe est ut Proconsule rem gererel , quoad debellatum esset.
(19) SvET. in Aug. cap. 3.
Cic. ad Quint. fr. lib. I , Ep. i , cap. 7.
(20) Neupoort , Riluum Romanorum , — Trad. de M.' l' Abbé Desfon-
lAiNES pag. 116, Barbou, 12 — 1760.
VITA
DI ALESSANDRO VITTORIO PAPACINO
D'ANTONI
COMANDANTE DELL'ARTIGLIERIA
E TENENTE GENERALE
SCniTTA
DA PROSPERO BALBO
l'anno m.dcc.xc.i.
35
Jam te non alius iellì tenti apti'ui miei.
Qua deceat tutam castris proeducere fossam,
Qualiter adirersos hosti defigere cervos ,
Quemve locum ducto melius sit claudere vallo.
Ut facilisque tui's aditus sit, et arduus hosti,
Laudis et assiduo vigeat certamine miles.
Tibul. panpgjT. ad Messalam.
■m
a85
VITA
DEL COMMENDATORE D'ANTONI.
D.
'i Alessandro Vittorio Papacino, capitano del porto
di Villafranca, nacque in quella terra, addì 20 di maggio
del 1714» Alessandro Vittorio, che avendo aggiunto al
cognome paterno quel della madre, D'Antoni, fu poscia
più volgarmente così denominato. E fama, che i Papa-
cinì traessero di Spagna un'origine illustre**; ma noi»
avendo io sicure prove per asserirlo, imiterò il silenzio
dello stesso commendatore , che di questo fatto , o di
altro tale, né fra gli amici eziandio non si udì mai far
parola. Pii!i che l'incerta ricordanza de' trapassati poterono
i vivi esempi, che ancor fanciullo egli ebbe a trovare
fra' più stretti congiunti. Giuseppe Antonio suo fratel-
cugino , che fu luogotenente-colonnello, e comandante
dell'artiglieria nella contea di Nizza, e Gian Pietro zio
materno del nostro , che mori capitano degli artiglieri ,
* Si slampa questa vita, quale fu letta all'accademia delle scienze di
Torino dall' autore , segretario aggiunto , nelle private sessioni del mese
di novembre l' anno 1791 : di un solo estratto ei fece lettura nella seguente
adunanza pubblica del giorno primo di dicembre.
** Di un Papacino , vice-ammiraglio di Spagna nel secolo XVII , si
trova menzione neW'Histolre des propìs de la puìssance navale d'Anf-ìeterre,
par le baron de Sainte-Croìx : nomf. idil. , Paris, 1786, a voi. in 11.
a84i BALBO,
quelli furono cli'ci si propose d' imitare , alloraqnando
in età di diciott'anni vesti nello stesso reggimelito le
divise di semplice soldato, distinto però col titolo di
volontario , che soleva accordarsi alle persone di ri-
guardevole fomiglia. Ciò accadde a' 28 d'ottobre del lySi.
Due anni dopo militò come soldato ne' principii della
guerra condotta con rapidissima fortuna dal re Carlo
Emanuele. E convieu dire, che in quelle occorrenze,
e soprattutto nella espugnazione, ov'egli trovossi, del
castello di Milano, della fortezza di Pizzighettone , e
della città di Tortona , abbia dato certissimi saggi , non
pur di valore , ma di singoiar maestria , giacchi? , dichiarato
sottotenente addì 14 di marzo del 1754, fu adoperato
in tutto il corso di queU'anno, e nella famosa giornata
di Parma , all' importante ufficio di ajutante maggiore
del suo reggimento. Salito poscia al grado di tenente
addi 12 di dicembre del 174 1 5 e riaccesa la guerra,
ebbe maggiori e più frequenti opportunità di [segnalarsi
in ogni maniera di fazione , che ad artigliere , od anche
ad ingegner si convenga ; or guidando i cannoni nelle
ripide balze della Savoja fra le altissime nevi , e i duris-
simi ghiacci del più fitto inverno ; ora con ben dise-
gnate trincee fortificando il campo di Casteldelfino; or
combattendo in giornata campale alla Madonna dell'Olmo,
e dopo r esito di quella ritraendo in sicuro sino al campo
di Possano tutte le artiglierie del corno sinistro; ed ora
come capitano di minatori inoltrandosi in due siti sotto
r assalito bastione di Savona , o impiegandosi parimente
dell' ailigUetia,
VITA DEL d'aNTONI. 285
nella espugnazione d'Acqui, od all'incontro pcnefrando
a g^an^pena io Esisiglie stretto già dall'esercito Fiail-
zese, e valorosainente servendo alla sua difesa, e final-
mente negl' intervalli lasciati dalla viva guerra , adope-
randosi a provvedere d'ogni sorta d' attic/zi militari, -
prima Demonte nel, 1746 insieme coli' illustre ingegnere
Finto , poi nel 1746 Essiglie e Fenestrelle:
Nel corso di questa guerra fu dichiarato capitan- te-
nente a'5r di maggio del 174^» ^ capitano effettivo il
10 di gennajo del 1746. E sul principio dell'anno 1747, J'il''^°,Yf^i
volendo il re premiare con alcune gratificazioni gli eo[a''"oi^ndiò
ufiiziali d' artiglieria che più si erano distinti nelle gloriose
imprese dell'anno precedente, fu assegnata al D'Antoni
la maggiore di tali ricompense, che secondo la savia
moderazione di que' tempi non oltrepassò tuttavia la
modica somma di ottanta zecchini. Dopo la pace fu
spedito due volte a Piacenza, quindi a Pavia, ed a Mi-
lano , per trattare con gli ufiiziali Austriaci e Spagnuoli
il riparto e la restituzione delle artiglierie e delle muni-
zioni da guerra , secondo la convenzione di Nizza del
iG di gennajo 1749» uel che diede a conoscere , sod-
disfacendo egualmente alle due parti, ch'egli non era
men destro e leale né' maneggi di pace, di quel che
fosse prode ed esperto nelle imprese di guerra.
Come a tali pregevolissime doti egli abbia saputo
aggiungere quelle parti che valgono a procacciare cele-
brità letteraria , spetta ora all' istituto nostro di raccon-
tarlo alquanto più distesamente. Imperciocché a primo
28G BALBO,
aspetto potrà forse crear meraviglia, che nomo nato ia
coadizione assai ristretta di domestiche facoltà, allevato
in luoghi ed in tempi assai meo colti de' nostri , cresciuto
fra lo strepito vivissimo dell'armi, vissuto del conti-
nuo in operosissima vita, abbia nondimeno potuto, ed
abbia , potendolo , efficacemente voluto procacciarsi dif-
ficile, squisita , e profonda dottrina. Che se rari non sono
gli esempi nella profession della guerra di uomini surti
da basso sfa(o a' gradi priqii della milizia , rarissimi sono
di quelli che a tapta elevazione siano di così lungi per-
venuti egualmente per merito di dottrina teorica, e di
cure scientifiche, che di pratica perizia, e di guerriero
valore. De'-Vincenti , Finto , e D'Antoni , hanno provato
fra noi, che uomini tali non poteano mancare in una
Dazione chiamata prima ad ogni sorta di gloria dall' animo
grande di Vittorio Amedeo II , eccitata poi dalla felicità
d'un nuovo regno , e sempre pivi incoraggiata nelle vie
d' onore dalle aspre vicende d' una guerra difficile e pe-
rigliosa. E questa guerra medesima , ben lungi dal ritar-
dare i progressi degli studi , per cui si suole desiderare
ozio e tranquillità, servì anzi assaissimo a promuoverne
gli avanzamenti , in quelle parti almeno che all' arte
militare più d'appresso s'accostano, del che vedremo
qui dopo qualche mirabile esempio. Ma se le accennate
generali cagioni hanno potuto in qualchte modo risve-
gliare gl'ingegni de' giovani militari di que' tempi, i
nostri uditori tuttavia brameranno da noi più esatto rag-
guaglio di quelle particolarità che accompagnarono i
VITA DEL d'ANTONI. 287
primi passi nelle scienze del bravo aitigllere, che riuscì
poi chiarissimo autore.
Noi della sua fanciullesca o giovenlle istituzione non
abbiamo notizia alcuna , ma crediamo assai probi'bile che
fosse più adattata alle strettezze della famiglia, che noa
all'ingegno del giovane. Né possiam dire sel'opeiasua
siasi impiegata in alcun modo ne' priuii cominciamcnti
delle scuole d'artiglieria istituite l'anno l'j^Q. Bensì sap- Lib.iii dcir**
piamo per testimonianza dello stesso D'Antoni eh' egli rfedira;.dfjflme
nel 1743 cominciò di proposilo a cercare per diverse neUa dedica,
strade di scoprire le principali proprietà della polvere ,
il che par che supponga non mediocri progressi nelle
scienze fisiche e matematiche. E sappiamo che l' ingegno
e la diligenza di lui gli aveano per tempo procacciata
la stima e la conCdenza del primo ingegnere Giuseppe
Ignazio Bertola direttore delle scuole per opera sua fon-
date, e de' tre successivi colonnelli d'artiglieria, D'Embser,
Nicola, e De'-Vincenti. Non pago tuttavia delle cognizioni
che da questi potea ricavare, uomini, per vero dire,
eccellenti , ma da gravissime cure distolti , ne pago degli
studi, che per se solo, o coU'ajuto de' suoi colleghi,
fra' quali molti assai dotti, potea intraprendere e segui-
tare, non lasciava sfuggire occasione d' approfittare d'ogni
altro personaggio , o fosse esperto nella sua medesima
professione, o dotto nelle scienze che a quella possono
in qualche modo servire. Siffatto vantaggio egli seppe
ritrarre nella prima guerra dalla conversazione di alcuni
tra gli ulllziali Franzesi alleati nostri. E vuoisi credere.
288 BALBO,
clie a que' tempi medesimi, o poco dopo, incominciasse
a frequentare in Torino l'abate Girolamo Tagliazuccht.
Chi non conosce questo illustre Modenese , fuorché per
essere stato un eccellente professore d' eloquenza nella
nostra università, autore di qualche bellissimo sonetto,
e di qualche altro forbito lavoro, e raccoglitore di prose
ad uso delle scuole, stupirà seuza dubbio che il D'Antoni
se gli professasse tanto obbligato, e ne venerasse la
memoria come d' ottimo maestro , egli che altronde non
aspirò mai a verun pregio nell' amena letteratura. Ma
il Tagliazucchi alla dottrina poetica ed oratoria accop-
piava in grado non mediocre la matematica*, ad esempio
dì tanti illustri Italiani, e Bolognesi soprattutto, suoi
couteraporanei ed amici, attalchè, se non e' inganna la
fama , allorquando fu chiamato dalla patria a Torino ,
* Il Tagliazucchi, prima di venire in Torino, clie fu nel 1729, istruì
pijvalaiuenle in Milano non solo nella lingua Greca , ma eziandio ncll'
nigebra, fino almeno a' problemi di secondo grado, Maria Gaetana Agnesi,
fanciulla allora di circa dieci anni, cresciuta poi a tanta fama nella scienza
algebraica. E fra le sue opere inedite si registra come smarrito un trat-
tato di fortificazione. {Mai-i.ucche\ii, Scrittori d' Italia, articolo dch'^gnesi ,
Tiraboschi , Biblioteca Modenese, tom. V, p. iGy, 175). Facil cosa è a cre-
dere, che quel trattalo di forlificazione sia slato scritto dal Tagliazucchi
iu Torino , e forse per ammaestramento appunto del D'Antoni , o del
Tignola. Ed è notabile, che tre anni prima della istituzione delle scuole
militari, creandosi un'accademia per Je arti del disegno, nell'apertura
della quale le-^se il professor Modenese in prosa e in versi, vi si fece
luogo anche all'architettura militare con esempio non più veduto né prima,
né poi. Orazione e poesie per V instituzione dell' Accademia del disegno , delia,
dipintura , scultura, e architettura militare, e civile, Torino, 1736, Chais, 8.°..
VITA DEL d' ANTONI. 285
clubitossi qual cattedra se gli sarebbe assegnata: ma se
di scienze matematiche non tenne pubblica scuola , e
non diede alla luce alcun saggio , ben insegnolle in pri-
vato a parecchi giovani studiosi, fra' quali , oltre il
D'Antoni, ci basti di nominare per cagione d'onore il
prediletto suo discepolo, ed ora nostro benemerito vice-
presidente , conte Ignazio Somis , ed il defunto Gasparo
Tignola , di cui non posso ricordare il nome senza
rammentare ad un tempo , eh' egli fu il primo ad intro-
durmi, sin dall' età mia puerile , sul limitare della dot-
trina geometrica, e ad ispirarmi per quella ardentissimo
amore , troppo dappoi reso vano sinora da ben altri men
gradevoli studi. Ma il Somis e il Tignola , prima d' avere
dal comune maestro i precetti matematici, si erano sotto
alla sua guida istruiti nell' arte dello scrivere in prosa e
in versi, del che ci restano memorabili documenti , onde v. ìì eaiat.^»
^ , con noie in une
ne avvenne, che 1 uno e l'altro dettarono sempre ogni <u quesu wVa.
loro sciitto con molta proprietà : in vece che il D'Antoni,
"al quale era mancata negli anni suoi primi si oppor-
tuna istruzione , e poscia mancato era il tempo e il modo
di supplirvi, fu sempre obbligato a far pulire i suoi
concetti, quelli almeno che dovevano andare a stampa,
dall'amico e collega Tignola, ufiiziale pur egli d'arti-
glieria, e professore in cjuelle scuole, ed autore perse
solo di due trattati elementari ad uso delle scuole me-
desime. Tanto importa la lingua , e lo stile , e il buon
gusto, anche a' coltivatori dell'arti più severe, i quali
se accade clic manchiao aflàtto di tali cognizioni, non
37
ago BALBO,
sanno il più sovente adattarsi al modesto ed utile partifo^^
cui per buona fortuna de' suoi libri si attenne ognora il
D'Antoni. Il che ci fa credere, che s'egli non ebbe
ozio sufficiente per gli studi di lettere , non lasciò tuttavia
anche per questa parte di trar profitto dalla colta con-
versazione del Tagliazucchi , corteggiato sempre da uno
scelto drappello de' migliori discepoli.
Contratta per tal modo famigliarità colle lettere e coi
letterati , e fatto acquisto delle scienze matematiche ,
volle eziandio per le fisiche valersi di quegli ajuti che
potea trovare presso gli altri professori della nostra uni-
versità. Leggeva P'isica a que' tempi Francesco Garro
da Cosenza dell'ordine de' Minimi, discepolo del Roma
suo predecessore , religioso Franzese dell' ordine mede-
simo , e come tale era il Garro Cartesiano ostinato , ma
peraltro non imperito sperimentatore. Le private spe-
rienze che facevansi nel convento di San Francesco di
Paola, provveduto per questo fine di opportune suppel-
lettili , acquistarono maggiore celebrità , allorquando vi
intervenne 1' abate Nollet chiamato di Francia per inse-
gnare la Fisica al duca di Savoja. A queste dotte adu-
nanze era ammesso il D'Antoni, forse con alcuni altri
uffiziali suoi colleghi; ed ivi essendosi fin d'allora ten-
tati varii sperimenti per 1' esame della polvere da guerra,
e per altri soggetti relativi alla scienza dello artigliere,
quindi ne nacque il pensiero felicemente eseguito d'isti-
tuire nello stesso arsenale uno stabile laboratorio chi-
mico-metallurgico. E nel 1760 parecchi de' più dotti
VITA DEL CANTONI. Sgi
uHlziali d' artiglieria , fia' quali il nostro , furoQO eletti , aEbt.'^'s^'
a conferire sopra le proporzioni de' metalli da fondersi
per la fabbricazione dell' armi, sopra i saggi da farsi
de' metalli fusi , e sopra le piove dell' anni con essi fab-
bricate, sopra il vento de' cannoni, vale adire soprala
differenza tra 'i diametro loro interno, e quello delle palle,
e sopra diversi altri somiglianti argomenti.
In cosi fatte gravissime incumbenze avendo sempre
il D'Antoni dato saggio di singoiar sapere, non è mera-
viglia che a' 3 d'agosto del lyòS sia stato eletto diret-
tore delle scuole teoriche col grado di maggiore. Al qual
incarico per soddisfare convenevolmente, diedesi egli*
a porre insieme i trattati, che secondo il suo pensiero
doveano servire alla isfruzion degli allievi : e valendosi
a quest' uopo io qualclie parte , siccome non si disdice
in opere elementari , sia degli scritti che già dettavansi,
sia dell'opera degli altri professori, e di mano in mano
aggiungendo alcuni importantissimi capi d' insegnamento,
che non erano in uso , come tra gli altri la Fisica e
la Meccanica, venne poi a formare l'intero corso de' libri
che servono per quelle scuole. Io esso hanno luogo prima v. j\<-aiaiog»
V aritmelica e. V algebra, \a gpometi-ia piana, e solida,
e la pratica, le sezioni coniche, i principii di matema-
tica sublime, e le istituzioni fisico-meccaniche , quindi
r esame della poh>ere , V uso dell' armi da fuoco, il ma-
neggiamento dulie macchine d' artiglieria, V artiglieria
pratica in tempo di pace e di guerra, e finalmente l'or-
chiteitura militare.TiV& queste le istituzioni fisiche, Tesarne
2g2 BALBO,
della poherd , l'uso dell' armi , V artiglierìa in Ipmpo di
guerra, il maìieggiamenlo delle macchine , e cinque de' sei
libri intorno all' architettura militare portarono in fronte
il nome del D'Antoni , allorquando furono pubblicati :
lì artiglieria in tempo di pace ha per autore il Tignola,
e il secondo libro dell' architettura militare , che tratta
dello assalire e difendere le fortezze regolari , fu com-
posto dal chiarissimo Ignazio Andrea Bozzolino , che
vive maggior-geuerale , colonnello degl' ingegneri , e ca-
valiere dell'ordine de' Santi Maurizio e Lazzaro. La^eo-
Tuetria pratica , quantunque anonima , fu pure compilata
*dal Tignola. Per V aritmetica e la geometria piana si
adottò, non so come, quella d'uno straniero non ottimo
autore , sebl)ene io abbia argomento di credere , che al-
meno di Geometria il D'Antoni abbia scritto lezioni ele-
mentari. I rimanenti trattati non hanno impresso nome
d' autore, forse perchè il D'Antoni vi ebbe minor parte
di quella , che in altri poteva a buona ragione arrogarsi.
Ma noi qui non vogliamo tacere, che in alcuni ebbe
parte grandissima Carlo Andrea Rana professore nelle
scuole d'artiglieria, uomo di molta fama nell'architet-
tura civile , idraulica, e militare.
Le particolarità , che precedettero , o tenner dietro alla
pubblicazione de' diversi accennali libri per uso delle
scuole d' artiglieria e fortificazione , sono tanto onorevoli
pel D'Antoni lor principale autore, che da noi non si
possono in verun conto tralasciare. Cominciò a stamparsi
nel 1759 il terzo libro delY architettura militare, che
Vita dei. d'antoni, agS
fu giudicato potersi disgiungere dagli altri, e Comparire
da se solo alla luce , quasi per saggio del nostro liceo
militare, e che più degli altri polca meritare d" essere
divolgato per le novità che contiene , quali sono i sistemi
del Rana, del Bozzolino , -e del Borra. Questo libro
comparve poscia in IVanzese come opera originale , avendo
solo il plagiario notato che i nuovi sistemi appartene-
vano principalmente a' signori D'Antoni , Bozzolino , e
Rana. In queir anno medesimo il D'Antoni fu decorato
della croce de' santi Maurizio e Lazzaro a' 12 di giugno,
e provveduto a' 4 di luglio d' una pensione sopra una
commenda dell' ordine. Sei anni dopo venne alle stampe
dedicato al Re 1' esame della pohere , che fu poi tra-
dotto in varie lingue, e che assicurò all'autore un'altis-
sima riputazione , cosicché il Tempelhof nella sua opera
intitolata il bombardiere Prussiano, in un luogo fra gli
altri , ove sempre ne parla con ogni lode , si esprime
particolarmente in questa maniera: «molti fisici di sommo Pa^.n'.v.pnre
» merito istituirono dottissime e profondissime ricerche "V
» sulla natura di questa forza movente » ( cioè a dire della
polvere), « fra' quali si sono il piiì segnalati Robins,
» Papacino D Antoni, e il conte Saluzzo. » E il mar-
chese di S. Auban tenente-generale degli eserciti di
Francia, e già ispettor-generale di quella artiglieria,
prendendo a tradurre Y uso dell armi da J^uoco , il quale,
com' eirli dice « è una facile , ma dottamente dimostrata N<iraTtis«
o ' proemiale.
» applicazione alla pratica de'principii e delle massime
y> che r autore italiano avca esposto ne' precedenti suoi
294 BALBO,
» scritti», il che vuoisi principalmente intendere dello
esame della polvere, così prosegue a ragionare fram-
mezzo a molte altre onorevolissime espressioni, che noi
per brevità ommettiamo ; « farà senza dubbio maraviglia
» il numero e la varietà delle sperienze, che si cse-
» guirono con grandi apparecchi sopra ciascuno degli
» oggetti presi ad esaminare ; il rigore , la precisione , e
>' l'esattezza, che s'impiegarono per trarre dai fatti sicure
» ed irrevocabili conseguenze. Ne farà meno stupore
>' l' immensità delle somme che si saranno dovute spen-
« dere per sì grandi e sì diverse prove. Ma così vuoisi
» fare per iscoprire la verità, per sollevare le' scienze e
j> le arti ad un piili alto grado di perfezione « . Non è
cosa strana , che uno scrittor Franzese giudicasse immense
le spese dovute farsi per tanti sperimenti , e ne traesse
argomento cortese di lode pel nostro governo : ma noi
crediamo di poter fondatamente attribuire lode migliore
a' nostri artiglieri, ed al nosti'o sistema di pubblica eco-
nomia , giudicando che siano state assai modiche le somme
in questo fatto impiegate , ne maggiori proporzionata-
mente di quelle, che per la misura del grado, o per
le sperienze idrauliche, o per la spedizione letteraria in
Egitto e in Asia, o per altre scientifiche intraprese furono
sborsate, la tenuità delle quali non troverebbe quasi cre-
denza in paese assuefatto alla pubblica prodigalità : sì bene
fu conosciuta presso di noi l'arte difficilissima di far cose
grandi con piccioli mezzi.
Principale istromcnlo di quest' arte in man de' regnanti
VITA DEL n' ANTONI. ÙgS
è la giusta e misurata distribuzione defili onori e dei
premii. Tre anni dopo la pubblicazione dell'esame duìla
pohere il nostro D'Antoni fu dichiarato dircttor gene-
rale delle scuole teoriche e pratiche a' 6 di dicembre del
1769. Già prima eragli stato conferito il {jrado di te-
nente-colonnello a' 4 d'aprile del 176(3, come gli fu
poscia l'altro di colonnello a' 28 di febbrajo del 1771.
Ora seguiterò a riferire come nel nuovo regno venis-
sero alla luce le altre opere elementari che compongono
il descritto corso di studi. Nell'arte della guerra, come
in quelle del traffico e del governo , solevasi altre volte
per ogni dove procedere con certi rispetti di gelosia e
di mistero, che per lo progresso delle umane cogni-
zioni hanno poi cominciato a scemare d'assai. A questi
probabilmente si dcbbe attribuire che non fossero prima
stampati tutti gli scritti che dottavausi nelle scuole d'Ar-
tiglieria. Per altro convien dire , che il ministro , dal
quale esse scuole dipendevano , cioè il conte Giambatista
Bogino, uom senza dubbio superiore a molti vani riguardi,
non invidiasse agli stranieri il profitto che potean trarre
da' nostri studi, poiché anzi avea non solo permessa, ma
favorita la stampa de' due libri sovra accennati, fra' quali
Y esame della polvere è opera feconda di pratiche e
nuove conseguenze; acconciamente giudicando di servir
molto bene in tal modo all'onore della nazione, e procac-
ciandole così un vantaggio assai più reale, che non la vana
pretensione di potersi noi mantenere, esclusivamente ad
ogn' altro stato, soli possessori de buoni metodi, i quali
29^ BALBO,
a lungo andare non è fattibile che restino sempre segreti,
ed aiti-onde se possono convertirsi a nostro danno in man
de" nemici, possono eziandio servire a nostro prò in mano
degli alleati. Oitrc di che conviene riileltere, che l'arte
della guerra avendo per mira di restituir 1" equilibrio tra
forze diseguali, quanto più si migliora, tanto più serve
a mantenere , o ristabilire la pace , unico fine che possa
giustificare l'uso dell'armi. Queste considerazioni ope-
rando neir animo dell' augusto nostro sovrano , l' indus-
sero ad ordinare sia dal principio del suo governo , che
fossero dati alla stampa alcuni altri trattati del D'Antoni ,
i quali correano pericolo di venir divulgati con minore
lipiitazione, essendone già sparse le copie nelle mani di
tanti allievi , che nelle scuoio gli aveano scritti. Diede
la spinta all' accennata deliberazione la richiesta che ne
fece prima d'ogni altra la corte di Francia nel lyyS.
Imperciocché fra gli artiglieri Franzesi essendo insorti
a que' tempi gravissimi dispareri intorno a diversi oggetti
che si agitavano con grande animosità , e somma essendo
la riputazione della nostra artiglieria , cresciuta eziandio
pel saggio pubblicato degli sludi che vi si fanno; il
ministro della guerra , per avere un sentimento del pari
autorevole ed imparziale , fece domandare alla nostra
corte una copia di quegli scritti, che valessero a deci-
dere le opinioni contestate : e con molta ragione fu qui
creduto più opportuno e più ouorevol partito il man-
darli stampali. Fatte pubbliche in tale occasione le isti-
tuzioni fisicu-rneccaniche , e Vwliglieria pratica ^ furono
ambedue quest' opere tradotte in Frauzcse.
VITA DEL D ANTONI. 297
Cosi diffusa sempre più la fama delle nostre scuole, la
corte di Spagna chiese nel 1776 i libri non ancor pub-
blicati àeW arc/iileltura militare, che furono poi succes-
sivamente dati alla luce , come pur si fece degli altri
trattati, che tuttavia rimanevano inediti, fra' quali. merita
parlicolar menzione 1' uso dell' armi da fuoco , degnis-
simo supplemento aire5a7?2e della poh ere, tradotto esso
pure in Franzese e in Inglese.
Ma prima che si ponesse l' ultimo termine alla pub-
blicazione dell' intero corso, si ebbe nel 1781 novella
prova del credito, in cui tenevansi presso le altre na-
zioni i nostri studi d'artiglieria. Cresceva alle speranze
de' popoli , e all' aspettazione degli stranieri , rapito poscia
da immatura morte il principe del Brasile, giovane d'ele-
vato ingegno ; e a fomentare in lui 1' amor delle scienze
inspiratogli da un saggio maestro adoperavasi efficace-
mente,. sebben da lungi, Don Rodrigo di Souza-Cou-
tinho , che delle vaste cognizioni acquistate iu Parigi nel
conversare con uomini sommi, e dar opera agli studi
più profondi, e del suo soggiorno iu Torino, ove risie-
deva inviato straordinario, approfittavasi indefessamente
per procacciare alla sua patria ogni sorta di frutti,
che la coltura delle scienze abbia fatto altrove germo-
gliare. Questo stesso ministro, della cui prossima par-
tenza si dolgono grandemente i nostri dotti per somi-
glianza di studi da lui favoriti, fra le altre cose appar-
tenenti a scienze , o ad arti , che da Torino mandò in
Portogallo, pensò che all'educazione del principe, ed
38
298 BALBO,
alla propagazione delle buone dottrine in quel paese
avrebbero moltissimo servito non solo le opere del
D'Antoni, e degli altri nostri artiglieri, ma eziandio
le macchine più particolari in esse descritte, per la for-
mazione delle quali, non meno che di altri modelli e
stromcnti, ottenne licenza dalla nostra corte.
Al desiderio mostrato da tante parti di valersi de' trat-
tati , che presso noi si dettavano , corrispose l' applauso,
col quale furono accolti. Oltre alle traduzioni che abbiamo
accennate, ne sia prova il gloriarsi che facevano gli ar-
tiglieri Franzesi, ne' loro scritti polemici, di quegli squarci,
che poteva ognuno citare in suo favore, e il ricercare
in particolare i consigli del D'Antoni , come usava fra
gli altri il Saint-Auban, vantandosi poscia della sua appro-
vazione, e pubblicando:* «che tutto il mondo ne cono-
» sceva la celebrità; ch'egli era giustamente riputato il
» migliore, e il piii dotto artigliere d' Europa; che le
» sue opere sopra l'artiglieria e l'architettura militare
» erano premurosamente ricercate dai dotti, e dagli
» uomini di quella professione». E tanto è vero ciò che
asserisce 1' autor Franzese, che in molti luoghi si adot-
tarono pel pubblico insegnamenti i libri di queste scuole
xtm.sior.jii militari. Dello stato Veneto lo narra il nostro collega
J??iV<iria, annot. , ... -pi •
xxvj.p. ijj. professore Eandi; e quanto alla Germania, di Berhno
* Appendice de il." de Saint-Auban au mimoir* sur Its nouveaut syslémes
d'urtillerie: V. alla pag. iSg,
VITA DEL D ANTONI. Sgg
scrivendo il Dcnirja*, riferisce come testimonio oculare:
j> che i trattati del signor cavalier D'Antoni si leggono
» qui, e servono di testo ai professori d'artiglieria per
» insegnarla ili giovani uflìziali , o futuri uffiziali , e
» non solo ai professori principianti , ma ai più anziani ,
» e più che settuagcnarii ; e che i più stimati ed avau-
» zati nel mestiere, autori anch' essi di somiglianti trat-
» tati , fanno pure gran conto delle opere pubblicate dal
» direttore delle scuole militari di Torino, anche pre-
» scindendo dal grado militare ch'egli tiene sì dcgna-
» mente , ma pel solo titolo di direttore delle scuole
» d'artiglieria, e autore di que' libri » .
A sì magniflche testimonianze, che l'unanime consenso
rappresentano di quasi tutta 1' Europa , troppo vano sa-
rebbe eh' io volessi aggiungere altra lode , entrando a
ragionare particolarmente d'ognuno di quc' trattati; e
molti d'essi, siccome puramente elementari, non esigono
più minuto ragguaglio nel narrare ch'io faccio la vita
del loro autore; non dovendosi altronde negare , che sic-
come sempre di tal sorta di libri addiviene, non possano
a quest'ora migliorarsi- d'assai , e principalmente per le
nuove scoperte fatte dappoi nelle scienze , e nelle fisiche
e chimiche soprattutto. Ma due fra gli altri, Y esame
della pohere , e 1' uso dell' armi da Jlioco , tante cose
* ricende ileììa letteratura lom. Ili, pensieri diversi %. IV, pag. lOl,
cdii. di Tornio. Nella Fiaiizese di Berlino tom. II, pag. ^o^.
3oo EAtBO,
coatengono, che nuove doveansi riputare, allorché furono
pubblicate, e servono cosi bene ad illustrare una parte
non volgare della nostra storia letteraria, che mi è sem-
brato appartenersi al mio presente istituto il ricavarne
tutte quelle pregevolissime notizie, che in un raccolte,
ed accoppiate a pareccliie altronde procacciatemi, mosti'e-
ranno chiaramente quali e quanti progressi abbia fatto
presso di noi la scienza dello artigliere. Del rimanente
non professandomi encomiatore, ma storico del D'An-
toni, meno mi spiace di dover seguitare 1' esempio di
lui, che nelle opere stampate non mai o ben di rado
se medesimo nominando , ed indicando sempre accura-
tamente quali fra' suoi colleghi avessero avuto maggior
parte In que' lavori scientifici, viene quasi a parere rac-
coglitore piuttosto , e compilatore di cose altrui , che non
autore egli stesso di tante osservazioni , e cooperatore
insieme co' suoi colleghi nel lunghissimo corso di tante
laboriose sperienze.
La scienza dell' artiglieria fu sempre fin dal suo nasci-
mento con sommo ardore coltivata e promossa, siccome
in tutta Italia, così spezialmente in queste nostre Pro-
vincie più dell' altre esposte a frequenti occasioni di
lunga guerra, e a quella sorta di guerra soprattutto, che
pili si prevale di artiglieria , aggirandosi in massima
parte nella espugnazione e nella difesa di ogni maniera
di fortezze. Fra' più antichi scrittori d'arte militare dopo
il risorgimento delle lettere è da collocarsi Lodovico
marchese di Saluzzo, che in un' accademia da lui
VITA DEL d'anTONI. 3oI
Instltuila nel suo castello verso il fine 3el secolo XV
lesse alcuni ragionamenti sopra i libri di Vegezio *, e
ci-edesì eh' egli favorisse particolarmente le cose spettanti
all'architettura militare ed alla artiglieria: al qual pro-
posito osserva un recentissimo scrittore, come a' nostri .
tempi da quello stesso casato sia surto chi tanto onora ^"77Cm!" noi.'
l'artiglieria Piemontese, il signor conte Sahizzo. Un °'*'^"*
bel monumento dell'antica artiglieria conservavasi ancora
sul principio di questo secolo in Torino**, cioè un mortajo
di straordinaria grandezza, anteriore all' invenzion delle
bombe, perciocché prima delle bombe furono inventati i
mortai per i'icagliare o smisurate pietre, o gran numero di
palle infuocate. Ma per la strettissima connessione che passa
fra gli studi d'architettura militare, e quelli d'artiglieria,
non può dubitarsi che ove l'una fiorisce, non sia l'altra in
vigore. Or noi per le diligenti ricerche del nostro D'Antoni -jirchUet.mUU:
sappiamo, che veri bastioni di buona forma, detti allora atusc,e,u,mii.
gran baluardi , ebbe Torino poco dopo la metà del
secolo XV , vale a dire in un tempo , nel quale non
si sa che di tal sorta ve ne fossero altrov^e, ed appena
si ha prova, che da pochi anni fosse nota la prima
* Monumenti della letteratura Saluzzese del signor Vincrnzo Malacarne
MS. V. pure il discorso intorno alla storia dei Piemonte drl signor conte
Napione al §. VII, in nota, p. 204, voi. II, deW uso della lingua italiana ,
e il voi. I di quest' opera alla pag. 87.
** Ne fa naenzione Andrea Bozzoline alla pag. 287 dell'opera su»
inedita , di cui si parlerà qui dopo.
3oÌ BALBO,.
^«^""'pSu irtipcrfelta. ìBea de' bastioni. E di fatti il Roblus, come
È nòli scifniìo cosa molto notabile, osservò nel Tartaglia la pianta di
rfi Nicolò Tarla- ^r^ • ■ • . ., . ^. . -
giia.y. ixi.bro 1 01 ino con quattro bastioni, e il giudizio del piior di
Jf-r/o , sopra il ^ ^
mojoJiforiific^r Barletta, che fosse perciò inespugnabile questa nostra città.
E a chi non son note le tante fortezze erede poi con
?rte pili squisita in questi paesi, incominciando dalla
cittadella di Torino, che contasi fra i primi e più per-
fetti esemplari della moderna fortificazione? Emanuele
Filiberto, che la fece fabbricare col disegno del celebre
Napione rfi-.v Pacciotti da Ui'bino , siccome non isdegnò d'impiegare.
uso dfHa ììn^tia ■ , , -
/M/.iih.iii rap. la vittoriosa sua mano a congegnarne il modello, così
111 }. Ili , noia _ .
aiiappg. 120. pm- volle gittar egli stesso artiglierie. E forse per la
protezione di quel magnanimo ^sovrano, e del suo suc-
cessore, dotto ad un («mpo e guerriero, Carlo Ema-
nuele I, l'artiglieria sarebbe giunta a grandissima perfe-
zione, se non le fosse mancato il presidio delle scienze
più sublimi, delle quali più che l'arte dello ingegnere
essa tiene Indispensabile bisogno. Prima delle scoperte
del Galilei chi poteva ravvisare la legge , con cui ven-
gono scagliate le palle e le bombe ? E prima che per
opera del Boile e dell' Hales fossero noti alcuni fluidi
invisibili elastici, chi poteva conoscere il modo con cui
la polvere accesa spiega ad un tratto 1» maravigliosa sua
forza? Per ciò che alla balistica appartiene, egli è cre-
dibile che Donalo Rossetti, filosofo Toscano chiamato
alla nostra corte da Carlo Emanuele II, vi portasse i
semi delle buone dottrine. Certo è, che come mate-
matico fu adoperato, sebben canonico e teologo, in cose
VITA DEL d'aNTONI. 3o3
milifari*, ond' ebbe occasione d'inventare qnel suo nuovo
sistema di fortificazione a rovescio : e fu pure impiegato Torino iti*
neir istruire alcuni de' giovani destinati alla professioa
della guerra. Ma il merito suo maggiore quello è d' essere
stato maestro di Antonio Bertola , che di oscuro avvo-
cato divenne ingegnere famoso, e disegnò eccellenti for-
tezze, e senza voler prender parte alle fazioni militari
troppo aliene dal primo suo istituto, contribuì tuttavia
moltissimo alla difesa di Torino nel 1706: cosicché il
Rossetti essendo stato discepolo del Borellì, e questi del iZ"^à°^)Ji'ci-
Castelli , che fu discepolo del Galilei; e il Bertola sud- "óufer p.^osV
detto essendo stato maestro dell'altro Bertola suo figli-
uolo adottivo, autor primo e direttore delle nostre scuole
d' artiglieria ; si può dire che queste in certo modo di-
scendano direttamente dal padre della moderna filosofia:
né certo si mostrano indegne di si chiara, discendenza.
Xln nobilissimo retaggio lasciò il Rossetti al prediletto
discepolo, cioè i suoi libri, e manoscritti, e stromenti ,
preziosa collezione da me veduta , che dopo la morte
del conte Bertola d'Essiglie pasfò nella privata biblioteca
del Re. Come poi sul principio di questo secolo noti
fossero e praticati ia Torino i metodi per que' tempi
* Fralle nllie sue lellere scrilte da Turino al principe cardinale Leo-
poldo de'Mediri, ed iiisprite nel tomo secondo delle I.eltere inedite di uo-
mini illustri , Firenze 1776 in 8°, vedi quelle del 14 agosto e del 18 no-
vembre 1674 • ivi alla pag. i44 " *54- V. pure altji luoghi di quella rac-
solta citali nell' indice al fine d' ognuno de' due volumi.
So4 BALBO,
migliori nella professione dello artigliere; come anzi qui
si fossero piìi che altrove perfezionati, tanto per ciò
che risguarda la lega e la fondita de' cannoni, quanto
per la fabbrica e l'approvazione delle polveri; come
già fin d' allora fosse grande la fama dell' artiglieria Pie-
v.YtUneo in montcsc, si couoscc da un raro libro di Domenico de'
jic ique.a^i (]Qj.,.a(jj ^' ^yjfpij,^ matematico del serenissimo di Modena,
il quale in occasione delle vertenze insorte per la pi'ova
di alcuni cannoni colà gittati nell'anno 1708, pubbli-
cando i pareri avuti da più parti , di quello mandatogli
da Torino, assai più che degli altri, si vale, e ben a
ragione, per esser quello di gran lunga il più compito,
il più ragionato, il più dotto. Viveva appunto in quei
tempi Andrea Bozzoliuo, che dettò alcune opere molto
MS., di cui v. pregevoli, e presentoUe manoscritte nel 1717 a Carlo
in UntYtltnco. _, i n • • t • t nr ti
Himanuele allora prmcipe ereditano. Intorno ali arte del
minatore non credo si avessero allora migliori insegna-
menti di quelli, che si leggono nel secondo volume delle
IZn'fm.'m'^i'^'s ^s/norie d' artiglierìa del San-Remy: tuttavia questo
iaC^'iu'ly'^ autore non solo viene in molti luoghi corretto, ma è
sempre superato di molto dal Bozzolino, nel cui libro
si trova il frutto della pratica acquistata nella difesa di
molte fortezze , e soprattutto in quella di Torino , ce-
lebre nella storia militare appunto per 1' uso vantaggio-
sissimo che vi si fece delie contromine*. Quanto all'arte
Robiiij, Nouy. princ. (Tarlili., éJit. de Gicuoblc pag. 89. V. pure Memori»
VITA DEL d'anTONI. 3o5
del bombardiere non ignorava il Bo?:zolIno ciò che ne
aveano scritto il Tartaglia, il Galilei, il Torricelli,
Diego Ufiano Spaglinolo , Daniel Eiricli Tedesco, Maltiis
Inglese; ma somma essendo a' suoi tempi la riputazione del
Frauzese Blondel , ilBozzolino fece prova della sua sagacilà
nel migliorare ed aumentare di molto le cose da quello
ingegnate. Cosi, per esempio, avendo il Blondel imma";i- T,aiic icTari
nato varii stromenti a risparmio de' calcoli, uno de' quali *"•
fondato sulla teoria del nostro Cassini, il Bozzolino ne
inventò degli altri piìx comodi, o a parer suo piìi esatti. .^■''jf,'^';| ^^*
E avendo il Franzese fatto varii sperimenti nell' accade-
mia delle scienze coli' intervento del Delfino sopra le
curve descritte da' liquidi, mostra acconciamente il nostro
autore , non potersi quindi argomentare eoa sicurezza
le linee descritte da' solidi , epperciò adduce le sue spe-
rienze fatte con una -palla d'avorio per via d' un inge- Pag. 409 a;;
gnosa macchinetta a questo fine ideata. E da tali spe-
rienze , e dalle osservazioni fatte sopra i corpi scagliati
dalle artiglierie, ne viene a couchiudere l' efletto della ^*'P'5«i,
resistenza dell' aria nell' alterare la curva, che in uno spazio
vuoto verrebbe descritta dai corpi; cosa 'non bene avver-
tita fin allora, siccome tanti anni dopo più dottamente
islorìche della fpjerra per gii slati della monarchia di Spagna ( del Padre Gia-
como San-Vitaie ) Venezia 1734 pag. 352 lib. VI cap. II. Ivi appunto è
Iodato il Bozzoline insieme col cavaliere di Castellalfieri , il quale fu coloa-
■L-lIo della nostra artiglieria,
3s
SoG BALBO,
ebbero a3 osservare ilfìobins e il Borda*. Ma donde avven-
ga che la resistenza dell'aria non iscemi fanto 1' ampiezza
della cnrva descritta da' liquidi, ciuanto di ciucila descritta
da' solidi, spiegollo ultimamente con singolar chiarezza
il nostro novello socio Ignazio Michelolti**. Non picciola
gloria del Bozzolino è quella d' aver presentito fin da'
suoi tempi questa sottil diflerenza. Veggiamo ancora un
altro esempio della sua sagacità. Credevasi allora che-
la polvere accesa si convertisse in raggi infuocati , i quali
nel movimento loro seguitassero la legge stessa de' raggi
solari, onde n'era nata l'idea di configurare a guisa di
specchi ustorii parabolici le camere de' mortai, e solo nel
iJf!,lct'\!f,TX-^. ^7^*^ si dimostrò sperimentalmente cjui in Torino l' inu-
I'.'^ooka."'""' tilità di siffatta figura. Ma persola forza d'ingegno tanti
Pag. 441 del anni prima il Bozzolino ne avea compresa l' assurdità.
MS. . .
Per le quali cose egli può a buon dritto venir commen-
dato come autore perspicacissimo nell' arte del minatore,
e in quella del bombardiere. Distese pure, oltre ad alcune
minori operette , un novello sistema di fortificazione.
Contemporaneo del Bozzolino visse un altro artigliere,
che inventò una sorta di cannoni, ne' quali la carica
* Rohins , prefazione e scolio alla propos. V capo W , àe' nouveaux prin-
cipe! d'artillerie , Grenoble pag. me seg. e 174. Borda, Ac. des se. de Paris,
1769, hist. 117, mém. 24^, 24^-
** Observotions et expiriences sur la mesure du choc d'une veine Jluide ,
par M/ Ignare Micheìotli. 'Mòm. de l'ac. roy. des se. (de Turin ) 1788 89
ad calcem HJémoires prèsentès pag. 21 , vide §. l3. V. pure il transunto
degli atti della reale accad. delle se. di Torino , compilalo da Prospero Balio
segretario aggiunto. Torino 1781 si. reale, 8, V. la pag. 33.
VITA DEL d'aNTONI. S'Oy '
iutrodiiceVasi poi calcio; e fa(rane prova nell'assedio di
qnesla cittadella si riputarono d'^oltimo servizio. Fu questi
per avventura l'autore di uno scritto donde ho tratta la
suddetta notizia*, cioè di un commeuto sopra il voca-
bolario formato eoa provvido consiglio per ordine del
re Vittorio Amedeo 11 per servire di norma nello sten-
dere gì' inventarii , e d'ammaestramento a' novelli ar*
tigl ieri.
Tuttavia mantenevasi ancora per più riguardi imper-
fetta la teoria e la pratica di questa professione: sola-
mente nel 1726 furono presso noi fissati e ridotti a
quattro sorta i calibri de' cannoni : prima variavansi so- r^» <''''■'««"'
^ *■ ■ da Jtto:o. \. So.
Veute senza regola certa.
E neir anno stesso in vece dell' antico metodo per
l'approvazione delie polveri si cominciò ad impiegare
un novello stromento , per cui la palla scagliavasi in
direzion verticale. Ma dopo dieci anni tornossi all' uso
del consueto picciolo mortajo , e le migliori regole per
valersene non furono fissate fino al ly^S**.
Ma essendo ormai pervenuta la nostra narrazione a'tcmpi
del D'Antoni, ne' quali troviamo più sicure notizie, e
* Tìizionario istrutlwn Ji. tutte le robe appartenenti all' artiglierìa. WS. di
cui son debitore alla gcnlilezza del nostro socio professor Eandi , non meno
che del sentimento citalo qui dopo. V. il catalogo in fine di questa i-ita.
** Sentimento sopra la prova delle polreri praticala in questo regio arsenali,
t da praticarsi per f avvenire , ove s' eselude il metodo tenuto finora ^ e se nt
propone altro , che credesi di maggior sicurezza del regio ser^/izio. Tonno ;
maggio 1745. MS.
5o8 BALBO,
possiamo a luì attribuire gran parte dì quella lode, che
ia generale si appartieue agli artiglieri della nostra na-
zione, ragion vuole che si tratti alquanto più per mi-,
nuto questa parte di storia; inassimamcnle che così fa-
cendo verremo a formare quasi un l^reve estratto dì
quelle due opere del D'Antoni , sulle quali abbiamo sti-
mato doverci trattenere più a lungo.
Diremo adunque, che nel 1732 tenendosi in Ales-
sandria scuola pratica d' artiglieria , si ricercò diligente-
mente la causa d'uno straordinario ed irregolare allai'^
gamento del focone , che servì a prescrivere migliori
nsD deìr armi mctodi per accoppiare a dovere lo stagno col rame nel
infuoco j. 112. y .
gittare i cannoni. Ma siccome dopo la guerra sostenuta
al principio del secolo trovaronsi le fortezze provvedute
d'artiglierie gittate in varii tempi, e presso diverse na-
zioni, con notabili differenze; si ebbero poi frequentis-
sime occasioni, nella guerra cominciata l'anno lySS, e
nell'altra successiva, di osservare la grandissima diversità
degli effetti, che seguivano nel valersi di quell' armi. E
in amendue queste guerre, per quello spirito di osser-
vazione che animava i nostri artiglieri, non si ommet-
teva opportunità di esaminare e desci-ivere con somma
k;§. 5c4i. accuratezza i cannoni, o nostri, o presi ai nemici , che
si trovassero guasti e rovinati dagli spari. Ma importante
osservazione per l' arte della guerra in generale , e par-
ticolarmente per r artiglieria fu quella, che dai nostri
dotti militari si fece nella giornata di Guastalla del dicia-
uovesimo gioriio di settembre l'anno 1734. Usavasi nello
VITA DEL d'antoni. 5og
scorso secolo a scagliar pietre e rottami nella difesa delle
fortezze certo cannone assai corto , in que' tempi denominato
pelriero: con accorciarlo vie maggiormente, e con ampliarne
il diametro crasi formato 1' obice per gittar granate : e dì
quest'arma novella nanavansi meraviglie per l'uso fattone
con sommo vantaggio dal principe Eugenio di Savoja
contro la cavalleria Ottomana. Ma la nostra, bersagliata
dagli obici Tedeschi , ben lungi dall' esserne posta ia
iscompiglio , non si mosse punto dall'ordinanza, sicché
pii!i volte potò con esito felice assalire il nemico. Bello n-l-t'^-
è vedere come il D'Antoni spieghi con ragioni fisiche,
non meno che morali, s'i notabile differenza d'effetti;
donde trattane occasione a meglio esaminare la natura
degli obici , e ponderalo questo argomento con pro-
fonda dottrina, si venne a ristrigncre entro più angusti
limiti l'uso di quella sorta di cannoni già prima cosi van-
tato. Or come poi, e con quali forse piii sottili accorgi-
menti, siasi novellamente piià che mai estesa 1' usanza degli
obici, nou è nostro scopo d'indagarlo.
Dopo la pace , e prima ancora che si fondassero le
scuole teoriche , l' istruzione degli artiglieri prese novello
vigore per l'esercizio di scuola pratica , che nelfanno
1737 dalla capitale si estese a tutte le città presidiate.
E ancora ci rimane memoria dell'osservazione che allor ^*. f;r-
si fece in Valenza, usando un cannone gittgto in Pavia
nel secolo scorso , che si trovò eccellente , e come tale
attissimo ad indicare 1' ottima combinazion de' metalli
nel bronzo delle artiglierie.
ÙiÓ .T»T' BALBO,
Queste pratiche osservazioni contribuirono probabil-
mente a mostrare la necessità di ima buona teoria , che
fondata sulle scienze fisiche e malcnialiche, e con nuove
esperienze promossa , l'osse poi tramandala sicuranieufe
a' giovani; il qual fine si ottenne colle scuole teoiiche;
/..•«™Tms'°'' istituite, come abbiamo accennato, nel jy-^g io Torino.
Jl sistema di queste scuole teoriche e pratiche , e lo
. spirito di emulft/ioue, ed il genio della vera filosofia,
che /quindi ne sursetio ^. e rapidamente si piopagarono
fi'a i nostri artiglieri, valsero ad acc()|>^3Ìare mirabilmente,
i soliti vantaggi delle istituzioni scolasi iche con quelli
delle accademie scientifiche; imperciocché non paghi i
professori di rimettere incorrotto agli allievi il deposito
della dottrina a lor consegnalo , si affaticarono; con viivo
zelo ad accrescerlo, e sempre di mano in mano lo lascia-
rono a' successori arricchito d'assai: attalchù le ricerche
di buon accordo intraprese, e a buon termine portate
da molti di quegli uomini dotti , possono a l)uon dritto
paragonarsi co' lavori d'una vera accademia, qual fu quella
del Cimento , che tutta si occupasse in comune allo sco-
primento del vero.
Ne r intrapresa di siffatte ricerche fu punto ritardata
od impedita dalla guerra poco dappoi sopravvenuta. Che
anzi questa assai più della precedente somministrò materia
di osservazioni in)portanti , poiché per buona sorte più
non mancavano gli esperti osservatori. Fra le altre cose
rio Stilarmi accadde, che quando si trattarono l'armi frammezzo alle
nostre montagne, cioè negh anni 1743, ■'744 > ^ '747»
VITA DEL d' ANTONI. 3ir
sì nofarono grandissime differenze fra i tiri degli schioppi
in fondo delle valli, e quelli che facevansi in cima dei
monti; che fu probabilmente il primo fenomeno onde
fosse spinto il D'Antoni a disaminare più sottilmente le
proprieti\ della polvere; giacchò appimto nel primo di
quegli anni incominciò ad occuparsi di tale argomento : poìfe'rTL^ilt
e lo stesso fenomeno diede occasione a dedurre per via
di esalte sperienze questo bel fatto: che ne' luoghi più
alti riescono più hmghi i tiri , perchè minore è la resi-
stenza dell' aria più rara, sebbene sia minore la velocità
colla qual esce la palla, probabilmente perchè la stessa
aria più rara è men favorevole all'accensione della polvere, ttjo Jtir armi
Nello stesso anno 1745 alla batterla della scuola pra-
tica di Torino si fecero molte sperienze intorno ai can-
noni caricati a cartocci, come dicesi, di mitraglia, cioè
di picciole palle o idi rottami, onde si poterono fissare
le regole migliori per l'uso de' medesimi. /i.j.ioicsrg.
Ma il più' splendido esempio di dotte profondissime
ricerche tranquillamente intraprese , e senza ipterrompi-
mcnto proseguite nel più vivo bollore dell' arrni; esempio
che forse per alcuni rispetti può stare al paragone di
quello, che del grande Archimede ci narra l'antichità;
lo troviamo nelle sperienze incominciate a' 7 dì icbbrajo, . Es. JeVa poi»,
1 / ' ' mila dedica e al
e terminate a' 3o di marzo dell'anno 17 46. Era ingombro '^■^^'
da' nemici quasi tutto lo stato; tenevano i Franzesi grosso
presidio! in Asti ; la citladolìa d' Alessandria stivlta dagli
Spngnuoli di lento assedio non poteva durare più a lungo
per mancanza di nilmizioui, e per impossibilità di soccorso;
3 12
né più resta\^a riparo che potesse trattenere gli alleatj
dall' assediare Toriuo sul principio della prossima prima-
vera. Non disperò della pubblica salute, ne la fedele e
valorosa nazione , né il prode e magtiauimo re. Un suo
v.Peznyc^mp. dcgHo mìiiistro y il coute Giambattista Boerino, niun' arte
'■ "■ usando che una rarissima sincerità, delude dall' un canto
le insidiose proposte della PVancia , e dall'altro col solo
ajuto del Bertela ordina e provvede segretissimamente
ogni cosa, onde l' esercito indebolito e sparso ne' quar-
tieri d' inverno inaspettato si presenti a combattere il pre-
sidio d' Asti: cede ciueslo in brevi giorni più atterrito,
che vinto: insospettiti gli Spagnuoli di si nuovo avve-^
nimento, e piìi de' nostri negoziati col figlio del Gene-
rale Franzese, lasciano Alessandria: libero è lo stato, o
si porta quindi la guerra oltre i nostri confini. Il che
sia detto per mostrare c[uanto in febbrajo e marzo (che
appunto sul principio di marzo occorse il narrato rivol-
gimento di cose) dovessero gli artiglieri in Torino essere
occupati, prima nell' apprestare ogni cosa per sostenere
l'assedio creduto imminente, quindi nel provvedere a
tutte le occorrenze della guerra ridestatasi così per tempo
in quell'inverno. Tuttavia, chi '1 cicdcrebbe? essi tro-
varono ozio ed agio sufficiente per una delle più difficili
indagazioni che riguardino la scienza dell' artiglie;re , cio^
per conoscere con infinito numero di spcricnze in parec-
chie diverse combinazioni di calibro e di carica le lun-
ghezze de' tiri. Ed è da notarsi, che quelle moltiplicì
sperienze dirette dal De' Vincenti sono tuttora le migliori
VITA DEL D'ajJTON/. 3i3
che si abbiano, e furono per certo condotte con più
squisita attenzione di quell'altre che si fecero poi in prò- Ei.^eVapoi,^.
fonda pace.
Circa quel tempo, o poco prima, crasi eccitato io Francia
lo stesso desiderio di ricercare qual fosse la carica atta
a produrre il più lungo tiro, ma degli sperimenti colà
eseguiti non si ebbe in Piemonte che una vaga notizia. ' '"^
Più avventurati furono gl'Inglesi, che presa una nave
di Francia vi trovarono uu ragguaglio manoscritto di
molte sperienze, il quale dal celebre Lord Anson comu-
nicato a Beniamino Robins, servì a questo d' occasione
per pubblicare nel 1747 una sua operetta , in cui però non A^txlZlu!'^.
si trova, come potea bramarsi, esatta notizia dello scritto g?à'ciùio! ^'"^'*
Franzesc. Pervenne pure in Malto qualche relazione degli
sperimenti di Francia , che non pare fosse la medesima
esaminata dal Robins, e il Marandone ingegnere dell'or-
dine Gerosolimitano fu incaricato nello stesso anno 1747 di
ripetere somiglianti sperienze ; il che avendo egli eseguito,
giudicò non senza fondamento , che fosse più debole
della sua la polvere di Francia, onde si dovesse variare
alcuna cosa nelle conseguenze che si erano dedotte ; ed
essendo egli di nascita Piemontese, non volle ommettere
di mandare a' nostri artiglieri la descrizione di quanto F.i.JtiUpoU.
aveva operato. Gli sperimenti Franzesi, o almeno quelli
fatti a Dunkerque, furono poi descritti in parecchi libri,
e concordano assai bene colle massime insegnate dal rsoJdfarmi
D'Antoni. Ma grande essendo fin d'allora la riputazione
del Robins per l' opera dettata pochi anni prima col
40
3 J 4- BALBO,
Robin» «li. di ^''"'^^ di nuovi princ/piì d ai lìglierìa f il nostro mmistro
f'™v,1igìà''ct- presso la corte di Londra, cavaliere Don Giuseppe Ossorio,
taioc/CTio. ^^ incaricato di cousullarlo sopra la sfessa laalo dibattuta
questione della luiigliezza de' tiri. Rispose 1' Inglese al
prchidoute della società reale , per cui mezzo era passata
là richiesta, non aver egli veramente trattalo ancora di
proposito questo punto; ma scbben sostenesse, da quel
sottile ragionatore eh' egli era , aumentarsi sempre la ve-
locità della palla coli' aumentare la carica , non lasciò di
dare alcune saggio avvertenze, le quali però non battono
sopra i limiti e le cagioni della lunghezza massima de' tiri,
ma bensì sopra 1' uso , che per varii motivi vuoisi fare
delle cariche mediocri, e spesso ancora delle piìi tenui
preferibilmente alle più forti.
Intanto i nostri non tralasciavano d'andar aggiungendo
qualche fatto novello alla scienza con tanto ardore col-
tivata. Potevasi dubitare, che quando i cannoni sono
tnolto riscaldati , la tenacità del bronzo ne fosse dimi-
nuita a segno da doversene tener conto nel fissarne la
spessezza. Questo timore fu dileguato dallo sperimento
fatto in gennajo del 1747 sopra uno de' cannoni resi
■tìso dcir armi inutili uclla espugnazione della fortezza di Savona. Così
""' pure nel 1748» ^ nell'anno seguente si riconobbe colle
più adattate numerosissime sperienze la bontà della lega
li. f. 46. pe' cannoni gittati a que' tempi.
Nella primavera del 1760 da' parecchi uffiziali spe-
zialmente deputati ad esaminare varie materie d'artiglie-
ria, a quali presiedeva il cavaliere Ferrerò Pouziglione,
VITA DEI. d'aNTONI. 5i5
furono fatte nuove sperienzc differenti dalle prime RcpioTigUeito
citi Sfebljr 1710.
intorno alla lunghezza de' tiri: imperciocché in vece, v.p:nc e, Jciu
o L ' potr, ^. 101.
che le prime erano state fatte coli' asse de' cànnoui
orizzontale , queste si fecero con li cannoni innalzati
alla maggior elevazione , che aver potessero nelle casse.
Nel 1762 Isacco Francesco Antonio Matlei Ginevrino, k.. Jtiiapob.
regio macchinista, inventò uno stromento per fare spe-
rienze sopra 1' accensione della polvere entro una chiusa {.<5 iofig.iii.
capacità, ed entro al vuoto, conservando però attorno
alla polvere l'aria opportuna per la sua prima accensione:
.. • X • Ji- 1 • •• «. 55 Cg. IV
mvenfò parimente una spezie di schioppo pneumatico, ev.
in cui la palla è spinta dal fluido elastico della polvere,
dopo che questa ha giì\ terminato di abbruciare; ed
un'altra macchina per misurare Con un barometro ad j-mesegeg.
acqua la densità , e 1' elasticità del suddetto fluido , se-
parandone, per quanto ò possibile, il fumo, e notabil-
mente scemandone il calore.
Ma forse la più ingegnosa invenzione del Mattel ò
quella, per cui pervenne, non so bene in qual tempo, i- '«i-
a misurare la velocità della palla nel primo uscir dalla
canna, col mezzo d'una ruota orizontale, che gira rapi-
dissimamente, e porta sulla sua circonferenza una fascia
verticale di carta, la quale perforata in due luoghi dalla
palla ne segna la velocità colla distanza de' due fori dal
diametro. Prima dell' invenzione di tal macchinetta , che
fu poi ridotta a maggior perfezione , Come vedremo bea
tosto, e che meriterebbe il nome di cronomicrometro ,
3l(j BALBO,
non crediamo che si fossero giammai potute discernei'e
e misurare si minute frazioni di tempo.
Ingegnosissimo pure è lo stromento dallo sfesso Mattel
immaginato in luglio del 1769*, e denominato la sa/«/a,
che introduceudosi nel vano de' cannoni ritrae in disegno
l'esatta figura della concava lor superficie, tutte notan-
done le scabrosità e le inìperfezioni.
Ma già prima di questa invenzione , cioè nel maggio
TTsodcìrami jg| lyBS, gli uffiziali dell'artiglieria destinati all'esame di
molti punti relativi all' arte loro , aveano cominciato ad
osservare con ogni possibile diligenza i difetti prodotti
dallo sparo nello interno de' cannoni. Tuttavia dopo il
l'itrovaraento della sci??iia si rinnovarono con miglior
esito queste ricerche , in giugno , agosto, e settembre del
5.38-44. lySg, usando cannoni di diverse leghe, onde scoprire
quale per questo rispetto fosse la migliore: e nell'anno
medesimo essendosi minutamente visitato un numero gran-
j, 5J. dissimo di cannoni gittati coli' anima, si potè conchiu-
dere che torni meglio gittarli massicci per quindi trivel-
larli , nella qual operazione , al trapano verticale , che
Kegio vigiiet. prima era in uso , fu sostituito 1' orizzontale fatto costrurre
giàcilalo «lei IO . .
Bpr. 1760. dal Mattei mtorno al 1700.
Neil" anno stesso 1769 il commendatore De'-Vincenti
colla solita sua diligenza, e coU'ajuto di molti uffiziali
* Regio viglielto del 20 aprile 1760 al marchese Pallavicini gran-mastro
dell'artiglieria. V. pure uso bell'anni §. og.
VITA DEL d' ANTONI. ZiJ
fece parecchi sperimenti, da' quali risultò, che la diversa
proporzione tra'l diametro dt-l cannone e quel della palla
influisce sopra il modo dell'accensione della polvere, e
sopra i suoi effetti, onde si venne a conoscere qual rtaittfamù
sia il vento piìi convenevole.
Uà' altra ricerca assai importante non solo per l'arte
del gettatore, ma per la fisica in generale, fu intrapresa
in queir anno per determinare la durezza di alcune sorta
di stagno , e di rame , e delle leghe fatte con molte di-
verse proporzioni di rame, stagno, e zinco , le quali for-
raavansi ne crogmoli dal maggiore Ronzini direttore del tuiioni jisicn.
meccaniche \. 64
laboratorio metallurgico. Frutto di queste sperienze fu ««'■'•
probabilmente la nuova lega stabilita nell'anno seguente*.
Lo stesso Ronzini in agosto del 1761 sperimentò accu-
ratamente le diverse lunghezze de' tiri secondo le diverse
qualità di polvere, affine di trovare qual fosse di queste la
migliore, come pur si era fatto esaminando le velocità j. fgg.'''"'^'''''' '
-iniziali. E in giugno del 17G4 si fecero poi le più con-
cludenti sperienze sopra le lunghezze de' tiri , non più
per conoscere la loro corrispondenza col calibro , o colla
carica, o colla obliquità delle canne all'orizzonte, ma
bensì affine di dedurne le leggi della resistenza dell' !• »8S 187.
aria.
• Uso àeir armi §-45, e regio viglielto delio d' aprile 1760 . per cui ven-
nero fissati gl'ingredienti del bronzo, e prescritti i saggi da farsi de' nuovi
cannoni , citato alle pag. zzS e 23a dell' arliglieria pratica lib. I.
5lS BALBO,
In luglio (leir nnno medesimo, il cavaliere Debufet,'
nostro accademico, allora sottotenente d' artiglieria, diede
il primo saggio della sua ben nota perizia nelle cose
meccaniche, adattando un nuovo meccanismo alla ruota
Es.dcHapoh: girante del Mattei per misurare le velocità iniziali. La
palla rompendo un filo nell' uscir dalia bocca mette ia
libertà la molla, che viene a comprimere uno stile sopra
la ruota, finché la palla medesima urtando in un vicino
bersaglio nuovamente allontana lo sfile.
Nella primavera del 1770 troviamo che in questa scuola
pratica si fecero altre sperienze per osservare se i can-
noni della nuova lega , anche riscaldati colla possibile
frequenza di tiri, fossero atti a proseguire il fuoco senza
. 3^*'"'''"' ''™' pericolo di spaccarsi, come di fatti trovossi. E da queste
stesse sperienze si conchiuse doversi tralasciare l'usanza
di praticare in fondo del vano un camerino corrispon-
*■ "*"■ dente al focone.
Ma nell' anno seguente provossi con altro sperimento
^" '^' la somma resistenza di un cannone della stessa lega , e
si verificò r eccellenza de' nuovi metodi di porre il grano
*• "9- a' cannoni.
Di queste tante ricerche e di altre molte che non
abbiam potuto accennare , valendosi maestrevolmente il
D'Antoni , compose prima quel suo bel libro sopra la
drMib'm h!" pol^'ce eh' egli stava già preparando nel 1759 , sebbea
"""''"'"• '"''"• solo il pubblicasse sei anni dopo ; e trascorso cjuindi un
lungo spazio di tempo , vi aggiunse un ampio supple-
mento scrivendo il trattato sopra 1' uso dell' armi da fuoco.
VITA DEL d'aNTONI. Sig
Se al gran numero de' l'atti in questo modo raccolti ,
se alle profonde considerazioni sopra di essi impiegate ,
se alle dottrine fisiche e matematiche destramente maneg-
giale per servire al suo scopo, avesse l'autore, o alcuno
de' suoi principali colleghi, accoppiata qualche maggior
perizia nelle cose chimiche , per quanto iilmcuo lo com-
portavano i suoi tempi, sarebbero i suoi libri eziandio
per questa parte pregevolissimi , sebbene anche in questa
superò di molto gli artiglieri che fin allora ne avevano
scritto, e che appunto non erano iniziati nella clumica.
Ma d'altra parte i chimici, che avevano trattato della
polvere, o de fluidi elastici, o del fuoco, non erano
punto artiglieri, epperciò furono poco noti al D'Antoni, Es.itUapoit,
trattone il Boherave. Il conte Saluzzo, giovane uffìziale
d'artiglieria, ma già valentissimo chimico, aveva appena t. u'ii. vedi li
toccata la parte piìi vicina alla pratica, volendo, com'egli
protestossi modestamente , riservarne intera la gloria al
D'Antoni. Tuttavia non v'ha dubbio, che gli scritti pag^Tif^nèiJ
del Saluzzo inseriti negli- atti della nascente società, "" ^'
che da lui principalmente fondata fu l' origine prima di
questa nostra accademia; non v'ha dubbio, dissi, che
quegli scritti non contengano molti fatti degnissimi di
venir applicati alla scienza dell'artigliere, oltre all'essere
poi sempre memorabili , come che quasi soli possono
riempir X intervallo tra Halcs e Priestley nella storia delle
scoperte intorno ai fluidi aeriformi. Quanto poi agli scrit-
tori stranieri, non pare che il D'Antoni ne conoscesse Es.d,Vapeì,,
' ' }. l«f. ìitil.Jit.
alcuno fuori del Robins, e di questo soltanto T opera ■"«:•" «"•
020 BALBO,
principale, e forse più per fama che per lettura , ma
forse ancora provenne il suo silenzio dall' aver credulo
bastevole di confularli indirettamente, siccome indirct-
i ^s-'5Ó''sr87 tamente confutò più volle lo stesso Robins. Noi stimiamo
' ^ ' "■ opportuno di accennare almeno qualche punto, in cui
dopo i precedenti scrittori sembra clic la scienza abbia
fatto per opera del D'Antoni alcun reale progresso.
E prima di tutto egli usò la cautela di fare accurata
distinzione tra le diverse sorta di polvere che sono in
uso , e loro assegnare costanti denominazioni , adope-
rando così maggior varietà, e maggior esattezza del l\o-
FJii. di Gre- bins, il quale ha sperimentato con una sola specie di
nobli' p. 3i5. \ . •' * '■
UciiMo cUnco. polvere, ed ha lasciato qualche dubbio sopra le propor-
zioni degV ingredienti. In vece poi che le sperienze dello
N-. ithnco. Hauksbee intorno all' accensione della polvere nella cam-
pana pneumatica, aveano solo per oggetto di mostrare
l'esistenza del fluido elastico che dalla polvere si svolge,
j. fi//"'.'"'' quelle del D'Antoni mirano eziandio a provare un altro
fatto , che non pareva avvertito fuorché dal coote Saluzzo ,
l-àii^saiuce'ei.c "°^ '^ P^*^ difficile accensioue , quanto più l'aria è di-
l'.'j ^°"'"'' radala; aggiungendovi pure il caso somigliante del so-
verchio fumo. Alcune altre sperienze servono a dimo-
. ff'^l"'' '"''■'• strare, che l'accensione non è istantanea, ma che la
i- 33 48-51 j6-
'*• velocità , colla quale il fuoco s appiccia da un granello
all'altro, è maggiore di quella, colla quale penetra nell'
intima .sostanza di ciascun granello ; il che può servire
a conciliare il Robins , che avea supposto 1' accensione
Chsp. T prop.
rutiSc/iaiit, istantanea, co' deputati della società reale di Londra,
VITA DEL d'Antoni. Sai
ì quali , a lui contraci iccudo, aveaao sperimentalmente mo- p'-h- !•■<"•>. M.
... ^65.p.I7J,rtN.
Strato un residuo di granelli spenti, ma peraltro io minor ^«s^nobinsedìi.
quantità quando erano più piccoli i granelli; il che con-
corda colle sperienzc del nostro autore, E questi in altro .. fj' fj"" '""''"
luogo dimostra ci& che i deputati medesimi aveano pur }• «7.
fatto vedere contro il Robius, che tanto più compita- £«"<■'■'. psu,
mente s' infiamma la polvere, quanto è maggiore la lim-
ghezza della canna . o più propriamente lo spazio che
rimane tra la palla e la bocca. Quanto al fluido elastico,
che ora gli oltramontani dicono gaz , e noi chiameremo
fluido aeriforme, gii noto al Boyle, e a tutti i fisici
posteriori, il D'Antoni fa vedere che 1' elasticità di quel E!.,ìJhpoh.
fluido è permanente, della qual cosa per le esperienze
dello Hauksbee potea forse nascer dubbio, se quelle del Greuob!'p.'V4il
eonte Salazzo non l'avessero tolto*; e di più aggiunge
ch'esso fluido dal solo nitro si svolge, e non dagli altri j. fi, Vt',";)'^?'''
ingredienti della polvere, come lo stesso conte Saluzzo
avea già avvertito. Tutti sanno che a quei tempo non si
conosceva , né si poteva conoscere 1' intima natura di
' Sulle dei rei
questo fluido, cioè dell'aria pura o vitale, ne perciò ^|Jr''j"'j"**'
potcano compitamente spiegarsi i fenomeni della polvere.
Egli è però notabile che la moderna dottrina ha poco
aggiunto alla spiegazione del D'Antoni e del Saluzzo,
in vece che si è trovata falsa quella del Macquer e del
\
* Mise. soc. Ttur. tom. I, mém. du ches\ Saluces, etc. num. 8, et cxpér. IlL
Suite det reckerches , eie. daus le mume volume §. 3.
4^
32? fcALBO,
Baumè , non ostaute le belle sperienze da questo fatte
in compagnia del D'Arcy *. Comunque sia , dopo la sco-
perta di questo fluido elastico della polvere , solcano i
fisici attribuirgli intero l' eHetto che nell' accensione della
medesima s' osserva : più cautamente giudica il nostro
j.fg; sj'/s^."'"' autore , che l'aria, e il fumo, ed i vapori vi abbiano
qualche picciola parte , conciliando quasi a questo modo
po^roT""'^ l'opinione del Newton con quella del Boyle. Ma se
p.fsj'"''^" ""■ picciolissima è l'influenza dell'aria frapposta tra'granelh*,
o ad essi contigua , nel contribuire all' efletto della pol-
vere per via della sua elasticità rapidamente accresciuta
dal fuoco , è per altro importantissima la sua operazione
nel favorire e promuovere 1' accendimento; il che , oltre
alle cose già dette , viene poi piìi manifestamente pro-
^'•^'"^j'"''''- vato dal D'Antoni. Da questa verità, come da ogni
altra dimostrata nel suo libro , egli ne trae moltissime
pratiche conseguenze , e fra le altre cose spiega l'influeaza
dello stato atmosferico nelle lunghezze de' tiri , contra-
dicendo al Robins che solo all' umidità e non alla densità
Cap.i.prop.x. (Jeii' aria j^g voluto aver riguardo. Quindi ne avviene
ch'egli può dimostrare più compitamente, che non avea
fatto lo scrittore Inglese , l' imperfezione degli antichi
j.84Ìi3i.'''° ' metodi per 1' approvazione delle polveri, a' quali un nuovo
* Si possono vedere indicale nei dizionario del Macquer , con note dello
Rcopoli , all' articolo palmiere d' archibugio , e negli elementi di chimica del
Fourcroy , edizione del 1786 , voi. II , p. 4^6 e seg.
VITA DEL d'akTON/. 323
ne sostituisce assai più acconcio, che noi non possiamo
paragonare con quello annunziato soltanto, ma non fatto xm!'"' '"''"*'*"
pubblico, dal Robins. Ed in altro luogo descrive un or-
digno nuovamente immaginato per fare con maggior ^'- <'«"'» r»''-
esattezza tal sorta d'esperienze.
Entrando poi nella ricerca delle cariche, con cui si
ha da' cannoni il tiro più lungo, ed esaminata prima §• ss» «me-
teoricamente la questione , distingue tre maniere di espe-
rienze, che possono intraprendersi a questo fine; o ritro-
vando la velocità iniziale della palla , cioè misurandola
vicino alla bocca; o misurando le immersioni della palla
in un bersaglio ; ovvero misurando la lunghezza mede-
sima de' tiri; la qual ultima maniera, avvegnaché la più
diretta, è per altro a giudizio del D'Antoni la più in-
certa. Fu questa tuttavia adoperata , siccome sopra abbiara
detto, con ogni più squisita diligenza, epperciò con non
mediocre frutto; ed essendosi in tale occasione misu-
rato eziandio lo arretrarsi de' cannoni, quindi ne prende ar-
gomento il D'Antoni di ragionar dottamente sopra questo } so, 91-95.
punto, non meno che sopra il rimbalzo del calcio di
basso in alto, oggetti ambidue non toccati dal Robins. Jsi-ss.
Per vero dire, le sperienze del 1760 discordano nota-
bilmente dalle altre del 1746» ma queste , che meritano
per molti riguardi la preferenza , bastano sole a provare in
qualche caso la falsità della massima che l' autore Inglese si è Robim, «;t.
_ de Grmoble paf^
aHaticato di stabilire, cioè , che quanto è maggiore la carica , <><>/• '^''^'- ^'■
' ' ^ "" 'il dialo citnco,
tanto maggiore sia pure la velocità della palla. Imper-
ciocché il nostro autoi-e a sufficienza dimostra, che vi 5.87'" ' "'""*
3t24 sai bo,
ha nella dose ilella carica un punto massimo , oltre il quale,
in vece di crescere, vien anzi a scomare la forza , con cui la
palla è spinta; e ciò per due ragioni; perchè non tutta
la polvere può accendersi cosi rapidamente, quanto quella
parte che basta a spingere la palla; e perchè crescen-
dosi il volume della carica si avvicina sempre più il sito
della palla alla bocca del cannone, onde riesce piìi breve
lo spazio, per cui continua la palla ad essere sollecitala
dalla successiva dilatazione del fluido elastico. Questa se-
conda cagione è bensì ammessa dal Robins, ma non la
prima, come altrove abbiam detto, la quale per altro è
la pili principale. Mostra di più il nostro artigliere, che
non solo è necessario di sbandire affatto affatto tutte le
Es. ieiiapoh. cariche soprabbondanti , di cui facevasi abuso , ma che
§. 35, 106, i ' . '
eziandio non conviene di usare le cariche massime, salvo
in caso di assoluta necessifti. Dopo aver fissate per la
\. «03. t^ r
pratica tutte le più convenienti cariche, passa a riferire
f. 108-110. ^ . r ■ r
alcune sperienze per far vedere quanto la differente lar-
ghezza del focone contribuisca essa pure a variare la forza
della palla.
Avendo poscia l'autore misurata la densità, e 1' elasticità
j 114 e scg. del fluido sviluppato dalla polvere, e ridotto alla comune
temperatura dell' aria , dimostra come dagli sperimenti
possa dedursi ed esprimersi con formola algebraica la
densità dello stesso fluido quando ancora sta imprigio-
nato entro il salnitro. Quindi supponendo che questo
^" "*' fluido pesi quanto f aria , e posta la proporzione della
gravità specifica del nitro a quella dell'aria, come mille
VITA DEt, d' ANTONI. Sa?
cinquecento vènti all' uno * , si trova che questo fluido
costituisce la terza parte del nilro. E qui per occasione
si dimostra , che il fluido niidesimo dopo l' abbiucia-
mento non è aria scìiietta, poiché non può servire d'ali-
, r . , . f, . . , , W'/c Tarn. 1
mento al iuoco, cosa già nota ai tisici; ma provata dal Crwmcnt p tz,
di s seri p. fi, liff
nostro autore con esperimenti proprii. Poscia si passa a »•■». isoti «».
determinare, che allorquando quel fluido è imprigionato e, jcitapoh.
nel nitro è denso all' incirca novecento quarantadue velie '' '* '
più di quanto Io sia allorché s' equilibra colla pressione
dell' atmosfera. S' insegna a trovare con forinole alge-
braiche la densità e l' elasticilù del fluido sviluppatosi 5- "4 « «s'-
entro una data e chiusa capacità da una data quantità
di polvere, esprimendo in peso la pressione ch'esercita
contro una qualunque superficie. Ma dentro una capacità
aperta in un lato, e del rimanente invariabile, si rac-
coglie dagli sperimenti fatti per via di pesi con una mac-
china che abbiam di sopra accennata, che la massima {• '5S-
elasticità del fluido infuocato può superare di mille otto- j. ns.
cento volte la pressione dell' atmosfera.
* Questa proporzione non è di molto variata dalle nostre attuali cogni-
Bioni. Posta la pravità specifica dell'acqua a loooo, quella dell'aria co-
mune, secondo le spiricnze del Lavoisier, che servono di base al calcolo
del Biisson {Pesanleur Jes rorps num. 8Zq) , e di 12,3233, e quella del nitro
fecondo 1 sperienze del Mussclienbrcek , di cui fa poco conio il Brisson
( nutn. 917), ma di cui finora non si lia , ch'io sappia, vcrun' altra più
esalta, sarebbe di 19000; donde si ha la proporzione di i: i5^r. Ma è
forse roen prossima al vrio 1' ipotesi rlie il fluido elastico svolto dal nitro
sia di peso eguale a quello dell' aria comune.
òzS BALBO,
In vece di segnare col peso la forza della polvere, si
può altresì paragonare colla forza d' adesione , o diciam
ts.ifiupoh. meglio di coesione, il che fa in tre modi il D'Antoni,
per due de' quali adopera una macchina nuovamente per
tal uopo ideata, e così trova la forza massima in tempo
secco mille novecento volte maggiore che la pressione
§. 1S7. mezeana dell'atmosfera, e solo mille quattrocento volte
l l's- ÌQ tempo assai vaporoso. Colla stessa macchina si mostra
di quanto cresca la forza scemando la capacità, donde ne
}. 140, 141, viene 1' effetto sfuggito alle considerazioni del Robins
i55. ....
degli stoppacci fortemente ricalcati , i quali accrescono la
velocità della palla , come si vede misurandone 1' im-
\- '44- mersione nel bersaglio. E credeasi che 1' ordigno mede-
simo potesse pure servire ad altri oggetti, come per
esempio a trovare sperimentando , qual sia il metallo ,
o quale la lega di varii metalli , che abbia maggior forza
di coesione , epperciò sia più propria ad usarsi per porre
j, ,3j. il grano a' cannoni. Ma conosciuta poi nello stromento
non so quale fallacia, fu quello dallo stesso D'Antoni
messo in disparte.
§. «45. Si determina in appresso per via d' un' iperbola equi-
latera la serie delle successive pressioni, che spingono
la palla entro la canna , nell' ipotesi che il calore continui
eguale , e che il fluido sia tutto svolto prima che cominci
a muoversi la palla. E tale ipotesi in sostanza è quella
del Robins ; ma il nostro autore sembra di tanto superiore
all'Inglese in questa e nelle altre parti matematiche della
opera, quanto lo è certamente nella parte sperimentale.
VITA DEL d'Antoni. 827
Tuttavia l'accennata ipotesi, per le cose che sopra abbiam
toccate, in pratica è impossibile. Quindi si va trasfor- ^'- '''"'» /">'*•
mando la curva secondo tutte le diverse modificazioni,
acni può andare sottoposta, e se ne traggono utilissimi j. i47-<58.
corollarii. Al qual proposito non dobbiamo ommettere
di notare , come anche il defunto nostro collega Fran-
cesco Michelotti , già professore nelle scuole d' artiglieria,
avea pur egli prima del D'Antoni espresso per via dì
un'iperbola equilatera la successiva progression della forza
esercitata dalla polvere, accennando poi quali fossero le
curve più corrispondenti alle sperienze ed alle osserva-
zioni: del che dopo moltissimi anni ne diede un breve veai u citato
'■ elenco.
saggio nelle adunanze di quest' accademia.
Essendosi per tal modo conosciuta la forza, colla quale
la palla esce dalla canna, se ne può dedurre la sua ve- E^JtHop'tn
locità iniziale. Ma perchè alla teoria, con sottili ragiona-
menti fondata sopra le prime sperienze , non manchi
l'immediata osservazione dell'effetto, è cosa opportuna
il misurare la velocità medesima con istromenti collocati
presso alla bocca dell' arma. Merita somma lode il Robins
per essere stato il primo ad istituire questo genere di
osservazioni, dirigendo i tiri contro un pendolo mobilis-
simo , che dal D'Antoni si descrive non senza notabile }. i«o , « ;rf.v.
Jis.mec. J. 610.
correzione. Ma i calcoli per queste sperienze ci pajono
più sicuri secondo il nostro autore, che non secondo e,. JtUa pei»,
....}. i$i-i63.
r Inglese. Tuttavia per gli sperimenti , che qui si fecero,
si adoperò l'altra macchina assai più comoda del Mattei. \.iii^
Fecondissimi d' utili conseguenze furono questi sperimenti,
528 BALBO,
ne'qualì si variarono le canne, le polveri, gli sfopac-
ciiioli, le palle, e Io stato dell'atmosfera, onde mirabil-
mente si confermano nel libro, di cui parliamo, le verità
già prima stabilite, e molte se n'aggiungono tuttavia.
Noteremo fralle altre, che in un dato caso si trova la
forza della polvere eguale solamente a ducento ottanta
Ks.^Mia polo, volle la pressione mezzana dell' atmosfera , il che, para-
gonato colla forza in altri casi trovata assai maggiore fino
j.i»8,i57.iS3. a mille novecento volle, mostra l'inganno del Robins ,
che sempre indisliatamente esprime col numero di mille
Cip.ipropvi. la pressione esercitata dalla polvere accesa rispetto a
quella dell'atmosfera.
Conosciuta la velocità iniziale si conosce la curva che
dovrebbe descrivere la palla se non incontrasse ostacolo
veruno , e perciò la distanza a cui dovrebbe pervenire ,
e questa confrontando con quella assai minore, a cui
solamente perviene, si conosce l'effetto della resistenza
dell'aria, la quale valutavasi assai poco prima che il
Robins e con ragioni e con esperienze ne dimostrasse
Cap. u. ° ...
la grande efficacia. Ma le sperienze che qui pure si fecero
nel 1764 aggiungono molte essenziali particolarità. Fralle
altre cose è sembrato al D'Antoni, che non solo la mag-
gior densità dell'aria, ma eziandio la maggiore umidità
st.aMapoh. accrescesse la resistenza, la qual cosa però non pare a
sufficienza dimostrata: onde in questa parte, come in altre
molle, rimane ancora ben largo campo a' coltivatori di
sì nobili studi. Così per esemplo, non si osserva dal nostro
autore nell' esame della pohere , e appena si tocca ia
V1TA_ DEL d' ANTONI. ')'j.Q
ctualcho aUi'o suo libro il subitaneo eccesso di rcsisleuza, l'iuji.mtc.
J \. <i7 t. 11.
clic il Robins crede aver luogo allorquando la velocità
della palla è, secondo lui, maggioie della velocità, eoa
cui l'aria può accorrere a riempire il vuoto lascialo dalla Cap.ii.proii. i.
palla medesima dietro di se. Ne si fa parola * delle decli-
nazioni laterali osservate dal Ilobius, e da lui attribuite ^^"^'P"".!'™!--
ad un moto di rotazione della palla, per cui la resistenza
dell'aria può sopra di essa operare obliquamente. Kè si
accenna qual conto debba farsi delle canne rigate tenute
in tanto credilo dal Robins**. Questa opinione ed alcune
altre dello stesso autore non erano probabilmente note
al nostro, perchè sparse in diverse operette postume pub-
blicate in Inglese non prima del 1761, e non tradodo
in Franzese che dieci anni dopo. Donde però si vede
quanto acconciamenle couchiuda il D'Anioni > esorlando *' '*''■
ì giovani a tentare altre ed altre .sperienze. E noi pure
desideriamo che sia questo principalmente il frullo delle
opere da lui dettate; giacché nella scienza naturale, ep-
perciò nell'arti tulle che ne dipendono, inesausto è il
fonte delle ignote verità ; e giacche i progressi delle
dottrine matematiche, e soprattutto delle chimiche, ci
fanno sperare novelli vantaggi in moltissime professioni,
e singolarmente in quella dello artigliere. Kella quale se
*\.\'esame delia poUere §. 196 : si accenna tuttavia il fallo nelle istit. fis.
inec. §. 346, Ioni. 1.
** Etlit. de Grenoble png. 557. De la nature et ties afonlages Jes piìees
de canon ravè.
42
ÙOO BAtBO,
tanta celebriti ' acquistò il D'AutouI, attribuire si dee a
quello spirito vcracemeule filosofico , ond' era animato, di
sottile ricerca, di attenta osservazione, di meditazione
profonda : qualitù necessarie non solo nel coltivare le
scienze , ma in ogni aliare importante della vita civile ,
come nel corso di quella, che descriviamo, potrassi an-
cora più d' una volta notare.
Non so se più difiicile , epperciò più onorevole inca-
rico possa altrui affidarsi da un padre regnante, quanto
l'educazione de'proprii figliuoli. Nobilissima parte di questo
ufficio presso tutti i reali principi venne esercitata dal
D'Antoni. Fin dal 1763 cominciò ad essere incaricato d'istru-
ire nelle scienze militari il duca del Giablese , al quale nel
1768 s'aggiunse il principe del Piemonte. E continuando
il re nostro a tenere il D'Autoni in quel conto, in cui
teneasi dal padre, l'onorò di somigliante incarico presso
i duchi d'Aosta e di Monferrato nel 1776, e finalmente
liei 1780 presso gli ultimi due principi, il duca del
Genevese , e il conte di Moriana *. Ma siccome ad isti-
tuzione militare conviensi, eh' esser non dee solitaria ed
ombratile, ebbe il D'Antoni con gli augusti allievi non
* Ed è nolabil cosa , che fu pure ufficiale della nostra artiglieria , ed
anche per questo titolo notissimo e in patria e fuori, massimamente in
Germania, dove militò con gran lode nella guerra di sett'anni, l'ajo di
questi quattro principi, l'eccellentissimo signore Don Casimiro Gaba-
Jeone conte diSalmour, or cavaliere dell'ordine supremo, grande di corona,
pran mastro e Comandante del corpo reale di arliglieria, e govcrnator di
Turino.
i
VITA DEL d' ANTONI. 33 1
rare occasioni di visitar fortezze , di osservare luoghi
famosi per fatti d'arme, di ordinare accampamenti, evo-
luzioni , e simulacri di guerra , quali si videro nelle
praterie di Vanchiglia qui presso a Torino , e nelle
campagne di Volpiano. Perciocché non solo nelle parli
spettanti ad artigliere, o ad ingegnere, ma intatto ciò
che alla tattica , e in generale all' arte della guerra ap-
partiensi , era dottissimo ; e -di tattica scrisse due opere
inedite, l' una più elementare in un volume, l'altra più
compita in due. Ma tra' viaggi , che fece co' principi per
Oggetti militari, memorabile è quello, nel quale accom-
pagnando il duca del Ciablese, tutto potè compire il
giro delle nostre frontiere; ed inoltrarsi nelle strette
de' mouti , donde agli eserciti alleati o nomici si apre o
si chiude il passo ; ed esaminare que' siti memorandi ,
dove si era con poca gente trattenuto l' impeto ostile ,
ed assicurato il destino d'Italia. Della quale opportunità
valendosi il D'Antoni, prese minuta notizia non pure
di tutto ciò che alla corografia militare s' ajjparticne , ma
eziandio delle cose alia mineralogia spettanti , per cui
tanto son utili i viaggi che si fanno in patria , come
dopo il Linneo ha dimostrato con una sua operetta , e
assai più coir esempio il cavaliere di Robilante*. Né solo
* Luinaei oralio , (/uà pereprìnationum intra palriam asserilur necessita!.
Amoen. Acati, voi. II. De l'ulilitè et de iimportance tles toyages et dei courset
dans son propre pays , par M.'' le chevalier de Robilanl , etc. Turiu , 1789,
Soffietti, in 4°) avec 14 plaiiches.
332 BAtr.o,
coi principi nostri ebbe a viaggiare io patria il D'Antoni,
ma cogli stranieri ancora, come destinato a servire Al-
berto di Sassonia principe di Tcschen, e Massimiliano
arciduca d'Austria, nel visitare alcuna delle nostre rino-
mate fortezze, od alcuni de' luoghi più famosi nella
storia militare: nelle quali occasioni, che non di rado
accadono presso di noi, sommamente importa, che gli
illustri viaggiatori siano accompagnati da uomini vera-
mente insigni , atti a sostenere ed accrescere nell' animo
degli stranieri 1' onore della nazione. Al qual uopo ninno
forse poteva essere in que' tempi più conveniente del
D'Antoni. Era da lui ottimamente conosciuta la storia
delle nostre guerre, e sappiamo che ne lasciò preziosi
documenti; un'esatta descrizione della battaglia di Torino;
nn' opera franzese , intitolata: notizie per guerreggiare
in Loìnbardia , con riflessioni militari e poli tic] le sopra
la guerra del lySS; ed un tratto d'istoria dell'altra
guerra posteriore, da lui disteso per empire qualche
lacuna scopertasi nell' unico esemplare di quella fatta com-
pilare con somma cura dal re Carlo Emanuele per mano
dell' abate Minutoli Ginevrino , che prima era stato uom
di guerra , e scrivea coli' ajuto d' esperti militari, fra
iiooaieBogino. quali il D'Antoni, e colla direzione d'un uom di stato,
che dettando c|ue' fatti potea veramente dire: et quorum
pars magna fui. Noi non sappiamo contenerci a questo
luogo dal deplorare insieme con un saggio e zelante
Napione i j . scrittore, che di quest'ultime gloriosissime guerre, in
intorni alla sii r. ' ■• e o '
iti Pitm. \. i3, ypg delle quali le insegne Piemontesi furono vedute la
VITA DEL d'anton/. 333
prima voTfa sventolar vincitrici fin oltre al Rubicone, e
nell'altra fu piu-e per la prima volta salvata la patria
colle sole sue forze, di queste guerre scemandosi ogni
giorno la tradizione vocale , noti ci rimanga ora mai
altra memoria, che l' infedel narrazione di autori stranieri.
Ma la memoria vivissima che ne conservava il D'An-
toni , e la cognizione che aveva delle altre guerre più
antiche, non era il solo motivo, per cui fosse proprio ad
accompagnare i principi stranieri. Doveva a tutti esser
noto il suo nome, posciachò vedeasi per prova, che
qualunque capitasse in Torino, facendo professione di
dottrina militare, non mancava subito di cercare del
celebratissimo direttore delle nostre scuole d' artiglieria ,
e bramava di seco lui abboccarsi , e conferire a lungo ,
come volle fare più volte il principe ereditario di Bruns-
vvik. Nò conversando a voce , o corrispondendo per let-
tere, fu mai trovato minore di quanto portasse la fama :
onde veniva sovente onorato da uomini sommi d' altri
paesi , e ricercato del suo parere , come ne fa testimo-
nianza il carteggio eh' egli ebbe col Saint-Auban , e col
Tempclhof, col quartiermastro generale Nicolai , capo
d'un reggimento d'artiglieria di Virtemberga , e con
gl'ingegneri Veneti, uomini dottissimi, Lorgna , Salim-
beni , e Delanges.
Non è cosa insolita nella storia letteraria d' osservare,
che taluno abbia goduto vivendo maggior riputazione
fuori che in patria. Ma il D'Antoni trovò nel sovrano
UD giustg apprezzatore del singolare suo merito. Non
3?4 BALBO,
piiiio de^Ii avanzamenti che fece ne' gradi militari, es-
sendo stato promosso a quel di Brigadiere addì 12 di
settembre del 1774» ditliiarato maggior generale a' 18
di novembre del 1780, e tenente generale a' 24 di
dicembre del 1784. Più distinta significazione della real
confidenza fu quella che ottenne quando a' 3o d' aprile
del 1775 fu nominato ajutante generale d' armata , titolo
ed impiego allora istituito per sopra intendere agli aju-
tanti generali contemporaneamente creati per ognuno dei
dipartimenti, ne' quali era stato 1' esercito diviso. Nel
che sin d'allora si vide, che non solo nelle cose d'arti-
glieria era tenuto in gran conto il D'Antoni , ma in tutto
ciò che riguarda la profession della guerra. E di fatti
ne' casi più gravi e difficili , concernenti le leggi o la
disciplina, soleva egli essere compreso fra' deputati a
consultare , o fra' giudici a dar sentenza.
Ma per la morte del conte Birago di Borgaro , il qual
era succeduto al De'- Vincenti , essendo vacata la carica
di capo del corpo reale d' artiglieria , fu conferita al
D'Antoni il di 7 di gennajo del 1783. Ed essendo pure
vacante la dignità di gran mastro d'artiglieria, fu ag-
giunta due giorni dopo al novello capo la podestà di
supplirne le veci. Cosicché , ritenendo egli tuttavia la
direzione generale delle scuole teoriche e pratiche, venne
a riunire in se solo l' intiera e suprema ispezione di
quanto all' artiglieria appartiensi. Veggiamo in qual ma-
niera ei si valse di tale e tanta autorità.
Fin dal principio eh' ei ne fu rivestito, soppressi gli
Vita PEf. d'/nton/. S35
artiglieri creati pochi auni prima in ogni batfaglione , si
adottò uu nuovo sistema, nel quale ebbcr luogo gli jiV/I",'!,^'"!!!-*
artiglieri ausiliarii e provinciali; ed ali istruzione di
costoro, siccome anche degli altri, si fissarono i migliori
metodi per le scuole pratiche divise come conviensi in
varii gradi. Nuove regole si stabilirono pure per la fab- "'S',"^ ''?'.•'■''•
° o "^ ' al U Adii. ni del
bricazione della polvere, e per raffinamento del nitro, =9 'if- • 7S5.
e si cercarono i mezzi * di favorire e promuovere la pro-
duzione artificiale del nitro medesimo, affine di liberare
un giorno, se fia possibile, gli abitanti delle case dalle
incomode visite de' raccoglitori di quel sale. E siccome
la giusta proporzione de' metalli da formare i cannoni,
già da gran tempo definita , veniva tuttora alterata nelle
operazioni della fondita per certe chimiche cagioni, cui
non si era troppo badato, esaminata maturamente la cosa,
sì procacciò novella perfezione, e più squisita esattezza
alla pratica de' fonditori. Ne' quali argomenti del nitro
e delle fondite molto giovarono le cognizioni del conte
Saluzzo chiamato a consiglio con esempio nobilissimo
sebbene in que'ten^pi menando vita privata non appar-
tenesse al corpo degli artiglieri.
• Dall'intendente generale d'artiglieria Pietro Antonio Canova si pub-
blicò un'istruzione col titolo seguente: Directions pratii/aes poiir unir à la.
ricolte et à la productinn crlificielìe du salpitre , atee la maniere de l'extraire
ées terres et autres matieres , et de le riduirf par tifaporalion en salpitre
brut, Jit communément de premiere cuite. Turiu , le premier du 1785.
Imprim. roy. , fol., pag. 14.
?S36 BALBO,
Il funestò accidente che mostrò la necessiti* di questi
ultimi miglioi'amcnti Dell'arte del gitlo, fu pure occa-
sione di un bel tratto di militar disciplina , clic qui non
vuol essere trasandato. Neil' esercizio di scuola pratica
scoppiato era il Tigre, cannone gif tato pochi anni prima,
e ferito aveva ed ucciso alcuni di quelli che lo servi-
vano. Fu chiesto al D'Antoni , se con gli altri cannoni che
trovavansi in batteria , gittati a un di presso nel tempo
medesimo, prima eh' ci fosse al governo dell'arsenale,
si dovcano tuttavia continuar gli spari. Certo che sì, ci
rispose con laconica severità di comando, e fu, come
esser dovea, senza diilicoltà obbedito, dandone l'esempio
gli uffiziali per far cuore a' giovani artiglieri , che in
sulle prime dalla novità del caso rimasti erano alquanto
conturbati. Assicurata così la necessaria prontezza della
obbedienza, e fatta prova della fermezza imperturbabile
de' suoi, volle egli stesso l' indomani appicciare il fuoco
a tutti i cannoni della batteria in numero di dieci, uno
appunto de' quali, il 6'e/òero , non potè poi resistere alle
novelle prove , che tosto se ne intrapresero con saggio
consiglio e con esquisita perizia *.
* IO ottobre 1785. Relazione degli scrutimi [alti dagli uffizioli del corpo
reale d' artiglieria intorno i rottami de' cannoni da libbre sedici, Tigre e Cer-
bero, scoppiati nella state del 1785, MS.
Relazione delle operazioni, cui gli uffizioli del corpo reale sono detenuti in
seguito al regio viglietlo , e regolamento annesso del i5 ottobre 1785, relativo
olle /ondile e getti delle artiglierie. MS.
VITA DEL d'ANTONÌ. oSy
Nell'esame che quindi si fece delle occulte cagioni,
per le quali aveano potuto succedere somiglianti casi ,
si riconobbe, come in altre congiunture, quanto al)bia
bisogno l'artiglieria della scienza chimica, piia non le
bastando alcune notizie superficiali e volgari, ma tutta
quasi esigendosi la dottrina di un chimico eccellente. Per
la qual cosa è degno di somma lode il D'Antoui, che
ben comprendendo tal verità, quantunque non fosse
chimico di professione, introdusse nell'arsenale l'iuse-
gnamento regolare di quella scienza, al quale fu desti-
nato un nostro chiarissimo collega , il cavalier Napionc.
In tre gradi si divise lo studio : comprende il primo le
analisi de' metalli, e. le preparazioni delle fondite; il se-
condo la docimastica; e il terzo quelle ulteriori e più
estese cognizioni di chimica, che alcuni fra gli ulfiziali
desiderassero di acquistare.
Un'altra scuola ben diversa da questa onora egual-
mente, e forse più, il genio benefico del D'Antoni. Per
difetto di popolare istruzione, che non si piiò deplorare
abbastanza,' molti soldati, non avendo prima imparato a
leggere, sciivere , e conteggiare, rimangono incapaci di
que' gradi, a' quali altronde, lo loio buone qualità li
farebbero pervenire. E maggiove esjsepdy fra gli ailiglier*
il bisogno di soldati e bassi ufilziali più che mediocre*
mente istruiti ^xi molle parti, per cui sono indispensa-
bili que' primi elcmeuti , procurò il D'Autopi di supplire
alla generale ;i^ancanza , instituendo per questo fine una
scuola, ;^el ?uo reggin;euto , egli che avca per «sperieqz^
43
538 BALteo,
iTaniep.JcUc vcdiito Dclle scuole pratiche quanto siano capaci d'Is-
m^ìcrh. p, 90, e
prtn^iioin n.~t, tiuzione uomini anche rozzi, ed anche dopo avere tra*
passati i confini dell' adolescenza. Ma questa istituzione,
già per se lodevolissima, più lodevole ancora diviene
pel modo, col quale provvide allo stipendio de' maestri,
assegnando loro una porzione de' dritti , che da' vivandieri
si pagano , spettanti prima al capo del reggimento.
Nò questa generosità era per lui cosa nuova , che sèmpre
guardar soleva con certo nobile sprezzo gì' interessi della
propria fortuna. Àlloraquando fu provveduto d'una com-
menda de' santi Maurizio e Lazzaro , che accadde al primo
d'ottobre l'anno 1779, dovendo, com'è l'osanza, giu-
rare di amministrarla da buon padre di famiiglia , noa
ebbe più pace, vedendosi obbligato ad una sorta di cure,
cui non crasi mai assuefatto ; nò volle più per niua
conto ritener qu e' poderi , ma rinunziandoli all'ordine,
e traendo da questo il solo fitto che allora esigevasi ,
pei^dè volontieri la sicurezza di aumentdrne notabilmente
la rendita. E dovca per altro rincréscergli siffatto sacri-
fizio , poiché l'intero frutto della éòrtìmenda, siccome
della precedente pensione , era dà' lui destinato a passare
per mani segrete in sollievo di povere famiglie, non
avendo altro limite la sua carità , fuorché il riguardo
di non fomentare l' infingardaggine e '1 vizio. I soldati ,
e gli altri da lui dipendenti lo trovarono sempre come
padre amorevole disposto a sollevarli e 'con mano 'libe-
rale, e con prudente consiglio, e con ogni sòrta di fa-
vore, che al buon ordine, alla severa disciplina, alla
VITA DEL d' ANTONI. 33()
esatta giustizia non fosse conlrailo, usando egli sempre
antipone la pubblica alla privala carità.
Questa bella virtù, sopra ogn' altra esaltata dall^ verace
religione, ben mostra qual fosse lo spirito che animava
il D'Antoni nell' adempire minutamente i doveri e le
pratiche di pietà, lungi ognora tenendosi da qualunque
ostentazione , cosicché pochissimi seppero che in ciò
impiegava ogni giorno un tempo assai notabile, che ù
pur la cosa la più preziosa che si abbiano gli uomiiù
cVaflari e di scienze. Ma la somma e straordinaria vigi-
lanza, il regolatissimo tenor di vita, 1' ordine e '1 m^odo
scrupolosamente osservato in ogni cosa , la privazione
assolata de' soliti giornalieri trattenimenti, gli fecero trovar
tempo a tanti studi , a tante occupazioni. Perciocché ,
oltre a quanto siam finora venuti divisando, egli dovea
bene spesso trovarsi a consulta e dar pareri, come quando
traltavasi non solo d'artiglieria e di fortificazioni, o di
edifizi militari, ma di porti, di strade, di canali , d'ar-
gini, di misura e distribuzione d'acque, di nuovi prov-
vedimenti per gl'incendi, e a dir tutto in breve, d'ogni
cosa , che pur son tante , nella quale il governo {ibbiso-
gnasse di scienza fisica e matematica, 1/ abitudine de Ila
fatica, e il frammezzare continuo, che facra per dovere ,
degli esercizi del corpo colf applicazione dello spirit(i,
e la costituzione robusta , che avea sortita dalia natura ,
gli diedero forza a durar lungamente in sì gravi lavori.
Ria tuttavia , da questi aggravato , anziché dall' età , non
terminati ancora gli anni settanta e tre, più non c'ube
340 BALBO,
vigor di resistere a breve malattia, clie a noi lo' tols^' ìT
giorno settimo di dicembre del mille settecento ottanta-
sci. La morte fu pari alla vita; tranquilla, intrepida, e
religiosa. Ultimo atto del viver suo , toltine quelli dì
cristiana pietii , fu il lacerare le polizze segrete de' suoi
debitori: ultime parole il protestare, che ne' comandi da
lui esercitati non sentivasi reo d'ingiustizia veruna. Triste,
ma bello spettacolo era il vedere affollati d' attorno al
letto, e le vicine camere empiendo gli, artiglieri d'ogni
ordine piangere amaramente il maestro, il condottiero,
il padre. Né furono passeggiere le lagrime : vollero gli
uffiziali serbarne la rimembranza con un busto che col-
locarono nelle loro scuole. E il Re , che tanto aveva ap-
prezzato il D'Antoni , volle pur dare qualche pubblica
testimonianza di affetto e di stima verso l'illustre defunto.
Piiraanevano superstiti due sorelle , Antonia Maria , ed
Elisabetta, le quali viveansi strettamente in Villafrancà
col tenue 'patrimonio famigliare che dal fratello lor si
lasciava godere, e con quegli altri soccorsi che dallo
stesso traevano. Mancando questi , e scarsissima essendo
l'eredità che lor toccava, accorse a sollevarle il sovrano,
assegnando loro una pensione con onorevolissimo dispaccio
dato a' 16 di dicembre, cioè pochi giorni dopo la morte
del D'Antoni: ed ivi fra le altre cose si legge > che se
questi fosse vissuto, avea il Re destinato d'illustrarlo eoa
nuove e più splendide dignità :
Patere honoris scirent ut cunctì vìam ,
Pi^'Jf- Nec generi tribui , secl virtuti gloriam.
VITA DEL D'ANTONT. 641
La parte più preziosa di quella creclitJ, cioè i libri
è i manoscritti , pervennero per voler del defunto allo
intendente generale d'artiglieria Pietro Antonio Canova,
che avea seco lui contrafta amicizia sin da quando viveva
Un ministro, del cpiale il Canova era allievo nella scienza UcouicBogioo.
del governo e della pubblica amministrazione, e pel
quale il D'Antoni professò costantemente venerazione a
riconoscenza somma. Ed io col Canova famigliarmente
convivendo , e col D'Antoni sovente conversando , ebbi ad
osservare in ambiduc le stesse virtù , che nel ministro
splendeano continuamente a' miei occhi, anche nell'ultima
sua vecchiaja, e fra l'ozio della vita privata; attività di
operoso ingegno, e zelo vivissimo del coniiin bene. Ne
so per qual mio fato, toccandorni di scriver la vita
dell'uno, mi tocchi ad un tempo di deplorare la morte
anche dell'altro, dico del Canova, che l'anno passato»
essendo intendente generale delle gabelle , in fresca età
fu rapito alle speranze di tutti i buoni. Se avessi prima
potuto distendere questo mio lavoro, e a lui comunicarlo,
sarebbe cèrto riuscito meno imperfetto; ma in ogni modo
a lui si debbe ìà lode di aver insieme raccolte e presentate
air accademia le opportune notizie dell' estinto amico.
Quanto agli scritti di questo , eSsi passarono dopo la
morte del Canova in mani dell'augusto nostro sovrano.
Ma per la morte de' più parziali amici, o pel trascorso
de' tempi, non saia mai meno viva e fiorente la memoria
del D'Antoni. Alle pubbliche significazioni d'onore, che
otteuiiu in patria, si aggiunga il desiderio che lasciò di
542Ì BALBO,
se m questa uostra accademia. Ogni volta che tratfossi
di stabilire come accademia reale delle scienze Y antica
societi^, egli fu sempre annoverato tra coloro che pro-
cacciar le doveauo maggior lustro e decoro : e quando
vennero esauditi i voti de' dotti nel 1783, egli fu col-
locato il primo fra' nuovi accademici residenti in Torino:
ma pur troppo anch' egli fu il primo ad eccitare nei
folleghi un giusto cordoglio: che sebbene più non po-
tessero i suoi studi impiegarsi in prò dell' accademia ,
troppo gran perdita fu ^|uella del solo suo nome , e
della sua presenza, e dell'amor che nudriva per le cose
accademiche, ben da lui dimostrato in quelle prime adu-
nanze, ove,' trattandosi di dare incamminamento alla
novella istituzione, non mancò d'intervenire più volte,
quantunque distolto da tante gravissime occupazioni; e
procacciò all'accademia un chiarissimo corrispondente,
il signor Leonardo Salimbeui. Per queste considerazioni,
e per aver lasciato all' accademia stessa ben cinque * dei
suoi più chiari discepoli, aggiungersi doveva all'uni-
versale rincrescimento della patria particolarmente il
* Il cavaliere Daviet di Fopceiiex, il conte Carlo Luigi Morozzo , il
cavaliere Antonio Lovera , il cavaliere DebiUet , il cavaliere Carlo Antonio
Napione. Non è nostro istituto di qui rammentare tanti altri distinti allievi,
de' quali orsi pregia il corpo dell' artiglieria , e quello df pi' ingegneri. Bensì
diremo, che la marina essa pure venne tra noi coltivala e promossa dai
discepoli del D'Antoni, a' quali ne fu aflidato il comando colla direzione
di quelle scuole, cioè primieramente dal Foncenex, e quindi dal cavalier
Ricca di Castelvecchio,
VITA DEL d' ANTON/. 343
nqstro , e dovea per opera nostra, secondo l'usato stile di
molte accademie, tramandarsi a' posteri distinta ricordanza
della gloriosa sua vita. A compimento della quale note-
remo, ch'egli fu di statura poco piiì che mediocre , di
corporatura nerboruta ed asciutta, di carnagione, qual
si conviene ad uom di guerra, abbronzata; ebbe nere
le ciglia, e grosse, e folte; gli occhi vivaci, l'aspetto
intero conforme alla vita di dotto ad un tempo e di
militare; fu sobrio nel vitto, e parco in ogni cosa,
lungi pei'ò dal meschino ; ma parlatore copioso anzi che
no, facile e chiaro espositore de' proprii e degli altrui
concetti, narratore fecondo di fatti illustri, e di bei detti,
e di arguti motti ; né lodatore troppo cortese , ne troppo
aspro censore; severo di massime, ma più di costumi;
di umor gioviale, e di maniere libero; uomo in somma,
che alle moderne dottrine accoppiar seppe mirabilmente
le antiche virtìi.
I
i<ùf>p
I
345
C ATALO GO
DE' LIBRI ELEMENTARI
TER LE SCUOLE D'ARTIGLIERL\ E DI FORTIFICAZIONE
DI TORINO,
CON ALCUNE ANNOTAZIONI E GIUNTE ALLA VITA DEL d' ANTONI.
JV.,
' uoi'e istituzioni di aritmetica pratica, composte da Pietro DI MARTINO ,
professore di astronomia nella università di Napoli. Torino , 1761 , stainp.
reale, 8.0
Degli elementi della geometria piana , composti da Euclide Megarese , tra-
dotti in Ilaliano , ed ilìuslrali da D. Pietro DI MARTINO , libri VI; seconda
edizione, riseduta ad uso della scuola militare. Torino, 1785, Briolo,8.°, fig.
Della geometria pratica. Torino, stamp. reale, 8.", fig.
L' autore è il TIGNOLA , del quale si troveih qui dopo rogislrala
allr' opera migliore. E in proposito del medesimo, inseriremo a questo
luogo una nota promessa qui sopra a pag. 289 , dove abbiamo parlato di
lui e del Somis.
In un libro , divenuto ora assai raro, intitolalo: Prose, e poesie dell' abate
Girolamo Tagliazucchi , professore d' eloquenza nella regia università di Torino,
etnsacrate all'altezza reale di Vittorio Amedeo duca di Savcja : Torino, 1735,
Giaufrancesco Maircsse , 8." ; si trova inserita con altra numerazione di
pagine una stampa dell' anno precpdente , presso Pier Joseffo Zappata , con
questo titolo: Altra accademia intorno l'utilità del tradurre e dell' imitare. l\i
alla pag. 7 si legge: darà cominciamenlo il signore Ignazio Scmis , col reci-
tarvi un' orazione i Isocrate da esso volgarizzata , etc. , dopo la quale , alla
pag. 21, parlando il professore, e citandone un trailo in greco, aggiunge-
rlo^ , rome ha voltato il nostro vclenle traduttore, ec. E alla pag. 4^ : ora
reciteravvi un' oda d Orazio da esso posta in versetti italiani , il signor Gasparo
44
S4S GIUNTE ALLA VITA
Tignola: dopo questa, rasionando il Tagliazucrlii alla pag. 53, ne reca
alcuni versi portati , die' egli , con molta grazia nella noitra lingua dolt in-
gegnoso tratlutlore. E finaliiienle alla paa 61 : reciterà il signor Gasparo Ti-
gnola un sonetto a imitazione </«' sonetti hurlesihi del Tassoni. Il signor Jgnotia
Somis reciterà un capitolo, imitando la maniera del Bemi , e dei seguaci
di lui.
Del Somis e del Tignola abbiamo pure altre poesie nelle raccolte di
qua' tempi. Ma del primo , che poi fu noto e rome letterato, e come
medico, evenne a morte nel 1793, ha scrino nobilmente 1' elogio il chia-
rissimo Vernazza {Biblioteca dell'anno MDCCXCIII , IV 68). Aggiungeremo
soltanto , che dagli credi furono presentati all' accademia delle scienze i
registri delle sue osservazioni barometriche e termometriche , i quali co-
nainciano al primo di g'^nnajo del 1753 , e giungono al 22 di giugno del
I5'92. Ed appunto di quelle osservazioni barometriche si era valuto il
D'Antoni (^isiit./ìs. nice. §. 4^4 ) P^r determinare la massima, me^izaiia, e
minima pressione dell' almosfera in Torino.
Trigonometria. Non è venuta alla luce, E citata negli elementi dell' al-
gebra §. 216.
Della geometria solida , e delle sezioni coniche. Torino , 1778 , si. reale,
8.", fig.
Elementi dell'algebra, Torino, 1778, sU tpale, S.°^ fig-
1:1 , Ili il).i j:-. .j;llùl'l :
Principi di matematica sublime. Torino, 1779, st. reale , 8.", Eg.
Istituzioni fisico— meccaniche , per le rcpie scuole d'artiglieria e di Jortlfica-
xìone 1 dedicale a ^ua Sacra lirale Maestà da Alessandro Vittorio PAPACllSO
D'ANTOy.I , direttore generale delle medesime. Torino, st. reale, tomo I,
1773; li, 1774; 8.», fig.
Erano già scritte nel 17^5, vedendosi spesso citate nell'home della poi-
fere , stampato in qucH' anno.
In queste istituzioni si trovano registrate ( §. 564-567) le sperienze fatte
nelle scuole d' artiglieria l'anno 1760, per conoscere 1' effetto massimo delle
macelline nelle varie proporzioni di potenza, resistenza, e velocità; così
pure (§. 570-574, 584, 585) le sperienze fatte dal D'Antoni col Mattei
il
DEL d'akTONì. 347
alla real fucina di Valdocca per deleruiiuare 1' cflìetto massimo delle ruote
a palette , ed a secchie.
Fu quest'opera tradotta in Franzcse nel 1776, e stampala col seguente
tìtolo: Inititutions p/tysico-mécani^ues , à V usoge des écoUs royoics d arlillerie
*t Ju ffinie de Tmin , traduiies df i italUn de M, D'intoni, pur M. ***,
thevolier de saint-Louis , et majur chej de iiriffadc du corps royal de iorlil/erie,
Strasbourg, 1777, liaver et Trcultel, 8.", Jig. , a voi.
Sappiamo, che il traduttore fu il cavaliere Cussct de Mont Rozard, o
di falli con questo secondo iioiue si vedo sollobcritlo alla cessione del
privilegio.
Nel diicovrs prèliminaire parlando di queste istituzioni e^li dire: je les
traduisais pour mot , outant pour connoitre le Jond de Vouvrage , ijue pour
m'exercer dans une langue dans tat/uelU on s'appercetra facilement que je dibute ;
j'itais mcme assez Oi'anci hrsquun de nos chejs .... mart/ua de l'empresse-
ment pnur la Iraducfi'on de cet oufrage. Je lui communiquai mon essai; il
voulut bien m'honorer de son sujfrage .... ./e dois beaucoup aux lumieres de
ce che/ et à ses conseils ; je dois aussi à runcien professeur de Bapaume ....
Ces inslitutions correspondent porfaitement au pian dinstruction qu'on a toulu
itablir dans nos ècuìes depuis la pa'ix.
Fra molli sbagli del traduttore noteremo il seguente. Nella tavola delle
gravità specifiche ( §. 384 ) si ,ha una divisione intitolala Robe diicrse :
comincia dall'allume, e contiene f avorio , la polvere da fuoco ec. Il Fran-
cese ( tom. II, pag. 7) traduce il titolo Robs , e lo spiega in nota svcs
de Jruits.
Queste istituzioni furono tradotte in Tedesco con aggiunta di note da
Giorgio Federico di Tempelholi', che resosi poi celebre, principalmente
per la operetta intitolala 1^ bombardiere prussiano , fu colonnello di quella
artiglieria, e membro dell'accademia delle scienze di Berlino. E questa tra-
duzione fu il primo lavoro del Tempelholi. £i se ne valse nelle sue
lezioni a' giovani aUicvi. L'anno della stampa registralo dal Deniua nella
Prusse litléraire è il 17G8 , ma non essendo probabile che la traduzione
siasi fatta sul manoscritto non ancor pubblicato dal D'Antoni , si ha da
credere che sia corso errore , e si debba legger piuttosto 1778.
Prima che si scrivessero le istituzioni dui D'Antoni, la meccanica era
insegnata nelle scuole d'artiglieria dal nostro La-Grange: ed oggi ancora
(1804) nella libreria che fu già di quelle scuole, come presso alcuno di
que' discepoli , esistono manoscritte le lezioni dettate e spiegate nel 1758
548 GRINTE ALI,A VITA
e nel 1759 da quel giovniie prolcsscie , che poi divenne brìi tosto il
priucipe de' lualeiualici di questa t'ià.
Esame àelìa poltcre , dedicato a Sua Sarra Reol Manta da Alessandro
Vittorio PAPACIKO D'ANTONJ, direttore delle re^ie stuoie teoriihe di
artiglieria e /orti/ìcazionc. Torino, 1765., st. reale, S." , fìg. •
Si ha trndollo in Frauzcse dal conte di Flavipiy, in Inglese dal Kellert
e iu Tedesco, si crede, dal Tenipelhofl : il Deiiina però non ne parla nella
Prusse liltéraire.
(Quando fu scrina la vita del D'Anioni non ci erano note le prima
sperienze intorno alla polvere di un autore disrenulo poi nirritamente famo-
sissimo , Beniamino Thomson conte di Humford. Esse furon fatte in Inghil-
terra nel 1778, e pubblicate nelle transazioni dì Londra pel 1781. Alolti
anni dopo, cioè nel 1792, e in Monaco di Baviera, il Rumford intra-
prese una serie d' altri sperimenti , che sotto la sua direzione furono con-
tinuati dal conte Spreti italiano, e da un altro uffiziale dell' lìleltore. IL
ragguaglio si trova nelle transazioni del 1797, e noi lo conosciamo per'
un bel transunto fattizie nella hililioteca Britannica di Ginevra. Il compi-
latore Ginevrino osserva, che il fisico Americano non ha conosciuto l'opera
del D'Antoni, e noia quanto sia util cosa il paragonare i lavori di quei
dotti, che l'uno all'insaputa dell'altro han preso a trattare lo stesso ar-
gomento, e riferisce un lungo tratto del nostro, e lo cita in più luoghi,
e ne fa degno elogio. Fra le altre cose egli accenna, che l'idea fonda-
mentale delle grandiose sperienze eseguile dal Rumford era g̣i slata esposta
dal nostro autore, il quale anzi ne aveva già fallo uso per migliorare il
progetto della polvere. Noi qui toccheremo di volo alcuni altri punti, iu
cui r opera egregia del Rumford arricchisce bensì la moderna scienza di
preziosissimi fatti, ma lungi dal nulla dclrarie al merito del D'Antoni,
lo fa spiccar maggiormente, mosliando com'egli, senza la guida delle più
recenti dottrine, postosi tuttavia in sulla buona strada, verso la giusta mela
si fosse a suo potere avviato.
Il Robins, come abbiam detto, avca conchiuso che la forza delia polvere
supera costantemente di mille volte la mezzana pressione dell'atmosfera,
ossia, per dirlo altrimenti, è uguale al peso di mille atmosfere. Ma nella
opera del D'Antoni quella forza comparisce variabile, e giunge fino a
mille novecento. Il Rumford ne' primi suoi saggi trovolla di mille trecento
all' incirca , ma negli ultimi scoprilla moltissimo superiore : nelle immediate
DEL d' ANTONI. ?/j g
sperirnze la vide di oltre a nove iniia qiiallrocer.to; dallo spncraisi del
suo riimiuiic la dedusse per lo uiciio di ('iii<|uanlaciiique mila; e da' suoi
calcoli, fondali sulla li'Rge speriuieiilaudo scoperta, aigoiueiitoiuie il mas-
simo a più di ceiituiimila almoslcie.
Il Kobins attribuì la lor/.a della polvere all' aziouo di un fluido aeii-
forme: il D' intoni giudicò che i vapori vi avcsser parte: il Rcinilord giunse
a mostrare sì grande 1' effe Ilo del vapor acqueo nella polveic, chea parer
suo un cannone non è altro che una macchina da vapori. L'acqua di cristal-
lizzazione , che risiede nel nitro ; 1' acqua in islato igrometrico , o diciamo
in forma di umidore , che sempre o poco o assai si attacca alla polvere ;
e l'acqua finalmente che nell'atto della combustione si forma, bastano non
pure , ma son di troppo alla spiegazione de' fenomeni , e produr possono
effetti di gran lunga superiori a quelli già tanto uiaravigliosi che dalla
polvere son prodotti. E ai vapori dell' acqua notano i fisici Ginevrini,
citando anche il Lombard traduttore del Bobins, che aggiunger si deb-
bono i vapori dell'acido nitrico. Oi modo che in somma, nello stalo attuale
delle nostre cognizioni, il mirabile del fenomeno, il diHìeile del problema,
jion è più, dove crede il volgo ^ nella grandezza degli effetti, ma ben
auzi nella loro tenuità. Vale a dire che rimane a spiegarsi , non già come
sia sì grande la forza della polvere, ma come all'incontro non sia supe-
riore d'assai. Pare che il Rumford ciò attribuisca in parte alla troppa
abbondanza di acqua , ma certamente pure in gran parte lo attribuisce
al non esser punto istantanea I' accensione della polvere , come già contro
il Robins avea dimostrato il D'Antoni.
Del rimanente le sperienze e le teorie del Rumford lasciano ancora un
ampio campo a' sottili ricercatori di novelle verità. Ma la bibliografia di
una parte di scienza essendo sempre utilissimo studio per li coltivatori
della medesima, noi crediamo di far cosa grata ad alcuni de' nostri leggi-
tori, e a ninno spiacevole, 90I dar qui dopo un indice degli autori in
qualche modo a noi noli , che finora si sono occupati intorno a questo
curioso ed importante argomento di fisiche speculazioni.
Prima stimiamo di qui notare che ultimamente il colonnello Grobert
pubblicò uno strumento da lui iiiunaginalo per misurare le velocità ini-
ziali , il quelle in sostanza è lo stesso brevemente descritto nella vita del
D'Antoni (pnj;. 3l5l, come risulta dalla .seguente lettera inserita nella
gazzella di l'arigi , che ha per titolo Journal des dibals , del 12 nevoso
anno 12, 3 geunajo 1804.
Zòo GIUNTE ALLA VITA
AV REDA CTE V R.
MONSIEVR,
Genove , 2 nivSse.
Ij'appareil succinctemmt dicrit dans votre Jenilìe da i6 frìmaire , et destine
a mesurer la vitesie iaitiaìe des bolles , est lune dcs iru'entions les plus ingé-
nieuses de la mécanique ; mais elle n'est pas nouveìle : la machine en question
est diorite, en grand ditali et avee Jìgures , dans un ouvrage Ilalien de Pa-
pacino D'Antoni, dìrecteur des icoles d'artiUerie , publii à Turin en 1765,
intituU : Esame della polvere ( Examen de la poudre i canon ) , et qui ren-
Jerme des recherches trìs-intiressantes pour l'artillerie. Il y a plus de quinte
ans que rette machine est au nombre des mes appareils de physique , et qu'on
la volt fonctionner dans mes cours. Camme lidie principale est trìs-simple , il
tst probable que le colonel Grobert se sera rencontri dans celle conception avec
le professeur Italien ; mais le droit de eelui-ci à la prioriti me parait in-
dubitable.
Au demeurant , tauteur de Vouvrage citi ne se donne pas mime pour étre
VinventeuT de la machine; il rcconnait quii en doit t idie au citibre mica-
nicien Mathey , attaché au Jeu roi de Sardaigne. Et je tiens d'un indifidu <i
qui D'Antoni l'ai'ait raconti , que n'itant pas satisfait du jeu de l'appareil i
pendale de Robins pour mesurer la vitesse des projccliles , i7 disnit un jour
à Mathey san ami: «^vous demez bien m'inventer quelque machine qui donn&t
» des risultats plus pricis , et dont le cahul fùt moins compliqui «. Aprìs quel-
ques instans de méditation : " J'ai votre affaire » , dit Dlathey ; et la machine
/ut inventie.
La Jriquence de ces bonnes fortunes est un don de la nature, et tiliment
principal du genie des micaniques.
Je suis etc,
31. A. Pictet , professeur de phihsophìe
et de physique expirimenialc dans T Acadimie de Genite,
Nel giornale del 6 di gnnnaio fu inserita la seguente lettera del Grobert ,
che accenna i cangiamcoli da lui fatti alla macchina del Mattei.
DEL d' ANTONI. 55 J
A U RÉDACTEVR.
UONSIEUR,
JJimpression iu ropport du C. Prony , et celle ies mèmoires reìailfs h une
machine proposie putir mesiirer la viiesse iniliale dn projetlilis , ne peut'ent pat
ilre Olissi promptes que Ies annonces iles jeurnaux. HI. Pictet est donc exru-
sable d'ignorer que son observalion insèrèe dons votre Jeuille du II nitése , a
ite présentée par l'auteur aux commissaires de ì'inslilut qui font conimuniquie
à cette socièté. Le sa^'anl rapporteur a ètalli loutejois la diffèrtnce qui txiste
entre la machine en question et celle de Mathry , qui en a Ji'umi l'idéi-mere.
Il a fait eùsener que l'uppureil nouveou èlait distingue ni.n-seulemint par la
disposition de ses pcrties , mais cussi par une application beaucoup plus exacte
et plus ilendue. Ce qui juslife cette asscriion , c'ett qu'on pcut , a>ec l'appareil
nouveau , èi-aluer toutes Ics diviotions du mobile par l'intersection de trois plons
toordonnés ; tirer avec des piìces de tnut calibre montées sur toutes especes
d'affut , et sous tous Ies anf-les , depuis zero jusqu'à la huitième partie du
oercle.
J. Grobert.
Deir uso dell' armi da fuoco , per le regie scuole teoriche d'artiglieria e forti-
ficazione : del commendatore Alessandro Vittorio PAPACINO D'AISTONJ.
maggiore generale di fanteria , ojutanle generale dell' armata , e direttore gene-
rale delle suddette scuole di teorica e di pratica. Toi iuo , 1780 , stamp.
reale , 8." , fig.
"^eW artiglieria pratica slarnpata nel 1774 e 1775 trovasi già più volte
citala la teoria della resistenza dell'armi da fuoco. Penso die questa sia la
prima parte del presente libro, la quale difTalti è intitolala: della resi-
stenza dell' armi da fuoco.
Anche di qiiest' opera si La una traduzione Tnpiese del Kellert. Fu re-
cata in Franzese dal marchese di saint-Auban tenente generale delle armate
di Francia, e i;ià ispettor generale di quell' artiglieria. Noi qui vogliamo
rifiMire , più in disteso di quanto siasi fatto nella vita , il luaguifico
elogio , che l'illustre traduttore premette a questo libro.
5d2 giunte alla vita
La haute répulalion, dont jouit en Europe M. le chevalier D'Antony , a
engaf;è les gens de l'art à rechercher avec empressement les excellens omrages quii
a campo lés , sur la Jortificatìon , sur l'art illrrie , et sur la guerre en general,
he roi de Sardaigne ayant apprécié le mirile de parei/s ècrits , et jugà com-
bien poufaient étre utiles à san ser^ice les connaissances qu'y puiseraient les
Ojfftciers da corps du genie et de l'artillerie , a ordonni qiiils fussent succes-
sivement imprimés à son imprimerle royale de Turin.
Les iiigénieurs et les artilleurs de différentes notions ayant desiri retircr de
la letture et de l'itude de ces dit-ers oUiTagcs , les connaissances essenliellement
nicessaires à leurs fonctions resperti^'es , les nnt traduits en pìusieurs langues.
Ceux i/iii composent le cours philosophiijue militaire des icoles royales d'artil-
lerie et de genie de Turin , cnnsistent en six nolumes in 8." , ayqnt pour titre
ArchileUura militare: en deux w/i/mw i'o^i'/h/i'ì Iiistiluzioni Ksico-inpccaruche :
en un volume inlilulè Esame della polvere: en un volume intiluìi Uso ilello
armi da fuoco, avet planches et fìgures.
«Tous'ces ouvrages sont nècessairement prècidis des traitis convenables d'arithmi-
tiijue , d'algibre et de giomitrie , dont on ne fait ici aucune mention. L' arli-
glieiia pratica, ainsl que les iiislitiizioiii fisico-meccaniche, ont iti traduits
en langue Fran^aise , avec approbation et priviUge du Roi , de ménte que
Tesarne della polvere».
L'uso dell'armi a fuoco, dont nous donnons la traJuction Jran(aise , est
une application facile à la pralique {qupique savamment dimnnlrie) , des prin-
cipes et des maximes exposies dans les pricidens icrils de l'auleur Ilalien ;
maximes d'autant plus sures que la théorie est à chaque pus ennjìrmie par
, ì'expérience.
Npus croyons pouvoir avancer , sans crainle d'étre contredits par les plus
.habiles gens de l'art, que titude de V ensemble des ouvrages de M. D'Antony
procurerà à MM. du corps d'ortillerie et à ceux du ginie la connaissance de
pìusieurs Jaits relatijs à leurs fonctions : fails , qui jusquici n'avaient pas ili
/lussi siìlidement dimontrès , ni ai/ssi clairement expliquis.
On sera sans doule ètonni du nombre et de la varièli des diffirenles expi-
riences , qui ont ili failes en e,rand sur chatun des ohjels , de la rigueur , de
la pricision et de l'exactitude qu'on a emphyies, nfin de pouvoir asscoir sur leurs
risullats des jugcmens posilifs , irrivocables et sans retour, On ne sera pas
moiiìs itonni des sommes immenses qu'il-en a dù eoùler pour fnire en grand
ces diverses épreuves, C'est ainsi cependant que les viritis se dirouvrent , que-
Ics orls et les seiences parviennent à un plus liaut degri de perfection.
DEL d' ANTONI. 355
M. D'Antony, en homme de Karl, ne fixe à la pniidre , par toiis les
procfdis quii a empìnyis , auiun rffel gcnniòlriijuement Constant et régulier ,
mail Jet approxiniaiions asse: constantes pour en iléduire des à-ptu-prìs qui
ne peavent éf^arer dans la prnt!que,
C'est au fiens du mitii-r , aux physiclens , oux f;éomhres imparliavx et sani
préi'entions , à prononcrr sur le mérite des om'rapes de M, D'Antony ; nous
prhumnns qut leur juffement s'accorderà avec celai que nous en avoni porte ,
d'aprii létude la plus suifie doni nous puistions (tre capables.
Trattalo de' Fiinchi ria guerra. MS. con 24 tavole : di Giovan Giuseppe
Francesco BI.AVETTI, cavaliere di S. Maurizio, e niagf>ior generale,
che Cu capilaiiu de' bombardieri , tnaeslro nelle scuole teoriche, e direttole
della scuola pratica. Quest'opera serviva in particolare all' ammaeslrameolo
de' bombardieri.
Del Blaveili, morto ultimamente, piacerai di riferire un trailo di eroico
valore, per cui fu veduto sagrificare al dover del soldato il più legittimo
airctto; e furollo colle parole adoperale dal sovrano gran maestro dell' or-
dine di S. Maurizio nel conferirgli una pensione, l'anno 1783. Quid autem
gesseris lestori potest .... expeditio Astensis , quo tempore frater tuus jamjam
animam afiens te retinere lateri suo adherentem haud poluit , quin ad rem
quantumfis pericuhsoe plenam aleoe gerendam Jestinares.
Il Tnaneaglamcnlo delle miurhine d' artii^lieria : del commendatore Alessandro
Vittorio P^PAi'INO D'ANTON,! ma^^iorc generale di fanteria , ojutante
grn erale dell' armala , e direttore generale delle regie scuole teoriche e pratiche
d" artiglieria e /orlìficazione, 'I orino, 1782, si. reale, 8.°
Dell' artiglieria pratica , per le regie scuole teoriche d' artiglieria e Jortipca-
zione , libro primo, dedicato a S. S. il. M. da Gasparo TIGNOLA capitano
t maestro in esse regie scuole: o sia incumbenze degli artiglieri negli arsenali
a nelle fortezze in tempo di pace. Torino, 1774, st. reale, 8.°, Cg.
Libro secondo , dedicato a S. ,*>. il. M. dal cavaliere Alessandro f'ittorio
PAP ACINO D' ANTON J, direttore generale delle medesime, (scuole). Torino,
1775, si. reale, 8.", fig. ; coli' aggiunta del seguente titolo particolare;
Incumbenze degli artiglieri in tempo di guerra.
Tradotto in Franzese dal suddetto (]ussel de Mont-Rozard , con aggiunta
di note , inloruo alle quali uno de' suoi più famosi paesiani ebbe a scrivere
45
554 CIUNTE ALLA VITA
come srgae. M. de Mont-Rox«rd nit mèritè ìei i^lus -f^ranis iìogis , sii
n'avait pas ajnuti Sa si'en à la iroduclion , et quii eùt suin Vexemple du
corate de Flat>if^ny qui a traduit V Esame della polvere. Ed altrove. Toutes
les litlres que je relais de nos garnisons dariilhrie , et des militaires insfruits
sur notre mètier , diserti que M. de Mont-Iìozard a gàie tout le mérite de
la Iraduction , en y ojoutant des notes particulieres.
Ecco il titolo della traduzione. Du serviee de Tartillerie à la (guerre, par
M. le che>'alier D'Antoni , bri^adier d'infanterie , ndjudant ginèral de S. M.
le roi de Sardaigne , et directcur general des écohs d'artillerie et du genie de
Turin. Traduit de Vllalìen , a^ec des additions et des notes, par M. de Moni-
Ttozard , che^alier de snìnt-Louis , et Ueutenanl-colonel du corps royal de
l'artilkrie. Paris , 1780 , Jombert , 8." , fig.
l'ocabolario formato à' ordine di Sua Maestà per servire di norma alla costru-
zione degt im-entarii , ed anco d' ammaestramento a' nuovi ufficiali. MS.
Il re Vittorio Amedeo il grande cercò in più maulere di propagare
ne' suoi stali il buon uso della Italiana favella. E tra gli altri provvedi-
menti, fece compilare questo vocabolario per evitare gli equivoci e gli
sbagli, che appunto in materie di questa fatta nascono troppo facilmente
dalla differenza tra il volgar dialetto e la lingua scrina. Ma il ben ideato
lavoro non fu condotto con quella perizia ed accuratezza che si sarebbe
adoperata dopo la fondazione delle scuole. Se ne fossero siali autori in
tempi alquanto più recenti il D'Anioni e il Tignola, si avrebbe non solo
per la professione dell'artigliere, ma eziandio per molle arti meccaniche
ad essa affini, un'opera tecnica che manca all'Italia, e che starebbe al
paro del vocabolario delle arti del disegno composto dal Baldinucci.
Il nostro vocabolario d' artiglieria fu compilato nel lySo , ed approvato
dal nuovo Sovrano con viglietto del i4 di marzo l'anno 1731. Ariigl.prat.
li'). I p. 245, II num. 84.
Dizionario istruttivo di tutte le robe appartenenti all' arlipìieria. MS. Sul
principio si legge , non essersi fatto che per maggiore spiegazione del voca-
bolari" già formato- d'ordine di Sua Maestà.
Citando questo manoscritto nella vita del D'Antoni , ho congetturalo
che l'ignoto autore fosse per avventura egli slesso l'inventore di certi
cannoni che si caricavano .dal calcio. La congettura e fondala sopra il
modo nel quale ei ne parla così. Dopo aver descritto altri cannoni deuo-
lainati a braga, che pur si caricavano pel calcio, passando a ragionare
DEL d'awtoni. 555
de' cannoni ài niimn im'rnzionc , s' introdure a questo modo. « Si Sono nel
» srcolo scorso più maniere inventale per lirnr presto senza esier obbli-
» j;ati a caricare per In bocca i cannoni, coniu si cusltiina , ina 1' inven-
» zione fu aempre dagl'incouvenienii e per molle canse rigettata. OpKÌdi
» nel principio di questo secolo fu ritrovata la. maniera </a un aurore o nio/t<
» notò , quale per gli espcriiiienli falli iicU' assedio di questa cittadella non
» può abbastanza esser lodala». Ho trovato poi che questi stessi cannoni
furono pure lodatissiiui da un gran ruaestro di guerra, il visconte di
Puerlo, più nolo sotto il nume di uiareliese di Santa Cruz, che in Torino
appunto, dove risiedeva auibasciadore pel re cattolico, scrisse e stampò le
sue famose rijlessioni mililari. Ei ne fa cenno in due luoglii. Nella parte
II, toiuo V, libro XI (fn Turili por Juan Francisco Mairesse, ano de 1725 )
capo XIV, pag<. l44- >^' '"' piezas son ti* las de nueva inyencion , <]ue se
carfian por la culaia , nii l/astaria duplicar la cantitad de cargas ; pori/u^
diipatfui con macho mas ijue dolile celeriiad i/ue los canones ordinarios. E
nyllfi parte ili, tomo IX, libro XVII, ( en Turin por Alexandre Vimer-
cato , ano de 1717) p. l38. Sobra todo se guamecen de mucha artilleria , o
fiuardajosos , los jlancos lalcrates à la brecha , para tirar a cartucho sabre los
enemifios qye vtngan al assalto , en cuya operacion se hallaron eitcellenles en
la ultima dffensa de la ciudadela de Turin las piezas tjue se carpan por la
culata, y que , en et Vtcsmo tiempo qae las ordinarias , disparan infinitamente
mas tiros.
Istruzioni per l' ammaestramento degli artiglieri nell' uso delle diverse
lor macchine. MS. Furono distese nel 1770, o trovaosi citate ne' due libri
dell' artiglieria pratica.
Dell' architettura militare , per le repie scuole teoriche d" artiglieria e forti-
fu azione , libro primo, in cui si tratta della fnrtificazione regolare, dedicato a S.
S. R. M. dal cavaliere Ahssandro P'ittorio PAPACl^O D'Al^'TONJ , bri-
gadiere di fanteria, ajutante generale dell' armata, e direttore generale delle
suddette scuole di teorica e pratica. Tonno, 1778, stamp. reale, if.", Cg.
Libro secondo, in cui si tratta dell' attacco e della dife<a delle piazze rego-
lari, dedicalo a S. S. R. M. dal cavaliere Ignazio Andrea BOy.ZOIjyO,
tenente colonnello nel corpo reoh d'artiglieria digrado di colonnello di fanteria ,
e direttore particolare di esse scuote. Torino, 1779, st. reale, 8.°, fìg.
Libro terzo , in cui si contengono le regole della fortificazione difensiva , e
556 GIUNTE ALLA VITA DEL d'anTONI.
delle mina per le piazze di guerra; dedicato a Sua Sacra Reale Maestà da
Alessandro Vittorio PAP ACINO D'ANTOyj , direttore delle medesime
(scuole). Torino, lySiJ, st. reale, 8.", fìg.
Pubblicalo in FrauzGse sedici anni dopo con altro titolo, senz'avvertire
che fosse una semplice traduzione, e senza il nome dell' autore, eppcrciò
con vero plagio , sebbene in una prefazione de l'éditctir , dicendosi al pub-
blico j qu'il trovvera quelques idies neuves dans le volume quon lui présente ,
si angiunga : ces idées appartiennent , pour la plus f;rande partie , à MM. D'An-
toni, DJiana , et Bozzolina, l'oyez le troisihne volume de Varchitecture militnire
de Bit» D'Antoni ,' imprimi à Turin et 1769, e doveva dire lySg. Il titolo
di cjuesta edizione è il seguente. Principe» fondumentaux de la construclion
des places , avec des rfjlexions propres à dimuntrer lei perfeclions et les imper-
feclions de celles qui soni ' construiies ; un nout'eau sjsleme de Jorlificatian sur
laute espece de Ugno, et une nouvelle Ihiorie des mines. Londres , et se trouve
à Paris , chez Buault , dombert , L'Esprit, eie. 1775. 8.°, fìg. Un'antiporta
o priuio frontispizio ha il titolo ài Principes fondamenlaux de Jorlijìcalions.
Dietro a questa , e cosi a rimpetto del vero frontispizio si legge : on trouve
chez les mémes libraires l'Examen de la poudre. A questa edizione il tradut-
tore non ha aggiunto che due note ni §§. 39 e io3 per accennare senza
spiegarle due invenzioni di M. de Beril capitano di dragoni.
Libro quarto , in cui si tratta della Jorti(uazione irregolare; del commen-
datore Alessandro Vittorio PAP ACINO D'ANTONJ , brigadiere di /anieria,
ajutante generale dell'armala, e direttore generale delle suddette scuole di teo-
rica e pratica. Torino, 1780, st. reale, 8., fìg.
Libro quinto , in cui si contengono le regole Jìsico-meccaniche , che alla
soda ed insieme economica costruzione delle fortificazioni conducono : del com-
mendatore Alessandro Vittorio PAP ACINO D' ANTON J , maggiore generale
di fanteria, etc, Torino, 1781, st. reale, 8.°, fìg.
Libro sesto , in cui si tratta de' modi di attaccare e difendere qualsivoglia
recinto presidialo , e si danno le regole per ideare le fortificazioni campali ,
assalirle e difenderle ; del commendatore Alessandro Vittorio PAPACINO
D' ANTON J , maggiore generale, etc. Torino, 1782, st. reale, 8." fig.
Neil' avviso del S.-Auban alla traduzione dell' uso dell' armi da fuoco si
legge: on s' occupc de la traduction de i'archileclure ixiilitaiie: elle deman-
derà beaucoup de tems.
Eltmmti della tattica. Inediti. Citati ucH' uso dell' armi ila fuoco , §. 2o3.
357
OPERE INEDITE DEL D'ANTOM.
Geometria , e forse Trigonometria.
Storia dell' oritene, e delle forme diverse, che di tempo in tempo sono siale
date al corpo mililare degli artiglieri di S. M. Mi e venuta alle luaiii in
quesl' anno 1804 per favore del nostro chiarissimo presidente Kaluzzo.
Prima erami noto solamente il titolo , e per memorie infedeli alquanto
diverso, sicché mi facea credere che fosso una vera e compila storia ,
e questo era un de' motivi per cui fu ritardata la stampa della vita , desi-
derando io di non pubblicarla senz' aver veduto il lavoro del D'Antoni.
£sso è un discorso di pochi fogli posto avanti ad una collezione di docu-
menti, che incominciano all'anno 164S, e giungono al 1786. L'autore non
ha punto avuto in mira> di fare un' opera letteraria o scientifica , né di
raccogliere tutto ciò che può servire alla storica illustrazione dell' arti-
glierìa Piemontese ; ma solo di lasciare al corpo degli artiglieri un registro,
dove per ordine di tempo fossero notate , come espressamente lo addita
il titolo, le variazioni succedute nella forma e costituzione del corpo
medesimo, e ne' dritti e doveri degli ulliziaii e de' soldati. Quindi non
è meraviglia, se la maggior parte delle notizie da noi riferite, e tante
altre che aggiunger si potevano, non si trovano accennate in quel registro ,
siccome aliene dall' unico scopo del benemerito raccoglitore. Ho citalo
talvolta nelle postille alcuni de' documenti compresi in questa raccolta,
utili alla storia del reggimento , e delle scuole, e a quella eziandio dell'art*
professala ed insegnata con tanto lustro da' nostri dotti militari.
Tattica elementare, in un volume. È probabilmente l'opera stessa citata
qui sopra col titolo di Elementi detla tattica.
Gran lattica , in due volumi.
Descrizione della battaglia di Torino nel 1706, in franzese.
Connaissarues pour Jairt la fiiierre en JLombardie , avec dcs rimarques polilic»-
mililaires sur la f.uerre de 1733.
Tratto di storia della guerra seguente, in franzese.
Qui dovrebbero aver luogo, se fossero venuti a nostra notizia, alcuni
altri degl' inediti lavori, come ragguagli, pareri, esami, giudizi, che per
cagione del suo ofiBcio ebbe a distendere il D'Antoni, in grandissimo numero ,
e spesso in materie per qualche modo appartenenti a scienze od arti.
358
ELENCO DI AUTORI
INTORNO ALLE mOPRlETA' DELLA POLVERE DA FUOCO.
Non è nostro iiilendimenlo di compilare una biblioteca d'arliglierin, o
di balisiica militare, ma solo d'indicare, come abbiamo promesso alla
pagina 349, "'cuui di quegli autori, che hanno sperimentato o scritto
intorno alla natura della polvere, alla sua forza, ed alla iniziale velocità
de' corpi da essa scagliali.
Quasi tutto lo bibliografie delle scienze moderne, se sono compilate per
ordine isloiico , debbono incominciare da nomi italiani. E a noi pure così
tocca di fare. Dogli oltramonlaiii più antichi, cioè de' due famosi monaci;
l'Inglese Rogero Bacone, ed il Tedesco Scliwartz , non facciamo parola,
perchè appnriongnrio alla stoii.i della scoperta, pift che alla teoria , od anche
alla pratica dell'arte. Per la stessa ragiono non parliamo ne di Cinesi,
uè d'Arabi I loro drilli alla gloria della prima scoperta, o dell'uso
antichissima della polvere , si trovano esposti da^li eruditi illustratori delle
antichità letterarie e scientifiche di quelle nozioni.
Jjà noi-a scientia di Nicolò TARTAGLIA , con una gionla al terzo libro.
La dedica è del iSjy.
Nell'esemplare che ho fra le mani, al fine del libro terzo, fol. 34, si
legge: In Venetia, appressa Camillo Castelli. i583. Poi con gli stessi carat-
teri, e rolla slessa caria, ma con altra numerazione di fogli incomincia :
Il primo libro delti quesiti et invrntioni diverse de Nicolo Tartaglia , sopra li
tiri delle artiglierie, et altri suoi varii accidenti. Il merito principale della
opera, come a tutti è noto, appartiene alla balistica: ma relativo allo
speciale areomento del nostro elenco è il Libro terzo sopra del salnitrio ,
et delle i-arie compositioni della pohere delle arteglierie , et della proprietà ,
over particolar officio, che ha cadaunn de' suoi tre materiali in tal cnmpositione ,
et altre particolarità. Dopo il fine dell'ottavo libro, al fol. 94. seguono
senza numerazione di pagine tre altri Wn, e i\tierae.ioniinìenli , e nell'ultimo
foglio si legge In Vinegia p/r Curtio Troiano de i Navò. M. D. l.XII.
De la Pirotecnia libri X, dm-e ampiamente si traila non solo di ogni sorte
et dii/ersita di miniere , ma ancora quanto si ricerca intorno a la pratlira
di quelle cose di quel che si appartiene a V arte de la fusione over gittn
GIUNTE ALLA ViTA DlìL d'aNTOMI. 3{3q
de' melalli come d' ogni altra cosa simile a questa. Composti per il S. Vonnocfiti
BIRING faccio Sennese. Con prifileffio apostolico et de la Cesarea Rlaeslà
et del Illustriss. Senato l'enelo. MDXL.
Per Canio Navò et fratelli , al segno del Lion,
Stampata in Venclia per Venturina Hojfinello ad instanlia di Curlio Kavo
tt fragili. Del M.CCCCC.XL.
In 4-'^ ' lol- ^^^ > con fìg. in legno.
Questa, secondo lo Zeno, è la prima edizione. Il Fonlanini annoveia,
come la terza, quella del nostro Coniin da Trino, Venezia iS59, in 4."
Il libro VI tratta Del arte del gitto in universale et in particulare. Il capi-
tolo 3 De le dijferentie de le artif-liarie et lor misure. Il 5 De fU ordini et
modi di far le forme de le arligliorie. E continua a trattar di tali cose
ne' capi seguenti.
Il libro X tratta Delle materie artificiali^ disposte a fuochi tt degli ordini
che si tiene a fare quelli che il fulgo chiama lavorati per adoperare nelle offese
et diffcse delle guerre o per allegrezza nelle feste. Il capitolo 1 Del salnitro
et del modo che nel farlo si procede^ 2 De la pollare che s' adopra a tirar
r artigliarle. 3 De modi che s' usan in caricar l' artegliarie e iuslamente trarle.
4 De le mine sotterranee ec.
Della magìa naturale del PORTA si ha un'edizione del Piantino, i564,
in 16; l'opera è divisa solanacnte in quattro libri, e non tratta della
polvere : perciò riferisco il frontispizio di una edizione posteriore , assai
più voluminosa.
Jo. Baptistce Porta Neapoìitani , magim naturatis libri viginti. Ab ipso quidem
aulhore ante biennium adaucli , nunc vero ab infmitis , quibus editio illa sca-
tebat , mendis optime repurgati, in quibus scientiarum noturalium Jivitice et
delicice demonstrantur. Francofurti, iSgi , apud Andrea; Wecheli hce-
redes, 8.°
Pag. 4^- Li'ifr duodecimus, Portentosas ignium exitialium machinotionet
molitur,
Neil' opera intitolata : Alti , e memorie inedite dell' accademia del Cimento,
e notizie aneddote dei progressi delle scienze in Toscana, pubblicate dal dottor
Giovanni Targioni Tozzetti, si trova alla pag. iC3 del tomo II, parto I,
ima 'Nota a esperienze fatte dal serenissimo GRAN DVCA di Toscana
( FERDINANDO li). Ivi al n. LXXVIII . pag. 178 , si vedono registrale
56o GIUNTE ALLA VITA
alcune sperienze l';\lle con diverse dosi di polvere per conoscere tfiianla
fusse l' espansione del fuoco. Ed alla png. 191 in una Nola ili figure staccate
e mancanti di spiegazione , eh' erano /ralle scritture dell' accademia del Ci-
mento , ma verisimilmcnte appartengono all' esperienze fisiche del sercniss.
Granduca Ferdhiondo li, si vede indicato a fìg- 55 uno strumento per osser-
rare quanta sia V espansione della polvere-
Le prime sperienze dell' accension della polvere nel vuoto furono fatte
da HVGIIEIVS e PAPIN, e si trovano fralle altre loro sperienze fatte
colla macchina pneumatica , inserite nelle transazioni di Londra 1673-76
11. \ìì IV , e collcction acadimiquc , partie étrangère VI. l53-l55.
Nulla storia dell'accademia delle scienze di Parigi per l'anno 1701
(pan. 9-14) il Fonlcnelle ha esposto le considerazioni di M. de LA HIRE
sur les ejftts du ressort de l'air dans la poudre à canon et dans le tonnerre.
Eprnuvelte à poudre proposée par M. DV ME' njjficier d" artillerie. 1702.
Machines approuvées par 1' acad. des se. de Paris , t. II , p. 19.
^n experimcnt mode ai a meeting oC the royal society , december zo , l'joi,
Of Jiring giin-poivder on a red hot irnn in vacuo Bnyliano. By Mr. Fr,
HAÌKSUEE. Philosoph. Trausact. voi. XXIV , for the years 1704 and
1705 , num. 295 VI , pag. i8c6.
An account of an experiment mode decembcr 26, 1704. to try the quality
of air produc'd Jrom gun-poivdcr Jir'd in vacuo Boyliano. By Mr. Fr.
Haukshce. Ibi VII. p. 1807-1809.
Questi due sperimenti sono riferiti per exiensum dal Robins, capo I,
proposizione I, ediz. di Grenoble, p. 137, 141.
Des elfits de la poudre h canon , prinripalement dans les mines ; par M.
CHEl^ALlEli. Ac. des se. de Paris, 1707 , un'in, p 526-538, List, p i5i-i54«
Considerazioni sopra la proporzione del fignr delle polveri da fuoco, della
forza delle medesime ne' pezzi iT artiglieria , e dilla resiitcnza di i/iiiiti , pub-
blicate da Domenico DE<:ORliAUl U Al STRIA matematico del serenis-
simo signor duca di Modena , sovrintendente alle sue mineie , e »•. commissario
generale dell' artiglitria , in occasioni della pruofa da lui /atta di akurti
A*
il
DEL D'aKTONJ. 56 1
lannnnl feritali di nuovo T anno 1708 per servizio di S. A. S. Modena , 1708 ,
Soli.iiii, 8." parvo, fi{;. , pag. 188.
Clii volesse nolizio di questo nuloro può averle nella biòliolera Tilnde-
nete del Tirahosrlu. Come colonnello d" arliglieria trovossj nella citladolla
di Modena assediata da' nostri nel 174^» " scrisso la relazione di quell' as-
sedio : fatto prigione con tutto il presidio, fu condotto in Asti.
Petit J'uhain, contenant la stienre àes mines , et la maniere ih les Jistri-
biier ilans ìes places de guerre , potir s'en servir avec vliliti dans les orcasiont ;
la thforie et la pratique du jet des bombes , une nouvelle maniere de fortifieT ,
avec une métltode de conslruire les modeles des plaies , le tout accompagni de
Jìgures et de quelques pe'.ils ouvrages curii ux : par lìOZZOLIN , capitaine
dans l'artillerie de S M. à Turin. MS. in 4 R''- di pag. 553, già esistente
nella libreria del fu conte Bogino, ed ora in quella di Prospero Falbo.
Andrea Bozzolino Piemontese, autor di quest'opera, avea da giovane
servito in Francia , epperciò scriveva Franzese. Nel 1717 dedicò la pre-
sente raccolta delle sue opere a Carlo Emanuele allora principe eredi-
tario del Piemonte. Per la parte che risguarda le mine , è citato questo
autore dal D'Antoni v\e\\' archileltura militare a" paragrafi 265 e 279 del
libro terzo, con questo magnifico elogio: opera fra tulle quelle che mi è
occorso vedere, la piti istruttiva ed ampia nella scienza delle mine, a segno
tale che le notizie sostanziali da altri posteriormente pubblicate come recenti
già si trovano comprese iu quel manoscritto.
Dalla pag. 272 fino alla 285 del MS. si ha: Journal ier , ou ditali con-
tenant le nombre , ì'effrt , et le jo'ur de l'exèculion , des Jougades , fourneaux
et pciards , des assiigi's et assiigeans , pendant le siège de Turin.
Dalla png. 444 "'l'» 4^°-' Nouvelle maniere de Jortifier , où fon volt la
tonstrurtinn drs pieces du pentagnne , hexagone et rplagone, dont les cólés
peuvent itre appliquis à tout poligone irrigulier.
Le minori operette, oltre quella citata nel titolo generale del mano-
scritto, cioè l'arte di coslrurre i modelli delle tortezze, sono le seguenti.
Dalla pag SzG sino alla S^i: Maniere de conslruire une figure de nou-
felle invrntion , par laquelle on peut connotlre trh-faclìement et mfcaniquement
Theure du ìever du soleil en toutes les saisons Je fannie.
E dalla pag 543 sino alla 5S3 : Taùle pour reconnotlre Ics dales , tant
ancienne! que prhenles et à venir, drpuis la nativi té du Seigneur, jusqu'à
tinjini , doublant toujours la mime table corrlgée.
46
562 GIUNTE ALLA VITA
Ciò che abbinm detto di questo egregio autore nella vita del D'Antoni,
pag. 3o4 e seg. , inostrn con quaiilo drillo sia qui rcgislrato , particoliir-
iiiente per la sua opera intorno all'arie del bombai diere , la quale non è
già solo una elementare compilazione di cose già noie, ma fra le altre
dotte ricerche contiene alcune ingegnose considerazioni intorno alla natura
della forza esercitata dalla polvere nello scagliare i corpi.
Nella storia dell'accademia delle scienze di Parigi per l'anno 1720
{ pag. HI--II4) il Fonlenelle ha espostoli metodo adoperalo per la prova
delle polveri da M. de RESSONS, socio di quell'accademia, o tenente
generale dell'artiglieria di Francia, ( V. ìiist. de ì'ac. 1716 p. 5), di cui
già nel volume del 17 16 si avea : JMi'lhode pour tirer ìes bombcs otpc succì.s ,
{mém. pag. 79-86). E nella storia del 1719 (pag. 20, 21) il Fonlenelle
avea pur dato ragguaglio di una sperienza dello stesso autore sullo sparo
d' una pistola coulro il focone d' un fucile caricalo a palla senza polvere.
Nel volume del 1735 si trova l'elogio del Ressons , ed ivi sì legge (pag.
107), eh' egli lasciò un'opera inedita sul nitro e sulla polvere.
Essai de l'application des forces cenlrales aux effets de la poudre à canon ,
d'oìi Ton déduira une théorie propre à perjectionner les différentes bouches à feti:
par M. BIGOT de MOIiOGJ'ES , officier d'artilterie dans la marine Paris,
1737 , Jombert , 8.° , pag. i63 , fìg.
Se ne trova un estratto nella storia dell'accademia delle scienze di Parigi
per l'anno i735, pubblicata l'anno 1738 (pag. 98-100).
Per un altro lavoro, nel quale ebbe parte il Morogues, vedi qui dopo
r articolo del Du Hamel.
Nella storia della della accadèmia per l'anno 1722 (pag. 124. i25) , si
parla di una nuova forma de' molini da polvere proposta da M. de
MORALEC. V. Machines approuyées par l'acad. IV 4'' ^'^•
Netv principles 0/ gunnery , by Benjamin ROBINS. London 174^-
Tradotti in Tedesco, e commentali da Leonardo EVLERO, Berlino 1745.
Questa è la prima e principale opera del Robins. Dopo la sua morte
fu di nuovo pubblicala dal Wilson coli' aggiunta di posteriori opuscoli
dell' autore intorno allo slesso argomento ; e questa raccolta si trova tra-
dotta in Franzese col seguente titolo.
DEL n'AKTONf. 3G3
Traiti rf« malhimatìques dt Monsitur Henjamin Robins , mtmbre de la
socièlè royale de Loniires et inginìeur flètterai de la coinpaf^nie dei Indes Oritn-
tales , contenant : ses noui'eaux principes d'arlillerie , ju/Vi'j de pluaieun dis-
cours qui Icur ser^ent de siippìirnent , et que 31. Wilson , son èdittur, a insèrès
dans cet out'rage- Traduil de ì'iint;ìois par 31. lJupuy,Jih , oide-profuseur aux
iivles royales d'arlillerie de Grenoble. Grenoble , 1771, Gl'iibil, 8.°, fig. ,
pag. 575.
Pag. 2)2-322. Compie rendu d'un litTe intilulé : ^oufeaux principes d'arlil-
lerie, lontenunt la di'tetminalion de la force de la piudre à canon, et de la
ri'sistance que l'air oppose à des mouvemens ou rapides ou lenls , autant que
celle rèsiitance in [lue sur la Jorcc de la poudre « canon; lu deianl la socieli
royale le i\ et le 21 avril 1743 , et imprimé dans les transactions philcso-
phlques n.** 469- H litolo dell'originalo nelle Philosophical transactions t-ol.
XLII, /or the years i'j\i and 1743, numi. 4G9 VII, pag. 437-456, è come
sepiic An account oj a hook intiluled : New principlet 0/ gunnery, containing
the determinalion oj the Jorce of (lunpo^vder and an im-cstifation of the resi sling
power of the air lo swift and stow motions ; by B. li. l'\ li. S. ; as far as
the some relutes to the force of punpowder. Read aprii 14 and 21, 1743. E
vuol dire che questo transunto comprende solamente ciò che risguarda la
forza della polvere, e non già ciò che risguarda la resistenza dell'aria,
nel che ha preso sbaglio il Iradullor franzese. E dalla prefazione biogra- '
Oca dell'editore Wilson siamo accertali the l'autore del transunto fu lo
stesso Beniamino Robins, suo scopo principale essendo stato il conciliare,
per quanto era possibile , alcune sue asserzioni con quelle contrarie dei
deputali della società, riferite nella relazione che faremo conoscere all' ar-
ticolo seguente.
Pag. 439493. Maximrs pratlques conccrnanl Ics cjjcls de lartillerie, et la
portie des bombes et des boulets.
Pag. 4S^*^'^' Proj'el pour per/eclionner la marine anflaise , oìi Fon pro-
pose de substiluer à lous les conons , depuis ceii.t de 18 tb. de balle, de
nou^eììes pieces de ménie poids , mais d'un plus grand calibre : imprimé pour
la premiere fois en fj^^.
Pag. 519-537. Lettre à I\I. Folques , fcuyer , prisiJent de la soditi royale
de Londres , en ripense à une des sieniies . oli itait rrn/ermi un billet d*
M. d' Onorio ( lege Ossorio) enfoyé du roi de Sardaigne.
Assai prima del Uupuy il Saliizzo avea intrapreso, com'egli medesimo
ci narra (iliiic. Soc. Tour. t. I, pag. 146), la traduzione ài: nuovi pnncipii
3G/(. GICNTE ALLA VITA
del Robins, ed aggiungorvl dovea anche i conimpnti del grande Eulero.
Questi commenli furono puro Iradotll dal signor Giovanni Tremljley Gine-
vrino, come accenna il giornale des sai'ans , 1784, p. Sy. Altra traduzione
Franzese si trova inedita nella libreria dell'accademia di Torino, e pro-
viene dalla libreria che fu giù unita all'archivio della Regia Corte. Ninno
di questi lavori essendo venuto alla luce , conipai ve poi una nuova tradu-
zione coi suddetti commenti, e col seguente titolo riferito dallo stesso
giornale nel luogo citato.
Nouveaux principes d'arlillerie , de M. Henjamin Robins, commenth par
M. Léonard Euler , traduits de l Aììemand , avec des notes , par HI L01\lBy4HD,
prqfesseur royal atix écoìes d'arlìììerìe , à Auxonne, Dijon, chez Frontin ;
Paris, chez Jombert, 8.°, fig.
Il primo traduttore Franzese del Robins è slato l' accademico parigino
Le-Roy. Ma jion sappiamo se la sua traduzione sia venuta alla luce.
V. mim. de l'ac. des se. de Paris, ijòl , pag. 47-
The report 0/ ihe committee 0/ the ROYAL SOCIETY appointed fn exa-
mine some questions in f^nnery. Read november 4, I74^- Philosophical tran-
sartions voi. XLII for the years 174^ and 1745 , numb. 465- HI, pag. 172-
l83. The queslions tvere 1. Whether ali the poivder 0/ the charge be ,fireJ he/ore
the buUet is sensibìy moted Jrnm its place ? 2. Whether the distonce to which the
hullet is tJiroivn, may not bernme grealer or ìess , hy changing thejorm of Ihecham-
ber, though the charge of poivder and ali other circumslancei continue unchanged ?
Le quislioni eranO'Stale fatte dal Jurin il 24 di giugno dell'anno medesimo,
ed alcuni sperimenti furono eseguiti il 22 di luglio : ma in questa rela-
zione non si fa cenno del Robins, sebbene fosse già pubblicato il suo libro.
come impariamo dal Wilson nella sua prefazione alla raccolta di tutte
le opere del Robins intorno all'artiglieria. All'indiretta censura rispose
questi presentando alla società reale un ragionato transunto del suo libro,
che noi abbiamo indicato ncU' articolo precedente.
Al dottor Francesco VANDELLI , Modenese, professore di arrhilellura
militare nell'istituto di Bologna, è dovuta la lode di aver proposto una
opinione contraria alla comune de' fisici , fra i quali il Boile , il De la
Hire , il Belidoro , il BernouUi. E tale opinione del Vandelli , sebben
conforme a un cenno del Newton (.quarsf. X in Jìne Oplicw) , solo ultima-
mente fu rinnovata dal Rumford. Riferirolla colie parole dell' elegantissimo
DEL d' ANTONI. T>65
Segretario Bolognese Fraucesco Maria Canotti. Comment. Donon. Tum. II,
Pars I, 1745, p. 419.
l'ainìcìliis iiltm piiherfm quoque pyrium cogitalt'one et studio est prosecufus ,
quasivitijue diUgenter unde vis illa sit , qua hic pulvis in expìosionibus btllicit
tantum >>alet. Nemo ignorai plerosque vim lantam aeri triluere, qui f-ranulit
eonlineatur , quique, si granula accendantur , incredibili quodam impelu enimpat.
Idque jamdudum sibi ì andellus persuaserat. Sed , ut morosi sunt phisici ,
eamdom rem secum ipse versare , et multis modis tentare non destitit. Qu^iJ
cum faceret , et magnam humoris vim in sale nitri , unde pyrius puìveris maxime
constai, contineri inlellexissel , non omnia tandem tribucnda esse arri exisli-
mavit , sed aliquid etiam buie humori assignandum ; est enim hic quoque humor
elasticus maxime, ac , si Jlamma excitetur , iarlal se se quam titissime , et
explicatur prope in immensum. Quis ergo , eum tanta elasticitalis vis in hot
humore insil , isque pìurimus in pulvere pyrio eonlineatur, non eum quoque in
bellicarum explosionum parlem vocet ? Quis non eum quoque illarum eruptionum
caussam esse pulet ? in quihus , si recte omnia aestimemus , et cum Vandello
metiamur , haud scio , an sit etiam aeri anteponendus.
Comparve dopo più anni la dissertazione dell' accademico di Bologne
nel toiuo IV di que' commentarii , 1757 pag. lo6-ii<), col titolo: Franeisci
f^andelli. De pulvere pyrio.
Gli argomenti di questo «lulore furono con molta forza , e insieme con
molla f-pnlilezza ribattuti dal Saluzzo (.Mise. Taur. 1, pag. 112 e seg. ){
e contro l' opinione del medesimo Vaiidelli scrisse poi anche il suo amico
e successore nella lettura dell'istituto, il marchese Gregorio Filippo Maria
Casali Bentivoglio Paleotti , del quale a suo luogo riferiremo gli opuscoli.
Ecco ciò ch'egli dice alle pag. 362.363 del voi. V, parte II dell' Istituto
di Bologna. .Tarn intelìl^ilis , sodaìes , me tim puìveris tribuer* eìasticitati aeris
qui in ipso continelur , quique ex ipso in/lammationis causa erumpit et cxpan-
ditiir. liane sane npinionem cum semper multo probabilem judicavisscm , et cum
tandem statuissem acadcmiae exponere argumenta , quae illom mihi persuase-
rant , ac de ea egissem saepius cum sodalibus nostris doctissimis Francisco
Maria Zanotto , Petronio Matteuccio , Laura Bassia l'eratta , Josepho ì'cratlo
Bartholomaeo Beccano , ecce libi e typis Auguslae Taurinorum volumen primum
commentariorum privalae quirlem societatis , sed cum publicis et rrgiis compa-
randae. Quo in calumine scrmones extanl duo eruditissimi elegantissimique equitis
Saluta , qui nostram hanc opinionem valde suslinent atque conjirmant. Non sum
arbitrata s , sodaìes optimi, hanc ab caussam impediri me quominus ipse adhue
366 GIUNTE ALLA VITA
ìoijuar prò hai senientia» Quin immo libtntius id Jacio postijuam experimenlm
otque argumentatiunes eruditissimi Sniulii eo me adduxerunt , ut mihi jam
sententia ipso et clarior viJeatur et verior.
Ne fa pur cenno il Segielaiio Bolognese (Comm. Bonon. t. V, pars I,
pag. 126) Habebat auctores hujiis senlentiae graiissimos , , , . i/uilus nuperrime
mccesserat homo nobilis Salulius , non lam genere i/uam ingenio du<.lrinaqiie clarus.
Le speiienze intorno alla lunghezza de' tiri , fatte in Torino ni-U' anno
1746, furono priucipaliueute direlle dal DE'- VINCENTI. Dicasi lo stesso
di quelle fatte nel 17^9 intorno al modo dell' accension dilla polvere nelle
canne. Il De'-Vincenti , comandante della nostra artiglieria , nvca inco-
mincialo, come il Piulo capo degli iugegueri , da soldato semplice , e tut-
tavia non solo riuscì eccellente aitigliere , ma eziandio non volgare archi-
tetto: tale il dimostra lo stupendo edifizio dell'arsenale, che sebbene possa
iu alcune pnrli a ragione criticarsi, è opera di bellissimo efiello, e vera-
mente grandiosa, degna in somma delia Iclicilà di qu^' tempi, in cui fu
intrapresa. Anche il porto di Limpia presso a Nizza è opera del De-Viucenli.
Delle sue spenence abbiamo parlato a pag. 3il e seguenti, e ZiG.
Altre sperienze intorno alla carica alla a produrre il più lungo tn»
furono fatte in Malta nel 1747 dal MARANDONE, Piemontese, ingegnere
dell' ordine Gerosolimitano. V. la i/'ia del D'Antoni, pag. 3i3.
Nella storia dell'accademia delle scienze di Parigi per l'anno 1748,
pag z8. 19, si dà I agguaglio d' un' osservazione del signor di MISSIESSY,
tenente di arligrieria, sugli cfi'etli d'una carica abboudanlissima di polvere
destinata a riduire iu pezzi un cannone, e che sì era sfogala tutta pel
focone senza ottenere l' ifielto desideiato.
Onesto fatto diede occasione al seguente opuscolo. Expériences sur qiiihjues
ejfels de la poudre à canon, par M. Df' UASMEL. Ac. des se. de Puiis
1750, mèra. pag. i-io , hist. p. 3o-34. Nelle quali esperienze il Du Jlamel
ebbe per compagno il signor de MOROGVFS.
Sopra le lunghezze de' tiri si fecero di nuovo alili sperimenti in Toriro
nel 1750, e furono diretti dal cavaliere FERRERO-PONZIGLIONE
(Vita del D'Antoni, pag. 3 14- 3Ó).
I
ì
DEL d' ANTONI. 3^7
Mèmoire sur la Ihéorie de ì'arliUtrie, ou sur Ics fffels de la poudre , et sur
es cnnsiijuences (jui ea rhuìtent par rapporl aux amies à Jiu ; par il7. It
chefalier d'AliCY. Ac. des se. de Paris i75i , luèni. lfi-(J3 , Lisi. i-io.
De' diversi ingegnosi stronienli per le spericiize inlomo alla polvere ,
imnginnti nel 1752, e negli anni seguenti, da Isacco Francesco Antonio
MATTEI, Ginevrino, macchinista regio, si è parlalo nella citata vila
a pag. 3i5. 3i6, e nel cilahgo pag. 349 '^ ^^P Due di questi ordigni
furono veduti in Torino nel lySG dal sig. de la Conduiuine , che ne parla
nel giornale del suo viaggio inserito fra le tnenioric dell' accademia dell*
scienze di Parigi per l' anno lySy. V. ibi pag. ^ob.
Mémoire du chevalier SALVCE sur la nature du ^fluide iìastlque qui 3*
dévetoppe de "la poudre à canon: a pag. 3-17. Dissertationes delle Driscellanea
philosophico-mathematica societatis privatae Taurinensis , tonj. I, lySg.
Suite des recherches sur le fluide èìastique de la poudre à canon , par le
ehe^ialìer Saluce : ibi pag. il 5- 146.
Rèflexions pour servir de suite aux mimoires sur le fluide èìastique de la
poudre à canon, par M. le comte Saluces : a pag. 94-14* delle miscellanea
Tiiurinensia, tomus alter, 1760-61.
Additions aux rèflexions sur le fluide èìastique , par IM. de Salucci : ibi
pag. 219-121.
Vedasi quanto abbiam detto nella vila del D'Antoni alla pag. 3i9 e
seguenti , e ciò che abbiamo riferito qui sopra nell' articolo del Vandelli.
Di queste dissertazioni, od almeno di alcuna di esse ha dato una tra-
duzione in Tedesco il Tempelhofl', e par che sia nel 1779. Denina. Prvsse
littèraire art. TempelhoJJf.
Gregnrii CASATAl. De marhinula quadam ad projeelilium theorias per
txperimenla probandas. Comm. JBonon. tom. V. , pars IL, 1767 pag. 71-80.
De vi pulveris pyrii per machinas dimelienda. ioi pag. 345-356.
De ictu pulveris pyrii. Ibi pag. 357-371.
Queste tre dissertazioni, sebbene pubblicate soltanto nel 1767, furono
lette negli anni 1758, Bg, 60 in Bologna all' accademia delle scienze dell'isti-
tuto, come si raccoglie da' commenlarii del segretario Zanolli t. \ , pari. I.
pag. 124 e spg.
V. qui sopra 1' articolo del Vandelli.
368 GIUNTE ALLA VITA
Della vita e affali scritti del (ai'^uIì abbinino iin;i memoria del cliiarissìmo
Padre Pompilio Pozzelli , sepretniio della socirlìl Il;ili;ina , iu un' opera
periodica che si stampa iu Firenze col titolo dell' ^/;e ii. V , dicembre i8o3.
Nuove sperienzp intorno alle lunghezze de' tiri si fecero in Torino nel
1761 dal RONZINI maggioro d' arlif;lieria e direttore del laboratorio
metallurgico dell'arsenale. V. la t'iia del V ^'Inti ni pno. 317.
Nel 1764 il cavaliere DEBUTET , Savoiardo, allora soltoleneute d'ar-
tiglieria, qiiin.Ii regio macchinista, ed aecadtiuico delle scienze, introdusse
un nuovo meccanismo nel misuratore delle velocità iniziali inventato dal
Matlei. V. la vita del D'anioni pag. 3i8. Il Dclnitet fu altresì l'autore
del nuovo metodo, costantemente poi adoperato, di apporre il ^rano alle
artiglierie , cioè d' incastrarvi a vite un pezzo di metallo che contiene il
focone , e che presto e facilmente si cangia quante volte si voglia , vale
a dire ogni volta che l'antico focone logorato dall'uso si è allargato di
troppo. I.a qual invenzione fu pure attribuita al Brovardi , professore di
medicina. ( Bihlìolhique Italiennt. Tiirin art XI, voi li pag. 83.) M.i il Brovardi
non avea fatto che indicare un altro mezzo il quale non fu mai adottato.
Il D'ANTONI pubblicò il suo esame della polvere nel 1765,
Expérienres sur la poudre à canon empìoyée en diffi'rcns étais ; par M.
l'abbi NOLLÈT. Ac. des se. de Paris 1767, mém. p. 109-118, hisU 1-6.
Queste sperienze riguardano 1' uso della polvere non granita.
The force of pred gunpotvJer , and the initial vrlocily oj connon hall , deler-
mined by experimrnts , frnm uhich is alsn dedmlrd the relation of the inltial
velocily to the shol and qunntity of poivdér. By Charles Hl'TTON , master
of the military ocademy of Wooiwirh , tvich pained the prize medal of the
royal society. Phil. trans, for 1778 voi. LXVIII.
Descript'on ai'ec fì^urcs d'une fnroui<ette pour essarer la force de la poudre
à canon dant un endroit ren/ermi: par M. MEI.TEIÌ : in Suezzese — Kon^l.
vetensUaps arademiens nyi h'ind ingar, cioè: Nuo^ie memorie dell' accademia
reale delle scienze di Stocolma , anno 1780, trimestre quarta, numero 2. S«
ne può vedere il transunto nel journal des sayans , 1785 , pag. 3y.
DEL D ANTONI. 56g
Le Bombareìi'er Prussien , ou da mouvemenl Jis projeclilet , rn suppoianl la
rèiistance Je l'air propnrtionnclle au i/uarré dis illesses : par M. TEMPF.LIIftF,
rapituine J'arliìlrrie au icrfice de S. M. le roi de Prusie. Bt'iliii , 1781 ,
Sppiipr , 8.°, fìg.
Alla pag. 109. Trolsieme parile, application de la théorie précédente à
Vexpèricnce.
Examen de l'air qui se déffage pendant tinjlammation de la pnudre à canon ,
de celai t/ui te dé> eloppe par la détonalion de la poudre fulminante , par celle
d'un mélange de nitre avec de la poudre de charbon , et enfin par la dèjla-
gralion de salpétre ovec la limaille de/er: par HI. ACHARD. Mém. de
l'acad. do Ueiliu pour 1782, pag. i25-i36.
lìagionomenlo sopra le forze e velocità esercitate dalla polvere accesa
dentro un pezzo d' artiglieria : di Francesco Domenico MICHELOTTl : letto
all' accademia nule delle scienze di Torino il i3 di oprile V anno 1784. MS.
Vedasi ciò che uè abbiam dello nella vita del D'Antoni alla pag. 327.
Thèorie nouvelle de la poudre à canon et de la poudre fulminante : par
Jean JiSGEN-HOrSZ. Fa parie del libro che ha per titolo: A'ou.W/«
expériences et observations sur divers objets de physique : par Jean Ingen-Housz ,
eie. Paris, 1783, Bariois. 8.°
Osservazioni del signor NAPIER sulla polvere da cannone , inserite
nelle transazioni dell' accademia Iihuidcse pel 1788. Non conosciamo che
il titolo indicato in nn giornale di que' tempi. In altro più recente leg-
giamo : M. Napicr, qui dirige Fartillerie en ^npjelerre , a fait quelques essais
sur de la pnudre Clilnolse, et a trouvé eie. Annales des arls et mnnufaclnres
par O' Reilly eie. Paris, mcssidor an IX, tome VI, pag. 88.
De la ièritabìe cause de l'explosion de la pnudre à canon : par J\I. BECKER :
in Tedesco. Kel libro inlilol.-ito; Chtmische anccdoien eie., cioè, Anecdotes
thimiques , ou essais sur quelques problèmes de chimie : par M. Becker, asses-
seur du collège de médccine à itfa/jjfiur/?. Leypsik, 1788, Herlel,8.*'
Modo di render più forte la poh-e da schioppo ; del signor dottore Francesco ^AIÌ\'I,
Opuscoli sechi, Milano, 1788, Marcili, 4-'*. *• ^l. P- 36"<3.
47
•Syo GIUNTE ALLA VITA
ilntorno all' anno 1789 il presidente dell' accademia reale di Torino "conle
MOROZZO . stato anch' egli allievo delle scuole d'artiglieria, islilnì
alcuni sperimciili intorno alla forza delie polveri , secondo la -'i versa pro-
por/ione non tanto de' loro soliti ingredienti, quanto eziandio di quegli altri
che stali erano proposti , o si potevano con qualche fondamento proporre.
Mentre stiamo scrivendo queste giunte, improvvisa morte ci ha tolto il
benemerito socio, ne del suo lavoro intorno alle polveri ci rimane altro
vestigio, fuori di qui-llo che abbiamo registrato a pag. LXXVII delle
mimoires hislorit/ues che sono nel volume accademico del 1788-89, e a
pag. 140 del transunto che dello stesso volume Abbiamo pubbHcalo in Ita-
liano. Ivi si mostra la falsità della pretesa scoperta del Bami.
Neiv experiimmts upnn f;un-poivJer , ivilh occmiimal obscrcations ana practica!
inferences \ lo ivhich is oddf,d an arcount 0/ a neu- melhod 0/ deUrmining
the velocities of ali kinds oj military projectiles , and the descriplion of a vety
accurate eprou\'Mc far ^un-poivder. By Benjamin THOUISON esq. V. lì.S. Head
march 49, 1781. Phiiosophical transacliuns of the royal society of London
vol.LXXI, for the year 1781, num. XV, pag. 229-328.
Experiments to ditermine the forre oJ fired f-un-pnuder. Phil. trans, of tbc
roy. soc. of London for the 3'ear 17^)7 pari. I. LTn copioso e doltissiuìo
estratto di questo lavoro si trova nella Bìbliolhh/ue Brilamiique , ah VII,
Sciences et arls , tom. X , pag. 3o4-338 , col seguente titolo. Eacpóriencei
pour diterminer la Jorce de la poudre enjlrmmée : par Benjamin comte de
HyMl''OIiD , memore dei socièlés royales de Londres et d'Irlande.
Si può vedere quello che ne abbiam detto qui sopra in una digressione
al ctjtatogo de' libri per le scuole di' artiglieria di Torino, pag. 348, 349.
Verso il 'fine di maggio del 1801, il dolio Inglese signor R. COLEMAx» ,
impiegalo nel regio mulino da polvere di Walthani-Abbey , lesati alla
societì» Askesiana di Londra il ragguaglio de' metodi adoperali in Ir.ghil-
lerra per la fabbricazione delle polveri. Ne abbiamo un estratto in una
disserta/.ionc sur la fabrication et tes principes constifuti/s de la poudre è cm^on ,
la quale trovasi nell'opera periodica in'tilalala: ^nnales des arls et m/mu-
facturrs , ou mi'moires technologiijues svr ìes ditouvertes modtrnrs ronrrmrnt
les arls, les manufactures , l'agricuUure ette commerce; par R. O' HKILLY,
de i'académie de Bologne, membre du lycìe des ar'ls , etc. Pana, impr. des
aunales, 8.*, tome VI, pag. 8G 99, e i34-i4o, nicssid. et iherm. an IX, 1801.
DEL d'akTONJ. 5.71
Due altri chimici sono citati nella stessa dissertazione pur esperienze
fatte sopra la polvere. Uno ili essi e il CIlVIKSHAiS'K cliiinico applicalo
all'artiglieria Inglese. Ann. àes arti et manuf. tom. VI, pag. i36, iSq.
L'altro è M. HOWARD. Ivi pag. iSg.
Mimoire sur la thiorie àu mouvtment àet projectiles dans les milieux résis-
itins ; par le ciloyen MOhEAV , chef iur\>eillant de difision. Journal de
l'école pol^'technique, publié par le conseil d'instructiou et d'adiiiinistia-
tion de cet établisseineut. Tòme IV. Ouziùme cahier. Paris , iuipr. de la
róp. , mcssidor au X, /^.? , pag. 204-129.
Ivi alla pag, 227 tialta ; de la vi tiesse que les prò jettilea rt^oìvent par V action
de la piiudre enflammée.
Mmciint.. p^ur mtiurer la flteiseninitiaìeides mobiles de diffèrens calìlres ,
projetrs .sous toui .le^ iinfiles,, deputi zèro jusqu à la huitiime panie- ducerci*;
pai: le colenel CIirUiEli/I', soas-inspevteur aux refues et administration des
irmipes , meniOre de l'ìnstitut de Bolo/^ne, de l'académie de Florence, et de più-
siiurs sociftii savuntes et litliraires , Ofec unrapport du Ci PRONY , au nom
d'une commission nnmmfe par la ciane des sciences phj'siques et mathéma-
tiijues de l inslitut national puur t'examen de cette machine et de ses usages.
Paris, 1804 an 12, Bailleul , Mdgimel, le Nònuaud , 4-''> fig-
V. ciò che si è detto alla pag. 349 e seg.
Per non divagar trpppo lungi dal primario nostro argomento, non ab-
bi'imo voluto couipreudere in questo ilenco ciò che risguarda in partico-
lare la teoria e l' arte della produzione e della raccolta de' nitii ; eppetciò
non abbiam fatto parola de' bellissimi tenlalivi, che in Francia , in Piemonte,
ed altrove negli anni addieJj'o si son fatti intorno a - qwslo importante
argomento. Due Italiaoi , ultimi forse 1 che . abbtaiio scritto in tal materia,
saranno soli da noi' citati, perchè non linoilandosi allafTar- de' nitri , hanno
preso allresi a considerare la fabbricazione della polvere da fuoco.
Memoria sulla Jabbricazinne e raffinazione di-' nitri , diretta al clllndmo
Crtf^orio Fontana , membro del corpo lefjislativo , professore di matematica
sublime nella unis'ersitì di l'a>'ia, e socio di motte accademie, da Hnpione
BREISLAK, direttore de' sali nitri, e dell* pqUeri della repubblica Iteh'ana.
Milano, Pirotlae Maspero , 8." La dedica porta la data del x'j ottobre 1802,
372 • GIUNTE ALLA VITA
A pag. a35. Capitolo ultimo, Jiijlessioni sopra la Jahhrìcatìone delia
polvere.
Del nitro , e della polvere da schioppo , brei-e dissertazione del cittadino Paolo
SANGIOfìGIO , professore di chimica e botanica , assessore farmaceutico della
delegazione medica del dipartimento d' Olona , membro di varie accademie.
Milano, 1804, Pirotta e Maspero, 8.", pag. 16.
Il sifiiior Carlo Antonio NAPIONE, chiamato in Porlof;allo, ove Tra
varie onorevoli e gravissime iucunibcnze ha quella pure di soprainlendere
alle Tabbriihe della polvere, sappiamo che ha condono a buon termine
un gran lavoro sopra la teoria e la pratica dell'arte, e con molli sperimenti
ha trovato modo di spiegare alcuni fenomeni ed alcune anomalie , di cui
Cuora non si rendeva ragione , ed ha mostralo il perchè la polvere Inglese
di tanto sia supcriore alle altre , ed ha intrapreso una particolare analisi
di uno de' iluidi aeriformi che dalla polvere si possono eslrarre. Sebben
finora non ci sia noto ch'egli abbia pubblicale le sue ricerche, noi però
avendo già in questo elenco dato luogo a cose inedile , abbiam ora voluto
terminarlo coli' illustre nome d' un nostro singolare amico e collega , allievo
chiarissimo del D'Antoni.
ARTICOLI OM MESSI.
Due autori famosissimi, il Boyle , e il Newton, da noi citati più volte
nella vita del D'Antoni, sono stati per inavvertenza ommessi nell' elenco,
I loro articoli, che qui s'inseriscono, doveano essere collocati dopo la linea
6, e dopo la i5 della pag. 060.
Roberto BOYLE. New experiments physico-mechanical , touc/iing the
sprin/; 0/ the air, and its effects ; mode, Jor the most part , in a «fu»
pneumatical engine , etc. Lo sperimento , che risguarda 1' accension della
polvere nel vuoto, è il XIV, e si trova a pag. ii voi. I delle .opere,
Londra 1744, 5 voi., folio. Quest'opera del Bojle era venuta alla luce
la prima volta nel 1660 , Oxford , in 8.°
Tracts , containing nav experiments , touching the relation betivixt Jliime
and air , and atout explosions , eie. Qucst' opera del Boyle fu pubblicala
la prima volta nel 1672 , Londra , in 8,*
- i
DEL d'Antoni. 5^5^
I . . . .-il/
Le sperienze', che rispjardano il noàlro ogRctlo, sono le icgoenti :
A pag. x5i , tomo IH dell' opere in foglio. Tit. 1, Exper. V. About an
endeat'our lo ^fìre fiun-potvder in vacuo wilh the sun-beams.
A pag. a52. Exper, l'I. Aa attempi to fire gun-ponder in i-acuo by meani
qf a liot iron.
Ivi. Exper. VII. Recitinf' another way, whereby the Jirmg of gifn-potvdtr
in facuo Boyliano was attempted. . i"
A pag. 253. Exper. Vili. About a trial mode io fire gun-pàivder in our
vacuum by the heìp of sparks.
A pap. aSg. Tit. HI, Exper. III. A slrange' experiment upon gun-potvder,
sheivinp; that though ft were firèd itseìf, yet it ivould not Jtre the_ conti-
guous grains in vacuo Boyliano.
A pag. 260. Exper. IV. Relaling another attempi tho confirm theformer.
Ivi. Exper, V. Brlejly mentionning t^vo different trials tvilh ttvo differing
events to kindle gun-powder in our vacuum.
Il NEWTON nella decima delle questioni che tengon dietro alla sua
Ottica , ha fallo luogo ad alcuni pensieri intorno all' accendersi ed allo
scoppiar della polvere. Quella parte dell' opera è venuta alla luce , se
non erro, nel 1704.
Possono pure aggiungersi a questo elenco tre lavori inedili , de' quali si è
g!i\ rifeiilo il lilolo nella vita dei D'Antoni , uno cioè del J745 citato alla
pag. 307, e due del 1785, citali alla pag. 336.
' iNpicE dinge;(^p?e;iii,, e, H'artiglieri,
o di scrillorì di fortificazione , à' artìf^licria , di halistica ,
e di teoria e pratica della polvere da fuoco ,
de' quali si Ja menzione nella vita del D'Antoni ,
e nelle giunte alla medesima.
Il precedente elenco essendo conapilato per ordi^it^,c(onu}iJRJfOy CiparenJp
perciò necessario d'aggiungervi un indice all'abelito, si è creduto die
questo riuscirebbe meno inutile alla bibliografia e al|a storia dell'arte,
se non si litnitasse ni st^Jj)^ Wenw, mì( cpuipreu(3esse altri nomi, di ckii
si trova notizia o cenno nella , fi'/iJ del U'Antpui,, o nel catahgo che
alla medesima si ò aggiunto.
Achari^ 56gi.
Anonimi 3o6. Zo'j, Zlfi. 349. 354-
355. 3C4.
Ai%toni V. D,'^fj(j)n^, .
Aiisjria^^y.^Cotra^i.i
Bacone Roggero 358.
J'iatni 3% J70.
Bafiinlt^Zì.7^.
liec/ter^.ZCQ.
lie.lidor 364-
ISenti^'o filili V. Cesili.
Beril 35S.
Bernoulli 364-
Seriola Antonio avvocato , 3o3.
Bertela conte Giuseppe Ignazio, fi-
gliuolo adot'.ivo di Antonio, 287.
3o3. 3 II.
Bertnla conte d'Essiglie, figlio di
Giuseppe Ignazio, 3o3.
Bifiot de Morogues 36j. 366.
Birago conte di Borsaro 334.
Birìngurcio 359.
Blovetti 353.
Bl-ondcl 3o5.
Bojda .3o6.
Borgaro V. Birago.
hufrcf, 2C/5..
Bfìfle 3o,i. 3»i. 322. 064. 37».. 373.
Bpfzolinq, Andrea 3oi. 3o4.. 3o5. 3o6.
356. 36 1. 362.
Bozzolinn Ignazio Andrea 292. 355.
Dmslah, 37 {,
Btoi-ardi 3Gi8.
Butef w DebuleU
Canova 335. 34'.
Casali -Bentivi'glio-Paleotti 365. 067.
368.
Castellai/ieri 3o5.
Casleh-ecchio V. Ricca.
Cassini 3o5.
Chci-alier 060.
Coìeman Z'jo,
Corradi d'Austria 3o4. 36o. 36i.
CruiUshank 371.
Cusset de Mont-Vxozard 347. 353. 354-
V Anioni Alessandro Vittorio, v. )«
vita e le giunte.
D'Antoni Giampielro i83.
IV Austria V. Corradi.
Dat'iet de Foncenex v. Foncenex.
Debutet 3i8. 34i. 368.
Delanf^es 333.
D'Embser v. Embser.
De Nicola V. Nicola.
De' Vincenti 286. 287. 3l2. 3l3. 3l6.
334. 3C6.
Du Ilamel 366.
Du Mt' 36o.
Dupuy 363j ■ 1 -
i<:/rùA 3o5.
Emanuele Filiberto 3o2.
Embser 287.
Essifilie V. Bertola.
Eulero 362. 3G4.
Ferdinando II gr.Tnduca SSgi 56o.
Ferrerò- Ponziglione 3t4. 3l5. 366.
Flafigny 348.
Foncenex 342.
Gabaleiine conte </i' Salmour 330i
Galilei 3o2. 3o3. 3o5.
Grobert 349 33o. 35i. 371.
Humel V. Du Hamel.
Hauksbce 3io 3ii. 36o.
H/r« V. /-rfj //('re.
Hotvard 371.
Hutlon 368.
Huy^hcns 36o. 076.
Tngenhoiisz 369.
Jurin 364.
/Ce//<!rt 348. 55l.
Lo ///re 3Co. 364-
Langes v. Dclanget.
Le lioy 564.
Luinbard 349. 364-
''S^5
Lorgna 333.
Eovera Zi^^.
Ltidofico marchese sovrano di 5a/ujro
3oo. 3oi.
Macquer 321. 322.
Maltus 3o5.
Diarandone 3i3. 366.
Ma//ei 3i5. 3i6. 3i8. 327. 346. 3?o.
35i. 367.
Wd V. Du M<?.
Mf(/er 368.
Michelotti Francesco 327. 369.
Micheluiii Ignazio 3o6.
Missiessy 366.
Moriirozard v. Cussel.
Moraìec 36z.
Ulureau 371.
Morogues v. Bigot.
Morozzo 342. 370.
Napier 369.
Napinne Carlo Antonio 337. 34». 372.
Netvton 322. 364. 372. 373.
Nicola 287.
Nicolai 333.
Nicolis cavaliere </i Robilante 33l.
iVo//e< 290. 368. 376.
O' ReiV/y 369. 370. 571.
Paciotti 3o2.
Paleotli V. Casali.
Pallavicini 3i6.
Papacino Aless. Vittorio v. D'Antoni.
Papacino Giuseppe Aiitotiio i83. 376.
Po/>i/i 36o. 376.
P/cJet 35o. 35i.
P/n<o 286. 3C6.
Ponzigliene v. Ferrerò.
Porta 359.
376
Vrony 35l. 371.
Puy V. Dupiij.
Rana igi. 356.
Reilìy V. O'IieiJy.
Ressons 36z.
Ricca di CasleIi>ecchio 342>
Robiìante V. JSicolis.
M-oliins 193. 3oj. 3o4. 3o6. 3i3. 3 14.
3Ì9-3z4. 316-329. 348. 349. 36o.
362. 363. 364.
Ronzini Jiy. 368.
Rosselli 3q2. 3o3.
Roy V. Le Roy.
Rumjord v. Thomson.
Sdint-Auban 598. 333. 35l-353. 356.
Sainl-Remy v. Surirey.
Salimbeni 333. 34i.
Saìmour v. Gahaìeone,
Saluzzo V. huJoi'ico.
Saluzzo 293. 319-321.357. 363.365-367.
San^iorgio 371.
Silnyarlz 358.
Sorietà reale ili Londra 364.
Spreti 348.
Surirey de Sainl-Remy 3o4. ■
Tagliazucchi 288. 345- 346.
Tarlafilia 3o2. 3o5. 358.
TempeììwJ 2^3. 333. 34?. 348. 367.
369.
Thomson coule di Rumjord 348. 349.
364. 370.
T/gno/o 289. 291. 345. 346. 353. 354.
Torricelli Jo5.
Trembley 364.
Vffano 3o5.
r'fln(/f/// 364. 365..
T'annoccio v. hiringuccio.
T''incenfi v. De-Vintenli.
Wilson 362-364.
Alla pag. 2835/ i supposto erroneamente , che il D'Antoni do un suo cugino
abbia polulo prendere esempio, intraprendendo la carriera militare. Il vero ?,
t/ie Giuseppe Antonio fu meno anziano di Alessandro Vittorio.
Pag. 283 Un.
290
296
337
35»
36o
4 </c//« note si aggiunga ( Jlfc'm. hist. de Tac. des se. de Turin
pour DIDCCXC-XCI pag, i3.)
19 allorquando si aggiunga nel 1739.
20 in margine si aggiunga V. Éhge de Nollet , ac. des se. de
Paiis J770 hist. p. 123.
ult. in alcune copie e in Inglese si cancelli.
9 in margine si aggiunga : 1785 relaz. del io oli. e vigl. del l5.
16 in principio, e 10 in fine , ji tolgano le virgolette,
7 Le prime corr. Altre.
penult. ininere corr. miniere.
T^TSI 5yy
SULLA NECESSITA
CHE CORRE DI RETTIFICARE LA VISTA AGLI ALLIEVI*^
DISEGNATORI.
Proposizione di una macchinetta di nuova invenzione, con la quale
si dftf.iiminano oi.l oggetti che si trovano in linea verticale ed
ORIZZONTALE , E L OBBLIQUITa' DI QUALUNQUE RETTA
DI VINCENZO ANTONIO REVELLI.
Lctln li ag nevoso anno i3.
I j ARTE del disegno è fondata sull' esatta imitazione
di tutti gli angoli, e di tutle le linee e rette, e curve
e serpeggianti , le quali circoscrivono un corpo , tale
come ci si presenta allo sguardo , e determinano le varie
forme del chiaro e dell' oscuro.
Adunque il sommo pregio di un disegnatore egli e
quello di avere, come ottimamente diceva Michel' An-
giolo BoNAROTTi, le seste negli occhi, a fiue di esatta-
mente ritrarre quegli angoli e quelle linee, e ridurle
ove è d'uopo a figure simili.
Debbono pertanto le mire dei professori di questa
utilissima scienza continuamente rivolgersi ali" investi-
gazione di tutti que' mezzi , i quali possono al pila presto
rettificare la vista dei loro discepoli.
48
578 DEL RETTIFICAR L4 VISTA a' DISEGNATORI,
Propone Menghs nell' introduzione alle sue lezioni
pratiche di pittura , di far disegnare senza riga e senza
compasso delle figure geometriche ai principianti ; ma
con questo io sou certo, che non ha- egli preteso
dire, che non debbano saper maneggiare e servirsi di
quegU utilissimi istromenti per giudicare dell'esattezza
delle loro operazioni.
Infatti un ragazzo che non sappia costruire un trian-
golo equilatero, come potrà mai di grado in grado
correggersi la vista , e pervenire da se stesso ia poco
tempo a disegnarlo perfettamente ?
Come potrà mai conoscere, se ha diviso una lìnea
in due, ia tre, in quattro parti uguali? se ha fatto un
circolo, un ovale, un quadrato perfetto? dovrà egli ser-
virsi del toccalapis per misurare, e per verificare, come
si servono del martello i cattivi mastri da legno ?
Non v' ha dubbio alcuno , il compasso è un instro-
mento atto a rettificare la vista per chi se ne serve
come di giudice, dopo di aver opefafo con la mano:
ma egli è altresì innegabile che perde quella sua pro-
prietà, ogniqualvolta imo se ne serve prima di operare;
e ciò perchè in tal caso l'occhio non istudin, non si
esercita nel paragonare il rapporto che hanno tra di
loro le linee, e gli angoli.
Finora , per quanto mi h noto praticarsi nelle prin-
cipali scuole d'Italia e d' oltramonte, non si sono ancora
scoperti tutti i mezzi piìi acconci a rettificare la vista ,
e a facilitare l'esecuzione nel disegoo. Uno scolaro ,
Bl VINCENZO ANTONIO REVEIXI. Bla
nllorchfe passa a disegnare dal gesso, non ha altro soc-
corso che quello di servirsi del piombino; e questo
sovente è il suo stesso toccalapis , di modo che avendo
egli da esaminare se gli occhi, le spalle , i fianchi , e
aiinili posano sopra una linea orizzontale, o alquanto
ohbliqua, se una mano, un gomito è, o non è a livello
del capo, o di qualunque alìra parte del corpo, e se
le linee d'un cubo, d'una tavola esimili sono paralelle
all' orizzonte , è costretto a presentare lo slesso toccalapis
per traverso, a fine di poter iscoprire la loro posizione.
Ma questa misura, quanto sia fallace, quanto inesatta,
può chiunque di leggieri comprenderlo : por la qual
cosa diviene evidente, che manca al principiante una
pietra di paragone per giudicare delle linee orizzontali
ed obblique.
Vedendo io tal cosa , e conoscendo la somma necessità
di dare agli allievi una guida per distinguere le linee
paralelle all' orizzonte da quelle che sono obblique , ho
immaginato una macchinetta, mediante la quale, con
ugual facilità si misurano, non solamente le linee per-
pendicolari, ma eziandio le orizzontali e le obblique.
Consiste questa in un telariuo fatto in forma di per-
fetto paralellogrammo, il quale, sospeso in aria per
mezzo di un filo , e librato come una bilancia , nel mentre
fa r uffizio di piombino , presenta davanti all' oggetto
che si vuole ricopiare , varie linee orizzontali , e verti-
cali, le quali possono spianare infinite difiicoltà. Ma per
meglio assicurarmi che queste linee fossero assolutamente
380 DEL RETTIFICAR LA VISTA a' DISEGNATORI ,
verticali, o paralcUe all'orizzonte, ho aggiunto un altro
filo nel centro, il quale avendo un piombino in ibndo,
decide visibilmente dell'esattezza loro.
Con l'ajuto di così semplice macchinetta, quando lo
scolaro ha tirato quella linea che dee determinare il
movimento di una testa, o di una figura, può di leggieri
convincersi, se T ha tirata più o meno oblìi iqua , piìi o
meno orizzontale di quello che ha da essere.
Con la scorta della suddetta può giudicare quale parte
del cranio sia la più elevata, quale delle spalle e delle
anche si trovi più alta, e vedere quali membri, quali
angoli posino sopra una medesima linea orizzontate : può
altresì decidere in un quadro , quale fra due figure , fra
due linee, ancorché alquanto distanti fra loro, sia la più
alta, e per mezzo dell'unione di una verticale con una
orizzontale, ritrovare il giusto sito, in cui ha da essere
collocata qualunque parte, e rinvenire la misura degli
scorci; cose tutte importantissime per 1' aite del disegno,
e senza di cui i primi passi dei disegnatori non ponuo
a meno di essere incerti e vacillanti ; lo studio diviene
lunghissimo, ed a gran fatica si perviene ad acquistare
un occhio giusto.
Per assaggiare l'utilità di questa mia scoperta, ne ho
fatte fare alcune di queste macchinette ad uso della scuola
del disegno ; e posso ben accertare , che da quelle ne
ricavano i miei «colari infiniti vantaggi, e spianano da
loro stessi le maggiori difficollà, ritrovando nella mede-
sima una guida, un maestro infallibile.
.l'"DI VINCENZO ANTONIO KE\TIU. ' ^iì
Avuto rJguaixJo all'uso a cui è destioata questa moóh^
netta , io le ho dato il semplice nome di Regola Revcl-
liana *, e credo che sia quello che meglio le convenga,
essendo specialmente fatta per regolare Y occhio , per
dirigerlo, qualora ha da giudicare quali oggetti si tro-
vino sotto una stessa perpendicolare, quali snffo uila
orizzontale, e quale sia l' obbliquità di qualunque linea.
Spiegazione della Tavola N." IV, in cut si vede delineata
la Regola Revelliana.
La figura A. B. C. D. rappresenta la Regola con tr«
fili perpendicolari, e tre orizzontali.
Il filo O M. N. è c|uello che ha in fondo appeso il
piombino P., e serve quando si lascia slare verticalmente,
per giudicare se la linea O. F. è veramente perpendi-
colare, ossia se tutta la macchinetta è nella sua giusta
posizione. Volendo servirsi della Regola, fa d'uopo di
pigliarla in modo, che il ditp indice venga ad impe-
dire che c]uclla giri in tondo ;^ eppcrciò tenerla in quella
sfessa guisa che si vede delineata la superiore mano R. S.
Per misurare le linee obblique si fa girare il filo O.
M. N. o da una parte, o dall'altra della linea O. F.,
• Non per altro fine le ag;;iungo 1' epiteto di Revelliana , se non perchfc
serva pure ai Francesi , i quali , senza di quello , non polrebbcio facilmente
individuarla.
382 DEL RETTIFICAR LA VISTA A' DISEGNATORI.
Pigliandolo in quel modo che lo prende la mano infe-
riore T. U., e procurando clic quello vada esattamente
sopra quella linea, sopra quel conloruo, di cui si vuole
misurare l'obbliquitù. t , j ,,,]i ì
Quando si hanno da misurare delle obblique a destra,
bisogna tenere la macchinetta sospesa con la sinistra mano;
e qualora al contrario si hanno da misurare a sinistra,
conviene tenerla sospesa con la mano diritta.
Facendo uso di questa regola , comprenderà facilmente
ciascuno in quante occorrente divenga oltremodo utile
per rettificare la vista, per ricopiare e quadri e statue,
ed anche vedute, e per istudiare altresì gli effetti della
prospettiva.
ri: e; Oh A rfa elliw \
DELL'ORIGINE
DELLE STAMPE DELLE FICUKE IN LEGNO
ED IN RAME.
DI GIANFllANCESCO GALEANI NAPIONE.
Letta li 29 nevoso anno iS»
t^E vi ha un'arte, di cui difficile sia il dire, se mag-
giore sia il diletto che arreca alle colte e gentili per-
sone, o se maggiori sieuo i vantaggi che ce vengono
agli uomini tutti, questa si è l'Arte dell'intaglio delle
stampe tanto in legno, come in rame. Mentre da una
parte per via di essa si somministra il modo , anche
a' più lontani, di poter ammirare, quasi come presenti,
le più insigni dipinture de' più valenti maestri, i su-
perbi avanzi dell'architettura antica, i sontuosi moderni
edifici , ^ ^^ statue più famose, che si moltiplicano allo
iufinilo, e si perpetuano, spargendosi per ogni dove il
buon gusto; d'altro canto, e professori di Storia natu-
rale, e di Anotomia , e Botanici, e Fisici, e Geografi,
ed Autiquarj , e Meccanici, e I^Iilitari, e IMatematici
sfessi ne traggono ajuto grandissimo ; non essendovi ,
oserei dire, libro scientifico nessuno, che non abbisogni
di figure, e per conseguente di stampe. Che se il recente
384 ORIGINE DELLE STAMPE IN LESNO ED IN RAME ,
Lami. Storia ScrUtore della Storia Pittorica d'Italia l'Abate Lanzi,
Pit.ddlllal.Bas _ '
Mnoi795 6.T.i. dono avcp detfo , che il Secolo nostro venne chiamato
Progrf.«i liiU in- '
cisiono iu rame j| Sccolo del Rame, perchè è stato meno fecondo di
grandi Genj , e di grandi opere pittoresche , soggiunge
poi che può avere avuto lo stesso nome dalle incisioni
in rame salite in questi ultimi anni al piìi grande onore;
si può eziandio osservare , che in proporzione della stima
che si fa dell'Arte, grande studio si pose pure con ri-
cerche laboriosissinie nello indagarne 1' origine.
La industriosa Nazione Tedesca, dove dapprima com-
parve la stampa de' libri con caiatteri mobili, si attri-
buisce anche il vanto della invenzione delle stampe deflja
ligure in legno, e dell'intaglio in rame col bulino., e
M^e g(!n,?iaie colf acqua fortc. 11 Barone d'HEiNECKEN confessa, che gli
fl'uae t'ollerrion i-i..! iii/^* i i)i^*
»ompi. dYsiinip. italiani hanno o portate dalla Grecia, od apprese da Greci
aver uiif Di*^er(. , . ^ t» f • i ii. A
sur l'origine He le arti dì Dìsegno; ad eccezione pero, die egli, dell Arte
la gravnr-, flc.
Leipzig ri viin. d' incìdcre in leeno od in rame, stata trovata in Ger-
1771, p. III. «^
mania. Ma, lasciando stare che gli Italiani fecero rivivere
le arti del Disegno, studiando la natura e gli antichi
modelli, senza l'ajuto de' Greci moderni, che sempre
dipinsero di cattivo gusto prima e dopo RafacUo , e che
r Arte di incidere in rame ed in legno , come quella di
dipingere a olio, non è, propriamente parlando, arte
di Disegno, ma una pratica, un meccanismo, di cui si
servono i Professori di Disegno, rispetto eziandio alla
gloria della invenzione di questo meccanismo, si trovò
in Italia chi credette di poter sostenere, che gli Ai listi
nostri non sieno stati preceduti da quelli della Germania.
DI GIANFRANCESCO GALEAKI NAPlO.NE. 385
Il TiRABOSCHi seguito dal Lakzi fìssa l'epoca delio Tirabo.., sk.r.
" ' dilla L<ll. Il.-.l.,
intaglio inargento all'anno 1440= pci' opera dell'orefice 7r'i'j'z "'lunfé
Fiorentino Maso Finiguerra. L'Arte poi dell'intaglio in ^'untfjll^cu.
legno raccoglie da un Decreto del Senato Veneto , del ''" ^'
1441» the fosse già antica in Venezia, e sospetta, che
già si praticasse sin prima del 1299 rispetto alle cai te
da giuocare. Finalmente per ciò che appartiene all' intaglio
coir acqua forte si asserisce senza esitazione veruna dal
Vasari , esserne stato inventore il celebre dipintore Fran-
cesco Mazzuoli detto il Farmigianino , circa l'anno i53o.
Di poco o nessun vantaggio sare)jbono queste gare na-
zionali, se non fosse, che impegnando a svolgere e do-
cumenti e libri, anche della più i-imota antichità, non
possono a meno di contribuire a schiarire i più oscuri
punti della Storia delle Arti. Ma chi direbbe mai, che,
dopo tante discussioni intorno alla origine delle stampe
delle figure, si fosse ritrovato un luogo in Plinio, che
ne dà la gloria della invenzione al dotto Varrone sin
da' tempi di Ciceroke e di Augusto ? Non ostante che
la storia di Plimo già da sì lungo tempo vada per le
mani di tutti, e sia stata studiata e cementata da tanti
valentuomini, era riseibata la gloria di avvertire questo
luogo rilevante, e di cavarne il vero significato, al
Consigliere Bianconi Letterato, che con tanto ingegno, Bianconi opere
dottrina, ed amenità di stile seppe trattare i più spinosi ^f'|?";^^^"^J;^;
argomenti di Antiquaria e di Critica. Puccini.
Il luogo di Plinio, che sembra, a giudicio del BlA^co^'I,
indicare assai chiaramente, che la stampa delle figure
49.
386 ORIGINE DELLE STAMPE IN LEGNO ED IN RAME ,
fosse conosciuta dagli anticlii , sia nel Capo Secondo del
libro XXXV della Storia Naturale. Dopo di aver Plinio
ragionato delle immagini di oro , e di argento, od almeu
di metallo, che si esponevano nelle Biblioteche in onor
di que' chiari ingegni, le cui anime immortali, siccome
egli si esprime secondo il suo stile enfutico, parlavano
da que' luoghi medesimi; e dopo aver accennato, che
rispetto a quegli uomini grandi in lettere, di cui non
si avea il ritratto, si fingeva questo, come praticavasi
per l'immagine di Omero, che già sin d'allora era ideale,
soggiunge, che autore di questo lusso erudito era stato
AsiNio PoLLioSE, che fu il primo, il quale, con aprir
una pubblica Biblioteca, rendesse a tutti comuni le opere
d'ingegno; non credendo Plinio, che gli stessi Re di
Alessandria e di Pergamo, che gareggiarono nel fondar
Biblioteche sontuose , in questo particolare lo avessero
preceduto. Passa quindi Plinio a ragionare di quelli tra'
suoi Romani , che con grande impegno ed ardore atte-
sero a raccogliere immagini di uomini illustri, e tra
questi accenna Attico, l'amico di Cicerone e Marco
Varrone , che si è quello appunto , a cui il Bianconi
attribuisce l' invenzione della stampa delle figure. 11 luogo
rilevante di Plinio è il seguente;
» Iniagìnum amore Jlagrasse quondam testes sunt
» Bt Atticus ille CiCERoms* edìio de his i'olumine.
• Noa so come l'AnDuiNO iu vece di spiegare » Axxicus ille CiCEnosis»
DI gianfrancesco galeani n-apioxe. 387
* et Marcus VAnno, beoignissimo invento, ìnsertìs
» voluminuni suorumjecunditali, non nominìbus tanlitm
» septingentoritm illustrìum , sed et alkjuo modo ima-
» gì ni bus ., non passus intercidere figuras, aul vela-
» statem aevì contro Jinmines valere inventor inuneris
» etiam Diis invidiosi, quando immortaìilalem , non
» solum dedit , veruni etiam in omnes terras misit ,
■» ut praesentes esscnt ubicfue, et claudi possent.^»
Suppone adunque il Bianconi, che Varrone sia sfato
inventore di una qualche impronta, o sia stampa, per
mezzo di cui si moltiplicasse a piacere sulle pagine dei
Codici la medesima figura , con metodo non molto dif-
ferente da cjuello, che oggidì costumasi ne' nostri libri
colle stampe in legno. Troppo facile per l'ingegno umano
(aggiunge il Bianconi) dovea essere il passaggio dal
coniar una medaglia, o dallo improntar sulla cera una
testa con una gemma incavata, al farne altrettanto sopra
una membrana per mezzo di una specie di sigillo ,
inciso a rilievo in metallo od in legno, e tinto di
qualche colore. Conghiettura quindi il Bianconi, che
Varrone sia stato il primo a trasportar questo impronto
Attico l'amico Ji Ciceuovs , ne fa un volume di Cicerone, dicendo nelle
sue noie «voluinen illud a Cicerone scripium , cui nomen fecit Atticvs,
« penilusintercidit, nota 25:» Altronde sappiamo che ÀTTICO avca molli tra'
suoi servi che attendevano all'Arte libraria. V. CoRUEUO Nipote in vita
Attici N." XIII.
388 ORIGINE DELLE STAMPE IN LEGNO ED IN RAME ,
ne libri; ed accennando gli antichi maHonj cotti, i quali^
oltre a qualche figura , portano l'impronta col nome del
padrone della fornace e dell' operajo, riUette, che per
imprimere nella creta fresca un qualche simbolo , non
polea usarsi che un grande sigillo, non dissimile da
quello che avrà inventato Varrone per istampare con
qualche tinta una testa, od un profilo sulle pagine di
un libro, giacche il meccanismo è lo stesso.
Oltre alle ristrette ^tampe delle figuline, di cui fa
qui menzione il Bianconi , ed alle paste antiche che sì
hanno delle gemme incavate, avrebbe potuto eziandio
additare le tante terre cotte figurate, per improntar le
quali richiedevasi una foi-ma , o sia stampa piìi estesa
ed ampia di molto. Opere antiche si hanno, che altri
crederebbe lavoro di scalpello ed in marmo , che non
sono altro, se non se stampe impresse in una mistura,
della natura di quegli intonachi antichi, che colf andar
del tempo pervenivano a tal grado di durezza, di liscio,
di solidità , che si scambiavano per marmo , e tagliati
viiryv., libro via dalle pareti, secondo che narra Vitruvio, servivano
VH.cap.IlI. ., ,
né più ne meno, che se di marmo fossero, di abaci,
o di tavole, che vogliam dire. Di una piccola urna ele-
gantissima di questa specie di lavoro, the conservavasi
nel tesoro della Regina Cristina di Svezia, parla il dotto
Kapìmei Fjhr. Autìquario Rafaello Fabretti nella sua Spiegazione della
"bTo-ife CoW Tavola Iliaca di Omero, mostrando, che colla stampa
?S9o^ p.'ifsT'^ fosse formata: poiché conservava, ad onta delle ingiurie
del tempo, un certo lustro nella superficie, che dalla
.-•DI GIANTRANCESCO GALEANI NAPIONE. 58»)
forma soltanto, e non dallo scalpello, a giiidìcio degli
intelligenti, uvea potuto ricevere; ed inoltre perchè le
figure tutte erano effigiate, tramutandosi, come succede
nella stampa , la parte destra nella sinistra , cosicché tutte
esse figure colla mano sinistra fanno quello, che si fa
colla destra, non essendo altronde credibile, che un Ar-
tista di buonissimo gusto, come appare quello, che avea
disegnato quel vaso, avesse in tal guisa cosi sconciamente
deformato il suo lavoro.
Ma ritornando all'Arte trovata da Varrone, sospetta,
il Bianconi, che anche ne' Secoli barbari iion siasi mai
questa interamente smarrita. Osserva, che non sappiamo
quanto tempo prima di quello che si crede si stampas-
sero colle forme di legno le figure de' Santi, e quelle
degli Eroi de' Romanzi di allora, che è certissimo,
die" egli, che si stampavano; ed asserisce pure, come il
TiRABOSCHi, che le carte da giuocare sono antichissime.
Comunque siasi, non essendo stato il riferito luogo di
Plinio avvertito, prima di esso Bianconi , da alcun Co-
mcntatorc, com'è detto sopra, soggiunge che stava a
vedere, che cosa ne avrebbe detto il Traduttore e Comen-
tator Francese. Stavasi difatti stampando, mentre il Bian-
coni scrivca, una Traduzione Francese di Plinio con note
in Parigi; ed il Tomo XI, che contiene il libro di Plinio,
dove trovasi il mentovato luogo, uscì alla luce nell'anno
1778; ma il Comentator Francese non vi seppe vedere
ciò-, che con sagacità ingegnosa vide in esso il BtANCONi.
Questa sorte di ritratti, die' egli, erano senza dubbio
ogO ORIGINE DELLE STAMPE IN LEGNO ED IN RAME ,
Noiaisaiiib. picciole medaglie. L'opera di Varrdne componeva un
;i.ib Trad. Fr. medagliere, ed era divisa (snppoae esso Gomcnlatore)
ia sette volumi, a ciascheduno de' quali andava unito uno
di si fatti medaglieri. Dopo aver detto però, che erano
senza dubbio medaglie, ripiglia tosto, quasi correggen-
dosi , che era infinitamente probabile che fosse questa
una collezione numismatica, attesoché in questo modo
viene a spiegarsi, perche Plinio dica, che erano in
qualche maniera immagini, aìiquo modo ìmagìnes; e
perchè in oltre, dice Plinio medesimo, che lo spedienfe
messo ia pratica da Varrone , sparse siffatte immagini
per tutta la Terra , in omnes lerras 77iisfi , ut essent prap-
senlcs ubiquo.èì vede per altro , che l'Annotatore molto
bene ravvisò, che il senso obvio era che fossero figure
disegnate con inchiostro ; poiché , die' egli , che qualora
fossero state lavorate a mano, Ja moltiplicità delle copie
avrebbe reso troppo difficile, ed anche impossibile il
conservarne la rassomiglianza, copiandole iu un numero
grande di esemplari. Quanto poi al supporre, che fossero
incise, che si è appunto quello che suppone il Bianconi,
rigetta egli affati» tale supposizione : perciocché , dice
il Comentntor Francese, l'Arte dell'intaglio non fu in-
ventata, se non se tanto tempo dopo Varrone, vale
a dire. Tanno dell'Era Cristiana 1460, per opera di
Marso, com'ei Io chiama, vale a dire Maso, o sia Tom-
maso Finiguerra.
Ma quello appunto , da cui il Comentator Francese
ricava argomento, per asserire che l'invenzion di Varrone
DI GIANFRAKCESCO CALEANI NAPIONE. 3<)l
non potesse essere la stampa, si è quello, da cui ne
inferisce il Bianconi, che la stampa delle immagini sia
stata da Varrone medesimo inventata. Il Traduttor Fran-
cese mette in fatto quello, che e in questione. Se si fosse
trattato di semplici medaglie, come mai poteva chiamarsi
r invenzione di Varrone, invenzione utilissima e nuova,
con chiamarlo inventar muneris edam D'iìs invidiosi?
Quanto' fosse antico l'uso di gittar medaglie, e quanto
anteriore a Varrone è noto a tutti; e già prima in quel
Capo medesimo avea ragionato Plinio delle immagini
degli uomini illustri in oro ed argento, introdotte nelle
Biblioteche, oltre a quelle di metallo; e dicendo di oro
e di argento, si vuol supporre, che piuttosto di me-
daglie, che non di statue intendesse egli di ragionare.
Quanto poi al dirsi, che le immagini di Varrone, erano
soltanto in qualche maniera immagini, alicjuo niodoima-
gines , ciò si può dire egualmente di una stampa che
rappresenti un profilo a chiaroscuro ( quali crede il
Bianconi che fossero le immagini inventate da Varrone),
come delle medaglie. Che anzi le medaglie, essendo di
basso rilievo, più sono atte a rappresentare le sembianze
delle effigiate persone, che non semplici profili , ancorché
suppor si vogliano leggermente ombreggiati ; onde il
dirsi da Plinio, che erano soltanto aliquo modo ima-
gines, pili si adatta alle stampe, che non alle medaglie.
Qual differenza poi non passa tra una dipintura rappre-
sentante al vivo co' proprj colori una persona , da un
Disegno a chiaroscuro ? quanto non è diversa una
DCfl ORIGINE DELLE STAMPE IN I.EGNO ED IN RAME,
stampa anche delle più perfette, da un ritratto di Tiziano?
E le pitture di Ercolano, ed altri antichi avanzi, sebben
di. Pittori volgari, e de' Secoli, in cui già decaduta era
quella uobil Arte, ben ci danno ragion di credere, che
il colorilo degli Artisti de' buoni tempi, massime allo
encausto, non cedesse a quello de' più lamosi Artisti
moderni.
Del resto , e come mai le medaglie si sarebbono potute
chiudere in libri? che tale io stimo che sia il senso
delle parole di Plinio, et claudi possent. Se si fosse
trattato di chiuderli soltanto in istudioli , o scrigni non
vi sarebbe stato particolarità da rilevarsi nella invenzione
di VaRrone. Kon parlo del copiarle disegnate a mano,
poiché lo stesso Comeutator Francese di Plinio ben vide,
che non sarebbe stata questa nuova invenzione , ne si
sarebbe con questa potuto moltiplicarne con grande fa-
cilità, e spargerne per ogni dove nelle più ritnote con-
trade gli esemplari. Ma l' intaglio , dice il precitato Anno-
tator Francese, non fu trovato, fuorché nel 1460: ma
questo è appunto quello che si cerca. Quelli, oJie asse-
guano i principi dell' Arte d' intagliare intorno a quei
tempi , od almeno dopo il principio di quel Secolo ,
parlano soltanto dell'intaglio in rame; e per ciò che
appartiene all' intaglio in legno tutti lo credono più an-
tico. E che di fatti molto più antico sia, si raccoglie
<i/ì'«'''ra''"i!re e'" *^^ quauto sì legge presso lo Scrittor Francese Papillon
boisT.ii, 17SS. ijgUa sua Storia dell'intaglio in legno", libro, che con-
vien dire che ignoto fosse all'Annptator di Plinio suo
paesano.
DI GIANFRAKCESCO GALEANI NAPIONE. 3g3
Il Papillon adunque, senza saper nulla del luogo di
Plinio, antichissima crede l'Arte dell'intaglio in legno,
e viene a confermare quanto dice il Biancoki, che nei
Secoli di mezzo si fatta stampa si praticasse. Crede che
fossero incisi in legno i contorni di molte lettere iniziali
di Manoscritti anteriori al 1400, e che tal cosa si ese-
guisse mediante stampe con manico, come sigilli. Notò
questi contorni in diversi Manoscritti , dove i colori si
sono svaniti , ed aggiunge , che il Fourmer nella sua
Dissertazione sopra la stampa pubblicata nell'anno lySg,
asserisce di aver trovato lettere impresse a mano in un
Codice della Biblioteca d' Upsalia del Secolo IV , conte-
nente gli Evangelj, Questo Codice, detto anche Coclex
wgenteus, è una traduzione degli Evangelj in lingua
Gotica, che si crede compilata da Ulfila, Vescovo dei mphv.asiìimt.
Uoti circa 1 anno 070, e contiene lettere in oro ed in ""!"■ n. up-
y-, . . . . '"'"" '755.
argento, le quali, da Giovanni Ihre, che l'illustrò, si
giudica che fossero impresse con un ferro caldo , come
si pratica tuttora da' Legatori de' libri , per improntarne
il titolo sul dorso; e crede che questa fosse cjuella scrit-
tura all'encausto da tanto tempo andata in obblivione,
di tal fatta, che dal Panciroli è annoverata fra le Arti
perdute. Si oppose all' Ihre, che il ferro caldo avrebbe
fatto arricciare, ed avrebbe guasta la sottil membrana in
cui è scritto il Codice , e che gli Antichi parlano di
pitture, non di scrittura all'encausto. Ma tutte queste
difficoltà cessano supponendo, come suppone il Papillon,
che non già ferri caldi, ma semplici caratteri intagliati
5o
394 ORIGINE DELLE «TAMPE IN LEGNO ED IN RAME ,
in legno, od in metallo si sieno adoperati per imprimere
quel Codice, nel qual modo troveremmo più antica la
stampa in Europa , che non alla China ; dacché , scbben
Angelo Rocca abbia preteso che i Chinesi stampassero
già sia da' tempi di Alessandro, vale a dire quattrocento
anni prima dell'Era volgare, Giampietro Maffei si re-
stringe a chiamar presso i Chinesi antichissima la stampa*.
Esisteva già in quel famoso Impero dell'Asia nel Secolo
X secondo il Couplet. Ma dall' epoca del Codice di
Upsalia insino al Secolo X, quanti anni non passarono !
Lami sioùa Anchc 1' Abate Lanzi accenna le impressioni di sigilli
Villor. d Italia, . . . Ti !• Ti
/«.. ««. pag. SI. di metallo, che si trovano m pergamene Itahane di tempi
antichissimi. Ciò prova, dice il Lanzi, che si è cam-
minato per pili Secoli sull'orlo di questa invenzione;
ma forse si dovrebbe dire piuttosto , che tanta fu la
barbarie de' Secoli di mezzo , che molte invenzioni an-
tiche, in vece di estendersi e perfezionarsi, dovettero
retrocedere, e così in questo particolare ridursi a stampe
d' informi sigilli i ritratti degli uomini illustri impressi
ne libri di Vabrone : così la stampa de' libri, osserva
wmoririsior ottimamente il Cardinale Borgia, fu circa il 14^0, non
%e'"xx^"-^' già ritrovata, ma piuttosto perfezionata. E delle figure
* Uteras ìmaginesque , subjeetis praeìo typls , excudere .... vetustissimo in
usu apud Sinas esse, rompertum est. Jo. Pet. Mapfei, Hist. Indie, lib. VI,
p. 256; ColonicB 1590.
DjIUNOV , Analyse des opinlons di'verses sur l'origine de l' imprimtrit^ "ilélB'
de rin«U Nat., Paris, T. IV, an XI. p. §24.
»
DI GIANFRAKCESCO GAI.EANI NAPIONE. 3g5
poi più particolarmente ragionando il signor Daunou , Oaunuu /o».
sebben confessi, che l'origine dell'intaglio in legno in
Europa sia oscura assai, crede però verisimile, che prima
del i35o fosse già caduto in pensiero di trar copia ,
mediante l' impressione , delle tante figure intagliate in
incavo od in rilievo, dalle opere di scoltura di niello ,
di graflito, non solo degli antichi , ma eziandio sulle
pietre, sui metalli, sul legno degli Artisti del Secolo XII
e XIII. Lascia poi in dubbio , se quest' Arte nata sia in
Italia, in Germania, in Olanda, o nelle Fiandre; ma il
Papillon, senza saperne di pivi intorno all' epoca precisa, papillon //7,/.
isi l'in» • 11 • TI' de ta (ìrùfurc cu
da la gloria della mveuzione a qualche antico rittore, io.VTom.i.pag.
. . . , . . 76-80.
o Scultore Italiano anteriore di molto a Tedeschi, cui
si attribuisce comunemente ; ed in prova ne reca una
scoperta sua , detta a buona ragione curiosissima dal
giudicioso Autore della Biblioteca di Pittura, Scultura de'ptinuscuip!
ed Intaglio , il signor Cristoforo De-Mcrr. W L/i'piigT^o".
Racconta adunque il Papillon di aver veduto circa
l'anno 1720 presso il signor De-Greder, Uffiziale Sviz-
zero, un libro ove erano otto stampe intagliate in legno»
rappresentanti i fatti di Alessaìsdro il Grande, Eroe,
la cui maggior celebrità preee origine, secondo un savio
Scrittor Inglese ne' tempi della Cavalleria, quando lo andar
in traccia di avventure era tenuto il più alto grado del
merito personale , e che età incivilite dovrebbouo riguar-
dare sotto un men favorevole aspetto. Da una iscrizione
o frontispicio, in carattere detto comunemente Colico,
risulla , che tali stampe erano state incise in legno in
Hisl. of. Grrc.
by Jhou Cii^l.
Buokl. S<ci 111.
pag. i5i.
3g6 ORIGINE DELLE STAMPE IN LEGNO ED IN RAME ,
Ravenna da Alberto Cunio Cavaliere, e da Isabella,
fratello e sorella gemelli, ed ofieite a Papa Onorio IV.
Descrive il Papillon il modo , con cui sono impresse
quelle stampe, di colore indaco, calcate colle mani sem-
plicemente, il che tutto fa minutamente, e come per-
sona della professione, che vide ed esaminò diligente-
mente tal lavoro. Fa menzione di una nota scritta nel
margine, dove dicesi, che deesi scavare di più il fondo
delle stampe di legno, affinchò esso fondo non tocchi
venendo segnate. Descrive poi i soggetti delle stampe
medesime. Le figure le dice mediocremente disegnate,
e di gusto semìgotico, soggiungendo che si vedeva in
esse, che le Arti del Disegno ripigliavano nuova vita
a poco a poco in Italia. Sotto le figure sono scritti f
nomi di Alessandro, Fimppo , Dario, Campsaspe. I
soggetti sono i." Alessandro che doma il Bucefalo; 2.°
Passaggio del Cranico ; 3." Alessandro che taglia il nodo
Gordiano; 4-° Alessandro nel Padiglione di Dario; 5.*
Alessandro che fa dono di Campsaspe ad A pelle; 6." la
Battaglia di Arbela; 7.° Poro vinto, condotto avanti
Alessandro ; 8.° Il trionfo di Alessandro entrando in
Babilonia. Aggiunge il Papillon, che nell'ultimo foglio
bianco del libro vi sta una nota in carattere Svizzero
antico, ch'ei riferisce. Si raccoglie da essa, che quel libro
era stato dato in dono dalf illustre Conte di Cuoio Po-
destà d'Imola, a Giovan Giacomo Tubine nativo di
Berna, Avolo del possessore, ed autore della notizia,
il quale attesta , che lo teneva in pregio più d' ogni
BI GlANFRANCESCO CALEANI NAPIOXE. 697
altro libro, a cagion della mano da cui era veuufo. Kod DrMurr /«.
cil. TullJ. 11. p.
riferirò qui le avventure dei due nobili Gemelli narrate 4''«- « ««•
dall' Autore della notizia, e che, secondo (he die' egli,
gli vennero raccontate dall'Avolo suo, poiché hanno tutto
l'aspetto di una Novella Romanzesca. E da notarsi sol-
tanto il dirsi in quella notizia , che i due mentovati
Gemelli Alberto ed Isabella erano nati dal Conte di
Cunio, e da una Gentildonna Veronese, congiunta colla
famiglia di Papa Onorio già prima, che giungesse ad
esser Capo della Chiesa.
Riflette poi assai a proposito il Papillon, che questo Tminuvie.
prezioso monumento d mtaglio in legno e d impressione Pint.t- /»(.<:»#
fu lavorato tra il 1285 ed il 1287; perciocché quel
Pontefice non resse la Chiesa, se non se dai due del mese
di Aprile dell'anno 1286, infino ai tre dello slesso mese
dell'anno 1287, e che perciò l'epoca di questo intaglio
è anteriore a tutti i più antichi libri stampati in Europa
attualmente conosciuti, e suggerisce opportunamente di
fare ricerca di tal libro negli archivj de' Conti di Cunio,
e nella stessa Biblioteca Vaticana. E per vero dire pare,
che , per ciò che appartiene agli antichi e rari Cimai j
delle Arti figurative, siasi quasi preso impegno di voler
trovar tutto in Toscana soltanto, e non siausi peranco
percorse con occhi eruditi le Città, le Biblioteche, gli
Archivj, e le private case eziandio delle altre Provincie
d'Italia. Antichità rare, nobili raccolte, superbe fabbriche,
meraviglie di pitture, dice il I\1affei aver trovate in tratti "'"'fj^'»^-
f' l ' Lfii. Tom. V.
d' Italia , che , per essere fuori delia strada Romana , i"^»- '"•
k
3ij8 ORIGINE DELLE STAMPE IN LEGNO ED IN RAME,
nessun vede. Ed in vero perchè la Toscana è senza
controversia l' Attica dell' Italia , non si vuol già infe-
rirne che tutto il resto sia Beozia. Osserveremo soltanto
in questo particolare degli incisoi-i delle antiche stampe,
di cui ragiona il Papillon , come antico sia il genio
delle Arti belle in Italia; dacché veggiamo sin dal Se-
colo XIII Gentiluomini principalissimi non solo proteg-
gerle, ma professarle; e quanto sia diversa dall' antica la
moderna Ilaliat I Grandi tra' Romani non curavano le
Belle Arti , o ne riguardavano soltanto i monumenti più
rari, come oggetto di lusso e di rapina. Gli Italiani
all'incontro, non contenti di raccoglierli, di ristaurarli,
vantano chi si studiò di emularli, e sin da Secoli semi-
barbari personaggi illustri , che , come gli antichi Greci,
si pregiarono di esercitar le Arti figurative medesime.
Anche rispetto alla stampa de' libri, i primi introduttori
di essa in Italia , che si associarono cogli Artefici venuti
di Germania furono Gentiluomini. Cosi i Massimi in
Lez^iDior. aua Roma; i Beggiami ed altri in Piemonte. I Tedeschi pure
Slampa e Mein.
manuscr. gj ingeguarouo ultimamente di provare , che uomo facol-
Esfauu"^ m;. toso e nobile fosse il Giovanni Guttemberg , cui si
QZ,m.''j!uyL.l attribuiscono i primi tentativi di quella invenzione.
Ma ritornando al monumento rarissimo d intaglio in
legno, lavoro degli illustri incisori sopraccennati usciti
dall'illustre Casato de' Conti di Cunio e di Barbiano ,
Hcinek. Ito so che il Barone d'HEiNEKEN vorrebbe mettere in con-
icoiioDdMian,p. cetto il PAPirxoN di troppo credulo, e di narrator di
^' '"' favolosi racconti. Concede però, ch'era egli uomo di
\
m CIAKFRAKCF3CO CALFAM N>IIC>E. ?C,^
carattere probo e di buona fede. Ora, ciò posto, chi
oserà negargliela rispetto ad un fatto eh" egli attesta ,
cioè di aver veduto cogli occhi proprj ed esaminato
gli infagli in legno che ci descrive? Difalti non gliela
nega il mentovato signor De-Murr , tuttoché anch' egli
Tedesco, e perciò naturalmente impegnato a sostenerle
glorie della propria Nazione. Che anzi biasima aperta-
mente i' Heineken per aver travisato questo fatto curioso,
cora'ei lo chiama, e notabile; per aver sostituito il Pon-
tefice Urbano* al Pontefice Onorio, e per aver detto, che
nell'anno 1720 il Papillon non poteva avere discerni-
mento sufficiente per esaminar il libro d'intagli in legno
di cui ragiona, essendo in età di soli quattordici anni;
quandoché il De-Muhr mostra , che ne avea per lo meno
ventiuno, essendo nato nell'anno iGg8. Ad ogni modo
la scoperta del Papillon dà maggior peso alla interpre-
tazione del passo di Plinio sopracitato recata dal Bianconi;
ed il passo di Plinio rende vieppiù credibile il racconta
del Papillon.
* » Je ne sais pas pourquoi M.' de Hei?<ekf:j cite si fausscmenl ce trait
« curipux et remarquable. Au lieu iI'Honore, il inet Urbai:;!, il dit que
» M/ Papillon était alors de 14 ans, il ea avait au uioins 21, claot
.» né en 1698.» Ds-MunR, hibl. de peinture, ec, he. cit., p. 453:
Anche il Daunou, che parla di questo fatto {^Anaìyse Jes vpinions àiversa
sur r origine de timprim. pag. 5a8 ) chiama, non so perchè, l'autenticità
di questo monumento injìniment suspecte; parlando però del giudicio, che
reca il Barone d' Heiuekem ilcll' opera del PATUa-ON, dic«. t* jugemerit
est Jbrt dur.
400 OBIGINE DELLE STAMPE IN LEGNO ED IN RAME,
Posto che r Arte d' intagliare le stampe in legno sia
così antica in Italia , non è gran fatto , che si trovasse
poscia quella dell' intaglio iu rame, invenzione che non
si contrasta oramai da veruno a Maso Finiguekra , e
che potrebbe essere anche più antica; dacché da molti
lavori di Niello possono essersi cavate stampe sin da'
tempi anteriori ; ed è impossibile il fissarne 1' epoca ,
perchè gli Artisti non si curarono di segnarla nelle
opere «loro. I lavori di graffito, che sono della antichità
più rimota , e che veggiamo persino in patere Etrusche,
sono vere incisioni in argento, od in rame. Chi può ad-
ditare clii sia stato il primo , cui sia caduto in pensiero
di cavarne in pergamena , od in carta la stampa mediante
qualche tinta? l'adoperar questa invenzione in tavole
Geografiche , che si è uno degli usi , a cui sia più pro-
pria, mal potendosi segnar con intaglio in legno i monti,
le spiagge, e l' irregolar corso de' fiumi; e, quello che è
più, incidere in legno in caratteri minuti i nomi delle
Città , delle Terre , e vadasi dicendo , fu pur cosa , di
cui se ne dee dare il vanto all'Italia. L'erudito Tipo-
grafo il signor Bartolommeo Gamba mostra, che nel To-
lomeo stampato in Bologna colla data del 1462 (ch'egh
prova però doversi leggere 1472), compajouo le prime
tavole geografiche incise in rame, come ne risulta dallo
avvertimento posto in fronte di quel libro evidentemente*.
* » Accedit mirifica imprimendi talcs labuins ratio tujiis iiiveiiloris laus,
DI GIANFRANCESCO GALEANl NAPIONE. ^Ol
Che anzi , crede inoltre il Signor Gamba , che possa esser
questo il primo e più prezioso monumento dell' incisione
a bulino, segnato precisamente con data, poiché ognun
sa, che il Dante di Firenze con figure incise in rame,
porta la data del 148 1. Il Marchese Scipione Maffei dà ,,^^^'1'^'"°"^
~ T^ ^ Illutl. .Panelli.
alla sua Verona la lode che in essa, prima che in altra "p- ^'•
Città, siasi posto mano a far uso di figure intagliato
ne' libri. Ne reca in prova 1' opera di Roberto Valturio
De Re Militari, stampata in Verona nell'anno 1472, e
conghiettura che delle figure in esso inserite, sia stato
intagliatore Matteo Pasti Pittore e Scultor Veronese ,
che trovavasi allora in Rimini , patria del Valturio. Ma
lasciando stare che questo libro del Valturio fu stam-
pato nello stesso anno 1472, epoca del Tolomeo di Bo-
logna, non dice il Marchese Maffei che quelle figure
fossero intagliate in rame, e si ha ogni ragion di cre-
dere che fossero in legno*, Arte, come da tutti si sa,
molto più antica, e di cui si continuò a far uso lungamente.
Quantunque trovata si fosse l'Arte dell' intaglio in rame
a bulino, e quantunque in Germania ed in Fiandra,
mercè l'accuratezza e diligenza propria di quella nazione
» nihìl illurum laude iufcrior qui primi literarum itnprimendarum arlem
» poprrrnint in admirationem sui studiosissimum quemque facillime con-
io verlcrf poti st ». Osservazioni sulla Geografìa ài Toi.osheo , fa!ta in Bologna,
colla data del MCCCCLXIl. esposta da Bartolommeo Gamba. Bassano 1756.
* Sono indubitatamente in legno le figure della Traduzione Italiana del
Valturio, stampata nella stessa Cillìt di Verona nell'anno i483 , Copia
di cui esiste nella Biblioteca della Uuiversità di Torino.
5i
402 ORIGINE DELLE STAMPE IN LEGNO ED IK FAME,
si fosse portata ad uq grado di perfezione e di finitezza,
come si può vedere nelle opere principalmente di Al-
berto Durerò, a cui parea che non si potesse aggiunger
nulla, se quelle dei nostri Bartolozzi, Morghen e Por-
porati non ci mostrassero, che quell'Arte era ancora
capace di ulteriori progressi; ciò non pertanto si continuò
a lavorare stampe di figure in legno sin oltre alla metà
del Secolo XVI con belle invenzioni , con buon Disegno,
e con una finezza sorprendente. Quello che contribuì a
far trascurar l' Arte dell' intaglio in legno , cosicché i
valenti Maestri non si curarono piìi d'intagliar in quel
modo i loro pensieri, e che da altri Artisti s'intaglias-
sero, fu l'essersi introdotta la pratica dell' acqua forte.
Ma questa, sebbeu trovata nel principio del Secolo me-
desimo XVI dal Parmigianino secondo il Vasari, e dal
loro Alberto Durerò, se dobbiam dar retta agli Scrittori
Tedeschi, penò lungamente a ricevere quella perfezione
che si ammira nelle stampe delCALLOT, del Le-Clerc,
e sopratutto del nobile, gentile, ingegnosissimo Stefano
Della-Bella. Le numerosissime stampe del Tempesta ,
che pur fiorì in fine del Secolo XVI, sono incise in
una maniera, che pare abbi^ troppo del terminato e del
crudo; e ciò seguì, dice il Baldinucci, perchè non era
Dine, e progr. aucora il dar l'acqua forte giunto alla perfezione, a
dell arie n inla- ^ o l '
vi" .ìrAnion'ió ^^^ ^ venuto di poi; e perchè egli badò a quello che
^«npisia p.3», gijjajjjasi pìtloresco , che è quanto dire, che le Opere
sue con buon dintorno, e colla ottima invenzione giovar
potessero a' professori dell'Aite.
Baiti innccl Co-
;!
VaMri Vila di
Aoloaio
B(>logna,ei) altri.
DI CIANFRANCESCO GALEANI NAIPIONE. /j.ù3
Continuarono adunque sino al Tempesta gli Intaglia-
tori di professione, ed i Pittori più particolarmente, a
lavorare con eleganza intaglj di stampe in legno. Alberto
Durerò vedendo con quanta lunghezza di tempo inta-
gliava in rame, si pose ad intagliare in legno, nel qual
modo di fare, dice il Vasari, coloro che hanno maggior
disegno, hanno piìi largo campo di mostrare la loro
perfezione ; e segue a dire il Vasari , che Marco An- mj,'"
TONIO contraiece in rame d intaglio grosso com era m Tomu.p. <ii,
, ITI- 1 • 1- 1 ii£>-r cdii.diRomadcl
legno, la rassioue che avea intagliato Alberto. 11 oig. Botati: vasari
<kid., p. 4i3.
Mariette parla di una stampa in legno , che rappre- ^3,;^,,, l^,,
sentava due femmine ignude , aggiungendo che non avea p'js^'Ba'i.uni'c!
mai visto cosa più bella, e che non dubitava punto che d°iràrie'd'eii'°l!
fosse disegno di Michel Angelo. Non isdegnavano perciò "'''° "' ' '■
d'intagliare in legno Pittori di primo grido, come il
Tiziano , il Parmigianino, ed il Beccafumi, o sia Meche- vasari /oc <-.v.
lULNO. Luca Penni intagliò in legno le opere del Primatic-
cio. Sono in legno le cose del Marcolini tanto lodato
dal Vasari; e tale era l'uso di adoperar l'intaglio in
legno nelle cose pittoriche , che lo stesso Vasari fece
intagliare in legno da Cristofoi'o Coriolako i ritratti
de' Pittori nelle vite da lui descritte, pubblicate nel i568, vasari/o.-. nv.
e da esso Vasari disegnate. Loda pure il Vasari me-
desimo le figure in legno , che il Giolito pose negli
Orlandi Furiosi. Ma la cosa che io sappia più dilicata e
più fina intagliata in legno , sono le Metamorfosi di
Ovidio, figurate in forma di Epigrammi, di Gabriello
SiMEONi, Opera dedicata alla Duchessa di Valentinois,
rag. 428.
P>E- 43j
4o4 ORIGINE DELLE STAMPE IN LEGNO ED IN RAME ,
e stampata iu Lione per Giovanui di Tornes aell'anno
iSSg. Picciolissime uè souo le figure , essendo la forma
del libro in duodecimo, e non occupando che un terzo
circa della facciata ; le figure ottimamente disegnate , ma
incise in legno, riputandosi allora in nulla discnuve-
uiente lo adoperar l'intaglio in legno in opera galante,
e dedicata ad ima gran Signora. Quello che è più nota-
bile si è che in legno sono paiimente la maggior parte
delle figure annesse alle Opere degli Architetti del i5oo,
sebbene, quando trattasi di misure, numeri, e lettere
sembrar debba , che il rame sia più adattato. L' Ar-
chitettura del celebre Leon Battista Alberti, stampata
dal Torrentino in Mondovì nell'anno i565, è adorna
di molti bellissimi intaglj iu legno. Cosi praticò lo stesso
elegantissimo Palladio nella sua Architettura che si stampò
la prima volta compita celi' anno 1670, ed anche a questi
uenina Bill, ultimi Icmpi il nostro Abate Denina mostrò di deside-
t>. IH, Cap. Ili, ^
p. 295. rare, che non si lasciasse negletta l'Arte d'intagliar in
legno , affinchè non si avesse a duplicar la spesa della
edizicrtie dovunque si stimi necessario d' inserir figure per
dare maggior chiarezza alla materia, di cui si tratta nel
libro.
ÌL.i
4ofi
LA LUNA ABITATA.
EGLOGA
DI GASPARE MORARDO.
LctU li 4 pratile anno 12.
Uranio, Osminio, Dorilo.
Uranio.
De
'uNQUE Strano vi sembra ed incredibile,
Che sia la Luna ai campi nostri inutile,
E persisfete ancora che discendano
Da lei benigni influssi a render fertile
Il nostro suolo ? Oh quanto Osminio e Dorilo
Siete mai stolli!
OSiMINIO.
Io ben conosco. Uranio,
II tuo saper , e troppo temerario
Sarei per certo, se nodrissi in animo
Voglia di teco contrastar. Ti cedono
Gli altri Pastor nel canto, come cedono
AUi canori cigni i rochi paperi ,
^06^ LA LUNA ABITATA,
O all'ussignuol la rondinella stridula.
Ma questo è poco: la tua mente estendesi
Di queste selve oltre gli angusti limiti,
E col pensier penetra i più reconditi
Arcani di natura agli altri incogniti.
Ond' è , che come da verace oracolo
Tutti i Pastor dalla tua bocca pendono.
Qualor ne spieghi del Pianeta fervido
L' occulta forza e le cagioni vai-ie ,
Per cui la Luna con aspetto ambiguo
Sempre ci miri; ed or le corna lucide
Innalzi , ora scemar di luce , or crescere
Si vegga , o resti avvolta in fosche tenebre ;
E tutto ciò che suole in ciel succedere.
Dorilo.
Anch' io fórse saprei dell'aurea cetera
Scorrer con dotta man le fila unisone ,
E trarne melodia soave insolita,
Sdegnando il suono della rozza fistula.
Forse degli astri e de' pianeti i varj
Moti anch'io spiegherei, se come Uranio
Tanti lidi strattier potessi scorrere,
E dalli Saggi nuove cose apprendere:
Che meco avara di sublime ingenio
La natura non fu.
di gaspare morabdo. /^0!j
Uranio.
Piuttosto, o Dorilo,
Ringrazia il ciel , che dalle selve pafrie
Nod partisti giammai. Me strana voglia
In queir età , quando più 1' uom vaneggia ,
Trasse lontan da questo placidissimo
Nostro soggiorno. Quanti io vidi incògniti
Lidi , e nuovi costumi , e nuòvi popoli,
Lungo fora il ridir: fin tra filosofi
M' introdussi talor , e di scientifiche
Notizie ricolmai la mente docile
Con molto studio , e lunga esperienzia.
Ma poiché insieme con l'^tà* più fervida
Mancò la speme lusinghiera , a prendere
Cominciai le cittadi in abbominio,
Che in ogni loco nere fi-odi e invidie
Regnar io vidi. AUor conobbi ( ahi misero ! )
Il ben che avea perduto , e stanco e sazio
D' andar più errando al mio natio tugurio
Disposi tostamente i passi volgere.
Ove da ciechi alletti esente e libero
Or meno i giorni più tranquilli e placidi
In sen d'amica pace. Ma a che tessermi
Si lungo elogio , Osmin ? Con lodi insolite
Vuoi farmi insuperbir.
4o8 LA LUNA ABITATA,
OSMINIO.
Vo' farti intendere
Che r alto tuo sapere ammiro e venero ,
Ne posso teco in modo alcun contendere ;
Ma che sia poi la Luna affatto inutile
A' nostri ■ campi . . . Oh questo poi, perdonami,
Strano mi sembra , e non saprei risolvermi
A prestar fede a' detti tuoi. Contraria
E affatto al tuo pensar la venerabile
Autorità de' vecchi, i quai lasciai-ono
A noi queste certissime notizie ,
Onde il terreno coltivar sapessimo,
E a tempo seminar.
Dorilo.
In fatti Titiro,
Quello fra noi sì rinomato Titiro ,
Che già cantò qual cosa i campi fertili
Renda, e in qual tempo il suolo arar si deggia,
E agli olmi maritar le viti, e accrescere
Gli armenti, e come conservar si possano,
E quanta esperienza, e qual sollecita
Cura le industriose api richiedano.
Vuole egli pur, che della Luna i varii
Giorni la terra in coltivar si osservino.
Altri essendo funesti ed altri prosperi.
DI GASPARE MORARDO. /fOg
Uranio.
So che Tlliio il dice : ma infallibili
Fuioa forse gli antichi, e quanto dissero
Si deve forse incautamente credere?
Dissero pur gli antichi, e il disse Titiro
Stesso, che dai Tori uccisi e fracidi
Nascono l'api: cppur quest' è una favola
A tutti nota. Oh quanto s' ingannarono
Gli antichi, or troppo incauti, or troppo creduli!
E ver che molte cose essi scoprirono:
E lor grado sappiam che ci spianarono
Primi il sentier così spinoso ed arduo ,
Che ne guida al saper. Ma non si possono
In una sola età tutti comprendere
Gli arcani di natura innumerabili
A umana mente ascosi. In ogni secolo
Si fan nuove scoperte; e i nostri posteri
Quante trarran dalle profonde tenebre
Belle notizie a' nostri giorni incognite ?
OSMINIO.
Eppur, se ben io mi ricordo. Uranio,
Qualor del flusso e del riflusso equoreo
L' alta cagion spiegavi nell' Arcadia ,
Dal Sole e dalla Luna il gran fenomeno
Insegnavi doversi sol ripetere.
Che se nell'acque, molto piia nell'aere
52
4 IO LA LUNA ABITATA,
DI quelle più leggier, e Febo e Ci'uzla
Produr potranno effetti nuovi insoliti,
Che per le piante tutte e belve ed uomini
Or benigni saranno, ora malefici.
Uranio.
Dalle alterazioni che nell' aere
Come nel mar in modi inalterabili
Dalla forza centrale si producono ,
Ne segue , che tra il Sole ed il terracqueo ,
E il lunar globo avvi una forza mutua ,
Ond'a vicenda ognor tutti s'attraggono:
E quest' attrazion certi fenomeni
Negli animali e in tutti i vegetabili
Dee cagionar sempre costanti e simili.
Ma l'azion lunare troppo estendono
Sulle terrestri piante i nostri agricoli.
In qua' giorni che infesti essi declamano,
Io seminai, piantai, ed abbondevole
N'ebbi il raccolto, mentr'essi con scrupolo
Della Luna osservando fasi varie,
Un pari atteso frutto non ne trassero *.
* Come nel mare, così l'influenza della luna nella terrestre atmosfera
ella è certissima. Quindi è pur certo che le atmosferiche alterazioni della
mutua attrazione de' due globi caj^ionate aver possono qualche influenza
nell'economia animale, e nella vegetazione.
Pretende Mead Medico Inglese, cjie la luna influisca moltissimo nelle
DI GASPARE MORAHDO. iij.ll
Ma per non più tenervi a bada , e sciogliere
I dubbj vostri in modo chiaro e facile
Ambi porgete attenti a me V orecchie.
Se io vi dirò che dalle nostre pratora ,
malattie. Le di lui osservazioni però né sono costanti , uè da altri valenti
fisici conrermale. Il celebre signor ToALno nella sua meterologia oppìicata
all' afiricollura , soslienn pure l' influsso lunare sulle piante; ma le prove di
questo chiarissimo osservatore non sono certamente altrettante dimostrazioni.
Le replicate esperienze del nostro chiarissimo Vassalli -Eandi sull'insa-
lata e le mie stesse tentale su varie pianticelle dimostrano la nulla • o
poca ellìcaoia del luuare influsso. lu ogni giorno delia luna seminò quel
degno nostro Collega l'insalata, che a pertinace opinione de' nostri ortolani
si è una di quelle piante, che del preteso influsso lunare più si risentono.
Ma non avendo egli giammai trovata la minima difl'erenza, eccetto -quella
(Iella varia età, giustamente couchiuse esser nullo in tal genere il lunare
influsso.
L'esperienze del signor Vassalli- E andi io ho ripetute su varie altre
pianticelle, come di pielrosemolo, basilico, maggiorana, fagiuoli , piselli,
ec. e avendone appunto sparsi i semi ne" preparali vasi in qtte' giorni , che
da' nostri ortolani sono interdetti, ne vennero le pianticelle prospere, e
rigogliose al pari di quelle , le quali furono esaltamente coltivate secondo
le regole più scrupolose degli ortolani.
Le stesse esperienze io feci intorno ad una pianta di maggior fusto, quale
il fico. Recatomi in Oneglia sul principio di brumajo \ anno 9 volli meco
nel ritorno in Torino trasportarne due teneri ramoscelli; ed il mio conta-
dino dopo avermeli preparali nella vigilia della mia partenza mi diede il
pressante ricordo di piantarli nel novilunio, soggiungendo che allrimeirti sa-
rebbero periti. Io però ridendomi del contadinesco pregiudizio . d'uno di
que' ramoscelli ne volli a bello studio differire la piantagione al terzo
quarto della luna . dopo aver piantato l'altro secondo il prescritto dal con-
tadino : e questo tuttoché con la slessa esattezza da me coltivato prosperò
con minor felicità. Da tutto ciò si dee dedurre che qualunque siasi l'influsso
lunare sulle piante, in niun conto se gli dee dare quell'estensione che comu-
nemente si vuole dai nostri carapaguuoli.
/j.12 I-.A LUNA ABITATA,
Da' nostri fiumi e bos(;hi ancoi* discendano
Fecondi influssi nella Luna, a ridere
Vi moverei: non e così?
OSMINIO.
Certissimo,
E olii dal riso trattener potrebbesi
Ascoltando tai cose ?
Uranio.
Eppure simile,
E per la Luna, e per la terra det)besi
Dir la ragion. E se da quella vengono
Influssi il nostro suolo a render fertile ,
Il nostro suolo ancor dovria trasmetterli
Nella Luna egualmente.
Dorilo.
E come intendere
Si può mai questo: e perchè vicendevole
Esser deve l' influsso ?
Uranio.
Perchè slmile
La Luna in tutto è a questa terra: e sorgono
Ivi alti monti: ivi son prati; e scorrono
E fiumi e rivi : ivi frondeggian gli alberi.
E come qui fra noi , innumerabili
DI GASPARE MORARDO. ^.iS
Abitatori nella Lima vivono.
In somma un altro mondo in lei racchiudesi
Simile al nostro, sebben di circuito
Sia quel globo del nostro assai più piccolo.
Dorilo.
Dunque la Luna è un mondo , e in lei si trovano
Mari, fiumi, campagne, e selve, ed alberi,
E abitafor, come qui in terra! oh capperi!
Che bella cosa? Ma rispondi, Uranio,
Gli abitator che nella Luua vivono,
Senza dubbio, saran tutti lunatici.
Uranio.
Sì, come vuoi ....
OSMINIO.
.... Eh ! queste belle frottole ,
Uranio mio, valle a contare ai bamboli:
E fede acquisterai. Io cosi facile
Non sono a creder fole, e so discernere
Dal nero il bianco, e dal cipresso il frassino.
Tempo già fu, che nell'età più tenera.
Quando io col capro misurar solcami,
E il capro era maggiore, allor rammentomi
Che in qualche notte più serena e placida,
Quando la Luna in ciel splcndea pienissima.
La madre dolcemente a se chiamandomi ,
414 LA LUNA ABITATA,
E alzando verso il ciel Ja man, dlcearai:
Vedi la Luna , Osmin. Mira quel vecchio
Pastor, che là cammina: allento osservalo:
Ve' quel cesto di frutti, ond' egli è carico.
Ella così dicea, ridendo: io semplice
Credeva allor, che il ver dicesse, ed avido
De' frutti , col peusier verso quel lucido
Globo spesso mi alzava, e intento d'aria
Sol si pasceva il mio desir famelico:
Or non son più così. Di già svanirono
Dalla mia mente i folli pregiudizi
Di fanciullesca età. Piuttosto a Dorilo
Puoi vender queste fole : egli più docile
Forse ti crederà.
Dorilo.
.... SeBben più giovane
Io sia di te, non son però si stupido
Da trangugiar cose cotanto stranie;
E ben potresti, sin che il Sol nell'equore
S' immerga , sempre cicalare , Uranio ;
Ma indarno affé, tu non potrai convincermi.
Uranio.
Pur mi lusingo che non fia difficile
A convincervi entrambi. In tal materia
Prima pensate che non dee già credersi
Vero sol ciò che a' nostri occhi presentasi:
DI GASPARE MORARDO. ^ì5
Ma molte cose ancor che non si vedano,
0 non si poa veder, fa d'uopo crederle,
Quando il dimostra la ragion. Se sciogliere
Le penne al ciel , come gli augei , potessimo ,
1 nuovi abitatori allor vedrebbonsi ,
E sariati sciolti tutti i nostri dubbj.
Ma perchè fin lassù non si può giungere,
Perchè non li vediam , pare una favola
Ciò , che per altro è troppo verisimile.
Infatti, se come testé diceavi
Alla terra abitata in tutto è simile
La Luna , non vi dee certo sorprendere
Che anch' essa conti abitatori e popoli.
OSMINIO.
E questa somiglianza, eh' è falsìssima,
La Luna è un corpo tutto acceso e lucido,
Che può qual face rischiarar le tenebre;
Ma la terra non già.
Uranio.
.... Sempre appariscono
Qualor divise son da lungo spazio
Le cose agli occhi nostri assai dissimili.
Il chiaror della Luna egli è un riverbero
De rai di Febo , quando alle lunatiche
Genti ne porta il giorno; e se scorgessimo
4l6 LA LUNA ABITATA,
Dalla Luna la terra, ardente e lucida
Ne apparirebbe anch' essa.
Dorilo.
.... Il dirlo è facile :
Ma a capirsi non già.
Uranio.
.... Vedesti, o Dorilo,
Mai' da lontano alcun borgo o villaggio
A dinotare qualche festa insolita
Di notte illuminato ? in quelle tenebre ,
Senza poter oggetto alcun discernere ,
Avrai veduto fiammeggiare e splendere
Come un gran corpo senza forma ed ordine.
Tal è la Luna appunto: in lei riflettono
Stesi per l' ineguale superficie
I rai del Sole, e ripercossi scendono
Gli occhi nostri a ferir, e ci presentano
Un luminoso globo. Invan distinguere
Vorresti poi le selvQ, i prati e gli alberi,
Le valli e i monti in quello lontanissimo
Orbe disposti: benché qualche indizio
Porger ne ponno le diverse macchie
Del lunare emisfero, in cui si veggono
Altre parti men chiare, altre più lucide.
Altre increspate, e in certa guisa tremole.
Questi son monti, e valli, e mari, e rivoli,
DI GASPARE MORABDO. 417
Che della luce i corpicciuoli e gli atomi
Battendo in su la scabra superficie
Di dure selci, o d' alte rupi asprissime,
Con impeto maggior quindi risaltano,
Ol'frcndo alle pupille un vivacissimo
Aureo fulgore, ma se poi s'intrudono
In cupe valli, o in luoghi oscuri e vacui,
Non ribalzano indieti-o, e non cagionano
Che dcbol luce, ma suiroride mobili
Fanno diversi effetti, e a noi tramandano
Un lume incerto, come allor che cadono
I bei raggi di Cinzia in seno a Tetide
Risplcude il mar di vago lume e tremolo.
OSMINIO.
Or via, facciara che nella Luna siano
E terre, e fiumi; non potrai. già sciogliere
Un certo dubbio, che or mi nasce in animo.
Mentre spiegavi un di, come sei solito,
Della pioggia , del gelo e della grandine
Alli pastor la sconosciuta origine ,
Mi sovvien che dicesti esser le nuvole
Certi vapor sottili ed invisibili ,
Che dai fiumi, dal mar, dai prati n'escono,
E ia folte nubi poi nel ciel si addensano.
53
4l8 LA LUNA ABITATA,
Uranio.
Tu dici il ver. Ma che han die far le nuvole
Con gli abitaati del mondo lunatico^
OSMINIO.
Or lo vedrai. Se nella Luna fossei'o
Campagne, e mari, fiumi, uscir dovriano
Anche lassù vapori , e alzarsi in aria ,
E condensarsi poscia in folte nuvole.
Quindi anche a del seren spesso vedrebbesi
Cangiar d'aspetto la lunare immagine,
O varie almeno comparir le macchie ;
Ria queste sempr' eguali in lei si scorgono,
E slan ne' luoghi stessi ognora immobili.
Dunque nubi lassù mai non si veggono.
Or se le nubi dai vapor si formano ,
Dunque là non vi sou campagne e pratora,
E mari, e fiumi, che i vapor tramandino.
Oppure son di tal natura insolita ,
Che vapori dal sen mai non esalano ,
li che per certo sembrami impossibile.
Uranio.
tv/i. <J , . J . . L.f
Ottimo è il tuo pensieri e non v'ha dubbìd
Che ognoF dai corpi particelle minime
Escono fuori, o perchè un insensibile
Interno moto le cotnmove ed agita,
DI GASPARE MORARDO. /{.ig
O ptii* le Spinge altra oigioa ostriaseca.
Ma non è vero già che tutti iu nuvole
Si faranno i vapori: altri da frigida
Aria addensati per lo ciclo ondeggiano ,
Fiupliìj dispiolti in pioggia ,' a in. neve , o in grandine,
Sulla terrai oade uscirò, indi rlcadotio: ' •^/f,'!)
Altri" poi disuniti iu aria s' alzano,
E senea formar nubi , si mantengono
Sempre fra lof divisi; ìndi si sciolgono U
In stille idi rugiada sottilissime, ^ .3
Che poscia sul mattin veggiam risplendfre ■
Quai perle sulle verdi erbette tenere.
Ai nostri adunque che rugiade formano ,
Della Luna i vapor son tutti simili.
Ed in quell'aria assai più pura e tenue
Mai non si vcggon nubi; eppur non mancano
Del necessario umor le biade e gli alberi:
Che le rugiade a fecondarli bastano.
Ecco scioUo il gran dubbio.
.,„.^... i, r
OSMINIO.
.... In vero Uranio
Questa ragion mi piace, e quasi sembrami
D'esser convinto; ma non so comprendere
Per qual cagion più amica e più benefica
Siasi mostrata la natura ai popoli
Della luna che a noi; mentre più limpida
420 LA LUNA ABITATA,
Aria e più pura a lor concesse, e dicdéla
A noi più densa.
Uranio.
... : Oh quest' è iln privilegio
Che poco giova , né dee farci invidia ,
Se hanno 1' aria piìi chiara e senza nuvole :
Ma la vista giammai goder non possono
Di tanti vaghi e lucidi fenomeni,
Che appariscono a noi. Non veggon l' iride
L' arco suo colorito in ciel dipingere:
Né impressa mai nel lucido parelio
Del sole sfavillar la bella immagine;
Che senza nubi , come già conoscere
Vi ho fatto un giorno, non si può né l'iride,
Né il parelio formar.
* Dorilo.
..... Poco vantaggio
Certo questo non é che in ciel si veggano
Da noi sì vaghi oggetti, i quali ai miseri
Lunari abifator giammai non splendono.
Ma parmi ancor che più di noi si debbano
Slimar felici: mai quel ciel ingombrano
Oscure nubi, e se parelii ed iridi
Non ponno vagheggiar, alraen non temono
Impetuose pioggie, o nevi, o grandini;
Né mai sul capo lor con luce orribile
DI GASPARE MORARDO. ^Zì
Veggon strisciar le strepitose folgori ,
Che spesso in noi lauto timor cagiouaDO*
E tanti dauci.
Uranio.
.... Ben t' apponi, o Dorilo.
Sai ben che in ogni luogo esser non possono
Tutti i beni raccolti : ma la provvida
Natura volle a suo piacer dividerli ,
Onde tutti felici , o tutti miseri
Non fossero i mortali. A noi giovevole
E l'aver densa l'aria, e giova ai popoli
Della Luna l'averla assai più limpida.
OSMINIO.
Tutto va bene. Ma che razza d'uomini
Son mai color che nella Luna vivono.
Uranio.
Oh questo si che veramente è un dubbio ,
Che scioglier non si può. Ma ve' che d'uomini
Io non parlai. Abitatori e popoli
Sol gli ho chiamati.
Dori lo.
.... Io non m'oppongo, Uranio ,
Ma se uomini non son, saranno bestie.
4'^2 la luna abitata,
Uranio.
O siano bestie, o genti ragionevoli
Indovinar noi so: molto dissimili
Saran da noi per certo. E se nell'Indie,
Che parti son del nostro mondo , vivono
Abitatori a questi nostri popoli
Di color, di sembiante assai dissimili,
Pensa che sarà poi di quell'incognito v'
Mondo lunare con sì vasto spazio
Da noi diviso. E chi può metter termini
Alla sempre feconda ed ammirabile
Virtìi della natura. Oh quante specie
Di viventi ha prodotte. In una foglia
Talor v' è un mondo di certi invisibili
Animaletti, e quindi in uu sol albero
Tanti mondi vi son, quante le foglie,
Tutti abitati. Or pensa tu se vacuo
D' abitator lasciato avrà la provida
Natura il globo della Luna. Io crederlo
Non posso al certo. .
OSMINIO.
.... Oh se qualche commercio
S'aprisse un dì fra que' viventi incogniti
E il nostro mondo ! . . .
DI CASPARE MORABDO, i^lò
Dorilo.
Oh se approdar potessimo
• • • •
f
Ai lidi della Luna !
U B A N I O.
.... Un tal viaggio
Sarebbe alquanto lungo, ma potrebbesi
Tentar con sicurezza. Già distesero
Alcuni un' ampia carta geografica
Della terra lunare, e i mari, e l'isole,
E le citfadi , e i fiumi, e i monti altissimi
Coi loro nomi esattamente esposero.
Dorilo.
Ma ciò che giova, se non è possibile
Far viaggio per aria?
Uranio.
... ; Un dì potrebbesi
Anche a questo arrivar. Chi sa ? si scoprono
Di tempo in tempo nuove cose.
OSMINIO.
.... Uranio
Questo noi credo al certo : in pace vivano ,
Se cosi vuoi, gli abifator lunatici,
lo non m' oppongo : ma a volate in aria
424 I-A LUNA ABITATA,
Altro vi vuole, e a rinnovar di Dedalo
L'antico volo, non mi par bastevole
L' arte dell' uomo.
Uranio,
.0 r M A fi U
r>ì iiU. . .Eppur non è si stranio,
Come tu pensi. Alcuni già sii viderès otldoii''
A' nostri di su glòbo 1 areostaticojia luy.ì 'ifAuuV
Volar da un luogo all' altioy e "un lungo iapazio
Correr d' aria , volando. Or si comincia
A poco a poco a viaggiar per aria, .. ..
Come si cominciò ne' prischi secoli r,,-i! i;,/
Per r onde a viaggiar. Con legno fragile
Prima solcaro il niàr vicino al litore ,
Poscia più s' innollraro : indi costrussera
Robuste navi , e per l' immenso Oceano
Animosi correndo , alfin ne giunsero
AUi rimoti sconosciuti antipodi ,
E scoprir nuovi lidi e nuovi popoli ,
Che un tempo si credevano impossibili.
Tu il primo fosti che il viaggio insolito
Tentasti, o gran Colombo, illustre figlio
Del Monferrino sUolo, e il nostro Cuccaro*
(.!. .. .
* Dal nostro collega Nappiome fu dimoslralo ad evidenza essere Cuc-
care la vera patria di Cristoforo Colombo nella sua dotta ed erudita disser-
tazione su questo soggetto.
DI GASPARE MORARDO. 426
Che la tua culla fu, per tutti i secoli
Audrà superbo giustaoicule e celebre
'Hi viucitor del procelloso Oceano
Ardisti oltrepassar le mete d'Ercole,
E del tuo lungo corso il mondo incognito
Fu la mercede, e il i'ortunalo termine,
E perchè un giorno non potrà succedere
Che resi nel volar più esperti e pratici
Gli abitatori della terra arrivino,
Come già a quelle dell' ignota America ,
Alle spiagge lunari.
Dorilo.
.... In ver probabile
Col tuo parlar fai comparire, o Uranio,
Le cose ancor piià strane ed incredibili.
O s M 1 N I o.
Ma già s' asconde il giorno , e già risplendere
Si scorge da quel monte il raggio candido
Del gran mondo lunare. Or io m'immagino
Di veder ivi i curiosi popoli.
Che del nostro parlar diletto prendano.
54
42c la luna abitata.
Uranio.
Noi pur potremo a nostro beneplacito
Di lor parlare. Or fia miglior consiglio
Il ricondurci al nostro umii tugurio
A ristorar col sonno i lumi languidi.
Forse dormendo voleremo in aria,
E vedrem della Luna i nuovi popoli.
Sol può farsi dormendo un tal viaggio.
427
LA MORTE DI D ES AIX
OSSIA
LA GIORNATA DI MARENGO
POEMETT O
DI VINCENZO MARENGO.
Letta li ]8 piovoso anno i3.
(5tavan le squadre a fronte, e torvo Marte
Dal ciel guatando ai corridor die spinta,
Che la ferrea quadriga in larghe ruote
Tra crebri lampi di sanguinea luce
Del Tanaro jx)sar sul manco lido.
Dlscoiclia allor della viperea sferza
Fischiar lo scoppio, e del pugnar fé' cenno.
Quindi Melasso di recenti palme
Superbo in cuor colla. Germanie' Oste,
Quindi sceso dal ciel , piucchè dall' alpi ,
Sola speme d' Italia , il Franco Achille
Prescrivean della pugna i modi e l'arte.
Quel dubbio in atto, ed a serbar l'antica,
Piucch'a cercar novella gloria inteso,
L' impeto ostile , e a sostener la zuffa
4^8 LA MORTE DI DESAIX EC,
Pensa piucch' altro; di'viltoiia al vanto
Aspira il Franco, penetrar le schiere,
Rovesciarle, atterrarle, e lor di scampo
Chiuder la via nel suo pcnsier divisa,
E previen colla speme il pien trionfo.
Posti gli ordini tutti, ecco ad un tratto
Per tre foci nel pian contro le Franche
Sboccan l' Austre Colonne , e 1' una all' altra
Serve ristretta di sostegno e base.
Pari ordinanza il Duce Franco, oppone
Al Guerriero dell' Istro, e fermo al piano
Le nemiche falangi avido aspetta.
Giù dispar la distanza, e quinci e quindi
Misto il Franco al German tinge a vicenda
L' aride glebe ed a vermiglio i campi.
Al fragor delle trombe, al tuon de' bronzi,
Al nitrir de' cavalli, al calpestio
Delle zampe sonanti, e cielo e terra
Sembran crollare, e vacillar dell'urto.
Chi dello scontro procelloso i casi
Ridir potrebbe, onde l'Austriaca possa,
E il Gallico valor vennero a fronte? .
A mille intanto dall' opposta rocca
Spinte, volar da' cavi bronzi all'aure
Vedi le morti; ma timor non cape
Entro i Gallici petti, e fermo il Duce
Sovrasta a tutti , è tra i perigli esulta.
Già con varia fortuna al manco lato
DI VIN'CENZO MABENCO. 1^2^
Combattevano i Franclii, e immensa piena
Dell' Austriache falangi il mezzo ingrossa
Sempre al centro rivolta, onde il nemico
Svolger di fianco; in quella guisa appunto
Che del lago Lemanno allor eh' incalza
Da tergo i flutti procelloso turbo,
Rompe il Rodano i lidi, o dal Verbano
Gonfio il Ticin di soverchiar minaccia
Precipitando al pian gl'Insubri campi;
Cosi al numero immenso , all' urto al pondo
Della congiunta massa all'un de' fianchi
Sono astrette a piegar le Franche schiere,
E d' obbliqua ordinanza a prender forma ,
Per dar campo alla foga onde trabocca
Per triplice torrente il Cer nemico.
Ma stan gli ordin connessi , e palmo a palmo
Si contende il terren sempre di fronte ,
E si vieta pel mezzo all' oste il varco.
Per r alto intanto sull' instabil ruota
Volteggiava Fortuna , e agi' uni e agli altri
Godea porgere il cria pendente e prono,
E sottrarlo a capriccio , e de' guerrieri
Le speranze e 'l timor prendere a scherno.
Già più volte avanzando , ed or cedendo
Il Francese o 1 German corre e discorre
Quanto si sfende il sanguinoso campo.
Come opposti sul mar turbin di vento,
Menano a fronte due marèe sonanti,
400
Che di flusso e riflusso orribilmente
Summovono a vicenda il piano ondoso.
Cozzano i flutti , e l' un 1' altro cavalca ,
Crolla da lunge, e ne rimbomba il lido.
Ma la vittoria, che fedele al fianco
Veglia ognor dell'Eroe, sua dolce cura,
Che delle pugne al par conta i trofei ,
Adocchiò la proterva, e'I crin pendente
Colla destra afferrato, al sanguinoso
Asse fervente del suo «arto avvolse ,
E a seguirla costrinse a suo dispetto :
Allor nuovo pensiero al Franco Duce
Spira nel cuore, onde a se chiami il fido
Intrepido Desè così parlando :
A triari la pugna ecco è ridotta ,
E con tutte le forze ia tra congiunte,
Calda per ogni lato arde la zuffa ,
Stanno a stento in bilancia i fianchi oppressi,
Drizza Tu la tua schiera all' ostil centro.
Romperlo a forza , penetrar nel mezzo ,
Rovesciar su di lor l'ali divise
E il sol mezzo di scampo e di vittoria.
Mentre all'urto n'andrai, tutte a seconda
Io drizzerò le ricomposte schiere.
Disse, e'I prode Guerrier come da macchia
Si scaverna leon, cui lunga fame
Spinge mandra a investir eh' ingombra il piano ,
Muove all' urto i suoi prodi ; al duro scoatrj?
DI VINCENiO MARENGO. i\?) \
Sono i primi travolti iu sui secondi,
E rimbalzano questi in sui sezzai
Sopra mucc'lu d' estinti e semivivi
S' alza ed innoltra il condottiero , e s'apre
Varco su varco e vincitor sovrasta;
Segue il suo Duce la fremente schiera
Per la via che il valor segna e dischiude,
Pie con piede scontrando , e brando a brando ;
Già son gli ordin scomposti, e piega e cede,
E spalancasi il centro, e qua e là
Si rovescian le file, un mar di sangue
Scorre ed inonda il combattuto campo.
Già più pugna non è tra gli Austri e Franchi ,
Ma strage orrenda e disperata fuga,
Già plaudendo Vittoria al franco Eroe
Lo circonda coli' ali, e cala il serto;
Quando nel sen della Vittoria istessa
Da mortifero colpo il cuor trafitto,
Ahi eh' il prode Campion cadde improvviso.
Cadde TEroe, ma nel cader travolve
Seco l'Austra baldanza, e a' suoi di scampo
E la sua morte invidiabil pegno.
Lui le Ninfe del Tanaro cadente
Lacrimar sospirose, e '1 crin disciolte
Diero lungo ululato intorno ai lidi;
Eco fccer dell' Istro , e del bicorne
Reno , della Mosella , e sin dd Nilo
Le rimote germane al lor lamento;
k
4^2 LA MORTE DI DESAIX EC. ,
Lui non seuza pietà mirò dal carro
Marte superbo; dal ferale aspetto
Torse il guardo, e die volta in ver l'Olimpo,
Il suo nome a portar di gloria al Tempio.
Oh destra invitta ! oh valor prisco! oh quanto
Dovrà lutto coprir le tue contrade ,
Francia, allor che del gelido feretro
La feral pompa trapassar vedrai !
Troppo, ahi troppo superba, o Franca terra,
Ita saresti del Campiou , che sólo
Ti mostraro per poco i fati avari ,
Se piìi lunga carriera avea concessa !
Ei ch'in sì fresca età l'Asia e l'Europa
Piene avea di sue gesta , e alla tua speme
Per le vie della gloria alto crescea.
Nuovo Scipio al terror d' altra Cartago *
Già l'altera Albione al di lui nome
Scoloriva il sembiante, e quando in cielo
Fosse il punto maturo all'alta impresa,
Che il Franco onor che 1' universo aspetta,
Visto avrebbe tra' primi il giovin prode
Del turbato Tamigi in sulle sponde
La Franca inalberar temuta insegna,
E da scogli nativi invan difeso.
* E nota a tutti la franchezza, colla quale il Generale Desaix in iin
convito diplomatico portò il brindesi seguente all' Ageute del Governo
Britlauico; à la destruction de la nou>'ette Cartage.
t)I VINCENZO MARENGO. 4^^
Cedergli il vaico il disloal Britanno.
Invidiò 1 destia si nobil vanto !
Ma che? la morte è solo morte a quello,
Ch' un punto al nulla, ed all' obblio conduce,
Kè di se lascia fama appo la tomba,
A quel non già, cui da virtulc eterno
Durar nel mondo, e dell' onor sul campo
Nasce a vita novella allor che muore.
Ah sì , prode garzon , di te costante
Fama vivrà nell' universo intero ,
Mentre premer col pie gli astri tu godi,
E spaziar per le celesti sfere ,
Nullo avrà di te vanto acerba morte.
Finché il padre Eridan , se non è vana
La possanza de' carmi incontro a Lete,
Finche la Senna al mar porferan l'onde;
Finche l'Itale spiagge e 'I Franco suolo
Saran d'ogni bell'arte asilo e nido,
E il promesso dal ciel suprem.o vanto
Terran- su quante il sol genti circonda.
Mai non fia che sottragga ai dì futuri ,
O il tuo nome ricopra iuvid' obblio.
65
434
DEI TORSI SEGUSINI
DISSERTAZIONE
DI GIUSEPPE FRANCHI -PONT.
Lslta ai i3 nevoso anno i3.
J.L tempo , che non perdona alle moli più robuste, e
sontuose , in compenso degli oltraggi , che va di con-
tinuo facendo all' industria umana , ci restituisce una
parte delle sue prede , e lascia talvolta comparir di Lei
nuovo alla luce parte di ciò che sotto le rovine giace
sepolto. I secoli scorsi diventano in questo modo mae-
stri di quelli , che tengono dietro ; ed i monumenti an-
tichi , nel mentre che destano utilmente la curiosità a
contemplarli , ed eccitano 1' animo ad emularne la pei'-
fezione , reprimono coUa eccellenza loro l'orgoglio de' vi-
venti. Altronde poi gU studj di siffatti monumenti pare,
che estendano l' esistenza nostra al di là dei termini
dell' umana vita ; ci è avviso di vivere in più d' un' età ,
e crediamo , che men ci debba increscere la morte ove
per noi tramandar si possa ai posteri una di quelle
opere , per cui è in estimazione la memoria degli an-
tenati. Questa felice continuità di vita intellettuale , i
Dt GIUSEPPE FRANCHI-PONT. GAP. I. ^3S
nohill desideij , die in noi sorgono di perpetuarla , si
destano specialmente alla vista degli avan/.I maestosi
delle arti antiche. Nessuno dubita , che 1" eccellenza
delle arti moderne , e la rapidità de' progressi , che fe-
cero in Italia , in nìassima parte si debba alle poche
reliquie , che s' andarono scoprendo delle antiche arti ;
reliquie preziose , che furono il seme di tutto il buono,
di tutto il hello , che si riprodusse dappoi. Ecco il mo^
tivo , per cui ad ogni animo gentile , e ad ogni collo
ingegno, gradito, e soave riesca oltre misura lo studio
dell' Antichità , e con tanto maggiore amore da lui più
attentamente si considerino le produzioni veramente pre-
gevoli delle beli' arti , quanto più sono vetuste. 1 due
torsi di recente trovati in Susa , a voi , Accademici chia-
rissimi , devono essere cari per queste ragioni. Voi
piocuraste , che se ne ricavassero con esattezza i gessi,
mentre stavano nelle sale della vostra Accademia piima
che si tra,sportassero ad ornare il museo di Parigi: non
{sgradirete pertanto, che intorno ad essi vi proponga
le mie congetture * dirette ad illustrarle , ed a spar-
gere se non altro qualche luce sulla patria Istoria nei
tempi Romani.
* L'Aiilore indirizzò la presente Diiserlazioiie alla Classe di LeUera-
tiira , e Belle Arli nienlre era corrispondenle dell' Accademia. Fu poscia no-
niiiuito membro dell' Accademia residente . nell' Aduuauza dei 23 Ventoso
anno i3.
'436 de' torsi segusini
CAPO I.
Torsi loricati dì marmo trovati in Susa : varie specie
di Lioriche.
Di bianchissimo marmo sono i Torsi delle due sta-
tue colossali • trovati in Susa nel demolire le Go-
tiche mura di quella Città , ed in poca distanza dall' Ar-
co , che ad Augusto innalzò Marco Giulio Cozio. Man-
cano della testa , delle braccia , delle gamljc , ma in-
tere hanno le coscie , ed intatto mostrano il tronco co-
perto di loriche , o corazze , fregiate di bassi rilievi
maravigliosamente intagliati. Se il Torso detto di Bel~
vedere ^ c\\e si vuole rappresentasse Ercole , ma quando,
Sciolto da tutte qiialitadi umane,
divenne sopra il monte Aeta immortale , ebbe il vanto
di chiamare a preferenza d' altri insigni monumenti
* La grandezza loro è d'un lerzo circa maggiore della naUira. Non
avendosi più gli originali non si può più asserire di qual marmo precisa-
mente sia il materiale di essi. Il marmo dell' Arco è marmo bianco della
contrada, delle cave, delle ora di Foresto , da un villaggio vicinissimo alla
Città. Potevano essere le statue di qualche pezzo di quel marmo di grana
più fina. Del rimanente non manca, nelle alpi vicine marmo bianco statua-
rio finissimo , come si è quello detto ora di Pont , che gareggia di candore
co' marmi di Luni , e di Faro.
DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. CAP. I. 4-^7
dell' arti Greche 1" attenzione , e lo studio di Michel-
An<j;elo Buonarroti, furono i Torsi Secusini, delti i mi-
gliori nella elasse de' loricati dall" Artista sommo , che
emula i Gi-eci , e non teme il confronto di nessun
de' moderni , vale a dire da Antonio Canova ' , che
li vide nel recarsi di I\t)ma in Parigi , dove attende-
vasi Fidia novello. Non molte statue loricate s' incon-
trano d' ottimo stile nei musei , e nelle gallerie. Quella
parimenti colossale del Campidoglio, creduta volgar-
mente di Pirro , dal Winkelmann tenuta per f imma- sioria" .'.^irArK !
,, . . , . ... Tom. I, lib. X.,
Cine d Agamennone , ma con più ragione i)er 1 imma- cap. n., pag.
... i63, Rom« 1781
gine di Marte dal chiarissimo \l5co^TI , è condotta con »" 4-°
assai minore maestria negli ornati appunto della lorica,
giacché il rimanente , trattane la testa , è di restauro
moderno. Non ristorati allo incontro , ma quali dal sito
si estrassero ove giaceansi , 1" antica loro bellezza ser-
bano incontaminata i nostri Torsi , che eziandio lori-
cati daniTD esatta ragione del nudo in ogni parte espres-
so con intelligenza grandissima.
* Il signor Anloiiio (Canova nel passar per Torino mostrò desiderio
d' aver copia e.inllissirra di qiipsli liusli , il che venne eseguilo dal valoroso
giovane disegnatore il signor Angelo Bouchf.RON figlio del rinomato signor
Gio. Battista BoucHEnoN , già Direttore della regia orifireria , che ad una
rara perizia nell'arte sue conpiunge una profonda cognizione del disegno,
brio e buon gusto nel!" inventare, ed una franchezza di mano inimitabile.
Qui si uniscono i rami intagliati da! signor .angelo , che emula in fresca età
la celebrità del padre. Anche il signor Monticom già noto per altri prege-
voli lavori all'Accademia delle Scienze ec. La disegnati pitlorescamenle i
medesiuii Torsi Secusiui.
438 de' torsi segusini
Noto ò , che di vario materie si facean loriche, di ra-
me , di ferro , di bi'onzo , d' oro , di ciiojo , di lana ,
di lino. Si procurava sempre , che aggiustar bene si
potessero alla persona. E rispetto a ((uelle stesse di
feiTO , quanto si studiasse di fare in modo che secon-
dassero la forma del corpo , s' iinpara da quel discorso
di Socrate con un fabbricator di corazze, che ci venne
uiorlb.'LcraT* conscrvato da Senofonte : e per renderle poi più leg-
giere, e pieghevoli si composero di picciole lam inette di
metallo fingenti squame di pesce connesse artificiosamen-
te. Queste si dissero all' uso Persiano , perchè dai Per-
eow""E°iop1che sìaui Cominciarono ad adoperarsi. Eliodoro ne descrive
'■ ■ una graficamente; e non dissimili erano quelle composte
da parecchi anelletti di ferro, di rame, o di oro da am-
bo i capi a guisa d' ami uncinati , e che perciò si dissero
amate, o da lena te -, e hìlicl , tiìlìcl, se di due , odi (re
fila ne fosse la tessitura. Di una simile fece Eleno dono
v;rg. Aeneid. ad Enca in quel tenero , ed amorevole comfhiato , che
lib.lll.Teri. 467. ^
si diedero c|ualora partissi dall Epiro 1' Eroe Trojauo.
.... stipa tque carìnis
Loìicam conseilani hamìs , auroque Irìllcem.
A norma di esse se ne formarono d'altrettante cor-
dicelle di lino , e più comunemente solca il lino porsi
in macero neh' aceto , e condensare a modo che si fa
il feltro , tanfo che giungesse alla grossezza d' un len-
zuolo dieci volte e più piegato , e couclilarii vi eran
DI GirSEPPE FRANCHI-PONT. CAP. r. ^3c)
detti gli artefici. Sino dai tempi Omerici s' adoperarono
loriche di tal geneie. Ajace Oileo , ed A^Flo cliia-
mansi ao-oSw/ih^ assente il torace eli lino. Cornelio ISi- iioin«. iii.d.
POTÈ riferisce , che Ificrate , in cambio delle coiazze «'•• 537.
di ferro , .0 di bronzo , mise fuori corazze di lino , on- com. sep. in
de i soldati fossero più spediti; ed abbiam da Plutarco '"'"''•
'^ ^ . . . Plulor.iu Ale-
che portava Alessandro un doppio torace di lino. Lu "n^ro.
tale liso passò dai Greci ai Romani. !Nel tumulto, che in
Roma eccitò la rivolta d' Ottone , Galea indossò una sveioaim «
Calla.
lorica di lino, e di lino penso, che abbia fìnte il nostro
Scultore le loriche dei Torsi Secusini * . Se finte si fos-
sero , non pur di metallo cjualunque , ma di cuojo , già
non si dovcan di tanta finezza supporre, che ogni mu-
scolo il più dilicato , anzi il respiro della persona dis-
sotto apparisse delle medesime. Pare che vincano in
dilicatezza le tele eoe e bombicine , tanto si foggiano
sul nudo , e da quello mirabilmente s' infoimano. Da
ciò si lileva , che non tutte le loriche di lino erano
dense del paro. Ve n' eran di tali ,
• Non solamente dagli nnticbi Sciitlori si fa menzione di corazze e di to-
rari di lino ; uia liulee corazze s' ìuroHtrano pur anco Ira le antiche scol-
liire, ed una simile viene riportala dal chiarissimo Ennio Quirino Vi.^cWTl.
Egli nello illustrare un gruppo di ritratti Romani in sembianza di Venere
e Mai le osserva , die alla gamba sinistra del Marte fa sostegno un tronco ,
sul quale è posalo un loiace lintfo, foggia di armatura ( come nota anch'esso
il Visconti ) molto usal.T presso gli Anliclii - Scoìiure dtl palnzro della ì'illa
Bnrfjtese della Piuciana , parie II, Slama J'I, N.° 3, p. 4° •' licma 1796,
m 8.0
2b mano.
44° de' TORSI SEGUSINI
Parie"."" ^°°' Ov'fi soleo spu/ìlarsì ogni snella,
che ben si "[iotevano con sicurezza usare in" bava-
glia : altre proprie specialmente alla caccia, .cosicché i
deuti delle fiere vi si implicavano , e non potean, tra-
Anici». liggevle; e talune cosi leggiere, che non si portavano nei
2^^1'icoli se non coperte almen d' una fascia di metallo
di laighezza sufficiente, chiamata yo^^^ora /e, o torace, lo.
questo caso le corazze di lino cran dette suharnialì ] e
senza torace si saranno per avventura adoperate nelle
pompe. Il collega nostro il Sig. Gian PVancesco Galeani
air^nioreTsot Napione , clic mi fcce auimo a recar ad elTetto l'idea
mia di illustrare cpiesti antichi monumenti d'una Città,
in cui fece egli residenza durante alcuni anni, e di cui
conserva grata memoria, somministrandomi anche a tal
uopo parecchie notizie , osservò a cjuesto pioposito, che
avuto avranno anch' essi gli anticlii le militari loro di-
vise di gala , nelle quali più conto si sarà tenuto della
vaga apparenza , che non della forza. Lo scultore dei
Torsi Secusini, valendosi della facoltà concessa agli artisti
di scegliere, ingentilire, nobilitare quanto loro torna in
acconcio , diede alle sue loriche una pieghevolezza , che
forse non potevano aver in rgaltà , contentandosi di
ser])are una certa rassomiglianza col vero ,• ed avvegna-
ché rabbia indicata di finissimo lino, non volle coprirla
del torace per lasciar tutto vedere il bene inteso anda-
mento dei muscoli. Dove per altro non ebbe egli timore
DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. CAP. I. /,/^l
dì ofTcndcre il contoi-no dello sue stadie s' attenne con
molta accuratezza al vero ; ed al fondo delle loriche
espresse di metallo la fascia larga assai, e d'un festone
duplice ornata, clie stringeva l'esd-emitA de fianchi a
modo di cintura , e secondando la forma delle reni , e
del ventre , dietro luiivasi con una fibbia. Di metallo
parimenti indicò le lamine che servivano a tenere in-
sieme la parte anteriore e posteriore della lorica , ed
a riparare i colpi di taglio. La cintura poi, e le lamine
ornò di mascheroncini , di testine d' arieti , di leoni ,
d' orsi , e d' altri simili fregi per minuta diligenza di
lavoro a considerarsi maravigliosi , ma difficili e fasti-
diosi a descriversi. Fimbriate sono le striscio di cuojo
per riparar parimenti i colpi di taglio , che formano
quasi una falda della lorica , e dalla cintola scendono
ai due terzi del femore. Sotto la falda si vede una parte
di tunica, o camicia, che sembra chiana, ed accarezza
le ginocchia , le quali scoperte alcun poco , nei movi-
menti della rotella, dei muscoli, dei tendini, palesano
la scienza anatomica dell' artefice.
Il far •pompa d' un' anatomica scienza non oltre il
bisogno, e con dicevole sobrietà adoperata, non fu la
ragion unica che determinò lo scultore a scegliere co-
razze di lino. Voleva egli arricchirle di bassi - rilievi
allusivi per avventura al carattere dei personaggi, di cui
scolpì i simulacri, onde al primo colpo d'occhio distin-
guere se ne potessero senza errore le immagini. Nò
punto si allontanò dal costume supponendo le sue lori-
56
44= de' TORSI SEGUSINI
che in oro od in argento lavorale. Di scolture s'abbelli-
vano eziandio nelle più remote età elmi, scudi, corazze.
Esiodo ed Omero ne rendono in più d' un luogo tes-
jures. Satira timonianza. Giovenale , biasimando il lusso dei tempi
, Aers. 107. ^^^j ^j^^ ^ ^Y^Q gjj antichi soldati erano paghi d' impie-
gar r oro e r argento per ornar le armi loro , e che
godevano se la celala loro mostrasse scolpile antiche
memorie,
argenti qiiod erat soììs fulgehal in annìs.
E qui il ricordare superfluo parecchie statue che mos-
trano le loriche ornate con bassi-rilievi. Sappiamo che
le coi-azzo talvolta di sì fìnilo, di sì elegante lavora
abbellivansi , che come cosa ammirabile s' offerivano in
voto agli Dei , e s' appendevano ne' templi per orna-
mento. Bellissima convien dire che fosse quella corazza
di rame , che posta era nel tempio di Cibele presso
gli Enguini popoli della Sicilia , stata offerta alla Dea
da Publio Scipione, e di là tolta da C. Verre, il quale,
per mala ventura de SiciUani, insieme accordava amore
per le produzioni dell' ai'ti belle, ed insaziabile rapacità.
Tullio giusto estimator d' ogni cosa bella chiama una
tale corazza opere Corinlio , od abbia inteso egli parlare
degli artefici di quella Città, o d'un metodo di lavorare
introdottosi da essi loro ; certo V oratore illustre mostrò
di pregiarla moltissimo dalla indegnazione che sfoga
m"'/^',',';''''- contro Verre che f involò. Ma innanzi di notar cosa
iv . j. XLIV .
DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. CAP. I. 44^
alcuna spettanlc a" Ijassi - rilievi dei 'l'orsi Secusini , si
dee avvertire che in uno di questi volle forse elligiare
l'artista un personaggio Regale, od un Magistrato pri-
mario. La mossa grave e dignitosa che risulta dalla
collocazion delle membra, il paludamento, che affibbiato
ad una specie di bottone a loggia di chiodo Romano
sulla spalla sinistra giù scende con naturale , facile , e
grandioso panneggiamento sino alla metà del femore, e
che gettato sul braccio sinistro copre l'omero, così acqui-
stando uno andar nobile , e pittoresco , tutto mostra
che l artista volle contrapporre f attitudine maestosa,
e tranquilla di questa figura alla mossa energica, e svelta
che diede all'altro Torso j^ropria d un guerriero. Picciola
clamidetta intorno al sinistro braccio ravvolto, che sfugge
dietro il dorso, e s'asconde per ricomparire alcun poco
sulle reni raccolta, e sostenuta dal balteo, da cui pen-
deva il parazonio; i fianchi e le coscie in guisa piegate
di chi si riposa da grave fatica; un pezzetto dell'omero
destro levato in alto, quasi impugnasse la mano lunga,
asta che fitta in tei-ra sen'isse d'appoggio alla persona,
tutto lascia pensare che ad un Eroe esercitato ne' perigli
di Marte spettasse questo ultimo Torso. E osservabile
nell'uno e neir altro di questi Torsi la dispoj-izione delle
clamidi. Coprivano queste ordinariamente la sinistra
spalla, e traversando il petto giungevano ad annodarsi
sulla spalla destra, il destro braccio lasciando libero
interamente. Ma nelle figure nostre compajono annodate
e raccolte sulla spalla sinistia , e da' fianchi pendenti
444 de' torsi segusini
senza toccare né punto, né poco il petto per non esser
d' ingombro alle effigiate istorie.
CAPO IL
Descrizione ed illustrazione de bassi- ri lievi intagliali
sulle loriche dei due 2orsi Secusini.
Farò oi'a principio da quelle che fregiano la più ornata
lorica , e quel Torso eh' io assegnai ad un pei'sonaggio
Regale, o ad un Magistrato primario.
Divise lo Scultore in tre campi tutto lo spazio che
ornò di Lassi - rilievi. Il primo separò dallo infeiiore
con ima linea rabescata per indicare un trapunto sul
lino , da cui la superior parte della lorica sorgesse più
sottile , acciò non affannasse il respiro. Questo primo
campo steso per tutta la rcgion del Torac" , o dello
Starno , è occupato da un carro non trionfale , ma
piuttosto somigliante ai cani Circensi, tirato da quatti-©
cavalli slanciantisi al corso, che disposti due per paitc,
fanno ala, e lasciano vedere sopra il carro dalla cintola
in su un giovane Auriga che li frena. Egli è vestito
di heve tunica senza maniche, raccomandata alle spalle
da due bottoncini , e stretta a' fianchi da una piccola
fascia. L' acconciatura della sua chioma intorno alla
fronte disposta in guisa di raggi, mei fanno riconoscere
pel vago conduttore del giorno; saranno i cavalli Eto,
Piroo , Eoo , Flcgonfe , ed avremo cosi espresso m
1)1 CH'.SEPPE FRANCIII-PONT. CAP. II. l^!^^
questo basso-rilievo il luminoso carro del Sole. Altri
dall'armilla * che porta il nostro Auiiga al braccio sinistro,
dalla rotondità e delicatezza delle sue forme approbsi-
mantesi alle femminili , e più ancora dall' abito quasi mu-
liebre potrebbe sospettare essersi qui efli<j;ia(a l'Aurora.
Ma in altri monumenti si scorge Apollo ornalo d'un'ar- v. Tinifim.
... .,,... ,. , Tom. il. , UT.
mula appunto il braccio sinistro, come usavano di portarla i «^jpi'g d» k».
le donne per pompa , mentre gli uomini per indicar p^s- 4"-
virilità portavanla al braccio destro, e chiamavasi Jex-
terale, o dexlioclierium. Morbide forme, e per eterna ., ^ „
*^ Marrob. SaL
giovinezza fiorenti attribuivansi a Mercurio, a Bacco, ''''•••"p-xx.
ad Apolline tenuti talora per una Divinità medesima.
Vestilo di lunga tunica, come l'usavano i Citaredi è
l'ApoUiue Musagete, cioè guidatore del coro delle Muse,
e questo Nume sopra alcune medaglie d'Augusto si vede
in abito donnesco, e vien detto Apolline Aziaco, perchè
queir imperatore gli eresse un tempio sul promontorio
d' Azio dopo la ^ ittoria ivi da esso ottenutasi contro
. . . » • A • Srelon. in A«-
Antomo e Cleopatra. Né credo diverso l'Apolbne Aziaco ewio.
dal Palatino, a cui Augusto medesimo in seguilo pari-
menti dellAziaca vittoria , consecrò il proprio suo palazzo
con portico, biblioteca e tempio; sicché può conside-
rarsi r Apolline Aziaco il genio tutelare e domestico
d' Ottaviano Augusto. A confermarmi nella congettura
* Si dee confessare rlie guest' armilla ne! gesso, che non è venuto mol-
to bene, non si disliugiie , però al Sig. Monticom , e a lalun altro sembrò
di ravvisarne i segui.
446 de' torsi segusini
che l'Aurora non già, ma più veramente sopra la loiica
Secusina quello siasi figuralo di cui Orazio cantò;
F.poaon. Cor- Alme sol, curru ni lido diern qui
Promis et coelus, a/iuscfue, et idem
Nasceris
valgono i due grifoni consecrali ad Apolline e scol-
piti nel campo inferiore che comprende la rcgion del
venti'icolo, ed il costato.
Erodoi.iib.iii. F" volgai'e Opinione laccontata da Erodoto, che questi
animali colla testa d'aquila orecchiuta, o piuttosto di
avoltojo, il corpo secondo alcuni di capra, secondo. altri
di cervo , ma secondo i più d' un lione alato , si tro-
vassero presso gU Arimaspi popoli della Scizia , custo-
dissero le miniere dell'oro, ed impedissero che s' estraesse
Auk"M"p."xIv. dalle viscere de' monti il sì pregiato metallo. Pausania
e Pomponio Mela , narrano a un dipresso la cosa me-
Meia Ao siiu dcsiuia mostrauclo di non crederla. Plinio pone i grifoni
Orbis lib. 11. , IO
cap. I., e lib. insieme ai Pegasi, e ad altri auerelU favolosi. Taluno diede
HI. , cap, 7. o ' CI
ad essi un corpo ec|uino , ed Ippogriifi gli chiamò , ma
piin iib. X., questa fu opinione di pochi , anzi Virgilio , per espri-
j>.itnr. mere che male assortite erano le nozze tra Mopso , e
Nisa, dice che piuttosto farebbero insieme alleanza i griffi
ed i cavalli.
Mopso Nisa datur : quid non speremus amantes?
Virg. ERlog. , . / . '
»., Yen. li. Jungentur jam gnpnes eqws., cvvocjue sequenti
Cam cunibus timidi venient ad pocula damce.
DI GIUSÈPPK FRANCm-PONT. GAP. IT. /j'j;
Suppose fallino die la favola dei grifoni custodi PUn, hì»i.n«l
^ ^ *^ _ Ica.liiil fu Fidili.
dell', oro, abitatori delle più cupe e recondite caverne ■««"■l'j^n^' <)•
■Il iiolcs cciiiijuet.
abbia avuta un'origine dedotta dal vero. Altri ponsò cbe ^^'^!'/Jiib"-^\
i grifoni sieno stati conscgrati al sole ; pcrcliè l' oro è ',',7' /vflucnri
chiamato sole dai Lhinnci , e cent altre cose si scrissero
a questo proposito che non sono del nostro argomento,
Basti qui il dire ch'ebbero i grifoni luogo tra i gero-
glifici d'Egitto per indicare Osiride esprimenle la forza ,
e r attività del Sole quando si trova nella costellazione
del leone. Pier Valeriano asserisce che nella favola Isiaca,
da lui chiamata Bembìna^ perchè fu già del Cardinal
Bembo, e che si potrebbe da noi chiamar Torinese, se
dal nostro Museo non si fosse trasportata in Parigi ,
parecchi grifoni in varie forme incisi si vedono; ed
accorda anch' egli il Valeriano, che sono simbolo d'Apollo, Hyeropiypij.iib!
Per altro Si scolpirono talvolta sopra 1 sc2)olcri , e perciò »35. , LugrfuD.
a Nemesi per avventura si dissero consegrati parimenti,
quasi minacciassero di vendicare i turbatori de' sepolcri.
Li veggiamo anche nel fregio de' templi come in quello
d'Antonino e Faustina, e furono creduti anche sacri a
Giove. Il cocchio d' Amore tirato da crifoni col corpo „ ^''^- GnaiiaM.
o 1 Fonia antica voi.
di cervo s'incontra in una pittura Ercolanese. i_, lav. m., pag,
Comentandola i dotti Accademici d' Ercolano osser-
vano che i giifli al Sole specialmente assegnati , ben
potrebbero caratterizzare fanalogia tra Amore ed Apol-
line, come Deità entrambe autrici della conservazione e ,.\.' Aniicbiii
d Errtl. Punire
])i'opngazione del tutto. Claudiako rappresenta Febo visi- ^"xviii'. Roma
tando i suoi altari assiso sopra un carro tirato da" grifoni. '^'*' '° *"■
44^ de' torsi segusini
ciaud. paneg. P/ktÒus odcst , et frenìs Gn'pJia jiigaìem
Ouurit.
Rhiph(Mo , repetens tv'ipodas , delorsit ah axe.
Pio. cfem. t'om* Medaglie Greche, e Latine si hanno in gran numero,
IV f e Iona. v. • • ' 'i * r -i • -i
p3£'7.'9,w. in cm va unito il grifone al tripode, alla Ina, all'alloro,
e ad altri Apollinei simholi; come pure anche a' simboli
Dionisiaci perchè fu Bacco confuso spesse volte cor
Ajjolline. Due Grifoni si vedono con il coipo e le zampe
di leone , \ ali e la testa d' un' acjuila orecchiuta nel
nostro marmo Secusino, l'uno posto a rincontro deh' altro
in atto di cacciare il rostro dentro una coppa , la quale
viene loro offerta da due vecchi, che posano un ginoc-
chio a terra quasi compiendo religiosa cerimonia, mentre
alzano la fronte loro verso le teste dei grifoni. Pare
che s'esprima qui una libazione ad Apollo scolpito nella
superior parte della lorica , avvegnaché le coppe che
hanno in mano i due vecchi sembrino più proprie ai
conviti che non ad uso di sagrificio , né per la forma
loro si possono determinatamente assegnare ad una di
SallnÀl^eÓn^ q^ielle tante ehe rammentansi da Ateneo, e da Macrobio;
«»7"ix-' ' ■ o che s'incontrano in antichi monumenti. In abito Gal-
lico sono i due vecchi, cornati, e bracati , e con lunga
tunica doppiamente succinta. Portano in capo un ])ileo
acuminato colla punta alcun poco rivolta verso la fionte
alfuso detto Frigio, e Persiano, perchè se ne veggono
coperte le immagini di Paride e de' Sacerdoti Mitriaci,
ed anche di Mitra medesimo. Diedero peralti-o gli an^
SlKb. Ub. tv.
DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. GAP. II. 449
tidii scultoii una (ale benella ai J)aibari d' ogni nazione^
ma ad indicare , che lo scultore espresse qui due Galli
concorrono le ampie (inassi// di, o l>raclie; e la tunica
con maniche le quali non arrivano alla metà delle braccia.
Tal abito loi'o viene assegnato da Strabone. Servono
di base ai grifoni , ed a' vecchi , e li tramezzano certi
rabescali fcjgliami, ed uno stelo, che pare di fior di gra-
nato, ossia balaustio dinotante, come osserva il dotto mu.oo, Pio-
ViscoKTi, il cullo d"ApolUne, * i quali fogliami, mediante v.V""'"""i
varj giri empiono il terzo campo della lorica, ossia, la
regione del basso ventre terminata dalla cintura, o fascia
metallica. Il fare servir di base alle figure foglie, e ra-
muscelU tiene invero di quel gusto da Vitruvio biasimato
■a ragione, introdottosi in Roma poco innanzi de' suoi
tempi, e da Lume pittore propagatosi nell'età d' Au- ^,,) "J"'- y;*""
gusto; ma fartefice de' nostri Torsi ò scusabile se l'adottò,
giacché non poteva altrimenti forse trovare un partilo
migliore per distribuire i suoi bassi-rilievi , ed occupar
con leggiadria e leggerezza ogni vano senza confondere
ed opprimere la composizione.
* Una statua loiicala IpiiuI.t per uno rie' più pregevoli siiiuilarri loritali
venula alla luce dallo siavu Gabinu , pel attiiUtiila a Cajo Caligola dal dolio
VlsciijsTi , ha Ulta corazza ornala nel mezzo di nobile intaglio, cou animali
cliimerici , leste d' eldauli , ed altri frcgj nei ppndnglj. Gli animali scolpiti
nella corazza rassoinigllanti a due grilli sembrano indicare la prulezione di
Apolli), o del Sole per l'Augusto rappresentalo, lauto più che secondo il
precilalo ViSr;o.NTi , simbolo d'Apollo, o del Sole è ancora il candelabro
che li tramezza.
V. Mvnumenti Catini ileìla Villa Pinciona descritti da Ennio Quirino Viiconti.
Roma 1797 in a.", lat'. 38, pag. ga.
57
45o dk' torsi segusini
Ricco meno di figure è il Torso , che ho divisato
appartenesse alla immagine d' un Eroe guerriero ; ma
comunque ricco di meno, è del .paro pregevole, o ri-
guardisi la finezza de' bassi-rilievi , od il loro significato.
Per dare alla sua statua agilità maggiore l' artefice la
volse alcun poco di fianco , e col halteo , o cingolo mi-
litare , che le traversa il petto , restrinse lo sjjazio , che
volle ornar di figure. Conveniente simbolo di chi spa-
vento incute nei popoli con l' armi conquistatrici la
faccia di Medusa sta fitta in mezzo , e sola campeggia
sovra la lorica nella regiou del torace. Gli scultori
Greci , che di rado , o non mai alteravano la regola-
rità delle forme , quand' anche rappresentar dovessero
gli oggetti più funesti , e terribili , s' imitarono dal no-
stro artista , che la Gorgone ci offerse allo sguardo , non
orrida , quale venne da' Poeti descritta , ma soltanto
colle ciglie aggrottate, e con due serpentelli sotto del
mento annodati. Una Pallade bellissima in jaiedi fra due
giovinette danzatrici , che tutte posano sovra gentili
rabeschi , formano l' intera composizione , da cui le parti
rimanenti della lorica vengono occupate. L'abito della
Dea è composto da due tuniche. L'esterna capricciosa-
mente legata sotto il seno , le giunge dal sinisti-o lato
sino al ginocchio , e giù dal dorso le discende sino ai
talloni con pieghe bellissime sul fare del più antico
stile Greco ; ma dal destro lato giungendole solamente
alle reni. La sottoveste , o tunica interna le copre le
gambe quasi intieramente , e stretta alla persona accusa
DI GIUSEPPE FRANGHI-PONT. C.\P. II. 45 1
le forme del ginocchio , e della gamba in atto di muo-
versi. * Tutle due le tuniche pajono di tela, o di
jjanno sottilissimo , e sono prive di maniche , ma at-
taccate per mezzo d' un bottone alle spalle , nude la-
sciando le Jjraccia all'uso delle rigide Sparlane, uso
adattalo convenienleinente all' austerilù della Dea. Gran-
dioso è il panneggiamento dell' ampio peplo , che dall' o-
mcro destro le scende sul fianco. Il petto è coperto
dall' egida a squame , ma è l' egida sì molle , e pie-
ghevole , che tutta serba 1' arrendevolezza della pelle di
d'j n»' T»i 1 '•_ \"ei!. Sjcpì di'ti*
a CUI trasse 1 origine. L. elmo ha per cimiero accki. tfrusci
, 11, !• • 1 -1 Cormn. itnj. 8.
una Civetta, che coli ah agitate scmljia muoversi al niss.r i.di m.»
volo. Fu sacro a Palladc un tale augello , che vede an- «upta i Egid».
che di notte, perchè e la prudenza, e la sapienza in
Pallade simboleggiate riconoscono il vero , ove il volgo
non trova che oscurità. Lo scudo , che imbracciasi dalla
Dea non è rotondo come quelli , che diccansi or par-
ma , or clipeo , ma ovale , ed amplissimo : ha il lembo
estremo cerchiato di ferro, come usavasi da' Romani
dopo che fu posto in uso da Camillo , qualor combattè
contro i Galli. I^o stesso augello sacro alle notturne
studiose vigilie efligiato nel cimiero , compare anche ^.., ^^^ ^^
nel bel mezzo dello scudo. Stringe Pallade colla destra r«^"v.''^
* I.a AFiiii'ivn nel ppsso r.ivalo dall' orl;;iiinlp iiiosira i piedi incrort Inali,
allitudine roiisidi-rala dal WiyKi'LMANN ronip sin};olarc; ina che peiò sem-
bra, rh' espiiina l'alio del danzare, iiuu isr.ouvenevole , essendo posta Ira
due al Ire dauzaliicì.
4 Sa de' TORSI SEGUSINI
mano alzata un dardo quasi voglia lanciarlo , alto con-
sueto di lei , onde venne chiamata da taluno con vo-
cabolo derivante dal verbo Gi-eco Sa^^wK , che significa
lanciare. Non si può rilevare abbastanza la forma del
dardo per essere forse corroso il marmo.
Or chi saranno le giovani danzatrici, che fanno cor-
teggio alla Diva , ed alto con bel garbo levando le
braccia mostrano d' acclamare , e d' applaudire ? Due to-
nachette senza maniche , la più lunga delle quali giun-
ge loro al ginocchio, ne formano 1' abito lievissimo, che
pare agitato dal vento , e lascia scoi-gere per tal mezzo
gli eleganti contorni di quelle agili donzelle. Saranno
BocoSadoèiib" ^^^°o P^i' avventura le Muse^ o le Grazie ? Queste no,
*^" poiché sajjpiam da Pausania , che sino dai remotissimi
tempi nude le Grazie si dipingcano. Neppure le Muse,
poiché mancano degli attributi, che sogliono ad esse con-
cedersi , e troppo diversamente sono abbigliate, quan-
tuncjue abbian con esse di comune la corona di palme in
Fornul. de na- r, i/*i' ^ i- "i* •• i
tur. Deor. cap. irontc con Ic loglie , che s incrociccluano in cima , loro
da FoRNUTO attj'ibuita , ed oltre ciò colle Muse anche
comune il diletto di danzare. Saranno dunque le due
Pindar.'oi.^"^" nostrc Gioviuctte le Ore, che si finsero figliuole di Gio-
ve , e di Temide , e delle Grazie , e delle Muse , e
delle Ninfe compagne. Il numero loro non fu determi-
Pati«nias, in nato da Omero. Due se ne contavano nelle più antiche
l^oriDtliiis Cloe -*■
hb. 11. Q^.^^ tre se ne numerarono coir andar del tempo, Eumo-
vid. Hesjch. nia , Dice , ed Irene ; una sola ne riconobjjeio i primi
Romani , e fu Ersilia moglie di Romolo , finalmente
DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. CAP. II. /^^3
. TT 1 i~k Fnnim in fta%.
Sino a quattro se ne rappresentarono. ii.rano le Ure Oviiiu. Mi-um.
considerate come le Deità delle stagioni , e furono cre-
dute governare 1' umana vita , provvederla del bisogne-
vole , e prendersi cura de' piccioli fanciulli , e della
educazione de' giovani. Ond' è , che Telesicrate Cirinco
vien detto da Pindaro allevato in grembo dell' Ore t oh. 9.
ed altri Poeti le fanno assistere a diverse nozze celebri
dell'antichità unitamente alle Grazie, ed alle Parche.
Pindaro nell' Ode fatta in lode di Senofonte Corinzio
le diede per seguaci ad Apolline , di cui taluno le chia-
mò figliuole. Nel nostro monumento le veggiamo con
Pallade , Dea , che come Apolline presiede ali" educa-
zione , agli studj , ed all' arti. Winkelmann rapporta due ;„"°''"°p*°i
figure simili assai alle nostre , ed interpreta egli pure , '• "^' *'^'
che rappresentino le Ore , ma solamente nel nostro
marmo esse vanno in compagnia di Pallade. ' 11 se-
* Anche il più volte lodato Visconti ne' suoi Monumenti della villa Pin-
fiana espone due fipure somiglianti alle nostre , ed una terza siaiilmente
coronata , ma cou abito diverso , che sta sonando il timpano , e che viene
da esso creduta una Baccante Spartana , perchè lascia vedere ignuda una
pran parte del corpo ; ed inclina quindi a credere, contro il parere del
Wi^KELJiANN , che non le Ore, ma due Vergini Spartane danzanti Steno
le precitate figure , Famose essendo presso i Poeti )e danze delle Vergini
Lacedemoni sul monte Taigeto , e ricordando 1' istoria 1' uso , che quelle
avevano di vestirsi di sola tunica, e il costume introdotto tra gli Spartani
dopo la loro vittoria di Cheronea di portar corone di palma. Ma avvegnaché
tale fosse l'abito delle Spartane donzelle, non sembra peraltro da rigettarsi
del tutto l'opinione del WI(^KELMA^N, ed avrebbero mollo acconciamente
gli artisti potuto render comune alle Ore 1' abito delle prefale Donzelle,
come il più conveniente ad esprìmere la velocità delle Ore. Il vederle poi
4^4 i>e' torsi segusini
vero disegno di questa vagamente conti-asta col disegno
leggiadro di quelle , che
in^Hfmno.^"''''" Una danza gentil muovono in ^iro ,
come le dipinge il supposto Orfeo in uno degl' inni
suoi. Tanto in questo Torso , come nell altro , che mo-
stra il carro del Sole , l'artista ha trattate con eleganza,
e buon gusto non le sole parti principali, ma altresì
gli accessori , ed i più minuti ornati lavorò con fini-
tezza , ed eleganza impareggiabile.
CAPO III.
Dell epoca , e del lavoro delle statue , a cui apparte-
nessero i Tortai Secusini : congetture intorno al sito ,
in cui J ossero collocate.
Un'opera di tanto pregio, com' è. quella dei Torsi Se-
cusini, manifesta l'epoca più felice, ch'abbiano avuto
l'arti del disegno in Italia : ma poti'emo dire perciò che
pifn. lib. 34, Italiani ne fossero gli artefici ? Plinio nel dir che fa
•ap. 7. *^
essere la statuaria un'arte antica, e famigliare all' Italia
ebbe in mira le rozze , e grossolane statue a tutte le
nel nostro momim iito in coinpns"i<'i 'li P;illn(le ci conlrrina nrlli- ronp'^t-
ture esposte nel li sto. — K. Siolture del palazzo della Villa-Horghese della
Piuciana, parie H, pag. 16, n." ti, 12, 23.
Plin. iri.
ni ClUSKPPE FRA>Cm-PONT. CAI». lU, 4 •''•''
Nazioni comuni , e per avventura non molto da quelle
diverse , che pi-esso gli antichissimi Greci furono Dedali
appellale. Chi potrebbe immaginarsi , che di buona ma-
niera stato fosse il simulacro d' Ercole consegrato da
Evandio nel foro Boario , o 1 simulacro di Giano , che
Numa dedicò ? Soggiunge , ò vero , il medesimo Plinio,
che le statue Etrusche , o Toscane avean per cosi dire
ripiena la terra. E certo i Toscani artefici lasciarono
memorie per tutta quanta l' ItaUa , sicché non ne man-
carono le Provincie , che formano l' antico Piemonte.
INIa prescindendo dalla rusticità Sabina , e Romana , e
dalla storia delle arti , quali si professavano nel centro
dell' Italia , 1' Italia non è ristx-etta tra' confini del Lazio,
e dell' antica Etruria. Italia era non solo tutta l' ampia
parte , che denominavasi Magna-Grecia , ed Italia la Si-
cilia tutta , di cui abbiamo tante medaglie assai più ele-
ganti di quelle di Atene stessa , ma Italia eziandio la Ve-
nezia antica , cosi chiamata dagli Eneti nazione dell' Asia
minore , venuti ad abitare sin dai tempi Eroici le cam-
pagne poste aU' imboccatura del Po. L' antica citta di iiiu:tr. lib. i.
Adria , posta in quella regione , famosa era fin da' se-
coli più remoti per gli studi , ed il buon gusto in archi-
tettura; e chi sa, che quei lavori , che comunemente si
dicono di stile Greco-Etrusco più veramente antichi Ita-
lici dir si debbano , ed usciti sieno di quelle provincie
prima che dai Romani per mezzo dei loro ^'erri venis-
sero disfatte .^ E che poscia in un colle lingue di (pie' Po-
poli , e colle storie loro periti slcno i nomi degli artisti al
4^^ * J^e' torsi segusini
pari de' nomi di quegli Eroi , cui maucò al dire di Ora-
zio il sacro canto de' vati per elernarne le glorie ? Me-
diante il tra dico con i colti abitatori dell' antica Venezia
pensa il precitato Gian-Francesco NArioNE, che sin dai
remotissimi tempi famosa divenisse l'antica città d'In-
dustria posta in riva del Po nelle vicinanze di Verrua,
appellata già Bodincomago da Bodinco vocal)olo anti-
chissimo , con cui s' indicava la profondità del Po in
lingua Celtica , o Ligustica primitiva ; e forse da Mag ,
che in Celtico parimenti significa luogo di trailico , di
sacr. Cenili, mcrcato , d" iudusti"ia , come rilevò lo stesso Gian-Fran-
Lettcra Xli. ^
Cesco Napione nelle lettere , che per appendice uni ad
altre sue intorno ad un Sacrario gentilesco di vasi d' ar-
gento , dirette già al famoso Antiquario Ennio Quirino
Visconti , e che veder si vorrebbono alla pubblica luce.
Sacrar. Gentil. Idoletti in ouc' contorni d' Industria si scopersero , bron-
inedil. Leu. XII ^ . J^ _
i, GeoD. 1795. ^- ^ij elegante artificio, ch'ora fregiano il Museo di
Parigi, monete, bassi-rilievi, e d' ogni sorta anticaglie,
ed avanzi di maestosi edificj , come già notato aveano
Vej. Silo dell' gli Espositori de' marmi Toriiiesi ; ma specialmente una
amico Indusiria. _ , 1 • 1 1
Koperio.ediUus. tazza aigcntca giova crui rammentare , che si lia nel
Cori Tom I Museo di Torino , la quale offre la pugna d' Ercole colle
simbok.p..7,. Amazom , raro soggetto, secondo il rinomato Visconti ,
seo Piacienient poichc noH rappreseuta soltanto Amazoni , ma soggetto
certo, ed azione , e personaggi determinati nella Favola.
Il soggetto, di cui si tratta, somministrò materia d'una
Memoria erudita anche inechta dei Direttore del Museo
medesimo Signor Abate Tarini , ed avea già dato ar-
Tom. V, p, 40.
DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. CAP. III. /^J']
gomenlo di parecchie indagini ai mentovato Signor
Gian-Francesco Napione; ed appunto per opera distile
detto comunemente Grecò - Ktrusco era ravvisata da
qucst' ultimo in seguito ad alcune sue congetture. 1 Ro-
mani feroci non altro conoh])ero per Ijjngo tratto di
tempo fuorché il guerreggiare; e si valseio ne' primi
cinque secoli degli Etruschi avviliti per ornaie templi,
ed ergere simulacri , di cui non va senza anche una
barbara Nazione. Ma cjuando cominciarono a spingere
le conqiiiste loro nella Grecia poco , o nulla più si parlò
dell'arti Toscane. Dietro a Plinio tutti gli Soittori ,
che ragionano delf Istoria delle beli' arti non fanno
cenno d' un solo Italiano Scultore. Verso i tempi di
Siila , e di Cesare cominciarono, prima per fasto , e
per vaniti^ , quindi per la cognizione , che ne acqui-
starono ad innamorarsi i Romani delle pitture , delle
statue , degli eruditi cimelj , ma ogni cosa eia già
allora opera de' Greci , e tutto in Roma volevasi di
Greco ffusto. Monumenti Greci eransi trasportali da Si- An. inVerr.,
racusa mercè le vittòrie di JMarcello , dall'Asia mercè aci. »
quelle di Scipione sopra Antioco , dalla Macedonia sog-
giogata , dal vinto Perseo , dalla distrutta Corinto per
opera di Q. Flaminio, di L. Paolo, di G. Mummio. Die-
tro ai monumenti delle Arti accorsero in folla da tutta
la Grecia gli artefici, e le delizie degli infastiditi Ro-
mani occuparono lo scalpello dei Greci vinti , i quali
colle doti dell' ingegno soggiogarono , secondo il famoso
detto d'Orazio, i loro vincitori. lib. T' ''"'^'
458 de' torsi segusini
E quindi probabile , che di valenti scultori o Greci,
o di antiche scuole Italiche di egual pregio della Greca
non andassero prive queste nostre contrade , massima-
mente nell' età di Augusto. Certo è , che i Torsi Se-
cusini troppo spno lontani dalla antica rozzezza del La-
zio , e dal secco , e rigido fare di quegli Etruschi , che
al Lazio erano confinanti , e si danno a conoscere per
opefa o Greca , o dalle Greche non dissimile d' Italiano
Artista , che attinto avesse il buon gusto agi' istessi
fonti de' Gieci , tantopiù, che una società di lavoratori
di marini (sodalìcium Tnarmorariorum ) esisteva nell'an-
tico luogo di Reano non distante da Susa , come noa
^ni lotmo, ^g ^g lascia dubitare un'antica lapide riferita dal Sig.'
Iacopo DuRANDi. Ed in questo proposito è da notarsi,
che Orazio nel precitato luogo , ove parla delle Belle
arti quando incominciarono ad apprezzarsi da' suoi Ro-
mani , dà la taccia di agreste al solo Lazio , non già
all' Itaha :
Duranill Mat'
ra di Torino
P
Kt artes
Intuii t agresti Laiio
E qualora Tullio scrivea , che le città , i delubri ,
le regioni d' Italia erano adorne di monumenti , e di
doni parlar potea non tanto di Greci Monumenti, come
d' Italici antichi da' Greci non diversi.
Che se poi i Pisani dal solo ordinarsi ne' celebri Ce-
notafj pubbHcati dal Noris , che in un arco, che quella
DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. CAP. III. 4-^9
Colonia destinava d' innalzare ad Aumisto statue si coi- Diworw ac-
ca lini. fuiri«la>
locassero, ne inferiscono, che Pisa sia avesse i suoi n'-LHi.rar.i.Pi-
D sana , p .g. 66 ,
scultori a' tempi d'Auj^usto, noi a più forte motivo, co- ^^^" '*• ''"•
me più lontani da Roma , e che ne abbiamo ritrovate
le opere d' eccellente scalpello , dedur possiamo , cUe
Susa ne avesse, e che opera di Artista Piemontese
fossero le elegantissime statue , di cui ci rimangono i
9justi. Le giuste proporzioni poi, e la membratura ele-
gante dclf Arco Sccusino provano , che non solamente
la buona architettura , ma la scoltura eziandio era pe-
netrata sino alle radici deh' Alpi , e vi aveva ritrovati
splendidi protettori.
Ove si voglia concedere , che neh" età d' Augusto , in
Piemonte , in Susa medesima , siensi lavorate le statue
colossali , di cui restano i Torsi loricati ; dove furono
esse collocate , in cjual occasion s' innalzarono , chi rap-
presentarono esse mai ? . . . Ecco un vasto campo agli
indovinamenti , ed alle congetture. Si credette , che
due monumenti insigni decorassero la città di Susa. E
il primo r Arco maestoso, che a Cesare Augusto innalzò
M. Giulio Cozio figliuolo del Re Donno intorno all'an-
no di Roma 74.6, secondo i calcoli del Petavio, cioè VriaT.di-p«ir.
' ^ |.nip. , vili. 11. ,
l'anno della quindicesima Tribunizia potestà d'Augusto, 5"^^ • ''J;,,;^,."'"
sotto il consolato di C. Marzio Censorino , e di C. Asi-
nio Gallo. Cozio , che non Re , ma Prefetto si noma
delle città mentovate nella iscrizione incisa sopra lo
zoforo deh" Arco, dedicò un si nobile edificio ad Au-
gusto , forse quando il medesimo nella primavera ap-
46o he' torsi sEcrsiNi
Peiav. Docir. punlo dell' anno di Roma 7^6 si recò nelle Calile ac-
lemp. ibi. ^ ....
compagnato da Cajo il primogenito de' suoi figliuoli
adollivi nati da Giulia sua figliuola, e da M. Vipsanio
Agrippa , che s'era fatto genero dopo la morte acerba
dell' amabile Marcello primo marito di Giulia. Si de-
terminò Augusto a questo viaggio , prima per esami-
nare gli all'ari della guerra , che da alcuni anni facea
Til)erio sul Reno , Tiberio solo i-imasto contro i Bar-
bari dopo la morte del suo fratello Druse cognominato
poi il Germanico per aver vinti i Catti , ed i Cheru-
schi popoli della Germania , e che morendo troncò le
grandi speranze , che s' erano giustamente concepite di
lui; e poi ad oggetto di presentare all'esercito, che
era nelle Callie , Cajo già in cuore suo disegnato suc-
cessore allo Impero unitamente a Lucio di lui fratello
minore , quantunque entrambi fossero tuttavia in età
fanciullesca. Prese Augusto gli alloggiamenti al con-
fluente della Sona , e del Rodano , dove presi gli aveva
r anno innanzi , e d'onde potea dar gli ordini ai fi-
gliuoli di sua moglie I^ivia , cioè a Tiberio , ed a Di-uso,
che poi mori in quell' anno stesso 7 45 di Roma se-
condo ci attesta Dion Cassio , e che la condotta ave-
svei. in Au- vano degli eserciti. Sappiamo da Svetonio , che i Re
fib.Lv inprinc! amici, c Confederati d'Augusto solcano quando esso
deiReimiiro. viaggiava accompagnarlo colle toghe, e senza Regie in-
segne , a guisa di clienti , e dargli ogni dimostrazione
d' ossequio , edificando città , e templi in onore di lui.
Non da meno perciò degli altri volle mosti-arsi Cozio
m GIUSEPPE FRANCHI-PONT. GAP. III. 4'''
allealo d'Augusto ne' suoi Stati, innalzandogli un Arco
magnifico sopra una delle vie , che dall' Italia conducea
nelle Gallie , per cui sarà forse passato 1' Imperatore.
Favorevoli erano le circostanze , perchè prospere in
cpiel torno di tempo erano le cose de' Romani , e pie-
namente s' erano domati tutt' i popoli Alpini , che da
-più d' un secolo or da un lato , or dall' altro scuote-
vano il giogo, ed inquietavano i Romani eserciti. An-
che prima di Giulio Cesare alcuni Generah Romani
aveano vinti parecchj popoli Alpini. Cesare corse , do-
mò , 0 sottomise alla sua splendida fortuna e le Alpi ,
e le Gallie tutte , ma le vittorie di lui non assicura-
rono ai Romani la conquista di quelle vaste regioni ,
e doveva Augusto per opera specialmente d' Agrippa
veder domate finalmente tutte le Nazioni Alpine da un
mare all'altro, e a lui si die il vanto d'aver pacate sonec. de Lrer.
le alpi. Cozio fu per avventura il primo , che un mo-
numento insigne innalzò in mezzo a quelle in onore
d' Augusto , non ben sapendosi in qual anno siasi eretto
l'arco d'Aosta dalla Colonia eh' ivi condotta avea di Pre- Dion. Cassiuj
toriani soldati Terenzio Varrone detto Murena, fanno
di Roma 720 circa , diciotto anni prima che si fabhri-
casse f Arco Secusino. ouppor si deve, che parecchj temp. pagses.
anni corressero dalle vittorie di Varrone alf innalza-
mento dell' Arco d' Aosta , fabbrica , che indica Colo-
nia di lunga mano stabilita , e tranquilla , come tran-
quillo , e fiorente popolo indicano le tante altre insi-
gni rovine di Romani edificj , che in Aosta s' incon-
462 de' torsi segusini
trano , per cui fu della dal colto viaggiatore , e rino-
mato naturalista il Dottor Vitaliano Donati quella città
Ve<iiReiizion. doDO Roma la più abbondevole Ira l' Italiche , di Ro-
Ms. »!' un ViaR-
gii. nulla Ville mane vestigia, e di vcstisiria tali, che ben mcritereb-
d Aoslii ^li est- o ' O '
Arcbiri."' ^'^' hero di trovare fra di voi , Accademici chiarissimi , un
valente illustratore. Ma quando non si voglia accor-
dare , che r Arco d' Aosta mancante delf inscrizione
che la opinion nostra confermi , sia posteriore al Secu-
sino , il Secusino fu poi sicuramente anteriore d' un
ci^jiid. amico, anno al celebre Iroleo per orduic del oenato innalza-
Nou (à)!' '' tosi parimenti ad Augusto nell'Alpi marittime vicino
al luogo detto attualmente la Turbia , la cui iscrizione
vien riferita da Plinio ; Trofeo innalzatosi per essersi
sottomesse daU' uno all' altro mare tutte le Genti Al-
pine sotto gli auspicj di Augusto , il che intendere si
vuole in varj tempi dai Generali di- lui : il monumento
non altro indicando a mio parere, che il termine delle
guerre Alpine , che per moltissimi anni occuparono con
varia fortuna le Armi Romane.
L' altro edificio ragguardevole , che in Susa vedeasi,
ma di cui il tempo ci rapi le reliquie intieramente ,
era il sepolcro di Cozio locato presso le muia della
Ammian. Mar. città al dire d'Ammiau Marcellino. La tomba del Re,
lib. XY, cap. IO. • _ ^
che aperte avea queste strade ( parlasi di quelle , che
avea fatte aprir Cozio a traverso delf alpi ) , è vicina
alle mura di Susa. Per due ragioni è in venerazione
la memoria di lui , perchè govej-nò con equità i sudditi
»iuoi, e perchè, fatta co' Romani alleanza, al suo Popolo
DI GIUSEPPE FRA^•C^I-PONT. CAP. HI. 4^3
procacciò una pace costante. Il Maffei vuole clic Am- Mac ciiii»
ìMiano abbia preso uno sbaglio, e che l'Arco, e 'I Se- * • l'^'e- "•
polcro non siano che un solo edificio. Non si vuol ne-
gare, che siensi talvol(a edificali sepolcri a foggia d'ar-
chi , come se ne edificarono a foggia di piramidi , e di
templi. Arco funebie fu per decreto del Senato eretto j,„„|| j^
a Druso , su cui vedcasi l' immagine di quel giovane pj^'", ^"''"°°"
Eroe a cavallo in atto di cadere per indicare la fu-
nesta morte di lui. Questi sepolcri s' inventarono da' pri-
vati per onorar la memoria de' loro caii , e per evitar
la penale portata dalla legge Giulia relativa alle spese
funebri; il che s'accenna da Tullio parlando del se- Lib. xn.EpL-.
polcro della sua figliuola in una lettera ad Attico. Ad
ogni modo , prescindendo dagli argomenti posti in
campo dal Maffei nella sua lettera ad Alberto Fabricio,
di cui ci accadere altra volta di ragionare , io per ora
non mi opporrò ad Amiano , e col dottissimo nostro
Signor Jacopo Durandi , tanto deU' antica Geografia ,
e della patria Istoria benemerito , crederò , che vi sia
stato in Susa un cospicuo monumento , che ben sei
meritava il buon Cozio per le cose da lui in pace , ed aniiro'plrmón.
Trasnail. , cap.
in guerra operate. ix.pag. 76.
Pochi altri edifiaii, oltre ai testò nominati , convien
dire , che fosservi in Susa degni di ricordanza speciale:
rimane dunque , che 1' arco , od il sepolcro di Cozio
adornassero le statue , di cui ci restano i Torsi , e le
quali per l'eccellenza loro dovevano ornare i monu-
menti più illustri della cittù. Se peraltro i Torsi avcs-
4^4 de' torsi segusini
sero appartenuto al sepolcro , Ammian Marcellino ne
avrebbe fatto cenno , nò si sarebbe egli appagalo di
scrivere , che la tomba di Gozio ei-a vicina alle mura
della cittù , ma aggiunto v' avrebbe forse 1" epitelo di
magnifica , e d' insigne. S' avverta olire ciò , che le
statue nostre danno chiaro indizio d'essere state egiiaU,
ed appoggiate a qualche muro , mentie non sono iso-
late , e non sono di tulio rilievo , che nelle gambe.
Or non saprei , perchè due statue della grandezza me-
desima si sarebbero poste al sepolcro di Cozio , in
caso che 1' Arco , ed il supposto sepolcro non sieno
per avventura un edificio medesimo, cjuando si potrebbe
mostrar cogli esempj , che una sola statua primeggiava
negli antichi sepolcri; vale a dire la statua di colui , al
quale erasi innalzata la tomba. Il silenzio d' Ammian o ,
la natura delle statue , 1' essere queste compagne , il sito
onde s' estrassero , la gigantesca lor mole , che le in-
dica in alto locate , la perfezione loro , che rendevale
proprie a decorare un edificio ei'ctto a celebrar le glo-
lie d' un Cesare , e a pei-petuare la riconoscenza d' un
Principe , ciò tutto m' induce ad asserire , che non del
sepolcro , ma dell' Arco facessero parte i nostri Torsi ,
ove r Arco medesimo non servisse per avventuia anche
Guatlani Ro- _ ^
maaniic.,voi. I, di monumeiito funei'eo. Ornati di statue erano in Roma
pag. 41.
gli ardii di Trajano , e di Costantino , ed anche quello
s-oi. Antiq. purc di Traìauo in Ancona. Riferisce il dotto Autore
Ub. IV. -^ '
NorU. Operi ^^ Genotafj Pisani essersi decretalo dalla Pisana Colo-
c«aciaT^ p'i5."n'. ^^^ ^ì cj-gcre nel silo più cospicuo della medesima un
Vrrjnoe '7ig.
DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. GAP. III. 4^^
trionfale arco ad Augusto ornato delle spoglie delle vinte
Nazioni, ordinando, che sopra l'arco si ponesse la
statua pedestre d' Augusto in aìjito trionfale , ed ai lati
le statue equestri dorate di Cajo , e Lucio Cesari. Agli
esempi si può aggiungere 1' autorità. Il Vitruviano Lepc^
attista Alberti uno tra primi , che studiale abbia le Anhiimur» lib.
rlomane fabbriche, parlando degli archi, adcUta i luo-
ghi ove si doveano essi abbellir colle statue. Di ciò
persuaso 1' Autore dell' Atlante Piemontese nel cUsegno,
sebbene inesatto , che ci presenta dell' Arco Secusino ,
aggiunse sovra il cimazio dell' iscrizione alcuni piedi-
stalli , che sostengono frammenti di statue. 11 Maffei p^^^^lJ^^T.
nell' Istoria diplomatica , e nel Museo Veronese pubblicò iimJi'<>d"i'$8» i
molto più esattamente il disegno medesimo; ed il Mu- f3^.^^^.
RATORi , che ne volle arricchire il suo Nuovo Tesoro di
marmi letterati, sovra' il dado, in cui è scolpita l'iscri-
zione , rappresentò certe pimiae , ossieno merli di bar-
bara architettura , secondo 1' uso di lorliCcare de' tempi
dimezzo, che a più d'una delle maestose moli Romane
aggiunti furono per ridurle a torri , e fortezze. Queste
soprastruzioni furono fatte levar via circa l'anno 1760 ,
secondo che narra il Ma.ssazza , dal Re Carlo Ema-
nuele intelligentissimo dell" antica buona arcliilettura , e
furono per avventura scambiati dall' Autore dell' Atlante
del Piemonte per acroterii , sopra i quali posassero le
statue. 11 medesimo architetto Massazza , che illustrò
di proposito r Arco Secusino , par che dubiti , che
quello sia stato mai ornato di statue. Non seppe vedere
H
^SG de' torsi secdsini
quel nostro Architetto sito alcuno ove esse potessero
venir collocate con quella vaghezza , clie si distingue in
«ouisusa.To- ogn altra parte dell'arco. Osservo, che il dado viene
tino 1750.
tutto occupato dall' iscrizione , e non sapendo trovare
alti'ove luogo proprio per le statue ideò con poca ve-
rosimiglianza , che ai lati dell' Ai-co vi potessero esser
trofei di statue adornati. Credo anch' io , che statue non
vi fossero sopra gli acroterii , o piedistalli , che indicò
r Autor dell' Atlante , perchè i nostri Torsi mostrano
d'esser stati appoggiati ad un edificio , siccome abbiamo
detto poc' anzi ; ma poi per qual ragione sovra il dado,
in cui è incisa l' isci'izione star non vi poteva un altro
attico , che ammettesse le statue ? L' Arco Secusino cosà
come è , quantunque d' ordine Corintio di tutti gU or-
dini architettonici il più svelto , appare tozzo alcun po-
co , e schiacciato. Il cimazio , che corona I iscrizione ,
(un pezzo di cui esisteva ancora a' tempi del Massazza,
e venne da lui riportato , e disegnato esattamente ) ha
uno sporto non bastevole a difendere dalle ingiurie
delle stagioni gU ordini inferioi'i , e sopra tutto la parte
più rilevante dell' Arco , vale a dire l' iscrizione collo-
cata al dissopra della cornice del primo ordine. Possiam
quindi ragionevolmente pensare , che il Secusino Arco
fosse già nobilmente terminato in cima da un attico
elegante , e da un maestoso cornicione , quello ornato
di statue ai lati , e questo di mcmbi-ature robuste , e
d' uno sjiorto spazioso. È questa 1' opinione del Signor
DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. CAP. IV. /^^•J
Gian-Francesco ISapione, che l'Arco di Susa con oc- t^^'^'f^J^'/;
chio aKcQto esaminò; e che anzi menti-e era Interi- i'p^^^'ò'n,!*^^
lustri riufiìo d^
dente di quella provincia fece ristorare dagH ohraggj c^'Jv;-'i"Snam.
sofferti quella fabbrica insigne.
CAPO IV.
Agrippa rappresentalo probabilmente in una
delle statue , di cui ci rimangono i busti.
Tenendo io adunque per cosa probabile, che i Torsi
Sectisini ornassero TArco, che ad Augusto Marco Giu-
Ko Cozio innalzò, quando l'Imperatore accompagnato
da Cajo figliuolo di A grippa reeossi nelle Gallie , è da
cercarsi ora quali fossero le persone , che vennei"o ef-
figiate nelle statue, cui appartenevano i nostri Torsi lo-
ricati. Certo è , che persoiioggj Romani , ed alla Ro'
mana foggia vennero espressi nelle statue , cui appar-
tengono i nostri Torsi. Plinio afferma , che proprio
era del costume Romano il rappresentarli reperii di .- ^'"'',°; I'""
loriche : Grapca rcs est niJiil velare , al contro Ro- '■'''• ^
mana , et' mìlitaris t/ioraces acìdere.
Esaminando gli antichi scrittori per trovare chi mai
verso r ejioca, in cui fu eretto f Arco Secusino, meritasse
d' avervi ima statua , mi corsero al pensiero Til)erio ,
e Druso , i due figliuoli di Til^erio Nerone , e di Livia
/f08 de' torsi segusini
moglie d' Augusto. Stava il primo l'elicemenlc allorn np-
punto a guerreggiar nelle Oallie; aveva varcata il Ueuo,
compressa l'audacia de'Jjarhari; il secondo morto di fresco
tornando da una spedizione con Irò i Cadi ed i Clic-
si6i. in Au ruschi. Spinte avea oltre l'Elba l'Aquile Romane, ed
innalzati trofei lungo quel gelido fiume. Entrambi erano
stati acclamati Imperatori dalle scjuadre , e considera-
vansi come i sostegni più fermi dell'autorità d'Augusto»
e dell' Impero Romano. Ma il campo ove si gloiiosamenic
si erano esercitati (lueslì illustri fratelli ò lontano di
troppo dall' Alpi Cozie. Quindi mi volsi in traccia di
tal personaggio, che avuto abbia parte maggiore nclf as-
soggettar del tutto a' Romani le Alpi , che il Piemonte
circondano, e corrispondenza particolare con Cozio; nò
credo d'essermi dilungato dal vero , se un personaggio
tale riscontrai ncll' uomo ])iù gi-ande del suo secolo ,
nell'amico più caro d'Augusto, in quello che fu ve-
ramente scudo e lancia di lui, in Marco Vipsanio Agrippa,
Egli nudrito da giovinetto, come rifeiisce Nicolò Da-
masceno presso il Nouis , con Ottaviano che seco il
condusse in Grecia mentre Giulio Cesare si <lisponeva
alla impresa contro i Parti, agli interessi di lui senza
riserbo veruno si dedicò; ad esso iallo triumviro fu
scorta, e consigliere; ad esso preparò la strada all'lnijicro
colf Aziaca vittoija. Lo stesso Agrippa domatt)r delle
Gallie, ferme rendendo le conquiste di Cesare, il primo
fu che , dopo quel fulmine di guerra , al)bia passato il
Reno come vincitore, e condotti i Romani alle spiaggia .
DI GIUSEPPE TRANCm--t>ONT.'''CAP. IV. /ftìg
cleir Oceano. Vedendo quindi che era giuoco-forza , che
la scossa e combattuta Republ)lica gisse a npararsi sotto
r ombra della Monarchia , abbracciò con sano accorgi-
mento il partito del più forte , e dopo che vinto aveva
Sesto Pompeo, mentre durava tuttavia ih triumvirato ,
il triumvirato poi del tutto spense con vincere Antonio.
Ottenuti da Augusto , col quale fu più volte compagno
nel Gx)nsolata, gli onori più grandi, e le dimostrazioni
'-' i. >-> Diou. !ib. 53.
d' afletto più lusinghiere , divenne genero dello Impe- '^j^j''"» '" *"
ratore sposando la bellissima Giulia, dalla quale el)be
Cajo, e Lucio, che Augusto, vivendo Agrippa, adottò
comprandoli per oes et libram secondo l'antico metodo
d'adozione. Non levatosi Agrippa in supei'bia veggendo
la prole sua innestata nella famiglia di Cesare, seppe
mantenersi il favore del suo Principe senza avvilimento,
e senza invidia altrui. Edile , TrDiuno , Censore abbellJ
Roma e l' Italia d' utih, e magnifici edificii , ed ebbe
gran parte nei più saggi stabilimenti d'Augusto, mostran-
dosi non meno accorto politico , che guerriero valoroso.
Dal foro e dal" Senato volando fra 1' armi segui a di-
latare i confini dell'Impero. Batte i Germani, passa nelle
Spagne e doma i Cantabri. Recasi quindi alle sponde
del Danubio , e nel corso , delle sue vittorie di ritorno
dalla Pannonia muore nella Campania. Augusto ne com- ^'^'f^^si^; ^*;
pianse amaramente la morte , ne recitò la funebre lau- '^"'""""
dazione egli stesso nel foro, e lo volle sepolto nel Mau-
soleo medesimo che s'era Egli di recente fatto pie-
parare, ove già riposavan le ceneri di Marcello, e dOl- binJf.Comouli
Lirì.
470 de' torsi segusini
tavia. Dopo la morte d' Agiippa non cessò Augusto dal
mirare con occhio di parzial tenerezza i du€ suoi nipoti
e figliuoli adottivi Cajo e Lucio. Da essi si faceva ae--
conipagnare nei viaggi, e-ssi qvwsi fanciulli cj-eò Cesavi,
ed iniziò negli allori piiji rilevati. Non, i maneggi dell'as-
tuta Livia , non i meriti ostentali di Tiberio, che dovette
pure accettar Ì9 ispos^ quella Giulia celelpre non meno
per beiti e coltura d'ingegno, che per iatvighi e disc
solutezze, la quale Augus,to giva come pegpoi concedendo
a colui che voleva, sopra ogiV altifo suQ caro distinguere,
tutto ciò, dissi, non valse a sj«i,ove<)-e Augusto dal di-
segnare in cuor suo successori all' Impero i figliuoli
4: Agrippa.
Ciò peraltro clie serve al nostro argomento si è ,
ch,e fu propriamente Agrippa il domatore dei popoli
Alpini, e di quelli in modo speciale che confinavano
colle alpi Cozie. Fu ili primo Giulio Cesare, che passando
per l'alpi, recandosi nelle GalUe fatto abbia un Trattato
con Donno padire di Cozio. Ciò. rilevasi, da. uìhl' iscri-
Doni inscrip. ziouc rapportata dal Doni, i» cui Donno adottò il pro-
lion anli. Clas. . . ,
I, num. 30. nome di Giulio. Fors^ in quell'occasione Agrippa che
militava con Cesale a^yrà conosciute quelle regioni , e
stretto a nome del suo generale Trattato) d' alleanza con
alcune Alpine nazioni. Quindi poi è probabile che egli ,
e come supremo comandante de' Romani eserciti sotto
Augusto , e come pratico dell' Alpi abbia avuto gran
parte, in domare i popoli Alpini, e che siasi a tal og-
getto valso di Cozio come figliuolo d'un Principe alleato.
DI GIOSEPtE rKANCÌU-PON*.' CAP. IV. 2|.? ì
«d amico de' Romani. Ma quanto avvaloi'a la nosti*
congettiua è il sapersi daSTRABONE, che Agi'ip])^ aperse lijf "Tv. ''"*"''
molte strade a traverso dell'Alpi più vicine alle Cozie^
e che i figliuoh di lui Cajo e Lucio ampie e princi-
pesche possessioni avevano ne' Ccntroni popoli aHo stato
di Cozio vicini assai. Prova di ciò il'i"efi-agal)ile è la bella
iscrizione di Pomponio Vittore tro^^ta8i irt Aj'rtìe nella
Tarantasio, e dal sig. Gian Francesco Naì'Ióné ampinmente ^.,,p sacmi.
comenlata; e dall'iscrizione e da' conienti s' impara essere
stato liberto d' A grippa Pomponio Vittoi-e, e posto col
titolo di Procuratore alla cura delle mentovate possessioni
di Cajo e Lucio Cesari. Qui non occorre il cei-cai-e quanto
importasse la cai-ica di lui ; si vuole biensì avvenire che
Agrippa non avrebbe acquistati poderi in qilei òohtorni,
se non avesse conosciute di lunga mano quelle regioni,
se non vi si fosse più volle fermato recandosi nelle
Gallie , e se non fosse stato sicuro della fedeltà di Co-
zio, che gli era sì vicino. Pensa il Morcelli, che l' iscri- DcSijIoImw.
' O ' ^ ^ pag. 170.
zione in versi di Pomponio Vittore sia posteriore ai
tempi di Nerone , perchè seguitando il Clcverio sup- ciurer. irj.
pose, che i Centroni fossero soggetti . ai Re Alpini pri- «»•
ma di cpieir epoca. Ma per tacer d' altri Scrittori , che
diversamente a ragione pensarono , il dotto Signor Ja-
copo DuRAKDi , il cui testimonio vale per mille , non Pinn cisjwd.
11'/--. -Il j- r> • r amico, pag. ^o.
pure esclude i Centroni dal regno di Lozio , ma gli
annovera fra quelle Alpine Nazioni , che insorsero con-
tro i Romani , e che furono perciò nomate nel Trofeo
dell'alpi, mentre in quello non ti menzionarono le
I
47* de' torsi segusini
Goziane ciltà, perchè rimasero fedeli. Così segue il Du-
HANDi a dimostrare , che nel testo di Plinio , ove si
riferisce 1' iscrizione posta al Trofeo d' Augusto si deve
leggere Cenlrones in camlìio di Acìta^ones. Dietro i
lumi di cjuesti due nostri illustri Letterati io ardirò ag-
giungere , che probabilmente Agrippa si sarà giovato
dell' opera di Cozio medesimo , come di un suo Luogo-
tenente , per ridurre i Cenlroni, e parecchi altri Alpiui
popoli posti e verso gli Alloljrogi , e verso 1' Alpi ma-
rittime, alla divozione de' Romani; e che per tal mezzo
Cozio avrà meritato di venir da Agrippa protetto presso
di Augusto. Non si potrebbe accertare in quale delle
tante volte , che Agrippa si recò nelle Gallie abbia
procurata a Cozio la benevolenza d' Augusto , ma in-
clinerei a suppoiTC , che allora si fosse quando v' andò
durante ancora il Triumvirato. In quei tempi erano di-
visi in partiti i Re alleati , ed i popoli soggetti ; le
Gallie di fresco domate attendevano il destro per ri-
bellarsi ; viveva , anzi pure per mare trionfava Sesto
Pompeo , e non avevano perciò perdute le speranze
di risorgere coloro , che affettavano di sostener la Re-
pubblica , e che avevano seguitato le parti di Bruto ,'
e de' nemici di Cesare. Conveniva perciò , che i Cesa-
riani , o per dir meglio i Triumviri per ogni via si
assicurassero alleati fedeli, in que' Paesi massimamente,
che erano più vicini alle nuove conquiste , e non sarà
perpiò fuor di ragione il pensare , che Agrippa abbia
avuto ricorso alla fedeltà , ed alf ajuto di Cozio , la cui
V'iJ. Morcflli
Qscrip.
r
, I
DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. GAP. IV. ^']3
famiglia era addetta già a Giulio Cesare; e che Cozio
abljia corrisposto alle premure d' A grippa , e siasi in
ricompensa meritate le grazie d' Augusto per opera del
di lui Favorito. A dimostrare una mutua corrispondenza
di protezione, è di gratitudine tri Agrippa , "è Cozio
vale assai il pronome di Marco aggiunto" da 'Cozio a i^\f^\J',
quello di Giulio, che egli' già aveva come, scmpUce p'''^- '"
alleato de' Romani , e che si vede unito a quello di
Marco adoperato dà lui nell' iscrizione dell' Arco Secu-
siho. Ma la gratitudine • di Cozio non poteva in occa-
sione mìglioi-e , e più acconcia palesarsi , che innal-
zando il simulacro del suo benefattore suU' Arco pre-
detto ', e mentre Augusto si recava nelle Gallie accom-
pagnato appunto dal giovane Cajo , che si voleva pro-
durre all'esercito; militare cei'emonia da compirsi ap-
punto là, dove Agrippa fissato avea il centro degli eser-
citi nelle Gallie al confluente della Sonna , e del Ro-
dano, quasi nel sito medesimo , in cui è situato Lione,
d'onde aveva Agiippa apeite quattro strade principali, sirab.ub. iv.
e dove soleva prendere Augusto gli alloggiamenti. Sa-
peva Cozio quanto fosse grato a Cesare Y onorar la
memoria di quei Capitani illustri, che dilalato aveano
i confini dclf Impero Romano, e rendutolo grande , e svet. in Aug.
nessuno in quell' età fatte avea più importanti con-
quiste di Agrippa, nessun altro era più caro allo Im-
peratore di lui. Morto dà quatti-' anni , gli onori , che
se gli rendevano , non eran capaci a destar gelosia
negli emuli suoi ; ma questi onori medesimi ben eccitar
60
474 I>E' TORSI SEGUSINI
doveano nobile emulazione in colui , c^ie vantava
Agrippa per genitore , ed Augusto per padre adottivo.
Quale stimolo ad anioni gloriose non dovea essere per
un ardente garzone di circ^ quindici anni , intorno a
cui tutto rideva , il quale innanzi uvea le più brillanti
speranze , per un garzone avido d' onore , e di rino-
STet. in Aug. manza , premuroso di lanciarsi tra i politici negozj
sifiUa-inAug. qual era Cajo , il quale dall' etA d' anni tredici già ve-
nia in giro condotto per visitar le provincie , il quale
L m'.Iu!''^''' ^^^ anco deposta la puerile pretesta ambiva il Con-
solato , il quale principe ei-a della gioventù per accla-
mazione de' Cavalieri , onore, che consideravasi proprio
di quelli , che avrebbe un giorno presieduto all' intiero
Senato, sicché Ovidio disse di lui:
De'Atie aman. Nunc juvenum Pri/ìceos deinde fulure senum ,
lib. I. Ters. 1J9. ' ' '
quale stimolo, dissi , esser non dovea per un garzone
tale , ad imitar in pace , e fra l' armi la virtii del
genitore , il jjresentargliene di fronte sopra un magni-
fico arco di trionfo 1' immagine ? Certamente non do-
vea esser d' alcun altro , che di Agrippa , non potea
esser che parte della statua di lui uno de' Torsi , che
preso abbiamo ad lUusti-are.
Non si stenterà punto a distinguere , che il Torso ,
di cui parliamo quello sia , in cui è scolpita la Pallade
in mezzo alle Ore. Dietro alla scorta dei più dotti An-
tiquarj , ci sembra potersi stabilir per canone , che gli
DI GIUvSEPPE FRANCHI-PONT. CAP. IV. ^jS
antichi Scultori , qualora doveano trattare un soggetto
determinato, nulla operassero , eziandio riguardo agli or-
nati accessorj , di che non potessero dare un' adequata
ragione , e che non giovasse a schiarire vieppiù la na-
tura del soggetto , o il carattere delle effigiate persone.
Questo canone fu posto in pratica dallo Scultore dei
Torsi Secusini. La mossa vivace , ed energica , la quale
siccome si è osservato conviensi ad un Eroe , il baltco,
the Io distingue per un Condottier d'eserciti sarebbero
tòste di poco rilievo , quando a torre ogni equivoco
nòli bastassero i bassi riUevi , di cui è ornata la lorica.
$Joa "Marte , o Bellona , ma la figliuola di Giove , 1' As-
sistente a- -consiglj di lui, la Dea della sapienza, e
dè-Ue arti , còlei , che presiede ai Genj della pace egual-
mente , e della guerra , l' inventrice dell' arcliitettura ,
conveniva a caratterizzare Agrippa , che seppe mostrarsi
impavido Generale in campo , e politico accorto , e sa-
'i'io Magistrato in città. Egli scelse ne'varj incontri della
vita ognora il partito migliore , e se 1' adulazione potè
chiamar Augusto il Giove dell' Impero , potcasi simbo-
leggiare in Pallade il consigliere suo , Pallade appellan-
dosi mente , e consiglio di Giove.
Proxìrnos UH (amen occupavi i
Pailas honores.
Scrisse Orazio. Quindi l' Artista nostro coperse l' elmo Horat. carm.
della Dea, non d'un dragone, o d'un ariete, come quello
47*^ de' torsi segusini
in altri monumenti si scorge., ma sibbene della civetta,
indizio di sagacità , e di prudenza. Ove si voglia par-
ticolarmente considerar Pallade come protettrice delle
moiirn""'" ' arti, e dietro a Luciano come inventrioeldcU' arcbilet-
tura, chi più d' Agrippa le arti belle prolesse , chi mai
d'edificj più magnifici ornò Roma non pur, ma l' Ita-
ha ? Egli celebrò col lusso più sontuoso i Giuochi se-
colari, ed in più occasioni diede spettacoli al Popolo.
Egli condusse in Roma 1' acqua Giulia , che in parecchj
rami di videa si , con sontuoso acquedotto <,;ehje ;abbcUI
tratto tratto di statue ,' e . d' altre iopete insigni dell' arti ;
egU ornò i septi , ossia gli steccati costruiti dfi Lepido
per adunarsi i cómizj , di martìii ». Cì pitture! Quantun-
que Consolo facendo le funzioni d' Edile egli man-
xx^'t°""ap.'xv; tenne , e ridusse in buon essere la Cloaca massima,,
riparò il Circo , costirusse .nuove, e magnifiche strade.
Opera d" Agrippa fu la. comunicazione apertasi tra il
lib. n.* *"*"' mare, ed il lago di Guma ; e per tacere tanti ^Itri edj-
ficj fu innalzato da Agrippa il Panteon, detto volgar-
mente la Rotonda , che fra le antiche opere architet-
toniche è quella , che siasi conservata più intera ai
giorni nostri. Ad essa, aggiunse le Terme , e fabbricò
pure un portico in onor di Nettuno decorato colla pit-
g„f"'°°'°'^"' tura degli Argonauti. Con- ragione perciò asserisce Sve-
TONio , che molli potenti per compiacere ad Augusto
avevano impiegate egregie somme d' oro nell' adoi-nar
Roma , ma più di tutti Agrippa con belh , e sontuosi
edifici . ^^^ P3''0 1 che Pallade poteano le Ore disegnar
DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. GAP. IV. ^77
l'indole, e la vita d'Aj^rippa. Gompagrife delle Grazie,
e delle Muse , Dee della bellezza , tutrici de' bamljini ,
pronube alle nozze , e ne' varj avvenimenti della vita
custodi, e consigliere si fìnsero le Ore , e tali ci ven-
nero additate da Pindaro nell' ode sovra citata in lode
di Senofonte Corintio :
. . . Dice ognora
,,.,?,., PinJar. Od»
Delle cittadi stabile sostegno , J""- oiimp.
'•£'" a lei simile ancora
Nelli costumi Irene aurodatrici ,
Farlo di Temi degno
Che co' consigi/ suoi ne fa felici.
Queste vantan poter da tener lungi
T,e brutte ingiurie , e le villane offese
Cile nella copia han nascimpnto , e vita,
Per lor d onesti fatti un' infinita
Schiera fammisi innanti. ec.
Così il Cantor Tebano nella traduzione del Gottier. Le _
Pomi I7W-
Ore dunque , che si danno per seguaci di Venere , e »» *•'
d' Apollo , e nel monumento nostro di Pallade accon-
ciamente servono ad indicare lo sposo della vaga Giu-
lia , il genitore dei successori disegnati al trono di Ce-
sai-e. Esse che
. . . Vantan poter da tener lungi
478 de' torsi segusini
Le brutte ingiurie e le villane offese
Che nella copia - ( cioò come osservano i co»
mentatori tra le ricchezze )
lian nascimento e vita. ec.
■■•i
assai ad Agn'ppa si convengono, il quale per giungere
agli onori d'altro non si valse che delle, personali sue
qualità, che seppe tenersi lungi dall'orgoglio insultante,
egualmente che da ogni vilti\ , che i'edele al suo Piin-
cipe mostrò che avrebbe saputo vivere con dfccoro in
libera Città , com" era divenuto V appoggio della Monar-
chia , e che del suo credito si giovò sempre per far
regnare la giustizia, e la moderazione. Che quest'indole
nobile , e gentile fosse propria d' A grippa si può argo-
mentare dall'amicizia eh' egli sin dagli anni suoi giova-
nih avea sti-etta coli uomo più elegante, e col più fine
conoscitore dell'arti che Roma s' avesse, cioè con Tito
j^^°""^^'''° Pomponio Attico. Questi (osserva Cornelio Nipote)
amava coloro solamente che dai costumi suoi , e dalle
sue maniere non discordassero : e c]uesti accolse Agrippa
ancor giovane. Ad Agrippa accordò in isposa Attica sua
figliuola carissima ancor giovanetta , Agrippa costituì
crede perciò de' suoi poderi , e la famiglia d' Attico in
quella d' Agrippa passò, ond'è che uno de'lil)erti d'At-
tico fu per avventura quel Pomponio Vittore che abljiam
veduto ne' Genfroni esser procuratore delle possessioni
Vili. Nap. Sa di Cajo, c di Lucio. Aarippa unitamente a Lucio Peduceo
•rario G.-niil,s- ' D rr
eo,Leii«avn. volle Atlico presenti negli ultimi istanti del viver suo,
DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. GAP. IV, 479
e dobbiamo supporre che in casa d" Attico , tra quelle
erudite adunanze che appo lui si tenevano, dove il Ge-
nerale , e 'l Magistrato , il Filosofo , il Poeta , 1' Oratore
familiarmente s'intrattenevano, abbia sviluppato, e per-
fezionato Agrippa quel gusto per le beli' ai-ti che io
distinse sopra ogn' altro Romano. Vedovo d'Attica non
avrebbe Agrippa forse sposata prima la nipote, quindi,
ripudiata questa, la jBgUa stessa d'Augusto per volere
di lui, se non avesse mostrato un ingegno colto dell'arti
ingenue in una corte dove tutto spirava eleganza , col-
tura, erudizione, di che le donne medesime si davano
vanto. Non soltanto mercè i bassi-riUevi più appariscenti
veniamo in chiaro che ad Agrippa apparteneva la istoriata
lorica di cui parlasi , ma tal cosa ci confermò lo Scul-
tore mercè i più piccoli ornati accessorj. La Gorgone,
che sta fitta in mezzo al petto indica quanto Agrippa
sia stato pronto , e terribile nel domare i nemici di
Roma Galli , Germani , Gantabri , ed altri molti in Eu-
ropa, ed in Asia. Le Città prese, battute, rovinate da
lui vengono significate da quelle testine d'ariete di pro-
filo scolpite nella fascia della lorica indicanti la macchina
formidabile scuotilrice delle mura , la cui estremità ter-
minava in una punta di ferro , o di bronzo i-affigurata
come una testa d' ariete. Finalmente si vuole avvertire
che non senza ragione con una piccola clamidetta dis-
tinse lo Scultore de' Torsi Secusini il Torso che appar-
teneva alla statua d' A grippa. Egli così indicò la savia,
e modesta condotta del suo Eroe , che non volle mai
4^0 de' TORSI SEGUSINI
godere dogli onori del trionfo. Qualora clilamafo solle-
citamente dalle Gallie , gli fu decretato lo ricusò , sti-
mando turpe il trionfare mentr' ciano male andate le
SiU in Aug. p^^g d'Augusto: ma accorse in Italia, miseiin buOii
ordine l'armata navale de' Triumviri , riparò i danni "che
ca^^vu'."'"' l'ecati avea la flotta di Sesto Pompeo, e non lungi dalle
alture di Messina mise in fuga quel Romano infelice ,
Appiin.deBd mostraudosi atto così del pad all'imprese di mare che
lo ClTll. IlO. T. il
a quelle di terra. Contentossi allor poi d' una corona
Livi» lib. cxxix. navale donatagli da Augusto, distinzione certo lusinghiera,
perchè fu egli il primo ad ottenerla. Rifiutò Agrippa pa-
lamenti il trionfo, quando, rimaso Augusto Signor dell'Im-
perio , gli fu decretato e da Cesai-e e dal Senato , in se-
guito alle vittorie riportatesi da lui in Oriente , od a
quelle che ottenne contro i Cantabri. Dietro l'esempio
d' Agrippa la si antica costumanza di trionfare andò in
disuso presso^ i Generali , e fu riserbata ai soli Impe-
ratori, così le vinte nazioni a lui dovettero il veder
diminuita assai uria pompa tumultuosa e feroce, che tanto
■oltraggiava l'umanità. Sì genei'osa moderazione, sì nobile
verecondia di M. Vipsanio Agrippa mostra , che era egli
uomo,' 'il quale non abbisognava della nobiltà degli Avi
per aipcrescere splendore al suo nome, checché dica
Aonaci Sene- Seneca della oscura origine della gente Vipsania; e che
cac conlroviTS. " .
lib. ir. couiro- all' indole elevala di lui ben si conviene il carattere che
Tcrs. IV.
gli venne attribuito con pochi tratti del suo energico
Veli. Pater, pennello da Vellejo" Patercolo « M. Agrippa virtutis
» nobilissima?, labore, vigilia, periculo invictus, parendi,
PI CirSEPPE FRANCHI-PONT. GAP. V. 48 1
» sed lini scientissimus, aliis sane iinperandi cupidus ,
» et pei- omnia extra dilationcs posilus , cousultisquef
» facta conjuugens. » Per recar ad evidenza la nostra
congettura, che uno de'Torsi Secusini, quello cioè della
Fallacie, ralligui-i Agrippa converrebbe, che si facessero
escavazioni intorno al sito dell'arco, e che venisse kaori
la testa di quell" illustre Romano rassomigliante alle note
teste di lui, quali appajono ne' marmi, e nelle medaglie.
CAPO V.
»S/ cerca qual personaggio verosimilmente J'osse effigiato
nella statua, a cui spetta i altro Torso Secusino.
Ora è da cercarsi ornai qual personaggio rappresen-
tasse il simulacro cui spetta l'altro Torso Secusizio, che
sopra la lorica mostra scolpita la quadriga, ossia il carro
del Sole. Penso adunque di poter congetturare che quel
Torso, fosse pai'te della statua o di M. Giulio Cozio
figliuolo di Giulio Donno, o di Giulio Donno medesimo.
Marco Cozio avea eretto^ T Arco , comandava sotto cjuul
si voglia titolo a quelle l'egioni che son mentovale nella
iscrizione, teneva la sede sua in cjuella Città medesima
eh' egli decorò d' un monumc'nto insigne cotanto. Non
sarebbe stato sconveniente perciò , che l'immagine di
lui si mostrasse allato all'immagine del suo benefattore,
di cui ili a)ulo nel domare pai'ecchi popoli Alpini, e
nel riclùuuxar al dovere alcuni paesi delle Gallie libel-
Gi
i^8a de" torsi seccsiki
lulisi , e più a suoi paterni stati viciui. Con tal mezzo
perpetuava Cozio la memoria della buona armonia che
passava tra lui ed i Romani , ed accresceva ne' popoli
soggetti riverenza maggiore verso la sua persona. Imitato
egli avrebbe cosi tutti coloro che innalzavano un illustre
edificio: ed avrebbe inoltre seguito l'esempio d' Agripnia
lib un.pag'^ìi" s^io Patrono , che nell' atrio del Panteon pose la statua
maro. ' " d' Augusto a fronte della sua propria , mentre il simu-
lacro di Giulio Cesare collocò dentro il tempio. A ren-
dere di qualche peso questa opinione tornano qui pure
in ajuto le sculture ond' è fregiata la lorica di questo
secondo Torso, nel condurre le quali s'attenne l'artista
a quella regola istessa che seguitò ne'bassi-rihevi, di cui
ornò la lorica spettante alla statua d'Agrippa. Si è di-
mostrato essere l'Auriga, che guida il cocchio a quattro
cavalli, il vago, l'intonso, il sempre giovane Apollo:
ed ApolUne era appunto il Nume tutelare della famigha
di Donno e di Cozio. Tanto s' impara dalla seguente
iscrizione di cui abbiam parlato più sopra rapportata
Ani.cb5.1!n.'3o! dal DoNi, dagli Illustratori de' marmi Torinesi, e citata
Marmor. Taur. dal DuRANDi , ed anclie dall'Abate Gaetano Marini nell'in-
parl, I, pag. iSi.
signe sua opera dei Monumenti dei Fralri Aitali.
T?r"l^'«; APOLLINI • G • JUL • DONNI • L •
pag. 7«. ' ERASTVS • ET • JULIA • DONNI •
CYPRIS-
V • S • L • M •
DI GIUSEPPE FRANCm-PONT. GAP. V. /^S3
Erasto e Giulia liberti di Donno non avrebbero sciolto
un voto ad altra Divinità che a quella del loro Signore.
Anzi indotti dalla sopra esposta iscrizione, i lodati Illu-
stratori de' marmi Torinesi comentando una lapide vo-
tiva posta al genio del Secusino Municipio da un certo
Giulio Marcellino vissuto a' tempi di Gallieno, sospet- j^i'^"" Jg"'^;
tano che Apolline fosse il Genio di tutte 1' Alpi Cozie.
Egli appare nel nostro monumento sotto la figura d'un
Auriga per alludere alle comode e spaziose strade, che
a traverso dell'Alpi si apersero da Gozio , com' anche AinoiiaD. Mar-
i 1 celi. llb. I3,cap.
per indicare che s'erano svelate a' raggi del Sole le più ^
riposte caverne , e che il di lui sguardo tutto vede ,
illumina e penetra , come ossei-vò Magrobio. Si vestì
„•..,. . 1-1 !• 1II11- MacTub, Salu^
f Auriga in abito quasi muliebre, e poco diverso dall abito nui. lu». i ,c»p.
XX.
che venne attribuito all' Apolline Aziaco, perchè Cozio,
a fme di compiacere ad Augusto con un tratto d' adu-
lazione, avrà voluto per avventura mostrare, clie adorava
gli Dei sotto quelle sembianze medesime, le quali più
andavano a genio dell'Imperatole, che di Apolline, si
mostrò sì devoto che giunse a voler farsi credere fi-
T 1 T -NT • • !• Sul. in AiijusL
ghuolo di quel Nume in una certa cena nmproveratagh »• 7°-
a buon diritto da M. Antonio. Del resto Omero, Stra-
EONE , ed Erodoto presso il Visconti parlano degli Mii<eo pio-ae-
unni lom. IT,
abiti e delle acconciature quasi femminili comuni agli F-g ^-■
uomini presso alcune Greche popolazioni de' tempi più
remoti; e l'erudito comentator di ^'^ircilio , Servio,
e' insegna, che non solamente parecchie statue antiche
mostravano f acconciatura medesima de' capelli iu cu-
iji^'i de' torsi SECl'SINI
tiambi i sessi , ma che tal costume antico si conservava
tuttora nelle maschere traj^iche per ciò che: apparteneva
all' ornato del capo. *
Tra i simboli moltiplici che adoperò la superstizione
pagana per esprimere la Divinità dei Sole ; ** il nostro
* Antiquo more viri, sicut mulieres , compoiiobanl capillos , quod verum
esse, et slalu:e uonnulloe aiitiquurum doceiit , et pcrsonje , quie in traguediis
videmus simllcs in nlroque spxu quantum ad onialuin pèrlinèl capitis'. ( Serv.
al verso di Virg. 632, ^neid. lib. io. ) Sanf^uine turpanlem comtos de more
' l'i!) ■ ) ;: ^3tlì i . 1
** Il Visconti ( Mus. Pio - Clemeni. Tom. IV. pag. 9 ) parlando di urf
Marie scolpito Sul basamento d'un candelabro, osserva, che il cirai'pro
dell'elmo n k sostenuto da un grifone, animale, eh' ei dice guerriero se-
condo le antiche favole, uso a combattere cogli Ariniaspi popoli della Sci-
zia, paese assegnato a Marte dalla Mitologia ; e soggiunge , che celebre fu
presso gli antichi Greci il poema di Aristea Prucoriesio sulla guerra dei
Grifoni, cogli Arimaspi , che fu quindi soggetto di tanti monumenti Greco-
Italici, ed Etruschi. Altrove poi ( Tom. IV, pag. 25. ) descrivendo un
basso-rilievo , in cui è effigiato Apollinc , nota , che il grifone , su cui
Apollo si sostiene, è conosciuto come a lui sacro, e che molte rela-
zioni per ispiegarne iHmotivo sono state allogate eruditamente dal Buo-
narroti (.Ossen'az. sopra i Medaf^ìioni , rap. VII, 12, .pag- 08, eseguenti).
Aggiunge poi il Visconti, che non sa appagarsi della rela/,ione , che si
Vuol dare a' Grifoni col Sole, come animali orientali , e custodi dell'oro,
attesoché, die' egli , il precitato Aristea Phoconfsio Poeta antichissimo .
ed Erodoto il primo isterico, ci parlano dei Grifoni come di fiere iper-
boree , o settentrionali. Vero è , che sembra , che il valente Illustratore del
museo Pio dementino non fosse più così fisso nelle idee sue intorno a
questo animale mostruoso, adoperalo come simbolo quando, ott' anni dopo,
cioè nel 1786, pubblicò il Tom. V del suceennato Museo, perciocché non
mostra più tanta ripugnanza all' opinione del precitato Buonarroti, dicendo
che altri riferiscono i Grifoni a Bacco, preso come simbolo del Sole, al
quale pianeta vogliono sacre quelle fiere chimeriche, citando di nuovo
n CIVSEPPE FRAKCni-PONT. CAP. r. 4^.j
m lista scolse i {grifoni, i quali si finsero abitare le più
cupe halze de' monti, ed avere in guardia le miniere
dell'oro, metallo sacro ad Apolline, oltre le ragioni più
sopra addotte, fors' anco perchè il colore dell'oro s<miiglia joco' cimo"" '
a' raggi del Sole: e montuoso appunto era pressoché
lutto il regno di Cozio , e non isprovvedutc di ricche
mlniop erano le Alpi a quello vicine. Strabone parla
delle miniere d'oro che possedevano i Salassi popoli sirab. lit. i».
non molto dalle Alpi Cozie distanti, del profitto che
ne traevano, e della facilità che ad essi prestava, perche
lo purgassero il fiume Dora. Plinio rammenta certe cave
di pregiato rame ne' confini de' Centroni possedute da
Crispo Sallustio, nipote di Sallustio lo storico, amico pim.H;?!. uà-
d'Augusto, cjuando vecchio si lasciava in tutto guidare cap. i.
da Livia, uomo di cattivo carattere, e che forse quelle
miniere ottenne come prezzo de' suoi tradimenti per gli
intrighi di Livia, nienlie esse forse già spettavano afi-
1' opera de' Mp(]c-i{;lioni di esso Buonabboti. ( l'iscon. Tom. V àel Museo
l'io-Clement. pafi. 17 , 19, 20 ). Ad ogni modo il VISCONTI medesimo
considera il giiroiie come simbolo di Apollo Delfico per denotare il culto
di quel Niitne , eh' ei dimosira essersi propngnlo da uomini iperborei , i
cui climi credeasi abitare il Grifo. Il PiCNORiA nelle doUe annotazioni
sue all' Opera d( He immagini degli Dei del Cartari ( pag. 299. l'enetia
'7"9 ) asserisce d'aver veduta una corniola antica, in cui era (flìgiato
Apolline vestito di lungo con la faretra al fianco in abito di Apolline
Azio nel resto , che sia innanzi ad un' arnia , od altarcllo , sopra '1
quale si vede un grifone. Da questa testimonianza del Pienoni.^ si ri-
cava una prova di più. che il grifone si diede non pure ad Apolline,
m^^recisamenle ad Apolline Azio.
48G de' torsi secusini
glluoli d'Agrippa Cajo, e Lucio , come avverti con fon-
Sacrar. Genti- ^^{jj consreltura il chiarissimo Sia;/ Gian Francesco Na-
lesco leil. VII. o o
PiOKE. E si potrebbero da noi rintracciare eziandio nel
j'came di Gozio, se non d'oro, parecchie miniere d'altri
metalli, quando per analogia si fingessero i griffi custodi
d'ogni specie di miniere. Anzi l'essersi ritrovato in Susa
un basso - rilievo , che parimenti lascia vedere scolpito
un grifone, dimostra che questo simbolo era frequente
presso i Secusini , e speciale per avventura alla famiglia
di Gozio. A' grifoni indicanti le lùcchezze, che nelle viscere
loro chiudevano l'Alpi, offrono una coppa due vecchi
alluso Gallico vestiti. Un tal vestimento non dèe recar
punto meraviglia a chi sa, che il regno di Gozio, ed i
Mela Je siu pacsi chc ad csso lui furono sottomessi da Augusto s'es-
Orbislib.H,car. ^ ^
"■■ tendevano assai oltre l' Alpi , e verso quella parte di
Celiar. cap. II. Galfia più viciua all'Alpi, ed all'Italia che si diceva
(leproTÌDcitsRo* --, , , . • • t TVT l TVT 1 x
man. Bracala , ed m seguito poi si disse JNarbonese. IMel nostro
Torso pare che venga espressa una libazione al genio
della sovrascolpita Divinità , e tal libazione si potreb-
be supporre offerta per la salute di Augusto, e per la
prosperità di Gozio , e de' popoli suoi. Anzi leggendosi
in Gesare, che in tutte cpante le GalUe somma autorità
aveano i Druidi, che costoro adoravano, dopo Mercurio
loro Nume principale. Apolline, non crederei di errare
pensando che sulla nostra lorica si fossero indicati due
Druidi, presso cui stava la cura della religione, dei sa-
grificj , delle pubbliche , e particolari preghiere.
A far nascere in me una opinion così fatta concorsero
DI GIUSEPPE FRAKCHI-PONT. GAP. V. 4^7
il grave coutegno, la ]jarJ)a prolissa, le chiome ondcg-
giauli, e sparse per gli omeri, che dieclei-o gli aiilichi
scrittori a que' Sacerdoti autorevoli, e che 1' artista dei
Torsi Secusiui diede alle figure, di cui parliamo. Plinio piì». nu. xti,
c'insegna che i Druidi vestivano lunga, e candida \cste;
Straboke vuole che l'abito loro l'osse tinto a colori, e strab. lib. ir.
sin ricamato d'oro, e che d oro portassero collane, e
smaniglio in segno di dignità, ed appunto lunga veste
dop|)ianiente succinta mostrano i nostri due vecchi, la
quale veste, o tunica lascia vedere al dissotto le Anas-
saridi, quasi abbia voluto l'artista togliere ogni dubbio,
e mostrare che le figure sue esprimevano due Galli
Druidi. Oltre ciò non s'ignora che l'abito loro era di-
verso, e secondo il grado che teneano nel Druidismo,
e secondo le provincie della Gallia, in cui dimoravano.
Essi porgono libazione al genio d' Apolline simboleggiato
ne' grifoni , che stavano negli antri più cupi e solitarj ;
e tra gli spechi, e tra le più recondite balze usavano
i Druidi fai-e i loro sagrificj , e tenere i loro congressi
all' ombra oscura delle quercie annose , e delle roveri
altissime, ed ivi iniziare i giovani nelle scienze religiose mpI» lib. iti,
cap. II. de iii»
e politiche, ond' è che di loro scrisse Lucano: otbii.
Nemora alla reniods
Lncan. Pbarf.
Incolitis lucis .... ••*•"•
Quando prestar si voglia fede a Strabone, i Druidi, che
compaiono sopia la nostra lorica stati sarebbero nel
488 de' torsi segusini
novero fli quelli, elie i sagrifìei oflerivano, e ehe si ap-
pellavano Vali: mende Bardi eran quegli altri ehe com-
ponevano gli inni , e Druidi propriamente coloro tra
essi soltanto, che attendevano allo studio delle Scienze
naturali, e che insegnavano le morali discipline. Il vedere
nel nostro basso-rihevo im Apolline alla Romana foggia
scolpito , adorato poi da due Druidi , ci la conoscere
egualmente il culto , dirò così , Gallo-Latino dun Re qual
era Cozio di Gallica , o d' Allobroga origine • , ma dei
Romani alleato , ed il passaggio che segui dall' antica
superstizione de'Djuidi a quella de' Romani. È nolo che
le conquiste di costoro, il cullo vetusto de' popoli con-
quistati cambiarono; che vestirono Romano aspetto le
reliquie che ne rimaneano, e che ne esci in seguito una
terza specie di culto, il qual appellar si jjotrebbe Romano-
Barbaro , di cui per render ragione studiarono poi gli
allegoristi mitologi di trovar per ogni dove sotto nomi
diversi il culto medesimo. Tale cambiamento di culto
^essere accaduto nelle GalLie riguardo al Druidismo si
rileva dal leggersi in Lucano che nell'età di Giulio Cesare
i Druidi erano in i^rande autorità nella Gallia meridio-
nale presso Marsiglia; avendo essi avuto un celebre luco,
0 sacro bosco molto graficamente dal poeta descritto.
; &WaiTiSitab Quindi da Strabone, e da Mela si raccoglie che il Drui-
dismo erasi insensibilmenle annidato nella Gallia Celtica.
1 * In filili il Mafff.i (. Mtiseum l't-nm. p. ccwxir. ) sospetta, elle il
Jioslro Cozio. fosse della stessa prosapia di quel Colo di iiiilichissirna l'a-
in'Mia, rfpuiatb'^'kssai' tra gli'Edùi ; del qual Colo paxla Cesare nel libro
VII de Bello Gallico.
DI GIUSEPPE FRANCni-PONT. CAP. r. 4^3
Plinio asserisce che Tiberio ne abolì l'ultime vesligia,
e narra Svetonio la medesima cosa di Claudio. Nella
Britannia per altro durò il Druidismo più lungamente,
e ne vennero tolti del tutto gli avanzi colla luce del Van-
gelo. Ma nell' età d' Augusto o fosse tuttavia in vigore
il Druidismo in quelle regioni delle Gallie, che obbedi-
vano a Cozio , o più noi fosse , certo è che l' artefice
nosti-o per significare , che domate avea Cozio alcune
Galliche nazioni, non potea meglio simboleggiarle, che
nella figura di due Druidi in atto di libare al Nume
di quél Re, mentre i Druidi si tenevano sempre come
il più antico, il più illustre, il più nolo ordine di per-
sone che fossevi nella Gallia * . Il modo con cui lo
* A confermare quanto si è dello sppltnnle ai due vccchj all'usu Gal-
lico vestili , torna iu acconcio una statua Imperiale loricata , che si suppone
diTrajano, esposta dal Viscontì nella tav. Ili de' suoi Monumenti Gabini
della Villa Pinciana, pag. 32. In essa scolpite sopra il torace si vepRono due
yiltorie , che stanno adornando d' inimiche spoglie uu trofeo; e sì le armi,
che le vesti de' prigioni sembran quelle de' Germaui. Sul petto in vece della
lesta di Medusa è la maschera di un Tritone tutta squamosa per indicare
colui, che primo ed ultimo de' Romani Imperadori fece solrare dalle Ro-
mane flotte il Mar Rosso , e l' Oceano Orientale {Eutrop. lib. l'Il.Rufo Fesln
Eresiar.) Similmente nella precitala opera de" Monumeuli Gabini alla tav. XIX,
pag. 74 , vedesi la statua di M. Aurelio pariuipute loricata , ed i bassi-rilievi
mostrano spoglie , e prigioni Germani , come Emblemi assai proprj per un' im-
magine del vincitore de' Marcomanni ; dal che si può inferire essere sempre
stato costume degli Artisti nell' ornar loriche di bassi-rilievi il porre tali or-
namenti, che vieppiù convenissero ad imlicare le persone, che si voleanO
cfEgiare , e non esser forse lungi dal vero il credere, che i due vecchj , che
si mirano sopra la nostra lorica, debliaiio per le addotte ragioni ravvisarsi
per due Galli, anzi due Druidi. V. pure Mnsen fio-CIrmrnt. lom. II ,paf;.^S ,
ed ivi BuoSARROTi Ostervacioni sui Mnìanlìoni ce, in Gordiano Pio, num. 5.
62
4fjO de' torsi SEGi;SINI
Scultore ha disposta la clamide , che serba un non so
die di mezzo tra il manto rogale e 1 paludamento Ro-
mano sopra questo Torso che p<;usiamo spettasse alla
statua di Cozio, giova ad indicaj-e vie più il carattere
d' un Principe e d' un Magistrato , espresso anche in
tutto il contegno, e nella mossa comunicata alla statua.
Cosi nella lascia della lorica di questo Torso , come ia
quella dell' altro, che s' è supposto dell' immagine d' Agrip-
pa, negli ornati anche menomi lo Scultore pos^.q^al:
che cosa di caratteristico. Tali sono certi piccoli tesclù
d'orsi, di capre montane, e d'altri siffatti animali, di
che abbondano le Alpi che furono a Cozio soggette.
. Tjiluno a mente richiamandosi le idee superbe , che
nudrivano i Romani , non crederà agevolmente , che
la statua di Cozio stesse sovra un Arco al nome d' Au-
gusto innalzato , ed allato a quella d un Romano si
grande , qual era Agrippa. Come non avrebbe temuto
Cozio d' offendere una Nazione , che tanto vantava li-
bertà , che supponeva non esservi servitù fuori del
Regio Governo ? . . . Ben egli Cozio sapeva essere il
Popolo Ptomano avvezzo a contemplare i Regnanti effi-
giati in atto di vinti , e di prigionieri ,
.... rnanibus posi terga revìnctis ,
per esprimermi con frase Virgiliana ? Dovea quindi te-
mere d' incontrar f indignazione di quel Popolo orgo-
glioso. Ma primieramente giova notare , che più già
DI GIUSEPPE FKANCHI-POKT. GAP. V. ^ijl
non erano quo" tom])i , qiianilo non saprei dii-e, se più
rozzi, o feroci, o lanafici i Romani tenevano i lie,
come faceva il veccliio Gatoue , in eouto di iieie tlivo- im-ji.ansono.
ratrici da essi cliianiate Tiranni. Neil età d' Augusto
cessalo era un odio si strano. Il lusso aveva ammollili
que' cori , le Greche discipline aveano ammansati (juegli
ingegni gi;\ accostumati ad una condiscendente urba-
nità. Pei due quasi consecutivi Triumvirati , pella do-
minazione di Cesare , e più ancora per quella d' Au-
gusto erasi abbacinato in gran parte l'entusiasmo Re-
pubblicano, che divenne delitto di stato, e andò a
smarrirsi del tutto sotto il dominio veramente tiran-
nico di Tiberio. Si potrebbero produrre medaglie di
qucst' età con teste di Regnanti aggiogate, come suol
dirsi con frase numismatica , colle teste di Cesari in
segno d' amicizia , e d' alleanza , e gli Avi Re , come i.,i',u,. l"^^,
un pregio di Mecenate vanta Orazio in fronte delle
Odi sue immortali. INIa concedasi pure , che in Monu-
menti marmorei non si veggano statue di Regnanti
al paro delle statue de' cittadini Romani , risponderò ,
che appunto per evitare questa novità il nostro avve-
duto Cozio non Re , ma Prefetto si chiamò delle Città
nominate nelf iscrizione dell" Arco Secusino , le quali
non C^ittà , ma secondo 1 ARX)riNO si vogliono inten- aa piin. lib. m.
, ... 3- -11 • T • «ap.xxvin.«ai.
dorè per popolazioni composte di villaggi dispersi per
le campagne. Né punto con altro titolo potea Cozio iiì'',^^;,.^!""
nomarsi : imperciocché chi era ascritto alla Romana ' "°"' '"
Cittacliuanza , anzi pur Magistrato Romano , dovea per
49» de' torsi SECU61NI
onore professare un tal grado a preferenza di qualun-
que altro. La ricompensa o( tenutasi da Cozio d'essere
stato crealo Prefetto da Angusto , suppone un merito,
il quale Cozio non poteva altrimenti acquistare , se non
se ajutando i Romani a domare i Popoli Alpini , che
confinavano cogli Stati suoi; tanto più che essendo
egli figliuolo d' un Principe , che già aveva occupati
gradi eminenti nella Romana milizia , e' è lecito il cre-
dere, che da' più giovani anni avesse anche egli mili-
tato negli eserciti Romani. Dicasi adunque , che essen-
dosi mantenuto Cozio fedele ai Romani , di lui come
d' un amico sperimentato si giovò Agrippa affin di con-
tenere alcuni Popoli posti al confine dell' Alpi Cozie ,
e che ottenne Cozio da Augusto , mercè la protezione
d' Agrippa a titolo di Prefettui-a cfuelle regioni , che
egli avea domate. Non si dee credere peraltro , che
abhia Cozio ottenuta una tale Prefettura tosto ch'egli
terminò di guerreggiare in favor de' Romani contro i
Popoli a lui vicini. Augusto non ebbe facoltà dal Se-
nato di disporre Uberamente delle Provincie , se non
quando fu solo rimaso al Governo del Romano Im-
pero ; noi perciò crediamo , che la Prefettura di Cozio
abbia cominciato verso l'anno di Roma ySS , od in
quel torno di tempo in seguito all' ultima sjjedizione
d' Agrippa nelle Galhe per gir contro i Cautabri , e
quando pienamente già s' erano domate tutte le A\pì.
Non andava forse a genio d' Augusto 1' avere in mezzo
alle Romane Provincie , ed ai confini dell' Italia tutta-
t)I ClUSEPPE FRANCHI-PONt; CAP. V. ^(^3
via un Kcgolo ; ma Augusto , il quale pacifico Signor
dell' Impero seppe essere riconosceute per politica ,
quanto stato era crudele Triumvii-o per ambizione ,
bramando di ricompensare Cozio, prese il destro partito
di crearlo Prefetto, lasciandogli per taL mezzo .intero
il paterno reame , ed accrescendogli sotto altro titolo
estcnsion di dominio.
Ma come mai in un arco in onore di Augusto in-
nalzato da Cozio Prefetto , e dalle Città , che for-
mavano la Prefettura di lui dovremo credere , che
a se stesso una statua erigesse Cozio medesimo , e
la ponesse a fronte, ed al pari di Agrippa genero di
Augusto, padre di chi ex-a destinato all'Impero, e che
essendo già passato ad altra vita alcuni anni prima era
superiore alla invidiai* OlLre all'incongruenza di doversi
supporre, che Cozio a se stesso innalzasse una statua,
npn sarcl)he stato questo contrario al prudente, modesto
contegno di chi riconoscer dovea da Augusto la con-
servazione del paterno Stato, l'ampliazione del medesimo
e la Romana dignità di Prefetto? Non potremmo piut-
tosto sospettare, che quella statua , che insino ad ora
siam venuti congetturando che appartenesse a Cozio ,
ad Augusto medesimo appartenga ? In tal caso troppo
bene adattar si potrebbono ad Augusto, ed i bassi-rilievi
espressi nella lorica , la divinità d ApolUne , i simboli
di esso ne' grifoni, cui i sacerdoti de'jpopoli delle Alpi,
ossiano i Di-uidi presentano lil)azioni, il maestoso por-
tamento , ed il pomposo manto del Simulacro. Si ag-
49-J i5e' torsi segusini
giunga, che T se Agriprpa vivente non ebbe ribrezzo di
collocare neU' aiHo del Panteon la propi-ia statua - a
confronto di q^ueUa di Auguslo , a più forte ragione
dopo la morte di lui, e la grandezza in cui erano saliti
i figliuoli , potea imitarne Gozio I' esempio.
COntnttociò ad escludere che siffatta statua spettar
potesse ad Augusto , concorrono troppo validi argo-
menti. L' Arco era dedicato a lui unicamente , come
potea dunc^ue il suo simulacro rappresentarsi in modo
in nulla diverso da un'altra statua che adornava l'Arco
medesimo ? Neil' Arco sopraccennato destinatogli dalla
Colonia Pisana sappiamo che la statua sua in abito
trionfale doveva essere collocata in mezzo alle due statue
di Gajo , e Lucio Cesari, e primeggiar tra esse. Qua-
lora pertanto per le allegate ragioni attribuir non si
voglia la statua di cui si tratta a Cozio, e tanto meno
ftd Augusto, più probabile sembrar potrebbe che .ap-
partenesse a Donno, padre di Cozio; nel qual modo
due illustri defunti cari ad Augusto , ed a chi 1' Arco
edificò avrebbe posto Cozio a far corteggio , per dir
ciosl , al dominatore deIRoinano * Impero. Tutto quello
* Qualora il fraintaenlo di Statua, di cui qui si ragiona, appartpuosse ad
Bn simulacro eretto da Cozio a Donno padre di lui; e l'altro frammento
ad A.jrippa , come siamo venuti congetturando, in tal caso poirelibe l'Arco
di Susa collocarsi nella classe degli archi funeri'i. come fu quello che la Co-
lonia di Pisa decretò che si ergesse poscia a Cajo e Lucio Cesari già man-
cati di vita, sebbene in entrambi questi archi vi fosse in luogo più dis-
tinto la statua parimente d' Augusto. In questa supposizione maggior peso
:icquisterebbe ciò che dice il Maffei, contro l'asserzione di Ammiano Mar-
DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. GAP. V. ^()S
che si è detlo rugionando (li Cozio s'udattcì anche meglio
a Donno, Il culto d' Apolline espresso ne' bassi -lilievi
della lorica già era stato abbracciato da Donno, come
abbiam veduto sopra, e probabilmente dopo la vittoria
Aziaca. Che poi cittadino Romano tosse non pui' M. iiiuir. ub. »,
G. Cozio , ma eziandio Donno, ed «scritto anzi alla
gente Giuha, si rileva non solamente dalla rifei-ita iscri-
zione . d' Erast-o ei di Giulia , nella cfuale Donno i)orta «""rBti.natburg
il pienome di Cfijo Giulio ; nm più da una moneta di ,^"Y'". ^isl'
Donno medesimo , nella quale da una parte si vede
la, testa galeata di Roma, dall'altra un cavallo di galoppo Durami. Piem.
con sopraiiuo Cavaliere astato'' quasi voglia far impelo "l'-'^-r^s ?*•
cóntro i nemici , ed intoi-no la epigi-aie Don/uis in
segnQ( d'esser Donno amico de" Romani , e valente
ueir equestre milizia. 11 chiarissimo Signor Jacopo Df- ^i,. "'°
jiANDi pensa, che Donno regnasse sin da' pfimi tempi
della guerra GalUca mossa da GiuUo Cesare, che Tosse
nemico a' Romani, e ch'abbia poi fatta alleanza con
esso loro in quelf occasione, per il che adottasse il pro-
nome di Giulio. Sembrandomi ragionevole per ogni verso
Cellino, che no» vi esistesse sepolcro alcuno di Cozio in Susa ; e po-
trebbe essere accaduto, che il precitalo Aminiano di un TNlonumento solo,
che ad un tempo rinnardar si polea in certo modo come Mausoleo di uno
degli Alpini Re , e come arco eretto in onore di Augusto, uè avesse for-
mali due edifizi distinti ; tanto più che è cosa manifesta che quello Sto-
rico, di nascita Greco e vissuto a' tempi di Costantino, confusele azioni
e le persone di Donno e di Cozio figliuoli di lui. Elsclusa l'esistenza del
Mausoleo di Cozio in Siisa, maggior peso riceverebbe pure la congettura,
che i Tor.si Secusiui non possano alliibuirsi ad altro edificio fuorché all'Arco
sopiawennalo.
49^ r>E' TORSI SEGUSINI
il parere del nostro insigne Antiquario e Geografo, cre-
derei che il Trattato amichevole tra Donno ed i Romani,
e non giA quello di Cozio coi medesimi , ci venga in-
dicato ne' bassi - riUevi ch'ornano il fregio dell'Arco:
ragione di più per persuaderci che a Donno, piuttosto
che non a Cozio figUuolo di lui appartenga la stàtua ,
di cui ragioniamo, la quale avrebbe in lai caso avuto
ima diretta relazion con essi fregi. In uno di questi
fregi • posto sulla facciata dell'Arco, che riguarda verso •
settentrione si rappresenta il sagrificio appellato suo-
velaurilia, perchè un toro, una pecora, ed una porca
vi s'immolava. Tal sacrificio ebbe luogo e nella rassegna
sacror. sgcrific. Cieli cscrcito , 6 qualorasi trattavano alleanze. Won s in-
cripiio, pag. 44. trodusse in Roma prima dell'età di Tulio Ostilio Vm-
GiLio come poeta lo finse più antico assai , e lo descrisse
■id.
rers.
160, e seg.
jib. XII, Ters. narrando il Trattato amichevole tra Enea e '1 Re Latino.
Si vede scolpito nella celebre colonna Trajana che mos-
tra i fatti di Trajano nelle due spedizioni di lui contro
Slukius loc, cjt. i Daci. Noi abbiam detto che nell' arco Secusino il
Suo\;etaurilia indica il Trattato d' alleanza tra Donno ed
i Romani, perchè ne' bassi-rilievi del fianco occidentale
par,, che si scorga un congresso , nel quale siensi con-
chiusi gli articoli, e le condizioni di detta alleanza, il
che si conferma vieppiù dalla differenza degli scudi ,
con cui sono armati i Guerrieri , che effigiali si veggono
ne' due lati d'essi bassi-rilievi, secondo che li rappresentò
* Questi bassi-rilievi dell'Arco non sono ancora stali disegnali i'i sra'i'le
esatlameiile , è sarebbe desiderabile che a tal fiiie se ne cavassero i gessi.
1
DI GIUSEPPE FRANCHI-PONT. CAP. V, /Jgy
il Massazza in quella picciola parte dei fregio , clic v. M|.<»tia
^ ^ '■ _ Afro di SuM
venne da esso disegnata nelle tavole architettoniche au- f-&- '^•
nesse alla descrizione dell' Arco. Ma perchè suppone esso
Massazza, che questa siasi fatta con Cozio?.. Se Cozio
stato fosse per alcun tempo nemico de' Romani dissen-
tendo dal padre, il suo paterno Reame noa sarebbe stato
omesso nel Trofeo dell'Alpi, 'ove tutti i popoli Alpini si
nominarono, che insorsero contro i Romani; né Augusto
Priucipc nuovo ed accortissimo avrebbe ad un nuovo
e mal sicuro alleato concesse in Prefettura regioni cosi
importanti , quali erano quelle , che 1' Italia divide-
vano dalle Gallie. Ciò posto si dovrà dire , che i Me-
dulli, e i Catturigi , gli Esubiani, ce, che si nomi-
narono neir Arco di Susa , e che vennero del pari no-
minati nel Trofeo dell'Alpi, furono popoli sottomessi a
Cozio come a Romano Prefetto, giacché le avite Città, Ììk In, ca". xx.
che governava Cozio , non si raramentaiono nel Trofeo
dell' Alpi, perchè erano state fedeli. Tra Cozio ed i Ro-
mani non ebbe dunque luogo un'alleanza novella, ma
la conferma dell' antica, e 1' antica alleanza venne espressa
nel bassorilievo del fregio dell'Arco Secusino,che pre-
senta per tal via un tratto d' istoria della Himiglia di
Cozio. Quando al vero io m'apponga , converrà dire in- „*™"b"jJJ?''
esatto il racconto d' Ammiauo Marcellino, il quale asse- "f- ^'
risce, che Cozio si tenne fra le gole delle sue Alpi cre-
dute inaccessibili, mentre i Romani andaron nelle Gallie;
ma che addimesticatosi fu ammesso nell' amicizia d" Otta-
viano Augusto, e che si rese quindi immortale aprendo
63
498 de' torsi segusini
a fraverso dell'Alpi brevi, e comode strade. Non Cozio,
ma beasi Douno a parer nostro strinse amistà il primo
co' Romani , esci da quelle sue balze remote , scese al
piano , vesti Romani costumi , pose in Susa la sua sede
regale, e divenne Principe Italiano, e non con Augusto,
ma con Giulio Cesare fece alleanza. In seguito poi non
Donno , ma Cozio figliuolo di lui già spogliato dell' al-
pestre rozzezza con educazione Latina , con vincoli no-
velli si procacciò la Romana benevolenza. L' inesattezza
d'Ammiano si fa palese dal non aver egli fatto mai il
menomo cenno di Donno, sicché possiam dire che abbia
egli confuso il padre a lui ignoto col figliuolo, e raccon-
tato di questo ciò che doveva in parte narrarsi di quello.
Il vederli entrambi ascritti alla gente Giulia convalida
la nostra asserzione. Questo n:iodo di ossequiare i po-
tenti Romani era in uso presso i Regoli, che ne am-
bivano il favore. Gli schiavi fatti liberi usas'ano il nome
de' loro padroni, era perciò un mostrarsi ligio di qual-
cheduno lo ascriversi alla sua famiglia. Vitruvio ci ri-
corda un figliuolo del Re Massinissa, che fu ospite suo,
lib.viii. cap.iv! il quale da Cesare prese il nome e prenome di C. Giulio.
ii.iGiiii«.,i,.va. Una lapide rapportata dal Fabretti , dal Maff Ei , dal
;"
vid. zaccar. ZACCARIA ci scoprc uu tal Rametalce Re della Tracia,
Insl.aiiii'juar. la- 1 '
pid. pag. 3o. gjjg jj Qomp parimenti avea assunto di Giulio. L'essersi
da Cozio poi aggiunto al prenome di Giulio quello anche
di Marco prova, che antica era nella famiglia sua l'ami-
cizia co' Romani, e che erasi questa rinnovata in modo
speciale per opera di Marco Agrippa j nò mancano esempj
DT GIUSEPPE FRANCm-PONT. GAP. V. 499
(li olii, acquistata avendo qualche erazia da' Romani, abbia vw. Morrfiu
adottato il prenome di colui, mercè il quale l'aveva pT; =9- ««tip.
ottenuta.
Ma qualora uno de' Torsi Secusini spettasse alla statua
di Agrippa, e l'altro, di cui abbiamo pur ora parlato,
a quella di Cozio , o più verosimilmente di Donno ,
dove sarà stata poi la statua d' Augusto? L' immagine di
colui cui erasi innalzato il monumento?.. Essa certo
non poteva essere una delle due descritte, poiché queste
sono compagne, e mostrano di essere slate appoggiate
al muro, mentre il simulacro d'Augusto non sembra,
che dovesse porsi del paro con altro dì chiunque si
fosse in un Arco a lui specialmente dedicato. Il vedersi
ueir iscrizione dell' Arco Sccusino il nome d'Augusto
scritto con lettere più grandi , che quello non sono con
cui è scolpito il rimanente che in quella si contiene ,
denota abbastanza i riguardi , che aver si doveano alla
grandezza di Cesare; quindi ragion vuole, che si pensi,
che la statua di lui sopra 1' attico dell' Arco sola appa-
risse , e sublime , e forse assisa sopra d' un carro trion-
fale, indicflndosi il domatore di tutte le Alpine Nazioni,
anzi l'arbitro del Romano Impero. Ma il tempo, che si
compiace d'abbattere piìi facilmente ciò, che gli uomini
più si studiano di magnificare, il tempo e' involò anco
le reliquie d' un simulacro , il quale appunto per essere
isolato, per esser locato in cima a tutto l'edifizio, e più
all' ingiurie delle stagioni esposto dovea provarne gli
urti, e cadere il primo in rovina. Giorno forse verrà
5oO de' TORSI SEGUSINI
in cui scavandosi intorno all' Arco se ne troveranno i
nobili avanzi, che renderanno plausibile la nostra opi-
nione la quale si appoggia unicamente al sapersi, che
parecchi altri archi ed altri monumenti insigni aveano
sopra il fastigio l'immagine di colui cui erano dedicati.
Roiiiadtik'blue Li» Trajana Colonna e l'Antonina mostravano in cima
■ "^ ''^'"'' le statue di que' Principi che lor diedero il nome. La
statua d' Augusto si vedea sopra il suo Mausoleo; e, per
lasciar altri esempj , l'arco di Druso, ovunque fosse, mo-
Morceiii pa». stravH sopra l'Attico Druso Claudio Germanico a cavallo,
s" Bri'ior! N °" del che rende testimonianza una medaglia dall' Krizzo,
xii. (Jiisaub. inii-nii- a i- ■■■
cuud. e dal Bellori rapportata. Angusto medesimo in abito
trionfale, fra le due statue dorate di Cajo e di Lucio
nipoti suoi e figliuoli adottivi, stava, siccome accen-
nato abbiamo , sopra 1' arco della Colonia Pisana Avere
riempito Domiziano tutte le regioni di Horaa d' archi
con quadrighe, e trionfali insegne ci si narra da Sve-
tonio. Avvegnaché dunque 1' Arco Secusino sia il piìi
conservato di quanti ci rimangono , e da tenersi in giaa
pregio per le cose che la sua iscrizione ci svelò riguar-
danti l'antica geografia, e per averci insegnato , che era
pJm'cup""^" Cozio , non Re soltanto, ma Prefetto dell'Alpi, che da
lui Cozie si dissero, e di varie regioni a quelle vicine,
della qual cosa notizia non s' avea né da Dion Cassio,
né da Marcellino, né da altro istorico; non rimase per-
altro sì illeso dalle età divoratrici qucll' Arco , che non
lasci campo a speculare quali ne fossero gli ornamenti,
ed a supporre, che a somiglianza di altri vetusti archi
DI GIUSEPPE FI\ANCHI-PONT. GAP. V. 5oi
avesse anche statue in mezzo , alle quali signoreppia'.sp ,
com' era dovere, il simulacro di Cesare Augusto. Coloro,
che sanno quanto siasi lavorato di fantasia intorno ^gli
antichi Romani edificj da' celebri architetti, da un I^al-
LAOio, e da un Siìbmo, potranno soffrir di buon grado
le mie congetture, sino a tanto che, venendo alla luce
novelli monumenti , esse non si conoscano mal fondate.
)
CAPO VI.
Regno e Vrefpllura dì Cozio; notìzie riguardanti ì
discendenti di quel He insìno alla estinzione della
sua stirpe.
Non è qui luogo il cercare quale fosse in origine
l'estensione del regno di Cozio. Illustri letterati né ra-
gionarono, e più dottamente d' ogni altro il tanto be-
nemerito della patria antichità il Sig.' Jacopo Durandi.
Basti il ricordare che lo Stato proprio di quel Re forse
non comprendeva, che dodici popolazioni site nell'Alpi
Taurine, dette poi Cozie; di tal numero determinato
Plinio valendosi ad indicarlo. Guanto allo Stato Coziano . piì" "!" ■>»-
X lur. hb. III. c«p.
s'aggiunse e verso l'Alpi marittime, e verso le Calile, e ""
gli Ailobrogi,fu per concessione d'Augusto a titolo di
Prefettura. Distinzione, come osserva il Durandi, neces-
saria a farsi per togliere le difficoltà intorno alla di-
stanza fra i popoli sottoposti a Cozio , ed i suoi sudditi
naturali. Questi ultimi per altro , quand' egli diventò
ì>02 de' torsi segusini
Romano Prefetto , ritennero le antiche leggi, e I' antico
loi'o Sovrano ; ed i novelli sudditi dovettero piegarsi alle
Romane leggi, ed alla giurisdizione di Cozio, la quale
acquistò maggior estensione che per lo innanzi. Non dovea
perciò a Cozio increscere l'esser nomato Prefetto in cambio
di Re, essendo egli per tal via divenuto Magistrato Ro-
mano, e conservata avendo tutta quanta l'autorità sopra i
popoli suoi, che forse avrebbe dovuto dividere con qualche
favorito liberto della casa d' Augusto. Fu egli bensì avven-
turato di trovarsi in mezzo a regioni che non potevano
destare 1' avidità di qualche Romano. Le Prefetture altro
non erano ne' tempi più remoti, che villaggi d'Italia
di condizion inferiore de' Municipii , e delle Colonie;
perche non godevano delle proprie leggi, come quelle, ne
del Romano diritto come queste. Alle Prefetture si depu-
tava in ciascun anno un Prefetto da Roma affinchè ren-
desse-ragione j quindi è che fu un castigo per alcune Città,
che pnma erano Municipii, o Città alleate ed autonome
LiT.iib XXVI. l'essersi cambiate in Prefettura. Tal pena subì Capua ,
secondo che narra Livio , per aver tenute le parti di
Annibale nella seconda guerra Punica. Di queste Prefet-
ture, molte, oltre Capua, ne annovera Pesto; ma in pro-
gresso di tempo, le Prefetture altro non furono, che Pro-
vincie minori, a distinzione delle maggiori che si chiama-
vano Proconsolari, o Pretoriane. Anzi sotto i primi Cesari,
Provincie Consolari quelle si dicevano, alle quali il Senato
deputava chi le governasse, ed Imperatorie quelle altre,
grandi fossero o piccole, il cui reggente venia deputato
DI GIU&fiPPE FKANCH1-P05IT. CAP. VI. 5o3
dallo Imperatore. Questi reggenti o legati di Cesare si dis-
sero Propretori , e talora Presidi o Prefetti , e nel costoro
numero si deve considerar Cozio, che la Prefettura
dell'Alpi ottenuta avea da Augusto. Egli da' popoli suoi
fu per altro sempre consideralo come he , ma trattando
co' Homani lasciar dovea il titolo di Pie, e goder anzi
d' esser cittadino e Romano Magistrato. Investito di questo
carattere, inostraudosl egli ad Augusto riconoscente, in-
nalzò in un colle città , * ossia popolazioni dipendenti
* Concorsero auche ad innalzare qnesto Monumenlo , in onore di
Augusto le Citlà, o sia popoli suggelli al Regno, o Prefeltura, che dir vo-
gliamo di Cozio : ET. CEIVITATES. QUAE. SUB. BO. M.^EPECTO. FUf.RUNT. Come
compajano anche queste nella Iscrizione famo5a dell' Arco è facile iJ com-
prenderlo, se si riflette, che l'autonomia delle Città, vale a dire quella
troppo sovente vana apparenza ili libertà , che lasciavano i Romani ai po-
poli soggetti, non era incompaiibile , non che con essere rette da Magistrali
Romani , ma eziandio colla immediata soggezione a' Re tributarj. Veggnsi
a questo proposito la beila Dissertazione dell' Abate Ottaviano Guasco Pi-
nerolese premiata dalla Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere di Pa-
rigi, t Dissertatìon sur V Autonomie des Vilks et dts Peuples soumis à une puis-
sance étrangère S Dissertations Hiitorlq. politq. et Ut. pur l'Abbi Comte de
Guasco, II. point. =: Tom. Il, pag. 198. et suiv. Tnumay. l-jhG ). Che fossero
poi autonome le Città rette da Cozio si raccoglie , non tanto da una Me-
daglia della principale tra esse, cioè di Susa recala dal Pellerin ( JMedail-
les des Peuples et Villes I. 27. ) , come dal non avelie in que remotissimi lem-
pi i Re d' origine Celtica autorità maggiore di quella , che avesse un con-
doltier d' eserciti, od un Capo di Popoli. Difatti Plinio ( Plin. Hist. Nat.
lib. Ili, cap. 20. ) in vece di scrivere che il Regno di Cozio non fu r icor-
dato nel Trofeo delle Alpi, perché si mantenne fedele a' Romani, dice;
•Cotianw Civiiales XII , cum niki'l hostile gessissent, ittmque Municipiis atlributte
Itge Pompeja; con che pare voler lo Storico sigiiilicaie, che lo essersi 1«
5o/|. de' torsi segusini
dalla Prefettura sua l'Arco, maestoso monumento di chi
in quelle regioni delle Alpi comandava , non meno come
regnante, che come Magistrato Romano.
Che se continuò Cozio a procacciarsi per ogni verso
le grazie d'Augusto, Augusto non ritirò il suo favore
e la sua benevolenza da Cozio, il quale seppe ottenerla
poi anche da' primi Cesari, che a lui succedettero. Fi-
gliuolo di Cozio era probabilmente quel Vestale, cui l'in-
felice Ovidio indirizzò la settima Epistola del libro quarto,
scritta dal Ponto, invocandolo come testimone presente
delle miserie del suo esiglio. Viene egli chiamato dal
Poeta
o»id. ex ponto . .... Alpìnìs juvenìs regìhus orte;
lib. IV. eleg. tu, .' ,,
ed altrove
.... Progenies ahi fortissima Donni.
Era allora Vestale Preside, o se vuoisi. Procuratore
della Mesia , paese di recente conquistatosi da Crasso uno
de' luogotenenti d' Augusto. Viene Vestale lodato assai
da Ovidio, non meno per gentilezza, che per valore. Egli
popolazioni Coziane mantenute fedeli a' Romani , non fu merito del solo Cozio
che le governava, ma di esse parlicolarraeiite anroni; poiché ove fosse
stato altrimenti avrebbe egli detto Cotii Be^num. Certo è che in tempi assai
posteriori, e dopo che le Alpi Cozie vennero ridotte in provincia da Nerone,
Susa , benché governata da un Preside, o Prefetto, avea tuttavia il titolo
di Municipio, tanto rilevandosi da più lapidi riferite dagli Illustratori dei
marmi Torinesi {Mormora Tour. P. I, pag. iSy e seg. , e pag. l56. )
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DI GIUSEPPE FnANCHl-PONT. GAP. VI. 5o[)
offenufo avea nella Milizia il grado di Primipilo, cioè
di tale che sotto il suo comando avea parecchi centu-
rioni. Viene dal lusinghiero Ovidio pregato qual suo
Protettore, e dal contesto di tutta l'Ovidiana elegia si
scorge, che Vestale facea sua dimora in Tomi capitale
della Mesia inferiore, che cadea sotto la denominazione
gpnerale di Ponto, e città ov' era stato esiliato Ovidio.
Ma come avrebbe Vestale stretta amicizia con Ovidio
tutto intrinseco della corte d'Augusto, se non si fossero
prima conosciuti in Roma? Come avrebbe quello (atte-
nuto da Augusto il governo di sì importante provincia
qual era la Mesia, vinta di recente, situata in mezzo a
belligere e feroci nazioni, una di quelle provincie, che
Augusto s'era riserbato, lasciando al Senato l'altre ch'erano vid. diob.,»
. . SiClin.inAuguifc
tranquille e disarmate, se stato non fosse Vestale m grazia
di Cesare Augusto.^.. Racconta Svetonio, che Augusto
uso era di trattare umanamente i parenti dei Re suoi
confederati, e talora allevare insieme a' figliuoli suoi pro-
prj quelli degli amici , e provvederli poscia secondo il svet. UAugun.
loro grado. Perchè dunque non si potrà sospettare da
un tal racconto, che Vestale sia stato allevato nella casa
di Cesare, e ch'ivi abbia contratta con Ovidio un'ami-
cizia, che con troppo diversa sorte si rinnovò poi nella
Mesia?... Un non so che d'Alpigiano anche in mezzo di
Roma potè liberare Vestale dallo aver parte negli intrighi,
che rovinarono il troppo fiicilo, e curioso Poeta; e gli
avrà lasciato seguitar nella Milizia il sentier d onore. In
questo giro d' anni si guerreggiava da Tiberio nella
5o6 DE* TORSI SEGUSINI
PaoDonia paese colla Mesia confinante, e forse Vestale ,
dopo aver militato sotto gli ordini di lui , recato si sarà
nella Mesia ( dove fu poi Preside ), e colà sotto il co-
tnaodo duo certo Vitellio Propretore avrà ajntato Cotti
Re della Tracia detta Od/isia, alleato de' Romani, che
parimenti guerreg^giò sotto Tiberio nella Pannouia, e
che fu figliuolo di quel Rametalce, che adottò il pre-
nome di Giulio, a ricuperare la città d' Fgepso, che stata
gli era tolta da Huscoporide suo zio paterno, il che ci
Ub.'ivcumN"i!' viene indicato da Ovidio nella mentovata Elegia.
Mentre Vestale or a' Geli , or a' Sarmali rendeva il
nome Romano terribile; ne punto temendo gli avve-
lenati dardi nemici, che se gli piantavano in sul cimiero,
Oria. Eicg. e n.ello scudo, rosse faceva ( come dice poeticamente
Ovidio ) di sangue barbarico le acque del Danubio;
Cozio di lui genitore seguitava tuttavia in Italia a me-
ritarsi la confidenza de' Cesari. Morto Augusto, il diffi-
cile, il sospettoso Tiberio rilevante e gelosa impresa al
nostro Cozio affidò, la quale fu di sedare un periglioso
Duranti. Cic- popolare tumulto. Iri P\>llenza antica , e sia fiorente
rinolT^Ts'inl!» ^'*^^ situata poco al dissotto al confluente della Stura e
del Tanaro , morto era un cittadino primario , che aveva
pure il grado di Primipilo , e convien dire ass^i ricco.
ber.*cap.'xxx . lì. La plebe non volle acconsentir mai , che il corpo di
quello fosse levato di piazza per essere sepolto , sino a
tanto che non s'ebbe fatti dar per forza dagli eredi i
danari, onde si desse lo spettacolo de' Gladiatori, Tiberio
mandò allora soldati da Roma, e mandò probabilmente
cu
DI Clt'SEPPE FRANCHr-PONT. CAP. VT. 607
una delle tre Coorti Urbane , così dette a dillVreoza delle
nuove Pretoriane, (iiKe dodici iustituilesi da Cesare Au-
gusto ascendenti a dodici mila soldati trattenuti ognora
ne' contorni di Roma; ed un'altra Coorte cliiainù da vi-
cini Slati di Cozio. Questi come Prefetto nominato da
Augusto autorità avea sopra alcune Legioni, potea punir
i soldati di morte, e molto più estesa era la giurisdizion
sua nel civile, e nel militare, che non fosse quella isfessa
de' Proconsoli , a' cjuali Augusto 1' avea tolta. Oltre ciò i vid. Nieupoore
■Tfc . . . . RilUUUl C]UÌ O-
Proconsoli non rimaneano al governo delle Provincie, in» 0 pud Rem.
° ' ' oblia. Sf<l. i,
che un anno solo; i Legati di Cesare, i Presidi, i Pre- "-'i' '^.M-
fetti, vi stavano sino a tanto che piacesse allo Imperatore; caut. Ami.
liti -1 ì /->. • Tk r • 1"'!' f^u"). <<="•
end e da credere-, che a Cozio tuttavia rretetto venisse m.
affidata quella spedizione. Fingendo adunque d' essersi
mosso per altra impresa, segretamente fece entrare, come
narra Svetomo medesimo , le Coorti nella cititi per op-
poste porte. Qiu'ndi scoperte d' improvviso le armi, dato
nellef trombe, contenuta la plebe, fattin/e prigioni i capi,
ricondu.sse in Poi lenza la tranquillità, il buon ordine. *
Ciò fece poi credere a Giornande erroneamente, che nel
Regno di C( zio fosse inchiusa anche Pollenza istessa. 3>,rDsnJ« dt
La smania -, che mostrarono i Pollentici per li gladia-
tòrj spettacoli, ci fa p<nsai>e , che la ricca Pollenza non
* Il I'I^^GO^E rrca uiin Mcilnglia roninln in onore ili (]ozio , e de' Sol-
d.ili ToriiiPsi per coin«ndo di TibTio , da mi arguir si polrebbe , che a
qupll' iiiipirsa si recassero pure Soldalesolie Torinesi, ma neMiiii altro,
eh' io s.ippia , fa incnzionc Hi siffalta iMed.Tglia , ed o^iiua sa quiiiito slcoo
sospetti i Monumenti amichi . che si trovano soltanto prvseu il PiNOOKit,
5o8 ■ ,- .1K0 de' TORSI SEGUSINI
sia stata delle ultime città a provvedersi d'anfiteatro»
Si vuol concedere , che ne' Scpti , e ne' Comizj dare
aIb'"^''' Uh*'' P"^ anco si costumassero quegli spettacoli sanguinosi, e
«p-5- che non vi fossei'o anfiteatri di pietra neppur in Roma
a' tempi di cui parliamo. Ma che i Pollentini n' ab-
biano poi avuto uno , e che questo sia fabbrica de' buoni
tempi , avvegnaché costrutta di mattoni , si ricava da
ruderi , che ancor ne rimangono , i quali esaminai io
stesso pochi anni addietro. Vidi la forma ovale , ed {
manifesti segni dell' arena , o cavedio ; osservai le pre-
cinzioni, e l'indizio dei gradi, ma il tutto ingombro
da rusticani abituri , dagU spinai , e dall' erba coverto.
Ciò nulla ostante ruderi taU meritavansi d' esser avver-
MaSeiloc.cil. ..1,1.» . t-, p
oap. xtr. titi dal Maffei , il quale avrebbe nommata Pollenza fra
le città pochissime , che furono adorne d' Anfiteatro.
Le altre rovine poi d' edifizj grandiosi , che in quei
contorni rimangono , provano , che popolatissima dovea
essere Pollenza , e che il contenerla fu opera da venir
sopramodo celebrata.
Dopo di questa più non parla l'Istoria d'altre, ira-
prese di Gozio ; ma supplisce ad un tale silenzio il sa-
pei'si , che il figliuolo di lui , il fratello per avventura
di Vestale , che ebbe 1' istesso nome del padre , e che
diremo noi Cozio giuniore , meritò , che Claudio gli
accrescesse il dominio paterno , secondo che narra
Dion. cisnus Dione , e che per la prima volta Re il salutasse. Tal
ub. 6a,iium. :4. Ir
cosa dà motivo di credere , che fosse questa per parte
dell' Imperatore una concessione autentica , diremo noi.
DI GIUSEPPE FRANCHI-POKT. CAF. VI. Scig
del Titolo Regio , titolo però sempre continuato a darsi
a que' Principi da' loro Sudditi naturali , moni re che
gli alteri Romani non volevano chiamarli altrimenti ,
che Prefetti ; tanto più che lo stesso Svetonio par- J"xxxwi'.'"''
landò di Cozio a' tempi di Tiberio chiama il dominio
di lui Regno. Gli Illustratori de' marmi Torinesi con-
fondono Cozio giuniore col padre suo figliuolo di Donno ; Mar. Tanrin.
ma sarebbe un protrarre di troppo la vita di qucst' is».
ultimo abbracciando la opinion loro ; e sapendosi , che
presso i Romani spesse volte il padre e il figliuolo por-
tavano i nomi istessi ; terremo dunque per fermo , che
Cozio , dichiarato Re da Claudio , fosse il figliuolo di
quegli , che innalzò l' Arco ad Augusto. Poco godette
egli peraltro del titolo Regio ; ma dir bisogna , che
siasi spenta in esso lui la forte , e genei-osa prosapia
di Donno ,
. . . Proles alti jorltssima Donni m, iì1i.iy.
poiché le Alpi Cozie furono ridotte in Provincia Ro-
mana da Nerone Cesare. Susa diventò allora un rag- ca^' x\m.
guardevole Municipio , come da alcune lapidi s' impara ,
riferite dagli Illustratori de' marmi Torinesi , e tale Susa
continuò ad essere , sinché sfasciandosi il Romano Im-
pero , ed invasa da' Barbari l' Itaha , corse la sorte ■^^i.'yVTi!T.
deU' altre ItaUche Città. »f.,.f.,.W.
5io
INDICE.
Pag.
Cap. I. Torsi loricati di marmo trovali in Suso :
varie specie di loriche » /^'ò6
II. Descrizione , ed illustrazione de bassi-
rilievi intagliali ^ulle loriche dei due
Torsi Secusini '•444
III. Dell' epoca , e del lavoro delle statue , a
cui appartenessero, i Torsi Secusini : con-
getture intorno al sito, in cui fossero col-
locate » 4^4
JLV. Agrippa rappresentato probabilmente in
una delle statue , di cui ci rimangono i
busti . ; » 4^7
P^. Si cerca qual personaggio verosimilmente
Josse effigialo nella statua , a cui spella
Poltro l'orso Secusino » 4^'
yi. Regno, e Prefettura di Cozio\ notizie ri-
guardanti i discendenti di quel Re, insino
ali estinzione della sua stirpe . . . » 5oj
Sii
DE L'INFLUENGE
DE l'esprit de MÉDITATION SUR LES LETTRBS,
PAR J. M. DEGERANDO.
Lu le 8 floréal ao x3.
9
C
EST en vain qu'en obtenant pour la première foia
riioaaeur de m'asseoir au milieu de cette illustre Com-
pagnie , j'essayerais de me renfermer dans les formes
académiques ; un sentiment me domine, me préoc-
cupe tout entier ; j'ai besoin avaat lout de lui donner
un libre cours; e" est eelui d'une profonde gratitude, et
je vous l'exprirae avec émotion, mais avec siraplicité,
comrae un fiis adoptif , re^u dans la famille , qui a eu
la généiosité de lui ouvrir son sein et de l'adinettre à
la parti'ipation d'un riche héritage. A peine avais-je dé-
buté dans la carrière, que vos honotables suttrages sont
veuus encourager mes efforfs. Vous savez combien ils
tn'étaient ch< rs les liens qui m'unissaient à vous, et
vous avez daigné, par une faveur speciale, les rendre
ancore plus intimes: faveur prétieuse , qui me déguisant
en queiqiie sorte la distance qui nous séparé, me per-
meltra d liabitcr par la pensée au milieu de vous; en-
fìn, à fous ces bieufaifs, vous avez, Messieurs , et frès-
illustres Gonfrères, ajouté tous ceux d'une .aimable et
5lÌ2 DE l'iNFLUENCE DE l'eSPIXIT DE MÉDITATION ETC,
cordiale hospitalité- Je ne puis acquitter uue dette si
grande que par des hommages qui partent du coeur.
Vous accueillerez avec bonfé ce tribut que je vous offre,
aù moment où je me separé de vous, et je serai fidèle
à l'acquifter pendant toute ma vie.
Telles sont les jouissances épurées qui appartiennent
aux associafions littéraires. Fondées sur l'estime, dirigées
vers leplusnoble but, le zèFè désinféressé de la science ,
elles formeut des liens indépendans des lieux etdcs tems,
elles unissent Its hommes par tout ce qu'il y a de plus
élevé dans nofre nature, par la communauté des idées
grandes et utiles. Heureux celui qui sent toute la diguité
des honneurs académiques ! Son amc a counu le feu
sacre ,. le zèle sublime pour le progrès et la propaga-
tioa des connaissances humaines. Ne rendentrils pas en
effet un éclatant témoignage aux associafions savanles
les progrès rapides que les sciences ont éprouvés depuis
l'epoque de leur fondatiou? Les sciences doivent aux
Communications académiques ce que l'industrie doit au
commerce. Aujourd'hui l'empire des lumières est à jamais
établi sur la terre, et les institutions académiques sont
comme autant de magislratures pateroelles, qui en pro-
tégeant les vraies connaissances, écarteront du sanctuaire
ces faux savans, dont la présomption et les travers sont
pour elles le plus grand de tous les dangers.
Ces peusées, Messieurs, se renouvellent naturellemnnt
dans l'esprit, à la présence de votre savanfe Assemblée;
il en est peu qui répoadent plus dignement à une si
,.r)r'< PAR 3. M. DÉGÉkANDO. 5i5
haute 'destination ; et, lorsqu'en posaiit le picei clnns cetfe
enceinte, od se rappclle combieu dhonorables travnux
elle a vu pi'ocluiie, on entend rcpélcr dus uoins cou-
sacrés avec distinction daus les aunales littéraires» lorsque
notre cail y conteniple daiis ses Tenérablcs Chefs des
honinies qui siègcnt au premier rang pnrriii les savans
de l'Europe, on s'applaudii pour les intércls de la science,
dont les desliuées rcposent sur uce Ielle garanlie. Par
une circonstancc particulièrc cette Académie s'est élevée
spontauémcut à la hauteur quelle dcvait occuper; elle
n'a poÌDt eu d'adolesceuce, -et. quoique recente encore ,
elle est déjà riclie eu résuUats et pleine d'aunées. D'une
part nous la voyons encore honorée par la présence
d'un de ses véuérables fbudateurs, dont lenom cher
,aux, sciences et aux; lettresy rappelle daus les inembres
de la mème famille tous Ics gcures de succcs, les vcrlus
et Ics graccs, les souveoirs et Ics espérances: de l'autre
nous jMrcouroDS ces collections si fécondes, qui seruble-
raient avoir exi^é de si lougues recherches. = Kous
yoyoa's encore le berceau. de celte Académie; uous la con-
tcniplons debout dans toute sa mafurité; et nous nous
dcuiandons avec élonnement quelle cause a pu donucr
à cettc institution une solidité et une grandeur que d'au-
trcs doivent seulemeut ù la durce: = je crois, Rlessicurs,
l'avoir découverle cette cause. C'est- parce que lAcadémie
de Turin repoussa de son seiu , dès sa première origine,
ces prétentions, qui, quoique nées de la médiocrité, de-
robeut trop souvent Ics récompenses dues au vrai raé-
65
5l4 PK LÌNFT.UENCE DE lV.SPRIT DB MEDITATION ETC,
rife ; cesi; parce qn'elle siit écaiter d'elle toutes le&
procliictions frivoles , qui ne sont qu'iiii jeu de l'esprit,
et n'ont point l'avcu de la raisoo ; cesi paice qu'clle
donna dès sa naissance à ses travaux un cnractère grave
et sérieux ; c'est en un mot parce qu'elle prif pour guide
le genie de la méditation, ce genie tou^-puis^ant et trop
méconnn, qui donne à l'homme de si grandes forces,
parce quii lui enseigne 1 empire de lui-mème, qui éclairc
la raison eu élevant lame; ce genie pere de toutes les
conceptions vastes, legislateur de toutes les connaissan-
ces, ce genie enfin , qui seul peut élever les lettres i\
leur véritable dignité, leur donner le mouvement et la
vie, et imprimer à leur production le sceau de la gran-
deur et de la durée. La nature elle-mème semble avoir
consacré ces lieux comme un tempie à la mcdilation;
font nous y invite, et la présence des alpes, de ces
masses imposantes, antiques témoins des preniières épo-
ques du monde, et le contraste toujours subsistant eutre
ces rochers, ces frimafs et les plaines rianfes, les rives
fécondes de l'Rridan, et le poids de tant de souvenirs
de l'histoire, enfin les moeurs simples et labourieux de
cette uation. Les jeux de l'imagination mobile qui se
déploient cliez les autres peuples de l'Italie, ne sont en
quelque sorte pour vous qu'un spectacle; vous les con-
sidérez du haut de vos alpes avec le calme d'un juge;
le charme qu'ua penseur trouve dans ces lieux , nous
explique comment ces li«ux ont dù engeudrer tant de
penseurs.
PAR J. M. DÉCÉBANDO. 5l5
«Fai dlt, Messieurs, que les lettres n'iovoquaient pas
moins que les sciences, le sccours et rinfluencc de ì&
méditation, et je me proposai» de dévcloppcr aujoui d'Imi
cette vérité importante, trop pcu connue cepeudant peiit-
ètra, du moins dans la pratique meme, faut-il le dire?
vérité qui scandaiiserail quelques-uns de uos deuii-litté-
rateurs de salons et de gazettes , toujours préts à prendre
fait et cause, dès qu'ou iait l'apologie de la raison et
la censure de la frivolitc. Si des devoirs impéiieux
n'eusseut absorbé tous mes loisirs, je vous auraissoumis
à cet égard quelques cousidérations , et j'aurais cru
offrir à l'Acadt-niie un tribut digne d'elle, au moins
par son sujet; traiter de la méditation, ce serait parler
sa langue; ce serait faire l'éloge de tous ses travaux,
que de niettre au jour l'influence du principe qui jes
a esseutiellement fccondés.
J'aurais essayé de nionlrer d'abord que l'exercice de
la méditation esf celni qui développe Ics dcux preraières
facultés de l'esprit bumain , cellcs dont l'heureuse alliance
assure tous les succès des travaux littéraircs ; laitenlion
et Yimagi/mtìon ,= etite atteulion réfléchie et active,
qui se replie au-dedans, qui fixe, détcrmine , met en
ordre tuutes les idécs, apj)récie tous les rapports, élablit
chaque cliose dans ses justes proportions , et en sa vraie
place; cette aftention libre et maitresse d'elle-mème, qui
nous affrsncbit de l'esclavage des distractions exterui'S ,
et rassemble l'esprit tont cntier sur l'objet qu'il doit
saisir=; cette imagiuatiou énergique, mais sagc , qui
5ìG DF, l'iNFLUENCE BE l'i'SPRIT r»E MÉniTATION ETC,
réiinit et condense Ics idik^s, forme devant l'esprit étonné
des masses impnsantes et régnlières , ouvre des peispec-
tives nouvelles,, rògnt^ sur l'avenir, piane sur les espaces
et sur les temps, ouvre ayec hardiesse les routes de
l'invention ; mais qui toujours rc^oit ses forces du dcdans,.
mais qui toujours , comme une armée docile à la voix
de son olu-f, doit s'artéter au terme que la ràison lui
prescrit, rester soumis axix lois qu'elle impose.
Npus aurions montré que l'atfentiòn privée des grands
obiets , que la méditafiòn doit lui offrir, degènere ea
subtilité d'esprit,, éspèce de nialadie intellectuelle qui
dégrade les productions littéraires, leur donne, je ne
sais quoi de mesquin, d'étroit et de précieux ; que
l'imagination ayant rotnpu le freiu qu'uue sage médita-
tioa lui avait donne , perd infailliblement la trace du
beau , parce quelle perd celle du vrai ; s'égare à la
poursuite de je ne sais quels fanfómes bizarres, parce
quelle a perdu le sentitnent de la sirnple nature, et
ne nous offre plus au lieu des conceptions élt-ganles et
majestueuses , que des accuraulations grotesques didées
étonnées de Jeur rapprochement mutuel , vain delire
qui peut causer quelque surprise , mais de cetfe surprise
que font naìtre dans tous les genres les aberrations qu'on
nomme des monstres.
J 'espère émettre un principe approuvé par cette Aca-
démie, si je dis que la première source de fout, ce
qui donne un caractère distingue aux productions litté-
raires, que cette première source est dans lame; je veux
PAR .T. M. rif.n^RAKDO. 5 17
dire, dans les sentitnens ék'vés et gi'n<^ioux, dnns le
Saint cnlhoiisiasme |)«)iir toiit ce qui est vnii , Jjcau et
bon ; notte cher Vai vi-.nargue la dit, Ìps granJps pen-
sé''s dennent du coiur; celui qui sent forlenieut et no-
blement , peut avoir besoin encore de quelque exeicice
diius lemploi df l;i langue , mais il possedè certaioe-
ment cu lui le germe du véritable taient , il possedè
]a substance, In vie, j'allais dire la moiille des produc-
tions. Le siyle, quand il est pur et conforme aux règies,
n'est qu'un transparent fìdèle, au Irnvers les ames se
voient, se sentent et communiquent enfre elles, le goùt
lui-mème appartieni plus qu'on ne croit aux facullés du
cocur, car le sfntimeut des choses délicates tient de
prcs à la générosité , et souvent en est mérae une éma-
nation. Mais où naissent, où se nourrissent ces éniotions
nobles, profoudes et pures qui doivent iospirer le genie?
est-ce au milieu du fumulte des passions, au milieu des
distractions des plaisirs, sur une scène bruyante etagitée?
non, sans doute; là, le coeur se parlagfe, se dissipe ,
s'épuise mème bi<»ntót. 11 peut t'prouver cette agitation,
qui piait ;uiK hommes mécootens d'eux-mémes; mais
l'agifation du conur n'est pas la sensibilità , elicla détruit
au contrairc; c'est sous la sauvegarde du recueillenient,
du silence, ([ue la doucc sensibilità a été placée ; ainsi
la souice limpide est protégce par les ombrages qui
se .courbent sur elle; c'est dans la médilatioa que lame
se retrempe, s'élùve, qu'elle acquicrt la consciente de
ce qu'elle est, qu'elle se nourrit de toutes les pensée»
6i8 DE l'influence de l'esprit de méditation etc,
qui honorent nofre nature, cju'elle s'ennoblit par un
commerce sublime avec son celeste auteur, qu' elle ap-
prend à voir l'univers dans sa cause , l'homme dans loute
sa diluite, à expliquer le présent par l'avenir; c'est là
qu'elle découvre, dans toute sou éteudue, l'admirable et
éternelle alliance de la vérité et de la vertu.
Od se plaint aiijourd'hui , ou se plaint assez juste-
ment d'une espèce de divorce eulre la morale et les Ict-
trt's, divorce dans lequel Ics lettres ont dù perdre leur
pi'cmière dignité et leur plus grand pouvoir; mais quelle
en a été la véritable cause ? c'est que dans un siede
corrompu les gens du monde ont cru pouvoir devenir
hommes de lettres avec le seul avantage que leur
donnait ce qu'ils appellent l'esprit ^ espèce de t^lent,
qui ne s'exerce guères que sur la surface des choses,
et qui n'est que le coté brillant de la frivolité; c'est
que uos jeunes élèves ont cru pouvoir associer les
études littéraires au goùt des plaisirs ; c'est qu'avides
de succès prématurés, ils ont negligé de venir s'iustruire
à la plus grande de toutes les écoles , celle de la solitude ;
ils ont fui leur piopre coeur. De-là, toutes ces pensée»
efférainées, ces formes brisées du style, où l'on sacrifie
tout à ce qu'on appelle le trait , ce défaut de pian , d'en-
chaìnement entre les idées , ce délaut d'un largc et
riche tissu , si je puis m'exprimer de la sorte; défaut
qui atte&te le défaut de suite, de fécoudité et de gran-
deur dans les conceptioos; et ceux-là méme, qui sup-
pléant par calcul à ce qui devait venir du coeur, ont
PAR J. IM. rÉGÉHANnO. SlQ
Yonlu dii moins rchausscr leurs proHuctions par une
monile de parade et d'emprnnt qu'ils léservdil pour
leucs livres, j'allais presque dire pour I«'urs libraires;
mais qu'ils ne sonp;ent giières à employer pour Itur
propre usaj^e; ceux-là ne réussissent point encore à rtMia-
biliter la litlératiire, ils discufent plus qu'ils nesenfent;
le laof^ai^e de la vertu grimace daos leurs bouches ;
ils ont le talrnt de giacer les expressions , qui nous
touchaient, quund elles étaient ditcs simplement. bossutT,
Fénélon, Roi'ssiìau, prands écrivnius dn grand siècie,
vous ne cherchiez point les expressions du scntiment ,
de la vertu dans le dessein mercénaire de la faire
servir au siiccòs d'une phrase, ou d'un discours ; mais
vos paroles partaient d'un cocur rempli , nourri de mé-
■ ditations profondes, et votre triomphe était assuré de
lui-mènic!
Que n'anrais-je pas eu A dire, Mcssieurs, et quelle
liclle carrière se serait ouverte devaot moi, j'aurais essayé
de pi né(rer dans cet atelier secret , disons plutót dans
ce siiD.tuaire, oià le genie en silence prépare , dispose,
élabore ces pensées augustes, qui se découvrant ensuite
au\ regards des hommes, conquièreut leur admiralioa
el leur respect, et l<ur apparaissent comme des émana-
tions de la Divinité mème. J'aurais essayé de décrire
la suite des opératious, leufes et intérieures, par les-
quelles la méditation conduit ce bel ouvrage; comment
elle donne aux idées l'étendue, la régularité, la gran-
deur, la simplicité, la justesse; comment elle leur assigne
520 DE l'iNFLUENCE DE l'eSPRIT DE MEDITATION ETC,
mème d'avance le costume qui leur convicnt. J'aurais
rappelé ccs maximes antiqucs, qui placent dans la vérité
la première coudition dii beau, et nous aurions cucore
considéré la méditation dans une de.ses fonctions les
plus augustes, celle de chercher à découvrir la véiitc :
ici nous aurions apercu le lien cache, mais éferuel,
qui unit les sciences aux ledres, uous aurions remarqué
les causes qui rendent leurs intérèts communs, cclles
qui doiv.cnt maintenir enlre leurs succès un certain rap-
port, peut-étre aussi aurions -nous entrevu les moyens
de rendre ces succès plus courtement parallèles et siinul-
tanés. Mieux liés entr'eux , qu'ils ne le sont peut-étre,
par le seul effet de la disfeance, à laquelle resteut les uns
des autres , ceux qui cultivent les deux branches : nous
aurions montré la nécessité de leur rapprochemeut , d'un
commerce habituel entr'eux , rapprochement , dont la
forme actuelle de l'Académie nous présente un généreux
cxemple.
Veuillez , Messieurs, me pardonner, si au lieu de ces
développemens, je ne puis voas offrir qu'une ébau-
che imparfaite et tracce à la hàte. J'ai moins de re-
grets , quand je pense que les vérités dont je voulais
essayer de rendre corapte , sont familières ù ccux, qui
me font fhonneur de m'entendre. Mon but est rempli,
si dans ce jour doux et sacre pour moi, dans ce jour
que j'avais long-tems ambitionné , où il m'est perrais
dadresser de vive voix à tous mes Gonfrères l'hommage
d'une gratitude , que je reuouvelle en particulier à chacun
PAR J. M. dégéhando. Sar
d'eux dans ce jour, où comblé de Icurs bontés, je m'unis
à eux par It-s liens de la liateruité la plus honorable,
' 1 ' ' ' • ' . ir/!. ) ''l'i;
j'ai réussi du moins à les convfiincre de moa dévoixe-
tnent pour la Compagnie j ^^e ^moa ze\e pour sa gioire,
de ma profonde estime pour ses travaux.
Daiguez, Monsieur le Vice-Président , recevoir en son
nom l'expressioD de ces sentiraens, vous , qu'elle s'ap-
plaudit de voir à sa lète, en labsence de l'Auguste
Protecteur. qui l'a adoplée, et qui la preside; vous qui
dans une carrière remplie par tant d'honorables travaux,
n'avez pu, malgré votre modeste simplicité, dérober
votre nom à la célébrité , vous que le genie a porte aui
sommets les plus élevés des sciences, et que la verta
rapproche au milieu de nous pour recevoir toufes nos
affections, et le i-espect parficulier de ceux, qui, comme
moi, shouoreat d'ètre vos disciplcs.
65
5aa
DELLA
TRADUZIONE DEGLI AMORI DI DAFNI E CLOE
DI LONGO
ATTHIBVITÀ al COMItlBNDATOH «IO. BATTISTA WANSIKI,
MEMORIA
DI GIANFRANCESCO GALEANl NAPIONE.
Letta lì 7 germinale anno i3.
Pi COSA degna di non picciola meraviglia, che nel
Secolo XVI, secolo considerato come il piìi famoso per
le Lettere in Italia, ed in cui l'invenzione della stampa,
essendo cosa recente, dovea impegnare gli studiosi tutti
a prevalersene avidamente , tanti sieno gli uomini di
chiaro grido, i quali, mentre vissero, o non si presero
pensiero di pubblicare essi medesimi le opere loro più
elaborate , ovvero che da altri si pubblicassero. Il fatto
è incontrastabile, sia che ciò procedesse da una certa
incontentabilità , e brama di perfezione propria degli
ingegni più rari, sia da amor di quiete e per isfuggir
le riprensioni de' critici maligni, e le persecuzioni de' po-
tenti odiatori della verità, sia eziandio dalla difficoltà
DI OtATTFRANCESCO GAT.EAHI NAPIONE. 523
di trovare stampatori, prima che colia morte avessero
domata la invidia , ed acquistata quella fama , ciie troppo
sovente ò l'unica, tarda, e vana ricompensa de' Lette-
rati. Non parlo degli Storici sollanto, come iì Guicciar»
DINI, il SkJRETARIO FlOHENTlNO, il SeCWI , il VaRCHI , ic
cai opere non videro la luce se non se dopo la morte
loixj, poiché troppo agevole è il congeKurnrne il mo-
tivo. Narrando essi evenimenti o contemporanei , o troppo
a' tempi loio vicini, non poteano dir senza pericolo ciò,
che riputavano vero, come l'infelice Bonfadio per sua
somma sventura piH)v(S. Lo stesso Anton-Maria Oraziani,
che visse in fine del secolo, mai non volle permettere
vivendo, che si pubblicasse la sua Storia della guerra
di Cipro dell'anno 1670: e tuttoché savio ed imparziale
scr}ttor<e ed informatissimo de' successi, come quegli che
fu iutimo amico, piuttosto che famigliare del celebre ne-
goziatore il Cardinal Commenoone, e quindi Nunzio
egli medesimo in Venezia, nondimeno, uscita poi alla
luce, parecchi anni dopo che avea egli cessato di vivere,
!a mentovata Storia sua, venne tacciato dal Doge Fosca- Pwaiìni. ut.
BINI come d'animo avverso alla Veneta Repubblica. Quanto ut. u , pag. os^.
perciò ne sarebbe stata inopportuna la pubblicazione prima
della sua Nunziatura , e tanto più nel tempo in cui eser-
citò quel carico!
Più singoiar cosa si k, che molte opere di Pnesin ,
di mera erudizione, e di amena Letteratura abbiano
dovuto correre la slessa sorte. Tra molti esempj basti
quello d' Annibal Caro. Le opere , per cui egli è rino-
524 DELLA TRADUZIONE DEGLI AMORI DI DAFNI E CLOE
mato , la Traduzion della Eneide , la Raccolta delle sue
lettere famigliari, le Rime, la Commedia, come pme
la versione delia Rettorica di Aristotile, ed altre tradu-
Segherri.viia zionì siie DOD vidcro la luce, fuorcliè dopo la morte di
a Aanibal Caro "^
p.xLv.xLvi. lui, per opera di Gio, Battista Caro, e di Lepido suoi
Nipoti. Altro non si pubblicò lui vivente, se non se
qualche lettera e sonetto .«parsamente, e lo scherzevole
Comcnto sopra un poco onesto Capitolo del Molza.
La stessa Apologia contro il Castelvetro non si sarebbe
forse stampata , se non fosse stato per dir cosi costretto
il Caro a darla alla luce dal suo formidabile avversario,
e dalle istigazioni degli amici, e segnatamente del Varchi.
Intanto par quasi due secoli interi si differì la pubbli-
cazione delle Lettere sue di Negozio, e l'Opera insigae
sulle Medaglie , che comprendeva tutta la vasta materia
numismatica divisa in quattro volumi, nel primo de' quali
illustrato avea il Caro le Medaglie delle Famiglie Ro-
mane; nel secondo quelle degli Imperadori; e delle Im-
peradrici nel terzo; e nel quarto ed ultimo le Medaglie
sjiioges. Episi. Greche, opera lodata assai da Niccolò Einsio , che fatto
nwcite la ^PiV i^c avea l'acquisto in Roma, e di cui si saranno vero-
Iro Burniranno, -«i . ... . !•*_* • s
Leida: i7J7,prcs- Similmente moltissimo giovato non pochi antiquarj , perì
so il Zeno , Noie . . r • ili m J
aiFonian.,tom. miscrabilmente m un naufragio noli anno looA, secondo
I , p. 187. ^^ '. .
che narra lo stesso Niccolò Einsio , senza mai aver ri-
trovato durante un intero secolo, che stette sul margine
dell' obblio , chi le porgesse pietosa mano per trarla a
eterna vita. Piìi mirabile cosa è, che la Traduzione delle
cose pastorali di Longo degli amori di Dafni e Cloe,
m GIANFRANCESCO GALEANI NAPIOKE. 525
Opera elaboratissima degli anni migliori del Caro , che
per essere di picciola mole , e di galante , per non dir
lubrica Letteratura , dovea eccitar la brama di vederla
alla luce presso i dotti non meno , che presso gli indotti,
e stimolar 1' avidità degli stampatori , abbia tardato sino
a questi ultimi tempi a comparire in istampa. E questa
sorte non le sarebbe forse potuta peranco toccare, se,
rinvenutone fordinatamente da un colto nostro Signor
Piemontese un Manoscritto, non si fosse egli preso pen-
siero di farlo pubblicare splendidamente dall' insigne
Tipografo Bodoni in Parma, essendo per così fatto modo
a due nostri Paesani tenuto il Caro di questa parte
della sua fama. Quanto rare però di questa elegante e
leggiadra Operetta del Caro ne fossero le copie, e qual
grave rischio abbia corso di andare irremissibilmente smar-
rita, nulla il dà più palesemente a divedere quanto lo FoniaDini.Bib.
essere stata erroneamente creduta rtappresentazione pasto- 4ij,ctiiviZ.-Do.
'^'^ '■ V. pure il Se-
rale scenica, come f Aminta ed il Pastor fido, e per Rh"«' «' •-•••V
' dille opere del
conseguente la più antica delle Favole pastorali, dal J;f"'f;o''n,"^"i{;
FoNTANiNi Letterato, che, sebben tacciato di parecchj ^'^i„t,\^"^
errori dal suo annotatore Apostolo Zeno, e da altri cri-
tici valenti, vivea però in mezzo alle copiose Biblio-
teche di Roma, era versatissimo nella Bibliografia Italiana,
segnatamente del secolo XVI, ed avea dettato intorno Fonimim.
in • Il /-• T Aminu difes»
alle Pastorali un' opera di proposito, il Codice stesso ,
da cui fu tratta l'Edizion Bodoniana, non solamente non
è autografo, ma inoltre, come vedremo, mancante ia
alcuna parte.
5c6 DELLA TRADUZIONE DEGLI AMORI DI DAFNI F. CLOE
Ma il più evidente riscontro deU;i rarità somma delle
copie manoscritte, che se ne avessero, anche in tempi
meno rimoti da quello, in cui fiorì l'autore della Tra-
duzione, si è lo scandaloso plagio, da nessuno, eh* io
sappia, avvertito, che credette di poterne fare a man
salva uno Scrittore del secolo XVII, plagio di cui avreb-
crenim ile fu- bopo potuto faf ponipa come de' più insigni il Crenio,
ribus librariis,
LcvicniTui 1' Almei.ovenio, c quelli tutti, che della vergognosa
Plagiar ior.sji la- nigtcì IH de'furti letterarj di proposito trattarono: e che
mostra a quali strane vicende vadimo pur troppo sog-
getti i manoscritti. Nota è agli eruditi la Traduzione di
LoNGo pubblicata in Bologna nell' anno 1643 dal Com-
meodafore Gio. Battista Manzini Bolognese fecondo scrit-
tore di molti componimenti condannati ali obblio, che
fu in Torino alla Corte de' nostri antichi Principi, e
della cui vita ed avventure scrisse rolla sua solita dili-
genza il rinomato Storico degli Scrittori Bolognesi il
». Fanhiiii. Contc Fantuzzi. Scoocia ed infrdel ti'aduzione venne
«nlr. Manzini
•Gio. *aiii.in. questa chiamata da alcuni, ed il Quadrio dice, che non
meritava alcun pregio. * Ma 1' opera, che porta in fronte
il nome del Manzini , non è in alcun modo traduzione
dal Greco originale; e se non merita pregio, anzi bia-
.simo e vitupero per quanto in e.ssa si contiene del Man-
zini , pregevolissimo è ciò che si conservò delia Tradu-
* Il Maffei, TraduUori Ililiani. Vfnrzia 1720. p^p. 61: — I.ON'CO
Sofista — Romanzo da Gio. Ballista Manzinj. Bologua 1643, ma con
alterazioni.
DI GIAWrBANCESCO GALEANI BAPIONE. 627
rione di AnnibaI Caro , non essendo alfro questo libro,
che la traduzione del Caro variata e tronca quanto alle
cose in alcuni luoghi, e defomiata e guasta rispetto allo
stile , cosa che non so , se da alcuno mai sia stata per
lo dianzi avvertita.
Id fatti il Manzini medesimo non intitolò il «no la-
voro traduzione; non dissimulò, che avea avuto avanti
agli occlij un libro, cui avea giudicato opportuno di
dare forma diversa. Intitolò il Manzini Y opera sua Gli
amori innocenti di Dafni e della Cloe, Favola Greca
descritta in Italiano. * Dice descritta, non dice tradotta
con ambiguità maliziosa; ma non ostante questo equi-
voco modo di esprimersi , come mai pofea dire il Man-
zini, che descritta fosse da lui in Italiano, mentre la det-
tatura Italiana è anch' essa lavoro altrui, vale a dire di
AnnibaI Caro? Se avesse egli detto ji fatta, l'espressione
sarebbe stata meno lontana dal vero. Cosi il Berni chiamò
rifatto r Orlando innamorato del Bojardo, quantunque
con poca fatica ne avesse soltanto migliorata la lingua.
Ma qui il rifatto si sarebbe dovuto intendere in peggio,
non in meglio. Nou accuserò già il Manzini di aver
peggiorata la traduzione del Caro per aver omessi alcuni
luoghi osceni; ma il comincieiò a biasimare per avere
* Gli Amori Iiinorrnti di Dnfoi e della Cloe, favola Greca descrilUi in
luiliano dal Coinmendator D. (iio. Battista Maneini al polenli»s)mo et in-
vitlissiim Iiiippradore Fcrdiiiniido HI. In Bologna MDCXLIII presso Gia-
como Monti. Con licenza de Superiori , in 4-''
528 DELLA TRADUZIONE DEGLI AMORI DI DAFNI E CLOE
sostituito a quegli amori impuri, ma narrati con natura-
lezza e con purilìi di lingua inimitabile, studiati concetti
e sospiri romanzeschi sui fare del Caloandro B'edele,
Maggior biasimo merita per avere soppressa la notizia
del manoscritto Italiano, di cui si valse, e dell'Autore
di esso con plagio manifesto. E 6nalmenfe non si potrà
mai abbastanza riprendere e vituperare, per aver travi-
sata cosa sì bella, che, mercè la vanità e la temerità
di lui , corse pericolo di andare irremissibilmente smar-
rita: cosicché furto letterario piii pregiudiciale di questo
non saprei, che si fosse fatto giammai: perciocché, seb-
ben al presente, che abbiamo tra le mani il testo sin-
cero del Caro, agevole sia lo scorgere ad ogni tratto
d'onde derivalo sia lo strano lavoro del Manzini, mai
però non si sarebbe potuto sospettare, che fosse opera
del Caro il fondo di quella traduzione , qualora non se
ne potesse fare il confronto: tanta è la colluvie di fecciosa
lingua, e di modi di dire viziosi, che introdusse l'autore
plagiario a contaminare la purissima vena della detta-
tura del Caro.
Male senza paragone minore sarebbe stato, se, pago
il Manzini d' involare la gloria della traduzion del Caro,
e risparmiando la malaugurata sua fatica , si fosse con-
tentato di pubblicarla incorrotta sotto il nome suo pro-
prio; men difficile sarebbe riuscito scoprire il furio, e,
quello che è più, si sarebbe conservato nella sua ori-
ginale bellezza, ed integrità il primiero lavoro. Ma come
mai potea recare sano giudjcio di un lavoro pregevole
Di GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 629
per aurea e sdiiclta semplicità, ed elf;rauz.i nali'a , chi „
cliiama il tessuto di quel delizioso Romanzetto: favo- «^^'^•"'•"o i^»-
laccio Greca, rancida, sregolata, e di poco peso P
Quella lindura, quella spontanea facilità e felicità di espres-
sioni, come potea incontrare il genio di uno scrittore
de' più turgidi del gonfio Seicento? Paragonare Io stile
del Caro con quello del Manzini sarebbe lo stesso, come
mettere in confronto l'attillatura degli abiti adattati alla
vita e disinvolti del Cinquecento, co' ciondoli, coi gran
nastri e i gran pennacchj dei macchinosi abbigliamenti
del Seicento. Qual senso potea avere delle incontaminate
bellezze dello stile del Caro uno scrittore, che non temè
dire nella sua Epistola Dedicatoria, che l' Imperador Fer-
dinando = si era comprale le acclamazioni dì tulle le
età con V ha^er speso un cenlinajo d eserciti , con
V aver sparso il sangue da tutte le vene, con l Jiaversi
fiaccate e svenate à piedi le corna e le corone de Regi
nemici , e de' Dinasti rubelli ? eppure strano innesto
si fece e mostruoso dal Manzini di queste due maniere
di stile, e nel tulio che ne risultò ben può ancora un
acuto critico ravvisare e distinguere l' uno dall' altro ,
tanto essendo vago il fondo del Caro, che non potè
interamente deformarlo il suo Deturpatore.
» Come panno di grana in bigio tinto
'■ ^ "i^ . Tastoni S. R.
» lliliene ancor della beltà primiera; Cnto x, «. «3.
» E nel morto color d' un nero estint^o
» Porporeggiar si vede iu vista altera.
67
53o DELLA TRADUZIONE DEGLI AMORI DI DAFNI E CLOE
Per chiarirsi poi, che questa opera del MA^z^Nl non
è altro sostanzialmente se non se la traduzione del Caro,
basta il confrontarla; e soveicbia e tediosa cosa sarebbe
se mi accingessi a farlo partitamente. Per darne però uà
saggio, e per convincere ad un tempo di furto ad evi-
denza il MA^ZINI , basterà il confronto di un solo tratto.
Ognun sa , che tutti i testi Greci di Longo , su' quali
si sono fatte le edizioni di quel celebre Romanzo Greco
de' bassi tempi , sino a quella pubblicatasi in Parigi nell'
anno 1778, dal rinomato Grecista Signor Villoison,sì
sono trovati mancanti nel primo Ragionamento, o sia
Libro; e dal contesto si raccoglie, che la Lacuna è dì
piìi pagine. Uno schietto erudito Tedesco, che pubblicò
v.r edizione P^^'^ qucsto Grcco Romanzo, in una annotazione apposta
ifanau"^6uT°° al luogo dì qucsta Lacuua , disse in suo Latino: desunt
?ìm/la, de osculo scilicet harraiio, de Durcone vìtulum
donante, de lavatione Dafnidis'. osculum enhn Chtoes^
et lavatìo Dafnidis orìgìneìn videntur dedisse mutuo
UH amori. Il Caro poi fu il solo tra i Traduttori, che
accinto siasi a supplire a quella mancanza , ed a ristau-
rare quel bel monumento tronco della Greca Letteratura,
facendo negli ameni studj non diversamente di quello ,
che fece nelle arti figurative il suo celebratissirao con-
temporaneo Michelangelo con ristaurar la statua detta
del Gladiatore inoliente. Ora se questo Supplemento me-
desimo del Caro, sebben alquanto alterato e guasto,
tutto intero» ed al sito preciso, in cui ritrovar si dee,
si rinvenisse nella pretesa traduzione del Manzini, noà
DI CUNFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 53 1
dovremo riguardar ciò come una evidente riprova, che
esso Manzini rbl)e alle mani un codice manoscrilfo della
traduzione elegantissima del Caro, e the, invece di pub-
blicarla incorrotta , se la fece sua impudentemente, dopo
di averla prima dctuipata? Ecco adunque come inco-
mincia il Caro il suo supplemento:
« Scampato Dafni da questo pericolo , come gentile ,
» e conoscente eh' egli era, ringraziò Dorcone del suo
» ajuto, offerendoRpgli molto; e la Cloe altresì le pose
T> affeziona , e ibctli iutonio di molte amorevolezee ;
tt= ed il MamzÌnI non diversamente comincia = scam- lìk i.paf. is
y> pato Daini da questo pericolo come gentile e. cono-
» iscente-, eh' egli era ringraziò Dorcone , olk-rendosegU
7) per k pariglia , e la Cloe altresì gli ne mostrò Boa
» poca affezione ■ facendogliene perciò di molte cai-ezze:
■=* segue Annibal Caro = era Dorcone un cotal tar^ g
» pagnuolo inframettente , di pel rosso , di persona
•» piccoletto , e di maniere tutto nel praticar curio-
» so , nel parlar lusinghiero /, e nel pensier mali-
» gnuzzo , in somma un cattivo bestiuolo: = ed il
Manzini seguendo il Caro, ma cominciando a stan-
carsi di essere elegante come lui = era Dorcone un
y> cotal tarpagnuolo inframettente di pel rosso , di per-
» sona homicialto, nel parlar lusinghiero e d'entragna,
» anzi elle no malignuzzo, e tutto insieme un maledetto
» bestiuolo = continua il Caro con ischietta dettatura =
» avea costui più volte veduta la Cloe, e piacendoli
» cercava di farhsi amico, e di già avea gittate uà
532 DELLA TRADUZIONE DEGLI AMORI DI DAFNI' E CLOE
» motto a Driantb di volerla per moglie = il Manzini
dice pur lo stesso, ina cercando d' infrascare il Caf.o,
come quel corto trndutfor di Virgilio , di cui disse
p\}Y si bene' un bell'ingegno Francee le sol! il wut
donner de Fes/irit'à VinciLE, aggiunge paragoni, che
nel Caro non sono, dicendo con una grazia sgarba-
tissima == avea costui più volte buttato 1' occhio alla
» Cloe, e vedutala bclluccia come una mela rosa, e fresca
» come una viola mammola, non potè non soddisfarsene
» a dismisura, onde desideratasi, e procacciatene l' ami-
» ciziay si era condotto sin a buttar motto a Driaute
» di desiderarsela in moglie =. Il Caro = ora iu su
». questa r occasione , veggendo Dafni cortese., e soro
» com'era', e 'parendoli! la Cloe Semplicetta, ed arren-
» devole per le carezze , che ella per amor di Dafui le
» facea ec. = il Manzini = Hora in su questa occa-
?> sione scoprendo che Dafui era così soro , come cortese,
» e parendoli la Cloe tanto arrendevole quanto bella
» ingannato da quelle carezze ec. = ma non mi pare
necessario lo estendermi più a lungo, e proseguire
il confronto; perciocché da quello che sin qui si e
fatto si vede manifestamente non solo quale sia lo
scandaloso plagio del Manzini, ma inoltre come, se-
condo lo stile di que' rubatori , che indegni sono di
posseder ciò che rapiscono , non sappia valutar ciò
che ha involato, e presumendo di migliorarlo il guasti;
e già mi sembra sentir esclamare l' ombra di Annibal
Caro. Quid viiserum laceras ! parce sepullo : se non
m CIANFRAXCESCO CALEANI NAriONE. 535
che le vcudcUe del Caro si nuseramentc lacerato dal'
Manziki giù vennero fatte da quello Spirito gentile,
che salvò dall' obblio la Traduzione di Lonco di lui.
Vero è che queste non sono totalmente compite :
perciocché nel Testo della Traduzione di Lo^GO, che
servì alla famosa edizione del Bodoni , il Supplemento
del Caro è mancante: che all' incontro intero e com-
pito era il Testo , che venne corrotto dal Manzini.
Di fatti il Testo del Bodoni, per ciò che riguarda il
Supplemento , termina con queste parole = E pur non
» tornando , fra dubitar che fosse morto , e creder che
" le si togliesse vivo, dolente e gelosa non cessava di
r> richiamarlo = le quali parole sono alterate dal Man- „ • . ^
ZINI in questa guisa = e pur non tornando Dafni, *'•-•'•
» ella non cessava o di dubitar eh' ei fosse morto, o
» di credere, che spontaneo se le togliesse vivo; onde
» dolente e gelosa a dismisura non riffinava di chiamarlo
» a tutta lena. = Ma qui non termina il Manzim , e
prosiegue per più di ima facciata, insino a tanto che
la narrazione viene naturalmente a congiungersi con
quelle parole della Traduzione del Caro, che dicono
= quindi poiché fu solo in questa guisa tra se stesso
» vaneggiava: oimè ! che bacio è questo ec. :^ parole
travisate dal Manzini così = restato solo , o Dio ,
» come, oh Dio, quanto egli si trovò sprofondato nel
» cuore il bacio ec. ..» Da ciò manifestainenle si vede,
che il testo della Traduzione del Caro, del quale si
valse il Manzini era fiiii compito, cjie non quello su
534 DELLA TRADUZIONE DEGLI AMORI DI DAFNI E CLOE
cui si fece la splendida Edizione Bodoniana ; né è da
siippoisi che il Caro, che tanto limò questa sua ele-
gante traduzione , e che intraprese a supplir a quella
Lacuna, abbia lasciato il Supplemento medesimo imper-
fetto. Ad ogni modo sì fatto frammento pregevolissimo
per quello, che contiene di Annibal Caro, qui si unisce
non tanto per supplire a quella Lacuna del testo Greco,
come per porgere materia a' Critici di gusto fino e pur-
gato nelle cose della Lingua nostra, ed esperti nel di-
stinguere il diverso sapore degli stili diversi , di eser-
citarsi a separare il puro oro del Caro , dalla lega di vii
metallo, colla quale non temette di mescolarlo il Manzini.
ULTIMA PAPlTE
DEL StnPPLEMENTO DI ANNIBAL CARO AL BAGIONAMENTO PRIMO
DEGLI AMORI PASTORALI DI DAFNI E DI CLOE
DI LON G O
Come sta presso il Manzini, pag. .i3, e 14, e colla stessa sua ortografia.
•Quesieparoie -E /?«^ noìi * tomaiìclo , fra dubitar che fosse morto,
ìrvoT'coroe^ie 6 Creder che le si togliesse vivo, dolente e gelosa non
altre in Bnesono • 7 • 7
éi AoDibai Caro, pessova di ricluamarlo.
« Quando parue a Dafni d' hauer à bastanza scherzato
y rimessosi in fondo, lentamente nuotando sott' acqua , si
» ricondusse a piò della Cloe, e quindi sbucando in un
T momento , e balzandole a petto , prima di paura tutta
DI GIANFRANCESCO GALEANI NAPIONE. 555
» la scosse, poscia di gioja e di dilcUo la ben colmò.
» Aperte le braccia, volandoceli incontro, ah caro (gridò
» ella ) e dove se stato là sin hota? tanto dì mìo dó-
» lorctì godi tìi? respiro, ohimè, respiro ajipena ; e but-
» fategli le braccia al collo con estrema violenza lo si
» trasse incontanente al petto, e con supremo contento
» dell'uno, e dell'altro cuore cara, e soavemente su le
» labbra Si lo buciò. A' quel bacio , come nave dal veleno
» della remora alloppiato , Dafni arrestò. Senti cadérsi il
» cuore per l'immensa dolcezza, e rendendogliele quanto
» più saporitamente seppe, divertì, et a burlarsi con esso
» lei di suo timore, et à raccontarle quanto si fosse fatto
> gabbo di suo vaneggiamento, et ad aditarle il foro di
» doue bavea sin bora osseruati quanti moti ella fatti
» hauesse. La Cloe con lezi lior di sdegno mordendosi
» il dito per vedersi beffata, bor di pace, e di affeto ,
» per timor che di suo sdegno egli non disdegnasse, hor
» di allegrezza vedendosi pur di nuouo il sospirato fra le
» braccia, andana tirando in longo le congratulazioni, forse
» per allungar 1' occasione d' andarsi di quando in quando
» pur di nuouo stringendo il tenero teneramente al petto.
» Esaggeraua la bella il dolore e '1 martore in che l' hauea
» tenuta sì longa diuisione, ed egli per lo più simulaua
» di non credergnene , sì per l'estremo contento cb' ei
» godcua in veder con quant' affetto 1' affetto suggerisce
» alla sua cara nouc formalità da testificargliele, come per
» rigoder di quelle bellissime ire , che le imporporauau
» le gote ogni, e qualunque volta le venia da ridubitare,
536 DELLA TRADOZIONÈ DEGLI AMORI DI DAFNI E CLOE
» eh' egli pur ne dubitasse. Non restarono impunite da
» i flagelli d' amore queste girandole di Dafui , che ter-
/> minati gli abbracci della Cloe, ò per me' dire sospesi,
p rimeuossi dou' erano e suoi panni per riucslirsi, man-
» dando la Cloe a curare intanto le mandrc. y>
Quindi poiché fu solo in questa 'guisa tra se stesso
vaneggiava : cime ! che bacio è questo ! ec. . . .
537
Correzioni ed Aggiunte alla Dissertazione ìntornqì\
a' Tursi Secusini.
X_iE Stampo, nnche le più accurate, come beue osservò viicomiPrrr.
•Ili X7' • r\ • ■ \T r . 1 1 . «1 Tomo III itti
il cflcbie EjQnto (Quirino Visconti, a Ironie de marmi, Mu«o pio eie-
. . . . . f . iiit-at. pag. VII,
sono DuHa più, per ciò che riguarda gli studj dell àdCì-
quaria, di quello che sieuo le Tavole anatomiche rispetto
agjii studj dell'Anatomia. Invano pervia di esse si tenle-
rebhono nuove scoperte, come indarno spererebbe l'Ana-
tomista ritrar dalle Tavole anatomiche nuovi lumi sull'or-
ganizzazione de' corpi umani. Di questa veiilà ebbe campo
di convincersi 1' Autore della Dissertazione intorno a' Torsi
Secusini : perciocché , sebbene avesse esaminati prima at-
tentamente i Marmi originali, dovette però dettarla lungi
da Torino , avendone soltanto sotto 1' occhio disegni ;
che anzi non vide quelli del signor Boucheron, ciie
qui si uniscono, se non se dopo di averla compila.
L'ispezione che ora si è fatto di nuovo de' gessi, ha
dato luogo alle presenti correzioni ed aggiunte. Essendosi
poi periufeso che fosse stata spedita a Parigi in un coi
Torsi originali, anche una testa di marmo, che si di-
ceva essere stala trovata in un con essi , si cercò di
averne speciale contezza; ma da un artista intelligen-
tissimo che la vide si ebbe la notizia, che, oltre ad
esser questa frammentata, non può in nessun modo
appartenere ai Torsi di cui si tratta, per essere di
proporzione notabilmente diversa.
Pag. 444 e 44^ • La supposta armilla al braccio di
68
5?8
Apollo, di cui qui sì parla y e che non si vede nel di-
segno del signor Boucheron , si fe riconosciuto non esser
altro che una sbavatura del gesso, che trasse in inganno
chi r osservò ; massime essendo nel resto 1' Apolline ve-
ramente con forme ed abbigliamento muliebre, come lo
dimostrano non solamente i lineamenti femminili, ma la
lunga tunica, ed anche specialmente l'acconciatura de' ca-
pelli, siccome molto bene si ravvisa nel gesso medesimo.
Pctg. 461: Nello scudo della Pallade si distingue bensì
la Gorgone , come la disegnò il signor Boucheron pre-
nominato, ma non la Civetta. L'immagine della Dea
poi è rappresentata , cotne in esso disegno, in maestà,
colle gambe disgiunte, e non incrocicchiate come si
era supposto , e mostra tutta la dignità e compostezza
conveniente ad nna Divinità. Inoltre sono notabili le
diverse maniere de' panneggiamenti che vennero esatta-
mente copiati dal signor Boucheron. Quello della clamide
della Pallade con andamento di pieghe simmetriche ed
angolose sul fare dello stile Etrusco, o Greco-Italico
antico che vogliam dire ; quello delle Donzelle che stanno
attorno alla Dea con pieghe curve ed ondeggianti , quali
s'incontrano in molti bassi rilievi antichi copiati da' piìi
vetusti Greci monumenti , e che alcuni credono che
abbiano avuto origine da' panni sottili di lana , che si
adoperavano comunemente; quello finalmente grandioso
e nobile delle clamidi di entrambi i Torsi di un bello
ideale squisitissimo , cosicché si può affermare che piìi
belle pieghe non furono viste giammai. Questa parti-
539
colarità serve ogni volta più a comprovare che il lavoro
delle nostre statue fu dell'epoca più felice delle Arti
in Italia, vale a dire del Secolo di Augusto; e che noa
a caso uè' panneggiamenti della Minerva, e delle Donzelle
che le fanno corteggio espresse il valente Artista stili
é maniere diverse di scolpire, ma bensì per rappresen-
tare esattamente antiche statue, venerate per avventura
sotto quelle precise forme, e con quel antico gusto scol-
pite. Che la Dea Pallade poi sia effigiata senza dubbio
nessuno in questa lorica , e non già Roma , come forse
taluno potrebbe sospettare, lo dimostra ad evidenza ciò
che dottamente osservò il prenominato Visconti in tale
proposito. La Dea Roma , die egli , è tutta diversa da
Pallade. Pallade non si vede mai né succinta, né con
una mammella nuda a guisa di Amazone. Le Rome scol-
pite possono bensì somigliar a Pallade, ma sono sempre
disfinte da quella Dea o dall'attitudine, o dai simboli.
Roma è quasi sempre assisa, e Minerva stante; l'egregio viwoniiMuwo
busto di Roma in Villa Pinciana , ha sull'elmo la lupa con ^ so.^noia^cd). e
Romolo; ed altrove egli asserisce, che per evitar l'equi-
voco tra Roma e Minerva si è posta ognora sull' elmo
della prima l'immagine della lupa, e si è abbigliata a
guisa di Amazone coli' omero ignudo, come non si vede
mai la Diva di Atene.
Pag. /(53; Una Danzatrice Spartana in tutto simile
alle due Donzelle effigiate nel busto di cui qui si ra-
giona, simile non solo nella breve tunica, ma uell'an-
damcuto delle pieghe ondeggianti di essa, e nella
54o
corona di foglie di pnlma , vien riferita dallo stesso insi-
vi,conii M.iseo guc Antiquario Visconti. Riflette il medesimo esser
PloClcUI r III, J T
"«.jS'"'''" "*'r^"* "' osservazione la somiglianza precisa di questa
figura con quella di una Vittoria alata, e danzante attorno
ai Palladio, scolpita nell'usbergo della statua di Clo-
dio Albino, di stile, e forse di tempi migliori che la
7./.w,/.iaT XI, scultura del capo non sia: aargluuge, che fra le anti-
p»g. li e la. ì • X T? • • ^ o o '
cliità farnesiane vi ha un torace quasi simile, se non
che le figure attorno al simulacro di Pallade non sono
alate, ed ambedue atteggiate uniformemente; e ne infe-
risce, che la scultura Farnesiana deve quindi aversi per
pi'ìi antica , e che è probabile che un artefice poste-
riore o per capriccio , o per ignoranza del vero signi-
ficato di quel basso rilievo abbia trasformato quelle
Fanciulle in due Vittorie, aggiungendovi per maggiore
evidenza le ali. Ora posto tutto questo , aggiungeremo
noi essere probabile, che il nostro torace affatto con-
simile al Farnesiano sia più antico , e sia stato II modello
di esso. E chi sa che la Statua Secusina non fosse per
avventura una replica di quella medesima di Agrippa
posta nel portico del Panteon, divenuta poscia, quanto
agli ornati , per l'eccellenza dell' arte , modello de' po-
steriori Scultori ?
Pag. /|56: La Memoria del signor Abate Tarini in-
torno alla tazza argentea che offre la pugna di Ercole
colle Amazoni si pubblica in un col disegno di essa
tazza in questo medesimo volume dell'Accademia, pag.
e scg.
64i
jiddilion au Mémoire qui a pour tilre: Do l'influenco
. de lesprit de mcditatiou jiic^ ics.iittUiea^' punt MJ
ij^o .>■)•:!'■ I ob '; '-.
JLjt poiii^quoi refuserions - nous à ceux dont la raison
-s'eHòrce de penetrar les secreta de la nature, d'attcindre
fluxplus Biiblimes hautcurs du clikul? Pourquoi leur rcfu-
«erioDS> DOiis la puissauce de venir récréer; et reposèr
leur ^esprit nù seio des rians parleiies que la littérature a
■émaillés de fltoirs ? Qui oserait Jeur . di&puter le droit
de les embelljr dux-mémes? L»c$ orabrrs de Platon et
■de PiiiNt.,'^ de Oalember-B) et de Buffon, se leveraient
pQur<iles"coDfoadi'c; pourquoi 'inéme refuserions - nous
•è .l'iHomme de- leittres ravanito^e de nourrir ses médita-
tions par de siérieuses pensées? Quo pcutHl' sortir d'un
esprit" vide, si ce n'est de vagufls idées? Quelle plus bdlfe
destinée pour le^ lettres, que de revélir la scie^ce d'un
costume digne d'elle, que de devenir sur la terre cominé
les Hc^aults des vérités éternclles? Je n'entends poiut
dire qu'iine étude trop exclusive des sciences absirailes
n'ait il'inconvénient de fra])per l'iraagination d'soe «orte
de stérilité;^ mais on ne me fera point ctoire au divorce
de ce qui est vrai et de ce qui est beau; lorsqiìe j'en-
tends des hommes qui s'crigent eux-mémcs on avocafs
de la litfi^rature, provoquer par liurs déclamations exa-
gérées contre Ics «ci*oce» une-sorte de guerre civile
sur la terre du g^oie, je crains bien que de tcls hom-
mes ne soient pas mus par uu zèle auì>si pur et aussi
69
542
désintéressé que celui dont ils affectent le laogage , je
craius qu'ils ne soieat plus occupés de leur propre cause ,
que de celle des lettrcs elles-mémes ; nou, je ne recon-
naitrai jamais comme un véritable homme de lettres celui
qui dégrade ce noble titre par l'apologie 'de l'ignoraace.
Pour vous, Messieurs , toutes les carrières vous sont ouver-
tes; vous foulez aux [libds la terre .classique;, les tnoniiinens
de l'histoire sont accumulés sous vos yeuic; la voix des
siècles semble sortir encore de toutes r! les ruioes qui
selèvent autour. de vous, et vous redire toutes les tra-
ditions antiques; la nature vous offre le spectacle de ses
scènes ,les plus variéés ,> et de ses plus àugustes mer-
veiJJes ;MÌtt ciel pur ouvre à vos regards une route sùre
et libre pour parcourir les régioas immenses de. l'ùni-
vers , et suivre la marche des moudes ; les chants de
iI'Arioste et du Tasse, les accens harmonieux de Racine
iretentissent également dans les t'chos des alpes; parmi
■vous aussi' ils denaandeut des disciples! ah! combien l'ame
s'élève en presene^ "de bes souvenirs et de ces specfacles,
et que d© aobles espérances se concoivent, lorsqu'on
^,vous lYoit au ! milieu ideux soutenir l'autorilé de vos
exemples, de la force de vos eucouragenaens , les heu-.
-reuses influeopes qu'ils do^vent répandre sur ces coatcées!<
oUyia ,^T^3jj;g ab' '»>ioa 'ìriii .i fi liitir-, >/>t': o-iinoa P,oìyitf^
-ftiod al^ ab 91.' 'fa
UìiiB Ì.9 'luq UiUB alàs n» isq auon &bc\ iimoz oa aam
TAVOLA.
NOTIZIA DE' LAVORI.
P.
REAMBOLO . , . . . . pag I.
Morale , e politica ........ in.
Metafisica .....;... xii
Letteratura , critica , ed erudizione .... xvii.
Stilè XXXVI.
Poesia ....•..., XLV.
Traduzioni ........ ux.
Belle arti . . ixv.
LAVORI DEGLI ACCADEMICI.
Discours sur rutillté des sciences , littérature et beaux - arfs
Par f^bbé Vincent Tarin pag. t»
Explication d'un bas-relief antique, etc. Par le méme ■ 6.
Nouvel aper9U sur les causes de la chùte des lettres aux
siècles de l'ère vulgaire, appelés de fer. Par 31.' Emanuel
B^r^-S.-P^iUL. . . . ir.
Réflexions sur les divers systcmes de versification. Par le C:
Dépf.ret ......... 23.
Du goùt en peinture , etc. Par le C. Pécbevx . . 44.
Rétlexions sur l'art de bien draper les figures. Par M.'Rep'fi. 53.
Dialogo tra morti , cioè tra Pietro Cornelio , e '1 marchese
Maffei sopra la tragedia. Di Emanuele lÌAf^ A S,P^olo, 71»
Dialogo tra Paracelso , iTraacesco Plzatro , e Lauv Scozzese ;
sui modi diversi di accumular l'oro. Del medesimo, pag. 85.
Sul'a natura dell'eloquenza. Discorso di Francesco Rkgis io5
Della patria di Cristoforo Colombo. Disseriazione di Gianfran-
Cesco GytLE^Ni Napiose . . . . . ii6.
Notice hisforique sur une inscriplion consulaire trouvée dans
les décombres du donjon d'une des portes de la ville de Tu-
rin. Par Modeste Paroi.rtti ..... 265.
Vita di Alessandro Vittorio Papacino d'Antoni, scritta da, /Voi*-
mperp B^lbo . . . . '„^83.
Sulla necessità che corre di rettificare la vista agli aljievi di-
segnatori. IJi Vincenzo Antonio Ret^klx.i . . , ,^77'
Dell' origine delle stampe delle figure in legno , ed in rni^e.
Di Giqnfrancesco Galeoni Napione . ... .383»
La luna abitata. Egloga di Gasparo Morardo . . 4o5.
De' Torsi secusini. Dissertazione di Giuseppe FranchiPont 484.
De l'influence de l'esprit de méditation sur les lettres. Par J.M.
Dégkrakdo . . ... . . . . 5 1 1 .
Della traduzione degli amori di Dafni e Cloe di Longo ec.
' Di Gianfrancesco G^LE^yi Napione . . . Sza.
.Aggiunta alla dissertazione di Giuseppe ..Franchi -Pont sui
.'• Tor«i secufiini . . . .».' 'li<i-<-i-«4 . . SSy.
ERKoni. Correzioni.
NOTIZIA DE' LAVORI.
Tag. (XXXV) Zin, i3. l'altro suo senoo. Itg. l'alto suo senno.
( XXX.1X ) 25. Diritto e stima. Diritto estima.
(\LV) II, i]ualebe <]ualclie,
(XUIX) ' I. sandria. Alessandria.
DISSERTAZIONI.
fng. 106 Lìn. 19. eun slabil posscHor. Itg. essere.
114 8. osi, esse.