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Full text of "Memorie di matematica e di fisica della Societ`a italiana delle Scienze"

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Vi 


iiif-;i  A 


MEMO  RIE 


DI  MATEMATICA 
E  DI  FISICA 


DELLA    . 


SOCIETÀ  ITALIANA 


DELLE    SCIENZE 


TOMO     XL 


MODENA 

PRESSO  LA  SOCIETÀ  TIPOGRAFICA 

M  D  C  C  C  I  V. 


D  E  L  L  A      S  0  e  I  E  T  a'  .  VJl 

La  collazione  si  farà  come  segue  .  Si  diviijcrù  la  Compagnia 
in  due  classi  :  1'  una  di  jMate'raatici  ;  I'  altra  di  Fisici .  Ciascu- 
no de'  Sorj  attuali  manderà  al  Segretario  il  suo  voto  ,  con 
cui  dichiarerà  ,  quale  delle  Memorie  sopra  argomenti  della 
sua  classe  (  sia  di  Socj  o  di  non  Socj  )  giudica  degna  del  pre- 
mio ,  escluse  le  proprie  .  La  Memoria ,  che  avrà  più  voti  f;i- 
vorevoli  ,  in  ciascuna  classe  ,  sarà  la  premiata  .  In  caso  di 
parità  di  voti  si  dividerà  il  premio  .  Per  l' esecuzione  del 
presente  articolo ,  ogni  Socio  attuale  riceverà  in  dcno  un 
esemplare  di  ciascun  tomo ^  che  gli  sarà  trasmesso  con  la 
maggior  prontezza  possibde  dopo  terminata  la  stampa  .  Allo 
spirar  di  sei  mesi,  successivi  alla  data  di  queste  spedizioni, 
si  pubblicheià  il  risultamento  dei  voti  per  li  due  premj  ^  né 
saranno  d'  alcun  valore  i  voti  che  pervenissero  posteriormen- 
te .  Gli  Autori  peifnie,  quando  massime  l'argomento  possa 
essere  incerto  o  promiscuo  ,  dichiareranno  ,  spedendo  le  loro 
Memorie  ,  a  qiial  classe  intendano  attribuirle  . 

XXin.  A  compensazion  delle  spese  ,  che  incontrano  i 
Quaranta  ne'  porti  di  lettere  per  cagion  della  Società  ,  ogni 
anno,  nel  mese  di  ottobre,  sarà  fatto  P  esame  ^  onde  rico- 
noscere i  Membri  attuali,  che  avranno  corrisposto  a  tutte  le 
lettere  del  Presidente  e  del  Segretario  nel  corso  dell'  anno 
antecedente  ,  e  dentro  li  rispettivi  termini  di  tempo  in  esse 
specificati  ;  ciascuno  de'  quali  Socj  avrà  diritto  di  esigere 
zecchini  tre  dalla  cassa   della  Compagnia  . 

XXIV.  5-  '•  Ogni  volta  ,  che  la  forza  pecuniaria  della 
stessa  Società  lo  consenta  ,  si  esporranno  programmi  al  con- 
corso pubblico.  Risoluto  ciò  dal  Presidente,  il  Segretario  in- 
viterà li  Socj  attuali  a  proporre  argomenti  .  Questi  esser  do- 
vranno ,  o  Fisici  ,  o  Matematici ,  o  Fisico-Matematici  ,  o  in 
qualunque  modo  giovevoli  a  queste  scienze,  e  sempre  appli- 
cabili ad  utile  general  dell'  Italia  .  Il  Segretario  li  manderà 
stampati  a  ciascun  Socio  ,  pretermettendo  quelli  che  uscisse- 
ro dalle  condizioni  ora  prescritte  .  Ogni  Socio  spedirà  al  Se- 
gretario il  proprio  suffragio  per    la    scelta    dell'  argomento  ,  e 

di- 


vili  Statuto 

dicliiarerà  insieme  qual  premio  reputi  conveniente  e  qual  tem- 
po alla  facitura  ed  alla  presentazione  delle  Memorie  .  Quei 
tema  che  avrà  più  suffragi  ,  sarà  adottato  :  nei  caso  di  pa- 
rità di  voti  ,  deciderà  la  sorte  . 

5.  a.  Tosto  si  comunicherà  alla  Compagnia  1'  argomento 
coronato,  ed  il  numero  de' suffragi  riscossi  da  ogni  argomen- 
to .  INeir  atto  stesso  sarà  richiesto  ciaschcdun  Sgcìo  attuale  di 
nominarne  tre  {  di  qualunque  Classe  ,  purché  Italiani  ,  e  di- 
moranti attualmente  in  Italia);  quelli  cioè,  che  ciascuno, 
osservato  il  quesito  ,  stimerà  più  adattali  a  giudicar  le  Me- 
morie che  compariranno  al  concorso  .  Quei  tre  ,  ne'  quali 
concorrerà  maggior  numero  di  suffragi  (1' uguaglianza  rimova- 
si con  la  sorte  ) ,  s' intenderanno  destinati  a  pronunziare  il 
giudizio  . 

5.  3.  Nelle  occasioni  statuite  sopra,  saranno  come  non 
fatte  le  risposte  de'Socj,  qualora  non  giungano  al  Segretario 
dentro  quaranta  giorni  dalla  data  della  rispettiva  circolare 
di  Lui  . 

5.  4-  ^  nome  de' Giudici  eletti  rimarrà  a  sola  notizia 
del  Presidente  e  del  Segretario  :  se  jion  che  ciascun  di  quel- 
li sarà  fatto  consapevole  della  propria  destinazione,  crn  di- 
vieto di  concorrere  al  programma  e  di  manifestarla  a  chic- 
chessia: niun  di  loro  saprà  i  suoi  Colleglli  .  Se  qualcun  ri- 
cusasse ,  sarà  sostituito  il  prossimo  inferiore  in  quantità  di 
voti  .  Ogni  Giudice  riceverà  ,  dopo  pronunziato  il  giudizio  , 
un  decente  compenso  dell'  esclusion  dal  concorso  . 

5.  5.  Il  Presidente  ,  considerati  i  pareri  de'  Socj  ,  Io  sta- 
to economico  della  Società,  e  l'importanza  di  moltiplicare  i 
programmi  ,  stabilirà  la  grandezza  del  premio  ,  ed  il  termine 
da  assegnarsi  al  concorso  .  Sarà  tosto  promulgato  il  proble- 
ma per  tutta  Italia  .  Ogni  Italiano  j  ambe  Socio,  potrà  con- 
correre :  rimangono  esclusi  li  soli  tre  Giudici  .  Le  Memorie 
dovranno  essere  inedite,  scritte  in  lingua  Italiana;,  e  perve- 
nute nelle  mani  del  Segretario  entro  il  termine  prescritto 
dal  programma  :  il  nome  degli  Autori  sarà  occulto  :  ogni  Me- 
mo- 


Ili 


STATUTO 

DELLA  SOCIETÀ'  ITALL^NA  DELLE  SCIENZE  , 

I.  JUa  Società  Italiana  delle  Scienze  è  composta  dì  quaranta 
Socj  attuali  5  tutti  Italiani,  di  merito  maturo  e  per  opere  da- 
te in  luce  ed  applaudite  riconosciuto  . 

II.  La  scienza  della  natura  è  il  grande  oggetto  ,  in  cui 
la  Società  medesima  si  propone  di  versare.  Pubblicherà  per- 
tanto ,  sotto  il  titolo  di  Memorie  di  Matematica  e  di  Fisica  , 
le  produzioni  di  chiunque  de' Socj  vorrà  render  pubblico  ne- 
gli Atti  Sociali  il  frutto  de'  proprj  studj  . 

III.  De"  quaranta  Membri  uno  sarà  Presidente  della  So- 
cietà ,  e  la  presidenza  durerà  sei  anni  . 

IV.  Avrà  la  Società  un  Segretario  j  ed  un  Vice -Segre- 
tario amministratore  .  Il  primo  sarà  partecipe  di  tutte  le  fa- 
coltà dei  Quaranta,  benché  non  fosse  uno  d'  essi;  ed  avrà 
diritto  ,  non  obbligo  ,  di  presentar  Memorie  da  inserirsi  negli 
Atti  .  Il  secondo  terrà  il  maneggio  economico  . 

V.  5.  I.  Altra  Classe  vi  avrà  di  Socj  Emeriti ,  in  nume- 
ro indeterminato  .  Essa  è  preparata  a  chiunque  dei  Quaranta, 
o  per  età  avanzata  ,  o  per  abituale  mancanza  di  salute  ,  o 
per  altro  motivo ,  non  producesse  verun  suo  lavoro  in  tre 
consecutivi  tomi  delle  Memorie  Sociali  :  e  questi  si  conteran- 
no dal  tomo  Vili  in  poi ,  cioè  dopo  T  accettazione  del  pre- 
sente Statuto  . 

5.  2,.  Ma  se  un  Socio  attuale  passasse  negli  Emeriti  do- 
po aver  posto  otto  Memorie  ne'  tomi  Sociali ,  in  tal  caso  se- 
guiterà a  godere  ,  quantunque  Emerito  ,  tutte  le  prerogative 
di  Attuale  . 

5.  3.  Che  se  un  Socio  Emprito  ponga  Memorie  in  tre 
tomi  consecutivi,  saia  restituito  nel  ruolo  degli  Attuali. 

a  3  VI. 


IV  Statuto 

VI,  Un'altra  Classe,  parimente  indeterminata,  compren- 
derà i  Socj  Onorar]  .  A  questa  saranno  ascritti  ,  previo  l'  as- 
senso di  ventuno  almeno  dei  Quaranta  ,  i  Compilatori,  eletti 
dal  Presidente  ,  degli  elogj  de'  Socj  attuali  defunti  .  Inoltre  , 
esso  Presidente  potrà  aggregare  a  questa  classe,  nel  suo  ses- 
sennio ,  due  Soggetti  ,  non  più  ,  che  avessero  operato  cosa  a 
prò  della  Società  ,  onde  meritassero  d'  esserne  onorati  parti- 
colaimente  . 

VII.  Ed  altra  Classe  avrà  finalmente  il  titolo  di  Sor] 
stranieri  ,  stabilita  per  distinguere  ed  onorare  il  merito  nelle 
Scienze  in  qualunque  parte  fuori  d'  Italia  .  Sarà  composta  di 
dodici  Soggetti  ,  a  ciascun  de'  quali  verrà  esibito  in  dono  un 
esemplare  d'  ogni  Volume  ,  che  uscirà  in  luce  ,  delle  Memo- 
rie Sociali  . 

Vili.  Le  aeffregazioni  alle  classi  de'  Socj  attuali  e  degli 
stranieri  .si  faranno  nel  modo  seguente.  Per  ogni  posto  che 
rimanga  vacante  ,  dovrà  il  Presidente  ,  col  mezzo  del  Segre- 
tario ,  proporre  sei  nomi  a  ciascuno  de'  Socj  attuali  ,  il  qual 
faià  scelta  d'  uno  ,  e  lo  indicherà  per  lettera  al  Segretario  . 
Quel  de'  sei  che,  entro  il  termine  di  due  mesi  dalla  propo- 
sta ,  avrà  più  suffragi  ,  s'  intenderà  aggregato ,  e  la  Cnmpa- 
enia  sarà  fatta  opportunamente  consapevole  dell'  acquistato 
Cooperatore  . 

IX.  Air  elezione  del  Presidente  saranno  invitati  li  Socj 
attuali  con  una  lettera  circolare  del  Segretario  ,  al  quale 
cnuno  di  essi  farà  tenere  in  iscritto  la  nomina  del  Socio  da 
sé  eletto  a  Presidente:  e  la  pluralità  de' voti ,  che  arriveran- 
no al  Segretario  dentro  il  termine  di  due  mesi  dopo  la  data 
del  circolare  invito  ,  determinerà  \'  elezione  che  dovrà  esser 
dal  Segretario  annunziata  ai   Membri   votanti  . 

X.  Ciaschedun  dei  Quaranta  ha  facoltà  d'  inserire  negli 
Atti  una  scoperta  utile,  un'  importante  produzione,  anche 
di  Persona  non  aggregata,  ma  italiana  ,  purché  se  ne  faccia 
mallevadore  egli  stesso ,  come  di  cosa  propria  ,  inverso  la 
Compagnia  . 

XI. 


DELLA     Società'.  v 

XI.  DI  questi  Autori  non  Sorj  dovrà  il  Presidente  ag- 
giungere i  nomi  ,  segnati  con  asterisco  ,  ai  sei  che  pres  nta  , 
a  tenor  dell'articolo  Vili,  per  l'elezione  d'  un  Socio  attua- 
le .  Bensì  questa  nomina  cesserà  ,  dopo  fatta  sej  volte  ,  con- 
tate dalla  pubblicazione  d'  ogni  Memoria  , 

XII.  Le  Dissertazioni  o  Memorie  da  pubblicarsi  ne' Vo- 
lumi della  Società,  debbon  essere  scritte  in  lingua  Italiana  e 
in  carattere  chiaro  .  Il  Segretario  dovrà  appo)  vi  la  data  del 
ricapito,  acciocché  sieno  stampate  con  essa  in  fronte  e  per 
ojd  ne  di  tempo  .  Che  se  l'opera  sia  voluminosa,  può  1'  Au-« 
tore  distribuirla  in  due  o  più  parti  pt' tomi   susseguenti. 

XIII.  Tutto  ciò  eh'  è  destinato  pegU  Atti  dev'  esser 
nuovo,  inedito,  importante,  ed  analogo  all'  indole  scientifi- 
ca di  questi  Volumi,  che  non  ammette  sfoggio  d^  erudizione  , 
né  moltitudine  di   note  e  di   citazioni  . 

XIV.  I  fogli  stampati  di  ciascun  Volume  non  dovranno 
eccedere  il  numero  di  cent(»  .  Le  Mf-morie  soprabbondanti 
resteranno  in  deposito  pel  tomo  susseguente,  o  saranno  re- 
stituire ao;li  Autori  che  le  dimandassero.  Bi-nsi  ,  nel  caso  di 
sopr.ibljoudanza  ,  le  Dissertazioni  degli  Autori  non  Socj  do- 
vranno cedere  il  luogo  a  quelle  de'  Socj  . 

XV.  La  Società  non  si  fa  risponsabile  delle  Opere  pub- 
blicate negli  Atti  .  Ogni  Autore  dev'  ess^r  mallevadore  d^lle 
cose   |. ri' prie  ,  ccr^e   se  le   pubblicasse  app-^rtatamente  . 

XVI.  N.)n  permette  peraltro  la  Si  e  età  le  invettive  per- 
sonali ,  e  uè  anche  le  critiche  non  misurate  :  sopra  di  che 
Veglierà  il  Segretario,  e  ne  farà  inteso  il  Presidente  per  un 
acconcio   provvedimento  . 

XVil.  Il  Socio  attuale  5  Autore  d'una  Memoria  o  a  un 
Elogio  ,  avrà  in  dono  cinquanta  esemplari  della  sua  produ- 
zione ,  con  frontispizio  apposito,  e  con  la  numerazion  de  le 
Bacine  ed  il  registro  ricominciati  .  Ad  o^zni  altro  Autore  sa- 
rautio  corrisposte  dodici  copie  .  Qualunque  Autore  ne  deside» 
rasse  di  più  ,  non  sarà  aggravato  d'  alcuna  spesa  per  conto 
della  conipoòiziou  tipograhoa  . 

XVIII. 


VI  Statuto 

XVIII.  Neil'  atto  di  queste  spedizioni  sarà  trasmesso  ai 
Soci  ,  che  avranno  mandato  il  voto  per  le  elezioni,  la  dimo- 
strazione stampata  del  numero  de'  snffraiij  toccati  ad  ogni 
Candidato  ,  senza  il  nome  però  de'  votanti  ,  e  cosi  ancora  i 
conti  stampati  dell'  amkiinisti  azione  tenuta  dal  Vice -Segreta- 
rio amministratore  dnrante  il  biennio  precorso  . 

XIX.  Alle  principali  Accademie  estere  sarà  offerto  in  do- 
no un  esemplare  d'  ogni  Volume  delle  Memorie  sociali  ,  che 
andrà  successivamente  uscendo  alla  luce  . 

XX.  I  doveri  del  Presidente  ,  oltre  i  già  mentovati  ,  so- 
no :  mantener  l'  osservanza  dello  Statuto  ,  eleggere  il  Segie- 
tario  ed  il  Vice-Segretario  ,  qualunque  volta  sia  di  bisogno  , 
avere  in  governo  e  cura  ogn'  interesse  della  Società  ,  rivede- 
re ,  almeno  una  volta  all'  anno  ,  i  conti  dell'  amministrazio- 
ne del  Vice  -  Segretario ,  alla  validità  de'  quali  fa  d'  uopo 
l'approvazione  e  sottoscrizione  di  mano  propria  del  Presidente; 
e  ragguagliar  finalmente  il  Successore  dello  stato  degli  affari 
nell'  atto  di  rinunziargli  1'  uffizio  . 

XXI.  Dopo  il  Presidente ,  il  Segretario  è  la  Persona  pro- 
priamente deputata  a  mantener  corrispondenza  con  tutti  i 
Membri  della  Società,  e  quasi  centro,  ove  debbono  metter 
capo  tutte  le  relazioni  Sociali  .  Egli  invia  le  patenti  d'  ag- 
gregazione ;  presiede  alla  stampa  ,  ai  Correttori  di  quella  ,  ed 
all'  incision  delle  tavole  ;  prende  cura  delie  spedizioni  ,  e 
d'  ogn'  altro  interesse  della  Società  ;  sempre  però  con  1'  ap- 
provazione del  Presidente  .  Egli  deve  pure  tener  registro 
d'  ogni  atto  che  importi  ;  custodire  i  voti  de'Socj  per  le  ele- 
zioni ,  manit'estandogli  al  Presidente  ad  ogui  richiesta  ;  e  fi- 
nalmente eseguir  tutto  ciò  ,  che  ne'  precedenti  artìcoli  gli  è 
addossato  . 

XXII.  Sono  instituiti  due  premj ,  consistente  ciascuno  in. 
una    medaglia    d'  oro  del  valor  di  zecchini  sessanta  ,  coniata 
con  relative  iscrizioni  .    Questi  premj  apparterranno    agli  Au- 
tori delle  due  Memorie  più  utili  d'ogni  Tomo;  1' una  di  Ma- 
tematica pura  o  mista  j   1'  altra    di    Fisica   non    matematica. 

La 


dellaSocieta.  IX 

moria  porterà  in  fronte  un  motto  ,  e  sarà  accompagnata  da 
un  biglietto  suggellato  ,  cuntrasspgnato  al  di  fuori  dal  mede- 
simo motto  ,  e  contenente,  al  di  dentro  in  maniera  occultis- 
sima ,  nome  ,  cognome  ,  patria  ,  domicilio  e  profession  deli- 
Autore  .  Il  mancare  a  qualunr^ue  delle  antecedenti  condizioni 
fa  perdere  il  premio  . 

5.  6.  Tosto  che  il  concorso  sia  cliiuso  ,  il  Presidente  , 
veduto  il  numero  e  1'  estensione  delie  Memorie  ,  definirà  il 
tempo  j  entro  il  quale  ogni  Giudice  dovrà  pronunziare  il  giù- 
dizio  .  Allora  il  Segretario  trasmetterà  le  Blemorie  ,  tutte  uni- 
te,  ad  uno  de' Giudici  :  da  cui  restituite  che  siano,  e  notifi- 
cato il  proprio  giudizio  al  Segretario  ,  saranno  da  questo  fat- 
te pervenire  ad  altro  Giudice;  quindi  con  le  regole  stesse  al 
terzo  .  Ogni  Memoria  coronata  da  un  Giudice  ,  sarà  stampa- 
ta col  nome  dell'  Autore .  Il  premio  sarà  dato  a  quella  Me- 
moria ,  che  vensfa  coronata  da  tre  ,  o  da  due  Giudici  .  Se 
tutti  e  tre  li  giudizj  fossero  discordi  ,  si  dividerà  il  premio 
fra  le  tre  Memorie  coronate  .  Lo  stesso  si  farà  tra  due  coro- 
nate ,  qualora  un  Giudice  negasse  il  premio  a  tutte  le  Me- 
morie ,  e  gli  altri  due  non  fossero  concordi  .  Che  se  fossero 
due  li  giudizj  di  negativa  generale  del  premio  ,  in  tal  caso 
il  terzo  giudizio  non  sarà  di  alcun  valore  :  si  notificherà  alla 
Compagnia  V  esito  del  giudizio  e  si  passerà  alla  pubblicazione 
di  nuovo  programma  ,  coi  metodi  staluHti  sopra  . 

5.  7.  Ma  quando  sia  conferito  il  premio  ,  il  Segretario 
annunzieià  prontamente  ai  Socj  ed  a  tutta  1'  Italia  il  nome 
degli  Autori  delle  Memorie  coronate  ,  indicando  quello  cui 
spetta  il  premio  .  Esse  Memorie  saranno  stampate  senza  in- 
dugio ;  se  ne  spedirà  un  esemplare  ad  ogni  Socio  ,  12,  della 
propria  a  ciascun  degli  Autori  coronati  ,  38  di  più  al  pre- 
miato :  i  rimanenti  si  esporranno  a  vendita   pubblica  . 


Tomo  XI.  h  CA- 


CATALOGO 

DE'  MEMBRI  COxMPONENTI  LA  SOCIETÀ'  ITALIANA 
DELLE  SCIENZE  .       , 

T residente . 

ANTONIO  GAGNOLI  Professore  delle  Matematiche  sublimi 
nella  Scuola  Militare  .  Modena  . 

Socj  attuali  • 

AMORETTI  (  abate  Carlo  )  Bibliotecario  nell'  Ambrosiana. 
Milano . 

ARALDI  (  Michele  )  Professore  emerito  di  Medicina  nel  Li- 
ceo di  Modena  e  Segretario  dell'  Istituto  Nazionale  .  Bologna- 

BONATI  (Teodoro)  Professore  d' Idrostatica  nel  Liceo.  Ferrara. 

ERUGNATELLI  (Luigi)  Professore  di  Chimica  generale.  Pavia. 

CALDANI  (  Floriano  )  Sostituto  alla  Cattedra  di  Notomia 
neir  Università  .  Padova  . 

CALDANI  (  Leopoldo  Marcantonio  )  Professore  primario  di 
Medicina  teorica  e  pratica  nell"  Università  .  Padova  . 

Cx^LUSO  (  abate  Tommaso  Valperga  )  Professore  di  Lingue 
orientali  ,  di  Critica  e  di  Cronologia  nell'  Ateneo  naziona- 
le .   Torino  . 

CANTERZANI  (  Sebastiano  )  Professore  di  Fisica  generale 
nell'Università  Nazionale  e  Presidente  dell'Accademia  del- 
le Scienze  .  Bologna  . 

CESARIS  (  abate  Angelo  )  Astronomo  nell'  Osservatorio  di 
Brera  .   Milano  . 

CHIMINELLO  (  abate  Vincenzo  )  Professore  di  Astronomia  j 
di  Meteorologia  e  di  Geografia  nell'  Università  .  Padova. 

COSSALI  {  P.  D.  Pietro  )    Cherico    Regolare  ,    Professore  di 

Astro- 


dellaSocikta'.  XI 

Astronomia  ,  di  Meteorologia  e  d'  Idraulica  nell'  Universi- 
tà .  Panna  , 

DELANGES  (  Paolo  )  .  Milano  . 

FABBRONI  (  Giovanni  )  Professore  onorarlo  nelle  Università 
di  Pisa  e  di  Wiltia  ,  Sottodirettore  e  Soprantendente  all'am- 
ministrazione del  Reale  Gabinetto  Fisico  .  Firenze  . 

FERRONI  (  Pietro  )  Matematico  Regio  e  Professore  di  Mate- 
matica  nell'    Università  .   Pisa  . 

FOSSOMBRONI  (  Cav.  Vittorio  )  Consigliere,  di  Stato  .  Fi- 
renze . 

GIOBERT  (  Antonio  )  Professore  di  Economia  rurale  ,  d'  Ar- 
ti e  Manifatture  nell'  Ateneo  Nazionale.  Torino. 

GIOVENE  (Giuseppe  Maria)  Canonico  Arciprete.  Molfetta. 

MAIRONI  DAPONTE  (  Giovanni  )  Professore  di  Storia  natu- 
rale e  Reggente  nel  Liceo  .  Bergamo  . 

MALACARNE  (  Vincenzo  )  Professore  primario  di  Chirurgia 
teorica  e  pratica  nell'  Università  •  Padova  . 

MALFATTI  {  Gianfrancesco  )  Professore  emerito  nel  Liceo  . 
Ferrara . 

MARINO  (Giannantonio  )  Soprantendente  alla  Medicina  ^  al- 
la Chirurgia  ,  ed  alla  Faimacìa  dello  Spedale  Nazionale  . 
Savigliano  . 

MASCAGNI  (  Paolo  )  Professore  di  Notomia  nel  Regio  Arcis- 
pedale .  Firenze . 

MOSCATI  (  Piftro  )  Consultore  di  Stato .  Milnno  . 

PAOLI  (  Pietro  )  Professore  delle  Matematiche  sublimi  nell' 
Università  .  Pisa  . 

TESSUTI  (  Gioachino  )  Professore  delle  Matematiche  sublimi 

nelP  Archiginnasio  della  Sapienza  .  Roma  . 
'PEZZI  (  Francesco  )  Professore  di  Matematica  nell'  Universi- 
tà .  Genova • 

PIAZZI  (  P.  D.  Giuseppe  )  Cherico  Regolare  ,  Professore  di 
Astronomia  nell'  Accademia  degli  Studj  e  Direttore  dtli' 
Osservatorio  .  Palermo  . 

PINI  (  P.  D.  Ermenegildo  )    Cherico  Regolare    di   S.  Paolo  , 

h  a  Pro- 


XII  Statuto 

Professore    di   Storia    Naturale    e    Delegato    alle    Miniere . 

Milano  . 

POLI  (  Giuseppe  Saverio  )  Comandante  della  Reale  Accade- 
mia Militare  e  Ministro  della  Giunta  alla  Real  Biblioteca. 
Napoli  • 

KACAGNl  (  P.  D.  Giuseppe  Maria  )  Cherico  Regolare  di  S. 
Paolo,  Professore  di  Fisica  nel  Ginnasio  Nazionale  di  Bre- 
ra .  Milano  . 

RUFFINI  (  Paolo  )  Professore  di  Matematica  sublime  nel  Li- 
ceo .  Modena  . 

SiiLADINI  (  abate  Girolamo  )  Professore  del  Calcolo  sublime 
neir  Università  Nazionale  .  Bologna  . 

SLOP  (  Giuseppe  de  Cadenberg  )  Professore  di  Astronomia 
nell'  Università  .  Pisa  . 

TARGIONI  TOZZETTI  (  Dottor  Ottaviano  )  Professore  di 
Aericoltura  e  di  Botanica  .  Firenze . 

VASSALLI  EANDI  (  Antonmaria  )  Professore  di  Fisica  spe- 
rimentale nell'Ateneo  e  Segretario  dell'Accademia  di  Scien- 
ze ,  di  Letteratura  e  di  Belle  Arti  .   Torino  . 

VENTUROLI  (  Giuseppe  )  Professore  di  Matematica  applica- 
ta nelF  Università  Nazionale  .  Bologna  . 

ZEVIANI  (  Gianverardo  )  Protomedico  di  Sanità  .  Verona  . 

SocJ  Emeriti  • 

COTUNIO  (  Domenico  )  Professore  di  Notomia  nell'  Univer- 
sità .  Napoli  . 

FONTANA  (  Cav.  Felice  )  Direttore  del  R.  Gabinetto  Fisi- 
co .  Firenze  . 

FONTANA  (  P.  D.  Mariano  )  Cherico  Regolare  di  S.  Paolo  , 
Professore  nell'  Università  .  Pavia  . 

FRANCESCHINIS  (  Conte  abate  Francescoraaria  )  .   Vienna  , 

LAGRANGE  (  Lodovico  )  .  Parigi  . 

LANDRIANI  (  Cav.  Marsilio  ) .   Viemia  . 

OPiIANI  (  abate  Barnaba  )  Astronomo  nell'  Osservatorio  di 
Brera  .  Milano  .  RO- 


DELLA     Società'.  Xiii 

ROSA  (  Michele  )  Professore  emerito  nel  Liceo  di  Modena  . 
Rimini . 

ROSSI  (  Pietro  )  Professore  di  Storia  naturale  nell''  Universi- 
tà .  Pisa  . 

SALIMBENI  (  Lionardo  )  Generale  di  Brigata  e  Segretario 
genr^rale  nel  Ministero  della  Guerra  .  Milano» 

SALUZZO  (  Giuseppe  Angelo  )  .   Torino  . 

SCARPA  (  Antonio  )  Professore  emerito  nell'  Università  .  Pa- 
via . 

SOAVE  (  P.  D.  Francesco  )  Cherico  Regolare  Somasco  ,  Pro- 
fessore dell'analisi  delle  idee  nell'  Università.  Pavia. 

STRATICO  (  Simone  )  Professore  soprannumerario  nell'  Uni- 
versità di  Pavia    ed    Idrostatico  nazionale  .  Milano  . 

VENTURI  {  Giambattista  )  Professore  di  Fisica  geneiaie  nell^ 
Università  di  Pavia  e  Ministro  della  Repubblica  Italiana 
presso  1'  Elvetica  .  Berna  . 

VOLTA  (  Alessandro  )  Professore  emerito  nelT  Università  . 
Pavia  . 

Socj  Onorar]  . 

DELBENE  (  Benedetto  )  Segretario  perpetuo  dell'Accademia 
di  Agricoltura  ,  Commercio  ed  Arti  •   Verona  . 

PINDEMONTE  (  Cav.  Ippolito  )  .    Venezia  . 

POZZETTI  (  P.  D.  Pompilio  )  Cherico  Regolare  delle  Scuo- 
le pie  ,  Bibliotecario  Pubblico  in  Modena  e  Professore 
Onoraiio  nell'  Imperiale  Università  di  Wilna  .  Modena  , 

ROSSI  (  Luigi  )  Capo  di  divisione  del  Ministero  dell'  Interno 
nel  Dipartimento  della  pubblica  istruzione  ed  Ispettor  ge- 
nerale alla  medesima  .  Milano  . 

YIVORIO  {  abate  Agostino  )  .    Vicenza . 

Socj  stranieri . 

ACHARD.  Berlino. 
BAiNGKS  .  Londra  . 

CHAP. 


XIV  Catalogo 

CHAPTAL  .  Parigi . 
DEL  AMBRE  .  Parigi. 
HERSCHEL  .  Londra . 
LALANDE  .  Parigi . 
LAPLACE  .  Parigi. 
MASKELYNE  .  Londra . 
NARVOYZ.   fVil>m. 
SENEBIER.  Ginevra. 

Segretario  • 

P.  D.  POMPILIO  POZZETTI  suddetto  .  Modena  . 

Vice- Segretario  Amministratore  . 

ANTONIO  LOMBARDI  ,  Bibliotecario  Pubblico  ed  Aggiunto 
al  Professore  delle  Matematiche  sublimi  nella  Scuola  Mili- 
tare .  Modena  . 


AN- 


XV 


ANNALI 

DELLA  SOCIETÀ*  ITALIANA  DELLE  SCIENZE 

CONTINUATI 

Da  Pompilio  Pozzetti 

Segretario  della  medesima 

Consegnati  il  dì  la  Settembre  1804. 

63.  Spi,a.o  co.  dicia„„„vas:.o  gtorno  di  ,„.,io  „,„=  0..0- 
cento  tre  il  termine  prescritto  al  concorso  pubblico  degli 
Ingegni  italiani  circa  i  due  problemi  di  Matematica  e  di  Fi- 
sica espressi  al  numero  38  di  questi  Annali ,  si  riguardò  in- 
ammissibile d'indi  in  poi  qualunque  produzione  che  all'  og- 
getto medesimo  si  fosse  presentata  .  Al  quesito  di  Fisica 
mancarono  i  Concorrenti  .  AlT  opposto  ,  cinque  dissertazioni 
arrivaronmi  in  tempo  debito  sul  problema  di  Matematica  : 
esporre  il  metodo  più  breve ,  cioè  ,  men  faticoso  per  trovar  le 
radici  numeriche  di  un'  equazione  di  qualunque  grado  . 
Recava  la  prima  questa  divisa 

Praemia  magna  quidem  ,  sed  non  indebita  posco  . 
La  seconda  ,  le  parole  :  non  sublimità  d'  invenzioni ,    ma    ri- 
sparmio di  tempo  e  di  fasica  sono   il    mio    scopo ,  La  terza  j 
il  motto 

Vade  sed  incultus . 
La  quarta  ,  i  versi 

Né  che  poco  vi  dia  da  imputar  sono 

Se  quanto  posso  dar  tutto  vi  dono. 
La  quinta  ,  l'  epigrafe 

.   ...  Si  quid  novistì  rectiiis  istis 

Candidus  inperti  ,  sì  non,  his  utere  mecum  . 

Col- 


xvr  Annali 

Colle  necessarie  cautele  e  colle  tiorine  ingiuntemi  dal  Pre- 
side nostro  Antonio  Gagnoli  ,  tratte  accuratamente  dall'  ar- 
ticolo XXIV,  5  6,  de.'lo  Statuto,  cominciaronsi  nel  modo 
quivi  prescritto  ad  inviare  ai  Giudici  già  nominati  dai  Socj  , 
e  noti  soltanto  al  Presidente  ed  al  Segretario  ,  gli  opuscoli 
degli  Aspiranti  . 

64.  La  volontà  dei  Colleghi  intorno  gli  altri  problemi  sì 
di  Matematica  sì  di  Fìsica  da  esporsi  ad  un  nuovo  pubblico 
cimento  ,  messi  ,  coni'  è  detto  al  numero  62,  di  questi  Anna- 
li medesimi  ,  alla  scelta  loro ,  preferì  i  due  che  seguono. 


IN        MATEMATICA. 


Stahìlìre  i  fondamenti  e  la  vera  metafisica  del  calcola 
delle  probabilità  . 

IN    FISICA. 

Stabilire  sn  decisive  sperienze  una  maniera  pia  sicura  e 
rnen  fastidiosa  delle  usate  finora  onde  impedire  la  recidiva 
delle  febbri  periodiche  già  troncate  colla   Chinachina  . 

65.  Per  conseguenza  si  promulgò  dal  Segretario,  nel  di- 
ciotto agosto  susseguente,  il  correlativo  programma,  in  cui 
è  assegnato  il  premio  d'  una  medaglia  d'  oro  del  valore  di 
zecchini  sessanta  a  chi  risponda  meglio  e  pienamente  al  pri- 
mo quesito  ,  ed  altra  di  zecchini  novanta  a  chi  soddisfi  al 
secondo,  accordandosi  per  la  soluzione  d'entrambi  lo  spazio 
di  mesi  dodici  computabili  dalla  data  di  quel  Manifesto  ,  alle 
condizioni  stesse  del  precedente    concorso  . 

66.  Trasferiti  nell'  elenco  degli  Emeriti,  in  forza  dell' 
articolo  V  5  I  dello  Statuto  ,  sette  Socj  attuali  ,  fu  sollecito 
il  Preiidente  di  riempiere  intanto  quattro  di  tali  vacui  ,  man- 
tenendone altresì  equilibrato  il  numero  nell'  una  e  nell'  altra 
provincia,  di  Matematica,  cioè,  e  di   Fisica  .  Presentò  quindi 

col 


Della     Società*.  xvn 

col  mio  mezzo  ,  allo  squittinio  de'Socj  dodici  nomi  dì  Scienziati 
coiiuazionali  per  ciascheduna  delle  accennate  due  schiere  . 
La  maggiorità  de' sulfragj  predilesse  i  quattro  seguenti  Sog- 
getti ,  dell'  acquisto  de'  quali  avvisai  ,  con  mia  enciclica  de' 
sei  ottobre  decorso  ,  la  Compagnia  .  L'  abate  Gioachino  Pes- 
sutì  romano  ,  ed  il  P.  D.  Giuseppe  Piazzi  nativo  di  Ponte  ia 
Valtellina  per  la  classe  matematica  :  per  la  fìsica,  il  Dottor 
Michele  Araldi  modenese  ,  e  il  Dottor  Luigi  Brngnatelli  di 
Pavia  . 

67.  Affinchè  poi  restasse  ,  mercè  1'  ammissione  di  tre  al- 
tri Socj  attuali  ,  ccnipiuto  il  numero  legale  de'  quaianta 
Cooperatori  j  furono  nella  stessa  circolare  prodotti  ai  Colleghi 
alcuni  Individui  ;  tra  i  quali  la  pluralità  de'  voti  favorì  ,  nel- 
lo stuolo  de'  Matematici  ,  Giuseppe  Vetituroli  bolognese  ,  in 
quello  de' Fisici  ,  Floriano  Caldani  pur  bolognese,  e  Giuseppe 
Saverio  Poli  di  Molfetta.  Notificai  in  un  tempo  ai  Socj  l'oc- 
corsa elezione  de' sei  Giudici  (che  rimangon  sempre  segreti) 
per  amendue  i  prernj   or  or  divisati  . 

68.  Lugubri  per  la  nostra  Compagnia  riuscirono  i  giorni 
ventiquattro  agosto,  ventidue  settembre,  e  venti  ottobre;  ulii- 
mamente  passati  .  In  quello,  cessò  di  vivere  a  Milano  pfr 
malattia  nervosa  ,  nell'  età  sua  d'  anni  sessantotto  il  Socio 
emerito  Gregoiio  Fontana  nato  a  Villa  di  Nogarolo  presso 
Roveredo  .  Fornito  Egli  di  perspicace  ingegno  valevole  ad 
abbracciar  qualunque  facoltà,  sebben  f)sse  in  o£jni  maniera 
di  gravi  e  di  amene  dottrine  versatissimo  ,  intese  nondimeno 
alle  esatle  principalmente  ,  e  dopo  av  r!e  insegnate  in  vari 
Colleoj  dell'Ordine  delle  Scuole  Pie  cui  app-tr-nne,  profes- 
sò linigo  tempo  le  Matematif  he  sublimi  neli'  Univer-irà  di 
Pavia  ,  di  cui  fu  ancora  ,  pel  corso  d'  unni  molti  ,  biijliote- 
cano.  Diede  a  stampa  molte  Opere  letterarie  e  scientifiche», 
dalle  quali  iis<(ijse  giusta  rinoniari7a .  Ariiclii  di  ben  diiias- 
sette  Memor;e,  sparse  ne'  Volumi  1  ,  li  ,  li!  ,  Vili  ,  IX  ,  la 
Società  . 

Correndo  il  predetto  vìgeslmo  secondo  giorno  di  se'lem- 
Toiho  XI,  '  e  bre  , 


XVIII  Annali 

tre  ,  la  morte  ci  tolse  a  Pisa  il  Socio  onorario  monsign.  An- 
gelo Fabbroni  di  Marradi  (ov'era  nato  il  sette  febbrajo  del 
mille  settecento  trentadue  )  Priore  della  conventuale  de'  Ca- 
valieri di  S.  Stefano  in  quella  Città  ,  e  Provveditore  dell' 
Università  .  Le  sue  vite  latine  dei  Dotti  italiani  che  fioriro- 
no ne'  secoli  decimosettimo  e  decimottavo  ,  quelle  ,  pur  lati- 
ne 5  dì  ttiolti  Principi  Medicei  ,  la  storia  ,  nella  stessa  lin- 
gua ,  del  Pisano  Liceo  j  parecchi  elogi  in  toscana  favella  di 
Signori  e  d'Uomini  celebri  d'Italia,  la  cooperazion  laboriosa 
al  Giornale  de'  Letterati ,  intrapreso  l'anno  mille  settecento 
settantuno  a  Pisa,  e  continuato  lino  a  cento  e  due  volumi; 
gli  procacciano  una  distinta  sede  fra  gli  Scrittori  piìi  inde- 
fessi e  più  benemeriti  dell'  italica  letteratura  .  Compose  per 
questa  Società  cinque  elogi  inseriti  ne'  tomi  li  ^  lllj  IV, 
Vili  ,  IX  della   medesima  . 

Neil'  enunciato  ventesimo  giorno  di  ottobre  morì  a  Bo- 
logna il  Socio  attuale  Alberto  Furtis  .  di  cui  si  avrà  nel  to- 
nio  vegnente  l'  eldgio  . 

6g.  Non  sono  mancati  in  questo  torno  ancora  al  nostro 
stabilimento  gli  omaggi  dei  colti  Stranieri  desiderosi  di  co- 
noscerne la  struttura,  le  leggi,  ed  i  progressi,  e  di  rinnova- 
re ,  o  di  strigner  seco  utile  alleanza  .  Lo  attestano  le  due 
lettere;  scritta  T  una  in  Pietroburgo  al  Segretario  della  no- 
stra Società  dal  Cav.  Nicola  Fnss  Consigliere  di  Stato  e  Se- 
gretario perpetuo  di  quella  Accademia  delle  Scienze  ;  diretta 
r  altra  in  data  di  Wilna  ai  nostri  Soc]  da  Monsig.  Girolamo 
Stroynowshi  Vescovo  Coadjutore  di  Luck  e  Rettore  della 
rifiorente  Università  di  Wilna  stessa  .  Le  riporto  qui  con- 
giuntamente, sebben  ricevute  in  epoche  diverse.  Lettera  del 
Cav.  Fuss 


A  Mori- 


DELLA     Società*.  xix 

A    Monsieiir  Pompilio  Pozzetti  Secretaire  de  la  Soclété    Ita- 
Henne  des  Scieacet  à^  Bibliothecaìre  public  à  Blodéne. 


3Ionsieur . 


J  a 


ai  recali  la  Lettre;  qne  Voiis  rriavez  faìt  Vhonneiir  de 
m'éaire  en  date  dii  i  Juillet  passe  pour  m  aiinoncer  la  piibli- 
cation  prochaine  da  Tome  dixième  des  Memorie  della  Società 
Italiana  delle  Scienze  ,  et  pour  me  demander  à  quelle  per- 
sonne  en  Italie  Vous  pourriez  adresser  l'exemplaiie  que  vo- 
tre  illustre  Società  destine  à  V  Académie  Imperiale  des  Scien' 
tes  . 

fé  m'empresse  ,  Blonsìeur  ,  de  votis  répondre  sans  atteu' 
dre  la  fin  de  nos  vacances  et  la  rentrée  des  séances  académi- 
ques  ,  pour  vous  prier  d'  adresser  tout  ce  que  vous  voudrez 
bitn  me  fuire  parvenìr  pour  l'Académie,  à  la  Legation  Russe 
à  Home ,  e'  est-à-dire  ,  pour  le  présent  au  CJiargé  d'  ajfaires  , 
3Jr.  le  Conseiller  de  Collège  et  Chevalier  de  S.  Uladiinir , 
Comte  de  Cassini,  ou  en  cas  d'absence  de  celui-ci,  à  Monsitur 
r  Jssesseur  André  Pini  ,  Secrétaire  de  Légatlon  .  Dans  la  sui- 
t'f  S.  E.  Mr.  le  Chambellan  Comfe  de  Butturlin  ,  nommé  Mi- 
nistre de  S.  M.  I.  auprés  du  saint  Siége ,  et  se  préparant  d/y'à 
pour  son  départ,  recevra  avec  plaisir  et  nous  expedie-a  les  en- 
vois  que  vous  lui  ferez  pour  notre  Académie  . 

Quant  à  moi ,  Monsieur ,  authorisé  à  observer  la  réci- 
procité  vis- à  vis  de  tnutes  les  Instiiutions  savantes  qui  nous 
eitvoyei  t  leurs  Méinoires,  f  adresserai  à  ce  ménie  Seigneur  un 
exfmplaire  du  XIV  ì  olinne  de  Nova  Acta  qui  est  actuelle- 
Tìient  sous  presse  ,  de  mane  que  les  vohunes  suivans  à  me- 
sure  qu  lis  paroitront  .  à  moins  que  vous  najez  d'autre  voye 
à  notre  portée  à  rn  indiquer  , 

Du  vivant  de  feu  Mr.  le  Chevalier  Lorgna  il  y  avoìt 
plus  de  relation  entre  la  Società  Italienne  et  V  Académie  Im- 

c  a  pé- 


XX  Annali 

pénale  des  Sciences  :  la  mori  de  ce  Savant  les  a  faìt  ce'^ser  ; 
dans  la  suite  la  guerre.^  ù-  un  regne  rieri  moìns  gite  favoruble  à 
la  communi catìo a  des  lumìeres  et  à  V  échange  muttiel  des 
idées  sì  avantageux  aux  progrès  des  Sciences  ,  avoie:ht  en  cpifl- 
qtie  fagon  isole  V Acadétnie  ;  et  qnoique  depiiis  elle  ait  eu  le 
honheiir  de  renouer  la  plupart  de  ses  anciennes  liaìsons  ,  ce/- 
les  ave-C  l  Italie  riont  pas  été  du  nomhre  .  Elle  sera  donc 
charmée  d'apprendre  que  les  rélations  avec  la  Sedete  Italien- 
ne  vont  se  renouer  par  vos  bons  offices  ;  et  je  siiìs  sur  de  lui 
rendre  un  service  très-agréable  ,  en  vous  prinnt  ,  Monsieur , 
de  nous  continuer  vos  interéssantes  Communications  ,  sans  tou- 
te  fois  vous  génerdans  le  chuix  de  fidiome.  J'aime  votre  bel- 
le langue ,  je  la  parie  ,  je  l'écris  méme  ^  mais  pas  a-sez  corre- 
ctement  ,  ni  avec  assez  de  facilité  pour  oser  vous  promettre 
de  répondre  en  Itulien  . 

Nous  serons  charmés ,  Monsieur,  de  connottre  la  nouvelle 
organisation  d^  une  Società  qui ,  depuis  sa  fondation  ,  a  tant 
faìt  pour  les  Sciences;  de  méme  que  les  noms  des  Savans  il- 
lustres  qui  la  composent  et  parmi  lesquels  vous  tenez  une  pla- 
ce si  distinguée  . 

Agréez ^  Monsieur^  l'assurance  des  sentimens  réspectueux 
et  du  parfait  dévouement ,  avec  les  quels  je  me  fais  gioire 
d'  étre  . 

Monsieur . 

S.'  Petersbourg  ce  7  Joitt  180 3. 

Lettera  di  Monsig.  Stroynowshi  ai  Membri  della  Società  Ita- 
liana delle  Scienze  . 


Messieurs  . 


n: 


envisagennt  dans  les  progrès  et  l'ertennon  des  Sciences 
murales  et  physiques  que  le  bonheur  des  hotnm'^s ,  on  ne  peut 
douter-i  que  les  savans  et  les  gens  de  lettres  de  toutes  les  na- 

tions 


«ELLA     Società'.  xxi 

tìons  ne  formp.nt  enir  eiix  qu  une  seitle  et  méme  assocìatìon  , 
dont  le  lieri   naturel   semble  se  resserrer   de  plus  eii  plus   par 

V  intérét  conimun  ,  qui  Ics  porte  constamment  à  hàtcr  les 
succés  de  leurs  éjforts  ^  et  à  partager  leurs  travaux  avec  toiis 
ceux,  qui  concourent  à  un  bùt  aussi  noble  et  aussi  di^ne  des 
caìculs  et.  des  éluus  réunìs  de  t esprit  humain  . 

j4vec  quelle  satìsfactìon  ,  Messieurs  ,  des  kommes  anlmés 
de  pareils  sentifnens  uè  doiceiit  ils  pas  conteiupl  r  ,  et  cher- 
cher  à  étendre  du  feu  de  letir  genìe  V  aurore  d'un  siede  noii- 
veait  ,  qui  Alexandrel  vieni  de  jaìre  brilier  pour  ses  peuplcs  . 
Ce  Monarque  éclairé  a  senti  que  V  expansion  generale  des  hi' 
mieres  ,  fr-uit  de  f  Instructiun  particuliere  de  chaque  indivi-: 
du  i  était  le  seul  moyen  de  donner  à  ses  peuples  une  nouvel- 
le  existence  . 

Pénel-ré  de  cette  verità ,  e  est  en  ordonna'tt ,  qu'  il  y  aìt 
un    mode    J'  enseignement    raisonné    et    uniforme    dans    tonte 

V  étendue  de  son  vaste  Empire ,  e  est  en  confiant  V  Instru-  , 
ction  de  la  jeunesse  aux  soins  et  à  Vemulatìon  de  phisieurs 
universités  nouvellement  établies  ou  reorganisres  ^  et  dont  cha- 
ch'ine  doit  diriger  V  enseigneinent  dans  l  étendue  de  son  res' 
sort  ;  e  est  en  l' s  prcnant  snus  la  Frotect'on  immediate  ,  en 
établissant  un  Directmre  general  des  Ecoles  ,  et  un  Ministre 
de  V  Instruction  Publique  pour  survriller ,  et  diriger  cctte 
parti  e  interessante  de  V  Economie-Potitique  ;  e  est  en  choisis- 
sani  ,  en'outre  ,  parmi  les  Membres  du  dit  Directoire  des 
Ecol's ,  un  Curateur  particulier  pour  chaque  Université  ;  e' est 
par  le  choix  heureux  de  pcrsonnes  dignes  d'occuper  des  pia- 
ces  si  irnportantes  ,    et    par    V  ensemble    des  moyens  l  s    plus' 

faits  pour  condwre  au  méme  bùt  ,  celni  du  p  'rfectionnement 
de  V  esprit  public ,  que  Sa  Majesté  l'  Einpereur  Alexandrel 
devient  en  éffét  le  créateur  d'  une  nouvelle  epoque  pour  une 
grande  partie  du  globe  ,  et  réalise  V  objet  essentiel  des  vastes 
couceptinns  de  Pierre  le  Grande  . 

L' Université  Imperiale  de    IVilaa  comprise  dans  ces  blen- 
faìsantes    dtspoìitions ,    se  faìt    un    dtvoir  i   et  un  plaìsir   dt 

vous 


xxir  Annali 

voits  en  falre  pari  ,  BTessìeurs  ,  et  de  vous  communìqiier  le 
Dìplóme  ,  par  le  quel  Sa  Majesté  V  Empereur  de  toutes  les 
Russies  vient  de  la  régénérer  .  Persuadée  que  vous  les  lirez 
avec  ìntérét ,  elle  y  joint  un  extraìt  des  ses  reglemens  gene- 
raux  déjà  approuvés  par  Sa  Majesté  imperiale ^  Vuus  y  trou- 
verez  la  distrìhatìon  des  parties  de  V  enseignement  ,  l'enume- 
ra^tion  des  cJiaires  principale ,  et  le  mode  de  V  election  des 
Professeurs  .  Elle  y  joint  aussi  la  Lste  des  chaìres  attuelle~ 
vieni  vacante! , 

Savans  et  Gens  de  Letfres  de  tous  les  pays  ,  sans-douts 
vous  ne  verrez  pas  avec  indirei  enee  la  perspe'tÌDe  du  honheur  , 
qu'  Alexandre  prepare  au  Nord,  surtout  lor^iqu  il  depead  de 
vous  d'y  cooperar  par  vos  lamieres  •  Venìllez  donc  porter  votre 
attention  particuLere  sur  la  nouvelle  éxìstence  de  l'  Univer- 
si té  de  Wilna  ;  veuillez  encourager  son  zéle  ,  ses  éfforts,  l' ai- 
der  à  remplir  l'objct  important  de  sa  regeneration  ,,  en  la  regar- 
dant  déjà  comme  votre  associée  naturelle  ;  enjìn ,  lui  falre 
part  de  vos  travaux^  de  vous  decouvertes  et  de  vos  succès .  Et 
permettez  ha  en  echange  de  vous  rendre  compie  de  ses  occu- 
jiatlons  et  de  ses  progrcs  . 

Organe  de  la  méme  Universitè,  il  m'est  doux ,  Messicurs , 
d'  étre  chargé  de  vous  offrir ,  aiL  noni  rie  tous  ses  Membres  , 
les  sentimens  de  confiance  ,  et  de  consideratioi  ,  que  Nous 
Vous  dtvons  comme  à  nos  guldes ,  et  à  nos  Modeles  . 

/'  ai  V  honneur  d'étre  etc. 

TVilna  ,  ce  aS.  Ottobre  i8c3. 

70.  Mmdò  il  Spp'etario  Pozzetti  nel  di  due  ottobre  ad 
esecuzione  quanto  gli  fu  ordinato  uell'  ultima  parte  del  p.ira- 
g!>fo  secondo  della  Lettera  ministeriale  riferita  al  numero  5^ 
dei  presenti  Annali  . 

71.  Indi  a  giorni  ventotto.  Egli  arlemp'è  sitnil mente  l'ar- 
ticolo XXllI  dello  Statuto,  mettendo    nell'urna  della    sorte  ^ 

col- 


DELLA     Società'.  xxiir 

colle  usate  formalilà  ,  al  cospetto  del  Presidente  e  del  Vice- 
segretario amministratore,  i  nomi  dei  sette  Colleohi  riscon- 
tjati  diligenti  nelT  accademico  anniial  carteggio  col  Preside 
stes'ào  e  col  Segretario  .  Li  sorte  fraudò  uno  della  statutaria 
compensazione,  ed  impartilla  ai  Sucj ,  Carlo  Lodovico  Moroz- 
zo  ,  Vincenzo  Malacarne ,  Giuseppe  Maria  Giovene  ,  Paolo 
Delanges  ,  Gianfrancesco  Malfatti  ,  Sebastiano  Canterzani . 

l'i.  In  tal  congiuntura  ,  il  Presidente  volendo  allargar  la 
disposizione  del  citato  articolo  XXIIl,  e  liberailo  dalle  in- 
giurie della  fortuna  ,  progettò  di  cambiarlo  ,  mediante  mio 
foglio  circolare  ai  Quaranta ,  nella  maniera  ,  onde  in  vigor 
dell'  assoluta  loro  sanzione  ,  leggesi  qui  impresso  al  numero 
allegato  . 

73.  Passaron  frattanto  sotto  1'  esame  dei  Giudici  eletti 
dalla  Gimpaguìa  le  cinque  dissertaaioni  analitiche  venute  a 
concorso,  delle  quali  sopra  è  detto,  e  risultò ,  che  il  primo  di 
essi  aveva  a  tutte  negato  il  premio  ,  che  il  secondo  concede- 
valo  ad  una  ,  che  il  teizo  il  volea  spartito  fra  questa  ed  al- 
tra .  Non  provvi-deva  a  siffatto  caso  il  §  6  dell'articolo  XXtV 
del  nostro  Ptegolamento  .  Ptisoluto  ognora  il  Presidente  di  ri- 
metter qualunque  decisione  al  libero  volere  dei  Soci  ,  mi 
suggerì  domandar  loro,  come  feci  per  mia  enciclica  de' sette 
dicembre  ,  se  fosstr  d'  avviso  che  il  premio  dovesse  tutto 
conferirsi  alla  produzione  coronata  appieno  dal  secondo  Giu- 
dice ,  e  per  metà  dal  terzo  ,  oppur  se  era  da  riserbarsene 
una  quarta  parte  a  chi  avea  propizia  l'altra  porzion  del  voto 
de!  terzo  Giudice  .  Scorsi  quaranta  giorni  ,  si  vide  che  i  p  ù 
de'  Socj  stimavano  competer  I'  intero  premio  a  quello  scritto, 
in  vantaggio  di  cui  militavano  I' approvazion  totale  del  secon- 
do  Giulice  ,  e   per  una   metà  quella  del   terzo. 

74-  Rjunaronsi  adunque  ben  tosto  rn-l  diciottesimo  gior- 
no dell'  anno  mille  ottocento  quattro  nella  Biblioteca  muni- 
cipale di  Modena  ,  il  Presidente  della  Società  Italiana  delle 
Scienze,  il  Segretario,  il  Vicesegretario,  i  Soe.j  allora  dimo- 
ranti ia  Modena  ,  non  che  gli  Lidividai  co^upouenti    la  Coiu- 

n\is- 


xxir  Annali 

missione  sopra  queste  Scuole  dipartimentali ,  invitati  affin  di 
rendere  la  lunzioii  più  sultane  ,  e  alia  presenza  di  tutti  loro 
luamfestossi  dal  Presidente  e  da  me  ,  che  tia  le  cinque  dis- 
sertazioni comparse,  nell"  aringo  ,  quella  cui  il  decreto  de'  So- 
cj  porgeva  r  intera  palma  j  era  la  contrassegnata  dai  mollo 
daziano 

.   ...  Si  quid  novistì  rectiiis  ìstìs 
Candida s  ìmperti  ,  si  non,  his  utere  mecum  • 
Schiuso   il   biglietto  suggellato,  avente   l'identica   epigrafe,  Vi 
si  trovò  ii  nome  dei  nostro  S'ic^o  attuale  PAOLO  RUFFINI. 
Si   rivolse  poi  l'  attenzione  ai  ragguardevoi  numero  dei  Sk  j  per 
cui  dicdesi  pure  un  valore  alla  sentenza  di  quel  terzo  Giudice, 
che  mezza  dispensò  la  corona  ad   uni   delle   Memorie    coni  ne- 
inorate  ,  e  ponderaronsi  inoltre  le  correlative  parole  del  §  6  , 
articolo  XXIV   dello  Statuto  .   Dopo  di  che,  gli  astanti   Socj  , 
richiestine    dal    Presidente  ,    opinarono  che   ad    essa  Memoria 
legittimamente  spettasse  l'onor  della  stampa    col    nome    dell' 
Autore  ,  e  col  titolo  di  Accessit  .    Si    liconobbe  pertanto  che 
dessa  era  quella   marcata  co'  versi  Ariostei  : 

iVè  che  poco  vi  dia  da  imputar  sona 
Se  quanto  posso  dar  tutto  vi  dono  . 
Fu  aperta  la  sclieda  così  iscritta  ,  e  si  discoperse  autore 
drlla  Memoria  in  tal  modo  contraddistinta,  PIETRO  AB- 
BATI modenese.  E  di  liberossi  S^ì  por  mano  incontanente  all' 
edizion  di  ambedue  .  I  viglietti  corrispondenti  alle  tre  altre 
dissertazioni  qui  specificate  al  numero  63,  furon  subito  ri- 
dotti  in  cenere  a   vista  degli  Inteivenutì  . 

7.5.  Finivano  pure  ,  nel  di  or  mentovato  ,  i  sei  mesi  dai 
Quaranta  novellamente  prr-fis^i  al  giudizio  sulle  due  Memorie 
di  Matematica  e  di  Fisica  più  utili  e  più  mf^iilevoli  del  gui- 
derdone ,  esistenti  nel  X  tomo  .  Lessi  perciò  alla  presenza  di 
tutti  (  mostrandole  nondimeno  al  solo  Presidente  )  le  mere 
frasi  ,  colle  quali  i  So'j  nelle  loro  Lettere  a  me  indirizzate, 
distribuivano  i  piemj  suddetti  .  La  pluralità  de'  voti  aggiudi- 
cò i'  alloro  matematico  al  Catalogo  di  Stelle  boreali  del  Pre- 
si- 


DELLA     Società'.  xxv 

sìclcnte  ANTONIO  GAGNOLI  ,  e  la  parità  de'  medesimi  divi- 
se quello  di  Fisica  tra  i  Socj  attuali,  GIOVANNI  FABBRO- 
NI  per  le  sue  Ricerche  sulla  Quina  e  GIANVERARDO  ZE- 
VIANI  per  la  sua  Memoria  sopra  ì  Vermi  pestilenziali  de' 
Buoi . 

76.  Poiché  dal  superior  numero  de'  Colleglli  a  tal  uopo 
interrogati  si  credette  inopportuna  la  ripromulgazion  del  pro- 
blema risguardante  i  princìpi  componenti  V  aria  atmosferica 
da  dimostrarsi  con  dirette  sperienze  analitiche  e  sintetiche  ; 
perciò  ,  giusta  la  mente  del  Preside  ,  gli  eccitai  mediante 
mia  enciclica  destre  marzo  prossimo  passato  a  somministrare , 
entro  il  solito  intervallo  di  giorni  quaranta  ,  pel  nuovo  con- 
corso pubblico  alcun  tema  j  di  cui  le  Scienze  coltivate  e  pro- 
mosse dalla  nostra  Società  particolarmente  si  giovassero  . 

77.  Sepper  Eglino  ad  un  tempo  che  la  preponderanza 
de'snffragj  sociali  avea  colle  usitate  regole  sostituito  nel  ruo- 
lo nostro^ de' Fisici  al  defunto  ALBERTO  FORTIS  il  Dottor 
OTTAVIANO  TARGIONI-TOZZETTI  fiorentino. 

78.  L'  articolo  V  dello  Statuto  ha  pur  restituito  adesso 
nel  catalogo  degli  attuali  il  Socio  emerito  GIROLAMO  SA- 
LADINl,  in  sequela  d'aver  Lui  effettuato  quanto  ivi  col  5  3 
ei  esige  per  simile  ritorno  . 

79.  Escirono  a  luce,  nell'aprile  sussecutivo,  la  Memoria 
premiata  di  Paolo  Ruffini ,  e  quella  di  Pietro  Abbati  distinta 
coW  accessit .  Inviai  un  esemplare  d'ambedue  anche  all'Isti- 
tuto Nazionale  Italiano  in  Bologna ,  accompagnandola  coll'ap- 
presso  mia  Lettera  . 

jil  Vice  -  Segretario  Giuseppe  Avanzini . 

J^regiatissimo    Vice-Segretario 

Ilo  V  onore  di  presentare  col  mezzo  vostro  ulV  Istituto 
l^azionule  ,  in  nome  delia  Sociftà  Italiana  delle  Scienze  ,  le 
due  Memorie  analitiche  da  Essa  p->canzi  coronate  .  Ascriverà 
questa  a  propria  gloria  e  fortuna  che  siffatto  pegno  di  stima 

d  inver- 


XXVI  Annali 

inverso  tale  raggi/ardevolissimo  Stabilimento  ,  le  sia  preludio 
di  letteraria  corrispondenza  col  medesimo,  atta  a  nutrire  in  lei 
la  bella  speranza  di  partecipar  quindi  ai  lumi  ed  alla  rino" 
manza  dì  quello  . 

Nel  mio  particolare ,  colgo  di  buon  grado  V  opportunità 
dì  ripetervi  ,  degnissimo  Vicesegretario  ,  que'  giusti  sentimenti 
d*  ossequio  che  godei  già  tempo  significarvi  personalmente  in 
questa  Biblioteca,  e  che  nelV  attuai  contraccambio  dì  acca- 
demici uffizj  mi  rende  più  dolce  e  più  onorevole  il  confermar' 
mi  ec 

Modena  ,  26  aprile  1804  • 

Ne  ottenni  dal  Segretario  dell'  Istituto  medesimo  ,  allora 
recentemente  eletto  ,  questa  cortesissima  risposta  . 

Bologna  18  Maggio  1804.  An.  3.° 

Al  Segretario  della  Società  Italiana  delle  Scienze . 

A  l  dono  pregevolissimo  delle  due  Memorie,  premiata  l'una, 
V  altra  distinta  colf  onor  della  stampa  dalla  vostra  illustre 
Società ,  e  da  voi  per  parte  7li  questa  trasmesse  all'  Instituto 
Nazionale,  è  stato  dai  Membri  intervenuti  aW Adunanza  ordi- 
naria pur  ora  tenutasi  ,  accolto  con  quel  gradimento  maggiore, 
che  ben  dovevasi,  e  all'  eccellenza  del  dono  stesso,  e  alla  no- 
biltà e  prestanza  del  Donatore .  Mi  hanno  Essi  imposto  di 
assìcurarvene  ,  e  di  ringrazìarvene  congiuntamente ,  e  di  pre- 
garvi pure  a  manifestare  questi  loro  sentimenti  all'  attital 
Presidente  degnissimo  di  un  Corpo  ,  del  quale  ninno  con  più 
zelo  e  più  felice  riuscìmento  provvede  al  decoro  scientìfico  dell' 
intera  nostra  Nazione  .  A  me  poi  ,  se  dopo  di  aver  parlato 
a  nome  dell'  Istituto  ,  m.i  è  lecito  dì  parlarvi  anche  in  mìo 
proprio  ,    ninna   cosa  poteva    giugnere  più  grata ,   quanto  di 

es- 


DELLA     Società'.  xxvii 

essere ,  fin  dalV  ingresso  nell'esercizio  de' miei  doveri ,  impiegato 
in  questi  ufficii  scambievoli  fra  due  Corpi,  ai  quali  ho  egual- 
mente V  onore  di  appartenere  ;  e  di  esserlo  in  un  incontro  , 
in  cui  trattasi  di  due  Soggetti  ,  ai  quali  mi  stringono  vinco- 
li di  antica  amizia  ,  e  di  due  produzioni  ,  nelle  quali  V  uno 
corrisponde  pienamente  all'  alto  concetto  ,  che  gli  ha  merita- 
to di  essere  posto  fra  i  Membri  dell'  Jnstituto  »  e  della  vostra 
Società  ;  V  altro  si  annunzia  e  mostra  degnissimo  di  esservi 
ascritto  . 

Gradite  le  assicurazioni  della  più  distìnta  mia  stima  e 
considerazione  . 

Michele  Jraldi  Segretario  dell'  Instituto  Nazionale  . 

80.  Fra  gli  otto  quesiti  di  Matematica  e  fra  altrettanti 
di  Fisica  forniti  dai  Socj  all'oggetto  dianzi  significato  ,  diede- 
ro Essi  la  preminenza  ai  due  seguenti  . 

IN    MATEMATICA. 

Esaminare  quanto  sieno  solidi  e  giusti  i  principi ,  ai  qua~ 
lì  appoggia  le  sue  nuove  teorie  idrauliche  V Autor  recente  dell' 
Opera  intitolata  Nouveaux  Principes  d'  Hydraulique  ,  par 
Bernard  1787,  e  congiuntamente  assoggettare  a  qualche  disa- 
mina le  critiche  ,  le  quali  in  detta  opera  s' incontrano  y  di  pa- 
recchi Autori  Italiani  . 

IN    FISICA. 

Stabilire  qual  parte  abbia  il  ferro  aVa  essenziale  costitu- 
zione del  sangue  ,  e  quale  influenza  sulla  costituzione  ed  in- 
dole dell'  animale  :  se  derivi  dall'  alimento  0  se  riconosca  al- 
tra origine  :  provare  qual  sìa  il  suo  stato  chimico  in  quel 
fluido  :  se  sia  .esso  la  cagione  assoluta  ed  unica  del  colore  ca- 
ratteristico ,    se   possa    esistervi  in  maggior   dose  ,  se  tal  dose 

d  a  in- 


xxviii  Annali 

influisca  sul  carattere  e  sulla  salute  umana  ,  e  finalmente 
qual  sìa  il  modo  di  agire  di  tal  metallo  usato  come  rimedio? 
8l.  Laonde  il  Segretario  divolgonne  ,  adi  tre  giugto  dell' 
anno  corrente  mille  ottocento  quattro  ,  il  correlativo  program- 
ma che  offre  il  premio  d'  una  medaglia  d'  oro  del  valore  di 
zecchini  sessanta  a  chi  ,  nel  termine  d'  un  anno  dalla  data 
anzidetta  ,  abbia  meglio  discusso  ed  esaurito  il  primo  argo- 
mento ;  ed  una  medaglia  d'oro  del  valore  di  zecchini  novan- 
. ta  a  chi  j  entro  il  periodo  stesso,  abbia  meglio  ed  appieno 
trattato  il  secondo  . 

82.  Persuaso  a  ragione  lo  zelantissimo  Presidente  che 
tutto  ciò  per  cui  veno-a  ad  accrescersi  dignità  agli  Atti  nostri 
ed  onore  ai  Membri ,  debba  tornare  ad  essi  gradevole,  ha  sta- 
bilito che  sia  apposta  ai  futuri  elogi  degli  estinti  Socj  V  eifi- 
gie,  per  via  d'  incisione,  del  loro  Protagonista,  conlorme  scor- 
sesi immantinente  praticato  in  quest'  undecimo  volume  . 

83.  Nel  dodicesimo  giorno  del  corrente  mese  di  luglio  , 
un  fiero  colpo  di  apoplessia  rapì  in  Torino  la  vita  al  Socio  at- 
tuale Carlo  Lodovico  Morozzo  ,  cui  dalla  Società  pagherassi  a 
tempo  debito  il  tributo  consueto  di  lode  . 

84.  Stando  poi  a  cuore  al  Presidente  il  perfetto  adempi- 
mento dell'  articolo  XXII  delle  nostre  Costituzioni  ,  quanto 
sia  pure  al  conio  d'una  medaglia  con  relative  iscrizioni  inser- 
viente ai  premj  da  attribuirsi  alle  due  Memorie  più  utili 
d'ogni  tomo;  aveami  commesso,  fm  dal  marzo  ultimo  scorso, 
di  pregar  ,  siccome  feci  ,  i  Quaranta  a  dinotarmi  gli  emblemi 
e  le  iscrizioni  che  a  tale  scopo  fosser  loro  caduti  nell'  ani- 
mo ^  e  di  aprir  tra  Essi  una  specie  di  concorso  in  questa  ma- 
teria ,  non  senza  la  promessa  di  convenevole  ricompensa  al 
progetto  che  rimanesse  prescelto  .  Maturati  i  tre  mesi  ,  oltre 
i  quali  non  era  lecito  più  accettarne  veruno  ,  tra  gli  undici 
di  essi,  giunti  al  Segretario;,  e  spediti  ,  il  dì  quattro  giugno, 
anonimi  ,  alla  definizione  de'  Socj  ,  la  maggior  quantità  rela- 
tiva   dei  loro  voti    si  è  diihiarata  per  quello  coti  concepito  . 

In 


DELLA     Società''.  xx  x 

In  una  facciala  della  medaglia  alcuni  liJJii  con  fuori:  Mem. 
della  S.  I.  delle  Scienze:  all'intorno:  Societas  .  Italoruni  . 
XL.  Blathesi .  Physicae  .  Promcvendis  .  Appiedi,  il  compas- 
so, la  leva  ,  ed  il  piliere  di  Volta  .  Neil'  altra  facciata  ,  Mi- 
nerva sedente,  coli' ali  al  capo,  tenendo  in  mano  la  palma, 
e  coli' altra  scrivendo  sur  un  tavolino,  ove  stiano  le  bilance  , 
rd  un  volume  della  Società  stessa,  le  pnrole  Oraziane:  Qiiae- 
sitam  meritìs  .  .  .  .cinge  coniam.  L'Autore,  finallora  occul- 
to, della  proposizione  adottata  è  il  Socio  Segretario  Pompilio 
Pozzetti  .  Il  conio  della  suddetta  medaglia  si  eseguisce  ora 
da   valoroso  e  diligente  Artefice  in  Milano  . 

85.  Nello  stesso  giorno  quindici  luglio  mille  ottocento 
quatti'o  ,  restò  ,  colle  circospezioni  e  colle  discipline  soli- 
te ,  determinata  la  scelta  futa  da'  Socj  di  sei  tra  medesimi 
a  giudicar  le  dissertazioni  che  saran  per  ottare  ai  due  premi 
testé  indicati  . 

86.  Il  Presidente  mi  lia  comunicato  le  segbienti  Lettere 
di  due  Colleglli  ,  perchè  a  risalto  dell'  equiLà  e  della  mode- 
razion  loro  ,  come  eziandio  dell'  inalterabil  concordia  die  re- 
gna in  questo  Corpo  scientifico,  sieno  qui  messe  in  pubblico. 

Onoratissimo  Presidente  della  Società  Ital.  delle  Scienze . 

Ferrara  ag  Marzo   180^. 


Mi 


i  ha  fatto  molto  caso  la  notìzia^  che  mi  avete  comuni- 
cata ,  essersi  ritrovato  nelle  mie  Brevi  Riflessioni  stampate 
nel  Tomo  X  della  Società  alcune  espressioni  riputate  ojfensì' 
ve  contro  il  nostro  So'^io  Sig.  Paoli ,  ed  esserne  stata  a  code 
sta  vostra  Presidenza  fatta  querela.  Si  aggira  questa  nel  la- 
mento ,  che  ivi  fo  dell'  avere  il  Sig.  Paoli  attaccato  la  mia 
Memoria  sulle  pressioni  ,  come  se  io  V  avessi  presentata  come 
tesi  ,  e  non  come  ipotesi  ;  suìV  aver  detto  ,  che  la  annunzia 
sopprimendone  il  titolo  \  e  siti  mio  chiedergli  di  essere  un  più 

giù- 


XXX  Annali 

giusto  e  più  discreto  Giudice  delle  Opere  altrui.  Quanto  al 
vocabolo  sopprimere  ,  non  avendovi  aggiunto,  né  studiatamen- 
te ,  né  maliziosamente ,  né  altro  avverbio  consimile ,  ben  si 
vede ,  che  io  non  ho  inteso  altro  ,  che  egli  ha  tralasciato  di 
render  noto  al  suo  Lettore  il  titolo  di  Tentativo  ,  che  ha  in 
fronte  il  mio  opuscolo  ,  il  quale  unito  alle  altre  mie  modeste 
espressioni  proemiali ,  gli  mette  indosso  la  divisa  di  timida 
ipotesi ,  e  non  la  fa  comparire  in  abito  di  tesi  ,  sotto  il  qua- 
le considerandola  il  Sìg.  Paoli  la  impugna  ,  a  tale  equivoco 
indotto  forse  dal  tuono  franco  ed  affermativo  ,  che  nel  corso 
dell'  operetta  uso  più  fiate  per  amore  di  brevità  ,  e  per  evita- 
re il  tedio  di  parlar  sempre  col  timore  di  non  colpire  nel  ve- 
ro .  Mi  consola  su  tal  proposito  il  riflettere  ,  che  né  Voi  ,  né 
il  Socio  Segretario  Pozzetti  avete  dato  un  significato  diverso 
dal  mio  a  quelV  ìnfelire  vocabolo  sopprimere  da  me  adopera- 
to ,  perchè  non,  V  avreste  mai  Iwiciato  correre  nella  stampa  • 
Assicurate  dunque  qualunque  persona  fosse  mestieri ,  non  aver 
mai  io  a,vuta  intenzione  con  quel  verbo  dì  accusare  di  mali- 
zia ,  e  di  voglia  di  detrazione  letteraria  il  Sig.  Pa-^li  ,  cono- 
sciuto da  tutti  incapace  di  passioni  basse  ,  e  non  degne  della 
sua  celebrità  ,  e  del  suo  Nome  . 

Rispetto  poi  air  altro  rapo  di  querela  intentata  contro 
di  me  per  l'accusa  data  al  Sig.  Paoli  di  ingiustizia,  e  di  in- 
discrezione nel  giudicare  le  opere  altrui  ,  ben  si  vede  ,  che  io 
non  aveva  in  vista  altro  ,  che  il  giudizio  dato  alla  mia  3Te- 
moria  ,  e  che  tanto  è  lontano,  che  io  avessi  intenzione  di  ge- 
neralizzare la  mia  proposizione,  che  nel  primo  paragrafo  del- 
la sfessa  Blemoria  si  può  vedere  quanta  stima,  e  quanto  con- 
to io  faccia  del  giudizio  da  lui  pronunziato  contro  una  pre- 
tesa soluzione  dello  stesso  problema .  Cotale  ingiustizia  e  in- 
discrezione ,  di  cui  mi  sono  doluto  ,  è  per  me  un  ingiustizia 
ed  indiscrezione  di  fatto,  e  non  di  massìjna  e  di  cuore.  Essa 
non  può  aver  aimto  origine  che  dall'  immaginarsi  il  mio  opu- 
scolo vestito  con  un  abito  ,  che  poteva  meritare  i  suoi  rim' 
jjroveri  ,  quando  effettivamente  se  ne  era  allacciato  un  altro, 

die 


DELLA     Società'.  xxkì 

che  aveva  diritto  alla  sua  indulgenza  e  alla  sua  discrezione  . 
Infatti   non  è  cosa    nuova ,    trattandosi    d"   indagini   fisiche  , 
per   ispiegare   qualche  effetto  d'  incognita   causa  il  ricorrere  a 
qualche  ipotesi  congrua  ,  in  mancanza  di  dimostrate   e    certe 
teorìe  .    Il    gran  Galileo  pel  moto  de'  gravi  cadenti   cominciò 
coli'  ipotesi  delle  velocità  proporzionali  ai  tempi  ,    e    V   espe- 
rienza la  confermò .  Le  ellissi   Kepleriane  non  furono  dapprin- 
cipio che  un  ipotesi ,  le  osservazioni  la  fortìficat^no ,  e  diven- 
ne una  teoria   certa  tra  le  mani  ,    e    in    virtù    delle    profonde 
meditazioni  del  grande  Inglese  .    Sul  magnetismo  ,    suW    elet- 
tricità ,    ed  altri  fenomeni  fisici  si  sono  immaginate  altre  ipo- 
tesi ;  ed  io  pure  ne  ho  avventurata  una  sul  quesito  meccanico 
delle  pressioni,  studiandomi  di  determinare  un  effetto  incogni- 
to colla  combinazione  ipotetica,  e  a  parer  mio,  non  inconcrrua 
di  funzioni    de'  princ'pj  noti  ;  e  quantunque  essa  sia  dedotta 
dal  principio  pili  debole  ,    che    abbiano   le   Scienze   matemati- 
che ,  che  è  quello  di  una   non   strettissima   analogia ,    siccome 
ha  essa  avuta  la  sorte  di  essere  forse  con  eccesso  commendata 
da   tre    luminari    della    nostra    Società  ,  i  quali  non  t  hanno 
mai  considerata  come  una  tesi  ,    così  a   dir  vero    m'  è    rincre- 
sciuto ,    che  il  Signor  Pardi  formasse  di  essa  un  giudizio    così 
severo  .  Io  ho  dunque  scritto  quelle  rìfies^sioni    certamente  con 
un  pò  di  dispiacere  ,  ma  però  senza  astio  ,  e  senza  fiele  con- 
tro una  Persona  che  ho  sempre  giudicata  degna,  non  che  del- 
la mia  ,  della  stima  universale  di  tutti   i  Conoscitori  del  me~ 
rito  .  Siccome  a   foi  è  noto  ,  il  mio  carattere   ben   lontano  da 
una  certa  asprezza,  che  possa  riuscire  incomoda  a  chicchessìa , 
così  desidero  ,    che  se  mai  alcuno    avesse    tratto    argomento  di 
pensare  diversamente  da  quella  mia  lamentazione  ,  mi  faccia- 
te il  piacere  di  disingannarlo  ,  e  di  protestargli  che  ,  e  per  la 
morale  ,  e  per  la  dottrina  nutro  nelV  animo  un   altissima  sti- 
ma per  il  Sig.  Paoli  ,  e  per  tutti  quelli  ,   che  gli  somigliano  , 
fra  i  quali   in  prima  fila  da  gran  tempo  ripongo    Voi,    stima- 
tissimo Presidente ,  alla  cui  amicizia  infanto  col  più  vivo  sen- 
timento del  cuore  mi  raccomando  ,  nelf  atto  che  mi  dico 

P.  S. 


XXXir  A    N    K    A    L    I 

P.  S.  Non  piacendo  né  a  Voi,  ne  a  me  che  sì  renda- 
no nei  Tomi  della  Società  ,  eterne  le  contese  letterarie  tra  i 
Socj  ,  io  vi  prometto  ,  che  qualunque  cosa  possa  nuovamente 
pubblicare  il  Sig.  Paoli  sulla  nostra  controversia  ,  io  non  ri- 
peterò niente  ,  e  rimetterò  la  decisione  di  essa  al  giudizio  dei 
Matematici  imparz^iali  . 

Vostro  Jjfezìonatìssimo  Jmìco 
Q.  F.  Malfatti  . 

Pregiatissimo  Presidente  della  Società  Italiana  delle  Scienze 

Pisa  0.3,  Giugno   1804. 

O  on  tutto  il  piacere   ho  sentito    annunziarmi   da    Voi  , 
ehe  il  Sig.  Malfatti  mosso  dalle  vostre  premure  e  più  ancora 
dalla   sua   naturale   gentilezza  ha   avuta  la  compiacenza    con 
una    ingenua   e  liberale    dichiarazione  di  togliere  di  mezzo    e 
disapprovare  quella  sinistra  interpretazione  ,  che  da  taluni  sì 
dava   ad  alcune   espressioni    da   lui    usate    verso   di   me    nelle 
Brevi    Riflessioni  pubblicate    nel    X    Volume    della    Società . 
Mentre  professo  a  Voi  tutta  la  riconoscenza ,  vi  prego  insieme 
di  porgere  i  miei  più   vivi  ringraziamenti    al    Sig.    Malfatti  . 
Mi    rincresce  solo  ,    die  mentre  Egli  mi  riconosce  incapace  di 
un    errore  di  cuore  ,    persista   però  ,    malgrado  le  mie    ragioni 
più  volte  espostevi ,  ad  attribuirmi  un  errore  di  mente .  Poiché 
questo  secondo  errore  sarebbe  così  grossolano  ,  che  sembra  non 
potesse  esser  disgiunto  dal  primo ,    e    se   il   Sig.    Malfatti   ne 
lo  separa  ,   potrebbe    cadere  nella  mente  di   qualche  maligno  , 
che  ciò  nascesse  non  dalla  verità^della  cosa  ,    ma  dalla  som- 
via  cortesia  di  lui  ,  o  dalle  vostre  insinuazioni  ,    e    dalle    Ipg- 
gi  della  nostra  Società  .  Non  posso  lasciar  sussistere  né  pure 
un  dubbio  leggiero  del  più  piccolo  neo  nella  mia  riputazione, 
e  quantunque    desiderassi    il    termine    di    questa    discussione , 

non 


DELLA     Società*.  xxxni 

non  so  adesso  rinunziare  ad  un  mezzo  efficacissimo  per  estinguere 
radicalmente  qualunque  dubbio  ,  ed  iricertezza ,  -qual  è  quello 
di  dimostrare ,  che  non  ho  mai  commesso  verso  il  Sig.  Mal- 
fatti alcun  errore  di  giudizio  ,  o  coni'  Egli  si  esprime ,  alcuna 
ingiustizia  ,  o  indiscrezione  di  fatto  .  Spero  che  Voi  proverete 
troppo  ragionevole  questo  mio  pensiero^ per  leggere  senza  rin- 
crescimento quelle  riflessioni,  che  andrò  brevemente  accennar!.- 
dovi . 

Primieramente  osservo  ,  che  la  parola  tentativo  posta  in 
fronte  alla  soluzione  di  un  problema  non  presenta  necessa- 
riamente V  idea  che  la  soluzione  sia  ipotetica  .  Può  usuisi 
questa  parola ,  anche  quando  si  propone  una  soluzione  rigo- 
rosa, 0  per  modestia ,  o  perchè  si  dubiti^  che  alcuno  dei  ra- 
ziocinj  occorsi  possa  mancar  di  forza  .  CJie  in  rjucst'  ultimo 
senso  avesse  il  Sig.  3Ialfatti  adoprato  il  vocabolo  tentativo  , 
mi  fu  'confermato  dalle  sue  espressioni  :  se  non  vado  ei- 
rato ne'  miei  laziocinj  ec. ,  né  potè  ritrarnd  da  que- 
sta opinione  ciò  che  aggiunse  relativamente  ai  naufragi  ma- 
tematici .  Sono  tre  ,  per  quanto  mi  è  noto  ,  i  naufragj 
occorsi  nel  problema  delle  pressioni  ,  e  questi  sofferti  da  due 
Geometri  Italiani  ,  e  dal  grande  Eidero  .  Di  essi  il  solo  Lor~ 
gna  presentò  una  ipotesi  ,  ma  gli  altri  due  crederono  di 
dare  una  soluzione  rigorosa  ,  ed  Eulero  appoggiò  la  sua  ad 
un  principio  ,  che  stimò  essere  esatto  ,  e  di  cui  intese  di  da- 
re la  dimostrazione  .  Questo  gran  Geometra  però  si  risentì  in 
tale  occasione  di  esser  uomo  ,  perchè  la  di  lui  dimostrazione 
è  affatto  paralogistica  .  Mancata  la  dimostrazione ,  il  prin- 
cipio diventò  una  ipotesi ,  e  questa  inammissibile ,  anche  co- 
me tale  per  altre  ragioni  .  Ma  Eulero  pensò  di  aver  dimo- 
strato il  suo  princìpno  ,  e  perciò  di  aver  data  una  soluzione 
esatta  del  jiroblema  .  Per  questi  riflessi  parve  a  me  ,  e  credo 
debba  parere  a  chiunque  altro  ,  che  il  titolo  ,  e  V  espre-^sioni 
usate  in  principio  dtd  Sig  Malfatti  lasciavano  per  lo  meno 
ambiguo  il  genere  di  soluzione  che  Egli  intendeva  di  dare , 
lo  ma  XI.  e  e  per 


XXXIV  Annali 

e  per  escire  di  tale  incertezza  conveniva    osservare   il    modo  . 
con  cui  si  esprimeva  nel  seguito  della  sua  ricerca  . 

Continuando  pertanto  a  leggere  la  memoria  di  lui ,  tro- 
vai le  seguenti  espressioni  . 

A  pag.  397.  =  La  forma  di  queste  pressioni  è  sino  ad 
ora  puramente  congetturale  ;  ma  il  bomisco,  il  rettangolo,  &.c. 
(avendosi  in  tutte  queste  figure  pressioni  certe  e  determinate) 
devono  essere  la  pietra  del  paragone  della  giustezza  del^e  no- 
stre  formole  =  . 

A  pag.  399 .  =  Dunque  resta  dimostrata  V  identità  del- 
le nostre  formole  con  quelle  ,  e  giusto  per  conseguenza  il  ra- 
ziocinio dedotto  dall'  analogia  ,  che  ha  guidato  il  nostro  cal- 
colo e  le  nostre,  operazioni  =  . 

A  pag.  400.  =;  il  che  convalida  sempre  pia  il  metodo 
da  noi  praticato  =  . 

A  pag .  ófOd .  ^=- D unqus  avendole  noi  pur  derivate  dai  no- 
stri generali  teoremi  ,  servono  esse  di  nuovo  argomento  par 
convalidarne  la  verità  e  la  certezza  =  . 

Rifletto  che  solo  a  pag.  897  le  formole  del  Sig.  Mal- 
fatti si  chiamano  congetturali ,  ma  insieme  si  dice  che  lo  so- 
no sino  ad  ora  ,  in  modo  che  pare  che  per  gli  argomenti  se- 
guenti debbano  cessare  dall'  esser  congetturali  .  Infatti  a  gror 
do  a  grado  divengono  più  significanti  l'  espressioni ,  che  ado- 
pra  per  denotare  il  carattere  delle  sue  formole  ,  e  finiscono 
con  quelle  di  verità  e  certezza  ,  le  quali  unicamente  ,  ed 
esclusivamente  appartengono  alle  tesi  dimostrate .  Ora  io  do- 
mando ,  che  cosa  debba  pensare  chi  non  conosce  le  intenzioni 
del  Sig.  Malfatti  che  per  la  lettura  della  sua  Memoria  ? 
Se  possa  da  taluno  sospettarsi  nemmeno  ,  che  un  Geometra 
così  illustre  ,  quaV  è  senza  dubbio  il  Sig.  Malfatti,  receda  in, 
questa  occasione  da  quella  precisione  ed  accuratezza  ,  che 
cotanto  distingue  le  altre  sue  opere  ,  chiamando  vero  e  certo 
quello  ,  che  per  lui  si  stima  ipotetico  ?  Se  possa  passare  di 
leggieri  per  la  mente  di  alcuno  ,  che  quando  egli  invece  del- 
le due  parole  convenienza  e  congruità  ,    le  quali  sono  proprie 

di 


Della     Società'.  xxxv 

di  una  ipotesi  ,  adopra  le  due  parole  verità  e  certezza  ,  le 
quali  non  possono  in  alcun  modo  ad  una  ipotesi  convenire  , 
ciò  faccia  solo  per  amore  della  brevità  ,  e  per  evitare  il  tedio 
di  parlar  sempre  col  timore  di  non  colpir  nel  vero  ? 

Se  mai  mi  fosse  restato  qualche  dubbio  ,  questo  sarebbe 
svanito  del  tutto  alla  lettura  del  seguente  paragrafo  68.  In 
esso,  dopo  fatta  l'  applicazione  delle  formale  generali  al  ca- 
so  di  tre  appoggj  situati  in  diritto ,  si  conclude  così  =  Dun- 
que questo  caso  da  Noi  considerato  ci  fa  conoscere  la  im- 
portante verità  ,  sulla  quale  divisi  erano  i  sentimenti  dei  Geo- 
metri cioè  ec.  =  Chi  poteva  sospettare  ^  che  il  Sig.  Malfatti 
reputasse  ipotetiche  le  sue  formale ,  quando  asseriva,  che  esse 
ci  facevano  conoscere  una  verità  importante,  e  decidevano 
una  questione  agitata  tra  i  Geometri  ?  O  chi  poteva  indovi- 
nare ,  che  le  frasi  usate  da  lui  si  dovessero  cangiare  in  que- 
ste altre  grandemente  diverse  =  La  nostra  ipotesi  si' accorda 
eoli'  opAnione  di  quei  Geometri ,  i  quali  suppongono  ec.  ?    = 

Queste  riflessioni  devono  trasportarsi  a  quel  tempo ,  in 
cui  pubblicai  la  mia  breve  3Iemoria  sul  problema  degli  ap- 
poggj ,  che  si  trova  nel  Volume  IX  .  Pers7J.aso  allora  per  Is 
sopraccitate  espressioni  del  Sig.  Malfatti ,  che  in  forza  di  al- 
cuni argomenti ,  le  formale  congetturali  si  volessero  ridurre  a 
tesi  certe  i  e  dimostrate  ,  presi  ad  esaminare  questi  argomen- 
ti ,  e  per  mostrarne  V  insufficienza  ,  gli  applicai  ad  altre  for- 
male ,  che  sapevo  essere  erronee ,  e  feci  vedere  ,  che  essi  le 
avrebbero  fatte  comparire  certe  ,  e  vere  ,  quanto  quelle  del 
Sig.  Malfatti  .  Né  a  questo  esame  mi  spinse  la  più  piccola 
voglia  di  censurare  le  Opere  altrui ,  dal  che  soglio  ,  non  pro- 
vocato ,  astenermi  ;  ma  avendo  io  prima  trattato  del  medesi- 
mo problema^  e  dimostrato  che  con  i  conosciuti  principi  del- 
la Statica  esso  era  generalmente  indeterminato  ,  credei  di 
avere  un  qualche  diritto  di  apprezzare  le  ragioni  di  quelli , 
i  quali  presentavano  un  sentimento  contrario  al  mio  . 

Ridotta  la  soluzione  del  Sig.  3Ialfatti   ad   una  ipotesi  , 
e  considerandola  sotto  questo  aspetto ,  la  chiamai  ingegnosa , 

e  a  e  qual- 


xxxvr  .  Annali 

e  qualche  cosa  più  che  una  semplice  ipotesi;  dissi,  che  per 
r  esame  fattone  nulla  vi  avevo  trovato  di  contrario  ai  principi 
ricevuti  ,  e  che  poteva  essere  riescilo  all'  Autore  di  essa  d'  in- 
dovinare il  segreto  della  natura .  Perciò  lungi  dall'  aver  trat- 
tata V  ipotesi  con  troppa  severità ,  non  so  vedere  come  da  al- 
tri possa  essere  stata  ,  più  che  da  me  ,  commendata  j  e  se  il 
Sig.  Malfatti  avesse  nella  sua  Blemoria  detto  chiaramente 
•quello  ,  che  solo  dichiarò  nelV  atto  di  lagnarsi  di  me  ,  sarem- 
mo stati  sempre  d"  accordo  ,  come  lo  siamo  di  presente  .  Poi- 
ché questi  suoi  resultati  come  ipotetici  gli  ho  sempre  ammes- 
si, e  gli  ammetterò  ,  e  solo  ho  mostrato  non  esservi  ragioni 
sufficienti  per  ammetterli  come  veri,  e  certi. 

Spero,  Ornatissìmo  Presidente .,  che  mi  perdonerete  di  avervi 
trattenuto  con  sì  lunga  Lettera  ,  se  rifletterete,  che  a  porre  in 
salvo  da  qualunque  attacco  la  mia  riputazione,  era  necessario 
il  rendere  evidente  agli  occhj  di  tutti  ^  che  per  quanto  io  pos- 
sa per  un  errore  involontario  formare  un  giudizio  indiscreto 
ed  ingiusto  delle  Opere  altrui  ,  non  V  ho  certo  formato  relati- 
vamente al  Sig.  Malfatti  .  Mi  resta  a  pregarvi  ,  perchè  fac- 
ciate al  medesimo  sentire ,  che  sono  stato  mio  malgrado  costret- 
to ad  entrare  in  questa  discussione  dalla  interpretazione  sini- 
stra ,  ed  ingiuriosa  per  me  ,  die  contro  la  di  lui  intenzione  da 
non  pochi  si  dava  ad  alcune  sue  espressioni  .  Sono  infinitamen- 
te dolente  di  dover  recare  qualunque  piccolo  dispiacere  ad  una. 
Persona ,  per  cui  protesto  la  più  alta  stima  ,  e  Voi  avete  di 
ciò  prove  più  certe  di  quelle  che  potrei  darvi  con  le  mie  pa- 
role .  Unirò  anche  questo  agli  altri  tratti  singolari  di  bontà 
ed  amicizia  che  vi  devo  ,  e  per  i  quali  conserverò  sempre  il 
più  vivo  sentimento  di  gratitudine  . 

E  pieno  di  stima  e  rispetto  passo  a  dichiararmi  , 


Di  Voi  Pregiatissimo  Presidente 


Dev.  Obb-  Serv.  ed  arnica 
Pietro  Paoli  . 

87. 


DELLA     Società'.  Xxxvì! 

87.  Oggi  ,  diciannove  agosto  mille  ottocento  quattro  ,  ri- 
man  chiusril  concorso  ai  premj  destinati  per  lo  scioglimento 
delle  quistioiii  esposte  sotto  il  numero  64  dei  presenti  Anna- 
li .  A  quello  di  Matematica  ha  inteso  un  solo  con  Opusco- 
lo avente  per  divisa  il  detto  Ciceroniano:  ista  {Natura)  du- 
ce errari  nullo  pacto  potest.  A  quel  di  Fisica,  quattro  Disser- 
tazioni hanno  aspirato.  La  prima  è  iscritta:  experìmenium  de 
re  judicet  .  La  seconda  reca  per  epigrafe  le  parole  di  Baglivi. 
Duo  tantummodo  3Iedtcìnae  fundarnenta ,  ratio  et  experìen- 
tìa  .  La  terza,  T  emistichio  d'Ovidio 

Canssa  latet ,  vis  est  notissima 

Si  distingue  finalmente  la  quarta  colla  sentenza  di  Bacone  . 
Quus  in  Natura  eximie  possunt  ac  polle  ut  snnt  ,  ordo  ,  prò- 
secutio  ,  series  ,  vicissitudo ,  artìficium  .  Quanto  sia  alla  forma 
de'  giudizi  circa  le  medesime,  obbedirasèi  rigorosamente  ali' 
articolo  ultimo  §  6  del  nostro  Statuto  . 


ELQ. 


Jo/;/iu)       .     \(,(.ic/t,  /\>ni 


ELOGIO 

DI  LORENZO   MASCHERONI 

SCRITTO 
DAL    MARCHESE 

FERDINANDO   LANDI 

Q  PIACENTINO. 

uesti  fogli  che  far  vorreLbono  ragionato  eco  alla  fama  di 
Lorenzo  Mascheroni  sembrano  quasi  spettar  di  natura  alla 
Italiana  Società  delle  Scienze  ,  siccome  a  quella  che  tutta  è 
zelo  per  F  onor  de'  suoi  Membri  ,  e  della  intera  Nazione  . 
Jla  di  ragion  poi  le  spettarono  fin  da  quel  punto  in  che 
r  attuai  Secretano  suo  celebre  ,  mosso  invero  dall'  amicizia  , 
spesso  più  fina  d'  ogni  migliore  criterio ,  improvvisamente  a 
scriverli  mi  eccitò  .  Gli  accolga  Ella  dunque  dalle  mani  di 
Lui ,  e  gli  giudichi  :  quando  pur  rinnovato  avessi,  io  1'  alta 
caduta  dello  inesperto  Fetonte  ,  non  ne  avrò  almen  rinnova- 
to 


Di  LoRETiTzo  Mascheroni  .  xxxix 

to  la  sfrontatezza  e  V  audacia ,  e  chiamerò  più   facilmente  la 
compassion  che  il  disprezzo  . 

In  Gastagneta ,  picciola  Villa  giacente  sotto  il  Castello  di 
Bergamo,  nacque  Lorenzo  Mascheroni,  il  dì  14  Maggio  1750, 
di  Paolo  Mascheroni  dell'  Olmo,  negoziante,  e  di  Maria  Ceri- 
belli.  Con  assai  di  sollecitudine  fu  procurata  dai  Genitori  la 
buona  istruzione  del  Figlio  ,  e  grato  il  Figlio  a  questa  tenera 
cura  sempre  onorò  ,  sempre  amò  i  Genitori  ;  corrispondenza 
giustissima  ,  ma  pur  bellissima  e  rara  forse  e  degna  certo  di 
osservazione  speciale,  giacché  a  un  tempo  discopre  sensibilità 
di  cuore  e  rettitudine  di  spirito  . 

Negli  amabili  studj  di  bella  letteratura  ebbe  a  maestro 
Ottavio  Bolgeni  Professore  a  que'  giorni  di  eloquenza  nel  Se- 
minario di  Bergamo  ,  Scrittor  pregiabile  assai  e  distinto  per, 
certa  sua  grazia  semplice  e  dignitosa  ,  e  per  certa  soave  ele- 
ganza ,  qhe  unita  a  maggiore  facilità  e  a  più  vivido  colori- 
to ,  si  trasfuse  poi  tutta  nel  suo  felice  Discepolo  formato  già 
da  Natura  al  più  gentile  atticismo  .  Questi  ,  nel  Seminario  , 
r  abito  vestì  di  Ecclesiastico  ,  e  il  rimanente  corso  ivi  com- 
piè dogli  studj  ,  la  fdosofia  delibando  e  la  teologia  . 

Giovinetto  di  circa  vent'anni,  e  dal  novero  uscito  appe- 
na degli  scolari,  Ei  fu  maestro,  e,  il  che  più  dice,  succes- 
sor  di  Bolgeni.  Cotesta  lusinghiera  e  dilicata  destinazione  , 
neir  onorare  i  progressi  insignemente  rapidi  di  Mascheroni  , 
(eccitava  pur  anche  validamente  il  suo  genio  a  tentarne  di 
nuovi  e  vieppiù  sempre  gloriosi .  Potrà  Egli  emulo  di  Bolge- 
ni là  rimanersi  ove  piu'  giunse  discepolo  ?  Ripieno  adunque 
r  inclito  Giovane  di  attività  e  di  costanza  siegue  T  industre 
coltivamento  de'  cari  studj  di  Erato  e  di  Polinnia,  e  mentre 
per  la  modestia  dell'  animo  vive  contento  di  nuovi  meriti , 
trova  ,  per  non  fi-equente  giustizia,  novelli  onori  che  il  tras- 
feriscono dal  Seminario  di  Bergamo  a  insegnar  1'  eloquenza 
nelle  pubbliche  Scuole  della  Città  . 

La   parte  più  interessante    di    cotesta    meravigliosa    arte 
dell'eloquenza,  ella  è  certo  la  eloquenza  del  pulpito,  che  quan- 
to 


AL  Elogio 

to  giova    integra    e    vera ,    altrettanto,  e  più,    nuoce   corrot- 
ta e  falsa  .  Bene  pertanto  dei  diritti  egli  usò  di  amicizia  quel. 
Dottor    Mazzoleni    che    un    bel    sermone    poetico    sulla  falsa 
Eloquenza  del  Pulpito  divulgò  dal  suo  Mascheroni   composto 
e  di  acconce  note  arricchito  .  E  certamente   tolto  ci  avreb])e 
assai  la  timida    ritrosìa    del  giovine    Autore ,    togliendoci    in 
<£uesto  componimento  un  sincero  modello  di  didattica  poesia, 
che  riunisce   per  eccellente   modo  alla  istruzione    il   diletto  . 
Diletto  onesto  veracemente ,  perchè  di    tlanta    e    tanto    savia 
istruzione  compagno  eh'  io  non  temerei  quasi  di  lodar  troppo, 
ove  del  serm.one    Mascheroniano   quel    medesimo    pur    dicessi 
che  del  Codice  poetico  di  Orazio  dal  Conte  di  S.  Raffaele  fu 
detto,  colui  che  gli  disobbedisce  esser  certo  di  errare.  E  ali 
oratorio  Codice  di  Mascheroni  obbediscan  pure  i  giovani  Pre- 
dicatori, che  diverran  tosto  seguaci  del  più  eloquente  de' Pa- 
dri il  Crisostomo  ,  e  gastigati  i   leziosi   ornamenti  ,   schifati    i 
palesi  artifici  '  estirpati  gli  abusi  delle  Scienze  ,  non  dialetti- 
ci gelidi  e  scarni  ,  non  poliglotti  senza  bisogno  ,  non  satirici, 
non  declamatori  sol  provvedati  di  polmoni   e   di  braccia,   ma 
Oratori  caldi  robusti  ragionanti  ,  nell'  intimo   animo   penetra- 
ti essi,  però  altrui  persuadenti  ,   cristiani  veramente,  il  petto 
pieni  e  la  lingua  delle  divine  Scritture ,  favelleran  degnamen- 
te e  utilmente  di  Dio    all'  Uomo  ,    e    per    essi    la   letteratura 
fatta  stromento  egregio  della   Crazia   superna  ,  chiamerà  sem- 
pre il  buon  gusto  in  soccorso  del  buon  costume  . 

Poeta  pensatore  ,  1'  abate  Mascheroni  era  destinato  a 
presentare  all'  Europa  il  non  comune  spettacolo  delle  lettere 
amene  e  delle  geometriche  scienze  nella  stessa  persona  e  in 
eminente  grado  associate  .  Si  aman  gli  è  vero  intrinsecamen- 
te e  si  cercano  queste  lettere  e  queste  scienze  ,  si  commuta- 
no i  loro  pregi ,  e  unite  fioriscono  più  lietamente  ,  ma  però 
troppa  esigono  diversità  di  talenti  perchè  la  Natura ,  de'  suoi 
doni  economa  dispensatrice,  voglia  frequentemente  a  man  pie- 
ne versarli  sopra  di  un  solo  .  Quindi  fra  i  nostri  lode  otten- 
ner  grandissima  i  Manfredi,  i  Torelli,  i  Fracastori ,  i  Zanotti, 

ra- 


Di  Lorenzo  Mascheroni  .  xli 

rari  ed  eletti  Spiriti ,  severi  insieme  e  dilicati ,  proprj  perciò 
u"ualmente  a  notomizzare  eli  obbietti  e  ad  ornarli ,  a  cono- 
scere  ed  a  sentire  .  Mascheroni  il  doppio  dono  ebbe  quanto 
altri ,  e  1'  attitudine  scientifica  manifestò  in  modo  forse  più 
rapido  e  più  mirabil  degli  altri  .  Imperocché  indugiato  aven- 
do egli  fin  verso  1'  anno  trigesimo  ad  applicar  seriamente  alle 
filosofiche  discipline  Io  ingegno,  dopo  due  anni  cambia  la  catte- 
dra di  eloquenza  in  quella  di  fisica  e  matematica ,  educa  de- 
gni figli  alla  Sapienza  ed  alla  Patria,  e  nei  recessi  inoltrato 
dell'  alta  analisi,  indi  esce  al  pubblico  originale  spirito  ed  in- 
ventore . 

Provossi  egli  dapprima  sulla  forza  inclinatrice  dell'  ago 
nautico  ,  su  quella  forza  che  variabile  al  variar  de'  paesi  , 
de' tempi ,  della  comunicata  all'ago  virtù  magnetica,  ben  po- 
tè liberarsi  dalle  misure  di  Muschenbroek  ,  da  quelle  del 
nuovo  nostro  Geometra  non  potè  .  Una  succosa  memoria  da 
Esso  letta  all'Accademia  degli  Eccitati  il  dì  19  Agosto  1781, 
e  il  seguente  anno  stampata  ,  ci  offre  la  invenzione  di  certa 
bilancia  semplice  ed  ingegnosa  ,  agli  ordinar]  usi  della  vita 
eziandio  convertibile  ,  per  cui  i  differenti  gradi  della  forza  in 
quistione  esattamente  si  estimano  e  per  linee  rette  si  rappre- 
sentano, che  divengon  poi  ordinate  di  una  curva  trascendente, 
della  quale  l'Autor  determina  la  equazion ,  le  tangenti ,  il  fles- 
so contrario  ,  la  quadratura  ^  e  in  cui  discuopre  una  curiosa 
analogia  colla  Concoide  di  Nicomede  ,  o ,  pigliando  ordinate 
alle  prime  proporzionali ,  colla  Curva  di  Equilibrazione  del 
Marchese  de  l'Hcipital  ,  o  colla  Cicloide  che  Giovanni  Ber- 
nouUi  ideò ,  facendo  un  cerchio  rivolgere  sulla  periferia  di 
un  altro  eguale  . 

L'anno  1780  comparvero  le  Nuove  Ricrche  sulV  Equilì- 
brio delle  Volte  •  Ricerche  nuove  davvero  ,  l'  Autor  di  esse 
trovato  avendo  tutt'  altro  che  esausta  quella  materia  benché 
risguardante  sì  davvicino  la  umana  Società  ,  e  da'  Geometri 
maneggiata  di  chiarissimo  nome  tanto  esteri  che  nazionali  . 
Niun  ,  eh'  io   mi  sappia  ,  insegnato  avea  per  ancora  il  modo 

Tomo  XI.  f  più 


xhxi  Elogio 

più  naturale  e  diretto  di  ottenere  la  total  sicurezza  di  un  ar- 
co solido,  il  modo  cioè,  di  far  passare  la  curva  di  equilibrio 
pei  centri  di  gravità  dell'  arco  stesso,  niuno  avvertito  avea  il 
pericolo  di  caduta  in  cui  spesso  1'  arco  ritrovasi  quando  nella 
interna  concavità  di  lui,  il  che  pur  tutti  facevano  e  sempre, 
la  detta  curva  si  collochi  di  equilibrio  ,  molto  meno  poi  de- 
terminate si  eran  le  curve  che  a  simil  rischio  non  lascian 
luogo  .  Le  volte  piane ,  che  piattabande  si  chiamano  ;  la  gros- 
sezza conveniente  alle  cupole  ;  1'  equazion  loro  ove  sien  cari- 
che ,  o  in  tutto  o  in  parte  ;  le  cupole  sopra  basi  piantate 
ovali  o  poligone  di  cui  fa  uso  continuo  l'Architettura  j  le  an- 
nulari  Volte  e  le  spirali  ascendenti  ,  queste  nelle  scale  a 
chiocciola  adoperate ,  quelle  nei  portici  circolari  ;  le  Volte 
composte  a  crociera  ed  a  schifo  ;  oggetti  eran  pur  tutti  que- 
sti niente  o  pochissimo  sparsi  di  matematica  luce  ,  e  peiò 
abbandonati  ad  una  pratica  cieca  e  di  ruinose  incertezze  na- 
turalmente feconda.  Rimaneva  eziandio  a  ricercarsi  una  cotal 
forma  di  Volte  piane  che  circolarmente  loro  spinta  distri- 
buendo forza  esercitasser  di  cupole ,  né  troppo  di  un  so- 
le verso  urtasser  la  fabbrica .  Un  libro  ricco  di  tante  cose 
per  la  prima  volta  magistralmente  trattate ,  e  in  cui  oltracciò 
s'investigavan  le  curve  di  equilibrio  a  gravità  convergenti,  e 
da  esse  ,  come  altrettanti  coroUarj  ,  i  problemi  traevansi  re- 
lativi ad  archi  o  a  cupole  portanti  carico  di  fluidi  elastici  o 
non  elastici  ,  omogenei  od  eterogenei ,  e  la  curva  elastica  e 
la  lintearia;  un  libro  in  cui  di  error  si  notavano  Frisi  e  Bou- 
guer ,  e  in  cui  sciolto  mostra  vasi  a  Dalembert  un  meccanico 
problema  eh'  ei  sospettò  non  solubile  coi  noti  principj  ,  il 
problema,  cioè,  della  posizione,  che  ad  equilibrarsi  dee  pren- 
der una  verga  pesante  rettilinea ,  o  comunque  curvilinea  libe- 
ramente scorrevole  lunghesso  un  filo  non  grave  e  pendulo  da 
ambe  1'  estremità  ;  un  libro  in  cui  si  ammiravano  scienza  di 
calcolo ,  sottilità  di  artificj  ,  eleganza  di  metodi ,  sicuro  e  no-» 
bile  andamento  di  trattazione  ;  un  libro,  io  dico  ,  di  tal  na- 
tura ben  poteva  egli  gloriarsi  di  riconoscere  per  autore  qual- 
sia- 


Di  Lorenzo  Mascheroni  .  alìii 

siasi  più  antico  sacerdote  di  U)ania  ,  non  che  Lorenzo  Ma- 
srlieroni  Geometra  di  pochi  giorni .  Levò  quindi  cotesto  libro 
aito  il  grido  e  dentro  e  fuori  d'  Italia ,  e  F  Autore  posto  si 
vide  intatti  a  lato  dei  Geometri  piimi,  poiché,  avendo  il  chia- 
rissimo Paoli  lasciata  libera  una  cattedra  di  Matematica  nel- 
la grande  Università  di  Pavia  ,  fu  Mascheroni  ad  occuparla 
onorevolmente  chiamato  , 

All'  improvviso  ricevere  di  tal  notizia  dubbio  Ei  sì  rima- 
se e  agitato  ,  pur  finalmente  facendo  forza  al  suo  cuore  si 
condusse  a  dividersi  da  una  Patria  ,  che  ,  non  so  come  ,  pa- 
rca da  qualche  tempo  non  sentire  a  bastanza  il  rischio  di 
perderla  .  Di  ciò  ebbe  certo  a  meravigliarsi  Pavia  quando  spe- 
cialmente ad  udir  prese  le  Mascheroniane  lezioni.  Forse,  nel- 
la odierna  scientifica  sublimità,  il  loro  obbjetto,  gli  elementi 
dell'  Algebra  e  della  Geometria  ,  sembrerà  cosa  un  pò  tenue  j 
tenue  cosa  però  non  dovrà  mai  sembrarne  1'  insegnamento  , 
che  pur  domanda ,  a  riuscire  ottimo  ,  e  pronta  flessibilità 
d'  ingegno  ,  e  non  ordinaria  amplitudine  di  dottrina ,  e  net- 
tezza somma  di  idee  di  raziocin]  di  metodo  di  elocuzione,  e^ 
a  dir  tutto  ,  decorosa  urbanità  di  maniere  e  calma  impertur- 
babile di  animo  ,  talché  i  Professori  in  ogni  senso  perfetti  ,  an- 
co di  elementar  Matematica,  hanno  uguale  diritto  e  alla  pub- 
blica riconoscenza  ed  alla  pubblica  ammirazione. 

Gontuttociò  poco  fu  sempre  al  Piofessor  Mascheroni  il  ri- 
schiarare gli  aditi  della  Scienza ,  se  al  tempo  stesso  non  rivol- 
gea  Tefficacia  delle  sue  forze  ad  aumentarne  la  mole.  Immen- 
samente già  questa  mole  grandeggiava  e  stendevasi  in  quell' 
Opera  meravigliosa  di  Leonardo  Eulero,  che  tutte  le  teorie 
comprendendo  allor  cognite  sui  calcoli  dell'  Infinito,  formava 
il  corpo  più  vasto  e  più  sublime  di  algebraica  dottrina  ,  che 
vantar  sapesse  fino  a  quell'  epoca  lo  spirito  umano  .  Questo 
così  imponente  edificio  Mascheroni  accrebbe  ed  elevò  .  I  due 
scritti  a  tale  intendimento  composti  da  Essolui  e  pubblicati, 
anziché  Adnotationes  ad  Calculum  Intcgralem  Eulerì^  siccome 
per    laudabile    verecondia   amò    chiamarli ,   sono    a  dirsi  uno 

f  a  ag- 


xuV  Elogi» 

aggregamento  di  brevi  ma  profonde  memorie,  quali  indiritte  a 
pili  compiutamente  disviluppar  varie  formole ,  quali  a  scio- 
glier dure  quistioni  dal  grande  Eulero  semplicemente  propo- 
ste .  Che  se  condotto  F  Italo  nostro  Geometra  a  rimuovere 
certa  difficoltà  due  volte,  e  invano,  recata  in  mezzo  per  Da- 
lembert,  sebbene  con  desterità  molta  vi  si  provasse  ,  pur  fal- 
lì il  colpo ,  e  alla  industria  il  lasciò  più  felice  del  valente 
Professor  Gratognini  ,  qual  altra  cosa  potrem  didurne  fuor 
quella  di  che  già  la  mortai  condizione  ci  avvisa  ,  lo  scienzia- 
to ,  comecché  sommo  ,  non  esser  uno  coli'  infallibile  ?  E  tanto 
è  lungi  dal  vacillare  e  scolorarsi  in  su  la  fronte  di  IMaschero- 
ni  lo  scientifico  alloro,  che  anzi  ,  per  la  ingenua  confessione 
che  del  suo  torto  Egli  fece  ,  si  rassoda  e  rinverde,  perchè  ,  se 
sii  Uomini  errano  ,  i  grandi  Uomini  consentono  avere  errato. 
Del  rimanente  ,  e  la  chiusa  indole  penetrata  di  una  funzion 
logaritmica  di  nuovo  genere  ,  e  la  necessità  dimostrata  di 
porre  nelle  integrazioni  logaritmiche  il  doppio  segno  positivo 
e  negativo  ,  e  lo  integrale  assegnato  di  formule  trascendenti 
atte  aggravi  ricerche  non  tocche  mai  per  lo  addietro,  e  l'ap- 
plicazione appunto  indicata  di  tali  formule  nello  appagare 
Eulero  la  sommatoria  chiedente  alnien  prossima  di  due  equa- 
zioni che  involgon  seni  e  coseni  d'  arco  infinito  ,  e  più  altre 
analitiche  sottilità  meritan  certo  agli  scritti  di  cui  parliamo 
e  lo  studio  dei  Giovani  ,  e  la  considerazione  dei  Matematici  . 
Due  fra  questi  e  di  assai  alta  sfera  ,  Paoli  e  Lacroix,  già  gli 
additarono  a  quelli ,  e  Gregorio  Fontana  non  reputò  indeco- 
roso lo  inserirvi  alquante  speculazioni  del  suo  possente  cele- 
bratissimo  ingegno  . 

A  tanta  serietà  e  astrazione  di  algebra  si  vide  bentosto 
succedere  un  poemetto  .  E  qual  poemetto  !  L'  Invilo  eli  Da- 
fni Orobiano  a  Lesbia  Cidonìa  ,  quel  sì  gentile  Invito  e  sì 
celebre  ,  che  ben  è  in  ira  alle  Muse  chi  noi  conosce  .  Ove 
però  io  ne  scorgessi  taluno  :  tu  dunque  ,  io  vorrei  dirgli  ,  tu 
quello  ignori  onde  piena  è  tutta  Italia,  tu  Figlio  suo  con  Es- 
sa non  dividesti  1'  ammirazione  e  il  diletto,  tu  non  udisti  co- 
me 


Dr  Lorenzo  Mascheroni  .  xlv 
me  per  Locca  di  Mascheroni   parlili   le    Grazie  filosofia  ?    Che 
figurar    volendo  con  voce   di  carmi ,   e   quadrupedi  e  pesci   e 
augelli  e  piante  e  marmi  e  metalli  ,   e  quanto  di  più  hello  e 
osservahil   presenta    1'  Insubre   Atene  onde  trar  Lesbia  a  colà 
pascerne   il  dotto  sguardo ,    ebbero    or    piucchè   mai   a  consi- 
gliarsi insieme  e  le  Grazie   e    le  Muse  in  colorir  di  si  morbi- 
da   e    dilicata  espressione  V  esatte  forme  ,  e  in  temperar  va- 
riamente il  suon  del   verso   giusta  il  variar  degli   obhjetti ,    e 
in  aggrupparne  tanti  e  accortamente  locarli,  e  in   breve   tela, 
quasi  per  magic'  opra  ,  adunarti  1'  immenso  aspetto  della  Na- 
tura .  Dess:--  non  mai  si  vide  rivestire   1'  antica  augusta   sem- 
plicità di  più  leggiadri  ornamenti.  Fin  le  scarne  ossa  e  i  ner- 
vi   ignudi    e    le  recise    viscere    e    le  parti    da    crudel    morbo 
guaste  ,  e  fino  i  mostri  t'  allettano  .    Una  soave  aura  patetica 
su  tutto  spargesi  ,    tutto    anima  ,  e  porta  al  cuore  .   Lesbia  ti 
anpar    sovente    dinanzi    sempre   in  sembianti    amabili  ,    cinta 
sempre  d'   attiche  lodi  tutta  invero  effigiata    da   quelle   armo- 
niche Grazie   a  cui  un   di    nascendo  fu  aggiunta  .    Ben   Ella , 
siccome  il  fece  ,    dovea    sentirne  i   dolci  inviti  ,    e    aderirvi  ; 
alle  attrattive  del  lor   linguaggio  correr    doveano    avidamente 
le  eulte  genti  ;  e  tu  in  quale  abbandonato   angol  di  terra  fin 
qui  vivesti  ?  Or  va  ,  chiedi  sollecito   deli'  aureo  poema  :    tre 
volte  impresso  forse  non  deluderà  tue  ricerche,  leegi,  e  chi 
sa  che  indi .  al  par  di  Lesbia ,  vivo  desio  di  visitar  non  ti  pren- 
da   ' 

Ma  dove  amor  caldo  di  vaga  Poesia  ,  e  impetuoso  estro 
mi  mena  ?  Lettor  gentile  ,  se  parlai  cose  a  te  note  ,  se  per 
immaginato  caro  colloquio  te  un  istante  cbbliai ,  perdona  ,  e 
a  non  dispregiabil  compenso  lascia  eh'  io  t'  accenni  altro  li- 
bretto elegant*  ,  comecché  d'  indol  severa  ,  che  usci  ai  versi 
contemporaneo  ,  vuol  dir  1'  anno  1 798 ,  e  porta  in  fronte 
Problemi  per  gli  agrimensori  con  varie  soluzioni  .  Libretto 
eh'  io  accenno  con  tanto  più  di  confidenza  ,  quantochè  porto 
opinione  ,  non  solamente  ai  misuratori  delle  campagne  che 
moltiplici  modi  vi  trovan  riuniti  di  prontamente  guidarsi  nel- 
la 


XLvi  Elogio 

la  pratica  tutta  quanta  dell'  arte  loro  ,  ma  eziandio  a  più  al- 
tri ordini  di  persone  dovere  esso  accetto  ^  caro  riuscire  .  I 
Geografi  sotto  nome  di  Poligonometrìa,  riprodotta  veggendovi 
quella  maniera  già  nel  1787  dall'Autor  divulgata,  di  valutare 
senza  triangolar  divisione  gli  elementi  di  qualsiasi  piano  poli- 
gono ad  angoli  pur  rientranti ,  ce  la  veggono  ancora  agli  usi 
di  levar  ampie  carte  e  di  segnar  meridiani  opportunamente 
applicata  .  I  Geometri  speculativi  estesa  contemplano  cotesta 
bella  teoria  sino  alla  general  cubatura  di  tutti  i  solidi  a  facce 
piane;  i  Giovani  veracemente  studiosi  vi  trovan  comodo  e  lar- 
go il  campo  di  esercitare  e  cosi  affinar  l' intelletto ,  le  dimo- 
strazioni cercando  dei  risultamenti  ommesse  appunto  a  tal  fine: 
e  non  aman  forse  quest'Operetta  gli  Uomini  generosi  e  sensi- 
bili ,  che  su  di  una  Poligonometrìa  da  straniero  Geometra 
pubblicata  due  anni  dopo  la  Masclieroniana ,  a  questa  sostan- 
zialmente identica  ,  né  però  facientene  motto  (  il  che  trasse 
Montucla  in  errore  )  non  vi  leggono  se  non  parole  tcmpera- 
tissime  ,  e  anzi  degli  accessori  suoi  prègi  candide  encom  latri- 
ci ?  Caro  adunque  a  molti,  e  già  rapidamente  diffuso,  quest'utii 
libretto  che  sotto  picciol  volume  tanta  e  tanta  nobil  sostanza, 
siccome  oro,  racchiude,  acclamato  vivrà' finché  ci  vivano  lode 
d'  ingegno  ,  desiderio  di  scienza  ,  amor  di  virtù  . 

L'  anzidetta  Mascheroniana  Poligonometria  ci  obbliga  in- 
vero a  cercar  del  continuo  seni  e  coseni ,  ma  1'  Autor  ne 
ideò  delle  tavole  molto  spedite  :  un  quadrante  che ,  di  sempli- 
cissima costruzione ,  pur  angolo  seno  e  coseno  nell'  atto  stesso 
disvela  .  Questo  ritrovamento  un  altro  mcn  richiama  a  qua- 
dranti relativo  ,  di  nobiltà  e  di  fama  assai  maggiore  .  Relati- 
vo io  dico  ai  quadranti  astronomici  ,  a  que'  strumenti  della 
celeste  fisica  sì  benemeriti  ,  che  intesi  nella  lor»  picciolezza  a 
misurar  l'Universo  ben  si  vede  quanto  abbisognin  di  esquisi- 
tissima graduazione  .  Per  cosi ,  con  più  di  certezza  ottenerla, 
egregiamente  avvisarono  i  due  celebri  Inglesi  Graham  e  Bird 
di  rifiutare  ,  in  operando ,  la  riga  siccome  scorta  o  per  se 
ingannevole  o  troppo  a  seguirsi  difiicile ,  e  il  solo   e  piii  fido 

ser- 


Di  Lorenzo  IMascheroni  .  xurii 

servii^io  ammettere  del  Compasso.  Ma  che?  Quella  stessa  Geo- 
metrìa che    spirò   loro  1'  avveduto  consiglio  ,  diffinito  appena 
ebbe  1'  arco  al  grado  sessagesimo  rispondente  ,   parve  ,  perdu- 
to il  regolo  ,    perdere  a  un  tratto  lo  ingegno  ,    e  que'  grandi 
artisti  lasciò  alla  possibil  fallacia  di  non    suoi   metodi ,  e  alla 
molestia  perpetua  dei  tentativi  .  Oggi  niuno  avrà  più  che  te- 
mere di  consimili  infedeltà  .  Venuta  è  in  aperta  luce  la  Geo- 
metria del  Compasso  di  Lorenzo  Mascheroni.  Per   lei   ammae- 
strasi questo  Compasso  a  determinar  tutto  solo  tre  punti  fuor 
della  periferìa  ,    e    col   semplice  loro  soccorso  a  speditamente 
in  precisi   archi  dividerla,  ciascuno  di  un   grado   e  mezzo  ,  e 
in  gradi  poi  e  in  quarti  di  gradi,  senza  una  sesta  parte  aber- 
rar di  minuto  secondo  ,  ed  in  minuti  ancora   senza  fallire  di 
un  secondo,  approssimazioni    limitrofe  tanto  alla  rigorosa  esat- 
tezza, che  nemmeno  i  Di^'isori  jìiù  oculati  valsero  a  superar- 
le .  La  Geometrìa  del  Compasso  le  superò,  allorquando  rivol- 
tosi a  quella  recentissima  e  celebratissima    division    del   qua- 
drante in  cento    parti  ,    e    di    queste   in   cento  altre  ,   e   cosi 
sempre    per    modo    effettuolla ,    che  i  segnati  gradi  e  minuti 
non  differiscan  pure  di  un  secondo  centesimaie  dai  veri  . 

Occupato  r  Autor  nostro  nella  ricerca  di  questi  metodi, 
tutta  quanta  la  elementare  geometria  vide  ridursi  all'  unico 
postulato  :  da  un  punto  e  con  un  raggio  qualunque  descrive- 
re una  periferìa.  Vide,  cioè,  come  per  intersezioni  mutue  di 
archi  poteansi  tutti  que'  punti  determinare  ,  dai  cjuali  la  si- 
tuazion  pende  e  la  lunghezza  delle  rette  ad  ogni  problema 
necessarie  .  Né  sol  vide  ;  operò  ,  e  nel  suo  libro  molte  con 
tale  sistema  sciogliendo,  tutte  mostrando  esattamente  solubili 
l'elementari  quistioni  geometriche,  e  la  soluzione  affatto  pros- 
sima aggiugnendovene  di  alcune  altre ,  che  a  trattazion  ritro- 
sa il  sottil  magistero  esigon  di  curve  dal  cerchio  diverse , 
mostrò  quanto  acconciamente  e  insieme  quanto  semplicemen- 
te avesse  Egli  nominato  cotesto  suo  libro  Geometria  del  Com- 
passo .  Fu  questa  Geometrìa  accolta  con  pubblico  plauso  , 
onorata  di  una  assai  bella  ed  encomiastica  analisi  dal  celej^re 

Sto- 


xLvnr  Elogio 

Storico  delle  Matematiche  ,  e  fin  vezzeggiata  dalle  rare  lusin- 
ghe di  una  traduzione  francese  .  Ciò  tutto  a  ragione  ,  per- 
chè geometrìa  a  più  arti  utilissima  e  decorosa  alla  Scien- 
za-j  geometrìa  nella  costruzione  de'  suoi  problemi,  non  solo 
più  elementar  sempre  della  Euclidea ,  ma ,  il  che  potrà  sem- 
brare maraviglioso  ,  spesso  più  breve  ;  geometria  infine  che 
dei  fiori  più  gentili  della  eleganza  orna  le  ricchezze  maggiori 
della  invenzione  . 

E  tal  vocabolo  invenzione  non  dubitai  già  io  di  applica- 
re all'Opera  tutta  quanta,  benché  mi  sapessi  esserci  al  mon- 
do quest'altra.  ResoLutio  omnium  Euclidis  Probleinatum  alio- 
rinnque  ad  hoc  necessario  ìnventorum  una  tantumtnodo  Circiai 
data  apertura  per  Joanneni  Baptistani  de  Benedictis  inventa  . 
yenetiis  MDLIII.  Jpud  Barthùlomaeiim  Cesaniun  .  Sia  pure 
un  ingannato  Montucla  se  da  questa  il  regolo  non  reputa 
escluso  ,  e  sia  quindi  comune  a  entrambi  le  Opere  l' intima 
essenza  .  Ma  nella  ft)rma,  nei  metodi ,  nella  intenzione  quan- 
ta disparità!  Diverso  affatto  da  quello  del  Benedetti  si  è  l'or- 
dine del  nostro  Autore  .  Egli  1'  altro  mai  non  imita  in  tene- 
re aperto  invariabilmente  il  Compasso ,  Egli  più  assai  dell'al- 
tro in  là  stende  le  applicazioni  e  le  idee  ,  e  dove  il  primo 
contempla  unicamente  la  teorìa  ,  alla  pratica  singolarmente 
riguarda  il  secondo  .  Può  dunque  dirsi  come  di  quello  questi 
non  seppe  ,  ed  Egli  stesso  il  dice  ,  mentre  non  sapere  di  al- 
cuno asserisce  ,  asserzione  che,  per  la  dottrina  e  pel  carattere 
di  chi  pronunziolla ,  sé  difende  appieno  da  ogni  sospetto  di 
falsità  ,  e  Lui  da  ogni  taccia  di  impostura  e  di  plagio  .  Ma- 
scheroni ,  Uom  grande ,  modesto  Italiano  era  nato  a  patirli 
i  plagj  ,  non  a  commetterli  . 

Alquanti  versi  di  stile  grandioso  dirigono  la  geometrìa  del 
Compasso  a  BONAPARTE  F  ITALICO  .  Questo  maraviglioso 
Conquistatore  ,  che  ci  mostra,  siccome  già  Federico,  un  Dot- 
to in  sedia  regale ,  tutto  il  prezzo  sentì  dell'  offerta  ,  e  tutto 
previde  l'ingegno  dell'Offerente.  E  però  ai  doni  eletti  di  che 


ono- 


Di  Lorenzo  Mascheroni  .  xlix 

onoroUo,  quel  vi  aggiunse  elettissimo  della  sua  familiarità. 
Cliiaramente  quindi  scorgendo  nel  Geometra  1'  Uomo  ancora 
di  stato  ,  questo  .ai  pubblici  all'ari  chiamò  .  Della  qual  cosa 
potei"on  bensì  le  Scienze  alquanto  dolersi ,  ma  in  quella  vece 
molto  rallegrosseiie  la  Umanità  che  vide  ad  util  suo  volgei'si 
due  grandi  e  rare  virtù  ,  beneficenza  e  disinteresse  .  Ma  non 
le  t\i  conceduto  di  lungamente  gustarne  per  opera  di  Masche- 
roni i  dolci  frutti .  Imperocché  ,  recatosi  Egli  indi  a  poco  a 
diflinire  in  Parigi  coi  più  celebri  Scienziati  Euro[>ei  la  lini- 
ghezza  ed  il  peso  ,  fondamenti  del  gallico  sistema  decimai 
di  misure  ,  ivi ,  compiuto  F  importante  lavoro ,  inaspettata- 
mente mori  r  anno    1800  ,  della  età  sua  cinquantesimo  . 

La  Società  Italiana  delle  Scienze  ebbe  a  rimanere  ama- 
reggiata forse  più  che  tutt'altri  di  tanta  perdita  .  Perdita  che 
per  le  Lettere  e  per  le  ottime  Discipline  già  di  troppo  solle- 
cita ,  era  poi  afl'atto  per  lei  immatura  ,  per  Lei  che  accolto 
da  qualche  tempo  nel  suo  grembo  l' abate  Mascheroni ,  non 
si  ornava  per  anco  di  veruna  sua  produzione  ,  e  che  pur  po- 
tea  ripromettersi  dalla  felice  freschezza  di  quelf  ingegno  ogni 
maniera  d'  illustramento  .  Un  lavoro  di  Lui,  che  postumo  le 
fu  dato ,  non  valse  ,  per  la  beltà  sua  medesima ,  che  ad  irri- 
tarne le  brame  ed  a  rincrudirne  il  dolore.  Tutti ,  anche  i  men 
dotti  ,  posson  ,  veggendolo  ,  giudicarne  .  E  una  Spiegazione 
popolare  della  maniera  colla  quale  si  regola  V  anno  sestile  o 
intercalare  ,  ed  il  comincìamento  dell'anno  Repubblicano.  La 
opportunità  astronomica  cronologica  stox'ica  commerciale  di 
prender  generalmente  lo  incominciamento  dell'  anno  da  uno 
stesso  punto  di  Cielo  ;  la  preferenza  a  tal  fine  meritata  dall' 
e<:[uinozio  ,  siccome  quello  che  in  tutto  il  globo  ad  egualità 
riconduce  i  di  e  le  notti  ,  e  la  ragione  astronomica  per  cui  dee 
P  equinozio  di  ariete  cedere  il  campo  a  quel  di  libra  ;  P  as- 
soluta necessità  ,  ove  convengano  i  diversi  Popoli  in  riceve- 
re uno  stesso  anno,  di  convenire  eziandio  nella  scelta  di  uno 
identico  meridiano  che  ne  stabilisca  esso  pure  il  principio  \  i 
caratteri  che  nella  intera  mancanza  di  motivi  astronomici  ,  o 
Tomo  XI.  g  „.eo_ 


L  Elogio 

geografico-fisici  hanno  a  determinar  quella  scelta  ,  caratteri 
che  vanno  tutti  a  riunirsi  nel  meridian  di  Parigi  ;  la  interca- 
lazione dell'  anno  sestile  o  di  366  giorni  óra  ad  ogni  quarto 
ed  ora  ad  ogni  quinto  anno  comune  ;  tutto  ciò  vi  è  esposto 
svolto  illuminato  con  quella  evidenza  e  venustà  con  cui  ne' 
Volumi  dell'  Accademia  delle  Scienze  avrebbe  resa  Fontenel- 
le  adorna  e  palpabile  F  astratta  teoria  . 

Oltre  di  cotesta  memoria  ci  lasciò  l'  Autore  su  temi  cu- 
riosi utili  sublimi  una  folla  di  manoscritti .  E  alla  Matemati- 
ca non  più  che  vent'  anni  Egli  visse ,  occupato  sempre 
in  pubblico  servigio ,  sempre  magistrali  opere  divulgando , 
ed  alte  e  solenni  scoperte  .  Ma  il  tempo  fa  gli  eruditi  ,  il 
genio  i  filosofi ,  e  d'altronde  mai  di  tempo  non  iscarseggia  chi 
non  lo  perde  .  E  come  perduto  lo  avrebbe  quel  Mascheroni  che 
i  viasgi  ancora  autunnali ,  conforto  alle  scolastiche  fatiche  dell' 

OD 

intero  anno  ,  e  fine  comun  di  diletto  ,  sapeva  intender  pure 
ad  utilità  ?  Testimoni  quell'  autunno  eh'  Egli  tutto  ad  iner- 
picarsi impiegò  su  per  le  vette  della  natia  Provincia  inte- 
so a  levar  di  questa  una  esattissima  carta  ,  e  quell'  altro  di 
che  in  Bergamo  usò  a  procurar  la  caduta  dall'alto  di  un  gra- 
ve metallico ,  onde  vedere  se  deviando  esso  ,  per  comunicata 
forza  centrifuga  ,  dal  meridiano  volea  esserci  della  rotazione 
terrestre  nuovo  argomento  .  E  per  la  incostanza  di  sue  rispo- 
ste mal  soddisfatto  di  questo  grave  ,  già  interrogarlo  pensava 
in  un  terzo  autunno  più  accortamente  ,  se  non  che  vennex 
r  armi  e  la  politica  per  cui  fu  il  Geometra  nostro  di  gravità 
e  di  Fisica  men  sollecito  . 

Né  men  degli  studj  ebbe  cari  gli  Amici,  fra  i  quali  per 
cagione  di  onore  quel  Bartolomeo  Borda  nominerò ,  quel  Bor- 
da che  rapidamente  da  Lui  conosciuto  amato  e  perduto,  pian- 
se Egli  con  latina  elegia  dégna  riputata  del  secol  di  Augu- 
sto .  Nobile  ed  ufficioso  ,  arguto  e  piacevole  era  1'  abate  Ma- 
scheroni cerco  nelle  splendide ,  gradito  nelle  dimestiche  con- 
versazioni ,  e  raro  le  lodi  udii  del  suo  ingegno  senza  le  lodi 
udir  del  suo  cuore  .    Quindi    non  meraviglia  se  quanto  utile , 

soa- 


Di  Lorenzo  Mascheroni  .  li 

soave  altrettanto  agli  Alunni,  quelli  vide,  che  avea  in  Parigi, 
aiuirarsi  solleciti  ed  affannosi  d' intorno  al  letto  delle  sue  pe- 
ne ,  e  se  parecchi  di  loro  con  tenera  e  quasi  filiale  pietà  a 
quello  assisterono  della  sua  morte.  Non  meraviglia,  se  questa 
morte  si  rapida  e  sì  funesta  fu  pianta  da  molti  e  da  moltis- 
simi deplorata ,  se  i  Francesi  sentironla  ugualmente  che  gli 
Italiani  ,  se  fu  dai  pubblici  fogli  annunziata  con  accenti  di 
estimazion  alta  e  di  compassione  verso  l'Estinto.  Ma  ben  do- 
vea  Egli  trombe  trovare  di  assai  più  chiare  che  pubblici  fo- 
gli non  sono  .  Giambattista  Savioli  dotto  Barnabita  ne  ste?e 
colle  più  diligenti  cure  dell'  amicizia  copiose  memorie  ,  mie 
compagne  e  guide  in  tutto  il  corso  di  questo  elogio  .  Gre- 
gorio Fontana  ne'  preziosi  volumi  di  cjuesta  Società,  dell'  Au- 
tor nostro  parlando  ,  Uomo  il  dice  di  conosciuta  sagacità  .  E 
Vincenzo  Monti  che  per  se  solo  basterebbe  ad  illuminare 
per  tutte  le  età  il  merito  più  sconosciuto  ,  Vincenzo  Monti 
a  quello  onorare  di  Lorenzo  Mascheroni  tutta  quella  sua  ener- 
gia dispiegò  di  eloquenza  e  di  canto  .  Distanza  di  tempi  vie- 
tollo  :  spettava  a  Dante  il  celebrar  Galileo  . 


g  a  •  OrE- 


LI! 


OPERE    STAMPATE 

D  I 

LORENZO    MASCHERONI. 

I.   Ija  falsa  Eloquenza  del   Pulpito.    Sermone.    In    Bergamo 
MDCCLXXIX.  Presso  Vincenzo  Antoine  .  8."  grande  . 

II.  Maniera  di  misurare  1'  inclinazione  dell'  Ago  Calami- 
tato .  Bergamo.  Per  Francesco  Locatelli    1782.  8."' 

III.  Sulle  curve  che  servono  a  delinear  le  ore  ineguali 
degli  antichi  nelle  superfizie  piane  .  Memoria  inserita  nel 
Tomo  settimo  degli  Opuscoli  Scelti  sulle  Scienze  ,  e  sulle 
Jrti  .  Milano  .   Per  Marelli  .    i  784.   4.° 

IV.  Nnove  Ricerche  suU'  Equilibrio  delle  Volte  .  Berga- 
mo .  Per  Francesco  Locatelli  .    178.5.  4-°  • 

V.  Metodo  di  misurare  i  Poligoni  piani  .  Pavia .  Dalla 
Stamperia  di  S.  Salvatore.    1787.  8.". 

VI.  Adnotationes  ad  Calculum  Integralem  Euleri  .  Tici- 
ni .   Ex  Typographia  Petri  Galeatil  .   Anno  MDCCXC  .   4."  . 

VII.  Adnofationum  ad  Calculum  Integralem  Euleri  pars 
altera.  Ticini  MDCGXCII.  Ex  Tipographia  Hered.  Petri  Ga- 
leatii.   4.°. 

VIII.  L'Invito.  Versi  sciolti  di  Dafni  Orobiano  a  Lesbia 
Cidonia  .   In  Pavia  per  Baldassare  Cornino  .    1793.  4°  • 

IX.  Problemi  per  gli  Agrimensori  con  varie  soluzioni  .  In 
Pavia  MDCCXCIII.   Presso  Baldassare  Cornino.  8.°. 

X.  Annotazioni  all'  Opere  matematiche  di  Volfio,  inserite 
nella  ristampa  che  di  esse  Opere  fu  intiapresa  in  Verona  ver- 
so 1'  anno  1795  ,  e  compita  per  gli  Eredi  Moroni  verso  il 
1801.  Verona.   1790.  4-°- 

XI. 


XI.  Lettera  all'  Illustrissimo  Signor  Don  Annibale  Becca- 
ria Patrizio  Milanese  con  alcuni  problemi  Geometrici  sciolti 
col  solo  cen  Ilio  senza  la  regola  .  E'  inserita  nel  Giornale  Fi- 
sico-Medico di  L.  Brugnatelli  per  l'anno  1795.  Pavia.  Ga- 
leazzi  . 

XII.  La  Geometria  del  Compasso  .  Pavia  ,  anno  V.  delia 
Repubblica  Francese  (  1797)  •  Presso  gli  Eredi  di  Pietro  Ga- 
leazzi  .   8.°  . 

Xin.  Notizie  generali  del  nuovo  sistema  dei  Pesi  e  Mi- 
sure dedotte  dalla  grandezza  della  Terra  .  Milano  .  Anno  VL 
R.  (  1798  )  .  Presso  R.  Netti  .   8."  . 

XIV.  In  Obitu  Bordae  Viri  celeberrimi.  Elegia.  Parisiis. 

XV.  Spiegazione  Popolare  della  maniera  colla  quale  si 
regola  1'  anno  sestile  o  intercalare  ,  ed  il  cominciamento  dell' 
anno  Fiepubblicano  .  Memoria  inserita  nel  Tomo  IX  della  So- 
cietà Italiana  delle  Scienze  .  Modena  presso  la  Società  Tipo- 
grafica MDCCCII.    4.' 

XVI.  Versi  sciolti  indiritti  alla  Contessa  Paolina  Secco- 
Suardi  Grismondi  nel  mandarle  un  esemplare  dell'  Opera  sul- 
le Volte  ,  insei-iti  nelle  Memorie  appartenenti  alla  Vita  ed 
agli  Scritti  dell'  4b.  Lorenzo  Mascheroni  scritte  daf'P.  Giam- 
batista  Savioli  C.  R.  B.    Milano   1801.  Galeazzi  . 

Opere   Inedite  . 

Memoria  sulla  Integrazione   di   alcune    foi'mole    differen- 
ziali per  mezzo  di  Serie  convergenti . 

Trattato  sulle  misure  delle  Piramidi   triangolari .   (  Incom- 
pleto }  . 

Maniei"a  di  descrivere  le   Ovali  per  via    di  più    archi    di 
cerchio  . 

Tavole  per  calcolare  le    equazioni    della    Geometrìa    del 
Compasso  . 

Due  qu'internetti ,  contenenti   molte    proposizioni  sul  cer- 
chio e  sul  cono  . 

Del 


Del  Calcolo  delle  Tangenti  . 

Ricerclie  sopra  varie  serie  di  funzioni  circolari  . 

Problemi  sulla  cubatura  generale  dei  solidi  ,  le  sezioni 
parallele  dei  quali  riescono  poligoni  rettilinei  . 

Metodo  per  (ar  converger  le  Serie  . 

Osservazioni  sopra  la  Memoria  di  Gregorio  Fontana ,  so- 
pra la  somma  di  alcune  serie ,  inserite  nel  Giornale  Fisico- 
Medico  nel  Dicembre   1792,. 

Sopra  una  superficie  immaginaria  espressa  da  una  formo- 
la  reale  . 

Fragmento  del  discorso  preliminare  alla  Statica  degli  Ar- 
chitetti . 

Annotazioni ,  correzioni  ,  ed  aggiunte  alle  nuove  ricer- 
ehe  suir  equilibrio    delle  Volte  . 

Memorie  di  direzioni  j^er  rilare  il  trattato  sull'equilibrio 
delle  Volte  . 

Dell'  equilibrio  dei  corpi  combacianti  sui  piani  retti  . 
'  Alcune  osservazioni  sopra  varj  principj  di  Statica  ,  e  lo- 
ro vincolo  . 

Delle  leggi  della  frattura  dei  corpi  perfettamente   rigidi. 

Principj  generali  dell'  equilibrio  . 

Sulla  Catenaria  . 

Calcolo  per  misurare  il  numero  dei  quadrelli  Necessari 
alla  fabbrica  della  cupola  del  Duomo  di   Bergamo  . 

Raccolta  di  Problemi  ,  e  Teoremi  di  Geometria  ,  di  Al- 
gebra ,  e  di  Calcolo  sublime  . 

Molti  quinternetti  contenenti  delle  memorie  sopra  varj 
punti  di  Matematica  e  massime  di  Architettura  ,  e  di  Sta- 
tica, tratte  da  varj   Autori  . 

Note  alla  Geometria  di  Le-Gendre  . 

Soluzione  di  varj  problemi  di  Geometria  . 

Raccolta  di  Orazioni  recitate  in  occasioni  di  licenze  d'In- 
gegneri ,  e  d'  Agrimensori  . 

Raccolta  contenente  varj  Sonetti,  Canzonette,  Epigram- 
mi ,  ed  il  primo  canto  sui  mascheroni  . 

No- 


LV 


Note  di  Calcolo  Integrale  (  sembrano  <f  altra  mano  ) 
Esistono  presso  di  parecchi  Amici  o  Scolari  di  Mascheroni 
altre  sue  inedite  produzioni  così  matematiche  ,  come  poeti- 
che ,  delle  quali  però  non  ci  è  giunta  distinta  notizia  . 


3 

44 

56 

57 
65 

73 
io5 

no 

128 

i35 

i4r 
i56 
204 
q88 
3o5 
3r6 
3a6 
34fs 
378 
383 
5i5 
Sai 
Sui 
540 

547 

S5i 
627 
654 


35 


Lin. 

ERRORI 

C( 

DRREZIONI . 

25 

inori 

Inori 

8  ed  altrove 

Bura 

Dura 

i5 

navali 

nasali 

penultima 

è   il 

e  il 

la 

la  guida 

lo  guida 

I 

voce 

foce 

ao 

tutte 

tutta 

I 

dell'  acqua 

dall'  acqua 

ai 

0  ninnato 

0  muriato 

aa 

acidi 

aridi 

aa 

calor 

color 

33 

faringe 

laringe 

14  e  i5 

polmori 

polmonari 

'9 

entravano  . 

Le 

entravano  ,  le 

ultima 

alcolo 

calcf'o 

I 

etsendo 

estendo 

^ 

quello 

quelle 

3/ 

vedute 

veduti 

a3 

vegete 

vegeti 

26 

sciolte 

sciolta 

II 

disaminarlo 

disaminarle 

3 

atris 

atriis 

5 

M 

^^ 

7 

dicono  di  genere  ogni 

dicono  ogni  genere  di 

ag 

manzeti 

mangeti 

ultima 

tament 

tamcii 

ai  colon. 

pestato 

pestata 

destra 

Note 

(^)     (a) 

dove  è  il  h  dee  met- 
tersi l'a  e  viceversa 

'7 

dal 

del 

a? 

forma 

ferma 

» 

eira 

circa 

MExMO- 


MEMORIE 

n  I 

MATEMATICA  E  DI  FISICA. 

SOPRA  ALCUNE  ROSE  PROLIFERE 

Lettera  ni  Ciiiseppr  Maria  Giovkkb 
A  Pompilio  Pozzetti  delle  Scuole  Pia 

Ricevuta  il  di  ag  Giugno  i8o3  . 
Mio  dottissimo  amico 

J-J  la  stagione  appunto  delle  rose  ,  e  sogliono  coloro  die  sì 
amano  regalarsi  scambievolmente  delie  rose  .  Ed  io  non  du- 
bito che  Voi  amiate  me,  ed  assai,  come  poi  sono  conscio  a 
me  stesso  di  amar  voi,  e  non  dico  assai,  ma  ancora  assaissi- 
mo ,  che  di  essere  amato  assaissimo  meritate  .  Gradite  dun- 
que un  regalo  di  rose  ,  e  se  la  distanza  de'  luoghi  non  per- 
mette ,  che  io  ve  le  faccia  così  tenere  come  la  natura  le 
produce ,  e  fresche  e  rubiconde  e  soavi  e  fragranti  ,  gradi- 
tele almeno  in  disegno  su  delia  carta  ,  giacché  non  altri- 
mente  posso.  E  ben  conviene  presentare  un  regalo  di  rose  a 
VOI ,  che  gentile  siete  ed  amabile  come  la  rosa  ;  se  non  che 
potrebbe  qualcuno  dire  ad  un  Segretario  di  una  Società  di 
scienze  ,  e  scienze  serie  e  gravi  non  ben  convenire  di  pre- 
sentar regali  di  gentilezza  .  Ed  a  chi  cosi  obbiettasse  potrei 
Tomo  XI.  A  io 


:à  Sopra  alcune  rose  prolifere 

io  rispondere,  avere  nel  1707  il  Sig.  Marchant  Accademico 
Parigino  presentata  una  rosa  alla  fu  illustre  Accademia  delle 
Scienze  di  Parigi  ,  e  questa  non  avere  sdegnato  di  accettare 
il  presente,  ed  anzi  averne  fatta  inserir  memoria  ne' suoi  at- 
ti .  E  senza  andar  tanto  lungi,  ovver  per  fermarci  alle  cose 
nostre  j  anni  addietro  il  Sig.  Spadoni  fé  dono  di  una  rosa  al 
fu  illustre  Abate  Spallanzani  j,  e  questi  credè  ben  fatto  pas- 
sarne il  dono  alla  Società  nostra,  la  quale  ne  volle  inserito  lo 
scritto  ,  che  il  dono  accompagnava,  ne' suoi  atti  (Memorie  del- 
la Società  Italiana  Tom.  V  )  .  E  vedete  se  possa  darsi  cosa  ad 
altra ,  come  uovo  ad  uovo  ,  simile  .  Quella  rosa  ebbe  il  Sig. 
Ab,  Spadoni  in  regalo  dal  Sig.  Agostino  Pei'siani ,  e  passò  a 
farne  dono  allo  Spallanzani  ,  ed  a  me  ancora  è  venuto  da 
altri  il  regalo  di  una  delle  rose  ,  che  vi  presento  •  Era  anda- 
ta a  passare  alcuni  giorni  alla  campagna  la  mia  Cognata  ,  la 
quale  pure  ama  moltissimo  di  osservar  la  natura ,  e  che  cer- 
tamente ha  occhi  perciò  perspicacissimi  ,  come  le  donne  più 
degli  uomini  gli  avrebbero,  quando  a  studiar  la  natura  anzic- 
chè  a  studiar  le  mode  si  volgessero ,  e  da  colà  mi  mandò  in 
regalo  una  rosa  ,  che  a  lei  parve  meritar  attenzione  ;  ed  è 
appunto  quella  la  quale  voi  vedrete  disegnata  al  numero  i  . 
Era  questa  una  rosa  ,  la  quale  non  avea ,  almeno  al  momsn- 
to  che  mi  fu  data,  né  calice  (a  riserva  di  un  picciol  segmen- 
to ,  che  pur  poteva  essere  residuo  del  rimanente  secco  e 
caduto),  né  poi  organi  affatto  di  fruttificazione,  non  pistillo 
cioè  non  stami,  né  rudimenti  di  essi  ;  in  vece  di  che,  vedea- 
£Ì  sorgere  dal  centro  di  tal  rosa  ,  un  gambo  ,  il  quale  pro- 
lungandosi, e  bellamente  adorno  di  piìi  ordini  di  verdi  foglie 
finiva  per  ultimo  in  un  bottone  ben  grosso  di  perfetta  rosa  , 
sebben  non  fosse  ancora  dischiusa  ed  aperta  .  Avreste  det- 
to ,  che  intorno  allo  stelo  ,  che  portava  il  bottone  della  rosa 
perfetta ,  la  natura  come  per  un  vezzo  vi  avesse  fatto  nasce- 
re un'  altra  rosa ,  in  verticillo  ,  o  meglio  un  giro  di  petali  di 
rose  ,  giacché  non  posso  chiamar  perfetta  rosa  quella  che 
manca    di    pistilli    e  di  stami  .    E    per  verità   pareva   che   il 

^am- 


Lettera  di   Giuseppe  Maria  Giovene  .  3 

gambo  superiore  fosse  una  prolungazione  continuata  del  gam- 
bo inferiore  portante  la  piima  rosa  bella  ed  aperta,  ed  era- 
vi  questa  sola  difìerenza ,  che  il  gambo  superiore  era  non  ci- 
lindrico ,  come  r  inferiore ,  ina  quadrangolare  ,  e  con  quattro 
scanalature,  e  tinto  di  un  color  di  rosa  dilavato:  e  quasi  che 
avesse  rispetto  per  la  rosa,  dal  centro  della  quale  usciva,  era 
senza  le  solite  spine  fino  ad  una  certa  distanza  da  essa.  Voi 
la  vedrete  nel  disegno  ,  che  ne  ò  fatto  tirare  al  meglio  ch«5 
ò  potuto.  Ed  è  questa  l'istoria  della  prima  rosa.  Dopo  alcuni 
giorni  andai  ancor  io  in  campagna  ,  e  dal  rosajo  stesso  dal 
quale  era  stata  tratta  la  prima  rosa ,  mi  venne  fatto  di  racco- 
glierne un'altra^  che  similmente  vi  rimetto  in  disegno  al  nu- 
mero a  .  È  questa  una  rosa  ,  la  quale  à  il  suo  bel  calice  , 
così  come  le  rose  più  o  meno  sogliono  averlo ,  se  non  che 
manca  quella  specie  di  orciuoletto  ,  o  pericarpio  che  voglia 
dirsi  ,  il  quale  turgidetto  contiene  li  semi.  Era  dunque  il  ca- 
lice un  semplice  invoglio  di  un  sol  pezzo  profondamente  ta- 
gliato in  cinque  porzioni,  una  delle  quali,  come  dalla  figura 
vedrete  ,  è  degenerante  in  foglia  ternata  ,  così  come  in  alcu- 
ne rose  suole  avvenire.  Dal  mezzo  pure  di  questa  rosa  si  er- 
ge uno  stelo  j  che  porta  liete  foglie ,  ed  il  quale  va  a  termi- 
nare in  un  bottone  di  perfetta  rosa  simile  al  primo  sopra 
menzionato  .  E  siccome  sfogliata  ed  esaminata  la  prima  ro- 
sa non  trovai  ,  come  già  vi  ò  detto  ,  né  stami  ,  né  pistilli  , 
né  rudimento  affatto  di  organi  da  fruttificazione ,  così  pari- 
mente è  avvenuto  di  questa  ,  né  più  ,  nò  meno  ,  non  aven- 
do trovato  che  soli  petali.  Ora  io,  non  una,  o  due  rose  mi 
contento  presentarvi ,  ma  bensì  un  mazzetto  di  esse  ,  ed  ec- 
co perciò  passo  a  dire  di  una  terza  rosa  ,  la  quale  non  ò  fat- 
to disegnare  per  non  fare  volume  assai  di  carta  .  Essa  à  an- 
cora il  calice  così  come  ò  detto  della  seconda  ,  e  due  segmen- 
ti di  questo  sonosi  ancora  svolti  in  foglie  a  tre  fogliuzze  l'una, 
a  quattro  l'altra.  Vengono  appresso  li  petali,  ed  alcuni  tut- 
ti belli  e  rubicondi  così  come  le  rose  sogliono  averli  ,  ed 
altri    venati   di    verde   e    di    rosso  ;    e   trovo   alcuni   di   <[ue- 

A  a  iti 


4  Sopra  alcune  rose  prolifere 

sti  petali  dege^ierati  in  foglie,  e  trovo  le  fogliuzze  di  que- 
ste altre  screziate  di  rosso  ,  ed  altre  tinte  nel  margine  dall* 
istesso  colore  .  Neppure  in  questa  rosa  ò  trovato  segno  alcu- 
no di  organi  sessuali  .  Una  quarta  rosa  ò  anche  tagliata  dall* 
istesso  rosajo  ,  ed  è  questa  simile  all'  antecedente ,  ma  non  ha 
te  non  soli  quattro  petali,  né  più,  né  meno,  de'  quali  tre 
£ono  disposti  a  verticillo  intorno  al  gambo  ,  ed  il  quarto  è 
superiore  agli  altri  di  una  buona  linea ,  e  se  ne  sta  cosi  so- 
litario attaccato  allo  stelo  .  Tutti  quattro  poi  questi  petali 
anno  delle  vene  di  verde  .  Ed  è  a  notarsi  questa  particolari- 
tà ,  che  una  delle  foglie  filate  su  per  lo  gambo  superiore  in 
distanza  di  un  buon  pollice  dal  sito  dove  sono  impiantati  li 
petali  ,  à  le  fogliuzze  screziate  di  rosso  e  di  verde  . 

E  non  finiscono  qui  le  rose ,  che  propriamente  voglio 
esserne  liberale  ,  e  passo  a  descriverne  una  quinta  ,  la  quale 
air  occhio  sembra  perfetta  rosa  ,  che  non  è  cosi  delle  terza 
e  quarta  già  descritte ,  e  le  quali  erano  magre  e  di  pochi 
petali  composte  .  A'  ancor  questa  il  calice  simile  a  quello 
della  seconda  ,  che  ò  descritto ,  se  non  che  essendo  quasi  sec- 
co, ad  un  leggier  tocco  si  è  dal  gambo  distaccato,  non  ostan- 
te che  la  rosa  non  sia  ancora  perfettamente  schiusa,  e  li 
petali  si  stiano  avviluppati  insieme  e  come  incollati  tra  lo- 
ro ed  al  gambo  abbracciati  .  Manca  questa  pure  di  organi 
di  fruttificazione  ,  come  le  altre  tutte  ,  ed  in  vece  insiem 
col  gambo  escono  fuori  dal  centro  di  essa  cinque  foglie  ben 
formate  colle  loro  fogliuzze  ,  e  due  di  quelle  cinque  foglie 
sono  connate  nel  loro  picciuolo .  È  notabile  in  questa  rosa , 
che  una  di  quelle  cinque  foglie  da  un  lato ,  in  vece  di  fo- 
gliuzze ,  à  due  petali  ,  che  tali  assolutamente  sembrano  pel 
Jor  colore  ed  odore  ,  e  dall'  altro  lato  à  tre  fogliuzze ,  delle 
quali  essendo  l' una  come  dev'  essere  all'  ordinario ,  l' altra  à 
una  fascia  longitudinale  di  rosso  e  giallo  ,  e  la  terza  tinta 
leggermente  di  rosso  nel  margine  . 

Ma  voglio  finirla  ,  e  dirò  solo  alcune  poche  cose  di   una 
sesta  rosa,  la  quale,  prolifica  ancora  come  tutte  le  altre,  à  U 

ca- 


Letteea  »i  Giuseppe  Maria  Giovenk  .  5 

calice  della  forma  che  di  sopra  ò  detto ,  se  non  che  tre  de* 
cinque  segmenti  di  esso  si  sono  svolti  in  foglie,  ed  una  dì 
queste  con  quattro  ,  le  altre  due  con  tre  fogliuzze  per  cias- 
cuna .  E  vi  è  questo  di  particolare  in  questa  rosa  ,  che  uno 
de' petali  perfettamente  ellittico  ,  è  così  come  le  fogliuzze 
sogliono  essere  ,  ed  è  verde  in  mezzo  ,  nel  margine  poi  in- 
torno intorno  è  rosso  di  amaranto  ed  irsutissimo  dalla  sua  base 
fino  ad  un  buon  terzo  .  Non  voglio  però  lasciar  di  accenna- 
re avere  io  fatto  bollire  in  acqua  gli  steli  ,  e  quindi  quelli 
disseccati  ,  aver  trovato  la  midolla,  ed  il  legno  andarsene  drit- 
ti per  li  fatti  loro ,  mostrando  di  non  essersi  dato  veruno  fa- 
stidio, e  di  non  aver  preso  parte  alcuna  nella  formazione^di 
quelle  rose  prolifiche ,  ed  avervi  solamente  notata  come  nn' 
annodatura  negli  strati  corticali ,  dalla  quale  annodatura  par- 
tivano e  calice  e  petali  . 

Dalla  breve  descrizione,  che  delle  mie  rose  ò  data  co- 
sì come  meglio  ò  potuto,  rileverete  bene,  mio  gentilissimo 
Amico,  esser  desse  molto  simili  a  quella  descritta  dal  Sig. 
Marchant,  ed  alla  seconda  del  Sig.  Abate  Spadoni,  ed  all' 
altra  accennata  piuttosto  ,  che  descritta  dal  Sig.  Duhamel 
nella  sua  fisica  degli  alberi  ,  ove  se  ne  trova  ancora  una  fi- 
gura (  Lib.  3  Gap.  3); 

Ora  volendo  io  ragionare  alcun  poco  su  queste  rose,  e 
già  mi  piace  allungar  la  lettera  ,  perchè  mi  piace  assaissi- 
mo trattenermi  con  voi  ,  e  con  voi  ragionare  di  cosa  tanto 
graziosa  ed  odorosa,  quanto  la  rosa  è;  dico  sembrare  alla 
prima  riflessione  Ja  singolarità  di  queste  rose  non  in  altro 
consistere  ,  ne  da  altro  doversi  ripetere  ,  se  non  da  un  giuo- 
co di  trasformazioni  ,  o  degenerazioni  che  vogliansi  dire ,  sic- 
come del  calice  in  foglie ,  così  delle  foglie  ancora  in  peta- 
li .  E  per  verità  a  starne  alla  descrizione  datane,  non  sono 
forse  alcuni  segmenti  del  calice  trasformati  ,  o  meglio  ancor 
direi,  allungati  in  foglie?  E  non  possono  dirsi  alcune  di  quel- 
le foglie  semipetali  per  il  loro  colore  e  forma,  ed  alcuni  di 
quei  petali ,  non   si   possono  dire  similmente    semifoglie  ?    Nà 

do- 


L»  Sopra  alcune  rose  prolifere 

dovrebbe  ciò  farne  a  noi  grande  meraviglia  ,  giacché  final- 
mente e  foglie  e  petali  sono  estensioni  e  sviluppi  degli 
strati  corticali  ,  quando  talvolta  veggiamo  gli  strati  ancora 
degenerare  in  petali  ,  come  avvenir  suole  ne'  fiori  che  di- 
consi  stradoppii  ,  Ma  pure  quantunque  a  primo  aspetto  un 
tal  dire  sembri  ragionevole,  e  lo  è  in  fatti,  poiché  la  cosa 
va  così  in  parte,  nondimeno  non  soddisfa  interamente,  e  non 
basta  a  spiegar  tutto,  per  quanto  io  ne  penso.  Non  si  tratta 
in  fatti  di  alcuni  petali  così  come  sia  intorno  allo  stelo  dis- 
posti ,  e  li  quali  possono  credersi  degenerazioni  ,  ma  si  trat- 
ta bensì  di  un  calice  tagliato  a  cinque  pezzi  presso  a  poco 
come  suole  essere  ,  e  di  molti  e  molti  petali  ,  e  di  tanti  , 
quanti  una  rosa  siiole  averne,  sicché  piena  rosa  possa  e 
debba  dirsi  ,  mancando  solo  gli  organi  della  fruttificazione  , 
e  niente  più  .  Che  però  ,  se  si  volesse  pur  dire  giuoco  di  me- 
tamorfosi nella  terza  ,  e  quarta ,  ed  anche  nella  sesta  rosa  , 
ripugnerebbe  certamente  il  dirsi  della  prima,  della  seconda, 
e  della  quinta  ,  le  quali  perfette  rose  si  possono  dire  ,  e  tali 
air  occhio  compariscono  .  Molto  meno  potrebbe  dirsi  giuoco 
di  degenerazione  nella  prima  rosa  del  Sig.  Ab.  Spadoni  ,  la 
quale  avea  pure  gli  stami  ,  e  poi  in  vece  di  pistilli  aveva 
una  colonnetta  su  cui  poggiava  un'  altra  perfetta  rosa  ,  dalla 
quale  ultima  ne  spuntava  lateralmente  una  terza  .  Prenderò 
dunque  altra  strada  per  ispiegare  ,  se  a  Dio  piaccia  ,  la  for- 
mazione e  la  nascita  di  tali  rose  ,  le  quali ,  a  mio  credere , 
debbonsi  dire  vere  rose  ,  sebbene  incomplete  ,  che  già  quel 
supporre  germi  dapprincipio  mostruosi  non  mi  va  a  sangue  . 
Ed  a  tal'  uopo  mi  sembra  dover  io  premettere  due  cose  ; 
l'una  delle  quali  è  la  bella  osservazione  del  Sig.  Mariotte,  il 
quale  verso  la  fine  dell'Agosto,  avendo  tagliato  li  rami  di  un 
rosajo  ,  e  tutte  le  sue  foglie,  e  non  essendogli  rimasto  se  noa 
li  bottoni  ,  che  alla  vegnente  primavera  sbucciar  dovevano 
in  rose  ,  avvenne  che  quei  bottoni  si  aprissero ,  e  produces- 
sero rami  soltanto  ,  e  non  già  fiore  alcuno  .  Ciò  prova  dice 
il  lodato  Sig.  Duhamel  ;  dal  quale  ò  tratto  una  tale  espe- 
ri e  n- 


Lettera  bi  Giuseppe  Maria  Giovene  ,  f 

rienza  del  Mariotte  ,  che  li  fiori  non  erano  per  anche  for- 
mati nelli  detti  bottoni,  che  essi  formansi  nell'autunno  ed 
anche  nell' inverno  ,  e  che  il  taglio  de' rami  e  delie  foglie 
essendo  stato  d'impedimento  alla  formazione  de' fiori,,  li  bot- 
toni non  avevano  potuto  produrre  altro  che  rami  .  L'  altra 
cosa  da  premettere  si  è  ^  una  osservazione  che  mi  pare  do- 
versi da  me  fare  ,  e  la  quale  potrebbe  essere  importante  . 
Tutte  le  mie  rose  già  descritte  furon  tagliate  da  un  solo  ro- 
sajo  ;  e  benché  in  quel  mio  giardino  molti  e  molti  fossero 
pure  li  rosa]  ,  in  nissun'  altro  mi  venne  fatto  di  rinvenir  rose 
così  fatte.  E  parimente  trovo j  che  da  un  istesso  rosajo  fu- 
rono pur  recise  quelle  rose  prolifiche  ,  o  mostruose  che  vo- 
gliansi  dire ,  le  quali  descrisse  il  Sig.  Ab.  Spadoni .  Né  sola- 
mente le  mie  rose  furono  tutte  spiccate  da  uà  solo  rosajo  , 
ma  da  quel  rosajo ,  il  quale  attesa  la  sua  esposizione  ^  ed 
attenta  1'  indole  particolare  della  stagione  autunnale  del 
passato  anno  i8oa  ,  che  non  autunno  fu  ,  ma  tepida  prima- 
vera {  essendosi  nel  principio  avute  pioggie  copiose  da  inver- 
no )  avea  dato  nel  novembre  belle  e  g^ioconde  ed  assai  ca- 
re rose  ,  come  poi  si  ebbero  in  decembre  avanzato  e  pere 
e  ciriegie  e  pomi  ed  altrettali  frutti  .  Ora  e  chi  sa  ,  penso 
io  ,  cbe  le  rose  dette  prolifiche  allora  vengan  fuori  ,  quando 
la  costituzione  meteorologica  ,  ovvero  una  combinazione  di 
cause  qualunque  ,  porta  che  vi  sia ,  dirò  così ,  un  periodo 
di  più  nel  corso  della  vegetazione  j  periodo  che  all'  ordinano 
non  suole  ayvenire?  E  non  solamente  ciò  sarà  per  le  rose  , 
ma  per  li  frutti  proliferi  ancora  .  Nel  principio  dell'  autunno 
la  vegetazione  si  ferma  all'  esterno,  e  sotto  agli  ibernacoH  la 
natura  nascostamente  e  nel  silenzio  lavora  suU'  embrione  , 
che  deve  svolgersi  nella  primavera  ventura  .  Che  se  mai  ac- 
cada ,  che  dopo  un  autunno  incominciato  sopravvenga  una 
spezie  di  primavera,  dopo  la  quale  poi  venga  inverno ,  ed  in- 
di di  nuovo  la  primavera,  ecco,  siccome  già  ò  detto,  un  pe- 
riodo di  più  ,  ecco  due  fermate  in  vece  di  una  ,  e  due  con- 
seguenti lavori  nascosti  ,  e  se  la  cosa  lo    porti  ,  due  sviluppi 

nel- 


8  SoPnA  ALCUNE  ROSE  PROLIFERB 

nella  vegetazione  ,  E  che  mai  accaderà  in  tal  caso  ?    Accane- 
rà, che  vi  possa  nascere  una  spezie  di  superfetazione,  la  qua- 
le si  opererà  nella  seconda  fermata  della   vegetazione  ,    e    se 
il  primo  lavoro  non  era  interamente  perfezionato ,  resterà  co- 
sì come  trovavasi  incompleto    ed    imperfetto  .    E    senza    una 
costituzione  meteorologica  ,  potranno  ancora  altre  cause  pro- 
durre delle  sospensioni  nel  lavoro  segreto  della  vegetazione  , 
con  ripigliarsi  poi  da  capo    nuovo    lavoro .    Riunendo    ora    le 
idee    ed    applicandole  all'  oggetto  nostro ,  mi    pare    di    poter 
così  discorrere   e    ragionare  .  Quelli  che  dovevano  essere  bot- 
toni da  fiore  e  da  frutto  ,  si  restano   talvolta ,   come  ò  detto 
avere  il  Mariotte  osservato  ,  ad  essere  semplicemente  bottoni 
da  rami/  quando  la  natura  non  abbia  avuto  né  comodo,  nò 
tempo  da  poter  fiore   e    frutto  preparare  .    Che  se  vi  sia  un 
poco    di    tempo  ed  alcun    comodo ,    si  potrà    incominciare  a 
preparare  il  fiore  ,  ma  non  potrà  poi  intieramente   compirsi . 
In  tal  guisa  il  lavoro  della  natura   si    rimarrà   ad    un    terzo, 
ad  una  metà  ,  a  due  terzi  ;  e    ad    un    terzo  ,    per    cagion   di 
esempio  ,    quando   sieno  preparati  calice    e   corolla  ,  cose    lo 
quali  appartengono  agli  strati  corticali  ,  li    quali   sono    certa- 
mente li  pili  pieghevoli  ad  ogni  lavoro;  a  due  terzi,  quando 
si  abbia  avuto  agio  di  operare  su  gli    strati    legnosi ,    e    così 
preparare  gli  stami;  e  finalmente  sarà    lavoro  compito,  quan- 
do vi  sia  stato  tutto  il  tempo    e    comodo,  perchè  la  midolla 
si  confermasse  in  germe  fruttifero  .   Così    le    mie    rose   avran 
dovuto  essere    state    colpite   e    fermate  al   primo   stadio    del 
lavoro  nascosto  della  natura  ,  la  quale  poi  nella  seconda  fer- 
mata avrà  incominciato  il  lavoro  da    capo  .    Al    secondo  sta- 
dio   avrà  dovuto  essere  stata  fermata  la  prima  rosa    del    Sig. 
Ab.  Spadoni  ,  la  quale    era    fornita  di  stami  ,  e  così  di    altre 
discorrer  si  potrebbe  ,  come  anche  di  frutti  proliferi ,  li    qua- 
li non  sarebbero  che  una  superfetazione  .    Da   quello  dunque 
che  finora  ò  divisato,  voi   ben  comprendete,  mio  incompara- 
bile  Amico  ,    che   io   la  discorro    alla   semplice   ed  alla  buo- 
na .    Ne    sarà  forse   causa   la   mia  vista   corta ,    che    non    si 

esten- 


^  "//«/.  T.XI.p.ij. 


7.V,..  /. 


-Joc.--/ta.(.    T.XI.p.cj. 


Lettera  di  Giuseppe  Maria  Giovene  .  g 

estende  neppure  quanto  una  spanna ,  ma  io  amo  spogliai 
di  ogni  corteccia  di  meraviglioso  li  fenomeni  ,  ed  indi  spie- 
garli il  più  semplicemente  che  si  possa  .  Ma  siano  poi  nate 
come  che  sia  quelle  rose  ,  purché  voi  le  troviate  e  belle 
ed  odorose  e  grate ,  ciò  deve  bastare  a  me  ,  che  non  desi- 
dero se  non  piacervi  >  come  quello  che  sono  svisceratissima- 
mente vostro  ec. 

Molfetta  12,  Maggio  i8o3  , 


Tomo  XI.  B  SO- 


IO 

SOPRA  UN  PROBLEMA  TRIGONOMETRICO 

MEMORIA 

Di    Francesco    Pezzi 

Hìcevuta   il   di   8    Luglio    i8o3. 

PROBLEMA 

Essendo  dato  un  arco  di  circolo ,  multiplo  di  un  altro  ,  tro- 
vare le  più  semplici  espressioni  di  tutti  i  seni  e  coseni  , 
tangenti  e  cotangenti  ,  ec.  disuguali  tra  di  loro,  degli  ar- 
chi sumultipli  di  quelli^  i  cui  seni  e  coseni^  tangenti  e  co- 
tangenti ,  ec. ,  sono  eguali  al  seno  e  coseno  ,  tangente  e 
cotangente  ,  ec.  dell'  arco  dato 


;.  Ooli 


luzione .    Sia    v    la   semicirconferenza    del    circolo    del 
raggio  I,  a  un  arco  qualunque  non  maggiore  di  —  ,    vale    a 

dire  il  minore  di  tutti  gli  archi  ,  aventi  il  medesimo  seno 
e  coseno  ,  ec  Non  parlerò  in  primo  luogo  che  de'  seni  e  co- 
seni in  quistione  ,  perchè  da  questi  derivano  immediatamen- 
te, le  altre  linee  trigonometriche  ;  egli  è  noto  che  gli  archi  i 
cui  seni  e  coseni  sono  eguali  fra  di  loro ,  sono  contenuti  nelle 
Formole  seguenti  . 

sen.  a  =  ±  sen.[  (  a/z  +  i  )  rqr  fl]~  ±  sen.(  2.n?r±  a)      (i) 
co?.  a  =  —  COS.  [  (  2/1  -4-  I  )  3-  ±  a ]  — •  cos.  ( a/zy  ±  a)  (a) 

Nelle  quali   tz  è  un  numero   qualunque  positivo  intiero. 

a.  Se  invece  dell'  arco  a  ,  si  pone  nelle  Formole  prece- 
denti l'arco  multiplo  ma,  non  >  — a-,  m  essendo  un  nume- 
ro qualunque  positivo  intiero,  si  ha 

st-n.  ma  —  ±  sen.  [  {an.+  i):rZf  ma]  =r  ±  sen.  (area- ±  ma)  (3) 
cos.  ma  —  —  cos.  [  (  a/i  +  1)71  ^  ma]—  cos.  (  a/zy  ±  fna  )  (4) 

Ora 


Di  Francesco  Pezzi  .  1 1 

Ora  per  ottenere  tutti  i  seni  e  coseni  degli  archi    bumul- 

tipli ,  si  dividano  gli  archi  precedenti  per  m  ,  e  si  avrà 

,  /  '2U+-Ì  \       .  /unr  \ 

$en.  a  ;  ±  sen.  ( 7ru:a);±:  sen.  ( —  ^)  {^) 

\      ni  J  \  ni  J 

7ri^a\  -,   COS.  ( ±  «  )  (d) 

m  /  \  m  ' 

Fra  le  espressioni  (5)  e  (6) ,  egli  è  d'  uopo  di  distingue- 
re tutti  i  seni  e  coseni  disuguali  tra  di  loro ,  da  quelli  eh'  es- 
sendo eguali ,  devono  per  conseguenza  essere  ricusati  . 

3.  Dico  in  primo  luogo  che  non  si  possono  sostituire  a  n 

per    quest'  oggetto    nelle    espressioni  (5)  e  (6)  ,    che  i  valori 

seguenti 

m  —  I  m  —  a 

»  =  o,ija,3,.... ovvero  ■  (7) 

-  ovvero  —    secondo  che  m  sarà  dispari    ovvero 


2,  2, 

pari ,  in  guisa  che  1'  ultimo  e  più  grande  valore  di  ara  se  m 
è  dispari ,  ovvero  di  2,/z  +  i  se  ni  è  pari ,  sia  =^  ni  —  i  ; 
tale  sostituzione  darà 

sen.  a  ;±  sen. f—;rq:  a)  ;±  sen/  —  a-  it  aj;±sen.r — r  ^La\\ 

/m — I              \                               xTO—  I  \ 

. . .  .  ±  sen.  ( TT^a  \  ovvero  ±  sen.l tt  ±  a  j  (8) 

COS.  a  ; —  cosY—  tt—  aj  •,  cos.f  —  TrdzaJ;  —  cos.  (  — .7  ±<2  J  j 

....  —  COS.  f 7r±a)  ovvero  COS.  ( t  ài  aj       (9) 

Si  prenderà   1'  ultimo  o  il  penultimo    de'  termini    precedenti 

secondo  che  m  sarà  dispari  ovvero  pari  . 

4.    Coi    valori    successivi    dati    qui    sopra    a   n ,    i    quali 

hanno    generato  le  espressioni  (8)  e  (9) ,    non    si  è    supposto 

2.11       nn-h  I 
altro  ,    che  i  numeratori  delle  frazioni    ,  ,  i  qua- 

m  ni  '■ 

li  esprimono  tutti  i  numeri    intieri,    acquistino    conveniente- 

B  a  nien- 


I 


la  Sopra  un  Fiioblema  TracoMOMETRico 

niente  1  valori   successivi    i  ,  2  j  3  , . .  .  m  —  i;o    non  prin- 
cipia questa  serie  ,    perchè  i  valori  che  ne  risulterebbero  so- 

.,!.,..  .   .  .  .        ,      3/1 

no  già  dati  ne  primi  termun  sen.  a  ,  cos.  a  j  m  guisa  che  — 

m 

I 

non  possono  mai  essere  numeri  intieri ,  senza  da- 
re ,  come  si  vedrà  fra  breve ,  dei  valori  o  inutili ,  o  eguali 
a  quelli  già  ottenuti  in  virtù  di  un°  ipotesi  anteriore  dì  n  ■=■ 

m  —  I 
ad  alcuno  de'  termini  della  serie  1,2,  3,  .«.••• 

m  —  iì 
ovvero  » 


t     r       r       ■  2.'i  ^n-\-  l       ^  , 

5.  In  tatti  se  e  —    tessero    numeri    intieri  ,  il 

m  m 

primo  pari  ed  il  secondo  dispari  ,  e  quest'ultimo  non  può  es- 
sere altrimenti ,  i  seni  e  coseni  delle  Formolo  (5)  e  (6)  sa- 
rebbero rispettivamente  eguali  fra  di  loro  ed  eguali  a  sen. a, 
cos.a  ,  in  virtù  delle  equazioni  (i)  e  (a);  essi  devono  dun- 
que essere  rigettati. 

6.  In  generale  egli  è  evidente  ,  che  secondo  la  condizio- 
ne del  problema  ,  si  deve  escludere  ogni  espressione  di  seno 
e  coseno  trovata  con  valori  di  /i ,  maggiori  di  quelli  della  se- 
rie (7)  ,  la  quale  fosse  eguale  ad  ian'  altra  ,  somministrata  da 
qualcuno  de'  termini  di  questa  medesima  serie  :  si  dovrà  si- 
milmente ricusare  qualunque  valore  di  seni  e  coseni  d'  archi 
sumultipli  ,    trovato  in  seguito  di  una    supposizione  a  ara  ov- 

.   are      are  4-  I 

vero  a  a^  +  i  ,  nelle  espressioni   —  ,  ,   il  quale  non 

^  m  m 

fosse  contenuto  nelle  espressioni  (5)  e  (6)  :  perchè  tali  seni 
e  coseni  non  apparterrebbero  più  ad  archi  sumultipli  di  alcu- 
no di  quelli  j  che  sono  espressi  dalle  Formole  (3)  e  (4)  ,  e 
the  sono  i  soli  ,  i  cui  seni  e  coseni  si  uguaglino  fra  di  lo- 
ro :  finalmente  qualunque  espressione  di  seno  o  coseno,  che 
sia  riduttibile  ad  una  espressione    finale    del    seno    o    coseno 

deli" 


Di  Francesco  Pezzi  .  i  3 

dell'  arco  il  più  semplice ,  dev'  essere  al)bandonata  ,  e   si  de- 
ve prendere  quest'  ultima  invece  della  prima  . 

7.  Invano  per  trovare  nuovi  valori  di  seni  o  coseni  d'ar- 

chi  sumultipli  .  si  supporrebbe   —     =    ad  un  numero    dispa- 

ri  =  2.^.  -4-  r  ;    poiché  allora  si  avrebbe 

±  sen.f — jr±  a  )  z:  ±  sen.  [  (  a^H-i  ):T±.a]=  —  sen.a 

E  COS.  ^— w±<3  j  =:cos.  [(aiè  +  I  )7r  ±  fl]n  — cos.a 

/a«4-i           N                  /(a^-^-Ora-hi  \  [^      ,\ 

—  cos.l 7r±a  )=  —  cos.f a-ito  l=+cos.( — 7r±a  J 

Si    ricuseranno    i    quattro    risultati    precedenti  ,   perchè    non 
compresi  nelle  espressioni  (5)  e  (6) . 

8.  Per  la  medesima  ragione  ,  non   si   potranno   prendere 

a«       2»  H-  I  r.      ■         ■  ' 

e   ■  eguali  ciascuno  ad  un    numero  frazionano  :    ai 

m 


m  m 


esauriscano    a    quest'  oggetto    le    seguenti    combinazioni 

2«  ac  ... 

—  =  aè  H ;  m  potrà  esser  pan  o  dispari 

2.71  Ù.C 

—  =  aJ  +  1  4 :  m  dev'  esser  pari 

are  ac  +  i 

-'—  =  ai  -1-  I  H .  m  dev'  esser  disparì 

Dalle  quali  si  dedurranno  quelle  relative  a ,  e    presi 

m  ^ 

i  seni  e  coseni  corrispondenti ,  il  cui  calcolo  per  brevità  qui 

eopprimo  j  si  vedrà  la  verità  deir  asserzione  precedente. 

.ara        2»  -4-  I 
9.  Quindi  —  e  non    potendo    essere    ciascuno  , 

un    numero    intiero  né   un   numero   frazionario  ,    senza    dare 

de' 


i4  Sopra  un  Problema  Trigonometrico 

de'valori  o  di  già  trovati,  o  non  legittimi,  egli  è  necessario 
eh'  essi  siano  in  particolare  delle  frazioni  ,  cioè  n  si  potrà 
al  più  eguagliare  successivamente  ai  termini  della  serie  (7), 
di  cui  a/i  rappresenta  tutti  i  termini  risultanti  pari ,  e  a/i+i 
i  termini  dispari  . 

10.  Or  le  serie  (8)  e  (9),  aventi  ciascuna  m  tèrmini, 
danno  m  espressioni  conformi  alle  (5)  e  (6)  :  ma  le  due  ul- 
time di  queste  sono  doppie  a  motivo  del  doppio  segno  ±  ; 
dunque  il  numero  de'  loro  termini  ,  dai  primi  in  fuori ,  è 
z:a(m — ^x):  la  quistione  è  quindi  ridotta  di  presente  a 
trovare  quante  di  queste  a  (  ra — i)  espressioni,  soddisfaccia-' 
no  al  problema . 

11.  Sia  a  quest'  Oggetto  In  primo  luogo  m  un  numero 
dispari  =  2Ì  +  i  ;  le  espressioni  (8)  e  (9)  diverranno,  pre- 
scindendo dai  primi  termini  sen.«,  cos.a,  che  non  possono 
essere  eguali  ad  alcuno  di  quelli  delle  mentovate  serie 


\ 


— sen.f  — 3-+fl  Vj-sen.f  —j—~'7r—a  )  ; . . .  — sen.f  — ; wnia  )  ;,  ! 

\aA-t-i  /  \2,/c4-i  ^  \2.k+-i    ^    J     1 


^2,/c4-i  '  \3,k-{-i 

2  /e  —  I  \  r     ^k 


sen. 


/a/c  —  I  \  f     1K,  \   \ 

•(   —7— —  TT  -\-  a  j  ;  —  sen.    — ^7—  tt  —  a  )  J 
\a/t-f-i  '  \a/ó4-i  J 

e — cos.f— :t+ <z)  ; -f- cos.f— T— —  ir  +  a);  ...... 

\%k-\-\  J  \2/t-+-i  / 

cos/ — ; T+a  ):.  .  . — cos  {  — ^4-«  ), -t-cosY  — ; a->a  ) 

\2A+i  J  \^k  +  \  J  V2/C-M  J  I 

—ccsf— T — fl  i;+cos.(  — ; TT — fl\...±cos.l  — 5T-a  1;  I 

\2>t+i  J  \2AH-i  y  \2,k^l        /  I 

•  ai  — I  N  f     zk  \      I 

— COS.f     -— w  —  Cl     ]:  +  C0S.  (    — ; TT — a    )     ^ 

\  2Lk-\-i  J  \  a^+i  / 

Egli   è   chiaro    che  i  seni  e  coseni  che  si  corrispondono 


I 


in 


Di  Francesco  Pezzi  .  r5 

in  queste  serie  sono  disuguali  fra  di  loro;  ed  i  seni  equidistanti 
dai  medj ,  sono  eguali  fra  di  loro,  perch'essi  appartengono  ad 
archi ,  che  sono  supplementi  gli  uni  degli  altri  :  or  poiché  il 

secondo   medio  sen./— Tijia  j  è  eguale  al  suo  antecedente 

■en.  (— T  ±:  <2  ^  ,    si    potranno   escludere    i    seni    da    ± 

(^-4-iv                                ,    %k  _i\. 

— : TT  "ÌL  a  \    sino    a  ±  sen.  (— ti  ±a  )    inclii- 

«ivamcnte  ;    ora    i    coseni    che    sono    equidistanti    dai    medj  , 

come  per  esempio   ,    cos.(-^ jr-f-a)  e — cosY-r s — a), 

&c.  aventi  de*  segni  contrarj  ,  ed  appartenendo  ad  archi  sup- 
plementarj  gli  uni  degli  altri j  sono  eguali  fra  di  loro:  dun- 
que   li    potranno    escludere  i    coseni   da    cos.  (— r ir±a) 

smo  a  cos.\— Trdza)  inclusivamente  ;  dunque    le    serie 

(ic)  e  (il)    diverranno,  ponendovi   i  termini  sen. a  e  cos.<z, 

k 

2/1+1 

—  sen.  (  — T  4-  a  )  j  —  sen.  (  — ■ »•  —  a)  ;    -h 

^  a.k-i-1  '  V  a  ^  4-  I  / 

E  cos.a;-cosY— ir  +  a  )  ;H-cos.  {  — ; Tr-\-  a\    ;    —  i 

*=os.  (-,— -  x4-«); ±  cos.  (-r--  a-  +  «  ) 


}>  ('2) 


l6  Sopra  un   Problema  Teigonometrico 

Negli  ultimi  termini  delle  serie  precedenti  (in)  e  (i3),  si 
prenderà  il  sej^no  superiore,  ovvero  1'  inferiore  secondo  che 
k  sarà  pari  ovv^ero  dispari  . 

12..    Sia  in  secondo  luogo  m  pari  =  a/c,    le    espressioni 
(3)  e  (9)  diverranno  ,  astraendo  dai  primi  termini  sen.a  e  cos.a  , 

-^sen.(^n--^?);  +  sen.(—  t  4- fi  )  ; -h + 

.cn.(— ^  +  «)i+ +sen.(-^-^^-aj 

— .sen.C —r-\-a  )  ;  —  spn.(-— -  jt—  «);  —  ..••  — 

k                 V  /  ^'''^  —  ^  \  I 

8cn.(— T-?r±a)  ;  — —  sen.(— ^^-;7-  +  a  j^ 

E-cos.( — 7  ^  +  fl  ) -,  +  COS.  (— ^a-  +  «  )  , ± 

cos.(--T4-a); -^°^-(lFri  ^"^^^    . 

I  seni  o  coseni  che  si  corrispondono  sono  rispettivamente 
disuguali  fra  di  loro  ;  l'ultimo  termine  sen.  ^ — Ti~"^  "  ^  ' 
della    prima    serie  ,  è    eguale  al   primo  della    seconda   sene, 
preso  con  un  segno  contrarioj  cioè  r:  — 1  —  sen.  (  -^  /r  +  «  j  j; 

similmente    il    penultimo    della    prima,    è    eguale    al    secon- 
do della  seconda ,  col  segno  mutato  ;    e  così  discorrendo  ;  al- 

/  a^ —  I  V 

Io    stesso    modo   1'  ultimo    termine  —  sen.  {—^ —  ir  -\- a  ^ 


M- 


della  seconda  serie  è  eguale  al  primo  sen  (^^  -  a  )  del- 
la 


Di  Francesco  Pezzi  •  i  7 

la     prima    serie     col    segno     contrario  ,     e     così     degli    al- 
tri ;    di     più    i    termini    medj    delle    due    serie    sono   eguali 

a±sen.(-  Tr  —  aY,  dunque  le  serie  (14)  possono  essere  es- 
presse nella  forma  seguente 

±  sen.(  -^  ^~-  a);±  sen.  {   -^  ^  +  ^)   '^  ì 

±sen,  (— ;-!r— a)-,± ±  sen.(— »■— «  )  I 

+  ovvero  —  nell' ultimo  termine,  secondo  che  k  saiù  dispari  j.  (16) 
ovvero  pari  | 

^'''"•(   "i"  '^"^  "^  )'  ^  '''"•^  ■^'^  ""*   ^*  ! 

^ '*""•  ("^  "^  ""    )  '  ^  •  *  *  •  ^ '^"' ^"^'^  "^  ""  J 
—  ovvero  +  a ,  secondo  che  k  sarà  dispari  ovvero  pari ,  il  se- 
no essendo  neoativo  • 

La  stessa  osservazione  vale  per  gli  ultimi  ,  penultimi  , 
ec.  termini  della  prima  o  seconda  serie  (i5),  paragonati  ai 
primi,  secondi ,  ec.  termini  della  seconda  o  prima  serie, 
quindi  si  avi'à 

zr.  COS.  (  —  57-  4-  o  )  ;  ±:  cos.  (  — r  jt  +  a  )•,...  ±  cos.(  —  a-— «  )  { 

-^       \u.k  /'  ^2^  /'  ^0.        ì  \^^^^ 

:;;  cos.  (-ra- — a\  ;  ±  cos.  y-—7r~-aj  ;  .  •  •  •  4I  cos.  ^—7  7r-aj  j 
Ora  i  termini  delle  serie  (16)  e  {17),    prescindendo    dai    ter- 
mini ih  sen.( —  ^  —  a)  ,±  cos.  (  — tt—o)  ,  qz  cos.^     ,  7r-a)  , 

preceduti    dai    segni    inferiori    appartengono    ad    archi  ,   i  cui 
multipli,  non  hanno  seni  o  coseni  =sen.  2;ta  ovvero  cos.a^a, 
ma  bensì  gli  hanno  =  —  sen.  aia,  ovvero — cos.  aia;  dunque 
si  ricuseranno,  e  si  avrà^  restituendo  i  termini  sen.fl,cos.a, 
Tomo  XI.  C  sen.fl  ; 


lO                  SoruA  UN  Problema  Trigonometrico 
sen.  a  ;  -h  sen.  (  ^  ^r  —  «  )  i    +    ^en.  {  ^  tt   -^   a  )  ;  j 

+  sen.(^^;r-«  )  ", ±sen.{~,r-a)  \^  ^^^ 

Ne'  due  ultimi  termini  delle  serie  precedenti,  si  prenderà  il 
segno  superiore,  ovvero  1'  inferiore,  secondo  che  k  sarà  dis-  1 

pari  ovvero  pari  ;  e 

I  /  ^  N 

COS. a  ;  —  cos.  (  "^  5^  +  «  )  i  "5-  cos.  (  ^  ^  +  ^  )  ' 

^co9.(-^^  +  o);  .  .  .  .  ±  COS.  (-  X— a)  |.(i9 

o  l I  J 

-cos.(-^:r-a)-,  .   .  .  qicos.(-^p^-«) 

Ne' due  ultimi  termini  precedenti,  si  prenderà  il  segno  supe- 
riore ovvero  F  inferiore  ,  secondo  che  k  sarà  pari  ovvero  dispari . 
i3.  Le  espressioni  (la)  e  (i8)  danno,  la  prima  ^^  + /' 
e  la  secónda  ak  ,  vale  a  dire  ciascuna  m-'  seni  più  semplici 
possibili ,  diversi  fra  di  loro  ,  d'  archi  sumultipli  ;  la  stessa 
cosa  risuha  per  i  seni  e  coseni  forniti  dalle  serie  (i3)e(i9); 
tali  espressioni  sono  le  più  semplici  possibili,  perchè  ottenu- 
te coi  minori  possibili  valori  di  ara  ,  e  di  ara  +  i  nelle  For- 
inole (5)  e  (6)  ;    ma    ciò    indipendentemente    dall'  arco    dato 

via\  or  siccome  quest'arco  si  è  supposto  non  >  —^,  cosila 

inao-'^iore  semplicità  delle    mentovate    espressioni    è  assoluta, 
perchè  gli  archi  contenuti  in  queste  sono  ciascuno,  non  mai 

I  I  "TT 

ma-^eiori  ài  —  tt  •■  sia  ma<—  tt  ^  ovvero  a—  ,   r  essen- 

do  uu  numero  >  i  ^  il  più  grand'  arco  contenuto  nelle  espres- 

8Ì0- 


Di  Feakcesco  Pezzi  .  ly 

sloni  (la)  e  (i3)  è  ^^- ^  +  a  =  f^^j-^ -^r  j~-^  ^  = 

zrk-hi  ,  ,         :t  I 

; TT  ;  e  quest  arco  e  <  — j  ed  e  = —tt,  quando /•=! 

3r(2^-f-i)       '       ^  a  a,        ^ 

ovvero  ma  —  —7F;  similmente  il  più  grand'arco  delle  espres- 

sioni  (i8)  e  (19)  è  -^- ^    +  «  =  (  TT  "^   4^^  ) '^   = 

— i — — , TT,  ed  il  coefficiente  di  tt  e  <— ,    anche   suppo- 

4rk  ^  2.  '■'■ 

nendo  r=  i  ,  cioè  7/za  =  -sr:    inoltre    i    minori    archi    delle 

2, 

serie    in     quistione    sono     positivi  ,     nella    stessa    ipotesi    di 

ma  <  —  tt;    perchè    tali    archi    sono  —, tt  —  a,   ovvero 

a         -^  ayè  4- 1 

I  .  I  I  II 

—fTT  —  a  3  cioè  — TT 7-7 ZTT,  ovvero  — r^r  —  -rT''^y 

ciò  eh'  è  anche  vero  ,  ponendo  r  =  i ,  ovvero  ma  =  —  tt  . 

^  a 

i4«  Se  venisse  proposto  un  arco  ma  >  —  tt  ,  allora  si  ri- 
durrà il  suo  seno  o  coseno  a  quello  dell'  arco  il  più  sempli- 
ce, che  non  sarà  mai  >  — tt  ;    d'  onde  si  dedurrà   il  valore 

a 

di  a  ,  quello  di  711  essendo  dato  ;  e  se  il  seno  o  coseno  così 
ridotto  ,  avrà  il  segno  —  ,  allora  si  cangeranno  i  segni  delle 
espressioni  (la),  (i3)  ,  (18)  e  (19). 

i5.  Si  possono  ora  riunire  i  risultati  precedenti  ,  in  tre 
teoremi ,  due  de'  quali  sono  i  termini  generali  delle  espres- 
sioni (la)  e  (18),  (i3)  e  (19)  ;  tali  teoremi  ci  sembrano  de- 
gni di  attenzione  per  essere  stati  dimostrati  a  priori,  e  per  la 
loro  semplicità  e  vantaggio  di  cui  forse  riusciranno  talvolta 
jieir  Analisi  . 

Teorema  i.    Se  ar  è  un  arco  di  circolo,    m   un    numero 

C  a  in- 


ao  SoPKA  UN  Problema  TaicoNOMETiiico 

intiero,  mx  un  multiplo  di  quest'  arco,  non  vi  sono  che  m 
seni  o  coseni  ,  disuguali  tra  di  loro  ,  d'  archi  suraultipli  di 
quelli  5  i  cui  seni  e  coseni  sono  eguali  al  seno  e  coseno  deli' 
arco  dato  mx  . 

Teorema  a.  Tutti  i  seni  .disuguali  fra  di  loro,  della  forma 
la  più  semplice  possibile  degli  archi  suraultipli  di  quelli  3 
i  cui  seni  eguagliano  quello  dell'arco  dato  mx ,  sono  rappre- 
sentati nella  Forniola 

sen  X-  ±  sen.  /—  a-  ±  (  —  i  )"  :c  ]  (^o) 

Nella  quale  si  farà  successivamente  /z  =0,1,2,  3,.... 

TU I  771        7.71  —  I  m  , 

•  •  .  .  —  ovvero  —  :  ■    ovvero  — ,  seconuo  che  tti 

a  a  a  a 

sarà  dispari  o  pari  :  per  ciascuno  de'  valori  di  71  si  piglierà 
due  volte  1'  espressione  precedente  ,  una  co'  segni  superiori , 
e  l'altra  cogl'  inferiori;  nel  caso  di  ;ì=:o,  delle  due  espres- 
sioni eguali  ±  sen.  +  a;,  non  si  terrà  che  una  sola  sen.ar;  e 

quando  7i  =  — ,  il  valore  corrispondente  essendo  j^  san./- a'-^rj, 
questo  non  si  prenderà  che  una  sola  volta  col  segno  superio- 

771         ^ 

re  ovvero  coli'  inferiore,  secondo  che  —sarà  un  numero  dis- 

a 

pari  ovvero  pari  . 

Teorejna  3.  Tutti  i  coseni  disuguali  fra  di  loro  della  for-« 
ma  la  più  semplice  possibile  ,  degli  archi  sumultipli  in  qui- 
stione  5  sono  dati  dalla  Formola 


cos 


.x  —  {-  iycos.l^7r±x\  (ai) 


Nella  quale  si  farà  successivamente  71  ■=■0,   i,  n. 


m — r 

a 


m    m—  I  771  ,     ,.        , 

tìvvero  —  ; ovvero  —  ,  secondo    che    m  e    dispari   ov-» 

a         a  a 

vero  pari  ;  e  per  ciascuno   de'  valori  di  11 ,   si    prenderà  due       , 

volte    V  espressione    precedente ^    una    coli'  arco  x  preceduto       1 

dal  segno  superiore ,  l'  altra  collo  stesso  arco  avente  il  segno 

in- 


Di  Francesco  Pezzi  .  2,  i 

inferiore  j    trattone  il  caso  di  «  =  o  ,    in  cui    de'  due    valori 

eguali    COS.+  a,  non  si  terrà  che  un  solo  cos.  a  ;  e  nel    caso 

m  TI  /  ^  \ 

di  ni  pan  ,  quando  n  =  — ,  essa  divenendo  -^  cos.  {  —tt  —  vc], 

non  si  prenderà  che  una  sola  volta  col  segno  superiore  ovve- 

ni 
ro  coirinferlore ,  secondo  che  —  sarà  pari  ovvero  dispari  . 

i6.  Dalle  formole  precedenti  (20)  e  (ai),  egli  è  facile 
di  trarre  le  più  semplici  espressioni  delle  tangenti  ,  cotan- 
genti, secanti  e  cosecanti  degli  archi  sumultipli  di  tutti  quel- 
li le  cui  tangenti ,  cotangenti ,  secanti  e  cosecanti  sono  egua- 
li alla  linea  analoga  dell'  arco  mx  ;  e  si  troverà 

tang.a;  =  1:  tang./ —  5r+ «  \  (22) 

cot.  X  =:.  +_  cot.  i  —  7r±.x\  (a3) 

£ec.a;=( — iysQc.i  —  jr-±,x\  (a4) 

cosec.^  =  +  cosec./— 3-+ (— i)''a;\  (aS) 

Si  farà  successivamente    ne'  quattro    termini    generali  prece- 

.                                           m  —  I  m 

denti  ra  =  o,  ij  a,  ..  .  . ovvero  —  ,  secondo  che 

m  sarà  dispari  ovvero  pari  ;  e  per  ciascuno  valore  di  ra  ,  si 
prenderanno  due  volte  questi  terminij  una  co"  sejjni  superio- 
ri ,  1'  altra  cogl'  inferiori  :  nel  caso  di  re  ~  o  ^  de'  dopp]  valo- 
ri eguali  +  tang.  +  .r  j  +cot.^Xj  sec.  ■+  x  ,  ^  cosec.  4-  x  , 
non    si  terranno    che    i   soli   rispettivamente   tang.  x  ,  cot.  x  , 

m 
«ecAT  ,  cosec.  ;rj  e  ove  n^=.  — ,  si  porrà  mente,  che  le  for- 
inole (aa)  e(23)  sono  rispettivamente  eguali  a—  tang.  Ì—tt-x) 

ed  a  —  cot.  1—  7F  —  x\  ed  i  termini  (24)  e  (a5)   diverranno 

±  sec» 


33  Sopra  un  Problema  Trigoa^ometrico 

+_sec.  i--:t  —  ^J,  Z^  cosec.  I — tt — x\  ;  e  questi  non  si 
prenderanno  che  una  sola  volta  col  segno  superiore  ovvero 
coir  inferiore ,  secondo  che  —  sarà  un  numero    pari    ovvero 

dispari . 

17.  Si  potrebbero  per  mezzo  delle  foi'mole  precedenti , 
render  più  semplici  diversi  risultati  dell'  Algebra  ,  e  dare  ad 
essi  un  senso  più  facile  ad  essere  rettamente  interpretati  nel- 
la loro  generalità  .  Fors'  anche  qualche  Capitolo  dell'  Opera 
immortale  di  Eulero  ,  che  à  per  titolo  ,  Introductìo  in  Analysiìn 
ìnfinitorum  ,  ne  riceverebbe  una  non  mediocre  chiarezza 
ed  incremento  ;  ma  temendo  di  allungare  questa  Memoria  , 
oltre  r  importanza  della  materia ,  mi  ristringerò  ad  accenna- 
re solamente  pochi  casi  particolari  , 

18.  Il  nostro  Presidente  Antonio  Gagnoli  ha  dato  nell' 
eccellente  sua  Opera  sulla  trigonometria  ,  la  soluzione  trigo- 
nometrica delle  equazioni  di  2.°  e  3."  grado  ;  e  nel  caso  ir- 
reducibile ,   eh' è  compreso  nella    Formola  x^ — px~t.  q  ^=-  C)  ì 

Egli  trova  per  prima  radice  nel  caso  di  +(7,  x  =  a  y'— /7.sen.^, 
essendo  nelle  tavole  sen.3^  = . •,  ora  la  Formola 

{0.0) ,  in  cui  X  =  Ai  m=3,en=^iy  il  valore  di  re  ==  o  , 
essendo  di  già  esaurito  con  quello  di  sen.^^,  somministra  su- 
bito senz'  altra  indagine  per  le  altre  due  radici ,  gli  altri  due 
seni  sumultipli  ,  cioè  :^sen.  (6o°1fA):  nel  caso  di  —  q^ 
l'arco  j4  diventando  negativo,  sen.^  si  cangia  in  — sen.^, 
e  si  avranno  gli  altri  due  seni ,  ponendo  nell'espressione  pi'e- 
cedente — ^  invece  di  H-^;  quindi  essa  diverrà  ^sen.(6o°+^; 
ora  raccogliendo  in  una  sola  le  espressioni  omogenee,  si 
avranno  nel  caso  mentovato  dell'equazione  x^ — jpx';^g  =  o ^ 


le  tre  radici  seguenti 


x: 


Di  Francesco  Pjezzi  .  2,3 

X  =  ~^  al/  — ^.sen.  (  Co"  -\~  J  ) 

Con  eguale  rapidità  si  trovano   le  tre    radici    dell'   equa- 
aione  s^  —  diz  ~h  cord,  a  a  =  o  ,     ovvero     cord.' —- a    — 

0 

a 
Scord.-r;— a  H-  asen.  a  =  o  ,    assegnate    dal    Chiariselnio    Au- 

tore  ,     dopo    di    aver    Egli    dimostrato    essere    false    le    due 

cord.  I  óo**  H — ó"  <2  J  j  cord.  / /so"  H — ^  a  \  date   per  vere  dal 


^t  1. 

D'  Alembert.  In  fatti  supponendo  z  =  cord.  —  a  =  a  sen.  —a  , 

o  o 

•  1  ^  3  II  ,  .        ,.  . 

SI  ha  sen.' — -  ^ r  sen.  — aH sen.  a~o  le  cui  radici,  es- 

<i  4  ^         4 

sendo  qui    il  raggio  dell'  equazione  eguale  a  quello  delle    Ta- 
vole =  i  ,    sono    cosi    semplicissimamente    espresse,    cioè     i* 

I  a  /  I         \ 

radice  2.  sen.— <z  —  cord.  —  a  ;    a'    a  sen.  160" a)    = 

cord./  liio^ :;- a  I  ;    3"  —    asen.j  60^   -\-  -g- a  )  = 

—  cord.  I  iao°  +  -rr   o   )  • 

ig.  L'equazione  j"  liT  i  =  o  contiene  oltre  la  radice  i  , 
tutte  le  radici  dell'  unità  diverse  dall'  unità  medesima  :  egli 
è  noto  che  a  tale  equazione  soddi-fà  questa  y^cos.-rW^. 
l/—  I  sen.  a:  ,  perchè/'"  =  cos.  nix  -^  y  —  i  sen.  mx  =  ;^  i  j 
quando  mx  —  ^rur  ovvero  {an-\-  \  )7r ,  ir  essendo  la  seuucir- 
conferenza  del  rnggio  i  :  vediamo  brevemente  come  si  debba-, 
no  applicare  rettamente  le  Formole  (ao)  e  (ai)  alla  ricerca 
delle  suddette  radici^  sia  CQ^.  mx  ■=■ -\-  \  ~  cos.  2.!. tt  :  a  quest' 

ipole- 


a4  Sopra  un  Problkma  Trigonometrico 

ipotesi  corrisponde  primitivamente  l'ultima  delle  espressioni  (5) 

e  (6)  ,  ove  a  zz  o  :  e  perciò    ne'  secondi  membri  delle  citate 

Forniole  x  diviene  o  ;  od  invece  di  ra  si  porrà  are,  ii  essendo 

m  —  I 
successivamente  zrojija, ■    ovvero 

772 

—  ,  secondo  che  m  è  dispari  ovvero  pari,  e  quindi 


fi  n 

sen.  X  ~  sen. a- 

m 


COS.  X  =  COS. sr       I 


are           ,  •                   2,n 
y    zz    cos    . 2-±  K — I  sen. jr  (37) 


a  n 

m 

are  ^  2.71 

2-±  K  —  I  sen. 

m  m 

Il  numero  de'  seni  e  coseni  sumultipli ,  diversi  fra  di  lo- 

m  +  i  m 

ro ,  sarà ovvero f-  i  >  secondo  che  m  sarà  dis- 

a  a 

pari  ovvei'o  pari  :  ma  1'  espressione  (27)  ,  oltre  i  coseni  degli 
archi  sumultipli ,  contiene  anche  i  loro  seni  col  doppio  se- 
gno, perciò  ad  ogni  valore  di  n  se  ne  avranno  due  di 
/  ,  e  quindi  in  tutto  m  -\-  i  ovvero  w  -H  a  ,  secondo  che  m 
sarà  dispari  ovvero  pari  :  ma  nel  primo  caso  essendo  sen.  Or 
==  o  ,  questi  si  ridurranno  a  sole  m  radici  diveise,  e  nel  se- 
condo essendo  sen.  Oja-=o,  e  sen. — a-rso,  esse  si   ridurran- 

m 

no  a  sole  tìi  radici  diverse  :  e  1'  equazione  (27)  contiene  tut- 
te le  m  radici  diverse  dell'  equazione  y'"  ■ —  1=0, 

ao.  Sia  COS.  mx  =  —  i  =  cos.  (  are  H-  i  )  ir  :  a  tale  ipotesi 
corrisponde  primitivamente  la  seconda  delle  espressioni  (5)  e 
(6)  ,  e  quella  del  coseno  si  deve  prendere  col  segno  mutato, 
e  quindi  nelle  Formole  (20)  e  (ai)  x  diviene  o  ,    ed    invece 

,  .  m — I 

di  n  si  porrà  are  -4-  i  ,  /j  essendo  =  o,i,a,3j.... ► 

a 

OTvero  ■  secondo  che  m  sarà  dispari  orvero   pan  :    in 

quest'ultimo  caso  il  valore  di  ret= 1  è  dedotto  dalle  se- 

^  rie 


Di  Francesco  Pezzi  .  a5 

rie  (i8)  e  (19),  i  cui  ultimi  termini  nelle  due  prime  serie  de- 
vono trascurarsi  ,  a  motivo  che  sen.^^=o,  e  cos.^  7/  = — i,  k 
rappresentando  un  numero  dispari  ,  e  fornendo  quindi  im 
valore  di  già  trovato  coli'  ipotesi  di   n  =  o  ,    quindi  si  ha  in 

in 
virtvi  de' penultimi  termini /j=i — 1=  —  —   i  ,   onde  le  For- 

a 

mole  mentovate  danno 

a  re  4-  I  "^ 

sen.  X  =  sen. ir  \ 

COS.  X     =   COS.  ■  TT  I 

Tìl  -» 

_  are  •+■!,./  are+i 

E  y— COS. TT-^V — I  sen. v  (29) 

La  quale  esprime  tutte  le  m  radici  dell'equazione  ^""+1=0. 

in — I 
Il  numero  de'  seni  e  coseni  sumultipli  (28)  è — •  -\-  \ 

m+i  m  ,    ,.        . 

=  ovvero  — ,  secondo  che  ììi  e  dispari  ovvero  pari  ;  e 

a/j-l-r 
a  motivo  del  doppio  segno  che  precede    sen. tt    nell'es- 
pressione di  y  ,    cioè   delle  radici  in  quistione  ,  il  loro  nume- 
ro sarà  di   w  -h   i  ,    ovvero  di    m,    secondo  che  m    sarà    dis- 
pari ovvero  pari  :  ma  nel  primo  caso  ,   1'  ultimo   valore    di  n 

dà  sen.— 5r=  o  ;  dungue  esse  si  riducono  in  ambi  1  casi  a /» 
m  -^        . 

radici  diverse  ,  conformemente  alla  teoria  delle  equazioni . 

11  doppio  segno  è  scomparso  nelle  espressioni  (26)  e  (2,7), 
poiché  questo  è  introdotto  nelle  formole  (3)  e  (4)  dall'  arco 
ma  che  qui  è  =  o  :  nella  formola  (2,)  si  ha  —  cos.  ma  =  — . 
cos.o  =  —  X  =  cos.  (a/i  +  i)tj  quindi  il  simbolo  cos.(3«+i)y, 
resta  positivo  . 

ai.  All'equazione  /"  =  rh  i  soddisfa  T  equazione  j"  = 
cos.:r  —  ^/  —  I  sen.x,  essendo  l'arco  mx  =  imr  ovvero 
(are -1-  i)a-,  secondo  che  vale  il  segno  superiore  ovvero  l' in- 

Tomo  XI.  D  fé- 


a6  Sopra  un  Problema  Tricowomht*igo 

ferioie  ;  né  si  può  invece  dell'  arco  {2.n-hi)7r  ,  il    cui    coseno 
corrisponde  all'equazione  7"  =  — I  ,  prendere    l'arco    a/iTr, 
come  per  l'arco  a  re  tt  ,  il  cui  coseno  corrisponde  all' equazio- 
ne j""  —  H-  i  ,  non  si  può  prendere  1'  arco  (  are  +  i)  r  ;  e  ciò 
per  la  ragione  che  nella  formola  7"  =  (cos.x  ± /—  i  sen.jr)"' 
=  cos.mx±x/—i  ian.mx,  cos.t  e  cos.mx  sono  necessariamen- 
te   positivi  :    poiché    in    generale    sarebbe    falsa    1'  equazione 
7"  =  (— cos.:i;±v'  —  I  sen.x)"  -  —  cos.TO:r±v/— isen.mx  :  nien- 
temeno v'  ha  modo  di  trovare  tutte    le    radici   in    quistione  , 
prendendo  nel  caso  di  m   dispari ,  inversamente  1'  espressione 
deci!    archi    precedenti  .    In    fatti    moltiplichisi    l'   equazione 
(cos.a:±/— isen.a;)'"=:cosma:±^/— isen.772a;  per  (—1)   ,  si  avrà 
(— cos.x3pv/— isen.a.)"'=C— i)"'(cos.m^±/--isen.mx),  e  quindi     ^ 

(— cos.x±v/—  I sen .xy''-cos.2jnx:^V—  ^ ^en .amx  "ì  ' 

i—ccs.x±l/-  I sen .x)*'"-^'^— cos.(ara4- 1 )x±^—ise,n.{am+i)xS 

Perciò  essendo  proposta    1'  equazione  y'"  =  ±  i  ,   vi  sod- 
disfarà   il    valore    /  =  —  cos.a:  ±  y'  —  i   sen.^r  ,    poiché  7"  = 
(-ly  (cos.mx  ZfV  —    ^   S(tn.fnx)-±  l  ,  purché  suppongasi 
l'arco  multiplo  mr  —  o-mr  ovvero  (a/z+O^,  m  essendo  pan, 
quando  7""  =  +  i   ovvero  —  i  ;  ed  in  questo    caso    gli    archi 
multipli  sono  li  stessi  di  prima  (  n.°  19  )i  ed  i  valori  di  7  sa- 
ranno pure  li  stessi  che  quelli  contenuti  nelle  formole  (27)  e 
(29)  ,  purché  per  i  coseni  negativi    si    prendano  i  coseni    po- 
sitivi corrispondenti,  e  tali  valori  si  troveranno   scritti  in  un 
ordine  inverso  :  nel  caso   poi    di    m  dispari    l' arco    multiplo 
mx  sarà  — (are+i)»-  ovvero  are;»- ,  secondo  che  7"=-+-!   ovve- 
ro —  I  ;  ed  allora  si  avranno  gli  archi  multipli  nel  senso   in- 
verso di  prima  (  n.'^   19)  :  ma  se    ai  coseni    negativi  si  sosti- 
tuiranno quelli  de' supplementi  ,    si   troveranno    anche    qui    1 
medesimi  valori  di  prima   (n.°  19),    ma    scritti    nell'ordine 
inverso  :  ne  ometto  il  calcolo  per  brevità,  ed  ho    voluto   fa- 
re quest'  osservazione  in  grazia  della  generalità    dell'  Algebra 
e  della  giustezza  de' suoi  risultati. 

aa.  Se  per  la  soluzione  di  qualche  problema    occorre  di 
riunire  in  una  sola  espressione  le  formole  (ao)  e  (ai),  si  por- 


rà 


Di  Francesco  Pezzi  .  47 

rà  mente  ài  giustamente  conformarle  alla  natura  del  medesi- 
mo ;  si  sa  ,  a  cagion  d'  esempio ,  che  tutte  le  radici  m'"' 
della  quantità   a+b-/ — i  ,    sono    contenute   nella    formola  (*) 

^(«4- V-0=   [/  ('^*^-^')(<^°^-;^  -^  /-i  sen.^) 

ove  per  x  si  possono  prendere,  non  già  indistintamente  tutti 

b  a 

eli  archi  che  hanno  il  medesimo  seno -rr^— -77;,  e  003.-77—77-77:» 
=■  ^(a  -hb  y  y'{a  -\-b  f 

ma  solamente  quelli  fra  questi  archi  ,  che  avendo    il    seno    e 

coseno  prescritti ,    sono   conformi  alla    natura    della    formola 

in  quistione  :  ora  la   legittima   deduzione   di  questa    suppone 


X 


intrinsecamente  che  tanto  cos.o:,  quanto  co». —  siano  positi- 
vi, somigliantemente  a  ciò  che  osservammo  nel  n.°  ar  ; 
perciò  dalla  formola  (i2i) ,  egli  è  necessario  di  escludere  tut- 
ti i  valori  di  ra  che  danno  de' coseni  negativi,  vale  a  dire  che 
devesi  supporvi  n  pari  ;  allora  un'  eguale  supposizione  dev'  es- 
ser fatta  nella  formola  (2,0)  ,  affine  di  avere  gli  stessi  archi  ; 
quindi  V  espressione  precedente  diviene 

Y   {a+by/—i)-\/  la^-hb^jUoi. +v/— isen j    (3i) 

_         ,  b  a 

Essendo    sen.a:  =    ,.  ,     77-  e   cos.:r  =  —7-1 — f^ 

Ove  per  ottenere  tutte  le  m  radici,  si   porranno  successiva- 

niente  per  n  1  valori   o  ,  i  ,  2  ,  3  ,  .   .  .  ovvero    — , 

a  a 

secondo  che  /ra.sarà  dispari  ovvero  pan,  prendendo  ad  ogni 
valore  di  n  due  volte  l'espressioni  (3i)  e  (Sa)  ;  una  co'  se- 
gni superiori  ,  e  I'  altra  cogli  inferiori ,  eccettuandone  il   caso 

Da  di 


(*)    Veggasi  fra  le  altre  1'  ercellen-  hi  per  titolo  :  Elementi  di  Algebra  . 

te  opera   del  Socio  Pietro   Pdoli  ,      che 


a,Q  Sopra  un  Problema  Tkiconqmetkico 

di  «  =  o  ,  e  quello  di  /i  =  —  ,  in  cui  de'  doppj  valori  eguali 

,    X  X  /_t_^\  /^\ 

co&.±: —  ,  ±  sen.  ±:  —  ,  e  cos./:t  ±  —  I  ,  ±sen.(a-±—  |  ,  non 
xìi  m  \        m  /  \       m  I 

»e   ne    terrà    che    un    Eolo    rispettivamente,    cos.— •  ,    sen.— ■ 

*  m  tu 

X  X 

€• — COS.—"  ,  —  sen.—  . 
m  m 

Paragonando  ora  brevemente  alla  Forma  1/  («2+^/ — i) 
quella  della  radice  z  =[/[-  ^?  +  | /(^y-— )l^-'] 

del  3.°  grado  z^ — p  z-\-  q  ^o    nel  caso    irreducibile,    si    ha 

,en.  X   =  -— ^—  j/  ^--,-  ,  j  ,  e  cos.^  =   -— 

xV  xV 

e  riunendo  ì  due  valori  di  y     (^+^/ — 1)  e  y    (a — b-^ — i), 

*'"''',  2.nT±x  . 

si  ha     s  =    1/   (il  -\- ò  )cos. ,     cioè    le    tre    radici 

r  m 

2  =  2  J/   Y  Z'  COS.  —,  a.  y  -w  p  •  COS.  (    12,0'*  4-    '^   J  , 

2.  1/    —p  .cosi  lao'  —  ~  )  ♦  ovvero  z  =  a  1/    —p.  cos.  —  , 

—  a  J/   ^/?.  cos. (60"—  v).  — a|/    -;?.cos./ 60° -1-  -ì   , 
Le  quali  sono  identiche  con  quelle  del  n.°  18,  poiché  essendo 
allora —  (=  P)  il  seno  dell'arco  SA,  e  qui  invec© 


^}>]/~ 


la 


Di  Francisco  Pezzi  .  ag 

la  medesima  quantità  col  segno  contrario  rappprsenta  un  co- 
seno ;  e  perciò  se  sen.SA  =:  P  ,  e  cos  .r  =  — P,  si  ha 
cos.^  =  —  cos.(  90^  —    3A  )   z:  cos  (  cjo'^   -4-   3A  )  ;  donde 

X 

4f  =  go°-f-3A,  e  —  =  3o°  H- A  ,  questo    valore    essendo  so- 

stituito  nelle  tre  radici    precederti,  si  troverà  ch'esse  coinci- 

duno  con  quelle    del    n"    18,    e    ciò    nel    caso    di    -+- ^  ;   in 

.r  .       . 

quello  di  — q  sì  ha    ■—  =  3o^ — A,  e  la    stessa    sostituzione 

ò 

darà  la  coincidenza  di  queste  radici  colle  mentovate  del  u^ 
l8,  nella  medesima  ipotesi. 

a3.    Se    nella    formota  (3i)    si  fa  successivamente    b  = 

I 
l?  ^/  —    I,    '—  bJ  —    i-,e/z=    —  ,si  avrà 
'  ni 

(a  ±  l>)"  —  y/  {u^  —  b^)  [coì.nx  ±  /  —  i  itn.nx)         (33) 

a                                            b 
ove    cos.x  ~  —r~\ 77-,    itu.x  =     -7-7J — 

e  la  formola  precedente  non  ha  che  un  solo  valore  . 

Se  nella  (3i)  si  fa  successivamente  ^= — ^by/ — l,-'r^/b^/ — I, 
si  avrà 

y  {a+^^h)  =  [/  p_/.j(cos.-— — ±/-  I  sen.  —^  (34) 

m/  ""//  \/        ^ni±.x       ,  Sinfr±.v\ 

>/ («-v/^)=|/  (a'-è)(cos.-^^q:/-i  sen.— ^^j  (35) 

^b  a 

ove  sen.:ir  =  -— —  ,  cos.:r  =-77-7 — 77- 

^/[b  —-a  )  y/{a  — b)    . 

Ciascuna  delle  (':J4)  ^  (35)  ha  m  valori  diversi,  che  ù 
otterranno  ,  prendendone  i  secondi  membri,  come  si  è  prc- 
«critto  al  n°  2,2,  . 

114.  Si  sa  che ,  x  rappresentando  un  arco  qualunque  del 

X 

raggio  r  ,      —  il  suo  sumultiplo , 

X  TTt  se 

t""-*  coi.x   =    a"—*  COS."'  -    —    -  .  a""»  r'  coi."-*  -    -^ 

m  \  VI 


Tn[m 


3o  Sopra  un  Pkoblema  Trigonometrico 

m(m  —  3)        ,    ,  X 

—^ -or~^  A-* COS."--» &c.         (36) 

i.a  m 

per   mezzo    di    questa  equazione  si  avrà  il  valore  di  cos.'-  , 

algebraicamente  ,  cioè   indipendentemente   dalle    tavole  ",    ma 
quali  sono  tutte  le  radici  di  lei  ? 


Essa    è    dedotta    dalla    formola    (  cos..r  i!i  y^  —  i  sen.r) 


=:  COS.  —  ±  1/  —  I  sen.  —,    in  cui  cos..'»;   e  cos.  >- '  non  possono 
m  m  m 

essere    generalmente    negativi   n°  ai  ;  perciò  la  formola  (ai) 

non  può  rappresentare  nella  sua  generalità  tutte  le  radici  della 

(36),  e  bisogna  escludervi,  come  al  (n^aa),  tutti  i  valori  negativi 

di  n ,    e  quindi  si  ha  cos. per  1    espressione  generale 

di  tutte  le  radici  in  quistione  :  risultato  evidente,  e  che  non 
parmi  così  chiaro ,  né  dimostrato  a  priori  nel  Gap.  XIV 
dell'  Introduzione  dell'  Immortale  Eulero  . 

Un'  altra  osservazione  non  posso  passar  sotto  silenzio , 
ed  è  ,  che  la  formola  (ai)  dà  nella  sua  generalità  tutte  le 
radici  della  (36)  nel  caso  solamente  di  m  dispari  :  la  ragio- 
ne a  priori  n'è,  perchè  esiste  la  seconda  delle  formole  (3o), 
o  ciò  eh'  è  lo  stesso  ,  perchè  l'  equazione  (36)    resta    la    me- 

desima  j  cangiandovi  cos. a'  e  cos.  >-  in  —  cos.at  e  — cos."-'  ; 
°  m  m 

allora  i  coseni  negativi,  oltre  i  positivi  della  (ai),  essendo 
ammissibili,  e  sunuiltipli  nello  stesso  tempo  dell'arco  jr,  essi 
tutti  devono  soddisfare  alla  (36)  :  col  fatto  poi  ,  paragonan- 
do Io  sviluppo  de' coseni  della  (ai)  con  quelli  della   formola 

2.n7r±x  ,      ,.         .       .  ,  ,,.      , 

COS. ,  m  essendo  dispari,  si  trova  che  quelli,  che  non 

m 

sono  mutuamente  identici  di  primo  tratto,  nientemeno  si  e. 
guagliano  fra  di  loro  ,  perchè  con  segni  contrarj  appartengo- 
no ad  archi  supplementarj  1'  uno  dell'  altro  :  ne  sopprimo  il 
calcolo  per  brevità . 

a5. 


Di  Francesco  Pezzi  •  3l 

2.5.  Terminerò  con  far  vedere  raccordo  della  soluzione  (34\ 
colla   analoga   somministrata  dall'  algebra  :   ss  si  suppone  ("**) 


|/' 


Si  ha  1/  — t-j —  =q)_,j  =  z*  —  (p j    e   k.  dev'esser  tale  che 
renda  - — ri —   una  potenza  m  esatta  j  in  difetto  d'  altri  valo- 

ri  più  semplici  si  prenderà  jè  =  (a* — b)     *      ,    e   per  deter- 
minare 3  ,  si  ha  l'  equazione 

«— ,    ™  m      _  m  (m  —  3)    __,    ,    „    , 

a'^'-'»    _      _^„_3         _,    _^    _\ '- sT   i  (n* z"—^ 

I  I  .a 

m(m — à)(m — 5)  _. 

I  .  2,  ,  3 

r—i m(m —  r)  [m  —  (r  +  i)][m— (/•+  2.)]...[m  —  (ar—  3i] 
(_i;  ___  __  _       ________ 

m — (ir — I)     r — i     m—i{r — i)  /» 

X^  <?>       ^  =    -  (38) 

r  esprime  il  rango  di  ciascun  termine. 

Considerando    la  precedente    equazione   si    trova    questo 
risultato  singolare  ,  cioè  ch'essa  ha  la  medesima  forma    della 
(36)  :  quindi  essa  esprime  il  coseno  di  un    arco    multiplo  x  , 

z   essendo    quello    del    sumultiplo   —  :    di    fatti    paragonando 
quella    con    questa  si    ha  ^  cos.a;  =  r.m^'  •>  ^  —^iì/  ^  = 


I 
I»» 


a 


(a* — b)        cp     *;  donde  r  =  v^(p,  COS.  X  = — ■^_^  •  •    e    j   == 


COSj 


(•»)  Leegansi  le  linesaioni    fatte  su  sali  ,  nella    eccellente   sua  Opera    «nl« 

questo  punto  d'Analisi,  prinripalmen-  la  Storia  critica    sull'Algebra    Voi.   I. 

te  nel  caso  di  nz:^,  ,  dal  Socio    Cos-  Gap-   YII. 


5a  Sopra  un  Puobleka  TitiGONOMETraco 

X  oc 

COS.*  — — r*=:  — sen.*  —  ;  quindi 

Ora    affinchè    questa    soluzione    coincida    colla    prima    (34)  » 
bisogna  che 

J-         JL  - 

(a — ^)       &       cos    —'  =  (a^ — b)       cos.  —     e 

ir  j^ 

ra^—  bV"  cfT  "^  y  —  I  sen.-    =  (a*  —  Z')""  J  —  i    san'  * 

X  X 

CCS.  *-  ,  -  sen.  -" 

/TI          y  ^  ovvero  r            m       y/(p  ovvero  r 
Le  quali  danno  = ,  = 

cos.  —  sen.  >— 

7?2  m 

Vale  a  dire  i  seni  e   coseni    proporzionali    ai    raggi  ;    dunque 

gli  archi  sono  simili . 

m — I  I  I 

Inoltre  essendo  Z;  (p    *     =    (a*    —    ^)  *     q5     *       ,    si    ha 

^(a»  — èj  ■  ^{a'-  —  T)  •  •  ^  '^  ovvero  r  :  i  ;  dunque  &c.  ;    dun- 

que    le  due    soluzioni   (34)  e    (87)    sono   identicamente   le 
stesse  . 


aJ  a?            .                                            a 
ttos.x  =  -; — ; — —  5  dunque  cos.a;  :  cos.Jf  :  : —      ovvero 


m — I 

2 


ESPO- 


33 


ESPOSIZIONE  ANATOMICA 

DELLE  PARTI   RELATIVE   ALL'  ENCEFALO 
DEGLI  UCCELLI 

TRATTATO    SESTO 

Di  Vincenzo  Malacarne  . 

DELLA    ORIGINE    E   DELLE   DISTRIBUZIONI  PRINCI- 
PALI DE' NERVI  DELLA  TESTA 
1  SPEZIALMENTE 
DE' NERVI   CHE    SERVONO  A'  MOVIMENTI    DEL    GLO- 
BO DEGLI    OCCHI    E  AD  ALTRI  ORGANI 
ALL'  OCCHIO  APPARTENENTI. 

Ricevuto   il  di  IO  Lusjio  180 3. 
CAPITOLO   PRIMO. 

De'  Nervi  motori  comuni  degli  occhi  degli  Uccelli  . 

I.  Udì  solco  apparentìssìmo  scavato  fra  le  gambe  del  cer- 
vello alla  base  del  medesimo ,  anteriormente  al  ponte  del 
VAROLIO  ,  fra  questo,  le  pupille  midollari ,  e  l'imbuto  del- 
la gianduia  pituitaria,  spazio  sfondato,  che  forma  ne' cerebri 
umani  l'Antro  de' nervi  motori  comuni  degli  occhia  cioè  il 
Ventricolo  inferiore  della  Colonna  mìdollar  centrale  ,  si  spic- 
ca questo  paro  di  nervi  ,  che  sono  due  cordoncini  divergen- 
ti assai  robusti  , 

IL  Le  radici  ne  sono  come  le  barbe  finissime  di  due 
pennellini  ,  le  quali  spuntano  da'  fianchi  interni  dell'  Antro  , 
molto  men  convergenti  che  non  ne  spuntano  i  nervi  stessi 
da  pareti  dell'  Antro  nell'  uomo  . 

Tomo  XI.  E  IH. 


34  Delle  parti  relative  allo  ENCErALO  ec. 

III.  Passano  direttamente  ognuno  dal  suo  canto  per  uà 
canaletto ,  che  scorre  sotto  il  pavimento  della  cavità  del  cra- 
nio a'  fianchi  della  prefonda  fossa  della  gianduia  pituitaria  , 
sopra  una  tenue  lamina  ossosa,  che  separa  questi  da  due  al- 
tri canaletti  occupati  dal  par  de'  nervi  Dacrlci  ,  detti  dal 
vulgo  oftalmici  C  Tr.    i.  $■  79  )  • 

IV.  L'  entrata  de'  nervi  motori  comuni  ne'  lor  canaletti 
è  nascosta  da  una  doppiatura  assai  breve  della  Bura  madre  ; 
e  lo  sboccar  nelle  occhiaja  è  alquanto  più  indietro  ,  e  ia 
fiauco  verso  le  tempie  »  della  uscita  ivi  de'  nervi  ottici  . 

V.  Il  nome  motori  comuni  ,  o  sia  Cenommìci  compete 
loro  assai  bene  per  la  quantità  di  fili  ojpe  si  distribuiscono 
a  quasi  tutti  i  rauscolini  appartenenti  all'  occhio  i  si  dirama-, 
no  anche  per  le  tuniche  degli  stessi  globi . 

CAPITOLO     SECONDO. 

Z?c'  Nervi  Patetici ,  e  degli  Accessori  loro  , 

I.  ,,  Tutti  gli  animali  perfetti ,  dice  il  WILLIS  (n)  ,  so* 
,,  no  forniti  di  questi  nervi  ;  „  e  noi  gli  abbiamo  costante- 
mente trovati  duri  ,  sottili  e  lunghi  nell'  oca  ,  nelT  anitra  , 
nel  nibbio,  nel  corvo,  e  successivamente  ne' più  piccioli  ac- 
ceWi ,  come  nelle  galline  ,  ne'  galli  d' india  ,  nelF  aquila  ,  e 
neir  avoltojo  . 

II.  Nascono  per  diversi  filuzzi  dalle  parti  laterali  della 
lastra  midollare  creduta  dal  WIEUSSENS  una  valvula  negli 
nomini  ,  e  che  negli  uccelli  P  ALLER  à  giudicato  far  le  ve- 
ci ,  o  sia  occupar  il  posto,  che  nell'uomo  tiene  la  eminen- 
za quadrigemella  (b)  .  Ma  noi  abbiamo  fatto  vedere  che  an- 
che 


(a)  Cuncta  anim«Ha  perfecta  hi  3 
nsivij  instniuntur  .  Nervor.  descTzpt. 
b-  usui  ._  Cip.  21.  pag.  mlhi  355. 


(i)  Ab  emin^ntia  qnadiigeminatrans^ 
vorsa  stria  nascitur  ,  &  ah  ea  nerrua 
quartiu  •  Textu  XX,  J.  LXXXt 


Di  Vincenzo  Malacarne  •  35 

che  gli  uccelli  anno  l'eminenza  quadrigemella ,  ma  invece  di 
averla  alla  sommità  della  faccia  posteriore  dell'acquedotto  del 
SILVIO  fuor  di  questo  canale,  vi  si  trova  dentro,  e  traspa- 
re candida  nella  lanugine  cenerogaola  del  parete  inferiore 
dell'accennato  acquedotto. 

III.  Non  è  raro  negli  uccelli  più  grossi  veder  uno  o  due 
flluzzi  midollari  per  lato  spiccarsi  dal  solco  ,  che  divide  lon- 
gitudinalmente il  parete  anterior  interno  dell'  acquedotto  im- 
mediatamente dietro  a  quelle  eminenze  midollari  argentine, 
olle  dicevamo  osservarsi  nella  lanugine  (  Tr.  II.  5-  LXXVI  ) 
e  far  le  veci  de' testicoli  del  cerebro  umano  .  Que' filuzzi  do- 
po breve  tragitto  si  uniscono  ,  traforano  i  lati  del  primo  ,  o 
superior  velo  midollare  (  Tr.  II.  5-  LXVIII-LXIX  )  ,  ed  esco- 
no su  i  lati  delle  gambe  del  cervello  ,  dove  congiungonsi  co- 
me Accessori  col  cordoncino  o  tronco  de' nervi  Patetici  (§.  II). 

IV.  Ingrossato  così  questo  paro  di  nervi  mediante  il  con- 
corso del  suo  Accessorio ,  passa  sul  margine  interno  posterio- 
re de'  Talami  de'  nervi  ottici ,  si  curva  al  di  sotto  de'  mede- 
simi e  viene  a  insinuarsi  nelle  pieghe  orizzontali  della  Bura 
madre  (  Tr.  L  §.  LXII  )  ;  nelle  quali  involti  scorrono  lateral- 
mente al  foro  bislungo  de'  nervi  Motori  comuni  e  alquanto 
più  infuori  del  canaletto  loro  (  cap.  i.  §.  III  e  IV)  si  cacciano 
in  un  forellino  ,  che  li  guida  per  una  via  tortuosa  nella  spu- 
gnosità della  sostanza  ossosa  ,  che  fa  il  parete  inferiore  del 
cranio  ,  finché  arrivano  nelle  occhiaja  .  ' 

V.  Ivi  entrano  per  li  due  fori  pateticali ,  che  sono  di- 
stanti un  dall'  altro  nelle  oche  quattro  linee  circa  ,  e  sono 
alquanto  più  bassi  di  que' de' nervi  ottici  (  Tr.  I.  ^.  45),  tra 
questi  e  quegli  de' Motori  comuni. 

VI.  Dirigono  il  corso  loro  verso  i  musculi  del  globo  più 
vicini  al  tramezzo  della  occhiaja,  ne' quali j,  e  specialmente 
ne'  più  bassi ,  diramatisi  per  regolarne  i  movimenti . 


E  a  CA- 


26  Delle  parti  relative  allo  encefalo  ec. 

CAPITOLO    TERZO. 

Xfe'  Nervi  oftalmici ,  più  propriamente  Dacrìci  > 
cioè  Lacrimatori . 

I.  Il  quinto  paro  de'  nervi ,  secondo  il  novero  de'  Padri 
nostri  5  che  n'  era  detto  Trigemello  ,  abbiamo  dimostrato  al- 
trove essere  un  complesso  di  nastri  filamentosi  distinguibili 
in  sei,  e  fors' anche  in  più,  che  uscendo  dalle  braccia  mi- 
dollari del  cervelletto  nell'  uomo  ,  si  applicano  un  sul!'  altro, 
e  tosto  si  contorcono  mollemente,  di  maniera  che  sembra  for- 
marsene un  sol  cordone  :  ma  considerato  diligentemente  ca- 
daun  nastro  nella  sua  origine ,  si  vedoa  nascere  separati  per 
mezzo  di  varie  lische  midollari  traversali  ,  che  ne  fan  cono- 
scere la  differenza  della  medesima,  come  se  ne  vede  poi  dif- 
ferente la  destinazione  tenendo  dietro  con  l'occhio,  e  lo  scal- 
pello a  ciascun  d'essi  fuori  del  cranio.  La  qual  verità  ci 
diede  motivo  a  nominar  tutti  que'  nastri  differentemente  . 

II.  Anche  negli  uccelli  il  complesso  de'  nastri  nervosi 
corrispondente  al  quinto  paro,  o  trigemello  uinuno,  è  un 
molle  cordone  filamentoso,  grosso  assai,  e  facile  a  spippo- 
larsi per  qualunque  delicato  maneggio  se  ne  faccia .  N.^lle 
anitre,  e  nelle  oche,  spunta  dalla  sostanza  cerebrale  appun- 
to nello  spazio  che  v'  à  tra  cadaun  braccio  del  cervelletto , 
e  le  vicine  parti  laterali  del  ponte,  che  notatnnio  esser  poco 
elevato  negli  uccelli  . 

III.  Appena  uscito  dagli  intervalli  angustissimi  delle  la- 
stre midollari  della  sostanza  suddetta  il  complesso  de' nastri, 
prima  che  si  contorca,  se  ne  spicca  il  primo  nastro  superio- 
re ,  composto  di  due  ordini  di  fili,  uno  sovrapposto  all'  altro, 
il  che  fa  un  corpo  negli  uccelli  meno  piatto  che  nell'  uomo  . 

IV.  L'ALLERO,  che  pur  lo  vide,  si  è  confuso  nel  deter- 
minarne la  destinazione,  e  nell' assegnargli  il  nome  avendo 
detto    5,  per  le  medesime  narici   (  dell'  oca  )   scorre   il    nervo 


Di  Vincenzo  Malacarne  .  07 

„  olfattorio  minore  lungo  quanto  il  rostro,  e  getta  rami  qua 
„  e  là  .  È  duro ,  candido  ,  affatto  differente  dal  nervo  oli'at-> 
„  torio  vero  .  „ 

V.  Quindi  ricavasi  che  non  ne  conobbe  se  non  se  un 
nastro,  cioè  l'inferiore,  e  non  ebbe  agio  di  tener  dietro  all' 
ordine  superiore  de' fili  da  cui  quello  è  coperto;  noi  dunque 
continueremo  a  nominare  Dacrico,  cioè  Lagrirnatorio,  il  nastro 
o  sia  ordine  di  fili  superiore,  e  se  dovrassi  dir  oftalmico  s'in- 
tenderà sempre  che  si  parla  di  questo  ,  che  si  apre  verso  le 
orbite  una  strada  obbliqua  e  curva  all' infuori  per  un  cana- 
letto liscio  ,  assai  lungo  ,  scolpito  nelle  parti  laterali  del  pa- 
vimento del  cranio  . 

VI.  L'  uscita  nelle  occbiaja  è  fra  le  aperture  ,  che  vi 
danno  adito  al  Patetico  ,  e  al  Motor  comune  ,  o  Cenommico, 
e  la  faccia  interna  della  spina  (  Trat.  I.  5§.  XIV  XVI   XLIV). 

VII.  Penetrato  in  esse  da' parecchi  rami  a' musculi  vici- 
ni alla  tramezza  dopo  d' essersi  incrocicchiato  col  N.  ottico 
passandovi  sopra  :  e  intanto  che  questi  ne  forniscono  le  glan- 
d  lUi  orbitarie  ,  vanne  il  tronco  a  diramarsi  per  la  terza  pal- 
pebra nictitante  ,  o  am.'nìccante ,  per  la  palpebra  superiore, 
e  per  le  pirti  molli  sovraorbitarie  e  frontali  .  Che  cosa  fa 
di  più  il  paro  oftalmico  ,  o  sia  Dacrico  umano  ? 

CAPITOLO    QUARTO. 

De'  Nervi  Motori  Esterni  degli  occhi  y  detti  nelVUomo 

Exommìcì . 

I.  Alquanto  pii\  grossi ,  ma  assai  meno  robusti  de'  Pate- 
tici ,  questi  nervi  iiascon  dalla  faccia  inferiore  della  midolla 
allungata  ,  distanti  una  linea  circa  il  destro  dal  sinistro  ,  a' 
lati  del  solco  superficiale  ,  eh'  ivi  lascia  scolpito  la  cresta  os- 
sosa  ,  che  nel  piimo  Trattato  di  questa  nostra  fatica  abbiamo 
descritto  sul  margine  posteriore  del  catino  delle  oche  e  delle 
anitre  . 

II. 


38  Delle  parti   relaute  allo  Encefalo  ce. 

II.  Si  portano  dirittamente  in  avanti  incollati  sulla  me- 
tà posteriore  del  Ponte  per  mezzo  della  membrana  aracnoi- 
dèa  ;  né  mai  ò  potato  verificar  che  cadauno  sia  composto  di 
due  nastrolini ,  come  ciò  si  verifica  iiell'  uomo  se  alla  origi- 
ne loro  veiio;ono  esaminati  . 

III.  A  tergo  della  Fossa  della  gianduia  pituitaria  ,  quat- 
tro linee  circa  lungi  dall'  orlo  posterior  della  medesima  ,  in- 
contrano le  bocche  de' canaletti  scolpiti  nell'  osso,  destinati 
a  guidargli  simetricamente  nelle  orbite  . 

IV.  Tali  boccucce  sono  distanti  una  dall'altra  due  linee, 
e  due  dalle  Fosse  sfondate  :  e  i  nervi  Motori  esterni  dopo 
d'  aver  fatto  lungo  tragitto  nella  spessezza  del  pariete  inferio- 
re ,  o  pavimento  ,  o  base  del  cranio  ,  anche  al  di  sotto  della 
Fossa  Pituitaria,  vengono  a  sbucare  nella  parte  posterior  del- 
le orbite  (e)  per  diramarsi ,  non  solo  ne'  musculi  ,  che  muo- 
vono i  globi  verso  l'angolo  temporale  di  quelle  due  cavità, 
ma  eziandio  nella  sostanza  dell'  occhio  ,  potendosen»  segui- 
tare a  occhio  nudo  non  pochi  fili  fui  nella  membrana  co- 
rioidèa  . 

V.  Sono  state  inutili  fin  ora  le  mie  diligenze  per  assicu- 
rarmi del  sito  nell'encefalo  degli  uccelli  ,  dove  il  par  de' 
nervi  intercostali  ,  cioè  il  Gran  simpatico,  trae  origine,  o  a 
commercio  visibile  e  distinto  col  paro  de' nervi  Dacrici  ,  va- 
le a  dir  con  l'oftalmico  de' Padri  nostri,  e  con  quello  che 
descriviamo  ,  cioè  coli'  Exommico  . 

VI.  Abbenchè  questi  nervi  corrispondano  al  sesto  paro 
degli  Antichi  ,  noi  però  non  abbiamo  voluto  disgiungerne  la 
descrizione  da  quella  degli  altri  para  di  Nervi  ,  che  servono 
agli  occhi  i  e  lo  abbiamo  esaminato  immediatamente  dopo  il 
paro  Lagrimatorio ,  per  lasciar  un  luogo  distinto  ,  e  collocar 
neir  ordine  de'  Nervi  appartenenti  al  Rostro  ,  que'  para  ,  che 
vi  si  sarebbono   collocati  importunamente  frammezzo  ,    e  che 

deb- 


(<;)  Trat.  I.  §.  LXXX. 


I 


Di  Vincenzo   Malacarne  .  89 

debbono  ,  secondo  il  mio    debol   parere  ,   esser  a  parte    e   ia 
Una  sc&ione  peculiare  descritti  . 

TRATTATO    SETTIMO. 

De^U  organi   e  de  Nervi ,    che  servono  all'  odorato , 
e  al  gusto  degli  Uccelli  . 

CAPITOLO     PRIMO. 

Del  Paro  de'  Nervi  olfattori  minori  così  detti  dall'  ALLERO^ 
più  propriamente  Erino-M alari  . 

T.  Il  secondo  nastro  nervoso  ,  che  (  Tratt.  VI.  Gap.  III. 
55-  I-  JI»  ec.  )  spiccasi  dalie  braccia  del  cervelletto  vicino  al 
Ponte,  è  il  solo  stato  conosciuto  dall"  immortale  ALLEPv.0, 
e  distinto  col  nome  d'olfattorio  minore.  Vedremo  quanto  a 
proposito  gli  sia  stato  imposto  un  tal  nome  . 

II.  Abbandonato  dalP  oftalmico  (1.  cit.  ) ,  immediata- 
mente si  caccia  nelle  caverne  navali  a  canto  alto  spesso  tra- 
mezzo ossoso  superior  delle  medesime  . 

III.  Ivi  i  due  nastretti  ,  che  costituiscono  questo  paro  ', 
sì  fanno  cilindrici  ,  e  si  accostano  vicendevolmente  mentre 
discendono  a  inguainarsi  nella  sostanza  àe' cornetti ,  che  so- 
no tappezzati  dalla  membrana  pituitaria  . 

IV.  Dirimpetto  alle  narici  esterre  si  congiungono  ,  si 
curvano  in  basso  per  passar  sotto  al  margine  inferiore  del 
forame,  cui  mediante  le  due  narici  nelle  oche  comunicano 
insieme:  intanto  il  volume  loro  ^  come  formando  un  ganglia^ 
n'  è  già  cresciuto  considerabil mente  . 

V.  Perciocché,  quantunque  in  alto  sieno  due  cordoni 
distinti,  in  basso  però  la  sostanza  loro  si  confonde,  si  gonfia 
in  un  tumore  bislungo  :  unione ,  e  confusion  ,  che  serve  a 
Tenderne  rara  ,  spongiosa  la  sostanza  j  e  ad  agevolarne  lo 
«viluppo  della  intima  tessitura  . 

VI. 


4o  Degli  Organi  e  de'  Nervi  ee. 

VI.  Dalla  parte  superiore  di  questo  Ganglio  ,  o  più  vi- 
cina al  dorso  del  naso  (  se  è  lecito  nominar  cosi  la  porzione 
della  testa  dell'  oca ,  dell'  anitra ,  e  degli  altri  uccelli  dal  ro- 
stro appiattito  j  eh' è  jd  davanti  degli  occhi,  e  tra  i  medesi- 
mi si  avanza  piili  o  meno  convessa  ,  prima  che  se  ne  formi 
la  parte  superiore  del  rostro  )  si  distacca  un  grosso  ramo  ner- 
veo  per  lato  ,  scorrente  in  un  canale  ossoso  particolare  a  ca- 
daun  d'essi  rami  nervei  destinato. 

VII.  Quei  canali  si  piegano  insensibilmente  nelle  oche  , 
e  nelle  anitre  ,  verso  i  margini  del  rostro  (cioè  di  quella  por- 
zione del  rostro  ,  che  per  la  sua  mobilità  ne'  detti  uccelli  , 
ne' papagalli  j  e  in  altri,  nomineremo  Mascella  superiore) 
conducono  i  due  nervi  Erino-malari  a  diramarsi  a  raggi  sulle 
dette  parti  laterali  della  Mascella,  piìi  vicine  alla  Unghia, 
che  ne  assoda  e  rinforza  la  appiattita  estremità. 

Vili.  I  Tronchi  principali  poi  di  nuovo,  separandosi  al- 
la estremità  anteriore  del  Ganglio  ,  continuano  paralleli  il 
corso  loro  appoggiati  sulla  robusta  lamina  ossosa  ,  che  fa  la 
volta  del  palato  ,  e  innicchiati  nella  spugnosità  pure  ossosa  , 
che  rinforza  e-rende  spessa  la  mascella  superiore  .  Indi  im- 
mersi in  molle  cellulosa  vanno  fino  alla  radice  dell'  Un- 
ghia poco  fa  mentovata ,  nella  faccia  interior  della  quale  si 
perdono  in  parte  formandovi  un  plesso  reticolato  ;  in  par- 
te si  diramano  su  i  lati  di  quella  a  foggia  di  ventaglio , 
somministrando  fiUizzi  distinti  alle  radici  di  quelle  spine, 
che  a  guisa  di  denti  di  sega  armano  gli  orli  interni  de'  mar- 
gini della  mascella  . 

IX.  Nello  spazio  occupato  da  quel  Ganglio  bifido  (5.  IV. 
VI.  Vili.  )  cadaun  tronco  prende  aderenza  molto  forte  e  te- 
nace alla  sottoposta  lamina,  che  fa  la  volta  del  palato,  per- 
chè se  ne  spiccano  molti  ramuscelli  ,  che  si  gettano  distinta- 
mente in  quella  serie  di  papille  dure  appuntate  che  siegue 
la  Imea  centrale  del  palato  ,  e  ne  arma  simetricamente  le 
faccie  laterali . 

X.  Nelle  Oche  ,  e  ne'  Paperi ,  il  palato  de'  quali  è  tutte 

spar- 


Di  Vincenzo  Malacarne  .  4' 

sparso  di  simili  ineguali  papille  solide  ,  anch'  esse  in  serie 
siinetrica  disposte  ,  non  solo  dal  Ganglio  se  ne  parta  corris- 
pondente numero  nella  serie  centrale  ;  ma  tutti  i  rami  late- 
rali di  questo  par  di  nervi  mandano  alle  altre  papille  gli  op- 
portuni iiluzzi  corrispondentemente  . 

XI.  La  maniera  speciale  ,  distintissima  ,  in  cui  tutti  gli 
accennati  filuzzi,  i  ventagli,  e  i  plessi  reticolati,  che  descri- 
vo ,  si  perdono  e  si  consumano  intieramente  nelle  papille  , 
nelle  spine  a  sega  ,  e  nell'  unghia  del  rostro  di  questi  uccel- 
li ,  dimostra  ad  evidenza  ,  che  sono  produzioni  dell'  addensa- 
ta sostanza  de'  nervi ,  i  quali  si  rendono  sempre  più  duri  e 
saldi  quanto  più  dall'  origine  loro  ,  o  da'  gangli ,  si  disco- 
stano • 

XII.  Dalla  descrÌ2Ìons  del  corso  ,  de'  rami ,  e  del  fine  dì 
questo  par  di  nervi  chiaro  apparisce  quanto  ben  gli  conven- 
ga il  nome  di  Erino-malari  .  E  ci  conforta  a  non  mutar  di 
consiglio  1'  osservare  ,  che  il  WILLIS  probabilmente  lo  avea 
conosciuto  poiché  lasciò  scritto  ,,  Un  ramo  insigne  del  quin- 
„  to  paro  passando  da  tuttaddue  i  lati  per  le  orbite  ,  s'  in- 
j,  troduce  nelle  caverne  del  naso  :  e  un  ramuscello  spiccan- 
,,  tesi  dal  medesimo  si  dirama  ueli'istesso  orificio  delle  nàri- 
„  ci  .  Frattanto  amendue  li  tronchi  principali  dopo  esser  pas- 
„  sati  intorno  all'  osso  cribroso  si  congiungono  insieme ,  e 
„  tornando  subito  a  scostarsi  scorrono  fino  al  termine  dei 
„  rostro  ,  e  si  distribuiscono  per  lo  palato  .  In  tal  guisa  gli 
„  ucccelli  al  par  dell'  uomo  ,  e  del  quadi'upede  sono  fijiniti 
,,  di  doppio  processo  mamillare  ,  eh'  è  organo  in  particolar 
j,  guisa  destinato  al  senso,  che  distingue  gli  odori.  Di  più, 
3,  nelle  caverne  nasali  anno  nervi  Accessorj  proyegnenti  dal 
„  quinto  Para  ,  per  mezzo  de'  quali  ,  e  della  comunicazione 
,5  de'  rami  loro  in  altre  parti ,  ne  nasce  in  questi  animali 
j,  una  strettissima  affinità  fra  "1  senso  dell'  odorato  ,  e  quel- 
„  lo  del  gusto  (a)  . 

Tomo  XI.  F  XIII. 


(a)  Porro    qiium  e  quinto  nervorum      |      oculi   orìiìiam  pertransiens  ,    naris   ca- 
pari  ramus  imignis  in  utroque  lalere ,     \      vernam  in^rediliir ,   e  trunco  ejus  sur- 


42.  Delle  pakti  relative  allo  encefalo 

XIII.  Tali  osservazioni  del  ,WILLIS  ,  e  le  conseguenze 
che  ne  deduce,  sembrerebbe ,  che  non  potessero  essere  state 
ignorate  dall'eruditissimo  ALLERO  ;  sicch' è  veramente  com- 
patibile la  meraviglia  nostra  che  ne  siano  state  poste  in  di- 
menticanza ,  e  che  il  sommo  Fisiologo  abbia  dato  a  que- 
sti nervi  il  semplice  nome  di  Islervo  olfattorio  minore ,  e 
che  si  abbia  contentato  di  farne  brevissimo  cenno  ,  mentre 
che  abbiani  veduto ,  che  servono  poco  o  nulla  all'  odorato  ;, 
conciossiachè  non  danno  rami  ,  né  espansioni  più  apparenti 
alla  membrana  pituitaria  ,  e  con  si  visibili ,  e  numerose  di- 
ramazioni arricchiscono  tutta  la  parte  superior  esterna  ,  in- 
terna ,  e  inferiore  di  tutta  la  porzion  superiore  ,  delle  latera- 
li j  e  della  estremità  nelle  oche  unghiata  del  becco  • 

CAPITOLO    SECONDO 

Descrlzìon  generale  della  porzion  superiore  del  becco  ,  o  rO' 

Siro    degli    uccelli  ,    che    diciamo    Mascella    superiore , 

e  specialmente  di  quella  delle  Anitre  ,  e  delle  oche . 

I.  Ben  mi  accorgo  che  riescirebbe  poco  intelligibile  qua» 
lunque  notizia  fossi  per  dare  del  modo  j'n  cui  si  distribuisco- 
no le  due  precedenti,  e  le  tre  seguenti  para  de'nervi  cerebrali 
state  fino  ad  ora  comprese  sotto  il  nome  troppo  insignifican- 
te di  quinto  paro,  e  di  Trigemelloj,  se  non  premettessi  T es- 
posizione della  struttura  e  della  disposizion  degli  organi  osso- 
si ,  e  de'  molli  per  cui  tutti  cotesti  cinque  para  di  nervi    son 

di- 


culus  emissus  ipsi  narìs  orificio  inipeii- 
ditur  :  interim  ambo  majores  trunci  , 
osse  crilroso  circumdato  ,  mutuo  con- 
veniunt  ,  et  max  ad  invicem  absceden- 
ics,  et  ad  rostri  finem  perdacti  in  pa- 
latum  distrihuuntur .  Ad  hunc  modum 
volucres ,  pariter  ac  homo,  et  quadru- 
pede! ,  pecuUuTi  olfdctus  organo  ,    ge-^ 


mino  silicet  processi!,  mammillari  in- 
struuntur  ;  atque  insuper  intra  nares 
e  quinto  pari  nervos  ascltitias  habent 
quorum  actione ,  et  ramorum  in  alias 
partes  comunicaiione  ,  etiam  in  ipsìs 
strida  adeo  inter  olfactum  ,  et  gu- 
stum  affinitas  contrahitur ,  liSCO  «ir 
tato  . 


Di.  Vincenzo  Malacarne  .  ^6 

diramati,  e  impiegati  .  Per  la  qual  cosa  i  nostri  Leggitori 
cortesi  avranno  presente  alla  memoria  la  mia  division  della 
testa  degli  uccelli  . 

i."  In  cranio,  occhiaja,  e  becco  o  rostro:  poi 

2.°  Come  il  cranio  occupa  la  ragion  superiore,  e  poste- 
rior  della  testa  dal  margine  più  alto  diietano  delle  occhiaja 
fino  alla  sommità  del  collo  : 

3.°  Come  il  cranio  è  diviso  per  maggior  chiarezza  in  di- 
verse regioni,  che  sono  il  vertice,  i  lati,  e  la  base,  la  qua- 
le corrisponde  alla  sommità  del  collo  medesimo  ,  con  cui  si 
articola ,  la  parte  anteriore  quasi  puntuta ,  e  la  posteriore 
gibbosa  ,  alla  quale  nelF  uomo  conisponde  1'  occipite  : 

4'°  Come  le  occhiaja  ,  tra  la  parte  anterior  del  cranio  » 
]e  laterali ,  e  le  braccia  del  becco  ,  che  nomineremo  Fucili , 
esterni  della  mascella  superiore ,  sono  divisibili  in  arco ,  o  sia 
margine  superiore  arcato  \  in  margine  inferiore  o  sia.  piano  j 
in  angolo  posteriore  ,  o  grande ,  eh'  è  vicino  all'  apertura 
esterna  delle  orecchie  ;  in  angolo  anteriore  ,  o  piccolo  (  al 
contrario  di  quello  che  osserviamo  nell'  uomo  )  eh'  è  vicino 
alle  narici  : 

5 .°  Come  le  occhiaja  vengono  separate  per  vìa  d'  una 
tramezza  ,  o  setto ,  in  varie  specie  d'  uccelli  ossoso ,  in  altre 
specie  per  tratto  notabile  membranoso  . 

IL  II  becco,  o  rostro  è  stato  da  noi  già  in  parte  descrit- 
to nel  trattato  I  §5  ^^^  e  IV  come  sta  nelle  anitre  e  nel- 
le oche  ,  ma  soltanto  in  generale  ,  e  superficialmente  ;  però 
diverse  parti  del  medesimo  esigono  più  ampia  esposizione , 
che  qui  daremo  ,  ritenendo  i  nomi  di  mascella  superiore  ,  e 
inferiore  per  quelle  parti,  che  discostàndosi  lascian  aperta  la 
bocca . 

Il    becco  è  diviso  i."  in  radici  inoltrate    sotto  il  cranio: 

3.'  In  ceppo  ordinariamente  coperto  e  circondato  da  una 
peluria  piuttosto  che  da  vere  penne  : 

2°  In  corpo  ,  che  n'  è  tutta  la  porzion    nuda  ;  priva  di 

F  2.  pen- 


44  Delle  parti  relative  allo  encefalo  ec. 

penne  ,  e  di  peluria ,  spaccata  più  o  meno   orizzontalmente , 

la  quale  spaccatui-a  dà  adito  alla 

4-^   Bocca,  i  limiti  esteriori  della  quale  membranosi,  sono 
5.°    Le  commessure  ,  una  destra j  e  una  sinistra. 

III.  Quella  porzione  del  rostro  o  becco  ,  che  corrispon- 
de agli  assi  malari  dell'  uomo  e  del  quadrupede  ,  è  quella  che 
contien  entro  di  se  gran  parte  dell'  organo  dell'  odorato  ,  e 
le  narici  esterne  ,  per  le  quali  entrano  Gon  1'  aria  inspirante- 
sì  gli  efluvj  odorosi . 

IV.  Le  narici  esterne  sono  due  aperture  obblique  ,  per 
lo  più  ovali  ,  dirette  obbh'quamente  in  su  ,  e  indietro  ,  in  al- 
cune classi  d'  uccelli  comunicanti  insieme  per  via  d'  un  fora- 
me, già  da  noi  accennato,  che  si  osserva  nella  tramezza, 
o  setto  (  §  IV  del  Gap.  I  di  questa  sezione  )  delle  narici  , 
alle  quali  sta  dirimpetto  . 

V.  Nel  rimanente  vi  si  notano  due  faccie ,  una  esterio- 
re convessa  al  dorso  verso  le  narici ,  appianata  nelle  anitre  , 
assai  meno  nelle  oche  ,  a  misura  che  se  ne  scosta  ,  coperta 
d'  una  cute  granellosa  ,  spessa  ,  robusta  ,  elastica  ,  nelle  ani- 
tre gialla,  in  altri  individui,  e  più  frequentemente  nelle  oche, 
ora  incarnatella  ,  ora  di  vario  colore  :  1'  altra  faccia  è  inter- 
na ,  o  sia  inferiore  concava ,  fatta  a  volta  ,  tappezzata  pur 
anco  d'  una  membrana  sottile  gialla-incarnata  ,  tubercolosa 
e  disuguale  .  Ne'  Papagalli  ,  e  nelle  Rare  è  scanalata  in  tra- 
verso e  di  color  bruno  .    È  occupata  dalla  lingua  . 

VI.  Le  faccie  della  mascella  superiore  terminano  e  ccn- 
iinano  per  mezzo  d'un  margine  arcato,  che  in  basso  è  taglien- 
te ,  e  guernito  di  denti  di  sega  fatti  da  spine  acute  inclinate 
con  la  punta  in  dietro  ,'  frequentissime  . 

VII.  Varie  radici  à  la  mascella  superiore  tutte  coperte 
di  peluria  ,  o  di  morbide  brevi  piume ,  o  nascoste  alla  base 
del  cranio  nelle  fauci.  La  più  larga,  che  n' è  la  principale , 
è  fatta  da  quelle  lamine  ossose  unite ,  che  cuopron  le  caver- 
ne del  naso  ,  fanno  l'  angolo  anteriore ,  è  il  margine  supe- 
lior  delle  occhiaja  ,  e  vanno  a  unirsi  con  I'  estremità  ante- 
rio- 


Di  Vincenzo  Malacarne  .  ^o 

riore  degli  ossi   della  testa,  che   nominammo   porzion    nasale 
(  Tr.  I  S  VII  )  . 

Vili.  Vi  si  distinguono  tre  apofisl  principali  ;  una  fron- 
tale e  due  orbitarie  divise  dalla  frontale  a"  lati  per  uua  inca- 
vatura semilunare  assai   grande  . 

IX.  Il  Ceppo  della  mascella  superiore  è  avvalorato  da 
quattro  Fucili  o  sia  travicelli  ossosi  ,  pieghevoli  ,  elastici  9 
dal  più  volte  ricordato  setto  j  o  tramezza  delle  occhiaja  . 

X.  Due  de' Fucili  nascono  dalla  estremità  posteriore  del- 
le parti  laterali  del  rostro:  sottili^  lunghi,  cilindrici  ,  e  di- 
Vergenti  ,  vanno  fin  presso  al  meato  uditivo  esterno  ad  arti- 
colarsi con  r  apofisi  esterna  dell'  osso  ìntermascellare  (  Tr.  I 
5  XVin  )  mediante  un  condilo  bislungo  appiattito,  cioè  con 
quell'osso  spugnoso  stranamente  figurato,  che  si  osserva  ac- 
canto ,  e  sotto  il  mento   uditivo  esterno  . 

XII.  Gli  altri  due  Fucili  si  trovano  fra  gli  ora  deicritti , 
perciò  gli  diciamo  Fucili  interni  .  Sono  più  grossi ,  più  sodi  , 
irregolari  3  e  più  corti  degli  esterni  .  Nascon  dalla  parte  infe» 
rior  palatina  del  ceppo  della  mascella  fra  li  precedenti  ,  e 
«corrono  convergendo  fin  dirimpetto  alla  parte  anterior  della 
base  del  cranio,  dove  ingrossando  si  articolan  per  armonia  eoa 
due  altri  ossi  irregolari  ,  che  a  distinzione  de'  prenominati 
intermascellari  noi  diciamo  ìnterpalatini  . 

XIII.  I  Fucili  interni  si  uniscono  pure  con  Io  Vomere  ^ 
che  più  sotto  (  §  XVII  )  descriveremo  . 

XIV.  Dietro  alla  unione  de'  Fucili  interni  gli  ossi  irre-» 
golari  Ìnterpalatini ,  che  ne  sono  quasi  due  appendici,  si  ap- 
piattiscono in  alto  per  formare,  cadauno  dal  suo  canto,  una 
eminenza  ovale  ,  e  sulla  medesima  una  elegante  faccetta  ar^ 
ticolare  piatta  ,  liscia  ,  rivolta  in  su  e  indentro  ,  incrostata 
di  cartilagine  .  ■- 

XV.  Tali  due  faccette  si  articolan  con   quelle  due  altre 
faccette   simili  rivolte    obbiiquamente  in  giù  ,  e    infuori  ,  che 
nel  trattato  primo  5  XX  abbiamo    detto    osservarsi   alla  par- 
te 


r-' 


46  Delle  parti  relative  allo  encefalo  ec. 

te  auterioi'e  infeiior  della  base  del    cranio ,    sulla    radice    del 
tramezzo  delle  orbite  . 

XVI.  Dal  lato  esterno  delle  faccette  loro  (XIV)  le  ap- 
pendici de'  Fucili  interni  si  portano  obbliquamente  infuori ,  si 
attenuano  a  foggia  di  colio  per  formar  una  picciola  testa  o 
condilo  diretto  obbliquamente  infuori  ,  e  in  basso  ;  e  sulla 
faccia  superiore  di  questo  condilo  o  testa  si  vede  un'  altra 
faccetta  ,  o  impronta,  cui  mediante  qua'  Fucili  si  articolano 
con  r  apofisi  anterior  interna  deir  osso  ìntermascellare  (  Tr. 
I  S  XVIII,  e  qui  addietro  §  X). 

XVII.  Il  Vomere  è  una  lamina  ossosa,  falcata,  col  dor- 
so e  la  convessità  in  alto ,  col  tagliente  ,  e  la  lieve  conca- 
vità in  basso,  collocato  in  mezzo  a'  Fucili  interni  (XII)  fra '1 
margine  posteriore  della  volta  del  Palato,  e  le  Faccette  arti- 
colari   del  tramezzo  delle  orbite  alla  base  del  cranio  (XV)  . 

XVIII.  Si  appoggia  il  Vomere  con  la  sua  radice  sui  due 
ossi  Palatini,  che  si  vedon  pure  distintamente  alla  parte  po- 
steriore della  Volta  del  Palato;  con  la  punta  s'  insinua  neir 
intervallo ,  che  lasciano  le  dette  faccette  del  tramezzo  .  È 
sottile  e  trasparente  ,  e  separa  la  parte  posteriore  delle  ca- 
vità nasali  in  destra    e  sinistra  . 

XIX.  La  fabbrica  de  Fucili  interni,  eh' è  appunto  quale 
pur  ora  la  descrivevamo  nelle  anitre ,  e  nelle  oche  ,  è  diffe- 
rente negli  altri  uccelli ,  che  anno  immobile  affatto  la  por- 
zion  supcriore  del  rostro ,  cioè  la  mascella  superiore .  In  co- 
testi sono  piuttosto  due  lamine  larghe  irregolari  sottili  e  piat- 
te al  davanti ,  disuguali  crestate  e  convergenti  a  tergo  fi- 
no alle  Appendici  (XVI)  ^  dove  si  piantano  immobilmente  nel- 
la parte  anteriore  della  base  del  cranio  . 

XX.  Nel  Papagallo  e  nella  Rara  questi  Fucili  princi- 
piano congiunti  alla  metà  dell'altezza  del  Ceppo  del  Rostro, 
e  dalla  tramezza  delle  narici,  posteriormente j  dove  fanno 
insieme  un  angolo  acuto  :  si  scostano  quasi  subito  divergen- 
do per  arrivar  alla  faccia  interna  dell'  osso  Ìntermascellare  , 
che  in  cotesti  uccelli  si  accosta  alla  figura  lenticolarc  ;    sono 

senz' 


Di  Vincenzo  Malacarne  .  ^7 

senz'  appendfcij  e  senza  faccette  .  Ma  dalla  parte  inferior  del 
ceppo  se  ne  allungano  due  Lastre  ossose  ,  robuste  ,  alte  cir- 
ca tre  linee  ,  appiattite  su  i  lati  ,  assai  meno  divergenti  , 
1'  uso  delle  quali  Lastre  sembra  limitato  al  semplice  attacco 
de'  musculi  robusti  ,  destinati  al  movimento  della  mascella 
superiore  ,  e  delle  parti  molli  vicine  . 

XXI.  La  mascella  superiore  del  Frosone,  o  Sppzza  -  noc- 
cioli detto  da'  Latini  Coccotraustes ,  e  da'  Franzesi  Gros-hec  , 
DuT-bec  )  à  molto  sottili  i  fucili  esterni  ,  divergenti  ,  sodi  , 
cilindrici  ;  e  sottilissime  le  lamine  ,  che  ivi  ten2;on  il  luof^o 
de'  fucili  interni ,  se  si  à  risguardo  alla  strana  grossezza  del 
Becco  loro  j  a  cui  servono  di  radici  inferiori  .  In  compenso 
quest'  uccello  à  le  lamine  ,  o  radici  superiori  (VII)  assai  ro- 
buste ;  sodissimamente  connesse  con  la  porzion  nasale  del 
cranio  . 

XXII.  I  musculi  ,  che  in  cotesto  picclol  uccello  equiva- 
gliono  agli  crotafiti  dell'uomo,  vi  sono  d'una  grossezza,  d'un 
volume,  d'una  forTa,  che  in  nissun  altro  volatile  ancorché 
grossissimo  ,  e  de'  più  rapaci  ,  gli  ò  fin  ora  mai  veduti  tali 
in  proporzione  . 

XXIII.  Nel  Nibbio  grande  ,  e  ne'  piccioli  ,  che  in  Fran- 
zese  diconsi  Cresserelles  ,  e  in  Piemontese  Crivelle  dal  grido 
loro;  nello  Sparviere  ^  e  iieL  Falchette  ^  i  lati  delta  radice 
superiore  ossosa  del  rostro  anno  due  apofisi  piatte,  lunghe,  sot- 
tili ,  che  si  scostan  dalla  parte  di  mezzo  della  medesima  ra- 
dice,  la  quale  ne  costituisce  come  la  fronte,  e  dopo  il  cor- 
so d'un  pollice  in  circa  finiscono  in  altra  apofisi  piatta  ,,  sot- 
tile ,  larga  tre  linee  crescenti  nel  grosso  Nibbio  che  ò  sotto 
gli  occhi  . 

XXIV.  Lo  spazio  di  quasi  mezzo  pollice,  che  riman  vo- 
to fra  r  interno  margine  di  queste  apofisi  ,  e  T  esterno  delle 
lamine  ossose  ,  che  cuopron  te  caverne  del  naso  ,  e  fanno  la 
fronte  ,  è  occupato  <la  un'  elastica  forte  membrana  .  Le  apO' 
•fisi  ne  formai)  la  parte  anteriore  degli  archi  delle  orbite,  e 
la  membraua  compie  parte  delle  volte  loro . 

XXV. 


4§  Delle  parti  relative   allo  ENCKrALO  ec. 

XXV.  Le  aperture  delle  narici  esterne  ^  che  nelle  oche  ì 
nelle  anitre  ,  e  in  diversi  altri  uccelli  comunican  vicendevol- 
mente insieme  per  un  forame  ovale  eh' è  nel  tramezzo  loro  , 
non  si  aprono  in  tutti  alla  medesim'  altezza  ,  né  ugualmente 
lungi  dal  ceppo  del  Becco  ;  nome  eh'  io  diedi  a  quella  parte 
della  radice  del  medesimo  dove  intorno  ad  araendue  le  ma- 
scelle termina  la  estension  delle  piume,  e  le  divide  dal  cuo- 
jo  deile  anitre  e  delle  oche  ,  o  dalla  lamina  cornea  liscia 
splendente  che  veste  tutto  il  rimanente  del  rostro  sino  alla 
punta  . 

XXVI.  In  alcuni  uccelli  di  rapina  questo  limite  non  è  una 
linea  sola  ,  bensì  un  ampio  collare  :  e  se  nella  maggior  par- 
te degli  uccelli  la  peluria  o  le  piume  discendonvi  dal  ceppo 
verso  la  punta  fin  verso  le  narici  esterne  ,  o  più  avanti  an- 
cora ;  in  altri  la  direzion  delle  piume  va  verso  gli  occhi  e  la 
fronte.  Ve  n'à  poi  che  ne  anno  guernita  e  inguainata  soltan- 
to la  sommità  della  mascella  superiore  ;  tali  sono  il  Nibbio  , 
la  Crivella  ,  Io  Sparviere  ,  il  Palchetto  .  Della  mascella  infe- 
liore  parleremo  a  suo  luogo  . 

CAPITOLO     TERZO 

De'  nervi  mascellari  superiori . 

I.  Distribuitesi  nella  maniera  esposta  nella  sezione  pre- 
cedente le  coppie  de'  Nervi  Dacrici ,  e  Erino-malari  ;  il  gros- 
so fascio  ,  da  cui  quelle  si  separarono  ,  si  caccia  per  mezzo 
del  foro  descritto  al  §  I  del  primo  trattato  nelle  Fosse 
sfondate  larghe  e  ovali,  ivi  indicate  §  LXI  ,  e  prima  d'aver- 
ne oltrepassato  la  spessezza  delle  pareti  forma  un  grosso 
Ganglio  irregolare ,  a  favor  del  quale  in  alcuni  uccelli  si  tro- 
va scolpita  nel  margine  posteriore  delle  sfondate  stesse,  una 
fossa  particolare  di  profondità  e  di  capacità  proporzionata  al 
volume  del  Ganglio  (  Trat.  I  5  LXIV.   )  . 

II.  Dalla  parte  anteriore  di  questo  si  spicca  il  nervo  raa- 

scel- 


I 


Di  Vincenzo  Malacarne  .  49 

scellar  superiore  di  cadauii  lato  ,  che  somministra  i  rami  ne- 
cessari a  tutte  le  ineguaglianze  dentate  o  spinose  delle  parti 
posteriori  della  volta  del  Palato  ,  de'  margini  delle  aperture 
palatine  delle  narici  interne  ,  e  de'  margini  della  mascella 
superiore ,  che  da  altro  nervo  non  ne  sono  state  provve- 
dute . 

III.  Un  altro  ramo  si  caccia  nelle  occhiaje  scorrendo  ra- 
sente il  margine  inferior  delle  medesime  fatto  da'fucili  ester- 
ni ,  e  da'  non  pochi  ramuscelli  a'  musculi  inferiori  del  globo 
degli  occhi  ,  e  alla  grossa  gianduia  orbitaria  inferiore  .  Indi 
si  avanza  sotto  le  conche  delle  narici  per  insinuarsi  nella  so- 
stanza spongiosa  del  margine  del  becco  ,  gettando  pure  qua 
e  là  fili  numerosi  veiso  la  volta  del  palato  ;  e  a  guisa  di 
ventaglio  si  perde  visibilmente  ancli^  esso  per  1'  orlo  dentato 
della  mascella  ,  specialmente  nel  terzo  mezzano  piuttosto  po- 
steriore della  medesima  . 

IV.  Un  terzo  ramo  considerabile ,  appena  oltrepassato 
l'apertura  esterior  delle  narici,  esce  della  sostanza  ossosa  per 
un  forellino  ,  eh' è  scolpito  (  nelle  anitre  e  nelle  oche  )  una 
linea  circa  più  basso  della  detta  apertura  e  più  verso  la  mas- 
sima convessità  della  mascella  ,  sulla  superficie  esterior  della 
quale  e  sulla  interna  del  cuojo  ond'  è  coperta  ,  si  dirama  . 
In  fatti  se  ne  vedono  le  traccie  de'  filamenti  principali  a  oc- 
chio nudo  senza  veruna  preparazione  anche  a  traverso  del 
cuojo  nelle  viventi  .  Di  tali  fili  ne  ò  contato  qui  otto  ,  là 
dieci  per  lato  divergenti    dal  sito  della  emersione    loro    verso 

i  lati  e  la  punta  del  rostro. 

V.  Non  v'  à  uccello  ,  che  non  sia  provveduto  de'  nervi 
mascellari  superiori  che  descriviamo  j  ma  le  diramazioni  loro 
esteriori  sono  assai  più  evidenti  e  palpabili  in  quegli  che  an- 
no largo  il  becco,  e  negli  gruffolanti,  come  tono  i  Corvi  ,  le 
Beccacce,  i  Beccaccini,  gli  Storni,  le  Upupe,  sebben  di  bec- 
co o  conico  o  scanalato  ,  lungo  ,  sottile  .  Si  vedon  benissimo 
ne'  Cigni  e  nelle  Oche,  ma  assai  più  grossi  e  apparenti  sono 
nelle  anitre,    che  pescano  e  grufTolan  più  delle  oche  affin  di 

Tomo  XI.  G  co- 


5o  Delle  parti  relative  allo  encefalo  ec. 

conoscer  e  distinguer  meglio  ciò  eh'  è  proprio  loro  per  cibo 
da  ciò  ,  che  va  rigettato ,  giacché  in  fondo  a'  fossi ,  alle  poz- 
zanghere nella  melmetta  non  arrivano  a  vederlo  ^  e  se  ne 
debbono  rapportare  alla  squisitezza  del  proprio  gusto  ,  e  alla 
sensazione  degli  organi  accessorj  a  cotesto  senso . 

VI.  Fra  questi  io  non  ardisco  di  collocare  in  questi  uc- 
celli ,r  odorato  ,  perchè  non  capisco  il  modo  con  cui  gli  ef- 
fluvj  possano  agire  sopra  le  papille  e  le  espansioni  nervee  , 
che  servono  a  tal  sentimento j  allorché  l'anitra  à  tutto  il  ca- 
po e  'l  collo  immersi  sott'  acqua  ,  e  sta  senza  inspirare  .  Io 
credo  la  inspirazione  necessaria  affinchè  gli  effluvj  odorosi 
agiscan  sulla  membrana  pituitaria  ,  avendo  io  provato  altro- 
ve con  esperienze  dirette  la  indispensabilità  di  quella  a  tal 
fine  in  me  stesso  ,  e  iu  altre  persone  non  prevenute  .  Però 
r  analogia  potrebbe  qui  mancare  ,  ed  io  trovarmi  in  errore  . 

VII.  I  Corvi,  le  Beccacce  e  gli  altri  volatili  simili  gruf- 
folan  nelle  motte,  e  per  le  zolle,  e  tra  le  radici  delle  erbe, 
e  n'  estraggono  ciò  che  può  conferir  loro  ,  poscia  lo  esami- 
nan  con  la  vista,  prima  d'inghiottirlo.  La  stessa  cosa  fanno 
gli  uccelli  pescivori  del  becco  lungo  ,  perciò  i  nervi  di  que- 
sto in  proporzione  del  corpo  ne  son  molto  più  sottili  ,  più 
supeificialniente    e  men  doviziosamente  diramati  . 

Vili..  L'  ALLERO  nelle  Aggiunte  all'  opuscolo,  che  noi 
commentiamo  ,  si  sbriga  relativamente  a  questi  nervi  con  le 
seguenti  parole .  ,,  Avvi  un  altro  nervo  più  dal  canto  cster- 
„  no  ,  parallelo  all'  olfattorio  minore  ,  eh"  è  anche  duro  ,  e 
,,  bianco,  e  si  dirama  in  tutteddue  le  parti  scorrendo  per  la 
„  cellulare  del  rostro  . 

IX.  Il  WILLIS  avendo  scritto  quanto  recammo  già  del 
tronco  Dacrico  ,  soggiunge:  „  fra  tanto  i  due  tronchi  maggio- 
„  ri,  circondato  1'  osso  cribroso  vicendevolmente  accostandosi 
„  si  congiungono  ,  e  scostandosi  nuovamente  scorrono  fino 
j,  al  termine  del  becco,  e  si  distribuiscono  per  lo  palato. 

X.  Nelle  Transazioni  Filosofiche  della  Società  R.  di  Lon- 
dra ei  leggono  alcune  osservazioni  sul  nostro  argomento  ana- 
le- 


Di  Vincenzo  Malacarne  .  5  i 

loghe  alle  nostre:  per  esempio  il  Signor  CLAYTON  vi  dice  '• 
5,  Io  non  avea  mai  veduto  alcuno  di  cotesti  nervi  negli  uc- 
5,  celli  dal  becco  tondo;  finalmente  tagliandone  alcuni  in 
„  campagna  ,  osservai  nella  parte  superiore  del  becco  d'  una 
j,  cornacchia  due  nervi ,  che  discendono  tra  gli  occhi  :  sono 
„  per  altro  assai  più  piccioli  di  quelli  di  qualunque  delie  tre 
„  coppie  de'  nervi  del  becco  dell'  anitra  ,  benché  maggiori 
,,  de'  nervi  di  qualunque  altro  uccèllo  dal  becco  tondo  .  Ed 
j,  è  pur  degno  d'  esser  notato ,  che  la  cornacchia  sembra 
3,  grufFollar  più  degli  altri  uccelli  da  tondo  becco  per  trovar 
99  il  cibo  a  lei  conreniente  .  (a)  ,, 

XI.  Il  Dottor  MOULEN  poi  nelle  stesse  Transazioni  à 
quanto  sìegue  :  =  O'  notato  tre  coppie  di  nervi  in  tutti  gli 
,,  uccelli  a  largo  becco  da  me  notomizzatij  e  in  que'  che 
5,  vanno  in  traccia  de'  cibi  loro  senza  vedergli  ,  quali  sono 
„  le  beccacce  ,  i  beccaccini  3  gli  storni  ,  le  oche  ,  le  anitre 
ec.  :  e  cotesti  nervi  vi  sono  grossissirni  quasi  come  il  nervo 
„  ottico  .  Due  coppie  son  diramate  vicino  all'  estremità  del 
j,  becco  superiore,  dove  traforan  l'osso  per  arrivar  alla  meni- 
„  brana  che  soppanna  la  Volta  del  palato  {b)  .  „ 

CAPITOLO    QUARTO. 

Della  Mascella  Inferiore  delle  Anitre 

Delle  oche  e  di  diversi  altri  uccelli  a  becco  di  figura 

diversa . 

I.  La  mascella  inferiore  ,  o  porzione  inferiore  del  becco 
delle  anitre  ^  e  delle  oche  suol  essere  lunga  circa  pollici 
4  -i-  I  :  a  ;  e  vi  si  dee  considerare  la  punta  ,  o  sia  estremi- 
tà unghiata  j  e  le  braccia  ^    le    quali  quasi  parallele  inoltran- 

.    ..G  a  do- 


(a)  Trans.  Philos.  niim.  ao6.  j      pend.  del  LOWTHORP  ;  Voi.  II.  pag». 

li)  L.  cit.  JNum.  199.,  e  nel    com-      |     861. ,  e  863, 


o'2  Delle  parti  relative  allo  encefalo  ec. 

dosi  iiiclieh'o  si  rassomigliano  in  certo  modo  alle  braccia  del- 
la mascella  inferiore  sdentata  d'un  cagnolino  lattante. 

II.  0'  detto  unghiata  1'  estremità  della  mascella  inferio- 
re di  questi  uccelli,  perchè  si  osserva  un'unghia  molto  robu- 
sta su  tutte  due  le  faccie  di  tale  estremità ,  delle  quali  la 
superiore  o  interna  è  incavata,  1'  inferiore  ,  o  esterna  ,  con- 
vessa sodamente  incastrata  nella  sostanza  ossosa  delle  due  bar- 
re o  fucili ,  che  fanno  la  mascella  ,  le-  tiene  ivi  fortemente 
unite^  e.  avvalora  quest'  osso  destinato  a  soffrir  valide  scosse,. 
e  a  incontrare  sovente  resistenze  ostinate  .. 

III.  Nelle  braccia  suddette  di  una  mascella  inferiore  or^ 
dinaria  lunga  poli.  ^ ->r  t  :  2: ,  come  dicevamo  poco  fa,  si  di- 
stinguono r.  I  due  fucili  propriamente  detti  ,  lunghi  quasi 
due  pollici  e  mezzo,  che  ne  formano  il  corpo  simile  a  un 
cilindro  appiattito  su  i  lati,  ma  più  sull'interno,  voto  al  di 
dentro  .  2..  La  cresta  alta  linee  sei  ,  che  s'  eleva  dalla  cstre- 
ajità  posteriore  superiore  ùe" fucili ,  ed'  è  lunga  quasi  un  pol- 
lice .  3.  La  estremità  articolare  che  si  allunga  dalia  parte  po- 
steriore inferiore  de' suddetti^  &  6Ì  stende  q^uasi  per  lo  spazio^ 
di  tredici   liriee  .• 

IV.  Il  cilindro  appiattito  ,  che  forma  i  fucili  si  assotti- 
glia ,  e  si  appiattisce  per  formar  la  cresta  :  vi  sì  attaccano  i 
forti  musculi  elevatori  di  questa  mascella  inguainandone  car- 
nosi la  apofisi  o  cresta  della  quale  parliamo,  cojne  i  crotafiti 
inguainano  tendinosi  le  apofìsi  coronoidee  delle  mascelle  uma- 
ne .- 

V.  E  concavo  indentro  per  ricevervi  il  grosso  nervo  ma- 
scellar  inferiore  ,  che  or  ora  descriveremo  ,  e  verso  il  terzo 
posteriore  di  sua  lunghezza  à  l'ampio  foro  pel  quale  il  detto 
nervo-  vi  s'  introduce  onde  percorrerne  in  avanti  tutto  il  ca- 
nale . 

VI'*-  Sulla  faccia  esteriore  il  fucile  à  due  tuberosità  cui 
s'  attaccano  altri  musculi  ;  e  d^  tali  tuberosità  cominciano 
all'  indietro  le  eminenze,  e  le  cavità  articolari:  vale  a  dire, 
il  lembo  de'  fucili  s' ingrossa  e  s'  allarga  ,    prima  per  formare 

una 


Di   ViNCEir;50  Malacarne.  53 

Tina  cavità  ovale  separata  da  una  faccetta  articolare  assai  li- 
scia e  più  esteriore ,  mediante  un  risalto  ossoso  obblif|ao  in- 
crostato di  cartilagine  . 

VII.  Dal  margine  esterno  della  faccetta  si  eleva  una  c/v?- 
jta  ottusa  ;  e  dal  margine  interno  se  n'  eleva  una  piramide 
diretta  obbliquamente  indentro  ,  che  sostiene  una  picciola  te- 
sta a  cui  si  attaccano  alcuni   mufcoli  . 

Vili.  La  base  dell'a  piramide^  è  fatta  dtilla  lamina  inter- 
na delle  estremità  posteriori  de'  fucili  ,  che  si  scosta  dalla  la- 
mina esteriore  per  formare  una  larga  fossa  molto  profonda  e 
inoltrata  in  avanti  ,  occupata  da  due  musculini  e  da  una 
sostanza  glanduio.'a  . 

IX.  L'  estremità  posteriore  de'yì/c/Vi  termina  in  una  sot- 
ti! apofiii  appiattita  a' lati  ,  spessa  in  basso,  tagliente  in  aK 
to  ,  dove  finisce  con  uaa.  punta  falcata  acutissima,  la  quale 
jerve  a'muovimenti  di  questa  mascella^  come  l'olecrano  serve 
a  quelli  del  cubito  umano  » 

X,  Amendue  ì  fucili  sono  porosi  in  avanti  e  in  basso,  ào<' 
ve  anno  una  serie  di  fori  obbliquamente  diretti  verso  la  pun- 
ta del  becco  ,  corrispondenti  alle  radici  delle  spine  che  ne 
armano  come  tanti  denti  il  margine  superiore  òe^  fucili  ■  Al- 
lo indietro  poi,  dal  principio  della  cresta  {§  VII),  la  so- 
«tanza  n' è  soda    e  assai  meno  porosa. 

XI.  Negli  altri  uccelli  a  becco  tondo  ,  se  ne  eccettuia- 
mo gli  Aghironi  ,  le  Gru  ,  ec.  ,  la  mascella  inferiore  è  assai 
meno  lunga  ,  e  i  fucili  assai  più  divergenti  ,  di  modo  che  ia 
alcune  classi  rappresentano  la  lettera  V  ;  e  la  apofrsi  falcata 
d'  è  assai  meno  lunga  e  meno  acuta  (IX)  -  Vi  si  incontrano 
però  tante  dilFi^renze  in  quasi  tutte  le  classi  e  le  specie  di- 
verse, che  potrebbe  farne  un  ampio  asbHÌ  curioso  trattato 
chi  le  presentasse  all'  occhio  e  alla  immaginazione  de' Natu- 
ralisti.  E  chi  sa  che  noi  medesimi  altra  volta  lo  tentiamo? 
Intanto  prenderemo,  per  darne  un  saggio,  il  Ndj!)io  maggiore, 
il  Barbagianni  ,  e  il  Papagallo  ,  p»*n-hè  gli  ò  alia  mano  ,  e 
f appongo  nota  abbastanza  questa  porzione  del  becco  degli   uc- 

cel- 


54  Delle  parti  relative  'all'  encefalo  ec. 

celli  domestici  come  Galli ,  Dindi]  ,  Numidici  ,  Fringuelli  , 
Cardellini  j  Canarini,  Passeri,  Ussignuoli ,  come  Tordi,  Orto- 
lani, Merli,  Gazze,  Stornelli,  Rondinelle  ec.  Quella  poi 
dell'Aquila,  dell' Avoltojo  ,  della  Strige,  e  quella  affatto  sin- 
golare dell'  uccelletto  detto  Frosone  o  Spezza-noccioli  ,  faranno 
parte  dell'altro  lavoro,  che  ci  cade  in  pensiero  d'  intrapren- 
dere . 

XII.  II  Nibbio  dunque,  la  testa  del  quale  spoglia  di  tut- 
to ciò  non  è  osso  ,  è  larga  alla  sommità  delle  orbite  linee 
venti  e  più  ,  lunga  dalla  punta  del  becco  adunco  all'  occipi- 
te linee  trentaquattro  ,  à  la  mascella  inferiore  lunga  liuee 
ventisette  circa,  divisa  in  punta,  in  due  fucili  o  braccia,  e 
cadaun  di  questi  in  due  estremità  articolari  ;  lo  spazio  che 
ne  divide  la  destra  dalla  sinistra,  lin.   17. 

XIII.  Il  Barbagianni,  Grande  Alocco,  Gran-due  de'fran- 
zesi ,  è  largo  di  testa  lin.  a5  e  più  ,  lungo  poli.  3  4-  i  :  a, 
à  la  mascella  inferiore  lunga  dalla  punta  alle  estremità  arti- 
colari linee  trentacinque:  Io  spazio  tra  la  destra  e  l'altra,  li- 
nee ventotto  . 

X^IV.  Nel  Papagallo  tutta  la  mascella  inferiore  è  simile 
a  un  ferro  da  cavallo  di  cui  s'  abbia  piegato  in  su  le  estre- 
mità ,  incominciando  dall'  averne  incurvata  la  porzione  arca- 
ta .  E  tutta  soda  e  sottile  ;  non  à  voto  fra  le  lamine  ossose 
de' fucili  ,  eccetto  uno  brevissimo  verso  le  estremità  arti- 
colari fra  le  disuguaglianze  della  sua  articolazione  con  gli  os- 
si intermascellari:  e  il  picciolissimo  nervo  mascellar  inferiore 
per  airivare  alle  parti  molli  esteriori  di  questa  porzion  del 
becco  trafora  tutto  1'  osso  poco  distante  dall'  unghia  striata  , 
che  ne  arma  la  punta  incurvata  in  su,  convessa  al  di  fuori, 
concava  indentro  ,  senza  far  nella  sostanza  de'  fucili  longitu- 
dinalmente il  minimo  tragitto  . 


CA- 


Di  Vincenzo  Malacarne  .  55 

CAPITOLO    QUINTO. 

Del  nervo  mascellar  inferiore . 

I.  II  nervo  mascellar  inferiore,  che  nelle  oche  e  nelle 
anitre  fa  il  fascio  il  più  grosso  di  quanti  compongono  il  com- 
plesso descritto  al  principio  del  Gap.  Ili  del  Trattato  prece- 
dente, appena  separatosi  dal  N.  mascellar  superiore  getta  un 
ramo  notabile,  che  si  distribuisce  a' museali,  fra'quali  questo 
tronco  si  apre  la  strada. 

II.  Un  grosso  ramo  subalterno  di  questo  medesimo  paro 
innoltrandosi  all'  indietro  e  indentro  ,  trafora  visibilmente 
uno  de'musculi  ,  che  servon  a  trarre  indietro  la  lingua,  e  a 
stringer  la  glotide  ,  e  si  distribuisce  a  tutte  le  caini  vicine 
come  altresì  alla  lingua  ,  nella  radice  ,  o  porzion  diretana 
della  quale  il  residuo  più  consideraffile  di  questo  ramo  si 
disperde,  e  i  ramicelii  vanno  a  terminare  alia  base  di  quelle 
spine  ,  che  armano  la  faccia  superior  posteriore  della  lingua 
«tessa  intorno  all'apertura  della  glotide. 

III.  Dopo  quf  sti  due  rami  il  cordon  nervoso  passa  sulla 
cresta  a  cui  s'  attaccano  i  musculi  elevatori  della  mascella  , 
e  nella  faccia  interna  della  base  della  cresta  medesima  ,  verso 
la  metà  della  di  lei  lunghezza  incontra  un  foro  bislungo  ob- 
bliquo  ,  che  lo  guida  nell^  ampio  canale  scolpito  nella  sostan- 
za   p'ù    intima    de'   fucili  (  cap.  preced.    5S    ^^^    ^^    ^  )   '"" 

j  gro'sandovisi  notabilmente  a  pregiudizio  della  densità  di  sua 
sostanza  ,  la  quale  se  ne  dirada  a  segno  ,  che  a  ogni  minima 
Stiratura  in  traverso  le  molli  sottilissime  fila  quasi  se  ne  pus- 
sono  dividere,  e  si  scorgono  legate  insieme  per  mezzo  di  un 
de^ile  tessuto  cellulare  • 

IV.  Verso  r  unghia  della  mascella  tutto  il  n^rvo  si  ap- 
piattisce, e  a  foggia  di  ventaglio  si  dirama  uscendone  i  fila- 
menti da'  forellini  che  corrispondono  alle  radici  ,  e  alle    pnn- 

I    te  delle  spine  g'à   più  volte  mentovate  ,    delle   quali  al  mar- 


56  Delle  pakti  relative  allo   encetalo  ce. 

glne  di  cadaun  fucile  delia  mascella  il  numero  appar  maggio- 
re nelle  oche  ,  e  nelle  anitre  più  vecchie  ,  di  modo  che  se 
in  alcune  anitre  ne  ò  numerato  quarantasei  per  fucile,  in 
altre  ne  vidi  ottanta  ,  e  fin  novanta  .  Nelle  oche  le  spine 
sembrano  veri  denti ,  e  sono  assai  piii  rare  e  men  nume- 
rose. 

V.  O'  trovato  sempre  doppio  il  iìluzzo  nervoso,  che  s'in- 
sinua nella  base  d'  ogni  spina  ,  e  sempre  unico  quello ,  che 
vi  s'introduce  verso  la  punta  . 

VI.  Un  ratTio  notabile  si  distacca  dal  neiTO  principale 
verso  il  terzo  anterior  de' fucili  ,  e  s"  insinua  in  un  foro  ob- 
Lliquo,  che  la  guida  nelle  parti  molli  musculari  ,  glandulari, 
e  membranose  d' intorno  alia  lingua ,  che  fanno  il  parete  in- 
ferior  della  bocca . 

VII.  L'estremità  afiterlore  dello  stesso  nervo  finisce  de- 
generando in  una  quantità  di  fìluzzi  a,  guisa  di  plesso,  che 
si  cacciano  tra  le  lamine  dell'  unghia,  e  ivi  si  consumano. 

Vili.  Non  è  proprio  delle  diramazioni  del  N.  Masc.  in- 
feriore degli  uccelli  esser  né  così  bianco,  né  così  sodo  come 
sono  il  Dacrico  ,  e  il  Masc.  superiore  ,  perchè  i  rami  princi- 
pali e  i  subalterni  de'  Masc.  inferiori  non  sono  così  stretta- 
mente compressi  dal  corpo  ossoso  reticolato  come  gli  altri , 
che  si  trovano  inguainati  nella  ossosa  spongiosità  della  ma- 
scella superiore  mentre  che  se  ne  diramano  ,  e  se  ne  disper- 
dono per  la  sostanza,  e  da  tali  guaine,  fragili  a  dir  vero,  ma 
dense  e  applicate  molto  strettamente  intorno  a' cordoni  di  que' 
nervi  ;  e  tanto  piìi  sottili  quanto  più  minuti  e  più  frequenti 
ramicelli  nascondono,,  quali  sono  appunto  i  N.  Masc.  sup.  ne* 
plessi  descritti  . 

IX.  Servono  ì  Masc.  inferiori,  che  pur  si  disperdono  per 
lo  cuojo  onde  sono  soppannati  di  fuori  e  di  dentro  della  boc- 
ca ,  ossia  del  becco  ,  i  fucili  e  la  estremità  unghiata  di  tale 
mascella,  al  senso  del  gusto,  al  tatto,  e  al  muovimento  del- 
le parti  aggiacenti ,    come   sono  i  musculini  che   traggono  la  jj 

lin- 


Di  Vincenzo  Malacarne  .  5j 

Hnpiua    in    avanti  ,  e  su  i  lati ,  onde    la   voce  stentorica  n'  è 
pure  servita  . 

X.  Distribuendosi  poi  anche  a'  corpi  glandulari  sottopo- 
sti alla  lingua,  attcniianti  la  sommità  della  trachèa ,  occu- 
panti Io  spazio  eh'  è  tra  i  fucili  della  mascella  ^  e  l'unghia, 
e  gettando  rami  ,  che  si  perdono  nelle  spinose  papille  della 
lingua  vicine  all'  apertura  della  glotide  ,  è  naturai  propende- 
re a  giudicargli  ausiliarj  de'  nervi  Geusici ,  o  Gustatori . 

DIGRESSIONE. 

Se  mi  è  stato  permesso  e  applaudito  il  recare  per  Tad" 
dietro  quelle  osservazioni  d'  alcuni  celebri  e  diligenti  Autori 
che  nella  ricerca  della  origine  e  della  determinazione  de' 
nervi  cerebrali  a  diversi  organi  degli  uccelli  mi  anno  prece- 
duto ,  ardisco  di  lusingarmi  che  ,  usando  lo  stesso  candore 
sul  medesimo  soggetto  verso  d'  un  nostro  illustre  acutissimo 
Contemporaneo  ,  non  ne  sarò  meno  ricompensato  con  1'  ag- 
gradimento generoso  della  nostra  Società  .  Le  mie  osservazio- 
ni distese  fino  "dall'  anno  MDCCLXXVI  non  potevano  es- 
ser adorne  delle  belle  scoperte  ,  che  ne  à  pubblicato  in  quel 
suo  magnifico  volume  in  folio  sulla  notomìa  degli  organi  dell* 
udito  e  deli'  odorato  (a)  ANTONIO  SCARPA  professor  chia- 
rissimo di  Notomia  e  di  Clinica  chirurgica  in  Pavia  1'  anno 
JMDCGLXXXIX  .  Lo  possono  bensì  ora  che  vanno  ad  aver 
con  le  precedenti  1'  onore  delle  stampe  ,  ed  io  mi  fo  ambi- 
zione di  darne  un  brevissimo  compendio  ,  vale  a  dir  quanto 
basta  perchè  il  Pubblico  veda  in  quali  cose  relative  alle  di- 
stribuzioni de' nervi  per  le  Narici,  e  lo  Becco  degli  uccelli, 
siamo  stati  concordi  ,  e  in  quante  e  quali  io  sono  stato  dal- 
la paziente  felice  industria  del  mio  venerato  Collega  supe- 
rato . 

Tomo  XI.  H  Pre- 

(a)  Anatomica  Disquisitioncs  de  Au-     I      Galeatii    MDCCLXXXIX.   in  fol.  cuna 
iitu  et  Olfactu,  Auctore  Antonio  Scar-     |      iconihut  aneis  ,  folio  malori. 
pa    &c.    licini    in  Typojraplieo    Petri     t 


58  Delle  i'akti  relative  allo  encefalo 

Prescindo  dalla  descrizione  altrettanto  vera  quanto  accu- 
rata delle  conche  ,  o  siano  ossi  turbinati  distinti  in  inferiore  , 
mezzano  ,  e  superiore  ,  che  troviamo  dal  5  VII  al  XII  del 
VI  Capo  {ci)  dell'  Opera  di  cui  sì  tratta  j  la  lettura  di  tut- 
to il  quale  dovrebbe  riescire  utilissima  e  piacevolissima  a 
chiunque  applica  alla  contemplazione  degli  attributi  della 
SAPIENZA  INCREATA  nella  magnificenza  e  nella  opportu- 
nità delle  opere  della  medesima  \  e  passo  all'  oggetto  princi- 
pale delle  mie  ricerche  ,  cioè  a*  nervi  mentovali ,  e  al- 
la distribuzione  loro,  dando  in  meschino  italiano  ristretto  ciò 
che  il  Professor  di  Pavia  espose  in  purgatissima  linguaj  lati- 
na diffusamente  . 

5,  I.  Abbiam  dimostrato  (Jj)  nelle  Annotazioni  anatomi- 
che (e)  la  vera  origine  de'  nervi  olfatorj  de' Bruti  esser  distinta 
dalli  processi  mamillari  de'  ventricoli  del  cerebro  loro,  i  qua- 
li servono  bensì  di  sostegno  a^  detti  nervi  che  son  loro  al 
di  fuori  aderenti  .  La  cosa  va  del  pari  ne'  volatili  ,  percioc- 
ché le  radici  midollari  de'  nervi  olfattorj  loro  si  distinguono 
per  lo  candore  dal  cenerino  degli  processi  ,  e  sono  evioleute- 
mente  sovrapposti  alla  base  loro  esteriormente  e  riunendosi  a 
pòco  a  poco  in  fascetti  maggiori  di  fibrille  formano  il  tronco 
del  nervo  olfattorio  .  Là  poi  dove  in  un  tronco  solo  concor- 
rono tali  fibrille  ricevono  come  in  proprio  senso  I'  ottusa 
estremità  degli  processi  mamillari  ,  congiungendogli  la  pia 
madre;  In  guisa  però  che  con  qualche  diligenza  i  nervi  dagli 
processi  posson  separarsi  senza  lacerazione .  „ 

5j  II.  Gli  Processi  mamillari ,  anche  negli  uccelli  sono 
allungamenti  de'  ventricoli  anteriori  del  cervello  ,  che  non 
àn  di  comune  co' nervi  olfattorj  se  non  se  la  veste  della  pia 
meninge:  né  dee  ignorarsi,  che  tanto  nell'  uomo  e  nel  qua- 
drupede, quanto  nel  pesce,  nel  rettile  e  nell'uccello  il  ner- 
vo olfattorio   proviene  da  una  sostanza   particolare   midollare 

de- 


(a]  Sertionc  I.  Gap.  V.  pagg.  78,79,80.      1  (<■)  Anat.  Annot.    lib.  II.  cap.   II.  £< 

(5)  L.  cit.  i.ag.  81.  S  X.  n.    I.  1     XIV, 


Di  ViNGE>fzo  Malacakne  .  5g 

degli  emi'sferj  del  celebro j  e  dalla  parte  anterlor  de'  inedesi- 
nii  ,  (a)  non  già  dalla  midolla  allungata  .  ,, 

„  IIJ.  Poco  sopr'  all'  apice  ottuso  del  processo  mamilla- 
re  il  nervo  olfattorio  presa  la  figura  cilindrica  per  un  canal 
osseo  portasi  alla  narice  del  proprio  lato  accompagnato  dalla 
dura  madre,  che  lo  veste,  e  da  un  emissario,  cui  mediante 
il  seno  longitudinal  della  dura  madre  si  scarica  nelle  prossi- 
me vene  interiori  nasali .  Il  nervo  nelle  teste  fresche  è  assai 
molle  5  ma  basta  spargervi  sopra  spirito  di  vino  perchè  indu- 
risca ,  e  possa  dividersi  agevolmente  in  fascetti  di  filamenti  . 
Avvicinandosi  alla  punta  dell'  osso  turbinato  superiore  s'  as- 
conde per  breve  tratto  ,  poi  dividesi  in  due  serie  di  rami 
una  delle  quali  si  distribuisce  sopra  al  setto  delle  narici  ,  e 
1'  altra  per  lo  turbinato  medesimo,  introducendosi  nelle  cavi- 
tà nasali  senza  interposizion  di  lamina  cribrosa  in  vece  della 
quale  ogni  fascetto  n'è  ricevuto  in  altrettante  guainette  ap- 
prestategli dalla  membrana  pituitaria  .  „ 

,,  IV.  Quanto  alla  prima  serie ,  basta  lasciar  in  sito  la 
tramezza  delle  narici  ,  scuopriila  cautamente  ,  e  aprir  quel 
luogo  dove  la  punta  del  turbinato  superiore  raggiunge  la  ra- 
dice della  tramezza,  e  si  vedrà  il  n.  olfattorio  appena  uscito 
del  proprio  canale  ossoso  gettar  fili  per  la  sommità  della  tra- 
mezza coperta  di  stami  plessuosi  del  medesimo  nervo  suddi- 
viso in  altri  sottilissimi  sempre  minori  filamenti  .  ,, 

5,  V.  La  seconda  serie  aderente  alla  punta  del  turbinato 
superiore  si"  riduce  in  numerose  fila  divergenti  ,  che  per  la 
convessità  del  medesimo  discendono  sostenuti  dalla  ivi  sotti- 
lissima membrana  pituitaria',  finché  divise  e  suddivise  arri- 
vano alla  base  di  questo  ,  oltre  alla  quale  non  1'  abbiam  ve- 
duto a  propagarsi  ad  onta  d'ogni  diligenza  siccliè  debbon  es- 
set  e  rarissimi  e  tenuissimi  seppur  ve  n'  à  fili  stendentisi 
oltre  all'  accennato  confine  .  „ 

H  :>.  „  V. 


(17)  Di  cotesta  origine  de'  nervi  olfat- 
tori nell'iiomo  ablìiamo  trattato  diftu- 
samente  nella  Eiicefalotomia  luiiversa- 


Ic.  Torin9  MDCCLXXX. ,  in  13.,  e 
nelle  Osservazioni  in  Chirurgia  .  To-^ 
Tino  MDCCLXXXIV.  in  8. 


(jO  Delle  parti  relative  allo  encefalo  ec 

>,  VI.  Siccome  varia  la  proporzion  dell'  osso  turbinato 
superiore  con  gli  altri  ^  e  di  cotesti  con  la  cavita  delle  nari- 
ci ,  a  tcnor  dell'  esposto  nel  $  XI  di  questo  capo  (n)  ,  negli 
uccelli  d'  ordine  diverso  ,  cosi  n"  è  diverso  il  volume  del  N. 
olfattorio,  e  diverso  il  aiumero  defilamenti.  Nelle  Galline  e 
ne'  Passeri  dov'  è  picciolo  il  turbinato  ,  sottilissimo  è  il  ner- 
vo e  getta  brevissimi  fili  .  Negli  Sparvieri  ,  nelle  'strigi  e 
negli  Alocchi  die  anno  quel  turbi.iato  maggior  dearli  altri  , 
il  nervo  getta  filamenti  spessi ,  grossi  e  visibili  a  occhio  nudo 
pel  turbinato  superiore  ,  e  per  lo  setto  ;  di  modo  che  nel 
più  picciolo  degli  sparvieri  1'  espansion  del  N.  olfattorio  pel- 
le narici  è  maggiore  che  nel  più  gigantesco  Dindio  .  E  se 
n'  accresce  ,  tutt'  altre  cose  uguali ,  la  grossezza  e  1'  espan- 
sion nelle  oche  e  neir  ordine  loro  dove  il  turbinato  maggio- 
re è  proporzionato  al  corpo  tutto ,  N'  è  poi  massima  la  gros- 
sezza e  'i  numero  de'  filamenti  nelle  Gralle  che  anno  molto 
maggiore  di  quel  che  in  verun  ailtro  uccello  si  osservi  ,  1'  os- 
io  turbinato  superiore  .  „ 

3,  VII.  Non  mancano  all'  olfattorio  degli  uccelli  nervi 
ausiliari  .  L'  oftalmico  ,  prim.o  ramo  del  quinto  para  ,  entra- 
to neir  orbita  e  fatto  breve  corso  sottO'  al  mutculo  retto 
superiore  ,  si  caccia  in  un  canaletto  dell'  osso  sotto  all'  olfat- 
torio e  sbocca  nelle  narici,  scorre  sulla  sommità  del  setto  per  la 
faccia  piana  del  medesimo  coperto  a!  principio  dalla  pituitaria  ; 
poi  ricevuto  in  un  solco  cartilaginoso  viene  obbliquamente  al 
rostro  in  avanti  .  Toccato  appena  1'  angolo  superiore  del  set- 
to getta  un  filuzzo  lunghissimo  ,  che  scorrendo  per  lo  margi- 
na superiore  del  setto  corrisponde  al  nervo  nasale  del  quinto 
para  nell'  uomo  .  Poco  discosto  ,  un  20  più  indietro  del  fi- 
luzzo  mentovato ,  1'  oftalmico  getta  un  grosso  ramo ,  che 
scorrendo  per  1'  esterno  lato  delie  caverne  nasali  dà  tre  o 
quattro  altri  rami  ,  donde  il  turbinato  mezzano  riceve  alcuni  fi- 
li. Uno  paro  più  grosso  e  più  lungo  va  al  turbinato  inferiore  j 
e  un  altro  ramo  li  presso    esce  dalle  narici  per  un    foro  pai-- 

ti- 


Di  Vincenzo  Malagauns  .  6i 

ticolare,  e  si  porta  alle  pinne  del  naso  j*  e    agli  integumenti 
dil  rostro  •  ,, 

„  Vili.  Dunque  1'  angolo  superiore  del  setto  delle  nari- 
ci ,  e  i'  osso  turbinato  superiore  soiio  la  speciale  unica  sede 
negli  uccelli  dell'  organo  dell'  odorato  .  A  confermar  la  qual 
conseguenza  concorre  1'  ampiezza  accresciuta  dell'  osso  turbi- 
nato medesimo  in  quegli  ordini  d'  uccelli  in  cui  1'  olfattorio 
tumido  fornisce  il  naso  di  fili  più  densi,  e  più  grossi,  men- 
tre che  gli  altri  turbinati  provvisti  di  nervi  dal  quinto  para 
godon  di  senso  comune  alle  altre  parti  del  corpo  .  ,, 

Non  rechiamo  le  belle  riflessioni  dell'  Anatomico  di  Pa- 
via sulla  estension  che  può  dar  un  Fisiologo  alle  osservazio- 
ni che  abbiamo  compendiato,  perchè  escono  da' confini  ana- 
tomici; esortiamo  però  chiunque  à  genio  d'  istiuirsi  di  farlo 
al  fonte  ,  e  di  valersi  delle  bellissime  figure  alle  cose  prece- 
denti relative ,  di  cui  è  ornata  quell'  Opera ,  dalla  quale  è 
sicurp  di  ricavare  utilità  e  diletto , 


ESPE- 


OH 


ESPERIENZE  ED    OSSERVAZIONI 

SOPRA  LE  PROPRIETÀ'  FISICHE  DEI  SUGHI  LATTIGL 

NO  SI  DELLE  PIANTE  NOSTRALI   E   SOPRA 

LA  LORO  SIMIGLIANZA  CON  LA  GOM- 

]MA  O  RESINA  ELASTICA 

Di     Gioachino     Carradori 

Presentata  da  ANTONIO  GAGNOLI  il  dì  i6  Blarzo  i8o3. 

J-J  Analogia ,  che  è  la  guida  più  familiare  delle  Fisiche 
Scienze  j  perchè  non  faccia  dei  passi  incerti  e  talora  anche 
falsi  ,  conviene  che  cammini  appoggiata  all'  Esperienza  .  La 
siraiglianza  nelle  apparenti  qualità  può  farci  congetturare ,  che 
quei  corpi,  che  ne  sono  rivestiti,  godano  dell' istesse  Fisiche 
proprietà,  ma  la  congettura  non  si  può  erigere  in  canone, 
se  non  è  corredata  da  una  serie  d'  esperimenti  ,  che  ce  le 
contestino  . 

L'  analogia ,  che  passa  tra  il  sugo  lattiginoso^  da  cui  pro- 
viene la  Resina  elastica,  e  i  sughi  lattiginosi  delle  piante  no- 
strali ha  fatto  promuovere  a  dei  Savj  {a)  la  questione  ,  se 
si  possa  estrarre  questa  sostanza  dai  sughi  lattiginosi  dei  -s  e- 
getabili  delle  nostre  contrade  .  La  questione  richiamò  la  mia 
curiosità  ,  ed  essendoraivi  impegnato  ritrovai  in  ultimo  ,  che 
benché  1'  analogia  camminasse  del  pari  nelle  qualità  fisiche  ,  ^i 
fra  il  sugo  da  cui  si  forma  la  resina  elastica  e  i  nostri  sU' 
ghi  lattiginosi  ,  nonostante  in  ultimo  il  prodotto  di  questi ,  ; 
benché  simile  alla  resina  elastica ,  non  arriva  a  possedere  quel 
le  proprietà ,  di  cui  è  dotata  la  detta  resina ,  e  che  sono  in- 
dia- 
*—  -  -  -  I  I    I      _ 

steme    dee  connciss.   Chimicjiie  ,  Tom.l 


(a)    Rapport   general   de  la    Société     |  •  sterne 
Philomati<jue,  Tom.  I,  e  Fourcroy,  Sy-     '     Ylli. 


I: 


Di   Gioachino  Carradoui  ì  63 

dispensabili  per  applicarlo  a  quegli  usi  ,   per  i  quali  ò  tanto 
ricercata  la  resina  elastica  , 

Io  esporrò  brevemente  l' Istoria  comparata  delle  proprie- 
tà fisiche  dei  nostri  sughi  lattiginosi  ,  e  di  quello  della  resi- 
na elastica  ,  e  perchè  meglio  si  conosca  la  natura  di  queste 
nostrali  produzioni  ,  le  quali  non  credo  ,  che  siano  state  jier 
anco  con  diligenza  esaminate ,  e  perchè  si  sappiano  i  miei 
tentativi  per  istruzione  di  chi  nutrisse  sopra  di  essi  qualche 
progetto  .  ■ 

La  resina  elastica  è  il  coagulo  d'  un  sugo  lattiginoso,  che 
si  ottiene  per  incisione  dal  Jcve  o  Coatchou ,  Pianta,  che  vien 
designata  dai  Botanici  col  nome  di  Jatropha  elastica ,  e  da 
molte  altre  specie  dell'  istesso  genere  Jatrojjha  [J/)  ,  e  da  al- 
cune altre  piante  ancora,  che  crescono  nell'America  sì  Meri- 
dionale ,  che  Settentrionale  ,  ed  in  alcune  Isole  . 

Se  si  raccolga  questo  sugo  in  Bottiglie  ,  che  poi  chiu- 
se esattamente  si  rendano  impermeabili  all'aria,  si  mantien 
fluido  .  Per  mezzo  di  questa  diligenza  ne  poterono  perveni- 
re pochi  anni  sono  a  Fourcroy  a  Parigi  due  Bottiglie  pie- 
ne ,  una  dall'  Isola  di  Borbone,  e  l'altra  da  Cayenna,  il  qua- 
le cosi  ebbe  il  comodo  di  far  sopra  il  primo  le  seguenti  os- 
servazioni (e)  . 

Sturate  le  Bottiglie  esalarono  un  odor  fetido  ,  come  di 
gas  idrogeno  sulfurato  ,  e  il  sugo  fu  trovato  quasi  tutto  flui- 
do, bianco  j  ed  opaco  come  un  latte  y  fuorichè  una  porzione  ^ 
la  quale  coagulatasi  nella  parte  più  alta  delle  bottiglie,  e 
convertitasi  in  resina  elastica,  avca  preso  la  loro  forma  ;  ciò 
che  dimostrava  ,  che  il  coagulo  avea  principiato  di  dove  il 
fluido  potea  aver  avuto  commercio  con  V  aria  . 

Versata  una  porzione  del  sugo  lattiginoso  fluido  un  poco 
riscaldato  in  un  vaso  largo  all'aria  libera  si  condensò  alla  su- 
perficie 5  e  si  ricopri  d'  una  pellicola  di  resina   elastica  .    Un,' 

ai- 


(i)    Flora    IVIexicsna  ,    e   Journal    de      1      Bernanl  .  Tom.  XVII. 
Phisiijiie  de  M.  Rozier  ,  Mem.  par  M.     I  (<;)  Aiinales  de  Chimie  1791.' 


64  Esperienze  ,  ed   Osservazioni  ce. 

altra  porzione  di  questo  sugo  posto  sotto  una  campana  di 
vetro  piena  d'aria  ,  che  posava  sopra  il  mercurio  _,  si  ricuo- 
prì  similmente  d'  una  pellicola  di  resina  elastica,  e  restò  as- 
sorbita una  porzione  d'  ossigeno  . 

Gli  acidi ,  e  specialmente  1"  acido  muriatico  ossigenato 
agirono  rapidamente  sul  detto  sugo  coagulandolo  nell'  istesso 
modo  ,  che  si  coagula  all'  aria  lentamente  .  Gli  alcali  agirono 
a  rovescio  ,  cioè  impedirono  la  sua  concrezione  ^  e  Io  man- 
tennero fluido. 

Il  resto  di  quella  porzione  di  sugo  lattiginoso  ,  da  cui  si 
era  separata  per  coagulo  mediante  1' azion  dell'aria  la  resina 
elastica  5  avea  perdutola  sua  apparenza  lattiginosa,  ed  era  di- 
ventato trasparente,  d'un  sapore  acido,  e  zuccherino. 

Osservati  attentamente  quella  porzione  di  sugo  conden- 
sato ,  e  convertito  in  resina  elastica ,  che  fu  trovata  nelle 
bottiglie,  era  bianchissima,  e  dotata  di  tutte  le  proprietà  del- 
la resina  elastica  di  commercio:  esposta  all'aria  perdette  ben 
presto  la  sua  bianchezza  ,  colorandosi  da  prima  in  bionde  ,  e 
poi  in  bruno  . 

E  da  queste  osservazioni  Fourcroy  dedusse  I.  Che  la  re- 
sina elastica  si  separa  dal  fluido  ,  in  cui  è  sciolta  ,  o  sospesa 
per  il  solo  contatto  dell'  aria  .  II.  Che  la  combinazione  ccn 
l'ossigeno  è  la  causa  principale  di  questa  separazione,  o  coa- 
gulo .  III.  Che  la  resina  clastica  è  in  origine  l)ianchissima  , 
e  che  il  suo  colore  si  deve  soltanto  all'  influsso  dell'  aria  , 

Quasi  l' istesse  osservazioni  ,  e  poche  altre  differenti  so- 
no state  di  nuovo  fatte  là  nell'  America  dal  Sig.  Vincenzio 
Cervantes  Professor  di  Botanica  in  Messico  ,  recentemente  , 
e  queste  portano  quasi  i  medesimi  risultati  . 

Ancor  Egli  dice ,  che  la  resina  elastica  ripete  il  suo  co- 
lore scuro  dall'  aria  ,  ma  più  dall'  azione  della  luce  del  Sole  ; 
poiché  la  resina  elastica  ])recipitata  per  mezzo  degli  acidi  dal 
sugo  lattiginoso  è  di  un  color  biancastro  ,  o  lo  mantiene  fin- 
ché non  si  espone  all'aria,  e  al  Sole  ciò  che  si  può  ottene-^ 
re  serbandola  sotto  l'acqua  ;  ma    subito   che   tocca  l'aria^  lol 

co- 


Di  GiOAcnmo  Carkadori  •  65 

comincia  a  perdere  diventando  da  prima  cenerina ,  e  poi  bru- 
na 5  o  nerastra  . 

Nelle  bottiglie  ben  chiuse  e  impenetrabili  all'  aria  si 
mantien  fluido  il  sugo  lattiginoso  del  Jeve  ,  ma  se  vi  trape- 
la r  aria  ,  si  trova  dopo  del  tempo  la  parte  resinosa  conden- 
sata ,  e  indurita  ,  e  separata  da  un  fluido  acquoso  ,  onde  pa- 
re ,  che  in  esso  stia  sospesa  ,  o  disciolta  la  detta  resina  ,  co- 
me disse  Fourcroy,  e  che  il  sugo  lattiginoso  deva  assomigliar- 
si ad  una  emulsione  vegetabile  ^  e  ciò  si  conferma  dal  sentiiv 
Io  al  tatto  untuoso  e  saponaceo ,  qualora  versatene  poche 
goccie  sulla  palma  della  mano  si  stropiccino  con  un  dito  . 

Se  poi  si  raccolga  in  vasi  aperti ,  e  si  tenga  esposto  ali* 
aria  questo  sugo  si  scompone  più  speditamente  ,  la. parte  re- 
sinosa si  combina  con  1'  ossigeno  e  si  coagula  ,  e  quindi  si 
separa  dalla  parte  acquosa  j  e  vi  resta  sopra  galleggiante  ,  e 
questa  è  la  resina  elastica  . 

Tutti  gli  acidi  ben  concentrati  agiscono  sopra  il  detto  su- 
•go  lattiginoso  separandone  la  parte  resinosa  in  forma  concre- 
ta ,  ma  più  di  tutti  l'  acido  muriatico  ossigenato  .  Quest'  aci- 
do la  coagula  prontamente  ,  e  tutte  in  una  massa  ,  come 
quando  si  coagula  naturalmente  all'  aria  .  L'  acido  nitrico  la 
precipita  in  forma  di  minuti  pezzetti  ,  o  di  polvere  gialla 
dissolubile  nell'  acqua  ;  gli  altri  acidi  poi  spiegano  una  mino- 
re attività  . 

Gli  alcali  non  hanno  assolutamente  la  proprietà  di  man- 
tener fluido  il  sugo  del  Jeve  ,  o  Jatropha,  come  asserì  Four- 
croy  ;,  lo  conservano  bensì  per  alquanti  giorni  3  ma  non  im- 
pediscono in  fine  che  si  coaguli  ;  così  pure  gli  acidi  minera- 
li allungati  lo  mantengon  fluido  per  del  tempo  . 

L'alcool  vi  si  mescola,  ma  non  lo  scioglie  :  lasciato  ri- 
posare il  misto,  l'alcool  viene  a  galla  ,  e  il  sugo  rimane  a 
fondo  ;  dopo  decantato  3  la  parte  resinosa  si  coagula  senza  ri- 
manere alterata  , 

Gli  oli  essenziali  sciolgono  la  parte  resinosa  in  più  gior- 
ni ,  e  il  misto  prende  la  consistenza  di   una   mucillaggine  tra- 

Tomo  XL  I  spa- 


66  EsPEElENZE    ED    OsSERVAZIONI 

sparente  ,  e  la  parte  acquosa  riman  separata  al  fondo  del  va- 
so .  L''  etere  vetriolico  coagula  sollecitamente  la  parte  resi- 
nosa ,  ma  quando  è  stato  lavato  ad  oggetto  di  spogliarlo  di 
tutto  l'acido  solforico  in  cambio  di  coagularla  la  scioglie,  e 
le  dà  tal  consistenza  di  Trementina  . 

Io  ho  assoggettato  ad  un  simile  esame  i  sughi  lattiginosi 
delle  piante  nostrali  per  riconoscere  le  loro  fisiche  proprietà: 
e  siccome  il  Fico  fra  gli  alberi ,  ed  i  Titiniali  fi'a  1'  erbe ,  so- 
no le  piante  le  più  comuni ,  e  che  in  conseguenza  più  facil- 
mente me  lo  poteano  somministrare  ,  pei'ciò  sopra  i  loro  su- 
ghi ho  fatto  le  seguenti  osservazioni  • 

Raccolta  una  quantità  di  sugo  lattiginoso  di  Fico  in  un 
piccolo  recipiente  di  vetro  aperto,  e  lasciatolo  all'aria,  a 
poco  a  poco  si  condensa  ;  ma  questa  mutazione  comincia  dal- 
ia superficie  esterna,  cioè,  che  è  a  contatto  con  l'aria,  poi- 
ché si  vede  formarsi  una  pellicola  superficiale  ,  e  tuttora  ri- 
maner sotto  fluido  .  L' istesso  osservai  del  sugo  del  Titiraalo 
(  Euphorbia  earacia  )  . 

Dunque  pare  ,  che  anche  il  condensamento  ,  o  coagulo 
dei  sughi  lattiginosi  delle  nostre  Piante  sia  effetto  d'  una  sem- 
plice ossigenazione ,  e  quest'  altre  esperienze  lo  vengono  a 
confermare  . 

Raccolsi  vma  porzione  di  sugo  lattiginoso  di  Fico  in  una 
boccetta  di  vetro  a  collo  stretto  ,  e  dopo  vi  versai  sopra  dell' 
olio  d'  oliva  ;  1'  istesso  feci  sopra  una  porzione  di  sugo  di  Ti- 
timalo  ;  questi  si  mantennero  sempre  fluidi  ,  e  mostrarono 
ristessa  facilità  a  coagularsi  tutte  le  volte,  che  tolto  di  so- 
pra r  olio  esponevo  parte  di  questi  fluidi  all'  aria  . 

Io  posi  in  una  piccola  boccetta  di  vetro  a  collo  lungo ■ 
e  stretto  una  quantità  di  sugo  lattiginoso  di  Fico,  e  dopo  la 
capovoltai  immergendo  una  porzione  del  collo  nell'olio,,  aven- 
do però  avuta  prima  la  precauzione  d'impedire,  che  il  su£;o 
colasse  giù  per  mezzo  di  un  turacciolo  di  cotone  messo  all' 
imboccatura  del  collo  della  boccetta  ,  Tornato  dopo  dei  gior- 
ni a  vederla  ,  trovai  eh  e  l' olio  era  salito  nel  collo  della  boc- 
ce t- 


l 


'(.I 


Di  Gioachino   Cahradori  67 

ccfta,  e  il  sugo  si  era  alquanto  coagulato  ricuoprendosi  di 
una  pellicola  .  Dunque  egli  era  stato  assorbito  dall'  ossigeno, 
e  questo  si  era  impiegato  nella  consolidazione  di  quella  par- 
te di  sugo  j  che  avea  preso  alla  superfìcie  la  consistenza  di 
pellicola,  e  il  resto  non  si  ei'a  potuto  consolidare ,  perchè 
non  vi  avea  trovato  ossigeno  abbastanza  .  Di  fatti  rinnovata 
l'aria  entro  il  piccolo  recipiente  ,  e  capovoltato  di  nuovo 
neir  istessa  maniera  si  ottenne  una  nuova  pellicola  . 

E  perchè  si  effettui  questa  consolidazione  ,  o  precipita- 
zione della  parte  resinosa  dei  detti  sughi  mediante  1'  ossigeno, 
par  che  ei  voglia  quest'elemento  libero,  o  che  facilmente  gli 
venga  ceduto  dai  corpi ,  che  lo  tengono  in  qualche  modo  com- 
binato ,  poiché  ho  sperimentato  ,  che  i  detti  sughi  non  pro- 
fittano ,  e  al  pili  pochissimo  ,  dell'  ossigeno  combinato  con 
1'  acqua  , 

Riempiei  a  metà  una  boccettina  di  vetro  di  sugo  di  Ti- 
timalo  ,  e  poi  vi  versai  sopra  dell'  acqua  adagio  adagio  ,  per- 
chè non  vi  si  mescolasse  ;  siccome  il  sugo  di  Titimalo ,  e 
tutti  gli  altri  sughi  lattiginosi  ancora  sono  specificamente  più 
gravi  deir  acqua ,  l'acqua  vi  si  mantenne  sopra  ^  come  si 
mantiene  sopra  F  acqua  uno  strato  d'  olio  ^  e  così  venne  ad 
impedire  il  libero  contatto  del  sugo  lattiginoso  con  l'aria. 
In  questo  stato  il  sugo  di  Titimalo  si  mantenne  quasi  tutto 
fluido  per  quanto  ve  lo  lasciassi  stare;  dico  quasi  tutto,  per- 
chè alle  pareti  di  detto  vaso  ,  e  alla  superfìcie  del  sugo  ap- 
pena si  era  formata  una  leggiera  pellicola  . 

Eppure  potea  attingere  dall'  acqua  soprapposta  l'ossigeno 
necessario,  poiché  si  sa,  che  l'acqua  tiene  sciolto  molto  os- 
sigeno ,  ed  ha  la  proprietà  d'  assorbirne  dall'  atmosfera  quati- 
to  glie  ne  bisogna  per  saturarsi  . 

Il  calore  ,  ossia  il  fuoco  non  produce  mutazione  alcuna 
sulle  sensibili  qualità  di  questi  sughi  lattiginosi  ,  né  gli  coa- 
gula ,  come  V  albume  o  albumina  . 

Presi  uno  dei  soliti  vasetlini  di  vetro  a  collo  stretto  pie- 
no quasi  a  metà  di  sugo  lattiginoso  di  Fico,  e   lo   ricuopersi 

l\  d'o- 


68  ESPERIENZJC    ED    OsSERVAZiaNI 

d'olio,  e  questo  Io  Teci ,  e  perchè  non  vi  si  introducesse  1*  os- 
sigeno ,  che  è  il  principio  coagulante  ,  e  perchè  si  rendesse 
visibile  qualunque  fluido  aeriforme ,  che  si  fosse  sollevato  dat 
sottoposto  fluido  ,  essendo  obbligato  ad  attraversare  lo  strato 
dell'  olio  :  dopo  1^  esposi  al  fuoco  .  Il  piccolo  recipiente  pas- 
sò per  tutti  i  gradi  di  calore  lino  a  quello  dell'  ebuUizione  , 
ma  SI  conservò  sempre  fluido  il  sugo  lattiginoso  contenutovi  i 
avanti  di  bollire  mandò  fuori  alcune  bolle  d'  aria  ,  e  seguitò 
a  bollire  per  parecchi  minuti  sempre  fluido,  o  bianco;  fatto- 
si più  vivo  il  fuoco  saltò  fuori  tutto  1'  olio  ,  e  parte  del  su- 
go per  una  subitanea  esplosione  ,  ed  il  restante  si  consumò 
per  distillazione  ,  e  lasciò  nel  fondo  del  vaso  una  crosta  spu- 
mosa d'  un  color  rossigno-castagno  . 

I  sughi  lattiginosi  delle  piante  nostrali  si  possono  conser- 
vare quanto  uno  vuole  fluidi ,  come  quello  del  Jave  ,  qua- 
lora si  tengano  in  dei  vasi  turati  in  modo  j  elie  non  si  possa 
introdurre  aria  . 

Raccolsi  ai  primi  dell'  Ottobre  del  i8oi  in  un  pìccolo 
vasetto  di  collo  stretto  una  quantità  di  sugo  lattiginoso  di  Fi- 
co ,  e  dopo  averlo  esattamente  turato  con  della  cera  molle  , 
lo  riposi  .  Il  sugo  ivi  rinchiuso  si  è  conservato  fluido  per  più 
d*  un  anno  ,  e  vi  si  conserva  ancora.  Sturatolo  dopo  un  an- 
no, ed  annasatolo  tramandò  un  odor  narcotico  simile  a  quel- 
lo dell'oppio  ,  e  alcune  goccie,  che  ne  versai  fuori  j  si  coa- 
gularono al  solito  con  lo  stare  air  aria  . 

Un  altro  vasettino  simile  quasi  pieno  di  sugo  di  Titlma- 
lo  raccolto  ai  primi  Maggio  i8oa  e  chiuso  con  un  turaccio- 
lo di  sughero  si  è  conservato  nell'  istessa  maniera  per  più  di 
sei  mesi  quasi  tutto  fluido  ,  poiché  alle  pareti  del  collo  di 
esso  vaso  ve  ne  era  ima  porzione  del  coagulato  ,  vi  era  pure 
una  leirgiera  pellicola  alla  superficie  del  detto  sugo  ,  ed  il  ri- 
manente era  fluidissimo  .  Quando  io  lo  sturai  non  tramandò 
nessun  fetido  odore  di  gas  idrogeno  sulfurato  ,  come  riscon- 
trò Fourcroy  nel  sugo  lattiginoso  del  Jeve  conservato  nello 
bottiglie  ,  ma  piuttosto  un  grato  odore  d'  uno   spirito   aroma-i 

ti- 


fo 


Di  Gioachino  Carradori  .  69 

tico ,  o  Jì  un  liquore  ,  che  ha  subita  una  fermentazione  spi- 
ritosa .  Io  ne  estrassi  una  porzioueella  ,  e  prese  al  soUto  con 
io  stare  all'  aria  la  forma  concreta  . 

Ma  una  porzione  di  sugo  di  Fico^  che  avea  raccolta  pa- 
rimente quest'anno,  cioè  alla  fine  di  Maggio  i8oa  in  un 
vasettino  compagno  agli  altri  due,  e  chiuso  nell'istessa  ma- 
niera si  portò  diversamente  .  Dopo  quattro  mesi  in  circa  tro- 
vai tutta  la  porzione  resinosa  coagulata  ,  ma  separata,  e  so- 
prannatante  ad  un  fluido  acquoso  .  Ella  nel  consolidarsi  avea 
presa  la  forma  della  piccola  bottiglia  ,  o  vasetto  ,  come  ap- 
punto il  sugo  del  Jeve  ,  che  Fourcroy  trovò  condensato  nel- 
le due  bottiglie,  una  proveniente  dall'Isola  di  Borbone,  e 
l'altra  da  Cayenna  ,  e  manteneva  sempre  il  suo  color  bian- 
co-latte .  Il  fluido  acquoso  ,  che  occupava  il  fondo  del  vaso , 
era  alquanto  trasparente,  d'un  odore  nauseante,  d'un  co- 
lor rossigno ,  e  di  un  sapore  .non  acido  ,  ma  piuttosto  zuc- 
cherino . 

Questa  differenza  nelle  due  mentovate  porzioni  di  sugo 
lattiginoso  di  Fico  ,  qual'  è  ,  che  una  si  conservò  fluida  _,  e 
r  altra  si  condensò  e  si  separò  da  un  fluido  acquoso  ,  io 
non  veggo ,  che  ad  altro  si  possa  attribuire  ,  die  alla  diver- 
sità della  stagione ,  in  cui  furQno  raccolte  ;  e  alla  diversa 
maniera  ,  con  cui  furon  chiusi  i  vasetti  per  impedire  1'  in- 
gresso all'  aria  . 

Mi  rivolsi  in  fine  a  sperimentare  V  azione  degli  acidi  ,  e 
degli  alcali  sopra  i  nostri  sughi  lattiginosi  ,  e  ritrovai  che 
r  acido  muriatico  ossigenato  coagulava  tanto  il  sugo  lattigi- 
noso di  Titimalo  ,  che  quello  di  Fico  ,  e  lattuga  (  lactuca  sa- 
liva )  .  Infusi  dell'acido  nitrico  concentrato  nel  suoo  lattigi- 
noso di  Fico  raccolto  di  fresco  dalla  pianta ,  e  versandoveìo 
goccia  a  goccia  ei  si  coagulò  tutto  in  una  materia  gialla  , 
morbida,  o  che  non  avea  nessuna  consistenza:  l' istesso  ope- 
rò sul  sugo  lattiginoso  di  Titimalo  .  L'  acido  muriatico  sem- 
plice si  mescolò  col  detto  sugo  aggrumandolo,  e  non  gli  tol- 
se il  colore  .  Coir  acido  solforico  concentrato  tanto  il  sugo  di 

Fi- 


70  Esperienze  ed  Osservazioni 

Fico  che  di  Titimalo  si  rappresero  in  una  materia  bianca, 
e  tenera  come  il  latte  accagliato  .  Gli  acidi  vegetabili  poco 
o  nulla  gli  mutarono  . 

Mescolato  il  sugo  di  Titimalo  colla  potassa  in  varie  pro- 
porzioni mutò  il  suo  color  bianco  di  latte  in  giallo-verdcj  ma 
si  coagulò  non  ostante,  bensì  più  lentamente  del  sugo  di  Ti- 
timalo puro,  che  si  coagula  all'aria:  neppur  la  soda^  e  l'am- 
moniaca gli  impedirono  il  coagularsi . 

L'Alcool  si  uni  coi  sughi  lattiginosi  di  Fico  ;,  e  di  Titi- 
malo ,  ma  non  gli  sciolse  :  gli  olj  essenziali  bensì  gli  sciolse- 
ro ambedue  ,  e  formarono  un  tutto  trasparente  ,  ma  ci  vol- 
lero parecchi  giorni,  e  1'  operazione  fu  anche  ajutata  dal  ca- 
ler della  stagione  . 

Or  dunque  se  sì  confrontino  I  fatti  da  me  osservati  ed 
esposti ,  risguardanti  le  Fisiche  proprietà  dei  sughi  lattiginosi 
di  Titimalo  e  di  Fico  con  quegli  ,  che  sono  stati  osservati 
ed  esposti,  prima  da  Fourcroy,  e  poi  da  Cervantes  rapporto 
alle  fisiche  qualità  del  sugo  lattiginoso  da  cui  proviene  la 
resina  elastica  ,  si  converrà  ,  che  sono  pienamente  conformi 
in  tutto  quel  che  è  essenziale . 

I  nostri  sughi  contengono  ,  come  quello ,  una  parte  resi- 
nosa solidificabile ,  per  una  mera  ossigenazione,  sciolta,  o 
sospesa  in  un  fluido  acquoso  ,  e  presentano  rapporto  a  ciò  i 
medesimi  fenomeni  •,  si  comportano  come  quello  ,  avvicinati 
agli  stessi  reagenti  ;  onde  mostrano  di  esser  sostanze  di  una 
specie  analoga  perchè  godono  dell'  istesse  proprietà  . 

I  nostri  sughi  puranche  solidificati  sono  una  materia  ela- 
stica,  e  che  gode  dell'  istesse  proprietà  della  resina  elastica» 
Tanto  questa,  che  la  resina  elastica  al  caldo  si  ammolliscono, 
e  al  fuoco  si  fondono   {d)  ,    e    si    infiammano  ;   spente   fanno 

sen- 


[d)  Volli  riscontrare  ,  se  ambedue 
queste  sostanze  ,  dopo  fuse  mediante  il 
fuoco  ,  di  nuovo  si  consolidavano  ,  e 
se  per  consolidarsi  assorbivano  dell'  os- 
sigeno . 


Presi  pertanto  diie  vasettini  uguali 
di  vetro  a  collo  lungo  e  stretto,  ed 
in  uno  misi  del  sugo  di  Titimalo  so- 
lidificato ,  e  neir  altro  dolla  resina 
elastica  in  dose  uguale  ,    e   gli   esposi 


Di  Gioachino  Carradoiu.  71 

sentire  il  meclesimo  odore  ,  e  lasciano  un  residuo  oleoso  si- 
mile .  Al  freddo  scapitano  ambedue  nelle  loro  fisiche  proprie- 
tà ,  poiché  non  sono  così  molli,  ed  elastiche.  Gli  olj  bollen- 
ti le  scioijiono  ^  e  alcuni  olj  essenziali  ancora  per  mezzo  di 
un  leggiero  grado  di  calore  soltanto  .  L'  etere  vetriolico  può 
sciogliere  ambedue  queste  sostanze;  e  Senebier  neli' esporre  la 
simidianza  dei  nostri  su^lìi  lattiginosi  con  la  resina    elastica  , 

O  OC? 

nella  sua  Fisiologia  vegetabile  ,  dice  pur  egli  d'  avere  speri- 
mentato ,  che  il  sugo  di  Titimalo  condensato  si  scioglie  iiell' 
etere  vetriolico .  L'  acido  nitrico  attacca  tanto  1'  una  che 
r  altia  ,  ma  non  gli  altri  acidi  • 

La  materia  elastica  ,  in  cui  si  cangiano  condensandosi  i 
sughi  lattiginosi  nostrali  è  pur  essa  in  principio  di  un  colo? 
bianco-latte  j  e  ancor  essa  lo  perde  e  acquista  un  color  bru- 
no con  stare  esposta  all'aria.  Il  colore  scuro  ,  che  ella  pren- 
de ,  egli  è  effetto  d'  una  lentissima  combustione  ,  che  si  ese- 
guisce in  detta  sostanza  alla  comune  temperatura  dell'atmos- 
fera tutte  le  volte  ,  che  si  trova  soggetta  all'  azione  dell'  os- 
si- 


ai  medesimo  fuoco  per  Hir  foiilore  la 
dette  due  sostanze  .  Il  sugo  di  Titima- 
lo solidificato  si  fuse  più  presto  della 
resina  elastica  ;  bollirono  ambedue  ,  e 
tramandarono  del  fumo  ,  e  dell'  odor 
di  bruciato  ;  e  quando  mi  parve  ,  che 
si  fossero  fuse  per  la  maggior  parte  , 
tjlsi  dal  fuoco  neir  ietesso  tempo  i  va- 
settini  ,  clie  le  ronteneano  ,  e  gli  ca- 
povoltai tuffando  11  loro  collo  nell'  ac- 
qua .  L'acqua  sal'i  in  copia  in  tutti 
due  i  vasetti  ,  ma  più  in  quello  didla 
resina  elastica  .  Dopo  dell'  ore  tolti- 
gli dall'  acqua  ,  e  osservate  le  d?tte 
lostanze  ,  trovai,  che  il  sugo  di  Titi- 
lì.alo  si  era  di  nuovo  ben  consolidato , 
ma  la  resina  elastica  la  ritrovai  mor- 
bida come    un  baliamo   «    gKulnoia;e 


tutte  due  aveano  sofi'erto  un.  leggiero 
grado  di  carbonizzazione  . 

Pare  dunque  ,  che  ambedue  le  dette 
sostanze  ,  dopo  fuse  dal  fuoco  ,  ripren- 
dano di  nuovo  la  forma  concreta  ,  ma 
jiiù  difficilmente  la  resina  elastica  ;  di 
fatti  ella  si  mantenne  morbida  e  glu- 
tinosa dopo  del  tempo  ;  né  ha  ripreso 
ancora  la  primiera  sua  consistenza . 

!Ma  non  si  può  decidere,  se  per  con- 
solidarsi abbiano  bisogno  di  nuovo  dell' 
ossigeno  ,  come  ((uando  sono  nello  sta- 
to di  sugo  lattiginoso,  perchè  l'assor- 
liimento  del  gran  volume  di  aria ,  che 
si  è  avuto  adesso ,  si  deve  più  sttri- 
buire  all'  incarbonimento  di  esse  ma-» 
terie  ,  che  alla  loro  solidificazione  . 


72'  Esperienze  ed  Osservazioni 

sigeno  dell'  atmosfera  .  Quando  ella  si  sottrae  da  tale  azione 
si  conserva  bianca  ,  e  non  subisce  cambiamento  di  colore. 
La  cosa  è  portata  all'  evidenza  dalle  seguenti  esperienze . 

Presi  del  sugo  già  coagulato  di  Fico  di  un  color  bianco- 
latte  ,  e  parte  ne  esposi  all'  aria  in  un  luogo  oscuro  ,  e  par- 
te ne  misi  al  Sole  tutto  affatto  sotto  1'  acqua ,  ed  una  por- 
zione in  fine  ne  misi  similmente  al  Sole  mezza  sotto  ì'  ac- 
qua, e  mezza  fuori.  In  capo  a  due  giorni  riscontrai,  che  tan- 
to quella  porzione  j  che  era  intieramente  sotto  l'acqua  al  So- 
le,  che  quella  che  vi  era  per  metà,  si  erano  conservate  bian- 
che ,  mentre  tanto  quella  metà  che  era  fuori  deli'  acqua  al 
Soje  ,  come  pure  quella  porzione  ,  che  avea  tenuto  all'  oscu- 
ro 5  si  erano  cangiate  di  colore  .  Dunque  qui  la  luce  del  So- 
le non  vi  giucca  ,  ma  soltanto  1'  aria  ,  e  questa ,  secondo  me  , 
non  può  influirvi ,  che  con  mettere  più  a  nudo  il  carbonio 
che  è  la  causa  della  variazione  del  color  bianco  in  bruno  , 
mediante  un  insensibile  combustione  ,  cosa  che  succede  ia 
altre  circostanze  ,  come  ho  provato  altrove  (e)  :  onde  l'opi- 
nion di  Cervantes ,  che  la  luce  del  Sole  concorra  a  cagiona- 
re l' imbruniraento  della  resina  elastica,  non  pare  sosteni- 
bile . 

Ma  nonostante  la  somiglianza  che  si  è  trovata  per  tan- 
ti rapporti  fra  la  resina  elastica,  e  i  sughi  lattiginosi  delle 
nostre  piante,  la  sostanza,  che  ci  danno  coagulandosi  non  è 
una  perfetta  resina  elastica  ,  e  non  vi  si  può  in  nessun  con- 
to paragonare  ,  per  cei'ti  difetti  che  la  rendono  inservibile  . 

Poiché  la  sostanza  ,  in  cui  si  convertono  i  sughi  delle  no- 
stre piante  ha  il  difetto  di  ammollirsi  troppo  al  caldo  ,  e  di- 
ventare eccessivamente  duttile  e  glutinosa  :  allora,  oltre  al 
perdere  la  sua  consistenza  e  contrattilità,  diventa  incomoda 
a  maneggiarsi  ;  al  contrario  al  freddo  perde  tutta  la  mollez- 
za, ed  elasticità^  e  diventa  un  corpo  duro,  e  resistente;  poi 
ella  ha  il  difetto  di  sciogliersi  nell'  acqua  ,  benché  con  diffi- 
coltà ,  ove  riprende  il  suo  color  lattiginoso  . 

In 

(e)  Ved.  Ann.  Cliim.  di  Pavia  . 


Di  Gioachino  Carracori  •  1^3 

In  somma  ella  è  una  sostanza  solubile  dell*  acqua  ,  che 
si  ammollisce  al  caldo,  e  si  indura  al  freddo  ,  glutinosa  ^  e 
che  diventa  mediante  un  certo  grado  di  calore  più  duttile 
che  elastica. 

La  resina  elastica  si  ammollisce  alquanto  nell' acqua  bol- 
lente ,  ma  non  vi  si  scioglie  .  Al  caldo  si  ammollisce  un  po- 
co ,  e  diventa  alcun  poco  glutinosa,  e  al  freddo  poi  si  indu- 
ra e  diventa  im  poco  più  resistente;  ma  conserva  per  altro 
a  qualunque  temperie  della  mollezza  congiunta  ad  una  tal  qua- 
le consistenza  e  tenacità  ,  per  cui  ella  è  sempre  cedente  ed 
elastica  .  Onde  convien  conchiudere  ,  che  la  nostia  sia  una 
sostanza  vegetabile  diversa  dalla  resina  elastica  {/),  d'  un  in- 
dole piuttosto  gommoresinosa ,  o  saponacea  CgJ  • 

Io  ho  esteso  le  mie  ricerche  sopra  tutti  i  sughi  lattigi- 
nosi delle  piante  ,  che  erano  a  mia  portata,  e  oltre  ai  suohr 
di  Fico  ,  del  Titimalo  {euphorhia  caracias)  e  di  Lattuga  (  la- 
iCtuca  sativa  )  menzionati ,  ho  cimentato  ancora  i  sughi  latti- 
ginosi dei  papaveri  ,  dei  sonchi  ,  delle  cicorie  ,  e  dell'  al- 
tre specie  di  Titimali  ,  che^ho  potuto  trovare  ,  e  nessu- 
no mi  ha  somministrato  una  sostanza  dotata  appresso  a  poco 
delle  perfezioni  della  resina  elastica.  Anzi  fra  tutti j  il  suo-o 
dei  Titimali,    o  Euforbi  nostrali  mi  è  paruto,,  che  sia   il  mi- 

Tomo  XI.  K  elior 


[f]  FourcToy  nel  systeme  des  Connois- 
tancts  Chìm.  Tom.  Vili ,  dice  ,  che 
la  resina  elastica  ,  impropriamente  chia- 
rcata  gomma  elastica  ,  non  è,  né  un  olio 
fisso ,  né  una  resina  ,  né  una  gomma 
Tesina  ,  ma  una  sostanza  mi  generis  . 

[g]  Benché  il  sugo  lattiginoso  dei 
noEtri  Tegetabili  si  approssimi  alle  gom- 
me resine  ,  non  ostante  differisce  da 
esse  per  dti  caratteri  essenziali ,  onde 
a  mio  parere  merita  un  posto  distinto 
fra  i  Componenti  immediati  dei   vege- 


tatili ,  e  in  conseguenza ,  giacché  Four- 
croy  neir  enumerazione  dei  Componen- 
ti immediati  dei  vegetabili  esposta  nel- 
la sua  grand'  Opera  Systeme  des  Con- 
noissances  ù-c.  pone  la  resina  elastica, 
cioè  il  sugo  lattiginoso  ,  dal  cui  coa- 
gulo proviene  la  detta  resina  ,  pare  , 
che  accanto  si  pervenga  un  posto  an- 
co al  sugo  lattiginoso  delle  piante  no- 
strali, che  in  fondo  non  è,  né  una 
resina  elastica,  né  una  gomma  resina, 
ma  una  sostanza  sui  generis  . 


^^  Esperienze  ed  Osservazioni 

glior  prodotto  :  gli  altri  danno  una  sostanza   più  grossolana  e 
più  imperfetta  . 

Trovo  j  che  Bucholz  ha  riconosciuto  che  l'oppio  contie- 
ne una  gran  quantità  di  resina  elastica  .  Può  essere  ,  che  dal- 
la sostanza  ,  in  cui  si  convertono  nel  consolidarsi  i  sughi  lat- 
tiginosi nostrali^  mediante  qualche  operazione^  o  processo  chi- 
mico, possa  ricavarsi  della  vera  resina  elastica;  e  può  essere 
ancora  ,  che  i  detti  sughi  lattiginosi^  previa  qualche  modifica- 
zione,  si  possano  ridurre  a  convertirsi  a  dirittura  in  buona  re- 
sina elastica  :  ma  questo  è  un  soggetto  ^  che  io  non  ho  pre- 
so qui  ad  esaminare,  e  su  cui  non  pretendo  decidere.  Io  ho 
avuto  solo  intenzione  di  riscontrare,  se  i  sughi  lattiginosi  del- 
le piante  nostrali  danno  ,  come  era  stato  supposto  ,  un  pro- 
dotto simile  alla  resina  elastica  . 

Pare  dunque  ,  che  la  resina  elastica  appartenga  esclusi- 
vamente a  delle  piante  esotiche  . 

Non  vi  ha  dubbio  ,  la  natura  ha  accordato  alle  diverse 
regioni  dei  prodotti  particolari  ,  ed  ha  voluto  così  spartire  i 
suoi  doni  con  mano  prudente  e  compensatrice  . 

Nec  vero  terrae  ferre  omncs  omnia  possunt . 


DELL' 


7^ 
DELL'  ADESIONE  0  ATTRAZIONE  DI  SUPERFICIE 

MEMORIA 

Di    Gioachino    Carradoki 
Presentata  da  ANTONIO  GAGNOLI  il  di  a5  Giugno  i8o3. 

Ì-J  stata  dai  Fisici  considerata  quella  forza  di  unione  ,  che  si 
esercita  dai  corpi  con  le  loro  superficie,  ed  è  stata  distinta  col 
rome  di  Aderenza-,  o  Adesione.  Molti  si  sono  occupati  a  ri- 
conoscere e  misurare  questa  forza  fra  solidi,  e  solidi,  fra 
solidi  ,  e  fluidi  {a)  ma  nessuno ,  eccettuate  poche  non  rile- 
levanti  esperienze  di  alcuni  Fisici ,  V  aveva  ravvisata  fra 
fluidi,  e  fluidi  . 

Questa  forza  non  fa  meglio  la  sua  comparsa  che  fra 
fluidi  ,  e  fluidi  :  allora  ella  spiega  tutta  la  sua  energia  ,  e 
manifesta  in  una  maniera  particolare  le  leggi  a  cui  obbedi- 
sce .  La  forza  d'  Adesione  non  è  stata  ancora  bene  studiata  , 
perchè  nessuno  finora  avea  battuta  la  strada  che  porta  alla 
considerazione  dei  principali  di  lei  fenomeni  e  dei  più  ri- 
marchevoli resultati  . 

Io  dimostrerò  con  dei  fatti  la  maggior  parte  ovvii  ,  ma 
sopra  dei  quali  nessuno  avea  fatto  per  1'  avanti  delle  giuste 
riflessioni,  due  gran  verità,  non  per  anco  avvertite,  rappor- 
to all'  Adesione  . 

I.  Che  vi  è  una  forza  di  Adesione,  o  con  più  giusto 
vocabolo,  Attrazione  di  superficie ,  fra  dei  fluidi  di  diversa 
specie  0  sostanze  solide  disgregate,  la  quale  non  si  può  con- 
fondere con  nessuna  delle  forze  finora  conosciute . 

K  a  IL 


(a)  A  questa  si  riferiscono  1'  espe- 
rienze fatte  dai  Fisici  suU'  ascensione 
del  fluidi  nei  tubi  capillari  ,  e  quelle 
di  Guyton  suir  adesione  del  mercuri» 


coi  metalli ,  e  quelle  d'  Acliard  sull' 
adesione  del  vetro  con  dei  fluidi  di 
differenti  specie  . 


76  Dell'  Adesione    0  Attrazione  ec 

II.  Che  ella  ha  il  suo  punto  di  saturazione^  eie  sue  af- 
finità ,  come  r  Attrazione  chimica  . 

Benché  abbia  altrove  (a)  annunziato  alcune  di  queste  ve- 
rità ,  non  le  ho  per  altro  in  nessun  luogo  esposte  con  quel- 
la estensione  e  chiarezza  ^  che  esse  meritavano.  E  dunque 
mia  intenzione  adesso  di  presentarle  al  pubblico  nel  suo  ve- 
ro punto  di  vista,  con  provarle  cioè  rigorosamente,  appog- 
giandole a  quel  corredo  di  esperienze  e  ragionamenti  ,  che 
sono  necessari  per  portarle  all'  evidenza  e  farle  annoverare 
fra  gli  assiomi ,  »  verità  fondamentali  della  Fisica  ,  o  Filoso- 
fia Naturale  . 

ESP.  I, 

Si  prenda  un  vaso  qualunque  ben  pulito  pieno  d'  acqua 
pura,,  come  v.  g.  ,  un  bicchiere  ^  e  si  applichi  all'acqua  una 
gocciola  d'olio  d'uliva  ben  fluido:  1'  olio,  appena  toccata  la 
superficie  dell'  acqua  ,  si  espanderà  sopra  di  essa  in  forma  di 
sottile  vernice  . 

Ma  se,  in  vece  di  posarla  sull'  acqua,  si  posi  sul  vino, 
o  suir  aceto  5  poco ,  o  nulla  vi  si  distenderà,  molto  meno 
sullo  spirito  di  vino  ,  o  altro  fluido ,  eccettuato  il  mercurio  . 
E  questo  esclude  qualunque  spiegazione  derivata  da  leggi  pu- 
ramente meccaniche.  Qualcuno  potea  darsi  a  credere,  che 
r  olio  nel!'  espandersi  suU'  acqua  non  facesse  che  obbedire 
ad  una  legge  generale  dei  fluidi  ,  di  tendere  ,  cioè  ,  a  livel- 
larsi ,  come  fl.uido  più  leggiero  dell'acqua  ,  e  facilmente  scor- 
revole sopra  la  di  lei  egualissima,  e  delicatissima  superficie. 
Ciò  non  si  sostiene,  molto  più  se  si  rifletta,  che  la  velocità, 
con  cui  si  espande  la. gocciola  dell'olio  sull'  acqua  è  partico- 
lare ,  e  non  è  propria  d'  un  fluido  che  si  livella  sopra  un 
piano  orizzontale,    e  che  la  gocciola    dell'  olio,   per    quanto 

an- 


\a\  Giorn.  Fisio.  Med.  di  Pavia  dal 
1793.  in  poi.  Ann.  cliim.  ili  Pavia  ; 
Opuscoli  scelti  di  Milano  :    Journ.    de 


Pliisiq.  de  Pari» ,  ed.  Ann.    de   Chimi^ 
de  Parie  . 


Di   Gioachino   Carradori  .  77 

anglista  sia  la  superficie  dell'  acqua  su  cui  si  getta',  non  si 
estende  mai  tanto  da  licuopiirla  tutta  ;  il  che  dovreLbe  suc- 
cedere ,  se  fosse  un  puro  effetto  meccanico  .  Ma  non  occoirc: 
trattenersi  j  per  provarne  l'assurdità,  perchè  verrà  continua- 
mente smentita  dall'  esperienze  che  seguono  . 

Dunque  l'olio  ha  una  forza  di  adesione,  o  attrazione  dì 
superficie  con  l'acqua.  Lo  stato  suo  naturale  era  di  restarsi 
inerte  dentro  i  limiti  di  una  piccola  sfera  .  Non  vi  è  ragione 
nessuna ,  per  cui  una  gocciola  d'  olio  posata  sulT  acqua  si 
espanda  e  ricuopra  la  di  lei  superficie  ,  mentre  si  sa  d'  al- 
tronde,  che  se  non  esiste  fra  1'  olio  e  1'  acqua  \dL  forza  dì 
repulsione^  non  vi  è  di  sicuro,  né  affinità  di  coesione,  o  di 
aggregazione  ,  né  affinità  chimica, ,  perocché  l'acqua ,  né  scio- 
glie r  olio,  né  lo  attacca,  né  vi  si  mescola  che  con  diffi- 
coltà . 

Plinio  avea  asserito,  che  l'olio  ha  la  facoltà  d'espander- 
si suir  acqua  ,  e  di  calmar  le  tempeste  .  Franklin  ed  altri 
presero  ad  esaminare  1'  asserto  di  Plinio  ,  ma  nessuno  per 
altro  ha  rilevato  ,  che  questo  è  1'  effetto  d'  una  forza  d'  at- 
trazione ,  che  ha  luogo  soltanto  alla  superficie  dell'  acqua  . 

ESP.  ir. 

Sopra  un  vaso  qualunque  pieno  d'  acqua  si  getti  mia 
gocciola  d'  olio  di  quahinque  genere  ,  o  fisso  ,  o  volatile  ,  e 
di  qualunque  specie,  come  v.  g.  il  Petriolio,  o  Nafta,  o  una 
porzione  di  qualunque  sostanza  oleosa  concreta  ,  o  resina,  o 
gomma  resina  ,  polverizzata  :  queste  sostanze  si  espanderanno 
sulla  superficie  dell'  acqua  ,  e  la  cucpriranno  ,  o  di  una  esi- 
lissima  vernice,  o  di  una  sottile  membrana,  ancorché  siano 
jpecificamente  di  essa  più  gravi  . 

Dunque  tutti  gli  eli  ,  o  fissi,  o  volatili  ,  o  fluidi  ,  o  so- 
lidi ,  hanno  attrazione  di  superficie  con  1'  acqua. 

In  virtù  di  questa  forza  egli  è  per  tanto  ,  che  tutte  le  so- 
stanze oliobC  ,  0  nelle  quali  trovasi  unito  un  olio  ,  o  resina ,  o 

goin- 


70  Dell'  Adesione  o  Attrazione   ec. 

gomma  resina,  hanno  la  proprietà  di  far  dei  movimenti  sull'  ac- 
qua :  cosi  da  questo  principio  si  ripetono  i  movimenti  della  can- 
fora suir  acqua,  tanto  ammirati  dai  Fisici  finora  ,  e  non  intesi, 
come  pure  la  recisione  dei  bastoncini  di  canfora  del  Venturi 
al  livello  dell'  acqua  ,  e  dei  fiori  di  Benquino  ,  o  acido  Ben- 
zoico; da  questo  l'espansione  dei  sughi  lattiginosi  delle  pian- 
te ,  e  specialmente  dei  Titimali  ,  o  Euforbi  nostrali ,  e  delle 
fecule  di  qualunque  sorte,  e  di  tutte  le  sostanze  gommoresi- 
nose  ,  o  resinoso  estrattive  ,  come  ho  esposto  in  più  e  diver- 
ge Memorie  altrove  .  (a) 

E  non  altro  fluido j  se  non  olio,  o  di  natura  oliosa,  co- 
me r  Etere  j  o  che  contenga  un  olio,  o  una  resina  già  for- 
mata ,  si  vede  distendersi  sull'  acqua  ,  e  neppure  nessuna  so- 
stanza solida,  comimque  polverizzata,  se  non  è  resina ,  o 
gommaresina  j  o  che  abbia  fra  i  componenti  dell'olio,  o  del- 
la resina  ,  o  che  ne  sia  stata  imbevuta  :  cosicché ,  né  le  ter- 
re,  né  le  pietre  polverizzate,  né  lo  zolfo,  né  il  vetro  pesta- 
to ,  si  distendono  sulT  acqua ,  ma  lo  possono  fare  tutte  le 
volte  che  siano  stati  per  V  avanti  imbevuti  di  qualche  so- 
stanza oliosa  » 

Dunque  V  attrazione  di  superficie  ha  luogo  soltanto  fra 
dei  corpi  oliosi ,  o  resinosi  di  qualunque  specie,  e  sotto  (jua- 
lunque  forma,  o  di  fluido,  o  di  solido,  e  l'acqua. 

Si  può  arrivare  a  toccar  con  mano  la  proprietà ,  che 
hanno  le  sostanze  oliose  di  espandersi  suU'  acqua  ^  ed  occu- 
parne la  superficie  ,  col  seguente  semplicissimo  esperimento  . 

ESP.  III. 

Si  spargano  sulla  superficie  dell'  acqua   dei  corpicciuoli , 
capaci  di  galleggiarvi  ,    come    dei    minuti    pezzetti    di    foglia 
d'  oro,  d'argento,  o  di  stagno,    o    altri    corpi    leggieri,  ma 
che  non  contengano  un  olio  ,   come  v.  g.  dello  zolfo  ,  o  del- 
le 


(a)  Giorn.  di  Pavia  :  Opuscoli  scelti  di  Milano  :  Ann.  de  Chimie  de  Paris. 


Di  Gioachino  Carradori  .  79 

le  terre  polverizzate  ,  e  poi  si  applichi  alla  superficie  cIpU' 
acqua,  ove  è  più  seminata  di  questi  corpicciuoli,  una  goccio- 
Ja  d'  olio  di  qualunque  sorte,  si  vedranno  fuggir  tutti  quan- 
ti dinanzi  ali*  olio  che  si  dilata  ,  e  gli  caccia  dalla  superfi- 
cie dell' acqua  j  spingendoli  avanti  di  mano  ia  mauo,  che  se 
ne  impadronisce  » 

L'istessa  cosa  si  vede,  quando  in  vece  d'olio  sì  gettino 
suir  acqua  dei  minuzzoli  di  canfora,  o  delle  fecule  ,  o  una 
gocciola  d'etere,  o  che  si  approssimi  alla  superficie  dell'ac- 
qua uu  pezzettino  di  cotone  inzuppato  d'Etere  [a),  o  che  vi  si 
applichi  una  gocciola  di  sugo  di  qualche  titimalo  ,  o  eufor- 
bio  nostrale,  anzi  con  questo,  più  che  con  l'altre  sostanze j 
si  ottiene    un'azione  più  energica  sui  corpi  galleggiatiti  . 

ESP.  IV. 

k  Se  in  vece  di  acqua  pura  sì  prenda    dell*  acqua    salata  , 

^  in  cui  cioè  sia  stato  sciolto  in  quantità  qualche  specie  di  sa- 
le ,  come  per  esemp.  del  muriato  di  soda  ,  O  del  nitrato  di 
potassa  ,  o  del  solfato  di  magnesia  ec.  ,  nonostante  che  ella 
tenga  incorporate  queste  sostanze  straniere  ,  qualora  vi  si 
applichino  sopra  degli  oli,  o  delle  resine»  eserciterà  sopra  di 
essi  la  solita  attrazione  . 

L'  istessa  pure  accadeià  ,  quando  V  acqua  in  cambio  di 
sali  ,  contenga  delle  sostanze  ,  che  non  vi  sì  sciolgono  ,  ma 
che  vi  stanno  sospese  ,  come  v.  g.  delle  terre,  cioè,  se  iti 
vece  dell'  acqua  chiara  si  prenda  dell'  acq^ua  torba  o  mo- 
tosa . 

Molto  mena  la  temperatura  dell'  acqua  v*  influisce  .  Il 
fenomeno  ha  luogo  sì  con  l'acqua  calda,  che  con  la  fiedda, 
purché  non  sia  tanto  fredda  da  far  rappigliar  1'  olio  . 

Se    poi    si   pi'enda  uu'  acqua  carica  di  sostanze  resinose 

estrat- 


(«)  Vedi  le  mie  risposte  all' obiezioni  di  Prevost,  Ann.  Cium.  diPavia  Tom.  XIX^ 


8o  Dell'  Adesione   o   Attr^ìzione  ee. 

estrattive,  o  che  contenga  sciolte,  o  natanti  delle  materie 
saponacee,  o  pingui,  o  comunque  oliose  ,  come  per  esemp. 
dell'  acqua  servita  per  delle  lavande ,  non  sarà  atta  a  pro- 
durre nessuno  dei  soliti  effetti ,  o  al  più  qaalcheduno  di  essi 
debolmente  . 

Da  tutto  ciò  mi  par  che  si  rilevi  ,  che  l'  attrazione  di 
superficie  è  una  proprietà  indipendente  dalle  qualità  ,  che 
r  acqua  può  possedere .  Purché  1'  acqua  non  contenga  sciol- 
te ,  o  natanti  delle  sostanze  pingui  ed  oliose,  ella  è  in  gra- 
do con  la  superficie  di  esercitare  la  sua  astrazione  su  tutte 
le  sostanze  oliose  ,  che  vengono  a  toccarla . 

ESP.  V. 

Si  prendano  due  vasi  cilindrici  di  vetro  perfettamente 
eguali,  uno  con  pochissima  acqua,  v.  g.  alT altezza  di  poche 
linee  ,  e  ì'  altro  con  molta  acqua  ,  all'  altezza  per  esemp.  di 
un  piede  e  più  se  piace  ,  e  si  applichi  alla  superficie  dell' 
acqua  di  ciascuno  di  questi  due  vasi  una  gocciola  d'  olio  ,  si 
osserverà,  che  nonostante  le  altezze  differenti  dell'acqua,  vi 
si  distenderanno  sopra  con  pari  velocità  . 

Dunque  la  forza,  con  cui  l'acqua  tira  sopra  di  se  Folio, 
non  è  in  rapporto  con  la  quantità  dell'acqua  medesima,  os- 
sia con  r  altezza  della  sua  colonna ,  ma  con  la  superficie  ; 
perciò  a  questa  forza ,  che  è  indipendente  dalla  massa ,  o 
quantità  di  materia  ,  e  si  esercita ,  come  mostrano  meglio  le 
seguenti  esperienze  ,  dalla  superficie  ,  par  che  si  competa  il 
nome  di  Attrazione  di  superficie . 

ESP.  VI, 

Si  prenda  un  vaso  di  collo  stretto  e  di  ventre  largo  , 
come  V.  g.  una  boccia  di  vetro  ,  piena  tutta  ,  cioè  anche  il 
collo,  di  acqua  ,  e  in  mezzo  all'apertura  ,  ossia  alla  bocca  di 
questa  boccia  ,  si  posi  sull'acqua  una  gocciola  d'olio  d'  uliva  j 

que- 


Di  Gioachino  Carradori.  8l 

qi7esta  si  dilaterà  quanto  le  Io  permette  l'angustia  della  super- 
ficie ;  quindi  si  estragga ,  succhiandola  per  mezzo  di  un  picco- 
lo sifone  licuivo,  tanta  acqua,  che  rimanga  vuoto  il  colio  j 
e  porzione  del  corpo,  o  ventre  ,  si  vedrà,  che  in  proporzio- 
ne ,  che  r  acqua  calando  guadagna  il  ventre  della  boccia  ,  e 
in  conseguenza  scuopre  maggior  superficie ,  la  gocciola  dell' 
olio  anderà  dilatandosi  . 

E  se ,  in  vece  dell'  olio  ,  vi  si  metta  un  pezzettino  di 
canfora  ,  si  vedrà ,  che  quanto  più  1'  acqua  scendendo  nel 
ventre  spiega  di  superficie,  i  movimenti  giratorj  di  essa,  che 
erano  in  prima  piccoli  e  lenti  ,  quando  cioè  l'  acqua  era 
nel  collo  del  vaso  ,  diventeranno  tanto  più  grandi   e  veloci . 

ESP.  VII. 

Si  getti  sull'acqua  di  un  piccolo  vaso  una  pìccola  quan- 
tità di  olio  ,  o  di  fecula  ,  si  vedrà  espandersi  poco  ,  e  lenta- 
mente, ma  se  si  prende  un  vaso  più  grande  se  ne  espanderà 
più  ,  e  più  velocemente  ,  e  ciò  sempre  in  proporzione  dell' 
estensione  della  superficie  ,  che  presenta  1'  acqua  del  vaso  ; 
finalmente  se  si  faccia  l'  esperimento  in  una  vasca ,  o  picco- 
Io  Iago,  se  ne  espanderà  in  quantità,  e  con  molta  velocità. 

Dunque  la  quantità  del  fluido  olioso  ,  o  della  materia 
solida  polverizzata  contenente  un  olio  ,  o  una  resina ,  e  la 
velocità,  con  cui  si  espande  sull'  acqua,  è  sempre  propor-» 
zionale  alla  superficie  dell'acqua,  su  cui  si  getta  . 

ESP.  Vllf. 

SI  carichi  una  piccola  siringa  d'olio  ,  e  dopo  averla  im- 
i"nersa  tutta  neh'  acqua  di  una  vasca  ,  si  pigli  lo  stantufo  per 
espeller  l'olio;  ei  salirà  secondo  il  solito  per  venire  a  galla ^ 
ma  appena,  che  si  troverà  a  fior  d'acqua  si  espanderà  sopra 
di  essa  ,  e  ne  spalmerà  ,  nelT  istessa  maniera  che  se  vi  fosse 
Stato  gettato  sopra,  la  superficie. 

Tomo  XI.  L  Egli 


8a  Dell'  Adesione  o  Attrazione   ec. 

Egli  è  chiaro  perciò,  che  non  nel  corpo  dell'acqua,  ma 
nella  superficie  di  essa  soltanto  risiede  una  forza  che  tira  a 
se  r  olio  ,  e  lo  fa  dilatare . 

ESP.  IX. 

SI  strappi ,  o  sì  tagli  un  fusto  del  Titlnialo  v.  g.  (  Eu- 
phorhia  caracia  ),  o  altra  specie  di  Titimalo  sotto  1'  acqua  ; 
tutto  il  sugo  lattiginoso  ^  che  ne  sgorgherà ,  precipiterà  in 
fondo  dell'acqua;  se  si  tiri  fuori  dell'acqua  una  porzione  del 
fusto  ,  da  cui  tuttora  sgorghi  qualche  poco  di  sugo  lattigino- 
so o  se  ne  recida  un  nuovo  fusto,  e  se  ne  applichi  una  goc- 
ciola alla  superficie  delT  acqua  ,  si  espanderà  sopra  di  essa 
con  somma  velocità  in  forma  di  esilissimo  velo  . 

Anche  quel  sugo  di  Titimalo ,  che  è  andato  a  fondo  , 
può  espandersi  sul!'  acqua,  qualora  si  faccia  in  maniera  che 
venga  alla  superficie  della  medesima.  E  questo  si  ottiene  con 
versar  l'  acqua  dal  recipiente ,  in  cui  si  trova ,  in  un  altro 
recipiente .  Mediante  questo  movimento,  il  detto  sugo  viene  a 
galla  ,  e  nelT  uscir  fuori  del  vaso  si  vede  espandersi  sulla 
corrente  dell'acqua,  che  precipita  nell'altro  vaso. 

Ecco  confermata  la  conseguenza  dell'  antecedente  esperi- 
mento :  il  sugo  del  Titimalo,  come  gli  altri  sughi  lattiginosi 
vegetahili ,  è  specificamente  più  grave  dell'  acqua,  e  se  vi 
si  distende  sopra,  non  lo  può  fare,  che  per  virtù  di  una  for- 
za, per  cui  l'acqua  lo  tira  sopra  di  se,  cioè  sulla  sua  super- 
ficie ,  e  non  lo  lascia  ia  balìa  della  gravità  j  che  lo  farebbe 
precipitare  . 

ESP.  X. 

Si  lasci  cadere  sull'acqua  confinata  in  un  raso  una  goc- 
cia ,  o  due  di  sugo  di  Titimalo  ;  alcun  poco  se  ne  espanderà 
sull'acqua,  ma  la  maggior  parte  precipiterà  al  fondo  di  essa 
in  forma  di  tortuosi  e  bianchi  filamenti  ;  se  in  vece  di  far- 
velo cadere  si  applichi  artificiosamente  alla  superficie  dell'ac» 

qua 


Di  Gioachino  Carradori.  83 

qua  in  modo  ,  che  vi  si  presenti  poco  alla  volta  ,  si  espande- 
rà quasi  tutto  sopra  di  essa,  e  poco  ne  anderà  a  fondo  ;  lad- 
dove, se  in  vece  di  nsar  la  detta  diligenza  si  immerga  nell' 
acqua  bruscamente,  caderà  a  fondo  quasi  tutto. 

L' istesso  succede  con  la  farina  di  frumento  ,  o  altre  fa- 
cule  di  semenze  cereali ,  o  leguminose  ce.  ;  se  si  lasci  andare 
a  poca  per  volta  sulPacqua ,  vi  si  espanderà  sopra  .  e  la  cuo- 
prirà  di  una  sottile  membrana;  altrimenti  con  gettarvela  pre- 
cipitosamente ,  o  con  tufFarvcla  dentro,  la  maggior  parte  pre- 
cipiterà al  fóndo  dell'  acqua  . 

Questa  esperienza  viene  a  dimostrare  in  conferma  dell' 
antecedente  conseguenza ,  che  acciò  il  sugo  di  Titimaio  e  le 
fecole  si  espandano  a  dovere  sull'  acqua ,  bisogna  opporsi  al- 
la gravità  ,  che  le  vuol  far  precipitare  ,  e  dar  tempo  all'  at- 
tiazione  di  superficie  che  se  ne  impadronisca  . 

Siccome  l'  attrazione  di  superficie  non  agisce  che  nell* 
istante  del  contatto,  è  necessario,  perchè  continui  ad  agiro 
su  quella,  prolungare  il  contatto.  Se  non  si  da  tempo  a  que- 
sta forza  di  agire  su  quella  porzione  di  sugo  di  Titimaio,  che 
si  presenta  alla  superficie  dell'  acqua,  o  altro  fluido  gommo- 
resinoso,  o  fecula  polverizzata,  sostanze  tutte  specificamente 
più  gravi  dell'acqua  ,  con  applicarvele  a  poco  per  volta  ,  non 
si  espanderà  ,  che  quel  che  tocca  V  acqua  in  un  istante  ,  e 
il  resto  rimanendo  in  potere  della  gravità,  sarà  costretto  a 
precipitare . 

Dopo  le  fin  qui  esposte  esperienze  mi  par  che  non  resti 
luogo  a  dubitare  ,  che  vi  è  fra  certi  fluidi  (a)  e  sostanze  so- 
lide disgregate  ,  una  forza  di  unione  che  si  esercita  soltanto 
alla  superficie  ,  la  quale  non  ha  niente  che  fare  con  le  forze 
fisiche  finora  conosciute ,  e  che  va  in  conseguenza  distinta 
col  nome  particolare  di  attrazione  di  superficie  . 

L  a  ESP. 


(a]  QueiU  consrguenra  viene  ecKipre  più  confermata  dall'esperienze  die  segone  . 


ò4  Dell'  Adesiojse  o  Attraziojnte  ec 

ESP.  xr. 

In  un  bicchier  cV  acqua  sì  getti  una  gocciola  d'  olio  ; 
questa  come  abbiam  visto  (  Esp.  I  )  vi  si  distende  ;  dopo  se 
ne  getti  un'altra  in  qual  parte  si  vuole  della  superficie  dell* 
acqua,  cioè  ,  o  dove  ella  è  spalmata  dall'olio,  o  dove  rima- 
ne tuttora  scoperta  ;  la  seconda  si  distenderà  assai  meno  della 
prima  :  vi  si  getti  la  terza ,  e  questa  poco  ,  o  nulla  vi  si  di- 
laterà .  Se  in  vece  di  un  bicchiere  si  adoperi  un  altro  vaso 
qualunque  con  grande  apertura,  e  in  cui  l'  acqua  in  conse- 
guenza presenti  una  superficie  molto  estesa  ,  ivi  sarà  suscet- 
tibile di  espansione  una  niagglor  quantità  d'  olio  ,  ma  alla 
fine  succederà  l' istesso ,  dopo  un  termine  ,  nessun'  altra  por- 
zione d'olio  vi  si  potrà  distendere,  onde  resteravvi  immobile. 

Si  ripeta  l' istesso  esperimento  col  sugo  di  Titimalo:  do- 
po avere  applicata  alla  superficie  dell'acqua  contenuta  in  un 
bicchiere ,  una  goccia  di  sugo  di  Titimalo ,  vi  se  ne  applichi 
un'altra;  la  seconda  invece  di  espandervisi^  come  la  prima, 
si  precipiterà  tutta  al  fondo  del  vaso  . 

Succede  il  simile  con  le  fecule  .  Si  getti  a  poca  alla 
volta  una  presa  di  farina  di  grano  ,  le  prime  porzioni  si  di- 
stenderanno affatto  sull'  acqua  in  forma  di  membrana  ,  ma 
quando  ne  sarà  rimasta  coperta  quasi  tutta  la  supeificie  ,  le 
porzioni  di  farina  ,  che  si  gettano  dopo  ,  caderanno  a  fondo  • 

Dunque  1'  acqua  con  una  data  superficie  non  può  atti- 
rare sopra  di  se  ,  che  una  data  quantità  d'  olio  ,  o  di  sugo 
lattiginoso  vegetabile  ,  o  di  fecula  ;  e  quando  non  ne  attira 
più  ,  bisogna  dire  che  1'  attrazione  di  quella  data  superficie 
è  arrivata  al  punto  di  saturazione  .  Quando  poi  1'  attrazione 
di  una  data  superficie  è  rimasta  saturata ,  il  superfluo  de.U*. 
olio,  e  della  fecula,  vien,  dirò  cosi,  rigettato,  onde  1'  olio 
rimane  a  galla  tale  quale  ,  cioè  senza  uscir  dai  limiti  della 
sua  sfera  ,  perchè  è  specificamente  piìi  leggiero  dell'  acqua  , 
e  il  sugo  di  Titimalo  ,  e  la  fecula  ,  che  è  specificamente  più   , 

ffra» 


Di  Gioachino  Carradori.  85 

grave,  dee  precipitare,  perchè  T  attrazione  non  è  capace  di 
li  tenerne  più  di  quella  che  comporta  il  grado  di  saturazio- 
ne di  quella  data  superficie  . 

L'  esperimento    seguente    è    una  riprova    della    dedotta 
conseguenza  . 

ESP.  XIL 

In  vece  di  far  1'  esperimento  suU'  acqua  di  una  limitata 
superficie,  si  faccia  sull'acqua  di  una  gran  vasca,  o  di  un  la- 
go ;  vi  si  potrà  gettar  sopra  olio,  o  fecula  in  quantità  ,  e  si 
potrà  continuare  ,  che  seguiterà  sempre  a  diitendervisi  sopra 
con  ristessa  velocità,  perchè  la  superficie  dell'acqua,  per 
essere  troppo  estesa,  non  è  suscettibile j  dirò  cosi}  di  satu- 
razione . 

Egli  è  un  grazioso  fenomeno  nel  far  quest'  esperimento 
con  della  farina,  ossia  fecula  di  semenze  cereali,  sull'acqua  di 
ìHia  molto  estesa  superficie,  come  v.  g.  in  un  fiume  ,  in  un 
lago  ,  o  in  una  vasca  ,  il  vedere  quando  vi  si  getta  la  detta 
fecola  a  mucchi  ^  questi  ammassi  d'  inerte  materia ,  quasi 
animati  da  un  moto  intestino,  o  brulichio  espandersi  sull'ac- 
-qua  e  mostrare  un'  azione  quasi  spontanea ,  per  cui  in  cam- 
bio di  precipitare  a  fondo  ,  par  che  vadano  tutte  le  particeHe 
che  gli  compongono*  a  fuggire  ,  allontanandosi  scambievol- 
mente ,  e  allargandosi  suU'  acqua  . 

E  il  sugo  di  Titimalo,  se  si  applichi  alla  superficie  dell' 
acqua  corrente ,  si  distende  tutto  sopra  di  essa  e  par  che  spa- 
risca ,  perchè  l'onda  successiva  gli  presenta  una  sempre  nuo- 
va superfìcie  ,  ove  può  dilatarsi  senza  limiti  di  saturazione  • 

ESP.  XIII. 

Si  getti  suir  acqua  contenuta  in  un  vaso  non  molto 
grande,  v.  g.  in  un  bicchiere,  o  tazza,  una  gocciola,  o  due 
d'  olio  d'  uliva  ,  e  gli  si  dia  tempo  ,  che  si  allaighi  quanto 
vuole  sulla  di  lei  superficie  ,   e   dopo  vi  si  applichi  una  goc* 

cio 


86  Dell'  Adesione  o  Attrazione  ce. 

ciola  di  sugo  lattiginoso  di  Titimalo  ,  appena  che  il  detto 
sugo  avrà  toccata  1'  acqua,  si  vedrà  espandervisi  ,  ed  occu- 
parne la  superficie  j  e  1'  olio  ritirarsi  da  parte,  ossia  intorno 
ai  lati  ,  o  pareti  del  vaso ,  e  riconcentrarsi  tutto ,  riunendosi 
in  uno ,  o  più  piccoli  cerchi ,  o  dischi  . 

Se  si  faccia  1'  esperimento  inverso  ,  cioè  se  il  sugo  di 
Titimalo  si  ponga  suU'  acqua  il  primo,  e  dopo  l'olio,  l'olio 
non  vi  si  espanderà  ,  né  farà  il  giuoco  ,  che  ha  fatto  il  sugo 
di  Titimalo,  ma  vi  rimarrà  tale  quale. 

Il  fatto  dimostra,  che  il  sugo  del  Titimalo  ha  scacciato 
r  olio  dalla  superficie  dell'  acqua  ,  per  aderirvi  egli  stesso  , 
e  che  r  olio  per  dar  luogo  al  sugo  di  Titimalo  si  è  ritirato, 
o  in  termini  più  adeguati ,  che  la  superficie  dell'  acqua  ,  per 
unirsi  al  sugo  del  Titimalo  ,  con  cui  ella  ha  più  attrazione  , 
ha  abbandonato  1'  olio,  onde  cessata  quella  forza  che  lo  te- 
nea  disteso ,  e  in  conseguenza  abbandonato  a  se  stesso ,  ossia 
alla  propria  forza  di  coesione  ,  o  di  aggregazione  ,  si  è  dovu- 
to in  virtù  di  questa  riunire  in  forma  di  circoli,  o  dischi, 
per  ceder  l'area  al  sugo  del  Titimalo,  e  rifugiarsi  ai  lati  del 
vaso  ,  perchè  non  può  andare  a  fondo  . 

Il  seguente  più  curioso  esperimento  sarà  anche  più  istrut- 
tivo . 

ESP.  XIV.      ' 

SI  faccia  V  istessa  operazione  in  un  altro  simile  vaso  , 
ma  in  vece  del  sugo  di  Titimalo  ,  si  adoperi  della  farina  di 
grano  ,  o  di  altro  seme  cereale  ,  o  leguminoso  ,  e  si  vedrà 
r  olio  ,  che  prima  occupava  la  superficie  dell'  acqua,  jdila- 
tarsi  in  forma  di  sottile  vernice  ,  restiingere  la  sua  circonfe- 
renza ,  in  proporzione  ,  che  si  estende  la  farina  ;  ma  la  cosa 
particolare  sarà,  se  si  continui  un  pezzetto  a  gettar  della  fa- 
rina ,  che  in  ultimo  1'  olio  trovandosi  scacciato  da  tutta  la 
superficie,  verrà  obbligato  a  riconcentrarsi  nel  più  stretto 
spazio  possibile  ,  e  riunirsi  tutto  in  una  piccola  bolla ,  che  a  .J 
guisa    di   globo    o  palloncino    si  vedrà  sospeso  alla  sommità. 

dell' 


' 


Di  Gioachino  Carradori.  87 

dell'  acqua  vicino  ai  lati  del  vaso ,    ma    sotto    alla   superficie 
dell'  acqua  ,  e  a  contatto  di  essa  («)  • 

Il  fatto  parla  chiaro  ,    e    prova  ad  evidenza  ,  die  1'  olio 
ha  dovuto  cedere  la  superficie  dell'acqua  alla  farina  ,  che  vi 
si  è  distesa   sopra  in  forma  di  membiana  ,  perchè  l'acqua  ha 
maggiore    attrazione    di    superficie   con  essa  ,   che  con  l'olio; 
e  tanto  è  vero  ciò  ,    che    1'   olio  per  cederli    tutta  quanta  la 
superficie  ,  non  solo  ha  dovuto  radunarsi  tutto  in  un   luogo  , 
cerne  neir  antecedente  esperimento,  ma  ha  dovuto  prendere 
la  forma  globulare  j    perchè,    e  nod  essendoli  permesso  dalla 
forza    espellente  ,    dirò    così  ,    della   farina    di    distendersi     in 
piano,    benché    nel    più    ristretto  giro,  sulla  superficie  dell' 
acqua  ,  come  nell'  antecedente    esperimento  ,  e  non  potendo 
a  cagione  della  sua  leggerezza  andare  a  fondo,  non  gli  resta- 
va   altro    che    prendere    questa   forma  j    per   rimanere    tutto 
sotto  la  superficie  dell'  acqua  . 

Dunque  r  attrazione  di  superficie  ha  le  sue  afiinità  . 

ESP. 


(«)  Questo  esperimento  smentisce  ciò 
«Ile  ha  azzardato  Foiircroy  inWe  proprie- 
ià  Fìsiche  delle  fecule  nella  sua  grand' 
Opera  Syteme  des  coTìnoissances  de 
Cliìmie  .  La  fecula,  egli  dice  ,  quando 
li  getta  suir  acqna  ,  gode  d'  una  spe- 
cie di  movimento  oscillatorio  .  o  gira- 
torio ,  che  dura  lungo  tempo  ,  e  che 
non  £i  arresta  ,  che  nel  caso  ,  che  si 
apponga  dell'  olio  sulla  superficie  dell' 
«equa  . 

Ma  l'esperienza  dimostra  ,  che  suc- 
cede tutto  all'  opposto  .  L'  olio  non 
Impedisce  V  espansione  della  fecula  , 
e  sia  farina  sull'  acqua  ;  e  in  conse- 
guenza non  arresta  i  suoi  movimenti , 
ma  bensì  la  farina  impedisce  1'  espan- 
lione  dell'  olio  ,  poiché  ha  la  facoltà , 


come  fa  toccar  con  mano  1'  esperimen- 
to ,  di  scacciar  1'  olio  dalla  superfìcia 
dell'acqua  . 

£i  possono  vedere  le  mie  ritlessionl 
critiche  su  questo  punto,  inserite  nel- 
le Novelle  Letterarie  di  Napoli  ,  e 
nel  Gior.  Letterario  di  Pisa  ,  dove  si 
prova  contro  1'  opinione  di  Fourcroy  , 
che  i  movimenti  giratorj  s'i  delle  fe- 
cule ,  che  della  canfora  ,  non  si  de- 
vono ,  né  si  possono  ripetere  ,  cho 
dall'  attrazione  di  superficie  .  Fourcroy 
è  à'  avviso  ,  che  i  movimenti  della 
canfora  si  devano  all'  attrazione  delle 
molecole  'della  canfora  ,  dell'  acqua  ,' 
e  dell'  aria  ,  e  ad  un  puro  effetto  di 
combinazione  fra  questi  tre  corpi  . 


88  Deul,''  Adesione  o  Attrazione  ec. 

ESP.  XV. 

Questa  si  può  riguardare ,  come  fondamentale ,  o  sia 
V  experimentuni  crucis  di  Bacone  ,  perchè  è  decisiva  ,  né  la- 
scia luogo  a  dubitare  j  o  da  obiettare  contro  1'  attrazione  di 
superficie  . 

Si  prenda  nn  bicchier  d'acqua,  e  ri  si  versi  sopra  dell' 
olio  d'  uliva  ben  chiaro,  e  fluido  in  quantità,  acciocché  vi 
si  alzi  da  un  pollice,  o  due  ^  e  anche  più,  se  uno  vuole  ■, 
poi  vi  si  getti  una  goccia  ,  o  due  di  sugo  di  Titimalo  ,  e  se 
questo  non  va  a  fondo ^  si  obblighi,  cacciandolo  sotto  l'olio, 
a  precipitare  ;  si  vedrà  il  detto  sugo  lattiginoso  ,  che  in  for- 
ma di  globetti  j  o  piccole  sfere,  attraversa  1'  olio,  quando  è 
arrivato  alla  superficie  dell'acqua,  parte  espandersi  sulla  su- 
pei-ficie  medesima  j  nonostante,  che  sia  occupata  dall'  olio, 
cioè  formare  un  piccolo  strato  ,  o  sottile  velo  sull'acqua  fra- 
ir.ezzo  all'  olio  ,  e  all'  acqua  ,  e  il  resto  precipitare  al  fondo 
dell'  acqua  in  forma  di  tortuosi  filamenti . 

È  vero ,  che  1'  espansione  non  succede  così  ampia  ed 
energica ,  come  quando  vi  è  sull'  acqua  distesa  una  vernice 
soltanto  di  poche  gocciole  d'  olio  ,  come  nell'  Esp.  XIII  , 
ma  però  ,  o  poco ,  o  assai  costantemente  succede  .  I  globu- 
letti  5  o  piccole  sfere  ,  in  forma  delle  quali  cala  giù  a  tra- 
verso dell'olio  il  sugo  del  Titimalo,  appena  che  toccano  la 
superficie  dell'  acqua ,  si  rompono  ed  espandonsi  alquanto 
formando  un  piccolo  disco  sulla  superficie  medesima  ,  e  tan- 
to appunto  ,  quanto  ne  può  attirare  1'  attrazione  di  superfi- 
cie d'  un  piccolo  istante  (  Esp.  X  )  ,  e  per  quanto  lo  per- 
mette la  resistenza  che  gli  oppone  la  viscosità  e  la  gravi- 
tà,  o  pressione  dell'  olio  sopraincunibente  i  e  il  resto  va  a 
fondo  . 


ESP. 


Di  Gioachino  CARRAXoni  .  Si 

ESP.  XVI. 

Si  prenda  un  piattino  da  caffè  ben  pulito  e  netto  ;  e 
si  riempia  d'acqua  pura,  cioè  che  non  abbia  servilo  a  nes- 
suna sorte  di  lavanda  ,  poi  vi  si  gettino  sopra  pochi  minuz- 
zoli di  canfora  ;  cpiesti  faranno  al  solito  i  loro  movimenti  gi- 
ratorj  scorrendo  qua  e  là  sulla  superficie  dell'  acqua  ;  dopo 
vi  si  getti  una  gocciola  d'  olio  d'  uliva  ,  questo  ricuoprendo 
al  solito  l'acqua  di  una  vernice  scaccerà  la  canfora,  e  arre- 
sterà i  suoi  movimenti  ;  dopo,  lì  dove  rimane  scoperta  la  su- 
perficie dell'  acqua  ,  si  getti  una  gocciola  d'  olio  di  noce  , 
egli  si  distenderà  non  ostante  1'  olio  d'  uliva  ,  e  lo  allontane- 
rà alquanto  ;  dopo  si  getti  una  gocciola  d'  olio  essenziale  , 
o  sia  olio  volatile  di  lavendula  ,  o  altr'  olio  aromatico  ;  vi  si 
dilaterà  pur  nonostante  ,  ed  obbligherà  a  ritirarsi  gli  altri  oli 
fissi  ;  finalmente  vi  si  applichi  una  goccia  di  sugo  lattiginoso 
di  Titimalo  ,  egli  in  un'istante  si  impadronirà  delLi  superfi- 
cie dell'acqua  ,  e  spingerà  tutti  questi  olj  riuniti  ai  lati  dal 
vaso;  se  in  ultimo  vi  si  getti  adagio  adagio  una  piccola  pre- 
sa di  farina  di  grano,  o  altra  semenza  cereale,  ella  vi  si  di- 
stenderà poco  ,  ma  vi  si  distenderà  pur  non  ostante  ,  ed  ob- 
bliglierà  in  conseguenza  a  ritirarsi  tutti  gli  altri  fluidi  che 
aveano  occupata  la  superficie  dell'  acqua  . 

Ecco  parecchie  sostanze  ,  ciascuna  delle  quali  ha  un  dif- 
ferente grado  di  attrazione  di  superficie  con  1'  acqua  ,  poiché 
la  canfora,  che  è  un  olio  volatile  concreto,  mediante  1'  es- 
pansione del  quale  ella  fa  i  suoi  movimenti  sulT  acqua,  ce- 
de la  superficie  dell'  acqua  all'  olio  d'  uliva  ,  V  olio  d'  uliva 
all'  olio  di  noce,  l'olio  di  noce  all'  olio  volatile  di  lavendu- 
la ,  questo  al  sugo  di  Titimalo  ,  il  sugo  di  Titimalo  alla  fa- 
rina di  grano  . 

Dunque  si  potrà  formare  una  scala,  o  tavola  delle  affi- 
nità ,  che  ha  1'  attrazione  di  superficie  dell'  acqua  con  le  so- 
stanze oliose,  e  in  questa  nell'infimo  posto  dovrà  segnarsi  la 

Tomo  XI.  JM  can- 


8a  Dell'  Adesione  o  Attuazione  ce. 

canfora  ,  poi  1'  olio  d'  uliva  ^  poi  V  olio  di  noce  ,  poi  1'  olio 
aromatico-  di  lavendula  ,  o  altro  olio  simile  ,  poi  il  sugo  di 
Titimalo ,  poi  la^  fecula  delle  semenze  cereali  ;  per  altro  fra 
queste  e  il  sugo  lattiginoso  dei  Tilimali  noir^assa  tanta  dif- 
ferenza ^  quanta  ne  passa  fra  il  detto  sugo,  e  gli  olj;  poiché 
la  detta  fecula  non  si  espande  che  con  difficoltà  sulla  super- 
ficie dell'  acqua  saturata  del  sugo  di  Titirnalo  ,  benché  d'  al- 
tronde egli  è  certo  ,  che  il  sugo  di  Titimalo  ha  meno  affinità 
della  detta  fecula  colla  superficie  delT  acqua  ,  perché  il  sugo 
di  Titimalo  non  si  espande  suU'  acqua  ,  quando  vi  è  sopra 
qualche    sorte    di    fecula  . 

Se  si  eseguisca  quest'  operazione  in  una  gran  vasca ,  o 
altro  luofTO  ,  ove  l'acqua  abbia  grande  estensione ^  ognun  ve- 
de ,  che  non  può  succedere  un  tal  fenomeno  ,  a  causa  della 
quasi  illimitata  estensione  di  superficie,  che  non  ammette 
saturazione  . 

ESP.  XVII. 

Si  prenda  del  pui'o  e  ben  netto  mercurio  ,  e  si  versi 
in  un  bicchieie  ,  o  altro  simile  recipiente,  e  poi  vi  si  getti 
sopra  una  gocciola  d'  olio  d'  uliva  ,  vi  si  distenderà  sopra  in 
forma  di  vernice  ,  come  suU'  acqua  ,  ma  un  poco  più  lenta- 
mente :  se  in  vece  d'olio  d'uliva  si  prenda  olio  di  noce  ^  vi 
si  distenderà  più  prontamente,  e  più  dell'olio  di  noce  l'olio 
volatile  di  lavendula  ,  o  altro  simile  . 

Il  sugo  di  Titimalo  pure  vi  si  distende  ,  come  sull'  ac- 
qua,  ma  assai  più  adagio,  e  lo  ricuopre  di  una  ben  sensibi- 
le vernice  ;  sul  mercurio  si  distende  ancora  l'  olio  concreto  , 
di  cui  è  formata  la  canfora,  benché  l'occhio  non  abbia  cam- 
po di  ravvisarvelo  ,  a  cagione  della  sua  eccedente  volatilità , 
e  produce,  mediante  questa  espansione  ,  quei  movimenti  del- 
la canfora  j  che  si  osservano  sull'  acqua  j  ma  assai  più  de* 
boli  . 

Le  fecule  vi  restano  immobili ,  se  non  si  sciolgano  in 
molta  acqua  ;  allora  gettatavi  una  goccia  di  quest'  acqua  lat- 
tici- 


Di  Gioachii^o  Carradori  .  83 

tiglnosa  vi  si  distende    qualche    poco  ,    ma  -con    difficoltà  ,  e 
lentissitiiamente  . 

E  chi  volesse  una  prova  palpabile  della  forza  con  cui 
si  distendono  sul  mercu)io  le  dette  sostanze  ,  e  si  impadro- 
niscono della  di  lui  superfìcie  ,  può  ripeter  1'  esperimento 
(III)  ,  che  vi  succederà  come  sali'  acqua  . 

ESP.  XVIII. 

SI  applichi  alla  superficie  comunque  ampia  di  una  quan- 
tità di  mercurio  una  gocciola  d'  acqua  ,  ella  vi  si  manterrà 
immobile-,  né  dilaterà  mai  i  suoi  confini.  In  vere  d'acqua  si 
prenda  qualutiquealtro  fluido,  purché  non  sia  olio,  o  di  na- 
tura oleosa  ,  come  1'  etere  ,  o  non  contenga  un  olio  ,  o  resi- 
na comunque  combinatavi  j  non  si  vedrà  avervi  luogo  dilata- 
zione alcuna  . 

Dunque  vi  è  fra  le  sostanze  oliose  e  il  mercurio  un'  at- 
trazione di  superficie,  come  tra  queste,  e  l'acqua,  la  quale 
attrazione  non  si  manifesta  con  tutte  le  a|tre  sostanze  non 
oliose  ,  come  non  si  manifesta  fra  le  sostanze  ,  che  non  con- 
tengono un  olio,  o  che  non  ne  siano  state  imbevute ,  e  la 
eupcrficie  deli'  acqua  (  Esp.  I  e  II  )  . 

ESP.  XIX. 

Si  infonda  del  mercurio  in  un  tubo  da  barometro  di 
queir  altezza,  che  uno  vuole,  e  quando  è  pieno  in  fino  in 
cima,  si  applichi  sul  mercurio  medesimo  una  gocciola  d'olio 
d'  uliva  ,  o  di  sugo  di  Titimalo  ,  questa  si  espandeià  poco 
e  adagio ,  a  cagione  della  ristretta  superficie  :  ma  se  quest' 
istesso  mercurio  purgato  dalT  olio  si  versi  in  un  recipiente 
espanso,  e  vi  si  applichi  un'altra  gocciola  d'olio,  o  di  sugo 
di  Titimalo  simile  alla  prima,  allora  vi  si  distenderà  più,  e 
più  prontamente  . 

Dunque    1'  attrazion  ,  per   cui  1'  olio ,  o  il  sugo  di  Titi- 

M  a  ma- 


84  Dell'  Adesione  o  Attjìazionh  ec. 

malo  si  espanàe  sul  mercurio,  non  ha  rapporto  eoa  la  quan- 
tità ,  ma  con  la  superficie  del  detto  fluido  . 

ESP.  XX.       ' 

Su  del  mercurio  confinato  in  un  bicchiere  ,  o  in  altro 
piccolo  vaso  si  posi  una  gocciola  d'  olio ,  ella  si  spanderà  per 
un  buon  tratto  e  lo  cuoprirà  di  un  sottilissimo  strato  , 
come  si  è  visto  (Esp.  XVII) ,  dopo,  li  dove  la  superficie  del 
mercurio  è  tuttora  scoperta  ,  o  altrove  ,  se  piace  ,  se  ne  po- 
si un'  altra  ,  questa  poco  o  nulla  si  distenderà  ,  e  molto 
meno  la  terza  .  Il  sugo  di  Titimalo,  o  altro  fluido  olioso  ,  o 
gommoresiiioso  si  diporta  nell' istessa  maniera. 

Si  vede  da  ciò  ,  che  una  data  superficie  non  è  suscetti- 
bile che  di  attirare  e  distendere  sopra  di  se  una  data  quan- 
tità di  fluido  oleoso  ,  e  che  il  di  più  lo  lascia  nello  sta- 
to di  quiete  naturale ,  il  che  vuol  dire  ,  che  una  data  quan- 
tità di  fluido  oleoso  arriva  a  saturare  la  forza  di  attrazione 
della  superficie  di  una  data  estensione  . 

E  quando  si  mettano  a  cimento  dei  gran  vasi  di  mer- 
curio ,  ognuno  si  potrà  egualmente  sincerare ,  che  quest'  ef- 
fetto va  sempre  di  concerto  con  1'  estensione  di  superficie 
del  fluido  metallico  . 

ESP.  XXI. 

Dopo  avere  applicato  alla  superficie  del  mercurio  confi- 
nato in  un  piccolo  recipiente  ,  come  nell'  esperienza  antece- 
dente ,  una  gocciola  di  sugo  di  Titimalo  ,  vi  si  applichi  una 
gocciola  d'  olio  d'  uliva  ,  o  di  altra  specie  :  si  vedrà  disten- 
dervisi  1'  olio  d'  uliva  ,  ed  espellere  il  sugo  di  Titimalo  già 
disteso  5   ed  obbligarlo  a  riconcentrarsi. 

L'esperimento  mt)stra  chiaro  ,  che  l'attrazione  di  super- 
ficie del  mercurio,  come  dell'acqua,  ha  le  sue  affinità;  ma 
al  contrario    dell'  acqua  il  mercurio  ha  piìi  attrazione  di  su-  il 
perficie    coli'  oliOj    che    col  sugo  di  Titimalo,   e  per  questo  |l 

1'  oHo 


Di  Gioachino   Carradori  .  85 

l'olio  scaccia  il  sugo  di  Titimalo  di  sopra  al  mercurio,  nien^ 
tre  sull'acqua  il  sugo  di  Titimalo  scacciava  1'   olio. 

Ed  Iti  riprova  di  ciò,  se  dopo  aver  gettato  sul  mercurio 
una  gocciola  d'olio,  se  ne  getti  una  di  sugo  di  Titimalo,  si 
yedrà    che    noa    vi    si   dilata . 

.    ESP.  XXIL 

Su  del  mercurio  ben  purificato  contenuto  in  una  tazza 
0  altro  recipiente  non  tanto  angusto,  si  gettino  da  prima  dei 
minuzzoli  di  canfora,  e  quando  fanno  i  loro  movimenti  (Esp. 

tXVlI  )  vi  si  applichi  una  gocciola  di  sugo  di  Titimalo,  que- 
sto si  espanderà  ,  e  la  canfora  arresterà  i  suoi  movimenti  ; 
dopo  vi  si  applichi  una  gocciola  d'olio  d'uliva,  si  ritirerà  il 
sugo  di  Titimalo  ,  e  si  espanderà  1'  olio  d'  uliva  ,  dopo  vi  si 
applichi  una  gocciola  d'  olio  di  noce ,  e  si  vedrà  ritirarsi 
r  olio  d'  uliva  ed  espandersi  l'  olio  di  noce  ,  finalmente  vi 
si  applichi  una  gocciola  d'  olio  aromatico  di  lavendula,  o  al- 
tro olio  volatile  ,  egli  avrà  la  preferenza  su  tutti  gli  altri 
olj  ,  e  scaccierà  anche  l'  olio  di  noce  . 

Noi  dunque  abbiamo  un  esempio  delle  diverse  affinità  ,  ché^ 

.ha  la  superficie  del  mercurio  con  le  sostanze  oliose  ,  in  cui 
r  ordine  è  il  seguente  :  canfora,  ossia  olio  volatile  di  canfo- 
ra concreto  ,    sugo  di  Titimalo,  olio  d'  uliva,  olio  di  noce, 

.  «ho  aromatico  velatile  di  lavendula  (a)  . 

ESP.  XXIII. 

Si  rìcuopra  la  superficie    del    mercurio    contenuto  in  un 

va- 


(o)  Tanto  con  rpiesta  esperienza  , 
che  con  l'Esperienza  (XVI),  io  non  ho 
inteso  ,  che  di  far  vedere  la  possibili- 
tà di  creare  una  tavola  dell'  affinità  , 
ossia  differenza  di  gradi  d'  attrazione 
dei  Illùdi   oliosi  j    sì    con  la  Mipcrficie 


dell'  acqua  che  del  mercurio  ,  e  noQ 
già  ho  preteso  di  dare  una  completa 
ed  esatta  tavola  dell'  affinità  di  tutti 
i  fluidi  oliosi  ,  o  sostanze  oliose  con 
la  superficie  dei  suddetti  fluidi,  mer-, 
e  lulo  e  accana  . 


86  Dell'  Adesione  o  Attuazione  ec. 

vaso  qualunque  ,  di  acqua  pina  all'  altezza  di  qualche  polli- 
ce ,  poi  vi  si  tuffi  bruscamente  del  sugo  di  Titimalo  ,  acciò 
vada  a  fondo  ;  questo  arrivato  a  posarsi  sulla  superficie  del 
mercurio  vi  si  espanderà  sensibilmente  j  allora  con  un  cannel- 
lo ,  o  tubo  di  vetro  capillare  ,  che  sia  stato  preventivamente 
ripieno  d'  olio  d'  uliva  ,  o  di  noce  ,  o  meglio  di  olio  volatile 
di  lavcndula  ,  per  succhiamento,  si  applichi,  espellendolo 
per  mezzo  del  fiato  ,  una  gocciola  d'  olio  alla  superficie  del 
mercurio  in  vicinanza  al  sugo  del  Titimalo,  si  vedrà,  nono- 
stante la  pressione  dell'  acqua ,  distendersi  1'  olio  sopra  il 
mercurio,  scacciare  al  solito  il  sugo  di  Titimalo,  e  formare 
uno  strato  intermedio  ,  ben  discernibile  fra  il  mercurio  e 
r  acqua . 

'  L'  esperimento  mi  par  che  provi  definitivamente  1'  esi- 
stenza dell'  attrazione  di  superficie  del  mercurio  con  gli  olj , 
poiché  esclude  la  possibilità  di  qualunque  cagione  ,  di  cui  si 
poteva  sospettare  1'  influsso  nella  produzione  dei  sopra  espo- 
fiti  fatti  {  XVII  ,  XVIII ,  XIX  ,  XX ,  XXI ,  XXII ,  )  . 

ESP.  XXIV. 

Si  scelga  lina  lastra  di  ghiaccio  ben  liscia  e  cristallina,  e 
ad  una  temperatura  di  qualche  grado  sotto  il  gelo  vi  si  appli- 
chi una  o  più  gocciole  d'  olio  di  diversa  specie ,  sì  fisso ,  che 
volatile  j  sì  fluido,  che  concreto,  come  la  canfora,  eccettua- 
to il  Petriolio,  la  Nafta,  l'  olio  essenziale  di  Trementina,  e 
r  Etere  ;  queste  non  si  espanderanno  al  solito  ,  come  suU' 
acqua  e  sul  mercurio  ,  ma  rimarranno  nei  suoi  confini ,  e  la 
canfora  resterà  immobile. 

Il  Petriolio,  l'olio  essenziale  di  Trementina,  e  l'etere, 
è  vero   che  non  vi  restano  inerti ,    ma  vi  si  espandono  appe- 
na ,  e  non  nella  vistosa  maniera,   con  cui  si  espandono    suU'  i 
acqua .  I 

Ma  se  il  ghiaccio    sia  in    una  temperatura    appena    supe-  ! 
riore  al  gelo,  onde  si  fonda,  benché  lentissimamente,  Y  olio; 

spe-      I 


.1 


Di  Gioachino  Carradori  .  87 

gpccialmente  velatile  applicatovi  a  gocciole  si  distenderà  al- 
quanto suir  umida  superficie  di  esso,  e  nelP  estendersi  scac- 
cierà  in  giro  1'  acqua  superflua  ,  che  di  mano  in  mano  sco- 
ia .  Neil'  istessa  maniera  si  comporteranno  dei  minuzzoli  di 
canfora  :  applicandosi  coi  loro  aliti  oliosi  alla  superficie  ac- 
quosa del  ghiaccio  ,  allontaneranno  parimente  1'  acqua  super- 
flua ,  e  faranno  nascere  sul  «ghiaccio  tante  ar;e  quasi  circola- 
ri ,  di  cui  essi  occuperanno  il  centro . 

Dunque  1'  attrazione  di  superficie  dell'  acqua  con  le  so- 
stanze oliosCj  sussiste  finché  F  acqua  è  nello  stato  di  fluido; 
quando  nella  congelazione  prende  la  forma  di  solido,  si  vede 
che  ella  cessa  affatto,  almeno  con  la  maggior  parte  ,  poiché 
la  Nafta,  e  1'  olio  essenziale  di  Trementina  ,  e  l'etere,  mo- 
strano di  avere  dell'  attrazione  di  supexficie  anche  con  alcu- 
ni solidi  levigati  [a)  . 

Chi 


[a\  La  Nafta  ,  1'  olio  essenziale  cU 
Trementina  ,  e  V  etere  si  distendono  , 
positivi  in  forma  di  gocciole,  sui  jiia- 
ni  solidi  levigati  ,  dei  cristalli  ,  e  dei 
metalli  ,  ma  con  più  lentezza  ,  che 
sull'acqua  o  sul  mercurio  ,  onde  egli 
è  manifesto  ,  che  vi  è  fra  loro  un'  at- 
trazione di  superficie  ,  ma  meno  for- 
fè ,  che  con  1'  acqua  e  col  mercurio. 
Questi  tre  fluidi  oliosi  soltanto  ,  e 
non  altri  ,  per  quel  che  ho  speri- 
mentato, danno  marcati  segni  di  avere 
dell'attrazione  di  superficie  con  i  siid- 
dietti  solidi  levigati  .  Il  sugo  di  Titi- 
Itialo  ,  che  è  si  energico  siili'  acqua  , 
Testa  inertissimo  sulla  superficie  di 
essi  solidi  ,  molto  più  gli  olj  fissi  . 

Cosi  sui  dischi  ,  o  piani  Jfeae  in- 
Terniciati  si  distendono  i  suddetti  flui- 
di ;  ma  questi  hanno  un  difTerente 
grado   di    afìiniti    eoa  la  superficie    di 


essi  solidi  ,  poiché  1'  uno  scaccia  1'  al- 
tro ,  cioè  r  etere  espelle  dalla  super- 
ficie r  olio  essenziale  di  Trementina  , 
e  l'olio  di  Trementina  la  Nafta. 

Ma  benché  gli  oli  fissi  non  abhia- 
no  ,  come  ho  detto,  ima  marcata  fa- 
coltà di  espandersi  sulla  superficie  dei 
piani  solidi  levigati ,  pure  ci  sono  dei 
fatti,  che  mostfaa  chiaro,  come  ho 
rilevato  altrove  )  Rijlessioni  sopra 
VEsperìcn.  di  Prevost  ) ,  che  hanno  un' 
evidente  disposizione  ad  aderirvi  ,  o 
ruban  il  posto  ossia  la  superficie  a  dei 
fluidi  ,  quando  vi  sono  adesi  .  Co- 
s'i succede  v.  ^.  se  con  dito  unto 
d'  olio  d'  uliva  si  tocchi  un  piatto  in- 
verniciato immollato  ,  ossia  spalmato 
d'  acqua  ,  si  vede  che  1"  olio,  li  dove 
è  stato  applicato  alla  superficie  del 
piatto,  scaccia  lo  strato  dell'acqua,  che 
vi  è  adeso  per  prendere  il  suo  posto  » 


86  Delì'  Adesione  o  Attrazione  ec. 

Chi  sa ,  che  questa  nuova  cognizione  rapporto  alle  qua- 
lità di  solido,  e  di  fluido,  non  ci  conduca  a  delle  nucnre 
verità  sulle  proprietà  generali  dei  corpi  ? 

Non  so,  se  il  mercurio,  passando  allo  stato  di  solido  per 
congelazione,  osservi  la  medesima  legge,  cioè  perda  1^  attra- 
zione di  superficie  con  le  sostanze  oliose  (  Esp.  XVII.  ec.  ); 
uè  è  cosa  ,  secondo  me  ,  eseguibile  lo  sperimentarlo  sul 
mercurio  ,  come  sul  ghiaccio  ,  a  causa  della  eccessivamente 
bassa  temperatura,  in  cui  resta  congelato. 

Pochi  altri  fluidi  dopo  V  acqi^a  ho  ritrovato  ,  che  mo- 
strino di  avere  dell'  attrazione  di  superficie  con  le  sostanze 
oliose  ,  e  sono  il  vino ,  e  1'  aceto  ,  e  con  questi  si  potrebbe- 
ro istituire  degli  esperimenti  ,  simili  a  quelli  che  ho  descrit- 
ti ,  per  confermare  le  medesime  proposizioni.  Ma  ciò  mi  sem- 
bra superfluo  ,  onde  basterà  ,  che  io  accenni  quel  che  ho 
ravvisato  in  essi  di  particolare ,  quando  delle  sostanze  oleose 
vengono  al  contatto  della  loro  superficie. 

L'  olio  d'  uliva  non  si  distende  che  appena  sul  vino  ,  e 
sull'aceto,  come  si  è  visto  (  Esp.  I.  ),  e  la  canfiira  non  vi 
fa  che  dei  piccoli  movimenti  ,  ma  bensì  1'  olio  di  noce  ,  e 
r  olio  volatile  di  làvendula  ,  e  altri  oli  volatili  vi  si  disten- 
dono francamente  .  Anche  il  sugo  di  Titimalo  vi  esercita  la 
medesima  padronanza  che  sul!'  acqua,  e  caccia  via  qualunque 
olio  ,  che  ne  abbia  ingombrate  le  superficie  :  onde  pare  che 
il  vino  j  e  r  aceto  non  abbiano  attrazione  di  superficie  con 
Y  olio  d'  uliva  ,  o  al  più  pochissima  ,  ma  che  1'  abbiano  ia 
tm  grado  eminente  con  1'  altre  oliose  sostanze  . 

Ma  nessun'olio,  o  fluido  oleoso  comunque,  e  sotto  qua- 
lunque forma  ,  si  dilata  sopra  altri  fluidi ,  che  sopra  i  men- 
tovati .  Il  sugo  di  Titimalo,  che  si  espande  con  tanta  energìa 

sull' 


I 


Onde  si  jiuò  «vere  lina  tavola  ,  o 
frrie  dell'  attrazione  di  superficie  an- 
che dei  fluidi  co'  piani  solidi  levigati, 
e  in  questa  nell'   infimo  posto  sarebbe 


r  acqua  ,  poi  I'  olio  di  uliva  ,  poi  la 
nafta  ,  poi  1'  olio  essenziale  di  Tre 
mentina  ,  e  in  ultimo  V  etere  . 


Di   Gioachino   Carradori  .  89 

suir  acqua,  sul  vino,  e  sull' aceto  ,  non  fa  nessun  gioco 
suir  alcool  ,  ne  sull'  etere  ,  né  suU'  olio  ,  uè  sugli  acidi  con- 
centrati in  forma  fluida,  nò  sopra  gli  alcali  fluori  ec.  ec.  Co- 
si neppure  la  canfora  ,  che  fa  sì  bene  i  suoi  movinìenti  sull' 
acqua  in  virtù  dell'olio  clie  ella  vi  espande  ,  non  ne  fa  nes- 
suno ,  né  sopra  gli  acidi  (a)  ,  né  sopra  gli  alcali,  né  sopra  gli 
Tomo  XI.  N  oli , 


[a]  Bensì  la  canfora  fa  i  suol  movi- 
menti sullo  zolfo  fuso  e  gli  fa  ,  come 
io  me  ne  sono  assiemato  ,  in  virtù 
dell'  attrazion  di  superficie  ,  che  ella 
ha,  o  per  dir  meglio  1'  olio,  di  cui  è 
formata  5  con  lo  zolfo  in  stato  di  flui- 
dità . 

Difattl  si  osserva  ,  ciré  nel  fare  i 
suoi  movimenti  sul  detto  fluido  ,  la 
canfora  per  mezzo  di  uno  strato  di 
olio  ,  di  cui  ne  ricuopre  per  un  pic- 
colo tratto  la  superficie,  scaccia  tutt'i 
corplcciuoli  che  vi  nuotano  sopra  e 
gli  allontana  in  giro  ,  come  sull'  ac- 
qua ,  e  sul  mercurio  ,  il  che  non  po- 
ti chbe  succedere  se  1'  olio  di  cui 
TÌòulta  ,  non  fosse  chiamato  dalla  fer- 
ia   di    attrazione  a  distenderòi     sopra 

10  zolfo . 

Cosi  tutti  gli  olj  ,  specialmente  vo- 
latili ,  quale  più  quale  meno  ,  si  di- 
latano sulla  superficie  dello  zolfo  Ai- 
to ,    benché  si  uniscano   poi    ad  esso  . 

11  sugo  lattiginoso  dei  titimali  non 
▼i  si  distende  sopra  ,  come  sull'acqua, 
e  sul  mercurio  ,  a  causa  del  calore  , 
che  lo  dissecca  ,  uè  gli  da  tempo  di 
dilatarsi  :  ma  quando  lo  zolfo  è  molto 
raffreddato  ,  ed  è  vicino  a  consolidar- 
si ,  dà  anche  il  detto  sugo  manifesti 
indizii  di  volersi  distetulere  ,  poiché 
6i    vede    foi'marsi  un'   area    circolare  , 


come  una  specie  di  velo  ,  o  strato  , 
intorno  alla  gocciola  di  detto  sugo  , 
che  si  è  gettata  sopra  lo  zolfo  fuso  . 
Dal  che  si  rileva  ,  che  la  sua  dilata- 
.  zione  è  impedita  dal  calore  dello  zol-- 
fo  fuso  ,  che  no  evapora  la  parte  ac- 
quosa ,  da  cui  dipende  la  fluidità  del- 
la gomma  resina  ,  di  cui  è  composto 
(  Esperienze  ed  osservazioni  sopra  il  sugo 
lattiginoso  delle  Piante  noiirali  ec.  )  . 

Ma  gli  olj  danno  più  attrazione  di 
superficie  della  canfora  con  lo  zolfo 
fuso  ,  poiché  fanno  cessare  i  di  tei 
movimenti  sopra  di  esso  ,  come  gli 
fanno  cessare  sull'  acqua  ,  e  sul  mer- 
curio .  Si  gotti  V.  g.  una  gocciola  ,  o 
due  d'  olio  volatile  di  lavendola  sullo 
zolfo  fuso  ,  allorcfuando  più  minuzzoli 
di  canfora  vi  fanno  sopra  i  loro  mo- 
vimenti ,  si  vedrà  distendersi  il  detto 
olio  ,  e  qualora  si  sia  gettato  vicino 
ad  essi  ,  inviluppare  nello  strato  olio- 
so  ,  che  sì  forma  sullo  zolfo  ,  i  detti 
pezzetti  di  canfora,  e  sospendere  i  lo- 
ro movimenti  ,  i  quali  ricominciano 
subito  che  Io  strato  dell'  olio  volatile 
si  è  dileguato  per  evaporazione  . 

Per  altro  non  pare  ,  che  gli  olj  fissi 
abbiano  un'affinità  tale  con  la  super- 
ficie <lello  zolfo  fuso  da  scacciarne 
l'olio  dalla  canfora  ,  come  sull'acqua  , 
e  sul  mercurio  ,    poiché    gettata    una 


90  Dell' Adesions  0  Attrazione  ec. 

oli  ,  riè  sopra  1'  alcool ,  né  sopra  1'  etere  .  Onde  bisogna  dire, 
che  r  attrazione  di  superficie  ha  luogo  fra  le  sostanze  olio- 
se  ,  e  certi  fluidi  solamente,  come  V  attrazione  chimica  si 
esercita  fra  alcuni  reagenti  soltanto  . 

Guyton  Morveau  disse ,    che    1'  Adesione    non    è    che  il 
primo  effetto  ,  0  il  primo  istante  dell'  Attrazione  chimica  ,  o 

af- 


gocciola  d'  olio  <1'  uliva  sullo  zolfo  fu- 
so accanto  a  dei  pezzetti  di  canfora  , 
che  facevano  i  loro  movimenti  ,  1'  ho 
visto  distendervisi  appena,  e  non  avea 
forza  da  urtare  !a  superficie  all'  olio 
della  canfora  ,  ed  arrestare  cosi  i  di 
lei  movimenti  .  Seppure  non  gli  è  ciò 
impedito  dal  calore  dello  zolfo  fuso  , 
che  alteri  in  qualche  maniera  la  sua 
fluidità  ,  o  costituz-ione  . 

La  canfora  non  fa  nessun  movimen- 
to sulla  cera  fusa  ,  ma  resta  subito 
inghiottita  .  Sulla  pece  greca  ,  o  colo- 
fonia fusa  5  dà  nel  primo  istante  segni 
di  qualcuno  dei  soliti  movimenti  gira- 
torj  ,  ma  poi  s'  immedesima  con  essa  : 
lo  che  si  accorda  molto  bene  con 
1'  opinione  dei  Chimici  moderni  ,  qual 
è  ,  che  la  cera  è  un  olio  fisso  ossige- 
nato ,  0  termossìgenato  ,  polche  anche 
con  gli  altri  olj  la  canfora  non  mani- 
festa nessuna  sorta  di  attrazione  di 
superficie  ,  non  facendo  sopra  di  essi 
il  minimo  movimento  . 

La  canfora  fa  i  suoi  movimenti  an- 
che sulla  superficie  dei  metalli  fusi  , 
come  io  per  mezzo  di  diligenti  repli- 
cate osservazioni  mi  sono  assicura- 
to .  Gettinsi  dei  bricioli  ,  o  pezzetti 
di  canfora  sulla  superficie  dello  sta- 
gno ,  o  del  piombo  fuso ,  con     1'  avver- 


tenza di  render   prima  ben  pulita  ,     e 
netta  la  loro  superficie  ,  si  vedranno  i 
detti    pezzetti  fare  le  loro  escursioni  , 
e  movimenti  simili  ,    o   quasi  simili  a 
quegli  ,    che  fanno  siili'   acqua  ,  e  sul 
mercurio  ma   per   un   istante  :     dopo  , 
siccome    mediante  il  calor  del   metallo 
la  canfora  si  fonde  in  olio  ,    allora   si 
move    rotolando    sopra  di  essi  ,    corno 
r   acqua    sulla    superficie     rovente  dei 
metpUi  .     Questo  ,     che  è  un    semplice 
effetto    del    calore  ,    si    ottiene    ancor 
quando    il    metallo    è    consolidato  ,  e 
conserva    sempre    un    grado   di  calore 
tale   da   fondere  la  canfora  .     Del    re- 
sto j    comunque    siasi    tersa  e  lucente 
la  superficie  di  qualunque  metallo  ,    e 
quand'  anche  sia  riscaldato  ,    ma    non 
da  produrre  la  fusione  della    canfora  , 
i  pezzetti  di  canfora  ,  che  vi  si  getta- 
no   sopra  ,    restano    sempre    immobili 
affatto  .  Il  che  dimostra  ,  che  1'  attra- 
zion  di  superficie  fra  1'  olio  della  can-  ■ 
fora  e  i  metalli   ,     sussiste  fintantoché  '■ 
si    mantengono  in  stato  di   fluidità  . 

Ho  sperimentato  ,  che  gli  olj  si  di- 
stenderebbero pure  sulla  superficie  dei 
metalli  fusi,  ma  il  calore,  che  gli  de- 
compona  nell"  istante  ,  gli  sorprende 
neir  atto  che  cominciano  a,  distea» 
deiviòi  . 


9 


Di   Gioachino  Cariiadori  •  91 

affinità  (a)  .  L'  esperienze  da  lui  fatte  con  applicare  diversi 
metalli  con  egual  superficie  al  mercurio  ,  e  notare  i  diversi 
gradi  di  forza  ,  con  cui  vi  stanno  attaccati ,  lo  condussero  a 
questa  falsa  conclusione  .  La  forza  ,  con  cui  i  metalli  staimo 
uniti  alla  superficie  del  mercurio  ,  non  è  Adesione  ,  o  Attra- 
zione di  superficie  ,  ma  è  effetto  della  facoltà  j  che  ha  il 
mercurio  di  attaccargli  e  dissolvergli ,  come  1'  acqua  i  sali  , 
in  somma  ella  è  attrazione  chimica  .  L'  Adesione  ,  o  Attra- 
zione di  superficie  è  differente  da  questa  forza,  cioè  .dall' af- 
finità chimica  .  Non  è  vero  ,  che  1'  affinità  sia  un'  adesione 
ad  un  grado  capace  di  produrre  dissoluzione ,  onde  non  è 
possibile,  come  lo  crede  Guyton  ,  estimare  i  rapporti  delle 
affinità  per  i  rapporti  delle  adesioni  ;  poiché  V  adesione  o 
attrazione  di  superficie  ha  luogo  fra  sostanze  ,  che  non  han- 
no nessuna  affinità  chimica  fra  loro,  come  si  è  visto  fra  l'ac- 
qua e  1'  olio  ,  e  fra  il  mercurio  e  V  olio  (  Esp.  I  ,  Il ,  e 
XVII ,  )  ,  e  d'  altronde  si  è  toccato  con  mano  (  Esp.  V,  VI  , 
XIX  ,  )  ,  che  questa  forza  non  ha  rapporto  con  la  materia  , 
ma  soltanto  con  la  superficie . 

Farmi  di  aver  dimostrato  abbastanza  il  mio  assunto  .  Io  non 
ho  avuto  ricorso  a  nessuna  ipotesi,  né  ho  azzardato  congettu- 
re o  illazioni  ,  ma  ho  soltanto  esposto  dei  fatti ,  ed  ho  tira- 
to da  essi  le  conseguenze  ,  che  ne  venivano  di  ragione  ;  on- 
de credo ,  che  niuno  ne  possa  dubitare  .  Forse  sarò  stato 
troppo  prolisso  e  minuto  ,  ma  ciò  era  necessario  ,  per  dimo- 
strar conjjgore  delle  cose  che  per  la  novità  meritavano  la 
più  severa   discussione  . 

N  a  LET- 


(a)    Enciclopedie    Methodiqiie  ,    Mot.   Adhesion  ,  pag.  468. 


9* 

LETTERA 

Di     Giovanni     Fabbroki 

à.   Pompilio  Pozzetti  belle  Scuole  Pie  . 

Ricevuta    il   dì    ag    Settembre    i8o3  . 

iJa  Biblioteca  è  un  comodo  sì  utile  al  Filosofo,  e  sì  neces- 
sai'io  al  Letterato ,  che  menta  veramente  dalla  umana  socie- 
tà tutto  quel  riguardo  che  le  vediamo  accordato  . 

La  invenzione  felice  della  carta  lintea,  e  bombacina  , 
dovuta  alla  Italia  (a.)  ,  quella  felicissima  della  stampa  che 
r  Italia  sin  dal  suo  nascere  favori  cotanto  ,  facendo  abban- 
donare j  pupillari  di  legno  ,  cera ,  e  avorio  ,  non  meno  che 
le  lamine  di  piombo  ,  i  volumi  di  pergamena  ,  pelli  incera- 
te j  e  papiro,  Iran  concesso  che  in  minore  spazio  e  con  or- 
dine migliore  si  raccolga  un  numero  maggiore  di  produzioni 
letterarie  ,  e  sembrano  aver  concesso  di  conservarli ,  come 
di  moltiplicarli  ^'lù  ficilmente .  Ma  per  quanto  sia  certo  que- 
sto secondo  resultato  ,  altrettanto  resta  equivoco  e  dubbio- 
so il  primo  ;  poiché  i  pugillari  ,  i  volumi  sembrano  più  su- 
scettibili che  i  libri  di  una  lunga  conservazione,  perchè  inal- 
terabili 5  o  almeno  offendibili  da  un  minor  numero  di  distrut- 
tori animali  erano  i  primi;  e  perchè  i  secondi  si  solevano 
tenere  involti  in  separati  sacchetti  .  I  libri  chiedono  certa- 
mente cura  maggiore  ;  e  la  pivi  utile  (  che  pur  contribuisce 
a  logorarne  le  carte  )  è  quella  di  un  consulto  frequente  pel 
quale  si  disturbano  e  distolgono  gli  Insetti,  e  dal  procreare, 
e  da  1  pascersi  . 

Voi 


(n)  Se  vero  sia  ciò  che  Plinio  rac- 
conta ,  cioè  che  i  libri  trovati  nel  se- 
polcro di  Numa  fossero  cartacei  ,  non 
dorrà  l' Italia  1'  Invenzione    della   car- 


ta agli  Alessandrini  ,  cui  si  attribuì- 
sce  ,  né  agli  Arabi  che  si  supposero 
averne  avuta  idea  dalla  China  k . 


Di  Giovanni   Fabbiioj!I.  9"^ 

Voi  che  presiedete,  degnissimo  Padre  Pozzetti,  ad  una  pub- 
blica e  celehre  Biblioteca  ,  in  un  Paese  ove  regna  taiilo 
amore  per  la  lettura  ,  non  avrete  dovuto  quanto  nie^  dolervi 
del  guasto  cui  van  soggetti  i  libri  poco  frequentemente  ma- 
neggiati e  smossi  ,  come  debbono  esserlo  quelli  generalmen- 
te di  ogni  Biblioteca  privata  ,  che  all'  uso  di  pochi  si  attri- 
buiscono .  Ma  siccome  anco  le  Biblioteche  pubbliche  e  più 
frequentate,  han  tali  libri,  che  T  età  ,  o  l'argomento  rendo- 
no poco  richiesti  ,  e  che  pur  si  vogliono  e  conviene  conser- 
vare, può  forse  non  dispiacervi  di  conoscere  alcuni  espedien- 
ti ,  che  sonosi  qui  praticati  con  favorevol  successo  ,  sia  per 
garantir  meglio  gli  scaffali  ed  i  libri  dalle  mascelle  divoratrici 
degli  Insetti  ,  sia  per  restaurare  quei  manoscritti  e  stampe 
che  in  qualche  modo  fossero  già  danneggiati  :  e  se  tutto  ciò 
sia  superfluo  alla  diligenza  usata  in  codesta  Biblioteca  insi- 
gne ,  potrà  non  essere  inutile  ai  vostri  Amici  ai  quali"  se  co- 
eì  vi  piace,  potrete  comunicarlo  . 

Vi  sovverrete  che  il  Museo  Reale  di  Firenze  possiede 
una  piccola  Libreria  relativa  alla  sua  istituzione  ,  destinata  a 
raccogliere  quei  libri  di  Matematica,  di  Fisica,  di  Anatomia, 
di  Storia  naturale  ec  che  utili  ^i  reputano  per  la  classazione 
degli  Esseri  in  lui  compresi  ,  per  V  effettuazione  delle  anato- 
miche cere,  per  la  costruzione  di  Strumenti  ec.  Sono  essi  dis- 
posti per  sesto  e  per  materia;  e  due  Indici,  alfabetico  l'uno, 
metodico  l'altro,  ne  mantengono  l'ordine,  e  ne  facilitano  il 
ritrovamento  .  Questa  facilità  sì  comoda  che  dà  luogo  a  smuo- 
vere appunto  il  solo  libro-  che  occorre  ;  e  1'  esser  la  stanza  ri- 
volta al  mezzo  giorno  ,  con  ampie  porte,  che  si  aprono  sul 
giardino ,  han  favorito  1'  ingresso  e  la  moltiplicazione  de^li 
Insetti  in  modo  ,  che  tornando  io  da  Parigi,  dopo  un  anno  di 
assenza  ,  trovai  tal  guasto  prodotto  nei  legnami  [b),  e  mobi- 
lia 


[l]  Le  iloratnre  ,  il  gesso  ,  i  colori  |  delle  tante  specie  di  legni  tra  orientali  ,' 
d'  indaco,  biacca  ec.  non  Talsero  a  di-  j  e  nostr^li  che  sono  usati  alla  costru- 
fcadcrc  i  legni    bianchi    dal    tarlo  ;    e      i     zione  degli  strumenti  ,   non  trovai  inat- 


g4  "Lettera 

lia  dai  Dermesti ,  e  da  numerose  larve  di  Efemere  nei  libri, 
che  ne  credei  quasi  irreparabili  i  progre-si  alla    total    distru- 
zione .  Vidi  la  necessità  di  ,far  guerra  a  questi  esseri  distrut- 
tori ,  e  ne  divisai  subito  gli  espedienti.  Furono  primieramen- 
te chiusi  con  stucco  e  cera  i  forellini    dei    legnami   a  princi- 
pio ,  ma  nuovi    tarli    vedevansi  sorgere    per  occulte   vie    ben 
poco  appresso  .  Mi  convenne  risolvere   di    render   loro    mici- 
diale qualunque  punto  del  legno  che  osassero  di    addentare  . 
I  legni  ordinar]  furono  tinti  in  orpimento   a   olio  ,    o    a    col- 
la :  i  legMJ  fini  delle  impellicciature  ,  o  in  massetto;  e  gli  al- 
tri feci  una  volta  al  mese  ungere  con  olio  di  oliva  nel  quals 
era  bollito  arsenico  sin  che  il  colore    e    1'  odore    annunziasse 
fatta  la  soluzione  .    Diminuirono  subito  i  Dermesti  ,    e   si    vi- 
dero finalmente  sparire  .  Non  potevasi  ,  né  era  prudente  usa- 
re di  simil  mezzo  su  i  libri  ,  la  cui  sola  polvere  naturale  vie- 
ne riputata  mal  sana  agli  Studiosi  .  Provai  ad  ungere    di    ac- 
qua ragia  il  dorso  dei    libri    e    le    guardie  :    le    Efemere    ab- 
bandonarono tosto  il  loro  domicilio,  e  si  vedevano  vagare  su 
eVi  orli  delle  scansie  .  Ma  svaporato  quell'  olio    volatile  ,    tor- 
narono a  svilupparsi  di  nuovo  .  Ne  venne  la  necessità   di    ri- 
legare i  libri    più    preziosi    e    mal    conci  ;   ed   allora  pensai  a 
garantirli  dal  contagio  dei  vicini  già  infetti.  Mi  rammentai  una 
antica  osservazione  ,    e  ne    trassi    util    partito  :   questa    fu    di 
aver  veduto  restare  illeso  un  cartone  ,  tra  molti  altri   tarma- 
ti ,  perchè  nella  pasta  ,  o  colla  di  farina  servita  alla  sua   co- 
struzione io  aveva  introdotto  tre  once   di    terebintina    liquida 
per  libbra  .  Prescrissi  adunque  che  fosser   fatte   le    nuove   le- 
gature con  cartoni  di  getto  ,  ossia  in   pasta    formati    alle    car-  y 
tiere  ,  ed  incollati  non  con  pura  farina ,  ma  col    mescolo    so- 
praindicato .  Ai  Manoscritti    usai     in    oltre    la    precauzione  di 
porre  una  foglia  di  stagnola  tra  il  cartone   e    la  coperta ,  nel- 
la persuasione  che,   tra   noi    non   essendo   le  Formiche  bian- 
che 


taccate  che  il  cipresso,    il  mahogani  ,      1      Trovai  forato  l'ulivo,  il  brasiletto,    il 
r  ebano  ,  il  sandalo  ,    il   legno  santa  .      |     noce  ,  il  pero  ,  il  noce  d'  India  ec. 


Di  Giovanni  Fabbrohi  .  g5 

elle  ,  niim  Insetto  paesano  abbia  forza  di  rodere  il  metallo  [e) . 
Felicissimo  fu  1'  esito  di  queste  facili  precauzioni  ;  e  i  iilii 
nuovanienie  legati  sono  rispettati  dagli  Insetti  ,  che  ne  assa- 
lirono alcuni  ancorché  non  coperti  ,  e  meramente  cuciti  , 
senza  che  la  farina  ne  allettasse  al  pasto,  perchè  ristretti  tra 
altri  già  tarmati  nelle  loro  legature  antiche  . 

La  pasta  ,  o  colla  di  farina  unita  alla  terebintina  acqui- 
sta due  qualità  non  spregevoli  ;  1'  una  di  distendersi  con  faci- 
lità maggiore  j  ancorché  più  tenace;  T  altra  di  non  inacidire, 
.e  muffare.  La  pii:X  preziosa  al  caso  nostro  è  quella  di  durar 
lungamente  ad  esalare  l'olio  suo  volatile,  mortifero,  o  sp;a- 
(Cente  agli  Insetti  ;  e  poi  ,  resinificandosi  nel  suo  ultimo  di- 
seccameiito  ,  rende  inattaccabile  la  farina  alla  loro  voracità. 

Giova  ,  anco  singolarmente  alla  lunga  preservazione  dei 
libri  il  preferire  nella  loro  coperta  le  pelli  Russe  ,  quando  si 
può,  le  quali  riescono  ingrate  agli  Insetti,  per  cagione  sena' 
altro   della  loro  concia  ,    e  non  vedonsi  mai  tarmate  • 

Fin  qui  vi  ho  parlato  di  preservazione  :  ma  i  libri  già 
danneggiati  han  bisogno  di  ristauramento  .  Noi  avemmo  otti- 
mi ristauratori  in  questa  pubblica  e  preziosa  Biblioteca  Lau- 
renziana  ,  e  specialmente  nell'or  mancato  Pietra  Ciatti.  Quest' 
Uomo  destro  e  culto  restaurò  codici  cartacei,  papiri,  e  mem- 
brane con  una  impareggiabile  felicità,  e  per  la  diligenza  sua, 
e  per  la  maestria  somma  di  imitare  perfettamente  ogni  carat- 
tere ,  e  per  la  intelligente  sagacità  nel  profittare  opportuna- 
mente delle  abbreviature  usitate  per  far  capire  precisamente 
nel  determinato  spazio  ciò  che  del  testo  manca  .  Ne  fan  fede 
vaij  Codici  5  da  lui  anco  ridecorati  con  gli  arabeschi  ,  e  let- 
te- 


le) Un  Uffiziale  Inglese  rhe  ebbe  par- 
te alla  presa  di  Ceilan  mi  raccontò  che 
nel  rendimento  del  conti  si  trovò  una 
partita  di  6ooco  tolleri  consumati  dal- 
le Formiche  !  Gli  domandai  cosa  cre- 
deva di  questa  soverchieria  ;  ed  Egli 
aeteiì  di  pensare   che    avesse    un    leg- 


giero fondamento  di  verità  ,  poiché  al 
suo  astuccio  di  strumenti  matematici  in 
gran  parte  in  ottone,  aveva  osservato 
dei  logoramenti  che  doveva  attribuire 
a  addentature  di  quegli  insetti .  Vi  so- 
no dei  Litofagi,  vi  possono  essere  dei 
Metallofagi  , 


96  Lettera 

tere  clorate ,  che  alle  antiche  punto  non  cedono  ,  e  forse  an- 
co le  superano  in  splendore  e  heiiezza  . 

Sono  rimarcabili  tra  gli  altri  suoi  restauri,  quello  di  un 
Tito  Livio  del  Secolo  XIII,  e  di  un  Commentario  sopra  Giob- 
be del  secolo  XIV .  La  esattezza  nella  imitazione  del  caratte- 
re non  è  inferiore  a  quella  celebratissima  fatta  all'  insigne 
Virgilio  Aproniano  dal  suo  Predecessore  (della  Santa  ),  cui 
mancava  un  quadernetto  ,  i!  quale  solo  ci  resta  in  ricordanza 
di  quel  prezioso  Codice,  che  desidereremmo  esistente  tutt'ora 
in  qualunque  pubblica  Libreria  . 

Sorpreso  ed  oppresso  da  malattia  incurabile    i'  abilissimo' 
Ciatti  ,  fu  premuroso  il  Governo  di  conservare    ciò    che    Egli 
chiamava  il  suo  segreto  ;,    cioè  il  resultato  dei  suoi  moltiplici 
tentativi  per  rinvenire  un'  arte  che  reputossi  perduta  ,   ed  io 
fui  incaricato  di  raccoglierlo  dalla  sua  stessa  voce ,  poco  avan- 
ti che  intieramente  mancasse.  II. Ciatti  si  prestò  con  lealtà, 
e  ne  fu  generosamente  ricompensato  con  una  elargizione   im- 
mediata ,  e  con   una  pensione  vitalizia  assegnata  alla   sua   fa- 
miglia .  Furono  anco  acquistati  a  spese  Regie  ,  dopo  sua  mor- 
te ,  gli  utensili  e  strumenti ,  che  restano  depositati  nella  Bi- 
blioteca di   S.  Lorenzo  a  vantaggio    dei    Restauratori    che    gli 
succedono.  Il  Governo,  animato  dal  sentimento  che  in  tutto 
Yuole  il  vantaggio  comune,  permise  che  fosse  reso  pubblico  ii 
metodo  ,  per  cui  il  defunto  Ciatti  si  bene  riesci  nei  rifare  le 
antiche  dorature  su  i  codici ,  ed  io  qui  quasi  con  le  sue  stes- 
se parole  a  voi 'or    lo  trascrivo.    Voi    già    ben    comprendete 
che  lo  splendore    e    la  durata  delle  opere  dorate   sulla   carta 
e  pergamena,  col  rilievo  che  avevano  le  antiche,  non  da  al- 
tro dipende  che  dal  disporre  un  letto  di  materie  sotto  all'oro, 
che  1'  oro  tenacemente  ritenga  ,   che  sia  cedente  al   brunitojo    . 
che  deve    dare    il   lustro    al    metallo  ,    e    che   flessibile    resti 
sempre  quanto  la  carta  ,  ed  il  metallo  medesimo  .    Tale    par- 
mi  debba  essere  1'  artifizio  usato  dai  Chinesi  per  dorare  quel- 
le sottilissime  strlsciuole  di  carta  ,  che  frammischiate    si    ve- 
dono nel  tessuto  di  alcuni  dei  loro  drappi  e  veli  ,  e  che  ren- 
do- 


I 


Di  Giovanni  Fabbroni  .  Jo5 

dono  dubbioso  l'occhio  a  decidere  ,  se  non  sia  una  tenue  la- 
ma di  efli-ttivo  metallo  . 

Ecco  due  metodi  ciie  nelle  belle  opere  del  Ciatti  perfet- 
tamente riescirono  • 

Si  incomincia  dalla  preparazione  del  Blordente^  che  così 
si  chiama  quella  materia   attaccaticcia    destinata    a    ricevere  e 
ritenere  stabilmente  la  foglia  d'oro.  Questo   Mordente   consi- 
ste nel  caso  nostro  nella  unione  di    una    composizione   arida  j 
ed  in  un  fluido  glutinoso,  diretta  i'una  a  dar  corpo,  e  l'altro 
a  dar  tenacità  e  consistenza  . 

Per  formare  la  composi/ione  arida  si  prende 
Cesso  da  oro     -     -     -     -     parti  84- 

Zucchero  cristallizzato     -     -      ^j   la. 
Vermiglione  ,    o    solfuro     di 

mercurio  ottimo     -     -      -      j,     6. 
Bolo  armeno     -----      j,     3. 

Lapis    piombino  ,    o    carbu- 
ro di  ferro     -----,,      a. 

Miele      -      -____.      „4' 

Sale  ammoniaco  ,    o  muria- 
tico    ------      -      ,,      I. 

Il  Gesso  ,  e  lo  Zucchero  si  debbono  lungamente  porfiriz- 
zare uniti  con  un  poco  d'acqua.  Il  Vermiglione,  il  Bolo,  il 
Lapis  piombino,  il  Sale  ammoniaco  ed  il  JMiele  si  porfirizza- 
jio  egualmente  insieme  ,  con  quella  dose  d'  acqua  che  oc- 
corre . 

Si  uniscono  queste  due  partite  di  ingredienti  già  separa- 
tamente macinati,  e  si  rimacinano  nuovamente  insieme  :  si 
pongono  poi  in  un  piatto  di  vetro,  o  porcellana;  si  lasciano 
asciugare,  e  si  conservano  in  polvere  per  valersene  alla  op- 
portunità convenientemente  stemprati  nel  glutine  fluido  pre- 
parato nel  seguente  modo  . 

In  once  4  den.   i8   d'  acqua  pura  ,  si  infondano  den.    ra 
di  Zucchero  cristallizzato  ed    altrettanta  Gomma  arabica  chia- 
rissima, e  si  aggiungano  den.  a  Miele,    e    den.  a  Latte  flui- 
Tomo  XI.  0  do 


io6  Lettera 

do  di  fico  .  Tosto  che  sia  effettuata  la  soluzione  si  filtra  ,  e 
si  unisce  con  altrettanta  acqua  di  colla  di  pesce  preparata 
nel  seguente  modo.  Iti  una  libbra  d'acqua  si  infondano  den.  3 
IctiocoUa  sottilmente  tagliata  ,  indi  si  faccia  bollire  sino  che 
cali  della  metà,  ponendovi,  mentre  bolle,  due  denari  di  Sale 
ammoniaco  polverizzato  . 

Venendo  adesso  alla  preparazione  del  Mordente  :  si  deve 
prendere  della  già  descritta  composizione  arida  quanta  occor- 
ra ^  affondendovi  sopra  del  Glutine  fluido  suddetto  per  circa 
il  doppio  ,  o  quanto  basti  a  cuoprirla  .  Si  agiti  bene  in  un 
vaso  di  capacità  maggiore  del  contenuto,  e  si  lasci  in  quie- 
te per  48  ore  circa  .  Nasce  in  questo  spazio  un  moto  quasi 
direbbesi  di  fermentazione  ,  che  in  alcuni  tempi  si  rinnuova 
tre,  o  quattro  volte;  cresce  perciò  il  volume  della  materia, 
onde  abbiasi  la  cautela  di  aver  ampio  bastantemente  il  va- 
so .  Terminata  che  sia  la  fermentazione  si  forma  un  sedimen- 
to ,  e  soprannuota  un  liquido  giallognolo  che  sembra  olio.  Si 
decanta  questo  liquido,  e  si  separa  con  un  cucchiajo ,  ad 
oggetto  di  render  meno  fluida  la  massa  sottostante  ^  che  è  il 
desiderato  Mordente  atto  a  ricever  I'  oro  . 

Il  liquido  separato,  come  si  è  detto,  devesl  conservare 
in  vaso  ben  chiuso  per  usarne  a  dare  ,  o  rendere  al  Morden- 
te quella  facilità  di  scorrere  sotto  la  penna  come  conviene 
alla  effettuazione  del  lavoro  .  Se  si  tratta  di  sottili  tratti  de- 
ve avere  una  fluidità  simile  a  quella  del  comune  inchiostro  : 
86  si  devono  far  lettere  grandi  è  utile  che  sia  più  denso  ; 
ma  in  qualunque  caso  è  utile  che  questa  mistura  scorra  ve- 
locemente ,  e  ciò  si  ottiene  mediante  1'  aggiunta  di  una  sola 
goccia   di  fiele  . 

Ben  si  comprende  che  nell'atto  di  usare  di  tal  Morden- 
te, è  necessario  di  agitarlo  con  una  spatola  prima  di  tuffarvi 
il  pennello  ,  o  penna  col  quale  vuoisi  delineare  il  convenevol 
lavoro  sulla  carta  ,  o  pergamena  ,  dove  lascia  lisci  e  lucidi 
tratti,  prosciugandosi  lentamente.  E  necessario  di  non  aspet- 
tare   il   prosciugamento    totale    per   applicarvi   l' oro  ,    perchè 

iiou 


Di  Giovanni  Faebroni  .  ÌO"' 

non  si  appicca  alle  estremità  laterali  ,  ma  si  deve  osservare 
che  tro[)po  fresco  non  sia,  rischiandosi  di  sfigurare  il  lavoro  , 
Il  momento  più  conveniente  per  la  doratura  è  qnello  in  cui 
si  vede  che  il  Mordente  incomincia  a  perdere  il  lucido  della 
sna  fluida  fieschezza  ;  ed  allora  gettandovi  sopra  un  poco 
d'alito  vi  si  applica  la  foglia  d'oro,  preniendovela  con  un 
morbido  guancialetto  .  È  necessario  sovrapporre  una  seconda 
fo{ilia  d'  oro  alla  prima  perche  restino  coperte  tutte  le  poro- 
sità ed  interstizj  che  quella  potesse  aver  lasciati,  e  finalmen- 
te, quando  il  Mordente  è  quasi  che  interamente  asciugato,  si 
brunisce,  e  si  ottiene  un  lavoro  stahile  e  bello  ^  se  non  su- 
periore ,  non  inferiore  certo  all'  antico  . 

Altro  Mordente  assai  più  facile,  sebbene  non  egualmente 
perfetto  si   prepara  nel   seguente  modo. 

Prendasi  (hiaro  d'uovo  quanto  occorra  ;  e  per  ogni  uovo 
si  aggiungan  3  den.  di  sale  ammoniaco  3  ed  altrettanto  Zuc- 
chero cristallizzato  in  polvere  ,  se  si  lascia  per  qualche  tem- 
po questo  mescolo  in  un  vaso  di  vetro  ,  il  chiaro  d'  uovo 
perde  la  sua  naturai  consiiitenza ,  ed  allora  si  ottiene  di  fa- 
cilmente filtrarlo  per  pezza  di  lino,  e  poi  per  carta.  Si  uni- 
sce a  questo  anco  una  piccola  dose  di  colla  di  pesce  ,  e  gli 
si  dà  corpo  con  gli  ingredienti  acidi  preindicati.  L' una  e 
r  altra  composizione  serve  a  far  dorature  flessibili  sulla  car- 
ta e  sulla  pergamena  . 

É  da  osservare  che,  essendo  sommamente  scemato  l'uso 
della  pergamena  ,  o  carta  pecorina  ,  ne  è  anco  peggiorata 
molto  la  concia  ,  o  preparazione  ;  né  sono  più  le  moderne 
peigamene  comparabili  alle  migliori  più  antiche  .  Questa  cir- 
costanza esige  spesso  la  precauzione  di  adoprar  più  colla  nel 
Mordente,  e  pnmieiamente  di  tenere  in  bagno  le  pergame- 
ne in  una  soluzione  acquosa  di  allume  duranti  24  ore  ,  e 
poi  lasciarle  asciugar  ben  tese  sopra  una  tavoletta  ,  senza  in 
conto  alcuno  stropicciarle  ,  o  fregarle  :  quando  sono  quasi 
che  intieramente  asciutte  vi  si  pone  sopra  un  foglio  di  car- 
ta j  sul  quale,   e  non   sulla  pergamena,  si    passa  fortemente 

0  a  ag- 


ic8  Lettera 

aggravando  ,  uno  spianatojo  di  focaja,  o  di  avorio  ben  liscio. 
Fin  qui  si  sono  fatte,  o  rifatte  le  lettere  dorate,  o  ara- 
beschi su  i  codici  cartacei  ,  o  pergainini  :  si  tratta  di  sup- 
plire anco  alle  porzioni  che  dall' umido ,  o  in  altro  mcdo  fos- 
sero guaste  e  corrose  :  si  cerchi  ,  per  ciò  ,  tra  una  quantità 
di  pezzi  di  pergamena,  quello  che  più  eguaglia  in  grossezza, 
colore  ec.  la  pergamena  che  devesi  risarcire  ,  avvertendo  di 
non  bagnarlo  .  Facciasi  che  sia  egli  sempre  maggiore  dello 
spazio  ,  che  richiede  restauro  ;  e  la  vecchia  rottura  e  il 
nuovo  pezzo  si  smussano  contro  senso  l'uno  dell'altro,  con 
ferri  ta<ilieiitissimi  e  di  fiirura  adattata.  Ciò  fatto,  si  abbia 
vina  colla  d'amido,  cui  si  unisca  un  poco  di  colla  di  pesce, 
e  calce  di  gusci  d'  uova  finamente  polverizzata  ,  per  dargli 
la  consistenza  di  un  morbido  unguento  :  si  stratifica  di  questa 
pasta  la  minor  quantità  possibile  sullo  smusso  dei  due  pez- 
zi ,  vecchio  e  nuovo,  e  tosto  si  applicano  l'uno  sull'altro 
preparati  dovutamente  .  Si  situa  poi  il  restauro  tra  due  pez- 
ze di  panno  lino  fino,  e  si  sottopone  alla  pressione  d'un  tor- 
chio ,  o  strettojo  ,  sinché  la  raggiuntatura  siasi  potuta  un  po- 
co asciugare;  indi  si  toglie  dalla  pressione,  e  si  battono  le 
giuntuie  con  un  maglio  d'avorio,  acciò  i  due  pezzi  vengano 
ad.  immedesimarsi  .  Quando  il  restauro  è  quasi  che  intieramen- 
te asciutto  si  pone  tra  due  fogli  di  carta,  su  i  quali  (attor- 
no alle  congiunture  )  si  passa  strisciando  una  stecca  di  avo- 
rio per  rendere  la  superficie  più  eguale  e  più  piana  che  sia 
possibile  .  Se  tutto  ciò  sia  fatto  con  la  dovuta  attenzione  e 
con  la  necessaria  destrezza  ,  lo  stesso  restauratore  non  più 
distingue  il  luogo  da  lui  medesimo  restaurato  . 

Con  pari  facilità  ,  ma  in  due  modi  diversi ,  si  restaurano 
anco  i  codici  e  stampe  cartacee  ,  1'  una  unendo  per  taglio 
ed  attestando  i  canti  del  tassello  opportuno  ;  1'  altra  si  fa 
per  soprapposizione  ,  come  si  è  detto  farsi  alle  pergamene  , 
e  membrane.  Questo  secondo  metodo,  come  meno  elegante, 
si  «sa  soltanto  allorché  la  carta  è  molto  lacera  e  indeboli- 
ta, e  cjuuidi  incapace  di  reggere  all'  innesto  :  il  primo  meto- 
do 


Di  Giovanni  Fabbroni  .  log 

io  SI  preferisce,  semprecliè  la  carta  sia  tenace  abbastanza  per- 
chè assai   più  elegante  ,  e  men  visibile  . 

Per  eseguire  il  restauro  col  sopraindicato   metodo  ,   che  è 
il  migliore  ,  non  il  piìi  difficile  ,    si  incomincia  dallo  sceglie- 
re un  pezzetto   di  carta  simile,  quanto  è    possibile,  a  quella 
della  pagina  difettosa  ,  tanto  per  la  gì  ossezza  ,  quanto  per  la 
grana  e  colore  (d)  ,   e  se  ne  taglia  il  tassello  della  precisa  fi- 
gura   e    grandezza  del  difetto  che  si    vuole    emendare  .    Ciò  , 
per  quanto  dillicil  sembri,  si  effettua  agevolmente,  ponendo 
la  nuova  carta  sotto  al  luogo  mancante  :  osservando  soltanto 
che  sia  disposta  per  la  direzione  istessa  delle    sue    rughe  ,    o 
corde  :  indi  ,    con  un  tiramargini  ,  o  penna   intinta    in   acqua 
gommata  si  va  contornando  esattamente    il    difetto  ,    comun- 
que irregolare  sia  ,  e  poi  ,  ponendo  la  nuova   carta  così    dise- 
gnata, o  bagnata  nel  bisoguevol  contorno  sopra  una    tavolet- 
ta ,  e  diligentemente  tirandone  in  ogni  senso  i  lembi  ,  si  se- 
para tutto  il  snperfluo  d'attorno  al  tassello,  che  resta,    noa 
solo  della  grandezza  ,    e    figura  precisa  ,    ma    opportunamente 
circondato  di  sfilacci  ^  o  peli,  che  convenientissimi  sono  per 
effettuarne  la  incollatura  ,    o  congiunzione    con    la    carta    da 
restaurare  .  Per  incollare  questo  pezzo  nuovo    col    vecchio    si 
procede  esattamente  nel  modo  ,  che  già  fu    descritto    per   le- 
iuembrane  . 

Non  occorre  ripetere  che  simile  in  tutto  alla  restaura- 
ssione  dei  codici  è  quella  che  possa  occorrere  ai  volumi  stam- 
pati ;  perchè  essi  pure  sono  ,  o  di  pergamena  ,  o  di  carta  : 
ma  può  occorrer  di  più  a  questi  talvolta  il  bisogno  di  to- 
gliere ciocché  dopo  la  stampa  fu  aggiunto,  e  che  dello  Stam- 
patore non  è;  poiché,  se  vi  sono  dei  libri,  che  da  uomini 
grandi  posseduti  ,  furono  arricchiti  da  questi  con  interessanti 
postille,  e  quindi  più  preziosi  divennero,  altri  ve  ne  so- 
no stranamente  deturpati  con  inteihueamcnti ,    cancellature, 

scor- 


((/)  Se  il  colore  non  è  simile,  riesce  facile  1"  eguagliarlo ,  tiiffandola  in  un   adal- 
iato  acijuerello  . 


I 

no  Lettera 

scorbj  d' inrliiostro  e  note  marginali  ,  per  lo  più  inopportu- 
ne, e  qualcliM  volta  indecenti,  dalle  quali  occcrre  purgarli. 
Ciò  soleva  larsi  ^  non  senza  qualche  danneirgiamento  della 
carta,  per  mez'.iO  dell'acido  nitrico,  e  acqua  forte;  che  an- 
co insufficiente  rlesciva  allor  quando  1'  inchiostro  ,  per  vec- 
chaja,  aveva  cambiato  in  rosseggiante  la  sua  primitiva  ne- 
rezza .  ' 

"L'acido  muriatico  ossigenato,   applicato    felicemente    da 
Berthollet  alla  imbiancatura    della  tela  di  cotone    e  lino,    fu 
indicato   per  quella  delia  carta    dal   Ministro    e    nostro    Socio 
Chaptal  .  Ma   la  formazione  di  questo    mestruo   era    imbaraz- 
zante ,  difficile   la  conservazione;  e  quindi  restava  male  adat- 
tato all'  uso  dei   Prefetti  alle  Biblioteche  :  io    la  resi  facilissi- 
ma per  questi  ,    indicandone    la    estemporanea    preparazione  , 
gU  effetti  e  l'  uso   nella    pubblica    adunanza    dell'   Accademia 
Economica  di    Firenze    tenuta    nell'anno     1797    (e).    Questa 
preparazione  non  in   altro  consiste  che  nella    unione    di    una 
parte  di  minio,  ossia  ossido    rosso    di    piombo,    e    tre    parti 
d'  acido  muriatico  comune  ,  quale  trovasi   in  tutte    le    farma- 
cie .  L'ossido  cede,    con    lo    sviluppo    di    rimarcabil    calore, 
r  ossigene  all'acido   muriatico    e    divien  bianco;  mentre  l'a- 
cido prende  un   più  intenso  calor  dorato,  e  spande  un  feten- 
tissimo  vapore.  Se  a  questo  vapore,  in  un   chiuso  apparato, 
siano  esposte  umide  le  pagine  imbarazzate  da   inutdi    postille 
a  mano,  resteranno  esse  quasi  dileguate  nell'atto;    la    carta 
riassumerà  il  suo  natura!  candore,  mantenendo  la  sua  primi- 
tiva saldezza  ,  e  niente  sarà  alterato  per  questo    1'  inchiostro  I 
della  stampa  .  L'  apparato  occorrente  si  proporziona   al    biso- 
gno .    Una  campana  di    vetro,    un    vaso    cilindrico,    iti    fon- 
do al  quale  si  opera  il    mescolo,    e    la    cui    bocca    annotata 
si  chiude  con  un  vetro  piano  ,   può  esser  quanto  occorra  perj 
piccoli  oggetti  :  per  operazioni  in  grande  si  usa  una   cassa   di 
piombo,  o  di  lamine  di  piombo  foderata,  e  costruita  in  ino-J 

do 


{^)  Vedasi  la  Gazzetta    Toscana   mim.   36  ,  per  1'  anno  medesimo . 


N 


Di  Giovanni.  Fabbroni  .  Iir 

io  (3a  potersi  cliindt-re  (|iinsi  ninetiranientp  :  in  es=n  p-r 
inezzo  di  fili  tesi  si  sospendono  umide  le  caite  lia  Mancliiisi: 
sotto  di  queste  si  situa  un  vaso  di  veiio  nei  (|raie  ?i  ia 
l'unione  del  minio  coli'  acido,  e  si  chiude  nell'iifto.  Il  va- 
pore oss'genato  ,  che  si  solleva  in  quantità  piopoi/inraie  ai 
materiali  adoprati  ,  si  inzuppa  dalle  carte  ,  e  ne  dile<^a  le 
sporcizie  e  1'  inchiostro  . 

Se  in  vece  del    vapore    ossigenato    si    trova    comodo    in 
qualche    caso    di  usare  il  liquore  stesso  ,   può  farsi  toccando- 
ne il  luogo  che  occorie,  o  immergendovi  per  intiero  la   car- 
ta j  che  può  restarvi  5  senza  niente  soffrire,  per  orej  e  gior- 
ni .  Non  rimane  nell'  un    caso  ,  e  nell'  altro  ,  se  non    che    la- 
varla poi  con  acqua   pura,  per  togliere  intieramente  l'acido, 
che  vi   restasse    adeso  .    Furcno    con    questo    metodo    nettate 
delle  stampe  in  rame,  stratificate  sopra    lastre    di    cristallo, 
contornate  queste  da   un   orliccetto    di    cera  ,    poste    bene    in 
piano  e  coperte  con   lastre    simili,  e    furono  tolte  localmente 
le  scritture  a  mano  dai   margini  della  numerosa  collezione  di 
prime  stampe  fatte  dal  Ciimmendatore   di   Malta  Conte  Angelo 
D'  Elei ,  cìie  favorito  dal  Governo  nelle  sue   ricerche  ed    ac- 
quisti ,    ebbe    intenzione    di    lasciarla    ad    uso    pubblico  nella 
maggior  Biblioteca   di  Firenze  sua  Patria  . 

Ma  Voi,  Padre  Bibliotecario,  già  immaginerete  che  questo 
stesso  espediente,  che  serve  mirabilmente  a  togliere  le  postille 
dai  libri,  possa  non  meno  bene  usarsi  a  togliere  e  sostituir  libri 
anco  dal  vostro  catalogo,  e  starete  dubbioso  sulla  possibilità  di 
un  baratto.  Di  tutto  abusa  la  ciiminosa  industria  della  pi  rversa 
gente  ;  e  non  è  da  credersi  che  trascurerà  di  trar  partito  da 
sì  utile  ritrovamento  .  Non  si  sono  veduti  alterati  i  catalocrhi 
sin  ora  ;  ma  si  sono  bensì  vedute  ridotte  in  cambiali  le  fir- 
me officiose  di  qualche  epistola  ,  e  si  sono  trovate  alterate 
alcune  espressioni  di  contratti  .  È  in  pelicelo  veramente  la 
altre  volte  sicura  fiducia  dei  pubblici  archivj  ;  e  se  non  si 
prendono  delle  precauzioni  maggiori  del  consueto,  le  proprie- 
tà steste  non  sono  più  sicure  ,  e  può  darsi  a  Tizio  ,   ciò  che 

a  Sem- 


Ili  Lettera 

a  Sempronio  appartenne.  È  più  che  prima  essenziale  di  con- 
fidar la  custodia  degli  archivj  ad  Uomini  che  né  leggere,  né 
scriver  sappiano  ,  e  severamente  impedire  che  i  Ministri  por- 
tino alle  case  loro  i  documenti  per  fame  copia.  Non  é  più  da 
ripetersi  il  proverbio  che  dice  ,  lo  scrìtto  non  si  lava  ,  poi- 
ché si  lava,  e  si  lava  a  segno  che  indiscernibile  assolutamente 
si  rende  la  frode  ,  se  è  fatta  con  diligenza.  Vero  è  che  se  nella 
carta  restano  reliquie  ,  quantunque  invisibili,  del  ferro  che  già 
compose  l'  inchiostro  ,  si  rendono  queste  apparenti  ,  passan- 
dovi una  tintura  di  galla:  ma  se  furono  ben  lavate  le  carte, 
questa  pietra  lidia  fallisce  ,  né  resta  più  che  qualche  leggie- 
ro indizio  nella  diversa  tinta  dell'  inchiostro  della  firma  ; 
qualche  diversità  nel  colore ,  ed  una  maggiore  bibacità  nella 
carta  . 

E  desiderabile  veramente  per  la  comune  quiete  ,    che  si 
trovi  una  composizione    atramentaria    capace    di    resistere   al 
nuovo  potentissimo    agente  ,    cui    il    comune    inchiostro    non 
regge  .  Se  ne  occuparono  effettivamente  alcuni  Chimici  Fran- 
cesi >  Inglesi ,  Olandesi ,  Tedeschi  ;  e  molte  cose  provarono  che  , 
or  con  migliore,  or  con  peggiore  risultato,  parvero  favorire  il 
desiderio  comune  .  Il   primo  espediente   che    fu    suggerito    fu 
la  unione  d'  alquanto  indaco  all'  inchiostro  usuale  ;  ma  sebbe- 
ne    1'  indaco  possa   riguardarsi    come    quasi    indistruttibile    in 
questo   caso  ,   egli  non  sta  lungamente  sospeso  nell'  inchiostro, 
e  quindi   si  pubblicarono   fatti  contraddittori  ,  che  lo  dichiara- 
vano ora  rigettabile  ,  ed  or  sicuro  bastantemente .  Altri  ,  per 
evitare  tale  inconveniente  ,   presero    1'  indaco  in  uno  stato  di 
divisione  estrema,   quale  egli  è  nella    composizione    del    cosi 
detto  turchino  di  Sassonia  ,   ossia    unito  all'  acido    sulfurico  . 
In  questo  caso  resta  veramente  sospeso  1'  indaco    nell'  inchio- 
stro :  ma  il  suo  acido  in  istato  libero  ,    non  manca  di  corro- 
dere finalmente  la  carta  ,  e  si  cade  in  Scilla  per  evitare  Ca- 
riddi  .  Si  suggerì  di  unire  all'  inchiostro  comune  il  mangane- 
se porfirizzato,  il  quale,  sitibondo    di  ossigeno j  si    annerisce 
vieppiù,  saziandosene  j  ed  il  suo  colore- persiste:  ma  anco  in 

qua- 


Di  Giovjinni  Fabbronì  .  ii3 

questo  caso  per  attenualo  che  sia  quel  minerale ,  non  dura 
a  siar  sospeso  lungamente  nel  liquore  scrittorio  ,  onde  il  suo 
efietto  non  è  sicuro.  Pareva  facile  il  pensiero  di  agj^iungere 
al  comune  inchiostro  un  poco  di  solfato  ,  o  nitrato  di  man- 
ganese y  che  deve  restarvi  diffuso  e  sospeso  ;  eppure  non  si 
fece  ,  eli' io  sappia,  da  veruno  .  Io  aveva  del  solfato  di  man- 
ganese liquido  con  eccesso  d'  acido  ,  residuo  di  alcune  altre 
esperienze  :  volli  toglier  di  mezzo  il  suo  eccesso  d"  acido  sa- 
turandolo perfettamente  con  potassa  :  perdette  nell'  atto  il  co- 
lor violetto  che  aveva  .  Io  «e  aggiunsi  in  tale  stato  per  me- 
tà ad  una  dose  di  inchiostro  ;  scrissi  con  lodevole  effetto  ,  ma 
il  giorno  dipoi  trovai  l'  inchiostro  decomposto  e  ridotto  in 
un  fluido  limpido  e  chiaro  con  un  sedimento  nerastro.  Adun- 
que rigettai  anco  questa  preparazione  per  le  già  specificate 
ragioni  . 

Gli  inchiostri  degli  Antichi  ,  nei  quali  il  carbone  forma 
il  corpo  j  o  liase  essenziale  ,  come  nell'  inchiostro  della  Chi- 
na ,  sono  inalterabili  all'acido  muriatico,  ma  sono  poi  deh- 
bili  all'  acqua   pura  , 

Si  sono  consigliate  delle  mescolanze  di  indaco  e  nero- 
fumo e  liquidi  resinosi  :  ma  se  queste  resistono  all'  acqua  ,  e 
all'ossigena,  cedono  poi  all'azione  dell' alcoole  . 

Fu  indicato  in  Inghilterra  come  tenacissimo  e  sicuro  un 
inchiostro  fatto  con  olio  di  spigo,,  coppale,  e  nerofumo.  Ma 
oltre  che  l'odore  è  per  alcuni  quasiché  insopportabile  ,  con- 
viene aspettare  che  si  dissipi  da  se  stesso  lentamente  il  solven- 
te ;  ed  il  solvente  stesso  ,  o  1'  alcoole  canforato ,  può  servire 
di  nuovo  a  ridiscioglier  lo  scritto,  che  si  è  fatto  con   esso. 

La  soluzione  d'asfalto  nell'olio  di  terebintina  (  egual-^ 
niente  proposto)  è  migliore  della  precedente  composizione, 
perchè  penetrando  nell'interno  della  carta  non  può  piìi  di- 
leguarsi ;  ma  il  suo  odor  troppo  ingrato  si  oppone  a  render- 
ne adottabile  r  uso  ,,  almeno  generalmente. 

Partecipano  queste  composizioni  della  natura  e  carattere 
dell' inchiostro  da  stampa  j  e  questo  ha  in  suo  vantaggio  una 
Tomo  XI.  P  qua- 


II 4  Lettera 

quasi  eguale  persistenza  ,  e  la  tenuità  dell'  odore  che  non 
offende.  Ma  sebbene  questo  resti  intatto  all' ossigena ,  si  può 
talmente  togliere  dalla  carta  ,  da  trasportare  per  fino  un  in- 
tiero intaglio  in  rame  da  una  carta  in  un'  altra ,  conforme  si 
fa  delle  pitture  a  olio ,  trasferendole  da  tela  a  tela  .  Sicco- 
me questo  giuoco  può  entrare  nella  categoria  dei  restauri  , 
occorrendo  talvolta  di  supplire  un  intaglio  cui  manchi  la  sog- 
getta carta  5  passerò  brevemente,  almeno  per  curiosità,  ad  in- 
dicarlo . 

Il  modo  ormai  notissimo  ,  col  quale  si  effettua  il  tra- 
sporto delle  pitture  a  olio  ,  consiste  nell'  incollare  carta  ,  o 
tela  5  con  una  colla  animale,  sulla  faccia  della  pittura,  e  poi 
inzuppare  con  spirito  di  terebintina  la  parte  rovescia  ,  ossia 
la  vecchia  tela  ,  per  intenerirne  la  mestica  :  quando  questa 
vecchia  tela  si  senta  smossa  ,  se  ne  solleva  delicatamente  un 
lembo  ,  e  si  alza  ,  e  si  stacca  in  totalità  dalla  pittura  .  Si 
applica  allora  sulla  mestica  nuda,  e  tenera  la  nuova  tela  qui 
preparata ,  che  vi  si  calca  leggermente  ,  e  si  lascia  non  toc- 
ca per  qualche  tempo  .  Quando  si  sente  riconsolidata  la  me- 
stica,  si  rinviene  con  acqua  calda  la  tela,  o  carta  incollata, 
che  si  toglie  senza  danno  alcuno  dalla  faccia  della  pittura 
nuovamente  rifoderata  . 

Più  semplice  assai  è  il  metodo  da  seguirsi  per  rinnovar 
la  carta  di  una  stampa,  o  trasportarne  V  intaglio,  che  per 
altro  torna  rovescio,  se  non  si  ripete  l'operazione,  alla  qua- 
le ,  forse  ,  r  inchiostro  non  reggerebbe  .  Ecco  in  che  consi- 
ste :  si  prepari  primieramente  una  lessiva  con 

acqua  p.   i68 

cenere  pura  di  sermenti  ,  o  querce  p.  4^ 

calce  viva  p.  io 

sapone  forte  tenero  p.  a  . 
La  unione  di  tutte  queste  cose  si  dee  lasciare  in  quiete 
duranti  dodici    ore  ;   poi  si  pone  a  bollire    sino  che  cali'  della 
terza  parte  ;  si  filtra  e   si  conserva  il  fluido  in  vaso  ben  chiu- 
so ,  per  r  occasione  di  farne  uso  .   Si    prenda  allora  la  stam- 
pa 


.1 


Di  Giovanni  I'abeuo?!!.  li-S 

pa  della  quale  si  intende  di  trasportare  l' intaglio  ,  si  ponga 
sopra  una  lastra  di  vetro  con  orliccio  di  cera  ,  o  in  un  tega- 
me, avvertendo  che  la  parte  stampata  stia  rivolta  verso  l'ope- 
ratore,  e  vi  si  versi  sopra  tanto  della  suddetta  lessiva  quan- 
to basti  a  cuoprirla  .  Si  abbia  un  altro  cristallo  di  eguale 
grandezza ,  sul  quale  si  passi  con  la  palma  della  mano  uà 
poco  di  sapone  tenero  ,  quasi  come  per  imgerlo  leggermente. 
Allorché  la  stampa  è  stata  in  bagno  quanto  occorre  per 
smuoverne  V  inchiostro,  il  che  un  occhio  esercitato  agevol- 
mente conosce  j  si  foglie  dalla  lessiva,  e  si  stende  sopra  una 
carta  sucohiante,  appoggiandovela  dalla  superficie  non  stam[)a- 
ta,  e  ciò  per  toglieigli  soltanto  la  umidità  superflua  :  asciuga- 
ta che  sia  bastantemente,  si  toglie  dalla  carta  succhiante  ,  e 
si  stende  sull'  indicato  vetro  insaponato  ,  dalla  parte  dell'  in- 
taglio j  indi  gentilmente  si  leva  ,  e  si  colloca  sul  nuovo  fo- 
glio,  parimente  per  la  parte  stampata:  vi  si  soprappone  un 
pezzo  di  carta  grossa  ,  e  si  passa  sotto  al  torchio  :  dopo  di 
ciò  si  solleva  da  un  lembo  la  vecchia  carta  ,  che  ,  con  de* 
strezza  operando  ,  riesce  di  separar  tutta  dal  suo  intaglio  ,  il 
quale  resta  adeso  alla  nuova  carta  ,  conforme  si  voleva  . 

Questa  operazione  ammonisce  che  non  sia  da  fidarsi 
nemmeno  ai  bolli  ,  che  con  inchiostro  a  stampa  si  appongo- 
no su  i  frontespizj  ,  per  assicurare  la  identità  di  un  libro  . 
11  miglior  garante  è  1'  inventario  in  cui  minutamente  si  de- 
scrive sesto ,  epoca,  e  condizione  della  opera  rara,  se  si  ot- 
tiene che  non  possa  lavarsene  la  descrizione  già  fatta  ,  per 
sostituirne  un'  altra  dolosamente  .  Si  sono  passati  in  rivista 
gli  espedienti  proposti  sin  qui ,  e  non  si  sono  veduti  sicuri  : 
ne  aggiungerò  alcuni  altri  che  ,  se  non  sono  di  una  sicurez- 
za assoluta  ,  accrescono  tanto  la  difficoltà  da  render  manife- 
sto il  tentativo,  e  scoraggire  da  intraprese  ulteriori. 

Sarebbe  doppia  perdita  di  tempo  il  dar  conto  di  ciò  che, 
senza  buon  esito  ,  quantunque  non  senza  speranza  tentai  , 
non  dandomi  la  pena  di  fare  un  inchiostro  nuovo,  ma  qualche 
cosa  aggiungendo  all'  inchiostro    comune  j    che  tanto  bene  ci 

P  a  sei- 


li6  Lettera 

serve  .  E  più  facile  1'  ottener  che  uno  scriba' Tpon^a.  un  in- 
grediente di  più  nel  calamajo ,  che  non  sarebbe  il  costringer- 
lo a  farsi  il  proprio  inchiostro  ;  così  più  comodo  riescirà  al 
Bibliotecario  ,  al  Notaro  ,  all'  Archivista  rendersi  indelebile, 
o  meno  alterabile  ciò  che  scrive ,  con  la  semplice  aggiunta 
tli  una  cosa  di  più  . 

Dirò  adunque  che  trovai  utile  d'  aggiungere  all'  inchio- 
stro comune  un  poco  d'  aloè  delle  spezierie  :  ma  ciò  che  mi 
parve  riescire  assai  meglio  e  sufficientemente  all'  oggetto  ,  fu 
di  versare  un  poco  d'alcali  pi'ussiato  sopra  gli  stracci  del  ca- 
lamajo, accuratamente  poi  premendoli  ed  agitandoli  con  la 
penna  j  onde  si  diifondesse  al  possibile  il  prussiato  di  ferro  , 
che  in  cjuel  momento  si  forma  .  Non  dirò  al  chimico  ,  mix 
allo  scriba ,  che  se  si  tenta  di  dileguare  questo  scritto  con 
l'acqua  forte,  più  presto  la  carta  si  disfarà  che  il  carattere. 
L'  acqua  forte  ,  e  lo  stesso  acido  muriatico  ossigenato  ,  noa 
altro  fanno  che  rendere  lo  scritto  più  persistente  e  più  vi- 
vido ,  facendogli  assumere  il  tuono  di  un  bel  turchino.  In 
vano  il  malfattore  ,  vedendo  d'  aver  dato  prova  così  del  suo 
perfido  tentativo  ,  ricoirerà  all'  uso  dell'  alcali  :  questo  to- 
glierà bensì  r  acido  prussico  dai  caratteri  ,  li  renderà  più 
fiacchi  ,  cangiandone  il  colore  dal  turchino  cupo  a  un  giallo 
rugginoso  ;  ma  saran.  sempre  leggibili ,  ed  attesteranno  la  dop- 
pia iniquità  .  Vano  sarà  pure  ricorrere  nuovamente  alla  azio- 
ne degli  acidi  ,  perchè  il  ferro  si  trova  ridotto  a  quello  sta- 
to di  ossigenazione  che  lo  rende  quasi  insolubile  .  Né  vi  sa- 
rà che  una  forte  azione  dell'acido  muriatico  ossigenato,  che 
possa  giungere  finalmente  a  dileguarlo  .  Ma  oltre  la  lunghez- 
za della  operazione  ,  che  non  serve  molto  a  favorir  la  frode, 
il  vario  modo  di  agire  dei  diversi  mestrui ,  che  sarà  forza 
adoperare  ,  lascerà  la  carta  talmente  danneggiata-,  da  non  dar 
luogo  a  dubbio  circa  ai  tentativi  cui  si  fece  soggetta  . 

Ecco  adunque,  con  facile  espediente,  trovata  una  vìa 
da  difendersi  contro  le  alterazioni,  che  il  ritrovamento  di 
un    reagente    nuovo   poteva   farci  temere  ;   ed  ecco   che ,  sa 

coli' 


Di  Giovanmi  Fabbroni  .  117 

coli'  indicato  incliiosti-o  sia  scritto  circostanziatamente  il  ca- 
taioo-o  della  Biblioteca  ,  sarà  certamente  questa  più  al  siciuo 
di  ciò  che  possiede  ;  nò  verrà  in  mente  ad  un  tristo  di  ca- 
I  vare  dair  inventario  un  Decor  pucllarum  ^  un  Donitto  di  pri- 
ma stampa  ,  e  sostituirvi  cattive  più  recenti  impressioni ,  o 
altri  libri  di  assai  minore  importare  . 

Prima  di  chiudere  questa  ,  ormai  lunga  ,  lettera  ,  cui  la 
Biblioteca  fornì  il  soggetto  ,  siami  permesso  di  aggiungere  an- 
co diversi  espedienti  di  vario  genere  che  immaginai  a  como- 
do di  chi  usa  ,  0  erige  cimili  stabilimenti  . 

Mi  rincrebbe  sempre  moltissimo  V  aver  necessità  di  una 
scala  j  specialmente  quando  non  vuol  farsi  per  così  dire,    che 
aprire  e  chiudere,  o  consultare  per  un  momento  alcuni  libri 
disposti  a  diverse  altezze,    e    non    arrivabili  di  piana  terra  . 
Qnindi  un    altro  meccanismo  più  delta  scala  comodo    e    sicu- 
ro immaginai  per  tale  effetto:  questo  fu  un  piano  quadro,  e 
dirò  così  5  plicatite  ,    perchè    attaccato  ad  assicelle    congiunte 
a  tenuta  d'  aria ,  per  mezzo  di  pelli  ,    come    sono  quelle  dei 
mantici  da   organo  ,    e    capaci    per  la  loro   interna    larghezza 
di  permettere  una  grande  alzata .  La  tavola  inferiore  di  que- 
sta specie  di  niantace  ,    sostenuta  da  quattro    ruote   versatili 
ad  ogni  direzione  ,    ha  una  larga    e    facil    valvola    da    aprirsi 
in  dentro,  per  dar  luogo  all'ingresso,  e  vietar  Mescita  dell' 
aria  interna  .    La    tavola  superiore  ,  o  primieramente  indica- 
ta,  porta  una  sedinola,  ed  una  tavoletta  a  leggio  per  soste- 
nere il  libro ,  e  dar  luogo  a  scrivere  quando  occorra .  Questo 
piano  ,  o  il  mantace  tutto  ,  è  compreso    e    tenuto  ,  in  guida 
da  quattro  pilastrini  di  legno  intetajati   e  vuoti   perchè  siano 
leggieri  ,  eguali  alla  discreta  altezza  cui  si  vuol  giungere  ,    e 
proporzionati    alla    alzata  di  cui  si  è  fatto  capace  il   mantace 
già  descritto.    Quattro  polispasti  sono  alla  cima  dei  pilastri; 
quattro    sul    piano ,    che    sostiene    la    sedia  ,    e    la   persona  ; 
quattro  cordicelle  di  seta  ,    che    passano   per  le  pulegge    dei 
polispasti  ,    e   si    fanno    avvolgere  ad  una  ruota  ,  o  areolajo  , 
servono  per  inalzarsi    quanto  si  vuole  ,    do^x)  aver  condotto  , 

me- 


/ 


ri8  Lette  HA 

medianli  le  ruote ,  il  castello  al  respettivo    posto,  e  servono 
pure  a  stabilire  lo  studioso  a  qualunque    altezza  ,  e  senza  ri- 
schio alcuno  .  Ben  si  comprènde  che  spiegandosi  così  1'  indi- 
cato   mantace  ,    entra    per    la    valvola    inferiore    tanta    aria  , 
quanta  ne  chiede  la  sua  crescente  capacità  interna,  e  che  non 
può  più  abbassarsi  ,  ancorché  premuto  dal  peso  del  Bibliote- 
cario ,  ed  abbandonato  per  la  fortuita    rottura    delle    corde  , 
se  queir  aria  non  esce  .    I  polispasti    devono  aver  tal  nume- 
ro di  pulegge,  che  un  discreto  sforzo  ,   ma  pure  uno  sforzo, 
occorra  all'  inalzamento  .    Quando    il    Bibliotecario    vorrà  ab- 
bassarsi,  aprirà,  mediante  un  filo,  ed  una  piccola  leva  ester- 
na la  valvola  inferiore  ;    ed    allora  la  sua    pressione    ne    farà 
uscire    r  aria    proporzionalmente    alla    maggiore  ,    o    minore 
apertura,    ed  otterrà  più  o  meno  rapida  la  discesa,  ed  anco 
la  sospensione  a  diverse  altezze  ,    se  così  piace  .    Per    quanto 
comodo  ritrovar  si  possa  questo  espediente,  per  arrivare  i  li- 
bri alle  altezze  cui  1'  uomo  ,  senza  meccanismi  j  non  giunge , 
meglio  sarebbe  assai  il  procurar  piuttosto  disposizione  tale  al- 
la Biblioteca,  che  niente  in  questo  genere  abbisognasse  .  S'  io 
dovessi  ricostruirne  una  nell'  attuale    momento  .vorrei   che  i 
libri  non  mai  superassero    1'  altezza    cui    può  arrivare  la  ma- 
no di  piana  terra  ,   o  al  più  ,    montando   sopra  un  ricorrente 
scalino  ,  o  sopra  un  comune  sgabello  .    Le    ampie  ed  alte  sa- 
le ,  o  i   gran    vasi ,    che    tanto  si  ammirano  da  taluni    per  le 
Biblioteche ,    non    sono    punto    lodevoli  agli  occhi  miei  nella 
attuale  disposizione  delle  comuni  scansie  ,  o  scaffali  .    La  Bi- 
blioteca  deve    essere  di  comodo  ai  Preposti ,  e  agli  Studiosi , 
non  di  spettacolo  alla  gente  oziosa  .   Ma  se  di  gran  vaso  pur 
si  trattasse  ,  vorrei  primieramente  avere  il  lume  dal  culmine 
con    addattate    lanterne  ,    per    non    perder    parete  ;    e    attor- 
no a  queste  vorrei  disporre  le  scansie  ,   o  scaffali  (  della  co- 
moda   proporzione    suddivisata  )    come    Io   sono  j  gradi    degli 
Anfiteatri  antichi  .    Otterrei  così ,    che  con  pochi  scalini  dis- 
posti a  distanze ,    come    per  i  sedili    facevasi    nelle    indicata 
fabbriche  ,    facilmente  si  passerebbe  da  un  ordine    all'  altro  ^ 

ot- 


I 


Di    GlOVAUNi    FEBBRONI.  IIQ 

fot*:èrrei  con  economia  di  luogo  ,  che  tra  ordine  e  ordine  ,  la 
cima  degli  scaffali  inferiori  servisse  come  di  sedile  a  chi  stu- 
dia nei  superiori  ;  e  nei  più  alti ,  o  ultimi  relegherei  quei  li- 
Jjii  che  più  raramente  vengono  consultati  . 

La  distribuzione  dei  libri  per  classi  j    che    non  è  sempre 
possibile  ,    sarà  la  più  ragionata  ,    ma   non  è  la  più  comoda  , 
né  la  più  bella  ,    e    costringe  a  lasciar    talvolta    degli    spazj  , 
che ,    non    solo  non   riescono  eleganti  a  vedersi ,  il  che  poco 
importa  j  ma  che  potrebbersi  utilmente    occupare    con  meto- 
do diverso,    ove    abbisogni    economia  nel  luogo,  e  per  tutto 
abbisogna,  o  abbisognerà  una  volta  .  La  disposizione  per  clas- 
si non  può  esser  mai  rigorosa  ,    per  la  difficoltà    che  talvolta 
incontrasi  neil'assegnarne  i  confini,  e  perchè  una   stessa  Ope- 
ra .può  appartenere  a  più  classi  .    Molti    amerebbero    anco  di 
vedere    riunite    insieme  le  produzioni  di  uno   stesso   Autore  ; 
ma  da  chi  cerca  una  filosofica  distribuzione  non  si  tollerereb- 
bero ,  per  esempio  le  eleganti  Odi  di  Haller  accanto  alla  sua 
celebre  Fisiologia  ;    meno    ancora  i  Cotnenti    Biblici  del  gran 
Newtono  presso  le  sue  immortali  scoperte  . 

Se    si    trova    conveniente    di   separare   le    Opere  di  uno 
Stesso  Autore  per  attriburiJe  alla  classe  ,    cui  più  rettamente 
appartengono  ;  perchè  non  si  potrà  egli  separare    ciò    che  gli 
piacque  scrivere  in  diverso  sesto ,  cosa    che    tanto    economiz- 
zerebbe   di    luogo  ?    Un   buon    catalogo    ragionato   ,    classato 
come    più    piace  ,    rimedierebbe    a   qualunque    inconveniente 
]  che  si  voglia    trovare    dai   sistematici  in  questa  distribuzione 
economica.    Ciò    posto;    farei    dunque  ccn    vero    comodo    e 
considerabile    economia   di    spazio,   che    sempre  il  primo,    o 
più  basso  palchetto  d'  ogni  scaffale   contenesse  i  libri    in  fo- 
glio :    questo  ,    come    imbasamento    dello    scaffale  y   potrebbe 
servir  di  grado  per  montarvi  ed  arrivare  i  più  alti  libri  :  do- 
po ,  o  al  di  sopra  ,  metterei  gli  in  quarto  ,    e    finalmente  gli 
•in  ottavo^  ^\  in  dodicesimo  ec.  che  vorrei  disposti  in  due  fi- 
'le,    una    avanti    1'  altra',    acciò    ne    entrasse  di  questi,  due 
6uUo  stesso  piano  ,    nella  grossezza  de'  sottostanti  in  quarto  : 

cioè  , 


lao  Lettera 

cioè,  per  ispiego.rii;i  meglio;  i  piccoli  libri  il  cui  dorso  è  In 
li[iea  a  piombo  col  dorso  degVi  in  quarto  ,  dovrebbero^  unita- 
mente con  i  loro  palchetti,  servir  di  sportello  occultante  un' 
altra  simile  serie  interna  e  da  aprirsi  per  dar  luoi^o  a  vedere 
ed  usare  quelli  che  dietro  loro,  ed  interni  sono.  Non  si  cre- 
da che  il  carico  dei  libri  renda  ineseijuibile  il  pensiero  di  si- 
mile sportello  ,  perchè  già  1'  ho  eseguito.  Ho  fatto  fare  per 
modello  un  tale  armadio  economico  per  un  Letterato  insigne 
da  me  altamente  stimato  ed  amato  .  Questo  armadio  è  alto 
quattro  braccia  e  mezzo  ,  profondo  poco  più  della  metà  di 
un  braccio  ,  e  contiene  dal  primo  grado  dei  libri  grandi  in 
su  ,  una  doppia  serie  di  ordini  di  libri  piccoli  ,  dei  quali  la 
esterna  serie  si  apre  con  somma  facilità  ,  perchè  ben  bilica- 
ta ,  in  due  sportelli  larghi  un  braccio  e  mezzo  ciascuno  .  È 
inutile  il  dire  che  in  tale  armadio  si  racchiude  un  doppio 
numero  di  libri  di  quello  che  jne  conterrebbe  uno  simile  di 
costruzione  comune,  e  si  fa  quindi  necessariamente  doppia 
economia  di  luogo.  Due  imposticine  leggiere  chiudono  il  tut- 
to per  meglio  conservare  dalia  polvere  e  dalla  mano  i  libri; 
né  restano  oziose  perchè  ostentano  alcune  interessanti  map- 
pe geografiche  . 

Troppo  minuti  e  superflui  ancora  possono  parere  a 
molti  per  una  pubblica  Biblioteca  questi  ultimi  suggerimen- 
ti ;  ma  non  cosi  penseranno  i  privati ,  che  raccolgono  e  cu- 
stodiscono libri  per  proprio  studio  :  questi  trovano  sempre 
nelle  loro  domestiche  abitazioni  troppo  angusto  il  luogo  al 
bisogno  .  Lo  stesso  sarà  con  1'  andar  degli  anni  per  il  Pub- 
blico ancora  ,  che  riconoscerà  necessaria  alla  fine  la  massima 
economìa  di  spazio  per  gli  Archivj  ,  se  un  Giubbileo  -,  se  una 
provida  Centenaria  non  ne  prescrive  lo  spurgo  ,  onde  non  si 
faccia  il  Kirjat  SepJier  di  nuovo  ;  e  così  sarà  per  le  Biblio- 
teche ancora  ,  se  un  diluvio  non  viene  a  ridur  nuovamente 
in  cartapesta  i  libri ,  che  innumerabili  diventeranno  ,  proc 
dendo  i'  attuale  attività  dei  torchi  di  pari  passo  in  futuro 

Co-i 


Di  Giovanni  Fabbroni  .  lai 

Costruendo  la  Biblioteca  con  gii  scaffali  ,  e  con  la  di- 
éposizione  già  divisata,  non  solamente  si  otterrebbe  una  utile 
economia  di  luogo  ,  ma  la  Biblioteca  ancora  assumerebbe 
una  apparenza  caratteristica  e  particolare  ,  che  oggi  ha  co- 
mune con  tutte  le  botteghe  di  Fondaclii  e  Chincaglieri .  Tale 
disposizione  non  darebbe  luogo  alla  aggiunta  di  quelle  deco- 
razioni ed  ornamenti ,  che  si  profusero  nelle  Biblioteche  tal 
volta^  i  quali  j  per  belli  ed  eleganti  che  siano,  pur  sono  stra- 
nieri ,  e  contrastano  alla  serietà  dell'oggetto,  onde  meritarono 
più  censura  che  lode  .  Giova  rammentarsi  ,  per  norma  ,  il 
rimprovero  fattoci  da  Addisson  ,  che  oggidì,  per  altro  j  poco 

meriteremmo Vidi   la  Biblioteca  Ambrosiana  (   Egli 

scrive  )  ,,  ove ,  secondo  il  gusto  Italiano  ,  più  si  spese  in 
^,  pitture  che  in  libri  ....  I  libri  fanno  la  minor  porzione 
„  di  ciò  che  si  va  a  vedere  ordinariamente  nelle  Biblioteche 
„  Italiane,  che  sono  per  la  maggior  parte  arricchite  di  pittu- 
„  re  ,  statue  ed  altri  abbellimenti  ,  ovunque  potevasene  col- 
.,  locare,  seguendo  l'esempio  dei  Grecia  e  dei  R.omani.  „  Si 
ricorda  a  proposito  ciò  che  Giovenale  già  disse 

Piena  omnia  gypso 

Chrysìppi  ìnvenias:  non  perfectissimus  horum 
Si  quis  ^ristotelem  similem  Tel  Pittacon  emit 
Et  juhct  archetypos  pluteum  servare  Cleanthas  . 
Ma  mi  avvedo  che  entrando    nei    Classici  Scrittori  ,  devle- 
rei  soverchiamente    dal    primitivo    oggetto ,    e  porrei  profano 
piede  nella  messe    che  tutta  a  voi  ,    celebratissimo    Consocio 
di  diritto  degnamente    appartiene  .    Debbo    adunque    doppia- 
mente   astenermene  ,    e    por  fine    ormai  a  questa    mia  lunga 
lettera  .  Se  di  cose  o  frivole  troppo  ,    o  troppo  note  vi  trat- 
tenni con  essa  ,  me  ne  vorrete  scusare  ,  in  grazia  della  buo- 
na intenzione  che  le  dettò  ,  perchè  di  animo  gentile    e    tol- 
lerante siete  :  se  qualche    cosa    pur    vi    leggeste  ,    che  possa 
riescir  utile,  o  comoda  a  Voi,  agli  Amici  vostri,  ed  al  Pub- 
blico ,  comunicatela  corx'edata  coli'  autorevole  esortazione  vo- 
Tomo  XI,  Q  stra  , 


laa  Lettera 

stia  ;  che  così ,  facendo  vantaggio  a  qualcnno  ,  procureret» 
un  vero  piacere  a  chi  vive  nel  desiderio  di  essere  utile  al- 
trui ,  e  accetto  a  voi ,  che  accoglieste  già  i  tributi  d'  ossa- 
quio  e  di  stima  dei 

Vostro  arnica 
Gjovanni  Fabbro mi • 


ISTO- 


120 

ISTORIA  ANATOMICA  DI  DUE  GEMELLE 
MOSTRUOSE 

MEMORIA 

Dbl  Dottor  Filippo  Uccelli 

Presentata  da  POMPILIO  POZZETTI  il  dì  17  Ottobre  i8o3. 

Nulla  res  'unitari  naturae  solertiam  potest . 
Ciò.  I   de  Nat.  Deorum  . 

Jl  iace  non  di  rado  alla  natura  deviare  dalle  stabilite  sue 
leggi  .  Or  si  mostra  perciò  troppo  avara  nelle  sue  produzio- 
ni ,  or  comparisce  troppo  lussureggiante  .  Dalla  mancanza  > 
o  dall'eccesso  delle  parti,  o  dall' irregolaie  loro  conformazio- 
ne resultano  quegli  esseri  ,  che  dall'  ordinario  fare  della  na- 
tura si  allontanano  .  Vennero  essi  distinti  col  nome  di  Mo- 
stri ,  e  di  questi  abbonda  non  solo  1'  umana  specie  per  poco 
che  vi  fissiamo  la  nostra  attenzione  ,  ma  se  ne  incontrano 
ogni  giorno  anche  in  tutto  ciò  che  vegeta  e  vive  . 

Ma  per  quanto  mostruosamente  e  bizzarramente  insie- 
me conformi  talvolta  le  sue  produzioni ,  conserva  però  sem- 
pre le  generali  sue  leggi,  si  per  il  loro  sviluppo,  come  per 
la  loro  nutrizione,  non  mancando  mai  mezzi  a  questa  madre 
feconda  di  supplire  in  qualche  forma  ad  alcuni  difetti  ,  e  a 
certe  mostruosità  ,  onde  il  suo  lavoro  ,  comunque  architetta- 
to ,  possa  vivere  e  vegetare  . 

Non  è  attualmente  mio  scopo  di  percorrere  con  occhio 
filosofico  il  Regno  variante  de' vegetabili .  Ai  sagaci  Botani- 
ci ,  agli  amatori  delle  cose  campestri  si  lasci  per  un  istante 
la  cura  deliziosa  di  analizzare  ,  o  in  un  prato  smaltato  di 
fiori  vario- pinti  e  di  tenere  erbette,  o  in  un  pomario  odo- 
rifero ,    le    moltiplici    differenze  ,  che  tratto    tratto  la  natura 

Q  a  pre- 


1^4  Istoria  Anatomica  di  due  Gemelle  ec. 

presenta  .  Gli  esseri  animali  ,    e    quelli    specialmente  che  ap- 
partengono  alla  nostra  specie  debbono  attualmente  occuparci  , 

Entri  meco  in  idea  almeno  per  un  istante  il  Lettore 
neir  interno  d'  un  gabinetto  .  Volga  meco  lo  sguardo  a  quell' 
immensa  quantità  di  esseri  animali  bizzarramente  ccnformati: 
esamini  in  questi  le  macchie  ,  ed  i  vizi  della  pelle  ;  in  quel- 
li r  esuberante  volume  :  osservi  in  altri  la  mutazione  di  si- 
to delle  parti,  in  alcuni  l'estrema  loro  piccolezza:  presti  fi- 
nalmente la  sua  attenzione  all'alterata  struttura  di  alcuni,  a 
quelle  sì  frequenti  parti  superflue  ;  alla  divisione  di  quelle 
parti  die  dovrebbero  essere  unite  ,  non  meno  che  alT  unio- 
ne di  quelle  che  pur  dovrebbero  essere  separate ,  e  ciò  che 
più  di  tutto  interessa,  all'  intima  unione  e  congiungimento 
di  due  feti  diversi . 

Se  non  avvi  alcuno,  cui  non  sia  occorso  di  vedere  assai 
sovente  quelle  macchie  cutanee  distinte  volgarmente  col  no- 
me di  nei  ,  o  di  voglie  materne  ,  referibili  alle  deformità 
della  pelle  ,  non  tutti  certamente  avranno  potuto  osservare 
dei  feti  bianchi  nati  da  Genitori  negri,  e  viceversa,  senza 
che  abbia  avuto  luogo  il  sospetto  che  cadde  giustamente  su 
quella  Dama  Irlandese,  di  cui  parla  il  Francese  Naturalista; 
non  a  tutti  istessamente  si  saranno  presentati  dei  feti  rico- 
perti di  peli  in  tutto  1'  ambito  del  loro  corpo  a  guisa  d'  or- 
si, e  di  scimmie;  né  qualcun  altro  guernito  di  corna,  o  con 
la  cute  ricoperta  tutta  di  squamme  [a)  .  Dietro  per  altro 
1'  esame  di  tali  mostruose  alterazioni  agevoi  cosa  sarà  per 
tutti  il  comprendere  ,  onde  abbia  avuto  origine  la  favola  de- 
gli uomini  salvatici  ,  degli  Orsi  ,  delle  Scimmie  o  dell'  Istrici 
partoriti  dalle  Donne  (è),  d'onde  la  ridicola  superstizione  di 
aver  lasciate  nei  figli  le  marche  dell'  incontinenza  dei  padri  : 
d'onde  finalmente  alla  vista  di  alcuni  feti  ,  nei  quali  la  pelle 
di  certe  parti  si  è  trovata  estremamente  dilatata  da  sembra- 
re 
-^ 

^1^— »^— ^— ^M— Il  1      I  I  I    ■      ■!    ■■■■mi    ■■    ■^M     ■    ■■^■^■—  ■     ■■    ■— "     ■  I    ■!■■■  ■       I  * 

[a]  V.    Transaz.  Fiksof.   voi.    69.  j  \b]    Y.  ivi  , 

p.   I. 


Del  Dottor  Filippo  Uccelii  .  120 

re  avere  un  cappuccio  (a)  una  cocolla,  un  grembiule;  à  cre- 
duto il  volgo  che  in  essa  dilatazione  venissero  preconiz- 
zate le  loro  future  inclinazioni.  Per  chi  riman  sorpreso  facil- 
mente da  tutto  ciò  che  se  gli  presenta  di  straordinario  j  son 
ben*  altro  tai  fatti  ,  che  i  genj  tutelari  di  Socrate  ,  direttori 
di  tutte  le  idee  ,  di  tutte  le  sensazioni ,  ed  affetti  . 

Io  non  potrò  mai  convenire   con    alcuni    che    sia  esistito 
nn  popolo  di  Giganti,  mentre  gli  stessi    Patagoni  ,  dei    quali 
parlano  Frezier ,    Cook ,  ed  altri    Viaggiatori    non    sono    tutti 
d'  una  statura  gigantesca  ;    ina   dall'  avere    osservato  che  al- 
cuni individui  desili  abitanti  dello  stretto    Mafrellano    avevano 
una  statura  gigantesca,  à  fatto  credere  ai  piìi  antichi  viaggia- 
tori ,  che  veramente  esistesse  un  popolo  di  Giganti  ,   ma    co- 
me saggiamente  osserva  Buffon,  quegli  uomini  che  oltrepassa- 
no  la   statura  ordinaria  di  sei  piedi    possono    considerarsi    in 
correspettività  degli  altri  come  Giganti  :  queste  però  sono  ve- 
rità individuali    ed    accidentali  ,  e  non  differenze    permanenti 
alte  a  produrre    delle    razze  costanti  ;  molto  meno  poi  appar- 
tengono alla  razza  de'  Giganti   alcuni    individui  nei  quali  eia 
rimarcabile  un  prematuro  accrescimento  di  alcune    delle  loro 
membra;  come  non  posso  determinarmi  a  prestar  fede  a  tut- 
te le  Istorie  ,  che  ci  hanno  lasciate  dei  Nani .  Poiché  non  di 
rado  i  Mitologi  ,  che  hanno  saputo    irar   partito  da  tutto  per 
renderei  loro  racconfi  più  imponenti  e  più  strepitosi  con  l'ap- 
poggio dell'onnipotenza  delle  Greche  sognate  Divinità,  hanno 
argomentato  facilmente  dal  particolare  all'universale.  Tanto  i 
Giganti    che  i  Nani    hanno  esistito  ,  e  possono  esistere  anco- 
ra ;  ma  riguardo  ai   primi  è  ben  raro  il  caso    di    questi    esseri 
privilegiati  dalla  natura  ;  e  per  quello  spetta  ai  secondi  ,  l'estre- 
ma piccolezza  decantataci  dagli  Scrittori  non  è  benissimo  con- 
testata .  Non  debbono  certamente  riporsi  nella  specie  dei  Gi- 


ga n- 


(a)  Di  questa  specie  uno  ne  possie- 
de il  R.  Gabinetto  di  Firenze  in  cui 
la  pelle    della    testa     è     eommamenCe 


distesa  da  sembrare  avere  un  cappvic« 
ciò  k 


laó  Istoria  Anatomica  ni  due  Gemelle  ec 

ganti  coloro  che  nascono  idrocefali  ,  o  colle  braccia  della 
grossezza  medesima  delle  coscia  ,  colle  mani  ,  o  coi  piedi 
tre  volte  più  lunghi  dell'  ordinario,  colle  mammelle  enorme- 
mente voluminose  ,  col  coccige  tanto  prolungato  da  emulare 
la  coda  dei  piìi  gen«rosi  animali.  Non  sono  queste  che  al- 
trettante morbose  alterazioni,  o  dipendono  da  soverchia  nu- 
trizione di  diverse  partì  a  scapito  e  detrimento  delle  altre 
contigue  .  Se  morte  prematura  non  avesse  colpito  questi  feti 
neir  aprile  de'  loro  giorni ,  agevol  cosa  saria  stato  il  persua- 
dersi,  che  il  successivo  sviluppo  delle  membra  residue  non 
sarebbe  stato  punto  proporzionato  alle  parti  mostruosamente 
conformate  (a)  . 

Del  rimanente  convengo  ancor'  io  di  buon  grado  che  ri- 
gettata ancora  l'idea  degli  uomini  che  prima  sorsero  dal  san- 
gue   sparso  dagli  antichi  Titani  ,   e  riposta  nel  caos  delle  fo- 
le argiva  l'esistenza  dei  Tifei ,  dei  Polifemi ,  e  degli  altri  Gi- 
ganti, noti  potrà  giammai  essere   impugnata  l' istoria  dei  Nem- 
brot ,    e    la  pugna  del  Filisteo  mostruoso    col   giovinetto   Da- 
vid .    Se  la  curiosità   filosofica  non  può  si  facilmente  stancar- 
si ,  si  continui  pur  meco    1'  esame  d'  un*. altra  specie  di  mo- 
stri ,  che  per  quanto  siano  assai  più  frequenti ,  non  sono  me- 
no degni  della  nostra  attenzione  .  Parlo  di  quelli  ,    nei    quali 
le  parti  sì  interne  ,  che  esterne  occupano  un   sito  diverso  .  E 
qui  lascierò  di  buon  grado    la    descrizione    dei    Mostri    Ruis- 
chiani,  ed  Alleriani  ,  in  cui  tutt'  i    visceri    del   basso  ventre 
trovavansi  fuori  dell'  abdome    rinchiusi  in  una  borsa  formata  i 
dalla  dilatazione  del  peritoneo  ,   e    che  si  erano   fatta   stiada . 
per  1'  apertura  del  funicolo  ombelicale.    Ometterò    parimen- 
te   di    far   parola    del   feto  ,  che  conserva  il  dottissimo  nostro 
Mascagni  nel  suo  Gabinetto  Anatomico-patologico,  e  di  quel- 
li che  si  osservano  di  tal  genere    nel  R.  Gabinetto    Fisico  di 

Fi- 

(«)     Se    fosse    stata    considerata  la  mente  si  sarebbero  convinti  che,  alme- 

proporzione  che  vi  era  fra  le  ossa  del  no    nei    nostri    climi  ,  sono    rarissimi 

«ranio  ,    «    quelle   della  faccia  ,  facil-  gli  uomini  di  statura  Gigantesca  . 


Del  Dottor  Filippo  Ucceli.i  .  12'^ 

Firenze    (a)  •    Neppure    tni    occuperò  a  descrivere    tali  defor- 
mità osservate    e    nel  petto  ,  e  nel  cranio,  per  quanto    sieno 
più  singolari    e  più  rare  .    Chiunque  bramasse  avere  più  det- 
tagliate   notizie    potrà    riscontrare  1'  opere    di  Wislow  ,    e    di 
Bianchi  (/?)  .    Mostruosità  ben  più  singolari  mi  richiamano  al 
presente .  Si  è  tiovato  talvolta  il  cuore  colla    punta    nel  de- 
stro iato,  e  la  base  nella  sinistra.  Gii   intestini,  il  ventrico- 
lo, e  il  fegato  situati  nella  cavità  del  torace  sopra  il  diafram- 
ma. Il  fegato  nell'ipocondrio    sinistro,    e   nel   destro  la  mil- 
za :    sp})bene  sì  fatte  alterazioni  non  si  riscontrano  ordinaria- 
mente che  dalla  mano  armata    di    coltello  anatomico  .    Altre 
pure  ve  ne  hanno  che  a  colpo  d'occhio  facilmente  distinguon- 
si  .  Quante  volte  la  natura  bizzarra  à  cangiato  di  sito  a  quegli 
organi    destinati  alla  formazione  del  latte?  E  quante  volte  si 
«on  vedute  altrove  sollevarsi  le  mammelle  ;  ed  occupar  l'  oc- 
chio   colla    loro    straordinaria    figura?    Che    più?    Si    ò  visto 
talvolta  nascere  un  piede    fornito  delle  dita  dal  coccige  (e)  ; 
come  pure  immediatamente  dal  femore,  e  dalla  pelvi.  Si  so- 
no vedute  le  mani  sortire    dalle    scapole,  per  tacere  di  tante 
altre    variazioni  di  sito  ,    e    che   troppo    lungo  sarebbe   il  qui 
riferire  {ci) . 

Ma 


(a)  Il  Sig.  Mascagni  conserva  nel 
jiio  Gabinetto  un  feto  consimile  , 
in  cui  al  luogo  dell'  ombelico  si  vede 
una  gran  borsa  ,  in  cui  trov-insi  con- 
tenixti  presso  che  tutti  i  visceri  addo- 
minali .  Due  presso  a  poro  uguali 
possono  osservarsi  nel  R.  Museo  di 
Firenze . 

(4)  Wislow,  Blandii ,  ed  altri  Ana- 
tomici citano  degli  esempi  di  feti,  nei 
quali  non  essendo  ben  conformato  lo 
•terno  ,  •  le  coste  lasciavano  sortire 
il  cuore  ,  e  parta  ancor  dit'  polmoni  . 
Dalle    suture  e  fontanella    del   cranio 


soverrhlameate  dilatata  si  è  vista  usci- 
re tutta  0  parte  della  massa  cerebrali?. 

(e)  Vedi  EfTem.  dei  curiosi  della 
natura  . 

((/)  Per  quello  riguarda  le  parti  in- 
terne ,  osservò  il  Bartollno  da  ambe- 
due i  Ventricoli  del  cuore  nascere  un' 
arteria  aorta  ;  non  trovò  il  canale  ar- 
terioso e  vide  partire  le  arterie  pol- 
monali  da  ciascheduna  Aorta  .  Mery 
notò  in  un  Soggetto  ,  che  tutte  le 
maggiori  vene  andavano  a  scaricarsi 
in  un  solo  tronco  ,  che  mandava  san- 
gue ad   ambedue  i  ventricoli  del  euo- 


/ 


ia8  Istoria  Anatomica  di  due  Gemelle  . 

Ma  già  si  presenta  ai  nostri  sguardi  una  specie  nuova  di 
mostri  :  sono  essi  tanto  singolari,  quanto  ributtanti  .  Voi  ben 
comprendete  ,  che  intendo  di  parlare  di  quelli  ,  nei  quali 
trovasi  una  prava  conformazione  di  parti  .  I  meno  gravi  er- 
rori della  natura  su  questo  punto  si  considerano  i  piedi  stor- 
ti ,  le  mani  poste  alla  rovescia  ,  e  distorte  le  diverse  gibbo- 
sità ,  le  ossa  del  cranio  mal  conformate ,  la  spina  del  dorso 
dilatata,  le  narici  prive  de!  setto  medio  ^  la  cavità  della  bocca 
deforme,  una  breve  cannula  in  luogo  dell' istrumento  della 
generazione  ,  il  labro  leporino  ,  gli  occhi  mal  costrutti ,  non 
essendo  inclusive  mancato  il  caso  di  feti  ,  nei  quali  non  si 
trovava ,  che  un  solo  occhio ,  onde  se  fosser  vissuti  avrebbe- 
ro in  qualche  parte  realizzata  la  favola  degli  antichi  Ciclopi . 

j,  O  imperfetta  natura,  che  mai  da  me  pretendi? 

„  O  troppo  dura  legge  che  la  natura  offendi . 
Se  un  tal  rimprovero  che  sulla  cetra  dircea  cantò  ardimento- 
so e  folleggiante  Poeta  può  in  qualche  parte  aver  luogo^  quegli 
esseri  specialmente  mostruosi  per  difetto  di  parti  potrebbero 
forse  avere  diritto  di  rinnovarlo  .  Qui  mancano  alcune  delle 
dita;  qualcun'  altro- è  privo  d'  una  mano,  o  d'  un  piede; 
negossi  a  questo  il  nasOj  e  le  orecchie,  a  quelli  le  palpebre, 
gli  occhi,  la  lingua,  la  faringe,  né  sono  mancati  perfino 
alcuni  privati  d'  articoli  intieri ,  o  ritrovati  estremamente 
piccoli  ,  o  deformi .  Né  questo  è  ancor  tutto .  Si  sono  osser- 
va- 


re. Stenone  ci  narra  di  avere  visto 
un  cuore  diviso  in  tre  ventricoli  ;  il 
destro  dei  quali  riceveva  la  sola  vena 
cava  ,  il  sinistro  le  vene  polmonali  , 
ed  il  medio  mandava  1'  arteria  polmo- 
nare 5  e  r  aorta .  Riolano  à  veduto 
un  cuore  senza  ventricoli  ,  ma  con 
tutt'  i  vasi  assai  ampli  .  Haller  sezio- 
nò un  feto  in  cui  oltre  ad  avere  gli 
cecili   ineguali  di  grandezza ,    uno  era 


molto  più  alto  del  naturale  :  era  pu-  { 
re  il  medesimo  feto  manrante  d'  un 
orecchio  ;  nell'  interno  dell'  osso  tem- 
porale non  vi  trovò  alcuna  traccia 
dell'  organo  acustico  :  le  narici  priv» 
del  setto  medio  ,  e  la  cavità  della  boc- 
ca assai  deforme  .  Questo  feto,  benché 
maschio ,  non  aveva  che  una  piccola 
caruncola  senza  apertura  dell'  ure- 
tra . 


Del  Dottor  Filippo   Uccelli  . 


laO 


vati  dei  soggetti   mancanti  dei  visceri  più  importanti  ,  cioè  a 
dire  dei  cuore  ^  del  fegato,    della    milza 


degli  intestini 


IO 


medesimo  non  di  lado  neli'  esercizio  della  mia  professione  j 
ò  ritrovato  dei;!i  individui  forniti  di  un  solo  rene  ,  e  di  un 
solo  testicolo  .  Cosi  il  Bartolino  incontrò  più  volte  dei  sog- 
getti privi  di  vessica  orinarla  ;  e  Sculteto  depone  aver  più 
volte  osservati  dei  disgraziati  affatto  destituti  delle  parti  ge- 
nitali .  Quello  per  altro  che  piii  deve  occupare  la  nostra  ma- 
raviglia si  è,  che  si  son  trovati  talvolta  dei  feti  mancanti  dì 
testa,  e  di  cervello  {a).  Quanto  degne  sono  delle  nostre  ri- 
flessioni tali  difformità  resultanti  da  difetto  di  parti  ,  altret- 
tanto lo  sono  i  mostri  pei*  esuberanza  .  La  natura  talvolta 
avara  dei  suoi  doni  non  accorda  le  forze  necessarie  per  l' in- 
tegrità dei  suoi  sviluppi  ;  ma  più  sovente  ancora  lussureg- 
giante presenta  uno  sloggio  straordinario  di  forze,  d'energia, 
di  vigore  .  Quante  volte  gli  osservatori  curiosi  hanno  fissata 
la  loro  attenzione  nell'  osservare  le  mani  ,  ed  i  piedi  termi- 
nati da  un  numero  maggiore  di  dita  ?  Non  abbiamo  forse  dal 
Cartolino  l'istoria  d'una  Donna,  che  aveva  tre  mammelle? 
Kon  assicura  Borelli  di  avere  veduto  un  uomo  con  due  na- 
si ?  non  vide  sorgere  Aldovrandi  una  terza  orecchia  in  un  fe- 
to dal  mezzo  della  testa  ?  non  si  trova  nell'  Anatomia  del 
Bacchettoni  una  memoria  di  alcuni  soggetti  forniti  dalla  na- 
tura di  due  membri  virili  ?  Non  osservò  il  Cutter  nell'  istes- 
so  soggetto  due  vessiche  orinaric  ?  non  si  sono  veduti  de<di 
uteri  divisi  intierarnente  con  due  vagine ,  e  qualche  volta  an- 
cor con  due  vulve  ?  Ne  abbiamo  una  memoria  di  Enrico 
Erinsmann  arricchita  di  quattro  eccellenti  tavole  data  in  luce 
Tomo  Xf.  R  con 


(oj  Non  sono  decorsi  elle  pochi  gior- 
ni «larrliè  fu  sezionato  un  feto  in  questo 
Pi.  Sjiidale  degli  liinorentl  di  Firenze, 
in  cui  maiiravj  intieramente  il  cer- 
vello ,  cervelletto  ,  e  midolla  allunga- 
ta .  In  esso  i  nervi  rimontavano  dal- 
la midolla    fpinale  ,   ed    lucivano    pei 


consueti  lori .  ])i  simili  mostri  due  ne 
esistono  nel  R.  Gabinetto  di  Firen- 
ze 5  ed  uno  ve  ne  ha  inclusive  più  tin- 
gnl<ire  ,  in  cui  non  solo  manca  il  cer- 
vello ma  la  testa  intiera  ,  e  porzione 
del  toraee.  Eppure  tali  feti  hanno  esi- 
stilo ,  e  sì  sono  sviluppati  . 


l3o  Istoria  Anatomica  di   due  Gemelle  ec, 

con  le  stampe  di  Strasburgo,  ed  un'altra  memoria  di  Haller 
di  un'  altro  utero  con  doppia  vagina  .  Non  riscontrò  Piude- 
bech  in  un  solo  individuo  due  cuori  ?  ed  il  caso  di  tre,  non 
si  trova  forse  registrato  nell'  effemeridi  dei  curiosi  della  na- 
tura ?  Non  attestano  finalmente  tutti  gli  anatomici  che  loro 
si  presentano  tutto  giorno  dei  muscoli  sopranumerarj ,  ed  un 
numero  maggiore  di  nervi  di  quegli  che  esistono  ordinariamen- 
te ?  E  non  ho  io  medesimo  ritrovato  in  quest'  anno  i  nervi 
sotto  occipitali  doppi  ;  e  in  un  altro  soggetto  quelli  del  quar- 
to pajo  duplicati  sebbene  da  una  parte  soltanto  ? 

Ma  e  che  direm  noi  di  quegli  individui  bizzarramente 
conformati  ,  nei  quali  gli  organi  destinati  alla  propagazione 
trovansi  cumulati  in  un  solo  soggetto,  siccome  nelle  piante,  che 
però  non  sono  facilmente  referibili  ad  alcuno  dei  due  sessi, 
come  neli' Androginee  ,  voglio  dire  degli  Ermafroditi?  Verte 
tuttora  fra  gli  Anatomici  la  questione  sulla  loro  esistenza  . 
Avvi  chi  sostiene  che  la  divisione  delle  borse  ,  onde  veniva 
rappresentata  la  figura  della  vulva  à  fatto  passare  per  femmi- 
ne quelli  che  non  erano  che  maschi  ;  nell'  istessa  guisa  che 
il  prolungamento  della  clitoride  à  imposto  a  segno  ai  più 
esperti  da  far  credere  maschi  quelli  che  non  erano  che  fem- 
mine .  Cosi  non  è  mancato  chi  abbia  opinato  infinitamente 
impegnoso  e  difficile  il  giudizio  della  perfetta  combinazione 
dei  due  sessi  in  un  solo  individuo  ,  o  del  sesso  in  essi  pre- 
dominante .  Non  è  mio  impegno  in  questo  luogo  esaminare  , 
e  discutere  siffatte  questioni  .  Dirò  soltanto  che  in  opposizio- 
ne di  tutto  quello  à  scritto  su  tal  proposito  1'  Haller  (a), 
Bartolino  (b)  ,  Westbrecht  (e),  Tabarrani  (e/),  e  molti  altri, 
abbiamo  le  istorie  dettagliate  di  Ghiande,  e  di  Francesco  Pe- 
tit , 


(a)    V.    Commentar,    de    Rebus    in 
scìentia    naturali  ,    6-    medie,    voi.    2. 
part.   I.  p.  5.   Colombo  de  Re   Anato- 
mica lib.   i5. 
[b]  Epistol.  83.  Cent.  3.    Epist.  99.      ^ 


Cent.  4. 

(e)  Volume  i.  p.  II.  pag.  229. 

(d)  Lett.  a.  al  Sig.  Ab.   Felice  Fon» 
tana  p.  II. 


Del  Dottor  Filippo   Uccelli.  i3r 

tìt ,  dalle  quali  resulta  ,  che  esistevano  realmente  in  un  me- 
desimo soggetto  gli  organi  mascuiiiii  perfettamente  organizza- 
ti ,  come  pure  1'  utero  ,  e  le  tube  . 

Tempo  pelò  è  oggi  mai  che  tralasciando  tutto  quello 
potrebbe  aggiungersi,  e  di  fatti,  e  di  riflessioni  intorno  alle 
mostruosità  mentovate  ^  non  meno  che  ad  alcune,  risultanti 
dalla  congiunzione  di  quelle  parti  ,  che  dovrebbero  essere  di- 
vise [a)  ,  passiamo  a  ragionare  di  quei  mostri  che  resultano 
dalla  coalescenza  di  due  feti  diversi  .  Questa  specie  che  à 
recentemente  occupate  le  mie  anatomiche  osservazioni  ,  è 
certamente  la  più  complicata  e  bizzarra  .  Per  questa  si  am- 
mira lo  sfojriiio  ,  e  V  energia  delle  forze  della  natura  .  la 
questa  sopra  tutto  si  mostra  per  infiniti  rapporti  maraviglìo- 
sa  .  Neil' istessa  guisa  che  in  un  ferace  terreno  si  sollevano 
sul  debile  stelo  due  ranuncoli  porporini,  o  due  vario-pinti 
anemoni  insieme  congiunti  :  nella  foggia  istessa  che  la  cerasa 
ridente  ,  e  la  deliziosa  albicocca  pende  duplicata  dal  pieghe- 
vole ramoscello  ^  o  come  la  domestica  gallina  che  in  ogni 
angolo  della  casa  del  suo  padrone  trova  una  vettovaglia  ab- 
bondante e  partorisce  frequentemente  degli  ovi  a  due  torli  , 
egualmente  si  vedono  talora  riuniti  due  feti  uscire  dal  ven- 
tre materno  .  Ma  oh  !  quante  modificazioni  ,  quante  diverse 
variazioni  ci  si  presentano  !    Si    sono    veduti    due    feti    uniti 

R  2.  sol- 


((t)  Non  infrequentemente  dai  me- 
dici si  osservano  le  palpebre  ,  le  lab- 
bra ,  le  nai-ici .  1'  uretra  ,  1'  ano  cbiu- 
«i  al  nascere  del  feto  .  Haller  osservò 
una  Bambina  nata  «li  sei  mesi,  le  cui 
dita  delle  mani  ,  e  dei  piedi  erano 
tutte  insieme  congiunte  ,  talché  non 
■formavano  che  una  sola  massa  .  Bar- 
tolino  ed  altri  hanno  frequentemente 
osservato  due  o  tre  diti  uniti  insieme  . 
Nel    nostro    Gabinetto    vi  è  un    feto , 


in  cui  la  testa  è  unita  ai  tegUm^ti 
del  dorso  .  Simili  mostruosità  si  sono 
ancora  spesso  ricontrate  nell'  interno  : 
i  due  emisferi  del  cervello  si  sono  ris- 
contrati talvolta  congiunti,  come  si  leg- 
go in  Morand  ,  in  Vallisneri  ec.  Hal- 
ler ha  veduti  pivi  volte  i  due  reni  in- 
sieme congiunti,  e  di  una  di  tali  mo- 
struosità ce  ne  ha  lasciata  la  più  esat- 
ta de»crÌ3Jope-v«  ne  ha  fatta  incider© 
un'  accuratissima  tavola . 


i3a  Istoria  Anatomica  di  due  Gemelle  ec. 

soltanto  per  g!i  integumenti  della  fronte  (a) ,  altri  per  quelli 
dell'  occipite  {b)  ,  altri  pnre  per  il  vertice  (e)  .  Né  mancano 
i  casi  di  adesione  assai  più  profonde  .  Ne  abbiamo  veduti 
dei  congiunti  per  il  dorso  ,  per  le  natiche  ,  per  il  coccige  , 
per  le  parti  laterali  {d)  .  Che  più?  nel  R.  Gabinetto  di  Fi- 
renze si  trova  ottimamente  rappresentato  in  cera  un  mostro 
che  nacque  a  Montepulciano  formato  dal  riscontro  di  due 
feti  maschi  .  Le  cui  due  teste  sono  riunite  in  guisa  da  rap- 
presentare ciascheduna  la  metà  della  fliccia  ,  che  perciò  da 
una  parte  si  vedono  due  occhi  ,  due  orecchie  ,  e  la  bocca  , 
ed  il  nasoj  le  quali  nella  parte  anteriore  resultano  dall'unio- 
ne delle  due  faccie  insieme  congiunte  .  Nella  parte  posterio- 
se  poi  vi  si  osservano  due  orecchie  ed  un  occhio  formato 
dal  concorso  di  due  ,  questo  feto  aveva  pure  la  spina  bifida  . 
Nel  Mu^eo  di  Pietroburgo  tanto  rinomato  per  la  moltiplice 
collezione  di  cose  naturali^  fra  i  vari  mostri  che  vi  si  conser- 
vano ,  vi  è  un  feto  con  una  sola  testa ,  due  occipiti  ,  quat- 
tro orecchi,  ed  agli  occipiti  si  uniscono  le  spine  da  cui  pen- 
dono i  due  corpi  [e]  :  ed  un  altro  pure  se  ne  ammira  ,  nel 
quale  dall'  ipocondrio  destro  si  vede  scaturire  un  altio  pic- 
colo feto  distinguibile  dalle  pendenti  natiche  ,  e  dai  piedi 
benissimo  conformati;  più  radamente,  ma  pur  non  ostante 
tiualche  volta  accade  di  vedere  dei    feti    che  si  uniscono  all' 


cmbe- 


(a)  V.  Pareo  . 

(h)  V.  Giornale  di  TreTOux  . 

(e)  V.  Atti  dell'  Accademia  delle 
scienze  . 

((/)  V.  Pareo  ,  Cardano  ,  Plancliard 
ed  altri  .  E  a  tutto  ciò  deve  aggiun- 
gersi che  Vallisnieri  ci  riporta  il  caso 
di  un  feto  senza  cranio,  che  pur  tut- 
tavia aveva  due  faccie  ,  due  nasi  , 
due  tocche  ,  e  tre  occhi  .  Neil"  effe- 
meridi (lei  cviricsi  della  natura  si  leg- 
gono dei  casi  consimili  . 


[e]  Di  cpiesto  genere  di  mostri,  che 
non  è  de'  più  rari,  ne  abbiamo  dell* 
litorie  neir  opera  di  Durerney  ed 
Halllard  ,  di  Cassebon ,  e  di  tanti  al- 
tri eccellenti  Anatomici  e  Naturali- 
sti .  A))biamo  occasione  non  di  rido 
di  vedere  dei  mostri  con  degli  articoli 
superflui,  benché  abbiano  una  sola  te- 
sta .  Sebbene  bisogna  confessare  eh» 
tal  mostruosità  è  più  rara  negli  uomi»! 
ni  che  nei  bruti  « 


Del  Dottor  Filippo  Uccelli.  l33 

■    ombelico  coir  epigastro ,  o  per  la  pelvi,    e    questi  ordinaria- 
mente sono  mancanti  delle  parti    della    generazione  ,  e    della 
vessica  .    Duverney  e  Palfino    fecero  la  più  esatta    anatomica 
descrizione  (a)  di  questi  due  generi  di  mostri  .  Accade  di  vede- 
re pur  dei  feti  con  due  capi  distinti  ,  e  perfetti  con  i  respet- 
tivi colli  ,  ma  riuniti  poi  in  un  solo  torace.  Il  più  volte  citato 
Duverney  ci   lia  trasmesso  la  descrizione    di  un  mostro  di  tul 
genere  ;    anzi    fra   le    altre    particolarità  assicura  di  avere  ri- 
scontrato che  sebbene  non  avesse  che  un  solo  torace  ,    erano 
distinguibili  due  cuori  insieme  congiunti.  A  tutto  ciò  potrebbe 
aggiungersi   quello    che  troviamo    inserito  nell'   eflenieridi    dei 
Curiosi    della  natura  ,  e  ciò    che   ne    dice    Sculteto  ,    Duver- 
ney ,  Richa  ,  Cardano  ,  e  alcuni  altri  valenti  Anatomici    (è)  . 
Ed     eccoci  ornai  giunti  a  quel  punto  che  formò  fin  da 
principio  r  oggetto  delle  mie  riilessioni  .    Un  feto   bicorporeo 
con    un    solo    funicolo    ombelicale  ,    e    molte    altre    essenziali 
diflerenze  nell'  interna  organizzazione  ,  è  il  mostro  che  sopra 
tutto  e'  interessa  di  far  conoscere  .    Non  è  già    che    io    pre- 
tenda di  aver  in  esso  scoperta  una  nuova  specie.  Molti  Scrit- 
tori   di  cose    mediche  ,    ed    anatomiche    assicurano  di  averne 
veduti    presso  a  poco  dei  simili  ;   e    1'  HiJler    più    diligente- 
mente di  ogni  altro  ne  ha  descritto  uno  di  tal  sorta  da  lui  stes- 
so anatomizzato  .    IMa  siccome  credo  di  avere    riscontrate  nel 
mio  delle  differenze  notabili,   e    nella    struttura  di  alcuni  vi- 
sceri ,  e  nella  circolazione  ,  quindi  è  che  mi  sono  occupalo  a 
descriverlo  con  tutta  la  precisione,  ed  accuratezza  possibile. 
Per  r  istessa  ragione  mi  sono  fatto  un   impegno  d'  unire  alla 
descrizione    le  tavole  ,    affinchè    possano    confrontarsi    con  le 

Hai- 


(«)    Il  Colombo,  lo  Zacchia,  il  Bar-      j      ta  numerazione    e    descrizione,    potrà 


«ulino  ,     Walter  ,    Wisluw  ,    IMorgani  , 
Ballino  ,   ed  altri   riferiscono    un    infi- 
nità    d'   istorie    di    mostri    di  tal  ge- 
nere . 
^J  Clù  desiderasse  averne  la  più  esAt- 


ricorrere  all'  istoria  dei  mostri  tanto 
deglj  Uomini  ,  quanto  dei  Bruti  l'atta 
da  Mailer  ,  ed  inserita  nelle  sue  spe- 
re minori  . 


i34  IsToiuA  Anatomica  di  due  Geì.ielle  ec. 

Halleriane  ,    con  cui    non    combinano    prt-cisamente    che  per 
quello  che  ha  rapporto  all'  esterna  conformazione  . 

Affinchè  per  altro  piii  chiaramente  icsulti  il  complesso 
(Ielle  varietà,  che.  lo  distinguono  dal  mio,  non  credo  sarà 
discaro  al  lettore  che  io  riferisca  in  questo  luogo  ciò  che 
nel  suo  mostro  osservò  1'  Haller  di  più  singolare  . 

Erano  nel  mostro  Halleriano    due  Gemelle  perfettamente 
conformate  ,  con  le  teste  ben  fornite  di  capelli  ,    sebbene    la 
destra  fosse  meno  perfetta    della    sinistra.    Ed    erano    riunite 
dalla  parte  superiore  dello  sterno  fino  all'  ombelico  .    Aperto 
l'addome  e  sollevato  l'omento,  vide  un  solo  fegato  molto  vo- 
lurninoso    con  un    lobo    sopranumerario    all'  inserzione    della 
vena  ombelicale  .  Il  funicolo    ombelicale  era   formato  da  una 
sola  vena  con  quattro  arterie  ,  e  due  urachi .  Le  ititestina  di 
ambedue  avevano  un  distinto  mesenterio.  Tolto  il  fegato,  vi 
trovò    due    vessichette    del  fiele ,    incastrate  in  diverse    inci- 
sure  di  quel  viscere  .    Ogni  stomaco  aveva  dietro  il  suo  pan- 
creas,,   La  milza    per  altro    era  una  sola,    ed  iipparteneva  al 
feto  sinistro.    Il  diaframma  unico  grandissimo,  che  compren- 
deva i  due  feti  ,  ed  era  diviso  in  otto  appendici  ,  che  termi- 
navano alle  due  coione  vertebrali  .    Ogni    feto    aveva  la  res- 
pettiva  Arteria    aorta  ,  che  si  divideva  nell'   Iliache  ,  e  quin- 
di nell'ombelicali.  Quattro  reni  avevano   con  altrettanti  urc- 
tei'i  che  influivano  nelle  vessichc  orinarie  di  ciascun  feto  . 

Molto  più  interessante  fu  la  sezione  del  torace ,  di  quel- 
la del  basso  ventre  ;  un  solo  pericardio  era  nel  mezzo  del  pet- 
to, non  colla  punta  voltata  a  sinistra,  ma  perpendicolare  nel 
mezzo  ai  due  toraci  .    Ciascuna    bambina    aveva  la  sua  gian- 
duia timo  situata  secondo  il  solito.  Aperto  il  pericardio,  ap- 
parve un  grandissimo  cuore  unico  nel  mezzo  del  petto  ,  che 
a  ciascun  collo  distribuiva  i  suoi  vasi  egualmente  .    Avevano 
ambedue  le  bambine    il  respettivo    arco    dell'  aorta  ,    che    si 
portava  da  destra  a  sinistra ,  come  ambedue  avevano  le  pro- 
prie arterie  polmonari ,  dalle  quali  si  partiva  il  datto  arterio- 
so più  grande  del  naturale .  Tra  le  arterie  aravi  un  solo  seno 

;.'.;.  /  1  iita^^f  .  con 


Del  Dottor  Filippo  Uccelli  .  j  33 

con  la  conispotidenle  auiicula,  tanto  vasto  però  che  osservar 
si  poteva  inaniRstamente  sì  nella  parte  anteriore,  che  nella 
posteriore  del  cuore  .  Nelle  diramazioni  poi  principali  che 
tnaJidavano  le  due  arterie  aorte  non  vi  fu  riscontrata  varietà 
alcuna  ;  essendo  il  cuore  nel  mezzo  fra  le  due  cavità  del  to- 
race, di  cui  il  restante  della  cavità  era  riempiuto  dai  polmo- 
ni divisi  dal  loro  mediastino  . 

Haller  osservò  una  difterenza  marcata  nelle  vene  più  che 
neir  arterie  .  11  cuore  difatto  aveva  due  vene  cave  discen- 
denti .  La  cava  superiore  della  destra  bambina  era  unica  , 
mentre  la  sinistra  ne  aveva  due  .  Dalla  vena  cava  superio- 
re del  feto  destro  nascevano  primieramente  le  vene  polmo- 
ri ,  quindi  la  vena  azzigos  ,  poscia  le  vene  per  1'  estremità 
superiori,  e  per  la  testa.  Nei  feto  sinistro  ,  le  vene  polmo- 
nari distintamente   influivano  nel  gran  seno  del  cuore. 

Aperto  finalmente  il  cuore,  apparvero  tre  grandi  cavità, 
che  una  corrispondeva  al  gran  seno  ,  e  che  riceveva  le  vene 
di  ambedue  le  bambine  ,  nel  qual  seno  il  sangue  di  tutte  le 
I  vene  si  confondeva  .  I  ventricoli  del  cuore  furono  trovati  due, 
uno  per  ciaschedun  feto  ,  dei  quali  ognuno  aveva  gli  ossi 
arteriosi,  che  davano  origine  alle  respettive  arterie  polmona- 
ri,  ed  aorta,  tutte  fornite  delle  loro  valvule  semiluuari  ,  co- 
me gli  ossi  venosi  ,  che  corrispondevano  al  vasto  seno  ,  era- 
no forniti  delle  valvule  tricuspidali  :  finalmente  il  sangue  di 
ambedue  i  feti  ,  entrato  dalle  diverse  vene  cave  e  polmona- 
ri nel  gran  seno  ,  veniva  spinto  nei  due  ventricoli  ,  e  per  le 
arterie  polmonari  ed  aorte  ,  andava  a  portarsi  alle  diverse 
parti  del  corpo  de'  due  feti  ,  e  da  queste  per  le  arterie 
ombelicali  faceva  ritorno  alla  placenta   materna  . 

Esposta  l'anatomica  dissezione  dell' Haller  fatta  nelij35> 
passerò  a  fare  1'  istoria  dei  due  feti  consimili  mo=;truosi  ,  che 
j  nel  mese  di  maggio  prossimo  passato  nacquero,  senza  bi'Otjno 
d'operazione,  da  una  contadina  della  Mattonaja,  luogo  pres- 
so la  Città  di  Firenze  ,  che  essendo  stati  acquistati  ,  per 
mettersi  nella  serie  dei  mostri  di  (juesto  R.  Museo ,  dal    dot- 

tis- 


i36  Istoria  Anatomica  di  uue  Gemetele  ec 

llssimo  Soprintendente  economico  di  quel  Gabinetto,  Signor 
Gio.  Fabbroni  ,  mi  fu  permesso  di  notomizzare  :  onde  adequa- 
tamente  preparati,  fossero  in  seguito  inseriti  in  quella  raccol- 
ta ,  tanto  più  che  due  altri  consimili  interi  vi  si  conservano 
nello  spirito  di  vino  . 

Erano  adunque    due    bambine   ottimamente    conformate, 
ma    una  ,    che     per    distinguerla     dall'  altra    individuerò    col 
n.*   I,    era  un  poco  più  glande  delT  altra,  che  sarà   distinta 
dal  n°  Il  (V.  Tav.  I)  .  Queste  due  bambine    erano   insieme 
congiunte  dalla  parte  superiore  del    jueulo   fino   all'  ombelico, 
talmente  che  gli   sterni   erano  comuni  ad  ambedue,  articolan- 
do   da  una    parte    le    coste    dell'uno,    e    dalT  altra    le    coste 
dell'altro  feto:    era    unico  il    funicolo    ombelicale,    composto 
soltanto  di  una  vena,    e  di  due  arterie,   e    che    entrava    nel 
mezzo  della  congiunzione  inferiore  dei  due  feti  ,   e  non  come 
quello  che  descrive   l'  Haller  resultante  da   una    vena   e   quat- 
tro arterie  :  nelle  mascelle  di  ambedue   i   feti    eravi    una    so- 
stanza quasi  cartilaginea  che  affettava  intieramente    la    figura 
dei  denti  tanto  incisivi  ,  canini  ,   che  dei    primi    molari  ,   poi- 
ché questa  sostanza  cartilaginosa  era  solcata  in  guisa  da  rap- 
presentare una  vera  dentiera  . 

Per    convenientemente    prepararli    ed    osservarvi    minu- 
tamente tutto  ciò  che  vi  era  di  rimarcabile  ,    gli   injettai   per 
la  vena  ombelicale    con    una    materia   composta    di  colla  Te- 
desca ,  e  vermiglione  onde   fosse  V  injezione    spinta    fine    nei 
minimi  vasi  ,    ed  i  grossi    tronchi    li    riempii    con    gesso  che 
spìnsi  per  la  stessa  strada  dietro  la  colla  ;  con  questo  mezzo 
ottenni  un'  injezione  finissima  ,    che  mi   penetrò  fino  nei  vasi 
minimi  della  cute  ,  somministrandogli  un  colore  alquanto  ros- 
so, che  si  fece  più  fosco  nei   luoghi,  nei  quali  i  feti  avevano 
sofferto  delle    contusioni    e  compressioni   nel    nascere  ,    come 
nelle  teste  ,  e  nelle  spalle  ;  e  su  questo  propo'sito  ,  è  da  av- 
vertirsi ,  che  questa    compressione  in  una  delle  clavicole  ,  fu 
così  forte  che  rimase  fratturata  . 

Siccome  volevo  trarre  da  questi   feti    mostruosi    il    mng-|  \ 

gio- 


I 


Del  Dottor  Filippo  Uccelli  .  107 

giore  partito  possibile  ,  così  pensai  prima  di  tutto  a  levargli 
la  pelle  ,  che  in  seguito  riempita  di  cotone  riacquistò  l' istes- 
sa  forma  ,  che  precedentemente  avevano  i  feti  interi  .  Tolti 
così  i  tegumenti ,  mi  feci  ad  esaminare  i  muscoli  ,  e  trovai 
che  i  gran  pettorali  di  ambedue  i  feti  erano  alquanto  più  estesi, 
siccome  più  estese  le  costole,  e  si  congiungevano  nel  mezzo  del- 
lo sterno  alcune  fibre  dell'  uno,  con  le  fibre  dell'altro  del  lato 
ojjposto .  Molto  più  estesi  poi  del  naturale  erano  i  muscoli 
del  basso  ventre  e  singolarmente  i  muscoli  retti  ,  i  quali  par- 
tendo dalle  parti  inferiori  degli  sterni  ,  formavano  quattro 
curve  che  si  riunivano  all'ombelico,  e  quindi  all'osso  del 
pube  naturalmente  terminavano  .  Non  vi  era  altra  differenza 
nel  sistema  muscolare  a  riserva  del  diaframma,  di  cui  parlerò 
ir>  appresso  . 

Aperto  il  basso  ventre  Io  trovai  nella  direzione  dell'  om- 
belico separato  in  due  cavità  dalla  gran  solca  del  fegato 
(  Tav.  II.  II.)  che  si  prolungava  in  basso  e  divideva  una  ca- 
vità del  basso  ventre  di  un    feto,   dall'  altra  dell'  altro  feto  . 

I  fegati  (  AA  )  (Tav.  II,  e  III)  di  ambedue  i  feti  erano  in- 
sieme affatto  congiunti,  talché  un  sol  fegato  appariva  essere 
comune  ad  ambedue.  Comune  per  altro  in  ambedue  era  la 
circolazione  ,  poiché  non  vi  entrava  che  una  sola  vena  ombe- 
licale .  Questi  due  fegati  insieme  congiunti  avevano  ciasche- 
duno la  loro  faccia  convessa  ,  e  la  loro  faccia  concava  ;  am- 
bedue divisi  in  due  lobi  ;  ed  avevano  nella  loro  faccia  con- 
cava il  piccolo  lobo  dello  spigellio,  e  la  borsa  del  fiele,  con 
questa  differenza  soltanto  ,  che  nel  feto  di  N.°  II  ,  la  cisti- 
fellea era  situata  molto  più  in  alto    che    nel    feto    di    N.°  I  . 

II  funicolo  ombelicale  era  composto  di  una  sola  vena  ,  che 
come  ho  detto  passava  ad  inserirsi  nella  faccia  concava  del 
fegato  del  feto  di  N.*  II  ;  e  di  due  sole  arterie  ombelicali 
che  venivano  però  dal  feto  di  N.°  I  (Tav.  II.  la  ,  e  Tav. 
Ili  8  )  .  Le  due  arterie  ombelicali  del  feto  N.°  IL  (  Tav.  II. 
14  Tav.  Ili  IO  )  erano  esilissime  ;  né  sì  portavano  al  cordo- 
ne ombelicale,    ma   si   vedevano    terminare   lateralmente    all' 

Tomo  XI.  S  ura- 


l38  Istoria  Anatomica  di  due  Gemelle  ec. 
uraco  ;  ciò  forma  una  notabile  difFeienza  tra  questo  ,  ed  il 
mostro  bicorporeo  sezionalo  dall'  Haller  ,  mentre  in  esso  il 
fegato  era  unico  con  un  lobo  soprannumerario  .  La  milza  pu- 
re era  unica  e  situata  pure  nel  sinistro  lato  ,  ed  il  funicolo 
ombelicale,  come  si  è  detto,  era  composto  d'una  vena,  ma 
con  quattro  arterie  .  Per  il  rimanente  poi  dei  visceri  si- 
tuati nella  cavità  del  basso  ventre  era  simile  al  presente . 
Ciascheduna  delle  due  vesiche  orinarle  nel  nostro  mostro  ave- 
va il  respettivo  uraco,  che  terminava  all'ombelico  l'uno  di- 
rimpetto all'  altro  .  Ciascheduna  bambina  aveva  la  sua  matas- 
sa intestinale  (  Tav.  II.  HH  )  con  il  respettivo  mesenterio; 
come  pure  ciascheduna  aveva  il  suo  ventricolo  diversamente 
però  situato  j  e  corrispondente  alla  cistifellea  del  proprio  la- 
to ,  come  si  vede  nella  Tav.  II  BE  .  Al  Iato  opposto  del- 
la borsa  del  fiele,  eravi  al  solito  la  milza  in  ambedue  i  feti 
ed  il  pancreas  corrispondeva  alla  piccola  curvatura  dello  sto- 
maco secondo  il  consueto  fra  la  milza  ,  ed  il  fegato  .  La  ve- 
na ombelicale  entrava  nel. fegato  del  feto  N.°  II  (a),  si  divi- 
deva in  due  tronchi ,  uno  dei  quali  si  scaricava  nel  corris- 
pondente seno  della  vena  porta  ,  1'  altro  passava  all'  altro  fe- 
to per  andare  ad  influire  nell'altra  vena  porta,  d'onde  poi 
jl  sangue  veniva  trasportato  nelle  due  vene  cave  inferiori . 

Ciascun  feto  aveva  le  sue  cassule  atrabiliari,  i  suoi  reni, 
ed  i  suoi  ureteri  ,  che  si  portavano  secondo  il  solito  nella 
vessica  .  Nulla  parimente  eravi  di  straordinario  nelle  parti 
della  generazione j  tanto  esterne  quanto  interne.  Finalmente 
nulla  di  singolai-e  offeriva  la  circolazione  tanto  venosa  che 
arteriosa  nella  cavità  del  basso  ventre  in  ambedue  le  bambi- 
ne ,  alla  riserva  di  ciò  che  si  è  detto  riguardo  all'  arterie  om- 
belicali ,  ed  alla  vena  parimente  ombelicale . 

Il  diaframma  era  unico  per  ambedue  i  feti,  ed    in    con- 
seguenza grandissimo  (Tav.  II,  LL  )  diviso  in  otto  appendici, 

quat- 

faj   V.    Tav.  Ili   li.  \ 


Dkl  Dottor  Filippo  Uccelli.  iSq 

quattro  per  ciaschedun  feto,  che  si  univano  secondo  il  con- 
sueto alle  colonne  vertebrali  e  anteriormente  ,  e  lateralmen- 
te si  congìiingeva  con  i  rispettivi  muscoli  addominali  :  fra 
gli  interstizi  delle  appendici  vi  passavano  gli  esofaghi  e  le  ar- 
terie aorte  ;  aveva  pure  due  altre  aperture  per  il  passaggio 
delle  due  vene  cave  corrispondenti  ai  due  fegati,  e  quella 
del  feto  (N.T  Tav.II,  io  )  ,  era  un  poco  minore  di  quella  del 
feto  N.^  II  Tav.  Il ,  i5. 

La  sezione  della  cavità  del  torace  fu  molto  più  interes- 
sante di  quella  del  basso  ventre  per  le  sue  singolarità  .  Era 
essa  unica  ed  un  solo  pericardio  vastissimo  racchiudeva  due 
cuori  insieme  congiunti,  Tav.  II,  MM.  I  polmoni  d'ambedue 
i  feti  non  offrivano  venma  varietà  ,  ed  erano  secondo  il  so- 
lito divisi  dal  respettivo  mediastino  che  dalle  vertebre  si 
estendeva  ai  lobi  del  pericardio .  Nulla  pur  di  singolare  ri- 
trovai nelle  gianduia  timo  d'  ambedue  le  bambine  .  Aperto 
il  pericardio  furono  messi  allo  scoperto  i  due  cuori  :  quello 
che  apparteneva  al  feto  di  N.°  I  era  più  grande  del  doppio 
di  quello  che  apparteneva  al  feto  di  N.°  II.  (Tav.  II  e  III  PR); 
la  loro  figura  pure  era  singolare  ,  e  le  fibre  muscolari  dell' 
uno  si  imivano  alle  fibre  muscolari  dell'altro  (Tav.  II  e  III  ) 
e  non  ostante  però  in  ambedue  si  riscontravano  i  due  se- 
ni ,  le  due  orecchiette  ,  ed  i  due  ventricoli  ,  e  principiando 
dal  cuore  del  feto  di  N.°  ì,  cioè  dal  più  voluminoso,  esso 
aveva  il  seno  destro  assai  vasto  (  C  Tav.  II  ) ,  ed  in  esso  en- 
travano la  vena  cava  inferiore  (io)  ,  la  vena  cava  superiore 
(8)  e  la  suclavia  sinistra  (5).  L'orecchietta  destra  corrispon- 
dente (D)  era  piccolissima  .  Il  ventricolo  destro  poi  era  mol- 
to grande  (6)  ,  e  da  questo  partiva  1'  arteria  polmonare  assai 
insigne  (3)  ,  la  quale  mandava  il  grossissimo  canale  arterioso 
del  botallo  (7)  che  andava  ad  inserirsi  nell'arteria  aorta.  Le 
rene  polmonari  non  offrivano  alcuna  varietà  ed  entravano 
nel  seno  sinistro  dello  stesso  cuore  che  era  un  poco  più  pic- 
colo dell'altro;  l'orecchietta  per  altro  era  estesissima  (  Tav. 
III  (6)  )  .  Il  ventricolo  altresì  di  questo  lato  era  voluminosis- 

S  a  si- 


140  Istoria  Anatomica  di  due  Gemellk  . 

simo  (a)  e  da  esso  partiva  r  arteria  aorta  (2.)  assai  grande, 
che  ricevuto  il  canale  del  botalio  mandava  dal  suo  arco^  se- 
condo il  consueto,  i  tre  tronchi  arteriosi  ^  subclavia  destra, 
carotide  sinistra  ,  e  subclavia  sinistra  ,  quindi  passava  a  sini- 
stra fra  i  polmoni  ,  sempre   voluminosissima  . 

Il  cuore  (Q)  del  feto  N.°  II  era  più  della  metà  piccolo 
dell'  altro.  Il  seno  destro  (i)  Tav.  II,  era  alquanto  esteso,  e 
grande  pure  era  la  corrispondente  (3)  auricola  ed  in  questo  seno 
entravano  le  due  vene  cave  superiore  ed  inferiore  (16,  18)  . 
Il  ventricolo  corrispondente  era  piccolissimo  (f)  e  1'  arteria 
polmonare  che  ne  sortiva  non  era  la  metà  di  diametro  (Tav. 
JJI  (i5)  )  di  quella  delT  altro  cuore:  esilissimo  poi  era  il  ca- 
nale arterioso  (16)  che  entrava  nell' arteria  aorta;  il  seno  sini- 
stro di  questo  cuore  era  un  poco  più  piccolo  dell'  altro,  come 
pure  r  orecchietta  ;  ma  il  ventricolo  corrispondente  (clFìs.lll) 
era  più  grande  del  triplo  del  destro  ,  e  da  questo  sortiva 
l'arteria  aorta  d'  un  volume  naturale.  I  due  cuori  avevano 
tra  loro  varie  comunicazioni.  Il  seno  destro  del  cuore  del 
feto,  N.°  I  comunicava  col  seno  destro  dell'altro  cuore,  N.^  II 
{h  Tav.  II).  11  ventricolo  destro  {b  del  cuore  N.*  I ,  comu- 
nicava col  ventricolo  destro  del  cuore  N."  II  ;  i  due  sinistri 
pure  comunicavano  fra  di  loro  egualmente  che  i  ventricoli 
sinistri  ,  come  si  vede  nella  Tav.  Ili  (  e  gì). 

Molto  differente  era  l'anatomia  dei  due  feti  similmente 
mostruosi  che  descrive  il  Sig.  Haller,  poiché,  oltre  non  ave- 
re in  due  che  un  solo  cuore ,  questo  cuore  non  aveva  che 
uu  solo  seno  ed  una  sola  auricola,  nel  qual  seno  influivano 
le  vene  si  polmonari  che  cave  d'  ambedue  i  feti .  I  ventrico- 
li di  questo  gran  cuore  erano  due  soltanto  ,  uno  cioè  per 
ciaschedun  feto  dai  quali  partivano  e  le  arterie  polmonari  , 
e  le  arterie  aorte  :  nel  resto  poi  della  distribuzione  delle  ve- 
ne e  delle  arterie  ,  di  ambedue  i  feti  noli  esisteva  veruna 
varietà  . 

Esposta  la  descrizione  anatomica  dei  feti  da  me  noto- 
mizzati  j  sarà  facile  il  conoscere   come    in    loro   succedeva    la 

eir- 


Del  Dottor  Filippo  Uccelli.  l.\i 

cìrcolnzione  del  sangue  .  Dall'  unica  placenta  materna  veniva 
portato  il  sangue  al  fegato  per  la  vena  ombelicale  che  appar- 
teneva al  feto  N."  II;  da  questo  fegato  passava  all'  altro  cor- 
rispondente ,  quindi  sgorgava  nelle  due   vene    cave    inferiori  , 
ma  in   maggior  copia  al  feto  di  N.°   II  che  al  feto   di  N.'^   I  , 
come  lo  mostra  il  calibro  di  ambedue  le  vene  cave  .    Il    san- 
gue entrato  nel  seno  destro  del  cuore  N."  II,  passava  in  par- 
te nel  ventricolo  corrispondente  ,  ed  in  parte  si  scaricava  nel 
seno  destro  dell'altro  'cuore,  come  lo    prova    il    piccolo    dia- 
metro che  aveva  V  arteria  polmonare  che  sortiva   dal    piccolo 
cuore  ,  ed  il  suo  esilissimo  canale  del    botallo  .    In   parte    poi 
il  sangue  ancora  passava  dal  seno  del  piccolo  cuore    al    seno 
sinistro  por  il  forame  ovale  che  pure  esisteva  in   questi   feti  , 
ma  quello  soltanto  passava  nel  ventricolo    sinistro    di    questo 
cuore,  e  di  lì  all'arteria  aorta  che  era   necessario  alla  nutri- 
zione, e  sviluppo  del  feto,  mentre  il  superfluo  entrava  nell' 
altro  cuore  del  feto  N°  I  . 

Al    cuore    più    volumincso    del    feto  N.^  I,  andava  mol- 
to più  sangue,  mentre  vi  entravano  nel  seno  destro,  come  si 
è  dimostrato.  Le  due  vene  cave  superiore,    ed    inferiore,    e 
la  vena  subclavia  sinistra,  ed  inoltre  quel  più  di  sangue,  che 
non  abbisognava  al  ventricolo  destro  dell'altro  feto,  come  pu- 
re al  ventricolo  sinistro,  onde  era  quadruplice  la  corrente  del 
sangue,  che  entrava  in  questo  seno,  dal  quale  passava  in  par- 
te per  il  forame  ovale  del  seno  sinistro  ,  ed  in  parte  veniva 
scaricato  nel    corrispondente   ventricolo   destro  ,    d'  onde    per 
la  grossa  arteria  polmonare,  che  dava  origine  a  quel  gran  ca- 
nale dei    botallo,  pa«sava  nell'aorta.  Nel  seno  sinistro  poi  en- 
trava  il  sangue  e  dal  destro  per  il   forame    ovale  ,    e    per    la 
comunicazione  che  aveva  col  seno    sinistro    dell'  altro    cuore 
d' onde  andava  al   corrispondente    ventricolo    sinistro  ,    a    cui 
pure    veniva    dell'    altro    sangue    per    la    comunicazione    che 
aveva  col  ventricolo  sinistro  opposto  ,  e  da  questo  ventricolo 
partiva  il  sangue  per  l'arteria    aorta,  ed  incontrando    quello 
che  veniva  per  il    canale    del    botallo    quasi    tutto  il  sangue 

re- 


142.  Istoria  Anatomica  di  due  Gemelle  ec» 

refluo  delle  due  bambine  entrava  in  quest'arteria^  la  quale, 
dopo  avere  mandato  il  sangue  per  lo  sviluppo  ,  e  nutrizione 
del  feto  corrispondente  ,  divisa  nell'  Iliache  riportava  alia  pla- 
centa il  sangue  per  mezzo  dell'  insigni  arterie  ombelicali ,  di 
cui  era  fornito  questo  feto  . 

Il  sangue  finalmente  ,  che  per  i'  aorta  dell'  altro  feto  di 
N.°  IIj  serviva  soltanto  alla  nutrizione  dì  lui,  mandate  secon- 
do il  consueto  le  carotidi,  e  subclavie  ,  discendeva  nei  tora- 
ce ^  e  nel  basso  ventre  ,  e  si  perdeva  mandando  le  arterie  a 
tutte  le  diverse  parti,  dalle  quali  ritornava  immediatamente 
al  cuore  per  la  vena  cava  corrispondenti,  senza  ritornare  alla 
placenta  materna  terminando  ai  lobi  dell'  uraco  le  piccole 
arterie  ombelicali  . 

Ma  già  sembra  di  essermi  diffuso  assai  piìi  di  quello  po- 
teva permettermi  una  semplice  Memoria  .  Ometterò  pertanto 
di  esporre  quelle  poche    riflessioni    che    mi    pare    potrebbero 
avere  luogo  .  Quando  sì  scrìve  pei  dotti  è  presso  che   inutile 
il  dar  risalto  ai  fatti  che  si  espongono  .  Chi  degli  illustri  Sog- 
getti che  abbelliscono  il  catalogo  della  Società    Italiana    delle 
Scienze,  non  comprende  a  colpo  d'occhio  tutt' i  rapporti  che 
possono  avere  con  l'animale  economia;  chi  non  vede    l'acce* 
zioni  che  possono    farsi    alle    leggi    già    stabilite,  chi  dotato, 
com'è,  della  pili  vasta  penetrazione,  non  avanza  col  pensiero 
le  moltiplici  conseguenze  che  ne  risultano  ? 


SPIE- 


4 


Del  Dottor  Filippo  Uccelli.  i43 

SPIEGAZIONE  DELLE  TAVOLE. 

TAVOLA    I. 

A  Feto  di  n.°  T. 

B  Feto  di  n.°  IL 

C  Congiunzione  d'ambedue  ì  feti  allo  sterno. 

D  Congiunzione  d'ambedue  i  feti  ali'  ombelico. 

T  A  V  0  L  A    I  I. 

Visceri  osservati  per  la  parte  anteriore , 
AA  I  due  fegati  riuniti  . 
15  Ventricolo  del  feto  n."   L 
C  Ventricolo  del  feto  n.»  IL 
D  Milza  del  feto  n.°  L 

E  IMilza  avvolta  nel  peritoneo  del  feto  n.°  IL 
F  Rene  avvolto  nel  peritoneo  del  feto  n.°  L 
G  Rene  spogliato  del  peritoneo  del  n.*  IL 
lì  Matassa  intestinale  del  feto  ik°  IL 
K  Matassa  intestinale  del  feto  n.*'  I. 
I  Parti  genitali  esterne  del  feto  n.**  IL 
J  Parti  genitali  esserne  del  feto  n."  1. 
LL  Vastissimo  Diaframma  . 
]MM  Vasto  pericardio  . 
N  Polmone  destro  del  feto  n.°  IL 
O   Polmone  sinistro  del  feto  tì°  L 
P  Cuore  del  feto  n."   I. 
Q  Cuore  del  feto  u."  IL 
R  Trachea  del  feto  n*  L 
S  Trachea  del  feto  n.°  IL 
T  Esofago  del  feto  n.°  L 
U  Esofago  del  feto  n.®  IL 
Y  Gianduia  tiroide  del  feto  n.°  I. 

X  TI- 


l44  Istoria  Anatomica  di  due  Gemelle  ce. 

X  Tiroide  del  feto  n."  II. 
ZZ  Lingua  d^  atnhedue  i  feti  . 

a  Ventricolo  sinistro  del  cuore  n.°  I. 

b  Ventricolo  destro  del  cuore  n."  I. 

e  Seno  destro  dello  stesso  cuore  . 

d  Auricola  corrispondente  . 

f  Ventricolo  destro  del  cuore  n.°  II. 

i    Seno  destro  dello  stesso  cuore  . 

g  Auricola  corrispondente  e  ventricolo  sinistro  . 

I   Congiunzione  dei  Ventricoli. 

a  Arteria  aorta  del  feto  n.°  I. 

3  Arteria  polmonare  . 

4  Arcata  posteriore  defl'  aorta  . 

5  Vena  subclavia  sinistra . 

6  Seno  destro  . 

7  Canale  del  botallo. 

8  Vena  cava  superiore. 

9  Vena  cava  inferiore  sopra  il  pericardio. 

10  Vena  cava  inferiore  sotto  il  diaframma. 

11  Legamento  sospensorio  prolungato. 

la  Le  due  arterie  ombelicali  del  feto  n.'  I. 

l3  Funicolo  ombelicale  . 

i4  Le  due  arterie  ombelicali  del  feto  n."  II. 

i5.  i6.  Vena  cava  inferiore  . 

i8  Vena  cava  superiore  . 

19  Arteria  polmonare  . 

ao  Arteria  Aorta  , 

ai  Cistifella  del  feto  n°  II. 

TAVOLA    III 

Visceri  osservati  dall'  altra  parte. 
AA  I  due  fegati  riuniti  . 
B  Stomaco  del  n."  I. 
G  Stomaco  del  n."  II. 


D  Mil- 


Del  Dottor  Filippo  Uccelli  .  l4.5 

D  Milza  del  n,°  II  . 

E  Milza  avvolta  nel  Peritoneo  del  feto  n."  I  . 

F  Rene  destro  del  feto  n.«*  I  .  avvolto  nel  Peritoneo  . 

G  Rene  sinistro  del  feto  n.°  IL  avvolto  nel  Peritoneo  . 
HH  Matasse  intestinali  dei  due  feti. 
IJ  Parti  genitali  esterne  . 
LL  Diaframma. 
MM  Pericardio  . 

N  Polmone  sinistro  del  feto  n.^  II . 

0  Polmone  destro  del  feto  d."  I  . 
P  Cuore  del  feto  n.°  I  . 

Q    Cuore  del  feto  n,°  II  . 

R  Trachea  del  feto  n.*   II . 

S  Trachea  del  feto  n.°  I. 

T   Esofago  del  feto  n.°  li. 

U  Esofago  del  feto  n."  I. 
VX   Glandule  Tiroidee  . 
ZZ    Lingue  d'  ambedue  i  feti  . 

a  Ventricolo  destro  del  cuore  n.°  I . 

b  Auricola  sinistra  del  cuore  n.°  I  . 

e  Porzione  del  ventricolo  sinistro  del  n.°  I  . 

d  Ventricolo  sinistro  del  cuore  n."  II  . 

e  Auricola  sinistra  dello  stesso  cuore  . 

f  Seno  sinistro  dello  stesso  cuore  . 

g  Unione  del  seno  sinistro  d'  un  cuore  coli'  altro  . 

h  Seno  destro  del  cuore  n."  I  . 

i  Porzione  del  ventricolo  destro  . 

1  Unione  dei  due  ventricoli  sinistri  . 
a  Arteria  aorta  del  feto  n°  I . 

3  Vena  cava  superiore . 

4  Arteria  polmonare  . 

5  Vena  cava  inferiore  . 

6  Vena  cara  inferiore  sotto  il  diafi^amma. 

7  Legamento  sospensorio  del  fegato  . 

8  Arterie  ombelicali  del  feto  n."  I  . 

Tomo  XL  T  <)  Trai- 


i46  Istoria  Anatomica  di  due  Gemelle  ec. 

9  Tralcio  ombelicale  . 

10  Arterie  ombelicali  del  feto  n.**  II  . 

1 1  Vena  ombelicale  . 

152,  Vena  cava  inferiore  del  feto  n."  II. 

i3  Vena  cava  inferiore. 

i4  Vene  polmonari  . 

l5  Arteria  polmonare. 

i6  Canale  arterioso  . 

1 7  Arteria  aorta  . 

i8  Cistifella  del  feto  n."  I. 


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^47 

MEMORIA 

IDROSTATICA 

Di  Girolamo  Saladini 

Ricevuta  il  eh  ao  Ottobre  i8o3. 

Ulssendor  stato  a  me  richiesto  il  metodo  di  determinare  il 
centro  di  pressione  nelle  cateratte  ossia  parature  di  figura 
circolare  ed  ellittica,  né  avendolo  ritrovato  negli  Autori  le 
di  cui  Opere  Idrostatiche  poteva  consultare  ,  mi  accinsi  io 
stesso  a  rintracciarlo  sì  per  soddisfare  chi  si  era  compiaciu- 
to farmene  domanda  ,  si  perchè  riputava  utile  tal  cognizione 
in  alcune  circostanze . 

È  il  centro,  di  pressione  di  una  data  superficie  che  trat- 
tiene il  fluido  ,  quel  punto  della  stessa  superficie  in  cui   può 
supporsi    raccolta    la  sonuna    delle    pressioni     contro    ciascun 
punto  della  medesima  ,  talmente  che  sostenuto  questo  punto, 
la  supei'ficie  benché  sciolta  da  qualunque    altro  vincolo,  non 
può  concepire  moto  alcuno  né  rettilineo  né  di  rotazione,   ma 
debbe  rimanere    in    equilibrio  .    Essendo    le    superficie    delle 
nostre    cateratte    piane  ,    a   cui  in  tutti  i  punti  sono  normali 
le  pressioni  ,    e    perciò    tra   loro    parallele  ,    ne    avviene  che 
per  determinare  il  centro  ricercato  ,  usiamo  il  solito    metodo 
con  cui  si  determina  generalmente  il  centro    delle   forze    pa- 
rallele ,    moltiplicando    la    pressione    di    ciascun    punto    della 
superficie  nella  di  lui  distanza  da  una  retta  data    di    posizio- 
ne a  piacimento  nel  piano  della  stessa  superficie  ,  e  dividen- 
do la  somma  di  questi  prodotti,  che  somma  de' momenti  re- 
lativamente  a   questa    retta    suol   chiamarsi  ,    per    la    somma 
di    tutte    le   pressioni  ;    il    quoziente   determina    la    distanza 

T  a  del 


148  Memoria  Idrostatica 

del  centro  di  pressione  della  data  superficie  da  questa  retta; 
e  se  facciasi  1'  iftesso  rispettivamente  ad  altra  retta  arbitra- 
ria giacente  n?lla  stessa  snperfìcie  ,  che  seghi  per  altro  la 
prima  perpendicolarmente,  si  verrà  a  fissare  il  centro  di 
pressione  delia  superficie  proposta  ,  dovendo  necessariamente 
quello  essere  ,  in  cui  si  segano  le  due  rette  di  distanza  pa- 
rallele alle  date  di  posizione  . 

a.  Il  circolo  AZFR  rappresenti  una  cateratta  che  esiste 
nella  sponda  d'  un  fiume  o  d'  un  lago  :  suppongo  il  punto 
supremo  A  essere  appunto  nel  livello  del  fluido  ;  pel  centro 
C  conducasi  il  diametro  verticale  ACF  ;  in  questo  esiste  si- 
curamente il  centro  di  pressione  ;  poiché  non  può  darsi  al- 
cuna ragion  sufficiente  di  sua  esistenza  in  un  de'  due  semi- 
circoli AZF ,  ARF  ad  esclusione  dell'  altro  .  Si  dovrà  per 
tanto  ritrovare  qual  punto  sia  di  questo  diametro  verticale 
che  soddisfa  al  quesito  .  Se  ottengasi  la  distanza  del  centro 
di  pressione  del  semicircolo  ANF  dal  diametro  ZCR  norma- 
le ad  ACF  _,  dovendo  esser  essa  eguale  a  simil  distanza  dell* 
altro  semicircolo  AZF  ;  sarà  essa  stessa  la  distanza  del  cen- 
tro di  pressione  del  circolo  intiero  presa  nel  diametro  AF  dal 
centro  C  ;  poiché  congiunti  i  due  centri  di  pressione  dei  se- 
micireoli  con  una  retta  ,  essa  segherà  il  diametro  AF  in  P  che 
$arà  il  centro  di  pressione  di  tutto  il  circolo  . 

Stabilito  il  punto  A  per  principio  deir  ascisse  ,  pongasi 
AO  =  a:  /  pel  punto  O  condotta  1'  ordinata  OL  le  gì  ponga 
l'altra  BN  infinitamente  vicina,  e  dicasi  OL  =7,  OY^-=.dx; 
il  raggio  del  circolo  CA  in  grazia  del  calcolo  dicasi  =  i  ;  sa- 
rà 0L  =  7~y/  a  a;  —  XX    per  proprietà    del    circolo  ;     ed 

ydx  r=z  dx  ^ 2.  X —'  xx  sarà  1'  elemento  OLBN  del  semicircoTo 
ARF.  Da'principj  d'Idrostatica  abbiamo  che  la  quantità  del- 
la presiione  contro  una  superficie  sia  eguale  al  prodotto  del- 
la stessa  superficie  moltiplicata  nella  distanza  del  suo  centro 
di  gravità  dalla  superficie  dell'acqua  ;  questa  distanza  nel  ca- 
so nostro  è  AO  =■  x  i   esprimeremo  pertanto  la  pressione  eie* 

men- 


Di   Girolamo  Saladini  .  l49 

mentarft  per  arJx-  yar  — xor,  la  quale  di  nuovo  moltipli- 
cata per  AO  =  X  darà  il  momento  di  questa  pressio- 
ne rispettivamente  alla  superficie  del  fluido  eguale  ad 
x*dx  X\/  2"^  -  xx=:  dM  ;  M  disegna  la  somma  di  tutti  questi 
momenti  :  dunque  M  =/c*  dx  ^  a.  x  —  xx  -i-C.  Per  liberare 
questa  formola  dal  radicale    pongo    \/  a  :r  —  xx^=^  xz,    da  cui 

a  ,  ùfzdz  •      ,         4.- 

ricavo  X  —    ^  q  dx  — :  compite  le  sosti- 

zz-\-\  —— » 

zz  -4- 1 

.  r-z  d  z 

tuzìoni  si  avrà  M  =  /x*Jji:  ^/ììx  — x*-+-C  =  — 3a\  •••  +  ^  '■> 

J  z'--\-\ 

quindi    subito    si    comprende    che    1'    integrazione    di    questa 

formola    non  oltrepassa  la  quadratura    delle    Sezioni    Coniche 

Apolloniane  . 

3.  Molti  sono  i  metodi  per  giungere    all'  integrazione   di 

questa  formola  ;  scelgo  quello  delle  nostre  Istituzioni  .    Preii- 

do  la  formola  generale  — ;  la  differenzio  ,  ed  ottengo 

^      s«  qz'^-^dz  2.pz'>-^'Jz         ,  r  z'^-^^dz 

D = :  dunque    \ —  = 

z  '  e       z  '""'  dz 

— —  -\-  q   \   —z —  •  Per  mezzo  di  que- 

sta    equazione  si  giunge  al  desiderato   integrale   nella  seguen- 
te maniera  . 

Pongasi  /^  -f-  1  =  a  ,  cioè  y=l;;7-t-i=5,  cioè  p  =  4* 

C  z^  dz                    I   —  z  r        dz      \ 

avremo  subito  —  3a  \ =  —  3a  |  Q-ri n,-l- 1  r-r-r — ri  \> 

j    •       r     ^^ 

per  deprimere  1  ^-r^ — ~  pongasi  ^-f-i=o,  cioè  q-=.-—i» 

J    0»(-S   "r"!/ 

/.+i  =  4,cioèi;  =  3i  nascerà  •^}-r=q:=  '  ^X^J^Tp 


1^0  Memokia  Idrostatica 


i     r       dz 

3    Z^\z  '■("'■■A-  \i  '  P'^oseguendo  quest'operazione  troveremo 


finalmente 


dz 


•4-^    3 


8.6.4.2^(2^+1)^    8.6.4.2.^5.(2^+1)"^    8.6.4.2    3   s»+s' 

Frazione  poi   ^3     — ;^  per    mezzo   della  divisione    continua   si 

2  —]—  2 

ritrova    eguale    — 5 —    +    — _    _    — ;    dunque 

&  2''  2^  z*+i  ^ 

dz  dz         dz         dz     —  dz  C    dz 


z    -\-  z  z  z^  z 

—    l  +1—1  Cd: 


r    dz 
-,  ed  integrando  l  ^^ 

—     15      J  '^3      "7"     """    1  — 2       '  •  Sapendosi  essere  que- 

sta sommatoria  un  arco    di   circolo  ,    il    cui    raggio    è    eguale 
air  unità ,    e    la  cui  tangente  è  eguale  a  z  ;   dunque    avremo 

finalmente  M  =  3a  J  ^rr-i r  rr-- — r-, '    .   ,  , — ; : 

1_8.(2'+I)^     8.6.2.(2'+!)^     8.6.43^(2'+l)* 

3  3.5  /     —  I  +1        —  r 

■^ 8.6.4.^.2'. (2^+1)  "^  8.6.47^  (    5.z^      TT^*"  ~^ 


—  Arco  tangen,  z  -+■  Quadrante   ì    j  .  .  .  ; (  K  ) 

Il  quadrante  è  la  costante,  che  si  deve  aggiungere  la  quale  si 
determina  facendo  la  sommatoria  eguale  al  zero,  quando  a:  =  o  ; 

/7 

sarà  m  questa  supposizione  y/a:»; — a:x=  1/  —  =  s=oo;  dun- 
que tutti  i  termini  svaniscono ,  fuorichè  l'arco  ,  il  quale  aven* 
do  la  tangente  infinita,  diventerà  un  quadrante  del  circolo, 
il  cui  raggio  è  =  i  ,  che  sarà  la  costante  da  aggiungere  . 

Posta  a;  t=  a  avremo  il  momento  appartenente  al  semicir- 
colo ANRF  ;  in  questa  supposizione   divenendo  2  =  0,  tutti 

i  ter- 


Di  Girolamo  Saladini  .  i5i 

i  termini  della  nostra  sommatoria  diventano  infiniti  ,  se  si 
eccettui  il  primo  ,  che  ritrovasi  =  o  ,  e  1'  arco  del  circo- 
lo che  avendo  la  tangente  =  o  ,  sarà  anch'  esso  =  o  ;  ciò 
non  ostante  se  rifletteremo  che  questi  infiniti  non  sono  tutti 
dell'  istess'  ordine  ,    troveremo    che   quelli  di  grado   massimo 

sono  -t; — ;:: — , r     ^  "  ^ — T 7~  '•>    oudc    non     curando 


8.6.4.a.s5     8.6.4 


a 


-s      ' 


quelli   di  grado    infisriore  j  ed  elidendosi  i  primi,    troveremo 

il  momento  di  tutta  1'  area  semicircolare  ANRF  =  M  =  -7; — , 

o 

posta  la  ragione  del  raggio  alla  circonferenza  quella  di    i  :(^; 

onde  risulta  la  periferìa  del  nostro    Circolo  =  a  ^  ,    e  la    sua 

(p  .    .  .5 

quarta  parte  a  —  ,    che    moltiplicata    ijel    coefficiente  —    dà 

T' 

4.  Ora  sappiamo  dall'  Idrostatica  che  la  pressione  dell' 
•area  circolare  intera  posta  verticalmente  nella  supposizione  . 
in  cui  siamo  ,  cioè  che  il  punto  supremo  della  cateratta  esi- 
sta nel  livello  ,  debbe  farsi  eguale  al  peso  d'  un  cilindro  ,  la 
cui  base  sia  il  circolo  stesso  ,  la  sua  altezza  sia  la  distanza 
del  centro  del  circolo  dal  livello  ,  e  la  sua  gravità  specifica  sia 
quella  del  fluido  sovrastante;  cioè  al  peso  d'  un  cilindro  acqueo  , 
la  cui  base  sia  il  circolo  AZFR  ,  1'  altezza  il  raggio  CA  da 
noi    posto    eguale    all'  unità  j    dunque    1'  espressione  del  peso 

(p 
d'un  tar cilindro  sarà  =  <p  ,  e  la  sua  metà  =  — •  Per  la  qual 

,.  .      .,  .  5(p  co 

cosa  diviso  11  momento  sopra  ritrovato  --r-    per  —,  nascerà  la 

o  a 

distanza   ricercata  del  centro  di  pi-essione    dal    livello    eguale 

S  I  .  .  ,. 

—  =  I   +  "T  •  Esiste  per  tanto  il  centro  di  pressione  di  cui 

parliamo  un  quarto  del  raggio  CF  sotto    1'  orizzontale    ZCR . 
Se  si  tagli  adunque  CF  iu  P  talmente  clie  sia  CP  la  sua   quar- 
ta 


l5a  Memoria  Idrostatica 

ta  j)arte  ,  sarà  il  punto  P  il  nostro  centro  dì  pressione  di 
tutta  la  cateratta  circolare  ARFZA,  che  ha  il  vertice  A  nel- 
la superficie  del  fluido  • 

5.  Conieccliè  le  cose  da  noi  fìnqul  stabilite  sembrino 
camminare  a  dovere  ^  ciò  non  ostante  non  può  negarsi  che 
le  quantità  infinite  che  si  frammischiano  neir  espressione , 
non  facciano  giustamente  nascere  dei  sospetti  ;  imperciocché 
distruggendosi  scambievolmente  i  termini  infiniti  del  giado 
massimo  ,  non  sembra  doversi  disprezzare  quei  di  grado  infe- 
riore ,  che  rendono  incerto  il  metodo  e  di  niun  conto  i  ri- 
sultati . 

Per  togliere  di  mezzo  qualunque  dubbio  ci  è  convenuto  pen- 
sare ad  altro  metodo.  Determino  in  primo  luogo  il  momento  del 
semicircolo  ZARG ,  indi  quello  dell'inferiore  ZFRG  ,  da' quali 
ricavo  il  momento  di  tutta  la  cateratta  circolare  per  riguardo  al 
livello.  A  questo  fine  pongo  nella  nostra  formola  (K)x=AC=i  ; 
da  ciò  nasce  ^  =   i    e    il    momento    del   quadrante  A  C  R   = 

/     t         -f-  r  —  I  -f-  3  —  3.5     .    I 

^'^  V"8T*a~  sTóT^    8.6.4.7^  8. 6, 4. a. a  8  . 6  . 4  ."a  \  ~5 


1  quadrante    \     \  l  i  i 


)    )    =   - 

3      '  '  a  '    /  4      '       la  M    '     ^4j 

5   /  r  I  quadr.  .  a  5 

~4  ^5 "3    -+-^  -+-— ^-)=--3  +-gquadr.,eil 

momento     dell'    intiero     seraicircolo    superiore    C  Z  A  R  G 

4         5 
=  —  —  -1-  —  quadr. 

6.  Passiamo   a  determinare   il   momento  del  semicircolo 
inferiore    GZFRG.    Ad    una    qualunque    ascissa    AB'    mag- 
gior   del    raggio    AG    si    conduca    l'ordinata   B'N'j,    e  pongo'' 
FB'  =  X  ,    B'  N'  =  jK  ,    e    posta    F  G   =   C  A  =   i  ,    sarà 

yz=.y/  a,x  —  XX,  e  condotta  O'L'  infinitamente  vicina  a  B'N', 
sarà  O'B'  =  dx  ,  e  l'elemento  dell'area  semicircolare  FRA  = 

•ydx^=.clxy/^x — xx\  ed  essendo  la  distanza  di  questo  ele- 
mento dal  livello  =  a  • —  x  ■,  sarà  la  pressione  di   questo   ele- 

men- 


Di  Girolamo  Saladiki  .  i53 


mento  ^—x.dxyj^x — xx  ,  ed  il  suo  momento  per  riguar- 
do al  livello  =  2  —  x^  dx  ^  0.  X  —  xx^=^ùfdxyj^x  —  ~xx 
.^i^xdxy/%x  —  X  X  -V- x'^  dx  ^J -iix —  XX.     Dunque     il 


3 


* .  4  . 

momento  indefinito  del  semicircolo  ARF  =  -^  (sa?  — •  xx')       -+• 


i 


x^  dx  ^  ù.  X  —  XX    .    Si  ponga  come  dianzi 

y/  2.X  —  X  X  ^=^  X  z  ,  eseguite  T  istesse  sostituzioni ,  avremo 

3 

4  %  e 

-^      (a.T—   ara;)        -\-\x^dx'^2.x   —    x  x    =, 


8  .  (^'-M)        8.6  .5.  (ì;* -hi)*    8  .6  .4;=3(s^H-i) 
-4-3  +3.5       /    —  i-l-i       —  I 

8  .6  .4.az' .(2*-+-i)  8  .  6  .  4  .  a  \  5.;s5     3.z»         z 

3 
r   dz  \~j  4  a 

l-j -1-  C  H  4-  —  (a.v — xx')  .  Posta  a:  =  o  ,  e  per- 
ciò z  =  co  ,  svanisce  la  quantità  algebraica  ,  siccome  sva- 
niscono   tutti    i   termini    espressi   per    z    rimanendo    soltanto 

C    dz  ^  .     ^         C    dz 

-  )^^-rr  +  e;  =  o,  e  per<;io  C  =  ^^T^^    =     qua- 

drante  ,  poiciiè  sappiamo  che  1'  arco  di  circolo  la  cui  tan- 
gente è  infinita  ,  eguaglia  il  quadrante ,  dunque  il  momen- 
to indeterminato    del  nostro  semicircolo    è  Sa,  1 

I  i  3 

8.6.z.(z'-hiy         8.64.zK{z^-^  1)  8.6.4.a.z'.(z^-M) 

3.5  /   —   I         -f-  I         — 

4- 


8 .6 .4. a 


/   —   I         -4-  I         —  I  r       dz 

\3.z'~     3.Z»  z  3     I   H-  2^ 


4 


-\-    quadrante  jj-f-g-Ca:?;  — xo:)"'.    Siax=i=FC 

4 

sari  z  =  I  .  La  quantità  poi  algel)raica  data  per  x  =  ~  , 
Tomo  XL  Y  ia 


i54  Memoria  IprostatiCa 

a 
la  quantità  algebraica  data  per  z  =  —  -r-  ,     e    la    quantità 

5 
trascendente  =  -q    quadrante.  Dunque  il   momento   dell'  in- 

•    4         5 
tero  semicircolo  CZFP\.G  =    —  +  ^  quadrante  :   ma  ^bbiamo 

dianzi  trovato  il    momento    del    semicircolo    superiore    eguale 

4-5 
—  ^  +7*    quadrante  ;  dunque  il  momento  di  tutto  il  circo- 

ó      4 

io  AZFRA   sarà  eguale  a    —  quadrante  ;   se  adunque   pongasi 
la  ragione  del  diametro  alla  periferia   i  :  <^  ;   sarà    la    periferia 

del  circolo  AZFRA  =a(^  ed  il  suo  quadrante  a  —   ;  dunque 

S  cp 
il  sopraindicato  momento  sarà  espresso  per  —  ,  e  se  dividasi 

5  (p 
questa  espressione    -— -   per  la  somma  della  pressione  che  sof- 
fre la  cateratta  nostra    circolare  ,   la   cui    espressione    da   noi 
fu  dianzi  ritrovata   eguale    a    (p  ;    resterà    determinata    la    di- 
stanza del  centro  di  pressione  della  nostra    cateratta   circola- 

5  r 

re  AZFRA  dal  livello  ,  che  passa  per  A  =  — ;  =  i  -+-  -r  ;  co- 

4  4 

me  appunto  da  noi  si  determinò  con  altro  metodo  involuto 
da  quantità  infinite  . 

E  perchè  questi  due  metodi  non  debbono  essere  in  con- 
tradizione j  la  quale  si  toglie,  se  dicasi  distruggersi    tra    loro 

.     ,         3  3 

tutti  i  termini  infiniti  ,  cruindi  ricavasi  che   — r- =  —     debba 
^  ^  s'  o^ 

eguagliare  l'infinito  espresso  per  l'arco  Tangente  z  =  Arco 
T  .  zero  ,  e  perciò  1'  arco  di  tangente  zero  in  questo  caso 
eguaglia  infinite  periferie  prese  infinite  d'infinite  volte. 

Non  è  adunque  un'  idea  stravagante  e  puramente  arbi- 
traria de'  Geometri ,  che  alle  linee  trigonometriche  apparten- 
ga una  serie  infinita  d'  infiniti  archi ,  come  dimostra  il  pre- 
sente caso  .  7. 


Di  Girolamo  Sai.adini  .  i55 

y.  Passiamo  a  determinare  il  centro  di  pressione  nelle 
cnteratte  circolari  ,  quando  il  supremo  punto  A  delle  mede- 
sime è  depresso  sotto  il  livello  del  fluido  .  Fingo  in  primo 
luogo  che  la  nostra  cateratta  AZFRA  sostenga  soltanto  la 
pressione  che  soffre  dal  fluido  esistente  superiormente  al  li- 
vello condotto  pel  vertice  A  ;  in  questa  supposizione  tutti  i 
punti  della  medesima  saranno  egualmente  premuti  in  ragione 
dell'  altezza  del  fluido  sopra  1'  anzidetto  livello  ;  quindi  il 
centro  di  pressione  cade  appunto  nel  centro  del  circolo  ;  la 
quantità  poi  della  pressione  eguaglia  il  peso  d'  un  cilindro 
acqueo  ,  la  cui  base  sia  la  cateratta  stessa  ,  e  l'  altezza  sia 
appunto  quella  dianzi  detta  .  Per  determinare  adunque  il  cen- 
tro di  pressione  concepisco  la  cateratta  premuta  da  due  for- 
ze ,  una  applicata  nel  centro  la  cui  espressione  è  =  «2 1^  ,  es- 
sendo da  noi  già  stata  espressa  V  area  della  cateratta  per  O  , 
e  potendosi  esprimere  P  altezza  del  fluido  sopra  il  dianzidet- 
to livello  =  a,  P  altra  applicata  in  P  distante  dal  centro  per 
CP  quarta  parte  del  raggio  LF ,  la  cui  misura  è  stata  da 
noi  già  determinata  ed  espressa  colla  o  .  Adunque  la  forza 
nel  centro  C  alla  forza  nel  punto  P  =  affi  :  (p  ,  =  a  :  i  .  Tro- 
visi dunque  il  centro  di  queste  due  forze  ,  cioè  dividendo  la 
distanza  CP  in  rngione  reciproca  di  a:  i  ;  cioè  facendo  come 
la»  forza  in  C  alla  forza  in  P  così  PH  :  CH  ,  e  il  punto  H  di 
divisione  sarà  il  c:mtro  di  pressione  di  tutta  la  cateratta  ,  co- 
me raccogliesi  dalla  statica  .  Se  sia  a  =:  i  ,  cioè  se  1'  acqua 
s'innalzi  sopra  l'indicato  livello  ^  quanto  è  il  diametro  della 
cateratta  ;  il  centro  di  pressione  resterà  inferiore  al  centro 
del  circolo  d'  un'  ottava  parte  del  raggio  i  a  proporzione  che 
s'  innalza  il  fluido  sopra  la  cateratta,  e  cresce  per  conse- 
guenza l'  espressione  a  ;  tanto  più  s'  accosta  il  centro  H  di 
pressione  al  centro  del  circolo,  in  maniera  che  essendo  il  dia- 
metro della  cateratta  picciolo  in  confronto  dell'  altezza  del 
fluido  ;  allora  il  centro  di  pressione  si  può  considerare  ,  sen- 
za pericolo  di  errore  sensibile,  come  fosse  nel  centro  C  del- 
la stessa  cateratta  . 

Va  8.  Ciò 


l'jt»  ÌIemoria  Idrostatica, 

8.  Ciò  che  abbiamo  stabilito  della  cateratta  cfrcolare  si 
applica  facilmente  alle  cateratte  di  figura  ellittica  ,  arvegna- 
chè  il  momento  di  ciascuna  porzione  infinitesima  dell'  ellisse 
verrà  espressa  per  nx^  clx  y/ ^x  —  xx  ^  quando  esso  sì  riferi- 
sca al  livello  che  passa  per  1'  estremità  superiore  della  cate- 
ratta ellittica  \  perchè  ii  rettangolo  FO  X  C>A  =  ar  —  xx 
sta  ai  quadrato  OL  =  j^  >  come  i  :  n^  nell'  ellisse  ,  cioè  po- 
nendo il  semiasse    maggiore  =  i   ed  il  minore  =  ri ,    quindi 

sarà  j  =  «  y/a  X— T  .rr  j  e  1'  elemento    dell'  ellisse  =z  ydx  = 

ndxy/%x  —  XX  ^  e  la  pressione  che  soffre,  quando  il  livello 

passa  per  Festremità  A  della    cateratta  =  ra;cJ.r  ./ ar  —  xx  , 

ed  il  suo  momento  per  riguardo  al  livello  =  raxVj;  y^aa; — xx\ 
onde    la    pressione    finita    e    indeterminata    della   semiellisse 

^=Tifxdx  >^/  2.x^—xx,  e  il  suo  nxomento  finito  indetermina- 
to =.  nfx^dx  f/  2,  X  —  X  x  ■  Divisa  adunque  la  somma  de' 
xnomenti  per  la  somma  delle  pressioni  onde  determinare  il 
centro  di  queste  nella  cateratta  ellittica  ,  risulta  la  formola  . 
istessa,  che  abbiamo  ottenuta  volendo  ritrovare  il  centro  di 
pressione  della  cateratta  circolare  . 

g,.  Per  dire  alcuna  cosa  ancora  delle  cateratte  iperboliche, 
osserviamo  in  jiriino  luogo   essere  1'    equazione   dell'   Iperbc^ia 

y  Zln  yj  %  X  -\-  x  X ,  prese  le  ascisse  x  nell'  asse  trasverso  ed 
il  loro  principio  nel  vertice  A,  e  chiamata j*  l'ordinata  ,  e  po- 
sto il  semiasse  trasverso  =  i  ed  il  conjngato  =  n  .  Dunque 
la  quantità  della  pressione,  se  l'acqua  arrivi  soltanto  al  ver- 
tice A,  sarà  nfxdx  y/a^r  +  xA-,  e  il  suo  momento  rispet- 
tivamente a  questo  livello  sarà  iifx^dx  \/2,x  +  x^ ',    dunque    la 

A, .                                      .                          .                  y*-*'^  dx  >^  nx  -\-  X  X 
distanza  della    pressione  dal  vertice    sarà  —  •> 

f  X  dxy/  a  x-h X  X 

posta  Y^ar  -{-  xx^=.  xz  e  sostituita  la  z  invece  della  x,  ed  e<;egul- 
to    il  alcole  come  nelle  cateratte  circolari,  si  ritrova  la  quan- 
ti' 


f 


d'oc,  ^tal.  T.XI.  p.jJ7. 


I 


Tau.  V 

d'oc.  ^/tcd.  r.xi.  p.jj7. 

} 

V 

/                      " 

\}t 

B 

X 

e 

\ 

R 

\                                " 

P 

1 

\                        ° 

B 

1 

/ 

F 

Di  GinoLAMO  Saladini  .  167 

/          z 
tità    della    pressione    rappresentata    per    16  \  r~TZi j 


«     '  s     *  \    -»-  I  I  I 


(~, 


—a 


)-+-  I         I         I  yz  —  i 
l?"  "^  i"  "^  a  (Tir?  * 

ed  il  suo  momento  ir  3a  l  ^ ; — 

\8.  (^*-i)^ 


^  —  I 


8.0.(S'— 1)5 


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8.6.4.(0^—1)^     ^  8.6.4.2(^^-1)/    "^    435    ^     3.4 


^^-1)1  '^   4=^ 


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4.28(2* I     *  Posta  r  =  a ,  sarà  s*=:a,  r=:  -/a, 

fatte  le  debite  sostituzioni  si  ritrova  il  nostro  momento 
=-6,  a6r  ^  e  la  quantità  della  pressione  eguale  4»  ^4^  5 
dunque  il  centro  di  pressione  della  cateratta  Iperbolica  nelle 
supposizioni  in  cui  siamo  è  distante  dal  vertice,   i ,  49  >    cioè 

3    .       .  . 

—  in  circa  j  ciò  è  quanto  mi  occorreva  dire  di  queste  cate- 
ratte . 


/' 


SO- 


i58 


SOPRA  UNA  STRAORDINARIA- 
AFFEZIONE  VERMINOSA 

EMO    RIA 

Di  Giajibatista  Dall'  Olio  . 

Presentata  da  VOMPILIO  POZZETTI 

Il  dì  24  Novembre  i8o3. 

.  .  Forsan  et  Jiaec  olìm  memiaisse  juvabit  - 

Virs.  Eneide  Lib.  I.  v.  ao3. 


'D 


u 


n'affezlone  verminosa  ,  delle  più  stravaganti  e  straordina- 
rie ^  di  cui  la  storia  medica  ha  certamente  pochi  esempi  ,  mi 
trasse  ,  son  pochi  mesi ,  sull'  orlo  del  sepolcro  .  Le  circostan- 
ze che  hanno  accompagnata  questa  mia  malattia  ,  e  il  modo 
con  cui  me  ne  sono  liberato,  meritano  che  se  ne  faccia  una 
storia  precisa  e  ragionata  ,  onde  possa  da  essa  prender  nor- 
ma per  la  guarigione  chi  si  trovasse  nel  medesimo  caso  . 

Sul  fine  di   Ottobre   1802,  sentii   declinare  la  mia  salute  • 
Andavo    perdendo  di  giorno  in  giorno   i'  appetito  :     il  sonno 
fattosi  interrotto  non  mi  eccitava  più  quella  dolce  sensazione 
che   cotanto    conforta  :    parevami  clie  il  capo  mi    ondeggiasse 
talvolta  j  o  (come  parmi  che  dicasi)  fossi  soggetto  a  vertiggi- 
ni  :  uno  scemamento  straordinario  di  forze  m' impediva  di  reg- 
germi bene  sulla  vita  :    ecco  i  sintomi  preliminari    della    mia 
malattia  .    Una  mattina  trovandomi  a  sedere  presso  il  fuoco  , 
appoggiato  col  gomito    sinistro    sopra    una   tavola,  e  tenendo 
colla    mano    destra   un    libro    che  leggevo  ,    sentii    mancarmi 
in  gran  parte  le  forze,   per   cui  il  libro  cadde  in  terra.    Sul 
timore  d'  un  deliquio  feci  lo  sforzo   d'  alzarmi    jjer   andare  aj 
tirare    il   cordone    d'  un    campanello  ,    che    trovasi    vicino  aj 

let- 


Di    GlAMBATlSTA    DaLl'  OlIO    .  iSq 

letto  esistejite  in  un'  alcova  situata  nella  stessa    camera    dov' 
ero,  affinchè  a  quel  suono  accorresse  alcuno  della  famiglia  a 
prestarmi  ajuto  .  Arrivato  quasi  al   punto  di  afferrar  il  cordo- 
ne perdetti  affatto  le  forze,    caddi  in  terra  ,   e    rimasi    senza 
sentimento.  Stetti  in  quella  situazione  lo  spazio  forse  di  venti 
minuti  ,  finché  la  Serva,  la  quale  era  solita  di  venire,  di  trat- 
to in  tratto   ad  accomodarmi  il  fuoco,    entrò  in  camera,    nò 
vedendomi  seduto  nel  solito  luogo  ,  girò  l'occhio,  e  mi    vide 
disteso  in  terra  .    Messasi  a  gridare  ,    tutti    quelli  di  casa  ac- 
corsero ,    m'  alzarono  di  terra  ,    mi    collocarono    nel   letto  ,  e 
tentarono  a  spruzzi  d'  acqua  fresca  sul  viso  ,  e  con  pezze  ba- 
gnate d'  aceto  ben  forte  sotto  il  naso  ,  di  richiamarmi  in  vi- 
ta ,    e   ci  riuscirono  .    Si    credette    sulle    prime  che  un  colpo 
d' apoplesia    m'avesse   disteso  in  terra,  e  minacciasse  il  fine 
de'miei  giorni  :  e  che  perciò  convenisse  chiamare  senza  ritar- 
do, un  Bledico  .   Io  vi  fui  contrario  ,   perchè  credevo    che   un 
piccolo  deliquio  non  portasse  a  nessuna  funesta  conseguenza. 
Questa    mia    dichiarazione    per  altro  non  acquietò  i  concepiti 
timori ,  e  perciò  si  mandò  ,    senza   mia  saputa  ,  a  chiamar  il 
;      Medico  ,  ingiungendogli  di  dire  che  passato  esso  per  accidente 
i'     davanti  alla    mia    casa,    e    veduto    un    Inquilino  j    era    stato 
I      chiamato  di  sopra.    Egli  venne,  e  m'  ordinò,  non  mÌTÌcor- 
1^*- do  bene  quale,  un  medicamento  che  mi  corroborasse  .  Si  pen- 
l|    so  dapprima  che  il  male  fosse  da  nulla  ;  ma  in  seguito  si  vi- 
de che  andava  a  farsi  serio  .  Non  solo  mi  sopravvenne    una  , 
per  altro  tenue  ,  alterazione  di  polso  ;  ma  ,    quel    eh'  è  peg- 
gio ,  vi  si  aggiunse  un  rodimento    assai  grave  nel  basso  ven- 
tre ,  ed  una  molestissima  oppressione  allo  stomaco  ,  la  quale 
«i  aumentò  in  breve  a  segno    che    non    potevo  stare  in  letto 
giacente,    ma  mi  conveniva   passar  la  notte  a  sedere  in  una 
poltrona .    Il    Medico    sulle  prime  mi  curò  con  pillole ,  delle 
quali  non  mi  feci  premura  di  sapere  gli  ingredienti  ;  poi  pas- 
sò   alia  China .    Credo    eh'  egli    si    determinasse   a  ciò  ,    non 
perch'  io  fossi    preso  da  una  febbre  intermittente  ,   ma    per- 
chè la  China  fortifica  lo  stomaco  ,  ristabilisce    T  appetito  ,  e 

aju- 


100  SoFRA    UNA     SxRAOf.DIKARIA    AfF&ZIONE    eC. 

sjuta  Ja  digestione  :  effetti  tutti  di  cui  abbisognava  il  mio  in- 
dividuo per  esser  rimesso  in  salute,  h'  oppressione  alio  sto- 
maco dopo  nove  o  dieci  giorni  cessò  ;  e  alla  metà  circa  di 
Novembre  stavo  sufficientemente  bene  ,  e  mi  credevo  non 
dover  più  avere  bisogno  del  Medico  ,  ma  m'  ingannai . 

Quello  non  fu  che  il  primo  periodo  della  mia  malattia  , 
la  quale  non  si  era  manifestata  per  quella  che  era,  cioè  per 
un'affezione  verminosa.  I  sintomi  ch'essa  aveva  in  me  ecci- 
tato erano  comuni  ad  altre  malattie,  né  alcuno  d'essi  era  sì 
marcato  né  si  decisivo  che  potesse  far  dubitare  che  un  uomo 
di  sessantatre  anni  potesse  esser  affetto  di  vermi .  Come  dua- 
que  guarii?  La  China,  oltre  le  descritte  virtù,  ha  quella  an- 
cora d'uccidere  i  vermi  del  corpo  umano:  il  nostro  Ramaz- 
izini  lo  disse  già  in  due  luoghi  delle  sue  opere  .  Guarii  per 
altro  in  apparenza  non  in  sostanza  :  i  vermi  furono  dalla  Chi- 
na ,  non  uccisi ,  ma  mortificati ,  o  forse  per  parlare  con  più 
verità  ,  una  piccola  parte  di  essi  se  ne  andò  morta  dal  mio 
corpo  per  secesso,  ma  la  niassima  parte  di  loro  restò  oppres- 
sa in  maniera  che  se  non  ero  in  uno  stato  di  perfetta  salu- 
te ,  mi  sentivo  però  passabilmente  tranquillo  , 

Ma  questa  tranquillità  cessò  nell'  ultimo  giorno  di  Di- 
cembre .  A  un'  ora  circa  di  notte  fui  sorpreso  da  un  acutis- 
simo dolore  nell'addome,  precisamente  nella  regione  ombili- 
cale  .  Avevo  mezz'  ora  prinsa  bevuto  in  una  bottega  il  caffè 
con  un  Amico  ,  il  quale  di  poi  accompagnatomi  a  casa  vi  si 
trattenne  per  farmi  compagnia  in  prima  sera ,  coni'  era  soli- 
to .  Il  dolore  era  così  intenso  che  avrei  facilmente  temuto 
che  mi  fosse  stato  dato  il  veleno  ,  se  non  avessi  osservato 
che  r  Amico  j  il  quale  in  mia  compagnia  aveva  bevuto  dello 
stesso  caffè  ,  non  provava  nessun  male  .  Dubitai  che  al  caffè 
fosse  stata  unita  una  qualche  sostanza  (  per  esempio  del 
maron  d'  India  )  la  quale  fosse  nociva  a  me  non  all'Amico, 
giacché  lo  stomaco  e  il  ventricolo  non  sono  in  ogni  «omo 
nella  medesima  costituzione,  oppur  anche  giacché  le  acciden- 
tali temporarie  variazioni  di  quei  due  visceri  possono  in  due 

di- 


Di  Gxambatista  Dall'Olio.  iGl 

diversi  indivìdui  renderli  suscettibili  di  affezioni  diverse  • 
Mandai  sul  momento  a  chiamare  il  Medico ,  il  quale  mi  or- 
dinò alcune  pillole  ,  non  so  bene  di  quali  anodini  composte  . 
Nel  tempo  medesimo  mi  rivolsi  al  partito  di  farmi  de'  fo- 
menti al  basso  ventre  applicandogli  replicatamente  pannilini 
ben  caldi  :  e  ,  fossero  i  lomenti ,  fossero  le  pillole  ,  o  fossero 
entrambi  ,  mi  sentii  alquanto  sollevato  .  Passai  due  giorni  in 
questa  dolorosa  situazione,  quando  la  buona  sorte  volle  ch'io 
avessi  per  bocca  nove  o  dieci  vermi  .  In  tal  maniera  la  ma- 
lattia si  levò  la  maschera  ,  e  mi  si  mostrò  in  tutta  la  sua  or- 
ridezza . 

Mi  convenne  armaiTni  di  pazienza ,  e  assoggettarmi  ai 
voleri  tutti  del  Medico  ,  onde  far  la  guerra  ad  ospiti  si  mo- 
lesti.  Vi  si  diede  principio  colla  polvere  fiorentina  antelmin- 
tica ,  e  non  opeiando  questa  nulla  o  quasi  nulla  ,  sebbene 
in  dose  caricata  ,  fu  d'  uopo  tentar  altri  rimedii  .  Il  Medico 
Fantini ,  che  qui  nomino  coi  sentimenti  più  sinceri  di  eter= 
Ila  gratitudine  ,  non  risparmiò  né  fatica  nelle  assidue  visite 
in  una  stagione  assai  cattiva,  né  studio  nelle  metodiche  or- 
dinazioni combinate  colle  diverse  giornaliere  risultanze  ,  né 
attenzione  vigile  alle  diverse  fasi  della  mia  infermità  ,  onde 
dedurne  quelle  conseguenze  le  quali  dovessero  guidarlo  nella 
ricerca  de' convenienti  rimedii  .  Decozioni,  pillole  j  cristerii , 
fomenti,  clisiri ,  estratti,  tutto  fu  posto  in  opera.  Or  pare- 
va ch'io  fossi  in  porto,  ormi  trovavo  in  alto  mare,  or  una 
placida  calma  mi  lusingava,  or  una  furiosa  tempesta  era  sul 
punto  di  farmi  naufragare.  I  vermi  intanto  or  quieti  or  furi- 
bondi non  volevano  cedere  alla  violenza  de'  rimedii  :  alcuni 
pochi  però  se  n'  erano  andati  per  secesso  ,  come  altri  pochi 
pure  per  gola  ;  ma  io  ero  straziato  barbaramente  ,  e  i  dolori 
infernali  che  provavo  dovevano  esser  ben  diversi  da  quelli 
che  i  vermi  facevano  sentire  a  Giobbe  ,  il  quale  si  limitò  a 
chiamarli  sua  sorella  ,  dovecchè  io  li  chiamava  mio  carnefi- 
ce .  Fu  forza  perciò  ricorrere  anche  agli  emetici ,  ma  questi 
pure  operavano  poco  .  Fortunatamente  però  ardevo  di  conti- 
Tomo  XI.  X  nuo 


lòi  Sopra  una  Straordinaria  Affezione  ec. 

mio  d'  eccessiva  sete  :  e  poiché  avevo  letto  in  Redi  che  il 
vino ,  e  le  cose  dolci  erano  per  i  vermi  un  tormento ,  mi 
provvidi  di  vino  bianco  dolcissimo ,  e  ne  bevevo  in  abbondan- 
za .  Trovai  in  ciò  notabil  vantaggio ,  poiché  incominciai  a 
vomitar  vermi  in  maggior  quantità  insieme  col  vino  ,  e  mi 
fu  così  propizia  la  sorte  che  quattrocento  cinquanta  circa  ne 
uscirono  di  mia  bocca  nel  corso  di  circa  due  settimane  ;  ed 
un  giorno  in  particolare  avendone  avuta  un'  abbondantissima 
vomitazione ,  mi  prese  volontà  di  numerarli  ^  e  li  trovai  set- 
tantuno  .  Il  fatto  sembra  incredibile ,  ma  non  è  men  vero 
per  ciò  :  e  molti  testimonii  potrei  addurre  se  occorressero  per 
farmi  acquistar  fede  .  L'  ordinaria  loro  lunghezza  era  d'  un 
sommesso  circa  :  ve  n'  eran  però  anche  de'  piccolini  non  me- 
nocchè  de'  più  lunghi  :  e  di  "  questi  ne  conservo  uno  in  ac- 
qua arzente  eh'  è  di  cuce  sette  e  mezzo  del  braccio  da  le- 
gno modanese ,  il  quale  fa  spavento  ,  massimamente  se  si 
considera  eh'  esso  era  il  chiliarca  d'  una  legione  di  vermi 
accampata  nel  mio  stomaco  .  Tutti  erano  di  quella  spezie  di 
vermi  o  lombrichi  che  dagli  Autori  di  Medicina  si  chiamano 
tcretes ,  o  rotondi  ^  e  nessuno  delle  due  razze  nominste  asca- 
ri de  s  ^  e  Lumhrìci  lati,  e  neppure  della  quarta  maniera  che 
son  detti  Cucurbitini  .  Chi  desiderasse  vederne  la  figura,  la 
troverà  nella  tavola  decima  dell'  opera  del  Redi  intitolala 
Osservazioni  del  Sig^nor  Francesco  Redi  intorno  agli  Animali 
Viventi ,  che  si   trovano  negli  Animali   Viventi  • 

Dopo  un  vomitamento  sì  insigne  avrei  dovuto  restar  li- 
bero dal  mio  incomodo;  ma  ciò  non  avvenne  .  Erano  dirada- 
ti i  termini  ,  ma  nou  cessati  .  Invano  invocavo  il  sonno  on- 
de mi  portasse  il  suo  balsamo  ristoratore  ,  e  seppure  costret- 
to da  un  qualche  narcotico  veniva  talvolta  sopra  i  miei  oc- 
chi ,  la  sua  venuta  forzata  mi  era  poco  giovevole  .  L'  appetì- 
to  anch'  esso  era  perduto  affatto  ,  e  riuscivano  perciò  vane 
tutte  le  arti  più  ricercate  per  far  che  i  cibi  mi  gradissero  , 
mentre  le  papille  palatine  erano  di  troppo  viziate  .  Il  Medi- 
co intanto  non  cessava  di  metter  alla  pruova  rimedi!.  Si  ten- 
tò 


Di  Giambatista  Pall'    Olio  •  i63 

tò  anche  1*  uso  del  mercurio  avviluppato  in  una  conserva  ; 
ma  convenne  abbandonarlo  presto  ,  perchè  mi  gonfiava  con 
dolor  assai  acre  le  gengive  .  Per  un  eccesso  poi  di  gentilez- 
za ,  che  mi  starà  eterna  ili  mente ,  il  Generale  di  Brigata 
Ottavy  qui  stazionato  mi  fn  cortese  di  corallina  (  zoofito 
marino  )  la  cui  decozione  sulle  prime  mi  si  mostrò  apporta- 
trice di  notabile  vantaggio  ;  ma  questa  dopo  alquanti  giorni 
si  ridusse  quasi  al  niente  .  Si  pronosticò  quindi  che  la  mia 
malattia  fosse  senza  rimedio  ,  e  che  di  afFezion  verminosa  si 
fosse  cangiata  in  consunzione  . 

Arrivato  a  questo  fatai  punto  mi  scossi  come  da  un 
profondo  letargo  ,  e  dissi  meco  stesso  :  E  dovrò  dunque  mo- 
rire di  vermi  dopocchè    mille    Autori    hanno    insegnato  mille 

maniere  d'  ucciderli  e  cacciarli  dal  corpo  umano  ? 

Capivo  troppo    bene  die  questi  si  erano  addimesticati   coi  ri- 
medii  ordinarii  ,    i    quali  perciò  riuscivano  inoperosi  :  o  ,  per 
meglio  dire  ,  capivo  che  i  rimedii  ordinarii  ,  prima  d'arrivare 
nel  luogo  dove  stazionano  i  verrai,  perdono  la  lóro  forza  .  Dal^ 
la    bocca    passando    nello    stomaco  i  rimedii  ,    restano    sciolti 
coir  azione    del    succo  gastrico ,    e    in    tale  stato  di  soluaione 
discendono  negl'  intestini  ordinaria  stanza  de'  vermi .  Chi  sa 
dirmi  se  una  tal  soluzione  non  toglie  ,    o   almeno  non  morti- 
fica ,  la   virtù  de'  rimedii  ?    Fui    dal    raziocinio    convinto  che 
mi  conveniva    implorare  la  forza  da  un  rimedio  straordinario 
e  violento;  ma,  e  da  dove  prenderlo?  Ingeniiim  saepe  mala 
movent ,  disse  Ovidio  .  Si  :  le  disgrazie  aguzzano  spesse  volte 
r  intelletto,  ed  io  n'ebbi  in  me  una  novella  pruova  . 

Teofrasto ,  Dioscoride ,  e  Plinio  (  così  meditavo  )  ci  mo- 
strano varie  piante  nemiche  dei  verrai  del  corpo  umano  . 
Mattioli  in  comentando  Dioscoride  ne  indica  alcun'  altra  ,  e 
i  Botanici  numerosi  che  gli  son  venuti  dietro  sempreppiù  ne 
hanno  ampliato  il  catalogo  .  Cento  Scrittori  di  Materia  5Ie- 
dica  han  trovata  tanta  ricchezza  antelmintica  nel  regno  vege- 
tabile che  sembra   che  non  si  possa    più    morire    d'  affezione 

X  a  ver- 


i64  Sopra  una  SxKAoaDiNARiA  Affezioke  ec. 

verminosa  .  Assenzo  ,  isopo  ,  menta  ,  Mattana  ,  lu[>olo  ,  sabi- 
na ,  scordio  ,  biondella,  tanaceto  ^  santolina,  ed  altre  molte 
mi  vennero  in  mente ,  ma  non  le  credetti  bastantemente  ef- 
ficaci .  Da  taluno  vien  proposto  il  decotto  di  cavolo  di  lupo 
(  helleborus  foetìdus  );  ma  l'insigne  botanico  fiorentino  Tar- 
gioni-Tozzetti  ci  avvisa  non  esser  prudenza  V  adoprarlo  in- 
ternamente ,  non  mancando  esempi  dei  fatali  effetti  che  ha 
prodotto.  Mi  vennero  in  pensiero  le  pillole  di  Fontano  com- 
poste di  grani  i5  di  mercurio  dolce,  di  5  di  scamonea,  e 
di  due  o  tre  volte  altrettanto  zucchero  ;  ma  le  ricusai  sul  ri- 
flesso che  il  mercurio  mi  aveva  poche  settimane  avanti  pro- 
dotto effetti  asàai  cattivi ,  e  che  potevo  temerne  anche  de' 
peggiori  dalla  scamonea  gomma  resina  di  odore  fetido,  e  di 
sapore  bruciante  e  nauseoso ,  la  quale  in  oltre  era  da  me  con 
fondamento  ritenuta  purgante  drastica  .  Questo  pensiero  m'at- 
terri, perchè  mi  fece  risovvenire  che  otto  anni  addietro  un 
purgante  ,  il  quale  dall'  insistenza  d'  un  JMedico  fui  costretto 
contro  il  mio  volere  a  prendere ,  mi  cacciò  quasi  dal  mondo. 
Sapevo  pure  che  dall'  Anonimo  Scrittore  del  Compendio  del- 
la Storia  Geografica ,  Naturale ,  e  Civile  del  Regno  del  Chile 
è  annotato  essersi  scoperto  in  Bologna  nel  1776  che  la  deco- 
zione delle  foglie  del  culen  [psoralea)  uccide  ed  espelle  i  ver- 
mi del  corpo  umano  :  e  sapevo  ancora  che  la  medesima  cosa 
viene  asserita  pure  da  Molina  nel  suo  Saggio  sulla  Storia 
Naturale  del  Chili  ,  il  quale  aggiunge  che  ciò  è  stato  pari- 
menti spekimentato  da  varie  persone  in  Imola  ,  e  in  altre 
Città  .  Ma  sebbene  io  potessi  sul  momento  farne  la  pruova  , 
perchè  fra  varie  piante  salutari  vive,  che  mi  trovo  avere  nel 
mio  suburbano  casinetto ,  vi  è  il  culen,  tuttavolta  perchè  m'è 
noto  che  gli  Americani  se  ne  servono  di  continuo  ad  uso  di 
te ,  non  mi  vi  appigliai  ,  credendolo  rimedio  non  bastante- 
mente efficace  per  il  mio  bisogno  .  Mi  sovvenne  eziandio  che 
una  cameriera  di  Vallisnieri  si  liberò  dai  vermi  con  olio  di 
sasso,  olio  che  fu  posto  alT  onor  medico  da  un  Giureconsul- 
to sia  nel   1460,  e  i  cui  fonti  furon  già  osservati  con  occhio 

filo- 


Di    GlAMBATlSTA    DaLl'    OlIO  .  1 65 

filosofico    primieramente    dal    Ramazzini    nel    i6gS  ,    indi  dal 
Vallisiiieri  nel    171  i,    e  finalmente   dallo  Spallanzani    non    so 
bene  in  qual  anno.  Ma   il   mio  stomaco  abboirisc?  g!i  olii  con 
una  ripugnanza  insuperabile  .  S'  io  potessi  affrontarli  ,  mi  sa- 
rei appigliato  sicuramente  (e  credo  ben  ancora  che  con  buon 
successo  )  a  quello  di  ricino  detto  altrimenti    olio    di    palma 
Christi  ,  e  dagT  Inglesi  olio  di  castoro  ,    tante  sono  le  lodi  e 
le  maraviglie  che  ne  dice  il   Mazzi  .    Avevo    per   buona    sortu 
in  mio  potere  una  non  indifìisrente  quantità  di  semi  di  esso, 
dai  quali   potevo  estrar  l'olio  in   abbondanza,    e    così    averlo 
recente'.  Cici  o  croton  (  K?x(  ,  K/sórwi-  )  lo  chiamarono  i  gre- 
ci ,  ricino  i  romani  :  altri  fagìuolo    romano  ,  fico  cT  inferno  , 
mirasole ,    palma    Christi,  catapuzia  maggiore.  Targioni-Tos- 
ietti  dice  che  quest'  olio  è  tornato  in   moda   nella  med-cina  , 
riproposto    come    cosa    nuova  in  luogo  di  quello  di  mandorle 
dolci  per  le  coliche  ^  e  che  piìi  che  altro  è  antelmintico.  Lo 
stesso  Botanico  poi   insegna  il  modo  d'  estrarlo  secondochè  si 
pratica  al  Capo    di    Buonasperanza  ;  ma    prima   di    lui    l'  ave- 
va insegnato    Monardes ,    soggiungendo    che    1'   olio  cavato  in 
tal  guisa  è  migliore  di  quello  lavorato  per  espressione  :  Dio- 
scoride    anch'  esso    aveva  insegnato  molti  secoli  avanti  come 
un  tal  olio  si  facesse  in  Grecia,  e  come  in  Egitto:  onde  eoa 
tanti    ammaestramenti  ,    e    con    de'   buoni    semi    che    avevo  , 
ni'  era    facile    riuscir    nell'  impresa  ,  se  il  mio  temperamento 
mi  avesse  permesso  il  far  uso  di  un  olio  . 

Finalmente  nel  giorno  a8  Aprile  prossimo  passato  la  buo- 
na sorte  portò  eh'  id  consultassi  Motiardes  .  Benedetto  sia  il 
giorno  ,  il  mese,  e  Vanno  in  cui  presi  in  mano  il  suo  tratta- 
to delle  cose  che  vengono  portate  daW  Indie  Occidentali,  per- 
tinenti all'uso  della  Medicina.  Vi  trovai  che  l'erba  tabacco 
ite'  vermi  del  corpo  di  tutte  le  generazioni  che  sieno  ,  0  ton~ 
di  o  larghi  ,  ha  virtù  d'  uccìderli  ,  e  cacciarli  fuori  meravi- 
gliosamente ,  facendone  decozione  dell'  erba  ,  e  poi  siropo  con 
'zucchero,  dato  in  molto  poca  quantità.  Dissi  allora:  Questo 
1^  il  mio  rimedio  .  Stavo  meditando  sopra  questa  scoperta  ,  e 


l66  Sopra  una  Straordinaria  Affezione  ec. 

già  mi  sentivo  confortare  da  una  lusinglùera  speranza  di  gua- 
rigione allorcliè  venne  appunto  il  Medico  a  visitarmi  .  Gli 
mostrai  subito  Monardes  ,  ed  egli  senza  esitar  un  momento 
mi  disse  che  sarebbe  andato  immediatamente  alla  spezieria 
per   farne  1'  ordinazione  . 

Partito  il  Medico  mi    posi  a  scorrere  varii    Autori    sulle 
qualità  di  quest'erba,  giacché  me  ne  aveva    fuor    di    misura, 
invogliato  Monardes  con  un  elogio  senza   fine  .    Mi   sovvenne 
che  avevo  veduto  molti    anni   sono    un'  operetta    di   Stefano 
Gohory  sopra  quest'erba,    e    fui    curioso   di    vederla    nuova- 
mente .  La  scorsi  perciò  con  occhio   rapidissimo  ,   e  sebbene 
fra  le  molte  virtù  eh'  egli  le  attribuisce  non  vi  si   vegga    in- 
serita quella  di  uccider  i  vermi  j  tuttavolta  ritenni  che  fosse 
a  ciò  valevole  sul  fondamento    dell'  esistenza    in    lei    d'  altre 
virtù  che  hanno  analogia  con   l'antelmintica.     Per    semplice 
erudizione  notai  che  Gohory  asserisce  essere  stata   quest'  er- 
ba portata  in  Portogallo  dalla    Florida   nell'  America    Setten- 
trionale ,  e  di  là  inviata  in  Francia  alla  Regina  Caterina    de' 
Medici  madre  del  Re  dal  Signor  Nicot  eh'  era  colà  suo   Am- 
basciatore :  e  che  egli  cercò  di  farle  cangiare  il  nome    origi- 
nario di  petum  in  quello  di  catermarìa    o   di    medicea  .    Mo- 
nardes però  dice  che  fu  portata  dall'  America  meridionale  in 
Spagna  dagli  spagnuoli ,  e  che  il  suo  nome  proprio  tra  gl'in- 
diani è  pìcyelt ,  essendo  posticcio    quello    di    tabacco    datole 
dagli  spagnuoli  in  grazia  che  nell'  isola   Tabago    se    ne    trova 
in  grandissima  quantità  .  Può  esser  vera  1'  una  e  1'  altra    co- 
sa ,  cioè  che  dalla  Florida  sia  stata  portata   in    Portogallo    la 
pianta  petum  ,  e  dall'  isola  Tabago  la  pianta  pìcyelt ,    e    che 
sì  questa  che  quella  sieno    la    stessa    pianta    distinta    in    due 
specie  ,  giacché  è  sicuro  che  vi  sono  più    specie    di    nicozia- 
ne ,  avendone  già  io  sette  ,  e  sapendo    di  certo  che    ve    n'  è 
alcun'  altra .  Quale  di    tante    specie    sia    precisamente    quella! 
che  osgisiorno  i  francesi  chiamano  nìcotìene  o  anche  herbe  à 
la  Teine,  si  può  rilevare  dalla  descrizione  che  ne  fa  Gohory J 
la  quale  è  molto  esatta ,  come  è  assai    imperfetta   quella    di 

Mo 


: 


Di  Giameatista  Dall'Olio  .  167 
Monardes  .  L'uno  e  T  altro  autore  ce  ne  dà  la  figura  ,  anzi 
Gohory  ce  ne  dà  due  ,  cioè  quella  del  petuin  maschio  ,  e 
l'altra  àe\  petum  femmina ,  le  qnali  due  specie  maschio  e 
femmina  sono  state  di  poi  dai  successivi  botanici  distinte  coi 
nomi  di  7?iaggiore  e  minore.  Altri  ne  parlano  diversamente  , 
come  si  può  vedere  in  una  lunga  dissertazione  di  Dalla  Fa- 
jjra,  il  quale  sfiorando  quanto  si  trova  in  molti  scrittori  che 
prima  di  lui  hanno  parlato  delia  nicoziana,  ossia  erba  tabac- 
eo  ,  dice  cento  cose  ,  le  quali  sempreppiù  rni  confermarono 
nella  lusinga  che  l'uso  di  questa  pianta  avesse  da  ridonarmi 
la  salute  .  Domare  anch'  esso  ne  parla  assai  vantaggiosamen- 
te :  e  rimarcai  con  sommo  piacere  ch'esso  racconta  che  Gio- 
vanni Bauhin  vanta  la  nicoziana  per  distruggere  come  per 
incanto  tutti  i  vermi  ,  che  tormentano  gli  uomini  e  gli  ani- 
mali.  (Il  fatto  però  è  che  Giovanni  Bauhin  non  dice  ciò: 
bensì  parlando  della  nìcotiana  major,  sive  tahacum  majus  al- 
tro non  dice  se  non  che    confert plurimum 

ad ventris    iineas  ,  e  parlando    della  prlapeia ,    qui- 

husdam  nìcotiana  minor  asserisce  che  uccide  principalmente 
le  pulci,  e  propone  che  se  ne  faccia  la  pruova  ne' cani  fre- 
gando loro  la  cute  con  le  foglie  o  col  succo  della  medesima., 
che  si  vedranno  le  pulci  poste  in  fuga  cadere  tanquarn,  in- 
cantamento )  . 

Venne  il  Medico  a  visitarmi  nel  seguente  giorno ,  ed 
avendogli  io  di  nuovo  raccomandato  che  mi  procurasse  il  si- 
ropo  di  nicoziana  ,  mi  rispose  che  Io  Speziale  vi  stava  lavo- 
rando ,  e  che  si  lusingava  che  sarebbe  in  pronto  nel  susse- 
guente giorno  (  3o  Aprile)  ,  e  in  fatti  così  fu,  come  rai  die- 
de avviso  in  occasione  della  solita  visita  giornaliera  .  Lo  man- 
dai a  prendere  immediatamente ,  e  alla  di  lui  presenza  in- 
cominciai a  farne  uso .  Mi  prescrisse  la  dose  di  tre  mezzi 
cucchiai  da  tavola  il  giorno  ,  cioè  un  mezzo  la  mattina  ,  al- 
tio  mezzo  prima  del  pranzo  ,  e  il  terzo  prima  della  cena  , 
ioez:z' ora  sempre  avanti  del  cibo.  L'effetto  fu  prodigioso: 
«lopo  il  giro  di    sole    cinque  o  sei    ore    incominciò    a   farsi    in 

me 


l68  SoFIlA    UNA    StRAORCINARIA    AfFEZIOKE    CC. 

ine  un  cambiamento  totale  di  situazione  .  Mi  venne  1'  appe- 
tito :  il  vino  ,  e  il  caffè  che  mi  erano  divenuti  odiosi  ,  tor- 
narono a  piacermi  :  ogni  cibo  riusci  gustoso  al  mio  palato  ; 
e  il  sonno  più  non  mi  abbandonò  .  Sarà  sempre  per  me  me- 
morabile il  giorno  primo  di  Maggio  scorso  ,  mentre  avendo 
dovuto  trasferirmi  in  campagna  per  un  mio  premuroso  affa- 
re, e  fermarmi  a  pranzo  presso  un  Amico ,  lo  feci  sor- 
prendere di  maraviglia  in  vedendo  un  uomo ,  colla  faccia 
più  di  cadavere  che  di  vivente  ,  mangiare  da  intemperante  , 
taiit'  era  Y  appetito  svegliatomi  dal  siropo  di  nicoziana  ,  seb- 
bene a  queir  epoca  non  ne  avessi  preso  che  tre  mezzi  cuc- 
chiai . 

Proseguii  a  farne  uso  per  il  corso  di  due  settimane   cir- 
ca ad  effetto  di  sempreppiù  munirmi  contro  un  nuovo  attac- 
co che  mi  fosse  fatto   dai   vermi,    giacche    sicuramente    non 
n'  ero  restato   senza  ;   ma    fui   sforzato  a  tralasciarlo  ,    perchè 
sentivo    che   mi    offendeva    con   assoggettarmi  a  de'  giramenti 
di  capo  :  e  d'  altronde  questi    ospiti    residui  s'  erano  pacifica- 
ti ,  e  vivevano  dentro  di  me'  senza  darmi    noja  ,    per    il    che 
potevo  anch'  io  passare  ,  dirò  così ,  ad  un  armistizio  con    es- 
si .  Sono  del  sentimento  di  chi  crede  che  i  vermi  sieno  sta- 
ti da  Dio  creati  dentro  di  noi    per   qualche    fine    giovevole , 
e  che  non  ci  rechino  nocumento  se  non  quando   sono    mole- 
stati ,  (  per  esempio  allorché  nel  nostro    ventre    si    trova    un 
sugo  mal  digerito  ,  per  cui  colle  contorsioni  ci  cagionano  as- 
pri dolori  ,  o  col  tentar  la  fuga  urtano  crudamente  nelle  pa- 
reti degl'  intestini  )  :  o   quando  i  medesimi   si    sono    moltipli- 
cati di  troppo  .  Tutti  i  Fisici  conoscono    il   gran   giovamento 
che  producono  nell'aria  i  venti,  eppure  anch'essi  si  conver- 
tono in  un  flagello  qualora  sono   o    troppo    violenti  o  troppo 
diuturni  .  In  me   succedette   precisamente   questo    sconcerto  : 
e  credo  di  non  apporrni  male  se  ritengo  che    la    loro   troppa 
moltiplicazione  fu  la  cagione  della  mia  malattia:  e  parmi  pur 
anche  d'  averne  scoperto  il  fondamento  .  In  Luglio  ,  in  Ago- 
sto ,    e  in  Settembre  del  iSoa  esseridomi  trovato  in  necessità 

di 


Dr  GiAMciTisTA  Dall'  Olio  .  l6g 

a  star  la  mattina  knighissimo  tempo  al  tavolino,  e  eli  pran- 
zare conseguentemente  ad  un'  ora  tardissima ,  ero  sforzato  a 
far  colazione  due  volte  j  la  prima  col  caffè  ,  e  la  seconda  con 
tre  uova  di  gallina  fritti .  h'  uso  contirmato  di  tre  uova  gior- 
naliere mangiate  in  tre  mesi  parti tamente,  cioè  collo  stoma- 
co non  ingombro  da  altix)  cibo  antecedente  ,  né  sopraccari- 
cato con  susseguente,  avrà  dato  un  pascolo  delizioso  ai  miei 
vermi  per  cui  si  saranno  trovati  in  circostanza  di  straordina- 
ria fecondazione  .  Già  mi  sembrò  avvedermi  che  tante  uova 
mi  nocevano  ,  e  perciò  sul  principio  d'  Ottobre  sostituii  lo- 
ro la  zuppa  con  brodo  di  carne  ;  ma  il  male  era  fatto ,  e 
scoppiò  sul  finir  di  quel   mese  ,  come  ho  già  detto  . 

Sono  persuaso  che  ogni  Speziale  sia  atto  a  fare  un  siro- 
po  di  nicoziana:  tuttavoita  a  scansò  di  equivochi,  e  a  toglie- 
re le  difficoltà  che  potessero  nascere  nella  manipolazione  del 
medesimo,  soggiungerò  che  si  presero  tre  once  di  tabacco  fer- 
mentato ,  come  si  vende  nelle  botteghe  ad  uso  di  pippa  ,  e 
se  ne  fece  decozione  in  acqua  di  fonte  al  peso  di  tre  libbre. 
L'  azione  del  f\ioco  si  fece  durare  un'  ora  circa  ,  aggiungen- 
dovi però  qualche  poco  d'  acqua  affinchè  la  decozione  ben 
saturata  restasse  del  peso  di  circa  due  libbre  .  Indi  si  colò,  e 
lidotta  di  nuovo  la  decozione  a  bollitura  vi  si  gettò  un'  on- 
cia e  mezzo  di  foglie  di  sena  ,  le  quali  vi  si  lasciarono  infu- 
se per  ore  ventiquattro  .  (  Si  fece  ciò  affinchè  il  tabacco  aves- 
se nella  sena  un  veicolo  per  discendere  più  facilmente  nel 
lasso  ventre  )  .  Indi ,  con  una  libbra  di  zuccaro  depuiato  col 
bianco  d'  un  uovo ,  la  decozione  fu  ridotta  alla  consistenza  di 
siropo  . 

Mi  vidi  dunque  quasi  rinato  a  nuova  vìtaj  ma  nel  tem- 
.  pò  medesimo  conobbi  troppo  bene  che  dovevo  riguardar  me 
stesso  come  valetudinario,  e  conseguentemente  inabilitato  a 
lavori  di  lunga  e  molto  seria  fatica  .  Guidato  da  questa  rifles- 
sione, che  incontrò  ancora  1'  approvazione  del  Medico ,  mi 
determinai  di  rimettere  al  Vice  Presidente  della  nostra  Re- 
pubblica la  carica  di  uno  de'  Commissarii  della  Contabilità 
Tomo  XI.  Y  Na- 


170  Sopra  una  Stjiaordinakia  Affszioke  ec. 

Nazionale  a  cui  ero  stato  nominato  sin  neli'  antecedente  Mag- 
gio .  L'onore  di  coprire  una  carica  si  luminosa  non  lusingò 
la  mia  vanità  a  segno  che  seLbene,  per  aver  occupata  pressa 
il  passato  Governo  quella  di  Capo  della  sua  Contabilità,  mi 
credessi  fornito  di  bastanti  lumi  per  servile  plausi])ilmente  la 
Patria,  volessi  poi  tradirla  con  piestarle  una  servitù  debole  e 
vacillante,  quando  altri,  sostituito  in  mia  vece,  potesse  pre-^ 
staroliela  costante  e  vigorosa  . 

,  ,  Mi  trovo  presentemente  (in  Novembre  looS)  iji  un  plau- 
sibile stato  di  salute  ;  ,rna  non  dimenticQ  che  ho  dentro  di 
me  il  gejme  o  il  seme  d'  una  inalattj.a  .  Debbo  dunque  o  ten- 
tare di  evitarla;  ,  e  star  armato  di  rimedii  ;<5;ualora  non  potes- 
si impedirne  il  ritorno  .  In  .quanto  ^1  primo  punto  ,  siccome 
veggo  che  il  culèn  ,  avendo  a  ua;dj  presso  Io  stesso  gusto  e 
la  stessa  fragranza  del  tè  chinese,  si  pratica  dagl'indiani  co- 
munemente in  bevanda  teiforme  deliziosa,  penso  di  farne  uso 
gornaliero  in  pji;ima  sera  ,  non  solamente  perchè  è  pianta  sto- 
matica ,  che  facilita  la  digestione,  cbe  sgrava  lo  stomaco,  e 
che  libera  dalle  ostruzioni,  ma  ancora  principalmente  perchè 
è  pianta  antehiiintica  .  Se  ne  distinguono  due  specie,  cioè  il 
verde  e  il  giallo  •  Il  verde  {psoralea  glandulosa  fol.  ternatis  , 
fol'wL  ovato-lanceolatis  ,  spie  pedunculatis  )  è  più  .cpmune  , 
trasportato  dai  Gesuiti  nel  1776  in  Italia,  ove  alligna  otti- 
mamente, ed  io  ne  ho  alcune  piante  bellissime.  Le,  sue  fo- 
glie, di  cui  si'  spoglia  nell'inverno,  sono  di  un  verde,  luci- 
do, di  un  odore  aromatico,  e  attaccate  a  tre  a  tre  ad  un  so- 
lo gambetto  .  Dalle  ascelle  di  queste  foglie  nascono  i  fiori  ia 
forma  di  spiga,  che  sono  turchiniccie  ,  ai  quali  succedono  i 
frutti  o  semi  rassomiglianti  a  un  piccolo  fagiuolo  .  Il  culèn 
giallo  {psoralea  lutea  fol.  ternatis  fasciculatìs ,  foliol.  ovato- 
rugosìs  ,  spie,  pedunculatis  )  non  differenziasi  dal  precedente 
che  nel  colore  ,  e  nella  sottigliezza  delle  sue  foglie  ,  le  quali 
sono  gìalligne  ,  e  talmente  crespe  che  avviluppandosi  in  tutti 
i  versi  formano  nella  cima  del  loro  fusto  una  sorte  di  globo 
pesante  che  fa  ricurvare  i  rami  . 

In 


Di  GiAinBATistÀ-' Dall' Olio  •  171 

In  quanto  poi  allo  stare  artnalo  di  rimedii  per   ribattere 
un   nuovo  attacco  che    mi    fosse    fatto    dai    Vermi  ,   tengo    in 
pronto  delie 'foglie  d'ogni  specie  di  nicoziana  e  verdi  e  secche 
per  far  uso  di  quelle  che  dietro  un  esame,  a  cui  ho  già  dato 
principio,  troverò  esser  più  operative.  La  Chimica  (sia  detto 
con  tutto  il  rispetto  che  si  deve  a  Chaptal,  a  Berthollet ,  e  a 
tant' altri  valentissimi    Chimici)  la  Chimica,   per    quanto   ri- 
guarda  la    decomposfzione 'e    1'  analisi  de' corpi  ^   ha  fatto  de 
progressi  prodigiosi  da  vent'  anni  circa  a'  questa  parte,  ma  per 
quello  che  spetta  alla  cognizione   delle    virtù   delle  piante  ha 
poco  progredito  al  di  sopra  di  quel  grado  la  cui  si  trovava  ai 
tenqji  del  Tournefort.  Le  nuove  proprietà    scoperte  in  alcune^ 
son  dovute  alle  ricerche  fatte  dai  Botanici  nelle  campagne,  e 
dai  Fisici  negli   sperimenti  o  alle  notizie  dateci  dai  forestieri, 
ma  non  già  alle  fatiche  de'  Chimici  .    Gli    antichi  ,    per    isco- 
prire  le  virtù  delle  piante  ,  ricorrevano  ai  temperamenti  e  al- 
le qualità  delle  medesime  ,  cioè  al  caldo  e  al  secco  ,  al  fred- 
do e   all'umido,  nel  primo,  secondo^  terzo,  e  quarto  grado. 
Ma  poiché  il  gusto  è  diverso  nelle  persone  ,   ne  risulta  che   i 
temperamenti  e  le   qualità    delle    piante    non    possono    essere 
caratterizzate  in  una    maniera    uniforme  .  Con    ragione    adun- 
que ,  dopo  uno  studio  più  regolare  delle  scienze  naturali  ,   fu 
abbandonata  una  tal  maniera  di  conghietturare  la  virtù  delle 
piante  .  Il  Lemery  è  stato  uno  de'  primi  a  darcene    1'  esem- 
pio :  neir  insegnarci  la  mainerà  di  conservare   lungamente    la 
sanità  ,  ha  deviato  affatto  dal  metodo  del  Pisanelli  e  del   Du- 
rante, i  quali  fecero  un  uso  immoderato,  e  direi  quasi  enim- 
matico,  del  caldo,  del  secco,  del  freddo,  e  dell'umido,  in- 
signendone a  lor  talento  le  piante  e  gli  alimenti  . 

Nella  ricerca  di  quella  specie  di  nicoziana  che  abbia  mag- 
gior virtù  antelmintica  intendo  di  fare  esperimenti  combinati 
colla  Chimica  .  Vah.'ndomi  in  qualche  modo  del  metodo  del 
Redi  ,  vi  aggiungerò  il  presidio  dell'  analisi  chimica  .  Se  le  so- 
stanze semplici  componenti  il  vegetabile  si  riducono  in  ulti- 
tca  analisi  all'idrogeno,  al  carbonio,  e  all'ossigeno,  ccn 
•  ::>l  Y  a  qual- 


J7a  Sopra  una  Straordinakia  Affezione  ec, 

qualche  poco  di  alcali  e  di  azoto  in  alcune,  tenterò  di  sco- 
prire qual  sia  la  sostanza  precisa  che  uccide  i  vermi  .  Ho 
già  istituite  alcune  esperienze  ,  ma  queste  non  bastano  al 
mio  intento  :  e  prevedo  ancora  che  dovrò  chiamar  in  sussi- 
dio r  analisi  degli  odori  e  de'  sapori .  Teofrasto  mi  dice  che 
i  sapori  sono  sette ,  e  altrettanti  gli  odori  e  i  colori  .  Neu- 
ton  armato  d'  un  prisma  mi  mostrò  distintamente  i  sette  co- 
lori ,  e  me  ne  indicò  le  proporzioni  :  ma  dov'  è  un  nuovo 
Neuton  che  mi  esibisca  un  istrumento  da  distinguere  con  pre- 
cisione i  sette  odori,  e  i  sette  sapori,  la  cui  determinata  so- 
stanza mi  sia  di  ^uida  a  conoscere  con  fondamento  le  virtù 
de'  vegetabili  ? 


LET- 


173 

LETTERA 

Di    SsBASTlAKO    GaNTERZANI 

AL  SUO  AMICO  TORQUATO  VARENO 

Sopra  una  maniera  eli  cavare  i  numeri  Bernoulliani 

Ricevuta  il  Jì  29  Novembre  180 3. 

Al  o  il  piacere  di  veder  ancora  questa  volta  ,  che  a  voi  fa 
difficoltà  quel  che  è  solito  farla  a  me  pure  .  Così  è;  amen- 
due  i  metodi  ,  che  1'  immortai  Eulero  dà  nel  Gap.  V  della 
seconda  parte  del  suo  Calcolo  DiflFerenziale  §  lai,  laa  ,  laS 
per  formare  le  equazioni ,  onde  ritrovare  i  numeri  Bernoul- 
liani ,  non  mi  sono  sembrali  mai  semplici  abbastanza  per  ri- 
cordarsene all'  uopo ,  e  non  dover  ricorrere  al  libro  ogni  vol- 
ta ,  che  g'  abbia  bisogno  di  cavare  uno  di  quo'  numeri  .  Voi 
dunque  mi  chiedete  se  io  sappia  qualch*  alti  a  strada  più  co- 
moda ,  e  più  facile  da  aversi  in  pronto  al  bisogno  ,  la  quale 
conduca  egualmente  all'  intento  .  Alla  qual  vostra  dimanda 
farò  come  le  altre  volte  ho  con  voi  usato  ;  cioè  vi  comuni- 
cherò il  metodo  ,  che  soglio  io  praticare,  il  quale  a  me  pa- 
re ,  se  non  più  comodo  di  quei  dell'  Eulero  ,  certamente  più 
«emplice  ,  e  quindi  più  facile  da  esser  tenuto  a  mente  . 

T        •       ì       j  IP            •                       ^n  —  i            a/z  A 
Io  mi  valiiro  dell  equazione    o  =    — ,  —   — 

"^  ^  a(ara-(-i)  a 

o.n(2.n — I  )(a/z  —  a)B        an(a;i — i)(a/2.-a)(a;z-3)(a^— 4)0 

2.3.4  a. 3. 4-5. 6 

a.  n  (3,71  —  i) (  a  n  —  6)D 

^ 3 &c.   dove  A  ,  B  j  C  ,  D  , 

a  o 7'" 

&c.  rappresentano  i  numeri   BernouUiatù  ,   cicè  A  il   primo  , 

B  il 


174  Lettera 

B  il  secondo  ,    C   il    terzo  ,    e  cosi  via  discorrenclo  :    n   poi  è 
r  indice  del  numero  EernouU'iano  ,  che  si  vuole  ,    cioè  è  i  , 
se  si  vuole  il  primo,  è  a,    se  si    vuole  il  secondo  ^  è  3  ,  se 
si  vuole  il  terzo  ,    e  così  di  mano  in  mano  .    \J  ordine  ,    che 
regna  nella  serie,  è  chiarissimo.    Fuori   del    primo    termine, 
die  è  positivo  ,    ed    è    facil    cosa  tener  a  mente  còme  è  for- 
mato,    tutti   gli    altri    sono    affetti  del  segno  —  ,  e  dall'  uno 
passando  al  suo  seguente  crescono    due  fattori  tanto  nel  nu- 
meratore, quanto    nel   denominatore,    essendo    sempre    a«    il 
primo    de'  fattori   del    numeratore  ,  e  a  il  primo  di  quei  del 
denominatore  .    Mettasi    pertanto    in    luogo    di    n   il  numero , 
che    indica    quanto    sia    nell'  ordine   de'  numeri    BernouUiani 
quello  j  che  si  cerca:    la   formola   tosto    mostra    come  questo 
numero.  Bernoulliano  dipenda  da  quei  ,    die    lo  precedono ,  i 
quali  si  troveranno  egualmente,  mettendo  nella  formola  stessa 
in  luogo  di  n  prima  i  ,  poi  2,,  indi  3,  e  cosi  di  seguito  fino 
ad  71  —  I  . 

Vogliasi  a  caglon  d'esempio  il  sesto    numero    Bernoullia- 

II  I  2,  A 

no  .  Metto  n  =1  6 .  La  formola  diventa  0  =  — t-  — 

i  ab  a 

la.ii.ioB  la.i  1.10.9.8C  la.i  i.io.9.8.7'6D 


a.  3.  4  a. 3.4. 5.6  a. 3.4  5.6.7.8 

la.  1 1 .10.9.8.7.6  5.4E  121 1. 10.9. 8:7. 6. 5. 4-3. aF 


a. 3.4-5. 6. 7.8.9. IO  a. 3.4.5. 6. 7. 8. 9.10.1 1  .la 


,  onde 


F  =  ~  —  6A— 5.11B  — 34.11C  — 9.11.D  — a.iiE  .   Met- 
aò 


to  ora  nella  formola  medesima  re  =  i  ,  e  risulta  0  = 


a.3 


aA            ,          ■      1  .                      3           4A 

,  onde  A  =  -T-  :  metto  n.  r=  a  ,  e  risulta  0  ■=  — = • 

••a                             6  a. 5          a 

4.3.aB         ,3  .                 ,.       . 

—  — 7rr~3  onde  B  =  — z aA  ,  e  posto  in  luogo  di  A  il  suo 

a. 3.4  a. 5  ^ 

3  I  "       "^"i 

-valore  già  trovato  B  =  — =-  — ■'  -rr  =  —  rr*  :  metto  ;i=r3, 

°                             3.5  3                 3o 


Di  Sebastiano   Canterzani  .  I  'j5 

OA  Ò.5.4.B  6.5.4.3.2C 

e  risulta  o  — —    ^7-; —  —  5~7^^~Z~    >    onde 

a. 7  a  •     a. 0.4  a. 04^-" 

C  =' 3A  —  5Bj  e  posti  ili  luogo  di  A,B  i  loro  va- 

5              3  5  I  ,  . 

lori,  C  = -\ TT-    =  --, —  :    metto  «  =  4  ,  e  n- 

'  a. 7  a. 3  3o  4^ 

*  7         8\         8.7. 6B       8.7.6,5.4.0      8  7.6  5  4.3.aD 

io~"     a  a. 3.4  a. 3  4-5.6.        a. 3.4. 5. 6-7. 8 

7  A-vG  .  .     , 

onde  D  =-^     —  4^^  —  a^B ■—  ,  e  posti  in  luogo 

lo  0 

7  4  H  ^^  ^■- 

di  A,  B,  C  i  loro  valori  D=:-—  —  —  -t-^   —  tt"-    =  —  5-^: 

iS  6  3o  0.42.  00 

9  ioA         lo.q.SB 

finalmente  metto  n^=o,  e  risulta  o  =  —  — 5— j — 

ia  a  a.  0.4 

—  10.9.8.7  6C  IO  9.8.7.6.5  4  D  10.9  8. 7. 6. 5.4. 3. a. E 


9 
onde  E  =  —   —  5A  —  o.ioB  —  a.3.7C  —  3. SD,  e  posti  in 


a. 3  4-5. ò  a. 3. 4-5. 6  7.8  a.3  4  5.6  7.8.9.10 

'C  —  3. SD,  e  posti 

CO  A 

luogo  di  A,  B,  C,  D  *Moro  valori  E  =  — r  +  o"    —   7- 

■"*'.     '  aa  6  3g  4^ 

"  -ì5'       5 

rrt-  ^r    =  7-7  •  Sostituiti  questi  valori  di  A  ,  B  ,  C  ,  D,  E  nell' 

""    3o         66  ^  3      »      :>     5 

<ji     niijiiiiìn        jj 

equazione  F=  — r  —  6A  —  5.iiB  —  3,4.  H-C  —  9.11D—  a.iiE 

II         6  55  i3a         99  no  691 

a6        6  3o  43         3o  66  3730^ 

Ha  nues(o  metodo  il  vantaggio  di  dare  i  numeri  Bernouliiaui 
afiVtti  di  quel  segno  ,  che  hanno  nella  famosa  forniola  ,  che 
somministra  la  somma  di  un  qualunque  numero  n  di  tenni- 
iii  di  qualsivoglia  serie  ,  dato  che  ne  sia  il  termine  genera- 
le ;  laddove  i  due  metodi  Euleriani  li  daniip  tutti  affetti  del 
niedesinio  segno.  Ma  .se  questo  è  pur  un  vantaggio  ^  per  lo 
contrario  vi  parrà  forse  un  difetto ,  che  non  possa  nella  se- 
rie 


176  Lettura 

rie  di  que'  numeri  ricavarsene  uno  senza  aver  l' incomodo  di 
trovar  anche  tutti  quei  ,  che  io  precedono  .  Sopra  di  che  vi 
farò  notare  ,  ciie  oltrecchè  a  questa  quahmque  siasi  accusa 
soggiacciono  ancora  i  due  metodi  Euleriani  di  sopra  accenna- 
ti ,  io  non  so  se  esser  vi  possa  una  maniera  di  far  nascere 
un  di  que'  numeri  independeutemente  da'  suoi  precedenti , 
la  quale  non  esiga  un  calcolo  e  più  implicato,  e  più  penoso 
di  quel  che  si  richiede  facendo  uso  della  mia  formola  . 

Al  qual  proposito  non  vi  tacerò ,  che  il  celebre  Cav. 
Lorgna  nella  seconda  delle  due  IMemorie ,  che  egli  inserì  nel 
Volume  terzo  della  R.  Accad.  di  Torino  ,  come  nota  il  chia- 
lissirao  Professore  Malfatti  in  una  sua  inserita  nel  quarto  to- 
mo della  Società  Italiana  delle  Scienze  ,  cava  il  numero  Ber- 
nouUiano  re  esimo  dal  termine,  che  ha  x"  nell'  infinitincmio 


( 


a  a.o  a. 0.4 


e  poi  moltiplicandolo  per  a. 3.4 2« .  E  siccome  è  possi- 
bile   di    aTere    in   quell'    infinitincmio    il    termine    che    porta 
x^'j    senza  avere  i  precedenti  ,  o  certamente  senza  conoscer- 
ne l'importare,  così  si  dovrà  dire  essere   questa  una  manie- 
ra di  procacciarsi  il  numero  Bernoulliano  /»  esimo  ,    la    quale 
non  obbliga  a  ricorrere  a  quei ,    che  lo  precedono  .    Ma  con- 
vien  avvertire  ,  che  anche  nel  caso  che  n  sia  un  numero  non 
molto    grande,  il  termine    che  ha  x^",  in  quell'  infinitinomio 
viene  sotto  un  numero  grandissimo  di  forme  ,  le  quali  consi- 
stono in  altrettante  frazioni  ,    che    non  senza  un  calcolo  lun- 
ghissimo ,  e  tediosissimo  si  possono  sommare  ,  com'  è  neces- 
sario di  fare    per  ottenere  il  numero    Bernoulliano  .    In    fatti 
posto  che  n  sia  solo  =6,  il  termine,  che  ha  x",  si  presen- 
ta setto  77  diverse  forme  ,  le  quali  per  conseguenza    diman- 
dano gran  tempo,  e  gran  pazienza  per  esser  ridotte  (essendo 
frazioni  )  alla  stessa  denominazione  ,    e  messe  così  a  portata 
di  somministrare  il  sesto  numero  Bernoulliano  . 

Meno  operoso    sarebbe  il  calcolo  .,    se    in  vece  della  for- 
mazione della  potestà  ( — i)  esima  di  queir  infinitinomio,  si  for- 

nias- 


Di  Sebastiano  Canteuzani                         177 
masse  il  quoziente  della  divisione  del  numeratore  pel  denomi- 
natore della  frazione   — < ^ ec, 

I    -4-    —    -4-    _l_   _4_ 

3  a. 3    ^  a.3.4  ^  a.3.4.5 

che  a  queir  infinitìnomlo  equivale  :  ina  con  ciò  fare  si  verreb- 
Ler  pur  trovando  tutti  i  numeri  BernouUiani  ,  che  precedo- 
no quel  che  si  vuole  ,  né  sarebbe  più  vero ,  che  si  tro- 
vasse il  numero  Bernoulliano  /^esimo  indipendentemente  da' 
suoi  precedenti  .  Nella  necessità  poi  di  cavare  tutti  i  nu- 
meri precedenti  ,  la  formola  che  vi  ho  proposta  ^  riesce  cer- 
tamente d'un  uso  assai  meno  incomodo  di  quello  dell' accen- 
nata divisione  . 

Voi  qui  sarete  per  avventui'a  curioso  di  sapere  come  io 
trovassi  quella  formola  ,  e  come  si  provi  che  i  numeri  nel 
modo  da  me  indicato  ricavati  sieno  realmente  i  BernouUiani. 
Ad  appagare  la  qual  curiosità  mi  convien  dirvi ,  che  in  oc- 
casione di  far  intorno  ad  alcune  serie  certe  ricerche  ,  che 
ora  più  non  so  quali  fossero,  arrivai  ad  incontrare  la  frazione 
I  3  5  7  q 

a,  a  2  a  a 

■^■■~~— "  ^"  --'■■—  I      ■    I  ■■■■  .   «-M  «w^i^i»  ■     I  —1         I         .■  Il  ■    I     I    -^  Il  ■    I-I  wtmm  I    I    -  Il  I  Pi  (* 

a. 3      a.3.4-5      2.3.4-5.0. 7      a. 3. 4.5. 6. 7.8.9     a. 3 io. 11 

a. 3     2.3.4-5     a.3.4-5.6.7    2.3.4-5.6.7.8.9 
j    la  quale  sviluppata  in  serie  vidi  che  mi  dava  i  numeri  BernouUia- 
ni, intanto  che  denotando  per  A,  B,  C,  D,  ec.  questi  numeri, 

e  chiamando  a ,  b  ^  e ,  d ,   ec.   le   quantità   — , 


a         2.3 .4     * 

„  ,  ^   .-  ,       „  ,  r-  -     —  »  6C.  si  aveva  quella  frazione  egua- 
2.3.4.5.Ò    '    2.3.4.5.5.7.8  ^  ^ 

le  alla  serie  «A -4-  iB^+  cCi;* -h  JDs' ,  &c.  Ora  in  grazia 

di  quest'  eguaglianza  risulta 


Tomo  XI.  Z  o  = 


ijO  Lettera 

3  5    ,  7    ,  9    ^  II    ,  i3    ,  i5 

a  2  ii  a  a  a  a 


,7 


2.J  a. 3. 4. 5  2.3.4.5.6.7  2. 3. ..8. 9  a. 3. ..IO. II  a.3...ia.i3  a.3...i4.i5  a. 3. ..16. 17 
—  ah.z  — ah.z^     —  akz^        —  akz''        —  akz^__      —  akz^      —  akz' 

'~  ""■      ^.3~  a. 3. 4*3  2.3.4-5.6.7  a. 3 8.9  a.3...io.n  a.3...i2.i3  a.3..i4i5 

—  èBs'   —  ^B£      —  Z'Bz"         —  ^Bj^        —  ^B:;'         —  Z>B-^^    „ 

"^^^      2.3       '3^.4.5     373.4.5.5.7    a. 3 8.9    a.3...io.7i    3.3...ia.73'^ 

^  -  cCz^      —  cCz"  —  cC^:^  —  cCz^         —cCz'' 

"  '^^^^      a.3         2.3.4.5      3.3.4.5177     a.3....8.'9     a.3,..io.rF  ^'' 

'~^^^'       2.3  3.3.4.5      3.3.45.6"^       3.3 8.C)    " 

a.o  a. a  4-5  3.0.4-5.0.7 

■'  3.0  3.3.4  5 

—  gGs     —^ <S. 

—  AH  5'      (S:. 
la  qu.al  contlizione  dovendosi  verificare  indlpendentetpente  dal 
valore  di  2,    sarà  giocoforza  che  ciascuna  delle  diverse  pote- 
stà di  z  riesca  moltiplicata  per  zero  .  Ma  facilmente  si  scor- 
ge che  la  potestà  s"~^'  riesce  moltiplicata  per 
2  n —  I 


\ 


ak  —ìB  —  cC  '■^'^    n 


a.3...a«(2«+i)  a.3.,.(2«-a)(a/z-i)  a.3...(272-4)(a?z-3)  a.3.'..(2«-6)(a«-5)""'a.3 
dove  U  denota  il  numero   BernouUiano  «esimo,   e    T  il  suo 

precedente  ,  u  la  quantità  —5 — - — — ^ —  ,  e  i  la  sua  prece- 

dente  — ;; — .  Laonde  dovendo  questo  coefficlen- 

a.3...(2/i— o)(art — a) 

te  di  2"""'  essere  =  o  ,  resterà  egli  eguale  a  zero  anche  divi- 
so che  venga  per  u,  il  che  fatto,  se  in  luogo  delle  quantità 
a  i  b ,  e  ,  d,  ....  ti  Zi  si  metteranno  i  loro  valori   risulterà 

o  = 


Di  Sebastiano  Cantemani  179 

2n—T.    -nnk  -2n{2,n~^){2,n-2,)B   -2?i(a?z-i)(a?2-2)(a/z-3)(are-4)G    -a;t(a;^-i)T 
2(2«4-i)     a  a. 3.4.  a. 3. 4-5. 6.  '"        s.3 

che  è  la  formola  ,  che  v'  ho  proposta  . 

Che  poi  sieno  veramente  i  BeruouUianl  que'  numeri 
A,B,  C,D.,  &o.,  che  si  cavano  da  questa  formola  ponendo  in 
-essa  in  luogo  di  Ti  successivamente  i  numeri  naturali  i,  a,  3^  4» 
&c.  potrete  accertarvene  nel  modo  seguente  .  L'  Eulero 
al   5*    114    «Iella    seconda   parte  del  suo  calcolo    differenziale 

.          1      1     p     .                ^4     2,.4-6.8    a.4-(^-8-io.ia    a.4.6.o.io.ia.i4.i6 
-trea  che  la  frazione  ,- — ^ -i .,— JL_ 

_    j  4-^  4-*J-8-io  4,6.8.io.ia.i4-  4-6-8.io.ia.i4,i6.i8 

sviluppata  in  serie  somministra  i-!-  «Am^H-  Z^Bzy'^  -h  cCu^  -\-  dDu^ 
&c. ,  dove  a,b,c,d,  ec.  sono  quelle  quantità  stesse,  che  di 
sopra  ho  per  queste  medesime  lettere  denotate  ^  e  A,  B,  C,  D,  ec. 
sono  i  numeri  BernouUiani  .  Il  che  posto  troverete  ,  che  l'egua- 
glianza di  quella  frazione  a  questa  serie  fa  nascere  l'equazione 

o  =  — 7-    _  .  ,-  o     ,   .  /-  o r:r-;r 7—7-  &c. 


a.4     a.4  6.8    -2,.4-6.8.io.ia    a4.6.8.io.ia.i4.i6 

&c. 


U-         II*  —  71^  U^ 


4.6    4.6.8.10    4-6-8.io.ia.'j4  4-6«8.io.ia.i4.i6.i8 

—  aKu  ~^-  ^;^;q^    4.6.8.10.12.14  ^''• 


.8 


)  : 


)  z 


—  cCu^  —T-r—  &c. 
4.6 

—  ^D««  &c. 

della  quale   deve  al  solito  ogni  termine  esser  eguale  a   zero . 

Avrete  dunque  dal  termine  n  esimo 

—  I  —  ak  —  hV>  —  cC  —  ?T 


a.4..a/i  4.6...(4ra-l-a)  4'6--(4^-2.)  4-6-"(4'^-6)  ^'^->{éfn-i<d)  "  4.6 
o  sia 

ara  — ak  — ^B  — cC 


—  u\i 


a'".a.3.4...(a«+j)  a'"   ^3.3...(37^-I)  a'"   ^2.3...(2/i-3)   a"~«.3.3...(a/zl5) 


0  = 


i8o  Lettera 

t'Y 

.  .  .  ~i — ziV  :,  e  rruì  rlìvidendo  tutto  per  u,  indi  met- 

2,  .2.j  '     , 

tendo  in  luogo  delle  qu-antità  a,  h ^  e  ,  d ù,  u  i  loro 

valori  otteFrete  la  forinola 

ari  —  anA  -3'2.(2/i-i)(a?z-a)B  ~2.n{2.!i~i){-2,n-2,){ù.n-'ì'){-2.n-4iG 

—  a;2(ai'i—  i)T  t  ,  ,,         • 

...  1 — —  U,    Cile  ò    alquanto  diversa  dalla  ima 

a  .a. 3 

ma  cliB  diventerà  eguale  alla  mia  di  mano  in  mano  che    nell* 

lina    e  nell'  altra    in    vece  di  n  sostituirete  i  numeri  naturali 

i  ,  a  5   3  ,  4j    ec.     In    fatti    ponendo    «  =:   i    questa  vi  darà 

a      —  aA         .   ,  -AI-  ^     A 

o  =  -r-r-    j  cice  o  =  — -  —  AyB  la  mia  pure  0=  —-A: 

4-S        a  a.ò  ^  2-3 

scetituendo  ora  il  valore  trovato   di   A  nelle  due    formole,  la 

.    ,.  2/z — I     — 2n  -an(a«-i)ra77-3)B 

mia  VI   diventerà  o=  — ,  ~ tt-ì ec.  , 

a(ara-i-i)  2.2.3  a.j.4 

■      ,  ,  an  — 2n         ■-a/z(a/z-i)(ara-a)B 

quest  altra  0=  -7— •   — r:=rr   —rr   — ■■'  -v— ^ — ^tt — «^c*» 

^  a"(i«H-i)       a'"    '.2. a. 3         a'"    •'.a. 3.4.  * 

i' una  e  I'  altra  delle  quali  facendo  re=a  vi  darà  o  =  ^--B; 

00 

e  cosi  via  discorrendo. 

Ed  ecco  che  senza  volerlo  vi  ho  proposta  un'  altr»  for- 
mola  generale ,  che  colla  successiva  sostituzione  de'  numeri 
naturali  i  ,  a  ,  3  ,  ec  in  luogo  di  n  somministra  un  dopo 
r  altro  i  numeri  Bernoulliani  .  Ma  la  mia  parmi  più  sempli- 
ce ,  e  perciò  piii  facile  da  aversi  a  mente  .  Voi  ne  giudiche- 
rete.  Desideroso  di  aver  in  qualche  maniera  soddisfatto  alla 
vostra  inchiesta  chiudo  seuz'  altro  col  salutarvi  cordialmente  . 


OBLI- 


OBLIQUITÀ  DELL'  ECLITTICA 

OSSERVATA    NEL   SOLSTIZIO 
3  a    Giugno    z  8  o  3 . 

Dà    V/ngsnzo    Chiminellop 

3Iemona,  fiic&mta  il  di  i3  Dicembre  i8o3. 

are  volte  succede  ne;  Solstizj  ,  che  1  altezza  m^rictiana 
del  Sole  dia  immediatamente  l'  Oblifiuitù  dell'  Eclittica  ,  ma 
ciò  st  è;-  verificato  nel  Solstizio  di  Giucno  di  qiiesto  anno 
iScS,  in  cui  ai  aa ,  minuti  4  circa  avanti  il  mezzo  giorno  a 
qùeSito  Meridiano  è  accaduto  il  Solstizio,  Perciò  in  cruel 
giorno -piocnraìd'  osservare  il  Sole  piìi  esattamente  che  mi 
fu  possibile  al '-Quadrante  "IMurale^  e  così  la  Stella  tt  del  Ser- 
pente la  sera  per  dedurne  la  difterenza  delle  Declinazioni  , 
4  invece  che  impiegare  la  Latitudine  dell'Osservatorio.  L'At- 
mosfera per  buona  sorte  fu  tranquilla  il  giorno  ,  e  la  notte 
e  il  Cielo  sereno  j    circostanze  favorevoli  a  ben  osservare 

Nel  giorno  aa  Giugno  pertanto  a  mezzodì  la  distanza 
del  lembo  superiore  del  Sole  dal  Zenit  alla  supeificie  del  fi- 
lo orizzontale  del  Tubo  del  Murale  fu ai°  3n'  ag"    6o 

7 
Il  Barometro  a8  .  a  —  ,  il  Termometro 

o 

a3  ,  onde  la  Rifrazione     -------  aa     Xj 

il  semidiametro  del  Sole     ------           io  ^■o  ,  oj 

ai   55  37,  70 

la  parallasse      ----------  3,i5 

distanza  vera  del  centro      -      -     -     -     .      .       2, i   55    34,  55 
Nella  sera  dello  stesso  giorno  la  distanza  osservata  di  tt 
del  Serpente  dal  Zenit   alla  superficie  del  detto  filo  orizzon- 
tale fu-   ------ 22°    r  39",  8 

il  Baroni.  aS.a  -r»  il  Term.ao —  ,  onde  la  Rifr.  a3  ,  oi 

4  a  ^ 

e  la  distanza  corretta     -    -    -    .     -     .     _     33,'^     2,'    2,",  84 

La 


l8a  Obliquità'  dell'  Ecclitiga  ec. 

La   declinazione  di  questa  Stella  al  primo  Gennajo    i8o3 
nel  Catalogo  dell"  Effemeridi  Milanesi      -     -     aS"  2,1'  42'" 
la  parte  proporzionale  della  variazione  annua    -      —     5  ^  o 
L' aberrazione     -----------.,     -f-    ij. ,  o5 

La  Nutazione     -    -    -»-•-'-■-----,—    8 ,  Sa 


e  la  sua  declinazione  apparente  ai  aa  Giugno  aS^  ai'  3a",  78 
Or  la  differenza  delle  superiori  distanze  si  è     -        6  a8  ,  ag, 
dunque   l' Obliquità  apparente  deli'  Ecclittica 
osservata     -     -     -     -     -    *     -    -     -     -     -     -      a3  a8  -  1  ,  oa 

Detta  obliquità  calcolata   per   quel    giorno   se- 
condo l'Effemeridi  Milanesi    -     -----     a3  47    58,07 

e  secondo  la  Connoissance  des  Temps  -  -  a3  a8  5,  70 
troppa  differenza  tra  Y  una ,  Q  V  altra  ;  ma  io  credo  più  vi- 
cina al  vero  la  prima,  meno  discorde  dalla  da  me  conclusa, 
alla  quale  ho  molta  fiducia  per  la  somma  diligenza,  che  usai 
neir  osservarla. 


CON- 


i83 

CALCOLO  DEL  PASSAGGIO  DI  MERCURIO  PER  IL 
DISCO  DEL  SOLE  NEL  GIORNO  8-9  NOVEM- 
BRE i8ca  SECONDO  Ui  OSSERVAZIONI 
DI  PADOVA ,  E  DI  NAPOLI  . 

MEMORIA 

Di   Vincenzo    Chiminellos 

Ricevuta  il  dì  3  Dicembre  180 3  .. 

Il  giorno  9  di  Novembre  i8ca  era  cosi  nuvoloso  sin  dalla 
notte  precedente,  che  si  disperava  affatto  di  vedere  il  Sole, 
e  in  fatti  qui  non  fu  visibile  l' ingregjo  ,  e  la  sortita  di  Mer- 
curio, punti  li  più  csst-nziali  di  questo  fenomeno  .  Neil'  in- 
tervallo tra  r  ingresso  ,  e  la  sortita  del  Pianeta ,  sebbene  lun- 
go di  quasi  cinque  ore,  e  mezzo,  il  Sole  comparì  bensi  qual 
che  volta,  ma  ad  istanti  così  brevi,  che  ron  fu  possibile  fa- 
re che  una  sola  osservazione  al  quadrante  Muiale  ;,  qual  per 
altro  ebbi  fortuna  di  farla  bene,  e  potei  anche  nel  tempo 
stesso  ravvisare  distintamente  quel  br-l  fenomeno  che  vide  il 
Sig.  Plantade  nel  passaggio  degli  li  Novembre  lySG  ,  e  vi- 
delo  il  Sig.  Flaugergues  nei  passaggi  1^86  e  1799  ,  cioè  una 
corona  di  suboscuro  splendore  intorno  il  nero  disco  di  Mer- 
curio ,  la  quale  forse  vien  prodotta  dall'  Atmosfera  del  Pia- 
neta che  disperge  ,  ed  oscura  in  parte  li  raggi  del  Sole  ,  da* 
quali  11'  è  penetrata  ,  come  1'  Atmosfera  nostra  . 

Ili  Bologna,  e  Milano  niente  poterono  osservare  di  que- 
sto passaggio  3.  in  Napoli  il  chiarissimo  Cassella  potè  vedere 
soltanto  la  sortita  ,  e  mi  comunicò  la  osservazione  ,  che  sola 
ebbi  d'  Italia  prima  di  questo  Scritto  .  Il  mio  calcolo  adun- 
que restò  limitato  alla  osservazione  di  Padova,  e  a  quella 
di  Napoli  • 

La 


i84             Calcolo  del  passaggio   di  Mekcurio  ec. 

La  osservazione  mia  pertanto    col   calcolo  che   ne   segue 
tale  si  è  : 
Appulso  del  lenil)o  dì  Mercurio  al   4-°    filo 

del   Tubo  del    Murale        ......      o^  4'  43"  t.  p. 

Sortita  del  lem])o  del  Sole  dal  filo  medesimo     o  6    i4 

Dist.  app.  del  lembo  sup.  di  Mere,  dal  Zenit  62,°  i'   i5" 
Dist.    aj-ip.  del    centro    del    Sole    per  il    1.^   . 

sup.,  ed  infer 6a  7     a 

Baroni.  Poli.    27   1 1    -  Termom.   i5  . 

'  IO 

Difi'erenza  di  tempo  tra    il   4.° ,   e    3.°    filo 

dai  giorni  precedenti  j  e  segueìiti  conclusa  87" 
Semidurata  del  passaggio  del  Soie  conclusa 

dagli  stessi  giorni i'  8",  o 

Rifrazione    per  Mercurio i  4'^,  o 

per  il  Sole i  4^j  4 

Parallasse    orizzontale  del    Sole     ....  8,  680 

di  Mercurio ra,  717 

quindi  la  parallasse  di  altezza  del  Sole  .   •  7,  082 

di  Mercurio  ........  li,  234 

Semidiametro  calcolato  di  Mercurio  ...  5,   100 
Mezza  densità  del  filo   verticale  del    Tubo 

del  Murale 43^00 

del    filo   orizzontale 4>cco 

E  supposti  tutti    questi    dati    risulta    l' ap- 

pulso  del  lembo  di  Mercurio  al    3.°    filo     c^»  3'  ^6" 
Passaggio  del   centro    del    Sole    per    il  me-     , 

desimp  filo r..«o  4   ^9 

PlfFerenza  in  tempo     ...     ...-,.  4^  '  ^ 

in  gradi io  4^»  ^ 

Distanza  vera  del  centro   di   Mercurio    dal 

Zenit 6a°''3'     o",866  ' 

dal  centro  del  Sole     .     .-.     .     .     62851,718 

Differenza  di  Declinazione 5'  5o".85a 

La 


J 


Di  Vincenzo  Chiminello  .  l85 

La  longitudine  poi    del  Sole  a  mezzodì    se- 
condo le    Tavole   ijovissime   di  la  Lande 

a^f^giunta  l'aberrazione  ao",  essendo    .     .  7'  ló"  aa'  36",  5o 
e  r  obliquità  apparente   dell'  Eclittica    .     .       a3    a8      o,    i5 

8Ì  conclude  T  A.  R.  del  Sole a  a3    54    16,    3o 

la  Declinazione      = 164^    iS,  o5o 

Quindi  all'Asc  Retta  del  Sole  aggiungendo 

la  mezza  densità  del  filo,  e  il   semidiame- 

tto  di  Mercurio  9",6,  e  sottraendo  quanto 

importa  la  difFereaza  di   tempo    suddetta  io'  46' .5      8 

risulta  r  Ascens.   Retta    di    Mercurio,    4^  ' 

avanti  niezzodà  ,    dalla  sezione    di    Libra     4^°  4^    ^9^»   ^^^ 
•e  la  sua  Declinazione  per    la   differenza    di 

5'  So'joSa   dalla   dis^tanza   del    Sole    dal 

Zenit      =      .     .     .     .     .     .     .     .     o      .     .        16  39  a4»  198 

e  da    questa   la   longitudine    geocentrica    di 

Mercurio  43"  avanti  mezzodì     .     .     .     .  7'   16"  1 1'  11",    35 
ed  essendo  la  retrogr.  per    4^"   secondo    le 


Tavole 


09 


viene  la  longitudine  di  Mercurio  a  mezzodì  7'    ló'ii'S'j     96 
la    longitudine    di    Mercurio    geocentrica    a 

mezzodì  secondo  le    Tavole  novissime  di 

la  Lande  si   è .7'  16°  io' 53",  4o 


Onde  l'error  delle  Tavole  in  longitudine   .  —    iS,  56 
La    latitudine  geocentrica  di   Mercurio    os-i 

servata  concludesi    ........  a'    4°  5    7 

secondo   le   Tavole     ........  349,0 


Errore  dunque  delle  Tavole    in    latitudine  -f-     8  "j    3 

Tale  poi  essendo  la  longitudine  osservata 
di  Mercurio  a  mezzodì,  e  tale  quella  del 
Sole  secondo  le  Tavole,  la  distanza  dal- 
la congiunzione  già  trapassata  era  in  quell' 
istante   11'   17",  54 

Tomo  XI i  A  a  Or 


j86  Calcolo  del  Passaggio  di  Mercurio  ec. 

Or  presa  dalle  Tavole  la  longit.  geocentri- 
ca di  Mercurio  per  un'  ora  avanti  mez- 
zo'^i 7'  i6»  i4'  i3",7 

per   mezzodì  ............  7   i6    io  53  4 

risulta  il  suo  moto  orario  retrogrado     .      .  3'  2,0"  3 

€d    il   moto  orario  del   Sole   allora  essendo  a   3o  ,8 


il  moto  composto  viene ,  5    5i     i 

Onde  la  distanza  di   tempo    dalla    con<^iun- 

zione  a  mezzodì      .       .......       ih    Sj' ag"  ,7 

e  r  istante  della  congiunzione      ....    2.2.^     a'  3o"  j3t.v. 

Nel  qual    istante    la   longitudine    del    Sole 

secondo  le  Tavole  di    la  Lande,  o  sia  la 

longitudine   osservata    di    Mercurio     .     .  7'  16' i7'4r",iS 
e  la  longit.    geoc.  di    Mercurio  secondo    le 

dette  Tavole 7    16  17  25,65 


e  viene  l'error    delle  Tavole  in  longitudine  —  i5",53 

Nello  stesso  istante  la  longitudine  del  Sole 

secondo  le  Tavole  del  Zach  era    ...  7'  16°  I7'43",i5 
e   sarebbe    V  error  delle  Tavole    di    Mercu- 
rio   in    longitudine '—   ^7  5^0 

La  latitudine  poi  eliocentrica  di  Mer- 
curio conclusa  dalla  sua  longitudine  elio- 
centrica osservata  i'  16°  17'  41  j'S  j  dalla 
inclinazione,  e  dal  nodo  risulta  a'  i9"jOa, 
e  per  le  distanze  di  Mercurio  dal  Sole  ,  e 
dalla  Tena  la  latitud.  geoc.  osservata  ...  1'  4"34^ 
ed  essendo  per  le  Tavole i8ji5 

risulta    r  error  tabulare  In  latitudine     .       «      .         -J-  3  ,  67 
Così  dalla  osservazione  mia  . 

A  Napoli  nella  Specola  del  Sig.  Cavalier    Acton  ,    splen- 
didissimo Mecenate  ,    il    chiarissimo    Astronomo    Cassella    con 

tu- 


Di  Vincenzo  Chiminello  .  1^7 

tviLo  Acromat'co  DuIIondiano  di  5  piedi  Inglesi  potè  osserva- 
re nella  sortita  di  Mercurio  il  contatto  interiore  al  lembo  del 
Sole  assai  bene  a  o''  54'  7  ",6  t.  v.,  i'  esteriore  alquanto  dub- 
biamente a  o**  55'  49  5^  t.  V. 

Dal  contatto  interiore  pertanto  per  concludere  il  tempo 
della  congiunzione  presi  in  prima  il  movimento  orario  in  lon- 
gitudine e  in  latitudine,  risultante  dalla  osservazione  mia, 
cioè  l'uno  3'  2.1"  3,  l'altro  49  jiS  ;  e  fatto  il  movimento 
composto  col  movimento  orario  stesso  del  Sole  ,  come  sopra, 
che  pervenne  5'  5a,'',i  ,  per  mezzo  di  questo  ,  e  del  moto  di 
latitudine,  ricavai  l'inclinazione  dell' orbita  relativa  7°  57'7 ',5, 
il  moto  composto  orario  in  detta  orbita  5'  55",5  ,  e  per  le 
canoniche  analogie  ,  ritenuta  la  latitudine  osserv^ata  ,  ebbi  la 
più  breve  distanza  dal  centro  del  Sole  1'  3"j37,  la  distanza 
dalia  congiunzione  alla  medietà  del  passaggio  8  ",921  ,  e  la 
stessa  in  tempo   i'  3o  ",34  • 

La  differenza  tra  le  parallassi  orizzontali  del  Sole  ,    e    di 
Mercurio  era  4'  joag  ,  e  1'  altezza  verticale  del  Sole  ,    sorten- 
do Mercurio,  3i^  2,'  49'  qual' era  alla    latitudine  della    Spe- 
cola di  Acton    (  40"  49'  4*^"  )  risultò    3",449  ,    in    Ascensione 
Retta    o",7i5  ,    in    longitudine    o",746  ,    nell'  orbita   relativa 
o",753  ;  il  semidiametro  del  Sole   calcolato  era  16'  ia",4a,  e 
quindi  la  distanza   dal    punto   della   congiunzione    nell'  orbita 
relativa  al  centro  di  Mercurio  si  manifestò    i5'  57",og2    e    il 
suo  valore   in  tempo  a^  4"    34  ",5  ,  il  cui  doppio    col    doppio 
i'  3o",34  diede  la  durazione  tutta  del  passaggio  5h  26'   9",  68 
e  dal  tempo  del  contatto    Tuteriore    .     .      .     o^   54'  7",  6 
sotratta  la  distanza  dell'  istante  della    con- 
giunzione  a     4^     34 ,  5 


si  manifestò  l' istante  della  congiunz.  medes.    aal>  la'  33'',i  t.v. 
al  quale  comparato  l' istante  concluso    dall' 

osservazione  di  Padova aa     a    3o ,  3 


verrebbe  la  difìerenza  tra  i  Meridiani    .     .  io     a^B 

A  a  a  Ma 


i88  Calcolo  del  Passaggio  di  Mfiiicunio   ec. 

Ma  si  vedrà  già  che  altre  determinazioni  porgono  questa  dif- 
ferenza dei  Meridiani  più  vicina  al  vero  . 

Il  Hietodo  di  adoprare  come  feci,  il  movimento  di  Mer- 
curio, qual  lo  danno  le  osservazioni,  veramente  è  naturale,  e 
legittimo  ,  ma  perchè  unica  fu  la  mia  osservazione  ,  e  in  es- 
sa cioè  nella  longitiidine  ,  e  latitudine  qualche  piccolo  errore 
forse  potè  insinuarsi  ,  sarà  più  sicuro  impiegare  li  movimenti 
orarj  presi  dalle  Tavole  ,  le  quali  sono  già  abbastanza  bene 
stabilite  ,  e  nelle  quali  abbenchè  1'  epoca  delle  longitudini  fos- 
se un  poco  difettosa  ,  i  detti  moti  nondimeno  progrediscono  ret- 
tamente :  Ora  secondo  le  Tavole  le  longitudini,  e  latitudini  di 
Mercurio  un'  ora  avanti  mezzo  giorno  fu- 
rono      7' i6^  i4' i3",7,e  r'57",5 

nel  mezzo  giorno    *.....     7  16   i-o  53  ,4       a  49  >o 

onde  li  movimenti  orarj       ...  3  ao  ,3      o    5i  5^ 

Le  stesse  che  adoperai  nel  calcolare  F  osservazione  mia  ;  e 
preso  il  movimento  orario  del  Sole,  come  sopra ^  a'  So'^S 
viene  il  moto  composto  5'  5i",t  ,  onde  s.i  conclude  l'inclina- 
zione dell'orbita  relativa  8"  2.0  4i'30i^'j  ^  il  movimento  ora- 
rio in  essa  5'  54''5857  ,  per  mezzo  de'  quali  elementi  ,  e  del- 
*,  la  latitudiiije  geocentrica  i'4"54^  qual  si  manifestò  nella  conf 
giunzione  da  me  osservata,  risulta,  applicatavi  già  la  paral- 
lassi ,  la  distanza  dal  punto  della  congiunzione  nell' orbita,  re^ 
lativa  al  centro  di  Mercurio  nell'  istante  del  contatto  interiore 
i5'  56",655,  e  adoprata  la  latitudine  data  dalle  Tavole  i'8",i5, 
risulta  detta  distanza  i5'  S.6",647  j  e  in  tempo  a^»  4''  A-^'ì^ì 
oppure  oM^i'  45", i,- e  l'  istante  della  congiunzione  aal>  la'  aa",(ij 
oppur  5  ,  onde  ricavasi  la  differenza  tra  i  due  Meridiani  9'  Sa",!, 
oppur  a  ,  la  quale  probabilmente  più  al  vero  si  accosta,  che 
la  superiore  . 

Così  sta  però  ,  se  la  congiunzione  di  Mercurio  secondo  la 
mia  osservazione  all'  osservatorio  di  Padova  successe  nel  con- 
cluso istante  aa"  a'  3o",3,  a  cui  presi  la  latitudine  corrispon- 
dente computando  la  osservazione  del  Sig.  Gassella,  ma  se  ÌA 

*  con- 


Di'  Vincenzo  Chiminello  .  189 

congiunzione  accadde  forse  un  poco  prima  ,  o  dopo,  vi  s'  ir»- 
trodusse  un  qualche  errore;,  sarà  dunque  bene  indogare  sepa- 
ratamente ,  se  la  cosa  cosi  debba  stare  ;  or  dunque  riceìclie- 
lò  degli  istanti  della  congiunzione  ,  e  del  contatto  interiore 
prima  per  le  Tavole,  poi  per  il  concluso  da  queste. 

La  differenza  tra  il  Bleridiaao  di  Padova,  e  il  MeridiarrO 
di  Napoli  secondo  l'Effemeridi  di  Milano  1800  si  è  9'  ^7"  di 
tempOj  vera,  o  non  vera,  non  importa:  tal' ora  la  suppongo; 
li  movimenti  oraij,  di  longitudine  e  latitudine  secondo  le  Ta- 
vole sono  gli  stessi  quali  sopra  ,  e  però  la  stessa  l' inclinazio- 
Me  dell'orbita  relativa,  lo  stesso  il  movimento  orario  in  que- 
sta orbita  .  La  longitudine  del  Sole-  a  ao*»  o'  e"  in  Pa^dova  ,  o 
sia  2,3^  9'  3?"  in  Napoli  secoado  la  Tavole  df^l  Zach  si  è 
7'  16"  20'  7 ',67  e  secondo  quelle  di  la  Lande  7'  j6°2o' 5'',7o; 
la  longitudine  geocentrica  di  Mercurio  per  le  Tavole  novissi- 
me di  la  Lande  nello  stesso  istante  7'  16"  14  i3  .,70,  la  la-^ 
titudine  geocentrica  1'  57". 5  ;  dunque  la  distanza  dalia  con- 
giunzione già  trapassata  5' 53"597,  oppar  5'5j.".p.  Da  una  ri- 
sulta la  distanza  di  tempo  1^0'  a.g".^,  dall'altra  1^  o'  g"  ,a.3. , 
e  la  congiunzione  a  zoM  9'  7"6 ,  oppur  2.1^  9'  27", 77  ;  la  lati- 
tudine corrispondente  per  le  Tavole  si  è  l'  5  '^57,  oppur  i'  5' ..o^, 
e  prendo  la  media   i'  5", 71  . 

Fatto  il  calcolo  j  la  distanza  dal  supporto  punto  della  coa- 
giunzione  neli'  orbita  relativa  al  centro  di  Mercurio  nel  con- 
tatto interiore,  applicatavi  già-  la  parallassi  come  sopra  ,  pro- 
viene i5' 56",45  e  il  tempo  corrispondente  2*1  41' 4^  --6'  ^  ^* 
un  istante  supposto  della  congiunzione  il  contatto  interiore  a 
ok  5o'  5o'\a  j  dair  altro  e*  5i'  io"537,  e  quindi  la  discrepauza 
dal  contatto  osservato  3'  17 '4^  oppur  a'  57";a3;  sia  che  pro- 
venga dall'  errore  o  delle  Tavole  ,  o  della  supposta  differenza 
tra  1  Meridiani  .  Di  tanto  dunque  devesi  produrre  il  tempo 
della  congiunzione;  e  l'uno  ,  e  l'altro  diviene  22I1  ra'25",o, 
nel  qual  nuovo  supposto  istiute  la  longitudine  del  Sole  secondo 
le  Tavole  del  Zach  è  7' 16"  17' 4-^  'O''  e  perciò  i'  fó  17  4^  »9^ 
la  eliocentrica  longitudine    di  Mercurio,  l'Argomento  di  laci- 

tu- 


lyo  Calcolo  del  Passaggio  di  Mercurio  ce 

tudine  nell'eclittica  i8'  S^'^gi,  onde  per  l' iticlinazione  dell' 
orbita  vera  7°  o'  i"j43  si  manifesta  a'  19 ",145  e  per  le  distan- 
ze di  Mercurio  dal  Sole  ,  e  dalla  Terra  la  latitudine  geocen- 
trica j'  4  ->53  . 

Con  tal  geocentrica  latitudine  pertanto  ,  e  cogli  elemen- 
ti tabulari  adoperati  di  sopra  rinovato  il  calcolo  trovo  la  di- 
stanza dal  punto  della  congiunzione  nell'orbita  relativa  al  cen- 
tro di  Mercurio  in  contatto  interiore  uscendo,  (  non  trascura- 
ta la  parallassi)  i5'56'.,637,  e  il  tempo  che  vi  corrisponde, 
a^  /^i'  /!^B".jC2, ,  il  qual  aggiunto  all'istante  della  congiunzione 
manifestasi  il  detto  contatto  a  o''  S4  io",oa  .  Ora  il  contatto 
interiore  nella  sortita  fu  osservato  a  o^  54'  7"ti^  ■>  che  diffe- 
risce dal  qui  concluso  di  ^' .i\^  soltanto  ;  dunque  senza  più 
rinnovare  il  calcolo  si  può  ridurre  il  tempo  della  congiunzio- 
ne aa''  la'  a5"  ultimamente  supposto  a  aaìi  la'  aa";58  che  cre- 
do precisamente  vero,  o  cosi  prossimo  al  vero^  che  si  possa 
tenere  per  nulla  la  discrepanza;  e  sarà  la  differenza  tra  i  me- 
ridiani g'  5a"528  ,  quasi  <juella  stessa  <;he  conclusi  superior- 
mente,  cioè  g'  5a",i  ,  oppur  g'  5a",a  ,  la  quale  perciò  seni- 
bra  probabile  a  e  comprova  insieme  la  bontà  delle  osservazio- 
ni ,  e  la  rettitudine  di  quei  calcoli. 

Quanto  all' error  delle  Tavole  veramente  si  è  veduto  so- 
pra ,  qual  sia  dalla  longitudine,  e  latitudine  che  conclusi  per 
osservazione  all'  istante  della  congiunzione ,  ma  non  sarà  inu- 
tile di  sapere  anclie  quello  che  risulta  per  la  longitudine  j  e 
latitudine  nella  sortita.. 

Ora  trovo  la  elongazione  di  Mercurio  nell'istante  del  con- 
tatto interiore  nella  sortita  i5'  ò.^'.'Ji-,  la  longitudine  del  So- 
le secondo  le  Tavole  del  Zach  era  in  quel  punto  7'  iò°a4'  3o"^3i, 
e  la  longlt.  geocentrica  di  Mercurio; simanifesta  7'  16"  8'  44'^59» 
la  latit.  poi  geocentrica  risulta  3'  a3",o  .  La  calcolata  longit. 
geocentrica  di  Mercurio  per  queir  istante  si  è  7'  16°  8'  24" ,84, 
la  latitudine  pur  geocentrica  3'  a7",a  ;  dunque  1'  errore  delle 
Tavole  in  longitudine  —  iQ'jT^  •>  i"  latitudine  -f-  4",a  . 
Se  avessi  adoperato  le  Tavolo  di  la  Lande  per  la  longitudi- 
ne 


Di  Vincenzo   Chzminkllo  .  iqi 

ne  del  Sole  all'istante  del  suddetto  contatto  ,  comparirebbe  la 
longitudine  di  Mercurio  geocentrica  7'  16°  8' 42- ",03  ,  e  I' er- 
rore delle  Tavole  sareblie  invece  —    17  ",79. 

Tali  sono  i  risultati  che  ricevei  dalla  osservazione  del 
Chiar.  Sig.  Gassella  ,  e  dalla  mia  .  Sarebbe  da  esplorarsi  in 
oltre  la  longitudine  del  Nodo  ,  e  l' inclinazione  dell'  Orbita  , 
ma  oltrecchè  questi  elementi  negli  ultimi  tempi  sono  slati  de- 
terminati abbastanza  bene,  unica  essendo  la  mia  osservazio- 
ne ,  né  il  Sig.  Gassella  avendo  potuto  fare  altre  osservazioni 
sul  disco  del  Sole  prima  della  sortita  di  Mercurio  ,  io  non 
intraprendo  questa  investigazione  la  qual  darebbe  determina- 
zioni alquanto  incerte.  Chiuderò  dunque  raccogliendo,  e  po- 
nendo  sott'  occhio  li  risultati  principali  j  the  ricavai  • 

Errori  delle  Tavole 

In  Longit.    —  i5",.S6  in  Latit.  -h  8",3o 

—  i5  ,53  4-3  ,67 

—  17  ,5o  ~\-  3  .67 

—  19  ,76  -f-  4,ao 

— -  17.79  H-  4 -20 

Errori  medj    —   17  ,i5  4-  4  ,81 

più  breve  distanza  di  Mercurio  dal    centro 

del  Sole i    3".87 

Durata  di  tutto  il  passaggio 5^    aó'    9"j63 

Istante  della  congiunzione 

al  Meridiano  di  Padova iah     a'  3o"j3 

al  Meridiano  di  Napoli,  adoperati  i  moti  orarj 

da  me  osservati     .     .     .     .     aa     12,  33  ,1 
adoperati  i  moti  orarj   del- 
le Tav.  colla  Latit.  osserv.     aa    la    04  4 
adoperati  i  moti  orarj  col- 
la Latitudine  delle    Tavole     aa     la    aa  ,5 
separatamente  dalla    osser- 
vazione mia      .....     aia    la    aa  .58 

Dif- 


1931  Calcolo  del  Passaggio  di  Mergurìg  ec. 

Differenza  tra  i  Meridiani  della  Specola  di 
Padova ,    e  della  Specola  d'  Acton     . 


io' 

a",8o 

9 

5a  ,10 

•9 

5  a  ,ao 

9 

5a  ,38 

Differenza  media ,  esclusa  la  prima    «     .     .  9    5a  ,ao 

Questa  differenza  la  quale  per  tre  s.perimenti  risulta  qua- 
si la  stessa  è  certamente  preferibile  alla  prima  ,  e  non  si  può 
negarvi  molta  fiducia  ,  ma  peraltro  io  non  la  terrò  come  as- 
solutamente certa  ,  perchè  se  la  osservazione  di  un  passaggio 
di  Mercurio  per  il  disco  del  Sole  è  la  pii!i  opportuna  per  in- 
vestigare l'errore  delle  Tavole,  non  lo  è  per  determinare  le 
differenze  tra  i  Meridiani  ,  essendo  che  un  tal  passaggio  sof- 
fre una  qualche  piccola  incertezsa  di  tempo  ,  già  comune  a 
tutte  1©  osservazioni ,  porge  al  calcolo  latitudini  troppo  pic- 
cole per  poter  concludere  l' istante  vero  della  congiunzione  , 
ìQual  sia  la  differenza  vera  tra  quei  Meridiani ,  lo  mostreran- 
no più  sicuramente  altre  osservazioni  o  di  occultazioni  di  Fis- 
se j  o  di  Ecclissi  del  Sole  « 


CON- 


CONGETTURE  SULLE  CAGIONI 

DELLE  DIVERSE  VARIAZIONI  DELL'  AGO 
MAGNETICO  DAL  NORD 

Di  Vincenzo  Chiminello 

Ricevute  il  di  3  Dicembre  i8o3' 

ih  notissima  V  annua  variazione  dell'  Ago  Magnetico  ,  cioè 
la  sempre  crescente  sua  declinazione  dal  Nord  verso  Ponen- 
te ,  ma  non  sono  conosciute  che  da  pochi  due  altre  variazio- 
ni ovvero  oscillazioni ,  che  il  detto  Ago  soffre  nel  tempo  stes- 
so ^  r  una  ogni  giorno  ,  l'altra  d'  Aprile  a  Luglio,  e  da  Lu- 
glio ad  Aprile  seguente .  Notò  il  Musschembroek  ne'  suoi  E- 
lementi  di  Filosofia  Naturale ,  che  la  Declinazione  dell'  A^'O 
è  diversa  in  ciascun  mese,  e  ciascun  giorno,  ed  il  primo  che 
osservasse  questa  diversità  fu  il  P.  Guytachart  nel  regno  di 
Siam  r  anno  i682,j,  ed  un  altro  fu  il  Graham  insigne  artefi- 
ce Inglese  nel  1722  ,  dopo  cui  la  osservò  il  Musschembroek 
medesimo  nel  1728  ;  ma  quelle  osservazioni  sono  vaghe  ,  e 
indeterminate,  e  però  non  sufficienti  per  concludere  con  cer- 
tezza qualche  cosa  di  distinto,  e  la  scoperta  delle  legoi  dì 
tali  due  distinti  fenomeni  devesi  al  singolare  acume  del  Sig. 
Cassini  insigne  Astronomo  al  grande  Osservatorio  di  Pari^^i  , 
come  vedesi  nella  sua  Memoria  data  alla  luce  nel  1791. 

Il  Sig.  Cassini  costruite  avendo  più  Bussole  alla  maniera 
di  Coulomb,  e  Wam-Swiden,  e  con  maggior  perfezione, 
dopo  un  corso  di  osservazioni  metodiche  non  interrotte  ,  la 
maggior  parte  sue  proprie  ,  scopri  che  generalmente  V  Ago 
Magnetico  alle  ore  8  della  mattina  comincia  a  muoversi  ver- 
so Ponente,  e  seguita  questo  moto  sin  tra  le  una  e  le  tre  po- 

Tomo  XL  B  h  me- 


K 


ig^  CoMCETTURB    SULLE    CaGIONI    CC. 

meridiane  ,  dopo  che  ,  fattosi  qualche  tempo  stazionario  ,  ri- 
trocede  sino  alle  ore  io  della  sera  ,  e  si  ferma  al  punto  da 
cui  era  partito  la  mattina  ,  e  vi  sta  sino  alle  8  della  matti- 
na seguente;  dopo  quell'epoca  nuovamente  oscilla  verso  Po- 
nente. Il  medesimo  Astronomo  in  oltre  con  sottigliezza  com- 
parate tutte  le  osservazioni  tra  mese  e  mese ,  e  tra  un  anno 
e  r  altro  scoprì ,  che  1'  Ago  mentre  oscilla  ogni  giorno  ,  per 
tre  mesi  di  seguitò  si  muove  verso  ir  Nord,  e  per  nove  se 
ne  allontana  ,  cioè  che  ad  onta  della  oscillazione  diurna  dall' 
Equinozio  di  Primavera  sino  al  Solstizio  di  Estate,  e  più,  si 
accosta  al  Nord  ,  e  dopo  alcuni  giorni  di  stazione  ri  trocede  , 
e  declina. sempre  più  a  Ponente  sino  alla  seguente  Primave- 
ra ^  dòpo  che,  fatta  una  breve  stazione,  ritorna  a  rnuoversi 
come  prima  verso  Levante,  rimarcandosi  in  tal' oscillazione^ 
che  al  principio  di  Maggio  ritrovasi  1'  Ago  nello  stesso  pun- 
to a  cui  era  in  principio  di  Ottobre;  tempi,  come  osser- 
vasi ,  del  calor  medio  dell'  anno  ,  onde  quasi  pare  che  tal 
tiscillazione  non  vi  sarebbe  ,  se  il  calore  fosse  sempre  ad  un 
certo  erado  costante  . 

Avverte  per  altro  il  Sig.  Cassini  rapporto  all'  oscillazione 
diurna,  che  i  limiti, di  tempo  non  possono  tenersi  finora  co- 
me assolutamente    determinati  ,    perchè    le    ore    diurne    della 
mattina  ,   e  le  vespertine  sono  le  più  soggette  alle  perturba- 
zioni nella  direzione    dell'  Ago  ,   e  perchè  le  stagioni  diverse 
sembrano  influire    iiell'  estensione  dei  limiti  pomeridiani  ;  su 
che  per  altro  dirò,  ch'esaminando  le  Tavole  della  citata  Me- 
moria, parvenu  che  in  Estate  l'ora  in  cui  l'Ago  arriva  al  suo 
maggior  allontanamento  dal  Nord  ,  sia  la  una  pomeridiana  in 
Primavera  ,    ed   Autunno   la    seconda ,    in    Inverno    la   terza  . 
Rapporto  poi  alla  quantità  della  detta  diurna  oscillazione  no- 
ta Egli  che  non  è  la  stessa  in  tutte  le  stagioni  ,  ma  che  ge- 
neralmente la  minore  osservasi  in  Inverno  da  Ottobre  a  Mar- 
zo ,    la   maggiore  in  Estate  j  di   5   minuti    la   più    piccola  ,  di 
i4  la  più  grande,  avvertendo  però  un'Anomalia,  che  in  E- 
state  ne'  giorni  di  massimo  caldo  la  oscillazione  è  quasi   nul- 
la ; 


Di  Vincenzo  Chiminello  .  iqS 

ìa  ;  e  qui  si  noti,  che  i  giorni  di  massimo  caldo  sogliono  es- 
sai e  dopo  il  Solstizio  ,  il  che  si  combina  colla  stazione  che 
allora  fa  l'Ago,  e  prova,  come  dicevo,  che  senza  variazio- 
ne di  calore  non  vi  sarebbe  oscillazione  . 

Ma  comunque  sia  di  qualch'eccezione ,  o  determinazione 
non    ben    certa    di    particolari    fenomeni ,    le    osservazioni    e 
comparazioni  del  Signor  Cassini  ci  fan  conoscere  li  due  feno- 
meni   generali    dell'  Ago  Magnetico  ,  oscillazione  diurna  ,  ed 
oscillazione  trimestre,  noveraestre  distintamente  a  grado  da  non 
poterne  dubitare,    e   sol  ci  lascia  Egli  nel  desiderio  della  fì- 
sica spiegazione  riservatosi  a  questo  punto  come  prudente  fi- 
losofo ,  dopo    un  altro  corso  di  osservazioni  ;    per    lo    che    io 
non  dovrei  ardire  di  produr  pensieri  su  questo    riservato    ar- 
gomento .    Ma    poiché   il  Sig.  di  la  Lande  in  una  breve    Me- 
moria inserita  nella  Connoìssance  des  Temps   1 797-1 798  -pro- 
duce delle  congetture ,  coinè  le  chiama  ,    sulla    variazione    di 
declinazione  dell'  Ago  Magnetico  ,    qual  fu  osservata  dal  Sig. 
Cassini  ,  siami  permesso  esporre  le  deboli  congetture    mie  ,  e 
mi  perdoni  il  Sig.  di  la  Lande  ,    se    da  Lui  discordo  di  pare- 
re .  Racchiudo  prima  in  epilogo  il  suo  ragionamento  . 

Mi    pare  ,    dice    il  Sig.    di  la  Lande ,    che    le    variazioni 
diurne,  ed  annue  (  intende  le  mestrue  )  dell'Ago  Magnetico 
secondo  che  le  osservò  il  Sig.  Cassini,  siano  una  conseguenza 
naturale  della  posizione  del  Polo  Magnetico  ,  e  della  influen- 
za del  calore  sopra  quella  parte  del  nostro  Emisfero  .    Il  Po- 
lo Magnetico  ,    prosiegue  ,    dalla   parte    del  Nord  è  un   punto 
che  si  può  concepire  a   70  ,  o  pur  7$    gradi  di  latitudine  ,   e 
a   080,  o  pur  3oo  di  longitudine  contati  dal   primo   meridiano 
all' Guest  della  Baja  di  Baflìns ,  e  della  Baja  di  Hudson,  ver- 
so cui  concorrono    le    direzioni    del    Magnete  dalle    differenli 
parti  del  nostro  Emisfero  ,    il  qual   punto  ci  è  indicato   dalla 
declinazione  di  gradi  5i   osservata  a  Ghothead  nella  Groelan- 
dia  ,    eh'  è    a  64  gradi  di  latitudine,    e    827   di    longiiiidine  . 
Quella  parte  di  Emisfero  è  riscaldata   da  un  Sole  ardente  dai 
i5    Maggio    sino  ai  27  di  Luglio,    ed    è   in    tenebre  continue 

B  b  i  dai 


19Ó  Congetture  sulle  Cagioni  ec. 

dai  16  di  Novembre  sino  ai  aS  di  Gennajo .  Or  come  Cassi- 
ni osserva  ,  da  Gennajo  ad  Aprile  1'  Ago  seguita  ad  allonta- 
narsi dal  Polo  della  Terra  verso  Ponente,  ma  da  Aprile  a  Lu- 
glio crescendo  il  calore  1'  Ago  ritrocede  verso  Levante  ^  e  da 
Luglio  a  Dicembre  mancando  il  calore  ritorna  verso  Ponen- 
te .  La  materia  elettrica  ha  senza  dubbio  della  influenza  so- 
pra la  magnetica  ,  come  lo  prova  1'  azione  delle  Aurore  Bo- 
reali sopra  1'  Ago  Magnetico ,  la  materia  elettrica  secondo 
Buffon ,  e  Franklin  sembra  avere  una  direzione  generale  ver- 
so il  Polo  del  Mondo;  egli  è  dunque  naturale,  che  l'aumen- 
to del  fuoco  ,  e  del  calore  accrescendo  il  corso  della  materia 
elettrica  verso  quella  parte  ,  la  direzione  dell'  Ago  debba 
piegare  verso  il  Polo  del  Mondo  . 

Le  variazioni  pure  diurne  j  dice^  vanno  a  seconda  di  que- 
sta legge  ;  imperciocché  alle  6  ore  della  sera  e.  gr.  a  Parigi  , 
è  mezzo  giorno  al  Polo  Magnetico  ,  e  si  vede  allora  l'Ago  ri- 
trocedere  da  Ponente  piegandosi  verso  il  Polo  mondano  ;  da 
mezzo  giorno  alle  3  della  sera  a  Parigi  1'  Ago  si  porta  verso 
Ponente  ,  e  sono  allora  dalle  6  alle  9  della  mattina  al  Polo 
I\Iagnetico  j  tempo  in  cui  non  Ila  il  calore  diurno  sviluppato 
colà  la  maggiore  sua  attività  . 

Tale  si  è  la  spiegazione  del  Sig.  di  la  Lande ,  la  qua- 
le a  semplice  annuncio  senza  esaminarla  sembra  soddisfacen- 
te ,  ma  poi  non  appaga,  se  bene  vi  si  riflette.  Imperciocché 
primieramente  si  può  dubitare ,  se  la  materia  elettrica  si  di- 
riga propriamente  al  Polo  mondano  ,  poiché  si  vede  che  il 
centi-o  delle  Aurore  Boreali  per  lo  più  ne  declina  qualche 
grado  a  Ponente  ;  secondariamente  si  può  dubitare  ,  se  ,  sca- 
ricata una  certa  quantità  soprabbondante  di  materia  elettrica 
dalle  plaghe  Australi,  e  dalle  nostre  verso  quella  parte  sino 
ai  primi  giorni  del  maggior  caldo  che  colà  arriva  ,  possa  se- 
guitare ancora  per  il  resto  di  tempo  del  caldo  ardente  Tafflus- 
so  della  medesima  ;  terzo  in  un  calore  continuo  ,  come  al 
parallelo  di  70  ,  o  76  gradi  di  latitudine ,  tra  la  metà  di 
Maggio,  e  la  metà  di  Luglio  la  differenza  di  calore  dal  mez- 
zo- 


il  Di  Vincenzo  Chiminello  »  jf)2' 

zoJì  ad  Ostro  al  mezzodì  a  Nord  ,  che  corrisponde  alla  nostra, 
nif'zza  notte  ,  dev'  esser  tion  dirò  insensibile  ,  ma  molto  pic- 
cola ,  Io  che  inferisco  per  prossima  analogia  dalle  mie  Tavole 
Termometriche  inserite  nell'ultima  edizione  del  Saggio  Meteo- 
rologico Toaldiano,  ed  altre  inedite,  nelle  quali  apparisce  che 
in  Estate  in  questi  nostri  Climi  j  i  quali  han  la  notte,  la  diffe- 
renza di  calore  tra  il  mezzodì  ,  e  le  6  ore  della  sera  non  è 
che  di  un  grado  ^  e  mezzo  Keaumuriano  ,  onle  viene  dunque 
a  comprendersi  j  che  al  detto  parallelo,  il  quale  allora  noti  ha 
a  notte  la  differenza  di  calore  tra  il  più  alto  Sole  ad  Ostro  e 
il  più  basso  a  Nord,  dev'esser  molto  più  piccola,  e  però  non 
atta  a  provocare  più  sensibilmente  in  un  tempo  che  nell'  al- 
tro la  materia  elettrica  ;  quarto,  supposto  il  principio  del 
Sig.  di  la  Lande  ,  dalli  i6  di  Novembre  sino  alli  a5  di  Gen« 
rajo  dovrebbe  cessare  la  variazione  diurna  dell'  Ago  ,  o  se 
nondimeno  per  il  calore  diurno  dei  nostri  Climi  seguita  ad 
,  eccitarsi  alquanto  la  materia  elettrica  ,  giacché  suppone  che 
fluisca  direttamente  al  Polo  del  Mondo,  in  tale  stagione  do- 
vrebbe vedersi  1'  Ago  da  mezzo  giorno  alle  ore  3  della  sera 
piegare  a  Levante,  non  a  Ponente,  come  osservasi.  Laonde 
per  tutte  questo  difficoltà  la  spiegazione  del  Sig.  di  la  Lan- 
de non  mi  pare  a  proposito  .  Ecco  pertanto  quello  j  che  mi 
venne  in  niente  ricercando  un'altra  causa  generale,  e  perio- 
dica ,  e  che  sottopongo  al  giudizio  dei  Fisici,  e  del  medesi- 
mo insigne  Astronomo  . 

Ammessa  una  qualche  provocazione  della  materia  elettri- 
j  ca  inforza  del  calore,  come  causa  secondaria  ,  o  perturbante  e 
,  producente  delle  Anomalie  nei  detti  fenomeni,  io  penso  eh'  essi 
provengano  principalmente  da  un  intestino  movimento  dell'aria 
nella  sua  dilatazione  per  il  calore;  cioè  che  l'uno  provenga  dal 
movimento  periodico  dell'  aria  verso  Nord  che  ricorrer  deva 
ogni  anno  nella  Primavera,  durare  sino  al  colmo  dell'  Estate, 
e  ritrocedere  verso  l'Ostro  da  quando  comincia  a  sminuirsi  il 
calore  ;  e  l'altro  ,  cioè  la  oscillazione  diurna,  dal  movimento, 
che  ricorrer   deve    ogni  giorno  da  Levante  a  Ponente   subito 

che 


198         ^  Congetture  sullk  Cagioni  ec. 

clie  il  Sole  cominciò  a  riscaldare ,  e  durar  deve  sino  alle  ore 
del  maggior  caldo  .  Facile  si  è  la  spiegazione  dell'  uno  ,  e 
r  altro. 

Fuori  del  Tropico  ,   o  sia  di  qua  della  Zona    torrida  ,  in 
tutti  li  nostri  Climi  temperati  il  calor  annuo   arriva  al  grado 
medio  nel  mese  d'  Aprile  ,  e  da  questo  tempo  cresce  di  gior- 
no in  giorno;  allora  dunque  l'aria  comincia  dilatarsi  più  esten- 
sivamente ,    che  nei  primordj  di  Primavera ,    in  tutti  i  punti 
dei    paralleli    nostri ,   e    si   dilata   necessariamente  secondo  la 
direzione  dei  Meridiani  verso  il  Nord,  alla  qual  parte  l'aria  è 
più  densa  ,  e  meno  riscaldata  ;  tal  dilatazione  poi  la  qual  de- 
ve crescere  ogni  giorno  ,    continua  sino  a  che  seguita  cresce- 
re il  calore    sensibilmente  ,    cioè    sino  al  principio  di  Luglio  , 
tempo  nel  quale  il  caldo    estivo   arrivato    ad  un  certo   grado 
cresce   pochissimo  da  un  giorno    all'  altro  ,    e    fuori    di    certi 
colpi  improvvisi  di  escandescenza  è  allora   come    stazionario  , 
e    perciò  la  dilatazione    stessa  si  ferma;    dunque   d'   Aprile  a 
Luglio  l'aria  inferiore' dalla  superficie  della  Terra  sino  ad  una 
certa  elevazione,  in  cui  sia  il  calore  sensibile 3  necessariamen- 
te per  tal  dilatazione  dee  avere  uu  movimento  continuo  ver- 
so Nord,  movimento  non  percepito  dai  nostri  sensi,  ma  che 
si  comprende  in  effetto  esistere  per  legge  Fisica;  la  direzio- 
ne poi  di  questo    movimento  da  tutti  i  punti  ,   seguitando    li 
Meridiani  va  necessariamente  al  Polo  del  Mondo  .  Or  la  ma- 
teria  Magnetica  la  qual    fluisce  al  Polo    suo    per  mezzo    dell' 
aria,  non  può  non  partecipare  di  tal   movimento,  e  sarà  for- 
zata ogni  giorno  fluire  per  una  direzione  in  linea  curva  com- 
posta della  direzione  sua  naturale,   e   di    quella    al    Polo    del 
Mondo  ,  il  cui   vertice  si  accosterà    sempre    più    al   Meridiano 
in  forza  della  crescente  dilatazione    dell'  aria  ,    e  il  ramo  su- 
periore ,  che  va  al  Polo  Magnetico  ,   si  accosterà  sempre  più 
al   parallelo  di   70  ,  o   76  gradi   di   latitudine.    Dunque    l'   Ago 
Magnetico  di  qua  dal  detto  parallelo  d'  Aprile  a  Luglio  deve 
accostarsi   al  Nord;  ma  dal  principio  di  Luglio  sin  .quasi  alla 
metà  il  calore  crescendo  poco  ,    e   perciò    la  dilatazione  dell' 

aria  , 


Di  Vincbnzo  Chiminello  •  199 

aria  ,  e  il  suo  movimento    essendo    come  in  stazior'^  j  rj'  AgO' 

Il   non  varierà  ,   e  tale  a  un  di  presso  lo  si  ossnva  .   Ln  t  fletto' 
contrario  poi  deve    seguire    subito    clie    comincia    scemarsi    il' 

I  calore;  allora  per  lo  rt-stringimento  ,  e  ritrocessione  dell'aria' 
il  suo  movimento  dev'  esser  da  Nord  ad  Ostro  ,  e  in  conse- 
giienza  la  materia  magnetica  comincierà  fluire  verso  il  Polo 
suo  per  una  direzione  a  Ponente  di  quella  che  aveva  in  tem- 
po della  stazione  ,  la  qual  direzione  devierà  sempre  più  ogni 
giorno  per  1'  aumento  dell'inverso  moto  dell'aria,  e  così  ri- 
Irocedeià    1'   Ago    Magnetico  sino  a  nuova  Primavera    progre- 

t    dendo  a  seconda  dell'annua  sua  crescente  declinazione. 
I  Per  un  simile  movimento  dell'aria  poi  seniLra  ,  che  deb- 

bano succeder  anche  le  oscillazioni  diurne  dell'Ago  tutto  l'an- 
no. IrTìporcioccliè  levato  il  Sole,  al  primo,  calor  sensibile 
Ilaria,  com'  è  notissimo,  comincia  dilatarsi,  e  poiché  il  ca- 
lare vien  propagandosi  verso  Ponente  essa  concepisce  un  mo- 
vimento verso  questa  parte,  e  questo  uiovimento  è  rinfurza- 
to  successivamente  dall'  aria  posteriore  di  Levante  ,  la  quale 
subentra  poco  a  poco  in  luogo  della  rarefatta  ,  e  dev'  esso 
coutinuaré  sino  a  che  cominciando  scemarsi  il  calore  ,  1'  aria 
ti  va  ristringendo  da  ogni  parte  ,  e  si  rimette  finalmente  all' 
equilibrio  nelle  ultime  ore  vespertine  .  Dunque  dall'  istante 
del  primo  calor  sensibile  ,  e  commovente  della  mattina  il 
flusso  della  materia  magnetica  a  seconda  dell'  aria  deve  sco- 
starsi sempre  più  dal  Meridiano  verso  Ponente  ,  e  ritrocede- 
re  restituita  la  calma  Atmosferica  ;  e  perciò  di  consenso  nel- 
lo stesso  modo  1'  Ago  Magnetico  deve  muoversi  verso  Ponen- 
te ,  stazionare  ,  e  rimettersi  finalmente  nella  sua  posizione 
che  aveva  la  mattina,  e  rimanervi  tutto  il  resto  della  notte 
sino  alla  mattina  seguente  ;  e  questo  è  ciò  che  si  osserva  . 

Resta  ora  da  spiegarsi,  da  che  provenga  l'insigne  varia- 
zione ,  cioè  r  annuo  aumento  progressivo  della  declinazione 
dell'  Ago  ,  eh'  è  lo  stupore  degli  stessi  più  illuminati  F'iloso- 
fi  nell'oscurità  in  cui  siamo  della  vera  causa.  Il  Sig.  Cassini 
riflette  ,  che  accostandosi  l'Ago  al  Nord  per  soli  tre  mesi  ,  e 

disco- 


aoo  Congetture  sulle  Cagioni  ec, 

discostandosenc  per  nove  ,  necessariamente  la  sua  declinazio- 
ne dal  Polo  del  Mondo  deve  trovarsi  ogni  anno  inasgiore  ad 
una  data  epoca  ;  ma  questa  semplice  aritmetica  spiegazione  , 
se  apparentemente  soddisfa  ,  esaminato  con  riflesso  il  fenome- 
no non  pare  accordarsi  bene  colla  verità  ;  imperciocché  dal 
principio  di  Maggio  ,  tempo  in  cui  l'Ago  si  accosta  al  Nord, 
ad  arrivare  alla  sua  minore  declinazione  ,  qual  osservasi  in- 
torno il  Solstizio  estivo,  coi  pochi  giorni  di  stazione  non  im- 
piega che  due  soli  mesi;  e  mentre  se  ne  discosta,  dal  prin- 
cipio di  Luglio  sino  al  principio  di  Ottobre  ,  in  cui  trovasi 
allo  stesso  punto  che  toccava  in  principio  di  Maggio  ,  impie- 
ga tre  mesi  ;  dunque  1'  un  movimento  è  piìi  celere  dell'  al- 
tro ,  onde  si  può  sospettare  ,  che  forse  percorrerebbero  uno 
stesso  spazio  d'  Aprile  a  Luglio ,  e  da  Luglio  all'  Aprile  se- 
guente ,  se  non  vi  fosse  altra  causa  influente  nella  posteriore 
mozione  dell'  Ago  ;  per  il  che  non  è  bastante  la  spiegazione! 
del  Sig.  Cassini . 

Io  piuttosto   credo  ,    che  vi  sia  realmente  una  causa  di- 
Tersa,  per  cui  annualmente  l'Ago  sempre  più  a  Ponente  de- 
clina. In  fatti  pare,  che  il  Polo  Magnetico,  al  quale    1'  Ago 
sempre  tende ,    ad    onta   delle  altre    due  osservate  variazioni 
successivamente    cambj  di  posizione    verso    Ponente  .    E    che 
ciò  sia  ,  osservo  che  le  declinazioni    dell'  Ago  in  Europa    se- 
condo una  Tavola  del  Musschembroek   (  Phys.    Exper.    Disp. 
De  Magn.  )  dal    172,1   sino  al    lyaS  ed  altre  posteriori   osser- 
vazioni ,  trovansi  crescenti  a  maggiori    latitudini   ne'  paesi  di 
una  stessa   longitudine,    e    parimenti   crescenti  ad  una  stessa 
latitudine  ne'  paesi  di  maggiore    longitudine  ,   onde  pare    che 
la  declinazione  dell'  Ago  sia  maggiore  ,    o   minore  in  rapporto 
dell'  angolo    che    fa   la   sua    direzione  al  Polo    Magnetico   col 
Meridiano  del  luogo,  dove  si  osserva;  dal  che  si  comprende, 
che  se  la  declinazione    dell'  Ago    cresce  in  uno  stesso    luogo 
annualmente  in  verso    Ponente   similmente    come  se  si  avan- 
zasse di  latitudine  ,  o  di  longitudine  ,  la  causa  non  può  esse- 
re che  il  cammino   del   Polo   Magnetico  verso   quella   parte  . 

Ma 


Di  Vincenzo    Chiminello  .  ao  r 

!Ma  ciò  supposto  ,  qiial  è  »aai  la  causa  di  siffatto  cambiamen- 
lo  del  Polo  |kIagnetico  ?  Proviene  forse  da  un  effetto  conse- 
guente della  diurna  rotazione  della  Terra?  Vediamo,  se  ciò 
è  possibile  . 

Esistono  nei  Paesi  più  Settentrionali ,  come  e.  ^r.  a  70  . 
o  pur  75  gradi  di  latitudine  grandi  miniere  di  ferro  ,  e  tali 
miniere  si  estendono  non  solo  nel  Continente ,  ma  forse  pas- 
sano per  di  sotto  il  fondo  del  mare  e  chi  sa  che  non  formi- 
no una  specie  di  armilla  tutto  attorno  quei  paralleli  ,  o  una 
calotta  sino  al  Polo  ,  ma  certo  è  grande  la  loro  estensione  ; 
or  8Ì  sa  ,  che  il  ferro  resta  calamitato  da  replicate  fregature, 
o  striscj  del  Magnete  tiratovi  sopra  da  una  parte  ,  purché 
non  s'  interrompa  1'  operazione  con  movimento  contrario  ;  se 
dunque  un  tempo  ridotto  il  Globo  terracqueo  alla  sua  forma, 
e  struttura  presente,  restò  frapposto  alle  dette  miniere,  o 
ad  una  parte  in  contatto  un  grande  ammasso  magnetico,  que- 
sto ammasso  in  forza  dell'  incessante  moto  rotatorio  della  ter- 
ra, che  lo  concita  in  sommo  grado,  col  solo  tocco,  ed  urto 
in  luogo  di  fregatura  potrebbe  aver  poco  a  poco  nel  decoiso 
de'  secoli  calamitato  il  ferro  circondante  ,  o  contiguo  ,  e  indi 
la  calamitazione  continuando  potrebbe  aver  preso  una  grande 
estensione ,  ed  ancora  seguitare  a  prenderne  maggiormente  ; 
e  ciò  posto  poiché  attirerà  non  solo  il  Magnete  originale  , 
ma  anche  la  parte  calamitata  ,  se  la  calamitazione  non  è  an- 
cora trasfusa  da  un  estremo  all'altro  delle  miniere ,  cambian- 
dosi sempre  il  centro  attraente  secondo  1'  estensione  crescen- 
te della  cala(^iitazione  ,  1'  Ago  Magnetico  dovrà  piegare  con- 
tinuamente a  seconda  del  detto  centro  .  Ma  venuto  che  sarà 
il  tempo  della  totale  calamitazione  ,  siano  in  forma  d'  armil- 
la,  o  di  calotta  quelle  miniere  ,  o  pure  non  estese  per  tutta 
la  fascia  tra  quei  paralleli  ,  il  centro  magnetico  resterà  im- 
mobile, ed  annualmente  più  non  si  vedrà  crescente  declina- 
zione dell'  Ago  ,  e  solo  seguiteranno  le  altre  due  variazioni 
osservate  ,  e  verificate  dal  Sig.  Cassini  ,  quando  per  altro  la 
diifercnte  durata  dei  tempi  dell'accostamento  al  Nord,  e  di- 

Tomo  XI.  C  0  SCO- 


202,  Congetture  sulle  Cagioni  ec. 

scostamento ,  come  dice  1'  insigne  Astronomo ,  non  faccia 
l'efFetto ,  che  qualche  poco  annualmente  avanzji,  verso  Ponen- 
te ,  se  pure  è  possibile  ,  che  allora  più  non  camminando  il 
Polo  Magnetico  ,  seguiti  l' Ago  a  declinare  deviando  sempre 
dalla  sua  naturale  tendenza  . 

Per  altro  quanto  al  movimento  del  Polo  Magnetico  della 
Terra  per  via  di  calamitazione  non  dissimulerò. ^un  obbietto  : 
in  quelle  grandi  masse  di  ferro,  toccate  per  naturale  combi- 
nazione dair originale  Magnete  ,  poteva  egli  introdursi  in  for- 
za del  diurno  moto  rotatorio  della  Terra  il  magnetismo  tan- 
to ,  quanto  lo  s'introduce  col  nostro  esperimento  della  cala- 
mitazione artificiale?  Io  crederei  di  sì.  Non  oso  per  altro 
sostenere  questa  opinione  positivamente,  e  la  sottopongo  agli 
illuminati  Fisici  sperimentatori  . 

Ma  frattanto  possibile ,  o  non  possibile  la  immaginata 
calamitazione  5  o  qualunque  altra  ne  sia  la  causa  ^  io  mi  ri- 
stringo a  tener  per  ora  quasi  certo  1'  effetto  ,  cioè  il  suppo- 
sto movimento  del  Polo  Magnetico  verso  Ponente  :  lo  prova 
la  troppo  insigne  crescente  annua  declinazione  dell'  Ago  in 
Europa  colle  osservazioni  di  due  secoli  ,  e  mezzo  ;  lo  prova 
coerentemente  alle  osservazioni  la  riflessione  fatta  superior- 
mente suir  angolo  che  fa  la  direzione  magnetica  col  Meridia- 
no ;  in  fine  lo  prova  per  induzione  la  osservazione  stessa  del 
Sig.  Cassini  ,  perchè  se  1'  Ago  avanza  declinando  a  Ponente 
sei  mesi  sopra  tre  che  piega  a  Levante,  dopo  i  quali  si  trova 
più  avanzato  che  nelT  anno  precedente  ,  e  non  ritrocede  , 
come  nella  variazione  diurna  per  rimettersi  alla  tendenza  sua 
naturale  j  questo  è  indizio  che  il  Polo  Magnetico  verso  quel- 
la parte  progredisce  . 

Una  parola  sulla  inclinazione  dell'  Ago  .  Se  il  Polo  Ma- 
gnetico 5  o  centro  attraente  della  materia  Magnetica  ora  esi- 
ste a  a8o  gradi  di  longitudine  ,  egli  è  rispetto  all'  Europa  an- 
cora nella  parte  inferiore  dell'  Emisfero,  e  perciò  l'Ago  de- 
ve insignemente,  come  osservasi ,  piegare  al  basso  nel  tempo 

stesso  che  declina  dal  Meridiano  . 

ME- 


ao3 


METODO  PER  TROVAR  LE  RADICI  NUMERICHE 
D'OGNI   EQUAZIONE 

Dr  Giuseppe  Cassella 

Presentato  il  dì  3  Dicembre  i8o3. 

Da  Vincenzo  Chiminello. 

A  er  rispondere  come  conviene  al  quesito  proposto  dalla  So- 
cietà Italiana  delle  Scienze  (o)  è  bene  di  tener  presente  il 
quesito  medesimo  ,  onde  spaziandosi  non  si  abbia  da  sortir 
fuori  de'  limiti ,  e  delle  condizioni  ,  eh'  esige  il  Problema  . 

Propone  pertanto  la  Società  il  premio 

„  A  chi  meglio  ,  ed  interamente  esporrà  il  metodo  più 
„  breve  ,  cioè  men  faticoso  per  trovare  le  radici  numeriche 
g,  di  un'  Equazione  di  qualunque  grado  . 

La  condizione  aggiunta  di  non  ammettersi  al  concorso 
del  premio  che  sole  Memorie  inedite  ;  mi  ha  obbligato  di 
pensare  a' seguenti  espedienti,  che  in  un  generale  metodo  ho 
r  onore  di  proporre  alla  Società  •  Procuro  di  gìugnere  alla 
soluzion  del  Problema  in  due  diverse  maniere ,  che  poggiano 
sullo  stesso  principio  •     . 

Prima  maniera  • 

I.  E  noto  per  una  generale  proprietà  dell' Equazioni ,  che 
mettendo  in  una  qualsivoglia  Equazione  in  vece  dell'  ignota 
il  valore  di  essa^  tutt'  i  termini  si  distruggono  i'un  Taltro  j  e 

C  e  a  r  Equa- 


(d)    Queeta    Memoria  non    è  giunta      1     corso  aperto  col  programma  19  Luglio 
in  tempo  ond' essere  ammessa  al  con-     '     i8oa.    Il  Segretaria 


2,o4  Metodo  per  thovar  le  radici  numeriche  ec. 
1'  Equazione  stessa  diviene  zero  .  Io  etsendo  questa  proprie- 
tà,.deduco  dagìi  stessi  principi  quest'  altra  legittima  ,  e  ge- 
nerale conseguenza  :  che  sostituendo  in  una  Equazione  queir- 
lunque  in  vece  dell'  ignota  (  di  qualunque  grado  )  il  di  lei 
valore  (  monomio,  o  polinomio,  noto,  o  in  parte  noto  ); 
avanzando  resìduo  ,  ove  V  ignota  abbia  V  istesso  grado  che 
quella  sostituita;  questo  residuo  deve  essere  eguale  esattamen- 
te all'  Equazione  sostituita  .  Gli  esemp]  seguenti  metteran- 
no più  in  chiaro  la  verità  della  nostra  proposizione  ,  dedotta 
dalia  natura  stessa  delle  Equazioni  . 

a.  Nell'Equazione  x^ — ax-\-ab=^o  sostituendo  in  qualun- 
que modo  — hx 

per  X  il  valore  a  ,  così  che  vaglia  1'  Equazione  x —  «  ■=  o  , 
il  residuo  sarà  sempre  x  —  «  =  o,  e  quindi  x  :=  a  .  In  fatti 
sostituendo  in  questo  modo  si  avrà  I.°  o*  — «r  4- a^  =  o  ,  ed 

—  bx 

»         7  •  d^  -h-  ab     , 

a -h  ab  =■  (a-hb)  X  cioè  .r=  r"  t^-ioe  x=a  ,  ed  x — a~o, 

a-\-  b 

II.°  Nella  stessa  ipotesi  di  x  —  a  — o  facendo  un'altra  diversa 
sostituzione  sarà  x.x  —  ax  -{-  ab  ^^  Oj  cioè  ax  —  ax  -{-  ab  :^0 

—  bx  —  b.v 

ossia  ab  —  J.r  =  o,  ed  a  —  x^  ossia  x  —  (55  =  o,come  prinìa  . 
III.'^  sostituendo  in  altra  diversa  maniera  si  avrà  x^—a^-'rab^^c  , 

— ba 
cioè  .T*  =  a*  ,  e  x^=-  a  come    negli    altri    due  casi  ,    così    del 
resto  . 

3.  Vale  lo  stesso  nelF  Equazioni  di  più  alto  grado  .  Sia 
r  Equazione  x^  —  ax^  -\-  abx  -+-  abc  =  o  .  I.°  Si  supponga  x  =  a, 
—  bx^  H-  acx 
•—  cx^  -f-  bcx 
onde  sia  x — 0^=0,  e  si  sostituisca  nella  proposta,  onde  si 
ahbia  un  residuo  dello  stesso  grado  x  —  a  =  o  :  si  avrà 
o) —  a?  +  CL^b  +  abc  :=  o,  cioè  bcx — abc  =  o ,  ossia  x  —  a—o  ; 

—  ba^  -4-  a^c 
f  'f—  <^<i*  •+  bcx 

ch'c 


Di  Giuseppe  Cassella  2c5 

eli'  è  l'Equazione  sostituita.  II.**  Si  avrà  anche,  sostitueiìd® 
dÌYcrsameute  ^  a?  —  a'  -I-  a^b  —  abc^=-o  ,  la  quale  diviene 

—  ha}  H-  fi'c 

—  ex''  -\-  hac 

—  ex*  H-  fl*c  =  o,  ossia  x^  =■  a^  ed  x  ^=a  ^  o  x  —  à^=  o,  cli'è 
la  stessa  Equazione  .  In  questo  esempio  si  è  ottenuto  il  resi- 
duo dell'  istesso  grado  dopo  una  estrazione  di  radice  .  Non 
occorre  di  applicare  diversamente  il  metodo  nel!'  esempio  di 
questo  numero  . 

4-    Il    metodo  applicato  all'  Equazioni  di  più  alto  grado 
riesce  egualmente  felice  ,  anche  quando    1'  Equazione    che    si 
sostituisce^  sia  di  grado  maggiore  del   primo.  Sia  data   l'Equa- 
zione   (  M  )  Af*  -f-  a.r'  -h  hx^'  -4-  bcx  -i-  bd  =  o  ^    e  si  supponga 
•+■  cx^  -l-ac.i-*-i-  adx 
-h  dx* 
che    valga    1'  Equazione  x^  +  ax -^  b  ^=  o  ^  o  eh*  è  lo  stesso, 
x*  ^=  —  ax — b  .  Sostituendo  per  x^  le  quantità  eguali  -ax^b  ^  ad 
avbitrioj  si  avrà  x*(^ax — b)  -f-  ax[ — ax — b)  H-  bx'' ->r-  bcx-\-bd==Q 
^  +  cx[  — ax  —  b)  -\-acx*-\radx 

-\-dx* 
ossia  —  ax^  —  hx^  - —  a*.r*  —  abx  -f-  ^x*  -1-  bcx  -\-  bd  :=  e  >  e 
—  acx^  —  bcx  +  acx*  -t-  adx 
-f   dx* 
sostituendo  «na  seconda  volta  ^  e  riducendo  sarà 
—ax.{ — ax — b) — a^x'^  —  abx  -t-  bd  =^  o,  ossia  finalmente, 

■4-  dx^  ■+-  adx 

dx^  -f  adx  -]-  bd=.  o  della  stessa  forma  dell' 
Equazione    sostituita  ,  la  quale  diviene  a*  4-  a.r  -f-   è  =  o  , 
eh'  è  r  Equazione    supposta^    che    divide  1'  Equazione  (M)  . 
5.  Facendo  altre  arbitrarie    sostituziorii   si  gingnerà   sem- 
pre allo  stesso    risultato  .    Neil'  Equazione  (M)    disposta    così 
a:'  .  Jf*  -h  ax  .  x^  -\-  b  .  x''  -+-  bcx  -]-  bd  —  o  in  vece  di  x*  si  so- 
-^  ex  'X^  +  ac.x''  +  adx 
+  d.x* 
stituisca  il  suo  eguale  —  ax  —  b,  si  avrà 

{—ax—b) 


ao6       Metodo  per  trovar  le  radici   mumeriche  ec. 
(-ax-b).{~ax-b)+ax.{ — ax—b)-{-  b{—ax—b)  -f-  bcx  +bd—o  , 
-\-cx.{—ax — b)-\rac\-ax — b)  +  adx 
-\-d.{^ — ax—b) 
cioè  moltiplicando  e  riducendo  ,  —  cax^ —  a* ex  — bac  =  o  (  dell' 
istesso  grado,  e  forma  della  supposta  x''-\- ax-\- b  ^^  o)  ^  che 
diviene  x^  -\- ax -\- b  ^^  o  .,  eh'  è  la  stessa   che  quella    suppo- 
sta ,  e  che  per  conseguenza  è  un  fattore  dell'Equazione  pro- 
nosta    (M)  .    Vale  lo  stesso  facendo   diverse  altre  sostituzioni , 
anche  quando  il  fattore  scelto  fosse  di  grado  piìi  alto  . 

6.    Ciò   posto  ,  ecco  come  metto  a  profitto  questa  inte- 
ressante proprietà  dell'equazioni  nella  loro  soluzione:  nel  che 
mi  servo  de'  termini  i  più  generali  .  Siano  le  due  equazioni 
1/  ar"  +  ax"^"'  -\-  bx'"~'  +  cx"-^  ec. 
Il,'  x'  -\-dx'~^   4-  ex''~'-  -\-  fx'~^  ec,   che    moltiplicate 
insieme  danno  1'  Equazione  generalissima 
(A)       x^^'  -V  ax  '"-^"~'  -f-  èx"-^'"*  +  ex  "•♦-""^  +  cdx''-^'^*tc, 
-+-  dx"'-^''~'-^adx"'^''-^-^bdx"-^"~^  +  bcx'"^"-^  ec. 
4-  ex  '"+"-* -\-aex''^'~^+  efx'"^''-'^  ec. 
■+■  fx'"-^"~^ 
{  Non  sarà  difficile  di  portare  innanzi  i  rimanenti  termini  del- 
ia formola  per  li  noti  metodi  dell'  Algebra  ,  giacché   i  coeffi- 
cienti de'  termini  x"'*'''""' ,  «-""^""S  ec  seguono    leggi  costan- 
ti )  .    Ora  supponendo  che  uno  de'  fattori    del  grado  m  ,  che 
risolva  l'  Equazione  generalissima  (A)  sia 

x"'-\-dx"'~'^+b'x"'~'^+cx^~'^  ec.  =  o  ,  sarà  anche 
re"  =  —  dx"'~^—b'x'^^—cx''~*  ;  e  fatte  le  opportune  so- 
stituzioni, l'Equazione    (A)  del  grado  ni-\-n  si  abbassa  a  un 
grado  inferiore  m-\-n —  i  . 

y.  Di  fatti  r  Equazione  (A)  ,  sostituendo    1'  equivalente 
solo  nel  primo  membro  x""^"  ,  diviene 
(B)        —  dx'"+'~'  —  b'x'"-^"~'  —  cx"'-^""»    —  ec. 
H-  ax'"^"-'  -4-  bx''^''^'  +  ex"-^'~*    H-  ec 
'\-dx'"^^'+adx"-^''~'-^bdx'"^"-^     4-    ec 


4-  e;c  ""-*-""'+ fl^a;"-^"-'    4-  ec 


-+-/x"+"~»     4-  ec 


e  poi- 


Di  Giuseppe  Cassella  .  207 

e  polche  si  è  supposto  che  a'"H-tì':t'"-^'~'  +  Z^V^"~*  + c'o,""^""' 
ec.  sia  uno  de'  fattori  dell'  Equazione  generale  (A)  ,   cosi   fa- 
cendo d—a,  h'—h,  c'=cec.f  l'Equazione (B)  passa  in  quest'altra, 
(B')         ■+■  dx"'-^"-'-{'adx"'-^''~^  +  b  dx'"->-''~i  H-  ec 
■^  e  x;-^"'' -t  aex'"-^'--^  +  ce. 
-f-/a;'"+*~»  -h  ec. 
nella    quale    Equazione  ,    eh*    è    di    un    grado    inferiore  della 
proposta    (A),  di  cui  si  cercano  le  radici  ,    io  osservo  che   il 
coefficiente  d  del  primo  termine  è  il  coefficiente  del  secondo 
termine  dell'Equazione  II.*  al  n."  6,  la  quale  conosciuta,  si 
determinerà  anche  la  a  ,  dappoiché  nell'  Equazione    generale 
(A)  è    noto    il    coefficiente   del    secondo    termine    eguale   alla 
somma  a -\- d  .  Piìi  il  coefficiente  ad-\-e  dell'Equazione  (B) 
e  eguale  al  coefficiente    simile   dell'  Equazione    (A)    meno    la 
quantità  b,  così  del  resto.  Si  osservi  che  non  prosieguo  la  so- 
stituzione   fino  ad    ottenere  un  residuo    dell'  istessa    potenza 
dell'  Equazione  ,  che  si  è  sostituita  .    Per    ora  mi  valgo    della 
sola  prima  sostituzione  . 

8.  Evvi  ,  com'è  ehiaro,  una  stretta  reazione  fra  i  coef- 
ficienti simili  delle  due  Equazioni  (A) ,  e  (B)  ,  la  quale  re- 
lazione ci  darà  una  norma  per  trovare  i  fattori  di  una  qual« 
sivcglia  Equazione  proposta  a  risolversi  ,  e  quindi  le  radici 
della  medesima  o  vere,  o  almeno  per  approssimazione.  Dap- 
poiché fatto  il  confronto  de'  termini  d'  ambe  1'  Equazioni  si 
verrà  in  cognizione  delle  quantità  a,  b  ,  e,  ec.  che  sono  i 
coefficienti  dell'Equazione  supposta ,  uno  de' fattori  della  pro- 
posta a  risolversi.  Intanto  p<  r  ottenerlo,  conviene  prima  di 
j  tutto  determinare  il  massimo  esponente  sì  dell'Equazione  da- 
I  ta  a  risolversi  j  che  di  quella,  la  quale  si  vuole  che  s=a  uno 
de'  di  lei  fattori  ,  ossia  delle  due  Equazioni  (A)  ,  e  (B)  ;  e 
non  sarà  difficile  dando  ad  m  ed  n  tali  valori ,  che  gli  spet- 
tano ,  secondo  il  bisogno  . 

g    Così,  avendo  a  risolversi  un'  Equazione  di  4*  grado, 
si  farà  m  —  a  ,  n,=  a,  e  l'Equazione  (A)  diverrà 


x"*- 


2o8      Metodo   ter  trovar  le  e.'.dici  kumeeiciie  ec. 

a''  +  ax'  -+-  bx^  -+-    ex  +  ed      ) 

-\-  dx^->radx'^-\-  hdx  ~\~  bc  )  =  o  j  e  siccome  le  due 
-f-  ex^  -f-  aex  ~\-  af  ) 
Equazioni  componenti  al  n."  6  hanno  il  massimo  esponente  a, 
così  non  si  avranno  che  tre  termini  in  cadauna  di  esse  ,  e  per 
conseguenza  divenendo  zero  tanto  /  che  e  ,  T  Equazione  su- 
periore diviene 

(A)     .t'  H-  ax''  H-  bx^  -\-  bdx  +  ^e  =  o  .  L'  Equazione   poi 
+  dx^-\-adx^  -+-  aex 


■  ex^ 


(B)  n.'^  7  diviene 

(B)  dx^  ■+-  adx^ -\-  hdx-'rbe-=o  .  Ora  ,  supponendo  che 
+  e  a;*+  aex 
uno  de' fattori  che  risolva  l'Equazione  (A)  sia  x^ -'r  ax -\- b , 
facendo  il  confronto  si  avrà  (  sottraendo  dai  termini  dell'  E- 
quazione  (A)  i  termini  simili  dell' Equazione  (B')  )  l'ia-\-d)x^ 
—- dx^  =  ax^  ,  ossia  si  troverà  a.  II."  (b-{-ad-{-e)x^  -  {ad-]re)x'^ 
c=  bx^  ,  cioè  si  trova  b  .  Gli  altri  due  termini  ,  restando  i 
medesimi  ,  non  hanno  bisogno  di  confronto.  Quindi  conchiu- 
do che  il  fattore  che  risolve  1'  Equazione  (A)  è  V  Equazione 
supposta  x^  -h  ax  -\-  b  =:  e  .  Ognuno  vede  che  questo  metodo 
suppone  che  l'ultimo  termine  dell'  Equazione  proposta  a  ri- 
solversi si  abbia  a  dividere  iii  due  fattori  tali  ,  che  ci  diano 
r  intento  - 

IO.  Dagli  anzidetti  principi  seguono  necessariamente  ì  se- 
guenti precetti ,  che  servono  per  trovare  le  radici  d'  una  da- 
ta Equazione  o  vere  ,  o  prossime .  1.'=*  Si  divida  in  due  fatto- 
ri r  ultimo  termine  dell'  Equazione  data  a  risolversi  •  II.°  Si 
passi  dall'  Equazione  (A)  all'  Equazione  (B')  n.°  9.  colle  op- 
portune sostituzioni  .  III.°  Si  facciano  ì  confronti  de'  termini 
cimili  delle  due  Equazioni  :  questi  mi  daranno  i  coefficienti 
dello  scelto  fattore,  o  della  scelta  Equazione  o  verij  o  pros- 
simi al  vero  .  Questa  maniera  è  attissima  per  esaminare  spe- 
cialmente se  vi  siano  fattori  razionali ,  ne'  quali  possa  risol- 
versi una  data  Equazione , 

II.     ; 


I 


I 


Di  Giuseppe  Cassella  .  aoo 

II.  Esempio  I.  Si  abbia  a  risolvere  ne'  suoi  fattori  ve- 
li, o  prossimi  l'Eijuazione  numerica  Jir^4-3x^-!-6x^  +  5j:-f-3=o  . 
Paragonati  i  termini  di  questa  Eeinazione  con  quei  dell'Equa- 
zione (A)  n.°  9,  si  avranno  le  due  E(|uazioni  1."  a+d=  3;  IL* 
b  -h  ad  -\-  e  =  (3  (  gU  altri  confronti  possono  trascurarsi  )  . 
Quindi  seguendo  i  precetti  dati  .  I.^  L'  ultimo  termine  3  si 
divida  ne'  fattori  3  ,  e  l  ,  onde  sia  b  =  o;  e  =■  i.  II."  Si  pas- 
si all'Equazione  (B')  n.°  9  onde  si  abbia 

(B)     dx^  -4-  adx"-  -f  idx H-  3  =  o  .  III.°  Fatto  il  confron- 
-f      x^  -\-  a  X 
lo  de'  termini  simili  j  si  trovino  i  valori  di  a  ,  e  di  d:    così 
1/  «  +  <£=  3  Equ.    (A) 
—  d=  —  rfEqu.   (B'; 


«  =  3  —  d 


lì."  3  -H  ad+i  =  6  Equ.    (A) 
— ad—i  =  — ad — i  Equ.    (B') 
3  =  5  —  ad 


Da' quali  risultati  facilmente  si  ricava  ad=S  -  3  =  2  :  onde 
non  è  difficile  di  vedere  cbe  a^=-'2u  ^  d=  i  .  In  fatti  sapen- 
dosi per  altro  verso ,  che  il  terzo  termine  dell'  Equazione  (A) 
è  eguale  al  terzo  dell'  Equazione  (B)  ,  dovrà  essere  anche 
3^H-fl=5:  sostituendo  nella]/  3</+3  —  d  =z  5  ,  ossia 
2.d=  a  ;  e  f/=:  i.  (  Di  seguito  si  farà  sempre  questo  confron- 
to )  .  Quindi  il  fattore  che  risolve  1'  Equazione  x'^-\-Sx^-\~6x'' 
H-  5:r  4-  3  =  o  sarà  x''  -+-  2,x  -t-  0  =  0  :  e  l'altro  fattore  sarà  , 
com'  è  chiaro  ,x*-l-^+i~o. 

la.  Esempio  11.^  Si  voglia  sperimentare  se  T  Equazione 

(A)  x'*  +  2x^  -4-  3x^  -4-  5j;  -ì-  4  =  o  abbia  fattori  razionali  di 
secondo  grado  .  I.°  L'  ultimo  termine  si  divida  ne'  fattori 
a,  e  a  ;  onde  sia  b=2,  ,  e  —  a.   11.^  Si  passi  all'Equazione 

(B)  n."  9,  onde  si  abbia 

dx^  +  adx^  -+-  ^dx  +  4  =  0.  III.^  Fatto  il  confronto  de' 
-h  2,  x''  ■+  2.ax 
termini  delle  due  Equazioni  (A)  e  (  B' )  si  avrà  a  -+-  d=2.  ; 
«6?-f-a=:3;  dalle  quali  risulta  ad=i,  e  d'  onde  non  sarà 
difficile  di  ricavare  a  =  1  ,  J=  i  .  Ma  per  lo  stesso  confron- 
to si  ha  ar/+  aa  =  5  ,  ossia  per  la  prima  2.d-+-  4  —  arf  =  5  ; 
quindi  4  =  5  assurdo.  Il  fattore  adunque  x^  ~[- ax -{- 2.  ,  che 

Tomo  XL  D  d  (fa- 


N 


2,10        Metodo  per  trovar  le  radici  numeriche  ec. 
(  facendo  ex.gr.  e  =:  i   )  diviene  x^-hx-]-2,  =  c  non  risolve 
r  Equazione  . 

i3.  L'ultimo  termine  4  pi"'ò  dividersi  anche  ne'  iattoii 
I  ,  4  •  Si  faccia  1°  b  =  ^,  e=i.  11°  Si  passi  all'Equazione 
(B')  n.°  9,  onde  sia  dj  -\-  adx^ -+-  4r&  4-4  =  0  .  III.'^  Fatto 

H-  x''  -\-  ax 
il  confronto  de'diie  termini  primo,  e  terzo;  lasciando  gli  al- 
tri, sarà  I."  flH-J=2,5  II."  ^d-\-a=.^.  Dalla  11/  levando 
la  I-*  si  avrà  é^d -\-  a  —  a  —  <:/.•=  5  —  2,  ossia  od=  3  ,  e  d=.  i 
onde  a  =  2, —  1  =  1  .  Il  fattore;  pertanto  x^ -\- ax  -\-  4?  ossia 
;r^ -4- jr -4-  4  =  o  sembra  che   possa  risolvere  l'Equazione. 

Ma  siccome  si  è  tralasciato  il  confronto  degli  altri  ter- 
Tnini  ;  così  conviene  esaminare  ,  se  questo  fattore  soddisfa 
all'  Equazione  .  Coli'  ajuto  del  nostro  metodo  si  ottiene  facil- 
mente r  intento  .  Sostituendo  iu  vece  di  .t*  il  valore  eguale 
■ —  X  —  4  l'ella  data  Equazione 
.-r''-!-'a.i;'-|-3.t;*  H-5;cH-4  =  o  si  avrà 

(  —  X — l\.).x'^ -H  2.X.  (  —  X  —  4) "t"  ^^^ H-  Sa;  +  4  =  o  ,  cioè 
. —  x^  —  4^*  —  ^-^"^  —  8r  +  3.t^  -f-  5,v  4-  4=  o  ,  ossia 

—  x^ — 3;i-*  —  3x4-4=  <^>  ^  di  nuovo   sostituendo 

—  X .{  —  X  —  4)  —  ^-^^  —  Se  4-  4  =  o  ,  r  Equazione  dello 
stesso  grado  che  ne  risulta  sarà  — 2,  jf^  4- Jf  4- 4=  o  diversa 
dal  fattore  supposto  ;r^  4-  ^  4-  4  ^^^  °  •  Quindi  si  vede  chiaro 
che  questo  fattore  non  risolve  f  Equazione  ^  e  che  la  propo- 
sta non  si  può  dividere  ne^  fattori  razionali  di  secondo  grado. 
Tentata  la  sostituzione  per  un  altro  fattore  x'^ -^  ax  —  a  =  o; 
ovvero  x*  4- a.r  — 4  =  ^),  risolvendo  Tultimo  termine  ne'suoi 
fattori  — a.i'X  —  2,  ,  e  —  i  x  )■[ — 4^  ^i  ^^'*'à  egualmente  un 
risultato  incompatibile  . 

i4-  Non  potendosi  avere  ne  fattori  razionali  ,  né  i  veri 
d'  una  proposta  Equazione  ,  1'  espediente  il  più  proprio  sarà 
quello  di  cercare  i  fattori  prossimi  ;  i  quali  fattori  saranno 
tanto  più  atti  ,  quanto  più  si  avvicineranno  ai  veri  .  Per  ot- 
tenerli neir  esempio  passato  ,  osservo  che  avendo  noi  trova- 
to ,    pel    confronto    fatto    al    principio  del  n.°    ja,  (2=i  :  e 

per 


V 


Di  Giuseppe  Cassellà.  air 

per  l'altro  confronto  un  altro  valore  di  a   diverso;  (  cioè  I." 

a  -\-  d-=.2.  ^  II."  i^'\'  ad-=.  i  ,  ossia  facendo  II."  ad-=.  —  a  ,  e 

0.  a 

dz=— —  ,  e  sostituendo  nella  I."  a =  a^  ed  «^ — 2fl=2, 

a  a 

ed  fl  =  I  ih  y' 3  ,  e,  supposta  per  maggior  semplicità  y'' 3  =  fi 
per  approssimazione,  una  delle  «  =  i -1- a  =  3  )  ;  il  valore 
medio  delle  due  a=  i  =^3,  cioè  a  =  a  sostituito  nell'Equa- 
zione AT*  +  fl;if  +  4  =  o  ,  elle  diviene  x^ -^  2.  x -\- ó^  =  o  darà 
il  fattore  prossimo,  ossia  quello  che  conterrà  due  radici  pros- 
sime della  proposta  Equazione  .r'' H- aa;' H- 3.r*+  5rH-4  =  o  . 
i5.  Con  simile  artificio  si  potrà  avere  1'  altro  fattore 
prossimo  della  medesima  Equazione  n."  la  ,  e  per  conseguen- 
za le  rimanenti  due  radici.  Imperciocché  supponendo  il  fatto- 
re .y*  H-  ar  +  i  =o,  si  passi  dall'  Equazione  (A)  all'  Equa- 
zione (B')j  e  coli'  ajuto  d'  entramhe  si  giunga  alla  determi- 
nazione del  valore  medio  della  lettera  a  ,  la  quale  determi- 
nata darà  il  fattore  prossimo  x* -^  ax-\- i  =o  ,  e  quindi  le 
rimanenti  due  radici  prossimamente  della  medesima  Equazio- 
ne x""  ■+•  a.r'  4-  3ji;^ -H  $x  -^  j^  =  o  .  Ma  di  queste  appros- 
simazioni più  opportunamente  a  suo  luogo  ,  trattando  della 
seconda  maniera  di  potere  trovare  i  fattori  ,  che  risolvono  la 
proposta  Equazione  .  Per  ora  basti  di  averne  soltanto  indica- 
to il  metodo. 

i6.  È  così  generale  il  metodo  ,  che  deve  valere  anche 
quando  i  fattori  siano  fratti  ,  cioè  quando  i  coefficienti  delle 
due  Equazioni  componenti  la  proposta  a  risolversi  siano  o 
fratti  ,  o  misti  d'  intieri  ,  e  di  fratti  .  Dicasi  lo  stesso  delle 
quantità    irrazionali  .    Sia    proposta    a  risolversi    V  Equazion 


e 


5  17   .       4q         ^ 

(V)  A-'*  +  —  a:'  +  -r  x'    +    TT  --«^  +  -7    =  o  .    I.*'    I    divisori 
^  a  4  *^  4 

o 
O 

dell'  ultimo  termine ,    tralasciando    gli   altri  ,   sono  i  ,  e  -7- . 

3  ,      .  3 

Formo  l'Equazione  x^  -\- ax -{--.=  0,  onde  sia  ^  =  — ,e=i 

^  4  4 

II.**  Passo  dall'  Equazione  (A)    all'  Equazione   (B)  e   si   avrà 

Dd  a  (B) 


a  12,      Metodo  per  trovar  le  radici  numeriche  ec. 

3  3 

(B')     dx^  +  adx^  +  --    dx  -\-  —=zo  .111.'^    Facendo  il 

H-  ax 

5  3 

confronto  de'due  termini  sarà  (I/j  a+rZ=  --  ;  (II.*)  —  d  -{-  a 

^  4 

=  -o-  .  Dalla  (I/)  si  trova  a  = J;  e  la  (II.*)  ci  dà  -d 

^       7     49  a  Q 

H-  ~"  -fi=  -  5  ossia  6J-h  ao  —  3  J  =  4n  ^  &  d  =z . 

a  o  '  -^  2, 

n   •   j-  ^  29  34 

Vuindi    a=    —  -\ =  — =17.  Determinata  la  «  =  17, 

a  a  a  ^ 

„  ,  3 

e  tatto  ;t;    H-  1 7.1- -f    —  =  o,    sostituito    questo   fattore   Meli' 

Equazione  data,  trovo  che  il  residuo  delT  istessa  forma  è 
diverso  :  lo  che  m'indica  che  non  sia  questo  il  vero  fattore, 
ma  che  bisognerà  tentarne  un   altro  . 

17    ij"  ultimo  termine  dell'Equazione  proposta  a  risolver- 

.    3        ^  ...  r 

SI    —  può  nascere  dalla  moltiplicazione  de'  due  numeri  3  ,  -  . 

I.°  Facciasi  ^=3,e  =  — ;esi  formi  l'Equazione  x'^-\-ax-\-Z=:o. 

4  ' 

II."  Si  passi  all'  Equazione  (B)  ,  che  sarà 

r  3 

(B')     dx^-tadx"-    -\- Idx -\-  -r  =  o.    111°    Fatto  il   con- 

4 

H X  -{-  —-  ax 

4         4 

fronte  de'  due  soli  termini  dell'  Equazioni  (A)  e  (B),  si 
avranno   altre    due   Equazioni    I.'  a  -\- d  =  — ,  II."  3^/--l a 

-  'ò  -  4 

=  —  .  Il  valore   di  3if  =  —  —  3  a  della   I."   si    passi    nella 
8  a  ^ 

i5  a       40  -   ,  , 

II."  5  e  si  avrà  —  ■ —  3a  +  —  =  —  ;  e  i5.4  —  ^Aa-h  aa  =4t 
a  4         " 

os- 


«j   r 


Di  Giuseppe  Cassella  .  2  i  3 

I  r         I 


ossia  tì!=  — =  —  .  Pertanto  l'Equazione  supposta  essere 


un 


I 


fattore  della  proposta  sarà;c*4-<3:r-f  3  =  o,  cioè  .r^-l — .rH-3=o- 

a 

la  quale  sostituita  nella  proposta  a  risolversi  {V)   n."   16  se- 
condo   il  nostro    metodo  ,    e    dandomi    lo    stessissimo    residuo 

I 

x^  -f-  —  -v  4-  3  =  o  ,  concluudo  eh'  essa  sia  uno  de'  suoi  fat- 

tori . 

Seconda  maniera  • 

18.  La  Società  richiede  j  che  il  metodo  che  si  dà  per  ri- 
trovare le  radaci  numeriche  di  qualsivoglia  Equazione  sia  il  più 
breve,  o  il  nien  faticoso.  Quindi  se  a  taluno  sembrasse  trop- 
po lungo,  ed  imbarazzante  il  metodo  esposto  finora,  potrà 
battere  la  strada,  che  ne'spguenti  numeri  s'  indicherà.  Pog- 
gia il  metodo  sugli  stessi  esposti  prJncip] ,  e  non  n'è  che  un 
coi'ollario  . 

ig.  E  per  vero,  se  un  fattore  scelto  ad  arbitrio  d'  un 
grado  inferiore  air  Equazione  proposta  a  risolversi  contenga 
alquante  radici  ,  che  nell'  Equazione  stessa  si  contengono  ; 
sostituito  questo  nell'  Equazione  ,  il  residuo  dell*  istesso  gra- 
do e  dell^  istessa  forma  del  fattore  deve  essere  eguale  preci- 
samente al  fattore  istesso,  che  si  è  scelto.  Da  questa  propo- 
sizione già  dimostrata  j  e  sviluppata  ne' primi  numeri  di  que- 
sto scritto  seguono  necessariamente  i  seguenti  precetti  I.°  Si 
scelga  una  Equazione  d'  un  grado  inferiore  alla  proposta  a 
risolversi,  il  cui  ultimo  termine  noto  sia  imo  de' fattori  dell' 
ultimo  termine  della  pi'oposta  :  gli  altri  coefficienti  siano 
quantità  ignote.  II. °  Si  facciano  le  opportune  sostituzioni, 
finché  si  giunga  a  un  residuo  dell' istesso  grado,  e  della  for- 
ma medesima  della  Equazione  scelta.  111.°  Diviso  ciascun  ter- 
mine di  questo  residuo  per  l'altro  fattore  già  noto,  si  faccia 
il  confronto  de'  termini  simili  ciascuno  a  ciascuno  .  IV."  Si 
trovino  i  valori   delle    ignote  con    questo  conlronto  ,    o  veri  , 


o  pros- 


2i4  Metodo  peh  trovar  le  radici  numeriche  ec. 
o  prossimi.  Si  avrà  così  un  fattore  che  conterrà  tante  radi- 
ci della  proposta  Equazione  a  iisolversi  ,  quante  «nità  con- 
tiene il  massimo  esponente  dell'  ignota  in  questo  stesso  fat- 
tore .  L'applicazione  del  metodo^  e  degli  esposti  precetti  agli 
escmpj  ,  ci  farà  conoscere  alcune  vie  più  brevi  ,  onde  ado- 
perando qualche  industria  ,  si  può  giugnere  più  facilmente 
air  intento  . 

ao.  E  per  «ervirci  de' termini  piìi  generali:  sia  V  Equa- 
ziane  (A)  x^-hpx"^  -\-  q  x^  -h  r  x^  -+-  fx  -\-  t  h  =  o  ;  i  coefficien- 
ti della  X  in  questa  Equazione  sono  tutte  quantità  note  .  Se- 
condo i  precetti .    •<, 

ì.°  Si  scelga  r  Equazione  .t'  +  ax'^  -}-  J.r  -4-  /i  =  o  ;  (A  è 
uno  de'  divisori  dell'  ultimo  termine  dell'  Equazione  (A), 
eh'  è  noto  ^  a  ,  e  b  sono  da  de  ter  minarsi  }  ;  onde  sia  x^  =  —^ 
ax^  —  bx  —  h  . 

II.°  Si  facciano  le  sostituzioni  ;  onde  si  abbia 

x'.{~ax^ —  bx  —  h) -\- qx^  ~hrx^ -+-fx  +  ih    )_q 
-f-  px  .  (  —  a.v*  —  bx  —  A  )  ) 

cioè  riducendo 

—  ax^  —  bx^  —    A.r'4-  fx  -\- th  ) 

H-  qx^  +     rx^  -phx  )  =  o 

—apx^ — bpx^  ) 

e  di  nuovo  sostituendo  in  vece  di  —  ax''  il  valore  corrispon- 
te  —  ax  .  (  —  ax''  —  bx  —  k)  ,  si    avrà 
(B)       d'x^-]-abx^-+-  aJix  -h  th  ) 

—  bx^ —  Ax*H-    fx  )  1.9  <   -1        -1       j  1 

,    ,         I        '',  (  =  0  :  eh  e  il  residuo  del- 

-+-  qx^  -+-  rx —  pax  )         ' 

— apx^  — bpx^  ) 

lo  stesso   grado  ,  e  della  medesima  forma  ,   che   1'  Equazione 
scelta  per  fattore  x^  -t-  ax^  -\-  bx  -\-  h=-0  . 

III.  Si  divida  r  Equazione  (  B  )  per  t  altro  fattore  -,  o  , 
che  vai  lo  stesso,  l'Equazione  scelta  .v' -f- ax-*  +  Z'A"  4- A  =  o 
si  moltiplichi  tutta  per  t  ,  onde  sia  tx^-\-tax^A~  tbx-\-tIi=-o  , 
eolla  quale  moltiplica  non  resta  punto  alterata  :  indi  fatto  il 
confronto  si  avranno  le  tre  Equazioni  l."  a^ — b  -\-  q-  -ap  =  t  ', 
II."  ab  —  h  +  r—pb  —  ta-y  IH."  ah+f—ph  =  bt. 

ai. 


Di  Giuseppe.  Cassella  ai 5 

ai.  IV.'  Per  trorare  i  valori  delle  due  ignote  a,  e  b^ 
osservo,  ch'essendo  tre  1' Equazioni,  e  dive  le  ignote,  il  Pro- 
blema è  più  che  determinato  ,  per  cui  bisogna  che  nell'  E- 
quazioni  finali  1'  ignota  abbia  uno  stes^o  valore  in  due  Equa- 
zioni. Pertanto  si  determinano  i  valori  di  a  ,  e  d'i  b  per  mez- 
zo delle  tre  Equazioni  :  (  neli'  operare  si  abbia  la  cura  di 
disporle  come  nel  seguente  calcolo  ,  e  '1  m  -todo  si  applica 
facilmente  nella  soluzione  di  altre  Equazioni   di  questa  natu- 

ht  -  [     . 

ra).  Cosi  il  valore  nella  IH."  a  —  p-=i. — ; si   sostituisca 

II 

nelle  altre  due  Equazioni  ,  e  si  avrà 

1/     (  a- — p)  .a —  b  -\-  q  =  t  .  ossia  |  \.a — b-^q=it^  e 

II.'     {a—p)  .b  —  h-\-  r=.  af,  ovvero  /   -—^  \.b  •^h-\-r=iat> 

bt-f  .     . 

Ora  per  la  HI."  essendo  a  =  — —    -\-  p  ;   le  due  Equazioni 

diverranno 

U."     t —-  \.b  —  à-hr=  -— •'—  -i-  pt  (D)  .   Equazio- 
ni finali ,  che  risolvono  il   Problema  . 

33.  Ora  quantunque  la-natura  della  presente  soluzione 
richieda  perchè  sia  eomiileta  ,  che  almeno  uno  de'  valori  di 
b  sia  lo  stesso  in  ambe  l'Equazioni  (C)  ,  e  (U)  ,  giacché  co- 
me si  è  avvertito  il  Problema  è  più  che  determinato  :  pure 
non  potendosi  sempre  verificare  questa  condizione  fia  bene 
distinguere  due  casi  .  Primo  caso  .  V.°  Quando  uno  de'  valori 
di  è  è  lo  stesso  in  ambe  T  Equa/ioni  (C)  ,  e  (D)  n.°  21  ;  si 
trovi  la  massima  comune  misura  tra  le  medesime,  e  sarà  co- 
sì determinata  una  delle  b,  e  per  conseguenza  l'altra  ignota 
a,  e  finalmente  il  l'attore  scelto  x^  -h  ax* -\- bx  •+■  h=:  e  ,  il 
quale  conteirà  tre  radici  dell'  Equazione  proposta  a  risolver- 
si . 


ai 6      Metodo  pek  trovar  le  eadici  numeriche  ec. 
si  •  Secondo  caso  .    VI."  Ove  uno   de'  valori  di  b  non    sia  la 
stesso  in  anìbe  V  Equazioni  (G)  ,  e  (D) ,  converrà  venire  al- 
le approssiniaziotii  j  come  più  dettagliatamente  in  seguito. 

ii3.  Le  riflessioni  fatte  nel  passato  numero  sul!'  Equazio- 
ni di  5.°  grado  prese  a  trattare  vagliono  egualmente  se  ab- 
biansi  a  risolvere  Equazioni  di  più  alto  grado,  com'è  noto  . 
Tutte  le  volte  che  nel  primo  caso  si  ha  un  valore  di  i»  ex.  gr. 
eguale  in  ambe  1'  Equazioni ,  che  risultano  risolvendo  il  Pro- 
blema ,  si  avranno  le  radici  vere  deli'  Equazione  ,  e  la  solu- 
zione né  sarà  per  tutt'  i  versi  completa  .  Nel  secondo  caso 
poi  non  si  hanno  le  radici  che  per  approssimazione  .  Nel 
primo  caso  il  nostro  metodo  è  attissimo  nel  darci  i  diviso- 
ri intieri  j  fratti ,  od  anche  irrazionali  di  qualunque  Equazione, 
essendovene  nel  tentativo  che  se  ne  faccia  .  Non  trovandose- 
ne,  nel  secondo  caso  ci  darà  i  fattori  prossimi,  e  per  conse- 
guenza le  radici  per  approssimazione  :  nel  che  si  avrà  questo 
vantaggio  che  tentati  due  fattori  qualunque  dell'  ultimo  ter- 
mine dell'  Etjuazione  proposta  a  risolversi  ,  sebbene  non  si 
trovino  atti  alla  soluzione  completa  ,  serviranno  almeno  pella 
ricerca  delle  radici  della  stessa  per  approssimazione  . 

a\.  Esempio  I."  Sia  proposta  a  risolversi  V  Equazione  di 
5.°  grado  x^  +  3r''  H-  6x'  H-  ^x''  H-  loj;  •+  6  =  o  .  Si  faccia  il 
confronto  coli'  Equazione  generale  (A)  n.°  ao  ,  e  si  avranno 
i  seguenti  valori  yy  =  3;  ^  =  6  ;  /•:=g;  /=  io  :  th=  6  . 

I.°  L'  ultimo  termine  6  si  divida  ne'  fattori  3  ,  a,  e  si 
formi  r  Equazione  x^  +  ax^  +  ^a:  -h  3  =  o  ,  onde  sia  A  =  3  , 

II.°  Fatte  le  opportune  sostituzioni  si  passerà  all'  Equa- 
zione (B)5eIII."  si  avranno  anche  le  tre  Equazioni  al  n.°  ao  , 
che  per  ora  possono  tralasciarsi . 

IV.°  Le  tre  Equazioni  al  n.°  ao  ci  danno  le  due  altre 
date  per  b  num.°  ai  ,  (C)  „  e  (D)  die  sono 

(aZ»— io\''         (db  —  3o 
—3-)    +— 3--^-f6  =  a 


Di  GiusEPiyc  Cassella  ,  a  17 


zb^  —  jcb  — /!lI> -\- 2.0       -      ■  ,  ,.    ,. 

(D)     — 7 • =6  +  3  —  9jle  quali  diverranno 

0 


^  4  4 

(D)     ^*  — yèn- 10  =  0 

V.°  Tentata  ora  la  comune  misura   tra  le  due  Equazioni 

[C)i  e  (D)  si  trova  in  ambe  l'Equazioni  b  =:  2, .  Essendo  poi  n.°  ai 

bt-f                                                  a.a-io         ^        ^  —  ìo-^g 
a=  — [-p  Equaz.  HI.*,  si  avrà  a  =  — ;; H-  o  = ~ 

=  1.  Quindi  conchiudo  che  l'Equazione  x^-i-ax'-\-bx-'r3=0i 
cioè  x^  -i-  x^  -\-  2,x  -^  ò  ■=:  o  possa  essere  uno  de'  fattori  ,  che 
diconsi  razionali  dell'  Equazione  di  5.°  grado  proposta  a  ri- 
solversi ,  e  conterrà  tre  radici  di  quella  .  Che  poi  V  Equazio- 
ne a;' H- a;*  H- a:c  +  3  =  o  sia  tale  realmente,  si  prova  sosti- 
tuendola in  quella  di  5.*^  grado  ,  dappoiché  si  ritrova  che  il 
residuo  dell'  istessa  forma  è  l'Equazione  medesima  x^-hx''-\- 
a;i;+3=o .  Non  sarà  difficile  di  rinvenire  1'  altro  fattore ,  se- 
_    guendo  gli  stessi  principj  . 

a5.  Prima  di  passar  oltre  gioverà  di  fare  sulla  passata 
soluzione  due  osservazioni. egualmente  importanti.  La  prima, 
che  potendosi  una  Equazione  qualunque  dividere  in  due  fat- 
tori razionali  ,  che  si  dicono ,  del  secondo ,  o  del  terzo  gra- 
do ,  ec.  ,  le  due  Equazioni  finali ,  che  risultano  date  ex.  gr. 
per  b,  e  costanti  dovranno  sempre  contenere  almeno  uno 
de' -valori  di  b  ,  che  sarà  un  numero  intiero  .  Posto  ciò  non 
sarà  difficile  di  rinvenirlo  :  dappoiché  dividendo  ne'suoi  fatto- 
ri gli  ultimi  due  termini  delle  suddette  Equazioni  iìaali  ,  il 
fattore  comune  ad  ambi  i  termini  siirà  il  valore  ricercato  di 
b  ;  piuché  però  la  determinazione  dell'  ultimo  termine  nell' 
Equazione  la  prima  volta  scelta  secondo  il  1.°  precetto  al  n.^ 
19  sia  stata  fatta  a  dovere  .  Tutto  questo  ragionamento  è 
analogo  alla  dottrina  dell'Equazioni.  Nel  nostro  esempio  pas- 
sato le  due  Equazioni  sono 

Tomo  XI.  E  e  (C) 


2i3        ^Ietodo  per  trovar  le  radici  numeriche  ec. 

3ib        46 

(C)  b^ j h  -T    =0,  ovvero  ^b^-  -  3ib+4b  =  o 

(D)  i*— 7Z»+Jo=o. 

Sciogliendo  gli  ultimi  due  termini  ne'  fuoi  fattori  ,  saranno 
del  numero  ^6  due  fattori  a3  ,  e  a;  dell'  altro  io  gli  altri 
5,60..  Quindi  il  fattore  a  comune  ad  ambi  i  prodotti  ^6  , 
è  IO  sarà  il  valore  di  b,  che  si  è  sperimentato  soddisfare  al 
Problema .  Questa  osservazione  agevolerà  moltissimo  la  ricer- 
ca de' fattóri  razionali  d'una  Equazione  di  qualunque  grado. 

La  seconda  osservazione  è  che  contenendo  le  due  Equa- 
zioni (C}je  (D)  del  passato  numero  la  soluzione  dell'Equazio- 
ni di  quinto  grado:  tutte  le  volte  che  per  gli  noti  artitìcj 
dell'Algebra  si  potessero  rendere  eguali  le  due  b,  com' esige  '  l 
la  natura  della  soluzione,  allora  saremo  sicuri  della  completa 
soluzione  delle  medesime  Equazioni  .  Ma  siccome  la  discus- 
sione di  questo  articolo  richiede  più  lungo  discorso  di  quello 
comporta  il  presente  scritto  ;  così  passo  innanzi  nel  mio  ra- 
gionamento . 

a6.  Esempio  II."  Si  cerchino  le  radici  dell'Equazione  di 
5.°  grado  a.'  -I-  3.r'»  —  ao:'  -f-  So:'  —  x  H-  6  =  o  (M)  .  Fatto  il 
confronto  de'  termini  coli'  Equazione  (A)  si  avranno  i  valori 
seguenti  p  =z  3  ;  g  =  —  a;  r  =  3  ;  [=.  —  i  ;  th=  6.  Secondo 
i  precetti 

I.°  Il  num.  6  si  risolva  ne' due  fattori  3,  e  a:  e  facendo 
A  =  3  ,  ?=:  a  ,  si  formi  l'Equazione  x^  +ar*  -+-  bx  -h  3  =  o  . 

11°  llì°,  e  IV.°  Fatte  le  opportune  sostituzioni  si  avran- 
no le  due  Equazioni  (C) ,  e  (D)  n.°  ai.  ridotte 
/  bt  —  /"x»         b-^p — pf        ,     . 

tb^—fb  —  fb-^ft  ,  .       . 

(D) ; z=^  pt  -^^  h  —  r:  cioè  in  numeri 

h 

/ab  -y-  \  \^       Gb-^3 

(C)  / ^ J   H T i>=ó„  ossia  (C)  4^^+ 1 3^.— a6=o 

-^        2.b'^-+b—À.b—2, 

(D)     --i =6-1- 3— 3,cioè(D)aè'— 3è  — ao  =  o 

a7. 


Di  Giuseppe  Cassella  .  a  19 

27.  Ora  polche  non  si  trova  alcuna  comune  misura  fra 
le  due  ultime  Eqirazioni  (C)  ,  e  (D)  date  per  Z»  ,  e  costanti, 
per  essere  il  valore  di  h  diseguale  in  entrambe  ;  psrciò  si  de- 
ve venire  alle  approssimazioni  secondo  il  precetto  VI."  Su  di 
che  io  ragiono  così  .  Egli  è  certo  che  allora  l'Equazione  scel- 
ta ,  eh'  è  uno  de'  fattori,  che  risolve  1'  Equazione  data  (  nel 
nos1j-o  caso  a'  +  ax^  +  Z'.v  -4-  3  =  o  )  è  la  vera  ,  quan- 
do almeno  uno  de' valori  di  h  è  eguale  ,  o  lo  stesso  in  ambe 
l'Equazioni  finaìi  per  esempio  nelle  nostre  (C)  ,  e  (D)  :  per 
cui  tanto  maggiormente  Y  Equazione  si  avvicinerà  alla  vera  , 
o,  eh' è  lo  stesso,  tanto  più  le  radici  ,  che  si  cercano,  sa- 
, ranno  prossime  alle  vere,  quanto  i  due  valori  di  Z*  più  si  ac- 
costeranno tra  loro.  Ecco  pertanto  una  regola.  Conviene  sce- 
gliere que'  valori  di  b  ex.  gr.  nelle  due  Equazioni  (C),  e  (D), 
i  quali  più  si  avvicinano  tra  loro  ,  e  trovato  il  valore  medio 
di  essi  si  metta  nell' Equazione  x^H- aa:*-l- Z»^ -1-3  =  o  ,  que- 
sto ci  darà  la  soluzione  del  problema.  L'approssimazione  poi 
sarà  tanto  maggiore  ,  quanto  più  si  conoscerà  che  i  valori  di 
h  si  acccstano  tra  loro  ,  vale  a  dire  quando  si  abbiano  con 
approssimazione  maggiore  i  di  lei  valori .  Vedremo  tra  poco 
che  questi  prossimi  valori  dipendono  moltissimo  dalla  scelta  , 
che  si  fa,  de' fattori  dell'ultimo  termine  dell'Equazione  pro- 
posta a  risolversi  .  ,;, 

a8.  E  giacché  si  deve  venire  alle  approssimazioni  ;  VI." 
per  ottenere  nel  nostro  esempio  i  valori  prossimi  di  h  la  via 
più  breve  che  si  possa  battere  è  la  seguente  :  metodo  che  si 
potrà  tenere  nella  ricerca  de' valori  prossimi  dell'  ignota  nell' 
Equazioni  di  più  alto  grado,  ove  lo  sviluppo  suol  essere  ol- 
tremodo tedioso  •  Le  due  Equazioni  al  n.°  a6  sono 

(C)  4Z*'+ i3Z»— a6  =  o 

(D)  a//—  ^Z»  — ao  =  0 

Neil'   Equazione  (C)  si  metta  i   per   Z»  ,  e  si  avrà    (  seguendo 
inostri  principj  sviluppati  ne' primi  numeri)  4«i  +  i3Z'-a6=o, 

E  e  a  cioè 


aao      Metodo  peii  trovar  le   radici  numeriche  ec- 
cioè   iZb=z2.6  —  4?  ^  ^  =^   ~>  cioè  ò  =  a  prossimamente  ,. 

I  O 

Si  metta  1=2,  nell'  Equazione,  e  si  avrà  /\./\.+i3b—2.6  =o 

cioè   ì3b  =  2.6  —  i6  5  e  ^  =  — 7;  minore  di  a  .  È  i;icile  di  ve- 

10 

deve  che  Z»  è  media  tra   i,  e  2.  Così  facendo  b=iy  5  si  avrà 

sostituendo 

(C)     ^  .{a,2.5)-{- i3b  —  a6  =  o,    cioè    i3^  =  a6  —  9  ,  ossìa 

1 7 

13^»=:  17;  e  b=:  — ;;p  :=  I  ,  a  prossi inamente  .    Quindi    con- 
io '^  ^ 

Ciiiudo    che    uno    de'  valori  di  è  è  eguale   a  1  ,    5    prossima^ 
mente  . 

Neil'  altra  Equazione  (  D  )  si  metta  i  per  b  e  si  avrà 
a.i  —  Zb  —  2,0  =  0,  cioè  3b=  —  18,  e  b  =:  —  6  troppo  lon- 
tana   dall'  ipotesi    fatta    b  =    i  :     facendo    b  =  3    sì    avrà 

a 

a. 9  --  Sb  —  20  =  o  ,  cioè  ob  =:  —  a,eè  = ;r--    Si    faccia 

o 

p  =  4  ^    si    avrà    z  .  16  —  3b  —  20  =  05   cioè    3  ^  =  i a ,  e 

12 

-  1*  =  —  =4  secondo  1'  ipotesi  fatta.  Quindi  una  dèlie  Zi  =4 
nell'  Equazione  (D)  .  Si  hanno  dunque    dne   valori    diseguali 

7       ,  =;    7.'       A     -t         y     ^-^b'       I  .5+4,0  _ 

ù=.i,b,  ù.=  A:  lì.  medio = =  a,  75  sarà  a 

a  a  ' 

valore  ricercato.  Ora  la  III.'  Equazione  al  n.'  ao  a  =:  — r  p 

li 

.    ,     ,    .,       1         T             (2,75).a-M      ,01;  •  ' 

CI  darà  il  valore  di  a=: ^ h3=:5,a  prossima- 

inente.  Sostituendo  pertanto  nell' Equazione  x'4-fla;*-|-^a*+3=:o 
i  valori  prossimi  di  è  ,  e  di    «  ,  si  avrà  1'   Equazione 
a:'  -r-  (  S  5  2  )  a:*  -+-  (  a ,  75  ).r  -h  3  =  o  ;    la  quale    conterrà    tre 
radici    prossime   dell'  Equazione  proposta  a  risolversi    nel  Oo* 
26 ,  (M)       .t'  -f-  3.T''  —  2x'  +  3.r'  —  .r  -+-  6  =  o  . 

ag.  Ma    siccome  si  hanno  due  altri    valori  di  b  diversi  , 

il 


Di  Giuseppe  Cassella  .  ■    aai 

il  primo  h= — 5,o  nell'Equazione  (C) ,  il  secondo  Z>'  =  — ay5 
nell'Equazione  (D) ,  de'quali  il  valore  medio  è  —  3 ,  ^-S  :  così 
si  avrà  un  altro  fattore  prossimo  d'ella  proposta  Equazione  di 
5."  grado  ,  oh'  e  x^  -\-  ax'  —  (  3 ,  ^5  )  :*:  +  3  =  o  :  il  valore  di 
a  si  determina  peli'  equazione  III." ,  come  nella  passata  so- 
luzione .  Avverto  però  che  sebLens  la  differenza  tra  le  du3 
ù  nella  prima  soluzione  è  la  stessa  quantità  2,5  che  in  que- 
sta, pure  essendo  la  prima  ò  positiva  ,  la  seconda-  negativa  , 
ed  i  valori  di  «che  ne  risultano  anche  diversi,  si  avranno  due 
,  Equazioni  differenti  di  t'orzo  grado,  che  con-terranno  tre  radi- 

■  ci  per  approssiniazicne  differenti  le  une  dalle  altre  . 

3o,  I  valori  di  a,  e  di  b  hanno  una  strettissima  relazio- 
ne coi  fattori  ,  ne' quali  si  divide  1'  ultimo  termine  noto  d'una 
data  Equazione:  quindi  convea-à  esaurire  tutti  questi  fattori, 
almeno  i  numeri  intieri,  per  potere  scegliere  que'  valori  di 
a ,,  s  di  i> ,  che  siano  i  più  atti',  e  che  diano  i  valori  i  più 
prossimi  delle  radici  numeriche  della  Equazione  proposta  a 
risolversi.  Anzi  la  scelta  de'£a</tori  non  dee  esser*  indifferen- 
te ,  e  diviene  assohitamente  necessaria  quando  si  veglia  spin- 
gere   l'  approssimazione  più  oltre  .    Cosi    nel   nostro    esempio 

■  dalla  sostituzione  degli  altri  due  fattori  6  ,  e  i  dell'  ultinio 
termine  dell'  Equazione  si  debbono  dedurre  i  valori  di  Z*  ,  e 
ài  a  i  ed  indi  esaminare  quali  de'valeri  differenti  d\  b  ,  e  di 
a  si  approssimano  più  tra  loro,  onde  sì  abbia  un  fattore  più 
prcìsimo  della  proposta  Equazione  .  Alloi-a  a  cagion  di  esem- 
pio il  fattore  x^ -h  ax^-\~  bx -\- b  =  o  sarà  da  preferirsi  all' 
altro  x^ -hax'' -'r  bx -\-o  =o,  perchè  il  primo  dà  le  radici 
dell'  Equazione  più  prossime  che  il  secondo  .  Anderei  troppo 
a  lungo,  se  volessi  partitamente  tutto  esaminare. 

Zi.  lì  Problema,  seguendo  questa  nostra  mam'era  ,  è  del 
genere  de'  più  che  determinati  ,  come  si  è  avvertito  al  n.** 
ai  •  Volendosi  ridurre  a  determinato  non  si  deve  fare  altro  che 
accrescere  una  condizione  di  più,  o,  eh' è  lo  stesso,  trovare 
una  Equazione  di  più  delie  date  .  E  lo  stretto  rapporto 
tra  i  valori  di  i2,e  di  b  e  i  fattori  dell'  ultiino-  termine  dell' 

Equa- 


2221  Metodo  per  trovar  le  radiòi  numeriche  ec. 
Equazione  proposta  a  risolversi,  ne'quali  si  avrà  attenzione  di 
dividerlo,  ci  somministra  un  mezzo  quanto  attivo ,  altrettanto 
utilissimo  per  le  ap']5rossimazioni  .  Suppongasi  pertanto  uno 
de^  fattori  deli'  ùltiróo  termine  n.°  ao.  t  quantità  ignota  ;  e 
facendo  m.  quantità  nota  eguale  all'  viltimo  termine  della  pro- 
posta Equazione ,    onde  sia  m  =  th ,    si    avrà   h  altra  ignota 

ni        _ 
=  —  .  Siegue  da  ciò,  che  siccome  le  due  finali  Equazioni  n.° 

21   (C) ,  e  (D)    risolvono  un  Problema  piìi  che  determinato, 

supponendo    t ,    ed    h    note  -,    così  le  medesime  ridurranno  il 

Problema    a  determinato    facendo    t    ignota  ,    e    conseguente- 

m 
mente  —  • 

t  ', 

32.    Le   due    equazioni    n."   ai    diverranno    sostituendo 

1/  (C)   ((tó -/)  .^)  X  (  (*' -/)£  +/>  )-*+?=« 

I..-(D)     (,,_/)f_^  +  .=  (j.-_/,)£+^. 
le  quali  ridotte  divengono 

m       )  m  -^ 

,      ,          t^b^—ftò  —  t^b^ff-                  m 
11/  (D) =pi  H —  r  .    In    ambe 

queste  Equazioni  le  quantità  b,  e  t  sono  ignote,  m  è  l'ulti- 
mo termine  noto  dell'Equazione  di  5.°  grado  proposta  a  ri- 
solversi, come  si  è  detto.  Se  ora  si  trovi  il  valore  di  b  nelL' 
Equazione  (C),  e  si  sostituisca  in  (D)  si  avrà  un'  altra  Equa- 
zione data  per  t  ,  e  costanti,  che  risoluta  mi  darà  un  valo- 
re di  t  da  mettersi  nell'  Equazione  scelta ,  la  quale  risolve  il 
Problema .  Ognuno  però  può  facilmente  vedere  ,  che  in  que- 
sto caso  r  Equazione  data  per  t  montando  a  un  grado  troppo 
alto  manca  a  questo  metodo  quel  grado  di  semplicità  ,  che 
richiede  essenzialmente  la  Società  ,  onde  riesca  facile  la  so- 
luzione dell'Equazioni  numeriche.  Nel  risolvere  gli  altri  Pro-  l 

ble-      ' 


Di  Gjuseppe  Cassella  .  aa3 

blemi  che  seguono  ,  farò  vedere  come  si  può  scansare  V  im- 
barazzo della  lunghezza  de'calcoli  con  un  metodo  più  facile, 
che  io  vorrei  si  mettesse  in  opera  in  tutt'  i  casi  possibili 
avendo  a  risolversi  specialmente  Equazioni  di  alto  grado  . 

33.    Esempio  II1.°  Si  cerchino  le  radici  dell'  Equazione 
ih  termini    generali    x'^ -{- /?x^ -\-qx'' -h  ix -\-fg:=o  . 

I.°  Si  scelga  il  fattore  x''  -ì-cix  -hf=o  ;  {/è  uno  de' fat- 
tori dell'  ultimo  termine  fg  dell'  Equazione  )  ;  onde  sia 
x^  =■  —  ax  — /. 

Il.°  Fatte  le  opportune  sostituzioni  ,  onde  sia 
ar*.  (  —  ax  — /)  -f-  px  (  —  ax — /)  -+-  qx^-\-  rx  -^-fg  =  o  ,  cioè 
—  ax^  — fx''     —  pax^  — pfx  -^qx"  -4-  /x  H-  /g  =  o  ,  ovvero  . 
~—ax.{-ax  —f) — pax^  -f-  qx''—pfx  -\-  rx  -\- f  g  =  o  ;   riducen- 
do ,  ed  ordinando  si  avrà 

(M)  a*x*  4- tó/k+y^  =0,  residuo  dello  stesso  grado,  e 
/  — pax^ — pfx 

-\~    qx^    +    rx 

della  forma  medesima  del  fattore  scelto  x"^ -\- ax  ^  f  ■=.  o . 

III."  Si  paragoni  il  residuo  (M)  col  fattore  (x*H-ox+/)g=o  ; 
,si  avranno  le  due  Equazioni  I."  a* — pa-\-q — f=g\,  lì'  af-^ 
pf-^r—ga. 

Essendo  due  le  Equazioni  ,  e  una  la  ignota  a,  il  Proble- 
ma ,  com'è  chiaro  ,  e  anche  de'più  che  determinati  (a) .  Intanto 

;  iv.° 


(«)  L'  Equazione  (M)  in  questo  imrn. 
33  senza  un  nuovo  calcolo  si  sarebbe 
Rioilmente  dedott.<t  dall'  altra  (B)  al 
n.  20  ,  sebbene  quella  sia  nata  dalla 
risoluzione  d'  un'  Equazione  di  quinto 
grado  ;  conservandosi  a  questo  modo 
generalmente  una  specie  d'  uniformità 
nel  calcolo.  Dappoi.-liè  fatti  i  due  ulti- 
mi termini  egtiali  thzzifg,  onde  «ia 
fi  Z^f,  i  :si  g  j   e    6iii)po.ti  zero  i  ter- 


mini ove  sì  troTa  a-'  nell'  Eqtiazione 
(B),  si  eguaglino  i  termini  simili,  so- 
stituendo in  (B)  le  convenienti  lette- 
re j    si    avrà    a.Jx^  -(-  afa:  ■+■/§  :s  o  . 

•+  rx*  —  pfx 
^pbx'- 
Avvertendo     poi     che     1'     Equazione 
scelta     in    questo    nura.    essendo  stata 
a*-t-flX-J-/=;Oj    è   facile  a  dedur- 


a24      Metodo  per  trovar  le  radici  numeriche  ec 
IV'"  II  valore  di  a  nella  I.'  è  a 
•e  nella  II.*  è  a 


?-^/+g. 


Risolvendo  in  seguito  in  due  fat- 


f-s 

tori  l'ultimo  termine,  della  proposta  Equazione  di  4°  g'ado, 
che  sono  f^  e  g  ;  sostituendoli  jTelle  due  Equazioni  possono 
avvenire  due  casi  . 

Primo  caso  V.*  Se  nella  sostituzione  risultano  eguali  tra 
loro  le  due  a,  allora  sarà  completamente  risoluta  l'Equazio- 
ne ne^due  suoi  fattori;  uno  de' quali  sarà  x'^  -^  ax  -k-  f=.o  ^ 

Secondo  caso  .  VI."  Se  le  due  a  riescono  dileguali  cli'è 
il  caso  più  frequente,  allora  si  deve  venire  alle  approssima- 
zioni ;  e  il  valor  medio  delle  due  a  sostituito  nel  fattore 
x*"  -\-  a  X  -\-  f  =^0  darà  due  radici  prossime  della  proposta 
Equazione.  Su  di  che  conviene  avveitire,  che  quanto  più  si 
avvicinano  tra  loro  i  valori  a  ,  che  vale  lo  stesso  ;  quanto  la 
differenza  di  a — -a!  (  chiamando  «  ,  ed  a'  1  due  valori  dise- 
guali )  è  più  picciola  ,  tanto  il  fattore  x^  ■+-  ax  -'rf^zzo  darà 
due  radici  più  prossime  dell'  Equazione  . 

34.  La  scelta  ,  coin'  è  chiaro  ,  dei  due  fattori  dell'  ultl- 
ino  termine  della  proposta  Equazione  dovendo  essere  fatta 
con  intelligenza  per  la  determinazione  delle  radici  per  appros- 
simazione ;  cosi  gioverà  di  fare  qualche  riflessione  circa  que- 
»to  particolare  .  Dalla  scelta  de'  due  fattori  dipende  la  de- 
terminazione delle  due  a  co.  a  ,  le  quali  quanto  più  si  avvi- 
cinano tra  loro  ,  tanto  si  avranno  più  prossimi  i  valori  deliaci 
proposta  Equazione  ,  come  si  è  detto  .  E  quantunque  possa 
trovarsi  ,  com'   è  chiaro  un  metodo  generale  ,  che  nato  dalla 

na- 


re ,  che  h  hell'  Equazione  (B)  dirlene 
a  nella  nostra  ,  e  per  conseguenza  r  , 
ed  s  neir  Eijiiazione  di  quinto  grado 
passano  in  j  ,  ed  r  in  quelle  del 
qviarto   ;    perciò    sostituendo    $i    avrà 


«'a-'  +  fl/jr-f/g  s  e,  ch'è  evident*n*ll 

-pax^—pfx  ^ 

te  l'Equazione  (M)  di   questo  nuiner9.'| 


Di  GiuEErpB  Cassella.  aaS 

natura  istessa  de' coefficienti  della  proposta  Equazione  a  risol- 
versi ci  metta  a  portata  di  quanto  si  cerca;  pure  il  migliore 
espediente  sarà  quello  di  fare  le  opportune  sostituzioni  parti- 
colari i  così  che  a  un  colpo  d'  occhio  si  possa  vedere  quali 
fattori  siano  i  più  proprj  per  risolvere  il  Problema  per  ap- 
prossimazione. Vediamolo  in  qualche  esempio. 

35.  Esemp.  1V.°  Si  cerchino  due  radici  le  più  prossime 
dell'Equazione  numerica  x'*  -+-  dx^  +  a,r*  -1-  ^x  -\-  i^  =  o  . 
L'  ultimo  termine  la  si  può  dividere  in  tre  fattori  razionali 
positivi  ,  ed  intieri  i  )«(  la  i  .2,  X  ^  i  3  )(.4  •  Secondo  i  precet- 
ti al  n."  33  si  faccia 

I.°  x^  -h  ax  -^-  q  =  o  ;  onde  sia  /=  4  ;  e  g  =  3  . 
IL*'    II1.°  ,    e    IV."  Patti    tutt'  i  confVoati  si  avranno   le 

La  prima  a  ha  due  valori ^y     ~a.'  ~  ~  V    T'  ^^^^  V'-^^' 

3         5       3        5 

simamente  sono  —  -J ; -,  cioè  4  ,  e  —=  r  .    Ouindt 

a  a       a  a  ^  ^ 

due  confronti  i.°  a'  —  «  =  8  —  4  =4  •  ^•"  ^'  —  <^=  8-1-1  =  9. 
VI.°  Essendo  diseguali  le  due  a,  a,  si  avranno  due  radi- 
ci prossime  dell'  Equazione  prendendo  due  valori  medj   delie 
due  a,  a  ,  onde  si  abbiano  due  Equazioni  x^->rax-'rf=zo ,  cìob 

/8-4-4x                                    /8— IV 
X*  -h  (— ^  )^  +  4=0;  0.^  +  I \x  4-  4  =  0  j  cioè 

I.'     x^+òx-^-^  —  o;  TI."  ;«:*  +  -  a:  +  4=  o.  La  prima  da- 
rà le  due  radici  più  prossime  che  la  seconda . 

36.  I  secondi  fattori  del  numero  la  sono  6^  e  a .  Facendo 
pertanto  a;*  +  a.r  H- 6  =  o  sostituendo  si  avranno  le  due  a,  cioè 

•^  ^ .  /~9  I      .  3         /W       3         /3"3 

I.  «=-±^/   ^-a-h8,ctoe«=-+j/ -,«  =  -_(/-, 

.       .  369  36  'ò 

e  per  approssimazione  az=. 1-  — =  —  ;  a::^  —  —  —  = : 

•^  aaa  aa  a 


Tomo  XI.  Ff  li 


a 


32.6      Metodo  peij,  thovar  le  kadici  kumerighe  ec. 

3.6—4        ^4        7 

II:*  tì'=— ; =z—-=. —    .    Quindi  due    confronti    delle    a 

6—2,  42, 

9         7  ^37 

disesuali     \°  a  —  à  ■=■ =1  :  ix^  a—  d  =.  —  —  ■ —  ~ 

°  a  a  a         2 

=  -5  ,  e  due  Equazioni,  che  conterranno  le  prossime  radici, 
prendendo  il  medio  valore  delle  due  a,  saranno  :e*-4-aj;-!-y==o  ; 
cioè  a:*+4^-t-6  =  o;  a;*  +  j»:H-6  =  o.  La  prima  di  queste 
due  cioè  jr*+ 4^  +  6=0  conterrà  le  radici,  che  si  appros- 
simeranno più  alle  vere  di  quello  che  si  approssimino  le  ra- 
dici della  seconda,  essendo  la  differenza  delle  due  a  più  pic- 
ciola  nella  prima  Equazione. 

37.  Se  ora  si  paragonino  fra  loro  i  risultati  nati  dalie 
due  diverse  ipotesi  fatte  ne' due  passati  numeri,  si  vedrà  be- 
ne che  nella  scelta  da  farsi  pella  determinazione  dell'  ultimo 
termine  dell'  Equazione  ,  che  dev'  essere  uno  de'  fattori  della 
proposta,  i  due  fattori  a,  e  6  (n.°  36  )  sono  da  preferirsi  agli 
altri  due  3  ,  e  4  (  i^-°  35  ) ,  ne*  quali  si  può  dividere  il  nu- 
mero la  ultimo  termine  dell'Equazione  di  quarto  grado  pro- 
posta a  risolversi  •  Così  delle  due  Equazioni  che  risultano  do- 
po i  confronti  a-*  H-  6.r  -{-  4  =  o  ,  ^^  -4-  4c  -h  6  =:  o  ,  la  se- 
conda contiene  due  radici  più  prossime  alle  vere^,  che  la  pri- 
ma :  dappoiché  la  seconda  dà  a — a  =  i,  la  prima  à  —  «  =  4» 
vale  a  dire  che  le  due  a  nella  seconda  si  avvicinano  più  tra 
loro  ,  che  nella  prima  .  Chi  volesse  spingere  le  approssima- 
zioni più  oltre  ,  e  vedere  quali  fattori  siano  da  preferirsi  agli 
altri,  dovrebbe  esaurire  non  solo  tutt'  i  fattori  intieri,  ma 
anche  i  fratti,  gli  irrazionali ,  ec. ,  bene  intesa  che  in  questa 
guisa  non  si  dividerà  T Equazione  ne' suoi  due  fattori,  che  si 
dicono,  razionali  d'un  grado  inferiore  alla  proposta.  Nel  no- 
stro esempio  si  avrebbero  ad  esaminare  anche  i  due  fattori 
I,  e  la  ;  indi  i  tre  negativi  — 3^ — 4'  — ^X — ^5 — 'X — ^^' 

In  seguito  gli  altri  H-a4X —  j  ^'^X"^"  ^^'  ^^  cosa  essendo 

facile  a  comprendersi  non  ha  bisogno  di  ulteriore  dilucidazio- 
.    ,  .    ne  . 


Di  Giuseppe  Cassella  .  aa^^ 

rie  .  Sarà  questo  uno  de'  modi  i  p'ù  facili  d'  investigare  per 
approssimazione  le  radici  d' una  data  Equazione. 

38.  Essendo  il  Problema  così  trattate)  ne'  passati  numeri 
del  genere  dei  più  che  determinati ,  potrà  ridursi  a  detcrmi- 
nato,  servendoci  dell'  artificio  adoperato  nel  numero  3i  .  In 
effetto  supponendo  g  uno  de'  fattori  dell'  ultimo  termine  dell' 
Equazione  di  4°  grado  proposta  a  risolversi  al  nuni.°  35  ,  e  if 

t 
l'ultimo  termine  noto  della  medesima  ;  sarà /=o'/,  ed/=  —  : 

quindi  sostituendo  nelle  due  Equazioni  al  num.°  33  ait.  IV, 
si  avranno  due  altre  Equazioni ,  ove  i  valori  delle  a  sono  da- 
ti per  r  ignota  g  ,  e  costanti  .  E  nella  ipotesi  la  più  rigorosa 
di  a  =  a    (  come  dovrelìl;e  essere  )  si  avrà  la  seguente  Equa- 

zione  ~^±Y  i- ^H |-g=— -r  (M),  che  per  prò- 

^1  O  o 

seguire  le  nostre  riflessioni  sulla  natura  <Ii  questa  soluzione  , 
più  particolarmente  si  tratterà  nel  seguente  numero.  Intanto 
ella  r  Equazione  (M)  mi  dà  subito  i  due  valori  di  a  j  e  nel- 
le diverse  ipotesi  di  g  mi  darà  anche  senza  molto  imbarazzo, 
e  sollecitamente  il  loro  confronto.  In  fatti  ^  supponendo  g=  a 
uno  de'  fattori  dell' ultimo  termine  la  dell' Equazione  di  4'" 
grado  nurn.  35  ,  il  primo  membro  dell'  Equazione  (M)  mi  dà 


■8 


-p         /p'-  t  3  /o 

la  prima  .*.=  -±(/--^+-H-g  =  -±|/^-: 

3    _^ ,  /Ti  .  9  3 

5=  — "'"rf/  — , — ,  e  prossimamente  az=. —  ;  a  =  — ■ —  :    il 
0,    ^r       4    '      ^  a  a 

j             i,           •  j  ^  T    u        '      P^~^^       3-12—4.3 
secondo  membro  poi  darà  1  altra  a  = r  = — •    = 

3.3— a         7  .  . 

=  — •:  gli  stessi  risultati  che  ne' passati  numeri.  Col- 


o — I  a 

la  introduzione  adunque  d'  una  nuova  ignota  è  sorto  un  altro 
mezzo  anche  facile  di  fare  comodamente  il  confronto  per  la 
investigazione  delle  radici  d'  una  data  Equazione  per  appros- 
simazione • 

F^3  39. 


ai8      Metodo  per  tiiovar  le  radici  numerigus  eo. 

09.  Ora  esaminando  più  da  presso  1' Equa2Ìm\e  (M)  del 
num.  38.  osservo  ch'essa  contiene  in  se  la  completa  soluzio- 
ne dell'  Equazioni  di  4-"  grado  .  Ma  conviene  determinare  la 

g  supposta  Ignota.  Pertanto  ella  diverrà  ±1/  —  — 7-i- hg 

pt—TE  p 

7=z   ,  —  —,  e  fate'  i  CTtiadrati  d'  ambi  i  membri  sarà 

la  quale  diviene 

o 

—  qe  +  itqg^ 

che  ordinata  per  l' ignota  q  sarà 

(V)  g^—qg^  —  tg^-V^tqg'-t'-g'—qeg-^-t':=Q  \ 

40.  Suir  Equazione  (V)  io  fo  questo  ragionamento  .  Sé 
ella  contiene  in  se  la  completa  soluzione  dell'  Equazione  di 
4*  grado  n.°  33,  dappoiché  è  nata  dalla  ipotesi  di  a  •=■  d  ^ 
o  di  a  —  a' =  o  ,  conterrà  anche  la  soluzione  della  niedesl- 
ma  Equazione  di  4-*' gt'atlo  per  approssimazione.  Due  casi  pos- 
sono dunque  avvenire  :  e  si  può  trovare  uno  de'  valori  di  g 
neli'  Equazione  (V)  esattamente  ,  e  sarà  completamente  riso- 
luta l'Equazione  di  4-°  grado:  in  deficienza,  si  abbia  una  delle 
^  per  npprossimazionCj^  ed  allora  sì  avrà  anche  la  a  per  ap- 
prossimazione, e  non  si  avranno  che  le  prossime  radici  della 
medesima  Equazione  di  4-°  grado  .  Ora  io  dico  che  tutte  le 
volte  che  1'  Equazione  si  può  risolvere  in  fattori  razionali , 
dovendo  allora  la  g  essere  un  numero  intiero,  si  avrà  sempre 
la  completa  soluzione  della  medesima.  Che  se  poi  nell'  Equa- 
zione (V)  non  si  trovi  alcuna  delle  g  eguale  a  un  numero 
intiero  ,  si  cerchi  il  di  lei  valore  per  approssimazione,  e  co- 
sì 


Df  GiusBPP»   Cassella  e  22^ 

?ì  Cri  avranno  le  prossime  radici  ricercate  .  Questo  raziocinLo 
hi  può,  e  si  dee  estendere  wella  ricerca  delle  radici  dell'  E- 
quazioni  di  più  alto  grado  - 

4r.  La  teoria  esposta  nel  passato  numero  applicata  alla 
pratica  nel  nostro  Esempio  num.  35.  fa  che  V  Equazione  (Vy 
num.  Bq  diventi  g* — ag' —  icog'  *> — a83g  H-  744-ia=o.  Per 
non  portare  a  lungo  l  nostri  calcoli  coi  tediosi  teiìtativi  (  i 
quali  per  altro  si  debbono  sempre  adoperare  ,  tutte  le  volt© 
che  altronde  nen  si  possa  venire  a  capo  del  valore  della  g, 
che  si  cerca-  )  ;  giacché  ci  è  noto  essere  una  delle  g  eguale' 
prossimamente  al  numero  a  :  si  sostistuisca  questo  numero 
neir  Equazione  numeiica  (V) ,  e  seguendo  il  nostro  metoda 
si  avrà 

8.8  —  a. 4. 8  —  loo.o — aCSg -1- ]44''2.  =  o  5  e  dividendo- 
tutto  per  8  si  avià- 

8  —  a..  4  —  ioo-hi8.ia  =  36g,  cioè 

■ —  100  +  i8.ia.=  36g  ;    e   dividendo    di    nuovo- 

54— a5 
per  4  sarà  — aS -f-  18. 3=  gg,  ossia-  —   =  g  .    Si   avrà- 

2,9 
«Vinque  g= —  =  3   prossimamente.    Quindi  io   deduco   che 

r  ipotesi  fatta  di  g=a  vale,  e  si  accosta  molto  alla  vera  .  Posta 

9,7 
/'  =  a  ,  si  avranno  l'è  due  a=^-^  ,  ed'  «' =  —  ,   come   nelle 
*-  a  a 

passate  soluzioni  .  È  manifesto  dunque  ,  che  non  potendosi 
avere  uno  de'  valori  di  g  esattamente,  il  nostro  metodo  ci 
dà  due  valori  di  a  prossimamente,  e  per  approssimazione  due 
radici  dell'  Equazione  di  ^°  grado  proposta^  contenuta  nelV 
Equazione  x''  ■+■  4^-h  (>  =  o. 

42.  Volendosi  spingere  più  oltre  I'  approssimazione  ,  non 
si  deve  che  cercare  un  valore  di  g  nell'Equazione  del  passai- 
to  numero  4'  P''^  prossimo  al  vero,  e  sostituirlo  nelT  Equa- 
zione l.'  e  II.*  al  n.  33  per  avere  i  valori  di  a  ,  a' ;  i  quali 
jiccoblaudosi  più  ai  veri,   e  per  conseguenza  più  tra  loro  ,  ci 

da- 


a3o       Metodo  PEa  trovar  le  KADicr  wuherighe  ec 

t 
faranno  un'altra  Equazione  a;*  +  «a; H -:=  o  ,  le  cui   due 

Tadici,  com'  è  manifesto^  si  accosteranno  vie  maggiormente 
alle  vere.  Ciascuno  facilmente  comprende,  che  un  altro  vaio- 
Te  ài  g  dell'  Ecpiazioiie  di  sesto  grado  nel  num.  41  c>  dà  un 
ccnsimile  risultato  ;  in  modo  che  avendosi  un  altro  valore  di 
a  diverso  dal  ritrovato  ne'  passati  numeri,  si  avrà  una  nuo- 
va Equazione  dell'  istessa   ibrma,   ma  di  coefficienti    diversi 

t 
x^  -h  ax  -h  -^    =  o  ,  la  quale  risolvendo  anch'  essa  il  Prohle- 

S 
ma,  conterrà  due  altre  radici^  ma  diverse,  che  anch'  esse  si 

apfirossimeranno  alle  vere  nella  proposta  Equazione  di  quar- 
to grado  .  Ma  delle  sei  Equazioni  di  secondo  grado  della  for- 

i  .... 

ma  x^  -\-  ax  -\ =0  (giacché  «ssendo  sei  i  valori  di  g  nell' 

Equazione  (V),  altrettanti  saranno  i  valori  medj  ò'ì  a  ,  e  per 
conseguenza  sei  V  Equazioni  che  ne  risultano  )  quale  sarà 
quella,  che  risolverà  il  Problema  più  prossimamente?  Certa- 
mente quella  ,  ove  il  valore  di  g  si  accosta  più  al  vero ,  o 
£li  è  più  prossimo:  dappoiché  esso  darà  le  a  più  prossime  tra 
loro,  il  nostro  ragionamento  aiiderebbe  troppo  a  lungo,  se  si 
volesse  esaminare  ogni  cosa  a  parte  a  parte.  Ecco  pertanto, 
oltre  ai  passati,  un  altro  mezzo  attissimo  A'\  poter  indaga- 
re le  radici  prossime  d'  una  data  Equaz-one  di  4°  grado  . 
Non  si  hanno  che  a  ritrovare  i  prossimi  valori  di  g  neli'  E- 
quazione  (V)  di  sesto  grado  al  num.  89,  i  quali  sostituiti  in 
ambe  1'  Equazioni  al  num.  35  daranno  una  copia  di  valori 
di  a  prossimi  tra  loro;  de' quali  bisogna  prendere  un  medio: 

r  Equazione  della  foima  vc^  ■+■  ax -\ =  0  darà  due  prossl- 

^  g 

mi  valori  della  proposta   Equazione  di   4°  grado  .    Lo    stesso 

metodo   servirà   nella    soluzione    dell'  Equazioni    d'  un    grado 

superiore  al  quarto  . 

43    II  raziocinio  ,  che  si  è  fatto  ne*  passati    numeri  per 

giugnere  a  una  Equazione  data  per  g  »  e  per  coefficienti  dell' 

Equa- 


Di  Giuseppe  Cassella..  a3i 

Equazione  ài  4°  g'ado  proposta  a  risolversi  ,  vale  anche  se 
vogliaci  avere  un'  altra  Equazione  indipendentemente  da  g 
data    per   «j    e   per    coefficienti    dell'  Equazione    medesima  • 

t 
Dappoiché  le  due  Equazioni  n.°  33  sono  1.'  a^—pa+q — g=""  > 

S 

U.       —  —  as,  =  -'     —  ;•  :  che  ordinate  per  s  sono 

I."      fl'è'— ptfgH-^'g  — g'  =  ^;   II.'  at  —  ag'=zpt  —  rg:  cioè 

I.-      g^  — a^^-+^=:oi  IL"     g^_  ^    —  i  4-^^  =  O^ 

-\-pag 

—  1Z 
Risolute  ambe  quest'Equazioni,  e  eguagliando  tra  loro  i  va» 

Jori  di  g  sorgerà  un'altra  Equazione  (S)  data  per  a  ,  la.  quale 
risolverà  il  Problema  o  compiutamente ,  o  per  approssima- 
zione ,  seguendo  lo  stesso  ragionamento,,  che  si  è  fatto  nello 
sviluppo  dell'  Equazione  (V)  data  per  g  - 

Per  iscansare  il  tedio  che  si  può  incontrare  nella  lun- 
ghezza del  calcolo,  facendo  il  confronto  delle  due  Equazioni 
I."  e  II."  ,  per  giugnere  alla  finale  Equazione  (S)  si  potrà 
adoperare  il  seguente  artificio.  Si  trovino  i  valori  di  g*  nel- 
la I/,  e  nella  II.*  Equazione,  e  si  eguaglino  tra  loro  j  onde  sia. 

^g  P^        •        T  T 

fi V  ^pag-\-qg-~t^=  —  -\- 1  —  —  ;  lUdi  trovata  di  nuovo  g  si  avrà 

o.ta~—pt 
{a^—pa''-^qa  —  r)g=i2,ta—pt,  ossia  g= -^— — - 


a'—pa  -\-qa~r 
Si  sostituisca  nella  I.*  Equaz.  quest'  ultimo  valore  di  g,  e  si  avrà 

\y-pa+qu-rj         y  ^f    \  a^-pa -i-qa-r  f 

[ta-piy-^  {pa-a^-q)y^{tita-pt)yia^-pa'-)rqa^r)^[a?-pa^-^qa~rYy^  i~0 

cioè 
it^a':—^'t^a-\-p^i^-\-  {dpta^—2.ta^—!ltqa^p^at-hpfq).{a?—pa'-+qa-r) 
+-(^a'  —  po'  -^  qa — /•)^)(f=:o,  ossia  finalmente   (S) 
i'i;7ft*4  qa-Ty--\-  {cJ-pa^-\-  qa-r)  .{3pa'^~2a*-a,qa-p^a-{-pq)-\-4ta*-4pta-hp^i  =  o 

Equa- 


a'òa      Metodo   piji  ikovae  le  -radici  kdmerighe  ec. 
JEquazione  ,  .eh'  e    visibilmente   èi   sesto    grado  ,   egualmente 
.che  r   altra  (V)  data  ,per  g.  Quindi  vale  per  queste.  ,  quanto 
si  è  .ne', passati  nuineri  d^tto  nello  sviUippo  di  quella., 

44-  Tiaiasiii»  altre  riflessioni,  che  facilmente  si  pre- 
sentano nello  «.sviluppo  delle  passate  Equazioni  ,  per  venire 
ali'  ultiii;a  maniera  ,  che  credo  la  più  opportuna  ,  e  la  piìi 
semplice  ,  onde  si  pi&«ono  risolvere  1'  Equazioni  di  tutt' i  gra- 
di con  maggior  semplicità,  se  non  completamente,  almeno 
colla  maggior  possibile  approssimazione  :  maniera  ,  che  come 
notai  gii  num.  3a  vorrei  cìie  ,si  sccgl lesse  a  preferenza  di 
qualunque  altra  .  Per  esporla  in  un  esempio  ;  prendo  a  trat- 
tare r  Equazione  di  4-"  grado  al  n.°  35  :  vale  lo  .stesso  delle 
altre  Equazioni  di  un  grado  più  alto  .  jRisoIuta  1'  Equazione 
col  nostro  metodo  si  è  giunto  al  n-°  4^  a'ie  due  finali  Equazioni 

I.'     g^—a'g-^t  =  o,      II-  g*—  -^  —  ^  +  ^^  =  o 

-hpag 

—  1S 
e  dappoiché  le  due  verificate    nello  stesso  tempo  contengon» 

la  soluzione  del  Problema  ;  perciò  si  troveranno  con  brevità 
i  valori  delle  ignote  a?  e  g  con  diverse  ipotesi,  come  nel  qui  ag- 
giunto esempio.  L' Equazione  n."  35,  x^-^3x^-i-s.x^-]-4x-+-  '  2^=0, 
sostituendo    alle    lettere    i    numeri    ci    dà    le   due    Equazioni 

/io-  36 

y     £*  — tì*g-l- ia  =  oi    11/   g' -  -i?— ia-t-~=o.   Ori 

a  a 

■4-  ^ag 

—  ^E 
l'ultimo  termine  la  si  può  dividere  ne'fattorl  45*3:  facen- 
do dunque  g=  4  j  sarà  I.'  16  —  à^c^  -\-  i2a  —  8  +  ia  =  o  ,  e 

16                  36 
IL'  16 '   —  laH '    =0;  cioè  I.*    —  «*  -4-  3a  +  5  =  o; 

IL*    4fl— i6h-36  =  o.    Dfllla   II."   si  ha  a' =  —5,   e  dalla 

1."  si  ha  un  valore  prossimo  di  a= —  i  :  e  '1   valore    medio 

^   a  -^  a  6 

sarà  z=  —  —    =  —  3  ,  Si  metta  a  =  —  3  nelle  due 

Equa- 


Di  Ciuseppe  Cassella  .  a33 

Fquozlom,  e  si  determini  g,  onde  sia  I.*  g* — aog-4-ia=:oj 

4 
II.*    g^  ■+■  "tS  —  1*4  =  0:  dalle  quali  Equazioni    si    avranno  i 

valori  prossimi  di  g,  cioè  dalla  l.''gz=z-\~i  ,  dalla  II.'g  =  4-; 

V  J-  ,  4   +    I  5        T  .  .    r         ■  5 

«    i  medio  valore  g= =  —  .  In  seguito  si  taccia  g=  —, 

,     .                                                                25       Sa*          3.5 
«  sostituito  nelle  due  Equazioni,  sarà  I.*    ■; h   a 

aS        4     5  36  ^    ,     . 

—  5  +  12  =  0,  II." -. laH =o.   Onde   la 

4         i^     2i  a 

1/  ci  dà  a  =  —    prossimamente  ,  come  la  IL*  a=  —  prossi- 
2  ^  a 

Tnamente  .  Io  non  vo  innanzi  nelle  sostituzioni,  giacché  dalla 

5 
ipotesi  dì  g  =   —  mi  vengono  due  valori  di  a^  presso  che  eguali. 

45.  E  facile  ora  di  sapere  uno  de'  fattori  prossimi,    che 

risolve  l'Equazione  proposta  x^'+S  jr'-|-ax'^-|-4^H- 12  =  o^   sa- 

5  q  t 

pendo  essere £r= —  ,  a=—  .  Dappoiché  essendo  x^~\-ax-\ — =0 
*  °       2  2  "^  *■  g 

V   Equazione    che    si    è   scelta    per    la    sostituzione  ,    si    avrà 

,9  a  .  9  a4 

a  ■  H a;  +  'la  X  ;:-  =  o  ossia  x  +  —.»:  +  -=■  =0    per  1'  E- 

a  •'^5  2  5  '■ 

quazione  ,  che  conterrà  due  radici  prossime  della  proposta  a 
risolversi  .  Nel  num.  36  si  è  trovata  l'Equazione  x'-\-^x+b=o, 
che  per  approssimazione  risòlve  la  medesima  Equazione  di 
quarto  grado  :  i  quali  due  fattori  ,  come  è  chiaro  ,  poco  di£« 
feriscono  tra  loro  .  Giova  intanto  fare  sulla  presente  soluzio- 
ne alcune  riflessioni  ,  che  ci  si  presentano  ,  le  quali  riguarda- 
no specialrnerife   l'attività  del  metodo,  che  trattiamo. 

46.  E  1.°  Con  una  qualunque  ipotesi  di  uno  de'  fattori 
3ell'  ultimo  termine  xlella  proposta  Equazione  ,  nel  nostro 
esempio  g=4,  si  è  arrivato  a  determinare  dopo  alcune  ope- 
razioni tanto  il  valore  prossimo  di  a  ,  quanto  quello  -di  g  da 

mettersi  nell'  Equazione  :v*  H-  fl.r  H =  0  :    ciò  che    rende 

Tomo  XI.  G  g  mei- 


2,34  Metodo  fer  trovar  le  badici  numeriche  ec. 
molto  più  breve  la  maniera  di  giiignervi ,  a  differenza  di 
quella  adoperata  ne'  numeri  35  ,  e  seguenti  ne''  quali  siamo 
pervenuti  eoa  stento  maggiore  a  risultati  consimili.  II.°  Se  si 
voglia  spingere  più  là  V  approssimazione  ,  si  farà  facilmente,, 
solo  che  si  abbia  la  cura  di  mettere  nell'  Equazione  suddet- 
ta o  i  veri  valori  dì  g ,  e  di  a  ,  i  quali  si  trovano  ne'  primi 
tentativi  della  soluzione  delle  due  Equazioni  L'eli/  ni°44j 
ovvero  di  prendere  i  più  prossimi.  Riesce  facile  in  questo  mo- 
do di  trovare  le  radici  della  proposta  Equazione  :  dappoiché 
secondo  la  natura  del  Problema  ,  essendo  due  1'  Equazioni  fi- 
nali,  e  una  la  ignota,  non  si  hanno  che  a  risolvere  Eq^uazio- 
ni  disgrado  molto  inferiore  alla  proposta;  e  trattandosi  di 
approssimazioni  si  ha  una  soluzione  ben  generale  di  tutte 
l'Equazioni,  dipendendo  la  soluzione  dell'  Equazioni  di  più 
alto  grado  dalla  soluzione  di  quelle  di  grado  inferiore  .  HI." 
Si  troveranno  anche  i  fattori  razionali ,  ne'  quali  potrà  di- 
vidersi l'Equazione  proposta,  sebbene  non  si  scelgano  sul 
principio  i  divisori  che  convengono  :  e  se  si  adoperi  maggio- 
le  industria ,  anche  i  divisori  irrazionali  di  una  forma  più 
semplice  . 

47-  Chiuda  questa  Memoria  la  soluzione  di  una  Equazio- 
ne numerica  di  ottavo  grado  secondo  quest'  ultima  maniera» 
L'  andamento  del  metodo  è  lo  stesso  che  quello  adoperato 
ne'  passati  numeri .  L'  Equazione    a  risolversi    sia  (A)  a®4-  2.x^ 

3 

''»''+3Ar+3=o.  Si  scelga  per  fattore  l'Equazione  ;c*4-a;v+—  =o, 

ò 
O 

O 

(a,  e  g  sono  ignote)  onde  sia  Ar^=  ~  ax  —  ^  .  Sostituendo  si  avrà 

a* .  x'^ .  x^  -H  2x^  .  x^  -h  ^x  -\-  3  =■  o  ,  cioè 

x'^ .  l-ax-  — '   I  .  (  -ax-  —  |+2A^  j  -ax-  —  I  -fSi'  +3  =  o  ;  ossia 

(0  ax       Q  \               òx  r 

a'^x^-k 1 — ;  i-aa;c^' i-  3,;i;  -1-  3  =  o  5  cioè  di  nuovo  sostltuellc 
S        6   I              S 

X  . 


Di  Giuseppe  Casìella  .  2^0 

knx         Q  \  /  3  \        6ax*        i8j; 


|(-...-^).(.v+-^  +  f.)-w.(-«--)  + 


g  6 

ossia 


t-  — r  4-3^+3  =0 


•a;'+-^-4-3.r  + 


SS 
'  la  quale  ridotta  diviene 

\gg/V  g  S  è  J  S 

'  ì2.a     , 

-+  x^ 

:  .  .  ,        "^  i" 

°  IJD  fatta  la  moltiplirazìone  ,  ed  ordinata  diviene 

H j-  la/zjc*         +   ■"" 1-3  =  0 

«■—  —  £—         H-    3  A- 

27^  8rar  io.r 


s'  g'  S^ 

Equazione    della   forma   stessa  di  quella ,   che  si  è   supposta 

3 

x^  ■■{-  ax  -\ =  e  , 

è 
48.    Ora  per  fare   il    confronto  sì  moltiplichi  per  g  V  E- 

3 

tjuazlone  x*  -\-  ax -\ =0  ,  onde  sia  gx*  -+■  agx  4-3  =  0,  e 

fatto  il  confronto   de'  termini    simili  di  questa    con    quei   del 
residuo  j  si  avranno  le  due  Equazioni 

g  g  è  g 

„       3aS        36«'       8r«       67»        18         ,  ,           .. 

II  ' —  -\ ^ 1 ;  4-  3  =  fl^  :  le  quah 

g     _      g  g'  g         g 

due  dehbonsi  verificare   nello    stesso    tempo  ,  e  verifioate  da- 

'  ranno  la  soluzione  della  proposta  Equazione  .    Il  nostro    me- 

G  g  a  to- 


Ì2.Ì0  Metodo  per  trovar  le  radici  numerighe  ec. 
todo  a  rigore  richiederebbe  ,  che  supposta  g  =x  3.  k  cagioa 
d'esempio,  ovvero  i  (che  sono  i  diie  fattori  dell' ultimo  ter- 
mine 3  dell'Equazione),  e  sostituita  in  ambe  l'Ecpiazioni ,  si 
venisse  di  seguito  alla,  determinazione  della-  a  risolv.endo  dua 
Equazioni,  una  di  S.°  ,  l'altra  di  G°  grado.  Lo  che  quanta 
pena  porterebbe  ,  Io  sperimenterà  chiunque  volesse  farne  la 
prova  .  Gioverà  pertanto  di  tenere  un'  altra  strada,. 

49.  Si  supponga  g=  I  ,  ed  a  anche  =  i  .  Si  sostituisca- 
no nel  seguente  modo  nelle  due  Equazioni  ;  onde  sia 
I."     1  +  54— iS" — 27  —  2+120=1 

11/     3  — 36  +  8iffl— 6-f-  i8h- 3=fl. 
Si  deteìjminino  le  a  tanto  nella  L'  ,    che    nella    11/  Equazio- 
ne, e  si  avrà  1/  54  —  44+  ia«  =  o  ;  ed  a  = =  —  —. 


3: 


11/  24  ~i~  Q*^^ —  4.2  -zz  o  ,  ossia  a  r=r  —  =  -  -  =  -     circa  .    Il 

80     4°      4 
risultato  del  calcolo  non  conviene  coli' ipotesi,  di  g- =  r,  e  =  r... 
Secondo  :   restando  g  nz  i  ,  si  determinino  le  a  tanto  nella 
I/,  che  nella  11/  Equazione;  così.  Sia  a  =  a  nella  I/,  e  sarà» 
8.8  -\-  544  —  1 5  8 .2,  —  37  —  2.8  -+-  i2a=.  I  ;  cioè 

P  7  IO  T 

8  +  2,7  —  3o —  a  +   Q-  a  =  —  ,  ossia  3,8 — a8  +  12,-a  —  o 

o  00 

4      I 

e  finalmente  e  =  —  =  "t.  *  diversa  da  a  =  a.  Ma  per  evita- 

re  i  fratti  si  può  prendere  «=2,.  Nella  11/ poi  si  faccia  fi=a  , 
e  si  avrà 
3.84  -  36.8  +  8I.&  — 64-+-i8+3  =  «,  ossia^ 

a 

3.84  —  36.8  4-   iSg  =  a,   vale  a  dire  85  —  96  =  —  ^  ed 

£[  =  —  33  ,  molto  lontana  dalla  supposta  a  .   Quindi  può  sup- 
porsi  ft=  I  nella  II.*' Equazione  j  e  prendendo  il  valore   me=r 

a-H  I  3 

dio  sarà  a  = =  —  . 

».   ^  a  a 

5o.  Si  serchino  i  valori  di  g' con  questa  nuova  detcrmina- 

zio- 


Di  Giuseppe  Casselea  .  aS? 

3 

zione  dì  a  =  —  nella  I.*  e  nella  II.*  Eq^uazione  al  n.°  48.  Si  avrà 

qqo       «,0i        -9      9     ^2,7        q3  3 

.444  4  g         4    4   g    §3      4   a  2g     ^ 

e  facendo  g  =  2  si  avrà 
_,    9      9      9         27.9      I         iSqg       27         398        ia.3 

'   4  "  4  '  4       ^    '4      4'4-^     4-^       4^^        2.. a  "~° 

e  rirlucendo 

g.9.9         243  i5.8i         27         54         36 

1.    7-7-7  H — Q-" r~r~ Q 'q'  ~I — r=^?o  anche 

4.44         8  44-^         ^'        "  4 

9.9.9  i6a  i5.8i         36 

—-■ 1 5 7~A ^   T  —  S  '■>  vafe  a  dire 

4-4 '+         8  4.4.2        4 

q             I           i5  i         g        ..9         16        3^        16        162: 

'    —       '    —  =  7—  ,  cioè  —    '  '         — 


44.4       4      4.4.2       9       81'  4^4        4^9         8t 

16^   81        5       81 

e  finalmente  g=.  — Y  — rX->   =9  —  6   prossimamente 

°       9^10       4       i6  '^ 

■=.  3  .  Quindi  si  potrà  prendere  g  =  2  nella  L* 
Nella-  II."  poi  ,  posto  e  =  -<  _,  si  avrà 

2 

3.27.9  36.27         8i.S        6.9  18.  3e 

e  flicendo  g  =:  a  ,  come  nella  L* 
39.27  36.07         81.3  54  18  3g 

8.4.2.  0.4         2.0        4-'i         4  * 


cioè  j  dividendo  tutto  per  27 


9- 


27        '  36-2  18.3  8.2  18  r  g 

^^'    84^  ■"  8472  "^  8472  ""  87^-  ^  4?!^  "^  9  ~  "^ 

cioè  riducendo. 
a5  9  I  £C  9.2.25       9-9  a       q.a 

"•         84.1^2.27       9       29  ^~    8.4.2       9.3.3  ^  9  "" 

—  — h  3  +  a  =  —  7  +  5  =  —  2  prossimamente  .  Quindi 

r  ipotesi  di  g  =  a  è  lontana  dal  vero  .- 

5i. 


a38     Metodo  per  trovar  le  radici  numeriche  ec. 

5i.  Si  faccia  in  seguito  g=;  3,  e  si  sostituisca  nella  me- 
desima II.*  Equazione  ,  onde  sia 

,     3^^37.9  36.a7  _^    _8i3 ^,1?.,9_'% 

(j.4.3  ,8.3.3      '     a.3.3  3  4.3    "^3.3"^  a' 

'C  divìdendo  tutto  per  27  sarà 
4  3.3  a  a  I  g         .   , 


3 

87 

+•3 

3 

0 

8 

4 

3 

3 

II.      — ,  —  o   H 5^^  H T^rr  =  -    ;  e    riducendo 

o  a  o.3d  a. 0.0. 3  9.2 

19  36  g  . 

171  -l 5-^-7   —     -o  .,  Q  =  - —  •  Quindi 

0.4         .a. 3. 3. 3  2.3.3.3         9.2 

3.3.q.a  17.9  a  8r  17  ^  . 

g=      -g;^  -  ^-3-    =  -    _  ^  =5  -6  prossimamen. 

te,    cioè    g  =  —  I    per    approssimazione:   anch'  essa  diversa 
dalia  supposta  g: 


4'4-4         16. 4-2. 

e  seguendo  Io  stesso  metodo  ,  che  nelle  passate  soluzioni,  sarà 

la  i5  la        Sg  .la       18        /Si^ 

^^•''     Q — Z U~T  "^  JT  =  ~r~  >  ossia 5-/  =  'hT"  j  © 

8.16        8.4         81       a  81  bi       8.4      a.8i  ' 

la    81. a  18     a. 81         24         ^-^7 

^=8]  -1"  —  84'-1~  =  y  ~  "8~  =  ^  ^  ^7 

prossimamente;  vale  a  dire  g= — 19  molto  più  lontana  dal- 
la supposta  gz=^  . 

Sa.  Fgli  è  manifesto  che  il  valore  di  g'  è  medio  tra  a,  e 
3  5  e  che  r  ipotesi  la  più  propria  è  quella  di  ^  ==  3 .  Quindi 

pren- 


Di  Giuseppe  Cassella  .  2,3g 

prendendo  il  medio  valore  di  g  ,  si  avrà  g  =■ — - —  =  — . 

L'   Equazione  adunque  ,  Ja  quale  contiene   due  radici  prossi- 
me   dell'  Equazione  di    8."  gradO'  proposta    a    risolverai  j  sarà. 

3  .         ,.        3  6 

X   ~\-  ax-+-   —  =  o  ,  cioè  x   +  —  a;  +   —  =  g  . 
g  2,  5 

Volendo  spingere  più  oltre  V  approssimazione  ,  si  debbo- 
no   cercare  i  vaioli  di  a  nelle   due   Equazioni   al    n.°  4^  coi 

nuovi  valori  di  £■=  —   :   e  cosi  di  seguito  sl  determineranno 

2,,  *" 

con  approssimazione  maggiore  i  valori  di  g  coi  nuovi  valori 
di  a  .  L'  Equazione  di  secondo  grado  che  risulta  da  questa 
nuova  combinazione  de'  valori  di  a  e  di  g ,  ci  darà  due  ra- 
dici più  prossime  della  proposta  Equazione  . 

53.  In  due  maniere,  tralasciando  le  altre ,.  potrà  render- 
si più  breve  il  calcolo  delle  approssimazioni  nella  ricerca  del- 
le radici  della  passata  Equazione,  ed  in  quelle  deirEquazioiii 
consimili  di  alto-  grado..  La  prima  è  di  tentare  i  limiti  ,  ol- 
tre a'  quali  noii  possono  sortire  le  radici  tanto  nella  L* 
quanto  nella  IL*  Equazione  nel  nostra  esempio  ,  per  potere 
aver  cosi  le  prossime  radici  in  ambe  1'  Equazioni  ;  farne  in 
seguito  il  confronto  ,  onde  scegliere  le  due ,  che  più  si  acco- 
stano fra  loro.  La  seconda  è  di  supporre  sul  principio  una 
Equazione  di  esponente  più  alto  ,  e  di  determinare  in  segui- 
to gli  esponenti  supposti  ignoti  ,  seguendo  lo  stesso  metodo  ^ 
che  si  è  adoperato,  nel  passato  esempio.  L'  Equazioni'  che 
risultano  ,  seguendo  questo  modo  di  cperare  ,  sebbene  siana 
in  maggior  numero,  pure  avranno  un  grado  inferiore,,  e  sa- 
ranno più    trattabili  .    Cosi   nel    nostro,   esempio  al  ii.°  47^  e 

3 
seguenti,  in  vece  di  scegliere  l'Equazione  x^-h-ax-^ =0, 

come  si  è  fatto  j    potrà    scegliersi    1'  altra   di    grada  più  alta 

o 

X' -+- ax^ -{- bx -\- ~-  =  o  .  Si  avranno  a  questo  modo  tre  E- 

S 
quazioui  ,    e   tre   ignote  a  determinarsi  a  ,  ò  ,  g  ;  e  lo  stesso 

arti- 


a4o      Metodo  per  tbovar  le  radici  kumeriche  ec. 

artificio,  die  si  è  adoperato  nel  risolvere  le  due  Equazioni 
al  n.°  44'  ^'  adopererà  nel  risolvere  le  tre  altre,  che  nasce- 
ranno seguendo  quest'  altro  metodo  ,  anche  ipiù  facilmente  : 
quantunque  le  Ire  Equazioni  si  potranno  ridurre  anche  a 
due,  le  quali  forse  si  pctranno  risolvere  con  maggior  sempli- 
cità .  L'  industria  vale  mollo  ,  com'  è  noto  ,  nelle  mateiie 
analitiche  ;  ed  alcuni  incidenti  faranno  determinare  chi  ma- 
neggia il  calcolo  a  un  mezze  a  preferenza  dell'altro  nelle  ogi 
corrcnze ,  che  si  presentano. 


ME- 


a4i 


OSSERVAZIONI 


SULL'  AZIONE  DELL'  ACQUA  IDRO- SOLFORATA 
E  DELL'  ACIDO  SOLFOROSO  SU  DI  ALCUNI 
COLORI  VEGETABILI 

Di    Bartolo  si  eo    Bakani 

■Presentate   da   ANTONIO    GAGNOLI 

il    cTi    5    Dicembre     i  8  o  3, 

Ìj  ra  le  proprietà  a-ssegnate  al  'Gas  Idrogeno  Solforato  àa^V  Il- 
lustri Chimici  Berthollet  (i)  e  Fourcroy  (a) ,  non  trovo  farsi 
parola  dell'  azion  scolorante  ,  che  la  soluzione  di  esso  Gas 
neir  acqua  (  Acqua  Idro-Solforata  )  esercita  sopra  alcuni  co- 
lori tratti  dai  Vegetabili  .  Siffatta  azione  mi  sembra  doversi 
aggiugnere  alle  altre  proprietà  ,  che  rendono  F  Acqua  Idro-Sol- 
forata nei  modo  di  agire  cotanto  analoga  agli.  Acidi  ,  e  ciie 
determinarono  il  Celebre  Trommsdorf  a  proporre  di  denomi- 
narla Acido  Idrozionico  (3)  . 

Fu  nello  scorso  anno  che  mi  si  offri  per  la  prìjna  volta 
questo  fenomeno  ,  nel!'  occasione  di  pubblicamente  dimostra- 
re ,  come  r  Acqua  Idro-Solforata  cangi  in  rosso  il  ceruleo  co- 
lore j  comunicato  all'  Acqua-  dalla  Laccamuffa  ,  o  dai  petali 
delle  Violette  .  Osservai  in  tale  incontro  che  versando  in  detti 
liquori  colorati  una  data  quantità  di  Acqua-Idrosolforata  ,  essi , 
come  è  già  noto ,  acquistano  il  color  rosso  ,  e  che  una  dose 
più  liberale  di  eSsa  Acqua  Idro-Solforata  fa  sparire  o<^ni  co- 
Tomo  XI.  '  H  h  °  lo- 


(i)  Anna!.    (1(>    Cliim.    Observat.  sur 
r  Hyilro».  Sulpliin*'-  voi.   aS.   par.   233. 
(a)  -System,  de  Connaiss.  Cliiniicj. 


(3)  Annal.  de  Cliira.  voi.  Sa.  png. 
Sao.  et  Exposition  dfs  Ackles  ,  Alca-» 
Ics  ,  Terres  et  Metaux  ec. 


a4a  Sull'  Azione  dell'  Acqua  ec. 

lo  re  come  se  versato  vi  si  fosse  dell'Acido  Muriatico  -  Ossile- 
nato  (4)  • 

Fatta  quest'  osservazione  attesi  con  iuìpazienza  la  bella, 
atagion  di  Primavera  ,  onde  sottoporre  ,  ad  un  pari  cimento  , 
le  Acque  colorate  co'  petali  di  altri  fiori  .  Prescelsi  fra  essi 
quelli  dell'  Iris  Germanica,  dell'  Iris  pallida  Lamark  ,  e  quei 
pure  di  una  varietà  dell'  Iris  Xiphium  . 

L'  Acqua  colorita  co' summentovati  petali,  soggiacque  ai 
cangiamenti  osservati  già  nell'Acqua  tinta  co' petali  delle  Vio- 
lette ,  e  colla  Laccamuffa  .  Se  però  era  il  liquore  molto  sa- 
turo di  materia  colorante  ,  rimanea  esso  torbido  ,  e  leggier- 
mente tinto  in  color  giallo  pallido  tendente  alcun  poco  al 
verde  oliva  . 

Immergendo  i  petali  delle  sunnominate  Iridi  intieri  ,  e 
staccati  con  diligenza  in  modo  che  sofferta  non  avessero  ve- 
runa lacerazione  nella  lor  superficie  colorita ,  immutato  ri- 
mase per  buon  tratto  di  tempo  il  color  loro  ;  lo  stesso  osser- 
vai accadere  pur  anche  in  altri  petali  delle  medesime  piante 
immersi  in  diluto  Acido  Muriatico  -  Ossigenato  . 

.  Ma  facendo  alcune  leggierissime  incisioni  svdf  Epidermide 
di  tali  petali,  cotesti  tagli  invisibili  all'occhio  non  armato  di 
lente  si  rendean  conspicui  poco  dopo  la  immersione  de'  petali 
nell'Acqua  Idro-Solforata  ,  od  in  diluto  Acido  Muriatico  -  Os- 
sigenato .  Una  assai  distinguibile  linea  bianca  indicava  il  luogo 
in  cui  erasi  fatta  1'  incisione  . 

Se    con    tagliente    stromento    spogliava   alcuna   parte    di 

det- 


(4)  Siami  permesso  di  qui  notare 
uno  sljaglio  ,  ohe  si  osserva  nella  to  r- 
za  edizion  Francese  degli  Elementi  d  i 
Chimica  del  Celeberrimo  Chaptal  ,  sba- 
glio eh'  io  credo  sia  dello  Stampatore, 
e  che  non  è  stato  corretto  dall'  edi- 
tore della  Traduzione  Italiana  di  essi 
Elementi  .  Si  legge  in  essi  che  il  Gas 
Idrogeno  Solforato  cangia  in  verde  il 
color    ceruleo    del    Siroppo    di  Viole  . 


Per  verità  non  ò  giammai  potuto  os- 
servare un  tal  cangiamento  quajitun- 
que  abbia  fatte  le  mie  sperienze  or 
coir  Acqua  colorata  co' petali  delle  Vio- 
lette ,  ed  or  col  Siroppo ,  ò  bensì  no- 
tato che  la  prima  azione  dell'  Acqua 
Idro-Solforata  rende  il  color  de' petali 
dello  Violette  più  o  men  rosso,  e  ciis 
in  s 
colore  . 


uito  prontamente  distrugge   ogni 


Di  Bahtolomeo  Barani  .  ^43 

detti  petali  dell'  Epidermide  che  li  ricopre  ,  e  venia  con  ciò 
a  denudar  le  parti  ,  ove  risiede  il  colore  :  Lo  scolorimento 
de' petali  accadeva  con  prontezza  ne'luoghi  denudati,  sia  che 
s' immergessero  neli'  Acqua  Idro-Solforata  ,  o  nell'  Acido  JNIu- 
riatico-Ossigenato  . 

Il  color  rosso  ceruleo  di  cui  va  adorna  la  pagina  inferio- 
re delle  foglie  del  Senecio  bìcolor  ,  e  della  Tredascantia  dis- 
color sparì  anch'  esso  ,  allorché  queste  foglie  spogliate  di 
Epidermide  ,  furon  immerse  ne'  sunnominati  liquori  scoloran- 
ti .  I  petali  dell'  Alcea  purpurea  ,6  1'  Acqua  con  essi  colora- 
ta in  parità  di  circostanze  subirono  mutazioni  eguali  . 

Dagli  enunciati  fatti  ne  trassi  motivo  di  credere ,  che 
r  Acqua  Idro-Solforata  possa  far  sparire  i  colori  cerulei  che 
adornano  alcune  parti  dei  Vegetabili .  Ed  il  celere  scolori- 
mento de'  petali  svestiti  di  Epidermide  ,  in  confronto  dell'as- 
sai lento  loro  scolorimento  quando  siano  di  essa  vestiti,  è 
argomento  tale  da  allontanare  il  sospetto  che  un  simil  effet- 
to ,  esser  possa  la  conseguenza  di  una  sovverchia  diluzione 
dei  liquori  coloriti. 

Per  preparare  l'Acqua  Idro-Solforata  ho  fatt'  uso  di  Aci- 
do Solforico  ,  e  di  Solfuro  di  Ferro  artificiale  composto  col 
metodo  di  Schede.  Si  potrebbe  perciò  dubitare ,  che  lo  sco- 
lorimento de'  liquori  cerulescenti  attribuir  si  dovesse  ,  non 
al  Gas  Idrogeno  Solforato  ,  ma  bensì  all'  Acido  Solforoso  , 
che  d'  ordinario  trovasi  congiunto  coli'  Acido  Solforico  del 
commercio  .  La  volatilità  e  facile  gasificazione  dell'  Acido 
Solforoso  ,  somministrar  potrebbe  per  avventura  una  favore- 
vol  prevenzione  per  siffatta  opinione  . 

Per  togliere  questo  sospetto ,  mi  son  servito  alla  decom- 
posizione del  Solfuro  di  Ferro  di  Acido  Solforico  spogliato 
coir  azione  del  fuoco  di  tutto  1'  Acido  Solforoso  :  ho  in  oltre 
disposte  le  cose  in  modo ,  che  il  Gas  Idrogeno  Solforato  , 
prima  di  giugnere  all'  Acqua  in  cui  volea  renderlo  liquido  , 
atlraversar  dovesse  qualche  quantità  di  pura  Acqua,  che  con 
ima  protratta  ebullizione  avea  spogliata  dai  Gas ,  i  quali ,  per 

H  h  a  il 


a44  Sull'  Azione  dell'  Acq.ua  ec. 

il  contatto  avuto  coli'  Aria  Atmosferica  ,  si  fossero  in  essa 
clisciolti .  Praticate  tutte  queste  cautele  ,  ho  non  ostante  os- 
servato dileguarsi  il  color  ceruleo  ,  o  si  versasse  neli'  Acqua 
colorita  una  satura  soluzione  di  Gas  Idrogeno  Solforato  ,  o  si 
obbligasse  lo  stesso  Gas  a  disciorsi  in  Acqua  previamente  co- 
lorata . 

Queste  avvertenze  della  preparazione  del  Gas  Idrogeno 
Solforato  ,  e  della  di  lui  soluzione  nell'  Acqua  ,  quantunque 
le  credessi  opportune  a  render  probabile  il  mio  pensiere  rap- 
porto all'  azion  sua  scolorante  ,  non  mi  sembraron  però  tali 
da  escludere  il  sospetto  di  evoluzione  ,  o  di  formazione  di 
Gas  Acido  Solforoso ,  e  nemmeno  potea  riguardarle  come  at- 
te a  dimostrare,  che  in  grazia  della  rapida  evoluzione  del 
Gas  Idrogeno  Solforato  ,  una  qualche  porzione  di  Gas  Acido 
Solforoso  ricusato  non  avesse  di  unirsi  coli'  Acqua  destinata 
al  di  lui  assorbimento  . 

Affine  di  togliere  tutti  cotesti  dubbi ,  emmr  serabrato  di 
dover  ricorrere  all'  esame  dell'  Acqua  Idro-Solforata  ,  e  pro- 
curar di  riconoscere  se  in  essa  esistesse  veruna  traccia  di 
Acido  Solforoso  .  La  forte  attrazione  della  Barite  per  un  tale 
Acido  ,  e  la  insolubilità  del  sale  che  risulta  dalla  loro  unio- 
ne ,  mi  determinarono  a  valenm  di  essa ,  come  di  un  mezzo 
il  più  ^^attato  a   fissare  il  mio  giudizio  . 

Versai  pertanto  in  diverse  porzioni  di  tale  Acqua  delle 
soluzioni  di  Barite  ,  e  di  Muriate  della  stessa  base  ,  ma  non 
esservai  verun  intorbidamento  de'  liquori  insieme  uniti ,  onde 
poterne  arguire  che  formato  si  fosse  del  Sulfito  di  Barite  . 
Congiunsi  detti  reagenti  con  Acqua  cerulea  scolorita  col  Gas 
idrogeno  Solforato  ,  ed  egualmente  non  mi  fu  dato  di  scorge- 
re veruna  precipitazione  .  Volli  per  ultimo  riconoscere  ,  se 
neh'  Acqua  destinata  a  depurare  il  Gas  Idrogeno  Solforato 
dall'  Acido  Solforoso  ,  esistesse  sensibil  traccia  di  esso  ,  ed 
anche  in  questo  caso  osservar  non  ne  potei  il  più  picciolo 
indizio  . 

Formossi  all'  opposto  un'  abbondante  precipitato ,  quando 

ver- 


Di  BARTOLaiìiEa  Baran?  .  245 

versai  la  soluzione  Acquosa  di  Barite  o  quella  di  Jlmiato  Ba- 
litico  in  liquori  scoloriti  coli'  Acido  Solforoso  :  osservai  pure 
precipitazioni  sensibilmente  nianifcste  ne'  liquori  scoloriti  coli' 
Acqua  Idro-Solforata  uniti  con  soluzioni  Baritiche  ,  allorché 
vi  aggiunsi  poche  stille  di  Acido  Solforoso  .  Da  ciò  inferir  si 
vuole  ,  che  la  insolubilità  del  Sulllto  di  Barite  sia  tale  ,  da 
permettere  che  si  riconoscano  quantità  assai  tenui  di  Acido 
Solfoioso  contenuto  in  mi  liquore  . 

Se  poi  non  ostante  le  esposte  sperienze  ,  si  volesse  rite- 
nere ,  e  riguardare  un  tal  reagente ,  come  inetto  a  render 
manifeste  quantità  tenuissime  di  Acido  Solforoso,  non  si  po- 
trebbe perciò  attribuir  al  medesimo  il  tolto  colore  delle  indi- 
cate sostanze  Vegetabili  .  La  sperienza  mi  à  ùdto  compren- 
dere che  la  sensibilità!  di  questo  reagente  è  tale  da  poter  de- 
cisamente far  conoscere  quantità  di  Acido-  Solforoso  inette  a 
fsti  sparire  i  colori  cerulei ,  ed  atte  soltanto  a  modificare  tai 
colori  in  rosso  (i)  . 

Siami  lecito  far  payola  di  un'  altra  circostatiza  ,  che  ,  se 
non  m'  inganno  ^  servir  può  a  convalidare  le  esposte  osserva- 
zioni .  Sappiamo,  e  ce  lo  insegna  il  celebre  BerthoUet  nella  di 
lui  opera  sull'arte  di  tingere  ,  che  il  colore  delia  Laccamuffa 
non  è  distrutto  dall'  Acido  Solforoso  ,  ma  bensì  cangiato  sol- 
tanto in  rosso  .  Questa  maniera  di  agire  dell'  Acido  Solforoso 

sal- 


ii) Le  inda^ni  instituite  ont^  esclu- 
dere la  presenza  dell'  Acido  Solforoso 
neir  Acqua  Idro-Solforata  saranno  da 
Professori  di  Chimica  riguardate  come 
«uperfTue  .  Sanno  essi  che  risulta  dal- 
le sperienze  di  Fourcroy  ,  la  Porte  ,  e 
Yaufjuelin  (  Analys.  de  l'Eau  d'Enhien. 
Annal.  de  Chim.  voi.  a/j-  pag.  s45.  ) 
risulta  ,  io  dico ,  che  il  Gas  Idrogeno 
Solforato  ed  Acido  Sol l'oroso,  non  pos- 
sono stare  a  contatto  r  uno  dell'  altro 
»«nza  decomporsi  ,    e    che   una  tal  de- 


composizione accade  anche  quando  ì 
detti  Gas  siano  in  forma  liquida  .  Mi 
lusingo  però  ,  non  ostante ,  che  gli 
Amatori  della  Scienza  ,  non  mi  faran- 
no un  demerito  ,  di  aver  descritti  i 
mezzi  de'  quali  mi  sono  servito  p«r 
riconoscere  1*  purezza  della  mi«  Ac- 
qua Idro-Solforata,  e  per  assicurarmi , 
nel  tempo  stesso  ,  die  i  risultati  otte- 
nuti attribuir  si  debbano  al  solo  Gag 
Idrogeno  Solforato  di*ciolto  nell'Acqua. 


24Ó  Sull'  Azione  dell'  Acqua  ec. 

sulla  Laccamuffa  ,  cotanto  diversa  da  quella  dell'Acqua  Idro- 
Solforata,  non  mostra  essa  all'evidenza  F  azion  scolorante  del 
Gas  Idrogeno  Solforato  ? 

Conosciuta  per  mezzo  degli  esposti  replicati  tentativi 
r  azione  dell'  Acqua  Idro-Solforata  sul  oernleo  colore  di  al- 
cuni Vegetabili ,  rimanea  da  osservarsi  se  tali  materie  colo- 
ranti sofferta  avessero  un'  alterazion  tale  ,  che  le  rendesse 
insensibili  aìl'  azion  di  que'  corpi ,  i  quali  prima  modidcar 
ne  potevano  il  colore  in  rosso,  od  in  verde  . 

Le  sperienze  con  tal  vista  instituite  mi  anno  dimostrato, 
che  aggiugnendo  Acido  Solforico  ,  od  altro  qualunque  Acido 
al  liquor  scolorito  col  Gas  Idrogeno  Solforato  ,  si  rende  tosto 
manifesto  il  color  rosso  proprio  di  queste  sostanze  ipodificate 
da  un''  Acido  ,  e  che  gli  Alcali  comunicano  alle  medesime  il 
color  verde  . 

Scolorando  i  liquori  cerulei  coH'Acido  Solforoso,  l'aggiuil- 
ta  di  un'  Acido  o  di  un  Alcali  produce   effetti  simili  a  quelli 
osservati  ne'  liquori  scoloriti  dall'  Acqua  Idro-SoHbrata  .    Co- 
testa   somiglianza  negli  effetti  prodotti  da  reagenti  di  compo- 
sizione diversa  ,  mi  rende  propenso  a  credere  ,    che  la  modi- 
ficazione cui,  nelle  esposte  circostanze,  sono  soggette  le  tante 
volte    nominate    sostanze    coloranti    possa    attribuirsi    ad  una 
molto  analoga  maniera  di  agire  de'  suddetti    reagenti  sui  co- 
lori ,    azione    che    per   molti    rapporti  si  riscontra  diversa    da 
quella  dell'  Acido  Muriatico- Ossigenato.  I  primi  due  reagenti 
dopo  di  aver  comunicata  a'  liquori    cerulei ,   co'  quali    siano 
uniti ,    r  attitudine    di  trasmettere   i    raggi    della   luce  rossi  , 
posson  pure  modificarli  talmente  che  dian  passaggio  a  tntti  i 
colori  della  luce  ed  apparir  perciò  scoloriti  .    Ma   questa  mo- 
dificazione   può    subire   nuove  mutazioni    mediante    1'  azione 
degli  Alcali  e  degli  Acidi  ,    i    quali   rendon  di  nuovo  manife- 
sta la  materia  colorante  ;  di  più  la  sola  esposizione   all'  Aria 
Atmosferica  di  alcuno    di    qiicsti    scoloriti    liquori    basta    per 
farci    osservare  che    in  grazia  del  perduto  Gas  Idrogeno    Sol- 
foratOj  esso  liquore  si  colora  prima  in  rosso,  e  poscia  in  ce- 
ra- 


Di  BartolÒmiìo  Bauani  .  ;i47 

ruleo  come  ò  potuto  osservare  nelT  Acqua  tinta  colla  Lacca- 
mufFa  .  E  se  si  brami  di  far  più  sollecitamente  ricomparire 
il  color  della  Laccamuffa  ,  non  si  à  che  ad  esporre  il  liquor 
scolorito  all'  ebullizione  :  1'  azione  del  fuoco  obbligando  1'  I- 
drogeno  Solforato  a  nuovamente  gasificarsi  ,  ad  abbandonar 
l'Acqua  ,  ed  a  staccarsi  da  quella  qualunque  unione  da  es- 
so contratta  colla  materia  colorante,  fa  che  questa  manife- 
sti il  consueto  colore  . 

Beu  diversa  dall'  or  descritta  azione  si  è  quella  dell'  A- 
cido  Mui'iatico-Ossigenato  .  Distrugge  esso  definitivamente  in 
tali  materie  coloranti  la  proprietà  di  trasmettere  parziali  rag- 
gi di  luce  ,  né  la  posson  psse  riacquistare  coli'  addizione  di 
Alcali  o  di  Acidi  ,  i  primi  fra  questi  agenti  sono  unicamente 
atti  a  comunicare  al  liqnsr  scolorito  coli'  Acido  Muriaticc-Os- 
sigenato  una  leggier  tinta  giallognola  .  Gli  scolorimenti  pro- 
dotti dall'  Acido  Murialico-Ossigenato  sono^  come  ne  insegna 
BerthoUet,  1'  opera  dell'  Ossigeno  di  cui  abbonda  T  Acido  ,  il 
quale,  si  combina  colla  materia  colorante,  combinazione  per 
la  qiftle  vien  alterata  la  proporzione  de'principii  che  la  con- 
stituivano  in  modo  che  non  può  più  manifestarsi  co'  caratte- 
ri de'  quali  era  dotata  . 

All'opposto  ne'scolorimenti  prodotti  dall'Acqua  Idro-Solfo- 
rata, o  dall'Acido  solforoso  ,  non  è  per  tali  imipni  stabilmen- 
te alterata  la  proporzion  de'principii  costituenti  le  nominate 
sostanze  coloranti ,  e  quantunque  mi  sembri  di  poter  suppor- 
re che  sien  passate  ad  uno  stato  di  maggior  composizione , 
mercè  la  contratta  unione  co'  principii  dell'  Acido  Solforoso  , 
o  dei  Gas  Idrogeno  Solforato  :  ciò  non  ostante  egli  è  molto 
probabile  che  tuttavia  sussista  ancora  la  primitiva  proporzio- 
ne dei  principii  delle  stesse  materie  coloranti,  e  che  non  sia 
punto  distrutto  quel  vincolo  che  insiem  li  unisce  . 

Inoltre  egli  è  pur  probabile  ,  che  il  grado  di  attrazione 
per  cui  la  materia  colorante  trovasi  unita  co'  principii  costi- 
tuenti r  Acido  Solforoso  ,  ed  il  Gas  Idrogeno  Solforato  non 
sia    molto    forte  ,    e    che   da  ciò  appunto   derivi  il  poter  noi 

ren- 


^4^  Sull'  anione  dell'  Acqua  ec. 

render  manifesta  tale  materia  con  un'  attrazlon  pm  forte, 
che  l'obbliglii  ad  al)baiidonare  le  contratte  unioni  ,  come  ac- 
cade, allorquando  aggiugniamo  ai  liquori  scoloriti  un'Acido, 
od  un'  Alcali,  o  che  iie  esponiamo  aiouui  all'^zione  del  calo-. 
lieo  . 

Che  la  cosa  sia  così ,  me  lo  persuadono  i  fenomeni  os- 
Sf'.rvati  nell'Acqua  colorata  colla  Laccamuffa,  che  ò  veduta  or 
scolorita,  ed  or  colorata  in  rosso  ed  in  ceruleo  dipendenta- 
ni«iite  dall'  e&ser  essa  combinata  o  nò  col  Gas  Idrogeno  Sol- 
forato  .  Accordo  di  buon  grado,  «he  se  quest'  opinione  fosse 
appoggiata  soltanto  ai  fatti  osservati  nell'  Acqua  tinta  colla 
Laccamuffa  ,  d'  «ssa  non  potrebbe  annoverarsi  fra  quelle  Fi- 
siche opinioni  ,  che  devono  la  probabilità  loro  ad  osservazio- 
ni quanto  esatte,,  altrettanto  variate.  Dovea  perciò  rintraociai-e 
se  altri  colori  fossero  co'  loro  cangiamenti  per  somministrare 
argomenti  acconci,  o  a  confermarmi  nell'  idea  che  gli  scolo- 
rimenti 5  soggetto  di  queste  osservaEÌoni  sian  dovuti  all'  unio- 
ne del  Gas  Idrogeno  Solforato  colla  materia  coJoraate ,  od  a 
dichiararla  dui)bia  od  insussistente. 

Avendo  in  più  occasioni  lasciati  per  qualche  tempo  espo- 
sti a  centatto  dell'  aria  atmosferica  i  liquori   ne'  quali  il  Gas 
Idrogeno  Solforato  avea  reso   invisibile  il  color  de"  petali  del- 
le violette  ,  e  dell'  Alcea   purpurea  ,    senza  che  osservassi  ìr 
essi  verun  anche  remoto  indicio  di  iiprÌÉitinato  colore^  sperar 
non    potea    di    ottenere   da    essi    con    altri  mezzi  un  risultato 
soddisfacente.  Volli  non  ostaiite  riconoscer  col  fatto  se  avve- 
rato si  fosse  il  mio  sospetto,  allorché  esponessi  tai  liquori  sco- 
loriti   coir   Acqua    Idro- Solforata  ad  un  tal  grado  di  calorico 
che  portasse  l'Acqua  airebullizione  .  In  tale  stato  di  cose  os- 
servai che  i  liquori  scoloriti  si  eran  bensì  colorati  ,    ma    che 
ricomparso    non    era   il    loro    color  di    prima  ,  giacché  li  vidi 
tinti  in  color  giallo  verde  .  Una  tale  circostanza  poco  favorevo- 
le di  primo  aspetto  all'enunciata  opinione,  cesserà  di  sembrar 
tale  se  si  consideri  quanto  .questi  colori  sian  facili  ad  alterar- 
si.    Difatti  la  ebullizione  dell'  Acqua  colorata  co'  petali  delle 

vio- 


Di  Bautolomeo  Barani  .  s/^g 

Violette,,  e  ùeWJlcea  purpurea  induce  nel  colore  die  si  trae 
da  essi  mutazioni  assai  uniformi  a  quelle  osservate  nella 
e])u!lizione  di  simili  Acque  già  prima  scolorite  coli'  Acqua 
Uro-Solforata  , 

Questi  tentativi  di  risultato  alquanto  equivoco  ,  furon 
susseguiti  da  altre  indagini,  che  mi  persuado  presentino  dati 
molto  più  soddisfacenti  .  Il  Fernambucco  Caescdpinìa  Brasi- 
liensis ,  ed  il  Campeggio  Haematoxìlon  campecchianum  .del 
Linneo  furon  bolliti  nell'  Acqua  per  estrarne  la  loro  materia 
colorante.  Le  Acque  colorate  da  essi  legni  ottenute,  trattate 
coli'  Acqua  Idro-Solforata  acquistarono  prima  un  color  ten- 
dente al  giallo  ,  ed  una  maggior  dose  di  liquor  scolorante 
smarrì  ogni  traccia  del  colore  di  fjuesti  legni.  Dalla  faci.!ità  e 
prontezza  tìolla  quale  ottenni  questi  scolorimenti  ,  mi  parve 
poterne  arguire,  che  sottraendo  da  tai  liquori  scoloriti  il  Gas 
Idrogeno  Solforato.,  ne  rinnovarci  lo  smarrito  colore,  e  di  fat- 
ti r  esito  degl'  inst/tuiti  tentativi  corrispose  alla  mia  aspetta- 
zione .  Le  decozioni  scolorite  di  amendue  questi  legni  espo- 
ste al  fuoco  apparver  di  nuovo  tinte  nel  color  proprio,  co- 
lore che  si  manifestò  in  tutta  1'  intension  sua  ali'  atto  dell' 
ebuUizione  dell'Acqua.  Che  più?  la  sola  esposizione  di  que- 
ste Acque  scolorite  all'  Aria  Atmosferica,  in  una  temperie 
dai  ao  ai  24  gradi  sopra  il  zero  del  Termometro  di  Reau- 
mur,  bastò  ad  esibirmele  nuovamente  colorate,  dieci  o  dodi- 
ci ore  circa,  dopo  1'  eseguito  scolorimento  coli'  Acqua  Idro- 
Sulforata  • 

Per  accertarmi  sempre  più,  clie  tali  scolorimenti  proce^ 
dati  dall'  union-c  del  Gas  Idrogeno  Solforato  colla  materia  co- 
lorante ,  conveniva  tener  cento  di  ciò,  che  separasi  dai  li- 
quori scoloriti,  allorché  si  espongono  al  fuoco,  e  rintracciare 
se  r  azione  del  calorico  altro  effetto  produca  ,  che  quello  di 
staccare  da' detti  liquori  il  Gas  Idrogeno  Solforato-  Dalle  non 
poche  indagini  con  tale  scepo  instituite  ,  ottenuto  non  ò  ve- 
lun  risultato  capace  di  farmi  sospettare  che  s' innalzi  ,  si  se- 
pari da'  liquori  scoloriti  che  solo  Gas  Idrogeno  Solforati ,  ed 

Tomo  XI.  li  Ac- 


aòo  Sull'  Azione  dell'  Acqua  ec. 

Acqua  convertita  in  vapori:  sarà  quindi  lecito  di  concliiude- 
xe,  che  gli  annunciati  scolorimenti  sian  un  prodotto  dell'unio- 
ne del   Gas  Idrogeno  Solforato  colla  materia  colorante.. 

Dopo  di  aver  resa  assai  probabile^  se  dir  non  si  vuo- 
le dimostrata  la  maniera  di  agire  del  Gas  Idrogeno  Solforato 
su  di  alcune  materie  coloranti  ,  tentar  dovea  di  far  lo  stesso 
rapporto  al  Gas  Acido  Solforoso  ,  e  dimostrare  che  gli  scolo- 
rimenti da  esso  prodotti  sono ,  alcuna  volta  almeno,  I'  effetto 
della  di  lui  unione  colla  materia  de'  colori.. 

Le  prime  idee  di  tale  tmione  somministrate  mi  furono 
da  ciò  che  accade  alla  Seta,  ed  alla  Lana  il  cui  imbianchi- 
mento sia  stato  ultimato,  col  vapor  del  Solfo  in  combustio- 
ne. Osserva  il  Celebre  Berthollet,  ed  io  stesso  ò  più  di  una 
volta  avuto  campo  di  verificarlo  ,  che  se  s'  immerga,  cjuesta 
Seta  o  Lana  neU'  Acido  Solforico  ,  od  in  altro  Acido  incapa- 
ce di  ossigenar  il  Solfo  ,  prontamente  s'  innalza  un  forte  ali- 
to di  Gas  Acido  Solforoso,  ciò  che  accader  non  potrebbe,'  se 
questo  Gas  non  si  ^sse  unito  colle  sunnominate  sostanze  j 
non  si  fosse  ,  diremmo  quasi  ,.  solidificato  ccii  esse  .. 

h'  indole  di  queste  sostanze  diversa  da  cjuella  della  ma- 
teria colorante,  non  permette  per  verità  di  trarne  la  conse- 
guenza ,  che  gli  scolorimenti  prodotti  dall'  Acido  Solforoso 
sian  un  effetto  della  di  lui  unione  colla  materia,  colorante  . 
Contuttociò  j  se  mal  non  mi  appongo  ,  una  tale  osservazione 
non  è  da  ritenersi  per  inutile  ,  d'  essa  ci  mostra  la  tendenza 
del  Gas  Acido  Solforoso  ad  unirsi  con  sostanze  colle  quali 
non  avrem  creduto  si  facile  il  combinarlo,  e  ci  lascia  campo 
di  sospettare  possibile  1'  union  sua  colla  materia  colorante 
ogni  qual  volta  veggiamo  liquori  ,  o  altri  corpi  colorati  can- 
giar di  colore  ,  o  scolorirsi  dei  tutto  sotto  1'  azione  di  q^uesto 
Gas  . 

Cotesto  $ospetto  acquista,  io  credo  ,  una  non  lieve  pro- 
babilità da  ciò  che  accade  ,  allorché  aggiugniamo  un'  Alcali 
a'  liquori  scoloriti  coli"  Acido  Solforoso  ;  come  mai  potreb- 
bon  essi  comparir  tinti  in  verde  ,  trattandosi  di  liquori  prima 

ce- 


9 


1 


Di  Bautolomeo  Baiiani  .  2.5 1 

cerulei,  o  riacquistare  il  lor  color  di  prima  se  sia  Acqua  tìn- 
ta col  Fel-nanibucco  ,  o  col  Campeggio,  come  mai  ,  *io  dico, 
ciò  accader  potrebbe  ,  se  1'  attrazione  dell*  Alcali  per  1'  Aci- 
do Solforoso  non  lo   determinasse    ad    abbandonare    la    prima 


unione  ? 


Quantunque    fossi    alieno  dal  supporre  di    poter  ottenere 
da'   liquori  scoloriti  coli'  Acido  Solforoso  ,    esposti    al    fuoco  , 
que'   risultati    die    ò   avuti    da'  licjuori    scoloriti    coli'   Acqua 
Idro-Solforata  ,    velli  nullameno  tentar  la  cosa  qualunque  es- 
ser ne  potesse  l'esito.  Esposi  pertanto  ad  una  protratta  ebul- 
lizione  Acqua,   nella  quale  ave\s3  fatto  sparire  còll'Acido  Sol- 
foroso   il  coloi:   del    Fema m bucce  ,    del    Campeggio,    e    quel 
delle    Violette  .    L'  Acqua  clie  contenea  la  materia   coloraSite 
de'  sunnominati  due  legni ,  parte  in  grazia  del  gasjficato  Aci- 
do Solforoso,  e  part^  per    1'  evaporazione  acquistò  una  tinta 
gialla,  simile  a  quella  ,  clie  in  essi  colori  inducon  gli  Aeidi  , 
Ile  potei  veder  riconiparire  il  color  proprio  di  essi,  che  quan- 
'do  aggiunsi  un  corpo,  il  quale  unendosi  coli'  Acido  tuttavia 
'esistente  nel  liquore,    permettesse    alla    materia    colorante  di 
'manifestarsi  nel  suo  primiero  essere.  L'Acqua  di  Violette  si- 
milmente scolorita,  dopo  una  leggier  ebullizione,  si  manifestò 
•colorata  in  rosso  tendente  al  roseo  ,   e   questo    colore    prose- 
guendo la  ebullizione  divenne  sempre  più  carico,    ed  in  fine 
apparve  quasi  composto  di  biò,  e  di  rosso,  cioè  Paonazzo. 

Convinto  da  questi  inutili  tentativi  della  difficoltà  som- 
Tna  di  restituire  a  questi  liquori  il  color  loro,  mediante  ia  so- 
la azione  del  calorico  ,  mi  appigliai  al  partito  d'  indagare  se 
vi  fosse  modo  di  distruggere  1'  unione  contratta  dall'  Acido 
Solforoso  colla  mateiia  colo-ante  ,  senza  che  perciò  fosse  es- 
sa soggetta  ad  alterazione  ^  e  ricomparir  potesse  nel  primiero 
stato  «uo . 

Memore  dell'  azione  die  esercitano  1'  uno  suU'  altro  il 
Gas  Acido  Solforoso,  ed  il  Gas  Idrogeno  Solforato,  mi  sembrò 
di  poter  far  uso  dell' Ac(|ua  Idro-Solforata,  nella  persuasione 
di'  essa  mi  fornirebbe  quel  m^zzo  eh'  io  ricercava  .  Riflettei 

I  i  a  pe- 


aSa  Sull'  Azion  dell'  Acqua  ec. 

però,  che  il  versare  V  Acqua  Idro-Soiforata  in  liquori  ,  che 
tuttavia  contenessero  tutto  il  Gas  Acido  Solforoso  necessario 
a  produrre  il  loro  scolorimento  ,  non  sarebbe  il  metodo  da 
seguirsi ,  sì  per  il  notabile  intorbidamento  del  liquore  in  grar 
zia  del  Solfo  che  si  precipita  ,  come  pure  per  la  soverchia 
diluzione  dello  stesso  liquore.  Mi  determiaai  perciò  di  versare 
r  Acqua  Idro-Solforata  in  quel  liquore  tinto  colle  Violette, 
che  acquistato  avea  il  color  Paonazzo  r  picciole  ripartite  dosi 
di  Acqua  Idro-Solforata  mi  dieder  agio  di  ricondurlo  a  quel- 
la tinta,  che  è  propria  de'  petali  delle  Violette.  Simili  spe- 
rienze  tentate  nell'  Acqua  che  contenea  la  materia  colorante 
del  Fernambucco  ,  e  del  Campeggio,  che  dopo  lo  scolorimen- 
to sostenuta  avea  1'  ebullizione  ,  non  furono  egualmente  feli- 
ci ,  potei  però  diminuire  notabilmetite  il  color  giallo  carico 
da  essa  acquistalo  durante  la  ebullizione. 

Se  in  questi  liquori  scoloriti  coli'  Acido  Solforoso  ,  che 
sostenuta  avevano  una  più  o  meno  protratta  ebullizione  ,  io 
versava  ,  poco  a  poco,  una  diluta  soluzion  di  Barite,  in 
modo  di  non  versarne  di  più,  di  quello  fosse  atto  a  rendei 
jiieliicace  1'  Acido ,  vedea  ricomparir  il  color  delle  Violette  , 
e  nel  tempo  stesso  formarsi  un  precipitato  che,  verosimil- 
mente dovrà  attribuirsi  all'  unione  della  Barite  coli'  Acido 
Solforoso  .  Una  simile  precipitazione  ò  parimente  osservata 
allorché  restituiva  colla  soluzion  di  Barite  il  color  suo  alla 
materia  colorante  del  Fernambucco  ,  e  del  Campeggio  » 

Vorrei  lusingarmi  che  dalle  esposte  ossf rvazioni  si  possa 
con  qualche  confidenza  conchiudere,  che  gli  scolorimenti  pro- 
dotti dal  Gas  Idrogeno  Solforato  ,  e  dal  Gas  Acido  Solforo- 
so ,  si  debban  ripetere  dalla  sola  unione  di  questi  Gas  colla 
materia  colorante  ,  unione  che  non  esercita  su  tali  materie  , 
come  taluno  pensa  ,  un'  azione  opposta  a  quella  delF  Acido 
Muriatico  -  Ossigenato  ;  e  vorrei  pur  trarne  la  conseguenza  , 
che  r  azione  di  cotesti  Agenti  non  sia  da  porsi  in  confronto 
con  quella  del  Carbone  su  di  un  diverso  genere  di  corpi,  resi 

da 


I 


I 


Di  Ba-rtolojieo  Baranx  .  a53 

da  tal  unione  più  grati  all'occhio,  e  più  accetti  al  naso,  ed 
al  palato. 

E  quand'  anche  le  addotte  sperienze  non  comprovassero 
quanto  mi  sono  studiato  di  dimostrare,  l'idea  dell'  azion  di- 
sossidante del  Gas  Idrogeno  Solforato  ^  e  dell'Acido  Solforo- 
so ,  sarebbe  in  senso  mio  soggetta  a  molte  difficoltà  ,  delle 
quali  tni  sia  lecito  1'  addurne  una  soltanto  delle  più  ovvie  ; 
vale  a  dire  la  necessità  di  ricorreve  ad  una  seconda  ipotesi  , 
per  spiegare  come  corpi  in  tutto  od  in  parte  scomposti ,  pos- 
san  di  nuovo  ricomporsi  ,  e  riacquistare  il  perduto  ossigeno 
in  una  proporzione  alcuna  volta  forse  superiore  a  quella  di 
loro  composizione  .  Senza  una  tal  supposizione  difficile  sareb- 
be il  comprendere  ,  come  i  liquori  scoloriti  dall'Acqua  Idro- 
Solforata  ,  o  dall'  Acido  Solforoso  ,  possan  coli"  aggiunta  de- 
gli Acidi  ,  o  degli  Alcali  divenir  atti  a  trasmetter  di  nuovo 
raggi  di  luce  colorati  .  E  dovrem  pur  ricorrere  a  simile  ipo- 
tesi ,  se  ripeter  volessimo  ,  con  uno  de"  più  celebri  odierni 
Chimici  ,  gli  scolorimenti  dovuti  all'"  Acido  Solforoso  dalla 
forte  attrazione  della  materia  colorante  per  l'ossigeno,  e  pa- 
ragonare r  azion  sua  con  quella  dell'  Acido  Muriatico-Ossige- 
nato.  Ninna  di  queste  opinioni,  s'io  non  sono  in  grande  er- 
rore ,  è  comprovata  dall'  osservazione  ,  e  dalla  sperienza  ,  ed 
il  favorevoi  loro  accoglimento  appo  i  Chimici,  mi  sembra 
principalmente  derivato  dalla  somma  celebrità  degli  Autori 
che  le  anno  proposte,  e  non  dall'evidenza  delle  osservazioni 
colle  quali  han  preteso  di  convalidarle  » 


AIE- 


i54 

E  M  0  R  I  A 


SU  DIVERSI  ARTICOLI  SPETTA]N"TI  ALL'  ANALISI 

Di    Pietro    Franchini 

Presentata   da   ANTONIO    CJGNOLI 
il    dì    12,.    Dicembre     i8o3. 

*         A  R  T I  C  0  L  O     I. 

Nuovo  metodo  per  completar  gii  integrali  delV  equazioni  di 
I ."  grado  ,  a  coefficienti  costanti  ,  sì  differenziali  che  a 
■differenze  finite ,  nel  caso  che  f  equazione  algebrica  au- 
siliare abbia  delle  radici  eguali  . 

N."-!."   JL  utti   sanno    che   la    semplicissima    fcrmola    trovala 
dall'immortale  Xagrange  ,  per  esprimere  l' integrale  completo 
dell'equazioni   lineari  a  coefficienti    costanti,    si   differenziali 
che  a  differenze  finite,  diviene   completa,  quando  l'equazio- 
ne algebrica  ausiliare,  le  di  cui  radici  hanno  parte  nella   com- 
posizione dell' integrale  stesso,  comprende  alcune  radici  egua- 
li .Per  eludere  l'inconveniente  di  cui  si  tratta,  sino  ad  ora 
non  si  è  conosciuto  altro    ripiego  ,     che  quello  insegnato  dal 
D'Alembert,  per  cui  si  suppone  che   ciascuna  radice  uguale, 
cominciando  dalla  seconda  ,  veng'  accresciuta  di   una  quantità 
indeterminata,  espressa  rispettivamente  per  k,  li.,  k"  ec.  La 
funzione  che  rappresenta  la  somma    de'  termini    affetti   dalla 
radice  uguale  ,  così    viensì  a  cangiare   in    una    serie    ordinata 
per  le  potenze  della  variabile    indipendente    x,    e   per  le  po- 
tenze d\  k ,  li,  ìì'  ec.  secondo  che  le  radici  eguali  sono  due, 
o  tre  ec.  Tutto  si  riduce  a  far  sì  che   le  successive   potenze 

dì 


Di  Pietro  Franchini  .  a55 
di  h  l'.  ec.  si  adattino  al  bisogno  del  calcolatore  ,  il  quale 
nel  caso  delle  radici  eguali  ,,  vuole  tanti  termini  affetti  dalie 
rispettive  costanti  arbitrarie,  quante  sono  le  radici  eguali  e 
non  più,  per  completar  con  es$i  l'integrale  ottenuto  colla 
forinola  generale.  Per  riuscire  in  f[uesto,  D'Alembert  suppone 
indefinitamente  picco|e  le  quantità  k,  k\  lì'  ec.  ;  nel  caso  di 
due  radici  eguali  trascura  le  potenze  di  k  superiori  alla  pri- 
ma j  nel  caso  di.  tre  radici  eguali  trascura  le  potenze  di  k  e 
di  K  superiori  alla,  seconda  ,  e  così  in  seguito  .  Questo,  me- 
todo a  prima  vista  comparisce  inesatto  e  precario  ,  ma  pene^ 
trando  ben' addentro  nello,  spirito  del  medesimo  si  rileva,  che 
dando  ai  coefficienti  e,  ci  ,  ca  ec.  spettanti  alle  radici  egua- 
li ,  certi  valori  opportunamente  modificati  con  alcune  C£uan- 
tità  indeterminate  e  coli' infinito  di  diversi  ordini,  si  rileva, 
dissi  ,  che  il  medesimo  è  sufficientemente  conforme  ai  veri 
principj  dell'  Analisi  .  Non  può  peraltro  negarsi  ,  che  in  esso 
I  incontrisi  un  non  so  quale  imbarazzo  ,  derivante  dalla  combi- 
nazione degli  infiniti  e  .delle  quantità  evanescenti,  e  che  sia 
inoltre  alquanto  indiretto  ..  Per  esempio  nel  caso  di  tre  radi- 
ci eguali,  perchè,  svaniscano  le  potenze  di  kelì  superiori  alla 
seconda,  convien  porre  c=f- — oo +(/j — i)  co*  ,  ci  =  cq — /^  co*  , 
C2,:=  co*,  dove  k  è  un'indeterminata,  ed  y  un  numero  finito. 
!N.°  a.*  Sieno  infatti  a  ,  ai  ,  aa.  ec.  le  radici  delT  equa- 
zione ausiliare,,  e  e,  ci  ,  ca  CTT.-  n  costanti  arbitrarie.  L'in- 
tegrale completo  di  un.' equazione  lineare  dell'ordine  re,  es- 
ra  i  sendo    espresso    per    y^^=^  ca' -\- ci  ai'' -\- cci  a^."  ^  . 

"*^-hc(ii' —  i)  a  [a — i)     .  .   .  (A),  siccome  a=.ai=a'2,    sarà 

I  _y  =  a""  (e  +  e I  -I-  Ci)  -4-  c3  a^"  .  . .  H-  e' (/z  —  i)  a  [n  —  i  )  ,  do- 
ve mancano  due  costanti  arbitiarie  ..  Pongasi  ai=a-^k  ed 
ao.z=.a-\-k\  e  siccome  si  ha  {a-A-k)"  =:.a''{i->(-mxk  -k-iix''k'^-A-p  x^P  ec.) 

{a'\-ky=a''{  I  +m'xìc  ^n  x^k^-^p  x^k:^&c.) 
jroverrà    y^  =  ca"  ■\-  ci  a"   (  i  -+-  m  xk  -f-  nx''  k'^  -hjjx^  /J  ec.  ) 
ca.  a"  (  I  +  m'xk'  ~\- ri  x'^  k''  -\-  p'  x^  k'^  ec  )  -+-   c3  a3'    ec 
Facciasi  e  4- CI  +ca=(/j.  mcik-\-m'c2.k'=di  ,  nc\k^-\-n'c2,k!^ 


0,56  Su  mvEiisi  Articoli  spettanti  all' An-ilisi 
=  (lì  ,  pc\  ìi}  -+■  p'cì  /.^  =  ri3  ec.  Dando  a  e ,  ci  ,  co.  ,  ì  ris- 
pettivi valori  esposti  eli  sopra  ,  si  vede  che  d ,  di  ,  dx  risul- 
tano quantità  finite  ed  arbitrarie  ^  che  risultano  infinitesimi 
di  1**,  a"  ec.  ordine  le  successive  quantità,  dò,d^i  ec.  e  che 
i  primi  tre  termini  dell'  integrale  completo  ,  trascurando  gli 
infinitesimi  ,  sono  r/«'-+- r/i  aa"-!- r/ax'a".  In  generale,  se 
il  num.°  delle  radici  eguali  ad  a  sia  m ,  la  fornvola  (A)  di- 
viene y^  ■=■  a'ir  -+-  CI  H-  Ci  . .  .  -h  c{m  —  0]  +  c{m)a{m)   .   .  . 

-}-<"(/i — i)a{n — i)'*,    e  D'Alembert  per  supplire  alle    m  —  i 
costanti   arbitrarie  che  «lancatio,  sostituisce 
a'[d-\-  d\  X  -\-  dù.  x^ .  .  .  .  .-\-d{m  —  i )  ^c"'""'  ]    in    vece    di 
a''  [e  -h  CI  -{-  ca  .  .  .  -h  c(m. —  i)  ]  ,  e  così  lo  riduce  alla  forma 
completa  j^  rz  a"  [d  -+-  di  x  -+-  dzx^  .  .  ,  -\-  d  (m  —  i)  x""^] 

4-  d  [m)  a{my  .  .  . -V- d  {n  —  i)  a  {a  —  i)' .  .  .  (B) 
Premesso  tutto  questo,  noi  ci  proponiamo  di  giungere  ai  pre- 
cedenti risultati  ottenuti  dal  D'Alembert,  con  un  metodo  più 
diretto,  generale,  rigoroso,  e  libero  poi  del  tutto  dall'imba- 
razzante idea  degli  infifiiti  e  delle  quantità  evanescenti,  idea 
che  nel  caso  attuale  non  ci  sembra  esente  da  qual^nque  om- 
bra d'  inesattezza  . 

N.°  3.  Lemma.  Trovare  X"z^^^  espresso  per  gli  integrali 
successivi  'S.'^z^  ,  2™"'  z^  ,  S"""*^^  •  •  •  ^-^^  >  e  per  le  funzioni 
gucccfisive  z^,  z^^^,  Zy_^i'  •  .•Zx-f.«_".  -  _ 

Soluzione.  Si  sa  che  2"  z^_^,  =  2"  ^^-(- S*  ^z^^  a  moti- 
vo che  s^^,  =  -x  +  '^  "*'  ^'"^  P"^^*'  siccome 

^"x=  -^_,-t-  ^^_2+  ^^-ì  -..+  20^  2:3^_^  =  r,-{-  z^_^  +  z^_^  . .  .  +  s' 
S'>r        —  -        -\-  z    -\-  z        .  . .  4-  r„  ,  ec.  si  avrà 

>X    *^  —  T      "     "H —  ^^  Z 


5 


■  SX-^»+  2^,+.=  ^'-%  -+-  3^^.  ^-  ^^-  +  ^-+1 


In  generale 

Co- 


Da  Pietro  Feakchiiti  .  ^^7 

Co?l    • 


-;.4-l 


2-3-'^,—  23.   -i-  62^2,  4-  i52z,  H-  I02.+  62        +  3z,^,+«^_^j. 

In  generale  .  ,         ^  \  /  \/       o\ 

23-  .     _  -  S3z,  -^  fz^XH :: ■  ^^'+  " a  "^"^-^  "^ oT ^M-i 


"*J_H 


2,  ^ 

procedendo  «elio  f,te5so  modo  si   trova 
2^2        =  2^z, -t- 2^^,  . 

24-^        _  S-i^,  -h  52 3x^  -\-  lO^X  -+-  io22;,H-  4z,  -4-  S,^.j- 
In  generale   .   .   .  • 

a.o 


Considerando  1'  analogia  che  regna  ne'  risultati    precedenti  si 

concluderà  che  deesi  avere 

/2(n-i)„„_j  n{n-\){n.-d) 


''x-H"  ~         ^x    '  '  1.2 


'^^772.3. ..»/(/«+!)  ""^""^  i.2.3.4.../7/(//z— i) 

^^  ia34 w(/n— 1) 

Quando  n  <.  m  V  esposta  formola  non  comprende  alcuna 
delle  funzioni  z^  ,  z^_^^  ,  ec.  ,  comincia  z^  ad  entraTrvi  qnan- 

To?no  XI.  Kk  da 


a53  Su    DIVERSI    ARTICOLI    SPETTANTI    ALl'    ANALISI 

do  7i  =  m  ;  vi  si  trovano  z^ ,  ^^^i  quando  ?z  =  to  -l-  i ,  e  co- 
si in  seguito.  Rapporto  a' coefficienti  si  vede,  che  quelli  de' 
termini  affetti  dal  segno  sommatorie  ,  sono  per  ordine  i  pri- 
mi ni  coefficienti  della  potenza  ?i.'^"^'*  del  binomio  ;  i  coeffi- 
cienti de' termini  z^  ,  z^_^_^  ec.  sono  i  numeri  figurati  dell'or- 
dine m  —  I  ;  computando  di  prim'  ordine  i  numeri  naturali , 
di  secondo  i  numeri  triangolari ,  ec.  Per  dedurre  dalla  for- 
mola  (C)  tutte  le  inferiori  fino  a  2^j,_j.„  inclusivamente  ,  ba- 
sta fare  2°s^  =  o  e  prendere  nelle  formole  clie  rappijesenta- 

no  I  coefficienti  di  z^^  ^k-^i  •>  ^c.  tanti  de'fattori — , 

n  —  {  m  —  2) 

— ,  ec.  quante  unità  si  contengono  in  m  . 

iN.°  4-'  Passando  adesso  ad  esporre  il  metodo  che  ci  sia- 
mo proposti  d'investigare,  sia  per  primo  esempio  l'equazione 
di  terz'ordine  ...7^^jH-B7^.^^-4-C/^_^jH-D7^  =0  e  suppongasi 
che  l'equazione  ausiliare  a' H-Ba'-f-Ca  +D  =  o  contenga  due 
radici  eguali.  Facendo  j^  =  a''2^2^  ottiensL  la  trasformata 
a^-^^i^^z^^  3^z^  -h  ^z^  +  ^.  ^J  +  B«'-^^(2^r,  +  ^^z,  +  zj 

4-  Ca''+'(SX--sJ  H-  Da^^^i:^  =  o  ,  cioè (  «'  4-  Ba*  -h 

Ca+D)2^-^+(3a5-H5iB«^4-Gfl)20^^(2a3+Bo^)5,-f-«'z^^^=o. 
Ora  il  coefficiente  di  ^^z^  posto  =1  o  equivale  appunto  all'  e- 
quazione  ausiliare  ,  ed  il  coefficiente  di  2^^,  posto  =:o  è  la  di 
lei  equazione  de'  limiti  ;  dunque  uno  stesso  valore  di  a  dee 
verificarle  ambedue  ,  e  la  trasformata  precedente  dee  ridursi 
a  (  a<z  -f-  B)z^  -{-  az^_^_^  =  o  j  equazione  da  cui  si  ritrae  .... 

^.  =  -  (  -^— )  e  i  d""T^-«  X.  ^-c^"-    (  "T-jc  • 

Sia  l'equazione  di  quart'ordine  j    .  /+B/    ,  g+Cj    .  ^H-D/       + 

E  =  o,  e  l'equazione  ausiliare  a"*  4- Ba^ -f- Co^  +  Da 4- E  =3; o 

contenga  tre  radici  eguali  .  Si  avrà  la  trasformata 

(«^H-Ba'+Ca'+Da+E)  '2iz^-^{4a''+3Ba^+^Ca^-{-Da)'^\  -h 
(6aM-  SBrJ-hGa']'2z    -\-(3a'^-hBa^)z   -\- a'^z  ^   =0.    I    coeffi- 

ci  e  11- 


Di  Pietro  Franchini.  aSg 

denti  de' primi  tre  termini  svaniranno  per  la  ragione  addotta 
di  sopra  ,  in  grazia  dell'  equazione  ausiliare  stessa  :  rimarrà 
{■ìa-i-B)z^-+-  az=o  e  l'integrale  completo  della  proposta 

saràr^  =  -a^2^|— ^— j  e. 

Sia  in  generale  ...  J,^.„+Br^_^^_^+Cj^_^„_^,..H-Uy^=o  ...  (D), 

e  r  equazione  ausiliare  a"  -+■  Ba"~*  -t-  Ca""^  ,.....+  U  =  o 
contenga  m  radici  eguali  .  Facendo  7^  =  0"^"';=^    si  avrà  una 

trasformata  nella  quale  i  coefficienti  de'  termini  sommatorj  , 
posti  eguali  a  zero ,  daranno  altrettante  Equazioni  de'  limiti 
dell'equazione  ausiliare;  e  perciò  si  verificheranno  unitamen- 
te a  questa.  L'equazione  rimanentej  cui  daremo  il  nome  di 
equazione  ridotta,  sarà  un'  equazione  dell'ordine  ji  —  .".^  a 
coefficienti  costanti ,  di  cui  si  avrà  V  integrale  completo  me- 
diante la  semplice  soluzione  di  un'  equazione  algebrica  del 
grado' Ti — m.  Sia  (X)  questo  integrale,  e  siccome  debb' egli 
contenere  re — m  costanti ,  jx  =  a''^.'"  (X)  sarà  l' integrale  com- 
pleto della  proposta  3  ed  (X)    sarà   generalmente  della   forma 


CZ^'+Ci^i'H-Ca/^a' hC(«  — 7;z—  i  )b{ii-m~  i)  essendo 

b ,  bi  ,  b%  ce.  le  radici  dell' equazione  algebrica  ausiliare  del- 
la ridotta  ,  radici  che  sono  della  forma   — ,  — ■ ,  —  ec. 

a       a       a 

N."  5.°  Giova  provare  intanto  che  le  radici  bjbi  ,02,  ec. 

sono  generalmente  della  forma  —  ,   —  ,  —  ec.  Proposta  1'  e- 

a       a       a  '■ 

quazione7^_^^H-  ^y^^^_^  .  •  .-\-Vy^  =  o  si  faccia  y=a''-2.^z^. 
Trascurati  i  termini  affetti  da' segni  sommatorj  ^  perchè  i  res- 
pettivi loro  coefficienti  debbono  svanire  per  ipotesi  ,  avremo 
la  trasformata  che  segue  .    .   . 

"k^  )  +«""'  iV>"'z,-^C"z  ^ h  P-'"^  ^  ,  H-  C^  ) . . . . 

j+n— 771— 1'  ^         "  .T-f-i  x-f-n— m— 3  x-^n—m—s-i 

K  k  a  -\-  a 


200         Su  BivERsr  Articoli  spettanti  all'  Ahalisi 
-H  .  -'■'^  B  ^'.^-^g\_^^  )+/--  b'-^ %^  =  o  ,  dove  .-;,=:,..  Quindi 

S-(/D'-l-«''-V...H-/-^-^^D<^-'%^^^...+(/T'4-a'^-'B).^ 

H-    ^"-:.-p„-;;,=  0    cloè    .    .    ■>  -- 

a 

^,    f C'4-^  G".,. -f-c'        \  a,  B'-4-a  B"'».H-B'     J_ 

«  ^+^  a 

^  0  ,  equazione  la  di  cui  ausiliare  essendo  ,  .■  .  - 

7i»=-w;  ^  1  -+- li      n—m—x  a  D  4-rt  U    ...-4-U  „s. 


a 


n — m—2. 


-}-    •— : -_ a-\ =^ 

u — ìU'-'i  n — in. 

a.  a 


ila  le  radici  della  forma  —  ,  —      '— 


a   '    a  '    a   '  ^^• 


N."  6."  Ora  siosservi   i.-'che  2CZ*-^=C//-hC,  ,2;^CZ'''[=:^(Cè''+.C,)]=C^^-l-C,a:-f  C^; 
2-G^''[=:^(CrH-C,a:+CJ]=GZ''H-C,,f^-+-C,a;  +  C3  ed  in  generale  .  .  ^ 
S'^Cà'  =  Gè'  H-  G,^'"-'  H-  C\x"'-''  .  .  .  .  H-  C,  ,  . 

"  *  (m) 

Si  osservi  a."  che  gl'integrali  'S'Cb\  ^^'"GiZ'i^  ^"'CaZ'i^  ec. 

danno  dei  insultati    analoghi  e  si  vedrà    che   qualunque  sia  il 

numero  de'  termini  componenti  1^  integrale  (X)  della  ridotta  , 

per  aver  l'integrale  completo  della  proposta  non  si  ha  da  far 

altro  che  prender  la  somma  de' termini  Cb" ^   Cibi",  Ca/'a*  , 

ec.  ed  una  sola  volta  i  termini C,a;""'*.  C.x"'~'' .-.  .  C,  ,    e   mol-  i 

fm) 

tiplicar  tutto  per  a"  '  -Diin^^c  il  risultato  finale  debb'  esser© 

(E)  , 


Di  Pietro  Franchini»  2.61 


%...C^  -{-Ci^i  +C2^-2  ...+C(!i-m-i)B{n-m~i)+C^ax      '+C,o''/'"^...  4-G     a 


dove  <f>  i  ^\  ^  ^-x   ec.  sono  le  radici    dell'   equazione    ausih'ars 
spettante  alla  ridotta  ,    moltiplicate  per  a  . 

La  forinola  (F)  da  noi  tiovata ,  equivale  precisamente 
alla  formola  (B)  proposta  da!  D'  Alembert,  ed  è  per  conseguen- 
za l'integrale  completo  dell'equazione  (D),  nell'ipotesi  che  la 
di  lei  equazione  ausiliare  comprenda  m  radici  eguali  . 

Per  mostrare  V  identità  della  formola  (  E  )  colla  formola 
(B)  di  D'  Alembert  proveremo  che  le  radici  §,  §1,  jSa,  ec.  mol~ 
tiplicate  per  a ,  sono  le  radici  diseguali  dell'  equazione  ausilio' 
re  della  proposta . 


m 


ec,  =  o 


=  0 


Infatti  dall'  espressione  di    2  z         sì  deduce  ,  che  esseri' 

do  a"  H-  Ba""'  +  Ca"~'-  ec.  =  o  V  equazione  ausiliare  della, 
proposta  ,  quella  della  ridotta  sarà  ,  nel  caso  di  due  radici 
eguali  ad  a  ^ 

ir~^  _H   lf±5  ,.-a  ^  3a^-«B+C    ^,_^ 
«  a* 

nel  caso  di  tre  radici  eguali  ad  a  , 

„_,  3a4-B     ,  „_^         6a*^3aB-i-C 

:.   a  a 

nel  caso  di  quattro  radici  eguali  ad  a  y 

a  &*■ 

ec.     ec. 

E  d  If  osservazione  de'  coefficienti  si  scuopre  fosfo^  che 
le  radici  di  questa  equazione  moltiplicate  per  n  ,  sono  preci- 
samente le  radici  diseguali  dell'  equazione  ausiliare  della  pro- 
posta . 

Ognuno  è  adesso  io  grado  di  confrontare  il  nostro  meto- 
do con   quello  di    D'  Alembert . 

]N,°    7.°    Data  un'   equazione    differenziale  o  a  differenze 

fi. 


.  =  0 


2,62.  Su  DIVERSI  Articoli  srETTANTi  all'  A?talisb 
finite,  che  sia  di  primo  grado  ed  a  coefficienti  costanti ,  qua- 
lunque sia  d'  altronde  ,il  di  lei  ordine  ,  data  per  esempio 
r  equazione  (D)  ,  per  averne  T  integrale  convien  formare  pri- 
ma di  tutto  r  equazione  ausiliare  tt''-l-B«''~'-HCa"'~^...H-U=o, 
convien  quindi  trovarne  le  radici  «,  ai,  «a  ec.  e  sostituirle 
nella  formola  (A) .  Queste  operazioni  sono  indispensabili ,  qua- 
lunque sia  il  metodo  che  si  adopera,  per  completar  1'  inte- 
grale nel  caso  delle  radici  eguali ,  perchè  non  si  può  suppor- 
re di  aver  1'  integrale  di  un'equazione,  indipendentemente 
dalle  operazioni  che  son  necessarie  per  integrarla  .  Qui  dun- 
que comincia  il  metodo  di  D' Alembert  e  quello  eh'  io  pro- 
pongo . 

A  R  T  I  C  0  L  O    II. 

Suir  integrale  dell'equazioni  di  prìm' ordine  fra  tre  variabili 3 
a  dìjferenze  parziali  e  differenziali  parziali ,  ff  <delVequcL' 
azione  di  second'  ordine  . 

«ij     X'\-i^         x,y    s:,x  dy  '.^jX. 

1°  La  formola  generale    dell'  equazioni  di  cui  si  tratta  j 
se  queste  sieno  affette  da  coefficienti  variabili ,  è  e       z 

^l,      z        ^dz      -hp      * .  .  (w) ,    dove  a\     ,  b       ,  » 

-^         o^>y  ^,y       .r,r       x,y 

sono  funzioni  date  di  x,y  .   Noi    ci  proponiamo   sulle  prime 

l'equazione  %y-,+,,^  + ^^^^^.^^^^^^  '  '  ^"^'  S"PP«"e^*i 

dy 
^^r  — /*:rr 'Vv  »    ^   la  'trasformata  a     u^^,    v  ^       -f- ^ 

F'x.y  "x.y  ~  (^x,y     ^^x,y   +  ^-c,y    ^^t^x,y       ^^      lìvida      nelle     duC 

'  ■  dy  ^y      ■ 


a 


Di  Pietro  FnANCHiwr  .  ^53 


I>alia  seconda  si  ded 

V» 

ma  diviene  a& 


x-\ri,y 


dì? 


oàcendo  a 


x.y 


"~  ^  ^x.y  »  ^ove  A   ind 
to  si  riduce  ad 


a      e 

a:,y 


-cala  differenza  per  rapporto  ^d^x^iut- 
•^.^   x-^,,y  ~~  a\    .  .  .  \n\) ,  che  è 


Te 


quazione  i„  cui  si  can 


(ìy 


^  =c,y    =0 


Si 


ponga  ^  _  i  ^g^.  ^  ^^^^ 


S-a  la  formola  H  ,  ,^,,,^^^ 


avere  ai 


«~i,Y  ^x  V  — ^^ 

'iJ      ^iX  x—.\^y 


e  si  dedurrà,  v      ~  d  e-  ^^^ 

"^-^         llZ2iy_^  '^'  f°"S^  ^^  nuovo  X  -  I 


tìi 


^-i,^  ^(/ 


per 


nia  si  è  trovato  d,  ^  ^  -i 


^    "'^r-i,.^.''^,^,  dunque  ì;     = _L 


l'I  Serbiamo    -r       -,   :„  ,      i/a 

(A-  •  9  in  reco   Ji     J" 

dy 


a64        Su  DIVERSI  Articoli  spettanti  all'  Analisi 
__  j    ^-'_    }.  :  ora     (v  ==    — ^  —  >.aaa- 

_     '     '^  1  _j «^  r  '''--3,r  T  I 

I  j 

generale  si  avrà  ..-.••<...  - 

I          d     \           \          d     \ 
e      = r   "5 -< r    T 

^     'v  1  x—a,,/       •f      «-        x—i,y     ■'       t- 


r        J     I 


"»  -» 


!       t       J    I      r       £? 


(^) 


<3ove  r^  ,^  =  "4^7  .   È    questo   l' integrale  compi-  to  dell'  equa- 


gione  [n\) .  Dunque  si  dee  avere  z     =  e 


^h^^^dy^%{) 


(9)  cioè  .  . 


a^dy-V<^{x)^ 


^^.r  =  ^ 


<  /A    è  (h'^L.'^x—i)   dy 


L  X— 1,. 


'I 


d 


d  ,  V    ' 


:f— s,7 


«0,7 


jMa   tirando    fuori    successivamente    i   fattori 


I 


^P^:^,  ec.  SI  trova  e        -^,^~~^  =  .       -.(.HC^-i) 


<r(i--T)    'i:(x-— i) I <r(-j^-o 


'  MJ 


,C-(x-— i)     q:(.v— 2) 


Di  Pietro  Fbakchiwi.  065 

^  *^<r(-v— i)-q:(x— a)  ""  ^  '    ^^-    «e.    Duncjue 


fui    b      dy  o 

e  =  e  =  r  ;  dunque  T  integrale  completo  dell'    e- 

quazione  («)  è  finalmente 


y 


':r,y 


X — 2 


■>    -\ 


dy   i         ^^^IVr       '^y  J         JJJ  '^ 

L' integrale  ccinjjleto  dell'equazioni  a  differenze  parziali  e  dif- 
ferenziali parziali  di  prlm'  ordine  fra  due  variabili  indipen- 
denti ,  esige  dunque  una  sola  funzione  arbitraria  ,  e  questa 
composta  dflla  sola  variabile  iaid i pendente ,  rapporto  a  cui  si 
ha  nella  proposta  il  differenziale  parziale  . 

a.°  Non  v'  è  dubbio,  come  ha  rilevato  anche  il  Ch. 
Prof-  Venturoli  in  una  soa  compitissima  lettera  a  me  diret- 
ta ,  die  la  formala  [9i)  -,  essendo  V  integrale  dell'  equazione 
(/?),  dedotto  con  giusto  e  legittimo  calcolo  ,  comprenda  e  rap- 
presenti gli  iute gralì  de'  varj  <iasi  particolari  compresi  i/i  detta 
equazione  :  non  ostante  non  sarà  fuori  di  proposito  il  mostra- 
re, con  qual  facilità  in  tutti  i  casi  particolari,  si  deducano 
dalla  formola  [9  1)  i  respettivi  integrali  . 

A.,//  r 

e  '  I 

Sia  a       =  a    .    Si    avrà    z      = -{    -vr— ; r-    Y 

1    e 


x,y  X  x,y 


à  \      i      d'\        r  _L^_ij!i?\     V I 

Tomo  XL  L 1  Sia" 


266  Su    DIVERSI    AeTICOU    SPETTANTI    ALl'AnALISI 

fb,dy 
Sia  ^,^^  =  «,  e  ^.,,,=i^,.  Risulterà  z,,,=  ___p   -7—    = 

g  '  "^       .    ,  ,     .  Restando  fl^,,=o^  suppongasi  h^^^—h^. 

Siccome  r  equazione  {n\)  si  riduce  ad  .  .  .   .  a^  e^      ""x-hi'^t 
==  '^  .  .   .  {n2) ,  si  dedurrà  ,      = Ì^-i:I- ;    quindi 


^->'>  _  ^Lj     '^'''-^  -      ' 


'-• 


^L  i l^£-i- \  e  però  ,,  ,  = VmT-^ 


-7—  7  \i  ~JT  ^  M *■  h  .  In  generale. 


> 


^    I  I  d   \ 


X 


A I  al        ^r        \ 1 1  l  _ 


—  Slogc^— jA^^_,      d      !  -yhh,__,     d_    \     —y[^b,_^ 

I 


^ 


"». 


7-  ■)    ....    -    4    -7-^    ^ \-    \    ^    .......   (A)  . 

Dunque  z^     =  e       (^è)  è  l' integrale  completo  deirequazione 

fl.2.+,,,4-Mx,,=   -^-  Se  «,„,  =  «,  qualunque  sia  h,^^,  è 

mol- 


I 


'M 


-A  ^ 


\a. 


li     \ 
]       ! 


-.11 

«    J     J 


l  " 


I 

— I.J» 

.)   1 

1 

<* 

JV-^ 


,J> 


<l 


—  X 


Pag.  2(17. 


T       A      V      0      L 


A 


ii,„',+,„-+^',j^'j 


■A-b  '      = 


uy    J 


dy     J       '.^ 


dy     J 


J_      i    I   __! ^    I 


*■>■>■ 

J  J     1 


'='  I  '^'-"  ^'-L  --  '^-1 -n-^ì ;} 


1  .    _  i_      (/fi  ^   f  ^  !      '^*>'      T 

J  «,_,,,        dy    1  rt,_  dy    l  dy    [         a^'ly       J 


Kv'/-:^1oì;«x  r 


'^  r ■ 


d  r 


'.+,j,+K,,-,,,—  ^^     j 


'/    r  flVy") 
dy    \^~dy  j 


\      \ 


1         ì 


.,„^Kz,„=J^S^\   ,       _  r*.-2'og-.  ]       ,Ai_^_.     dy\      yùJ>^_^     dy\ 
dy      I    ~i,y  ^    e  •■     e 

<fr       "ì  fbdy—%\oia^ ,  -/'i^K 


«^      r  d-Vy     I 
</>•      I      dy      I 


]      J 


^y- 


J/— SIog.«^^7-,py 


c,= 


^-1 


L 


</3    ^      _j \ I 

«=^H.,,^  -t-    .-:r,r  <•//     j     ''^         «'     I  yù.b^_-dy  ]  rAi  _    V^    -j   rùi,_3  <//    L ^6'  1   ■<//    L ..^  ■''       i 


dy    L    '^'J'     J 


J    J      j 


ds^  V      "•      3  ■•"      «^''f/ 


dy 


\ 


dy- 


Di  Pietro  Franchini  .  af)  j 

molto  facile  dedurre  dalla  formola  {9i)  l'espressione  degli  in- 
tegrali corrispondenti .   Sia  dunque    a^  ^  =  a  ed  il  rispettivo 

''    ^ y 


integrale  completo  sarà 


d    f  I  d    f  d    f  d^r /]  111 


dove  per-^&j,"      potrà  mettersi  successivamente   h^  y  h^,  b  .,  o  . 
Per  esempio  quando  b^j—o^  si  ha  z,^^  =  a  ^/y'     •    Neil' 


d"V 
ipotesi  di  «^^^=  I   e  di  ^y,=o,  si  avrebbe  z^,,  =  -^*  ,  inte- 

graie  completo  dell'  equazione  .  .  .  r      j^^=  --~.  Distribuen- 

ay 

do  per  ordine  i  casi  precedentemente  considerati,  ed  aiiglun- 
gendo  quei  che  mancano,  si  vedrà  che  possono  tutti  riunir- 
si sotto  quattro  classi  nella  maniera  seguente.  Posto  i.°  Che 
il  coefficiente  del  primo  termine  sia  a^  ,  quello  del  secon- 
do può  avere  una  di  queste  espressioni  ,  è^_  ,b^^  h  ,  b  ,  o  . 
a.°  Ciascuna  ipotesi  relativa  al  coefficiente  del  secondo  ter- 
mine può  coesistere  coli'  ipotesi  che  sia  a^  =  a  .3.°  Può 
coesistere  coli' ipotesi  che  sia  a^^^  =  a^.  4.°  Può  coesistere 
coir  ipotesi  che  sia  a^,^=a  .  Ecco  una  tavola  in  cui  trovasi 
alla  destra  d'  ogni  equazione  il  respettivo  integrale , 


LI  a  TA- 


a68,         Su  DIVERSI  Articoli  spettanti'  all'  Analisi 
Gii   integrali  che   si  riferiscono    all'  ipotesi  di   a      =  a 

sofio  iHaiiifestamente    compres-i  e  ra-ppreseiitati    dalla    forraola 
(Si). 

3.?  Eccoci  ad  integrare  la  formola  generalissima  {m)  cioè 

x,y      x-\-\,y  x,y       x,y  x,y  ^  x,y  \     •' 

dy 

Pongasi  s       ■=  a        v      carne  al  n.°  r.°,  e  la  trasformata 

i=  x,y  r-x,y      x,y  ' 

Si'  i'    ,       "H  b      iM      V      ^^=  e      du      ~\-  v^    du     -\-  V 

x,y    x~i-i;y     X'T^y  x^y  r'x^y  ' x.y.         x,y    rx,y    ■'     'x^y   rx,y  '   J  x,y 

dy  dy 

si  divida  nelle  due 

'^x,y    X:j  x,y  ^    ^'     x.yTx-i-ijy     x-^i-J         x.v       ,-^     Jrx,Y        ^    ' 

dy  dy 

Limitandoci  a  soddisfare  alla  prima  ,  giacché  abbiamo  veduto 
(  n."   i.°)    che  è  superfluo  integ^rarJa  completamento-,   trovia- 

s  fb      dy 

x.y        •'     x.y  •' 

noo  ^^  e  ;  quindi  T  equazione    (2),   diviene     .     .     , 

ax,js  f*  =e  dy~-''^Px,y'    Facciasi     .,    .. 

/  x,y   y         F^x,y  ,  ,       .    , 

P^  y  -—e  =  e     1    equazione    da    integrarsi    sarà-. 

ai       M-   ,        =.du      -hpir^"    '  ('«0'  Noi  dedurremo  suc- 

a-;7  ";r-f-i^j  'X.y     '    x^  '  x,y  ^        ' 

dy 
sessivamente    ».»••.••■••"'''•     •     ° 


e         Q-        o> 


dy                                                  dy 
Fu-uy'^l'^-^^y'^^'^-'y)  '•  ^''^^^:y:^^:zl±-Ty{        dy 


dy    '  ^h  V      ai^_^^ 


V'^, 


■Di  Pietuo  FiiANCHiNr . 


a69 


/ 


V.         w 


ai 


x~s.,y     J 


m 


a   f!j^;:^~±\'}^r~^-'^P':,^3,^:'i  ;  duiKjue 


'^/  dx-K      cly 


1 


'\ 


L 


In  gener 


ai  . 

x~s.,y 

d    I  ci 


I 


ai 


x-—z,y' 


^'-y  dy\dy\dy\"    'dyX 


dy  \    dy       ^ 


o,yj 


ai 


Dunque    Zx,y  ^  e  è  l'integrale  completo    dell* 

equazione  (w)  - 

N.**  4"'*  P*^^'  ^^  tener  P  integrale  in  tutti  i  casi  particola- 
ri basta  far  successivamente  le  ipotesi  che  seguono  .  Suppo- 
sto i.°  che  il  coeflfiji  ente  del  primo  termine  sia  a  qì 
Bòxiga    successiva  mente    h^^^    b-t   b^  ì    h  ,     o     v^t    l>       • 

.•■.',-;-.        -<  V  .  *  '         J  ^  x.y   ^ 

^Pr.y->Px'  Py'  P' >  ^^  P^^  P x,y-  R'petansi  le  stesse  ipotesi  nel- 
la supposizione  che  abbiasi    a    aà  a  ,  od  «  ,  o  zero  per 


a 

Per  non    difrondercl   s^pverchiamente    ci    occuperemo    soltanto 
di    aìcnui.  casi  ^ 

^''^    ^x.y—  ^x  '     ^x,y    —    ^x     ®     P^^'^     "-^ x.y    —    "^x    '     ^^     ^^fà 

a; 


J/ 


d/ 


27©         So   DIVERSI  Articoli  spettanti  all'  Analisi 

^~~    "  !"■  •  '  o  -  •       •      •      •      i 


è  r  integrale  completo  dell'  equazione 

a-y       ^  '  ^  v,r  ^^  b^  i    risulta  a\       ^=  i    e     si    ha 


d=^  "^ 


a:,x  ^y>     .lou.ia   c*.^^^ 


d^""  pi 


^^>y  ~"    — —, -^ .2^  .  . .  ■+  /?r^_,     ;  quindi  .  .  , 

0,y     •  •  •    •  "T" 


tegiale  completo  dell'equazione 

S^  «x,.=  '  »  e  3^^^  =0  ,  si  trova  .^^^  =  ^^  ^^^>-  •  •  •  "f-y.,^.,^ 
integrale    completo  dell' equazione  a  ^      ^dz        4- p 


T,y  '^ 


dy 
Questo    integrale  può  metteisì  anche  sotto  la  forma  seguente; 


u 

dp 


^x^jK  —  fll^"*"^ «~'~"' '  purché    si   prenda  1' integrale 

finito  fra  i  limiti  m  =  o  ed  w  =  a;  —  i  . 

I! 


Di  Pietro  Franchini»  a^I 

Jl  risultato  precedente  combina  con  quello  che  il  Gh.  Pro- 
fessor Paoli  ha  trovato  con  un  ingegnoso  artifizio  (  Soc.  Ital. 
t.  cit.) 

N."  5."  Vediamo  come  s'integrino   le    formole    («),  (w)  , 
nell'ipotesi  che  sia   A  a:  =  —  i  • 

Siccome  la  forraola  (/2.)   conduce    all'  equazione    ausiliare 

f(b      —  Ky)  ^y 

dy 

equazione  che  corrisponde  all'  equazione  («a)  j  si   può  dedur- 
re  successivamente 


'.,y  =  r«^,^    ^^_, ,^  dy^(^  (^) 


I 


''«^»;>-  ■" 


«—2/^ 


i,    .    .    . 


'x-3,j,'  — 


(A) 


Dunque    V       = 


-4-t 


dy"  ■+- 


Tai       fai  pzi      „    •••O^^Tv^ 

^    ^  ^  J  ^'  x,,-^^/  +  'ì'ir) .  .  .  (y),  e  però  z.,y^  e 


4- 


Se  a\. 


^/ 


^i       si  ha 


W) 


'»T 


Qi'JS,  Su    DIVERSI    AfiTlCOLI    SPETTANTI    AXl'  AnALISI 

►i-  q:(.v— a)[aij  \  dy''  -^  ^  {x—i)  [ai  J  \dy -h  ^  (^x)  ;  ov- 
vero ,  mutando  l' unirne  ^e' termini  ed  effettuando  le  inte- 
grazioni .  . .  l'y., =I<^^.-]'\  ^J^j,'^^-+'?.(a;)  ^- 1^  (^ — ^)[^^JÌy-^ 


>■'-' 


4- (p  (i)  r<2i  J''    ' rr ; ^  .  .  .  (r)    forrnola    che    quando 

^1^=1   diviene  .  .  .  v^_y  =  \  ''V^  dj" -\r  9  (r)    +   <p  {x~i)y 

H-q,  C^-a)  {  +q:{..-3)f^  .  . .  -f-q.  (,)— .  ^-'-1^-^.  .  .  (.) 
integrale    completo    dell'  equazione    Py_^.^    •=    d^^^     e    però 

Si  aa.  z^^^  —  e  ^^^    pgj,    j^  integrale   completo   dell'equa- 

zione    s^_,.^^-^,s^.,=  -^''-  .  ■      ' 

N.°  6.°  Negli  ìintrgrali  precedenti  aiibiamo  soppressa  la 
funzione  arLitraiia  d'  x  che  Ha  parte  nell'  espressione  di 
fj.^  ,  perchè  due  funzioni  arbitrarie  sono  sufficienti  per  com- 
piftare  l'integrale  ceicato  .  La  ragione  poi  per  cui  l'inte- 
grale dell'equazione  (/?)   nell'ipotesi  di  A  ^= — i    esige  due 

•funzioni  arbitrarie  ,  deriva  dalla  natura  stessa  deli"  equazione 
proposta  .    Infatti  ella  non    è    altro    che    un    caso    pa-rticolare 

'  delia 'forrnola  ,  che  raj  presenta  generalmente  l'equazioni  a 
differenze  parziali  e  differenziali  parziali  di  secand'  ordine  , 
cioè  della  iormola 


Di  Pietro  Franchini  ,  278 

dy  dy 

=  G   per   avere ^^^^  z^_^^^y  +  c^^^   z^^^  =  ^^x-f.,y 

cioè  e"       z  ^~h'      z      =z  dz   „   che    è    la    formola   («) 

quando  A^= —  i  • 

Ecco  una  difficoltà  fattaci  da  un  valoroso  Geometra  il  quale 

persuaso  the  l'equazioni  z   .        =:  dz        sieno  dello  stess'or- 

1  1  x*:!  .y  X  ,y 

cline,    vorrebbe    che    anche    l'integrale    completo    di  s^ .  j  „ 
=  dz        esitresse  due  funzioni  arbitrarie.  Si  riduca,  die' eoli, 

dy  .  ■ 

X  equazione    2^^^^^  =  dz^^  alla    forma  z^^^  —  àz^__^^  :    in- 

dy  dy 

tegrando  si  avrà  z  __  =/2  dy-\-(s^[x),  e  prendendo  l'in- 
tegrale finito  s'  introdurrà  una  funzione  arbitraria  d'/  ;  dun- 
que ec  Oltre  di  questo  egli  aggiunge  :  io  veggo  che 
t^^y  —  dyyj+-  ^x)  -\-j(f  (a;4-i  )  -4-/'  Cp{x+  2.)  ...  4-     y"     (JPC  i  ) 

dy'  a  a  •  3 ...  a; 

soddisfa  esattamente  all'equazione  proposta. 

Rispondiamo   1°  che  il  calcolo  da  noi  fatto    per    ottener 
l'integrale  delia   forinola  (n),  prova   a    giudizio  nostro  il    con- 
trario (  n.°   1.")  a.°  che  fz       dy  =  zi        essendo  una  funzione 
^  '  ■'     x.y    -^  x,y 

diversa  da  s        ,1'  equazione    z  =fz       dY-\-Cp(x)    non 

x,y    '  i  x—z,y       •'      x.y     •'  t  \    / 

è  un'equazione  a  differenze  finite,  e  non  sembra  lasciar  luogo 
alla  conclusione  sopra  esposta  .  3.°  Volendo  dedurre  i'  espres- 
sione di  z       dall'equazione   z^_^      =:  fz^     dy -\-  Cp  (x)  ^  si 

Tomo  XI'  Mm  pò  a- 


/ 


a 74         Su  DIVERSI  Articoli  spettanti  all'Analisi 
ponga  successivamente  ^c  =  i  =  2  =  3  ec.    e  siccome    risulta 

si  avrà  ..... 

H- «f  (3)  f^  dy''  '\-<s?  (2)  /^  +  9  (^)  2    ^c.  ec.j   ed  in  generale 
«^^    ovvero     ^7    =    /'  ^^.y  d  j"    ~^   <?(-'^)  f"~'   ^  j"~* 

+  &  (x—i)f-^  dy'-^ -I-  a>   (2)  /f/y  -f-  (|)   (  I  ). 

Si  differenzi  ;c  volte  per  rapporto  ad  j  ,  e  dividendo  per  dy'' 

si  dedurrà   ^x,y—'^'_^  ^«™^  ^^  "•"  ^'^ ' 

Rispondiamo  4-°  che   dal    discorso   del    Professore    prelodato  , 
ne    seguirebbe    che  il  numero  delle  funzioni    arbitrarie  com- 
petenti all'  integrale   completo    della    proposta  ,  esser    doves- 
se   =  «  ,    giacché    può    ella    trasformarsi    egualmente    in 
;S^,„     =^"^^     »  ^^  '^^  ^"^  integrale    completo    esige   n   diffe- 

renti  funzioni  aibitrarie  d';c.  Per  vedere  corner    ,        =  ffe 

8Ì    trasformi    in   .z   ,        =  d'z       ,    basta    osservare    che     da 

x-^yi,y  x.y    ' 

~dr 
^x+i,a=  '^  s^  de'^^^ce  successivamente  dz^_^^_^  =  ^^_^„^  , 

dy  dy 

w-^     ,  —    il  ^     .  ^    •     •    il  Z     .  —      ti        x>  «\ 

-r-j- n— 1  ,_>•  .r-f-?;— Q.jv  .7-f-2,_}-  -  x-+-i.^      ^ 

d"-'z  ^     —d'z     . 

df-'~        ~Tf'       ■ 

N.°  8.°  Trattandosi  della  formola  (w),  l'equazione  ausiliare 
nell'  ipotesi  di  Ax  =  —  i  è  a i  ^^.  ix^_,^^  =  <^^^^  ~'~/'^^,^-  *  '  i^^^h 

dy 
e  corrisponde  all'  equazione  [mz,]  del  n.°  4'"-  I"  questo  caso  si  ha 


4 


Vi  Pietro  Franchini» 


©75 


s  si  deduce  siicce?sivaniente 

^       =r^/i      /Ci  u  —pi  \  f^  ^  <^{x—i)\ 

ed  in  generale Lj^x 

I  Quindi    s_r^=e  (<r)  . 

Se   01^     =  ai  ,  lo  che  succede  quando  ^^    =^,eJ«      =« 
la  forinola  (<r)  si  cangia  in  ' 


Mm  a 


V-x.. 


^.•y 


a '^5         Su  DIVERSI  Artieoii  spettanti  atl'  Analisi  ;i 

g  si  lia  ^  =e  ^  ((TI)'.  In  questo  caso  il  prelodato  Pro- 
fessore con'  porre  z^^^  =  ^.^^^  f  dy'  ._^^  ha  trovato  questa 
eleo.ante  forinola * 


ni-  £ 


1 


a  .3.  ..  U— ])  J 
Noi  osserveremo  che"'la  formcla  (^i)  in  pratica  è  sem- 
pre limitata  ,  perchè  in  ogni  caso  particolare,  nella  sene  a 
Ciri  si  riferisce  l' equazione  proposta  ,  convien  fare  x  eguale 
ad  un  mimerò  determinato,,  d'  altronde  le  operazioni  eh  es- 
sa esige  sono  molto  semplici  .  Se  nella  formola  (<ri)  si  fa 
771        =e  si  rin-ova-,  come    d«e    succedere,  la    formala    (r) 

del  numero  S**  ,  •  1 

Lasostiru.ionedi^^^^.^^    per  .^^  ,    serve  dunque    assai  j 

vantaegiosamente  per  ottenere  l'integrale  compl^'to  di  tut- 
te l'  equazioni  a  differenze  parziali  e  differenziali  parziali  di 
prim'  ordine  fra  due  variabili  indipendenti  ,  ed  inoltre  ser- 
ve per  integrare  l'  equazioni  di  second'  ordine  ,  comprese 
nella  formola    d^^  ",-1-1.7"^   ^ x,y   ^^■,r   ~    ^^"H-''/       ^  =',y , 


Di    PlSTKO    FRAHOFIINr  .  2,77 

L'uniformità  c?cl  metodo  da  noi  teuuto  ci  è  sembrata  degna 
fc  di  qualche  considerazione,  ed  abbiamo  creduto  che  i  i-isulta- 
ti  (5i),  (^2),  malgrado  la  singolarità  della  loro  forma  ,  non 
dovessero  rigettarsi,  specialmente  perchè  si  prestano  con  tan- 
ta semplicità  alla  derivazione  di  tutti  gli  integrali  sino  ad  ora 
noti,  e  di  cui  l'Analisi  è  debitrice  all'  insigne  geometra  Pie- 
tro Paoli  .  Pronti  a  ricrederci  se  e'  inganniamo  ,  sottoponia- 
mo i  piccioli  nostri  tentativi  al  profondo  giudizio  di  chi  può 
decidere  in  queste  sfuggevoli  ed  astruse  materie . 

ARTICOLO    IH. 

SnlV  integrazione  dell'  equazioni  differenziali  esatt*^  ^  i  di  cui 
coefficienti  sieiio  funzioni  delle  sole  variabili  comprese 
neW  equazioni  stesse  . 

N.**  IO.  Per  supplire  ad  alcuni  difetti  della  mia  Memoria 
Sur  l'integration  des  équations,  stampata  tre  anni  sono  in  Parigi 
da  Duprat  ,  difetti  che  provennero  dall'  omissione  tipografica 
di  alcune  postille  essenziali  ,  presento  in  ristretto  il  metodo 
che  allora  intesi  di  pubblicare  suU'  articolo  qui  sopra  divisa- 
to. Questo  articolo  abbraccia  un  estesissimo  ramo  di  equazioni 
differenziali,  e  merita  tntta  la  considerazione  de' geometri  . 

N."  i."  Sia  Qdx^-^^dxdj-^Sdy'-^Tdy  —  o  l'equazione  ge- 
nerale di  a.°  ordine  ,  nella  supposizione  da  noi  fatta  .  Paragonan- 
do il  differenziale  del  suo  integrale  ipotetico  kdx  -\-  ^dy  =z  cdx  j 

SI  deduce  Q=  — ,R  =  ----i--—  ,S=-7-jT  =  B.   Dalle 
dx  cly         dx  dy 

fr  /  ^^Tx       n  ^R       ^Q 

due  prime  A  =  3  [Q^^  +  (  ^^  "  .7^  )  ^^-^^  J  '  "^"  7^7  =  ^"^ 

'-. — —    in    virtù    delle    condizioni    d'    integrabilità  \     dunque 

\  I    ^dx  -\-  i  ^  —  -j-  \  dy   I    è    vm'  espressione    esatta  ,    e 

dx 


gra- 


278  Su    DIVERSI    ArTìCOII    SI'ETTANTI    ALl'AnaLISI 

dx\  lQdx-\-  Ir —  \  dy  X-'r'Ydyzzzcdx  è  l'integrale  pri- 
mo completo  della  proposta  . 

!N.°  2,.°  Per  l'equazioni  a  tre  variabili ,  la  di  cui  formola  è  ..; 
Qdx^  +  Rdxdy+Sdxdz+ldy^-^Ydydz-^Zdy+Ydz^-\-V{i)-l^z—o 

.   ,      „       ^  _  dk  dk         dZ  d\ 

SI  ha  B=:Z,  C  =  P  I    ,  0  =  — ,R=—   -+-_,S=:  — 

^  dx  dy  dx  dz 

d.?{i)     ^       dZ      ^^        dZ        d?{i)      ,,        JP(i)     ^ 
+  -^^'T=-,V=-+-^,y  =  ^,  Dunque 

A  =  \  [Qtì?^  +  /r  -  -J:^\dy-\-ls ^^  Ws  1 ,  Intr 

le  sempre  possibile  in  termini  esatti  ,    perchè   in   virtù    delle 

,...„.  ^O  dK  d'Z 

condizioni  d  integrabilità,  si  sa  essere  ~, —  =  — ; tt  s 

dy  dx  dx 

dQ  dS  d'r{i)  .     .  ^R        d'Z 

^j  -   =  — ;; —   —    — -,  .    .,  e  Cfueste  equazioni  danno  -; -r — 7 

dz  dx  dx     '        -i  -i  dz       dxdz 

dS  d'?(i) 

c=  —, —  —  -■,    , —  .  Dunque  1'  integrale  primo  completo    del- 
la preposta  è 

N.°  3."  Data  1'  equazione  generale  a  quattro  variabili 
Qdx'-  -+-  Bdx:dy  -4-  Sdxdz  -h  Tdx€Ìu  -+-  \dy^--^  Zilydz  H-  Xdydu  -+- 
^[\)d^y-^(^[\)dz^-\-^{\)d'z-\-^^)dzdu'\-^[^)dl^^-^^x)d'u—o 
si  trova  collo  stesso  metodo  il  suo  integrale  primo    completo 

la  forma dx\   I    ()dx  H-  /  R ^j^  \b  -^- 


sotto 

c?P(i)  \  ,        I       dV(iy 


h  4- 


{^-^Y'  4-(T_-Il2)A,]4-P(,)<y  +  R(.K> 

'S{i)du=:.  cdx  ,  dove  il  coefficiente  dì  dx  è  sempre   una  fun- 
zione finita  . 

N  °  4." 


Di  Pietro  Franchini  .  ajg 

'  N."  4.°  In  generale  sia  R  il  coefficiente  del  rettangolo 
(Ixdy ,  R,  il  coefficiente  del  rettangolo  dxdz ,  R^  il  coefficien- 
te del  rettangolo  dxdu  ....  R,,^^  il  coefficiente  del  rettan- 
golo dxd(D ,  G^  essendo  la  variabile  n  .  Sia  Z  il  coeffi- 
ciente di  r/V,  Zj  il  coefficiente  di  d^'z  ,  Z^  il  coefficiente  di 
d^u  ....  Z,,_j  il  coefficiente  di  d^c^:,  e  trattandosi  di  un' 
equazione  di  2,."  ordine  fra  ti  variabili  3  si  avrà  1'  integrale 
primo  completo  sotto  la  forma  seguente 

<4[Q^.+  (R-§),/.+  (R,-^)i.+  (R.-§y.... 

-+-  ^K-^—  ~^~ )  d'p\  +  Zdx+Z,dz+Z,du..,-+-  Z„_^d<^=cdx 

N.°  5."  Passando  all'  equazioni  di  3.°  ordine  _,  la  formola 
generale  di  quelle  cbe  sono  fra  due  variabili  è  Qdx*-[  Rdx'^dy 
-\-  Sdxd'y  +  Tdxdy'  -+-  Ydjd'y  -+-  Zdy^  4-  Xd'y  =  o  .  Suppon- 
go che  il  6U0  integrale  primo  completo  sia 

Kdx"  +  V>dxdy  -4-  ddy^  M-  X)d'y  -  cdx"- ,  A  ,  B  ,  G  ,  D  essendo 
funzioni  d'  a:  ,  ji ,  ec.  costanti ,  ed  ottengo 

dx  ny  dx  dx  dy         dx 

dD  dC 

V  =  aC  +  -7-  ,  Z  =  -— -  ,  Y  =  D  .    Dunque  D  =  Y  ,  G  =: 
dy  dy  * 

dx 
espressione  finita  perchè  le  condizioni  d' Integrabilità  danno  ..  « 
JR  _  ^         „  /  „         dX 
dx         ay 

dx'- 


^'[S  -   ~7~r  )  5    perciò    r  integrale  primo  com- 


pleto risulta  .  .  .  f/^'CrQ^x-H- Tr  — ^7/S-.-^\l<f)i 

[S- 


dx 


2-00  Su    DIVERSI    AeTICOLI    SPETTANTI    ALl'  AnaLISZ 

N.°  0."  Proposta  l' equaziiiie  generale  a  tre  variabili  .  .. 
Q,dx^.  +  R^.i%-/)f  \-^dx\lz  ■+  Tdxd'y  -t-  V^a-^^^  +  Zdxi.y  4- 
Ydxdz*~i-P(])d.ydjdz  H-  Q(i)-./y(/'^  +  R(i)<V2  +  &(i)  '^^  _^ 
T(i)dydz^-^  V{i)dy'dz  4-  Z(()>y,/2  -+-  l(i'),/>  4"  P^a  ^/-s'  + 
Q(i),yzJ'^  +  K(a)<Z^z  =  o  ,  si  rappresenti  il  suo  integrale  pri- 
mo completo  per  A</.r*  +  Bdxdy  -\-  Cdxdz  -+-  Ddy''  -+-  Edydz  ■+• 
Fd^y  -i-Gdz^  -^-Hd'z  =^  cdx^.  Fermati  i  respettivi  rapporti,  ne 
jisuitano  per  li  coefficienti    A  ,  B  ec    1'  espressioni    seguenti 

A  =  y[Q...  [RW(T  -  l|l)],.^4s-.(v+q^'  )  ],.] 

^ix  dx 

dY(i)  ^        I   /  dR(2.)\ 

H  ==  R(a).  Siccome  l'espressione  di  A  è  generalmente  finita, 
perchè  dalie  condizioni  d' integrabilità  risulta 

dx         dy  \  dx     I      dx        dz  \  dx     f 

ne  segue  che  F  integrale  primo  completo  della  proposta  sia   ... 

dx  dx 

^{o)d^z  =  cdx'  . 

N°  7.°  Sia  la  forinola    generale  dell'  equazioni  di  3."  ci-»    : 

dine         I 


T)t  Pietro  FRANOfiiNi  .  a8i 

dine  fra  quattro  variabili  Qdx^ -+- l\dx\ìy-h  Sdx^dzA-ldx^du 
-f-  \dxdy  -h  Zdxd's  -+-  Xdxdu  ^V{\)dxdy'-  -\- ^{^\)dxds'  -^ 
Y^.{l)dxdu,'■-\-  S(  1  )dxdydz  -f-  T(.  l )dxdyda  -+-  V( )  )dxdudz  4-  Z(  i )/^«?=_; 
4-  Y{\)dyd'z  -4-  P(a;/y/^/  +  ^(2)4^  4-  R(3)«'ys'  +  .S(a)//yz^'  -+■ 
T(ayy=-///</^  -^V(aX)lV2  +  Z{,^)dy'du  -4-  \{'2)d'ydz  -+- ¥{6)d'ydu, 
H-  Q(-J/'^>  +-  RC^)  ^-'^  -   ♦•  S(3)/fe//'7i  +  T(3yWzi  -+-  \{?,)dz'du  -h 

e  posto  che  il  suo  integrale  piimo  completo  sia  kdx^  H--  Bdxdy 
H-  Cd  dz  -X-  \)dA  du  H--  E^'  ~+-  Ydydz  H-  G^yfl'z-;  -4-  ì^d^y  -f-  I//^'  4- 
L(/'s -f- M^«^;s^-i- N^M*4-0<:/*z^  =  ct/x-*.  Differenziando  e  parago- 
nando  i  tti-jiiini  sinjiili  si  deduce 

B=V-  ^«i,  C=Z-^^^',  D=Y--'^,  Q=  ^i ,  r.=  §^  +  f 

dx                      dx                     dx               dx              dy          dx 
dk          dC                  dÀ.          dD 
^  =    dz    -^   7x'    ^  =   du-^  dx^^'^ 

dx  dx 

p  /        JS(4)  X  -,      1 

j  T-d  yt  -  -j^  \  j  du\  espressione  esatta,  perchè  dalle  condì- 


zioni 
^R 
d7' 

dx 
d'  intenfrabi 
dQ 
dy 

dn 

du. 

risulta 

^0(3). 
-  dx     )' 
dx^ 

dx  ) 

dS 
dx  ~ 

• 

dQ 

~  dz 

-X. 

d'Iz 

dp(4' 

dx 

) 

dT 

"dx' 

dx' 

dx^ 

In  seguito  si  trova  E  =  -  /  Z(i)  -  '^\  F-Yfr)  -  '^— 

a   \  dy     /  ^  '  dv     ' 

^  =  ^(^)  -  'l!7'  "  =  ^(•^)'  '  =  I  (/^^3y-.  M  y  L=p(4), 

Tomo  A'/.  N  n  M  = 


aoa         Su  DIVERSI  Articoli  spettanti  all'  Analisi 

que  l'integrale  richiesto  è  dx^  \\Qdx-i-\R-d^\  -  -7^^]  dy  4- 

dx 

dx  dx 

i  fz,„  -"f  ]  .,-  ^  [  Y.  -  "fp,.  ^  [P(.)-^f ]  .y. 

4-Q(3K_y-f-^'  rR(3)— -ì^^1/^^+P{4)^^;s  +  rs(3)  -'!^lluds 

4.  i  r  Q(4)  —   ^^^"^^1  du'  -h  S{4)^'u  =  cdx'' . 

N.°  8.°  Per  avere  una  formola  generale  eh'  estendasi  all' 
equazioni  di  3.°  ordine  fra  n  variabili,  sia  Pt  il  coefficiente  di 
dx^df ,  Rj  il  coefficiente  di  //^Vz,  R^  il  coefficiente  di  dx^du  ... 
•^n_2   il  coefficiente  di  dx^d:p . 

Sia  V   il  coefficiente  di  dxd^y,  V^  il  coefficiente  di  dxd^Sf 

Vj  il  coefficiente  di  dxd^u ^„_2  i^  coefficiente  di 

dxd  (ù  : 

Sia  Q(3)  il  coefficiente  di  d^y  ,  Q(3),  il  coefficiente  di 
d^z  j  Q(3)j  il  coefficiente  di  d^u  ....  Q(3)„_j  il  coefficiente 
di  d^(^  .  'Il 

Sia  Y(i)  il  coefficiente  di  dyd^z,  Y(i)j  il  coefficiente  di 
dyd^u  .  .  .  Y(i)„_j  il  coefficiente  di  dyd*(p. 

Sia  S(3)  il  coefficiente  di  dzd'y  ,  8(3)^  il  coefficiente  di 
dzdht  ....  S(3)„_j  il  coefficiente  di  dzd''(^ .  ili 

• .'■'.■      *  .  '      ■      ••,••• 

Sia  finalmente  Z(i)  il  coefficiente  di  dyd^j,  ^(Oj  ^^  coef- 

fi- 


Di  Pietro  P'ranchini  .  sBS 

fidente  di  dzd^z,   Z(i)j  il  coefficiente  di  dud^u   .  .  .    Z(i)„_j 
il  coefficiente  di  dCùd'c^  . 

Si    osservi  che  la  parte    negativa    del    coefficiente  di  d'^ 
neir  espressione  di  A  ,  è  il  toefficietue  di  dxd.^  nell'  integrale 

primo,  if»  essendo  una  variabile  n""^"'    qualunque ,    e  si    vedrà 


che  la  fonnola^geneiale   ctrcata   è 


dx  dx 

['^-<!:f|)]^''-['-s-<!:^%:-)M  -^ 

r  <'Q(3).1     ,  r  iiO,3)1 

[^(■).  -  -Jy    l'^"    .■■+[  T(i)._,  _  -^  '  J44  + 

[s(a,„_,  _*!-']..-,, H-H^(.)-^]./  + 

H       I  r  do  3)„_,-i 

Il       r  [Z(0 ._. -^—  j  4^  +  Q(3)^>  4-  Q(3),^^;s  -1-  Q{Sy^u 

N  n  a  In 


284         Su  DIVERSI  Articoli  spettanti  all'  Analisi 

In  pratica  basta  fare  le  sostituzioni  respettive    nelle    se- 


rie seguenti  R  ,  Ri  ,  Ra   .  ,  .  R„_^  ;  V  ,  V,,  V^  .  .  .  V, 


-2  5 


Z(.),  Z(i),,  Z(i),...Z(,)„_,;  Y(i),  Y(r).,  Y(i),..Y(i)„_3; 

Q(3),  Q(3),,  Q(3), Q(3)„_,;  S(3),  S(3),,S(3),...S(3)„_,; 

ec.  Il  metodo  è  generale  ,    e  puossi  estendere    all'   cG[uazioni 
di  ^ualuntjue  Oidiiie  , 


SUL- 


i85 
SULLE 
ACQUE    MINERALI 

DELLA 

PROVINCIA  BERGAMASCA 

MEMORIA 

Di  Giovanni  Maironi  da  Ponte 
■  Ricevuta    il    di    i5   Decemhre    i8o3. 

XN  elle  Acque  Minerali,  che  in  varie  rpgionì  della  terra^sca- 
tui-'scono,  la  Natura  ha  r-posto  de'  soccorsi  specifici  nelle 
malattie,  a  cui  l'umanità  nostra  va  soggetta. 

Ma  assai  scatso  e  incerto  sussidio  ella  avrebbe  da  questa 
benefica  sorgente  ,  se  V  arte  ,  accorsa  in  ajuto  della  Natura  , 
non  avesse  fatti  intimamente  conoscere  i  veri  principj  ,  che 
spesso  diversi  nelle  diverse  Fonti  esistono .  Snl  pieno  cono- 
scimento de' f[uali  può  la  Medicitia  regolare  poi  l'applicazio- 
ne e  1'  uso  delle  medesime  ai  casi  e  ai  bisognai  differenti  . 

E'  la  Chimica  ,  quest'  arte  rìschiaratrica  ,  a  cui  nói  dob- 
biamo aver  buon  grado  de'  mezzi  di  conoscere  e  di  classifi- 
care sifTaiti  princi|q  ospitanti  nelle  sorgenti  Minerali  ,  ed  è 
dcssa  quella,  che  a'  nostri  giorni  die  soggetto  e  comparsa  a 
tanti  Trattati  preziosissimi  ,  che  di  siffatte  rarità  naturali 
parlano  ,  e  le  mettono  a  profitto  reale  dell'  nomo  .  Gli  Atti 
dille  scientifiche  Accademie  ,  i  Giornali  Fisici  e  Medici  ,  e 
moltissime  opere  di  valentissimi  Filosofi  e  Profi>ssori ,  ripor- 
tano di  queste  utili  operazioni  della  Chimica  moderna  . 

Gui- 


a8b  SuLL*  Acque  Minerali- 

Guidato  io  stesso  dal  desiderio  di  rendere  sempre  più 
note  e  frequentate  le  Acque  Minerali  delia  Patria  ,  sebbene 
sopra  tre  di  esse  ci  abbia  data  già  un'  opera  comp'tissima  e 
per  ogni  conto  pregievole  il  rinomatissimo  nostro  Sig.  Giu- 
seppe Pasta,  bo  pensato  di  pubblicare  estesamente  l'analisi, 
cbe  di  esse  avea  io  fatta  ,  già  molti  anni  prima  ,  e  cui  ho 
icplicata  recentemente  colla  stessa  uniformità  di  risultati  . 

La  mia  sarà  una  descrizione  Fisica  e  Ciiimica  piuitosto- 
chè  medica  delle  nostre  Fonti  Minerali;  e  chi  amasse  di  co- 
noscerle perfettamente  anche  sul  punto  delle  loro  virtù  me- 
dicinali ,  potrà  dalle  poche  mie  tracce  passare  alla  lettura 
della  prelodata  Opera  Classica,  che  ha  per  titolo:  Delle  Ac- 
que Mìnprali  del  Bergamasco  del  Doti-  Giuseppe  Pasta  1796. 
Tre  sono  le  Fonti  Minerali  primarie  ,  che  abbiamo  in 
Bergamasca  note  anche  fuori  di  patria  per  le  loro  virtù  me- 
dicinali. A  queste  ne  va  aggiunta  una  quarta,  scoperta  or  ora, 
e  eh'  io  spero  farassi  prestamante  ,  di  esse  non  menOj  nota 
e  frequentata  . 

I. 

La  più  celebre  è  quella  di  Trescore  ,  e  oggidì  gode  an- 
che di  una  maggiore  frequenza.  Questo  grosso  ed  ameno  Vil- 
laggio ,  a  cui  conviene  meglio  il  nome  di  Borgata  ,  resta  a 
levante ,  ed  in  distanza  di  dieci  miglia  dalla  città ,  in  una 
vaga  e  spaziosa  pianura  ,  intersecata  dal  fiume  Cherio  ,  e 
attorniata  all'  est  e  al  nord  da  variate  montagnuole  calcari  , 
vestite  di  boschi  e  di  vigneti ,  e  che  appartengono  alle  gran- 
di giogaje  costituenti  le  valli  Cavallina  e  di  Calepio  .  Riden- 
tissima  è  questa  situazione,  coronata  di  piacevolissime  vici- 
nanze e  di  deliziose  villette  .  fi 

La  Fonte  di  cui  parliamo ,  vi  resta  in  una  specie  di 
bassura  ,  sul  margine  occidentale  appunto  del  Cherio:  prove- 
duta oggidì  di  un  competente  caseggiato  ad  alloggio  di  chi 
vi  concorre  ;  ed  il  quale ,  se  adempimento  avranno  piena- 
mente le  generose  e  saggc  deliberazioni  dei  nostro   Consiglio 

Co- 


Di  Giovanni  Maironi  da.  Ponte  .  287 

Comunale  ^  e  le  beneficenze  ,  che  vi  vanno  predipponendo 
gli  altri  nostri  Corpi  Amministrativi ,  giova  sperare  si  con- 
vertila sollecitamente  in  uno  de'  più  ampj  e  ben  agiati  Edi- 
fìcj  che  si  veggano  a  questo  pubblico  uso  . 

Noi  siamo  debitori  a'  Francesi  del  primo  rinvenimento 
o  almeno  della  celebrità  di  questi  Bagni  .  Vogliono  gli  Scrit- 
tori nostri  che  ciò  succedesse  sotto  Carlo  Magno  nel  secolo 
Vili  ,  quando  la  nostra  Patiia  soggiacque  al  deniinio  Gallo  . 
Ma  essendo  oramai  distrutta  dal  tempo  la  Fabbrica  ,  venne- 
ro ristorati  nel  1470  dal  rinomatissimo  nostro  concittadino 
Bartolomeo  Colleoni . 

Furono  poi  ridotti  presso  che  alla  forma  presente  da  Sil- 
vano Capello  Podf^stà  di  Bergamo  nel  i58o,  che  in  seguito 
li  die  in  proprietà  e  tutela  della  Città  . 

E'  stato  recentemente  migliorato ,  e  anche  ingrandito  il 
caseggiato  dalla  beneficenza  del  fu  Co.  Giambatista  Brescia- 
ni ;  il  quale  molto  più  avrebbe  fatto  ,  se  morte  non  ce  lo 
avesse  rapito  in  età  ancor  fresca  . 

Varj  nostri  Scrittori  parlarono  de'  Bagni  di  Trescore  , 
come  l'Albano,  lo  Zamaglia  ,  il  Carrara  ^  il  Suardi  ,  il  Qua- 
drio ,  il  Sig.  Andrea  Pasta  e  il  Sig.  Mazzi  Milanese  (*)  .  Ma 
quello  che  ne  die  un  trattato  completo  è  il  prelodato  nostro 
vivente  Sig.  Giuseppe  Pasta  ;  il  quale  nell'  analisi  chimica  di 
questa  e  delle  altre  due  Fonti  seguenti  si  prevalse  della  ma- 
no espertissima  del  celebre  Professor  Bruguatelli  nostro  So- 
cio . 

Io  penso  di  dar  qui  semplicemente  una  succinta  descri-     . 
eione  di  questa  sorgente  Minerale,  in  relazione  ad  un'anali- 
si che  molto  prima  ne  avea  fatta  io  sotto  la  scorta  dell'  im- 
pareggiabile  mio  Maestro  il  fu   rinomatissimo    Prof,    Scopoli  ^ 

e 


(')    Può    vedersi    anche  la  mia  Dis-      1      le    della    Provincia   Bergamasca .    Ber-, 
jertazione  prima  sulla  Storia  Natura-       \      gatoo  1783. 


288  Sux-LE  Agqus  MiHEnALr  ec. 

€  che  ho  posteriormente  per  ben  ckie  voUe  replicata.  L'ac- 
<^|ua  di  questa  Fonte  è  perenne  ed  abbondante  più  che  noa 
lo  sia  in  quulche  altra  scaturigine  Minerai  vicina,  la  quale 
quindi  è  poco  meno  che  sconosciuta   e  negletta. 

Essa  viene  cavata  da  un  antichissimo  pozzo  con  scc  hio  ; 
nia  più  col  mezzo  di  una  tromba  attraente  ,  e  si  trasmette 
per  canali  pusticci  a  riscaldarsi  nelle  caldiije  ,  donde  si  fa 
passare  nelle  tre  belle  caldaiie  inservienti  ai  Bagni  raedesi- 
rni  .  E  questa  è  la  parte  dell'Edificio  divisata  ,  da  ampliarsi 
la  prima  con  un  buon  numero  di  camerini  a  bagno  soìiuaio. 
Appena  tiatta  dal  pozzo  può  diisi  assolutanjeute  linipi- 
da  ;  ma  non  di  rado  avviene  che  entro  vi  si  veggai;o  pensi- 
li e  nuotanti,  a  guisa  di  sottili  piumette,  certe  particelle  ag- 
grovigliate nericce  ,  che  rassomig!i;iun  a  quello  di  un  antra- 
ce bituminoso  disciollo  ,  e  che  io  riLhiamerei  da  questo  prin- 
cipio, che  ragionevolmente  si  -può  suji[)orre  i.on  lontano  dal- 
la concentrata  sorgente  di  quest'  acqua  ,  se  le  osservazioni 
de'  prelodati  valenti  Professori  non  tendessero  a  farcele  piut- 
tosto credere  derivative  da  altia  accidentale  estranea  combi- 
Kazione  . 

L'  odore  di  quest'  acqua  è  decisamente  di  Zolfo  ;  e  fassi 
sentii'e  più  eminentemente  in  certe  ore  e  in  certe  giornate 
della  fervida  stagione  . 

Il  sapore  ne  è  fra  1'  amaro  e  lo  stitico,  ma  più  comu- 
nemente nauseoso  :  prodncendo  inoltri  ancbe  diversa  sensa- 
zione ;  e   molle  e  viscidetta  al  tatto  trovasi   da  tutti  . 

La  tempeiatura  di  qnest'  acqua  tratta  appena  dal  pozzo 
è  assolutamente  al  disfttt'o  di  quella  dell'  Atmosfera  .  Il  dì 
a8  Luglio  1791,  e  il  di  2,6  Luglio  1800  ,  ne"  quali  vi  repli- 
cai le  mie  osservazioni  ,  allo  stesso  Termometro  di  Reaumur 
era  di  quindici  gradi  (  nf  1  primo  caso  )  ,  mentre  quella  dell' 
Atmosfera  ascendeva  ai  diciannove  e  mezzo,  e  il  calore  dell' 
acqua  del  Clierio  e  de' vicini  ruscelli  era  ai  diciassette.  E  no- 
tossi  (  nel  secondo  )  l'acqua  della  Fonte  ai  gradi  quindici  e 
mezzo  di  calore^  mentre  quello    dell'   Atmosfera    montava  ai 

yen- 


Di  Gwvanni  Maironi  da  Ponte  .  a8() 

venti  e  mezzo,  e  fé  acque  del  Gheiio  e  di  essi  ruscelli  com- 
parivano calde  oltre  i  diciotto  . 

Anche  il  peso  specifico  di  quest'acqua  è  minore  di  quel- 
lo di  tutte  le  akre  ,  in   confronto  pure  della  distillata  . 

Conservata  quest'  acqua  minerale  in  vasi  di  cristallo, 
segnatamente  se  vi  si  lasci  libero  l' ingresso  dell'  aria  ^  vi  fa 
de'' lievi  depositi  cenerognola  oscuri,  i  quali  trovansi  altro 
non  essere  che  lo  Zolfo ,  che  si  scioglie  dall'  acqua  nella 
scomposizione  operatuvi  dall'  aria  . 

I  pannolini  che  si  adoprano  nelle  funzioni  de'  bagni ,  o 
che  altrimen.ti  s'immergono  in  quelle  acque,  si  rodono  e  coa= 
suraano  con  prestezza  . 

Miste  cól  latte ,  non  danno  alcun  fenomeno ,  soTo  che 
a*!  palato  di  alcuni  riescono  più  grate,  e  forse  per  essi  più 
scilecite  al   passaggio  per  orina. 

Esposte  per  avventura  al  sole  in  un  vaso  ,  sì  trova  che 
se  ne  spaccano  éal  fondo  alla  superficie  certe  picciolissime 
buUuIette  ,  che  raccolte  co'  soliti  apparati  si  trovano  essere 
di  Acido  Carbonico,  ossia  aria  fissa  ^  come  si  è  chiamata  si- 
no a  quest'  ultimi  tempi  . 

Esige  quest'  acqua  per  la  ebuliizione  assai  più  di  calori- 
co che  la  comune  .  E  in  tale  operazione  si  separa  da  essa  lo 
Zolfo  e  va  parte  ad  attaccarsi  alle  pareti  del  vaso  ,  e  parte 
a  nuotare  sulla  di  lei  superficie  :  venendo  in  tal  guisa  decom- 
posto il  <Gas  Epatico  ,  ossia  il  Gas  Idrogeno  solforato  ;  il  qua- 
le trovasi  ospitare  in  essa  in  ragione  di  un  pollice  e  d'  un 
settantesimo  per  libbra  . 

Se  air  acqua  di  Tre^core  sì  frammischi  la  tintura  d'  AI- 
cea  ,  questa  perde  il  suo  color  vivo  rossiccio,  e  ne  riassume 
un  fosco  ed  oscuro  . 

La  tintura  di  Turnesole  punto  non  vi  sì  ammortizza  , 
E  rps'ste  quest'  acqua  ad  ogni  impi^ssione  jier  parte  della 
soluzione  di  Galla,  del  Prusiato  di  Calce,  e  di  Potassa;  sic- 
ché si  può  francamente  asserire  che  nessuna  parte  di  Ferro 
esista  nella  nostra  Fonte  . 

Tomo  XL  0  0  Un 


ago  Sulle  Acque  Minerali  ec. 

Un  pezzo  di  terso  Argento  lasciato  per  qualche  tratto 
immerso  in  quest'acqua  prestamente  si  annerisce  .  E  il  Rame 
in  lamine  vi  perde  subito  la  sua  tinta  vivace  ,  e  di  una  pa- 
tina si  ricopre  gialli ignola-oscura  ,  facendo  perdere  alle  ac- 
que stesse  porzione  del  loro  odore  . 

L'  acqua  di  calce ,  frammischiata  con  quella  della  nostra 
Fonte ,  s'  intorbida  sensibilmente  ,  e  somministra  un  sedi- 
mento calcareo  ,  ossia  di  calce  ,  in  ragione  di  quattro  grani 
per  libbra  . 

La  calce  dell'  Arsenico  abbandonata  per  alcune  ore  all' 
azione  di  quest'  acque  zulfuree  ,  addiviene  giallognola  ^  e 
fassi  un  orpimento  ,  non  togliendo  ad  esse  1'  odor  epatico  . 

Diversamente  succede ,  se  vi  si  impieghi  1'  Ossido  del 
Piombo  .  Esso  si  annerisce  sollecitamente  ,  e  del  suo  odor 
epatico  rimane  spogliata  1'  acqua  . 

Questo  viene  dissipato  ,  non  però  con  tanta  prestezza  ^ 
anche  se  all'  acqua  della  nostra  Fonte  si  unisca  1'  ossido  ne- 
ro di  Manganese.  E  gli  altri  ossidi  metallici,  nella  stessa  gui- 
sa adoperati  ,  nulla  somministrano  di  rimarchevole  . 

Al  risultato  dalle  operazioni  cogli  ossidi  metallici  furono 
analoghi  quelli,  che  io  ottenni  dall'impiego,  che  nell'anali- 
si io  feci  di  varie  delle  soluzionij  ossia  Nitrati  metallici .  Po- 
tei pelò  osservare  liguardo  a  questi  ultimi,  che  quelli  del 
Mercurio  ,  del  Piombo  ,  e  dell'  Argento  venivano  decomposti 
dall'acqua  nostra  Minerale,  e  convertiti  in  precipitati;  i  qua- 
li sperimentati  ,  si  trovarono  altro  non  essere  nella  massima 
parte  che  Sali   muriati  . 

Essa  è  combinabile  col  sapone  ,  siccome  tutte  le  altre 
acque  comuni  del  vicinato  .  E  nessun  seiisibde  cangiamento 
io  vi  riconobbi  dall'  applicazione  degli  Alcali  puri  o  dei  lo- 
ro stessi   Carbonati  . 

Ho  accennato  pocanzi  che  la  nostra  Fonte  rontenea  dell' 
Acido  Caibonico  .  Procurai  quindi  coli'  ajuto  de'  soliti  appa- 
rati di  riconoscerne  precisamente  la  quantità  ;  e  diffatti  da 
ogni  libbra  ne  ottenni  un  quarto  di  pollice . 

Trat- 


Di  Giovanni  Maironi  da  Ponte  291 

Trattata  finalmente  quest'  acqua  anche  cogli  altri  nuzzi 
e  confronti  j  che  somministra  la  Fisica  e  la  Chimica,  od  una 
esatta  analisi  ,  siccome  in  vero  ha  fatto  anche  il  preludalo 
Prof.  Briignatelli  ,  mi  risuliù  evidentemente  in  tutù  gli  spe- 
rimenti replicati  ,  che  le  sostanze  Minerali  in  qufstn  Fonte 
3ono  le  surriportate  ,  e  di  più  quindici  grani  di  Salmarino 
ossia  Muriato  di  Seda  . 

Non  per  detrarre  punto  dalla  ragionata  analisi  di  quel 
prestantissimo  Chimico  ,  soggiungerò  che  a  me  ne  ri.'uUò  in 
un  eguale  volume  d'  arqna  ar  che  quasi  un  grano  e  mezzo 
di'^'dl  di  CL'ubeio  (  Sfdfato  d'  Soda  de'  Chimici  moderni  )  . 
Riassunti  f]i;ì  dunquf'  tutti  questi  risultati  possiamo  dire,  che 
Y  Acqua  Mmcrale  di  Trescore  contiene  per  ogni  libbra 

r 
Gas  Idrogeno  Solforoso  poi.  cub.  i  — • 

Gas  Acido  Carbonico  —  —  —  —    — 

4 

Carbonato  di  Cdlce  grani    —  4-  "*" 
Muriato  di  Soda  grani i5.  — 

I 

Solfato  di  Soda  grani  —  —  —  —  — 

Ed  è  probabilmente  alla  presenza  de'  suddetti  due  Gas  che 
noi  dobbiamo  attribuire  1'  ingombro  di  testa,  che  spesso  pro- 
var suole  chi  si  fa  a  bere  quest'  acqua  ,  e  sopra  tutto  chi 
vi  si  attnff.i  :  incomodo  però  affatto  ist.intaneo  e  passaggiero. 
In  fianco  al  suddetto  pozzo  ,  ed  entro  il  recinto  del  me- 
desimo caseggiato  trovansi  anche  i  Fanghi  .  Consistono  que- 
sti in  una  pozzanghera  nericcia  mii  erale  circoscritta  da  bas- 
sa muragli  i  ;  e  la  quale  a  prima  giunta  sembra  mista  di  pol- 
vere di  Carbone  artificiale  ,  tramandando  un  gravissimo  odor 
di  Zolfo  a  considerabde  distanza  . 

Il  Fango  è  sovenhato  fiali' acqua  ,  la  quale  parimente 
è  minerale  e  colà  zanq:)illanle  non  vis'bilmente  .  Quando 
questa  è  quieta  ,  si  vede  licnperta  di  una  certa  pellicola  di 
varianti  colori  ,  e  spesso  imitante  (piello  che  si  riflette  dal  ra- 
me piritoso ,  0  0  2,  Di- 


a^ù,  Sulle  Acque  Minerali  ec. 

Diseccato  il  fango  di  questa  pozzanghera,  arde  sulìe  bra- 
ge  quasi  come  lo  zolfo.  E  soventemente  sì  esso  che  T  ac- 
qua supcriore  verdeggiano  in  eerta  maniera  ,  come  osservò 
anche  il  sullodato  Professore  ,  dai  vegetabili ,  che  vi  ai  di- 
sciolgono 5  fra  i  quali  segnatamente  la  Conferva  rivularis  Lin- 
nael  • 

Le  altre  erbe  nascenti  all'  intorno  della  pozzanghera  so- 
no Poa  annua ,  Triticiini  repens  ,  Equìserum  arvense  ,  Soncus 
olcraceus  ,  Paretarìa  vulgaris  ,  Convolviilns  scpìum ,  Cìcorium 
sylvestre  ,  Potentìlla  reptans  ,  Lìches  saxatills ,  Trifolìum 
jpratense  ,  Primula  veris  offi^ìnalìs- ,  Sedum  acre  ,  Verbena  of- 
ficinalis  i  Àntirichìnum  cymbalar,  plarUago  lanceolata  ec.  ec 
Questo  fango  appena  tratto  dalla  pozzanghera  ,  ha  un.  co- 
lor nero  lucente,  somigliante  alla  pece  liquida,  il  quale  sem- 
pre più  si  ammortizza  ,  quanto  più  la  terra  s'  accosta  al  suo 
diseccamento  . 

E'  pochissimo  dissolubile  nell'acqua  ,  alla  quale  egli  non 
imprime  che  un  picciolissimo  sapor  dolcigno,  passata  che  sia 
per  il  feltro  . 

Trattato  co'  diversi  Acidi  Minerali ,  come  il  Niti-ofO  ,  il 
jMitrico,  e  il  Muriatico  ,  fa  grande  effervescenza,  venendone 
sviluppato  un  Gas  di  un  odor  epatico  penetrantissimo  . 

Un'  oncia  di  questo  medesimo  fango  diseccato  lentamen- 
te al  fuoco,  col  solito  Ghimico  Apparato,  dà  tanto  del  sud- 
detto Gas  ,  quanto  basta  per  riempi  re  una  caraffa  capace  di 
diciotto  once  d'acqua,  il  quale  trovasi  essere  un  miscuglio 
di  Gas  Idrogeno  solforoso  ,  e  di  Gas  Carbonico  . 

Da  tutti  questi  dati ,  costantemente  analoghi  relle  di- 
verse e  replicate  mie  osservazioni  ,.  risulta  che  ne'  fanghi 
Minerali  di  Trestore  esiste  un  Fegato  di  Zolfo  Calcareo,  con  ti 
Minialo  di  S(  da  simile  a  quello  incontiato  nelle  acque  della 
Fonte  .  E  come  in  es^a  ,  riscontiai  anche  quivi  alcuni  pochi 
grani  di  Zolfato  di  Soda . 

Non  è  messe  mia  parlare   dell'   uso  di  questa  Fonte  Mi- 
nerale nelle  umane  malattie  .  I  nostri  Medici  impiegano  que- 
ste 


Di  Giovanni  Maihoni  da  Ponte  .  ag'ò 

$te  acque  j.  ed  esternamente  applicano  i  Fanghi  _,  per  risolve- 
re tumori  indolenti  j  e  cagionati  da  un  vimor  viscido  e  fred- 
do,  nelle  paralisie  ,  e  nella  debolezza  de'  membri,  ne'  dolori 
veumatici  e  artritici  ,  e  in  somma  ovunque  sia  bisogno  di 
I/avvivare  la  oscillazione  de'  vasi  minimi  ,  e  di  rimettere  in 
circolo  le  m-iterie  viscide  e  tenaci  ,  che  impainate  ristagnano. 
Le  acque  prese  in  bevanda  sono  atte  a  ripulii'e  lo  sto- 
maco e  gli  intestini  ,  purgando  piacevolmente  :  e  quindi  ser- 
vono ai  Medici  per  curare  tutte  le  malattie  ,  che  da  imba- 
razzo di  visceri  e  da  oppilazione  dipendono .  Arrestano  il 
vomito  ,  eccitano  l'  appetito  ,  e  giovano  mirabilmente  . 

Questi  Bagni  oggidì  sono  incomparabilmente  divenuti  più 
Roti  e  frequentati  .  E  a  ciò  cooperò  non  meno  la  prelodata 
opera  insigne  del  nostro  Sig.  Giuseppe  Pasta  ,  che  le  guari- 
gioni veramente  stupende  che  vi  vanno  succedendo  continua- 
niente^  e  che  gli  hauno  portati  in  vero  al  grado  di  celebrità. 

ir- 

Un' altra  Sorgente  zolfurea  è  quella^  detta  dì  S.  Omo- 
buono,  nella  nostra  Vallimagna,  dal  Villaggio,  che  vi  si  trova 
sotto  la  invocazione  di  questo  Santo  . 

Essa  è  manifestamente  tale  ,  come  vedremo  dalle  analo- 
ghe su-e  proprietà  .  La  Comune  di  S.  Omobuono  resta  a  do- 
dici miglia  dalla  Città ,  cammin  facendo  per  essa  valle  tra 
il  Nord  5  e  il  Mordouest . 

La  fonte  poi  si  ha  ad  un  mezzo  miglio  circa  dal  Villag- 
gio ,  sul  medesimo  verso.  Essa  resta  nell'imo  della  valle  iiu- 
mediatamente  alla  sponda  destra  del  fiumicello  ,  che  la  stes- 
sa valle   innaffia  .  E  dicesi  questo-  sito  Valbettola  . 

Sebbene  tali  acque  non  sieno  nxjte  fnori  di  patria  ,  che 
da  quarant'  anni  o  p>ico  più  ,  nullameno  si  vede  che  lo  era- 
no benissimo  agli  abitatori  di  que' contorni  dal  denominar  che 
fecero  Fontanino  dilla  Rygna  questa  scaturigine  ,  appunto 
dai  di  lei  uso  iu  tale  malatua  . 

La 


294  Sulle  Acque  Minerali  pc. 

La  bocca  d'onde  zampilla  1' acqua  j  è  affatto  rude,  e 
del  diametro  di  un'oncia  circa  in  guisa  di  fessura  in  un  ban- 
co calcareo  screpoloso  ,  che  torma  la  base  a  quasi  tutto  il 
letto  del  iiuinicrllo,  e  fors' anche  alle  stesse  montagnole  ter- 
ziarie che  quivi  rinserrano  la  vallata  )  la  quale  d'  alti'ande  a 
questo  punto  sarebbe  assai  spaziosa  ,  come  rappresentano  le 
geologiche  mie  osservazioni  riportate  nella  precitata  Disserta- 
zione sulla  Storia  Naturale  della  nosti'a  Provincia  . 

Gonvien  osservare  altresì  che  tutte  le  vicinanze  abbon- 
dano^ a  prefeieiiza  d'ogn' altro  luogo,  di  uno  Schisto  cene- 
riccio-nero  lurido  fragilissimo,  e  molle  al  tatto  {^Schistus  pìn- 
guis  Wall.  sppc.  i5g.  a.)  ,  e  che  questo  massimamente  non 
molto  lungi  dalla  Fonte  vedesi  stri^clafo  di  emanazione  zolfu- 
lea  .  Ann  la  pietra  stessa  conformante  detta  scaturigine,  e 
gli  altri  saisi  in  vicinanza  ,  sono  coperti  frequentt  niente  di 
un  sedimento  granulare  aderente  zolfoioso,  il  quale  vuoisi  pro- 
^  dotto  da  celti   teauissimi  fiocchetti  biancastri  di    essa    sostan- 

za ,  che  vengono  portati  fuori  dall'  acqua    medesima  ,    ed  ivi 
depositati  . 

Quante  volte  visitai  questa  scaturigine  ,  mi  riuscì  sem- 
pre di  poter  raccogliere  un  poco  di  siffatta  posatura;  la  qua- 
le diseccata  e  messa  poscia  sulle  brage  ,  si  vide  sempre  ar- 
dere rapidamente  ,  siccome  il  pejfettissimo  zolfo  • 

L' odore  di  questo  minerale  annuncia  la  presenza  della 
fonte  a  varie  centinaja  di  passi  di  distanza  ,  segnatamente 
nella  calda  stagione,  e  nella  coinbinazione  favorevole  che  le 
acque  del  vicino  fiumicello  non  soverchino  quelle  della  sor- 
gente . 
^  Ne^  vasi  ,  quanto  sono  questi   meglio    custoditi,   tanto   è 

più  sensibile  in  esse  1'  odore  di  zolfo  .  Per  altro  allontanate 
dalla  fonte  ,  esalano  ,  e  s'  indeboliscono  nella  energia  ,  sicco- 
me succede  di  quelle  stesse  di  Trescore  ,  e  di  tutte  1'  altre 
di  simile  carattere  . 

t       Quello  che  di  singolare  hanno  queste  ,    è  che  si  possono 
conservare  per  più  e  più  mesi  in  vasi  chiusi,  senza  che  fac- 
/  eia- 


Di  Giovanni  Maironi  da  Ponte  •  agS 

ciano  il  minimo   sedimento  \    ciò    che    prova    che  lo  zolfo    di 
cui  son  pregne  ,  è  attenuatissimo  e  sottilissimo  . 

Nsir  ultima  visita  che  vi  praticai  in  giugno  dell'  anno 
srorso  ,  quando  fui  in  Vallimagna  per  qualche  osservazione 
sopra  due  fontane  intermittenti  ^  che  quindi  non  lungi  si  tro- 
vano ,  potei  estendere  le  mie  indagini  ed  esperienze  anche 
sopra  due  allre  scaturigini  zolfuree  ,  che  si  veggono  in  vici- 
nanza a  quella,  che  fa  il  principal  soggetto  del  presente  dis- 
corso . 

L'  acqua  è  perenne  in  tutte  e  tre  ,  non  però  di  rolume 
eguale  ;  sf-mbrandonii  che  la  più  ccpiosa  sia  quella  attual- 
mente in  uso  ,  selbene  forse  la  meno  facile  a  preservarsi  > 
perchè,  come  abbiam  veduto,  in  una  situazione  da  essere 
soverchiata  dalle  acque  del  fiumicello  in  ogni  di  lui  più  pic- 
cola piena  . 

Le  succennate  secondarie  due  polle  sino  ad  ora  noti  so- 
no adoperate  ,  St^hbene  sieno  della  siessissima  attività  ,  e  in 
una  di  esse  si  ahh  ano  anche  i  fanghi  . 

Non  sono  spiacevoli  al  palato  queste  acque  .  E  nel!'  as- 
saggiarle sentesi  un  sapore  dolcigno  ,  atidetlo  ,  simile  a 
quf  Ho  che  risulta  dalla  conibinazione  del  Gas  Idrogeno  Sol- 
foroso e  Carbonico  coli' acqua  pura. 

Sono  limpide  a  vedersi  e  freschissime  a  bersi.  Ed  ho  in 
esse  sempre  trovata  la  stessa  temperatura  che  in  quebe  di 
Tr<*score  essendo  costantemente  due  gradi  meno  calie  delle 
acque  pure  del  vicinato.  ;  poiché  1'  Atmosfera  essmdo  neil' 
ultima  mia  visita  a  gradi  19,  superava  di  gradi  due  il  calor 
di  queste  ultime  ;  ma  malgrado  di  tanta  freschezza  non  si 
congflano  giammai  . 

L'acqua  di  S.  Omobuono  ,  comecché  zolfurea,  pur  quanto 
ai  principi,  e  alla  dose  loro,  non  é  perfettamente  conforme 
con  quella  di  Trescore  .  L'  analisi  che  anche  di  questa  ho 
rifitta  p'ù  d'  una  volta  impiegandovi  tutte  le  solite  chim  che 
combinazioni  ,  e  tutti  i  consueti  reagenti,  mi  vi  fece  scoprire 
«ostante  ni  cute  della  diiTeienza  fra  1'  una  e  i'  altra  .    In  quella 

per 


ag6  Sulle  Acque  Mikerali  ec. 

per  esempio  gli  Ossidi  d'  Arsenico  ,  e  di  Piomlio  si  alterano 
di  colore  più  che  ia  questa,  quando  tutto  all'opposto  succe- 
de se  vi  si  immeiga   in  pezzo  d'  Argento  e  di   Rame  . 

Oltre  di  che  nell'  acqua  minerale  di  Vallimagna  la  so- 
stanza salina  è  tutta  zoUato  di  soda,  ossia  sai  di  G.'aubero  , 
quando  nelle  prime  è  nella  massima  parte  Muriato  di  Soda 
osiia  Salmarino  .  Dalle  mie  sperienze  dunque  ,  reiterate  an- 
che sulla  norma  di  quelle  dei  prelodato  Sig.  Brugnatelli , 
panni  essere  autorizzato  a  poter  dire  ,  che  nelle  acque  di  S. 
Omobuouo  per  ogni  libbra  esistano 

di  Gas  Epatico ,  ossia  Gas  Idrogeno  Solforoso  poi.  i   — ^ 

di  Addo  Carbonico  ossia  Aria  fissa  ^ 

di  Carbonato  di  Calce  o  Terra  calcare  gr.     a  ~ 

di  Zolfato  di  Soda  ,  ossia  Sai  di  Glaubero  gr.   1 1  -- 

Le  erbe  più  copiose  che  formano  tappeto  al  margine 
delle  suddette  tre  Minerali  scaturigini,  sono  V  H edera  helìx , 
Listrum  salicarhim  ,  Adiaritiim  capìllus  veneris ,  Trihcum 
rejjens,  Convolvulus  sep'nim  ,  Cìcorìum  sylvestre  ,  Lichen  pli- 
catus  £a  Lichen  saxatilis  ,  Mentha  sylvestris  ,  Folipodiuin  /e- 
Ux  ec. 

I  boschi    poi    circostanti  a  questo   sito    sono    quasi    tutti 
di  Fagus  sylvestris  ,    di    Carpcmits    betulus  ,  di    Fagus    casta-  : 
ìiea  j    di  Corìlus  avellana  ,  di   Vihurnum  ebulus  ec. 

L'uso  di  quest'acqua  si  è  ora  fa*to  notissimo  e  frequen- 
te, e  se  ne  contano  delle  guarigioni  mirabili,  sia  ella  adope- 
rata esteriormente  j  o  sia  internamente  usata  a  lìorma  del  bi- 
sogno . 

La  ragione  e  1'  analogia  la  ha  additata  a'  Medici  oppor- 
tunissima  per  molte  malattie,  e  le  sperienze,  che  da  essi  se 
ne  vanno  facendo  ,  la  confermano  sempre  più  nel  suo  credi- 
to e  nella  crescente  sua  fama  . 

Ne'  mali  cutanei  di  qualunque  razza  viene  adoperata  con 
molto  buon  successo  j  sicché  ^uasi  si  stabilisce  che  sia  dessa 
specifica .  %  Kel- 


Di  GiovAMjji  Maironi  da  Pokte  •  207 

Nelle  infermità  poi  interne  ,  ove  sieno  delle  suppurazio- 
ni ,  delle  ulcere  ,  delle  ostruzioni ,  delle  contratture  ed  of- 
fese de' nervi  5  dei  calcoli,  a  degli  altri  incomodi  di  vasi  uri- 
nar; ,  i  Medici  la  trovano  commendabile  . 

L'  uso  attuale  di  quest'  acqua  è  riservato,  siccome  ccca- 
de  di  quella  di  Trescore ,  ai  tre  mesi  estivi ,  quando  la  sete 
suol  essere  maggiore  ,  «  più  aperti  i  canali  del  corpo  ;  ma 
se  ci  stringe  il  bisogno  ,  e  1'  indtigiare  sino  a  quel  tempo 
possa  essere  di  danno,  si  potrà  usarla  in  ogni  stagione  ,  giac- 
ché essa  in  ogni  stagione  ritiene  la  medesima  limpidezza  e 
quasi  il  medesimo  odore  e  sapore  .  ,,  Può  ella  (  dice  1'  illu- 
stre Sig.  Giuseppe  Pasta  nella  precitata  sua  opera  )  praticar- 
j,  si  con  sicurezza  ,  sì  ne'  fanciulli  ,  che  ne'  vecchj  .  Non 
y  ha  prodotto  il  minimo  sconcerto  in  più  donne  gravide  ;  « 
,,  si  può  credere  con  molta  probabilità  che  ,  tanto  le  donne 
„  facili  a  sconciarsi .,  quanto  le  sterili  per  inorganico  vizio  , 
.,  possano  ritrarne  uno  specifico  ajuto  „  . 

Pare  che  anche  circa  questa  Fonte  cotanto  salutifera  ed 
utile  s' incominci  a  pensare  a  qualche  provvedimento  ,  onde 
liberarla  almeno  dalT  inconveniente  d'  essere  non  di  rado  so° 
verchiata  e  confusa  dalle  piene  del  vicino  toirente  fiumicello  . 

Frattanto  nel  portarsi  al  Villaggio  di  questa  sorgente  in- 
cominciasi a  godere  del  vantaggio  di  una  strada  per  lungo 
tratto  molto  migliorata  ;  e  bassi  ragion  di  sperare  che  presto 
si  potrà  dire  altrettanto  del  resto  . 

Varcata  dall'  imo  della  Vallimagna  la  giogaja  che  la  con- 
forma dalla  parte  dell'  est ,  s'  arriva  col  cammino  di  due  ore 
o  poco  più  in  Valbrembilla  ,  valle  così  detta  dal  fiumicello 
di  tal  nome  che  la  bagna  .  Poco  limgi  dalla  sinistra  sponda 
di  questo  j  presso  il  villaggio  denominato  pur  egli  Brambilla, 
ti'ovasi  scaturire  un'altra  polla  zolfurea;  la  quale  dicesi  per- 
fettamente simile  all'  anzidescritta  di  S.  Omobuono  ,  e  per  i 
suoi  efi'etti  corrispondenti  del  tutto  sui  sensi  ,  e  per  le  gua- 
rigioni orora  riuscite  di  analoghe  malattie  . 

Come  la  stagione  me  lo  permetterà ,  mi  porterò  sul  luo- 

Tomo  XI-  Pp  go 


ar)8  Sulle  Acqoe  Minerali  ec 

go  per  praticarne  una  formdle  analisi  ,  e  per  farvi  gli  occor- 
renti confronti . 

III. 

Le  acque  di  S.  Pellegrino,  cosi  dette  dal  nome  del  Vil- 
laggio, in  cui  hanno-la  sorgente,  sino  a' nostri  dì  restarono 
neglette,  e  quasi  sconosciute;  anzi  da  alcuni  nostri  Scrittori 
furono  erroneamente  dichiarate  micidiali  e  nocive  .  Le  ope- 
lazioni  però  e  le  sperienze ,  che  sul  sito  da  qualche  tempo 
si  sono  fatte,  ne  hanno  dimostrata  la  innocenza  e  la  utilità. 
Le  stupende  guarigioni  poi  che  se  ne  contano  ,  le  hanno  re- 
se ora  celebri  ed  assai  frequentate  . 

Questo  villaggio  ,  che  è  uno  de'  più  considerabili  ,  che 
veggansi  in  Valbrembana,  giace  sulla  sponda  occidentale  dei 
Brembo  ,  in  distanza  dalla  Città  dieci  miglia  circa. 

La  di  lui  situazione  è  ridente  ,  sebbene  racchiusa  fra  le 
due  eccelse  giogaje ,  che  la  grande  vallata  costituiscono .  Re- 
sta quasi  sul  centro  di  una  pìcciola  pianura  ,  tutta  attorniata 
da  eminenze,  ora  di  piacevole,  ora  di  spaventosa  sembian- 
za ,  appartenente  alle  giogaje  medesime  ,  che  formano  una 
prospettiva  di  amenità  e  di  orridezza  la  più  interessante. 

Le  sponde  stesse  del  fiume  presentano  un  misto  di  cose 
il  più  dilettevole  e  sorprendente  .  Qui  abitazioni  signorili  ab- 
bellite e  maestose  ,  alternate  da  rustici  casolari ,  da  giardi- 
netti e  da  orticelli  ;  là  verdeggianti  praterie  ,  intersecate  da 
ruscelli,  e  corredate  da  filoni  d'alberi  :  qui  annosi  folti  bos- 
chetti invitano  a  grati  passeggi  :  là  ombrosi  recessi,  ed  orri- 
di spechi  danno  comodo  seggio  e  filosofico  ritiro  .  In  som- 
ma tutto  qui  coriisponde  a  rendervi  il  soggiorno  assai  piace- 
vole e  gradito  . 

La  Fonte  minerale ,  la  quale  scaturisce  divìsa  in  due 
polle  vicine  ,  sta  a  qualche  distanza  dal  corpo  della  villa  , 
sopra  la  declività  di  un  praticello  ,  dove  sin  1'  anno  scorso 
non  esistè  ,  che  una  stauznola  ,  in  cui  restava  chiusa  una 
delle  polle  ,  e  radunavansi  le  persene  a  berne  .  Ora  una  so- 

'.    -,  '  '  cic« 


Lfi  Gjovanmi  Maironi  oa  Pontb  .  aoQ 

cietà  di  alcuni  cittadini  vi  ha  costrutto  un  comodo  fabbrica- 
to.  Consiste  questo  in  uno  spazioso  atrio,  fornito  di  due 
Jjtile  vasche  ,  nelle  quali  dall'  alto  si  fa  cadere  1'  acqua  mi- 
nerale ad  uso  di  bibita  sul  luof^o  . 

Dietro  al  medesimo  atrio  sullo  stesso  piano  sonovi  vari 
camerini  con  gli  agj  necessarj,  e  con  vasche  di  marmo  a  ha*- 
gno  individuale  ,  nelle  quali  si  fa  per  tubi  murati  passare 
r  acqua  minerale  riscaldata  artificialmente  . 

In  fianco  dell'atrio  sonovi  le  stanze  da  trattenimento 
e  di  rinfresco,  a.  comodo  di  chi  vuol  usare  di  quest'acque 
alla  sorgente  . 

Questo  fabbricato  è  divisato  ad  un  maggior  ampliamen- 
to ,  e  la  di  lui  situazione  è  già  sì  piacevole  ed  amena,  che 
pare  che  la  liatura  stessa  abbia  fatto  tutto  per  renderla  vaga 
ed  interessante  . 

Sì  l' una  che  l' altra  delle  polle  è  perenne  ed  imper- 
turbabile per  qualunque  eventualità  .  Quella  poi  che  può 
dirsi  quasi  copiosissima  è  la  prima  ,  la  quale  è  la  ora  rac- 
chiusa nel  suddetto  fabbricato,  lasciato  lo  zampillo  dtll'  altra 
a  beneficio  della  povertà  . 

Le  erbe  ,  che  restano  innaffiate  da  esse  acque  ,  sembra- 
no resistere  più  al  venire  della  fresca  stagione  ,  e  d'  altron- 
de rivivono  più  presto  in  primavera.  Tali  erbe  seno:  Lìchen 
plicatus  ,  Trltìcum  repeu^  ,  Jdìantum  capillus  veneris  ,  Li~ 
struni  salìcarìum  ,  Mederà  lielìx  ,  Leonfodon  tarnxacum  , 
G leucoma  oleraceus  ,  Mentha  aquatica  ,  Mentita  sylvestrìs  , 
Veronica  becabunga  ,  Viola  martìa  ,  Sìsymhrìum  nurturtìum  , 
Malva  sylvestr's  ,  Oxalls  acetosella ,  Potentilla  reptans   ec- 

Qurst'  acqua  trovasi  costantemente  più  calda  dell'  At- 
mosfera ;  e  difatto  nel  replicar  che  feci,  di  colà  passando,  più 
volte  le  mie  osservazioni,  io  la  trovai  sempre  dai  due  ai  tre 
gradi  di   superior  temperatura  . 

Essa  è  limpìdiss'ma  e  ridondante  di  bolllrine  visibili 
anche  ad  occhio  nudo  di  un  Gas  sottilissimo,  che  se  ne 
sprigiona  con  i;npeto  sino  a  cagionare  de'  leggieri  spruzzi  . 

P  p  a  A  ta- 


3oO  Sulle  Acque  Minerali  ec. 

A  tale  sprigionamento  e  scoppio  di  Gas  attribuir  si  de- 
ve la  frequente  crepatura  delle  bocce  di  vetro  ,  se  sieno  el- 
leno affatto  empiute  di  quest'acqua  minerale,  ed  ermetica-» 
mente  chiuse  .  Quindi  essa  lasciata  lungamente  all'  aperto 
perde  i  suoi  Gas  che  sono  il  miglior  suo  principio  .  Questo 
è  il  Gas  Carbonico,  ossia  Aria  fissa,  come  1' hanno  chiama- 
to sino  a'  nostri  di , 

L'  odor  dell'  acqua  di  S.  Pellegrino  non  è  sensibile  che 
appena  tratta  dalla  fonte,  e  fors'  anche  a  stento.  Sembra 
quel  tenuissimo  del  Gas  Carbonico  . 

Il  sapore  è  leggermente  piccante  ,  e  per  certuni  quasi 
insensibile  o  tendente  al  liscivoso-  e  saponaceo. 

11  suo  peso  specifico  è  di  _— ,  minore  di  quello  dell'ac- 
qua distillata ,  e  tiene  la  mentovata  temperatura  in  ogni  sta- 
gione . 

Il  passaggio  di  quest'  acqua  per  orina  copioso  e  pron-to  , 
si  è  il  di  lei  più  ordinario  effetto.  Sono  tollerate  dal  ventri- 
colo in  guisa  stupenda  ,  poiché  si  è  veduto  qualcuno  berne 
sino  oltre  le  trecent'  once  per  mattina  ,  e  durare  in  questa 
grande  dose  per  varj  giorni,  senza  risentirne  il  menomo  scon» 
certo  ,  anzi  con  lodarsene  non  solamente  quanto  alla  solleci- 
ta passata  ,  ma  eziandio  pel  buon  successo  ne'  mali  , 

Frammischiata  l'acqua  della  nostra  Fonte  colla  tintura 
d'  Acea  ,  trovasi  che  il  color  di  questa  si  ravviva  alquanto  , 
sicché  sembra  più  rossigna  . 

Usai  di  varj  ossidi  metallici,  e  principalmente  di  qnelli 
di  Piombo  e  di  Argento  ;  e  nessun  fenomeno  mi  presentaro- 
no rimarchevole  o  decisivo  . 

Aggiunsi  a  quest'  acqua  un  poco  di  limatura  di  Ferro  , 
Nessun  altro  cangiamento  vi  produsse  che  quello  d'imprime- 
re dopo  lungo  tratto  alla  medesima  il  sapore  stitico  ed  au- 
stero ,  che  prima  non  avea  . 

Vi  frammisrhiai  del  pru?siato  di  Calce,  e  di  Potassa  j 
onde  meglio  riconoscere  se  vi  esistesse  del  Ferro  combinatoj 

ma 


Di  Giovanni  Maironi  da  Ponte  T  3oi 

ma   nessun    risultato    venne  a  favorire    il    mio    dnbLio  .  E    lo 
stesso  successe  ,  venendole  applicata  la  tintura  di  Galla  . 

Abbiamo  veduto  che  copioso  ospita  in  queste  acque  il 
Gas  Carbonico  ;  il  che  vieniaggiormente  si  mette  in  chiaro  , 
se  lodevolmente  combinar  le  si  può  il  calorico  .  Difatti  con 
questo  mezzo  e  coli'  apparato  Idro-pneumatico  ho  pctuto  con 
successo  certissimo  replicare  le  sperienze,  che  prima  avea 
per  cagion  di  mancanza  d' istromenti  eseguite  con  assai  più 
laborioso  stento  ;  e  da  esse  costantemente  mi  risultò,  che  per 
ogni  libbra  l'  acqua  di  S.  Pellegrino  contiene  due  pollici  d'A- 
cido Carbonico  , 

Proseguita  T  analisi  sopra  il  residuo  terroso  di  quest'  ac- 
qua ,  privata  che  sia  del  suddetto  Gas  Carbonico  ,  trovai  al- 
tro non  essere  egli  che  un  Carbonato  di  Calce  ,  e  corrispon» 
dere  nel  peso  a  poco  meno  di  un  quarto  di  grano  . 

Bramoso  poi  di  riconoscere  gli  altri  principi  fissi,-  cbe 
jn  questa  sorgente  esistono  ,  versai  alcune  goccie  di  Nitrato 
di  Barita  sopra  una  libbra  della  stessa  acqua  raccolta  di  fres- 
co in  un  vase  di  vetro  ,  e  n'  ebbi  un  precipitato  che  era  un 
vero  Solfato-  di  Barita  .  Tentai  questo  medesimo  sedimento 
coir  Acetito  Baritico  ;  e  tali  ne  furono  le  risultanze  da  non 
dubitare  che  questo  non  fosse  un  vero  Solfato  di  Soda  os- 
sia Alcali  minerale  ,  ed  in  ragione  di  un  grano  ed  un  tren- 
tesimo .  Vi  va  unita  una  tenuissima  parte  anche  di  SelenitCj 
che  aggiunta  alla  quantità  già  notata  di  Carbonato  di  Calce, 
si  può  valutare  insiem-^  quello  e  questa  un  quarto  di  grano 
per  ogni  libbra  •  L'  acqua  di  S.  Pellegrino  contiene  dunque 
per  ogni  libbia  di  pes&  » 
Gas  Carbonico     ...»..•     ^     .     »     .     poi.     a.  — 


Carbonato  di  Calce  ec.      ,     .     .      .....     granì  —    ■- 


Solfato  di  Soda gl'ani     i.  _, 

Con  questa  mia  analisi  coincidono  quasi    tutte    le    risul- 
tanze di  quella,  che   sui  luogo  praticò  nel    1793    il  preloda- 
to 


'àcl  SuLLB  Acque  MmERAti  ec 

to  Piofes'50re  Brugnatelli ,  colf  ajuto  del  bravo  nostro  Medi- 
co e  Botanico  Professore  Facheris  .  Non  v'  ha  che  una  poco 
valutabile  differenza  sul  punto  del  Solfato  di  Suda  :  ingre- 
diente forse  il  meno  interessante  la  virtù  medica  della  sor- 
gente ,  giacché  ciò  che  maggiormente  è  da  pregiarsi  in  tale 
acqua  ,  vuoisi  essere  d,»'  Medici  il  Gas  Carbonico. 

La  osservabile  temperatura  poi  di  questa  soigente  ,  co- 
stantemente superiore  a  quella  dell'  Attnosfera  ,  ha  dato  ar- 
gomento a  diverse  teorie,  onde  spiegare  un  fenomeno  che 
non  è  il  più  comune  . 

Io,  omesse  le  altre  spiegazioni,  inclinerei  a  derivare, 
piuttosto  che  da  ogni  altra  cagione  ,  la  combaiazione  del  ca- 
lorico in  queste  acque  ,  da  quella  ,  da  cui  snolsi  massima- 
mente richiamare  il  riscaldamento  delle  Fonti  Termali  . 

Concentratissima  debb' essere  la  prima  sorgente  della  no- 
stra Fontana  ,  siccome  la  fa  supporre  la  stessa  costanza  del 
suo  volume  ,  e  la  stessa  fua  imperturbabilità  .  E  chi  sa  che 
anche  nella  nostra  Sorgente  non  abbia  influenza  qualche  fuo- 
co sotterraneo  ?  Chi  sa  che  essa  in  origine  non  sorga  che 
dal  condensamento  degli  umori  in  qualche  caverna  sul  cen- 
tro della  vicina  gran  montagna ,  là  dove  appunto  si  faccia 
sentire  qualche  fuoco  sotterraneo  e  si  feltrino  le  acque  pio- 
vane ?  Chi  sa  che  nel  lunghissimo  loro  viaggio  le  acque  noa 
passino  sopra  alcuno  strato  piritoso  ,  il  cui  calorico  venga 
combinato  con  esse  ,  e  che  incontrato  poi  qualch'  altro  stra- 
to di  Soda  ,  con  questa  resti  incorporato  1'  acido  Solforico , 
che  per  avventura,  dalle  piriti,  insieme  col  calorico^  devono 
aver  elleno  divelto  ?  Ed  ecco  in  ijuesto  caso  1'  origine  anche 
del  poco  Solfato  di  Soda  ,  che  in  questa  Fonte  si  trova  . 

Anche  il  tante  volte  lodato  Sig.  G.  Pasta  propone  inge- 
gnosissime conghietture  sopra  questa  particolarità  della  no- 
stra Fonte  :  nel  mentre  che  sulla  base  dell'  analisi  del  Sig» 
Brugnatelli  si  fa  egli  da  Medico  suo  pari  a  ragionare  sopra 
queste  acque  e  sopra  il  loro  uso  salutifero  . 

La  loro   indole    piacevole  e  innocente    fa   che    ne   sieno 

ca- 


Di  Giovanni  da  Pontk  .  3o3 

capaci  le  persone  più  deboli    e    malaticcie  ,   purché  le  beva- 
no ne'  debiti  modi  . 

Per  i  calcoli  delle  reni,  e  della  vessica  ,  per  le  renelle 
ed  altre  affezioni  renali  ,  i  Medici  le  vogliono  specifiche  . 
Giovano  pnre  alle  cachessie  scorbutiche  e  malinconiche  ,  ed 
a' dolori,  clie  da  essa  procedono.  E  sopra  tutto  sono  eccel- 
lenti per  guarire  tutte  le  affezioni  cutanee  dipendenti  da  sal- 
sedine e  da  acrimonie  d'  umori  . 

Descritte  le  tre  Fonti  minerali  primarie  e  più  celebri 
della  Provincia  Bergamasca,  passerò  a  quell'altra  nella  clas- 
se delle  secondarie  che  a  ragione  ,  fra  esse  può  dirsi  la  più 
meritevole  d' illustrazione  . 

Quest*  è  la  Fontana  Marziale  sul  Tener  di  Gandellino  » 
non  ignota  allo  stesso  Sig.  Giuseppe  Pasta  (*),  ventisette 
maglia  distante  dalla  Città  ,  immediatamente  al  diesopra  di 
Gromo  in  Valseriana  ,  e  che  vedesi  scaturire  a  due  polle  se- 
parate . 

Passato  il  Serio  sul  ponticello  Peza ,  che  resta  ad  un 
quarto  d'ora  incirca  dal  detto  picciolo  borgo  di  Gromo,  si 
trova  subito  la  ripida  Falda  occidentale  della  grande  giogajaj 
che  dal  nord  al  sud  costeggia  la  Valseriana  . 

Da  questo  punto  obbliquamente  salendo  verso  mezzodì 
lungo  un  viottolo,  che  conduce  a  Boario,  ad  un  quarto  d'ora 
dall'  imo  della  valle  ,  in  un  bosco  chiamato  i  Xoveri  inco« 
minciasi  a  trovare  la  prima  di  esse  polle  minerali  ;  ed  al- 
tnttanto  ci  vuole  per  giungere  alla  seconda  ,  che  scaturisce 
ad  al  •uni  piedi  sotto  il  viottolo  medesimo. 

Tutta  la  gran  Falda  è  di  uno  schisto  granltoso    micaceo 

{les 


[*]  Ne  fa  un  breve  cenno  noli»  prefazione  del  preaccennato  di  lui  Trattato  » 


3o4  Sulle  Acque  Minerali  ec. 

(  les  roches  feuilletées  del  Sig.  Saussure)  a  massi  confusi., 
vorticosi ,  e  rovesciati  quasi  dapertutto  investito  d'Acido  Zol- 
forico  ;  il  quale  si  può  dire  Hianifestavviai  evidentemente . 
Il  dorso  della  Falda  ,  dove  non  è  coperto  di  terra  e --di 
vegetabili ,  presta  i.m  facile  mezzo  a  siffatta  osservazione . 
Anzi  a  pochi  passi  dal  detto  praticello  ,  ma  verso  settentrio- 
ne j  vedesi  una  gran  valle  rovinosa  ,  solcata  nel  pendìo  del 
monte  ,  tutta  coperta  di  rojtami  compenetrati .  dall'  Acido 
medesimo  ,  derivante  dalla  pirite  ferrea  in  istato  di  scom- 
posizione . 

Quivi  appunto  esistono  le  vestigia  di  un  antico  edificio, 
rimesso  non  ha  guari  ,  e  non  ha  guari  novamente  rovi-nato 
per  la,  fabbrica  del  Vitriolo  ,  vedendosi  ivi  abbandonato  an- 
ehe  no  gran  cumulo  di  minerale,  preparato  a  quest'  uopo  . 

E'  da  osservarsi  altresì  che  poco  inferiormente  alla  sud- 
detta prima  polla  trovansi  evidenti  segnali  j  che  altra  volta 
yì  si  cayass  e  dei  Ferro  .  E  di  questo  metallo  veggonsi  non 
dubbie  impressioni  in  inolti  altri  luoghi  della  Falda  . 

Premessi  questi  lontani  rimarchi  passiamo  a  descrivere 
più  davvicino  questa  Fonte  ^  conosciuta  quivi  rispettivamen- 
te a  tutte  due  le  polle  j  sotto  la  denominazione  di  Fontana 
del  Vitriolo  . 

I  dì  aij  aa,  aS,  a4  dello  scorso  Settembre  furono  quel- 
li ,  in  cui  per  la  seconda  volta  visitai  e  potei  fare  osserva- 
zioni ed  esperienze  locali  sopra  questa  Fonte  (*)  . 

Non  vi  riconobbi  mai  la  minima  differenza  o  alterazio- 
re  ,  sebbene  più  d'  una  fiata  si  mutasse  lo  stato  dell'  Atmos- 
fera j  e  vi  succedesse  qualche  dirotta  pioggia  . 

So- 


(•)  Sono  obbligato  de'  mezzi  di  ese-  particolari  nella  mineralogìa  e  nella 
«rii'ire  sul  Inogo  la  nuova  mia  analisi  metallurgia  ha  portata  la  fabbrica  dell' 
al  Sig.  Gio.  Battista  Franzina  singe-  Acclajo  nostro  ad  una  perfezione  da  pa- 
lar mio  amico  ,  abitante  in  Cromo    il  raggiare  quello  pregiatissimo  d'  In»hil- 


più  dell' anno  j  dove  e^li  co' lumi  suoi  terra. 


Di  Giovanni  Maironi  da  Ponte  .  3o5 

Sono  stato  assicurato  che  quest'acqua  è  perenne  in  am- 
bidiie  le  polle  per  siccità  che  avvenga  .  E'  sempre  limpidis- 
sima ,  ma  di  un  color  brillante,  come  quello  di  un  imbruni- 
to Acciajo  . 

Il  di  22, ,  immersa  nell'acqua  della  prima  polla,  imme- 
diatamente alla  scaturigine  j  la  palia  di  un  esattissimo  Ter- 
mometro di  Reaumur  ,  nel  quale  il  calor  dell'  Atmosfera  era 
jiìarcato  ai  i5  gradi  e  mezzo  sopra  la  congelazione ,  discese 
il  mercurio  ai  gradi  9  e   mezzo  . 

Fatto  altrettanto  rispetto  alla  seconda  polla,  il  mercurio 
discese  agli  8  :  nel  mentre  che  le  scarse  acque  di  una  pic- 
ciolissima  sorgente  non  minerale,  intermedia  tra  questa  e  la 
prima  polla,  non  poterono  farlo  discendere  che  alli  io  e  mez- 
zo ;  e  tale  fu  il  risultato  anche  dell'  immersione  dell'  istro- 
mento  nelle  acque  del  Serio. 

La  qualche  disparità  però ,  da  me  notata ,  di  temperatura 
nelle  due  polle,  potrebbeei  attribuite  alla  diflerenza  del  vo- 
lume nelle  loro  scaturigini  ,  sicché  il  maggior  corpo  d'  acqua 
lìclla  seconda  concorra  a  ritenere  la  naturai  freschezza  di  sor- 
tita a  preferenza  della  prima  . 

Questa  in  lui  quarto  d'  ora  somministra  trenta  libbre 
grosse  e  quindici  once  d'  acqua  ,  nel  mentre  che  la  seconda 
in   ugual  tempo  ne  dà  sessantacinque  e  più  . 

La  nostra  acqua  minerale  nel  peso  supera  di  un  mille- 
simo la  distillata.  E  il  di  lei  sapore  trovasi  acidulo  da  qual- 
cuno ;  stitico  e  decisamente  austero  da  tutti  ;  tale  in  somma 
qual  suol  essere  quello  delle  sostanze,  in  cui  sciolto  sia  il 
Ferro  . 

Sono  freschissime  a  bere  ,  assai  facili  a  passare,  e  non 
mortifere  agli  insetti  acquatici ,  de'  quali  taluno  ne  ho  vedu- 
te ne'  piccioli  stagni  della  Fonte  :  anzi  vi  ho  sperimentato 
vivere  non  brevemente  infusi  gli  stessi  lombrici  . 

L'  erbe  ,  che  formano  tappeto  all'  intorno  delle  due  sca- 
turigini ,  sono  di  una  tinta  vivissima  verdecarica  .  E  non  al- 
tra impressione  ricevono  da  quest'acqua)  che  quella  dell'  os- 

Tomo  XI.  Qq  $i- 


3o6  Sulle  Acque  Minerali  ec. 

sido  di  ferro  5  che  essa  vi  depone  nel  suo-  decorso,  sicché 
per  lungo  tratto  ,  erbe  ,  radici,  foglie,  pietre  ,  e  terra,  tut- 
ti sono  ingombri  di  una  sostanza  giallo-rossiccia ,  quale  lave- 
rà ocra  ferrea  . 

Il  maigine  poi  e  il  contorno  della  Fontana,  tanto  in  vm 
sito  quanto  nell'altro,  è  coperto  delle  seguenti  erbe  princi- 
palmente: Lìchen  plìcatus ,  Lìchen  saxatìlìs  ^  Adìantum  ca- 
pìllus  veneris^  LIedera  htlìx ,  Lìstrum  salìcarìum  ,  Mentila  syl- 
vestrìs  ,  Potentina  reptans  ,  Veronica  montana ,  Chrysanthe- 
nium  alpiniim  i  Teucrìinn  ìnontaniun  ^  Polìpodium  selìs ,  Tu- 
xìlago  alpina  :  osservabile  essendo,  rispetto  a  quest'  ultima  , 
che  il  rovescio  della  di  lei  foglia  è  tutto  petecchiato  di  ros- 
so giallo  ,  siccome  1'  ocra  stessa  . 

Vegeta  prosperamente,  non  lungi  da  questa  Fontana,  la 
Circea  alpina  ,  il  Fagus  sylvestris  ,  1'  Asurum  europcum  ,  la 
Retula  alba  ,  il  Carpanus  betuliis^  il  Pìnus  pìcea  ,  il  Pi- 
nus  abìes  ,  il  Pìnus  mugus ,  il  Pìnus  larix  ,  V  Acer  pseii- 
do-platanus  ^  il  Viburnum  obolus  ,  il  Corìlus  avellana  ec. 
La  denominazione  dun(iue  di  Fontana  del  Vitriolo  invalsa 
quivi  rispetto  a  quell'  acqua  ,  e  la  compenetrazione  di  tutta 
questa  falda  da  un  apparente  Acido  zclforico  ,  siccome  ab- 
biam  veduto  ,  mi  hanno  fatto  da  principio  riguardare  1'  ac- 
qua minerale  di  Gandelliuo  ,  come  dì  carattere  decisamente 
vitriolico  j  quindi  nel  divisaniento  di  tentarne  l'analisi  colla 
possibile  precisione  ,  ho  creduto  di  dover  prendere  a  guida 
delle  mie  spcrienze  le  Osservazioni  Fisiche  suW  acqua  dì  Re 
coaro  ,  con  tanta  maestria  istituite  dal  fu  insigne  Matematico 
Anton- Mario  Lorgna  . 

Io  le  riporterò  con  quello  stesso  ordine  e  metodo,  con 
cui  le  ho  praticate  . 

Quest'  acqua  si  unisce  al  sapone  con  molta  facilità  ,  in 
confronto  dell'altre  del  vicinato,  e  di  quella  stessa  del  fili- 
ni icel  lo  Colio  \  la  quale  nella  purità  uguaglia  quasi  la  di- 
stillata . 

Lo 


Di  Giovanni  Maikoni  da  Ponte.  Soj 

Lo  stesso  succede  unendola  al  latte .  E  questa  infusione 
incomincia  a  rappigliarsi,  soltanto  dopo  che  le  si  uniscono  al- 
cuni £;rani  di  vitriolo  di  commercio  . 

Le  carni  stesse  lasciatevi  in  infusione  non  accrescono  il 
loro  color  sanguigno ,  se  non  dopo  l' aggiunta  del  vitriolo 
suddetto  .  .^ 

Quest'  acqua  ,  se  in  essa  infusa  venga  la  tintura  di  Tur- 
nesole  ;  prende  perfettamente  il  colorito  della  stessa  ;  né  in 
essa  ravvisasi  alcuna  alterazione.  Assume  il  color  di  rubino, 
soltanto  allorché  aggiunti  le  vengono  alcuni  grani  di  esso  vi- 
triolo . 

Le  Rose  secche  lasciate  in  quest'  acqua  lungamente  infu- 
se ,  non  fanno  che  ravvivare  il  naturai  loro  colorito  .  Lo  al- 
terano subito  e  progressivamente  s'  anneriscono  ,  se  ad  essa 
s'  aggiunga  come  sopra  del  vitriolo  . 

Trattata  colla  tintura  di  Galla  ,  1'  acqua  ingiallisce  ,  né 
cangia  mai  in  nero  1'  assunto  colore  ,  se  non  se  quando  an- 
che in  questo  sesto  sperimento  abbia   luogo    la    suddetta    ag- 


giunta 


Il  medesimo  risultato  io  ho  avuto  dalla  sperienza  fatta 
sopra  quest'  acqua  colla  tintura  d'  Alcoa  . 

Lasciata  una  lamina  di  purissimo  Argento  lungamente 
nell'acqua  minerale  di  Gandellino  ^  non  ha- mai  perduto  del- 
la sua  1  acidezza  . 

Infusa  in  quest'acqua  un'  altra  lamina  di  terso  Acciajo  , 
il  lustro  si  annebbia  subito  e  prestamente  si  ricopre  di  una 
ben  colorita  ocra;  la  quale  comparata  con  quella  tratta  dalla 
Fonte  ,  si  trova  avere  tutte  le  stesse  qualità  . 

Preparai  con  un  poco  di  Vitriolo  di  Cipro  un  picciol  va- 
so d'acqua  distillata,  e  un  altro  di  quella  della  nostra  Fon- 
te .  La  più  picciola  differenza  non  potei  in  esse  osservare  . 
In  ambidue  i  vasi  infusa  lasciai  rispettivamente  una  lamina 
di  terso  Acciajo  .  Ed  un'  altra  ne  infusi  contemporaneamente 
in  un  vaso  d' acqua   minerale    di    Gandellino  .    Quest'  ultima 

Qq  a  ir- 


I 


3o8  Sulle  Acque  Minerali  ec. 

irriiggirti  ser/iplicemente,  siccome  era  successo  neìV  antece- 
dente sperimento  :  le  altre  due  senza  la  minima  difterenza 
fra  loro  presero  un  color  di  Rame  perfetto. 

Scelsi  dell'  acqua  di  Calce  recentemente  fatta  ,  e  vi  in- 
fusi dell'  Azzurro  di  Berlino  ,  per  cui  essa  ingialli  .  Versai  di 
questa  infusione  nella  nostra  acqtj^  minerale  :  e  il  risultato 
conservò  lo  stesso  color  giallognolo  .  Misi  della  stessa  infu- 
sione anche  in  un  picciol  vaso  d'acqua  distillata,  e  precisa- 
mente simile  ne  fa  il  risultato  .  Aggiunti  poi  in  un  vaso  e 
nell'altro  alcuni  grani  di  Vitriolo  di  commercio,  1'  acqua  si 
cang'ò  di  colore  in  ambidue  e  si  fé  verd'  oscura  . 

Le  sin  qui  riportate  sperienze  mi  sono  sembrate  bastan- 
ti a  provare  ,  che  1'  acqua  di  Gandellino  non  contiene  Acido 
Solforico,  ossia  Vitriolico,  almeno  in  quantità  sensibile  ;  e 
che  poi  ,  se  pur  una  qualche  minima  dose  ne  contenesse  , 
questa  certamente  sarebbe  marziale  ,  giammai  di  quello  di 
Rame  . 

Ritenuto  che  quest'acque  non  fossero  vitrioìiche  per  le 
prove  sopra  riportate,  tentai  di  scoprire  di  quali  altri  prin- 
fipj  minerali  esse  fossero  pregne  ,  usando  all'  uopo  altre  in- 
fusioni . 

Versato  nelle  stesse  un  poco  di  Acido  marino  ,  non  vi 
si  sono  punto  intorbidate  ;  nella  stessa  guisa  che  successe  fa- 
cendo sperimento  sopra  l'acqua  distillata  . 

Altrettanto  mi  è  risultato  infondendovi  dell'  Acido  nitro- 
so fumaryte  . 

Nessuna  alterazione  o  effervescenza  ho  osservato  io  quest' 
acqua  ,  versandovi  il  Carbonato  di  potassa  sciolto  nel!'  acqua 
distillata.  E  lo  stesso  è  avvenuto  dall' infusio-ne  in  esse  dtll' 
Acido  Solforico. 

Versato  nell'  acqua  di  Gandellino  il  nitrato  di  mercurio, 
fatto  a  freddo,  vi  succede  subito  un  annuvolamento,  ed  una 
pronta  precipitazione  di  una  sostanza  di  color  giallo-arancio 
smorto  .  Esso  è  V  ossido  del  medesimo  mercurio  ,  e  mi  risul- 
tò in  ragione  di  sei  grani  per  ogni  libbra  d' acqua . 

Dal- 


Di  Giovanni  M*ironi  da  Ponte.  809 

Dalla  decomposizione  jiai  del  Nitrato  di  mercurio  ,  fat- 
to a  freddo  ,  rimarcata  sì  copiosa  nella  suddetta  acqua ,  co- 
me  nell'antecedente  sperienza  ,  risulta  che  in  esse  esiste  cer- 
tamente un  altro  principio,  atto  a  combinarsi  colT  Acido  che 
entra  nella  formazione  del  Sale ,  e  quindi  liberare  l' ossido 
del  mercurio.  Questo  principio  non  può  essere  che  il  FeiTO  , 
il  quale  d'altronde  esistervi  si  comprova  con  tante  altre  spe« 
rlenze . 

Tentai  quest'acqua  anche  co!  mezzo  della  svaporazione. 
Messe  quattro  libbre  di  essa  in  un  vaso  aperto  ,  vi  applicai 
un  lento  fuoco  ,  per  il  quale  in  meno  di  tre  ore  tutta  svapo- 
rò .  Raccolsi  dal  fondo  del  vaso  quattro  grani  di  un  sedimen- 
to verdognolo  tenuissinio  ,  senza  sapore,  che  posto  sul  fuoco 
punto  non  si  alterava  . 

Lo  assoggettai  all'azione  degli  Acidi,  ne  mai 'fece  effer- 
vescenza ;  e  trovai  essere  una  vera  terra  selen'tosa  ,  e  in  i-a- 
gione  di  un  decimo  di  grano  per  ogni  libbra  d'  acqua  . 

Raccolto  il  sedimento ,  che  ini  lasciarono  quest'  acque , 
dopo  lungo  tempo  ,  sulle  pareti  ,  e  sopra  tutto  snl  fondo  di 
im  vaso  aperto  ,  lo  sottomisi  all'  azione  de' solidi  reattivi. 
E  questa  posatura  ,  che  era  bruno-cinerina  ,  fu  trovata  evi- 
dentemente p  r  la  massima  parte  carbonato  di  ferro  .  DiRitti 
coli'  Acido  Solforico  fece  effervescenza  e  si  sciolse  .  E  la  so- 
luzione ,  trattata  dappoi  col  Prussiato  di  Potassa  ,  diede  un 
bell'azzurro  di  Berlino.  Questo  Cirbonato  di  Ferro  mi  risul- 
tò esistere  nella  Sorgente  di  Gandellino  in  ragione  di  un 
grano  e  m^zzo  in  circa  per  ogni  libbra  d'acqua. 

Nel  fare  e  nel  rifare  le  suddette  sperienze  ,  tanto  presso 
la  Fonte  ,  qufinto  sopra  1'  acqua  trasportata  altrove  ,  io  avea 
osservato  che  dil  fondo  del  vaso  ,  in  cui  era  rncco'ta  ,  s'  al- 
zavano alcune  bollicine,  te  quali  giunte  alla  superfìcie,  su- 
bito scomparivano  :  ciò  poi  vieppiù  accrescendosi  ,  quanto 
maggiormente  si  agitava  il  vaso  . 

Sospettai  quindi  che  in  questa  Fonte  fosse  osp'tante  qual- 
che Gas ,  siccome  in  quasi  tutte  le  acque  di  simil  carattere , 

e  co- 


3 IO  Sulle  Acque  Minerali  ee. 

e  come  ho  pur  osservato    rispetto   segnatamente   a  quelle    di 
S.  Pellegrino  . 

Notai  però  essere  in  questa  molto  men  copiose  e  vibra- 
te siffatte  bollicine,  e  non  avere  energia  da  formare  scoppio 
a  pelo  d'  acqua  ,  come  succede  in  quella  ,  né  alcuna  esplo- 
sione o  tentativo  contro  il  turacciolo  delle  bocce  . 

Privo  in  quel  punto  d'  ogri'  altro  apparato  ^  dovetti  ap- 
jjigliarmi  j  per  poter  raccogliere  e  conoscere  questo  gas,  all' 
espediente  usato  dal  Sig.  Lorgna  rispetto  alle  acque  di  Re- 
coaro . 

Col  mezzo  dunque  di  vesslclie  preparate  raccolsi  da  quat- 
tro libbre  grosse  d'  acqua  minerale  quasi  un  quarto  di  polli- 
ce di  Gas  . 

E  assoggettato  esso  agli  sperimenti  e  al  tentativi  indicati 
dal  prelodato  Autore,  mi  risultò  essere  non  già  Gas  Solforico, 
come  avea  sospettato  dapprima  ,  ma  Gas  Carbonico  generato 
(  convien  dire  )  dall'  Acido  di  questo  nome ,  che  in  natura  è 
il  più  comune  e  frequente  mineralizzatore  del  Ferro  . 

Ciò  posto  oserei  conghie tturare  ,  che  due  diverse  modifi- 
cazioni quivi  dalla  natura  subisca  questo  metallo  nelle  due 
separate  situazioni  della  montagna  \  1'  una  di  mineralizzazione 
coir  Acido  solforico  ,  vale  a  dire  di  Solfato  di  Ferro  ,  sicco- 
me vedesi  laddove  si  trova  tutt'  ora  il  Vitriolo  in  efflorescen- 
za \  l'altra  di  mineralizzamento  coli' Acido  Carbonico,  cioè  a 
dire  ,  di  Carbonato  di  Ferro . 

In  siffatta  guisa,  parlando  della  nostra  fonte  Minerale, 
la  sostanza  Ferrea  ,  che  le  acque  sviscerano  dalla  piìi  con- 
concentrica parte  della  montagna  ,  di  mano  in  mano  che  essa 
si  mette  in  contatto  coli'  aria  atmosferica  ,  resta  svincolata 
dal  Gas  Carbonico  ,  da  cui  essa  era  investita ,  ed  addiviene 
ossido  ;  e  sorte  in  tale  stato  liberamente  coli'  acqua  stessa  , 
come  lo  dimostrano  le  deposizioni  d'  Ocra  sulla  terra  per  non 
picciol  tratto  lungo  il  decorso  di  queste  polle  ,  siccome  ab- 
bi am  veduto  . 

Questa  teoria  viene  confermata  da  quanto    si    osserva  di 

quest' 


Di  Giovanni  Maironi  da  Ponte.  Sii 

quest'  acqua  lasciata  in  vasi  aperti  e  quieta  ,  deponendo  es- 
sa in  tale  stato  sulle  pareti  una  specie  di  sottilissimo  Ossi- 
do di  Ferro  ,  ciò  che  non  succede  qualora  essa  resti  in  vasi 
chiusi  . 

Da  ciò  hassi  ragion  di  conchiudere  ,  che  quanto  più  si 
sprigiona  dall'  acqua  di  Gandcllino  il  suo  Gas  j  tanto  meno 
ne  è  difficile  e  sollecita  la  scomposizione  ,  e  quindi  la  risul- 
tanza dell'  ossido;  e  che  all' opposto  j  quanto  meno  se  ne  la- 
scia Sprigionare  il  piincipio  spiritoso  ,  lauto  più  se  ne  ritarda 
lo  scomponimento  . 

Copiosissima  abbiamo  dunque  veduto  essere  l'ocra  di 
Ferro  che  trovasi  spoutaiieamente  deporre  questa  Fonte  alle 
due  sue  scaturigini  ,  e  deponerne  altresì  con  facilità  ut-'  vasi 
aperti  .  Sicché  panni  poter  io  pronunciare  come  cosa  fuori 
d'ogni  dubbio,  che  il  principio  piedomnante  ,  anzi  direi 
quasi  r  unico  valutabile  in  essa  ,  sia  il  Ferro  :  in  guisa  da 
diffinirsi  1'  Acqua  Minerale  di  Gandellino  assolutamente  mar- 
ziale . 

Ma  ammessa  di  questa  Fonte  la  classificazione  adottata 
saggiamente  dal  prelodato  nostro  Dott.  Pasta  ed  espressa  ne' 
pochissimi  cenni  ,  che  ne  fa  nella  prefazione  del  citato  suo 
Trattato  ,  non  sap'-ei  poi  francamente  decidermi  a  quale  de' 
due  ordini  d'  Acque  fcriiiginose  sia  questa  da  assegnare  ; 
giacché  l'Acido  Ctubonico,  che  vi  ospita,  è  così  scarso  da 
non  potersene  quasi  accorgere  col  palato  ;  almeno  per  quan-» 
to  è   a   me  accaduto  . 

E  d'  altronde  il  sapore  stitico  ed  austero  vi  è  così  de- 
ciso ed  eminente  da  potervelo  chicchessia  riconoscere  facil- 
mente . 

Avendo  chiesto  sul  luogo,  se  note  già  fossero  quivi  queste 
due  scaturigini  d'  Acqua  Minerale  per  qualche  medica  viitù  ^ 
io  riseppi,  che,  provata  recentemente  da  ce^-tuni  ,  anche  per 
consi'dio  de'  Medici  ,  nelle  malattie  massime  piovenienti  da 
'debilitazione  di  ventricolo,  e  da  sfianc  amento  de' vasi  ori- 
na- 


3ia  Sulle  Ac<2ue  Minerali  ec. 

naij  ,  si  sono  trovate  utilissime  ,  e  che  quindi  specialmente 
per  questo  conto  hanno  acquistato  non  poco  credito  in  tut-r 
to  ii  vicinato  ,  ed  incominciano  ad  aver  ^ià  qualche  fre- 
quenza . 


ES- 


3x3 

■] 
ESPERIENZE  ED  OSSERVAZIONI  PER  DIMOSTRARE  ; 
CHE  LE  PIANTE  ASSORBISCONO  IL  CARBONIO 

MEMORIA 

Di   Gioacchino   CAnRADOEi 
Presentata  da  ANTONIO  GAGNOLI 
Il  cTi  Ù.0  Dicembre  i8o3  . 

U  na  proposizione  di  Senebier  ha  dato  motivo  a  queste  mie 
ricerche  ,  Egli  nella  sua  Fisiologia  Vegetabile  sostiene,  appog- 
giato a  degli  esperimenti,  che  il  Carbonio  in  stato  semplice 
non  è  assorbito  dalie  piante .  L' autorità  del  Fisiologo  dei 
vegetabili  fermò  la  mia  attenzione  ,  e  mi  feci  lecito  ,  non  ad 
oggetto  di  orgogliosamente  rigettare  la  sua  proposizione  con 
dei  ragionamenti  più  speciosi  che  solidi  ,  ma  per  ritrovare 
la  verità  ,  d'  interrogare  a  forza  di  diligenti  e  variati  espe- 
rimenti ,  r  imparziale  e  veridico  Oracolo  della  natura  . 

Si  credea  comunemente  ,  che  il  Carbonio  sciolto  comun- 
que ueir  acqua  ,  e  forse  anche  sospeso  ,  fosse  assorbito  dalle 
piante  .  Ora  non  sembra  probabile  a  Senebier,  che  il  Carbonio 
entri  nei  vegetabili  tale  quale  ,  o  sia  nella  forma  naturale  di 
semplice  elemento,  a  causa  dell'estrema  piccolezza  dei  vasi, 
per  i  qnali  deve  passare  .  Molto  meno  il  Carbone  sospeso 
nell'acqua  può  essere  ricevuto  dalle  piante  a  causa  del  trop- 
po stretto  calibro  dei  loro  vasi.  Si  è  creduto^  dice  Egli,  che 
r  acqna  di  letame  fosse  una  dissoluzione  di  Carbone  ,  e  che 
ella  fertilizzasse  la  terra  per  il  Caibonio  sciolto  che  ella 
contiene  ;  ma  Egli  è  d*  avviso  ,  che  la  si  deve  riguardare  , 
non  come  un'  infusione  di  Carbonio,  ma  come  un  liquore  ca- 
pace di  fermentare,  e  fermentando  somministrare  molto  acido 
carbonico.    Il    carbonio,    a    suo    parere  j    egli  è  indissolubile 

Tomo  XI.  E.r  neli' 


3f4  Esperienze  ,  ed  Osservazioni  ec. 

tieir  acqua ,  onde  non  vi  è  mezzo  per  introdurlo  nei  vegeta- 
bi4i ,  se  non  in  istato  di  combinazione  salina  ,  cioè  unito  all' 
ossigeno  in  forma  di  acido  caibonico.  L'acido  carbonico,  che 
si  scioglie  sì  agevolmente  nell'  acqua  j  e  si  introduce  sì  bene 
in  circolazione  nelle  piante  ,  è  quello  ,  che  somministra  tut- 
to il  carbonio  ai  vegetabili  . 

Egli  ha  osservato  sovente ,  che  ciò  che  turba  la  tra- 
sparenza dell'  acqua  diviene  un  ostacolo  all'  assorbimento  del- 
le piante  .  Una  le<:giera  tintura  di  Cocciniglia  è  capace  di  ri- 
tardare il  succhiamento  di  esse  .  Le  piante  assorbiscono  po- 
co o  nulla  dell'  acqua  di  letame  ,  e  1'  acqua  comune  di- 
venta meno  propria  ad  esser  succhiata  ^  quando  sì  mescola, 
anco  io  una  picciolissima  dose  ,  con  la  precedente  .  Una  de- 
cozione acquosa  di  terra  di  Giardino  non  potè  esser  succhia- 
ta da  delle  piante  ,  come  1'  acqua  comune  .  I  seguenti  espe- 
rimenti formano  la  base  del  suo  raziocinio. 

Egli  mise  dei  rami  di  Lampone  Framboìsìer  (  Ptubus 
Idaeus  )  in  delle  Fiale  a  collo  lungo  e  stretto ,  uno  tiell'ac- 
qua  di  letame  pura,  uno  nell'  acqua  comune,  e  un  altro  in 
una  mescolanza  di  queste  due  acque  ,  e  furono  tutti  esposti 
a!  sole  .  Quello  che  era  nell'  acqua  di  letame  pura  ,  dopo  4 
ore  appassì,  e  succhiò  pochissima  acqua,  che  sarà  stata  cii*- 
ca  a'  ao  grani  ;  1'  altro  che  era  nell'acqua  di  letame  tempe- 
rata con  acqua  pura  appassì  dopo  un  giorno  ,  e  succ  hiò  da  4o 
grani  d'  acqua  ,  e  il  terzo  ,  che  era  nell'acqua  comune  ,  suc- 
chiò da  8oo  grani  d'  acqua  ,  e  si   mantenne  sempre  fresco  . 

Dopo,  ripetè  su  dei  rami  simili  l'esperienza  in  altra  ma- 
niera. Mescolò  un  decimo  d'acqua  di  l-^tame  con  nove  deci- 
mi d'  acqua  comune,  ed  ebbe  nel  primo  giorno  loo  grani 
d'  acqua  succhiata  ,  nel  secondo  giorno  io  grani  ,  e  nell'  ac- 
qua comune,  un  ramo  simile  il  primo  giorno  succhiò  65o  gra- 
ni d'acqua,  il  secondo  54^  grani;  in  fine  mescolò  un  cente- 
simo d'  acqua  di  letame  con  acqua  comune  ,  il  ramo  immer- 
so in  questa  mescolanza  succhiò  meno  acqua  che  nell'  ac- 
qua comune  ,  ed  appassì  più  presto . 

iitf-i  Dun- 


Di  Gioacchino  Carradori  .  3l5 

Dunque ,  se  1'  acqua  di  letame  è  una  dissoluzione  di 
Carbone ,  o  Carbonio  ,  non  favorisce  la  vegetazione  delle 
piante  ,  poiché  si  vede  ,  che  quelle  ,  che  vi  sono  immerse  , 
cioè  ,  che  vi  sono  state  poste  dentro  con  il  loro  gambo  ,  ne 
assorbiscono  assai  meno  ,  che  dell'  acqua  pura  ,  e  alla  fine 
vi  periscono  . 

Io  presi  dell'acqua  di  letame,  cioè  di  quell'estratto  ac- 
quoso ,  che  scola  dopo  le  piogge  dalle  masse  di  Concio  {a) 
esposto  all'aria,  che  era  del  colore,  e  trasparenza  dell'infu- 
sione di  Caffè  j  e  la  tenni  dei  giorni  in  riposo  .  Essa  non  fe- 
ce nessun  ■deposito  ,  né  turbò  mai  la  sua  trasparenza  ,  onde 
mi  parve  à.  tutti  i  caratteri  una  vera  soluzione  di  letame  . 
In  questa  dunque  posi  a  vegetare,  in  una  camera  ben  lumi- 
nosa -,  e  non  molto  fredda ,  ove  il  Termometro  di  Reaumur 
non  scese  mai  in  tutta  F  invernata  ai  5  gr.  sopra  il  gelo  ,  in 
diversi  vasi ,  ma  di  uguale  capacità  ed  apertura ,  ai  primi 
di  Febbrajo  ,  differenti  piante,  cioè  una  pianta  del  Titimalo 
(  Euphoibia  Latyris  )  ,  di  Mercorella  (  Mercurialis  annua  )  , 
di  Senecio  (  Senecio  vulgaris  )  ,  di  Veccia  (  Vicia  Satia  )  , 
tutte  con  le  loro  barbe  ;  come  pure  dei  rami  senza  barbe 
d'  Amorino  d'  Egitto  (  Reseda  odorata  )  ;  e  in  alcuni  altri 
vasi  misi  delie  radici  tuberose  di  patate  germoglianti  (  So- 
lanum  tuberosum);  e  poi  messi  altrettante  piante  dell' istessa 
specie  ,  e  per  quanto  era  possibile  uguali  ,  in  dei  vasi  simili 
con  acqua  pura,  neh'  istessa  stanza,  e  nell' istessa  esposizio- 
ne rapporto  all'  aria  ,  e  alla  luce  ,  perchè  mi  servissero  di 
confronto  ;  e  segnai  in  tutt'  i  vasi  l'  altezza  del  fluido  ,  per 
riscontrare  quanto  ne  era  assorbito  .  la  capo  a  dei  giorni  os- 
servai j  che  tanto  quelle,  che  vegetavano  nell'acqua  comune, 

R  r  a  che 


(i>)  Per  Concio  intendo  dei  letti  di 
stalle  ,  o  sia  degli  escrementi  animali 
misti  a  sostanze  vegetabili  ammucchia- 
ti ,  e  elle  hanno  soflfcrto  un  certo  gra- 


do di  putrefazione  .  Presso  di  noi  alcuni 
hanno  la  cattiva  usanza  di  tenere  a 
putrefarsi  queste  masse  all'  aria  sco- 
perta .  * 


3i5  Esperienze  5  ed  Osservazioni  ec. 

che  nell'  acqua  di  letame ,  erano  ugualmente  fresche  ,  e  non 
vi  potei  scorgere,  si  nel  colore,  che  nel  vigore,  nessuna  dif- 
ferenza ;  se  non  che  quelle  dell'  acqua  pura  aveano  succhia- 
to più  ,  che  quelle  dall'  acqua  di  letame  .  Io  provai  a  far 
passare  dall'  acqua  pura  nell'  acqua  di  letame  una  pianta  di 
Mercorella  ,  e  non  mostrò  segni  d'  aver  sentito  questo  cam- 
biamento .  Un  giorno  esposi  al  sole  tutti  questi  vasetti  con 
le  loro  piante  ,  ma  avendo  osservato  ,  che  per  1'  azione  del 
sole  erano  alquanto  appassite  ^  le  levai,  e  le  rimessi  all'om- 
bra nel  solito  posto  ^  e  si  riebbero  perftttamente  ;  bensì  al- 
cune delle  piante  ,  che  erano  nell'  acqua  di  letame  j  stenta- 
rono un  poco  più  a  riaversi. 

E  tutte  queste  piante  si  conservarono  così  ben  vegete  , 
sì  neir  acqua  di  letame  ,  che  nell'  acqua  pura  per  più  d'  un 
mese  .  Più  volte  dovei  rifondere  dell'  acqua  di  letame  ,  co- 
me dell'acqua  pura,  nei  vasi  loro  respettivi,  per  riparare  al 
consumo  fattone  da  esse  piante  ;  onde  bisogna  dire  ,  che 
r  acqua  di  letame  fosse  da  loro  assorbita  .  Ai  rami  d'  Amo- 
rino usai  la  diligenza  di  tagliare  ogni  tanto  tempo  una  por- 
zione del  gambo,  che  tuffava  nel  fluido,  perchè  a  lungo  an- 
dare restava  macerato  dall'acqua. 

Ma  fra  queste  i  Rana  d'  Amorino  ,  che  erano  nell'  ac- 
qua di  letame  ,  mi  parvero  più  vegete  dell'  altre  ,  e  mi  par- 
ve ,  che  avessero  preso  una  tinta  verde  più  carica  ,  di  que- 
gli dell'  acqua  pura  .  L'  istesso  osservai  sulla  pianta  di  Titi- 
malo  j  che  era  nell'  acqua  di  letame:  comparvemi  più  rigo- 
gliosa ,  e  con  le  foglie  più  verdi  di  quella  ,  che  era  stata 
iserapre  nutrita  d'  acqua  pura  . 

Le  radici  tuberose  di  patate  tenute  nell'  acqua  di  leta- 
me, proseguirono  bensì  la  germinazione  ,  e  gettarono  delle  ra- 
dici ,  e  dei  rami  al  certo  più  robusti  _,  e  più  verdi,  che 
quelle  che  erano  state  allevate  nell'  acqua  pura  .  Queste  le 
conservai  nell'acqua  di  letame  sempre  prospere  per  due  me. 
si  in  circa,  e  le  avrei  potiKc  conservar  di  piùj  se  non  mi 
fossi  stancato  a  tener  loro  dietro  • 

E  per- 


Di  Gioacchino  Cauradoki  .  017 

E    perchè    no»    si    potesse    objcttare  ,    clie   venendo    ri- 
guardata r  acqua  di  letame  una    dissoluzioi.e    di    Caibone  ,  o 
Carbonio  ,    nei  miei    espeiimenti  ,  la  parte  acquosa  rimaneva 
soltanto    assorbita,  e    rimaneva    indietro   il   Carbone,  o  Car- 
bonio, sciolto  ,  o  sospeso  in  essa,    io    ebbi    1'  avvertenza    di 
confrontare  il  residuo  dall'acqua    di   letame,    ove  avea  vege- 
tato per  del  tempo  qualcuna  di  dette    piante  ,  e  che  in  con- 
seguenza avea  in   parte    succhiato  ,    con  altr'   acqua  di  letame 
intatta  ,  di  quella  medesima  ,    che    raccolsi    in    principio    per 
far    r  esperimento  ,  e    che    avea    conservata  in  un  vaso   ben 
turato  a  tale  oggetto  ,  e  riscontrai  ,    che    non  vi  era  fra  esse 
nessuna  differenza.  L'occhio   non   ravvisava  diveisità,  né  nel 
colore  ,    né     nella    trasparenza  ,    dall'  una  all'  altra  .  Il  colore 
castagno,  o  caffè  di  quella,    che    avea    servito  alla  nutrizion 
delle  piante  era  dell' istesso  tono,  o  intensità  di  quelfa,  che 
non   era  stata  mai   adoprita,    ed  era  nell'  istesso  modo  diafa- 
na;   onde  bisogna  inferire  ,    the   non  era  stato  lasciato  indie- 
tro   dal    succhiamento    d'Ile    piante    il   caibune  ,    o    carbonio 
sciolto  in  essa;    poiché  se  ciò  fosse  accaduto,  1'  acqua  di  le- 
tame servita    alla    nutr  zion  delle   piante  ,  avrebbe  dovuto  di- 
ventare   d'    un  color  ca-tagno  pm  cujx)   e   meno    trasparente  , 
perchè  scemato  il  veicolo  acqu  )S0  ,  sarebbe  rimasta  più  cari- 
ca  di  carbone,  o  carbonio,  che  è  quello  che  dà  il  colore^,  e 
l'opacità  all'acqua  di  letame  . 

Dunque  le  piante  tenute  a  vegetare  neU'  acqua  di  leta- 
me, succhiano  assieme  col  veicolo  actiuoso,  il  carbone,  o  car- 
bonio sciolto  ,  o  sospeso  in  essa,  e  forse  qualche  altro  prin- 
cipio ,  che  lo  rende  solubile  .  E  poi  se  fosse  stato  scartato  il 
carlfc)ne  ,  o  carbonio  ,  a  lungo  andare  la  vegetazione  delle 
piante  nelT  acqua  di  letame  dovea  languire,  perchè  sottratta 
la  maggior  parte  dell'acqua,  non  dovea  alia  fine  rimanere 
che  un  fluido  sopraccarico  di  cai  bone,  o  carbonio,  e  in  con- 
geguenzi  nocivo  alla  vegetabile  economia  per  difetto  di  vei- 
colo acquoso  . 

Per  estendere  le  mie  esperienze  ad  altre  sorti  di  piante, 

pò- 


•-'^^  EsPEiUENZEj    ED    OsSEKVAZIONI    CC. 

posi  alla  fine  ói  Febbrajo  in  dei  vasi  uguali  ,  altri  pieni 
d'acqua  pura,  ed  altri  d'  acqua  di  letame,  delle  cipolle  di 
Giacinto  (  Hyacinthuin  )  .  Queste  germogliarono  bene  tanto 
neir  una  ,  ciie  nell'  altra  acqua  .  Io  colsi  dei  fiori  di  Viola 
Mammola  (  Viola  odurata  )  ,  e  gli  messi  nell'  acqua  di  leta- 
me ;  si  mantennero  freschi  ,  ed  odorosi  ,  come  nell'  acqua 
pura  j  così  dei  fiori  di  Muschia-greci  (  Hyacinthns  Muscari). 
Dei  rana  ,  e  delle  piante  intiere  con  le  loro  barbe  d'  Ortica 
(  Urtica  urens  )  vissero  ugualmente  bene  nell'  acqua  di  leta- 
me j  come   neir  acqua  pura  . 

Presi  delle  foglie  di  Borrana  (  Borra^o  ofFicinalis  )  ,  e  a 
forza  di  contusioni  produssi  una  notabile  lacerazione  nel  loro 
gambo,  o  pezìolo ■)  e  per  questa  parte  cosi  maltrattata  alcu- 
ne ne  immersi  nell'acqua  di  letame  ,  ed  altre  nelT  acqua  pu- 
ra :  dopo  parecchi  giorni  osservai ,  che  le  prime  si  manten- 
nero vegete  ,  come  le  seconde  . 

Io  avrei  creduto  ,  che  T  acqua  di  letame  dovesse  esser 
nociva  a  delle  foglie  cosi  preparate  ,  perchè  applicata  all'  in- 
terna delicata  struttura  dalla  parenchimatosa  sostanza  dei  pe- 
ziolo  di  esse  foglie  ,  che  era  stata  scoperta  mediante  ie  feri- 
te e  lacerazioni ,  mi  sembrava  un  troppo  forte  stimolo ,  e 
in  conseguenza  capace  d^  offenderle  inducendovi  una  morbosa 
alterazione  - 

Ma  a  lungo  andare  qualche  volta  l'acqua  di  letame  mi  è  par- 
sa infesta  alle  foglie  di  Borrana ,  si  lacerate  nel  loro  peziolo  , 
che  intiere,  perchè  ne  ho  viste  dopo  del  tempo  perire,  men- 
tre quelle  ,  che  erano  nell'  acqua  pura  ,  hanno  seguitato  a 
vegetare  .  Al  contrario  delle  pianticelle  di  Borrana  tutte  in- 
tiere ,  cioè  anco  con  le  loro  baibe ,  poste  nella  meda»ima 
acqua  di  letame  ,  si  sono  mantenute  quanto  nell'acqua  pura. 

Questo  esperimento  porta  a  credere ,  che  se  mai  l'acqua 
di  letame  è  pregiudiciale  alle  foglie,  o  rami  delle  piante  mes- 
cevi a  vegetare  ,  per  essere  un  alimento  troppo  pungente  ,  e 
grossolano  per  i  delicati  e  teneri  vasi  di  queste  parti  ,  non 
lo  è  per  quegli   delle    radici  .    Diffatti  le  radici    hanno  i  pori 

2>iu 


Di   Gioacchino  Carradori .  Sig 

più  grandi,  e  più  dilatati,  che  il  resto  della  pianta,  e  quin- 
di   ])iobabilmeiite    ancora  i  vasi    assoibenti    di    maggior    cali- 

i  co 

bro  ;  onde  se  le  radici  ,  che  si  possono  considerare  ,  come  il 
primo  organo  digestivo  ,  o  le  prime  vie  alimentari  delle  pian- 
te j  trovano  nell'  acqua  di  letame  un  alimento  lor  conve- 
niente ,  può  esser  benissimo  ,  che  non  lo  sia  per  la  delicata 
struttura  vascolare  delle  altie  parti  ,  che  richiedono  un  ali- 
mento non  cosi  grossolano  ed  indigesto  ,  ma  più  leggiero  , 
sottile,  ed  acquoso.. 

Che  dunque  proverebbe  mai  1'  esperienza  di  Senebier? 
Nuli'  altro  ,  se  non  ,.  che  T  acqua  di  letame  ,  o  sia  il  caibo- 
ne  ,  o  carbonio  ,  non  è  a  proposito  a  far  vrgetaie  i  rami 
delle  piante  ,  perchè  alimento  troppo  grossolano  per  la  trop- 
po sottile  struituia  dei  loro  vasi  ;  ma  non  si  potrebbe  esten- 
dere già  la  conclusione  alle  piante  vegetanti  nella  terra  ,  e 
che  si  nutriscono  per  mezzo  delle  radici.  Per  altro  questa  non 
è  la  conclusione  ,  a  cui  tendono  T  esperienze  ,  che  ho  espo- 
sto ,  e  le  seguenti  . 

Ai  primi  di  Marzo  colsi  delle  tenere  foglie  di  malva 
(  Malva  Sylve^tris)  e  d'  Erba  S.  Maria  (  Danacetum  balsami- 
ta ),  e  ne  messi  a  vegetare  nell'  acqua  pura,  e  nelT  acqua 
di  letame;  talune  appassirono  si  nelT  una  ,  che  nell'  altra 
acqua  ;  ma  queste  fcglie  erano  tenerissime,  e  la  stagione  eia 
piuttosto  calda  ,  ed  a-ciutta  .  Ripetei  l'esperimento  in  tempo 
fresco ,  ed  umido  ^  e  si  mantennero  ugualmente  vegete  in 
tutte  le  acque  .. 

Ai   12.  Marzo,  essendo  il  Barometro  a  2.^  poli.  „    in  clr- 

a 
ca,  e  il  T  ermometro  con  la  scala  di  Reaumur  divisa  in  ice  o^ra- 

di,  ai    i3.  gr.  e  —  in  circa  sopra  il  gelo,  collocai  due  pian- 
a  ' 

te  di  Senecio  ,  pf^r  quanto  fu  possibile  all'occliio,  uguali  ia 
grandezza  di  foglie,    di  rami,  e  di  radici,  in  due  Loccettine 

com- 


■^20  Esperienze  ,  ed  Osservazioni  ec. 

compagne  a  collo  lungo  e  stretto  ,  T  una  piena  d'  acqua  di 
letame  ,  e  1'  altra  d'  acqua  pura  .  Le  piante  erano  freschissi- 
me ,  poiché  erano  state  svelte  dal  terreno  con  tutta  la  dili- 
genza ,  e  le  radici  erano  state  ben  conservate  ,  e  lavate  con 
acqua  ,  perchè  non  si  avesse  ad  introdurre  della  terra  nei 
vasetti  .  La  stagione  era  piuttosto  umida  ,  ma  incostante  . 
Collocate  clie  furono  nei  vasetti  ,  elibi  l'avvertenza  subito  di 
segnare  con  tutta  1'  esattezza  nel  collo  di  ciascun  vasetto  l'al- 
tezza del  fluido  contenutovi  ,  acciò  mi  fosse  agevole  poi  ri- 
scontrare cjuanto  da  ciascjina  pianta  ne  fosse  assoibito  .  Così 
preparate  le  situai  1'  una  a  canto  all'  altra  in  una  camera 
ben  ventilata  ,  e  ben  dominata  dalla  luce.  In  capo  a  24  ore 
visitatele,  riscontrai,  che  tutte  due  aveano  succhiato  del  flui- 
do ,  in  cui  posavano  ,  ma  più  dell'acqua  pura  ,  che  dell'ac- 
qua di  letame  .  In  capo  a  4^  ore  le  visitai  di  nuovo,  e  tro- 
vai che  quella  dell'  acqua  pura  avca  succhiato  in  tutto  que- 
sto tempo  due  terzi  in  circa  di  più  di  cjuella  dell'  acqua  di 
letame  . 

Così  alcune  foglie,  che  posi  in  seguito  a  vegetare  per  il 
loro  gambo  nelle  due  acque  ,  sì  di  Malva  ,  che  di  Borrana  , 
in  dei  vasi  ,  nei  quali  aveva  segnata  1'  altezza  del  fluido  , 
succhiarono  sempre  molto  più  dell'acqua  pura,  che  dell'ac- 
qua di  letame,  e  ciò  da  principio  fino  ad  ultimo;  e  neh' 
istessa  maniera  si  diportarono  alcuni  rami  di  Senecio  ,  di 
Titimalo,  e  alcune  piante  di  Malva,  e  di  Borrana,  e  l'istes- 
so  ho  riscontrato  in  tutte  l'esperienze  ^  che  ho  fatte  con  tut- 
te le  sorte  di  piante  ,  sì  al  sole  ,  che  all'  ombra  ,  ed  in  sta- 
gioni  diverse  . 

Questi  fatti  confermano  1'  osservazione  di  Senebier,  cioè 
che  le  piante  succhiano  assai  più  dell'  acqua  pura ,  che  dell' 
acqua  di  letame  ;  ma  però  non  portano  a  tirar  con  lui  la 
conseguenza  ,  che  T  acqua  di  letame  pregiudichi  al  succhia- 
mento ,  o  nutrizione  delle  piante  ,  e  che  in  conseguenza  sia 
succhiata  malvolentieri  da  esse  .  Siccome  d'  altronde  abbia- 
mo visto,  e  vedremo,  che  le  piante  vegetano  molto  bene  nell' 

ac- 


Di  Gioacchino  Caukadori  .  3ai 

acqua  di  letame  ,  contro  V  asserzione  di  SeneL'er  ,  mi  par 
piuitosto  ,  che  da  ciò  si  deva  rilevare  ,  che  se  le  piante  suc- 
cliiano  più  d^  acqua  pura,  che  d'acqua  di  letame,  lo  fanno, 
perchè  non  trovano  nell'  acqua  pura  quel  nutrimento  ,  che 
esse  trovano  nell'  act^ua  di  letame  ;  onde  per  saziarsi  i  volu- 
Bii  delle  due  specie  d'  acqua  succhiati  devono  stare  ,  in  pa- 
rità di  circostanze  ,  in  ragione  inversa  della  facoltà  nutritiva 
delle  due  acque  . 

Ai  i4  Marzo  svelsi  due  piante  di  Senecio  uguali,  e  in 
due  fiale  compagne  ,  una  piena  d'  acqua  comune  ,  e  1'  altra 
d'acqua  di  letame,  con  l'  altezza  del  fluido  segnata  nel  loro 
collo,  le  esposi  al  sole  dopo  mezzo  giorno,  ove  il  Termometro 
centigrado  segnava   i5  gradi  sopra  il  gelo  ,    e    ve  le  tenni  fi- 

I 

Ko  alle  4  6  —  .    Le    piante    erano    notabilmente    appassite  , 

ma  aveano  succhiato  assai,  per  altro  sempre  piìi  quella  dell' 
acqua  pura,  che  quella  dell'acqua  di  letame  :  i'  istesso  ac- 
cadde ad  alcune  foglie  di  Malva  ,  e  di  Erba  S.  Maria ,  che 
aveva  io  contemporaneamente  esposte  al  sole  nel  medesimo 
luogo;  ma  fra  queste  mi  parvero  più  appassite  quelle  che  era- 
no neir  acqua  di  letame .  Ripetuto  più  volte  con  varie  piante 
erbacee  1'  istesso  esperimento  ebbe  l' istesso  successo . 

Non  si  può  per  altro  attribuire  ad  un  cattivo  ufizio 
dell'  acqua  di  letame  ,  se  le  piante  messevi  a  vegetare  ,  ed 
esposte  al  Sole  appassiscono  ,  quando  che  succede  1'  istesso 
alle  piante  messe  a  vegetare  nell'  acqua  pura  ;  ma  soltanto 
all'  azione  della  luce  solare  .  Se  le  piante  in  tutti  due  i  casi 
appassiscono  ,  egli  è  chiaro  ,  che  1'  economia  vegetabile  sof- 
fre in  quelle  circostanze.  Qual  dunque  ne  è  la  cagione? 

Siccome  la  luce  del  Sole  accelera  la  traspirazione  delle 
piante,  egli  è  necessario,  che  la  nutrizione  di  esse  sia  in 
questo  caso  proporzionata  alla  perdita  fatta  per  traspirazione  . 
Or  questo  non  può  succedere  nelle  piante  svelte  dal  suolo  , 
0  nelle  foglie  delle  piante  staccate  dal  tronco  ,  o  dallo  stelo, 

Tomo  XI'  Ss  e 


3aa  Esperienze  ;,  ed  Osservazioni   ec. 

e  messo  a  vegetare  altrove  ;  benché  in  circostanze  quanto 
mai  favorevoli,  come  v.  g.  nell'acqua  pura.  L'economia  ve- 
getabile non  può  non  risentire  nel  sistema  de' vasi  assorbenti, 
che  in  questo  caso  è  il  più  danneggiato,  e  specialmente  del- 
le radici  ,  lo  sconcerto  della  trapiantazione,  benché  fatta  con 
tutte  le  diligenze  :  onde  in  questo  stato  le  piante  non  saran- 
no in  grado  di  riparare  con  una  proporzionata  energia  per 
succhiamento,  la  perdita  d'umori,  che  in  loro  produce  la 
traspirazione  aumentata  dall'azione  della  luce  del  Sole  :  quin- 
di é  che  dovranno  appassire  esposte  al  Sole  .  Difatti  non  è 
ella  una  cosa  comune  il  vedere  languire  ,  ed  appassire  le 
piante  traslocate  ,  ancora  da  uno  in  un  altro  quanto  mai 
ben  preparato  terreno  ,  specialmente  quando  le  investe  la 
luce  del  Sole  ?  E  poi  vi  sono  delle  foglie  di  piante  erbacee, 
cosi  tenere,  e  delicate  ,  che  ad  un  gagliardo  Sole  ancor  sull' 
istessa  pianta  appassiscono  . 

Bensì  può  essere  ,  che  siccome  1'  acqua  di  letame  ap- 
presta alle  piante  un  nutrimento  meno  sottde  dell'acqua  pu- 
ra ,  e  di  cui  succhiano  meno ,  può  essere  ,  dico  ,  che  piìi 
facilmente  a[)passiscano  le  piante  messe  a  vegetare  in  questa, 
che  nell'acqua  pura,  quando  vengano  esposte  al  Sole,  per- 
chè sono  in  circostanze  di  riparare  per  succhiamento  le  per- 
dite dell' aumentata  traspirazione  più  nell'acqua  pura,  che 
neir  acqua  di  letame  . 

Ma  le  due  piante  di  Senecio  ,  e  V  altre  piante  ancora , 
e  foglie  di  piante ,  che  erano  appassite  per  essere  state  al 
Sole  ,  la  mattina  di  poi  le  ritrovai  ravvivate  e  lussureggian- 
ti ,  e  tutte  avevano  succhiato  assai  del  fluido ,  in  cui  posa- 
Tano  ;  riprova  evidente ,  per  quelle  che  erano  nell'  acqua 
di  letame ,  che  da  essa  non  aveano  niente  soffeito  neppur 
con  la  luce  solare  . 

Non  ostante  ,  che  tante  esperienze  avessero  contrariato 
l'opinione  di  Senebier  ,  volli  vedere  quale  era  il  risultato  di 
un'  esperienza  simile  a  quella,  che  vien  da  esso  descritta  (*). 

Non 

{')  Phisiologie  Vegetai.  Tom.  III.  pag.  a6i. 


Di  Gioacchino  Caukadori  •  828 

Non  mi  era  possibile  avere  dei  rami  di  Rampone  Framboi- 
sicr  (Ilubus  idaeus);  onde  presi  due  rami  d'una  pianta  con- 
simile, cioè  d'un  Rovo  a  noi  comune  (Rubus  fruticosus  )  ; 
e  gli  esposi  al  Sole  circa  alla  fin  di  Marzo  in  due  fiale  com- 
pagne, una  jDiena  d'acqua  pura  ,  e  l'altra  d'acqua  di  leta- 
me .  Il  termometro  centigrado  parimente  al  Sole  nel  mede- 
simo posto  segnava  17  gr.  sopra  il  gelo.  Tutti  due  i  rami 
aveano  delle  foglie  vecchie  ,  cioè  della  stagione  passata  ,  non 
cadute  nell'inverno,  e  un  nuovo  getto,  o  germoglio  co!i  te- 
nere foglie  .  Contemporaneamente  vi  esposi  due  rami  tutti 
di  nuovo  getto  ,  cioè  con  foglie  rimesse  e  tenere  ,  di  Rosa 
di  Giardino  (  Rosa  centifolia  )  ,  parimente  in  due  fiale  com- 
pagne ,  una  piena  d'  acqua  pura  ,  1'  altra  di  acqua  di  letame  . 
I  rami  tanto  del  Rovo,  che  della  Rosa,  collocati  nell'acqua 
pura,  ne  succhiarono  molto  piìi,  che  dell'acqua  di  letame, 
ma  appassirono  ugualmente  ,  o  almeno  senza  una  notabile 
differenza;  per  altro  nei  rami  del  Rovo  non  appassirono  che 
le  foglie  tenere  ;  le  foglie  vecchie  non  parve  che  soffrisse- 
rq  in  queste  circostanze  . 

Non  è  egli  probabile,  sulT  esempio  dell'enunciato  esperi- 
mento, che  quel  ramo  di  Lampone  (Rubus  idaeus)  che  a  Se- 
nebier  non  appassì  nell'  acqua  pura  ,  benché  esposto  alla  lu- 
ce del  Sole  per  più  di  4  oie  ,  fosse  un  ramo  vecchio  ,  o  adul- 
to,  e  l'altro  ,  che  appassì  nell' istesso  luogo  nell'acqua  di 
letame,  fosse  un  ramo  più  giovane  dell'altro,  o  sia  con  le 
foglie  più  tenere  ,  o  sia  di  nuovo  getto  ,  e  in  conseguenza 
più  delicate  ?  Ma  quando  ciò  non  si  voglia  concedere  :,  do- 
mando adesso  ,  come  si  può  accordare  con  il  fatto  di  Sene- 
bier  il  risultato  delle  mie  osservazioni  ? 

Dopo  4  ore  in  circa,  levai  dal  Sole  i  due  rami  di  Rovo, 
e  di  Rosa  ,  e  gli  riposi  nella  mia  Camera  ,  ove  rimasero  tut- 
ta la  notte  :  la  mattina  di  poi  esaminatigli  ben  bene  riscon- 
trai,  che  (juei  di  Rosa  non  erano  più  appassiti ,  ma  in  buona 
vegetazione  ,  eccettuate  alcune  foglie  più  grandi  ,  che  erano 
rimaste   come  abbruciate  dal  Sole  .  I  due  rami   poi    di    Rovo 

Ss    i2.  si 


3^4  Esperienze  ,  ed  Osservazioni  ec. 

si  erano  rimessi  nello  stato  di  prima ^  né  mostrarono  di  aver 
sofferto  nulla,  e  gli  conservai  così  sempre  in  hnono  stato 
nella  mia  Camera  per  parecchi  giorni  .  Tutti  assorbirono  del 
fluido  ,  in  cui  posavano  ,  ma  sempre  più  dell'  acqua  pura  , 
che  dell'  acqua  di  letame  . 

Non  contento  di  questo  ,  rifeci  più  volte  simili  esperi- 
menti ,  ed  ho  sempre  riscontrato  ,  che  le  piante  erbacee  ,  e 
con  le  foglie  tenere  ,  e  i  nuovi  getti  degli  alberi  appassisco- 
no ,  benché  nell'  acqua  pura  ,  quando  si  tengono  al  Sole  ; 
laddove  le  piante  di  foglia  sempre  verde  ,  o  che  hanno  le 
foglie  dure  ,  o  consistenti  ,  non  appassiscono  ovunque  siano 
collocate,  o  nell'acqua  pura  ,  o  nell'acqua  di  letame  .  Così 
V.  g.  un  ramo  d'  Ulivo  (  Olea  Europea  )  ,  un  ramo  di  Bus- 
solo (  Buxus  semper  virens  )  di  Dittamo  (  Origanum  Dieta- 
mnus)  e  di  Robbia  Salvatica  (  Rubia  Sylvestris  )  ec,  ec.  non 
soffiersero  cangiamento  nessuno  benché  tenuti  al  Sole  per 
dell'ore  parecchie  alla  fin  di  IVIaizo,  nell'acqua  di  letame  . 
Forse  questo  succede  perchè  le  piante  con  le  foglie  sempre 
verdi,  cioè,  che  non  si  spogliano  nell' inverno  ,  e  le  piants 
non  erbacee  ,  e  che  hanno  le  foglie  piìi  resistenti ,  assor- 
biscono ,  e  tiaspiran  meno  delle  piante  erbacee  ,  e  che  per- 
dono la  foglia  ;  onde  non  vi  è  tanto  sbilancio  nelle  loro  fun- 
zioni 3  del  succhiamento  ,  e  traspirazione  ,  dall'  ombra  al  So- 
le ,  e  fo'se  anche  perchè  ,  a  cagione  della  tessitura ,  o  strut- 
tura delle  loro  foglie  meno  delicate j  risentono  meno  dell' im- 
presiione  della  luce  del  Sole  . 

Fra  gli  altri  feci  questo  esperimento  .  Esposi  al  Sole 
neir  acqua  pura  un  nuovo  getto  ,  o  piccolo  ramo  di  Rovo  , 
e  n'  esposi  un  altro  ,  ma  con  le  foglie  tutte  vecchie  ,  cioè 
che  non  erano  cadute  nell'  inverno  ,  ma  sempre  verdi ,  neU' 
acqua  di  letame,  e  ve  gli  tenni  per  quattro  ore.  Il  primo  ap- 
passì ,  e  l'altro  si  mantenne  sempre  fresco,  benché  avesse 
succhiato  dell'  acqua  di  letame  .  Lo  ripetei  anche  ad  un  So- 
le più  caldo  in  Aprile  con  V  istesso  successo  . 

Dunque  resta  sempre  più  confermato  j    che   non    all'  ac- 
qua 


Di  Gioacchino  Carradori  .  3a5 

qua  di  letame  ,  ma  a  qualche  paitlcolarità  della  pianta  im- 
irieriavi ,  si  deve  attribuire  la  mutazione  osservata  da  Sene- 
bier  nel  ramo  di   Rampone  esposto  al  Sole  . 

Rappoito  all'altre  esperienze,  delle  quali  fa  menzione  il 
celebre  Fisico  di  Ginevra  per  provare  il  suo  sentimento  ,  io 
posso  opporgliene  altrettante ,  le  quali  tutte  ,  come  si  è  vi- 
sto ,  provano  j,  che  qualunque  sorta  di  Piante  nutrita  d'acqua 
di  letame  vegeta  bene,  e  lungo  tempo,  come  nell'  acqua 
pura  ;  e  ne  succhia  continuamente  ,  benché  sempre  meno  , 
che  dell'  acqua  pura  .  Qual  riprova  più  sicura  ,  che  T  acqua 
di  letame  non  nuoce  alla  vegetazione  ,  che  1'  avere  di  essa 
sola  nutrito  delle  piante  per  lungo  tempo  ?  Se  appassirono  a 
Senebier  dopo  pochi  giorni  dei  rami  di  piante  tenuti  nell' ac- 
qua di  letame,  può  essere ,  che  nella  detta  acqua  vi  fossero 
delle  qualità  micidiali ,  che  non  si  trovarono  nella  mia  acqua 
di  letame.  Non  vi  ha  dubbio,  un'acqua  di  letame  troppo  ca- 
rica può  uccidere  le  piante  messevi  a  vegetare  ;  ma  questo 
non  pro^^a  niente  in  favore  della  sua  opinione  :  eli'  è  cosa 
notissima  ,  che  ancora  i  letami  ,  o  governi  troppo  forti ,  o 
non  ben  putrefatti  ,  uccidono  le  piante  ,  in  cambio  di  ferti- 
lizzarle ;  è  per  questo  che  se  ne  può  dedurre  un'  obiezione 
contro  r  utiHtà  dei  governi  ? 

Ma  perchè  non  rimanesse  dubbio  rapporto  alla  idoneità 
dell'acqua  di  letame  ad  esser  succhiata  dalle  piante ,  benché 
con  dell'  antecedenti  prove  V  avessi  dimostiato  bastantemen- 
te ,  mi  feci  un  dovere  di  spingere  la  cosa  all'ultima  eviden- 
za ,  o  sia  dimostrarla  con  uno  scrupoloso  rigore  ,  per  mezzo 
dei  seguenti  esperimenti  • 

Io  collocai  circa  a  mezzo  Aprile  una  pianta  di  Frumen- 
to (  Triticum  )  con  tutte  le  sue  barbe  ben  pulite  e  nette  , 
in  una  boccettina  a  collo  lungo  e  stretto  piena  d'  acqua  di 
letame  ,  e  poi  vi  versai  sopra  una  piccola  porzione  d'  olio  , 
acciò  ricuoprendo  la  supeitìcie  di  detta  acqua  elevata  fino 
alla  sommità  del  rollo  delia  boccetta,  le  impedisse  F  assorbi- 
mento di  qualunque   gas    dall'  atmosfera  ,    e    V  evaporazione 

del- 


SiO  Esperienze  ,  ed  Osservazioni  ec. 

della  parte  acquosa  del  fluido  sottoposto  contenuto  nel  vaso. 
In  questo  stato  si  mautentie  la  pianta,  benché  circondata  dall' 
olio  5  per  parecchi  idiomi  prospera  ,  e  succhiò  moltissima  ac- 
qua di  letame  ;  ed  il  residuo  misto  con  acqua  pura  divenne 
d'  un  color  rnarone  molto  diluto  ;  riscontro  sicuro  ,  che  la 
pianta  avea  succhiato  assieme  col  fluido  acquoso  il  carbone  , 
o  carbonio  sciolto  in   essa  . 

Quest'esperienza,    oltre  a  ciò  ,  mi   provò,  contro  il  sen- 
timento di  Senebier  ,  che  non  è   1'  acido  carbonico   sviluppa- 
tosi per  mezzo    della    fermentazione    quello  ,     che    porta    alla 
terra  la  fertilità  propria  dei  governi,  o  letami .  Benché  a  tut- 
te r  ore  osservassi  attentamente  ,  se  dalla  mia  acqua  di  leta- 
me confinata  nella  piccola  boccetta  si  sviluppassero  delle  bol- 
le di  gas ,  o  acido  carbonico  ,    io    non    ve    ne  potei    scorgere 
iieppur  una.  Eppure  dovea  esser  cosa  facile  il   vederle  ,  se  vi 
si  formavano,  in  tanto  tempo  .    La    trasparenza    delle     pareti 
della    boccetta  di  vetro    non    potea    occultarle  ,    e    lo    strato 
d'   olio    soprapposto    dovea    trattenerle   con    la    sua  viscidità  , 
se   sviluppatesi  si  fossero  inalzate  alla  superficie  dell'  acqua  . 
D'altronde,  se  il  carbonio  fosse  somministrato  alle  piante  sol- 
tanto per  mezzo  dell'  acido  carbonico  ,  come  avrebbero  potu- 
to in  queste  circostanze  abbeverarsene  ,  se  non    potea    1'  ac- 
qua assorbirne  dall'atmosfera? 

E  poi  vi  sono  alcune  mie  esperienze  nella  mia  Memoria 
sull'acqua  di  neve  (a),  le  quali  portano,  che  le  piante  mes- 
se nell'  acqua  di  neve  sciolte  d'  allora  ,  e  che  in  conseguen- 
za non  contiene  nessuna  sorte  di  gas,  né  fisso,  né  libero,  o 
sia  in  stato  di  sohizione,  e  con  tutte  le  precauzioni  ,  perchè 
non  ne  potesse  assorbire  ,  vi  vegetano  lungo  tempo  prospe- 
ramente -,  il  che  dimostra  ,  che  V  acido  carbonico  non  è  tan- 
to 


(a)  Journ.   de  Phisiq.  de  Paris,  e  poi  nel  Gior.  Agrario  di  Napoli ,  ed  Ann.  di 

Chimica  di  Pavia  . 


Di  Gioacchino   Carradori  .  827 

to    necessario    quanto  si  pensa  per  la  nutrizione    delle  pian- 
te 5  per  la  parte  drlle  radici  . 

Svelsi  inoltre  una  pianta  di  Senecio  ben  vegeta  ,  e  con 
di  belle  barbe  ,  che  le  resi  ben  pulite  lavandole  replicata- 
mente  ,  e  la  ficcai  con  esse  in  una  boccettina  simile  a  collo 
lungo  e  stretto,  per  ovviare  all'evaporazione,  piena  d'  ac- 
qua di  letame  ^  e  la  collocai  nella  mia  camera  in  una  felice 
esposizione  ;  questo  benché  in  un  angusto  spazio,  vegetava,  e 
succhiava  del  fluido  ,  in  cui  erano  immerse  le  sue  radici  ;  e 
quando  vedevo  ,  che  il  fluido  era  scemato  di  soverchio  ,  vi 
supplivo  di  mano  in  mano  con  acqua  pura  .  Continuò  cosi 
lungo  tempo  a  vegetare  ,  e  con  questo  metodo  ,  con  infon- 
dere cioè  sempre  nuova  acqua  nel  residuo  del  fluido  del  va- 
setto, venni  in  ultimo  a  renderlo  senza  colore;  di  modo  che 
non  vi  era  da  dubitare ,  che  tutto  il  carbone  ,  o  carbonio 
contenuto  in  quella  porzione  d'  acqna  di  letame  fosse  stato 
assorbito  dalla  pianta  confinatavi  ,  poiché  non  potea  essere 
sottratto  per  altro  mezzo  . 

Che  più/  Le  senqslici  foglie  delle  piante  si  possono  im- 
punemente nutrire  d'  acqua  di  letame  ,  e  niantengonvisi  sen- 
za altro  ajuto  fresche  ,  e  verdi  per  df^l  tempo  .  Tanto  è  ve- 
ro ,  che  l'acqua  di  letame  non  è  contraria  alla  vegetazione, 
come  disse  Senebier  .  Scelsi  delle  più  belle  foglie  di  più  e  di 
diverse  piante,  e  le  applicai  per  la  supi^rficie  inferiore,  cioè 
per  quella  parte  ,  che  guarda  la  terra  ,  alla  superficie  dell' 
acqua  di  letame  ,  dalla  qual  parte  ,  si  sa  per  1'  e'^perienze  di 
Boiinet  ,  che  succhiano  più  ,  the  dalla  superiore  .  Altrettan- 
te d.-ir  istessa  specie  ne  applicai  nell'  istesso  modo  alia  su- 
perficie deh'  acqua  pura  .  Tanto  1'  une  ,  che  1'  altre  si  con- 
servarono fresche  per  lungo  tempo,  e  non  pot^i  scorgere  dif- 
ferenza nessuna  fra  quelle  ,  che  si  nutrirono  d'acqua  di  leta- 
ma', e  quelle,  che  si  nutrirono  d'acqua  pura.  Dunque  il 
carbone,  o  caibonio  dell'acqua  di  letame  dee  poter  penetra- 
re   e    circolare  anche  nei  più  sottili    vasi    delle   foglie  .  Volli 


in 


3iit>  Esperienze,  ed  Osservazioni  ec 

in  ultimo  sperimentare  anco  se  l'acqua  di  letame  pregiudica- 
va alla  germinazione  delle  semenze  .  Messi  da  prima  dei  se- 
mi, o  granttlii  di  giano  (Triticum)  ,  e  d'  orzo  (  Hordeum  vul- 
gare  )  ueil'  acqua  di  letame  ,  e  dopo  24  ore  gli  levai ,  e  gli 
messi  neir  acqua  pura;  germogliarono  tutti  l'elicemen te  ,  e 
«on  mostrarono  di  aver  sofferto  dal  soggiorno  nell'  acqua  di 
letame.  Messi  parimente  dei  semi,  o  granelli  di  grano  in  un 
acqua  di  letame  assai  carica  ,  e  alcuni  contemporaneamente 
in  un  vaso  simile  all'acqua  pura;  siccome  la  stagione  comin- 
ciava a  riscaldare ,  e  si  evaporava  1'  acqua  di  letame  con 
prontezza  ,  perchè  le  semenze  non  rimanessero  troppo  in  sec- 
co ,  o  sia  in  un'  acqua  di  letame  troppo  concentrata ,  vi  versa- 
va ogni  tanto  qualche  poco  d'ac<:{ua  pura.  Tanto  gli  vmi,  che 
gli  altri  geimogliarono  ;  ma  più  prontamente  quegli  dell'  ac- 
qua pura  ,  e  le  pianticelle  germogliate  noli'  acqua  di  letame 
erano  poi  stentate  ;  le  piccole  radici  non  vi  si  prolungarono 
come  neir  acqua  pura  ,  e  il  fusto  loro  era  rimasto  corto  e 
sottile  ,  e  di  color  giallognolo . 

L'acqua  di  letame  dunque  non  favorisce  la  germinazio- 
ne. Ma  ciò,  secondo  me,  egli  è  indifferenle  alla  discussione 
del  nostro  soggetto  ,  cioè  non  fa  né  prò ,  né  contro  a  nessu- 
na delle  due  opinioni.  Se  la  germinazione  non  è  altro,  che 
uno  sviluppo  dell'  embrione  ,  o  piccola  pianta  ripiegata  ,  e 
rinchiusa  nella  semenza  ,  egli  è  naturale  ,  che  per  sviluppai'- 
la  non  vi  ha  bisogno  ,  che  d'  un  fluido  sottile  ed  acquoso  , 
capace  soltanto  di  ammollire,  e  distendere  le  minute  e  de- 
licate parti ,  che  la  compongono  ;  e  non  vi  ha  luogo  nessun 
fluido  sostanzioso  e  nutritivo  ,  che  apporti  robustezza  e  ri- 
gidità ,  poiché  flllora  contrarierebbe  le  vedute  della  natura  . 
Tanto  è  vero  ciò,  che  le  semenze  dopo  che  hanno  germoglia- 
to nell'acqua  pura,  se  si  trasportino  nell'acqua  di  letame, 
vi  crescono  felicemente.  Feci  quest'  esperimento  sopra  delle 
semenze  di  grano j  e  d'  orzo.  Alcune  ne  messi  nell'  acqua  di 

le- 


Di  Gioacchino  Carradori  .  3ao 

letame,  ed  altre  le  lasciai  nell'acqua  pura,  ove  aveano  ger- 
mogliato .  Le  pianticelle  allevate  nell"  acqua  pura  crebbero 
più  presto,  ma  vennero  più  floscie,  più  sottili  ,  e  scolorite; 
e  quelle ,  che  erano  state  allevate  nell^ acqua  di  letame  ven- 
nero più  robuste  ,  e  d'  un  verde  più  cupo  . 

Ma  non  ostante  che  la  germinazione  si  faccia  meno  be- 
re nell'  acqua  di  letame  ,  che  nell'  acqua  comune  ,  pure  ho 
fondamento  di  credere,  che  la  detta  acqua  di  letame  sia  ca- 
pace di  introdursi  con  qualche  elemento  nel  delicatissimo  si- 
stema vascolare  del  tenero  Embrione  ,  o  pianta  in  miniatu- 
ra ,  rinchiusa  nella  semenza ,  e  nutrirla  anche  nella  prima 
infanzia  j  poiché  avendo  messo  a  germogliare  dei  granelli  di 
grano  al  bujo  ,  alcuni  nell'acqua  di  letame,  ed  altri  nell'ac- 
qua pura,  tiratigli  fuori  dopo  che  aveano  germogliato  ,  ri- 
scontrai, che  le  pianticelle  di  quegli,  che  eransi  sviluppati 
nell''  acqua  di  letame  ,  erano  non  tanto  scolorite  ,  o  sia  ca- 
chettiche Etiolée  f  quanto  quelle  dei  granelli  sviluppatisi  nell* 
acqua  pura  ;  segno  ,  che  si  era  impiegato  nella  nutrizione  di 
esse  alcun  poco  del  carbonio  contenuto  nell'  acqua  di  leta- 
me ,  a  cui  secondo  le  più  accreditate  teorie  si  deve  il  color 
yerde  delle  piante  . 

Dunque  se  l'  acqua  di  letame  è  una  soluzione  di  car- 
bone ,  o  carbonio,  resta  da  tutte  queste  esperienze  provato, 
che  il  carbonio  viene  assorbito  dalle  piante  .  Che  1'  acqua  di 
letame  contenga  di  quell'  elemento  ,  di  cui  abbonda  il  car- 
bone ,  e  che  combinato  con  T  osssigeno  forma  1'  acido  car- 
bonico ,  il  quale  i  Chimici  moderni  hanno  chiamato  Car- 
bonio  ,  non  par  che  se  ne  possa  dubitare  ,  poiché  1'  estrat- 
to secco  ,  e  pulverulento  dell'  acqua  di  letame  misto  con 
del  nitro ,  e  gettato  in  un  crogiolo  rovente  detona  quasi 
come  il  carbone .  Se  poi  il  Carbonio  vi  si  trovi  isolato , 
o  legato  in  una  dose  di  carbone  ,  e  se  questo  ,  e  quello 
«ì  trovino  sciolti  ,  o  sospesi  nella  detta  acqua  ,  lo  lascio  de- 
cidere ad  altri.  A  me  basta  avere  sciolta  la  questione  che  mi 

Tomo  XI.  T  t  ero 


33o  Esperienze  ed  Osservazioni  ec. 

ero  proposta  ,  e  di  aver  dileguato  un  dubbio  ,  che  rimasto 
senza  schiarimento  potea  far  alterare  le  più  rilevanti  dottrine 
della  Fisiologia  vegetabile  {a) . 


SO- 


(a)  Vedansl  le  mie  idee  sulli  nntri- 
zlon    delle    piante    sparse    nella    sjkia 


Memoria  sulla  fertilità  della  terra. 


33i 

SOPRA  IL  GAZ  MOLTO  OSSIGENATO 

CHE   SI    OTTIENE    DAL    CARBONE 

MESSO  NELL'ACQUA  ESPOSTA  AI  RAGGI 

DEL  SOLE ,  CON  ALCUNE  ALTRE 

5PERIENZE 

MEMORIA 

Di    Carlo    Lodovico    Morozzo 

Ricevuta  il  dì  IO  del  180^. 

vyià  da  molti  anni  si  fece  la  scoperta  ,  che  esponendo  al 
sole  dell'  acqua  messa  in  vasi  di  Cristallo  capovolti ,  che  si 
conservino  attufFati  nella  medesima;  questa  somministra  del 
gaz  ossigeno  - 

Pryestley  ,  Hingen,  Hans,  Fontana  ed  altri  celebri  Fisici 
cercarono  di  spiegare  le  ragioni  di  questo  fenomeno  ;  chi 
r  attribuì  a  quella  materia  verde  _,  che  si  forma  nel  fondo 
del  vaso  ,  che  molti  credono  della  natura  delle  tremelle,  chi 
l'attribuì  alla  sola  luce  solare,  chi  a  minutissimi  impercetti- 
bili insetti,  chi  ad  altre  cause  anche  singolarissime  . 

Molti  anni  addietro  mi  sono  occupato  di  questo  oggetto  ,  e 
feci  una  serie  di  sperienze  per  ricavare  la  ragione  ,  come  le 
piante  esposte  al  sole  avessero  la  proprietà  di  rendere  salu- 
lire  r  aria  viziata  e  mefitica  .  Ho  variato  molto  queste  spe- 
rienze ,  le  quali  ho  pubblicate  negli  Atti  dell'  Instituto  di 
Bologna  (i).  Coflchiusi ,  che  le  piante  anche  senza  essei-e  di- 

Tt  a  ret- 

(i)  Voi.  VII.  pag.  311. 


33a  Sopra  il  Gaz  molto  Ossigenato  ec. 

rettamente  esposte  al  soie,  ma  alla  sola  luce,  migliorano  le 
arie  viziate  e  mefitiche  per  il  solo  mezzo  dell'  acqua  che 
contengono  ,  cosicché  quando  que'  ramuscelli  che  si  metto- 
no sotto  una  Campana  ripiena  d'  aria ,  o  dei  gaz  mefitici 
hanno  perduto  la  loro  umidità ,  o  che  non  sono  col  gambo  nell' 
acqua  più  non  possedono  questa  proprietà,  che  anzi  sommi- 
nistrano alloia  dell'  aria  mefìtica;  in  prova  di  che  con  l'  ag- 
gregato di  varj  fili  di  bombace  disposti  a  guisa  di  varj  sifoni 
che  succhiavano  l'acqua  di  un  vaso,  e  da  goccia  a  gocciala  la- 
sciavano cadere  ,  venivo  ad  operare  lo  stesso  miglioramento 
dell'  aria  viziata  chiusa  sotto  una  Campana  di  Cristallo  ,  co- 
me se  vi  avessi  messo  im  ramo  di  qualche  pianta  . 

Vengo  era  di  pubblicare  due  Memorie  nel  giornale  di  fisi- 
ca sopra  molte  proprietà  del  Carbone  ,  dalle  quali  pare  dedur- 
li ,  che  il  carbone  contiene  molto  fuoco  principio  ,  e  che  a 
questo,  direi  ,  si  devono  molte  delle  sue  proprietà  ,  non  che 
le  sorprendenti  cure  fatte  in  Inghilterra  dal  Dott.  Bedoes,  e 
dal  Dott.  Odier  in  Genova  col  Carbone  amministrato,  sì  in- 
ternamente, che  esternamente.  Inoltre  vengo  di  dimostrare, 
col  mezzo  di  una  macchina  ,  che  ho  immaginata  per  misura- 
re le  assorzioni  operate  dal  Carbone  sopra  li  diversi  fluidi 
aeriformi ,  che  queste  assorzioni  ,  non  solo  variano  secondo 
la  natura  di  questi,  ma  ancora  secondo  la  diversa  qualità 
dei  Carboni  impiegati  ,  poiché  contengono  maggiore  o  minor 
quantità  di  fuoco  principio  ,  ed  assorbiscono  più  ,  o  meno 
r  aria  ,  e  li  gaz  che  si  sottopongono  alla  sperienza  ,  secondo 
che  questi  sono  più  o  meno  carichi  di  quel  principio  . 

Riflettendo  sulle  molte  proprietà  del  Carbone,  m'avvidi, 
che  sinora  nissuno  avea  esuninato  i  fenomeni  ,  che  questo 
avrebbe  prodotto  quando  fosse  messo  nell'  acqua  ,  ed  esposta 
questa  ai  raggi  solari,  e  che  i  risultati  ne  dovevano  riescire 
interessanti  . 

L'  oggetto  dunque  di  questa  piccola  Memoria  si  è  di  dar 
conto  di  queste  sperienze  ,  alle  quali  altre  ne  aggiungo,  che 
hanno  con  queste  molta  correlazione  . 

Ho 


Di  Carlo  Lodovico   Morozzo  •  333 

Ho  preso  due  vasi  di  Cristallo  cilindrici ,  e  perfettamente 
eguali,  che  contenevano  due  libbre  d'  acqua,  li  quali  riem- 
piuti d'  acqua  comune  li  misi  capovolti  in  tazze  similmente 
ripiene  d'  acqua  ,  nelle  quali  in  ogni  mattino  ne  veniva  sur- 
rogata della  nuova  per  supplire  alTevaporazione  prod(jtta,  on- 
de conservarsi  sempre  pieni  .  In  uno  di  questi  vasi  ho  mes- 
so tT<;  oncie  di  Carbone  di  nocciuolo  ben  polverizzato  ,  V  al- 
tro restò  coir  acqua  pura  ;  furono  esposti  alla  luce  solare 
per  mesi  (Giugno  e  Lnglio  i8o3):  a  quest'epoca  esaminai  il 
gaz  prodotto  ,  ecco  i  risultati  . 

L'acqua  del  vaso  ,  nel  quale  vi  era  il  Carbone  (  che  a 
poco  a  poco  precipitò  nel  fondo  )  mi  diede  un  terzo  di  piìi 
di  gaz  ossigeno  ,  che  1'  acqua  pura  . 

Questo  gaz  ossigeno  era  superior»  in  bontà  a  quello 
somministrato  dall'  acqua  pura  ,  così  segnò  1'  Eudiometro  col 
gaz  nitroso  :  allungava  la  fiamma  molto  di  piìi  ;  non  potei 
provarlo  sulla  respirazione  animale  attesa  la  poca  quantità  ri- 
cavata non  sufficiente  per  questa  sperienza  j  la  sostanza  ver- 
de ,  che  si  forma  sempre  in  fondo  del  vaso  in  queste  spe- 
rienze  ,  comparve  pure  a'  primi  giorni  ,  ma  non  fu  più  visi- 
bile quando  il  Carbone  precipita  in  fondo  del  vaso  ,  ma  in 
capo  a  due  mesi  quando  travasai  il  gaz  ,  vidi  in  questo  pu- 
re un  magma  verdiccio  intriso  di  Carbone,  che  potei  giudi- 
care di  egual  volume  dell'  altro . 

Nell'altro  vaso  ,  dove  non  vi  era  che  la  semplice  acqua, 
ottenni  pure  del  gaz  ossigeno  ,  ma  in  minor  quantità,  come 
dissi,  il  quale  era  della  bontà  ordinaria  de' gaz,  che  si  estrag- 
gono dall'  acqua  j  ma  inferiore  di  gran  lunga  in  bontà  dell' 
altro  qui  sopra  . 

Questa  sperienza  comprova  ,  che  il  Carbone  ha  la  pro- 
prietà di  sviluppare  una  maggior  quantità  di  gaz  ossigeno 
dall'  acqua  esposta  ai  raggi  solari  ,  e  che  probabilmente  ne 
somministia  egli  stesso  una  porzione,  e  pare  mi  confermi  nel 
sospetto  che  ebbi ,  riguardo  alla  proprietà  del  Carbone  preso 
iuternainente    od  amministrato    esternamente   sopra  le  piaghe 

di 


334  Sopra  il  Gaz  molto  ossigenato  ec. 

di  cattiva  indole  ,  cioè^  che  questo  agisce,  non  coli'  desossi- 
genare  ,  ma  coli'   ossigenare  le  carni  infette  .  (a) 

Per  comprovare  poi ,  che  senza  la  luce  solare  ,  non  si 
sviluppa  dall'  acqua  del  gaz  ossigeno  ,  e  che  secondo  il  mio 
principio  la  luce  solare  ossigena  l' aria ,  che  si  sviluppa  dall' 
acqua,  feci  le  seguenti  sperienze  . 

Presi  due  vasi  di  Cristallo  eguali,  che  contenevano  una 
libbra  d'  acqua  ;  uno  di  questi  vasi  fu  ricopezto  di  una  den- 
sa vernice  nera,  e  per  maggior  precauzione,  lo  ricoprii  anco- 
ra con  carta  nera;  riempiuti  d'  acqua ^  e  posti  come  nella 
precedente  sperienza  capovolti  in  tazze  di  porcellana,  che  si 
conservavano  sempre  ripiene  d'acqua,  furono  esposti  al  sole 
per  lo  spazio  di  due  mesi,  ed  ottenni  li  seguenti  risultati. 

Il  vaso  che  non  era  ricoperto  mi  diede  quattro  j)ollici 
e  mezzo  di  gaz  ossigeno  ,  che  provato  coi  soliti  mezzi  ,  tro- 
vai la  sua  bontà  ,  come  quella  degli  altri  gaz  ossigeni  rica- 
vati dall'  acqua  . 

Nel  vaso  poi  intonacato  di  nero ,  siccome  non  si  poteva 
vedere  esternamente  l'altezza  che  l'aria  occupava ,  non  ven- 
ni a  giudicare  della  quantità  dell'  aria  prodotta ,  che  nel 
travasarlo  .  Ciò  fatto  riconobbi  che  questa  non  fu  che  di 
un  pollice  e  mezzo,  cioè  due  terzi  di  meno  dell'altra. 

Esaminata  quest'  aria,  non  aveva  nessuna  delle  proprie- 
tà del  gaz  ossigeno,  non  allungava  la  fiamma,  e  coli' Eudio- 
metro si  riconobbe  essere  della  bontà  forse  minore  dell'  aria 
atmosferica  . 

Queste  sperienze  danno  a  divedere  ancora,  che  il  gaz 
ossigeno  contiene  della  materia  della  luce  .  Infatti  quest'  ul- 
tima spejienza  parmi  lo  comprovi  ,  poiché  intercettando 
F  unione  della  luce  solare  all'aria,  che  si  sviluppa  dall' ac- j 
qua  ,  il  gaz  ossigeno  non  ha  piìx  luogo  .  Così  ancora  nella 
prima  sperienza  con  la  polvere  di  Carbone  messa  nell'  acqua ,  W'. 

si 


(a)  Vedi  Giornale  di  Fisica  ,  Mem.  4'   sopra  il  Carbone  ; 


Di  Carlo  Lodovico  Morozzo  .  S35 

si  aumenta  la  quantità^    di   gaz    ossigeno    e    la  bontà  del    me- 
desimo ,  per  il  fuoco  principio  che  il   Carbone  gli  porta  . 

Dunque  la  luce  solare  ,  ed  il  fuoco  principio  contenuto 
nel  Carbone  somministrano  al  gaz  ossigeno  della  materia  del 
fuoco  . 

Dal  sin  qui  detto  risulta  quanto  impropriamente  da' mo- 
derni Chimici  venne  surrogato  il  nome  di  gaz  ossigeno  in 
vece  di  quello  dell'  aria  del  fuoco  che  gli  diede  Schell,  che 
pare  piìi  adattato  e  significante  ;  io  non  ho  cessato  da  ven- 
ti e  più  anni  di  considerare  il  gaz  ossigeno  quello  fra  i  gaz 
che  contiene  più  di  fuoco  principio  (  i)  .  Ma  avendo  preteso 
li  moderni  Chimici ,  che  1*  ossigeno  sta  il  generatore  di  tutti 
gli  acidi ,  questa  fu  1'  etimologia  di  questo  nome  ,  a  cui 
qualche  Grecista  fa  per  altro  delle  eccezioni,  supponendogli 
un  altro  significato  (4)  .  Che  perciò  saggiamente  uno  de'  più 
valenti  Chimici  d'  Europa  nella  sua  Statica  Chimica,  avendo 
dimostrato,  che  1'  acidità  non  è  sempre  dovuta  all' ossigeno  j" 
desidererebbe  ,  che  si  rimettesse  a  questo  gaz  il  nome  d'  a- 
ria  vitale  ,  o  di  aria  pura  .  Io  però  con  Schell  continuerei 
più   volontieri  a  chiamaila  aria  di  fuoco  . 

È  incontrastabile  che  la  luce  ed  il  fuoco  principio  so- 
no due  de' più  possenti  agenti  della  natura  j  ma  noi  conoscia- 
mo ancora  cosi  poco  tutte  le  combinazioni ,  che  essi  forma- 
no ,  che  modificano  ,  o  che  distruggono  ,  che  sarebbe  desi- 
derabile, che  qualche  valente  Fisico  ne  facesse  la  sua  parti- 
co'ar  occupazione  ,  raccogliendo  tutti  i  fenomeni  che  essi 
producono ,  per  vedere  ,  se  bastano  i  fatti  conosciuti  per  es- 
sere in  grado  di  darne  vuia  giusta  spiega«ione  ,  o  in  difetto 
per  istudiare  sulle  sperienze,  che  ancora  converrebbe  di  ten- 

ta- 


(3)  Si  corisnltino  due  Memorie  ci* 
me  pvibblicate  nel  giornale  di  fisica 
$opr»  le  asserzioni  operate  dal  Garba- 


ne   pag.    294.    Voi.    XXII.  e    la  pagi 
363.  Voi.  XA'III.  .   .   .   1783. 
(4)  Annales  de  Ckimie  • 


336  Sopra  il  Gaz  molto  Ossigenato  ec. 

tare  .  Il  Dottore  Bonvicino  (5)  è  forse  fin'  ora  quello  fra' 
Chimici ,  che  abbia  più  dilatato  1'  impero  della  luce  .  A 
Bertholet  sembra  poi  ,  che  meno  dovrebbe  accordarsi  all'  os- 
sigeno ,  e  che  più  si  debba  concedere  al  fuoco  .  Chi  sa  che 
questo  con  nuova  greca  voce  ,  men  aspra  però  j  non  venga 
ancora  a  ricomparire  in  scena  ? 

Ma  per  sperare  degli  utili  cangiamenti  nella  adottata  no- 
menclatura Chimica  j  non  giova  aspettarli  per  ora,  poiché 
siamo  ancora  troppo  nel  fervido  delle  opinioni,  quindi  molto 
bene  mi  pare  scriva  1'  Autore  dell'  estratto  dell*  Opera  del 
celebre  Bertholet  :  ancore  dii  tems  et  ces  verités  seront  écour 
tées  avec  U  calme ,  qui  caracterise  le  Plùloso^he  ami  de  la 
verité  (6). 


SUL- 


(5)  Vedi  Elementi  di  Chimica. 

(C)  Journal  de  Pliysiijue  Voi.  LVII. 


p«g.  3i. 


337 

SULLA   PANIZZAZIONE 

MEMORIA 

Di      Già  m  batista     dal  l' Olio 

Presentata  il  cTi  12  del  i8c4 

DÀ   POMPILIO  POZZETTI. 

In  articoli  non  pochi  è  riuscito  all' occliio  indagatore  dell* 
uomo  scoprire  gli  arcani  di  natura;  ma  egli  non  può  metter 
a  profitto  con  sicurezza  la  scorta  dell'  analogia  per  dedurre 
in  casi  consimili  da  cagioni  note  le  ignote ,  tanto[)piìi  che 
non  di  rado  avviene  che  il  risultato  delle  pruove  sta  in  ra- 
gion* inversa  del  figurato  col  raziocinio  .  Dopocchè  la  Fisica 
cessò  d'  aver  il  suo  fondamento  in  verha  magiftrì  ,  gli  espe- 
rimenti ,  chiamati  a  comprovare  la  teoria  ,  divenneio  la  ve- 
ra sorgente  del  pi-ogresso  straordinario  che  nello  scorso  seco- 
lo fecero  le  Scienze  Naturali:  e  non  è  stato  meno  proficuo 
r  arrivare  col  mezzo  di  essi  a  scoprire  una  verità  che  a  di- 
struggere una  menzogna  .  Vengono  ,  è  vero  ,  talvolta  annun- 
ziati alcuni  fatti  che  a  prima  vista  mostrano  un  carattere  di 
falsità  ;  ma  è  altresì  vero  che  ad  onta  della  ragione  che  ci 
dice  all'  intelletto  Ciò  non  può  essere  ,  qualche  volta  ,  po- 
sto il  fatto  alla  pruova  ,  l'occhio  ci  fi  vedere  con  nostra  sor- 
presa che  veramente  sussiste  :  e  perciò  il  tentativo  dell'  espe- 
rienza non  sarà  giammai  trascurato  dal  vero  amatore  del  per- 
fezionamento delle  umane  cognizioni  .  Ho  posto  recentemen- 
te alia  pruova  uno  di  tali  fatti,  ed  eccone  le  risultanze  . 

Un  pubblico  foglio  ,  sono  già  quattro  anni  ,  annunziò 
con  esultanza  essersi  ritrovato  in  Iiighilteria  clie  la  farina 
impastata  con  acqua  di  crusca  reiideva  un  quinto  di  più  di 
pane  :  e  si  citò  in  esempio  che  dieci  once   cii   crusca   furono 

Tomo  XI.  V  V  pò- 


338  Sulla  Panizzazione 

poste  a  bollire  per  quindici  o  venti  minuti  in  due  misure 
d'  acqua  :  che  di  poi  colata  quest'  acqua  ,  e  posta  a  subire 
un  nuovo  grado  di  calore  convenevole  ,  servì  per  distempe- 
rarvi sette  libbre  di  farina  nella  solita  maniera,  colla  quan- 
tità ordinaria  di  sale  e  di  lievito  di  birra  :  e  che  il  prodotto 
fu  di  libbre  dodici  ed  once  dieci  di  pane  ,  quando  la  mede- 
sima quantità  di  farina  ^  manipolata  nel  medesimo  tempo, 
dalla  medesima  persona  ,  e  nella  maniera  solita  ,  rendè  sol- 
tanto libbre  dieci  di  pane  .  Or  dico  io  :  Se  dove  col  solito 
metodo  di  panizzazione  occorrono  sei  mila  sacchi  di  frumen- 
to per  alimentare  una  città  ,  posso  con  acqua  cruscata  ris- 
parmiarne mille,  la  scoperta  merita  d'esser  portata  alla  mag- 
giore celebrità  a  sollievo  de' cittadini  e  a  vantaggio  della  pub- 
blica economia  .  Ma  sussiste  poi  veramente  una  tale  scoper- 
ta ?  Eccone   la   pruova  . 

Ho  posto  nel    mezzo  del  fondo  d'  una  madia  un'  assicel- 
la ben  ferma  onde  dividerla  in  due   ]^>orzioni  per  potervi  fare 
due  distìnte  Impastate  di  farina  di  frumento  :    ed    in    ognuna 
delle  dette  due  divisioni  di  madia  ho  posto  libbre  sei  di    fa- 
rina della   medesima   qualità  .    Poscia  in  libbre  sette  e  mezzo 
d'acqua  lio  posto  once  dieci  di  crusca,   e  l'ho    fatta    bollire 
mezz'  ora  circa  :  di   poi  levatala  dal  fuoco  ho  trovato    cu'  era 
calata  once  otto  .   In    seguito   ad    un'  ora    di    notte    ho    preso 
un'  oncia  e  mezzo  di  lievitOj   cioè  di    pasta  già  fermentata,  e 
stemperatala  con  once  otto  della  detta  acqua  cruscata  ,  a  cui 
avevo  fatto  prendere   un  conveniente  grado    di    calore  ,    1'  ho 
gettata  nella  farina  di  una  delle    dette    due    divisioni  ,    e    in- 
corporatala con   un   poco  della  stessa  farina  ,  e  stesovene  an- 
che superiormente  uno  strato  ,  I'  ho    lasciata    in    luogo    caldo 
sino  alla  seguente  mattina. 

Contemporaneamente  ho  preso  pure  ad  un'  ora  di  notte 
un'  oncia  e  mezzo  di  lievito  ,  e  stemperatolo  con  once  otfo 
d'acqua  semplice  tiepida,,  l'ho  gettato  nella  farina  dill'  al- 
tra delle  dette  due  divisioni  ,  ed  incorporatolo  a!  modo  sles- 
so con  un  poco  della  medesima  farina  ,  e  stesovene  pure'  sa- 
pe- 


Di  Gi.\:.iBATibTA  ùall'  Oli©  •  SSg 

periormente  uno  strato,  T  ho  lasciato  aneli' esso  in  fermenta- 
zione sino  alla  seguente  mattina  . 

Allora  fattone  un  doppio  separato  impasto  ,  cioè  uno 
con  una  libbra  ed  once  nove  della  detta  acqua  cruscata  ri- 
guardo alla  farina  che  avevo  posto  in  fermentazione  con  lie- 
vito stemperato  con  simile  acqua  ,  e  l'altro  con  altrettanta 
acqua  semplice  riguardo  alla  farina  dell'  esperimento  secon- 
do ,  ho  formato  pane  di  due  sorta  ^  e  1'  ho  posto  a  cuocere 
in  un  medesimo  forno  e  nel  medesimo  tempo  .  (  Si  noti  che 
per  avere  la  detta  libbra  ed  once  nove  d'acqua  cruscata  m' è 
convenuto  spremerla ,  con  lui  pannolino  ,  dalla  crusca  che 
r  aveva  assorbita  quasi  tutta  .  )  Levato  il  pane  dal  forno  ho 
trovato  j  che  quello  ch'era  stato  manipolato  con  acqua  cru- 
scata è  rimasto  libbre  sette  ed  once  cinque  ,  e  che  1'  altro 
manipolato  con  acqua  semplice  è  restato  libbre  sette  ed  on- 
ce due  :  e  così  vi  è  stato  un  aumento  di  tre  once  sole  ,  il 
quale  corrisponde  non  già  ad  un  quinto  come  annunziò  il. 
pubblico  foglio  5  ma  appena  appena  ad  un    ventottesimo  . 

Credendo  io  che  un  solo  esperimento  non  basti  a  deter- 
minare con  sicurezza  la  verità  d'un  fatto  ^  f  ho  ripetuto  al- 
tre due  volte  colla  maggior  precisione  ,  e  colla  più  scrupolo- 
sa osservanza  d'identità  di  farina,  di  peso,  di  acqua,  di  ca- 
lore j,  di  fermentazione  ,  di  manipolazione  .  Nella  prima  ho 
riscontiato  viceversa  un  aumento  di  mezz"  oncia  nel  pane 
fatto  con  acqua  semplice  in  confronto  dell'altro  fatto  con 
acqua  cruscata,  e  nella  seconda  volta  ho  trovato  del  mede- 
simo peso  l'uno  e  l'altro  pane  senza  differenza  neppure  d'un 
quarto  d'  oncia  .  Dalla  qual  cosa  parmi  potersi  ragionevol- 
mente coiichiudere  esser  una  favola  la  detta  asseiziune  d*l 
pubblico  foglio  .  In  quanto  poi  all'  aumento  avvenuto  nel 
primo  esperimento  io  1'  attribuisco  a  qualche  accidentale  dif- 
ferenza ,  a  me  ignota  ,  che  sia  scorsa  nel  processo  di  quel 
lavoro  :  per  esempio  ,  potrebbe  esser  accaduto  che  il  pane 
manipolato  con  acqua  cruscata  fosse  stato  collocato  nel  fo> 
no  in  parte  meno  soggetta  all'  azione  del  fuoco  ,  e  che,  aven- 

Yv  a  do 


34-0         ■  Sulla  Pajntizzazione 

do  perciò  sofferto  minor  evaporazione  d'acqua,  fosse  restato 
di  peso  crescente  tre  once  in  confronto  dell'  altro  manipola- 
to con  acqua  sen^plice  . 

Sebbene  però  per  mezzo  delle  accennate  tre  mie  espe- 
rienze siasi  rilevala  insussistente  la  scoperta  d'  un  mezzo  at- 
to a  produrre  un  aumento  di  peso  nel  pane  :  ciò  non  ostan- 
te potrebbe  darsi  clie  altri  più  di  me  esperto  o  avveduto^ret- 
TÌficando  o  ampliando  il  proposto  metodo,  arrivasse  a  conse- 
guire un  aumento  di  peso  nel  pane  .  Forse  i  progressi  sor- 
prendenti che  fa  di  giorno  in  giorno  la  Chimica  possono  gui- 
dare air  invenzione  d'un  veicolo,  con  cui  una  parte  dell' 
ossigeno  ^  esistente  in  natura  in  istato  aeriforme  ,  ridotto  con 
arte  in  istato  di  solidità  ,  si  unisca  ad  aumentare  1'  altro  os- 
sigeno che  fa  parte  essenziale  di  tutti  gli  animali  e  vegeta- 
bili .  La  farina  di  frumento,  oltre  la  sostanza  vegetabile  ,  ha 
pur  anche  in  se  in  copia  grande  un  glutine  o  sostanza  ani- 
.tualizzata  ,  aiFatto  ignota  ai  nostri  padri  ,  e  di  cui  non  si  ha 
notizia  che  da  cinquant'  anni  a  questa  parte  ,  come  ne  fan 
fede  gli  esperimenti  di  Beccari  ,  e  di  altri  valentissimi  Chi- 
mici :  e  perciò  sen>bra  assai  atta  a  ricevere  un  aumento  d'os- 
sigeno ,  e  quindi  anche  di  pes*j. 

Fors'  anche  la  fermentazione  del  pane  diretta  da  una 
mano  filosofica  potrebbe  ammettere  un  più  proficuo  metodo. 
Essa  ris^uardata  con  occhio  materiale  sembra  che  debba  cor- 
rompere  la  pasta  ,  ma  se  si  esaminano  col  lume  dell'  espe- 
rienza i  suoi  salutari  effetti  ,  si  vede  che  toglie  alla  pasta  la 
viscosità  atta  a  cagionare  delle  ostruzioni  ,  è  in  oltre  rende 
il  pane  alimento  d'  un  gusto  gratissimo  .  Il  lievito  di  birra 
è  adoprato  in  mohi  luoghi  ,  e  non  è  poco  se  superò  le  op- 
posizioni insorte  contro  di  esso  in  Parigi  nel  1668  allorché 
fu  sottoposto  air  esame  di  settantacinque  Dottori  .  Trenta  di 
essi  tie  approvarono  l'uso:  quarantacinque  furono  di  contraiio 
sentimento  ;  ma  per  una  disgrazia  che  è  troppo  frequente  ad 
avvenire  ,  i  voti  furono  numerati  ,  non  pesati  .  In  oggi  le 
cose  sono    cambiate  ,  e  sempreppiù  si  canibierauno  in  meglio 

se 


Di   Giambatista  dall'Olio.  34 i 

se  nomini  d'  un  merito  eminente  continueranno  ad  arricchire 
le  Scienze  Naturali  di  nuove  scoperte  .  Tissot  ,  rivendicando 
il  pane  dagli  anatemi  di  Lingue! ,  ha  fatto  vedere  quanto 
poco  abbia  valso  l'eloquenza  esaltata  d'un  annalista  energu- 
meno per  abbattere  una  costumanza  che  un  medico  di  pri- 
mo ordine  ha  difeso  colle  armi  vittoriose  della  Ciiimica. 


DEL- 


34a 

DELLA  FORZA   E  DELL'  INFLUSSO   DEL  CUORE 
SUL  CIRCOLO  DEL  SANGUE 

DISSERTAZIONE 

Di    Michele    Araldi 
Ricevuta   il   dì    17    del    1804» 

INTRODUZIONE  . 


ra  le  quistioni  senza   numero   che   s'  incontrano   per  ogni 
dove  nelle  naturali  scienze  ,    e    più  che    altrove    nella    Fisica 
animale,  n'ha  poche  a  mio   avviso    ardue    e   inaccessibili   in 
guisa    che    debba    dichiararsi    opera    in    tutto   vana  e  perduta 
r  imprendere  a   rischiararle  .  Se  si  eccettuino   quelle  ,    che  si 
avvolgono  intorno  alla  natura  de' primi  principi,  ^  delle  pri^ 
me  cagioni  ,  alle  quali  sembra  per  vero  dire  che  i  Fisici   fa- 
rebber  gran  senno  a  rinunziare  interarncnle  ,  o  io  molto  ni'ii;- 
eanno  o   le  altre  quasi  tutte  raro  o  non  mai  accade,  che  non 
offrano  qualche   lato,  per  cui  è  lecito  di  accostarsi  a  disami- 
narlo con  qualche  lusinga  di  successo  non  del  tutto  infelice. 
E  in  realtà  sono  esse  per  solito  multiformi  assai    e    per   mo- 
do ,  che  una  stessa  quistione  secondo  il  vario   aspetto  ,   e    il 
punto  di  vista  diverso  da  cui  si  osserva,  quando  rifiuta  qual- 
siasi scioglimento,  e  quando   lo    ammette,    e    quando    anche 
comparisce  sfornita  d'  ogni  realità  ,  e  frivola  e  insussistente  , 
e  illusoria  .    Donde    si    vede    che    chi  si  accinge  a  discuterne 
alcuna  debbe  prima  di  tutto  e  soprattutto   col  rivolgerla  per 
ogni  verso  porre  il  massimo  studio  afiìn  di    spiare  e  scoprire 
i  lati  n)en  chiusi  per  così  dire  ,  e  men  difesi    della    medesi- 
ma ;  ossia  r  aspetto  ,    sotto    di  cui  essa   tollera    d'  essere    ris- 
chia- 


Di  Michele  Aiuldi  .  343 

cliiarnta  .  E  quinci  pure  si  scorge  ,    tlie  se  malgrado  i  tenta- 
tr.  i  reiterati  e  gH  sforzi  sommi  dei  Fisici  un  certo  punto  ri- 
UKinsa   tuttavia  dubbio  e  indeciso  ,    ciò    non    debbe    tuttavia 
sconfortarne ,    e  distoglierne    dall'  assoggettarlo  a  nuove    disa- 
mine; giacché  a   queste  resta  forse  aperta    qualche    strada  da 
quelli  che   ne  precedettero  non  osservata,    e    più    di  quelle, 
ch'essi  tennero,  acconcia  a  guidare  all'intento.    Non    so,  se 
queste  riflessioni  bastino  allo  scopo ^  a  cui  le  indirizzo  ,  e  che 
è  pur  quello  di  valermene  a  scusa,  «i  difesa  della  sigurtà  che 
oso  prendermi  nella  presente  Memoria  di  avventurare  alcune 
mie  osservazioni  intorno    alla    forza    posseduta    dal    Cuore,    e 
da  esso  impiegata  a  spingere  ,  e  muovere  il  sancue  ;  questio- 
ne quanto  niun'  altra  di  Fisica  animale  intralciata  e  di  mala- 
gevofe  scioglimento,  intantochè  pare   che  i  Fisiologìsti    stan- 
chi ornai  di  occuparsene  con  poco  frjitto  ,  e  nella  disperazione 
quasi  totale  di  giungere  a  rischiararla  siensi  risoluti  di  abban- 
donai'Ia  ;  di  che  non  li  biasimo  già  io  -,  convengo  anzi  che  que- 
sta lor  tacita  risoluzione  mi  ammonisce  abbastanza  del  risico 
a  cui  mi  espongo  .  Se  non  che  a  questa  quistione  parmi  che 
sieno  in  particolar  modo  applicabili  le  riflessioni    addotte  pur 
ora  ;    perchè  sebbene  fra  quelli  che  sonosi  accìnti  a  trattarla 
alcuni  srensi  avveduti  della  varietà  degli  aspetti  più  ,   o    me- 
no  aperti  all'esame    de' quali    è    dessa    capace,    è    lecito    ad 
ogni   modo  di  dubitale  ,  se  abbiano  essi    adoperata   intorno  a 
questo  punto  essenzialissimo  in  ogni  discussione  tutta  l'atten- 
zione necessaria  .  Quésta  poteva  per  quanto  credo  essere  an- 
zi per  parte  loro  di    gran    lunga    maggiore  ;   donde    derivano 
j)robabiImpnte  e  gli  abbagli    solenni  e  manifesti    presi    da    ta- 
luno ;  e  l'opposizione  forse  più  apparente  che  reale,  ma  non 
pertanto  strana  e  sorprendente  che  passa  tra  le  soluzioni  del- 
la  medesima  da  es^.i  recate  .'  Nel  dir    ciò  io    m'  accorgo  'che 
impongo  a  me  stesso  l'  obbligo  di  arrestarmi   prima    di   tutto 
con  <jualchc   diligenza  ii  torno  alla  determinazione  di  ciò   che 
appellasi  in  genere  stato  drlla  quistione,  e  di   porre  ogni  stu- 
dio nello  stabilire  i  punti  di  vista    diversi  ,  eli'  essa   presenta 

e  i 


344  Della  forza,  e  dell'influsso  del  cuore  ec. 
e  i  confini  ,  oltre  ai  quali  non  e  lecito  di  trascorrere  ,  ossia 
le  restrizioni  die  giova  aggiugnerle  ,  affincliè  abbia  essa  uno 
scopo  reale  ,  a  cui  non  sia  del  tutto  impassibile  di  raggiun- 
gere.  Queste  avveitenze  sono  in  ispeciale  maniera  richieste 
dalla  njedesinia  .  L^  osservanza  loro  per  altro  dovrebb' essere 
raccomandata  ai  Fisici  in  ogni  esso  ,  ed  incontro  ;  giacché  è 
pur  ceito  the  in  essa  è  posto  il  mezzo  unico  acconcio  a  ces- 
sar le  querele  e  lo  scandalo  di  quelle  eterne  dispute  che  gli 
dividono  non  senza  qualche  discapilo  presso  i  Profani  delia 
scienza  nobilissima  eh'  essi  coltivano  . 

STATO  DELLA  QUISTIONE  . 

In  qual  guisa  ci  farem  noi  prima  di  tutto  a  fissare  il 
concetto  genuino  e  legittimo,  the  vuol  formarsi  della  fojza 
posseduta  dal  Cuore  ,  e  per  esso  impiegata  ad  agir  sopra  il 
Sangue  ,  se  siamo  costretti  a  confessare  ,  che  le  forze  in  ge- 
nere sono  una  cotal  sorta  di  esseri  ,  la  di  cui  natura  ci  è  , 
e  per  quanto  pare  ci  sarà  sempre  del  tutto  ignota?  Infatti 
non  a  torto  alcuni  sommi  uomini  si  mostran  disposti  ad  esclu- 
derle affatto  dalle  coutiderazioni,  delle  tpiali  si  occupa  la  Mec- 
canica r  gorosa  ,  a  cui  però  impongono  di  arrestarsi  nella  di- 
samina degli  effetti  ,  e  nt-lla  ricerca  della  misura  precisa  di 
questi  ;  la  quale  j  ove  si  riesca  ad  ottenerla  lappieseiita  a  pa- 
rer loro  l'energia  delle  forze,  e  può  a  queste  in  (igni  in- 
contro sostituirsi  .  Pelò  non  occor  dubitare,  che  nella  pre- 
sente ricerca  il  più  sano  partito  non  sia  quello  di  metter  da 
parte  la  forza  del  Cuore  considerata  nella  sua  essenza  ,  ed 
involta  come  quella  di  qualsiasi  altra  forza  d'oscurità  impe- 
netrabile ,  e  di  porsi  in  traccia  di  qualcbe  effetto  acconcio 
all'uopo  di  rappresentare,  ed  esprimere  la  detta  forza.  Que- 
sto sembra  l'aspetto  unico  ,  sotto  del  quale  il  Problema  quand' 
anche  fosse  insolubile  ,  presenta  almeno  un  oggetto  e  scopo 
reale  ,  e  sotto  di  cui  non  mi  sarebbe  difficile  di  mostrare  che 
è  desso  stato  o  apertamente  o  tacitamente  considerato  da  tut- 
ti 


Di  Michele  Araloi  .  t^5 

ti  quelli  che  se  ne  sono  occupati  .  Il  perchè  certamente  una 
poco  util  fatica  si  prende  il  Senac  nei  suo  voluminoso  trat- 
tato del  Cuore  ,  laddove  annoverando  gli  ostacoli  ,  che  ne 
vietan  l'  accesso  a  questo  Problema  ,  tra  essi  ripone  eziandio 
l'ignoranza,  in  cui  siamo  tuttora  intorno  all'intima  struttura 
delle  fibre  ,  e  intorno  all'  influsso  che  i  Nervi  ,  e  gli  Spiriti 
animali  ^  e  se  a  Dio  piace  ,  il  Cervello  ,  e  la  Spinale  midolla 
anno  su  quelle  fibre:  quasi  che  nelle  discussioni  meccaniche 
fosse  mestieri  di  salire  di  grado  in  grado  fino  alle  prime  ca- 
gioni ;  e  quasi  che  a  cagion  d'  esempio  ,  se  concepiscasi  che 
l'elaterio  ne' corpi  ,  che  ne  sono  forniti,  derivi  in  essi,  co- 
me da  alcuni  si  opina  ,  dalla  presenza  ,  ed  azione  di  un  flui- 
do sottile,  e  attivis^simo  j  che  li  penetra  intimamente,  si  do- 
vesse tener  conto  di  questo  fluido  da  chi  si  accinge  a  misu- 
rare e  determinare  V  energia  di  una  molla  .  Ma  passando  ol- 
tre giacché  nell'  impossibilità  in  cui  siamo  di  ravvisar  le  for- 
ze ,  dobbiam  rivolgerci  nella  presente  ricerca,  e  restringerci 
alla  disamina  degli  effetti,  converrà  soprattutto  fissare  e  arresta- 
re lo  sguardo  e  l'attenzione  sul  Sangue,  che  attraversa  il  Cuo- 
re-. Quivi  e  nel  Sangue  che  è  costretto  a  soffrire  l'azione  im- 
mediata di  questo  viscere  ragion  vuole  che  ci  si  manifestino 
gli  effetti  sopra  gli  altri  acconci  a  rappresentare  la  forza  ch'esso 
possiede  .  Uso  in  questo  luogo  più  volontieri  il  termine  di  rap- 
presentare che  non  quello  di  esprimere ,  perchè  non  sono  per- 
suaso che  quand'  anche  si  riuscisse  a  conoscere  in  tutta 
r  estension  sua  V  influsso  del  Cuore  sul  movimento  del  San- 
gue ,  e  conseguentemente  si  riuscisse  a  determinale  con  as- 
soluta precisione  gli  effetti  di  cui  si  tratta  ,  non  sono  dico 
persuaso  che  questi  effetti  esprimessero  esattamente  la  forza 
del  Cuore,  e  ci  offrissero  una  misura  adequata  dell'  energia, 
ch'esso  dispiega  nell' agir  sopra  il  Sangue.  Può  questa  ener- 
gia es=;ere  maggiore  assai  di  quel  che  ne  mostrino  gli  effetti 
Sfusibili  che  ne  df-rivano  ,  o  nel  Sangue  o  nel  sistema  de' 
vasi  ;  perchè  può  porzion  non  beve  della  stessa  impiegarsi  ia 
tntt'  altro  che  neh'  agir  sopra  il  Sangue  e  sopra  i  vasi,  e  mal- 
lo rno  XI.  Xx  già- 


34'>      Della  forza  ,  e  dell'  influsso  dei.  cuore  ee.  '. 

grado  ]a  sua  realità  sottrarsi  perfettamente   all'  esame  •  Forse 
che  infatti  i  Muscoli  pressocchè  tutti  non  ci  presentano  esempj 
di    siffatto  clandestino  dispendio  di  forze  ,    le  quali   però  sono 
quasi  in  ogni  incontro  di  più  doppii  maggiori   di   quelle  ,  che 
fanno  mostra  di  se  negli  effetti  loro  sensibili  ?  Forse  che  anzi 
non  raggirasi  intorno  alla  estimazione  di  queste   quanto    reali 
altrettanto  necessarie  perdite  di  forze  buona  parte  del    famo- 
so trattato  su  i  movimenti  degli  Animali  di  Alfonso  Borelli  ? 
Ma  di  questa    osservazione  ,    e    della    sua    ragionevolezza    mi 
cadrà  in  acconcio  di  parlare  nuovamente  nel  seguito  di   que- 
sto discorso  .  Al  presente  non  V  ho  recata  che  all^  oggetto   di      J 
fissare  ognora  meglio  lo  stato  della  quistione ,   avvertendo  che 
non  appartiene  già  alla  stessa  F  occuparsi  della  determinazio- 
ne rigorosa  e  precisa  della  forza  totale  del    Cuore    e    delT  in- 
tera energia  ,  che  ne  produce  1'  azione  ;  poiché  quand'  anche 
si  giugnesse  a  calcolarne  esattamente  gli  effetti  sensibili ,  que- 
sti  non   ce  ne  offrirebbero  forse  che   una    misura    a   certi    ri- 
guardi inadeqnataj  e  acconcia  come  ho  detto  piuttosto  a  rap- 
presentarla ,  che   non  ad  esprimerla  e  uguale  soltanto  a  quel- 
la porzione  della  medesima   che    impiegasi    nello    spingere     il 
Sangue  .  Questa  specie  d' inesattezza  non  ne  scemerebbe  tut- 
tavia di  molto  il  pregio  e  i  vantaggi  ;  mentre  in  ultimo    egli 
è  rapporto  al  Sangue  e  al  Circolo  che  la  forza  del  Cuore  ha 
principalmente   diritto  d'  interessarne  ,  e  può  invitarci  ad  as- 
•^oggettarla  al  calcolo  e  alle  misure  .    La  quistione    ridetta    a 
questi  termini   rimane  noti  per  tanto    esposta  a  troppo    gravi 
e  pressocchè  insormontabili  difficoltà  .  E  in   realtà  è  il    Cuo- 
re per  tal  modo  congiunto  al  sistema  ifitero  de' vasi  ,  che  co- 
stituisce con  questo  mi  organo  solo  .  Or  come  nella  folla  de- 
gli effetti  ,  che  nel  Sangue  derivano  dall'  azione  di   un    orga- 
no così  niulteplire    giugnerem    noi  a  discernere    quelli  ,    che 
competono  al  Cuore  ,  e   in    se    rinchiudono    la    misura   della 
sua  forza  ?  Benché  questo  stesso  organo    composto   di    Cuore 
e  di  vasi  non  è  che  una  parte  di  un  maggior   tutto  ;    su    cui 
il  Magiatero  ineffiibile    della   Natura    ha    scolpito    l' impronta 

del- 


Di  Michele  AnALur  .  347 

della  più  perfetta  unità  .  È  desso  collocato  in  tal  guisa  e  di- 
stribuito iifcU'  interno  del  corpo  ,  che  attesi  i  vincoli  e  la 
scambievole  dependenza,  che  passa  tra  tutte  le  parti,  i  prìn- 
cipj  di  movimento,  e  di  azione  sparsi  pel  resto  del  corpo, 
ed  estrinseci  per  così  dire  al  sistema  del  Circolo  ,  giungono 
a  questo  sistema ,  e  dentro  di  esso  modificano  il  movimento 
del  Sangue  .  Chi  non  vede  quanto  ciò  renda  il  Problema  ele- 
vato e  trascendente  .  Come  ,  ripeto  ,  in  mezzo  a  tanti  agen- 
ti ,  che  davvicino  o  da  lungi  presiedono  al  movimento  del 
Sangue  assegnerem  noi  al  Cuore  la  parte  che  gli  appartiene  ? 
Come  ridurrem  noi  il  Problema  semplice  quanto  è  mestieri  , 
onde  ci  sia.  lecito  di  affrontarne  lo  scioglimento?  E  volendo 
pur  farlo  qual  norma  seguirem  noi  ,  onde  ci  riesca  d"  aggiu- 
gnergli  soltanto  quelle  restrizioni  che  la  natura  tolera  e  ammette, 
che  nel  renderlo  semplice  non  giungano  a  travisarlo  e  a  tras- 
formarlo in  un  Problema  chimerico  ,  o  meramente  curioso  e 
infecondo  di  utili  applicazioni  ?  E  non  pertanto  ,  e  malgrado 
gli  ostacoli  luimeiosi  ,  che  ci  si  affacciano  ,  e  sembrano  chiu- 
dere del  tutto  l'adito  ad  ogni  ricerca  sull'argomento  presen- 
te confesso  che  non  giungo  a  persuadermi  ,  che  sia  assoluta- 
mente un  perditempo  l'accostarsi  a  discuterlo  .  Questi  osta- 
coli insormontabili  certamente  ove  si  agogni  ad  uno  sciogli- 
mento della  quistione  compiuto  e  in  ogni  sua  parte  perfet- 
to ,  cessano  forse  d' esser  tali  se  pongasi  modo  alle  nostre 
mire  e  speranze?  Qual'  è  infatti  il  vantaggio  reale  ,  che  que- 
sta discussione  ne  promette  ;  e  quale  è  lo  scopo  a  cui  però 
dobbiamo  rivolgerla  ?  Quello  ,  se  non  erro  ,  di  porci  in  ista- 
to  di  conoscere  fino  a  qual  segno  si  estenda  sul  Circolo  l'in- 
flusso del  Cuore  ,  e  qual  posto  competa  a  questo  Viscere  tra 
gli  Agenti  dalla  natura  destinati  a  guidare  in  giro  il  Sangue. 
Uno  scopo  tale  limitato  e  ciicoscritto  in  tal  guisa  non  richiede 
per  quanto  parmi  né  tal  rigor  di  misure  né  tal'esattezza  di  calcoli 
che  debba  disanimarne  di  troppo  e  vietarci  qualsiasi  tentativo. 
Le  approssimazioni ,  a   cui  non  è  fuor  di  proposito  ,  che  giù- 

Xx  a  gner 


34^  Decla  forza j  e  dell'influsso  del  cuors  ec. 
gner  si  possa  ,  sembra  che  bastar  debbano  all'  uopo  .  Io  cer- 
tamente nulla  non  mi  propongo  di  più  ,  e  restringendo  le 
mìe  vedute  entro  questi  confini  mi  lusingo  anzi  di  confor- 
marmi alla  situazion  presente  e  ai  bisogni  attuali  delle  Teo- 
rie Fisiologiche  ,  e  soprattutto  della  dottrina  dei  Circolo  mi- 
nacciata per  quanto  pare  ,  a  ([uesti  tempi  di  una  ri-voluzion 
totale  j  per  cui  lungi  che  sia  naestieri  di  prendersi  soverchio 
fastidio  delia  determinazione  rigorosa  della  forza  del  Cuore 
r  influsso  stesso  di  questo  viscere  sul  movimento  del  Sangue 
è  ornai  divenuto  oggetto  di  dubbi  e  di  controversie  .  Ma  per 
le  cose  fin  qui  dette  lo  stato  della  quistione  ,  quale  almeno 
io  me  lo  propongo  ,  ò  ornai  dichiarato  abbastanza  , 

MISURA  DEL  SORELLI . 

E  prima  di  tutto  giacché  a  tratto  a  tratto  dall'  urto  e 
conflitto  delle  opinioni  schizza  qualche  raggio ^  che  ne  addita 
la  strada ,  onde  giungere  alla  scoperta  del  vero  ,  non  sarà 
forse  del  tutto  inutile  il  passare  in  rassegna  quelle  almeno 
tra  le  misure  fin  or  recate  della  forza  del  Cuore  che  anno 
levato  di  se  maggior  grido  presso  i  Teorici .  Alfonso  Borelli 
osò  il  primo  proporsi  questo  Problema  ,  e  tentarne  la  solu- 
zione nel  Trattato  puc'  anzi  citato  ;  nel  quale  incontransl  per 
tutto  indizj  di  non  ordinaria  sagacità  ,  che  lo  rendono  prege- 
volissimo, e  a  certi  riguardi  anche  classico  ,  malgrado  i  difet- 
ti in  gran  parte  comuni  e  inevitabili  delle  Opere  per  la  mor- 
te degli  Autori  rimaste  imperfette  -,  del  qual  danno  è  d'  uopo 
conlessare  ,  che  risentesi  in  modo  speciale  la  parte  seconda 
di  questo  Trattato  ,  a  cui  appunto  appartiene  il  Problema 
presente  •  Né  vuoisi  parimente  tacere  che  il  Borelli  in  que- 
sta sua  Opera  annunzia  in  ogni  incontro  una  cotal  propen- 
sione a  magnificare  oltre  forse  i  termini  del  giusto  la  forza 
musculare  :  nell'estimazione  della  quale  pare  che  miri  e  am- 
bisca di  sorprendere  colla  stranezza  o  vera  o  apparente  de' 
risultati ,  a  cui  giugue  ;  di  che  bea  ci  fa  fede  la  misura    per 

lui 


Di  Michele  Araldi»  349 

luì  recata  della  forza    del    Cuore  ,    cui  el  non  esita  ad  ugua- 
gliare a  un   peso  di    i35ooo  libbre  e  parendogli  ciò  forse  po- 
co, di   180CCO.  E  a  questo  proposito,  giacché  il  luogo  è  cp- 
portunoj  non  crederò  di  divagarmi  dal  mio  assunto  ,  se  met- 
tendo per  poco  da  parte  il  cuore    mi    arresterò  a  disaminare 
uno    degli  elementi  ,    de'  quali  il  Borelli  si  crede    in    obbligo 
di  tener  conto  nella  misura  in  genere  della  forza  de'   Musco- 
li .   Per   l'  introduzione  di  questo  elemento    non   cresce    meno 
di  un  doppio  la  forza  impiegata,  e  dovuta  all' influsso  di  tut- 
ti gli  altri  elementi  presi  congiuntamente.  Dopo  di  avere  di- 
mostiato  concludentemente  ,  e  a  tutto  rigore    che    i    Muscoli 
in  tutti  quasi  gì'  incontri  impiegano  nel!'   agire    più  forza  as- 
sai di  quella,  che  si  manifesti  ne'  loro  effetti  sensibili  ;  e  di  aver 
provato  che  siffatto  dispendio  di  forza  deriva  necessariamente 
dal  modo  sconcio  e  disadatto  a  renderla  utile  ed  efficace,  eoa 
cui  viene  essa  a  contrasto  coolì  ostacoli  ,    che    giusne  a  vin- 
cere ,    Ei    non  solo  tien  conto    delle    condizioni  e  circostanze 
tutte  ,  che  influiscono  su  ciò  ;    ma  dopo  di  aver  raccolte    as- 
sieme le  perdite  paraiali  dovute  a  cadauna  di  dette  condizio- 
ni ,  ei  raddoppia  questa  somma ,  e  si  crede  tenuto  a  raddop- 
piarla sul  fondamento  o  pretesto,  che  il  Muscolo  agisce  a   un 
tempo    sopra  1'   uno  e  sopra  l'  altio  de'  suoi  estremi  ;    sopra 
quello  che  cede  ,    e    sopra  quello  che  immobilmente   resiste  , 
e  resistendo  determina  1'   azion  musculare  ad  impiegarsi  util- 
mente tutta  sull'altro  .  Questo  raddoppiamento  per  poco  non 
è  dal  Borelli   risguardato  ,  siccome   un    principio  Meccanico  , 
di  cui   non  sia  lecito  dubitare.   Secondo  lui   se  una  corda  rac- 
comandata a  un  cliiodo    sostenga    il    peso    di    una    libbra  .    la 
forza  ,    con    cui  la  corda  resiste  a  rompersi     equivale  al  peso 
di  due  libbre  ,   perchè  ,  se   mal  non  interpreto  la  sua   mente  , 
il  peso  fa  sorgere  in  essa  una  tensione  ,    che  agisce  quinci  e 
quindi  egualmente  e  contro  il  peso  e  contro  il  chiodo  jn  gui- 
sa che  siccome  la  porzion  della  stessa  ,    che    impiegasi   a  so- 
stenere adegua  certamente  il  peso,    è    giuoco    forza  inferirne 
dio  r  intera  tensione  eqnivaglia  a  due  libbre  .    Infatti  se  in- 
'  ve- 


35o      Della  forza,  e  dell'influsso  del  cuore  ec. 
vece  di  suppor  la  corda  pendente  da  un  chiodo  ,  la  concepi- 
remo posta  sopra  e  attorno  a  una  carruccola ,  e  che  due  pe- 
si  cadaun  di  una  libbra  pendano  da  cadauno    de'  suoi    estre- 
mi ,  in  questo  caso  la  corda  contrasterà   col   peso  di  due  lib- 
bre ;  eppure  in  essa'  non  sorgerà  certamente  fuori  che  quella 
tensione    stessa  ^    che    dianzi   in  essa  sorgeva  per  V  azione    di 
un  peso  solo  combinata  colla  reazione  del  chiodo.  E  affinchè 
questo  ,  se  n'  ha  mestieri  ,  apparisca  anche  viemeglio ,    pon- 
gasi mente  a  ciò   che  "accade    alla    corda    posta    attorno    alla 
carruccola  ,    ove    tutt'    all'  improvviso  vengano  a  scemare  di 
eguali  porzioni  i  due  pesi  eguali  da  essa  sostenuti .  La  corda 
si    accorcierà    ossia    solleverà  un  tal  poco   quinci  e    quindi  i 
due  pesi  quanto  è  mestieri    perchè  lo  scemamento  della  ten- 
sione conformisi  con  quello  de'   pesi ,  e  risorga  il  perduto  e- 
quilibrio  .  Or  non  è  egli  manifesto  ,  che  se  in  questa  ipotesi 
si  concepisca  la  tensione    divisa  in  due  parti  eguali    cadauna 
di  questa  supera  la  resistenza  del  peso  ,    che  le  corrisponde  , 
e  che  dunque  l'intera  tensione  equivaleva  dianzi  alla  somma 
de'  pesi  ,  quando  dianzi  prima  dello  scemamento  equilibrava- 
si  co' medesimi  ?  Questo  discorso,  cui  mi  lusingo  di  non  aver 
punto  indebolito  nel  riferirlo  _,  comunque  forse  un  non  so  che 
gli  manchi  di  abbagliante    e  seducente    confesso  ,    che  non  è 
mai  giunto  a  convincermi  ,    e    che    anzi  ho  sempre    ravvisalo 
in  esso  un  indizio  di  quella  alquanto  smaniosa  voglia  di  esa- 
gerare la  forza    de'  Muscoli  ,  di  cui  il  Borelli  è  stato    non  in 
tutto  a  torto  ripreso  .  E  perchè  non  occorre  abl>andonar  così 
subito  un  punto  di  non  lieve  momento  nella  estimazione  del- 
la forza  de'  Muscoli  ,  e  rapporto  al  quale  i  Fisiolngisti  anche 
più  riputati  seguono    a    ricopiare  Borelli  e  a  ricopiarsi   1'   un 
r  altro,  se  fisseremo  per  poco  l'attenzione  sulla  corda,  che 
pende  dal  Chiodo  ,  e  sostiene  una  libbra  ,  non  ci  si  ofFiiran-     jl 
no  motivi ,  per  quanto  parmi  ,    onde    persuaderne  ,    eh'  essa 
esercita  una  forza,  o  in  altri  termini,  clie  in  essa  sorge  una 
tensione  eguale  a  due  libbre .  Lascio  1'  oliesa  ,  che  da  questo 
raddoppiamento   riceve  il  senso   comune  .    Avverto    piuttosto 

che 


Di  Michele  Araldi.  35 i 

che  il  pronunziare  su  ciò  forse  più  che  non  ai  Meccanici 
appartiene  ai  Metafisici  .  La  Meccanica  ,  come  qualunque  al- 
tra delle  Scienze  esatte  ,  non  si  occupa  che  di  confronti  ;  e 
di  confionti  tra  quantità  della  stessa  specie,  riferendole  sem- 
pre a  certe  unità  ,  a  certi  Moduli  di  natura  anch'  essi  con- 
forme a  ([uella  delle  quantità  ,  che  vengono  confrontate  ,  don- 
de iioiì  si  pena  a  vedere  che.  questa  quistione  non  può  inte- 
ressare i  Meccanici  .  Che  se  ci  rivolgeremo  ai  Metafisici  , 
questi  in  mezzo  all'  incertezza,  in  cui  confessano,  e  profes- 
satio  di  essere  su  i  vincoli  ignoti ,  che  legano  le  cagioni  agi" 
efiettij  e  sulla  natura  di  quella  arcana  uguaglianza,  che  pas- 
sa tra  le  prime  ,  e  i  secondi  ,  io  peno  assai  a  credere  ,  ch'es- 
si fossero  per  decidere  contro  il  comun  senso,  presso  il  qua- 
le certamente  una  corda  ,  da  cui  pende  una  libbra  sostiene 
una  libbra  ,  e  non  due  .  E  comunque  sia  certo  che  la  ten- 
8Ìon  di  una  corda  si  esei'cita  egualmente  sopi-a  il  chiodo  ,  e 
sopra  il  peso  ,  quindi  ,  diranno  essi ,  non  ne  segue  già  egli 
ciò  ,  che  B  irei  li  pretende  .•  come  niuno  dirà  ,  che  se  ad  un 
corpo  posto  sopra  un  piano  sovrappongasi  il  peso  di  una  libbra, 
quel  corpo  sostenga  due  libbre  ,  a  motivo  della  pressione  , 
'  che  in  direzione  opposta  a  quella  del  peso  sovrapposto  esso 
fotìPre  dal  Piano  .  La  tensione  è  ima  cotal'  affezione  di  (|uella 
forza  qualunque  ,  da  cui  sono  mantenuti  a  contatto  gli  ele- 
menti della  corda  ,  che  nel  sorgere  non  può  non  vestir  tosta- 
mente questo  carattere  ,  per  cui  essa  esercita  1'  energia  sua 
in  opposte  direzioni  •  Questa  propiietà  è  rinchiusa  nella  sua 
essenza,  Boreili  potrebbe  forse  aver  ragione  ,  se  fosse  leci- 
to di  separare  almeno  mentalmente  la  tensione  in  due  par- 
ti dirette  1'  una  contro  il  peso ,  1'  altra  contro  il  chiodo  . 
Ma  questa  comechè  mentale  separazione  non  sembra  leci- 
ta ,  perchè  non  avvi  porzion  niuna  della  tensione  che  non 
sì  eserciti  quinci  e  quindi  egualmente  .  Però  giacché  è  pur 
certo  che  la  tensione  sorge  nella  corda  in  seguito  dell'  appli- 
cazione del  peso;  e  cresce  e  scema  con  questo,  e  ben  per 
tutti  i  caratteri  ci  si  presenta  siccome  efì'elto  del  medesimo , 

nien-» 


35a  Della  forza»  e  dell'influsso  del  cuore  ec 
niente  vieta  che  ,  volendo  pur  esprimere  quella  proporzio- 
ne ;  che  passa  tra  1'  uno  ,  e  l'  altra  ,  non  si  scelga  la  relazio- 
ne di  uguaglianza  acconcia  all'  uopo  quanto  iiiuu'  altra  ,  e 
conforme  poi  sopra  pgni  altra  alle  idee  universalmente  adot- 
tate e  al  senso  comune  .  Così  forse  potrebbero  rispondere  i 
Metafisici;  ai  quali  per  altro  non  rinunzio  già  io  la  decisione 
della  controversia  per  modo  che  non  mi  dich-ari  disposto  ad 
ascoltare  più  voloniieri  assai  la  Meccanica  .  Il  che  dico  per- 
chè non  sono  senza  qualche  lusinga  che  a  mostrare  vieme- 
glio r equivoco  preso  dal  Borelli  non  sarà  giudicata  del  tutto 
inutile  la  considerazione  seguente  . 

Suppongasi  che  da  una  corda  raccomandata  a  un  chiodo 
penda  un  peso  di   una  libbra.   Suppongasi  che  dagli  estremi  di 
un'altra  corda  uguale  in  tutto  alla  prima  ,  ma  ravvolta  attorno 
a  una  girella  pendano  quinci  e  quindi  due  pesi   uguali  cadau- 
no a  una  libbra  .  Sorge  nell'  uno  e  nell'  altro  caso  nella  cor- 
da una  cotale   tendenza  ad  accorciarsi,  la  qual  tendenza  costi- 
tuisce la  forza  ,  di  cui  si  tratta  di  recare  la  vera  e  reale  misu- 
ra .   Siccome  l'energia,  l'intensione,   il  grado  prec'so,  qualun- 
que e' sia,  di  questa  forza,  è  visibilmente  uguale  nell'uno  e  nell' 
altro  de'  due  casi  proposti  ;  e  che  nel  secondo  essa  si  eserci- 
ta contro  due  libbre,  Borelli  ne  inferisce  che  anche  nel  pri- 
mo sia  dessa  rappresentata  dal  peso  di  due  libbre.  Per  quan- 
to pare  non  ci  è  già  lecito  a  parer  suo   di  rovesciare    il    dis- 
corso ;    e    poiché  nel  primo  caso  non   pende    dalla   corda  che 
una  libbra  ,    inferirne    che    anche  nel  secondo  caso  lo  sforzo 
venga  da  una  sola  libbra  rappresentato  .    Ciò    al   Borelli    non 
sembra  lecito  ,    perchè  non  vuoisi    secondo  lui  dimenticare  il 
chiodo,  contro  cui   nel  primo  caso  agisce  uno  sforzo  eguale  a 
quello  ,    che  si  bilica  colla  libbra  pendente    dall'  altro  estre- 
mo della  corda  .  Nel  ripetere  il  discorso  del  Borelli   ho  inte- 
so di  farmi  strada  ad  aggiungere  ,    che  forse  finché  si  conce- 
pisce   che    sussista  lo  stato  di  equilibrio  ,,  può    rimanere    in- 
deciso qual  misura    convenga    adottare    dello    sforzo    esercita- 
to dalla   corda   eguale    senza  dubbio  in  entrambi  i  casi  .   ma 

di 


Di  Michele  Araldi  .  353 

di  cui  in  entrambi  i  casi  resta  un  pò  duLLio^  se  adegui  il 
peso  di  una  libica  ,  o  non  piuttosto  quello  di  due  .  Nella 
lusinga  che  a  dissipar  queste  dubbiezze  qualche  raggio  di  lu- 
ce balenar  possa  dal  passaggio  improvviso  dallo  stato  di  e- 
quilibrio  a  quello  di  movimento  e  di  azione,  suppongasi  che 
tanto  il  peso  di  una  libbra  pendente  dalla  corda  fissata  al 
chiodo  ,  quanto  cadauno  degli  altri  due  sostenuti  dalla  corda 
ravvolta  attorno  alla  girella  scemino  tutt'  all'  improvviso 
egualmente.  L'equilibrio  rimarrà  noli'  atto  stesso  alterato; 
le  corde  si  accorcieranno,  e  a  proporzione  saranno  i  pesi  co- 
stretti ad  alzarsi  .  Affine  di  aver  diritto  di  supporre  costanti 
le  potenze  ,  che  pel  supposto  improvviso  cangiamento  sonosi 
rivolte  ad  agire  non  si  tenga  conto  che  del  movimento  ini- 
ziale ;  di  quello  vale  a  dire  clie  ha  luogo  nel  primo  tempus- 
colo infinitesimo  .  Queste  stesse  potenze  ,  che  concorrendo 
dianzi  a  sostenere  sonosi  rivolte  ad  agire  adeguano  o  lo  see-/ 
mamento  sopravvenuto  ai  pesi,  o  secondo  il  Borelli  il  dop- 
pio di  questo  scemamento .  Vediamo  se  debbasi  piuttosto 
adottare  la  prima  misura  o  la  seconda  .  Mi  verrà  ,  me  ne 
lusingo  j  accordato,  che  nel  primo  tempuscolo  infinitesimo 
segue  iu  entrambe  le  corde  un  eguale  accorciamento  .  Con- 
foimi  a  questo  saranno  gli  spazii  percorsi  verso  1'  alto  dai 
pesi.  Cadauna  delie  due  lUibre  attaccate  agli  estremi  della 
corda  posta  attorno  alla  girella  si  alzerà  per  uno  spazio  la  me- 
tà minore  di  quello  ,  cui  scorrerà  la  libbra  sostenuta  dalla 
corda  fissa  al  chiodo  .  Si  otterranno  in  entrambi  i  casi  a  nor- 
ma delle  Teorie  Meccaniche  universalmente  adottate  due  ef- 
fetti eguali;  giacché  l'alzamento  di  una  libbra,  per  un  cer- 
to spazio  costituisce  un  effetto  perfettamente  uguale  all'alza- 
mento di  due  libbre  per  uno  spazio  minore  della  metà  ;  co- 
me uguali  sono  gli  effetti  ,  uguali  saranno  gli  sforzi  quinci  , 
e  (juiiidi  impiagati  a  produrli  •  Intanto  la  furza  appartenente 
alla  corda  attaccata  al  cbtodo  nell'  atto  che  con  uno  sfor- 
zo utile  ,  e  nel  carattere  di  vera  forza  motrice  agisce  sul- 
la libbra,  e  la  solleva,  non  cessa  di  giung^^re  al  chio  lo  e  di 
2  omo  XI.  Y  y  agir 

i 


354  Della  forza,  e  dell'influsso  del  cuore  ec. 
afir  su  di  esso  nella  qualità  di  forza  premente  ,  e  non 
pertanto  sorge  nella  libbra  pendente  e  sollevata  un  effetto 
iiouale  a  quello,  che  sorge  nelle  due  libbre  attaccate  agli 
estremi  delT  altra  corda  per  uno  sforzo,  che  tutto  s'impiega 
utilmente  nel  muoverle  .  Da  ciò  sembra  lecito  1'  inferire  che 
nel  misurare  e  determinare  lo  sforzo  esercitato  dalla  eorda 
nel  caso,  che  segua  turbam.ento  di  equilibrio  si  può  prescindere 
dalla  pressione ,  che  dependenternente  da  questo  sforzo  soffre 
il  chiodo  ,  e  che  però  e  per  ultima  conseguenza,  o  si  debba, 
o  se  non  altro  sia  assai  ragionevole  il  prescinderne  nel  caso 
anche  dell'  equilibrio,  cosicché  la  forza,  che  nella  qualità 
di  semplice  forza  premente  vien  concepita  nella  corda  sia 
adeguatamente  rappresentata  dal  peso  sostenuto  ,  e  non  già 
dal  doppio  di  questo  peso  . 

E  qui ,  giacché  il  luogo  m'  invita  a  farlo  ,  non  mi  sia 
disdetto  di  collocare  una  breve  digressione  diretta  a  toglier 
di  mezzo  ,  se  pur  riesco  a  farlo  ,  alcune  o  reali  o  a  meglio 
dire  apparenti  opposizioni  ,  che  s'  incontrano  presso  i  Mecca- 
nici ,  laddove  trattano  della  Teoria  del  Cuneo  ,  Essi  nel  fis- 
sare la  relazione  ,  che  nel  Cuneo  passa  fra  la  forza  ad  esso 
applicata  e  la  resistenza  non  sembrano  in  tutto  d'  accordo  . 
Rapporto  a  che  mi  giova  metter  da  parte  le  determinazioni  vi- 
sibilmente soggette  a  gravi  eccezioni  ;  quella  a  camion  d'esem- 
pio ,  la  qual  leggesi  neil'  ultima  e  più  elaborata  opera  del 
Muscembroek  ,  che  nella  sua  voluminosa  Introduzione  al- 
la Filosofia  naturale  si  permette  di  stabilire  ,  che  in  due 
Cunei  diversamente  conformati  ,  tali  vale  a  dire  che  1'  uno 
nel  suo  piofìlo  rappresenti  un  triangolo  rettangolo  1'  al- 
tro un  Triatigclo  isoscele ,  la  forza  del  primo  stia  alla  re- 
sistenza come  la  base  alla  lunghezza  del  Cuneo  ;  nell'  altro 
come  la  metà  della  base  alla  lunghezza  medesima  .  Questa 
determinazione  alquanto  strana  per  vero  dire  ,  giacché  da  es- 
sa seguirebbe  che  la  semplice  diffei'enza  di  configurazione  nel 
Cuneo  si  strascinerebbe  con  seco  un  enorme  divario  nella  re- 
lazione fra  la  forza  e  la  resistenza  ,  sembra  che  dovesse  muo- 
ve- 


Di  Michele  Aualdi  .  355 

vere  questo  Fisico  a  sospettare,  ch.i  nel  discorso,  per  cui 
vi  giugiie  ,  riiichiutlasi  qualche  paralogismo;  cui  non  cerche- 
rò ora  in  ciie  consista  ,  mentre,  come  è  detto ,  è  meglio  at- 
tenersi alle  misure  sulla  giustezza  delle  quali  non  cade  dub- 
bio veruno  .  Anche  in  queste  incontrasi  una  cotale  opposi- 
zione ,  che  reputo  piuttosto  apparente  ,  che  reale  .  E  pren- 
dendo r  esempio  più  semplice  quello  del  Cuneo  foggiato  in 
guisa,  che  il  suo  profilo  sia  un  triangolo  isoscele,  e  situato 
pure  in  modo  che  la  base  ne  sia  parallela  al  fulcro  immobi- 
le^  a  cui  si  appoggia  il  coipo  da  fendersi,  chi  dice  che  in  sif- 
fatto caso  ed  esempio  la  forza  sta  alla  resistenza  come  la  ba- 
se alla  lunghezza  del  Cuneo:,  mentre  altri  ,  come  affin  di  ci- 
tarne un  solo  il  Bossut  ,  afferma  ,  che  la  forza  sta  alla  som- 
ma delle  resistenze  co.ne  la  metà  della  base  alla  lunghezza  . 
Siccome  nel  comune  significato  de'  vocaboli  la  resistenza  in 
genere  sembra  identica  alla  somma  delle  resistenze  ,  delle 
due  misure  recate  la  prima  sembra  diversa  dell'  altra  e  di- 
versa del  doppio  .  Ma  una  mediocre  attenzione  basta  a  mo- 
strare che  la  resistenza  considerata  nella  prima  misura  trovasi 
raddoppiata. nella  seconda  per  un  raddoppiamento  conforme 
a  quello,  con  cui  il  Borelli  immagina  che  la  sua  corda  fissa- 
ta a  un  chiodo  eserciti  una  forza  doppia  del  peso  da  essa 
nell'altro  esti-emo  pendente.  Questo  raddoppiamento  è  impli- 
citamente rinchiuso  nella  espressione  di  somma  delle  resisten- 
ze. Se  si  concepisca,  che  tra  le  due  faccie  opposte  della  fen- 
ditura aperta  dal  Cuneo  nel  Corpo  sia  collocata  una  Ct)rda  , 
che  parta  dall'una  e  termini  nell'altra,  e  ne  vieti  l'ulterio- 
re allontanamento,  bilicandosi  colla  forzi  applicata  al  Cuneo 
stesso,  potrà  pur  concepirsi,  chela  resistenza  di  questa  cor- 
da adegui  la  Ibiza  esercitata  da  una  corda  simile  fissata  a 
un  chiodo  e  condotta  a  un  egual  grado  di  tensione  da  un 
certo  peso  .  E  manifesto  che  prendendo  per  misura  dello 
sfoizo  di  quest'  ultima  corda  o  il  peso  pendente,  o  il  dopp'O 
di  <pii  sto ,  alla  prima  determinazione  corrisponderà  nel  Cu- 
neo la  prima    delle    due    relazioni    sopra    recate  ,    quella  per 

Y  y  a  cui 


356     Della  forza  ,  e  pei  l''  influsso  del  cuore  ec. 
cui  si  afferma  che  la  forza  sta  nel  Cuneo   alla   resistenza  co- 
me la  base  alla  lunghezza;  alla  seconda  corrisponderà  l'altra 
che  la  mela  della  base  sta  alla  lunghezza    come  la  forza  alla 
somma  delle  resistenze  . 

Mi  si  permetta  di  arrestarmi  alcun  poco  nell'  esame  di 
im  altro  tratto  dell'  insigne  opera  del  Borelli  ;  rapporto  al 
quah'  senza  ch'io  condanni  le  sue  intenzioni  e  vedute  nutro 
qualche  sospetto  ,  che  nelle  considerazioni  ,  a  cui  lo  guida 
il  desiderio  e  la  lusinga  di  giungere  a  determinare  la  foiza 
per  lui  detta  assoluta  de' Muscoli,  ei  trascorra  oltre  ì  coiifini 
in  ogni  incontro  prescritti  alla  vera  e  pura  e  rigorosa  Mec- 
canica .  Gioverà  per  maggiore  chiarezza  valersi  di  un  caso 
ed  esempio  speciale  ,  Suppongasi  che  i  Muscoli  della  Mascel- 
la inferiore  giungano  nel  loro  massimo  sforzo  a  stritolare  un 
corpo  frapposto  ai  denti  duro  a  un  segno  che  a  romperlo 
fosse  richiesto  un  peso  di  i5o  o  i6o  libbre  .  Se  si  tenga 
conto  dei  discapiti  inevitabili  sofferti  dai  Muscoli  a  motivo 
della  Macchina,  attraverso  a  cui  giugne  il  loro  sforzo  al  cor- 
po ,  questo  loro  sforzo  dovrà  valutarsi  assai  più  .  Potrà  esso 
senza  esagerazione  rappresentarsi  col  peso  di  libbre  3oo.  Bo- 
relli non  è  contento  di  raddoppiar  questo  peso  ,  spingendolo 
fino  alle  600  per  1'  addotto  motivo  o  pretesto  ,  che  i  JMusco- 
li  impiegano  la  metà  di  questo  sforzo  contro  i  punti  immo- 
bili ,  dai  quali  nascono  e  partono  \  ma  dopo  di  averlo  rad- 
dopp  ato  non  esita  a  dichiararlo  ben  trenta  volte  maggiore  .  A 
questo  aumento  è  desso  condotto  dal  concetto,  eh'  ei  si  è  forma- 
to neir  animo  della  struttura  intima  delle  fibre  nuisculari  ; 
cadauna  delle  quali  ei  la  immagina  nell'aspetto  di  una  serie 
di  vescichette  romboidali  opportune  ,  giacché  le  pareti  loro 
vengono  pure  supposte  poco  o  nulla  distrattili,  ove  tutt' all' 
improvviso  si  gonfiino,  a  scemar  di  lunghezza,  e  conseguen- 
temente ad  accorciare  notabilmente  la  fibra  ,  lungo  la  quale 
sono  esse  le  une  dietro  alle  altre  collocate.  Or  qui  vuoisi  av- 
vertire, che  quel  peso  stesso  ,  cui  sosterrebbe  o  solleverebbe 
un'  intera  fibia  ,    verrebbe  pur  sostenuto  o  sollevato  da  una 

,    .       (  so- 


Di  Michele  Araldi  .  SSj 

sola  delle  vescichette  romboiJaii  ,  dall'  infima  a  cagion  d'  e- 
semnio  ,  clu;  la  compongono  .  Grande  non  pertanto  è  la  dif- 
ferenza ,  che  passa  fra  un  caso  e  1'  altro  ;  poiché  se  il  peso 
venosa  sollevato  sì  neh'  uno  che  nell'  altro  ,  qniuci  dalla  fi- 
])ra  ,  fjuindi  dalla  vescichetta  ,  lo  spazio  ,  per  cui  verrà  solle- 
vato ,  sarà  tanto  maggiore  nel  primo  ^  che  nel  secondo ,  quan- 
to il  numero  delle  vescichette  componenti  la  fibra  supera 
1'  unità  .  Il  che  vuol  dire  ,  che  essendo  uguali  i  pesi  sono 
tuttavia  disuguali  i  loro  momenti  ;  applicando  a  questo  ter- 
mine di  momento  il  significato  ,  che  gli  fu  dato  da  quelli  , 
che  dietro  le  tr;icce  del  Galileo  lo  introdusser  da  prima  nel- 
le discussioni  meccaniche  .  Ciò  ,  che  dicesi  di  una  fibra  ,  si 
avverta  di  un  qualunque  loro  aggregato  ;  di  un  Muscolo  in- 
tero ;  la  cui  forza  conseguentemente  Borelli  si  crede  in  dirit- 
to di  adeguare  non  già  al  peso  solo,  con  cui  si  bilica,  ma 
con  questo  peso  moltiplicato  pel  numero  delle  vescichette 
romboidali,  che  assumendo  una  lun<ihezza  media  fra  le  fibre 
più  lunghe  ,  e  le  più  corte  ponno  concepirsi  comprese  fra 
un  estremo  e  l'  altro  del  Muscolo  stesso  .  Procedendo  in  tal 
guisa  non  pena  gran  fatto  il  Borelli  a  giungere  a  quelle  sue 
determinazioni  e  misure  della  forza  inusculare*,  le  quali  come 
che  parer  possano  esorbitanti,  pur,  se  ben  si  mira  ,  nulla  in 
se  non  rinchiudono  ,  che  debba  parer  strano  e  sorprendente 
e  iiicredibde  .  Né  già  è  questo  il  motivo,  per  cui  mi  si  ren- 
de un  tal  poco  sospetto  il  processo  e  metodo  tenuto  dal  Bo- 
relli nelf  ardua  indagine,  cui  egli  il  primo  osò  di  proporsi, 
•e  in  cui  non  isdegnò  di  seguirne  ,  e  premerne  le  orme  un 
Giovanni  Bernulli  .  Certo  che  se  un  Matematico  nell'  accin- 
gersi a  determinare  la  forza  musculare  si  creda  tenuto  a  fis- 
sare e  misurare  l'  impiego  e  il  dispendio  di  quel  principio 
qualunque,  di  quella  qualunque  sostanza  attiva,  ed  energi- 
ca ,  che  operando  ne'  Muscoli  e  nell'  interno  delle  lor  fibre 
rinchiude  in  se  la  ragione  di  (jnella  forza  ,  eh'  essi  dispiega- 
no ,  certo  che  ,  dico  ,  se  un  Matematico  mirerà  a  questo 
scopo  ,  o  si    troverà  costretto  a  porsi  sulle  traccie    del  Borei- 

li. 


358     Della  forza,  e  dell'influsso  del  cuore  ec. 
li  s  <J  scegliendo  altra  strada  ,    giuguerà    non    pertanto  a  con- 
clmisioni    poco    diverse  .    Il    mio    timore  si  è  ,  se  i  cosiffatti 
teutcìtivi  non  sieno  per  avventura    disdetti  al  Meccanico  ;    se 
possa  questi    esporsi    senza    scrupolo  al  risico  di  contaminare 
d'  idee  meramente  ipotetiche  la  Scienza    quanto     nobile  ,    al- 
trettanto severa  ch'esso  coltiva.  Abbiasi  una  corda  capace  di 
resistere  a   un  certo  peso  ;    ossia   tale  che  a  giugnere  a  lace- 
rarla richleggasi   un  certo  peso  •  Se  questa  corda  dividasi  pel 
traverso  in   più  parti  ,  non  ha  dubbio  che  un  peso  eguale  al 
primo  richiederassi  a  lacerare  cadauna  di  queste  parti .   Né   in- 
ferirem   noi   quindi  che  la  resistenza    opposta  dalla   corda  alla 
lacerazione  fosse  eguale    alla  somma  di  questi  pesi  •    Eh    che 
ninno  noi  dirà  mai  .  Eppure  e  certo  ,   che    se  immagineremo 
che  la  corda  resista  a  motivo  di  una  sostanza  ,  che  penetran- 
dola intimamente  ne  mantiene  a  contatto  le  parti   e  loro  vie- 
ta discostarsi  e  disunirsi  ,   la   forza   assoluta  di  questa  sostan- 
za sarà  proporzionale  all'  energia  sua  propria,   e  alla  liuighez- 
za  della  corda  ,  ossia  al   numero  delle   parti  ,    a    cui  si  appli- 
ca .  Ma  ,  comunque  ciò  sia  vero ,    i    Meccanici     si    permette- 
ranno non  pertanto  di  prescinderne  ,    né  trattando  delle  funi 
e  della  resistenza  da  esse  opposta  alla  rottura  ,  introdurranno 
questa  considerazione  nelle  loro  ricerche  .  Non  dirò  che  deb- 
basi   adoperar  similmente  nelle  discussioni  di  Meccanica    ani- 
niale  ;  ma  dirò  bene,  che  se  non  è  in  esse  assolutamente  inter- 
detta ogni  congettura  intorno  all'  intima  struttura  delle  parti 
e  fibre  de'  corpi   vivi  ,   vuoisi  tuttavia   in  ciò  procedere  colla 
massima    circospezione  ,     attenendosi    quanto    é    possibile    ai 
dommi  della  Meccanica  rigorosa  ,    e    schivando    di    occuparsi 
di  oggetti  che  per  l'  oscurità    loro    non    tollerano  1'   acconcia 
applicazione  de'   principii   e  teoremi  di  questa    scienza  .  Ado- 
perando in   tal  guisa  si   restringerà    per  vero  dire  il   campo  in 
cui  sia  conceduto  di   spaziare  ai  Meccanici  ;  ma  rimana  esso 
non  pertanto    vasto    assai  ,    e    nello  scorrerlo  e  coltivarlo  po- 
tranno essi    procacciare    vantaggi  grandi  alla  Fisica  animale  , 
che  giovandosi  delle  loro  fatiche ,  e  crescendo  congiuntamen- 
te 


Di  Michele  Araldi.  359 

te  nelle  altre  sue  paiti  affidate  ad  altri  coltivatori  ;  alla  te- 
sta de' quali  ritengo  che  debbano  mettersi  gli  Anatomici,  a 
qualche  tempo  foise  giugnerà  a  tale  da  poter  offrire  ai  Mec- 
canici i  dati  necessarii  ,  onde  di  grado  in  grado  sollevarsi  a 
ricerche  più  sublimi  di  quelle  ,  entro  le  quali  sono  essi  al 
presente  tenuti  a  restringersi  .  Benché  fissando  con  esattezza 
i  confilli  delle  spiegazioni  meccaniche  nella  Fisica  de'  viventi 
si  giugnerebbe  eziandio  a  impor  silenzio  ai  Piollini,  che  con- 
fondendo V  abuso  pur  troppo  fattosi  in  questa  Fisica  delle 
Teorie  meccaniche,  ne  vorrebbon  proscritto,  e  per  poco  non 
ne  deridono  i"  uso  anche  giusto  e  legittimo  . 

Ma  per  uscire  ornai  da  una  digressione  forse  soverchio 
prolissa  dopo  ciò  che  ho  detto,  mi  lusingo  che  niuno  si  stu- 
pirà che  io  manifesti  la  ripugnanza  ,  che  provo,  ad  entrare 
in  ninna  alquanto  minuta  discussione  della  in'snra  recata  dal 
Borelli  della  forza  del  Cuore  .  S^  egli  a  tratto  a  tratto  nella 
sua  Opera  ,  che  non  cessa  per  questo  di  essere  originale  e 
classica  ,  si  permette  di  accoppiare  ai  raziorinii  meccanici  le 
supposizioni  ,  e  le  congetture  ,  qui  è  dove  ei  le  accumula  , 
e  le  innesta  le  une  su  le  altre  con  tale  sfoggio  ,  e  se  oso 
dirlo  con  tale  intemperanza ,  che  questo  motivo  bastar  dcb- 
be  a  giustificarmi  se  non  so  né  arrestarmi  ,  né  trattener  altri 
sopra  di  un  luogo,  mi  è  assai  probabile  che  se  1'  Autore 
avesse  potuto  dare  l'ultima  mano  al  suo  esimio  lavoro,  avreb- 
be col  ritoccarlo  fd  emendarlo  posto  in  un  lume  migliore  di 
quello  ,  in  cui  prevenuto  da  Rinite  fu  costretto  a  lasciarlo  . 
Pare  ch'ei  ddHaandusi  di  poter  affrontare  direttamente  la  so- 
hizione  ihd  Problema  ,  ami  di  farlo  per  la  via  iudiietta  de' 
conCronti  ,  vale  a  diie  paragonando  il  Cuore  ad  altri  Muscoli 
di  mole  poco  diverga,  e  conseguentemente  ricchi  a  un  di 
presso  di  un  numero  eguale  di  fibre  .  11  partito  se  non  è  il 
pilli  sicuro  sembra  almi  no  il  più  spedito  :  ma  egli  nello  sce- 
glierlo si  crede  in  dovere  di  Ituer  conto  di  alcune  particola- 
rità,, per  le  quali  a  lui  sendira  che  il  movimento  e  l'azione 
del   Cuore   sia    essenzialmente    diversa    da   quella    degli    altri 

Mu- 


o6o      Pelt.a  forza ^  E  dell'influsso  del  cuore  ec. 
Muscoli  .  Qaessi   presi   in  gf-aerale    iifll'  agire    si    accorciano  , 
e  intumid:oc«)no  a  un  tejn|)0  j  e  il  tumore  e  1'  accortianieuto 
si  compensano  per  u)odo  che   il  Muscolo   uell'  agire  uè  cresce 
uè   scema  setiSibi]mer;te  di   mole.  Nel  Cuore  a  parer  del  Bo- 
relli   la  cosa  passa   molto    diversamente.    Esso   nell'agile    non 
si  accorcia,  e  sebbene  intumidisce  a  un   tempo  nella  sua  so- 
stanza ,  e  nelle  sue  pareti  ,  pur  non  cresce  di  mole  ,   perchè 
il   tunicre  si  fa  lutto  verso    1'  interno  ,    e    s'  impiega    nel    re- 
stringerne le    cavita,    e    nel    votarle,    spremendone    fuori     il 
Sangue  e  spingendulo  nei  tronchi  arteriosi  .   Conformi  a  que- 
sta notabil  differenza  fra  l' azion  del  Cuore  e  quella  degli  al- 
tri Muscoli  sono  quelle,  eh' eì  pure  ammette  nella  collocazion 
delle  tìbie,  che  a  parer  suo  nel  Cuore  per  tal  modo  s'intrec- 
ciano ,  s' incrocicchiano  5  scherzano  le  une  fra  le  altre,   e    le 
une  attorno  alle  altre,  che  venendo  esse  a  intumidire  in  tutti 
i  loro  otricelli   romboidali  ,  cospirar  debbono  e  riunirsi  a  pro- 
durre l' accennato  tumore  verso  l'interno  delle   pareti   del  Vi- 
scere e  ad  agire  a  guisa  di  torchio  sul  Sangue  rinchiuso.  Basta 
questo  breve  ragguaglio  del  metodo  tenuto  dal    Borelli  e  per 
quanto  mi    lusingo    sovrabbonda   all'  uopo    di    mostrare  ,    che 
non  ho  torto    in    tutto    manifestando    luia    cotale    alienazione 
dal   discutere  di  proposito  una  soluzione,  fh'ei    sulle    prinie 
intende   di  rendere  piana  e  spedita  ,  ma  che  in  realtà  gli  di- 
viene fra  le  mani  intralciata  al  sommo  e  spinosa  ;    e    ingom- 
bra oltracciò  e  infetta  di  più  supposizioni  ,   delle  quali  né  si 
leca ,  né  addur  si  può    niuna    prova    diretta  .    Aggiungo    che 
tra  esse  n'  ha  alcuna  ,  eh'  io  potrei    forse    senza    scrupolo    ri- 
gettare, qual  si  è  quella  a  cagion  d'  esempio  ,  in   cui  si  adot- 
ta che  il   Cuore  neU' agire  non   si  accorci  contro  il  sentimen- 
to autorevole  di  un  gran  numero  di  osservatori   eccellentissi- 
mi ;  e  contro  ciò  che  sembia  attestato  dall'uso  delle  valvole 
venose  ,  delle  quali  ove  non  si  ammetta    1'  accennato    accor- 
ciamento ,  si   penerebbe  a   comprendere  ,  come   nell'  atto  che  ■ 
il  Cuore   si   sgrava  del    Sangue    rinchiuso    potessero    sollevarsi  H 
guanto  è  raestieii  a  chiudere  gli  oiificii  venosi  j    vale  a  dire  i 

jf^  co-      I 
f 


Di  Michele  Araldi  .  36 1 

come  loro  lo  potessero  permettere  que'  vincoli  ,  ossia  quelle 
cordicelle  tendinee  poco  o  nulla  distrattili  ,  che  partendo  dal 
lembo  libero  delle  medesime  le  raccomandano  alle  pareti  in- 
terne del  Cuore  .  lo  mi  asterrò  dunque  tanto  più  volentieri 
dn!!' entrare  in  questa  disamina,  quanto  clie  son  d'avviso 
che  lo  stesso  Burelii  ,  se  risorgesse  e  fosse  vivo  e  presente 
me  ne  dispenserebbe  di  buon  grado ,  né  amerebbe  eh'  io 
ni'  arrestassi  di  troppo  sopra  di  un  luogo  ,  di  cui  è  assai  pro- 
babile ,  che  a  questi  tempi  non  esiterebbe  a  dichiararsi  poco 
contento  ,  e  a  confessar  pure  e  a  riconoscere  le  imperfezio- 
ni ,  e  i  nei  ,  che  sparsi  qua  e  là  per  1'  egregia  sua  Opera  , 
non  giungfino  tuttavia  ad  oscurarne  i  pregi  singolarissimi  j  né 
scemar  debbono  la  riconoscenza  dovuta  al  nobile  ed  animoso 
tentativo  di  chi  il  primo  s'accinse  e  spesso  e  rapporto  a  più 
punti  riuscì  felicemente  ad  assoggettare  alla  Geometria  e  al- 
la Meccanica  i  Fenomeni  animali . 

MISURA  DEL  KEIL  . 

Passìam  piuttosto  a  cercare  se  altri  per    avventura    stati 
siano  più    fortunati    del    Bercili  .    Persuaso    l' Inglese    Jacopo 
Keil  ,  che  per  1'  una  parte  la  question  presente  non    sia    per 
propria  indole  cinta  d'  ostacoli  insormontabili  ,    e    per   1'  altra 
che  deirinutilità  degli    sforzi   del    Geometra    italiano    debbasi 
accagionare  il  metodo    da   esso    scelto    neli'  accingersi  a    scio- 
glierla entrò  con  grande  animo   nella    stessa    carriera,    e    te- 
nendo una  strada  senza  confronto  più    breve ,    e    spedita    ne 
tornò  ricco  non  di    una    sola    ma    di    due    soluzioni    semplici 
assai  ed  eleganti,  e  che  oltre  a  ciò,   parendo    fondate   sopra 
sperienze  dirette  potrebbero  agevolmente  sedur  taluno  a  sba- 
gliai'le  per  rigorose  ed  esatte  .  Esse  lungi  d'  esser  tali  si  sco- 
.       stano  dal   vero  quanto  fi)rse  quella  del   Borelli  ,   ma   per    mo- 
f     tivi  diametralmente  opposti  a   quelli  ,    per    cui    quest'  ultima 
5      se  ne  allontana  .    Sembra    infatti    che    se    Borelli    mirava    ad 
ingrandire  all'  eccesso  le  forze  del  Cuore  ,    Kcil    si    proponga 
Torno  XI.  Z  z  di 


36a       Della  forza,  e  dell'influsso  del  cuore  ec. 
di  estenuarle  e  depiinitrle  ;    in    prova    di   che    basti    il    dire 
eh'  ei  riduce  a  poche  once  le   180000    libbre  ,  a  cui  esse  sa- 
lirono tra  le  mani  del   primo  ;    di    che    non    peneremo    gran 
fatto  tra  poco  a  render  ragione,   e   a    porre    a   un    tempo   in 
salvo  ,  se  n'  ha  mestieri  ,  il  decoro  della  Geometria  ,    di    cui 
valgonsi  entrambi ,  compromesso  in  certo   modo    da  sì    enoi- 
me  divario  .  Fondansi    le   due    soluzioni    del    Keil    in    parte , 
come  è  detto  sopra  certe  sperienze  instituite  sopra    cani ,    e 
in   paite  sopra  un  Teorema  del  Neuton   rinchiuso    nel    secon- 
do  Corollario  alla    proposizione     3a.'    del    secondo    libro    de' 
principii  dt^lla  Filosofia  naturale .  Affermasi    quivi    dal    New- 
ton ,  che  la  velocità  ,  con  cui  sgorga    un    fluido    da  un    foro 
aperto  nel  fondo  di  un  vaso  ,  è  dovuta    alla    forza  o  pressio- 
ne di  un  peso    eguale  a  un    Cilindro   di    quel    fluido    ampio 
nella  sua  base  quanto  il  foro  e  lungo  il  doppio    dell'altezza, 
a  cui   sollevasi  il  fluido  entro  il  vaso.  Prova   poi  egli,  o  stu- 
dia   almen    di    provare    nell'  antecedente    proposizione  ,    che 
questa   velocità   uguaglia   quella  di  un    grave  ^    che     partendo 
dalla  quiete  cadesse  per  uno  spazio  eguale  alla  stessa  altezza 
del  fluido  entro  il  vaso.  Afiìn  di  giovarsi   al    suo    intento    di 
queste  proposizioni  Keil  rivolgesi  a  cercare   la    velocità  ,  con 
cui   il  sangue  sgorga  d;il  Cuore  ,  a  cagion  d'  esempio  dal  ven- 
tricolo sinistro,  nell'Aorta,  o  a  meglio  dire  quella,  con   cui 
tenta  di   uscire,  e  che  in  fatti  riterrebbe,    se  neh' uscire  non 
incontrasse  l'inciampo  del  sangue,  che  lo    precede  ,    e    riem- 
pie  l'arteria,  e   più   o   meno  gli   resiste  e  ritardalo.    A    que- 
sto scopo  egli   indirizza  le  sue  sperienze  .    Ei  taglia    attiaver- 
so  r  arteria  iliaca  di   un  cane  .    Misura  il  salto    e   1'  ampiezza 
dell'arco   parabolico  descritto  dal  sangue,  che  ne  sgorga  con 
impeto  ,  e  valendosi  delle  note  regole    della    Teoria    de'  Pro- 
ietti, ottiene   la  velocità  di  questo  Sangue  ;    ossia    l'altezza, 
da  cui  dovrebbe  discendere  un  gvave  ,  affin    di    acquistare  la 
stessa  velocità .   Posto  ciò  peli    avverte  ,    che    attesa    la    vici- 
nanza dell'arteria  iliaca  coli' aorta  e  col    Cuore  a  niun  sensi- 
bil  ritardo  debb'  esser  soggetto  il  Sangue  nel  suo  viaggio  dal 

Cuo- 


Di  Michele  Araldi  .  363 

Cuore  a  queir  arteria  per  modo  che  siccome  col  taglio  com- 
piuto e  trasversale  della  stessa  vien  tolto  ogni  ostacolo  al 
Corso  del  Sangue  ,  1'  eseguir  ciò  è  a  un  dipresso  lo  stesso  , 
che  il  porre  interamente  in  libertà  il  Siingue  ,  che  scorre 
presso  il  Cuore  e  anzi  ne  sgorga;  donde  ne  segue  che  la  ve- 
locità ,  con  cui  lanciasi  dall'  arteria  tagliata  ,  esprime  assai 
esattamente  quella  con  cui  rimosso  ogni  ostacolo  ,  uscirebbe 
dal  Cuore  e  che  questo  tende  ad  imprimergli  .  Questi  pochi 
dati,  e  non  più  secondo  il  Keil  bastano  all'  uopo.  Il  doppio 
dello  spazio  ,  che  dovrebbe  scorrere  un  grave  affin  di  acqui- 
stare la  velocità  trovata  ci  offre  la  lunghezza  >  e  1'  orificio 
dell'  aorta  ci  offre  la  base  del  Cilindro  di  Sangue  j  che  per 
r  applicazione  che  vuol  farsi  a  questo  caso  del  Teorema  del 
Neuton  C(<\  suo  peso  uguaglia  la  forza  sostenuta  dal  Sangue, 
che  esce  dal  Cuore  ,  ossia  uguaglia  ed  esprime  la  forza  dal 
Cuore  impiegata  su  questo  fluido,  e  richiesta  ad  imprimergli 
la  velocità  ,  con  cui  esce  .  Il  Problema  per  vero  dire  non  è 
sciolto  che  pe'  cani  assoggettati  alle  sperienze  :  ma  niente 
vieta  per  quanto  pare  ,  che  i  risultati  non  si  trasportino  ali* 
Uomo  ,  seguendo  in  siffatto  passaggio  e  trasporto  1'  unica 
norma,  che  per  T  una  parte  ci  si  oftie ,  e  per  l'altra  basta 
all'  intento,  la  proporzione  cioè  della  mole,  e  della  massa  ris- 
pfttiva  del  corpo  intero,  e  del  Cuore.  Così  adoperando  giu- 
gne  finalmente  il  Keil  a  stabilire  che  la  forza  assoluta  del 
Cuore  umano  non  supera  il  peso  di  circa  otto  once.  È  questa 
la  seconda  delle  due  soluzioni,  delle  quali  siam  debitori  al 
Teorico  inglese  .  Ho  amato  di  epilogarla  a  preferenza  della 
prima  ,  perchè  questa  comunque  posi  sui  fondamenti  medesi- 
mi,  e  proceda  pur  quasi  similmente,  pur  è  meno  semnlice  , 
ed  è  nel  suo  corso  infetta  di  maggior  numero  di  supposizio- 
ni ,  che  necessariamente  vi  si  intrudono  ;  perchè  le  sperien- 
ze in  essa  riferite  non  sono  già  dilette,  come  nell'altri,  al- 
U  scoperta  immediata  della  velocità,  con  cui  il  Sangue  sgor- 
ga da  un'arteiia  tagliata  ;  ma  sibbene  a  quella  della  quanti- 
tà di  questo  fluido  ,  che  pel  detto  taglio,  e  per  quello  della 

Zz  a  ye- 


364  Della  fosza  ,  e  dell'influsso  del  cuore  ec. 
vena  corrispondente  in  tempi  eguali  può  uscire  in  guisa  che 
siccome  colla  sola  notizia  di  detta  quantità  non  riesce  1'  Au- 
tore a  rinvenire  le  velocità  ;  n)a  soltanto  la  proporzione,  che 
passa  fra  esse ,  gli  è  però  mestieri  di  aver  ricorso  ad  un  al- 
tro suo  Opuscolo.  Ei  conseguentemente  assoggetta  la  sua  so- 
luzione alle  obbiezioni  tutte  ,  a  cui  le  Teorie  rinchiuse  in 
quell'Opuscolo  trovansi  esposte.  Ma  che  che  sia  di  ciò  giac- 
ché entrambe  le  soluzioni  consentono  pienamente  ne'  princi- 
pii  5  e  si  accordano  ncll'  assegnare  a  misura  della  forza  del 
Cuore  il  peso  di  poche  once  ,  ci  restringeremo  ad  esaminare 
questi  principii,  e  questi  risultati  nella  soluzione  che  abbiani 
riferita  .  E  perchè  a  questo  scopo  giovar  può  non  V  esame 
solo  delle  difficoltà  reali ,  a  cui  va  esposto  il  Processo  del 
Keil  ;  ma  quello  pure  delle  opposizioni  a  parer  mio  poco 
fondate  mossegli  da  taluno  ,  comincierò  da  queste  ultime  . 
Parmi  a  cagion  d'  esempio  ,  che  a  gran  torto  1'  Aller  lo  ac- 
cusi di  non  tener  conto  ne' suoi  calcoli  delle  resistenze  op- 
poste al  Cuore  ,  e  da  questo  Viscere  vinte  iiell'  agir  so- 
pra il  Sangue  .  Forse  e  senza  forse  Keil  nel  suo  discorso 
inciampa  in  qualche  grave  Paralogismo  .  Ma  1'  acume  ,  di 
cui  ei  si  mostra  pure  per  indizii  assai  palesi  fornito,  non 
gli  permetteva  di  urtare  in  un  Paralogismo  sì  turpe.  Non 
diiò  eh'  ei  valuti  a  dovere  quelle  resistenze  ,  ma  dirò  be- 
ne che  non  gli  è  sfuggito  1'  obbligo  di  valutarle  j  ed  è  per 
questo  eh'  ei  misura  il  salto  del  Sangue  che  sgorga  libera- 
mente nell'aria  dall'arteria  iliaca  tagliata;  avvisando  di  giu- 
giiere  in.  tal  guisa  a  conoscere  la  velocità  ,  che  rimosso  ogni 
ostacolo  ,  verrebbe  a  questo  fluido  impressa  dal  Cuore  ;  don- 
de si  vede  ,  cii' ei  per  questa  parte  non  merita  i  rimproveri 
dell' Aller;  rapporto  ai  quali  inoltre  duolmi  per  vero  dire 
che,  questo  grande  Fisiologo  pel'  un  altro  equivoco  egualmen- 
te poco  scusabile  renda  del  preteso  erroie  complice  Sauva- 
g/;s  ;  travolgendo  a  un  senso  diverso  dal  vero  una  eccezio- 
/le  data  da  questo  alle  soluzioni  del  Keil;  inforno  alle  quali, 
senza  far   y^otto  di  resistenze  ,    iestringesi  ad    avvertire  che 

pejf 


Di  Michele  Araldi.  365 

per  esse  non  sì  ottiene  già  la  misura  della  forza  assokita  del 
Cuore ,  ma  soltanto  al  più  al  più  di  quella  ,  che  impiegasi 
sul  Sangue  ,  cioè  di  quella  ,  che  gli  è  impressa  dal  Cuore  ,  o 
cou  altri  termini  ,  che  questo  fluido  per  1'  azione  di  quel  Visce- 
re concepisce';  la  qual  osservazione  ragionevole  ,  e  giusta, 
come  non  tarderemo  a  vedere  nulla  non  à  di  comune  coli' op- 
posizione dell'Aliar;  giacché  può  sussistere,  comunque  le  re- 
sistenze non  vengano  trascurate  .  Per  motivi  assai  più  fonda- 
ti ,  per  quanto  pare  ,  vengon  da  alcuni  riprese  di  poca  esat- 
tezza le  sperìenze,  che  presso  Keil  servon  di  base  alle  sue 
soluzioni.  Giorgio  Martin  tra  gli  altri  pretende  di  essersi  as- 
sicurato ,  che  l'  altezza  ,  a  cui  può  concepirsi  dovuta  la  ve- 
locità ,  con  cui  il  Sangue  sgorgherebbe  liberamente  dal  Cuo- 
re ,  qual  resulta  dalle  sperienze  per  lui  iiistituite  a  imitazio- 
ne del  Keil  ^  è  per  lo  meno  di  un  doppio  maggiore  di  quel- 
la ,  che  fu  da  questo  trovata  .  Tale  è  pure  il  sentimento 
dell'  AUer  ,  e  colle  osservazioni  di  entrambi  pare  che  consen- 
tano quelle  del  sommo  sperimentatore  Stefano  Hales  .  Ma  è 
questa  una  obbitzione  ,  su  cui  non  credo  che  sia  punto  me- 
stieri d'  insister  di  più  ,  perchè  quand'  anclie  fossero  a  certi 
riguardi  difettose  le  sperienze  ,  e  poco  esatte  le  determina- 
zioni del  Keil  ,  lieve  sarebbe  1'  offesa  e  il  danno  ,  che  quinci 
deriverebbe  alle  sue  soluzioni  ;  giacché  ogni  qualvolta  esse 
reggessero  ne' principii ,  da  cui  partono,  e  ne' raziocini! ,  con 
cui  procedono  ,  è  manifesto  che  potrebbero  loro  aggiugnersi 
agevolmente   le  correzioni  opportune   a  renderle  esatte  . 

Ben  lo  stesso  non  credo  che  possa  dirsi  di  un'  altra  più 
grave  accusa  ,  che  parte  dal  Micbelotti,  il  qual  lo  riprende 
di  non  avere  assunta  a  base  di  quel  suo  Cilindro  ,  al  di  cui 
peso  adegua  la  forza  del  Cuore  ,  anzi  cbe  1'  ampiezza  dell' 
orificio  dell'  Aorta  ,  quella  della  superficie  interna  tutta  dt^ 
ventricolo  sinistro  del  Cuore  stesso  .  Pànchiudesi  in  questa 
osservazione  un'assai  fotidata  e  grave  eccezione  alle  concilili- 
sioni  e  alla  determinazione  del  Keil  .  Me  certamente  muove 
assai  più   l'autorità  favorevole  alla  stessa  di    uu  Hales,  e  di 


566       Della  forza j  e  dell'influsso  del  cuore  ec. 
un  Daniele  Beniulli  che    non    le    dogmatiche    decisioni  ,  e  il 
disprezzo  e  le  beffe  ,  con  cui  l'  accoglie    il    Senac  ,    il    quale 
per  altro  anche  in  questo   incontro   annunzia  il   niun    suo   di- 
ritto a  metter  bocca  su  queste  materie,  e  affinchè    non    paja 
eh'  io  lo  calunni!  ,  veg^asi  per   addurne  pur   una    prova     sola 
tra  le  moltissime  ,  di  cui  formicola  il  suo  Trattato  sul   Cuo- 
re ,  veggasi,  dico,  come  ei  riferisce  il  Teorema  del  Neuton  , 
di  cui  si  è  detto  poc"  anzi  .  Ecco  le  sue  precise  parole  .   Ab-  ' 
biasi  un  vaso  pieno  di    acqua  ;    aprasi   un    foro    nel   fondo    di 
questo  ;  la  forza  ,  che  spinge  l'  acqua  pel  foro  uguaglia  la  for- 
za di  un  corpo,  che  cadesse  da  un'altezza  doppia  di   quella 
del   vaso  .  Come  ?  dunque  un   Corpo  qualunque  ,    che  scenda 
dalla  detta  altezza  basta  all'  uopo   di  esprimere  quella  forza  ? 
Neuton  dunque  a  torto  la   determinò    con    precisione   dichia- 
randola eguale  né  più,  né  meno  al  peso  di  un  Cilindro  dop- 
pio della  colonna  fluida  soprastante  al  foro  .    Ma    che    è   ciò 
inoltre,  che   ne  insegna  l' Archiatro    Franzese,    e    intende    di 
dire  5  sostituendo  capricciosamente  il  termine  di  forza  a  quel- 
lo di   peso  usato  del  Neuton  ?  Ch'  ei    si    spieghi    un    po'    me- 
glio .  Per  la  forza  di  un  corpo  cadente   può    intendergli  quel- 
la ,  che  lo  obbliga  a  cadere  ;    e    in    questo    aspetto    é    dessa 
identica  al  peso  ;   ma    può   anche    intendersi    quella  ,  che    il 
corpo  acquista  cadendo;  e  allora  è  dessa   tutt'altro  che  il  pe- 
so .   In  somma  ei    riesce  a  travisare  e  trasformare  in  un    ve- 
ro Eiùmuia  un  Teorema  del  Neuton  ;  di  che  non  lo    condan- 
nerei già  io ,  s'  ei  nell'  atto  stesso  clie  inciampa  sì    turpemen- 
te ,  non  si  permettesse  verso    Scrittori    pregevolissimi  i  modi 
più   inurbani  ;  e  non  giugnesse  a  dichiarar   Michelotti    reo    di 
errori  ,  che  sarebbero   imperdonabili  se  fossero  reali  ,    e    non 
anzi  sognati  da  chi  glieli   rinfaccia  .    Ma  non  perdiamo  di  vi- 
sta r  osservazione  pur'  ora  mentovata    di    quest'  ultimo  ,    in- 
torno alla  cui  g'ustezza  ,   comunque  me  ne  sia  garante   l'au- 
torità del    sommo    Geometia    Daniele    Bfrnulli    di    gian   peso 
certamente   massime  in   materie    Idrauliche  ,    pur    giova    con- 
sultar la  ragione  .  Concepiscasi  una  vescica  piena  di  un  flui- 
do , 


Di  Michele  Araldi.  867 

do,  che  possa  uscirne  passando  in   un  tubo,  di  cui  sia  dessa 
munita  .  Suppongasi  questa  vescica    nelle    sue    pareti    fornita 
di  una  cotal  fonea  contrattile  ,    per  cui  tenda  a  restringersi  e 
prema  il  fluido  contenuto  .  Suppongasi  che  la  resistenza  op- 
posta da  questo  tluido  sia  minore  della  tendenza  della  vesci- 
ca a   restringersi,  per  modo  die  questa  non   prema  soltanto  ^ 
ma  si  rivolga  ad  agire  e  spinga  il  fluido  nel  tubo  .    In    qual 
guisa  deteiminerem   noi  la  foiza  impiegala  dalla  vescica?  Cer- 
to die  gioverà  rintracciare  la  velocità  del  fluido  che  sgorga . 
Questa  velocità  ci  porrà  in   mano  T  altezza  a  cui    è    dovuta  » 
quella  cioè  di  un  Cilindro  di  fluido  atto   col  suo  peso  a   pro- 
durre nel  fluido  che  sgorga  lo  stesso  effetto  ,   che  in  lui  sor- 
ge  per  la  contrazione  della  vescica  .    Ma    la    lorza   di   questa 
verrà   rappresentata  esattamente  dal  peso  di    detto    Cilindro  ? 
Siffatta  conseguenza  non  sembra  legittima.  Troppo  è  diverso 
il  modo  ,  con   cui  in  questa  Teoria  si    concepisce    che    il    Ci- 
lin<lro  applichi  il  suo   peso  al  fluido  ,  che   sgorga    per    l'orifi- 
cio del  tubo  ,  dal  modo  ,  con  cui  vi  giugne  attraverso  al  flui- 
do contenuto   nella  vescica   la    contrazione    di    questa  .    Sup- 
pongasi infatti   la  vescica  priva    di    forza    contrattile  ,    inerte 
del  tutto  ;  e  alla  forza  ,   di   cui   la  immaginiamo  spogliata  so- 
stituiscasi la   pressione  di   un   fluido  nel    quale    sia    dessa    im- 
mersa ,    e    die    sollevisi    sopra    la    stessa  ad  altezza  uguale  a 
quella,  a  cui  s'innalza  nel  Cilindro.  La  pressione  di  questo 
fluido   attraverso  alle  pareti  inetti  della  vescica  agiià  sul  flui- 
do contenuto  di  una  guisa   conforme  a  quella  ,  con   cui    agi- 
va dianzi  sulla  stessa   la   forza  contrattile  della   vescica  mede- 
sima .    Questa    forza    dunque    verrà    rappresentata    da    quella 
pressione;  ossia  ogniqualvolta  essa   rivolgasi  dal  premere  sem- 
plicemente air  agire   vena  rappresentata  dal   peso   di    un    Ci- 
lindro fluido  ,  alto  «pianto  quello  ,  che  esprime  la  forza  con- 
cepita dal   fluido,  che  sgorga,  e  ampio   quanto    la    su[ieifitie 
intera  della   veseii^a.   Sostituiscasi  a  questa   vescica  il  ventrico- 
lo sinistro  d'I   Cuore,  e  al    tubo   l'Aorta,  e  si   scorgeià   age- 
.Voliiieute  che  lungi  d'essere  l'opposizione  dal  Michelotti  mos- 
sa 


% 


368      Delia  forza,  e  dell'influsso  del  cuore  ee. 
Sa  al  Keil   una    sufisteria  ,    come  la  dichiara    il    Stnac   è   iiha 
difficoltà  te.LÌe  ,  da  cui  rilevasi  the  quanù'  anche    il    Processo 
del  Teorico  ingleòe  fosse   ne'  suoi  priucipii  fondato  ,  esso  non 
è  adequato  ed  ."3.<tto  nelle  misure  a  cui  giugne  :  intorno  a  che 
riflettasi   nuovamente  ,   che  il   Keil  ,    ccnie   ho    non    ha    guari 
avvertito,  nell'atto  stesso  che  si  propone,  e  promette  ,  e  non 
cessa  di  ripetere  di   cercar  la    foiva    assoluta   del    Cuore,    in 
realtà  non  rinviene  che  la    misura    della   forza    concepita    dal 
Sangue?  vuol  dire  eh' ei  si   propone  un  Piohlema,  e  ne  scio-      jj 
glie  un  altro;  equìvoco ,  che    ci    sembra    anche   jìiìx    strano, 
ove  si  avverta j  che  c|uand' anche  concedasi,  o  a  meglio  dire 
concepiscasi,  che  il  Cilindro  per  lui  calcolato  espiima  col  suo 
peso  la  forza  ,  che  spinge  il  Sangue,  e  Io  incalza,  non  può  già 
questa  confondersi  e  uguagliarsi  a  quella  ,  che   s' impiega   dal 
Cuore  fuori  che  da  chi  non  ponga  mente  alla  massitna  differen- 
za ammessa  in  Meccanica   tra   1'  equivalenza  e  l'uguaglianza  e 
con  affionlo  gravissimo  delle  dottrine  più  note  sbagli  I'  una  per 
V  altra  .   Sì  enorme  paralogismo  non   è  per  altro  forse  il  mag- 
giore tra  quelli  ,  che  contaminano    questa    soluzi<.ne  •    Perchè 
o  io  molto  m'inganno,  quand'  anche  aggiungasi  alla  stessa  la 
correzione  suggeritaci  dall'  osservazione  di   Michelotti  ;  e  sup- 
ponendo anche,  che  per  essa  Keil  propongasi  di  misurare   gli 
effetti  soltanto  ,  che  nel  Sangue  derivano  dalla  forza  del  Cuo- 
re ,  il  suo   processo    ad    ogni   modo    parmi    si    difettoso  ,   che 
non  sia  possibile  di  raddrizzailo  .  E  affili  di   mostrarlo    si    os- 
servi di  grazia,  che  Newton  in   quel   famoso    suo    Corollario, 
se    pur    son    giunto    a    interpretarlo  a   dovere  ,    determina    la 
forza  richiesta  ad    imprimere  al  fluido    nell'  atto  ,  che    affac- 
ciasi al  foro  la  velocità  ,  con  cui  esce  ,  ossia  a  spingere    suc- 
cessivamente ,  e  a  misura  che  presentasi   al  foro  ,    qualunque 
sezione  del  fluido  .  Or  di  una  forza  tale   non  ò  già    lecito    di 
valersene  ad  esprimere  né  la  forza  del    Cuore  ,    né  i  suoi  ef- 
fetti reali  sul    Sangue.    Questo    viscere,  ueir  agire    spinge    il 
Sangue  tutto,  che    ne    riempie  l'interno;  il    movimento  della 
sezione,  che  sgorga,    è  simultaneo  a  quello  delle  posteriori j, 

che 


Di  Michele  Araldi  .  869 

cTie  la  inspo"nono  ,  e  seguitatio  ad  occupare  la  capacità  del 
viscere  .  Questo  ultimo  niovitDeiito  è  pertettaniente  dimenti- 
cato e  negletto  dal  Keii  .  E  pur  sembra  tlie  non  debba  né 
possa  dimenticarsi  .  Direni  noi  che  a  %alutare  esattamente  la 
forza  ,  (la  cui  è  spinto  inori  di  un  sifone  un  fluido  rinchiu- 
sovi basti  tener  conto  della  velocità  ,  con  cui  questo  esce  , 
e  possa  trascurarsi  la  massa  dello  stesso  spinta  e  mossa  con- 
giuntamente entro  il  sifone  dal  movimento  deli'  embolo?  Nort 
-è  anzi  tutt' all' opposto  manifesto,  che  supponendo  alliniga- 
to  il  sifone,  e  accresciuta  la  massa  del  fluido  contenuto  ,  af*^ 
finché  questo  nell'  uscire  ritenga  la  stessa  velocità  converrà 
aumentare  a  proporzione  la  forza  applicata  all'  embolo?  il 
che  ben  mostra  che  vuoisi  dunque  tener  conto  del  fluido 
cotitenuto  entro;  il  sifone'.  Insomma  parmi  che  dà  Keil  éom- 
iMettasi  a  un  dipresso  1'  equivoco  stesso ,  in  cui  urterebbe 
chi  facendosi  a  cercare  il  valore  di  una  eerta  quantità  ,  e 
■valendosi  a  quest'uopo  del  calcolo  diflerenziale  ,  giunto  che 
-fusse  a  determinare  il  valoi^  differenziale  ossia  quello  di  un 
elemento  della  stessa  quantità  ,  immaginasse  di  avere  con 
ciò  soddisfatto  al  Problema  ,  e  dimenticasse  di  procedere 
all'integrazione  della  formola  espHmente  qu«ir  elemento  . 

Né  qui  terminano  le  sviste    prese    dal    nostro  Fisiologo  ; 
di  cui  oltre   i   raziocini!  anche  i  principi!  ,  e  fondamenti   sue- 
aimentali,    da'  quali  parte  mi  riescono    per  lo  meno  dubbi!  e 
cospetti  .  Nel  difenderlo  dall'  accusa  datagli  dall' Aller  di   non 
avere  tenuto  conto  delle  resistenze  molteplici  ,    colle    quali  il 
«uore  viene  a  contrasto  j  intesi   unicamente  di  mostiare^  ch'ei 
■si  era  avveduto  di   quest'    obbligo  ;    ma    non   intesi  già  di  as- 
fSblverlo  da  cgui  colpa  .  Ag;;iungo  ora  ,  eh'  Egli  anzi   volendo 
.toglier  d!  mezzo  1'  inciampo  di  dette  resistenze,  e  depurarne 
•  per  così  ditela  sua  soli  zione  ,  urta  forse  in   un   abbaglio  gra- 
ve quanto  niun' altro  de'  già  avvertiti.   E!   suppone,  che  la 
velocità  del  sangue  nell'   arteiia  iliaca  intera  uguagli    all'  in- 
circa   quella  ,  con  cui  il  sangue  scorre  V  Aorta  ,  ed  esce  an- 
zi dal  cuore  ;    via  ,  ciò  gli  si  conceda  .  Ei   suppone  ,  che  pel 
:    Tomo  XI.  A  a  a  ta- 


370       Della  forza,  e  dell'influsso  del  cuore  ec. 
taglio  di  detta    arteria    un  aumento  a  un  dipresso    eguale    di 
velocità  concepisca  il  sangue ,  e  laddove  si  lancia  dal  taglio, 
e  laddove  sgorga  dal  cuore  ;    per   modo  che  anche  in  questo 
caso  la  velocità  ,    con  cui  questo  fluido  esce  pel  taglio  ,  ade- 
gui ,  e  rappresenti  quella  ,    con  cui  sgorga  dal  cuore  .  Gli  si 
accordi  anche  questo.  Ma  come  accordargli  l'illazione,  ch'ei 
si  affretta  di  trarne  ,    cioè  ,   che   questa    stessa   rapidità  ,  eoa 
cui  il  sangue  esce  pel  taglio ,    adegua  ,    ed    esprime    quella  , 
che  in  esso  imprimeiehbe  il  cuore  ,  ove  rimosso  ogni  ostaco- 
lo ,  il  sangue    potesse    uscirne    liberamente  ?    È    vero  clie  pel 
taglio    qualche    porzione    dell'  impeto    impresso    dal    cuore  al 
sangue    conservasi  in  esso;    né    disperdendosi    contro  le  resi- 
stenze ,    ne    rende    alquanto    più   rapido  il  corso    aiiche  nell' 
Aorta,  e  presso  il  cuore  .  Ma  non  per  questo,    né   pel    sem-. 
plice  taglio  di  un'  arteria    rimane  quel  viscere  sollevato  dall' 
onere  di  combattere    colle    resistenze    medesime .    Forse    che 
secondo  le  Teorie  ammesse  dallo  stesso  Keil,  finché  l'anima- 
le assoggettato  alla  sperienza  dura  a  vivere,  il  cuore  non  se- 
guita a  sostenere  il  circolo  pel  eistenia    de'   vasi    attraverso  a 
una  moltitudine  (ìi  ostacoli,  la  resistenza  de' quali  si  riperco- 
te  e  ricade  sul  sangue  ,  che  sgorga  dal  cuore ,  e  depreda ,  e 
assorbisce  porzion  dell'  impeto ,  che  senza  ciò  il  cuore  tende- 
rebbe ad  imprimergli  ?  Come  può  dunque  affermarsi  dal  Keil, 
sono  sue  parole  ,  che  -,  celeritas  ,  qua  ab  arteria  iliaca  incisa 
sanguis  emanai  ,  eadem  est  ac  illa ,    qua  in  corde  non  impe- 
dito projìuerct  .  Non  aggiungo  altro  ,  parendomi  ,    che  le  co- 
se fin  qui  dette    bastino,   e    sovrabbondino  all'  uopo  di  mo- 
strare l'insussistenza  di  una  soluzione,  che  pecca  ne'  princi- 
pii ,  da  cui  parte,    ne'  raziocinii ,   con    cui   s'  inoltra;    nelle 
conchiusioni  ,  a  cui  giugne  ,    e  d'  ogni  parte  crolla  e  mina  . 
Il  perchè  non  occorreva   forse    né    anche    arrestarsi  tanto  in- 
torno alla  stessa;    né    1'  avrei    fiitto,  se  le  discussioni ,  a  cui 
mi  ha  dessa  condotto  ,  non  mi  fosser  parute  o  per  se  stesse  j 
e  pe'  lumi  ,  che  spargono  sopra   parecchi    articoli  delia  ricer- 
ca presente  meritevoli  di  qualche  attenzione  . 

OPI- 


Di  Michele  Araldi  .  071 

OPINIONE  DI  WILSON  . 

Ma  qui  affinchè  coli'  introdurre  nella  discussióne  qual- 
che varietà  ,  rendasi  essa  forse  alquanto  meno  sazievole  ,  mi 
si  accordi  di  frapporle  una  digressione  suggeritami  d'  altronde 
dal  bisogno  ,  che  tengo  ,  di  farmi  incontro  ad  una  opposizio- 
ne j  che  mi  si  potrebbe  muovere  da  taluno  .  Perchè  chi  sa 
che  non  sembri  a  taluno  un  vero  perditempo  ,  e  scioperìo  il 
porsi  in  cerca ,  e  il  i-szzolare  e  disotterrare  con  sottil  diligen- 
za abbagli j  ed  errori  manifesti  ^  e  degni  di  rimaner  sepolti 
nell'obblìo,  in  cui  sembravan  caduti.  Saranno  anche  di  quelli  , 
i  quali  mi  avvertiranno  ^  che  del  cuore  ,  e  del  suo  influsso 
sul  Circolo  al  presente  si  pensa  di  gran  lunga  meno  altamen- 
te ,  che  non  per  1'  addietro  ;  e  vano  è  il  lusingarsi  ,  che  ve- 
runo voglia  arrestar  su  di  esso  a  lungo  lo  sguardo,  e  disto- 
glierlo a  un  tempo  da  tanti  oggetti  senza  confronto  piìi  de- 
gni di  rivolgerne  a  se  F  attenzione,  quali  gli  si  offrono  in 
folla  a  questi  tempi,  che  per  grande  nostra  ventura  s'illustrano 
di  tante  nobilissime  scoperte  ,  delle  quali  assieme  con  qua- 
lunque altro  ramo  delle  naturali  scienze  si  arricchisce  e  cre- 
sce ogni  di  più  la  Fisica  animale .  E  per  vero  dire  a  motivo 
di  questi  dubbii ,  che  a  me  pure  sembrano  in  parte  fondati, 
non  esiterei  a  riiuinziare  al  mio  assunto,  se  dal  farla  non  mi 
trattenesse  la  lusinga  di  potere  spargere  neìV  esame  qualche 
riflessione  né  fatta  per  altri  fin  ora ,  né  forse  in  tutto  trivia- 
le ;  e  se  per  1'  altra  non  mi  trovassi  in  grado  di  dichiarare 
apertamente ,  che  non  mi  sento  punto  disposto  a  dar  retta 
ai  moderni  detrattori  del  cuore  ,  e  ad  entrare  in  lega  con 
essi  .  Fra  questi  niuno  forse  si  è  mostrato  più  animoso  dello 
Scozzese  Wilson  ,  il  quale  in  un  suo  Opuscolo  ,  che  recato 
in  nostra  lingua  leggesi  nella  Fiaccolta  Milanese ,  per  poco 
non  si  propone  di  degradare  il  cuore  ,  e  invilirlo  fino  al  se- 
gno di  non  accordargli  altro  uso  ,  che  quello  di  ammettere 
«nlro  se  il  sangue  ,  e  di  permettergli  di  uscirne  ;  in  una  pa- 

A  a  a  i  ro- 


i^a     Della  forza,  e  bell'influsso  del  cuore  ec. 
rola  di  servire    unicamente    di   passaggio  al  medesimo  ;    pre- 
tensione strana  per  vero  dire  ,    e    eh'   io  non  rni  arresterei  a 
combattere    se    non    sapessi  ,    che  non  è  mancato   presso    noi 
chi  si  è  ingegnato  di  accreditarla  ,  e  anzi  non  si  è  hitto  scru- 
polo di  presentare  al  Pubblico    idee    conformi    assai    a  quelle 
del  Novatore   Scozzese  senza  pur  nominarlo;  nella  persuasion 
forse,  che  a  rimuovere  1' accusa  e  la  taccia  di  plagio  bastas- 
se r  affinità,  che  passa  tra  esse,    e    le    Teoiie    degli  antichi 
Pneumatici  j  e  del  loro  capo    Erasistrato  ;    cosicché    lungi    di 
usurpare    sopra  un   moderno   non  si  trattasse    che  di   rivendi- 
care r  onor  di  un  antico.  Ma  poiché  quando   si  tratta  di  en- 
trare in  lizza  con  alcuno,  io  mi  confesso  disposto  a  prender- 
mela piuttosto  co'   gli  stranieri,    che  con  i  nostri,    esaminia- 
mo a  quali  argomenti    appoggi  il  sistematico    Scozzese  la  sua 
nuova  opinione  . 

Questi  ,  come  si  è  poco  sopra  accennato  ,    si    accinge    a 
provare  che  l'azion  del  cuore  per  poco  nulla  non  giova  a  soste- 
nere in   movimento  il  sangue  e  la   massa   intera  de' fluidi  :  né 
rapporto  a  ciò  non    contentasi  già  egli  di  mostrare  che  s'  in- 
contrano  qua  e  là  pel  corpo  tratti  e  regioni    del  sistema    ge- 
nerale  de'  vasi  ,  e  de' sistemi  subalterni  ,  in  cui  questo  divi- 
desi  ,    alle    qvialj    non    giugne  la  forza  impellente  del  cuore  ; 
ma  fin  del  sangue  che  lo  attraversa  ,    che    con    perpetua    vi- 
cenda entra  in   esso  e  ne  sgorga  ,  ei   non  teme  di  affermare  , 
che   può  passar  oltre  e  giugner  dai  tronchi    venosi    agli  arte- 
riosi senz'a  aver    mestieri  ,    che  il  cuore  lo  sproni  e  incalzi  e 
gii  aggiunga   niun  nuovo  grado  di   tnovimento  .   Nella    persua- 
sione ,    in    cui  è  desso    o  mostra  di  essere   che  il  sangue  ne* 
tronchi  arteriosi    viaggi  a  un    dipresso    colia    velocità    stessa  , 
colla  quale  scorrendo   i  venosi    giugne  al  cuore  ,    gli    sembra 
che  niun   nuovo  impulso  di  questo  viscere  richieggasi  a  man- 
tenere una  velocità,    cai    a    parer  suo  basta  a  conservar    nel 
sangue    che   giugne  al  cuore  e  trabocca  nelle  arterie  l'  impeto 
per  esso  concepito  nello  scorrer   le  vene.  Secondo  lui  qnest' 
impeto  basta    all'  uopo  ;    e    giacché  il  sangue  esce  dal  cuore 

con 


Di  Michele  Araldi.  173 

con  velocità  ugnale  a  quella  ,  con  cui  vi  entra  ,  ci  dichiara 
wn  assurdo  il  credere  che  1'  azione  di  questo  viscere  sia  ne- 
cessaria a  sostenere  un  movimento  ,  che  può  sostenersi  per 
se  medesimo  . 

Intorno  a  questo  argomento  proposto  dal  Wilson  con  ta- 
le fiducia  ,  che  ben  si  scorge  ch^  ei  lo  sbaglia  per  una  rigo- 
rosa dimostrazione  ,  io  mi  x-estringerò  ad  osservare  che  po- 
chi assai  saranno  disj)0sti  ad  accordargh  la  supposizione  per 
lui  fatta  che  il  sangue  attraversando  le  cavità  del  cuore  con- 
servi nell'integrità  sua  l'impeto  concepito  scorrendo  le  vene, 
per  modo  ,  che  questo  stesso  impeto  basti  a  trasportarlo  fuo- 
ri del  cuore,  versandolo  nelle  arterie.  Sembra  infatti  che  in 
ninn  luogo  e  tratto  del  sistema  sanguigno  non  occorra,  né 
po?sa  esser  lecito  di  affidare  a  siffatto  impeto  la  continuazio- 
ne del  movimento  del  sangue  .  Non  è  punto  probabile  che 
per  ciò  solo  potesse  qvresto  fluido  far  lunghi  viaggi  pel  cor- 
po .  Il  sistema  ,  per  cui  esso  si  ravvolge  ,  è  sì  intralciato  ,  e 
sparso  per  ogni  dove  d'inciampi,  che  tutt' all'opposto  è  assai 
naturale  il  credere  clf  esso  però  acquisti  e  ritenga  un  giado 
notabile  di  velocità ,  perchè  in  ogni  luogo  e  punto  del  siste- 
ma gli  soprastà  e  l'  accompagna  lo  sprone  assiduo  delle  po- 
tenze motrici  .  Ma  senza  insister  più  oltre  su  questa  genera- 
le considerazione  lissiam  piuttosto  per  poco  lo  sguardo  sul 
sangue  che  giugne  al  cuore  e  lo  inonda  .  Io  chieggo  come 
non  siasi  Wilson  risovvenuto  delle  valvole  di  questo  viscere 
e  del  giuoco  alterno  ,  con  cui  esse  ne  chiudono  e  schiudono 
gli  nrificii  .  A  gran  torto  certamente  egli  inunagìna  nel  movi- 
mento del  sangue,  che  attraversa  il  cuore  e  passa  oltre,  ima 
continuità  ,  cui  la  struttura  ^  e  il  meccanismo  di  quest'  orga- 
no ci  vietan  d'  ammettere.  Comun([ue  nel  cuore,  .ne' suoi 
atrii  non  meno  che  ne'  suoi  ventricoli  le  sistoli  e  le  diastoli 
si  avvicendino  con  molta  rapidità,  è  tuttavia  manifesto  che 
il  sangue  dehbe  soffrir  nel  suo  corso  per  queste  cavità  sos- 
pensioni momentanee;  e  che  l'impeto  con  cui  vi  giugne,  rl- 
volgiuJosi  contro  le  pareti  delle    cavità   stesse  ,  e  contro  1« 

vai- 


174     Della  forza»  e  dell'influsso  del  cuore  ee. 
Talvole  stese  simultaneamente  avanti  agli  orificii  arteriosi,  deb- 
be  rimanere  rintuzzato  e  ammorzato  per  modo  che  T  impulso 
del  cuore  è  assolutamente    richiesto  a  ridonare   al    sangue  la- 
perduta  velocità  . 

E  a  questo  proposito ,  affine  di  avventurare  un  mio  pen- 
siero ,  tanto  è  lontano  a  parer    mio    che  1'  impeto  posseduto 
dal  sangue  ,  che  giunge  e  attraversa  il  cuore  ,    sia  da  natura 
diretto  a  conservarne  il  movimento  lungo  le  arterie,  che  an- 
zi parmi  assai  verisimile  eh'  esso  debba  rivolgersi  e  impiegar- 
si contro  le  pareti  interne  del  cuore  all'  oggetto  di  stimolarle 
efficacemente  e  obbligarle  a  contrarsi  con    più    energia  .    Per 
l'una  parte  l'urto  rende  più  attivo  lo  stimolo  del  sangue  so- 
pra il  cuore  ;    e    per    V  altra  T  aumento  dello  stimolo  rende 
più  viva  r  azione  del  cuore  sopra  il  sangue  .    Sono    queste  a 
mio    avviso    conseguenze    spontanee  e  legittime    della   Teoria 
dell'   irritabilità  ;    di    cui    niuna  non  solo  è  fondata   sopra  un 
maggior  numero  di  fatti  e  di  prove,  ma  di  cui  niuna  inoltre 
trovasi  in  qualsiasi  incontro  ,    né  più  conforme  ai  fenomeni  , 
né  più  consentanea  in  ogni  sua  parte  con  se   medesima  (ci)  . 
Alle  riflessioni  pur  or  recate  non  posso  non  aggiugnerne 
un'  altra  diretta  a  mostrare  viemeglio  la  debolezza  o  più  ve- 
ramente la  fallacia  dell'  argomento  addotto  dal  Wilson  •    Af- 

fer- 


(rt)  Affine  di  non  prender  brighe 
•on  veruno  e  molto  meno  con  quelli  i 
quali  dopo  le  recenti  scoperte  sull'  in- 
flusso della  elettricità  ne'  corpi  vivi 
cpinassero  che  a  torto  io  introduco  in 
questo  luogo  F  irritabilità  ,  nome  cui 
sembra  eh'  essi  vorreblier  proscritto  , 
mi  giova  avvertire  ,  che  1'  irritabilità 
da  me  si  risguarda  in  questo  incontro 
nel  semplice  aspetto  di  uno  di  que'  fe- 
nomeni generali  ,  de'  quali  si  avvera 
•b«    finché   non    sì  giunga  a  gcoprirna 


r  ulteriore  cagione  niente  vieta  che 
sieno  posti  alla  testa  d'  una  Teoria  . 
Se  si  riuscirà  a  rinvenire  la  cagione 
della  irritabilità  e  che  ^  come  avvi  luo- 
go a  sperare  ,  1'  esperienza  ne  mostri 
eh'  essa  vuoisi  riporre  nell'  azione  di 
una  sostanza  o  sopramodo  affine  o  iden- 
tica al  fluido  elettrico,  la  teoria  della 
irritabilità  non  soffrirà  già  per  questo 
niun  vero  discapito  ;  tutt'  all'  opposto 
essa  verrà  promoisa  e  spinta  a  un 
maggior  grado  di  perfezione  . 


Di  Michele  Araldi.  lyS 

ferma  egli  che  il  sangue  può    per    T   impeto    concepito  nelle 
rene  attraversare  il  cuore  e  uscirne    e  traboccar    nelle    arte- 
rie .  Ei  si  crede  in  diritto  d'  inferirlo  dalla  poca  diversità  che 
passa  tra  le  velocità  di  questo  fluido  ne' tronchi  venosi  e  ar- 
teriosi .  Ei  suppone  dunque  tacitamente  che  la  velocità  delio 
stesso  nc'tronchi  arteriosi  rappresenti  esattamente  quella  forza 
qualsiasi  j  da  cui  è  desso  lanciato  fuori  del  cuore  ,    e    ne  of- 
fra siccome  una  misura  della  medesima.  Ora  io  dico  che  ciò 
non  debbesi  già  supporre  ,    ma   è    d'  uopo  provarlo  .    Finché 
non  se  ne  adduce  una  prova  diretta,  molti,  ai  quali  io  con- 
fesso di  essere  assai  disposto  ad  accostarmi  ,    opineranno  for- 
se che  quella    forza  tenda  ad  imprimere  al  sangue  una  velo- 
cità maggiore    assai  di  quella  ,    che    in    realtà  gli  consentono 
di  concepire  le  resistenze  moltiplici  che  gli  si  oppongono  ,  e 
depredando ,    e    assorbendo  in  gran    parte  la  forza  dell'  urto 
rendono  la  velocità  impressa  al  sangue  proporzionata   solo  al 
residuo  .    Non   mi  tratterrò    ora  a  riferire  le  prove   favorevoli 
a  questa  opinione  .  Dirò  solo  che  fino  a  tanto  che  non  se  ne 
mostri  r  insussistenza  ,    dal  poco  divario  che  passa  tra  la  ve- 
locità del  sangue  venoso  ,    e    quella    dell'  arterioso    presso    il 
cuore  non    è    lecito    d'  inferire   che  il  primo    bastar    possa   a 
spingere  il  secondo  e  a  sostenerlo  in  movimento. 

Ma  qui  mi  si  chiedeià  forse,  o  a  meglio  dire  mi  si  op- 
porrà da  taluno.  Possibile  che  il  Wilson  rifiuti  seriamente  al 
cuore  qualsiasi  azione  sul  sangue  che  lo  attraversa?  Glie  pur 
noto  che  il  cuor  si  contrae  ?  Che  nel  restringersi  si  vota 
del  sangue  che  giugne  allo  stesso  ?  Or  il  votarsene  e  T  agire 
,  su  questo  sangue  e  su  quello  ,  che  debbe  cedergli  il  posto 
I:  nelle  arterie  ,  non  sono  elle  cose  del  tutto  identiche  ?  Non 
è  egli  più  probabile  assai,  che  voi,  che  vi  siete  accinto  a 
combatterlo  ,  o  non  abbiate  compreso  i  genuini  suoi  senti- 
menti ,  o  gli  alteriate  a  bello  studio  e  li  travisiate  ?  Questa 
ricerca,  e  questo  dubbio  mi  obbliga  a  confessare  che  l'Autor 
nostro  in  qualche  luogo  del  suo  Opuscolo  per  cenni  staccati  e 
a  mezza  bocca  per  cosi  dire  accorda  al  cuoi-e  qualche  azione 

sul 


176     Della  forzar  e  dell'influsso  Bel  cuore  ec. 
sul  sangue.  Ma  ciò  ,  e  per  l'  una  parte  lascia  sussistere   hell" 
integrità  loro  le  mie  osservazioni,  e  per  l'altra  mi  apre  l'a- 
dito a   mostrare    ognor    meglio    gli    abbagli    e  le  contradizioni 
manifeste,  in  cui, esso  cade.  Avvertasi   prima  di  tutto  eh' ei 
confida  per  modo  sull' aigornento  pur' ora  da  noi  copiosamen- 
te, e  per  quanto  mi  lusingo  vittoriosamente  combattuto,  che 
non    esita    a  dire  e  pretendeie  di  aver    provato    clie    i    movi- 
menti  del  cuore    luilla    non    aggiungono   alla    circolazione  ;    e 
xhe  la  forza    del  sangue    ne!l'    uscir    dalie    vene    non  è  meno 
atta  della  forza  del   cuore  a  sostenere  la  circolazione    arterio- 
sa :   In  fatti  ei  destina  a  tutt'alti'    uso    l'azione   per  lui  con- 
ceduta al  cuore  sid  sangue  .   Ei   la  destina    non  già  ad  accre- 
scerne o  conservarne  il  movimento  piogressivo  ;    ma    sibbene 
e  principalmente  a  modificare  1'  intima  costituzione   di  questo 
fluido,  a  sbatterne  e  rimescolarne  e   intriderne  assieme  le  di- 
verse sostanze  e  molecole  ,  come  richiedesi  a  parer  suo  ,    af- 
finchè queste  per  lo  stato  di   somma  divisione  ,  a  cui  trovati- 
si condotte,  possano  nell'interno  delle  parti  ricevere  agevol- 
mente i  cambiamenti  ,    che    debbono    imprimer  loro  le  forze 
vitali.  E'  manifesto  che  questi  effetti,  ai  quali  pare,  ch'egli 
abbia  voglia  di  restiingere    V  azione    del    cuore    sul    sangue-, 
nulla   non    hanno  di   comune    col    movimento    progressivo    di 
questo  flnido  e  col   circolo  .  Ei   per  vero  dire  in  un   altro  luo- 
go riconosce  nel  cuore  una  cotal  forza,  da  lui  detta  di   esau- 
stione  ,  della  quale   diremo  fra  poco  qualche  cesa  di  più  .  Ma  Jj 
nel  farne  motto  ei  ne  avvisa  che   nulla  non  ha  dessa  di  ana- 
logo a  quelle,  che  agiscono  per  impulso  ,    delle  quali  ei  per  ji 
tutto  dichiarasi  aperto  nemico.  In  un    altro  luogo  per  ultimo f. 
egli  si  lascia  cader    dalla    penna    potersi,    sono    sue    parole,; 
con  molta  ragiotie   presumere  che  tutta  la  quantità    del   moto 
impresso   dal  cuore  al  sangue  si   perda    nello    stendere    e    far 
batter  le   arterie  .    Mi    arresto    un  momento  su  qnest'    ultimo 
tratto  ,  e  senza  entrare  a  parlar  di   proposito  del    polso    arte- 
rioso ,    mi    restringo  ad  osservare    che    dunque    il    sistematico  fc 
Scozzese    non  è   alieno    dal   riconoscer   nel    cuore     un'   azioft 

rea-   ; 

! 


Di  Michele  Araldi  %  87^ 

reale  sopra  le  arterie,  alla  quale  anzi  debbasi  il  loro  polso. 
Ma  in  qual'altra  guisa  può  egli  ii  cuore  agire  sopra  le  pareti 
interne  di  questi  vasi  e  distenderli  e  costringerli  a  battere  , 
luuricliè  col  soccorso  del  sangue,  di  cui  si  sgrava  e  attraverso 
per  così  dire  a  quello  ,  che  occupando  la  capacità  de'vasi  stessi, 
riceve  r  urto  del  primo  ,  e  lo  reca  e  trasporta  all'  interne 
pareti  loro?  Chi  obbliga  poi  quest'  impulso  a  tutto  rivolgersi 
contro  le  pareti  delle  arterie  ,  e  ad  impiegarsi  pur  tutto  nel- 
lo stenderle,  e  scuoterle  salvo  che  gli  ostacoli  opposti  al  mo- 
vimento progressivo  del  sangue  ;  il  qual  movimento  però  ri- 
mane a  un  dipresso  qual  era  dianzi  ne"  tronchi  venosi  ,  per- 
chè l'intervento  del  cuore  lo  sgrava  in  certa  guisa  dall'one- 
re di  combattere  co'  detti  ostacoli,  che  senza  ciò  avrebber 
forza  di  scemarlo  od  anche  di  estiniraerlo  .  Non  è  e-ili  dun- 
que  manifesto  che  anche  senza  dipartirci  dalle  idee  del  no- 
stro Autore  j  essenziale  al  mantenimento  del  circolo  è  l' azio- 
ne del  cuore  ;,  o  almeno  affine  di  nulla  non  pronunziare  per 
ora  su  ciò,  che  queste  idee  guidano  a  siffatta  conseguenza  ? 
E  a  questa  stessa  conchiusione  pur  guida  V  altro  pen-' 
siero  del  Wilson  da  me  poco'  sopra  accennato  e  risguardante 
la  forza  di  esaustione  per  lui  riconosciuta  nel  cuore  .  Ei  pre- 
tende che  giovi  assai  a  mantenere  la  circolazione  tutta  veno- 
sa il  voto  momentaneo  ,  die  secondo  lui  in  seguito  d'  ogni 
k)r  contrazione  sorge  nelle  orecchiette  del  cuore  e  invita  il 
sangue  a  recarvisi  con  tale  impeto  ,  onde  nasce  e  si  stabili- 
sce ne'  gran  tronchi  venosi  una  specie  di  corrente ,  che  non 
cessa  di  scaricarvisi.  Confesso  di  non  esser  punto  lontano  dall' 
adottare  questa  congettura  ,  sopra  la  quale  anzi  io  tengo 
qualche  diritto  poiché  già  tempo  e  prima  assai  d'  incontrar- 
la presso  l'  Autor  nostro  mi  si  era  dessa  offerta  all'  animo  ; 
in  prova  di  che  mi  sia  lecito  di  recare  un  breve  tratto  del- 
le mie  Istituzioni  Fisiologiche  ,  dove  su  questo  proposito  mi 
esprimo  cosi  =  Sed  ipsius  ìdtst  ;anguìnis  per  totnin  sistema 
venosum  iter  insignem  in  moduni  juvare  quoque  videtiir  ra- 
tio ,  qiiu  siium  idem  in  cordis  atriìs  ,  atque  ventriculis  cur- 
2  omo  XI.  £  b  b  suni 


378  Della  forza  ,  e  dell'  influsso  del  cuorb  ee. 
sum  absolvìt  .  Nernpe  ciiin  hi  quìdquid  ad  eosdem  sanguinìs 
advenit.  ,  subito  contracti  ulterìus  proicìcmt  ,  seque  depleant 
protinus  ,  6»-  luxati  quìescant  ,  idque  in  cordis  atris  eodem 
pacto  contingat  ,  sanguis  in  ista  tamquam  in  vacuiim  spa- 
tium  non  leviter  influere  deh  et  ^  sed  alacrìter  attrahi  ,  et 
quodammodo  abripi .  Hoc  auteni  nequit  contingere  praeter 
(juamqucd  in  truncis  venosìs  ,  qui  hinc  illincque  ciini  atriis 
cordis  cohaerent  succussio  quasi  quaedam  propagetiir  ,  propter 
qiiain  sanguis  ad  cor  majorl  rapiditate  corrivetur  ^  et  ipsìus 
cursus  non  in  proximis  modo  rarnìs  ,  sed  per  omnes  forte  ve- 
nas  expediatur  =  la  questo  passo  parmi  che  la  congettura 
eli  cui  trattasi  sia  esposta  con  bastevol  chiarezza.  Io  anzi  nel 
dichiararlo  a'  miei  Uditori  son'  uso  di  presentar  loro  il  cuore 
sotto  il  concetto  di  una  Tromba  Idraulica  premente  a  un 
tempo  e  aspirante  ,  premente  verso  le  arterie  ,  aspiran- 
te verso  le  vene  ;  del  qual  concetto  e  confronto  mi  val- 
go segnatamente  a  render  ragione  della  speditezza  ,  con 
cui  il  sangue  malgrado  gli  ostacoli  senza  numero  che  gli 
£Ì  parali  davanti  ,  viaggia  per  ogni  dove  ,  e  per  le  ve- 
ne non  meno  che  per  le  arterie  .  Ma  lasciando  ciò  ,  se 
r  addotta  congettura  sussiste  ,  come  può  egli  porsi  in  dubbio 
la  necessità  del  concorso  del  cuore  al  mantenimento  d,el  Cir- 
colo ?  Secondo  essa  il  cuore  a  misura  che  il  sangue  giugne 
alle  cavità  sue  prime  ,  alle  Orechieite  ,  poi  ai  Ventricoli  , 
debbe  spingerlo  oltre  ,  e  accelerarlo  anzi  affinchè  le  onde  ul- 
teriori si  stacchino  per  così  dire  ,  o  tendano  a  staccarsi  dal- 
le posteriori  ,  cioè  affinchè  sorga  ,  o  tenda  a  sorgere  nella 
capacità  delle  orecchiette  il  voto  momentaneo,  cui  il  san- 
gue venoso  si  affretta  e  affolla  a  riempiere  •  Né  vale  il  dire 
che  questo  ultimo  sangue  è  spinto  da  forze  estranee  al  cuore; 
poiché  1'  escludere  per  questo  motivo  T  influsso  essenziale  di 
questo  viscere  ,  sarebbe  a  un  di  presso  lo  stesso  che  il  pre- 
tendere ,  che  le  forze  applicate  allo  stantuffo  non  sono  essen- 
ziali al  giuoco  della  Tioniba  ,  perchè  1'  acqua  sale  in  essa 
spintavi  dalla  pressione  deli'  aria  . 

Per 


il 


I 


Di  Michele  Abai.dt  .  '  Syq 

Per  altro  mi  è  d'uopo  confessare,  che  e  nel  tratto  su  cui 
'  mi  sono  trattenuto  pur'  ora  ,  e  in  più  altri  mi  si  rende  som- 
mamente difficile  di  comprendere  e  interpretar  ia  mente  dell' 
Autore  in  mezzo  al  bu)o  ,  e  alla  nebbia  di  cui  pare  ,  eh'  ei 
cerchi  di  avvolgersi  .  Questa  oscurità  non  mi  toglie  tuttavia 
per  quanto  credo  ,  il  diritto  di  notare  ,  mettendo  ornai  da 
parte  i  fiacchi  ragionamenti  ,  ai  quali  egli  appoggia  la  sua 
opinione  ,  di  notar  dico  ,  alcuni  de'  non  equivoci  abbagli  ed 
errori ,  in  cui  cade  .  Eccone  uno  per  saggio  .  Verso  ia  fine 
della  terza  di  quelle  sue  auti-meccaniche  proposizioni ,  nelle 
quali  ei  divide  il  suo  scritto  ,  io  incontro  queste  notabili  pa- 


)m- 


role  =  di  più  nel  Bambino  non  ancor  nato  la  natura  cor 
pie  in  gran  parte  la  circolazione  senza  ricevere  dal  cuore  il 
minimo  sussidio  :  diflatti  ,  affinchè  il  polmone  del  fanciullo 
nascente  non  s' ingorghi  di  troppo  sangue,  il  quale*  si  oppor- 
rebbe alla  inspirazione  dell'  aria  ,  la  maggior  parte  del  san- 
gue ,  che  in  quelli  ,  che  anno  già  respirato  si  porta  al  cuore 
per  la  vena  cava  ,  passa  nel  feto  per  un  canale  formato  a 
questo  fine  direttamente  neU'  aorta  ,  senza  risentir  nulla  del- 
le impressioni  del  cuore  =  Come  ?  Nel  feto  buona  parte  del 
sangue  passa  dalle  cave  direttamente  nell'aorta?  Di  grazia  per 
quali  strade?  Egli  è  il  vero,  che  nel  feto  esistono  alcuni  sfo- 
gatoi ,  che  guidano  gran  parte  del  sangue  delle  cave  all'aor- 
ta ,  senza  che  attraversi  il  polmone  .  Ma  altro  è  che  il  san- 
gue per  quelle  strade  venga  sviato  dal  polmone  ;  altro  è  eh' 
esso  non  entri  nel  cuoie  e  sottraggasi  agi'  impulsi  di  questo 
viscere  .  Quegli  sfogatoi  lo  guidano  anzi  dalle  cave  all'  aor- 
ta coir  intervento  e  soccorso  del  cuore  ;  né  niuna  gocciola  di 
quel  fluido  non  isfugge  all' azione  di  questo  viscere.  Per  qua- 
le strana  e  sorprendente  dimentifiagTine  ha  obbliato  il  Wil- 
son ,  che  il  sangue  delle  cave  nel  feto  entra  tutto  nell'  orec- 
chietta destra  ,  che  lo  consegna  in  parte  alla  sinistra  pel  furo 
ovale  ,  in  parte  al  ventricolo  destro  ;  di  cui  poi  è  spinto  in 
parte  nel  polmone;  e  in  parte  a=isai  miggiore  pel  condotto 
arterioso  nell'  aorta j  alla  qmle  arteria  pur   giii^ne  il  sangue  , 

B  b  b  a  che 


3So     Delt.a  forza,  e  beil' influsso  dkl  cuore  ee. 
che  raccogliesi  nel  ventricolo  sinistro    versatovi    dalla    stia   o- 
reethietta  ;   cioè    si    quello  ,    che  a  questa    guidano    le    vene 
pulmonah  ,  clie  quello  ,  che  ,  come  è  detto  dalla  destra  tra- 
boccavi pel   foro    ovale .    Tutto    il    sangue    delle    cave    entra 
dunque  nel  cuore  _,    uè  può  non  entrarvi  ,    perchè  le  strade  » 
che  scorre  ,  necessariarnenle  mettono  in  esso  .  ]Ma  qnal  nuo- 
va  dpttrina  ne  spaccia  inoltre  l'Autore  sull'uso  proprio  del- 
le strade  presso  il  cuore  aperte  nel  feto    al   circolo    del    san- 
gue ?  Ei  dice  ,  che  servono  ad   impedire  ,    che    il    sangue  nel 
Bambino  nascente  non  s' ingorghi  nel  polmone,    e    non    vieti 
all'aria  d'  entrarvi  .  Quelle  strade  dunque  non  servon  più  al 
feto   nel  tempo  del  suo  soggiorno  nell'utero  ?  Servono  solo  al 
Bambino  già  nato  ?    Sono    pur   questi  errori  enormi  a  un  se- 
gno,  che  si   pena  a  comprendere,    come     gli    sieno    sfuggiti  , 
ed  io  mi  sarei  forse  ritenuto  dal  riferirli  ,    se'  non    mi    oifris- 
sero  r  opportunità  di  recare  sul  soggetto  ,  che  tratto  una  ri- 
flessione,   che  non  dirò  apertamente  mia^  dirò   solo,  che  nell* 
affacciarmisi     all'  animo    non   mi  sovviene  di  doverla  a  veru- 
no .    Se    il    Wilson    avesse     potuto   arrestarsi  ad  esaminare  il 
cuore  del  feto  con  occhio  più  riposato  _,    ei    forse  ne    avrebbe 
anzi  tratto  un  argomento  ,    onde    persuadersi  del  concorso  di 
questo  viscere  al   mantenimento-  del    circolo  per  molta    parte 
e  sopra   regioni  anche  remote  assai  del  sistema  sanguigno  .  Si 
osservi    infatti  ,    che  il  circolo  non    restringesi  nel  lèto  entro 
i  confini  del  corpicciuolo  di  questo ,  ma  stendesi  fuori  di  es- 
so pe' suoi   involucri,  per  la   placenta,  a  cui  giungono  e  per 
cui  diramansi  i  vasi    ombelicali    arteriosi  e  venosi  .    Or  non  è 
egli  as=.ai   verisimile^  che  la  natura  intenta  sempre  ad  accop- 
piare la  semplicità    ne'  mezzi  colla  moltipllcità  degli  effetti  di 
quello;   stesso  meccanismo  ,  e  artificio  ,    di  cui  servesi  a  svia- 
re  dal  polmone  il  sangue  ,  giovisi  a  spingerlo  ,  e  a   sostenere 
il    movimelito  in  quella    psrte    del    sistema    de'  vasi  ,  che  al- 
lungasi fuori  del  corpo  ?    L'  aorta    bicipite  nel  feto  ,   giacché 
atteso  il  modo,    con    cui    riceve    il  condotto    arterioso,    può 
essa  aversi  in  conto  di  tale  ,  1'  aorta  ,  dico  ,  bicipite  nel  feto 

Sem- 


! 


m 


Di  Michele  Aralpt  •  38 1 

•  sembra  avvìsame ,  che  questa  struttura  è  diretta  a  rendere 
cospirante  sopra  il  sangue,  che  vi  giiigne  ,  la  forza  di  en- 
trambi i  ventricoli  ,  raccogliendola  in  guisa  che  venga  ad  im- 
primere a  questo  fluido  un  impeto  proporzionale  all'  uopo  di 
sostenerne  il  circolo  e  dentro  il  corpo  del  feto  ,  e  fuori  per 
quella  parte  del  sistema  che  appartiene  ai  suoi  involucri  . 

Ma  io  omai  mi  accorgo  ,  che  non  è  mestieri  di  proceder 
più  oltre  con  queste  osservazioni  suU'  Opuscolo  del  Wilson  , 
giacché  se  mal  non  m"  appongo  ,  le  poche  che  ho  qui  rac- 
colte bastano  e  sovrabbondano  all'  intento  ,  a  cui  le  ho  de- 
stinate .  Esse  parimente  mi  dispensano,  per  quanto  credo, 
dal  pormi  a  disaminare  quella  parte  dello  stesso  Opuscolo  , 
in  cui  r  Autore  dopo  di  avere  cosi  vittoriosamente  ,  come  si 
è  veduto  spossessato  il  cuore  della  facoltà ,  e  del  grado  asse- 
gnatogli dalla  maggiore, e  miglior  parte  de'Fisiologisti ^  si  met- 
te in  traccia  di  altre  cagioni  e  potenze  motrici  ,  a  cui  affida- 
re in  luogo  del  cuore  1'  incarico  di  sostenere  in  giro  il  san- 
gue .  Io  noi  seguirò  in  questa  ricerca  ,  e  perchè  non  parmi, 
che  chi  è  soggetto  ad  inciampare  quasi  ad  ogni  passo,  possa 
aver  diritto  di  servire  ad  altri  di  scorta;  e  perchè  mi  sareb- 
be sominamente  malagevole  il  farlo  ,  senza  trascorrere  a  so- 
verchia, ed  annojante  lunghezza;  per  tal  modo  in  questa 
parte  il  suo  scritto  diviene  ognora  più  tenebroso  per  più 
motivi  ,  e  attesa  la  natura  delle  idee  per  lui  proposte  ,  e 
per  la  massima  parte  anziché  espresse ,  abbozzate  solo  per 
^  languidi  tratti ,  e  appena  appena  accennate  ;  e  atteso  il  fon- 
do ,  su  cui  le  colloca  ,  ossia  lo  stile  ,  di  cui  usa  ,  sparso  e 
gremito  per  ogni  dove  di  termini,  e  modi  o  insignificanti  o 
vaghi  ed  ambigui  .  Egli  a  cagion  d'  esempio  ,  per  addur  pur 
un  saggio  di  questo  difetto  ,  Ei  dico  ,  non  senza  offesa  gra- 
vissima dell'  esattezza  adopra  promiscuamente  e  nello  stesso 
eignificato  i  vocaboli  di  Leggi,  e  di  Forze  o  Potenze  mecca- 
niche, confondendo  in  tal  guisa  «ose  per  manifesti  caratteri 
essenzialmente  diverse;  giacché  nel  comune  concetto,  e  le- 
gittimo   le  forze  agiscono    su  i    corpi,    e    le   leggi  governano 

quest' 


382f  Della  forza  ,  e  dell'  influsso  cel  cuore  ec, 
quest'  azione .  Benché  quasi  per  tutto  ove  gli  accade  di  par- 
lar di  oggetti  attinenti  alla  Meccanica  ,  si  scorge  palesemen- 
te ,  eh' ei  s'  ingeiisce  a  trattar  materie,  intorno  alle  quali 
npn  possiede  le  necessarie  notizie  .  Onde  non  occorre  stupi- 
re ,  eh'  ei  si  dichiari  nemico  delle  spiegazioni  de'  Fenomeni 
animali  tratti  da'  principj  meccanici  ;  e  eh'  Ei  si  formi  della 
vita  un  concetto  5  non  saprei  ben  dire  se  nuovo  e  singolare, 
o  non  piuttosto  strano  e  bizzarro  ;  e  non  teme  tra  le  altre 
cose  peregrine,  eh'  ei  ne  insegna,  di  proferire  ,  che  la  Mac- 
china del  Corpo  non  è  già  lo  strumento  della  Vita;  ma  sib- 
bene  il  campo  entro  cui  la  vita  fa  le  sue  prove  .  Ma  coma 
è  detto ,  non  tengo  mestieri  di  tener  dietro  piìi  oltre  al  Sig. 
Wilson.  Il  presente  Articolo  ha,  siccome  spero,  ottenuto  il 
suo  intento  ,  se  è  giunto  a  dimostrare  che  1'  opposizione  in 
cui  mi  trovo  con  questo  Novatore  non  debbe  sconfortarmi  , 
e  distogliermi  dalle  ricerche  da  me  annunziate  nell'  ingresso 
della  Memoria  ;  cui  prego  il  dotto  e  cortese  Lettore  a  per- 
mettermi eh'  io  lasci  in  questo  luogo  interrotta  e  ne  serbi  il 
seguito  ad  un  altro  Volume. 


ME- 


383 


MEMORIA 

SULL'  USO  DELLA  LOGISTICA 

NELLA  COSTRUZIONE  DEGLI  ORGANI 

Di    Pietro    Ferroni. 

Ricevuta    il    dì    x  4    ^^^    i  8  e  4  • 


PANTOGRAPHON  PYTHAVLICVM 
VmVERSALK 


V>(  hiunque  aLMa  letta  la  Storia  de'  bassi -teinpi  sa  benissi- 
mo che  gli  Organi  a  mantice ,  quantunque  non  ignorati  dai 
Goti  mentre  occupavan  rì(alia,  come  Cassiodoro  assicura  {<^), 
cominciarono  ad  essere  soltanto  in  uso  venuti  dalia  Germa- 
nia^  e  segnatamente  da  Fiisinga,  fia  gii  Italiani  (  a  teslimonanza 
del  Balu/io  e  di  Sclimidt  )  {b)  sotto  il  Pontificato  di  Giovan- 
ni Vili,  cadendo  il  Secolo  IX.  ,  e  ne  furono  primi  artefici  i 
Greci  (e)  .    Non  differisce  un  Oigano  co"  suoi  registri  da  una 


(a)  Coinm.   in  Psalni.  GL. 


(i)  Miscellanea  Lib.  V.  —  Contìnua- 
tio  Rheginonis  Gap.  IX.  — •  „  Hiòtoi- 
ta  des  Allemanda  ,i  . 


(f)  ,j  Delle  rivoluzioni  della  Ger- 
mania .  Di  Carlo  Denina  „  Voi.  I. 
Lih.  III.  Gap.  Vili.  (  MS.  che  «i 
«tampa  adesso  in  Fi  reme  ) . 


584  Memoria  sull*  uso  della  Logistica  ec. 

Spinetta  (  Virginale  )  o  Clavici rubalo  (  Manichonììiim  )  se 
non  in  questo  ,  che  t'  ultimo  ricava  i  suoni  da  curde  elasti- 
che solidd ,  fd  iì  primo  da  curde  elastiche  aeree.  Egli  era 
dunque  assai  facile  al  gentil  Popolo  ,  che  rivestì  di  iiuove 
grazie  la  Musica  ,  dopo  dell'  esperienza  antichissima  d'  una 
sonora  Siiiig^  o  Fistola  pastorale  convertire  (  come  la  Favo- 
la finse  di  Pan)  i;i  Organetto  scalato  la  Lira  (  E't/xop'Soc  )  ,  ed 
in  Organo  pneiunatico  l'Arpa  (  Harpìchordiuni  )  .  Del  rima- 
nente tutti  gli  Istromenti  da  fiato  ^  compresi  eziandio  gli 
imperfetti  ,  come*  una  Canna  d'  Organo  ,  un  Corno  da  cac- 
cia ,  una  Tromba  ordinaria  ,  una  Trombetta  ,  un  Clarinetto  , 
un  Oboe  ,  un  Flauto  traverso  ,  ec  ,  debbono  considerarsi  al- 
la pari  d'  un  Monocordo  oUromha^  militare  o  rtiarina  ;  fanno 
udire  gli  istessi  suoni  armonici  6  simultanei  o  saltuarj  varian- 
do fori  ,  lunghezza,  ed  imboccatura  j  (  de' quali  nelle  Corde 
vibranti  ben  tese  prima  d'ogni  altro  Aristotele  ne  diede  cen- 
no ,  [d]  e  poi  Beekmanno  ,  Merèenno^  (e)  Wallis  ,  (/)  Sau- 
veur  (g)  ne  parlarono  con  più  esatta  contezza)  ;  e  dipendono 
nei  loro  accordi  dal  principio  medesimo"  di  iTeoria  musicale  , 
eh'  è  quello  della  triade  armonica  o  risuonanza  del  Corpo 
sonoro  ,  o  sivvero  {  in  altri  termini  )  della  coesistenza  d'  un 
terzo  suono  postine  due  ,  contemporaneamente  a  Rarneau  [h) 

dis- 


(J)  ProUemata  Vili.  XI.  XII.  XIII. 
(  Sect.  XIX.  ) 

(e)  Harmonicoriim  Lib.  IV.  Propp. 
XXVIII.  XXIX.  pagg.  66  67.  —  Har- 
monic.  Imtrum.  Lib.  I.  Prop.  XXXIII. 
pag.  53  —  Lib.  IV.  Prop.  XIII.  pag. 
iSg.  (  Ediz.  di  Parigi  in  fol.  del  i636.  ) 

(/)  Opera  omnia  Mathematica  etc. 
Oxonitie    1693.    Voi.    II.    Gap.    CVII. 


pag.  466. 

(g)  ,,  Mémoires  de  1'  Acadéraic  des 
Sciences  de  Paris  etc.  „  1701.  (  Sect. 
IX.  5,  Des  Sons  harraoniques  ,,  pagg. 
349  -  56.  Ediz.  Parigina  in  4-°  del 
1719.  Figg.  alle  pagg.    35i  -  5a  -,53.  ) 

(/()  ,,  Generation  harraoniqiie  „  —  v 
Dóinonstratìon  <lu  Principe  de  l'Har- 
monie.  A  Paris  ,   1750.   ^ 


Di  PjETno  Ferroni  .  385 

discopertosi  da  Romieu  (i)  e  da  Tàitini  {/.) ,  noa  motivato 
sopia  fantastiche  proprietà  del  Cerchio,  che  avanti  dell' ulti- 
mo aveva  ancora  immaginate  Keplero  (/)  .  Se  il  Modo  mino- 
re non  così  naturalmente  derivasi  come  il  maggiore  dal  prin- 
cipio testé  divisato  ;  se  il  motivo  ,  in  virtù  di  cui  sono  gra- 
te all'  orecchio  umano  le  consonanze  ed  ingrate  per  il  con- 
trario le  dissonanze  ,  dedotto  dal  piacer  metafisico  del  più  o 
meno  frequente  ritorno  della  coincidenza  delle  vihrazioni  del- 
le Corde  sonore  secondo  la  dottrina  di  Galileo  {j?i)  copiata 
in  tutto  da  Sauveur  («)  e  Mairan  (o)  ,  quindi  dall'  Euler  (jj) 
ed  Estève  (y) ,  ed  in  ultimo  da  Cabanis  \r)  ,  non  manca 
d'  essere  sottoposto  a  molte^ifficoltà  psicologiche  e  fìsiche  , 
massime  alle  insostenibili  dissonanze  1:7,1:9,1:11,  ec, 
e  poco  giova  per  toglierle  T  aggiunta  fatta  di  recente  da 
Pizzati  (j)  d'un  terzo,  non  però  nuovo  (/),  principio  anima- 
Tomo  XI.  Geo  sti- 


(i)  D'  Alembert  „  Elémens  de  Mu- 
sique  etc.  ,,  (  Préface  ,^  pag.  XIX. 
Edlz.  di  Lione  o  seconda    del    1772.  ) 

(k)  .^  Trattato  di  Musica  ,_,  .  Pado- 
va 1754.  ■ —  ,,  Risposta  alla  Critica 
di  M.  Serre  di  Ginevra  ec.  „  Ve- 
nezia 1767-  -~  ;;  Dissertazione  de' 
Principj  dell'  Armonia  Musicale  con- 
tenuta nel  Diatonico  Genere  ;,  .  Pado- 
va  1767- 

(/)  H armomces  Mundi  Libri  V.  Lin- 
di Aiistriae   1619. 

(m)  „  Dialoglii  delle  due  nuove 
Scienze  co.  „  Leida  i63u.  {  Giornata 
I.   verso  la  fine  )  . 

(n)  ,,  llistoirc  de  1'  Acadéniie  des 
Sciences  de  Paris  etc.  Année  1700.  ,, 
(  .,  Acoustique  ,,  alla  pag.  i34-  Ediz. 
del  1719.  —  j,  De  la  détermination 
d'  un  £on  fixe  .,  a  pag.  i/^'ì.  e  segg.)— ,, 
Wémoires  „  come  sopra  per  1'  Anno 
1701.  alla  pag.  SSg. 

(0)    ,,    Histoire  etc.  ^,  come  sopra  ^ 


per  r  Anno   1787.  pag.  99. 

[p)  Tentameli  novae  Theoriae  31  usi- 
cae  ec.   Petropoli  1789. 

(q)  „  Histoire  de  1'  Académle  de» 
Sciences  de  Paris  etc.  Année  1760.  A 
Paris  ,  I754'  (  P^o-  ^^^"  '^  Démonstra- 
tion  du  Principe  de   1'  Harmonie   ^,   )  . 

(r)  ^,  Rapports  du  Pliysi^pie  &  du 
Moral  de  l'Homme  .  A  Paris  ,  i8oa.  ^, 
Voi.  \.  ,,  troiiiéme  Ménioire  ,,  J.  V. 
p.ig.   aia.  e  5-   VI.   pag.  2.2.J\. 

(.:)  „  La  Scienza  de'  Suoni  e  dell' 
Armonia  ec.  divisa  in  cinque  Parti  . 
\  enezia  1782.  ^,  (  Vedasi  specialmen-, 
te  il  Gap.  I.  della  Parte  V.  )  —  „  Ta- 
vole degli  Esempj  appartenenti  all' 
Opera  „  precitata  .  —  „  Lettera  di 
Francesco  Gori  Pannilini  sopra  l'Ope- 
ra del  Pizzati  ec.  Pisa   1782.  „ 

(t)  Mersenno  HarmonicoTum  etc. 
Libro  Vili.  Prop.  VI.  §5-  Seplìma  etc.  - 
Decimatcrtìa  etc.  pagg.   169  -  70. 


386  Memoria  sull'  uso  della  Logistica  ee. 

st'ico  di  sensazioni  acustiche  ,  il  quale  risieda  nel  divisorio  o 
laminetta  spirale  deli'  interno  della  chiocciola  del  laherinto 
del  nostro  orecchio  ;  e  se  finalmente  questo  Problema  di 
Psicologia  ,  non  meno  che  la  decantata  eccellenza  del  gene- 
re enarmonico  degli  antichi  a  paragone  del  diatonico  e  del 
cromatico  ,  ed  i  vantati  prodigj  della  Musica  Greca  che  si 
leggono  nel  Banchetto  d'Atenèo  (?/) ,  in  Nicomaco  (z')  ,  Tolo- 
meo {x) ,  Didimo^  Euclide,  Aristide-Quintiliano,  Boezio  (j)  , 
IMeibomio  (e),  Vincenzio  Galilei  seniore  [aa]  ^  Mei  (bb)  , 
Doni  (--e) ,  Kirchero  ('W),  Burette  ,  Arnaud  (ee)  ,  Roussier  (i^), 
e  tant' altri  eruditi  Scrittori  (gg) ,  non  lasciano  tuttavia  d'es- 

se- 


{u]  Oeipnosophiston  Libri  XV.  , 
scritti  vivente  1'  Imperatore  Marco 
Aurelio  .  (  Vedasi  il  Lib.  XII.  £dU. 
■Lugdun.  i583.  ex  recensione  JOale~ 
champii  ;  come  pure  Parisiis  1796.  )  . 

iv)  Nicomachi  Garascni  P_ytìiagorici 
Sarmonia  manualis  . 

(x)  Harmonicorum  Libri  etc.  ,  cioè  , 
Claudii  Ptolemaci  Pellusiensìs  Harmo- 
nicorum sive  de  Musica  Libri  III.  nunc 
primuni  editi  .   Venctiis   i563. 

(j)  Arithmelica ,  Geometria  j  &  Mu- 
sica .   Venetiis   149^- 

(z)  Antiquae  Musìcae  Auctores  sep- 
tem  ,  graece  &■  latine  etc.  Amsteloda- 
mi  i653.  (  cioè  ,  Aristoxenus  ,  Eucli- 
de! ,  Nicoraachus  ,  Alypius — Gauclen- 
tius,  Bacchius  senior,  Aristide!  -  Quin- 
tilìanus ,  Martianus  )  . 

(aa)  „  Dialogo  della  Musica  antica 
e  della  moderna.  In  Firenze  i58i.  j,  -  ^, 
Fronimo,  Dialogo  sopra  la  Musica.  In 
Venezia  i568  —  i58 -l- .  „  (  E  molti 
altri  MSS.  inediti  nella  Libreria  Nel- 
li in  Firenze  ,  tra  i  quali  ,,    Discorso 


intomo  air  uso  dell'  Enarmonico,  e  di 
chi  Josse  autore  del  Cromatico  „  —  ,, 
Discorso  intorno  a  dirersi  pareri  ,  cha 
abbono  le  tre  Sette  più  famose  degli 
antichi  Musici  intorno  alla  ragione 
de'  suoni    ,  e  degli  accordi  „    .  ) 

(bb)  Hieronymì  Mei  Consonantiarutn, 
Genera  :  MS.  compendiato  e  stampato 
da  Pietro  Del  Nero  . 

(ce)  De  praestantia  Musicae  vete- 
ris  .  Fiorentiae  1647. 

{dd)  Musurgia  univeralis  ,  sive  Ars 
magna  consoni  b-  dissoni.   Romae  l65o, 

(ee)  ,,  Mémoires  de  1'  Acadéraie  des 
Insrriptlont  &  Belle!  -  Lettres  ,,  To- 
mi V.  —XIII.  Sur  la  Melopée,  e  To- 
mo XVIII.  Sur  la  Rhétorique  de  la 
3Iusique  . 

iff)  ,,  Mémoire  historiqne  &  pratl- 
que  sur  la  Musique  de»  Ancien»  .  A 
Paris  ,   1774.    „ 

(gg)  ,,  Dialogues  sur  la  Musique  des 
Anciens  .  A  Paris,    1735.   ,,  —   ,,  Es-I 
sai    philosophicpie  sur  la  Musique  an-"| 
«ienne  &  moderne  i  A  Paris  _,   1780.  ,j'' 


Di   Pietro  Ferroni  .  ■  387 

sere  un  mistero  per  i  Filosofi  ;  sarà  però  sempre  vero  che  la 
Teoria  degli  intervalli  e  dei  diversi    sistemi    di    temperamenti 
musicali  s'appoggi  sempre  al  fondamento  sperimentale  mede- 
simo, si  per  trasportare  negli  Istrumetiti  da  tasto  le  Compo- 
sizioni di  melodia  ed  armonia  o  Contrappunto  (  Polycìnìum  ) 
ideato    da    Dunstan    Arcivescovo    di    Cantorbery    nei    Secolo 
X  )  {hh)  da  iMì  tono  {({^ò,yo';)  all'altro  ,  che  sia  dentro  i  li- 
miti dìacommatici  della  ristretta  sensibilità  dell'  udito  ,  si  per 
fabbricarli  debitamente  ,    ed    accordaili  in  modo  ,    che  i  loro 
suoni  sian  dolci  ,  midoliosi  ,  pieni  ,  robusti  ,    e  non  mai  stri- 
duli ,  inespressivi  ,  sordi  ,  né  asmatici  .    In  tanta  luce  quant* 
oggi  adorna  le  Scienze  Fisico-  matematiche  sarebbe  ora  vano 
fermarsi  per  avventura  a  discutere,  stando  a  ciò  che  ne  scrissero 
Diogene-Laerzio  e  Plutarco,  il  merito  della  controversia  insorta 
fin    dalle    prime    speculazioni   sopra    la    Musica  tra  i  seguaci 
della    Scuola    d'  Aristossèno  ,    i    quali  volendo  per  sola  guida 
r   orecchio  abborrivano  ogni  considerazione  numerica  nell'Ar- 
te ritmica  del  canto  e  del  suono  [ii)  ,  e  quelli   della    Scuola 
più  celebre    Pitagorica  o  Italica ,    fondata    in    Crotone    verso 
r   epoca  della  rovina  di  Sibari  ,  che  concedevano  troppo  alla 
potenza  dei  numeri  ,   quando  ciò  stato  non  fosse  per  eccessi- 
va vaghezza  di  semplice  allegoria  . 

Essendo  i  suoni  grandezze  ,  apprezzabili  dai  nostri  sensi 
fino  a  tanto  che  quelli  restino  dentro  certi  confini  di  gravi- 
tà e  à'  acutezza ,  e  passandovi  tra  i  suoni  medesimi  le  ra- 
gioni di  più  a  meno  acuto  ,  di  più  a  meno  grave  ,  e  queste 
ragioni  avendo  per  naturale  misura  i  logaritmi  di  qualunque 
Sistema  ,    come  gli  angoli  si  misurano  dagli  archi    d'  un  Cir- 


C  e  e  a 


00- 


(hli)  „  A'iiicenzo  Manfredini^  Regole 
armoniche  eo.  Venezia  1775.  ,,  —  ,, 
Martini  ,  Storia  della  Musica  .  In  Bo- 
logna 1707  „  —  „  Esemplare  di  Con- 
trappunto :=  ivi  rr  i774-  >>  —  Mar- 
purg  ,.  Trattato  della  Fuga    ,,  . 

(li)  Aristoxenus  ,  Nicomachus  ^  Aly- 


p'ius,  auctores  Musicts  antiquissimi  ex 
recensìune  Mearsii .  Lugduni  Batavo- 
rum  (  Elzevir.  )  i6i6.  (  Esemplare  col- 
le Note  MSS.  e  Postille  marginali  del 
Doni  )  — .  Aristorcni  5f usici  antìquìss. 
narmohictìrum  Eleìflentorèifn  'Liiri  IH: 
Fenetiis  i56a. 


oB8  Memoria  sull'  uso  della  Logistica  ec. 

Cijlo  o  piccolo  o  grande,  il  Canone  generale  di  tutta   la  Mu- 
sica si  annunzia  in  breve  dal  Teorema  seguente  . 

„  Preso  per  unità  un  suono  fondamentale  ,  son  gli  in- 
,,  tervalU  della  Scala  àe  suoni  o  le  loro  vere  misure  come  i 
„  logaritmi  de'  rapporti  o  ragioni  (  "hóyot  )  dei  suoni  pre- 
„  detti   „  . 

Il  suono  fondamentale  o  regolatore  degli  Organi  [consta^ 
sifjìet ,  ecometro^  ec. ,  che  debba  dirsi),  quantunque  lo  sta- 
bilisse Sauveur  di  loo  vibrazioni  in  un  minuto  secondo  (kk)  , 
non  può  mai  veramente  con  tutta  precisione  fissarsi  malgra- 
do le  correzioni  assegnate  da  Diderot  [II)  ,  atteso  che  egli 
dipende  ,  olire  la  varia  forza  del  soffio  e  la  diversità  dell' 
imboccatura  (  oscillum  ),  dall'elaterio  sempre  variabile  dell' 
Atmosfera  in  virtù  del  peso,  della  temperatura  o  calorico]^  e 
del  grado  d'  umidità-^  così  che  bisognerebbe  approntare  una 
Tavola  di  ragguaglio  o  d'  equazione  corrispondente  ai  diffe- 
renti gradi  del  Barometro,  Termometro,  e  Igrometro,  il 
jnassirtto  della  quale  anderebbe  all'intorno  d'un  semitons  .  Ben 
è  vero  che  per  1'  istessa  cagione  sono  soggetti  a  differenze 
consìmili  eziandio  gli  altri  suoni  paragonati  a  quello  supposto 
fisso  e  invariabile;  di  tal  maniera  che,  per  esempio  ,  YE  la 
fa  estremo  d'  un  Organo  ,  il  G  sol  re  ut  Diesis  estremo  oppo- 
sto ,  e  tutti  gli  intermedj  del  Gamma  ossia  T  ut  diatonico - 
cromatico  comunque  esteso  non  battono  uè  rappresentano  in 
ogni  luogo  ,  tempo  ,  e  stagione  la  medesima  ìiota  .  Pire  so- 
lamente deciso  dopo  di  replicate  esperienze ,  che  in  ogni 
stato  dell'  Atmosfera  presso  la  superficie  della  Terra  cambino 
poco  o  niente  i  limiti  della  nostra  sensibilità  ,  anco  in  orec- 
chiante delicatissimo  ,  rispetto  ai  s7ioni  ricavati  da  canne 
d'  Organo  ,  e  che  questi  limiti  siano  dalla  parte  del  barìtono 
una  canna  o  tibia  lunga  4^»  piedi  Parigini  ,    e    dall'  altra  dei 

so- 


Iv 

(fik)  Vedansl  le  ^,    Memorie  ,,  cita-      1      pag.  35g. 
te  nella  Noia  precedente  (s)  Sect,  ML  \,il)  „  Piincipes  d'  Acoustlque  &c.  ,j 


Di  PiETno  Ferroiti  . 


i5 


5i59 


sopracuto  lunga  -7  ò.'  un  pollice  ,  mentre  il  suon  fisso  o  co- 
rale suol  darlo  una  canna  di  5  piedi  .  Intendo  qui  di  parla- 
re delie  canne  di  Organo  aperte  ,  e  non  chiuse  com'  altre 
nella  lor  cima  ;  a  proposito  dell'  ultime  delle  quali  ognuno 
conosce  in  pratica  ,  che  ad  egual  lunghezza  colle  prime  ren- 
dono il  suono  d'  un'  ottava  più  grave ^  ma  iujrata  e  spiacente 
all'  udito  non  malaffetto  o  insensibile  fino  all'  unisono  ,  ciu- 
sta  r  espressione  di  Vandermonde  [mm)  ,  ed  r  peixiò  che 
canne  si  fatte  o  serrate  in  bocca  havvi  costume  di  nominarle 
bourdons ,  cavatone  forse  il  paralello  dal  sibilar  fastidioso 
delle  Api  improliiiche  o  sivvero  operaje  .  Di  là  dai  lìmiti 
prestabiliti  fremono  ,  ronzano  ,  o  stridono  {liuttosto  che  suo- 
nino aggiustatamente  le  canne  ;  il  linguaggio  musicale  diven- 
ta pe'  i  nostri  orecchi  ,  se  pure  sian  bene  organizzati  ,  inar- 
ticolato ,  ruvido,  disarmonico;  la  sensazion  del  piacere  non 
solo  si  perde  ed  inavvertita  vien  meno  ,  ma  e'  rassembra  di 
più  che  negli  acutissimi  suoni  in  particolare  l'aponeurosi  d<;l 
nervo  acustico  per  soverchia  e  dolorosa  distrazione  ,  se  cosi 
possa  dirsi  ,  soffra  e  quasi  si  laceri  ,  sebben  coperta  e  difesa 
acconciamente  dalla  Natura  (  come  prima  di  tutti  osservò 
Cotunnio  [nn)  )  mediante  la  linfa  che  la  circonda  j  ed  in  cui 
resta  immersa  . 

Tornando    al    Principio,    che    Euler    (00),    Smith  (pp)  , 
Baisgelou  {qq)  ,  e    più  di  recente  Surcrnain  Missery  (/■/•)  han- 
no 


(mm)  Cabanis  Op.  cit.  Tom^  II.  ,., 
Mémoire  VII.  §.  VI.  pag.  33. 

(nn)  De  aquaeductihus  Autìs  huma~ 
nae  &c.  -Calianis  ul/i  supra  Voi.  I.  nel- 
la desrrizione  belliseiraa  dell'  Orecchio. 

(oo)  Opera  precitata  ,  Gap.  VII.  De 
variorum  ìntervalloTum,  receptis  appel~ 
lationìbus  . 

(pp)  „  Harmonicx  ,  or  the  Philoso- 
pliy  of  Musical  Sounds  ,,  (  stata  la 
guida  di  Guglielmo  Herschcl  )  /^ .    Lon- 


don lyóg.  (  seconda  Edizione  di  (jnest" 
Opera  celebratissiraa  )  . 

(q/j)  MS.  pubblicato  in  estratto  nell' 
Art.  Sjrstéme  dalla  pag.  4*^7.  a  Al^ 
del  j,  Dictionnaire  de  Musi(£ue  „  di  J. 
J.  Rousseau . 

(rr)  , ,  Tliéorie  acustico  -  musicala 
ou  de  la  doctrine  dea  sons  rapportéft,  aux 
principe*  de  leur  combinaison  .  Paris, 
l^qS.  ,,  —  „  Journal  de  Piiysiifu* 
&c,  jj  Tom.I.  Par.  I.  An.  a.  iViuojep.  aó. 


Sqo  Memoria  sull'  uso  della  Logistica  ec. 

no  insieme  adottato  ,  e  chiamando  S  il  suono  ,  ii  la  ragione 
numi^rica  o  il  di  lui  rapporto  ai  fondamentale  ,  a  la  èajedel 
prescelto  Sistema  logaritmico  ,  esso  Principio  traducesi  in 
lingua  algebiaica  per  mezzo  della  formula   K  =  a' . 

A  fine  di  farne  la  più  facile  applicazione  premetto  i  da' 
ti  non  pellegrini  che  seguono,  ad  unica  notizia  di  quelli,  ai 
quali  per  avventura  giungessero  nuovi  . 

\?    La    collocazione    in    luogo  di  a  del  numero  a,    così 
che   I   sia  il  logaritmo  del  medesimo  a  come  base  . 

a."  Le  ragioni  da' suoni  andando  verso  ['acuto  nella  Sca- 
la moderna  diatonica  colle  sottoposte  comuni  lor  Sigle,  cioè, 

I,  8433381/  .  ,      . 

—  }  -F-  j  T  -.T  y-F  ì  —F  -,  —  l  Alembert  e  Missery  (ss)  in  vece 

C,D,   E,  F,  G,  A,  B,    e 


n 


3 


-) 


di  —   pongono  ^ 

per  quanto  s'  estende  una  sola  ottava  o  diapason  ;  giacché 
le  altre  rispetto  ai  loro  intervalli  non  sono  se  non  se  repliche 
pure  di  quella  . 

3.°  La  Tavola  Euleriana  brevissima  dei  logaritmi  {tt) , 
che  abbracciano  tutti  i  numeri  (  o  elementi  )  degli  interval- 
li armonici  suddivisati ,  e  sono 

Log.  I  =:  e  j  000000 

Log.  a  =  I  ,  cooooo 

Log.  3=1,  534963, 

Log.  4  =  a  ,  ooocoo 

Log.  5  =  a  ,  3a  I  ga8 

Log.  6  =  a  ,  584963 

Log.  7  =  a^  807355 

Log.  8  —  3  j  coooco 

4-" 


(ss)    ,)    Elémpn»  de  Musique  &c.   , 
Par.  I.  Chap.  VI.  §.  55.  pag.  Sg.  No- 
ta [0)  .    —   Opera    di    già    citata    ap- 


punto qui  sopra  . 

(tt)  UH  silura  pag.   io3.  5'  4- 


Dx  Pietro  Ferroni  . 


$91 


4  "  Finalmente  soggiungo  l'  osservazione  che  quantunque 
imitando  i  comuni  Clavicimbali  ,  composti  di  a8  (ed  al  più  aq) 
suoni  ,  i  quali  incouiiiiciano  dal  basso  G  sol  re  ut  e  vanno 
air  E  la  fa  e  F  fa  ut  accutìssuno  degli  ottavini  dei  Corni 
da  caccia  in  A  la  mi  re  ,  contenga  un  Organo  1'  estensione 
fonica  di  4  ottave^  distribuite  per  comodo  de ^\\  spartiti  or- 
dinar] e  rìdili  accidentali  delie  parti  cantanti  o  ìstrumenti 
nelle  tre  solite  chiavi  di  Ffaut  ^  C  sol  fa  ut  ^  e  G  sol  re  ut 
onde  accomodarsi  al  basso,  baritono  ,  tenore,  contralto^  mez- 
zo-soprano ,  soprano ,  violino ,  e  sopracuto  ,  tutti  ancora  i 
registri:,  giunte  o  accessorj  degli  Organi ,  siano  a  glottide, 
linguetta,  o  zampogna,  non  meno  che  tutti  i  giuochi  di  vo- 
ce-umana o  usignolo  ,  degli  Organetti  di  Germania  a  carigUone , 
o  sivvero  colle  ariette  e  motivi  seg,\ia.\.\  a  punte  sulla  superficie 
d'un  Cilindro  rivolgentesi  intorno  se  stesso j  presone  esemplo 
da  un  Carillon  [Xjlorganum)  a  campane,  bicchieri  ,  e  cilin- 
dretti consimili  (  dei  quali  graziosi  concerti  dottamente  han- 
no scritto  Franklin  {un)  e  Diderot  (vv)  )  s'  appoggiano  sem- 
pre al  Gamma  medesimo  musicale.  Anzi  questo  Gamma, 
che  il  Monaco  Guido  d'Arezzo  introdusse  incompleto  o  man- 
cante del  Si  )  chiamato  Bi  anteriormente  a  Ludi  da  Ericio 
Puteano  (za),  e  dq^oi  dal  Banchieri  (yy)  nella  riforma  del  can- 
to ecclesiastico  Gregoriano  o  Ambrosiano  fino  di  quando  il 
Vescovo  Aretino  Teobaldo,  non  molto  dopo  del  ioi3  succe- 
duto ad  Adelberto  ,  lo  chiamò  a  tal  effetto  dal  Monastero  di 
Fonte  Avellana  [zz) ,  sarebbe  valevole  a  spiegare  egualmente 

per 


\}iiC)  Vedansl  le  Opere   Fisiche  nella 
Baccolta  di  già  a  tutti  nota . 

(t)-!;)  j,  Méniolres  sur  diilerens  sujets 
de  Mathémitiques  ,,  .  —  ,,  Princlpes 
d"  Aroustiifue  „  (  Nota  (il)  )  (  tr.i  gli 
Opuscoli  MaternatM  <\A\a  Raccolta 
postuma  di  tutte  l'Opere  dell'Autore). 
(xjTJ  PuUas  mjjidut  a  ,    ihe    sejitem 


discrimina  vocum  .  Mediolani  iSgg. 

(.yy)  >>  Cartella  Musicale  „  Venezia 
1614. 

{zz)  De  Artis  musicae  ri'gulis  (Libro 
del  prelodato  Eremita  )  —  Hisforia 
sYi'c/trona  Arcìiivi  Calliedralis  Arreti- 
naa  &c.  Num.  36a, 


Sga  Memoria  sull'uso  della  Logistica  ec. 

per  via  di  tias'aio  o  metafoia  il  piacer  che  proviamo,  si  nel- 
la iirulazione  ideata  da  Castel  delia  Musica  coi  colori  (aaa) 
(  die  di  già  (irmonizzati  escori  del  Prisma  )  ,  si  nella  Poesia 
metrica  e  nmaia  ,  mentre  i  Fisiclogisti  fosser  oggi  capaci  di 
poter  render  ragione  in  qiial  modo  e  perchè  il  ritorno  perìO' 
dico  d'  alcune  sensazioni  e  la  simetria  di  certi  rapporti  in 
tutte  le  dipendenze  delle  B-ile-Arti  ,  considerate  per  simil 
lato  da  De  Piles,  Montesquieu,  Algaiotti,  Reynolds,  e  Mengs, 
rechin  diletto  aW  Io  senziente  ,  come  lo  apportan  difatti  i 
capi-d'opera  di  Pergolesi  ,  Paesielio  ,  e  Sacchini  . 

Ciò  premesso  a  maggior  lume  del  rimanente  ,  ecco  la  Se- 
rie delle  misure  o  ìntervolli  de'  suoni  della  Scala  diatonica 
dalla  parte  dei  negutivi  (  come  se  fossero  positivi ,  ciò  che 
in  sostanza  j»e  '1  nostro  assunto  è  1'  istesso  )  ,  contando  que- 
sti intervalli  dalla  prima  nota  più  grave  ,  e  segnando  a  con- 
fronto le  differenze  . 

Tonica  o  fondamentale  —■ .  o  ,  ocoooo 

o,  169914 
Seconda  maggiore • o,  169934 

0  5 i52co4 
Terza-maggiore ■ o,3ììI928 

o ,  0981  IO 
Quarta    o    diatessaron    .  Oj,4i5c38 

o  ,  169924 
Quinta  0  diapente  -— —  o  ,  584962 

o  5  l520t4 

Sesta-maggiore » e,  736966 

o, 169924 

Settima-maggiore 1 . o  ,  906090 

o , cgSi I o 

Ottava  diapason  — '■—    i  ,  cooooo 

Riscontrasi  a  colpo    d'  occhio    dalla    disuguaglianza  degli 
intervalli  trascritti,  che  i  suoni  del  Gamma  o  le  misure  del- 
le 


{aad)    „     Mathématiqiie    iiniversella      |      tout  le  monde  &c.  A  Paris  ,   17J8.    j, 
abregée  .,    à  la  portée    &  à  1'  usage  de 


e 


Di  Pjetr-o  Ferro  NT  .  3n3 

le  ragioni  de'  suoni  moderni  diatonici  procedona  saltuaria- 
mente ,  e  che  questi  salii  sono  di  tre  diverse  grand*  z- 
ze  ,  cioè  ,  andando  dal  più  piccolo  verso  il  più  grande 
0,093110  I  o,i520o4  1  0,169924.  I  medesimi  salti  sono 
di  più  irregolarmente  spartiti ,  e  se  ne  contano  3  dei  massi- 
mi, 2.  de'  meclj ,  e  a  parimente  dei  minimi.  Qualunque  estsi 
siano  3  avveugachè  differenti  da  quelli  dei  Policordi  (  Barbi- 
ùon  )  o  Lire  antiche  o  moderne  ,  ed  in  quaisisia  modo  dis- 
posti ,  i  Jor  intervalli  logaritmici  hanno  sempre  da  valutaci 
come  gli  indici  soli  della  ragione  delle  ragioni  de'  suoni  ,  o 
sivvero  di  quanto  sia  moltìplice  un  suono  deli'  altro  ,  cui 
venga  ad  essere  riferito  . 

Se    dLm([ne    fosse    esattamente    delineata  una  porzione  o 
tronco  di  Logisticaj  la  cui  prima  ordinata  normale  i,  T  ultima 

I 

—  ,  e  la  parte  di'  asintoto  interposta  tra  le  medesime  i  j  va- 
le a  dire  la  sottangente  costante  1  ,  44^^96  ,  per  mezzo  del- 
le calcolate  distanze  della  colonna  anteriore  ,  da  riportarsi 
mediante  lina  scala  fedele,  pari  a  quella  di  Vernier,  Chaul- 
nes  Ramsden  ,  ec. ,  vi  si  potrebbero  subito  conseguire  e  trac- 
ciare come  altrettante  ordinate  le  rispettive  altezze  propor- 
zionali delle  canne  d'  Organo,  che  renderebbeio  i  suoni  dtl- 
la  Progressione  diatonica  ^  presa  per  unità  di  misura  l'altez- 
za a  piacimento  della  canna  fondamentale  del  suono  più  gra- 
've  •  Coli'  istessa  facilità  quest'  unico  Istrumento  Logistico  , 
che  può  agevolmente  segnarsi  in  lamina  d'  ottone  o  di  rame 
a  comodo  dei  Manifattori  d'Organo  (  Opj-a»  o^è  0/ )  e  diventare 
il  loro  campione  o  piattaforma  (  come  f  hanno  gli  Orologiaj 
per  le  ruote  e  rocchetti ,  ed  i  Fabbricatori  di  macchine  Astro- 
nomiche o  Fis'che  per  le  divisioni  esattissime  di  linee  rette  e 
circolari  )  ,  condurrebbe  ad  ottenere  le  altezze  delle  canne 
d'  Organo  in  altre  ot:ave  o  repliche  della  prima  ,  e  con  essa 
e  colla  tonica  collegate  .  Delinear  la  Logistica  Torricelbana 
di  sottangente  data  o  per  via  di  vicinissimi  punti  o  per  mo- 
Tomo  XI.  D  d  d  vi- 


So4  Memoria  sull*  uso  della  Logistica  ec. 

vlmetito  continuo,  egli  è  un  Problema  grafico  di  già  risoluto 
da  diversi  Scrittori    di    Geometria  -  organica  ,  e  massime   dal 
Poleni  {bbb)  e  Suardi  {ccc)  .  O'.tre  di  die  la  Logistica  istessa 
facilmente    nasce    e    derivasi    dalla    Trattoria    più    semplice, 
d'a^'evolissima  costruzione.  Inserire  o  rintracciare  sulla  piat' 
ta  forma  predetta    logistica    tra  i  primordiali    gli    altri  inter- 
valli   secondar]    de'  suoni    cromatici    (    i    quali  però  riescono 
meno  pieni  e   piuttosto  a^pri  nell'  Organo  come   l'   esperienza 
ha  most-dto  ai  bravi  e  valenti  Organisti  ,  e    segnatamente  ad 
Antonio  Squarcialupi  ,  arpeggiator    delle    Grazie,    die  meritò 
un  Monumento  dalla  Repubblica    nella  Cattedral  di  Firenze  , 
ed  al   Frescobaldi  del   Secolo  XVII.  suonatore    eccellente    de- 
gli Organi  del  Cardinal  Borghese  e  del   Vaticano  )  ,  gli  enar- 
monici fuori  d'  uso,  i  diminuiti  ,  i   falsi  ,  i  superflui  ,,  i  com- 
mi ,  i  limmi  francesi  di  Missery    {ihUl)  o  i  tedeschi  del  Mat- 
tesoni  {cet)  ,  e  le  più  minute  frazioni  di  tono  ,    quali    sareb- 
bero le   nieridi  ed    ettameridi    di    Sauveur   {fff),    la    giudico 
opera  di   minor  conto^  per   la   Manifattura    degli    Organi,    av- 
vengachè  comodissima    ed    importante  sì  per  la  pratica   delle 
intonazioni  ed  accompagnamento  ,  sì    ancora  per  tutti  g'i  al- 
tri Istrumenti  di  Musica  ,    e    massime  a  corde    ed  a  manico  . 

Per  esempio  ,  1'  intervallo  d'  un  comma  ordinano  —  è  uguale 

a    o  5  017920;    quello    d'   un    limma    maggiore    —     eguaglia 

o  j  II  H  3c  ; 


(iW<)  Epìstola  ad  JacolumHeTman- 
niim  &c. 

{ccc)  ;,  Nuovi  Istromenti  per  la  rle- 
snizione  di  diverse  Curve  antiche  e 
moderne  ,  e  di  molte  altre  che  servir 
possono  alla  speculazione  de'  Geometri^ 
ed  all'  uso  de'  Pratici  .  In  Brescia 
lySa.  ,,  (  Istromento  V.,  Art.  II.  De- 
scrizione organica   delia    logaritmica  ^ 


pagg.  26.  27  -  29.  j  Tav.  4-  Fig.  a.  ) 

(ddd)  Giornale  di  Fisica  ec.  Tom.  I. 
cit.  nella  Nota  (rr)^  alla  pag.  25.  del  ,^ 
Disrours  préliminaire  ^^  e  seguenti  . 
[eee]  „  Die  General-Bab  Eohitl  &c.  ,, 
(fff)  Vedasi  1'  htoria  dell'  Aco.  del- 
le Se.  di  Parigi  per  l'Anno  /700  alla 
pag.  i36.  seconda  Ediz.  del  1719-  in  4-" 


Di  Pietro  Ferront.  3g5 

e  ,  iiic3o  ;  V  intervallo  d'    una  mende  o  ,  oaSaSó  ,  e  d'  uu* 
ettanieride  o^co'i'02.2.-^    V  altro  coriispondente    all'   enarwoni- 

,.  12,5 

co    minore    o    impropriamente    quarto-di-tono    — —    pareo "^ia 

c,o34ai6;  gli  intervalli  del  semitono  o  seconda  minore   — 

IO 

del  tono  minore  —  ,  della  terza  minore   (  sesquiditonus  )  —, 

elle    a  differenza    della  maggiore  (  dìtomiim  )  somministra    il 
modo    appassionato ,    patetico  ,    tenero  e  molle    alla  Musica , 

del  tritono  o  ^zva/t(2-superflua  —,  della  ^«mia-falsa   —,  del-. 

1  •  5 

la  sesta  minore  (  hexachordiun  jìiiniis  )    -^  5  della  settima  mi- 
nore {heptacìiordum  minus)  — ,  riconosciuti  dagli  esperti  Mae- 
stri di  Cappella  anco  nella  Melodia  o  Canto-fermo  (Plainchant) 
semplificato  dal  nostro  Matteo  Coferati  (gggjy  sono  rispettiva- 
mente 0,098110  (  come  sopra    nella    Colonna    differenziale  ) 
\    o,i520c4  (  come  nell' istessa    Colonna  )     |    o  ,  u63o34   | 
0,4918.52    I    o,  508143    I    0,678072   I    0,847996.    Questi    e 
molt'  altri  intervalli  di  suoni  o  dissonanti   o  consonanti  ,    che 
si  riportano  ai  numeri  o  ragioni  indicative  dei   suoni  medesi- 
mi ,    accennate  in  parecchi     Libri   di  Musica-teorica  e  nomi- 
natamente nel  Dizionario  celebre  di  Rousseau    (lilih)  ,  distesi 
che  fossero  sopì  a  V  asintoto  o  base  dell' Istrumento  Logistico 
auddesciitto  ,  darebbero  immantinente   le  ordinate    rappresen- 
tanti, in  proporzione  alla  prima,  Valtezza  delle  Canne  pneu- 
matiche, che  suonerebbero  quelle  note. 

Ddd  a  Ma 


(SoS)  V  Cantore  addottrinato  in  tut- 
te le  regole  del  Canto  Corale  .  Firen- 
■e  1710  „  . 

Qthh]  5    Dictlonnaire  de  Musique  ,, 


(  Nota  {qq  )  )  Ut  psallendì  materìem 
dlscerent  (  Martian.  Gap.  )  „  .  A  Pa- 
ris 5   1768.  ,f 


396  Memoria  suìl*  uso  della  Logistica  ec. 

Ma  senza  perderci  in  usi  simili ,  i  quali  mai  non  si  pra- 
ticano nel  volgar  maneggio  e    magistero  degli   Organi  ,  i'  im- 
piego più    insigne    che    debba    farsi    del    nuovo    Istrumento, 
eirli    è    quello    d'^  adoperarlo    pe  ^1    temperamento  musicale, 
adottato    all'   effetto    d'  intonare    egualmente  e  con    tutta    fa- 
cilità in  qualunque  corda  ,  nota  o  tono    che  siasi   .    Sono   ri- 
nomati abbastanza  ,  perchè  non   abbia    d'  uopo    fermarmivi  a 
lungo  ,  i  varj  Sistemi  di  temperamenti  per  le  Scale  diatonico- 
eromanche  e  dìatonico-enarnióniclie   ,    entrambe  però  assai  dif- 
ferenti da  quelle  dei  Greci .  Avanti  d'  ogni  altro  il  Fiorenti- 
no Nigetti  (antagonista  di  Galileo  nella  Musica),  come   scri- 
ve nella  YIII.  delle  sue  Lettere  Scientifiche  ed  erudite  il  Ma- 
galotti (Hi)  ,   ripartì  in   3i   tasti  ciascuna  diapason  del    Clavi- 
cimbalo  ,  portato  ancora  alla  quintupla  ottava  \   il  che   molto 
dopo  coi  loro    Claviers  à  ravalement  hanno  fatto  i  Francesi  . 
Sauveur  divideva  prima  in  \'6  ,   e  poscia  suddivideva  in    3oi 
intervalli  o  parti    eguali    1'  ottava    medesima    [kkk)  ;    Ugenfo 
r  avea  di   già  spartita   ancor  egli  in   3i    (lll)\,  Henfling  propo- 
se   dipoi    di    notomizzarla    in    So  eguali  elementi    (mmm)  ;    e 
Lambert  a  fine  d'agevolarne  la  divisione  v'applicò  il  Calco- 
lo logaritmico  (nnn)-.  Ram«au  (000)^  D'Alembert  Q>pp)  ^  Bois- 


H 


%^- 


(ììl)  Pubblicate  postnme   in    Firenze 

net   1721.   in  4'  P^''  Tartini  eFranclii. 

(kkk)  L.    e.    nella    Nota   preceden- 

*e  (fffJ  ■ 

(III}    Opera    omnia    &c.    1724-^8. 

(  Edizione     postuma    procurata    da    s' 

Cravesand  )  . 

(mmm)  Miscellanea  Beroìinensia  &c. 
per  r  Anno  1710. 

(nnn)  Memorie  dell'Accademia  dil- 
le Scienze  e  Belle-Lettere  di  Berlino 
per  r  Anno  1774-  stampate  nel  1776. 
.,,  Sur  le  Tempérament  en  Musiqne  ,, 
pag.  74-  —  Memorie  &c.  come  sopra 
per  l'Alino  1775.  pubblicate  nel  1777.,: 


Obacrvations  sur  les  Flutes  ,',  pag.    i3. 

(000)  ,,  Nouveau  Systeme  de  Mu- 
sique  théori'que  &  praticjue  .  ,,  1726.  — 
3,  Code  de  Musiijue  . 

(pPP)  3>  Elémens  de  Musisjue  tliéo- 
rirji'.e  &  pratique  suivant  les  principe» 
de  M.  Rameau  ,  éclaircis  ,  développég 
&  simpllfiés  &c.  „  Nouvelle  Edition  . 
A  Lyon,  1772.  „  (La  prima  è  del 
1702.)  (Parte  l.  Gap.  VII.  Da  Tempé- 
rament ,  pag.  45-  ;  e  segnatamente  J. 
70.  pag.  5a.  ,  Nota  (t)  ,  Pianelle  I, 
alla  lettera  S  ,  e  Nota  {u)  ,  J.  72-  « 
pag.  55-5g. 


Di  Pietro  Ferroni  .  Jf)7 

gelou  (qqq)  ì  Malcolm  (rir)^  Manfiediiii  ^^55),Doddi,  Manci- 
ni, Giovanni  Hasse  detto  il  Sassone  (ttt)  yG.à  avanti  di  luio 
Gallée ,    Loulié  ,    Merseiitio    (uiiii) ,    il    quale   coli'  esperienza 

determinò  non  essere  il  comma  Pitagorico  ,  eh'  è  tra  ■^„  e  -^ 

dell'  ottava  ,  parte  aliquota  ,    come  allora  credevasi  --   ,   4  > 

del  tono  maggiore  e  minore  >  ed  il  prenominato  antico  Mo- 
naco Guido  ,  che  si  dice  anco  inventore  della  tastiera  del 
Clavicimbalo  ,  occuparousi  in  diversi  tempi  della  ricerca  del 
miglior  possìbile  temperam.ento  (  indispensabile  come  ognun  sa 
per  i  Clavicimbali  ed  Organi  e  generalmente  per  tutti  gli 
Istrumenti  musicali  a  tasti  os&ia  senza  manico  )  ,  che  salvas- 
se quanto  potevasi«le  consonanze  in  qualunque  tono  di  quin' 
ta  e  terza-maggiore  (  g.'ija  ed  allegra)  o  .sivvero  di  dodice- 
sima (  Diapason-Diapente  )  e  dicìassettesima-maggiore ,  ele- 
menti ò.e\V  Accordo  perfetto  ^  e  costituiti  talmente  dalla  Na- 
tura ,  che  si  prestia  pochissimo  al  cambiamento  in  eccesso  o 
difetto  senza  vulnerare  gli  orecchi  sensibili  al  magico  piacer 
della  Musica  o  ledere  l'Armonia.  Alcuni  discuopritori  di  que- 
sti temperamenti  fecer  coincidere  ,  tenendo  ferme  le  ragioni 
de'  suoni  della  moderna  Scala  diatonica  ,  i  Diesis  ed  i  Bini- 
molli  dei  suoni    precedenti  e    consecutivi ,    e    ne    risultarono 


(111)  Rousseau    Diction.     de    Mas. 
nella  Pianelle  di  lettera  I  ,  Fig.   3. 

(rTr)  Rousseau  ^  ivi  S   alla  Planche 
di  lettera  L  ,  Figure   r  ,  e  2  . 

(sss)  ,,  Regole  armoniche  o  siano 
Precetti  ragionati  per  apprendere  i  prin- 
cipi, della  Musica,  il  portamento  del- 
la mano  ,  e  1'  accompagnamento  del 
Basso  sopra  gli  Strumenti  da  tasto  , 
coma  r  Organo  ,  il  Ciralialo  ,  &c.  Ve- 
nezia  177S.   „ 

(ttt)  rt  Psasieri^  e    Rimessioni    pra- 


tiche sopra  il  Canto  figurato  ec.  la 
Vienna  1774-  ,>  Articolo  V.  Dell' //I- 
tonazione  ,  p^g.   67. 

[uuiij  Rousseau  .,  Diction.  de  Mus.,, 
all'  Art.  Temperamerit  pagg.  Sci.  e  5o3. 
Mersenno  Harmonic.  Lib.  V.  Prop. 
XXXIX.  Cordi,  a.  e  3.  pagg.  87.  88. 
=  Ivi  =  Lib.  VI.  Prop.  XIII.  pag,  98. 
Prop.  XIV.  pag.  100.  —  Harmonic.  In- 
strum.  Lib.  I.  Prop.  XV.  pag.  18.  ed 
altrove . 


SgS  Memoria  sull'uso  della  I  ocistica  ec. 

la  suoni  o  semitoni  (tra  eguali  e  cìiseguali)  diatonico- croma- 
tici nell'  ottava  ut  ^  pà,  re  ,  bò ,  mi  ,  fa  ,  tu  ,  sol  ,  o'è ,  la, 
nò  i  si  ,  ut  :  altri  alteniaroin)  i  Diesis  de'  iuoni  aiitecedeiiti 
coi  BimniolU  d^i  susseguenti  per  riempire  e  p-jne  in  contat- 
to gli  inltrvalli  croniatici  :  vi  iu  ciii  rendette  il  J'.apason 
meli  che  cromatico  suddividendo  l'intervallo  <x  w\  ottava  in 
12,  tra  semitoni  maggiori  ,  e  minori  ,  e  limmi  parimente  mag- 
giori e  minor)  ,  o  chi  soltanto  si  contentò  per  le  acccrcìatu- 
re  ed  accompagnamenti  di  solfeggiare  cosi  nel    genere    diatO' 

de  ma  fa  sol  la  si 
nico-cromatico  ut  re  mi  fi  Le  sa  ut  :  e  finalmente 
gli  ultimi  non  curando  d'alterare  contro  natura  le  terze  mi.g- 
giori  e  le  quinte  ,  e  rinunziando  ai  24  rnodi  diversi  tra  au- 
tentici f!  piagali ,  dodici  maggiori  ed  altif-itanti  minori  che 
abbraccia  la  Pratica  dell'odierna  varietà  della  Musica  istru- 
mentale  e  cantante,  e  toghendo  di  mezzo  le  differenze  tra 
Bfa,  Bmi ,  Elafa  ,  Elamici  ec.  ,  ec.  ^  iut'odussero  un  com- 
partimento uniforme  armonico  con  inserire  undici  medie  pro- 

I 
porzionali    fra   i   e    —rappresentanti  1  due  suoni  estremi  dell* 

ottava -i  e  con  fare  eguali  perciò  tutte  le  12  ragioni  dG  suo- 
ni tanto  salendo  dal  grave  all'  acuto  ,  quanto  viceversa  scen- 
dendo dall'  acuto  al  grave  in  progressione  geometrica  , 

Ora  dal  fin  qui  detto  si  fa  manifesto  ,  che  (jualunque 
metodo  di  temperamento  piaccia  adottare  per  gli  Organi ,  le 
altezze  delle  canne  correspettive  al  medesimo  possono  subi- 
to dagli  Artefici  aversi  graficamente  ,  sicuramente  e  imme- 
diatamente dalla  Piattaforma  logistica  summentovata  ,  senza 
necessità  di  ricorrere  ,  come  poi  fanno  gli  Artisti  predetti  in 
canne  di  già  costruite  mancando  di  un  ^//'o  costante ^  al  com- 
penso precario  di  ristringerne  o  dilatarne  in  queste  o  in  quel- 
le le  bocche  ,  afifinchè  si  concertino  o  s'  armonizzino  V  une 
coir  altre.  Imperciocché  dei  numeri  significativi  delle  ragioni 

de' 


Di  Pietro  Ferroni  ,  Sno 

de'  suoni  somministrati  dai   medesimi   Autori  ,    e  più    aiupia- 
raente  da  Milcolm  (wi) 

i5     12,8    i5    24    i5    120    i5    i5    24  i5    128    i. 5 

76  '  ils  '  76  '  ^5  '  76'  135  '  76  '  7b  '  ^5  '  76  '  r35  '  16 
o  piuttosto 

16    17      18     19    i5    16     17    10     19     16     17     i5 
i'^ '  18'  7j  '  7o  '  7b '  77'  78'  ig'  27 '  77  ^  i'8'  76 

trovati   i  logaritmi  o  continuando  la   Tavoletta    dei    premessi 
Euleridui  o  ricavandoli  dai  soliti  Briggiani  o  deducendoli   da- 
gli Iperbolici  ,  e  questi  segnati  per  ordine    tra    le    coordinate 
estreme  della  Piattaforma ,  coma  le  ultime  normali  corrispon- 
denti alle  ascisse  o^  i   rappresentano  le  due  altezze  delle  cafi- 
ne  estreme  modulanti  V  ottava  (in  Ebraico  HaschemminìthYi 
cosi  le  intermedie  tutte  denoterebbero  quelle  dei  rammenta- 
ti temperamenti  .  E   quando  dovesse  valere  in    pratica   contra 
il  parare  di  accreditati  Contrappuntisti  il  temperamento    ulti- 
mo preferito  dai  Matematici   Beaugrand  e  Bulliaido    verso    la 
metà  del   Secolo   XV^H.  sotto   nome  di  Linea  armonica  (xxx), 
qixinli  da   Mersenno   per  la  divisione  deW  ottava  in    12    semi~ 
toni  eguali   negli  Istrumenti  a  manico    (  scapiis  )    come    nelle 
Gimpane  (yyy)  ,  e  linalmente    abbracciato    da    Raraeau  ,    di- 
venterebbe anche   piìi  facile     1'  operazione  macchinale  di    rin- 
tracciare le  altezze    rispettive  delle  ctì'«/?e  pneumatiche  ad  uso 
degli   Organi  ;  pìichè  basterr-bhe   allora   dividere  la  base  della 
Piattaforma  in    la   parli  o   intervalli  precisamente  eguali,    ed 
alzare  dai  loro   punti   estremi  di  divisione  le   11   ordinate  nor- 
mali .  Se   non  che  ,  comunque  ciò   potesse  foise  riesclr  tolle- 
rabile   a  delicato  orecchio  nella  modulazione  del  Ciavicimba- 

lo 


(vvvj  Ris'-ontrisi  la  Tavola  citata 
Heir  antecedente  Nota  (rrr)  . 

(xTx)  Mersenno  Harmonìc.  Instrum. 
Lib.  I.  Prop.  XV.  pag-    i8.   (come  so- 


pra )  ,  e  Prop.   XXXI.  pag.   5o. 

(yyy)  IMersenno  s  Ivi  S  Monitum 
alla  pa^.  112.  del  Libro  li.  e  Lib.  IV* 
Prop.  III.    pa^.    146. 


4oo  Memoria  sull'  oso  della  Logistica  ec. 

lo  (  non  ammettendolo  tuttavia  ne'  Bethizy   (zzz)  ne*  Bemet- 
zi  ledei   [aaaa),   uè   tampoco  Gasparini  (bbbb) ,  rè  Fux  ^ctccj, 
maestri  egiegj  d' accompagnamento  e  di  canto),    pare    eh'  e* 
non  potrebbe    mii    tollerarsi     negli    Organi  .    Difatti    i    suoni 
pneumatici  essendo  di  più  durata  degli  eccitati    da    corde    di 
minugia  o  metallo  ,  e  nei  temperamenti  ^^wxà'iz'w&dimente  com- 
binati facendo  d"  uopo  che  le  terze  sian  meno  alterate    delle 
quinte  a  sentimento  dei    gran    Precettori   dell'Arte  ,   T  egua- 
glianza di  quello  spartito  genererebbe  1'  insopportabile    caco- 
fonia   del    battere  troppo  frequente  e  troppo  sensibile  di  tan- 
ti suoni  durevoli  quanti  sono  i  dissonanti  prinripali  ,  e  i  lo- 
ro armonici  presso  che  tutti  ,    nel  Sistema  del  temperamento 
accennato  •  Quindi  è   che  rispetto  agli  Organi  i  Si'onattiri  ec- 
cellenti sono  soliti  praticare  come  accordatura  più  dulce  o  la 
diminuzione  eguale  di  tutte  le  quinte  ascendenti,  non  per  uà 

comma  intero  I  ^ — I  secondochè  le  alterava  Ranieau  ,  ma  per 

un  quarto  di  questo  comma  ,  principiando  dalla   nota    fonda- 
mentale in  I^  la  fa    e  terminando    in    G  sol  re  ut   Diesis ,    o 

l'altra  diminuzione  consistente  iu   —    di  co?nma  ,   perchè  to- 

7 
glie  anco  meno  di  perfezione  alle  terze-maggiori ,  e  fa  sì  che 
la  terza    medesima   temperata    venga    quasi    ad    essere    a    un 
tempo  media  geometrica  proporzionale    tra   la   tonica  E  la  fa 

men- 


(zzzj  ,,  Exposltion  de  la  Théorie  & 
ile  la  Pratìque  de  la  Miisique  sulvant 
les   novivelles    découveites  .     A    Paris  , 

«754-   » 

'(aaaaj  „    Legons    de    Clavecin  ,     & 

Principes  d'Harmonie.  A  Paris  ,  1771.,  , 
(  in  4'  1  coir  Avvertimento  o  Prelimi- 
Bare  di  Diderot  )  . 

(blhl)  ,,  Armoniro  pratico  al  Cem- 
Jialo  „  .    Edisisne  VI.    Veneta   presso 


Sebastiano  Valle  . 

(ecce)  „  Salita  al  Parnasso  o  sia 
Guida  alla  regolare  Composizione  del- 
la Musica  con  nuovo  ,  e  certo  metod» 
non  per  anche  in  ordine  si  esatto  da- 
ta alla  luce  ec.  fedelmente  trasportata 
dal  latino  nell'  Idioma  Italiano  da  Ales- 
sandro Manfredi  .  In  Carpi  1761  ,y  . 
(  L'  Edizione  originale  Latina  di  Vien- 
aa  d'Austria  è  del  1725.) 


Di  Pietro  Ferront  .  ^a 

mentoyata  e  la  quinta  diminuita    come    prossimamente    nell' 

4        a  , 

accordo-perfetto  i  ,  -^  ,  —  j  e  media  armoiuca  come  rigoro- 
samente nel  medesimo  accordo   i  :   r-  :  :  "r  :   —  . 

à  o      IO 

Oltre  d'avere  il  merito  la  Piattaforma  descritta  dì  som- 
ministrare agli  Artefici  di  Organi  agevolmente  tutte  le  altez- 
ze diatonico-cromatiche  delle  canne  ,  non  lascia  ella  stessa  di 
dare  eziandio  i  rispettivi  loro  calibri  o  diametri  interni  .  In 
una  canna  pneumatica  ben  calibrata  o  esattamente  cilindri- 
ca ,  come  debbono  essere  tutte  quelle  degli  Organi  non  di- 
fettosi ,  all'effetto  che  il  suono  sia  più  deciso  ^  più  pastoso  e 
più    accetto    all'  orecchio  V  esperienza    ha    mostrato  ,    che    il 

diametro    interno    della  medesima    abbia  da  farsi  tra    —  e    — 

la        IO 

àtW  altezza  .  Dunque  o  sia  1' una  o  sia  l'altra  la  proporzio- 
ne ,  si  rende  chiaro  che  l' istessa  Scala  logistica  ,  la  quale 
conduce  a  trovare  le  altezze  delle  canne  suonanti  tutte  le 
Note  del  Gamma  ,  porta  egualmente  a  determinarne  i  dia- 
metri ,  perchè  di  quelle  direttamente  e  similmente  submul- 
tipli . 

Insegna  la  Teoria  ,  che  può  leggersi  nelle  Memorie  dot- 
tissime pubblicate  da  Leonardo  Euier  fino  del  1727.  (dddd) 
e  poi  più  ampiamente  da  Lagrange  (eeee)  e  Daniello  Bernoul- 
li  iffff) -,  come  ferma    stante    V  altezza   d'  un    cilindro-vuoto 

2 omo  XI.  Eee  pneu- 


(dddd)  Thesis  Baslleae  impressa   &c. 

(enee)  Miscellanea  Phìlosopìdco-ma- 
thematica  Societatis  privatae  Taurinen- 
sis  .  Augustae  Taurinorum,  1769.  Tom. 
I.  ,,  Reclierrhes  sur  la  nature  &  la  pro- 
pagation  chi  Son  ,,  Chap.  VII.  T/ièorie 
des  Cordes  de  Musìque  b-  des  Flàtes 
pag.  81.  5.   Sa.    e   segg.  ,    e    separata- 


mente pag.  83.  —  Miscellanea  Taiiri- 
nensia  &c.  Tom.  II.  1760-61'.  ,,  Nou- 
velles  Recherches  sur  la  nature  &  la 
propagatlon  du  Son  „  Chap.  VI.  Ile- 
Jlexions  sur  la  Tliéorìe  des  Instru- 
mens  à  veni  .  pag.  154.  J.  67.,  e  no- 
minatamente pag.  161.  5.  60. 
ff/ff/  n  Hijtoire  de  1'  Académie  Ro- 


4ca  Memoria  sull'   uso  della  Logistica  ee. 

pneumatico  ,  la  diversità  del  suo  diametro  interno  o  maggio- 
re o  minore  non  induce  mai  cambiamento  ne  nel  tenipo 
d'una  vibrazione  della  colonnetta  aerea  racchiusavi,  né  per 
conseguenza  nel  numero  di  queste  vibrazioni  in  un  tempo 
dato  5  eh'  è  quanto  dire  nel  suono  ,  e  negli  armonici  che  lo 
accompagnano  ,  lo  rinforzano  e  1'  avvalorano  .  O  s'  adoperi  in- 

T  /         T 

fatti  la  formola  Bernoulliana  Y  =  zt-Tt  *  f)   •  "T   -^  >  dove  L 

rappresenta  la  lunghezza  o  altezza  del  tubo ,  A  V  altezza 
dell' Argento-vivo  nel  Barometro,  d ,  D  le  densità  o  gravita- 
specifiche  dell'Aria  e  Mercurio,  n  la  semicirconferenza  cir- 
colare, mentre  Y  esprime  la  lunghezza  del  Pendolo  isocrono, 
o  piuttosto  prendasi  1'  altra  di  Lagrange  per  la  durata  d'  un* 

oscillazione  composta  di  due  vibrazioni  ■  ,  nella   quale 

y/'2,nìih 

fl  è  la  lunghezza  della  canna  ^  k  l'altezza  barometrica,  i  :  n, 
la  ragione  delle  densità  dell'  Atmosfera  e  dell'  Argento-vivo  , 
h  la  misura  nota  della  caduta  d'  un  Grave  presso  la  Superfi- 
cie Terrestre  in  una  seconda  ,  ognun  vede  che  non  v'  ha 
luogo  il  diametro  ,  a  differenza  delle  corde  tese  sonore  .  Né 
potrebbe  mai  essere  diversamente  :  perocché  di  quanto  cre- 
sce o  scema  la  base  del  cilindro  aereo  ,  d'  altrettanto  s'  au- 
menta o  si  menoma  appunto  la  forza  elastica  che  lo  tien 
soggetto  e  compresso  ;  laonde  ciaschedun  filo  aereo  sempre 
risente  la  compressione  medesima  restando  fermo  lo  stato 
meteorologico  dell'  Atmosfera.  Di  qui  ancora  n'  avviene  ,  che 
non  solo  i  ventri  ed  i  nodi  o  per  dir  meglio  i  diaframmi  na- 
turali 5  in  virtù  dei  quali  nascono  i  suoni    armonici  ,    si   for- 

mi- 


yale  des  Science».  Année  17611  .  A  Pa- 
ris ,  1764.  5,  Acoustìque  ,,  Sur  les 
Tuyaux  d'Orgue  „  pag.  170.  S  Ivi  — 
j,  Mémoires     &c.  „  pag.     43'.  5)  Re- 


cherches  phvsiqnes  ,  mécaniques  ,  & 
analytiqnes  sur  le  son  &  sur  les  ton» 
des  Tuyaux  d'Orgues  clifféremment  con" 
struits  „  pag.  437.  J.  g. 


J5i  Pietro  Ferrod.  /oS 

mino  immancabilmente  nei  medesimi  punti  delle  canne  d'Or- 
gano o  di  piccolo  o  di   mediocre   o    di    gran    diametro    come 
nelle  corde  vibranti ,  ma  ne  siegne  oltrediciò  che  tutte  le  al- 
tre innumerevoli  minime  oscillazioni   delle    parti    componenti 
il  cilindro  aereo  ,  non  sentite   o    confusamente   avvertite    dal 
debole  orecchio  umano  ,  ricorrano  per  ogni  grandezza  di  dìa~ 
metro  colla  medesima  legge  A'  isocronismo .  Sì  fatta  lesge  (  lo 
dirò  di  passaggio  )   ebbe  incominciamento  dalla  scoperta  delle 
minime  vibrazioni  isocrone  d'  una  Lampada  osservata  nel  Duo- 
mo di  Pisa  sulla  fine  del  secolo  XVI  da  Galileo  ,    che  abilis- 
simo  coni'  egli   era  ,  ugualmente   che    il    Padre  ,    suonalor    di 
Liuto  (  Lìtthmìi  ,  Teorbum  )    1'  applicò  tosto  alla  Musica  istiu- 
mentale  (gggg)  mentre  Santorio  di   Giustinopoli  o  Capo-d'lstria 
1' avea  dedicata  alla  Medicina  ^  e    poscia    Mrrsenno   nel     ]636 
la    generalizzò     per    la    spiegazione    di    tutti  i  fenomeni    fisici 
d(ili'  Armonia  {lihhh)  ,  e  vale  a  dire  più   d'  un    Secolo    prima 
che  Daniello  Bernoulli  nel   1753   la  trasportasse  alle  corde  vi- 
branti {iiii)  ,  dilatando  la  Teoria  di  Taylor  [kkkk)  con  grande 
•foggio  d'  ingegno  ,  ed  ultimamente  Coulomb  la  riscontrò  ve- 
ra anco  nelle  torsioni  de'  fili  che  vadano  poi    da    loro    stessi 
svolgendosi  (////)  ,    come    n'  era    facile    V  accorgimento    subito 

E  e  e  a  che 


fgggg)  Avanti  il  i585.  Vedasi  Vi- 
viani  Vita  del  Galileo  alle  pag.  LII. 
LUI.  -  ,,  Discorsi  e  Dimostrazioni  ma- 
tematiche intorno  a  due  nuove  Scien- 
ze ee.  ,,  Giornata  primn  pag.  98-108. 
EdJz.  di  Leida  -  ~  Ivi  :=  alle  pagg. 
58-62.  del  Tom.  III.  Edizione  di  Pa- 
dova . 

(hhhli)  H armonie.  Instrum.  Liher.  I. 
Prop.   XXXIII.  pagg.  53-54. 

{iiii)  Memorie  dell'  Accademia  di 
Berlino  per  l'Anno  suddetto  alla  pag. 
47.   }j    Réfle.\ions    &    Eclaircissemens 


sur  les  nouvelles  vibrations  des  Cor- 
des  &c.  ,,  —  „  Sur  le  mélange  de  plu- 
sieurs  cspeces  de  vibrations  qui  peu- 
Tent  coè.xister  dans  un  meme  systeme 
de  Corps  ,,  pag.  178.  —  „  Remarques 
sur  les  Mémoires  précedens  „  (  Euler  ) 
alla  pag.   196. 

(kkkk)  Methodus  Jncrementorupi  di^ 
retta  &■  inversa  .  Londini   i^iS. 

(////)  ,,  Mémoires  présentés  à  l'A- 
cadémie  des  Sciences  par  des  Savans 
étrangers  ,,  Tom.  IX.  1777.  Sur  les 
Bonssoles    de   décUnation .  —    „  Mg- 


4o4  Memoria  suli/  u?o  delia  Logistica  ec. 

che  gli  angoli  descritti  dall'  ìndice  non  poteano  non  essere 
proporzionali  ai  torcimenti  o  forze  sollecitanti  e  quando  si 
ha  un  simile  isocronismo  nello  sviluppo  dei  comuni  Elateij . 
Ben  è  vero  però  ,  che  anco  non  trascurata  la  necessaria 
avvertenza  d' adoperare  per  le  canne  d'  Organo  tra  i  men 
dispendiosi  metalli  il  piìi  duttile  e  rìsiionante  ,  quale  suol 
essere  il  piombo  o  stagno  a  preferenza  d'  ogni  altro  e  del  le- 
gno ,  gli  esperimenti  non  pare  che  vadan  d'accordo  in  sì 
fatto  proposito  colla  Teoria  ,  come  quella  th'  escluderebbe 
ogn' influenza  del  calibro  nel  suono  delle  canne  medesime  . 
Mersenno  trovò  contantissimamente ,  che  due  canne  aperte  di 
piombo  d'  eguale  altezza  ed  in  simil  manieia  ispirate  ,  la 
prima  delle  quali  aveva  il  diametro  interno  doppio  dell'  al- 
tra ,  rendevano  la  terza  minore  o  al  più  la  maggiore  ,  ed 
avendo  la  prima  il  diametro  quadruplo  della  seconda  rende- 
vano insieme  un  trìtono  o  sivvero  la  falsa  quinta  {mmmm)  . 
Per  quanto  io  sappia,  quest' importantissimo  esperimento  non 
è  stato  né  ripetuto  né  confermato  dai  Fisici ,  e  massimamen- 
te come  facea  di  mestieri  da  bravi  Maestri  di  Cappella  ed 
accreditati  Organisti  ;  così  che  pende  ancora  il  giudizio  di 
tal  discordanza  vistosa  tra  la  Teoria  e  la  Pratica  de'  suoni 
generati  da  tibie  pneumatiche.  Anzi  se  fosse  mai  vera  anche 
r  altra  anomalia  o  aberrazione  dell'  esperienza  dal  calcolo  , 
cioè  j  che  due  canne  d'Organo  d' egual  calibro,    una  doppia 

esat- 


moires  de  rAradémie  dej  Sciences  &c. 
A  Paris  ,  1784-  5>  ~~  !5  Mémoire 
de    rinstitut    National  des   Sciences   & 

Arts  jjour    1' An df    la  Ré- 

puUiqiie  .  ^  Sciences  Mathcmatiques 
&  Pliysicjues  <^  Tom.  III.  An.  IX.  A 
Paris  .  Determìnation  théorique  &  ex- 
pérìmentale  des  Forces  qui  ramenent 
dig'crentes  aiguilles  aimantéa  à  satu- 
rai ion ,    à  leur    meriJìen    magriétique  , 


jiag.  176.  —  ,,  Bulletin  des  Sciences 
&c.  ,,  Physiqne  ,,  alla  pag.  loi.  £'.r- 
trait  d'un  ]\] èmoire  Ju  C.  Coulomb  sur 
le  Blagriétisme  ,  ed  alla  pag.  114.  Sui- 
te des  recherches  du  C.  Coulomb  sur  l» 
Mapiétìsme  . 

{mmmm)  Harmonicorum  Instrumen- 
torum  Libri  IV.  più  volte  citati  (  Lib. 
III.  Prop.  IX.  pag.  lai.  )  —  Harmo- 
nicorum Libri   (  Piefazione  pag.    i.  ) 


Dx  Pietro  Ferroni  .  /o5 

esattamente  d'  altezza    dell'  altra  ,    non    suonino  V  ottava.  "\\x- 
Sta  ,    ma    mancante    d    un    tono    o    semitono  .   e    torna  a  dire 
Ira    la    sesta   maggiore  e  la  settima  ,  onde  abbisogni    in    pra- 
tica   ristringere     un    poco    la  boc<a  dell'   acnfa    e    men    alta, 
o  dilatare  la   bocca  della   grave  e   più    alta  ,   affinchè    salua    il 
concento  alia  vera  e   piena    diapason  (nnnn)  ,    ciò  sarebb'  uno 
dei    moltissimi    casi  ,    nei    quali    1'   Analisi    algebrica    non    si 
combina    perfettamente    colla    Natura.  N'abbiamo  nella  sog- 
getta  materia  l'esempio  insigne  della    velocità  della    propaga- 
zione del    suono    colla    differenza   dai    gi5     piedi    antichi    Pa- 
rigini ,    che    dà    la    profonda    Teoria    di    Lagrange    {oooo)    ed 
Eulero    {pppp)  in    i"  ,    ai    io38  e  forse    1080   trovati    in    Pra- 
tica ;    differenza  ,    che    Biot   ad    insinuazione    di    Laplace    ha 
recentemente    ceicato    di    far    sparire     introducendo  un     nuo- 
vo   coefficiente    o    elemento    K  (  cioè  0^2869   ovvero   cSgaa  ) 
nella     Formula    prima,    derivato    dalla    considerazione    sagace 
che    r  Aria    atmosferica    condensandosi    perda    parte    di   caler 
latente  ,    il    quale    diventa    sensibile  ,    e    viceversa    rarefacen- 
dosi    assorbisca     parte    di     calor    sensibile  ,    the    diventa    allo- 
ra latente  {qqqq)  .  Ora  se  quelle  esperienze  Mersenniane  reg- 

ges- 


{nnnn)  Gio.   Battista   Mancini    Opera 
sopraccitata  nella  Nota  (ttt J    Art.    V. 

pag.   49-    S com»   appunto  si 

«noi  fare  in  un  Organo  ec.  ,,  —  Mer- 
senni  Harmonìc.  Iiistrum.  Lib.  III. 
Prop.   X.   pag.    laa. 

(oooo)  „  De  la  propagation  du  Son 
tra  le  Memorie  dell'  Accademia  di 
Berlino  AA  lySg.  stampate  nel  1766. 
pag.  i8-5.  coi  Supplementi  a  pagg.  210. 
p  ali.  —  ,,  Eolaircissera-n3  plus  dé- 
tailléi  sur  la  generation  &  la  propaga- 
tion du  Son,  &  sur  li  formition  de 
l' Echo  „  p-iS-    354.    tra    le    Minor  ie 


dell'  Accademia  di  Berlino  del  1760. 
pubblicate  nel   l'jè'j. 

(PI'PP)  "  Mélanges  de  Phil.  &  Ma- 
tliém.  de  la  Soc.  de  Turin  „  Tomo 
II.  (  Lettre  à  il/.  De  la  Grange  &c. 
pag.    I.   della  seconda    numerazione  ). 

(qqqq)  Tomo  IH.  dell'  Instituto  Na- 
zionale di  Francia  per  la  Classe  Fisi- 
ca e  Matematica  .  —  ,,  BuUetin  des 
Sciences  par  la  Societé  Pliilomatiqus 
(  Num.  61.  )  (  Num.  I.  (  III.  )  6.  An- 
nue ,  Tom.  III.  pag.  116.  Sur  la  prò-' 
pagation  du  Son  {  „  Physique  „  ) . 


4o6  Memoria  sull'  uso  della  Logistica  ec. 

gesserò  al  cimento  di    nuovi  e  più    precisi   riscontri  ,   le    due 
ordinate  estreme  del  Pantografo  nostro  logistico  ,    in    cambio 
d'essere  una  doppia  dell'alti  a  j  deverebbero  farsi  della  ^roj^or- 
zione ,  che  dai  nuovi  esperimenti  venisse  accertata    per    suo- 
nare  esattamente  V  ottava;  e  col  disegnar  allora  una    Loga- 
ritmica fornita  della  sottangente   che    appartenesse   al    nuovo 
Sistema  ,  si  conseguirebbero  parimente  tutte  le   altezze    delle 
canne    intermedie    battenti  i  suoni    o    esatti    o    temperati  del 
Gamma  .  Invito  adunque  i  Fisici  valorosi  ,    non    meno    che  ì 
migliori  orecchianti    tra  i  Compositori    di    Musica  a  sciogliere 
questo  nodo    ripetendo    le    due    suddescritte    Esperienze  ,    ed 
vinendovi  l'altra  interessantissima  per  gli  Stromenti  a  corde  ^ 
liportata  da  Sauveur  sulT  autorità    del    prenominato    Mersen- 
110   {rrrr)   (  ma  equivoca  assai    perchè    supponeva   i   Gravi    ca- 
denti sulla  Terra  per  lo  spazio  di  soli   la  Piedi  in   i'  )  (sss<)t 

cioè,  clie  una  corda  di  rame  grossa    —    di  Linea  ,   lunga    17 

Piedi  di  Parigi  ,  e  tenuta  tesa  da  un  peso  di  8  antiche  Lib- 
bre Parigine  faccia  8  vibrazioni,  e  lunga  io  coli' istessa  ten- 
sione ne  compisca    16   in  im   minuto  secondo  di  tempo. 

Tornando  adesso  a  parlare  della  Piattaforma  logistica 
convien  sapere  altresì,  che  non  tanto  le  linguette  {Biseaiix , 
Languettes  d' Anches')  e  le  orecchiette  delle  canne  degli  Or- 
gani e  le  glottidi^  che  arpeggiano  nei  Pegistri  di  Clarinetti, 
Zampogno  ,  ec.  ,  e  le  sordine  conducenti  a  render  più  debo- 
le il  suono  ,  ma  la  grossezza  eziandio  delle  lastre  di  metallo 
componenti  le  stesse  canne  debbono  essere  in  tutte  le  loro 
parti  e  misure  proporzionali  direi f amente  alle  altezze  e  dia~ 
metri  delle  canne    medesime  ,    all'  effetto  di    conseguire    pie- 

11  ez- 


(rrrr)  „  Méraoiies  de  l' Académie  dcs 
Sciences  de  Paris  ,  1701.  ,,  (  Système 
general  des  intervalles  des  sons  &c. 
Scct.   XII.  pagg.  359-60  dell'  Edizione 


Parigina  citata  del   1719. 

fssssj  H armonicOTum  Libri  &c.  Lib. 
II.  Prop.  XXXIII.  pag.  26.  — -rilviS 
Prop.  24-  ?'''§•   '^'   (Edii.  e.  del  i636..) 


Di  Pietro  Ferroni  .  /07 

riezza  ,  chiarezza,  e  dilettazione  di  suono.  Le  larghezze  del- 
le Trafile  perciò  ,  onde  prejiarare  della  dovuta  grossezza 
le  lastre  metalliche,  e  tutte  le  dimensioni  degli  sjipaiati  o 
dei  pezzi  da  inserir  nelle  canne  perchè  T  aria  si  fenda  quan- 
do vi  passa  òa^  piedi- coni  ci  ossia  porta-vento  ,  o  si  moduli 
ad  opportunità  nei  Regiytri  (  Tuyaux  à  anch'US  )  ,  ottengon- 
si  coir  istesso  unico  mezzo  dell' Istrumento  predetto;  un  ac- 
corgimento del  quale  poteva  ben  ricavarsi  dalla  cuivatu- 
ra  quasi  logaritmica  del  Ponte  o  Equleo  andante  ,  sempli- 
ce o  doppio,  su  cui  s'appoggiai!  le  corde  dell'  Arpa,  della 
Spinetta  ,  del  Clavicimbalo  ,  e  finalmente  dell'  Organicim- 
balo  . 

Come  i  niimn-i  e  logaritmi  sono   segnati    sopra    le   Bighe 
o  Scale  Gunteriaiie  ,  nun  altramente   la    Piattaforma  per    gli 
Orgrini    potrebbe    con    facilità    convertirsi    in    una    specie    di 
Compasso-di-Prop  irzione  a  nocella  piana  per  uso  degli    Aite- 
fici   meno  addestrati   o  ]>iii  speditivi  .   Il  Conte  Francesco  Ri- 
gi   di   San   Sepolcro  in    Etruiia    ccslrui    di    legno    di    Bossolo 
questo  Compasso  nel    1764.     Ciascuna    delle    due    gambe    eia 
lungi   intorno    ad   uno  e   mezzo  Pie  di    Parigi.  Pareccliie  linee 
rette  ,   tutte  centrali  ,  v'  erano  incise  nelle  due    faccie  ,  colle 
d  visioni   armoniche  corrispondenti  a  IV.    Ottave^    compresivi 
i  punti   dei  semitoni  cromatici  .  E  finalmente  portava  in  fron- 
te scolpito  il   Titolo  —   Canon  geom.etricus  Organi  PythauUcì 

a 
ad  quintam  diminutam  —  commatìs  81  ad  00  accomodatus  ^ . 

■     1  . 

Ei  non  sapeva  ,  quell'  abile  fabbricatore  e  ristauratore  d'  Or- 
gani consce  iati  specialmente  alla  Liturgìa  ed  Iniiologia,  d'es? 
sere  stato  di  circa  un  Secolo  e  un  terzo  prevenuto  da  Gio- 
vanni Beangrand  co!  suo  Compasso  geometrico-armonico-tem- 
peiato  [ttft]  ;  lo  che  non  sia  appreso  sinistramente  per  dimi- 
nuzione di  gloria  ;  d' alti'onde  sapendosi  che  al  Lincèo  Fio- 
re n- 

fc  — _ » 

(tttt)  L.  clt.  Ilarm.  Instr,    Lib.   I,  Prop.  XXXIr 


4o8  Memoria  sull'  uso  della  Logistica  ec. 

reritino  non  vieii  negato  1'  onore    della   scopetta    dell'  eguale 
veloaità  di  tutti  i  Gravi  cadenti    nel    vuoto  ,    comunque    di- 
versi  di  massa,   perchè  a  testimonianza  di    Lucrezio    l'avesse 
annunziata   intorno  XVlll.   Secoli  avanti  di   lui    il    M  saliti òpo 
d'  Abdeia  [nuiat)  .   Ma  dalla    Copia    da   me    posseduta    o    uro 
Scritto  del  Rigi  ,  che  si  dice  dettato  di  prop'-ia  bocca   a  suo 
Figlio  Niccolò  nel  a5.  d'  Aprile   1773  ,    come  ancora  da  certi 
sbozzi  d'  alcuni  suoi  Calcoli  aritmetico-algebraici  ,    chiaro    ap- 
parisce che  nell'  esposto  delle    Proposizioni    Fisico-armoniche 
e  nel  modo  oscurissimo   e  qualche  volta   erroneo  d' esprimerle 
analiticamente,  rassomigliavasi  molto  all' immoitale  Violinista 
Giuseppe   Tartini .   Corre  poi  lama  ,   che    chiamato    a    correg- 
gere i   mancamenti  sopravvenuti  per  V  ingiuria  del    tempo    al 
rinomatissimo  Orrano  della    Chiesa  dell'Osservanza  sul  Monte 
dell'  Alvernia  nel  Casentino   (cui  davasi  il  primo  vanto  di  ce- 
lebrità ed   eccellenza  in   Toscana  dopo  dell'Oreano  della   Con- 
ventuale di  Santo  Stefano  in   Pisa,   ed  estimavasi  superiore  al 
due  non  meno  famosi    della    Metropolitana    di    Firenze  e  del 
Tempio   parimente  Fiorentino  di  Santa   Croce)   ne  menomasse 
piuttosto   il  pregio,  e  snervasse  il  concerto    antico    vaghissimo 
di  risuonanza   mirabile  e  ddettosa  armonia  . 

Concludo  ,  che  se  nelle  Scienze  Fisico-matematiche  sali 
la  Cicloide  ad  altissimo  grido  in  virtù  delle  rare  affezioni  , 
che  la  distinguono  ,  non  meno  apprezzabile  tra  le  Curve  ,  e 
massimamente  trascendenti  ,  sia-  la  Logistica  .  Essa  serve  di 
Scala  delle  potenze  nei  Vetti  ;  regola  le  densità  degli  strati 
dell'  Atmosfera  terrestre  e  segna  la  leg^e  d(^dle  altezze  baro- 
metriche a  varie  distanze  dal  centro  del  nostro  Pianeta  ; 
somministra  1'  altra  Scala  de'  tempi  e  della  dilatazione  e  con- 
trazione de' corpi  mercè  della  quantità  dell' influsio  ed  efflus- 
so del  calorico^  non  meno  che  la  Scala  del  calore  acquisito  , 

per- 


(uuunj  De  rerum   natura,  \Aì.  \.  yy.   336-35g.,  Lib.  II.  vv.    i38-i4i-j  ^''i'-   V- 
TV.    aOi.  e  seg". 


Di  Pietro  Febroni  .  ^oq 

perduto,  e  residuo  sensìbile  ne"  Termometri  o  di  Reaumur  o  di 
Farenheit  o  centigradi  [vvvv)  ;  conduce  alla  costruziuiie  fa<ile 
della  Catenaria  ed  altre  Curve  alla  medesima  affini  ,  egualmen- 
te che  alle  Mappe  ridotte  pe  '1  Pilotaggio  [xxxx)  ;  a])presen- 
ta  il  Piano  pesante  ed  il  Solido  iniinitamente-lungo  dotati  in 
tutte  le  loro  sezioni  d'  egual  resistenza  sporgendo  fuori  d'  una 
parete  e  situati  anche  a  piombo  (jyyy)  ;  ed  ora  determi- 
na un  metodo  grafico  ,  preciso  ed  agevole  onde  gli  Artefici 
d'  Istrumenti  da  fiato  ,  ossia  a  vento  ed  a  mantice ,  pongan- 
si  subito  in  grado  d' intavolare  ,  senza  bisogno  di  tentativi 
imperfetti  e  spesso  fallaci  ,  il  Diagramma  armonico  degli  Or- 
gani pneumatici  e  delle  Macchine  Musicali  congeneri  . 


Tomo  XL 


Fff 


ME- 


(vvvv)  Joannìs  Hcnrìcì  Lamherti 
Tenlamcn  ile  vi  caloris  ,  qua  corpora 
dilalat  ,  ejusque  dimensione  .  Voi.  II. 
Actorum  Helveticorum  &c.  Basilcae 
1755.   alle  pag.   I7it-a4». 

(xxxx)  Giovanni  P«rkg  nelle  Philo- 


sophìeal  Transactionss:  Londra,  1715. 
(yyyy)  Acta  Eruditorum  Lipsiat 
&c.  1684.  (G.  G.  L.),  e  di  più  Ope- 
ra omnia  Jacoì/l  BernouUi  nel  I.  Ve- 
lurae  . 


4io 

MEMORIA       . 

Di    Francesco    Pezzi 

Sopra  la  legge  di  trasformazione  di  una  Frazione  continua 
indefinita  qualunque  in  una  Frazione  volgare  ;  e  sopra 
la  più  semplice  risoluzione  delle  equazioni  indeterminate 
del  primo  grado  • 

Ricevuta  il  dì  26  del  1804. 

l5  i  conosce  la  legge  di  composizione  delle  diverse  Frazioni 
volgari  eguali  a  Frazioni  continue  ,  aventi  successivamente 
un  denominatore  di  più  ;  ma  lo  sviluppo  attuale  de'  termini 
di  queste  Frazioni,  non  è  ancora  stato  dato  da'  Geometri  , 
a  mia  cognizione  ;  nientemeno  parrai  che  tale  punto  di  Al- 
gebra, meriti  di  essere  perfezionato  e  per  il  vantaggio  che 
può  recarle  ,  e  perch'  esso  sì  presenta  da  principio  complica- 
tissimo ,  e  poi  si  scioglie  in  una  serie  indefinita  di  Fattori  di 
forma  singolare  ,  i  quali  si  riproducono  uniformemente  da  per 
se ,  dopo  la  metà  del  loro  numero  ;  questa  dottrina  mi  ha 
richiamato  a  memoria  quella  delle  equazioni  indeterminate  del 
primo  grado,  cui  essa  serve  di  base,  e  la  cui  risoluzione  ho 
espressa  in  Formole  algebraiche  più  definite  e  più  semplici 
delle  sin  qui  note  in  tale  materia  5  e  che  anzi  credo  essere 
le  p'ù  semplici  possibili  . 

I.  Fra  le  Frazioni  continue    scelgo  quelle  solamente  che 
sono  in  uso  nel  vasto  dominio  dell'Algebra,  i  cui  numerato- 

ri  sono  eguali  all'  unità  ;  sia  perciò  —    1'  espressione  volgare 

di 


Di  Francesco  Pezzi  .  4  '  ^ 

di  lina  Frazione  continua  ,  maggiore  dell'  unità,  rappresenta- 


ta come  segue  . 
A  I 


M  (  re  -+-  I  ) 

jN  (  /i  +  I  ) 


aò 


(0 


In    cui    n  -\-  I    esprime  il  numero  qualunque  de'  quoti 
a,  ai  ,  aa,  «3,  &c.    Da  questa  formola  derivano  le  seguen- 

A     , 

ti  Frazioni    convergenti  verso  il  valore  di    -rr^  *^  prima  del- 
le quali  non  si  pone  ad  altro  oggetto  che  per  meglio  indicar- 
ne la  legge . 
I   _  Mg 

o  ~  No' 
a         Mi 

T~  WT 

I    _  Ma 
ai         IN2, 
I  .        M3 

^  +  ai+l=m 

a% 


a  -\ 


M5 

^N5 


^^-T>  I 

«0  _i__ 


+ 


a^ 


&c. 


La  legge  di  composizione  delle   Frazioni   volgari  precedenti  , 
nota  a'  Geometri ,  è  la  seguente 

F  f  f  a  Sia- 


4i2  Memoria 

M(ra— i)      M(rt)     M(«-hi) 

Siano  -r;: ,  ■TTr-. ,  isr, :   tre  Frazioni    consecuti- 

N(/i— I)       ^{n)      N(7z+0 

ve  qualunque  ,  ed  a{ii)  iu  conseguenza   il    denominatole  ultl- 

M(/z-4-i) 
mo  della  Frazione  continua  =  — ,  si  ha 

M(«+i) 

JM(«4-i)  =  «(«)M(?j)  +  M(/i— i)     j     ,v 
]S(/z+i)  =a(/i)N(«)  4- N(?z— i)      \     ^' 

a.  Osservo  di  passaggio ,  che  in  virtìi  della  notazione 
precedente  si  dimostreranno  rapidamente  tutte  le  note  pro- 
prietà delle  Frazioni  continue  . 

3.  A  maggior  comodo  degli  usi  particolari  che  possono 
aver  luogo  nelle  varie  ricerche  dell'Algebra,  distinguerò  i  due 

casi   ove    V  espressione  —  è  maggiore  e  minore   dell'  unità  . 

Sia  essa  in  primo  luogo  minore ,  si  avrà 
«  =  o  ,  Mo  =.  I 

Mi  =  o 

Ma  =  I 

M3  =  «a 

M4  =  cSaa-fi 

M5  =  G4{a3rt2M~i)  -^  a% 

1  i 

M6  =  <25(a4(^3ca+i)  +  <22)  -f-a3tìs2H-i 

I     a  ai 

M7=a6  (a5(a4(a3aa+i)-l-fla)-l-a3fla+i)4-fi4(^3tì!a+i)  +  «a 
1     a     3  3         a  i 

M8  =  «7(a6(c5(a4(a3ca-f-i)-|-fl2)-4-c3«a-{-i)-i-c4('23<2aH- i) 
j     a    3    4  43  a 

^-tìa)+a5{a4(rt3aa+i)+fla)-|-fl3(7a  +  i 
I 
&c. 

Ed  in  generale 

*  M(«+-i) 


Dr  Francesco  Pezzi.  4'^ 

M{n-{-i)=:a{n)M{n)-\-'M{u-i)  =  a(f/){a{n  —  i){a{n—2.){a{n—  3) 

I  a  3 

(  .  .  .(«4    («3fi2-t-  i)4-fl2)4-a3aa4- j)  H-  «41'^^^^  +  i)  +  «2) 
4..-/Ì-4    "~3         '^ — ^  «—4  n—S  n^-6 

n—m       n  —  {m-\-i)  n — (/w-t-a) 

4-     fl5(«4{^^'*^+')+"0+'^^"^'^0  "^ 

«-7 
re  — (/;z+3) 
a6(fi5(a4(«3a2+ 1)  +«a)+fl3tì[a4-i)+a4(«3aa+ 1)  +  «2)  4- ....  + 

71—8 

re  — (mH-4) 

a(«— 3)(a(— 4)(. ..  a4  (a3a2+  i)      +  .  .  .  )  H-  M(«+i)     (3) 

I 
n — {il — i) 
La  Forinola  (3)  è  quinrli  il  valore  del  numeratore  della 

frazione  volgare    ^,, ^,  ,   eguale  ad  una  l' razione  continua 

°        N(/i-+-i) 

qualunque  data  ,  minore  dell'  unità  ,  cioè  di 
M(rtH-i)        I 

^         '  «a  H — 5  -4-  . 

ai 


a.n) 

4-  Or  egli  è  necessario  di  scopr're  la  legge  di  composi- 
zione delle  Formole' (3)  ;  perciò  ne'  valori  particolari  M5  p 
M6  ,  M7  ,  &c.  ,  come  nel  generale  M(«-f  i)  ,  ho  numerato 
le  parentesi  in  modo  ,  the  i  stessi  numeri  segnino  le  cor- 
rispondenti -,  così  nel  valore   di  M8  per  es.  le  parentesi  (       ) 

4     4 
chiudono  la  quantità  eh'  è  moltiplinata  ppr  lo  stesso  Fattore 

c4  5  cioè  a4-{a^n2  +  i)  ;    le  parentesi  (    )   chiudono  la  quantità 

l  ch'è  moltiplicata  per  Io  stesso  fattore  aS,  cioè  fl5(tì!4(<z3aaH-i) 

3    4  4 

-f-  «  2)  i    con  tale  mezzo  si  hanno  in  questi  prodotti  due  se- 
^  ne 


4i4  Memoria 

rie  di  parentesi ,  segnate  da  due  serie  di  numeri,  l'una  ascen- 
dente ,  r  altra  discendente,  nelle  quali  i  numeri  estreiiii  ,  e 
gli  equidistanti  dalli  estremi  sono  eguali ,  e  tenendo  sempre 
a  memoria  che  la  notazione  di  tutti  li  M,  è  sempre  M(/i-)-i), 
si  vede  die  il  numero  de^  termini  di  ciascuna  serie  è  n — 3  ; 
perciò  il  numero  totale  di  simili  parentesi  è  a/z — 6  . 

5.  Egli  è  facile  di  formare  in  virtù  de'  valori  del  n."  3, 
quello  di  M(«+i) ,  qualunque  sia  n\  si  comincierà  dallo  scri- 
vere la  prima  parte  di  M(/z-|-i)  ,  cioè  il  valore  di  a[iì)W(n)  , 
e  perciò  si  porrà  la  seguente  serie  di  fattori  monomj  ,  meno 
r  ultimo  eh'  è  binomiale  ,  e  che  occupa  il  posto  di  mezzo  , 

a{n)(a[a — i)('^(/i — 3)(a(/j — 5)( ....  {a^{  «3fi2,-+-i) 
1^4  5...n — ^  n—3        fi  —  3 

separati  da  n — 3  parentesi  ,  di  cui  quella  eh'  è  preceduta  da 
«4  5  è  r  ultima  ;  or  fa  d'  uopo  di  trovare  le  quantità  che  so- 
no moltiplicate  da  ciascuno  di  questi  fattori ,  e  che  sono 
chiuse  in  conseguenza  da  altre  7i  —  3  parentesi,  delle  quali 
quantità  una  è  la  a5a-2-{-i  . 

Si  vede  che  la  quantità  che  segue  la  fi — 3""  parentesi  a 
destra  ,  principiante  la  serie  discendente ,  e  eh'  è  chiusa 
da  )  è  an  ■■,  in  guisa  che  si  ha 

n-4 

a[n)[a{ii — ì){a[n—2)[....{   a\[aZa2.-\-i)^a2.)  ; 

1  a  n-/[  n — 3        7i — 3   n — 4 

al  di  là  di  questa  ji — 4"^  parentesi  ritornano  secondo  una  leg- 
ge costante  le  quantità  che  principiano  nella  serie  ascenden- 
te delle  parentesi  ;  ed  ecco  tale  legge  in    generale  . 

6.  La  n — mH""  parentesi  della  serie  discendente  è  seguita' 
ta  dalla  quantità  che  principia  immediatamente  dopo  la 
n — /JZ-T-i"""  parentesi  della  serie  ascendente^  e  che  finisce  alla 
parentesi  antecedente  a  quella  in  quistìone  ,  la  quale  è  per- 
ciò  segnata  collo  stesso  numero  n  —  w, -4-  i  ;  i  valori  di  m  es- 
sendo successivamente  m  =  5,6,7,.../i  —  ii,n  —  i  • 

7.  Con    questa    regola  si  può  trovare  una    qualunque  di 

que- 


Di  Frawcesco  Pezzi  .    ,  ^iS 

queste  quantità  ,  indipendentemente  dalle  precedenti,  in  fatti 
la    quantità  che  segue  la  n—iri"  parentesi  è 

a[>n — i)(«(w  — 2)(  ...  (a4('''3a2,-h])-hfla)  +  ...  ) 

n — (m-f-i) 
Quindi  per  aver  il  valore  totale  di  <2(/z)M(«),   a    cominciare 
da  //z  =  5  ,  dopo  la  parentesi   ) ,    non  si  hanno  che  a  scrivere 

n — 5 
n—d  di  queste  quantità,   chiudendole    con  un  egual  numero 
di  parentesi  . 

8.  Ma  non  s'  incontrerà  alcuna  difficoltà  nello  scrivere 
di  spguifo  tutto  il  valore  di  a{ji)ÌA{iL)  ;  perchè  quando  si  sa- 
rà pervenuto  alla  parentesi  ),   non  si  avrà  che  a  retrograda- 

re  successivamente  nella  serie  ascendente j,  prendendovi  l'una 
dopo    1'  altra  le  quantità  che  vi  piincipiano  cioè  ,   «3^2+1  , 

c4(«3aaH-i)  +  a2,jfl5((x4(  ^tc. ,  a  6  (  a  5  (  ^4  5  (  ^*^*  ?  '^ 
quali  sono  chiuse  rispettivamente  dalla  parentesi  che  nella 
serie  discendente  precede  quella  ,  sotto  cui  si  pone  la  quan- 
tità  in  qnistione  • 

g.  Il  valore  di  ?J  ( /z  —  i  )  è  contenuto  fra  le  parente- 
si {     )  del  valore  di  «(/2)M  («  )  ,  e  quello  essendo  giunto  a 

a    il  — {a — a) 
questo,  darà  il  valore  cercato  di  ìsl[ti-\-\)  . 

IO.  Ora   per  determinare  N(ra-+-i)  osservo  ,  che  la  quantità 
tty    nulla   influendo  nel  denominatore  della  Frazione  continua 

a  -\ ridotta  ad  una  Frazione  comune  ,  il  valore  che 

«1  -+-etc. 

troverò  per  N  {^n-\-  i  )  varrà  egnahnente  per  il  denominatore 

della     Frazione    comune    rappresentante  la  continua    maggiore 

o  minore  dell'  unità  .  Dalla  lormola  (i)  si  deduce 

Ni  =  i 

Ki  =    tì!l 

N3  =  a2ai4-i 
K4  =  «3  {a^ai-\-\)-\-ax 
I  I 

N5  = 


4i6  Memoria 

1    a  a  I 

N6  =  aS{aj^{a3{a2.ai-\-j)  +ai)-{-a2.ai  +  ì)-]-ao{a2.ai-\'i)-{'ai 
1     a    3  3        a  i 

'NY=a6{a5{a^{a3{a2ai-\-i)-+-aì)-ha2.ai-^i)-{-aS{a2.ai-{-i)+aì) 

ia34  4        ^  ^  ^ 

n-—i        n — a  aì— 3  n — 4 

n — m      n — {m-\-i) 
-4-  «4  (  fl3  (  aiai  -f  i  )  -\-  ai  ) -\-  a'±  a\  -\-  i 

E  in  generale 

N{>i+i)  -  a[n)^[n)-k--^[ii-\)-a[n){a{n-\)[a[n-l){ ...  (fl3(aaaH- 1) 

I  a  3..re-3  n--x      «-a 

4-fli)4-aafliH-i)4-(z3(fla(zi  +  i)  +-ai)  +<74('^3(aaai  +  ])4-«i)  -H 
7Z  — 3  /z — 4  '   '^ — 5 

n—m  n—{ììi-\-\)  n — (/«4-a) 

a^a\-\-\)-\-  a'ó{aàf[ai{a'±a\-\-i)-\-  ai)  -+-  aaai4-i)+a3(aaai  +  i) 
«—6 
n — {m+3) 

+  ai  )  +  ...+  «(«— 3)  (a  («  —  4)  (...)+N(/z—i)         (4) 

re  — 7  I 

« {!7l  4-4)  '^ ('^  ~"  0 

II.  Il  valore  di  N(«+i)  è  composto  in  un  modo  del 
tutto  simile  a  quello  (3)  di  M  {n  -{-  i)  ;  per  formarlo  basta 
scrivere  il  prodotto 

a{ji){a{fi — i){a[a—3){...{a3{a2.aì  +  \)-\-aì)-ha2ai-\-i)        ^ 
I  a  3  n-3ìi-CL        n-2.    n — 3  n — 4 

al  di  là  della  n — 3""  parentesi  ritornano  costantemente  le 
quantità  che  principiano  nella  serie  ascendente  delle  paren- 
tesi ;  onde  vale  anche  qui  la  regola  del  n.°  6  ,  i  valori  di  m 
essendo  in  questo  caso  successivamente  a^=4  ,  5,  6,...«~a, 
n —  I  ;  perciò  la  quantità  che  segue  la  ii  —  m'"'  parentesi  ò 
a[m  —  i)[a{tn—!ì){a[m —  3)(  .....  tì3(a3fli-f-i)  H-«i)  +  ....)  , 

Ti-{m-¥ì) 
e     dopo    la    parentesi    )    vi    sono^    principiando    da    ;«  =  4  ^ 

«—4 

»-5 


f 


Di  Francksco  Pezzi.  Air 

fi  —  5  quantità  da  scrivere  j  chiuse  con  un  eguale  numero  di 

parentesi  . 

li.   Quindi  per  formare  di  seguito    con    estrema    facilità 

il  valore   di    a{ìi}  N(«) ,  giunto  che    si  sarà    alla  parentesi  )  , 

re  -  4 
basterà    retrogradare    scrivendo   successivamente   le     quantità 

fl3(tì2,fliH-j)-ì-ai  j  04  (^3  (  etc.  ,    che    principiano    nella   serie 

ascendente,  e  clie  terminano  nella  discendente  alla  parentesi 

precedente  qutlla  sotto  cui  si  pone  la  quantità  in  quistione  . 

i3.    Il    valore  di  N(« — i)  è  contenuto    Ira   le  parentesi 

(        )  del  prodotto  tì(7i)N(«),  e  giunto  con  questo  fornirà  il 
a  n-[n--2) 

valore  di  N(«+i) . 

i4-  La  sesta  somiglianza  di  composizione  si  scoprirà  nel 

numeratore  M(«4-i)  della  Frazione  ^j^y quando  essa  sarà 

eguale  ad  una  Frazione  continua  maggiore  dell'  unità  ,  come 

è  r  espressione  generale  del  n.°  i  ;  in  fatti  si  avrà 

Mi  =a 

Mi  =  aia-hi 

II 

M4  =  fl3(aa(<2i(2-|-i)  +  fl)H-flia+i 

I     a  a       I 

M5=a4(«3  {a2.{aia+i  )+a) +aia  +  i)  4-aa(«ra  +  i  )-{-a 

I       a     3  3        a  i 

M6  =  aS{a<^{a3  (aa  {aia-i-i)-r-a)-}-aia-i-i)+a2{aia-\-i)+a)-+' 
ia34  4^  ^  ' 

fl3  (  «a  {  a  I  <a -+- I  )  4- a  )  +  ai  a -h  I 

MY  —  a6{a5{a4iaB(at{aia~\-i)-\-a)-{-aia-\-i  )  -\~ 

ia34^  ^4  3 

n—i  TI — I    7i— a  7Z-3 

n — m  «-(/•«  4-1) 

a2(aia+i)  +  a)4-fl3  (aa  {aia-\-\)  +  «)  -h  aia-f-  J  ) 
2  I 

7Z— 4  ni{ll 1) 

n — [ìn-\  a) 
Tomo  XI.  G  g  g  H-  «4 


^j8  Memoria 

&c. 

E  in  generale 

M{n-i-  i  )  =  a{ri){n{/i—  i)  (••••(   a  2.(aia-\-ì)-lra) -\- aia-ir  ì)  H- 
I  n-.ii-a.    n-i       n-i    n-ù.  n-3 

n-7n        [n~in-\- 1  ) 

ao.  [aia  +  i)4-fi)4- «3  (<32(flia+i)  + «)-+-«!«+  i)H- 
n — (w-l-i)  7Z— (ra+3) 

re — 6 

»  -(w-i-4) 

«{^— 3)(«{^-4)( )  -1-  M(^z— i)  (5) 

Ti— (/i 1) 

i5.  Onde  per  aver  subito  il  valore  di  a{n)M{n)  ,  pongasi 
il  prodotto 

a{n)[a{ri — \)[a[n—2.){  ...  {a2{aìa-^ì)+a)-\-aia+i) 

I  a  3..7Ì-2  7i— I        il —  I     «—2,  71-3 

n-ni  il — (/re-(-i) 
Al  di  là  di  questa  n — a""  parentesi  ritornano  uniformemen- 
te, come  qui  avanti  ,  le  quantità  clie  principiano  nella  serie 
ascendente  delle  parentesi  :  onde  vale  ancora  in  questo  caso 
la  regola  del  n.°  6,  essendo  qui  m  successivamente  =  a  ,  3, 
4  ,  ....   «  —  I  • 

i6.  Perciò  si  formerà  con  somma  facilità  il  valore  di 
(«)M(//)  scrivendo  la  serie  de'  fattori  qui  sopra  sino  alla  pa- 
rentesi )  ,  dopo  la  quale  si  scriveranno  le  quantità  ,  che  nel- 

n — a 
la  serie  ascendente  così   cominciano  ,   partendo   dalla    media  , 
aia-\-\  ,  fla(aia-f-  ì)  -\-  a  ,  g3  (  «a  {  &c, ,  n^[a^  {  &c. ,  e  che 
terminano  alla   parentesi  precedente  quella  sotto  cui  si  scrive 
la  quantità  in  quistione  . 

17.  Il  valor  di  ìs\[n~i)  è  compreso  fra  le  parentesi  (  ) 

r.    n-{'j-2.) 
'■     •  del 


Di  Francesco  Pezzi.  4 '9 

del    prodotto  a{n)M{n)  ;    giungendolo  a  questo  si  avrà  il  valore 
cercato  di  M{n-^i) . 

i8.    Ora    ristringendo    in    poche  parole,    quanto   ho    sin 
qui    esposto ,    onde    formar    si    possano  col  libero    moto    della 

.      .   A  . 

penna    i    valori  generali  di  M(raH-i)  ne'  casi  di  -j?   maggiore  e 

minore  dell'  unità  ,  e  del  denominatore  comune  a  questi  due 
casi  5  dico  ,  che  basterà  di  scrivere  a  tale  obbietto  le  quanti- 
tà che  occupano  il  sito  di  mezzo  ne'  mentovati  valori  ,  ag- 
giungendovi quella  che  le  segue ,  cioè 

A  .        .  ) 

Se  jT    >   I  ,  si  scriverà  {a  a-\-ì)  +  a)  i 

n—i        n — I   «-a  (  per  i  valori  di 

A  {       M{n-\-i) 

Se  -jS  <  I  , (  a3«a  -h  i  )  +  «a  )  ( 

n — 3  n—3     n-/j.     ) 

E  per  il  valore  di  N(/i+i  ) ,  .  .  .  (aaai  +  i)  +-  ai) 

7i— a        n — a    7z-3 
Facendo  precedere  queste  quantità  medie    da    destra    a    sini- 
stra ,  rispettivamente  da 

a{n)  (  a{n — i)  (....{  a3  (  aa 
I  a        Ji-3  Ai-a 

a{n)  (  a{n — i)  (....(  «5  (  <74 
I        ■        a        n-S   «-4 

a{>t)  (  a[n — i)  (....(  «4  i^^ 
I  a        n-4  n-3 

Continuandole  poi  da  sinistra  a  destra,  scrivendovi  snccessiva- 
TTiente  dopo  le  parentesi  /i-a,  ovvero  n-4,  ovvero  «—3  le  quan- 
tità terminate  alia  parentesi  antecedente,  e  principianti  nella 
serie  ascendente  sotto  la  parentesi  segnata  dallo  stesso  nume- 
ro che  affetta  l'antecedente  or  mentovata  ,  conformemente  alla 
regola  del  n."  6  ;  i  valori  di  M(«  — i),  e  N(/i— r)  saranno  con- 
tenuti fra  le  parentesi  (       )  d-' valori  di  a{fi)  M{n) ,  a{ri)N{n)  . 

a  7i-(/i-a) 
19.  Parlerò  ora  brevemente  delle  equazioni    indeterminate 

Ggg  a  del 


4^0  Memoria 

del  primo  grado  ;  la  loro  risoluzione  dipende  dal  teorema   se- 
guente 


Dato  un  rotto  irriducìbile  —•  ,  si  può  sempre  trovare  un 

moltiplicatore    M  («)  ,    che    renda  BM(/?)  ,    multiplo   di  A  col 

resto  ±   I  . 

Il  quale  non  è  che  un  corollario  della  nota  proprietà  di 

due  frazioni  qualunque  consecutive  ,  convergenti  verso  il  va- 

j.  A        .,  .     ^     .  .  ,.    M(^) 

loro  di  —    sviluppato  in  trazione  continua  :  per  es.  di   :j— r—  , 

M(«-i-i) 

Cw :    le  quali  danno  generalmente 

N(«)M(/i+i)  —  M(«)N(/i+i)  =  ±  I 
qualunque  sia  il  numero  intiero  m  ;  H- ovvero — ,  secondo  che  il 
numero  de'  quoti  a ,  ai  ,  .  .  .  .  a[n)  della  frazione  continua 

1        ^%+0  >        .  ,.       .      .  ; 

eguale  a    —- •    e  pan  ovvero  dispari  ,  cioè 

JN{/z-t-i)       '■ 

N(/7)M(/i^-i)-.M(H)N(rt-4-i)  =  —  (—1)"         (6) 

Se  di  passaggio  si  volesse  dimostrare  1'  equazione  (6) , 
col  mezzo  delia  presente  notazione,  si  potrebbe  ragionare  co- 
sì ;  per  il  calcolo  delle  derivazioni  ,  la  cui  forza  ha  luogo  in 
questo  caso,  attesa  la  legge  costante  di  composizione  de' va- 
lori qualunque  M('^)  ,  ]Sf(«)  ,  contenuta  nelle  equazioni  (a)  , 
provala  tale  equazione  per  due  valori  qualunque  di  n  ,  cor- 
rispondenti al  doppio  segno  ± ,  essa  rimarrà  provata  gene- 
ralmente . 

Pongansì  quindi  per  n  i  due  più  semplici  valori  possibi- 
li j  relativi  al  doppio  segno  ,  cioè  sia  n  =o,  e  «  =  i  ,  si  avrà 

MoMi  _  MoNi  =—  I 

Ni  Ma  — Mi  Ni  =  i 

E  sostituendo  in  queste  espressioni  i  valo-i  di  Ne  ,  Mo, 
Ni,  Ni,  &c.  dati  ne' numeri  (  i,  io  e  14)11  esse  diverranno 

o.fl —  1.1=; —  I 

i{aai-^i) 


Di  Francesco  Pej^zi  .  4^1 

i(aaH-i)  —  aa\  =  i 

ao.  ilitornaiido  al   teorema    qwì  sopra    enunciato  ,    egli     è 
chiaro ,    che   se     nella    notazione    de'  termini    della    frazione 

— ,    si  dà  a  re  il  più  grande  valore  possihile  ,  tale  fia- 

zione  ,  comprendente  allora  l'ultimo  denominatore  a{^ì)  ,    (  n. 

IO,  e   \é^,  è  eguale  alla  data   --^  \  perciò    A  =  M(/i-|-  i)^ 

B  =  N(aì+i),  e  così  si  dimostrerà  atiche  qui  di  passaggio  con 
somma  facihtà  il  mentovato  teorema,  sostituendo  nelT  equa- 
zione (6)  a  M(/i+i)  ,  N(«~f-i)  i  loro  valori  A  e  B,  e  quindi 
si  avrà 

N(„)A_M(.7)B  =  — (— i)" 

•.       M(//)B  (-0" 

d'  onde     -U-     =  N(«)  +  ^-—L  (^) 

ài.  Sia  di  presente 

axz^by  —  e  (H) 

r  equazione  proposta  indeterminata  del  primo  grado;  essendo 
a  e  b  primi  fra  di  loro  \  non  essendo  tah ,  e  e  non  avendo 
comune  con  essi  lo  stesso  divisore ,  la  proposta  è  evidente- 
mente irrisolubile  . 

Sia    X   r    indeterminata  che  ha  il  maggiore  coefficiente 
cioè  sia  a'>b  \  si  ha 
e  ±  hy 


X  -.=. 


a 


c±by       cn':)  ^  bM{n)y   _  cM(;z)  (^i)> 

^        .         ,,  1-  cM{'/)±(-i)> 

Ora  si  sarebbe  tentato  dì  porre —  =  ad  un 

a 

numero  qualunque  intiero  «? ,  giacché  egli  sembra  a  prima 
vista  che  tale  espressione  sia  hi  sola  che  in  quella  di  x  ,  la- 
scie  rehbe  una  quantità  che  da  per  se  non  sarebbe  un  nume- 
ro intiero  ;  e  in  fatti  ,    operando  in  questa  guisa  ,  si  scioglie- 

reb- 


4^2,  Memoria 

rebbe  la  proposta  ;  ma  il  valore  di  /  così  ottenuto,  e  quincli 
quello  di  x ,  non  sarebbero  generalmente  i  più  semplici  pos- 
sibili ;  e  la  ragione  a  priori  n'e  ,  che  il  moltiplicatore  M(//),  può 

.  cM{„)  

rendere un  numero  Irazionano  ,  cioè  può  essere 

a                      a, 
Allora        M(//) =  e'  -] ±  N(/z)r  ± ^  . 

Ora  pongasi  la  sola  e  più  semplice  frazione  ,  che  incontrar  si 

e  ZÌZ  hy 
possa  nel  valore  di  M(/?)  —  ,  =  e,    cioè    facciasi 

a'±(_,)> 

=  e 

a 

d'  onde  (—1)7  =  «e  ^i  «' 

e  facendo  in  modo  ,  che  qualunque  sia  n  ,  pari  o  dispari  ,  y 
resti  sempre  positivo  ,  e  raccogliendo  ambi  i  casi  in  una  so- 
la espressione  generale  ,  si  avrà 

jy  =  «<?qi(— i)V; 
sostituito  tale  valore  in  quello  di  x  ,    ed    avvertendo    che  in 
virtù  delle  equazioni  (7)  e  (io)  ,  si  ha 

e— (— I  )  V*  =  (— I  )''«[Z-c'— cN(/z)  ] 
«i  otterrà  x  —  ±be^{—\)"  [be'  —  cJN  («)  ] 

aa.  Quindi  della  proposta 

ax  Zf  by  =:  e 
ai  ha  la  semplicissima  soluzione 

y  =  aez^{-iya'  (11) 

x  =  ±be-i-  (—1)"  [  be'  —  cN(«)  ]  (12)  . 

I  termini  della  fraaione  -■   ,.  ,    ,  ch'è  la  penultima  delle 

H") 

a 
convergenti  verso  il  valore  di  7-  ,  essendo  noti  per  lo  svilup- 
po  di  —    in  frazione  continua  ^    ed  i  valori  di  a   e  di  e'  per 
*  ù 

l'equazione  (io)  .  a3. 


Di  t'KANCEsco  Pezzi  .  4^3 

a3.   Avanti  di  paragonare  questa   soluzione    con  quelle  di 

Eulero  [fi)  ,  Lagrans^e  [lì)  e  le  Gendie  (r)  ,  piglio  un  esempio, 

cioè  1'  equazione 

56^  —  39/  =  —  II 

trattata  da  Eulero  e  Lagrange  ne'  luoghi  citati  . 

—  I  I  -4-  '^C)Y 

Si  ha   X  =  — .         c=56,^  =  39,c^  —  11.  E 

55 

2, 

«  =  1 ,  ai  =  a, (22  =  3j«3  =  2  ;  «  =  4  ?  M4=  aS  ;  N4  =  16  . 

cM(«)        -II. a3  ao 

-j-=— ^-=-4--,«=-a9,c'  =  -4. 

Dunque  le  formole  (11)  e  (la)  danno 

y  =  56e  +  ag 

X  =  'di)e  H-  ao  . 
Eulero  e   Lagrange  trovano 

y  =56e  +  a53 

x=:  3()e  -f-  176  . 
Nella  mia  soluzione  i  più  piccoli  valori  di  .r  e  di  y  si  trova- 
no subito  col  supporre  ad  e  il  uiincire  valore  possibile,  atto  a 
dare  per  x  e  per/,  de'  numeri  iutieri  e  positivi,  cioè  fa- 
cendo 6  =  0,  la  dove  nelle  soluzioni  de'  sonimi  Geometri  or 
or  mentovati,  bisogna  fare  e  =  —  4»  P*^^  avere  i  minori  nu- 
meri y  —  2,()  ,  x  =  2.0  . 

a4>  Eulero  scioglie  le  equazioni  in  qulstione  ,  esaurendo 
successivamente  colla  divisione  continua  i  coefficienti  a  e  b, 
sinciiè  il  coefficiente  di  y  airivi  ad  eguaaliare  ì'  unità;  ed  il 
suo  metodo  tradotto  ,  per  mezzo  della  notitzione  adottata  pre- 
cedentemente ,  in  una  espressione  generale  algebrica  ,  condu- 
ce alla   soluzione  seguente   della   proposta  ax 

(«;  xllg.    1  om.   3. 

(i)  Alt  iz.  all'  Alg.  di  Eulero  .   Tom.  cit. 
(e)   Ejòai  sur  la  tii  éorie  des  nombre»  J.  ii. 


4^4  Memoria 

y  ~ae-:^{—i)''cM{n)  (i3) 

X  =  7Jiòe—{—iy  cN {n)  ( 1 4) 

Onde  i  numeri  cM{ri)  ,  clS{n)  essendo  più  grandi  rispetti- 
vamente de' numeri  a'  ,  cN(«)  — be' ,  le  soluzioni  (ii)  e  {;2) 
sono  più  semplici  delle  precedenti  ;  né  si  può  temere  che 
cN(//)  e  be'  abbiano  Io  stesso  segno  ,  poiché  i  segni  di  e  e  e' 
sono  i  medesimi  nell'equazione  (io). 

a5.  Lagrange  dà  la  risoluzione  dell'equazione  av — by 
=  e  ,  in  due  modi  diversi  ;  nel  primo  Egli  fa  vedere  ,  che 
se  ne  fosse  nota  mia  sola  soluzione  ,  da  questa  se  ne  dedur- 
rebbero tutte  le  altre  possibili ,  e  chiamando  a  e  |3  i  valori 
qualunque  particolari  che  soddisfanno  alla  proposta,  dimostra 
essere  y  =  ae  -{-  (j 

X  ^  be  -\-  K 
Egli  è  chiaro  che  questi  valori    non    sono    generalmente  così 
semplici  come  li   (ii)  e  (12),    appunto  perchè  lasciano  ignoti 
quelli  di  k  e  di  |3,  per  la  cui  determinazione  ,  il  citato  Geo- 
metra prescrive  de'  limiti  . 

Nella    seconda    maniera,    Egli  fa  dipendere  la  soluzione 
della  proposta  dall'  equazione  ap  —  bq=.±  1  ,  ov'   egli    sup- 
pone tacitamente  b  ">  a  ;  ma  avend'  io  supposto  il  contrario, 
questa  equazione  tradotta    ne'  segni  adottati ,    viene  espressa 
così    oN(/?)  —  ^M(«)  =  —  ( — i)" ,  ed   il   citato  Geometra   trova 
yz^±qe  ,     X  =  ±  pc  ,     cioè  7  =  ±  cM('')  j    x  ^=  ±  c'N{n) ,    e 
prendendo  questi  valori  per  ui  e  per /3,  Egli  ottiene  da  ultimo 
y  =  ae±cM{ri) 
x=  be  ±  cN{/7)  . 
I  quali  valori  litornano  a  quelli  dell*  Eulero  ,    e  a  quelli 
dati  dal  le  Gendre  nell'  opera  citata  . 

a6.  Lagraììge  avendo  trovato  per  x  e  per  y  i  valori 
particolari  ±  cN('/)  ,  ±  cM{n)  ,  ha  dovuto  ricorrere  al  suo 
primo  metodo  ,  per  ottenere  ,  se  non  m'  inganno  ,  la  soluzio- 
ne generale;    ora   parmi  di  potere  dimostrare   a  priori  y   che 

que- 


% 


Di  Feancesco  Pezzi  .  426 

qiiest'  ultima  non  si  dà,  senza  che  ne  esista  prima  una  par- 
ticolare; ciò  che  forma  lo  scopo  del  seguente 

Teorema  .  La  soluzione  generale  dalle  equazioni  ìndetcr^ 
minate  del  primo  grado  ,  inchiude  necessariamente  una  solu- 
zione nota  particolare  ,  e  questa  è  della  generale  il  più  sem- 
plice caso  particolare  ,  non  escludendone ,  se  fia  bisogno,  i  ri- 
sultati negativi  . 

Perchè  se  nelle  formole  (11)  e  (12),  facciasi  e  =  o,  si 
avranno  le  soluzioni  particolari  j  =;  qi  ( — i)V 

c—(—i)"db 
a;  =  —  (-1)"  (cN(/z)  —  be')  =  — ■ ' N.°  ai 

Cioè  sostituiti  questi  valori  nella  proposta 

ax  -r^by  ^=-0 
si  ha  in  conseguenza 

e  — (-i)"aZ'+(-])V^  =  c. 
27.  Per  i  più  piccoli  valori  di  jy  e  di  a;  qui  sopra  rap- 
portati ,  ho  dovuto  generalmente  non  escluderne  i  negativi  \, 
nientemeno  si  troverebbe  in  più  casi ,  che  le  soluzioni  in 
quistione  danno  i  più  piccoli  valori  assoluti*,  ma  ne  ometto 
il  dettaglio  per  terminare  questa  troppo  lunga  Memoria  , 


V 


Tomo  XI.  Hhh  ME- 


4^6 

DELL'  OBLIQUITÀ'  DELL'  ECLITTICA  . 

MEMORIA 

Di     Giuseppe     Piazzi. 
Ricevuta  il  dì  ag  del  1804. 

O  ebbene  ,  in  questi  ultimi  tempi  principalmente  ,  si  sieno 
studiati  gli  Astronomi  di  determinare  colla  più  scrupolosa 
esattezza  la  vera  quantità  dell'  obliquità  dell'Eclittica,  ed 
il  suo  annuo  decremento;  rimane  tuttavia  qualche  incertez- 
za ancora  su  1'  una  e  su  1'  altro  .  Io  non  so  se  questa  pos- 
sa essere  tolta,  in  parte  almeno,  dalle  mie  Osservazioni  : 
qnali  però  esse  siano  ,  ardisco  presentarle  alla  Società  no- 
stra ,    accompagnate  dai  risultati  clie  ne  ho  dedotto. 

Le  mie  osservazioni  cominciano  dal  1791  ;  e  come  quel- 
le degli  anni  1791.  179^^-  e  1798  son  giù  state  pubblicate 
neir  opera  della  Specola  Astronomica  ec.  ,  non  darò  che  le 
altre  degli  anni  susseguenti  ,  e  di  queste  stesse  le  sole  più 
prossime  ai  Solstizj  ,  e  su  le  quali  ho  tessuti  i  miei  calcoli  . 
Esse  sono  state  Fatte  collo  Stromento  o  Cerchio  medesimo  , 
e  nella  guisa  istessa  delle  prime  ,  volgendo  cioè  alternativa- 
mente le  divisioni  del  Cerchio  a  Levante  e  a  Ponente  ;  onde 
avere  per  ogni  osservazione  l'errore  particolare  della  linea 
di  collimazione  che  gli  corrisponde  :  nel  che  principalmente 
consiste  il  vantaggio  del  Cerchio  sopra  qualsisia  miglior  Qua- 
drante . 


s-  «• 


Di  Giuseppe  Piazzi  . 


4i7 


Distanze  del  Sole  dal  Zenit  nei  Solstizj  osservate  iti 
Palermo  dall'  anno  1794  all'anno    i8o3  . 

La  lettera  D  (  diretto  )  indica  le  osservazioni  fatte  colle 
divisioni  rivolte  a  Levante  ,  e  la  lettera  I  (  inverso  )  quelle 
con  le  divisioni  a  Ponente  .  La  semisomma  di  due  consecu- 
tive ,  ciascuna  delle  quali  sia  ridotta  al  Solstizio  ,  dà  la  di- 
stanza osservata  dal  medesimo  .  Il  Barometro  è  in  pollici  In- 
glesi ,  e  li  due  termometri  su  la  scala  di  Farenheit . 


Anni  ,  Mesi  , 
e  Giorni 

1794  Giugn.  i5 
16 

17 

19 
ao 

aa 

a3 

Dicembre  18 

20 
a4 

1790  Dicem.  16 

17 

ao 
aa 
ah 
a5 

1796  Giugn.  18 

19 
ao 

ai 


Baro- 

Termometro 1 

metro 

Inter. 

Ester. 

a  9, 84 

73,5 

70,3 

29,83 

75,0 

73,0 

29,81 

76,1 

72,0 

a9,67 

76,2 

77^5 

29.72 

75,2 

71,5 

29^77 

11 -P 

75,5 

29,75 

76,8 

76,0 

a9,79 

544 

57,5 

a9,75 

52,a 

49^5 

29,54 

5  1,2 

56,3 

30,07 

58,a 

61,5 

3o,oi 

60,2 

66,0 

29,96 

62,3 

64.,o 

3o,co 

60,5 

61,0 

no.  IO 

58.5 

60.^0 

30jI2 

58,3 

59,5 

29,92 

57,8 

58,7 

3o,i  I 

74^7 

72.6 

3o^io 

75,2 

74,8 

3o,04 

76,5 

75, a 

29,86 

76,5 

76,3 

Lembo 
Inferiore 

15°  i'25'> 

14  59  27  ,0 

57  24  ,0 

55   16  ,c 

54  33  .,0 

54  5a,7 

55  23  ,c 

61  46  55,5 
49    3,7 

47  24,0 

61  42  09  ,5 

44  48 .5 

48  1,7 

48  49.' 

49  j5  ,0 
48  3o  ,7 
46  12  ,f 

00  0  1  ,0 

5457  ,3 
54  28  ,0 
54  33  ,0 
Hhh  2 


Lembo 
Superiore 

i4<'29'43",7 
27  46  j5 
25  40  ,7 
a3  38  ,5: 
aa  48  ,5 
.    a3  1 1  ,2 


a3  3 


9,0 


61    14    7,5 
16  20  .0: 


1441 

,5 

bi     9  59 

jO 

la    2 

.5 

i5  22 

.3 

16    6 

^0 

16  3a 

,5 

1549 

,0 

1334 

'7 

14  a3  4g 

'7 

a3  IO 

.8 

2246 

,8 

22  5o 

,0 

I 

D 

1 

D 

1 

D 

I 

1 

D 
D 

D 
1 

D 
1 

D 
1 
\) 

D 
J 
D 

1 


Ì28 


Dell'  Obliquità'  dell"  Eclittica 


Anni ,  Mesi  ^ 

Baro- 

Termometro 

Lembo 

Lembo 

e  Giorni 

metro 

Inter- 

Ester. 

Inferiore 

Snpeiiore 

lyoóGiugn.  2.2. 

ag.go 

77-.0 

74.3 

i4°55'  6",4: 

i4''a3'ai",3: 

D 

23 

29,94 

75,0 

71,5 

55  57  ,8 

24  la  ,5 

I 

24 

^9^94 

74,a 

72,5 

5717  ,0 

2  5  40  jO 

D 

Dicembre  18 

29,9- 

54,5 

60,5 

61  43    i  ,c 

61   i5  20  .5 

19 

29,78 

58,5 

62,5 

48  3o  ,3 

1548,7 

i) 

21 

29'77 

57.5 

59,5 

49  H  =1 

16  53  ,0 

aa 

29,84 

.57,0 

61,0 

48  35  ,3 

i5  56  ,6 

n 

a3 

29,78 

58,o 

6a,o 

48  14  ,5: 

i5  33. e: 

a5 

29,60 

59,5 

640 

44  35  ,5 

1 1  56  ,0 

D 

aò 

29.49 

62.7 

69,5 

42  45  5O  : 

IO    2  ,0; 

a8 

29,8:3 

62,5 

64c 

3b  II  5O 

3  3i  ,7 

D 

rygyGingn.  i3 

29  89 

69,0 

68,0 

i5     6  34>o 

14  34  52  ,0 

4 

29,91 

70,5 

68.0 

3    0  ,0 

3i  18  ,0 

D 

i5 

a9,C|2 

7^57 

74 -.o 

i    8  ,0 

29  28  ,0 

lÒ 

29,91 

74,9 

8;3,o 

14  58  32  ,0 

aò  5 1  ,0 

D 

'7 

29,92 

.74^7 

72.  o 

57  i5  ,5 

25  32  .0 

18 

29,92 

74v5 

71,0 

55  3o  ,0 

23  5o  ,2 

D 

•   19 

29,96 

73.5 

7^.5 

55  IO  ,3 

20  a8  ,0 

ai 

29,84 

80,5 

76,0 

54    8  ,0 

22  3i  ,7 

D 

aa 

29.91 

78,7 

74.0 

54  54  .5 

23  19  ,3 

a'I 

29,90 

79.4 

81,0 

55  34  ,0 

a3  52  ,3 

D 

24 

29,90 

81,5 

82,0 

57    1  ,0 

25  19  ,0 

a") 

3o,o3 

82,5 

81. e 

58  ai  ,0 

26  40  ,0 

D 

ab 

29,98 

83,o 

86,5 

1 5     0  43  !7 

28  59  ,5 

Dicembre  1 1 

29„74 

60,2 

60.0 

61   26  5o  jO 

60  54  16  ,0 

12 

29,60 

60,0 

63.5 

3o  56  ,5 

58  25  ,0: 

D 

i3 

29,63 

59,0 

5q  5 

35    7.5 

6i     a  29  ,5 

14 

29,63 

59,3 

59  e 

38  1 7  .0 

5  36  ,0 

D 

16 

29^94 

57,0 

58.0 

44    5,3 

1 1  25  ,5 

18 

39,9^' 

56.5 

57,0 

4 '  1 1  ,5 

1440,5 

D 

ic; 

29.9(1 

56.8 

5"),o 

48  40  ,0 

16    4,0 

ai 

29,95 

54,8 

56,0 

•      •     •      •      . 

16  3i  ,0 

D 

i798Gingn.  17 

29.90 

78,5 

82,0 

14  57  i3  .0 

1 4  2.5  45  .,0 

D 

Di  Giuseppe  Piazzi  . 

429 

Anni  ,  Mesi . 

Baro- 

Termometro 

Lembo 

Lembo 

e  Giorni 

metro 

Inter. 

Ester. 

Inferiore 

Superiore 

ì7q8  Giuffn.  i8 

29,{jS 

79.0 

78,0 

i4"56'    o",o 

l4°24'20",5       I 

19 

Ì19.9C 

7^^7 

7«,o 

54  56  ,5 

20   18  ,0       [J 

at 

29,87 

ll->^ 

77-^0 

54  37  ,0 

23     0  ,c     I 

21 

^9>74 

77^^ 

76,5 

54  12  ,0 

22  34  ,0      '-' 

2.2 

^9.85 

77=2 

75,5 

54  48  ,0 

23    8,0     I 

ab 

3o.o' 

76,0 

75,5 

55  1 1  ,5 

i 

2- 

39,98 

75,5 

72^0 

56  39  ,0 

24  54  sO       1 

2.0 

ic).,85 

75  6 

72,0 

5749,0 

26  1 3  ,0     {■ 

20 

^980 

74.3 

72,0 

i5     0    4,3 

28  22  ,0       J 

f  799Giugn.  la 

29  62 

76  0 

74^0 

i5     I  59  ,0 

l4    30  22   ,0      I 

16 

29,83 

76  3 

74.8 

14  59  23  ,5 

27  45   ,0      1) 

^7 

29.(10 

75,9 

73,7 

57  53  ,5 

26     9  ,0     i 

23 

29  77 

76.0 

76,5 

S458,o 

23  20  ,3     0 

24 

29,82 

76,2 

76,0 

56  i3  ,0 

24  37  ..5     1 

o5 

29,83 

7  7 -,3 

78,0 

57  23  ,0 

25  47  jo    1) 

26 

29,83 

78,4 

79>a 

59  28  ,0 

27  5a  ,0     1 

1800  Giugo.  16 

29.84 

745 

71)5 

14  5q  5  3  ,0 

[4  28  14,5    D 

17 

29., 8  7 

74,3 

71^0 

58  12,5 

26  28  ,c     1 

18 

29,92 

73,3 

70,5 

56  20  ,0 

24  43  -O      ì' 

19 

29  8(j 

73,0 

744 

55  27  .0 

23  48  ,C     1 

2( 

29.,8{) 

72,5 

71,0 

54  25  ,0: 

22  48  ,0:     i  ' 

2  i 

29  9^ 

72,6 

71^6 

5421  ,5 

22  4^   ,0       1 

aa 

29,02 

74'° 

73,8 

54  16  ^0 

22  39  .5     D 

a' 

29,88 

74^5 

73,5 

54  55  jO 

23  i5  ,5     i 

Dicembre  i  7 

20)9'^ 

57,0 

6r.2 

6r   44.38,0 

61    12    5  ,0     ! 

Ih 

29  9-5 

56,2 

.">6  8 

46  1 3  ,5 

]  3  34  ,5     D 

22 

3o,oo 

52,3 

53,4 

49  aó  ,0 

i6  5ojc     I 

1801  Giugn.  I- 

29,84 

72,5 

72,5 

14  58  35  ,0 

4  27  I  .0    I 

18 

^'),7'ì 

73,2 

70,7 

56  41  ,0 

25    7 ,0    D 

19 

29,82 

74,2 

7^.8 

55  36  ,5 

23  57  .0      1 

30 

29,86 

74'0 

71 .0 

54  .34  ,0 

22  59     0       lì 

21 

29,80 

70,0 

73,2 

54  25  ^0 

22  45  .0       1 

a-i 

2y,85 

76,0 

75,2 

54   8,0 

22  33  ,0    D 

43o 

DtLL 

'  Obliquata'  dell*  Eclittica 

Auni ,  Mesi, 

Baru- 

Termometro  | 

L^'iiibo 

Lembo 

e  Gioiiii 

.uetro 

Inter. 

Ester. 

Interiore 

Superiore 

ì8oi  Giugn.2.3 

29,87 

76.8 

75.4 

i4''54'47",o 

.4°a3'    9",o 

1 

24 

29,85 

774 

75,5 

55  ao  ,0 

a 3  49  ,0 

D 

(*)  i8oaDic.ac 

29,0.' 

55,8 

53,6 

ói  48  38,o 

61   16    I  ,5 

1 

i8o3Giugn,  17 

29-97 

77.8 

76,0 

i4  59  39 ,0 

14  a8    I  ,0 

1 

ib 

29.93 

78,3 

78,6 

5723,5 

a5  44  -^ 

i) 

19 

29.78 

78,2 

76,0 

56  21  ,0 

24  39  ,5 

1 

ao 

a9,85 

79'^ 

77.^ 

55    0  .0 

23  21  ,0 

i) 

ai 

29 /ja 

80,0 

77'0 

54  45  ,0 

a3    2  ,r 

I 

aa 

29  91 

79  9 

77,0 

54    8  ,5 

23  28  ,0 

l- 

23 

39,70 

79'0 

75:3 

54  43  ,5 

23    3  ,0 

1 

a4 

29,71 

77vO 

70,5 

5457  ,0 

a3  18,5 

D 

a  5 

ay,9o 

74'7 

72,3 

5b  aa  ,5 

a4  44  .0 

1 

ab 

3  0,04 

744 

71,5 

57  3a  ,0 

a5  53  ,0 

D 

Dicembre   1 1 

39,89 

5o,8 

52,0 

61    19  3o  ,c 

60  46  5o  ,5 

D 

i3 

29^84 

55,4 

58. ,8 

39  a  2  ,0 

56  37  ,0 

J 

16 

29.51 

ói,5 

66,2 

40     I  ,5: 

61      7  3f  ,5: 

D 

18 

29,78 

63,6 

6  3,0 

45  la  -0 

la  3i  ,5 

I 

19 

29,84 

61,0 

65,2 

4b  48  ,0 

i4    8,0 

D 

ao 

29,8() 

63,4 

67,8 

48  a4  0 

1 5  46  ,0 

I 

aa 

29,89 

bo,8 

59,3 

49  33  ,0 

16  5o  ,c 

1 

a3 

29,97 

60,0 

bijO 

49    9.5 

16  3o  ,5 

D 

5.  a. 


(»)  Nel  Solstizio  iemale  del  i8oa  , 
per  cagion  del  tempo  ,  non  potei  fa- 
re che  questa    sola    osservazione  :     in 


essa  r  errore  della  linea  di  collimazia- 
ne  cavato  dalle  Stelle  è  di  — la'joS  . 


Di  Giuseppe  Piazzi  • 


43 1 


S-  a. 


Obliquità  dell'  Fcl'tt'ica  dedotta  daVe  mìe  osservazioni 
i:olsLÌzìali  dal  1791  ul   i8o3  . 

Le  osservazioni  degli  anni  1791-92-93  sì  erano  da  me 
calcolate  supposta  l'altezza  del  Polo  38"  6  44'-  po-^teriori  in- 
dagini mi  fecero  conoscere  che  dovea  farsi  '6^°  b'  \S'\^  .  Con 
questa  pertanto  ho  corrette  le  prime  ,  e  calcol  ite  le  altre  . 
Ho  fitto  la  Parallasse  del  Sole  8",5  ;  la  Nutazione  19"  o,  e 
la  rifrazione  a  61°  33' dal  Zenit  i'45'j3.  Nella  tavola  seguen- 
te do  i  diversi  risultati  che  si  hanno  dalle  osservazioni  di 
ciascun  anno  ,  cosi  estive  come  iemali  .  La  prima  colonna 
contiene  1'  obliquità  apparente  ,  la  seconda  la  media  ,  la  ter- 
za il  numero  delle  osservazioni  . 


nnno 

1791 
2 
3 

4 
5 

6 

7 
■i 

0 
iRoo 


S)lstizj 

obliq.   appar 

aS-^fl/  So",  16 
27.  5o  ,82 
27.  5-^  ,80 

27.  55  ,07 
27.  59  ,54 


38.    3 


,09 


28.    4  ,58 
28.    8   ,10 

28.    8  ,75 


^8. 


4  '«'Ti 


estivi 

n.o  di 

oblir[.   media 

oss. 

23".''27'59",'66 
2-.59   ,  71 
aS.   2  ,  IO 

v 

5 
5 

27.57  ,  97 
27  58  ,  21 

7 

IO 

27.58  ,  77 
27.57  ,  70 
27-59  ,  4is 

27.59  ,  bo 

9 
7 
6 
8 

27.56  j  20 

9 

Solstizj 

ohliq.  appar. 
a3.»27'44",26 

27.43  ,  57 
27.45  .  07 

27.47     ^7 

27  .52  ,   17 
27.53  ,  26 


27  54 ,  34 

27.58  ,     8 
27.56,41 


jpmali 
ohliq.    media 
ì3.'>27  53''  =64 

27  5i  ,  77 

27.51  ,  26 
27  5 1  ,  00 

27.52  ,  46 
27.50  ,  33 


27.45  ,  14 

27.50  ,     I 
27.49  ,  53 


n.°  di 
oss. 

2 

8 
3 

7 
8 
8 

'  3' 

I 

8 


I 


E  percliè  non  restì  a^run  dubbio  su  la  maniera  come 
dalle  mie  osservazioni  si  ricavi  1'  errore  della  linea  di  colli- 
rnazinne  e  l'obliquità,  soggingnero  qui  I'  intiero  cabolo  di 
SoiStiz^o  jemale  del  i8o3,  a  nomi»  del  quale  sono  stati  fatti 
gii  altii  tutti.  Ni  Ila  quarta  colonna  chiamo  temperatura  ve- 
ra (|'i-lli  che  è  in  beata  dal  CuMui-tro,  e  dalla  seinisom.na 
dei   terni onictii  csteiiore  ed  interiore  . 

Gior- 


4aa 


Dell'  Obliquità'  dell'  EctiTTiox  . 


Giorni 

Centro  osser- 

vato del  Sole 

ir 

61. "3 'io",  a.') 

i3 

ia.59  ,    5o 

16 

aS.Sx  ,    5o 

18 

a8.5i   ,  7.5 

'9 

3o.a8  ,  00 

ao 

3a.  5  ,   00 

aa 

33.11  ,    00 

a3 

3a.5o  ,  00 

Riduzio- 

Rid. alla 

Centro 

ne  al  Sol- 

temp vera 

ridotto    al 

stizio 

e  al  a  rif. 
a  6i.°33' 

Solstizio 

-+-a9'48",i3 

—  1"    48 

61"  33'56",9o 

U.O.   13   ,    OC 

—  a  ,  5o 

33.      q,  00 

q.  i5  ,   61 

-A  ,56 

33.     a,  55 

4.17,  83 

—  a   ,91 

33.     6,  67 

2.3i  ,  aS 

—  a  ,91 

Sa.  56,  3i 

i.ia  ,   87 

—  3  ,  01 

33.  14,  86 

0.   f  ,    00 

—  I  ,  57 

33.  14,43 

0.   7  ,    59 

—  1  ,  a6 

Sa.  56,  33 

Ce 

ntro 

Cor- 

retto 

61 

"  33' 

a' 

,q5 

33. 

5 

,7« 

33. 

4 

7' 

33. 

I 

,40 

33. 

5 

58 

33. 

5 

,38 

Medio  .  .  . 
Rifrazione  media  . 
Parallasse  del  Sole 


Obliquità  apparente 
Nutazione     .     .     . 


61.  33.    4>  3i 
1.45,  So 

7>  70 


Obliquità  media 


61.  34.41  >9^ 
38.    6.45,50 

aS.ay.  56  ,  41 
.    —       6  ,  88 

33.47.  49  }  ^^ 


§.   3. 

Obliquità  dell'  Eclittica  dedotta  dalle  osservazioni 

di  Qreenwich  del  Dottor  Maskelyne 

dalV  anno  1790  al  i799« 

Le  migliori  osservazioni  ,  per  general  consenso  ,  riputate 
essendo  quelle  del  Dottor  Maskelyne  ,  di  esse  ho  voluto  si- 
milmente giovarmi  in  questa  mia  Memoria  :  e  ciò  non  solo 
per  conoscere  qual  peso  dar  possa  al  mio  travaglio  ,  ma  ad 
oggetto  ancora  di  stabilire  con  piìi  sicurezza  la  vera  obliqui- 
tà pel  principio  del  secolo  .  Non  ho  jJOtuto  estendere  i  miei 
calcoli  oltre  1'  anno  17995  mancandomi  le  osservazioni  po- 
steriori di  quel  valentissimo  Astronomo  . 


Ann. 


Di  Giuseppe  Piazzi  . 


433 


Solstizi 

Anno 

I790 

I 

2 

3 

i 

6 

7 

OWiq.  appar. 
23<'27'5i",23 

27.  47  ,  54 
27.  40  ,  76 
27.  47  ,  55 
27.  5o  ,  i-:) 

27.  49  .  12 
27.  55  ,  64 
27.  55  ,  70 

8 
9 

27.  57  ,  II 

28.  2  ,  16 

pstivi 

OWiq.  media 
23'^  27'  58"^  73 
27.  5ó  ,  56 
27.  55  ,  26 
27.  56  ,  44 
27.  57  ,  63 

27.   54  ,  C2 

27.  57  ,  54 
27.  54  ,  45 
27.  52  ,  79 
27.  55  ,  28 


oss. 

4 

2 

3 


Solstizi 

Obliq.  appar. 
23°  27'  4^":  5o 
27.  43  ,  IO 
37.  45  ,  CA 

27.  44  ,  55 
27.  45 ,  96 
27.  45  ,  58 
27.  47  )  ^3 
27.  Sa  ,  26 
27.  59  ,  27 
27.  .54  ,  67 


jpmall 

n.od 

OWiq.  media 

oss. 

S"  27'  53",  88 

3 

27.  Sa  ,  36 

3 

27.  54  ,  38 

2 

27.  52  ,  i5 

4 

27.  53  ,  23 

2.7.  49  ,  00 

3 

27.  47  .  54 

3 

27.  49  ,  33 
27.  53  ,  56 

3 

3 

27.  46  ,  3o 

4 

S-4- 


Della  clijjeren::a  tra  le  due  Obliquità  die  si  hanno 
dai  Solstizj  estivi  e  jeniali  . 

L'obliquità  che  risulta  dalle  mie  osservazioni  de' solstizj 
estivi  è  costantemente  maggiore  di  quella  che  danno  le  os- 
servazioni dei  solstizj  jemali  .  Lo  stesso  si  vede  nel  paragra- 
fo precedente  j  in  cui  son  riportati  i  risultati  dei  solstizj  di 
Greenwich  .  I  celebri  Slop  a  Pisa  ,  Chiminello  a  Padova  , 
Mécliain  e  la  Lande  Nipote  a  Parigi  han  similmente  trova- 
to la  medesima  cosa  .  Egli  si  è  pensato  dal  cliiar.  de  la  Lan- 
de ,  che  ciò  provenga  dalla  rifrazione  Bradlejana  ,  di  cui  ge- 
neralmente sogliono  valersi  gli  Astronomi  nella  riduzione  del- 
le loro  osservazioni  ;  la  quale  ,  come  giudica  quel  grande 
Astronomo  ,  è  un  poco  troppo  picciola . 

Che  le  rifrazioni  del  Bradley  sieno  alquanto  inesatte  sì 
è  detto  da  molti  :  uè  può  negarsi  che  nello  stabilire  la  for- 
inola da  cui  esse  dipendono  ,  abbia  egli  forse  avuta  in  mag- 
gior considerazione  la  semplicità  ed  eleganza,  che  il  rigore 
della  medesima  ,  in  quanto  si  ricava  dall'  eguale  aumento  di 
densità  nei  diversi  strati  di  aria  dal  Zenit  sino  a  80.°  dallo 
stesso  .  Ma  considerate  ancora  senza  alcun  riguardo  alla  for- 
inola ,  pajono  veramente  un  pò  minori  di  quanto  esser  do- 
vrebbero, supposta  l'altezza  del  Barometro,  e  grado  del  Ter- 
mometro secondo  cui  sono  calcolate  .    La  qual  cosa  ,    se    vo- 


Tomo  XI. 


1 1 


glia- 


434  Dx^ll'  ObliqUìTa'  dell'  Eclittica. 

gliasi  accorciare  qualche  peso  alle  mie  licerclie  su  qnesto 
punto  ,  si  rende  assai  chiara  .  Dopo  aver  stabilite  le  rifra- 
zioni per  quest'  osservatorio  (  Lib.  V.  par.  IV.  della  Specola 
Astron.  )  per  mezzo  degli  Azimut  e  distanze  dal  zenit  di  di- 
verse stelle  a  ho  voluto  ultimamente  esaminare  e  ritessere  ì 
miei  primi  calcoli.  Nel  che  fare  mi  sono  avveduto  che  quel- 
le domandavano  qualche  picciola  correzione  ,  e  per  avere  im- 
piagate osservazioni  dipendenti  da  stelle  ,  che  quasi  radeva- 
no le  montagne,  che  giacciono  a  Settentrione  e  Mezzodì  dell' 
osservatorio,  e  nelle  quali  in  conseguenza  potea  benissimo 
accadere  che  alla  rifrazione  astronomica  fosse  congiunta  la 
terrestre-;  e  perchè  dai  metodi  così  degli  angoli  orar]  come 
dagli  Azimut  ,  non  si  può  sperare  molta  precisione.  Mi  sono 
quindi  ristretto  alle  sole  stelle  circompclari  ,  le  di  cui  di- 
stanze dal  zenit  non  fossero  ma£j2,Iori  di  80.°,  e  da  molte  os- 
servazioni  di  esse  ne  ho  conchiuso  per  mezzo  della  nota  for- 
inola del  Sinipson  (  Vedi  la  Lande  ,  Astronomie  .  Liv.  XII. 
5-  aaii.  )  i  valori  di  vi  ed  n  .  Ho  trovato  tu  =o,gg8263()  , 
?i  =  6,  25781  5  ed  avendoli  in  varie  guise  esaminati  e  discus- 
si ,  mi  sono  questi  sembrati  i  più  opportuni  all'uopo  .  Le  ri- 
frazioni pertanto  che  risultano  da  questi  valori  ,  siccome  le 
altre  da  me  prima  stabilite  ,  tutte  generalmente  sono  un  po- 
co maggiori  delle  Bradlejane  ,  quando  per  V  opposto  dovreb- 
bero esser  minori,  se  è  vero  che- esse  diminuiscono  dal  Polo 
all'Equatore,  come  pare  non  si  possa  dubitarne.  A  74°  5o' 
dal  Zenit  j  che  per  Greenwich  è  la  distanza  del  Sole  nel 
Solstizio  d'inve'rnOj  si  ha  3'.a8".6o,  e  supposto,  per  dir  po- 
co, o,  o3  di  aumento  per  la  differenza  in  Latitudine  tra  Pa- 
lermo e  Greenwich  ,  sarebbe  la  rifrazione  per  quella  Specola 
a  y4°  ^^'  ^^'  zenit  3'.34"-95  ,  maggiore  di  7",  12  di  quella 
che  si  dà  dal  Maskelyne  per  la  stessa  distaiiza . 

Tutto  ciò  parrebbe  quindi  che  fosse  per  appoggiare  1' o- 
piniotie  del  celebre  de  la  Lande,  e  tanto  maggiormente ,  che 
preso  il  medio  delle  differenze  tra  li  dieci  solstizj  estivi'  e 
li  corrispondenti  jemali  da  me  calcolati  ,  esso  differisce  di  ben 

pò- 


Di  Giuseppe  Piazzi  .  4^5 

poco  da  quanto  secondo  me  si  dovrebLero  aumentare  le  ri- 
frazioni del  Bradley  .  Ma  ciò  ,  a  creder  mio  ,  è  piìx  tosto  un 
puro  caso ,  che  una  conseguenza  della  picciolezza  delle  rifra- 
zioni suddette  ;  poiché ,  preso  un  numero  minore  di  con- 
fronti, la  compensazione  non  ha  piìi  luogo:  oltrecthè  a  mol- 
ti altri  solstizj  osservati  in  altre  Specole  non  può  affatto 
adattarsi  sì  fatta  correzione.  I  miei  certamente  non  si  posso- 
no per  tal  mezzo  in  alcun  modo  ravvicinare  ;  e  sebbene  tra 
i  diversi  valori  di  rn  ed  n ,  che  si  hanno  dalle  moltipiici  mie 
osservazioni  a  60. °  8^°  e  86.'  dal  zenit,  se  ne  incontrino 
due  ,  cioè  Ti  =  I  o  ,  ed  m  =:  o  j  997 1  7  ,  i  quali  a  6 1 .°  3o.'  dan- 
no 1.47?  "è  sì  f^tti  valori,  quantunque  commodissimi  ^r 
calcolare  le  rifrazioni  prossimamente,  son  confermati  da  al- 
tri confronti  ,  né  possono  servire  oltre  li  86." ,  né  in  fine 
bastano  a  togliere  la  differenza  che  trovasi  tra  le  due  obli- 
quità . 

Non  veggo  per  tanto  come  per  mezzo  della  rifrazione  , 
in  quanto  la  sua  correzione  o  riduzione  di  media  in  vera 
non  si  fa  dipendere  che  dallo  stato  dell'  Atmusft-ra  indicato 
dall'altezza  del  Barometro,  e  grado  del  Termometro,  si  pos- 
sa render  ragione  della  differenza  in  questione  .  La  medesi- 
ma pare  che  assolutamente  dipenda  da  ima  causa  ,  che  non 
influisce  sensibilmente  né  sul  Barometro  nò  sul  Termometro, 
e  la  quale  non  è  né  costante  né  regolare  .  In  alcuni  anni 
così  nella  tavola  dei  miei  solstizj  ,  come  in  quella  del  Mas- 
l<elyne  la  differenza  è  picciolissima  tra  gli  estivi  e  gli  jema- 
li  ;  in  altri  giugne  nei  miei  sino  a  l4"  »  ed  in  JMiskelyue  a 
io"  .  Similmente  dal  Solstizio  di  un  anno  a  quello  dell'anno 
seguente  si  trovano  talora  dei  salti ,  che  non  si  possono  as- 
solutamente ascrivere  ad  errore  su  le  rifrazioni  medie ,  né 
alla  correzione  indicata  dal  Barometro  e  Termometro.  Que- 
sti stessi  salti  si  trovano  nelle  osservazioni  di  un  medesimo 
solstizio,  come  nelle  mie  del  1797»  in  cui  la  difft^renza 
est  1  e  ma  è  di  5"  ,  cosà  che  mai  non  si  vede  nei  soltizj  esti- 
vi .    Né  ciò  si  osserva  nelli  soli  solstizj  di  Palermo  e  Greeii- 

I  i  i  a  vticli. 


4^6  Dell'  Obliquità'  dell'  Ecì. ittica 

•wich  .  In  quelli  osservati  da  Méchain  ,  e  paragonati  cogli  al- 
tri osservati  da  Ja  Lande  Nipote,  vi  sono  parimenti  dei 
salti  .  Io  non  ne  ho  degli  altri  da  paragonarne  insieme  ,  ma 
non  dubito  che  Intti  debbano  pii^i  o  meno  essere  sogget- 
ti alle  stesse  ineguaglianze  .  E  come  neh'  ultimo  decennio 
del  secolo  passato  si  sono  generalmente  trovati  i  solstiz]  esti- 
vi maggioii  degli  jemali  ,  in  altri  tempi  forse  si  troveranno 
nìir.ori ,  come  minori  furono  osservati  in  Parigi  negli  anni 
1782,,  83  j  e  84  dall'  illustre  Presidente  della  nostra  Socie- 
tà j  e  minori  ancora  in  Verona,  negli  anni  1787,  88,  e  8g. 
Il  medio  dei  due  solstizj  che  Egli  osservò  in  Parigi  è  mino- 
re di  5  ',  6  ,  ed  il  medio  dei  tre  osservati  in  Verona  è  mino- 
re di  9".  (  Vedi  Memorie  della  Società  Italiana  T.  V.  ) .  Nei 
solstizj  di  Greenwicii  del  1 783  ^  il  solstizio  di  estate  è  rnino- 
re  di  quello  d'  inverno  di  3",  4  0  secondo  i  calcoli  di  Ger- 
stner  riportati  dal  Barone  di  Zach  nell'introduzione  alle  sue 
Tavola  Solari  pag.  53.  Niente  di  meno  la  cagione  di  tale 
ineguaglianza  non  dee  cercarsi  altrove  che  nel!'  atmosfera  . 
In  essa  ,  a  parer  mio  ,  in  dati  tempi  più  che  in  altri  ,  e 
s'  introducono  ^  e  si  svolgono  delle  sostanze  ,  le  quali  senza 
punto  alterare  il  peso  e  calore  della  medesima  ,  ne  alterano 
però  assai  sensibilmente  le  rifrazioni  •  Di  si  fatte  cagioni 
se  ne  possono  accennare  diverse  ,  ma  l'elettricità  mi  pare  la 
sola  ,  che  meriti  di  essere  in  particolar  modo  considerata , 
come  qitella  da  cui  possa  realmente  dipendere  l'inegujiglian- 
za  di  cui  si  tratta  .  Sono  venuto  in  quest'  opinione  jncs^o 
principalmente  dalle  osservazioni  di  parecchie  distanze  dal  ze- 
nit di  diverse  stelle  vicine  all'  Orizzonte  ,  le  quali  ,  fatte  in 
tempi  e  di  forte  sirocco  e  di  forte  mezzogiorno  ,  replicate  , 
fssendo.  1'  aere  tranquillo,  e  ridotte  le  une  e  le  altre  alia  tem- 
peratura media,  si  trovarono  costantemente  tra  loro  discor- 
di ,  quelle  cioè  col  sirocco  e  mezzogiorno  sempre  un  poco 
maggiori  delle  altre  ,  della  qual  cosa  si  può  vederne  un  sag- 
gio neir  opera  mia  Della  Specola  astronomica  ec.  (  Lib.  IV. 
5.  XVIII.  )  ove  scorgesi  che  da  53°  a  70"  del  zenit  1'  ecces- 
so 


Di  Giuar.pPE  Piazzi  .  ^  ?,7 

so  delle  prime  su  le  stcoiide  è  di  3  '  in  4"  •    Stì    peitauto  li 
venti  di  sirocco  e  mezzogiorno  in  Palermo  sopraccaricano  l'at- 
mosfera di  materia  elettrica  ,    siccome  piìi  volte    me  ne  sono 
accertato  con   la  macchina,  pare  si  possa  inferirne,  che  le  di- 
stanze osservate  dal  zenit  debbano  annientare  aumentando  la 
materia  elettrica,  e  diminuire  quando   essa    diminuisce.    Ora 
nei  solstizi    d^  Inverno  così    in    Italia    come    in    Francia  ,    in 
Ingliiltena  ,  e  generalmente  quasi  in   tutta   T  Europa   il  tem- 
po (ora   più  Ola  meno)   e  sempre  umido  e   piovoso,    e  quin- 
di r  atmosfera  spogliata  in  parte  del   fluido  elettrico,  che  in 
uno  stato   medio  suole  essa   contenere  .  Le  distanze  dal  zenit 
nei  solstizi  d'  Inverno  si  osserveranno  quindi   un  poco  minori 
di   quanto  esser  dovrebbero  rispetto    all'  altezza  del    Barome- 
tro, e  giado  del   Termometro   pel   momento  dell'osservazioni. 
E  siccoìiie  non  accade  mai  che  nei  medesimi  tempi  dell'  an- 
no si  abb'a  lo  stesso  sfato  del  Cielo  ,    ma  vi  si   notano    sem- 
pre  non  picoiole  ineguaglianze  nell'    inverno  principalmente  , 
cosi  egli  è  agevole    ad    intendersi     perchè  le  obliquità    che  si 
hanno   dai  solstizj  jemali  siano  tanto   tra   loro  diverse  ,   gene- 
ralmente  minori  dell'  estive  ,  ma  talvolta  anche  maggiori  .    E 
qui  si  noti  ,  che  il  medio  delle  diftVrenze  tra  un  gran   nume- 
ro di  solstizi   estivi  ed  i   corrispondenti  iemali  ,   siccome  han- 
no osservato   più  Astronomi  _,    è  di   -f-  4'  C'^'-a  ,  quanto  a  un 
di   presso  si  ha  dalle  mie  osservazioni  dei  17  Aprile   1793   so- 
pr  ice 'tate  ,   tra   le  distanze  osservate,  essendo   i^aere  saturato 
di   fluido    elettrico  ed   il  medesimo  nel   suo    stato    nedio.    Io 
però   non   insisterò     maggiormente  su  questa    congettura  j    ba- 
stHuddini  di   averla   indicata  ,    perchè    gli    Astronomi    possano 
chiamarla    ad    esame  ,    unendo    alle    loro    osservazioni    quelle 
dell'elettricità  atmosferica,  siccume  io  mi  son   proposto  di  fa- 
re .  Intanto  ,  qualunque  sia   la  vera  causa  di   questo  fenome- 
no ,  ei  si   rende  chiaro  abbastanza  ,    che   non  vi  è  da  contare 
jiè  tanto   uè   poco  su  l'obliquità  dedotta  dai  solstizi  iemali ,  e 
che  nel  deteriniuarue  la  quantità  non  dee  farsi  caso  che  de- 


4-38  Dell'  Obliquità'  dell'  Eclittica 

gli  estivi ,    come  og<:igiuriio  suol  praticare  il  maggior    numero 
degli  Astroiioiiii  . 

Uu  Astronomo  5  con  cui  sono  in  corrispondenza  ,  mi  scri- 
ve ,  che  diminuendo  di  un  secondo  l'altezza  del  Polo  del  suo 
osservatorio ,  ed  aumentando  di  una  cosetta  le  rifrazioni  del 
Bradley,  le  sue  osservazioni  ,  così  estive  come  jemali,  danno 
lo  stesso  risultato.  Quantunque  però  io  abbia  per  lui  la  più  alta 
stima  j  in  questa  parte  non  so  approvare  quanto  egli  propo- 
ne .  Per  ravvicinare  le  mie  osservazioni ,  non  avrei  che  a  ri- 
tenere per  altezza  del  Polo  38. °  6'.  44  >  come  da  principio 
stabilii  .  Ma  toccare  ad  una  quantità  ben  stabilita  per  accor- 
darne altre  insieme  ,  non  egualmente  sicure  ,  ella  è  cosa  che 
non  sarò  mai  per  fare.  Se  una  volta  si  cominci  ad  usare  di 
simili  mezzi  termini  ,  non  vi  saranno  piìi  osservazioni  ,  jier 
quanto  siano  disparate  ,  che  non  si  possano  uguagliare  . 

Dei  solstìzj  di  Palermo  e  Greenwìch  insieme  paragonati. 

I  solstizi  così  estivi  come  iemali  di  Palermo  danno  co- 
stantemente un'  obliquità  maggiore  di  quella  che  si  ha  dai 
corrispondenti  di  Greenwich  :  1'  eccesso  è  di  3"  circa  .  Nel 
considerare  sì  fatta  differenza  dubitai  da  principio  di  qualche 
errore  nella  tessitura  dei  calcoli ,  e  li  rifeci  nuovamente  :  te- 
metti di  poi  che  l'errore  della  linea  di  collimazione,  stabili- 
to dal  Maskelyne  su  le  osservazioni  dell'anno  1787  di -+- 6", 
non  si  conservasse  lo  stesso  per  gli  anni  susseguenti-,  ma  non 
avendo  trovato  nel  Maskelyne  né  stelle  da  cui  dedurlo ,  né 
avvertenza  alcuna;,  vano  giudicai  il  mio  timore.  Intanto  cer- 
cando onde  ciò  mai  potesse  avvenire,  mi  cadde  sotto  gli  oc- 
chi il  tomo  della  Conoscenza  dei  tempi  di  Parigi  per  l'anno 
XII.  Vidi  in  esso  che  i  solstizj  iemali  degli  anni  1792  e  1798 
si  accordano  quasi  al  secondo  con  quelli  da  me  dedotti  per 
gli  anni  medesimi  dalle  osservazioni  di  Greenwich  ;  per  Pop- 
po- 


Dr  Giuseppe  Vikzt.i  .  /J.^(j 

posto  gli  estivi  siii»i!nieijte  osseivati  a  Parigi  diffeiiscoiìo  dai 
corrÌ5[)oruIeiiti  di  Greenwich  di  3",  siccome  i  miei.  Mi  par- 
ve allora  tlie  non  si  potesse  più  mettere  in  dubbio  ,  quanto 
più  volte  ha  notato  il  chiar.  de  la  Lande,  cioè  che  in  alcu- 
ne divisioni  dei  Murale  di  Greenwich  vi  sieno  degli  errori  di 
3"  in  4'  (0  •  Se  cosi  è,  li  miei  risultati  ricevono  una  con- 
ferma da  quei  di  Greenwich,  ai  quali  sarebbero  quindi  ugua- 
li :  e  quando  pure  non  cosi  facilmente  si  volesse  ammet- 
tere   il    supposto    errore    delle    divisioni  ,   il   solo    dubbio    è 

una 


(i)    Questo    errore    medesimo    pari» 
confermato     dai     movimenti    propij     dì 
parecchie  delle  36  stelle  di  questo  ce- 
lebre Astronomo.   Supposto  Terrore  di 
3'    da  sottrarsi  dalle    distanze   dal  ze- 
nit ,    da    esso  lui  osservate  ,.    i    movi- 
menti che  risultano  dalle  sue  declina- 
zioni ,     da     quelle    del    Mayer  e  di   la 
Calile  j    comparate     colle     mie  ,    sono 
prossimamente  d'accordo  ;  mentre  sen- 
za questa  correzione ,    quei  delle  stel- 
le  boreali    differiscono  in  —  ,  e  quelli 
delle  australi   i  n   +• .    Non    debbo  però 
tacere    che     1'    obliquità    stabilita    dal 
Maskelyne    pel   1769  non  è  punto    fa- 
vorevole a  si  fatta  ipotesi.   Paragonando 
la  medesima   colf   altra  da  me  trovata 
colle   ultime  osservazioni  di  Greenwich, 
si  avrebbe  per  la  iliminuzione  secolare 
6i"j  89  ;  e  4'  ''   7  aumentando  la  se- 
conda di  3"  ,    senza    toccare    alla  pri- 
ma .    Ora    cosi  le  prime  come  le  ulti- 
me osservazioni  furono   fatte  collo  stes- 
so Murale  .    Perciò    1'  errore  delle  di- 
visioni dovrebbe  essere  io    stesso  ,    co- 
li  nelle   une   ciie  nelle  altre  .     Vero    si 
è  j  che  nel  177^  ia  cambiato  l' ogget- 


tivo del  Cannocchiale  del  Quadrante  , 
air  antico  avendo  sostituito  il  Dollond 
un  eccellente  Acromatico  ,  e  furono 
similmente  mutati  i  fili  ,  i  quali  era- 
no troppo  grossi ,  ed  altre  plcciole  ret- 
tificazioni e  correzioni  vennero  prati- 
cate negli  anni  susseguenti  .  Non  sa- 
rebbe pertanto  cosa  strana  ,  che  nelle 
osservazioni  solari  ,  nelle  quali  non 
cosi  facilmente  puossi  ottenere  somma 
precisione  ed  esattezza,  avanti  il  177^1 
gli  errori  dalle  divisioni  rimanessero 
compensati  da  altri  ,  cagionati  e  dalla 
soverchia  grossezza  del  filo  ,  e  dall' 
imperfezjone  della  lento  oggettiva  .  Si 
aggiunga  ,  che  avendo  il  Maskelyne 
stabilita  la  sua  obliquità  pel  1769  sul- 
le osservazioni  dal  176.5  al  1772^  quel- 
le degli  anni  1765-66-67  danno  obli- 
€{uità  costantemente  minori  di  3"  del- 
le altre  degli  anni  susseguenti.  Malgra- 
do pertanto  la  difficoltà  che  risulta  dal 
confronto  delle  due  oliliquità  ,  il  sos- 
petto di  errore  nelle  divisioni  del  Qua- 
drante di  Greenwich  ,  rivolto  a  mez- 
zodì ,  non  è  spregevole  . 


44^  Dell'  Obliquità'  dell'  Eclittica 

una  ragion  bastante  perchè  io  non  debba  toccare   alle  quan- 
tità ,  che  si  hanno  dalle  mie  osservazioni. 

S-  6. 

Della  correzione  della  Nutazione  dipendente 
dal  Perigeo  Lunare  . 

La  Nutazione  dell'  asse  terrestre  cagionata  essendo  dall' 
azione  della  Luna  sulla  parte  più  elevata  della  terra,  facilmente 
s'  intende  ,  che  essa  iimi  dee  solo  dipendere  dal  luogo  del 
Nodo ,  ma  da  quello  ancora  del  Perigeo  .  La  qual  cosa  co- 
nobbe benissimo  il  Bradley  ,  e  seco  lui  gli  altri  Astronomi  ; 
ma  generalmente  giudicarono  ,  che  sì  fatta  circostanza  sì  po- 
co influisse  su  la  nutazione  ,  che  non  fosse  affatto  da  tener- 
ne conto  .  Altrimenti  giudicò  il  P.  Ximenes  ,  il  quale  fidan- 
do j  forse  più  che  non  couveiìiva,  su  certe  sue  osservazioni 
fatte  allo  Gnomone  Fiorentino  ,  si  persuase  che  nel  calcolo 
della  nutazione  si  dovesse  introdurre  il  luogo  del  Perigeo  . 
Calcolò  quindi  questa  picciola  equazione  ,  la  quale  trovò  nel 
suo  massimo  di  2"  circa  ,  additiva  all'  equazione  proveniente 
dal  nodo  ,  quando  il  medesimo  ed  il  Perigeo  sono  nt.ì  segni 
boreali  ,  sottrattiva  quando  1'  uno  è  nei  segni  boreali  e  1'  al- 
tro negli  australi  .  (  Vedi  Memorie  della  Società  Italiana  T. 
II.  par.  I.  )  Mi  è  pertanto  parso  bene  di  esaminare  se  dai 
solstizj  sopra  riportati  niente  si  possa  conchiudere  in  favore 
o  contro  l'accennata  ipotesi  dello  Ximenes.  A  questo  fine  gli 
ho  ridotti  al  1800  ,  supponendo  1'  annuo  decremento  di 
o"  ,  ^1  ,  indi  vi  ho  applicata  la  correzione  dello  Ximenes  , 
"come  siegue  . 


Obli- 


Di  Giuseppe  Piazzi  . 


44 1 


Obliquità  medie  ridotte  al  1800. 


Anni 
1790 


4 
5 

6 

« 

i8co 
1 
a 
3 


Dai  solstizi  estivi 'li  Palermo 

secondo  Braùley   Set-ondo  Ximenes 


;3<»  i»7'  56", 22 
ay.  56  ,  -e 
27.  59  ,  55 

27.  56  ,  aS 
27.  56  ,  92 
27.  57  ,  91 

27.  57  ,  27 
27.  59  ,  42 
27.  59  ,  43 

27.  57  ,  49 


i3»  27'  58",  17 
53 


27.  57 
27.  59 

27.  54 

27.  55 
27.- 57 


55 

29 
48 

70 


27.  57  ,  65 
,  09 
,60 


20. 
28. 


27.  57  ,  45 


Drii  solstizi  estividi  Greenwich 


Serondo  BrarUey 
2:;°  27'  54",  43 
27.  53  ,  69 
27.  5i  ,  82 
27.  53  ,  43 
27.  57  ,  66 
27.  5i  ,  87 
27.  55  ,  8a 
27.  53  ,  16 
27.  5i  ,  93 
27.  54  ,  85 


Secondo  Xiinene: 
23"  27'  54",  64 
27.  54  ,  16 
27.  53  ,  77 
27.  54  ,  26 
27.  57  ,  66 
27.  5 1  ,  Ao 
27.  53,  86 
27.  5i  ,  72 
27.  5i  ,  73 
27.  55  ,  23 


Dall'  ispezione  delle  mie  diverse  obliquità  egli  si  vede,  i ." 
Che  esse  son  più  di  accordo  calcolate  secondo  Bradley  che 
secondo  Ximenes.  a,.°  Negli  anni  179Ì2.  e  1801  ,  nei  quali  le 
correzioni  dello  Ximenes  sono  vicine  al  massimo,  ed  entram- 
be aumentano  1'  obliquità  ,  i  risultati  differiscono  a  un  di- 
presso della  somma  delle  correzioni  ;  lo  stesso  si  osserva  nei 
risultati  degli  anni  179^  ,  e  97  tra  loro  paragonati  .  Non 
prendo  in  considerazione  F  anno  1796  ,  come  quello,  in  cui 
le  osservazioni  lasciano  generalmente  l'incertezza  di  3"  circa, 
cosa  già  da  me  notata  nell'opera  Stellarum  inerrantium-po- 
sitiones  medìae  •  Dalle  osservazioni  di  Greenwich  degli  anni 
1791  e  92,  paragonati  coli*  anno  1797  similmente  si  scorge  , 
che  la  correzione  dello  Ximenes  non  è  affatto  confermata, 
differendo  le  medesime  di  2,"  circa  ,  poco  meno  della  somma 
delle  due  correzioni  .  Come  però  su  le  osservazioni  può  be- 
nissimo esservi  1'  errore  di  due  e  di  tre  secondi  ,  ed  il  nu- 
mero degli  anni  non  è  si  grande  ,  che  possa  rendere  insensi- 
])ile  un  tale  errore,  non  si  potrebbe  quindi  inferirne  che  la 
correzione  proposta  dallo  Ximenes-  fosse  assolutamente  erro- 
nea ,  quando  per  altra  parte  il  Geometra  La  Place  non  aves- 
se dimostrato  nella  sua  Meccanica  Celeste  ,  che  la  lono-iiu- 
Tomo  XI.  K  k'k  di. 


j       44^  Dell'  Obliquità'  dell'  Eclittica 

dine  del  Perigeo  Lunare  non  produce  alcun  effetto  sensibile. 

Dell'  obliquità  media  cleW  Eclittica  per  il  1800. 

Avendo  nei  5-S*  precedenti  fatto  abbastanza  cliiaro  i.** 
Cjie  non  si  dee  tener  conto  deli'  obliquità  dedotta  dai  solsti- 
zj  jemali  .  a.°  Che  la  differenza  di  3"  circa  tra  i  miei  risul- 
tati e  quei-  di  Greenwich  non  pregiudica  alle  mie  osservazio- 
ni .  3.°  Che  la  correzione  dello  Ximenes  non  può  aver  luogo  ; 
credo  potermi  sicuramente  valere  dei  miei  soli  solstizj  estivi 
per  stabilire  la  vera  quantità  media  dell'obliquità  pel  i8co. 
Dall'anno  1792  al  i8o3  son  stati  da  me  osservati  dieci  sol- 
stizj; ed  escludendo  quelli  del  1794  e  1796  per  esser  soggetti 
a  qualche  incertezza  rispetto  all'errore  della  linea  di  collima- 
zione ,  ne  rimangono  otto  ,  dei  quali  farò  usa  solamente  . 
Essi  pertanto  ridotti  al  aBoo,,  supposto^  come  sopra,  l'annuo 
decremento  di  o" ,^2. ,  d*inno  i  seguenti  valori  .  .  .  a3°  27'  56",2a 


56 

,70 

56 

,9a 

57 

'91 

i>7 

>^7 

59 

A^ 

59 

-43 

i>7 

49 

a  3 

27.57 

,66 

a3. 

27  52, 

,90 

Obliquità  media  per  il    1800     ...... 

Secondo  le    tavole  di  la  Lande       .... 

Correzione  alle  tavole -h  4  576 

§.8. 

Annuo  decremento  dell'  obliquità  . 

A  determinare  simili  variazioni  le   osservazioni  più  lonta- 
ne sono  generalmente  le  migliori.  Se  però  si  rifletta  su  T  lu- 
cer- 


Di  Giuseppe  Piazzi  .  44^ 

certezza,  che  lasciano  le  obliquità  in  diversi  tempi  dagli  an- 
tichi stabilite,  senza  eccettuarne  gli  stessi  Flamstedio  e  Dom. 
Cassini ,  si  dovrà  convenire  ,  che  le  più  sicure  dalle  quali  si 
possa  partire  son  quelle,  che  ci  hanno  dato  nel  lySo  Brad- 
ley  e  la  CaiUe  ,  e  nel  lySó  Tobia  Mayer  .  Ritrovò  il  Brad- 
ley  aS-^aS'.  i8"  ,  la  CaiUe  ìS.^ìiS'.iq",  e  Mayer  a3.°a8'.i6": 
se  con  queste  si  paragoni  quella  da  me  fissata  pel  1800  , 
cioè  aS."  2,7'.  57",  7  j  si  avranno  per  1'  annuo  decremento 
deir obliquità  li  seguenti  valori  .  .  .  dal  Bradley  ,  .  .  0^406 

da  la  CaiUe  .  .  .  0,42.6 
da  Mayer  .   .    .  0,416 

Medio 0,416 

Qualunque  però  possa  essere  la  confidenza  ,  che  a  giusta  ra- 
gione dobbiamo  riporre  nei  travagli  di  questi  sommi  Astrono- 
mi,  non  possono  essere  così  certi  i  loro  risultati,  che  su  di 
essi  non  si  debba  ragionevolmente  temere  1'  errore  di  a"  in 
3"  almeno  ,  lo  che  darebbe  4'  in  6"  sulla  diminuzione  seco- 
lare .  Né  soverchio  parrà  questo  rnio  timore  ,  se  per  un  mo- 
mento si  coiisideri  e  la  natura  delle  osservazioni  solari  ,  le 
più  difficili  ,  per  quanto  almeno  io  provo  alla  giornata  ,  a 
farsi  con  esattezza  ;  e  lo  stato  dell'  Astronomia  strumentale 
ai  tempi  dei  sopra  lodati  Astronomi  ;  e  finalmente  le  non 
picciole  differenze  che  ci  offrono  le  diverse  obliquità  j  che 
riportate  si  vedono  nelle  migliori  effemeridi  dei  di  nostri . 
Non  è  quindi  a  creder  mio  da  tenersi  in  gran  conto  quel 
valore  ,  se  per  altra  parte  non  venga  confermato  e  stabili- 
to .  Alla  qual  cosa  opportunissimo  io  giudico  1'  annuo  mo- 
vimento diretto  del  punto  di  Ariete  su  1'  Eclittica  ;  movi- 
mento che  mi  lusingo  di  avere  determinato  con  bastante 
precisione  per  mezzo  della  precessione  in  longitudine  j  che 
ho  dedotto  dalle  mie  declinazioni  comparate  con  quelle 
del  Mayer  ,  e  dalla  precessione  similmente  in  longitudine  , 
che  il  Chiarissimo  Astronomo  di  Vienna  ,  f  Ab.  Francesco 
di  Paola  Triesneker  ,    con   molta  sagacità  ha  ricavato,    com- 

K  k  k  a  pa- 


Dell'  Obliquità'  dell'  Eclittica 

parando    le   longitudini    osservate    da!    Barone    di    Zach    con 

quelle  del  Mayer  e  di  la  Caille  .    Dalle    mie  declinazioni    li- 

sulta  la  precessione  in  longitudine 5o",  aSSo 

e  dalle  longitudini  del  Bar.  di  Zacli  (  Epheni.  Vin- 

dob.    i8o4'  pag-  27^  )     •     • So  ,  0982, 

quindi  il  movimento  diretto  del  punto  di  Ariete    su 

r  eclittica o^    i568 

dal  quale  si  ha  per  la  diminuzione  secolare  dell'  obliquità 
43',  a:  (i)  valore  prossimamente  uguale  al  precedente ,  al 
quale  dà  in  conseguenza  il  peso  maggiore  che  possa  deside- 
rarsi . 

S-  9- 

Valore   della  Nutazione  dell'asse  terrestre  ,  passando 

il  nodo  lunare  con  -moto  retrogrado  dal  principio 

di  Libra  al  principio  di  Ariete  . 

Nel  solstizio  del  179ÌI  il  nodo  Lunare  aveva  oltre-passa- 
to  il  segno  di  Libra  di  0  ,  oo3  solamente ,  e  V  equazione 
non  differiva  dalla  massima  che  di  0,006;  nel  1801  manca- 
vano al  nodo  per  giugnere  in  Ariete  o  ,  014  j  e  1'  equazione 
boreale  era  j    come   nel  primo    caso,    prossimamente    uguale 

aija 


(i)  Dal  movimento  diretto  del  pun- 
to di  Ariete  di  ló",  68  in  un  secolo, 
r.e  ho  dedotto  la  diminuzione  secola- 
re dell'  ohliquità  ^  4^"  ,  3?  ;  snppo- 
cendo  clie  si  conservi  prossimamente 
costante  la  ragione  che  *  dà  il  chlar. 
de  Lalande  (  edizione  terza  della  sua 
Astronomia  )  tra  la  diminuzione  se- 
colare dell'  -ohliquità  ,  ed  il  prodot- 
to della  sua  tangente  nell'  avanzami*n- 
to  secondo  l'ordine  dei  segni  del  pun- 
to di  Ariete  ,  c.igionata  dall'  a'zio- 
ne  dei    pianeti,  le  mass;  dei  quali  si 


dorranno  quindi  j>roporzlonalniente  cor- 
reggere .  Se  avessi  impi-e_ata  la  ragio- 
ne di  56",  34  a  7",  69  che  si  ha 
dalle  formole  del  celebre  Lagrange  , 
la  diminuzione  secolare  dell'  obli- 
quità diverrebbe  49':  87,  che  certa- 
mente non  pare  possa  aver  luogo  .  Ha 
pertanto  il  prefato  la  Lande  a«sai 
fondatamente  diminuita  la  massa  di 
Venere  ,  supposta  da  Lagrange  ;  la 
quale  dee  diminuirsi  ancora  ,  se  vo- 
gliasi che  le  teorie  siano  d'  «ccordo 
colle  osservazioni  . 


Di  Giuseppe  Piazzi  .  445 
alla  massima.  Pertanto  nel    1792  l'obliquità  fa  da  me  osser- 
vata  2,3°  a7'.5o"_,i6 

e  nel  i8oz 20     a».     8  ,  7.5 

differenza 18  ,  Sg 

per  la  diminuzione  annua     ...      -f-     3  ^  86 

onde  la  Nutazione aa  ,  45 

Questo  valore  risulta  maggiore  di  4' .>  4^  secondo  Bradley  ,  e 
di  3",45  secondo  Ximenes  ;  ma  un  solo  confronto  può  benis- 
simo lasciare  il  dubbio  di  3"  in  4".  In  fatti  se  in  vece  di 
prendere  le  osservazioni  isolate  dei  due  solstizj  ,  dalF  obliqui- 
tà stabilita  per  il  1800,  si  ricavino  le  corrispondenti  agli  an- 
ni  1792  e   1801  ,  si  avrà 

"i7qa aS»  a7'.5i",  63 

1801 a3     a8.     6  ^  73 

differenza iS^io 

per  la  diminuzione  annua      ...       4-      3  ,  86 

Onde  il  valore  della  nutazione  da  Libra  in  Ariete..  •  18,  96. 
Il  sin  qui  detto  egli  è  f[uanto  mi  è  parso,  che  si  j^otesse  im- 
mediatamente conchiudeve  dalle  mie  oìsevvazioni  solstiziali 
iitorno  all'  Obliquità  . 


KUO- 


446 


NUOVE  CONSIDERAZIONI 


su   DI   ALCUNE  SINGOLARI  PROPRIETÀ'  DE'  COEFFI- 
CIENTI  DELLA   NOTA  FORMOLA  DEL 
BINOMIO  NEWTONIANO 

Di     Gioachino      Pessuti. 

Ricevute  il  dì   i  Fchbrajo   1804. 

PARTE   I. 

Xj  cdifizio  ora  sì  imponente  dell'  Algebra  ed  Analisi  ,  di 
cui  avean  gittate  prime  pietre  ,  dopo  Diofanto  e  gli  Arabi  , 
i  coraggiosi  italiani  Leonardo  da  Pisa  e  Luca  Pacioli ,  creb- 
be poi  rapidamente  ,  intorno  all'  epoca  del  risorgimento  del- 
le Lettere  ,  per  i  lodevoli  sforzi  e  la  nobil  gara  delle  più 
colte  nazioni  di  Europa,  che  in  ogni  ramo  di  scibile  si  ado- 
perarono allora  così  felicemente  ,  ed  in  questo  soprattutto  , 
che  quasi  nuovo  ed  intatto  offriva  un  sì  ricco  e  laigo  cam- 
po alle  loro  dotte  speculazioni  .  Ma  accadde  in  quel  primo 
fervore  ciò  che  era  pur  naturale  che  accadesse,  vale  a  dire, 
che  que' primi  coltivatori  maggior  impegno  mostrassero  nell' 
accozzare  quanti  più  materiali  poteano  per  il  nuovo  edilìzio  , 
che  nel  ripulirli  ,  ed  ordinarli  .  Difatti  le  prime  nuove  veri- 
tà che  si  scoprirono  nella  nuova  Scienza  non  furono  che 
parziali,  isolate  e  piuttosto  travedute  che  dimostrate  ;  le  solu- 
zioni de' nuovi  problemi  non  si  presentarono  per  lo  più  che 
empiricamente  ,  ed  attorniate  alcune  volte  da  paradossi  ines- 
plicabili ;  e  molti  de'  più  bei  teoremi  analitici  non  ebber  da 
principio  altro  fondamento  che  una  plausibile  ma  non  mai 
intieramente  convincente  induzione  .  Per  rammentarne  tra' 
molti  alcuni  soltanto  de'  più  noti  esempj  ,  basterà  di  ricor- 
da- 


Di   Gioachino  Tessuti  .  /^^7 

dare  la  prima  soluzione  delle  ec|iiazioiii  cubiche  date  da  C'wr- 
dano ,  o  piuttosto  da   Tartaglia  ^    e    l'annesso    paradosso    del 
così  detto  caso  irreducìbile  \    il    teorema    comunemente   attri- 
buito ad  Harriot    intorno    al    numero    delle    radici   positive  e 
negative  delle  equazioni  die  le  hanno  tutte  reali  ,    teorema  , 
che  si  rimase    senza    dimostrazione    sino   a    che   un    secolo    e 
mezzo  dopo  la  sua  scoperta  j   fu   per  la    prima  volta   rigorosa- 
mente dimostrato  da  de  Giia  e    Segner  :    e  scendendo  a  tem- 
pi migliori  e  a  noi    piìi    vicini  ,   ne^  (juali    per    altro    regnava 
ancora  in  gran  parte  il  medesimo  spirito,  che  animò  la  prima 
epoca  della  Scienza  ,  chi  non  sa  che  la   celebre    formola   del 
Binomio   Newtoniano   estesa  a  qualunque    esponente,  la  qua- 
le  può   riguardarsi  a  buon  diritto    come    la    prima   pietra    an- 
golare di  tutto  l'immenso  edifìzio  analitico  ^  avanti  che  i  po- 
steriori  geometri    prendessero    a    dimostrarla  ,    non    posò    che 
sopra  di   una  semplice  induzione  ;  e  che  1'  istesso  calcolo  det- 
to infinitesimal'i  ,  che  fu  poi    la    primaria    chiave    che    apri  i 
tesori    del    Sistema    de!   mondo  e  di  tutta  la  scienza  della  na- 
tura, non  ebbe  che  labili  incerti  e  sempre  contrastati  fonda- 
menti j  sino  a  che  d'  Alembert  colla  teoria  àa'  limiti  ^  ed  ul- 
timamente   Lagrange    con    quella    AnWe  funzioni    analitiche, 
non  lo  resero  inconcusso  ,  e  la  medesima  evidenza  £,li   conci- 
liarono   della    più  pura    Analisi,  e  della  più  elementare  geo- 
inetiia  . 

Grazie  dunque  e  Iodi  infinite  si  debbono  ai  grandi  Geo- 
metri dell'  età  nostra  ,  perchè  nel  mentre  che  a  gara  si  stu- 
diarono d'  innalzare  e  dilatare  la  Scienza  al  di  là  de'  confi- 
ni che  sembravan  prescritti  all'umano  ingegno,  non  isdegna- 
rono  di  diligentemente  esaminare  allo  stesso  tempo  il  lavoro 
già  fatto  per  lo  passato,  e  quello  cercarono  di  perfezionare  e 
compire  in  tutti  i  suoi  rapporti  ,  e  di  assicurarlo  sopra  la 
più  salda  base  .  Se  non  è  dato  a  tutti  d' imitare  i  loro  subii-  ' 
mi  voli  e  i  quasi  sovraumani  sfoizi  del  loro  genio  creatore  , 
possono  però  molti  e  quasi  tutti  lodevolmente  seguire  le  lo- 
ro luminose   tracce,  nel  ripulii  e    e  dilucidare  i  ritrovati    che 

già 


44*^  Su    DI    ALCUNE    SINCOLAKI    PROPRIETÀ'    CC. 

già  si  posseggono,  supplendo  a  qualche  piccola  mancanza  de' 
niedesinrii  ,  o  semplicizzaudone  1'  evoluzione  e  la  dimostrazió- 
ne .  L'  argomento  di  questa  mia  Lreve  Memoria  si  aggirerà 
appunto  inionio  ad  alcuni  teoremi,  i  quali  benché  vi  si  pre- 
s&f^tjno  naturalme-nte  dalla  considerazione  del  più  semplice 
caso  della  succennata  formola  drl  Binomio  Newtoniano  ^  pu- 
re o  non  sono  stati  sinora  avvertiti ,  o  certamente  non  sono 
stati  sinora  debitamente  dimostrati  .  Ognnn  sa  che  Clairaut 
Eulero.)  3Ioivre ,  Condorcet  ed  altri  sommi  Geometri  han  fat- 
to oggetto  delle  loro  sublimi  speculazioni  questa  medesima 
formola,  sia  per  daj-iie  la  dimostrazione  a  priori ,  e  massime 
nel  caso  che  l'esponente  sia  negativo^  frazionario,  irraziona- 
le o  inmiagiuario  ,  sia  per  dedurne  la  forma  del  termine  ge- 
nerale di  una  qualunque  potenza  di  diverse  spf^cie  di  poli^ 
nomj  ,  sia  per  altre  egualmente  sublimi  e  difficili  applicazio- 
ni.  Ma  siccome  diceva,  queste  niie  considerazioni ,  e  i  teo- 
remi di  cui  palio  ,  non  si  riferiscono  che  al  caso  più  sempli- 
ce della  suddetta  formola  ,  cioè  quello  ,  in  cui  1'  esponente 
n  della  potenza  a  cui  si  vuole  innalzare  il  binomio  a±b, 
sia  un   numero  intiero  e  positivo  . 

E  primieramente  egli  è  noto  che  in  questo  caso  ,  siccome 

tutti  eli  altri  si  ha  (a^b)"  =  a"-+- nu~\l^-\ '—^a"~''  .  b' 

'  1.2, 


n.n — I  .n — a,      _,     ,        7Z  .  «. —  i  .n—n.n  —  o      ^ 

^ .—--  a"^  h'  H 7—  oT    ''  h^    ec.  . 

I.iì.D  1.2.0.4 

interrompendosi  e  terminando  nel  nostro  caso  la  formola  do- 
po un  numero  di  termini  n-\-i  ,  cioè  quando  tra' fattori  de* 
numeratori  de'  coefficienti  de'  successivi  termini  incomincia  a 
trovarvisi  «— /i'=:o.  L'espressione  generale  del  termine  m/^"'-* 
dopo    il   primo  a"  è ,  come   è   chiaro 

n.n — 1.71—2.. ..71 — w,-!-i   ._„,„      ,n.« — i./z — n.  .  .71 — 77z-f-i 

a"    '"b"',eà -^ 

I    .  2,  .   0 ni  I    .  a  .  D 7n 

«juella  del  suo  coefficiente  •  Ora  ognun  sa  altresì   che   questo 

■  coef- 


Di   Gioachino  Pessuti.  449 

coefficiente  comparisce  sempre  sotto  la  forma  di  numero  in- 
tiero ,  tutte  le  volte  che  n  sia  numero  intiero  e  positivo  , 
eh'  è  appunto  il  caso  che  stiamo  considerando  .  Quindi  ne  ri- 
sulta un  elegante  teorema,  il  quale  rinchiude  una  singolare 
proprietà  de'numeri  ,  e  che  può  enunciarsi  così  :  incomincian- 
do  da  qualunque  numero  se  si  prenderanno  nella  serie  de' 
numeri  naturali  quanti  numeri  consecutivi  si  vorranno ,  il 
prodotto  di  tutti  questi  numeri  sarà  sempre  divisibile  per  il 
prodotto  di  altrettanti  numeri  consecutivi  presi  nella  medesi- 
ma serie  de'  numeri  naturali  ,  incominciando  da  i.  Così 
per  es.  87,  38.  89.  \o.  \i.  ^%.  4^  <^c.  sarà  divisibile  per 
I.  a.  3.  4-  5.  6.  7  oc.  Ora  io  intendo  appunto  di  dimostra- 
re in  primo  luogo  questa  singolare  proprietà  de' numeri ,  che 
per  quanto  posso  ricordarmi ,  non  mi  è  mai  avvenuto  di  ve- 
dere in  verun  autore  ,  non  che  dimostrata  ,  ma  neppure  ri- 
levata  ed  accennata  . 

Prima  però  di  passare  a  questo,  debbo  farmi  carico  dell' 
obbiezione  che  taluno  potrebbe  farmi  ,  cioè  che  io  perdo  il 
tempo  e  1'  opera  nel  cercare  questa  dimostrazione  ,  giacché 
essa  trovasi  bella  e  fatta  nella  formola  stessa  Newtoniana  . 
Imperocché  nel  caso  di  n  numero  intiero  e  positivo,  la  po- 
tenza (a-'r-by  si  può  ottenere  moltiplicando  a-\-b  successiva- 
mente e  quante  volte  occorre  per  se  medesima  ;  onde  sicco- 
me così  operando  non  possono  mai  nascere  rotti  ,  e  i  coeffi- 
cienti debbono  venire  sempre  intieri  ,  ne  risulta  perciò  che 
debbano  essere  anche  intieri  questi  medesimi  coefficienti  da- 
ti dalla  formola  Newtoniana  ,  cioè 


n.n — I      n-n — 1.«— a     n  .n — i.n — 2.  .  n — 3 


'     .  -  9    » 


4 


ed  in  genere 


n  .  n  —i  .  «  — a  .  n — 3 n — >n  -hi  ,  ,   ,     „ 

■ -, '  _,    eh    e    1    espressione 

I    .    a    .      0    .     4 "^ 

generale  di  tutti .  Potrebbe  anche  aggiugnersi  esser  notissimo 

dalla  teoria  delle  combinazioni  che  i  medesimi  coefficienti  del- 
la formola    Newtoniana 

Torno  XI.  L  1 1  n  . 


tSo  Su    DI    ALCUNE    SINGOLARI    PROPRIETÀ*    CC. 


n  .  n — I      n  .  n — i  .  n — a,  n  .  ?i—i  .  n—-2,  .  . .  n — 7?i+-i 


i.a'i.a.3         '       *      i.a.3 


?n- 


esprimono  il  numero  delle  diverse  combinazioni  che  si  posso- 
no fare  di  re  cose  a  due  per  due  ,  a  tre  per  tre  ....  ad  w 
per  m  ;  onde  essendo  certo  che  il  numero  di  queste  combi- 
nazioni non  può  esser  mai  frazionario  ,  diviene  altresì  certo 
anche  per  quest'  altra  via  ,  che  i  medesimi  coefficienti  della 
formola  Newtoniana  non  possono  esser  inai  numeri  rotti  . 
Potrebbe  infine  venire  in  mente  essere  i  medesimi  coefficien- 

w  .  re  —  I         re  .  7z  -  I  .  n — a 

ti  re  ,    , —r —    ec.   1  termini    generali   de 

I    .  a  I  .  a  .   D  ^ 

numeri  figurati  naturali ,  triangolari ,  piramidali  ec.  ,  end'  es- 
sendo sempre  questi  numeri  intieri  ,  percliè  nascon  da  som- 
me di  numeri  intieri  ,  tali  dovranno  perciò  essere  ancora  i 
coefficienti  della  formola  Newtoniana  . 

Ma  tutto  questo  volontieri  accordando,  spero  che  in  con- 
traccambio mi  si  vorrà  anche  accordare  che  il  succemiato 
teorema  ,  benché  implicitamente  contenuto  nella  formola  New- 
toniana ,  non  era  stato  però  da  altri  esplicitamente  enuncia- 
to 5  siccome  da  noi  si  è  fatto  ;  che  la  proprietà  de'  numeri 
che  ne  forma  il  soggetto  ,  e  che  in  esso  si  enuncia  ,  sembia- 
va  meritarsi  di  essere  a  parte  rilevata  e  notata  ;  che  questa 
proprietà  de'  detti  numeri  niuna  relazione  ha  né  colle  po- 
tenze del  Binomio  ,  né  colla  teoria  delle  combinazioni ,  o 
con  quelle  de' numeri  figurati,  e  ad  essi  appartiene  indipen- 
dentemente da  tutte  queste  estranee  considerazioni  ;  e  che 
però  non  sembra  naturale  che  se  ne  debba  ripetere  la  dimo- 
strazione da  questi  remoti  ed  indiretti  principj  ,  ma  che  piut- 
tosto direttamente  e  per  così  dire  intuitivamente^  dall'indole 
stessa  de'  numeri  che  ne  formano  il  soggetto,  possa,  anzi  deb- 
ba essa  derivarsi  .  E  questo  appunto  è  ciò  che  ora  io  inten- 
do di  fare  ,  studiandomi  cosi  ,  per  quanto  le  mie  deboli  for- 
ze il  permettono,  di  pronniovere  e  ravvivare  quest'amena  e 
sottile  parte  dell'  Analisi  ^    che    dopo    Dio/unto  e  Fermat ,    i 

som- 


Di  Gioachino  Pessuti.  4^1 

sommi  Geometri  de' nostri  temiìì  Eulero  ,  Lagrange,  le  Gerì' 
che  non  isdegnarono  di  coltivare  . 

Incominciamo  dal  vedere  la  verità  del  teorema  ne'  casi 
più  sem(3lici  ,  per  quindi  passare  più  speditamente  alla  di- 
mostrazione generale  di  esso  . 

71 .  n  —  i 
Dico  dunque  I.  Glie  sarà  sempre  un  numero  in- 
tiero ,  cioè  che  qualunque  sia  n,  il  prodotto  n  .  n — i  sarà  sem- 
pre divisibile  per  i.a  ossia  per  a.  Infatti  essendo  re  ed  n — i 
due  numeri  consecutivi,  uno  di  essi  sarà  certamente  numero 
pari    ossia    divisibile    per  a  ,    epperò    anche    il    loro    prodotto 

n  ,n — I   sarà  parimenti  divisibile  per  a. 

Dico  li.    che ;; sarà  sempre  ancor  esso  un 

I     .    a     .     o 

numero  intiero  ,  e  per  dimostrarlo  basterà  dimostrare  che  de" 
tre  fattori  del  numera,fore  n,  n — i,n — a,  almeno  uno  certa- 
mente sarà  divisibile  per  a  ,  ed  un  altro  o  il  medesimo  saia 
divisibile  per  3  .  Che  ve  ne  debba  essere  almeno  uno  divisi- 
bile per  a  i  si  dimostrerà  come  nel  caso  precedente.  Riguar- 
do al  divisore  3  ,  o  «  è  un  multiplo  di  3  per  es.  3/>  ,  e  la 
cosa  è  dimostrata;  o  non  è  n  un  multiplo  di  3 ,  ed  allora  o 
sarà  della  forma  3/;»-l-i,  ovvero  della  forma  3/?-|-a  ;  nell'uno 
e  nell'altro  caso  o  n—i,  o  re— a  sarà  =.ìp  ,  cioè  sarà  divi- 
sibile per  3  . 

Dico  III.°  che  sarà  sempre  parimenti   un    numero    intie- 
re .  re—  I  .rea.  n — 3  , 

ro ; : —  ;  poiché  di  quattro  numeri  consecu- 

I    .  a     .     3     .     4 
tivi  ,  quali  sono  n  ,  re — i,  re — a,  re — 3,  ve  ne  debbono  essere 

■due  p^ri  cioè  divisibili  per  a  ^  ed  uno  di  essi  dev'  esser  an- 
che divisibile  per  4 ■>  perchè  di  due  numeri  pari  consecutivi 
se  uno  è  un  multiplo  dispari  dia,  quello  che  lo  precede  e 
quello  che  siegue  dev'esser  un  multiplo  pari  del  a  ,  cioè  di 
visibile    per    4  •  Si    dimostrerà  poi  come  nel  precedente  caso 

L 1 1  a  che 


4^i  Su    DI    ATCUNE    S.'NGOLARI    PROPRIETÀ*    CC. 

che  de' quattro  fattori  n,  n-i,  ra— 3  ,  72  — 3  del  numeratore, 
uno  almeno  dovrà  esser  divisibile   per  3  ;  e   però  ec. 
Dico    IV. "    che    sarà    pure     un    numero    intiero 

n  .  n — I  .  n — 2,  .  n-  3  .  n     4 

7^3 7 ^ —  •  Dopo  dimostrati  1  casi  prece- 
denti ,  per  dimostrare  questo  nuovo  caso  basterà  dimostrare  „ 
com'è  chiaro,  che  de' cinque  fattori  del  numeratore  uno  al- 
meno dovrà  esservene  divisibile  per  il  numero  primo  5  .  Ora 
ciò  si  dimostrerà  come  al  Caso  II."  si  è  dimostrato  per  il  3. 
Imperocché  o  n  è  un  multiplo  del  5  ,  per  es.  5p ,  e  la  cosa 
è  evidente  ,  o  non  è  n  un  multiplo  di  5  ,  e  allora  sarà  di 
una  delle  seguenti  quattro  forme  5/}-{-i  ,ijp-^2,,  5p-\-3,  5p-h4-' 
ti  qualunque  di  queste  forme  abbia  luogo,  uno  de' quattro 
fattori  n—  i  ^  n — 2,,  fi—ì,  n — 4  consecutivi  ad  n  sarà  =.5jf  , 
cioè  divisibile  per  5  . 

Giova  spesso  in  questo  genere  di  ricerche  ,  per  rendere 
generali  le  dimostrazioni,  di  farle  dipendere  dall'  esame  de' 
casi  più  semplici  ,  che  si  suppongono  verificati  o  facili  a  ve- 
rificarsi .  Fermai  fu  il  primo  a  far  uso  di  questo  metodo  nel 
dimostrare  che  1'  area  di  un  triangolo  rettangolo  ,  i  cui  la- 
ti sieno  espressi  in  numeri  intieri^  non  può  mai  eguagliare  un 
quadrato,  e  di  questo  medesimo  metodo  servissi  poi  felice- 
mente r  Eulero  per  dimostrare  diversi  eleganti  teoremi  del 
medesimo  Fermai ,  rimasti  sin'  allora  senza  dimostrazione  , 
cerne  per.  es.  che  la  somma  o  dilferenza  di  due  cubi  non 
può  tnai  essere  un  cubo,  né  doppia  di  un  cubo,  se  i  primi 
cubi  sieno  ineguali  ,  che  la  somma  di  due  biquadrati  non 
può  mal  essere  eguale  ad  un  quadrato,  che  nessun  numero 
triangolare  j,  eccetto  l'  i  può  eguagliare  un  cubo  ec.  Lo  spi- 
rito delle  dimostrazioni  di  queste  proposizioni  negative  consi- 
ste nel  far  vedere,  che  se  ciò  che  si  niega  fosse  vero  ne' mag- 
giori numeri  ,  dovrebbe  anch'  esser  vero  ne'  più  piccoli ,  ne' 
quali  il  contrario  è  evidente  .  Noi  pertanto  al  contrario  fa- 
rem  vedere,  che  se  il  nostro  teorema  positivo  è  vero,  sicco- 
me 


Di  Ciò  aghi  jio  Pessuti  .  4'^3 

me  abbiam  dimostrato  esser  vero  ne' casi  più  semplici,  cioè 
per  un  piccolo  numero  di  fattori  ,  dovrà  essere  anche  vero 
per  un  numero  di  fattori  quanto  si  voglia  più  grande  .  Per 
ottener  questo  ,  e  l'ender  cosi  generale  la  nostra  dimostrazio- 
ne basterà  che  dimostriamo  ,  che  se  il  teorema  è  vero  per 
un  dato  qualunque  numero  di  fattori  ,  desso  sarà  necessaria- 
mente ancor  vero,  aggiungendo  un  nuovo  consecutivo  fattore 
tanto  al  numenitore  che  al  denominatore  ;  dappoiché  ripe- 
tendo quante  volte  saia  necessario  la  medesima  dimostrazio- 
ne,  si  potranno  sempre  aggingner  nuovi  fattori  al  numeratore 
e  al  denominatore  in  qualunque  numero  ,  e  la  verità  del 
teorema  diverrà  generale  . 

Snppoiighiamo  pertanto  che    siasi    già   verificato  e  dimo- 
strato il  teorema  per  un  numero  m  di    fattori  ,  cioè    suppon- 
ghiaino  esser  già  certo  dover  esser  sempre  un    numero   intie- 
ra .  re —  I  .  n — a  .  re— 3 n-^m-V- 1 

ro ;    convien  dimostrare 

!     -a     .0     .     4 "^ 

che  aggiugnendo  un  nuovo  consecutivo  fattore  tanto  al  nu- 
meratore  che  al  denominatore  ,  dovrà  anch'  esser  sempre    un 

re  .  re  —  I  .re — a  .  re  —  3 re — ni 

numero  intiero .    Due    casi 

i.a     .     3     .     4    rei -hi 

distingueremo  j  cioè  il  primo,  che  il  nuovo  fattore  m-'t-i 
che  si  aggiunge  al  denominatore  sia  un  numero  primo  che 
cliiameremo  ^  ,  ed  il  secondo,  che  il  suddetto  nuovo  fattore 
aggiunto  al  denominatore  non  sia  un  numero  primo,  ma  ben- 
sì il  prodotto  di  due  0  più  numeri  primi  che  rappresentere- 
mo  per  pgrs    ec. 

Nel  primo  caso  dimostreremo  priniieramente  ,  come  l'ab- 
bia m  già  fatto  per  il  3  e  per  il  5  ,  th'  essendo  p  il  numero 
de'  fattori    tanto  del  numeratore    che    del   denominatore   dell' 

re  .  re—  I  .  re     a  .  re — 3 n — ni 

espressione ■ : ,  dovrà   tra' pri- 

1.3     .     3     .     4 ni-\-i 

mi 


4-''4  ^^    J^I    ALCUNE    SINGOLARI    PUOPRIETa'    CC. 

mi  trovarsene  immancabilmente  uno  divisbile  per/».  Impe- 
rocché se  non  è  n  un  rnuhiplo  di  p  per  es.  tp,  nel  qual  caso 
la  cosa  è  per  se  stessa  evidente^  sarà  necessariamente  n  di  una 
delle  seguenti  forme  tp-\-i,  ?/?  t-a,  tp-hò  ec  sino  a  tp-hp — i  , 
epperò  tra'  seguenti  fattori  del  numeratore  n — i,  n — 2,,  n — 3 
n — ?fi ,  cioè  ?i — I ,  n — 1  ,  n — 3  ....  n — -y^-i-i  ,  uno  cer- 
tamente ve  ne  sarà  =tp  ,  cioè  divisibile  per  p  .  Ora  questo 
divisore   p    del    numeratore    dell'  espj'cssioiie 

n  ■  n-—\  .  n — a  .  «—3  .....  il — ni 

. •  supponendo  che  appartenga 

1.2,     .     3     .     4   •  •  •  •  "^-l-i 

a  qualcuno  de*  fattori  del  numeratore  dell'  espressione  prece- 

n.n — i.n — a./z — 3  . .. . ,  re-^wn-i        ,,       , 

dente x ,  allorché  questa  ri- 

1   .  a     .     o     .     4 "^ 

ducasi  a  forma  intiera  ^  siccome  sì  suppone  potervisi  ridurre  5 
dovrà  sempre  rimanervi,  dappoiché  i  fattori  del  denominato- 
re I  .  a  .  3  .  4 '^  tii  quest'  espressione  e  i  loro  compo- 
nenti sono  tutti  minori  del  numero  primo  m^-l  o  p  .  Quin- 
di allorché  essa  riducesi  a  forma  intiera  ,  dovrà  prender  la 
forma  N/? ,  intendendo  per  N  un  qualunque  numero  intiero; 
■  è  in  conseguenza  V  espressione  seguente  e  risultante  dall'  ag- 
criunta  di  un  nuovo  fattore  al  suo  numeratore  e  al   suo    de- 

nominatore    potrà    esser    messa  sotto  la  torma  —  = 


Ny?  .  n — ni 


N  .  n — m  ,    cioè    potrà    ridursi  a  forma  di    nu- 


mero intiero  ,  siccome  dovea  dimostrarsi  .  * 

Che   se  il    divisore   p    del    numeratore    dell'  espressione 


n  .n—\  .n-^  .n-^ n — m  n,     1  •         r  .. 

:::::^^::::  appartenga  ali  ultimo  latto- 

I    .  a   .     3     .     4  •  •   •   •    '^^"^  I 

i-e  n — m  del  numeratore  ,  cosicché  questo  possa  esser  rappre- 

sea- 


Di  Gioachino  Pessuti  .  4^5 

sentato    da  tp  ^  allora  chiamando    N  il   numero    iutiero  a  cui 
rJJuoesi    l'espressione  precedente 

n  .  n — r  •  n — a  .n~?) n—m-k  i  . 

z ,  coli    ai!:giunta    di    un 

i.a.0.4 m 

nuovo  consecutivo  fattore  al   numeratore  e    al  denominatore, 

'Ntp         'Nz-p  .  .    . 

SI  avrà    =  =  N^ ,  cioè    un  numero    intiero    come 

prima  . 

Passiamo  ora  al  secondo  caso,  che  il  nuovo  fattore /w 4- r 
aggiunto  al  denominatore j  in  vece  di  essere  un  numero  pri- 
mo ,  sia  il  luodotto  di  due  o  più  numeri  primi  .  Sia  per  es. 
il  piodolto  di  due    numeri  j)q  .    Nel   denominatore    adunque 


j  n  .  n —  I  .  n — n  .  n — 3 n — m 

della    nuova   espressione :: ; vi 

'■  I   .  2,    .     3     .     4  .  .  .   .  .  /^^ 

sarà  ini  numero  ^  di  multipli  di  p ,  ed  un  numero  p  di  mul- 
tipli di  <7  ,  e  lo  stesso  sarà  pure  del  numeratore  ;  poiché  es- 
sendo pfjf  il  numero  de'  fattori  del  numeratore  ,  siccome  ab- 
hiam  poc'  anzi  provato  che  allorché  è  p  il  numero  di  questi 
fattori  ,  uno  certamente  dev'  esservene  divisibile  per  p  ,  così 
potrà  egualmente  provarsi  eh'  essendo ^^j,  ve  ne  dovranno  esser 
q  divisibili  per  p,  e  p  divisibili  per  q  .  Ma  nel  denominatore 

n.n  —  I  . 72.  -  a  .  ?i  —  3  .  .  .  7t — m -*- r 
dell'  espressione  precedente 5 1 


n  .  n — I  .  n — 2  .  n — 3  ....   n — m-y-i 
css(a • non  vi  possono  es- 

1.2,     .     3     .     4 PI —  ^ 

sere  che  q — i  multipli  di  /?  ,  e  p — r  multipli  di  ^,  dappoi- 
ché il  seguente  fattore  pq  è  il  q.''""'  multiplo  di/»,  ed  il 
p/imo  m  iltiplo  di  q  ,  Supponendo  adunque  che  tutti  i  q  mul- 
tipli di /? ,  e  tutti  \  p  multipli  di  q,  che  debbon  trovarsi 
tra'  fattori    del    numeratore    dclf  espressione 


n. 


4-56  Su    DI    ALCUNE    SINGOLARI    PROPRIETÀ^    CG. 

Il  .  n  —  I  .  il — -^  ■  Il — 3 n —  in  ,  ■   r  *4.x  •    ^»i 

-  —  appartengano  ai  tatton    ael 

I  .     a     .     3     .     4  •  •   •   •  "2+1 
nuiiieratore  dell'  espressione  precedente 

II  .  il — I  .  ?i  —  a  ■  n — 3 n — m-\-i  .  , 

,    siccome    nel   suo    de- 

1   .    a      .     3      .     4    •  • ™ 

iiofniiiatore  non  vi  sono  che  q — i  nuiltipli  di/»,  e  j» — i  mul- 
tipli di  q  y  allorché  essa  ridurrassi  a  forma  intiera  ,  dovrà 
comparire  sotto  la  forma  N/?^  ,  e  però  1'  espressione  seguen- 
te e  risultante  dall'  aggiunta  di  un  nuovo  fattore  nel  numera- 


^pq  .  n — m       l^pq  •  n — m 

tore    e    nel    denominatore    sarà  ; =  — 

ìn-\- 1  pq 


N  .  ;z  —  m  ^  cioè    potrà  mettersi  sotto  forma  intiera  ancor  es- 
sa ,    s'ccome    volea    dimostrarsi  . 

Che  se  uno  dei  q  divisori    eguali    a   /? ,    ed    uno    dei  p 
divisori  eguali   a  q  appartenga    all'   ultimo  fattore  n  —  m  del 

n.n — j  .;ì  — a./i  —  3  .  •  .  71 — ni  .        , 

numeratore    di 5— j ==- ,     cosicché    questo 

i.a.5.4 m^\ 

fattore  sia  =:  tpq,  allora  chiamando  N  1'  intiero  a  cui  riduce- 

n.n — \.n-  %-n — 3  . .  .  .  re — m-Hi 
si  1'  espressione ^ — ,  coli    aggiun- 

ta   di    un    nuovo  fattore  al  num«"ratore  e  al  denominatore   si 


N./2,     m  '^tpq 

avrà  la  sefruente  espressione  =  =    N  £  ,    cioè 

^  ^  m-\-i  pq 

sotto  forma  di  numero  intiero  ,  come  prima  . 

E  similmente  se  supporrassi  che  uno  solo  òti  q  divisori  egua- 
li a  p  ,  o  dei  p  divisori  eguali  a  q  appartenga  ad  n — m^  per 
es.  che  gli  appartenga  solamente  /»,  e  che  però  sia  =  tp,  al- 
lora vi  saranno  q  —  i  divisori  eguali  a  p  y  ^  p  divisoli  egua- 
li «-i. //-a. /(-S.-n-wH-i 
li  a  <7  tiel  numeratore  dell'espressione  ■  — 5 — , 

on- 


Di  Gioachino  Pessutt»  ì^/^j 

onde  siccome  il  suo  denominatore  non  ha  che  q  —  i  divi- 
sori eguali  a  //  e  p —  i  divisoti  eguali  a  ^,  allorché  guest' 
esprersione  riducesi  a  forma  intieia,  potrà  rappresentarsi  {>er 
Nflr  .    Coli'  aggiunta    adunque  di  un  nuovo  fattore  al  suo  nu- 

N^^.re  —  m 

meratore  e  al  suo  denominatore  ,  essa  diverrà — = 

m-t-  i 

-'  =  Nf  ,  cioè  sarà  riducibile  ad  un  Intiero ,    sicconie  in 

tutti  gli  altri  casi  . 

Ora  a  noi  sembra  che  d^bba  facilmente  vedersi  come 
possa  estendersi  il  medesimo  discorso  al  caso,  che  il  numero 
fattore  m  -h  i  del  denominatore  sia  il  prodotto  di  tie  ,  di 
quattro  ec.  numeri  primi,  e  rendersi  così  generale  la  dimo- 
strazione del.  teorema  enunciato.  Jnfatti  sup];onendosi  che 
m  -h  I  sia  il  prodotto  di  tre  numeri  primi  pqr  ,  si  dimostre- 
rà come  prima  che  tanto  il  numeratore    quanto  il  denomina- 

.          n.n—i.ìi- 
tore  dell  espressione 

j?q  divisori  eguali  ad  r  ,  pr  divisori  eguali  a  q  ,  ft  qr  divisori 
eguali  a  p\    mentre  il  denominatore    deli'  espressione    prece- 

nn — i  .n — 2.-n — 3 n — in-\-i 

dente  • ■ •    non     potrà    avere     che 

i  .  '2.  .  ò  .  Of.  . .  .^  m 

pq —  1     divisori  eguali  ad  r,  pjr —^  i     divisori'  eguali  a   ^,    e 

qr — I   divisori  eguali  a  jy  .  Se  dunque  i  pq  divisori    eguali  ad 

/• ,   i   p  r    divisori    eguali  a.  q  ^  e  '\  qr  divisori  eguali  a  p  dei 

n.n   -i.ìi     Ù..II  ~i  .  .  .  li      m 

numeratore  dell  espressione r — , ippnr» 

i.a.0.4 ,ra-t-i 


n.tL-\.n.-%.a--i.n-m  ^\ 

tendano  tutti  al  numeratore  della  preced. ' 

'  ^  I  .  a  .  3  .  4  .  .  .  TO 

allorché  questa  riducesi  ad  una  forma  intiera,  dovrà  r  tenere 

un   fattore  r  ,  un    fattore  <jr  ,  ed  un  fattore  p  ,    e    comparire 

perciò  sotto  la  forma  ì^pqr  \    e    però    aggìugnenJo   un  nuovo 

Tomo  XI.  M  m  ra  fat- 


458  Su  DI  ALCui*iE  smeoLARi  proprietà'  ec. 

fattore  al  narneratore  e  al  denominatore  ;  onde  passare  all'es- 

^pqr.n-m       'Npqr.n — ni        

pressione  seguente,  si  avrà = =N./i— m, 

^  *"  rti-^l  pqr 

cioè  anche  quest'  espressione  sarà  intiera  ,  se  Io  è  ,  come  sì 
suppone ,  la  precedente  .  Che  se  uno  de'  detti  divisori  per 
es.  p  appaitenga  al  nuovo  fattore  n-ni  del  numeratore  ,  che 
però  potrà  farsi  =  tp  ^  allora  1'  espressione  precedente  ridot- 
ta a  forma  intiera,  dovrà  sempre  per  le  ragioni  dette  ritene- 
re un  fattore  q  ed  un  fattore  a-,  e  comparire  sotto  la  forma 
ìi^qr  ;    onde    aggiugnendo  il  nuovo  fattore  al  numeratore  e  al 

.                                                                        N^r./z  —  m 
denominatore  j    1    espressione    seguente   sarà = 

"Nqr  tp 

=  N^,  cioè  potrà  mettersi  sotto  forma  d'  intiero,    co- 

pqr  ^  ' 

me  prima.  E  similmente  se  il  nuovo  fattore  n~m  del  nume- 
ratore ne  contenga  due  de'  suddetti  divisori  ^  per  es.  pq^  co- 
sicché possa  farsi  "=■  tpq  ,  1'  espressione  precedente  ridotta  a 
forma  intiera  dovrà  sempre  ritenere  il  terzo  fattore  /•,  e  com- 
parire sotto  la  forma  N^  j  onde  coli'   aggiunta  del  nuovo  fat- 

Nr.n--/ra 
tore  al  numeratore  e  al  denominatore  ,    si    avrà     ■ = 

l^r.tpq 

• •  =  rit 3    come    prima.    Finalmente  se  ti — tu  conterrà 

pqr 

tutti  tre  i  divisori/»,  g,  r,  e  sarà  però  ■=  tpqr  ,  chuimando 
N  r  intiero  a  cui  riducesi  1'  espressione  precedente  ,  sarà  pu- 
re intiera  1'  espressione  seguente ,  poiché  sarà 

N  .  /i  —  m          'Ntpnr 
_ L±_  —  ]\[-^  _ 

7?l  -h  I  pqr 

h'    istesso    discorso    vorrà    tenersi    per    il    caso    clie    il 
nuovo  fattore  m+  i   aggiunto  al  denominatore    sia  il  prodotto 
di  quattro  numeri  primi  ;  ed  ognuno  deve  ora  facilmente  vede- 
re come  esso  è  veramente  generale  j    ed  estendesi  a  qualun- 
que 


Di  Gioachino  Tessuti  •  ^Sg 

qne  caso,  che  il  suddetto  nuovo  fattore  risulti  dalla  moltipli- 
cazione di  quanti  si  vorranno  numeii  primi.  Rimane  dunque 
pienamente  ,  e  generalmente  dimostrato  il  teorema  qui  sopra 
enunciato  ,  cioè  che  moltiplicandosi  quanti  numeri  consecuti' 
vi  si  vorranno  presi  nella   serie    de'  numeri   naturali ,    il  loro 
prodotto  sarà  sempre    divisibile  per  il  prodotto  di  altrettanti 
numeri  consecutivi  presi  nella  medesima  serie    de'  numeri    na- 
turali incominciando  da   i  .    La  dimostrazione  che  ne  abbiami 
dato  è  stata  dedotta  ,    siccome    appunto  si  conveniva  ad  una 
proprietà  generale  de' numeri  ,    dalla    considerazione    medesi- 
ma ed  analisi    de'  numeri    che    ne    formano  il  soggetto ,    ed 
è  affatto  indipendente  da  ogni   estranea  ed  indiretta  conside- 
razione  di  binomio    Newtoniano,    di  teoria  di  combinazioni , 
di  numeri  figurati  ec.    Insistiamo  sopra  questo,    perchè    cre- 
diamo  che  per  i  maggiori  e  piìi  rapidi    progressi  della    Geo- 
metria ed  Analisi ,  molto  importi    appunto   di  cercar    sempre 
delle  verità  a  queste  scienze  appartenenti,  le  dimostrazioni  le 
più  naturali  e  le  più   semplici ,    e    quelle    che    direttamente 
nascono  dalla  considerazione   analitica    del    soggetto  ;    poiché 
altrimenti  facendo,  non  si  ha  mai  nelle  mani   il  filo  analitico 
della  ricerca  ,  e    le  verità  di  cui  si  tratta,   dimostrate  così  a 
stento  e  per    oblique    vie  ,  prendono  l'  aspetto  di  verità  em- 
piriche ritrovate  a  caso,    e  si  rimangono  quindi  lungamente 
sterili,  ed  isolate. 

Né  io  qui  temo  che  vi  sia  chi  mi  dica  esservi  pur  trop- 
po nella  Geometria  ed  Analisi  molte  verità  di  natura  loro 
isolate  ed  oziose  ,  e  che  quella  che  si  enuncia  nel  nostro 
teorema  sembra  appunto  essere  una  di  ques.te  .  Noi  crediamo 
al  contrario  ,  e  siamo  intimamente  persuasi  che  le  verità  del 
medesimo  ordine  e  del  medesimo  genere  tutte  tra  loro  si  col- 
legano con  indissolubil  catena  ,  e  che  tutte  nascono  da  altre 
verità  ,  siccome  altre  ne  partoriscono  ,  e  che  se  a  noi  sem- 
brano alcune  volte  isolate  e  sterili  j  ciò  deve  unicamente  at- 
tribuirsi alla  nostra  ignoranza  e  corta  veduta  ,  che  pon  ne 
discerne  e  penetra  i  nessi  e  le  relazioni.    Le  propri^à  dtile 

M  in  m  a  cur- 


460  Su    DI    AiCUNE    SINSOLARI    PROPRIETÀ*    CC. 

curve  eonFche  dimostrate  da  Apollonio  si  rimasero  per  cir-» 
ca  duernil'  anni  affatto  oziose  ,  e  non  furono  che  oggetto  di 
pura  geometrica  curiosità  ,  sino  a  che  Galileo  vi  edificò  so- 
pra la  Scienza  de'  projettili  ,  e  Newton  il  sistema  del  Mon- 
do. Quindi  il  nostro  teorema  stesso,  almeno  nella  teoria  de' 
numeri  a  cui  appartiene  ^  dovrà  avere  i  suoi  usi  e  le  sue 
applicazioni . 

Per  darne  una  prnova  ,  mi  piace  appunto  di  accennare 
la  dimosti azione  che  da  questo  teorema  si  può  dedurre  di  un 
altro  nobile  teorema  di  Fermat ,  risguardaiite  una  singolare 
proprietà  de' numeri  primi.  Il  teorema  è  questo:  Essendo  p 
nn  numero  primo ,  ed  N  un  qualunque  numero  non  divisìbi- 
h  per  p  ,  la  potenza  p— i  di  N  tiimìnuìta  delV  unità,,  cioè 
!N'~' — I  sarà  sempre  divisibile  per  p:  dimostreremo  prima 
un  altro  teorema  ,  di  cui  questo  di  Fermat  non  saia  che  un 
immediato  corollario  ,  cioè  che  essendo  p  un  numero  primo  , 
ed  N  un  qualunque  numero  ,  sarà  sempre  W  —  N  divisibile 
per  p  .  Ora  ecco  come  que&to  teorema  per  mezzo  del  nostro 
potrà  agevolmente  dimostrarsi  .  Se  N  =  i  ,  la  verità  del  teo- 
rema è  per  se  stessa  manifesta,  poiché  si  avrà  evidente- 
mente i^ — I  cioè  o  divisibile  per  qualunque  nunvero  p  ,  es- 
sendo if  quoziente  pa.rimenti  o  .  Quindi  se  in  luogo  di  i  scri- 
veremo a— I,  dovrà  esser  parimenti  divisibile  per  p  l'espres- 
sione (2 — ))'' — I  •  Ora  la  potenza  (a— 1)''  essendo  sviluppata 
colla^  rK)ta  formola  del  Binomio,  darà  una  serie  di  termini  ,  il 
primo  de' quali  sarà  a^ ,  T  ultimo  — \^  cioè  —  i  per  esser 
p  n«mero  primo  e  in  cotiseguenza  dispari  (i),  e  tutti  i  termL- 

ui 


(1)  Se  p  sia  a  ,  eli'  è  :J  Eolo  nii- 
nxero  primo  il  quale  sia  pari  ,  la.  di- 
mostraziane  divieti  farilissima  ,  dap- 
poiché N*  sarà  pari  o  dispari  secon- 
do che    sarà   paxi  o  dispari  N  ,     oiiùe 


N*  — •  N  sarà  o  la-  dififerenza  di  due 
numeri  pari  o  la  differenza  di  due 
numeri  dispari  ,  cioè  sarà  sempre  un 
numero  par 
prc'  divisibile  per  a  . 


e  in   conseguenza  sero- 


Di    GiOACHINO    PESSUTr  4  /^6t 

ni  intrrmedj  saranna  separatamente  divisibili   per  p  .    Impe- 
rocché questi  termini  saranno,    siccome  è  i\oto  ,    le    potenze 
p — I  ,  jj — a  ec.  del  primo  termine  a  del  Binomio  moltiplica- 
re •     .•  P       P  P—^  P-P  —  i-P  -2. 

te  per  i  coemcienti  —  —   ,  ,    — 5 , 

^  il. a  I.2.D. 


p.p IO a./7-3  „  .  11,. 

— -—^ — ec.  ,  e    1    espressione  generale  del  termine 

1  •  a  •  o  •  .j* 

p.p-i.p—ì.p-'ò..  p-in-\-i 
fjiumo  dopo  il  primo  sarà    ± ;, — -. 2.'         , 

nella  quale  sarà  sempre  in<p.    Ma    per  il  teorema    da    noi 

p.p—ip--i-p — i-.p — in-\-i 

dimostrato  r  espressione  irenerale r—  , 

*•  °  i.a..o.4''-"2 

del  coefficienti  di  questi  termini  intermedj  dev'  esser  sempre 
un  numero  intiero  ,  cioè  dev'  esser  sempre  p.j) — \'p — a  .... 

p — /«+!    divisibile  per  i.a.3 m,  ed  essendo  m<.pyQ  non 

potendo  p  come  numero  primo  risultare  dalla  moltiplicazione 
di  nun:>eri  compresi  tra   i   ed  w  ,  il  fattore  p  ,  allorché  divi- 

derassi  ,  siccome  si  può  ,P'P—  i-p — -^-..p—m-hi  per  i  .a.3...w  , 
non  potrà  sparire  e  dovrà  rimaneiTÌ .  Dunque  tutti  i  termini 
intermedj  ,  fuori  che  il  primo  e  T  ultimo  della  potenza 
(a — ly  ,  allorché  si  ridurranno  a  forma  intiera  ,  siccome  è 
possibile  di  ridurveli  ,  tutti  rimarranno  multipli  di  j!?,  cioè 
divisibili  per  p  ;  onde  dovendo  esser,  come  si  è  detto, 
(a—i)^ — I  divisibile  per  /?,  ommettendo  tutti  i  termini  inter- 
medj della  potenza  (a — 1)^  i  quali  sono  per  sestessi  divisibili 
per  /?  ,  e  ritenendo  soltanto  il  primo  e  1'  ultimo  cioè  a^ — i  , 
dovrà  essere  anche  divisibile  per  p  V  espress-ione  a^ — i  —  i  , 
cioè  a''  — a . 

Dall' esser  dunque  \^-^i  divisibile  per  ^  ne  abbiam  de- 
dotto che  debba  esser  divisibile  per  p  anche  a^  —  a  .  Ora 
neir  istessa  guisa  dall'essere  a*"— 2  divisibile  per  ;7  5  ne  dedur- 
remo che  debba  esser  divisibile  per/?  anche  3^ — 3,  Imperoc- 
ché iuettendo  if — a  sotto  la  forma  (3  —  i)^ — a,  farem  vedere 

co- 


46a  Su    DI    ALCUNE    SINGOLARI    PROPRIETÀ'    CC. 

come  prima,  die  svilujipando  la  potenza  (3-i)^  tutti  i  termi- 
ni iuterrnedj  ,  fuori  dei  primo  e  dell'  ultimo  3^ — i  ,  sono  se- 
paratamente divisibili  per^,  onde  ommettendo  questi  termi- 
ni internieiij  ,  e  ritenendo  solamente  il  primo  e  l'  ultimo,  se 
a'— a  ,  cioè  (3— i)^ — 2  è  divisibile  per/?,  anche  3' —  i  — a 
cioè  3' — 3  dovrà  essere  divisibile  per  j9 . 

Dall'  es.  er  3^ — 3  divisibile  per  p,  se  ne  dedurrà  ora  col 
medesimo  raziocinio  che  dovrà  esser  divisibile  per  p  anche 
4^ — 4'  *  quindi  anche  5^" — 5,  e  cosi  procedendo  di  mano 
in  matiOj  si  giugnerà  lìnalraente  a  provare  che  dovrà  esser  di- 
visibile per  p  anche  N/?  —  N  ,  qualunque  sia  il  numero  N  ; 
eh'  era  appunto  il  teorema  che  ci  eravamo  proposti  di  dimo- 
strare . 

Che  se  si  supporrà  che  il  numero  proposto  N  non  sia 
divisibile  per  />,  mettendo  N' — N  sotto  la  forma  N(N''~' — i), 
siccome  il  numero  primo  p  non  è  risolubile  in  fattori,  e  dee 
dividei  e  ]N(N^~' —  1)  ,  non  dividendo  il  fattore  N  di  questo 
prodotto,  dovrà  di  necessità  dividere  l'altro  fattore  N''""'-!  i 
cir  è  appunto  il  teorema  di  Fermat  qui  sopra  enunciato  . 

//.'    PAR  TE. 

La  dimostrazione  delle  proprietà  che  ci  presentano  i 
coefficienti  della  potenza  n  del  Binomio  a±b ,  allorché  re  è 
intiero  e  positivo,  ci  ha  naturalmente  condotti  alla  conside- 
razione di  un'  altra  singolare  proprietà  de'  medesimi  coeffi- 
cienti 5  allorché  essi  vengono  rispettivamente  moltiplicati  per 
le  potenze  ni  de' termini  di  una  qualunque  progressione  arit- 
metica e,  c  +  J,cH-aJ,c-|-3</.  .  .  e  -V-  nel .  La  somma 
dì  tutti  questi  prodotti  si  trova  sempre  =  o  ,  tutte  le  volte 
che  sia  ni  <  n  ,  ed  il  Binomio  sia  a  —  b  ;  ed  essendo  m  = 
ovvero  >  re  per  il  Binomio  a  —  b,  ed  in  tutti  i  casi  per  il 
Binomio  a,-{-b,  la  somma  de' detti  prodotti  con  una  sempli- 
cissima e  irenerale  formola  potrà  sempre  assegnarsi  .  La  dimo- 
strazione  di  questi  teoremi  5  i  quali  sono  di  grandissimo   uso 

nel- 


I 

Dr  Gioachino  Pessuti  .  /.63 

nella  teoii';i  di  Ile  difF^renze  finite  ^  ed  in  quella  de'  numeri 
primi  5  risiillerà  naturalmente  dalla  risoluzione  de!  seguente  : 
PROBLEMA  .  Deteimììiare  la  somma  de  prodotti  de' 
coeffirienti  dtUa  potenza  n  6?u'/  Binomio  a  'JL  b  rispettivamen- 
te moltiplicati  per  le  potenze  m  de'  termini  di  una  qualun- 
que progressione  aritmetica  e  ,  e  -\-  d^  e  -\-  2.d  ,  e  -{-  ad  .  .  .  . 
.  .  .  e  -\-  nd* 

Sia  primieramente  7?z  =  o  ,  e  però  le  potenze  m  de'  ter- 
mini della  progressione  aritmetica  tutte  eguali  ad  i  :  sj 
tratterà  dunque  di  trovare  la  somma  de'  coefficienti   raedesi. 

•      1-     /     _t_  7  N»  •    .     1  T       _L  n .  il  —  X 

mi    di    [azr.b)   ,    cioè    la  somma  di  i±n-\ zt 

■        '  I  .  a 

n.n — \.n — a 

■ r hec,  la  qual  somma  è  evidentemente  :=  (i±i)". 

Sia  ora  m=  i  ,    e    dovrà  allora    trovarsi    la    somma  de' 

,      .    1  ,        rt>-  .       .        ,  n.n—i     ,    n.n~i.n-2. 

prodotti  de  coeiìicienti   j  ±  n  -\ ±: -f-  ec. 

1.2  1  .  a  .  3 

rispettivamente  moltiplicati  per  c,c-\-d,c-\-2d,cA-Bd... 

,  .  .  e  +  nd .  Ora  la  patte  di  questi  prodotti    moltiplicata   per 

,     ,        .,  r      ,  n.-n~i       n.n-i.n-j.  1 

c  darà  evidentemente  c\i±n  H ±  • H-  ec   I 

L  I  •  2,  I  .  a  .  3  J 

=:c(r±i)'';  e  l'altra  nascente  dalia  rispettiva  moltiplicazio- 
ne per  o.dy   i.d,  ad^  ò.d  .  .  . .  n.d  darà  colla  stessa  evidenza 

,      ,r  ,  — ■       ^'— '  .//-a  ,   /Z-I./7— a.;z-3  1 

una  somma=lt«rf|o4-i±n-H ± l-ec.  I 

L  I  •  a  I  .  a  .  3  J 

=  ±  ;?  J  (  I    ±1  )"""■'  .    Sarà    dunque    la    cercata    somma    = 
(A) (B) 

r                  n./i-i       n.n-i  .n-2  "|  r  . 

eli  ±n-\ ± „ \-  ec..\±  nd  ì  o  -\-  1  ±  Il  —  i  -h 


«  — i.Ti— a          n — i.n — a./i— o 
-'■, + i-Pf-    I  — /-/,-4-,\»-f-^7/T-+-TV'— t 


+  ec.ì=c(i±i)''±?z^(i±i)"     . 
I  .  a  I  .  a  .  o  J         ^         '  ^         ' 

Per  passare  ora  al  caso  di  m=2i ,  bisognerà  di  nuovo  moltiplica- 
re 


4^4  Su    DI    ALCUNE    SINGOLARI    PROPRIETÀ'    CC. 

itt  tanto  (A)  che  {>•)  termine  p^-r  termine  per  i  termini  della 
progressione  aritmeu'ra  e,  c-f-J,  e  +-2.(1,  e  ^-  3d  .  .  .c+ru/, 
ed  è  evidente  che  di  nuovo  per  ii  caso  piecedente  tanto  {  >.) 
che  (E)  darà  ciascuno  due  seiie  di  tenniui ,  cioè   (A|   darà 

_£^) 

,r  '        71,11—1        n.n-i.n-o,   ,     ?ì-n-L  .n-a.n-ò  -i 

c-\i±n-\ ± rr-  ± ^ 1-  ec    | 

L  1.2,  i  .  2.  •  o  1  .  a,  .  ó  .  i^  J 

(D2_  __         __     _     

j_       ,r  ,      n — i-n — a       n — t  .n — 2..7i—'ò  t 

4-  I  .:a  I  .a.  3  J 

e  (B)  darà  -f-  ncl[  c-+-  d)\  o 


H-  I  ni/z 


_{_E)  __ 
/i  —  1  .  «  —  a 


1   .  fi 

(F)   _  _ 

n — i-n  —  ^./i — 3  "i  |-  n-2,ìi-3 

ec.\-i-niii—i)d^\o+o+i±'i-2.-{- 


;.j  +  n(/z.— ])jTo 


i.a.d  l^'l  1-2. 


n — 2.  // — 3.«-  4 

1.2,3 


4-ec.|.   Imperocché  non  essendo   (A)  che 


7i.« — I        n.n  — 1,11—2. 

I  ±  n  +  • ± —-—    -i-    ec.  moltiplicato  per  e  , 

I  .  a  I  .  a  .  3  ^  ^ 

da    (  A  )    debbono    nascere  le  medesime  due  serie  di  termini 

moltiplicati  per  e,    che    sono   nate  da   i  ±  Ji  -^  ± 

'  1  .  a 

-rr \-  ec.  Riguardo  a  (B)  la  serie  de' termini  eh  es- 

1  «  a  e  o 

■f.rr,    .         ,  ,  n-n — I     ,    n.n-ì.n-1 

so  presenta,  dinensce  da  i±n-h  • ir: _ —      . 

I  .  a  I  .  a  .  3 

ec.  neir  esser  moltiplicata  per  ±  «f/,  neir  aver  o  per  primo 

termine ,  ed  re  —  i   in  vece  di  n  ;  onde  moltiplicando  questa 

serie    per    i    rispettivi    termini    della    progressione    aritmetica 

Ci  e  -h  d ,  e  -{-  ac/,  e  -\-3d  .  .  »  e  -\-  nd.,  tie  nasceranno  due 

serie  analoghe  ad  (A)  e  (B) ,  scrivendo  cioè  in  questa  n  —  i 


Di  Gioachino  TESsvti  .  ^65 

in  vece  di   n,  c+d  in  vece  di  e  perchè  il  primo    termine  i 

n — i,n — a 

(Ji  o  +  i±re  —  i  -\ H   ec.  lattorc  di  (B)  è  mol- 

I  .  a  *  ' 

tiplicato  per  e  ■+■  d 3  e  moltiplicando  poi  tutto  per  ±  nd. 

Sarà  diuicjue  finalmente  la  somma  de' prodotti  de' coeffi- 

cienti  I  ±  n -\- ± —     +     ec.    moltiplicati 

I  .  a  .  I  .a  .  3  '■ 

rispettivamente  per  i  quadrati    de'  termini  della   progressione 

aritmetica  e ,  e  -^-  d  ^  e  -i-  ad  ,  e  -\-  od  •   .  .  e  +  nd  ,    eguale 

a  (C)  •»!-  (D)  +  (E)  -+-  (F) ,     cioè    riunendo  in  una    somma  i 

termini  simili  (D)  ed  (E)  e  chiamando  .questa    somma    (G)  si 

avrà  per  la  somma  de'  suddetti  prodotti 

__(C) _, 

r  n.n-i    ,   n.n-i.n-2.  1  ,   ,  ■„     .  F 

i±n-\ ± r--+-ec.  \±ic+c+d]ndl  o  +  i± 

L  i.a  i.a.3  J  l 

(G) (F) 

n—i.n — a    ,         -1  ,         .  ,  F  ,  -'      — 

n — 1  •+- ^ ±  ec.  I  4-  n.{n — i)d^  jc  +  o-i-iira— a-{-= 

n  —  n.n — 3  1 


e' 


ì  =  c'(i  ±i)"±{c-\-c  +  d}nd{i±iy 


I    .  a 
■^7i{n—i)d'  {  I  ±  I  )""'". 

Ora  air  istesso  modo  per  passare  al  caso  di  m=  3,  sic- 
eome  bisognerà  moltiplicare  i  termini  di  ciascuna  delle  tre 
s<'rie  (C)  ,  (G),  (F),  rispettivamente  per  quei  della  progressio- 
ne aritmetica  e,  e  -\-  d ,  c-4-  af?,  e  H-  ^d  .  .  .  .  e  -h  nd  ,  sì 
dimostrerà  come  nel  caso  precedente  che  ciascuna  delle  dette 
tre  serie  due  dovrà  somministrarne  ,  cioè  (C)  le  due 
(H) 


e'   I 

n  — 

n.n — I 

±«-+  

I  .  a 

fi) 

-  i.n  —  a 

n 

n.n- 

-i.n — a 

+  ec 

id  0 

-\-i±n- 
,  (G)    le 

-1  + 
due 

1  . 
I 

•  1  ■  cc< 
,  a  .  3 

.  n — a. re  —  3 
.  a  .  3 

Nnn 

I    .  a 
Tomo  XI, 

466  Su    DI    ALCUNE    SINGOLARI    PROPRIETÀ*    CC. 

(K) 

o-+-i±re— n '■ ±ec.  I 

(^^  111 

•4-(c+c4-<;?)-«(/ì— iM*  [o  +  O  +  1  ±/ì  — :ì  +  n-2..r7-    ^^^  \ 

L  i  .  a  J 

ed  (F)  le  due 

(M)  ^  

0+0+,  I  ±n  —  2,  + ^ ±ec.  I  ±. 

/    -  X  /      \  71  r  .  — ^    fi — 3-'^ — 4j^    1 

n[n —  ì){n  —  2)cP  |o  +  o-f-o4-i±re— 3h •  ±  ec.  1 

L  I   .  a  J 

Raccogliendo  adunque  in  due  somme  i  termini  simili  (1)  e 
(K) ,  ed  i  termini  parimenti  simili  (L)  ed  (M),  e  chiamando 
queste  due  somme  (0)  e  (P)  ,  si  avrà  la  somma  de*  prodotti 
de'  coefficienti  del  Binomio  (adlb)"  rispettivamente  molti- 
plicati per  le  terze  potenze  dei  termini  delia  progressione 
aritmetica  e  ,  e  -\-  d  ,  e  -i-  2.d  ,  c-i-  3d  .  .  .  .  e  -h  nel,  egua-  . 
le  ad  (H)  +  (0)  4-  (P)  -+-  (N),  cioè  eguale  a 
_  (H) 

r  n.n  —  i  n.n—ì.n — 2.  1  — - 

«M  I  ±«H ± hec.  I  ±  (c*^c.c-^d  -H 

L  i.a  i.a.d  J^ 

(0) 

— Il .   , r        . '^  —  ^ -n — 2,   ,      1 

e  -V  d"-.)  nd \  o  -\-  i  ±  n  —  i  -4-  • ±  ec.   |  -+- 

(P)  

—      r                  —      n-2..n  ?y  "1 

{c-^c-\-d+c-\-2.d)ii.n-ì..d'-\o-\-o-\-i±n-2.'\ ±ec.J  ± 

.       (N) 

w(/z-i)(/z-a)^j[o+o+o4-i±/7^+'.^'^^  ±  ecl  =.c' (  i±i  )• 


Di  Gioachino  Pessuti  .  ^67 

±(c'-f  c.crpj4-c"77/>^'(i± i)"~M  (c+cH-^+c+aJ) «(/i— 1)(^* 
{i±j)"~'±n{ri—l){n—!i)fP{i±i)'''^.      ' 

Dall'  attento    «^saiue    dello    sviluppo  di  questi  pochi    casi 
soia  agevole  di  dedurre  l'andamento ^  e  la  composizione  della 
foimola  generale  esprimente  la  somma  de'  prodotti   de'  coef- 
ficienti di  (a±ù)"  nspettivamente  moltiplicati  per  le  poten" 
ze /?z  de' termini  di  qualunque  progressione  aritmetica  e,  c+f/, 
e -\- ad ,  e -{- 'od  .....  c-\-nd.  Imperocché  egli  è  evidente 
che  questa  somma  sarà  sempre  composta  di  m  -+-  i    termini 
lispettivameute  moltiplicati   per    (  i   zh   i  )"  ,    (  i   ±   i  )"""'  , 
(  I  ±  I  )""*  .  .  .   .  (  I  ±:  I  )"""" ,  e  i  di  cui  coefficienti  saran- 
no del  primo  -+■  e"  j    del    secondo  dt.  nd  moltiplicato  per  la 
somma  di  tutti  i  prodotti  di  ?}i  —  i   dimensioni,    che  si  pos- 
soci  formare  coi  primi  due  termini  e,  c-hd  della  progressio- 
ne ripetendo  qualunque    de'  due    quante  volte  si  vuole  ;  del 
terzo  ■-hn{?i — \)d^  moltiplicato  colla  somma  di  tutti  i  pro- 
.  dotti  dì  m  —  a   dimensioni  che  posson  nascere  dai  primi  tre 
termini  della  progressione  e,  e  -+•  d,  e  -+-  aJ,  ripetuti  come 
prima  quante  volte  si  vuole  ;    e  cosi  di    mano  in  mano   sino 
all'ultimo  che  sarà  naturalmente  ih  h^n— i)[n, — 2)[n — 3)  .  .  . 

f.  .  .  {n—m+i)d'"{i±i)"~"  . 
Si  avrà  dunque  generalmente  la  somma  de'  prodotti  de* 
n.n — I         n.n — in — a 

coefficienti  i  ±reH ± \-  ec.  del  Bino- 

I  .  a  I  .  a  .  o 

mio  (artZ*)"  rispettivamente  moltiplicati  per  e*,  (c-Hc?)", 
(c-f-arf)'",  (c^-3fZ)"'  .  .  .  {c-hnd}"' ,  espressa  nel  seguente  modo 

c"'(r±i)"±[c'"-'-f-c'"-*.(c-+-rf)+c"'-^(c-hf/)' -+-(c-hr^)'"-'] 

7ir7([±i)— 4-[c"'-^H-c-""^(c+t/)...-f-(c+f/)"'~*-+-c"'-^(c-l-ar/)... 

...-f-(c-haJ)'"~^-f  (c+-f7)"- ^(c+-a^)^-(c-+^)"'~^(c4-af/)*+ 

-4-(c+^)(cH-aJ)'"-^];z.(«— i).f/'(i±i)--* ±[c-^c+d  '^c-^-std 

H-c-l-3J...-fc4-{m-i)r/]/2.(«-i).(/z-3)...(«-m+a).^'"~'(i±i)'~"'^* 

±rt.(/i-i)  (ra-a) (/i— m4-i)<^'".(i±i)"-'". 

Cosi  se  sia  per    es.  w  =  4  5  la  somma    de'  prodotti  de' 

N  n  n  a  coef- 


4^8  Su    DI     ALCUNE    SINGOLARI    PROPRIETÀ*    CC. 


ff.  .       .        .  n.n — r         nn  —  i.n—a. 

coeliicienti   i±n-^ ± i-    ec.    moltipli- 

I'.  a  I  .  a  .  D  .  ' 

cati  rispettivamente  per  e*,  (c4-r/)'*,  (c^-a^)^  (c-h3</)*  .  .  .  . 
.  .  .  .  (c-hw/)'*,  sarà  eguale  a  C^^i  ±1)" ±\à -\-c^.  [e -\- d) -^r- 
c.(c  +  f/)'4- (e  +  4'J'z  J(  I  ±  I  )''~'H-[c*  4-c.(c-+-^) -h(c-^-4* +c.(c +a4 
H-(c+ac?)'4-(c -4- ^(c  +  af/)]/2.(/2— i)i'{  I  ±  1  )''-^±[c-t-c+f/^-c-^- 
arf-^c+3f/]/^.(^— 1).(/2— 2)^^(i±i)''~^-J-n.(,'i—  i).{ii  —  ^)\n-ò)d\ 
{i±i)''~''  . 

Corollari    facili   e    spontanei    della  formola    generale 

che    abbiamo    ora    esibito  ,    sono    i    seguenti  ^ 

a  nostro  credere  y  non  ineleganti  teoremi. 

I.°  La  somma  de'  coefficienti  di  qualunque  potenza  n  del 
Binomio  a  —  b  è  sempre  =0  ,  Imperocché  potendoci  allora 
figurare  che  i  medesimi  coefficienti  vengan  moltiplicati  per 
le  potenze  o  dei  termini  d.i  una  qualunque  progressione  arit- 
metica ^  si  avrà  perciò  77^  =  0,  e  dovendo  esser  sempre  7«+-i 
il  numera  de'  termini  della  formola  generale  ,  si  ridurrà  per- 
ciò in  questo  caso  la  detta  formola  al  solo  primo  termine 
e™  (  I  -  I  )"  ,  cioè  e*  (  I  -  I  )"  =  o  .  Cosi  per  es.  se  si  suppor- 
rà ra=4i  J  coefficienti  di  {^a-by  saranno  1 -4 -H  6-4  +  '  » 
ìa  di  cui   somma  =:  o  • 

II.°  Sarà  pure  =  o  la  somma  de'  prodotti  de'  medesimi 
coefficienti  della  potenza  n  di  a-b  ,  rispettivamente  molii- 
piioati  per  qualunque  potenza  m  minore  di  n  de' termini  di 
una  qualunque  progressione  aritmetica  e  ,  e  -+-  e? ,  e  -i-  Q.d  , 
e  ~\-^ùd  ......  e  -h  nd  .  Imperocché  essendo,  come  si  sup- 
pone, ììi-Kn,  le  potenze  successivamente  decrescenti  di  i-i 
ossia  di  o  ,  cioè  (  I  -  I  )%  (  I  -  I  )"-',  { I  -  I  )"-' .  .  .(r-i)--" 
che  moltiplicano  i  termini  della  formola  generale  esprimente 
la  detta  somma ,  saranno  tutte  positive,  e  in  conseguenza 
tìitle  eguali  a  o  ;  onde  la  somma  stessa  sarà  anche  =  o.  Co- 
ti per  es.  i  coefficienti  i-^'\-6— éf-^i   di  (a-Z»)^    molti- 

ph- 


/ 


ì 


Di  CiOACHmo  Pessuti  .  4*^9 

pTicati  rispettivamente  per  i  termini  deìla  progressione  arit- 
metica a,  5,  8,  II,  14  5  o  pei'  '  '•^''O  quadrati,  ovvero  per 
i  loro  cubi  ,  daranno  sempre  una  somma  di  prodotti  =  o  . 

III."  Se  però  sarà  w  =  ovvero  >/i,  la  somma  de'  pro- 
dotti de'  coefficienti  della  potenza  n  di  a-b,  moltiplicati 
rispettivamente  per  le  potenze  to  de'  termini  di  una  qualun- 
que progressioae  aritmetica  e,  e  -+-  d ,  e  -+-  a^,  e  -{- ^d  .  .  . 
•  •  '  .  e -h  rid ,  non  sarà  più  =  o  j  la  formola  però  generale 
che  abbiam  dato  ci  metterà  sempre  in  grado  di  determinare 
anche  in  questo  caso  con  molta  facilità  ed  eleganza  il  valo- 
re della  detta  somma.  Imperocché  se  snpporrassi  m  =  re,  egli 
è  evidente  che  tutti  i  termini  della  formola  esprimente  la 
detta  somma  saran  moltiplicati  per  potenze  positive  di  i — i 
ossia  0,  e  però  saran  tutti  =0,  eccetto  1'  ultimo,  il  qua- 
le sarà  moltiplicato  per  (  i  -  r  )°  =:  i  ;  onde  il  valore  di 
questa  somma  sarà  in  quest'ipotesi  eguale  al  coffficiente  del 
«iede?imo  ultimo  termine,  cioè  =  ±  n.{n-ì)-{n-  a).{n  -  S) .  .  . 

,  "{n~jn-\'i)4"' =  n.{n~\).{n—2){n—?)) 3.a.i<'/'"  .    Così 

per  es.  i  coefficieu*i    i  —  4'+"6  —  4"+"'   *^'  {^  —  ^Y  rispet- 
tivamente moltiplicati  per  le  quarte  potenze  de' termini  della 
progressione  aritmetica  a,  5,8,   11,   14  daranno  una  som- 
•ma  di   prodotti  =4'3-a-i -3^  =^  '9-r4' 

Essendo   però  m  '>.  n  ,  come   per  es.  /«  =  re  -h  i  j  i'  ulti- 
mo termine  della  nostra  formola  generale  diverrà 

±.iu{ii  —  i)  .  {ii—o)  .  [ii—'i]  .  ..S.a.i.o  .d'"{i  —  i)   '  =  0.  —  =0;  il 

penultimo  sarà  [c4-c  +  J'4-cH-2<ìf ... H-c  k-nd\n.[ii- t)[n—i)  (i— 3  ... 

,..  3.2. 1 .'/""'. (r  -  i)'=  [c4-c-+-6r-f-c  +  2j -I-  e  ^nct[.n.{n-\). 

('7-ii).('j  -3) 'ò.^.\.d^~'^  ;  e  tutti  gli  altri   termini   prece- 

•  denti  ,  essendo  moltiplicati  per  potenze  positive  di  i-i  cioè  0, 
si  ridurranno  a  o.  In  quest'  ipotesi  adunque  il  valore  della 
nostra     formola    generale    si     ridurrà    al    penultimo    termine 

[e  ^c-\-d->rc-\-a.d ...'-^c-\-ìid\n.{iL-i)  (/j-2).(re-3) 3.2. 1.^/"'"'^ 

il 


47°  Su    DI    ALCUNE    SINGOLAKI    PKOPRIETa'    CC.  ,   ^ 

il    quale    in   consegue. iza    esprimerà    il    valore    della    cercata 
somma.    Così    per  cs.    se  i    coefficienti    i  — 4~1~^  —  4"+"^ 

di  (  <a i>  )4    si    moltiplicheranno    per   le   quiiìte    potenze  de' 

termini  della  progressione  aritmetica  iij5,3..  ii,  j4.  la  somma 
de' prodotti  si  troverai  (2, +-5+8 -t-i  i +-14)4  3.i2.u3''=777Òo. 

All'  istesso  modo  si  dimostrerà  ch'essendo  m=/i-|-a, 
tutti  i  termini  della  nostra  iormoia  gent^rale  svaniranno  ec- 
cetto rautepenultimo,  il  quaie  rap;)reseriterà  ii  conseguenza 
la  somma  cercata  ;  e  in  geneie  eh'  essendo  m  =  «  4-  />  ,  la 
detta  somma  verrà  espressa  da  quei  termine  della  nostra  for- 
mola  generale,  che  dista  dall'ultimo  iu<ghi  p  % 

IV."  Trattandosi  poi  de' coetìioienti  di  {a-^l)"  ,  i  termini 
della  nostra  formola  generale  sarau  tutti  fosit^vi  ed  in  nume- 
ro /^^^-I  ,  sino  a  che  si  supporrà  m  <  n  ,  Supponendosi  però 
77z=  ovvero  >  re  ,  il  numero  de'  medesimi  termini,  i  quali 
continueranno  ad  esser  tutti  positivi  ^  sarà  ifidipendentemente 
da  qualunque  valore  di  m  ,  sempre  =  re  +  1  •  Imperocché 
egh  è  evidente  che  se  sarà  m-=ìi,  tutti  i  temimi  iaian  pur 
come  prima  positivi,  ed  il  loro  numero  sarà  ,  come  sempre, 
m  -I-  I  =  re  4-  I  .  Che  se  supporremo  m  =  re  -h  i  ,1'  ultimo 
termine  che  tioverassi  molt'plicato  per  re  — /re-f-  i,  si  ridurrà 
in  questo  caso  a  o,  sussistendo  tutti  gli  altri,  il  numeiio  de'* 
quali  si  ridurrà  in  conseguenza  ad  m  •>  cioè  ad  re-+-i  .  Simil- 
mente se  sarà  m=  /z  -f-  a ,  -epperò  n  -  m  -{-  a  =  o ,  poiché 
/?,  — rei-Ha.  entra  tra'  fattori  de'  due  ultimi  termini,  siccome 
apparisce  dalla  loro  ispezione  3  questi  due  medesimi  termini 
perciò  mancheranno  ,  e  i  rimanenti  saranno  in  conseguenza 
m-+-  I —  a  =  reH-iì-l-i— iì=:ra-f-i,  come  prima.  In  gene- 
re essendo  m  —  n-^rp,  mancheranno  sempre,  com'è  chiaro, 
gli  ultimi  p  termini,  tra' fattori  de' quali  vi  è  re  —  772-1-/7  =  0, 
e  non  rimarranno  che  termini  m4-i—p=n-^p-\-i — jj^n-v-.i  . 
Del  rimanente  o  sommando  gli  /re+i  termini  della  for- 
inola generale  quando  sia  77z  <  re  ,  o  tenendo  conto  soltanto 
degli  re  -f-  I  primi  termini ,  quando  sia  7?z  =  ovvero  in  qua- 
lunque guisa  >  rej  si  avrà  facilmente  la  somma  de'  prodotti 

de' 


Di  CroACHiNO  Pessuti  .  ^ji 

Je'  coefficienti  di  (a-i-b)"  moltiplicati  rispettivamente  per  le 
potenze  di  qualunque  grado  de'  termini  di  qualunque  pro- 
gressione aritmetica  e  ,  e  -\-  d  ,  e  -\-  2.d ,  e  -\-  2d  .  ^ .  e  -\-  nS. . 

Così  per  es.  i  coefficienti  di  {a-\-hy  essendo  14-3  +-3-t-r  , 
se  questi  si  moltiplicheranno  rispettivamente  per  le  terze  po- 
tenze de'  termini  della  progressione  aritmetica  i  ,  3,  5,  7, 
la  nostra  formola  darà  per  la  somma  de'  prodotti  gli  m  -t-  i 
ovvero  ra+i  cioè  quattro  termini  i'.i5-f(i*-!-i.3-h3*).3.2,.a* 
H-(.H-3  4-5).3.a.a'.a+3.3.r.2.3  =  8+3  i2;+43i-f  48=800. 

Che  se  invece  delle  terze  si  moltiplichino  i  medesimi 
coefficienti  per  le  quinte  potenze  de'  termini  della  stessa 
progressione  aritmetica  i  ,  3  ,  5  ,  7  ,  si  avrà  per  la  somma 
de' prodotti  la  somma  de'^seguenti  re  +  r  cioè  quattro  termini 
•  I^a^^-(  i^+i-'.3-hi\3^4- 1.33+3^)  3.a''^-(I5^-l^3+I.3"^- 
3^4-I^5^-S^+3^5  +  3.5^-^- 1.3  5.). 3.a.3^a+(I'^- 1.3 4-3^+1.5 
-f-5'+i.7-|-7"4-3.5+ 3.7+5.7)3.3. i.a'=3+iai.24 -1-330.48  4- 
170.43=  26913  ► 

Abiiiam.  detto  esser  grandissimo  V  uso  di  questi  teoremi 
nella  teoria  delle  diffiretize  finite ,  ed  in  quella  de'  numeri 
primi.  Per  darne  un  rapido  cenno  supponghiamo  per  modo 
.  dì  esempio  che  si  cerchi  1'  espressione  generale  della  diffe- 
renza /2."'»»  di  x'"  neir  ipotesi  che  sia  costante  la  differenza 
A^  di  X .  Richiameremo  alla  memoria  quel  notissimo  teore- 
ma il  quale  c'insegna  eh'  essendo  z,  z  ,  z' \  z'' .  .  .  z  "  , 
2  "~~^^  ,  s"  i  successivi  valori  di  una  variabile  z,  la  differenza 

,  ,  ,  n.ji  —  I    , 

njima  di  z  verrà  espressa  da  z   '  — nz^     '  ■+■    ..     ^  z^         ..... 


I. .  2, 

....  rt  z,  d'ove    (n)  ,  (re-i),  (^—a)  ec.  sono  indici  e  non  espo- 
nenti .    Avendosi    dunque  nel  nostro  caso  in  vece  di    z ,  z' , 

Il  II,  (n — 3)  («— i)  (n)    .  .     .  ,       .     ,.       „         .     ^ 

z    ,  z     .  .  .  z        ',  z  ,  z   '  i  successivi  valori  di  x  ,  cioè 

(e  Wi A '■)■",  si  avrà  perciò  AV;=(t +  /?,Ax)'"-/?(t'+ /z^i.Aj:).'" 

n  n — I    ,       ,„      n\fi — i.n     a . 

4 (^+/i-a.Aj)'"-  ■ T— (^+ft— S.Aar ±x''. 

Ora 


l 


472i  Su    DI    AIJCUNE    SINGOLARI    PROmiETA''    CC. 

Ora  sviluppando  le  potenze  indicate  ,  e  riunendo  insieme  i 
termini  moltiplicati  per  la  stessa  potenza  di  x  ,  si  raccoglie- 
rà'agevolmente   i."  Che  x"*  si  troverà  moltiplicata  per  i  —  « 

n-a — I       n.?i  —  i -n — a  .   , 

-h  ' 1-   ec.   cioè  per  o,  secondo  i  no- 

I  .  a  I  .  a  .  0 

stri  teoremi  ,    quando    che    sia    «  >  o  .   a.°  Che  a;""'  ve^rà 

moltiplicato  per  mC^x  ,  e  per  la  somma  de'  prodotti  de'    me- 

.  n.n—i         n.n  —  i.n — a 

desimi  coefficienti   i— a  H r —  ec.  rispet- 

I  .  a  j  .  a  .  o 

tivaraente  moltiplicati  per  i  termini  della  progressione  arit- 
metica Zi,  71  —  I  ,  n — a,  n  —  3  ec-  Ja  qual  somma  sarà 
ancoralo  per  i  medesimi  nostri  teoremi  ,  se  sia  «  >  i  .  3.' 

m.m  —  I 
Che  X        troverassi  moltiplicata  per £\x  ,  e  per  la  som- 
ma de'  prodotti  de^  medesimi  coefficienti  rispettivamente  mol- 
tiplicati per  7i*  ,  (  7i -- I  )*  ,  (  re-- a  )*  j    (ti-- 3)*    ec.    la    qual 
somma  è  pure  ,  secondo  i  nostri  teoi-emi  ,  =  o  ,    quando  che 
sia  ra>2,.  4»°  Che  allo  stesso  modo  dovrà  annullarsi  la  som- 
ma   de'  termini    moltiplicati    |>er    x'"~^ ,  x'"~'^  ec.  purché  sia  * 
n>3  ,  re>4  6C.,  ed  in  genere  dovranno  ridursi  a  zero  tut- 
ti i  termini  sino  al  termine  moltiplicato    per  x'"~"  esclusiva- 
mente j    il    quale    sarà    il    primo  a  rimanere  •    ed  è  evidente 
dalle    cose    dette  e  dai  nostri    premessi    teoremi    che    questo 
primo  termine  che  resterà   sarà  il  prodotto  di  ar™""  moltipli- 

7n.m —  i.m  —  a  , . .  .  m  —  «  -+-  i 

cato   per -c^x  ,   e  per  la  sora- 

l*a*o.**«««re 

.     ■                       '^•^  —  I 
ma  de' prodotti  de'  coefficienti  i  —  n -\ —  ec.  rispet- 
tivamente  moltiplicati    per  le  potenze  ii.^"^^  de'  termini  delia 
progressione  aritmetica  n,  n —  i  ,  n  —  a  ec ,  la  qual  somma 

per  uno  de'  nostri  teoremi  è  ^  n.n — i-n  —  a S.a.i; 

siccome    è    egualmente    chiaro    dai    medesimi  principj  che  il 

ter- 


^  Ui  Gioachino  Pessuti  .  ^yS 

F    termine  seguente  risulterà  dalla  moltiplicazione  di  a,"""""""'   per 

—  hx        e  per  la  somma  de   prodotti 

I  .  a  .  3 

de'  coefficienti   i  --  n  -\-  — --  ec  moltiplicati  per  le  po- 

1     *   ii 


tenze  re -t-  i  di  re  ,  re — i,  re— a  ,  ec. ,  somma  da  trovarsi  fa- 
cilmente coi  nostri  teoremi  ;  e  così  di  mano  in  mano  ,  ve- 
dendosi chiaramente  con  qual  legge  progrediscano  i  termini 
superstiti  della  serie  ,  i  quali  debbono  esprimere  il  desidera- 
to  valore  di  A'x" ,  . 

Dall'andamento  di  questa  serie  si  raccoglierà  facilmente 
1°  Che  la  ditì'erenza  dell'  ordine  re  di  x"  non  contiene  veru- 
na potenza  di  ^x  inferiore  alla  potenza  re  ,  né  veruna  po- 
tenza di  X  superiore  alia  potenza  x"'~"  .  3.°  Che  se  sarà 
n  ">  in  5  la  diffeirenza  n.^'ima  di  ^"»  gaia  sempre  ::=  e  .  3."  Che 
se  n  =  in^  la  differenza  re."'"'^'  di  x""  si  ridurrà    alla    quantità 

costante  m.m  —  J  .m — a 3  .  a  .  i  .  A^"'-  4'°  ^^'^  avendosi 

la  funzione  razionale  senza  divisori  variabili  Ax"  ~\-'S,x^Cx'^  -\~ 
ec.  ,  la  differenza  n/"^'^  della  medesima  sarà  parimenti  nulla  se 
sia  re  maggiore  di  qualunque  degli  esponenti  m  ^  p ,  q  ec  _, 
sarà  una  quantità  costante  se  sia  re  eguale  ad  uno  o  più  d'uno 
de'  maggiori  fra  gli  esponenti  ;re  ,  />  ,  y  ec.  ,  e  potrà  infine 
sempre  determinarsi  per  mezzo  della  data  serie,  quando  che 
sia  n  minore  di  alcuno  de'  medesimi  esponenti  ec.  ec. 

Potremmo  oia  passare  a  dare  molte  altre  applicazioni 
della  formosa  generale  del  nostro  problema  ,  e  de'  teoremi 
che  da  essa  se  ne  sono  dedotti  ,  e  soprattutto  potremmo  far 
vedere  di  quanto  grande  uso  essi  possono  essere  nell'  astrusa 
teoria  de'  numeri  primi  .  Molto  facilmente  per  es.  per  mezzo 
dei  detti  teoiemi  potremmo  dimostrare  quell'  elegante  teore- 
ma di  cui  Warìng  attribuisce  la  prima  scoperta  a  Wil  on  , 
e  che  Lag-ange  fu  il  primo  a  dimostrare  ,  cioè  eh'  essendo  p 

Tomo  XI.  O  o  o  un 


4^4  Su    DI    ALCUflE    SINGOLARI    PU0P1U2Ta'     CC. 

un  qualunque  numero  prima»  il  prodotto  i  .  a  .  3  .  4  •  •  •  {p — 0' 
accresciuto  dell'unità  sarà  sempre  divisibile    per   /?  ,    e    non 
lo  sarà  senoncbè  essendo  jj  numero  primo     (i)  .    Ma  lascian- 
do 


(i)  Difatti  abbiam  qui  sopra  dimo- 
strato eh'  essendo  n  un  qualunque  nu- 
mero ,  la  somma   de"  prodotti  de'  cccffl- 

n.n — I        yi.n — i  ■  " — a 

«lenti  ì—n-i "~~3~ 

I     .     a        I   .     2     .     o 

-^  ec.   rispettivamente  moltiplicati  per 

n                    n                     n 
n     ,    (n— i)     ,    («—  a)      


cioè    il     —n{n — i) 


n.n — r  n     n.n — i.n— 2  ,        _/'• 

4 (,2—3)  — 7--  ("—3) 

I   .   a  I-  .  2.    .    o 

-l-  ec.  =r  I  .  a  ■  3  .  4  •  •  •  •  "  5  o"'^'^  ^^ 
supporremo  n  zzf — '  ,  intendeudo  per 
p  il  proposto    numero    primo ,    avremo 


r-zi  ,„^xP-'  ^ 


p—i  .  p- 


(f-3/-^    - 


r,— 3 


£:Zl_^ZÌ:^(;,-4/-'   +  ec. 

^  r  .  2  .  3  .  4.  .  .  -il' — ');>  essendo  n  os- 
sia /. —  I  il  numero  de'termini  del  primo 
membro  ,  giacché  «  è  appunto  il  nu- 
mero de'  moltiplicatori  da  cui  essi  na- 


ri 


re 


n  —  2.) 


scono,   cioè    n      ,     (n — i) 

....  2  ,  3  .  JWa  per  11  teore- 
ma di  Fcrmat  ,  di  cui  abbiam  dato 
una  dimostrazione-    nella    /.*    Farle  , 

(p-.)P-'  -  I  ,  (p-^)P~^  -  I  . 
(e— 3)^'  "' —  1  ec.  sono  sempre  divisi- 
bili per  ^  ,  e  in  conseguenza  (^i)' 


sarà  eguale  a  un  multiplo  àìp,  per  e». 
,)"  sarà    eguale- 


Hp+i  ,  l-i  ip. 


p—i 


a  un  multiplo  di^  ,  per  es.  I^  -i-  > 


e  similmente  ■  \p — ^) 


si  potrà  esprimere  per  un  multiplo    di 

w— I  .  v — 2  . 

p,  per  es.  l^p  -j- —  ec.  Chia- 
mando adunque  N/?  la  somma  de  mul- 
tipli di/),  che  vengon  dati  dai  successivi 


termin 


.(^_,)F-_^'(^_2/-  + 


ip-W 


•  ec.  ,  SI  avrà 


r> — r         /;— I  .  p—^ 


p—\  ■ 
I-     .     a- 


^-^-f-ec.=i. 


,3.4, 


I 


(p—ì).    Ora     I  —  -^ h 


+ 


J5— I  .  p — 2  l/)-^!  .  p — 2  .  ;) — 3 

1.2  1.2.3 

ce.  ,  ccntinuaudo  la  serie,  siccome  si 
è  detto  ,  per  un  numero  di  termi- 
ni p — I   ,    rappresentano    la    potenza 

(i— i)^  diminuita  del  suo  ultimo 
termine,  il  quale  essendo  p  nume- 
ro primo,  e  p — i  in  conseguenza  nu- 
mero pari  ,  sarà  certamente  -t-  i  .     Si 

avrà  dunque  Ì!Ìp  ^-  (i— ')■''"'   —  '  = 


Di  Gioachino  Pessdti.  /J.yS 

ciò  questa  ed  altre  simili  applicazioni  a  chi  potrà  esserne  cu- 
rioso ,  noi  crediamo  che  sia  tempo  di  terminare,  se  non  al- 
tro per  non  giustificare  o  alroeno  per  non  aggravare  l'  accu- 
sa che  pur  troppo  temiamo  che  ci  si  opponga  ,  di  esserci 
cioè  sovercliiamente  dilungati  in  un  argomento  cosi  sempli- 
ce ed  elementare  • 


Ooo  a 


SUL 


N/i  —  I  =i.3.3.4----  [p — ')  ) 
e  quindi  i  .  a  .  3  :  4  •  •  •  •  {j'~~^)  +  ' 
:=  N^,  cioè  r  .  a  .  3  .  4  •  •  •  ip — ')  -(-' 
divisibile  per  p  ,  siccome  dovea  dimo- 
strarsi . 

Egli  é  da  notarsi  clie  questo  teore- 
ma ,  sicccrae  abbiamo  già  accennato  , 
appartiene  esclusivamente  ai  numeri 
primi  ,  cioè  non  si  verifica  senoncliè 
essendo  p  numero  primo  .  Difatti  se 
p  fosse  per  es.  il  prodotto  di  due  qua- 
lunque fattori  disuguali  ^  ed  r  ,  sic- 
come questi  du-  fattori  dorrebbero  es- 
ser minori  d'i  p ,  si  troverebbero  per- 
ciò tra'  numeri  i  ,  2,  3,  4  •  •  •  (/' — i); 


ernie    la    quantità     1.3.3.4 

(p — i)  -+•  I  divisa  per  q  cà  r  cioè  per 
j>  ,  lascerebbe  il  residuo  i .  E  lo  stes- 
so pure  accadrebbe  ,  quando  anche  p 
fosse  il  prodotto  di  due  fattori  eguali 
<]  ■  q  ,  poiché  allora  sarebbe  p—^  SS 
ij^ — I  >  2,q  ,  sempre  che  sia  y  >  2  , 
onde  nella  serie  de'  numeri  1,2,3,4, 
....  (p — i)  si  avrebbero  i  fattori  q 
e  aq  ,  e  quindi  di  nuovo  i  .  a  .  3  .  4  , 
•  •  •  ■  (/'""')  "*"  '  diviso  per  q^  o  p  Jn- 
scerebbe  1'  avanzo  i .  Che  «e  q  sia  a  ^ 
cioè  /'SS4)  ognun  vede  che  i  .  2  .  3 .  -f-  i 
cioè  7  npn  è  divisibile  per  4  • 


47* 

SUL    CATARRO    EPIDEIMICO 

OPUSCOLO 

Di  Giovanni  Verardo  Zeviani 

Pàcevuto    il    (Ti    a4-    Marzo    ioc4- 

PARTE     PRIMA 

Descrizione  del  Morbo . 

Il  Catarro  Epidemico,  volgarmente  detto  Grippe  ,  o  Catar- 
ro Russo  ,  ha  sintomi  coirTuni  con  T  ordinaria  infreddatura  , 
che  noi  diciamo  raffreddore  .  Per  questo  nei  primi  secoU  del- 
la sua  comparsa  ,  gli  uomini  presi  da  questo  morbo  erano 
detti  gli  infreddati.  Una  spontanea  lassezza,  non  dolorosa,  ma 
fredda  e  stupefattiva  delle  membra  è  il  tristo  annunzio  drl 
morbo  vicino  ,  quando  è  in  piedi  l'  Epidemia  •  Dopo  poche 
ore  insorgono  de' brividi  in  tutta  la  persona,  che  poi  si  can- 
giano in  una  febbre,  per  lo  più  eflimera  .  Nel  tempo  istesso 
duole  e  si  carica  la  testa  di  una  più  o  man  dolorosa  ed  acre 
flussione  ,  detta  dai  Medici  corizza  .  Stillano  dagli  occhi  in- 
fiammati brugianti  lagrime  :  dal  naso  e  dalle  più  interne  na- 
rici esce  il  sangue,  e  dopo,  un  focoso  muco  sottile  ,  che  fa 
sternutare  ,  tossire  ,  e  vomitare  i  rappresi  .  Se  il  corpo  sia 
di  fredla  temperatura,  o  sia  fredda  la  stagione,  la  ft  bbre 
noti  è  molto  sensibile,  ma  replicano  allora  dopo  il  primo  al- 
tri termini  di  febbre  a  guisa  di  terzana';  i  quali  perchè  non 
finiscono  col  libero  e  copioso  sulore  ,  se  ne  prolunga  il 
corso  del  morbo;  il  quale  poi  passa  ad  ingombrare  il  polmo- 
ne, producenflo  da  prima  la  raucedine  coti  sfMiso  di  aidore 
molesto  lunghesso  la  trachea  ,  e  dopo  eccitando  una  molesta 
tosse  ,  che  si  estende  a  più  settimane ,  prima  di  portar  fuori 

uà 


^    G'iOVANNI    VeRARDO    ZeVIANI   .  477 

un  facile  e  concotto  catarro  ,  che  dia  fine  al  morbo  .  Vizia- 
ta la  scialiva  dal  muco  infetto  ,  si  fa  frequente  e  molesto  lo 
sputo,  si  altera  il  sapore  degli  alimenti,  si  perde  la  voglia 
di  mangiare  ;  onde  divengono  deboli^,  e  si  scarnano  gli  infer- 
mi .  Propagandosi  la  catarrale  inffziofie  alle  parti  inferiori  ed 
al  sangue,  restano  alcuni  aitaccati  dalla  pleuritide  e  dalla 
peripneumonia  :  altri  si  fanno  tabidi  :  altri  dissenterici:  altri 
oppressi  da  perigliose  febbri  maligne .  Passato  il  fnroi'e  del 
morbo  ,  resta  frequente  la  lippitudintf  e  1'  apoplessia  :  e  vi 
succedono  d'ordinario  il  vajuolo  ed.i  morbilli,  o  qualche  al- 
tro morbo  epidemico  ►  .Passa  il  morbo  celeremente  di  una  in 
altia  persona,  di  una  in  altia  famiglia,-  di  una  in  altra  Cit- 
tà :  attaccando  tutti  indifferentemente  di  ogni  età  e  di  ogni 
sesso  ,  sino  a  diffondersi  nel  corso  di  un  anno  a  tutta  f  Eu- 
ropa ;  dove  infierendo  nel  verno,  dove  in  primavera  ,  dove 
nell'estate,  e  dorè  nell'autunno  ;  fermandosi  in  un  sito  niente 
più  di  quattro  o  sei  settimane  .  Non  tacciono  gli  altri  morbi 
ordinar]  nel  tempo  del  catarro;  come  dicono  che  succede  in 
tempo  di  peste:  e  singolarmente  se  la  stagione  il  comporti  , 
si  uniscono  al  tempo  le  febbri  periodiche ,  o  si  risvegliano  . 

Serie  delle  Catarrali  Epidemie  dall'anno   I2,3g. 
sino  al  presente  . 

12,39.  \\\  questo  anno  nelle  Croniche  de'  Frati  minori 
leo-cresi  che  fu  nel   mese  di   Agosto   una  influenza  catari  ale  . 

i3ir.  Nelle  stesse  Croniche  leggesi  di  una  influenza  si- 
mile ili  tutta  la  Francia  ,  per  cui  moii  gran  numero  di  per- 
sone . 

i3i3.  Nella  Istoria   Fiorentina  del   Buonin«p^nÌ ,  leggesi 
che   in   «piesi'  anno  di  Agosto  fu  un   vento  pestilmziale  ,    per 
il   cpiile    allunalo  di  fredlo    e    di    febbre    per    alcuni   dì    qua- 
si    tutte     le     persone    in    Firenze  ;  e  cjuesto  medesimo  fu  per 
Jq;u3Ì   tutta   I  taba  ► 

iSaj.  Nella  stessa  Istoria  si  legge  che  nel  mese  di  Mar- 
zo 


47^  '^UL  Catarro  Epidemico 

zo  fu  quasi  per   tutta    T  Italia  una  corruzione  di  febbre   per 
freddo  . 

i358.  Nella  stessa  Istoria  si  legge  che  nel  principio  dell' 
inverno  cominciò  una  influenza  di  freddo  ,  che  quasi  ogni 
persona  della  Città  e  distretto  d'  intorno  infreddarono  ,  e 
molti  ne  morirono  . 

1387.    Questa    pur    leggesi    nella  Storia  Fiorentina:  nel 
mese    di    Gennajo    cominciò    in   Firenze    una    influenza  ,  che 
quasi  ogni  peisona  malava  di  freddo  e    con    febbre  ,    e    duiò 
insino  a   mezzo  Febbrajo  ,  e  morirono  molti  di   ogni  età  ,  ma 
più  de'  Vecchi  .    Leggesi  ancora  nel  supplemento  alla  Storia 
di  Forlì  del  Marchesi  ,  che  in  quest'  anno  segui  una  congiu- 
ra,  sedata  la  quale   la  città  restò  ttavagliata  da  una'Epidemia 
di  tosse  5  e  freddure    con    febbri    lente,    che    universalmente 
non  la  perdonarono  ad  alcuno;    il    qual    morbo   si  dilatò  per 
tutta  la   Provincia   di  Romagna  ,  se    ben  pochi    ne  morirono  . 
Questa  si  è  la  prima  Epidemia    catarrale  che  si  trovi    accen- 
nata da'  Scrittori  di  Medicina  :   e  fu  il  primo  Valesco  di  Ta- 
ranta  :    Ego    vidi    Montepes sulano  anno  quo  ego  accepi  licen- 
tìarn  id8j;  quod  fuit  Catarrhus  quasi  generalis ;  ita  qiiod  vix 
decima  pars  gentium  praeter  ìnfantes    evasit    catarrhum    cum 
febre ,    et  fere    omnes    decrepiti    moriebantur  propter   dictain 
causam  •  (a) 

1400.  Due  catarrali  Epidemie  furono  in  questo  torno  di 
anni,  accennate  dallo  stesso  Valesco. 

1410.  In  questo  anno  scriveva  Valesco  ,  quando  correva 
una  quarta  Epidemia  catarrale  fra  quelle  che  furon  da  lui 
vedute  :  est  quasi  aegritudo  generalis  ,  et  quasi  pestilentialìs 
suo  modo  :  et  aliqui  inde  rnoriuntnr  ,  maxime  decrepiti  :  et 
per  loca  facit  cursiim  siium  :  et  bene  tempore  meo  vidi  qua- 
tuor  vicibus  {b) .  Non  so  comprendere  la  ragione  perchè  questi 

pas- 


[à]  De  Catarrlio  Pronosticatio  . 
(b)  De  signis  Catarrbi  . 


Di   GmvANNi  Verardo   Zeviani  .  479 

passi  di  Valesco ,  i  qu;iii  si  trovano  nella  Veneta  ediz'otie  dL-Ue 
sue  Opere  all'anno  i5i3,  siano  poi  stati  ommessi  nella  edizio- 
ne di  Francfort  all'anno  iSgg.  Forsechè  è  stato  creduto  ne- 
cessario ommetterli,  come  quelli  che  ni.n  si  accordano  coiran- 
no di  sua  nascita  j  eh' è  marcato  dal  Mangeti  all'anno  i3uii. 
Bla  accordandosi  i  sopra  addotti  passi  del  Buoninsegni  e  del 
JMarchesi  a  mettere  essi  pure  una  Epidemia  di  catarro  alTan- 
no  stesso  1387.,  in  cui  la  pose  Valesco,  meglio  era  attri- 
buire r  errore  agli  Autori  che  quel  tempo"  hanno  segnato 
d(;l!a  sua  nascita  j  che  crederlo  corso  nell'Opera  dello  stesso 
VaLsco  . 

i4i4'  Secondo  il  Mezerei]  a'  tempi  di  Carlo  VI.  fu  un 
«■atarro  epidemico  ,  chiamato  la  Cóqueluche  ,  che  nei  mesi 
di  Febbrajo  e  di  Marzo  tormentò  ogni  genere  di  persone,  e 
quasi  tutti  li  vecchi  ne  morirono  (t) .  Questo  è  notato  an- 
che da   Frate  Girolamo  da   Forlì  nel  suo  Cronico  .' 

1438.  Al  fin  di  questo  anno,  leggo  di  un^  influenza, 
probabilmente  catarrale  diffusa  in  questo  tratto  di  Italia  ,  ac- 
cennata dal   Carli   al  tomo  sesto  della  sua   Storia  di  Verona  • 

1483.  Descrive  il  Mezerei]  un'  epidemica  malattia  in  que- 
sti termini  :  =  il  courut  une  maladie  epidemique  tonte  extraor- 
dinaire,  qui  attaquoit  aussi  bien  les  Grands ,  queles  petits  .  = 
E  da  credeie  che  questo  morbo  fosse  di  catarro  ,  stantechè 
è  accennato  da  Alessandro  Benedetto  in  questi  termini  :  asta- 
te nostra  hujusmodi  destillationes  graves  ,  perìculosaeque  ciiin 
acuta  fehrì  omneiìi  Italiae  orain  infeitaverunt  ex  quodam 
cadesti  injluxu  ;  ita  ut  plurimi  caderent  {d)- . 

i5o5.  Descrive  in  questo  anno  Gasparo  Torcila  un  male 
pestifero  e  contagioso  che  infestò  la  Spagna  e  1'  Italia  .  Ben- 
ché sia  questo  da  lui  chiamato  Mgritudo  Ovina,  credo  io 
noa    ostante    che   altro    non  fosse    che    il  catarro    epidemico  : 

stan- 


(f)  Abregé  ,  part.   2.   tom.   3. 
(J)  Lib.  4-  cap.    i8. 


4°o  Sul  Catarro  Epidemico 

staritechè  gli  Italiani  nelle  vere  e  certe  Epidemie  catarrali 
elle  fulron  dappoi,  hanno  seguitato  ad  usare  il  nome  di  mal 
del  castrone  :  nome  che  siguitica  la  tosse  ,  fainiliar  nioibo 
de'  castroni  . 

i5io.  Ecco  infatti  il  vero  catarro  epidcm'co  ,  tielto 
già  dai  Francesi  Coqueluche ,  in  questo  anno  desciitto  dal 
de-Thoti,  col  nome  di  mal  del  castrone:  Morbus  novus ,  in 
Italia  dictiis  Vernecìnus ,  qui -ìa  Oriente  primum -^  dein  Itala 
et  Hispania  lethalìs  {nam  et  ex  eo  Jniia  Philippi  Rfgis  uxor 
decessi t  ,  et  Gregorius  XIII.  ptriculose  a£grotavit  )  incogni- 
ta initio  remedioniin  ralione  ,  mulios  afjlixit  :  coquelucham 
vulgo  vocabant  {e)  .  Il  Mezerei]  per  verità  alquanto  diversa- 
mente descrive  questo  morbo  ;  il  che  ha  dato  occasione  al 
dotto  di  Sauvages  di  dubitare  se  veramente  fosse  di  catarro. 
Non  e'  è  pelò  occasion  da  dubitarne  per  la  maniera  con  cui 
lo  descrive  anche  il  Fernelio  :  coìnmiinis  illa  porro  omnibus 
decantata  gravedo  anhelosa  anno  i5io.  ,  in,  cmnes  fere  mun~ 
di  regiones  debacchata  .,  cum.  febre  ^  cuni  summa  capitìs  gra^ 
vitate ,  cum  cordis ,  pulmonumque  angustia  ,  atque  tassi  ; 
quamquam  multo  plnres  attigit^  quam  jugulavit  (/)  .  Quindi 
dal  Vallerioia  e  dal  Sennerto  fu  questa  pure  annoveiata  fra 
le  altre  catarrali  Epidemie  che  furon  dappoi  .  E  per  ventura 
è  quella  di  cui  scrisse  Gregorio  Horstio  :  huc  ftiam  pertinet 
malum  Epìdemium^  gravedo  scilicet  anhelosa  cum  tassi,  quae 
ante  90.  annos  universum  fere  ìnundum  ab  occidente  in  orien' 
tem  per  omnia  quatuor  anni  tempora  pervagata  est  [g)  , 

i5j5.  Questa  è  riferita  dal  Paradino  ,  secondo  che  si  lee- 
gè  in  Marcello  Donato  [h)  , 

i54'^.   Si  fa   menzione  di  una  Cefalea  pestilente  in  molti 
luoghi  epidemica  dal  Trochoreo   in  speciale  libretto. 

1557. 

(«•)  Hist.  lih.   71. 

(/)  De  aJidit.   lib.   a.   rap.    la. 

(g)  Op.   tom.    I.   p.   285. 

(/*)  De  Med.  Ili^t.  lib.  6.  cap.   4. 


I 


Di  Giovanni  Vejiardo  Zeviani  •  4Si 

1557.  Questa  Epidemia  catarrale  è  descritta  pienamente 
dal  Valleriola  ,  che  la  dice  diffusa  in  tutta  la  Francia  (  i  )  . 
Con  più  vivi  colori  vien  descritta  da  un  Anonimo  P'rancese  , 
nelle  osservazioni  del  Riverio  .  La  stessa  fu  osservata  in 
Olanda  dal  Foresto  e  dal  Dodoneo. 

iSói.  Fu  in  quest'  anno  veduta  e  provata  una  influen- 
za catarrale  in  Basilea  da  Giovanni  Bauhino,  della  quale  co- 
sì scrisse  al  Gesnero  :  licei  non  sit  mìhi  commoditas  magna 
scrìbenclì ,  cum  laborem  morbo  Epidemia ,  qui  est  gravitas  cct- 
pitis  cum  dolore  et  defluxìonihus  magnis  ,  quibus  correpti  su- 
nius  fere  om/ies  (  vocant  liunc  morbum  Galli  coqueluche^  ni- 
hilominus  tarncn  volui  tibi  scribere  (/)  . 

i574-  Cosi  scrive  il  Ballonio  di  questa  Epidemia  :  Anno 
hoc  ,  quum  aestas  pluvia  esset  ,  austrina  ,  et  autumniis  eam 
excepisset  eodeni  temperamento ,  infinitos  prehenderunt  den- 
tìum  dolores  ,  coryzae  ,  ophtalmiae ,  tusses ,  pulmonum  af~ 
fectìoiìes  t  destillationes  in  partes  sidijecias  :  immo  et  nonnul- 
lis  apoplexiae  {jìì)  . 

iSyS.  Ecco  un'  altra  Epidemia  catarrale  descritta  dallo 
stesso  Ballonio  :  si  serum  malignum  et  indomitum  in  animan- 
tìum  capitibus  generatum  in  fauces  et  asperam  arterìam  iiir- 
i  jluebnt^  tusses  violentas,  pruritus  quosdani  in  pectore ,  et  ìna- 
nia  tussiendi  desideria  excitabat .  Imma  Medici  qui  popularis 
morbi  saevitiam  considerabant  ^  eos  affectus  ei  consimiles  arbi- 
trabantur ,  qiiem  olim  coqueluche  vocitahant .  (/?) 

]58o.  Questa  fu  veduta  in  Spagna  dal  Mercato.  In  Ger- 
nmiiia  dall'  Henischio  .  In  Olanda  dal  Foresto  .  In  Francia 
dall'Anonimo  in  Riverio.  Qual  fosse  in  Italia,  lo  abbiamo  da 
Pietro  Salio  diverso  ^  dal  Capivaccio,  dal  Mercuriale,  da 
Francesco  Campo  di  Lucca  ,  che  ne  stese  un  trattato  .  Par- 
loinie  anche  il  Cicarelli  nelle  vite  de'  Pontefici  . 

Tomo  XI.  P  PP  iSgi. 


(j)  Appeml.  loc.  com.  cap.  2. 
(l)  Gosner.  Epist. 
(ni)   Tom.    I.   p.Tj.   m.   84. 
(n)   Tom.    1.   pag.   m.    \^^. 


48a  Sul  Catarro  Epidemico 

l'gr.  No!ò  in  questo  anno  il  Sennerto  una  febbre  ca- 
tarrale Epidemica  in  Gerraania  .  Questa  forse  fu  quella  stessa 
veduta  dal  Vaiandeo  in  Francia  ,  la  quale  per  testimonio  del 
Camini  fu  diffusa  in  tuttala  Italia -,  e  ne  parla  anche  il  Trun- 
conio,  ed  il  Platina  nella  vita  di  Gregario  XIV.  Mal  s'appo- 
se il  Gennari  5  volendo  che  fosse  forse  il  mal  del  monto- 
ne (o)  . 

iSgS.  Questa  Epidemìa  è  ramrnemorata  dal  Chiflcfc  in 
Francia  ,  e  dal  Cagnato  in  Italia  . 

1597.  Si  trova  un  libretto  di  Giambattista  Mella  ^  inti- 
tolato ii  Corlesivo  ,  o  vero  del  mal  di  castrone.  Per  quc^sto 
libro  si  dinìostra  una  catarrale  Epidemia  in  Italia  :  ciò  (he  si 
comprova  altresì  da  un  passo  delio  Schenchio  ,  che  la  fa  co- 
mune anche  alla  Germania  :  hujus  saevìtia  Ptomae  eo  ipso  tem- 
pore quo  Germanìam  ìnvaslt ,  supra  novem  millia  homìnuin 
absumpta  fuìssc  litterls  amicorum  didici  (p)  .  Sembra  che 
questa  sia  indicata  ancora  dal  Zacchia  ;  il  quale  mentre  scri- 
veva all'  anno  1637^  paila  di  una  Epidemia  catarrale  mole- 
sta ai  Napoletani  dopo  quella  dell'  anno   i58c.  [q)  . 

1617.  Quando  però  di  questa  non  parlasse  Zaccliia  ^  del- 
la quale  parlando  il  Mercuriale  così  dice  :  peregrinus  hic  hos- 
pes  Neapolim  involavìt  ubi  ad  sexaginta  millia  infantium 
(  hanc  aetatulam,  in  primis  adoriebatur  )  praeter  innumeros 
cujusvis  uetatis  et  conditionis  homines  ,  qui  contagiosa  hac 
lue ,  ah  incolis  male  in  canna  nuncupata  ,  intra^  septimum 
ah  invasione  diem  ,  nìl  proficientibus  antidotis  ,  exlincta 
sunt     (r)  . 

i6a2.  Fu  pure  in  Napoli  in  questo  anno  una  Epidemia 
di  mali  di  gola  e  del  respiro  ,  descritta  dal  Boncore  . 

162,7. 


(o)  In  Penada  ,  osserv.  tom.   i.  p.  83. 

(p) ,  Prsfat. 

[q)  Quffst.  pag.  m.  263. 

\j-)  Lib.  de  Peste  . 


Di  Giovanni  Verardo  Zeviani  .  4^3 

1627.  Questa  è  indicata  dal  Zacchia  :  Nam  et  henignis- 
sìmi  quidam  vagantur  morbi  populures  ,  quales  sunt  raucedì- 
nes  et  gravedines,  quae  hoc  tempore  plures  Italiae  urbes  mo- 
le.starunt  i  et  adhuc  anno  presenti  1627  molestant  [s)  . 

i658.  In  questo  anno  vide  e  descrisse  esattamente  il 
Villis  in  Inghilterra  una  febbre  catarrale,  a  mezza  primavera. 
Epidemica  {t)  .  E  fu  probabilmente  la  stessa  natura  di  morbo 
quello  che  vide  a'  suoi  giorni  Giambattista  Doni  :  morbus  , 
qutm  ridiculo  nomine  castronem  vocant  ^  multos^  ex  debìliO' 
ribus ,  eisque  qui  non  satis  obtecti  incederent ,  afflixìt  vel  i/i- 
teremit  (u) . 

i663.  In  questo  anno,  al  riferire  del  Paulitii,  fu  in  tutto 
Io  stato  Veneto  una  Epidemia  catarrale,  che  infermò  più  ses- 
santa mille  uomini  . 

1669.  Una  Epidemìa  catarrale  fu  veduta  in  questo  anno 
dal  Fanoisio,  onde  scrisse  un  libro  intitolato  :  dissertatio  Me' 
dica  de  morbo  Epidemico  hactenus  inaudito:  praeterita  destate 
anni  \  669  Lugduni  Batavorum ,  vicinìsque  locis  grassante  . 
Questa  stessa  fu  descritta  dal  Bartolini:  alias  tusses  Epidemia 
cae  et  pleuritides  hac  aestate  anno  1669  grassabantur  ,  non 
paiicis  lethales  [x]  .  Fu  descritta  anche  da  Silvio  le  Boe  ,  il 
quale  poco  dopo  per  essa  morì  . 

1675.  In  questo  anno  notò  il  Sidcnamio  in  Inghilterra 
una  tosse  Epidemica  ,  che  si  tirò  dietro  la  peripneumonia  . 
Era  però  un  vero  Catarro  Epidemico,  per  tale  descritto  dall' 
Ettmullero,  che  io  dice  comune  a  tutta  la  Germania.  Tan- 
to afferma  anche  il  Reygero  nelle  effemeridi  Germaniche,  e 
r  Offmanno  stesso  (7).  Trascurando  il  Catarro  fatto  comune  in 
Inghilterra,  morinne  Tomaso  Villis,    fatto  peripneumonico. 

Ppp  a  1779. 


{s)  Loc.  citato  . 

(<)  Op.  tom.   I.  pag.  m.  2oa. 

[u)  De  Saint.  Agri  Romani  . 

(x)  Epfiem.   German. 

(y)  Med.    System,   tom.  a.  cip.  4- 


4^4^  Sul  Catarro  Epidemjc» 

1779.  Niccola  de  Blegny  descrive  un  catarro  Epidemico 
in  questo  anno  apparso  in  Francia  .  Questo  stesso  fu  veduto 
ifi  Inghilterra  dallo   Scacht ,  e  dal  Morley  . 

1691.  Nella  Stiria  fu  in  quest'  anno  un  Catarro  Epide- 
mico, descritto  dai  Leben-valdt  ;  e  fu  in  Roma  una  simile 
infezione  ,  descritta  dal  Cagnati  (s)  . 

1699.  ^"  questo  anno  è  descritto  dai  Curiosi  della  Natu- 
ra un  catarro  Epidemico  in  Ratisbona  ;  e  lo  stesso  fa  notato 
in  Lipsia  dali' Offmanno  [a). 

1709.  Lo  stesso  OfiPmanno  descrive  un  catarro  Epidemico 
nella  Prussia  in  questi  termini  :  Jiprili  et  Majo  initiante,  Be~ 
roliiiì  ,  quo  tiim  degebam  ,  et  alibi  qiiamplurimos  corr'ipiebat 
febrìs  ciim  horrìpilatione  et  aestii^  summo  languore  ,  tussi  fe- 
rina ,  nonnullis  quasi  siiffocatoria ,  ingenti  siti ,  et  cihorum 
nausea  .  Circa  noctem  invalescebant  haec  omnia  ;  et  somnus 
inde  mirum  turbabatur:  in  quìbusdam  extrema ,  max  calebant , 
max  horrebant  .  Qui  vìx  convalescentes ,  in  publicum  prodi- 
hant  cito  nimis  ,  incurrebant  ingentem  capitis  torporem  ,  gra- 
vntivum  dolorem  ,  vertiginem,  gravedinem,  dan  Stoksclinup-^ 
ten  (b)  .  La  stessa  epidemia  fu  veduta  in  Roma  dal  Lancisi  ; 
e  la  dice  diffusa  in  tutta  1'  Italia  ,  uelL'  Olanda  ^  ed  in  Fran- 
cia {e)  . 

171 1.  L' Offmanno  descrive  una  certa  febbre  Epidemica: 
quae  totam  Blarchìam  et  Ducatum  Magdeburgium  ,.  Thurìn- 
^arn  quoque  ìnfestabat  (d)  .  Ma  fu  un  vero  catarro.  Epide- 
mico ,  come  tale  notato  dal  Boettichero  {e),  e  dal  Bavero  (/). 

1729.. 


Duse. 


(2)  Opu 

(fl)  Opusc.  Med.  PHys. 

(i)  Med.   Syst.  tom.  4.  pag-  m.   70. 

(e)  Rom.  Epid.  pag.  m.   io5. 

{d)  Med.  Syst.  tom.  a.  pag.  m.   iii. 

(d)  Act.    Lips. 

{f)  Eph.  German. 


Di  Giovanni  Verdrdo  Zevtani  .  ^Sy 

1729.  Parlò  di  questo  catarro  Epidemico  l'OfFinanno  (^) . 
Ma  più  distintamente  il  Loevo  in  particolare  libretto  :  Feùris 
catairhalis  anno  1729  •,  singìllatìm  mense  Septembris  atque 
Octohrìs  Vìennae  epidemicc  grassata  est ,  cujus  muli  semina  non 
tantum  per  Svetiam  ,  Daniam  ,  Hollandiam ,  An^liam ,  His~ 
paniam ,  GalUam ,  Elvetìani ,  Italiam ,  Austrìam  ,  Germaniae 
partes  reliquas  ,  Hungariam  ,  Polonìani ,  totam/pte  Europam , 
eodcm  tempore  sparsa  sunt  .  Unde  etiam  est  quod  in  hac  Ci- 
vitate  Viennae  non  60000  liominum ,  quod  novellae  tradidc' 
re  ,  sed  longe  major  numerus  hanc  perpessus  sìt  .  Fu  questa 
in  Padova  nel  seguente  Gennajo  17,30  per  referimento  del 
?iIorgagni  (A)  ,  e  moriiine  il  celebre  Antonio  Vallisneri   (i)  ► 

17.33.  Questa  fu  molto  osservabile,  ed  è  pienamente  de^ 
scritta  nei  saggi  di  Edimburgo  :   singolarmente  si  nota  „   che 
prima  che  questa  malattia  si  fosse  palesata  fra  gli  uomini  ,  i 
cavalli   tanto  delia  città  ,    quanto    delle    vicinanze  furono  ge- 
neralmente   soggetti  ad   un  raflreddamento ,    che    loro    faceva 
avere   un  corso  di   mucosità  per  le  narici  .    Questo  male  Epi- 
demico si  sparse  in  tutta  1'  Europa ,  né  risparmiò  gli  abitan- 
ti dell'  America  \  cosicché    per   avventura  è  stata  la  malattia 
più  universale  che  si  abbia  mai  veduto.    Le    prime    relazioni 
che  ne  abbiamo  ricevute    1'  anno   scorso  in  Europa  ,   ci  ven- 
nero versa  la  metà  di.  Novembre  dalla  Sassonia  e  da  Hanno- 
ver ,  e  dai  paesi  circonvicini  della  Germania  .  Si  fece  sentire 
nei     tempo    stesso    in    Edimburgo  ,    e    Basilea  ,    Palesossi    in 
Londra  nella  seconda    settimana  di  Gennajo  .    Verso   la  metà 
dello  stesso   mese  si  scoprì  a  Parigi  ,    dove  fu  conosciuta    col 
nome  della  Fcillette  .  U  Irlanda  non    cominciò  ad  esserne  in- 
fetta che  su   la  fine  d-l   mese  istesso.  Verso   la   metà  di  Feb- 
braio ne  fu  parimenti  assalita  la  Città   di  iivorno  j   e   su    la 

fi- 


(é')    Med.   Hist.     tom.  4.   pag.   m.    j8o. 
(A)  De  Sed.   inorb.  lib.    i.    cpist.   i3. 
^)  Vita, 


486  Sul  Catarro  Efidemico 

fìiie  del  mese,  gli  abitanti  di  Napoli  e  di  Madrid  provarouo  I 
cattivi  effetti  di  questa  costituzione  Epidemica  sparsa  nell' 
aria  .  Neil'  America  cominciò  verso  la  metà  di  Ottobre  dalla 
nuova  In2,liilterra  ,  da  di)ve  si  estese  alla  parte  di  mez- 
zogiorno ,  e  scorse  le  Barbade  ,  la  Giamaica  ,  il  Perù  ed  il 
Messico  :  presso  a  poco  nella  istessa  maniera  che  avea  fatto 
in  Europa  ,,  .  Veder  si  può  anche  1'  Huxham  al  Febbrajo  di 
questo  auno  ,  ed  il  Gortero  in  ispezlale  Opuscolo  .  Parlonue 
altresì  il  Jussieu  ,  il  Mosca  ,  ed  il   Muratori  . 

1737.  Ferdinando  Pauli  dà  la  descrizione  di  una  febbre 
catarrale  in  Geimania,  nella  primavera  di  questo  anno  fat- 
tasi epidemica  (/)  .  Questa  stessa  fu  descritta  in  Inghilterra 
dall'  Huxham  {m)  . 

1-43.  Cominciò  questa  nel  precedente  anno  in  alcuni 
tratti  della  Germania  secondo  che  si  legge  nella  Medicina  di 
Europa  del  Roncalli  (ra)  ,  e  nella  raccolta  di  Opuscoli  Medici 
dell' AUero  (0)  .  Dilatossi  a  tutta  la  Europa  in  Primavera  l'an- 
no dopo,  1743.  Onde  1' Uxham  la  vide  in  Inghilterra;  il  de 
Sauvages  in  Francia  ,  il  Pringle  in  Germania  ,  ed  il  Roncalli 
la  Italia  . 

1762.  Nell'Autunno  di  questo  anno  vedenìmo  noi  in  Ita- 
lia una  benigna  e  mite  Epidemica  catarrale,  della  quale  noli 
farci  menzione  ,  se  questa  stessa  non  fosse  stata  in  Inghilter- 
ra ,  secondo  il  Saillant  ;  in  Germania  secondo  il  Collegio  de' 
Medici  di  Argentina  ;  in  Francia  secondo  il  Razoux  ,  e  se- 
condo il  Giornale  Medico  Francese  .  Il  Saillant  fa  menzione 
di  due  Epidemie  catarrali  nell'anno  1775,  e  nell'anno  1780. 
Non  leggendole  da  altri  rimarcate ,  non  le  credo  vere  ed  os- 
servabili . 

1783. 


(/)  Acta  Nat.  Cur.  tom.  5. 
(m)  Ohs.  de  aer.   1737. 
(n)   Pag.  m.    iia. 
(«)  Tem.  5.  pag.  m.  agS. 


Di  Giotanni  Verardo  7eviani.  4^'7 

1782.  Sul  declinare  dell' Inveirò  fu  in    questo    npi;u    im 
freddo  eccessivo  ed  insolito  .  Allora   insorse    nella   Russia    un 
morbo  catarrale  epidemico,  che  di  là  al  mezzogiorno  di  luo- 
go  in  luogo  spandendosi,  occupò  fra  lo  spazio  di  sei  mesi  tut- 
ta r  Europa  •  Entrò  in  Italia  al  cominciare  di  Luglio  :  in  sta- 
gione air  eccesso  calda  e  secchissima,  per  cui  disseccatesi  in 
erba  le  seconde  biade,  e  struttisi  i  frutti   degli  alberi  fu  gtan- 
dissima  carestia  ,  che  quadruplicò  qui  ed  altrove  il   prezzo  or- 
dinario dei  grani  .  Verona  e  Vicenza    furono    le    prime    Città 
d'Italia  ofF-se  dal  morbo.  Poco  dopo  la  metà  di    Luglio   en- 
trò in  Sinigaglia  per  occasione  della  Fiera  :  da    dove    poi    di- 
latossi  qua  e  *à  a  tutte  1'  altre   Città    col    ritorno    dei    Nego- 
zianti. Faceva   dimora  in   un   lungo   per  lo  ajpazio  di  circa  sei 
settimane  .    Cominciava  il  morbo  in  quasi   tutti  con  un  senso 
di  freddezza  e  stupefazione  alle  parti  estreme  :  preluilj  di   una 
febbre   che  poi  nianifestavasi  acuta  e  forte,  con  i  sintomi  or- 
dinar] dell' infreddamento  :  aggravio  cioè  di  testa,    distillazio- 
ne di   materia  acre  dagli    occhi  ,   dalle    narici  ,    dalla    bocca  , 
con   tesse  secca  e  fibrina  .  Ajutando  la  calda  stao-ione    il     boi- 
ler della  febbre,  e  1'  uso  che  facevasi  di  bevande  calde,  pro- 
ronqieva  poco  dopo  il  sudore  ,   il  quale   poneva  fine  al    mor- 
bo .  Era  per  lo  più  effiinera  la  febbre  :    solo    che    in    alcuni 
che  non  coltivavano  il  sudore  se  ne  ripigliava  un  secondo  ter- 
mine ,  che  ripigliava  con  salute  il  sudore  rappreso.  In  qualcuno 
di  fredda  o  lassa  temperatura  era  niuna  la  febbre;  ovvero  appe- 
na sensibile,  ed   in   tal  caso  si  prolungava  al  settimo  giorno,  e 
più  tardi  ancora  .   Li  caratteri  più  universali  e  proprj  di  que- 
sto morbo  ,  anche  più  mite  ,  erano  un  riscaldamento    di    te- 
sta che  fa^^eva  turbulenti  sonni  ,  e  sogni    paurosi   per    ombre 
e   tetri  fantasmi.  Un  resto  di  freddezza  agli  arti   inferiori  an- 
che- nel  b.dior  della  febbre  :  accompagnata  a  guisa    di    lipiiia 
da  un  senso  di  foco  acre  interno  ,  massimamente    dalla    gola 
alla   pozza  dello  stomaco  .  Un  odore  che  tramandavano  il  su- 
dore  e  l'orina  ed  il   muco,    insolito  e  grave,  comedi  brassi- 
ca  cotta  e  stufata  .  Facili  erano  oltre  a  ciò  nel    decorso    del 

mor- 


488  Sul  Catarro  Efidemico 

morbo  le  pustule  alla  pelle  ;  le  emorragie,  e  le  affezioni  ver- 
luiuose,  anche  nei  vecchi  decrepiti  .  Entrato   in  una    casa    il 
morbo  quasi  tutti  nello  spazio  di  una  settimana  ne  aggrediva 
gli  abitanti,   mentre  altre  case  erano  del  tutto   immuni  .  Ne"" 
conventi  delle  Monache  che  vivono  ritirate  ,  niuna  inferniossi: 
mentre,  negli   altri,  quasi  tutte  in  un  tempo  ne  erano  offese,       | 
per  la  fjual  ragione    furono  esenti  dal  concepire  il  catarro  £;li 
stessi  uomini  e  donne    rinserrati    nelle    prigioni.    Egualmente 
assali  bambini  ,    giovani   e  .vecchi  ,  donne    gravide  e  lattanti  , 
ammalati  e  sani  :    e  fu  breve  e  benigno   in    tutti  ;    ma    mici- 
diale  in  chi  noi  riguardò  :   essendo    per    questo   difetto    periti 
due  giovani  Medici.   R.innovaronsi  in  moki    al    fin    dell'anno 
le  catarrali  affezioni  moleste  in  allora  e  ferigne  ,    e    cosi    nel 
seguente  anno  le    tossi  ,    le   facili    peripneumonie  ,   le    febbri 
maligne,  ed  ogni   sorte   di    epidemie    d'altra    natura.    Allora 
alla  metà  di  Giugno  e  tutto   Agosto  si  ricoprì  il    basso    Cielo 
di  una  secca  e  polverosa  nebbia,  che  toglieva    il    raggio    del 
Sole  ,  benché  fosse    alquanto   trasparente  :  rendendolo  sangui- 
gno e  smorto  .    Questo    fenomeno    mi  piace  ricordarlo  ,    stan- 
techè  altre    volte    fu    osservato    dopo    il    Catarro    epidemico  : 
segnatamente   nell'anno  1704,   I733,    1737,  il  quale  vien   de- 
scritto   nobilmente    dal   Fracastoro    (j?)    e  da  lui  riposto  fra  i 
segni  d'una   peste   imminente  :   massimamente  se  vi  si   aggiun- 
ga  un    cielo    sempre  infocato  ,   con  spessi  e  vivacissimi   lampi 
e  fulmini  ,  quali  meteore  noi  pure  abbiamo  osservate  ;  senza 
che   la   peste   sia  succeduta. 

1788.  Venuto  dalla  Germania,  fu  nel  Tirolo  ed  in  Vene- 
zia questo  Catarro  nel  mese  di  Agosto  .  In  Verona  pervenne 
all'Ottobre  allorché  si  diffuse  in  Mantova  ed  in  Brescia.  In- 
clinando la  stagione  al  freddo  fu  il  Catarro  alquanto  diverso 
nel  suo  corso  dal  solito  .  In  luogo  della  corizza  sottile  e  mor- 
dace fu  qui  in  Verona  il  principale  sintomo  un  dolor    grava- 

ti- 


(j)]  De  cofttag.  lib,    l,  cap.    i3, 


Di  Gùovakni  Yerardo  Zeviani  •  4^9 

tivo  alla  nuca  ,  discendente  al  dorso  e  alle  spalle  .  Il  naso 
anziché  distillai.e  materia,  era  costipato  e  s«cco  :  la  bocca 
arsiccia  ,  e  dentro  carica  di  atro  color  sanguigno  .  La  febbre 
Don  fu  effimera,  perch-è  i  sudori  noa  erano  pronti  4  onde  nuo- 
vi accessi  ripigliavano  iiregolarmente  dopo  il  primo  :  con  un 
perpetuo  senso  di  stanchezza,  di  dolori,  di  aggliiaccianaento 
delle  membra  .  Taidi  .compariva  la  tosse  con  ardor  alle  fau- 
ci :  secca  al  principio,  jwi  con  lo  sputo  di  materia  catarrale, 
saponacea  e  fetente-  Li  sangui  tratti  dalle  vene  erano  atri 
e  densissimi  ,  ma  senza  crosta  gelatinosa  .  Li  polsi  in  quasi 
tutti  erano  aspri  e  ris.tretti  ,  e  tremolanti  come  i>e'  mali  spa- 
smodici^ Le  orine  frequenti  ed  acquidose.  Alcuni  furono  po- 
co molestati,  e  se  la  passarono  fuori  del  letto.  Ma  chi  trop- 
po trascurava  il  governo  incorse  nella  pleuritide ,  in  dolori 
ischiadici  j  in  febbre  maligna  ,  qui  detta  mal  di  mazzucco  , 
per  cui  molti  perirono  .  Conficcate  per  l'  orrido  freddo  susse- 
guente d' inverno  le  reliquie  della  materia  catarrale  di  au- 
tunno 9  furono  per  tutta  la  primavera  perpetue  e  ferine  le 
tossi  ,  le  flussioni  edematose  della  testa  ,  l'  otalgia  ,  la  ottal- 
mia ,  l'odontalgia  ,  le  xisipole  della  faccia.  Fu  rara  la  pleu- 
ritide vera,  qui  solita  a  travagliare  in  primavera;  ma  molte 
febbri  periodiche  autunnali  tornarono  a  risvegliarsi  ,  come 
pure  il  vajuolo  ed  i  morbilli* 

Varie  denominazioni  del  Catarro  Epidemico^ 

Quantunque  dal  complesso  dei  sintomi  di  questo  luorlxì 
sempre  sia  apparso  un  ordine  stesso  ed  un  male  di  sua  propria 
natura  da  ogni  altro  diverso  ;  pure  in  qualche  sito  ha  spie- 
gata la  Epidemia  più  vivamente  uno  che  un  altro  de'  suoi 
caratteri .  Quindi  è  avvenuto  che  con  varj  nomi  in  varj  tem- 
pi e   luoghi  -è  stato  dagli  Autori  denominato  . 

Alcuni  gli  hanno  dato  il  nome  à'  infreddatura  ,  che  noi 
diciam  volgarmente  raffreddore,  i  Latini  gravedo  y  i  Greci 
coryza  .  Questo  per  verità  si  fu  in  ogni    epidemia   il   primo  , 

Tomo  XI.  Q  4 1  il 


•49°  Sul  Catarro  Epidemico 

il  più  ordinario  e  perpetuo  suo  carattere.  Gli  infreddati  per 
la  stessa  ragione  erano  detti  i  presi  dal  morbo  dal  Buoiiiuse- 
gui  nell'epidemia  dell'anno  i38'^. 

Influenza  comunemente  è  appellato  anche  al  dì  d'oggi 
dagli  Inglesi,  con  vocabolo  tolto  dal  nostro  Italiano;  igno- 
rando essi  che  presso  noi  è  x\n  vocabolo  generale  che  non 
definisce  veruna  speziale  malattia  :  il  quale  in  questo  luogo 
altro  più  non  significa  che  Epidemia.  L'errore  è  nato  dall' 
aver  letto  in  alcuni  Storici  Italiani  :  cominciò  una  influenza, 
di  freddo  ec. 

Coqueluche  il  dicevano  ne' primi  tempi  li  Francesi.  Le 
Bon  crede  che  questo  vocabolo  provenga  da  coquelicot ,  che 
noi  diciamo  papavero  ,  stantecbè  usavasi  questo  per  rimedio 
del  Catarro  .  Ma  è  à\  dedursi  questa  denominazione  dalla 
cocolla  ,  o  sia  cappuccio  ,  che  gli  infreddati  portavano  in  te- 
sta :  mentre  nel  Latino  de'  bassi  tempi  dicevasi  coqueluca  al 
cappuccio  ;  come  si  legge  nel  Glossario  . 

Mal  del  castrone  volgarmente  una  volta  era  chiamato 
il  Catarro  epidemico  dagli  Italiani  Romani  e  Lucchesi  ^  pro- 
babilmente per  patire  le  pecore  un  somigliante  male  di  raf- 
freddore e  di   tosse  . 

Li  Napoletani  ,  come  notò  il  Mercuriale  ,  lo  chiamava- 
no mal  in  canna  ,  probabilmente  per  un  sintomo  suo  ordi- 
nario ,   d'  ardore  molesto  lungo  la   trachea  . 

Li  Tedeschi,  secando  riferisce  l'Offinanno,  volgarmen- 
te Io  chiamano  sfoci schunpfe'i  ^  noi  lo  diremmo,  raffreddore 
per  costipazione.  Più  comunemente  però,  per  la  sopraddetta 
ragione  schafsh:isten  ,  tosst^  delle  pecore  :  per  la  qual  causa 
da  molti  fu  detto  in  Latino  morbus  arietis,  aegritudo  ovina  v 
morbus  vervecinus . 

Per  ischerzo,  non  so  quale,  il  popolo  Francese,  uso  a  tra- 
stullarsi anche  nelle  cose  pù  serie,  adopera  anche  al  di 
d'oggi  li  vocaboli  ,  grippe  ,  folette  ^  allure,  coquette  ^  grena- 
de  ,  generale  ,  baraquette  ,  petite  poste  ,  petit  Courier  . 

Difficile  si  è  render  ragione  perchè  da  alcuni  Italiani  sia 

sta- 


Di  Giovanni  Veraiido  Zeviani  .  49  ' 

stato  detto  il  Cortesìvo  .  lo  penso  che  sia  come  dire  il  Cor- 
tì-^iano  :  e  sia  così  detto  seguendo  le  orme  di  Lodovico  Lo- 
beia  ,  il  quale  ripose  il  Catarro  epidemico  nel  primo  luogo 
fra  quattro  infermità  proprie  d'elle  e. irti  dei  Princip',  Diede 
egli  alle  stampe  in  Toledo  nell'anno  i544  ""  Viino  con  que- 
sto titolo  :  libro  de  las  quatro  Enfermedades  Cortesanas  ,  que 
son  Catarrho  ec. 

Scrive  lo  Schenchio  che  sin  dai  suoi  tempi  avea    questo 
male  varie  denominazioni  .  Era  detto  cephalalgìa  epidemica  , 
atteso  il  dolor  di    testa  .    Ca>^arrhus    epidemicus  ,   per    il    raf- 
freddore universale.   Tussls  ò.  febrìs  epidemica  ,  febrìs  catar- 
rhalis  i  catharrhiis  febrilis  ^  per  la    tosse    congiunta    colla  feb- 
bre. Mal  delle  galline,  das  hiiiierveh-!  ,    qaod  laborzates     ad 
instar  gallinarum  cor/za  vexarentur ,  Trovasi  anche  detto  pe- 
s^is  quaedam  universalis  catarrhi  :  rheuma  epidemìciim,  febrìs 
epidemica^  syno'cha  caturrhulis .  Il  Foresto  l'ha  ch'amato  col 
nome   di   angina .    Il  Farnelio  gravedo  anhelosa  ;  ed  il  Dodo- 
neo  con  quello  di  peripneumonia  .  Il  Senuerto  numeia  li  no- 
mi :  catarrhus  febrilìs  ,  febris    catarrhosa  ,  ftbris  sujfocnt'iva  , 
catarrhus  epidemicus,  tussis  epidemica  ^  cephalgìa  contagiosa  j 
dcn    ziep,  den  schaffshusten ,  die  schaffskrankeit ,    dus   liùner" 
vewehe  .    L'  Offmanno  stockschnupfen  ,    noi  diremtno    ralfied- 
dore  per  costipazione  . 

A  molti  Medici  ignari  delle  antecedenti  epidemìe  essen- 
do di  tempo  in  tempo  riuscito  nuovo  ed  inaudito  il  nioibo, 
l'hanno  chiamato  morbo  nuovo,  moibo  inaudito y  morbo  alla 
moda:  come  segratamente  hanno  fatto  il  Viero  ,  Elia  Came- 
rario ,  ed  il  Fanoisio  :  ponendo  un  titolo  a  ciò  corrisponden- 
te alle  loro  Opere  . 

Il  Catarro  dell'anno  1782  essendo  a  noi  pervenuto  dal- 
la Moscovia  fu  comunemente  detto  Catarro  Russo  .  E  1'  Au- 
tore della  Acroasi ,  a  cui  piacque  non  so  per  qual  ragione  , 
occultare  il  suo  nome,  thiamollo  tiissìs  Bussa.  Denominazio- 
ne però  ,  la  quale  niente  compete  a  quella  Epidemia  ,  che 
per    relazioni    fedeli    provenne    dall'  Asia   Orientale  i    e    me- 

Qqq  a  no 


49^  Sul  Cataruo  Epidemico 

no  alle  passate  ,  che  d'  altronde  trassero  la  loro  sorgente  . 
Molto  più  che  vien  da  molti  riferito  essere  l'Imperio  Flusso, 
per  non  so  qual  privilegio  ,  esente  dal  patire  la  tosse  . 

A  me  è  piacciuto  di  trascegliere  fra  tanti  nomi  la  deno- 
minazione di  Catarro  epidemico  :  sembrandomi  questa  la  più 
comune  nei  libri  ,  la  più  adattata  a  contrassegnare  Y  indole 
delle  malattie.  5  e  la  più  universale  per  abbracciare  i  vari  sin- 
tomi nel  decorsa  del  male  apparenti  ,  e  la  moltiplicità  delle 
persone  e  de'  luoghi  in  cui  si  diffonde  e  propaga  . 

E'  morbo  nuovo  ^ 

Chiunque  ,  contentandosi  di  oscure  e  scarse  notizie  ^  è 
fermo  di  opinione  che  ognuno  de'  morbi  in  questi  ultimi  se- 
coli dagli  Autori  descritti  per  nuovi,  si  trovi  pure  scritto  nei 
libri  degli  Antichi  ,  potrà  agevolmente  in  questi  riscontrare 
il  Catarro  epidemico  - 

Ippocrate  nei  libri  degli  Epidemj  descrive  una  costitu- 
zione pestilente  nel  Taso  :  nella  quale  signoreggiava  ,  fra  gli 
altri  sintomi,  la  tosse  con  la  raucedine:  Multis  autemltiisses 
siccae .  —  fauees  autem  plurìmis  horum  a  principio  &.  seni- 
per  dolebaiit ,  rubrae  cura  phlegmone  fluxiones  paucae  teniieSy 
acres  ,  celeriter  crescebant  (q)  .  E  altrove  nomina  una  tosse 
epidemica  :  Ckavitern  liyeme  ex  tusaicuia  epideiniali  orta  fe- 
bris  acuta  apprehendit  (r) .  Ed  altrove  ancora  :  in  Perintho 
plurimi  tabidi  ;  causa  tussis  hyemalìs  in  populum  grassata  (s) . 

Vuoisi  da  alcuni  che  la  peste  descritta  da  Tucidide  ,  al- 
tra non  fosse  che  quella  stessa  veduta  da  Ippocrate  nel  Ta- 
so :  nella  quale  parimenti  descrive  Tucidide  le  affezioni  di 
catarro  .  Primum  ,  die'  egli  ,  capitis  dolores  invadebant  vehe- 
mentes  ,  &•  oculorum  rubores  &.  injlammationes  ,  atque  inter- 

nae 


(q)   Epitt.    1.  sect.    I. 
(r)  Epid.   7.  num.   69. 
(i)  Epid.   6.  sect.  8. 


Di  CroVANin   Verardo  Zeviani  .  ig"? 

nae  partrs  £r^  faices  ò-  llngnae  sniiguinolentae  statini  eraut  , 
6^<.  spìrìtus  difficilis  &.  faetens  exìbat  .  Deinde  ex  hìs  stemu- 
tatìty  S.  raucedo  succedebant  ;  ac  non  multo  post  labor  in  pe- 
ctiis  descend.ebat  cum  tassi  vehementi  (t)  . 

Galeno  fa  menzione  di  una  peste  da  lui   veduta    in    Ro- 
ma in  tutto  slmile  a  quella  riferita  da  Tucidide  (ii)  . 

Nell'anno  690  fu  una  peste,  in  cui  sternutavano  gli 
uomini,,  e  sternutamlo  morivano  .  Da  questa  vogliono  gli  Isto- 
rici che  sia  derivato  il  costume  di  dir  salute  a  chi  sternuta  , 
Leggo  però  molto  più  antico  questo  costume."  trovandosene 
sicuri  riscentri  presso  gli  Scrittori  Greci  e  Latini  .  Perinde 
igitur  qnasi  honae  indìtiutn  vahtudinis  partis  optimae  sternu- 
tamtntum  adorante  beiicque  aiigurantur  ,  dice  Aristotele  (x) 
e  Plinio:  cur  sternutamentis  salutamur?  quod  etiam  7ibe- 
TÌitm  Caesarem  ,  tristissitnum  (ut  constat  )  hominum  y  in  ve- 
iùculo  exegisse  tradunt  (y)  .  Nel  Catarro  epidemico  degli  an- 
ni 173.7  j  e  174^^  notò  r  Huxam  sternutamenta  perpetua. 
Cosi  il  Sarllant  nato  nel  Catarro  dell'anno   1762,. 

Finché  dunque  qualche  passo  di  antico  Scrittore  Medi- 
co ,  o  di  accreditato  Storico,  non  si  adduca,  che  meglio 
contrassegni  il  nostro  Catarro,  staremo  noi  nella  opinione  ^ 
«he  sia  questa  un  marha  nuovo  ,  che  prima  del  secolo  ter- 
zo-decimo non  era  in  Europa  :  non  trovandosi  descritto  nei 
libri  d'  Ippocrate  e  di  Galeno  j  né  negli  altri  Autori  più  ce- 
lebri de' tempi  antichi,  i  quali  certamente  non  1' avrebbono 
nelle  loro  grandi  Opere  trasandato  :  .essendo  il  più  universale 
di  tutt' i  morbi,  e  senza  opposizione  il  principe  de'  uioibi 
epidemici  • 

Favorisce  questa  opinione  il    trovare    che  prima  e  dopo 
della  comparsa  in  Europa  del  Catarro  epidemico  j    altri  nuo- 
vi 


(0   Oe   Bello  Pelop.   lib.  n.. 
(u)   De  Simp:    farul.   lib.    9. 
(.r)  Prohlem.   sec.   .3^. 
^)  HUt.  uat.  Ub.  ao.   cip.  a. 


4^4  ^UL  Catarro  Epidemico  ^H 

vi  uioibi  son  dati  t'uoii  che  prima  non  erano  :  come  sono  il  [' 
vajuuio,  i  tnorbilli  ,  il  morbo  gallico,  la  febbre  petecchiale 
e  imhare  ,  lo  scerbalo  ,  il  sudur  Anglico  ,  ed  altri  .  Alcuni 
de' quali  appunto  come  il  Catarro  epidemico,  epidemici  so- 
no ;  e  com' esso  più  volte  in  un  secolo  sempre  simili  a  *e 
stessi  rinascono,  e  poi  tacciono. 

jE'  morbo  epidemico  . 

A  tutta  ragione  compete  questo  aggiunto  al    nostro   Ca- 
tarro ,  perchè  epidemico  altro  non  significa  che  fiequente  nel 
popolo,  ed  è   il  Catarro    di    che    parliamo    senza    dubbio    un 
moibo    universale  e  comune    nel    popolo  ;    assalenilo    in    un 
tempo  ogni  genere  di   persone  .    Per    la    qual    cosa    dovrebbe 
dirsi  pand'^mico ^  se  così  fosse  in  uso  di  dirsi.  Il  comune  con- 
senso però  che  talvolta  assegna   forza  ai  vocaboli  o  maggiore 
o  diversa  da  quella  ,  che  la  loro  etiniologia  significa  ,    vuole 
che  ì  morbi   per  doversi  dire  epidemici ,  abbiano  oltre  la  fre- 
quenza ,  un'altra  particolarità:   quella  cioè   di  licomparire  dì" 
tratto  in  tratto  ,  dopo  ess'ere  stati  per  lunga  pezza    occulti   e 
non  osservabili  :   di  questa    proprietà    non    manca    il    Catarro 
nostro  ,  che  da  alcuni  secoli  in  qua  va  rinascendo  quattro  o 
sei  volte  in  un  secolo  ;  per  pochi    giorni    durando    fermo   in 
un  sito,  senza  dar  segno  in  seguito  di  se  stesso. 

E'  morbo  contagioso . 

Per  conoscere  ad  evidenza  come  il  Catarro  epidemico 
sia  inoltre  un  mal  contagioso  ,  basta  dare  un  riflesso  al  suo 
modo  di  procedere  successivamente  di  persona  in  persona  , 
di  casa  in  casa,  di  Città  in  Città,  di  regno  in  n  gno  :  in  po- 
chi giorni,  in  poche  settimane,  in  pochi  mesi,  in  un  anno 
fugacemente  passando  sopra  tutta  quasi  la  faccia  della  terra, 
dove  un  Uomo  possa  trasferirsi  a  portarvelo  :  senza  aver  for- 
za di  penetrare  in  segrete  prigioni,  ed  in  ben  custoditi  mena- 
ste- 


Di  Giovanni  Verardo  Zevianf  •  497 

steri  .  Questa  sua  singolare  piopiiKà    1'  abbiamo   noi    riscon- 
trata nelle  tre  nltnne  epidemie  degli  anni   1702,,   1788,    i8o3. 
Questa  stessa  è  stata   notata  dagli  Autori  ,  che  hanno  riferite 
le   anteriori  epidemie  .  Per  loca  facit   cursum    suum  ,    scrive 
Valesco  della  epidemia  dell'anno   1387.   (z)  .    Erat  id    argri- 
tudinis  genus  non  tani  mortìfera  vi  tìmendwn^  quamquam  &. 
ex  ilio  multi  pcrierìnt',    quam    progressu    &.    celerimte  ,  quae 
proxima  quacque  loca ,  serpente   contagione  ,  compie-  tcbatur  , 
admìrabile  ,    sorisìe  il   de  Thou  {a)  ,    parlando  dell'  Epidemia 
dell'anno   i5io.  In  quella  dell'anno    1-557^  scrisse    il    Vdlie- 
rioia  :  in  universum  cujusvis  aetatis  ,  sexus  3  victus  rntionis , 
homìnes  ,  eodem  morbo ,  eodemque  anai  tempore ,  corrìpieban- 
tur:  moxque    una    in   uiaquapiam  familia  correpto  y    in  uni- 
versam  domun  incendluin  atque  contagio  obrepebant  (b)  .    Di 
questa   pure  parlò  il  Gem'na:  narrai  Cornelius  Gemma  vìguìs- 
se  popularìter  suo  tempore  catarrhi  prodigiosum  genus  magna 
serpens  contagli  vi  ,    neminem  fere  praeteriens  (e) .   Di  quella 
dell'anno   i58o  scrive  il   ¥  ove.?,to  :  publice  ac  catervatim.  gras- 
sabantur  catarrhi ,  subito  delabentes  cum  febre  admodutn  con- 
tagiosa —  itaiet  integra",  familiae  subito  eo  malo    corripereum 
tur  (d)  .  Di  questa  parlava    Marcello    Donato  :  praeteritis  an~ 
nis  catarrhi  prodìgìosum  genus  popularìter  vìguit,  magna  ser- 
pens contagii  vi ,   neminem    fere   praeteriens    (e)  .    Di    questa 
scrisse  Renato  Moreo  ,  neila  Vita  del  Billonio  :  pestilens  lues, 
quae  ferini  ù.  contagiosi  catharri  a  caputio  denominati  prac 
nuntìa  scholas  feriari  coegit  ,    dispersis    doctoribus  &.  discipu- 
lis    urbem   ù.    Academiam    deserentibus  .    Il    Varandeo    stimò 
contagiosa   1' Epidemia  catarrale  dell'anno  iSgi  ex  leviore  cor- 

ru- 


(s)   De  sign.  Catarrh. 
(a  )  Hist.  lib.   72. 
(i)  Append.  rap.   2. 

te)  Zacut.  Lusit.  lib.  6.  pag.  m.  919. 

{ti}   Tom.    I.  pag    m.    191. 

(ej  £euat.  de  Alcd.  iiiet.  lib.  6.  cap.  4« 


49^  Sul  Catarro  Epidemico 

ni]- ti  aefis,    vel  contagiosi  fomitis  impressione  (f)  .   Tommaso 
^\  iJlib  licll' anno   i65t>,  pailaricìo   di    un' Epicieima    catarialc, 
dice  che    ìnsiiper   maìignitatis    cvjusdum    subihat   notam  ,    ò<. 
Cipria  satis  contaseli  atque  pernitiei  suae    documenta    deaera t  ; 
in  quantum  de  domo  in  domum  serpebat  ;  plures  ejusdem  fa- 
miliae  ,  S.  praesertirn  cum  aegris  famìlìarius    versantes  ixidein 
labe  ìnfecìt   (g)  .  L' Etmulleio    di    un'  altra    pailamlo    disse  : 
superiori  anno  grassabatur  hic  Catarrhus    epidemicus    tempore 
vernali  ,  isque  malignus  &.  insignìter   contagiosus    (h)  .    Fede- 
rico Offinanno  veduto  che  ehbe    1'  andare    delle    due    Epide- 
mie catarrali    degli    anni   1699  e    1709  ,  r'On  duLtò    di    asse- 
rirle per  contagiose  :  qiiod  auteni  catarrhi  &'.  catarrìiales  fe~ 
bres  contagiosae  etiam  sint ,  £\  alios  propinquos  atque  dispo- 
sitos  contagio  inficiant  ,  eam  utique  fit   ob    causam   &.c.    [i)  . 
Il  Bayero  descrivendo  la  Epidemia  catarrale  dell'anno    1711 
la  dice  facili  contagione  propagatam  ,  paucis    oinnino  peper- 
cisse  quibus  frequens  cura  aegris  erat  commercium.  ,    unde  to- 
tas  familias  ìnfecit  (k) .   La  febbre  catarrale  dt-11' anno   1729, 
al  dire  del  Loevo    contagiuni  per  totam    Europam  pruesetu- 
lit  (/)  .    Quindi  in  Germania  il  volgo  che    non    sa    contenersi 
fra  i  limiti  del  giusto  e  del  convenevole  ,  è  passato  a  teme- 
re  il   contagio  facile  anche   nella    ordinaria  infreddatuia  ,  fug- 
gendo   il    consorzio    degli    infreddati  ,    come    riferisce   Orato- 
ne ,  ed   in  ciò  fanno  bene  secondo  lui  :    in  catarrhosis  pitui' 
tam    putrescere ,    ^a   putridum    quìddam  eos    expirare    inditio 
sunt  coryzae  ,  habitu  etiam  contagiosae .    Id   cum    vulgus    in 
Germania  sciai  ,  non  facile  ex  eodem.  poculo ,   e    quo  coryza 
laborans  potum   huusit ,   bihit  {m)  .   Dopo    tante    osservazioni 

di 


(/■)   Op.   pag.  m.   3i6. 

{g)  De  febr.  rap.   17. 

(A)  Op.  toni.   I.  pag.  4'5- 

(i)  Med.   Hist.  tom.  4-  V^S-  '"•  ^^• 

(A-)   Eph.   Germ.   cent.   6.   obs.   97. 

(/)   Hist.   febr.   Catar.   an.    1729. 

(m)  Gens.  &  Kpist.  liL.  3,.  pag.  m.  £34< 


Di  Giovanni  Vìrardo  Zeviani  .  497 

di  testimonj  autorévoli  ,    che   resta  a  dire  di  Girolamo  Capi- 
vaccf'o  j  e  di  Oirolamo    Mercuriale-,  i  quali  negano  il  conta- 
gio   ntiìle    catarrali    Epidemie  ?    Nec   putamus    morhum   fuisse 
contagiosum:  prnesertini  ad  nos    quoniam    nec  fu'it   pernitìo- 
sns  ,  disse   il   primo  («) .   Ed  il  secondo  :  non  sirie  ratìone  dì- 
xì  ( contagìosus  ) ,  quia  sunt  morbi  multi  communes   qui    non 
sunt  contagiosi  :  puto  vos    meminisse    catarrhos    interdurn  va' 
gari  ,  qui  int-egra  regna  occiipant ,  sed  non  sunt  contagiosi  (o)  . 
Altro  dir  non  si  può,    che    questi  due  Girolarni  ,   illustri 
Professori  di  Padova,  fossero  un  [>3co  troppo  restii  e  difficili  a 
conoscere  e  confessare  il  contagio  ne' morbi.   Perciocché  cliia- 
mati  in  Venezia  a  decidere  se  alcune   malattie  colà    introdot- 
te nel  popolo  fossero  o  no  contagiose  ,    decisero    francamente 
che  non  \o  erano  :  benché  fossero   da    altri    Medici    psr    tali 
stimate^    Da  che  avvenne  che  da  quel    Magistrato    di    sanità 
furono  trascurati  i  necessajj  ripari;    e    ne  scoppiò   poco  dopa 
una  fiera  peste  che  tolse  la  vita  a  più   di  quaranta  mille  per- 
sone (jj)  .  Da  che  forse  è  avvenuto  che  il  Mercuriale  del  suo 
facile  errore  accorto  e  dolente,  nella  catarrale  Epidemia  ben- 
ché  benigna  che  fu  in   Padova   ed    altrove    neli'  anno    dappoi 
i53o,  non  ardi  di   negarne  il  contagio  ;  ma  ne    chiese    unul- 
menfe   il  parere  del  suo  amico    Oratone  :    utriim    contagìosus 
sit  ,  Ubenter  sententiain  tuam  inteUigerem  .  Et  si  Deus  bene- 
dictqf.  pravltatem  non  ademìsset ,  salva  non  esset  facta  omn'.s 
caro  {q)  - 

E  benigno  e  maligno  . 

È  costume  de'  morbi  epidemici  1'  essere  benigni  tal  vol- 
ta 3  tal  volta  maligni  .  11  vajnolo  per  lo  piii  in  questi  paesi 
è  cosi  benigno  che  tre  o  quattro  appena  fra  cento    toglie    di 

Tomo  XI.  Rrr  vi- 


ì  (n)   Epist.   ad   Mon. 

'  (o)   Pra-lert.   Patav.   lib.   5.   rap.    17. 

{p\   Mauroren.  Hìst.  Veir-t.  tom.   a.  lib.    12. 

(j)  Craton.  Censii.   &  cpist.  lib.  a.  pag.  ni.   aSa. 


493  Sul  Catarro  Epidemico 

vita  :  ma  in  certi  tempi  e  in  certi  paesi  è  cosi  micirliale  che 
una  gran  parte  degli  ammalati  toglie  di  vita  .  La  istessa  pe- 
ste 5  la  di  cui  essenza  riponesi  in  essere  perniciosa ,  lo  è  co- 
si più  o  meno  che  essa  pure  distinguesi  in  benigna  e  mali- 
gna .  Lo  stesso  Ippocrate  dichiarò  col  nome  di  peste  la  pa- 
rotide  epidemica  ,  che  noi  volgarmente  diciamo  mal  del  mon- 
tone :  notando  egli  pure  essere  questa  di  sua  natura  cosi  be- 
nigno morbo,  che  ninno  uccide,  e  non  abbisogna  di  cura 
medica  o  chiiurgicale  (r)  . 

Questa  proprietà  non  manca  al  Catarro  epidemico  ,  anzi 
siccome  è  il  principale  de' morbi  epidemici,    la    possedè    an- 
che in  grado  eccellente  :  talmentechè  di  morbo  che  è    d'  or- 
dinario benigno  e  breve  ,  in  qualche    circostanza   di    sito    di- 
verso   viene    ad  essere  tanto  pernicioso   che  sembra  una  vera 
peste.  Meglio  è  però  conservare  l'indole  primigenia  del  moc- 
bo,  e  chiamarlo  in   tal    caso    catarro    pestilenziale;    non    già 
pestis  sub  larva  catarrhi ;  ovvero  ramo  di  peste,  com'è   pia- 
ciuto al  consiglio  di  Sanità  di  Vienna,  ed  a  Gallizio  Vicenti- 
no .  Bdsta  dare  un'occhiata    alle    passate    Epidemie    catarrali 
per  vedere  come  in  molte  di  esse  sia  stato  il  morbo  benigno 
in  molti  luoghi  ,  e  nel  tempo  stesso  in  altii  maligno  e  pesti- 
lente .  Nella  Epidemia  dell'anno   1887,  secondo    Buoninsegnì 
molti  morirono  in  Toscana  ,  e  secondo  il  Marchesi  pochi  mo- 
rirono in  Romagna.    Quella  dell'anno   i4co  in  Italia    fu  -  pe- 
stilenziale ;  e  qui  in  Verona  morinne  una    terza   parte    della 
gente   {s) .  Quella  dell'anno   1414   fu  ^^gualmente  maligna  tan- 
to in  Italia  ,  secondo  Frate  Girolamo    da.  Forlì ,    quanto    in 
Francia  secondo  il  Mezerey  .    Quella  dell'  anno   i5io    fu    pe^ 
stilenziale    qui    in   Verona  ,   come    portano  i  nostri    Istorici  ; 
quando  in  Francia,  secondo  il  de  Thou  ,  non  fu  di  molta  ri- 
levanza .   Quella    deir  anno     i537    fu    dappertutto    micidiale: 
precede  ad  essa  una  specie  di  peste   in    Venezia  ,  accennata 

dal 


(r)   Epid.   lih.    1.   sect.    i. 

(i)  Biancolini  Ist.  di  Verona  tom.   1.  pag.   laS. 


Di  Giovanni  Verardo  Zeviani  .  ^gcj 

dal  Bochelino  :  fu  accompagnata  da  peste  in  Olanda  descrit- 
ta dal  Foresto  :  fu  seguita  immediatamente  da  peste  in  Mo- 
ravia ,  ricordata  da  datone  ,  e  da  quella  di  Lovanio  ,  per 
cui  morirono  due  medici  famosi  grandi  amici,  Triverio  e  Gem- 
ma ,  disprezzato  avendo  ogni  riguardo  ed  ogni  Medica  cura  . 
Quella  dell' anno  1578,  fu  mortifera  in  Fiancia  secondo  il 
Ballonio:  fu  preceduta  da  una  peste  in  Trento  e  Brescia  se- 
condo ì  nostri  Istorici;  e  fu  accompagnata  dalla  peste  in  Ba- 
silea, secondo  Fiaterò  ,  Quella  dell'anno  1780  ,  di  tutte  la 
più  famosa  ,  fu  in  Francia  e  nel!'  Olanda  del  tutto  benigna  , 
secondo  l'  Anonimo  in  Riverio  ,  e  secondo  Foresto  .  Co^i  in 
questa  parte  settentrionale  di  Italia  fu  mite  secondo  il  Gapi- 
vacceo  ed  il  Mercuriale  :  ma  in  Roma  ne  perirono  più  di 
due  mille  persone  al  dir  del  Sennerto  ;  quando  in  Germania 
secondo  lui  vix  mìllesimus  quìsque  moriebatur  0) .  Fu  in  Pa- 
rigi micidiale  :  leggendosi  nel  Ballonio:  jjestis  gravissima  in 
homìnes  saeviit .  Quanta  fuerìt  calamitas ,  quam  doltnda  sym- 
ptomata  ,  aids  locìs  aperiemus  ,  sed  ìd  magno  nostro  dolore  i^u)  . 
In  questo  anno  son  perite  nel  Cairo  cinquanta  mille  perso- 
ne (x) .  Quella  dell'anno  iSgi,  secondo  il  Sennerto  ed  il  Ya- 
randeo  ,  mite  in  Germania  ed  in  J'rancia  ,  portò  con  se  in 
Italia  febbri  maligne  e  pestilenti  ;  delle  quali  scrisse  il  Ca- 
milli ,  il  Cagnati  ,  il  Tronconio ,  il  Platina,  ed  il  Muratori  . 
Quella  degli  anni  i567,  iScjS,  fu  mite  in  Germania  al  riferi- 
re dello  Sclienchio  ;  ma  in  Ptoma  tolse  di  vita  nove  mille 
persone  .  Fu  preceduta  da  un'  Epidemia  in  Venezia  descritta 
da  Diomede  Amico  ;  o  da  una  simil  peste  in  Amburgo  ,  e  fu 
accompagnata  da  non  so  qual  peste  in  TJlma  ,  ed  in  Forlì  ^ 
ricordate  T  una  da  Gregorio  Horstio  ,  e  1'  altra  dallo  Spinel- 
li .  Il  Sennerto  in  questi  anni  appropria  una  mortale  Epide- 
mia in  molti  luoglii  delta  Germania.  Nell'anno  i658,  la  be- 
nigna, in  Primavera,  Epidemia  catarrale  del  Villis ,  in  Autun- 

R  r  r  a  no 


(t)  De   febr.   lih.   4-   MP-    '?■ 
(il)  Op.  tom.   1.  pag.  m.   175. 


5oo  Sul  Catarro  Epidemico 

no  divenne  una  febbre  maligna  fatale  :  e  fu  peste  nel  prece- 
dente anno  in  Rema,    in  Napoli,    in    Genova,    ed    in    altre 
Città  d'Italia.   Quella  del    1669,  altrove  benigna  fu   pestilen- 
te In    Leida    al    riferire    di  Le   Boesilvio  .     Quella    dell'  anno 
1675,  in  molti  tratti  d'Europa  benigna,  fu  pestilente  in  Mili- 
ta ,    in    Coionia  ,    in     Giessa  ,  secondo  il   Muratori ,    il    Dan- 
ckers  ,    ed    il    Melcliiore  .    Quella    dell'  anno    1679,    benigna 
in  Plancia  ,  fu  pestilente  in  Napoli  ed    in    Vienna  ,   secondo 
il  Tozzi  ed  il  Foscarini ,  Quella  dell'anno   1691,  benigna  nel- 
la Stiria  5  fu  maligna  in  Modena  secondo  il  Ramazzini  :  e  se- 
condo il  Raglivi  fu  peste  in  Puglia  ,  e  nell'  anno  seguente  ap- 
parvero  fatili   oanci-ene    nelle    parti    piagate  .    Quella    dell'  an- 
no  1699,  benigna  in  Ratisbona  ^  fu    maligna    in  ^la  di  Sasso- 
»»ia    secondo    1'   Oftmanno.    Quella    dell'anno    1709,    in    Tu- 
bino benigna  secoudo   il  Fantoni,    fu  micidiale    nel    resto    del 
Piemonte  ed   in  Francia  :  fu   benigna  dapprincipio    in    Roma  , 
poi  si  mutò  in  maligna  e   micidiale  secondo  il  Lancisi  :    e    fu 
in  questo  anno  peste  in  Olanda,   in   Prussia,    nella    Slesia    e 
3iella  Polonia,  secondo  il  Ganoldo  ed  altri  Autori.  Nel   tem- 
po della  Epidemia  catarrale    degli    anni     \l\\,    1712,;,  furono 
in  vari   tratti  della  Germania  pessime  Epidemie  -,    e    segnata - 
unente  nell'Austria,   e  nell'Alsazia  fu   peste,  secondo   il   Ben- 
^a  ed  il  Boetichero  .  In  quella  degli  anni    1729,   1780,  si    leg- 
ge che  negli  Svizzeri  nemo  enectus  cs-t  ;    eppure  fu    micidiale 
in  Francia  ed   in   Inghilterra  ;    e   tanto    ofì'esi    ne    vennero    in 
Italia   i    Ferraresi   ed  i  Ptavennati   ,    che   i   Bolognesi    per    ti- 
inore  di  peste  chiusero  i  passi  .   Così    quella    in    molti    paesi 
ienio^na   degli  anni    1783,    1733,  fu  in   Italia  mortifera,    come 
si  ilegge  nel  Moreali  e  nel   Muratori  .  Fatale  parimente  fu    in 
Pari'i  secondo  il  de  Sauvages  ,  in   Dresda  secondo  il    Violan- 
it«  ,  in   Inghilterra  secondo    il    Pringle,    in    Italia    secondo    il 
Muratori,  la  Epidemia  catarrale  deli' anno   1742  ,   1743.  Anzi 
fn   peste   in  Calabria  ,  ed  in   Sicilia  .    Noi  qui    in    Verona    ne 
fummo  cotanto  travagliati,  che    raddoppiossi  il   consueto   nu- 
mero de'  morti  :   e   nel   solo  Ospitai   militare    ne  perirono    più 

di 


Dx   CrovAimr  Veraiido  Zeviani  .  5oi 

di  trecento;  con  tre  de' Medici  destinati  alla  lor  cura  .  Nel 
benignissimo  Catarro  dell'anno  1782,  vengo  ragguagliato  da 
chi  colà  trovavasi  ,  che  molte  migliaja  di  persone  per  esso 
sono  perite .  E  qui  in  Verona ,  trascurato  senza  temerne  il 
lor  morbo  ,  due  Medici  giovani  di  molta  speranza  per  esso 
sono  periti  , 

Queste  Mefnorlé ,  cavate  per  la  maggior  parte  con  qual- 
che s-tudio  da  luoghi  os«uri  e  dimenticati  ,  ho  io  qui  succin- 
tamente esposte  j  non  già  per  far  pompa  di  una  vana  erudi- 
zione ridicola  ,  ma  perchè  i  Medici  meglio  conoscano  il  ge- 
nio traditore  di  questo  morbo  ,  onde  con  più  sicurezza 
con  opportuni  medicamenti  trattarlo  :  e  perchè  imparino  a 
guardar-e  la  propria  vita  dalla  facile  sua  maligna  contagio- 
ne  :  e  soprattutto  per  fare  accorti  li  Magistrati  che  pre- 
siedono alla  salute  del  popolo  ,  a  chiudere  li  passi  se  le 
vicine  Città  ne  siano  malamente  offese  ;  a  proibire  quando 
è  penetrato,  ogni  e  qualunque,  o  sacro  o  profano  che  sia, 
concorso  di  popolo  ;  a  tenere  a  pubbliche  spese  nelle  proprie 
abitazioni  gf  Ì4i('etti  poverelli ,  senza  accumularli  negli  Ospitali  ; 
e  a  mettere  in  opera  quelle  precauzioni  ,  che  sono  solite  a 
praticarsi  in  tenqio  di  vera  peste  .  Massimamente  che  trattasi 
di:  uii  pericolo  che  in  pocbe  settimane  passa  e  si  dilegua  . 

PARTE     SECONDA 

Teoria  del  Morbo  - 

Il  catarro  epidemico  è  una  infiammazione  della  membra- 
na pituitaria,  prodotta  dal  muco  investito  da  un  eterogeneo 
miasma  ,  che  esala  da'  corpi  del  medesimo  morbo  infetti  . 

Altro  dunque  propriamente  non  è  che  una  corizza  o  sia 
raffreddore:  in  ciò  solo  dall'ordinario  diff^n'ente  ,  in  quanto  è 
prodotto  j  l' ordinario,,  dagli  umori  proprj  o  naturali ,  o  morbo- 
si del  corpo  ;  e  l'  epidemico  è  prodotto  da  una  estrinseca  fo- 
restiera   materia    morbosa  .    Questa    differenza  di  cagione    ed 

ori- 


^oa  Sul  Catarro  Epidemic© 

ongitie   fa    che    un    medesimo    morbo  ,    al    senso  egualmente 
molesto  ,  e  dai  medesimi    sintomi    accompagnato  ,  in  un  caso 
sia  semplice  e  benigno,    e    ninna    conseguenza    peggiore  con 
se  porti  ,  benché   diuturno  e  molesto  ;  nell'  altro  caso  perchè 
contagiose  sia  più  temibile  ,  e  delle  peggiori  conseguenze  ca- 
pace .  La  membrana    pituitaria  si  estende  per  tutta  la  super- 
ficie delle  interne  narici  ;  e  ne  investe  le  varie  anfrattuosita 5 
le  conche,    le   pareti    dal    tramezzo    del    naso;  e  ne  penetia 
stessamente  nei  seni  frontali  ,  nei  mascellari  ,   negli  sl'enoida- 
li  ,  nei  condotti   palatini   e  nei  lacrimali  ,    E'  di   una  tessitura 
cellulare  e  vellutata.    Ha    nervi,    arterie  e  vene,    e    separa 
una    linfa    raucilaginosa  ,    che  la  tien  morbida  centra  la  sec- 
chezza dell'  aria  che  si  respira  ,  e  per   uso  dell'   odorato  ,    di 
cui  è  r  organo  .  Per  evitare  ijiiesta  secchezza  ,    che    impedi- 
rebbe il  senso  dell'  odorato  ,  con  semplicissimo  artifizio  cola- 
no per  il  sacco  e  per  il  condotto    lacrimale    le  lacrime    dopo 
aver  bagnato    1'  occhio  ,    ricevute  dai  punti   lacrimali  ,    pene- 
trando esse   per  un  foretto  che  penetra  il  duro  osso  ,   e    den- 
tro il   naso  le  porta.  Oltre  a  ciò  i  seni   sono  talmente  dentro 
le  narici  nel  dintorni  disposti  ,     che    in    tutte  le  positure  del 
corpo  sempre  uno  o   l'altro  tramandano  molta  umidità.   Per- 
chè  posato  il  capo  sul  fianco  destro  si  vuota  il  seno    mascel- 
lare sinistro:  posando  sul  sinistro  si  vuota  il  destro:   inclina- 
to  il  capo   per  davanti  ,    si    scaricano   i    seni  sfenoidali  :     pie- 
gandolo   all'  indietro  si  scaricano  i  frontali  .    Oltre    a  ciò  per 
umettare  questa  membrana  ascendono    vapori    dallo  stomaco  ; 
e  più  ancora  dal  polmone  nel  mandar  fuori  l'aria  che  si  res- 
pira.   Or    tutta    questa    untuosa    umidità  che  alla  membrana 
pituitaria  proviene  ,  o  da  altra  parte  ,    o  da  se  stessa  separa- 
ta ,  tutta  poi  cola  giù  dietro  all'  ugola  ,  senza  che  1'  Uom  se 
ne  avveda.  E  per  ventura  colando  per  l'ugola  bagna  la  som- 
mità della  laringe  ,  e  per  essa  discende  nella  trachea  al  pol- 
mone .    Si  fa  dunque  qui  un  perpetuo  circolo  di  questa    lin- 
fa :    non    male    paragonato  dai  nostri  antichi  ad  un  lambicco 
in  cui  la  bollente  acqua  sale  e  discende .    Questa  memb-ana 

è  con- 


Di   Giovanni  Verardo  Zeviani  .  5o3 

è  continuata  ancora  di  là  dalle  narici  interne  sopra  la  farin- 
ge »  sopra  il  tramezzo  del  palato  ,  e  giù  per  V  esofago  e  per 
la  trachea  ,  sempre  ricoperta  di  una  linfa  nixicilaginosa  ,  in 
cui  facilmente  si  fermano  ed  invischiano  moibose  particelle 
somministrate  dal  giro  comun  degli  umori  ;  o  dai  nocivi  va- 
pori che  si  sollevano  dall'  infetto  polmone  ,  o  dallo  stomaco 
sporco  ed  ingombrato  ;  ed  essendo  per  se  stessa  di  una  so- 
stanza cellulare  ,  ravvivata  da  molti  vasi  sanguigni  e  nervosi 
coperta  con  una  sola  sottile  epidermide ,  esposta  immediata- 
mente all'aria  aperta,  o  stemperata  o  ripiena  di  cattive  esa- 
lazioni; da  tutto  questo  ne  viene  che  è  facilissima  ad  infiam- 
marsi .  Attratto  così  coir  aria  che  si  respira  il  venefico  mia- 
sma catarrale  ,  che  dai  corpi  vicini  ne  esala  se  siano  di  esso 
infetti  ,  s' intrica  e  ritiene  in  quella  mucosità  :  stuzzica  irri- 
ta ,  ed  infiamma,  a  segno  talvolta  di  sfracellare  o  distrugge- 
re la  membrana  stessa  :  e  giù  talvolta  ne  discende  per  le  sue 
propagazioni  la  pestifera  infezione  a  produrre  sritre  moltiplici 
malattie  dello  stomaco  e  del  polmone  ;  quali  si  veggono  sussi- 
stere dopo  il  primo  corso  del  catarro  Epidemico  » 

Indole  del  Miasma  Catarrale^ 

Di  nìuna  classe  de*  morbi  si  trovano  tanti  Scrittori  , 
quanti  sopra  le  malattie  epidemiche  e  contagiose.  E  ciò  non 
ostante  rimane  ancora  qnesta  parte  di  Medicina  del  tutto 
misteriosa  ed  impercettibile  .  Un  celebre  moderno  Autore  si 
è  data  la  pena  di  consultare  parecchi  Scrittori,  che  trattano 
in  grossi  volumi  sopra  la  peste,  e  non  gli  e  riuscito  di  trar- 
ne una  definizione  che  ne  comprenda  il  carattere.  Si  scorge  ia 
queste  malattie  una  costante  legge  ,  per  cui  rinascono  sem- 
pre a  se  stassi  simili,  e  pur  son  molti  ed  essenzialmente  uno 
dall'  altro  distinti  ,  e  però  costanti  di  principj  primigenj  ed 
indelebili  ;  senza  che  si  arrivi  a  conoscere  in  che  siano  dif- 
ferenti ;  conif^  cessino  per  molti  anni;  e  di  tratto  in  tratto 
•empire  simili  a   se    stessi    rinascano  .    Generalmente  i  morbi 

iu 


5c4  Sui  Catarro  EriDEMico 

in  diverso  cielo  ed  iii  diversa  stagione    mutano  aspetto  e  di- 
versa cura  richieggono  ;    gli    epideusici    soli    sono    sempre  gli 
stessi  in   tutti   i   climi  ,    ed    in   tutte    le   stagioni  .    Nei    nostri 
paesi,  parlando  della  peste  e  degli  epidemici  veri  e  primìge- 
jij  ,  non  si  veggono  mai  nascere  spontanei  ,    ma  per  contagio 
solo  si  accostano  e  propagano  .    Qual   dunque    ne  è    la  pr  ma 
origine?  dobhiam   forse  ridurci,    come  qualcuno  ha  pensato, 
a  stabilire   di  essi  i  semi  sin  dal  principio   del  mondo  con  le 
altre  cose  creati?    Questo  è  uno    sconcio:    mentre   la  natura 
i:ion   crea  ,   ma  patisce  i  morbi  .    -Qu^^sto    pensiero    ba  cotanto 
ingombrato  il  cervello  di  qualcìie  imbecille    uomo  ,    che    per 
fuggire  questa  difficoltà  è  divenuto  a  negarne  in  ogni    mdrbo 
il  contagio.  Queste  ed  altre  cotali  difficoltà  ,  che  in  seguito  del 
nostro  discorso  appariraimo  ,    fanno    me    iscusato  se  cosa  non 
saprò  dire  che  pienamente    soddisfaccia.  In  tanta  cscurità  di 
cose  il   meno  assurdo  che  si   pensi  o  dica  ,  tiene  il  luogo  del- 
la maggiore  verisimiglianza  e  probabilità  . 

E'  virus  CatarrJiOiCum  . 

Essendo    a    noi    ignota   1'   intrinseca  natura  ed  indole  di 
questo  catarrale   miasma,  per  non  cadere  esso  sotto  ai   sctisi, 
né  esser  soggetto  ad  esami  di  Chimica  ,   saremo  contenti   per 
non  confessare  si  facilmente  la  nostra  ignoranza ,  di  chiamar-  , 
lo  per  ora  virus  catarrlioìcum  ,   in  quel    modo  che  altri   vele- 
ni ,    solo  conosciuti  dai  loro  effetti  ,  sono  chiamati  dai   Medi- 
ci virus  venereum  ^  virus  variolosum  y  virus  morbiUosuvi .  Poi- 
ché questo  veleno  sen)pre  simile  a  se  stesso   negli  effetti  che 
produce  ,  ed  è  da  qualunque  altro  morbo  distinto  ,    basta  al 
INledico  definirlo  col  titolo  di  catarrale  ;,    per  distinguerlo  dal- 
le altre  specie  di  morbosi  veleni  .  Qui  le  poi  in  se  stesso  sia- 
si esso,    si    lascia    agli    oziosi   Filosofi    1'  indagarlo:    ai    quali 
è  hbero  il  produrre  le  più  stranie  opinioni ,  senza  daniio  del- 
la Umanità  . 

Per  difetto  d'  Istoria  rimane  oscuia  altresì   1'  origine  <lel 

ca- 


1 


Di  Giovanni  Verardo  Zeviani  .  SoSs 

catarro  epidemico,  e  del  miasma  die  lo  produce.  Ogni  pe- 
ste ,  come  le^igesi  nel  Vtillisneii  ,  proviea  dal  Setteutrioice  . 
Ogni  peste,  dice  Plinio,  proviene  dal  mezzogiorno.  Noi  al 
contrario  la  vergiamo  più  spesso  procedere  dalT  Oriente  .  Di 
là  provenne  secondo  fedeli  relazioni  anche  il  catarro  dell'an- 
no ]  782  .  Da  tal  parte  provennero  una  volta  il  vajuolo,  i 
morbilli,  ed  altri  morbi  epidemici,  ignoti  prima  in  Europa; 
laonde  non  è  fuor  di  ragione  il  credere  che  di  là  sia  pur  da 
principio  provenuto  il  catarro  epidemico  .  Vuoisi  che  da  tal 
parte  siasi  aperto  1'  adito  a  noi  di  questi  morbi  ,  col  com- 
mercio delle  nazioni  fatto  più  libero  ed  aperto  in  que'  seco- 
li .  La  questione  sta  se  come  il  vajuolo  ed  i  morbilli  ,  e  gli 
altri  epidemici  morbi  di  là  provenuti  sembra  che  ora  presso 
noi  siano  fatti  nazionali ,  così  sia  del  catarro  :  o  se  pur  di 
voi  la  in  volta  che  qui  appare  sia  di  là  trasportato  .  Non  era 
in  Europa  un  tempo  la  mentagra  ;  vi  fu  introdotta  ,  secondo 
Plinio,  al  tempo  di  Tiberio  Claudio  Cesare,  e  qui  è  restata. 
Non  tra  in  Europa  il  vajuolo  ,  fu  qui  introdotto  a'  tempi  di 
Maometto,  e  vi  permane.  Non  era  in  Europa  il  morbo  gal- 
lico: qui  fu  introdotto  ultimamente,  e  vi  permane.  Non  era 
in  America  il  vajuolo  ,  vi  fu  introdotto  dai  nostri  ,  e  vi  per- 
mane .  Non  credo  che  sia  cosi  del  catarro  epidemico  ;  ma 
stimo  che  qualunque  .volta  rinasce  ,  venga  da'  lontani  paesi 
a  noi  trasportato  :  a  somiglianza  della  vera  peste  ,  che  sem- 
pre qualun([ue  volta  a  noi  viene,  ci  è  portata  da'  corpi  o 
robe  infette  di  colà  dov'  è  perpetuo  il  suo  regno  .  Mi  fa 
creder  cosi  1'  essere  esso  contagioso  ;  qual  non  è  il  catarro 
che  ne'  nostri  paesi  è  perpetuo  :  e  di  un  contagio  prontissi- 
mo a  diffondersi  sopra  la  faccia  della  terra  in  pochi  mesi  , 
cessando  de  v'  è  del  tutto  in  poche  settimane  con  ritardare 
per  alquanti  anni  il  suo  ritorno  . 

Non  è  putrido . 

Col    supporre    il  miasma    pestilenziale    operare    in  forza 
Turno  XI.  S  s  s  del- 


5o6  Sul  Catarro  Epidemico 

della  sua  putridità,  palese  dal  fetido  odore  che  mpna  ,  si 
spiegano  facilmente  molti  fenomeni  de/  morbi  contagiosi  epi- 
demici .  Si  rende  ragione  della  forza  c'ie  ha  di  guastare  e 
coriompere  gli  umori  e  le  pa>ti  ferme  del  corpo,  producen- 
do nìaligni  moibi  ,  per  cui  fatti  cadaveri  gli  uomini  ,  più 
presto  e  più  forte  dell'ordinario  putono  e  si  corrompono.  Si 
spiega  anche  coll^idra  della  putredine  il  loro  facile  contagio; 
come  si  vede  che  un  pomo  marcito  ne  guasta  i  vicini  sani  : 
come  una  pecora  infetta  ne  guasta  un  branco  :  come  un  pez- 
zo di  carne  putrida  fa  più  presto  puzzare  e  corrompersi  un 
pezzo  di  essa  ancor  fresca  ed  incorrotta  .  Infatti,  e  dagli  an- 
tichi e  dai  moderni  Autori  qugsta  causa  de'  morbi  pestilen- 
ziali si  trova  accolta  ed  adottata,  notum  est,  dice  l'OtTman-, 
no  (j)  omnes  qui  contacio  propa^antur  morhos  lymphae  cor- 
ruptìoneni ,  vuppescentìam  ,  vel  putredinem  hahere  caitsarn  . 
Ma  per  vero  dire  poco  competono  i  fenomeni  del  catarro 
epidemico  con  quelli  delia  putredine  ;  mentre  t(uesti  tutto 
djsciolgono  e  tramutano  ,  con  generarne  poi  de'  diversi  ,  cor- 
Tuptio  unìus  est  generatio  alterìus  ,  dice  il  Filosofo  :  e  quelli 
del  catarro  all'  incontro  sono  fecondi  e  generativi  di  se  stes- 
si .  È  1'  odore  che  sparge  il  miasma  catarrale  ,  è  sempre  si- 
mile a  se  stesso  ,  e  da  ogni  altro  odore  differente;  eli'  è  so- 
lito provenire  da'  corpi  o  altie-materie  putrefatte  e  corrot- 
te .  Vediamo  li  lavoratori  dentro  le  cloache,  e  nei  sepolcri 
iiiun  danno  riportare  dalla  Icr  [mzza  :  e  se  qualcuno  ne  ri- 
portano ,  non  è  contagioso  ,  e  niente  ha  di  simile  col  catar- 
ro epidemico  . 

Kon  è  animato . 

Verso    la    metà  del  secolo  antipassato  il  Circhero    intro- 
dusse  una  nuova  sua  opinione  sull'origine  de' mali  contagio- 
si 


(x)  Med.  Syst.  tom.  4-  sec.   i.  cap.  6. 


Di  Giovanni  Vera^do  Zeviani  .  Soj 

si  P  ppstilenti  ,  volendoli  causati  da  piccolissimi  insetti  .  Non 
è  dubbio  che  con  questo  sistema  non  si  renda  ragione  d«' 
])iinci|jali  fenomeni  di  questi  morbi  .  Sopia  tutto  serve  esso 
a  Siiiegare  mi  masma  indistruggiLi'e  e  generativo  di  se 
nudfsinio  :  di  un  miasma  vario  specificamente  in  varj  moi])i 
epidemici,  i  quali  sono  sempre  simili  a  se  stessi  ,  e  sempre 
un  dall'  altro  diversi  .  Alcune  traccie  di  questa  opinione  in 
proposito  del  catarro  si  trovano  in  Alsaaravio  ,  eccellente 
Scrittor  Arabo  che  fìoii  dopo  il  mille  .  Questi  parlando  di 
certa  specie  di  tosse  ,,  la  derivò  da  ìiMeth  :  vel  fi t  tussis  ex  ni a- 
mcilìhiis  generatis  in  canna  pulinoiiìs  ,  et  locis  vacuis  ,  qiiae 
minora  sinit  muscilagìnìbus  (/)  .  Questo  testo  male  viene  at- 
tribuito diil  JMontagnana  ad  Avenzoarre  ,  che  fiori  un  secolo 
dopo  ,  Non  sono  io  lontano  dal  credere  che  certi  morbi  di 
lento  e  difficile  contagio  non  sieno  effettuati  da'  vermi  ,  co- 
me sono  forse  il  morbo  gallico  e  la  rogna.  Ma  non  credo  che 
sia  così  del  catarro  epidemico  :  per  e^ser  questo  f  jggiasco  e 
per  se  stesso  dileguantesi  ,  anche  senza  opera  di  Medicina  ; 
quando  gli  altri  per  essere  verminosi,  se  pur  lo  sono,  ricer- 
cano i  più  forti  e  cpiitinuati  piesidj  dell'aite ,  prima  divenire 
distrutti.  E  non  è  da  cred^-re  c\v,  nel  calano  a  noi  proven- 
gino  trasportali  da  venti  ;  stantechè  si  è  veduto  che  il  ma- 
sma  catarrale  non  s'  alza  sopra  i  muri  ad  infettare  ptrsune 
chiuse  e  rinserrate  gelosamente  dentio  ai  Monasteri  . 

Non  è  vegetabile  . 

Come  neir  aria  stanno  invisibili  e  dispersi  molti    anima- 
letti .  e  loio  semi  ;    cosi    nell'  aria  disperse  si  trovano  molle 
invi-io  li   paiiicelle  organit  he  ,  semi,  o  fraiiunenti  di   vegeta- 
bili  piante  :  per  le  quali  si  può  render  ragione  di   molte  pio- 
prietà  dtl  contagio  catarrale.  11  Viliis  spiegò  la  forza  di  cer- 

S  s  s  a  ti 


O)  Pract.   tract.   i3.   cap.  a. 


5o8  Sul  Catarro  Epidemico 

ti  morbi  attaccaticcj  con    V  idea  degl'  innesti  de'   vegetabili  . 
\  Un    altro  moderno  Scrittore  è  stato  da  una  celebre    Accade- 

•^  mia  premiato  ,    per   aver  ardito  di  sostenere  che  ogni  malat- 

tia   del    corpo    umano    proviene  da  una   sua    propria  distinta 
\  semente  .    Ma    è    da    rifiutarsi    questa    opinione  per  la  stessa 

ragione  di  quella    degli    insetti  .    Essendo    cioè    dispersi    per 
'  r  aria  i  semi  del  catarro  ,    attaccherebbero    indifTerenteraente 

or  una  or  l'altra  persona  ,  or  una  or  l'altra  Città  in  un  tem- 
po medesimo,  e  in  grandi  distanze,  senza  bisogno  di  contat- 
to, immediato,  o  stretta  comunicazione  coi  corpi  infetti. 
Qui  fa  pur  grande  opposizione  1'  osservare  vivo  ed  attivo 
il  catarro  nel  fitto  inverno  ed  in  paesi  freddissimi  ,  quando 
*  la  natura  in  tal  tempo  poco  opera  a  prò  dei  vegetabili  . 


t 
J 


.^f^.ii 


Non  è  Peste  * 

Molto  differente  per  natura  è  il  veleno  della  peste,  det- 
ta il  gran  Contagio,,  dal  \elen  catarrale.  La-  peste  proviene 
dalla  Turchia,  dov"  è  morbo  nazionale,  o  sia  endemico:  il 
catarro  da  ogni  parte  proviene  .  La  peste  introdotta  in  altro 
paese  ,  colà  si  ritiene  ,  e  per  ^ue  o  tre  anni  vi  permane;  il 
catarro  celereinente  passa  ,  dopo  la  breve  dimora  di  uno  o 
due  mesi  .  La  peste  è  sempre  micidiale  ,  e  toglie  di  vita  una 
metà  o  almeno  una  terza  parte  degli  abitanti  dove  infierisce: 
il  catarro  quando  è  presente  in  quasi  ogni  persona  si  attac- 
ca ,  e  se  altro  non  si  aggiunga  ,  per  se  stesso  ninno  uccide  . 
Si  manifesta  la  peste  con  tumori  alle  ghiandole,  spezialmente 
parotidi  ,  con  antraci  o  sia  carbonchi  ,  con  petecchie  ,  con 
poca  febbre  o  niuna  :  il  catarro  epidemico  con  breve  corso 
di  febbre  ardita  si  dilegua,  senza  avere  con  se  ninno  de' no- 
minati pestilenziali  caratteri  . 

";'^"  Non  è  per  in/lusso  dei  Pianeti  . 

■  '^  r 

Un  importuno  accidente    molesto  interrompe    il   filo  del 
:  no- 


Di  Giovanni  Veraudo  Zeviani  .  SoQ 

nostro  discorso.  Ai  tempi  nostri  negli  anni  i'^^-2,  1762,  1782, 
luoa,  si  è  incontrato  a  seguire  il  catairo    epidemico   in  tem- 
po della  congiunzione  dei  due  Pianeti  Saturno  e  Giove  .  Fa- 
vorisce questo  accidente  l'antica  opinione  dei  Caldei,  in  pro- 
posito dei  mali  influssi  che    tramandano  le  stelle  sopra    della 
nostra  terra  .   Opinione  confutata  da  Cicerone ,  sul  fondamen- 
to della  infinita  distanza  dei  Pianeti  dalla  terra  3   o    be-H-^an- 
clie  da  uno  all'  altro  di  essi ,   benché    nelle  loro  congiunzioni 
pajano  agli  occhi  nostri  vicini  :    O  delirationem  ìncredihìlem  , 
die'  egli    {£) ,  qiiae  potcst   contagio  ex  infinito  pene  intervallo 
pertinere  ad  lunam  ,  vel  potius  ad  terram  !    Giove  secondo  i 
moderni  Astronomi  {a),  è  distante  dalla  terra  cinquecento  e 
&ei    milioni  di  miglia  ,    e    Saturno  ottocento  e  cinquanta  no- 
ve .    Qual    affare    possono    essi    avere    col     contagio    catarra- 
le ,    il   quale   lungi  da  noi  tre  o  quattro    piedi  ,    si    disperde 
nell'aria^  e  svanisce  reso  incapace  di  offendere  ?    Se  ultima- 
mente quattro  di   queste  congiunzioni  si  sono  unite  coli' anno 
del    catarro,    dando  a  dietro,  altre  trenta  ne  troveremo  fuor 
di  quel  tempo  avvenute  .    Più    spesso  si    è  incontrato  a  viag- 
giare  il   Papa,  che  tardamente  si  muove,  in  anni   di  catarra- 
le   Epidemia  :    leggendosi    questo  di  Uibario  VI,  di  Gregorio 
XII,  di  Giulio  II,  di    Clemente  Vili,  di  Pio  VI.   Dunque  si 
potrà  dire  con  altrettanto  di  ragione  che  il  viaggio    del   Papa 
influisca  sul    catarro  .    Cbiunque    affidato  però  al  felice  qua- 
druplicato  incontro  di  queste    quattro  ultime  epidemie  catar- 
rali ,  ardisse  di  predire  che  nell'  aiaio    i8ia  tornerà  in  cam- 
po con  la  congiunzione  che  sarà  in  quell'  anno  di  Saturno  e 
Giove  ,  il  catarro  epidemico  ,    correrà  riscliio  di  mostrarsi  un 
falso  profeta    ridicolo  ,   come  è  intravenuto  con  suo  scorno  a 
Pietro  IMainardo,    il    quale    credendo  insorto  il  morbo  gallico 
per  inile  influsso  di  Pianeti ,    pronosticò    dover    esso   cessare 


nell' 


(z)  De  Divlnat.  lib.   a. 

(a)  Gagnoli ,  notìzie  astronom. 


5  IO  Sul  Catarro  Epidemico 

nell'anno  i5u4  ppr  influsso  di  contraria  forza  ;  e  come  pure 
ititravenue  a  Giovanni  Stoeflt  r»)  ,  il  quale  mise  in  gran  con- 
fusione e  trriore  T  Europa  tutta,  predicando  all'  anno  i52,4 
Ufi  altro  tliluvio;  peiclje  Giove  e  Saturno  doveano  trovarsi 
insieme  nel  sii;no  d^i  Pesci  • 


O" 


Non  è  per  intemperie  di  stagioni . 

Nei  primi  secoli  ,  dopo  clie  apparse  in  Europa  il  catar-« 
ro  epidemico  ,  sorjjrcsi  i  Medici  dalla  stianezza  del  nuovo 
morbo  non  più  veduto  o  descritto  ^  chi  di  essi  lo  inpu- 
tò  al  malo  ii  flusso  dei  Pianeti  ,  chi  alla  intemperie  delle 
stagioni  .  Giovanni  Huxham  ,  ai  nostri  giorni  ,  cangiò  oidine 
alle  cose  :,  e  togliendo  l'onore  agli  astri  sublimi,  restrinse  al- 
la sola  Luna  la  facoltà  di  presiedere  al  corso  delle  malattie, 
e  restrinse  il  catarro  alla  sola  stagione  d'  inverno,  col  voler- 
lo prodotto  niiicarnente  da  una  fredda  ed  umida  atmosfeia  : 
praecedit  hiu.c  morhum  semper ,  ac  comitatur  crassa  admo- 
dum  humidaque  atmosphaerae  temperìes  :  nec  grassatur  un- 
qunni  nisi  niensibus  h)bcriiìs  \l)  •  Non  si  nega  che  per  intem- 
perie di  stravaganti  instdite  UìUtazioni  di  tempi  e  di  luoghi 
non  possa  acquistare  il  morbo  caratteri  di  malizia  ,  quali  , 
essendo  contagioso  ,  pur  naturalmente  non  ha  :  ma  è  seuqjre 
vero  che  passeggia  superbo  ,  anzi  vola  non  impedito  per  tut- 
te le  quattro  stagioni  dell'anno  .  Come  nelle  tre  ultime  epi- 
demie veduto  1'  abbiamo  j  di  primavera  ,  di  estate ,  e  di  au- 
tunno • 

Si  spiegano  i  sintomi  del  morbo . 

Attratto   il   velen  catarrale  che  esala   da'rorpi  infetti  per 
la  via  dell'odorato  dentro  le  narici,  s'invischia  e  ritiene  nel 

mu- 


li) De  aere,  tom.  i-  pag.  m.  ii3. 


. 


Di  Giovanni  Verardo  Zeviani  .  Sii 

muco  naturale  della  membrana  pituitaria  :  la  irrita,    la    gon- 
fia ,    la    infiamma  ;    onde  se  ne  suscita  una    febbre  di  d(.ppia 
natura ,    infiammatoria    e    propriamente    nervosa  .    E    questa 
preceduta  non   solo,  siccome   nel  consueto,    ma  accompagna- 
ta ancora  da  molesti    brividi  ,    die    sembran    di    freddo  ,  ma 
sono    puramente    spasmodici  .    Attratta    per  la  infiammazione 
al   luogo  affetto  maggior  quantità  di  sangue;  o  per  meglio  di- 
re  accum.nlato  il  sangue  che  liberamente    non  scorre  ,    s'    ar- 
rossa il  volto  ,  e  duole  il  capo  :  stilla  il  sangue  dal   naso  ,   e 
cola  un   umor  sottile  corrodente,    che  costituisce   la  corizza, 
che  è  il  princi[)a.le  e  più  comune  sintomo  del  catarro.  Dalla 
gonfiezza  dell'  interna  membrana  se   ne  comprimono  e  turano 
le  aperture    che    tianiandano  dal  sacco  e  condotto    lacrimale 
le   lacrime  che  restano  dcpo  aver  bagnato    l'  occhio  ;  e  1'   oc- 
chio si   fa  lacrimante    ed   infiammato  .    Qualclie    porzione    di 
questa    inft-tta    ridondante    pituita  si   volge  alle  fauci  ;    e  giù 
cadendo   per  T  esofago  al  ventricolo  ,  con   la  sua   puzza  toglie 
l'appetenza,    e  ne  produce  il  vomito,    e    talvolta  la  soccor- 
renza .  Un'  altra   poftione  si  strascina  dietro    all'    ugola  e  giù 
cade  per  la  trachea  al  polmone  ,  da  che  proviene  la  raucedi- 
ne  ,  e   se  ne  eccita   la  tosse  ,  dal  principio  inane  e    molesta  . 
Intanto    con    1'   ajiito  del  sudore  che   mena   la  febbre  ,    e  con 
la     concezione  o    corpu lentezza    che    stazionando    acquista    la 
sottil   mateiia  dentro  le  narici  e  nel  polmone  ,  se  ne  ripurga 
'  il   sangue  ,  ed  esce  il  catano  infetto  per  le   naiici  .  Cosi   pre- 
sto son  salvi   gì'   infermi  ;     conservando    per    qualche  giorno  , 
ed  esalando  la  puzza  catarrale,    per    qualche    tempo    capace 
d'  infettare   chi   trcqipo  se  le   avvicina  .  Non   riputguto   il    mor- 
bo  per  negletta  cura  ,    e  cattivo  governo  è  capace  in   seo;uito 
di   produrre  pessime   malattie  ,    che  in  line   portano    all'  altra 
vita  ^li    i'.ifeimi  . 

Proviene  il  velen  catarrale  da  un  muco  per  esso  avvele- 
nato :  trova  però  nel  muco  de'  sani  un  nido  suo  proprio  e 
cu,  f  leente  ,  ili  cui  fermarsi,  e  difiond^re  la  propria  venenosi- 
tà  .    Opera  quivi  infatti  a  foggia  di  lermcuto  ,  che  presto  ec- 

ci- 


5 1  a  Sul  Catarro  Epidemico 

cittì  Ja  sua  agrezza  nella  pasta  dalla  c|uale  provenne  .    Di  qui 
avviene  e  la  (lifrasione  in  tutti  i  sani  j    e  la  propagazione  da 
uno  nel!'    altro  delia  sua  stessa  infezione  ,  che  è'  quanto  dire 
del   suo  contagio  .    Perciocché  è  errore   delle  Scuole   il  crede- 
re clie  la   peste  e  gli   altri  contagi  non  siano  capaci  di  offen- 
d('ìe  se  non    corpi    per    qualche    difetto    disposti  a  riceverli  . 
Ogni  corpo  sano  è  disposto  a  riceverli  :    anzi  si  danno    dtlle 
infermità  che  impediscono  il  loro  effetto  nei  coi{)i  .    Come  è 
nel  catarro  epidemico  :  che  quantunque  i  sani  siano    disposti 
a   riceverlo  e  restarne  offesi  ,    alcuni  si  hanno    che    per    con- 
formazione nativa  delle  ossa  sono  schiacciati"  nel  naso,  e   non 
ponno  trarre  il  respiro  per  le  narici;    cosicché  sono  costietti 
a  respirare  con  la  bocca  ,  che  sempre  tengono  aperta  .    Altri 
per  r  abijso  del  tabacco  hanno  la   membrana  pituitaria  incal- 
lita e  insensibile ,    perduto    avendo    quasi    del    tutto  il  senso 
dell'    odorato  .  In  questi  non  fa  presa   il  velen  catarrale   den- 
tro le  narici,  e  sono  esenti  dalla  corizza:    ma  passando    im- 
mediatamente   il    veleno    dentio  il  polmone    per  la  tiachea  , 
restano    più    degli    altri    sottoposti  a  fierftia  tesse,    che  facil- 
mente eccita  lo  sputo  di  sangue  ,   e    se  pur  non  succeda   un* 
acuta    peripneumonia  ,    sono    in    peritolo    di    passare  ad  u.na 
pessima  tisichezza  fatale  . 

Della  Tosse  . 

« 

Una  pessima  confusione  si  trova  negli  Autori  fra  la  tos- 
se epidemica  de' fantolini  ,  e  la  tosse  d^l  catarro  epidemico. 
Quella  è  un  male  essenziale  di  propria  spezie  ,  il  quale  di 
tratto  in  tratto  insorge  a  tormentare  i  fanciulli  :  ques.a  è  un 
sintomo  del  catarro  epidemico  .  Si  dà  il  catarro  epidemico 
senza  la  tosse  de'  fantolini  ;  si  dà  la  tos«e  de'  fantolini  sen- 
za che  sia  in  vigore  il  catarro  epidemico.  Sino  ai  ten)pi 
del  Baltonio  il  catarro  epidemico  era  denominato  coqueluche  ; 
e  la  tosse  de*  fantolini  era  denominata  quinta  o  quinta- 
na :  hujus  gravia  siint  symptomata  .  Palmo  ita  irritatur ,  ut 
oinni    contentione    nitens ,    excutere    id   quod  molestum    est , 

nec 


Di  Giovanni  Verìhdo  Zeviani  .  5 1 3 

nec  adinittat  spuriturn  ^  nec  vìcissìin  facile  reddat  .  Iniinnesce' 
re  vidctur  ,  et  quasi  strangulabundus  ae^er  mediis  faucibus 
ìiaerentes  spiritus  hahet.  dir  quinta  valgo  dicatur^  dubìo  non 
caret  (<)  .  Qual  similitudine  tra  il  uioibo  qui  descritto ,  ed 
il  cataiio  epidemico  ,  dal  Ballonio  parÌRienti  descritto  nel 
medesimo  armo  ?  Eppure  li  Francesi  chiamano  oggi  la  tos- 
se de'  fa-nciiilli  con  quel  nome  stesso  ,  con  cui  essi  ne'  secoli 
addietro  cliiaùiavaiio  il  catarro  .  ,,  La  €oqueluche  (  dicono  gli 
Autori  Parigini  continuatori  della  fortunata  Opera  del  Tissot 
Avis  aii  peuple)  est  cette  toux  redoublée,  presse,  opiniàtre  qui 
se  renouvelle  à  des  intervailes  plus  ou  moins  éloignes  •  j, 
Coqueluche  vulgo  est  tussis  saepius  epidemica  puerulos  ìnfe- 
stans  per  paroxysmos ,  quintas  dictos  ,  rev ert ens  ^  co%\  il  dotto 
de  Sauvages  [d).  JEd  il  Lieutaud  :  tussis  infantwn  catarralis  , 
veJicmentior  et  epidemica ,  qiiae  coqueluche  apud  JSostrates 
audit ,  suis  exacerbationibus  vel  paroxysmis  a  caeteris  specìebus 
rite  dlstinguitur  {e)  .  Ingannato  dalla  autorità  di  questi  reve- 
jendi  nomi  il  Traduttor  Francese  dell'  Opera  del  Buchan  , 
ad  un  capitolo  j  in  cui  si  tratta  della  tesse  de'  fantolini  ,  per 
ventura  col  titolo  Inglese  cliincough  ,  ovvero  ,  come  altra- 
mente nota  il  Sidenamio  hooping  Coug^  prepone  il  nome  co- 
queluche :  r  uno  e  1'  altro  ignorando  clie  coqueluche  ,  e  mal 
del  castrone  significano  bensì  il  catario  epidemico  ,  ma  non 
mai  la  tosse  de'  bambini  :  checciiè  gli  Autori  della  Crusca 
facciano  corrispondere  la  tosse  al  mal  del  castrone  . 

Questi  sono  li  piincipali  sintomi  del  catarro  epidemico 
ordinai  io  e  benigno  .  Resta  a  dir  qualche  cosa  sopra  di  tre 
altri  niali  diversi  \  nei  quali  suol  passare  il  catarro  nel  farsi 
in  qualche  luogo  maligno  e  micidiale  .  Questi  sono  la  febbre 
maligna  ;  detta  volgarmente  mal  mazzucco  ,  la  peripneumo- 
Tomo  A  /.  T  1 1  nia  , 


(e)  Epid.  Ijb.  2.  png.  m.  i55, 
[lì)  Nosolog.  clas.  5.  iium.  5. 
[e]   Prax.  Med.  lib.   3.   sec.  a. 


5i4  Sul  Catarro  Epidemico 

nia  ,  e  la  tisichezza  .  In  questi  si  verifica  quel  detto  dell' 
Areteo  :  Exìguos  morbos  majores  excìpiunt  :  cumqne  priores 
diserimìne  vacarent ,  eorum  soboles  pemìtìosa  exoritur . 

Della  Febbre    maligna . 

Quando  il  Catarro  non  arriva  a  sciogliersi  in  pochi  gior- 
ni ,  per  uno  sputo  o  per  corizza  che  siano  dolci  e  concotti  , 
ovvero  per  un  sudore  profuso  e  salutare,  degenerando  esso 
dalla  benigna  sua  indole  ,  penetra  al  cervello  la  infiammazio- 
ne,  s'accosta  alla  cangrena  ;  e  sintomi  perniciosi  danno  fuo- 
ri in  tempo  che  oppressa  la  febbre  ,  sembra  mitigata  o  nin- 
na :  reso  il  polso  naturale  ,  e  inclinando  al  freddo  il  morbo- 
so calor  delle  carni  che  prima  era  .  Questa  è  la  febbre  mali- 
gna vera  ;  come  un  Uomo  dicesi  maligno  ,  il  quale  sotto  as- 
petto amico  macchina  insidie  e  pensa  ad  offendere   altrui  . 

I  preludj  del  morbo   sono    alcuni    dolori    vaganti   per    le 
membra,  con  facile   torpore  e   formìcolamento  :    il    capo    ag- 
gravato e  confuso  ;  l'  anima  senza  ragione  appassionato  e  me- 
lanconico :  i  sonni  turbati   da  insolite-  veglie  e  da  funesti    so- 
gni. Al  cominciare  del  morbo    hanno    qualche    riscaldamento 
di  ffola  ,   le  narici  ancora  ingombrate  e  chiuse ,  gli  occhj  fiam- 
megfianti  e  lacrimosi  .  Vacillano  camminando  ;  né  si   credono 
ancora  ammalati:  ma  sono  costretti  dai    domestici  a  custodi- 
re il  ritiro  ,  e  a  mettersi  a  letto.  Il  ccrpo  loro  si   fa  stitico  , 
le  urine  rosse  e  scarse  ,  perchè    rifiutano  il    cibo  e  la  bevan- 
da .  Non  hanno  sete  benché  la  lor  lingua  sia  infocata    ed  ar- 
siccia .  I  soinii   si  fanno  sempre  più  turbati  e  paurosi  ,  e  sve- 
gliati   d'  improvviso    credono    fermamente    di    essere     stati  da 
qualcuno   assalili    e    maltrattati.    Quindi   divengono    sino    dai 
primi  giorni  del  male  pensierosi  e  timidi ,  e  in  se  stessi   rac- 
colti ,  a  segno  di  parere  sordastri  ,  benché  ancora  noi  sieno  . 
Rifiutano  i   medicamenti,  e  le  altre  ordinazioni  del    Melico, 
non  volendo  essere  infermi,,  e  temendo  di  essere  traditi.  Le 
loro  membra  s'  irrigidiscono  ,   e  giacciono   immobili    nel    sito 

do- 


Di  GioYJkNNi  Verardo  Zeviani  .  5l5 

dove  $i  trovano  ,    benché   abbiano    un    braccio  o  una    gamba 
intorpiditi    e    gonfi    jjer    una    mala   positura  del    loro    corpo  . 
Rompono  però  bene  spesso  per    se  stessi    il    loro   silenzio  ,    e 
questa  immobilità;    alzandosi    d'improvviso  dal   letto  ,    e  con 
forza  irresistibile  tentando  di  ammazzarsi  con    coltelli  ,    o    di 
gettarsi    dalle    finestre  .    In    questo    tempo    delirano    di    una 
specie  di  pazzia-,  dicono  di  genere    ogni  spropositi  ;    e   tornan- 
do per  poco    in    se   stessi    si    accorgono  di  averli  detti  ;    e    se 
ne  vergognano;    e   cercano   con   ingegnose    cabale   e    rigiri  di 
coprire  agli   astanti  il  loro  errore  :    altri   ridono    e    si    godono 
del  loro  spropositare  .  Ridono  i  più  sensati  e  serj ,  e  bestem- 
miano i  più  morigerati  e  religiosi  .    Intanto   la    gola    sempre 
più  si  disecca  ed  infiamma,  onde  penano    ad    inghiottire,     e 
s'allarmano  con  chiuder  forte  la  bocca  ,  quando  alcnno  s'ac- 
costa con  cibo  o  bevanda  per  ristorarli  .    E   come  i  morsicati 
da  cane  rabbioso  cadono  nella  idrofobia^  così  questi   per    non 
dissimile  ragione  cadono  nella  sitofobia  ;    sputando   in    faccia 
a  chi  loio  porge  V  odiato  boccone  .  La  lingua  si  annera  e  di- 
secca :   le  narici  stillano  sangue  ,    e  materie  corrotte  e  feten- 
ti :  r  udito  si  perde  :  escono  gli  escrementi  senza  che  se    ne 
accorgano  o  li   mandan  fuori    senza    risentimento  o  vergogna  . 
Vanno  con  le  mani  in  traccia  di  mosche  ,  e  piegano  e  ripie» 
gano  i  panni  vicini.  In  questo  stato  di  cose,  se  sintorni  av- 
vengano che  mostrino  li  nervi  e  l'interno  cervello  patire  :  va- 
le a  dire  stridore  di  denti,    guizzi  di  tendini  ,  convulsioni  di 
membra,  parziali   paralisi ,  questi  son  tristi   preludj  di  un   pes- 
simo fine  .   Perchè   poco  dopo  danno   nel    letargo  ,    e    da    un 
profondo  stertore  aggravati  ,  quasi    apopletici   finiscono  la  vi- 
ta :  chi  più  presto,  chi  più  tardi,  fra  il  duodecimo  ed  il   ven- 
tesimo giorno  del  male  .  Se  tali  sintomi  non    si  manifestino  , 
sogliono  superare  il  morbo  ,  benché  prima  di  guarire    debba- 
no  tollerare  una  pessima  cangrena  dell'interna  membrana  dei 
naso  e  della  bocca  ,  prolungatosi  il  male  e  la    sua    crisi    sino 
W  quarantesimo  o  sessantesimo   giorno    del    male  ,    Nel    qnal 
tempo  ,  e  dopo   ancora   per   qualche   ora   del   giorno    parlano 

Ttt  a  fuo- 


OlO  SCL    CATARRO    EpiDE.MlGO 

fuori  di  proposito;  e  restano-  vive  n«^l  loro  cervello  le  imma- 
gini di-  quelli  stesai   spettri  o  figure  che   nel    tempo    dei    loro 
male  avevano   sempre    presenti  e  davanti    agli    occhi.    Prove- 
nendo questo  male  dal  Catarro  epidemico  ,  eh'  è  morho  coR'- 
tagioso  ,  perdutasi  in   questo    trascorso    di    male    la   benignità 
del   morbo,  ne  resta  vivo  il  suo  contagio:  e  questo  pure  di- 
viene un  male  contagioso  j   ed  attaccaticcio  a;  quelle    persone 
«he  da  vicino  assistono   agli  infermi  ;   e   passa    di    famiglia   iti 
famiglia  ,  e  di  contrada  in  contrada  ,   tanJi  serpendo  dappoi  . 
Questo  male    rilevantissimo  ,    e    frequentissimo    è   restato 
senza  nome  proprio  e  speziale  ;  qnantunr|ue  sìa  da  ogni  altro 
aiale  discrepante  e  diverso  .    Il  volgo   qualche    volta    più    ac- 
eorto  dei  dotti,  (non  so  per  qual  ragione)    per   quanto    leg- 
gesi  in   Amato  Lusitano  e  nel  Torella  ,  il  chiama    in    Spagna 
col   nome  di    Modorra    o   Modorilla  .    Noi    qui    il    chiamiamo 
ysJgarmente  Mazzucco  ,,    e  secondo  il   Brasavola   cosi    chiama- 
¥asi  comunemente  in  Italia  trecento  anni  fa  :  pulsus  affectiis 
ex  phrenit'ìàe  €\  lethargo  ,   quem  nos  vocamtis  maluni   lìTazn- 
chi  [q)   sembra  un  vocabolo    corrotto    e    composto   di    male  e 
zucca-.  Zucca  si  dice  dal  volgo  la  testa  :  zuccone    si    dice    ad 
un  uomo  stolido  ,  che   non    intende    ragione  ;    com'  è    prnpiio 
di  questa    malattia.    Per   questo    sintouio,  io  crederei    che   si 
potesse    chiamare    con    ncine    più    decoroso    morbo    attonito  : 
giacché  Cornelio  Celso  adoperò  questo  nome  in  malattia  con- 
troversa ,    che  per  errore  di   testo  è  detta    apoplessìa  ,    quan- 
do  per  ventura  dovea  dirsi  embrontesia,  che  significa  ap[)un- 
to  r   essere    attonito  e  stupido    quasi     percosso    dal    fulmine  . 
Alcuni  pensano  che    Celso    dove   sta    scritto    la    prima    volta 
fuor  di  proposito   apoplessia,  usas?e   il  vocabolo  di  catalepsì  ^ 
morbo  che  couviensi  ad  ammalati  che  sono  di  corpo  e  d'  ani- 
mo insensati  .  Ma-  è  da  avvertire  ch'Egli  si  appella  ai  Greci: 
e  secondo  i  Greci  de'  suoi  tempi  catalepsi  non  significava  un 

mor- 


[q\  Ind.  in  Galen.  p.  m.   896. 


Di  Giovanni  Verardo  Zeviaot  .  5 17 

fai  morbo  definito  ;  ma  nulla  più  che  quanto  i  Latini  dico- 
no deprehensio  ,  coìnpnhensio  ,  adeptio  •  Secondo  lasciò  scrìt- 
to Celio  Aureliano  ,  Asclepiade  fu  il  primo  che  trasportò  ad 
VISO  medico  questo  vocabolo  :  e  non  fu  usato  per  molti  seco- 
li dappoi  se  non  da^li  Scolari  di  Asclepiade  ,  il  qua!  fiorì  po- 
chi anni  prima  di  Celso  . 

Della  Perlpneumonìa  . 

•Fu  questo  morbo  più  del  soli-to  frequente  dopo  il  Catar- 
ro epidemico  dell'anno  i^SS  ,  dopo  quello  dell'anno  1762,  , 
secondo  l' Huxam  ,  e  secondo  il  Moreali.  Noi  1' abbiam  seda- 
to frequente  in  quello  dell'anno  1782.  Determinato  il  veleii 
catarrale  al  polmone  ^  o  per  il  libero  immediato  respiro  dal- 
la bocca,  o  per  ripercosso  sudore  nelle  prime  febbri,  ajutan- 
do  la  tosse  assidua  ed  inane  ,  se  ne  aggrava  ,  irrita  ed  infiam- 
ma il  polmone  ^  e  se  ne  produce  la  peripneumonia  .  Più  fa- 
cilmente ciò  avviene  se  sia  d'inverno  o  di  primavera,  quan- 
do concorrono  altre  cause  ad  eccitar  questo  moibo  .  La  pe- 
ripneumonia ,  eome  dicesi  ,  ha  più  pericolo  che  dolore  :  vieii 
però  nei  primi  giorni  dalla  gente  povera  negletta  e  sorpassa- 
ta .  Per  questo  disordine  ,  il  male  riesce  più  presto  soffocat:- 
vo  e  morlale  .  Che  se  il  morbo  trovi  un  sangue  per  1'  abuso 
del  vino  e  dell'  acquavite  riscaldato  e  inclinato  a  coagularsi, 
spesso  avviene  che  ne'  proprj  letti  ,  o  tra  via  restino  soffoca- 
ti gli  infermi,  e  dinunziati  come  morti  d' improvviso  per  una 
apoplessia  •  Ma  fatta  I'  apertura  di  molti  di  questi  cadaveri  , 
in  tutti  si  è  trovato  illeso  il  cervello  :  ed  il  polmone  in  od^ni 
sua  parte  infiammato,  duro,  e  gonfio  qual  massa  di  fegato, 
tramandante  nel  tagliuzzarlo  molto  sangue  atro  e  rappreso  ^ 


Della  Ti  siche  zz 


a . 


Dalla  peripi.eumonia  si  passa  alla  tabe  .  TI  più  delle  vcF- 
te  però  dopo  il  Catarro  epidemico   resta  immediatamente    la 

ta- 


Si8  Sul  Catarro  Epidemico 

tabe  .  Quidam  phthtsi  langiientes  ìnterìhant ,   fa    notato    dall* 
Aiioii'iiio  IH  Kiveno  all'anno  iSS/.  Qui  huic  morbo  succumberi' 
tes  ìnteribant .  .  .  instar  febre    hectica  laborantium  emorìeban- 
tur^  fo.5Ì  il  Willis  all'anno   i658.  Ubi  vetus  erat  in  pulinonibus 
vitium  ex  haereditate  ^  febre  hac  discedente,  tussis  purulenta 
cuni  sanguine  succedebat  ,  saepe  vera  phthìsis  ^  cosi  i' Off'.ii  a  li- 
no all'anno   1709.  Haud  pauci  modo  phthisici  mortai    snnt  , 
rupto  interdum  pulnionis  apostemate  :    illi   pra'cclpus    qui    ex 
febre  catarrhaU  in  tabem  incider ant  ,  cosi  1' Huxaiii  ;    il  qua- 
le segue  a  «lire  dopo  aver,  parlato    dell'anno   lySo,  che- neil' 
anno   1787  plures  jam  phihìsi  tabescunt  pulmonaria ,  cui   de- 
dit  origiitem  male  judicata  febris  cutarrhalis  ,   Il  Saillant  ali* 
anno   J762,.  avverti  che   „  plusieurs  qui  avoient   latte    loiigs- 
ternps  contre  le  maladie ,  futent    à    la    fin    eniportés    par    la 
phthisie  pulinoiiaire  ,,  .  Presso  noi  dopo  il  Catarro  delTaniio 
1782  non  fu  molto  osservata  la  tisichezza  ;    ma    persone   de- 
gne di  fede  che  in  quel  tempo  si    trovavano  in  Londra  ,     mi 
hanno  assicurato    che    molte    migliaja    di    uomini    sono    penti 
consumati  dalla  tabe  .  Riscaldando    ed    infiammando    le    parti 
©strutte,  infierisce    e    s' attacca    ne'  polmoni   il    veleno    catar- 
rale :  si  aprono  le  scirrosità  in  ulceri ,    in    fistole  ,    che    con- 
•  suniano  la  loro  sostanza  ed  inducono  la  tabe.  Stato   ulceroso, 
che  è  come  una  spezie  di  cancro  insanabile,    non  tanto    per 
ragione  di   sito  esposto  all'aria  libera  che  si  respira  ;  o  perchè 
debbano  le  materie  corrotte  salire  all' insù  ;  o  perchè  il   luogo 
sia  perpetuamente  agitato  nel  ricevere  e  tramandare    1'  aria  : 
ma  perchè  le  ulcere  sono  piantate  su  d'  una  parte  callosa   in- 
dissolubile :  come  con  molti  esempj   pratici  ed    anatomici    ho 
dimostrato  in  un   mio  libro,  che  tratta  su  i  morbi    purulenti. 
In   quel  libro  ho  disputato  se  la  tisichezza  sia  o  non    sia 
attaccaticcia  e  contagiosa  :  e    parlando    della    tisichezza    vera 
ed  originaria  ho  conchiuso  che  non  sia   contagiosa  ,    come    il 
volgo  crede  ,  stantechè    procede  da  cagioni  intrinseche   e  na- 
turali ,  non  procedenti  dal  contatto  o  vicinanza  di  altri  corpi 
infetti  .  Qui  slam  giunti  al  luogo  di  nominare   una  spezie   di 

ti- 


Di  Giovanni  Verardo  Zeviani  .  Sig 

tisichezza  che  è  temil)ile  e  sospetta  di  contagio  .  Questa  è 
quella  eh'  è  prodotta  o  fomentata  dal  veleti  catarrale  ,  per  se 
stesso  contagioso  e  indomabile  .  Or  che  si  la  frequente  il 
morbo  catarrale  epidemico  ,  dovranno  tenersi  lontani  al  pos- 
sibile dair  acquistarlo  i  giovani  ,  i  quali  possono  covare  den- 
tro i  loro  polmoni  ancor  nascosti  i  principj  ed  i  rudimenti 
della  tisichezza  ;  la  quale  presto  quindi  verrebbe  a  spiegarsi 
aizzata  dal  velen  catarrale  .  E  per  la  stessa  ragione  sarà  cau. 
ta  non  addomesticarsi  con  Tisici  ,  il  di  cui  morbo  può  aver 
tratta  1'  origine  dal  Catarro  epidemico  . 

PARTE    TERZA- 

Cura  chi  morbo  . 

II  Catarro  epidemico  è  una  infiammazione  della  mem- 
brana pituitaria  ,  prodotta  dal  muco  investito  da  uno  stranio 
miasma  ,  che  esala  da  corpi  del  medesimo  morbo  infetti  . 
Ccmyiene  però  per  primaria  intenzione  cercare  di  cacciarlo 
dal  corpo;  perchè  altrimenti,  essendo  esso  della  propria  in- 
dole tenacissimo,  non  si  lascia  scomporre  e  correggere.  In- 
tanto che  questo  si  procura  ,  scn  da  tenersi  lontane  le  per- 
sone del  medesimo  morbo  infette:  perchè  queste;  col  traman- 
dare incessantemente  nuova  materia  morbosa  ,  mantenf^ono 
vivo  il  male  a  fronte  della  cura  che  si  ha  di  debellarlo  .  Si 
ottiene  il  suo  più  facile  esito  dal  corpo  con  procurare  di  mi- 
tigare r  eccesso  della  infiammazione  ,  che  mettendo  spasimo 
e  contrazione  nel  sistema  nervoso  e  musculare  y  chiude  la 
via  alia  sua  sortita»  Si  ottiene  con  dar  corpo  alla  mucosità 
troppo  sottile  ,  con  assottigliarla  se  sia  troppo  densa  e  tena- 
ce :  essendo  questo  difetto  e  questo  eccesso  di  remora  e  di 
impedimento  agli  umori  che  stillano  dalle  narici  ,  o  si  devo- 
no cavar  fuori  d;d  polmone  . 

Quella  porzione  d'  infetta  materia  che  cade  al  polmone 
è  da    espellere  cogli    espettoranti  :  quella   che   discende    allo 

sto- 


520  Bvh  Catarro  Epidemico 

stomaco,  col  purgativi  :  quella  che  s'intrude  a  coiTtaniinarc 
Ja  massa  del  sangue,  coi  sudori  feri  •  Quando  si  vngliano  jiur- 
gare  i  corpi,  dice  Ippocrate  ,  bisogna  rerideie  i  loio  umori 
sottili  e  scorrevoli  :  questo  si  ottiene  con  le  copiose  bc-van- 
de  .  Gli  oliosi  conducono  a  questo  fine  col  levare  gli  spasi- 
mi ciie  gli  umori  ritengono  • 

Spesso  s'  incontra  che  gli  stomachi  sono  imbrattati ,  il 
elle  si  conosce  dalla  inappetenza,  dalla  lingua  sordida,  dal 
vitto  pravo  :  questo  difetto  tiene  in  tutto  il  sistema  vascolo- 
so una  perpetua  tonica  contrazione  ,  che  fa  debile  il  polso  e 
ristretto  ;  cosicché  si  oppone  al  libeio  esito  del  sudore  ,  che 
suol  porre  un  presto  e  salutare  line  del   morbo. 

Alla  tosse  si  ricercano  rimedj  olitisi  e  dolcificanti  per 
renderla  più  mite,  onde  non  passi  ad  offendere  il  polmo- 
ne. Gli  altri  sintomi  del  Catarro  sono  da  sorpassare  senza 
cura    speziale  . 

A  quella  porzione  di  veleno  che  si  rivolge  per  1'  esofa- 
go allo  stomaco  ,  poco  è  da  badare  :  essendo  avvezzo  lo  sto- 
maco a  ricevere  in  se  ogni  giorno  nella  varietà  de' cibi  e  del- 
le bevande',  e. de' medicamenti  materie  or  più  or  meno  ostili 
e  venefiche  :  le  quali  se  siano  nocevoli  ,  vengono  ad  essere 
purgative  ,  e  se  stesse  ripurgano  . 

In  fatti  5  se  è,  secondo  il  suo  ordinario,  benigno  il  Catar- 
ro epidemico,  è  da  paragonarsi  ad  altri  moibi  epidemici  egual- 
mente benigni  :  dei  quali  dopo  datane  una  lunga  ed  esatta 
descrizione,  riguardo  alla  lor  cura,  conchiude  Ippocrate  ,  che 
non  batmo  bisogno  né  di  cura  Medica  ,  né  di  Chirurgicale  ; 
le  quali  in  tali  casi  più  servono  a  disturbare  la  natura  che 
per  se  stessa  li  sana  ,  di  quello  che  possano  al  bisogno  aju- 
tarla  . 

È  però  indispensabile  nel  caso  nostro  un  attento  riguar- 
do di  non  moltiplicare  in  se  stesso  il  miasma  Catarrale  col 
comunicare  strettamente  con  altri  infetti  ;  e  alla  pr'ma  in- 
vasione del  morbo  ,  tenersi  rinserrato  nella  propria  casa  ,  o 
mettersi  a  letto  se  sia  spiegata  la  febbre  ,   ^Jt-'rchè    non    resti 

ini- 


Di  Giovanni  *VEaARDO  Zeviani  .  5ai 

impctlito  il  suJore  ,  da  cui  la  pronta  guarigione  dipende  ;  e 
sì  ipapediscoiio  i  peggiori  mali  ^  che  altiiaieuti  sogliono  pro- 
venire . 

Dil  Salasso  . 

Ma  qnal  uso  che  sia  retto  e  convenévole  faremo  noi  del 
salasso  nel  catarro  epidemico  ?  Consultiamo  qua!  sia  stato  il 
suo  eftVtto  nelle  passate  epidemie  . 

Kella  epidemia  dell'  anno  i5io  il  de  Tou  riferisce  ,  che 
il  salasso  non  convenne  :  Lethale  fere  iis  ,  qui  medicamentis 
purgantibus  ,  aiit  venae  sectione  iitehantur  . 

Nella  .epidemia  dell'  anno  iSSj  il  Dodoneo  scrive  che  il 
salasso  giovò  a  tal  segno  ,  che  morirono  quegli ,  in  cui  non 
fu  praticato  :  inortui  sunt  quìbus  venae  sectio  praetcrinìssa-- 
Nella  stessa  epidemia  il  Valleriola  lo  mette  nocevole  :  san- 
giiis  missus  et  purgatio  nocebant  .  Così  pure  il  Foresto  :  cu~ 
curbìtulae  niagis  in  hoc  morbo  jiivabant  quani  venae  sectio  . 

Nella  epidemia  dell'  anno  1578  dice  il  Ballonio  che  mol- 
to giovò  il  salasso  :  maximum  remediiim  fiat  phltbotoniìa . 

Nella  epidemia  dell'  anno  i5oo  dice  il  Foresti  che  il  sa- 
lasso e  la  purga  salvarono  gli  infetti  cuni  plurimi  facile  eva- 
clerent  ;  sanguine  qiddein  statirn  detracto  ,  et  medicamento  , 
dieta  lenitivo  ,  hausto  •  AH'  incontro  il  Sennerto  in  questa 
stessa  epidemia  riferisce  come  micidiale  il  salasso  :  experien- 
tia  enìm  hoc  comprob&vit  ,  omnes  fore  mortuos  esse  ,  quibus 
vena  aperiebatur  .  E  cita  a  questo  passo  anche  il  testimonio 
del  Viero  :  il  quale  nota  come  in  Roma  più  di  due  mille 
persone  son  perite  di  catairo  ,  per  essere  li  JSIedici  Italiani 
molto  pronti  a  segare  le  vene .  Sta  forse  scritto  questo  in 
un'  Opera  Tedesca  non  registrata  dal  Manzeti,  intitolata, 
jirtzneybitch  von  etlichen  bisanher  unbekanntm  ,  und  unbes- 
chrieben  Kranhheiten  :  eh'  è  quanto  dire  :  libro  di  Medicina 
sopra  alcune  malattie ,  sino  ad  ora  sconosciute  e  non  descrit- 
te ;   stampato  in  Fiancfuit  al  Meno  ,  1'  anno   j58o  .  In  quc- 

Tonio  XI.  V  v  V  sto 


Saa  Sul  Catauro  Epidemico 

sto  libro  trattasi  al  capo  quinto  della  tosse  pestilente  die  fu 
per  tutta  la  Europa  allo  stesso  anno  i58o  .  Sicché  errò  il 
Merclino  e  con  lui  il  Mangeti  ,  col  voler  morto  il  Viero  all' 
anno  iSyo  .  Anche  Oratone  in  questa  epidemia  riferisce  co- 
me dannoso  il  salasso  :  eventus  liic  ostendit  graviter  illos  pe- 
rìdìtatos  ,  et  lìtterìs  ex  Hispania  mìssìs  perscriptum  est  saprà 
duo  millìa  homìnum  ,  qiiìhus  in  unica  urbe  Mantua  Caipen- 
tarla,,  uhi  regia  est,  sanguis  fuìt  detractus  intra  paucos  dies 
cbiisse  .  Ma  il  Mercato  riferisce  che  fu  in  quel  tempo  diver- 
go r  effetto  del  salasso  in  diverse  Città  :  ratio  tamen  conten- 
tionis  orta  fuìt  ,  quod  primo  viorli  accessu  plures  interierint 
ex  his ,  qiiihus  sanguis  mittehatur  :  item  in  aliis  Civitatibus 
et   locis  plures  ex  his  quibus  non  mittehatur  . 

Nella  epidemia  dell'  anno  i658  fu  utile  il  salasso  secon- 
do il  YillJs  :  auxìVia  quae  nunc  crebra  experìentia  in  hoc  mor- 
bo opem  praecipuam  contulisse  perhibentur ,  sunt  diaphoresis  y 
sìve  procuratio  sudoris  ,  et  sanguinis  missio  . 

Nella  epidemia  dell'  anno  1Ó69  il  Bertollni  accenna  la 
grande  utilità  che  recò  il  salasso  :  tusses  non  paucìs  lethaìes , 
quas  secta  vena  plerumque  jugulavit  . 

Nella  epidemia  dell'anno  1675,  trovò  il  Sidenamio  uti- 
lissimo il  salasso  :  ye//ri  et  pessimìs  ejus  symptomatibus  rectis- 
sìme  (  quantum  accurate  facta  ohservatione  mihi  constitit  ) 
occurrehatur  venae  sectione  .  Cosi  riusci  felicemente  anche  al 
Reyer  :  plerisque  meta  gravìorìs  mali  venae  sectionem  impera- 
vi .  Mortuus  nemo  . 

Nella  epidemia  delTanno  1709  l'Offmanno  si  è  dichiara- 
to poco  amico  del  salasso  :  prae senti  jain  catarrhali  febre  , 
penitus  a  sanguinis  missione  abstinendum  .  Tum  enim  ,  expe- 
rientia  teste  diuturnitatem  catarrhi  adducit .  Il  Lancisi  però 
trovollo  giovevole  :  primo  sanguinis  missionem,  quantum  ani- 
madvertere  potui  ,  praesertim  ante  quartum  diem  adhibitam  y 
robustiores  acgrotos  juvare  comperi .  E  del  pari  giovevole  riu- 
sci il  salasso  ,  per  le  osservazioni  degli  altri  dotti  ,  uniti  in 
consiglio j  per  riparo  di  quella  catarrale  epidemia. 

Nel- 


Di  Giovanni  Verardo  Zeviani  •  5a3 

Nella  epidemia  dell"  anno   1733,  l'Autor  della  Memoria 

che  leggasi  fra  gli  Atti  di  Edimburgo  ,    ha   queste  parole    in 

proposito  del  salasso  „  La  emissione  di  sangue  fatta  nei  pri- 

,  mi  giorni  del  male  riuscì  di  un   gran    giovamento    per   ac- 

,  chetare  i  dolori   e  per  calmare  la  febbre  .    Si   dovette    re- 

,  plicarla  a  quelli  che  avevan  gran  doglia  di  testa  e  dei  lan- 

,  ciwamentl  negli  occhi  ,  non  meno  che  a  quelli  che  aveano 

,  oppresso  il  respiro  ,    e    che    provavano    dolori    e  stupidezza 

,  nei  muscoli    del  petto  .   Coloro  la  di  cui  malattia  si  scoprì 

,  da  questi  sintomi  ;  e  nei  quali    non  si  fece  la  missione    di 

,  sangue    sul    principio ,  vennero    sorpresi    da    uno    sputo  di 

,  sangue  :  alcuni  ebbero  una  leggera  emorragia  dal  naso ,  da 

,  cui  ricevettero  un  pronto  sollievo,    senza  altro  rimedio,  o 

,  evacuazione  ,,  .  Vien  questo  buono  effetto  confermato  dall' 

Huxham  :    illos  potìssìmum  venae  sectio  acijuvìt  cpios  pectorìs 

dolor,  aut  gravitas  oppresseriint  .    E    similmente  dal  Gorter  : 

quibiis  vero  protinus  aderat  febiis  calida ,   pectorìs  et    capìtis 

dolor  ,  Clini  non  obscnrìs  futuri  delìrìì  sìgnh ,  in  his  prolonga- 

hatur   morbus  ad  imam    vel    alterani    hebdomadani ,    et    inde 

majorem  quantìtatem    Inijus    spìritiis  extemporanei  propinare 

debui,  simulqne  semel  aut  bis  sanguinem    mittere  ,    ut    versus 

caput  ìmpetus  ininueretur  .  Il  Jusseu    però    non   trovò  utile  il 

salasso  in  questa    epidemia    in    Francia  ,,    et    comme   il  avoit 

,,  observé  que  les  saignées  ,    les    laxatifs  ,    les    cathartiques  , 

,,  les  potions  béquiques ,  indiquées  en  apparence ,    n'  avojent 

„  été  d'aucuu  sécours  ec.  ,, 

Nella  epidemia  dell'  anno  1707  fu  secondo  V  Huxham 
più  necessario  il  salasso  che  nella  antecedente  :  febris  haec 
catarrhalis-multo  veliementius  hoc  anno  saeviit  ,  et  largiorein 
sanguìnis  mìssìonem  postulavit  . 

Nella,  epidemia  degli  anni  1742.,  1743,  il  Violante  osser- 
vò utile  il  salasso  :  sì  tempore  opportuno  sanguìnis  mìssìo  in 
febrì  acuta  vel  peracuta  bis  vel  ter  (  juxta  morbi  exigentiam 
et  aegrotantìs  constitufionem  )  celehrabatur  ,  licet  isti  acuto 
vel  peracuta  morbo  tentabantur ,  sani  tament  ut  plurìmum  èva- 

V  V  v  a  de» 


5^4  Sul  Catarso  EriDEMico 

dehant  .  Cosi  parimenti  1'  Huxhara  :  omnibus  adfuìt  pectorìs 
quaedam  strictura  ,  et  gravìtas.  permolesta  :  secundo  adeo  die 
invcduìt  febris  ,  pulsusque  multo  cìtatìor  factus  est  ,  aneto, 
quoque  s.pìrandi  difficultate  ,  praecipue  si  sangninis  missìo 
fuerit  neglecta  .  E  sfessa  mente  il  de  Sauvages  i  processus  /e- 
licior  Me  fuit  :  primo  die  duae  phlebotomìae  ;  secunda  enieti- 
ewn  vel  catharticuifi  i  tertia  phlebotomia  ',  et  vcspere  julepiis 
narcoticus .Nou  s'accorda  con  questi  il  Roncalli,  e  uerameiio 
con  se  stesso  ,  in  un  luogo  dicendo  :  eteni/n  ut  plurìmum  in 
sanguine,  in  vìseeribus  nulla  praeexìstebat  labes ,  ut  venae  sp,- 
ctae  et  cathartica  frustra  adìùbita  docuerum.  :  e  poco  dopo  : 
licet  adh'ie  non  se  pro-dìerint  tus-sis  et  sputum  sanguinis  ,  illi- 
co  praeeipve  in  plct/ioricis  de  sar/guinis  missione  ugebatur  ;  et 
quidcm  ut  plurimum  euni  levamine  . 

Nella  epidemia  dell'  anno  1762,  assicura  il  Saillant  che 
j^  les  reniedes-  qui  ont  le  mieux  rénssi  ont  été  i.°Lasaignée 
„  fajte  à  l'instant:  elle  prévenoit  les  suppurations  iuternes  , 
j,  accident  qui  emportoit  quelqnefois  loat  à  coup  les  mala- 
j,  dcs  i  et  de  voit  étre  émpJoyé,  sans  niéme  avoir  égard  aux 
5,  aiixietés  »  et  à  la  langueur  „  Non  s'  accorda  questo  Scrit- 
tore con  se  stesso  ,  il  quale  poco  dopo  dice  „  La  saigiiée  ne 
j,  coiivieut  point  essentiellernent ,  ni  par  elie-méme  dans  cet- 
„  te  nialadie  ,  selon  le  témoignafre  des  Observateurs  „  Li 
Medici  del  Collegio  di  Aigentina  non  vollero  intromettersi  in 
questa  questione  j  anzi  per  dir  meglio  1'  hanno  ottimamente 
decisa  ,  col  dire  che  lasciano  alla  prudenza  del  Medico  il 
conformarsi  alle  particolari  circostanze  della  malattia  ,  ed  ai 
diversi  stati  degli  ammalati  .  Il  Razoux  non  stimò  necessario 
il  salasso  ,  se  uon  quando  era  grave  il  morbo,  o  complicato. 
Il  Brest  stimò  il  salasso  rade  volte  usato  con  vantaggio  degli 
infermi  . 

Vedesi  qui  per  verità  una  pessima  confusione  di  lingue, 
una  pertinace  cotvtrarietà  di  opinioni  ,  una  diversità  di  risul- 
tati .  Ma  se  ci  faremo  posatamente    a   riflettere  sopra  i  moti- 
vi di  questa  discordia  j    vedremo  che^  oltre  a  qualche  esage- 
ra- 


Di  Giovanni  Verardo  Zeviani.  52-5 

razione  che  seco  porta  l'amor  cl«l  paitito  o  contrario  o  ùwo- 
rr^vole  al  salasso  ,  e  oltre  a  quello  che  suol  avvenire,  che  la 
sperienza  facilmente  risponde  a  seconda  di  quel  che  si  desi- 
dera ,  la  natura  dell'argomento  porta  con  seco  una  cotal  con- 
lusione  .  Nelle  tre  ultime  epidemie  catarrali  degli  anni  1782, 
1708,  i8cSj  essendo  caduto  il  catarro  nell'estate  la  prima  ;  la 
seconda  in  autunno  ,  la  terza  in  primavera  .  fu  sempre  mite 
e  di  niuna  perigliosa  conseguenza:  stanti  i  facili  sudori  della 
prima,  e  l'eguaglianza  di  temperie  nell'altre  due.  In  que- 
ste cpù  in  Verona  qualcheduno  de'  nestri  Medici  ha  usato  il 
salasso  ìa  tutti  gli  ammalati  ,  e  tutti  ne  sono  felicemente 
guariti  :  qualche  altro  Medico  non  l'  ha  usato  in  ninno  ,  e 
ninno  è  perito.  Nel  primo  caso  attribuiva  il  Medico  la  gua- 
rigione de'snoi  ammalati  al  praticato  salasso:  nel  secondo  ca- 
so attribuiva  il  Medico  la  guarigione  al  non  usato  salasso  . 
Cosi  è  succeduto  con  falsa  Logica  dove  fu  pestilente  nelle 
altre  epidemie  il  catarro  ,  che  si  è  attribuito  il  mal  esito  del 
morbo  al  salasso  messo  in  pratica,  quando  era  da  dirsi  effet- 
to della  malizia  del  morbo  irrimediabile  .  La  questione  dun- 
que dell'  uso  da  farsi  del  salasso  ^  si  riduce  ai  tre  nominati 
morbi  ,  nei  quali  1  catarro  epidemico  trascorre  nel  rendersi 
periglioso  o  mortai     ► 

(Jura  della  febbre  maligna,. 

Se  mai  nella  cura  de'  morbi  è  necessario  far  uso  del  sa- 
lasso con  circospezione  e  moderazione  ,  è  certamente  nella  fe;b- 
bre  maligna  detta  mazzucco  ,  alla  quale  spesso  porta  \\  catar- 
ro epidemico  :  perchè  se  bene  usato  può  giovare  ;  usato  fuor 
di  tempo  e  di  misura  viene  ad  essere  micidiale  ^  Il  male  di 
natura  inflannnatoric  delle  interne  narici  ,  chiama  un  pronto 
soccorso  ,  alfinchè  non  passi  ad  occupare  essenzialmente  il 
eervelloi  e  questo  si  ottiene  dal  solo  salasso;  il  quale  mode- 
ra il  soverchio  fervore  ,  e  chiama  ad  altre  lontaue  parti  il 
concorso  del  sangue  affollato  alla  testa.   Ma  il  salasso  diventa 

SOS- 


5a6  Sul  Catarro  Epidemico 

sospetto  ,  e  sommamente  nocevole  ,  quando  ,  in  progresso  di 
qualche  giorno,  si  scema  e  disperde  la  febbre  ,  si  mitiga  il 
calore  alla  testa  per  passare  che  fa  1'  infiammazione  ad  una  falsa 
suppurazione  ,  che  genera  un  umore  rodente  e  tendente  alla 
cangrena  :  e  le  forze  vanno  mancando  ,  riiìutando  gì'  infermi 
ogni  sorte  di  cibo  e  di  bevanda  .  Quanto  dicesi  del  salasso  a 
miglior  ragione  si  può  dire  dei  vomitorj  ,  dei  purgativi  ,  dei 
vescicatoj  ,  i  quali  nulla  giovando  a  moderare  la  infiamma- 
zione ,  nò  a  ripurgare  i  cattivi  umori  per  essa  generati ,  egual- 
rnente  che  il  salasso  tolgono  la  nutrizione  e  scemano  le  for- 
ze .  Forze  che  sono  sommamente  necessarie  per  conservare 
in  vita  l'infermo  per  il  lungo  tratto  di  tempo  che  si  richiede 
prima  che  sia  ripurgato  e  guarito.  Procedendo  però  il  morbo, 
e  ridotti  gì'  infermi  a  rifiutare  ogni  sorte  di  alimento  ,  sono 
da  abbandonare  i  medicamenti  odiati  :  procurando  per  ogni 
arte  e  maniera  di  allettarli  a  nutrirsi  con  qual  si  voglia  sor- 
te di  grate  bevande  ,  che  siano  nutritive  insieme  e  salubri  . 
E  se  pure  in  progresso  di  morbo  si  creda  bisogno  di  ripurga- 
re lo  stomaco  dai  corrotti  umori  che  dalle  interne  narici  co- 
lano neir  esofago  ^  purganti  si  devono  eleggere  che  siano  in- 
sieme nutritivi  :  com'è  la  cassia,  la  manna,  il  siero  di  lat- 
te, l'olio  di  mandorle  dolci.  Con  questa  avvertenza,  con 
ciuesto  metodo  di  cura  si  ottiene  in  fine  la  guarigione  di  qua- 
si tutti  gì'  infermi  ;  quando  per  troppo  replicati  salassi ,  per 
troppo  attivi  medicamenti  dapprincipio  adoperati,  quasi  tutti 
a  mezzo  il  corso  del  loro  male  sen  muojono  .  Il  disgusto  loro 
cagionato  dai  medicamenti  è  per  lo  più  la  cagione  che  con 
essi  rifiutano  anclie  gli  alimenti  ,  temendo  di  essere  inganna- 
ti e  traditi  .  Qualche  altra  non  pensata  cagione  talvolta  gli 
induce  in  questo  abborrimento  .  Sono  io  stato  chiamato  a  vi- 
sitare un  Prete  aggravato  all'  estremo  dal  mazzucco  ,  acqui- 
stato coir  assistere  agli  jnfermi  del  medesimo  male  nell'Ospi- 
tale della  Pietà  .  Il  suo  male  era  a  tal  segno  giunto  che  fu 
abbandonato  per  morto  dal  Medico.  M'accostai  alle  sue  orec- 
chie forte  parlando  :  don  J^ostino,  bisogna  bere;  avendo  rile- 
va- 


Di  Giovanni  Vekardo  Zeviani  .  Baj 

rato  clie  da  tre  giorni  non  prendeva  né  cibo     né  bevanda  di 
sorte  alcuna .  S'  alzò  alquanto  ,  e  guardandomi    indignato  ris- 
pose :  sapete  voi  dì  Logica,  ?  Certo  che  sì ,  risposi  ,  sono  dot- 
tore^ e  tanto  basta  .  Bene,  soggiunse  egli,  se    sapete  di  Lo- 
gica, quando   di  qua  non  esce,  di  qui  non  si   mette,  Retor^ 
queo    argumentum  ,   dissi    io  ,    quando    di    qui    non    si    met- 
te,  di  là  non  esce  .  Restò  sospeso  alquanto,  e  convinto  dalla 
forza   del  contrapposto  argomento,  chiese  del  cibo,  e  mangiò 
avidamente  buona  quantità  di  pan  bollito  ,  e  beve  una  tazza 
di  acqua  :  né  più  in  seguito  si  provò  gran  pena  a  farlo  man- 
giare e  bere  :  tantoché  si  sostentò  in  vita  a  segno  di  guarire 
del  suo  male  ;  restando  per  qualche  mese  ancora  ,   per  qual- 
che ora  del  dì,  imbecille  e  mentecatto  .  Il  bisogno  di  reite- 
rare il  salasso  prender  deesi  adunque    secondo  la  quantità  di 
alimento  che  prende  l' infermo  .  L'  osservazione  del  polso  in 
questi    casi  è  molto    fallace  ;    essendo    vario    questo    secondo 
l'affetto  dell'animo  ,  che  sempre  varia  di  ora  in  ora  :  or  pre- 
valendo la  malinconia  ,  ora  il  furore  .  Inoltre  succede    d'   or- 
dinario che  stanno  spesso  gli  infermi  col  braccio  destro  fuori 
del  letto  in  traccia  di  mosche  ,    clie    loro   sembrano    sopra  il 
lenzuolo  trascorrere  :    e    questo    avviene  per  sangue  arrestato 
nelle  arteriette  al  fondo  interno  dell'  occhio  ,    onde    macchie 
al  di  fuori  ne"  risultano ,  inoventlsi  a  seconda  deirocchio  che 
sempre  sì  muove  .  E  per  il  calore  ,  e  per  la  umidità  si  dila- 
tano le  arterie  che  sono  al  coperto  ,    e   batte  il  polso    in    un 
diametro  maggiore  del  braccio  scoperto  ;  e  per  questo  sembra 
al  dito  che  il  tocca  più    forte    e    frequente  ,    quantunque  in 
realtà  non  lo  sia  ;  mentre  da  un  solo  cuore  proviene  . 

Cura  della  Peripneumonìa . 

Qui  pure  gi-andissima  difficoltà    s'  incontra    nel    fare  un 
uso  del   salasso  ,  che  sia  retto  e  convenevole ,    e  non  apporti 
danno  agli  infermi  anziché  essere  loro  di  giovamento  .  La  pe- 
ri- 


/ 


5a.o  Sul  Catarro  EriDEMico 

ripneumonia  che  succede  al  catarro  epidemico  è  alquanto  di- 
versa da  quella  che  d'ordinario  succede  alla  pleuritide.  Que- 
sla  è  un  male  secondaiio  ,  che  occupa  solo  in  parte  il  pol- 
mone ,  e  non  ofieude  perciò  gravemente  il  respiro  ;  è  più 
lungo  il  male  ,  ma  di  minor  jjcrifolo  .  Ouell'  altra  ,  di  che 
palliamo,  è  un  male  essenziale,  che  occupa  tutto  ad  un  trat- 
to ogni  parte  di  polmone,  e  minaccia  pelò  od  on;ni  istante 
una  mortale  soffocazione,  e  in  fatti  in  poclii  giorni  uccide. 
L'unica  via  per  cui  qualche  volta  si  viene  a  scampare  è  quel- 
la dello  sputo  ,  se  riesca  e  si  mantenga  facile  e  copioso  .  La 
cavata  di  sangue  riescendo  d'immediato  sollievo  all' ajierava- 
to  respiro,  si  desidera  istantemente  dall'  infermo  ,  e,si  prescrive 
daLMedico  allorché  toriii  ad  aggravarsi  il  respiro,  come  suo- 
le pur  troppo  dopo  poche  ore  accadere  .  Cosri  si  fa  la  terza 
e  la  quarta  volta  ,  e  più  volte  ancoia  ,  perchè  il  morbo  tor- 
na sempre  ad  aggravarsi  con  più  bievi  intervalli  di  tempo  . 
Ma  non  si  va  tanto  avanti  ,  perchè  inaspettatamente  con 
molto  strepito  di  catarro  alla  gola  ,  manca  di  vita  soffocato 
r  infermo  .  Questo  avviene  perchè  la  cavala  di  sangue  ,  re- 
plicata più  volte  con  breve  intervallo  ,  scema  talmente  di 
forze  r  ammalato  ,  che  più  non  vale  ad  espellere  il  catarro 
aggravante  il  polmone  .  Si  chiude  dunque  col  troppo  sangue 
estratto  F  unica  via  di  salvare  la  vita  ,  per  ottenere  un  brie-  - 
ve  instabile  sollievo  che  seco  porta  .  Fatte  però  una  o  due 
missioni  di  sangue  dapprincipio  ,  si  ritarderà  a  fare  la  terza 
e  quarta;  procurando  nell'intervallo  di  cadauna  di  esse,  con 
spesse  bevande  diluenti  insieme  e  nutritive  ,  di  sostenere  le 
forze  dell'ammalato,  onde  possa  resistere  alla  molta  fatica  di 
espellere  lo  sputo  ^  con  l'ajuto  di  qualche  giulebbo  opportu- 
no . 

Cura  della  Tisichezza  . 

Credesi  comunemente  che  non  solo  inutile  ,    ma    danno- 
so sia  il  trar  sangue  dalle  vene  dei  tisici  :  e  par  fondata  que- 
sta 


Di  Giovanni  Verardo  Zeviani  .  oag 

sta  credenza  stante  iJ  detrimento  di  nutrizione  che  molto  si 
avanza  col  crescere  della  loro  malattia.  Ma  come  non  fu  mai 
vano  il  inuoveie  questione  anche  su  cose  che  pajono  ben 
fondate,  e  sono  dal  comune  consenso  approvate,  ben  a  fon- 
do considerato  questo  affare  ,  vedrà  ft)ise  non  essere  la  cosa 
così  come  voìgai mente  si  crede  .  Ne'  cadaveri  de'  tisici  cer- 
tamente dimostrasi  consistere  la  loro  malattia  in  replicate  in- 
fiammazioni di  tubercoli  scirrosi  ,  per  le  quali  non  si  genera 
una  buona  e  lodevole  suppurazione  ,  ma  una  esulcerazione 
inutile  a  guisa  di  cancro  ,  Da  questa  osservazione  siam  con- 
dotti a  credere  che  spesse  e  piccole  cavate  di  sangue  siano 
utili  anziché  no  ,  servono  queste  a  tener  lontana  la  infiamma- 
zione ,  e  a  sospendere  lo  sputo  di  sangue  ,  affinchè  non  si 
molti[)lichino  le  esulcerazioni  ,  che  a  mal  fine  più  presto  con- 
ducano la  malattia,  già  per  sua  natura  ostinata  ed  incurabi- 
le .  Alla  nutrizione  che  va  mancando  ,  per  quanto  spetta  al- 
la cavata  Ai  sangue  ,  si  va  in  questo  morbo  facilmente  ripa- 
rando coir  abbondante  nutrimento  che  gli  infermi  ricevono 
dal  cibo  e  dalle  ])evande,  che  volentieri  e  sempre  appetisco- 
no .  Non  è  mia  questa  dottrina  :  ma  io  V  ho  ricevuta  dal 
Cheine  ,  dallo  Sfalio  ,  dal  Dovar ,  dal  Pringle  ,  e  da  qualche 
altro  moderno  Scrittore,  non  avvezzo  a  giurare  m  verha  Ma- 
glstri  .  E  mi  sono  confermato  in  essa  per  più  cure  felicemen- 
te riuscitemi  ,  e  singolarmente  per  un  caso  ultimamente  sot- 
to de"  miei  occhj  avvenuto  ,  che  piacemi  per  concbiusione 
di  questa  Opera  ,  succintamente  narrale  .  Un  Prete  ,  ultimo 
di'  sua  ricca  ed  onesta  famiglia,  i  di  cui  numerosi  fratelli,  e 
due  sorelle  son  periti  di  tisichezza  ,  essendo  sorpreso  da  im- 
portuna tosse  con  getti  di  sangue  si  tenne  con  ragione  dan- 
nato all'istesso  mal  fine.  Quindi  si  die  cura  d'  impedire  lo 
sbocco  di  sangue  al  possibile  ,  tenendo  vicino  un  Chirurgo  , 
che  di  e  notte  fosse  pronto  a  cavargli  sangue  ad  ogni  segno 
di  sputo  sanguigno.  Questa  sollecita  cura  importò  il  bisogno 
di  tanto  replicati  salassi  ,  die  sono  arrivati  al  di  sopra  di 
2  omo  XI,  X  X  X  cen- 


53o  Sul  Catarro  Epidemico 

cento  .  Ebbesi  tempo  di  arrivare  a  tal  numero ,  stantediè  per 
essi  si  conservò  in  vita  il  Prete  ,  tisico  bensì ,  ma  pur  vivo 
per  più  di  sette  anni  dappoi . 


■ì  t,i 


SO- 


i 


S3i 

SOPRA 

UNA  FALSA  SPECIE  DI  CHINA 

MEMORIA 

Di  Ottaviano  Targioni  Tozzetti  . 
Pdccvuta  il  dì  i8  Jprile  i8o4» 

J.N  on  vi  è  dubbio  che  i  pi-ogressl  1  quali  sì  sono  fatti  da 
un  mezzo  secolo  in  qua,  si  debbono  per  la  massima  parte  ai 
dotti  viaggiatori  delle  colte  Nazioni,  i  quali  e  nei  proprj  pae- 
si ,  e  nelle  lontane  provincie  dirigendo  i  passi,  e  le  dotte  lo- 
ro ricerche  ,  hanno  riportati  immensi  nuovi  tesori ,  .con  i  qua- 
li hanno  arricchiti  i  Giardini  botanici  di  bellissime  ed  utili 
piante,  i  Musei  di  curiosi  animali,  e  di  minerali  sconosciuti, 
le  Farmacopee  di  medicamenti  stimabilissimi  e  di  specifici 
pregiabilissimi  .  Ogni  giorno  la  suppellettile  medica  si  accre- 
sce di  nuovi  materiali  ,  di  radici  ,  di  scorze,  di  legni  ,  di  se- 
mi sconosciuti  per  1'  avanti  ,  e  che  per  lunga  tradizione  si 
praticano  con  felice  successo  dai  popoli  più  a  noi  remoti  . 

Molti  è  vero  di  questi  medicamenti  si  sono  riti-ovati  poi 
inefficaci,  altri  sono  andati  in  dimenticanza;  ma  certi  altri 
non  hanno  perduto  del  loro  credito  ,  e  si  sono  meritamente 
acquistati  il  titolo  di  medicamenti  eroici  ,  e  di  specifici  . 

Tale  è  la  china  china,  della  quale  superfluo  è  che  io 
rammenti  la  scoperta  e  1'  ammissione  in  Europa  ,  come  me- 
dicinale . 

Linneo  ,  per  la  celebrità  che  si  era  acquistata  questa 
droga  nel  guarire  la  Contessa  del  Cinchon  ,    1'  ha  denomina- 

X  X  X  a  ta 


SoO.  Sopra  una  falsa  specie  d£   china 

ta  ChìncJwna  officinali s  ,  riponendo  nella  classe  quinta  Pen- 
tandria  la  piatita  ,  clie  la  produce  .  Questa  è  aduiujue  la  Cia- 
na peruviana  o  di  Lohha  ,  o  Loxa ,  la  vera  china  china  ^ 
detta  modernamente  china  ranciata  ,  e  Chinchona  LancìfoUa 
da  Mutis  ,  divenuta  rarissima  presentemente  {a)  ,  quella  che 
possiede  la  virtù  febrifuga  in  grado  sommo  ,  1'  attonante  ,  e 
antisettica  . 

Confermata  la  virtù  febrifuga  della  china  ,  e  conosciuto- 
si, che  possedeva  un  sapore  amaro  come  gli  altri  più  accredi- 
tati febrifughi ,  prescritti  fin'  allora  ,  cioè  la  Genziana  ,  il 
Camedrio,  il  Camepizio  ec. ,  si  andò  a  rintracciare  corteccie 
di  alberi  ,  che  si  accostassero  nelle  qualità  alla  China  .  Infi- 
nite sono  le  corteccie  di  alberi  sì  indigeni  ,  che  esotici  state 
mpsse  alia  prova  .  Si  vantano  quelle  del  Frassino  ,  del  Cilie- 
gio ,  del  Pesco  ,  del  Mandorlo  ,  del  Susino  salvatico  j  dei 
Salci  5  dell'  Olivo  ,  della  Querce  ,  del  Castagno  d'  India  ,  o 
Ippocastano  ,  sulla  particolare  virtù  del  quale  è  una  lettera 
scritta  al  Botanico  Pontadera  da  Gio.  Giacomo  Zannichelli  . 
Presto  per  altro  queste  cortecce  hanno  perduto  il  credito  e 
1'  uso  ,  sono  dimenticate  nelle  Farmacopee,  e  ad  esse  ha 
sempre  prevalso  la  china  china  ,  alla  quale  fralle  nostre  non 
si  è  potuto  ritrovare  corteccia  ,  che  rassomigliasse  ,  che  ne 
possedesse  le  qualità  ,  e  ne  dimostrasse  eoa  V  esperienza 
r  efficacia  . 

Le  scorze  esotiche  ebbero  una  sorte  più  fortunata  ,  una 
maggior  rinomanza.  La  Corteccia  d' Incas ,  la  C ascari  gli  a  ,  la 
Winterrana .,  furono,  e  per  il  sapore,  e  per  la  viilù  atto- 
nante, adoprate  come  succedanee  della  china;  ma  non  ebbe- 
ro il  pregio  di  sicuro  febrifugo  come  essa  ;  co^i  che  romin- 
ciavasi  a  non  dar  più  fede  alle  dioghe  febrifughe  ,  che  di 
tanto  in  tanto  comparivano  ;  persuasi  i  Medici  che  la  chi- 
na fosse  ,    o    r   unico  od  il  più  sicuro  fra    tutti  i  febrifughi  . 

do 


(a)    Parmentier  ,     Code    PKarmaceut'iqiie  p-  Sy. 


Dj   Ottaviano   Targioni  Tozzetti  .  53."? 

Giù  non  ostante  ,  cIo[)0  che  sono  state  determinate  e  de- 
scritte le  parti  della  Fruttificazione  dell'  albero  della  china  , 
dopoj  cioè,  che  si  è  veduto  il  fiore,  ed  il  frutto^  e  se  ne  è 
stabilito  il  genere  j  non  hanno  mancato  i  Botanici  di  rintrac- 
ciare ,  se  questo  genere  comprendesse  altre  specie  ,  e  in  se- 
guito dell'  aforismo  di  Linneo  ,  Plantae  ,  quae  genere  conve- 
niunt ,  etiam  vìrtute  conveniunt ^  le  altre  specie  di  Cinchona 
fossero  fi^brilughe  ,  e  potessero  adoprarsi  come  V  officinalis  . 
Difatti  il  Sig.  Jacquin  conobbe  e  descrisse  la  Cinchona  cari- 
buca  {a) ,  Swarz  ? angustìfolìa  ,  Anderson  la  Cìiina  dì  S.  Lu- 
cia ,  o  Quinquina  Piton  ,  descritta  poi  da  Swarz  col  nome  di 
Cinchona  florìhunda  e  di  Cinchona  montana,  da  Debadiér,  la 
China  bianca,  o  di  S.  Fé  ritrovata  da  Ortega,  e  denominata 
■Cinchona  Boi'egensis  da  Mutis  ,  ed  ora  conosciuta  dai  Bota- 
nici col  nome  di  Cinchona  Macrocarpa  .  La  China  rossa  , 
cioè,  la  Cinchona  oblongifolia  di  Mutis,  la  Cliiaa  regia,  o 
China  gialla  ranciata  delle  Spezierie  a  larghe  scorze  legnose^ 
Cinchona  pubescens  di  Wahl  ,  e  Cinchona  cordi  [olia  di  MutiSj 
la  china  del  Surinani ,  quella  di  S.  Domingo  (b)  . 

Per  quanto  lodevole  è  la  ricerca  di  nuovi  utili  medicina- 
li e  di  succedanei  di  una  droga  ,  della  quale  si  fa  tanto 
consumo  al  giorno  d'  oggi  ,  altrettanto  queste  diverse  nuove 
specie  di  China  o  di  cortecce  cosi  denominate  ,  hanno  inco- 
raggito  il  Monopolio  e  la  frode  ,  e  sono  state  messe  in  com- 
mercio scorze  di  alberi  di  ogni  sorte  col  brillante  nome  di 
China  nuova y  di  China  della  nuova  Selva  ,  di  China  delle 
Isole  ,  di  Chinane,  le  quali  non  solamente  non  hanno  punto 
che  fare  con  la  vera  China  china  ,  ma  neppure  con  le  cor- 
tecce proposte  fin'  ora  ,  di  sopra  nominate  ,  e  descritte  nelle 

Far- 


(a)  La  Cinchona  carihaca  ,  detta 
China  grigia  ,  deve  formare  un  ge- 
nere a  i>Arte  ,  tanto  per  il  caratte- 
re   generico    ,    che    per    le  projjrietà  . 


Parmyntier  ,  Code  Pliarmaccutique  p, 
53. 

(//)  Forse  Cinchona  Vincaia  di  AValil. 
V.  Wildenow.  p.   909. 


534  Sopra  una  falsa  specie  di  china 

Farmacopee  .  Tale  si  è  una  scorza  la  quale  dovei:tI  periziare 
nell'Agosto  del  1798  per  conto  di  un  Mercante  di  questa  cit- 
tà di  Firenze  ,  al  quale  era  stata  mandata  da  Livorno  inve- 
ce della  China  officinali s  ^  e  che  ricomparsa  poco  tempo  fa 
col  nome  di  Chìnòne^  e  di  China  nuova  ^  lia  richiamata  l'at- 
tenzione del  Governo  per  riconoscerne  le  sue  qualità  ,  e  sa- 
pere se  fosse  ammissibile  la  vendita  di  essa  come  medici- 
nale . 

Questa  corteccia  pertanto  da  me  esaminata  e  che  mi  fu 
domandato  se  fosse  vera  China  ,  e  se  per  tale  si  potesse  con- 
siderare e  vendere  ?  era  riposta  in  una  cassa  di  legno  rico- 
perta di  pelle  gregijia  ,  come  sogliono  essere  le  casse  da  Chi- 
na .  Apertola  ritrovai,  che  conteneva  certe  scorze,  o  cortec- 
ce di  pianta  arborea  dell'appresso  qualità.  L'odore,  che  tra- 
mandano le  dette  scorze  in  massa  ,  quando  sono  nella  cassa 
è  legnoso  ,.e  non  ha  niente  di  quell'  odore  aromatico  e  mu- 
cido pioprio  della  China   China  . 

Scaldati  o  fregati  insieme  alcuni  pezzi  mantengono  lo 
stesso  odore  legnoso,  come  di  querce,  né  tramandano  il  det- 
to aromatico  della  china  . 

Queste  cortecce  sono  lunghe  da  un  palmo  a  mezzo  brac- 
cio :  alcune  sono  grosse  una  mezza  linea  ,  altre  due  ,  tre  ,  e 
quattro  linee  .  Le  più  sottili  sono  lisce  esternamente  ,  le  più 
grosse  sono  in  parte  lisce,  in  parte  screpolate  orizzontalmente 
e  scabre  .  Tutte,  e  specialmente  le  più  vecchie,  sono  tinte  al 
di  fumi  di  colore  biancastro,  o  bigio  dai  licheni  crostacei,  e 
dall'aridezza  dell'Epidermide.  Le  più  grosse  sono  più  piane, 
e  mostrano  di  essere  di  rami  più  grossi  ,e  più  vecchj ,  le  più 
sottili  sono  accartocciate  a  gnisa  di  cilindro  :  nella  parte  in- 
terna sono  tutte  li^ce  . 

Rompendole,  si  trova  in  tutte  una  parte  piti  esteriore  pa- 
renchimatosa  e  corticale  di  colore  rosso  scuro  ,  la  quale  è 
manifesta  anche  tolto  l'Epidermide,  e  che  appena  fa  la  ter- 
za parte  nei  pezzi  sottili  ,  e  la  sesta  nei  grossi  :  il  rimanen- 
te è  una  sostanza  legnosa  y   o  sia  il  libro  della  pianta  stessa . 

Que- 


I 


Di  Ottaviano   Targicni  Tozzettt  »  535 

Queste  fibre  non  sono  diritte ,  ma  come  tortuose  ed  intralcia- 
te :  sono  di  colore  scuro  rosso  ,  ma'  più  chiaro  del  rimanente 
della  corteccia  esteriore  ,  e  nei  tagli  fatti  probabilmente  sul- 
la pianta  fresca  ,  si  manifesta  più  rosso  il  detto  colore  .  Ta- 
gliandole trasversalmente  si  vede  ,  che  il  parenchima  è  gra- 
noso,  di  colore  rosso  scura  più  o  meno  ,  e  vicino  alla  scor- 
za più  esteriore  prende  alle  volte  il  verde  ,  il  qual  colore  si 
manifesta  anche  tagliandole  sottilmente  sotto  1'  Epidermide  . 

Non  sono  molto  tenaci  al  dente  ,  ed  il  pestello  le  polve- 
rizza facilmente  ;  eoi  i  colpi  non  ne  agglutinano  alcuna  por- 
zione ,  ma  s"  inalza  in  polvere  sottilissima  » 

Il  sapore  di 'queste  cortecce  è  amaro  principalmente 
nella  parte  fibrosa  ,  ed  aspro  nella  parenchimatosa  esterna  ; 
uè  mostra  quel  sapore  discretamente  acido,  che  ha  la  China. 
Grattatane  una  porzione  ,  e  gettata  su  dei  carboni  acce- 
si ,  ha  tramandato  odore  di  legno  bruciato  ,  che  si  accosta 
a  quello  della  carta  bruciata. 

Istituitane    1'  analisi  a  paragone  con    la    Chlnachina  ,  ho 
avuto    i   seguenti  risultati  . 


Corteccia  in  questione  . 

I.  Presa  un'  oncia  di  polvere 
ottenuta  dalla  pestatura  con- 
fusa dei  pezzi ,  sì  grossi ,  ciif 
sonili  della  Corteccia  da  e- 
sami.'iarsi  ,  e  messa  per  venti- 
quattro ore  in  infusione  in 
once  dieci  di  acqua  stillata  . 
Di  poi  feltrata  quest'  infu- 
sioni», l'ho  ritrovata  di  colore 
rosso   carico  .. 

a-  L'  odore  di  quest'  infusione 
è  simde  a  quello  del  Fieno 
secco  . 

3.  Il  sapore  leggermente  ama- 
ro ,  ed  un  poco  aspro  . 


Corteccia  di  China  China, 

Lo  stesso  è  stato  fatto  con 
un'  oncia  di  polvere  di  Chi- 
na china  comune  o  cannel- 
lata del  Sig..  Fabbroni,  e  fel- 
trata che  è  stata,  l'  ho  tro- 
vata quasi  senza  colore  .. 


Quello  della  china  è  di  muci- 
do o  paludoso  proprio  di  essa. 

Quello  della  china  è  amarissi- 
rao  ,  e  un  poco  addetto. 

4.  Di- 


536 


SOPRA    UNA    FALSA    SPECIE    DI    CHINA 


\ 


4-  Dibattuta  quest'  infusione 
produce  grandissitna  spuma, 
che  occupa  quasi  tutto  il 
vacuo  del   uiatiaccio  . 

5.  Questa  iufusione  cangia  iti  ros»' 
so  la  tintura  di  Laccamutfa  . 

6.  Mescolata  con  acqua  di  Cal- 
ce s'  intorbida  ,  ed  il  preci- 
pitato che  ne  segue,  prende 
un  cclore  di  terra  d'onibra_, 
e  giallo  il  fluido  soprastante  . 

'^.  Quel  sedimento  o  precipi- 
tato è  insipido,  ed  indisso- 
lubile in  acqua,  in  Alcool  , 
od  in  Alcali  . 

8.  Il  liquido  ,  die  rimane  ,  è 
pure  insipido  ,  ed  appena 
la  qualche  mutazione  con 
r  Alcool  . 

9.  Ad  altra  porzione  d'infu- 
sione unita  la  soluzione  di 
Colla  forte,  s'intorbida  for- 
temente ,  e  fa  un  coagulo 
di  colore  di  marrone,  che 
precipita  . 

10.  Il  fluido  ,  che  rimane  so- 
pra il  coagulo  ,  è  insipido  . 

11.  Una  dramma  di  polveie 
di  detta  scorza  bollita  in 
acqua  stillata  lino  a   diveni- 


re insipida  e  scolorita ,  ha 
prodotto  un  fluido  poco  ama- 
ro, di  colore  di  marrone,  e 
che  si  è  mantenuto  diafano 
tanto,  quando  era  caldo  e  bol- 
lente, che  cjuando  era  freddo, 
.  e  che  facilmente  produce  spu 
ma  agitandolo  .  11  residuo  le- 
gnoso ,  rimasto  dopo  la  deco- 
zione ,  è  molto  morbido  e 
(^uasi  mucillaginoso . 


L'  infusione  di  china  dibattu- 
ta fa  della  spuma  ,  che  si 
alza  pocopiù  di  un  dito  sopra 
il  livello  del  fluido  . 

Lo  stesso  fa  F  infusione  di 
Cliina  . 

L'  infusione  di  China  trattata 
egualmente  s'  intorbida,  il 
precipitato  prende  un  colo- 
re rosso  di  mattone  cotto  , 
ed  il  fluido  rosso-giallognole. 

Quello  della  China  ritiene  un 
poco  di  sapore  della  Chi- 
na, ed  è  pochissimo  solubi- 
le  nei  detti   mestrui  . 

Quello  della  China  ha  il  sapo- 
re della  China,  e  fa  mag- 
giore mutazione  con  l'Alcool. 

L'  infusione  di  China  ,  con  la 
Colla  forte  s'  intorbida  assai 
meno  ,  ed  a  stento  precipi- 
ta un  poco  di  coagulo  di 
colore  di  mattone  cotto  . 

Quello  soprastante  al  coagulo 
della  China  ritiene  il  sapore 
di  China  . 

Un  egual  dose  di  China  trat- 
tata similmente  produce  un 
decotto  rosso,  mentre  è  cal- 
do ,  e  di  color  giallo-rossic- 
cio molto  torbo  ,  mentre  è 
freddo  ,  e  che  produce  uà 
sedimento  indissolubile  in 
acqua  . 


12. 


Ds   Ottaviano  T.a 

la.  Questa  decozione  riduce 
Diontamente  nero    il  solfato 

J 

di   Ferro. 

i3.  Sluta  in  losso  la  tintura 
di  Lacca  Muffa  . 

i^.  Svaporata  a  consistenza 
d'  Estratto,  ha  uà  colore  ros- 
so cupo  di  ciliegia  ,  omoge- 
n<^o  e  lucente  ,  di  sapore 
amarissimo  aspro  ,  ma  non 
siittico  ,  nò  lascia  sentire 
sotto  il  dente  cosa  alctnia 
di  aggrumato.  La  dose  dell' 
estratto^  che  cesi  si  ottiene, 
è   assai  abbondante  , 


i5.  Quest'  estratto  è  solubile 
di  nuovo  a  perfetta  diatanei- 
tà  nell'  acqua  stillata  calda  , 
o  fredda  ,  e  non  lascia  sul 
feltro  alcun  residuo  • 

i6.  L'estratto  secco  è  di  co- 
lore scuro  di  sangue  risecco 
con  piccole  faccette  a  guisa 
di  sale,  parte  in  grumi  ,  e 
parte  in    polveie  asciutta  . 

17.  Messo  su  i  carboni  accesi, 
scoppietta  e  tramanda  odo- 
re di   gomma   che  brucia  . 

18.  Messo  in  bocca  manifesta 
un  sapore  glutinoso  come  la 
gomma  ,  non  amaro  ,  non 
aromatico  ,  un  poco  aspro  ,. 
che  agglutina  le  labbra  ,  e 
non  le  prosciuga  o  corruga  , 
e  si  manifesta  un  odore  le- 
gnoso . 

Tomo  XI. 


UOIONI    TOZZETTI  .  087 

Quello  della  china  con  minoi' 
prontezza  , 

Lo  stesso  fa  la  decozione  di 
china  . 

Il  decotto  di  china  vaporato, 
dà  un  estratto  di  colore  leo- 
nato  cupo  ,  il  <|uale,  quan- 
tunque fatto  con  diligenza  , 
non  è  omogeneo  ,  e  matii- 
fefrta  dei  grumi  :  ha  un  sa- 
pore amaro  acido  stittico  , 
che  corruga  il  palato  e  la 
lingua  ,  e  che  sotto  il  den- 
te lascia  della  materia  tena- 
ce come  una  resina  attenua- 
ta .  La  dose  deli'  estratto  è 
molto  minore  . 

Quello  della  china  non  è  in-» 
teramente  solubile  nell'  ac- 
qua stillata  calda  o  fredda  , 
e  lascia  sul  filtro  una  ma- 
teria che  si  airy,lutina  ai  den- 
ti   masticandola  . 

L'  estratto  secco  di  china  {  det- 
to impropriamente  Sai  di 
china  )  è  di  colore  molto  più 
chiaro  . 

L' estratto  secco  di  china  si  fon- 
de ,  bolle  ,  e  tramanda  odo- 
re aromatico  balsamico. 

Quello  di  china  è  solubile  in 
bocca  con  sapore  amaro  aro- 
matico mucido  proprio  del- 
la china  ,  e  lascia  le  labbra 
un  poco  asciutte  . 


yy 


19. 


558  Sopra  una  falsa 

19.   Bollito  in  alcool  appena  lo  l 
tinge  di    rosso    giallo ,    e    si 
riduce   in   piccoli    giumetti  , 
perdendo  il  lucido  delle  fac- 
cette . 

ao.  I  grumetti  residui  della 
holtituia  in  alcool  (  n.  19  ) 
asciugati  che  furono ,  gli  ho 
bolliti  in  acqua  stillata ,  e 
si  sono  sciolti  interamente 
e  r  acqua  si  è  tinta  di  co- 
lore scuro  di  marrone  . 

ai.  Il  predetto  estratto  secco 
bollito  in  acqua  stillala,  sen- 
za essere  stato  bollito  prima 
in  alcool,  si  scioglie,  come 
nel  n.  20  . 

aa.  Unito  all'  estratto  molle 
(  n.  14  )  l'acido  muriatico 
ossigenato,  appena  si  forma- 
no dei  minutissimi   grumi  . 

a3.  Porzione  della  prima  de- 
cozione lasciata  per  molti 
giorni  in  una  boccetta  chiu- 
sa con  cotone,  è  divennta  a 
poco  a  poco  più  densa ,  ha 
perduto  1'  odore  ,  è  divenuta 
filante  e  densa  ,  come  un 
siroppo  di  zncchero  ben  rot- 
to,  e  si  è  mantenuta  diafana 
e  colorita  senza  muffare  ed 
è  divenuta  insipida  affatto  . 

24-  L' infusione  a  freddo  non 
-  ha  manifestata  muffa  dopo 
alcuni  giorni  ^ 

aS.  Una  porzione  della  sostan- 
za (  n.  aS  )  mescolata  con 
alcool  j  ci  è  voluto  mnlto 
tempo  ,  e    molta    agitazione 


SPECIE    DI    CHINA 

Quello  di  chiiia  tinge  un  poco 
pili  di  l'osso  1'  alcool  in  cui 
ha  bollito^  e  si  agglutina  in 
un  sol  corpo  a  guisa  di  una 
resina  . 

11  residuo  dell'  estratto  secco 
di  china  (  n.  19)  bollito  in 
acqua  si  sciog'lie  interamen- 
te ,  e  tinge  l'acqua  di  colo- 
re giallo  rossiccio  . 


Lo  stesso  fa  F  estratto  secco  di 
china  . 


L'estratto  di  china  trattato  con 
r  acido  muriatico  ossigenato 
si  converte  quasi  tutto  in 
grumi  ► 

La  decozione  di  china  deposi- 
tò a  poco  a  poco  gran  quan- 
tità di  sedimento  ;  il  fluido 
prese  il  colore  giallo  ,  e  si 
manifestò  della  muffa  alla 
superficie  ,  la  quale  andò 
crescendo  e  dilatandosi  ,  e 
formando  una  specie  di  pel- 
le ;  finalmente  il  fluido  di- 
venne limpido  ,  e  perdette  il 
colore  ,  ma  mantenne  il  sa- 
pore amaro  . 

Quella  della  china  produsse 
molte  isole  di  muffa  . 

Il  sedimento  fatto  dalla  deco- 
zione di  china  (n.  a3),  è 
solubile  con  diltìcoltà  nell' 
alcool  ,   ma  facilmente  nell' 

per- 


Di  Ottaviano  Ta 

perchè  vi  si  unisca  ^  non  si 
è  alterata  la  sua  trasparen- 
za aiiclie  dopo  molti  giorni, 
e  neppure  riscaldandola  . 

26.  Ad  altra  porzione  unito  un 
poco  di  acido  muriatico  os- 
sigenato riprende  la  fluidi- 
tà, ma  si  aitera  la  traspa- 
renza j  e  si  sviluppa  un  for- 
te odore  di  zafferano  ;  e  pro- 
duce abbondante  sedimento  . 

a^.  Questo  sedimento  asciuga- 
to e  messo  su  dei  carboni 
accesi  si  liquefa  ,  e  traman- 
da odore  di  pece  navale  . 
Asciutto  che  sia ,  è  in  forma 
di  polvere  ,  non  tira  T  umi- 
dità dell'  atmosfera  ,  ma  il 
calore  della  mano  lo  agglu- 
tina .  E  quasi  insipido  j  si 
attacca  ai  denti  masticando- 
lo ,  è  insolubile  in  acqua 
fredda  e  bollente,  e  in  quest' 
ultimi  si   fonde  , 

a3  .  ]l  suddetto  sedimento  (n. 
a6  )  è  solubile  nelf  alcool  , 
e  la  soluzione  prende  il  sa- 
pore amaro  disgustoso  dell' 
infusione  in  alcool  ;  è  altre- 
sì solubile  in  alkali  e  dà  una 
tintura  simile  alla  soprad- 
detta - 

±().  Il  fluido  di  color  rosso 
giallo  rimasto  dopo  la  pre- 
cipituzione  fatta  con  l'acido 
muriatico  ossigenato  prende 
un  sapore  acido  ,  cangia  in 
rosso  la  tintura  di  Lacca 
muffa  ,  neutralizza  la  soda  la 


KoioNi  TozzETTi  .  SSg 

etere.  E  altresì  solubile  ne- 
gli alcali  ,  e  fa  una  tintura 
simile  alla  sanjruiiina.  Jl  flui- 
do  che  rimane  è  amaro  dis- 
gustoso e  non  acido  . 
Il  medesimo  acido  muriatico 
ossigenato  unito  al  suddetto 
decotto  di  china  ,  ne  au- 
menta il  precipitato  . 


Quello  della  china  è  secco  ed 
asciutto  . 


Il  sedimento  della  china  è  si- 
milmente solubde  m  «questi 
mestrui . 


Il  fluido  soprastante  al  preci- 
pitato ottenuto  dalla  deco- 
zione di  china  col  mezzo 
dell'  acido  muriatico  ossige- 
nato, perde  parte  del  sapore 
amaro,  e  affatto  l'acido,  e 
r  intorbida  un  poco  . 

Y  y  y  a  qua- 


e  rimane  un  fluido  gial- 


540  Sopra  una  falsa 

quale  si  fa  prendere  un  sa- 
pore salato  ,  ed  il  fluido  ri- 
mane sempre  di  colore  ros- 
so e  diafano  . 

3o.  La  Decozione  suddetta  (  n. 
ir)  mescolata  con  l'acqua 
di  calce  dà  un  abbondante 
e  pesante  precipitato  di  co- 
lore di  terra  d'  ombra  scu- 
ra 
lo  insipido  affatto 

3i.  Ad  altra  porzione  di  de- 
cotto,- unita  la  soluzione  di 
colla  forte  dà  un-  abbondan- 
te precipitato  di  color  di 
marrone  ,  che  gli  coagula  , 
e  rimane  un  fluido  di  color 
giallo  sudicio  ,  quasi  insipi- 
do . 

Sa.  Una  dramma  di  corteccia 
polverizzata  immersa  in  al- 
cool vi  produce  una  pronta 
azione  ,  e  la  temperatura  di 
un  Termometro  immersovi 
si  a'za  di  quattro  in  cinque 
e;radi  . 

33.  11  calore  del  Bagnomaria 
facilita  l'azione  deli' alcool  . 

34-  La  tintura  cosi  ottenuta  è 
di  colore  rosso  vinato  . 

35.  II  sapore  di  questa  tintu- 
ra è  amarognolo  ed  un   po- 

•  co  acido  . 

36.  Il  solfato  dì  ferro  è  diven- 
tato subito  nero  con  questa 
tintura  . 

87.  Alla  suddetta  tintura   uni- 

■    ta  una  dose  di  acqua  stilia- 

•    ta  ,  mantiene  il    suo    colore 

rosso  vivo  :  appena  s'  intor- 


SPECIE    DI    CHINA 


Quella  di  china  egualmente 
trattata  dà  una  discreta  quan- 
tità di  precipitato  di  colore 
di  mattone  scuro  j  ed  il  flui- 
do resta  di  colore  rosso  ca- 
rico ,  e  di  sapore  di  china  . 

Il  decotto  di  china  con  la  so- 
luzione di  colla  forte  dà  un 
poco  di  precipitato  facile  a 
conglutinarsi  ,  di  colore  di 
mattone  ,  ed  il  fluido  ,  che 
rimane  è  colorito  di  rosso 
di  mattone  ,  ed  ha  un  vivo 
sapore  di  china  . 

Sopra  egual  dose  di  china  pe- 
stato r  alcool  agisce  lenta- 
mente ,  e  non  cangia  tem» 
ueratura  . 


Quest'  azione  è  più  sensibile 
nella  china  . 

La  tintura  della  china  è  di 
colore  rosso   giallognolo  . 

Quello  della  china  aiaaro  aci- 
do austero  . 

Lo  stesso  è  succeduto  con  la 
tintura  di  china  . 


Alla  tintura  di  china  unita 
r  acqua  stillata  ,  cangia  il 
suo  colore  in  giallo  ;  s'  in- 
torbida ,   e    dopo    un    certo 

bi- 


Di  Ott 

h'ìàa  ,  e-  lascia  un  tenuissi- 
mo  sedimento  ross©  giallo- 
gnolo ,  e  tramanda  odore  di 
resina  di   Pino  . 

38.  Una  porzione  di  polvere 
della  detta  cortecnia  da  esa- 
minarsi unita  a  freddo  con 
una  por2Ìone  di  potassa  im- 
pura (  olio  di  Tartaro  )  pro- 
duce una  tintura  di  colore 
nerastro  . 

39.  Bollita  questa  tintura  di- 
viene di  colore  rosso-nero  , 
sulla  di  cui  snperfìnie  espo- 
sta al  contatto  dell'  atmos-fe- 
ra  ,  si  forma  nna  pellicola  , 
anche  pnma  di  raffreddarsi  . 

40.  Una  porzione  di  questa 
tintura  allungata  con  acfjna 
stillata  diviene  di  colore  di 
vino  rosso,  e  fa  sentire  un 
odoro   di   lissivio   alcalino  . 

41.  Unitovi  r  acido  muriati- 
co ossigenato  precipita  poca 
quantità  di  materia  ,  che  non 
si  agglutina  ,  che  è  di  fuci- 
le combustione  ,  e  che  nel 
buccine  tramanda  odore  di 
Pece  ,  solubile  nell'  alcool  ^ 
e  non  nell'  acqua  . 

4a-  Il  fluido  rimanente  al  det- 
to precipitato  si  mantiene 
rosso  giallognolo  ^  ed  ama- 
rissimo . 

43.  Il  culore  di  questa  China 
pestata  e  passata  per  setac- 
cio ,  è  simile  al  colore  di  un 
mattone  poco  cotto  ,  di  un 
rosso  teudeute  al  carnicino  : 


AVIANO    TaUCIONI    ToZZETTI  . 


54  r 


tempo  dà  un  sedimento  leg- 
giero biancogiallo  e  traman- 
da un  deciso  odore  di  mu- 
cido . 
Trattata  istessamente  la  china 
produce  una  tintura  rossa, 
sanguigna  ► 


Bollita    similmente    la    tintura 
di   china  si  fa  la  così    distia 


Tintura 
pellicola 


sanguigna  ,    senza 


Una  slmile  porzione  di  Tintu- 
ra di  china  mescolata  con 
acqua  stillata  si  tinge  di  co- 
lor di  sangue ,  con  odore  di 
sapone  . 

La  tintura  di  china  combina- 
ta eirualmente  con  T  acido 
muriatico  ossigenato  ,  preci- 
pita un  abbondante  luateria 
scura  j,  che  si  agglutina  quasi 
subito  in  una  sola  massa , 
di  facile  combustione  ,  po- 
co solubile  neir  aikool  ,  e 
punto  nell'  acqua  . 
fluido  rimanente  dopo  la 
precipitazione  della  china  ri- 
mane scolorito  e  q,uaai  in- 
sipido . 

colore  della  china  è  gial— 
letto,  la  polvere  facilmente 
si  aggruma  a  guisa  del  Ta- 
bacco fine  di  Spagna  .  Si 
mantienfi  molto  tempo  a  gai- 
si 


II 


II 


S4a  Sopra  una  falsa 

si  manifesta  a  guisa  di    una 
polveie   terrosa   non   coeren 
ttt ,   e   aiesìa    iiell'   acqua   si 
trattiene  poco   tempo  a  gal- 
la ,  e   pivcipita  presto  a  gui- 
sa di   terra  . 
j^4-   P'esa  iiiiH  dramma  di  que- 
sta corteccia  ed  afiiisavi  uu' 
oncia  di  acido  nitrico  a  gri- 
di 35  ;  ed  immersovi  uti  ter- 
mometro ,  elle  seifiiava  j  gra 
di  dodici  ,    ho    avuti    i    se- 
guenti libultati  . 


Il  Termometro  mostrò 


Dopo  minuti 

I 

a 

3 

4 

5 

6 

7 
8 

9 

IO 

1 1 

la 

i3 

i4 
i5 

Gradi 


SPECIE    DI    CHIUA 

hi  ;   e    precipita    con    molta 
lentezza  . 


Una  dramma  di  polvere  di 
china  mescolata  con  un'  on- 
cia d'  acido  nitrico  a  35  ; 
ed  immeriovi  il  medesimo 
Termometro  ,  che  segnava 
i  gradi  dodici  :  ho  avuti  i 
seguenti  risultati 

Il  Termometro  mostri 


ostro 

Dopo 

minuti 

i5 

I 

19 

a, 
3 

a3 

a4 
a5i 

4 
5 

6 

a8 

7 

a8 

2.7 

27 
26 

a5 

a5 

a5 

Grad 


•  17 
ao 

^4 

aó 

a7 

27 

ad 

a8 

a9 

a8 

28,  j 

28,^ 

a8,i 

a8 

a8 


1. 


45.  In  questo  tempo  il  mescu- 
gho  cominciò  a  gonfiare,  con 

■  bolle  viscose  ,  si  alzò  per  f?e 
dita  nel  vaso  portando  a  quel- 
la delle  particelle  della  pol- 
vere inzuppate  e  divenute  co 

•    me  gelatinose  di  colore  ros- 


Il  mescuglio  della  china  fece 
tuia  simile  spuma  ,  ma  as- 
sai lentamente  e  rassembia- 
va  alla  spuma  di  cioccolata 
molto  den'-a  .  Formandosi 
delle  bolle  d'  aria  più  gran- 
di j  scoppiavano  e  si  abbas- 
so 


Di  Ottwiano   Targioni  Tozzetti  . 

1 


545 


so  carico  ,  quasi  tutto  il  flui- 
do era  convertito  in  questa 
spuma  ,  come  di  cioccolata 
poco  densa  ,  e  rojnpendo  le 
bolle  ,  o  agitando  la  spuma 
si  rigonfiava  di  più ,  nò  si 
abbassava  . 
46.  Diluito  con  acqua  questo 
mescuglio  si  è  matitmuto 
spumoso  per  lungo  tempo  , 
ed  ha  finalmente  lasciato  pre- 
cipitare la  matczia  solida  ed 
il  fluido  chiaro  soprastante 
si  è  manifestato  di  un  colo- 
re rossiccio  simile,  e  più  co- 
lorito del  vino  di  Cipro  . 


sava  la  spuma  ,  la  quale  non 
si  alzò  più  di  due  dita  ,  e 
mossa  facilmente  abbassava  , 
e  si  vedeva  del  fluido  non 
divenuto  spumoso.  Il  colo- 
re era  rosso  scuro  . 

Quello  della  china  diluito  istes- 
sa mente  con  acqua  ,  lia  fat- 
ta pochissima  spuma  ,  che 
presto  si  è  dileguata  ,  ha  la- 
sciato cadere  la  china  ,  ed 
il  fluido  ha  manifestato  un 
colore  di  vino  bianco  ordi- 
nario gialletto  . 


Dal  sin  qui  esposto  ,  tanto  per  i  caratteri  esterni  ,  quan- 
to per  i  resultati  dell'analisi  fattane  in  paragone  ,  si  rileva  , 
elle  questa  corteccia  è  differente  dalla  china  comune  ,  offici- 
nale ;,  o  china  cannellata  del  Sig»  Fabbroni  per  la  grandezza 
e  grossezza,  per  il  colore^  per  l'odore,  per  il  sapore.  I  suoi 
principj  o  parti  costituenti  ed  intrinseche  sono  più  solubili 
in  acqua  calda  e  fredda,  in  alcool,  ed  in  alcali,  e  meno 
ossigenabili  ,  o  riducibili  in  resina  ,  che  quelli  della  china  , 
e  sono  in  maggior  dose  .  Dì  qui  è  che  la  corteccia  in  que- 
stione contiene  più  di  estrattivo  e  di  mucillaginoso  o  gom- 
moso y  che  la  china;  contiene  al  contrario  meno  sostanza  re- 
sinosa ,  che  la  china  ;  contiene  molto  più  di  sostanza  colo- 
rante,  e  di  principia  astringente  o  conciante,  o  concino , 
che  la  china  ,  e   meno  o  quasi  niente  di  odore  aromatico  . 

Diffeiisce  altresì  da  tutte  le  specie  di  china  ,  ed  anche 
dalla  china  del  Surinam,  e  da  quella  di  S.  Domingo,  con 
le  quali  potrebbe  essere  confusa  :  dalla  prima  per  la  gros- 
sezza ,  per  non  avere  linee  o  prominenze  longitudinali  ,  e 
pe-r  essere  più  dura,  e  resistente  .  (  Murray^  Apparai.  Medi~ 
€am.   T.   VI.  p.   i3o  )  .  Dalla  seconda,  o  di  S.  Domingo,  alla 

qua- 


5^4  Sopra   una   falsa  frECiE  di  china 

fjuale  un  poco  più  si  rassomiglia  per  non  agglutinarsi  softo 
il  peóttllo  ,  coaie  fa  qu&lla  di  S.  Domingo  ,  e  per  altre  dif- 
ferenze ritrovate  con  l'  analisi  fattane  a  paragone  con  la  chi- 
na peruviana  da  Fourcroy  ,  e  che  si  può  vedere  iiell'  Euci- 
ciopedia  metodica  . 

Sebbene  questa  falsa  china  sia  differente  dalla  china  of- 
ficinale ,  e  da  tutte  le  scorze  di  china  conosciute  finora.. 
Don  si  può  per  altro  dire  a  quale  specie  appartenga  ,  e  se 
sia  di  alberi  nostrali  ,  come  si  potrebbe  credere  dal  vii  prez- 
zo di  soldi  sedici  la  libbra  ,  che  fu  venduta  in  princij)io  ,  o 
sivvero  di  alberi  esotici  ,  fra  i  quali  secondo  Linden  e  Mur- 
ray {Appar.  Medie.  T.  7,  pag.  454)  »  ^  scelta  spesso  la  scor- 
za del  Mahagoni,  o  Swietenia  Mahagoni  . 

Quanto  alle  qualità  mediche  di  questa  corteccia  ,  vengo 
assicurato  da  chi  l'  ha  provata  tanto  in  Livorno  che  in  Fi- 
renze ,  che  invece  di  essere  febrifuga  attonante  ,  è  stata  ri- 
trovata efficace  purgante  . 

O'^nuno  può  vedere  da  ciò  quanto  male  possa  arrecare 
ai  malati  questa  droga  amministrata  invece  della  china  offici- 
nale producendo  effetti  opposti  !  Quanto  ne  sia  compromessa 
la  reputazione  de'  Medici  ,  e  qual  danno  ne  risulti  per  l'Uma- 
nità il  tenere  in  mano  degli  idioti  e  dei  Monopolisti  le  dro- 
ghe che  devono  servire  per  medicamento  I 


VA- 


545 

VARICE  SINGOLARISSIMA  FORMATA  E  SCOPPIATA 
AL  SENO  QUADRATO  DAL  CUORE 

CON  UNA  NUOVA  ANATOMICA  DIMOSTRAZIONE 
DELLE  FIBRE   COMPONENTI 
LO  STESSO  SENO  QUADRATO 

MEMORIA 

Di    Jacopo    Penada 

Presentala    da    Gianverardo    Zeviani 

E  ricevuta  il  dì  ao  Aprile  1804. 

Aj  onda  sanguigna  perennemente  sospinta  dalle  vive  forze 
projettìli  dei  Cuore  col  mezzo  delie  Arterie  fino  all'  estremi- 
tà del  Corpo  animale  vivente  ,  deve  essere  raccolta  e  ripor- 
tata al  primo  fonte  della  vita  per  mezzo  delle  vene  , 

Le  arteriose  estreme  radici  diffuse  maravigliosamente  per 
ogni  più  minima  riposta  parte  del  Corpo  s'  innestano  quasi  , 
e  si  anastomizzano  coi  più  minuti  estremi  ramoscelli  venosi  , 
ne'  quali  depositato  il  sangue  passa  a  mano  a  mano  da'  rami 
minori  a  dei  maggiori  ;  indi  si  aduna  e  si  trasfonde  finalmen- 
te in  que'  vasi  più  insigni  ,  clie  lo  depongono  novellamente 
nel  Cuore  . 

La  meccanica  isti'Omentale  struttura  de' vasi  singolarmen- 
te arteriosi  ;  la  robusta  fabrica  ,  e  tessitura  delle  loro  tona- 
che ,  e  finalmente  la  forza  innata  di  quell'  alterno  costante 
moto  di  contrazione,  e  di  dilatazione,  di  cui  godono  fino  dal 
primo  momento  dei  loro  sensibile    materiale    sviluppo  ;  tutte 

Torno  XI.  Z  z  z  que- 


546  Varice  Singolarissima  ec. 

queste  cose  ,  io    dico .,    possono   agevolare   moltissimo    la    più 
pronta  ,  e  perenne  circolazione  de!  sangue  (f/)  • 

Na  qualora  poi  si  consideri  la  fievole,   e  molle  struttu- 
ra   di    que'  vasi    particolari  ,    che    all'  uffizio    sì    prestano   di 
riassorbire  e  ricondure  la  massa  sanguigna  dalle  più  minute  , 
ed  estreme  parti  del  Corpo,  al  centro  della  stessa  circolazio- 
ne ;  e  qualora  poi  si  ponga  mente  alla  difficoltà  ,  che  incon- 
trar deve  il  liquido    circolante  a  riascendere  contro  la  Legge 
più  costante  dalla  propria  gravità,  e  tendenza    naturale,    ed 
alla  totale  mancanza  di  movimento  di  qualunque    sorta   nelle 
vene  ,  allora  è  appunto  >  che  in  alcuni  Fisiologi ,  e  Naturali- 
sti si  ridestano  dei  dubbj,  e  sembra  che  tuttora  vadano  bran- 
colando   tra  le  tenebre  in  un  argomento    tanto    luminoso  ,    e 
di  tanta  importanza  (1^)  • 

A  raffermare  però  uu  poco  gli  animi    più  timorosi   giovò 
moltissimo  ,    non    v'   ha  dubbio  ,    la    singolare   scoperta  delle 


1 


(a)  Non  mi  è  ignoto  per  altro  quanto 
intorno  al  vero  meccanismo  con   cui  si 
eseguisce    la  circolazione    del    sangue  , 
sleno  discordi    i    più  moderni   Fisiolo- 
"■ieti    ;     non    ignoro    i    duljbj    avanzati 
su  tale  argomento  dall' insigne  Bonnet, 
e  dallo  Spallanzani;  né  qui  intendo  di 
toccare  per    niente  il  punto  della  pie- 
nezza ,  o  del  vacuo  assoluto,  o  relati- 
vo delle  arterie   nel    vivente  :  le  quali 
cose  furono  trattate  assai  eruditamen- 
te dal  Chiarissimo  Bortolozzi,   Bassia- 
no   Carminati  ,    Marsilio    Landrianì  , 
Pietro  Moscati  ,   Cavalier  Rosa  ,    Lui- 
gi Targioni  ,  dirò  soltanto    che    anche 
su  di  Ciò  non  mancano   delle    questio- 
ni ,    e    delle    difficoltà  grandissime  ,  e 
ciò    a    solo    oggetto    che    non    restino 
formalizzati    1 


cortesi  miei  Leggitori 


nel  sentirmi  per  avventura  ancor  in- 
certo )  e  titubante  nell'  assegnare  il 
vero  meccanismo  atto  a  promovere  ,  e 
mantenere  la  generale  circolazione  del 
sangue  . 

(b)  lì  diligentissimo  Senac  ha  trova- 
to ossificato  uno  dei  ventricoli,  il  po- 
steriore ,  ossia  sinistro  del  Cuore  uma- 
no .  Hallero  lo  trovò  tutto  affatto 
consunto.  De-Haen  non  seppe  ravvi- 
sarne vestigio  in  un  soggetto  partico- 
lare ;  ed  il  Signor  Malacarne  trovò 
affiitto  osseo  ,  ed  inflessibile  il  cuore 
di  un'  nnitrella  selvatica  . 

Dunque  conchiude  il  testé  laudato 
Autore  ,  che  il  cuore  non  è  sempre  il 
solo  organo  determinante  la  circolazio- 
ne del  sangue. MalacarneTratt.  Chinirg. 
part.    II.  §.    195. 


Di  Jacopo  Penada  .  S^V 

Valvole,  la  quale  dall' insigne  llallero  viene  attribuita  al  Ca- 
nnili di  Ferrai  a  .    (  Haller.  Eleni.  Pliisiol.  Lib.   ii,  Sect.   ii  , 

S-  XIV.) 

Non  si  può  negare  ,  che  queste  non  sleno  molto  oppor- 
tune a  sostenere  il  sangue,  che  va  ninno  a  mano  ascenden- 
do, ed  impedire  che  non  torni  a  rijùcnibare  al  basso,  sic- 
come la  naturai  sua  tendenza  lo  inclinerebbe  per  certo  . 

Questi  valvolosi  ,  avvegnaché  debilissimi  sostegni  ,  sono 
il  più  delle  volte  disposti  a  due,  a  due  («)•  Sono  formate 
queste  valvole  dalla  membrana  interna,  e  propria  delle  stes- 
se vene  ;  costituiscono  d'  ordinario  due  pieghe  una  contro 
r  altra  ,  con  le  quali  sembra  ,  che  chiudano  tutto  1'  intiero 
lume  della  vena,  ed  una  convessa  rivolta  verso  i  rami  i,  cosit 
ne  viene  ,  che  asceso  il  sangue  dai  rami  <!'  una  vena  verso  i 
tronchi  maggioii  vi  passa  facilmente  scorrendo  sulla  convessi- 
tà delle  valvole  ,  e  scostandovi  i  loro  margini  passa  avanti.; 
ma  se  poi  dai  tronchi  si  vuole  introdurre  nei  rami  ,  la  cosa 
non  è  ordinariamente  fattibile  ;  giacché  ricevuto  il  sangue 
nelle  cavità  delle  valvole  più  le  preme  ,  e  più  le  discosta  , 
chiudendo  in  tal  inodo  il  lume  del  tubo  stesso  venoso,  onde 
non  possa  il  sangue  ripiombare  novellamente  al  basso  siccome 
comunemente  si   crede  . 

Non  è  però  che  non  accada  spesse  fiate  morbosamente 
il  regresso  del  sangue  nei  vasi  minori  inferiormente  posti,  ed 
in  tal  caso  si  formano  nelle  vene  delle  piccole  borse  ,  o  dei 
nodi  sensibili  più  probabilmente  al  luogo  appunto  delle  stes- 
se valvole,  le  quali  borse,  o  nodi  se  costantemente  ivi  ri- 
mangono ,  acquistano  il  nome  di  varici  ,  o  dilatazioni  varicose 
delle  vene  [b)  . 

Z  zz  2,  Ma 


(J)  Furono  osservate  talvolta  tre  ed 
«nrtì  quattro  in  uno  stesso  tronco 
di  vena,  e  dal  Signor  Tumiati  Anato- 


miro    di    Ferrara  ,    ed    anro  più  volte 
dagli  Anatomici  di  Padova  . 

{a)  Non  è  poi  sempre  vero  ,    che  1« 


54'S  Varice  Singolarissima  ec. 

Ma  per  meglio  avvieiuarrai  per  ora  allo  scopo  prlncipal* 
della  piesente  nostra  osservazione  conviene  riflettere  ,  che  la 
formazione  delle  varici  nei  vasi  sanguigni  venosi  è  solita  sem- 
pre di  avverarsi  nell"  estremità  inferiori'  del  corpo  animale 
vivente  (b)  . 

L'  eretta  po^rtatura  certamente  ,  di  cui  a  preferenza  d'ogn' 
altro  animale  ,  gode  1'  uomo  ragionevole  ,  quanto  è  nobile  ^ 
dignitosa    e    distinta  ,    altrettanto    lo    rende    soggetto  a  certi 

par- 


yaricj  stioccdano  al'  luogo  preciso  ,  do- 
ve esistono-  le  valvole  nelle  vene  . 
Esaminate  da  rae  con  diligenza  del- 
le vene  varicose-  nei  cadaveri  di  don- 
no ,  o  di  uomini  j  che  ne  aveano  in  ^ 
«opia  alle  estremità  inferiori  sono  ri- 
masto convinto  ,  che  quelfe  borse  ,  o 
nodi  raricosi  esistevano  in  moltissimi 
luoghi  lunghesso  il  tubo-  venoso  ,  ne' 
quali  non  si  ritrovava  la  minima  trac- 
cia di  valvole  ,  onde  ho  dovuto  con- 
chiudere  ,  che  le  pareti  stesse  dei  va- 
li venosi  si  dilatino  morbosamente  ,  e 
i'ormino  in  gran  parte  le  stesse  varici. 
Anco  gli  stessi  vasi  linfatici  hanno 
le  loro  valvole  ,  e  vanno  soggetti  ossi 
pure  a  delle  enormi  dilatazioni  . 

Quindi  pretende  il  Soemmering  ,  che 
le  Idatili  sieno  varici  dei  vasi  linfati- 
ci ,  le  quali  varici'  poi  si  possono 
estendere  prodigiosamento  .  Soemme- 
ring, de  morbis  rasorurn  abioilentiìim. 
Tranject.   ad  Moen.  ,   1796.   J.   XXII. 

Ed  in  queste  sfesse  cavità  poi  de' 
vasi  linfatici  dilatati  sospetta  il  Cele- 
bre nostro  Amico  Sig.  Brera,  che  tal- 
volta, si  generino  per  fino  dei  verrai  di 
una  spezie  particolare  . 

Vedi    Brera  ,  V.  L.  sopra  i  virmi  , 


Lez.   I.   §.   XX VII. 

[b]  E'  noto  ablìastanza  ,  che  in  tufi- 
to  il  contesto  delle  vene  appartenenti 
alle  viscere  non  si  riscontrano  valvole 
di  sorte  alcuna  .  La  sola  valvola  dell 
Eustachio  si  potrebbe  eccettuare  . 

Alcune  valvole  furono  anco  scoperto 
dal  Dessault,  ed  in  seguito  dal  Reust 
(  Novae  observationes  circa  structu- 
rain  vasoruni  in  placenta  humnna  , 
dat.  Tabingae  1789.  pag.  44-  )  nelle 
ultime  estremità  dei  vasi  della  placen- 
ta ,  e  dell'  utero  ,  che  talvolta  si  op- 
pongono al  corso  delle  injezìoni  . 

E  per  ta-1  modo  si  è  decisa  ,  per 
qiumto  si  crede  ,  la  famosa  lite  che 
lungamente  vers6  tra  il  Vienssennio,  de 
Haller  ,  de  Mery  ^  ed  altri  ancora  per 
una  parte  5  Ruschio,  Hunter  ,  Roede- 
rer  ,  per  1'  altra  ,  se  i  vasi  della  pla- 
centa li  anastomìzzino,  0  nò  con  quelli 
dell'  utero  ;  stabilendosi  che  quando 
ciò  non  riesce  colle  injezioni  ,  egli  è 
un  effetto  dalla  presenza  di  queste 
valvole  che  si  oppongono  al  passaggio 
della  materia  injettata  .  Ad  onta  però 
del  ritrovamento  di  queste  valvole ,  la 
questione  non  mi  sembra  per  anco  do-^ 
finitivamente  decisa . 


Di  Jacopo  Pekada  .  549 

particolari    malori ,   i    quali  in  singoiar    modo    dipendono    da 
q^Liesta  stessa  portatura  , 

Pronaqibe  curri  spectent  anìmalìa  caetera  terras 
I         Os  homìnì  sublime  dedit  ,  Caelumque  tueri 
Jussìt ,  et  erecto s  ad  sìdera  tollere  vultus  , 
Cantò  CO5Ì  bene  il  Sulmonese  Poeta  . 

Sopra  tutto  però  sembra  ,  che  il  gentil  sesso  se  ne  risero 
ta^  direi  quasi,  del  discapito  di  un  così  fatto  sublime  porta- 
mento. Quindi  non  è  fuor  di  ragione  il  sospettare,  che  le 
stesse  periodiche  sempre  moleste  purgazioni  muliebri;  che  la 
proclività  nelle  donne  alle  strabocchevoli  emorragie  uterine  , 
ed  agli  sconcj ,  alle  ostinatissime  leucorree  ;  alla  formazione 
delle  stesse  varici  alle  gambe  ,  e  nelle  coscie  singolarmente 
nel  tempo-  di  loro  gravidanza  ;  tutti  questi  disordini  dipendona 
in  gran  parte  dalla  eretta  positura  delle  stesse  . 

Quanto  però  è  facile  combinarsi  il  fenomeno  morboso  del- 
le varicose  dilatazioni  all'estremità  del  corpo;  altrettanto  ra- 
ri sono  i  casij  nei  quali  si  sieno  riscontrate  vero  varici  sin- 
golarmente al  seno  quadrato  . 

Non  mi  è  ignoto  per  altro  ,  che  delle  enormi  dilatazio- 
ni si  sieno  spesse  volte  riscontrate  al  gran  tronco  della  Cava, 
ed  alla  corrispondente  orecchietta  destra  del  cuare  ;  ma  queste 
dilatazioni  non  mi  rappresentarono  giammai  1'  idea  d'  una  ve- 
ra varice  .  Io  le  ho  sempre  considerate  siccome  effetto  dell* 
addensamento  piuttosto  temporaneo  del  sangue  ,  il  quale  ap- 
punto suole  avvenire  in  moltissimi  casi ,  o  per  difetto  orga- 
nico del  cuore  ,  ovvero  in  quei  momenti  soltanto ,  ne"^  quali 
va  cessando  il  moto  vitale  ed  alterno  di  quel  viscere  colla 
sopravvegnenza  dell'  estinzione  della  vita;  momenti,  ne'qua- 
li  si  sogliono  formare  delle  insigni  raccolte  di  sangue  denso, 
e  grumoso  tanto  nei  vasi  venosi ,  quanto  nelle  stesse  orec- 
chiette del  cuore  [a)  . 

CIÒ 

(a)   Tra  i  tanti  ca»i  di  grandiose  di-  registrato    nell'   Epistola   Anat.   17  ,  f.' 

latazioni  di  simil    fatta    basti    riportar  10  ,  ove  dice  :    JDixtera  autem    cordis 


quello    deli'   Illujtrissimo    Morgagni  ,     {     auricula  tain  iiitiu   habebat  languiqv 


3So  Varice  Singolaiussma  ec. 

Ciò  premesso ,  sappiamo  che  il  sangue  arterioso ,  che  in 
singoiar  modo  provvede  all'organo  vitale  tramandato  col  mez- 
zo di-li'  arteria  pulnionale  divisa  a  destra  ,  ed  a  sinistra  xiel 
viscere  stesso  fino  alle  sue  più  minute  estremità,  viene  rias- 
sorbito tlaile  minime  vene  corrispondenti  ,  le  quali  poi  a  po- 
co a  poco  raccolte  in  quattro  principali  tronchi  due  a  destra  , 
e  due  a  sinistra  ,  prima  che  pongano  foce  nel  cuore,  forma- 
no una  particolare  dilatazione  di  figura  quasi  perfettamente 
quadrata  ,  la  quale  perciò  vien  detta  dagli  Anatomici  seno 
quadrato,  o  posteriore  del  cuore  ,  dotato  di  certa  particola- 
re appendice  la  quale  appunto  orecchietta  sinistra  del  cuore 
comunemente  si  appella. 

Quanta  però  sia  la  robustezza  delle  tonache  componenti 
questa  particolar  borsa  quadrata  venosa ,  avuto  riflesso  alla 
tenuissima  tessitura  delle  altre  vene  tutte  j  non  è  ora  il  mo- 
mento che  da  me  se  ne  faccia  particolare  menzione  ;  a  ciò 
fare  io  mi  riservo  nella  seconda  parte  della  presente  Memo- 
ria ,  dopo  che  avrò  esposta  la  storica  narrazione  del  fatto  ; 
anzi  io  mi  lusingo  di  darvi  una  tale  descrizione  dt-lle  Fibre 
particolarmente  componenti  il  membranoso  tessuto  dello  stes- 
so seno  quadrato  5  la  quale  formeià  1'  oggetto  più  interessan- 
te del   presente   mio  qualunque  ragionamento  . 

Basti  per  ora  riflettere  ,  che  in    una    parte  ,  la  quale  ,  e 
per  la  sua  robusta  struttura  ^    e  per  ia  massima  vicinanza  al- 
lo 


eopiam,  ut  distincta  magnitudìnem  cor- 
dis  fere  aequaret  ;  e  più  sotto  nella 
«tessa  Epistola  dice  cosi  :  Cor  prae- 
arande,  magnani  polyposam  coticretìo- 
nem  ventricule  dextero  continebat  , 
quae  in  proxìmam  aurìculam  expan- 
la  ,  hanc  adeo  dUataverat  ,  ut  i/igens 
fiequaret  marsup'iiim  . 

Io  pure  in  un  cadavere  da  me  anato- 
mizzato in  l'adova  la  sera  dei  7  di 
Maiz»  1804  >  trovai   una    così  enorme 


dilatazione  di  tutti  due  i  ventricoli 
del  cuore  ,  delle  sue  orecchiette  ,  0 
de'  suoi  vaii  tutti  ttinto  arteriosi  , 
quanto  venosi ,  di  maniera  che  perdu- 
ta questo  viscere  ogni  sua  naturai  sim- 
metrica conformazione  ,  altro  non  rap- 
presentava ,  che  lina  insigne  vatca  ,  o 
vesic*  enorme  ripiena  di  sangue  atro, 
e  grumoso  entro  a  quel  cuore  morbo» 
samento  straveuato  e  raccolto  • 


Di  Jacopo  Penada  .  55 1 

Io  stesso  fonte  della  vitalità ,  dovea  ben  essere  lontana  ad 
avere  la  naturale  predisposizione  alla  formazione  di  quella 
particolar  malattia  ;  per  uno  strano  fenomeno  morboso  non 
solo  essa  si  verificò  ,  ma  di  più  arrivò  a  segno  di  scoppiare  , 
recando  I'  estinzione  repentina  del  soggetta  in  cui  si  combi- 
nò fatalmente  . 

L'  argomento  pertanto  della  presente  nostra  Memoria  , 
Jledico-Patologica  ce  lo  somministrò  appunto  un  certo  uomo 
per  nome  Stefano  Boccalaro  nativo  di  questa  Città  di  Pado- 
va, d'abito  di  corpo  semicachetico  ,  e  macilente,  molto  co- 
lorito ,  e  per  quanto  abbiamo  raccolto  da'  suoi  domestici  , 
bravo  mangiatore,  e  buon  bevitore  per  fino  die  visse. 

In  varie  epoche  della  sua  vita  quest'uomo  sostenne  del- 
le periodiche  ostinate  ,  alle  quali  forse  anche  per  base  di 
temperamento  doveva  essere  naturalmente  disposto  . 

Essendo  costui  per  dovere  del  proprio  uffizio  destinato 
alla  sopraintendenza  dal  riattamento  delle  pubbliche  strade  si 
esponeva  a  continui  patimenti  ,  facendo  lunghissimi  viaggi  a 
piedi  in  qualunque  stagione  ,  tanta  nei  giorni  della  state  più 
cocente  ,  quanto  in  quelli  del  più  rigido  inverno  ,  bevendo 
del  vino  il  più  delle  volte  con  eccesso ,  ed  ancor  fervido 
ed  estuante  per  le  sostenute  fatiche  . 

Molti  mesi  prima  che  mancasse  dì  vita  incominciò  a 
querelarsi  di  certi  strani  ed  insoliti  palpiti  di  cuore,  con  an- 
gustia di  respiro  ,  accoppiata  ad  una  straordinaria  debolezza  , 
e  prostrazione  di  forze  ,  che  lo  rendeva  quasi  inetto  al  fati- 
coso suo  esercizio  . 

Oltre  di  tutto  ciò,  si  lagnava  fortemente  di  un  peso  co- 
stante y  con  distrazione  dolorosa  e  perfodiente  alla  regione 
posteriore  del  suo  dorso  in  mezzo  alle  scapole  .  Buon  bevito- 
re però  ,  siccome  egli  era  ,  tracannando  a  larga  dose  del  .vi- 
no ,  e  talvolta  una  qualche  tazza  di  brodo  sciocco  parevagli 
di  rimanere  sollevato  dal  fitto  dolore  alla  testé  indicata  re?» 
gione  ,  ed  anco  dai  palpiti  stessi  del  cuore  , 

Se    non  che  il  giorno  g  Febbraro  1799  ,  alle    ore   dieci 

cir- 


5oa  Varice  Singolaiussima  ec» 

circa  del  mattino,  rizzatoìl  dal 'lettOj  nel  momento  che  stava 
colie  mani  sollevate  per  assettarsi  alla  meglio  il  suo  giubbo- 
ne ,  cadde  posteriormente  stramazzato  al  suolo  ,  e  sul  fat- 
to mancò  di  vita  . 

Il  giorno  appresso  fu  istituita  T  incisione  anatomica  di 
questo  cadavere  dal  Proto-Chirurgo  dell'  Uffizio  di  Sanità , 
con  r  intervento  del  fa  Sig.  Girolamo  Trivisan  Proto-Medico  ^ 
trovandomi  io  stesso  presente  all'indicata  apertura. 

Sparato  il  torace  ,  e  sollevato  lo  sterno  si  ritrovò  il  pe- 
ricardio stranamente  turgido  e  rigonfio  ;  aperto  questo  sac- 
co si  osservò  il  cuore  immerso  nel  proprio  sangue;  esaminato 
questo  viscere  nella  sua  parte  anteriore ,  mondata  prima  tut- 
ta la  pericardica  cavità  del  sangue  effuso  ,  non  si  rinveniva 
ksione  alcuna  manifesta  nello  stesso;  allora  capovolto  il  cuore 
si  esaminò  la  parte  piana  ,  o  posteriore  dello  stesso  ,  e  nel 
luogo  appunto  che  vien  formato  dal  concorso  delle  quattro 
vene  puimonali  ,  che  comunemente  seno  quadrato  o  poste- 
riore del  cuore  si  appella  ,  abbiamo  ritrovata  un'  insigne  ,  e 
morbosa  lacerazione ,  per  la  quale  sbucata  ragionevolmente 
r  onda  sanguigna ,  si  avea  fatto  strada  ad  inondare  tutta  la 
pericardica  cavità . 

Per  la  qual  cosa  stretto  per  ogni  lato  e  stranamente 
compresso  il  cuore,  non  potendo  prestarsi  d'avvantaggio  agii 
nffizj  della  vita,  fu  causa  che  d'improvviso  perisse  quell'in- 
felice Soggetto  . 

Per  volere  però  meglio  anatomizzare  quel  viscere'alf  in- 
dicata sede  così  mal  concio  ,  divisammo  di  staccarlo  dalla 
propria  sede  col  corredo  di  tutti  que'  maggiori  vasi  ,  che 
vanno  a  por  foce  nello  stesso  . 

Ciò  eseguito ,  notammo  le  seguenti  cose  :  la  fenditura 
morbosa  che  esisteva  nel  centro  del  seno  quadrato  di  questo 
cuore  rappresentava  una  figura  sferica  irregolare  alquanto  de- 
pressa ai  lati  ;  aveva  il  lume  di  dieci  linee  di  Parigi  circa  , 
gli  orli  di  questo  foro  morboso  erano  ineguali,  e  frastagliati: 
tutto  il  complesso  di  questo  seao  era  piìi  floscio,  e  rilasciato 

del 


Di  Jacoi'O  Penada  .  553 

ciel  solito  ;  le  lìmanenti  pani  poi  del  cuore  non  presentava- 
no ai  nosiri  sguardi  veiuu'  altra  alterazione  ixjorL>usa  ,  e  mar- 
cata . 

Ora  poi  conviene  esaminare  i  disegni  ,  i  quali  tratti 
dair  origlile  ,  io  qui  presento  coli'  oggetto  ,  che  si  possa  for- 
mare una  più  cliiara  idea  del  caso  presente, 

Sjjìegaziojie  delle  Figure  • 

La  tavola  disegnata  rappresenta  nella  prima  figura  il 
cuore  in  istato  naturale  ,  rovesciato  e  rivolto  dalla  sua  parte 
piana,  o  posteriore  che  riguarda  le  vertebre  del  dorSo  . 

Le  lettere  majuscole  A.  B.  C  contrassegnano  la  circon- 
ferenza del  cuore  ;  le  lettere  D.  E.  indicano  le  due  orecchiet- 
te del  cuore  ,  la  D.  la  sinistra  ,  la  F.  contrassegna  il  tronco 
comune  delle  dlie  cave  ;  la  G.  fiivalmente  accenna  il  tronco 
reciso  deli'  arteria  aorta  ,  riguardata  da  questa  parte  . 

Ora  si  ponga  mente  a  quella  borsa  particolare  quasi  qua- 
drata ,  la  quale  forma  il  cosi  detto  seno  posteriore  ,  o  qua- 
drato dal  cuore  ,  la  lettera  H.  è  posta  nel  centro  appunto 
dello  stesso  seno,  là  dove  si  combinò  quella  particolaie  nicr- 
bosità  ,  che  forma  il  soggetto  della  presente  osservazione  . 

In  questa  figura  peiù  abbiamo  lasciato  tutto  il  seno  qua- 
drato disegnato  nella  sua  integrità  per  chiarezza  maggiore 
della  sede   precisa  dello  stesso  seno  . 

Le  minuscole  o.  0.  o.  o.  indicano  li  quattro  tronchi  tatrlia- 
ti  delle  quattro  vene  pulmonali,  le  quali  concoriono  alla  for- 
mazione  dfllo  stesso  seno  quadrato. 

La  seconda  figura  rappresenta  il  solo  seno  quadrato  stac- 
cato dal  cuore  ,  onde  esamitiarlo  esattamente  ;  le  quattro 
A.  A.  A.  A.  circoscrivono  i  limiti  di  questo  pf'zzo  ;  le  lette- 
rine minuscole  e  e.  e  e.  dinotano  i  tronchi  tagliati  delle  quat- 
tro vene  pulmonali  ;  e  nel  centro  poi  si  scoi  gè  disegnata  la 
ffiiditma  lasciata  dallo  scoppio^  per  quinto  mi  giova  suppor- 
re ^  della  varice.  La  lettera  D.  è  posta  per  indicare  quel  fo- 
Tomo  XI.  A  a  a  a  ro 


554  Varice  Singolarissima  ec 

ro  morboso  di  figura  quasi  ovale  ,  con  li  suoi  orli  frnstaglia- 
ti  j  ed  ineguali  j,  marcati  con  le  letteiire  minuscole  o-o.o-o» 
Passando  in  appresso  alla  terza  Figura  ,  con  essa  si  rap- 
presenta lo  spaccato  del  seno  quadrato  nel  caso  nostro  mor- 
bosamente alterato,  e  perciò  molto  più  floscio^  ed  allargato 
del  suo  naturale  ;  lo  che  osservai  eziandio  verificarsi  in  quel- 
le moltiplici  pliche  interne,  le  quali  naturalmente  si  litrova- 
no  in  questa  borsa  venosa  particolare. 

Le  lettere  pertanto  A.  A.  A.  A.  definiscono  il  pezzo 
stesso  air  indicata  foggia  aperto  ,  e  preparato  .  Le  due  B.  B. 
sono  poste  al  luogo ,  ove  esisteva  la  morbosa  fenditura  lascia- 
ta dallo  scoppio  della  varice  ;  e  le  letterine  poi  minuscole 
a.  a.  a.  a.  qua  e  là  sparse  nel  centro  della  figura  ,  fanno  co- 
noscere quelle  varie  piegature  ,  delle  quali  è  fornita  la  cavi- 
tà interna   dello  stesso  seno  quadrato  . 

Dalle  altre  tre  figure,  che  rimangono  a«cora  da  esami- 
narsi nella  Tavola ,  daremo  opportunamente  la  spiegazione 
nella  seconda  parte  della  presente  Memoria  . 

Dopo  però  di  avere  dimostrate  le  più  singolari  morbosi- 
tà del  caso  presente,  prima  di  chiudere  la  prima  parte  della 
presente  osservazione  ,  io  crederei  di  non  essermi  di  gran 
lunga  ingannato  ,  qualora  ho  stabilito  ,  che  la  morbosa  istro- 
nientale  alterazione  da  me  riscontrata  alla  sede  indicata,  fos- 
se una  varice  formata  ,  e  scoppiata  al  seno  quadrato  ,  o  po- 
steriore del  cuore  . 

E  per  verità  per  varice  non  fu  mai  altro  inteso  dagli  A- 
natomici  ,  dai  Medici ,  e  dai  Chirurghi  ,  se  non  che  una  mor- 
bosa dilatazione  di  un  vaso  venoso  qualunque  ,  a  quella  stes- 
sa guisa  ,  che  per  aneurisma  si  è  senqire  inteso  una  dilata- 
zione morbosa  in  quahuique  vaso  arterioso  • 

Quindi  nel  caso  nostro  ,  avvegnaché  la  dilatazione  varico- 
sa esterna  ,  prima  dello  scoppio,  non  si  sia  potuta  realizzare 
col  fatto  j  tutta  volta  non  disconviene  punto  il  presupporla 
preventivamente  ,  ed  essendo  il  seno  quadrato  formato  asso- 
lutamente dal  concorso  di  quattro    vene  ,    e   ad    esse    affatto 

con- 


Di  Jacopo  Penada  .  555 

continaò,  ed  inerente,  non  si  può  andar  grandemente  errati, 
dando  il  nome  di  varice  a  quella  particolare  morbosità.  È 
hi'.n  ragionevole  ,  che  la  horsa  lorm.ita  forse  dalla  preventiva 
varice  non  si  sarà  manifestamente  veduta  nel  caso  nostro  , 
giacché  successa  la  fenditura  della  stessa  con  l'effusione  dei- 
la  massa  sanguigna  contenuta,  altro  non  vi  dovea  rimanere 
cne  il  pertugio  morboso  ,  o  vogliam  dire  quella  lacerazione  , 
che  fu  da  noi  riscontrata  appunto  nella  media  regione  del 
seno  quadrato  venoso  . 

Che  se  però  piacesse  ad  alcuno  ,  ad  onta  di  tutto  ciò  , 
chiamare  il  difetto  istrumentale  da  noi  riscontrato  all'  indica- 
ta sede ,  una  semplice  esulcerazione ,  o  fenditura  del  seno 
quadrato  medesimo  ,  esclusa  anco  la  supposta  preventiva  va~ 
rice  ;  non  alterando  ciò  punto  F  intrinseco  della  presente  mia 
osservazione  ,  lascierò  volentieri  ,  che  ognuno  la  pensi  a  mo- 
do suo  ,  e  mi  rivogherò  ad  un  oggetto  più  interessante  .  clie 
mi  rimane  da  trattare  nella  seconda  parte  della  presente  Me- 
moria, acciocché,  dal  merito  di  essa  ,  ne  possa  essere  forma- 
to un  adequato  ;,  ed  imparziale  giudizio  . 

PARTE    SECONDA. 

Diinostrazìone  jinatomìca  delle  Fibre  componenti 
il  tessuto  membranoso  del  seno  quadrato  . 

Nel  momento  ,  che  io  mi  stava  travagliando  nella  ragionata 
esposizione  di  quella  strana  morbosità  riscontrata  al  seno  qua- 
drato del  cuore  ,  e  considerando  non  solo  la  sede  straordina- 
ria ,  che  essa  occupava,  ma  molto  più  ancora  la  robustezza 
del  seno  quadrato  ,  mi  venne  in  pensiero  di  esaminare  aiia- 
totnicamente  la  particolare  struttura  di  questo  sacco  membra- 


noso 


E  siccome  mi  parve  di  avere    rilevato  con  le  mie  ricer- 
che, molto  più  di  quanto  ne  fu  per  avventura  detto  fino  ad 

A  a  a  a  a  ora  ; 


556  Varice  Sincot.ariìsima  ec. 

ora  ;    così    mi    affretto  eli  esporlo  ai  saggi    e    venerati    riflessi 
del   Pubblico  imparziale. 

Ecco    non    pertanto    in    btevi    note  i  risultati  delle  mie 
particolari   osservazioni  . 

Sa|.>piamo,  che  il  sacco  membranoso,  il  quale  rinchiude, 
e  circonda  lassamente  il  cuore  per  ogni  parte,  detto  pericar- 
dio ,,  ascendendo  non  poco  sopra  la  base  dello  stesso  ,  non 
solo  si  attacca  ai  grossi  vasi  arteriosi  e  venosi  ,  i  quali 
vanno  a  por  foce  uel  cuore  ,  rna  impartisce  la  loro  esterna 
membrana  . 

Questo  particolare  involucro  diviene  una  tonaca  quasi 
assi).  ì  zi  a ,  o  vogliarn  dire,  aggiunta  ai  vasi  stessi*,  a  quel 
luogo  ,  e  non  altrove  >  la  quale  dona  ad  essi  una  maggiore  ^ 
e  soltanto  topica  robustezza. 

Ecco  come  egregiamente  e  con  quella  chiarezza ,  eh'  è 
tutta  sua  propria ,  ce  la  descrive  il  celebratissimo  nostro  Ana- 
tomico ,  il  Sig.  Leopoldo  Marcantonio  Caldani  :  Pericardiuni 
super  vaso,  cordis  ascendit  ex  carde,  exeuntia  ,  et  in  cor  re- 
veitentìa  ad  aliquam  usque  a  corde  distantiam  ;  inde  lue 
idem  saccus  ad  interiora  revolutus  ìpsa  vasa  arde  comple- 
cfitur ,  et  cor  ìpsum  cum  auriaUis  ,  quibus  partibits  omni- 
bus   exteriorem   tunicam  elar^itur  .  Initit.  Anat»  PhisioL  Gap. 

V.  - 

Di  questa  membrana  adunque  prima  di  tutto  è  dotata 
anco  la  parte  più  esterna  dello  stesso  seno  cjuadrato  venoso  , 
o  posteriore  del  cuore,  di  cui  ora  parliamo;  ed  è  perciò,  che 
a  quel  luo£0  questo  sacco  si  riscontra  fornito  di  una  maggior 
sensibde  n  bustezza  ,  più  die  altrove;  mentre  è  certo,  che 
le  stesse  vene  pulmonali  tosto  che  si  sono  per  poche  linee 
insinuate  nella  sostanza  della  viscera  pulmonale  ,  e  si  sietio 
divise  e  suddivise  per  essa  in  mille  foggie,  si  ritrovano  ben 
tOfto  spogl'e  affatto  di  quell'esterno  involucro,  di  cui  erano 
fornite  nel  loro  principale  concorso  al   seno  quadrato  . 

Non  bastava  però  ,    che   la  provvida  sagace   natura  aves- 
se dato  ai  seno  quadrato  quella   robusta  esteriore    membrana 

fi. 


Di  jACoro  P^nada  .  55/ 

fino  ad  ora  descritta  ,  che  inoltre  lo  fornì  di  imo  elpgarilis- 
simo  tessuto  fibroso  ,  che  lo  rende  esciusivamenle  a  tutto  il 
rimanente  sistema  de' vasi  venosi,  atto  a  prestarsi  a  vaij  uf- 
lìz)  ,  ai  quali  certamente  supplir  non  potreb'je  ,  anco  ])er 
solo  difetto  di  struttura  j  tutto  j1  rimanente  sistema  vascola- 
re venoso  . 

Ella  è  cosa  perciò  di  fatto  anatomico  ,  che  le  tonache 
componenti  V  avvolto  tutto  delle  vene  sono  prive  affatto  di 
alcun  tes-uto  fibroso  muscolare;  quinti)  attesa  la  sottigliezza, 
e  debolezza  loro  ,  tagliati  i  vasi  venosi,  cadono  su  se  stessi, 
senza  lasciar  lume  circolare  ,  all'opposto  di  quello  ,  che  av- 
viene nei  vasi   arteriosi  . 

Ora  si  avverta,  che  nel  seno  quadrato  così  certamente 
non  va  la  cosa  ;  mentre  coli'  attenta  indagine  anatom-ca  di 
questo  sacco  particolare  venoso  io  vi  ho  serperti  molti  bel- 
lissimi strali  di  Fibre  nel  seguente  modo  distribuiti  e  dis- 
posti . 

Detratta  adunque  con  una  conveniente  bollitura  della 
parte  né  debole  ,  né  molto  avanzata  V  esterior  membrana 
proveniente  dal  pericardio  ,  che  invoglie  il  seno  quadrato  , 
comparisce  uno  strato  elegantissimo  di  Fibre  poste  [trasver- 
salmente in  direzione  quasi  paralella  con  li  tronchi  delle  ve- 
ne  pulmonali  . 

Questo  primo  strato  di  fibre  veramente  trasversali  è  co- 
sì chiaro  e  palese  a  r^uel  luogo  ,  che  anco  senza  bullitura 
della  parte  trasparisce  evidentemente  stirando  soltanto  assai 
poco  trasverstdmente  lo  stesso  seno  quadrato  .  Ma  è  ben  d'av- 
vertirsi ,  che  le  fibre  trasversali  già  descritte  occupano  il  ve- 
ro centro  ,  ovvero  la  parte  media  soltanto  del  seno  quadra- 
to ;  mentre  nella  parte  superiore  ed  inf^-riore  dello  stesso  , 
questo  primo  strato  di  fibre  ,  che  conq>aiisce  ,  non  è  vera- 
mente trasversale  ,  ma  bensì  retto  ,  e  situato  in  guisa  ,  che 
innestandosi  con  le  fibre  trasversali  ,  che  accnpano  il  centro 
del  seno  niecleslmo,  ne  risulta  un  anJamento  di  fibre  forma- 
te   qu.o;  a  guisa   di  Croce  ,    siccome    è    facile    da    rimarcarsi 

con 


5-33  Varice  Singolarissima  ec 

con    1'  insppzlone  della  figura  disegnata  ^    che    vi    presento    . 

Ora  adui)(|ue  conviene,  cVie  di  nuovo  l'ipigUando  la  ta- 
vola ,  die  vi  ho  esibita  ,  si  esamini  attentamente  in  essa  la 
quarta  figuia  .  Questa  vi  espone  il  disegno  del  vero  tessuto 
del  primo  strato  delle  libre  esterne  del  seno  quadrato  mede- 
simo ,  rpiale  fu  da  me  diligentemente  osservato  e  descritto  . 

Le  lettere  adunque  quattro  A  majuscole  indicano  le  ve- 
re fibre  trasversali  ,  le  quali  abbiamo  detto  ,  che  occupano 
la  regione  media  dello  stesso  seno,  le  due  BB  contrassegna- 
no lo  strato  di  quelle  fibre,  che  si  trovano  alla  parte  supe- 
riore del  seno  quadrato  ,  le  quali  abbiamo  detto  ,  che  sono 
quasi  rette  .  Le  due  poi  G  C  fanno  rimarcare  l'  andamento 
di  quelle  fibre  esterne  del  seno  stesso  ,  che  si  riscontrano 
nella  di  lui  parte  più  bassa  ,  poste  alla  base  del  cuore  ,  ed 
in  tal  maniera  si  vede  come  ne  risulti  una  spezie  d'  inrrocic- 
chiamento  formato  dal  particolare  andamento  di  queste  fi- 
bre . 

Sollevato  in  appresso  il  primo  ,  e  più  esterno  andamen- 
to di  fibre,  delle  quali  è  fornito  il  seno  quadrato  del  cuore, 
viene  sott'  occhio  un  secondo  strato,  il  quale  presenta  un 
andamento  fibroso  formato  quasi  a  maglie,  o  a  rete,  in  cui 
le  fibre  sono  per  tal  modo  disposte  ,  che  alcune  discendono 
obliquamente  da  destra  a  sinistra  ,  altre  viceversa  da  sini- 
stra a  destra  ,  e  s'  indigitano  tra  di  loro  ,  formando  un  in- 
treccio veramente  ammirabile  . 

Si  osservi  la  fig.  V  della  nostra  tavola.  Le  lettere  quat- 
tro A  conterminano  tutto  il  pezzo  del  sacco  quadrato  :  le 
letterine  minuscole  h.  h.  h.  b.  indicano  l'  andamento  della 
prima  spezie  di  fibre  ,  onde  ne  risulta  quell'  andamento  reti- 
forme da  noi  descritto  . 

Finalmente  è  da  sapersi ,  che  inerentemente  alle  mie 
particolari  osservazioni  intorno  a  queste  fibre  ,  ho  riscon- 
trato un  terzo  ordine  di  fibre  più  interne  di  tutte  ,  le  qua- 
li però  meglio  si  esaminano  allora  quando  si  apra  tutto  il 
seno  quadrato ,  e  si  denudi  delicatamente  da  tutta  la  sua  In- 
ter- 


Di  Jacopo  Penada  .  SSg 

terna    membrana  sottilissima ,  levigata    e    quasi    trasparente  , 
di  cui  è  dotato  . 

Questo  sottile  velamento  ,  che  copre  la  superficie  inter- 
na di  tutto  il  seno  medesimo  ,  ciedo  ,  che  sia  affatto  conti- 
nua con  quella  ,  che  investe  internamente  le  vene  più  insigni  , 
che  stanno  vicino  al  cuore ,  ed  anco  le  stesse  orecchiette  . 
Detratta  adunque  questa  sottile  membrana  interna  ,  mi 
venne  fatto  di  osservare  uno  strato  sottilissimo  di  fibre  collo- 
cate in  direzione  paralella  j  progredienti  dall'alto  al  basso  in 
senso  del  tutto  retto  . 

Si  guardi  ora  la  figura  VI ,  nella  quale  sta  espresso  il 
seno  quadrato  aperto  ,  e  rovesciato ,  onde  apparisca  1'  anda- 
mento di   queste  elegantissime  fibre. 

Le  lettere  AAAA  majuscole  conterminano  il  pezzo  disse- 
segnato  ;  le  minuscole  o.  o.  o.  o.  o.  O'  fanno  rimarcare  l'anda- 
mento retto  e  paralello  di  queste  fibre  più  interne  del  seno 
medesimo  da  noi  fino  ad  ora  in  novella  foggia  ,  se  non  erro, 
diligentemente  dimostrate  . 

Né  qui  io  voglio  dissimulare  ,    come  appresso  il  celebre 
Soemmeriiig  si  ritrovi    una    descrizione    delle    fibre    del    seno 
■^    quadrato  ,  che  a   prima  vista  sembrare    potrebbe  molto  analo- 
•  ga  alla  nostra ,  ed  eccone  appunto  il  passo  originale:   E  dna- 
bus    rnemhranìs    adinodum   laevibus    constat  ,    quarum     exte- 
rior    a  pericardio ,    interior  a  venae   pidinunalis    interna    tu- 
nica  proficiscitur  .    Utrique    itidem   iiitricatae    admodum   fi- 
hrae  inusculares  interjacent ,    quae   fines    venarum    pulmona- 
liuin    circumeunt  .    Quaedam.    nimìrum   fibrae    musculares   si- 
mili   modo    a   filamento    cartilagineo    anteriore  dextro   oriun- 
tuT  ^    puriter  in  retis  fior  mani    contextuntur  ^    antrorsum    vero 
cra'slores    sunt  ,    et    magis    distinctae  .    ^liae    obliquo    ductu 
fieruntur   ita  ,     ut    externae   plerumqne    internas    decussent  , 
plurimaeque  a  tergo  ,  et  a  fronte  transversim  positae  sunt . 

(Cita  la  tavola  del  Wolff.  negli  Atti  deirAccademia 
di  Peteiburgo  . 
Soemmerlng.  de  Corp.  bum.  Fabr.  T.  V,  pag.  ag  ,  3o.) 

Ora 


S6o  Varice  SirTCOLAr.i??tMA  ec. 

Ora  però  esainiiiando  attetitaiTjente  questo  passo  ,  se 
grandemente  non  ftro,  si  lil  va  una  gran  differenza  dalla  de- 
sciiziotie  the  ne  fa  il  Soetnm  ìing  ,  dalla  nostra  .  Non  parlia- 
mo delle  tonati. e  del  sa(<o  quadiafo  ,  mentre  in  ciò  tonve- 
liiamo  perfi-ltau'.ente  ,  nsa  mila  esposizione  del  vario  anda- 
mento delle  fibre  pr».  [  iit  del  seno  stesso  non  va  certamente 
Gusi  la  co^a  . 

Se  si  pilli  del  tes-uto  retiforme  Iroppo  deciso  e  mar- 
cato the  esiste  in  questo  sacco  membranoso  ^  siamo  d'  ac- 
coido  ,  the  sia  im  intreccio  quanto  certo,  altrettanto  compli- 
cato ,  e  I  eco  mm  che  ines[)licabile -,  quindi  a  buon  diritto 
Eoli  dice  ;,  iitrìque  ìt'ulcm  ,  (  in  mezzo  cioè  alle  tonache  com- 
ponenti il  seno  quadrato  )  ìiitrìcatae  admodum  fibrae  muscu- 
lans  interjarent  . 

Ma  Sii  parliamo  delle  fibre  propriamente  esteme,  e  ve- 
ramente trasversali  ,  da  \w\  destritte  ,  le  quali  passano  scor- 
rendo orizzontalmente  nella  sola  media  regione  del  seno  stes- 
so dall'una  all'altra  vena  pulmcnale,  e  the  sono  visibili  an- 
cora ad  occhio  nudo  ,  e  nella  pane  considerata  in  istato  na- 
turale un  poto  the  si  stiri  soltanto  tiasversalmente  il  sacco 
n.en.branoso  quadrato;  io  certamente  di  (|ursto  primo,  e  più 
esterno  strato  di  fibre  non  ne  rilevo  nel  citato  passo  una  de- 
scrizione deciba  ,  quale  fu  da  me  eseguita  e  verificata  a 
dovere  ,  e  molto  meno  poi  trovo  traccia  veruna  di  quell'an- 
damento qu;tsi  crocifurnie  da  me  particolarmente  disegnato 
in  questo  pi  imo  strato  di  fibra  . 

Imperciocché  se  non  erro,  quel  passo  del  citato  Autore, 
che  dice:  Aliae  obliquo  ductu  feruntur  ita,  ut  erternae  pIeruTn~ 
gite  ìiitcrnas  decussent^  jjlurimaeque  a  tergo  ,  et  a  fronte  tramver' 
sìm  j'OSitae  siifit ,  non  addita  quell'andamento  di  fibre,  che 
abbiamo  noi  per  avventura  descritto  ,  siccome  il  primo  vera- 
mente trasversale  ed  esterno  ,  ma  bensì  indirà  un  tessuto  di 
libre  disposto  in  guisa,  che  obliquamente  camminando,  l'ester- 
no 


Di  Jacopo  Penada .  56; 

DO  strato  s'incontra  con  T  interno,  e  là  forma  un  intreccio, 
e  decussazione  in  modo  ,  che  molte  di  queste  fibre  ,  e  po- 
steriormente ,  ed  anteriormente  si  uniscono  obliquamente,  e 
trasversalmente  ancora  tra  di  loro  ,  nò  di  piìi  dice  certamen- 
te quel   passo  . 

Che  se  poi  si  parli  di  quel  terzo  strato  di  fibre  più  in- 
terne ,  e  propriamente  rette  ,  le  quali  senza  essere  intreccia- 
te con  altre  fibre  si  riscontrano  nella  parte  interna  del  seno 
medesimo  riguardante  la  cavità  del  cuore ,  e  che  abbiamo 
detto  che  detratta  1'  interna  leggierissima  membrana  ,  compa- 
risce ad  evidenza  ;  di  questo  strato  di  fibre  ,  io  dico  ,  da  me 
dimostrato  e  disegnato  palesemente,  non  ne  trovo  per  asso- 
luta il  più  minimo  vestigio  nella  sopra  lodata  descrizione  del 
prestantissimo  Sig.   Socmmering. 

Non  ho  mancato  ,  dopo  di  tutto  ciò,  di  esaminare  atten- 
tamente anco  le  fibre,  che  compongono  il  tessuto  musculare 
delle  stesse  orecchiette  del  cuore  ,  ma  queste  non  sono  così 
belle  e  marcate  ,  siccome  quelle  del  seno  quadrato  . 

Che  se  delle  fibre,  che  compongono  il  tessuto  muscula- 
re delle  orecchiette  si  parli,  io  dirò,  che  questo  è  molto 
j>iù  robiisto  singolarmente  nella  sinistra  ,  o  posteriore  .  Lo 
strato  più  cospicuo  ,  che  compone  il  contesto  di  queste  bor- 
se venose  singolarissime,  è  quello,  eh'  io  credo  di  poter 
chiamare  a  buon  diritto  ma^Viforme  ■,  o  reticolato,  non  esclu- 
sa f[ualche  fibra  esterna  longitudinale  ,  irregolarmente  sparsa 
sotto  gli  esterni  involucri  delle  stesse  orecchiette  . 

Questo  strato  però  retiforme  è  visibile  eziandio  ad  oc- 
chio riudo  ,  e  senza  che  facciasi  sostenere  bollitura  particola 
re,  si  può  prepararlo,  ed  osservarlo  abbastanza.  Ma  al  con- 
corso delle  due  cave,  se  si  eccettuino  alcune  fibre  longitudinali 
esterne  ,  quali  sono  appunto  indicate  dal  Sig.  Tumiati  ,  non 
mi  parve  di  rilevare  a  quel  luogo  altra  serie  decisa  ,  e  mar- 
cata di  fibre  . 

Veramente  se  si  rifletta  agli  usi  particolari  ,  ai  quali  in 
istato     sano    e    molto   più    ancora    in    moltissime     circostanze 

Tomo  XI.  B  b  b  b  inor- 


562,  Vauice   Singolarissima  ec. 

morbose  c!eye  servire  il  si  no  quadrato,  e  le  stesse  orecchiet- 
te del  cuore  ^  ben  si  rileva,  che  molto  a  proposito  la  sapien- 
te natura  dotò  queste  parti  di  un  tessuto  così  ammirabile  di 
fibre  .  A  questa  struttura  parmi  certamente  ,  che  si  debba 
attribuire  il  moto  di  contrazione,  e  di  dilatazione  j  per  cui 
il  sangue  portato  dalle  vene  ai  seni  viene  cacciato  nei  ven- 
tricoli stessi  del  cuoie  . 

Ed  a  un  tal  uopo  appunto  io  son  d'  avviso  ,  che  moltis- 
simo ccnflnisca  queU'  ammirevole  intreccio  di  fibre  partico- 
larmente fatto  a  rete,  il  quale  abbiamo  detto  osservarsi  tan- 
to nel  s-'uo  quadrato,  quanto  nelle  stesse  orecchiette  del 
cuore  ,  e  di  fatti  sembra  ,  che  quasi  costantemente  la  natura 
si  serva  di  un  così  ammirevole  tessuto  fibroso  in  tutte  quel- 
le parti  singolarmente  ,  le  quali  subir  devono  una  mag- 
gior dilatazione  nella  loro  capacità  ,  e  ciò  per  evitare  possi- 
bilmente lo  sfiancamento  ,  e  la  lacerazione  delle  parti  stesse. 
Quindi  oltre  il  tessuto  della  gran  tela  cellulare  ,  che  si 
estende  per  tutte  le  organiche  parti  del  corpo  animale,  e 
che  palesemente  è  fabricato  a  somiglianza  di  rete  (a);  sappia- 
mo di  più  dalle  diligentissìme  osservazioni  del  celebre  nostro 
Anatomico  S'g.  Caldani  ,  che  la  membrana  del  peritoneo  ,  la 
quale  in  moltissime  occasioni  è  suscettibde  di  una  prodigio- 
sa distensione  {/')  ,  in  gran  parte  è  composta  di  un  lavoro  fi- 
broso singolarmente  reticolato  ,  e  per  ciò  più  atto  ad  im  tal 
uopo  (r)  . 

La 


\a]  Ip;a  communis  iela  cellularìs 
Tcticulata  ,  motu  videtur  gaudere  ani- 
viali  ,  contractionis  scilicet  j  et  exten- 
sionis  perpetuoe  ,  qua  omnes  paries 
llande  siifulcìt  ^  et  ad  sua  loca  reducìt . 
Gautier  de  insert.  §.  9- 
(J)  Si  ]cega  la  Memoria  Vili  ,  nel 
pri'.Tio  saggio  delle  nostre  osseivazioni, 
e  memorie  ,  alla  pag.   loS,  dove  si  TÌ- 


le-ta .  che  il  peritoneo  si  è  potuto  in 
quel  raso  a  così  alto  segno  distendere 
onde  dar  luogo  a  dieci  secchie  d'acqua 
raccolta  nella  capacità  del  ventre  idro- 
pico ascitico  di  quella  donna  . 

{e)  Cald.  dissertazione  Accademica 
de  peculiari  perìtonri  stnictura  .  Sag- 
gi scientifici  ,  e  letterarj  dell'  Accade^" 
mia  di  Padova  T.  Il,   p.   la. 


.Le.  Jtz.1.  TX/y.  S63. 


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1^'    ;  >-        ■  -«i»!i.isSA-.: 


<:!  o        A 


^Bucmfiì^o  deUcinc. 


Di    JaCOVO    PliNADA  .  563 

La  stessa  nieniljraiia  del  limpauo  nell'  oreccliio  umano 
fu  liscuiitrata  dall'  amicissiiiio  nostro  Sig.  Floriatio  Caldani 
Ibiiiita  di  una  simile  srrultura  ,  e  finalmente  le  stesse  ossa 
avvegnaché  incapaci  di  veruna  sensibile  disti'azione  ,  pure 
siccome  si  rileva  clalle  pregiatissime  osservazioni  anatomiche 
del  Sig,  Scarpa,  sono  dotate  dalla  Natura  di  un  tessuto  per 
la  maggior  parte  reticolare,  e  malgì forme  . 

Ed  ecco  che  raccogliendo  in  brevi  note  le  cose  da  me 
enunziate  nella  presente  Memoria  ,  io  spero  di  avere  in  pri- 
mo luogo  esposta  al  pidiblico  con  chiarezza  la  storica  narra- 
zione anatomico  -  patologica  di  una  singolarissima  varice  ve- 
rificatasi in  modo  insolito  nella  regione  media  del  seno  qua- 
drato ^  e  poscia  fatalmente  scoppiata. 

In  secondo  luogo  ^  mi  lusingo  di  avere  esposta  minuta- 
mente la  dimostrazione  anatomica  delle  fibre  componenti  , 
sopra  tutto  j  il  tessuto  fibroso  del  seno  quadrato  del  cuore  . 

Del  valore  poi  e  del  merito  delle  cose  presentate  al 
pubblico  nella  presente  mia  Memoria  ne  lascierò  volentieri  il 
giudizio  ai  saggi  coltivatori  dell'  arte  anatomica  -,  sperando 
che  saranno  per  accogliere  benignamente  il  mio  lavoro  di- 
retto all'  importante  oggetto  di  rettificare  e  migliorare  possi- 
bilmente un  punto  di  Anatomia  ,  il  quale  non  era  per  anco 
condotto  alla  necessaria  chiarezza  e   perfezione  , 


BbLb  a  IN- 


564 


INTORNO  LA  DENOMINAZIONE 
E     LA     CLASSIFICAZIONE     DEGLI    ODORI 

MEMORIA 

Di    Niccolo'    da    Rio 
Presentata  da  Vincenzo  Chiminello  il  dì  24  aprile   1804. 

i  I  miglioramento  ,  1'  amplificazione  e  i  progressi  d'  una  lin- 
gua non  hanno  furie  altri  confini  ,  che  quelh  dello  spirito 
limano  .  Esìa  si  deve  ampliare  e  distendere  in  proporzione 
d<"gli  oggetti  nuovi  che  il  genio  indagatore  discopre  ,  e  a 
norma  delle  diflferenze  che  io  spirito  filosofico  vuol  far  in 
essi  rimarcare.  Quando  una  lingua  non  sia  così  ricca,  fecon- 
da e  pieghevole,  che  valga  ad  esprimere  con  facilità,  e  pre- 
cisione le  proprie  idee  ,  ella  è  per  lo  Scrittore  piuttosto  una 
catena  che  lo  trattiene  ,  di  cpiello  che  luio  strumento  clie 
gli  serva  ,  ed  esso  si  trova  nella  necessità  dura  o  di  rinun- 
ziare d' esprimere  il  proprio  pensiere  ^  o  di  cercare  in  nuo- 
ve frasi  e  in  nuove  parole  il  soccorso  che  gli  manca  nel  fon- 
do naturale  della  sua  lingua  .  Quindi  suole  ognuna  abbon- 
dar e  lussureggiar  perfino  di  modi  e  di  parole  in  quegli  argo- 
menti ne' quali  si  esercitarono  i  suoi  Scrittori,  appunto  per- 
chè, scrivendo,  furono  nella  necessità  di  rien)pire  i  vacui  che 
si  frammettevano  al  loro  cammino,  e  scarseggia  all'incontro 
d'espressioni  e  di  frasi  negli  argomenti  che  non  esercitarono 
l'  opera  degli  Scienziati  :  così  vediamo  per  esempio  ricchissima 
pompeggiar  l'italiana  favella  in  tutto  ciò  che  è  argomento 
poetico  ,  e  scarseggiare  oltre  il  dovere  in  soggetti  scientifici  , 
ne' quali  abbonda  molto  più  d'appropriati  termini  la  lingua 
Francese  . 

.•-T  ■  -  ^Ii  d  T  5.  II. 


Di  Niccolo'  da   Rio.  565 

Quantunque  però  delle  diverse  lingue   aLbia  ciascuna  le 
sue  particolari  ricchezze^  osservo  che  tutte    nondimeno   scai- 
se;TgiaMo  di  termini  atti  ad  esprimere  le    affezioni  dei  sensi   , 
e  di  taluno   almeno  tra  d'  essi  ,   indipendentemente    dal    sog- 
getto che  produce  la  sensazione.  Il  senso  della  vista  per  ve- 
rità, quello  del  gusto  e  del  tatto  hanno  parole   astratte    atte 
ad   esprimere   l'impressione  che  i  corpi  fanno  su  codesti   sen- 
si ,  e   i   termini  di  rosso  e  giallo,  di  amaro  e  dolce ^  di  liscio 
e   scabro  destano  idee  indipendentemente  dai  corpi  che   sono 
dotati  di   queste  proprietà  ,  ma  non   può  dirsi  lo    stesso  deHi 
altri  sensi  ,  e   particolarmente  dell'  odorato  ,  del   quale  soltan- 
to sono   per  far  parola    in    questa    Memoria  .    Gli    odori    non 
hanno    altri    nomi    che    quelli    dei    corpi    da'  quali   emanano  , 
quindi  soa  tutti   nomi  particolari  ,    quindi  di  numero    presso- 
ché  infinito,  quindi  indeterminati   e  vaghi,  quindi   impossibi- 
le quasi   il  destar  in  altri  idea  d'un  odor  non  sentito,  quan- 
do  per  avventura  non   somigli  a  quello  di  qualche  corpo  uni- 
versalmente noto  e  triviale  ,  quindi  imperfette  e  mancanti  le 
descrizioni  de' corpi  si   naturali  che    artefatti,    dovendosi    per 
mancanza   di  termini  trascurare  un  carattere    che  in  molti  casi 
basterebbe  da  se  solo   a  determinare  un  fossile  ,  a  distingue- 
re  una  pianta,  a  dar    infine    più   adeguata    idea    d'un    corpo 
composto  in  generale  . 

il  difetto  delle  lingue  in  questo  punto  è  essenziale  ,  ed 
è  sentito  ,,  assai  pivi  che  dalla  comune  degli  uomini,  da  quel- 
,,  li  che  applicandosi  per  dovere,  per  professione,  o  per  ge- 
„  nio  allo  studio  degli  oggetti  si  della  natura  ,  che  dell'  ar- 
„  te  ,  sono  ad  ogni  passo  trattenuti  dalle  mancanze  di  voca- 
,,  boli  a>tratti  e  generali,  che  fissino  l'idea  senza  equivoco, 
„  e  la  presentino  all'  intelligenza  di  chi  gli  ascolta  per  farne 
,,  il  soggetto  delle  loro  riflessioni  (i)  . 

S-  in- 

(i)  Cesarotti  j  Saggio   sopra  le  Lingue  , 


566     La  denominazione  e  la  classificazione  degli  odori 

Ma  a  questo  difetto  non  si  può  forse  rimediare?  non  si 
potrai!  dunque  trovare  per  gli  odori  vocaboli  astraiti  ,  che 
li  indichino  indipendentemente  dai  coipi  da'quaii  emanano? 
e  non  si  potrà  giungere  con  questo  mezzo  non  meno  a  ren- 
der conto  di  ciò  che  costituisce  la  differenza  nelle  sensazioni 
degli  odori  ,  di  quello  che  a  foimare  in  ahri  idea  d'  un  odor 
non  presente  ,  c(,rae  pure  si  là  di  i  colori  ?  Il  hfiguagg'o  ,  e 
particolarmente  il  linguaggio  filosofico,  non  sarà  peifezionabi- 
le  su  questo  punto  ?  Per  determinare  la  possibdità  della  co- 
sa sembrami  non  altro  s'a  da  farsi  che  stabilire,  se  fra  Fin- 
finito  numero  d'odori  che  si  sentono,  vi  sieno  tratti  di  so- 
miglianza per  cui  gli  uni  agli  altri  si  ravvicinino  ,  o  no  . 
Se  non  esistono  questi  rapporti  ,  se  gli  odori  sono  ttitti  unici 
nella  loro  specie,  il  cercar  di  sistemarli,  di  ridurli  in  clas- 
si ,  generi  ,  e  spezie  ,  ed  astrattamente  nominaili  >  è  impresa 
vana  ,  giacché  i  terniiiii  astratti  non  convengono  che  alle 
idee  collettizie  o  generali  ,  alle  particolari  non  mai  ;  ma  se 
all'  opposto  infra  gli  odori  esistono  caratteri  marcatissimi  di 
somiglianza  e  di  rapporto,  basta  saper  cogliere  codesti  tratti , 
onde  farne  la  base  di  una  filosofica  sistemazione . 

S.  IV. 

I  rapporti  degli  odori  consìstono,  o  nella  somiglianza  de' 
principi  di  cui  sono  composti  ,  o  nella  somiglianza  delle  sen- 
sazioni,  che  producono  in  noi  .  Il  primo  è  un  rapporto  chi- 
mico ,  il  secondo  fisiologico  .  Ambedue  codesti  rapporti  pos- 
sono somministrare  note  caratteristiche  per  la  distinzion  de- 
gli odori  ;  ma  quantunque?  i  rapporti  fisiologici  ,  ossia  di  sen- 
sazione ,  nqn  sieno  probabilmente  che  ima  conseguenza  de* 
rapporti  chimici,  io  mi  prevarrò  nondimeno  possibilm-nte 
dei  primi  j  perchè  i  caratteri  fondati    sulle  sensazioni    vrngo- 


Di  Niccolo'  da  Rio  .  557 

no  più  facilmpiite  e  più  universalmente  alieriati  ,   onde   con- 
viene ail  essi  dar  la  piefei-enza . 

S- V. 

Avanti  però  di  maggiormente  avanzare  nel  mìo  lavoro  è 
necessario  il  far  riflettere  ,  che    quantunque    1'  eff<-tto    princi- 
pale degli  oijaii  si  eserciti  sulle  narici ,   attesa    però    la    reci- 
proca commiicazione  de'  nervi  ,    comunicazione  diffusa  in  tut- 
to il  sistema  ,    gli    odori   eccitano    decisissime    impressioni    in 
altre    parti    del    corpo    umano,    cosa    comprovata    non    meno 
dalle  osservazioni  degli  anatomisti  e  fisiologi,  che  dalla  gior- 
naliera esperienza  per  cui  vediamo    alcuni  odori  ,    per  mezzo 
della  comunicazione  che  passa   tra  i  nervi    olfattorj  ,    e  quelli 
del  quinto  pajo  ,  pungere  gli  occhj  ,    e    trarne    lacrime;    altri 
col  rnez/iO  della    continuazione    della    membrana    pituitaria    e 
del  ramo  sfenopalatino  ,  del  ramo  palatino  propriamente   det- 
to ,  e  del   nervo  piccolo   linguale   stuzzicar    nel    tempo    stesso 
le  nari  ,   il  palato  ,  la  laringe  ,  e  la   lingua  ,  altri  in  fine   per 
mezzo  principalmente  del  nervo  intercostale  ,  e  del  parvago, 
esercitar  la  loro  azione  sul  diaframma,  sullo  stomaco,  e  per- 
fino  negli  intestini  .  Io  potrò  dunque  trarre   i   caratteri    fisio- 
logici  degli  odori   non  solo  dalla    impressione    che    essi    fanno 
sul   naso  ,  ma  da  qu(^lla  ancora,  che   esercitano  su  altre  par- 
ti del  nostro  corpo ,  come   da    fonti    bene    stabilite    e    vere  ; 
né  temerò  che   T  azione  esercitata  da  alcuni  odori  sul    palato 
e  sullo  stomaco  destando  il  desiderio    del    cibo  o  la    nausea  , 
si  attribuisca  alla  reminiscenza   per  cui    si    desidera    ciò    che 
altre  volte  si  esperimento  buono  ,  e  si  rifugge  ciò  che  si  tro- 
vò cattivo  ,  piuttosto  che  ad   una  sensazione  reale  ;  primiera- 
mente  percliè  l'  effetto  è  troppo  marcato  per  poterlo  attribui- 
re alla  rt^niiniscenzi  soltanto,  come  quando  certe    puzze    ur- 
tano talmente  non  solo   il  naso  ma  lo   stomaco  ,    che    lo    de- 
terminerebbero al  vomito  se  vi    restasse    per   qualche    tempo 
esposto  :  chi  non  giudicherà    ciò    effetto    di    sensazione    reale 

eser- 


S68     La  denominazione  e  la  classipicazione  degli  odori 
esercitata  sullo    sloinaco   da  emanazioni  odorose  ?    in    secondo 
luogo  perchè   la    reminiscenza   è    insufficiente  a  supplire    alla 
sensazione  ,  quando  c[iiesta  manchi  realmente   ,    come  accade 
qualora   per  infreddatura  si  perde  per  qualche    tempo    T  odo- 
rato ,  nella  qiial   ciscostanza  per    quanto    ci    ricordiamo    della 
esquisitBzza  di  qualche  cosa  ,  più  non  si  mangia  però  che  sfor- 
zatamente  ,   né  più  sapore  si  conosce,  o  differenza  ne' cibi  ;  il 
che  dimostra  sul  palato  degli  elfluvj  odorosi;  terzo  finalmente 
perchè  questo  effetto  si  verifica  anco    ne'  bruti  ,    che  incapa- 
ci di   riflessione  non   possotio   nella  scella  dei  cìIjÌ  esser  guidali 
che  da  sensazioni  reali,,  e  si  verifichercdjbe  perfino  nell^uomo 
stesso,  se  venisse,  come  si    scrive   di    P^obiuson  ,    tiasportato 
in  una   Isola    deferta    di   cui    gli    fossero    affatto    incognite    le 
produzioni  :   il  solitario   a    preferenza    gusterebbe    di    ciò    che 
col   mezzo  deir  odorato  gli  sembrasse  appetitoso  ,  che  se  1'  es- 
perienza gli  insegnasse   poi    essere    il    gustato    cibo    non    buo- 
no o  nocivo  ,  la  reminiscenza  lo  guarderebbe  in  appresso  dal 
preso  abbaglio,    ma  appunto    perchè  la    leminiscenza   correg- 
gerebbe   in     tal    caso    V  effelto    della    prima    impressione  ,   si 
vede  che    1'  impressione    era   cca    reale    indipendente  da  lei  , 
e  dipendente  dal   senso  .   Io  potrò  adunque  ,   mi   sia   lecito    ri- 
peterlo,  trarre  i   caratteri  fisiologici  degli  odori  non  solo    dal- 
la impressione  che  fanno  sul  naso  ,  ma  da  quella  ancora  che 
esercitano  in  altre  parti  del   nostro   corpo  ,    e  tai  caiatteri  sa- 
ranno tratti  da   fonte  pura  e  reale  esistente  in    natura  ,  e  in- 
dipendente dalla    immaginazione  ,  e  per    conseguenza    quando 
trarrò  le  note   caratteristiche   di  alcuni  odori  dall'  impressione 
che  essi    esercitano    suU'  organo    del    gusto  ,    su    quello    della 
vista,  e  su  altre  parti  del  nostro  corpo,  non  mi  si  potrà  ob- 
biettare la  reminiscenza,    i    di  cui  effetti    sono  bastantemente 
distinti  \  obbietto   inoltre    al   quale    sembrami   d'  aver    compe- 
tentemente risposto    con  quanto    ho    detto    e    fatto    osservare 
pur  ora  . 


S-  VI. 


Di  IS'iccolo'  da  Rio  .  569 

.    S-  VI. 

I  caratteri  fisiologici  degli  odori  ossia  l' impressioni  da 
essi  esercitate  sulle  narici  e  sull'altre  parti  del  corpo  uma- 
no, convengono  tutti  però  in  una  delle  due  proprietà  gene- 
rali ^che  or  son  per  soggiungere,  nel  ritiscire,  cioè ,  piacevoli 
o  dispiacevoli  al  nostro  senso  .  Gii  odori  dunque  si  dividono 
da  prima  natuialmente  in  due  gran  classi  ,  cioè  in  odori  buo- 
ni ,  e  cattivi  .  Questi  hanno  nella  nostra  lingua  il  nome  col- 
lettivo di  puzze ,  non  esiste  termine  generale  che  compren- 
da i  primi  :  poiché  i  nomi  di  soavità  o  fragranza  esprimono ^ 
come  vedremo  ,  determinati  generi  di  buoni  odori  ,  ma  non 
tutti  presi  insieme  .  Nella  mancanza  mi  sono  creduto  autoriz- 
zato a  formar  la  parola  Evostna  (i),  termine  cifra  che  avendo 
la  desinenza  italiana  e  adattandosi  al  genio  di  nostra  lingua, 
mi  è  sembrato  che  si  potesse  adottar  senza  scrupolo  ,  e  che 
essendo  inoltre  tratto  dal  greco  ha  ancora  il  suffragio  d' Ora- 
zio ,  il  quale  parlando  della  lingua  latina  che  finalmente  è 
madre  della  nostra  ,  dice  che 

....  Nova  fictacjue  niiper  hahehiint  verba  fidcm  ,  si 
Grueco  fonte  cadant  parce  detorta 

~Hor.  ar.  poet.  ver.  Si  . 
Questa  adunque  è  la  prima  divisione  degli  odori  in    dus 
classi  .  ' 

C.  I  ■"*  Evosmi,  che  hanno  per  carattere  d'agire  piacevolmen- 
te sul  senso  . 
C.  II.''*  Puzze,  che  hanno  per  carattere  d'agire  spiacevolmen- 
te sul  senso  . 


Tomo  XI.  Cccc  S    VII. 


(i)  ^'uòrit:/ j  (I3  tu  ,  buono  ;  e   affini  odore 


570     La  dekojiinazione  e  la  classificazioke  degli  odori 

S- VII. 

Ho  detto  al  §  IV  ,    clie   quantunque  i  rapporti  fisiologici 
ossia  di  sensazione  non  sieno  prcbabilmente    che    una    conse- 
guenza di  rapporti  chimici  ,  io  mi  sarei  nondimeno  prevaluto 
possibilmente  dei  primi  ,    perchè    venendo  i  caratteri    foiKlati 
sulle  sensazioni  più    facilmente  e  più   universahnente  afferra- 
ti ,  conviene  dare  ad  essi  la  preferenza  .  Oltre  di  che  le   at- 
tuali cognizioni  chimiche  non    sono    ancora  avanzate  a  segno 
^i  poter  conoscere  i  principi  componenti  tutti  gli  odori  :    ciò 
che  si    è    veduto    pur    ora   verificato    nella    formazione    delle 
classi,  i  di  cui  caratteri  di  sensazione  essendo    marcatissimi, 
pure  la  differenza  chimica  fra  gli  evosmi ,  e  le  puzze   non    si 
può  generalmente  assegnare»:  lo  stesso    sovente    accade   nella 
formazione  dei  generi:   se  io  domando,  per  esempio,  in   che 
consista  la  differenza  fra  la  soavità  del  gelsomino  ,    e    la    fra- 
granza delia  fraga  ,  verun  chimico  non  mi  risponde  ;  ma  ben 
riflettendo  sulla  diversità  delle  sensazioni    trovo  ,   che  il    gel- 
somino non  fa  che  titillare  piacevolmente  le    pupille    olfatto- 
rie  del  naso  ;  mentre  V  odor    della    fraga    vellica    nel    tempo 
stesso  quelle  del  naso  ,  e  quelle  del  palato  ;   cosicché  ^    men- 
tre il  gelsomino  non    m'  invita    che  a  fiutare  ,    1'  altra    quasi 
irresistibilmente  mi  tenta  a  gustare  del  suo  ambrosiaco  sapo- 
re .  I  nomi  adunque  di  soavità  e   di    fragranza  ,  prima  d'ora 
indeterminati  e  bene  spesso  promiscuamente  adoperati,  prende- 
ranno in  seguito  un  valor  fisso,  e  il  carattere  fisiologico  del- 
la soavità  ,  sarà  quello  di  titillar  piacevolmente  le  fibre  olfat- 
torie  soltanto  ,  e    della  fragranza    quello  di  vellicar  p'acevol- 
mente    le   fibre   oljattorìe  ,   e    quelle   del  palato    nel    tempo 
stesso.  Ecco  dunque  due  generi  d'odori  distinti,  il  soave,  ed 
il  fragrante  ,  ed  io  chiamerò    soave    V  odor    della    rosa  ,    del 
gelsomino  ,  dell'  etere  ,    dell'  alcool  ,    della    giunchiglia  ,    ma 
non  già  quello  della  fraga  ,  del  pesco  ,  e  del   popone  ,  cui  si 
compete  il  nome  di  fragrante . 

$.  Vili. 


Di  Niccolo*  da  Ri»  .  S^i 

S-viii. 

Ora  siccome  la  base  della  sistemazione  degli  odori  sta 
SII  i  loro  jappgrti  ,  §  III>  e  fra  questi  ,  altri  essendo  fisiologi- 
ci ed  altri  chimici  ,  si  è  data  per  1'  anzidette  ragioni  la  pre- 
ferenza ai  primi,  §  IV,  ne  risulta  una  prima  Legge  per  la 
classificazione  :  che  si  debbano  cioè  comprendere  sotto  lo  stes- 
so genere  tulti  quegli  odori  che  urtano  lo  stesso  ordine  di  pa- 
pille nervose,  o  in  altri  termini  tutti  quegli  odori,  le  di  cui 
sensazioni  hanno  la  stessa  sede,  e  parimenti  ne  risulta  un 
primo  corollario ,  cioè  che  il  numero  de'  generi  è  eguale  a 
quello  delle  sensazioni  heii  marcate  e  distinte  che  noi  possia- 
mo provare . 

S-  IX. 

Progredendo  nella  analisi  della  sensazione,  osservo,  eli* 
non  tutti  gli  odori,  che  titillano  piacevolmente  le  papille  ol- 
fattorie  ,  e  che  costituiscono  il  genere  soave,  §  VII;  le  muo- 
vono però  nel  modo  stesso;  ma  che  alcuni  vi  producono  una 
lenta  e  leggiera- impressione,  e  quasi  accarezzandole,  un  tre- 
mito voluttuoso  ,  altre  risparmiandole  meno,  vi  fanno  un  urto 
piacevole  si  ma  nel  tempo  stesso  vivo  e  gagliardo .  I  fiori  ge- 
neraltnente  parlando  ,  e  alcune  produzioni  dell'  arte  da  essi 
tratte  producono  la  prima  di  codeste  due  sensazioni  ;  mentre 
eccitano  la  seconda  le  foglie  di  alcune  erbe  si  nostrali  ,  che 
esotiche,  e  generalmente  poi  gli  aromi  de' più-  caldi  Paesi. 
Io  dovrò  dunque  distinguere  questa  modificazione  di  sensa- 
zione giacché  esiste  ,  e  formare  due  spezie  del  genere  soave, 
sarà  la  prima  l'odor  soave  che  desta  una  sensazione  voluttuo- 
sa,  la  seconda  l'odor  soave  che  desta  una  sensazione  gagliar- 
da ;  il  primo  olore  essendo  proprio  de'  fiori  si  potrà  dire  , 
se  piaccia  grecamente  nominarlo,  soave  antosmico  (ij ,  o  flo- 
*    <■  Cecca  ri- 

(i)    àfiòciimos  j    da  ir^ts  fiore  ,  e  òa-fiiMt  odoroso  . 


B'ji        La  DENOMINAZION.'ì  e  la  eLASSlFICA^^IONE  DEGLI  ODORI 

ricfi^se  vogliasi  una  denominazione  del  tutto  italiana,  il  se- 
condo proprio  degli  aromi  soave  aromatico ,  quindi  la  vio- 
la mammola  (i)  e  il  mughetto  (ìi)  ecciteranno  la  sensazione 
de-1  soave  antosmico,  e  l'erba  detta  vaniglia  (3)  e  la  menta 
Piperita  (4),  e  alcuni  geranj  quella  del  soave  aromatico. 
Ecco  avanzato  un  altro  passo  .  Stabilito  col  primo  il  caratte- 
re d-ei  generi  nella  differenza  delle  sedi  delle  sensazioni ,  sia. 
}no  progrediti  con  questo  a  fissare  il  carattere  specifico  nelle 
modificazioni  comodamente  percettibili  nelle  sensazioni  me- 
desime 5  cosicché  ne  risulta  la  seconda  legge  per  la  classifi- 
cazione degli  odori,  che  si  devono  cioè  riunir^  nella  specie 
stessa  tutti  quegli  odori,  che  non  solamente  urtano  lo  stesso 
ordine  di  fiocche  nervose ,  ma  die  le  urtano  presso  a  poco  nel- 
la maniera  stessa^  e  un  secondo  corollario,  che  in  generale  vi 
^saran  tante  spezie  quante  differenze  si  possono  marcatamente 
sentire  in  qneW  odore ,  purché  sien  tali  che  non  coprano  to- 
talnente  la  sensazione  del  genere  che  deve  predominare  . 

■    S-  X. 

Dietro  questa  norma  per  la  costruzione  dei  generi  ,  e 
delle  spezie,  io  credo  olile  tutti  gli  odori  semplici  si  possano 
ridurre  a  sette  o  ad  otto  ben  distinti  generi  ,  de'  quali  non 
ho  determinato  in  questa  Memoria  che  soli  due  ,  la  soavità  , 
e  la  fragranza  ,  per  modo  di  esempio  ,  non  volendo  in  ades- 
so che  piantar  le  basi  della  classificazione  ,  e  non  già  esegui- 
re la  classificazione  stessa  :  ognuno  di  questi  si  suddividerà  in 
ispezie  più  o  meno  numerose  ,  secondo  che  si  troverà  esso 
più  o  meno  capace  di  sensibili  modificazioni  :    così  non  con- 

tan- 


(i)  Viola  martia  Linnei  . 

(a)  Convallaria  majalis  Lirniei . 

(3)   Oliotropiiiin  penirianum  Linnei  ■ 

(i^)  Mentha  pipexita  Linnei  . 


Di  Niccolo'   da  Rio 


tafiflo   elle  soli  sette  generi  ^  e  non   p'ù  di  quattro  spezie,   per 
ciascun    genere  ,    il    die    certo  non  è  troppo  ,    avendosi    per 
esempio  il  soave  antosmico  ,  il  soave  aromatico  ,  il  soave  ba- 
rosrnico,  il  scave  profumico  ,  ed  il  soiive  jiittosmico,  si  han- 
no tosto  a8  caratteri  specifici  ,  co'-  quali  distinguer  uno  dall' 
altro  odore  ;  oltre  di  questo  havvi  in  ogni  odore  certa  misu- 
ra di  forza  e  durabilità  di  sensazione  ,   per  cui  riesce  delica- 
to ed  acuto  ,  grave  o  leggiero  ,    persistente  o  fugace  ;    molti- 
plTcando  per  tanto  codeste  sei   modificazioni  per  le  a8  specie, 
a  cui  crediamo  che  si  possano    portar    gli    odori  ,    arrivano  a 
i68  le  differenze  in  essi  discernibili  :    finalmente    consideran- 
do che  tutte  codeste  modificazioni    sono  capaci  esse  stesse  di 
tre  gradi  di  forza  ,    e  che  un  odore  può  essere,,  o  acuto,  co- 
me quello  della  giunchiglia  (5),  o  pur  acuto,  come  quello  del 
gimè  (6),  o  acutissimo  come  quello  gaggia  (-),  risulterà  che  vi 
saranno  5c4    note  differenziali  da  sciegliere    per    determinare 
un   odore  .  Ora  trascurando  la  nota  caratteristica    della  classe 
come   troppo  generale  ,    ed  assegnando  ad   ogni   odore  quattro 
caratteri   cioè,  quello  del  genere,  quello  della  spezie,    quello 
della    varietà  ,    e    uua  modificazione    individuale  della  varietà 
stessa  ,  risulta  dal  calcolo  che  le    5o4   note  che  esistono    per 
determinare    gli    odori,    danno    1062,6,461504    combinazioni 
differenti ,  colle  quali  si   possono  determinale  e  descrivere  al- 
trettanti odori  diversi  tutti  differentemente  uno  dall'  altro  . 

S-  XI. 

Io  non  ho  finora  parlato  che  dei  caratteri  fisiologici,  ma 
quantunque  conceda  ad  essi  la  preferenza  non  esclude) ò  per 
questo  i  caratteri  chimici  ,    i    quali    vedremo  anzi  in  qualche 

gè- 


(5)  NarcÌ3U3  Jonquilla  Linnei    . 

(6)  Niotaathes  Sambac  Linnei. 

(7)  Mimosa  Faraesiana  Linnei. 


5^4  La  denominazione  e  la  classificazione  degli  odori 
genere  ,  come  nel  fetido  ,  presentar  ottime  note  differenziali 
più  marcate  di  quelle  presentate  dai  caratteri  fisiologici  ,  e 
giaccliè  come  fin  da  principio  ho  detto,  gli  odoii  si  distin- 
guono per  caratteri  fisiologici  o  per  caratteri  chimici  §  IV  , 
cosi  crederò  bastantemente  distinta  una  spezie,  quando  lo 
sia  per  una  di  codeste  due  soiti  di  caratteri;  poiché  essendo 
i'  oggetto  nostro  quello  di  poter  distinguere  gli  odori  ,  poco 
importa  alla  fine  che  ciò  s'  ottenga  con  uno  o  con  più  mez- 
zi quando  peiò  sieno  tutti  facili  e  pronti  ;  e  il  voler  adotta- 
re un  sol  carattere  differenziale  ad  esclusione  totale  degli  al- 
trij  sarebbe  sagrificare  allo  spirito  di  metodo  l'essenza  e  l'u- 
tilità della  cosa . 

S-  XII. 

Or  non  mi  restano  che  due  cose  da  farsi  ,  ed  è  la  pri- 
ma di  mostrare  in  che  consista  la  novità  del  mio  lavoro.  So- 
pra di  questo  punto  dirò  che  quantunque  1'  idea  di  ridurre 
gli  odori  in  un  sistema  di  classi  ,  generi  ,  e  spezie  non  siasi 
destata  in  me  dalla  lettura  di  verun  Autore j  ma  sia  il  frutto 
della  propria  meditazione  soltanto ,  debbo  confessare  nondi- 
meno di  non  essere  stato  il  primo  a  mettere  la  falce  in  que- 
sto campo.  Due  m'  hanno  preceduto,  il  Linneo,  di  cui  si 
ha  una  Memoria  de  odore  med'tcainentorum.  nel  terzo  volume 
delle  sue  Amoenìtates  Acad.  ed  il  Lory  ,  di  cui  si  ha  un 
estratto  d'una  sua  Memoiia  sopra  les  parties  volatiles  tt  odo- 
rantes  des  medicarnents  t'irés  des  suhstanccs  vegetala  et  anima- 
les  inserito  nella  raccolta  de.ili  atti  della  Società  reale  di  IMedici- 
na  di  Parigi  l'anno  1785.  Ma  se  questi  Autori  m'hanno  tolto  il 
primato  nell' aver  volto  a  tal  oggetto  il  pensiero,  non  credo 
di  arrischiar  troppo  dicendo,  che  m'  hanno  lasciato  tutta  la 
novità  dell'esecuzione,  si  poco  è  qtiant'  essi  ne  scrissero,  e 
tanto  mi  è  riuscito  di  sviluppare  qucst'  argomento  .  Alcune 
riflessioni  sui   loro  scritti   comproveranno  quanto  avanzo  . 

I.  Primieramente,  si  Linneo  che  Lory  non  si  propongono 
che  di  classificare  gli  odori  delle  sostanze  medicinali  ,  quindi 

il 


Di  Niccolo'  da  Rio  .  5^5 

il  loro  piano  è  limitatissimo  e  necessariamente  imperfetto, 
a.  Non  formano  che  classi  ,  e  Linneo  ne  fa  sette  che 
sono  le  seguenti  j  Aromatici  j  a  Fragranti  ,  3  Amhrosiaci  ^  4 
Agliacei,  5  Ircini  ,  6  Tetri,  7  Natiseosi  .  Lory  poi  cinque- 
classi  solamente  ,  cioè  ,  Canfurici  ,  a  Narcotici  ,  3  Eterei  ,  4 
Acido  volatili ,  5  Alcalini  ;  quindi  in  codesti  due  sistemi  non 
si  possono  avtre  che  cinque  o  sette  divisioni  al  più  ,  il  che 
certamente  non  basta  a  dar  idea  delle  tante  modificazioni 
d'   odori  che  si  sentono  . 

Il  nostro  sistema  in  cui  ogni  genere  è  suddiviso  in  mol- 
te spezie  ,  è  in  conseguenza  suscettibile  di  maggior  precisio- 
ne .        ^ 

3.  I  earatteri  delle  classi  non  sono  sempre  né  facili  a 
cogliersi  ,  né  bastantetnente  diversi:  p.  e.  io  non  capisco  che 
differenza  reale  passi  fra  il  fragrante  che  stìmulat  nervos  flacì- 
dos  :  e  l'aromatico  che  intendit  per  nervos  vasa  omnia  et  cìrcu- 
latìonem  reddìt  promptìorem  :  forse  che  non  è  egli  questo  un 
effetto  dello  stimolo  prodotto  dalla  fragranza  ?  Ed  è  egli  poi 
un  carattere  costante  e  facile  d'  afferrarsi  quello  dell'  odore 
irci  no  che  eccitai  venerem  et  coincidit  fere  cum  ìlio  qui  in 
genitalìbus  lascivis  reperitur ,  o  quello  dell'  ambrosiaco  che 
vim  solummodo  cordis  intendere  videtur  ? 

4-  Le  definizioni  del  Lory  sono  ancora  piili  imperfette  , 
né  s'intenderebbero  senza  esempj  :  alcune  delle  sue  classi  si 
rapportano  a  quelle  del  Linneo  :  di  cui  però  non  fa  menzio- 
ne ;  per  esempio  ,  sono  la  stessa  cosa  i  narcotici  del  Lory  e 
i  tetri  del  Linneo^  ma  questi  li  definisce  meglio,  dicendo  che 
odor  teter  s^^pit  quasi  nervos,  che  non  fa  il  Lory  dicendo  che 
r  odor  narcotico  est  une  odeur  vireiise  que  tous  les  animaux 
fiàvrit  lorsqite  elle  est  developpée  :  primieramente  bisognereb- 
be df  fi.'iir  i'  odor  viroso  ,  in  secondò  luogo  gli  animali  sfuof- 
gono  non  meno  1'  odor  narcotico  ,  che  qualunque  altra  puz- 
za . 

5.  Neil'  applicazione  di  queste  classi  agli  odori  vi  sono 
delle  inesattezze  ,  e  si  vede  mal  volontieri  la  rosa  collocata 
fra  i  narcotici  ec.  6> 


5^6  La  DEN0MINAZI0f7E  E  LA  CLASSIFICAZIONE  DFGLI  ODORI 

ó.  Non  vi  sono  regole  stabili  per  la  formazione  delle 
classi ,  cosicché  non  si  §a  precisamente  su  qiial  fondamento 
sette  ne  costituisca  Linneo,  e  cinque  Lory  . 

7.  In  conseguenza  né  nell'  una  ,  ne  nell'  altra  di  queste 
due  Memorie  non  hassi  esaurito  il  soggetto  ,  né  sono  suffi- 
cienti allo  scopo  che  ci  proponiamo  ,  quello  cioè  di  poter 
dar  idea  d'  un  odore  non  presente,  e  di  poterlo  definire  in- 
dipendentemente dal  corpo  da  cui  emana  .  1 

L'  altra  ed  ultima    cosa  che  'mi  rimane  a  fare  ^    si  è  di 
sciogliere    T   oLbjezione  che  al  mio  sistema  'può  farsi ,    presa    * 
dalla  diversità  d' impressione  che  lo  stesso  odore  può  destare    I 
ne' differenti  individui,  e  perfino  talvolta  nell'individuo  stes- 
so ;  su  di  che  farò  riflettere  . 

I.  Che  quando  un  odor  produca  una  determinata  sensa- 
zione nella  maggior  parte  delle  persone  ,  non  si  deve  far 
conto  se  su  di  alcuno  ,  o  per  diversa  costituzione  d'  organo  , 
o  per  contratta  abitudine  eccita  una  impressione  diversa  ,  il 
torto  è  di  quel  naso  che  non  si  conforma  agli  altri  del  gene- 
re umano . 

a.  Che  simile  incertezza  non  può  cadere  che  su  le  mini- 
me differenze  che  distìnguono  un  individuo  da  alcun  altro 
della  spezie  medesima  ,  non  in  quelle  che  distinguono  i  ge- 
neri o  le  spezie  ,  e  die  per  cotìseguenza  non  vi  può  essere 
jjericolo  che  di    piccolissimo  errore  . 

3.  Che  questa  incertezza  è  il  piìi  delle  volte  piuttosto 
apparente  che  reale,  prodotta,  o  dalla  poca  riflessione  fatta 
sulla  sensazione  ,  o  dall'  aver  presente  un  odore  di  più  ge- 
neri composto  ,  nel  qual  caso  analizzandolo  ,  e  riportando 
ogni  odore  al  rispettivo  genere  ,  1'  incertezza  svanisce  . 

4-  Che  la  varietà  di  sensazione  che  un  odore  produce 
talvolta  nella  stessa  pt^rsona  dq^ende  per  lo  più  dalla  conti- 
nuazione troppo  prolungata  della  sensazione  per  cui  si  stanca 
la  fibra  ,  e  si  rende  incapace  di  ben  giudicare  :  come  accade 
pur  nei  colori,  qualora,  per  esempio,  troppo  si  fissa  l'occhio 
in  un  panno  tinto  in  iscailatto  ,  che  tanto  più  sembra  pren- 
de- 


re 


Dj  Niccolo'   da  Rio»  5^7 

cleie  il  color  aranciato  ,  o  il  g,iallo  quanto  piìi  fìsso  si  rimi- 
ra ^  il  che  prova  soltanto  che  non  si  deve  giudicai-e  degli  og- 
getti cogli  organi  stanchi  . 

5.  Che  può  accadere  ,  anzi  accade  talvolta ,  che  1'  odore 
medesimo  per  certe  intestine  mutazioni  che  in  esso  si  fanno, 
cangia  ,  cosicché  sembra  ,  anzi  diventa  di  natura  diversa  da 
quel  che  era  pria^,  di  modo  che,  se  il  naso  Io  trova  differen- 
te ,  non  è  eh"  egli  porti  un  falso  giudizio  ,  ma  sano  ,  sicco- 
me leggesi  che  accadde  al  C.  Lorenzo  Magalotti ,  al  quale  co- 
mecché intendentissimo  di  profumi^  fonderia,  e  di  odori,  essendo 
»iiccesso  di  sentir  la  ginestra  dove  non  entrava  che  1'  aran- 
cio ,  ed  essendosi  per  questo  caso  menato  gran  rumore ,  e 
lui  huiiato  come  va  :  dopo  aver  egli  con  ingegnosissima  Let- 
tera mostrato  doude  possa  avvenire  che  nel  giudicare  gli 
odori  così  sovente  si  prenda  sbaglio;  trovò  in  fine  che  quelf 
acqua  era  divenuta  ginestra,  uè  altio  che  la  ginestra  vi  po- 
tea  riconoscere  chiunque  giudicar  volesse  non  colla  fantasia, 
ma  col  senso,  come  si  deve  in  tal  natura  di  cose  (i)  , 

6.  Che  questa  cbbjezione  finalmente  non  attaccando  il 
sistema  che  in  casi  particolari,  noH  può  perfettamente  venire 
risolta  che  con  altrettante  particolari  soluzioni  ,  le  quali 
avranno  luogo  in  quella  parte  del  mio  lavoro  ,  in  cui  adat- 
tando alla  pratica  i  principi  in  questa  fissati  ,  stabilirò  i  ge- 
neri ,  e  le  specie,  difendendoli,  dirò  così,  dagli  attacchi  chs 
potessero  contro  d'  essi  venir  mossi  • 

%.  XIIL 

L'  oggetto  di  questa  Memoria  ,  per  quanto  le  mìe  foi"ze 
il  comportano ,  è  esaurito  :  altro  non  era  che  di  cercare  , 
se  sia  possibile  di  ridurre  in  sistema  gli  odori,  e  provata  la 
possibilità  della  cosa,  mostrare  il  cammino  che  sì  deve  tene- 
re,  e  la  sicurezza  di  quello;  la  classificazione  poi  degli  odo- 
ri sarà  soggetto  d' altro  lavoro  . 

Tomo  XI.  Dddd  La 


(i)     Magalotti  lett.  scientif. 


5^8     La  denominazione  e  la  classificazione  degli  odori 

La  novità  dell'argomento,  se  non  del  tutto  nella  scelta, 
poiché  ,  che  v'  ha  di  affatto  intentato  al  mondo  ?  almeno  nel 
punto  di  vista  sotto  di  cui  fu  da  me  preso  e  nella  estensione 
a  cui  r  ho  portato  ,  e  nelle  basi  su  cui  1'  ho  piantato  ,  fa 
che  io  osi  di  sottoporre  al  pubblico  giudicio  questa  Memo- 
ria :  troppo  contento  se  giungo  a  meritare,  non  l'approvazio- 
ne ma  l'attenzione  dei  dotti,  io  saprò  loro  grado  sinceramen- 
te se  mettendomi  a  parte  delle  riflessioni  che  potessero  fare 
su  questo  argomento  ,  mi  porranno  anche  nel  caso  di  sapere 
se  i  fondamenti  della  mia  classificazione  sieno  solidi  o  mal 
piantati  ,  e  se  il  mio  lavoro  meriti  il  perfezionamento ,  o 
r  abbandono  .  Non  è  già  1'  amor  proprio  quello  che  fa  tale 
domanda  ,  che  troppo  arrischia  nel  sottoporre  un  lavoro  al 
pubblico  esame  j  ma  bensì  l'amor  del  vero. 


DUB- 


\ 


579 
DUBBJ    PROPOSTI 

Al    Socio    Paolo    P\.uffini 

SULLA  SUA  DL\IOSTRAZIONE  DELLA  LMPOSSIBILITA' 

DI  RISOLVERE  LE  EQUAZIONI  SUPERIORI 

AL     QUARTO    GRADO 

Da  Gianfuancesco  Malfatti 

Ricevuti    il   dì    2.6    Jprlle    i8o4- 

JLi  egregio  Socio  Paolo  Ruffini ,  il  quale  essendo  di  professio- 
ne un  valoroso  seguace  della  Scienza  del  celebra  Vecchio  di 
Coo  ,  rinnovando  la  memoria  dei  Cardani  ,  e  dei  Commaudi- 
ni ,  merita  di  essere  annoverato  tra  i  Geometri  di  primo  gri- 
do ,  nel  suo  bel  libro  sulla  Teoria  delle  equazioni  ,  stam- 
pato in  Bologna  1'  anno  17995  e  appresso  in  una  Memoria 
inserita  nel  Tomo  ix  della  Società  nostra,  ha  inteso  di  dimo- 
strare impossibile  la  risoluzione  ,  in  termini  finiti  ,  delle 
equazioni  superiori  al  quarto  grado  .  Siccome  quella  delle  in- 
frriori  spetta  interamente  al  valore  degli  Ingegni  Italiani  , 
dai  quali  i  primi  metodi  di  tali  risoluzioni  sono  felicemente 
scaturiti ,  così  io  ,  che  m'  interesso  moltissimo  per  la  gloria 
della  mia  nazione,  desidero  ardentemente,  che  si  possa  as- 
serire ,  averla  su  tale  indagine  portata  il  Collega  Ruffini 
al  suo  colmo  ,  collo  stabilimento  solido  di  un  Teorema  ,  che 
tolga  1'  adito  ai  Geometri  di  nuovi  ed  inutili  tentativi  per 
giungere  a  questa  meta  .  Pertanto  insortomi  qualche  dubbio 
contro  tal  sua  dimostrazione  ho  creduto  ben  fatto  di  esporlo 
nel  presente  mio  scritto,  assoggettando  tutto  quello  che  sa- 
rò per  diie  alla  sua  rispettabile  decisione.    Con   tale  occasio- 

D  d  d  d  a  ne 


58o  DuBBj     Proposti   ec. 

ne  prendendo  la  cosa  da  più  alto  ,  premetto  uu'  idea  della 
genesi  delle  equazioni  ,  la  quale  per  V  uso  che  ne  ho  sem- 
pre fatto,  mi  riesce  più  familiaie,  e  sostanzialmente  non  dif- 
ferisce da  quella  che  mette  in  pratica  il  Consocio  Ruffini  . 

Per  procedere  con  qualche  chiarezza  in  una  materia 
per  se  scabrosa  e  difficile  ,  avanti  ogni  cosa  premetto  . 

r.°  Io  considero  ìe  equazioni  mancanti  del  secondo  ter- 
mine ,  di  qualunque  grado  esse  siano  ,  ed  assegno  alla  radi- 
ce tante  parti  ,  quanti  sono  i  coefficienti  indipendenti  1'  uno 
dair  altro  dei  termini  dell'  equazione  ;  per  esempio  per  1'  e- 
quazione  cubica  x^  -\-  ax  -\-  h  ^^  o  ,  stabilisco  la  radice  x  = 
in -\- n ,  cioè  spezzo  la  radice  in  due  partii  perchè  due  sono 
i  coefficienti  indipendenti  nell'  equazione  ^  a  &  b  ;  e  in  ge- 
nerale per  r  equazione  x"  -4-  ax''~''  -4-  bx'~^  -H  ex'    ■*  H- 

-4-  ?^  =  o  stabilisco  la  radice  ar=OTH-ra  +  /?-4-^-l- 

H- ec.  j  essendo  r — i  il  numero  di  queste  parti  della  radice. 
Non  credo  che  al  dotto  Ruffini  possa  dispiacere  che  io  con- 
sideri le  radici  divise  nelle  suddette  parti  ,  laddove  egli  ne 
esprime  ciascuna  con  un  sol  simbolo,  perchè  in  sostanza  qua- 
lunque delle  due  espressioni  è  sempre  convertibile  neli'  altra 
qualor  si  voglia  • 

a.°  Inoltre  per  la  formazione  delle  mie  equazioni  cano- 
niche ,  che  si  confrontano  colle  proposte  ,  io  mi  servo  delle 
radici  dell'  unità  elevata  al  grado  delf  equazione  ,  il  qnal  gra- 
do ,  supposto  r,  potrà  essere  espresso  cosi  y  —  i=o.  Sia 
per  esempio  1'  equazione  di  terzo  grado  x^  -\-  ax  -\-  b  =  o  , 
di  cui  suppongo  una  radice  x  =.m  -\-  n  -.^  a  questa  corris- 
ponde r  equazione  cubica  dell'  unità  /'  —  i  =  o  ^    le    ciù  ra- 

-_  I  -f-  y'  —  3         ^  —  I  —  >/"^ 

dici  sono ,  /  =  I  ;  /  =: ;  /■=. , 

valendomi  di  queste  due  ultime  radici  immaginarie,  postochè 
mi  sono  servito  della  reale  i  nella  ipotesi  di  x  =■  m -\- n  •,  le 
altre  due  radici  della  cubica    esprimo    nella  maniera  che  sie- 


Da  Gianfrancesco  Malfatti  .  58r 

I  H-  /^^  \  /  —  I  —  v/  —  3 


\  n  .,  X   = 


gue  a; 

3  \ 

—  ]n;  dalle  radici,  col- 
a  /  \  2,  / 

la  trasposizione  dei  termini  del  secondo  memlMO  di  ciascuna 
di  queste  tre  equazioni  ,  passo  ai  fattori  ,  e  di  questi  il  pro- 
dotto mi  fa  risultare  la  mia  canonica  di  terzo  grado  ,  che 
debbo  colla  cubica  proposta  confrontare,  onde  trarre  i  valo- 
ri dì  m  ,  n ,  e  rendermi  con  ciò  nota  la  radice  delia  ge- 
nerale equazione  cubica  x^  •+■  ax-\-b  =  o.  Ritornando  all' 
equazione  generale  ,  che  in  se  racchiude  tutti  i  gradi  , 
ed  espressa  col  massimo  esponente  r  ,  dico  ;  o  r  è  pa- 
ri  ,    o    dispari  .    Se  r    è    pari    1'   equazione   /'  —  i  =:  o    si . 

r  r 

potrà    sempre    spezzare  ia   due    fattori  /^  +  i  ; /*  —  r  ;  riu- 

-    .  r 

scendo  in  tal  caso  —  numero  intiero  .    Ora  contenendo  1'  una 

e  r   altro    fattore  delle  radici  immaginarie  ,  la  nostra  /  dev' 

r  T 

essere  presa  non  nel  fattore  /^—  i  =  o  ma  netr  altro  y*-i-i=o, 
e  direni  poi  la  ragione  in  progresso  .  Nel  caso  di  r  dispari  , 
divisa  r  equazione  f  —  \  =  o  per  y^ — i  ,  abbiamo  il  quozien- 
te/'"'+/■—* -[-/'"^ -,_  ,  _  _i_  I—o;  ossia  invece  dell' 
ultimo  termine  i  sostuito  f  ,  e  preso  il  quoziente  inversa- 
mente ;  f-\-r  -+-/'  -"rP  4- +  /'  =  o  .    O    questo 

quoziente  è  di  sua  natura  indeprimibile ,  od  è  composto  di 
più  fattori  razionali  .  Nel  fattore  di  grado  più  elevato  degli 
altri,  che  nel  primo  caso  è  l' istesso  quoziente  indeprimibile, 
va  presa  la  radice  y,  per  mezzo  della  quale  otterremo  tutte 
le  altre  immaginarie  che  si  comprendono  nella  equazione /^'-l 
=  o,  e  di  esse  ci  serviremo  per  esprimere  i  fattori  della  cano- 
nica coir'spondente  al  grado  r  della  proposta  equazione  ,  on- 
de paragonati  i  risultati  che  nascono  dalla  moltiplicazione  dei 

fat- 


58à  DuBBj     Proposti    ec. 

fattoli  suddetti  coi  termini  analoghi  della  proposta  ,  si  dedu- 
cano da  ultimo  i  valori  di  m  ,  re,  ed  in  conseguenza  riesca- 
no note  tutte  le  radici  dell'  equazione  . 

3°  Sarebbe  di  molta  briga  1'  esprimere  le  radici  immagi- 
narie dell'  unità  elevata  ad  alti  gradi  ;  ma  dopo  aver  dimo- 
strato alla  mia  maniera  una  proprietà  generale  di  tali  radici 
dell'  unità  ,  sarà  agevole  ancorché  non  se  ne  presenti  il  va- 
lore di  ciascuna ,  formare  le  nostre  canoniche  ,  qualunque 
sia  il  grado  dell'  equazione  . 

Il  Teorema  è  questo.  Supposta  in  generale  1'  equazione 
I  — f'  —  Cj  siccome  questa  saia  sempre  divisibile  per  i— /, 
ed  avremo  il  suddetto  quoziente   i -f-/-l-/^-t-/^ -h/'' -1- ec... . 

^/'~'  ;  ossia  /-f-/^  -1-/3  -I-/4  -I-  ec -j-  /' .  Se  sup- 

•  porremo  che  f  sia  una  di  quelle  radici  prese  nel  massi- 
mo fattore  dell'  accennato  quoziente  ,  o  nel  caso  di  r  pari  , 
che  può  dar  la  formola  composta  di  due  fattori  dello  stesso 
grado  5    se    prenderem  la  radice    immaginaria  non  nel    fattore 

r  r 

/"  -  I  ,  che  ammette  la  radice  /=  i  ,  ma  nell'altro  /»  +  i  , 
savàf^  un'  altra  radice,  f^  una  terza  ,  /'^  una  quarta  ec.  fino 
all'  ultima  f'=-ii  onde  il  quoziente  suddetto  sarà  la  somma 
totale  di  tutte  le  diverse  radici  dell'  equazione  J'  —  i  =  o  .     |j 

Per  dimostrare  questo  Teorema  mi  servo  d'  un  altro  già 
noto  agli  Analisti  ,  che  si  trova  espresso  in  quasi  tutti  i  li- 
bri elementari  di  Istituzioni  analitiche,  ed  è  il  seguente  .  Sup- 
posta in  generale  l'equazione  a'  —  Aa'^'H-Bjf"""*  —  Cx'""^ -h 

ec -4-  P  =  o  ,  le  cui  radici    siano  a  ,  Z>  ,  e  ,  er.  ,  la 

somma  delle  quali  si  esprimerà  con  questo  simbolo  M'  ;  la 
somma  dei  quadrati  di  queste  radici  si  esprima  con  M*,  quella 
dei  cubi  con  M' ^  e  così  proseguendo  fino  alla  somma  delle 
podestà  r  delle  radici  che  si  esprime  con  M"  :  intendo  che  i 
numeri  i  ,  a.  3.  ec.  .  .  .  fino  ad  r,  siano  apici,  e  non  po- 
,  desta  .  Viene  in  tai  libri  dimostrato  valer  le  seguenti  equazioni  , 

M'  — 


Da  Gianfrancesco  JMalfatti  583 

M'  —  A  =  o 

M'  —  Aivr  +  aB  =  o 

M'  —  AM'  -4-  BxM'  —  3C  =  o  e  in  generale  .... 


M'— .AxM'-'H-  BM'-'"  — CM'-'fino  a  .  .  .  .  ±  rM  =  o 
dove  r  ultiiiio  M  senza  apice  rappresenta  il  prodotto  di  tut- 
te le  radici.  Qui  si  vede  che  per  ragione  dell'  alternativa 
dei  segni  ,  1'  ultimo  termine  rM  ha  il  segno  positivo  se 
1'  j-ei"rio  è  il  prodotto  di  numero  pari  di  ladici  ,  ed  ha  il  se- 
gno negativo  se  1'  r*^"""  è  il  prodotto  di  radici  di  numero  dis- 
pari . 

Mi    resta    pertanto  a  dimostrare  clie  per  la  nostra  ecfua- 

zione  Z' —  i  =  o    saia    sempre    M' ,    M*  ^  J\P  ec fino 

ad  M'~'  eguale  a  zero  .  Per  provare  quindi  che  la  formola 
/-4-/* -f-/^ -f-y"*  H-  ec.  .  .  .  -\-  f  è  V  aggregato  di  tutte 
le  radici  dell'  equazione  /'  —  i  =  o  ,  basterà  che  io  dimostri 
essere  realmente  /+/*  H-/^  -^P  4-  ec. .  .  .  -h  /'  =  M'  =  o  , 
e  cosi  i  quadrati  de'  suddetti  termini  /^ -l-/'* -4-/'' -4-/® -+- 
ec.  .  .  .  +  f"  =  M'  =  o,  i  cubi  f'  -+-/'  -\-P  -^/"-h  ec.  .  . 
.  .  -f-  /*'  =  M^  =  o  ,  e  generalmente  /(^-')+/'^^-')  -+-/3('-0 
^_y4('— i).^  ec.  .  .  .  +/''^'~')=  M'~'==o  .  Provato  pertan- 
to ch'io  abbia  esser  M'~'=:o,  sarà  parimenti  dimostrato  che 
essendo  /-+-/*  +/'  +/"*  +  ^^-  •  •  •  -^  J'  =  o  ,  sarà  la  somma 
degli  ambi  ,  dei  terni  ,  delle  quaderne  ec.  di  queste  radici  , 
eguale  a  zero,  sino  alla  denominazione  dedi  r —  i«"'"',  che 
cala  d'un' unità  dal  grado  dell'equazione  proposta/' —  1=0. 

Ora  poiché   I— /'=(i  -/)(/■-+/' -f-/^  -f  /''H-ec.  ...-^f), 

sarà  an  -fie  (  i  — /)  (/  4-/'  -+  P  ^-p  H-  ec -\- p  )  -  q, 

esclusa  pertanto  la  radice  /=  i  ,.  perchè  f  non  deve  essere 
presi  che  tra  le  radici  immaginarie,  ne  viene  per  conseguen- 
za che  sarà  f+P  -'r  P  -\- P  4-  ec -^ p  =>c,  ed  ecco. 

che 


584  DuBBj     Proposti    ee. 

elle  il  secondo  termine  dell'equazione  generale y"'-A/'~'+B/"'" 
—  ec.  .  .  .  +  P  =  o  è  nullo  ,  e  tale  appunto  nella  nostra  equa- 
zione /'  —  I  =  o  .  Potrà  quindi  quest'  aggregato  /  +  /*+/' 

•-\- P  -V-  i-c -V-  /'    rappresentare  la  somma    delie  radici 

della  equazione  /■"  —  i  =  o,  se  la  somma  degli  ambi  di  qne- 
ste  radici,  dei  terni,  delle  quaderne  ec.  fino  agli  r—  i  ts'"na 
cioè  B,  C,  ec.  fino  al  coefficiente  del  ttrinine  precedente 
P  ,  sia  zero  ,  e  se  1'  unità  r"ma  sia  —  i  ,  cosi  esigendo  1'  in- 
dole della  nostra  equazione  /'  —  i  =  e  . 

Ma  questo  si  dimostra  cosi .  La  Teoria  della  sommazione 
delle  serie  geometriche  ,   ci    fa    conoscere  essere  /'"  +/*"  -+- 

pm  ^y-4.,  _^g^,  _  _  .  +  /""'  — ^     i—A '    ^^   essendo  sì 

il  numeratore  che  il  denominatore  di  questa  forinola  divisibi- 
le per  i—f,  sarà  la  suddetta  seiicì  f"  -t-/*" -f-/^"*  -+-ec  ... 

H-Z-^/'-CH-Z-hy^H-ZJ-hec +/'"'+/' +/'^* 

-1-/'+^  -+_  ec -+-/"■-'  -f-/*'  -^P"^"  -\-r'-^^-^  ec 4- 

/•}'-'  _,_/3'  ^ y 3'-)-'  -^/3-^^  -1-  ec.  .  .  .  H-/''"^*  H ec 

^yrim-.)  ^    ^^^.^   ^g^^j^  jr^  (  ^  ^j.  +/"  +  eC.  .  .  .  -4- /('"-''  ) 

(  I  +/H-r  +  ec -l-/'~"),  e  perchè  /',  /"  ,  P' ec 

.  .  .  ,p'''^~^>  sono  ciascuna  eguale  all'  unità  ,  e  diventano  di 
numero  ?«  ,  la  suddetta  espressione-si  cangia  in  quest'  altra 
f'".in{  I  -\-f-\-P  -I- ec.  .  •  /'~' )  •  Cosi  il  quoziente  del  de- 
nominatore dopo  la  divisione  per  i — /diventa  i  +/+/*-+- 
fi  +  ec -+-/"'""'  .  Laonde  si  fa  1'  anzidetta  serie  /"  -f-/'"* 

+/3"  +  ec....+/-=^— ^^^-^— y,--^    .    Ora 

0  r  è  un  multiplo  di  m  ,  o  no  ;  nel  caso  di  r  multiplo  di 
m  ,  succede  un  quoziente  esatto  ,  se  si  divide  il  numeratore 
per  il  denominatore ,    e    in    esso    troverassi   sempre  il  fattore 

1  ^  f -\- f^  -\- p  -t- ec.  .  .  .  H-/'""'  •  Se  poi  r  non  è  un  multi- 
plo di  m  ,  non  potendosi  fare  esattamente  cotal  divisione  re- 
sterà la  forinola  come  1'  abbiamo  sopra  espressa  ,  e  poiché 
supponiamo  t  maggiore  di  w  j  e  la  prima  radice  /  immagina^ 

lia 


Da  GiANFRANCEseo. Malfatti.  5f'5 
ria  va  presa  nel  maggior  fattoio  della  siiiie  i+/4-/^-l-€c.  .  . 
.   .  Z'^' ,  cotal  valore  di  radici  introdotto  nella  medesima  se- 
l'ie  renderà  nullo    il  numeratore ,  né    potrà    esser    tale     il  de- 
nominatore;   dunque  ,  supposto   i  -^-f-^j^  "+~  ce ~^  f'~^ 

ovvero  f  -\-  f^  +/^  -f-  ec -+-/'  eguale  a  zèro  ,   diventerà 

pur  zero  la  serie  /"■  -+-/''"  -\- p""  4-  ec -h/"".  Ora  sicco- 
me il  valore  degli  ambi  delle  radici  di  qualunque  equazione 
dipende  da  un  termine  che  rappresenta  la  somma  dei  qua- 
drati delle  medesime  radici,  e  da  un  altro  che  è  il  quadra- 
to della  somma  delle  stesse  radici ,  posta  questa  somma  egua- 
le a  zero,  ed  avendo  dimostrato  che  in  generale/"'  -f /*"" -h 
/^^  H-  ec.  •  .  .  -h /"■"'=  o,  fatto  w  =  a  rappresenterà  quella  for- 
rnola  la  somma  dei  quadrati  di  tutte  le  radici  ,  che  annul- 
landosi rend«  nulla  eziandio  la  somma  degli  ambi  delle  stes- 
se radici  .  Fatto  ?«  =  3  avremo  in  essa  la  somma  dei  cubi 
delle  medesime  radici  ,  e  siccome  la  somma  dei  terni  ha  nel 
suo  valore  cotal  somma  unita  agli  ambi  e  somma  di  radici  , 
resta  chiaro  annullarsi  ancoia  la  somma  dei  terni  ;  e  con  si- 
mil  discorso  si  diià  pine  lo  stesso  per  la  somma  delle  qua- 
derne ec.  ,  sino  all'  ultimo  termine  esclusivamente,  il  quale 
non  essendo  altro  che  il  prodotto  di  tutte  le  radici  ,  quando 
avremo  dimostrato  essere  il  predotto  di  tali  radici  =  all' uni- 
tà negativa  ,  quando  r  è  pari ,  o  si  prenda  ciascuna  radice 
positivamente,  o  negativamente,  ed  eguale  all'unità  positiva 
quando  /•  è  dispari,  e  si  prendano  le  radici  positive ,  resterà 
anche  dimostrato  restituirsi  1'  equazione  /'  —  i  =  o  . 

Per    far   ciò    rifletteremo    essere  il  prodotto    delle    radici 

della  Tabella  .  Cosi  eqnivalerà  T  espressione  /'  +-/"  H-/^'  -f- 
y*'  +  ec.  .  .  .  -V-  f"  ad  M'  cioè  ad  M  coli'  apice  r ,  ossia  alla 
somma  delle  podestà  r  di  ciascuna  radice  .  Quando  pertanto 
si  considera  nella  nostra  equazione/' —  i  =o  l'unico  r"i'"o  ^ 
nella  formola  generale  della  Tabella  ,  annullandosi  pel  caso 
nostio  tutti  i  termini  intermedj  tra  il  primo  e  1'  ultimo  , 
Tomo  XI.  E  e  e  e  sa- 


586  DuBBj     Proposti    ec 

sarà  M' ±:  rM  =  0  .  Ora  o  il  numero  r  è  pari,  o  dispari; 
supposto  r  pari  ,  avendo  luogo  il  primo  segno  +  iiell'  ulti- 
mo termine  ,  sarà  M'  +  /M  =:::  o  ;  nel  ca?o  di  r  dispari  ,  avrà 
luogo  il  secondo  segno  e  sarà  M'  —  rM  ==:  o  ;  cioè  nel  caso 
di    r,    pari  adoperando  i  nostri  simboli  espressi  colle  podestà 

di //'+/'' 4-/^' 4- ec -f^ /'•'+/  ^  =0.  Ma  sup- 
posto r    pari,    la    nostra    equazione  f —  i  =:  o  è  sempre  il 

r  r 

prodotto  dei  due  fattori/'' +  i  ;/^ —  i  ;    e    noi  non  prendia- 

r 

mo  la  prima  radice  /  nel  fattore  /*  —  \ ,  ma  bensì  nell'  altro 
fattore/^  +  i  ;  dunque  valendoci  della  equazione  /*-j-i=o 
sarà/*r= — I  .  La  superiore  espressione  j''      a      <;quivale 

T.T         T  r.r 

quest'  altra  f"  •  /^,  ma  perchè  t  è  pari,  sarà  sempre  f  ^=  x  ^ 

e  l'altro  fattore  /^  =  — ^  i  ,  dunque  sostituendo  questo  valore, 
sarà  nel  caso  di /•  pari /■■+/" +/^''+/^''+-ec.  ... -|-/"—7-M:^o, 
e  poiché  ciascun  termine  ,  /',  f",  f^',  f^'  ec.  .  .  ./",  è  egua- 
le air  unità,  la  prima  forinola  esprimerà  r  numero  di  uni- 
tà,  e  quindi  valerà  l'equazione  r-|-rM=o,  M  3= — i,  ovve- 
ro il  prodotto  di  tutte  le  radici  f,  /*,  jT^,  /''ec.  .  .  f  =.  —  i. 
Ma  essendo  pari  il  numero  delle  radici  ,  o  si  considerino  es- 
se col  segno  positivo  ,  o  portando  ciascuna  dall'  altra  parte 
dell'  equazione,  onde  facciano  il  secondo  termine  di  ciascun 
fattore  cangiando  ognuna  il  proprio  segno,  nt  n  resterà  muta- 
to il  segno  del  prodotto  ,  dunque  anche  nell'equazione  ridot- 
ta a  zero  l'ultimo  termine  sarà  eguale  a  —  i  .  Nel  caso  poi 
di  r  dispari ,  abbiamo  parimenti  M'  —  ;'M  ^  o  ,    ossia    cogli 

equivalenti  simboli,/' 4-/"-+/^'-f-ec.  . — v-f"  —  rf  ^  =0  . 
Ma    se    r    è    dispari  ,    necessariamente    r  +   i    è    pari  ,   onde 


Da  CjANrRANCESCO  Malfatti.  SSy 

'■-+-1      ,.  .....  ,    , 

diventa  numero  intiero  che  chiamo  m  ,   e  saia  lo  stes- 

so  che  (lire  /"" ,  e  siccome  l'equazione  /*" —  i  =  o  dà  /'  =  i 
saia  purey^'"'=i  •  l)uiK[ue  sarà  lo  stesso  che  dire  r  nu- 
.  nieio  di  unità  che  indica  il  primo  termine  — ?]M=c  cioè 
M  =  I  ;  ma  perchè  il  numero  delle  radici  è  dispari  ,  ciascu- 
na d'esse  cangia  il  segno  trasportandola  dall'altra  parte  dell" 
equazione  ,  e  resta  pure  cangiato  il  segno  del  loro  predotto  ; 
diin(jue  anche  in  questo  caso  avremo  iiell'  equazione  ridotta 
a  zero  l'  ultimo  termine  eguale  a  —  i  ;  con  che  sarà  restitui- 
ta la  primitiva  formola /' —  i  =o,e  si  verifica  evidentemen- 
te essere  /h-/' -4-/' -+-/■* -h  ec.  •  .  .  ■+■  f  la  somma  di  tutte 
le  radici  della  suddetta  equazione,  cosicché  considerata /" co- 
me la  prima  un'altra  sarà/*,  una  terza  p  ec.  fino  all'  ulti- 
ma /'  . 

Darò  per  maggior  chiarezza  uno  o  due  esempj  di  tali 
fattori  nelle  fi)rmole  del  grado  più  elevato,  da  -cui  si  deve 
prendere  la  prima  delle  radici  immaginarie ,  le  cui  podestà 
danno  tutte  le  altre.  Supponiamo  l'equazione  p^  —  i  =  o. 
Questa  formola  equivale  a  qnest'  altra  (/^  —  i  )(/*+ y^ -I-  j) 
(/'*-+-/^-+-i)  ~  o,  (jve  si  vede  che  il  più  alto  fattore  contenente 
le  radici  immaginarie  è  T  ultimo  (/'*  -i-/'  +  i  )  che  sup- 
posto eguale  a  zero,  e  risoluta  l'equazione  dà/'  =  ■ , 


e  in  conseguenza /=:|/ -.  Se  la  formola  fosse 

p — i=o,  poiché  è  lo  stesso  che  dire  (P — i)  (f*  4 /^ -M)z=o, 
essendo  il  fattore  più  alto  {f^  -i-f^  +  i  ),  eguagliato  questo  a 

zero  ed  estratta    la  radice,    si  ha /^  = onde 


3  / j  _^  / 3 

/  -  1/   ^ ;  dal  che  si  deducono  tutte  le  9  radici 

dell'  equazione  /'  —  1  =  0  in  questa  maniera  .  Fatto  per   co- 

E  e  e  e  a  mo- 


583                 DuBBJ     Proposti    ec. 
modo  di  calcolo  '■ =  a  abbiamo 

4.°  f  =  a^/a,  5.°P  =0^/ a' ,  6."  f  -  ay^ o>  =  a' 

In  questa  serie  di  radici  una  è  sempre  diversa  dall'  altra  , 
e  solo  r  ultima  è  eguale  all'  unità  positivat  Se  invece  di 
prendere  la  prima  radice  /  immaginaria  nel  maggior  fattore 
(/*-f-/'-|-  I  )  =  o ,  la  prendessimo  nell'altro  di  grado  meno 
elevato  [f^ —  i)  =  o  ,  cioè  nel  quoziente /* -4- /-f- i  =0  ,  do- 
po  la  divisione  di  /'  —  i   per  il  fattor  reale  / —  i  ,  avrehbesi 

r       r      —  H-/—  3                                    -iV-3 
per  pruTia  radice /=  — che  darebbe/  = ' 

— i-fV— 3       g      _r— v/-3  ., 

t' ~ ,  f  == ,  P  =r  I  r   e  con  CIO  verreb- 

2,  •'  a 

Le  triplicata  ciascuna  delle  prime  tre  radici,  ma  non  mai 
espresse  tutte  le  9  diverse  che  abbraccia  l'equazione  /** —  i 
=  o  .  Di  qui  apparisce,  la  necessità  di  prendere  la  prima  ra- 
dice immaginaria  non  in  questo  fattore  ma  nell'  altro  innal- 
zato a  maggior  grado  ^  il  che  si  vede  dover  essere  in  tutti 
gli  altri  esempi   ^'^®  alcun  si  volesse  proporre. 

Considerando  io  le  equazioni  di  qualunque  grado  man- 
canti del  secondo  termine^  se  queste  avranno  tanti  eoe fficien- 
ti  indipendenti  tra  loro  quanto  è  il  numero  del  grado  dell' 
equazione  meno  uno  ,  chiamo  questa  equazione  generica  ris- 
petto a  quel  grado  .  Per  esempio  x^  -h  ax  -h  b  =  o  è  un'  e- 
quazlone  generica  di  terzo  grado  ove  siano  tra  loro  indipen- 
denti   a  ■)  h  ■■,    ma    se    è   è    una    qualche    funzione    del    coeffi- 

cien- 


Da  Gianfrancesco  Malfatti  .  Sftq 

dente  a  onde  fla  questo  dipenrja  ,  chiamo   tale  er|iìazione  co- 
me particolare  di   terzo  grado  .  Da  ciò  nasce  che   le  equazio- 
ni  particolari    di  qualunque    grado    possono    avere    delle    pro- 
prietà   non    comuni    alle    equazioni    generiche    del  medesimo 
grado  ,  come  quella  di  avere   un   tlivisore    razionale    di    grado 
inferiore  ,  che  le  generiche  non  potranno  mai  avere  ,   e    cosi 
dicasi  di  altre  proprietà.  E  se  tal  divisore  di  grado    inferiore 
non  viene  accettato  nemmen  dall'  equazione  particolare,  non 
Tedo  ragione  di  negare  che  si  possa  trovare    nella    risolvente 
di    quest'  equazione  particolare  ,    o     se    né    anche  in  questa  , 
nella  risolvente  della  risolvente,  o  nella  terza _,  o   nella  quar- 
ta ec.  ,    riuscendo  tutte  queste  risolventi  successive,    sempre 
con   maggior  ragione  ,  equazioni  particolari  ,   perchè    coli'  ac- 
crescimento del  numero    de'  termini  ,    non  si  hanno  per   loro 
coefficienti  che  funzioni  dei  primi  pochi    simboli    indipenden- 
ti prefissi  ai  termini  della  prima  proposta  equazione  . 

Premesse  tutte  queste  cose  che  abbiamo  fin  qui  esposte  , 
io  vengo  a  formare  certe  equazioni  che  chiamo  canoniche  ,  le 
quali  confrontate  colle  proposte  mi  conducono  ad  un'  altra 
equazione,  che  chiamo  risolvente,  col  mezzo  della  quale  cer- 
co di  determinare  le  radici  della  medesima  equazione  .  Per 
la  formazione  di  tali  canoniche  stabilisco  la  radice  della  pro- 
posta eguale  a  tanti  simboli  diversi  meno  uno  ,  quanto  è  il 
grado  deir  equazione  ,  e  moltiplico  per  le  radici  dtll'  unità 
del  medesimo  grado  questi  stessi  simboli ,  onde  formarne  tante 
quante  sono  nell'  equazione  contenute  e  nella  maniera  che 
qui  Sotto  esporremo,  affinchè  dalla  loro  moltiplicazione  risul- 
ti la  canonica  che  dee  servire  di   confronto  . 

Comincio  dalla  equazione  di  secondo  grado  .r* — a  ^=  e  .' 
Assumo  pertanto  l'equazione  delT  unità  quadrata/^  —  1  =  05 
nella  quale  le  radici  sono  tutte  due  reali  ,  /  -  —  i  ,  /=  i  , 
eioiusa.  pertanto  la  radice  /=  i  mi  servo  dell'  altra  /=  —  r 
che  darà  /^  =:  i  .  Suppongo  che  la  radice  delT  e([uazione 
ch'amata  —  77Z,  dia  il  fattore  a:-{-w  =  o  ,  ovvero  x  -\-f''  m  =  o  , 
Wide  r  altro  fattore  sia  x  +  f  in  =  o  .   Il   prodotto  di  questi 

due 


Sqo  DuEBj     Proposti    ec. 

due  fattori  so  ni  itji  Distra  l'equazione  x'--^  (fn-^Pw)  x-+Pin^  =  9. 
ìiLif+f\  cj(  è  —  i  -h  i  =o  -.p  =zf'.f—  —  I  ,  onde  sarà  es- 
sa x''  —  m'  =  o,  e   il  coniioiito  colla  proposta  dà  m''=a,  cioè 
m  =  \/a,  ni  =  — ya.    Tale    equazione  m^  =  a    sarelihe    st- 
Goiìdo  il  mio  metodo  la  risolvetite  della  proposta  x^ — a~o, 
anzi   la  proposta  ìh  tal  caso  diventa  di  se  stessa  la  risolvente. 
Per  le  equaz  oni  di  teizo  grado  faccio  nascere  la  canoni- 
ca   in    qnesta    maniera  .    Competendo   a    questa    1'   equazione 
/'  —  I  =  o  cioè  (/ —  1  )  {f-\-P  -4-  1  )  =  o  ,   e  presa  una  delle 
radici    immaginai  le  ^  che  si  trovano   nella  l'ormala  f^-^f~^  l 
per  prima  delle  nostre  radici,  i  tre  fattori  della  canonica  cu- 
bica devon  ess^e  secondo  il  mio  metodo. 
X  -+■  f  m  +  f^n  =  o 
X -h-f^m -hf^n  —  o    . 
X  -t-  f^  m  +f  «  =  o 

ovvero'  esprimendoli  più  comodamente  per  il  calcolo 
X  -\-  f  m-T-  pn  =  o 
X  -\-  f^m-\  f  li  =  o 

X  -\-      Tìl-V-    il  =■  G 

percliè  a  motivo  dell'  equazione  /^  —  1=0,  os^ia  /^  =:  r  di- 
venta y  '  =/, /^  =/*  =  I  .  Moltiplicati  tra  loro  i  due  primi 
di  questi  ultimi  fattori,  risulta  x^  -\-  {fm  -h  f'm  -V-  fi  -\-f^//)x 
~Vfhn'-\-Pmii-\-pinn-\-f-'Ti'',  cicè  x*-(;72+r/)  or-t-w^  — /?z«+/i'=o, 
perchè  /*  -+/=  —  i  =/*  -^ !'"■>  /^  =  M  finalmente  molti- 
plicato questo  trinomio  razionale  per  V  ultimo  fattore  x  -\-  ni 
1-1- 7Z  =r  o  abbiamo  la  canonica  di  terzo  grado  x^  — Zmnx ->r- 
in^  -\-ìi^=.0'  Ola  essendo  la  cubica  generica  x'  —  Zax-^b=o  ^ 
i  confronti  de'  termini  ci  somministrano  prima  di  tutto  l'equa- 
zione mn=.a  che  diventa  per  me  la  risolvente  della  propo- 
sta -  In  fatti  essendo  w^  -f  /i'  =:  Z»  ,  m^  -f-  arnhi^  -^  i%  z^  1/  ^ 
poiché  dalla  risolvente  m,ii=a  nasce  ^m^n}-=^a^,  colla  sottrazio- 
ne di  questa  dalla  precedente  risulta  ni  — 2.m}ri}-\-n  —V'—  ^n* 

cioè  m^ — rt'  =  y'i^  — 4<z' ,  che  combinata   coli' altra  ni^^n^=b 

dà  in  ultimo  rfi=y    J"^  K    ^  "  ^'  »  '^  =K    a  ~  »       a ~  "'* 

Per 


Da  Gianfrakcesco   Malfatti.  Sqi 

Per  formare  la  canoiiica  delle  eq.uMziuiii  l)iquadtati<  he  , 
avrà  lunfro  qm  Ila  della  podestà  qiiaita  dell' uiiilà  cioè/"*  -  i=o 
ovvero  (/^ — I  )(/'-+- 1 ):=:  o  .  e  la  prima  radice/iinmayiiidria 
andrà  presa  nella  eqnai^ioiie  /'  -|-  i  =  o,  ossia  f"  =■  —  i  .  Ec- 
co pertanto  i  nostri  qiiattio  fattori  componenti  1'  equazion 
canonica  di  qua;  to  grado  . 
1/  a:-t-///i  +  /V  -+/«=o,  3."    x-^pm^fr-^f^  11  =  0 

ossia  posti  in  essi  i  valori  risultanti  dalia  equazione  /^  =  —  !• 

i.*  X  -{-  fm  —  r  —  fiL=:o 

a."  X  —  m  +  r  -    n  =  o 

d.'  X  — fn  —  r  -\-  fa  =  o 

^■''  X  -\-  m  -\-  r  -\-  n  r=  o  . 
Formeremo  poi  i  due  trinonij  razionali  coJ  moltiplicare  il 
primo  fattore  col  terzo,  indi  il  secondo  col  quarto.  Colla 
prima  moltiplicazione  si  ha  il  trinomio  .r'-2/-.iM-(/'7i  — 77)* +/-*=o, 
e  c«^)lla  moltiplicazione  del  secondo  e  del  quarto  fattore  si  lia 
V  altro  trinomio  x*  -f-  2r.r  —  {m-\-  ny  -h  r^  =  0  .  Resta  ora 
da  moltiplicare  tra  loro  que&ti  due  tiinomj  razionali  dal  che 
risulta   r  equazione   canonica 

x'^-h  (— 4"-'-«— 2/').r^-l-4r(/72M-7j').r— (/7Z*-7'/)'— 477Z77r*-f-7-*=0 

o  anche  a;'*  r  {-/^mn-^r^)  c^-ì-^'i'n^+fi^jc-i'n^-'i^y-^-iimn-r^y^zc» 
Sia  ora  l'equazione  generica  di  quaito  grado  ,  x"* — 2.ax:''+^l>x 
4- e  =  o  .  Per  avere  di  questa  la  risolvente  confrontandola 
colla  canonica  ,  ho  ù.rnn  +  r^  =ia^e  2.11111  —  r^  =a —  27-^.  In- 
di  col  coidronto  degli  ultimi  termini  risulta  i^m^~\-ìi'^Y^=(i^ , 

4ar^  -+-  4'"''  —  e  ■>  ^  perciò  (77?'  -f-  n^  }'  =  a^r"-  —  ù^ar''  +  4/*  — 
cr^:=^b^,  e  disponendo  i  termini  opportunamente ^  nasce  la  ri- 
solvente ^r^  —  ^ar"^ -[- {■i'- — c^)r^  —  b'' =  e .  Si  rifletta  che  que- 
sta risolvente  è  effettivamente  di  sesto  grado  e  noi  possiamo 
trattarla  come  le  equazioni  di  terzo,  perchè  mancano  i  ter- 
mini delle  podestà  l'i.-pari  di  r ,  il  cui  valore  sarà  espresso  da 
una  radice  seconda  che  comprende  sotto  di  se  una  radice 
terza  ,  e  ne  rende  infatti  il  valore  rappresentato  da  una  ladi- 
ce  di    sesto  indice.  Poiché  questa   i."  risolvente  i,on  è  divisi- 

Li- 


5ga  DuBBj      Proposti    ec. 

bile  per  alcun  divisor  razionalK  ,  riuscendo  essa  di  natura  ge- 
nerica ,  perchè  tanti  sono  i  siiobuli  indipendenti  tra  loro  j 
7/1 ,  n  ,  r  ,  quanti  sono  i  termini  dell'  equazione  meno  uno, 
è  necessario  tiasformar  questa  in  un'altra,  che  presenti  a  un 
tratto  la  sua  risolvente  clie  sarà  la  risolvente  della  risolvente  . 
Per  ottenere  ciò  trasformeremo  la  formola  in  un'altra  cui  man- 
chi il  a.°  termine  ,  ed  avrà  essa  l'aspetto  z' — 3MNh-M^N'=o^ 
menti  e  la  traslormata  potià  essere  espressa  così  -;^-3A.3-j-B=o  g 
riuscendo  cogniti  A ,  e  B ,  che  sono  funzioni  dei  noti  coeffi- 
cienti a^b  '  La  seconda  trasformata  per  tanto  dà  col  confron- 
to MN=  A  ,  che  diventa  quella  che  chiamo  la  2."  risolvente  , 
perchè  nel  modo  medesimo  da  noi  adoperato  per  le  equazio- 
ni cubiche  5  si  trovano  i  valori  di  M  ed  N  dati  per  A,  e  Bj 
ed  in  conseguenza  anche  il  valore  di  2:  ,  e  quindi  ritornando 
ai  primi  j  i  valori  di  m^n^r,  e  perciò  anche  il  valore  di  x. 
Siccome  poi  abbiamo  formato  la  nostra  canonica  di  quarto 
grado  coi  quattro  suddetti  fattori ^  rendendocisi  noti  i  simbo- 
li m  ,n  ,  r,  ed  essendo  altresì  cogniti  i  va[ori  di  /,  f^,  /',  f^ 
ec.  ,  ci  restan  note  eziandio  tutte  le  quattro  radici  compo- 
nenti  la  nostra   generale  di  quarto  grado  . 

Vengo  ora  alle  equazioni  geneiali  di  quinto  grado  ,  che 
hanno  sino  ad  ora  deluse  le  speranze  degli  Analisti  per  la 
loro  generale  risoluzione^  la  quale  ,  e  a  più  forte  ragione  di- 
cendo lo  stesso  per  le  equazioni  di  grado  superiori  al  quinto  , 
vien  giudicata  impossibile  dall'  egregio  nostro  Socio  Ruffini  . 
Qui  pure  ,  inerendo  senqire  al  nostro  metodo  ^formeremo  la 
canonica  di  quinto  grado  coli' ajuto  dell'equazione/^ — 1=0 
ossia  (/ —  i)  (/''-f/J -+-/■' -I-/+  i)  =  o.  La  prima  radice 
immaginaria  f  di  cui  ci  serviamo  per  la  formazione  de'  bino- 
mj  componenti  la  canonica  di  quinto  grado  ,  secondo  la  teo- 
ria più  sopra  esposta  va  presa  nell'equazione /''-l-y^-t- _/"'-+_/"+- 
j  =0,  che  contiene  le  quattro  radici  immaginarie  dell'unità 
elevata  al  quinto  grado  .  Siano  pertanto  ie  seguenti  serie  dei 
cinque  fattori  componenti  la  nostra  canonica  di  quinto  grado. 


Da   Gjakkh-ancesco  Malfatti.  598 

I ."  a-  +  fm  -^  f^p-'r  f^  q  -i-f^n  =  o 

a."  ;r -+- /^•/^ -h /  V -h /*  ^  + /Sz  =  o 

3.°  X  +  f^m  +/V  +/'  </  +/•'«  =  o 

4."  x-hf'm-i-f'jJ-hf'q  +f''n  =0 

ossia  In  maniera  più  semplice  sul  liilesso    che  dall'  equazione 

/'  —  1=0  risulta  />  =  I  , 

1."  X  -i-f  m  +  />  -f-  /•'^  +  /^«  =  o 
a.*  a-  -1-/V/Z  +  f'p  H-  /'y  +  /3«  =  o 
3."  X  -\-p:n  -\-  fp  -1-  f\j  +  /'„  =  o 

S'"  -^^  -H      7?z  H-     /?  H-      5»  -+-     ;z   =  o  . 
Dalla  moltiplicazione  dei  quattro  primi    fattori  tra  di  lo- 
ro avuto   riflesso  all' equazione, /^-f-/3 +/^  _!-/+ i  =  o  ,  ov- 
v^'""/^-/'+/'+/'H-/'  =  o    che    contiene    la    somm'a    di 
tutte    cinque  le  radici   delia  formola /'  —  i  =  o  ,   verrà    pro- 
dotto un  risultato  razionale  dal  quale  spariranno    tutte   le  ra- 
dici   immaginarle  suddette;    e    tal    prodotto    moltiplicato    per 
l'ultimo  binomio  x -\- m-\- p -^  q-^  n=.o  farà  riuscire  la  ca- 
nonica di  quinto  grado  che  sarà  la  seguente 
■x^-^mnx^+hm}qx^-^mYx  +  rn^-\-{bmn-lpq)  [mp'^7iq'-mq^-np\j\~o 
—  ^pq    -4-  5/z /?  —  hii^'i  -\-  n^ 
H-  5/;7/>* —  5mq^-\-  ],^ 
H-   5/i^y*   —   5np^  -+-  q^ 

—  Smnpq 

'\-   ^p^q'-' 
Stabilisco  ora  l'equazione   generale  di  quinto  grado  a;' —  Sa^;' 
+  Sbx''  +  ^cx  -^r  d  ^  o    colla   quale  la  canonica   va   confron- 
tata . 

Per  facilitare  tal  confronto  mi  servo  delle  seguenti  sosti- 
tuzioni ;  mn  =  g,prj=,i,;  m'q  -(-  «>  z=  r,  mp^  +  nq'  =  t . 
Dal  paragone  dei  secondi  termini  nasce  g^u  —  a\  e  da  quel- 

Torno  XI.  Ffff  V  lo 


594  Dubbi     Proposti    ec. 

lo  dei  terzi  r-\-t  —  h  ossia  t=ih  —  /•.  Moltiplico  1'  equazio- 
ne m^q  H-  n^p  =  r  per  li^p  ;  e  si  ha  ìrC'npq  -f-  ìi'p^  =  n^pr  5 
cioè  ^^u -\-  n''p^-=in^pr  e  risoluta  questa  equazione  troviamo 

1 .0  /i>  =  -^  '^vh~ s'" ' ^ 'i"'"'^' ^'° '"'^ ~ "^ "K  "^ " ^'"* 

Moltiplico  la  seconda  equazione  per  nq'^  e  mi  nasce  mnp^q^ 
-4-  ri'q''  ={b  —  r)  nq"-  y    o    anche    gzi^  H-  re^^**  =  (  *  —  t"  )  "^/'  • 

b  —  7-           /IT^"^^^  T 

Quindi    3.°     72<7^   =   — ^ y   ~ j—^    —   g«     5     e 

4-°    mo*  = ^  -H  1/    -^ ; — g//  .  Quadrata  la  secon- 


4 


da    delle    precedenti   formole  m''q^-=-{-^  —  v     'a. — S*"  ) 
e  moltiplicata  questa  nella  quarta  ; 


w' 


z^* 


quadrata  la   i.*,  moltiplicata  per  questo  quadrato  la  terza,    e 
diviso  il  prodotto  per  rt^  , 

Parimenti  il  quadrato  della  quarta  formola ,  moltiplicato 
nella  prima  e  diviso  il  prodotto  per  g*  si  ha 

Finalmente  moltiplicata  la  seconda  nel  quadrato    della  terza  , 
e  diviso  il  prodotto  per  g^  si  ottiene  . 


^' 


Da     GlANFllANCESCO    MaLFATTI  .  5()S 


.-(i-r/?-»'-)!'-'-/'^'--"!'- 


I 


s' 


Per  facilitare  il  seguente  calcolo    fìiipmc  le   sostituzioni 

b  —  r 


I 


da  tali  sostituzioni  risulta  AB  =  g^u  .  CD  =  gii^  .  Inoltre  so- 
stituendo i  valori  delle  formole  dati  per  le  anzidette  maju- 
scole  ,    rispetto    alle    podestà    quinte    di   m,   n  ,  p  ,  q  ,    sarà 

VcT'  Vdb~         Vbc^         Vau^ 

Il  confronto  dei  quarti  termini  della  canonica  colla  generale 

di  quinto  grado  somministra   —  m^p  —  ii^q  —  ?mj^ — np^-^-WL'n^ 

—  mnpq-\- p^q"  ■=  e    cioè    coli'  uso  dei  valori  di  m^  n,p,  q 

.        ,                          -AC-BD  -AD-BG 
dati    per   le    majuscole  troveremo , -\-   g 

-^  ug  -\-  u^  =  e.  Così   adoperando   le   suddette  majuscole  nel 

paragone  degli   ultimi  termini  della  canonica  e  dalla  generale 

.     .  .         CA'-l-DB^       BG'^AD"        ^     ^  ^ 

CI  SI  presenta  V  equazione  £ 1 j 1-  [b^-oii) 

u  g 

(b  —  2,7-)=  d  .  Il  primo  confronto  dei  secondi  termini  dando- 
ci ^ -t-z<  =  a  ,   e  quindi  iig-{-u''  =  au  ossia  zi^  —  au  =  — i/g  , 

a  /(i'  .  a  /a^ 

sarà  u-'-^+Y  -^-ug,&  perciò  g  =  -_J/--.    —  u  g,  . 

Essendo  date  le  m  ,  g  per  il  simbolo  iig  ^  e  le  majuscole 
A,B,C,D  essendo  funzioni  di  r,  u,  g  diventeranno  ezian- 
dio fun;^ioiii  delle  sole  due  incognite ,  /•,  ug  ,  dal  die  si  de- 
duce tlie  le  due  equazioni  ,  che  nascono  dai  confronti  dei 
due  nllimi  termini  della  canonica  e  della  generale,  sosti- 
tuendo i  valori  di  A^B,  C,  D  dati  per  le  funzioni  di  r,  i/g,  fa- 
ranno finalmente  nascere  due  equazioni  contenenti  le  due  so- 

Ffffa  le 


5(j6  D    U    B    E    J 

le  incognite  r  ,  2/g  ,  le  quali  liberate  dalla  iii'azlonalità  ,  si 
convertiranno  in  altre  due  ,  le  quali  abbassate  coi  metodi 
conosciuti  daranno  da  ultimo  un"  equazione  in  cui  la  massi- 
ma podestà  dell'  incognita  i/g  arriverà  al  sesto  grado  ,  e  que- 
sta sarà  la  i."  risolvente  della  nostra  eqnazione  di  quinto 
grado  che  ci  abbiamo  propof-ti . 

Essendo  dcte  A,  B,  C  ,  D,  g  ,  w  per  i  simboli  r^  ug^  e 
COill'  al>bassamento  delle  due  ultime  equazioni  ritrovate  coi 
confronti  dei  duo  ultimi  termini  della  canonica  cogli  analo- 
ghi della  proposta,  e  riduceudosi  finalmente  a  ritrovare  il 
valore  di  r  dato  per  iig  ,  e  poi  in  fine  1'  equazione  conte- 
nente la  sola  incognita  ug  che  è  la  nostra  risolvente  di  sesto 
grado  ,  egli  è  evidente  che  le  anzidette  niajuscole  ,  supposto 
ritrovato  il  va!.ore  di  j/g  ,  e  così  quello  di  «  ,  g  ,  r  e  coiise- 
guentfuiente  le  ot,  n,p,  q,  saranno  date  per  funzioni  di  vg  , 
onde    espresse    queste    funzioni    coi  simboli    Fi/g,  F'i/g ,    etc. 

avremo    m   =  1/     Fug  y    ti  =1/    F'iig  ,  p  =.  1/    F'ug  , 

q=y^F"'ug,. 

Arrivati  che  siamo  a  questa  prima  risolvente  di  sesto 
grado  y  siccome  essa  è  un'  equnzion  particolare  perchè  essen- 
do 7  i  termini  di  quest'  eqnazione  ,  e  i  coelficienti  di  essi 
non  potendo  essere  che  funzioni  dei  soli  a  ^  b  ^  e  ^  d  della 
proposta  di  quinto  grado  ,  due  di  essi  dipendono  dar  pn^ce- 
denti;  dal  che  risulta  che  la  prima  indagine  da  farsi  sopra 
di  essa  si  è  di  vedere  se  ha  alcun  divisore  razianale  .  di  i ."  di 
a.°  o  di  3."  grado.  In  tal  caso  è  chiaro  ,  che  al  più  il  valore 
di  Mg  non  viene  espi'esso  die  con  funzioni  di  radici  riibich« 
di  noto  valore^,  e  che  il  simbolo  m,  e  co-i  dicasi  degli  altri  , 

5  3/ 

ha    per   valore    una  y    di  funzione  dì   y    .     II    Sno'm    RufFini 
vorrebbe  ,    giudicato    dall'  analogia    df-lle    equazioni   di  graffo 

V 
inferiore  al  quinto  ,   che    sotto   alla  y     del  valore   di  ;;;  ,   vi 

fos- 


Da  Gianfrangesco  Malfatti  .  697 


4 


fossero  le  funzioni  di  |/  ,   e  quindi    supponendo    che  tutte  le 

4 
forme  di  funzioni  di  V    dovessero  essere  comprese  in  un'  e- 

cjuazioiie  di  4"  gi'^'lo  razionale  ,  conclude  che  la  data  ri- 
solvente di  6.°  grado  debba  avere  tre  radici  eguali  ,  la  qual 
cosa  noti  veriticaudosi  nella  generale  risolvente  ,  giudica  im- 
possibile la  risoluzione  generale  dell'equazioni- di   5.*  grado. 

Opporremo  due  riflessioni  a  questa  sua  decisione.  La  pri- 
ma :  the  vi  possono  essere  didl'  equazioni  in  cui  1'  incognita 
sia  eguale  a  funzioni  di.  ladici  quarte  ,  contenenti  dt-iitro 
di  se  radici  iid'eriori  ,  essendo  esse"  equazioni  di  grado  supe- 
riore af  quarto,  senza  che  sì  possano  dividevi*;  in  fattori  ra- 
gionali di  qnaito  grado  ,  come  avverrebb''  upÌI'  equazione 
E'^  ^-  8lL^— 9E*  +a4E'Va8.3a'  ^£i7E*+-3iE^— 36oE*+ai6E 
—  I  I  ;=  o  la  qrr  ile  non  è  divisibile  né  in  uno  ,  uè  in  tre 
fattori  razionali  di  quarto  gvddo  ,    quaiituiiqu^    una  delle    sue 

4/7"       4/    '^~ 
radici   non  sia  altro  clie  E   =  !/    3  — !/    al/ j,  ;    egli    è    ben 

v^ro  che  la  nostra  risolvente  di  6.°  grado  non  può  ammettere 
un.  disisor  r;izii»i'ale  di  grado  duodecimo  al  6."  superiore  ;  ma 
ptn  he  non  pntiebbe  egli  trovarsi  ,  un  sinid  divisure  raziona- 
le nella  risidveute  della  nostra  eqi  azione  di  6.°  grado,  che 
diventerebbe  la  seconda  risolvente  della  nostra  pr'>p,,sta  di 
quui^o  ,  e  non  trovandosi  in  quseta  ,  perchè  ,  passando  alla 
ti-rza  risolvente  ,  non  potrebbe  aver  luogo  in  esia  un  simil 
divisore  ,  e  lo  stesso  dicasi  delle  risolventi  ulteriori  ,  co»ic- 
cliè  ritrovato  finalmente  tal  divisore  raz'onale  ^  e  asceudenda. 
di  mano  in  mano  sino  alla  prima  risolvente  di  6.°  o^t-ado ,  si 
p)ssa  realmente  ottenere  il  valore  di  3,  che  non  sia  altro  che 
funziiuii  di  radici  conferenti  sotto  di  se  altre  funzioni  di  ra- 
dici inferiori?  e  ciò  sempie  supposto  che  fosse  necessario  sotto 
alle  la  I  ci  quinte  dei  valori  di  m,  n,p^  q  aver  funzioni 
di   radici   quarte  . 

In  secondo  luoghi  non  so  vedere  dalla  risoluzione  delle 
equii/ioui  iuferioii  al  t^uiuto  uu'  analogia   cosi    imperiosa    che 

mi 


5()?>  Dubbi     Proposti  ce. 

mi  costringa  ad  aminettere  tale  necessità  ,  prima  perchè  trop- 
po pochi  sono  i  gradi  inferiori  dai  Geometri  risoluti,  poi  per- 
chè anche  nell'equazioni  di  quarto  abbiamo  veduto  che  ef- 
fettivamente la  loro  generale  risolvente  è  un'  equazione  di 
sesto  grado  ,  ciascuna  delle  cui  sei  diverse  radici  è  idonea  a 
dare  il  valor  del  primo  fattore  x-\-m  +  )• -{- 7i  dell'equazio- 
ne di  quarto  grado  .  Questo  è  il  nostro  secondo  dubbio  da 
noi  promesso  sulla  dimostrazione  del  Socio  Ruffini  . 

Io  non  so  vedere  difficoltà  alcuna  nel  concepire  che  nel 

valore  di  m  1/   F  z  possano  aver  luogo  funzioni  di  radici  seste, 

perchè  derivate  da  equazioni  particolari  e   non    da    equazioni 
generali   di  sesto  grado  ,    le    quali    radici    seste    comprendano 
anche  sotto  di  se  funzioni  di  radici   inferiori  ,    perchè    sicco- 
me sotto  le  radici  quarte  spettanti    all'  equazioni    biquadrati- 
che ,  trovandosi  le  funzioni*di  radici  terze  e  di  radici  secoi,de  , 
col  liberare  dalla    irrazionalità    il    fattore    x-^?n-\-r-\-n=:o 
non  sale  Tequazione  più  in  là  del  quarto  grado,  elidendosi  nel- 
la formazione  dei  coefficienti  dei  termini  tutte  quelle  funzioni 
di  radici  terze  ,    e    di    radici   seconde    vincolate  sotto  i   primi 
indici  di  radici  quarte  ,  così    parmi    che  anche  nel  caso  del- 
le nostre    i adici    quinte,  avvegnaché    contenenti    sotto    di  se 
indici  di  radice  sesta  ,  cioè  di  radice  seconda  ,  di  radice  ter- 
za ,  e  pili  altre  funzioni  di  radici   quinte  e  di    radici    inferio- 
ri ,  non  si    possa   temere  dovere    ascendere    colla    liberazione 
dalla  irrazionalità  il  fattore  x  ~{- m -+- n -\- p -h  g  =  o  a  grado 
più  alto  del  quinto  per  la    distruzione  che    nella    formazione 
dei  coefficienti  dei    termini    avviene  di  cotali  funzioni  di  ra- 
dici ,  stando  però  fermo  che  tali  valori  compresi  sotto  le  ra- 
dici quinte  derivino  ,    o    immediatamente    dalla    prima    risol- 
vente ,  o  anche  dalle  risolventi  ulteriori  . 

Né  io  né  alcun  altro  Geometra  si  assoggetterà  per  av- 
ventura a  calcoli  sì  improbi  e  laboriosi  .  coi  quali  si  cerchi 
di  verificare  questi  miei  sospetti.  Con  una  equazione  partico- 
lare però   dei    coefficienti    ne'  termini    puramente   numerici  ^ 

che 


Da   Gianfrancesco  Malfatti  699 

che  renrloiio  sopportabile  il  calcolo  ,  farò  vedere  che  la  sua 
risolvente  di  sesto-  grado  contiene  ,  oltre  le  altre  ,  una  radi- 
ce che  è  una  funzione  di  radice  quinta  ,  onde  nasce  che  nel 
valore  d'i  m  =  radice  quinta  funzione  z  ,  abbiamo  sotto  di 
essa  altre  espressioni  di  radici  quinte  ;  e  se  ciò  accade  in  una 
equazione  particolare  ,  sembra  che  il  buon  raziocinio  a  più 
forte  ragione  ,  ciò  esiga  in  una  equazione  generale  ,  e  sicco- 
me per  la  generale  essendo  di  sesto  grado  la  risolvente  ,  de- 
ve aver  luogo  la  radice  sesta  ,  si  rende  chiaro  che  sotto  alla 
radice  quinta  avremo  funzioni  di  radice  sesta,  che  compren- 
dono sotto  di  se  funzioni  di  radici  quinte  ^  riuscendo  nel  no- 
stro caso  particolare  podestà  seste  perfette  quelle  funzioni 
che  si  trovano  sotto  l' indice  di  radice  sesta  ,  ^onde  non  ap- 
pariscono altro  che  funzioni  di  radici  quinte  . 

Sia  proposta  da  risolvere  1'  equazione  x^  -t-  S.ax''  H-  5*. a* 
=  o  che  confrontata  coli'  equazione  generale  di  quinto  grada 
.r'  —5ax^-\-5bx''-[-  5cx  +  iI=o  somministra  a= — 2.  ,  ^=0  ,  c=o  , 
^=5*.  2.^:  presa  ora  in  mano  la  canonica  di  quinto  grado  no- 
tata superiormente  ,  di  cui  abbiamo  supposto  un  fattore  li- 
neare x+m-^j}-{-(j-tn=o  ,  convien  ricorrere  ai  valori  gene- 
rali da  noi  sopra  esposti  di  m  ,  n  ,  p  ,  q  ,  e  modificare  questi 
al  caso  della  nostra  equazion  particolare^  dal  che  risulta 
5 


m 


=  y^{--.Vi-^-%-\/ì-4 


u' 


-^^(-^-/^^4r-|/T-"^^^ 


=  i>'i^^A-^^)(-W^'^-) 


^  = 


6oo  D  u  B  B  j     P  11  o  p  o  8  T  I   ec. 


è' 


quindi  sarà  A  =    ^  -  |/ ^  -  g^^.  ;  B  =  ^  4-  ^  C-  _  g^,  ; 

minciaiiilo  dal  confronto  dei  secondi  termini  della  canoni- 
ca e  dilla  getìerale  ^  abbiamo  trovato  valere  quest'  egualità, 
mn, -\- pq  ■=.  a  =  u -\~  g  ;  onde  nel  caso  della  nostra  modifica- 
ta che  ci  pioponiamo  di  risolvere,  poiché  diventa,  ^z:=  —  a 
sarà  M  +  g=  — 2,  e  moltiplicando  tutto  per  g;  g"-T-z/g=— ag, 

ossia  5  g*  -+-  2g  =  —  ìig  ,  onde  si  trae    g  =  —  i  +  j^/  i  —  vgy 

perciò  7/  =  —  I  —  ^  i  —  7/g  ,  dal    che  risulta    g*  =  a  —  ?/g 

— •  a  j/i  —  ug  ,  Zi'  =  a  —  7^g-l-  a  j//  I  —  itg  .  Il  terzo  termine 
della  canonica  dovendosi  confrontare  col  terzo  della  propo- 
sta   e    mancando    in  questo  tal   termine    sarà    b  =■  e  ;    laonde 

;•  /7 

avremo    t—-r    ed    inp^  =  C=  —  '_ — ^1/     7  —  5"*s 

nq^  =:  D  =  —    ' 1/     —  — g«*  5    rimanendo    già 

r  /?  "  r  /?~ 

ragone  dei  penultimi  termini  della  canonica  e  della  ""-e- 
nerale  ,    poiché    si    fa    c=:o,   ci    offre     1'  equazione 

—  AC  —  RD    —  AD  —  BC 

— "•  ■ H  g   —  z^g  +  zz*  =  Oj  finalmen- 

u  g  °  ° 

te  quella  degli  ultimi  termini  ci  dà 


g' 


:— 2r(5g— 5«)=5*  .  a* .  Rimessi  pertanto  i  valori  delle  majuscole 

A, 


Da  Gianfrancesco  IMalfatti  .  60 1 

le  A  jB  5C  ,D  nelle  equazioni  risultanti  dal  confronto  dei  periul- 

r'  /7  ■"        /? 

timi   ternuni ,    si   ottiene    —-+-21/     '-' —  g   u  .  i/    — — gw* 


u 


I     ~^  -^  — ^|/   J  -  S'«  •  J/    7  — g«'+4— 3«g=o,  ovvero 

cr 

» - 

-r  —  S*  «  .  1/    ;r  —  g  w* 

"^"^  ^       ~ 

-f- 4  —  S'/g^^o,  e  riducendo  eziandio  l'equazione  degli  ultimi 

termini  colla  sostituzione   dei    valori  delle  majuscole  ci  nasce 


II 


7-'  /  /•'  /  r"- 

-I 2r(5g-5«)  =5\2' 


cioè 


-  '-.{s'-ii')+rgu.{g'-u^)-ar.{g^^u^).\/ j  _g^,|/^_^„' 


"  g 


—  2.0 r. j/ I  —  z/g  =  5'.a*\,  e  liberando  la    equazione    prece- 
dente dagli  irrazionali  risulta 

r^  +  i/^ugr''     -  lÓA-*  -1-  aSi/'g'  —  4^u^g''  +  i6ug  =  o  . 
Parimente  colla  sostituzione  dei  valori  delle  majuscole  in  quella 
che  danno  gli  ultimi  termini,  colla  riduzione  allo  stesso  denomi- 
natore, e  indi  colla  moltiplicazione  per  il  medesimo  abbiamo 

—  Ì{g^-z^*)  +  7-g«.(g3-«')-2;(g*+zO-|/-^  -g^«|/^  -g«* 


Tomo  XI.  G  g  g  g 


boa  Dubbi      Proposti     ec. 

—  20  ni"  g' .  /  I  —  ug  =  5'  .  a\g\  li"- .    Ora  siccome  g^  —  w* 

— 8  —  az^  g  |/  I  ~  ifg  ;  g*  +  «'=4  —  2,ug;  se  farem  uso  di  tai 
■valori;,  ed  introdurremo  in  quest'ultima  equazione  il  valore   di 

V     7 -è""]/  r~5"    = ~~ ^"^   c^^«   si   trae 

ciall  equazione  dei  penultimi  termini ,  ed  eseguite  le  opportu- 
ne riduzioni  ,  ci  si  presenta  da  ultimo  la  seguente  equazione 

'■'  +  (— 25zf  *g^-i_4oz/g — 16)  ?-4-  5^  .  a^^/g  |/i  —  z/g=o  . 
Per  rendere  più  agevole  il  calcolo,  col  convertire  in  formo- 
ie  più.  semplici  le  equazioni  superiori  trovate  col  confronto 
dei  due  ultimi  termini  ed  espresse  colle  sole  incognite  r,  z/g, 
faremo  la  seguente  sostituzione,  S'-ug  =  z  A-^.%^  .  Coir  uso 
di  questo  valore  di  z/g,  e  delle  sue  podestà  troveremo  final- 
mente trasformate  le  suddette  nelle    seguenti 

5^  7-''-|-(7  .  5"  .  a  .  2—5^  .  3  .  a^)  r^  ■+  s'-^S  .  a' 


■*    -^  =  o; 


5'  .  /■'— s» .  7-4  (5  .  a"  .  z-1-5*  .  a^)  .  /  5  —  ;s  ==  o 
La  prima  di  queste  potendosi  maneggiare  alla    maniera   delle 
quadratiche  ,  colla  sua  risoluzione  avremo 

5r=±  j/  —  7^-f5.3.a"-f-/— s^  +  a9s'~io5.a*^+aa5  .  a''; 

tal  valore  introdotto  poi  nell'  ultima  equazione  di  r'  ec.  ,  ci 
darà  finalmente  una  nuova  equazione  in  z  mista  di  razionali 
e  di  irrazionali.,  dai  quali  essa  liberata,  e  presentato  il  ri- 
sultato  nella  maniera  più  semplice  ,  ritroveremo  nascere  la 
risolvente  ricercata  ,  come  segue 

.        B.         (— z'-f5'.a^)^H-(z— 5)84r.5^a^=o. 
^^^'^     A.         2*-5'.a5.z3  +  84i.5''.a*^+-57i.5'.a"'=o. 

Se  farem'  uso  di  un  simil  calcolo  anche  per  1'  equazione 
generale  0-'— 5(7A'-t-5Z'a;*-l-5c*-|- J=o  .  avremo  una  risolvente 
in  z  di  questa    forma    (-;c^4-M54-N)*+Pz-f-Q=o  ,    come    io 

stes7 


Da    GlANFRANCESCO    MALFATTI   .  6o3 

Stesso  ho  sperimentato  ,  ovvero  2" —  aMz"*  —  aN^'  +  M^^;^  -f- 
(2M.N -+- P)3 -t- JN*  4- Q  =  Oj  nella  quale  manca  il  secondo 
termine  ,  i  simboli  tra  loro  iudipenctenti  non  sono  che  quat- 
tro ,  il  che  la  esclude  dal  numero  delle  generiche  di  sesto 
grado,  nelle  quali,  còlla  mancanza  del  secondo  termine,  i 
simboli  indipendenti  debbono  essere  cinque  ,  e  la  mette  nel- 
la classe  delle  equazioni  particolari  di  sesto  grado  ;  dal  che 
viene  avvertito  il  Geometra  di  cercar  prima  di  tutto  se  tale 
equazione  accetti  qualche  divisor  razionale,  di  grado  inferio- 
re .  Al  caso  che  ciò  non  succeda  ,  parmi  che  non  si  debba 
concludere  essere  irresolubile  la  proposta  di  quinto  grado  ,  ma 
che  si  deggia  passare  alla  risolvente  di  tale  equazione  di  sesto  , 
che  ,  fatto  il  calcolo j  si  troverà  ascendere  al  grado  ventesimo, 
ma  avente  un  quadrato  d'incognita  per  radice,  il  che  la  ren- 
de di  decimo  grado  .  Questa  non  può  avere  per  coefficienti 
dei  suoi  termini  altro  che  funzioni  dei  quattro  simboli  indi- 
pendenti tra  loro  _,  M,N,P,Qj  laddove  dovrebbero  essere 
nove  per  classificarla  generale  ,  quindi  il  divisor  potrebbe  in 
questa  trovarsi  ;  rimarrebbe  con  ciò  risoluta  1'  equazione  del- 
la prima  risolvente,  e  conseguentemente  1' equazione  proposta 
di  quinto  grado.  Non  potendosi  nemmeno  in  quest'  ultima, 
rinvenire  tal  divisore,  e  perchè  sarò  io  costretto  a  giudicare 
impossibile  la  ricercata  risoluzione  ,  senza  1'  esame  previo  del- 
le ulteriori  risolventi  ,  che  divengono  poi  la  terza  ,  la  quar- 
ta ec.  risolvente  della  proposta  equazione  ?  La  nostra  parti- 
colare ci  farà  forse  conoscere  la  necessità  di  tali  esami  . 

Tra  le  radici  della  nostra  risolvente  (A)  di    sesto   grado  > 
ha  luogo  la  seguente 

5 
+  7-^1 

come  ognuno  potrà  conoscere  introducendo  tal  valore ,    nella 
suddetta  risolvente  (A)  di  sesto  grado  che  fa    nascere    0  =  0. 
Ecco  pertanto  un  divisor  irrazionale  roll'indice  di  radice  quinta 
r~  Gggga  g  — 


V  5/  ^  5/ 

£=a'— a'.  1/  a  —  a* .  1/  a*— 11  .al/  : 


a' 4- 7.  al/ a'^ 


6o4  D  u  B  n  T     P  11  o  p  o  !  T  I   ec.  . 

5/  5  /  5/  S / 

del  qual  possiamo  servirci  per  ritrovare  i  valori  di  m,n,p,q 
e  conseguentemente  quello  di  una  delle  radici  della  propo- 
sta equazione  di  quinto  grado  .l' —  5  .ax'+5* .  2,*=  o  ;  imper- 
ciocché limitandoci  al  solo  valore  di  m  ,  sopra  espresso  colle 
funzioni  di  r  ,  g  ,  it  cioè 

u 
e  s^-ìtituiti   in  tale  espressione  i  valori  di  r,g,u    dati  per  q, 

5/-; — 
diventerà    m  =1/   1";:  ;  e  siccome  un  valore  di  z  è  stato  so- 
pra trovato  con  quattro  indici  di  radice  quinta   oltre    il    ter- 
mine razionale  ,  tal  funzione  z  sarà    funzione    delle    suddette 

radici  quinte  ,  onde  m  sarà  eguale  a  i  /  di  funzioni  di  al- 
tre radici  quinte,  le  quali  nel  nostro  caso  non  ricevono  sotto 
di  se  né  indici  di  radici  quarte  nò  di  terze  ne  di  seconde  . 
Lo  stesso  si  dee  concludere  per  gli  altri  valori  di  n  ^  p  ,  q,  e 
ciò  non  ostante  se  libereremo  d:igli  irrazionali  l' ecjuazione 
X -\- m-+- n -hp -i- q=o^  verranno  talmente  cambiate  tra  loro 
combinate  e  attemperate  le  funzioni  di  radici  quinte  ,  com- 
prese sotto  l'  indice  primo  di  radice  quinta  ,  che  da  ultimo 
non  risulterà  che  l'equazione  proposta  ,  :t;'4- 5.  Jia;'+ 5^a^=;o, 
nò  vi  sarà  alcun  pericolo  ,  che  tali  funzioni  di  radici  quinte 
comprese  sotto  il  primo  vincolo  di  radice  quinta  faccifluo 
ascendere  1'  equazione  in  x  a  grado  più  alto  del  quinto  .  O!- 
tjecclò  servendoci  del  sovraesposto  valore  di  z  o  valendoci 
di  ciascuno  degli  altri  cinque,  che  abbraccia  la  risolvente  in 
z  di  sesto  grado  ^  sempre  ci  ridurremo  allo  stesso  fattore 
^  _|-  ;;j  --P  /i  ~{-jy  -\-  q  =  o  della  proposta  nostra  equazione  . 

Avendo  fitta  la  osservazione,  che  l'equazione  (A)    in    z 
di  sesto  grado  riceve  il  divisor  lineare   3+5.a'  =  o,    dopo 

la 


4 


Da  Gianfranccsco  Malfatti.  ^  6c5 

la  divisione  del  quale  ,  rimanendo  per  quoziente  una  equa- 
zione di  quinto  grado  ,  per  il  rintracciamento  dell'  altra  no- 
stra radice 

Z  =    2.^  —   2}   y/  2.  —   2*   (/a*  —  I  I  .  2  Y    0}  +7.2  I/i 

non  ho  avuto  bisogno  che  di  passare   alla    risolvente    di    tale 
equazione  di  quinto  grado  ,   che  arrivando  al  sesto  mi  dà  un 
valore  lineare  rispetto  alla  nuova  incognita,  secondo  cioè  re- 
sta ordinata  tale  risolvente  di  sesto  gn'do,  da!  quale  risalendo, 
vengo  in  fine  condotto    a    conoscere  il  suddetto  valore  di  z\ 
e  cctal  nuova  risolvente  riguardo  a  quella  radice  diventereb- 
bc  la  seconda  risolvente  ,  avendo  relazione  alia  equazione  in 
X  di  quinto  grado   .    Ma  nella  su^^posizione  che  io  non  aves- 
si fatta  tal  rillessione  ,  o  che  realmente  la  risolvente  (A)  non 
avesse  accettato  alcun  divisore  ,    secondo  il   mio    divisamento 
mi  sarebbe  stato  mestieri  coli'  uso  dei    sei    fattori    contenenti 
!iel  secondo  termine  di   ciascun    d'  es^i    cinque    simboli    indi- 
pendenti tra  loro  ,  col  prefiggere,  giusta  la  prescritta  regola, 
ad  essi  le  radici  immaginarie   dell'  unità  elevata  al   sesto    gra- 
do ,  determinare  la  nuova  risolvente  della  prima  (A)  ,  la  qua- 
le   avrei    veduto    ascendere  al  grado    ventesimo    avente   però 
un  quadrato  d'  incognita   per    radice  .    Nel    caso    della   nostra 
equazione  particolare  ,    col    diligente    esame  mi  sarei  accorto 
potere  essa  dividersi  in  due  fattori  di  grado  decimo,  che  per 
ragione  di   essere  le  radici    un   quadrato  d'incognite,  risultau 
maneggiabili  come  quelli  di  quinto  •  Preso  pertanto  un  d'essi 
ed  eguagliato  a  zero  ,  mi   sarebbe  stato  d'  uopo  il  passare  al- 
la  nuo-va  sua  risolvente,  la  quale  finalmente  avrebberai    pre- 
sentato   un    divisore    razionale    di    grado  inferiore  al  quinto  e 
di   radice  estraibile  ,  senza  irrazionaUtà  ,   colla  quale  tornando 
indietro,  mi  si  sarebbe  reso  cognito  il  valore  dei  quadrato  che 
serviva  di  radice  alla  risolvente  antecedente  ,    il  qual    valore 
avrei  trovato  essere  un   quadrato  perfetto  ,   onde  estratta  pur 
questa  radice,  e  resi  cogniti  anche  gli    altri    quattro    simboli 
dei  sei  fattori   componenti  la    prima    risolvente   in    z ,    sareb- 
be 


6o6  DujJBj     Proposti    ec. 

hti    tla    ultimo    risultata    1'  equazione    sopra    mentovata 

£  =  a'  -  a'  |/  a  —  a^  |/    a^  —  r  i  .,  a  K    a'  +  7  .  o  j/  a*    . 

L'  anziletta  riflessione  mi  ha  agevolato  il  ritrovamento 
eli  cjiifl  valore  d'i  z  ,  perchè  non  ho  avuto  bisogno  che  di  ri- 
corrx;re  ad  una  seconda  risolvente  j  laddove  sarei  stato  costret- 
to a  passare  ad  una  terza  ,  senza  tal  riflessione  ;  egli  è  però 
certo  che  per  una  generale  equazione  in  x  di  quinto  grado, 
mancando  tal  divisore  nella  prima  risolvente  ,  sono  obbliga- 
to a  cercarne  qualcuno  nelle  risolventi  ulteriori  ,  le  quali 
son  tutte  equazioni  particolari  e  non  generali  ,  né  da  quost' 
obbligo  mi  trovo  disimpegnato,  se  non  nel  caso  ^  che  siami 
solidamente  dimostrata  la  impossibihtà  di   trovare  tal  divisore. 

Coir  uso  del  divisore  lineare  s-f-5.i*  =  o  accettato  dal- 
la risolvente  (A)  riesce  agevolissimo  il  determinare  i  sim- 
boli m ,  riyp  ^q  componenti  il  primo  fattore  x-hmh7i-\'p-¥  q 
:=  o  della  proposta  equazione  di  quinto  grado  ,  perchè  tal 
valore  di  z  ci  fa  nascere  ug  =:  o  ,  e  nel  valore  di  r  ,  sosti- 
tuito quello  di  z  =  — 5  .  a^  e  quello  delle  sue  podestà  che 
in  esso  si  ritrovano,  ci  si  rende  noto  lo  stesso  r,  e  quindi 
noti  gli  altri  simboli  j?i ,  n,p,  g,    che    daranno    finalmente 

y 5/ 5/ 

x=  —  y  2,^  -^  y  2,^  —  y  2.'^  :  a  questa  stessa  radice  ci 
condurrà  qualunque  altro  dei  valori  di  z  che  son  compresi 
nella  nostra  risolvente  di  sesto  grado  . 

Concludiamo  pertanto  che  per  dimostrare  la  Impossibilità 
della  risoluzione  nella  equazione  generale  di  quinto  grado,  non 
mi  sembra  sufficiente  1'  argomento  di  cui  si  serve  il  eh.  Ruffìni, 
della  necessità  delle  tre  radici  eguali  che  debbano  essere  com- 
prese nella  prima  risolvente  in  z  di  sesto  grado  ;  e  parmi  che 
sarebbe  stata  più  irresistibile  la  sua  dimostrazione  ,  se  si 
fosse  raggirata  sulla  impossibilità  di  ritrovare  non  solo  nella 
prima  risolvente  in  z  ,  ma  nemmeno  nelle  risolventi  ulteriori  j 
un  divisore  di  grado  al   quinto    inferiore  •    Il    perchè    finché 

non 


Da  Gianfrancesco  Matfatti  .  607 

non  mi  sarà  dimostrato  la  impossibilità  di  arrivare  con  tal 
progresso  di  risolventi  ad  uà  valore  espresso  nella  jnaiiie- 
la  indicata  ,  e  fincliè  non  mi  sarà  dimostrata  la  incongruen- 
za dt'l  mio  raziocinio,  di  cui  ho  fatto  uso  n-^l  corso  di  que- 
sta Memoria  ,  resterò  sempre  col  dubbio  ,  che  sia  del  tutto 
inconcussa  la  dimostrazione  di  tale  impossibilità  che  intende 
di  aver  dato  l'egregio  nostro  Socio  Ruffini.  . 

Per  altro  la  sua  molta  dottrina  ,  e  la  occupazione  assi- 
dua ,  che  egli  ha  più  volte  manifestata  nell'esame  della  na- 
tura delle  equazioni  ,  mi  fa  sperare  che  toglierà  qualunque 
forza  a  questi  miei  dubbjj  ad  un  per  un  dileguandoli,  stabi- 
lendo anche  per  la  dubbiosa  mia  mente  una  base  solida  alle 
sue  sublimi  Teorie,  e  trionfando  di  tutte  le  difficoltà  coti  cui 
alcun' altro  per  avventura  potesse  venirgli  incontro.  Dal  che 
per  me  pure  verrebbe  con  mio  sommo  piacere  assicurata 
la  gloria  all'Italia,  di  avere  di  per  se  sola,  colla  forza  dei 
genj  nutriti  nel  suo  seno  espleta  interamente  la  dottrina  del- 
le nostre  equazioni  . 


SO. 


6c3 

SOPRA 

ALCUNE  ROSE  PARTICOLARI  DELL'ITALIA  INFERIORE 

MEMORIA 

Di     Pompilio    Pozzetti 

Delle  Scuole  Pie 

Xl  Socio  Giuseppe  Maria  Giovene  Canonico  Arciprete 

in  Molfetta 

Consegnata  il  dì  29  Aprile  1804. 
Modena  j  dalla  pubblica  Librerìa  ^  i  Aprile  i8o4« 

jC\  1  delizioso  regaio  che  vi  piacque  farmi  nel  maggio  scorso, 
mediante  1'  ingegnosissima  vostra  Lettera  posta  sul  principio  di 
questo  volume  ,  corrispondo  io  attualmente  con  un  tributo 
amichevole  di  simil  genere.  E  poiché  non  ho,  siccome  Voi, 
il  giardino  donde  trar  le  rose  elette  da  presentarvi  in  con- 
traccambio, mi  varrò  delle  altrui,  chiedendone  quasi  in  presti- 
to ,  e  di  quelle  appunto  che  abbondano  in  codesto  suolo  ,  ad 
alcuno  tra  gli  accreditati  Scrittori  ,  delle  cui  Opere  si  fregia 
quest'  insigne  Biblioteca. 

Primo  ad  esaudirmi  si  offre  JTarco  Valerio  Marziale  ,  di 
rose  e  di  roseti  ainator  singolarissimo  ,  che  dopo  averne  qua 
e  là  ne'  suoi  epigrammi  dipinte  e  qualificate  parecchie  ,  vo- 
glioso d.'  intesserne  ghirlanda  pel  suo  caro  Sabino,  enumera 
nel  sessantunesimo  del  libro  nono  ,  i  diversi  luoghi  ove  alli- 
gnaoo  le    più  vaghe  ,    tra  i  quali  la  Campania    e  la    Lucania 

an- 


Di   Pompilio  Pozzetti  .  609 

Antica  ,  terminando  con  auguraisi  die  1'  esiLite  rose  ,    quan- 
tuiiiiue  altrove  colte  ,   affin  d'  impetrar  gradinieiito  dall'  Anii- 
cOj  siano  da  Lui  credute  il  prodotto  della  villa  del  Donatorct 
Seu  tu  Paestanis  genita  es  ,  seu  Tiburis  arvis 

Seu  rubuit  Tellus  Tuscula  flore  tuo  : 
Seu  Praenestino  te   Villica  legit  in  Horto 
Seu  modo  Campani  gloria  Ruris  eras  • 
Pulcìirior  ut  nostro  videare  corona  Sabino  , 
De  Nomentano  te  putet  esse  meo  . 

Ma  circa  il  nascimento  ,  lo  sviluppo  ,  gli  usi  ,  e  le  diffe- 
renti proprietà  di  alquante  sorta  di  rose  e  delle  vostre  na- 
te nella  Campania  segnatamente  ,  chi  meglio  ragionò  di  Ca- 
jn  Plinio  secondo  ,  il  seniore?  Spunta  la  rosa  ,  Egli  dice  nel 
libro  vigesimo  primo  ,  capitolo  quarto  della  sua  naturale 
Istoria  fonte  inesausto  d'  ogni  dottrina ,  più  presto  sulla 
spina  che  sul  frutice,  cresce  ancora  nel  pruno  ,  e  traman- 
da qui  ,  sebben  piccola  ,  odor  soavissimo.  Comincia  dal  ger- 
mogliar tutta  chiusa  in  granellosa  corteccia  ,  la  quale  dipoi  . 
gonfiando  ,  in  verde  calice  sen  viene  appuntata  ,  a  poco  a 
poco  rosseggiante  s'  apre  e  distendesi ,  ed  abbraccia  nel  mez- 
zo della  sua  boccia  la  gialla  cima  •  Si  macera  coli'  olio  ;  e 
praticossi  ciò  fin  dai  Trojani ,  secondo  la  testimonianza  d'  Ome- 
ro,  la  quale  Ei  non  adduce  ,  ma  che  s'  incontra  benissiaio 
nel  vigesimo  terzo  libro  dell'  iliade  ,  ove  rappresentata  è 
Venere  intesa  ad  ugnere  con  olio  rosato  il  corpo  di  Ettore  , 
onde  chi  lo  strascinava  noi  lacerasse.  Passò  quindi,  continua  lo 
stesso  Pliiiiojil  succo  di  rose  negli  unguenti,  imperocché  desso 
è  sostanzialmente  medicinale,  si  mesce  ne' collirj  in  grazia  della 
penetrante  sua  virtù  e  sottilità ,  e  se  ne  aspergono  altresì  le  deli- 
zie della  mensa.  Di  que'salutevoli  attributi  della  rosa  aveane  già 
Teofrasto  informati,  non  meno  che  Aulo  Cornelio  Celso  nel  sesto 
de'suoi  libri  di  medicina.  Ne  convennero  poscia  il  Lemery  nel  suo 
Dizionario  delle  Droghe  semplici,  Giovanni  Ray  nel  libro  vigesimo 
sesto,  capitolo  tredicesimo  della  sua  Storia  delle  piante,  ed  il  Par- 
mentier  nel  suo  Codice  farmaceutico  .  Appresso  avere  il  Principe 

Tomo  XI,  Hhhh  de' 


6 IO  Sopra  alcune  rose  particolari  ee. 

de' latini  Naturalisti  esaltate,  pel  numero  delie  frondi  e  pel  co- 
lore oltre  maniera  acceso  de' petali,  le  rose  di  Preneste  e  della 
Campania,  distingue  la  centi/olia  indigena  di  questa, cui  assegna 
inoltre  il  vanto  di  primaticcia .  Al  qual  proposito ,  mi  sareb- 
be agevole  intrattenervi    d'  un  consimile  fiore  (  rosa  centifo- 
lìa  hatavìca  )  delineato  per  Carlo  Clusio  nel  primo  libro  del- 
la sua  Storia    delle    piante    più    rare  ,    siccome    della  rosa  di 
trecento  foglie  ,  della  massima  grandezza  e  odorosissima  ,  ve- 
duta nel  regio  Orto  di  Parigi  dal  Padre   Giovanni  Harduino , 
conforme    Ei    narra    in    un'  annotazione  al  testo  di  Plinio   or 
ora  citato  .  Ma  1'  obbligo  che  mi  corre  al  presente  con  Voi  , 
è  di  ricercar  qui    dove  mi  trovo  ,    alquante    rose    delle    opu-     1 
lente  P\.egioni  Partenopee  ,  e  d' intercedere  ad  esse  dall'amorevo- 
lezza vostra  cortese  accoglimento  ,  j 
Le  rose  di  Pesto,  Città  florida  un  giorno  della  Lucania  ,     \ 
le  cui  famose  rovine  spirano  maestà  nelle  recenti  carte  ezian- 
dio del  loro  Illustratore  Padre  Paolantonio    Paoli  ,    hanno  co- 
deste rose  avuto    ognora    tali    attrattive  sugli  spinti  delicati , 
che  non  sembra  sia  stato  lecito  a  questi  muover    discorso    di 
naturali  amenità  ,  senza  introdurvele  giocondamente  .    Il    Sul- 
monese    Ovidio ,    che    divoto    quale  pur  troppo    era  assaissi- 
mo   di    Citerea  ,    idolatrava   persino  i  fiori  a  Lei  consecrati  ,  ^) 
EHi  che  non  fu  solamente  un  vezzoso  e  facil   Poeta,  ma  un 
Georgofilo  studiosissimo  ,  che  educava  coUe  sue   mani  gli  Or- 
ti piniferi  da  Lui    posseduti    ne'  subburbj    di    Roma ,    Ovidio 
godè  sovente  descriver  le  rose ,  e  nel  quindecimo   libro  delle 
sue  Metamorfosi  ,  fece  die  Esculapio ,  trasmutato  in  drago,  si 
avvicinasse  ,    in    quel    suo    viaggio  co'  romani    Ambasciatori  , 
ag'i  olezzanti  rosa]  di  Pesto,  cioè,  là  dove  l'aere  anche  nel 
verno  è  temperato,  ed  eterna  vi  regna  la  primavera  .  E    nel 
secondo  libro  delle    melanconiche    elegie    scritte    dal    Ponto  , 
volendo    l'  esule  Vate    significare  ad  Attico  quanto  Ei  lo  giu- 
dicasse costante  nel  riamarlo  ,    più    cose    mette  in  camjjo  af- 
fatto impossibili  ad  avvenire  ,  cui  nondimeno   Ei    sentir^-bbe- 
si,  dice,  inclinato  ad  ammetter  siccome  vere,  anziché  esita- 
re 


Di   Pompilio  Pozzetti  .  6li 

re  intorno  la  stabilità  dell'  Amico  .  Pensa  ,  fra  1'  altre  ,  che 
air  insoave  calendula  sarebbe  consentito  piuttosto  vincere  in 
frairranza  le  rose  Pestane . 

A^ec  Babylon  aestum  ,  nec  frìgida  Pontus  hahebit 
Calthaque  Paestanas  vincet  odore  Rosas  , 

Quani  tibi  nostrarum  veniant  oblivia  rerum  &c. 

Avanti  però  di  recarvi  in  mezzo  i  concetti  d'  altro  vo- 
stro Napolitano  relativi  a  sì  gradevol  subbietto ,  non  posso 
dispensarmi  dal  rivolger  1'  animo  ad  uno  Scrittore  ,  ancorcbè 
forestiero  ,  voglio  dire  Decimo  Magno  Ausonio  di  Bordeaux  , 
che  nel  considerar  questa  reina  de'  fiori  pighar  soleva  gran 
diletto,  e  che  alle  rose  appunto  dedicò  un  intero  de'  suoi 
idillj  .  Non  temeste  che  i  rosa]  di  Pesto  vi  fossero  dimenti- 
cati: al  contrario  essi  fan  quivi  la  più  vantaggiosa  comparsa. 
Imperocché  ,  Ei  vi  stimò  commendata  ampiamente  la  coltu- 
ra d'  un  Orto  ,  entro  cui  passeggiava  in  amabile  mattino 
d'  aprile  ,  avvertendo  esservi  i  losaj  foggiati  e  custoditi  alla 
guisa  de'  Pestani ,  cui  1'  alba  novella  vien  poscia  mollemen- 
te irrorando .  E  qui  giovi  anche  riflettere  che  1'  industrioso 
governo  de'  roseti  ebbero  mai  sempre  le  nazioni  tutte  som- 
mamente a  cuore  .  Leggesi  nel  volume  terzo  delle  Memorie 
dt;ir  Istituto  d'  Egitto  ,  che  per  gli  abitatori  della  provincia 
di  Fazoum  la  coltivazion  de'  rosaj  forma  un  oggetto  rilevan- 
tissimo, non  altrimenti  che  la  fabbrica  lo  è  dell'acqua  di  rose^ 
Aman  talora  profumarsene  anco  i  luridi  Musulmani.  E  perciò 
soogretta  a  contrarietà  l'assei-zione  di  Giovanni  Bauhino  e  di 
Enrico  Cherlero  ,  i  quali  nel  tomo  secondo  ,  libro  decimo 
quarto  della  loro  storia  universale  delle  piante,  tutte  le  rose 
egiziane  tacciarono  scortesemente  d' inodorifere  .  Quanto  è  poi 
agli  indicati  versi  di  Ausonio,  non  io  qui  mi  brigherò  delle  que- 
rele mosse  dal  Baron  Giuseppe  Antonini  ne'  suoi  Discorsi  so- 
pra la  Lucania  contro  i  Commentatori  di  Ausonio  medesimo j  per 
aver  ricusato  di  svelare  il  plagio  che  questi  fece  a  Virgilio  del 
componimento  predetto.  Protesto  che  né  a  me  pur  dà  d  cuore 
di  ascriverlo  al  Cantore   d'  Enea  :    il  renderne  adesso  ragione 

H  h  h  h  n  mi 


6l3  SoPKA    ALCUNA    ROSE    PaUT ICOLARI    ec. 

ini   conJurrebbs  ad  una  disamina   puramente  filologica,  e  for- 
se non  breve  ,  che  1'  indole  di   i[uesti  fogli   rigetta  . 

Invece;,  non  saravvi  ,  confido,  rincrescevole  die  io  ram- 
memori ahro  erudito  Straniero  ^  invaghito  Egli  pure  a  dismi- 
sura delle  rose  di  Pesto  ^  cioè.  Marziano  Felice  Capella  .  Nel 
sesto  libro  della  sua  Opera  intitolata  d.e  rmptììs  philolof^'iae  et 
mercurìi  ,  ruvida  si  ,  per  conto  dello  stile  ,  ma  ricca  di  uti- 
lissime cognizioni ,  Ei  non  dubita  annoverarle  tra  le  prezio- 
sità della  bella  nostra  Penisola  . 

Celebrati  son  pure  i  rosa]  di  Pesto  dal  due  antichi  dot- 
tissimi Spagnaoli  ,  Pomponio  Mela,  e  Lucio  Giunio  Moderato 
Columella,  e  così  dal  francese  S.  Ennodi^j  ,  poi  Vescovo  di 
Pavia,  scrittole  del  quinto  secolo,  neir  ottava  delle  sue  Di- 
zioni scolasticìie  . 

L'Autore  vostro  connazionale,  di  cu!  mi  son  ora  projx)- 
fito  favellarvi  ,  è  Bernardino  Rota  Napolitano  .  Dettò  questi 
un'elegìa  ,  che  è  l'ottava  del  suo  libro  terzo  ,  sopra  le  rovine 
di  Pesto,  né  già  omise  di  sfogare  in  essai  trasporti  della  pro- 
pria meraviglia  verso  le  decantate  prerogative  di  quegli  arbo- 
scelli .  Osservo  che  Ei  definisce  ancora  i  siti  ove  i  medesimi 
colà  s'appigliavano  e  crescevano: 

liidentes  campi ,  diilcissima  Utoris  ora  , 

Quae  vel  adirne  redoles  semìsepulta  rosas  . 
Forse  però  Egli  intese  che  la  spiaggia  ed  i  campi  di  Pesto 
ridenti  fossei'O  e  piacevoli  nelle  stagioni  soltanto  d'  inverno 
e  di  primavera,  in  cui  ciò  è  veramente.  Duranti  la  state  e 
r  autunno  ,  assicura  il  rammentato  Storiografo  della  Lucania 
dominarvi  un'  aria  nocevole  ,  atteso  1'  esser  la  Città  di  Pesto 
in  luogo  mal  sano  edificata,  colpa  non  tanto  della  pa- 
lude che  le  sta  da  un  lato  ,  quanto  delle  acque  bituminose 
che  sorgon  di  sotto  alle  mura,  e  formano  un  piccolo  fiume, 
oltre  il  grande  ,  secondo  Lui  del  pari  infetto  ,  il  quale  da 
Oriente  in  parte  la  irriga  .  Vero  è  per  altro  che  in  popolosa 
contrada  ovviar  si  piiò  di  leggieri  a  sirtatti  danni,  col  promuo- 
vere e  mantener    negli    acquidotti  la  mondezza  ,    non    meno 

che 


Di  Pompilio  Pozzetti.  6i3 

che  libero  e  spedito  il  corso  alle  altre  acque  circostanti:  sen- 
za di  che  ,  è  notissimo  contiibuire  la  frc([ueiiza  stessa  de" li 
abitanti  al  salubre  purgamento   dell'  atmosfera  . 

L'  immortale  Torquato  Tasso  ,  grande  ammiratore  delle 
rarità  proprie  del  Regno  di  Napoli  die  gli  fu  sempre  ospita- 
lissimo  ,  Yuol  cagionata  dalle  onde  benefiche  del  fiume  Sila- 
ro,  confine  occidentale  della  Lucania,  le  dovizie  di  quel  ter- 
reno e  r  avvenenza  de'  suoi  prodotti ,  esprimendosi ,  nella 
Gerusalemme  conquistata  ,  così 

Quivi  insieme  venia  la  gente  esperta 
Dal  suol  che  abbonda  di  vermiglie  rose  , 
Là  ve  f  come  si  narra  ^  e  rami  e  fronde 
Silaro  impetra  con  mirabil  onde  . 
Ma  a  Voi  ,  me  ne  accorgo ^    nasce   ora  curiosità  di  sco- 
prir nelle  rose  di  Pesto  gli  ammirabili    pregj    enunciati    nelle 
vostre  prolifere,  e  bramereste  ravvisar  per  avventura  in  alcu- 
na di  quelle  ergersi,  come  appunto  in  queste,  ed  allungarsi 
dal  centro  della  corolla  uno  stelo  portator  di  verdi  rami  e  di 
fronde    in    più   ordini    disposte  ,    che    andasse    quinci    a    finir 
leggiadramente  in  turgido    bottone  di  perfetta  rosa  .    Ora  ec- 
covi    tosto   il   divino  Virgilio,    del  suo  lungo  soggiorno  in  co- 
desti  paesi  lietissinìo  ,  che  neir  ultimo  libro  delle  georgiche  , 
si  dichiara  propenso  ,  ove  il  desiderio  di  accelerare  il  compi- 
mento di  quel  poema  non  gliel  contrastasse  ,  a  far  segno  de* 
suoi  carmi   la  cura  degli  Orti  j   e  similmente  i  rosa]  di  Pesto 
due  volte  V  anno  rubicondi . 

Atque  equidem  extremo  ni  iam  sub  fine  Inhorum 
Vela  traliani  et  terris  feitinem  advertere  proram  , 
Forsitan  et  pingues  Hortos  quae  cura  colendi 
Omaret  ,  canerem  ,  biferique  rosaria  Paesti  . 
Servio  ,    Wiilichio  ,    il    Padre  la  Rue  ,  ed  altri  fra  i  più 
illustri    Chiosatori    di    Virgilio  ,    non    eccettuatone    il  copioso 
Padre  Giovanni  Lodovico  della  Cerda  ,    si    cotitentano  accen- 
nare  l'  anzidetta  particolarità  de'  Pestani  roseti  ,  e  i  due  pri- 
mi tra  gli  Sposi  tori    mentovati ,    sL   uniscono  ,  in  ciò  dire  ,  a 

com- 


6i4  Sopra  alcune  uose  particolari  ec 

commettere  un  l'alio  di  geografia  ,  poiché  entrambi  coUocan 
Pesto  nella  Calabria,  quand'  essa  Città  appartenne  talmente  al- 
la Lucania  ,  che  fuvvi  un  tempo  in  cui  ne  assunse  perfino  il 
nome  .  Son  io  d'  avviso  che  l'  aggiunto  onde  il  Mantovano 
Poeta  contraddistinse  i  rosa]  di  Pesto  ,  aggiunto  appropriato 
ai  medesimi  anche  da  Marziale  ,  libro  xii  epigramma  xxxi  , 
riceva  di  buon  grado  un'interpretazione  vieppiù  estesa  e  con- 
facentc al  nostro  proposito  .  Giungerei  quasi  a  lusingarmi  di 
poter  giustificare  una  mia  congettura  ,  per  cui  vado  immagi- 
nandomi che  Virgilio  nell'  usar  tale  epiteto  volgesse  in  mente 
rose  congeneri  alle  vostre  descrittemi . 

Claudio  Glaudiano  nel  suo  epitalamio  per  Onorio  Augu- 
sto e  per  Maria  figlia  di  Stilicone  e  di  Serena,  parla  a  chia- 
re note  di  una  e  di  un'  altra  rosa  ,  parto  delle  campagne  apri- 
che di  Pesto  ,  congiunte  in  un  solo  fiore  ,  la  maggior  delle 
quali  sazia  omai  delle  rugiade^di  primavera  ,  sen  giace  aper- 
ta ;  la  minore  ,  mezza  nascosa  ,  teme  accoglier  nelle  tenere 
sue  foglie  i  raggi  del  sole  . 

«   .  flore  sub  uno 

Seu  geminae  Paestana  rosae  per  jugera  regnant. 
Haec  largo  matura  die,  saturataque  vernìs 
Roribus  ,  ìndulget  spatio ,  latet  altera  nodo  , 
Nec  tencrìs  audet  folììs  admìttere  Soles  . 
Aveanvi  dunque  in  Pesto  le  rose  gemine  ,  ovvero  prolifere  e 
mostruose  :   or  donde  in  esse  tale  singolarità  ?    Opinaste    Voi 
saggiamente  che  questa  rosa,    detta  con    linguaggio   botanico 
il  quale  si  affa  all'espression  di  Claudiano,  ^oj  in  flore ^  allo- 
ra spunti ,  quando  la  costituzion  delle  meteore  ,  od  un  inter- 
vento di  cause  qualunque  produca  uno    straordinario    periodo 
di  più  nel  corso  della  vegetazione:  laonde,  se  ad  un  autunno 
cominciato  succeda  una  specie  di  primavera,  a  questa  il  ver- 
no ^  e  quindi  nuovamente  la  dolce  stagione,  acquistansi  nel- 
la vegetazion  due  periodi  ^  due  stadj  incambio  d'  uno  ,  e  per 
conseguenza  due  segreti  lavori  ^  e  se  la  cosa  lo  porti ,  anche 
due  sviluppamenti  .  Perciò,    dall'  essersi    costà    goduto,   per 

ispe-" 


.  Di  Pompilio   Pozzetti  .  6i5 

ispecial  favore  meteorologico  ,  1'  anno  mille  ottocento  due  , 
lina  doppia  primavera ,  argomentate  che  sia  stato  alla  gran 
Madre  delle  cose  permesso  di  eseguir  ne'  vostri  fiori  la  ri- 
ferita superfetazione  .  E  qual  maraviglia  che  altrettanto  ac- 
cadesse in  Pesto  ,  ove  due  stagioni  erano  regolarmente  propi- 
zie all' annual  rinascimento  delle  rose?  Giusta  T  ahate  Ro- 
zier  nel  suo  Corso  completo  d'agricoltura,  la  rosa  di  tutti  i 
mesi,  ovvero  delle  quattro  stagioni,  che  è  una  varietà  della 
rosa  gallica  ,  notata  anche  da  Pierantonio  Micheli  nel  suo 
catalogo  delle  piante  dell'  Orto  medico  fiorentino  ,  dee  tal 
rosa  alle  sollecitudini  assidue  del  giardiniere  l' incessante  sua: 
germinazione;  fraudata  di  quelle  ,  si  rimarrebbe  alla  condizion 
delle  comuni:  quasi  che  l'arte,  a  perpetuarne  la  fertilità, 
non  abbisogni  che  d'  imitare  e  di  ripetere  sopra  di  essa  il 
recondito  magistero  della  Natura  .  Tornando  a  Virgilio  ,  mi 
sembra  chiaro  non  aver  Lui  potuto  ricordare  il  privilegio  del 
clima  Pestano  senza  averne  presenti  gli  immediati  effetti  ,' 
senza  pensare  a  quelle  sue  rose,  che  gemine  furono  poscia 
da   Claudiano  denominate. 

Non  vi  occulterò  la  mia  sorpresa  In  osservare  come  un. 
Uomo  celebre,  non  men  di  vasta  erudizione  che  di  finissimo 
disoeriiiiueiito  e  perspicacità  dotato  ,  quale  si  fu  certamente 
il  canonico  Alessio  Siinmaco  Mazzocchi  Napolitano  ,  si  mo- 
stri ,  nella  sua  Diatriba  sulle  orig-ni  Pestane  ,  titubante  in' 
dilucidare  gli  alh'i:ati  [lassi  dei  due  latini  Scrittori  .  Dubita  se 
Claudiano,  clnamando  gemine  le  rose  di  Pesto,  abbia  voluto 
con  Virgilio  denotarne  il  doppio  germogliamento  nel  giro  d'uà 
anno  ,  oppure  1'  inusitata  grandezza  .  Si  divaga  poi  ad  enco- 
miarne la  fragranza  e  la  durabilità  ,  riportando  ,  in  conferma 
di  quella  ,  le  frasi  d'  Ovidio  ,  che  vi  ho  trascritte  di  sopra  , 
ed  in  lode  di  questa,  l'esametro  di  Sesto  Aurelio  Proper» 
zio  (  lib.  4  »  «^'f'S-  ^  ) 

Vidi  e^o  odorati  victura  rosaria  Parasti  &c. 

MKtteiulo  ogni   ulterior  discussione  in  disparte,  o  io  tra- 
Tedo ,  o  son  palesi  le   intenzioni  ,    da  me    testé    specificate , 

per 


6i6  Sopra  alcune  rose  particolari  ec. 

per  cui  Virgilio  e  Claiidiaiio  applicarono  al  clima  ed  alle  ro- 
se (Ji  Pesto  gli  aggettivi  predetti  ;  mercè  i  quali  ,  ben  lungi 
dall'  esservi  mestieri  d'  artificio  e  di  studio  onde  conciliarli  , 
vengono  eutramhi  a  porgersi  in  questo  caso  di  buona  voglia 
scambievolmente  la  mano. 

Che  più  ?  Non  son  del  tutto    insolite    in    codesto   Regno 
le  scoperte  ed  i  regali  delle  rose  ,  cbe  io  direi  volentieri  su- 
perfetate .  Il  Padre  Filippo  Arena  Palermitano,    nel    secondo 
Tomo  della  sua  Opera  intitolata  Natura  e  coltura  de  fiori  fi- 
sicamente esposta,  ci  ha  disegnato  la  figura  di  una  rosa  con 
due  altre  rose  che  nascono  dal    cuor    della  prima,  una  sopra 
dell'  altra .  Consimil  rosa  trovossi ,    Ei  racconta  quivi ,    nella 
campagna  di  sua   Patria,  e  fu  a  Lui,  qual    maraviglia  consi- 
derabile ,  recata  in  dono  .  Tali  superfetazioni  non  essere  stra- 
ordinarie nemmeno  in  Toscana  ,  lo  afferma  ,  nella  sua  Flora, 
il  Padre  Giambattista  Ferrari  .  E  se  non  dovessi   ristrignermi 
tra  que'  limiti  che  io    stesso  mi  son  prescritto  ,    potrei  addi- 
tarvi  una  rosa  di  cento  foglie  veduta  in  Alemagna  ,  dal  mez- 
zo   de' cui  petali,  in  modo  coerente  al  divisato   nelle  vostre, 
altra  ne  pullulava  .  Ne  arrivò   di  colà  ragguaglio   al    Compila- 
tore   del    Journal  des  Scavans  ,    che    al    numero    duodecimo 
dell'  anno    mille  seicento    settanta    nove ,  registronne   la  me- 
moria . 

Mi  resta  bensì  ad  aprirvi  il  mio  parere  sulla  cagion  fìsi- 
ca di  questo  fenomeno  ,  e  lo  farò  si  veramente  che  vi  ag- 
gradi praticar  meco  la  regola  tenuta,  secondo  il  Venosino  , 
da  Quintilio  inverso  cliiunqne  eletto  lo  avesse  giudice  delle 
proprie  composizioni  : 

Quintino  si  quid  reeitares ,  corrige  ,  sodes , 
Hoc,  aiebat ,  &.  hoc. 
Lascierò  indietro  ,  giacché  so  non  vi  garba  gran  fatto  ,  l' ipo- 
tesi de'  germi  originalmente  mostruosi  ,  prediletta  e  sostenu- 
ta da  Vallisneri ,  da  Haller  ,  da  Winslow  ,  da  Reaumur  ,  da 
Bonnet  ,  e  dallo  stesso  Autor  sagacissimo  della  Lettera  dissero 
tatoria  relativa  a  due  rose  prolifiche  inserita  nel  tomo  quinto 

del- 


Di  Pompilio  Pozzetti  .  617 

rlella  nostra  Società.  Altronde  mi  figuro  che  nemmen  Voi  accor- 
dereste il  voto  alla  decision  di  Mr.  Marchant  circa  1'  origine 
della  sua  rosa  prolifera .  Imperoccliè,  quel  desumerla  che  ti  fa 
dallo  stravasamento  e  dal  raescuglio  de'  vasi  occorso  nel  ro- 
sajo  in  conseguenza  del  taglio  cui  poco  iiinanzi  soggiacquero, 
se  hastar  possa  a  renderne  intelligihile  qualche  accidental 
cambiamento  ,  non  vale  ,  ben  lo  riflettè  il  chiarissimo  abate 
Paolo  Spadoni  ,  a  determinar  la  causa  d'  una  novità  stretta- 
mente connessa  co'  priiicipj  astrusi  della  sua  generazione  . 
Il  dotto  ed  ingenuo  Naturalista  Ginevrino  conobbe  Eì  pure 
una  rosa  ,  e  divolgoUa  nelle  eccellenti  sue  Ricerche  sali'  uso 
delle  foglie  ,  dal  cui  centro  elevavasi  un  fusto  quadrato  con 
due  bottoni  fioriferi  diametralmente  opposti  e  sguerniti  del  ca- 
lice alla  sommità  ;  ma  si  tenne  dal  pioferire  sulT  argomento 
sentenza .  Rincorato  io  non  pertanto  dalia  gentilezza  vostra  ad 
esporvi  francamente  quel  che  ne  pensi,  ardirei  ,  riguardando 
r  analogia  che  havvi  grandissima  tra  il  vegetabile  e  1'  ani- 
male,  paragonar  l'origine  di  siffatte  rose  prolifere  a  quella  di 
certi  animaluzzi,  ne"  quali  un  accoppiamento  solo  col  mas^ 
chio  è  sufficiente  a  più  generazioni  ,  talché  la  figlia  in  seno 
alla  madre  è  già  feconda  e  capace  di  riprodursi.  Che  dico? 
Esistono  ,  lo  sapete j  animali  che  ,  fuori  eziandio  d'ogni  ac- 
coppiamento, si  propagano  a  meraviglia  .  H  gorgoglione  men- 
tovato da  Bonnet  j  nella  parte  ottava,  capitolo  ottavo  della 
sua  Contemplazione  della  natura  ^  i  moscherini  descritti  per 
Lui  sul  principio  della  sua  /n^e/^o/og/a  spettano  a  questa  clas- 
se: ciascun  individuo  tra  loro  basta  a  sé  medesimo  per  generare^ 
sicché  ,  qualor  vi  prendesse  vaghezza,  di  serrarne  uno  in  per- 
fettissima solitudine,  allontanandolo  scrupolosamente  da  cjua- 
lunque  commercio  col  proprio  compagno,  lo  scorgereste,  cre- 
sciuto che  fosse  a  certo  segno  ,  divenir  padre  di  assai  figli  _, 
e  questi  d'una  in  altra  discendenza  moltiplicarsi  in  numero- 
sa famiglia  .  E  circa  la  stupenda  fecondazione  di  altrettali  in- 
setti, mi  sia  conceduto  intrattenervi  alcun  poco  d'un  impor- 
tante ritrovato  in  materia  consimile  dell'  egregio  attuai  Pro- 
Tomo  X/.  liii  ies- 


t)l8  SoPilA    ALCU^■E    UOSE    PARTICOLARI    CC. 

fessore  d'  agricoltura  nel  Liceo  niodenes<; ,  abate  Bonaventura 
Corti .  Mi  narra  Egli  sé  aver  ,  fin  dall'  anno  mille  settecen- 
to settanta  due  ^  spiato  col  microscopio  un  insetto  visibile 
peraltro  ancora  all'  occhio  nudo,  cui  denomina  Pulce  acquatico, 
poiché  vive  appunto  nell'  acqua  .  Non  gli  venne  fatto  giammai 
di  scoprire  differenza  di  sesso ,  né  congiungimento  veruno  fra 
cotali  vermetti  .  Nello^  stesso  tempo  tutti  però  si  ravvisavano 
provveduti  d' uova^  le  quali  deponevano,  e  donde  schiude- 
vansi  altrettanti  simili  bacherozzoli .  Avendone  Egli  un  giorno 
sorpreso  taluno  in  procinto  di  alleggerirsi  delle  sue  uova  , 
mentre  il  primo  sortì  ,  piglioUo  ,  e  custodito  lo  tenne  in  un 
vetro  da  oriuolo  .  In  breve  1'  insettuzzo  esci  della  buccia  , 
e  comparve  simigliante  a  sua  madre.  Attese  lo  Sperimenta- 
tore a  nodrirlo  ,  e  rimirò  tra  non  molto  formarsi  parimente 
111  esso  le  uova  ,  prossime  quindi  a  venire  in  luce  .  Isolato 
il  primo  uovo  partorito  dal  pulce  acquatico,  diede  altro  pa- 
ri insetto,  che  posto  in  rimota  parte,  fu  desso  pure  fecon- 
do .  Rinnovonne  per  sei  volte  con  ugual  diligenza  le  prove  , 
e  conseguinne  identità  di  risultamenti  .  Aspettatevene  pre- 
sto dal  medesimo  valente  Professore  l'istoria;  e  ditemi  frat- 
tanto ,  se  come  ci  vivono  animali  atti ,  senza  accoppiamento, 
a  procreare  ,  non  potrebbono  similmente  ammettersi  vegeta- 
bili conformi  alle  vostre  rose  ed  a  quelle  del  Sig.  abate  Spa- 
doni ,  cui  mancava  la  femmina,  che  dopo  molte  generazioni, 
introdottavisi  ,  diventò  madre  e  produsse  la  seconda  rosa  ? 
Non  credette  Mr.  PerrauU  d' ingannarsi  ,  allorché  nel  far  pa- 
role air  accademia  francese  delle  scienze  intorno  una  pera 
da  cui  altra  sbucavane  ,  asserì  tal  filiazione  esser  compara- 
bile a  quella  dei  frutto  appellato  limon  cìtratus  alium  inclu- 
dens  ,  filiazione  ,  Ei  prosegue  ,  affine  a  quella  di  qualche 
animale  che  entro  le  viscere  materne  è  già  prolifero  .  Ma  le 
mie  rose  ,  Voi  soggiugnerete  ,  manifestaronsi  prive  inoltre  di 
parti  maschili .  E  chi  sa  ,  io  replico  ,  non  fossero  queste  obli- 
terate   a    guisa   de"  calici,    ovvero    de' segmenti   de' calici,  i 

qua- 


Di  Pompilio  Pozzetti.  6 io 

quali    apparivano  Inaridiii  e   caduti    in    alcune  j    quando   non 
eian  le  rose  peranco  aperte? 

Potrebbe  tuttavolta  qualcuno  avvisare  ,  che  la  causa  di 
tal  duplicità  di  rose  :,  o  a  meglio  esprimersi ,  di  tale  interse- 
cazione dei  loro  steli  ,  avesse  a  dedursi  altronde,  sembrando- 
gli più  ragionevole  che  la  primavera  entro  il  corso  di  dodici 
mesi  rinnoveliata  ,  vaglia  bensì  ad  influire  sopra  un  gemino 
annual  prodotto  di  rose,  non  già  sopra  un  incrocicchiamento 
di  rosa  con  rosa  .  Nel  qual  caso  ,  dalla  raddoppiata  temperie 
dell'  atmosfera  procederebbe  l' effetto  che  veggiam  nelle  no- 
stre rose  dette  d'  ogni  mese  3  delie  quali  innanzi  ho  parlato . 

Comunque  debba  giudicarsene  ,  io  non  so  pentirmi  d'  a- 
ver  richiamati  i  vostri  pensieri  ad  alcune  rose  particolari  del 
Regno  di  Napoli  ,  in  modo  speciale  poi  a'  rosa]  di  Pesto ,  ed 
alle  conseguenze  che  han  relazione  colla  proprietà  loro  di  ros- 
seggiar due  volte  infra  1'  anno  ,  cosa  riputata  in  ogni  tempo  e 
in  ogni  dove  pregevolissima  .  Svolgendo  Ateneo  ,  m'  avven- 
go ,  al  quattordicesimo  libro  de' suoi  Dipnosofisti ,  in  Etlio  da 
Samo,  che  non  cessa  di  magnificar  la  sua  Patria  ,  perchè  for- 
nita essa  pure  avventurosamente  di  tal  privilegio . 


liii  a  SULL' 


02O 


SULL'  ECCLISSE  DEL  DI  1 1  FEBBRAIO 

LETTERA 

Di  Giuseppe  Cassella  ad  Antonio  CACNOLr 
Presentata,    da,    questo    il   di   8    Maggio    1804. 

1  acciono,  è  lungo  tempo.  Te  nostre  lettere  di  corrisponden- 
za :  ora  r  avvenimento  dell' Ecclisse  osservato  il  dì  li  scor- 
so Febb."  mi  porge  1'  occasione  di  rinnovarla  . 

Il  Cielo  piovoso  ,  e  costantemente  carico  di  nuvole  ,  de- 
fraudò la  comune  aspettativa  di  osservare  lo  spettacoloso  ft- 
nomeno  .  Era  intervenuta  nella  Specola  di  S.  E.  il  Capitan- 
Generale  Acton  anche  Sua  Maestà  la  Sovrana  delle  Sicilie 
col  suo  Principe  Reale  D.  LEOPOLDO  espressamente  a 
quest'oggetto,  oltre  molti  Signori  di  Coite.  Io  non  vi  dico 
già  i  preparativi  fatti  perchè  1'  osserva^iione  riuscisse  di  uni- 
versa! soddisfazione  ,  e  perfettamente  completa  j  specialmen- 
te per  la  circostanza  della  presenza  di  tanto  Augusti  Perso- 
naggi .  Solo  dopo  il  colmo  dell'  Ecclisse  di  tanto  in  tanto  si 
apriva»  le  nuvole  ,  dando-  1'  agio  agli  osservatori  di  vedere  il 
Sole  in  gran  parte  ecclissato  .  Ebbi  io  però- la  sorte  di  poter 
notare  il  fine  dell'  Ecclisse  almeno  j  che  importa  molto  pei 
progressi  della  Scienza ,  e  che  mi  farò  pregio  di  segnare  più 
sotto  . 

Uno  degli  effetti  prodotti  nell'Atmosfera  del  nostro  Oriz- 
zonte in  tempo  del  colmo  dell'  Ecclisse  assai  grande  presso 
di  noi,  fu  un  tetro  oscuro  dalla  parte  del  Nord  ,  che  si  mo- 
strava minore  all'  Est  ,  ed  all'  Ovest  ;  il  quale  oscuro  fu  ac- 
cresciuto notabilmente  da  una  densa  nebbia   calata   nella  cit« 

tà 


■s 

Di  Giuseppe   Cassella  .  6i2.r 

tà  dall'  istefsa  parte  NorJ  ,    e    durò  pochi   minuti  di  tempo  . 
Al    Sud    al'  incontro  il  Cielo  si  scorgeva   più    chiaro    da  fare 
distiii"uKe  gli  oggetti  facilmente  ,    e    da    potervisi  leggere  ,  e 
scrive;e  senza  stento:    1'  altro  fu    un    color  gialla  e  pallido, 
dipinto  sopra  gli  edificj  inbiancati  posti  anche  in  lunga  distati- 
za.  3    sui    quali  cadeva   qualche  raggio  di  languida    luce,    che 
si    apriva    la    strada    tra  le  dense    nuvole ,    e  sui    volti    della 
gente  ,  che  attendeva  a  guardare  il  Cielo  .  Dai  rapporti  avuti 
dalle  parti  più  settentrionali  del  Regno  mi  si  dà  avviso  di  es- 
sersi   veduta   una    moltiplicità  di  diversi  colori,    come  di  un' 
iride  nelle  nuvole  vaganti  pel  Cielo  ,  o  in  altri  oggetti  circo- 
stanti terrestri  ,    che    venivano  resi  più  vivi,  dove  l'aria  era 
più  carica  di  vapori  . 

Ecco  intanto  1'  osservazif^ne 
Latitudine  4o"  49' 40"  Bor.  .  .  .  Fine  dell' Ecclisse  a"  a5'  io",  7 
tenip.   medio  ....    con  uà  acromatico  di  Dollond  fuoc.  pied. 
5  a  grande  cbjettivo  . 

Potrà  l'osservazione  esser  lontana  dal  vero  per  pochi  secondi» 
Una  montagna  della  Luna  fu  1'  ultima  ad  essere  osservata 
nel  sortire  dal  disco  ;  e  le  irregolarità  della  Luna  medesima 
si  distinguevano  chiaramente  sul  Sole;  Io  che  fu  notato  an- 
che da  altri  intervenuti  all'  osservazione  ,  specialmente  dal 
Capitan  di  Fregata  D.  Carlo  Acton  .  I  lembi  della  Luna  ,  e 
del  Sole  poco  prima  di  finire  V  Ecclisse  sembravano  ondeg- 
gianti neir  Atmosfera  per  la  quantità  de'  vapori  ,  ond'  era 
pregna  . 

Gli  allievi  dell'  Uniyersità  nella  Cattedra  dell'  Astrono- 
mia si  erano  anch'essi  accinti  ad  osservare  astronomicamente 
1' Ecclisse:  ma  la  posizione  del  Museo,  dove  attendevano  essi 
all'  Osservazione  nella  parte  superiore  della  città  ,  offerì  loro 
r  aspetto  di  nuvole  più  addensate  ,  che  impedì  ogni  osserva- 
zione ,  meno  che  della  fine  dell'  Ecclisse,  la  quale  fu  nota- 
ta da  uno  di  essi  nel  momento  che  potè  vedersi  il  Sole  a 
stento  tra  le  nuvole  cosi  ; 

Latitudine  del  Reale  Museo  4°°  5i'  5",  0 ,  Bor.  fine  deli' 

Ec- 


62a  Sull'  Ecclisse  del  di'   II    Febbraio 

Ecclisse  ii"  a4' 55"  o,  teni.  medio:  alquanto  dubb'a  .  .  Con  un 
acromatico  di  Nairne  ,  ma  di  poca  forza  . 

Aggiungo  queste  due  osservazioni  fatte  negti  arni  scorsi 
iieir  istessa  Specola  Acton  . 

X 

a8  Agosto   iSca  di  mattina  ,  Ecclisse  del  Sole 
Principio  molto  incerto  per  le  nuvole  . .  .  .  S"'  47'  ^z'i  i  )  ^. 

Fine  dubbio  di  pochi  secondi 6    3i   495  6  )   •^^'^^° 

Con  un  Telescopio  di  Herschel  di  pied.  Inglesi  7  di  fuoco  . 

17  Agosto   i8o3  di  mattina,  Ecclisse  del  sole. 

Principio  dell'  Ecclisse  .. .  ó""  3i'  5",  08  )  ,  rr  i 

p;„«  o     co  o    '  oc  X  *•  vero  con  un  Tele- 

r  ine o     53  09  ,  85  ) 

scopio  di   Herschel    pied.   Ingles.  7  di  fuoco  .  L'  osservazione 

sì  del  principio  ,  che  della  fine  è  esatta  . 

Se  lo  stimate  a  proposito  ,    desidererei  che  tutto  quanto 

ho    avuto    r  onore    di    dettagliarvi   si  pubblicasse    negli    Atti 

della  Società  Italiana  delle  Scienze  . 

Napoli  8  Marzo  1804  • 


DE- 


6a3 


DESCBiZIONE  DI  UN,  NUOVO  ELETTROMETRO 

E  D 
ALCUNE  ESPERIENZE  RELATIVE 
ALLA  CARICA  £ÌELLA  COLONNA  VOLTIANA 

Dell'  Ab.  Dal  Negro 

Presentata  da  Vincenzo  Chiminello 

//  dì   i4  Maggio  i8c4  . 


U 


na  volta  che  si  potesse  determinare  senza  timor  dì  erro- 
re donde  prenda  origine  la  carica  della  colonna  idro-metalli- 
ca ,  e  come  veramente  progredisca  la  detta  carica  tanto  iso- 
lata quanto  non  isolata  che  sia  la  colonna ,  noi  potremmo 
esser  certi  di  aver  fatto  un  gran  passo  sì  per  meglio  inten- 
dere i  moltissimi  fenomeni  che  produce  ,  che  per  fare  degli 
ulteriori  progressi  con  qualche  fondamento  •  Fatto  questo  pri- 
mo passo  non  sarebbe  forse  difficile  che  potessimo  meglio 
conoscere  la  natura  di  un  fluido  ,  che  tanto  e'  interessa  per 
la  singolare  sua  azione^  giacché  una  volta  che  gli  si  dia  mo- 
to j  voi  lo  vedete  or  alterare,  ed  ora  trasformare  ,  e  scom- 
porre i  corpi  animali  egualmente  che  i  vegetabili  ,  ed  i  mi- 
nerali . 

Ad  oggetto  dunque  di  ottenere  dei  risultati  della  massima 
precisione  possibile  relativamente  alla  carica  della  colonna 
idro-metallica  del  Volta  ,  ho  immaginato  un'elettrometro  tale 
che  misura  ,  con  tutta  quella  esattezza  ,  che  puossi  desidera- 
re ,  le  più  piccole  quantità  del  fluido  in  quisìione  .  Questo 
mio  elettrometro  ha  il  vantaggio  di  essere  sersibilissimo  ,  ap- 
plicabile facilmente  al  condensatore  ,  comparabile  ,  e  di  se- 
gnare le  più  piccole  differenze  tra  carica,  e  carica .  I  dotti  Fisi» 

ci 


-624  Descrizione  di  un  nuovo   Elettrometro    ec. 

ci  elettricisti  giudicheranno  se  sia  o  no  da  pi«ferirsi  a  qual 
si  voglia  altro  degli  elettrometri,  che  prodotti  fuono  sino  ad 
ora  .  Di  più  gli  stessi  Fisici  dalla  descrizione  di  -fuesto  mio 
strumento  ,  e  dall'  uso  ,  che  ne  indicherò  ,  comprtuderauno 
che  fu  propriamente  costrutto  in  modo  da  servirci  ù\  guida 
piincipalmente  per  conoscere  a  tutta  precisione  il  grtdo  di 
carica  di  ciascuna  lamina  metallica  o  non  metallica  compo- 
nente la  colonna  del  Volta  .  Non  servirebbe  con  tanta  preci- 
sione  per  saggiare  1'  elettricità  di  un  corpo  che  non  potesse 
mantenersi  egualmente  carico  per  alcuni  secondi  . 

Or  passo  alla  descrizione  dell'  accennato  elettrometro  , 
indi  esporrò  brevemente  alcuni  esperimenti  relativi  all'  og- 
getto sopra  indicato  . 

Descrizione  dell'  Elettrometro  . 

La  Fjg.  I  rappresenta  la  pianta  dello  strumento  ,  e  la 
Fig.  II   1'  alzato  geometrico  . 

ABCD  Fig.   I  ,  ed  AB  Fig.  II  è  una  base  di  legno  . 

acbd  è  una  lamina  di  ottone  incassata  ,  e  fissata  alla  ba- 
se di  legno  mediante  sei  viti  a,f,  h  y  e,  e  ^d. 

Nella  detta  lamina  vi  è  incisa  una  scala  MM  divisa  in 
pollici  j  e  linee  del   piede  di  Parigi  . 

NNNN  (Fig.  1)  ed  NN  (Fig.  II)  è  un  cursore  parimenti 
di  ottone;  che  porta  un  nonio  io  ,  o  diviso  in  dieci  parti 
eguali,  e  tali  che  comprendono  undici  linee  della  scala  MM. 
N  nominato  cursore  viene  regolato  da  una  vite  YV  (  Fig.  I, 
II  )  che  si  fa  girare  col  mezzo  del  suo  capo  orlato  PP.  Que- 
sta vite  girando  in  Q  (  Fig.  I ,  e  lì  )  senza  muoversi  oriz- 
zontalmente {  meccanismo  già  noto  )  fa  scorrere  il  cursore 
"NNNN  col  mezzo  del  parallelepipedo  R  (Fig.  I,  e  II) 
pertugiato  a  vite  ,  e  che  rimane  stabilmente  unito  al  cursore. 

Al  medesimo  cursore  NNNN  avvene  congiunto  un  secon- 
do al  di  sotto  mediante  la  vite  del  parallelepipedo  ,  che  li 
Stringe  entrambi  cosicché  c^uesto  scorre  di  pari  passo  col  sa- 
pe- 


Dell'  Ab.  Dal  Negro  .  óaS 

periore  in  un  canaletto  incavato  nella  base  di  legno .  Questo 
cursore  interno ,  ed  il  canaletto  entro  cui  scorre  si  scorgono 
punteggiati   nella  base  AB  (  Fig.  II  )  . 

Questo  cursore  interno  serve  a  far  scorrere  la  base  SS 
(  Fig.  I  )  della  colonnetta  tt  (Fig.  II  )  da  H  verso  L  (  Fig.  I  ) 
dietro  Y  apertura  HL  fatta  nella  stessa  lamina  di  ottone  .  Di 
questa  base  ss  scorgesi  1'  alzato  geonìetrico  punteggiato  nella 
Fig.  II,  e  delinealo  poi  in  A  (  Fig.  III  )  .  Con  questo  artificio 
si  ottiene  che  se  il  nonio  percorre  due  linee,  di  due  linee 
pure  si  scosta  la  base  ss ,  e  tutto  ciò  che  vi  sta  sopra ,  e 
secondo  la  medesima  direzione  •  A  suo  luogo  poi  ne  isdiche- 
remo  1'  uso  . 

TT  (  Fig.  I ,  e  II  )  è  un  micrometro  divìso  in  cento 
parti  eguali  ,  ed  ;«;  n'  è  l' indice  .    Con  questo   micrometro  si 

I         . 

ha  —— -  di  una  linea   per  tutti  quei  casi  in  cui  si  desiderasse 

una  precisione  di  misura  al  di  là  dal  decimo ,  che  si  ottiene 
dal  nonio  . 
"■  KKKK  (  Fig.  I  )    è    una  cerniera  di  ottone  in  cui  vi  n- 

mane  incassata  ,  e  saldata  con  mastice  la  custodia  di  cristal- 
lo senza  fondo  BBBB  (  Fig.  II  ) .  L'  alzato  di  questa  cernie- 
ra si  scorge  facilmente  nella  Fig.  II  fra  le  viti  Y  ,  Y . 

L'  or  nominata  cerniera  è  munita  di  due  orecchiette 
y  ,  Y  (  Fig.  I  )  mediante  le  quali  si  può  fermare  con  viti 
Y,  Y  (  Fig.  II  )  sopra  la  base. 

La  custodia  BBBB  (  Fig.  II  )  di  cristallo  termina  supe- 
riórmente in  un  collo  corto  DD,  la  cui  apertura  circolare  ri- 
mane chiusa  da  un  pezzo  di  legno  ff  oliato  ,  e  cotto  in  for- 
no ,  come  suolsi  fare  nei  già  noti  elettrometri  a  boccetta  . 

Per  un  foro  praticato  nel  detto  legno,  che  serve  di  tu- 
racelo alla  custodia  di  cristallo,  vi  passa  una  canna  di  vftro 
ecce ,  e  liei  foro  della  canna  entra  per  tutta  la  sua  lunghezza 
un  cilindretto  di  ottone  n ,  W  quale  nell'  estremità  superiore 
termina  in  vite  con  cui  si  ferma  al  solito  il  condensatore  X, 
Tomo  XI.  K  k  k  k  ed 


6a6  DESCRIZIONE   DI   UN   NUOVO    Elettkomktro    ec. 

ed  inferiormente  infila  un  cannoncino  di  ottone  ,  che  porta 
una  piccola  sfera  m  parimenti  di  ottone  ,  e  tutlo  questo  per 
poter  abbassare  od  innalzare  di  qualche  linea  la  detta  sfera  m 
per  la  ragione,  che  diremo  in  seguito. 

Il  cilindretto  di  ottone  n  è  stabilmente  fìssato  alla  can- 
na di  vetro  con  cera  lacca  . 

Le  pareti  interne  della  custodia  di  cristallo  sono  già  mu- 
nite di  lamine  di  stagno,  che  si  veggono  sufficientemente  in- 
dicate ,  e  ciò  per  evitare  1'  inconveniente  della  carica  dell* 
interna  superficie  come  gli  Elettricisti  sanno . 

La  colonnetta  tt  porta  una  sospensione  S  su  cui  rimane 
sospeso  un  indice  lì.  L'or  nominata  sospensione  si  scorge  più 
facilmente  nelle  Fig.  Ili ,  e  IV  . 

\'V  (Fig.  Ili)  è  la  colonnetta  ovvero  il  sostegno  tt  del- 
la Fig.  II  ma  disegnato  in  grande  :  -(4  ne  è  la  base,  che  ri- 
mane unita  con  vite  ad  un'  estremità  del  cursore  ^  che  si 
muove  nel  canaletto  fatto  nella  base  :  T/»S  rappresenta  il 
profilo  della  sospensione  ,  e  T/'/'S  {  Fig.  IV  )  è  una  sezione 
orizzontale  della  medesima  . 

ze  (  Fig.  II  )  è  un  indice  di  rincontro  ,  il  quale  serve 
ad  indicare  il  più  piccolo  movimento  dell'indice  lì  .  L'  indi- 
ce di  rincontro  si  scorge  in  profilo  in  EZ  (  Fig.  VI  )  .  Que- 
sto indice  si  può  far  scorrere  orizzontalmente  da  E  verso  Z, 
e  da  Z  verso  E  afiinchè  gli  estremi  i,  i ,  e,  sieno  nella  stes- 
sa linea  retta  .  Il  medesimo  indice  si  può  muovere  anche  in 
su  ed  in  giù,  cioè  da  Z  verso  V  o  da  Z  verso  V.  L'artificio 
con  cui  si  ottengono  tutti  questi  moti  ,  che  sono  indispensa- 
bili per  rettificare  lo  strumento  ,  si  comprenderà  meglio  os- 
servando la  base  del  detto  indice  di  rincontro  nella  Fig.  V. 

Il  quadratino  E  porta  nel  centro  verticalmente  pian- 
tato a  vite  il  piccolo  cono  e  (  Fig.  VI  )  .  Il  d' tto  quadrati- 
no è  munito  di  due  cilindietti  p  •,  p  ,  che  infilano  due  can- 
noncini q  -,  q  t  e  con  ciò  si  ottiene  il  moto  orizzontale  indi- 
cato .  I  due  cannoncini  q  >  q  sono   saldati  ad  un  maggior  ci- 

iin- 


^ 


Dell'  Ab.  Dal  Necho  .  627 

I Indro  cavo  e  (Fig.  VI)  che  scorre  per  V  V,  e  di  cui  z  (  Fig.  V) 
II'   è  una  sezione  orizzontale  . 

Nella  Fig.  VII  ee ,  ff  è  una  croce  di  acciaro  delicatissi- 
ma >  che  porta  V  indice  •  Nelle  due  punte  ee  s*  infilano  due 
eguali,  e  sottilissime  paglie  in  modo  che  sembrino  una  sola, 
ed  ff  sono  i  pernii  ,  che  poggiano  sopra  p  ,  p  (  Fig.  IV  )  . 
rr  ,  ss  rappresenta  una  seconda  crociera  per  il  medesimo  og- 
getto . 

Usi  del  sopradeseritto  Elettrometro  . 

Per  servirsi  di  questo  elettrometro  a  condensazione  con- 
viene ,  oltre  le  solite  avvertenze  ,  che  rendonsi  necessarie 
acciocché  tali  sorta  di  strumenti  corrispondano  agli  esperimen- 
ti ,  conviene  ,  dico  ,  che  1'  estremità  superiore  dell'  indice 
ii  (  Fig.  II  )  sia  al  contatto  della  sfera  /re  ,  e  1'  indice  del 
cursore  NNNN  (Fig.  I)  sia  allo  zero  della  scala  MM  .  Allora 
può  lo  Sperimentatore  esser  certo  che  movendo  la  vite  per 
allontanare  1'  indice  j  la  maggiore  o  minor  distanza  del  mede- 
simo dalla  sfera  m  si  troverà  marcata  precisamente  sulla  no- 
minata scala  .  Converrà  di  più  avvertire  che  il  centi-o  del- 
la sospensione  S  ,  F  estremità  dell'  indice  ,  ed  il  centro  del- 
la sfera  m  sieno  in  imo  stesso  piano  normale  al  piano  del- 
la base .  L'  elettrometro  si  rettifica  nei  due  testò  indicati 
sensi  mediante  un  sufficiente  moto  di  cui  è  suscettibile  la 
custodia  di  cristallo  ,  giacché  i  buchi  delle  sue  due  orecchiet- 
te per  cui  passano  le  viti  Y,  Y,  sono  fatti  in  modo  che  può 
muoversi  in  croce  3  cosicché  posta  che  sia  al  segno  che  si 
desidera,  la  si  forma  coli' indicate  viti  di    pressione. 

Volendo  saggiare  la  carica,  p.  e.  del  condensatore,  median- 
te un  disco  di  zinco,  si  allontana  un  decimo  di  grado  1'  in- 
dice dalla  sfera  m  (  Fig.  II  )  ,  (  il  grado  di  questo  elettro- 
metro equivale  ad  una  linea  del  pollice  di  Parigi  ) ,  e  se  il 
giorno  non  sarà  più  che  sommamente  dominato  dallo  sciroc- 
co j  toccando  col  zinco  'il  conduttore  U  del  disco  inferiore 
del    condensatore  ,  nell'  atto  di  alzare  il  superiore  3  V  ammo- 

£  k  k  k  3,  efe* 


02.8  D£SCRIZIONE    DI    UN    NUOVO    ElETTROMETRO    eC. 

sfera  elettrica  che  s»  forma  d'  intorno  la  sfera  m  (  che  co- 
munica col  piatto  inferiore  del  condensatore  )  attrarrà  1'  indi- 
ce ,  e  si  manifesterà  così  la  carica  del  condensatore  .  Per  co- 
noscere poi  sino  a  qual  distanza  giunga  la  sfera  di  attività 
prodotta  dalla  carica  del  zinco  ,  si  allontana  l'indice  fino  che 
r  attrazione  non  è  più  atta  a  far  che  1'  estremità  inferiore 
dell'  indice  scappi  sensibilmente  dall'indice  di  rincontro. 

Ognuno  comprende  con  quanta  precisione  si  possa  misu- 
rare la  più  piccola  quantità  di  fluido  elettrico .  La  difficoltà 
sta  nel  doverla  tentare  tre  o  quattro  volte  ;  ma  fatta  un  po- 
co di  pratica  la  cosa  riesce  sommamente  facile,  e  si  ha  poi 
il  compenso  di  ottenere  quell'  esattezza  ,  che  non  si  potrà 
giammai  sperare  dagli  altri  elettrometri  ,  massime  se  si  tratti 
di  minMissime  differenze  . 

Conosciamo  già  con  qual  legge  decresca  1'  attività  dell' 
animosfere  elettriche  ,  e  lo  conosciamo  specialmente  per  gli 
ingegnosissimi  esperimenti  ,  e  per  i  calcoli  del  celebre  Fisico 
M.  Coulomb;  il  perchè»  riuscirà  facile  anco  il  calcolare  con 
questo  elettrometro  1'  intensità  dell'  elettricità  dalla  maggior 
o  minor  distanza  in   cui  verrà  attratto  l' indice  . 

La  sensibilità  poi  di  questo  indice  è  tale  che  se  in  luo- 
go del  conduttore  metallico  n  (  Fig.  II  )  ,  si  sospenda  una  pa- 
glia eguale  perfettamente  alla  metà  5,  i  dell'indice,  e  si  ca- 
richi debolmente  il  condensatore  ,  si  muoverà  1'  indice  ,  e  la 
paglia  sospesa  si  manterrà  in  quiete  .  La  cosa  è  poi  chiara, 
attesoché  1'  attrazione  elettrica  non  deve  vincere  che  la  sola 
forza  d'   inerzia  dell'  indice   ìs  . 

Per  le  cariche  maggiori  di  i5*  o  ao"  si  adoperano  degli 
indici  meno  leggieri  fatti  anche  di  metallo  ,  avendoli  prima 
resi  comparabili  coli'  indice  ii  in  quel  modo  appunto  che  in- 
segna- il  celebre  Fisico  di  Pavia  nelle  sue  dottissime  lettere 
sopra  la  meteorologia  elettrica  .  Ora  per  altro  in  luogo  di 
adoperare  1^  elettroforo  spogliato  delle  prime  scintille  si  po- 
trà usare  con  più  precisione  ,  e  con  maggior  sicurezza  alcuni 
Strati  della  colonna  da  cui  si  ottiene  una  carica   costante  ,  o 

di 


Dell'  Ab.   Dal  Negro  .  629 

di  pgual  tensione  per  lungo  tempo  .  Ma  per  ottenere  que>U 
comparabilità  tra  indice,  ed  indice  con  tutta  quella  precisio- 
ne che  si  desidera,  converrà  che  il  Fisico  sia  munito  di  due 
di  questi  miei  elettrometri  egualmente  sensibili.  Quella  mede- 
sima precisione,  che  si  può  ottenere  collo  ppincterometro  del 
Lane  (rettificato  che  sia)  relativamente  alle  scintille,  puos- 
si  del  pari  ottenere  dal  mio  elettrometro  relativamente  alla 
maggior  o  minor  tensione  delle  ammosfere  elettriche  . 

Potrebbe  forse  sembrare  incomoda  la  base  ,  che  riesce  in 
questa  mia  costruzione  un  poco  lunga  a  cagione  del  micro- 
metro, ma  si  potrà,  volendo,  fare  in  modo  clic  la  base  del- 
lo strumetito  non  sia  niente  piìi  lunga  di  quella  della  custo- 
dia ,  ma  solo  un  poco  più  larga  da  un  lato  .  Per  conseguir 
questo  basta  fare  in  modo  che  la  vite  {  la  quale  può  star 
tutta  sotto  la  base  della  custodia  di  cristallo)  diriga  due  curso- 
ri paralleli,  V  uno,  che  faccia  camminare  Tindice  ,  e  l'altro 
il  nonio  ,  con  cui  si  potrà  marcare  i  gradi  sul  lato  della 
base  ,  dove  cioè  questa  è  più  larga  della  base  della  custodia. 

Esperimenti  relativi  alla  carica  della  Colonna  comunicante 
col  suolo  per  il  polo  rame . 

Perchè  mi  riescissero  senza  equivoco  gli  esperimenti  relativi 
alla  carica  della  colonna  feci  costruire  a  bella  posta  dei  dischi  di 
ramf",edi  zinco  di  due  pollici  di  diametro,  e  tutti  muniti  di 
una  orecchietta  simile  appunto  a  quella ,  che  indicai  nel  mio 
primo  opuscolo  .  Queste  orecchiette  fanno  1'  effetto  che  si 
possa  e&iniinare  la  carica  di  ciascun  disco  componente  la  co- 
lonna Sfilza  correr  nell'inconveniente  di  toccare  il  disco  im-  , 
mediataniefite  superiore,  o  l'altro  contiguo  ,  e  sottoposto. 
Qiif^sta  fnrnia  di  dischi  rendesi  indispensabile  massime  per 
esaminare  la  carica  della  colonna  isolata,  i  detti  dischi  si 
possono  soprapporre  in  modo  che  le  loro  orecchiette  formino 
Una  spira  d'  intorno  alla  colonna  ,  oppure  potrannosi  disporr© 
a  zigzag,  il  che  riesce  assai  più  comodo.  Con  una  tal  colon- 
na 


63o        Descrizione   di  un  nuovo  Elettrometro  ce. 
ra  si    ha  i!  vantaggio  di  ripetere    l'   osservazione    dlscen(3en- 
(ìo  ,  ed  ascendendo  di  nuovo,  sempre  certi  di  comunicare  all' 
elettrometro    la    carica    di    un    qualunc^ue  determinato    disco 
componente  la  colonna  . 

Ecco  dunque  come  mi  sono  diretto  nel  saggiare  la  cari- 
ca progressiva  della  colonna .  Presi  uno  dei  nominati  dischi 
di  rame  ,  e  facendolo  comunicare  col  suolo  mediante  la  ma- 
no ,  {'  avvicinai  al  condensatore  al  solito,  e  ne  notai  il  risul- 
tato che  fu  =  o  .  Soprapposi  al  rame  un  disco  di  zinco  ,  e 
facendo  ,  come  prima  ,  che  il  rame  comunicasse  col  suolo  , 
avvicinai  il  zinco  al  disco  inferiore  del  condensatore  ,  ed  al- 
zato lo  scudo  segnai  il  risultato,  che  anche  in  questo  fu  =  o. 
Dopo  di  questo  vi  posi  sopra  un  disco  di  cartone  umettato 
con  acqua  alla  comun  temperatura,  ed  avvicinato  il  cartone 
air  elettrometro  notai  il  grado  di  carica  indicato  dall'  indice 
che  rinvenni  =  a.'  8  ,  e  lo  stesso  feci  sino  alla  fine  della  pic- 
cola colonna  . 

Ora  che  ho  accennato  il  modo  di  cui  mi  sono  servito  in 
questa  mia  indagine  sopra  la  carica  della  colonna,  darò  i  ri- 
sultati nella  qui  sottoposta  tavola ,  il  che»  servirà  ad  intende- 
re la  progressione  della  nominata  carica  con  più  brevità  ,  e 
con  maggior  chiarezza  . 

TAVOLAI 


I. 

R  =  e.''  e 

a. 

R.  Z  =  0".  0 

3. 

R.  Z.U  =  a'.  8 

4. 

R.  Z.  U.  R  =  a".8 

5. 

R.  Z.U.R.  Z  =  a".  8 

6. 

R.Z.U.R.Z.U  =  6°.  a 

7. 

R.  Z.U.R.  Z.  U.  R  =  t>"'.a 

8.  R.  Z.U.R.  Z.U.R.  Z  =  6°.  a' 

9.  R.  Z.  U.  R.  Z.  U.  R.  Z.  U  =  1 1".  5 

10.  R.  Z.  U.  R.  Z.  U.  R.  Z.  U.  R  =  1 1".  5 

11.  R.  Z.  U.  R.  Z.  U.  R.  Z.  U.  R.  Z  =  1 1'.  5  . 

8  a.  R.  ec.  Que- 


Dell'  Ab.  Dal  Negro  .  63 1 

Questa  tavola  rappresenta  una  colonna  crescente  per  gra- 
di, o  a  meglio  dire  una  serie  crescente  di  colonne  coi  loro  les- 
pettivi  risultati  senza  che  possa  riuscir  equivoca  la  maniera 
con  cui  ottenni  V  indicate  cariche  . 

Da  questa  prima  tavola  se  ne  può  dedurre  una  seconda, 
che  riesce  più  semplice  della  prima  ,  ed  in  questo  modo  si 
comprenderà  facilmente  come  risulti  la  terza  di  queste  tavole. 

T  A  V  0  L  A    1 1 

ir.  Z=  ii.°5 
IO.  R=  I  r.  5 

9-  U=ii.  5 

8.  Z  =    6.  a 

7-  R  =    6.  a 

6.  U=    6.  a 

5.  Z  =    a.  8 

4-  R  =    a.  8 

3.  U  =    a.  8 

a.  Z  =    o.    o 

I.  R  =  o.  o  Base  <lclla  colonna  comunicante  col  suolo. 
Saggiate  le  cariche  progressive  di  questa  colonna  j  ne 
costrussi  tosto  una  seconda  incominciando  dallo  zinco,  indi  so- 
prapponend-i  il  rame  ,  e  poi  il  cartone  umettato  .  In  questa 
se(;onda  colonna  comunicava  col  suolo  il  polo  zinco  median- 
te il  contatto  della  mano  .  La  qui  sottoposta  tavola  terza 
mostra  i   risultati  ottenuti  dalla  seconda  colonna  • 

TAVOLA    III 

li.  R=  14.°  o 

IO.  Z  =  14.°  o 

9.  U  =  r  I.    o 

8.  R=:  II.     o 

7.  Z  =  ii.    o 


63a       Descrizionb  di  uk  muovo  Elettrometeo  ec. 
6.  U=  8.  a 
5.  R=   8.  a 
4.  Z=   8.  2, 
3.  U=    i.  a 
a.  R  =   a.  a 

I.  Z=  a.  a.  Base  della  colonna  comunicante  col  suolo. 
Ne  ho  già  formate  molte  altre  di  queste  tavole  de- 
dolte  dalla  carica  della  colonna  comunicante  col  comune  ser- 
batoio in  varie  guise,  ed  anco  in  diversi  modi  isolata,  ma 
tutti  questi  miei  esperimenti  unitamente  ad  alcune  avverten- 
ze necessarie  a  non  andar  errati  in  tal  sorta  d'  indagini  ,  ve- 
dranno la  luce  tosto  che  avrò  terminato  il  piano  che  mi  son 
proposto  su  tal  proposito  .  Qui  non  intendo  di  dare  che  un 
breve    saggio    di    un    più    lungo   lavoro  di  cui  presentemente 

m' occupo . 

Rìjlessìoni  sopra  le  tavole 

II,  e  III. 

Secondo  1'  ipotesi  del  Chiarissimo  Volta  illustrata  col 
calcolo  dai  Fisici  Francesi,  la  carica  dovrebbe  incominciare 
in  a.z(Tav.  II),  ed  in  vece  si  manifesta  in  S.z/,  al  momen- 
to cioè  che  l'umidità  è  al  contatto  col  metallo  più  ossidabi- 
le .  Di  più,  secondo  i  principii  supposti  dai  Fisici  Francesi  , 
dovrebbe  essere  a.z  =  4-R-;  5.Z  =  7R,  8.Z  =  loR,  t d  in  ve- 
ce tra  i  due  primi  si  trova  una  differenza  di  a°  ;  tra  i  due 
secondi  di  4"  »  ^  ^""^^  *^"®  ultimi  di  5°.  Con  questi  miei  espe- 
rimenti non  trovo  verificate  che  le  sole  differenze  costanti 
tra  i  dischi  che  sono  in  contatto  . 

Ma  si  potrebbe  opporre  che  a.z  (  Tav.  II  )  non  dà  in- 
dizio di  carica  posto  al  contatto  del  condensatore,  per  la  ra- 
gione che  essendo  questo,  cioè  il  condensatore,  di  ottone,  il 
zinco  si  trova  tra  due  forze  eguali  ed  opposte ,  e  che  per  ciò 
non  si  può  caricare.  Veramente  e  strano  che  l'ottone,  ch'è 
una  le<^a  di  zinco    e    rame   debba   avere  la  proprietà   di  pro- 

dur- 


Dekl'  Ab.  Dal  Necro  .  633 

Jinie  i{  medesimo  effetto  del  solo  rume  e  senza  la  più  pic- 
cola differenza  ;  pur  pure  si  conceda  che  as  non  dia  taiica 
per  questa  ragione,  e  passiamo  a  considerare  i  risultati  del- 
la colonna  seconda  nella  tavola  III,  in  cui  abbiamo  incomin- 
ciato dal  cinco  onde  schivare  la  testé  accennata  obbjezione  , 
quantunque  niente  abbia  u  fare  colle  xl.fferenze ,  che  io  mar- 
co  in  questo  luogo  . 

i-s  dà  2.."  a  di  carica  :  la  stessa  carica  riscontrasi  in  2,.R  , 
così  pure  in  3'«  ,  avvegnaché  1'  umidità  al  contatto  del  me- 
tallo poco  ossidabile  in  confronto  del  zinco  ,  non  dà  che  po- 
ca o  niuna  differenza  .  Soprapposto  il  disco  4'Z  non  dovreb- 
be aumentarsi  la  carica  per  niente  j  giacché  non  deve  succe- 
dere che  ad  ogni  contatto  immediato  dei  due  diversi  metal- 
li, cosicché  3.«  5  che  non  è,  secondo  il  lodato  Fisico,  che 
un  semplice  conduttore  non  dovrebbe  far  altro  che  traspor- 
tare la  carica  aR  in^.z,  e  perciò  dovrebbe  essere  a..K—y^.Z. 
Ma  2.R  é  =  2."  n  ,  e  4-^  è  =  S-"  a  ,  dunque  son  ben  lon- 
tani dall'essere  eguali  .  I  risultati  dunque  di  questi  miei  espe- 
rimenti non  corrispondono  all'  ipotesi  del  Volta  . 

^Itri  esperimenti. 

Per  conoscere  quali  metalli  sieno  più  atti  alla  formazio- 
ne/Iella  colonna  idro-metallica,  ne  sottoposi  alcuni  all' espe- 
rimento esaminandoli  partitamente  coli' avvicinarli  oa  meiilio 
dire,  ponendoli  al  contatto  del  condensatore  di  ottone,  ed  ot- 
tenni i  seguenti  risultati  . 

Z  nco  =  3."  a 

Piombo       =   I.    6 

Stagno        =  o     6 

Ferro  —  o.    i  -^rr 

OD 

Bismuto      =  o.    I 

Antimonio  =  o.    o 
Con  qupsti  semplicissimi  cspf^rìmentì  rimane  confermata 
Tomo  XI.  LUI  la 


634  Descui/'^ione  di  un  nuovo  Eletthometro  ec. 
la  preferenza  del  zinco  sopra  gli  indicati  metalli,  e  si  è  po- 
tuto conoscere  con  precisione  il  l'apporto  tra  le  sopra  accen- 
nate cariche  .  Molti  altri  esperimenti  ho  fatti  combinando  i 
metalli  a  due  a  due,  1'  uno  ossidabile,  e  l'altro  non  ossida- 
bile: notai  varie  differenze  fra  il  torpillare  ,  e  la  colonna, 
come  pure  fra  due  metalli  eterogenei  posti  al  contatto  ,  e 
due  consecutivi  strati  della  colonna  ,  ma  tutti  questi  esperi- 
menti entrano  a  compimento  del  propostomi  piano  .  Termi- 
nerò questo  breve  saggio  con  un  semplicissimo  esperimento 
con  cui  non  potrà  certamente  rimaner  plìi  il  menomo  dubbio 
sopra  la  carica  di  due  metalli  eterogenei  ,  eh'  è  quanto  a  di- 
re se  succeda  al  contatto  od  al  momento  che  si  distaccano  . 
Posi  sopra  lo  scado  del  condensatore  X  (  Fig.  II  )  un 
piccolo  disco  di  zinco  ;  indi  con  una  mano  toccai  il  detto  zinco, 
mentre  che  con  T  altra  metteva  in  comunicazione  col  suolo 
il  disco  inferiore  del  condensatore,  ed  alzato  Io  scudo  senza 
levare  il  zinco,  rinvenni  la  medesima  carica,  che  avrei  otte- 
nuto coir  avvicinare  ,  e  poi  allontanare  il  zinco  dal  conden- 
satore nel  modo  già  noto  .  Con  questo  semplicissimo  esperi- 
mento sembrami  di  aver  decisa  la  quis Lione  , 


OS- 


fjoc.  'Jtai.    lom.  J\.l.  pa^.  6l 


Zk  VII. 


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B' 


635 


OSSERVAZIONI 

Di     Paolo     Mascaoni 

SULL'  USO  DEL  CARBONATO  DI  POTASSA  NELLA  MALATTIA  CHE  AF- 
FLIGGE LE  VIE  ORINARIE  ALLORCHÉ'  VI  SI  FORMA  TROPPA  CO- 
PIA DI  ACIDO  LITICO  ,  DANDO  ORIGINE  A  CERTE  CONCREZIONI 
ANIMALI  CHE  SONO  DETTE  RENELLE  E  CALCOLETTI  ORIGINA- 
TI DALLA  CRISTALLIZZAZIONE  DELL'ACIDO  LITICO  STESSO,  E 
NELLA  MALATTIA  CHE  AFFLIGGE  I  POLMONI  DETTA  PERIPNEU- 
MONIA . 


A 


Ricevute  il  di  7  Giugno  1804. 

Icnni  anni  avanti  del  1799  io  era  sottoposto  a  dolori  nel- 
la regione  dei  loinl)i,  e  di  tanto  in  tanto  rendevo  delle  re- 
nelle ,  e  dei  piccoli  calcoli  di  un  color  giallastro  come  d'  o- 
cra ,  o  di  mattcn  pesto  .  Aveva  inteso  che  si  usava  con 
molto  profitto  l'acqua  alcalina  mofetica,  onde  me  ne  procu- 
rava, e  di  tanto  in  tanto  ne  faceva  uso  con  qualche  profitto- 
Avendo  immaginato ,  che  dovessero  ottenersi  dei  van- 
taggi anche  maggiori  dall'uso  del  carbonato  di  potassa,  nelL' 
Ottobre  del  1798  esponendo  la  soluzione  di  potassa  concentrata 
all'  azione  dell'  acido  carbonico  ,  che  si  sviluppa  dalle  uve 
in  fermentazione  ,  mi  procurai  una  quantità  considerabile  del 
detto  carbonato  di  potassa  ben  saturato,  e  cristallizzato  per 
farne  uso  quando  1'  avesse  richiesto  il  bisogno  * 

Fra  l'Agosto  e  il  Settembre  del  1799  essendo  stato  obbli- 
gato a  una  vita  sedentaria,  fui  malamente  attaccato  da  dolori 
nei  reni,  e  rendeva  frattanto  una  copia  considerabile  di  renel- 
le ,  di  cui  alcuni  pezzi  più  grandi  potevano  ridursi  alla  classe 
dei  veri  calcoli  .  Erano  queste  renelle  rossastre  e  cristalli- 
ne ,  e  si  depositavano  nel  fondo  del  vaso  tostochè  aveva  re- 
se le  orine  :    si   vedeva  ,   che   presentavano   le    loro   faccette 

LUI  a  lu- 


636  Sull'  uso  del  caubonato   di   potassa  ec. 

lucenti  j  attraverso  del  fluido  ,  che  inostravasi  alquanto  cari- 
co ,  ma  trasparenie  .  Io  era  anche  -spesso  sottoposto  ad  ave- 
re un  predominio  d'  acido  nello  stomaco  ,  che  mi  si  faceva 
seiitire  alla  gola  . 

In  tale  occasione  esaminai  le  mie  orine,  e  vi  trovai  un 
predominio  di- una  sostanza  acida,  che  si  faceva  anche  co- 
noscere immergendovi  delle  strlscette  di  cartn  colorita  colla 
Lacca  Muffa  o  Turnesol  Gallorum  ,  che  tosto  dal  color  vio- 
letto passavano  a  un  rosso  vivo  •  Ciò  mi  fece  credere  ,  che 
le  mie  renelle  venissero  formate  dall'  acido  Litico  ,  che  fos- 
se predominante  nelle  mìe  orine  .  Queste  renelle  ben  lavate, 
e  asciugate  nella  caria  senza  colla  ,  e  dopo  qualche  tempo 
bagnate  e  poste  nella  carta  colorita  colla  Lacca  MufFa ,  la  tin- 
gevano in  rcsso  .  Inoltre  sottoposte  all'azione  dell'  acqua  di- 
stillata ,  vi  si  scioglievano  in  quella  dose  che  viene  stabilita 
per  l'acido  Litico,  e  trattate  in  altro  modo  davano  i  segni 
più  sicuri  p  che  non  erano  altro  che  acido  Litico  . 

Essendomi  accertato  di  questo,  mi  determinai  di  fare  uso 
del  carbonato  di  potassa  per  osservare  quello  che  fosse  ac- 
caduto . 

Nel  primo  giorno  incominciai  dal  prenderne  una  dram- 
ma ,  metà  la  mattina  a  stomaco  digiuno  ,  e  metà  la  sera  sul 
tramontar  del  sole  .  Il  mio  pranz^o  aveva  luogo  un'  ora  dopo 
il  mezzo  giorno  =  Lo  scioglieva  in  onc.  io.  d'acqua,  aveva 
/  pochissimo  sapore  ,  non  mi  portava  la  più  piccola  alterazio- 
ne allo  stomaco,  né  al  tubo  intestinale,  e  subito,  che  si 
era  la  detta  soluzione  iiitrodotta  nello  stomaco  ,  seguiva  uno 
sviluppo  d'acido  carbonico,  che  si  faceva  sentire  alla  gola 
venendo  su  per  1'  esofago  ,  e  in  seguito  ne  usciva  anche  par- 
te pel  podice  ,  segno  ,  che  seguiva  la  combinazione  della  po- 
tassa con  un  altr"^  acido  che  cacciava  1'  acido  carbonico,  dal- 
la combinazione  colla  potassa  . 

Il  secondo  giorno  portai  la  dose  a  due  dramme,  il  tfrzo 
a  tre  ,  e  continuai  così  per  lo  spazio  di  giorni  dieci  scioglien- 
dola in  ouc.   ao.  d'acqua. 

È 


Di   Paolo  Mascagni  .  6^7 

E  da  avvertirsi,  che  le  mie  orine,  come  ho  notato^  co- 
lorivano in  rosso  acceso  la  carta  colorita  colia     Lacca    IMuffa 
ili  violetto.   Ogni  volta  che  rendevo  le  orine,  facevo  la  prova 
colla  suddetta  carta  ,  e  fino  da  che  cooiinciai  a  servirmi  dei- 
la  suddetta  sostanza  salina  ,  mi  accorsi    che    diminuiva    1'  in- 
tensità  del  colore  .  11  secondo  giorno  si    ridusse    leggierissimo 
il  camhiamento  ,    e  nel    terzo  ,    non    ne    seguì    alcutio  ,    e    si 
mantenne   la  carta  del  suo  color  violetto;  si-'gno  che  era   ces- 
sato  il   predominio  deli'  acido   Litico  per  la  saturazione  avve- 
nuta .  Nel  terzo  giorno   cessarono  colla   dimiiuizione  dei  dolo- 
ri di   venir  mescolate  colle  orine  le  renelle.    In    seguito    ces- 
sarono  totalmente  i  dolori  ,  e  nelle  orine  ,  che  si  erano  rese 
più  sottili  ,   trovai   il  predominio  della  potassa  ,  come    lo    mo- 
strò la  carta  colorita  in  giallo  dalla    curcuma  ,    che  prese    un 
color  di  granato  ,  ed  altre  sostanze  ,  che  furono  saturate  dal- 
la  potassa  ,  e  formarono  dei  sali   neutri  . 

Passato  il  suddetto  tempo  lasciai  1'  uso  del  carbonato  di 
potassa.  Continuai  a  non  render  renelle  per  alcuni  mesi  .  Fai 
in  seguito  nuovarnetrte  attaccato  dall'  istesso  incomodo,  tor- 
nai a  far  uso  di  quel  carbonato  medesimo  coli'  istesso  suc- 
cesso .  Ho  replicata  questa  esperienza  medico-chimica  tutte 
le  volte  che  sono  stato  incomodato  e  sempre  con  buon  suc- 
cesso .  Attualmente  sono  due  anni  che  noti  rendo  più  re- 
nelle ,  non  ostante  che  non  mi  serva  del  carbonato  di  po- 
tassa . 

Le  suddette  esperienze  par  che  provino  ad  evidenza  , 
che  la  potassa  s'introduce  nelle  vie  orinarle  ,  e  satura  l'aci- 
do Litico,  formando  con  esso  un  sai  neutro  che  per  esser 
più  solubile  dell'  acido  Litico  stesso  impedisce  ,  che  abbia 
luogo  la  formazione  delle  conciezioni  che  costituiscono  le  re- 
nelle di  quel  genere  ,  che  ho  dt^scritto  :  pi>ssono  darsi  bensì 
renelle  di  altro  genere,  chr^  potranno  coli' esame  riconoscersi 
per  determinarsi  a  far  uso  del  suddetto  carbonato  di  potassa. 
La  potassa  ,  la  soda  ,  e  1'  ammoniaco  hanno  grande  azio- 
ne su. le  bOiianze  aiumali    concrete  j  che  derivano  da    deposi- 

zio- 


638  Sull'uso  pel  carbonato  di  totassa  ec. 

zioni  ,  le  quali  in  molte  circostanze  si  formano  dagli  umor!  ^ 
che  si  separano  per  le  porosità  inorganiche  dei  vasi  del  san- 
gue nelle  diverse  cavità  grandi  e  piccole  del  nostro  corpo  , 
onde  si  trovano  delle  sostanze  deposte  in  molti  generi  di  ma- 
lattie ,  aderenti  alla  superficie  delle  cavità  e  dei  visceri  divi- 
sati ,  e  alia  superficie  altresì  dei  varj  canali  sotto  diverso 
aspetto.  Tali  concrezioni  ora  più,  ora  meno  dense  s'incon- 
trano più  frequentemente  nei  cadaveri  di  quei  Soggetti  ,  che 
sono  morti  in  seguito  di  una  infiammazione  violenta  o  di  cor- 
to periodo  ,  o  cronica  e  lenta  .  In  quest'  ultimo  caso  coli'  in- 
crostazione dei  visceri  vi  si  vede  ordinariamente  congiunta 
una  raccolta  di  sieri  accompagnati  da  una  densa  ,  o  sciolta 
deposizione. 

Le  suddette  sostanze  concrete ^  sottoposte  all'  azione  di 
una  soluzione  non  molto  concentrata  dei  suddetti  alkali  ,  si 
scioglievano  .  Quindi  è  che  mi  figurai ,  che  potessero  gli  al- 
kali produrre  1'  istesso  effetto  nello  stato  di  vita  ;  e  ciò  mi 
fece  determinare  a  far  prova  in  certe  malattie  infiammatorie 
dell'utilità  medica  delle  dette   sostanze. 

Le  peripneuraonìe  ,  che  regnano  frequentemente  presso 
di  noi  fra  F  inverno ,  e  la  primavera  ,  in  specie  quando  per 
lungo  tempo  abbiano  soffiato  i  venti  settentrionali  ,  e  che 
r  aria  siaii  mantenuta  assai  fredda  ed  asciutta  ,  attaccano  le 
persone  più  vigorose  e  robuste  ,  che  sono  più  esposte  all' 
intemperie  dell'  aria  ,  come  i  lavoratori  delle  terre  ,  ed  in 
cert'  anni  ne  fanno  strage  grandissima  . 

In  tali  circostanze ,  nelle  persone  morte  di  lina  simil 
malattia  ho  riscontrato  ,  che  i  vasi  sanguigni  dei  polmoni  , 
e  delle  pleure  erano  eccessivamente  dilatati  ,  che  la  superfi- 
cie delle  istesse  pleure  ,  e  dei  polmoni  era  incrostata  da  una 
concrezione  linfatica  densa  più  ,  e  meno,  che  ora  si  assomi- 
gliava ad  una  gelatina  ed  ora  per  la  densità  veniva  a  forma- 
re una  falsa  membrana  divisibile  in  strati  di  diverso  grado 
di  tenacità;  che  i  bronchi,  le  loro  divisioni,  e  le  vescichet- 
te polmonali  si  riempivano  di  una  concrezione  consimile  ,  on- 
de 


Di  Paolo   Mascagni  .  6j() 

de  i  polmoni  si  riduuevaiio  per  la  loro  densità  simili  al  fe- 
gato ,  non  prestando  sotto  le  dita  quel  cedimento,  e  pieghe- 
volezza che  sono  soliti  di -mostrare.  Di  qui  è  che  le  vesci- 
chette polmonali  si  rendono  impermeabili  all'  aria  ,  il  sangue 
non  potendo  scaricarsi  di  certi  principi  ,  riceverne  altri  ,  ed 
acquistare  quelle  modificazioni  ,  che  lo  rendono  atto  a  stimola- 
re il  cuore  e  mantenere  la  vita  ,  onde  questa  cessa  ,  e  nei 
ventricoli  del  cuore  medesimo  vi  si  trova  un  sangue  nero 
con  molte  concrezioni  formate  dal  predominio  di  una  sostan- 
za albuminosa  ,  che  riempie  i  vasi  ,  che  dopo  la  morte  si 
condensa  j  simile  a  quella,  che  in  simili  malattie  forma  ordi- 
nariamente alla  superficie  del  sangue  emesso  dalla  vena  la 
crosta  di  un  bianco  verdastro  o  giallognolo  ,  che  vi  si  osser- 
va comunemente  . 

Avendo  ,  come  sopra  indicai ,  osservato  un  facile  sciogli- 
mento delle  concrezioni  surriferite  nella  soluzione  anche    de- 
bole di  potassa,  di  soda,  e    d'ammoniaco,    e  nel    1800    re- 
gnando nella  Comunità  di  Chiusdino  nella  Provincia  superio- 
re  di  Siena  tali  malattie  ,  per  cui  periva    un    numero    consi- 
derabile   dei  più    robusti    Agricoltori,    dietro    la  scorta  delle 
dette  osservazioni ,  mi  determinai  di  far  delle  prove  col  car- 
bonato di  potassa ,  e  addirittura  colla  liscivia  delle  ceneri  che 
più  abbondano  in  potassa  ,  allungando  questa  con  acqua  pio- 
vana ,  o  prima  bollita  ,  in  modo  ,  che  la  sostanza  salina  non 
portasse  sconcerto  allo  stomaco,  e  ftl  tubo    intestinale.  Feci 
in  maniera  ,  che  fosse  in  copiosa  doge  somministrata   per  be- 
vanda soluzione  siffatta-  Consigliai  a  Galgano  Mascagni,  gio- 
vine   di    molta   espettativa    rapito    da    immatura    morte  ,    ed 
allora  Medico  condotto  nella  suddetta  Comunità,  di  praticare 
r  istesso  sistema  .  La  riuscita  fu  d"  ogni  aspettazione  maggio- 
re .  Si   contavano  di  già  molte    vittime    di    questa    specie    di 
epidemia  .  Le  copiose  emissioni  di  sangue,  e  le  sostanze  me- 
dicinali solite  praticarsi   in  casi  di  tal  natura  non  producevano 
elTetto  perchè  pochi  si  risanarano  .  Il  sangue  cavato  replicata- 
mente  mostrava  alla  superficie  una  densa  crosta  .    Le    sostan- 
ze , 


.640  Sull'  uso  del  carbonato   di  potassa  ec. 

ze  ,  che  in  principio  si  espettoravano  dalla  trachea  con  tos- 
se ,  erano  molto  glutinose  ,  e  macchiate  di  sangue  le  orine 
peccavano  per  soverchia  densità  ed  erano  scarse,  il  sudore  di 
rado  si  manifestava  ,  le  glaiidule  linfatiche  si  riscontravano 
©strutte  . 

S'incominciò  l'uso  della  potassa  ,  e  ci  servivamo  a  que^t' 
effetto  del  così  detto  sai  di  tartaro  .   della  liscivia  fatta  colle 
ceneri  di  tralci  di  vite  ,  di  ginestre  ,  di    felci  ,  e  si  allungava 
la  soluzione  in  modo  che  al  palato  facesse   sentire    un    sapor 
dolcino  con  un  leggiero    piccante  .  Alcuni    aborrivano    questa 
bevanda  ,     ma    il     maggior   mimerò    la    prendeva    senza    alcu- 
na  difficoltà  .    Del    sai    di    tartaro    in   alcuni    casi  se   ne    face- 
va consumare  fino  a  tre  dramme  il    giorno  .    Tosto    che    era- 
no gli  individui  attaccati  da  tal   malattia  si  faceva  lor  fare  un' 
emissione  di   sangue  ,  e  immediatamente  si   mettevano  all'  uso 
della  suddetta  bevanda  ,  e  nella  maniera  la  piìi  manifesta  ve- 
devamo ,    che   coir  uso  della  potassa    si    rendevano    meno    te- 
naci li  spurghi  resi   per   la  trachea,   perdendo  a  poco  a  poco 
la  densità  che  avevano  sul  principio  ;   che  si  gettavano    fuori 
con   tutta   facilità  ,    e    che    si    sgravavano    sommamente  i  pol- 
moni .  Per  altra    parte    poi    si    vedeva    comparije    un    copioso 
sudoie  ,  ed   crine   più  sottili    e    in    assai    nuiggior    copia ,    così 
che  in  qut'sta    forma    scioglievasi    la    malattia   .    e    intiodotto 
1'  uso  di  questa  sostanza  ,  non  si  vide  più    perire  alcuno  della 
malattia  endemica  indicata  . 

Il  suddetto  Mascagni  mio  Cugino  riunì  molte  istorie  di 
tal  malattia  ,  ed  io  adoprerò  ogni  premura  per  rintracciare  i 
suoi  fogli  a  fine  di  renderle  pubbliche  . 

Ho  creduto  bene  di  far  conoscere  queste  osservazioni 
particolari  per  invitare  i  Clinici  a  volere  coi  loro  esperimenti 
stabilire  F  uso  in  certe  malattie  della  potassa  ,  e  delle  altre 
sostanze  alcaline.  La  potassa,  la  soda  ,  T  ammoniaco  allun- 
gati con  acqua  sono  innocentissimi  ,  e  molto  più  neutraliz- 
zati dall'acido  carbonico.  In  molte  specie  d' idropisia  ^  di 
flussi  di  umoii  ,  e    di    reumi  ^    che    riconoscono    per    cagione 


Di   Paolo  j^Iascagni  .  C^i 

r  intasamento  o  ingorgamento  in  virtù  di  sostanze  addensate 
nelle  reti ,  nei  plessi  ,  e  nelle  glandule  del  sistema  dei  vasi 
assorbenti,  l'uso  dell'ammoniaco,  della  sodale  della  potassa 
sciolte  nel  fluido  acquoso,  per  conseguenza  ili  stato  liquido, 
e  in  molte  circostanze  riguardo  all'  ammoniaco  di  fluido  ae- 
riforme ,  massimamente  quando  si  deve  applicare  alla  superfì- 
cie del  corpo,  ed  a  quella  delle  vescichette  polmonali,  pro- 
durrebbono  sicuramente  dei  notabili  efletti,  stando  ad  alcune 
osservazioni  che  abbiamo  fatte,  e  che  spetta  ai  Medici  esten- 
dere per  il  bene  degli  Uomini  .  Si  tratta  di  certe  sostanze  sa- 
line che  non  possono  assolutamente  nuocere,  quando  vengano 
usate  con  le  debite  regole  e  cautele,  mentre  dall'altra  par- 
te possono  apportare  all'  umanità  languente  immensi  van- 
taggi • 


Tomo  XI.  Mmmm  Spe- 


64a 

SPERIENZE 

SULLE  MINUGE ,    0  CORDE  D'  INTESTINI 
E  SULLE  FUNI,  0  CORDE  DI  CANAPA 

Dell'   Abate  Bonaventura  Corti 

Presentate  da  ANTONIO  CAGNOLl 

Il  dì  i5  Maggio  1804  • 

Sperienze  su  le  Minuge ,  o  Corde  d' Intestini . 

l5  ulla  parola  del  Wolfio  (i),  su  quella  di  Efraimo  Chambers 
nel  suo  Dizionario  ,  e  dell'  Enciclopedista  Parigino  alla  paro- 
la Hjgrometre  ,  e  su  quella  di  molti  altri  di  rango  io  crede- 
va j  elle  tutte  le  corde  d'intestini,  e  di  canapa  bagnate  coli* 
acqua  s'attorcigliassero,  e  s'accorciassero  nel   medesimo  tem- 
pore poscia  si  sciogliessero ,  e  s'allungassero  nel  perder  l'umi- 
do .  Fu  a  cagione  delle  giornaliere,  e  annue  mie  osservazioni 
Meteorologico  =  Botaniche  che  io  volli  fabbricarmi  anche  un 
Igrometro  con    vm    pezzetto  di  corda    d'   intestini   d'Animali. 
Con  pensier  fermo  ,  che  il  pezzetto  di  corda  nell'  umido  do- 
vesse torcersi  ,  e  sciorsi  nel  secco  ,    segnai  su  di  un  circolo  i 
gradi    dell'  umido    da  marcarsi   dall'   indice  da  destra  a  sini- 
stra, e  que'  del  secco  a  rovescio  de'  primi.    Da  una  Camera 
riscaldata  dal  fuoco  feci  passare  il  mio  Igrometro    in   aria    li- 
bera fuori   della  finestra  alle  ore  la.  del'a  sera  del  giorno  pri- 
mo di  Gennajo    1772,.  Durante  la  notte  piobbe   assai  ,  e  però 
fui  sorpreso  da  maraviglia  ,  quando  alle  sette  del  mattino  ri- 
trovai che  r  indice  avea  scorsi  i  gradi  del  secco  .  Sospettan- 
do 

(i)  Wolf.   T,  II.  Cap.  6.  Sperienz.  6  ,  e  seguent. 


Dell'  Abate  Bonaventura  Corti  .  G43 

do  di  sbaglio  diedi  di  piglio  ad  alcuni  pezzi  di  corde  d'  inte- 
stini ,  e  altri  bagnai  coli' acqua  ,  altri  ne  posi  all'  aria  sfoga- 
ta in  allora  umida  moltissimo  per  la  pioggia,  che  attualmen- 
te cadeva  ,  e  veggendoli  sciorsi  tutti  incontanente  ,  m'  avvi- 
sai del  mio  errore.  Feci  lo  stesso  usando  funicelle  semplici 
di  canapa  ,  e  mi  chiarii  vieppiù  osservandole  tutte  disciorsi  . 
Gli  accennati  esperimenti  comunque  tumultuariamente  fatti 
spronavanmi  per  1'  una  parte  a  condennare  allora  allora  colo- 
ro, i  quali  altramente  opinavano  •  Per  l'altra  il  rispetto  con  cui 
riguardava  nomi  celebrati  ,  sembrava  domandare  pivi  rigorosa 
disamina.  Il  perchè  deliberai  di  rinnovare  a  più  bell'agio  le 
mìe  sperienze  ,  e  scrupolosamente  osservare  ciò  ,  che  ne  av- 
verrebbe. Ho  eseguito  il  mio  disegno,  e  ciò,  che  verrò  spo- 
nendo si  è  quanto  ho  saputo  rintracciare  su  questo  punto  di 
fisica  sperimentale . 

Movimenti  delle  Corde  ^  intestini  bagnate  colV  Acqua . 

Prima  di  recare  in  mezzo  i  movimenti ,  che  ho  riscon- 
trati nelle  corde  d'intestini  bagnate  coli' acqua  ,  od  esposte 
all'umido  dell'  aria  sfogata,  conviene,  che  io  accenni  la  loro 
indole  ,  e  la  loro  meccanica  struttura  .  Codeste  corde  adun- 
que si  fabbricano  cogli  intestini  tenui  delle  pecore  ,  e  de' 
montoni.  Tratti  dall' animale j  1' operajo  li  purga  con  acqua, 
e  toglie  loro  le  inegualità  cagionate  o  da  pinguedine  ,  o  da 
altro  .  Per  simile  operazione  le  budella  s'  allungano  molto,  ed 
assottigliansi  per  conseguente  le  loro  pareti  .  Ridotte  al  ter- 
mine del  licercato  preparamento ,  1'  artefice  accomanda  l' una 
estremità  del  budello  a  im  pezzetto  di  legno,  che  è  quasi  un 
bischero  mobile  sul  lato  di  un  telajo  a  tal  uopo  preparato,  e 
l'altra  l'attacca  a  un  ferro  adunco  piantato  nel  centro  di  una 
rotella  ,  la  quale  posta  in  movimento  da  un'  altra  maggiore, 
volge  il  ferro  adunco,  e  torce  l'intestino,  o  gl'intestini,  se 

M  m  m  m  a  so- 


644  Sperienze  sulle  minuge  ec. 

sono  più    d'  uno  ,  ed  ecco  in  breve  formata  la  corda  .    Dopo 
questo  lavoro  ,  1'  artefice  lascia  in   riposo  la  corda  ,  o  le  cor- 
de ,  e  allora  spogliansi  in  parte  dell'  umido  ,  di  cai  abbonda- 
no ,  poscia  le  torce,  di  nuovo  una  _,  o  più  volte  ,    siccome  da 
prima.  SI  però  T  una ,  che  l'altra  torcitura  compiesi   nel  me- 
desimo senso  .  Di  queste  corde  altre  sono  formate  di    un  so- 
lo intestino  ,  ed  io  le  ho  chiamate  corde    semplici  ,    o  a  una 
fibra  sola.,  come  la  corda  della  Fig."  I."  Altre  ne  contengono 
più  d'  uno  avviticchiati    insieme  tutti  a  una  volta ,    e   le    ap- 
pello   composte  ,  o  a  due ,    tre    ò-c   fibre .    F.  a.  3.    4-    Non 
debbo  passar  oltre  senz'avvertire,  I.°  che  se  altramente    non 
verrà    indicato  ,    le    sperienze  s'    intenderanno  fatte  dentro  a 
una  camera  ,  il  cui  ambiente  è  sempre  stato  al  grado  tempe- 
rato ,  o  poco  sopra  .    II.°    L'    acqua  ,    di    cui  mi  sono  servito 
per   bagnare  le  mie  corde    1'   ho    conservata    nella    medesima 
camera  ,    e  nel  bagnarle  ho  fatto    scorrere    1'  acqua   sopra  le 
medesime  più,  e  più  volte  a  capriccio.  III.°  Il  pfeso  attacca- 
to all'  estremità   inferiore  è   stato  appena  tale    onde    rimanes- 
sero tese  in  qualche  modo  ,    minore    però  per  le  più  sottili  , 
maggiore  per  le  più  grosse  ,    ma  senza  rigorosa   proporzione  . 
Yenghiamo  ora  agli  esperimenti  . 

S.°  III. 

La  prima  sperienza  fu  da  me  fatta  su  differenti  corde 
d'  intestini  altre  delle  quali  erano  in  parte  usate ,  altre  di 
vecchia  data,  e  non  ebbi  riguardo  alcuno  né  alla  lunghezza, 
uè  al  diametro  delle  medesime  .  Disposi  queste  ,  come  tutte 
le  altre  ,  per  modo  ,  che  una  delle  loro  estremità  fosse  at- 
taccata a  un'  asta  orizzontale  ,  e  1'  altra  giacesse  perpendico- 
lare ,  e  libera  ,  salvo  il  piccolo  peso  per  tenerle  distese  .  Le 
bagnai  adunque  coli'  acqua  ,  e  tutte  all'  istante  si  sciolsero 
volgendosi  l'indice  da  a  in  bccl{i),  cioè  in  senso  contrario  a 

quel- 


(i)  Fig.   I.  e  3. 


Dell'  Abate  Bonaventura  Couti  .  6i[^) 

quello,    onde    erano   stite    attortigliate  nella  loro   formazione. 
Perduto    eli'    ebbero    1'  umido   le  bagnai   di  nuovo  ,  e   nianife- 
stossi  lo  scioglimento  come  da  prima  :    e    nell'  asciugarsi    mi 
parvero   dare  indietro  ,  e  torcersi  . 

Per  assicurarmi  della  costanza  di  questi  fenomeni  'presi 
quattro  corde  nuove,  e  fabbricate  di  fresco,  delle  quali  due 
erano  di  tre  fibre  ,  e  due  di  cinque  j  e  la  lunghezza  di  cias- 
cheduna era  di  cjuattro  piedi  parigini  .  Dispostele  come  sopra 
le  umettai  1'  una  dopo  1'  altia  osservandone  attentamente  gli 
effetti,  e  vidi  che  tutte  si  sciolsero.  Lo  scioglimento  però 
fu  assai  più  pronto  nelle  meno  composte  ,  più  lento  nelle 
più  grosse  .  Lasciai  ,d'  innaffiare  le  mie  corde ,  e  niente  di 
meno  seguitarono  a  sciorsi  .  Dopo  qualche  tempo  arrestaron- 
si  ;  indi  cominciarono  a  volgersi  in  parte  opposta  ,  cioè  da  a 
in  deb  (ì)  torcendosi.  Questo  movimento  contrario,  o  torci- 
mento seguitò  ora  più,  ora  meno  lungo  tempo  a  proporzione 
della  maggiore  ,  o  minore  tardanza  delle  corde  ad  asciugarsi 
perfettamente  .  Bagnai  in  seguito  ben  otto  volte  codesto  ap- 
parecchio di  corde  ,  conceduto  loro  lo  spazio  di  volta  in  vol- 
ta per  asciugarsi,  e  vidi  sempre  altrettanti  scioglimenti  del- 
le medesime  ,  come  ancora  un  pari  numero  di  volte  il  loro 
torcimento  nel  perder  T  umido  .  Ho  versato  su  di  altre  corde 
dell'  acqua  calda  ,  e  i  fenomeni  sono  riusciti  gli  stessi  ,  salvo 
uno  sciorsi  più  sollecito  anzi  sollecitissimo  .  Le  stesse  cose 
ho  veduto  pure  in  molte  altre  corde  a  beltà  posta  messe  al- 
la prova  bagnandole  con  aceto,  e  spirito  di  vino,  a  riserva 
di   una   maggiore  ,  o  minore   prontezza  . 

Avea  già  meco  stesso  divisato  di  non  tormentare  mai 
più  le  cimentate  quattro  corde  siccome  quelle  ,  che  erano 
omai  senza  lena  per  li  tanti ,  e  si  diversi  bagnamenti  soppor- 
tati.  Ma  dopo  un  volger  di  giorni  vennemi  in  capo  d'assog- 
gettar novamente  all'  acqua  le  due  meno  grosse  su  1'  idea  di 

\e~ 


{i)  Fi£.  ..  e  3. 


646  Spkrienze  sulle  minuge  ec. 

vederle  o  affatto  immobili  o  appena  risentite  per  lo  sciogli- 
mento .  Ma  che?  al  tocco  dell'acqua,  o  poco  dopo  anzi  che 
rimaner  senza  movimento  ,  o  sciogliersi  ,  le  vidi  attortigliar- 
si .  Posimi  ad  osservare  con  singolare  curiosità  se  al  perdere 
che  facean  l'umido  nascesse  nelle  medesime  movimento  con- 
trario di  scioiilimento:  e  in  fatti  le  osservai  riffare  la  strada, 
e  sciorsi  benché  lentamente  .  Innaffiate  in  seguito  per  molti 
giorni  vidi  ì  medesimi  fenomeni,  quantunque  simili  movimen- 
ti si  eseguissero  lentamente  in  corde  omai  spossate  , 

Per  questo  impensato  accidente  mi  vidi  in  necessità  di 
prendere  nuova  serie  di  corde  dubitando  non  si  potesse  forse 
manifestare  lo  stesso  fenomeno  nelle  medesime  anche  la  pri- 
ma volta  bagnate.  Scelsi  adunque  sei  corde,  la  cui  lunghezza 
era  di  cinque  piedi  :  due  di  una  fibra  sola  ,  due  di  tre  ,  e  l'al- 
tre due  di  quattro  »  Le  bagnai  al  solito  ,  e  tutte  sì  sciolsero 
prontamente  non  una ,  ma  ben  tre  volte  in  differenti  giorni 
innaffiate.  Assoggettate  all'acqua  la  quarta  volta  m'  accorsi 
finalmente  come  tre  delle  composte  tentarono  di  torcersi  , 
poi  si  rimisero  all'usato  scioglimento.  D"  indi  in  poi  replican- 
do i  bagnamenli  fino  a  venti  volte  le  quattro  composte  sem- 
pre incominciarono  a  moversi  torcendosi  più  o  meno ,  non 
così  le  semplici ,  le  quali  sempre  si  sciolsero  . 

L'  aveie  osservato  come  le  corde  replicatamente  innac- 
quate mostravano  sjjire  assai  malmenate  ,  e  che  allora  ap- 
punto inumidite  incominciavano  a  torcersi  ,  fu  cagione  onde 
io  dessi  di  piglio  a  nuova  serie  .  Queste  corde  e  per  lo  nu- 
mero,  e  pe'diametri  erano  affatto  eguali  alle  precedenti-,  ma 
il  peso  loro  accomandato  fu  di  gran  lunga  maggiore  di  quel- 
lo saria  bastato  per  tenerle  solamente  distese  ,  anzi  era  nato 
fatto  per  allungarle  violentemente  ,  e  sconcertare  le  loro  spi- 
re .  Appena  furono  tocche  dall'  acqua  che  tutte  si  sciolsero 
con  singolare  prestezza  ,  e  allungaronsi  moltissimo  ,  e  allo 
svaporare  delT  umido  si  torsero  ,  ma  poco  .  Tosto  che  furo- 
no seccate  visitai  le  loro  spire,  e  le  ritrovai  del  tutto  mal- 
ooncie  :  Bagnai  queste  corde,  e  tutte  immantinenti  s'attorti- 
glia- 


Dell'  Abate  Bonaventura  Corti  .  647 

gllarono  .  In  questo  innaflìamento  avca  liberate  le  corde  dal 
peso  soverchiamente  grande ,  e  avea  sostituito  il  peso  con- 
sueto leggerissimo  .  Codeste  corde  torcendosi  sempre  tanto 
perderono  dell'  acquistata  lunghezza  ,  che  diseccate  ,  riusciro- 
no più  brevi  della  primiera  fissata  misura  di  (juattro  piedi  , 
specialmente  le  due  semplici  .  Ho  innaffiate  poscia  più  ,  e 
più  volte  le  stesse  corde  ,  e  le  composte  sonosi  sempre  più 
o  meno  torte  da  principio,  indi  disciolle  al  pari  dell'  altre  , 
ma  le  semplici  per  lo  più  si  sono  sciolte  . 

Traile  tante  corde  d' intestini  ,  che  ho  bagnate,  due  so- 
le ne  ho  incontrate  una  di  quattro  fibre  ,  V  altra  di  una  so- 
la ,  le  quali  dopo  il  primo  innaffiamento  ,  in  cui  non  erano 
già  state  violentemente  sconcertate  ,  sempre  si  torsero  per 
due  o  tre  giri,  indi  si  sciolsero.  Ho  poste  moltissime  corde 
d'  intestini  all'  aria  umida  ,  ed  ho  veduti  in  esse  compiersi 
lo  scioglimento  ,  durante  V  umido  ,  indi  il  torcimento  nell' 
asciugarsi  .  Ho  bagnate  con  olio  d'  ulivo  corde  d'  intestini  e 
nuove  ,  e  usate  :  delle  prime  tal'  una  si  è  sciolta  per  un  in- 
tero giro  d'  indice  in  una  giornata  ,  tale  altra  si  è  contenta- 
ta di  una  metà  ,  o  di  un  quarto  .  Delle  seconde  alcune  han- 
no solamente  dato  segno  di  scioglimento . 

Dalle  surriferite  replicatissinie  sperienze  parmi  d'  essere 
a  portata  di  stabilire  le  seguenti  leggi,  cioè: 

I.  Tutte  le  corde  d'  intestini  bagnate  coli'  acqua  la  pri- 
ma  volta  si   sciolgono,  e   tutte  nell' asciugarsi  si  torcono. 

II.  Tutte  le  suddette  corde  composte  bagnate  più  ,  e 
più  volte  alla  fine  si  torcono  più,  o  meno,  indi  sì  sciolgono, 

HI.  S'  incontrano  talvolta  corde  di  tal  umore  che  nel 
secondo  innaffiamento  si  torcono  per  alcuni  giri  ,  poscia  si 
sciolgono  . 

IV.  Le  più  sottili  ,  il  resto  pari  ^  sono  più  snelle  ,  e 
pronte  ;  e  le  più  grosse  sono  più  pigre  ne'  loro  movimenti  . 


S-°  IV. 


648  SrEUIENZE    SULLE    MINUGE    CC. 

S-°  IV. 

Ragioni  Fisiche  delle  Leggi  stabilite  , 

Rimane  ora  a  cercare  quali  sieno  le  ragioni  fisiche  delle 
accennate    leggi    de'  movimenti    delle    corde    d'  intestini  .  E 
■quanto  alla  prima  parte  delia  prima  ,  cioè  ,  che  tutte  le  cor- 
de d'  intestini  bagnate  la  prima  volta  si  sciolgono  ,    converrà 
forse  por  niente  ,    che  comunque  le  budella    ridotte    a    corde 
vengano  poste  in  uno  stato  alle    medesime    del  tutto  stranie- 
ro ,    diventando    forzatamente  una  spirale  \,   ridotte    però    ima 
volta  a  quella  forma  sono  gelosissime  di  conservarla.  Quindi 
per  una  certa   rigidezza ,    che  le  loro  parti  hanno    acquistata 
rimanendo  asciugate  in  tale  stato  ,    e    per  una  certa  elastici- 
tà ,    che  nasce  e  dalla  rigidezza ,    e    dalla    disposizione    delle 
loro  parti  cozzano  con  qualunque  potenza  ,  perchè   non  tolga 
loro    r  accennata   rigidezza  ,  ed  elasticità  .    Anche  una  specie 
di  glutine  naturale    alle    budella    preparate  per  le  corde  con- 
corre   a    renderle    tenaci    della    loro    spirale  .    Per    rimovere 
adunque   le    corde  da  codesto    stato    vuoici   una  cagione  ,    la 
quale  tolga  la  rigidezza  alle  parti,  e  alle  spire  ,  sciolga  quel 
glutine^  ed  infievolisca  l' elasticità  ^   e  questo  agente  si  è  ap- 
punto   r    acqua  .   È   già    nota  abbastanza  la   forza  attraente  o 
simpatica    tra    1'  acqua  e  i  corpi ,    cui    penetra  .    E    siccome 
r  acqua  penetra  mirabilmente  le  budella  allora  quando    pre- 
paransi  per  farne  delle  corde  ,  così  dee  spingersi  ,  e  in  real- 
tà si  spinge  dentro  le  corde    in    virtù    del    medesimo    princi- 
pio .  Facciasi  dunque    scorrere    dell'  acqua  su  di  una  corda  , 
quell'acqua  la  penetrerà;  cioè  a  dire  le  particelle  dell'acqua 
a  maniera  d'  innumerevoli  cunei  si  spingeranno  dentro  a'  po- 
ri delle  parti  esteriori    della  corda  ,  investiranno  le  parti  in- 
teriori ,  s'insinueranno  tra  le  labbra  delle   spire,  e  rammolli- 
ranno il  glutine  ,    che    insieme    strignevale  .  E  in  quella  gui- 
sa ,  che  le  legna  ,  le  pelli  efcc.  penetrate  dall'  acqua  si  dila- 
ta- 


Dell'  Ab.  Bonaventura   Couti  .  649 

tano  ,  perdono  la  rigidezza,  e  l' elasticità  ^  cfj.si  addiviene 
della  nostra  corda  .  Frattanto  gonfiatisi  le  parti  tutte  ,  e  non 
potendo  le  spire  essere  contenute  negli  spazj  di  prima  ,  cer- 
cano dilatamento,  e  creansi  movimenti  in  tutte  le  parti  del- 
la corda  .  Codesti  movinietiti  non  ponno  eseguirsi  da  sinistra 
a  destra  ,  cioè  da  a  in  deh  (i)  mentre  in  questa  ipotesi  le 
spire  dovrebbero  vieppiù  serrarsi  insieme  .  È  dunque  mestie- 
ri che  compiansi  da  destra  a  sinistra  ^  vale  a  dire  da  a  in 
bcd  ,  e  che  la  corda  si  sciolga  ,  e  si  scomponga  \  ovvero  che 
le  fibre  cerchino  di  ritornare  allo  stato  loro  naturale  ,  tolta  la 
rigidezza  ,  e  quella  forza  ,  che  in  virtù  della  torcitura  tene- 
vale  soggette  alla  forma  spirale  . 

L'  altra  parte  della  medesima  legge  consiste  in  questo 
che  tutte  le  corde  d'  intestini  al  partire  delV  umido  si  torco- 
no .  La  ragione  di  questo  fenomeno  sembra  nascere  dalla 
meccanica  stessa  delle  nostre  corde .  Conciossiachè  quando  per 
l'azione  dell'acqua  si  sono  sciolte  ,  sono  state  rimosse  da  una 
modificazione  già  divenuta  loro  necessaria  ,  e  quasi  naturale, 
a  cui  per  conseguenza  ritornano  qualora  tolgasi  la  cagione  , 
che  disturbolle  da  quella  forma .  Così  se  di  un  sottil  filo 
d'  acciajo  fabbrichisi  una  spirale  ,  indi  per  forza  se  ne  scon- 
certino i  giri  ,  si  rifaranno  le  spire  tosto  che  cesserà  la  vio- 
lenza .  Passando  adunque  1'  umido  delle  corde  nelT  aria  ,  elio 
le  lambisce  ,  le  parti  ,  e  le  labbra  delle  spire  s'  accostano  ^  il 
tessuto  ritorna  serrato  ^  risvegliansi  ,  e  tornano  in  campo  la 
rigidezza  ,  e  la  forza  ,  che  spiguevale  alla  configurazione  spi- 
rale ,  che  è  poi  quanto  dire  ,  che  le  corde  si  torcono  ,  e  si 
ricompongono  le  spire  . 

Dal    detto   finora  discende  la  ragione  della  seconda  leg- 
ge ,    la  quale   stabilisce  ,    che   le   corde   d'   intestini  molte  ,  e 
molte  volte  innacquate  alla  fine  si  torcono  ,  indi  si  sciolgono  . 
Poiché    i    bagnamenti  ,    e    scioglimenti    tante    volte    replicati 
Tomo  XI.  N  n  n  n  spos- 


(i)  Fig.    I.  j  e  a. 


bSo  Speriea'ze  òulle  MiwuGE  ec. 

spossano  le  iìbre  ,  e  spogliaiile  in  gran  parte  della  loro  ener- 
gia ,  sconcertano  moltissimo  1'  ordine  delle  spire,  che  nello 
svaporare  dell'umido  con  singolare  lentezza  si  ricompongono. 
Frattanto  le  corde  ,  che  pigramente  si  torcono  sono  sorprese 
tra  via  dal  secco  ,  cioè  a  dire  il  glutine  indura  ,  e  le  parti 
rimangono  inceppate  ,  sendo  troppo  tenue  la  forza  ,  che  le 
spigne  a  torcersi  per  vincere  gli  ostacoli  .  Le  spire  adunque , 
le  quali  tendevano  a  chiudersi  rimangono  aperte  ,  e  tutta  la 
corda  in  tale  stato  irrigidita  .  Sopravvenga  ora  l'acqua,  e  ba- 
gni codesta  corda  ^  il  glutine  s'  ammollisce  ^  l'inceppamento 
si  toglie,  l'accennata  debole  forza  prevale,  le  spire  vanno  a 
chiudersi  ,  e  la  corda  si  torce  .  Ma  non  va  guari ,  che  la  me- 
desima corda  dà  indietro  ,  e  si  scioglie  per  le  ragioni  accen- 
nate alla  prima  legge  .  Che  se  le  corde  saranno  state  strana- 
mente tormentate  ^  allora  potranno  anche  torcersi  sempre  o 
quasi  sempre  senza  sciorsi  ,  o  sciorrannosi  pochissimo  .  Attac- 
cai un  peso  di  tre  libbre  ad  alcune  corde  di  due  fibre  ;  le 
innaffiai,  e  si  sciolsero  con  singolare  prestezza  allungandosi 
fuor  di  misura  sì  nel  primo  j  che  nel  secondo  bagnamento, 
e  senza  dare  indietro  nelT  asciugarsi  .  Bagnate  la  terza  volta 
si  torsero  perpetuamente  nel  tempo  ,  in  cui  sovr'  esse  scor- 
reva r  acqua  ,  e  dopo  ancora  ,  e  solamente  sul  tardi ,  e  per 
poco  si  sciolsero  . 

Che  se  ci  verranno  alle  mani  corde  di  tal  natura,  onde 
bagnate  anche  la  prima  volta  rimangano  soverchiamente  dan- 
neggiate nelle  loro  spire,  codeste  corde  al  secondo,  o  terzo 
innaffiamento  più  o  meno  si  torceranno  j  e  poi  giusta  il  co- 
stume si  scioglieranno  ,  per  le  ragioni  di  sopra  accennate  , 
Ed  ecco  il  perchè  della  terza  legge  ,  che  vuole  ,  che  talvol- 
ta s' incontrino  corde  dì  tale  umore ,  le  quali  nel  secondo  in- 
naffiamento si  torcano  . 

L'ultima  ci  assicura,  che  le  corde  più  sottili  sono  anche 
più  pronte  ai  movimenti  ^  il  resto  pari.  Io  sono  d'avviso  che 
tutto  questo  dipenda  dalla  meccanica  struttura  di  queste  cor- 
de .    Imperciocché    egli    è    certo  ,    che  le  piìi  sottili  contano 


mag- 


Dell' Ab.  Bonaventuua   Couti  .  65l 

maggior  numero  di  spire  di  quello  ne  abbiano  le  più  grosse 
in  pari  lunghezza  .  Egli  è  anche  fuor  di  quistiorie  ,  che  le 
più  sottili  hanno  maggior  superficie  a  proporzione  ,  di  quello 
abbiano  le  più  grosse  .  Quella  maggior  superficie  ,  e  quel 
maggior  numero  di  spire  presentano  all'  acqua  ,  che  le  inve- 
ste contatti  più  replicati,  ingressi  più  facili  alle  parti  inte- 
riori ,  penetrazione  più  pronta  ,  aprimenti  di  spire  più  solle- 
citi ,  e  in  fine  scioglimenti  più  snelli  .  Per  1'  accennata  più 
estesa  superfizie  l'  aria  proporzionalmente  più  le  lambisce  , 
più  presto  le  spoglia  dell'umido,  e  però  sono  le  prime  a  da- 
re indietro  in  faccia  alle  corde  di  maggior  diametro  . 

Allungamenti ,  e  accorciamenti  delle  corde  d' intestini 
bagnate  coli'  acqua . 

Dopo  avere  osservato  ì  movimenti  delle  mie  corde  ,  po- 
simi ad  investigare  se,  come,  e  quando  allungavansi  ,  od  ac- 
corciavansi  ,  qualora  erano  investite  dall'  acqua  .  Bagnate  a 
questo  fine  differenti  corde  d'  intestini  e  nuove,  e  usate  , 
non  seppi  mai  vedere  in  esse  altro  che  il  loro  sciorsi ,  e  il 
loro  allungarsi  nel  tempo  dell'  innacquamento ,  poi  il  loro 
torcersi,  ed  abbreviarsi  allo  svanire  delT  umido.  Volli  ripe- 
tere lo  stesso  cimento  due  altre  volte  ,  e  i  risultati  furono 
sempre  i  medesimi .  Era  già  presto  a  stabilire  un  Canone  , 
cioè  che  tutte  le  corde  per  l'umido  s'  allungavano,  e  accor- 
ciavansi  pel  secco  .  Ma  1'  autorità  de'  chiarissimi  Filosofi  da 
principio  nominati,  creavami  un  rimorso,  cui  non  sapea  sof- 
fogare . 

Prese  adunque  due  corde  lunghe  quattro  piedi  nuove ,  e 
semplici  ,  che  è  quanto  dire  delle  più  prodighe  de'  loro  feno- 
meni ,  e  appiccato  alla  parte  inferiore  delle  medesime  un 
piccolo  peso  ,  indi  marcata  scrupolosamente  la  distanza  dell' 
estremità  inferiore  del  peso  dal  sottoposto  piano ,  una  ne  ba- 

N  n  n  n  a  gnai  . 


05a  Sperijinze  sulle  mi:iugs  ec 

gnai  .  Questa  al  sentir  1'  umido  già  tosto  si  sciolse,  e  adatta- 
ta r  infallibile  misura  tra  1'  estremità  nominata  del  peso  ,  e 
il  piano,  la  corda  mi  si  fece  vedere  di  un  pelo  allungata. 
Un  pezzetto  di  spugna  adattato  all'  estremità  superiore  del- 
la medesima  corda  le  somministrava  1'  acqua  poco  a  poco  , 
ed  essa  scioglievasi  velocemente,  e  vieppiù  alluogavasi .  Do- 
po un  minuto  e  mezzo  o  circa  giunse  ad  acquistare  una  lun- 
ghezza di  4-  linee.  Continuava  1'  innaffiamento  della  corda, 
ed  io  aspettava  nuovo  allungamento  ,  cui  pareami  presagire 
sicuro  lo  sciorsi  sollecitissimo  che  allora  facea  .  Adattata  pe- 
rò la  misura,  vidi  con  r;on  poca  mia  maraviglia,  che  la  cor- 
da quasi  pentita  ,  e  malgrado  uno  scioglimento  continuato 
diedesi  ad  accorciar-i ,  q  scioglieadosi  sempre  ,  giunse  a  far- 
si più  breve  per  ben  tre  pollici  parigini,  compresovi  l'acqui- 
stato, vaatargio  di  4*  Lin^e  .  Soppesi  1'  innaffiamento  ,  e  la 
corda  perdendo  1'  umido  tornò  su  i  suoi  passi  ,  giusta  il  co- 
stume 5  e  abbreviossi  di  un  altro  pollice  .  Posi  allo  stesso  ci- 
mento anche  la  seconda  corda  ,  adoperando  in  tutto  e  per 
tutto  come  nella  prima  sperienza  ,  e  vidi  chiarissimamente 
r  allungarsi  da  principio  ,  poscia  1'  accorciarsi  ,  siccome  nell' 
altra  .  Il  giorno  vegnente  richiamai  all'  innaffiamento  tutte  e 
due  le  mie  corde,  e  tosto  appalesossi  T  allungamento  .  Giun- 
to alle  quattro  linee  ,  poi  al  mezzo  pollice  ,  m'  avvisava  di 
vederne  1'  accorciamento  ,  ma  coraggiose  andarono  innanzi  , 
né  mai  più  s'  accorciarono  se  non  se  allora  quando  incomin- 
ciò a  svaporar  1'  umido  ,  e  si  torsero ,  poiché  oltrepassarono 
l'abbreviamento  della  prima  volta  .  Molte  altre  volte  in  dif- 
ferenti gioinate  rinnovai  la  stessa  prova  ,  né  altro  più  osser- 
vai olle  allungamento  in  tempo  d'  umido  ,  e  accorciamento 
al  ritornare  del  secco . 

Pei-  assicurarmi  della  im*nutabilità  di  codesti  fenomeni 
scelsi  altre  quattro  corde  nuove  ,  e  semplici ,  due  delle  qua- 
li erano  colorate  di  violetto  :  bagnandole  vidi  i  seguenti  ef- 
fetti .  Le  due  prime  non  colorate  al  ricever  l'acqua  si  sciol- 
sero j  ed  alluugaronsi  T  una  per  tre  linee  ^  V  altra  per  quat- 
tro , 


Dell'  Ad.  Bonavuntuiia   Corti  .  653 

tra  ,  o  circa  :  indi  sopravvenne  ì'  accorcimnenlo  fino  a  ìirn'C 
II.  nella  piiiìia^  e  a  linee  7.  Italia  seconda.  Asciugandoai 
poi,  e  ritornando  indietro,  il  totale  aMircvi;imi^nto  fu  di  due 
pollici  nella  prima  ,  nell'  altra  un  pollice  ,  e  linee  7.  D  'Ite 
due  colorate,  comecliè  meno  risentite,  una  s'allungò  lii.ee 
a.  ,  r  altra  linee  3.  ,  o  circa  .  Neil'  accorciarsi  durando  lo 
scioglimento  la  prima  divenne  più  breve  linee  5.  ,  la  Sfcon- 
da  linee  ;i.  Nel  seccarsi  ,  e  torcendosi  ,  qu  Ila  perde  in  tut- 
to pollici    I.  linee  2, —  ,  questa  pollici   i.  l'nee  S -— della  co- 

inune  lunghezza  di  quattro  piedi  .  Io  non  lasciai  di  replicare 
gP  innaffiamenti  di  codeste  corde  per  molti  giorni  consecuti- 
vi ,  e  d'indi  in  poi  le  vidi  costantemente  allungarsi  nel  bere 
1'  umido  ,  e  abbreviarsi  solamente  alio  svaporare  del  medesi- 
mo,  e  allorché  davano  indietro.  Molt*  altre  coide  nuove  dif- 
ferenti per  diametro, per  lunghezza,  per  energìa  sono  state  da 
me  poste  ai  medesimi  cimenti  ,  e  gli  effetti  sono  riusciti  gli 
stessi,  salvo  il  più,  o  il  meno.  Ciò  però  vuoisi  inteso  ,  pur- 
ché le  corde  sicno  state  dall'  acqua  ben  penetrate  la  prima 
volta.  Altramente  le  corde  allunglieraimcsi ,  e  poi  s'  accor- 
deranno sciogliendosi  anche  la  seconda  volta,  quasi  fosse  il 
primo  innac{(uamento .  E  questo  di  leggieri  accade  nelle  cor- 
de esposte  air  umido  dell'  atmosfera  .  Ho  ancora  osservato 
che  il  mairgiore  allungamento,  e  accorciamento  continuato 
non  s'ottiene  già  sempre  la  prima,  o  le  prime  volte,  in  cui 
le  corde  ricevono,  e  peidon  1'  umido.  Peiò  generalmente 
sminuisce  l'allungamento  cagionato  dall'umido,  e  fassi  mag- 
giore l'accoroiamento  nel  passare  alla  siccità  ,  con)unqiie  ciò 
segua  senza  regola  .  La  ragione  si  è  perchè  dipendono  questi 
effetti  dalle  ciicostanze  della  tempera  dell'aria  in  cui  si  fan- 
no gli  sperimenti,  dal  grado  dell'umido  regnante  allora  nell' 
atmosfera  ,  e  dall'  indole  delle  corde  ;  cose  tutte  ,  le  quali 
mal   soffrono  leggi  contatiti  , 

Un  giorno  bagnando  corde  per  li  raoUissiini  innaffiamen- 
ti 


65-j,  SpERILKZE    SUL!  e    3IIÌMUGE    CC. 

ti  oinai  spossate  ,    e    che    perciò  non  davano  segno  dì  movN 
mento  se  non  se  dopo  un  minuto  ,    o    eira  ,    m'   accorsi    clie 
niente  di  meno  s'allungavano  quando  per  una,  quando  per  due 
linee  ,    e    ciò    avvenne  talvolta  quando  i  movimenti   ricomin- 
ciavano dal  torcersi.   II  perchè  sospettai ,  che  le  corde  d'in- 
testini potessero  allungarsi  anclie  allora  quando  fossero  impe- 
dite allo  sciorsi  .  Fissate  due  colonnette  come  AB  (i)  attaccai 
all'estremità  inferiore  di  una  corda  usata  un  leggerissimo  ba- 
stoncino CD,  il  quale  poteva  bensì  ascendere  ,  e  discendere 
tra  le  due  coloncine  ,    ma    non    già  volgersi  attorno  ,  e  però 
la  corda  era  bensì  in  libertà  di  allungarsi  ,    o  di  accorciarsi  , 
ma  non  di  sciorsi ,  o  attortigliarsi  .    Bagnai  questa  corda  così 
inceppata^  e  tosto  manifestossi  1'  allungamento  della  medesi- 
ma ,  indi  r  accojciamento  al  partire  dell'    umide  ,  quasi   non 
altramente  ,  che  se  fosse  stata  libera  .    Ho    posto    allo    stesso 
cimento  molt' altre  corde  similmente  usate  ,  e  i  fenomeni  so- 
no stati  i  medesimi  per  modo  ,  che  non   ho  dubitato  d'  asse- 
rire ,  che  l'allungarsi,  e  T  abbreviarsi  delle  nostre  corde  non 
è  sempre  dovuto  allo  sciorsi  ,    o  torcersi  libero  delle  medesi- 
me coir  altre  circostanze  accennate  di  sopra  . 

Parca  cosa  naturale  il  conchiudere  qualche  allungamen- 
to anche  nelle  corde  nuove  similmente  bagnate  ,  ed  infrena- 
te .  Pure  volli  assicurarmene  colla  sperienza ,  e  ne  fui  con- 
tento .  Due  corde  nuove  1'  una  di  due  ,  l'altra  di  tre  fibre 
furono  disposte  come  nella  Fig.  IV.  Bagnai  la  più  composta^ 
ed  essa  non  mi  parve  allungarsi  sensibilmente,  ma  sibbene 
acccrciossi  senza  dimora  .  Erano  singolarissimi  gli  sforzi  ,  che 
facea  quella  corda  per  isciorsi  ,  e  non  potendovi  riuscire  in- 
cominciò a  prendere  varie  curvature  in  differenti  tratti  di 
sua  lunghezza.  Quelle  curvature  da  prima  larghe  impiccoliro- 
no, due  serraronsi  insieme,  e  formarono  una  spira  bellissima. 
A  questa  un'  altra  s'  aggiunse  ,  indi   dell'  altre  ,  per  le  quali 

ven- 


(I)  Fig.  4. 


Dell'  Ab.  Bonwea-tura  Corti  .  C)") 

venne    a    foiinaisi    nella    corda    come    un    pezzo    di    cilindro 
a  ,  b,  e,  cimile  al  maschio  della  vite  (i).    Un    altro  cilindro 
simile  al  primo  comparve  nell'estremità  inferiore  cioè  fi,  .?, 
ed  altri  se  ne  sarebbono  vednti^  se  per  un  accidente  la  cor- 
da non  si  fosse  posta  in  libertà  j    e    sciolta    iniprovisamente  . 
In  tanto  la  corda   si   era  abbreviata  per  più  di   mezzo    piede  , 
ed    erasi    ancora    gonfiata    non    poco  .    Passai  alla  seconda  ,  e 
questa    senza    allungarsi    né    punto  né  poco    tosto  si  fece  più 
breve  ,  qua  ,  e  là  incurvossi  ,  e  non  andò    guari  ,  che  vider- 
si  tre  cilindri  <]i  spire  serratissime  1'  uno    de'  quali  era  com- 
posto di  3o  ,   gli   altri   due  di  9  di  quelle    spire  .    E  come  le 
spire    nascevano    dallo    sforzo    delle    corde    per  isciorài  ,  e  Io 
scioglimento    tentavasi    inferiormente    da    sinistra  a  destra^  e 
superiormente  da  destra  a  sinistra  giusta  l'indole  della  torci- 
tura della  corda,  così  le  spire  vedevansi  nascere  di  sopra,  e 
di  sotto  ,  ma  V  une  a  rovescio  dell'  altie  .    In  tanto  la  corda 
erasi    accorciata    straordinariamente    per    piedi    i  ,  pollici  4  5 
linee  8  .   Sospeso  il  versar  dell'  acqua,  gli  sforzi  allo  sciogli- 
mento cessarono  ,  e  la  corda  incominciò  a  perder    1'   umido  , 
svanirono  le  spire,   e  la  corda  asciugata  avea  licuperato   méz- 
zo piede  della  perduta  lunghezza  .    Gli  stessi  fenomeni  mani- 
festaronsi  a  proporzione  in  altre  corde  nuove  alla  stessa  pro- 
va assoggettate  .  In  forza  delle  accennate  osservazioni   passo  a 
stabilire    alcune    leggi    su   gli    allungamenti  j  e  abbreviamenti 
delle   mie  corde,  e  sono: 

J.°  Tutte  le  corde  d'  intestini  nuove  ,  e  libere  bagnate 
la  piima  volta  con  acqua  &'  allungano  un  poco,  indi  s'  ab- 
breviano ,  quantunque  continuanif-nte  si  sciolgano  . 

11.°  Tutte  le  suddette   corde  s'accorciano  nell'asciugarsi . 

111.°  Tutte  le  corde  d'intestini  ben  penetrate  dall'acqua 
la  prima  volta  s'allungano  poi  sempre  in  avvenire  nel  tempo 
deli'  innaffiamento  . 

IV.° 


(1)  Fig.  4. 


656  Spehienze  sulle  sriNucE  ec. 

IV.°  AI  sopraggiugnere  ,  e  allo  svanire  dell'  umido  più 
s'allungano,  e  s' actorciano  le  più  sottili  j  meno  le  più  gros- 
se j  il  resto  pari. 

V.°  Le  corde  usate  ,  e  non  libere  a  i  movimenti  da  pri- 
ma s'  allungano  un  poco  j,  indi  s'  accorciano  in  tempo  dell' 
inuacquamento  ;  le  nuove  s'  abbreviano  solamente  ,  e  non 
s'  allungano  se  non  se  perdendo  1'  umido  . 

%?  VL 

Ragioni  Fisiche  delle  leggi  stabilite . 

Qualunque    volta   1'   acqua  investe  la  superficie  esteriore 
delle  nostre  corde  s'insinua  con  violenza  dentro  alle  medesi- 
me .    E    come  le  labbra  delle  spize  sono  le  più    facili  a  con- 
cedere l'ingresso  all'acqua,  questa  nell' insinuarsi  le  spinge, 
le  distacca  ,    e    le    allontana    alquanto  ,    e    però  le  corde    sul 
principio  dell'  innaffiamento    s'   allungano  per  qualche  line£^  . 
L'acqua  apertesi  le  strade,  s' iinpadronisce  dell'interno  delle 
corde,    ne    rimove    tutte    le    parti,    e    la    corda    tutta    dall' 
imo    al    sommo    si    gonfia,   ed    ecco  cessare  l'allungamento, 
'   e  succedere    1'  abbreviamento.    Ciò    meglio    s'  intenderà  ,    se 
ponghiam  mente  ,    che    quando  il  cordajuolo  fabbrica  le  cor- 
de 5  col  torcimento  cagiona  gran  violenza  nelle  fibre  longitu- 
dinali delle  budella  costrignendole  ad  allungarsi  ,  in  ispeziali- 
tà  le  esteriori    per    1'  arco    maggiore  che  deon  fare  ,    intanto 
che  le  interiori  più  tosto  comprimonsi .    Qualora  dunque  per 
r  umido  s'    ammolliscano  le  parti  ,  e  si  tolgano  i  legami  ,  le 
fibre  in  pria  violentate  rimettonsi  ,    in    parte    almeno ,    nello 
stato  primiero  dando  indietro ,    accorciandosi  ,    e    dilatandosi 
insieme,  che  è  quanto  dire,  la  corda  s'accorcia.  Egli  è  ve- 
ro ,  che  lo  sciorsi  continuato  delle  corde  sembra  essere  ,  an- 
zi lo  è  contrario  al  loro  abbreviarsi  :    ma  se  vogliasi    riflette- 
re,  che  questo  scioglimento    giova    moltissimo    per  agevolare 
i*  entrata  dell'  acqua  nell'  interior  della  corda  ,  1'   ingrossare 

<lt 


Dell'  Ab.  Bonaventura  Corti  .  65 '^ 

di  lei  in  tutte  le  sue  parti  ,  e  tendere  a  rimettersi  nel  pri- 
stino stato  cagionerà  nella  corda  maggiore  accorciamento  di 
quello  produca  allungamento  lo  sciorsi  continuato  della  me- 
desima .  Questo  è  ciò  ,  che  ho  creduto  di  poter  dire  su  la 
prima  legge  ,  la  quale  asserisce  ,  che  tutte  le  corde  nuove  , 
e  libere  bagnate  la  prima  volta  s'  allungano  un  poco  ,  indi 
s'  accorciano  . 

Ho  asserito  in  secondo  luogo  ,  che  tutte  le  corJe    d'  in- 
testini   5'  accorciano    nell'  asciugarsi  .  Qualora    T  umido    passa 
dalle  corde  nell'aria,  i  pon  delle    particelle    delle    fibre,     e 
le  labbra  stesse  delle  spire    vengono    liberate    dalle  particole 
acquee,  le  quali  toglievano  alla  corda  la    sua    energia  .    Tor- 
na dunque  in   campo  quella    forza,    la    quale    spiiigevale    alla 
spuale  ,  la  corda  si  torce  ,  e  ristabiliscousi  alla  meglio  gli  an- 
tichi contatti  tra  parti  e  parti ,  tra  fibra  e  fibra  ,  tra  spira  e 
spira  ;  cose  tutte ,  le  quali  seco  portano  1'  abbreviamento  del- 
la lunghezza  della  corda  .  Quindi  quantunque    nel    primo    in- 
naffiamento la  corda  siasi  abbreviata   anche    nel    tempo  ,    nel 
quale  scioglievasi  ,  per  le  ragioni   recate    nella   prima    leege  , 
seguirà  ad  accorciarsi  anche    asciugandosi  ,    giacché    allora    si 
torce  .NNegli  altri  bagnamenti  poi,  in  cui   la    corda    s'allun- 
ga, non  solamente  perderà  l'acquistata  lunghezza,  svaporan- 
do r  umido  ,  ma  diverrà  più  breve  ancora  di  volta  in  volta, 
fino  però  a  un   termine  discreto  .   Conciossiachè  le   corde    pe- 
netrate dall'  acqua  ,  e  ammollite  cerchino  di  sempre  sottrarsi 
dallo  stato  violento  della  torcitura  ,   la   quale    allungò    sover- 
chiamente le  loro   fibre  ,    e    di    rimettersi    nel    primiero    loro 
essere  quanto  piìi  il  possano,  quantunque  in   tale  circostanza 
s'  allunghino  .   Svanisca  1'  umido  ,    e    le    corde    ricomporranno 
le  spire  malmenate  ,  ma  il  faranno    per  modo  ,   che  le   fibre 
longitudinali    nel  piegarsi     non    ritorneranno   più    al    termine 
d'onde  partirono  l'altra  volta,  perdendo  cosi  più  o  meno  di 
loro  lunghezza.  Quindi  è,    in    paite    almeno,    che    le    corde 
d'intestini    assoggf-ttate    all'acqua    ingrossano  qualche    poco. 
Conviene  ancora  avvertire  ,  che  1'  acqua  sulle    corde    versata 
2 omo  XI.  O  o  00  por- 


658  Speuienze  sulle  minuge  ec. 

porta  seco  più  ,  o  meno  di  certa  loro  sostanza  ,  o  glutine  , 
perchè  allora  diventa  assai  molle.  Se  quell'acqua  raccolgasi  , 
e  si  ponga  a  svaporare  lascia  nel  fondo  una  crosta  ,  la  quale 
seccata  che  sia  non  si  ammollisce  talvolta  che  coli'  acqua  bol- 
lente .  Ora  quella  sostanza  rapita  dall'  acqua  giaceva  tra  le 
parti  delle  fibre  ,  tenevale  lontane  ,  e  seccandosi  toglieva  lo- 
ro in  parte  V  agio  d' accorciarsi  .  Come  poi  codesto  ostacolo 
va  scemando  di  volta  in  volta  ,  cosi  le  parti  delle  fibre  vie- 
maggiormente  danno  indietro,  e  restringonsi ,  e  le  corde  an- 
che per  questo  deono  perdere  di  loro  lunghezza  .  Sarà  forse 
ancora  per  lo  scemare  di  quella  pingue  sostanza  ,  che  le  cor- 
de perdendo  1'  umido  diventano  dure  ,  e  rigide  assai  più  di 
quello  fossero  da  principio  quando  erano  nuove  ,  ed  intatte  . 

In  terzo  luogo  ho  detto  ,  che  le  corde  bea  penetrate 
dall'  acqua  la  prima  volta  s'  allungano  poi  sempre  in  avve- 
nire nel  tempo  dell'  innaffiamento  . 

La  ragione  di  questa  legge  sembra  essere  perchè  le  fi- 
bre delle  corde  soverchiamente  penetrate  ,  e  ammollite  dall' 
acqua  la  prima  volta  sonosi  rimesse  dallo  stato  violento  disi- 
la torcitura  ,  ed  abbreviate  quanto  il  potevano  .  Investite  di 
bel  nuovo  dall'  umido  debbono  sciorsi  ,  e  come  non  hanno 
più  forza  per  restringersi  ,  cedono  alla  violenza  dell'  acqua  , 
che  le  penetra  e  le  ammollisce  anche  più  di  prima  .  Quindi 
le  parti  tutte  vengono  rimosse  dai  serrati  contatti  ,  le  labbra 
delle  spire  s'  aprono  ,  e  s'  allontanano  .  Le  spire  stesse  ram- 
mollite ,  e  floscie  si  fanno  più  oblique,  e  s'allungano,  e  tut- 
ta la  corda  per  conseguenza  cresce  in  lunghezza  . 

La  quarta  legge  stabilisce,  che  al  sopragghignere  e  allo 
svaporare  dell'  umido  più  s'  allungano  e  /  accorciano  le  coT" 
de  più  sottili  \  meno  le  più  grosse  ,  il  resto  pari  . 

Le  corde  sottili  siccome  quelle  ,  le  quali  hanno  maggior 
superfizie  delle  grosse  sono  anche  per  conseguente  più  inve- 
stite ^  e  penetrate  dall'acqua;  sono  ancora  più  omogenee, 
p'ù  pronte  a  i  movimenti  ,  più  ricche  di  spire  ,  e  quindi  gli 
aprimentl  delle  medesime  riescono  più  solleciti  e  più  nume- 
ro- 


Dell'  Ab.  Bonaventura  Corti  .  óSg 

rosi  in  queste,  di  quello  sieuo  nelle  più  grosse .  Egli  è  adun- 
que necessario  ,  che  le  sottili  più  s'  allunghino  nei  tempo 
dell'  innaffiamento  .  Qualora  poi  l'  umido  le  abbandoni  saran- 
no più  pronte  delle  grosse  a  dare  indietro  ,  perchè  le  spire 
più  numerose  si  rifaranno  ,  i  toccamenti  si  ristabiliranno  ,  e 
l'accorciamento  diverrà  maggiore  di  quello  riuscirà  nelle  più 
grosse  . 

Vuole  la  quinta  ,  ed  ultima  legge  ,  che  le  corde  usate  e 
non  lìbere  a  i  movimenti  /  allunghino  un  poco ,  indi  s'  ac- 
corcino nel  tempo  dell'  innacquamento  ;  e  che  le  nuove  s'  ab- 
brevino solamente  ,  e  non  5'  allunghino  se  non  se  perdendo 
V  umido  . 

Qualora  1'  acqua  sorprende  le  corde  usate  s' insinua  to- 
sto nelle  loro  spire  ,  e  le  apre  ,  e  questo  aprimento  cagiona 
nelle  medesime  qualche  allungamento  .  Le  corde  nuove  però 
impedite  allo  sciorsi  non  s'  allungano  sensibilmente  ,  ma  to- 
sto s'  accorciano  ;  poiché  se  appena  s'  allungano  una  ,  o  due 
linee  allora  quando  sono  libere  ,  indi  s'abbreviano  scioolien- 
dosi  violentemente  ,  non  è  poi  maraviglia  se  non  si  vede  al- 
lungamento quando  sono  infrenate  .  Conciossiachè  la  violen- 
za per  isciorsi  cagiona  contorcimenti,  avviticchiamenti,  e  mo- 
vimenti in  opposito  nelle  parti  ,  indi  si  formano  nodi  ,  o 
grosse  spire  nella  lunghezza  di  queste  corde  ,  come  osservasi 
nella  figura  quarta  ;  e  in  fine  un  notabile  accorciamento  . 
Le  corde  usate  poi  s'  allungheranno  alcune  linee  ^  perchè 
sendo  spossate  ,  lasciano  il  campo  ali'  acqua  di  aprire  le  spi- 
re anzi  che  nascano  violenze  per  isciorsi  j  le  quali  però  nate 
che  sieno  faranno  sì ,  che  anche  tali  corde  s' accorcino  a 
proporzione  ,  come  le  nuove  . 


Oooo  a  Si 


pe- 


G6o  Sperienze  sulle  minuge  ec. 

Sperìenze  su  le  Funi ,  o  Corde ,  di  Canapa 
bagnate  colf  acqua  . 

Prima  di  far  palesi  i  fenomeni  da  me  osservati  all'occa- 
sione di  bagnare  le  funi  è  necessario  che  io  accenni  la  mec- 
canica struttura  delle  medesime,  e  la  loro  varietà,  cose  tut- 
te indispensabili  alla  chiara  intelligenza  dei  risultati  . 

i.°  Filo  semplice  per  me  è  quello  ,  che  formano  le  fila- 
trici ,  o  i  cordajuoU  filando  la  stoppa  .  Questo  filo  non  pre- 
senta che  una  sola  torcitura  da  a  ^n  deb  (i)  .  Le  fila  forma- 
te dalle  donne  sono  variamente  sottili,  quelle  dei  cordajuoii 
sono-  variamente  grosse  . 

a."  Se  due  di  queste  fila  come  p  .  q  -  (2)  uniscansi  in- 
sieme in  una  loro  estremità  ,  e  restino  separate  nelle  altre 
due  estremità  p  .  q  .  ,  e  seguitisi  a  torcerle  nel  senso  di  pri- 
ma ,  cioè  da  o  in  rnm  creasi  una  torcitura  violentissima, 
spezialmente  nelle  parti  vicine  alla  loro  unione  bc  .  E  come 
le  dette  due  fila  non  ponno  mai  sciorsi  ,  perchè  il  cordajuo- 
lo  seguita  anzi  a  torcerle  ,  per  tale  violenza  danno  indietro 
a  parte  opposta  alla  continuata  torcitura ,  cioè  tentando  di 
svolgersi  da  0  in  mnr,  si  uniscono  insieme,  si  avviticchia- 
no, e  formano  un  composto  ,  le  cui  spire  sono  del  tutto  op- 
poste a  quelle  della  prima  torcitura  .  Così  formasi  una  funi- 
cella che  io  chiamo  a  due  torciture  . 

S.°  Se  le  fila  sieno  tre  ,  come  tnz  (3)  unite  e  attorti- 
gliate colla  solita  violenza  da  o  in  tn:n  si  volgeranno  in  sen- 
so contrario  ab  e  d  ■)  e  nascerà  la  fune  h  i  composta  di  tre 
funicelle  . 

4" 


(i)  Fig.  I. 
(o)  Fig.  V. 
(3)  Fig.  VI. 


Dkll'  Abate  Bonaventura  Couti  .  66  r 

4°  Se  useremo  tre  fila  x z y  (i)  con  queste  attorcigliate 
al  solito  nascerà  la  fuiiiccUa  e  r  le  cui  spire  saranno  già  op- 
poste a  quelle  delle  fila  xzy.  Volgendo  adesso  con  forza 
f/-,  /z  r ,  or  le  tre  funicelle  dando  indietro  comporranno  la 
fune  bfg  . 

S.°  Finalmente  se  piglieremo  le  funicelle  xy  (a)  e  tor- 
cansi  con  violenza  queste  si  volgeranno  in  opposto  ,  e  daran- 
no la  fune  />  g  a  tre  torciture  .  Se  questa  ,  e  la  sua  simile 
mi  sono  costrette  a  strignersi  vieppiù  daranno  indietro  e  com- 
porranno la  fune  b  f  a  quattro  torciture  .  Se  le  due  funicel- 
le componenti  bf  ^\  unissero  alle  altre  due  gk,  e  tutte  nel- 
lo stesso  tempo  venissero  forzate  a  torcersi  nascerebbe  la 
grossa  fune  H  L  a  cinque  torciture  . 

Formata  l'idea  della  meccanica  struttura  delie  funi  s'in- 
tende facilmente  onde  sia  che  le  funi  si  mantengono  nel 
loro  stato,  quando  non  sieno  logorate  dall'uso  che  se  ne  fa. 
Poiché  le  spire  perseverano  nel  loro  stato  per  la  continua 
violenza  che  sempre  sussiste  .  S'  intenderanno  pure  i  vari  lo- 
ro movimenti  allorché  vengano  bagnate,  ed  in  seguito  asciu- 
gate .  Avverto  pure  che  ,  se  altramente  non  venga  indicato  , 
le  sperienze  s'  intenderani^o  fatte  su  le  funi  fissate  con  una 
loro  estremità  ad  un'  asta  orizzontale  ,  e  alT  altra  adattatovi 
un  pìccolo  peso  unicamente  per  impedir  loro  1'  aggrovigliarsi . 

S-  "• 

Movimenti  delle  Ffinì  bagnate  » 

Le  prime  sperienze  ,  che  ho  tentate  su  le  funi  ,  o  cor- 
de di  canapa  le  ho  fatte  con  accia  comune  e  sottile,  e  con 
fila  di  refe  ,  dis-p<iste  come  ho  indicato  di  sopra  .  Al  tocco 
deli'  acqua  ,  che  ho  versata  sopra  di  esse  ,  le  ho  vedute  scior- 

si 


(i)  Fig.  VII. 
[a)  F.g.  Vili. 


66a  SpERIENZE    sulle    MIMUGE    PC. 

si  tutte  coti  grande  prestezza  ,  e  Taccia  in  ispRzie  .  Svanito 
r  umido  ,  le  ho  bagnate  di  bel  nuovo ,  e  le  ho  osservate 
sciorsi  come  da  prima  ,  però  con  minore  prontezza  ;  che  che 
ne  dica  il  Wollio  ,  e  i  suoi  aderenti . 

Ho  preso  accia  grossa  a  tre  o  quattro  spaghi  ,  e  funi  di 
diversi  diametri  a  tre  torcigliature  :  le  ho  bagnate  3  e  tutte  sen- 
za eccezione  si  sono  sciolte;  altre  però  con  maggiore,  altre 
con  minore  prontezza  .  Generalmente  le  più  sottili  sono  sta- 
te più  snelle  ,  le  più  grosse  meno  sollecite  ai  movimenti  . 

Conceduto  a  questa  serie  di  funi  il  tempo  necessario  per 
asciugarsi ,  le  richiamai  un^  altra  volta  al  bagno  attendendo- 
ne lo  scioglimento,  che  nelle  accie,  e  nei  refi  avea  veduto. 
Ma  io  andai  errato  ,  mentre  di  queste  funi  tal'  una  incomin- 
ciò a  torcersi,  indi  si  sciolse,  e  tal' altra  si  attorcigliò  pron- 
tamente .  Sorpreso  dalla  novità  inaspettata  ,  asciugate  che  si 
furono  ,  le  bagnai  di  nuovo  ,  e  le  vidi  sempre  attorcigliarsi  , 
benché  le  umettazioni  fossero  replicate  da  cinque  in  sei  vol- 
te in  tempi  differenti,  ed  aspettatone  sempre  l'asciugamento. 

Tentai  altre  volte  la  stessa  sperienza  in  altre  serie  di 
funi  simili ,  e  sempre  osservai  i  medesimi  fenomeni  .  Vale  a 
dire  qualora  le  accie  grosse  ,  e  le  funi  a  tre  torciture  sono 
state  ben  penetrate  dall'  acqua  la  prima  volta  ,  in  cui  sem- 
pre si  sono  sciolte ,  d'  indi  in  poi  richiamate  al  bagno  ,  sem- 
pre le  ho  vedute  torcersi  . 

L'  accia  comune  poi  e  sottile  si  torse  solamente  alla  ter- 
za o  quarta  umettazione  .  Quando  però  ho  accomandato  a  que- 
ste accie  pesi  maggiori  del  bisogno  per  tenerle  soltanto  diste- 
se ,  dopo  la  prima  volta  ,  si  sono  pur  esse  attorcigliate  imi- 
tando le  sopra  indicate  funi  .  Le  fila  semplici  si  sciolgono 
sempre  ,  e  ben  tardi  mostrano  ombra  di  torcimento  ,  corno 
le  corde  d' intestini  . 

Riconosciuti  i  movimenti  delle  funi  nel  tempo  dell'umido, 
io  era  in  pena  di  sapere  quali  fossero  i  loro  movimenti  nell' 
asciugarsi  .  Io  sapea  che  le  fila  semplici  nel  perder  l'umido  si 
attorcigliavano  al  pari  delle    corde   d' intestini  j    ma    non    mi 

ar- 


Dell'  Abate  Bonaventura  Cokti  .  663 

arrischiava  di  conchiiidere  lo  stesso  anche  su  le  funi  ,  e  per- 
chè la  loro  struttura  è  ben  diversa  da  quella  delle  fila  ,  e 
corde  nominate,  e  perchè  il  loro  movimento  nell'  asciugarsi 
in  generale  è  cosi  lento  ,  che  non  si  può  tosto  osservare  . 

Con  varie  perciò  e  replicate  industrie  sono  giunto  ad 
assicurarmi,  che  le  accie,  e  funi  tutte  bagnate  la  prima  volta 
seguitano  a  sciorsi  anche  nel  tempo  in  cui  perdono  1'  umido  . 
Qualora  poi  per  li  susseguenti  bagnanienti  si  torcono  ,  nell' 
asciugarsi  si  sciolgono  tuttavia  .  Codesti  fenomeni  sono  sicu- 
ri  e  costanti  . 

Questi  movimenti  si  fanno,  quanto  basta,  palesi  anche 
nelle  funi  esposte  all'  aere  umido  dell'  atmosfera  ;  mentre  ho 
veduto  ogni  maniera  di  funi  cosi  esposte  e  giorno  e  notte 
sciorsi  le  prime  volte  e  nel  centrar  V  umido  ,  e  nell'  asciu- 
garsi .  Poi  a  suo  tempo  attorcigliarsi  ,  poscia  disciorsì  in  pro- 
porzione come  quelle  che  tentava  nella  mia  camera  .  Vuoici 
però  pili  tempo  ,  perchè  1'  umido  dell'  aria  non  pareggia 
quello  deir  acqua  versata  su  le  funi  . 

Ebbi  voglia  di  sapere  cosa  fosse  per  succedere  qualora 
le  funi  fossero  impedite  a  moversi  liberamente  .  Per  chiarir- 
mene presi  una  serie  ,  e  le  disposi  come  la  corda  della  Fig. 
4-,  nella  quale  le  funi  potevano  bensì  ascendere,  e  abbre- 
viarsi ,  oppure  discendere  ed  allungarsi  ,  non  già  torcersi  ,  o 
disciorsi  .  Ho  quindi  veduto  che  dette  funi  bagnate  non  so- 
lamente una  ,  ma  dieci  ,  e  più  volte  ,  hanno  sempre  fatto 
sforzo  per  isciorsi;  e  questo  conato  l'hanno  sempre  conserva- 
to anche  nell'  asciugarsi  ,  di  maniera  ,  che  comunque  aride 
si  fossero,  rimesse  in  libertà  andavano  a  sciorsi  prontamente, 
e  lasciate  poi  in  libertà  e  innaffiate  imitavano  le  nuove  per- 
fettamente . 

Dalle  riferite  oeservazìoni  parmi    di    essere    in    ìstato    dì 
fissare  le  seguenti   leggi  . 

I.  Tutte  le  Funicelle  ,  e  Funi    nuove  a  due  ,    a    tre  ,    o 
più  torciture  bagmte  la  prima  volta  si  sciolgono  ,    e  seguono 


a  sciorsi  anche  nell'  asciugarsi . 


II. 


664  SrfiRIENZE    SULLE    MINUGK    CC. 

II.  Tutte  le  suddette  funi  ,  e  funicelle  bagnate   di    nuo- 
vo si  torcono j  e  sciolgonsi  nel  perder  1'  umido. 

5.  IH. 

Ragioni  f  siche  delle  fissate  leggi . 

La  prima  legge  stabilisce  che  tutte  le  funi  nuove  bagna- 
te la  prima  volta  si  sciolgono  ■  Questo  fenomeno  sembra  na- 
scere dall'  azione    dell'  acqua    che    investe    le    spire    esteriori 
della  fune,  s'insinua  dentro  alle  medesime  per  la  mutua  at- 
trazione ,  le  dilata  ,  le  gonfia  ,  e  tutta  la  fune    diventa    rigi- 
da ,  e  dura  .  Le  spire  dunque    della    fune    HL    Fig.    8.    così 
violentate  cercano  dilatamento  ,  ma  non  ponno    ottenerlo    se 
non  se  dando  indietro  ,  e  sciogliendosi  ,  e   volgendosi    da    A 
in  D  j  C  ,  B  .  E'  vero  ,  che  le    funicelle  fb    s'  oppongono  a 
questo  movimento  :  ma  lo  stato  violento  ,    in    cui    trovasi    la 
grossa  fune  HL  prevale  ,  e  però    ne    segue    lo    scioglimento  . 
Anzi   può  dirsi  ,  che  le  funicelle  fb  componenti  HL    concor- 
rono al  di  lei  disciorsi  ,  perchè  desse  pure  per  V  azione  dell' 
acqua  éi  gonfiano  .  In  quella  guisa    che    le    spire    di    un    filo 
d'  acciajo  avviticchiato    d'  intorno  a  un  bastone  si  allargano  j 
e  danno  indietro  se  il  diametro    del    bastone    venga    a    gon- 
fiarsi . 

Quindi  se  la  fune  grossa  HL  sia  divisa  ne'  suoi  com- 
ponenti fb  ,  i  m  ,  e  z  i  e  vengano  simultaneamente  bagnati 
tutti  in  un  con  HL  ne  risulta  un  bei  divertimento  dai  mo- 
vimenti opposti  che  si  veggono  a  un  tempo  stesso  ;  poiché 
se  la  porzione  HL  si  moverà  da  oriente  in  occidente  ,  la 
porzione  fb  si  volgerà  da  occidente  in  oriente  ;  la  porzione 
i  ?n  da.  oriente  in  occidente ,  e  la  porzione  e  z  da  occidente 
in  oriento  .  Questi  fenomeni  nascono  dalla  costruzione  mec- 
canica delle  stesse  funi  esposta   in    principio  . 

Ma  la  fune    seguita    a    sciorsi    anche    nell'  asciugarsi  ,    e 
4'  onde  ciò  ?  Questo   fenomeno  è  opposto  a  quanto  si    è    os- 
se r- 


Dell'  Abate.  Bonaventuka  CorvTi .  665 

servato  nelle  corJe  d'  intestini .  Per  renderne  conto  parmi 
che  si  debba  riflettere,  che  le  spire  della  grossa  fui. e  pt-r  lo 
scioglimento  ottenuto  nel  tempo  dtdl'  innaffiamento  non  si  so- 
no affatto  liberate  dallo  stato  violento  in  cui  si  trovavano  . 
Persevera  dunque  tuttavia  il  conato  a  sciorsi  anche  nel  tem- 
po in  cui  perdono  l'umido^  e  si  sciolgono  in  reaUà.  Aggiun- 
gasi ,  che  le  funicelle  componenti  la  grossa  fune  nei  perder 
r  umido  si  torcono  ,  come  fanno  le  corde  d'  intestini  ,  e  il 
loro  torcersi  produce  scioglimento  nella  totale  grossa  fune  . 
Questa  fune  medesima  sciogliendosi  concorre  al  torcimento 
delle  funicelle  . 

La  secónda  Legge  dice  i^t;he  queste  funi  bagnate  i  se- 
guito si  torcono  .  A  rend^?>^conto  di  questo  fenomeno  a  col- 
po d'occhio  stiano,  dico,  che  questo  torcimento  è  cagiona- 
to dalle  funicelle  compr  .Li  la  grossa  fune.  Conviene  dun- 
que avvertire  ,  che  le  kpire  della  grossa  fune  H  L  sono  già 
spossate  e  aperte  ,  ma  le  funicelle  ,  che  la  compongono  sono 
tuttavia  ben  serrate  ,  e  conservano  il  loro  conato  a  sciorsi  • 
L'  acqua  che  le  investe  le  gonfia  ,  e  le  riduce  a  sciorsi  ,  ed 
ecco  che  questo  scioglimento  cagiona  il  torcersi  della  fune  to- 
tale ,  e  grossa  .  Perchè  come  si  è  detto  ,  se  la  grossa  fune  si 
moveva  sciogliendosi  da  oriente  in  occidente,  le  funicelle 
sciogliendosi  si  muovono  all'  opposto  da  occidente  in  oriente  , 
e  questo  cagiona  torcimento  nella  fune  grossa  .  Ed  ecco  che 
tale  torcimento  è  apparente,  cioè  apparisce  nella  grossa  fuuf  , 
ma  non  è  suo  ,  non  nasce  da  energia  delle  sue  grosse  spire  : 
egli  è  effetto  di  un  vero  e  reale  scioglimento  delle  parti  che 
la  compongono  .  La  grossa  fune  poi  segue  a  sciorsi  allo  svanir 
dell'umido,  perchè  le  funicelle  si  torcono  neh'  asciugarsi; 
quasi  come  le  corde  d'  intestini  .  Questi  torcimenti  poi  sce- 
mano a  norma  dello  scemare  delia  energia  nelle  funicelle . 


Tomo  XI.  PPPP  S-  IV. 


666  Speriekze  sulle  minuge  ec. 

S-  IV. 

'1      Allungamenti ,  ed  accorciamenti  delle  funi  bagnate  • 

In  tutti  i  replicati  tentativi  che  ho  eseguiti  col  bagnare 
le  funi  ho  sempre  veduto  ciie  tutte  sonosi  costantemente  ac- 
corciate ,  quantunque  si  sciogiiessero  .  Da  questa  regola  ge- 
nerale convien  sottrarre  1'  accia  sottile  ,  e  le  fila  semplici  . 
Queste  funi  poi  tutte  nell'  asciugarsi  si  sono  allungate  ,  piìi 
le  sottili  ,  meno  le  grosse  ,  qualora  1'  altre  cose  sieno  state 
eguali  .  Come  però  tutte  le  funi  non  sono  sempre  eguali  né 
per  la  materia  di  cui  sono  formate  ,  né  per  la  diligenza  di 
chi  le  fabbrica  ,  così  non  è  difficile  1'  incontrare  qualche  va- 
rietà negli  sperimenti  . 

Restava  a  cercare  quale  fosse  il  genio  delle  funi  bagna- 
te allor  quando  venivano  impedite  al  moversi  .-  Per  chiarir- 
mene ho  fatto  le  sperienze  in  una  serie  delle  medesime  libe- 
re bensì  all'ascendere,  e  discendere,  ma  non  già  allo  sciolsi 
od  allo  attortigliarsi  (i)  ed  ho  veduto  che  non  solamente 
innaffiate  la  prima  volta,  ma  dieci  e  più  fiate  hanno  sempre 
fatto  gagliardo  sforzo  per  isciorsi  ;  anzi  questo  conato  1'  han- 
no conservato  anche  nell' asciugarsi  ,  di  maniera  tale  ^  che 
quantuncjue  aride  si  fossero,  rimesse  in  libertà,  andavano  a 
sciorsi  prontamente  per  più  giri  ;  e  queste  medesime  funi  gii. 
libere  ,  e  inumidite  imitavano  le  nuove  in  tutto  .  Le  corde 
d' intestini  bagnate  di  seguito  non  ritornano  quasi  mai  alla 
lunghezza  della  volta  precedente  ,  ed  asciugandosi  geneialmen- 
te  si  fanno  più  brevi.  All' opposito  le  funi  bagnate  replicata- 
mente  quasi  sempre  meno  si  accorciano  ,  e  più  si  allungano 
in  asciugandosi  di  volta  in  volta  ,  almeno  fino  a  un  discreto 
numero  di  volte  . 

Da 


IV. 


Dell'  Ab.  Bonaventura  Corti  .  667 

Da  tutte  queste  costanti  osservazioni  paimi  di  poter  con- 
chiudere . 

I.°  Che  tutte  le  funicelle  ,  e  funi  grosse  bagnate  si  ac- 
corciano ,  benché  si  sciolgano  ,  e  neli'  asciugarsi  si  allungano 
al  di  là  delia  fissata  misura  . 

II."  Le  funi  tutte  replicatamente  bagnate  meno  si  accor- 
ciano ,  e  più  si  allungano  nell' asciugarsi  di  volta  in  volta. 

S- V. 

Ragioni  fisiche  delle  stabilite  leggi . 

La  prima  legge  stabilisce,  che  le  funi  nuove  per  l'azio- 
ne dell'  acqua  si  accorciano  ,  benché  si  sciolgano  .  Questo  le- 
nomeno  sembra  nascere  dall'  acqua  stessa  che  investe  la  fu- 
ne, e  penetra  le  spire,  e  le  parti  tutte  che  la  compongono. 
Quindi  la  fune  HL  (i)  dilatasi,  e  gonfiasi  ,  e  per  conseguen- 
za dee  accorciarsi .  Ma  la  fune  nel  tempo  stesso  si  scioglie  , 
e  questo  cagiona  allungamento  nella  fune  .  Ciò  è  vero  ;  ma 
convien  dire  che  l'allungarsi  della  fune  sia  quasi  nulla  in 
faccia  all'  accorciamento  . 

IMa  le  funi  nell' asciugarsi  si  allungano  al  di  là  della 
fissata  misura  .  Ciò  facilmente  intenderassi  riflettendo  ,  che 
le  funicelle  componenti  la  fune  grossa  perdono  molto  della 
loro  lunghezza  nella  forzata  torcitura  che  soffVono  .  Qualora 
dunque  la  fune  si  sciolga  le  sue  spire  ,  e  quejle  delle  funi- 
celle ,  che  ,la  compongono  si  rendono  meno  serrate  ,  anzi 
oblique  ,  e  da  questo  nasce  1'  allungamento  della  fune  .  Neil' 
asciugarsi  perdono  anche  la  gonfiezza  ,  che  per  1'  azione  dell' 
acqua  aveano  cotitratta  ,  e  questo  pure  concorre  all'allunga- 
mento delle  medesime  . 

La  seconda  legge  dice  ,  che  tutte  'le  funi  replicai  amente 

P  p  p  p  a  ba- 

(i)  Fig.  Vili. 


663  Sperisnze  sulle  mìnuce  ec. 

bagnate  meno  si  accorciano  ,  e  più  si  allungano  neW  àsciu' 
garsi  di  volta  in  volta . 

Nel  render  conto  della  prima  legge  si  è  detto  ,  che  per 
l'azione  dell'acqua  le  spire  delie  funi  restano  malmenate, 
perdiino  dunque  molto  di  quella  energia  di  prima  in  ciasclie- 
dun  bagnanif'tito  ,  e  però  meno  si  accorciano.  Nel  perder 
i^  umido  poi  allungansi  dì  piìi  perchè  le  spire  divengono  sem- 
pre più  oblique,  e  tendono  a  disfarsi.  E  se  la  fune  fosse 
per  moltissime  volte  assoggettata  al  bagno,  si  sciorrebbe  nelle 
sue  componenti  j,  e  le  funicelle  ritornerebbero  a  (juello  sta- 
to j  in  cui  erano  priina  di  essere  violentate  col    torcimento. 

Dalle  leggi  stabilite  su  i  fenomeni  delle  corde  d'  intesti- 
ni ,  e  delle  funi  è  manifesta  la  insussistenza  dei  pensamenti 
e  del  Wolfio  ,  e  degli  altri  da  lui  citati  su  questo  affare  . 
Tutti  pailano  dulie  corde  d'intestini  ,  e  delle  funi  senza  ve- 
runa distinzione,  ed  asseriscono,  che  i  loro  fenomeni  sono 
i  medesimi,  mentre,  come  si  è  dimostrato,  v'  ha  una  difle- 
renza  notabile,  e  vi  debbe  essere  poiché  la  struttura  ,  e  1'  in- 
dole delle  prime  è  differentissima  da  quella  dt^lle  seconde  , 
per  conseguenza  i  fenomeni  non  ponno  ,  né  debbono  essere 
esattamente  i  medesimi . 

Se  qualcheduno  esaminando  le  mie  spiegazioni  troverà 
degli  sbagli  io  lo  ringrazierò ,  ed  abbraccierò  i  suoi  seuti- 
meuti  • 

S-  VI. 

Forze  delle  funi  umettate  per  alzar  pesi , 

Una  fune  grossa  usitatissima  lunga  4  piedi  parigini  ba- 
gnata la  prima  volta  alzò  un  peso  di  libbre  44-  Bagnata  la 
seconda  volta  alzò   per  pollici   i.  i  un  peso  di   70   libbre. 

Altra  fune  del  diametro  di  linee  5  innacquata  la  prima 
volta  con  un  peso  di  libbie  yS  si  allungò  alquanto.  Innaffiata 
la  seconda  volta  sollevò  il  peso  stesso  per  un  pollice  ,  e  mez- 
zo ;  era  lunga  piedi  4  • 

Al- 


y^r    y^^y/    TX/yj    ÓÓQ. 


T^v  riiT 


.y^i.  y/,//  T.\y./  (' (i<) . 


Dell' Ab.  Ecnaventora  Corti.  661} 

Altra  simile  lunga  8  piedi  umettata  la  prima  volta  si 
allungò  per  linee  a  i  sostenendo  a5o  lib.  di  peso  .  Bagnata 
la  seconda  volta  alzò  il   p»so  per  poli,   i    |-  . 

Una  dello  stesso  diametro,  e  lunghezza  tesa  parallela- 
mente all'orizzonte  portante  in  mezzo  lo  stesso  peso  lo  alzò 
per  3  in  4  linee  .  Pare  dunque  che  1'  energia  sia  maggiore 
nelle   funi  perpendicolari . 

Funicelle  sottili  a  piìi  torciture  trattate  come  le  sopra 
indicate  hanno  sollevati  pesi  di  a5  ,  di  3o  ,  e  di  34  libbre. 


ME. 


670 

MEMORIA 

Di  Giambattista  Marzari 

MeJico  in  Treviso 

Presentata  da  Gian\ekardo  Zeviani 

il  di  a 9  Meglio  1804  . 

Sugli  occhi  fiammeggianti  d'  una  Bambina  « 


itrovandomi  il  Settembre  dell'  anno  1787  nella  Villa  di 
Musan  ,  sette  miglia  sopra  Treviso  ,  mi  fu  presentata  una 
Bambina  di  due  anni  che  non  parlava  ancora  ,  ma  sembrava 
sana  ,  e  benissimo  costituita  .  La  di  lei  Madre  per  altro  mi 
disse j  che  non  vedeva  molto  bene  di  giorno,  e  che  qualche  co-; 
sa  vedeva  di  notte  ;  più^  che  le  palpebre  avevano  del  movimen- 
to non  ordinario;  che  il  Sole,  anzi  il  gran  chiaro  la  incomo- 
dava .  Così  appresi  che  v'  era  una  JSìctalopìa  congiunta  ad 
un  'Nìstagmus ,  e  che  tutto  sembrava  nascercela  una  Photo- 
phobia  . 

II. 

Ma  se  questi  vizj  degli  occhi  sembravano  collegati  tra  di 
loro  .  quello  che  adesso  descrivo  come  testimonio  oculare  , 
era  non  solamente  isolato  ,  quanto  mirabile  _.  e  nuovo  ,  per 
quanto  so  ,  nel  suo  genere  .  Quando  questa  Bambina  ,  li  di 
cui  occhi  erano  piuttosto  grandetti  ,  e  molto  sporti  in  fuori  , 
era  collocata  al  chiaro  del  Sole,  sia  riflesso,  sia  diretto  (con- 
dizione affatto  essenziale  e  sufficjente  a  provare  che  non  era- 
no fosforici  )  essi  presentavano  il  fenomeno  seguente  .  Osser- 
vati in  vicinanza  di  un  piede  ,  o  di  due  circa  ,  sì  di  fronte  , 
che  di  fianco  ,  il  colorito  loro  era  misto  e  somigliante  al  co- 
lor 


Di  Giambattista  Marzari  .  671 

lor  di  castagna  cruda  .    Si    vedeva    che   esso  appoggiava    alla 
consueta  sede  dell'  Iride  .  Ma  se  questa  disianza  si  accresce- 
va ,  purché  rimanesse  al  lume  del  Sole  la  Fanciulla  ,    questo 
Colorito  allora  variava  ,  e  variava  costantemente  ,    piesentan- 
do  con   molta  regolarità  la  sorprendente    metamorfosi    di    di- 
venir   rosso  ,    e    finalmente    di    fiammeggiare  .    Perciò    quan- 
do questa    distanza    oltrepassando    li    quattro    piedi  ,     arriva- 
va a  quella  di  sei,  o  sette,  otto,  dieci  e  dodici  o  poco  più, 
accadeva  ,  che  il  colore   di  castagna  un  poco  alla  volta  pare- 
va  che  degenerasse  in  rosso  e  fiammeggiasse  ,  quasi   in  modo 
da  far  raccapricciare  .    Così   due  Osservatori  collocati   uno  ad 
una  gran  vicinanza  ,    1'  altro    alla    distanza    indicata ,    ad    un 
tempo-istesso  j  anzi  ad  un  istante  medesimo  vedevano  gli  oc- 
chi  della  Bamhina  differentemente  coloriti  .  Il  primo  li  vede- 
va di  tinta  castagnina,   il    secondo    rossi j    e   del  color  della 
fiamma  . 

III. 

Ho  osservato  ,  e  meco  alcurn  altri  ,    tra'  quali    il    degno 
Parroco  della   Villa,  che  vive  ancora,   intimo  Amico  dell' im- 
mortal  Nicolai  ,  che  ad  una   distanza  maggiore  dell'enunciata 
il   rosseggiar    degli   occhi  non  si   discerneva    più  ,  e  finiva  col 
perdrrsi  .    Di    più  ,  questa  metamorfosi   non    nasceva  già  che 
per  gradi  successivi  ,    come    è    poi    facile    di    figurarselo  .  Ho 
detto   che  incominciava  a  quattro    pifdi  in  circa  ,    ma    anche 
ad   una  distanza  minore   i   contorni  dell'.  Iride  si  vedevano  al- 
quanto rossigni;  colore  che  si  sviluppava,  come  dissi ,  ad  una 
distanza  progressivamente   maggiore,    fino  a  svanire  del   tutto 
dopo    li  quindici  ,    o    venti.    E'    limarcsbile    inoltre,    che    il 
pianto,  la  collera,    il  Sole    diretto    sembravano    avvicinare  il 
punto  della  trasformazione  ,   e    renderla   più  viva  ,  divenendo 
gli  occhi   più  tumidi  ,  più  vivi,  e  d'  un   castagno  più  traente 
al  sanguigno.  Vidi  fìtiaimente  ,  che    ben  illuminati    dal   Sole, 
quando  rosseggiavano   mandavano  talvolta  quasi  delle  srintille 
di  fuoco  ;  ma  mi  parve  ,  che  questo  ienomeno  non  si  unisse 

che 


6^2  Memoria 

clie  alla  sola  lagriiTiazioiie  .  In  tal  caso  la  riflesslon  della  lu- 
ce  solare  doveva  farla  nascere  in  occhi  sì  fatti  ,  senza  che 
la  sua  causa  avesse  che  fare  ,  con  q^uella  delia  trasformazio- 
ne ,  che  io  descrivo  . 

IV. 

Questa  Bambina  è  nata  cosi.  L'  ho  osservata  il  secondo 
anno  di  sua  vita  :  voleva  farla  vedere  a  de'  dotti  Amici  : 
multiplicare  1'  osservazioni  ;  ma  essendo  morta  poco  dopo  per 
un  male  acuto,  le  mie  speranze  rimasero  deluse.  Non  ostan- 
te^  questa  istoria  l'aveva  participata  al  Nicolai  e  più  volte  al 
Conte  Giordano  Riccati  ,  non  che  al  Professore  Stratico  .  Ma 
bisogna  dirlo  ,  nessuno  di  questi  celebri  Fisici  ha  creduto  di 
potere  spiegate  il  fenomeno;  anzi  opinavano  che  colli  teoria 
di  Newton,  non  si  avrebbe  potuto  mai  farlo.  Questo  appun- 
to fu  quello  che  mi  sforzò  principalmente  a  meditarvi,  e  che 
poi  mi  condusse  a  quella  spiegazione,  che  per  mezzo  del  ce- 
lebre Amico  mio  Gianverardo  Zeviani  ,  ho  l'onore  di  presen- 
tare a  questa  impareggiabile  Società  . 

V. 

Una  considerazione  che  aveva  fatto  ,  e  che  ho  ritrovato 
esseie  stata  fatta  da  Daubenton  [a),  mi  condusse  quasi  per 
mano  alla  conoscenza  della  teoria  che  desiderava  ,  e  che  si 
risguardava  per  impossibile  .  Questa  è  ,  che  il  colorito  degli 
occhi  generale  si  trasformava  sempre  per  la  distanza  ,  appa- 
rendo tutti  ,  dal  più  al  meno  ,  di  u.  i  tinta  ad  una  grandis- 
sima vicinanza  ,  che  poi  si  cangia  se  la  distanza  s'  accresca  . 
Cosi  se  il  colorito  degli  occhi  ,  dice  quell'  Enciclopedista  ,  è 
il  giallo  bruno j  il  giallo  profondo,  questo  colore  non  si  rile- 
va 


(a)  Enciclop.  Meth.  Hist.  Nat.  Tom.  prem.  Introduction.  pag.  LXVI. 


Di  Giambattista  Mauzahi  .  67S 

va  che  in  £,ran  vicinanza,  iDcntre  OoSfivati  in  distanza  ap- 
pariscono evidentemente,  neri  •  Ho  creduto  adunque  die  la 
causa  che  faceva  nascere  questa  inelanioiloji  generale  fosse, 
e  dovesse  esser  anclie  quella  istessa  che  faceva  nascere  la 
particolare  -,  e  così  rendesse  fiammeggianti  e  rossi  quegli  oc- 
chi che  non  erano  in   realtà  che  castagnini  . 

Posto  questo  principio  che  sembra  filosofico  ,  conveniva 
poi  determinar  la  causa  della  variazion  generale  che  presenta 
il  colorito  degli  occhi  per  la  distanza  cangiata.  Daubenton  la 
pone  in  contrasto  di  colori  ;  ina  veramente  quest'  espressione 
che  non  fissa  alcitna  idea  ,  che  è  confusa  ,  che  non  ha  un 
valore,  non  sembra  accoglibile  assolutamente.  Ella  non  pote- 
va servire  dunque  a  spiegare  il  proposto  fenomeno  . 

VI. 

Ho  creduto  perciò  di  dover  ricercare  questa  teoiia  fieli' 
azion  che  esercita  1'  occhio  su  la  luce  che  esce  da  lui  stes- 
so .  Li  Fisici  tutti  ,  i  Fisiologisti  hanno  seguito  già  il  sentie- 
ro di  quella  che  entra  fino  alla  retina  .  Hanno  fatto  vedere 
con  un'  evidenza  da  non  lasciar  niente  a  desiderare,  che 
questa  luce  obbedendo  sempre  all'  azion  rifrangente  dei  dif- 
ferenti m^zzI  per  li  quali  passar  doveva  ,  sempie  accostando- 
si alla  perpendicolare,  se  il  mezzo  aumentava  in  densità,  e 
scostandosene,  se  la  densità  minorava,  finiva  poi  coiravvici- 
rarsi  all'asse  ottico  in  modo,  da  formarne  nella  retina  il  suo 
foco, ed  il  suo  punto  d'unione.  Hanno  fitto  toccar  con  mano^ 
che  questo  prodigio  della  natura  alla  visione  necessaii;.  ,  era 
tutto  l'opera  d'una  combinazione,  unica  nel  suo  genere,  per 
la  quale  l'  azion  di  varj  mezzi  veniva  talmente  temperata 
dalle  varie  loro  snpeificie,  che  questa  luce  sempre  fedele 
alla  legge  che  Newton  vi  ha  discoperto  ,  ora  accostandosi  , 
ora  scostandosi  dulia  normale  ,  sempre  più  per  altro  all'  asse 
ottico  »'  avvicinavi  .  Ma  non  mi  è  noto  che  alcuno  abbia 
fin  qui  liflettuto  bene  alla    luce  che  surte    dall'    occhio:    all' 

Tomo  XI,  Q  q  q  q  azio- 


6"'4  Memoria 

azione  che  esso  esercita  sopra  di  essa  ,  ed  abbia  poi  da  que- 
sta azione  ripetuto  con  me,  ed  il  fenomeno  generale  della 
tinta  deir  Iride  rimarcato  da  Daubenton  ^  e  quello  affatto 
particolare  che  io  presento  . 

V  1 1. 

Io  penso  perciò  che  1'  azion  della  cornea  ,  e  dell'  acqueo 
sulla  luce  che  sorte  ,  essendo  contraria  per  V  effetto  a  quella 
che  esercitano  queste    istesse  parti  su  quella  ,  ,che  vi  entra  , 
sia  essa  la  causa  di  quest'  illusione  .    Imperciocché  se  unisce 
li  raggi  che  entrano  ,  disunisce  poi  quelli  che  escono  ,  e  per 
la  rillessione  che  soffrono,  e  per  la  rifrazione,  che  varia  col- 
la varia  rinfrangibilità  che  hanno.  Disunione  che  essendo  al- 
la divergenza  congiunta,  deve  accrescersi  colle  distanze.  Dis- 
persi così  ed  indeboliti  i  raggi    per   una    rifrazione    sì  fatta  e 
fors'   anche    per  una  precedente  introflessione  ,    e    dispersione 
che  soffrono  nei  loro   mezzi   prima  di  sortir^ ,  devono  illangui- 
dirsi  e   perdersi    quasi    del    tutto  ,    tanto    più    quanto  che  la 
nerezza  dell'  uvea  forma  la  base  d'  un  corio  nero  ,  che  assor- 
bir deve  nel  suo  vuoto  alcuni   di  questi  raggi  dispersi.  Cora- 
posta  r   Iride  di  pochi  raggi  ,  cerulei ,  blùj  giallo  misti,  que- 
sti  per  1'   indicate  maniere  si  disperdono  ,  e  vanno  quasi  tal- 
volta ad  estinguersi,  ed  allora  il  blu,    e  il  giallo-scuro  illan- 
guiditi mentiscono  in  distanza  il  nera  dell'   uvea  ,    e    rappie- 
sentano  poi   nero    quell'  occhio,    che  non  eia  che  bruno  ^    o 
giallo-scuro  ,  secondo  1'  osservazione  di  Daubenton  . 

Vili. 

Quando  poi  il  colorito  è  castagnino  ,  e  1'  occhio  grosso 
protuberante,  infiammabile,  e  molto  attivo,  come  quello  della 
Fanciulla  per  singolarissima  combinazione,  allora,  siccome  in 
questo  colorito  prevale,  secondo  Newton  {a),  il  color  rosso  ,  il 

qna- 

(a)  Opt.   Lib.   I.    Par.   II.   Exp.  XV. 


Di    GlAlNrBATTISTA     MaUZARI  .  67-5 

quale  è  il  più  forte  ed  il  meno  riiifraugibile  rli  tutti  ,  così 
egli  è  evidente  che  sortendo  e  divLJeudosi  dovea  sviluppare 
quella  tinta  ,  che  è  atta  a  render  rossi  ,  ed  al  gran  chiaro  , 
fianiineggianti  li  suoi  occhi  come  osservai:  la  qunl  teoria,  se 
è  Tera  ,  come  lo  e  l'istoria,  per  ispiegare  la  quale  è  ifidirit- 
ta  ,  e  come  a  me  sembra  ,  io  spero  che  sarà  accolta  dai  Fi- 
losofi con  una  bontà  che  non  può  veramente  attendersi  da 
quelle  Belle  che  vanno  superbe  per  i  loro  orchi  neri  .  Con- 
ciossiaccliè  essa  prova,  che  questa  tinta  ^  come  tanl'altre  co- 
se ,  non  solamente  è  un'illusione,  ma  anche  una  di  quelle, 
che  la  natura  fa  nascere  quasi  a  sdegno;  gettando  cioè  (pia 
e  là  la  luce  sua,  e  così  indebolendola  ,  e  talvolta  estinguen- 
dola interamente  t 


Oqqq  a  SUP- 


676 

SUPPLEMENTO 

AL  CATALOGO  DI  STELLE 

Di     Antonio     Gagnoli 

Presentato  il  dì  i5  Luglio  1804» 

xxdempisco  all'obbligo  assunto  nel  Tom.  X  di  questa  Socie- 
tà ,  picducerido  i  ris-iiltamenti  delle  osservazioni  fatte  a  mia 
istanza  dal  Chiar.  Ab.  Cesai  is  (*):  li  quali  prego  il  benigno 
lettore  voler  trascrivere  a  mano  nelle  lacune  cui  spettano  , 
e  per  le  quali  rimaneva  incompleto  il  Catalogo  da  me  pub- 
blicato nel  Tomo  anzidetto  • 


Nomi  delle  stelle 

ASCRI 

nsioni 

rette 

Varia 

1- 

Numero  e  dKTs- 

e  delle 

a  : 

I   Genn.ijo 

zioni 

reiize 

•  estreme 

cottellazioui . 

i3oo  . 

annue. 

delle  oi 

servaiiouì. 

G. 

M. 

S. 

Sec. 

N. 

Scc. 

75  de'  Pesci 

14 

0 

5i* 

46, 

96 

a 

7>5 

aS   del   Lioncello 

i5a 

i5 

J9* 

54, 

59 

a 

3  ,  0 

34  /M  deirOrsa  maggiore 

iSa 

35 

'7* 

54, 

3<) 

4 

3  ,  8 

6     dell'Orsa  minore 

aai 

i3 

sr 

3, 

3i 

8 

la  ,  8 

/3  del  Lupo  ,  australe 

aai 

aa 

'7* 

57, 

99 

5 

5,  a 

l'ò  dell'Orsa  minore 

a3o 

J? 

a8* 

-    3, 

o5 

3 

0,  0 

a.  del  Cigno 

a89 

3 

4'* 

35, 

35 

4 

5  ,  a 

4  della  V(jlpe  neli'OcE 

i  289 

IO 

4a* 

^  ■> 

28 

a 

3  ,  0 

7  della  Volpe  nell'Oca  290 

9 

24* 

39 , 

•4 

5 

■7,6 

7  del  Cigno 

a(^o 

37 

47* 

aa. 

e  3 

4 

6,  I 

38  n  dell'Aquila 

a9i 

4 

5a* 

43, 

66 

5 

6,  I 

6  |3  della  Sa'^tta 

398 

i 

b* 

40, 

So 

4 

4,5 

17  %  del  Cigno 

a94 

4* 

33* 

34, 

ex 

a 

0,  I 

la  della  Volpe 

395 

36 

54* 

38, 

60 

4 

5  ,  9 

ai   M  del  Cigno 

297 

la 

4* 

33, 

67 

3 

3,  I 

14  della  Volpe 

297 

39 

IO* 

38, 

57 

a 

3  ,  0 

(*)  Questa  Memoria  deve  considerarsi  comune  al  Socio  Cesaris  ,  cb«  ha  som- 
Kiinistrato  la  m.ateria  con   78  oeservazioni . 


Di  Antonio  Gagnoli  . 


677 


A 

scensioni 

Declinazioni 

Varia- 

Numero e  diffe- 

rette 

boieali 

a 

zioni 

renze  estreme 

in 

dicativf 

I  G 

enuajo 

1800 . 

annue  . 

delle 

osservazioni , 

G. 

.  M. 

s. 

G. 

M. 

S. 

Scc. 

N. 

Sec. 

2.33 

5 

4t 

l3 

29 

54* 

12  , 

02 

3 

1   ,   0 

289 

49 

33 

72 

58 

39* 

6, 

73 

2 

I  ,    0 

3o6 

ag 

21 

i3 

59 

42* 

II   , 

91 

2 

0  ,    0 

307 

n 

27 

i3 

54 

37* 

12, 

06 

2 

0  ,  5 

317 

23 

3i 

38 

33 

53* 

14. 

74 

2 

0  ,  0 

33^ 

55 

1 1 

1 1 

12 

1* 

17   5 

83 

2 

^,4 

australe 

3oi 

44 

4 

li 

9 

3* 

IO, 

54 

3 

4.  3 

Correzioni  al  Catalogo ,  tutte  dipendenti  da  errori 
di  computo  nelle  riduzioni . 


A 

scensioni 

Colonne  . 

E 

rrori  . 

Corj-ezjòni  ; 

rette 

indicative. 

G. 

M. 

s. 

5 

12 

i5 

7 

49 

5? 

9 

42 

3a 

I 

> 

» 

i3 

23 

25 

7 

4a 

32 

25 

54 

i3 

7 

21 

21* 

27 

4 

57 

4 

457 

5   io 

35 

29 

3o 

9 

I 

2     10^2 

3g 

So 

0 

I 

p 

P 

72 

45 

49 

7 

34 

27 

8a 

28 

i3 

4 

i3 

4 

90 

38 

JO 

4 

IO 

32 

• 

. 

. 

7 

43 

40 

92 

21 

45 

4 

21 

45 

22    5 

lei 

21 

49 

4 

lOI 

21 

102     I 

102 

II 

2i 

A 

4' 

de' 

275  di  Mayer  ne^ 

678  Supplemento  al  Catalogo  di    Stelle 

Ascensioni  C 

rette 
indicative . 

C.         M.         S. 

141       5     53 
162     aa     ag 


i53 

82 

54 

i53 

36 

3a 

i56 

54 

57 

a  99 

3y 

39 

aoo     16     19 


ai  I 

ar 

35 

3,0.1 

i3 

57 

a3o 

17 

a8 

• 

aCo 

40 

1 1 

a66 

4 

35 

^67 

ao 

40 

273 

47 

37 

387 

3o 

46 

a88 

5i 

a3 

Sia 

16 

IO 

3i5 

9 

a4 

317 

• 

18 

3o 

34.5 

a3 

40 

3-Ì9 

aa 

5o 

• 

354 

ao 

• 

7 

au  tra 

'.le 

ai5 

4a 

35 

ine  . 

Errori  . 

Correzioni  , 

4 

5  53 

a  53 
(3o  dell' Orsa 

1     Dell' Orsa  maggiore  )     maggiore  in 

^     Evelio 

4 

54 

33 

4 

3a 

la 

4 

57- 

36 

7 

29 

a3 

9 

a     3,7 

3  16,  3 

7 

48 

4a 

9  1 

2     3,9 

3  i5  ,  a 

4 

21   35 

aa  3a 

7 

47  57 

48     a 

I 

Seguente 

l3  dell'Orsa  minore 

3 

i5   17 

i5  ai 

4 

1 1 

5 

8 

41 

37 

4 

40 

44 

7 

45 

4' 

4 

So  46 

3457 

7 

6 

35 

4 

IO 

I 

4 

24 

19 

6 

a,  0 

jo  ,  5 

4 

3o 

25 

7 

39 

29 

7 

57 

4u 

9 

2     0  ,  a 

4  '6,  7 

7 

33  ai 

3a  aa 

4 

35 

Si 

Di  Antonio  Gagnoli  .  679 

Avvertimenti  . 

L'ascensione  retta  87°  i3'  aa"  appartiene  veramente  al- 
la 38  dell'  Auriga  .  Ma  la  declinazione  ^%°  58'  49'  appartie- 
ne alla  39  .  La  posizione  di  Flanisteed  ha  indotto  in  errore  . 

La  stella  de' Levrieri  ,  asc.  r.  181°  53'  36",  va  posta  do- 
po la   7  h  di  Berenice  . 

Similmente  la  i3  dell'Orsa  minore  ^  detta  Seguente, 
asc.  r.  a3o"   17'  a8"  ,  va  posta  dopo  la   12    *  del  Dragone. 

Manca  tuttavia  una  declinazione  :  Orsa  minorej  asc.  r.  220" 
9'  43" . 


SPE- 


68  a 

SPERIENZE 

ED  OSSERVAZIONI  POTAMOLOGICHE 

Di  Teodoro  Donati 

Ricevute  il  di  14  Luglio  1804  . 

JTL  vendo  disteso  uno  strato  di  arena  sul  fondo  AB  (  fi^.  r  ) 
dì   un   piccolo  canale  di   legrio  ,    le    cui    spr>n  le   in   ctiito    sito 
erano  di   vetro  ,    vi    feci    correre  un  filo  continuo  di    acqua  , 
e  dopo  alcune  or('  trovai  quell'arena  disposta  come  in    tanti 
monticelli  CDE  ,  EFG  ,   CHI  _,   e  guardando   a'tentamente  at- 
traverso i   v<mi   m'accorsi   ,  che   l'arena   veniva  spinta,  e  ro- 
tolata dal' acqua  su   pei   piani  acclivi  CD  ,  EF  ,  GH  ,    e    che 
alcuni  granelli    airivati  ai   cigij   D  ,  F  ,  ec.    sbiizavano  da    D 
in   L  ,  da  F  in   O  ec.  meritre  altri  dei   medesimi  ci^lj  cadeva- 
no al    piede  del    rispettivo    monticeilo    <onie    da    D    in    E  ,  da 
F  in  G  ,  ec.  E  cosi   il  monticeilo  CDE  s'  andava  avanzando  , 
e  lo  stesso   accadeva   di    tutti   gli   altri    di    molo  che,  qualche 
tempo  dopo  quell'' arena  si   trovava  disposta  come  in  cdcfghi. 
Un  (fiPettodel  lutto  consimile  mi  toccò  dopo  di  vedere  in 

erande  nel  Castagnaro  fiume  diversivo  dell'  Adij^e  .  Nel  Set- 
to r^  n 

temhre  1767  comparve  l'Adige  in  grossa  piena,  che  superò 
tutte  le  precedenti  coli'  altezza  di  nwzzo  piede  .  In  conse- 
gurnza  furono  in  grossa  piena  il  Castagnaro  ,  ed  il  Canal- 
tianco  (  f .  a  )  ,  e  la  mattina  del  di  17  segnnono  due  rette 
dell'argine  destro  del  Castagnaio  .  Qiiell' aigne  era  qua.-»i  tut- 
to di  arena,  e  perciò  gli  sqiiarcj  si  ff^cero  grandi  in  un  tem- 
po assai  breve  ,  cosicché  tutta  1'  acqua  del  fiume  prese  car- 
so per  le  rotte  lasciando  1' alveo  inferiore  affatto  senz'acqua, 
onle  si  potè  vedere  il  fondo  nello  stesso  stato  ,  in  cui  »i  era 
trovato  nel  colmo    della    piena    prima    delle    lotie  .    Lo    vidi 

per- 


'Joc.Ji^cd.  T.  XI.p.661. 


F^.  IL 


^^^aj?^i/- Occ 


Tcto.  IX. 


'Joc.Jf^al.  T XI.p.óSs.. 


Fc^.I. 


Fc^.11. 


Cajia/-ófl 


'carico 


Di  Teodoro  Bonati  .  68i 

tanto  con  delle  prominenze  ,  o  siano  monticelli  affatto  con- 
simili ai  descritti  CDE  ,  EFG  ^  ec.  ,  e  con  delle  cavità  simili 
alle  E  ,  G  ,  ec.  profonde  alcune  due  piedi  ,  ed  anche  più  . 

Ritornando  alla  mia  sperienza  si  può  agevolmente  cono- 
scere ,  che  i  granelli  ,  che  sbalzavano  da  D  in  L  ,  da  F  in 
O  i  ec.  erano  naturalmente  i  più  sottili  ,  e  che  gli  altri  che 
cadevano  da  D  in  E  ,  da  F  in  G  ,  ec.  erano  i  più  grossi  . 
Questi  rimanevano  seppelliti  dai  successivi,  che  vi  cadevano 
addosso  ,  né  erano  più  in  caso  di  progredire  avanti  finché 
tutto  il  monticeilo  CBE  fosse  passato  in  EFG  .  Solamente  al- 
lora era  lecito  ai  granelli  più  grossi  caduti  da  D  in  E  di  far- 
si più  avanti,  dovechè  i  più  sottili  sbalzavano  da  D  in  L 
punto  più  ,  e  meno  lontano  da  E  a  misura  della  minore  ,  o 
maggiore  grossezza  di  cadaun  granello;  il  quale  cosi  rimanen- 
do esposto  tuttavia  all'  azione  dell'  acqua  continuava  ad  es- 
sere spinto  avanti  lasciando  addietro  i  piii  grossi;  il  che  com- 
bina molto  bene  coli'  osservazione  ,  che  nei  fiumi  arenosi 
quanto  più  si  esaminano  lungi  dall'origine,  vi  si  trovano  ge- 
neral mente  arene  sempre  più  sottili  . 

Consideriamo  intanto  cosa  sarebbe  avvenuto  nella  mia 
sperienza  se  dopo  le  osservazioni  fatte  la  velocità  dell'  acqua 
si  fosse  di  mano  in  mano  rallentata  .  Egli  è  manifesto  ,  che 
quei  granelli  più  «nttii;  sarebbero  giunti  a  non  potere  essere 
più  sbalzati  j  che  a  distanze  minoiu  .,  ed  in  fine  a  dover  ca- 
dere anch'   essi   come  i   grossi  da  D  in   E  ,   da   F  in   G  ,  pc. 

Per  lo  stesso  scemamento  di  velocità  ,  e  di  forza  dell'ac- 
qua i  granelli  ,  che  prima  venivano  rotolati  pei  piani  acclivi 
CD  ,  £F  ,  ec.  avrebbero  in  fine  cessato  di  più  progredire  ;  e 
quei  che  si  fossero  trovati  sui  cigij  D  ,  F  ,  H  sarebbero  fa- 
cilmente stati  mossi  dall'  acqua  ,  e  fatti  cadere  nelle  cavità 
sottoposte;  e  cosi  abbassati  i  ciglj  ,  e  riempite  le  cavità  sa- 
rebbero svanite  le  prominenze  osservate,  ed  il  fundo  del  mio 
canale  sarebbe  divenuto   più  regolare  . 

Ora  altrettanto  appunto  mi  è  avvenuto  di  vedere  verifi- 
cato in  grande  nel  Canal-bianco  . 

lomo  XI.  Rrrr  Per 


68a  Sperienze  ed  Osservazioni  ec. 

Per  Ispiegarmi  in  questo  mi  coavien  dire  quanto  accad- 
de dopo  le  due  rotte  del  Castagnaro  .  Le  acque  uscite  per 
quelle  rotte  si  diffusero  per  le  Valli  Veronesi  (  fig.  a  )  ,  e 
nel  Tartaro  colà  disarginato  alla  sinistra  ,  e  dal  Tartaro  pas- 
savano nel  Canal-bianco  ,  però  con  un  corpo  d'  acqua  mino- 
re di  quello,  che  avea  corso  per  lo  stesso  Canal-bianco  nel 
colmo  della  piena  :  ma  passati  due  giorni  ruppe  anche  l'argi- 
ne destro  del  Tartaro ^  il  quale  inferiormente  rimase  senz'ac- 
qua ,  e  lo  stesso  accadde  al  Canal-bianco  ,  onde  potei  vede- 
re anche  il  fondo  di  questo  .  Vidi  bensì  anche  là  delle  pro- 
minenze ,  e  delle  cavità  simili  alle  descritte  del  Castagnaio  , 
ma  rare  ,  e  di  misure  molto  minori  . 

Ora  la  discorro  cosi  :  pel  Canal-bianco  nel  colmo  della 
piena  ,  e  prima  delle  rotte  del  Castagnaro  avea  corso  lo  stes- 
so corpo  d'  acqua  ^  che  nel  Castagnaro  dove  avea  prodotto 
delle  cavità  ,  e  delle  prominenze  notabili  .  Egli  è  dunque  da 
dirsi  che  le  stesse  acque  avessero  prodotto  gli  stessi  effetti 
anche  nel  Canal-bianco  ,  il  cui  alveo  è  simile  a  quello  del 
Castagnaro .  E  perchè  pel  Canal-bianco  dopo  le  due  rotte 
del  Castagnaro  corse  per  due  giorni  un  corpo  d'acqua  di  una 
forza  minore  io  concludo  ,  che  codesto  corpo  minore  sia  ap- 
punto stato  tale  da  poter  abbassare  quasi  tutte  le  prominen- 
ze ^  e  riempire  quasi  tutte  le  cavità  nella  maniera  da  me  qui 

sopra  spiegata  . 

Tutto  questo  fa  vedere  ,  che  un  esame    del  fondo  di  un 

fiume  ad  acqua  bassa  può  talvolta  non    bastare  per  iscoprire 

la  causa  di  certi  vortici,  e  di  certi  movimenti  irregolari  dell' 

acqua  osservati  in  tempo  di  piena  prodotti  per  avventura  da 

qualcuna  delle  accennate  cavità  riempite  poi  nel  calare  della 

piena  . 


IN- 


683 

INDICE 

DELLE  COSE  CONTENUTE  IN  QUESTO  TOMO . 

O  tatuto  della  Società  Italiana  delle  Scienze.  Pag.  m 

Catalogo  de'  Socj  .  i 

Annali    della    Società   stessa  continuati  da  POMPILIO 

POZZETTI .  XT 

Elogio  di  LORENZO  MASCHERONI  scritto  dal  Mar- 

chese  FERDINANDO  LANDI  Piacentino.  xxxviii 


Sopra    alcune    Rose    prolifere  ,    Lettera   di    GIUSEPPE 
MARIA  GIOVENE  a  Pompilio  Pozzetti.  pag.  i 

Sopra  un  problema  trigonometrico  ,  JMemoria  di  FRAN- 
CESCO PEZZI.  10 

Esposizione  anatomica  delle  parti  relative  all'encefalo  de- 
gli uccelli  di  VINCENZO  MALACARNE.  33 

Esperienze    ed  Osservazioni  sopra  le  proprietà  fisiche  dei 
sughi  lattiginosi  delle  piante  nostrali ,  e  sopra  la  loro  si-     ' 
miglianza  colla  gomma  o  resina  elastica:  di  GIOACHI- 
NO CARRADORI   presentate  da  Antonio  Cagnoli  .  6a 

Dell'adesione  o  attrazione  di  superficie;  Memoria  del  me- 
desimo presentata  da  Antonio  Cagnoli.  ^5 

Lettera  di  GIOVANNI  FABBRONI  a  Pompilio  Pozzetti 
sulla  maniera  di  preservare  e  di  ristaurare  i  libri  dan- 
neggiati j  e  di  costruir  biblioteche .  ga, 

Istoria  Anatomica  di  due  Gemelle  mostruose  :  Memoria 
di  FILIPPO  UCCELLI  presentata  da  Pompilio  Pozzet- 
ti  .  ia3 

Memoria  idrostatica  di  GIROLAMO  SALADINI .  147 

Sopra  una  straordinaria  affezione   verminosa  ;  Mt^moria  di 

R rrr  a  GIAM- 


6*4  I    N    »    I    e    E 

G[AMBATISTA  DALU  OLIO,  presentata   da  Pompilio 
Pozzetti  .  i5g 

Lettera  di  SEBASTIANO  CANTERZANI  a  Torquato  Va- 
reno.  1^3 

Obliquità  dell'eclittica  osservata  nel  solstizio  22  Giuo'no 
i8o3  da  VINCENZO  CHIMINELLO  .  °        i8r 

Calcolo  del  passaggio  di  Mercurio  pel  disco  del  sole  nel 
giorno  8-9  novembre  i8oa  secondo  le  osservazioni  di 
PadoVa  e  di  Napoli;  del  MEDESIMO  .  i83 

Congetture  sulle  cagioni  delle  diverse  variazioni  dell'Ago 
magnetico  dal  Nord  ;  del  MEDESIMO.  193 

Metodo  per  trovare  le  radici  numeriche  d'ogni  equazione, 
di  GIUSEPPE  CASSELLA  ,  presentato  da  Vincenzo 
Chiniinello  .  2c3 

Osservazioni  sull'  azlcrfie  dell'  acqua  idro-solforata  e  dell' 
acido  solforoso  su  di  alcuni  colori  vegetabili  ;  di  BAR- 
TOLOMEO BARANI,   presentata  da  Antonio   Gagnoli.  241 

Memoria  su  diversi  articoli  spettanti  all'analisi,  di  PIE- 
TRO FRANCHINI   presentata  da  Antonio  Gagnoli  .         254 

Sulle  Acque  minerali  della  Provincia  Bergamasca,  Memo- 
ria di  GIOVANNI  MAIRONI  DA  PONTE  .  285 

Esperienze  ed  Osservazioni  per  dimostrare  che  le  Piante 
assorbiscono  il  Carbonio;  di  GIOACHINO  CARRADO- 
RI,  presentate   da  Antonio   Gagnoli.  3l3 

Sopra  ;i  CIa7  mnitn  ossigenato  che  si  ottiene  dal  Carbone 
messo  neir  accjna  esposto  ai  raggi  del  Sole  ,  con  alcu- 
ne altre  sperienze  ;  Memoria  di  CARLO  LODOVICO 
MOROZZO  .  83 1 

Sulla  Panizzazione,  Memoria  di  GIAMBATISTA  DALL' 
OLIO  ,  presentata  da  Pompilio  Pozzetti .  oS^' 

Della  forza  e  dell'  influsso  del  cuoi-e  sul  cii'colo  del  san- 
gue :  Dissertazione  di  MICHELE  ARALDI.  342 

Memoria  sull'uso  della  Logistica  nella  costruzione  degli 
Organi  ;  di  PIETRO  FERRONI  .  '      383 

Memoria  di  FRANCESCO  PEZZI  sopra  la  legge  di  trasfor- 
ma- 


BELLE    COSE  635 

ma/tone  di  una  frazione  continua  indefinita  qualunque; 
in  una  frazione  volgare,  e  sopra  la  più  semplice  risolu- 
zione delle   equazioni  iudeteruiinate  del  primo  grado  .    4^0 
Dell'  Obliquità   dell'  Ecchttica  -,    Memoria   di    GIUSEPPE 

PIAZZI  .  4a6 

Nuove  Considerazioni  su  di  alcune  singolari  proprietà 
de'  coefficienti  della  nota  fornmla  del  binomio  jNewto- 
niano  ;  di  CIOACHIINO  PESSUTI  .  446 

Sul     Catarro  epidemico  ,    Opuscolo    di    GI/VNVERARDO 

ZEVIANI  .  »  4-6 

Sopra    una    falsa    specie    di   China  ,   Memoria  di  OTTA- 
VIANO TARGIONI  TOZZETTI  .  53r 
Varice   singolaiissima    formala  e   scoppiata    al    seno    qua- 
drato del  cuore.,  con   una  nuova  anatomica  dimostrazio- 
ne   delle  fibre  componenti    lo    stesso    seno    quadrato  ; 
Memoria  di  JACOPO  PENADA,  presentata  da  Gianve- 
rardo  Zeviani  .  54-5 
Intorno   la  denominazione  e  la    classificazione    degli    odo- 
ri ;  Memoria  di  NICCOLO'    DA    RIO  ^    presentata    da 
Vincenzo  Chiminello  .                                                                   561 
Dubbj   proposti  al  Socio   Paolo    Ruffini    sulla    sua    dimo- 
strazione dell'  impossibilità  di  risolvere  le  equazioni  su- 
periori al  quarto  grado  ,  da  GIANFRANCESCO  MALr 
FATTI  .                                                                                     5^9 
Sopra  alcune  Rose  particolari    dell'  Italia    inferiore  ,    Me- 
moria   di    POMPILIO    POZZETTI    al    Socio    Giuseppe 
Maria   Giovene.                                                                               608 
Sull'   ecclisse  del   dì   11   Febbrnjo   iuc4  ,   Lettera  di   GIU- 
SEPPE   CASSELLA   ad    Antonio    Gagnoli  ,    presentata 
da   questo  .                                                                                        5^0 
Descrizione  di  un  nuovo  elettrometro  ed  alcune  esperien- 
ze  relative  alla  carica  della   colonna  Voltiana  ;   delTcil.a- 
te  SALVATORE  DAL  NEGRO    presentata  da   Vincen- 
zo Chiminello  .                                                         ,                      5^3 
Osservazioni  di  PAOLO  MASGAGxNI  su!l'  uso  del  caiLo- 

II  a- 


-\ 


606  Indice  delle  cose  . 

nato  di  potassa  nella  malattia  che  affligge  le  vie  oiina- 

rie  ec  635 

Sperienze  sulle  miniige  o  corde  d'  intestini  ,  e  sulle  funi 
o  corde  di  canapa  ;  dell'  abate  BONAVENTURA  COR- 
TI ,  presentate  da  Antonio  Gagnoli  .  6^ì 

Sugli  occhi  fiammeggianti  di  una  Bambina  ,  Memoria  di 
GIAMBATISTA  MARZARI  presentata  da  Gianverardo 
Zeviani  .  670 

Supplemento  al  Catalogo  di  Stelle  di  ANTONIO  GA- 
GNOLI .  676 

Sperienze  ed  Osservazioni  potamblogiche  di  TEODORO 
BONATI .  680 


IL    FINE