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Vi
iiif-;i A
MEMO RIE
DI MATEMATICA
E DI FISICA
DELLA .
SOCIETÀ ITALIANA
DELLE SCIENZE
TOMO XL
MODENA
PRESSO LA SOCIETÀ TIPOGRAFICA
M D C C C I V.
D E L L A S 0 e I E T a' . VJl
La collazione si farà come segue . Si diviijcrù la Compagnia
in due classi : 1' una di jMate'raatici ; I' altra di Fisici . Ciascu-
no de' Sorj attuali manderà al Segretario il suo voto , con
cui dichiarerà , quale delle Memorie sopra argomenti della
sua classe ( sia di Socj o di non Socj ) giudica degna del pre-
mio , escluse le proprie . La Memoria , che avrà più voti f;i-
vorevoli , in ciascuna classe , sarà la premiata . In caso di
parità di voti si dividerà il premio . Per l' esecuzione del
presente articolo , ogni Socio attuale riceverà in dcno un
esemplare di ciascun tomo ^ che gli sarà trasmesso con la
maggior prontezza possibde dopo terminata la stampa . Allo
spirar di sei mesi, successivi alla data di queste spedizioni,
si pubblicheià il risultamento dei voti per li due premj ^ né
saranno d' alcun valore i voti che pervenissero posteriormen-
te . Gli Autori peifnie, quando massime l'argomento possa
essere incerto o promiscuo , dichiareranno , spedendo le loro
Memorie , a qiial classe intendano attribuirle .
XXin. A compensazion delle spese , che incontrano i
Quaranta ne' porti di lettere per cagion della Società , ogni
anno, nel mese di ottobre, sarà fatto P esame ^ onde rico-
noscere i Membri attuali, che avranno corrisposto a tutte le
lettere del Presidente e del Segretario nel corso dell' anno
antecedente , e dentro li rispettivi termini di tempo in esse
specificati ; ciascuno de' quali Socj avrà diritto di esigere
zecchini tre dalla cassa della Compagnia .
XXIV. 5- '• Ogni volta , che la forza pecuniaria della
stessa Società lo consenta , si esporranno programmi al con-
corso pubblico. Risoluto ciò dal Presidente, il Segretario in-
viterà li Socj attuali a proporre argomenti . Questi esser do-
vranno , o Fisici , o Matematici , o Fisico-Matematici , o in
qualunque modo giovevoli a queste scienze, e sempre appli-
cabili ad utile general dell' Italia . Il Segretario li manderà
stampati a ciascun Socio , pretermettendo quelli che uscisse-
ro dalle condizioni ora prescritte . Ogni Socio spedirà al Se-
gretario il proprio suffragio per la scelta dell' argomento , e
di-
vili Statuto
dicliiarerà insieme qual premio reputi conveniente e qual tem-
po alla facitura ed alla presentazione delle Memorie . Quei
tema che avrà più suffragi , sarà adottato : nei caso di pa-
rità di voti , deciderà la sorte .
5. a. Tosto si comunicherà alla Compagnia 1' argomento
coronato, ed il numero de' suffragi riscossi da ogni argomen-
to . INeir atto stesso sarà richiesto ciaschcdun Sgcìo attuale di
nominarne tre { di qualunque Classe , purché Italiani , e di-
moranti attualmente in Italia); quelli cioè, che ciascuno,
osservato il quesito , stimerà più adattali a giudicar le Me-
morie che compariranno al concorso . Quei tre , ne' quali
concorrerà maggior numero di suffragi (1' uguaglianza rimova-
si con la sorte ) , s' intenderanno destinati a pronunziare il
giudizio .
5. 3. Nelle occasioni statuite sopra, saranno come non
fatte le risposte de'Socj, qualora non giungano al Segretario
dentro quaranta giorni dalla data della rispettiva circolare
di Lui .
5. 4- ^ nome de' Giudici eletti rimarrà a sola notizia
del Presidente e del Segretario : se jion che ciascun di quel-
li sarà fatto consapevole della propria destinazione, crn di-
vieto di concorrere al programma e di manifestarla a chic-
chessia: niun di loro saprà i suoi Colleglli . Se qualcun ri-
cusasse , sarà sostituito il prossimo inferiore in quantità di
voti . Ogni Giudice riceverà , dopo pronunziato il giudizio ,
un decente compenso dell' esclusion dal concorso .
5. 5. Il Presidente , considerati i pareri de' Socj , Io sta-
to economico della Società, e l'importanza di moltiplicare i
programmi , stabilirà la grandezza del premio , ed il termine
da assegnarsi al concorso . Sarà tosto promulgato il proble-
ma per tutta Italia . Ogni Italiano j ambe Socio, potrà con-
correre : rimangono esclusi li soli tre Giudici . Le Memorie
dovranno essere inedite, scritte in lingua Italiana;, e perve-
nute nelle mani del Segretario entro il termine prescritto
dal programma : il nome degli Autori sarà occulto : ogni Me-
mo-
Ili
STATUTO
DELLA SOCIETÀ' ITALL^NA DELLE SCIENZE ,
I. JUa Società Italiana delle Scienze è composta dì quaranta
Socj attuali 5 tutti Italiani, di merito maturo e per opere da-
te in luce ed applaudite riconosciuto .
II. La scienza della natura è il grande oggetto , in cui
la Società medesima si propone di versare. Pubblicherà per-
tanto , sotto il titolo di Memorie di Matematica e di Fisica ,
le produzioni di chiunque de' Socj vorrà render pubblico ne-
gli Atti Sociali il frutto de' proprj studj .
III. De" quaranta Membri uno sarà Presidente della So-
cietà , e la presidenza durerà sei anni .
IV. Avrà la Società un Segretario j ed un Vice -Segre-
tario amministratore . Il primo sarà partecipe di tutte le fa-
coltà dei Quaranta, benché non fosse uno d' essi; ed avrà
diritto , non obbligo , di presentar Memorie da inserirsi negli
Atti . Il secondo terrà il maneggio economico .
V. 5. I. Altra Classe vi avrà di Socj Emeriti , in nume-
ro indeterminato . Essa è preparata a chiunque dei Quaranta,
o per età avanzata , o per abituale mancanza di salute , o
per altro motivo , non producesse verun suo lavoro in tre
consecutivi tomi delle Memorie Sociali : e questi si conteran-
no dal tomo Vili in poi , cioè dopo T accettazione del pre-
sente Statuto .
5. 2,. Ma se un Socio attuale passasse negli Emeriti do-
po aver posto otto Memorie ne' tomi Sociali , in tal caso se-
guiterà a godere , quantunque Emerito , tutte le prerogative
di Attuale .
5. 3. Che se un Socio Emprito ponga Memorie in tre
tomi consecutivi, saia restituito nel ruolo degli Attuali.
a 3 VI.
IV Statuto
VI, Un'altra Classe, parimente indeterminata, compren-
derà i Socj Onorar] . A questa saranno ascritti , previo l' as-
senso di ventuno almeno dei Quaranta , i Compilatori, eletti
dal Presidente , degli elogj de' Socj attuali defunti . Inoltre ,
esso Presidente potrà aggregare a questa classe, nel suo ses-
sennio , due Soggetti , non più , che avessero operato cosa a
prò della Società , onde meritassero d' esserne onorati parti-
colaimente .
VII. Ed altra Classe avrà finalmente il titolo di Sor]
stranieri , stabilita per distinguere ed onorare il merito nelle
Scienze in qualunque parte fuori d' Italia . Sarà composta di
dodici Soggetti , a ciascun de' quali verrà esibito in dono un
esemplare d' ogni Volume , che uscirà in luce , delle Memo-
rie Sociali .
Vili. Le aeffregazioni alle classi de' Socj attuali e degli
stranieri .si faranno nel modo seguente. Per ogni posto che
rimanga vacante , dovrà il Presidente , col mezzo del Segre-
tario , proporre sei nomi a ciascuno de' Socj attuali , il qual
faià scelta d' uno , e lo indicherà per lettera al Segretario .
Quel de' sei che, entro il termine di due mesi dalla propo-
sta , avrà più suffragi , s' intenderà aggregato , e la Cnmpa-
enia sarà fatta opportunamente consapevole dell' acquistato
Cooperatore .
IX. Air elezione del Presidente saranno invitati li Socj
attuali con una lettera circolare del Segretario , al quale
cnuno di essi farà tenere in iscritto la nomina del Socio da
sé eletto a Presidente: e la pluralità de' voti , che arriveran-
no al Segretario dentro il termine di due mesi dopo la data
del circolare invito , determinerà \' elezione che dovrà esser
dal Segretario annunziata ai Membri votanti .
X. Ciaschedun dei Quaranta ha facoltà d' inserire negli
Atti una scoperta utile, un' importante produzione, anche
di Persona non aggregata, ma italiana , purché se ne faccia
mallevadore egli stesso , come di cosa propria , inverso la
Compagnia .
XI.
DELLA Società'. v
XI. DI questi Autori non Sorj dovrà il Presidente ag-
giungere i nomi , segnati con asterisco , ai sei che pres nta ,
a tenor dell'articolo Vili, per l'elezione d' un Socio attua-
le . Bensì questa nomina cesserà , dopo fatta sej volte , con-
tate dalla pubblicazione d' ogni Memoria ,
XII. Le Dissertazioni o Memorie da pubblicarsi ne' Vo-
lumi della Società, debbon essere scritte in lingua Italiana e
in carattere chiaro . Il Segretario dovrà appo) vi la data del
ricapito, acciocché sieno stampate con essa in fronte e per
ojd ne di tempo . Che se l'opera sia voluminosa, può 1' Au-«
tore distribuirla in due o più parti pt' tomi susseguenti.
XIII. Tutto ciò eh' è destinato pegU Atti dev' esser
nuovo, inedito, importante, ed analogo all' indole scientifi-
ca di questi Volumi, che non ammette sfoggio d^ erudizione ,
né moltitudine di note e di citazioni .
XIV. I fogli stampati di ciascun Volume non dovranno
eccedere il numero di cent(» . Le Mf-morie soprabbondanti
resteranno in deposito pel tomo susseguente, o saranno re-
stituire ao;li Autori che le dimandassero. Bi-nsi , nel caso di
sopr.ibljoudanza , le Dissertazioni degli Autori non Socj do-
vranno cedere il luogo a quelle de' Socj .
XV. La Società non si fa risponsabile delle Opere pub-
blicate negli Atti . Ogni Autore dev' ess^r mallevadore d^lle
cose |. ri' prie , ccr^e se le pubblicasse app-^rtatamente .
XVI. N.)n permette peraltro la Si e età le invettive per-
sonali , e uè anche le critiche non misurate : sopra di che
Veglierà il Segretario, e ne farà inteso il Presidente per un
acconcio provvedimento .
XVil. Il Socio attuale 5 Autore d'una Memoria o a un
Elogio , avrà in dono cinquanta esemplari della sua produ-
zione , con frontispizio apposito, e con la numerazion de le
Bacine ed il registro ricominciati . Ad o^zni altro Autore sa-
rautio corrisposte dodici copie . Qualunque Autore ne deside»
rasse di più , non sarà aggravato d' alcuna spesa per conto
della conipoòiziou tipograhoa .
XVIII.
VI Statuto
XVIII. Neil' atto di queste spedizioni sarà trasmesso ai
Soci , che avranno mandato il voto per le elezioni, la dimo-
strazione stampata del numero de' snffraiij toccati ad ogni
Candidato , senza il nome però de' votanti , e cosi ancora i
conti stampati dell' amkiinisti azione tenuta dal Vice -Segreta-
rio amministratore dnrante il biennio precorso .
XIX. Alle principali Accademie estere sarà offerto in do-
no un esemplare d' ogni Volume delle Memorie sociali , che
andrà successivamente uscendo alla luce .
XX. I doveri del Presidente , oltre i già mentovati , so-
no : mantener l' osservanza dello Statuto , eleggere il Segie-
tario ed il Vice-Segretario , qualunque volta sia di bisogno ,
avere in governo e cura ogn' interesse della Società , rivede-
re , almeno una volta all' anno , i conti dell' amministrazio-
ne del Vice - Segretario , alla validità de' quali fa d' uopo
l'approvazione e sottoscrizione di mano propria del Presidente;
e ragguagliar finalmente il Successore dello stato degli affari
nell' atto di rinunziargli 1' uffizio .
XXI. Dopo il Presidente , il Segretario è la Persona pro-
priamente deputata a mantener corrispondenza con tutti i
Membri della Società, e quasi centro, ove debbono metter
capo tutte le relazioni Sociali . Egli invia le patenti d' ag-
gregazione ; presiede alla stampa , ai Correttori di quella , ed
all' incision delle tavole ; prende cura delie spedizioni , e
d' ogn' altro interesse della Società ; sempre però con 1' ap-
provazione del Presidente . Egli deve pure tener registro
d' ogni atto che importi ; custodire i voti de'Socj per le ele-
zioni , manit'estandogli al Presidente ad ogui richiesta ; e fi-
nalmente eseguir tutto ciò , che ne' precedenti artìcoli gli è
addossato .
XXII. Sono instituiti due premj , consistente ciascuno in.
una medaglia d' oro del valor di zecchini sessanta , coniata
con relative iscrizioni . Questi premj apparterranno agli Au-
tori delle due Memorie più utili d'ogni Tomo; 1' una di Ma-
tematica pura o mista j 1' altra di Fisica non matematica.
La
dellaSocieta. IX
moria porterà in fronte un motto , e sarà accompagnata da
un biglietto suggellato , cuntrasspgnato al di fuori dal mede-
simo motto , e contenente, al di dentro in maniera occultis-
sima , nome , cognome , patria , domicilio e profession deli-
Autore . Il mancare a qualunr^ue delle antecedenti condizioni
fa perdere il premio .
5. 6. Tosto che il concorso sia cliiuso , il Presidente ,
veduto il numero e 1' estensione delie Memorie , definirà il
tempo j entro il quale ogni Giudice dovrà pronunziare il giù-
dizio . Allora il Segretario trasmetterà le Blemorie , tutte uni-
te, ad uno de' Giudici : da cui restituite che siano, e notifi-
cato il proprio giudizio al Segretario , saranno da questo fat-
te pervenire ad altro Giudice; quindi con le regole stesse al
terzo . Ogni Memoria coronata da un Giudice , sarà stampa-
ta col nome dell' Autore . Il premio sarà dato a quella Me-
moria , che vensfa coronata da tre , o da due Giudici . Se
tutti e tre li giudizj fossero discordi , si dividerà il premio
fra le tre Memorie coronate . Lo stesso si farà tra due coro-
nate , qualora un Giudice negasse il premio a tutte le Me-
morie , e gli altri due non fossero concordi . Che se fossero
due li giudizj di negativa generale del premio , in tal caso
il terzo giudizio non sarà di alcun valore : si notificherà alla
Compagnia V esito del giudizio e si passerà alla pubblicazione
di nuovo programma , coi metodi staluHti sopra .
5. 7. Ma quando sia conferito il premio , il Segretario
annunzieià prontamente ai Socj ed a tutta 1' Italia il nome
degli Autori delle Memorie coronate , indicando quello cui
spetta il premio . Esse Memorie saranno stampate senza in-
dugio ; se ne spedirà un esemplare ad ogni Socio , 12, della
propria a ciascun degli Autori coronati , 38 di più al pre-
miato : i rimanenti si esporranno a vendita pubblica .
Tomo XI. h CA-
CATALOGO
DE' MEMBRI COxMPONENTI LA SOCIETÀ' ITALIANA
DELLE SCIENZE . ,
T residente .
ANTONIO GAGNOLI Professore delle Matematiche sublimi
nella Scuola Militare . Modena .
Socj attuali •
AMORETTI ( abate Carlo ) Bibliotecario nell' Ambrosiana.
Milano .
ARALDI ( Michele ) Professore emerito di Medicina nel Li-
ceo di Modena e Segretario dell' Istituto Nazionale . Bologna-
BONATI (Teodoro) Professore d' Idrostatica nel Liceo. Ferrara.
ERUGNATELLI (Luigi) Professore di Chimica generale. Pavia.
CALDANI ( Floriano ) Sostituto alla Cattedra di Notomia
neir Università . Padova .
CALDANI ( Leopoldo Marcantonio ) Professore primario di
Medicina teorica e pratica nell" Università . Padova .
Cx^LUSO ( abate Tommaso Valperga ) Professore di Lingue
orientali , di Critica e di Cronologia nell' Ateneo naziona-
le . Torino .
CANTERZANI ( Sebastiano ) Professore di Fisica generale
nell'Università Nazionale e Presidente dell'Accademia del-
le Scienze . Bologna .
CESARIS ( abate Angelo ) Astronomo nell' Osservatorio di
Brera . Milano .
CHIMINELLO ( abate Vincenzo ) Professore di Astronomia j
di Meteorologia e di Geografia nell' Università . Padova.
COSSALI { P. D. Pietro ) Cherico Regolare , Professore di
Astro-
dellaSocikta'. XI
Astronomia , di Meteorologia e d' Idraulica nell' Universi-
tà . Panna ,
DELANGES ( Paolo ) . Milano .
FABBRONI ( Giovanni ) Professore onorarlo nelle Università
di Pisa e di Wiltia , Sottodirettore e Soprantendente all'am-
ministrazione del Reale Gabinetto Fisico . Firenze .
FERRONI ( Pietro ) Matematico Regio e Professore di Mate-
matica nell' Università . Pisa .
FOSSOMBRONI ( Cav. Vittorio ) Consigliere, di Stato . Fi-
renze .
GIOBERT ( Antonio ) Professore di Economia rurale , d' Ar-
ti e Manifatture nell' Ateneo Nazionale. Torino.
GIOVENE (Giuseppe Maria) Canonico Arciprete. Molfetta.
MAIRONI DAPONTE ( Giovanni ) Professore di Storia natu-
rale e Reggente nel Liceo . Bergamo .
MALACARNE ( Vincenzo ) Professore primario di Chirurgia
teorica e pratica nell' Università • Padova .
MALFATTI { Gianfrancesco ) Professore emerito nel Liceo .
Ferrara .
MARINO (Giannantonio ) Soprantendente alla Medicina ^ al-
la Chirurgia , ed alla Faimacìa dello Spedale Nazionale .
Savigliano .
MASCAGNI ( Paolo ) Professore di Notomia nel Regio Arcis-
pedale . Firenze .
MOSCATI ( Piftro ) Consultore di Stato . Milnno .
PAOLI ( Pietro ) Professore delle Matematiche sublimi nell'
Università . Pisa .
TESSUTI ( Gioachino ) Professore delle Matematiche sublimi
nelP Archiginnasio della Sapienza . Roma .
'PEZZI ( Francesco ) Professore di Matematica nell' Universi-
tà . Genova •
PIAZZI ( P. D. Giuseppe ) Cherico Regolare , Professore di
Astronomia nell' Accademia degli Studj e Direttore dtli'
Osservatorio . Palermo .
PINI ( P. D. Ermenegildo ) Cherico Regolare di S. Paolo ,
h a Pro-
XII Statuto
Professore di Storia Naturale e Delegato alle Miniere .
Milano .
POLI ( Giuseppe Saverio ) Comandante della Reale Accade-
mia Militare e Ministro della Giunta alla Real Biblioteca.
Napoli •
KACAGNl ( P. D. Giuseppe Maria ) Cherico Regolare di S.
Paolo, Professore di Fisica nel Ginnasio Nazionale di Bre-
ra . Milano .
RUFFINI ( Paolo ) Professore di Matematica sublime nel Li-
ceo . Modena .
SiiLADINI ( abate Girolamo ) Professore del Calcolo sublime
neir Università Nazionale . Bologna .
SLOP ( Giuseppe de Cadenberg ) Professore di Astronomia
nell' Università . Pisa .
TARGIONI TOZZETTI ( Dottor Ottaviano ) Professore di
Aericoltura e di Botanica . Firenze .
VASSALLI EANDI ( Antonmaria ) Professore di Fisica spe-
rimentale nell'Ateneo e Segretario dell'Accademia di Scien-
ze , di Letteratura e di Belle Arti . Torino .
VENTUROLI ( Giuseppe ) Professore di Matematica applica-
ta nelF Università Nazionale . Bologna .
ZEVIANI ( Gianverardo ) Protomedico di Sanità . Verona .
SocJ Emeriti •
COTUNIO ( Domenico ) Professore di Notomia nell' Univer-
sità . Napoli .
FONTANA ( Cav. Felice ) Direttore del R. Gabinetto Fisi-
co . Firenze .
FONTANA ( P. D. Mariano ) Cherico Regolare di S. Paolo ,
Professore nell' Università . Pavia .
FRANCESCHINIS ( Conte abate Francescoraaria ) . Vienna ,
LAGRANGE ( Lodovico ) . Parigi .
LANDRIANI ( Cav. Marsilio ) . Viemia .
OPiIANI ( abate Barnaba ) Astronomo nell' Osservatorio di
Brera . Milano . RO-
DELLA Società'. Xiii
ROSA ( Michele ) Professore emerito nel Liceo di Modena .
Rimini .
ROSSI ( Pietro ) Professore di Storia naturale nell'' Universi-
tà . Pisa .
SALIMBENI ( Lionardo ) Generale di Brigata e Segretario
genr^rale nel Ministero della Guerra . Milano»
SALUZZO ( Giuseppe Angelo ) . Torino .
SCARPA ( Antonio ) Professore emerito nell' Università . Pa-
via .
SOAVE ( P. D. Francesco ) Cherico Regolare Somasco , Pro-
fessore dell'analisi delle idee nell' Università. Pavia.
STRATICO ( Simone ) Professore soprannumerario nell' Uni-
versità di Pavia ed Idrostatico nazionale . Milano .
VENTURI { Giambattista ) Professore di Fisica geneiaie nell^
Università di Pavia e Ministro della Repubblica Italiana
presso 1' Elvetica . Berna .
VOLTA ( Alessandro ) Professore emerito nelT Università .
Pavia .
Socj Onorar] .
DELBENE ( Benedetto ) Segretario perpetuo dell'Accademia
di Agricoltura , Commercio ed Arti • Verona .
PINDEMONTE ( Cav. Ippolito ) . Venezia .
POZZETTI ( P. D. Pompilio ) Cherico Regolare delle Scuo-
le pie , Bibliotecario Pubblico in Modena e Professore
Onoraiio nell' Imperiale Università di Wilna . Modena ,
ROSSI ( Luigi ) Capo di divisione del Ministero dell' Interno
nel Dipartimento della pubblica istruzione ed Ispettor ge-
nerale alla medesima . Milano .
YIVORIO { abate Agostino ) . Vicenza .
Socj stranieri .
ACHARD. Berlino.
BAiNGKS . Londra .
CHAP.
XIV Catalogo
CHAPTAL . Parigi .
DEL AMBRE . Parigi.
HERSCHEL . Londra .
LALANDE . Parigi .
LAPLACE . Parigi.
MASKELYNE . Londra .
NARVOYZ. fVil>m.
SENEBIER. Ginevra.
Segretario •
P. D. POMPILIO POZZETTI suddetto . Modena .
Vice- Segretario Amministratore .
ANTONIO LOMBARDI , Bibliotecario Pubblico ed Aggiunto
al Professore delle Matematiche sublimi nella Scuola Mili-
tare . Modena .
AN-
XV
ANNALI
DELLA SOCIETÀ* ITALIANA DELLE SCIENZE
CONTINUATI
Da Pompilio Pozzetti
Segretario della medesima
Consegnati il dì la Settembre 1804.
63. Spi,a.o co. dicia„„„vas:.o gtorno di ,„.,io „,„= 0..0-
cento tre il termine prescritto al concorso pubblico degli
Ingegni italiani circa i due problemi di Matematica e di Fi-
sica espressi al numero 38 di questi Annali , si riguardò in-
ammissibile d'indi in poi qualunque produzione che all' og-
getto medesimo si fosse presentata . Al quesito di Fisica
mancarono i Concorrenti . AlT opposto , cinque dissertazioni
arrivaronmi in tempo debito sul problema di Matematica :
esporre il metodo più breve , cioè , men faticoso per trovar le
radici numeriche di un' equazione di qualunque grado .
Recava la prima questa divisa
Praemia magna quidem , sed non indebita posco .
La seconda , le parole : non sublimità d' invenzioni , ma ri-
sparmio di tempo e di fasica sono il mio scopo , La terza j
il motto
Vade sed incultus .
La quarta , i versi
Né che poco vi dia da imputar sono
Se quanto posso dar tutto vi dono.
La quinta , l' epigrafe
. ... Si quid novistì rectiiis istis
Candidus inperti , sì non, his utere mecum .
Col-
xvr Annali
Colle necessarie cautele e colle tiorine ingiuntemi dal Pre-
side nostro Antonio Gagnoli , tratte accuratamente dall' ar-
ticolo XXIV, 5 6, de.'lo Statuto, cominciaronsi nel modo
quivi prescritto ad inviare ai Giudici già nominati dai Socj ,
e noti soltanto al Presidente ed al Segretario , gli opuscoli
degli Aspiranti .
64. La volontà dei Colleghi intorno gli altri problemi sì
di Matematica sì di Fìsica da esporsi ad un nuovo pubblico
cimento , messi , coni' è detto al numero 62, di questi Anna-
li medesimi , alla scelta loro , preferì i due che seguono.
IN MATEMATICA.
Stahìlìre i fondamenti e la vera metafisica del calcola
delle probabilità .
IN FISICA.
Stabilire sn decisive sperienze una maniera pia sicura e
rnen fastidiosa delle usate finora onde impedire la recidiva
delle febbri periodiche già troncate colla Chinachina .
65. Per conseguenza si promulgò dal Segretario, nel di-
ciotto agosto susseguente, il correlativo programma, in cui
è assegnato il premio d' una medaglia d' oro del valore di
zecchini sessanta a chi risponda meglio e pienamente al pri-
mo quesito , ed altra di zecchini novanta a chi soddisfi al
secondo, accordandosi per la soluzione d'entrambi lo spazio
di mesi dodici computabili dalla data di quel Manifesto , alle
condizioni stesse del precedente concorso .
66. Trasferiti nell' elenco degli Emeriti, in forza dell'
articolo V 5 I dello Statuto , sette Socj attuali , fu sollecito
il Preiidente di riempiere intanto quattro di tali vacui , man-
tenendone altresì equilibrato il numero nell' una e nell' altra
provincia, di Matematica, cioè, e di Fisica . Presentò quindi
col
Della Società*. xvn
col mio mezzo , allo squittinio de'Socj dodici nomi dì Scienziati
coiiuazionali per ciascheduna delle accennate due schiere .
La maggiorità de' sulfragj predilesse i quattro seguenti Sog-
getti , dell' acquisto de' quali avvisai , con mia enciclica de'
sei ottobre decorso , la Compagnia . L' abate Gioachino Pes-
sutì romano , ed il P. D. Giuseppe Piazzi nativo di Ponte ia
Valtellina per la classe matematica : per la fìsica, il Dottor
Michele Araldi modenese , e il Dottor Luigi Brngnatelli di
Pavia .
67. Affinchè poi restasse , mercè 1' ammissione di tre al-
tri Socj attuali , ccnipiuto il numero legale de' quaianta
Cooperatori j furono nella stessa circolare prodotti ai Colleghi
alcuni Individui ; tra i quali la pluralità de' voti favorì , nel-
lo stuolo de' Matematici , Giuseppe Vetituroli bolognese , in
quello de' Fisici , Floriano Caldani pur bolognese, e Giuseppe
Saverio Poli di Molfetta. Notificai in un tempo ai Socj l'oc-
corsa elezione de' sei Giudici (che rimangon sempre segreti)
per amendue i prernj or or divisati .
68. Lugubri per la nostra Compagnia riuscirono i giorni
ventiquattro agosto, ventidue settembre, e venti ottobre; ulii-
mamente passati . In quello, cessò di vivere a Milano pfr
malattia nervosa , nell' età sua d' anni sessantotto il Socio
emerito Gregoiio Fontana nato a Villa di Nogarolo presso
Roveredo . Fornito Egli di perspicace ingegno valevole ad
abbracciar qualunque facoltà, sebben f)sse in o£jni maniera
di gravi e di amene dottrine versatissimo , intese nondimeno
alle esatle principalmente , e dopo av r!e insegnate in vari
Colleoj dell'Ordine delle Scuole Pie cui app-tr-nne, profes-
sò linigo tempo le Matematif he sublimi neli' Univer-irà di
Pavia , di cui fu ancora , pel corso d' unni molti , biijliote-
cano. Diede a stampa molte Opere letterarie e scientifiche»,
dalle quali iis<(ijse giusta rinoniari7a . Ariiclii di ben diiias-
sette Memor;e, sparse ne' Volumi 1 , li , li! , Vili , IX , la
Società .
Correndo il predetto vìgeslmo secondo giorno di se'lem-
Toiho XI, ' e bre ,
XVIII Annali
tre , la morte ci tolse a Pisa il Socio onorario monsign. An-
gelo Fabbroni di Marradi (ov'era nato il sette febbrajo del
mille settecento trentadue ) Priore della conventuale de' Ca-
valieri di S. Stefano in quella Città , e Provveditore dell'
Università . Le sue vite latine dei Dotti italiani che fioriro-
no ne' secoli decimosettimo e decimottavo , quelle , pur lati-
ne 5 dì ttiolti Principi Medicei , la storia , nella stessa lin-
gua , del Pisano Liceo j parecchi elogi in toscana favella di
Signori e d'Uomini celebri d'Italia, la cooperazion laboriosa
al Giornale de' Letterati , intrapreso l'anno mille settecento
settantuno a Pisa, e continuato lino a cento e due volumi;
gli procacciano una distinta sede fra gli Scrittori piìi inde-
fessi e più benemeriti dell' italica letteratura . Compose per
questa Società cinque elogi inseriti ne' tomi li ^ lllj IV,
Vili , IX della medesima .
Neil' enunciato ventesimo giorno di ottobre morì a Bo-
logna il Socio attuale Alberto Furtis . di cui si avrà nel to-
nio vegnente l' eldgio .
6g. Non sono mancati in questo torno ancora al nostro
stabilimento gli omaggi dei colti Stranieri desiderosi di co-
noscerne la struttura, le leggi, ed i progressi, e di rinnova-
re , o di strigner seco utile alleanza . Lo attestano le due
lettere; scritta T una in Pietroburgo al Segretario della no-
stra Società dal Cav. Nicola Fnss Consigliere di Stato e Se-
gretario perpetuo di quella Accademia delle Scienze ; diretta
r altra in data di Wilna ai nostri Soc] da Monsig. Girolamo
Stroynowshi Vescovo Coadjutore di Luck e Rettore della
rifiorente Università di Wilna stessa . Le riporto qui con-
giuntamente, sebben ricevute in epoche diverse. Lettera del
Cav. Fuss
A Mori-
DELLA Società*. xix
A Monsieiir Pompilio Pozzetti Secretaire de la Soclété Ita-
Henne des Scieacet à^ Bibliothecaìre public à Blodéne.
3Ionsieur .
J a
ai recali la Lettre; qne Voiis rriavez faìt Vhonneiir de
m'éaire en date dii i Juillet passe pour m aiinoncer la piibli-
cation prochaine da Tome dixième des Memorie della Società
Italiana delle Scienze , et pour me demander à quelle per-
sonne en Italie Vous pourriez adresser l'exemplaiie que vo-
tre illustre Società destine à V Académie Imperiale des Scien'
tes .
fé m'empresse , Blonsìeur , de votis répondre sans atteu'
dre la fin de nos vacances et la rentrée des séances académi-
ques , pour vous prier d' adresser tout ce que vous voudrez
bitn me fuire parvenìr pour l'Académie, à la Legation Russe
à Home , e' est-à-dire , pour le présent au CJiargé d' ajfaires ,
3Jr. le Conseiller de Collège et Chevalier de S. Uladiinir ,
Comte de Cassini, ou en cas d'absence de celui-ci, à Monsitur
r Jssesseur André Pini , Secrétaire de Légatlon . Dans la sui-
t'f S. E. Mr. le Chambellan Comfe de Butturlin , nommé Mi-
nistre de S. M. I. auprés du saint Siége , et se préparant d/y'à
pour son départ, recevra avec plaisir et nous expedie-a les en-
vois que vous lui ferez pour notre Académie .
Quant à moi , Monsieur , authorisé à observer la réci-
procité vis- à vis de tnutes les Instiiutions savantes qui nous
eitvoyei t leurs Méinoires, f adresserai à ce ménie Seigneur un
exfmplaire du XIV ì olinne de Nova Acta qui est actuelle-
Tìient sous presse , de mane que les vohunes suivans à me-
sure qu lis paroitront . à moins que vous najez d'autre voye
à notre portée à rn indiquer ,
Du vivant de feu Mr. le Chevalier Lorgna il y avoìt
plus de relation entre la Società Italienne et V Académie Im-
c a pé-
XX Annali
pénale des Sciences : la mori de ce Savant les a faìt ce'^ser ;
dans la suite la guerre.^ ù- un regne rieri moìns gite favoruble à
la communi catìo a des lumìeres et à V échange muttiel des
idées sì avantageux aux progrès des Sciences , avoie:ht en cpifl-
qtie fagon isole V Acadétnie ; et qnoique depiiis elle ait eu le
honheiir de renouer la plupart de ses anciennes liaìsons , ce/-
les ave-C l Italie riont pas été du nomhre . Elle sera donc
charmée d'apprendre que les rélations avec la Sedete Italien-
ne vont se renouer par vos bons offices ; et je siiìs sur de lui
rendre un service très-agréable , en vous prinnt , Monsieur ,
de nous continuer vos interéssantes Communications , sans tou-
te fois vous génerdans le chuix de fidiome. J'aime votre bel-
le langue , je la parie , je l'écris méme ^ mais pas a-sez corre-
ctement , ni avec assez de facilité pour oser vous promettre
de répondre en Itulien .
Nous serons charmés , Monsieur, de connottre la nouvelle
organisation d^ une Società qui , depuis sa fondation , a tant
faìt pour les Sciences; de méme que les noms des Savans il-
lustres qui la composent et parmi lesquels vous tenez une pla-
ce si distinguée .
Agréez ^ Monsieur^ l'assurance des sentimens réspectueux
et du parfait dévouement , avec les quels je me fais gioire
d' étre .
Monsieur .
S.' Petersbourg ce 7 Joitt 180 3.
Lettera di Monsig. Stroynowshi ai Membri della Società Ita-
liana delle Scienze .
Messieurs .
n:
envisagennt dans les progrès et l'ertennon des Sciences
murales et physiques que le bonheur des hotnm'^s , on ne peut
douter-i que les savans et les gens de lettres de toutes les na-
tions
«ELLA Società'. xxi
tìons ne formp.nt enir eiix qu une seitle et méme assocìatìon ,
dont le lieri naturel semble se resserrer de plus eii plus par
V intérét conimun , qui Ics porte constamment à hàtcr les
succés de leurs éjforts ^ et à partager leurs travaux avec toiis
ceux, qui concourent à un bùt aussi noble et aussi di^ne des
caìculs et. des éluus réunìs de t esprit humain .
j4vec quelle satìsfactìon , Messieurs , des kommes anlmés
de pareils sentifnens uè doiceiit ils pas conteiupl r , et cher-
cher à étendre du feu de letir genìe V aurore d'un siede noii-
veait , qui Alexandrel vieni de jaìre brilier pour ses peuplcs .
Ce Monarque éclairé a senti que V expansion generale des hi'
mieres , fr-uit de f Instructiun particuliere de chaque indivi-:
du i était le seul moyen de donner à ses peuples une nouvel-
le existence .
Pénel-ré de cette verità , e est en ordonna'tt , qu' il y aìt
un mode J' enseignement raisonné et uniforme dans tonte
V étendue de son vaste Empire , e est en confiant V Instru- ,
ction de la jeunesse aux soins et à Vemulatìon de phisieurs
universités nouvellement établies ou reorganisres ^ et dont cha-
ch'ine doit diriger V enseigneinent dans l étendue de son res'
sort ; e est en l' s prcnant snus la Frotect'on immediate , en
établissant un Directmre general des Ecoles , et un Ministre
de V Instruction Publique pour survriller , et diriger cctte
parti e interessante de V Economie-Potitique ; e est en choisis-
sani , en'outre , parmi les Membres du dit Directoire des
Ecol's , un Curateur particulier pour chaque Université ; e' est
par le choix heureux de pcrsonnes dignes d'occuper des pia-
ces si irnportantes , et par V ensemble des moyens l s plus'
faits pour condwre au méme bùt , celni du p 'rfectionnement
de V esprit public , que Sa Majesté l' Einpereur Alexandrel
devient en éffét le créateur d' une nouvelle epoque pour une
grande partie du globe , et réalise V objet essentiel des vastes
couceptinns de Pierre le Grande .
L' Université Imperiale de IVilaa comprise dans ces blen-
faìsantes dtspoìitions , se faìt un dtvoir i et un plaìsir dt
vous
xxir Annali
voits en falre pari , BTessìeurs , et de vous communìqiier le
Dìplóme , par le quel Sa Majesté V Empereur de toutes les
Russies vient de la régénérer . Persuadée que vous les lirez
avec ìntérét , elle y joint un extraìt des ses reglemens gene-
raux déjà approuvés par Sa Majesté imperiale ^ Vuus y trou-
verez la distrìhatìon des parties de V enseignement , l'enume-
ra^tion des cJiaires principale , et le mode de V election des
Professeurs . Elle y joint aussi la Lste des chaìres attuelle~
vieni vacante! ,
Savans et Gens de Letfres de tous les pays , sans-douts
vous ne verrez pas avec indirei enee la perspe'tÌDe du honheur ,
qu' Alexandre prepare au Nord, surtout lor^iqu il depead de
vous d'y cooperar par vos lamieres • Venìllez donc porter votre
attention particuLere sur la nouvelle éxìstence de l' Univer-
si té de Wilna ; veuillez encourager son zéle , ses éfforts, l' ai-
der à remplir l'objct important de sa regeneration ,, en la regar-
dant déjà comme votre associée naturelle ; enjìn , lui falre
part de vos travaux^ de vous decouvertes et de vos succès . Et
permettez ha en echange de vous rendre compie de ses occu-
jiatlons et de ses progrcs .
Organe de la méme Universitè, il m'est doux , Messicurs ,
d' étre chargé de vous offrir , aiL noni rie tous ses Membres ,
les sentimens de confiance , et de consideratioi , que Nous
Vous dtvons comme à nos guldes , et à nos Modeles .
/' ai V honneur d'étre etc.
TVilna , ce aS. Ottobre i8c3.
70. Mmdò il Spp'etario Pozzetti nel di due ottobre ad
esecuzione quanto gli fu ordinato uell' ultima parte del p.ira-
g!>fo secondo della Lettera ministeriale riferita al numero 5^
dei presenti Annali .
71. Indi a giorni ventotto. Egli arlemp'è sitnil mente l'ar-
ticolo XXllI dello Statuto, mettendo nell'urna della sorte ^
col-
DELLA Società'. xxiir
colle usate formalilà , al cospetto del Presidente e del Vice-
segretario amministratore, i nomi dei sette Colleohi riscon-
tjati diligenti nelT accademico anniial carteggio col Preside
stes'ào e col Segretario . Li sorte fraudò uno della statutaria
compensazione, ed impartilla ai Sucj , Carlo Lodovico Moroz-
zo , Vincenzo Malacarne , Giuseppe Maria Giovene , Paolo
Delanges , Gianfrancesco Malfatti , Sebastiano Canterzani .
l'i. In tal congiuntura , il Presidente volendo allargar la
disposizione del citato articolo XXIIl, e liberailo dalle in-
giurie della fortuna , progettò di cambiarlo , mediante mio
foglio circolare ai Quaranta , nella maniera , onde in vigor
dell' assoluta loro sanzione , leggesi qui impresso al numero
allegato .
73. Passaron frattanto sotto 1' esame dei Giudici eletti
dalla Gimpaguìa le cinque dissertaaioni analitiche venute a
concorso, delle quali sopra è detto, e risultò , che il primo di
essi aveva a tutte negato il premio , che il secondo concede-
valo ad una , che il teizo il volea spartito fra questa ed al-
tra . Non provvi-deva a siffatto caso il § 6 dell'articolo XXtV
del nostro Ptegolamento . Ptisoluto ognora il Presidente di ri-
metter qualunque decisione al libero volere dei Soci , mi
suggerì domandar loro, come feci per mia enciclica de' sette
dicembre , se fosstr d' avviso che il premio dovesse tutto
conferirsi alla produzione coronata appieno dal secondo Giu-
dice , e per metà dal terzo , oppur se era da riserbarsene
una quarta parte a chi avea propizia l'altra porzion del voto
de! terzo Giudice . Scorsi quaranta giorni , si vide che i p ù
de' Socj stimavano competer I' intero premio a quello scritto,
in vantaggio di cui militavano I' approvazion totale del secon-
do Giulice , e per una metà quella del terzo.
74- Rjunaronsi adunque ben tosto rn-l diciottesimo gior-
no dell' anno mille ottocento quattro nella Biblioteca muni-
cipale di Modena , il Presidente della Società Italiana delle
Scienze, il Segretario, il Vicesegretario, i Soe.j allora dimo-
ranti ia Modena , non che gli Lidividai co^upouenti la Coiu-
n\is-
xxir Annali
missione sopra queste Scuole dipartimentali , invitati affin di
rendere la lunzioii più sultane , e alia presenza di tutti loro
luamfestossi dal Presidente e da me , che tia le cinque dis-
sertazioni comparse, nell" aringo , quella cui il decreto de' So-
cj porgeva r intera palma j era la contrassegnata dai mollo
daziano
. ... Si quid novistì rectiiis ìstìs
Candida s ìmperti , si non, his utere mecum •
Schiuso il biglietto suggellato, avente l'identica epigrafe, Vi
si trovò ii nome dei nostro S'ic^o attuale PAOLO RUFFINI.
Si rivolse poi l' attenzione ai ragguardevoi numero dei Sk j per
cui dicdesi pure un valore alla sentenza di quel terzo Giudice,
che mezza dispensò la corona ad uni delle Memorie coni ne-
inorate , e ponderaronsi inoltre le correlative parole del § 6 ,
articolo XXIV dello Statuto . Dopo di che, gli astanti Socj ,
richiestine dal Presidente , opinarono che ad essa Memoria
legittimamente spettasse l'onor della stampa col nome dell'
Autore , e col titolo di Accessit . Si liconobbe pertanto che
dessa era quella marcata co' versi Ariostei :
iVè che poco vi dia da imputar sona
Se quanto posso dar tutto vi dono .
Fu aperta la sclieda così iscritta , e si discoperse autore
drlla Memoria in tal modo contraddistinta, PIETRO AB-
BATI modenese. E di liberossi S^ì por mano incontanente all'
edizion di ambedue . I viglietti corrispondenti alle tre altre
dissertazioni qui specificate al numero 63, furon subito ri-
dotti in cenere a vista degli Inteivenutì .
7.5. Finivano pure , nel di or mentovato , i sei mesi dai
Quaranta novellamente prr-fis^i al giudizio sulle due Memorie
di Matematica e di Fisica più utili e più mf^iilevoli del gui-
derdone , esistenti nel X tomo . Lessi perciò alla presenza di
tutti ( mostrandole nondimeno al solo Presidente ) le mere
frasi , colle quali i So'j nelle loro Lettere a me indirizzate,
distribuivano i piemj suddetti . La pluralità de' voti aggiudi-
cò i' alloro matematico al Catalogo di Stelle boreali del Pre-
si-
DELLA Società'. xxv
sìclcnte ANTONIO GAGNOLI , e la parità de' medesimi divi-
se quello di Fisica tra i Socj attuali, GIOVANNI FABBRO-
NI per le sue Ricerche sulla Quina e GIANVERARDO ZE-
VIANI per la sua Memoria sopra ì Vermi pestilenziali de'
Buoi .
76. Poiché dal superior numero de' Colleglli a tal uopo
interrogati si credette inopportuna la ripromulgazion del pro-
blema risguardante i princìpi componenti V aria atmosferica
da dimostrarsi con dirette sperienze analitiche e sintetiche ;
perciò , giusta la mente del Preside , gli eccitai mediante
mia enciclica destre marzo prossimo passato a somministrare ,
entro il solito intervallo di giorni quaranta , pel nuovo con-
corso pubblico alcun tema j di cui le Scienze coltivate e pro-
mosse dalla nostra Società particolarmente si giovassero .
77. Sepper Eglino ad un tempo che la preponderanza
de'snffragj sociali avea colle usitate regole sostituito nel ruo-
lo nostro^ de' Fisici al defunto ALBERTO FORTIS il Dottor
OTTAVIANO TARGIONI-TOZZETTI fiorentino.
78. L' articolo V dello Statuto ha pur restituito adesso
nel catalogo degli attuali il Socio emerito GIROLAMO SA-
LADINl, in sequela d'aver Lui effettuato quanto ivi col 5 3
ei esige per simile ritorno .
79. Escirono a luce, nell'aprile sussecutivo, la Memoria
premiata di Paolo Ruffini , e quella di Pietro Abbati distinta
coW accessit . Inviai un esemplare d'ambedue anche all'Isti-
tuto Nazionale Italiano in Bologna , accompagnandola coll'ap-
presso mia Lettera .
jil Vice - Segretario Giuseppe Avanzini .
J^regiatissimo Vice-Segretario
Ilo V onore di presentare col mezzo vostro ulV Istituto
l^azionule , in nome delia Sociftà Italiana delle Scienze , le
due Memorie analitiche da Essa p->canzi coronate . Ascriverà
questa a propria gloria e fortuna che siffatto pegno di stima
d inver-
XXVI Annali
inverso tale raggi/ardevolissimo Stabilimento , le sia preludio
di letteraria corrispondenza col medesimo, atta a nutrire in lei
la bella speranza di partecipar quindi ai lumi ed alla rino"
manza dì quello .
Nel mio particolare , colgo di buon grado V opportunità
dì ripetervi , degnissimo Vicesegretario , que' giusti sentimenti
d* ossequio che godei già tempo significarvi personalmente in
questa Biblioteca, e che nelV attuai contraccambio dì acca-
demici uffizj mi rende più dolce e più onorevole il confermar'
mi ec
Modena , 26 aprile 1804 •
Ne ottenni dal Segretario dell' Istituto medesimo , allora
recentemente eletto , questa cortesissima risposta .
Bologna 18 Maggio 1804. An. 3.°
Al Segretario della Società Italiana delle Scienze .
A l dono pregevolissimo delle due Memorie, premiata l'una,
V altra distinta colf onor della stampa dalla vostra illustre
Società , e da voi per parte 7li questa trasmesse all' Instituto
Nazionale, è stato dai Membri intervenuti aW Adunanza ordi-
naria pur ora tenutasi , accolto con quel gradimento maggiore,
che ben dovevasi, e all' eccellenza del dono stesso, e alla no-
biltà e prestanza del Donatore . Mi hanno Essi imposto di
assìcurarvene , e di ringrazìarvene congiuntamente , e di pre-
garvi pure a manifestare questi loro sentimenti all' attital
Presidente degnissimo di un Corpo , del quale ninno con più
zelo e più felice riuscìmento provvede al decoro scientìfico dell'
intera nostra Nazione . A me poi , se dopo di aver parlato
a nome dell' Istituto , m.i è lecito dì parlarvi anche in mìo
proprio , ninna cosa poteva giugnere più grata , quanto di
es-
DELLA Società'. xxvii
essere , fin dalV ingresso nell'esercizio de' miei doveri , impiegato
in questi ufficii scambievoli fra due Corpi, ai quali ho egual-
mente V onore di appartenere ; e di esserlo in un incontro ,
in cui trattasi di due Soggetti , ai quali mi stringono vinco-
li di antica amizia , e di due produzioni , nelle quali V uno
corrisponde pienamente all' alto concetto , che gli ha merita-
to di essere posto fra i Membri dell' Jnstituto » e della vostra
Società ; V altro si annunzia e mostra degnissimo di esservi
ascritto .
Gradite le assicurazioni della più distìnta mia stima e
considerazione .
Michele Jraldi Segretario dell' Instituto Nazionale .
80. Fra gli otto quesiti di Matematica e fra altrettanti
di Fisica forniti dai Socj all'oggetto dianzi significato , diede-
ro Essi la preminenza ai due seguenti .
IN MATEMATICA.
Esaminare quanto sieno solidi e giusti i principi , ai qua~
lì appoggia le sue nuove teorie idrauliche V Autor recente dell'
Opera intitolata Nouveaux Principes d' Hydraulique , par
Bernard 1787, e congiuntamente assoggettare a qualche disa-
mina le critiche , le quali in detta opera s' incontrano y di pa-
recchi Autori Italiani .
IN FISICA.
Stabilire qual parte abbia il ferro aVa essenziale costitu-
zione del sangue , e quale influenza sulla costituzione ed in-
dole dell' animale : se derivi dall' alimento 0 se riconosca al-
tra origine : provare qual sìa il suo stato chimico in quel
fluido : se sia .esso la cagione assoluta ed unica del colore ca-
ratteristico , se possa esistervi in maggior dose , se tal dose
d a in-
xxviii Annali
influisca sul carattere e sulla salute umana , e finalmente
qual sìa il modo di agire di tal metallo usato come rimedio?
8l. Laonde il Segretario divolgonne , adi tre giugto dell'
anno corrente mille ottocento quattro , il correlativo program-
ma che offre il premio d' una medaglia d' oro del valore di
zecchini sessanta a chi , nel termine d' un anno dalla data
anzidetta , abbia meglio discusso ed esaurito il primo argo-
mento ; ed una medaglia d'oro del valore di zecchini novan-
. ta a chi j entro il periodo stesso, abbia meglio ed appieno
trattato il secondo .
82. Persuaso a ragione lo zelantissimo Presidente che
tutto ciò per cui veno-a ad accrescersi dignità agli Atti nostri
ed onore ai Membri , debba tornare ad essi gradevole, ha sta-
bilito che sia apposta ai futuri elogi degli estinti Socj V eifi-
gie, per via d' incisione, del loro Protagonista, conlorme scor-
sesi immantinente praticato in quest' undecimo volume .
83. Nel dodicesimo giorno del corrente mese di luglio ,
un fiero colpo di apoplessia rapì in Torino la vita al Socio at-
tuale Carlo Lodovico Morozzo , cui dalla Società pagherassi a
tempo debito il tributo consueto di lode .
84. Stando poi a cuore al Presidente il perfetto adempi-
mento dell' articolo XXII delle nostre Costituzioni , quanto
sia pure al conio d'una medaglia con relative iscrizioni inser-
viente ai premj da attribuirsi alle due Memorie più utili
d'ogni tomo; aveami commesso, fm dal marzo ultimo scorso,
di pregar , siccome feci , i Quaranta a dinotarmi gli emblemi
e le iscrizioni che a tale scopo fosser loro caduti nell' ani-
mo ^ e di aprir tra Essi una specie di concorso in questa ma-
teria , non senza la promessa di convenevole ricompensa al
progetto che rimanesse prescelto . Maturati i tre mesi , oltre
i quali non era lecito più accettarne veruno , tra gli undici
di essi, giunti al Segretario;, e spediti , il dì quattro giugno,
anonimi , alla definizione de' Socj , la maggior quantità rela-
tiva dei loro voti si è diihiarata per quello coti concepito .
In
DELLA Società''. xx x
In una facciala della medaglia alcuni liJJii con fuori: Mem.
della S. I. delle Scienze: all'intorno: Societas . Italoruni .
XL. Blathesi . Physicae . Promcvendis . Appiedi, il compas-
so, la leva , ed il piliere di Volta . Neil' altra facciata , Mi-
nerva sedente, coli' ali al capo, tenendo in mano la palma,
e coli' altra scrivendo sur un tavolino, ove stiano le bilance ,
rd un volume della Società stessa, le pnrole Oraziane: Qiiae-
sitam meritìs . . . .cinge coniam. L'Autore, finallora occul-
to, della proposizione adottata è il Socio Segretario Pompilio
Pozzetti . Il conio della suddetta medaglia si eseguisce ora
da valoroso e diligente Artefice in Milano .
85. Nello stesso giorno quindici luglio mille ottocento
quatti'o , restò , colle circospezioni e colle discipline soli-
te , determinata la scelta futa da' Socj di sei tra medesimi
a giudicar le dissertazioni che saran per ottare ai due premi
testé indicati .
86. Il Presidente mi lia comunicato le segbienti Lettere
di due Colleglli , perchè a risalto dell' equiLà e della mode-
razion loro , come eziandio dell' inalterabil concordia die re-
gna in questo Corpo scientifico, sieno qui messe in pubblico.
Onoratissimo Presidente della Società Ital. delle Scienze .
Ferrara ag Marzo 180^.
Mi
i ha fatto molto caso la notìzia^ che mi avete comuni-
cata , essersi ritrovato nelle mie Brevi Riflessioni stampate
nel Tomo X della Società alcune espressioni riputate ojfensì'
ve contro il nostro So'^io Sig. Paoli , ed esserne stata a code
sta vostra Presidenza fatta querela. Si aggira questa nel la-
mento , che ivi fo dell' avere il Sig. Paoli attaccato la mia
Memoria sulle pressioni , come se io V avessi presentata come
tesi , e non come ipotesi ; suìV aver detto , che la annunzia
sopprimendone il titolo \ e siti mio chiedergli di essere un più
giù-
XXX Annali
giusto e più discreto Giudice delle Opere altrui. Quanto al
vocabolo sopprimere , non avendovi aggiunto, né studiatamen-
te , né maliziosamente , né altro avverbio consimile , ben si
vede , che io non ho inteso altro , che egli ha tralasciato di
render noto al suo Lettore il titolo di Tentativo , che ha in
fronte il mio opuscolo , il quale unito alle altre mie modeste
espressioni proemiali , gli mette indosso la divisa di timida
ipotesi , e non la fa comparire in abito di tesi , sotto il qua-
le considerandola il Sìg. Paoli la impugna , a tale equivoco
indotto forse dal tuono franco ed affermativo , che nel corso
dell' operetta uso più fiate per amore di brevità , e per evita-
re il tedio di parlar sempre col timore di non colpire nel ve-
ro . Mi consola su tal proposito il riflettere , che né Voi , né
il Socio Segretario Pozzetti avete dato un significato diverso
dal mio a quelV ìnfelire vocabolo sopprimere da me adopera-
to , perchè non, V avreste mai Iwiciato correre nella stampa •
Assicurate dunque qualunque persona fosse mestieri , non aver
mai io a,vuta intenzione con quel verbo dì accusare di mali-
zia , e di voglia di detrazione letteraria il Sig. Pa-^li , cono-
sciuto da tutti incapace di passioni basse , e non degne della
sua celebrità , e del suo Nome .
Rispetto poi air altro rapo di querela intentata contro
di me per l'accusa data al Sig. Paoli di ingiustizia, e di in-
discrezione nel giudicare le opere altrui , ben si vede , che io
non aveva in vista altro , che il giudizio dato alla mia 3Te-
moria , e che tanto è lontano, che io avessi intenzione di ge-
neralizzare la mia proposizione, che nel primo paragrafo del-
la sfessa Blemoria si può vedere quanta stima, e quanto con-
to io faccia del giudizio da lui pronunziato contro una pre-
tesa soluzione dello stesso problema . Cotale ingiustizia e in-
discrezione , di cui mi sono doluto , è per me un ingiustizia
ed indiscrezione di fatto, e non di massìjna e di cuore. Essa
non può aver aimto origine che dall' immaginarsi il mio opu-
scolo vestito con un abito , che poteva meritare i suoi rim'
jjroveri , quando effettivamente se ne era allacciato un altro,
die
DELLA Società'. xxkì
che aveva diritto alla sua indulgenza e alla sua discrezione .
Infatti non è cosa nuova , trattandosi d" indagini fisiche ,
per ispiegare qualche effetto d' incognita causa il ricorrere a
qualche ipotesi congrua , in mancanza di dimostrate e certe
teorìe . Il gran Galileo pel moto de' gravi cadenti cominciò
coli' ipotesi delle velocità proporzionali ai tempi , e V espe-
rienza la confermò . Le ellissi Kepleriane non furono dapprin-
cipio che un ipotesi , le osservazioni la fortìficat^no , e diven-
ne una teoria certa tra le mani , e in virtù delle profonde
meditazioni del grande Inglese . Sul magnetismo , suW elet-
tricità , ed altri fenomeni fisici si sono immaginate altre ipo-
tesi ; ed io pure ne ho avventurata una sul quesito meccanico
delle pressioni, studiandomi di determinare un effetto incogni-
to colla combinazione ipotetica, e a parer mio, non inconcrrua
di funzioni de' princ'pj noti ; e quantunque essa sia dedotta
dal principio pili debole , che abbiano le Scienze matemati-
che , che è quello di una non strettissima analogia , siccome
ha essa avuta la sorte di essere forse con eccesso commendata
da tre luminari della nostra Società , i quali non t hanno
mai considerata come una tesi , così a dir vero m' è rincre-
sciuto , che il Signor Pardi formasse di essa un giudizio così
severo . Io ho dunque scritto quelle rìfies^sioni certamente con
un pò di dispiacere , ma però senza astio , e senza fiele con-
tro una Persona che ho sempre giudicata degna, non che del-
la mia , della stima universale di tutti i Conoscitori del me~
rito . Siccome a foi è noto , il mio carattere ben lontano da
una certa asprezza, che possa riuscire incomoda a chicchessìa ,
così desidero , che se mai alcuno avesse tratto argomento di
pensare diversamente da quella mia lamentazione , mi faccia-
te il piacere di disingannarlo , e di protestargli che , e per la
morale , e per la dottrina nutro nelV animo un altissima sti-
ma per il Sig. Paoli , e per tutti quelli , che gli somigliano ,
fra i quali in prima fila da gran tempo ripongo Voi, stima-
tissimo Presidente , alla cui amicizia infanto col più vivo sen-
timento del cuore mi raccomando , nelf atto che mi dico
P. S.
XXXir A N K A L I
P. S. Non piacendo né a Voi, ne a me che sì renda-
no nei Tomi della Società , eterne le contese letterarie tra i
Socj , io vi prometto , che qualunque cosa possa nuovamente
pubblicare il Sig. Paoli sulla nostra controversia , io non ri-
peterò niente , e rimetterò la decisione di essa al giudizio dei
Matematici imparz^iali .
Vostro Jjfezìonatìssimo Jmìco
Q. F. Malfatti .
Pregiatissimo Presidente della Società Italiana delle Scienze
Pisa 0.3, Giugno 1804.
O on tutto il piacere ho sentito annunziarmi da Voi ,
ehe il Sig. Malfatti mosso dalle vostre premure e più ancora
dalla sua naturale gentilezza ha avuta la compiacenza con
una ingenua e liberale dichiarazione di togliere di mezzo e
disapprovare quella sinistra interpretazione , che da taluni sì
dava ad alcune espressioni da lui usate verso di me nelle
Brevi Riflessioni pubblicate nel X Volume della Società .
Mentre professo a Voi tutta la riconoscenza , vi prego insieme
di porgere i miei più vivi ringraziamenti al Sig. Malfatti .
Mi rincresce solo , die mentre Egli mi riconosce incapace di
un errore di cuore , persista però , malgrado le mie ragioni
più volte espostevi , ad attribuirmi un errore di mente . Poiché
questo secondo errore sarebbe così grossolano , che sembra non
potesse esser disgiunto dal primo , e se il Sig. Malfatti ne
lo separa , potrebbe cadere nella mente di qualche maligno ,
che ciò nascesse non dalla verità^della cosa , ma dalla som-
via cortesia di lui , o dalle vostre insinuazioni , e dalle Ipg-
gi della nostra Società . Non posso lasciar sussistere né pure
un dubbio leggiero del più piccolo neo nella mia riputazione,
e quantunque desiderassi il termine di questa discussione ,
non
DELLA Società*. xxxni
non so adesso rinunziare ad un mezzo efficacissimo per estinguere
radicalmente qualunque dubbio , ed iricertezza , -qual è quello
di dimostrare , che non ho mai commesso verso il Sig. Mal-
fatti alcun errore di giudizio , o coni' Egli si esprime , alcuna
ingiustizia , o indiscrezione di fatto . Spero che Voi proverete
troppo ragionevole questo mio pensiero^ per leggere senza rin-
crescimento quelle riflessioni, che andrò brevemente accennar!.-
dovi .
Primieramente osservo , che la parola tentativo posta in
fronte alla soluzione di un problema non presenta necessa-
riamente V idea che la soluzione sia ipotetica . Può usuisi
questa parola , anche quando si propone una soluzione rigo-
rosa, 0 per modestia , o perchè si dubiti^ che alcuno dei ra-
ziocinj occorsi possa mancar di forza . CJie in rjucst' ultimo
senso avesse il Sig. 3Ialfatti adoprato il vocabolo tentativo ,
mi fu 'confermato dalle sue espressioni : se non vado ei-
rato ne' miei laziocinj ec. , né potè ritrarnd da que-
sta opinione ciò che aggiunse relativamente ai naufragi ma-
tematici . Sono tre , per quanto mi è noto , i naufragj
occorsi nel problema delle pressioni , e questi sofferti da due
Geometri Italiani , e dal grande Eidero . Di essi il solo Lor~
gna presentò una ipotesi , ma gli altri due crederono di
dare una soluzione rigorosa , ed Eulero appoggiò la sua ad
un principio , che stimò essere esatto , e di cui intese di da-
re la dimostrazione . Questo gran Geometra però si risentì in
tale occasione di esser uomo , perchè la di lui dimostrazione
è affatto paralogistica . Mancata la dimostrazione , il prin-
cipio diventò una ipotesi , e questa inammissibile , anche co-
me tale per altre ragioni . Ma Eulero pensò di aver dimo-
strato il suo princìpno , e perciò di aver data una soluzione
esatta del jiroblema . Per questi riflessi parve a me , e credo
debba parere a chiunque altro , che il titolo , e V espre-^sioni
usate in principio dtd Sig Malfatti lasciavano per lo meno
ambiguo il genere di soluzione che Egli intendeva di dare ,
lo ma XI. e e per
XXXIV Annali
e per escire di tale incertezza conveniva osservare il modo .
con cui si esprimeva nel seguito della sua ricerca .
Continuando pertanto a leggere la memoria di lui , tro-
vai le seguenti espressioni .
A pag. 397. = La forma di queste pressioni è sino ad
ora puramente congetturale ; ma il bomisco, il rettangolo, &.c.
(avendosi in tutte queste figure pressioni certe e determinate)
devono essere la pietra del paragone della giustezza del^e no-
stre formole = .
A pag. 399 . = Dunque resta dimostrata V identità del-
le nostre formole con quelle , e giusto per conseguenza il ra-
ziocinio dedotto dall' analogia , che ha guidato il nostro cal-
colo e le nostre, operazioni = .
A pag. 400. =; il che convalida sempre pia il metodo
da noi praticato = .
A pag . ófOd . ^=- D unqus avendole noi pur derivate dai no-
stri generali teoremi , servono esse di nuovo argomento par
convalidarne la verità e la certezza = .
Rifletto che solo a pag. 897 le formole del Sig. Mal-
fatti si chiamano congetturali , ma insieme si dice che lo so-
no sino ad ora , in modo che pare che per gli argomenti se-
guenti debbano cessare dall' esser congetturali . Infatti a gror
do a grado divengono più significanti l' espressioni , che ado-
pra per denotare il carattere delle sue formole , e finiscono
con quelle di verità e certezza , le quali unicamente , ed
esclusivamente appartengono alle tesi dimostrate . Ora io do-
mando , che cosa debba pensare chi non conosce le intenzioni
del Sig. Malfatti che per la lettura della sua Memoria ?
Se possa da taluno sospettarsi nemmeno , che un Geometra
così illustre , quaV è senza dubbio il Sig. Malfatti, receda in,
questa occasione da quella precisione ed accuratezza , che
cotanto distingue le altre sue opere , chiamando vero e certo
quello , che per lui si stima ipotetico ? Se possa passare di
leggieri per la mente di alcuno , che quando egli invece del-
le due parole convenienza e congruità , le quali sono proprie
di
Della Società'. xxxv
di una ipotesi , adopra le due parole verità e certezza , le
quali non possono in alcun modo ad una ipotesi convenire ,
ciò faccia solo per amore della brevità , e per evitare il tedio
di parlar sempre col timore di non colpir nel vero ?
Se mai mi fosse restato qualche dubbio , questo sarebbe
svanito del tutto alla lettura del seguente paragrafo 68. In
esso, dopo fatta l' applicazione delle formale generali al ca-
so di tre appoggj situati in diritto , si conclude così = Dun-
que questo caso da Noi considerato ci fa conoscere la im-
portante verità , sulla quale divisi erano i sentimenti dei Geo-
metri cioè ec. = Chi poteva sospettare ^ che il Sig. Malfatti
reputasse ipotetiche le sue formale , quando asseriva, che esse
ci facevano conoscere una verità importante, e decidevano
una questione agitata tra i Geometri ? O chi poteva indovi-
nare , che le frasi usate da lui si dovessero cangiare in que-
ste altre grandemente diverse = La nostra ipotesi si' accorda
eoli' opAnione di quei Geometri , i quali suppongono ec. ? =
Queste riflessioni devono trasportarsi a quel tempo , in
cui pubblicai la mia breve 3Iemoria sul problema degli ap-
poggj , che si trova nel Volume IX . Pers7J.aso allora per Is
sopraccitate espressioni del Sig. Malfatti , che in forza di al-
cuni argomenti , le formale congetturali si volessero ridurre a
tesi certe i e dimostrate , presi ad esaminare questi argomen-
ti , e per mostrarne V insufficienza , gli applicai ad altre for-
male , che sapevo essere erronee , e feci vedere , che essi le
avrebbero fatte comparire certe , e vere , quanto quelle del
Sig. Malfatti . Né a questo esame mi spinse la più piccola
voglia di censurare le Opere altrui , dal che soglio , non pro-
vocato , astenermi ; ma avendo io prima trattato del medesi-
mo problema^ e dimostrato che con i conosciuti principi del-
la Statica esso era generalmente indeterminato , credei di
avere un qualche diritto di apprezzare le ragioni di quelli ,
i quali presentavano un sentimento contrario al mio .
Ridotta la soluzione del Sig. 3Ialfatti ad una ipotesi ,
e considerandola sotto questo aspetto , la chiamai ingegnosa ,
e a e qual-
xxxvr . Annali
e qualche cosa più che una semplice ipotesi; dissi, che per
r esame fattone nulla vi avevo trovato di contrario ai principi
ricevuti , e che poteva essere riescilo all' Autore di essa d' in-
dovinare il segreto della natura . Perciò lungi dall' aver trat-
tata V ipotesi con troppa severità , non so vedere come da al-
tri possa essere stata , più che da me , commendata j e se il
Sig. Malfatti avesse nella sua Blemoria detto chiaramente
•quello , che solo dichiarò nelV atto di lagnarsi di me , sarem-
mo stati sempre d" accordo , come lo siamo di presente . Poi-
ché questi suoi resultati come ipotetici gli ho sempre ammes-
si, e gli ammetterò , e solo ho mostrato non esservi ragioni
sufficienti per ammetterli come veri, e certi.
Spero, Ornatissìmo Presidente ., che mi perdonerete di avervi
trattenuto con sì lunga Lettera , se rifletterete, che a porre in
salvo da qualunque attacco la mia riputazione, era necessario
il rendere evidente agli occhj di tutti ^ che per quanto io pos-
sa per un errore involontario formare un giudizio indiscreto
ed ingiusto delle Opere altrui , non V ho certo formato relati-
vamente al Sig. Malfatti . Mi resta a pregarvi , perchè fac-
ciate al medesimo sentire , che sono stato mio malgrado costret-
to ad entrare in questa discussione dalla interpretazione sini-
stra , ed ingiuriosa per me , die contro la di lui intenzione da
non pochi si dava ad alcune sue espressioni . Sono infinitamen-
te dolente di dover recare qualunque piccolo dispiacere ad una.
Persona , per cui protesto la più alta stima , e Voi avete di
ciò prove più certe di quelle che potrei darvi con le mie pa-
role . Unirò anche questo agli altri tratti singolari di bontà
ed amicizia che vi devo , e per i quali conserverò sempre il
più vivo sentimento di gratitudine .
E pieno di stima e rispetto passo a dichiararmi ,
Di Voi Pregiatissimo Presidente
Dev. Obb- Serv. ed arnica
Pietro Paoli .
87.
DELLA Società'. Xxxvì!
87. Oggi , diciannove agosto mille ottocento quattro , ri-
man chiusril concorso ai premj destinati per lo scioglimento
delle quistioiii esposte sotto il numero 64 dei presenti Anna-
li . A quello di Matematica ha inteso un solo con Opusco-
lo avente per divisa il detto Ciceroniano: ista {Natura) du-
ce errari nullo pacto potest. A quel di Fisica, quattro Disser-
tazioni hanno aspirato. La prima è iscritta: experìmenium de
re judicet . La seconda reca per epigrafe le parole di Baglivi.
Duo tantummodo 3Iedtcìnae fundarnenta , ratio et experìen-
tìa . La terza, T emistichio d'Ovidio
Canssa latet , vis est notissima
Si distingue finalmente la quarta colla sentenza di Bacone .
Quus in Natura eximie possunt ac polle ut snnt , ordo , prò-
secutio , series , vicissitudo , artìficium . Quanto sia alla forma
de' giudizi circa le medesime, obbedirasèi rigorosamente ali'
articolo ultimo § 6 del nostro Statuto .
ELQ.
Jo/;/iu) . \(,(.ic/t, /\>ni
ELOGIO
DI LORENZO MASCHERONI
SCRITTO
DAL MARCHESE
FERDINANDO LANDI
Q PIACENTINO.
uesti fogli che far vorreLbono ragionato eco alla fama di
Lorenzo Mascheroni sembrano quasi spettar di natura alla
Italiana Società delle Scienze , siccome a quella che tutta è
zelo per F onor de' suoi Membri , e della intera Nazione .
Jla di ragion poi le spettarono fin da quel punto in che
r attuai Secretano suo celebre , mosso invero dall' amicizia ,
spesso più fina d' ogni migliore criterio , improvvisamente a
scriverli mi eccitò . Gli accolga Ella dunque dalle mani di
Lui , e gli giudichi : quando pur rinnovato avessi, io 1' alta
caduta dello inesperto Fetonte , non ne avrò almen rinnova-
to
Di LoRETiTzo Mascheroni . xxxix
to la sfrontatezza e V audacia , e chiamerò più facilmente la
compassion che il disprezzo .
In Gastagneta , picciola Villa giacente sotto il Castello di
Bergamo, nacque Lorenzo Mascheroni, il dì 14 Maggio 1750,
di Paolo Mascheroni dell' Olmo, negoziante, e di Maria Ceri-
belli. Con assai di sollecitudine fu procurata dai Genitori la
buona istruzione del Figlio , e grato il Figlio a questa tenera
cura sempre onorò , sempre amò i Genitori ; corrispondenza
giustissima , ma pur bellissima e rara forse e degna certo di
osservazione speciale, giacché a un tempo discopre sensibilità
di cuore e rettitudine di spirito .
Negli amabili studj di bella letteratura ebbe a maestro
Ottavio Bolgeni Professore a que' giorni di eloquenza nel Se-
minario di Bergamo , Scrittor pregiabile assai e distinto per,
certa sua grazia semplice e dignitosa , e per certa soave ele-
ganza , qhe unita a maggiore facilità e a più vivido colori-
to , si trasfuse poi tutta nel suo felice Discepolo formato già
da Natura al più gentile atticismo . Questi , nel Seminario ,
r abito vestì di Ecclesiastico , e il rimanente corso ivi com-
piè dogli studj , la fdosofia delibando e la teologia .
Giovinetto di circa vent'anni, e dal novero uscito appe-
na degli scolari, Ei fu maestro, e, il che più dice, succes-
sor di Bolgeni. Cotesta lusinghiera e dilicata destinazione ,
neir onorare i progressi insignemente rapidi di Mascheroni ,
(eccitava pur anche validamente il suo genio a tentarne di
nuovi e vieppiù sempre gloriosi . Potrà Egli emulo di Bolge-
ni là rimanersi ove piu' giunse discepolo ? Ripieno adunque
r inclito Giovane di attività e di costanza siegue T industre
coltivamento de' cari studj di Erato e di Polinnia, e mentre
per la modestia dell' animo vive contento di nuovi meriti ,
trova , per non fi-equente giustizia, novelli onori che il tras-
feriscono dal Seminario di Bergamo a insegnar 1' eloquenza
nelle pubbliche Scuole della Città .
La parte più interessante di cotesta meravigliosa arte
dell'eloquenza, ella è certo la eloquenza del pulpito, che quan-
to
AL Elogio
to giova integra e vera , altrettanto, e più, nuoce corrot-
ta e falsa . Bene pertanto dei diritti egli usò di amicizia quel.
Dottor Mazzoleni che un bel sermone poetico sulla falsa
Eloquenza del Pulpito divulgò dal suo Mascheroni composto
e di acconce note arricchito . E certamente tolto ci avreb])e
assai la timida ritrosìa del giovine Autore , togliendoci in
<£uesto componimento un sincero modello di didattica poesia,
che riunisce per eccellente modo alla istruzione il diletto .
Diletto onesto veracemente , perchè di tlanta e tanto savia
istruzione compagno eh' io non temerei quasi di lodar troppo,
ove del serm.one Mascheroniano quel medesimo pur dicessi
che del Codice poetico di Orazio dal Conte di S. Raffaele fu
detto, colui che gli disobbedisce esser certo di errare. E ali
oratorio Codice di Mascheroni obbediscan pure i giovani Pre-
dicatori, che diverran tosto seguaci del più eloquente de' Pa-
dri il Crisostomo , e gastigati i leziosi ornamenti , schifati i
palesi artifici ' estirpati gli abusi delle Scienze , non dialetti-
ci gelidi e scarni , non poliglotti senza bisogno , non satirici,
non declamatori sol provvedati di polmoni e di braccia, ma
Oratori caldi robusti ragionanti , nell' intimo animo penetra-
ti essi, però altrui persuadenti , cristiani veramente, il petto
pieni e la lingua delle divine Scritture , favelleran degnamen-
te e utilmente di Dio all' Uomo , e per essi la letteratura
fatta stromento egregio della Crazia superna , chiamerà sem-
pre il buon gusto in soccorso del buon costume .
Poeta pensatore , 1' abate Mascheroni era destinato a
presentare all' Europa il non comune spettacolo delle lettere
amene e delle geometriche scienze nella stessa persona e in
eminente grado associate . Si aman gli è vero intrinsecamen-
te e si cercano queste lettere e queste scienze , si commuta-
no i loro pregi , e unite fioriscono più lietamente , ma però
troppa esigono diversità di talenti perchè la Natura , de' suoi
doni economa dispensatrice, voglia frequentemente a man pie-
ne versarli sopra di un solo . Quindi fra i nostri lode otten-
ner grandissima i Manfredi, i Torelli, i Fracastori , i Zanotti,
ra-
Di Lorenzo Mascheroni . xli
rari ed eletti Spiriti , severi insieme e dilicati , proprj perciò
u"ualmente a notomizzare eli obbietti e ad ornarli , a cono-
scere ed a sentire . Mascheroni il doppio dono ebbe quanto
altri , e 1' attitudine scientifica manifestò in modo forse più
rapido e più mirabil degli altri . Imperocché indugiato aven-
do egli fin verso 1' anno trigesimo ad applicar seriamente alle
filosofiche discipline Io ingegno, dopo due anni cambia la catte-
dra di eloquenza in quella di fisica e matematica , educa de-
gni figli alla Sapienza ed alla Patria, e nei recessi inoltrato
dell' alta analisi, indi esce al pubblico originale spirito ed in-
ventore .
Provossi egli dapprima sulla forza inclinatrice dell' ago
nautico , su quella forza che variabile al variar de' paesi ,
de' tempi , della comunicata all'ago virtù magnetica, ben po-
tè liberarsi dalle misure di Muschenbroek , da quelle del
nuovo nostro Geometra non potè . Una succosa memoria da
Esso letta all'Accademia degli Eccitati il dì 19 Agosto 1781,
e il seguente anno stampata , ci offre la invenzione di certa
bilancia semplice ed ingegnosa , agli ordinar] usi della vita
eziandio convertibile , per cui i differenti gradi della forza in
quistione esattamente si estimano e per linee rette si rappre-
sentano, che divengon poi ordinate di una curva trascendente,
della quale l'Autor determina la equazion , le tangenti , il fles-
so contrario , la quadratura ^ e in cui discuopre una curiosa
analogia colla Concoide di Nicomede , o , pigliando ordinate
alle prime proporzionali , colla Curva di Equilibrazione del
Marchese de l'Hcipital , o colla Cicloide che Giovanni Ber-
nouUi ideò , facendo un cerchio rivolgere sulla periferia di
un altro eguale .
L'anno 1780 comparvero le Nuove Ricrche sulV Equilì-
brio delle Volte • Ricerche nuove davvero , l' Autor di esse
trovato avendo tutt' altro che esausta quella materia benché
risguardante sì davvicino la umana Società , e da' Geometri
maneggiata di chiarissimo nome tanto esteri che nazionali .
Niun , eh' io mi sappia , insegnato avea per ancora il modo
Tomo XI. f più
xhxi Elogio
più naturale e diretto di ottenere la total sicurezza di un ar-
co solido, il modo cioè, di far passare la curva di equilibrio
pei centri di gravità dell' arco stesso, niuno avvertito avea il
pericolo di caduta in cui spesso 1' arco ritrovasi quando nella
interna concavità di lui, il che pur tutti facevano e sempre,
la detta curva si collochi di equilibrio , molto meno poi de-
terminate si eran le curve che a simil rischio non lascian
luogo . Le volte piane , che piattabande si chiamano ; la gros-
sezza conveniente alle cupole ; 1' equazion loro ove sien cari-
che , o in tutto o in parte ; le cupole sopra basi piantate
ovali o poligone di cui fa uso continuo l'Architettura j le an-
nulari Volte e le spirali ascendenti , queste nelle scale a
chiocciola adoperate , quelle nei portici circolari ; le Volte
composte a crociera ed a schifo ; oggetti eran pur tutti que-
sti niente o pochissimo sparsi di matematica luce , e peiò
abbandonati ad una pratica cieca e di ruinose incertezze na-
turalmente feconda. Rimaneva eziandio a ricercarsi una cotal
forma di Volte piane che circolarmente loro spinta distri-
buendo forza esercitasser di cupole , né troppo di un so-
le verso urtasser la fabbrica . Un libro ricco di tante cose
per la prima volta magistralmente trattate , e in cui oltracciò
s'investigavan le curve di equilibrio a gravità convergenti, e
da esse , come altrettanti coroUarj , i problemi traevansi re-
lativi ad archi o a cupole portanti carico di fluidi elastici o
non elastici , omogenei od eterogenei , e la curva elastica e
la lintearia; un libro in cui di error si notavano Frisi e Bou-
guer , e in cui sciolto mostra vasi a Dalembert un meccanico
problema eh' ei sospettò non solubile coi noti principj , il
problema, cioè, della posizione, che ad equilibrarsi dee pren-
der una verga pesante rettilinea , o comunque curvilinea libe-
ramente scorrevole lunghesso un filo non grave e pendulo da
ambe 1' estremità ; un libro in cui si ammiravano scienza di
calcolo , sottilità di artificj , eleganza di metodi , sicuro e no-»
bile andamento di trattazione ; un libro, io dico , di tal na-
tura ben poteva egli gloriarsi di riconoscere per autore qual-
sia-
Di Lorenzo Mascheroni . alìii
siasi più antico sacerdote di U)ania , non che Lorenzo Ma-
srlieroni Geometra di pochi giorni . Levò quindi cotesto libro
aito il grido e dentro e fuori d' Italia , e F Autore posto si
vide intatti a lato dei Geometri piimi, poiché, avendo il chia-
rissimo Paoli lasciata libera una cattedra di Matematica nel-
la grande Università di Pavia , fu Mascheroni ad occuparla
onorevolmente chiamato ,
All' improvviso ricevere di tal notizia dubbio Ei sì rima-
se e agitato , pur finalmente facendo forza al suo cuore si
condusse a dividersi da una Patria , che , non so come , pa-
rca da qualche tempo non sentire a bastanza il rischio di
perderla . Di ciò ebbe certo a meravigliarsi Pavia quando spe-
cialmente ad udir prese le Mascheroniane lezioni. Forse, nel-
la odierna scientifica sublimità, il loro obbjetto, gli elementi
dell' Algebra e della Geometria , sembrerà cosa un pò tenue j
tenue cosa però non dovrà mai sembrarne 1' insegnamento ,
che pur domanda , a riuscire ottimo , e pronta flessibilità
d' ingegno , e non ordinaria amplitudine di dottrina , e net-
tezza somma di idee di raziocin] di metodo di elocuzione, e^
a dir tutto , decorosa urbanità di maniere e calma impertur-
babile di animo , talché i Professori in ogni senso perfetti , an-
co di elementar Matematica, hanno uguale diritto e alla pub-
blica riconoscenza ed alla pubblica ammirazione.
Gontuttociò poco fu sempre al Piofessor Mascheroni il ri-
schiarare gli aditi della Scienza , se al tempo stesso non rivol-
gea Tefficacia delle sue forze ad aumentarne la mole. Immen-
samente già questa mole grandeggiava e stendevasi in quell'
Opera meravigliosa di Leonardo Eulero, che tutte le teorie
comprendendo allor cognite sui calcoli dell' Infinito, formava
il corpo più vasto e più sublime di algebraica dottrina , che
vantar sapesse fino a quell' epoca lo spirito umano . Questo
così imponente edificio Mascheroni accrebbe ed elevò . I due
scritti a tale intendimento composti da Essolui e pubblicati,
anziché Adnotationes ad Calculum Intcgralem Eulerì^ siccome
per laudabile verecondia amò chiamarli , sono a dirsi uno
f a ag-
xuV Elogi»
aggregamento di brevi ma profonde memorie, quali indiritte a
pili compiutamente disviluppar varie formole , quali a scio-
glier dure quistioni dal grande Eulero semplicemente propo-
ste . Che se condotto F Italo nostro Geometra a rimuovere
certa difficoltà due volte, e invano, recata in mezzo per Da-
lembert, sebbene con desterità molta vi si provasse , pur fal-
lì il colpo , e alla industria il lasciò più felice del valente
Professor Gratognini , qual altra cosa potrem didurne fuor
quella di che già la mortai condizione ci avvisa , lo scienzia-
to , comecché sommo , non esser uno coli' infallibile ? E tanto
è lungi dal vacillare e scolorarsi in su la fronte di IMaschero-
ni lo scientifico alloro, che anzi , per la ingenua confessione
che del suo torto Egli fece , si rassoda e rinverde, perchè , se
sii Uomini errano , i grandi Uomini consentono avere errato.
Del rimanente , e la chiusa indole penetrata di una funzion
logaritmica di nuovo genere , e la necessità dimostrata di
porre nelle integrazioni logaritmiche il doppio segno positivo
e negativo , e lo integrale assegnato di formule trascendenti
atte aggravi ricerche non tocche mai per lo addietro, e l'ap-
plicazione appunto indicata di tali formule nello appagare
Eulero la sommatoria chiedente alnien prossima di due equa-
zioni che involgon seni e coseni d' arco infinito , e più altre
analitiche sottilità meritan certo agli scritti di cui parliamo
e lo studio dei Giovani , e la considerazione dei Matematici .
Due fra questi e di assai alta sfera , Paoli e Lacroix, già gli
additarono a quelli , e Gregorio Fontana non reputò indeco-
roso lo inserirvi alquante speculazioni del suo possente cele-
bratissimo ingegno .
A tanta serietà e astrazione di algebra si vide bentosto
succedere un poemetto . E qual poemetto ! L' Invilo eli Da-
fni Orobiano a Lesbia Cidonìa , quel sì gentile Invito e sì
celebre , che ben è in ira alle Muse chi noi conosce . Ove
però io ne scorgessi taluno : tu dunque , io vorrei dirgli , tu
quello ignori onde piena è tutta Italia, tu Figlio suo con Es-
sa non dividesti 1' ammirazione e il diletto, tu non udisti co-
me
Dr Lorenzo Mascheroni . xlv
me per Locca di Mascheroni parlili le Grazie filosofia ? Che
figurar volendo con voce di carmi , e quadrupedi e pesci e
augelli e piante e marmi e metalli , e quanto di più hello e
osservahil presenta 1' Insubre Atene onde trar Lesbia a colà
pascerne il dotto sguardo , ebbero or piucchè mai a consi-
gliarsi insieme e le Grazie e le Muse in colorir di si morbi-
da e dilicata espressione V esatte forme , e in temperar va-
riamente il suon del verso giusta il variar degli obhjetti , e
in aggrupparne tanti e accortamente locarli, e in breve tela,
quasi per magic' opra , adunarti 1' immenso aspetto della Na-
tura . Dess:-- non mai si vide rivestire 1' antica augusta sem-
plicità di più leggiadri ornamenti. Fin le scarne ossa e i ner-
vi ignudi e le recise viscere e le parti da crudel morbo
guaste , e fino i mostri t' allettano . Una soave aura patetica
su tutto spargesi , tutto anima , e porta al cuore . Lesbia ti
anpar sovente dinanzi sempre in sembianti amabili , cinta
sempre d' attiche lodi tutta invero effigiata da quelle armo-
niche Grazie a cui un di nascendo fu aggiunta . Ben Ella ,
siccome il fece , dovea sentirne i dolci inviti , e aderirvi ;
alle attrattive del lor linguaggio correr doveano avidamente
le eulte genti ; e tu in quale abbandonato angol di terra fin
qui vivesti ? Or va , chiedi sollecito deli' aureo poema : tre
volte impresso forse non deluderà tue ricerche, leegi, e chi
sa che indi . al par di Lesbia , vivo desio di visitar non ti pren-
da '
Ma dove amor caldo di vaga Poesia , e impetuoso estro
mi mena ? Lettor gentile , se parlai cose a te note , se per
immaginato caro colloquio te un istante cbbliai , perdona , e
a non dispregiabil compenso lascia eh' io t' accenni altro li-
bretto elegant* , comecché d' indol severa , che usci ai versi
contemporaneo , vuol dir 1' anno 1 798 , e porta in fronte
Problemi per gli agrimensori con varie soluzioni . Libretto
eh' io accenno con tanto più di confidenza , quantochè porto
opinione , non solamente ai misuratori delle campagne che
moltiplici modi vi trovan riuniti di prontamente guidarsi nel-
la
XLvi Elogio
la pratica tutta quanta dell' arte loro , ma eziandio a più al-
tri ordini di persone dovere esso accetto ^ caro riuscire . I
Geografi sotto nome di Poligonometrìa, riprodotta veggendovi
quella maniera già nel 1787 dall'Autor divulgata, di valutare
senza triangolar divisione gli elementi di qualsiasi piano poli-
gono ad angoli pur rientranti , ce la veggono ancora agli usi
di levar ampie carte e di segnar meridiani opportunamente
applicata . I Geometri speculativi estesa contemplano cotesta
bella teoria sino alla general cubatura di tutti i solidi a facce
piane; i Giovani veracemente studiosi vi trovan comodo e lar-
go il campo di esercitare e cosi affinar l' intelletto , le dimo-
strazioni cercando dei risultamenti ommesse appunto a tal fine:
e non aman forse quest'Operetta gli Uomini generosi e sensi-
bili , che su di una Poligonometrìa da straniero Geometra
pubblicata due anni dopo la Masclieroniana , a questa sostan-
zialmente identica , né però facientene motto ( il che trasse
Montucla in errore ) non vi leggono se non parole tcmpera-
tissime , e anzi degli accessori suoi prègi candide encom latri-
ci ? Caro adunque a molti, e già rapidamente diffuso, quest'utii
libretto che sotto picciol volume tanta e tanta nobil sostanza,
siccome oro, racchiude, acclamato vivrà' finché ci vivano lode
d' ingegno , desiderio di scienza , amor di virtù .
L' anzidetta Mascheroniana Poligonometria ci obbliga in-
vero a cercar del continuo seni e coseni , ma 1' Autor ne
ideò delle tavole molto spedite : un quadrante che , di sempli-
cissima costruzione , pur angolo seno e coseno nell' atto stesso
disvela . Questo ritrovamento un altro mcn richiama a qua-
dranti relativo , di nobiltà e di fama assai maggiore . Relati-
vo io dico ai quadranti astronomici , a que' strumenti della
celeste fisica sì benemeriti , che intesi nella lor» picciolezza a
misurar l'Universo ben si vede quanto abbisognin di esquisi-
tissima graduazione . Per cosi , con più di certezza ottenerla,
egregiamente avvisarono i due celebri Inglesi Graham e Bird
di rifiutare , in operando , la riga siccome scorta o per se
ingannevole o troppo a seguirsi difiicile , e il solo e piii fido
ser-
Di Lorenzo IMascheroni . xurii
servii^io ammettere del Compasso. Ma che? Quella stessa Geo-
metrìa che spirò loro 1' avveduto consiglio , diffinito appena
ebbe 1' arco al grado sessagesimo rispondente , parve , perdu-
to il regolo , perdere a un tratto lo ingegno , e que' grandi
artisti lasciò alla possibil fallacia di non suoi metodi , e alla
molestia perpetua dei tentativi . Oggi niuno avrà più che te-
mere di consimili infedeltà . Venuta è in aperta luce la Geo-
metria del Compasso di Lorenzo Mascheroni. Per lei ammae-
strasi questo Compasso a determinar tutto solo tre punti fuor
della periferìa , e col semplice loro soccorso a speditamente
in precisi archi dividerla, ciascuno di un grado e mezzo , e
in gradi poi e in quarti di gradi, senza una sesta parte aber-
rar di minuto secondo , ed in minuti ancora senza fallire di
un secondo, approssimazioni limitrofe tanto alla rigorosa esat-
tezza, che nemmeno i Di^'isori jìiù oculati valsero a superar-
le . La Geometrìa del Compasso le superò, allorquando rivol-
tosi a quella recentissima e celebratissima division del qua-
drante in cento parti , e di queste in cento altre , e cosi
sempre per modo effettuolla , che i segnati gradi e minuti
non differiscan pure di un secondo centesimaie dai veri .
Occupato r Autor nostro nella ricerca di questi metodi,
tutta quanta la elementare geometria vide ridursi all' unico
postulato : da un punto e con un raggio qualunque descrive-
re una periferìa. Vide, cioè, come per intersezioni mutue di
archi poteansi tutti que' punti determinare , dai cjuali la si-
tuazion pende e la lunghezza delle rette ad ogni problema
necessarie . Né sol vide ; operò , e nel suo libro molte con
tale sistema sciogliendo, tutte mostrando esattamente solubili
l'elementari quistioni geometriche, e la soluzione affatto pros-
sima aggiugnendovene di alcune altre , che a trattazion ritro-
sa il sottil magistero esigon di curve dal cerchio diverse ,
mostrò quanto acconciamente e insieme quanto semplicemen-
te avesse Egli nominato cotesto suo libro Geometria del Com-
passo . Fu questa Geometrìa accolta con pubblico plauso ,
onorata di una assai bella ed encomiastica analisi dal celej^re
Sto-
xLvnr Elogio
Storico delle Matematiche , e fin vezzeggiata dalle rare lusin-
ghe di una traduzione francese . Ciò tutto a ragione , per-
chè geometrìa a più arti utilissima e decorosa alla Scien-
za-j geometrìa nella costruzione de' suoi problemi, non solo
più elementar sempre della Euclidea , ma , il che potrà sem-
brare maraviglioso , spesso più breve ; geometria infine che
dei fiori più gentili della eleganza orna le ricchezze maggiori
della invenzione .
E tal vocabolo invenzione non dubitai già io di applica-
re all'Opera tutta quanta, benché mi sapessi esserci al mon-
do quest'altra. ResoLutio omnium Euclidis Probleinatum alio-
rinnque ad hoc necessario ìnventorum una tantumtnodo Circiai
data apertura per Joanneni Baptistani de Benedictis inventa .
yenetiis MDLIII. Jpud Barthùlomaeiim Cesaniun . Sia pure
un ingannato Montucla se da questa il regolo non reputa
escluso , e sia quindi comune a entrambi le Opere l' intima
essenza . Ma nella ft)rma, nei metodi , nella intenzione quan-
ta disparità! Diverso affatto da quello del Benedetti si è l'or-
dine del nostro Autore . Egli 1' altro mai non imita in tene-
re aperto invariabilmente il Compasso , Egli più assai dell'al-
tro in là stende le applicazioni e le idee , e dove il primo
contempla unicamente la teorìa , alla pratica singolarmente
riguarda il secondo . Può dunque dirsi come di quello questi
non seppe , ed Egli stesso il dice , mentre non sapere di al-
cuno asserisce , asserzione che, per la dottrina e pel carattere
di chi pronunziolla , sé difende appieno da ogni sospetto di
falsità , e Lui da ogni taccia di impostura e di plagio . Ma-
scheroni , Uom grande , modesto Italiano era nato a patirli
i plagj , non a commetterli .
Alquanti versi di stile grandioso dirigono la geometrìa del
Compasso a BONAPARTE F ITALICO . Questo maraviglioso
Conquistatore , che ci mostra, siccome già Federico, un Dot-
to in sedia regale , tutto il prezzo sentì dell' offerta , e tutto
previde l'ingegno dell'Offerente. E però ai doni eletti di che
ono-
Di Lorenzo Mascheroni . xlix
onoroUo, quel vi aggiunse elettissimo della sua familiarità.
Cliiaramente quindi scorgendo nel Geometra 1' Uomo ancora
di stato , questo .ai pubblici all'ari chiamò . Della qual cosa
potei"on bensì le Scienze alquanto dolersi , ma in quella vece
molto rallegrosseiie la Umanità che vide ad util suo volgei'si
due grandi e rare virtù , beneficenza e disinteresse . Ma non
le t\i conceduto di lungamente gustarne per opera di Masche-
roni i dolci frutti . Imperocché , recatosi Egli indi a poco a
diflinire in Parigi coi più celebri Scienziati Euro[>ei la lini-
ghezza ed il peso , fondamenti del gallico sistema decimai
di misure , ivi , compiuto F importante lavoro , inaspettata-
mente mori r anno 1800 , della età sua cinquantesimo .
La Società Italiana delle Scienze ebbe a rimanere ama-
reggiata forse più che tutt'altri di tanta perdita . Perdita che
per le Lettere e per le ottime Discipline già di troppo solle-
cita , era poi afl'atto per lei immatura , per Lei che accolto
da qualche tempo nel suo grembo l' abate Mascheroni , non
si ornava per anco di veruna sua produzione , e che pur po-
tea ripromettersi dalla felice freschezza di quelf ingegno ogni
maniera d' illustramento . Un lavoro di Lui, che postumo le
fu dato , non valse , per la beltà sua medesima , che ad irri-
tarne le brame ed a rincrudirne il dolore. Tutti , anche i men
dotti , posson , veggendolo , giudicarne . E una Spiegazione
popolare della maniera colla quale si regola V anno sestile o
intercalare , ed il comincìamento dell'anno Repubblicano. La
opportunità astronomica cronologica stox'ica commerciale di
prender generalmente lo incominciamento dell' anno da uno
stesso punto di Cielo ; la preferenza a tal fine meritata dall'
e<:[uinozio , siccome quello che in tutto il globo ad egualità
riconduce i di e le notti , e la ragione astronomica per cui dee
P equinozio di ariete cedere il campo a quel di libra ; P as-
soluta necessità , ove convengano i diversi Popoli in riceve-
re uno stesso anno, di convenire eziandio nella scelta di uno
identico meridiano che ne stabilisca esso pure il principio \ i
caratteri che nella intera mancanza di motivi astronomici , o
Tomo XI. g „.eo_
L Elogio
geografico-fisici hanno a determinar quella scelta , caratteri
che vanno tutti a riunirsi nel meridian di Parigi ; la interca-
lazione dell' anno sestile o di 366 giorni óra ad ogni quarto
ed ora ad ogni quinto anno comune ; tutto ciò vi è esposto
svolto illuminato con quella evidenza e venustà con cui ne'
Volumi dell' Accademia delle Scienze avrebbe resa Fontenel-
le adorna e palpabile F astratta teoria .
Oltre di cotesta memoria ci lasciò l' Autore su temi cu-
riosi utili sublimi una folla di manoscritti . E alla Matemati-
ca non più che vent' anni Egli visse , occupato sempre
in pubblico servigio , sempre magistrali opere divulgando ,
ed alte e solenni scoperte . Ma il tempo fa gli eruditi , il
genio i filosofi , e d'altronde mai di tempo non iscarseggia chi
non lo perde . E come perduto lo avrebbe quel Mascheroni che
i viasgi ancora autunnali , conforto alle scolastiche fatiche dell'
OD
intero anno , e fine comun di diletto , sapeva intender pure
ad utilità ? Testimoni quell' autunno eh' Egli tutto ad iner-
picarsi impiegò su per le vette della natia Provincia inte-
so a levar di questa una esattissima carta , e quell' altro di
che in Bergamo usò a procurar la caduta dall'alto di un gra-
ve metallico , onde vedere se deviando esso , per comunicata
forza centrifuga , dal meridiano volea esserci della rotazione
terrestre nuovo argomento . E per la incostanza di sue rispo-
ste mal soddisfatto di questo grave , già interrogarlo pensava
in un terzo autunno più accortamente , se non che vennex
r armi e la politica per cui fu il Geometra nostro di gravità
e di Fisica men sollecito .
Né men degli studj ebbe cari gli Amici, fra i quali per
cagione di onore quel Bartolomeo Borda nominerò , quel Bor-
da che rapidamente da Lui conosciuto amato e perduto, pian-
se Egli con latina elegia dégna riputata del secol di Augu-
sto . Nobile ed ufficioso , arguto e piacevole era 1' abate Ma-
scheroni cerco nelle splendide , gradito nelle dimestiche con-
versazioni , e raro le lodi udii del suo ingegno senza le lodi
udir del suo cuore . Quindi non meraviglia se quanto utile ,
soa-
Di Lorenzo Mascheroni . li
soave altrettanto agli Alunni, quelli vide, che avea in Parigi,
aiuirarsi solleciti ed affannosi d' intorno al letto delle sue pe-
ne , e se parecchi di loro con tenera e quasi filiale pietà a
quello assisterono della sua morte. Non meraviglia, se questa
morte si rapida e sì funesta fu pianta da molti e da moltis-
simi deplorata , se i Francesi sentironla ugualmente che gli
Italiani , se fu dai pubblici fogli annunziata con accenti di
estimazion alta e di compassione verso l'Estinto. Ma ben do-
vea Egli trombe trovare di assai più chiare che pubblici fo-
gli non sono . Giambattista Savioli dotto Barnabita ne ste?e
colle più diligenti cure dell' amicizia copiose memorie , mie
compagne e guide in tutto il corso di questo elogio . Gre-
gorio Fontana ne' preziosi volumi di cjuesta Società, dell' Au-
tor nostro parlando , Uomo il dice di conosciuta sagacità . E
Vincenzo Monti che per se solo basterebbe ad illuminare
per tutte le età il merito più sconosciuto , Vincenzo Monti
a quello onorare di Lorenzo Mascheroni tutta quella sua ener-
gia dispiegò di eloquenza e di canto . Distanza di tempi vie-
tollo : spettava a Dante il celebrar Galileo .
g a • OrE-
LI!
OPERE STAMPATE
D I
LORENZO MASCHERONI.
I. Ija falsa Eloquenza del Pulpito. Sermone. In Bergamo
MDCCLXXIX. Presso Vincenzo Antoine . 8." grande .
II. Maniera di misurare 1' inclinazione dell' Ago Calami-
tato . Bergamo. Per Francesco Locatelli 1782. 8."'
III. Sulle curve che servono a delinear le ore ineguali
degli antichi nelle superfizie piane . Memoria inserita nel
Tomo settimo degli Opuscoli Scelti sulle Scienze , e sulle
Jrti . Milano . Per Marelli . i 784. 4.°
IV. Nnove Ricerche suU' Equilibrio delle Volte . Berga-
mo . Per Francesco Locatelli . 178.5. 4-° •
V. Metodo di misurare i Poligoni piani . Pavia . Dalla
Stamperia di S. Salvatore. 1787. 8.".
VI. Adnotationes ad Calculum Integralem Euleri . Tici-
ni . Ex Typographia Petri Galeatil . Anno MDCCXC . 4." .
VII. Adnofationum ad Calculum Integralem Euleri pars
altera. Ticini MDCGXCII. Ex Tipographia Hered. Petri Ga-
leatii. 4.°.
VIII. L'Invito. Versi sciolti di Dafni Orobiano a Lesbia
Cidonia . In Pavia per Baldassare Cornino . 1793. 4° •
IX. Problemi per gli Agrimensori con varie soluzioni . In
Pavia MDCCXCIII. Presso Baldassare Cornino. 8.°.
X. Annotazioni all' Opere matematiche di Volfio, inserite
nella ristampa che di esse Opere fu intiapresa in Verona ver-
so 1' anno 1795 , e compita per gli Eredi Moroni verso il
1801. Verona. 1790. 4-°-
XI.
XI. Lettera all' Illustrissimo Signor Don Annibale Becca-
ria Patrizio Milanese con alcuni problemi Geometrici sciolti
col solo cen Ilio senza la regola . E' inserita nel Giornale Fi-
sico-Medico di L. Brugnatelli per l'anno 1795. Pavia. Ga-
leazzi .
XII. La Geometria del Compasso . Pavia , anno V. delia
Repubblica Francese ( 1797) • Presso gli Eredi di Pietro Ga-
leazzi . 8.° .
Xin. Notizie generali del nuovo sistema dei Pesi e Mi-
sure dedotte dalla grandezza della Terra . Milano . Anno VL
R. ( 1798 ) . Presso R. Netti . 8." .
XIV. In Obitu Bordae Viri celeberrimi. Elegia. Parisiis.
XV. Spiegazione Popolare della maniera colla quale si
regola 1' anno sestile o intercalare , ed il cominciamento dell'
anno Fiepubblicano . Memoria inserita nel Tomo IX della So-
cietà Italiana delle Scienze . Modena presso la Società Tipo-
grafica MDCCCII. 4.'
XVI. Versi sciolti indiritti alla Contessa Paolina Secco-
Suardi Grismondi nel mandarle un esemplare dell' Opera sul-
le Volte , insei-iti nelle Memorie appartenenti alla Vita ed
agli Scritti dell' 4b. Lorenzo Mascheroni scritte daf'P. Giam-
batista Savioli C. R. B. Milano 1801. Galeazzi .
Opere Inedite .
Memoria sulla Integrazione di alcune foi'mole differen-
ziali per mezzo di Serie convergenti .
Trattato sulle misure delle Piramidi triangolari . ( Incom-
pleto } .
Maniei"a di descrivere le Ovali per via di più archi di
cerchio .
Tavole per calcolare le equazioni della Geometrìa del
Compasso .
Due qu'internetti , contenenti molte proposizioni sul cer-
chio e sul cono .
Del
Del Calcolo delle Tangenti .
Ricerclie sopra varie serie di funzioni circolari .
Problemi sulla cubatura generale dei solidi , le sezioni
parallele dei quali riescono poligoni rettilinei .
Metodo per (ar converger le Serie .
Osservazioni sopra la Memoria di Gregorio Fontana , so-
pra la somma di alcune serie , inserite nel Giornale Fisico-
Medico nel Dicembre 1792,.
Sopra una superficie immaginaria espressa da una formo-
la reale .
Fragmento del discorso preliminare alla Statica degli Ar-
chitetti .
Annotazioni , correzioni , ed aggiunte alle nuove ricer-
ehe suir equilibrio delle Volte .
Memorie di direzioni j^er rilare il trattato sull'equilibrio
delle Volte .
Dell' equilibrio dei corpi combacianti sui piani retti .
' Alcune osservazioni sopra varj principj di Statica , e lo-
ro vincolo .
Delle leggi della frattura dei corpi perfettamente rigidi.
Principj generali dell' equilibrio .
Sulla Catenaria .
Calcolo per misurare il numero dei quadrelli Necessari
alla fabbrica della cupola del Duomo di Bergamo .
Raccolta di Problemi , e Teoremi di Geometria , di Al-
gebra , e di Calcolo sublime .
Molti quinternetti contenenti delle memorie sopra varj
punti di Matematica e massime di Architettura , e di Sta-
tica, tratte da varj Autori .
Note alla Geometria di Le-Gendre .
Soluzione di varj problemi di Geometria .
Raccolta di Orazioni recitate in occasioni di licenze d'In-
gegneri , e d' Agrimensori .
Raccolta contenente varj Sonetti, Canzonette, Epigram-
mi , ed il primo canto sui mascheroni .
No-
LV
Note di Calcolo Integrale ( sembrano <f altra mano )
Esistono presso di parecchi Amici o Scolari di Mascheroni
altre sue inedite produzioni così matematiche , come poeti-
che , delle quali però non ci è giunta distinta notizia .
3
44
56
57
65
73
io5
no
128
i35
i4r
i56
204
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3o5
3r6
3a6
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378
383
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II
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3
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5
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dicono di genere ogni
dicono ogni genere di
ag
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ultima
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ai colon.
pestato
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Note
(^) (a)
dove è il h dee met-
tersi l'a e viceversa
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MEMORIE
n I
MATEMATICA E DI FISICA.
SOPRA ALCUNE ROSE PROLIFERE
Lettera ni Ciiiseppr Maria Giovkkb
A Pompilio Pozzetti delle Scuole Pia
Ricevuta il di ag Giugno i8o3 .
Mio dottissimo amico
J-J la stagione appunto delle rose , e sogliono coloro die sì
amano regalarsi scambievolmente delie rose . Ed io non du-
bito che Voi amiate me, ed assai, come poi sono conscio a
me stesso di amar voi, e non dico assai, ma ancora assaissi-
mo , che di essere amato assaissimo meritate . Gradite dun-
que un regalo di rose , e se la distanza de' luoghi non per-
mette , che io ve le faccia così tenere come la natura le
produce , e fresche e rubiconde e soavi e fragranti , gradi-
tele almeno in disegno su delia carta , giacché non altri-
mente posso. E ben conviene presentare un regalo di rose a
VOI , che gentile siete ed amabile come la rosa ; se non che
potrebbe qualcuno dire ad un Segretario di una Società di
scienze , e scienze serie e gravi non ben convenire di pre-
sentar regali di gentilezza . Ed a chi cosi obbiettasse potrei
Tomo XI. A io
:à Sopra alcune rose prolifere
io rispondere, avere nel 1707 il Sig. Marchant Accademico
Parigino presentata una rosa alla fu illustre Accademia delle
Scienze di Parigi , e questa non avere sdegnato di accettare
il presente, ed anzi averne fatta inserir memoria ne' suoi at-
ti . E senza andar tanto lungi, ovver per fermarci alle cose
nostre j anni addietro il Sig. Spadoni fé dono di una rosa al
fu illustre Abate Spallanzani j, e questi credè ben fatto pas-
sarne il dono alla Società nostra, la quale ne volle inserito lo
scritto , che il dono accompagnava, ne' suoi atti (Memorie del-
la Società Italiana Tom. V ) . E vedete se possa darsi cosa ad
altra , come uovo ad uovo , simile . Quella rosa ebbe il Sig.
Ab, Spadoni in regalo dal Sig. Agostino Pei'siani , e passò a
farne dono allo Spallanzani , ed a me ancora è venuto da
altri il regalo di una delle rose , che vi presento • Era anda-
ta a passare alcuni giorni alla campagna la mia Cognata , la
quale pure ama moltissimo di osservar la natura , e che cer-
tamente ha occhi perciò perspicacissimi , come le donne più
degli uomini gli avrebbero, quando a studiar la natura anzic-
chè a studiar le mode si volgessero , e da colà mi mandò in
regalo una rosa , che a lei parve meritar attenzione ; ed è
appunto quella la quale voi vedrete disegnata al numero i .
Era questa una rosa , la quale non avea , almeno al momsn-
to che mi fu data, né calice (a riserva di un picciol segmen-
to , che pur poteva essere residuo del rimanente secco e
caduto), né poi organi affatto di fruttificazione, non pistillo
cioè non stami, né rudimenti di essi ; in vece di che, vedea-
£Ì sorgere dal centro di tal rosa , un gambo , il quale pro-
lungandosi, e bellamente adorno di piìi ordini di verdi foglie
finiva per ultimo in un bottone ben grosso di perfetta rosa ,
sebben non fosse ancora dischiusa ed aperta . Avreste det-
to , che intorno allo stelo , che portava il bottone della rosa
perfetta , la natura come per un vezzo vi avesse fatto nasce-
re un' altra rosa , in verticillo , o meglio un giro di petali di
rose , giacché non posso chiamar perfetta rosa quella che
manca di pistilli e di stami . E per verità pareva che il
^am-
Lettera di Giuseppe Maria Giovene . 3
gambo superiore fosse una prolungazione continuata del gam-
bo inferiore portante la piima rosa bella ed aperta, ed era-
vi questa sola difìerenza , che il gambo superiore era non ci-
lindrico , come r inferiore , ina quadrangolare , e con quattro
scanalature, e tinto di un color di rosa dilavato: e quasi che
avesse rispetto per la rosa, dal centro della quale usciva, era
senza le solite spine fino ad una certa distanza da essa. Voi
la vedrete nel disegno , che ne ò fatto tirare al meglio ch«5
ò potuto. Ed è questa l'istoria della prima rosa. Dopo alcuni
giorni andai ancor io in campagna , e dal rosajo stesso dal
quale era stata tratta la prima rosa , mi venne fatto di racco-
glierne un'altra^ che similmente vi rimetto in disegno al nu-
mero a . È questa una rosa , la quale à il suo bel calice ,
così come le rose più o meno sogliono averlo , se non che
manca quella specie di orciuoletto , o pericarpio che voglia
dirsi , il quale turgidetto contiene li semi. Era dunque il ca-
lice un semplice invoglio di un sol pezzo profondamente ta-
gliato in cinque porzioni, una delle quali, come dalla figura
vedrete , è degenerante in foglia ternata , così come in alcu-
ne rose suole avvenire. Dal mezzo pure di questa rosa si er-
ge uno stelo j che porta liete foglie , ed il quale va a termi-
nare in un bottone di perfetta rosa simile al primo sopra
menzionato . E siccome sfogliata ed esaminata la prima ro-
sa non trovai , come già vi ò detto , né stami , né pistilli ,
né rudimento affatto di organi da fruttificazione , così pari-
mente è avvenuto di questa , né più , nò meno , non aven-
do trovato che soli petali. Ora io, non una, o due rose mi
contento presentarvi , ma bensì un mazzetto di esse , ed ec-
co perciò passo a dire di una terza rosa , la quale non ò fat-
to disegnare per non fare volume assai di carta . Essa à an-
cora il calice così come ò detto della seconda , e due segmen-
ti di questo sonosi ancora svolti in foglie a tre fogliuzze l'una,
a quattro l'altra. Vengono appresso li petali, ed alcuni tut-
ti belli e rubicondi così come le rose sogliono averli , ed
altri venati di verde e di rosso ; e trovo alcuni di <[ue-
A a iti
4 Sopra alcune rose prolifere
sti petali dege^ierati in foglie, e trovo le fogliuzze di que-
ste altre screziate di rosso , ed altre tinte nel margine dall*
istesso colore . Neppure in questa rosa ò trovato segno alcu-
no di organi sessuali . Una quarta rosa ò anche tagliata dall*
istesso rosajo , ed è questa simile all' antecedente , ma non ha
te non soli quattro petali, né più, né meno, de' quali tre
£ono disposti a verticillo intorno al gambo , ed il quarto è
superiore agli altri di una buona linea , e se ne sta cosi so-
litario attaccato allo stelo . Tutti quattro poi questi petali
anno delle vene di verde . Ed è a notarsi questa particolari-
tà , che una delle foglie filate su per lo gambo superiore in
distanza di un buon pollice dal sito dove sono impiantati li
petali , à le fogliuzze screziate di rosso e di verde .
E non finiscono qui le rose , che propriamente voglio
esserne liberale , e passo a descriverne una quinta , la quale
air occhio sembra perfetta rosa , che non è cosi delle terza
e quarta già descritte , e le quali erano magre e di pochi
petali composte . A' ancor questa il calice simile a quello
della seconda , che ò descritto , se non che essendo quasi sec-
co, ad un leggier tocco si è dal gambo distaccato, non ostan-
te che la rosa non sia ancora perfettamente schiusa, e li
petali si stiano avviluppati insieme e come incollati tra lo-
ro ed al gambo abbracciati . Manca questa pure di organi
di fruttificazione , come le altre tutte , ed in vece insiem
col gambo escono fuori dal centro di essa cinque foglie ben
formate colle loro fogliuzze , e due di quelle cinque foglie
sono connate nel loro picciuolo . È notabile in questa rosa ,
che una di quelle cinque foglie da un lato , in vece di fo-
gliuzze , à due petali , che tali assolutamente sembrano pel
Jor colore ed odore , e dall' altro lato à tre fogliuzze , delle
quali essendo l' una come dev' essere all' ordinario , l' altra à
una fascia longitudinale di rosso e giallo , e la terza tinta
leggermente di rosso nel margine .
Ma voglio finirla , e dirò solo alcune poche cose di una
sesta rosa, la quale, prolifica ancora come tutte le altre, à U
ca-
Letteea »i Giuseppe Maria Giovenk . 5
calice della forma che di sopra ò detto , se non che tre de*
cinque segmenti di esso si sono svolti in foglie, ed una dì
queste con quattro , le altre due con tre fogliuzze per cias-
cuna . E vi è questo di particolare in questa rosa , che uno
de' petali perfettamente ellittico , è così come le fogliuzze
sogliono essere , ed è verde in mezzo , nel margine poi in-
torno intorno è rosso di amaranto ed irsutissimo dalla sua base
fino ad un buon terzo . Non voglio però lasciar di accenna-
re avere io fatto bollire in acqua gli steli , e quindi quelli
disseccati , aver trovato la midolla, ed il legno andarsene drit-
ti per li fatti loro , mostrando di non essersi dato veruno fa-
stidio, e di non aver preso parte alcuna nella formazione^di
quelle rose prolifiche , ed avervi solamente notata come nn'
annodatura negli strati corticali , dalla quale annodatura par-
tivano e calice e petali .
Dalla breve descrizione, che delle mie rose ò data co-
sì come meglio ò potuto, rileverete bene, mio gentilissimo
Amico, esser desse molto simili a quella descritta dal Sig.
Marchant, ed alla seconda del Sig. Abate Spadoni, ed all'
altra accennata piuttosto , che descritta dal Sig. Duhamel
nella sua fisica degli alberi , ove se ne trova ancora una fi-
gura ( Lib. 3 Gap. 3);
Ora volendo io ragionare alcun poco su queste rose, e
già mi piace allungar la lettera , perchè mi piace assaissi-
mo trattenermi con voi , e con voi ragionare di cosa tanto
graziosa ed odorosa, quanto la rosa è; dico sembrare alla
prima riflessione Ja singolarità di queste rose non in altro
consistere , ne da altro doversi ripetere , se non da un giuo-
co di trasformazioni , o degenerazioni che vogliansi dire , sic-
come del calice in foglie , così delle foglie ancora in peta-
li . E per verità a starne alla descrizione datane, non sono
forse alcuni segmenti del calice trasformati , o meglio ancor
direi, allungati in foglie? E non possono dirsi alcune di quel-
le foglie semipetali per il loro colore e forma, ed alcuni di
quei petali , non si possono dire similmente semifoglie ? Nà
do-
L» Sopra alcune rose prolifere
dovrebbe ciò farne a noi grande meraviglia , giacché final-
mente e foglie e petali sono estensioni e sviluppi degli
strati corticali , quando talvolta veggiamo gli strati ancora
degenerare in petali , come avvenir suole ne' fiori che di-
consi stradoppii , Ma pure quantunque a primo aspetto un
tal dire sembri ragionevole, e lo è in fatti, poiché la cosa
va così in parte, nondimeno non soddisfa interamente, e non
basta a spiegar tutto, per quanto io ne penso. Non si tratta
in fatti di alcuni petali così come sia intorno allo stelo dis-
posti , e li quali possono credersi degenerazioni , ma si trat-
ta bensì di un calice tagliato a cinque pezzi presso a poco
come suole essere , e di molti e molti petali , e di tanti ,
quanti una rosa siiole averne, sicché piena rosa possa e
debba dirsi , mancando solo gli organi della fruttificazione ,
e niente più . Che però , se si volesse pur dire giuoco di me-
tamorfosi nella terza , e quarta , ed anche nella sesta rosa ,
ripugnerebbe certamente il dirsi della prima, della seconda,
e della quinta , le quali perfette rose si possono dire , e tali
air occhio compariscono . Molto meno potrebbe dirsi giuoco
di degenerazione nella prima rosa del Sig. Ab. Spadoni , la
quale avea pure gli stami , e poi in vece di pistilli aveva
una colonnetta su cui poggiava un' altra perfetta rosa , dalla
quale ultima ne spuntava lateralmente una terza . Prenderò
dunque altra strada per ispiegare , se a Dio piaccia , la for-
mazione e la nascita di tali rose , le quali , a mio credere ,
debbonsi dire vere rose , sebbene incomplete , che già quel
supporre germi dapprincipio mostruosi non mi va a sangue .
Ed a tal' uopo mi sembra dover io premettere due cose ;
l'una delle quali è la bella osservazione del Sig. Mariotte, il
quale verso la fine dell'Agosto, avendo tagliato li rami di un
rosajo , e tutte le sue foglie, e non essendogli rimasto se noa
li bottoni , che alla vegnente primavera sbucciar dovevano
in rose , avvenne che quei bottoni si aprissero , e produces-
sero rami soltanto , e non già fiore alcuno . Ciò prova dice
il lodato Sig. Duhamel ; dal quale ò tratto una tale espe-
ri e n-
Lettera bi Giuseppe Maria Giovene , f
rienza del Mariotte , che li fiori non erano per anche for-
mati nelli detti bottoni, che essi formansi nell'autunno ed
anche nell' inverno , e che il taglio de' rami e delie foglie
essendo stato d'impedimento alla formazione de' fiori,, li bot-
toni non avevano potuto produrre altro che rami . L' altra
cosa da premettere si è ^ una osservazione che mi pare do-
versi da me fare , e la quale potrebbe essere importante .
Tutte le mie rose già descritte furon tagliate da un solo ro-
sajo ; e benché in quel mio giardino molti e molti fossero
pure li rosa] , in nissun' altro mi venne fatto di rinvenir rose
così fatte. E parimente trovo j che da un istesso rosajo fu-
rono pur recise quelle rose prolifiche , o mostruose che vo-
gliansi dire , le quali descrisse il Sig. Ab. Spadoni . Né sola-
mente le mie rose furono tutte spiccate da uà solo rosajo ,
ma da quel rosajo , il quale attesa la sua esposizione ^ ed
attenta 1' indole particolare della stagione autunnale del
passato anno i8oa , che non autunno fu , ma tepida prima-
vera { essendosi nel principio avute pioggie copiose da inver-
no ) avea dato nel novembre belle e g^ioconde ed assai ca-
re rose , come poi si ebbero in decembre avanzato e pere
e ciriegie e pomi ed altrettali frutti . Ora e chi sa , penso
io , cbe le rose dette prolifiche allora vengan fuori , quando
la costituzione meteorologica , ovvero una combinazione di
cause qualunque , porta che vi sia , dirò così , un periodo
di più nel corso della vegetazione j periodo che all' ordinano
non suole ayvenire? E non solamente ciò sarà per le rose ,
ma per li frutti proliferi ancora . Nel principio dell' autunno
la vegetazione si ferma all' esterno, e sotto agli ibernacoH la
natura nascostamente e nel silenzio lavora suU' embrione ,
che deve svolgersi nella primavera ventura . Che se mai ac-
cada , che dopo un autunno incominciato sopravvenga una
spezie di primavera, dopo la quale poi venga inverno , ed in-
di di nuovo la primavera, ecco, siccome già ò detto, un pe-
riodo di più , ecco due fermate in vece di una , e due con-
seguenti lavori nascosti , e se la cosa lo porti , due sviluppi
nel-
8 SoPnA ALCUNE ROSE PROLIFERB
nella vegetazione , E che mai accaderà in tal caso ? Accane-
rà, che vi possa nascere una spezie di superfetazione, la qua-
le si opererà nella seconda fermata della vegetazione , e se
il primo lavoro non era interamente perfezionato , resterà co-
sì come trovavasi incompleto ed imperfetto . E senza una
costituzione meteorologica , potranno ancora altre cause pro-
durre delle sospensioni nel lavoro segreto della vegetazione ,
con ripigliarsi poi da capo nuovo lavoro . Riunendo ora le
idee ed applicandole all' oggetto nostro , mi pare di poter
così discorrere e ragionare . Quelli che dovevano essere bot-
toni da fiore e da frutto , si restano talvolta , come ò detto
avere il Mariotte osservato , ad essere semplicemente bottoni
da rami/ quando la natura non abbia avuto né comodo, nò
tempo da poter fiore e frutto preparare . Che se vi sia un
poco di tempo ed alcun comodo , si potrà incominciare a
preparare il fiore , ma non potrà poi intieramente compirsi .
In tal guisa il lavoro della natura si rimarrà ad un terzo,
ad una metà , a due terzi ; e ad un terzo , per cagion di
esempio , quando sieno preparati calice e corolla , cose lo
quali appartengono agli strati corticali , li quali sono certa-
mente li pili pieghevoli ad ogni lavoro; a due terzi, quando
si abbia avuto agio di operare su gli strati legnosi , e così
preparare gli stami; e finalmente sarà lavoro compito, quan-
do vi sia stato tutto il tempo e comodo, perchè la midolla
si confermasse in germe fruttifero . Così le mie rose avran
dovuto essere state colpite e fermate al primo stadio del
lavoro nascosto della natura , la quale poi nella seconda fer-
mata avrà incominciato il lavoro da capo . Al secondo sta-
dio avrà dovuto essere stata fermata la prima rosa del Sig.
Ab. Spadoni , la quale era fornita di stami , e così di altre
discorrer si potrebbe , come anche di frutti proliferi , li qua-
li non sarebbero che una superfetazione . Da quello dunque
che finora ò divisato, voi ben comprendete, mio incompara-
bile Amico , che io la discorro alla semplice ed alla buo-
na . Ne sarà forse causa la mia vista corta , che non si
esten-
^ "//«/. T.XI.p.ij.
7.V,.. /.
-Joc.--/ta.(. T.XI.p.cj.
Lettera di Giuseppe Maria Giovene . g
estende neppure quanto una spanna , ma io amo spogliai
di ogni corteccia di meraviglioso li fenomeni , ed indi spie-
garli il più semplicemente che si possa . Ma siano poi nate
come che sia quelle rose , purché voi le troviate e belle
ed odorose e grate , ciò deve bastare a me , che non desi-
dero se non piacervi > come quello che sono svisceratissima-
mente vostro ec.
Molfetta 12, Maggio i8o3 ,
Tomo XI. B SO-
IO
SOPRA UN PROBLEMA TRIGONOMETRICO
MEMORIA
Di Francesco Pezzi
Hìcevuta il di 8 Luglio i8o3.
PROBLEMA
Essendo dato un arco di circolo , multiplo di un altro , tro-
vare le più semplici espressioni di tutti i seni e coseni ,
tangenti e cotangenti , ec. disuguali tra di loro, degli ar-
chi sumultipli di quelli^ i cui seni e coseni^ tangenti e co-
tangenti , ec. , sono eguali al seno e coseno , tangente e
cotangente , ec. dell' arco dato
;. Ooli
luzione . Sia v la semicirconferenza del circolo del
raggio I, a un arco qualunque non maggiore di — , vale a
dire il minore di tutti gli archi , aventi il medesimo seno
e coseno , ec Non parlerò in primo luogo che de' seni e co-
seni in quistione , perchè da questi derivano immediatamen-
te, le altre linee trigonometriche ; egli è noto che gli archi i
cui seni e coseni sono eguali fra di loro , sono contenuti nelle
Formole seguenti .
sen. a = ± sen.[ ( a/z + i ) rqr fl]~ ± sen.( 2.n?r± a) (i)
co?. a = — COS. [ ( 2/1 -4- I ) 3- ± a ] — • cos. ( a/zy ± a) (a)
Nelle quali tz è un numero qualunque positivo intiero.
a. Se invece dell' arco a , si pone nelle Formole prece-
denti l'arco multiplo ma, non > — a-, m essendo un nume-
ro qualunque positivo intiero, si ha
st-n. ma — ± sen. [ {an.+ i):rZf ma] =r ± sen. (area- ± ma) (3)
cos. ma — — cos. [ ( a/i + 1)71 ^ ma]— cos. ( a/zy ± fna ) (4)
Ora
Di Francesco Pezzi . 1 1
Ora per ottenere tutti i seni e coseni degli archi bumul-
tipli , si dividano gli archi precedenti per m , e si avrà
, / '2U+-Ì \ . /unr \
$en. a ; ± sen. ( 7ru:a);±: sen. ( — ^) {^)
\ ni J \ ni J
7ri^a\ -, COS. ( ± « ) (d)
m / \ m '
Fra le espressioni (5) e (6) , egli è d' uopo di distingue-
re tutti i seni e coseni disuguali tra di loro , da quelli eh' es-
sendo eguali , devono per conseguenza essere ricusati .
3. Dico in primo luogo che non si possono sostituire a n
per quest' oggetto nelle espressioni (5) e (6) , che i valori
seguenti
m — I m — a
» = o,ija,3,.... ovvero ■ (7)
- ovvero — secondo che m sarà dispari ovvero
2, 2,
pari , in guisa che 1' ultimo e più grande valore di ara se m
è dispari , ovvero di 2,/z + i se ni è pari , sia =^ ni — i ;
tale sostituzione darà
sen. a ;± sen. f—;rq: a) ;± sen/ — a- it aj;±sen.r — r ^La\\
/m — I \ xTO— I \
. . . . ± sen. ( TT^a \ ovvero ± sen.l tt ± a j (8)
COS. a ; — cosY— tt— aj •, cos.f — TrdzaJ; — cos. ( — .7 ±<2 J j
.... — COS. f 7r±a) ovvero COS. ( t ài aj (9)
Si prenderà 1' ultimo o il penultimo de' termini precedenti
secondo che m sarà dispari ovvero pari .
4. Coi valori successivi dati qui sopra a n , i quali
hanno generato le espressioni (8) e (9) , non si è supposto
2.11 nn-h I
altro , che i numeratori delle frazioni , , i qua-
m ni '■
li esprimono tutti i numeri intieri, acquistino conveniente-
B a nien-
I
la Sopra un Fiioblema TracoMOMETRico
niente 1 valori successivi i , 2 j 3 , . . . m — i;o non prin-
cipia questa serie , perchè i valori che ne risulterebbero so-
.,!.,.. . . . . , 3/1
no già dati ne primi termun sen. a , cos. a j m guisa che —
m
I
non possono mai essere numeri intieri , senza da-
re , come si vedrà fra breve , dei valori o inutili , o eguali
a quelli già ottenuti in virtù di un° ipotesi anteriore dì n ■=■
m — I
ad alcuno de' termini della serie 1,2, 3, .«.•••
m — iì
ovvero »
t r r ■ 2.'i ^n-\- l ^ ,
5. In tatti se e — tessero numeri intieri , il
m m
primo pari ed il secondo dispari , e quest'ultimo non può es-
sere altrimenti , i seni e coseni delle Formolo (5) e (6) sa-
rebbero rispettivamente eguali fra di loro ed eguali a sen. a,
cos.a , in virtù delle equazioni (i) e (a); essi devono dun-
que essere rigettati.
6. In generale egli è evidente , che secondo la condizio-
ne del problema , si deve escludere ogni espressione di seno
e coseno trovata con valori di /i , maggiori di quelli della se-
rie (7) , la quale fosse eguale ad ian' altra , somministrata da
qualcuno de' termini di questa medesima serie : si dovrà si-
milmente ricusare qualunque valore di seni e coseni d' archi
sumultipli , trovato in seguito di una supposizione a ara ov-
. are are 4- I
vero a a^ + i , nelle espressioni — , , il quale non
^ m m
fosse contenuto nelle espressioni (5) e (6) : perchè tali seni
e coseni non apparterrebbero più ad archi sumultipli di alcu-
no di quelli j che sono espressi dalle Formole (3) e (4) , e
the sono i soli , i cui seni e coseni si uguaglino fra di lo-
ro : finalmente qualunque espressione di seno o coseno, che
sia riduttibile ad una espressione finale del seno o coseno
deli"
Di Francesco Pezzi . i 3
dell' arco il più semplice , dev' essere al)bandonata , e si de-
ve prendere quest' ultima invece della prima .
7. Invano per trovare nuovi valori di seni o coseni d'ar-
chi sumultipli . si supporrebbe — = ad un numero dispa-
ri = 2.^. -4- r ; poiché allora si avrebbe
± sen.f — jr± a ) z: ± sen. [ ( a^H-i ):T±.a]= — sen.a
E COS. ^— w±<3 j =:cos. [(aiè + I )7r ± fl]n — cos.a
/a«4-i N /(a^-^-Ora-hi \ [^ ,\
— cos.l 7r±a )= — cos.f a-ito l=+cos.( — 7r±a J
Si ricuseranno i quattro risultati precedenti , perchè non
compresi nelle espressioni (5) e (6) .
8. Per la medesima ragione , non si potranno prendere
a« 2» H- I r. ■ ■ '
e ■ eguali ciascuno ad un numero frazionano : ai
m
m m
esauriscano a quest' oggetto le seguenti combinazioni
2« ac ...
— = aè H ; m potrà esser pan o dispari
2.71 Ù.C
— = aJ + 1 4 : m dev' esser pari
are ac + i
-'— = ai -1- I H . m dev' esser disparì
Dalle quali si dedurranno quelle relative a , e presi
m ^
i seni e coseni corrispondenti , il cui calcolo per brevità qui
eopprimo j si vedrà la verità deir asserzione precedente.
.ara 2» -4- I
9. Quindi — e non potendo essere ciascuno ,
un numero intiero né un numero frazionario , senza dare
de'
i4 Sopra un Problema Trigonometrico
de'valori o di già trovati, o non legittimi, egli è necessario
eh' essi siano in particolare delle frazioni , cioè n si potrà
al più eguagliare successivamente ai termini della serie (7),
di cui a/i rappresenta tutti i termini risultanti pari , e a/i+i
i termini dispari .
10. Or le serie (8) e (9), aventi ciascuna m tèrmini,
danno m espressioni conformi alle (5) e (6) : ma le due ul-
time di queste sono doppie a motivo del doppio segno ± ;
dunque il numero de' loro termini , dai primi in fuori , è
z:a(m — ^x): la quistione è quindi ridotta di presente a
trovare quante di queste a ( ra — i) espressioni, soddisfaccia-'
no al problema .
11. Sia a quest' Oggetto In primo luogo m un numero
dispari = 2Ì + i ; le espressioni (8) e (9) diverranno, pre-
scindendo dai primi termini sen.«, cos.a, che non possono
essere eguali ad alcuno di quelli delle mentovate serie
\
— sen.f — 3-+fl Vj-sen.f —j—~'7r—a ) ; . . . — sen.f — ; wnia ) ;, !
\aA-t-i / \2,/c4-i ^ \2.k+-i ^ J 1
^2,/c4-i ' \3,k-{-i
2 /e — I \ r ^k
sen.
/a/c — I \ f 1K, \ \
•( —7— — TT -\- a j ; — sen. — ^7— tt — a ) J
\a/t-f-i ' \a/ó4-i J
e — cos.f— :t+ <z) ; -f- cos.f— T— — ir + a); ......
\%k-\-\ J \2/t-+-i /
cos/ — ; T+a ):. . . — cos { — ^4-« ), -t-cosY — ; a->a )
\2A+i J \^k + \ J V2/C-M J I
—ccsf— T — fl i;+cos.( — ; TT — fl\...±cos.l — 5T-a 1; I
\2>t+i J \2AH-i y \2,k^l / I
• ai — I N f zk \ I
— COS.f -— w — Cl ]: + C0S. ( — ; TT — a ) ^
\ 2Lk-\-i J \ a^+i /
Egli è chiaro che i seni e coseni che si corrispondono
I
in
Di Francesco Pezzi . r5
in queste serie sono disuguali fra di loro; ed i seni equidistanti
dai medj , sono eguali fra di loro, perch'essi appartengono ad
archi , che sono supplementi gli uni degli altri : or poiché il
secondo medio sen./— Tijia j è eguale al suo antecedente
■en. (— T ±: <2 ^ , si potranno escludere i seni da ±
(^-4-iv , %k _i\.
— : TT "ÌL a \ sino a ± sen. (— ti ±a ) inclii-
«ivamcnte ; ora i coseni che sono equidistanti dai medj ,
come per esempio , cos.(-^ jr-f-a) e — cosY-r s — a),
&c. aventi de* segni contrarj , ed appartenendo ad archi sup-
plementarj gli uni degli altri j sono eguali fra di loro: dun-
que li potranno escludere i coseni da cos. (— r ir±a)
smo a cos.\— Trdza) inclusivamente ; dunque le serie
(ic) e (il) diverranno, ponendovi i termini sen. a e cos.<z,
k
2/1+1
— sen. ( — T 4- a ) j — sen. ( — ■ »• — a) ; -h
^ a.k-i-1 ' V a ^ 4- I /
E cos.a;-cosY— ir + a ) ;H-cos. { — ; Tr-\- a\ ; — i
*=os. (-,— - x4-«); ± cos. (-r-- a- + « )
}> ('2)
l6 Sopra un Problema Teigonometrico
Negli ultimi termini delle serie precedenti (in) e (i3), si
prenderà il sej^no superiore, ovvero 1' inferiore secondo che
k sarà pari ovv^ero dispari .
12.. Sia in secondo luogo m pari = a/c, le espressioni
(3) e (9) diverranno , astraendo dai primi termini sen.a e cos.a ,
-^sen.(^n--^?); + sen.(— t 4- fi ) ; -h +
.cn.(— ^ + «)i+ +sen.(-^-^^-aj
— .sen.C —r-\-a ) ; — spn.(-— - jt— «); — ..•• —
k V / ^'''^ — ^ \ I
8cn.(— T-?r±a) ; — — sen.(— ^^-;7- + a j^
E-cos.( — 7 ^ + fl ) -, + COS. (— ^a- + « ) , ±
cos.(--T4-a); -^°^-(lFri ^"^^^ .
I seni o coseni che si corrispondono sono rispettivamente
disuguali fra di loro ; l'ultimo termine sen. ^ — Ti~"^ " ^ '
della prima serie , è eguale al primo della seconda sene,
preso con un segno contrarioj cioè r: — 1 — sen. ( -^ /r + « j j;
similmente il penultimo della prima, è eguale al secon-
do della seconda , col segno mutato ; e così discorrendo ; al-
/ a^ — I V
Io stesso modo 1' ultimo termine — sen. {—^ — ir -\- a ^
M-
della seconda serie è eguale al primo sen (^^ - a ) del-
la
Di Francesco Pezzi • i 7
la prima serie col segno contrario , e così degli al-
tri ; di più i termini medj delle due serie sono eguali
a±sen.(- Tr — aY, dunque le serie (14) possono essere es-
presse nella forma seguente
± sen.( -^ ^~- a);± sen. { -^ ^ + ^) '^ ì
±sen, (— ;-!r— a)-,± ± sen.(— »■— « ) I
+ ovvero — nell' ultimo termine, secondo che k saiù dispari j. (16)
ovvero pari |
^'''"•( "i" '^"^ "^ )' ^ '''"•^ ■^'^ ""* ^* !
^ '*""• ("^ "^ "" ) ' ^ • * * • ^ '^"' ^"^'^ "^ "" J
— ovvero + a , secondo che k sarà dispari ovvero pari , il se-
no essendo neoativo •
La stessa osservazione vale per gli ultimi , penultimi ,
ec. termini della prima o seconda serie (i5), paragonati ai
primi, secondi , ec. termini della seconda o prima serie,
quindi si avi'à
zr. COS. ( — 57- 4- o ) ; ±: cos. ( — r jt + a )•,... ± cos.( — a-— « ) {
-^ \u.k /' ^2^ /' ^0. ì \^^^^
:;; cos. (-ra- — a\ ; ± cos. y-—7r~-aj ; . • • • 4I cos. ^—7 7r-aj j
Ora i termini delle serie (16) e {17), prescindendo dai ter-
mini ih sen.( — ^ — a) ,± cos. ( — tt—o) , qz cos.^ , 7r-a) ,
preceduti dai segni inferiori appartengono ad archi , i cui
multipli, non hanno seni o coseni =sen. 2;ta ovvero cos.a^a,
ma bensì gli hanno = — sen. aia, ovvero — cos. aia; dunque
si ricuseranno, e si avrà^ restituendo i termini sen.fl,cos.a,
Tomo XI. C sen.fl ;
lO SoruA UN Problema Trigonometrico
sen. a ; -h sen. ( ^ ^r — « ) i + ^en. { ^ tt -^ a ) ; j
+ sen.(^^;r-« ) ", ±sen.{~,r-a) \^ ^^^
Ne' due ultimi termini delle serie precedenti, si prenderà il
segno superiore, ovvero 1' inferiore, secondo che k sarà dis- 1
pari ovvero pari ; e
I / ^ N
COS. a ; — cos. ( "^ 5^ + « ) i "5- cos. ( ^ ^ + ^ ) '
^co9.(-^^ + o); . . . . ± COS. (- X— a) |.(i9
o l I J
-cos.(-^:r-a)-, . . . qicos.(-^p^-«)
Ne' due ultimi termini precedenti, si prenderà il segno supe-
riore ovvero F inferiore , secondo che k sarà pari ovvero dispari .
i3. Le espressioni (la) e (i8) danno, la prima ^^ + /'
e la secónda ak , vale a dire ciascuna m-' seni più semplici
possibili , diversi fra di loro , d' archi sumultipli ; la stessa
cosa risuha per i seni e coseni forniti dalle serie (i3)e(i9);
tali espressioni sono le più semplici possibili, perchè ottenu-
te coi minori possibili valori di ara , e di ara + i nelle For-
inole (5) e (6) ; ma ciò indipendentemente dall' arco dato
via\ or siccome quest'arco si è supposto non > —^, cosila
inao-'^iore semplicità delle mentovate espressioni è assoluta,
perchè gli archi contenuti in queste sono ciascuno, non mai
I I "TT
ma-^eiori ài — tt •■ sia ma<— tt ^ ovvero a— , r essen-
do uu numero > i ^ il più grand' arco contenuto nelle espres-
8Ì0-
Di Feakcesco Pezzi . ly
sloni (la) e (i3) è ^^- ^ + a = f^^j-^ -^r j~-^ ^ =
zrk-hi , , :t I
; TT ; e quest arco e < — j ed e = —tt, quando /•=!
3r(2^-f-i) ' ^ a a, ^
ovvero ma — —7F; similmente il più grand'arco delle espres-
sioni (i8) e (19) è -^- ^ + « = ( TT "^ 4^^ ) '^ =
— i — — , TT, ed il coefficiente di tt e <— , anche suppo-
4rk ^ 2. '■'■
nendo r= i , cioè 7/za = -sr: inoltre i minori archi delle
2,
serie in quistione sono positivi , nella stessa ipotesi di
ma < — tt; perchè tali archi sono —, tt — a, ovvero
a -^ ayè 4- 1
I . I I II
—fTT — a 3 cioè — TT 7-7 ZTT, ovvero — r^r — -rT''^y
ciò eh' è anche vero , ponendo r = i , ovvero ma = — tt .
^ a
i4« Se venisse proposto un arco ma > — tt , allora si ri-
durrà il suo seno o coseno a quello dell' arco il più sempli-
ce, che non sarà mai > — tt ; d' onde si dedurrà il valore
a
di a , quello di 711 essendo dato ; e se il seno o coseno così
ridotto , avrà il segno — , allora si cangeranno i segni delle
espressioni (la), (i3) , (18) e (19).
i5. Si possono ora riunire i risultati precedenti , in tre
teoremi , due de' quali sono i termini generali delle espres-
sioni (la) e (18), (i3) e (19) ; tali teoremi ci sembrano de-
gni di attenzione per essere stati dimostrati a priori, e per la
loro semplicità e vantaggio di cui forse riusciranno talvolta
jieir Analisi .
Teorema i. Se ar è un arco di circolo, m un numero
C a in-
ao SoPKA UN Problema TaicoNOMETiiico
intiero, mx un multiplo di quest' arco, non vi sono che m
seni o coseni , disuguali tra di loro , d' archi suraultipli di
quelli 5 i cui seni e coseni sono eguali al seno e coseno deli'
arco dato mx .
Teorema a. Tutti i seni .disuguali fra di loro, della forma
la più semplice possibile degli archi suraultipli di quelli 3
i cui seni eguagliano quello dell'arco dato mx , sono rappre-
sentati nella Forniola
sen X- ± sen. /— a- ± ( — i )" :c ] (^o)
Nella quale si farà successivamente /z =0,1,2, 3,....
TU I 771 7.71 — I m ,
• • . . — ovvero — : ■ ovvero — , seconuo che tti
a a a a
sarà dispari o pari : per ciascuno de' valori di 71 si piglierà
due volte 1' espressione precedente , una co' segni superiori ,
e l'altra cogl' inferiori; nel caso di ;ì=:o, delle due espres-
sioni eguali ± sen. + a;, non si terrà che una sola sen.ar; e
quando 7i = — , il valore corrispondente essendo j^ san./- a'-^rj,
questo non si prenderà che una sola volta col segno superio-
771 ^
re ovvero coli' inferiore, secondo che —sarà un numero dis-
a
pari ovvero pari .
Teorejna 3. Tutti i coseni disuguali fra di loro della for-«
ma la più semplice possibile , degli archi sumultipli in qui-
stione 5 sono dati dalla Formola
cos
.x — {- iycos.l^7r±x\ (ai)
Nella quale si farà successivamente 71 ■=■0, i, n.
m — r
a
m m— I 771 , ,. ,
tìvvero — ; ovvero — , secondo che m e dispari ov-»
a a a
vero pari ; e per ciascuno de' valori di 11 , si prenderà due ,
volte V espressione precedente ^ una coli' arco x preceduto 1
dal segno superiore , l' altra collo stesso arco avente il segno
in-
Di Francesco Pezzi . 2, i
inferiore j trattone il caso di « = o , in cui de' due valori
eguali COS.+ a, non si terrà che un solo cos. a ; e nel caso
m TI / ^ \
di ni pan , quando n = — , essa divenendo -^ cos. { —tt — vc],
non si prenderà che una sola volta col segno superiore ovve-
ni
ro coirinferlore , secondo che — sarà pari ovvero dispari .
i6. Dalle formole precedenti (20) e (ai), egli è facile
di trarre le più semplici espressioni delle tangenti , cotan-
genti, secanti e cosecanti degli archi sumultipli di tutti quel-
li le cui tangenti , cotangenti , secanti e cosecanti sono egua-
li alla linea analoga dell' arco mx ; e si troverà
tang.a; = 1: tang./ — 5r+ « \ (22)
cot. X =:. +_ cot. i — 7r±.x\ (a3)
£ec.a;=( — iysQc.i — jr-±,x\ (a4)
cosec.^ = + cosec./— 3-+ (— i)''a;\ (aS)
Si farà successivamente ne' quattro termini generali prece-
. m — I m
denti ra = o, ij a, .. . . ovvero — , secondo che
m sarà dispari ovvero pari ; e per ciascuno valore di ra , si
prenderanno due volte questi terminij una co" sejjni superio-
ri , 1' altra cogl' inferiori : nel caso di re ~ o ^ de' dopp] valo-
ri eguali + tang. + .r j +cot.^Xj sec. ■+ x , ^ cosec. 4- x ,
non si terranno che i soli rispettivamente tang. x , cot. x ,
m
«ecAT , cosec. ;rj e ove n^=. — , si porrà mente, che le for-
inole (aa) e(23) sono rispettivamente eguali a— tang. Ì—tt-x)
ed a — cot. 1— 7F — x\ ed i termini (24) e (a5) diverranno
± sec»
33 Sopra un Problema Trigoa^ometrico
+_sec. i--:t — ^J, Z^ cosec. I — tt — x\ ; e questi non si
prenderanno che una sola volta col segno superiore ovvero
coir inferiore , secondo che — sarà un numero pari ovvero
dispari .
17. Si potrebbero per mezzo delle foi'mole precedenti ,
render più semplici diversi risultati dell' Algebra , e dare ad
essi un senso più facile ad essere rettamente interpretati nel-
la loro generalità . Fors' anche qualche Capitolo dell' Opera
immortale di Eulero , che à per titolo , Introductìo in Analysiìn
ìnfinitorum , ne riceverebbe una non mediocre chiarezza
ed incremento ; ma temendo di allungare questa Memoria ,
oltre r importanza della materia , mi ristringerò ad accenna-
re solamente pochi casi particolari ,
18. Il nostro Presidente Antonio Gagnoli ha dato nell'
eccellente sua Opera sulla trigonometria , la soluzione trigo-
nometrica delle equazioni di 2.° e 3." grado ; e nel caso ir-
reducibile , eh' è compreso nella Formola x^ — px~t. q ^=- C) ì
Egli trova per prima radice nel caso di +(7, x = a y'— /7.sen.^,
essendo nelle tavole sen.3^ = . •, ora la Formola
{0.0) , in cui X = Ai m=3,en=^iy il valore di re == o ,
essendo di già esaurito con quello di sen.^^, somministra su-
bito senz' altra indagine per le altre due radici , gli altri due
seni sumultipli , cioè :^sen. (6o°1fA): nel caso di — q^
l'arco j4 diventando negativo, sen.^ si cangia in — sen.^,
e si avranno gli altri due seni , ponendo nell'espressione pi'e-
cedente — ^ invece di H-^; quindi essa diverrà ^sen.(6o°+^;
ora raccogliendo in una sola le espressioni omogenee, si
avranno nel caso mentovato dell'equazione x^ — jpx';^g = o ^
le tre radici seguenti
x:
Di Francesco Pjezzi . 2,3
X = ~^ al/ — ^.sen. ( Co" -\~ J )
Con eguale rapidità si trovano le tre radici dell' equa-
aione s^ — diz ~h cord, a a = o , ovvero cord.' —- a —
0
a
Scord.-r;— a H- asen. a = o , assegnate dal Chiariselnio Au-
tore , dopo di aver Egli dimostrato essere false le due
cord. I óo** H — ó" <2 J j cord. / /so" H — ^ a \ date per vere dal
^t 1.
D' Alembert. In fatti supponendo z = cord. — a = a sen. —a ,
o o
• 1 ^ 3 II , . ,. .
SI ha sen.' — - ^ r sen. — aH sen. a~o le cui radici, es-
<i 4 ^ 4
sendo qui il raggio dell' equazione eguale a quello delle Ta-
vole = i , sono cosi semplicissimamente espresse, cioè i*
I a / I \
radice 2. sen.— <z — cord. — a ; a' a sen. 160" a) =
cord./ liio^ :;- a I ; 3" — asen.j 60^ -\- -g- a ) =
— cord. I iao° + -rr o ) •
ig. L'equazione j" liT i = o contiene oltre la radice i ,
tutte le radici dell' unità diverse dall' unità medesima : egli
è noto che a tale equazione soddi-fà questa y^cos.-rW^.
l/— I sen. a: , perchè/'" = cos. nix -^ y — i sen. mx = ;^ i j
quando mx — ^rur ovvero {an-\- \ )7r , ir essendo la seuucir-
conferenza del rnggio i : vediamo brevemente come si debba-,
no applicare rettamente le Formole (ao) e (ai) alla ricerca
delle suddette radici^ sia CQ^. mx ■=■ -\- \ ~ cos. 2.!. tt : a quest'
ipole-
a4 Sopra un Problkma Trigonometrico
ipotesi corrisponde primitivamente l'ultima delle espressioni (5)
e (6) , ove a zz o : e perciò ne' secondi membri delle citate
Forniole x diviene o ; od invece di ra si porrà are, ii essendo
m — I
successivamente zrojija, ■ ovvero
772
— , secondo che m è dispari ovvero pari, e quindi
fi n
sen. X ~ sen. a-
m
COS. X = COS. sr I
are , • 2,n
y zz cos . 2-± K — I sen. jr (37)
a n
m
are ^ 2.71
2-± K — I sen.
m m
Il numero de' seni e coseni sumultipli , diversi fra di lo-
m + i m
ro , sarà ovvero f- i > secondo che m sarà dis-
a a
pari ovvei'o pari : ma 1' espressione (27) , oltre i coseni degli
archi sumultipli , contiene anche i loro seni col doppio se-
gno, perciò ad ogni valore di n se ne avranno due di
/ , e quindi in tutto m -\- i ovvero w -H a , secondo che m
sarà dispari ovvero pari : ma nel primo caso essendo sen. Or
== o , questi si ridurranno a sole m radici diveise, e nel se-
condo essendo sen. Oja-=o, e sen. — a-rso, esse si ridurran-
m
no a sole tìi radici diverse : e 1' equazione (27) contiene tut-
te le m radici diverse dell' equazione y'" ■ — 1=0,
ao. Sia COS. mx = — i = cos. ( are H- i ) ir : a tale ipotesi
corrisponde primitivamente la seconda delle espressioni (5) e
(6) , e quella del coseno si deve prendere col segno mutato,
e quindi nelle Formole (20) e (ai) x diviene o , ed invece
, . m — I
di n si porrà are -4- i , /j essendo = o,i,a,3j.... ►
a
OTvero ■ secondo che m sarà dispari orvero pan : in
quest'ultimo caso il valore di ret= 1 è dedotto dalle se-
^ rie
Di Francesco Pezzi . a5
rie (i8) e (19), i cui ultimi termini nelle due prime serie de-
vono trascurarsi , a motivo che sen.^^=o, e cos.^ 7/ = — i, k
rappresentando un numero dispari , e fornendo quindi im
valore di già trovato coli' ipotesi di n = o , quindi si ha in
in
virtvi de' penultimi termini /j=i — 1= — — i , onde le For-
a
mole mentovate danno
a re 4- I "^
sen. X = sen. ir \
COS. X = COS. ■ TT I
Tìl -»
_ are •+■!,./ are+i
E y— COS. TT-^V — I sen. v (29)
La quale esprime tutte le m radici dell'equazione ^""+1=0.
in — I
Il numero de' seni e coseni sumultipli (28) è — • -\- \
m+i m , ,. .
= ovvero — , secondo che ììi e dispari ovvero pari ; e
a/j-l-r
a motivo del doppio segno che precede sen. tt nell'es-
pressione di y , cioè delle radici in quistione , il loro nume-
ro sarà di w -h i , ovvero di m, secondo che m sarà dis-
pari ovvero pari : ma nel primo caso , 1' ultimo valore di n
dà sen.— 5r= o ; dungue esse si riducono in ambi 1 casi a /»
m -^ .
radici diverse , conformemente alla teoria delle equazioni .
11 doppio segno è scomparso nelle espressioni (26) e (2,7),
poiché questo è introdotto nelle formole (3) e (4) dall' arco
ma che qui è = o : nella formola (2,) si ha — cos. ma = — .
cos.o = — X = cos. (a/i + i)tj quindi il simbolo cos.(3«+i)y,
resta positivo .
ai. All'equazione /" = rh i soddisfa T equazione j" =
cos.:r — ^/ — I sen.x, essendo l'arco mx = imr ovvero
(are -1- i)a-, secondo che vale il segno superiore ovvero l' in-
Tomo XI. D fé-
a6 Sopra un Problema Tricowomht*igo
ferioie ; né si può invece dell' arco {2.n-hi)7r , il cui coseno
corrisponde all'equazione 7" = — I , prendere l'arco a/iTr,
come per l'arco a re tt , il cui coseno corrisponde all' equazio-
ne j"" — H- i , non si può prendere 1' arco ( are + i) r ; e ciò
per la ragione che nella formola 7" = (cos.x ± /— i sen.jr)"'
= cos.mx±x/—i ian.mx, cos.t e cos.mx sono necessariamen-
te positivi : poiché in generale sarebbe falsa 1' equazione
7" = (— cos.:i;±v' — I sen.x)" - — cos.TO:r±v/— isen.mx : nien-
temeno v' ha modo di trovare tutte le radici in quistione ,
prendendo nel caso di m dispari , inversamente 1' espressione
deci! archi precedenti . In fatti moltiplichisi l' equazione
(cos.a:±/— isen.a;)'"=:cosma:±^/— isen.772a; per (—1) , si avrà
(— cos.x3pv/— isen.a.)"'=C— i)"'(cos.m^±/--isen.mx), e quindi ^
(— cos.x±v/— I sen .xy''-cos.2jnx:^V— ^ ^en .amx "ì '
i—ccs.x±l/- I sen .x)*'"-^'^— cos.(ara4- 1 )x±^—ise,n.{am+i)xS
Perciò essendo proposta 1' equazione y'" = ± i , vi sod-
disfarà il valore / = — cos.a: ± y' — i sen.^r , poiché 7" =
(-ly (cos.mx ZfV — ^ S(tn.fnx)-± l , purché suppongasi
l'arco multiplo mr — o-mr ovvero (a/z+O^, m essendo pan,
quando 7"" = + i ovvero — i ; ed in questo caso gli archi
multipli sono li stessi di prima ( n.° 19 )i ed i valori di 7 sa-
ranno pure li stessi che quelli contenuti nelle formole (27) e
(29) , purché per i coseni negativi si prendano i coseni po-
sitivi corrispondenti, e tali valori si troveranno scritti in un
ordine inverso : nel caso poi di m dispari l' arco multiplo
mx sarà — (are+i)»- ovvero are;»- , secondo che 7"=-+-! ovve-
ro — I ; ed allora si avranno gli archi multipli nel senso in-
verso di prima ( n.'^ 19) : ma se ai coseni negativi si sosti-
tuiranno quelli de' supplementi , si troveranno anche qui 1
medesimi valori di prima (n.° 19), ma scritti nell'ordine
inverso : ne ometto il calcolo per brevità, ed ho voluto fa-
re quest' osservazione in grazia della generalità dell' Algebra
e della giustezza de' suoi risultati.
aa. Se per la soluzione di qualche problema occorre di
riunire in una sola espressione le formole (ao) e (ai), si por-
rà
Di Francesco Pezzi . 47
rà mente ài giustamente conformarle alla natura del medesi-
mo ; si sa , a cagion d' esempio , che tutte le radici m'"'
della quantità a+b-/ — i , sono contenute nella formola (*)
^(«4- V-0= [/ ('^*^-^')(<^°^-;^ -^ /-i sen.^)
ove per x si possono prendere, non già indistintamente tutti
b a
eli archi che hanno il medesimo seno -rr^— -77;, e 003.-77—77-77:»
=■ ^(a -hb y y'{a -\-b f
ma solamente quelli fra questi archi , che avendo il seno e
coseno prescritti , sono conformi alla natura della formola
in quistione : ora la legittima deduzione di questa suppone
X
intrinsecamente che tanto cos.o:, quanto co». — siano positi-
vi, somigliantemente a ciò che osservammo nel n.° ar ;
perciò dalla formola (i2i) , egli è necessario di escludere tut-
ti i valori di ra che danno de' coseni negativi, vale a dire che
devesi supporvi n pari ; allora un' eguale supposizione dev' es-
ser fatta nella formola (2,0) , affine di avere gli stessi archi ;
quindi V espressione precedente diviene
Y {a+by/—i)-\/ la^-hb^jUoi. +v/— isen j (3i)
_ , b a
Essendo sen.a: = ,. , 77- e cos.:r = —7-1 — f^
Ove per ottenere tutte le m radici, si porranno successiva-
niente per n 1 valori o , i , 2 , 3 , . . . ovvero — ,
a a
secondo che /ra.sarà dispari ovvero pan, prendendo ad ogni
valore di n due volte l'espressioni (3i) e (Sa) ; una co' se-
gni superiori , e I' altra cogli inferiori , eccettuandone il caso
Da di
(*) Veggasi fra le altre 1' ercellen- hi per titolo : Elementi di Algebra .
te opera del Socio Pietro Pdoli , che
a,Q Sopra un Problema Tkiconqmetkico
di « = o , e quello di /i = — , in cui de' doppj valori eguali
, X X /_t_^\ /^\
co&.±: — , ± sen. ±: — , e cos./:t ± — I , ±sen.(a-±— | , non
xìi m \ m / \ m I
»e ne terrà che un Eolo rispettivamente, cos.— • , sen.— ■
* m tu
X X
€• — COS.—" , — sen.— .
m m
Paragonando ora brevemente alla Forma 1/ («2+^/ — i)
quella della radice z =[/[- ^? + | /(^y-— )l^-']
del 3.° grado z^ — p z-\- q ^o nel caso irreducibile, si ha
,en. X = -— ^— j/ ^--,- , j , e cos.^ = -—
xV xV
e riunendo ì due valori di y (^+^/ — 1) e y (a — b-^ — i),
*'"''', 2.nT±x .
si ha s = 1/ (il -\- ò )cos. , cioè le tre radici
r m
2 = 2 J/ Y Z' COS. —, a. y -w p • COS. ( 12,0'* 4- '^ J ,
2. 1/ —p .cosi lao' — ~ ) ♦ ovvero z = a 1/ —p. cos. — ,
— a J/ ^/?. cos. (60"— v). — a|/ -;?.cos./ 60° -1- -ì ,
Le quali sono identiche con quelle del n.° 18, poiché essendo
allora — (= P) il seno dell'arco SA, e qui invec©
^}>]/~
la
Di Francisco Pezzi . ag
la medesima quantità col segno contrario rappprsenta un co-
seno ; e perciò se sen.SA =: P , e cos .r = — P, si ha
cos.^ = — cos.( 90^ — 3A ) z: cos ( cjo'^ -4- 3A ) ; donde
X
4f = go°-f-3A, e — = 3o° H- A , questo valore essendo so-
stituito nelle tre radici precederti, si troverà ch'esse coinci-
duno con quelle del n" 18, e ciò nel caso di -+- ^ ; in
.r . .
quello di — q sì ha ■— = 3o^ — A, e la stessa sostituzione
ò
darà la coincidenza di queste radici colle mentovate del u^
l8, nella medesima ipotesi.
a3. Se nella formota (3i) si fa successivamente b =
I
l? ^/ — I, '— bJ — i-,e/z= — ,si avrà
' ni
(a ± l>)" — y/ {u^ — b^) [coì.nx ± / — i itn.nx) (33)
a b
ove cos.x ~ —r~\ 77-, itu.x = -7-7J —
e la formola precedente non ha che un solo valore .
Se nella (3i) si fa successivamente ^= — ^by/ — l,-'r^/b^/ — I,
si avrà
y {a+^^h) = [/ p_/.j(cos.-— — ±/- I sen. —^ (34)
m/ ""// \/ ^ni±.x , Sinfr±.v\
>/ («-v/^)=|/ (a'-è)(cos.-^^q:/-i sen.— ^^j (35)
^b a
ove sen.:ir = -— — , cos.:r =-77-7 — 77-
^/[b —-a ) y/{a — b) .
Ciascuna delle (':J4) ^ (35) ha m valori diversi, che ù
otterranno , prendendone i secondi membri, come si è prc-
«critto al n° 2,2, .
114. Si sa che , x rappresentando un arco qualunque del
X
raggio r , — il suo sumultiplo ,
X TTt se
t""-* coi.x = a"—* COS."' - — - . a""» r' coi."-* - -^
m \ VI
Tn[m
3o Sopra un Pkoblema Trigonometrico
m(m — 3) , , X
—^ -or~^ A-* COS."--» &c. (36)
i.a m
per mezzo di questa equazione si avrà il valore di cos.'- ,
algebraicamente , cioè indipendentemente dalle tavole ", ma
quali sono tutte le radici di lei ?
Essa è dedotta dalla formola ( cos..r i!i y^ — i sen.r)
=: COS. — ± 1/ — I sen. —, in cui cos..'»; e cos. >- ' non possono
m m m
essere generalmente negativi n° ai ; perciò la formola (ai)
non può rappresentare nella sua generalità tutte le radici della
(36), e bisogna escludervi, come al (n^aa), tutti i valori negativi
di n , e quindi si ha cos. per 1 espressione generale
di tutte le radici in quistione : risultato evidente, e che non
parmi così chiaro , né dimostrato a priori nel Gap. XIV
dell' Introduzione dell' Immortale Eulero .
Un' altra osservazione non posso passar sotto silenzio ,
ed è , che la formola (ai) dà nella sua generalità tutte le
radici della (36) nel caso solamente di m dispari : la ragio-
ne a priori n'è, perchè esiste la seconda delle formole (3o),
o ciò eh' è lo stesso , perchè l' equazione (36) resta la me-
desima j cangiandovi cos. a' e cos. >- in — cos.at e — cos."-' ;
° m m
allora i coseni negativi, oltre i positivi della (ai), essendo
ammissibili, e sunuiltipli nello stesso tempo dell'arco jr, essi
tutti devono soddisfare alla (36) : col fatto poi , paragonan-
do Io sviluppo de' coseni della (ai) con quelli della formola
2.n7r±x , ,. . . , ,,. ,
COS. , m essendo dispari, si trova che quelli, che non
m
sono mutuamente identici di primo tratto, nientemeno si e.
guagliano fra di loro , perchè con segni contrarj appartengo-
no ad archi supplementarj 1' uno dell' altro : ne sopprimo il
calcolo per brevità .
a5.
Di Francesco Pezzi • 3l
2.5. Terminerò con far vedere raccordo della soluzione (34\
colla analoga somministrata dall' algebra : ss si suppone ("**)
|/'
Si ha 1/ — t-j — =q)_,j = z* — (p j e k. dev'esser tale che
renda - — ri — una potenza m esatta j in difetto d' altri valo-
ri più semplici si prenderà jè = (a* — b) * , e per deter-
minare 3 , si ha l' equazione
«— , ™ m _ m (m — 3) __, , „ ,
a'^'-'» _ _^„_3 _, _^ _\ '- sT i (n* z"—^
I I .a
m(m — à)(m — 5) _.
I . 2, , 3
r—i m(m — r) [m — (r + i)][m— (/•+ 2.)]...[m — (ar— 3i]
(_i; ___ __ _ ________
m — (ir — I) r — i m—i{r — i) /»
X^ <?> ^ = - (38)
r esprime il rango di ciascun termine.
Considerando la precedente equazione si trova questo
risultato singolare , cioè ch'essa ha la medesima forma della
(36) : quindi essa esprime il coseno di un arco multiplo x ,
z essendo quello del sumultiplo — : di fatti paragonando
quella con questa si ha ^ cos.a; = r.m^' •> ^ —^iì/ ^ =
I
I»»
a
(a* — b) cp *; donde r = v^(p, COS. X = — ■^_^ • • e j ==
COSj
(•») Leegansi le linesaioni fatte su sali , nella eccellente sua Opera «nl«
questo punto d'Analisi, prinripalmen- la Storia critica sull'Algebra Voi. I.
te nel caso di nz:^, , dal Socio Cos- Gap- YII.
5a Sopra un Puobleka TitiGONOMETraco
X oc
COS.* — — r*=: — sen.* — ; quindi
Ora affinchè questa soluzione coincida colla prima (34) »
bisogna che
J- JL -
(a — ^) & cos —' = (a^ — b) cos. — e
ir j^
ra^— bV" cfT "^ y — I sen.- = (a* — Z')"" J — i san' *
X X
CCS. *- , - sen. -"
/TI y ^ ovvero r m y/(p ovvero r
Le quali danno = , =
cos. — sen. >—
7?2 m
Vale a dire i seni e coseni proporzionali ai raggi ; dunque
gli archi sono simili .
m — I I I
Inoltre essendo Z; (p * = (a* — ^) * q5 * , si ha
^(a» — èj ■ ^{a'- — T) • • ^ '^ ovvero r : i ; dunque &c. ; dun-
que le due soluzioni (34) e (87) sono identicamente le
stesse .
aJ a? . a
ttos.x = -; — ; — — 5 dunque cos.a; : cos.Jf : : — ovvero
m — I
2
ESPO-
33
ESPOSIZIONE ANATOMICA
DELLE PARTI RELATIVE ALL' ENCEFALO
DEGLI UCCELLI
TRATTATO SESTO
Di Vincenzo Malacarne .
DELLA ORIGINE E DELLE DISTRIBUZIONI PRINCI-
PALI DE' NERVI DELLA TESTA
1 SPEZIALMENTE
DE' NERVI CHE SERVONO A' MOVIMENTI DEL GLO-
BO DEGLI OCCHI E AD ALTRI ORGANI
ALL' OCCHIO APPARTENENTI.
Ricevuto il di IO Lusjio 180 3.
CAPITOLO PRIMO.
De' Nervi motori comuni degli occhi degli Uccelli .
I. Udì solco apparentìssìmo scavato fra le gambe del cer-
vello alla base del medesimo , anteriormente al ponte del
VAROLIO , fra questo, le pupille midollari , e l'imbuto del-
la gianduia pituitaria, spazio sfondato, che forma ne' cerebri
umani l'Antro de' nervi motori comuni degli occhia cioè il
Ventricolo inferiore della Colonna mìdollar centrale , si spic-
ca questo paro di nervi , che sono due cordoncini divergen-
ti assai robusti ,
IL Le radici ne sono come le barbe finissime di due
pennellini , le quali spuntano da' fianchi interni dell' Antro ,
molto men convergenti che non ne spuntano i nervi stessi
da pareti dell' Antro nell' uomo .
Tomo XI. E IH.
34 Delle parti relative allo ENCErALO ec.
III. Passano direttamente ognuno dal suo canto per uà
canaletto , che scorre sotto il pavimento della cavità del cra-
nio a' fianchi della prefonda fossa della gianduia pituitaria ,
sopra una tenue lamina ossosa, che separa questi da due al-
tri canaletti occupati dal par de' nervi Dacrlci , detti dal
vulgo oftalmici C Tr. i. $■ 79 ) •
IV. L' entrata de' nervi motori comuni ne' lor canaletti
è nascosta da una doppiatura assai breve della Bura madre ;
e lo sboccar nelle occhiaja è alquanto più indietro , e ia
fiauco verso le tempie » della uscita ivi de' nervi ottici .
V. Il nome motori comuni , o sia Cenommìci compete
loro assai bene per la quantità di fili ojpe si distribuiscono
a quasi tutti i rauscolini appartenenti all' occhio i si dirama-,
no anche per le tuniche degli stessi globi .
CAPITOLO SECONDO.
Z?c' Nervi Patetici , e degli Accessori loro ,
I. ,, Tutti gli animali perfetti , dice il WILLIS (n) , so*
,, no forniti di questi nervi ; „ e noi gli abbiamo costante-
mente trovati duri , sottili e lunghi nell' oca , nelT anitra ,
nel nibbio, nel corvo, e successivamente ne' più piccioli ac-
ceWi , come nelle galline , ne' galli d' india , nelF aquila , e
neir avoltojo .
II. Nascono per diversi filuzzi dalle parti laterali della
lastra midollare creduta dal WIEUSSENS una valvula negli
nomini , e che negli uccelli P ALLER à giudicato far le ve-
ci , o sia occupar il posto, che nell'uomo tiene la eminen-
za quadrigemella (b) . Ma noi abbiamo fatto vedere che an-
che
(a) Cuncta anim«Ha perfecta hi 3
nsivij instniuntur . Nervor. descTzpt.
b- usui ._ Cip. 21. pag. mlhi 355.
(i) Ab emin^ntia qnadiigeminatrans^
vorsa stria nascitur , & ah ea nerrua
quartiu • Textu XX, J. LXXXt
Di Vincenzo Malacarne • 35
che gli uccelli anno l'eminenza quadrigemella , ma invece di
averla alla sommità della faccia posteriore dell'acquedotto del
SILVIO fuor di questo canale, vi si trova dentro, e traspa-
re candida nella lanugine cenerogaola del parete inferiore
dell'accennato acquedotto.
III. Non è raro negli uccelli più grossi veder uno o due
flluzzi midollari per lato spiccarsi dal solco , che divide lon-
gitudinalmente il parete anterior interno dell' acquedotto im-
mediatamente dietro a quelle eminenze midollari argentine,
olle dicevamo osservarsi nella lanugine ( Tr. II. 5- LXXVI )
e far le veci de' testicoli del cerebro umano . Que' filuzzi do-
po breve tragitto si uniscono , traforano i lati del primo , o
superior velo midollare ( Tr. II. 5- LXVIII-LXIX ) , ed esco-
no su i lati delle gambe del cervello , dove congiungonsi co-
me Accessori col cordoncino o tronco de' nervi Patetici (§. II).
IV. Ingrossato così questo paro di nervi mediante il con-
corso del suo Accessorio , passa sul margine interno posterio-
re de' Talami de' nervi ottici , si curva al di sotto de' mede-
simi e viene a insinuarsi nelle pieghe orizzontali della Bura
madre ( Tr. L §. LXII ) ; nelle quali involti scorrono lateral-
mente al foro bislungo de' nervi Motori comuni e alquanto
più infuori del canaletto loro ( cap. i. §. III e IV) si cacciano
in un forellino , che li guida per una via tortuosa nella spu-
gnosità della sostanza ossosa , che fa il parete inferiore del
cranio , finché arrivano nelle occhiaja . '
V. Ivi entrano per li due fori pateticali , che sono di-
stanti un dall' altro nelle oche quattro linee circa , e sono
alquanto più bassi di que' de' nervi ottici ( Tr. I. ^. 45), tra
questi e quegli de' Motori comuni.
VI. Dirigono il corso loro verso i musculi del globo più
vicini al tramezzo della occhiaja, ne' quali j, e specialmente
ne' più bassi , diramatisi per regolarne i movimenti .
E a CA-
26 Delle parti relative allo encefalo ec.
CAPITOLO TERZO.
Xfe' Nervi oftalmici , più propriamente Dacrìci >
cioè Lacrimatori .
I. Il quinto paro de' nervi , secondo il novero de' Padri
nostri 5 che n' era detto Trigemello , abbiamo dimostrato al-
trove essere un complesso di nastri filamentosi distinguibili
in sei, e fors' anche in più, che uscendo dalle braccia mi-
dollari del cervelletto nell' uomo , si applicano un sul!' altro,
e tosto si contorcono mollemente, di maniera che sembra for-
marsene un sol cordone : ma considerato diligentemente ca-
daun nastro nella sua origine , si vedoa nascere separati per
mezzo di varie lische midollari traversali , che ne fan cono-
scere la differenza della medesima, come se ne vede poi dif-
ferente la destinazione tenendo dietro con l'occhio, e lo scal-
pello a ciascun d'essi fuori del cranio. La qual verità ci
diede motivo a nominar tutti que' nastri differentemente .
II. Anche negli uccelli il complesso de' nastri nervosi
corrispondente al quinto paro, o trigemello uinuno, è un
molle cordone filamentoso, grosso assai, e facile a spippo-
larsi per qualunque delicato maneggio se ne faccia . N.^lle
anitre, e nelle oche, spunta dalla sostanza cerebrale appun-
to nello spazio che v' à tra cadaun braccio del cervelletto ,
e le vicine parti laterali del ponte, che notatnnio esser poco
elevato negli uccelli .
III. Appena uscito dagli intervalli angustissimi delle la-
stre midollari della sostanza suddetta il complesso de' nastri,
prima che si contorca, se ne spicca il primo nastro superio-
re , composto di due ordini di fili, uno sovrapposto all' altro,
il che fa un corpo negli uccelli meno piatto che nell' uomo .
IV. L'ALLERO, che pur lo vide, si è confuso nel deter-
minarne la destinazione, e nell' assegnargli il nome avendo
detto 5, per le medesime narici ( dell' oca ) scorre il nervo
Di Vincenzo Malacarne . 07
„ olfattorio minore lungo quanto il rostro, e getta rami qua
„ e là . È duro , candido , affatto differente dal nervo oli'at->
„ torio vero . „
V. Quindi ricavasi che non ne conobbe se non se un
nastro, cioè l'inferiore, e non ebbe agio di tener dietro all'
ordine superiore de' fili da cui quello è coperto; noi dunque
continueremo a nominare Dacrico, cioè Lagrirnatorio, il nastro
o sia ordine di fili superiore, e se dovrassi dir oftalmico s'in-
tenderà sempre che si parla di questo , che si apre verso le
orbite una strada obbliqua e curva all' infuori per un cana-
letto liscio , assai lungo , scolpito nelle parti laterali del pa-
vimento del cranio .
VI. L' uscita nelle occbiaja è fra le aperture , che vi
danno adito al Patetico , e al Motor comune , o Cenommico,
e la faccia interna della spina ( Trat. I. 5§. XIV XVI XLIV).
VII. Penetrato in esse da' parecchi rami a' musculi vici-
ni alla tramezza dopo d' essersi incrocicchiato col N. ottico
passandovi sopra : e intanto che questi ne forniscono le glan-
d lUi orbitarie , vanne il tronco a diramarsi per la terza pal-
pebra nictitante , o am.'nìccante , per la palpebra superiore,
e per le pirti molli sovraorbitarie e frontali . Che cosa fa
di più il paro oftalmico , o sia Dacrico umano ?
CAPITOLO QUARTO.
De' Nervi Motori Esterni degli occhi y detti nelVUomo
Exommìcì .
I. Alquanto pii\ grossi , ma assai meno robusti de' Pate-
tici , questi nervi iiascon dalla faccia inferiore della midolla
allungata , distanti una linea circa il destro dal sinistro , a'
lati del solco superficiale , eh' ivi lascia scolpito la cresta os-
sosa , che nel piimo Trattato di questa nostra fatica abbiamo
descritto sul margine posteriore del catino delle oche e delle
anitre .
II.
38 Delle parti relaute allo Encefalo ce.
II. Si portano dirittamente in avanti incollati sulla me-
tà posteriore del Ponte per mezzo della membrana aracnoi-
dèa ; né mai ò potato verificar che cadauno sia composto di
due nastrolini , come ciò si verifica iiell' uomo se alla origi-
ne loro veiio;ono esaminati .
III. A tergo della Fossa della gianduia pituitaria , quat-
tro linee circa lungi dall' orlo posterior della medesima , in-
contrano le bocche de' canaletti scolpiti nell' osso, destinati
a guidargli simetricamente nelle orbite .
IV. Tali boccucce sono distanti una dall'altra due linee,
e due dalle Fosse sfondate : e i nervi Motori esterni dopo
d' aver fatto lungo tragitto nella spessezza del pariete inferio-
re , o pavimento , o base del cranio , anche al di sotto della
Fossa Pituitaria, vengono a sbucare nella parte posterior del-
le orbite (e) per diramarsi , non solo ne' musculi , che muo-
vono i globi verso l'angolo temporale di quelle due cavità,
ma eziandio nella sostanza dell' occhio , potendosen» segui-
tare a occhio nudo non pochi fili fui nella membrana co-
rioidèa .
V. Sono state inutili fin ora le mie diligenze per assicu-
rarmi del sito nell'encefalo degli uccelli , dove il par de'
nervi intercostali , cioè il Gran simpatico, trae origine, o a
commercio visibile e distinto col paro de' nervi Dacrici , va-
le a dir con l'oftalmico de' Padri nostri, e con quello che
descriviamo , cioè coli' Exommico .
VI. Abbenchè questi nervi corrispondano al sesto paro
degli Antichi , noi però non abbiamo voluto disgiungerne la
descrizione da quella degli altri para di Nervi , che servono
agli occhi i e lo abbiamo esaminato immediatamente dopo il
paro Lagrimatorio , per lasciar un luogo distinto , e collocar
neir ordine de' Nervi appartenenti al Rostro , que' para , che
vi si sarebbono collocati importunamente frammezzo , e che
deb-
(<;) Trat. I. §. LXXX.
I
Di Vincenzo Malacarne . 89
debbono , secondo il mio debol parere , esser a parte e ia
Una sc&ione peculiare descritti .
TRATTATO SETTIMO.
De^U organi e de Nervi , che servono all' odorato ,
e al gusto degli Uccelli .
CAPITOLO PRIMO.
Del Paro de' Nervi olfattori minori così detti dall' ALLERO^
più propriamente Erino-M alari .
T. Il secondo nastro nervoso , che ( Tratt. VI. Gap. III.
55- I- JI» ec. ) spiccasi dalie braccia del cervelletto vicino al
Ponte, è il solo stato conosciuto dall" immortale ALLEPv.0,
e distinto col nome d'olfattorio minore. Vedremo quanto a
proposito gli sia stato imposto un tal nome .
II. Abbandonato dalP oftalmico (1. cit. ) , immediata-
mente si caccia nelle caverne navali a canto alto spesso tra-
mezzo ossoso superior delle medesime .
III. Ivi i due nastretti , che costituiscono questo paro ',
sì fanno cilindrici , e si accostano vicendevolmente mentre
discendono a inguainarsi nella sostanza àe' cornetti , che so-
no tappezzati dalla membrana pituitaria .
IV. Dirimpetto alle narici esterre si congiungono , si
curvano in basso per passar sotto al margine inferiore del
forame, cui mediante le due narici nelle oche comunicano
insieme: intanto il volume loro ^ come formando un ganglia^
n' è già cresciuto considerabil mente .
V. Perciocché, quantunque in alto sieno due cordoni
distinti, in basso però la sostanza loro si confonde, si gonfia
in un tumore bislungo : unione , e confusion , che serve a
Tenderne rara , spongiosa la sostanza j e ad agevolarne lo
«viluppo della intima tessitura .
VI.
4o Degli Organi e de' Nervi ee.
VI. Dalla parte superiore di questo Ganglio , o più vi-
cina al dorso del naso ( se è lecito nominar cosi la porzione
della testa dell' oca , dell' anitra , e degli altri uccelli dal ro-
stro appiattito j eh' è jd davanti degli occhi, e tra i medesi-
mi si avanza piili o meno convessa , prima che se ne formi
la parte superiore del rostro ) si distacca un grosso ramo ner-
veo per lato , scorrente in un canale ossoso particolare a ca-
daun d'essi rami nervei destinato.
VII. Quei canali si piegano insensibilmente nelle oche ,
e nelle anitre , verso i margini del rostro (cioè di quella por-
zione del rostro , che per la sua mobilità ne' detti uccelli ,
ne' papagalli j e in altri, nomineremo Mascella superiore)
conducono i due nervi Erino-malari a diramarsi a raggi sulle
dette parti laterali della Mascella, piìi vicine alla Unghia,
che ne assoda e rinforza la appiattita estremità.
Vili. I Tronchi principali poi di nuovo, separandosi al-
la estremità anteriore del Ganglio , continuano paralleli il
corso loro appoggiati sulla robusta lamina ossosa , che fa la
volta del palato , e innicchiati nella spugnosità pure ossosa ,
che rinforza e-rende spessa la mascella superiore . Indi im-
mersi in molle cellulosa vanno fino alla radice dell' Un-
ghia poco fa mentovata , nella faccia interior della quale si
perdono in parte formandovi un plesso reticolato ; in par-
te si diramano su i lati di quella a foggia di ventaglio ,
somministrando fiUizzi distinti alle radici di quelle spine,
che a guisa di denti di sega armano gli orli interni de' mar-
gini della mascella .
IX. Nello spazio occupato da quel Ganglio bifido (5. IV.
VI. Vili. ) cadaun tronco prende aderenza molto forte e te-
nace alla sottoposta lamina, che fa la volta del palato, per-
chè se ne spiccano molti ramuscelli , che si gettano distinta-
mente in quella serie di papille dure appuntate che siegue
la Imea centrale del palato , e ne arma simetricamente le
faccie laterali .
X. Nelle Oche , e ne' Paperi , il palato de' quali è tutte
spar-
Di Vincenzo Malacarne . 4'
sparso di simili ineguali papille solide , anch' esse in serie
siinetrica disposte , non solo dal Ganglio se ne parta corris-
pondente numero nella serie centrale ; ma tutti i rami late-
rali di questo par di nervi mandano alle altre papille gli op-
portuni iiluzzi corrispondentemente .
XI. La maniera speciale , distintissima , in cui tutti gli
accennati filuzzi, i ventagli, e i plessi reticolati, che descri-
vo , si perdono e si consumano intieramente nelle papille ,
nelle spine a sega , e nell' unghia del rostro di questi uccel-
li , dimostra ad evidenza , che sono produzioni dell' addensa-
ta sostanza de' nervi , i quali si rendono sempre più duri e
saldi quanto più dall' origine loro , o da' gangli , si disco-
stano •
XII. Dalla descrÌ2Ìons del corso , de' rami , e del fine dì
questo par di nervi chiaro apparisce quanto ben gli conven-
ga il nome di Erino-malari . E ci conforta a non mutar di
consiglio 1' osservare , che il WILLIS probabilmente lo avea
conosciuto poiché lasciò scritto ,, Un ramo insigne del quin-
„ to paro passando da tuttaddue i lati per le orbite , s' in-
j, troduce nelle caverne del naso : e un ramuscello spiccan-
,, tesi dal medesimo si dirama ueli'istesso orificio delle nàri-
„ ci . Frattanto amendue li tronchi principali dopo esser pas-
„ sati intorno all' osso cribroso si congiungono insieme , e
„ tornando subito a scostarsi scorrono fino al termine dei
„ rostro , e si distribuiscono per lo palato . In tal guisa gli
„ ucccelli al par dell' uomo , e del quadi'upede sono fijiniti
,, di doppio processo mamillare , eh' è organo in particolar
j, guisa destinato al senso, che distingue gli odori. Di più,
3, nelle caverne nasali anno nervi Accessorj proyegnenti dal
„ quinto Para , per mezzo de' quali , e della comunicazione
,5 de' rami loro in altre parti , ne nasce in questi animali
j, una strettissima affinità fra "1 senso dell' odorato , e quel-
„ lo del gusto (a) .
Tomo XI. F XIII.
(a) Porro qiium e quinto nervorum | oculi orìiìiam pertransiens , naris ca-
pari ramus imignis in utroque lalere , \ vernam in^rediliir , e trunco ejus sur-
42. Delle pakti relative allo encefalo
XIII. Tali osservazioni del ,WILLIS , e le conseguenze
che ne deduce, sembrerebbe , che non potessero essere state
ignorate dall'eruditissimo ALLERO ; sicch' è veramente com-
patibile la meraviglia nostra che ne siano state poste in di-
menticanza , e che il sommo Fisiologo abbia dato a que-
sti nervi il semplice nome di Islervo olfattorio minore , e
che si abbia contentato di farne brevissimo cenno , mentre
che abbiani veduto , che servono poco o nulla all' odorato ;,
conciossiachè non danno rami , né espansioni più apparenti
alla membrana pituitaria , e con si visibili , e numerose di-
ramazioni arricchiscono tutta la parte superior esterna , in-
terna , e inferiore di tutta la porzion superiore , delle latera-
li j e della estremità nelle oche unghiata del becco •
CAPITOLO SECONDO
Descrlzìon generale della porzion superiore del becco , o rO'
Siro degli uccelli , che diciamo Mascella superiore ,
e specialmente di quella delle Anitre , e delle oche .
I. Ben mi accorgo che riescirebbe poco intelligibile qua»
lunque notizia fossi per dare del modo j'n cui si distribuisco-
no le due precedenti, e le tre seguenti para de'nervi cerebrali
state fino ad ora comprese sotto il nome troppo insignifican-
te di quinto paro, e di Trigemelloj, se non premettessi T es-
posizione della struttura e della disposizion degli organi osso-
si , e de' molli per cui tutti cotesti cinque para di nervi son
di-
culus emissus ipsi narìs orificio inipeii-
ditur : interim ambo majores trunci ,
osse crilroso circumdato , mutuo con-
veniunt , et max ad invicem absceden-
ics, et ad rostri finem perdacti in pa-
latum distrihuuntur . Ad hunc modum
volucres , pariter ac homo, et quadru-
pede! , pecuUuTi olfdctus organo , ge-^
mino silicet processi!, mammillari in-
struuntur ; atque insuper intra nares
e quinto pari nervos ascltitias habent
quorum actione , et ramorum in alias
partes comunicaiione , etiam in ipsìs
strida adeo inter olfactum , et gu-
stum affinitas contrahitur , liSCO «ir
tato .
Di. Vincenzo Malacarne . ^6
diramati, e impiegati . Per la qual cosa i nostri Leggitori
cortesi avranno presente alla memoria la mia division della
testa degli uccelli .
i." In cranio, occhiaja, e becco o rostro: poi
2.° Come il cranio occupa la ragion superiore, e poste-
rior della testa dal margine più alto diietano delle occhiaja
fino alla sommità del collo :
3.° Come il cranio è diviso per maggior chiarezza in di-
verse regioni, che sono il vertice, i lati, e la base, la qua-
le corrisponde alla sommità del collo medesimo , con cui si
articola , la parte anteriore quasi puntuta , e la posteriore
gibbosa , alla quale nelF uomo conisponde 1' occipite :
4'° Come le occhiaja , tra la parte anterior del cranio »
]e laterali , e le braccia del becco , che nomineremo Fucili ,
esterni della mascella superiore , sono divisibili in arco , o sia
margine superiore arcato \ in margine inferiore o sia. piano j
in angolo posteriore , o grande , eh' è vicino all' apertura
esterna delle orecchie ; in angolo anteriore , o piccolo ( al
contrario di quello che osserviamo nell' uomo ) eh' è vicino
alle narici :
5 .° Come le occhiaja vengono separate per vìa d' una
tramezza , o setto , in varie specie d' uccelli ossoso , in altre
specie per tratto notabile membranoso .
IL II becco, o rostro è stato da noi già in parte descrit-
to nel trattato I §5 ^^^ e IV come sta nelle anitre e nel-
le oche , ma soltanto in generale , e superficialmente ; però
diverse parti del medesimo esigono più ampia esposizione ,
che qui daremo , ritenendo i nomi di mascella superiore , e
inferiore per quelle parti, che discostàndosi lascian aperta la
bocca .
Il becco è diviso i." in radici inoltrate sotto il cranio:
3.' In ceppo ordinariamente coperto e circondato da una
peluria piuttosto che da vere penne :
2° In corpo , che n' è tutta la porzion nuda ; priva di
F 2. pen-
44 Delle parti relative allo encefalo ec.
penne , e di peluria , spaccata più o meno orizzontalmente ,
la quale spaccatui-a dà adito alla
4-^ Bocca, i limiti esteriori della quale membranosi, sono
5.° Le commessure , una destra j e una sinistra.
III. Quella porzione del rostro o becco , che corrispon-
de agli assi malari dell' uomo e del quadrupede , è quella che
contien entro di se gran parte dell' organo dell' odorato , e
le narici esterne , per le quali entrano Gon 1' aria inspirante-
sì gli efluvj odorosi .
IV. Le narici esterne sono due aperture obblique , per
lo più ovali , dirette obbh'quamente in su , e indietro , in al-
cune classi d' uccelli comunicanti insieme per via d' un fora-
me, già da noi accennato, che si osserva nella tramezza,
o setto ( § IV del Gap. I di questa sezione ) delle narici ,
alle quali sta dirimpetto .
V. Nel rimanente vi si notano due faccie , una esterio-
re convessa al dorso verso le narici , appianata nelle anitre ,
assai meno nelle oche , a misura che se ne scosta , coperta
d' una cute granellosa , spessa , robusta , elastica , nelle ani-
tre gialla, in altri individui, e più frequentemente nelle oche,
ora incarnatella , ora di vario colore : 1' altra faccia è inter-
na , o sia inferiore concava , fatta a volta , tappezzata pur
anco d' una membrana sottile gialla-incarnata , tubercolosa
e disuguale . Ne' Papagalli , e nelle Rare è scanalata in tra-
verso e di color bruno . È occupata dalla lingua .
VI. Le faccie della mascella superiore terminano e ccn-
iinano per mezzo d'un margine arcato, che in basso è taglien-
te , e guernito di denti di sega fatti da spine acute inclinate
con la punta in dietro ,' frequentissime .
VII. Varie radici à la mascella superiore tutte coperte
di peluria , o di morbide brevi piume , o nascoste alla base
del cranio nelle fauci. La più larga, che n' è la principale ,
è fatta da quelle lamine ossose unite , che cuopron le caver-
ne del naso , fanno l' angolo anteriore , è il margine supe-
lior delle occhiaja , e vanno a unirsi con I' estremità ante-
rio-
Di Vincenzo Malacarne . ^o
riore degli ossi della testa, che nominammo porzion nasale
( Tr. I S VII ) .
Vili. Vi si distinguono tre apofisl principali ; una fron-
tale e due orbitarie divise dalla frontale a" lati per uua inca-
vatura semilunare assai grande .
IX. Il Ceppo della mascella superiore è avvalorato da
quattro Fucili o sia travicelli ossosi , pieghevoli , elastici 9
dal più volte ricordato setto j o tramezza delle occhiaja .
X. Due de' Fucili nascono dalla estremità posteriore del-
le parti laterali del rostro: sottili^ lunghi, cilindrici , e di-
Vergenti , vanno fin presso al meato uditivo esterno ad arti-
colarsi con r apofisi esterna dell' osso ìntermascellare ( Tr. I
5 XVin ) mediante un condilo bislungo appiattito, cioè con
quell'osso spugnoso stranamente figurato, che si osserva ac-
canto , e sotto il mento uditivo esterno .
XII. Gli altri due Fucili si trovano fra gli ora deicritti ,
perciò gli diciamo Fucili interni . Sono più grossi , più sodi ,
irregolari 3 e più corti degli esterni . Nascon dalla parte infe»
rior palatina del ceppo della mascella fra li precedenti , e
«corrono convergendo fin dirimpetto alla parte anterior della
base del cranio, dove ingrossando si articolan per armonia eoa
due altri ossi irregolari , che a distinzione de' prenominati
intermascellari noi diciamo ìnterpalatini .
XIII. I Fucili interni si uniscono pure con Io Vomere ^
che più sotto ( § XVII ) descriveremo .
XIV. Dietro alla unione de' Fucili interni gli ossi irre-»
golari Ìnterpalatini , che ne sono quasi due appendici, si ap-
piattiscono in alto per formare, cadauno dal suo canto, una
eminenza ovale , e sulla medesima una elegante faccetta ar^
ticolare piatta , liscia , rivolta in su e indentro , incrostata
di cartilagine . ■-
XV. Tali due faccette si articolan con quelle due altre
faccette simili rivolte obbiiquamente in giù , e infuori , che
nel trattato primo 5 XX abbiamo detto osservarsi alla par-
te
r-'
46 Delle parti relative allo encefalo ec.
te auterioi'e infeiior della base del cranio , sulla radice del
tramezzo delle orbite .
XVI. Dal lato esterno delle faccette loro (XIV) le ap-
pendici de' Fucili interni si portano obbliquamente infuori , si
attenuano a foggia di colio per formar una picciola testa o
condilo diretto obbliquamente infuori , e in basso ; e sulla
faccia superiore di questo condilo o testa si vede un' altra
faccetta , o impronta, cui mediante qua' Fucili si articolano
con r apofisi anterior interna deir osso ìntermascellare ( Tr.
I S XVIII, e qui addietro § X).
XVII. Il Vomere è una lamina ossosa, falcata, col dor-
so e la convessità in alto , col tagliente , e la lieve conca-
vità in basso, collocato in mezzo a' Fucili interni (XII) fra '1
margine posteriore della volta del Palato, e le Faccette arti-
colari del tramezzo delle orbite alla base del cranio (XV) .
XVIII. Si appoggia il Vomere con la sua radice sui due
ossi Palatini, che si vedon pure distintamente alla parte po-
steriore della Volta del Palato; con la punta s' insinua neir
intervallo , che lasciano le dette faccette del tramezzo . È
sottile e trasparente , e separa la parte posteriore delle ca-
vità nasali in destra e sinistra .
XIX. La fabbrica de Fucili interni, eh' è appunto quale
pur ora la descrivevamo nelle anitre , e nelle oche , è diffe-
rente negli altri uccelli , che anno immobile affatto la por-
zion supcriore del rostro , cioè la mascella superiore . In co-
testi sono piuttosto due lamine larghe irregolari sottili e piat-
te al davanti , disuguali crestate e convergenti a tergo fi-
no alle Appendici (XVI) ^ dove si piantano immobilmente nel-
la parte anteriore della base del cranio .
XX. Nel Papagallo e nella Rara questi Fucili princi-
piano congiunti alla metà dell'altezza del Ceppo del Rostro,
e dalla tramezza delle narici, posteriormente j dove fanno
insieme un angolo acuto : si scostano quasi subito divergen-
do per arrivar alla faccia interna dell' osso Ìntermascellare ,
che in cotesti uccelli si accosta alla figura lenticolarc ; sono
senz'
Di Vincenzo Malacarne . ^7
senz' appendfcij e senza faccette . Ma dalla parte inferior del
ceppo se ne allungano due Lastre ossose , robuste , alte cir-
ca tre linee , appiattite su i lati , assai meno divergenti ,
1' uso delle quali Lastre sembra limitato al semplice attacco
de' musculi robusti , destinati al movimento della mascella
superiore , e delle parti molli vicine .
XXI. La mascella superiore del Frosone, o Sppzza - noc-
cioli detto da' Latini Coccotraustes , e da' Franzesi Gros-hec ,
DuT-bec ) à molto sottili i fucili esterni , divergenti , sodi ,
cilindrici ; e sottilissime le lamine , che ivi ten2;on il luof^o
de' fucili interni , se si à risguardo alla strana grossezza del
Becco loro j a cui servono di radici inferiori . In compenso
quest' uccello à le lamine , o radici superiori (VII) assai ro-
buste ; sodissimamente connesse con la porzion nasale del
cranio .
XXII. I musculi , che in cotesto picclol uccello equiva-
gliono agli crotafiti dell'uomo, vi sono d'una grossezza, d'un
volume, d'una forTa, che in nissun altro volatile ancorché
grossissimo , e de' più rapaci , gli ò fin ora mai veduti tali
in proporzione .
XXIII. Nel Nibbio grande , e ne' piccioli , che in Fran-
zese diconsi Cresserelles , e in Piemontese Crivelle dal grido
loro; nello Sparviere ^ e iieL Falchette ^ i lati delta radice
superiore ossosa del rostro anno due apofisi piatte, lunghe, sot-
tili , che si scostan dalla parte di mezzo della medesima ra-
dice, la quale ne costituisce come la fronte, e dopo il cor-
so d'un pollice in circa finiscono in altra apofisi piatta ,, sot-
tile , larga tre linee crescenti nel grosso Nibbio che ò sotto
gli occhi .
XXIV. Lo spazio di quasi mezzo pollice, che riman vo-
to fra r interno margine di queste apofisi , e T esterno delle
lamine ossose , che cuopron te caverne del naso , e fanno la
fronte , è occupato <la un' elastica forte membrana . Le apO'
•fisi ne formai) la parte anteriore degli archi delle orbite, e
la membraua compie parte delle volte loro .
XXV.
4§ Delle parti relative allo ENCKrALO ec.
XXV. Le aperture delle narici esterne ^ che nelle oche ì
nelle anitre , e in diversi altri uccelli comunican vicendevol-
mente insieme per un forame ovale eh' è nel tramezzo loro ,
non si aprono in tutti alla medesim' altezza , né ugualmente
lungi dal ceppo del Becco ; nome eh' io diedi a quella parte
della radice del medesimo dove intorno ad araendue le ma-
scelle termina la estension delle piume, e le divide dal cuo-
jo deile anitre e delle oche , o dalla lamina cornea liscia
splendente che veste tutto il rimanente del rostro sino alla
punta .
XXVI. In alcuni uccelli di rapina questo limite non è una
linea sola , bensì un ampio collare : e se nella maggior par-
te degli uccelli la peluria o le piume discendonvi dal ceppo
verso la punta fin verso le narici esterne , o più avanti an-
cora ; in altri la direzion delle piume va verso gli occhi e la
fronte. Ve n'à poi che ne anno guernita e inguainata soltan-
to la sommità della mascella superiore ; tali sono il Nibbio ,
la Crivella , Io Sparviere , il Palchetto . Della mascella infe-
liore parleremo a suo luogo .
CAPITOLO TERZO
De' nervi mascellari superiori .
I. Distribuitesi nella maniera esposta nella sezione pre-
cedente le coppie de' Nervi Dacrici , e Erino-malari ; il gros-
so fascio , da cui quelle si separarono , si caccia per mezzo
del foro descritto al § I del primo trattato nelle Fosse
sfondate larghe e ovali, ivi indicate § LXI , e prima d'aver-
ne oltrepassato la spessezza delle pareti forma un grosso
Ganglio irregolare , a favor del quale in alcuni uccelli si tro-
va scolpita nel margine posteriore delle sfondate stesse, una
fossa particolare di profondità e di capacità proporzionata al
volume del Ganglio ( Trat. I 5 LXIV. ) .
II. Dalla parte anteriore di questo si spicca il nervo raa-
scel-
I
Di Vincenzo Malacarne . 49
scellar superiore di cadauii lato , che somministra i rami ne-
cessari a tutte le ineguaglianze dentate o spinose delle parti
posteriori della volta del Palato , de' margini delle aperture
palatine delle narici interne , e de' margini della mascella
superiore , che da altro nervo non ne sono state provve-
dute .
III. Un altro ramo si caccia nelle occhiaje scorrendo ra-
sente il margine inferior delle medesime fatto da'fucili ester-
ni , e da' non pochi ramuscelli a' musculi inferiori del globo
degli occhi , e alla grossa gianduia orbitaria inferiore . Indi
si avanza sotto le conche delle narici per insinuarsi nella so-
stanza spongiosa del margine del becco , gettando pure qua
e là fili numerosi veiso la volta del palato ; e a guisa di
ventaglio si perde visibilmente ancli^ esso per 1' orlo dentato
della mascella , specialmente nel terzo mezzano piuttosto po-
steriore della medesima .
IV. Un terzo ramo considerabile , appena oltrepassato
l'apertura esterior delle narici, esce della sostanza ossosa per
un forellino , eh' è scolpito ( nelle anitre e nelle oche ) una
linea circa più basso della detta apertura e più verso la mas-
sima convessità della mascella , sulla superficie esterior della
quale e sulla interna del cuojo ond' è coperta , si dirama .
In fatti se ne vedono le traccie de' filamenti principali a oc-
chio nudo senza veruna preparazione anche a traverso del
cuojo nelle viventi . Di tali fili ne ò contato qui otto , là
dieci per lato divergenti dal sito della emersione loro verso
i lati e la punta del rostro.
V. Non v' à uccello , che non sia provveduto de' nervi
mascellari superiori che descriviamo j ma le diramazioni loro
esteriori sono assai più evidenti e palpabili in quegli che an-
no largo il becco, e negli gruffolanti, come tono i Corvi , le
Beccacce, i Beccaccini, gli Storni, le Upupe, sebben di bec-
co o conico o scanalato , lungo , sottile . Si vedon benissimo
ne' Cigni e nelle Oche, ma assai più grossi e apparenti sono
nelle anitre, che pescano e grufTolan più delle oche affin di
Tomo XI. G co-
5o Delle parti relative allo encefalo ec.
conoscer e distinguer meglio ciò eh' è proprio loro per cibo
da ciò , che va rigettato , giacché in fondo a' fossi , alle poz-
zanghere nella melmetta non arrivano a vederlo ^ e se ne
debbono rapportare alla squisitezza del proprio gusto , e alla
sensazione degli organi accessorj a cotesto senso .
VI. Fra questi io non ardisco di collocare in questi uc-
celli ,r odorato , perchè non capisco il modo con cui gli ef-
fluvj possano agire sopra le papille e le espansioni nervee ,
che servono a tal sentimento j allorché l'anitra à tutto il ca-
po e 'l collo immersi sott' acqua , e sta senza inspirare . Io
credo la inspirazione necessaria affinchè gli effluvj odorosi
agiscan sulla membrana pituitaria , avendo io provato altro-
ve con esperienze dirette la indispensabilità di quella a tal
fine in me stesso , e iu altre persone non prevenute . Però
r analogia potrebbe qui mancare , ed io trovarmi in errore .
VII. I Corvi, le Beccacce e gli altri volatili simili gruf-
folan nelle motte, e per le zolle, e tra le radici delle erbe,
e n' estraggono ciò che può conferir loro , poscia lo esami-
nan con la vista, prima d'inghiottirlo. La stessa cosa fanno
gli uccelli pescivori del becco lungo , perciò i nervi di que-
sto in proporzione del corpo ne son molto più sottili , più
supeificialniente e men doviziosamente diramati .
Vili.. L' ALLERO nelle Aggiunte all' opuscolo, che noi
commentiamo , si sbriga relativamente a questi nervi con le
seguenti parole . ,, Avvi un altro nervo più dal canto cster-
„ no , parallelo all' olfattorio minore , eh" è anche duro , e
,, bianco, e si dirama in tutteddue le parti scorrendo per la
„ cellulare del rostro .
IX. Il WILLIS avendo scritto quanto recammo già del
tronco Dacrico , soggiunge: „ fra tanto i due tronchi maggio-
„ ri, circondato 1' osso cribroso vicendevolmente accostandosi
„ si congiungono , e scostandosi nuovamente scorrono fino
j, al termine del becco, e si distribuiscono per lo palato.
X. Nelle Transazioni Filosofiche della Società R. di Lon-
dra ei leggono alcune osservazioni sul nostro argomento ana-
le-
Di Vincenzo Malacarne . 5 i
loghe alle nostre: per esempio il Signor CLAYTON vi dice '•
5, Io non avea mai veduto alcuno di cotesti nervi negli uc-
5, celli dal becco tondo; finalmente tagliandone alcuni in
„ campagna , osservai nella parte superiore del becco d' una
j, cornacchia due nervi , che discendono tra gli occhi : sono
„ per altro assai più piccioli di quelli di qualunque delie tre
„ coppie de' nervi del becco dell' anitra , benché maggiori
,, de' nervi di qualunque altro uccèllo dal becco tondo . Ed
j, è pur degno d' esser notato , che la cornacchia sembra
3, grufFollar più degli altri uccelli da tondo becco per trovar
99 il cibo a lei conreniente . (a) ,,
XI. Il Dottor MOULEN poi nelle stesse Transazioni à
quanto sìegue : = O' notato tre coppie di nervi in tutti gli
,, uccelli a largo becco da me notomizzatij e in que' che
5, vanno in traccia de' cibi loro senza vedergli , quali sono
„ le beccacce , i beccaccini 3 gli storni , le oche , le anitre
ec. : e cotesti nervi vi sono grossissirni quasi come il nervo
„ ottico . Due coppie son diramate vicino all' estremità del
j, becco superiore, dove traforan l'osso per arrivar alla meni-
„ brana che soppanna la Volta del palato {b) . „
CAPITOLO QUARTO.
Della Mascella Inferiore delle Anitre
Delle oche e di diversi altri uccelli a becco di figura
diversa .
I. La mascella inferiore , o porzione inferiore del becco
delle anitre ^ e delle oche suol essere lunga circa pollici
4 -i- I : a ; e vi si dee considerare la punta , o sia estremi-
tà unghiata j e le braccia ^ le quali quasi parallele inoltran-
. ..G a do-
(a) Trans. Philos. niim. ao6. j pend. del LOWTHORP ; Voi. II. pag».
li) L. cit. JNum. 199., e nel com- | 861. , e 863,
o'2 Delle parti relative allo encefalo ec.
dosi iiiclieh'o si rassomigliano in certo modo alle braccia del-
la mascella inferiore sdentata d'un cagnolino lattante.
II. 0' detto unghiata 1' estremità della mascella inferio-
re di questi uccelli, perchè si osserva un'unghia molto robu-
sta su tutte due le faccie di tale estremità , delle quali la
superiore o interna è incavata, 1' inferiore , o esterna , con-
vessa sodamente incastrata nella sostanza ossosa delle due bar-
re o fucili , che fanno la mascella , le- tiene ivi fortemente
unite^ e. avvalora quest' osso destinato a soffrir valide scosse,.
e a incontrare sovente resistenze ostinate ..
III. Nelle braccia suddette di una mascella inferiore or^
dinaria lunga poli. ^ ->r t : 2: , come dicevamo poco fa, si di-
stinguono r. I due fucili propriamente detti , lunghi quasi
due pollici e mezzo, che ne formano il corpo simile a un
cilindro appiattito su i lati, ma più sull'interno, voto al di
dentro . 2.. La cresta alta linee sei , che s' eleva dalla cstre-
ajità posteriore superiore ùe" fucili , ed' è lunga quasi un pol-
lice . 3. La estremità articolare che si allunga dalia parte po-
steriore inferiore de' suddetti^ & 6Ì stende q^uasi per lo spazio^
di tredici liriee .•
IV. Il cilindro appiattito , che forma i fucili si assotti-
glia , e si appiattisce per formar la cresta : vi sì attaccano i
forti musculi elevatori di questa mascella inguainandone car-
nosi la apofisi o cresta della quale parliamo, cojne i crotafiti
inguainano tendinosi le apofìsi coronoidee delle mascelle uma-
ne .-
V. E concavo indentro per ricevervi il grosso nervo ma-
scellar inferiore , che or ora descriveremo , e verso il terzo
posteriore di sua lunghezza à l'ampio foro pel quale il detto
nervo- vi s' introduce onde percorrerne in avanti tutto il ca-
nale .
VI'*- Sulla faccia esteriore il fucile à due tuberosità cui
s' attaccano altri musculi ; e d^ tali tuberosità cominciano
all' indietro le eminenze, e le cavità articolari: vale a dire,
il lembo de' fucili s' ingrossa e s' allarga , prima per formare
una
Di ViNCEir;50 Malacarne. 53
Tina cavità ovale separata da una faccetta articolare assai li-
scia e più esteriore , mediante un risalto ossoso obblif|ao in-
crostato di cartilagine .
VII. Dal margine esterno della faccetta si eleva una c/v?-
jta ottusa ; e dal margine interno se n' eleva una piramide
diretta obbliquamente indentro , che sostiene una picciola te-
sta a cui si attaccano alcuni mufcoli .
Vili. La base dell'a piramide^ è fatta dtilla lamina inter-
na delle estremità posteriori de' fucili , che si scosta dalla la-
mina esteriore per formare una larga fossa molto profonda e
inoltrata in avanti , occupata da due musculini e da una
sostanza glanduio.'a .
IX. L' estremità posteriore de'yì/c/Vi termina in una sot-
ti! apofiii appiattita a' lati , spessa in basso, tagliente in aK
to , dove finisce con uaa. punta falcata acutissima, la quale
jerve a'muovimenti di questa mascella^ come l'olecrano serve
a quelli del cubito umano »
X, Amendue ì fucili sono porosi in avanti e in basso, ào<'
ve anno una serie di fori obbliquamente diretti verso la pun-
ta del becco , corrispondenti alle radici delle spine che ne
armano come tanti denti il margine superiore òe^ fucili ■ Al-
lo indietro poi, dal principio della cresta {§ VII), la so-
«tanza n' è soda e assai meno porosa.
XI. Negli altri uccelli a becco tondo , se ne eccettuia-
mo gli Aghironi , le Gru , ec. , la mascella inferiore è assai
meno lunga , e i fucili assai più divergenti , di modo che ia
alcune classi rappresentano la lettera V ; e la apofrsi falcata
d' è assai meno lunga e meno acuta (IX) - Vi si incontrano
però tante dilFi^renze in quasi tutte le classi e le specie di-
verse, che potrebbe farne un ampio asbHÌ curioso trattato
chi le presentasse all' occhio e alla immaginazione de' Natu-
ralisti. E chi sa che noi medesimi altra volta lo tentiamo?
Intanto prenderemo, per darne un saggio, il Ndj!)io maggiore,
il Barbagianni , e il Papagallo , p»*n-hè gli ò alia mano , e
f appongo nota abbastanza questa porzione del becco degli uc-
cel-
54 Delle parti relative 'all' encefalo ec.
celli domestici come Galli , Dindi] , Numidici , Fringuelli ,
Cardellini j Canarini, Passeri, Ussignuoli , come Tordi, Orto-
lani, Merli, Gazze, Stornelli, Rondinelle ec. Quella poi
dell'Aquila, dell' Avoltojo , della Strige, e quella affatto sin-
golare dell' uccelletto detto Frosone o Spezza-noccioli , faranno
parte dell'altro lavoro, che ci cade in pensiero d' intrapren-
dere .
XII. II Nibbio dunque, la testa del quale spoglia di tut-
to ciò non è osso , è larga alla sommità delle orbite linee
venti e più , lunga dalla punta del becco adunco all' occipi-
te linee trentaquattro , à la mascella inferiore lunga liuee
ventisette circa, divisa in punta, in due fucili o braccia, e
cadaun di questi in due estremità articolari ; lo spazio che
ne divide la destra dalla sinistra, lin. 17.
XIII. Il Barbagianni, Grande Alocco, Gran-due de'fran-
zesi , è largo di testa lin. a5 e più , lungo poli. 3 4- i : a,
à la mascella inferiore lunga dalla punta alle estremità arti-
colari linee trentacinque: Io spazio tra la destra e l'altra, li-
nee ventotto .
X^IV. Nel Papagallo tutta la mascella inferiore è simile
a un ferro da cavallo di cui s' abbia piegato in su le estre-
mità , incominciando dall' averne incurvata la porzione arca-
ta . E tutta soda e sottile ; non à voto fra le lamine ossose
de' fucili , eccetto uno brevissimo verso le estremità arti-
colari fra le disuguaglianze della sua articolazione con gli os-
si intermascellari: e il picciolissimo nervo mascellar inferiore
per airivare alle parti molli esteriori di questa porzion del
becco trafora tutto 1' osso poco distante dall' unghia striata ,
che ne arma la punta incurvata in su, convessa al di fuori,
concava indentro , senza far nella sostanza de' fucili longitu-
dinalmente il minimo tragitto .
CA-
Di Vincenzo Malacarne . 55
CAPITOLO QUINTO.
Del nervo mascellar inferiore .
I. II nervo mascellar inferiore, che nelle oche e nelle
anitre fa il fascio il più grosso di quanti compongono il com-
plesso descritto al principio del Gap. Ili del Trattato prece-
dente, appena separatosi dal N. mascellar superiore getta un
ramo notabile, che si distribuisce a' museali, fra'quali questo
tronco si apre la strada.
II. Un grosso ramo subalterno di questo medesimo paro
innoltrandosi all' indietro e indentro , trafora visibilmente
uno de'musculi , che servon a trarre indietro la lingua, e a
stringer la glotide , e si distribuisce a tutte le caini vicine
come altresì alla lingua , nella radice , o porzion diretana
della quale il residuo più consideraffile di questo ramo si
disperde, e i ramicelii vanno a terminare alia base di quelle
spine , che armano la faccia superior posteriore della lingua
«tessa intorno all'apertura della glotide.
III. Dopo quf sti due rami il cordon nervoso passa sulla
cresta a cui s' attaccano i musculi elevatori della mascella ,
e nella faccia interna della base della cresta medesima , verso
la metà della di lei lunghezza incontra un foro bislungo ob-
bliquo , che lo guida nell^ ampio canale scolpito nella sostan-
za p'ù intima de' fucili ( cap. preced. 5S ^^^ ^^ ^ ) '""
j gro'sandovisi notabilmente a pregiudizio della densità di sua
sostanza , la quale se ne dirada a segno , che a ogni minima
Stiratura in traverso le molli sottilissime fila quasi se ne pus-
sono dividere, e si scorgono legate insieme per mezzo di un
de^ile tessuto cellulare •
IV. Verso r unghia della mascella tutto il n^rvo si ap-
piattisce, e a foggia di ventaglio si dirama uscendone i fila-
menti da' forellini che corrispondono alle radici , e alle pnn-
I te delle spine g'à più volte mentovate , delle quali al mar-
56 Delle pakti relative allo encetalo ce.
glne di cadaun fucile delia mascella il numero appar maggio-
re nelle oche , e nelle anitre più vecchie , di modo che se
in alcune anitre ne ò numerato quarantasei per fucile, in
altre ne vidi ottanta , e fin novanta . Nelle oche le spine
sembrano veri denti , e sono assai piii rare e men nume-
rose.
V. O' trovato sempre doppio il iìluzzo nervoso, che s'in-
sinua nella base d' ogni spina , e sempre unico quello , che
vi s'introduce verso la punta .
VI. Un ratTio notabile si distacca dal neiTO principale
verso il terzo anterior de' fucili , e s" insinua in un foro ob-
Lliquo, che la guida nelle parti molli musculari , glandulari,
e membranose d' intorno alia lingua , che fanno il parete in-
ferior della bocca .
VII. L'estremità afiterlore dello stesso nervo finisce de-
generando in una quantità di fìluzzi a, guisa di plesso, che
si cacciano tra le lamine dell' unghia, e ivi si consumano.
Vili. Non è proprio delle diramazioni del N. Masc. in-
feriore degli uccelli esser né così bianco, né così sodo come
sono il Dacrico , e il Masc. superiore , perchè i rami princi-
pali e i subalterni de' Masc. inferiori non sono così stretta-
mente compressi dal corpo ossoso reticolato come gli altri ,
che si trovano inguainati nella ossosa spongiosità della ma-
scella superiore mentre che se ne diramano , e se ne disper-
dono per la sostanza, e da tali guaine, fragili a dir vero, ma
dense e applicate molto strettamente intorno a' cordoni di que'
nervi ; e tanto piìi sottili quanto più minuti e più frequenti
ramicelli nascondono,, quali sono appunto i N. Masc. sup. ne*
plessi descritti .
IX. Servono ì Masc. inferiori, che pur si disperdono per
lo cuojo onde sono soppannati di fuori e di dentro della boc-
ca , ossia del becco , i fucili e la estremità unghiata di tale
mascella, al senso del gusto, al tatto, e al muovimento del-
le parti aggiacenti , come sono i musculini che traggono la jj
lin-
Di Vincenzo Malacarne . 5j
Hnpiua in avanti , e su i lati , onde la voce stentorica n' è
pure servita .
X. Distribuendosi poi anche a' corpi glandulari sottopo-
sti alla lingua, attcniianti la sommità della trachèa , occu-
panti Io spazio eh' è tra i fucili della mascella ^ e l'unghia,
e gettando rami , che si perdono nelle spinose papille della
lingua vicine all' apertura della glotide , è naturai propende-
re a giudicargli ausiliarj de' nervi Geusici , o Gustatori .
DIGRESSIONE.
Se mi è stato permesso e applaudito il recare per Tad"
dietro quelle osservazioni d' alcuni celebri e diligenti Autori
che nella ricerca della origine e della determinazione de'
nervi cerebrali a diversi organi degli uccelli mi anno prece-
duto , ardisco di lusingarmi che , usando lo stesso candore
sul medesimo soggetto verso d' un nostro illustre acutissimo
Contemporaneo , non ne sarò meno ricompensato con 1' ag-
gradimento generoso della nostra Società . Le mie osservazio-
ni distese fino "dall' anno MDCCLXXVI non potevano es-
ser adorne delle belle scoperte , che ne à pubblicato in quel
suo magnifico volume in folio sulla notomìa degli organi dell*
udito e deli' odorato (a) ANTONIO SCARPA professor chia-
rissimo di Notomia e di Clinica chirurgica in Pavia 1' anno
JMDCGLXXXIX . Lo possono bensì ora che vanno ad aver
con le precedenti 1' onore delle stampe , ed io mi fo ambi-
zione di darne un brevissimo compendio , vale a dir quanto
basta perchè il Pubblico veda in quali cose relative alle di-
stribuzioni de' nervi per le Narici, e lo Becco degli uccelli,
siamo stati concordi , e in quante e quali io sono stato dal-
la paziente felice industria del mio venerato Collega supe-
rato .
Tomo XI. H Pre-
(a) Anatomica Disquisitioncs de Au- I Galeatii MDCCLXXXIX. in fol. cuna
iitu et Olfactu, Auctore Antonio Scar- | iconihut aneis , folio malori.
pa &c. licini in Typojraplieo Petri t
58 Delle i'akti relative allo encefalo
Prescindo dalla descrizione altrettanto vera quanto accu-
rata delle conche , o siano ossi turbinati distinti in inferiore ,
mezzano , e superiore , che troviamo dal 5 VII al XII del
VI Capo {ci) dell' Opera di cui sì tratta j la lettura di tut-
to il quale dovrebbe riescire utilissima e piacevolissima a
chiunque applica alla contemplazione degli attributi della
SAPIENZA INCREATA nella magnificenza e nella opportu-
nità delle opere della medesima \ e passo all' oggetto princi-
pale delle mie ricerche , cioè a* nervi mentovali , e al-
la distribuzione loro, dando in meschino italiano ristretto ciò
che il Professor di Pavia espose in purgatissima linguaj lati-
na diffusamente .
5, I. Abbiam dimostrato (Jj) nelle Annotazioni anatomi-
che (e) la vera origine de' nervi olfatorj de' Bruti esser distinta
dalli processi mamillari de' ventricoli del cerebro loro, i qua-
li servono bensì di sostegno a^ detti nervi che son loro al
di fuori aderenti . La cosa va del pari ne' volatili , percioc-
ché le radici midollari de' nervi olfattorj loro si distinguono
per lo candore dal cenerino degli processi , e sono evioleute-
mente sovrapposti alla base loro esteriormente e riunendosi a
pòco a poco in fascetti maggiori di fibrille formano il tronco
del nervo olfattorio . Là poi dove in un tronco solo concor-
rono tali fibrille ricevono come in proprio senso I' ottusa
estremità degli processi mamillari , congiungendogli la pia
madre; In guisa però che con qualche diligenza i nervi dagli
processi posson separarsi senza lacerazione . „
5j II. Gli Processi mamillari , anche negli uccelli sono
allungamenti de' ventricoli anteriori del cervello , che non
àn di comune co' nervi olfattorj se non se la veste della pia
meninge: né dee ignorarsi, che tanto nell' uomo e nel qua-
drupede, quanto nel pesce, nel rettile e nell'uccello il ner-
vo olfattorio proviene da una sostanza particolare midollare
de-
(a] Sertionc I. Gap. V. pagg. 78,79,80. 1 (<■) Anat. Annot. lib. II. cap. II. £<
(5) L. cit. i.ag. 81. S X. n. I. 1 XIV,
Di ViNGE>fzo Malacakne . 5g
degli emi'sferj del celebro j e dalla parte anterlor de' inedesi-
nii , (a) non già dalla midolla allungata . ,,
„ IIJ. Poco sopr' all' apice ottuso del processo mamilla-
re il nervo olfattorio presa la figura cilindrica per un canal
osseo portasi alla narice del proprio lato accompagnato dalla
dura madre, che lo veste, e da un emissario, cui mediante
il seno longitudinal della dura madre si scarica nelle prossi-
me vene interiori nasali . Il nervo nelle teste fresche è assai
molle 5 ma basta spargervi sopra spirito di vino perchè indu-
risca , e possa dividersi agevolmente in fascetti di filamenti .
Avvicinandosi alla punta dell' osso turbinato superiore s' as-
conde per breve tratto , poi dividesi in due serie di rami
una delle quali si distribuisce sopra al setto delle narici , e
1' altra per lo turbinato medesimo, introducendosi nelle cavi-
tà nasali senza interposizion di lamina cribrosa in vece della
quale ogni fascetto n'è ricevuto in altrettante guainette ap-
prestategli dalla membrana pituitaria . „
,, IV. Quanto alla prima serie , basta lasciar in sito la
tramezza delle narici , scuopriila cautamente , e aprir quel
luogo dove la punta del turbinato superiore raggiunge la ra-
dice della tramezza, e si vedrà il n. olfattorio appena uscito
del proprio canale ossoso gettar fili per la sommità della tra-
mezza coperta di stami plessuosi del medesimo nervo suddi-
viso in altri sottilissimi sempre minori filamenti . ,,
5, V. La seconda serie aderente alla punta del turbinato
superiore si" riduce in numerose fila divergenti , che per la
convessità del medesimo discendono sostenuti dalla ivi sotti-
lissima membrana pituitaria', finché divise e suddivise arri-
vano alla base di questo , oltre alla quale non 1' abbiam ve-
duto a propagarsi ad onta d'ogni diligenza siccliè debbon es-
set e rarissimi e tenuissimi seppur ve n' à fili stendentisi
oltre all' accennato confine . „
H :>. „ V.
(17) Di cotesta origine de' nervi olfat-
tori nell'iiomo ablìiamo trattato diftu-
samente nella Eiicefalotomia luiiversa-
Ic. Torin9 MDCCLXXX. , in 13., e
nelle Osservazioni in Chirurgia . To-^
Tino MDCCLXXXIV. in 8.
(jO Delle parti relative allo encefalo ec
>, VI. Siccome varia la proporzion dell' osso turbinato
superiore con gli altri ^ e di cotesti con la cavita delle nari-
ci , a tcnor dell' esposto nel $ XI di questo capo (n) , negli
uccelli d' ordine diverso , cosi n" è diverso il volume del N.
olfattorio, e diverso il aiumero defilamenti. Nelle Galline e
ne' Passeri dov' è picciolo il turbinato , sottilissimo è il ner-
vo e getta brevissimi fili . Negli Sparvieri , nelle 'strigi e
negli Alocchi die anno quel turbi.iato maggior dearli altri ,
il nervo getta filamenti spessi , grossi e visibili a occhio nudo
pel turbinato superiore , e per lo setto ; di modo che nel
più picciolo degli sparvieri 1' espansion del N. olfattorio pel-
le narici è maggiore che nel più gigantesco Dindio . E se
n' accresce , tutt' altre cose uguali , la grossezza e 1' espan-
sion nelle oche e neir ordine loro dove il turbinato maggio-
re è proporzionato al corpo tutto , N' è poi massima la gros-
sezza e 'i numero de' filamenti nelle Gralle che anno molto
maggiore di quel che in verun ailtro uccello si osservi , 1' os-
io turbinato superiore . „
3, VII. Non mancano all' olfattorio degli uccelli nervi
ausiliari . L' oftalmico , prim.o ramo del quinto para , entra-
to neir orbita e fatto breve corso sottO' al mutculo retto
superiore , si caccia in un canaletto dell' osso sotto all' olfat-
torio e sbocca nelle narici, scorre sulla sommità del setto per la
faccia piana del medesimo coperto a! principio dalla pituitaria ;
poi ricevuto in un solco cartilaginoso viene obbliquamente al
rostro in avanti . Toccato appena 1' angolo superiore del set-
to getta un filuzzo lunghissimo , che scorrendo per lo margi-
na superiore del setto corrisponde al nervo nasale del quinto
para nell' uomo . Poco discosto , un 20 più indietro del fi-
luzzo mentovato , 1' oftalmico getta un grosso ramo , che
scorrendo per 1' esterno lato delie caverne nasali dà tre o
quattro altri rami , donde il turbinato mezzano riceve alcuni fi-
li. Uno paro più grosso e più lungo va al turbinato inferiore j
e un altro ramo li presso esce dalle narici per un foro pai--
ti-
Di Vincenzo Malagauns . 6i
ticolare, e si porta alle pinne del naso j* e agli integumenti
dil rostro • ,,
„ Vili. Dunque 1' angolo superiore del setto delle nari-
ci , e i' osso turbinato superiore soiio la speciale unica sede
negli uccelli dell' organo dell' odorato . A confermar la qual
conseguenza concorre 1' ampiezza accresciuta dell' osso turbi-
nato medesimo in quegli ordini d' uccelli in cui 1' olfattorio
tumido fornisce il naso di fili più densi, e più grossi, men-
tre che gli altri turbinati provvisti di nervi dal quinto para
godon di senso comune alle altre parti del corpo . ,,
Non rechiamo le belle riflessioni dell' Anatomico di Pa-
via sulla estension che può dar un Fisiologo alle osservazio-
ni che abbiamo compendiato, perchè escono da' confini ana-
tomici; esortiamo però chiunque à genio d' istiuirsi di farlo
al fonte , e di valersi delle bellissime figure alle cose prece-
denti relative , di cui è ornata quell' Opera , dalla quale è
sicurp di ricavare utilità e diletto ,
ESPE-
OH
ESPERIENZE ED OSSERVAZIONI
SOPRA LE PROPRIETÀ' FISICHE DEI SUGHI LATTIGL
NO SI DELLE PIANTE NOSTRALI E SOPRA
LA LORO SIMIGLIANZA CON LA GOM-
]MA O RESINA ELASTICA
Di Gioachino Carradori
Presentata da ANTONIO GAGNOLI il dì i6 Blarzo i8o3.
J-J Analogia , che è la guida più familiare delle Fisiche
Scienze j perchè non faccia dei passi incerti e talora anche
falsi , conviene che cammini appoggiata all' Esperienza . La
siraiglianza nelle apparenti qualità può farci congetturare , che
quei corpi, che ne sono rivestiti, godano dell' istesse Fisiche
proprietà, ma la congettura non si può erigere in canone,
se non è corredata da una serie d' esperimenti , che ce le
contestino .
L' analogia , che passa tra il sugo lattiginoso^ da cui pro-
viene la Resina elastica, e i sughi lattiginosi delle piante no-
strali ha fatto promuovere a dei Savj {a) la questione , se
si possa estrarre questa sostanza dai sughi lattiginosi dei -s e-
getabili delle nostre contrade . La questione richiamò la mia
curiosità , ed essendoraivi impegnato ritrovai in ultimo , che
benché 1' analogia camminasse del pari nelle qualità fisiche , ^i
fra il sugo da cui si forma la resina elastica e i nostri sU'
ghi lattiginosi , nonostante in ultimo il prodotto di questi , ;
benché simile alla resina elastica , non arriva a possedere quel
le proprietà , di cui è dotata la detta resina , e che sono in-
dia-
*— - - - I I I _
steme dee connciss. Chimicjiie , Tom.l
(a) Rapport general de la Société | • sterne
Philomati<jue, Tom. I, e Fourcroy, Sy- ' Ylli.
I:
Di Gioachino Carradoui ì 63
dispensabili per applicarlo a quegli usi , per i quali ò tanto
ricercata la resina elastica ,
Io esporrò brevemente l' Istoria comparata delle proprie-
tà fisiche dei nostri sughi lattiginosi , e di quello della resi-
na elastica , e perchè meglio si conosca la natura di queste
nostrali produzioni , le quali non credo , che siano state jier
anco con diligenza esaminate , e perchè si sappiano i miei
tentativi per istruzione di chi nutrisse sopra di essi qualche
progetto . ■
La resina elastica è il coagulo d' un sugo lattiginoso, che
si ottiene per incisione dal Jcve o Coatchou , Pianta, che vien
designata dai Botanici col nome di Jatropha elastica , e da
molte altre specie dell' istesso genere Jatrojjha [J/) , e da al-
cune altre piante ancora, che crescono nell'America sì Meri-
dionale , che Settentrionale , ed in alcune Isole .
Se si raccolga questo sugo in Bottiglie , che poi chiu-
se esattamente si rendano impermeabili all'aria, si mantien
fluido . Per mezzo di questa diligenza ne poterono perveni-
re pochi anni sono a Fourcroy a Parigi due Bottiglie pie-
ne , una dall' Isola di Borbone, e l'altra da Cayenna, il qua-
le cosi ebbe il comodo di far sopra il primo le seguenti os-
servazioni (e) .
Sturate le Bottiglie esalarono un odor fetido , come di
gas idrogeno sulfurato , e il sugo fu trovato quasi tutto flui-
do, bianco j ed opaco come un latte y fuorichè una porzione ^
la quale coagulatasi nella parte più alta delle bottiglie, e
convertitasi in resina elastica, avca preso la loro forma ; ciò
che dimostrava , che il coagulo avea principiato di dove il
fluido potea aver avuto commercio con V aria .
Versata una porzione del sugo lattiginoso fluido un poco
riscaldato in un vaso largo all'aria libera si condensò alla su-
perficie 5 e si ricopri d' una pellicola di resina elastica . Un,'
ai-
(i) Flora IVIexicsna , e Journal de 1 Bernanl . Tom. XVII.
Phisiijiie de M. Rozier , Mem. par M. I (<;) Aiinales de Chimie 1791.'
64 Esperienze , ed Osservazioni ce.
altra porzione di questo sugo posto sotto una campana di
vetro piena d'aria , che posava sopra il mercurio _, si ricuo-
prì similmente d' una pellicola di resina elastica, e restò as-
sorbita una porzione d' ossigeno .
Gli acidi , e specialmente 1" acido muriatico ossigenato
agirono rapidamente sul detto sugo coagulandolo nell' istesso
modo , che si coagula all' aria lentamente . Gli alcali agirono
a rovescio , cioè impedirono la sua concrezione ^ e Io man-
tennero fluido.
Il resto di quella porzione di sugo lattiginoso , da cui si
era separata per coagulo mediante 1' azion dell'aria la resina
elastica 5 avea perdutola sua apparenza lattiginosa, ed era di-
ventato trasparente, d'un sapore acido, e zuccherino.
Osservati attentamente quella porzione di sugo conden-
sato , e convertito in resina elastica , che fu trovata nelle
bottiglie, era bianchissima, e dotata di tutte le proprietà del-
la resina elastica di commercio: esposta all'aria perdette ben
presto la sua bianchezza , colorandosi da prima in bionde , e
poi in bruno .
E da queste osservazioni Fourcroy dedusse I. Che la re-
sina elastica si separa dal fluido , in cui è sciolta , o sospesa
per il solo contatto dell' aria . II. Che la combinazione ccn
l'ossigeno è la causa principale di questa separazione, o coa-
gulo . III. Che la resina clastica è in origine l)ianchissima ,
e che il suo colore si deve soltanto all' influsso dell' aria ,
Quasi l' istesse osservazioni , e poche altre differenti so-
no state di nuovo fatte là nell' America dal Sig. Vincenzio
Cervantes Professor di Botanica in Messico , recentemente ,
e queste portano quasi i medesimi risultati .
Ancor Egli dice , che la resina elastica ripete il suo co-
lore scuro dall' aria , ma più dall' azione della luce del Sole ;
poiché la resina elastica ])recipitata per mezzo degli acidi dal
sugo lattiginoso è di un color biancastro , o lo mantiene fin-
ché non si espone all'aria, e al Sole ciò che si può ottene-^
re serbandola sotto l'acqua ; ma subito che tocca l'aria^ lol
co-
Di GiOAcnmo Carkadori • 65
comincia a perdere diventando da prima cenerina , e poi bru-
na 5 o nerastra .
Nelle bottiglie ben chiuse e impenetrabili all' aria si
mantien fluido il sugo lattiginoso del Jeve , ma se vi trape-
la r aria , si trova dopo del tempo la parte resinosa conden-
sata , e indurita , e separata da un fluido acquoso , onde pa-
re , che in esso stia sospesa , o disciolta la detta resina , co-
me disse Fourcroy, e che il sugo lattiginoso deva assomigliar-
si ad una emulsione vegetabile ^ e ciò si conferma dal sentiiv
Io al tatto untuoso e saponaceo , qualora versatene poche
goccie sulla palma della mano si stropiccino con un dito .
Se poi si raccolga in vasi aperti , e si tenga esposto ali*
aria questo sugo si scompone più speditamente , la. parte re-
sinosa si combina con 1' ossigeno e si coagula , e quindi si
separa dalla parte acquosa j e vi resta sopra galleggiante , e
questa è la resina elastica .
Tutti gli acidi ben concentrati agiscono sopra il detto su-
•go lattiginoso separandone la parte resinosa in forma concre-
ta , ma più di tutti l' acido muriatico ossigenato . Quest' aci-
do la coagula prontamente , e tutte in una massa , come
quando si coagula naturalmente all' aria . L' acido nitrico la
precipita in forma di minuti pezzetti , o di polvere gialla
dissolubile nell' acqua ; gli altri acidi poi spiegano una mino-
re attività .
Gli alcali non hanno assolutamente la proprietà di man-
tener fluido il sugo del Jeve , o Jatropha, come asserì Four-
croy ;, lo conservano bensì per alquanti giorni 3 ma non im-
pediscono in fine che si coaguli ; così pure gli acidi minera-
li allungati lo mantengon fluido per del tempo .
L'alcool vi si mescola, ma non lo scioglie : lasciato ri-
posare il misto, l'alcool viene a galla , e il sugo rimane a
fondo ; dopo decantato 3 la parte resinosa si coagula senza ri-
manere alterata ,
Gli oli essenziali sciolgono la parte resinosa in più gior-
ni , e il misto prende la consistenza di una mucillaggine tra-
Tomo XL I spa-
66 EsPEElENZE ED OsSERVAZIONI
sparente , e la parte acquosa riman separata al fondo del va-
so . L'' etere vetriolico coagula sollecitamente la parte resi-
nosa , ma quando è stato lavato ad oggetto di spogliarlo di
tutto l'acido solforico in cambio di coagularla la scioglie, e
le dà tal consistenza di Trementina .
Io ho assoggettato ad un simile esame i sughi lattiginosi
delle piante nostrali per riconoscere le loro fisiche proprietà:
e siccome il Fico fra gli alberi , ed i Titiniali fi'a 1' erbe , so-
no le piante le più comuni , e che in conseguenza più facil-
mente me lo poteano somministrare , pei'ciò sopra i loro su-
ghi ho fatto le seguenti osservazioni •
Raccolta una quantità di sugo lattiginoso di Fico in un
piccolo recipiente di vetro aperto, e lasciatolo all'aria, a
poco a poco si condensa ; ma questa mutazione comincia dal-
ia superficie esterna, cioè, che è a contatto con l'aria, poi-
ché si vede formarsi una pellicola superficiale , e tuttora ri-
maner sotto fluido . L' istesso osservai del sugo del Titiraalo
( Euphorbia earacia ) .
Dunque pare , che anche il condensamento , o coagulo
dei sughi lattiginosi delle nostre Piante sia effetto d' una sem-
plice ossigenazione , e quest' altre esperienze lo vengono a
confermare .
Raccolsi vma porzione di sugo lattiginoso di Fico in una
boccetta di vetro a collo stretto , e dopo vi versai sopra dell'
olio d' oliva ; 1' istesso feci sopra una porzione di sugo di Ti-
timalo ; questi si mantennero sempre fluidi , e mostrarono
ristessa facilità a coagularsi tutte le volte, che tolto di so-
pra r olio esponevo parte di questi fluidi all' aria .
Io posi in una piccola boccetta di vetro a collo lungo ■
e stretto una quantità di sugo lattiginoso di Fico, e dopo la
capovoltai immergendo una porzione del collo nell'olio,, aven-
do però avuta prima la precauzione d'impedire, che il su£;o
colasse giù per mezzo di un turacciolo di cotone messo all'
imboccatura del collo della boccetta , Tornato dopo dei gior-
ni a vederla , trovai eh e l' olio era salito nel collo della boc-
ce t-
l
'(.I
Di Gioachino Cahradori 67
ccfta, e il sugo si era alquanto coagulato ricuoprendosi di
una pellicola . Dunque egli era stato assorbito dall' ossigeno,
e questo si era impiegato nella consolidazione di quella par-
te di sugo j che avea preso alla superfìcie la consistenza di
pellicola, e il resto non si ei'a potuto consolidare , perchè
non vi avea trovato ossigeno abbastanza . Di fatti rinnovata
l'aria entro il piccolo recipiente , e capovoltato di nuovo
neir istessa maniera si ottenne una nuova pellicola .
E perchè si effettui questa consolidazione , o precipita-
zione della parte resinosa dei detti sughi mediante 1' ossigeno,
par che ei voglia quest'elemento libero, o che facilmente gli
venga ceduto dai corpi , che lo tengono in qualche modo com-
binato , poiché ho sperimentato , che i detti sughi non pro-
fittano , e al pili pochissimo , dell' ossigeno combinato con
1' acqua ,
Riempiei a metà una boccettina di vetro di sugo di Ti-
timalo , e poi vi versai sopra dell' acqua adagio adagio , per-
chè non vi si mescolasse ; siccome il sugo di Titimalo , e
tutti gli altri sughi lattiginosi ancora sono specificamente più
gravi deir acqua , l'acqua vi si mantenne sopra ^ come si
mantiene sopra F acqua uno strato d' olio ^ e così venne ad
impedire il libero contatto del sugo lattiginoso con l'aria.
In questo stato il sugo di Titimalo si mantenne quasi tutto
fluido per quanto ve lo lasciassi stare; dico quasi tutto, per-
chè alle pareti di detto vaso , e alla superfìcie del sugo ap-
pena si era formata una leggiera pellicola .
Eppure potea attingere dall' acqua soprapposta l'ossigeno
necessario, poiché si sa, che l'acqua tiene sciolto molto os-
sigeno , ed ha la proprietà d' assorbirne dall' atmosfera quati-
to glie ne bisogna per saturarsi .
Il calore , ossia il fuoco non produce mutazione alcuna
sulle sensibili qualità di questi sughi lattiginosi , né gli coa-
gula , come V albume o albumina .
Presi uno dei soliti vasetlini di vetro a collo stretto pie-
no quasi a metà di sugo lattiginoso di Fico, e lo ricuopersi
l\ d'o-
68 ESPERIENZJC ED OsSERVAZiaNI
d'olio, e questo Io Teci , e perchè non vi si introducesse 1* os-
sigeno , che è il principio coagulante , e perchè si rendesse
visibile qualunque fluido aeriforme , che si fosse sollevato dat
sottoposto fluido , essendo obbligato ad attraversare lo strato
dell' olio : dopo 1^ esposi al fuoco . Il piccolo recipiente pas-
sò per tutti i gradi di calore lino a quello dell' ebuUizione ,
ma SI conservò sempre fluido il sugo lattiginoso contenutovi i
avanti di bollire mandò fuori alcune bolle d' aria , e seguitò
a bollire per parecchi minuti sempre fluido, o bianco; fatto-
si più vivo il fuoco saltò fuori tutto 1' olio , e parte del su-
go per una subitanea esplosione , ed il restante si consumò
per distillazione , e lasciò nel fondo del vaso una crosta spu-
mosa d' un color rossigno-castagno .
I sughi lattiginosi delle piante nostrali si possono conser-
vare quanto uno vuole fluidi , come quello del Jave , qua-
lora si tengano in dei vasi turati in modo j elie non si possa
introdurre aria .
Raccolsi ai primi dell' Ottobre del i8oi in un pìccolo
vasetto di collo stretto una quantità di sugo lattiginoso di Fi-
co , e dopo averlo esattamente turato con della cera molle ,
lo riposi . Il sugo ivi rinchiuso si è conservato fluido per più
d* un anno , e vi si conserva ancora. Sturatolo dopo un an-
no, ed annasatolo tramandò un odor narcotico simile a quel-
lo dell'oppio , e alcune goccie, che ne versai fuori j si coa-
gularono al solito con lo stare air aria .
Un altro vasettino simile quasi pieno di sugo di Titlma-
lo raccolto ai primi Maggio i8oa e chiuso con un turaccio-
lo di sughero si è conservato nell' istessa maniera per più di
sei mesi quasi tutto fluido , poiché alle pareti del collo di
esso vaso ve ne era ima porzione del coagulato , vi era pure
una leirgiera pellicola alla superficie del detto sugo , ed il ri-
manente era fluidissimo . Quando io lo sturai non tramandò
nessun fetido odore di gas idrogeno sulfurato , come riscon-
trò Fourcroy nel sugo lattiginoso del Jeve conservato nello
bottiglie , ma piuttosto un grato odore d' uno spirito aroma-i
ti-
fo
Di Gioachino Carradori . 69
tico , o Jì un liquore , che ha subita una fermentazione spi-
ritosa . Io ne estrassi una porzioueella , e prese al soUto con
io stare all' aria la forma concreta .
Ma una porzione di sugo di Fico^ che avea raccolta pa-
rimente quest'anno, cioè alla fine di Maggio i8oa in un
vasettino compagno agli altri due, e chiuso nell'istessa ma-
niera si portò diversamente . Dopo quattro mesi in circa tro-
vai tutta la porzione resinosa coagulata , ma separata, e so-
prannatante ad un fluido acquoso . Ella nel consolidarsi avea
presa la forma della piccola bottiglia , o vasetto , come ap-
punto il sugo del Jeve , che Fourcroy trovò condensato nel-
le due bottiglie, una proveniente dall'Isola di Borbone, e
l'altra da Cayenna , e manteneva sempre il suo color bian-
co-latte . Il fluido acquoso , che occupava il fondo del vaso ,
era alquanto trasparente, d'un odore nauseante, d'un co-
lor rossigno , e di un sapore .non acido , ma piuttosto zuc-
cherino .
Questa differenza nelle due mentovate porzioni di sugo
lattiginoso di Fico , qual' è , che una si conservò fluida _, e
r altra si condensò e si separò da un fluido acquoso , io
non veggo , che ad altro si possa attribuire , die alla diver-
sità della stagione , in cui furQno raccolte ; e alla diversa
maniera , con cui furon chiusi i vasetti per impedire 1' in-
gresso all' aria .
Mi rivolsi in fine a sperimentare V azione degli acidi , e
degli alcali sopra i nostri sughi lattiginosi , e ritrovai che
r acido muriatico ossigenato coagulava tanto il sugo lattigi-
noso di Titimalo , che quello di Fico , e lattuga ( lactuca sa-
liva ) . Infusi dell'acido nitrico concentrato nel suoo lattigi-
noso di Fico raccolto di fresco dalla pianta , e versandoveìo
goccia a goccia ei si coagulò tutto in una materia gialla ,
morbida, o che non avea nessuna consistenza: l' istesso ope-
rò sul sugo lattiginoso di Titimalo . L' acido muriatico sem-
plice si mescolò col detto sugo aggrumandolo, e non gli tol-
se il colore . Coir acido solforico concentrato tanto il sugo di
Fi-
70 Esperienze ed Osservazioni
Fico che di Titimalo si rappresero in una materia bianca,
e tenera come il latte accagliato . Gli acidi vegetabili poco
o nulla gli mutarono .
Mescolato il sugo di Titimalo colla potassa in varie pro-
porzioni mutò il suo color bianco di latte in giallo-verdcj ma
si coagulò non ostante, bensì più lentamente del sugo di Ti-
timalo puro, che si coagula all'aria: neppur la soda^ e l'am-
moniaca gli impedirono il coagularsi .
L'Alcool si uni coi sughi lattiginosi di Fico ;, e di Titi-
malo , ma non gli sciolse : gli olj essenziali bensì gli sciolse-
ro ambedue , e formarono un tutto trasparente , ma ci vol-
lero parecchi giorni, e 1' operazione fu anche ajutata dal ca-
ler della stagione .
Or dunque se sì confrontino I fatti da me osservati ed
esposti , risguardanti le Fisiche proprietà dei sughi lattiginosi
di Titimalo e di Fico con quegli , che sono stati osservati
ed esposti, prima da Fourcroy, e poi da Cervantes rapporto
alle fisiche qualità del sugo lattiginoso da cui proviene la
resina elastica , si converrà , che sono pienamente conformi
in tutto quel che è essenziale .
I nostri sughi contengono , come quello , una parte resi-
nosa solidificabile , per una mera ossigenazione, sciolta, o
sospesa in un fluido acquoso , e presentano rapporto a ciò i
medesimi fenomeni •, si comportano come quello , avvicinati
agli stessi reagenti ; onde mostrano di esser sostanze di una
specie analoga perchè godono dell' istesse proprietà .
I nostri sughi puranche solidificati sono una materia ela-
stica, e che gode dell' istesse proprietà della resina elastica»
Tanto questa, che la resina elastica al caldo si ammolliscono,
e al fuoco si fondono {d) , e si infiammano ; spente fanno
sen-
[d) Volli riscontrare , se ambedue
queste sostanze , dopo fuse mediante il
fuoco , di nuovo si consolidavano , e
se per consolidarsi assorbivano dell' os-
sigeno .
Presi pertanto diie vasettini uguali
di vetro a collo lungo e stretto, ed
in uno misi del sugo di Titimalo so-
lidificato , e neir altro dolla resina
elastica in dose uguale , e gli esposi
Di Gioachino Carradoiu. 71
sentire il meclesimo odore , e lasciano un residuo oleoso si-
mile . Al freddo scapitano ambedue nelle loro fisiche proprie-
tà , poiché non sono così molli, ed elastiche. Gli olj bollen-
ti le scioijiono ^ e alcuni olj essenziali ancora per mezzo di
un leggiero grado di calore soltanto . L' etere vetriolico può
sciogliere ambedue queste sostanze; e Senebier neli' esporre la
simidianza dei nostri su^lìi lattiginosi con la resina elastica ,
O OC?
nella sua Fisiologia vegetabile , dice pur egli d' avere speri-
mentato , che il sugo di Titimalo condensato si scioglie iiell'
etere vetriolico . L' acido nitrico attacca tanto 1' una che
r altia , ma non gli altri acidi •
La materia elastica , in cui si cangiano condensandosi i
sughi lattiginosi nostrali è pur essa in principio di un colo?
bianco-latte j e ancor essa lo perde e acquista un color bru-
no con stare esposta all'aria. Il colore scuro , che ella pren-
de , egli è effetto d' una lentissima combustione , che si ese-
guisce in detta sostanza alla comune temperatura dell'atmos-
fera tutte le volte , che si trova soggetta all' azione dell' os-
si-
ai medesimo fuoco per Hir foiilore la
dette due sostanze . Il sugo di Titima-
lo solidificato si fuse più presto della
resina elastica ; bollirono ambedue , e
tramandarono del fumo , e dell' odor
di bruciato ; e quando mi parve , che
si fossero fuse per la maggior parte ,
tjlsi dal fuoco neir ietesso tempo i va-
settini , clie le ronteneano , e gli ca-
povoltai tuffando 11 loro collo nell' ac-
qua . L'acqua sal'i in copia in tutti
due i vasetti , ma più in quello didla
resina elastica . Dopo dell' ore tolti-
gli dall' acqua , e osservate le d?tte
lostanze , trovai, che il sugo di Titi-
lì.alo si era di nuovo ben consolidato ,
ma la resina elastica la ritrovai mor-
bida come un baliamo « gKulnoia;e
tutte due aveano sofi'erto un. leggiero
grado di carbonizzazione .
Pare dunque , che ambedue le dette
sostanze , dopo fuse dal fuoco , ripren-
dano di nuovo la forma concreta , ma
jiiù difficilmente la resina elastica ; di
fatti ella si mantenne morbida e glu-
tinosa dopo del tempo ; né ha ripreso
ancora la primiera sua consistenza .
!Ma non si può decidere, se per con-
solidarsi abbiano bisogno di nuovo dell'
ossigeno , come ((uando sono nello sta-
to di sugo lattiginoso, perchè l'assor-
liimento del gran volume di aria , che
si è avuto adesso , si deve più sttri-
buire all' incarbonimento di esse ma-»
terie , che alla loro solidificazione .
72' Esperienze ed Osservazioni
sigeno dell' atmosfera . Quando ella si sottrae da tale azione
si conserva bianca , e non subisce cambiamento di colore.
La cosa è portata all' evidenza dalle seguenti esperienze .
Presi del sugo già coagulato di Fico di un color bianco-
latte , e parte ne esposi all' aria in un luogo oscuro , e par-
te ne misi al Sole tutto affatto sotto 1' acqua , ed una por-
zione in fine ne misi similmente al Sole mezza sotto ì' ac-
qua, e mezza fuori. In capo a due giorni riscontrai, che tan-
to quella porzione j che era intieramente sotto l'acqua al So-
le, che quella che vi era per metà, si erano conservate bian-
che , mentre tanto quella metà che era fuori deli' acqua al
Soje , come pure quella porzione , che avea tenuto all' oscu-
ro 5 si erano cangiate di colore . Dunque qui la luce del So-
le non vi giucca , ma soltanto 1' aria , e questa , secondo me ,
non può influirvi , che con mettere più a nudo il carbonio
che è la causa della variazione del color bianco in bruno ,
mediante un insensibile combustione , cosa che succede ia
altre circostanze , come ho provato altrove (e) : onde l'opi-
nion di Cervantes , che la luce del Sole concorra a cagiona-
re l' imbruniraento della resina elastica, non pare sosteni-
bile .
Ma nonostante la somiglianza che si è trovata per tan-
ti rapporti fra la resina elastica, e i sughi lattiginosi delle
nostre piante, la sostanza, che ci danno coagulandosi non è
una perfetta resina elastica , e non vi si può in nessun con-
to paragonare , per cei'ti difetti che la rendono inservibile .
Poiché la sostanza , in cui si convertono i sughi delle no-
stre piante ha il difetto di ammollirsi troppo al caldo , e di-
ventare eccessivamente duttile e glutinosa : allora, oltre al
perdere la sua consistenza e contrattilità, diventa incomoda
a maneggiarsi ; al contrario al freddo perde tutta la mollez-
za, ed elasticità^ e diventa un corpo duro, e resistente; poi
ella ha il difetto di sciogliersi nell' acqua , benché con diffi-
coltà , ove riprende il suo color lattiginoso .
In
(e) Ved. Ann. Cliim. di Pavia .
Di Gioachino Carracori • 1^3
In somma ella è una sostanza solubile dell* acqua , che
si ammollisce al caldo, e si indura al freddo , glutinosa ^ e
che diventa mediante un certo grado di calore più duttile
che elastica.
La resina elastica si ammollisce alquanto nell' acqua bol-
lente , ma non vi si scioglie . Al caldo si ammollisce un po-
co , e diventa alcun poco glutinosa, e al freddo poi si indu-
ra e diventa im poco più resistente; ma conserva per altro
a qualunque temperie della mollezza congiunta ad una tal qua-
le consistenza e tenacità , per cui ella è sempre cedente ed
elastica . Onde convien conchiudere , che la nostia sia una
sostanza vegetabile diversa dalla resina elastica {/), d' un in-
dole piuttosto gommoresinosa , o saponacea CgJ •
Io ho esteso le mie ricerche sopra tutti i sughi lattigi-
nosi delle piante , che erano a mia portata, e oltre ai suohr
di Fico , del Titimalo {euphorhia caracias) e di Lattuga ( la-
iCtuca sativa ) menzionati , ho cimentato ancora i sughi latti-
ginosi dei papaveri , dei sonchi , delle cicorie , e dell' al-
tre specie di Titimali , che^ho potuto trovare , e nessu-
no mi ha somministrato una sostanza dotata appresso a poco
delle perfezioni della resina elastica. Anzi fra tutti j il suo-o
dei Titimali, o Euforbi nostrali mi è paruto,, che sia il mi-
Tomo XI. K elior
[f] FourcToy nel systeme des Connois-
tancts Chìm. Tom. Vili , dice , che
la resina elastica , impropriamente chia-
rcata gomma elastica , non è, né un olio
fisso , né una resina , né una gomma
Tesina , ma una sostanza mi generis .
[g] Benché il sugo lattiginoso dei
noEtri Tegetabili si approssimi alle gom-
me resine , non ostante differisce da
esse per dti caratteri essenziali , onde
a mio parere merita un posto distinto
fra i Componenti immediati dei vege-
tatili , e in conseguenza , giacché Four-
croy neir enumerazione dei Componen-
ti immediati dei vegetabili esposta nel-
la sua grand' Opera Systeme des Con-
noissances ù-c. pone la resina elastica,
cioè il sugo lattiginoso , dal cui coa-
gulo proviene la detta resina , pare ,
che accanto si pervenga un posto an-
co al sugo lattiginoso delle piante no-
strali, che in fondo non è, né una
resina elastica, né una gomma resina,
ma una sostanza sui generis .
^^ Esperienze ed Osservazioni
glior prodotto : gli altri danno una sostanza più grossolana e
più imperfetta .
Trovo j che Bucholz ha riconosciuto che l'oppio contie-
ne una gran quantità di resina elastica . Può essere , che dal-
la sostanza , in cui si convertono nel consolidarsi i sughi lat-
tiginosi nostrali^ mediante qualche operazione^ o processo chi-
mico, possa ricavarsi della vera resina elastica; e può essere
ancora , che i detti sughi lattiginosi^ previa qualche modifica-
zione, si possano ridurre a convertirsi a dirittura in buona re-
sina elastica : ma questo è un soggetto ^ che io non ho pre-
so qui ad esaminare, e su cui non pretendo decidere. Io ho
avuto solo intenzione di riscontrare, se i sughi lattiginosi del-
le piante nostrali danno , come era stato supposto , un pro-
dotto simile alla resina elastica .
Pare dunque , che la resina elastica appartenga esclusi-
vamente a delle piante esotiche .
Non vi ha dubbio , la natura ha accordato alle diverse
regioni dei prodotti particolari , ed ha voluto così spartire i
suoi doni con mano prudente e compensatrice .
Nec vero terrae ferre omncs omnia possunt .
DELL'
7^
DELL' ADESIONE 0 ATTRAZIONE DI SUPERFICIE
MEMORIA
Di Gioachino Carradoki
Presentata da ANTONIO GAGNOLI il di a5 Giugno i8o3.
Ì-J stata dai Fisici considerata quella forza di unione , che si
esercita dai corpi con le loro superficie, ed è stata distinta col
rome di Aderenza-, o Adesione. Molti si sono occupati a ri-
conoscere e misurare questa forza fra solidi, e solidi, fra
solidi , e fluidi {a) ma nessuno , eccettuate poche non rile-
levanti esperienze di alcuni Fisici , V aveva ravvisata fra
fluidi, e fluidi .
Questa forza non fa meglio la sua comparsa che fra
fluidi , e fluidi : allora ella spiega tutta la sua energia , e
manifesta in una maniera particolare le leggi a cui obbedi-
sce . La forza d' Adesione non è stata ancora bene studiata ,
perchè nessuno finora avea battuta la strada che porta alla
considerazione dei principali di lei fenomeni e dei più ri-
marchevoli resultati .
Io dimostrerò con dei fatti la maggior parte ovvii , ma
sopra dei quali nessuno avea fatto per 1' avanti delle giuste
riflessioni, due gran verità, non per anco avvertite, rappor-
to all' Adesione .
I. Che vi è una forza di Adesione, o con più giusto
vocabolo, Attrazione di superficie , fra dei fluidi di diversa
specie 0 sostanze solide disgregate, la quale non si può con-
fondere con nessuna delle forze finora conosciute .
K a IL
(a) A questa si riferiscono 1' espe-
rienze fatte dai Fisici suU' ascensione
del fluidi nei tubi capillari , e quelle
di Guyton suir adesione del mercuri»
coi metalli , e quelle d' Acliard sull'
adesione del vetro con dei fluidi di
differenti specie .
76 Dell' Adesione 0 Attrazione ec
II. Che ella ha il suo punto di saturazione^ eie sue af-
finità , come r Attrazione chimica .
Benché abbia altrove (a) annunziato alcune di queste ve-
rità , non le ho per altro in nessun luogo esposte con quel-
la estensione e chiarezza ^ che esse meritavano. E dunque
mia intenzione adesso di presentarle al pubblico nel suo ve-
ro punto di vista, con provarle cioè rigorosamente, appog-
giandole a quel corredo di esperienze e ragionamenti , che
sono necessari per portarle all' evidenza e farle annoverare
fra gli assiomi , » verità fondamentali della Fisica , o Filoso-
fia Naturale .
ESP. I,
Si prenda un vaso qualunque ben pulito pieno d' acqua
pura,, come v. g. , un bicchiere ^ e si applichi all'acqua una
gocciola d'olio d'uliva ben fluido: 1' olio, appena toccata la
superficie dell' acqua , si espanderà sopra di essa in forma di
sottile vernice .
Ma se, in vece di posarla sull' acqua, si posi sul vino,
o suir aceto 5 poco , o nulla vi si distenderà, molto meno
sullo spirito di vino , o altro fluido , eccettuato il mercurio .
E questo esclude qualunque spiegazione derivata da leggi pu-
ramente meccaniche. Qualcuno potea darsi a credere, che
r olio nel!' espandersi suU' acqua non facesse che obbedire
ad una legge generale dei fluidi , di tendere , cioè , a livel-
larsi , come fl.uido più leggiero dell'acqua , e facilmente scor-
revole sopra la di lei egualissima, e delicatissima superficie.
Ciò non si sostiene, molto più se si rifletta, che la velocità,
con cui si espande la. gocciola dell'olio sull' acqua è partico-
lare , e non è propria d' un fluido che si livella sopra un
piano orizzontale, e che la gocciola dell' olio, per quanto
an-
\a\ Giorn. Fisio. Med. di Pavia dal
1793. in poi. Ann. cliim. ili Pavia ;
Opuscoli scelti di Milano : Journ. de
Pliisiq. de Pari» , ed. Ann. de Chimi^
de Parie .
Di Gioachino Carradori . 77
anglista sia la superficie dell' acqua su cui si getta', non si
estende mai tanto da licuopiirla tutta ; il che dovreLbe suc-
cedere , se fosse un puro effetto meccanico . Ma non occoirc:
trattenersi j per provarne l'assurdità, perchè verrà continua-
mente smentita dall' esperienze che seguono .
Dunque l'olio ha una forza di adesione, o attrazione dì
superficie con l'acqua. Lo stato suo naturale era di restarsi
inerte dentro i limiti di una piccola sfera . Non vi è ragione
nessuna , per cui una gocciola d' olio posata sulT acqua si
espanda e ricuopra la di lei superficie , mentre si sa d' al-
tronde, che se non esiste fra 1' olio e 1' acqua \dL forza dì
repulsione^ non vi è di sicuro, né affinità di coesione, o di
aggregazione , né affinità chimica, , perocché l'acqua , né scio-
glie r olio, né lo attacca, né vi si mescola che con diffi-
coltà .
Plinio avea asserito, che l'olio ha la facoltà d'espander-
si suir acqua , e di calmar le tempeste . Franklin ed altri
presero ad esaminare 1' asserto di Plinio , ma nessuno per
altro ha rilevato , che questo è 1' effetto d' una forza d' at-
trazione , che ha luogo soltanto alla superficie dell' acqua .
ESP. ir.
Sopra un vaso qualunque pieno d' acqua si getti mia
gocciola d' olio di quahinque genere , o fisso , o volatile , e
di qualunque specie, come v. g. il Petriolio, o Nafta, o una
porzione di qualunque sostanza oleosa concreta , o resina, o
gomma resina , polverizzata : queste sostanze si espanderanno
sulla superficie dell' acqua , e la cucpriranno , o di una esi-
lissima vernice, o di una sottile membrana, ancorché siano
jpecificamente di essa più gravi .
Dunque tutti gli eli , o fissi, o volatili , o fluidi , o so-
lidi , hanno attrazione di superficie con 1' acqua.
In virtù di questa forza egli è per tanto , che tutte le so-
stanze oliobC , 0 nelle quali trovasi unito un olio , o resina , o
goin-
70 Dell' Adesione o Attrazione ec.
gomma resina, hanno la proprietà di far dei movimenti sull' ac-
qua : cosi da questo principio si ripetono i movimenti della can-
fora suir acqua, tanto ammirati dai Fisici finora , e non intesi,
come pure la recisione dei bastoncini di canfora del Venturi
al livello dell' acqua , e dei fiori di Benquino , o acido Ben-
zoico; da questo l'espansione dei sughi lattiginosi delle pian-
te , e specialmente dei Titimali , o Euforbi nostrali , e delle
fecule di qualunque sorte, e di tutte le sostanze gommoresi-
nose , o resinoso estrattive , come ho esposto in più e diver-
ge Memorie altrove . (a)
E non altro fluido j se non olio, o di natura oliosa, co-
me r Etere j o che contenga un olio, o una resina già for-
mata , si vede distendersi sull' acqua , e neppure nessuna so-
stanza solida, comimque polverizzata, se non è resina , o
gommaresina j o che abbia fra i componenti dell'olio, o del-
la resina , o che ne sia stata imbevuta : cosicché , né le ter-
re, né le pietre polverizzate, né lo zolfo, né il vetro pesta-
to , si distendono sulT acqua , ma lo possono fare tutte le
volte che siano stati per V avanti imbevuti di qualche so-
stanza oliosa »
Dunque V attrazione di superficie ha luogo soltanto fra
dei corpi oliosi , o resinosi di qualunque specie, e sotto (jua-
lunque forma, o di fluido, o di solido, e l'acqua.
Si può arrivare a toccar con mano la proprietà , che
hanno le sostanze oliose di espandersi suU' acqua ^ ed occu-
parne la superficie , col seguente semplicissimo esperimento .
ESP. III.
Si spargano sulla superficie dell' acqua dei corpicciuoli ,
capaci di galleggiarvi , come dei minuti pezzetti di foglia
d' oro, d'argento, o di stagno, o altri corpi leggieri, ma
che non contengano un olio , come v. g. dello zolfo , o del-
le
(a) Giorn. di Pavia : Opuscoli scelti di Milano : Ann. de Chimie de Paris.
Di Gioachino Carradori . 79
le terre polverizzate , e poi si applichi alla superficie cIpU'
acqua, ove è più seminata di questi corpicciuoli, una goccio-
Ja d' olio di qualunque sorte, si vedranno fuggir tutti quan-
ti dinanzi ali* olio che si dilata , e gli caccia dalla superfi-
cie dell' acqua j spingendoli avanti di mano ia mauo, che se
ne impadronisce »
L'istessa cosa si vede, quando in vece d'olio sì gettino
suir acqua dei minuzzoli di canfora, o delle fecule , o una
gocciola d'etere, o che si approssimi alla superficie dell'ac-
qua uu pezzettino di cotone inzuppato d'Etere [a), o che vi si
applichi una gocciola di sugo di qualche titimalo , o eufor-
bio nostrale, anzi con questo, più che con l'altre sostanze j
si ottiene un'azione più energica sui corpi galleggiatiti .
ESP. IV.
k Se in vece di acqua pura sì prenda dell* acqua salata ,
^ in cui cioè sia stato sciolto in quantità qualche specie di sa-
le , come per esemp. del muriato di soda , O del nitrato di
potassa , o del solfato di magnesia ec. , nonostante che ella
tenga incorporate queste sostanze straniere , qualora vi si
applichino sopra degli oli, o delle resine» eserciterà sopra di
essi la solita attrazione .
L' istessa pure accadeià , quando V acqua in cambio di
sali , contenga delle sostanze , che non vi sì sciolgono , ma
che vi stanno sospese , come v. g. delle terre, cioè, se iti
vece dell' acqua chiara si prenda dell' acq^ua torba o mo-
tosa .
Molto mena la temperatura dell' acqua v* influisce . Il
fenomeno ha luogo sì con l'acqua calda, che con la fiedda,
purché non sia tanto fredda da far rappigliar 1' olio .
Se poi si pi'enda uu' acqua carica di sostanze resinose
estrat-
(«) Vedi le mie risposte all' obiezioni di Prevost, Ann. Cium. diPavia Tom. XIX^
8o Dell' Adesione o Attr^ìzione ee.
estrattive, o che contenga sciolte, o natanti delle materie
saponacee, o pingui, o comunque oliose , come per esemp.
dell' acqua servita per delle lavande , non sarà atta a pro-
durre nessuno dei soliti effetti , o al più qaalcheduno di essi
debolmente .
Da tutto ciò mi par che si rilevi , che l' attrazione di
superficie è una proprietà indipendente dalle qualità , che
r acqua può possedere . Purché 1' acqua non contenga sciol-
te , o natanti delle sostanze pingui ed oliose, ella è in gra-
do con la superficie di esercitare la sua astrazione su tutte
le sostanze oliose , che vengono a toccarla .
ESP. V.
Si prendano due vasi cilindrici di vetro perfettamente
eguali, uno con pochissima acqua, v. g. alT altezza di poche
linee , e ì' altro con molta acqua , all' altezza per esemp. di
un piede e più se piace , e si applichi alla superficie dell'
acqua di ciascuno di questi due vasi una gocciola d' olio , si
osserverà, che nonostante le altezze differenti dell'acqua, vi
si distenderanno sopra con pari velocità .
Dunque la forza, con cui l'acqua tira sopra di se Folio,
non è in rapporto con la quantità dell'acqua medesima, os-
sia con r altezza della sua colonna , ma con la superficie ;
perciò a questa forza , che è indipendente dalla massa , o
quantità di materia , e si esercita , come mostrano meglio le
seguenti esperienze , dalla superficie , par che si competa il
nome di Attrazione di superficie .
ESP. VI,
Si prenda un vaso di collo stretto e di ventre largo ,
come V. g. una boccia di vetro , piena tutta , cioè anche il
collo, di acqua , e in mezzo all'apertura , ossia alla bocca di
questa boccia , si posi sull'acqua una gocciola d'olio d' uliva j
que-
Di Gioachino Carradori. 8l
qi7esta si dilaterà quanto le Io permette l'angustia della super-
ficie ; quindi si estragga , succhiandola per mezzo di un picco-
lo sifone licuivo, tanta acqua, che rimanga vuoto il colio j
e porzione del corpo, o ventre , si vedrà, che in proporzio-
ne , che r acqua calando guadagna il ventre della boccia , e
in conseguenza scuopre maggior superficie , la gocciola dell'
olio anderà dilatandosi .
E se , in vece dell' olio , vi si metta un pezzettino di
canfora , si vedrà , che quanto più 1' acqua scendendo nel
ventre spiega di superficie, i movimenti giratorj di essa, che
erano in prima piccoli e lenti , quando cioè l' acqua era
nel collo del vaso , diventeranno tanto più grandi e veloci .
ESP. VII.
Si getti sull'acqua di un piccolo vaso una pìccola quan-
tità di olio , o di fecula , si vedrà espandersi poco , e lenta-
mente, ma se si prende un vaso più grande se ne espanderà
più , e più velocemente , e ciò sempre in proporzione dell'
estensione della superficie , che presenta 1' acqua del vaso ;
finalmente se si faccia l' esperimento in una vasca , o picco-
Io Iago, se ne espanderà in quantità, e con molta velocità.
Dunque la quantità del fluido olioso , o della materia
solida polverizzata contenente un olio , o una resina , e la
velocità, con cui si espande sull' acqua, è sempre propor-»
zionale alla superficie dell'acqua, su cui si getta .
ESP. Vllf.
SI carichi una piccola siringa d'olio , e dopo averla im-
i"nersa tutta neh' acqua di una vasca , si pigli lo stantufo per
espeller l'olio; ei salirà secondo il solito per venire a galla ^
ma appena, che si troverà a fior d'acqua si espanderà sopra
di essa , e ne spalmerà , nelT istessa maniera che se vi fosse
Stato gettato sopra, la superficie.
Tomo XI. L Egli
8a Dell' Adesione o Attrazione ec.
Egli è chiaro perciò, che non nel corpo dell'acqua, ma
nella superficie di essa soltanto risiede una forza che tira a
se r olio , e lo fa dilatare .
ESP. IX.
SI strappi , o sì tagli un fusto del Titlnialo v. g. ( Eu-
phorhia caracia ), o altra specie di Titimalo sotto 1' acqua ;
tutto il sugo lattiginoso ^ che ne sgorgherà , precipiterà in
fondo dell'acqua; se si tiri fuori dell'acqua una porzione del
fusto , da cui tuttora sgorghi qualche poco di sugo lattigino-
so o se ne recida un nuovo fusto, e se ne applichi una goc-
ciola alla superficie delT acqua , si espanderà sopra di essa
con somma velocità in forma di esilissimo velo .
Anche quel sugo di Titimalo , che è andato a fondo ,
può espandersi sul!' acqua, qualora si faccia in maniera che
venga alla superficie della medesima. E questo si ottiene con
versar l' acqua dal recipiente , in cui si trova , in un altro
recipiente . Mediante questo movimento, il detto sugo viene a
galla , e nelT uscir fuori del vaso si vede espandersi sulla
corrente dell'acqua, che precipita nell'altro vaso.
Ecco confermata la conseguenza dell' antecedente esperi-
mento : il sugo del Titimalo, come gli altri sughi lattiginosi
vegetahili , è specificamente più grave dell' acqua, e se vi
si distende sopra, non lo può fare, che per virtù di una for-
za, per cui l'acqua lo tira sopra di se, cioè sulla sua super-
ficie , e non lo lascia ia balìa della gravità j che lo farebbe
precipitare .
ESP. X.
Si lasci cadere sull'acqua confinata in un raso una goc-
cia , o due di sugo di Titimalo ; alcun poco se ne espanderà
sull'acqua, ma la maggior parte precipiterà al fondo di essa
in forma di tortuosi e bianchi filamenti ; se in vece di far-
velo cadere si applichi artificiosamente alla superficie dell'ac»
qua
Di Gioachino Carradori. 83
qua in modo , che vi si presenti poco alla volta , si espande-
rà quasi tutto sopra di essa, e poco ne anderà a fondo ; lad-
dove, se in vece di nsar la detta diligenza si immerga nell'
acqua bruscamente, caderà a fondo quasi tutto.
L' istesso succede con la farina di frumento , o altre fa-
cule di semenze cereali , o leguminose ce. ; se si lasci andare
a poca per volta sulPacqua , vi si espanderà sopra . e la cuo-
prirà di una sottile membrana; altrimenti con gettarvela pre-
cipitosamente , o con tufFarvcla dentro, la maggior parte pre-
cipiterà al fóndo dell' acqua .
Questa esperienza viene a dimostrare in conferma dell'
antecedente conseguenza , che acciò il sugo di Titimaio e le
fecole si espandano a dovere sull' acqua , bisogna opporsi al-
la gravità , che le vuol far precipitare , e dar tempo all' at-
tiazione di superficie che se ne impadronisca .
Siccome l' attrazione di superficie non agisce che nell*
istante del contatto, è necessario, perchè continui ad agiro
su quella, prolungare il contatto. Se non si da tempo a que-
sta forza di agire su quella porzione di sugo di Titimaio, che
si presenta alla superficie dell' acqua, o altro fluido gommo-
resinoso, o fecula polverizzata, sostanze tutte specificamente
più gravi dell'acqua , con applicarvele a poco per volta , non
si espanderà , che quel che tocca V acqua in un istante , e
il resto rimanendo in potere della gravità, sarà costretto a
precipitare .
Dopo le fin qui esposte esperienze mi par che non resti
luogo a dubitare , che vi è fra certi fluidi (a) e sostanze so-
lide disgregate , una forza di unione che si esercita soltanto
alla superficie , la quale non ha niente che fare con le forze
fisiche finora conosciute , e che va in conseguenza distinta
col nome particolare di attrazione di superficie .
L a ESP.
(a] QueiU consrguenra viene ecKipre più confermata dall'esperienze die segone .
ò4 Dell' Adesiojse o Attraziojnte ec
ESP. xr.
In un bicchier cV acqua sì getti una gocciola d' olio ;
questa come abbiam visto ( Esp. I ) vi si distende ; dopo se
ne getti un'altra in qual parte si vuole della superficie dell*
acqua, cioè , o dove ella è spalmata dall'olio, o dove rima-
ne tuttora scoperta ; la seconda si distenderà assai meno della
prima : vi si getti la terza , e questa poco , o nulla vi si di-
laterà . Se in vece di un bicchiere si adoperi un altro vaso
qualunque con grande apertura, e in cui l' acqua in conse-
guenza presenti una superficie molto estesa , ivi sarà suscet-
tibile di espansione una niagglor quantità d' olio , ma alla
fine succederà l' istesso , dopo un termine , nessun' altra por-
zione d'olio vi si potrà distendere, onde resteravvi immobile.
Si ripeta l' istesso esperimento col sugo di Titimalo: do-
po avere applicata alla superficie dell'acqua contenuta in un
bicchiere , una goccia di sugo di Titimalo , vi se ne applichi
un'altra; la seconda invece di espandervisi^ come la prima,
si precipiterà tutta al fondo del vaso .
Succede il simile con le fecule . Si getti a poca alla
volta una presa di farina di grano , le prime porzioni si di-
stenderanno affatto sull' acqua in forma di membrana , ma
quando ne sarà rimasta coperta quasi tutta la supeificie , le
porzioni di farina , che si gettano dopo , caderanno a fondo •
Dunque 1' acqua con una data superficie non può atti-
rare sopra di se , che una data quantità d' olio , o di sugo
lattiginoso vegetabile , o di fecula ; e quando non ne attira
più , bisogna dire che 1' attrazione di quella data superficie
è arrivata al punto di saturazione . Quando poi 1' attrazione
di una data superficie è rimasta saturata , il superfluo de.U*.
olio, e della fecula, vien, dirò cosi, rigettato, onde 1' olio
rimane a galla tale quale , cioè senza uscir dai limiti della
sua sfera , perchè è specificamente piìi leggiero dell' acqua ,
e il sugo di Titimalo , e la fecula , che è specificamente più ,
ffra»
Di Gioachino Carradori. 85
grave, dee precipitare, perchè T attrazione non è capace di
li tenerne più di quella che comporta il grado di saturazio-
ne di quella data superficie .
L' esperimento seguente è una riprova della dedotta
conseguenza .
ESP. XIL
In vece di far 1' esperimento suU' acqua di una limitata
superficie, si faccia sull'acqua di una gran vasca, o di un la-
go ; vi si potrà gettar sopra olio, o fecula in quantità , e si
potrà continuare , che seguiterà sempre a diitendervisi sopra
con ristessa velocità, perchè la superficie dell'acqua, per
essere troppo estesa, non è suscettibile j dirò cosi} di satu-
razione .
Egli è un grazioso fenomeno nel far quest' esperimento
con della farina, ossia fecula di semenze cereali, sull'acqua di
ìHia molto estesa superficie, come v. g. in un fiume , in un
lago , o in una vasca , il vedere quando vi si getta la detta
fecola a mucchi ^ questi ammassi d' inerte materia , quasi
animati da un moto intestino, o brulichio espandersi sull'ac-
-qua e mostrare un' azione quasi spontanea , per cui in cam-
bio di precipitare a fondo , par che vadano tutte le particeHe
che gli compongono* a fuggire , allontanandosi scambievol-
mente , e allargandosi suU' acqua .
E il sugo di Titimalo, se si applichi alla superficie dell'
acqua corrente , si distende tutto sopra di essa e par che spa-
risca , perchè l'onda successiva gli presenta una sempre nuo-
va superfìcie , ove può dilatarsi senza limiti di saturazione •
ESP. XIII.
Si getti suir acqua contenuta in un vaso non molto
grande, v. g. in un bicchiere, o tazza, una gocciola, o due
d' olio d' uliva , e gli si dia tempo , che si allaighi quanto
vuole sulla di lei superficie , e dopo vi si applichi una goc*
cio
86 Dell' Adesione o Attrazione ce.
ciola di sugo lattiginoso di Titimalo , appena che il detto
sugo avrà toccata 1' acqua, si vedrà espandervisi , ed occu-
parne la superficie j e 1' olio ritirarsi da parte, ossia intorno
ai lati , o pareti del vaso , e riconcentrarsi tutto , riunendosi
in uno , o più piccoli cerchi , o dischi .
Se si faccia 1' esperimento inverso , cioè se il sugo di
Titimalo si ponga suU' acqua il primo, e dopo l'olio, l'olio
non vi si espanderà , né farà il giuoco , che ha fatto il sugo
di Titimalo, ma vi rimarrà tale quale.
Il fatto dimostra, che il sugo del Titimalo ha scacciato
r olio dalla superficie dell' acqua , per aderirvi egli stesso ,
e che r olio per dar luogo al sugo di Titimalo si è ritirato,
o in termini più adeguati , che la superficie dell' acqua , per
unirsi al sugo del Titimalo , con cui ella ha più attrazione ,
ha abbandonato 1' olio, onde cessata quella forza che lo te-
nea disteso , e in conseguenza abbandonato a se stesso , ossia
alla propria forza di coesione , o di aggregazione , si è dovu-
to in virtù di questa riunire in forma di circoli, o dischi,
per ceder l'area al sugo del Titimalo, e rifugiarsi ai lati del
vaso , perchè non può andare a fondo .
Il seguente più curioso esperimento sarà anche più istrut-
tivo .
ESP. XIV. '
SI faccia V istessa operazione in un altro simile vaso ,
ma in vece del sugo di Titimalo , si adoperi della farina di
grano , o di altro seme cereale , o leguminoso , e si vedrà
r olio , che prima occupava la superficie dell' acqua, jdila-
tarsi in forma di sottile vernice , restiingere la sua circonfe-
renza , in proporzione , che si estende la farina ; ma la cosa
particolare sarà, se si continui un pezzetto a gettar della fa-
rina , che in ultimo 1' olio trovandosi scacciato da tutta la
superficie, verrà obbligato a riconcentrarsi nel più stretto
spazio possibile , e riunirsi tutto in una piccola bolla , che a .J
guisa di globo o palloncino si vedrà sospeso alla sommità.
dell'
'
Di Gioachino Carradori. 87
dell' acqua vicino ai lati del vaso , ma sotto alla superficie
dell' acqua , e a contatto di essa («) •
Il fatto parla chiaro , e prova ad evidenza , die 1' olio
ha dovuto cedere la superficie dell'acqua alla farina , che vi
si è distesa sopra in forma di membiana , perchè l'acqua ha
maggiore attrazione di superficie con essa , che con l'olio;
e tanto è vero ciò , che 1' olio per cederli tutta quanta la
superficie , non solo ha dovuto radunarsi tutto in un luogo ,
cerne neir antecedente esperimento, ma ha dovuto prendere
la forma globulare j perchè, e nod essendoli permesso dalla
forza espellente , dirò così , della farina di distendersi in
piano, benché nel più ristretto giro, sulla superficie dell'
acqua , come nell' antecedente esperimento , e non potendo
a cagione della sua leggerezza andare a fondo, non gli resta-
va altro che prendere questa forma j per rimanere tutto
sotto la superficie dell' acqua .
Dunque r attrazione di superficie ha le sue afiinità .
ESP.
(«) Questo esperimento smentisce ciò
«Ile ha azzardato Foiircroy inWe proprie-
ià Fìsiche delle fecule nella sua grand'
Opera Syteme des coTìnoissances de
Cliìmie . La fecula, egli dice , quando
li getta suir acqna , gode d' una spe-
cie di movimento oscillatorio . o gira-
torio , che dura lungo tempo , e che
non £i arresta , che nel caso , che si
apponga dell' olio sulla superficie dell'
«equa .
Ma l'esperienza dimostra , che suc-
cede tutto all' opposto . L' olio non
Impedisce V espansione della fecula ,
e sia farina sull' acqua ; e in conse-
guenza non arresta i suoi movimenti ,
ma bensì la farina impedisce 1' espan-
lione dell' olio , poiché ha la facoltà ,
come fa toccar con mano 1' esperimen-
to , di scacciar 1' olio dalla superfìcia
dell'acqua .
£i possono vedere le mie ritlessionl
critiche su questo punto, inserite nel-
le Novelle Letterarie di Napoli , e
nel Gior. Letterario di Pisa , dove si
prova contro 1' opinione di Fourcroy ,
che i movimenti giratorj s'i delle fe-
cule , che della canfora , non si de-
vono , né si possono ripetere , cho
dall' attrazione di superficie . Fourcroy
è à' avviso , che i movimenti della
canfora si devano all' attrazione delle
molecole 'della canfora , dell' acqua ,'
e dell' aria , e ad un puro effetto di
combinazione fra questi tre corpi .
88 Deul,'' Adesione o Attrazione ec.
ESP. XV.
Questa si può riguardare , come fondamentale , o sia
V experimentuni crucis di Bacone , perchè è decisiva , né la-
scia luogo a dubitare j o da obiettare contro 1' attrazione di
superficie .
Si prenda nn bicchier d'acqua, e ri si versi sopra dell'
olio d' uliva ben chiaro, e fluido in quantità, acciocché vi
si alzi da un pollice, o due ^ e anche più, se uno vuole ■,
poi vi si getti una goccia , o due di sugo di Titimalo , e se
questo non va a fondo ^ si obblighi, cacciandolo sotto l'olio,
a precipitare ; si vedrà il detto sugo lattiginoso , che in for-
ma di globetti j o piccole sfere, attraversa 1' olio, quando è
arrivato alla superficie dell'acqua, parte espandersi sulla su-
pei-ficie medesima j nonostante, che sia occupata dall' olio,
cioè formare un piccolo strato , o sottile velo sull'acqua fra-
ir.ezzo all' olio , e all' acqua , e il resto precipitare al fondo
dell' acqua in forma di tortuosi filamenti .
È vero , che 1' espansione non succede così ampia ed
energica , come quando vi è sull' acqua distesa una vernice
soltanto di poche gocciole d' olio , come nell' Esp. XIII ,
ma però , o poco , o assai costantemente succede . I globu-
letti 5 o piccole sfere , in forma delle quali cala giù a tra-
verso dell'olio il sugo del Titimalo, appena che toccano la
superficie dell' acqua , si rompono ed espandonsi alquanto
formando un piccolo disco sulla superficie medesima , e tan-
to appunto , quanto ne può attirare 1' attrazione di superfi-
cie d' un piccolo istante ( Esp. X ) , e per quanto lo per-
mette la resistenza che gli oppone la viscosità e la gravi-
tà, o pressione dell' olio sopraincunibente i e il resto va a
fondo .
ESP.
Di Gioachino CARRAXoni . Si
ESP. XVI.
Si prenda un piattino da caffè ben pulito e netto ; e
si riempia d'acqua pura, cioè che non abbia servilo a nes-
suna sorte di lavanda , poi vi si gettino sopra pochi minuz-
zoli di canfora ; cpiesti faranno al solito i loro movimenti gi-
ratorj scorrendo qua e là sulla superficie dell' acqua ; dopo
vi si getti una gocciola d' olio d' uliva , questo ricuoprendo
al solito l'acqua di una vernice scaccerà la canfora, e arre-
sterà i suoi movimenti ; dopo, lì dove rimane scoperta la su-
perficie dell' acqua , si getti una gocciola d' olio di noce ,
egli si distenderà non ostante 1' olio d' uliva , e lo allontane-
rà alquanto ; dopo si getti una gocciola d' olio essenziale ,
o sia olio volatile di lavendula , o altr' olio aromatico ; vi si
dilaterà pur nonostante , ed obbligherà a ritirarsi gli altri oli
fissi ; finalmente vi si applichi una goccia di sugo lattiginoso
di Titimalo , egli in un'istante si impadronirà delLi superfi-
cie dell'acqua , e spingerà tutti questi olj riuniti ai lati dal
vaso; se in ultimo vi si getti adagio adagio una piccola pre-
sa di farina di grano, o altra semenza cereale, ella vi si di-
stenderà poco , ma vi si distenderà pur non ostante , ed ob-
bliglierà in conseguenza a ritirarsi tutti gli altri fluidi che
aveano occupata la superficie dell' acqua .
Ecco parecchie sostanze , ciascuna delle quali ha un dif-
ferente grado di attrazione di superficie con 1' acqua , poiché
la canfora, che è un olio volatile concreto, mediante 1' es-
pansione del quale ella fa i suoi movimenti sulT acqua, ce-
de la superficie dell' acqua all' olio d' uliva , V olio d' uliva
all' olio di noce, l'olio di noce all' olio volatile di lavendu-
la , questo al sugo di Titimalo , il sugo di Titimalo alla fa-
rina di grano .
Dunque si potrà formare una scala, o tavola delle affi-
nità , che ha 1' attrazione di superficie dell' acqua con le so-
stanze oliose, e in questa nell'infimo posto dovrà segnarsi la
Tomo XI. JM can-
8a Dell' Adesione o Attuazione ce.
canfora , poi 1' olio d' uliva ^ poi V olio di noce , poi 1' olio
aromatico- di lavendula , o altro olio simile , poi il sugo di
Titimalo , poi la^ fecula delle semenze cereali ; per altro fra
queste e il sugo lattiginoso dei Tilimali noir^assa tanta dif-
ferenza ^ quanta ne passa fra il detto sugo, e gli olj; poiché
la detta fecula non si espande che con difficoltà sulla super-
ficie dell' acqua saturata del sugo di Titirnalo , benché d' al-
tronde egli è certo , che il sugo di Titimalo ha meno affinità
della detta fecula colla superficie delT acqua , perché il sugo
di Titimalo non si espande suU' acqua , quando vi è sopra
qualche sorte di fecula .
Se si eseguisca quest' operazione in una gran vasca , o
altro luofTO , ove l'acqua abbia grande estensione ^ ognun ve-
de , che non può succedere un tal fenomeno , a causa della
quasi illimitata estensione di superficie, che non ammette
saturazione .
ESP. XVII.
Si prenda del pui'o e ben netto mercurio , e si versi
in un bicchieie , o altro simile recipiente, e poi vi si getti
sopra una gocciola d' olio d' uliva , vi si distenderà sopra in
forma di vernice , come suU' acqua , ma un poco più lenta-
mente : se in vece d'olio d'uliva si prenda olio di noce ^ vi
si distenderà più prontamente, e più dell'olio di noce l'olio
volatile di lavendula , o altro simile .
Il sugo di Titimalo pure vi si distende , come sull' ac-
qua, ma assai più adagio, e lo ricuopre di una ben sensibi-
le vernice ; sul mercurio si distende ancora l' olio concreto ,
di cui è formata la canfora, benché l'occhio non abbia cam-
po di ravvisarvelo , a cagione della sua eccedente volatilità ,
e produce, mediante questa espansione , quei movimenti del-
la canfora j che si osservano sull' acqua j ma assai più de*
boli .
Le fecule vi restano immobili , se non si sciolgano in
molta acqua ; allora gettatavi una goccia di quest' acqua lat-
tici-
Di Gioachii^o Carradori . 83
tiglnosa vi si distende qualche poco , ma -con difficoltà , e
lentissitiiamente .
E chi volesse una prova palpabile della forza con cui
si distendono sul mercu)io le dette sostanze , e si impadro-
niscono della di lui superfìcie , può ripeter 1' esperimento
(III) , che vi succederà come sali' acqua .
ESP. XVIII.
SI applichi alla superficie comunque ampia di una quan-
tità di mercurio una gocciola d' acqua , ella vi si manterrà
immobile-, né dilaterà mai i suoi confini. In vere d'acqua si
prenda qualutiquealtro fluido, purché non sia olio, o di na-
tura oleosa , come 1' etere , o non contenga un olio , o resi-
na comunque combinatavi j non si vedrà avervi luogo dilata-
zione alcuna .
Dunque vi è fra le sostanze oliose e il mercurio un' at-
trazione di superficie, come tra queste, e l'acqua, la quale
attrazione non si manifesta con tutte le a|tre sostanze non
oliose , come non si manifesta fra le sostanze , che non con-
tengono un olio, o che non ne siano state imbevute , e la
eupcrficie deli' acqua ( Esp. I e II ) .
ESP. XIX.
Si infonda del mercurio in un tubo da barometro di
queir altezza, che uno vuole, e quando è pieno in fino in
cima, si applichi sul mercurio medesimo una gocciola d'olio
d' uliva , o di sugo di Titimalo , questa si espandeià poco
e adagio , a cagione della ristretta superficie : ma se quest'
istesso mercurio purgato dalT olio si versi in un recipiente
espanso, e vi si applichi un'altra gocciola d'olio, o di sugo
di Titimalo simile alla prima, allora vi si distenderà più, e
più prontamente .
Dunque 1' attrazion , per cui 1' olio , o il sugo di Titi-
M a ma-
84 Dell' Adesione o Attjìazionh ec.
malo si espanàe sul mercurio, non ha rapporto eoa la quan-
tità , ma con la superficie del detto fluido .
ESP. XX. '
Su del mercurio confinato in un bicchiere , o in altro
piccolo vaso si posi una gocciola d' olio , ella si spanderà per
un buon tratto e lo cuoprirà di un sottilissimo strato ,
come si è visto (Esp. XVII) , dopo, li dove la superficie del
mercurio è tuttora scoperta , o altrove , se piace , se ne po-
si un' altra , questa poco o nulla si distenderà , e molto
meno la terza . Il sugo di Titimalo, o altro fluido olioso , o
gommoresiiioso si diporta nell' istessa maniera.
Si vede da ciò , che una data superficie non è suscetti-
bile che di attirare e distendere sopra di se una data quan-
tità di fluido oleoso , e che il di più lo lascia nello sta-
to di quiete naturale , il che vuol dire , che una data quan-
tità di fluido oleoso arriva a saturare la forza di attrazione
della superficie di una data estensione .
E quando si mettano a cimento dei gran vasi di mer-
curio , ognuno si potrà egualmente sincerare , che quest' ef-
fetto va sempre di concerto con 1' estensione di superficie
del fluido metallico .
ESP. XXI.
Dopo avere applicato alla superficie del mercurio confi-
nato in un piccolo recipiente , come nell' esperienza antece-
dente , una gocciola di sugo di Titimalo , vi si applichi una
gocciola d' olio d' uliva , o di altra specie : si vedrà disten-
dervisi 1' olio d' uliva , ed espellere il sugo di Titimalo già
disteso 5 ed obbligarlo a riconcentrarsi.
L'esperimento mt)stra chiaro , che l'attrazione di super-
ficie del mercurio, come dell'acqua, ha le sue affinità; ma
al contrario dell' acqua il mercurio ha piìi attrazione di su- il
perficie coli' oliOj che col sugo di Titimalo, e per questo |l
1' oHo
Di Gioachino Carradori . 85
l'olio scaccia il sugo di Titimalo di sopra al mercurio, nien^
tre sull'acqua il sugo di Titimalo scacciava 1' olio.
Ed Iti riprova di ciò, se dopo aver gettato sul mercurio
una gocciola d'olio, se ne getti una di sugo di Titimalo, si
yedrà che noa vi si dilata .
. ESP. XXIL
Su del mercurio ben purificato contenuto in una tazza
0 altro recipiente non tanto angusto, si gettino da prima dei
minuzzoli di canfora, e quando fanno i loro movimenti (Esp.
tXVlI ) vi si applichi una gocciola di sugo di Titimalo, que-
sto si espanderà , e la canfora arresterà i suoi movimenti ;
dopo vi si applichi una gocciola d'olio d'uliva, si ritirerà il
sugo di Titimalo , e si espanderà 1' olio d' uliva , dopo vi si
applichi una gocciola d' olio di noce , e si vedrà ritirarsi
r olio d' uliva ed espandersi l' olio di noce , finalmente vi
si applichi una gocciola d' olio aromatico di lavendula, o al-
tro olio volatile , egli avrà la preferenza su tutti gli altri
olj , e scaccierà anche l' olio di noce .
Noi dunque abbiamo un esempio delle diverse affinità , ché^
.ha la superficie del mercurio con le sostanze oliose , in cui
r ordine è il seguente : canfora, ossia olio volatile di canfo-
ra concreto , sugo di Titimalo, olio d' uliva, olio di noce,
. «ho aromatico velatile di lavendula (a) .
ESP. XXIII.
Si rìcuopra la superficie del mercurio contenuto in un
va-
(o) Tanto con rpiesta esperienza ,
che con l'Esperienza (XVI), io non ho
inteso , che di far vedere la possibili-
tà di creare una tavola dell' affinità ,
ossia differenza di gradi d' attrazione
dei Illùdi oliosi j sì con la Mipcrficie
dell' acqua che del mercurio , e noQ
già ho preteso di dare una completa
ed esatta tavola dell' affinità di tutti
i fluidi oliosi , o sostanze oliose con
la superficie dei suddetti fluidi, mer-,
e lulo e accana .
86 Dell' Adesione o Attuazione ec.
vaso qualunque , di acqua pina all' altezza di qualche polli-
ce , poi vi si tuffi bruscamente del sugo di Titimalo , acciò
vada a fondo ; questo arrivato a posarsi sulla superficie del
mercurio vi si espanderà sensibilmente j allora con un cannel-
lo , o tubo di vetro capillare , che sia stato preventivamente
ripieno d' olio d' uliva , o di noce , o meglio di olio volatile
di lavcndula , per succhiamento, si applichi, espellendolo
per mezzo del fiato , una gocciola d' olio alla superficie del
mercurio in vicinanza al sugo del Titimalo, si vedrà, nono-
stante la pressione dell' acqua , distendersi 1' olio sopra il
mercurio, scacciare al solito il sugo di Titimalo, e formare
uno strato intermedio , ben discernibile fra il mercurio e
r acqua .
' L' esperimento mi par che provi definitivamente 1' esi-
stenza dell' attrazione di superficie del mercurio con gli olj ,
poiché esclude la possibilità di qualunque cagione , di cui si
poteva sospettare 1' influsso nella produzione dei sopra espo-
fiti fatti { XVII , XVIII , XIX , XX , XXI , XXII , ) .
ESP. XXIV.
Si scelga lina lastra di ghiaccio ben liscia e cristallina, e
ad una temperatura di qualche grado sotto il gelo vi si appli-
chi una o più gocciole d' olio di diversa specie , sì fisso , che
volatile j sì fluido, che concreto, come la canfora, eccettua-
to il Petriolio, la Nafta, l' olio essenziale di Trementina, e
r Etere ; queste non si espanderanno al solito , come suU'
acqua e sul mercurio , ma rimarranno nei suoi confini , e la
canfora resterà immobile.
Il Petriolio, l'olio essenziale di Trementina, e l'etere,
è vero che non vi restano inerti , ma vi si espandono appe-
na , e non nella vistosa maniera, con cui si espandono suU' i
acqua . I
Ma se il ghiaccio sia in una temperatura appena supe- !
riore al gelo, onde si fonda, benché lentissimamente, Y olio;
spe- I
.1
Di Gioachino Carradori . 87
gpccialmente velatile applicatovi a gocciole si distenderà al-
quanto suir umida superficie di esso, e nelP estendersi scac-
cierà in giro 1' acqua superflua , che di mano in mano sco-
ia . Neil' istessa maniera si comporteranno dei minuzzoli di
canfora : applicandosi coi loro aliti oliosi alla superficie ac-
quosa del ghiaccio , allontaneranno parimente 1' acqua super-
flua , e faranno nascere sul «ghiaccio tante ar;e quasi circola-
ri , di cui essi occuperanno il centro .
Dunque 1' attrazione di superficie dell' acqua con le so-
stanze oliosCj sussiste finché F acqua è nello stato di fluido;
quando nella congelazione prende la forma di solido, si vede
che ella cessa affatto, almeno con la maggior parte , poiché
la Nafta, e 1' olio essenziale di Trementina , e l'etere, mo-
strano di avere dell' attrazione di supexficie anche con alcu-
ni solidi levigati [a) .
Chi
[a\ La Nafta , 1' olio essenziale cU
Trementina , e V etere si distendono ,
positivi in forma di gocciole, sui jiia-
ni solidi levigati , dei cristalli , e dei
metalli , ma con più lentezza , che
sull'acqua o sul mercurio , onde egli
è manifesto , che vi è fra loro un' at-
trazione di superficie , ma meno for-
fè , che con 1' acqua e col mercurio.
Questi tre fluidi oliosi soltanto , e
non altri , per quel che ho speri-
mentato, danno marcati segni di avere
dell'attrazione di superficie con i siid-
dietti solidi levigati . Il sugo di Titi-
Itialo , che è si energico siili' acqua ,
Testa inertissimo sulla superficie di
essi solidi , molto più gli olj fissi .
Cosi sui dischi , o piani Jfeae in-
Terniciati si distendono i suddetti flui-
di ; ma questi hanno un difTerente
grado di afìiniti eoa la superficie di
essi solidi , poiché 1' uno scaccia 1' al-
tro , cioè r etere espelle dalla super-
ficie r olio essenziale di Trementina ,
e l'olio di Trementina la Nafta.
Ma benché gli oli fissi non abhia-
no , come ho detto, ima marcata fa-
coltà di espandersi sulla superficie dei
piani solidi levigati , pure ci sono dei
fatti, che mostfaa chiaro, come ho
rilevato altrove ) Rijlessioni sopra
VEsperìcn. di Prevost ) , che hanno un'
evidente disposizione ad aderirvi , o
ruban il posto ossia la superficie a dei
fluidi , quando vi sono adesi . Co-
s'i succede v. ^. se con dito unto
d' olio d' uliva si tocchi un piatto in-
verniciato immollato , ossia spalmato
d' acqua , si vede che 1" olio, li dove
è stato applicato alla superficie del
piatto, scaccia lo strato dell'acqua, che
vi è adeso per prendere il suo posto »
86 Delì' Adesione o Attrazione ec.
Chi sa , che questa nuova cognizione rapporto alle qua-
lità di solido, e di fluido, non ci conduca a delle nucnre
verità sulle proprietà generali dei corpi ?
Non so, se il mercurio, passando allo stato di solido per
congelazione, osservi la medesima legge, cioè perda 1^ attra-
zione di superficie con le sostanze oliose ( Esp. XVII. ec. );
uè è cosa , secondo me , eseguibile lo sperimentarlo sul
mercurio , come sul ghiaccio , a causa della eccessivamente
bassa temperatura, in cui resta congelato.
Pochi altri fluidi dopo V acqi^a ho ritrovato , che mo-
strino di avere dell' attrazione di superficie con le sostanze
oliose , e sono il vino , e 1' aceto , e con questi si potrebbe-
ro istituire degli esperimenti , simili a quelli che ho descrit-
ti , per confermare le medesime proposizioni. Ma ciò mi sem-
bra superfluo , onde basterà , che io accenni quel che ho
ravvisato in essi di particolare , quando delle sostanze oleose
vengono al contatto della loro superficie.
L' olio d' uliva non si distende che appena sul vino , e
sull'aceto, come si è visto ( Esp. I. ), e la canfiira non vi
fa che dei piccoli movimenti , ma bensì 1' olio di noce , e
r olio volatile di làvendula , e altri oli volatili vi si disten-
dono francamente . Anche il sugo di Titimalo vi esercita la
medesima padronanza che sul!' acqua, e caccia via qualunque
olio , che ne abbia ingombrate le superficie : onde pare che
il vino j e r aceto non abbiano attrazione di superficie con
Y olio d' uliva , o al più pochissima , ma che 1' abbiano ia
tm grado eminente con 1' altre oliose sostanze .
Ma nessun'olio, o fluido oleoso comunque, e sotto qua-
lunque forma , si dilata sopra altri fluidi , che sopra i men-
tovati . Il sugo di Titimalo, che si espande con tanta energìa
sull'
I
Onde si jiuò «vere lina tavola , o
frrie dell' attrazione di superficie an-
che dei fluidi co' piani solidi levigati,
e in questa nell' infimo posto sarebbe
r acqua , poi I' olio di uliva , poi la
nafta , poi 1' olio essenziale di Tre
mentina , e in ultimo V etere .
Di Gioachino Carradori . 89
suir acqua, sul vino, e sull' aceto , non fa nessun gioco
suir alcool , ne sull' etere , né suU' olio , uè sugli acidi con-
centrati in forma fluida, nò sopra gli alcali fluori ec. ec. Co-
si neppure la canfora , che fa sì bene i suoi movinìenti sull'
acqua in virtù dell'olio clie ella vi espande , non ne fa nes-
suno , né sopra gli acidi (a) , né sopra gli alcali, né sopra gli
Tomo XI. N oli ,
[a] Bensì la canfora fa i suol movi-
menti sullo zolfo fuso e gli fa , come
io me ne sono assiemato , in virtù
dell' attrazion di superficie , che ella
ha, o per dir meglio 1' olio, di cui è
formata 5 con lo zolfo in stato di flui-
dità .
Difattl si osserva , ciré nel fare i
suoi movimenti sul detto fluido , la
canfora per mezzo di uno strato di
olio , di cui ne ricuopre per un pic-
colo tratto la superficie, scaccia tutt'i
corplcciuoli che vi nuotano sopra e
gli allontana in giro , come sull' ac-
qua , e sul mercurio , il che non po-
ti chbe succedere se 1' olio di cui
TÌòulta , non fosse chiamato dalla fer-
ia di attrazione a distenderòi sopra
10 zolfo .
Cosi tutti gli olj , specialmente vo-
latili , quale più quale meno , si di-
latano sulla superficie dello zolfo Ai-
to , benché si uniscano poi ad esso .
11 sugo lattiginoso dei titimali non
▼i si distende sopra , come sull'acqua,
e sul mercurio , a causa del calore ,
che lo dissecca , uè gli da tempo di
dilatarsi : ma quando lo zolfo è molto
raffreddato , ed è vicino a consolidar-
si , dà anche il detto sugo manifesti
indizii di volersi distetulere , poiché
6i vede foi'marsi un' area circolare ,
come una specie di velo , o strato ,
intorno alla gocciola di detto sugo ,
che si è gettata sopra lo zolfo fuso .
Dal che si rileva , che la sua dilata-
. zione è impedita dal calore dello zol--
fo fuso , che no evapora la parte ac-
quosa , da cui dipende la fluidità del-
la gomma resina , di cui è composto
( Esperienze ed osservazioni sopra il sugo
lattiginoso delle Piante noiirali ec. ) .
Ma gli olj danno più attrazione di
superficie della canfora con lo zolfo
fuso , poiché fanno cessare i di tei
movimenti sopra di esso , come gli
fanno cessare sull' acqua , e sul mer-
curio . Si gotti V. g. una gocciola , o
due d' olio volatile di lavendola sullo
zolfo fuso , allorcfuando più minuzzoli
di canfora vi fanno sopra i loro mo-
vimenti , si vedrà distendersi il detto
olio , e qualora si sia gettato vicino
ad essi , inviluppare nello strato olio-
so , che sì forma sullo zolfo , i detti
pezzetti di canfora, e sospendere i lo-
ro movimenti , i quali ricominciano
subito che Io strato dell' olio volatile
si è dileguato per evaporazione .
Per altro non pare , che gli olj fissi
abbiano un'affinità tale con la super-
ficie <lello zolfo fuso da scacciarne
l'olio dalla canfora , come sull'acqua ,
e sul mercurio , poiché gettata una
90 Dell' Adesions 0 Attrazione ec.
oli , riè sopra 1' alcool , né sopra 1' etere . Onde bisogna dire,
che r attrazione di superficie ha luogo fra le sostanze olio-
se , e certi fluidi solamente, come V attrazione chimica si
esercita fra alcuni reagenti soltanto .
Guyton Morveau disse , che 1' Adesione non è che il
primo effetto , 0 il primo istante dell' Attrazione chimica , o
af-
gocciola d' olio <1' uliva sullo zolfo fu-
so accanto a dei pezzetti di canfora ,
che facevano i loro movimenti , 1' ho
visto distendervisi appena, e non avea
forza da urtare !a superficie all' olio
della canfora , ed arrestare cosi i di
lei movimenti . Seppure non gli è ciò
impedito dal calore dello zolfo fuso ,
che alteri in qualche maniera la sua
fluidità , o costituz-ione .
La canfora non fa nessun movimen-
to sulla cera fusa , ma resta subito
inghiottita . Sulla pece greca , o colo-
fonia fusa 5 dà nel primo istante segni
di qualcuno dei soliti movimenti gira-
torj , ma poi s' immedesima con essa :
lo che si accorda molto bene con
1' opinione dei Chimici moderni , qual
è , che la cera è un olio fisso ossige-
nato , 0 termossìgenato , polche anche
con gli altri olj la canfora non mani-
festa nessuna sorta di attrazione di
superficie , non facendo sopra di essi
il minimo movimento .
La canfora fa i suoi movimenti an-
che sulla superficie dei metalli fusi ,
come io per mezzo di diligenti repli-
cate osservazioni mi sono assicura-
to . Gettinsi dei bricioli , o pezzetti
di canfora sulla superficie dello sta-
gno , o del piombo fuso , con 1' avver-
tenza di render prima ben pulita , e
netta la loro superficie , si vedranno i
detti pezzetti fare le loro escursioni ,
e movimenti simili , o quasi simili a
quegli , che fanno siili' acqua , e sul
mercurio ma per un istante : dopo ,
siccome mediante il calor del metallo
la canfora si fonde in olio , allora si
move rotolando sopra di essi , corno
r acqua sulla superficie rovente dei
metpUi . Questo , che è un semplice
effetto del calore , si ottiene ancor
quando il metallo è consolidato , e
conserva sempre un grado di calore
tale da fondere la canfora . Del re-
sto j comunque siasi tersa e lucente
la superficie di qualunque metallo , e
quand' anche sia riscaldato , ma non
da produrre la fusione della canfora ,
i pezzetti di canfora , che vi si getta-
no sopra , restano sempre immobili
affatto . Il che dimostra , che 1' attra-
zion di superficie fra 1' olio della can- ■
fora e i metalli , sussiste fintantoché '■
si mantengono in stato di fluidità .
Ho sperimentato , che gli olj si di-
stenderebbero pure sulla superficie dei
metalli fusi, ma il calore, che gli de-
compona nell" istante , gli sorprende
neir atto che cominciano a, distea»
deiviòi .
9
Di Gioachino Cariiadori • 91
affinità (a) . L' esperienze da lui fatte con applicare diversi
metalli con egual superficie al mercurio , e notare i diversi
gradi di forza , con cui vi stanno attaccati , lo condussero a
questa falsa conclusione . La forza , con cui i metalli staimo
uniti alla superficie del mercurio , non è Adesione , o Attra-
zione di superficie , ma è effetto della facoltà j che ha il
mercurio di attaccargli e dissolvergli , come 1' acqua i sali ,
in somma ella è attrazione chimica . L' Adesione , o Attra-
zione di superficie è differente da questa forza, cioè .dall' af-
finità chimica . Non è vero , che 1' affinità sia un' adesione
ad un grado capace di produrre dissoluzione , onde non è
possibile, come lo crede Guyton , estimare i rapporti delle
affinità per i rapporti delle adesioni ; poiché V adesione o
attrazione di superficie ha luogo fra sostanze , che non han-
no nessuna affinità chimica fra loro, come si è visto fra l'ac-
qua e 1' olio , e fra il mercurio e V olio ( Esp. I , Il , e
XVII , ) , e d' altronde si è toccato con mano ( Esp. V, VI ,
XIX , ) , che questa forza non ha rapporto con la materia ,
ma soltanto con la superficie .
Farmi di aver dimostrato abbastanza il mio assunto . Io non
ho avuto ricorso a nessuna ipotesi, né ho azzardato congettu-
re o illazioni , ma ho soltanto esposto dei fatti , ed ho tira-
to da essi le conseguenze , che ne venivano di ragione ; on-
de credo , che niuno ne possa dubitare . Forse sarò stato
troppo prolisso e minuto , ma ciò era necessario , per dimo-
strar conjjgore delle cose che per la novità meritavano la
più severa discussione .
N a LET-
(a) Enciclopedie Methodiqiie , Mot. Adhesion , pag. 468.
9*
LETTERA
Di Giovanni Fabbroki
à. Pompilio Pozzetti belle Scuole Pie .
Ricevuta il dì ag Settembre i8o3 .
iJa Biblioteca è un comodo sì utile al Filosofo, e sì neces-
sai'io al Letterato , che menta veramente dalla umana socie-
tà tutto quel riguardo che le vediamo accordato .
La invenzione felice della carta lintea, e bombacina ,
dovuta alla Italia (a.) , quella felicissima della stampa che
r Italia sin dal suo nascere favori cotanto , facendo abban-
donare j pupillari di legno , cera , e avorio , non meno che
le lamine di piombo , i volumi di pergamena , pelli incera-
te j e papiro, Iran concesso che in minore spazio e con or-
dine migliore si raccolga un numero maggiore di produzioni
letterarie , e sembrano aver concesso di conservarli , come
di moltiplicarli ^'lù ficilmente . Ma per quanto sia certo que-
sto secondo resultato , altrettanto resta equivoco e dubbio-
so il primo ; poiché i pugillari , i volumi sembrano più su-
scettibili che i libri di una lunga conservazione, perchè inal-
terabili 5 o almeno offendibili da un minor numero di distrut-
tori animali erano i primi; e perchè i secondi si solevano
tenere involti in separati sacchetti . I libri chiedono certa-
mente cura maggiore ; e la pivi utile ( che pur contribuisce
a logorarne le carte ) è quella di un consulto frequente pel
quale si disturbano e distolgono gli Insetti, e dal procreare,
e da 1 pascersi .
Voi
(n) Se vero sia ciò che Plinio rac-
conta , cioè che i libri trovati nel se-
polcro di Numa fossero cartacei , non
dorrà l' Italia 1' Invenzione della car-
ta agli Alessandrini , cui si attribuì-
sce , né agli Arabi che si supposero
averne avuta idea dalla China k .
Di Giovanni Fabbiioj!I. 9"^
Voi che presiedete, degnissimo Padre Pozzetti, ad una pub-
blica e celehre Biblioteca , in un Paese ove regna taiilo
amore per la lettura , non avrete dovuto quanto nie^ dolervi
del guasto cui van soggetti i libri poco frequentemente ma-
neggiati e smossi , come debbono esserlo quelli generalmen-
te di ogni Biblioteca privata , che all' uso di pochi si attri-
buiscono . Ma siccome anco le Biblioteche pubbliche e più
frequentate, han tali libri, che T età , o l'argomento rendo-
no poco richiesti , e che pur si vogliono e conviene conser-
vare, può forse non dispiacervi di conoscere alcuni espedien-
ti , che sonosi qui praticati con favorevol successo , sia per
garantir meglio gli scaffali ed i libri dalle mascelle divoratrici
degli Insetti , sia per restaurare quei manoscritti e stampe
che in qualche modo fossero già danneggiati : e se tutto ciò
sia superfluo alla diligenza usata in codesta Biblioteca insi-
gne , potrà non essere inutile ai vostri Amici ai quali" se co-
eì vi piace, potrete comunicarlo .
Vi sovverrete che il Museo Reale di Firenze possiede
una piccola Libreria relativa alla sua istituzione , destinata a
raccogliere quei libri di Matematica, di Fisica, di Anatomia,
di Storia naturale ec che utili ^i reputano per la classazione
degli Esseri in lui compresi , per V effettuazione delle anato-
miche cere, per la costruzione di Strumenti ec. Sono essi dis-
posti per sesto e per materia; e due Indici, alfabetico l'uno,
metodico l'altro, ne mantengono l'ordine, e ne facilitano il
ritrovamento . Questa facilità sì comoda che dà luogo a smuo-
vere appunto il solo libro- che occorre ; e 1' esser la stanza ri-
volta al mezzo giorno , con ampie porte, che si aprono sul
giardino , han favorito 1' ingresso e la moltiplicazione de^li
Insetti in modo , che tornando io da Parigi, dopo un anno di
assenza , trovai tal guasto prodotto nei legnami [b), e mobi-
lia
[l] Le iloratnre , il gesso , i colori | delle tante specie di legni tra orientali ,'
d' indaco, biacca ec. non Talsero a di- j e nostr^li che sono usati alla costru-
fcadcrc i legni bianchi dal tarlo ; e i zione degli strumenti , non trovai inat-
g4 "Lettera
lia dai Dermesti , e da numerose larve di Efemere nei libri,
che ne credei quasi irreparabili i progre-si alla total distru-
zione . Vidi la necessità di ,far guerra a questi esseri distrut-
tori , e ne divisai subito gli espedienti. Furono primieramen-
te chiusi con stucco e cera i forellini dei legnami a princi-
pio , ma nuovi tarli vedevansi sorgere per occulte vie ben
poco appresso . Mi convenne risolvere di render loro mici-
diale qualunque punto del legno che osassero di addentare .
I legni ordinar] furono tinti in orpimento a olio , o a col-
la : i legMJ fini delle impellicciature , o in massetto; e gli al-
tri feci una volta al mese ungere con olio di oliva nel quals
era bollito arsenico sin che il colore e 1' odore annunziasse
fatta la soluzione . Diminuirono subito i Dermesti , e si vi-
dero finalmente sparire . Non potevasi , né era prudente usa-
re di simil mezzo su i libri , la cui sola polvere naturale vie-
ne riputata mal sana agli Studiosi . Provai ad ungere di ac-
qua ragia il dorso dei libri e le guardie : le Efemere ab-
bandonarono tosto il loro domicilio, e si vedevano vagare su
eVi orli delle scansie . Ma svaporato quell' olio volatile , tor-
narono a svilupparsi di nuovo . Ne venne la necessità di ri-
legare i libri più preziosi e mal conci ; ed allora pensai a
garantirli dal contagio dei vicini già infetti. Mi rammentai una
antica osservazione , e ne trassi util partito : questa fu di
aver veduto restare illeso un cartone , tra molti altri tarma-
ti , perchè nella pasta , o colla di farina servita alla sua co-
struzione io aveva introdotto tre once di terebintina liquida
per libbra . Prescrissi adunque che fosser fatte le nuove le-
gature con cartoni di getto , ossia in pasta formati alle car- y
tiere , ed incollati non con pura farina , ma col mescolo so-
praindicato . Ai Manoscritti usai in oltre la precauzione di
porre una foglia di stagnola tra il cartone e la coperta , nel-
la persuasione che, tra noi non essendo le Formiche bian-
che
taccate che il cipresso, il mahogani , 1 Trovai forato l'ulivo, il brasiletto, il
r ebano , il sandalo , il legno santa . | noce , il pero , il noce d' India ec.
Di Giovanni Fabbrohi . g5
elle , niim Insetto paesano abbia forza di rodere il metallo [e) .
Felicissimo fu 1' esito di queste facili precauzioni ; e i iilii
nuovanienie legati sono rispettati dagli Insetti , che ne assa-
lirono alcuni ancorché non coperti , e meramente cuciti ,
senza che la farina ne allettasse al pasto, perchè ristretti tra
altri già tarmati nelle loro legature antiche .
La pasta , o colla di farina unita alla terebintina acqui-
sta due qualità non spregevoli ; 1' una di distendersi con faci-
lità maggiore j ancorché più tenace; T altra di non inacidire,
.e muffare. La pii:X preziosa al caso nostro è quella di durar
lungamente ad esalare l'olio suo volatile, mortifero, o sp;a-
(Cente agli Insetti ; e poi , resinificandosi nel suo ultimo di-
seccameiito , rende inattaccabile la farina alla loro voracità.
Giova , anco singolarmente alla lunga preservazione dei
libri il preferire nella loro coperta le pelli Russe , quando si
può, le quali riescono ingrate agli Insetti, per cagione sena'
altro della loro concia , e non vedonsi mai tarmate •
Fin qui vi ho parlato di preservazione : ma i libri già
danneggiati han bisogno di ristauramento . Noi avemmo otti-
mi ristauratori in questa pubblica e preziosa Biblioteca Lau-
renziana , e specialmente nell'or mancato Pietra Ciatti. Quest'
Uomo destro e culto restaurò codici cartacei, papiri, e mem-
brane con una impareggiabile felicità, e per la diligenza sua,
e per la maestria somma di imitare perfettamente ogni carat-
tere , e per la intelligente sagacità nel profittare opportuna-
mente delle abbreviature usitate per far capire precisamente
nel determinato spazio ciò che del testo manca . Ne fan fede
vaij Codici 5 da lui anco ridecorati con gli arabeschi , e let-
te-
le) Un Uffiziale Inglese rhe ebbe par-
te alla presa di Ceilan mi raccontò che
nel rendimento del conti si trovò una
partita di 6ooco tolleri consumati dal-
le Formiche ! Gli domandai cosa cre-
deva di questa soverchieria ; ed Egli
aeteiì di pensare che avesse un leg-
giero fondamento di verità , poiché al
suo astuccio di strumenti matematici in
gran parte in ottone, aveva osservato
dei logoramenti che doveva attribuire
a addentature di quegli insetti . Vi so-
no dei Litofagi, vi possono essere dei
Metallofagi ,
96 Lettera
tere clorate , che alle antiche punto non cedono , e forse an-
co le superano in splendore e heiiezza .
Sono rimarcabili tra gli altri suoi restauri, quello di un
Tito Livio del Secolo XIII, e di un Commentario sopra Giob-
be del secolo XIV . La esattezza nella imitazione del caratte-
re non è inferiore a quella celebratissima fatta all' insigne
Virgilio Aproniano dal suo Predecessore (della Santa ), cui
mancava un quadernetto , i! quale solo ci resta in ricordanza
di quel prezioso Codice, che desidereremmo esistente tutt'ora
in qualunque pubblica Libreria .
Sorpreso ed oppresso da malattia incurabile i' abilissimo'
Ciatti , fu premuroso il Governo di conservare ciò che Egli
chiamava il suo segreto ;, cioè il resultato dei suoi moltiplici
tentativi per rinvenire un' arte che reputossi perduta , ed io
fui incaricato di raccoglierlo dalla sua stessa voce , poco avan-
ti che intieramente mancasse. II. Ciatti si prestò con lealtà,
e ne fu generosamente ricompensato con una elargizione im-
mediata , e con una pensione vitalizia assegnata alla sua fa-
miglia . Furono anco acquistati a spese Regie , dopo sua mor-
te , gli utensili e strumenti , che restano depositati nella Bi-
blioteca di S. Lorenzo a vantaggio dei Restauratori che gli
succedono. Il Governo, animato dal sentimento che in tutto
Yuole il vantaggio comune, permise che fosse reso pubblico ii
metodo , per cui il defunto Ciatti si bene riesci nei rifare le
antiche dorature su i codici , ed io qui quasi con le sue stes-
se parole a voi 'or lo trascrivo. Voi già ben comprendete
che lo splendore e la durata delle opere dorate sulla carta
e pergamena, col rilievo che avevano le antiche, non da al-
tro dipende che dal disporre un letto di materie sotto all'oro,
che 1' oro tenacemente ritenga , che sia cedente al brunitojo .
che deve dare il lustro al metallo , e che flessibile resti
sempre quanto la carta , ed il metallo medesimo . Tale par-
mi debba essere 1' artifizio usato dai Chinesi per dorare quel-
le sottilissime strlsciuole di carta , che frammischiate si ve-
dono nel tessuto di alcuni dei loro drappi e veli , e che ren-
do-
I
Di Giovanni Fabbroni . Jo5
dono dubbioso l'occhio a decidere , se non sia una tenue la-
ma di efli-ttivo metallo .
Ecco due metodi ciie nelle belle opere del Ciatti perfet-
tamente riescirono •
Si incomincia dalla preparazione del Blordente^ che così
si chiama quella materia attaccaticcia destinata a ricevere e
ritenere stabilmente la foglia d'oro. Questo Mordente consi-
ste nel caso nostro nella unione di una composizione arida j
ed in un fluido glutinoso, diretta i'una a dar corpo, e l'altro
a dar tenacità e consistenza .
Per formare la composi/ione arida si prende
Cesso da oro - - - - parti 84-
Zucchero cristallizzato - - ^j la.
Vermiglione , o solfuro di
mercurio ottimo - - - j, 6.
Bolo armeno ----- j, 3.
Lapis piombino , o carbu-
ro di ferro -----,, a.
Miele - -____. „4'
Sale ammoniaco , o muria-
tico ------ - ,, I.
Il Gesso , e lo Zucchero si debbono lungamente porfiriz-
zare uniti con un poco d'acqua. Il Vermiglione, il Bolo, il
Lapis piombino, il Sale ammoniaco ed il JMiele si porfirizza-
jio egualmente insieme , con quella dose d' acqua che oc-
corre .
Si uniscono queste due partite di ingredienti già separa-
tamente macinati, e si rimacinano nuovamente insieme : si
pongono poi in un piatto di vetro, o porcellana; si lasciano
asciugare, e si conservano in polvere per valersene alla op-
portunità convenientemente stemprati nel glutine fluido pre-
parato nel seguente modo .
In once 4 den. i8 d' acqua pura , si infondano den. ra
di Zucchero cristallizzato ed altrettanta Gomma arabica chia-
rissima, e si aggiungano den. a Miele, e den. a Latte flui-
Tomo XI. 0 do
io6 Lettera
do di fico . Tosto che sia effettuata la soluzione si filtra , e
si unisce con altrettanta acqua di colla di pesce preparata
nel seguente modo. Iti una libbra d'acqua si infondano den. 3
IctiocoUa sottilmente tagliata , indi si faccia bollire sino che
cali della metà, ponendovi, mentre bolle, due denari di Sale
ammoniaco polverizzato .
Venendo adesso alla preparazione del Mordente : si deve
prendere della già descritta composizione arida quanta occor-
ra ^ affondendovi sopra del Glutine fluido suddetto per circa
il doppio , o quanto basti a cuoprirla . Si agiti bene in un
vaso di capacità maggiore del contenuto, e si lasci in quie-
te per 48 ore circa . Nasce in questo spazio un moto quasi
direbbesi di fermentazione , che in alcuni tempi si rinnuova
tre, o quattro volte; cresce perciò il volume della materia,
onde abbiasi la cautela di aver ampio bastantemente il va-
so . Terminata che sia la fermentazione si forma un sedimen-
to , e soprannuota un liquido giallognolo che sembra olio. Si
decanta questo liquido, e si separa con un cucchiajo , ad
oggetto di render meno fluida la massa sottostante ^ che è il
desiderato Mordente atto a ricever I' oro .
Il liquido separato, come si è detto, devesl conservare
in vaso ben chiuso per usarne a dare , o rendere al Morden-
te quella facilità di scorrere sotto la penna come conviene
alla effettuazione del lavoro . Se si tratta di sottili tratti de-
ve avere una fluidità simile a quella del comune inchiostro :
86 si devono far lettere grandi è utile che sia più denso ;
ma in qualunque caso è utile che questa mistura scorra ve-
locemente , e ciò si ottiene mediante 1' aggiunta di una sola
goccia di fiele .
Ben si comprende che nell'atto di usare di tal Morden-
te, è necessario di agitarlo con una spatola prima di tuffarvi
il pennello , o penna col quale vuoisi delineare il convenevol
lavoro sulla carta , o pergamena , dove lascia lisci e lucidi
tratti, prosciugandosi lentamente. E necessario di non aspet-
tare il prosciugamento totale per applicarvi l' oro , perchè
iiou
Di Giovanni Faebroni . ÌO"'
non si appicca alle estremità laterali , ma si deve osservare
che tro[)po fresco non sia, rischiandosi di sfigurare il lavoro ,
Il momento più conveniente per la doratura è qnello in cui
si vede che il Mordente incomincia a perdere il lucido della
sna fluida fieschezza ; ed allora gettandovi sopra un poco
d'alito vi si applica la foglia d'oro, preniendovela con un
morbido guancialetto . È necessario sovrapporre una seconda
fo{ilia d' oro alla prima perche restino coperte tutte le poro-
sità ed interstizj che quella potesse aver lasciati, e finalmen-
te, quando il Mordente è quasi che interamente asciugato, si
brunisce, e si ottiene un lavoro stahile e bello ^ se non su-
periore , non inferiore certo all' antico .
Altro Mordente assai più facile, sebbene non egualmente
perfetto si prepara nel seguente modo.
Prendasi (hiaro d'uovo quanto occorra ; e per ogni uovo
si aggiungan 3 den. di sale ammoniaco 3 ed altrettanto Zuc-
chero cristallizzato in polvere , se si lascia per qualche tem-
po questo mescolo in un vaso di vetro , il chiaro d' uovo
perde la sua naturai consiiitenza , ed allora si ottiene di fa-
cilmente filtrarlo per pezza di lino, e poi per carta. Si uni-
sce a questo anco una piccola dose di colla di pesce , e gli
si dà corpo con gli ingredienti acidi preindicati. L' una e
r altra composizione serve a far dorature flessibili sulla car-
ta e sulla pergamena .
É da osservare che, essendo sommamente scemato l'uso
della pergamena , o carta pecorina , ne è anco peggiorata
molto la concia , o preparazione ; né sono più le moderne
peigamene comparabili alle migliori più antiche . Questa cir-
costanza esige spesso la precauzione di adoprar più colla nel
Mordente, e pnmieiamente di tenere in bagno le pergame-
ne in una soluzione acquosa di allume duranti 24 ore , e
poi lasciarle asciugar ben tese sopra una tavoletta , senza in
conto alcuno stropicciarle , o fregarle : quando sono quasi
che intieramente asciutte vi si pone sopra un foglio di car-
ta j sul quale, e non sulla pergamena, si passa fortemente
0 a ag-
ic8 Lettera
aggravando , uno spianatojo di focaja, o di avorio ben liscio.
Fin qui si sono fatte, o rifatte le lettere dorate, o ara-
beschi su i codici cartacei , o pergainini : si tratta di sup-
plire anco alle porzioni che dall' umido , o in altro mcdo fos-
sero guaste e corrose : si cerchi , per ciò , tra una quantità
di pezzi di pergamena, quello che più eguaglia in grossezza,
colore ec. la pergamena che devesi risarcire , avvertendo di
non bagnarlo . Facciasi che sia egli sempre maggiore dello
spazio , che richiede restauro ; e la vecchia rottura e il
nuovo pezzo si smussano contro senso l'uno dell'altro, con
ferri ta<ilieiitissimi e di fiirura adattata. Ciò fatto, si abbia
vina colla d'amido, cui si unisca un poco di colla di pesce,
e calce di gusci d' uova finamente polverizzata , per dargli
la consistenza di un morbido unguento : si stratifica di questa
pasta la minor quantità possibile sullo smusso dei due pez-
zi , vecchio e nuovo, e tosto si applicano l'uno sull'altro
preparati dovutamente . Si situa poi il restauro tra due pez-
ze di panno lino fino, e si sottopone alla pressione d'un tor-
chio , o strettojo , sinché la raggiuntatura siasi potuta un po-
co asciugare; indi si toglie dalla pressione, e si battono le
giuntuie con un maglio d'avorio, acciò i due pezzi vengano
ad. immedesimarsi . Quando il restauro è quasi che intieramen-
te asciutto si pone tra due fogli di carta, su i quali (attor-
no alle congiunture ) si passa strisciando una stecca di avo-
rio per rendere la superficie più eguale e più piana che sia
possibile . Se tutto ciò sia fatto con la dovuta attenzione e
con la necessaria destrezza , lo stesso restauratore non più
distingue il luogo da lui medesimo restaurato .
Con pari facilità , ma in due modi diversi , si restaurano
anco i codici e stampe cartacee , 1' una unendo per taglio
ed attestando i canti del tassello opportuno ; 1' altra si fa
per soprapposizione , come si è detto farsi alle pergamene ,
e membrane. Questo secondo metodo, come meno elegante,
si «sa soltanto allorché la carta è molto lacera e indeboli-
ta, e cjuuidi incapace di reggere all' innesto : il primo meto-
do
Di Giovanni Fabbroni . log
io SI preferisce, semprecliè la carta sia tenace abbastanza per-
chè assai più elegante , e men visibile .
Per eseguire il restauro col sopraindicato metodo , che è
il migliore , non il piìi difficile , si incomincia dallo sceglie-
re un pezzetto di carta simile, quanto è possibile, a quella
della pagina difettosa , tanto per la gì ossezza , quanto per la
grana e colore (d) , e se ne taglia il tassello della precisa fi-
gura e grandezza del difetto che si vuole emendare . Ciò ,
per quanto dillicil sembri, si effettua agevolmente, ponendo
la nuova carta sotto al luogo mancante : osservando soltanto
che sia disposta per la direzione istessa delle sue rughe , o
corde : indi , con un tiramargini , o penna intinta in acqua
gommata si va contornando esattamente il difetto , comun-
que irregolare sia , e poi , ponendo la nuova carta così dise-
gnata, o bagnata nel bisoguevol contorno sopra una tavolet-
ta , e diligentemente tirandone in ogni senso i lembi , si se-
para tutto il snperfluo d'attorno al tassello, che resta, noa
solo della grandezza , e figura precisa , ma opportunamente
circondato di sfilacci ^ o peli, che convenientissimi sono per
effettuarne la incollatura , o congiunzione con la carta da
restaurare . Per incollare questo pezzo nuovo col vecchio si
procede esattamente nel modo , che già fu descritto per le-
iuembrane .
Non occorre ripetere che simile in tutto alla restaura-
ssione dei codici è quella che possa occorrere ai volumi stam-
pati ; perchè essi pure sono , o di pergamena , o di carta :
ma può occorrer di più a questi talvolta il bisogno di to-
gliere ciocché dopo la stampa fu aggiunto, e che dello Stam-
patore non è; poiché, se vi sono dei libri, che da uomini
grandi posseduti , furono arricchiti da questi con interessanti
postille, e quindi più preziosi divennero, altri ve ne so-
no stranamente deturpati con inteihueamcnti , cancellature,
scor-
((/) Se il colore non è simile, riesce facile 1" eguagliarlo , tiiffandola in un adal-
iato acijuerello .
I
no Lettera
scorbj d' inrliiostro e note marginali , per lo più inopportu-
ne, e qualcliM volta indecenti, dalle quali occcrre purgarli.
Ciò soleva larsi ^ non senza qualche danneirgiamento della
carta, per mez'.iO dell'acido nitrico, e acqua forte; che an-
co insufficiente rlesciva allor quando 1' inchiostro , per vec-
chaja, aveva cambiato in rosseggiante la sua primitiva ne-
rezza . '
"L'acido muriatico ossigenato, applicato felicemente da
Berthollet alla imbiancatura della tela di cotone e lino, fu
indicato per quella delia carta dal Ministro e nostro Socio
Chaptal . Ma la formazione di questo mestruo era imbaraz-
zante , difficile la conservazione; e quindi restava male adat-
tato all' uso dei Prefetti alle Biblioteche : io la resi facilissi-
ma per questi , indicandone la estemporanea preparazione ,
gU effetti e l' uso nella pubblica adunanza dell' Accademia
Economica di Firenze tenuta nell'anno 1797 (e). Questa
preparazione non in altro consiste che nella unione di una
parte di minio, ossia ossido rosso di piombo, e tre parti
d' acido muriatico comune , quale trovasi in tutte le farma-
cie . L'ossido cede, con lo sviluppo di rimarcabil calore,
r ossigene all'acido muriatico e divien bianco; mentre l'a-
cido prende un più intenso calor dorato, e spande un feten-
tissimo vapore. Se a questo vapore, in un chiuso apparato,
siano esposte umide le pagine imbarazzate da inutdi postille
a mano, resteranno esse quasi dileguate nell'atto; la carta
riassumerà il suo natura! candore, mantenendo la sua primi-
tiva saldezza , e niente sarà alterato per questo 1' inchiostro I
della stampa . L' apparato occorrente si proporziona al biso-
gno . Una campana di vetro, un vaso cilindrico, iti fon-
do al quale si opera il mescolo, e la cui bocca annotata
si chiude con un vetro piano , può esser quanto occorra perj
piccoli oggetti : per operazioni in grande si usa una cassa di
piombo, o di lamine di piombo foderata, e costruita in ino-J
do
{^) Vedasi la Gazzetta Toscana mim. 36 , per 1' anno medesimo .
N
Di Giovanni. Fabbroni . Iir
io (3a potersi cliindt-re (|iinsi ninetiranientp : in es=n p-r
inezzo di fili tesi si sospendono umide le caite lia Mancliiisi:
sotto di queste si situa un vaso di veiio nei (|raie ?i ia
l'unione del minio coli' acido, e si chiude nell'iifto. Il va-
pore oss'genato , che si solleva in quantità piopoi/inraie ai
materiali adoprati , si inzuppa dalle carte , e ne dile<^a le
sporcizie e 1' inchiostro .
Se in vece del vapore ossigenato si trova comodo in
qualche caso di usare il liquore stesso , può farsi toccando-
ne il luogo che occorie, o immergendovi per intiero la car-
ta j che può restarvi 5 senza niente soffrire, per orej e gior-
ni . Non rimane nell' un caso , e nell' altro , se non che la-
varla poi con acqua pura, per togliere intieramente l'acido,
che vi restasse adeso . Furcno con questo metodo nettate
delle stampe in rame, stratificate sopra lastre di cristallo,
contornate queste da un orliccetto di cera , poste bene in
piano e coperte con lastre simili, e furono tolte localmente
le scritture a mano dai margini della numerosa collezione di
prime stampe fatte dal Ciimmendatore di Malta Conte Angelo
D' Elei , cìie favorito dal Governo nelle sue ricerche ed ac-
quisti , ebbe intenzione di lasciarla ad uso pubblico nella
maggior Biblioteca di Firenze sua Patria .
Ma Voi, Padre Bibliotecario, già immaginerete che questo
stesso espediente, che serve mirabilmente a togliere le postille
dai libri, possa non meno bene usarsi a togliere e sostituir libri
anco dal vostro catalogo, e starete dubbioso sulla possibilità di
un baratto. Di tutto abusa la ciiminosa industria della pi rversa
gente ; e non è da credersi che trascurerà di trar partito da
sì utile ritrovamento . Non si sono veduti alterati i catalocrhi
sin ora ; ma si sono bensì vedute ridotte in cambiali le fir-
me officiose di qualche epistola , e si sono trovate alterate
alcune espressioni di contratti . È in pelicelo veramente la
altre volte sicura fiducia dei pubblici archivj ; e se non si
prendono delle precauzioni maggiori del consueto, le proprie-
tà steste non sono più sicure , e può darsi a Tizio , ciò che
a Sem-
Ili Lettera
a Sempronio appartenne. È più che prima essenziale di con-
fidar la custodia degli archivj ad Uomini che né leggere, né
scriver sappiano , e severamente impedire che i Ministri por-
tino alle case loro i documenti per fame copia. Non é più da
ripetersi il proverbio che dice , lo scrìtto non si lava , poi-
ché si lava, e si lava a segno che indiscernibile assolutamente
si rende la frode , se è fatta con diligenza. Vero è che se nella
carta restano reliquie , quantunque invisibili, del ferro che già
compose l' inchiostro , si rendono queste apparenti , passan-
dovi una tintura di galla: ma se furono ben lavate le carte,
questa pietra lidia fallisce , né resta più che qualche leggie-
ro indizio nella diversa tinta dell' inchiostro della firma ;
qualche diversità nel colore , ed una maggiore bibacità nella
carta .
E desiderabile veramente per la comune quiete , che si
trovi una composizione atramentaria capace di resistere al
nuovo potentissimo agente , cui il comune inchiostro non
regge . Se ne occuparono effettivamente alcuni Chimici Fran-
cesi > Inglesi , Olandesi , Tedeschi ; e molte cose provarono che ,
or con migliore, or con peggiore risultato, parvero favorire il
desiderio comune . Il primo espediente che fu suggerito fu
la unione d' alquanto indaco all' inchiostro usuale ; ma sebbe-
ne 1' indaco possa riguardarsi come quasi indistruttibile in
questo caso , egli non sta lungamente sospeso nell' inchiostro,
e quindi si pubblicarono fatti contraddittori , che lo dichiara-
vano ora rigettabile , ed or sicuro bastantemente . Altri , per
evitare tale inconveniente , presero 1' indaco in uno stato di
divisione estrema, quale egli è nella composizione del cosi
detto turchino di Sassonia , ossia unito all' acido sulfurico .
In questo caso resta veramente sospeso 1' indaco nell' inchio-
stro : ma il suo acido in istato libero , non manca di corro-
dere finalmente la carta , e si cade in Scilla per evitare Ca-
riddi . Si suggerì di unire all' inchiostro comune il mangane-
se porfirizzato, il quale, sitibondo di ossigeno j si annerisce
vieppiù, saziandosene j ed il suo colore- persiste: ma anco in
qua-
Di Giovjinni Fabbronì . ii3
questo caso per attenualo che sia quel minerale , non dura
a siar sospeso lungamente nel liquore scrittorio , onde il suo
efietto non è sicuro. Pareva facile il pensiero di agj^iungere
al comune inchiostro un poco di solfato , o nitrato di man-
ganese y che deve restarvi diffuso e sospeso ; eppure non si
fece , eli' io sappia, da veruno . Io aveva del solfato di man-
ganese liquido con eccesso d' acido , residuo di alcune altre
esperienze : volli toglier di mezzo il suo eccesso d" acido sa-
turandolo perfettamente con potassa : perdette nell' atto il co-
lor violetto che aveva . Io «e aggiunsi in tale stato per me-
tà ad una dose di inchiostro ; scrissi con lodevole effetto , ma
il giorno dipoi trovai l' inchiostro decomposto e ridotto in
un fluido limpido e chiaro con un sedimento nerastro. Adun-
que rigettai anco questa preparazione per le già specificate
ragioni .
Gli inchiostri degli Antichi , nei quali il carbone forma
il corpo j o liase essenziale , come nell' inchiostro della Chi-
na , sono inalterabili all'acido muriatico, ma sono poi deh-
bili all' acqua pura ,
Si sono consigliate delle mescolanze di indaco e nero-
fumo e liquidi resinosi : ma se queste resistono all' acqua , e
all'ossigena, cedono poi all'azione dell' alcoole .
Fu indicato in Inghilterra come tenacissimo e sicuro un
inchiostro fatto con olio di spigo,, coppale, e nerofumo. Ma
oltre che l'odore è per alcuni quasiché insopportabile , con-
viene aspettare che si dissipi da se stesso lentamente il solven-
te ; ed il solvente stesso , o 1' alcoole canforato , può servire
di nuovo a ridiscioglier lo scritto, che si è fatto con esso.
La soluzione d'asfalto nell'olio di terebintina ( egual-^
niente proposto) è migliore della precedente composizione,
perchè penetrando nell'interno della carta non può piìi di-
leguarsi ; ma il suo odor troppo ingrato si oppone a render-
ne adottabile r uso ,, almeno generalmente.
Partecipano queste composizioni della natura e carattere
dell' inchiostro da stampa j e questo ha in suo vantaggio una
Tomo XI. P qua-
II 4 Lettera
quasi eguale persistenza , e la tenuità dell' odore che non
offende. Ma sebbene questo resti intatto all' ossigena , si può
talmente togliere dalla carta , da trasportare per fino un in-
tiero intaglio in rame da una carta in un' altra , conforme si
fa delle pitture a olio , trasferendole da tela a tela . Sicco-
me questo giuoco può entrare nella categoria dei restauri ,
occorrendo talvolta di supplire un intaglio cui manchi la sog-
getta carta 5 passerò brevemente, almeno per curiosità, ad in-
dicarlo .
Il modo ormai notissimo , col quale si effettua il tra-
sporto delle pitture a olio , consiste nell' incollare carta , o
tela 5 con una colla animale, sulla faccia della pittura, e poi
inzuppare con spirito di terebintina la parte rovescia , ossia
la vecchia tela , per intenerirne la mestica : quando questa
vecchia tela si senta smossa , se ne solleva delicatamente un
lembo , e si alza , e si stacca in totalità dalla pittura . Si
applica allora sulla mestica nuda, e tenera la nuova tela qui
preparata , che vi si calca leggermente , e si lascia non toc-
ca per qualche tempo . Quando si sente riconsolidata la me-
stica, si rinviene con acqua calda la tela, o carta incollata,
che si toglie senza danno alcuno dalla faccia della pittura
nuovamente rifoderata .
Più semplice assai è il metodo da seguirsi per rinnovar
la carta di una stampa, o trasportarne V intaglio, che per
altro torna rovescio, se non si ripete l'operazione, alla qua-
le , forse , r inchiostro non reggerebbe . Ecco in che consi-
ste : si prepari primieramente una lessiva con
acqua p. i68
cenere pura di sermenti , o querce p. 4^
calce viva p. io
sapone forte tenero p. a .
La unione di tutte queste cose si dee lasciare in quiete
duranti dodici ore ; poi si pone a bollire sino che cali' della
terza parte ; si filtra e si conserva il fluido in vaso ben chiu-
so , per r occasione di farne uso . Si prenda allora la stam-
pa
.1
Di Giovanni I'abeuo?!!. li-S
pa della quale si intende di trasportare l' intaglio , si ponga
sopra una lastra di vetro con orliccio di cera , o in un tega-
me, avvertendo che la parte stampata stia rivolta verso l'ope-
ratore, e vi si versi sopra tanto della suddetta lessiva quan-
to basti a cuoprirla . Si abbia un altro cristallo di eguale
grandezza , sul quale si passi con la palma della mano uà
poco di sapone tenero , quasi come per imgerlo leggermente.
Allorché la stampa è stata in bagno quanto occorre per
smuoverne V inchiostro, il che un occhio esercitato agevol-
mente conosce j si foglie dalla lessiva, e si stende sopra una
carta sucohiante, appoggiandovela dalla superficie non stam[)a-
ta, e ciò per toglieigli soltanto la umidità superflua : asciuga-
ta che sia bastantemente, si toglie dalla carta succhiante , e
si stende sull' indicato vetro insaponato , dalla parte dell' in-
taglio j indi gentilmente si leva , e si colloca sul nuovo fo-
glio, parimente per la parte stampata: vi si soprappone un
pezzo di carta grossa , e si passa sotto al torchio : dopo di
ciò si solleva da un lembo la vecchia carta , che , con de*
strezza operando , riesce di separar tutta dal suo intaglio , il
quale resta adeso alla nuova carta , conforme si voleva .
Questa operazione ammonisce che non sia da fidarsi
nemmeno ai bolli , che con inchiostro a stampa si appongo-
no su i frontespizj , per assicurare la identità di un libro .
11 miglior garante è 1' inventario in cui minutamente si de-
scrive sesto , epoca, e condizione della opera rara, se si ot-
tiene che non possa lavarsene la descrizione già fatta , per
sostituirne un' altra dolosamente . Si sono passati in rivista
gli espedienti proposti sin qui , e non si sono veduti sicuri :
ne aggiungerò alcuni altri che , se non sono di una sicurez-
za assoluta , accrescono tanto la difficoltà da render manife-
sto il tentativo, e scoraggire da intraprese ulteriori.
Sarebbe doppia perdita di tempo il dar conto di ciò che,
senza buon esito , quantunque non senza speranza tentai ,
non dandomi la pena di fare un inchiostro nuovo, ma qualche
cosa aggiungendo all' inchiostro comune j che tanto bene ci
P a sei-
li6 Lettera
serve . E più facile 1' ottener che uno scriba' Tpon^a. un in-
grediente di più nel calamajo , che non sarebbe il costringer-
lo a farsi il proprio inchiostro ; così più comodo riescirà al
Bibliotecario , al Notaro , all' Archivista rendersi indelebile,
o meno alterabile ciò che scrive , con la semplice aggiunta
tli una cosa di più .
Dirò adunque che trovai utile d' aggiungere all' inchio-
stro comune un poco d' aloè delle spezierie : ma ciò che mi
parve riescire assai meglio e sufficientemente all' oggetto , fu
di versare un poco d'alcali pi'ussiato sopra gli stracci del ca-
lamajo, accuratamente poi premendoli ed agitandoli con la
penna j onde si diifondesse al possibile il prussiato di ferro ,
che in cjuel momento si forma . Non dirò al chimico , mix
allo scriba , che se si tenta di dileguare questo scritto con
l'acqua forte, più presto la carta si disfarà che il carattere.
L' acqua forte , e lo stesso acido muriatico ossigenato , noa
altro fanno che rendere lo scritto più persistente e più vi-
vido , facendogli assumere il tuono di un bel turchino. In
vano il malfattore , vedendo d' aver dato prova così del suo
perfido tentativo , ricoirerà all' uso dell' alcali : questo to-
glierà bensì r acido prussico dai caratteri , li renderà più
fiacchi , cangiandone il colore dal turchino cupo a un giallo
rugginoso ; ma saran. sempre leggibili , ed attesteranno la dop-
pia iniquità . Vano sarà pure ricorrere nuovamente alla azio-
ne degli acidi , perchè il ferro si trova ridotto a quello sta-
to di ossigenazione che lo rende quasi insolubile . Né vi sa-
rà che una forte azione dell'acido muriatico ossigenato, che
possa giungere finalmente a dileguarlo . Ma oltre la lunghez-
za della operazione , che non serve molto a favorir la frode,
il vario modo di agire dei diversi mestrui , che sarà forza
adoperare , lascerà la carta talmente danneggiata-, da non dar
luogo a dubbio circa ai tentativi cui si fece soggetta .
Ecco adunque, con facile espediente, trovata una vìa
da difendersi contro le alterazioni, che il ritrovamento di
un reagente nuovo poteva farci temere ; ed ecco che , sa
coli'
Di Giovanmi Fabbroni . 117
coli' indicato incliiosti-o sia scritto circostanziatamente il ca-
taioo-o della Biblioteca , sarà certamente questa più al siciuo
di ciò che possiede ; nò verrà in mente ad un tristo di ca-
I vare dair inventario un Decor pucllarum ^ un Donitto di pri-
ma stampa , e sostituirvi cattive più recenti impressioni , o
altri libri di assai minore importare .
Prima di chiudere questa , ormai lunga , lettera , cui la
Biblioteca fornì il soggetto , siami permesso di aggiungere an-
co diversi espedienti di vario genere che immaginai a como-
do di chi usa , 0 erige cimili stabilimenti .
Mi rincrebbe sempre moltissimo V aver necessità di una
scala j specialmente quando non vuol farsi per così dire, che
aprire e chiudere, o consultare per un momento alcuni libri
disposti a diverse altezze, e non arrivabili di piana terra .
Qnindi un altro meccanismo più delta scala comodo e sicu-
ro immaginai per tale effetto: questo fu un piano quadro, e
dirò così 5 plicatite , perchè attaccato ad assicelle congiunte
a tenuta d' aria , per mezzo di pelli , come sono quelle dei
mantici da organo , e capaci per la loro interna larghezza
di permettere una grande alzata . La tavola inferiore di que-
sta specie di niantace , sostenuta da quattro ruote versatili
ad ogni direzione , ha una larga e facil valvola da aprirsi
in dentro, per dar luogo all'ingresso, e vietar Mescita dell'
aria interna . La tavola superiore , o primieramente indica-
ta, porta una sedinola, ed una tavoletta a leggio per soste-
nere il libro , e dar luogo a scrivere quando occorra . Questo
piano , o il mantace tutto , è compreso e tenuto , in guida
da quattro pilastrini di legno intetajati e vuoti perchè siano
leggieri , eguali alla discreta altezza cui si vuol giungere , e
proporzionati alla alzata di cui si è fatto capace il mantace
già descritto. Quattro polispasti sono alla cima dei pilastri;
quattro sul piano , che sostiene la sedia , e la persona ;
quattro cordicelle di seta , che passano per le pulegge dei
polispasti , e si fanno avvolgere ad una ruota , o areolajo ,
servono per inalzarsi quanto si vuole , do^x) aver condotto ,
me-
/
ri8 Lette HA
medianli le ruote , il castello al respettivo posto, e servono
pure a stabilire lo studioso a qualunque altezza , e senza ri-
schio alcuno . Ben si comprènde che spiegandosi così 1' indi-
cato mantace , entra per la valvola inferiore tanta aria ,
quanta ne chiede la sua crescente capacità interna, e che non
può più abbassarsi , ancorché premuto dal peso del Bibliote-
cario , ed abbandonato per la fortuita rottura delle corde ,
se queir aria non esce . I polispasti devono aver tal nume-
ro di pulegge, che un discreto sforzo , ma pure uno sforzo,
occorra all' inalzamento . Quando il Bibliotecario vorrà ab-
bassarsi, aprirà, mediante un filo, ed una piccola leva ester-
na la valvola inferiore ; ed allora la sua pressione ne farà
uscire r aria proporzionalmente alla maggiore , o minore
apertura, ed otterrà più o meno rapida la discesa, ed anco
la sospensione a diverse altezze , se così piace . Per quanto
comodo ritrovar si possa questo espediente, per arrivare i li-
bri alle altezze cui 1' uomo , senza meccanismi j non giunge ,
meglio sarebbe assai il procurar piuttosto disposizione tale al-
la Biblioteca, che niente in questo genere abbisognasse . S' io
dovessi ricostruirne una nell' attuale momento .vorrei che i
libri non mai superassero 1' altezza cui può arrivare la ma-
no di piana terra , o al più , montando sopra un ricorrente
scalino , o sopra un comune sgabello . Le ampie ed alte sa-
le , o i gran vasi , che tanto si ammirano da taluni per le
Biblioteche , non sono punto lodevoli agli occhi miei nella
attuale disposizione delle comuni scansie , o scaffali . La Bi-
blioteca deve essere di comodo ai Preposti , e agli Studiosi ,
non di spettacolo alla gente oziosa . Ma se di gran vaso pur
si trattasse , vorrei primieramente avere il lume dal culmine
con addattate lanterne , per non perder parete ; e attor-
no a queste vorrei disporre le scansie , o scaffali ( della co-
moda proporzione suddivisata ) come Io sono j gradi degli
Anfiteatri antichi . Otterrei così , che con pochi scalini dis-
posti a distanze , come per i sedili facevasi nelle indicata
fabbriche , facilmente si passerebbe da un ordine all' altro ^
ot-
I
Di GlOVAUNi FEBBRONI. IIQ
fot*:èrrei con economia di luogo , che tra ordine e ordine , la
cima degli scaffali inferiori servisse come di sedile a chi stu-
dia nei superiori ; e nei più alti , o ultimi relegherei quei li-
Jjii che più raramente vengono consultati .
La distribuzione dei libri per classi j che non è sempre
possibile , sarà la più ragionata , ma non è la più comoda ,
né la più bella , e costringe a lasciar talvolta degli spazj ,
che , non solo non riescono eleganti a vedersi , il che poco
importa j ma che potrebbersi utilmente occupare con meto-
do diverso, ove abbisogni economia nel luogo, e per tutto
abbisogna, o abbisognerà una volta . La disposizione per clas-
si non può esser mai rigorosa , per la difficoltà che talvolta
incontrasi neil'assegnarne i confini, e perchè una stessa Ope-
ra .può appartenere a più classi . Molti amerebbero anco di
vedere riunite insieme le produzioni di uno stesso Autore ;
ma da chi cerca una filosofica distribuzione non si tollerereb-
bero , per esempio le eleganti Odi di Haller accanto alla sua
celebre Fisiologia ; meno ancora i Cotnenti Biblici del gran
Newtono presso le sue immortali scoperte .
Se si trova conveniente di separare le Opere di uno
Stesso Autore per attriburiJe alla classe , cui più rettamente
appartengono ; perchè non si potrà egli separare ciò che gli
piacque scrivere in diverso sesto , cosa che tanto economiz-
zerebbe di luogo ? Un buon catalogo ragionato , classato
come più piace , rimedierebbe a qualunque inconveniente
] che si voglia trovare dai sistematici in questa distribuzione
economica. Ciò posto; farei dunque ccn vero comodo e
considerabile economia di spazio, che sempre il primo, o
più basso palchetto d' ogni scaffale contenesse i libri in fo-
glio : questo , come imbasamento dello scaffale y potrebbe
servir di grado per montarvi ed arrivare i più alti libri : do-
po , o al di sopra , metterei gli in quarto , e finalmente gli
•in ottavo^ ^\ in dodicesimo ec. che vorrei disposti in due fi-
'le, una avanti 1' altra', acciò ne entrasse di questi, due
6uUo stesso piano , nella grossezza de' sottostanti in quarto :
cioè ,
lao Lettera
cioè, per ispiego.rii;i meglio; i piccoli libri il cui dorso è In
li[iea a piombo col dorso degVi in quarto , dovrebbero^ unita-
mente con i loro palchetti, servir di sportello occultante un'
altra simile serie interna e da aprirsi per dar luoi^o a vedere
ed usare quelli che dietro loro, ed interni sono. Non si cre-
da che il carico dei libri renda ineseijuibile il pensiero di si-
mile sportello , perchè già 1' ho eseguito. Ho fatto fare per
modello un tale armadio economico per un Letterato insigne
da me altamente stimato ed amato . Questo armadio è alto
quattro braccia e mezzo , profondo poco più della metà di
un braccio , e contiene dal primo grado dei libri grandi in
su , una doppia serie di ordini di libri piccoli , dei quali la
esterna serie si apre con somma facilità , perchè ben bilica-
ta , in due sportelli larghi un braccio e mezzo ciascuno . È
inutile il dire che in tale armadio si racchiude un doppio
numero di libri di quello che jne conterrebbe uno simile di
costruzione comune, e si fa quindi necessariamente doppia
economia di luogo. Due imposticine leggiere chiudono il tut-
to per meglio conservare dalia polvere e dalla mano i libri;
né restano oziose perchè ostentano alcune interessanti map-
pe geografiche .
Troppo minuti e superflui ancora possono parere a
molti per una pubblica Biblioteca questi ultimi suggerimen-
ti ; ma non cosi penseranno i privati , che raccolgono e cu-
stodiscono libri per proprio studio : questi trovano sempre
nelle loro domestiche abitazioni troppo angusto il luogo al
bisogno . Lo stesso sarà con 1' andar degli anni per il Pub-
blico ancora , che riconoscerà necessaria alla fine la massima
economìa di spazio per gli Archivj , se un Giubbileo -, se una
provida Centenaria non ne prescrive lo spurgo , onde non si
faccia il Kirjat SepJier di nuovo ; e così sarà per le Biblio-
teche ancora , se un diluvio non viene a ridur nuovamente
in cartapesta i libri , che innumerabili diventeranno , proc
dendo i' attuale attività dei torchi di pari passo in futuro
Co-i
Di Giovanni Fabbroni . lai
Costruendo la Biblioteca con gii scaffali , e con la di-
éposizione già divisata, non solamente si otterrebbe una utile
economia di luogo , ma la Biblioteca ancora assumerebbe
una apparenza caratteristica e particolare , che oggi ha co-
mune con tutte le botteghe di Fondaclii e Chincaglieri . Tale
disposizione non darebbe luogo alla aggiunta di quelle deco-
razioni ed ornamenti , che si profusero nelle Biblioteche tal
volta^ i quali j per belli ed eleganti che siano, pur sono stra-
nieri , e contrastano alla serietà dell'oggetto, onde meritarono
più censura che lode . Giova rammentarsi , per norma , il
rimprovero fattoci da Addisson , che oggidì, per altro j poco
meriteremmo Vidi la Biblioteca Ambrosiana ( Egli
scrive ) ,, ove , secondo il gusto Italiano , più si spese in
^, pitture che in libri .... I libri fanno la minor porzione
„ di ciò che si va a vedere ordinariamente nelle Biblioteche
„ Italiane, che sono per la maggior parte arricchite di pittu-
„ re , statue ed altri abbellimenti , ovunque potevasene col-
., locare, seguendo l'esempio dei Grecia e dei R.omani. „ Si
ricorda a proposito ciò che Giovenale già disse
Piena omnia gypso
Chrysìppi ìnvenias: non perfectissimus horum
Si quis ^ristotelem similem Tel Pittacon emit
Et juhct archetypos pluteum servare Cleanthas .
Ma mi avvedo che entrando nei Classici Scrittori , devle-
rei soverchiamente dal primitivo oggetto , e porrei profano
piede nella messe che tutta a voi , celebratissimo Consocio
di diritto degnamente appartiene . Debbo adunque doppia-
mente astenermene , e por fine ormai a questa mia lunga
lettera . Se di cose o frivole troppo , o troppo note vi trat-
tenni con essa , me ne vorrete scusare , in grazia della buo-
na intenzione che le dettò , perchè di animo gentile e tol-
lerante siete : se qualche cosa pur vi leggeste , che possa
riescir utile, o comoda a Voi, agli Amici vostri, ed al Pub-
blico , comunicatela corx'edata coli' autorevole esortazione vo-
Tomo XI, Q stra ,
laa Lettera
stia ; che così , facendo vantaggio a qualcnno , procureret»
un vero piacere a chi vive nel desiderio di essere utile al-
trui , e accetto a voi , che accoglieste già i tributi d' ossa-
quio e di stima dei
Vostro arnica
Gjovanni Fabbro mi •
ISTO-
120
ISTORIA ANATOMICA DI DUE GEMELLE
MOSTRUOSE
MEMORIA
Dbl Dottor Filippo Uccelli
Presentata da POMPILIO POZZETTI il dì 17 Ottobre i8o3.
Nulla res 'unitari naturae solertiam potest .
Ciò. I de Nat. Deorum .
Jl iace non di rado alla natura deviare dalle stabilite sue
leggi . Or si mostra perciò troppo avara nelle sue produzio-
ni , or comparisce troppo lussureggiante . Dalla mancanza >
o dall'eccesso delle parti, o dall' irregolaie loro conformazio-
ne resultano quegli esseri , che dall' ordinario fare della na-
tura si allontanano . Vennero essi distinti col nome di Mo-
stri , e di questi abbonda non solo 1' umana specie per poco
che vi fissiamo la nostra attenzione , ma se ne incontrano
ogni giorno anche in tutto ciò che vegeta e vive .
Ma per quanto mostruosamente e bizzarramente insie-
me conformi talvolta le sue produzioni , conserva però sem-
pre le generali sue leggi, si per il loro sviluppo, come per
la loro nutrizione, non mancando mai mezzi a questa madre
feconda di supplire in qualche forma ad alcuni difetti , e a
certe mostruosità , onde il suo lavoro , comunque architetta-
to , possa vivere e vegetare .
Non è attualmente mio scopo di percorrere con occhio
filosofico il Regno variante de' vegetabili . Ai sagaci Botani-
ci , agli amatori delle cose campestri si lasci per un istante
la cura deliziosa di analizzare , o in un prato smaltato di
fiori vario- pinti e di tenere erbette, o in un pomario odo-
rifero , le moltiplici differenze , che tratto tratto la natura
Q a pre-
1^4 Istoria Anatomica di due Gemelle ec.
presenta . Gli esseri animali , e quelli specialmente che ap-
partengono alla nostra specie debbono attualmente occuparci ,
Entri meco in idea almeno per un istante il Lettore
neir interno d' un gabinetto . Volga meco lo sguardo a quell'
immensa quantità di esseri animali bizzarramente ccnformati:
esamini in questi le macchie , ed i vizi della pelle ; in quel-
li r esuberante volume : osservi in altri la mutazione di si-
to delle parti, in alcuni l'estrema loro piccolezza: presti fi-
nalmente la sua attenzione all'alterata struttura di alcuni, a
quelle sì frequenti parti superflue ; alla divisione di quelle
parti die dovrebbero essere unite , non meno che alT unio-
ne di quelle che pur dovrebbero essere separate , e ciò che
più di tutto interessa, all' intima unione e congiungimento
di due feti diversi .
Se non avvi alcuno, cui non sia occorso di vedere assai
sovente quelle macchie cutanee distinte volgarmente col no-
me di nei , o di voglie materne , referibili alle deformità
della pelle , non tutti certamente avranno potuto osservare
dei feti bianchi nati da Genitori negri, e viceversa, senza
che abbia avuto luogo il sospetto che cadde giustamente su
quella Dama Irlandese, di cui parla il Francese Naturalista;
non a tutti istessamente si saranno presentati dei feti rico-
perti di peli in tutto 1' ambito del loro corpo a guisa d' or-
si, e di scimmie; né qualcun altro guernito di corna, o con
la cute ricoperta tutta di squamme [a) . Dietro per altro
1' esame di tali mostruose alterazioni agevoi cosa sarà per
tutti il comprendere , onde abbia avuto origine la favola de-
gli uomini salvatici , degli Orsi , delle Scimmie o dell' Istrici
partoriti dalle Donne (è), d'onde la ridicola superstizione di
aver lasciate nei figli le marche dell' incontinenza dei padri :
d'onde finalmente alla vista di alcuni feti , nei quali la pelle
di certe parti si è trovata estremamente dilatata da sembra-
re
-^
^1^— »^— ^— ^M— Il 1 I I I ■ ■! ■■■■mi ■■ ■^M ■ ■■^■^■— ■ ■■ ■— " ■ I ■!■■■ ■ I *
[a] V. Transaz. Fiksof. voi. 69. j \b] Y. ivi ,
p. I.
Del Dottor Filippo Uccelii . 120
re avere un cappuccio (a) una cocolla, un grembiule; à cre-
duto il volgo che in essa dilatazione venissero preconiz-
zate le loro future inclinazioni. Per chi riman sorpreso facil-
mente da tutto ciò che se gli presenta di straordinario j son
ben* altro tai fatti , che i genj tutelari di Socrate , direttori
di tutte le idee , di tutte le sensazioni , ed affetti .
Io non potrò mai convenire con alcuni che sia esistito
nn popolo di Giganti, mentre gli stessi Patagoni , dei quali
parlano Frezier , Cook , ed altri Viaggiatori non sono tutti
d' una statura gigantesca ; ina dall' avere osservato che al-
cuni individui desili abitanti dello stretto Mafrellano avevano
una statura gigantesca, à fatto credere ai piìi antichi viaggia-
tori , che veramente esistesse un popolo di Giganti , ma co-
me saggiamente osserva Buffon, quegli uomini che oltrepassa-
no la statura ordinaria di sei piedi possono considerarsi in
correspettività degli altri come Giganti : queste però sono ve-
rità individuali ed accidentali , e non differenze permanenti
alte a produrre delle razze costanti ; molto meno poi appar-
tengono alla razza de' Giganti alcuni individui nei quali eia
rimarcabile un prematuro accrescimento di alcune delle loro
membra; come non posso determinarmi a prestar fede a tut-
te le Istorie , che ci hanno lasciate dei Nani . Poiché non di
rado i Mitologi , che hanno saputo irar partito da tutto per
renderei loro racconfi più imponenti e più strepitosi con l'ap-
poggio dell'onnipotenza delle Greche sognate Divinità, hanno
argomentato facilmente dal particolare all'universale. Tanto i
Giganti che i Nani hanno esistito , e possono esistere anco-
ra ; ma riguardo ai primi è ben raro il caso di questi esseri
privilegiati dalla natura ; e per quello spetta ai secondi , l'estre-
ma piccolezza decantataci dagli Scrittori non è benissimo con-
testata . Non debbono certamente riporsi nella specie dei Gi-
ga n-
(a) Di questa specie uno ne possie-
de il R. Gabinetto di Firenze in cui
la pelle della testa è eommamenCe
distesa da sembrare avere un cappvic«
ciò k
laó Istoria Anatomica ni due Gemelle ec
ganti coloro che nascono idrocefali , o colle braccia della
grossezza medesima delle coscia , colle mani , o coi piedi
tre volte più lunghi dell' ordinario, colle mammelle enorme-
mente voluminose , col coccige tanto prolungato da emulare
la coda dei piìi gen«rosi animali. Non sono queste che al-
trettante morbose alterazioni, o dipendono da soverchia nu-
trizione di diverse partì a scapito e detrimento delle altre
contigue . Se morte prematura non avesse colpito questi feti
neir aprile de' loro giorni , agevol cosa saria stato il persua-
dersi, che il successivo sviluppo delle membra residue non
sarebbe stato punto proporzionato alle parti mostruosamente
conformate (a) .
Del rimanente convengo ancor' io di buon grado che ri-
gettata ancora l'idea degli uomini che prima sorsero dal san-
gue sparso dagli antichi Titani , e riposta nel caos delle fo-
le argiva l'esistenza dei Tifei , dei Polifemi , e degli altri Gi-
ganti, noti potrà giammai essere impugnata l' istoria dei Nem-
brot , e la pugna del Filisteo mostruoso col giovinetto Da-
vid . Se la curiosità filosofica non può si facilmente stancar-
si , si continui pur meco 1' esame d' un*. altra specie di mo-
stri , che per quanto siano assai più frequenti , non sono me-
no degni della nostra attenzione . Parlo di quelli , nei quali
le parti sì interne , che esterne occupano un sito diverso . E
qui lascierò di buon grado la descrizione dei Mostri Ruis-
chiani, ed Alleriani , in cui tutt' i visceri del basso ventre
trovavansi fuori dell' abdome rinchiusi in una borsa formata i
dalla dilatazione del peritoneo , e che si erano fatta stiada .
per 1' apertura del funicolo ombelicale. Ometterò parimen-
te di far parola del feto , che conserva il dottissimo nostro
Mascagni nel suo Gabinetto Anatomico-patologico, e di quel-
li che si osservano di tal genere nel R. Gabinetto Fisico di
Fi-
(«) Se fosse stata considerata la mente si sarebbero convinti che, alme-
proporzione che vi era fra le ossa del no nei nostri climi , sono rarissimi
«ranio , « quelle della faccia , facil- gli uomini di statura Gigantesca .
Del Dottor Filippo Ucceli.i . 12'^
Firenze (a) • Neppure tni occuperò a descrivere tali defor-
mità osservate e nel petto , e nel cranio, per quanto sieno
più singolari e più rare . Chiunque bramasse avere più det-
tagliate notizie potrà riscontrare 1' opere di Wislow , e di
Bianchi (/?) . Mostruosità ben più singolari mi richiamano al
presente . Si è tiovato talvolta il cuore colla punta nel de-
stro iato, e la base nella sinistra. Gii intestini, il ventrico-
lo, e il fegato situati nella cavità del torace sopra il diafram-
ma. Il fegato nell'ipocondrio sinistro, e nel destro la mil-
za : sp})bene sì fatte alterazioni non si riscontrano ordinaria-
mente che dalla mano armata di coltello anatomico . Altre
pure ve ne hanno che a colpo d'occhio facilmente distinguon-
si . Quante volte la natura bizzarra à cangiato di sito a quegli
organi destinati alla formazione del latte? E quante volte si
«on vedute altrove sollevarsi le mammelle ; ed occupar l' oc-
chio colla loro straordinaria figura? Che più? Si ò visto
talvolta nascere un piede fornito delle dita dal coccige (e) ;
come pure immediatamente dal femore, e dalla pelvi. Si so-
no vedute le mani sortire dalle scapole, per tacere di tante
altre variazioni di sito , e che troppo lungo sarebbe il qui
riferire {ci) .
Ma
(a) Il Sig. Mascagni conserva nel
jiio Gabinetto un feto consimile ,
in cui al luogo dell' ombelico si vede
una gran borsa , in cui trov-insi con-
tenixti presso che tutti i visceri addo-
minali . Due presso a poro uguali
possono osservarsi nel R. Museo di
Firenze .
(4) Wislow, Blandii , ed altri Ana-
tomici citano degli esempi di feti, nei
quali non essendo ben conformato lo
•terno , • le coste lasciavano sortire
il cuore , e parta ancor dit' polmoni .
Dalle suture e fontanella del cranio
soverrhlameate dilatata si è vista usci-
re tutta 0 parte della massa cerebrali?.
(e) Vedi EfTem. dei curiosi della
natura .
((/) Per quello riguarda le parti in-
terne , osservò il Bartollno da ambe-
due i Ventricoli del cuore nascere un'
arteria aorta ; non trovò il canale ar-
terioso e vide partire le arterie pol-
monali da ciascheduna Aorta . Mery
notò in un Soggetto , che tutte le
maggiori vene andavano a scaricarsi
in un solo tronco , che mandava san-
gue ad ambedue i ventricoli del euo-
/
ia8 Istoria Anatomica di due Gemelle .
Ma già si presenta ai nostri sguardi una specie nuova di
mostri : sono essi tanto singolari, quanto ributtanti . Voi ben
comprendete , che intendo di parlare di quelli , nei quali
trovasi una prava conformazione di parti . I meno gravi er-
rori della natura su questo punto si considerano i piedi stor-
ti , le mani poste alla rovescia , e distorte le diverse gibbo-
sità , le ossa del cranio mal conformate , la spina del dorso
dilatata, le narici prive de! setto medio ^ la cavità della bocca
deforme, una breve cannula in luogo dell' istrumento della
generazione , il labro leporino , gli occhi mal costrutti , non
essendo inclusive mancato il caso di feti , nei quali non si
trovava , che un solo occhio , onde se fosser vissuti avrebbe-
ro in qualche parte realizzata la favola degli antichi Ciclopi .
j, O imperfetta natura, che mai da me pretendi?
„ O troppo dura legge che la natura offendi .
Se un tal rimprovero che sulla cetra dircea cantò ardimento-
so e folleggiante Poeta può in qualche parte aver luogo^ quegli
esseri specialmente mostruosi per difetto di parti potrebbero
forse avere diritto di rinnovarlo . Qui mancano alcune delle
dita; qualcun' altro- è privo d' una mano, o d' un piede;
negossi a questo il nasOj e le orecchie, a quelli le palpebre,
gli occhi, la lingua, la faringe, né sono mancati perfino
alcuni privati d' articoli intieri , o ritrovati estremamente
piccoli , o deformi . Né questo è ancor tutto . Si sono osser-
va-
re. Stenone ci narra di avere visto
un cuore diviso in tre ventricoli ; il
destro dei quali riceveva la sola vena
cava , il sinistro le vene polmonali ,
ed il medio mandava 1' arteria polmo-
nare 5 e r aorta . Riolano à veduto
un cuore senza ventricoli , ma con
tutt' i vasi assai ampli . Haller sezio-
nò un feto in cui oltre ad avere gli
cecili ineguali di grandezza , uno era
molto più alto del naturale : era pu- {
re il medesimo feto manrante d' un
orecchio ; nell' interno dell' osso tem-
porale non vi trovò alcuna traccia
dell' organo acustico : le narici priv»
del setto medio , e la cavità della boc-
ca assai deforme . Questo feto, benché
maschio , non aveva che una piccola
caruncola senza apertura dell' ure-
tra .
Del Dottor Filippo Uccelli .
laO
vati dei soggetti mancanti dei visceri più importanti , cioè a
dire dei cuore ^ del fegato, della milza
degli intestini
IO
medesimo non di lado neli' esercizio della mia professione j
ò ritrovato dei;!i individui forniti di un solo rene , e di un
solo testicolo . Cosi il Bartolino incontrò più volte dei sog-
getti privi di vessica orinarla ; e Sculteto depone aver più
volte osservati dei disgraziati affatto destituti delle parti ge-
nitali . Quello per altro che piii deve occupare la nostra ma-
raviglia si è, che si son trovati talvolta dei feti mancanti dì
testa, e di cervello {a). Quanto degne sono delle nostre ri-
flessioni tali difformità resultanti da difetto di parti , altret-
tanto lo sono i mostri pei* esuberanza . La natura talvolta
avara dei suoi doni non accorda le forze necessarie per l' in-
tegrità dei suoi sviluppi ; ma più sovente ancora lussureg-
giante presenta uno sloggio straordinario di forze, d'energia,
di vigore . Quante volte gli osservatori curiosi hanno fissata
la loro attenzione nell' osservare le mani , ed i piedi termi-
nati da un numero maggiore di dita ? Non abbiamo forse dal
Cartolino l'istoria d'una Donna, che aveva tre mammelle?
Kon assicura Borelli di avere veduto un uomo con due na-
si ? non vide sorgere Aldovrandi una terza orecchia in un fe-
to dal mezzo della testa ? non si trova nell' Anatomia del
Bacchettoni una memoria di alcuni soggetti forniti dalla na-
tura di due membri virili ? Non osservò il Cutter nell' istes-
so soggetto due vessiche orinaric ? non si sono veduti de<di
uteri divisi intierarnente con due vagine , e qualche volta an-
cor con due vulve ? Ne abbiamo una memoria di Enrico
Erinsmann arricchita di quattro eccellenti tavole data in luce
Tomo Xf. R con
(oj Non sono decorsi elle pochi gior-
ni «larrliè fu sezionato un feto in questo
Pi. Sjiidale degli liinorentl di Firenze,
in cui maiiravj intieramente il cer-
vello , cervelletto , e midolla allunga-
ta . In esso i nervi rimontavano dal-
la midolla fpinale , ed lucivano pei
consueti lori . ])i simili mostri due ne
esistono nel R. Gabinetto di Firen-
ze 5 ed uno ve ne ha inclusive più tin-
gnl<ire , in cui non solo manca il cer-
vello ma la testa intiera , e porzione
del toraee. Eppure tali feti hanno esi-
stilo , e sì sono sviluppati .
l3o Istoria Anatomica di due Gemelle ec,
con le stampe di Strasburgo, ed un'altra memoria di Haller
di un' altro utero con doppia vagina . Non riscontrò Piude-
bech in un solo individuo due cuori ? ed il caso di tre, non
si trova forse registrato nell' effemeridi dei curiosi della na-
tura ? Non attestano finalmente tutti gli anatomici che loro
si presentano tutto giorno dei muscoli sopranumerarj , ed un
numero maggiore di nervi di quegli che esistono ordinariamen-
te ? E non ho io medesimo ritrovato in quest' anno i nervi
sotto occipitali doppi ; e in un altro soggetto quelli del quar-
to pajo duplicati sebbene da una parte soltanto ?
Ma e che direm noi di quegli individui bizzarramente
conformati , nei quali gli organi destinati alla propagazione
trovansi cumulati in un solo soggetto, siccome nelle piante, che
però non sono facilmente referibili ad alcuno dei due sessi,
come neli' Androginee , voglio dire degli Ermafroditi? Verte
tuttora fra gli Anatomici la questione sulla loro esistenza .
Avvi chi sostiene che la divisione delle borse , onde veniva
rappresentata la figura della vulva à fatto passare per femmi-
ne quelli che non erano che maschi ; nell' istessa guisa che
il prolungamento della clitoride à imposto a segno ai più
esperti da far credere maschi quelli che non erano che fem-
mine . Cosi non è mancato chi abbia opinato infinitamente
impegnoso e difficile il giudizio della perfetta combinazione
dei due sessi in un solo individuo , o del sesso in essi pre-
dominante . Non è mio impegno in questo luogo esaminare ,
e discutere siffatte questioni . Dirò soltanto che in opposizio-
ne di tutto quello à scritto su tal proposito 1' Haller (a),
Bartolino (b) , Westbrecht (e), Tabarrani (e/), e molti altri,
abbiamo le istorie dettagliate di Ghiande, e di Francesco Pe-
tit ,
(a) V. Commentar, de Rebus in
scìentia naturali , 6- medie, voi. 2.
part. I. p. 5. Colombo de Re Anato-
mica lib. i5.
[b] Epistol. 83. Cent. 3. Epist. 99. ^
Cent. 4.
(e) Volume i. p. II. pag. 229.
(d) Lett. a. al Sig. Ab. Felice Fon»
tana p. II.
Del Dottor Filippo Uccelli. i3r
tìt , dalle quali resulta , che esistevano realmente in un me-
desimo soggetto gli organi mascuiiiii perfettamente organizza-
ti , come pure 1' utero , e le tube .
Tempo pelò è oggi mai che tralasciando tutto quello
potrebbe aggiungersi, e di fatti, e di riflessioni intorno alle
mostruosità mentovate ^ non meno che ad alcune, risultanti
dalla congiunzione di quelle parti , che dovrebbero essere di-
vise [a) , passiamo a ragionare di quei mostri che resultano
dalla coalescenza di due feti diversi . Questa specie che à
recentemente occupate le mie anatomiche osservazioni , è
certamente la più complicata e bizzarra . Per questa si am-
mira lo sfojriiio , e V energia delle forze della natura . la
questa sopra tutto si mostra per infiniti rapporti maraviglìo-
sa . Neil' istessa guisa che in un ferace terreno si sollevano
sul debile stelo due ranuncoli porporini, o due vario-pinti
anemoni insieme congiunti : nella foggia istessa che la cerasa
ridente , e la deliziosa albicocca pende duplicata dal pieghe-
vole ramoscello ^ o come la domestica gallina che in ogni
angolo della casa del suo padrone trova una vettovaglia ab-
bondante e partorisce frequentemente degli ovi a due torli ,
egualmente si vedono talora riuniti due feti uscire dal ven-
tre materno . Ma oh ! quante modificazioni , quante diverse
variazioni ci si presentano ! Si sono veduti due feti uniti
R 2. sol-
((t) Non infrequentemente dai me-
dici si osservano le palpebre , le lab-
bra , le nai-ici . 1' uretra , 1' ano cbiu-
«i al nascere del feto . Haller osservò
una Bambina nata «li sei mesi, le cui
dita delle mani , e dei piedi erano
tutte insieme congiunte , talché non
■formavano che una sola massa . Bar-
tolino ed altri hanno frequentemente
osservato due o tre diti uniti insieme .
Nel nostro Gabinetto vi è un feto ,
in cui la testa è unita ai tegUm^ti
del dorso . Simili mostruosità si sono
ancora spesso ricontrate nell' interno :
i due emisferi del cervello si sono ris-
contrati talvolta congiunti, come si leg-
go in Morand , in Vallisneri ec. Hal-
ler ha veduti pivi volte i due reni in-
sieme congiunti, e di una di tali mo-
struosità ce ne ha lasciata la più esat-
ta de»crÌ3Jope-v« ne ha fatta incider©
un' accuratissima tavola .
i3a Istoria Anatomica di due Gemelle ec.
soltanto per g!i integumenti della fronte (a) , altri per quelli
dell' occipite {b) , altri pnre per il vertice (e) . Né mancano
i casi di adesione assai più profonde . Ne abbiamo veduti
dei congiunti per il dorso , per le natiche , per il coccige ,
per le parti laterali {d) . Che più? nel R. Gabinetto di Fi-
renze si trova ottimamente rappresentato in cera un mostro
che nacque a Montepulciano formato dal riscontro di due
feti maschi . Le cui due teste sono riunite in guisa da rap-
presentare ciascheduna la metà della fliccia , che perciò da
una parte si vedono due occhi , due orecchie , e la bocca ,
ed il nasoj le quali nella parte anteriore resultano dall'unio-
ne delle due faccie insieme congiunte . Nella parte posterio-
se poi vi si osservano due orecchie ed un occhio formato
dal concorso di due , questo feto aveva pure la spina bifida .
Nel Mu^eo di Pietroburgo tanto rinomato per la moltiplice
collezione di cose naturali^ fra i vari mostri che vi si conser-
vano , vi è un feto con una sola testa , due occipiti , quat-
tro orecchi, ed agli occipiti si uniscono le spine da cui pen-
dono i due corpi [e] : ed un altro pure se ne ammira , nel
quale dall' ipocondrio destro si vede scaturire un altio pic-
colo feto distinguibile dalle pendenti natiche , e dai piedi
benissimo conformati; più radamente, ma pur non ostante
tiualche volta accade di vedere dei feti che si uniscono all'
cmbe-
(a) V. Pareo .
(h) V. Giornale di TreTOux .
(e) V. Atti dell' Accademia delle
scienze .
((/) V. Pareo , Cardano , Plancliard
ed altri . E a tutto ciò deve aggiun-
gersi che Vallisnieri ci riporta il caso
di un feto senza cranio, che pur tut-
tavia aveva due faccie , due nasi ,
due tocche , e tre occhi . Neil" effe-
meridi (lei cviricsi della natura si leg-
gono dei casi consimili .
[e] Di cpiesto genere di mostri, che
non è de' più rari, ne abbiamo dell*
litorie neir opera di Durerney ed
Halllard , di Cassebon , e di tanti al-
tri eccellenti Anatomici e Naturali-
sti . A))biamo occasione non di rido
di vedere dei mostri con degli articoli
superflui, benché abbiano una sola te-
sta . Sebbene bisogna confessare eh»
tal mostruosità è più rara negli uomi»!
ni che nei bruti «
Del Dottor Filippo Uccelli. l33
■ ombelico coir epigastro , o per la pelvi, e questi ordinaria-
mente sono mancanti delle parti della generazione , e della
vessica . Duverney e Palfino fecero la più esatta anatomica
descrizione (a) di questi due generi di mostri . Accade di vede-
re pur dei feti con due capi distinti , e perfetti con i respet-
tivi colli , ma riuniti poi in un solo torace. Il più volte citato
Duverney ci lia trasmesso la descrizione di un mostro di tul
genere ; anzi fra le altre particolarità assicura di avere ri-
scontrato che sebbene non avesse che un solo torace , erano
distinguibili due cuori insieme congiunti. A tutto ciò potrebbe
aggiungersi quello che troviamo inserito nell' eflenieridi dei
Curiosi della natura , e ciò che ne dice Sculteto , Duver-
ney , Richa , Cardano , e alcuni altri valenti Anatomici (è) .
Ed eccoci ornai giunti a quel punto che formò fin da
principio r oggetto delle mie riilessioni . Un feto bicorporeo
con un solo funicolo ombelicale , e molte altre essenziali
diflerenze nell' interna organizzazione , è il mostro che sopra
tutto e' interessa di far conoscere . Non è già che io pre-
tenda di aver in esso scoperta una nuova specie. Molti Scrit-
tori di cose mediche , ed anatomiche assicurano di averne
veduti presso a poco dei simili ; e 1' HiJler più diligente-
mente di ogni altro ne ha descritto uno di tal sorta da lui stes-
so anatomizzato . IMa siccome credo di avere riscontrate nel
mio delle differenze notabili, e nella struttura di alcuni vi-
sceri , e nella circolazione , quindi è che mi sono occupalo a
descriverlo con tutta la precisione, ed accuratezza possibile.
Per r istessa ragione mi sono fatto un impegno d' unire alla
descrizione le tavole , affinchè possano confrontarsi con le
Hai-
(«) Il Colombo, lo Zacchia, il Bar- j ta numerazione e descrizione, potrà
«ulino , Walter , Wisluw , IMorgani ,
Ballino , ed altri riferiscono un infi-
nità d' istorie di mostri di tal ge-
nere .
^J Clù desiderasse averne la più esAt-
ricorrere all' istoria dei mostri tanto
deglj Uomini , quanto dei Bruti l'atta
da Mailer , ed inserita nelle sue spe-
re minori .
i34 IsToiuA Anatomica di due Geì.ielle ec.
Halleriane , con cui non combinano prt-cisamente che per
quello che ha rapporto all' esterna conformazione .
Affinchè per altro piii chiaramente icsulti il complesso
(Ielle varietà, che. lo distinguono dal mio, non credo sarà
discaro al lettore che io riferisca in questo luogo ciò che
nel suo mostro osservò 1' Haller di più singolare .
Erano nel mostro Halleriano due Gemelle perfettamente
conformate , con le teste ben fornite di capelli , sebbene la
destra fosse meno perfetta della sinistra. Ed erano riunite
dalla parte superiore dello sterno fino all' ombelico . Aperto
l'addome e sollevato l'omento, vide un solo fegato molto vo-
lurninoso con un lobo sopranumerario all' inserzione della
vena ombelicale . Il funicolo ombelicale era formato da una
sola vena con quattro arterie , e due urachi . Le ititestina di
ambedue avevano un distinto mesenterio. Tolto il fegato, vi
trovò due vessichette del fiele , incastrate in diverse inci-
sure di quel viscere . Ogni stomaco aveva dietro il suo pan-
creas,, La milza per altro era una sola, ed iipparteneva al
feto sinistro. Il diaframma unico grandissimo, che compren-
deva i due feti , ed era diviso in otto appendici , che termi-
navano alle due coione vertebrali . Ogni feto aveva la res-
pettiva Arteria aorta , che si divideva nell' Iliache , e quin-
di nell'ombelicali. Quattro reni avevano con altrettanti urc-
tei'i che influivano nelle vessichc orinarie di ciascun feto .
Molto più interessante fu la sezione del torace , di quel-
la del basso ventre ; un solo pericardio era nel mezzo del pet-
to, non colla punta voltata a sinistra, ma perpendicolare nel
mezzo ai due toraci . Ciascuna bambina aveva la sua gian-
duia timo situata secondo il solito. Aperto il pericardio, ap-
parve un grandissimo cuore unico nel mezzo del petto , che
a ciascun collo distribuiva i suoi vasi egualmente . Avevano
ambedue le bambine il respettivo arco dell' aorta , che si
portava da destra a sinistra , come ambedue avevano le pro-
prie arterie polmonari , dalle quali si partiva il datto arterio-
so più grande del naturale . Tra le arterie aravi un solo seno
;.'.;. / 1 iita^^f . con
Del Dottor Filippo Uccelli . j 33
con la conispotidenle auiicula, tanto vasto però che osservar
si poteva inaniRstamente sì nella parte anteriore, che nella
posteriore del cuore . Nelle diramazioni poi principali che
tnaJidavano le due arterie aorte non vi fu riscontrata varietà
alcuna ; essendo il cuore nel mezzo fra le due cavità del to-
race, di cui il restante della cavità era riempiuto dai polmo-
ni divisi dal loro mediastino .
Haller osservò una difterenza marcata nelle vene più che
neir arterie . 11 cuore difatto aveva due vene cave discen-
denti . La cava superiore della destra bambina era unica ,
mentre la sinistra ne aveva due . Dalla vena cava superio-
re del feto destro nascevano primieramente le vene polmo-
ri , quindi la vena azzigos , poscia le vene per 1' estremità
superiori, e per la testa. Nei feto sinistro , le vene polmo-
nari distintamente influivano nel gran seno del cuore.
Aperto finalmente il cuore, apparvero tre grandi cavità,
che una corrispondeva al gran seno , e che riceveva le vene
di ambedue le bambine , nel qual seno il sangue di tutte le
I vene si confondeva . I ventricoli del cuore furono trovati due,
uno per ciaschedun feto , dei quali ognuno aveva gli ossi
arteriosi, che davano origine alle respettive arterie polmona-
ri, ed aorta, tutte fornite delle loro valvule semiluuari , co-
me gli ossi venosi , che corrispondevano al vasto seno , era-
no forniti delle valvule tricuspidali : finalmente il sangue di
ambedue i feti , entrato dalle diverse vene cave e polmona-
ri nel gran seno , veniva spinto nei due ventricoli , e per le
arterie polmonari ed aorte , andava a portarsi alle diverse
parti del corpo de' due feti , e da queste per le arterie
ombelicali faceva ritorno alla placenta materna .
Esposta l'anatomica dissezione dell' Haller fatta nelij35>
passerò a fare 1' istoria dei due feti consimili mo=;truosi , che
j nel mese di maggio prossimo passato nacquero, senza bi'Otjno
d'operazione, da una contadina della Mattonaja, luogo pres-
so la Città di Firenze , che essendo stati acquistati , per
mettersi nella serie dei mostri di (juesto R. Museo , dal dot-
tis-
i36 Istoria Anatomica di uue Gemetele ec
llssimo Soprintendente economico di quel Gabinetto, Signor
Gio. Fabbroni , mi fu permesso di notomizzare : onde adequa-
tamente preparati, fossero in seguito inseriti in quella raccol-
ta , tanto più che due altri consimili interi vi si conservano
nello spirito di vino .
Erano adunque due bambine ottimamente conformate,
ma una , che per distinguerla dall' altra individuerò col
n.* I, era un poco più glande delT altra, che sarà distinta
dal n° Il (V. Tav. I) . Queste due bambine erano insieme
congiunte dalla parte superiore del jueulo fino all' ombelico,
talmente che gli sterni erano comuni ad ambedue, articolan-
do da una parte le coste dell'uno, e dalT altra le coste
dell'altro feto: era unico il funicolo ombelicale, composto
soltanto di una vena, e di due arterie, e che entrava nel
mezzo della congiunzione inferiore dei due feti , e non come
quello che descrive l' Haller resultante da una vena e quat-
tro arterie : nelle mascelle di ambedue i feti eravi una so-
stanza quasi cartilaginea che affettava intieramente la figura
dei denti tanto incisivi , canini , che dei primi molari , poi-
ché questa sostanza cartilaginosa era solcata in guisa da rap-
presentare una vera dentiera .
Per convenientemente prepararli ed osservarvi minu-
tamente tutto ciò che vi era di rimarcabile , gli injettai per
la vena ombelicale con una materia composta di colla Te-
desca , e vermiglione onde fosse V injezione spinta fine nei
minimi vasi , ed i grossi tronchi li riempii con gesso che
spìnsi per la stessa strada dietro la colla ; con questo mezzo
ottenni un' injezione finissima , che mi penetrò fino nei vasi
minimi della cute , somministrandogli un colore alquanto ros-
so, che si fece più fosco nei luoghi, nei quali i feti avevano
sofferto delle contusioni e compressioni nel nascere , come
nelle teste , e nelle spalle ; e su questo propo'sito , è da av-
vertirsi , che questa compressione in una delle clavicole , fu
così forte che rimase fratturata .
Siccome volevo trarre da questi feti mostruosi il mng-| \
gio-
I
Del Dottor Filippo Uccelli . 107
giore partito possibile , così pensai prima di tutto a levargli
la pelle , che in seguito riempita di cotone riacquistò l' istes-
sa forma , che precedentemente avevano i feti interi . Tolti
così i tegumenti , mi feci ad esaminare i muscoli , e trovai
che i gran pettorali di ambedue i feti erano alquanto più estesi,
siccome più estese le costole, e si congiungevano nel mezzo del-
lo sterno alcune fibre dell' uno, con le fibre dell'altro del lato
ojjposto . Molto più estesi poi del naturale erano i muscoli
del basso ventre e singolarmente i muscoli retti , i quali par-
tendo dalle parti inferiori degli sterni , formavano quattro
curve che si riunivano all'ombelico, e quindi all'osso del
pube naturalmente terminavano . Non vi era altra differenza
nel sistema muscolare a riserva del diaframma, di cui parlerò
ir> appresso .
Aperto il basso ventre Io trovai nella direzione dell' om-
belico separato in due cavità dalla gran solca del fegato
( Tav. II. II.) che si prolungava in basso e divideva una ca-
vità del basso ventre di un feto, dall' altra dell' altro feto .
I fegati ( AA ) (Tav. II, e III) di ambedue i feti erano in-
sieme affatto congiunti, talché un sol fegato appariva essere
comune ad ambedue. Comune per altro in ambedue era la
circolazione , poiché non vi entrava che una sola vena ombe-
licale . Questi due fegati insieme congiunti avevano ciasche-
duno la loro faccia convessa , e la loro faccia concava ; am-
bedue divisi in due lobi ; ed avevano nella loro faccia con-
cava il piccolo lobo dello spigellio, e la borsa del fiele, con
questa differenza soltanto , che nel feto di N.° II , la cisti-
fellea era situata molto più in alto che nel feto di N.° I .
II funicolo ombelicale era composto di una sola vena , che
come ho detto passava ad inserirsi nella faccia concava del
fegato del feto di N.* II ; e di due sole arterie ombelicali
che venivano però dal feto di N.° I (Tav. II. la , e Tav.
Ili 8 ) . Le due arterie ombelicali del feto N.° IL ( Tav. II.
14 Tav. Ili IO ) erano esilissime ; né sì portavano al cordo-
ne ombelicale, ma si vedevano terminare lateralmente all'
Tomo XI. S ura-
l38 Istoria Anatomica di due Gemelle ec.
uraco ; ciò forma una notabile difFeienza tra questo , ed il
mostro bicorporeo sezionalo dall' Haller , mentre in esso il
fegato era unico con un lobo soprannumerario . La milza pu-
re era unica e situata pure nel sinistro lato , ed il funicolo
ombelicale, come si è detto, era composto d'una vena, ma
con quattro arterie . Per il rimanente poi dei visceri si-
tuati nella cavità del basso ventre era simile al presente .
Ciascheduna delle due vesiche orinarle nel nostro mostro ave-
va il respettivo uraco, che terminava all'ombelico l'uno di-
rimpetto all' altro . Ciascheduna bambina aveva la sua matas-
sa intestinale ( Tav. II. HH ) con il respettivo mesenterio;
come pure ciascheduna aveva il suo ventricolo diversamente
però situato j e corrispondente alla cistifellea del proprio la-
to , come si vede nella Tav. II BE . Al Iato opposto del-
la borsa del fiele, eravi al solito la milza in ambedue i feti
ed il pancreas corrispondeva alla piccola curvatura dello sto-
maco secondo il consueto fra la milza , ed il fegato . La ve-
na ombelicale entrava nel. fegato del feto N.° II (a), si divi-
deva in due tronchi , uno dei quali si scaricava nel corris-
pondente seno della vena porta , 1' altro passava all' altro fe-
to per andare ad influire nell'altra vena porta, d'onde poi
jl sangue veniva trasportato nelle due vene cave inferiori .
Ciascun feto aveva le sue cassule atrabiliari, i suoi reni,
ed i suoi ureteri , che si portavano secondo il solito nella
vessica . Nulla parimente eravi di straordinario nelle parti
della generazione j tanto esterne quanto interne. Finalmente
nulla di singolai-e offeriva la circolazione tanto venosa che
arteriosa nella cavità del basso ventre in ambedue le bambi-
ne , alla riserva di ciò che si è detto riguardo all' arterie om-
belicali , ed alla vena parimente ombelicale .
Il diaframma era unico per ambedue i feti, ed in con-
seguenza grandissimo (Tav. II, LL ) diviso in otto appendici,
quat-
faj V. Tav. Ili li. \
Dkl Dottor Filippo Uccelli. iSq
quattro per ciaschedun feto, che si univano secondo il con-
sueto alle colonne vertebrali e anteriormente , e lateralmen-
te si congìiingeva con i rispettivi muscoli addominali : fra
gli interstizi delle appendici vi passavano gli esofaghi e le ar-
terie aorte ; aveva pure due altre aperture per il passaggio
delle due vene cave corrispondenti ai due fegati, e quella
del feto (N.T Tav.II, io ) , era un poco minore di quella del
feto N.^ II Tav. Il , i5.
La sezione della cavità del torace fu molto più interes-
sante di quella del basso ventre per le sue singolarità . Era
essa unica ed un solo pericardio vastissimo racchiudeva due
cuori insieme congiunti, Tav. II, MM. I polmoni d'ambedue
i feti non offrivano venma varietà , ed erano secondo il so-
lito divisi dal respettivo mediastino che dalle vertebre si
estendeva ai lobi del pericardio . Nulla pur di singolare ri-
trovai nelle gianduia timo d' ambedue le bambine . Aperto
il pericardio furono messi allo scoperto i due cuori : quello
che apparteneva al feto di N.° I era più grande del doppio
di quello che apparteneva al feto di N.° II. (Tav. II e III PR);
la loro figura pure era singolare , e le fibre muscolari dell'
uno si imivano alle fibre muscolari dell'altro (Tav. II e III )
e non ostante però in ambedue si riscontravano i due se-
ni , le due orecchiette , ed i due ventricoli , e principiando
dal cuore del feto di N.° ì, cioè dal più voluminoso, esso
aveva il seno destro assai vasto ( C Tav. II ) , ed in esso en-
travano la vena cava inferiore (io) , la vena cava superiore
(8) e la suclavia sinistra (5). L'orecchietta destra corrispon-
dente (D) era piccolissima . Il ventricolo destro poi era mol-
to grande (6) , e da questo partiva 1' arteria polmonare assai
insigne (3) , la quale mandava il grossissimo canale arterioso
del botallo (7) che andava ad inserirsi nell'arteria aorta. Le
rene polmonari non offrivano alcuna varietà ed entravano
nel seno sinistro dello stesso cuore che era un poco più pic-
colo dell'altro; l'orecchietta per altro era estesissima ( Tav.
III (6) ) . Il ventricolo altresì di questo lato era voluminosis-
S a si-
140 Istoria Anatomica di due Gemellk .
simo (a) e da esso partiva r arteria aorta (2.) assai grande,
che ricevuto il canale del botalio mandava dal suo arco^ se-
condo il consueto, i tre tronchi arteriosi ^ subclavia destra,
carotide sinistra , e subclavia sinistra , quindi passava a sini-
stra fra i polmoni , sempre voluminosissima .
Il cuore (Q) del feto N.° II era più della metà piccolo
dell' altro. Il seno destro (i) Tav. II, era alquanto esteso, e
grande pure era la corrispondente (3) auricola ed in questo seno
entravano le due vene cave superiore ed inferiore (16, 18) .
Il ventricolo corrispondente era piccolissimo (f) e 1' arteria
polmonare che ne sortiva non era la metà di diametro (Tav.
JJI (i5) ) di quella delT altro cuore: esilissimo poi era il ca-
nale arterioso (16) che entrava nell' arteria aorta; il seno sini-
stro di questo cuore era un poco più piccolo dell' altro, come
pure r orecchietta ; ma il ventricolo corrispondente (clFìs.lll)
era più grande del triplo del destro , e da questo sortiva
l'arteria aorta d' un volume naturale. I due cuori avevano
tra loro varie comunicazioni. Il seno destro del cuore del
feto, N.° I comunicava col seno destro dell'altro cuore, N.^ II
{h Tav. II). 11 ventricolo destro {b del cuore N.* I , comu-
nicava col ventricolo destro del cuore N." II ; i due sinistri
pure comunicavano fra di loro egualmente che i ventricoli
sinistri , come si vede nella Tav. Ili ( e gì).
Molto differente era l'anatomia dei due feti similmente
mostruosi che descrive il Sig. Haller, poiché, oltre non ave-
re in due che un solo cuore , questo cuore non aveva che
uu solo seno ed una sola auricola, nel qual seno influivano
le vene si polmonari che cave d' ambedue i feti . I ventrico-
li di questo gran cuore erano due soltanto , uno cioè per
ciaschedun feto dai quali partivano e le arterie polmonari ,
e le arterie aorte : nel resto poi della distribuzione delle ve-
ne e delle arterie , di ambedue i feti noli esisteva veruna
varietà .
Esposta la descrizione anatomica dei feti da me noto-
mizzati j sarà facile il conoscere come in loro succedeva la
eir-
Del Dottor Filippo Uccelli. l.\i
cìrcolnzione del sangue . Dall' unica placenta materna veniva
portato il sangue al fegato per la vena ombelicale che appar-
teneva al feto N." II; da questo fegato passava all' altro cor-
rispondente , quindi sgorgava nelle due vene cave inferiori ,
ma in maggior copia al feto di N.° II che al feto di N.'^ I ,
come lo mostra il calibro di ambedue le vene cave . Il san-
gue entrato nel seno destro del cuore N." II, passava in par-
te nel ventricolo corrispondente , ed in parte si scaricava nel
seno destro dell'altro 'cuore, come lo prova il piccolo dia-
metro che aveva V arteria polmonare che sortiva dal piccolo
cuore , ed il suo esilissimo canale del botallo . In parte poi
il sangue ancora passava dal seno del piccolo cuore al seno
sinistro por il forame ovale che pure esisteva in questi feti ,
ma quello soltanto passava nel ventricolo sinistro di questo
cuore, e di lì all'arteria aorta che era necessario alla nutri-
zione, e sviluppo del feto, mentre il superfluo entrava nell'
altro cuore del feto N° I .
Al cuore più volumincso del feto N.^ I, andava mol-
to più sangue, mentre vi entravano nel seno destro, come si
è dimostrato. Le due vene cave superiore, ed inferiore, e
la vena subclavia sinistra, ed inoltre quel più di sangue, che
non abbisognava al ventricolo destro dell'altro feto, come pu-
re al ventricolo sinistro, onde era quadruplice la corrente del
sangue, che entrava in questo seno, dal quale passava in par-
te per il forame ovale del seno sinistro , ed in parte veniva
scaricato nel corrispondente ventricolo destro , d' onde per
la grossa arteria polmonare, che dava origine a quel gran ca-
nale dei botallo, pa«sava nell'aorta. Nel seno sinistro poi en-
trava il sangue e dal destro per il forame ovale , e per la
comunicazione che aveva col seno sinistro dell' altro cuore
d' onde andava al corrispondente ventricolo sinistro , a cui
pure veniva dell' altro sangue per la comunicazione che
aveva col ventricolo sinistro opposto , e da questo ventricolo
partiva il sangue per l'arteria aorta, ed incontrando quello
che veniva per il canale del botallo quasi tutto il sangue
re-
142. Istoria Anatomica di due Gemelle ec»
refluo delle due bambine entrava in quest'arteria^ la quale,
dopo avere mandato il sangue per lo sviluppo , e nutrizione
del feto corrispondente , divisa nell' Iliache riportava alia pla-
centa il sangue per mezzo dell' insigni arterie ombelicali , di
cui era fornito questo feto .
Il sangue finalmente , che per i' aorta dell' altro feto di
N.° IIj serviva soltanto alla nutrizione dì lui, mandate secon-
do il consueto le carotidi, e subclavie , discendeva nei tora-
ce ^ e nel basso ventre , e si perdeva mandando le arterie a
tutte le diverse parti, dalle quali ritornava immediatamente
al cuore per la vena cava corrispondenti, senza ritornare alla
placenta materna terminando ai lobi dell' uraco le piccole
arterie ombelicali .
Ma già sembra di essermi diffuso assai piìi di quello po-
teva permettermi una semplice Memoria . Ometterò pertanto
di esporre quelle poche riflessioni che mi pare potrebbero
avere luogo . Quando sì scrìve pei dotti è presso che inutile
il dar risalto ai fatti che si espongono . Chi degli illustri Sog-
getti che abbelliscono il catalogo della Società Italiana delle
Scienze, non comprende a colpo d'occhio tutt' i rapporti che
possono avere con l'animale economia; chi non vede l'acce*
zioni che possono farsi alle leggi già stabilite, chi dotato,
com'è, della pili vasta penetrazione, non avanza col pensiero
le moltiplici conseguenze che ne risultano ?
SPIE-
4
Del Dottor Filippo Uccelli. i43
SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE.
TAVOLA I.
A Feto di n.° T.
B Feto di n.° IL
C Congiunzione d'ambedue ì feti allo sterno.
D Congiunzione d'ambedue i feti ali' ombelico.
T A V 0 L A I I.
Visceri osservati per la parte anteriore ,
AA I due fegati riuniti .
15 Ventricolo del feto n." L
C Ventricolo del feto n.» IL
D Milza del feto n.° L
E IMilza avvolta nel peritoneo del feto n.° IL
F Rene avvolto nel peritoneo del feto n.° L
G Rene spogliato del peritoneo del n.* IL
lì Matassa intestinale del feto ik° IL
K Matassa intestinale del feto n.*' I.
I Parti genitali esterne del feto n.** IL
J Parti genitali esserne del feto n." 1.
LL Vastissimo Diaframma .
]MM Vasto pericardio .
N Polmone destro del feto n.° IL
O Polmone sinistro del feto tì° L
P Cuore del feto n." I.
Q Cuore del feto u." IL
R Trachea del feto n* L
S Trachea del feto n.° IL
T Esofago del feto n.° L
U Esofago del feto n.® IL
Y Gianduia tiroide del feto n.° I.
X TI-
l44 Istoria Anatomica di due Gemelle ce.
X Tiroide del feto n." II.
ZZ Lingua d^ atnhedue i feti .
a Ventricolo sinistro del cuore n.° I.
b Ventricolo destro del cuore n." I.
e Seno destro dello stesso cuore .
d Auricola corrispondente .
f Ventricolo destro del cuore n.° II.
i Seno destro dello stesso cuore .
g Auricola corrispondente e ventricolo sinistro .
I Congiunzione dei Ventricoli.
a Arteria aorta del feto n.° I.
3 Arteria polmonare .
4 Arcata posteriore defl' aorta .
5 Vena subclavia sinistra .
6 Seno destro .
7 Canale del botallo.
8 Vena cava superiore.
9 Vena cava inferiore sopra il pericardio.
10 Vena cava inferiore sotto il diaframma.
11 Legamento sospensorio prolungato.
la Le due arterie ombelicali del feto n.' I.
l3 Funicolo ombelicale .
i4 Le due arterie ombelicali del feto n." II.
i5. i6. Vena cava inferiore .
i8 Vena cava superiore .
19 Arteria polmonare .
ao Arteria Aorta ,
ai Cistifella del feto n° II.
TAVOLA III
Visceri osservati dall' altra parte.
AA I due fegati riuniti .
B Stomaco del n." I.
G Stomaco del n." II.
D Mil-
Del Dottor Filippo Uccelli . l4.5
D Milza del n,° II .
E Milza avvolta nel Peritoneo del feto n." I .
F Rene destro del feto n.«* I . avvolto nel Peritoneo .
G Rene sinistro del feto n.° IL avvolto nel Peritoneo .
HH Matasse intestinali dei due feti.
IJ Parti genitali esterne .
LL Diaframma.
MM Pericardio .
N Polmone sinistro del feto n.^ II .
0 Polmone destro del feto d." I .
P Cuore del feto n.° I .
Q Cuore del feto n,° II .
R Trachea del feto n.* II .
S Trachea del feto n.° I.
T Esofago del feto n.° li.
U Esofago del feto n." I.
VX Glandule Tiroidee .
ZZ Lingue d' ambedue i feti .
a Ventricolo destro del cuore n.° I .
b Auricola sinistra del cuore n.° I .
e Porzione del ventricolo sinistro del n.° I .
d Ventricolo sinistro del cuore n." II .
e Auricola sinistra dello stesso cuore .
f Seno sinistro dello stesso cuore .
g Unione del seno sinistro d' un cuore coli' altro .
h Seno destro del cuore n." I .
i Porzione del ventricolo destro .
1 Unione dei due ventricoli sinistri .
a Arteria aorta del feto n° I .
3 Vena cava superiore .
4 Arteria polmonare .
5 Vena cava inferiore .
6 Vena cara inferiore sotto il diafi^amma.
7 Legamento sospensorio del fegato .
8 Arterie ombelicali del feto n." I .
Tomo XL T <) Trai-
i46 Istoria Anatomica di due Gemelle ec.
9 Tralcio ombelicale .
10 Arterie ombelicali del feto n.** II .
1 1 Vena ombelicale .
152, Vena cava inferiore del feto n." II.
i3 Vena cava inferiore.
i4 Vene polmonari .
l5 Arteria polmonare.
i6 Canale arterioso .
1 7 Arteria aorta .
i8 Cistifella del feto n." I.
ME-
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^47
MEMORIA
IDROSTATICA
Di Girolamo Saladini
Ricevuta il eh ao Ottobre i8o3.
Ulssendor stato a me richiesto il metodo di determinare il
centro di pressione nelle cateratte ossia parature di figura
circolare ed ellittica, né avendolo ritrovato negli Autori le
di cui Opere Idrostatiche poteva consultare , mi accinsi io
stesso a rintracciarlo sì per soddisfare chi si era compiaciu-
to farmene domanda , si perchè riputava utile tal cognizione
in alcune circostanze .
È il centro, di pressione di una data superficie che trat-
tiene il fluido , quel punto della stessa superficie in cui può
supporsi raccolta la sonuna delle pressioni contro ciascun
punto della medesima , talmente che sostenuto questo punto,
la supei'ficie benché sciolta da qualunque altro vincolo, non
può concepire moto alcuno né rettilineo né di rotazione, ma
debbe rimanere in equilibrio . Essendo le superficie delle
nostre cateratte piane , a cui in tutti i punti sono normali
le pressioni , e perciò tra loro parallele , ne avviene che
per determinare il centro ricercato , usiamo il solito metodo
con cui si determina generalmente il centro delle forze pa-
rallele , moltiplicando la pressione di ciascun punto della
superficie nella di lui distanza da una retta data di posizio-
ne a piacimento nel piano della stessa superficie , e dividen-
do la somma di questi prodotti, che somma de' momenti re-
lativamente a questa retta suol chiamarsi , per la somma
di tutte le pressioni ; il quoziente determina la distanza
T a del
148 Memoria Idrostatica
del centro di pressione della data superficie da questa retta;
e se facciasi 1' iftesso rispettivamente ad altra retta arbitra-
ria giacente n?lla stessa snperfìcie , che seghi per altro la
prima perpendicolarmente, si verrà a fissare il centro di
pressione delia superficie proposta , dovendo necessariamente
quello essere , in cui si segano le due rette di distanza pa-
rallele alle date di posizione .
a. Il circolo AZFR rappresenti una cateratta che esiste
nella sponda d' un fiume o d' un lago : suppongo il punto
supremo A essere appunto nel livello del fluido ; pel centro
C conducasi il diametro verticale ACF ; in questo esiste si-
curamente il centro di pressione ; poiché non può darsi al-
cuna ragion sufficiente di sua esistenza in un de' due semi-
circoli AZF , ARF ad esclusione dell' altro . Si dovrà per
tanto ritrovare qual punto sia di questo diametro verticale
che soddisfa al quesito . Se ottengasi la distanza del centro
di pressione del semicircolo ANF dal diametro ZCR norma-
le ad ACF _, dovendo esser essa eguale a simil distanza dell*
altro semicircolo AZF ; sarà essa stessa la distanza del cen-
tro di pressione del circolo intiero presa nel diametro AF dal
centro C ; poiché congiunti i due centri di pressione dei se-
micireoli con una retta , essa segherà il diametro AF in P che
$arà il centro di pressione di tutto il circolo .
Stabilito il punto A per principio deir ascisse , pongasi
AO = a: / pel punto O condotta 1' ordinata OL le gì ponga
l'altra BN infinitamente vicina, e dicasi OL =7, OY^-=.dx;
il raggio del circolo CA in grazia del calcolo dicasi = i ; sa-
rà 0L = 7~y/ a a; — XX per proprietà del circolo ; ed
ydx r=z dx ^ 2. X —' xx sarà 1' elemento OLBN del semicircoTo
ARF. Da'principj d'Idrostatica abbiamo che la quantità del-
la presiione contro una superficie sia eguale al prodotto del-
la stessa superficie moltiplicata nella distanza del suo centro
di gravità dalla superficie dell'acqua ; questa distanza nel ca-
so nostro è AO =■ x i esprimeremo pertanto la pressione eie*
men-
Di Girolamo Saladini . l49
mentarft per arJx- yar — xor, la quale di nuovo moltipli-
cata per AO = X darà il momento di questa pressio-
ne rispettivamente alla superficie del fluido eguale ad
x*dx X\/ 2"^ - xx=: dM ; M disegna la somma di tutti questi
momenti : dunque M =/c* dx ^ a. x — xx -i-C. Per liberare
questa formola dal radicale pongo \/ a :r — xx^=^ xz, da cui
a , ùfzdz • , 4.-
ricavo X — ^ q dx — : compite le sosti-
zz-\-\ —— »
zz -4- 1
. r-z d z
tuzìoni si avrà M = /x*Jji: ^/ììx — x*-+-C = — 3a\ ••• + ^ '■>
J z'--\-\
quindi subito si comprende che 1' integrazione di questa
formola non oltrepassa la quadratura delle Sezioni Coniche
Apolloniane .
3. Molti sono i metodi per giungere all' integrazione di
questa formola ; scelgo quello delle nostre Istituzioni . Preii-
do la formola generale — ; la differenzio , ed ottengo
^ s« qz'^-^dz 2.pz'>-^'Jz , r z'^-^^dz
D = : dunque \ — =
z ' e z '""' dz
— — -\- q \ —z — • Per mezzo di que-
sta equazione si giunge al desiderato integrale nella seguen-
te maniera .
Pongasi /^ -f- 1 = a , cioè y=l;;7-t-i=5, cioè p = 4*
C z^ dz I — z r dz \
avremo subito — 3a \ = — 3a | Q-ri n,-l- 1 r-r-r — ri \>
j • r ^^
per deprimere 1 ^-r^ — ~ pongasi ^-f-i=o, cioè q-=.-—i»
J 0»(-S "r"!/
/.+i = 4,cioèi; = 3i nascerà •^}-r=q:= ' ^X^J^Tp
1^0 Memokia Idrostatica
i r dz
3 Z^\z '■("'■■A- \i ' P'^oseguendo quest'operazione troveremo
finalmente
dz
•4-^ 3
8.6.4.2^(2^+1)^ 8.6.4.2.^5.(2^+1)"^ 8.6.4.2 3 s»+s'
Frazione poi ^3 — ;^ per mezzo della divisione continua si
2 —]— 2
ritrova eguale — 5 — + — _ _ — ; dunque
& 2'' 2^ z*+i ^
dz dz dz dz — dz C dz
z -\- z z z^ z
— l +1—1 Cd:
r dz
-, ed integrando l ^^
— 15 J '^3 "7" """ 1 — 2 ' • Sapendosi essere que-
sta sommatoria un arco di circolo , il cui raggio è eguale
air unità , e la cui tangente è eguale a z ; dunque avremo
finalmente M = 3a J ^rr-i r rr-- — r-, ' . , , — ; :
1_8.(2'+I)^ 8.6.2.(2'+!)^ 8.6.43^(2'+l)*
3 3.5 / — I +1 — r
■^ 8.6.4.^.2'. (2^+1) "^ 8.6.47^ ( 5.z^ TT^*" ~^
— Arco tangen, z -+■ Quadrante ì j . . . ; ( K )
Il quadrante è la costante, che si deve aggiungere la quale si
determina facendo la sommatoria eguale al zero, quando a: = o ;
/7
sarà m questa supposizione y/a:»; — a:x= 1/ — = s=oo; dun-
que tutti i termini svaniscono , fuorichè l'arco , il quale aven*
do la tangente infinita, diventerà un quadrante del circolo,
il cui raggio è = i , che sarà la costante da aggiungere .
Posta a; t= a avremo il momento appartenente al semicir-
colo ANRF ; in questa supposizione divenendo 2 = 0, tutti
i ter-
Di Girolamo Saladini . i5i
i termini della nostra sommatoria diventano infiniti , se si
eccettui il primo , che ritrovasi = o , e 1' arco del circo-
lo che avendo la tangente = o , sarà anch' esso = o ; ciò
non ostante se rifletteremo che questi infiniti non sono tutti
dell' istess' ordine , troveremo che quelli di grado massimo
sono -t; — ;:: — , r ^ " ^ — T 7~ '•> oudc non curando
8.6.4.a.s5 8.6.4
a
-s '
quelli di grado infisriore j ed elidendosi i primi, troveremo
il momento di tutta 1' area semicircolare ANRF = M = -7; — ,
o
posta la ragione del raggio alla circonferenza quella di i :(^;
onde risulta la periferìa del nostro Circolo = a ^ , e la sua
(p . . .5
quarta parte a — , che moltiplicata ijel coefficiente — dà
T'
4. Ora sappiamo dall' Idrostatica che la pressione dell'
•area circolare intera posta verticalmente nella supposizione .
in cui siamo , cioè che il punto supremo della cateratta esi-
sta nel livello , debbe farsi eguale al peso d' un cilindro , la
cui base sia il circolo stesso , la sua altezza sia la distanza
del centro del circolo dal livello , e la sua gravità specifica sia
quella del fluido sovrastante; cioè al peso d' un cilindro acqueo ,
la cui base sia il circolo AZFR , 1' altezza il raggio CA da
noi posto eguale all' unità j dunque 1' espressione del peso
(p
d'un tar cilindro sarà = <p , e la sua metà = — • Per la qual
,. . ., . 5(p co
cosa diviso 11 momento sopra ritrovato --r- per —, nascerà la
o a
distanza ricercata del centro di pi-essione dal livello eguale
S I . . ,.
— = I + "T • Esiste per tanto il centro di pressione di cui
parliamo un quarto del raggio CF sotto 1' orizzontale ZCR .
Se si tagli adunque CF iu P talmente clie sia CP la sua quar-
ta
l5a Memoria Idrostatica
ta j)arte , sarà il punto P il nostro centro dì pressione di
tutta la cateratta circolare ARFZA, che ha il vertice A nel-
la superficie del fluido •
5. Conieccliè le cose da noi fìnqul stabilite sembrino
camminare a dovere ^ ciò non ostante non può negarsi che
le quantità infinite che si frammischiano neir espressione ,
non facciano giustamente nascere dei sospetti ; imperciocché
distruggendosi scambievolmente i termini infiniti del giado
massimo , non sembra doversi disprezzare quei di grado infe-
riore , che rendono incerto il metodo e di niun conto i ri-
sultati .
Per togliere di mezzo qualunque dubbio ci è convenuto pen-
sare ad altro metodo. Determino in primo luogo il momento del
semicircolo ZARG , indi quello dell'inferiore ZFRG , da' quali
ricavo il momento di tutta la cateratta circolare per riguardo al
livello. A questo fine pongo nella nostra formola (K)x=AC=i ;
da ciò nasce ^ = i e il momento del quadrante A C R =
/ t -f- r — I -f- 3 — 3.5 . I
^'^ V"8T*a~ sTóT^ 8.6.4.7^ 8. 6, 4. a. a 8 . 6 . 4 ."a \ ~5
1 quadrante \ \ l i i
) ) = -
3 ' ' a ' / 4 ' la M ' ^4j
5 / r I quadr. . a 5
~4 ^5 "3 -+-^ -+-— ^-)=--3 +-gquadr.,eil
momento dell' intiero seraicircolo superiore C Z A R G
4 5
= — — -1- — quadr.
6. Passiamo a determinare il momento del semicircolo
inferiore GZFRG. Ad una qualunque ascissa AB' mag-
gior del raggio AG si conduca l'ordinata B'N'j, e pongo''
FB' = X , B' N' = jK , e posta F G = C A = i , sarà
yz=.y/ a,x — XX, e condotta O'L' infinitamente vicina a B'N',
sarà O'B' = dx , e l'elemento dell'area semicircolare FRA =
•ydx^=.clxy/^x — xx\ ed essendo la distanza di questo ele-
mento dal livello = a • — x ■, sarà la pressione di questo ele-
men-
Di Girolamo Saladiki . i53
mento ^—x.dxyj^x — xx , ed il suo momento per riguar-
do al livello = 2 — x^ dx ^ 0. X — xx^=^ùfdxyj^x — ~xx
.^i^xdxy/%x — X X -V- x'^ dx ^J -iix — XX. Dunque il
3
* . 4 .
momento indefinito del semicircolo ARF = -^ (sa? — • xx') -+•
i
x^ dx ^ ù. X — XX . Si ponga come dianzi
y/ 2.X — X X ^=^ X z , eseguite T istesse sostituzioni , avremo
3
4 % e
-^ (a.T— ara;) -\-\x^dx'^2.x — x x =,
8 . (^'-M) 8.6 .5. (ì;* -hi)* 8 .6 .4;=3(s^H-i)
-4-3 +3.5 / — i-l-i — I
8 .6 .4.az' .(2*-+-i) 8 . 6 . 4 . a \ 5.;s5 3.z» z
3
r dz \~j 4 a
l-j -1- C H 4- — (a.v — xx') . Posta a: = o , e per-
ciò z = co , svanisce la quantità algebraica , siccome sva-
niscono tutti i termini espressi per z rimanendo soltanto
C dz ^ . ^ C dz
- )^^-rr + e; = o, e per<;io C = ^^T^^ = qua-
drante , poiciiè sappiamo che 1' arco di circolo la cui tan-
gente è infinita , eguaglia il quadrante , dunque il momen-
to indeterminato del nostro semicircolo è Sa, 1
I i 3
8.6.z.(z'-hiy 8.64.zK{z^-^ 1) 8.6.4.a.z'.(z^-M)
3.5 / — I -f- I —
4-
8 .6 .4. a
/ — I -4- I — I r dz
\3.z'~ 3.Z» z 3 I H- 2^
4
-\- quadrante jj-f-g-Ca:?; — xo:)"'. Siax=i=FC
4
sari z = I . La quantità poi algel)raica data per x = ~ ,
Tomo XL Y ia
i54 Memoria IprostatiCa
a
la quantità algebraica data per z = — -r- , e la quantità
5
trascendente = -q quadrante. Dunque il momento dell' in-
• 4 5
tero semicircolo CZFP\.G = — + ^ quadrante : ma ^bbiamo
dianzi trovato il momento del semicircolo superiore eguale
4-5
— ^ +7* quadrante ; dunque il momento di tutto il circo-
ó 4
io AZFRA sarà eguale a — quadrante ; se adunque pongasi
la ragione del diametro alla periferia i : <^ ; sarà la periferia
del circolo AZFRA =a(^ ed il suo quadrante a — ; dunque
S cp
il sopraindicato momento sarà espresso per — , e se dividasi
5 (p
questa espressione -— - per la somma della pressione che sof-
fre la cateratta nostra circolare , la cui espressione da noi
fu dianzi ritrovata eguale a (p ; resterà determinata la di-
stanza del centro di pressione della nostra cateratta circola-
5 r
re AZFRA dal livello , che passa per A = — ; = i -+- -r ; co-
4 4
me appunto da noi si determinò con altro metodo involuto
da quantità infinite .
E perchè questi due metodi non debbono essere in con-
tradizione j la quale si toglie, se dicasi distruggersi tra loro
. , 3 3
tutti i termini infiniti , cruindi ricavasi che — r- = — debba
^ ^ s' o^
eguagliare l'infinito espresso per l'arco Tangente z = Arco
T . zero , e perciò 1' arco di tangente zero in questo caso
eguaglia infinite periferie prese infinite d'infinite volte.
Non è adunque un' idea stravagante e puramente arbi-
traria de' Geometri , che alle linee trigonometriche apparten-
ga una serie infinita d' infiniti archi , come dimostra il pre-
sente caso . 7.
Di Girolamo Sai.adini . i55
y. Passiamo a determinare il centro di pressione nelle
cnteratte circolari , quando il supremo punto A delle mede-
sime è depresso sotto il livello del fluido . Fingo in primo
luogo che la nostra cateratta AZFRA sostenga soltanto la
pressione che soffre dal fluido esistente superiormente al li-
vello condotto pel vertice A ; in questa supposizione tutti i
punti della medesima saranno egualmente premuti in ragione
dell' altezza del fluido sopra 1' anzidetto livello ; quindi il
centro di pressione cade appunto nel centro del circolo ; la
quantità poi della pressione eguaglia il peso d' un cilindro
acqueo , la cui base sia la cateratta stessa , e l' altezza sia
appunto quella dianzi detta . Per determinare adunque il cen-
tro di pressione concepisco la cateratta premuta da due for-
ze , una applicata nel centro la cui espressione è = «2 1^ , es-
sendo da noi già stata espressa V area della cateratta per O ,
e potendosi esprimere P altezza del fluido sopra il dianzidet-
to livello = a, P altra applicata in P distante dal centro per
CP quarta parte del raggio LF , la cui misura è stata da
noi già determinata ed espressa colla o . Adunque la forza
nel centro C alla forza nel punto P = affi : (p , = a : i . Tro-
visi dunque il centro di queste due forze , cioè dividendo la
distanza CP in rngione reciproca di a: i ; cioè facendo come
la» forza in C alla forza in P così PH : CH , e il punto H di
divisione sarà il c:mtro di pressione di tutta la cateratta , co-
me raccogliesi dalla statica . Se sia a =: i , cioè se 1' acqua
s'innalzi sopra l'indicato livello ^ quanto è il diametro della
cateratta ; il centro di pressione resterà inferiore al centro
del circolo d' un' ottava parte del raggio i a proporzione che
s' innalza il fluido sopra la cateratta, e cresce per conse-
guenza l' espressione a ; tanto più s' accosta il centro H di
pressione al centro del circolo, in maniera che essendo il dia-
metro della cateratta picciolo in confronto dell' altezza del
fluido ; allora il centro di pressione si può considerare , sen-
za pericolo di errore sensibile, come fosse nel centro C del-
la stessa cateratta .
Va 8. Ciò
l'jt» ÌIemoria Idrostatica,
8. Ciò che abbiamo stabilito della cateratta cfrcolare si
applica facilmente alle cateratte di figura ellittica , arvegna-
chè il momento di ciascuna porzione infinitesima dell' ellisse
verrà espressa per nx^ clx y/ ^x — xx ^ quando esso sì riferi-
sca al livello che passa per 1' estremità superiore della cate-
ratta ellittica \ perchè ii rettangolo FO X C>A = ar — xx
sta ai quadrato OL = j^ > come i : n^ nell' ellisse , cioè po-
nendo il semiasse maggiore = i ed il minore = ri , quindi
sarà j = « y/a X— T .rr j e 1' elemento dell' ellisse =z ydx =
ndxy/%x — XX ^ e la pressione che soffre, quando il livello
passa per Festremità A della cateratta = ra;cJ.r ./ ar — xx ,
ed il suo momento per riguardo al livello = raxVj; y^aa; — xx\
onde la pressione finita e indeterminata della semiellisse
^=Tifxdx >^/ 2.x^—xx, e il suo nxomento finito indetermina-
to =. nfx^dx f/ 2, X — X x ■ Divisa adunque la somma de'
xnomenti per la somma delle pressioni onde determinare il
centro di queste nella cateratta ellittica , risulta la formola .
istessa, che abbiamo ottenuta volendo ritrovare il centro di
pressione della cateratta circolare .
g,. Per dire alcuna cosa ancora delle cateratte iperboliche,
osserviamo in jiriino luogo essere 1' equazione dell' Iperbc^ia
y Zln yj % X -\- x X , prese le ascisse x nell' asse trasverso ed
il loro principio nel vertice A, e chiamata j* l'ordinata , e po-
sto il semiasse trasverso = i ed il conjngato = n . Dunque
la quantità della pressione, se l'acqua arrivi soltanto al ver-
tice A, sarà nfxdx y/a^r + xA-, e il suo momento rispet-
tivamente a questo livello sarà iifx^dx \/2,x + x^ ', dunque la
A, . . . y*-*'^ dx >^ nx -\- X X
distanza della pressione dal vertice sarà — •>
f X dxy/ a x-h X X
posta Y^ar -{- xx^=. xz e sostituita la z invece della x, ed e<;egul-
to il alcole come nelle cateratte circolari, si ritrova la quan-
ti'
f
d'oc, ^tal. T.XI. p.jJ7.
I
Tau. V
d'oc. ^/tcd. r.xi. p.jj7.
}
V
/ "
\}t
B
X
e
\
R
\ "
P
1
\ °
B
1
/
F
Di GinoLAMO Saladini . 167
/ z
tità della pressione rappresentata per 16 \ r~TZi j
« ' s * \ -»- I I I
(~,
—a
)-+- I I I yz — i
l?" "^ i" "^ a (Tir? *
ed il suo momento ir 3a l ^ ; —
\8. (^*-i)^
^ — I
8.0.(S'— 1)5
s*"» 3z-f X I S
4-
8.6.4.(0^—1)^ ^ 8.6.4.2(^^-1)/ "^ 435 ^ 3.4
^^-1)1 '^ 4=^
T '
-3
/ -a
4.28(2* I * Posta r = a , sarà s*=:a, r=: -/a,
fatte le debite sostituzioni si ritrova il nostro momento
=-6, a6r ^ e la quantità della pressione eguale 4» ^4^ 5
dunque il centro di pressione della cateratta Iperbolica nelle
supposizioni in cui siamo è distante dal vertice, i , 49 > cioè
3 . . .
— in circa j ciò è quanto mi occorreva dire di queste cate-
ratte .
/'
SO-
i58
SOPRA UNA STRAORDINARIA-
AFFEZIONE VERMINOSA
EMO RIA
Di Giajibatista Dall' Olio .
Presentata da VOMPILIO POZZETTI
Il dì 24 Novembre i8o3.
. . Forsan et Jiaec olìm memiaisse juvabit -
Virs. Eneide Lib. I. v. ao3.
'D
u
n'affezlone verminosa , delle più stravaganti e straordina-
rie ^ di cui la storia medica ha certamente pochi esempi , mi
trasse , son pochi mesi , sull' orlo del sepolcro . Le circostan-
ze che hanno accompagnata questa mia malattia , e il modo
con cui me ne sono liberato, meritano che se ne faccia una
storia precisa e ragionata , onde possa da essa prender nor-
ma per la guarigione chi si trovasse nel medesimo caso .
Sul fine di Ottobre 1802, sentii declinare la mia salute •
Andavo perdendo di giorno in giorno i' appetito : il sonno
fattosi interrotto non mi eccitava più quella dolce sensazione
che cotanto conforta : parevami clie il capo mi ondeggiasse
talvolta j o (come parmi che dicasi) fossi soggetto a vertiggi-
ni : uno scemamento straordinario di forze m' impediva di reg-
germi bene sulla vita : ecco i sintomi preliminari della mia
malattia . Una mattina trovandomi a sedere presso il fuoco ,
appoggiato col gomito sinistro sopra una tavola, e tenendo
colla mano destra un libro che leggevo , sentii mancarmi
in gran parte le forze, per cui il libro cadde in terra. Sul
timore d' un deliquio feci lo sforzo d' alzarmi jjer andare aj
tirare il cordone d' un campanello , che trovasi vicino aj
let-
Di GlAMBATlSTA DaLl' OlIO . iSq
letto esistejite in un' alcova situata nella stessa camera dov'
ero, affinchè a quel suono accorresse alcuno della famiglia a
prestarmi ajuto . Arrivato quasi al punto di afferrar il cordo-
ne perdetti affatto le forze, caddi in terra , e rimasi senza
sentimento. Stetti in quella situazione lo spazio forse di venti
minuti , finché la Serva, la quale era solita di venire, di trat-
to in tratto ad accomodarmi il fuoco, entrò in camera, nò
vedendomi seduto nel solito luogo , girò l'occhio, e mi vide
disteso in terra . Messasi a gridare , tutti quelli di casa ac-
corsero , m' alzarono di terra , mi collocarono nel letto , e
tentarono a spruzzi d' acqua fresca sul viso , e con pezze ba-
gnate d' aceto ben forte sotto il naso , di richiamarmi in vi-
ta , e ci riuscirono . Si credette sulle prime che un colpo
d' apoplesia m'avesse disteso in terra, e minacciasse il fine
de'miei giorni : e che perciò convenisse chiamare senza ritar-
do, un Bledico . Io vi fui contrario , perchè credevo che un
piccolo deliquio non portasse a nessuna funesta conseguenza.
Questa mia dichiarazione per altro non acquietò i concepiti
timori , e perciò si mandò , senza mia saputa , a chiamar il
; Medico , ingiungendogli di dire che passato esso per accidente
i' davanti alla mia casa, e veduto un Inquilino j era stato
I chiamato di sopra. Egli venne, e m' ordinò, non mÌTÌcor-
1^*- do bene quale, un medicamento che mi corroborasse . Si pen-
l| so dapprima che il male fosse da nulla ; ma in seguito si vi-
de che andava a farsi serio . Non solo mi sopravvenne una ,
per altro tenue , alterazione di polso ; ma , quel eh' è peg-
gio , vi si aggiunse un rodimento assai grave nel basso ven-
tre , ed una molestissima oppressione allo stomaco , la quale
«i aumentò in breve a segno che non potevo stare in letto
giacente, ma mi conveniva passar la notte a sedere in una
poltrona . Il Medico sulle prime mi curò con pillole , delle
quali non mi feci premura di sapere gli ingredienti ; poi pas-
sò alia China . Credo eh' egli si determinasse a ciò , non
perch' io fossi preso da una febbre intermittente , ma per-
chè la China fortifica lo stomaco , ristabilisce T appetito , e
aju-
100 SoFRA UNA SxRAOf.DIKARIA AfF&ZIONE eC.
sjuta Ja digestione : effetti tutti di cui abbisognava il mio in-
dividuo per esser rimesso in salute, h' oppressione alio sto-
maco dopo nove o dieci giorni cessò ; e alla metà circa di
Novembre stavo sufficientemente bene , e mi credevo non
dover più avere bisogno del Medico , ma m' ingannai .
Quello non fu che il primo periodo della mia malattia ,
la quale non si era manifestata per quella che era, cioè per
un'affezione verminosa. I sintomi ch'essa aveva in me ecci-
tato erano comuni ad altre malattie, né alcuno d'essi era sì
marcato né si decisivo che potesse far dubitare che un uomo
di sessantatre anni potesse esser affetto di vermi . Come dua-
que guarii? La China, oltre le descritte virtù, ha quella an-
cora d'uccidere i vermi del corpo umano: il nostro Ramaz-
izini lo disse già in due luoghi delle sue opere . Guarii per
altro in apparenza non in sostanza : i vermi furono dalla Chi-
na , non uccisi , ma mortificati , o forse per parlare con più
verità , una piccola parte di essi se ne andò morta dal mio
corpo per secesso, ma la niassima parte di loro restò oppres-
sa in maniera che se non ero in uno stato di perfetta salu-
te , mi sentivo però passabilmente tranquillo ,
Ma questa tranquillità cessò nell' ultimo giorno di Di-
cembre . A un' ora circa di notte fui sorpreso da un acutis-
simo dolore nell'addome, precisamente nella regione ombili-
cale . Avevo mezz' ora prinsa bevuto in una bottega il caffè
con un Amico , il quale di poi accompagnatomi a casa vi si
trattenne per farmi compagnia in prima sera , coni' era soli-
to . Il dolore era così intenso che avrei facilmente temuto
che mi fosse stato dato il veleno , se non avessi osservato
che r Amico j il quale in mia compagnia aveva bevuto dello
stesso caffè , non provava nessun male . Dubitai che al caffè
fosse stata unita una qualche sostanza ( per esempio del
maron d' India ) la quale fosse nociva a me non all'Amico,
giacché lo stomaco e il ventricolo non sono in ogni «omo
nella medesima costituzione, oppur anche giacché le acciden-
tali temporarie variazioni di quei due visceri possono in due
di-
Di Gxambatista Dall'Olio. iGl
diversi indivìdui renderli suscettibili di affezioni diverse •
Mandai sul momento a chiamare il Medico , il quale mi or-
dinò alcune pillole , non so bene di quali anodini composte .
Nel tempo medesimo mi rivolsi al partito di farmi de' fo-
menti al basso ventre applicandogli replicatamente pannilini
ben caldi : e , fossero i lomenti , fossero le pillole , o fossero
entrambi , mi sentii alquanto sollevato . Passai due giorni in
questa dolorosa situazione, quando la buona sorte volle ch'io
avessi per bocca nove o dieci vermi . In tal maniera la ma-
lattia si levò la maschera , e mi si mostrò in tutta la sua or-
ridezza .
Mi convenne armaiTni di pazienza , e assoggettarmi ai
voleri tutti del Medico , onde far la guerra ad ospiti si mo-
lesti. Vi si diede principio colla polvere fiorentina antelmin-
tica , e non opeiando questa nulla o quasi nulla , sebbene
in dose caricata , fu d' uopo tentar altri rimedii . Il Medico
Fantini , che qui nomino coi sentimenti più sinceri di eter=
Ila gratitudine , non risparmiò né fatica nelle assidue visite
in una stagione assai cattiva, né studio nelle metodiche or-
dinazioni combinate colle diverse giornaliere risultanze , né
attenzione vigile alle diverse fasi della mia infermità , onde
dedurne quelle conseguenze le quali dovessero guidarlo nella
ricerca de' convenienti rimedii . Decozioni, pillole j cristerii ,
fomenti, clisiri , estratti, tutto fu posto in opera. Or pare-
va ch'io fossi in porto, ormi trovavo in alto mare, or una
placida calma mi lusingava, or una furiosa tempesta era sul
punto di farmi naufragare. I vermi intanto or quieti or furi-
bondi non volevano cedere alla violenza de' rimedii : alcuni
pochi però se n' erano andati per secesso , come altri pochi
pure per gola ; ma io ero straziato barbaramente , e i dolori
infernali che provavo dovevano esser ben diversi da quelli
che i vermi facevano sentire a Giobbe , il quale si limitò a
chiamarli sua sorella , dovecchè io li chiamava mio carnefi-
ce . Fu forza perciò ricorrere anche agli emetici , ma questi
pure operavano poco . Fortunatamente però ardevo di conti-
Tomo XI. X nuo
lòi Sopra una Straordinaria Affezione ec.
mio d' eccessiva sete : e poiché avevo letto in Redi che il
vino , e le cose dolci erano per i vermi un tormento , mi
provvidi di vino bianco dolcissimo , e ne bevevo in abbondan-
za . Trovai in ciò notabil vantaggio , poiché incominciai a
vomitar vermi in maggior quantità insieme col vino , e mi
fu così propizia la sorte che quattrocento cinquanta circa ne
uscirono di mia bocca nel corso di circa due settimane ; ed
un giorno in particolare avendone avuta un' abbondantissima
vomitazione , mi prese volontà di numerarli ^ e li trovai set-
tantuno . Il fatto sembra incredibile , ma non è men vero
per ciò : e molti testimonii potrei addurre se occorressero per
farmi acquistar fede . L' ordinaria loro lunghezza era d' un
sommesso circa : ve n' eran però anche de' piccolini non me-
nocchè de' più lunghi : e di " questi ne conservo uno in ac-
qua arzente eh' è di cuce sette e mezzo del braccio da le-
gno modanese , il quale fa spavento , massimamente se si
considera eh' esso era il chiliarca d' una legione di vermi
accampata nel mio stomaco . Tutti erano di quella spezie di
vermi o lombrichi che dagli Autori di Medicina si chiamano
tcretes , o rotondi ^ e nessuno delle due razze nominste asca-
ri de s ^ e Lumhrìci lati, e neppure della quarta maniera che
son detti Cucurbitini . Chi desiderasse vederne la figura, la
troverà nella tavola decima dell' opera del Redi intitolala
Osservazioni del Sig^nor Francesco Redi intorno agli Animali
Viventi , che si trovano negli Animali Viventi •
Dopo un vomitamento sì insigne avrei dovuto restar li-
bero dal mio incomodo; ma ciò non avvenne . Erano dirada-
ti i termini , ma nou cessati . Invano invocavo il sonno on-
de mi portasse il suo balsamo ristoratore , e seppure costret-
to da un qualche narcotico veniva talvolta sopra i miei oc-
chi , la sua venuta forzata mi era poco giovevole . L' appetì-
to anch' esso era perduto affatto , e riuscivano perciò vane
tutte le arti più ricercate per far che i cibi mi gradissero ,
mentre le papille palatine erano di troppo viziate . Il Medi-
co intanto non cessava di metter alla pruova rimedi!. Si ten-
tò
Di Giambatista Pall' Olio • i63
tò anche 1* uso del mercurio avviluppato in una conserva ;
ma convenne abbandonarlo presto , perchè mi gonfiava con
dolor assai acre le gengive . Per un eccesso poi di gentilez-
za , che mi starà eterna ili mente , il Generale di Brigata
Ottavy qui stazionato mi fn cortese di corallina ( zoofito
marino ) la cui decozione sulle prime mi si mostrò apporta-
trice di notabile vantaggio ; ma questa dopo alquanti giorni
si ridusse quasi al niente . Si pronosticò quindi che la mia
malattia fosse senza rimedio , e che di afFezion verminosa si
fosse cangiata in consunzione .
Arrivato a questo fatai punto mi scossi come da un
profondo letargo , e dissi meco stesso : E dovrò dunque mo-
rire di vermi dopocchè mille Autori hanno insegnato mille
maniere d' ucciderli e cacciarli dal corpo umano ?
Capivo troppo bene die questi si erano addimesticati coi ri-
medii ordinarii , i quali perciò riuscivano inoperosi : o , per
meglio dire , capivo che i rimedii ordinarii , prima d'arrivare
nel luogo dove stazionano i verrai, perdono la lóro forza . Dal^
la bocca passando nello stomaco i rimedii , restano sciolti
coir azione del succo gastrico , e in tale stato di soluaione
discendono negl' intestini ordinaria stanza de' vermi . Chi sa
dirmi se una tal soluzione non toglie , o almeno non morti-
fica , la virtù de' rimedii ? Fui dal raziocinio convinto che
mi conveniva implorare la forza da un rimedio straordinario
e violento; ma, e da dove prenderlo? Ingeniiim saepe mala
movent , disse Ovidio . Si : le disgrazie aguzzano spesse volte
r intelletto, ed io n'ebbi in me una novella pruova .
Teofrasto , Dioscoride , e Plinio ( così meditavo ) ci mo-
strano varie piante nemiche dei verrai del corpo umano .
Mattioli in comentando Dioscoride ne indica alcun' altra , e
i Botanici numerosi che gli son venuti dietro sempreppiù ne
hanno ampliato il catalogo . Cento Scrittori di Materia 5Ie-
dica han trovata tanta ricchezza antelmintica nel regno vege-
tabile che sembra che non si possa più morire d' affezione
X a ver-
i64 Sopra una SxKAoaDiNARiA Affezioke ec.
verminosa . Assenzo , isopo , menta , Mattana , lu[>olo , sabi-
na , scordio , biondella, tanaceto ^ santolina, ed altre molte
mi vennero in mente , ma non le credetti bastantemente ef-
ficaci . Da taluno vien proposto il decotto di cavolo di lupo
( helleborus foetìdus ); ma l'insigne botanico fiorentino Tar-
gioni-Tozzetti ci avvisa non esser prudenza V adoprarlo in-
ternamente , non mancando esempi dei fatali effetti che ha
prodotto. Mi vennero in pensiero le pillole di Fontano com-
poste di grani i5 di mercurio dolce, di 5 di scamonea, e
di due o tre volte altrettanto zucchero ; ma le ricusai sul ri-
flesso che il mercurio mi aveva poche settimane avanti pro-
dotto effetti asàai cattivi , e che potevo temerne anche de'
peggiori dalla scamonea gomma resina di odore fetido, e di
sapore bruciante e nauseoso , la quale in oltre era da me con
fondamento ritenuta purgante drastica . Questo pensiero m'at-
terri, perchè mi fece risovvenire che otto anni addietro un
purgante , il quale dall' insistenza d' un JMedico fui costretto
contro il mio volere a prendere , mi cacciò quasi dal mondo.
Sapevo pure che dall' Anonimo Scrittore del Compendio del-
la Storia Geografica , Naturale , e Civile del Regno del Chile
è annotato essersi scoperto in Bologna nel 1776 che la deco-
zione delle foglie del culen [psoralea) uccide ed espelle i ver-
mi del corpo umano : e sapevo ancora che la medesima cosa
viene asserita pure da Molina nel suo Saggio sulla Storia
Naturale del Chili , il quale aggiunge che ciò è stato pari-
menti spekimentato da varie persone in Imola , e in altre
Città . Ma sebbene io potessi sul momento farne la pruova ,
perchè fra varie piante salutari vive, che mi trovo avere nel
mio suburbano casinetto , vi è il culen, tuttavolta perchè m'è
noto che gli Americani se ne servono di continuo ad uso di
te , non mi vi appigliai , credendolo rimedio non bastante-
mente efficace per il mio bisogno . Mi sovvenne eziandio che
una cameriera di Vallisnieri si liberò dai vermi con olio di
sasso, olio che fu posto alT onor medico da un Giureconsul-
to sia nel 1460, e i cui fonti furon già osservati con occhio
filo-
Di GlAMBATlSTA DaLl' OlIO . 1 65
filosofico primieramente dal Ramazzini nel i6gS , indi dal
Vallisiiieri nel 171 i, e finalmente dallo Spallanzani non so
bene in qual anno. Ma il mio stomaco abboirisc? g!i olii con
una ripugnanza insuperabile . S' io potessi affrontarli , mi sa-
rei appigliato sicuramente (e credo ben ancora che con buon
successo ) a quello di ricino detto altrimenti olio di palma
Christi , e dagT Inglesi olio di castoro , tante sono le lodi e
le maraviglie che ne dice il Mazzi . Avevo per buona sortu
in mio potere una non indifìisrente quantità di semi di esso,
dai quali potevo estrar l'olio in abbondanza, e così averlo
recente'. Cici o croton ( K?x( , K/sórwi- ) lo chiamarono i gre-
ci , ricino i romani : altri fagìuolo romano , fico cT inferno ,
mirasole , palma Christi, catapuzia maggiore. Targioni-Tos-
ietti dice che quest' olio è tornato in moda nella med-cina ,
riproposto come cosa nuova in luogo di quello di mandorle
dolci per le coliche ^ e che piìi che altro è antelmintico. Lo
stesso Botanico poi insegna il modo d' estrarlo secondochè si
pratica al Capo di Buonasperanza ; ma prima di lui l' ave-
va insegnato Monardes , soggiungendo che 1' olio cavato in
tal guisa è migliore di quello lavorato per espressione : Dio-
scoride anch' esso aveva insegnato molti secoli avanti come
un tal olio si facesse in Grecia, e come in Egitto: onde eoa
tanti ammaestramenti , e con de' buoni semi che avevo ,
ni' era facile riuscir nell' impresa , se il mio temperamento
mi avesse permesso il far uso di un olio .
Finalmente nel giorno a8 Aprile prossimo passato la buo-
na sorte portò eh' id consultassi Motiardes . Benedetto sia il
giorno , il mese, e Vanno in cui presi in mano il suo tratta-
to delle cose che vengono portate daW Indie Occidentali, per-
tinenti all'uso della Medicina. Vi trovai che l'erba tabacco
ite' vermi del corpo di tutte le generazioni che sieno , 0 ton~
di o larghi , ha virtù d' uccìderli , e cacciarli fuori meravi-
gliosamente , facendone decozione dell' erba , e poi siropo con
'zucchero, dato in molto poca quantità. Dissi allora: Questo
1^ il mio rimedio . Stavo meditando sopra questa scoperta , e
l66 Sopra una Straordinaria Affezione ec.
già mi sentivo confortare da una lusinglùera speranza di gua-
rigione allorcliè venne appunto il Medico a visitarmi . Gli
mostrai subito Monardes , ed egli senza esitar un momento
mi disse che sarebbe andato immediatamente alla spezieria
per farne 1' ordinazione .
Partito il Medico mi posi a scorrere varii Autori sulle
qualità di quest'erba, giacché me ne aveva fuor di misura,
invogliato Monardes con un elogio senza fine . Mi sovvenne
che avevo veduto molti anni sono un' operetta di Stefano
Gohory sopra quest'erba, e fui curioso di vederla nuova-
mente . La scorsi perciò con occhio rapidissimo , e sebbene
fra le molte virtù eh' egli le attribuisce non vi si vegga in-
serita quella di uccider i vermi j tuttavolta ritenni che fosse
a ciò valevole sul fondamento dell' esistenza in lei d' altre
virtù che hanno analogia con l'antelmintica. Per semplice
erudizione notai che Gohory asserisce essere stata quest' er-
ba portata in Portogallo dalla Florida nell' America Setten-
trionale , e di là inviata in Francia alla Regina Caterina de'
Medici madre del Re dal Signor Nicot eh' era colà suo Am-
basciatore : e che egli cercò di farle cangiare il nome origi-
nario di petum in quello di catermarìa o di medicea . Mo-
nardes però dice che fu portata dall' America meridionale in
Spagna dagli spagnuoli , e che il suo nome proprio tra gl'in-
diani è pìcyelt , essendo posticcio quello di tabacco datole
dagli spagnuoli in grazia che nell' isola Tabago se ne trova
in grandissima quantità . Può esser vera 1' una e 1' altra co-
sa , cioè che dalla Florida sia stata portata in Portogallo la
pianta petum , e dall' isola Tabago la pianta pìcyelt , e che
sì questa che quella sieno la stessa pianta distinta in due
specie , giacché è sicuro che vi sono più specie di nicozia-
ne , avendone già io sette , e sapendo di certo che ve n' è
alcun' altra . Quale di tante specie sia precisamente quella!
che osgisiorno i francesi chiamano nìcotìene o anche herbe à
la Teine, si può rilevare dalla descrizione che ne fa Gohory J
la quale è molto esatta , come è assai imperfetta quella di
Mo
:
Di Giameatista Dall'Olio . 167
Monardes . L'uno e T altro autore ce ne dà la figura , anzi
Gohory ce ne dà due , cioè quella del petuin maschio , e
l'altra àe\ petum femmina , le qnali due specie maschio e
femmina sono state di poi dai successivi botanici distinte coi
nomi di 7?iaggiore e minore. Altri ne parlano diversamente ,
come si può vedere in una lunga dissertazione di Dalla Fa-
jjra, il quale sfiorando quanto si trova in molti scrittori che
prima di lui hanno parlato delia nicoziana, ossia erba tabac-
eo , dice cento cose , le quali sempreppiù rni confermarono
nella lusinga che l'uso di questa pianta avesse da ridonarmi
la salute . Domare anch' esso ne parla assai vantaggiosamen-
te : e rimarcai con sommo piacere ch'esso racconta che Gio-
vanni Bauhin vanta la nicoziana per distruggere come per
incanto tutti i vermi , che tormentano gli uomini e gli ani-
mali. (Il fatto però è che Giovanni Bauhin non dice ciò:
bensì parlando della nìcotiana major, sive tahacum majus al-
tro non dice se non che confert plurimum
ad ventris iineas , e parlando della prlapeia , qui-
husdam nìcotiana minor asserisce che uccide principalmente
le pulci, e propone che se ne faccia la pruova ne' cani fre-
gando loro la cute con le foglie o col succo della medesima.,
che si vedranno le pulci poste in fuga cadere tanquarn, in-
cantamento ) .
Venne il Medico a visitarmi nel seguente giorno , ed
avendogli io di nuovo raccomandato che mi procurasse il si-
ropo di nicoziana , mi rispose che Io Speziale vi stava lavo-
rando , e che si lusingava che sarebbe in pronto nel susse-
guente giorno ( 3o Aprile) , e in fatti così fu, come rai die-
de avviso in occasione della solita visita giornaliera . Lo man-
dai a prendere immediatamente , e alla di lui presenza in-
cominciai a farne uso . Mi prescrisse la dose di tre mezzi
cucchiai da tavola il giorno , cioè un mezzo la mattina , al-
tio mezzo prima del pranzo , e il terzo prima della cena ,
ioez:z' ora sempre avanti del cibo. L'effetto fu prodigioso:
«lopo il giro di sole cinque o sei ore incominciò a farsi in
me
l68 SoFIlA UNA StRAORCINARIA AfFEZIOKE CC.
ine un cambiamento totale di situazione . Mi venne 1' appe-
tito : il vino , e il caffè che mi erano divenuti odiosi , tor-
narono a piacermi : ogni cibo riusci gustoso al mio palato ;
e il sonno più non mi abbandonò . Sarà sempre per me me-
morabile il giorno primo di Maggio scorso , mentre avendo
dovuto trasferirmi in campagna per un mio premuroso affa-
re, e fermarmi a pranzo presso un Amico , lo feci sor-
prendere di maraviglia in vedendo un uomo , colla faccia
più di cadavere che di vivente , mangiare da intemperante ,
taiit' era Y appetito svegliatomi dal siropo di nicoziana , seb-
bene a queir epoca non ne avessi preso che tre mezzi cuc-
chiai .
Proseguii a farne uso per il corso di due settimane cir-
ca ad effetto di sempreppiù munirmi contro un nuovo attac-
co che mi fosse fatto dai vermi, giacche sicuramente non
n' ero restato senza ; ma fui sforzato a tralasciarlo , perchè
sentivo che mi offendeva con assoggettarmi a de' giramenti
di capo : e d' altronde questi ospiti residui s' erano pacifica-
ti , e vivevano dentro di me' senza darmi noja , per il che
potevo anch' io passare , dirò così , ad un armistizio con es-
si . Sono del sentimento di chi crede che i vermi sieno sta-
ti da Dio creati dentro di noi per qualche fine giovevole ,
e che non ci rechino nocumento se non quando sono mole-
stati , ( per esempio allorché nel nostro ventre si trova un
sugo mal digerito , per cui colle contorsioni ci cagionano as-
pri dolori , o col tentar la fuga urtano crudamente nelle pa-
reti degl' intestini ) : o quando i medesimi si sono moltipli-
cati di troppo . Tutti i Fisici conoscono il gran giovamento
che producono nell'aria i venti, eppure anch'essi si conver-
tono in un flagello qualora sono o troppo violenti o troppo
diuturni . In me succedette precisamente questo sconcerto :
e credo di non apporrni male se ritengo che la loro troppa
moltiplicazione fu la cagione della mia malattia: e parmi pur
anche d' averne scoperto il fondamento . In Luglio , in Ago-
sto , e in Settembre del iSoa esseridomi trovato in necessità
di
Dr GiAMciTisTA Dall' Olio . l6g
a star la mattina knighissimo tempo al tavolino, e eli pran-
zare conseguentemente ad un' ora tardissima , ero sforzato a
far colazione due volte j la prima col caffè , e la seconda con
tre uova di gallina fritti . h' uso contirmato di tre uova gior-
naliere mangiate in tre mesi parti tamente, cioè collo stoma-
co non ingombro da altix) cibo antecedente , né sopraccari-
cato con susseguente, avrà dato un pascolo delizioso ai miei
vermi per cui si saranno trovati in circostanza di straordina-
ria fecondazione . Già mi sembrò avvedermi che tante uova
mi nocevano , e perciò sul principio d' Ottobre sostituii lo-
ro la zuppa con brodo di carne ; ma il male era fatto , e
scoppiò sul finir di quel mese , come ho già detto .
Sono persuaso che ogni Speziale sia atto a fare un siro-
po di nicoziana: tuttavoita a scansò di equivochi, e a toglie-
re le difficoltà che potessero nascere nella manipolazione del
medesimo, soggiungerò che si presero tre once di tabacco fer-
mentato , come si vende nelle botteghe ad uso di pippa , e
se ne fece decozione in acqua di fonte al peso di tre libbre.
L' azione del f\ioco si fece durare un' ora circa , aggiungen-
dovi però qualche poco d' acqua affinchè la decozione ben
saturata restasse del peso di circa due libbre . Indi si colò, e
lidotta di nuovo la decozione a bollitura vi si gettò un' on-
cia e mezzo di foglie di sena , le quali vi si lasciarono infu-
se per ore ventiquattro . ( Si fece ciò affinchè il tabacco aves-
se nella sena un veicolo per discendere più facilmente nel
lasso ventre ) . Indi , con una libbra di zuccaro depuiato col
bianco d' un uovo , la decozione fu ridotta alla consistenza di
siropo .
Mi vidi dunque quasi rinato a nuova vìtaj ma nel tem-
. pò medesimo conobbi troppo bene che dovevo riguardar me
stesso come valetudinario, e conseguentemente inabilitato a
lavori di lunga e molto seria fatica . Guidato da questa rifles-
sione, che incontrò ancora 1' approvazione del Medico , mi
determinai di rimettere al Vice Presidente della nostra Re-
pubblica la carica di uno de' Commissarii della Contabilità
Tomo XI. Y Na-
170 Sopra una Stjiaordinakia Affszioke ec.
Nazionale a cui ero stato nominato sin neli' antecedente Mag-
gio . L'onore di coprire una carica si luminosa non lusingò
la mia vanità a segno che seLbene, per aver occupata pressa
il passato Governo quella di Capo della sua Contabilità, mi
credessi fornito di bastanti lumi per servile plausi])ilmente la
Patria, volessi poi tradirla con piestarle una servitù debole e
vacillante, quando altri, sostituito in mia vece, potesse pre-^
staroliela costante e vigorosa .
, , Mi trovo presentemente (in Novembre looS) iji un plau-
sibile stato di salute ; ,rna non dimenticQ che ho dentro di
me il gejme o il seme d' una inalattj.a . Debbo dunque o ten-
tare di evitarla; , e star armato di rimedii ;<5;ualora non potes-
si impedirne il ritorno . In .quanto ^1 primo punto , siccome
veggo che il culèn , avendo a ua;dj presso Io stesso gusto e
la stessa fragranza del tè chinese, si pratica dagl'indiani co-
munemente in bevanda teiforme deliziosa, penso di farne uso
gornaliero in pji;ima sera , non solamente perchè è pianta sto-
matica , che facilita la digestione, cbe sgrava lo stomaco, e
che libera dalle ostruzioni, ma ancora principalmente perchè
è pianta antehiiintica . Se ne distinguono due specie, cioè il
verde e il giallo • Il verde {psoralea glandulosa fol. ternatis ,
fol'wL ovato-lanceolatis , spie pedunculatis ) è più .cpmune ,
trasportato dai Gesuiti nel 1776 in Italia, ove alligna otti-
mamente, ed io ne ho alcune piante bellissime. Le, sue fo-
glie, di cui si' spoglia nell'inverno, sono di un verde, luci-
do, di un odore aromatico, e attaccate a tre a tre ad un so-
lo gambetto . Dalle ascelle di queste foglie nascono i fiori ia
forma di spiga, che sono turchiniccie , ai quali succedono i
frutti o semi rassomiglianti a un piccolo fagiuolo . Il culèn
giallo {psoralea lutea fol. ternatis fasciculatìs , foliol. ovato-
rugosìs , spie, pedunculatis ) non differenziasi dal precedente
che nel colore , e nella sottigliezza delle sue foglie , le quali
sono gìalligne , e talmente crespe che avviluppandosi in tutti
i versi formano nella cima del loro fusto una sorte di globo
pesante che fa ricurvare i rami .
In
Di GiAinBATistÀ-' Dall' Olio • 171
In quanto poi allo stare artnalo di rimedii per ribattere
un nuovo attacco che mi fosse fatto dai Vermi , tengo in
pronto delie 'foglie d'ogni specie di nicoziana e verdi e secche
per far uso di quelle che dietro un esame, a cui ho già dato
principio, troverò esser più operative. La Chimica (sia detto
con tutto il rispetto che si deve a Chaptal, a Berthollet , e a
tant' altri valentissimi Chimici) la Chimica, per quanto ri-
guarda la decomposfzione 'e 1' analisi de' corpi ^ ha fatto de
progressi prodigiosi da vent' anni circa a' questa parte, ma per
quello che spetta alla cognizione delle virtù delle piante ha
poco progredito al di sopra di quel grado la cui si trovava ai
tenqji del Tournefort. Le nuove proprietà scoperte in alcune^
son dovute alle ricerche fatte dai Botanici nelle campagne, e
dai Fisici negli sperimenti o alle notizie dateci dai forestieri,
ma non già alle fatiche de' Chimici . Gli antichi , per isco-
prire le virtù delle piante , ricorrevano ai temperamenti e al-
le qualità delle medesime , cioè al caldo e al secco , al fred-
do e all'umido, nel primo, secondo^ terzo, e quarto grado.
Ma poiché il gusto è diverso nelle persone , ne risulta che i
temperamenti e le qualità delle piante non possono essere
caratterizzate in una maniera uniforme . Con ragione adun-
que , dopo uno studio più regolare delle scienze naturali , fu
abbandonata una tal maniera di conghietturare la virtù delle
piante . Il Lemery è stato uno de' primi a darcene 1' esem-
pio : neir insegnarci la mainerà di conservare lungamente la
sanità , ha deviato affatto dal metodo del Pisanelli e del Du-
rante, i quali fecero un uso immoderato, e direi quasi enim-
matico, del caldo, del secco, del freddo, e dell'umido, in-
signendone a lor talento le piante e gli alimenti .
Nella ricerca di quella specie di nicoziana che abbia mag-
gior virtù antelmintica intendo di fare esperimenti combinati
colla Chimica . Vah.'ndomi in qualche modo del metodo del
Redi , vi aggiungerò il presidio dell' analisi chimica . Se le so-
stanze semplici componenti il vegetabile si riducono in ulti-
tca analisi all'idrogeno, al carbonio, e all'ossigeno, ccn
• ::>l Y a qual-
J7a Sopra una Straordinakia Affezione ec,
qualche poco di alcali e di azoto in alcune, tenterò di sco-
prire qual sia la sostanza precisa che uccide i vermi . Ho
già istituite alcune esperienze , ma queste non bastano al
mio intento : e prevedo ancora che dovrò chiamar in sussi-
dio r analisi degli odori e de' sapori . Teofrasto mi dice che
i sapori sono sette , e altrettanti gli odori e i colori . Neu-
ton armato d' un prisma mi mostrò distintamente i sette co-
lori , e me ne indicò le proporzioni : ma dov' è un nuovo
Neuton che mi esibisca un istrumento da distinguere con pre-
cisione i sette odori, e i sette sapori, la cui determinata so-
stanza mi sia di ^uida a conoscere con fondamento le virtù
de' vegetabili ?
LET-
173
LETTERA
Di SsBASTlAKO GaNTERZANI
AL SUO AMICO TORQUATO VARENO
Sopra una maniera eli cavare i numeri Bernoulliani
Ricevuta il Jì 29 Novembre 180 3.
Al o il piacere di veder ancora questa volta , che a voi fa
difficoltà quel che è solito farla a me pure . Così è; amen-
due i metodi , che 1' immortai Eulero dà nel Gap. V della
seconda parte del suo Calcolo DiflFerenziale § lai, laa , laS
per formare le equazioni , onde ritrovare i numeri Bernoul-
liani , non mi sono sembrali mai semplici abbastanza per ri-
cordarsene all' uopo , e non dover ricorrere al libro ogni vol-
ta , che g' abbia bisogno di cavare uno di quo' numeri . Voi
dunque mi chiedete se io sappia qualch* alti a strada più co-
moda , e più facile da aversi in pronto al bisogno , la quale
conduca egualmente all' intento . Alla qual vostra dimanda
farò come le altre volte ho con voi usato ; cioè vi comuni-
cherò il metodo , che soglio io praticare, il quale a me pa-
re , se non più comodo di quei dell' Eulero , certamente più
«emplice , e quindi più facile da esser tenuto a mente .
T • ì j IP • ^n — i a/z A
Io mi valiiro dell equazione o = — , — —
"^ ^ a(ara-(-i) a
o.n(2.n — I )(a/z — a)B an(a;i — i)(a/2.-a)(a;z-3)(a^— 4)0
2.3.4 a. 3. 4-5. 6
a. n (3,71 — i) ( a n — 6)D
^ 3 &c. dove A , B j C , D ,
a o 7'"
&c. rappresentano i numeri BernouUiatù , cicè A il primo ,
B il
174 Lettera
B il secondo , C il terzo , e cosi via discorrenclo : n poi è
r indice del numero EernouU'iano , che si vuole , cioè è i ,
se si vuole il primo, è a, se si vuole il secondo ^ è 3 , se
si vuole il terzo , e così di mano in mano . \J ordine , che
regna nella serie, è chiarissimo. Fuori del primo termine,
die è positivo , ed è facil cosa tener a mente còme è for-
mato, tutti gli altri sono affetti del segno — , e dall' uno
passando al suo seguente crescono due fattori tanto nel nu-
meratore, quanto nel denominatore, essendo sempre a« il
primo de' fattori del numeratore , e a il primo di quei del
denominatore . Mettasi pertanto in luogo di n il numero ,
che indica quanto sia nell' ordine de' numeri BernouUiani
quello j che si cerca: la formola tosto mostra come questo
numero. Bernoulliano dipenda da quei , die lo precedono , i
quali si troveranno egualmente, mettendo nella formola stessa
in luogo di n prima i , poi 2,, indi 3, e cosi di seguito fino
ad 71 — I .
Vogliasi a caglon d'esempio il sesto numero Bernoullia-
II I 2, A
no . Metto n =1 6 . La formola diventa 0 = — t- —
i ab a
la.ii.ioB la.i 1.10.9.8C la.i i.io.9.8.7'6D
a. 3. 4 a. 3.4. 5.6 a. 3.4 5.6.7.8
la. 1 1 .10.9.8.7.6 5.4E 121 1. 10.9. 8:7. 6. 5. 4-3. aF
a. 3.4-5. 6. 7.8.9. IO a. 3.4.5. 6. 7. 8. 9.10.1 1 .la
, onde
F = ~ — 6A— 5.11B — 34.11C — 9.11.D — a.iiE . Met-
aò
to ora nella formola medesima re = i , e risulta 0 =
a.3
aA , ■ 1 . 3 4A
, onde A = -T- : metto n. r= a , e risulta 0 ■= — = •
••a 6 a. 5 a
4.3.aB ,3 . ,. .
— — 7rr~3 onde B = — z aA , e posto in luogo di A il suo
a. 3.4 a. 5 ^
3 I " "^"i
-valore già trovato B = — =- — ■' -rr = — rr* : metto ;i=r3,
° 3.5 3 3o
Di Sebastiano Canterzani . I 'j5
OA Ò.5.4.B 6.5.4.3.2C
e risulta o — — ^7-; — — 5~7^^~Z~ > onde
a. 7 a • a. 0.4 a. 04^-"
C =' 3A — 5Bj e posti ili luogo di A,B i loro va-
5 3 5 I , .
lori, C = -\ TT- = --, — : metto « = 4 , e n-
' a. 7 a. 3 3o 4^
* 7 8\ 8.7. 6B 8.7.6,5.4.0 8 7.6 5 4.3.aD
io~" a a. 3.4 a. 3 4-5.6. a. 3.4. 5. 6-7. 8
7 A-vG . . ,
onde D =-^ — 4^^ — a^B ■— , e posti in luogo
lo 0
7 4 H ^^ ^■-
di A, B, C i loro valori D=:-— — — -t-^ — tt"- = — 5-^:
iS 6 3o 0.42. 00
9 ioA lo.q.SB
finalmente metto n^=o, e risulta o = — — 5— j —
ia a a. 0.4
— 10.9.8.7 6C IO 9.8.7.6.5 4 D 10.9 8. 7. 6. 5.4. 3. a. E
9
onde E = — — 5A — o.ioB — a.3.7C — 3. SD, e posti in
a. 3 4-5. ò a. 3. 4-5. 6 7.8 a.3 4 5.6 7.8.9.10
'C — 3. SD, e posti
CO A
luogo di A, B, C, D *Moro valori E = — r + o" — 7-
■"*'. ' aa 6 3g 4^
" -ì5' 5
rrt- ^r = 7-7 • Sostituiti questi valori di A , B , C , D, E nell'
"" 3o 66 ^ 3 » :> 5
<ji niijiiiiìn jj
equazione F= — r — 6A — 5.iiB — 3,4. H-C — 9.11D— a.iiE
II 6 55 i3a 99 no 691
a6 6 3o 43 3o 66 3730^
Ha nues(o metodo il vantaggio di dare i numeri Bernouliiaui
afiVtti di quel segno , che hanno nella famosa forniola , che
somministra la somma di un qualunque numero n di tenni-
iii di qualsivoglia serie , dato che ne sia il termine genera-
le ; laddove i due metodi Euleriani li daniip tutti affetti del
niedesinio segno. Ma .se questo è pur un vantaggio ^ per lo
contrario vi parrà forse un difetto , che non possa nella se-
rie
176 Lettura
rie di que' numeri ricavarsene uno senza aver l' incomodo di
trovar anche tutti quei , che io precedono . Sopra di che vi
farò notare , ciie oltrecchè a questa quahmque siasi accusa
soggiacciono ancora i due metodi Euleriani di sopra accenna-
ti , io non so se esser vi possa una maniera di far nascere
un di que' numeri independeutemente da' suoi precedenti ,
la quale non esiga un calcolo e più implicato, e più penoso
di quel che si richiede facendo uso della mia formola .
Al qual proposito non vi tacerò , che il celebre Cav.
Lorgna nella seconda delle due IMemorie , che egli inserì nel
Volume terzo della R. Accad. di Torino , come nota il chia-
lissirao Professore Malfatti in una sua inserita nel quarto to-
mo della Società Italiana delle Scienze , cava il numero Ber-
nouUiano re esimo dal termine, che ha x" nell' infinitincmio
(
a a.o a. 0.4
e poi moltiplicandolo per a. 3.4 2« . E siccome è possi-
bile di aTere in quell' infinitincmio il termine che porta
x^'j senza avere i precedenti , o certamente senza conoscer-
ne l'importare, così si dovrà dire essere questa una manie-
ra di procacciarsi il numero Bernoulliano /» esimo , la quale
non obbliga a ricorrere a quei , che lo precedono . Ma con-
vien avvertire , che anche nel caso che n sia un numero non
molto grande, il termine che ha x^", in quell' infinitinomio
viene sotto un numero grandissimo di forme , le quali consi-
stono in altrettante frazioni , che non senza un calcolo lun-
ghissimo , e tediosissimo si possono sommare , com' è neces-
sario di fare per ottenere il numero Bernoulliano . In fatti
posto che n sia solo =6, il termine, che ha x", si presen-
ta setto 77 diverse forme , le quali per conseguenza diman-
dano gran tempo, e gran pazienza per esser ridotte (essendo
frazioni ) alla stessa denominazione , e messe così a portata
di somministrare il sesto numero Bernoulliano .
Meno operoso sarebbe il calcolo ., se in vece della for-
mazione della potestà ( — i) esima di queir infinitinomio, si for-
nias-
Di Sebastiano Canteuzani 177
masse il quoziente della divisione del numeratore pel denomi-
natore della frazione — < ^ ec,
I -4- — -4- _l_ _4_
3 a. 3 ^ a.3.4 ^ a.3.4.5
che a queir infinitìnomlo equivale : ina con ciò fare si verreb-
Ler pur trovando tutti i numeri BernouUiani , che precedo-
no quel che si vuole , né sarebbe più vero , che si tro-
vasse il numero Bernoulliano /^esimo indipendentemente da'
suoi precedenti . Nella necessità poi di cavare tutti i nu-
meri precedenti , la formola che vi ho proposta ^ riesce cer-
tamente d'un uso assai meno incomodo di quello dell' accen-
nata divisione .
Voi qui sarete per avventui'a curioso di sapere come io
trovassi quella formola , e come si provi che i numeri nel
modo da me indicato ricavati sieno realmente i BernouUiani.
Ad appagare la qual curiosità mi convien dirvi , che in oc-
casione di far intorno ad alcune serie certe ricerche , che
ora più non so quali fossero, arrivai ad incontrare la frazione
I 3 5 7 q
a, a 2 a a
■^■■~~— " ^" --'■■— I ■ I ■■■■ . «-M «w^i^i» ■ I —1 I .■ Il ■ I I -^ Il ■ I-I wtmm I I - Il I Pi (*
a. 3 a.3.4-5 2.3.4-5.0. 7 a. 3. 4.5. 6. 7.8.9 a. 3 io. 11
a. 3 2.3.4-5 a.3.4-5.6.7 2.3.4-5.6.7.8.9
j la quale sviluppata in serie vidi che mi dava i numeri BernouUia-
ni, intanto che denotando per A, B, C, D, ec. questi numeri,
e chiamando a , b ^ e , d , ec. le quantità — ,
a 2.3 .4 *
„ , ^ .- , „ , r- - — » 6C. si aveva quella frazione egua-
2.3.4.5.Ò ' 2.3.4.5.5.7.8 ^ ^
le alla serie «A -4- iB^+ cCi;* -h JDs' , &c. Ora in grazia
di quest' eguaglianza risulta
Tomo XI. Z o =
ijO Lettera
3 5 , 7 , 9 ^ II , i3 , i5
a 2 ii a a a a
,7
2.J a. 3. 4. 5 2.3.4.5.6.7 2. 3. ..8. 9 a. 3. ..IO. II a.3...ia.i3 a.3...i4.i5 a. 3. ..16. 17
— ah.z — ah.z^ — akz^ — akz'' — akz^__ — akz^ — akz'
'~ ""■ ^.3~ a. 3. 4*3 2.3.4-5.6.7 a. 3 8.9 a.3...io.n a.3...i2.i3 a.3..i4i5
— èBs' — ^B£ — Z'Bz" — ^Bj^ — ^B:;' — Z>B-^^ „
"^^^ 2.3 '3^.4.5 373.4.5.5.7 a. 3 8.9 a.3...io.7i 3.3...ia.73'^
^ - cCz^ — cCz" — cC^:^ — cCz^ —cCz''
" '^^^^ a.3 2.3.4.5 3.3.4.5177 a.3....8.'9 a.3,..io.rF ^''
'~^^^' 2.3 3.3.4.5 3.3.45.6"^ 3.3 8.C) "
a.o a. a 4-5 3.0.4-5.0.7
■' 3.0 3.3.4 5
— gGs —^ <S.
— AH 5' (S:.
la qu.al contlizione dovendosi verificare indlpendentetpente dal
valore di 2, sarà giocoforza che ciascuna delle diverse pote-
stà di z riesca moltiplicata per zero . Ma facilmente si scor-
ge che la potestà s"~^' riesce moltiplicata per
2 n — I
\
ak —ìB — cC '■^'^ n
a.3...a«(2«+i) a.3.,.(2«-a)(a/z-i) a.3...(272-4)(a?z-3) a.3.'..(2«-6)(a«-5)""'a.3
dove U denota il numero BernouUiano «esimo, e T il suo
precedente , u la quantità —5 — - — — ^ — , e i la sua prece-
dente — ;; — . Laonde dovendo questo coefficlen-
a.3...(2/i— o)(art — a)
te di 2"""' essere = o , resterà egli eguale a zero anche divi-
so che venga per u, il che fatto, se in luogo delle quantità
a i b , e , d, .... ti Zi si metteranno i loro valori risulterà
o =
Di Sebastiano Cantemani 179
2n—T. -nnk -2n{2,n~^){2,n-2,)B -2?i(a?z-i)(a?2-2)(a/z-3)(are-4)G -a;t(a;^-i)T
2(2«4-i) a a. 3.4. a. 3. 4-5. 6. '" s.3
che è la formola , che v' ho proposta .
Che poi sieno veramente i BeruouUianl que' numeri
A,B, C,D., &o., che si cavano da questa formola ponendo in
-essa in luogo di Ti successivamente i numeri naturali i, a, 3^ 4»
&c. potrete accertarvene nel modo seguente . L' Eulero
al 5* 114 «Iella seconda parte del suo calcolo differenziale
. 1 1 p . ^4 2,.4-6.8 a.4-(^-8-io.ia a.4.6.o.io.ia.i4.i6
-trea che la frazione ,- — ^ -i .,— JL_
_ j 4-^ 4-*J-8-io 4,6.8.io.ia.i4- 4-6-8.io.ia.i4,i6.i8
sviluppata in serie somministra i-!- «Am^H- Z^Bzy'^ -h cCu^ -\- dDu^
&c. , dove a,b,c,d, ec. sono quelle quantità stesse, che di
sopra ho per queste medesime lettere denotate ^ e A, B, C, D, ec.
sono i numeri BernouUiani . Il che posto troverete , che l'egua-
glianza di quella frazione a questa serie fa nascere l'equazione
o = — 7- _ . ,- o , . /- o r:r-;r 7—7- &c.
a.4 a.4 6.8 -2,.4-6.8.io.ia a4.6.8.io.ia.i4.i6
&c.
U- II* — 71^ U^
4.6 4.6.8.10 4-6-8.io.ia.'j4 4-6«8.io.ia.i4.i6.i8
— aKu ~^- ^;^;q^ 4.6.8.10.12.14 ^''•
.8
) :
) z
— cCu^ —T-r— &c.
4.6
— ^D«« &c.
della quale deve al solito ogni termine esser eguale a zero .
Avrete dunque dal termine n esimo
— I — ak — hV> — cC — ?T
a.4..a/i 4.6...(4ra-l-a) 4'6--(4^-2.) 4-6-"(4'^-6) ^'^->{éfn-i<d) " 4.6
o sia
ara — ak — ^B — cC
— u\i
a'".a.3.4...(a«+j) a'" ^3.3...(37^-I) a'" ^2.3...(2/i-3) a"~«.3.3...(a/zl5)
0 =
i8o Lettera
t'Y
. . . ~i — ziV :, e rruì rlìvidendo tutto per u, indi met-
2, .2.j ' ,
tendo in luogo delle qu-antità a, h ^ e , d ù, u i loro
valori otteFrete la forinola
ari — anA -3'2.(2/i-i)(a?z-a)B ~2.n{2.!i~i){-2,n-2,){ù.n-'ì'){-2.n-4iG
— a;2(ai'i— i)T t , ,, •
... 1 — — U, Cile ò alquanto diversa dalla ima
a .a. 3
ma cliB diventerà eguale alla mia di mano in mano che nell*
lina e nell' altra in vece di n sostituirete i numeri naturali
i , a 5 3 , 4j ec. In fatti ponendo « =: i questa vi darà
a — aA . , -AI- ^ A
o = -r-r- j cice o = — - — AyB la mia pure 0= —-A:
4-S a a.ò ^ 2-3
scetituendo ora il valore trovato di A nelle due formole, la
. ,. 2/z — I — 2n -an(a«-i)ra77-3)B
mia VI diventerà o= — , ~ tt-ì ec. ,
a(ara-i-i) 2.2.3 a.j.4
■ , , an — 2n ■-a/z(a/z-i)(ara-a)B
quest altra 0= -7— • — r:=rr —rr — ■■' -v— ^ — ^tt — «^c*»
^ a"(i«H-i) a'" '.2. a. 3 a'" •'.a. 3.4. *
i' una e I' altra delle quali facendo re=a vi darà o = ^--B;
00
e cosi via discorrendo.
Ed ecco che senza volerlo vi ho proposta un' altr» for-
mola generale , che colla successiva sostituzione de' numeri
naturali i , a , 3 , ec in luogo di n somministra un dopo
r altro i numeri Bernoulliani . Ma la mia parmi più sempli-
ce , e perciò piii facile da aversi a mente . Voi ne giudiche-
rete. Desideroso di aver in qualche maniera soddisfatto alla
vostra inchiesta chiudo seuz' altro col salutarvi cordialmente .
OBLI-
OBLIQUITÀ DELL' ECLITTICA
OSSERVATA NEL SOLSTIZIO
3 a Giugno z 8 o 3 .
Dà V/ngsnzo Chiminellop
3Iemona, fiic&mta il di i3 Dicembre i8o3.
are volte succede ne; Solstizj , che 1 altezza m^rictiana
del Sole dia immediatamente l' Oblifiuitù dell' Eclittica , ma
ciò st è;- verificato nel Solstizio di Giucno di qiiesto anno
iScS, in cui ai aa , minuti 4 circa avanti il mezzo giorno a
qùeSito Meridiano è accaduto il Solstizio, Perciò in cruel
giorno -piocnraìd' osservare il Sole piìi esattamente che mi
fu possibile al '-Quadrante "IMurale^ e così la Stella tt del Ser-
pente la sera per dedurne la difterenza delle Declinazioni ,
4 invece che impiegare la Latitudine dell'Osservatorio. L'At-
mosfera per buona sorte fu tranquilla il giorno , e la notte
e il Cielo sereno j circostanze favorevoli a ben osservare
Nel giorno aa Giugno pertanto a mezzodì la distanza
del lembo superiore del Sole dal Zenit alla supeificie del fi-
lo orizzontale del Tubo del Murale fu ai° 3n' ag" 6o
7
Il Barometro a8 . a — , il Termometro
o
a3 , onde la Rifrazione ------- aa Xj
il semidiametro del Sole ------ io ^■o , oj
ai 55 37, 70
la parallasse ---------- 3,i5
distanza vera del centro - - - - . . 2, i 55 34, 55
Nella sera dello stesso giorno la distanza osservata di tt
del Serpente dal Zenit alla superficie del detto filo orizzon-
tale fu- ------ 22° r 39", 8
il Baroni. aS.a -r» il Term.ao — , onde la Rifr. a3 , oi
4 a ^
e la distanza corretta - - - . - . _ 33,'^ 2,' 2,", 84
La
l8a Obliquità' dell' Ecclitiga ec.
La declinazione di questa Stella al primo Gennajo i8o3
nel Catalogo dell" Effemeridi Milanesi - - aS" 2,1' 42'"
la parte proporzionale della variazione annua - — 5 ^ o
L' aberrazione -----------., -f- ij. , o5
La Nutazione - - -»-•-'-■-----,— 8 , Sa
e la sua declinazione apparente ai aa Giugno aS^ ai' 3a", 78
Or la differenza delle superiori distanze si è - 6 a8 , ag,
dunque l' Obliquità apparente deli' Ecclittica
osservata - - - - - * - - - - - - a3 a8 - 1 , oa
Detta obliquità calcolata per quel giorno se-
condo l'Effemeridi Milanesi - ----- a3 47 58,07
e secondo la Connoissance des Temps - - a3 a8 5, 70
troppa differenza tra Y una , Q V altra ; ma io credo più vi-
cina al vero la prima, meno discorde dalla da me conclusa,
alla quale ho molta fiducia per la somma diligenza, che usai
neir osservarla.
CON-
i83
CALCOLO DEL PASSAGGIO DI MERCURIO PER IL
DISCO DEL SOLE NEL GIORNO 8-9 NOVEM-
BRE i8ca SECONDO Ui OSSERVAZIONI
DI PADOVA , E DI NAPOLI .
MEMORIA
Di Vincenzo Chiminellos
Ricevuta il dì 3 Dicembre 180 3 ..
Il giorno 9 di Novembre i8ca era cosi nuvoloso sin dalla
notte precedente, che si disperava affatto di vedere il Sole,
e in fatti qui non fu visibile l' ingregjo , e la sortita di Mer-
curio, punti li più csst-nziali di questo fenomeno . Neil' in-
tervallo tra r ingresso , e la sortita del Pianeta , sebbene lun-
go di quasi cinque ore, e mezzo, il Sole comparì bensi qual
che volta, ma ad istanti così brevi, che ron fu possibile fa-
re che una sola osservazione al quadrante Muiale ;, qual per
altro ebbi fortuna di farla bene, e potei anche nel tempo
stesso ravvisare distintamente quel br-l fenomeno che vide il
Sig. Plantade nel passaggio degli li Novembre lySG , e vi-
delo il Sig. Flaugergues nei passaggi 1^86 e 1799 , cioè una
corona di suboscuro splendore intorno il nero disco di Mer-
curio , la quale forse vien prodotta dall' Atmosfera del Pia-
neta che disperge , ed oscura in parte li raggi del Sole , da*
quali 11' è penetrata , come 1' Atmosfera nostra .
Ili Bologna, e Milano niente poterono osservare di que-
sto passaggio 3. in Napoli il chiarissimo Cassella potè vedere
soltanto la sortita , e mi comunicò la osservazione , che sola
ebbi d' Italia prima di questo Scritto . Il mio calcolo adun-
que restò limitato alla osservazione di Padova, e a quella
di Napoli •
La
i84 Calcolo del passaggio di Mekcurio ec.
La osservazione mia pertanto col calcolo che ne segue
tale si è :
Appulso del lenil)o dì Mercurio al 4-° filo
del Tubo del Murale ...... o^ 4' 43" t. p.
Sortita del lem])o del Sole dal filo medesimo o 6 i4
Dist. app. del lembo sup. di Mere, dal Zenit 62,° i' i5"
Dist. aj-ip. del centro del Sole per il 1.^ .
sup., ed infer 6a 7 a
Baroni. Poli. 27 1 1 - Termom. i5 .
' IO
Difi'erenza di tempo tra il 4.° , e 3.° filo
dai giorni precedenti j e segueìiti conclusa 87"
Semidurata del passaggio del Soie conclusa
dagli stessi giorni i' 8", o
Rifrazione per Mercurio i 4'^, o
per il Sole i 4^j 4
Parallasse orizzontale del Sole .... 8, 680
di Mercurio ra, 717
quindi la parallasse di altezza del Sole . • 7, 082
di Mercurio ........ li, 234
Semidiametro calcolato di Mercurio ... 5, 100
Mezza densità del filo verticale del Tubo
del Murale 43^00
del filo orizzontale 4>cco
E supposti tutti questi dati risulta l' ap-
pulso del lembo di Mercurio al 3.° filo c^» 3' ^6"
Passaggio del centro del Sole per il me- ,
desimp filo r..«o 4 ^9
PlfFerenza in tempo ... ...-,. 4^ ' ^
in gradi io 4^» ^
Distanza vera del centro di Mercurio dal
Zenit 6a°''3' o",866 '
dal centro del Sole . .-. . . 62851,718
Differenza di Declinazione 5' 5o".85a
La
J
Di Vincenzo Chiminello . l85
La longitudine poi del Sole a mezzodì se-
condo le Tavole ijovissime di la Lande
a^f^giunta l'aberrazione ao", essendo . . 7' ló" aa' 36", 5o
e r obliquità apparente dell' Eclittica . . a3 a8 o, i5
8Ì conclude T A. R. del Sole a a3 54 16, 3o
la Declinazione = 164^ iS, o5o
Quindi all'Asc Retta del Sole aggiungendo
la mezza densità del filo, e il semidiame-
tto di Mercurio 9",6, e sottraendo quanto
importa la difFereaza di tempo suddetta io' 46' .5 8
risulta r Ascens. Retta di Mercurio, 4^ '
avanti niezzodà , dalla sezione di Libra 4^° 4^ ^9^» ^^^
•e la sua Declinazione per la differenza di
5' So'joSa dalla dis^tanza del Sole dal
Zenit = . . . . . . . . o . . 16 39 a4» 198
e da questa la longitudine geocentrica di
Mercurio 43" avanti mezzodì . . . . 7' 16" 1 1' 11", 35
ed essendo la retrogr. per 4^" secondo le
Tavole
09
viene la longitudine di Mercurio a mezzodì 7' ló'ii'S'j 96
la longitudine di Mercurio geocentrica a
mezzodì secondo le Tavole novissime di
la Lande si è .7' 16° io' 53", 4o
Onde l'error delle Tavole in longitudine . — iS, 56
La latitudine geocentrica di Mercurio os-i
servata concludesi ........ a' 4° 5 7
secondo le Tavole ........ 349,0
Errore dunque delle Tavole in latitudine -f- 8 "j 3
Tale poi essendo la longitudine osservata
di Mercurio a mezzodì, e tale quella del
Sole secondo le Tavole, la distanza dal-
la congiunzione già trapassata era in quell'
istante 11' 17", 54
Tomo XI i A a Or
j86 Calcolo del Passaggio di Mercurio ec.
Or presa dalle Tavole la longit. geocentri-
ca di Mercurio per un' ora avanti mez-
zo'^i 7' i6» i4' i3",7
per mezzodì ............ 7 i6 io 53 4
risulta il suo moto orario retrogrado . . 3' 2,0" 3
€d il moto orario del Sole allora essendo a 3o ,8
il moto composto viene , 5 5i i
Onde la distanza di tempo dalla con<^iun-
zione a mezzodì . ....... ih Sj' ag" ,7
e r istante della congiunzione .... 2.2.^ a' 3o" j3t.v.
Nel qual istante la longitudine del Sole
secondo le Tavole di la Lande, o sia la
longitudine osservata di Mercurio . . 7' 16' i7'4r",iS
e la longit. geoc. di Mercurio secondo le
dette Tavole 7 16 17 25,65
e viene l'error delle Tavole in longitudine — i5",53
Nello stesso istante la longitudine del Sole
secondo le Tavole del Zach era ... 7' 16° I7'43",i5
e sarebbe V error delle Tavole di Mercu-
rio in longitudine '— ^7 5^0
La latitudine poi eliocentrica di Mer-
curio conclusa dalla sua longitudine elio-
centrica osservata i' 16° 17' 41 j'S j dalla
inclinazione, e dal nodo risulta a' i9"jOa,
e per le distanze di Mercurio dal Sole , e
dalla Tena la latitud. geoc. osservata ... 1' 4"34^
ed essendo per le Tavole i8ji5
risulta r error tabulare In latitudine . « . -J- 3 , 67
Così dalla osservazione mia .
A Napoli nella Specola del Sig. Cavalier Acton , splen-
didissimo Mecenate , il chiarissimo Astronomo Cassella con
tu-
Di Vincenzo Chiminello . 1^7
tviLo Acromat'co DuIIondiano di 5 piedi Inglesi potè osserva-
re nella sortita di Mercurio il contatto interiore al lembo del
Sole assai bene a o'' 54' 7 ",6 t. v., i' esteriore alquanto dub-
biamente a o** 55' 49 5^ t. V.
Dal contatto interiore pertanto per concludere il tempo
della congiunzione presi in prima il movimento orario in lon-
gitudine e in latitudine, risultante dalla osservazione mia,
cioè l'uno 3' 2.1" 3, l'altro 49 jiS ; e fatto il movimento
composto col movimento orario stesso del Sole , come sopra,
che pervenne 5' 5a,'',i , per mezzo di questo , e del moto di
latitudine, ricavai l'inclinazione dell' orbita relativa 7° 57'7 ',5,
il moto composto orario in detta orbita 5' 55",5 , e per le
canoniche analogie , ritenuta la latitudine osserv^ata , ebbi la
più breve distanza dal centro del Sole 1' 3"j37, la distanza
dalia congiunzione alla medietà del passaggio 8 ",921 , e la
stessa in tempo i' 3o ",34 •
La differenza tra le parallassi orizzontali del Sole , e di
Mercurio era 4' joag , e 1' altezza verticale del Sole , sorten-
do Mercurio, 3i^ 2,' 49' qual' era alla latitudine della Spe-
cola di Acton ( 40" 49' 4*^" ) risultò 3",449 , in Ascensione
Retta o",7i5 , in longitudine o",746 , nell' orbita relativa
o",753 ; il semidiametro del Sole calcolato era 16' ia",4a, e
quindi la distanza dal punto della congiunzione nell' orbita
relativa al centro di Mercurio si manifestò i5' 57",og2 e il
suo valore in tempo a^ 4" 34 ",5 , il cui doppio col doppio
i' 3o",34 diede la durazione tutta del passaggio 5h 26' 9", 68
e dal tempo del contatto Tuteriore . . . o^ 54' 7", 6
sotratta la distanza dell' istante della con-
giunzione a 4^ 34 , 5
si manifestò l' istante della congiunz. medes. aal> la' 33'',i t.v.
al quale comparato l' istante concluso dall'
osservazione di Padova aa a 3o , 3
verrebbe la difìerenza tra i Meridiani . . io a^B
A a a Ma
i88 Calcolo del Passaggio di Mfiiicunio ec.
Ma si vedrà già che altre determinazioni porgono questa dif-
ferenza dei Meridiani più vicina al vero .
Il Hietodo di adoprare come feci, il movimento di Mer-
curio, qual lo danno le osservazioni, veramente è naturale, e
legittimo , ma perchè unica fu la mia osservazione , e in es-
sa cioè nella longitiidine , e latitudine qualche piccolo errore
forse potè insinuarsi , sarà più sicuro impiegare li movimenti
orarj presi dalle Tavole , le quali sono già abbastanza bene
stabilite , e nelle quali abbenchè 1' epoca delle longitudini fos-
se un poco difettosa , i detti moti nondimeno progrediscono ret-
tamente : Ora secondo le Tavole le longitudini, e latitudini di
Mercurio un' ora avanti mezzo giorno fu-
rono 7' i6^ i4' i3",7,e r'57",5
nel mezzo giorno *..... 7 16 i-o 53 ,4 a 49 >o
onde li movimenti orarj ... 3 ao ,3 o 5i 5^
Le stesse che adoperai nel calcolare F osservazione mia ; e
preso il movimento orario del Sole, come sopra ^ a' So'^S
viene il moto composto 5' 5i",t , onde s.i conclude l'inclina-
zione dell'orbita relativa 8" 2.0 4i'30i^'j ^ il movimento ora-
rio in essa 5' 54''5857 , per mezzo de' quali elementi , e del-
*, la latitudiiije geocentrica i'4"54^ qual si manifestò nella conf
giunzione da me osservata, risulta, applicatavi già la paral-
lassi , la distanza dal punto della congiunzione nell' orbita, re^
lativa al centro di Mercurio nell' istante del contatto interiore
i5' 56",655, e adoprata la latitudine data dalle Tavole i'8",i5,
risulta detta distanza i5' S.6",647 j e in tempo a^» 4'' A-^'ì^ì
oppure oM^i' 45", i,- e l' istante della congiunzione aal> la' aa",(ij
oppur 5 , onde ricavasi la differenza tra i due Meridiani 9' Sa",!,
oppur a , la quale probabilmente più al vero si accosta, che
la superiore .
Così sta però , se la congiunzione di Mercurio secondo la
mia osservazione all' osservatorio di Padova successe nel con-
cluso istante aa" a' 3o",3, a cui presi la latitudine corrispon-
dente computando la osservazione del Sig. Gassella, ma se ÌA
* con-
Di' Vincenzo Chiminello . 189
congiunzione accadde forse un poco prima , o dopo, vi s' ir»-
trodusse un qualche errore;, sarà dunque bene indogare sepa-
ratamente , se la cosa cosi debba stare ; or dunque riceìclie-
lò degli istanti della congiunzione , e del contatto interiore
prima per le Tavole, poi per il concluso da queste.
La differenza tra il Bleridiaao di Padova, e il MeridiarrO
di Napoli secondo l'Effemeridi di Milano 1800 si è 9' ^7" di
tempOj vera, o non vera, non importa: tal' ora la suppongo;
li movimenti oraij, di longitudine e latitudine secondo le Ta-
vole sono gli stessi quali sopra , e però la stessa l' inclinazio-
Me dell'orbita relativa, lo stesso il movimento orario in que-
sta orbita . La longitudine del Sole- a ao*» o' e" in Pa^dova , o
sia 2,3^ 9' 3?" in Napoli secoado la Tavole df^l Zach si è
7' 16" 20' 7 ',67 e secondo quelle di la Lande 7' j6°2o' 5'',7o;
la longitudine geocentrica di Mercurio per le Tavole novissi-
me di la Lande nello stesso istante 7' 16" 14 i3 .,70, la la-^
titudine geocentrica 1' 57". 5 ; dunque la distanza dalia con-
giunzione già trapassata 5' 53"597, oppar 5'5j.".p. Da una ri-
sulta la distanza di tempo 1^0' a.g".^, dall'altra 1^ o' g" ,a.3. ,
e la congiunzione a zoM 9' 7"6 , oppur 2.1^ 9' 27", 77 ; la lati-
tudine corrispondente per le Tavole si è l' 5 '^57, oppur i' 5' ..o^,
e prendo la media i' 5", 71 .
Fatto il calcolo j la distanza dal supporto punto della coa-
giunzione neli' orbita relativa al centro di Mercurio nel con-
tatto interiore, applicatavi già- la parallassi come sopra , pro-
viene i5' 56",45 e il tempo corrispondente 2*1 41' 4^ --6' ^ ^*
un istante supposto della congiunzione il contatto interiore a
ok 5o' 5o'\a j dair altro e* 5i' io"537, e quindi la discrepauza
dal contatto osservato 3' 17 '4^ oppur a' 57";a3; sia che pro-
venga dall' errore o delle Tavole , o della supposta differenza
tra 1 Meridiani . Di tanto dunque devesi produrre il tempo
della congiunzione; e l'uno , e l'altro diviene 22I1 ra'25",o,
nel qual nuovo supposto istiute la longitudine del Sole secondo
le Tavole del Zach è 7' 16" 17' 4-^ 'O'' e perciò i' fó 17 4^ »9^
la eliocentrica longitudine di Mercurio, l'Argomento di laci-
tu-
lyo Calcolo del Passaggio di Mercurio ce
tudine nell'eclittica i8' S^'^gi, onde per l' iticlinazione dell'
orbita vera 7° o' i"j43 si manifesta a' 19 ",145 e per le distan-
ze di Mercurio dal Sole , e dalla Terra la latitudine geocen-
trica j' 4 ->53 .
Con tal geocentrica latitudine pertanto , e cogli elemen-
ti tabulari adoperati di sopra rinovato il calcolo trovo la di-
stanza dal punto della congiunzione nell'orbita relativa al cen-
tro di Mercurio in contatto interiore uscendo, ( non trascura-
ta la parallassi) i5'56'.,637, e il tempo che vi corrisponde,
a^ /^i' /!^B".jC2, , il qual aggiunto all'istante della congiunzione
manifestasi il detto contatto a o'' S4 io",oa . Ora il contatto
interiore nella sortita fu osservato a o^ 54' 7"ti^ ■> che diffe-
risce dal qui concluso di ^' .i\^ soltanto ; dunque senza più
rinnovare il calcolo si può ridurre il tempo della congiunzio-
ne aa'' la' a5" ultimamente supposto a aaìi la' aa";58 che cre-
do precisamente vero, o cosi prossimo al vero^ che si possa
tenere per nulla la discrepanza; e sarà la differenza tra i me-
ridiani g' 5a"528 , quasi <juella stessa <;he conclusi superior-
mente, cioè g' 5a",i , oppur g' 5a",a , la quale perciò seni-
bra probabile a e comprova insieme la bontà delle osservazio-
ni , e la rettitudine di quei calcoli.
Quanto all' error delle Tavole veramente si è veduto so-
pra , qual sia dalla longitudine, e latitudine che conclusi per
osservazione all' istante della congiunzione , ma non sarà inu-
tile di sapere anclie quello che risulta per la longitudine j e
latitudine nella sortita..
Ora trovo la elongazione di Mercurio nell'istante del con-
tatto interiore nella sortita i5' ò.^'.'Ji-, la longitudine del So-
le secondo le Tavole del Zach era in quel punto 7' iò°a4' 3o"^3i,
e la longlt. geocentrica di Mercurio; simanifesta 7' 16" 8' 44'^59»
la latit. poi geocentrica risulta 3' a3",o . La calcolata longit.
geocentrica di Mercurio per queir istante si è 7' 16° 8' 24" ,84,
la latitudine pur geocentrica 3' a7",a ; dunque 1' errore delle
Tavole in longitudine — iQ'jT^ •> i" latitudine -f- 4",a .
Se avessi adoperato le Tavolo di la Lande per la longitudi-
ne
Di Vincenzo Chzminkllo . iqi
ne del Sole all'istante del suddetto contatto , comparirebbe la
longitudine di Mercurio geocentrica 7' 16° 8' 42- ",03 , e I' er-
rore delle Tavole sareblie invece — 17 ",79.
Tali sono i risultati che ricevei dalla osservazione del
Chiar. Sig. Gassella , e dalla mia . Sarebbe da esplorarsi in
oltre la longitudine del Nodo , e l' inclinazione dell' Orbita ,
ma oltrecchè questi elementi negli ultimi tempi sono slati de-
terminati abbastanza bene, unica essendo la mia osservazio-
ne , né il Sig. Gassella avendo potuto fare altre osservazioni
sul disco del Sole prima della sortita di Mercurio , io non
intraprendo questa investigazione la qual darebbe determina-
zioni alquanto incerte. Chiuderò dunque raccogliendo, e po-
nendo sott' occhio li risultati principali j the ricavai •
Errori delle Tavole
In Longit. — i5",.S6 in Latit. -h 8",3o
— i5 ,53 4-3 ,67
— 17 ,5o ~\- 3 .67
— 19 ,76 -f- 4,ao
— - 17.79 H- 4 -20
Errori medj — 17 ,i5 4- 4 ,81
più breve distanza di Mercurio dal centro
del Sole i 3".87
Durata di tutto il passaggio 5^ aó' 9"j63
Istante della congiunzione
al Meridiano di Padova iah a' 3o"j3
al Meridiano di Napoli, adoperati i moti orarj
da me osservati . . . . aa 12, 33 ,1
adoperati i moti orarj del-
le Tav. colla Latit. osserv. aa la 04 4
adoperati i moti orarj col-
la Latitudine delle Tavole aa la aa ,5
separatamente dalla osser-
vazione mia ..... aia la aa .58
Dif-
1931 Calcolo del Passaggio di Mergurìg ec.
Differenza tra i Meridiani della Specola di
Padova , e della Specola d' Acton .
io'
a",8o
9
5a ,10
•9
5 a ,ao
9
5a ,38
Differenza media , esclusa la prima « . . 9 5a ,ao
Questa differenza la quale per tre s.perimenti risulta qua-
si la stessa è certamente preferibile alla prima , e non si può
negarvi molta fiducia , ma peraltro io non la terrò come as-
solutamente certa , perchè se la osservazione di un passaggio
di Mercurio per il disco del Sole è la pii!i opportuna per in-
vestigare l'errore delle Tavole, non lo è per determinare le
differenze tra i Meridiani , essendo che un tal passaggio sof-
fre una qualche piccola incertezsa di tempo , già comune a
tutte 1© osservazioni , porge al calcolo latitudini troppo pic-
cole per poter concludere l' istante vero della congiunzione ,
ìQual sia la differenza vera tra quei Meridiani , lo mostreran-
no più sicuramente altre osservazioni o di occultazioni di Fis-
se j o di Ecclissi del Sole «
CON-
CONGETTURE SULLE CAGIONI
DELLE DIVERSE VARIAZIONI DELL' AGO
MAGNETICO DAL NORD
Di Vincenzo Chiminello
Ricevute il di 3 Dicembre i8o3'
ih notissima V annua variazione dell' Ago Magnetico , cioè
la sempre crescente sua declinazione dal Nord verso Ponen-
te , ma non sono conosciute che da pochi due altre variazio-
ni ovvero oscillazioni , che il detto Ago soffre nel tempo stes-
so ^ r una ogni giorno , l'altra d' Aprile a Luglio, e da Lu-
glio ad Aprile seguente . Notò il Musschembroek ne' suoi E-
lementi di Filosofia Naturale , che la Declinazione dell' A^'O
è diversa in ciascun mese, e ciascun giorno, ed il primo che
osservasse questa diversità fu il P. Guytachart nel regno di
Siam r anno i682,j, ed un altro fu il Graham insigne artefi-
ce Inglese nel 1722 , dopo cui la osservò il Musschembroek
medesimo nel 1728 ; ma quelle osservazioni sono vaghe , e
indeterminate, e però non sufficienti per concludere con cer-
tezza qualche cosa di distinto, e la scoperta delle legoi dì
tali due distinti fenomeni devesi al singolare acume del Sig.
Cassini insigne Astronomo al grande Osservatorio di Pari^^i ,
come vedesi nella sua Memoria data alla luce nel 1791.
Il Sig. Cassini costruite avendo più Bussole alla maniera
di Coulomb, e Wam-Swiden, e con maggior perfezione,
dopo un corso di osservazioni metodiche non interrotte , la
maggior parte sue proprie , scopri che generalmente V Ago
Magnetico alle ore 8 della mattina comincia a muoversi ver-
so Ponente, e seguita questo moto sin tra le una e le tre po-
Tomo XL B h me-
K
ig^ CoMCETTURB SULLE CaGIONI CC.
meridiane , dopo che , fattosi qualche tempo stazionario , ri-
trocede sino alle ore io della sera , e si ferma al punto da
cui era partito la mattina , e vi sta sino alle 8 della matti-
na seguente; dopo quell'epoca nuovamente oscilla verso Po-
nente. Il medesimo Astronomo in oltre con sottigliezza com-
parate tutte le osservazioni tra mese e mese , e tra un anno
e r altro scoprì , che 1' Ago mentre oscilla ogni giorno , per
tre mesi di seguitò si muove verso ir Nord, e per nove se
ne allontana , cioè che ad onta della oscillazione diurna dall'
Equinozio di Primavera sino al Solstizio di Estate, e più, si
accosta al Nord , e dopo alcuni giorni di stazione ri trocede ,
e declina. sempre più a Ponente sino alla seguente Primave-
ra ^ dòpo che, fatta una breve stazione, ritorna a rnuoversi
come prima verso Levante, rimarcandosi in tal' oscillazione^
che al principio di Maggio ritrovasi 1' Ago nello stesso pun-
to a cui era in principio di Ottobre; tempi, come osser-
vasi , del calor medio dell' anno , onde quasi pare che tal
tiscillazione non vi sarebbe , se il calore fosse sempre ad un
certo erado costante .
Avverte per altro il Sig. Cassini rapporto all' oscillazione
diurna, che i limiti, di tempo non possono tenersi finora co-
me assolutamente determinati , perchè le ore diurne della
mattina , e le vespertine sono le più soggette alle perturba-
zioni nella direzione dell' Ago , e perchè le stagioni diverse
sembrano influire iiell' estensione dei limiti pomeridiani ; su
che per altro dirò, ch'esaminando le Tavole della citata Me-
moria, parvenu che in Estate l'ora in cui l'Ago arriva al suo
maggior allontanamento dal Nord , sia la una pomeridiana in
Primavera , ed Autunno la seconda , in Inverno la terza .
Rapporto poi alla quantità della detta diurna oscillazione no-
ta Egli che non è la stessa in tutte le stagioni , ma che ge-
neralmente la minore osservasi in Inverno da Ottobre a Mar-
zo , la maggiore in Estate j di 5 minuti la più piccola , di
i4 la più grande, avvertendo però un'Anomalia, che in E-
state ne' giorni di massimo caldo la oscillazione è quasi nul-
la ;
Di Vincenzo Chiminello . iqS
ìa ; e qui si noti, che i giorni di massimo caldo sogliono es-
sai e dopo il Solstizio , il che si combina colla stazione che
allora fa l'Ago, e prova, come dicevo, che senza variazio-
ne di calore non vi sarebbe oscillazione .
Ma comunque sia di qualch'eccezione , o determinazione
non ben certa di particolari fenomeni , le osservazioni e
comparazioni del Signor Cassini ci fan conoscere li due feno-
meni generali dell' Ago Magnetico , oscillazione diurna , ed
oscillazione trimestre, noveraestre distintamente a grado da non
poterne dubitare, e sol ci lascia Egli nel desiderio della fì-
sica spiegazione riservatosi a questo punto come prudente fi-
losofo , dopo un altro corso di osservazioni ; per lo che io
non dovrei ardire di produr pensieri su questo riservato ar-
gomento . Ma poiché il Sig. di la Lande in una breve Me-
moria inserita nella Connoìssance des Temps 1 797-1 798 -pro-
duce delle congetture , coinè le chiama , sulla variazione di
declinazione dell' Ago Magnetico , qual fu osservata dal Sig.
Cassini , siami permesso esporre le deboli congetture mie , e
mi perdoni il Sig. di la Lande , se da Lui discordo di pare-
re . Racchiudo prima in epilogo il suo ragionamento .
Mi pare , dice il Sig. di la Lande , che le variazioni
diurne, ed annue ( intende le mestrue ) dell'Ago Magnetico
secondo che le osservò il Sig. Cassini, siano una conseguenza
naturale della posizione del Polo Magnetico , e della influen-
za del calore sopra quella parte del nostro Emisfero . Il Po-
lo Magnetico , prosiegue , dalla parte del Nord è un punto
che si può concepire a 70 , o pur 7$ gradi di latitudine , e
a 080, o pur 3oo di longitudine contati dal primo meridiano
all' Guest della Baja di Baflìns , e della Baja di Hudson, ver-
so cui concorrono le direzioni del Magnete dalle differenli
parti del nostro Emisfero , il qual punto ci è indicato dalla
declinazione di gradi 5i osservata a Ghothead nella Groelan-
dia , eh' è a 64 gradi di latitudine, e 827 di longiiiidine .
Quella parte di Emisfero è riscaldata da un Sole ardente dai
i5 Maggio sino ai 27 di Luglio, ed è in tenebre continue
B b i dai
19Ó Congetture sulle Cagioni ec.
dai 16 di Novembre sino ai aS di Gennajo . Or come Cassi-
ni osserva , da Gennajo ad Aprile 1' Ago seguita ad allonta-
narsi dal Polo della Terra verso Ponente, ma da Aprile a Lu-
glio crescendo il calore 1' Ago ritrocede verso Levante ^ e da
Luglio a Dicembre mancando il calore ritorna verso Ponen-
te . La materia elettrica ha senza dubbio della influenza so-
pra la magnetica , come lo prova 1' azione delle Aurore Bo-
reali sopra 1' Ago Magnetico , la materia elettrica secondo
Buffon , e Franklin sembra avere una direzione generale ver-
so il Polo del Mondo; egli è dunque naturale, che l'aumen-
to del fuoco , e del calore accrescendo il corso della materia
elettrica verso quella parte , la direzione dell' Ago debba
piegare verso il Polo del Mondo .
Le variazioni pure diurne j dice^ vanno a seconda di que-
sta legge ; imperciocché alle 6 ore della sera e. gr. a Parigi ,
è mezzo giorno al Polo Magnetico , e si vede allora l'Ago ri-
trocedere da Ponente piegandosi verso il Polo mondano ; da
mezzo giorno alle 3 della sera a Parigi 1' Ago si porta verso
Ponente , e sono allora dalle 6 alle 9 della mattina al Polo
I\Iagnetico j tempo in cui non Ila il calore diurno sviluppato
colà la maggiore sua attività .
Tale si è la spiegazione del Sig. di la Lande , la qua-
le a semplice annuncio senza esaminarla sembra soddisfacen-
te , ma poi non appaga, se bene vi si riflette. Imperciocché
primieramente si può dubitare , se la materia elettrica si di-
riga propriamente al Polo mondano , poiché si vede che il
centi-o delle Aurore Boreali per lo più ne declina qualche
grado a Ponente ; secondariamente si può dubitare , se , sca-
ricata una certa quantità soprabbondante di materia elettrica
dalle plaghe Australi, e dalle nostre verso quella parte sino
ai primi giorni del maggior caldo che colà arriva , possa se-
guitare ancora per il resto di tempo del caldo ardente Tafflus-
so della medesima ; terzo in un calore continuo , come al
parallelo di 70 , o 76 gradi di latitudine , tra la metà di
Maggio, e la metà di Luglio la differenza di calore dal mez-
zo-
il Di Vincenzo Chiminello » jf)2'
zoJì ad Ostro al mezzodì a Nord , che corrisponde alla nostra,
nif'zza notte , dev' esser tion dirò insensibile , ma molto pic-
cola , Io che inferisco per prossima analogia dalle mie Tavole
Termometriche inserite nell'ultima edizione del Saggio Meteo-
rologico Toaldiano, ed altre inedite, nelle quali apparisce che
in Estate in questi nostri Climi j i quali han la notte, la diffe-
renza di calore tra il mezzodì , e le 6 ore della sera non è
che di un grado ^ e mezzo Keaumuriano , onle viene dunque
a comprendersi j che al detto parallelo, il quale allora noti ha
a notte la differenza di calore tra il più alto Sole ad Ostro e
il più basso a Nord, dev'esser molto più piccola, e però non
atta a provocare più sensibilmente in un tempo che nell' al-
tro la materia elettrica ; quarto, supposto il principio del
Sig. di la Lande , dalli i6 di Novembre sino alli a5 di Gen«
rajo dovrebbe cessare la variazione diurna dell' Ago , o se
nondimeno per il calore diurno dei nostri Climi seguita ad
, eccitarsi alquanto la materia elettrica , giacché suppone che
fluisca direttamente al Polo del Mondo, in tale stagione do-
vrebbe vedersi 1' Ago da mezzo giorno alle ore 3 della sera
piegare a Levante, non a Ponente, come osservasi. Laonde
per tutte questo difficoltà la spiegazione del Sig. di la Lan-
de non mi pare a proposito . Ecco pertanto quello j che mi
venne in niente ricercando un'altra causa generale, e perio-
dica , e che sottopongo al giudizio dei Fisici, e del medesi-
mo insigne Astronomo .
Ammessa una qualche provocazione della materia elettri-
j ca inforza del calore, come causa secondaria , o perturbante e
, producente delle Anomalie nei detti fenomeni, io penso eh' essi
provengano principalmente da un intestino movimento dell'aria
nella sua dilatazione per il calore; cioè che l'uno provenga dal
movimento periodico dell' aria verso Nord che ricorrer deva
ogni anno nella Primavera, durare sino al colmo dell' Estate,
e ritrocedere verso l'Ostro da quando comincia a sminuirsi il
calore ; e l'altro , cioè la oscillazione diurna, dal movimento,
che ricorrer deve ogni giorno da Levante a Ponente subito
che
198 ^ Congetture sullk Cagioni ec.
clie il Sole cominciò a riscaldare , e durar deve sino alle ore
del maggior caldo . Facile si è la spiegazione dell' uno , e
r altro.
Fuori del Tropico , o sia di qua della Zona torrida , in
tutti li nostri Climi temperati il calor annuo arriva al grado
medio nel mese d' Aprile , e da questo tempo cresce di gior-
no in giorno; allora dunque l'aria comincia dilatarsi più esten-
sivamente , che nei primordj di Primavera , in tutti i punti
dei paralleli nostri , e si dilata necessariamente secondo la
direzione dei Meridiani verso il Nord, alla qual parte l'aria è
più densa , e meno riscaldata ; tal dilatazione poi la qual de-
ve crescere ogni giorno , continua sino a che seguita cresce-
re il calore sensibilmente , cioè sino al principio di Luglio ,
tempo nel quale il caldo estivo arrivato ad un certo grado
cresce pochissimo da un giorno all' altro , e fuori di certi
colpi improvvisi di escandescenza è allora come stazionario ,
e perciò la dilatazione stessa si ferma; dunque d' Aprile a
Luglio l'aria inferiore' dalla superficie della Terra sino ad una
certa elevazione, in cui sia il calore sensibile 3 necessariamen-
te per tal dilatazione dee avere uu movimento continuo ver-
so Nord, movimento non percepito dai nostri sensi, ma che
si comprende in effetto esistere per legge Fisica; la direzio-
ne poi di questo movimento da tutti i punti , seguitando li
Meridiani va necessariamente al Polo del Mondo . Or la ma-
teria Magnetica la qual fluisce al Polo suo per mezzo dell'
aria, non può non partecipare di tal movimento, e sarà for-
zata ogni giorno fluire per una direzione in linea curva com-
posta della direzione sua naturale, e di quella al Polo del
Mondo , il cui vertice si accosterà sempre più al Meridiano
in forza della crescente dilatazione dell' aria , e il ramo su-
periore , che va al Polo Magnetico , si accosterà sempre più
al parallelo di 70 , o 76 gradi di latitudine. Dunque l' Ago
Magnetico di qua dal detto parallelo d' Aprile a Luglio deve
accostarsi al Nord; ma dal principio di Luglio sin .quasi alla
metà il calore crescendo poco , e perciò la dilatazione dell'
aria ,
Di Vincbnzo Chiminello • 199
aria , e il suo movimento essendo come in stazior'^ j rj' AgO'
Il non varierà , e tale a un di presso lo si ossnva . Ln t fletto'
contrario poi deve seguire subito clie comincia scemarsi il'
I calore; allora per lo rt-stringimento , e ritrocessione dell'aria'
il suo movimento dev' esser da Nord ad Ostro , e in conse-
giienza la materia magnetica comincierà fluire verso il Polo
suo per una direzione a Ponente di quella che aveva in tem-
po della stazione , la qual direzione devierà sempre più ogni
giorno per 1' aumento dell'inverso moto dell'aria, e così ri-
Irocedeià 1' Ago Magnetico sino a nuova Primavera progre-
t dendo a seconda dell'annua sua crescente declinazione.
I Per un simile movimento dell'aria poi seniLra , che deb-
bano succeder anche le oscillazioni diurne dell'Ago tutto l'an-
no. IrTìporcioccliè levato il Sole, al primo, calor sensibile
Ilaria, com' è notissimo, comincia dilatarsi, e poiché il ca-
lare vien propagandosi verso Ponente essa concepisce un mo-
vimento verso questa parte, e questo uiovimento è rinfurza-
to successivamente dall' aria posteriore di Levante , la quale
subentra poco a poco in luogo della rarefatta , e dev' esso
coutinuaré sino a che cominciando scemarsi il calore , 1' aria
ti va ristringendo da ogni parte , e si rimette finalmente all'
equilibrio nelle ultime ore vespertine . Dunque dall' istante
del primo calor sensibile , e commovente della mattina il
flusso della materia magnetica a seconda dell' aria deve sco-
starsi sempre più dal Meridiano verso Ponente , e ritrocede-
re restituita la calma Atmosferica ; e perciò di consenso nel-
lo stesso modo 1' Ago Magnetico deve muoversi verso Ponen-
te , stazionare , e rimettersi finalmente nella sua posizione
che aveva la mattina, e rimanervi tutto il resto della notte
sino alla mattina seguente ; e questo è ciò che si osserva .
Resta ora da spiegarsi, da che provenga l'insigne varia-
zione , cioè r annuo aumento progressivo della declinazione
dell' Ago , eh' è lo stupore degli stessi più illuminati F'iloso-
fi nell'oscurità in cui siamo della vera causa. Il Sig. Cassini
riflette , che accostandosi l'Ago al Nord per soli tre mesi , e
disco-
aoo Congetture sulle Cagioni ec,
discostandosenc per nove , necessariamente la sua declinazio-
ne dal Polo del Mondo deve trovarsi ogni anno inasgiore ad
una data epoca ; ma questa semplice aritmetica spiegazione ,
se apparentemente soddisfa , esaminato con riflesso il fenome-
no non pare accordarsi bene colla verità ; imperciocché dal
principio di Maggio , tempo in cui l'Ago si accosta al Nord,
ad arrivare alla sua minore declinazione , qual osservasi in-
torno il Solstizio estivo, coi pochi giorni di stazione non im-
piega che due soli mesi; e mentre se ne discosta, dal prin-
cipio di Luglio sino al principio di Ottobre , in cui trovasi
allo stesso punto che toccava in principio di Maggio , impie-
ga tre mesi ; dunque 1' un movimento è piìi celere dell' al-
tro , onde si può sospettare , che forse percorrerebbero uno
stesso spazio d' Aprile a Luglio , e da Luglio all' Aprile se-
guente , se non vi fosse altra causa influente nella posteriore
mozione dell' Ago ; per il che non è bastante la spiegazione!
del Sig. Cassini .
Io piuttosto credo , che vi sia realmente una causa di-
Tersa, per cui annualmente l'Ago sempre più a Ponente de-
clina. In fatti pare, che il Polo Magnetico, al quale 1' Ago
sempre tende , ad onta delle altre due osservate variazioni
successivamente cambj di posizione verso Ponente . E che
ciò sia , osservo che le declinazioni dell' Ago in Europa se-
condo una Tavola del Musschembroek ( Phys. Exper. Disp.
De Magn. ) dal 172,1 sino al lyaS ed altre posteriori osser-
vazioni , trovansi crescenti a maggiori latitudini ne' paesi di
una stessa longitudine, e parimenti crescenti ad una stessa
latitudine ne' paesi di maggiore longitudine , onde pare che
la declinazione dell' Ago sia maggiore , o minore in rapporto
dell' angolo che fa la sua direzione al Polo Magnetico col
Meridiano del luogo, dove si osserva; dal che si comprende,
che se la declinazione dell' Ago cresce in uno stesso luogo
annualmente in verso Ponente similmente come se si avan-
zasse di latitudine , o di longitudine , la causa non può esse-
re che il cammino del Polo Magnetico verso quella parte .
Ma
Di Vincenzo Chiminello . ao r
!Ma ciò supposto , qiial è »aai la causa di siffatto cambiamen-
lo del Polo |kIagnetico ? Proviene forse da un effetto conse-
guente della diurna rotazione della Terra? Vediamo, se ciò
è possibile .
Esistono nei Paesi più Settentrionali , come e. ^r. a 70 .
o pur 75 gradi di latitudine grandi miniere di ferro , e tali
miniere si estendono non solo nel Continente , ma forse pas-
sano per di sotto il fondo del mare e chi sa che non formi-
no una specie di armilla tutto attorno quei paralleli , o una
calotta sino al Polo , ma certo è grande la loro estensione ;
or 8Ì sa , che il ferro resta calamitato da replicate fregature,
o striscj del Magnete tiratovi sopra da una parte , purché
non s' interrompa 1' operazione con movimento contrario ; se
dunque un tempo ridotto il Globo terracqueo alla sua forma,
e struttura presente, restò frapposto alle dette miniere, o
ad una parte in contatto un grande ammasso magnetico, que-
sto ammasso in forza dell' incessante moto rotatorio della ter-
ra, che lo concita in sommo grado, col solo tocco, ed urto
in luogo di fregatura potrebbe aver poco a poco nel decoiso
de' secoli calamitato il ferro circondante , o contiguo , e indi
la calamitazione continuando potrebbe aver preso una grande
estensione , ed ancora seguitare a prenderne maggiormente ;
e ciò posto poiché attirerà non solo il Magnete originale ,
ma anche la parte calamitata , se la calamitazione non è an-
cora trasfusa da un estremo all'altro delle miniere , cambian-
dosi sempre il centro attraente secondo 1' estensione crescen-
te della cala(^iitazione , 1' Ago Magnetico dovrà piegare con-
tinuamente a seconda del detto centro . Ma venuto che sarà
il tempo della totale calamitazione , siano in forma d' armil-
la, o di calotta quelle miniere , o pure non estese per tutta
la fascia tra quei paralleli , il centro magnetico resterà im-
mobile, ed annualmente più non si vedrà crescente declina-
zione dell' Ago , e solo seguiteranno le altre due variazioni
osservate , e verificate dal Sig. Cassini , quando per altro la
diifercnte durata dei tempi dell'accostamento al Nord, e di-
Tomo XI. C 0 SCO-
202, Congetture sulle Cagioni ec.
scostamento , come dice 1' insigne Astronomo , non faccia
l'efFetto , che qualche poco annualmente avanzji, verso Ponen-
te , se pure è possibile , che allora più non camminando il
Polo Magnetico , seguiti l' Ago a declinare deviando sempre
dalla sua naturale tendenza .
Per altro quanto al movimento del Polo Magnetico della
Terra per via di calamitazione non dissimulerò. ^un obbietto :
in quelle grandi masse di ferro, toccate per naturale combi-
nazione dair originale Magnete , poteva egli introdursi in for-
za del diurno moto rotatorio della Terra il magnetismo tan-
to , quanto lo s'introduce col nostro esperimento della cala-
mitazione artificiale? Io crederei di sì. Non oso per altro
sostenere questa opinione positivamente, e la sottopongo agli
illuminati Fisici sperimentatori .
Ma frattanto possibile , o non possibile la immaginata
calamitazione 5 o qualunque altra ne sia la causa ^ io mi ri-
stringo a tener per ora quasi certo 1' effetto , cioè il suppo-
sto movimento del Polo Magnetico verso Ponente : lo prova
la troppo insigne crescente annua declinazione dell' Ago in
Europa colle osservazioni di due secoli , e mezzo ; lo prova
coerentemente alle osservazioni la riflessione fatta superior-
mente suir angolo che fa la direzione magnetica col Meridia-
no ; in fine lo prova per induzione la osservazione stessa del
Sig. Cassini , perchè se 1' Ago avanza declinando a Ponente
sei mesi sopra tre che piega a Levante, dopo i quali si trova
più avanzato che nelT anno precedente , e non ritrocede ,
come nella variazione diurna per rimettersi alla tendenza sua
naturale j questo è indizio che il Polo Magnetico verso quel-
la parte progredisce .
Una parola sulla inclinazione dell' Ago . Se il Polo Ma-
gnetico 5 o centro attraente della materia Magnetica ora esi-
ste a a8o gradi di longitudine , egli è rispetto all' Europa an-
cora nella parte inferiore dell' Emisfero, e perciò l'Ago de-
ve insignemente, come osservasi , piegare al basso nel tempo
stesso che declina dal Meridiano .
ME-
ao3
METODO PER TROVAR LE RADICI NUMERICHE
D'OGNI EQUAZIONE
Dr Giuseppe Cassella
Presentato il dì 3 Dicembre i8o3.
Da Vincenzo Chiminello.
A er rispondere come conviene al quesito proposto dalla So-
cietà Italiana delle Scienze (o) è bene di tener presente il
quesito medesimo , onde spaziandosi non si abbia da sortir
fuori de' limiti , e delle condizioni , eh' esige il Problema .
Propone pertanto la Società il premio
„ A chi meglio , ed interamente esporrà il metodo più
„ breve , cioè men faticoso per trovare le radici numeriche
g, di un' Equazione di qualunque grado .
La condizione aggiunta di non ammettersi al concorso
del premio che sole Memorie inedite ; mi ha obbligato di
pensare a' seguenti espedienti, che in un generale metodo ho
r onore di proporre alla Società • Procuro di gìugnere alla
soluzion del Problema in due diverse maniere , che poggiano
sullo stesso principio • .
Prima maniera •
I. E noto per una generale proprietà dell' Equazioni , che
mettendo in una qualsivoglia Equazione in vece dell' ignota
il valore di essa^ tutt' i termini si distruggono i'un Taltro j e
C e a r Equa-
(d) Queeta Memoria non è giunta 1 corso aperto col programma 19 Luglio
in tempo ond' essere ammessa al con- ' i8oa. Il Segretaria
2,o4 Metodo per thovar le radici numeriche ec.
1' Equazione stessa diviene zero . Io etsendo questa proprie-
tà,.deduco dagìi stessi principi quest' altra legittima , e ge-
nerale conseguenza : che sostituendo in una Equazione queir-
lunque in vece dell' ignota ( di qualunque grado ) il di lei
valore ( monomio, o polinomio, noto, o in parte noto );
avanzando resìduo , ove V ignota abbia V istesso grado che
quella sostituita; questo residuo deve essere eguale esattamen-
te all' Equazione sostituita . Gli esemp] seguenti metteran-
no più in chiaro la verità della nostra proposizione , dedotta
dalia natura stessa delle Equazioni .
a. Nell'Equazione x^ — ax-\-ab=^o sostituendo in qualun-
que modo — hx
per X il valore a , così che vaglia 1' Equazione x — « ■= o ,
il residuo sarà sempre x — « = o, e quindi x := a . In fatti
sostituendo in questo modo si avrà I.° o* — «r 4- a^ = o , ed
— bx
» 7 • d^ -h- ab ,
a -h ab =■ (a-hb) X cioè .r= r" t^-ioe x=a , ed x — a~o,
a-\- b
II.° Nella stessa ipotesi di x — a — o facendo un'altra diversa
sostituzione sarà x.x — ax -{- ab ^^ Oj cioè ax — ax -{- ab :^0
— bx — b.v
ossia ab — J.r = o, ed a — x^ ossia x — (55 = o,come prinìa .
III.'^ sostituendo in altra diversa maniera si avrà x^—a^-'rab^^c ,
— ba
cioè .T* = a* , e x^=- a come negli altri due casi , così del
resto .
3. Vale lo stesso nelF Equazioni di più alto grado . Sia
r Equazione x^ — ax^ -\- abx -+- abc = o . I.° Si supponga x = a,
— bx^ H- acx
•— cx^ -f- bcx
onde sia x — 0^=0, e si sostituisca nella proposta, onde si
ahbia un residuo dello stesso grado x — a = o : si avrà
o) — a? + CL^b + abc := o, cioè bcx — abc = o , ossia x — a—o ;
— ba^ -4- a^c
f 'f— <^<i* •+ bcx
ch'c
Di Giuseppe Cassella 2c5
eli' è l'Equazione sostituita. II.** Si avrà anche, sostitueiìd®
dÌYcrsameute ^ a? — a' -I- a^b — abc^=-o , la quale diviene
— ha} H- fi'c
— ex'' -\- hac
— ex* H- fl*c = o, ossia x^ =■ a^ ed x ^=a ^ o x — à^= o, cli'è
la stessa Equazione . In questo esempio si è ottenuto il resi-
duo dell' istesso grado dopo una estrazione di radice . Non
occorre di applicare diversamente il metodo nel!' esempio di
questo numero .
4- Il metodo applicato all' Equazioni di più alto grado
riesce egualmente felice , anche quando 1' Equazione che si
sostituisce^ sia di grado maggiore del primo. Sia data l'Equa-
zione ( M ) Af* -f- a.r' -h hx^' -4- bcx -i- bd = o ^ e si supponga
•+■ cx^ -l-ac.i-*-i- adx
-h dx*
che valga 1' Equazione x^ + ax -^ b ^= o ^ o eh* è lo stesso,
x* ^= — ax — b . Sostituendo per x^ le quantità eguali -ax^b ^ ad
avbitrioj si avrà x*(^ax — b) -f- ax[ — ax — b) H- bx'' ->r- bcx-\-bd==Q
^ + cx[ — ax — b) -\-acx*-\radx
-\-dx*
ossia — ax^ — hx^ - — a*.r* — abx -f- ^x* -1- bcx -\- bd := e > e
— acx^ — bcx + acx* -t- adx
-f dx*
sostituendo «na seconda volta ^ e riducendo sarà
—ax.{ — ax — b) — a^x'^ — abx -t- bd =^ o, ossia finalmente,
■4- dx^ ■+- adx
dx^ -f adx -]- bd=. o della stessa forma dell'
Equazione sostituita , la quale diviene a* 4- a.r -f- è = o ,
eh' è r Equazione supposta^ che divide 1' Equazione (M) .
5. Facendo altre arbitrarie sostituziorii si gingnerà sem-
pre allo stesso risultato . Neil' Equazione (M) disposta così
a:' . Jf* -h ax . x^ -\- b . x'' -+- bcx -]- bd — o in vece di x* si so-
-^ ex 'X^ + ac.x'' + adx
+ d.x*
stituisca il suo eguale — ax — b, si avrà
{—ax—b)
ao6 Metodo per trovar le radici mumeriche ec.
(-ax-b).{~ax-b)+ax.{ — ax—b)-{- b{—ax—b) -f- bcx +bd—o ,
-\-cx.{—ax — b)-\rac\-ax — b) + adx
-\-d.{^ — ax—b)
cioè moltiplicando e riducendo , — cax^ — a* ex — bac = o ( dell'
istesso grado, e forma della supposta x''-\- ax-\- b ^^ o) ^ che
diviene x^ -\- ax -\- b ^^ o ., eh' è la stessa che quella suppo-
sta , e che per conseguenza è un fattore dell'Equazione pro-
nosta (M) . Vale lo stesso facendo diverse altre sostituzioni ,
anche quando il fattore scelto fosse di grado piìi alto .
6. Ciò posto , ecco come metto a profitto questa inte-
ressante proprietà dell'equazioni nella loro soluzione: nel che
mi servo de' termini i più generali . Siano le due equazioni
1/ ar" + ax"^"' -\- bx'"~' + cx"-^ ec.
Il,' x' -\-dx'~^ 4- ex''~'- -\- fx'~^ ec, che moltiplicate
insieme danno 1' Equazione generalissima
(A) x^^' -V ax '"-^"~' -f- èx"-^'"* + ex "•♦-""^ + cdx''-^'^*tc,
-+- dx"'-^''~'-^adx"'^''-^-^bdx"-^"~^ + bcx'"^"-^ ec.
4- ex '"+"-* -\-aex''^'~^+ efx'"^''-'^ ec.
■+■ fx'"-^"~^
{ Non sarà difficile di portare innanzi i rimanenti termini del-
ia formola per li noti metodi dell' Algebra , giacché i coeffi-
cienti de' termini x"'*'''""' , «-""^""S ec seguono leggi costan-
ti ) . Ora supponendo che uno de' fattori del grado m , che
risolva l' Equazione generalissima (A) sia
x"'-\-dx"'~'^+b'x"'~'^+cx^~'^ ec. = o , sarà anche
re" = — dx"'~^—b'x'^^—cx''~* ; e fatte le opportune so-
stituzioni, l'Equazione (A) del grado ni-\-n si abbassa a un
grado inferiore m-\-n — i .
y. Di fatti r Equazione (A) , sostituendo 1' equivalente
solo nel primo membro x""^" , diviene
(B) — dx'"+'~' — b'x'"-^"~' — cx"'-^""» — ec.
H- ax'"^"-' -4- bx''^''^' + ex"-^'~* H- ec
'\-dx'"^^'+adx"-^''~'-^bdx'"^"-^ 4- ec
4- e;c ""-*-""'+ fl^a;"-^"-' 4- ec
-+-/x"+"~» 4- ec
e poi-
Di Giuseppe Cassella . 207
e polche si è supposto che a'"H-tì':t'"-^'~' + Z^V^"~* + c'o,""^""'
ec. sia uno de' fattori dell' Equazione generale (A) , cosi fa-
cendo d—a, h'—h, c'=cec.f l'Equazione (B) passa in quest'altra,
(B') ■+■ dx"'-^"-'-{'adx"'-^''~^ + b dx'"->-''~i H- ec
■^ e x;-^"'' -t aex'"-^'--^ + ce.
-f-/a;'"+*~» -h ec.
nella quale Equazione , eh* è di un grado inferiore della
proposta (A), di cui si cercano le radici , io osservo che il
coefficiente d del primo termine è il coefficiente del secondo
termine dell'Equazione II.* al n." 6, la quale conosciuta, si
determinerà anche la a , dappoiché nell' Equazione generale
(A) è noto il coefficiente del secondo termine eguale alla
somma a -\- d . Piìi il coefficiente ad-\-e dell'Equazione (B)
e eguale al coefficiente simile dell' Equazione (A) meno la
quantità b, così del resto. Si osservi che non prosieguo la so-
stituzione fino ad ottenere un residuo dell' istessa potenza
dell' Equazione , che si è sostituita . Per ora mi valgo della
sola prima sostituzione .
8. Evvi , com'è ehiaro, una stretta reazione fra i coef-
ficienti simili delle due Equazioni (A) , e (B) , la quale re-
lazione ci darà una norma per trovare i fattori di una qual«
sivcglia Equazione proposta a risolversi , e quindi le radici
della medesima o vere, o almeno per approssimazione. Dap-
poiché fatto il confronto de' termini d' ambe 1' Equazioni si
verrà in cognizione delle quantità a, b , e, ec. che sono i
coefficienti dell'Equazione supposta , uno de' fattori della pro-
posta a risolversi. Intanto p< r ottenerlo, conviene prima di
j tutto determinare il massimo esponente sì dell'Equazione da-
I ta a risolversi j che di quella, la quale si vuole che s=a uno
de' di lei fattori , ossia delle due Equazioni (A) , e (B) ; e
non sarà difficile dando ad m ed n tali valori , che gli spet-
tano , secondo il bisogno .
g Così, avendo a risolversi un' Equazione di 4* grado,
si farà m — a , n,= a, e l'Equazione (A) diverrà
x"*-
2o8 Metodo ter trovar le e.'.dici kumeeiciie ec.
a'' + ax' -+- bx^ -+- ex + ed )
-\- dx^->radx'^-\- hdx ~\~ bc ) = o j e siccome le due
-f- ex^ -f- aex ~\- af )
Equazioni componenti al n." 6 hanno il massimo esponente a,
così non si avranno che tre termini in cadauna di esse , e per
conseguenza divenendo zero tanto / che e , T Equazione su-
periore diviene
(A) .t' H- ax'' H- bx^ -\- bdx + ^e = o . L' Equazione poi
+ dx^-\-adx^ -+- aex
■ ex^
(B) n.'^ 7 diviene
(B) dx^ ■+- adx^ -\- hdx-'rbe-=o . Ora , supponendo che
+ e a;*+ aex
uno de' fattori che risolva l'Equazione (A) sia x^ -'r ax -\- b ,
facendo il confronto si avrà ( sottraendo dai termini dell' E-
quazione (A) i termini simili dell' Equazione (B') ) l'ia-\-d)x^
—- dx^ = ax^ , ossia si troverà a. II." (b-{-ad-{-e)x^ - {ad-]re)x'^
c= bx^ , cioè si trova b . Gli altri due termini , restando i
medesimi , non hanno bisogno di confronto. Quindi conchiu-
do che il fattore che risolve 1' Equazione (A) è V Equazione
supposta x^ -h ax -\- b =: e . Ognuno vede che questo metodo
suppone che l'ultimo termine dell' Equazione proposta a ri-
solversi si abbia a dividere iii due fattori tali , che ci diano
r intento -
IO. Dagli anzidetti principi seguono necessariamente ì se-
guenti precetti , che servono per trovare le radici d' una da-
ta Equazione o vere , o prossime . 1.'=* Si divida in due fatto-
ri r ultimo termine dell' Equazione data a risolversi • II.° Si
passi dall' Equazione (A) all' Equazione (B') n.° 9. colle op-
portune sostituzioni . III.° Si facciano ì confronti de' termini
cimili delle due Equazioni : questi mi daranno i coefficienti
dello scelto fattore, o della scelta Equazione o verij o pros-
simi al vero . Questa maniera è attissima per esaminare spe-
cialmente se vi siano fattori razionali , ne' quali possa risol-
versi una data Equazione ,
II. ;
I
I
Di Giuseppe Cassella . aoo
II. Esempio I. Si abbia a risolvere ne' suoi fattori ve-
li, o prossimi l'Eijuazione numerica Jir^4-3x^-!-6x^ + 5j:-f-3=o .
Paragonati i termini di questa Eeinazione con quei dell'Equa-
zione (A) n.° 9, si avranno le due E(|uazioni 1." a+d= 3; IL*
b -h ad -\- e = (3 ( gU altri confronti possono trascurarsi ) .
Quindi seguendo i precetti dati . I.^ L' ultimo termine 3 si
divida ne' fattori 3 , e l , onde sia b = o; e =■ i. II." Si pas-
si all'Equazione (B') n.° 9 onde si abbia
(B) dx^ -4- adx"- -f idx H- 3 = o . III.° Fatto il confron-
-f x^ -\- a X
lo de' termini simili j si trovino i valori di a , e di d: così
1/ « + <£= 3 Equ. (A)
— d= — rfEqu. (B';
« = 3 — d
lì." 3 -H ad+i = 6 Equ. (A)
— ad—i = — ad — i Equ. (B')
3 = 5 — ad
Da' quali risultati facilmente si ricava ad=S - 3 = 2 : onde
non è difficile di vedere cbe a^=-'2u ^ d= i . In fatti sapen-
dosi per altro verso , che il terzo termine dell' Equazione (A)
è eguale al terzo dell' Equazione (B) , dovrà essere anche
3^H-fl=5: sostituendo nella]/ 3</+3 — d =z 5 , ossia
2.d= a ; e f/=: i. ( Di seguito si farà sempre questo confron-
to ) . Quindi il fattore che risolve 1' Equazione x'^-\-Sx^-\~6x''
H- 5:r 4- 3 = o sarà x'' -+- 2,x -t- 0 = 0 : e l'altro fattore sarà ,
com' è chiaro ,x*-l-^+i~o.
la. Esempio 11.^ Si voglia sperimentare se T Equazione
(A) x'* + 2x^ -4- 3x^ -4- 5j; -ì- 4 = o abbia fattori razionali di
secondo grado . I.° L' ultimo termine si divida ne' fattori
a, e a ; onde sia b=2, , e — a. 11.^ Si passi all'Equazione
(B) n." 9, onde si abbia
dx^ + adx^ -+- ^dx + 4 = 0. III.^ Fatto il confronto de'
-h 2, x'' ■+ 2.ax
termini delle due Equazioni (A) e ( B' ) si avrà a -+- d=2. ;
«6?-f-a=:3; dalle quali risulta ad=i, e d' onde non sarà
difficile di ricavare a = 1 , J= i . Ma per lo stesso confron-
to si ha ar/+ aa = 5 , ossia per la prima 2.d-+- 4 — arf = 5 ;
quindi 4 = 5 assurdo. Il fattore adunque x^ ~[- ax -{- 2. , che
Tomo XL D d (fa-
N
2,10 Metodo per trovar le radici numeriche ec.
( facendo ex.gr. e =: i ) diviene x^-hx-]-2, = c non risolve
r Equazione .
i3. L'ultimo termine 4 pi"'ò dividersi anche ne' iattoii
I , 4 • Si faccia 1° b = ^, e=i. 11° Si passi all'Equazione
(B') n.° 9, onde sia dj -\- adx^ -+- 4r& 4-4 = 0 . III.'^ Fatto
H- x'' -\- ax
il confronto de'diie termini primo, e terzo; lasciando gli al-
tri, sarà I." flH-J=2,5 II." ^d-\-a=.^. Dalla 11/ levando
la I-* si avrà é^d -\- a — a — <:/.•= 5 — 2, ossia od= 3 , e d=. i
onde a = 2, — 1 = 1 . Il fattore; pertanto x^ -\- ax -\- 4? ossia
;r^ -4- jr -4- 4 = o sembra che possa risolvere l'Equazione.
Ma siccome si è tralasciato il confronto degli altri ter-
Tnini ; così conviene esaminare , se questo fattore soddisfa
all' Equazione . Coli' ajuto del nostro metodo si ottiene facil-
mente r intento . Sostituendo iu vece di .t* il valore eguale
■ — X — 4 l'ella data Equazione
.-r''-!-'a.i;'-|-3.t;* H-5;cH-4 = o si avrà
( — X — l\.).x'^ -H 2.X. ( — X — 4) "t" ^^^ H- Sa; + 4 = o , cioè
. — x^ — 4^* — ^-^"^ — 8r + 3.t^ -f- 5,v 4- 4= o , ossia
— x^ — 3;i-* — 3x4-4= <^> ^ di nuovo sostituendo
— X .{ — X — 4) — ^-^^ — Se 4- 4 = o , r Equazione dello
stesso grado che ne risulta sarà — 2, jf^ 4- Jf 4- 4= o diversa
dal fattore supposto ;r^ 4- ^ 4- 4 ^^^ ° • Quindi si vede chiaro
che questo fattore non risolve f Equazione ^ e che la propo-
sta non si può dividere ne^ fattori razionali di secondo grado.
Tentata la sostituzione per un altro fattore x'^ -^ ax — a = o;
ovvero x* 4- a.r — 4 = ^), risolvendo Tultimo termine ne'suoi
fattori — a.i'X — 2, , e — i x )■[ — 4^ ^i ^^'*'à egualmente un
risultato incompatibile .
i4- Non potendosi avere ne fattori razionali , né i veri
d' una proposta Equazione , 1' espediente il più proprio sarà
quello di cercare i fattori prossimi ; i quali fattori saranno
tanto più atti , quanto più si avvicineranno ai veri . Per ot-
tenerli neir esempio passato , osservo che avendo noi trova-
to , pel confronto fatto al principio del n.° ja, (2=i : e
per
V
Di Giuseppe Cassellà. air
per l'altro confronto un altro valore di a diverso; ( cioè I."
a -\- d-=.2. ^ II." i^'\' ad-=. i , ossia facendo II." ad-=. — a , e
0. a
dz=— — , e sostituendo nella I." a = a^ ed «^ — 2fl=2,
a a
ed fl = I ih y' 3 , e, supposta per maggior semplicità y'' 3 = fi
per approssimazione, una delle « = i -1- a = 3 ) ; il valore
medio delle due a= i =^3, cioè a = a sostituito nell'Equa-
zione AT* + fl;if + 4 = o , elle diviene x^ -^ 2. x -\- ó^ = o darà
il fattore prossimo, ossia quello che conterrà due radici pros-
sime della proposta Equazione .r'' H- aa;' H- 3.r*+ 5rH-4 = o .
i5. Con simile artificio si potrà avere 1' altro fattore
prossimo della medesima Equazione n." la , e per conseguen-
za le rimanenti due radici. Imperciocché supponendo il fatto-
re .y* H- ar + i =o, si passi dall' Equazione (A) all' Equa-
zione (B')j e coli' ajuto d' entramhe si giunga alla determi-
nazione del valore medio della lettera a , la quale determi-
nata darà il fattore prossimo x* -^ ax-\- i =o , e quindi le
rimanenti due radici prossimamente della medesima Equazio-
ne x"" ■+• a.r' 4- 3ji;^ -H $x -^ j^ = o . Ma di queste appros-
simazioni più opportunamente a suo luogo , trattando della
seconda maniera di potere trovare i fattori , che risolvono la
proposta Equazione . Per ora basti di averne soltanto indica-
to il metodo.
i6. È così generale il metodo , che deve valere anche
quando i fattori siano fratti , cioè quando i coefficienti delle
due Equazioni componenti la proposta a risolversi siano o
fratti , o misti d' intieri , e di fratti . Dicasi lo stesso delle
quantità irrazionali . Sia proposta a risolversi V Equazion
e
5 17 . 4q ^
(V) A-'* + — a:' + -r x' + TT --«^ + -7 = o . I.*' I divisori
^ a 4 *^ 4
o
O
dell' ultimo termine , tralasciando gli altri , sono i , e -7- .
3 , . 3
Formo l'Equazione x^ -\- ax -{--.= 0, onde sia ^ = — ,e=i
^ 4 4
II.** Passo dall' Equazione (A) all' Equazione (B) e si avrà
Dd a (B)
a 12, Metodo per trovar le radici numeriche ec.
3 3
(B') dx^ + adx^ + -- dx -\- —=zo .111.'^ Facendo il
H- ax
5 3
confronto de'due termini sarà (I/j a+rZ= -- ; (II.*) — d -{- a
^ 4
= -o- . Dalla (I/) si trova a = J; e la (II.*) ci dà -d
^ 7 49 a Q
H- ~" -fi= - 5 ossia 6J-h ao — 3 J = 4n ^ & d =z .
a o ' -^ 2,
n • j- ^ 29 34
Vuindi a= — -\ = — =17. Determinata la « = 17,
a a a ^
„ , 3
e tatto ;t; H- 1 7.1- -f — = o, sostituito questo fattore Meli'
Equazione data, trovo che il residuo delT istessa forma è
diverso : lo che m'indica che non sia questo il vero fattore,
ma che bisognerà tentarne un altro .
17 ij" ultimo termine dell'Equazione proposta a risolver-
. 3 ^ ... r
SI — può nascere dalla moltiplicazione de' due numeri 3 , - .
I.° Facciasi ^=3,e = — ;esi formi l'Equazione x'^-\-ax-\-Z=:o.
4 '
II." Si passi all' Equazione (B) , che sarà
r 3
(B') dx^-tadx"- -\- Idx -\- -r = o. 111° Fatto il con-
4
H X -{- —- ax
4 4
fronte de' due soli termini dell' Equazioni (A) e (B), si
avranno altre due Equazioni I.' a -\- d = — , II." 3^/--l a
- 'ò - 4
= — . Il valore di 3if = — — 3 a della I." si passi nella
8 a ^
i5 a 40 - , ,
II." 5 e si avrà — ■ — 3a + — = — ; e i5.4 — ^Aa-h aa =4t
a 4 "
os-
«j r
Di Giuseppe Cassella . 2 i 3
I r I
ossia tì!= — = — . Pertanto l'Equazione supposta essere
un
I
fattore della proposta sarà;c*4-<3:r-f 3 = o, cioè .r^-l — .rH-3=o-
a
la quale sostituita nella proposta a risolversi {V) n." 16 se-
condo il nostro metodo , e dandomi lo stessissimo residuo
I
x^ -f- — -v 4- 3 = o , concluudo eh' essa sia uno de' suoi fat-
tori .
Seconda maniera •
18. La Società richiede j che il metodo che si dà per ri-
trovare le radaci numeriche di qualsivoglia Equazione sia il più
breve, o il nien faticoso. Quindi se a taluno sembrasse trop-
po lungo, ed imbarazzante il metodo esposto finora, potrà
battere la strada, che ne'spguenti numeri s' indicherà. Pog-
gia il metodo sugli stessi esposti prJncip] , e non n'è che un
coi'ollario .
ig. E per vero, se un fattore scelto ad arbitrio d' un
grado inferiore air Equazione proposta a risolversi contenga
alquante radici , che nell' Equazione stessa si contengono ;
sostituito questo nell' Equazione , il residuo dell* istesso gra-
do e dell^ istessa forma del fattore deve essere eguale preci-
samente al fattore istesso, che si è scelto. Da questa propo-
sizione già dimostrata j e sviluppata ne' primi numeri di que-
sto scritto seguono necessariamente i seguenti precetti I.° Si
scelga una Equazione d' un grado inferiore alla proposta a
risolversi, il cui ultimo termine noto sia imo de' fattori dell'
ultimo termine della pi'oposta : gli altri coefficienti siano
quantità ignote. II. ° Si facciano le opportune sostituzioni,
finché si giunga a un residuo dell' istesso grado, e della for-
ma medesima della Equazione scelta. 111.° Diviso ciascun ter-
mine di questo residuo per l'altro fattore già noto, si faccia
il confronto de' termini simili ciascuno a ciascuno . IV." Si
trovino i valori delle ignote con questo conlronto , o veri ,
o pros-
2i4 Metodo peh trovar le radici numeriche ec.
o prossimi. Si avrà così un fattore che conterrà tante radi-
ci della proposta Equazione a iisolversi , quante «nità con-
tiene il massimo esponente dell' ignota in questo stesso fat-
tore . L'applicazione del metodo^ e degli esposti precetti agli
escmpj , ci farà conoscere alcune vie più brevi , onde ado-
perando qualche industria , si può giugnere più facilmente
air intento .
ao. E per «ervirci de' termini piìi generali: sia V Equa-
ziane (A) x^-hpx"^ -\- q x^ -h r x^ -+- fx -\- t h = o ; i coefficien-
ti della X in questa Equazione sono tutte quantità note . Se-
condo i precetti . •<,
ì.° Si scelga r Equazione .t' + ax'^ -}- J.r -4- /i = o ; (A è
uno de' divisori dell' ultimo termine dell' Equazione (A),
eh' è noto ^ a , e b sono da de ter minarsi } ; onde sia x^ = —^
ax^ — bx — h .
II.° Si facciano le sostituzioni ; onde si abbia
x'.{~ax^ — bx — h) -\- qx^ ~hrx^ -+-fx + ih )_q
-f- px . ( — a.v* — bx — A ) )
cioè riducendo
— ax^ — bx^ — A.r'4- fx -\- th )
H- qx^ + rx^ -phx ) = o
—apx^ — bpx^ )
e di nuovo sostituendo in vece di — ax'' il valore corrispon-
te — ax . ( — ax'' — bx — k) , si avrà
(B) d'x^-]-abx^-+- aJix -h th )
— bx^ — Ax*H- fx ) 1.9 < -1 -1 j 1
, , I '', ( = 0 : eh e il residuo del-
-+- qx^ -+- rx — pax ) '
— apx^ — bpx^ )
lo stesso grado , e della medesima forma , che 1' Equazione
scelta per fattore x^ -t- ax^ -\- bx -\- h=-0 .
III. Si divida r Equazione ( B ) per t altro fattore -, o ,
che vai lo stesso, l'Equazione scelta .v' -f- ax-* + Z'A" 4- A = o
si moltiplichi tutta per t , onde sia tx^-\-tax^A~ tbx-\-tIi=-o ,
eolla quale moltiplica non resta punto alterata : indi fatto il
confronto si avranno le tre Equazioni l." a^ — b -\- q- -ap = t ',
II." ab — h + r—pb — ta-y IH." ah+f—ph = bt.
ai.
Di Giuseppe. Cassella ai 5
ai. IV.' Per trorare i valori delle due ignote a, e b^
osservo, ch'essendo tre 1' Equazioni, e dive le ignote, il Pro-
blema è più che determinato , per cui bisogna che nell' E-
quazioni finali 1' ignota abbia uno stes^o valore in due Equa-
zioni. Pertanto si determinano i valori di a , e d'i b per mez-
zo delle tre Equazioni : ( neli' operare si abbia la cura di
disporle come nel seguente calcolo , e '1 m -todo si applica
facilmente nella soluzione di altre Equazioni di questa natu-
ht - [ .
ra). Cosi il valore nella IH." a — p-=i. — ; si sostituisca
II
nelle altre due Equazioni , e si avrà
1/ ( a- — p) .a — b -\- q = t . ossia | \.a — b-^q=it^ e
II.' {a—p) .b — h-\- r=. af, ovvero / -—^ \.b •^h-\-r=iat>
bt-f . .
Ora per la HI." essendo a = — — -\- p ; le due Equazioni
diverranno
U." t —- \.b — à-hr= -— •'— -i- pt (D) . Equazio-
ni finali , che risolvono il Problema .
33. Ora quantunque la-natura della presente soluzione
richieda perchè sia eomiileta , che almeno uno de' valori di
b sia lo stesso in ambe l'Equazioni (C) , e (U) , giacché co-
me si è avvertito il Problema è più che determinato : pure
non potendosi sempre verificare questa condizione fia bene
distinguere due casi . Primo caso . V.° Quando uno de' valori
di è è lo stesso in ambe T Equa/ioni (C) , e (D) n.° 21 ; si
trovi la massima comune misura tra le medesime, e sarà co-
sì determinata una delle b, e per conseguenza l'altra ignota
a, e finalmente il l'attore scelto x^ -h ax* -\- bx •+■ h=: e , il
quale conteirà tre radici dell' Equazione proposta a risolver-
si .
ai 6 Metodo pek trovar le eadici numeriche ec.
si • Secondo caso . VI." Ove uno de' valori di b non sia la
stesso in anìbe V Equazioni (G) , e (D) , converrà venire al-
le approssiniaziotii j come più dettagliatamente in seguito.
ii3. Le riflessioni fatte nel passato numero sul!' Equazio-
ni di 5.° grado prese a trattare vagliono egualmente se ab-
biansi a risolvere Equazioni di più alto grado, com'è noto .
Tutte le volte che nel primo caso si ha un valore di i» ex. gr.
eguale in ambe 1' Equazioni , che risultano risolvendo il Pro-
blema , si avranno le radici vere deli' Equazione , e la solu-
zione né sarà per tutt' i versi completa . Nel secondo caso
poi non si hanno le radici che per approssimazione . Nel
primo caso il nostro metodo è attissimo nel darci i diviso-
ri intieri j fratti , od anche irrazionali di qualunque Equazione,
essendovene nel tentativo che se ne faccia . Non trovandose-
ne, nel secondo caso ci darà i fattori prossimi, e per conse-
guenza le radici per approssimazione : nel che si avrà questo
vantaggio che tentati due fattori qualunque dell' ultimo ter-
mine dell' Etjuazione proposta a risolversi , sebbene non si
trovino atti alla soluzione completa , serviranno almeno pella
ricerca delle radici della stessa per approssimazione .
a\. Esempio I." Sia proposta a risolversi V Equazione di
5.° grado x^ + 3r'' H- 6x' H- ^x'' H- loj; •+ 6 = o . Si faccia il
confronto coli' Equazione generale (A) n.° ao , e si avranno
i seguenti valori yy = 3; ^ = 6 ; /•:=g; /= io : th= 6 .
I.° L' ultimo termine 6 si divida ne' fattori 3 , a, e si
formi r Equazione x^ + ax^ + ^a: -h 3 = o , onde sia A = 3 ,
II.° Fatte le opportune sostituzioni si passerà all' Equa-
zione (B)5eIII." si avranno anche le tre Equazioni al n.° ao ,
che per ora possono tralasciarsi .
IV.° Le tre Equazioni al n.° ao ci danno le due altre
date per b num.° ai , (C) „ e (D) die sono
(aZ»— io\'' (db — 3o
—3-) +— 3--^-f6 = a
Di GiusEPiyc Cassella , a 17
zb^ — jcb — /!lI> -\- 2.0 - ■ , ,. ,.
(D) — 7 • =6 + 3 — 9jle quali diverranno
0
^ 4 4
(D) ^* — yèn- 10 = 0
V.° Tentata ora la comune misura tra le due Equazioni
[C)i e (D) si trova in ambe l'Equazioni b =: 2, . Essendo poi n.° ai
bt-f a.a-io ^ ^ — ìo-^g
a= — [-p Equaz. HI.*, si avrà a = — ;; H- o = ~
= 1. Quindi conchiudo che l'Equazione x^-i-ax'-\-bx-'r3=0i
cioè x^ -i- x^ -\- 2,x -^ ò ■=: o possa essere uno de' fattori , che
diconsi razionali dell' Equazione di 5.° grado proposta a ri-
solversi , e conterrà tre radici di quella . Che poi V Equazio-
ne a;' H- a;* H- a:c + 3 = o sia tale realmente, si prova sosti-
tuendola in quella di 5.*^ grado , dappoiché si ritrova che il
residuo dell' istessa forma è l'Equazione medesima x^-hx''-\-
a;i;+3=o . Non sarà difficile di rinvenire 1' altro fattore , se-
_ guendo gli stessi principj .
a5. Prima di passar oltre gioverà di fare sulla passata
soluzione due osservazioni. egualmente importanti. La prima,
che potendosi una Equazione qualunque dividere in due fat-
tori razionali , che si dicono , del secondo , o del terzo gra-
do , ec. , le due Equazioni finali , che risultano date ex. gr.
per b, e costanti dovranno sempre contenere almeno uno
de' -valori di b , che sarà un numero intiero . Posto ciò non
sarà difficile di rinvenirlo : dappoiché dividendo ne'suoi fatto-
ri gli ultimi due termini delle suddette Equazioni iìaali , il
fattore comune ad ambi i termini siirà il valore ricercato di
b ; piuché però la determinazione dell' ultimo termine nell'
Equazione la prima volta scelta secondo il 1.° precetto al n.^
19 sia stata fatta a dovere . Tutto questo ragionamento è
analogo alla dottrina dell'Equazioni. Nel nostro esempio pas-
sato le due Equazioni sono
Tomo XI. E e (C)
2i3 ^Ietodo per trovar le radici numeriche ec.
3ib 46
(C) b^ j h -T =0, ovvero ^b^- - 3ib+4b = o
(D) i*— 7Z»+Jo=o.
Sciogliendo gli ultimi due termini ne' fuoi fattori , saranno
del numero ^6 due fattori a3 , e a; dell' altro io gli altri
5,60.. Quindi il fattore a comune ad ambi i prodotti ^6 ,
è IO sarà il valore di b, che si è sperimentato soddisfare al
Problema . Questa osservazione agevolerà moltissimo la ricer-
ca de' fattóri razionali d'una Equazione di qualunque grado.
La seconda osservazione è che contenendo le due Equa-
zioni (C}je (D) del passato numero la soluzione dell'Equazio-
ni di quinto grado: tutte le volte che per gli noti artitìcj
dell'Algebra si potessero rendere eguali le due b, com' esige ' l
la natura della soluzione, allora saremo sicuri della completa
soluzione delle medesime Equazioni . Ma siccome la discus-
sione di questo articolo richiede più lungo discorso di quello
comporta il presente scritto ; così passo innanzi nel mio ra-
gionamento .
a6. Esempio II." Si cerchino le radici dell'Equazione di
5.° grado a.' -I- 3.r'» — ao:' -f- So:' — x H- 6 = o (M) . Fatto il
confronto de' termini coli' Equazione (A) si avranno i valori
seguenti p =z 3 ; g = — a; r = 3 ; [=. — i ; th= 6. Secondo
i precetti
I.° Il num. 6 si risolva ne' due fattori 3, e a: e facendo
A = 3 , ?=: a , si formi l'Equazione x^ +ar* -+- bx -h 3 = o .
11° llì°, e IV.° Fatte le opportune sostituzioni si avran-
no le due Equazioni (C) , e (D) n.° ai. ridotte
/ bt — /"x» b-^p — pf , .
tb^—fb — fb-^ft , . .
(D) ; z=^ pt -^^ h — r: cioè in numeri
h
/ab -y- \ \^ Gb-^3
(C) / ^ J H T i>=ó„ ossia (C) 4^^+ 1 3^.— a6=o
-^ 2.b'^-+b—À.b—2,
(D) --i =6-1- 3— 3,cioè(D)aè'— 3è — ao = o
a7.
Di Giuseppe Cassella . a 19
27. Ora polche non si trova alcuna comune misura fra
le due ultime Eqirazioni (C) , e (D) date per Z» , e costanti,
per essere il valore di h diseguale in entrambe ; psrciò si de-
ve venire alle approssimazioni secondo il precetto VI." Su di
che io ragiono così . Egli è certo che allora l'Equazione scel-
ta , eh' è uno de' fattori, che risolve 1' Equazione data ( nel
nos1j-o caso a' + ax^ + Z'.v -4- 3 = o ) è la vera , quan-
do almeno uno de' valori di h è eguale , o lo stesso in ambe
l'Equazioni finaìi per esempio nelle nostre (C) , e (D) : per
cui tanto maggiormente Y Equazione si avvicinerà alla vera ,
o, eh' è lo stesso, tanto più le radici , che si cercano, sa-
, ranno prossime alle vere, quanto i due valori di Z* più si ac-
costeranno tra loro. Ecco pertanto una regola. Conviene sce-
gliere que' valori di b ex. gr. nelle due Equazioni (C), e (D),
i quali più si avvicinano tra loro , e trovato il valore medio
di essi si metta nell' Equazione x^H- aa:*-l- Z»^ -1-3 = o , que-
sto ci darà la soluzione del problema. L'approssimazione poi
sarà tanto maggiore , quanto più si conoscerà che i valori di
h si acccstano tra loro , vale a dire quando si abbiano con
approssimazione maggiore i di lei valori . Vedremo tra poco
che questi prossimi valori dipendono moltissimo dalla scelta ,
che si fa, de' fattori dell'ultimo termine dell'Equazione pro-
posta a risolversi . ,;,
a8. E giacché si deve venire alle approssimazioni ; VI."
per ottenere nel nostro esempio i valori prossimi di h la via
più breve che si possa battere è la seguente : metodo che si
potrà tenere nella ricerca de' valori prossimi dell' ignota nell'
Equazioni di più alto grado, ove lo sviluppo suol essere ol-
tremodo tedioso • Le due Equazioni al n.° a6 sono
(C) 4Z*'+ i3Z»— a6 = o
(D) a//— ^Z» — ao = 0
Neil' Equazione (C) si metta i per Z» , e si avrà ( seguendo
inostri principj sviluppati ne' primi numeri) 4«i + i3Z'-a6=o,
E e a cioè
aao Metodo peii trovar le radici numeriche ec-
cioè iZb=z2.6 — 4? ^ ^ =^ ~> cioè ò = a prossimamente ,.
I O
Si metta 1=2, nell' Equazione, e si avrà /\./\.+i3b—2.6 =o
cioè ì3b = 2.6 — i6 5 e ^ = — 7; minore di a . È i;icile di ve-
10
deve che Z» è media tra i, e 2. Così facendo b=iy 5 si avrà
sostituendo
(C) ^ .{a,2.5)-{- i3b — a6 = o, cioè i3^ = a6 — 9 , ossìa
1 7
13^»=: 17; e b=: — ;;p := I , a prossi inamente . Quindi con-
io '^ ^
Ciiiudo che uno de' valori di è è eguale a 1 , 5 prossima^
mente .
Neil' altra Equazione ( D ) si metta i per b e si avrà
a.i — Zb — 2,0 = 0, cioè 3b= — 18, e b =: — 6 troppo lon-
tana dall' ipotesi fatta b = i : facendo b = 3 sì avrà
a
a. 9 -- Sb — 20 = o , cioè ob =: — a,eè = ;r-- Si faccia
o
p = 4 ^ si avrà z . 16 — 3b — 20 = 05 cioè 3 ^ = i a , e
12
- 1* = — =4 secondo 1' ipotesi fatta. Quindi una dèlie Zi =4
nell' Equazione (D) . Si hanno dunque dne valori diseguali
7 , =; 7.' A -t y ^-^b' I .5+4,0 _
ù=.i,b, ù.= A: lì. medio = = a, 75 sarà a
a a '
valore ricercato. Ora la III.' Equazione al n.' ao a =: — r p
li
. , , ., 1 T (2,75).a-M ,01; • '
CI darà il valore di a=: ^ h3=:5,a prossima-
inente. Sostituendo pertanto nell' Equazione x'4-fla;*-|-^a*+3=:o
i valori prossimi di è , e di « , si avrà 1' Equazione
a:' -r- ( S 5 2 ) a:* -+- ( a , 75 ).r -h 3 = o ; la quale conterrà tre
radici prossime dell' Equazione proposta a risolversi nel Oo*
26 , (M) .t' -f- 3.T'' — 2x' + 3.r' — .r -+- 6 = o .
ag. Ma siccome si hanno due altri valori di b diversi ,
il
Di Giuseppe Cassella . ■ aai
il primo h= — 5,o nell'Equazione (C) , il secondo Z>' = — ay5
nell'Equazione (D) , de'quali il valore medio è — 3 , ^-S : così
si avrà un altro fattore prossimo d'ella proposta Equazione di
5." grado , oh' e x^ -\- ax' — ( 3 , ^5 ) :*: + 3 = o : il valore di
a si determina peli' equazione III." , come nella passata so-
luzione . Avverto però che sebLens la differenza tra le du3
ù nella prima soluzione è la stessa quantità 2,5 che in que-
sta, pure essendo la prima ò positiva , la seconda- negativa ,
ed i valori di «che ne risultano anche diversi, si avranno due
, Equazioni differenti di t'orzo grado, che con-terranno tre radi-
■ ci per approssiniazicne differenti le une dalle altre .
3o, I valori di a, e di b hanno una strettissima relazio-
ne coi fattori , ne' quali si divide 1' ultimo termine noto d'una
data Equazione: quindi convea-à esaurire tutti questi fattori,
almeno i numeri intieri, per potere scegliere que' valori di
a ,, s di i> , che siano i più atti', e che diano i valori i più
prossimi delle radici numeriche della Equazione proposta a
risolversi. Anzi la scelta de'£a</tori non dee esser* indifferen-
te , e diviene assohitamente necessaria quando si veglia spin-
gere l' approssimazione più oltre . Cosi nel nostro esempio
■ dalla sostituzione degli altri due fattori 6 , e i dell' ultinio
termine dell' Equazione si debbono dedurre i valori di Z* , e
ài a i ed indi esaminare quali de'valeri differenti d\ b , e di
a si approssimano più tra loro, onde sì abbia un fattore più
prcìsimo della proposta Equazione . Alloi-a a cagion di esem-
pio il fattore x^ -h ax^-\~ bx -\- b = o sarà da preferirsi all'
altro x^ -hax'' -'r bx -\-o =o, perchè il primo dà le radici
dell' Equazione più prossime che il secondo . Anderei troppo
a lungo, se volessi partitamente tutto esaminare.
Zi. lì Problema, seguendo questa nostra mam'era , è del
genere de' più che determinati , come si è avvertito al n.**
ai • Volendosi ridurre a determinato non si deve fare altro che
accrescere una condizione di più, o, eh' è lo stesso, trovare
una Equazione di più delie date . E lo stretto rapporto
tra i valori di i2,e di b e i fattori dell' ultiino- termine dell'
Equa-
2221 Metodo per trovar le radiòi numeriche ec.
Equazione proposta a risolversi, ne'quali si avrà attenzione di
dividerlo, ci somministra un mezzo quanto attivo , altrettanto
utilissimo per le ap']5rossimazioni . Suppongasi pertanto uno
de^ fattori deli' ùltiróo termine n.° ao. t quantità ignota ; e
facendo m. quantità nota eguale all' viltimo termine della pro-
posta Equazione , onde sia m = th , si avrà h altra ignota
ni _
= — . Siegue da ciò, che siccome le due finali Equazioni n.°
21 (C) , e (D) risolvono un Problema piìi che determinato,
supponendo t , ed h note -, così le medesime ridurranno il
Problema a determinato facendo t ignota , e conseguente-
m
mente — •
t ',
32. Le due equazioni n." ai diverranno sostituendo
1/ (C) ((tó -/) .^) X ( (*' -/)£ +/> )-*+?=«
I..-(D) (,,_/)f_^ + .= (j.-_/,)£+^.
le quali ridotte divengono
m ) m -^
, , t^b^—ftò — t^b^ff- m
11/ (D) =pi H — r . In ambe
queste Equazioni le quantità b, e t sono ignote, m è l'ulti-
mo termine noto dell'Equazione di 5.° grado proposta a ri-
solversi, come si è detto. Se ora si trovi il valore di b nelL'
Equazione (C), e si sostituisca in (D) si avrà un' altra Equa-
zione data per t , e costanti, che risoluta mi darà un valo-
re di t da mettersi nell' Equazione scelta , la quale risolve il
Problema . Ognuno però può facilmente vedere , che in que-
sto caso r Equazione data per t montando a un grado troppo
alto manca a questo metodo quel grado di semplicità , che
richiede essenzialmente la Società , onde riesca facile la so-
luzione dell'Equazioni numeriche. Nel risolvere gli altri Pro- l
ble- '
Di Gjuseppe Cassella . aa3
blemi che seguono , farò vedere come si può scansare V im-
barazzo della lunghezza de'calcoli con un metodo più facile,
che io vorrei si mettesse in opera in tutt' i casi possibili
avendo a risolversi specialmente Equazioni di alto grado .
33. Esempio II1.° Si cerchino le radici dell' Equazione
ih termini generali x'^ -{- /?x^ -\-qx'' -h ix -\-fg:=o .
I.° Si scelga il fattore x'' -ì-cix -hf=o ; {/è uno de' fat-
tori dell' ultimo termine fg dell' Equazione ) ; onde sia
x^ =■ — ax — /.
Il.° Fatte le opportune sostituzioni , onde sia
ar*. ( — ax — /) -f- px ( — ax — /) -+- qx^-\- rx -^-fg = o , cioè
— ax^ — fx'' — pax^ — pfx -^qx" -4- /x H- /g = o , ovvero .
~—ax.{-ax —f) — pax^ -f- qx''—pfx -\- rx -\- f g = o ; riducen-
do , ed ordinando si avrà
(M) a*x* 4- tó/k+y^ =0, residuo dello stesso grado, e
/ — pax^ — pfx
-\~ qx^ + rx
della forma medesima del fattore scelto x"^ -\- ax ^ f ■=. o .
III." Si paragoni il residuo (M) col fattore (x*H-ox+/)g=o ;
,si avranno le due Equazioni I." a* — pa-\-q — f=g\, lì' af-^
pf-^r—ga.
Essendo due le Equazioni , e una la ignota a, il Proble-
ma , com'è chiaro , e anche de'più che determinati (a) . Intanto
; iv.°
(«) L' Equazione (M) in questo imrn.
33 senza un nuovo calcolo si sarebbe
Rioilmente dedott.<t dall' altra (B) al
n. 20 , sebbene quella sia nata dalla
risoluzione d' un' Equazione di quinto
grado ; conservandosi a questo modo
generalmente una specie d' uniformità
nel calcolo. Dappoi.-liè fatti i due ulti-
mi termini egtiali thzzifg, onde «ia
fi Z^f, i :si g j e 6iii)po.ti zero i ter-
mini ove sì troTa a-' nell' Eqtiazione
(B), si eguaglino i termini simili, so-
stituendo in (B) le convenienti lette-
re j si avrà a.Jx^ -(- afa: ■+■/§ :s o .
•+ rx* — pfx
^pbx'-
Avvertendo poi che 1' Equazione
scelta in questo nura. essendo stata
a*-t-flX-J-/=;Oj è facile a dedur-
a24 Metodo per trovar le radici numeriche ec
IV'" II valore di a nella I.' è a
•e nella II.* è a
?-^/+g.
Risolvendo in seguito in due fat-
f-s
tori l'ultimo termine, della proposta Equazione di 4° g'ado,
che sono f^ e g ; sostituendoli jTelle due Equazioni possono
avvenire due casi .
Primo caso V.* Se nella sostituzione risultano eguali tra
loro le due a, allora sarà completamente risoluta l'Equazio-
ne ne^due suoi fattori; uno de' quali sarà x'^ -^ ax -k- f=.o ^
Secondo caso . VI." Se le due a riescono dileguali cli'è
il caso più frequente, allora si deve venire alle approssima-
zioni ; e il valor medio delle due a sostituito nel fattore
x*" -\- a X -\- f =^0 darà due radici prossime della proposta
Equazione. Su di che conviene avveitire, che quanto più si
avvicinano tra loro i valori a , che vale lo stesso ; quanto la
differenza di a — -a! ( chiamando « , ed a' 1 due valori dise-
guali ) è più picciola , tanto il fattore x^ ■+- ax -'rf^zzo darà
due radici più prossime dell' Equazione .
34. La scelta , coin' è chiaro , dei due fattori dell' ultl-
ino termine della proposta Equazione dovendo essere fatta
con intelligenza per la determinazione delle radici per appros-
simazione ; cosi gioverà di fare qualche riflessione circa que-
»to particolare . Dalla scelta de' due fattori dipende la de-
terminazione delle due a co. a , le quali quanto più si avvi-
cinano tra loro , tanto si avranno più prossimi i valori deliaci
proposta Equazione , come si è detto . E quantunque possa
trovarsi , com' è chiaro un metodo generale , che nato dalla
na-
re , che h hell' Equazione (B) dirlene
a nella nostra , e per conseguenza r ,
ed s neir Eijiiazione di quinto grado
passano in j , ed r in quelle del
qviarto ; perciò sostituendo $i avrà
«'a-' + fl/jr-f/g s e, ch'è evident*n*ll
-pax^—pfx ^
te l'Equazione (M) di questo nuiner9.'|
Di GiuEErpB Cassella. aaS
natura istessa de' coefficienti della proposta Equazione a risol-
versi ci metta a portata di quanto si cerca; pure il migliore
espediente sarà quello di fare le opportune sostituzioni parti-
colari i così che a un colpo d' occhio si possa vedere quali
fattori siano i più proprj per risolvere il Problema per ap-
prossimazione. Vediamolo in qualche esempio.
35. Esemp. 1V.° Si cerchino due radici le più prossime
dell'Equazione numerica x'* -+- dx^ + a,r* -1- ^x -\- i^ = o .
L' ultimo termine la si può dividere in tre fattori razionali
positivi , ed intieri i )«( la i .2, X ^ i 3 )(.4 • Secondo i precet-
ti al n." 33 si faccia
I.° x^ -h ax -^- q = o ; onde sia /= 4 ; e g = 3 .
IL*' II1.° , e IV." Patti tutt' i confVoati si avranno le
La prima a ha due valori ^y ~a.' ~ ~ V T' ^^^^ V'-^^'
3 5 3 5
simamente sono — -J ; -, cioè 4 , e —= r . Ouindt
a a a a ^ ^
due confronti i.° a' — « = 8 — 4 =4 • ^•" ^' — <^= 8-1-1 = 9.
VI.° Essendo diseguali le due a, a, si avranno due radi-
ci prossime dell' Equazione prendendo due valori medj delie
due a, a , onde si abbiano due Equazioni x^->rax-'rf=zo , cìob
/8-4-4x /8— IV
X* -h (— ^ )^ + 4=0; 0.^ + I \x 4- 4 = 0 j cioè
I.' x^+òx-^-^ — o; TI." ;«:* + - a: + 4= o. La prima da-
rà le due radici più prossime che la seconda .
36. I secondi fattori del numero la sono 6^ e a . Facendo
pertanto a;* + a.r H- 6 = o sostituendo si avranno le due a, cioè
•^ ^ . /~9 I . 3 /W 3 /3"3
I. «=-±^/ ^-a-h8,ctoe«=-+j/ -,« = -_(/-,
. . 369 36 'ò
e per approssimazione az=. 1- — = — ; a::^ — — — = :
•^ aaa aa a
Tomo XI. Ff li
a
32.6 Metodo peij, thovar le kadici kumerighe ec.
3.6—4 ^4 7
II:* tì'=— ; =z—-=. — . Quindi due confronti delle a
6—2, 42,
9 7 ^37
disesuali \° a — à ■=■ =1 : ix^ a— d =. — — ■ — ~
° a a a 2
= -5 , e due Equazioni, che conterranno le prossime radici,
prendendo il medio valore delle due a, saranno :e*-4-aj;-!-y==o ;
cioè a:*+4^-t-6 = o; a;* + j»:H-6 = o. La prima di queste
due cioè jr*+ 4^ + 6=0 conterrà le radici, che si appros-
simeranno più alle vere di quello che si approssimino le ra-
dici della seconda, essendo la differenza delle due a più pic-
ciola nella prima Equazione.
37. Se ora si paragonino fra loro i risultati nati dalie
due diverse ipotesi fatte ne' due passati numeri, si vedrà be-
ne che nella scelta da farsi pella determinazione dell' ultimo
termine dell' Equazione , che dev' essere uno de' fattori della
proposta, i due fattori a, e 6 (n.° 36 ) sono da preferirsi agli
altri due 3 , e 4 ( i^-° 35 ) , ne* quali si può dividere il nu-
mero la ultimo termine dell'Equazione di quarto grado pro-
posta a risolversi • Così delle due Equazioni che risultano do-
po i confronti a-* H- 6.r -{- 4 = o , ^^ -4- 4c -h 6 =: o , la se-
conda contiene due radici più prossime alle vere^, che la pri-
ma : dappoiché la seconda dà a — a = i, la prima à — « = 4»
vale a dire che le due a nella seconda si avvicinano più tra
loro , che nella prima . Chi volesse spingere le approssima-
zioni più oltre , e vedere quali fattori siano da preferirsi agli
altri, dovrebbe esaurire non solo tutt' i fattori intieri, ma
anche i fratti, gli irrazionali , ec. , bene intesa che in questa
guisa non si dividerà T Equazione ne' suoi due fattori, che si
dicono, razionali d'un grado inferiore alla proposta. Nel no-
stro esempio si avrebbero ad esaminare anche i due fattori
I, e la ; indi i tre negativi — 3^ — 4' — ^X — ^5 — 'X — ^^'
In seguito gli altri H-a4X — j ^'^X"^" ^^' ^^ cosa essendo
facile a comprendersi non ha bisogno di ulteriore dilucidazio-
. , . ne .
Di Giuseppe Cassella . aa^^
rie . Sarà questo uno de' modi i p'ù facili d' investigare per
approssimazione le radici d' una data Equazione.
38. Essendo il Problema così trattate) ne' passati numeri
del genere dei più che determinati , potrà ridursi a detcrmi-
nato, servendoci dell' artificio adoperato nel numero 3i . In
effetto supponendo g uno de' fattori dell' ultimo termine dell'
Equazione di 4° grado proposta a risolversi al nuni.° 35 , e if
t
l'ultimo termine noto della medesima ; sarà /=o'/, ed/= — :
quindi sostituendo nelle due Equazioni al num.° 33 ait. IV,
si avranno due altre Equazioni , ove i valori delle a sono da-
ti per r ignota g , e costanti . E nella ipotesi la più rigorosa
di a = a ( come dovrelìl;e essere ) si avrà la seguente Equa-
zione ~^±Y i- ^H |-g=— -r (M), che per prò-
^1 O o
seguire le nostre riflessioni sulla natura <Ii questa soluzione ,
più particolarmente si tratterà nel seguente numero. Intanto
ella r Equazione (M) mi dà subito i due valori di a j e nel-
le diverse ipotesi di g mi darà anche senza molto imbarazzo,
e sollecitamente il loro confronto. In fatti ^ supponendo g= a
uno de' fattori dell' ultimo termine la dell' Equazione di 4'"
grado nurn. 35 , il primo membro dell' Equazione (M) mi dà
■8
-p /p'- t 3 /o
la prima .*.= -±(/--^+-H-g = -±|/^-:
3 _^ , /Ti . 9 3
5= — "'"rf/ — , — , e prossimamente az=. — ; a = — ■ — : il
0, ^r 4 ' ^ a a
j i, • j ^ T u ' P^~^^ 3-12—4.3
secondo membro poi darà 1 altra a = r = — • =
3.3— a 7 . .
= — •: gli stessi risultati che ne' passati numeri. Col-
o — I a
la introduzione adunque d' una nuova ignota è sorto un altro
mezzo anche facile di fare comodamente il confronto per la
investigazione delle radici d' una data Equazione per appros-
simazione •
F^3 39.
ai8 Metodo per tiiovar le radici numerigus eo.
09. Ora esaminando più da presso 1' Equa2Ìm\e (M) del
num. 38. osservo ch'essa contiene in se la completa soluzio-
ne dell' Equazioni di 4-" grado . Ma conviene determinare la
g supposta Ignota. Pertanto ella diverrà ±1/ — — 7-i- hg
pt—TE p
7=z , — —, e fate' i CTtiadrati d' ambi i membri sarà
la quale diviene
o
— qe + itqg^
che ordinata per l' ignota q sarà
(V) g^—qg^ — tg^-V^tqg'-t'-g'—qeg-^-t':=Q \
40. Suir Equazione (V) io fo questo ragionamento . Sé
ella contiene in se la completa soluzione dell' Equazione di
4* grado n.° 33, dappoiché è nata dalla ipotesi di a •=■ d ^
o di a — a' = o , conterrà anche la soluzione della niedesl-
ma Equazione di 4-*' gt'atlo per approssimazione. Due casi pos-
sono dunque avvenire : e si può trovare uno de' valori di g
neli' Equazione (V) esattamente , e sarà completamente riso-
luta l'Equazione di 4-° grado: in deficienza, si abbia una delle
^ per npprossimazionCj^ ed allora sì avrà anche la a per ap-
prossimazione, e non si avranno che le prossime radici della
medesima Equazione di 4-° grado . Ora io dico che tutte le
volte che 1' Equazione si può risolvere in fattori razionali ,
dovendo allora la g essere un numero intiero, si avrà sempre
la completa soluzione della medesima. Che se poi nell' Equa-
zione (V) non si trovi alcuna delle g eguale a un numero
intiero , si cerchi il di lei valore per approssimazione, e co-
sì
Df GiusBPP» Cassella e 22^
?ì Cri avranno le prossime radici ricercate . Questo raziocinLo
hi può, e si dee estendere wella ricerca delle radici dell' E-
quazioni di più alto grado -
4r. La teoria esposta nel passato numero applicata alla
pratica nel nostro Esempio num. 35. fa che V Equazione (Vy
num. Bq diventi g* — ag' — icog' *> — a83g H- 744-ia=o. Per
non portare a lungo l nostri calcoli coi tediosi teiìtativi ( i
quali per altro si debbono sempre adoperare , tutte le volt©
che altronde nen si possa venire a capo del valore della g,
che si cerca- ) ; giacché ci è noto essere una delle g eguale'
prossimamente al numero a : si sostistuisca questo numero
neir Equazione numeiica (V) , e seguendo il nostro metoda
si avrà
8.8 — a. 4. 8 — loo.o — aCSg -1- ]44''2. = o 5 e dividendo-
tutto per 8 si avià-
8 — a.. 4 — ioo-hi8.ia = 36g, cioè
■ — 100 + i8.ia.= 36g ; e dividendo di nuovo-
54— a5
per 4 sarà — aS -f- 18. 3= gg, ossia- — = g . Si avrà-
2,9
«Vinque g= — = 3 prossimamente. Quindi io deduco che
r ipotesi fatta di g=a vale, e si accosta molto alla vera . Posta
9,7
/' = a , si avranno l'è due a=^-^ , ed' «' = — , come nelle
*- a a
passate soluzioni . È manifesto dunque , che non potendosi
avere uno de' valori di g esattamente, il nostro metodo ci
dà due valori di a prossimamente, e per approssimazione due
radici dell' Equazione di ^° grado proposta^ contenuta nelV
Equazione x'' ■+■ 4^-h (> = o.
42. Volendosi spingere più oltre I' approssimazione , non
si deve che cercare un valore di g nell'Equazione del passai-
to numero 4' P''^ prossimo al vero, e sostituirlo nelT Equa-
zione l.' e II.* al n. 33 per avere i valori di a , a' ; i quali
jiccoblaudosi più ai veri, e per conseguenza più tra loro , ci
da-
a3o Metodo PEa trovar le KADicr wuherighe ec
t
faranno un'altra Equazione a;* + «a; H -:= o , le cui due
Tadici, com' è manifesto^ si accosteranno vie maggiormente
alle vere. Ciascuno facilmente comprende, che un altro vaio-
Te ài g dell' Ecpiazioiie di sesto grado nel num. 41 c> dà un
ccnsimile risultato ; in modo che avendosi un altro valore di
a diverso dal ritrovato ne' passati numeri, si avrà una nuo-
va Equazione dell' istessa ibrma, ma di coefficienti diversi
t
x^ -h ax -h -^ = o , la quale risolvendo anch' essa il Prohle-
S
ma, conterrà due altre radici^ ma diverse, che anch' esse si
apfirossimeranno alle vere nella proposta Equazione di quar-
to grado . Ma delle sei Equazioni di secondo grado della for-
i ....
ma x^ -\- ax -\ =0 (giacché «ssendo sei i valori di g nell'
Equazione (V), altrettanti saranno i valori medj ò'ì a , e per
conseguenza sei V Equazioni che ne risultano ) quale sarà
quella, che risolverà il Problema più prossimamente? Certa-
mente quella , ove il valore di g si accosta più al vero , o
£li è più prossimo: dappoiché esso darà le a più prossime tra
loro, il nostro ragionamento aiiderebbe troppo a lungo, se si
volesse esaminare ogni cosa a parte a parte. Ecco pertanto,
oltre ai passati, un altro mezzo attissimo A'\ poter indaga-
re le radici prossime d' una data Equaz-one di 4° grado .
Non si hanno che a ritrovare i prossimi valori di g neli' E-
quazione (V) di sesto grado al num. 89, i quali sostituiti in
ambe 1' Equazioni al num. 35 daranno una copia di valori
di a prossimi tra loro; de' quali bisogna prendere un medio:
r Equazione della foima vc^ ■+■ ax -\ = 0 darà due prossl-
^ g
mi valori della proposta Equazione di 4° grado . Lo stesso
metodo servirà nella soluzione dell' Equazioni d' un grado
superiore al quarto .
43 II raziocinio , che si è fatto ne* passati numeri per
giugnere a una Equazione data per g » e per coefficienti dell'
Equa-
Di Giuseppe Cassella.. a3i
Equazione ài 4° g'ado proposta a risolversi , vale anche se
vogliaci avere un' altra Equazione indipendentemente da g
data per «j e per coefficienti dell' Equazione medesima •
t
Dappoiché le due Equazioni n.° 33 sono 1.' a^—pa+q — g="" >
S
U. — — as, = -' — ;• : che ordinate per s sono
I." fl'è'— ptfgH-^'g — g' = ^; II.' at — ag'=zpt — rg: cioè
I.- g^ — a^^-+^=:oi IL" g^_ ^ — i 4-^^ = O^
-\-pag
— 1Z
Risolute ambe quest'Equazioni, e eguagliando tra loro i va»
Jori di g sorgerà un'altra Equazione (S) data per a , la. quale
risolverà il Problema o compiutamente , o per approssima-
zione , seguendo lo stesso ragionamento,, che si è fatto nello
sviluppo dell' Equazione (V) data per g -
Per iscansare il tedio che si può incontrare nella lun-
ghezza del calcolo, facendo il confronto delle due Equazioni
I." e II." , per giugnere alla finale Equazione (S) si potrà
adoperare il seguente artificio. Si trovino i valori di g* nel-
la I/, e nella II.* Equazione, e si eguaglino tra loro j onde sia.
^g P^ • T T
fi V ^pag-\-qg-~t^= — -\- 1 — — ; lUdi trovata di nuovo g si avrà
o.ta~—pt
{a^—pa''-^qa — r)g=i2,ta—pt, ossia g= -^— — -
a'—pa -\-qa~r
Si sostituisca nella I.* Equaz. quest' ultimo valore di g, e si avrà
\y-pa+qu-rj y ^f \ a^-pa -i-qa-r f
[ta-piy-^ {pa-a^-q)y^{tita-pt)yia^-pa'-)rqa^r)^[a?-pa^-^qa~rYy^ i~0
cioè
it^a':—^'t^a-\-p^i^-\- {dpta^—2.ta^—!ltqa^p^at-hpfq).{a?—pa'-+qa-r)
+-(^a' — po' -^ qa — /•)^)(f=:o, ossia finalmente (S)
i'i;7ft*4 qa-Ty--\- {cJ-pa^-\- qa-r) .{3pa'^~2a*-a,qa-p^a-{-pq)-\-4ta*-4pta-hp^i = o
Equa-
a'òa Metodo piji ikovae le -radici kdmerighe ec.
JEquazione , .eh' e visibilmente èi sesto grado , egualmente
.che r altra (V) data ,per g. Quindi vale per queste. , quanto
si è .ne', passati nuineri d^tto nello sviUippo di quella.,
44- Tiaiasiii» altre riflessioni, che facilmente si pre-
sentano nello «.sviluppo delle passate Equazioni , per venire
ali' ultiii;a maniera , che credo la più opportuna , e la piìi
semplice , onde si pi&«ono risolvere 1' Equazioni di tutt' i gra-
di con maggior semplicità, se non completamente, almeno
colla maggior possibile approssimazione : maniera , che come
notai gii num. 3a vorrei cìie ,si sccgl lesse a preferenza di
qualunque altra . Per esporla in un esempio ; prendo a trat-
tare r Equazione di 4-" grado al n.° 35 : vale lo .stesso delle
altre Equazioni di un grado più alto . jRisoIuta 1' Equazione
col nostro metodo si è giunto al n-° 4^ a'ie due finali Equazioni
I.' g^—a'g-^t = o, II- g*— -^ — ^ + ^^ = o
-hpag
— 1S
e dappoiché le due verificate nello stesso tempo contengon»
la soluzione del Problema ; perciò si troveranno con brevità
i valori delle ignote a? e g con diverse ipotesi, come nel qui ag-
giunto esempio. L' Equazione n." 35, x^-^3x^-i-s.x^-]-4x-+- ' 2^=0,
sostituendo alle lettere i numeri ci dà le due Equazioni
/io- 36
y £* — tì*g-l- ia = oi 11/ g' - -i?— ia-t-~=o. Ori
a a
■4- ^ag
— ^E
l'ultimo termine la si può dividere ne'fattorl 45*3: facen-
do dunque g= 4 j sarà I.' 16 — à^c^ -\- i2a — 8 + ia = o , e
16 36
IL' 16 ' — laH ' =0; cioè I.* — «* -4- 3a + 5 = o;
IL* 4fl— i6h-36 = o. Dfllla II." si ha a' = —5, e dalla
1." si ha un valore prossimo di a= — i : e '1 valore medio
^ a -^ a 6
sarà z= — — = — 3 , Si metta a = — 3 nelle due
Equa-
Di Ciuseppe Cassella . a33
Fquozlom, e si determini g, onde sia I.* g* — aog-4-ia=:oj
4
II.* g^ ■+■ "tS — 1*4 = 0: dalle quali Equazioni si avranno i
valori prossimi di g, cioè dalla l.''gz=z-\~i , dalla II.'g = 4-;
V J- , 4 + I 5 T . . r ■ 5
« i medio valore g= = — . In seguito si taccia g= —,
, . 25 Sa* 3.5
« sostituito nelle due Equazioni, sarà I.* ■; h a
aS 4 5 36 ^ , .
— 5 + 12 = 0, II." -. laH =o. Onde la
4 i^ 2i a
1/ ci dà a = — prossimamente , come la IL* a= — prossi-
2 ^ a
Tnamente . Io non vo innanzi nelle sostituzioni, giacché dalla
5
ipotesi dì g = — mi vengono due valori di a^ presso che eguali.
45. E facile ora di sapere uno de' fattori prossimi, che
risolve l'Equazione proposta x^'+S jr'-|-ax'^-|-4^H- 12 = o^ sa-
5 q t
pendo essere £r= — , a=— . Dappoiché essendo x^~\-ax-\ — =0
* ° 2 2 "^ *■ g
V Equazione che si è scelta per la sostituzione , si avrà
,9 a . 9 a4
a ■ H a; + 'la X ;:- = o ossia x + —.»: + -=■ =0 per 1' E-
a •'^5 2 5 '■
quazione , che conterrà due radici prossime della proposta a
risolversi . Nel num. 36 si è trovata l'Equazione x'-\-^x+b=o,
che per approssimazione risòlve la medesima Equazione di
quarto grado : i quali due fattori , come è chiaro , poco di£«
feriscono tra loro . Giova intanto fare sulla presente soluzio-
ne alcune riflessioni , che ci si presentano , le quali riguarda-
no specialrnerife l'attività del metodo, che trattiamo.
46. E 1.° Con una qualunque ipotesi di uno de' fattori
3ell' ultimo termine xlella proposta Equazione , nel nostro
esempio g=4, si è arrivato a determinare dopo alcune ope-
razioni tanto il valore prossimo di a , quanto quello -di g da
mettersi nell' Equazione :v* H- fl.r H = 0 : ciò che rende
Tomo XI. G g mei-
2,34 Metodo fer trovar le badici numeriche ec.
molto più breve la maniera di giiignervi , a differenza di
quella adoperata ne' numeri 35 , e seguenti ne'' quali siamo
pervenuti eoa stento maggiore a risultati consimili. II.° Se si
voglia spingere più là V approssimazione , si farà facilmente,,
solo che si abbia la cura di mettere nell' Equazione suddet-
ta o i veri valori dì g , e di a , i quali si trovano ne' primi
tentativi della soluzione delle due Equazioni L'eli/ ni°44j
ovvero di prendere i più prossimi. Riesce facile in questo mo-
do di trovare le radici della proposta Equazione : dappoiché
secondo la natura del Problema , essendo due 1' Equazioni fi-
nali, e una la ignota, non si hanno che a risolvere Eq^uazio-
ni disgrado molto inferiore alla proposta; e trattandosi di
approssimazioni si ha una soluzione ben generale di tutte
l'Equazioni, dipendendo la soluzione dell' Equazioni di più
alto grado dalla soluzione di quelle di grado inferiore . HI."
Si troveranno anche i fattori razionali , ne' quali potrà di-
vidersi l'Equazione proposta, sebbene non si scelgano sul
principio i divisori che convengono : e se si adoperi maggio-
le industria , anche i divisori irrazionali di una forma più
semplice .
47- Chiuda questa Memoria la soluzione di una Equazio-
ne numerica di ottavo grado secondo quest' ultima maniera»
L' andamento del metodo è lo stesso che quello adoperato
ne' passati numeri . L' Equazione a risolversi sia (A) a®4- 2.x^
3
''»''+3Ar+3=o. Si scelga per fattore l'Equazione ;c*4-a;v+— =o,
ò
O
O
(a, e g sono ignote) onde sia Ar^= ~ ax — ^ . Sostituendo si avrà
a* . x'^ . x^ -H 2x^ . x^ -h ^x -\- 3 =■ o , cioè
x'^ . l-ax- — ' I . ( -ax- — |+2A^ j -ax- — I -fSi' +3 = o ; ossia
(0 ax Q \ òx r
a'^x^-k 1 — ; i-aa;c^' i- 3,;i; -1- 3 = o 5 cioè di nuovo sostltuellc
S 6 I S
X .
Di Giuseppe Casìella . 2^0
knx Q \ / 3 \ 6ax* i8j;
|(-...-^).(.v+-^ + f.)-w.(-«--) +
g 6
ossia
t- — r 4-3^+3 =0
•a;'+-^-4-3.r +
SS
' la quale ridotta diviene
\gg/V g S è J S
' ì2.a ,
-+ x^
: . . , "^ i"
° IJD fatta la moltiplirazìone , ed ordinata diviene
H j- la/zjc* + ■"" 1-3 = 0
«■— — £— H- 3 A-
27^ 8rar io.r
s' g' S^
Equazione della forma stessa di quella , che si è supposta
3
x^ ■■{- ax -\ = e ,
è
48. Ora per fare il confronto sì moltiplichi per g V E-
3
tjuazlone x* -\- ax -\ =0 , onde sia gx* -+■ agx 4-3 = 0, e
fatto il confronto de' termini simili di questa con quei del
residuo j si avranno le due Equazioni
g g è g
„ 3aS 36«' 8r« 67» 18 , , ..
II ' — -\ ^ 1 ; 4- 3 = fl^ : le quah
g _ g g' g g
due dehbonsi verificare nello stesso tempo , e verifioate da-
' ranno la soluzione della proposta Equazione . Il nostro me-
G g a to-
Ì2.Ì0 Metodo per trovar le radici numerighe ec.
todo a rigore richiederebbe , che supposta g =x 3. k cagioa
d'esempio, ovvero i (che sono i diie fattori dell' ultimo ter-
mine 3 dell'Equazione), e sostituita in ambe l'Ecpiazioni , si
venisse di seguito alla, determinazione della- a risolv.endo dua
Equazioni, una di S.° , l'altra di G° grado. Lo che quanta
pena porterebbe , Io sperimenterà chiunque volesse farne la
prova . Gioverà pertanto di tenere un' altra strada,.
49. Si supponga g= I , ed a anche = i . Si sostituisca-
no nel seguente modo nelle due Equazioni ; onde sia
I." 1 + 54— iS" — 27 — 2+120=1
11/ 3 — 36 + 8iffl— 6-f- i8h- 3=fl.
Si deteìjminino le a tanto nella L' , che nella 11/ Equazio-
ne, e si avrà 1/ 54 — 44+ ia« = o ; ed a = = — —.
3:
11/ 24 ~i~ Q*^^ — 4.2 -zz o , ossia a r=r — = - - = - circa . Il
80 4° 4
risultato del calcolo non conviene coli' ipotesi, di g- = r, e = r...
Secondo : restando g nz i , si determinino le a tanto nella
I/, che nella 11/ Equazione; così. Sia a = a nella I/, e sarà»
8.8 -\- 544 — 1 5 8 .2, — 37 — 2.8 -+- i2a=. I ; cioè
P 7 IO T
8 + 2,7 — 3o — a + Q- a = — , ossia 3,8 — a8 + 12,-a — o
o 00
4 I
e finalmente e = — = "t. * diversa da a = a. Ma per evita-
re i fratti si può prendere «=2,. Nella 11/ poi si faccia fi=a ,
e si avrà
3.84 - 36.8 + 8I.& — 64-+-i8+3 = «, ossia^
a
3.84 — 36.8 4- iSg = a, vale a dire 85 — 96 = — ^ ed
£[ = — 33 , molto lontana dalla supposta a . Quindi può sup-
porsi ft= I nella II.*' Equazione j e prendendo il valore me=r
a-H I 3
dio sarà a = = — .
». ^ a a
5o. Si serchino i valori di g' con questa nuova detcrmina-
zio-
Di Giuseppe Casselea . aS?
3
zione dì a = — nella I.* e nella II.* Eq^uazione al n.° 48. Si avrà
qqo «,0i -9 9 ^2,7 q3 3
.444 4 g 4 4 g §3 4 a 2g ^
e facendo g = 2 si avrà
_, 9 9 9 27.9 I iSqg 27 398 ia.3
' 4 " 4 ' 4 ^ '4 4'4-^ 4-^ 4^^ 2.. a "~°
e rirlucendo
g.9.9 243 i5.8i 27 54 36
1. 7-7-7 H — Q-" r~r~ Q 'q' ~I — r=^?o anche
4.44 8 44-^ ^' " 4
9.9.9 i6a i5.8i 36
—-■ 1 5 7~A ^ T — S '■> vafe a dire
4-4 '+ 8 4.4.2 4
q I i5 i g ..9 16 3^ 16 162:
' — ' — = 7— , cioè — ' ' —
44.4 4 4.4.2 9 81' 4^4 4^9 8t
16^ 81 5 81
e finalmente g=. — Y — rX-> =9 — 6 prossimamente
° 9^10 4 i6 '^
■=. 3 . Quindi si potrà prendere g = 2 nella L*
Nella- II." poi , posto e = -< _, si avrà
2
3.27.9 36.27 8i.S 6.9 18. 3e
e flicendo g =: a , come nella L*
39.27 36.07 81.3 54 18 3g
8.4.2. 0.4 2.0 4-'i 4 *
cioè j dividendo tutto per 27
9-
27 ' 36-2 18.3 8.2 18 r g
^^' 84^ ■" 8472 "^ 8472 "" 87^- ^ 4?!^ "^ 9 ~ "^
cioè riducendo.
a5 9 I £C 9.2.25 9-9 a q.a
"• 84.1^2.27 9 29 ^~ 8.4.2 9.3.3 ^ 9 ""
— — h 3 + a = — 7 + 5 = — 2 prossimamente . Quindi
r ipotesi di g = a è lontana dal vero .-
5i.
a38 Metodo per trovar le radici numeriche ec.
5i. Si faccia in seguito g=; 3, e si sostituisca nella me-
desima II.* Equazione , onde sia
, 3^^37.9 36.a7 _^ _8i3 ^,1?.,9_'%
(j.4.3 ,8.3.3 ' a.3.3 3 4.3 "^3.3"^ a'
'C divìdendo tutto per 27 sarà
4 3.3 a a I g . ,
3
87
+•3
3
0
8
4
3
3
II. — , — o H 5^^ H T^rr = - ; e riducendo
o a o.3d a. 0.0. 3 9.2
19 36 g .
171 -l 5-^-7 — -o ., Q = - — • Quindi
0.4 .a. 3. 3. 3 2.3.3.3 9.2
3.3.q.a 17.9 a 8r 17 ^ .
g= -g;^ - ^-3- = - _ ^ =5 -6 prossimamen.
te, cioè g = — I per approssimazione: anch' essa diversa
dalia supposta g:
4'4-4 16. 4-2.
e seguendo Io stesso metodo , che nelle passate soluzioni, sarà
la i5 la Sg .la 18 /Si^
^^•'' Q — Z U~T "^ JT = ~r~ > ossia 5-/ = 'hT" j ©
8.16 8.4 81 a 81 bi 8.4 a.8i '
la 81. a 18 a. 81 24 ^-^7
^=8] -1" — 84'-1~ = y ~ "8~ = ^ ^ ^7
prossimamente; vale a dire g= — 19 molto più lontana dal-
la supposta gz=^ .
Sa. Fgli è manifesto che il valore di g' è medio tra a, e
3 5 e che r ipotesi la più propria è quella di ^ == 3 . Quindi
pren-
Di Giuseppe Cassella . 2,3g
prendendo il medio valore di g , si avrà g =■ — - — = — .
L' Equazione adunque , Ja quale contiene due radici prossi-
me dell' Equazione di 8." gradO' proposta a risolverai j sarà.
3 . ,. 3 6
X ~\- ax-+- — = o , cioè x + — a; + — = g .
g 2, 5
Volendo spingere più oltre V approssimazione , si debbo-
no cercare i vaioli di a nelle due Equazioni al n.° 4^ coi
nuovi valori di £■= — : e cosi di seguito sl determineranno
2,, *"
con approssimazione maggiore i valori di g coi nuovi valori
di a . L' Equazione di secondo grado che risulta da questa
nuova combinazione de' valori di a e di g , ci darà due ra-
dici più prossime della proposta Equazione .
53. In due maniere, tralasciando le altre ,. potrà render-
si più breve il calcolo delle approssimazioni nella ricerca del-
le radici della passata Equazione, ed in quelle deirEquazioiii
consimili di alto- grado.. La prima è di tentare i limiti , ol-
tre a' quali noii possono sortire le radici tanto nella L*
quanto nella IL* Equazione nel nostra esempio , per potere
aver cosi le prossime radici in ambe 1' Equazioni ; farne in
seguito il confronto , onde scegliere le due , che più si acco-
stano fra loro. La seconda è di supporre sul principio una
Equazione di esponente più alto , e di determinare in segui-
to gli esponenti supposti ignoti , seguendo lo stesso metodo ^
che si è adoperato, nel passato esempio. L' Equazioni' che
risultano , seguendo questo modo di cperare , sebbene siana
in maggior numero, pure avranno un grado inferiore,, e sa-
ranno più trattabili . Cosi nel nostro, esempio al ii.° 47^ e
3
seguenti, in vece di scegliere l'Equazione x^-h-ax-^ =0,
come si è fatto j potrà scegliersi 1' altra di grada più alta
o
X' -+- ax^ -{- bx -\- ~- = o . Si avranno a questo modo tre E-
S
quazioui , e tre ignote a determinarsi a , ò , g ; e lo stesso
arti-
a4o Metodo per tbovar le radici kumeriche ec.
artificio, die si è adoperato nel risolvere le due Equazioni
al n.° 44' ^' adopererà nel risolvere le tre altre, che nasce-
ranno seguendo quest' altro metodo , anche ipiù facilmente :
quantunque le Ire Equazioni si potranno ridurre anche a
due, le quali forse si pctranno risolvere con maggior sempli-
cità . L' industria vale mollo , com' è noto , nelle mateiie
analitiche ; ed alcuni incidenti faranno determinare chi ma-
neggia il calcolo a un mezze a preferenza dell'altro nelle ogi
corrcnze , che si presentano.
ME-
a4i
OSSERVAZIONI
SULL' AZIONE DELL' ACQUA IDRO- SOLFORATA
E DELL' ACIDO SOLFOROSO SU DI ALCUNI
COLORI VEGETABILI
Di Bartolo si eo Bakani
■Presentate da ANTONIO GAGNOLI
il cTi 5 Dicembre i 8 o 3,
Ìj ra le proprietà a-ssegnate al 'Gas Idrogeno Solforato àa^V Il-
lustri Chimici Berthollet (i) e Fourcroy (a) , non trovo farsi
parola dell' azion scolorante , che la soluzione di esso Gas
neir acqua ( Acqua Idro-Solforata ) esercita sopra alcuni co-
lori tratti dai Vegetabili . Siffatta azione mi sembra doversi
aggiugnere alle altre proprietà , che rendono F Acqua Idro-Sol-
forata nei modo di agire cotanto analoga agli. Acidi , e ciie
determinarono il Celebre Trommsdorf a proporre di denomi-
narla Acido Idrozionico (3) .
Fu nello scorso anno che mi si offri per la prìjna volta
questo fenomeno , nel!' occasione di pubblicamente dimostra-
re , come r Acqua Idro-Solforata cangi in rosso il ceruleo co-
lore j comunicato all' Acqua- dalla Laccamuffa , o dai petali
delle Violette . Osservai in tale incontro che versando in detti
liquori colorati una data quantità di Acqua-Idrosolforata , essi ,
come è già noto , acquistano il color rosso , e che una dose
più liberale di eSsa Acqua Idro-Solforata fa sparire o<^ni co-
Tomo XI. ' H h ° lo-
(i) Anna!. (1(> Cliim. Observat. sur
r Hyilro». Sulpliin*'- voi. aS. par. 233.
(a) -System, de Connaiss. Cliiniicj.
(3) Annal. de Cliira. voi. Sa. png.
Sao. et Exposition dfs Ackles , Alca-»
Ics , Terres et Metaux ec.
a4a Sull' Azione dell' Acqua ec.
lo re come se versato vi si fosse dell'Acido Muriatico - Ossile-
nato (4) •
Fatta quest' osservazione attesi con iuìpazienza la bella,
atagion di Primavera , onde sottoporre , ad un pari cimento ,
le Acque colorate co' petali di altri fiori . Prescelsi fra essi
quelli dell' Iris Germanica, dell' Iris pallida Lamark , e quei
pure di una varietà dell' Iris Xiphium .
L' Acqua colorita co' summentovati petali, soggiacque ai
cangiamenti osservati già nell'Acqua tinta co' petali delle Vio-
lette , e colla Laccamuffa . Se però era il liquore molto sa-
turo di materia colorante , rimanea esso torbido , e leggier-
mente tinto in color giallo pallido tendente alcun poco al
verde oliva .
Immergendo i petali delle sunnominate Iridi intieri , e
staccati con diligenza in modo che sofferta non avessero ve-
runa lacerazione nella lor superficie colorita , immutato ri-
mase per buon tratto di tempo il color loro ; lo stesso osser-
vai accadere pur anche in altri petali delle medesime piante
immersi in diluto Acido Muriatico - Ossigenato .
. Ma facendo alcune leggierissime incisioni svdf Epidermide
di tali petali, cotesti tagli invisibili all'occhio non armato di
lente si rendean conspicui poco dopo la immersione de' petali
nell'Acqua Idro-Solforata , od in diluto Acido Muriatico - Os-
sigenato . Una assai distinguibile linea bianca indicava il luogo
in cui erasi fatta 1' incisione .
Se con tagliente stromento spogliava alcuna parte di
det-
(4) Siami permesso di qui notare
uno sljaglio , ohe si osserva nella to r-
za edizion Francese degli Elementi d i
Chimica del Celeberrimo Chaptal , sba-
glio eh' io credo sia dello Stampatore,
e che non è stato corretto dall' edi-
tore della Traduzione Italiana di essi
Elementi . Si legge in essi che il Gas
Idrogeno Solforato cangia in verde il
color ceruleo del Siroppo di Viole .
Per verità non ò giammai potuto os-
servare un tal cangiamento quajitun-
que abbia fatte le mie sperienze or
coir Acqua colorata co' petali delle Vio-
lette , ed or col Siroppo , ò bensì no-
tato che la prima azione dell' Acqua
Idro-Solforata rende il color de' petali
dello Violette più o men rosso, e ciis
in s
colore .
uito prontamente distrugge ogni
Di Bahtolomeo Barani . ^43
detti petali dell' Epidermide che li ricopre , e venia con ciò
a denudar le parti , ove risiede il colore : Lo scolorimento
de' petali accadeva con prontezza ne'luoghi denudati, sia che
s' immergessero neli' Acqua Idro-Solforata , o nell' Acido JNIu-
riatico-Ossigenato .
Il color rosso ceruleo di cui va adorna la pagina inferio-
re delle foglie del Senecio bìcolor , e della Tredascantia dis-
color sparì anch' esso , allorché queste foglie spogliate di
Epidermide , furon immerse ne' sunnominati liquori scoloran-
ti . I petali dell' Alcea purpurea ,6 1' Acqua con essi colora-
ta in parità di circostanze subirono mutazioni eguali .
Dagli enunciati fatti ne trassi motivo di credere , che
r Acqua Idro-Solforata possa far sparire i colori cerulei che
adornano alcune parti dei Vegetabili . Ed il celere scolori-
mento de' petali svestiti di Epidermide , in confronto dell'as-
sai lento loro scolorimento quando siano di essa vestiti, è
argomento tale da allontanare il sospetto che un simil effet-
to , esser possa la conseguenza di una sovverchia diluzione
dei liquori coloriti.
Per preparare l'Acqua Idro-Solforata ho fatt' uso di Aci-
do Solforico , e di Solfuro di Ferro artificiale composto col
metodo di Schede. Si potrebbe perciò dubitare , che lo sco-
lorimento de' liquori cerulescenti attribuir si dovesse , non
al Gas Idrogeno Solforato , ma bensì all' Acido Solforoso ,
che d' ordinario trovasi congiunto coli' Acido Solforico del
commercio . La volatilità e facile gasificazione dell' Acido
Solforoso , somministrar potrebbe per avventura una favore-
vol prevenzione per siffatta opinione .
Per togliere questo sospetto , mi son servito alla decom-
posizione del Solfuro di Ferro di Acido Solforico spogliato
coir azione del fuoco di tutto 1' Acido Solforoso : ho in oltre
disposte le cose in modo , che il Gas Idrogeno Solforato ,
prima di giugnere all' Acqua in cui volea renderlo liquido ,
atlraversar dovesse qualche quantità di pura Acqua, che con
ima protratta ebullizione avea spogliata dai Gas , i quali , per
H h a il
a44 Sull' Azione dell' Acq.ua ec.
il contatto avuto coli' Aria Atmosferica , si fossero in essa
clisciolti . Praticate tutte queste cautele , ho non ostante os-
servato dileguarsi il color ceruleo , o si versasse neli' Acqua
colorita una satura soluzione di Gas Idrogeno Solforato , o si
obbligasse lo stesso Gas a disciorsi in Acqua previamente co-
lorata .
Queste avvertenze della preparazione del Gas Idrogeno
Solforato , e della di lui soluzione nell' Acqua , quantunque
le credessi opportune a render probabile il mio pensiere rap-
porto all' azion sua scolorante , non mi sembraron però tali
da escludere il sospetto di evoluzione , o di formazione di
Gas Acido Solforoso , e nemmeno potea riguardarle come at-
te a dimostrare, che in grazia della rapida evoluzione del
Gas Idrogeno Solforato , una qualche porzione di Gas Acido
Solforoso ricusato non avesse di unirsi coli' Acqua destinata
al di lui assorbimento .
Affine di togliere tutti cotesti dubbi , emmr serabrato di
dover ricorrere all' esame dell' Acqua Idro-Solforata , e pro-
curar di riconoscere se in essa esistesse veruna traccia di
Acido Solforoso . La forte attrazione della Barite per un tale
Acido , e la insolubilità del sale che risulta dalla loro unio-
ne , mi determinarono a valenm di essa , come di un mezzo
il più ^^attato a fissare il mio giudizio .
Versai pertanto in diverse porzioni di tale Acqua delle
soluzioni di Barite , e di Muriate della stessa base , ma non
esservai verun intorbidamento de' liquori insieme uniti , onde
poterne arguire che formato si fosse del Sulfito di Barite .
Congiunsi detti reagenti con Acqua cerulea scolorita col Gas
idrogeno Solforato , ed egualmente non mi fu dato di scorge-
re veruna precipitazione . Volli per ultimo riconoscere , se
neh' Acqua destinata a depurare il Gas Idrogeno Solforato
dall' Acido Solforoso , esistesse sensibil traccia di esso , ed
anche in questo caso osservar non ne potei il più picciolo
indizio .
Formossi all' opposto un' abbondante precipitato , quando
ver-
Di BARTOLaiìiEa Baran? . 245
versai la soluzione Acquosa di Barite o quella di Jlmiato Ba-
litico in liquori scoloriti coli' Acido Solforoso : osservai pure
precipitazioni sensibilmente nianifcste ne' liquori scoloriti coli'
Acqua Idro-Solforata uniti con soluzioni Baritiche , allorché
vi aggiunsi poche stille di Acido Solforoso . Da ciò inferir si
vuole , che la insolubilità del Sulllto di Barite sia tale , da
permettere che si riconoscano quantità assai tenui di Acido
Solfoioso contenuto in mi liquore .
Se poi non ostante le esposte sperienze , si volesse rite-
nere , e riguardare un tal reagente , come inetto a render
manifeste quantità tenuissime di Acido Solforoso, non si po-
trebbe perciò attribuir al medesimo il tolto colore delle indi-
cate sostanze Vegetabili . La sperienza mi à ùdto compren-
dere che la sensibilità! di questo reagente è tale da poter de-
cisamente far conoscere quantità di Acido- Solforoso inette a
fsti sparire i colori cerulei , ed atte soltanto a modificare tai
colori in rosso (i) .
Siami lecito far payola di un' altra circostatiza , che , se
non m' inganno ^ servir può a convalidare le esposte osserva-
zioni . Sappiamo, e ce lo insegna il celebre BerthoUet nella di
lui opera sull'arte di tingere , che il colore delia Laccamuffa
non è distrutto dall' Acido Solforoso , ma bensì cangiato sol-
tanto in rosso . Questa maniera di agire dell' Acido Solforoso
sal-
ii) Le inda^ni instituite ont^ esclu-
dere la presenza dell' Acido Solforoso
neir Acqua Idro-Solforata saranno da
Professori di Chimica riguardate come
«uperfTue . Sanno essi che risulta dal-
le sperienze di Fourcroy , la Porte , e
Yaufjuelin ( Analys. de l'Eau d'Enhien.
Annal. de Chim. voi. a/j- pag. s45. )
risulta , io dico , che il Gas Idrogeno
Solforato ed Acido Sol l'oroso, non pos-
sono stare a contatto r uno dell' altro
»«nza decomporsi , e che una tal de-
composizione accade anche quando ì
detti Gas siano in forma liquida . Mi
lusingo però , non ostante , che gli
Amatori della Scienza , non mi faran-
no un demerito , di aver descritti i
mezzi de' quali mi sono servito p«r
riconoscere 1* purezza della mi« Ac-
qua Idro-Solforata, e per assicurarmi ,
nel tempo stesso , die i risultati otte-
nuti attribuir si debbano al solo Gag
Idrogeno Solforato di*ciolto nell'Acqua.
24Ó Sull' Azione dell' Acqua ec.
sulla Laccamuffa , cotanto diversa da quella dell'Acqua Idro-
Solforata, non mostra essa all'evidenza F azion scolorante del
Gas Idrogeno Solforato ?
Conosciuta per mezzo degli esposti replicati tentativi
r azione dell' Acqua Idro-Solforata sul oernleo colore di al-
cuni Vegetabili , rimanea da osservarsi se tali materie colo-
ranti sofferta avessero un' alterazion tale , che le rendesse
insensibili aìl' azion di que' corpi , i quali prima modidcar
ne potevano il colore in rosso, od in verde .
Le sperienze con tal vista instituite mi anno dimostrato,
che aggiugnendo Acido Solforico , od altro qualunque Acido
al liquor scolorito col Gas Idrogeno Solforato , si rende tosto
manifesto il color rosso proprio di queste sostanze ipodificate
da un'' Acido , e che gli Alcali comunicano alle medesime il
color verde .
Scolorando i liquori cerulei coH'Acido Solforoso, l'aggiuil-
ta di un' Acido o di un Alcali produce effetti simili a quelli
osservati ne' liquori scoloriti dall' Acqua Idro-SoHbrata . Co-
testa somiglianza negli effetti prodotti da reagenti di compo-
sizione diversa , mi rende propenso a credere , che la modi-
ficazione cui, nelle esposte circostanze, sono soggette le tante
volte nominate sostanze coloranti possa attribuirsi ad una
molto analoga maniera di agire de' suddetti reagenti sui co-
lori , azione che per molti rapporti si riscontra diversa da
quella dell' Acido Muriatico- Ossigenato. I primi due reagenti
dopo di aver comunicata a' liquori cerulei , co' quali siano
uniti , r attitudine di trasmettere i raggi della luce rossi ,
posson pure modificarli talmente che dian passaggio a tntti i
colori della luce ed apparir perciò scoloriti . Ma questa mo-
dificazione può subire nuove mutazioni mediante 1' azione
degli Alcali e degli Acidi , i quali rendon di nuovo manife-
sta la materia colorante ; di più la sola esposizione all' Aria
Atmosferica di alcuno di qiicsti scoloriti liquori basta per
farci osservare che in grazia del perduto Gas Idrogeno Sol-
foratOj esso liquore si colora prima in rosso, e poscia in ce-
ra-
Di BartolÒmiìo Bauani . ;i47
ruleo come ò potuto osservare nelT Acqua tinta colla Lacca-
mufFa . E se si brami di far più sollecitamente ricomparire
il color della Laccamuffa , non si à che ad esporre il liquor
scolorito all' ebullizione : 1' azione del fuoco obbligando 1' I-
drogeno Solforato a nuovamente gasificarsi , ad abbandonar
l'Acqua , ed a staccarsi da quella qualunque unione da es-
so contratta colla materia colorante, fa che questa manife-
sti il consueto colore .
Beu diversa dall' or descritta azione si è quella dell' A-
cido Mui'iatico-Ossigenato . Distrugge esso definitivamente in
tali materie coloranti la proprietà di trasmettere parziali rag-
gi di luce , né la posson psse riacquistare coli' addizione di
Alcali o di Acidi , i primi fra questi agenti sono unicamente
atti a comunicare al liqnsr scolorito coli' Acido Muriaticc-Os-
sigenato una leggier tinta giallognola . Gli scolorimenti pro-
dotti dall' Acido Murialico-Ossigenato sono^ come ne insegna
BerthoUet, 1' opera dell' Ossigeno di cui abbonda T Acido , il
quale, si combina colla materia colorante, combinazione per
la qiftle vien alterata la proporzione de'principii che la con-
stituivano in modo che non può più manifestarsi co' caratte-
ri de' quali era dotata .
All'opposto ne'scolorimenti prodotti dall'Acqua Idro-Solfo-
rata, o dall'Acido solforoso , non è per tali imipni stabilmen-
te alterata la proporzion de'principii costituenti le nominate
sostanze coloranti , e quantunque mi sembri di poter suppor-
re che sien passate ad uno stato di maggior composizione ,
mercè la contratta unione co' principii dell' Acido Solforoso ,
o dei Gas Idrogeno Solforato : ciò non ostante egli è molto
probabile che tuttavia sussista ancora la primitiva proporzio-
ne dei principii delle stesse materie coloranti, e che non sia
punto distrutto quel vincolo che insiem li unisce .
Inoltre egli è pur probabile , che il grado di attrazione
per cui la materia colorante trovasi unita co' principii costi-
tuenti r Acido Solforoso , ed il Gas Idrogeno Solforato non
sia molto forte , e che da ciò appunto derivi il poter noi
ren-
^4^ Sull' anione dell' Acqua ec.
render manifesta tale materia con un' attrazlon pm forte,
che l'obbliglii ad al)baiidonare le contratte unioni , come ac-
cade, allorquando aggiugniamo ai liquori scoloriti un'Acido,
od un' Alcali, o che iie esponiamo aiouui all'^zione del calo-.
lieo .
Che la cosa sia così , me lo persuadono i fenomeni os-
Sf'.rvati nell'Acqua colorata colla Laccamuffa, che ò veduta or
scolorita, ed or colorata in rosso ed in ceruleo dipendenta-
ni«iite dall' e&ser essa combinata o nò col Gas Idrogeno Sol-
forato . Accordo di buon grado, «he se quest' opinione fosse
appoggiata soltanto ai fatti osservati nell' Acqua tinta colla
Laccamuffa , d' «ssa non potrebbe annoverarsi fra quelle Fi-
siche opinioni , che devono la probabilità loro ad osservazio-
ni quanto esatte,, altrettanto variate. Dovea perciò rintraociai-e
se altri colori fossero co' loro cangiamenti per somministrare
argomenti acconci, o a confermarmi nell' idea che gli scolo-
rimenti 5 soggetto di queste osservaEÌoni sian dovuti all' unio-
ne del Gas Idrogeno Solforato colla materia coJoraate , od a
dichiararla dui)bia od insussistente.
Avendo in più occasioni lasciati per qualche tempo espo-
sti a centatto dell' aria atmosferica i liquori ne' quali il Gas
Idrogeno Solforato avea reso invisibile il color de" petali del-
le violette , e dell' Alcea purpurea , senza che osservassi ìr
essi verun anche remoto indicio di iiprÌÉitinato colore^ sperar
non potea di ottenere da essi con altri mezzi un risultato
soddisfacente. Volli non ostaiite riconoscer col fatto se avve-
rato si fosse il mio sospetto, allorché esponessi tai liquori sco-
loriti coir Acqua Idro- Solforata ad un tal grado di calorico
che portasse l'Acqua airebullizione . In tale stato di cose os-
servai che i liquori scoloriti si eran bensì colorati , ma che
ricomparso non era il loro color di prima , giacché li vidi
tinti in color giallo verde . Una tale circostanza poco favorevo-
le di primo aspetto all'enunciata opinione, cesserà di sembrar
tale se si consideri quanto .questi colori sian facili ad alterar-
si. Difatti la ebullizione dell' Acqua colorata co' petali delle
vio-
Di Bautolomeo Barani . s/^g
Violette,, e ùeWJlcea purpurea induce nel colore die si trae
da essi mutazioni assai uniformi a quelle osservate nella
e])u!lizione di simili Acque già prima scolorite coli' Acqua
Uro-Solforata ,
Questi tentativi di risultato alquanto equivoco , furon
susseguiti da altre indagini, che mi persuado presentino dati
molto più soddisfacenti . Il Fernambucco Caescdpinìa Brasi-
liensis , ed il Campeggio Haematoxìlon campecchianum .del
Linneo furon bolliti nell' Acqua per estrarne la loro materia
colorante. Le Acque colorate da essi legni ottenute, trattate
coli' Acqua Idro-Solforata acquistarono prima un color ten-
dente al giallo , ed una maggior dose di liquor scolorante
smarrì ogni traccia del colore di fjuesti legni. Dalla faci.!ità e
prontezza tìolla quale ottenni questi scolorimenti , mi parve
poterne arguire, che sottraendo da tai liquori scoloriti il Gas
Idrogeno Solforato., ne rinnovarci lo smarrito colore, e di fat-
ti r esito degl' inst/tuiti tentativi corrispose alla mia aspetta-
zione . Le decozioni scolorite di amendue questi legni espo-
ste al fuoco apparver di nuovo tinte nel color proprio, co-
lore che si manifestò in tutta 1' intension sua ali' atto dell'
ebuUizione dell'Acqua. Che più? la sola esposizione di que-
ste Acque scolorite all' Aria Atmosferica, in una temperie
dai ao ai 24 gradi sopra il zero del Termometro di Reau-
mur, bastò ad esibirmele nuovamente colorate, dieci o dodi-
ci ore circa, dopo 1' eseguito scolorimento coli' Acqua Idro-
Sulforata •
Per accertarmi sempre più, clie tali scolorimenti proce^
dati dall' union-c del Gas Idrogeno Solforato colla materia co-
lorante , conveniva tener cento di ciò, che separasi dai li-
quori scoloriti, allorché si espongono al fuoco, e rintracciare
se r azione del calorico altro effetto produca , che quello di
staccare da' detti liquori il Gas Idrogeno Solforato- Dalle non
poche indagini con tale scepo instituite , ottenuto non ò ve-
lun risultato capace di farmi sospettare che s' innalzi , si se-
pari da' liquori scoloriti che solo Gas Idrogeno Solforati , ed
Tomo XI. li Ac-
aòo Sull' Azione dell' Acqua ec.
Acqua convertita in vapori: sarà quindi lecito di concliiude-
xe, che gli annunciati scolorimenti sian un prodotto dell'unio-
ne del Gas Idrogeno Solforato colla materia colorante..
Dopo di aver resa assai probabile^ se dir non si vuo-
le dimostrata la maniera di agire del Gas Idrogeno Solforato
su di alcune materie coloranti , tentar dovea di far lo stesso
rapporto al Gas Acido Solforoso , e dimostrare che gli scolo-
rimenti da esso prodotti sono , alcuna volta almeno, I' effetto
della di lui unione colla materia de' colori..
Le prime idee di tale tmione somministrate mi furono
da ciò che accade alla Seta, ed alla Lana il cui imbianchi-
mento sia stato ultimato, col vapor del Solfo in combustio-
ne. Osserva il Celebre Berthollet, ed io stesso ò più di una
volta avuto campo di verificarlo , che se s' immerga, cjuesta
Seta o Lana neU' Acido Solforico , od in altro Acido incapa-
ce di ossigenar il Solfo , prontamente s' innalza un forte ali-
to di Gas Acido Solforoso, ciò che accader non potrebbe,' se
questo Gas non si ^sse unito colle sunnominate sostanze j
non si fosse , diremmo quasi ,. solidificato ccii esse ..
h' indole di queste sostanze diversa da cjuella della ma-
teria colorante, non permette per verità di trarne la conse-
guenza , che gli scolorimenti prodotti dall' Acido Solforoso
sian un effetto della di lui unione colla materia, colorante .
Contuttociò j se mal non mi appongo , una tale osservazione
non è da ritenersi per inutile , d' essa ci mostra la tendenza
del Gas Acido Solforoso ad unirsi con sostanze colle quali
non avrem creduto si facile il combinarlo, e ci lascia campo
di sospettare possibile 1' union sua colla materia colorante
ogni qual volta veggiamo liquori , o altri corpi colorati can-
giar di colore , o scolorirsi dei tutto sotto 1' azione di q^uesto
Gas .
Cotesto $ospetto acquista, io credo , una non lieve pro-
babilità da ciò che accade , allorché aggiugniamo un' Alcali
a' liquori scoloriti coli" Acido Solforoso ; come mai potreb-
bon essi comparir tinti in verde , trattandosi di liquori prima
ce-
9
1
Di Bautolomeo Baiiani . 2.5 1
cerulei, o riacquistare il lor color di prima se sia Acqua tìn-
ta col Fel-nanibucco , o col Campeggio, come mai , *io dico,
ciò accader potrebbe , se 1' attrazione dell* Alcali per 1' Aci-
do Solforoso non lo determinasse ad abbandonare la prima
unione ?
Quantunque fossi alieno dal supporre di poter ottenere
da' liquori scoloriti coli' Acido Solforoso , esposti al fuoco ,
que' risultati die ò avuti da' licjuori scoloriti coli' Acqua
Idro-Solforata , velli nullameno tentar la cosa qualunque es-
ser ne potesse l'esito. Esposi pertanto ad una protratta ebul-
lizione Acqua, nella quale ave\s3 fatto sparire còll'Acido Sol-
foroso il coloi: del Fema m bucce , del Campeggio, e quel
delle Violette . L' Acqua clie contenea la materia coloraSite
de' sunnominati due legni , parte in grazia del gasjficato Aci-
do Solforoso, e part^ per 1' evaporazione acquistò una tinta
gialla, simile a quella , clie in essi colori inducon gli Aeidi ,
Ile potei veder riconiparire il color proprio di essi, che quan-
'do aggiunsi un corpo, il quale unendosi coli' Acido tuttavia
'esistente nel liquore, permettesse alla materia colorante di
'manifestarsi nel suo primiero essere. L'Acqua di Violette si-
milmente scolorita, dopo una leggier ebullizione, si manifestò
•colorata in rosso tendente al roseo , e questo colore prose-
guendo la ebullizione divenne sempre più carico, ed in fine
apparve quasi composto di biò, e di rosso, cioè Paonazzo.
Convinto da questi inutili tentativi della difficoltà som-
Tna di restituire a questi liquori il color loro, mediante ia so-
la azione del calorico , mi appigliai al partito d' indagare se
vi fosse modo di distruggere 1' unione contratta dall' Acido
Solforoso colla mateiia colo-ante , senza che perciò fosse es-
sa soggetta ad alterazione ^ e ricomparir potesse nel primiero
stato «uo .
Memore dell' azione die esercitano 1' uno suU' altro il
Gas Acido Solforoso, ed il Gas Idrogeno Solforato, mi sembrò
di poter far uso dell' Ac(|ua Idro-Solforata, nella persuasione
di' essa mi fornirebbe quel m^zzo eh' io ricercava . Riflettei
I i a pe-
aSa Sull' Azion dell' Acqua ec.
però, che il versare V Acqua Idro-Soiforata in liquori , che
tuttavia contenessero tutto il Gas Acido Solforoso necessario
a produrre il loro scolorimento , non sarebbe il metodo da
seguirsi , sì per il notabile intorbidamento del liquore in grar
zia del Solfo che si precipita , come pure per la soverchia
diluzione dello stesso liquore. Mi determiaai perciò di versare
r Acqua Idro-Solforata in quel liquore tinto colle Violette,
che acquistato avea il color Paonazzo r picciole ripartite dosi
di Acqua Idro-Solforata mi dieder agio di ricondurlo a quel-
la tinta, che è propria de' petali delle Violette. Simili spe-
rienze tentate nell' Acqua che contenea la materia colorante
del Fernambucco , e del Campeggio, che dopo lo scolorimen-
to sostenuta avea 1' ebullizione , non furono egualmente feli-
ci , potei però diminuire notabilmetite il color giallo carico
da essa acquistalo durante la ebullizione.
Se in questi liquori scoloriti coli' Acido Solforoso , che
sostenuta avevano una più o meno protratta ebullizione , io
versava , poco a poco, una diluta soluzion di Barite, in
modo di non versarne di più, di quello fosse atto a rendei
jiieliicace 1' Acido , vedea ricomparir il color delle Violette ,
e nel tempo stesso formarsi un precipitato che, verosimil-
mente dovrà attribuirsi all' unione della Barite coli' Acido
Solforoso . Una simile precipitazione ò parimente osservata
allorché restituiva colla soluzion di Barite il color suo alla
materia colorante del Fernambucco , e del Campeggio »
Vorrei lusingarmi che dalle esposte ossf rvazioni si possa
con qualche confidenza conchiudere, che gli scolorimenti pro-
dotti dal Gas Idrogeno Solforato , e dal Gas Acido Solforo-
so , si debban ripetere dalla sola unione di questi Gas colla
materia colorante , unione che non esercita su tali materie ,
come taluno pensa , un' azione opposta a quella delF Acido
Muriatico - Ossigenato ; e vorrei pur trarne la conseguenza ,
che r azione di cotesti Agenti non sia da porsi in confronto
con quella del Carbone su di un diverso genere di corpi, resi
da
I
I
Di Ba-rtolojieo Baranx . a53
da tal unione più grati all'occhio, e più accetti al naso, ed
al palato.
E quand' anche le addotte sperienze non comprovassero
quanto mi sono studiato di dimostrare, l'idea dell' azion di-
sossidante del Gas Idrogeno Solforato ^ e dell'Acido Solforo-
so , sarebbe in senso mio soggetta a molte difficoltà , delle
quali tni sia lecito 1' addurne una soltanto delle più ovvie ;
vale a dire la necessità di ricorreve ad una seconda ipotesi ,
per spiegare come corpi in tutto od in parte scomposti , pos-
san di nuovo ricomporsi , e riacquistare il perduto ossigeno
in una proporzione alcuna volta forse superiore a quella di
loro composizione . Senza una tal supposizione difficile sareb-
be il comprendere , come i liquori scoloriti dall'Acqua Idro-
Solforata , o dall' Acido Solforoso , possan coli" aggiunta de-
gli Acidi , o degli Alcali divenir atti a trasmetter di nuovo
raggi di luce colorati . E dovrem pur ricorrere a simile ipo-
tesi , se ripeter volessimo , con uno de" più celebri odierni
Chimici , gli scolorimenti dovuti all'" Acido Solforoso dalla
forte attrazione della materia colorante per l'ossigeno, e pa-
ragonare r azion sua con quella dell' Acido Muriatico-Ossige-
nato. Ninna di queste opinioni, s'io non sono in grande er-
rore , è comprovata dall' osservazione , e dalla sperienza , ed
il favorevoi loro accoglimento appo i Chimici, mi sembra
principalmente derivato dalla somma celebrità degli Autori
che le anno proposte, e non dall'evidenza delle osservazioni
colle quali han preteso di convalidarle »
AIE-
i54
E M 0 R I A
SU DIVERSI ARTICOLI SPETTA]N"TI ALL' ANALISI
Di Pietro Franchini
Presentata da ANTONIO CJGNOLI
il dì 12,. Dicembre i8o3.
* A R T I C 0 L O I.
Nuovo metodo per completar gii integrali delV equazioni di
I ." grado , a coefficienti costanti , sì differenziali che a
■differenze finite , nel caso che f equazione algebrica au-
siliare abbia delle radici eguali .
N."-!." JL utti sanno che la semplicissima fcrmola trovala
dall'immortale Xagrange , per esprimere l' integrale completo
dell'equazioni lineari a coefficienti costanti, si differenziali
che a differenze finite, diviene completa, quando l'equazio-
ne algebrica ausiliare, le di cui radici hanno parte nella com-
posizione dell' integrale stesso, comprende alcune radici egua-
li .Per eludere l'inconveniente di cui si tratta, sino ad ora
non si è conosciuto altro ripiego , che quello insegnato dal
D'Alembert, per cui si suppone che ciascuna radice uguale,
cominciando dalla seconda , veng' accresciuta di una quantità
indeterminata, espressa rispettivamente per k, li., k" ec. La
funzione che rappresenta la somma de' termini affetti dalla
radice uguale , così viensì a cangiare in una serie ordinata
per le potenze della variabile indipendente x, e per le po-
tenze d\ k , li, ìì' ec. secondo che le radici eguali sono due,
o tre ec. Tutto si riduce a far sì che le successive potenze
dì
Di Pietro Franchini . a55
di h l'. ec. si adattino al bisogno del calcolatore , il quale
nel caso delle radici eguali ,, vuole tanti termini affetti dalie
rispettive costanti arbitrarie, quante sono le radici eguali e
non più, per completar con es$i l'integrale ottenuto colla
forinola generale. Per riuscire in f[uesto, D'Alembert suppone
indefinitamente picco|e le quantità k, k\ lì' ec. ; nel caso di
due radici eguali trascura le potenze di k superiori alla pri-
ma j nel caso di. tre radici eguali trascura le potenze di k e
di K superiori alla, seconda , e così in seguito . Questo, me-
todo a prima vista comparisce inesatto e precario , ma pene^
trando ben' addentro nello, spirito del medesimo si rileva, che
dando ai coefficienti e, ci , ca ec. spettanti alle radici egua-
li , certi valori opportunamente modificati con alcune C£uan-
tità indeterminate e coli' infinito di diversi ordini, si rileva,
dissi , che il medesimo è sufficientemente conforme ai veri
principj dell' Analisi . Non può peraltro negarsi , che in esso
I incontrisi un non so quale imbarazzo , derivante dalla combi-
nazione degli infiniti e .delle quantità evanescenti, e che sia
inoltre alquanto indiretto .. Per esempio nel caso di tre radi-
ci eguali, perchè, svaniscano le potenze di kelì superiori alla
seconda, convien porre c=f- — oo +(/j — i) co* , ci = cq — /^ co* ,
C2,:= co*, dove k è un'indeterminata, ed y un numero finito.
!N.° a.* Sieno infatti a , ai , aa. ec. le radici delT equa-
zione ausiliare,, e e, ci , ca CTT.- n costanti arbitrarie. L'in-
tegrale completo di un.' equazione lineare dell'ordine re, es-
ra i sendo espresso per y^^=^ ca' -\- ci ai'' -\- cci a^." ^ .
"*^-hc(ii' — i) a [a — i) . . . (A), siccome a=.ai=a'2, sarà
I _y = a"" (e + e I -I- Ci) -4- c3 a^" . . . H- e' (/z — i) a [n — i ) , do-
ve mancano due costanti arbitiarie .. Pongasi ai=a-^k ed
ao.z=.a-\-k\ e siccome si ha {a-A-k)" =:.a''{i->(-mxk -k-iix''k'^-A-p x^P ec.)
{a'\-ky=a''{ I +m'xìc ^n x^k^-^p x^k:^&c.)
jroverrà y^ = ca" ■\- ci a" ( i -+- m xk -f- nx'' k'^ -hjjx^ /J ec. )
ca. a" ( I + m'xk' ~\- ri x'^ k'' -\- p' x^ k'^ ec ) -+- c3 a3' ec
Facciasi e 4- CI +ca=(/j. mcik-\-m'c2.k'=di , nc\k^-\-n'c2,k!^
0,56 Su mvEiisi Articoli spettanti all' An-ilisi
= (lì , pc\ ìi} -+■ p'cì /.^ = ri3 ec. Dando a e , ci , co. , ì ris-
pettivi valori esposti eli sopra , si vede che d , di , dx risul-
tano quantità finite ed arbitrarie ^ che risultano infinitesimi
di 1**, a" ec. ordine le successive quantità, dò,d^i ec. e che
i primi tre termini dell' integrale completo , trascurando gli
infinitesimi , sono r/«'-+- r/i aa"-!- r/ax'a". In generale, se
il num.° delle radici eguali ad a sia m , la fornvola (A) di-
viene y^ ■=■ a'ir -+- CI H- Ci . . . -h c{m — 0] + c{m)a{m) . . .
-}-<"(/i — i)a{n — i)'*, e D'Alembert per supplire alle m — i
costanti arbitrarie che «lancatio, sostituisce
a'[d-\- d\ X -\- dù. x^ . . . . .-\-d{m — i ) ^c"'""' ] in vece di
a'' [e -h CI -{- ca . . . -h c(m. — i) ] , e così lo riduce alla forma
completa j^ rz a" [d -+- di x -+- dzx^ . . , -\- d (m — i) x""^]
4- d [m) a{my . . . -V- d {n — i) a {a — i)' . . . (B)
Premesso tutto questo, noi ci proponiamo di giungere ai pre-
cedenti risultati ottenuti dal D'Alembert, con un metodo più
diretto, generale, rigoroso, e libero poi del tutto dall'imba-
razzante idea degli infifiiti e delle quantità evanescenti, idea
che nel caso attuale non ci sembra esente da qual^nque om-
bra d' inesattezza .
N.° 3. Lemma. Trovare X"z^^^ espresso per gli integrali
successivi 'S.'^z^ , 2™"' z^ , S"""*^^ • • • ^-^^ > e per le funzioni
gucccfisive z^, z^^^, Zy_^i' • .•Zx-f.«_". - _
Soluzione. Si sa che 2" z^_^, = 2" ^^-(- S* ^z^^ a moti-
vo che s^^, = -x + '^ "*' ^'"^ P"^^*' siccome
^"x= -^_,-t- ^^_2+ ^^-ì -..+ 20^ 2:3^_^ = r,-{- z^_^ + z^_^ . . . + s'
S'>r — - -\- z -\- z . . . 4- r„ , ec. si avrà
>X *^ — T " "H — ^^ Z
5
■ SX-^»+ 2^,+.= ^'-% -+- 3^^. ^- ^^- + ^-+1
In generale
Co-
Da Pietro Feakchiiti . ^^7
Co?l •
-;.4-l
2-3-'^,— 23. -i- 62^2, 4- i52z, H- I02.+ 62 + 3z,^,+«^_^j.
In generale . , ^ \ / \/ o\
23- . _ - S3z, -^ fz^XH :: ■ ^^'+ " a "^"^-^ "^ oT ^M-i
"*J_H
2, ^
procedendo «elio f,te5so modo si trova
2^2 = 2^z, -t- 2^^, .
24-^ _ S-i^, -h 52 3x^ -\- lO^X -+- io22;,H- 4z, -4- S,^.j-
In generale . . . •
a.o
Considerando 1' analogia che regna ne' risultati precedenti si
concluderà che deesi avere
/2(n-i)„„_j n{n-\){n.-d)
''x-H" ~ ^x ' ' 1.2
'^^772.3. ..»/(/«+!) ""^""^ i.2.3.4.../7/(//z— i)
^^ ia34 w(/n— 1)
Quando n <. m V esposta formola non comprende alcuna
delle funzioni z^ , z^_^^ , ec. , comincia z^ ad entraTrvi qnan-
To?no XI. Kk da
a53 Su DIVERSI ARTICOLI SPETTANTI ALl' ANALISI
do 7i = m ; vi si trovano z^ , ^^^i quando ?z = to -l- i , e co-
si in seguito. Rapporto a' coefficienti si vede, che quelli de'
termini affetti dal segno sommatorie , sono per ordine i pri-
mi ni coefficienti della potenza ?i.'^"^'* del binomio ; i coeffi-
cienti de' termini z^ , z^_^_^ ec. sono i numeri figurati dell'or-
dine m — I ; computando di prim' ordine i numeri naturali ,
di secondo i numeri triangolari , ec. Per dedurre dalla for-
mola (C) tutte le inferiori fino a 2^j,_j.„ inclusivamente , ba-
sta fare 2°s^ = o e prendere nelle formole clie rappijesenta-
no I coefficienti di z^^ ^k-^i •> ^c. tanti de'fattori — ,
n — { m — 2)
— , ec. quante unità si contengono in m .
iN.° 4-' Passando adesso ad esporre il metodo che ci sia-
mo proposti d'investigare, sia per primo esempio l'equazione
di terz'ordine ...7^^jH-B7^.^^-4-C/^_^jH-D7^ =0 e suppongasi
che l'equazione ausiliare a' H-Ba'-f-Ca +D = o contenga due
radici eguali. Facendo j^ = a''2^2^ ottiensL la trasformata
a^-^^i^^z^^ 3^z^ -h ^z^ + ^. ^J + B«'-^^(2^r, + ^^z, + zj
4- Ca''+'(SX--sJ H- Da^^^i:^ = o , cioè ( «' 4- Ba* -h
Ca+D)2^-^+(3a5-H5iB«^4-Gfl)20^^(2a3+Bo^)5,-f-«'z^^^=o.
Ora il coefficiente di ^^z^ posto =1 o equivale appunto all' e-
quazione ausiliare , ed il coefficiente di 2^^, posto =:o è la di
lei equazione de' limiti ; dunque uno stesso valore di a dee
verificarle ambedue , e la trasformata precedente dee ridursi
a ( a<z -f- B)z^ -{- az^_^_^ = o j equazione da cui si ritrae ....
^. = - ( -^— ) e i d""T^-« X. ^-c^"- ( "T-jc •
Sia l'equazione di quart'ordine j . /+B/ , g+Cj . ^H-D/ +
E = o, e l'equazione ausiliare a"* 4- Ba^ -f- Co^ + Da 4- E =3; o
contenga tre radici eguali . Si avrà la trasformata
(«^H-Ba'+Ca'+Da+E) '2iz^-^{4a''+3Ba^+^Ca^-{-Da)'^\ -h
(6aM- SBrJ-hGa']'2z -\-(3a'^-hBa^)z -\- a'^z ^ =0. I coeffi-
ci e 11-
Di Pietro Franchini. aSg
denti de' primi tre termini svaniranno per la ragione addotta
di sopra , in grazia dell' equazione ausiliare stessa : rimarrà
{■ìa-i-B)z^-+- az=o e l'integrale completo della proposta
saràr^ = -a^2^|— ^— j e.
Sia in generale ... J,^.„+Br^_^^_^+Cj^_^„_^,..H-Uy^=o ... (D),
e r equazione ausiliare a" -+■ Ba"~* -t- Ca""^ ,.....+ U = o
contenga m radici eguali . Facendo 7^ = 0"^"';=^ si avrà una
trasformata nella quale i coefficienti de' termini sommatorj ,
posti eguali a zero , daranno altrettante Equazioni de' limiti
dell'equazione ausiliare; e perciò si verificheranno unitamen-
te a questa. L'equazione rimanentej cui daremo il nome di
equazione ridotta, sarà un' equazione dell'ordine ji — .".^ a
coefficienti costanti , di cui si avrà V integrale completo me-
diante la semplice soluzione di un' equazione algebrica del
grado' Ti — m. Sia (X) questo integrale, e siccome debb' egli
contenere re — m costanti , jx = a''^.'" (X) sarà l' integrale com-
pleto della proposta 3 ed (X) sarà generalmente della forma
CZ^'+Ci^i'H-Ca/^a' hC(« — 7;z— i )b{ii-m~ i) essendo
b , bi , b% ce. le radici dell' equazione algebrica ausiliare del-
la ridotta , radici che sono della forma — , — ■ , — ec.
a a a
N." 5.° Giova provare intanto che le radici bjbi ,02, ec.
sono generalmente della forma — , — , — ec. Proposta 1' e-
a a a '■
quazione7^_^^H- ^y^^^_^ . • .-\-Vy^ = o si faccia y=a''-2.^z^.
Trascurati i termini affetti da' segni sommatorj ^ perchè i res-
pettivi loro coefficienti debbono svanire per ipotesi , avremo
la trasformata che segue . . .
"k^ ) +«""' iV>"'z,-^C"z ^ h P-'"^ ^ , H- C^ ) . . . .
j+n— 771— 1' ^ " .T-f-i x-f-n— m— 3 x-^n—m—s-i
K k a -\- a
200 Su BivERsr Articoli spettanti all' Ahalisi
-H . -'■'^ B ^'.^-^g\_^^ )+/-- b'-^ %^ = o , dove .-;,=:,.. Quindi
S-(/D'-l-«''-V...H-/-^-^^D<^-'%^^^...+(/T'4-a'^-'B).^
H- ^"-:.-p„-;;,= 0 cloè . . ■> --
a
^, f C'4-^ G".,. -f-c' \ a, B'-4-a B"'».H-B' J_
« ^+^ a
^ 0 , equazione la di cui ausiliare essendo , .■ . -
7i»=-w; ^ 1 -+- li n—m—x a D 4-rt U ...-4-U „s.
a
n — m—2.
-}- •— : -_ a-\ =^
u — ìU'-'i n — in.
a. a
ila le radici della forma — , — '—
a ' a ' a ' ^^•
N." 6." Ora siosservi i.-'che 2CZ*-^=C//-hC, ,2;^CZ'''[=:^(Cè''+.C,)]=C^^-l-C,a:-f C^;
2-G^''[=:^(CrH-C,a:+CJ]=GZ''H-C,,f^-+-C,a; + C3 ed in generale . . ^
S'^Cà' = Gè' H- G,^'"-' H- C\x"'-'' . . . . H- C, , .
" * (m)
Si osservi a." che gl'integrali 'S'Cb\ ^^'"GiZ'i^ ^"'CaZ'i^ ec.
danno dei insultati analoghi e si vedrà che qualunque sia il
numero de' termini componenti 1^ integrale (X) della ridotta ,
per aver l'integrale completo della proposta non si ha da far
altro che prender la somma de' termini Cb" ^ Cibi", Ca/'a* ,
ec. ed una sola volta i termini C,a;""'*. C.x"'~'' .-. . C, , e mol- i
fm)
tiplicar tutto per a" ' -Diin^^c il risultato finale debb' esser©
(E) ,
Di Pietro Franchini» 2.61
%...C^ -{-Ci^i +C2^-2 ...+C(!i-m-i)B{n-m~i)+C^ax '+C,o''/'"^... 4-G a
dove <f> i ^\ ^ ^-x ec. sono le radici dell' equazione ausih'ars
spettante alla ridotta , moltiplicate per a .
La forinola (F) da noi tiovata , equivale precisamente
alla formola (B) proposta da! D' Alembert, ed è per conseguen-
za l'integrale completo dell'equazione (D), nell'ipotesi che la
di lei equazione ausiliare comprenda m radici eguali .
Per mostrare V identità della formola ( E ) colla formola
(B) di D' Alembert proveremo che le radici §, §1, jSa, ec. mol~
tiplicate per a , sono le radici diseguali dell' equazione ausilio'
re della proposta .
m
ec, = o
= 0
Infatti dall' espressione di 2 z sì deduce , che esseri'
do a" H- Ba""' + Ca"~'- ec. = o V equazione ausiliare della,
proposta , quella della ridotta sarà , nel caso di due radici
eguali ad a ^
ir~^ _H lf±5 ,.-a ^ 3a^-«B+C ^,_^
« a*
nel caso di tre radici eguali ad a ,
„_, 3a4-B , „_^ 6a*^3aB-i-C
:. a a
nel caso di quattro radici eguali ad a y
a &*■
ec. ec.
E d If osservazione de' coefficienti si scuopre fosfo^ che
le radici di questa equazione moltiplicate per n , sono preci-
samente le radici diseguali dell' equazione ausiliare della pro-
posta .
Ognuno è adesso io grado di confrontare il nostro meto-
do con quello di D' Alembert .
]N,° 7.° Data un' equazione differenziale o a differenze
fi.
. = 0
2,62. Su DIVERSI Articoli srETTANTi all' A?talisb
finite, che sia di primo grado ed a coefficienti costanti , qua-
lunque sia d' altronde ,il di lei ordine , data per esempio
r equazione (D) , per averne T integrale convien formare pri-
ma di tutto r equazione ausiliare tt''-l-B«''~'-HCa"'~^...H-U=o,
convien quindi trovarne le radici «, ai, «a ec. e sostituirle
nella formola (A) . Queste operazioni sono indispensabili , qua-
lunque sia il metodo che si adopera, per completar 1' inte-
grale nel caso delle radici eguali , perchè non si può suppor-
re di aver 1' integrale di un'equazione, indipendentemente
dalle operazioni che son necessarie per integrarla . Qui dun-
que comincia il metodo di D' Alembert e quello eh' io pro-
pongo .
A R T I C 0 L O II.
Suir integrale dell'equazioni di prìm' ordine fra tre variabili 3
a dìjferenze parziali e differenziali parziali , ff <delVequcL'
azione di second' ordine .
«ij X'\-i^ x,y s:,x dy '.^jX.
1° La formola generale dell' equazioni di cui si tratta j
se queste sieno affette da coefficienti variabili , è e z
^l, z ^dz -hp * . . (w) , dove a\ , b , »
-^ o^>y ^,y .r,r x,y
sono funzioni date di x,y . Noi ci proponiamo sulle prime
l'equazione %y-,+,,^ + ^^^^^.^^^^^^ ' ' ^"^' S"PP«"e^*i
dy
^^r — /*:rr 'Vv » ^ la 'trasformata a u^^, v ^ -f- ^
F'x.y "x.y ~ (^x,y ^^x,y + ^-c,y ^^t^x,y ^^ lìvida nelle duC
' ■ dy ^y ■
a
Di Pietro FnANCHiwr . ^53
I>alia seconda si ded
V»
ma diviene a&
x-\ri,y
dì?
oàcendo a
x.y
"~ ^ ^x.y » ^ove A ind
to si riduce ad
a e
a:,y
-cala differenza per rapporto ^d^x^iut-
•^.^ x-^,,y ~~ a\ . . . \n\) , che è
Te
quazione i„ cui si can
(ìy
^ =c,y =0
Si
ponga ^ _ i ^g^. ^ ^^^^
S-a la formola H , ,^,,,^^^
avere ai
«~i,Y ^x V — ^^
'iJ ^iX x—.\^y
e si dedurrà, v ~ d e- ^^^
"^-^ llZ2iy_^ '^' f°"S^ ^^ nuovo X - I
tìi
^-i,^ ^(/
per
nia si è trovato d, ^ ^ -i
^ "'^r-i,.^.''^,^, dunque ì; = _L
l'I Serbiamo -r -, :„ , i/a
(A- • 9 in reco Ji J"
dy
a64 Su DIVERSI Articoli spettanti all' Analisi
__ j ^-'_ }. : ora (v == — ^ — >.aaa-
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generale si avrà ..-.••<... -
I d \ \ d \
e = r "5 -< r T
^ 'v 1 x—a,,/ •f «- x—i,y ■' t-
r J I
"» -»
! t J I r £?
(^)
<3ove r^ ,^ = "4^7 . È questo l' integrale compi- to dell' equa-
gione [n\) . Dunque si dee avere z = e
^h^^^dy^%{)
(9) cioè . .
a^dy-V<^{x)^
^^.r = ^
< /A è (h'^L.'^x—i) dy
L X— 1,.
'I
d
d , V '
:f— s,7
«0,7
jMa tirando fuori successivamente i fattori
I
^P^:^, ec. SI trova e -^,^~~^ = . -.(.HC^-i)
<r(i--T) 'i:(x-— i) I <r(-j^-o
' MJ
,C-(x-— i) q:(.v— 2)
Di Pietro Fbakchiwi. 065
^ *^<r(-v— i)-q:(x— a) "" ^ ' ^^- «e. Duncjue
fui b dy o
e = e = r ; dunque T integrale completo dell' e-
quazione («) è finalmente
y
':r,y
X — 2
■> -\
dy i ^^^IVr '^y J JJJ '^
L' integrale ccinjjleto dell'equazioni a differenze parziali e dif-
ferenziali parziali di prlm' ordine fra due variabili indipen-
denti , esige dunque una sola funzione arbitraria , e questa
composta dflla sola variabile iaid i pendente , rapporto a cui si
ha nella proposta il differenziale parziale .
a.° Non v' è dubbio, come ha rilevato anche il Ch.
Prof- Venturoli in una soa compitissima lettera a me diret-
ta , die la formala [9i) -, essendo V integrale dell' equazione
(/?), dedotto con giusto e legittimo calcolo , comprenda e rap-
presenti gli iute gralì de' varj <iasi particolari compresi i/i detta
equazione : non ostante non sarà fuori di proposito il mostra-
re, con qual facilità in tutti i casi particolari, si deducano
dalla formola [9 1) i respettivi integrali .
A.,// r
e ' I
Sia a = a . Si avrà z = -{ -vr— ; r- Y
1 e
x,y X x,y
à \ i d'\ r _L^_ij!i?\ V I
Tomo XL L 1 Sia"
266 Su DIVERSI AeTICOU SPETTANTI ALl'AnALISI
fb,dy
Sia ^,^^ = «, e ^.,,,=i^,. Risulterà z,,,= ___p -7— =
g ' "^ . , , . Restando fl^,,=o^ suppongasi h^^^—h^.
Siccome r equazione {n\) si riduce ad . . . . a^ e^ ""x-hi'^t
== '^ . . . {n2) , si dedurrà , = Ì^-i:I- ; quindi
^->'> _ ^Lj '^'''-^ - '
'-•
^L i l^£-i- \ e però ,, , = VmT-^
-7— 7 \i ~JT ^ M *■ h . In generale.
>
^ I I d \
X
A I al ^r \ 1 1 l _
— Slogc^— jA^^_, d ! -yhh,__, d_ \ —y[^b,_^
I
^
"».
7- ■) .... - 4 -7-^ ^ \- \ ^ ....... (A) .
Dunque z^ = e (^è) è l' integrale completo deirequazione
fl.2.+,,,4-Mx,,= -^- Se «,„, = «, qualunque sia h,^^, è
mol-
I
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Pag. 2(17.
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dy L '^'J' J
J J j
ds^ V "• 3 ■•" «^''f/
dy
\
dy-
Di Pietro Franchini . af) j
molto facile dedurre dalla formola {9i) l'espressione degli in-
tegrali corrispondenti . Sia dunque a^ ^ = a ed il rispettivo
'' ^ y
integrale completo sarà
d f I d f d f d^r /] 111
dove per-^&j," potrà mettersi successivamente h^ y h^, b ., o .
Per esempio quando b^j—o^ si ha z,^^ = a ^/y' • Neil'
d"V
ipotesi di «^^^= I e di ^y,=o, si avrebbe z^,, = -^* , inte-
graie completo dell' equazione . . . r j^^= --~. Distribuen-
ay
do per ordine i casi precedentemente considerati, ed aiiglun-
gendo quei che mancano, si vedrà che possono tutti riunir-
si sotto quattro classi nella maniera seguente. Posto i.° Che
il coefficiente del primo termine sia a^ , quello del secon-
do può avere una di queste espressioni , è^_ ,b^^ h , b , o .
a.° Ciascuna ipotesi relativa al coefficiente del secondo ter-
mine può coesistere coli' ipotesi che sia a^ = a .3.° Può
coesistere coli' ipotesi che sia a^^^ = a^. 4.° Può coesistere
coir ipotesi che sia a^,^=a . Ecco una tavola in cui trovasi
alla destra d' ogni equazione il respettivo integrale ,
LI a TA-
a68, Su DIVERSI Articoli spettanti' all' Analisi
Gii integrali che si riferiscono all' ipotesi di a = a
sofio iHaiiifestamente compres-i e ra-ppreseiitati dalla forraola
(Si).
3.? Eccoci ad integrare la formola generalissima {m) cioè
x,y x-\-\,y x,y x,y x,y ^ x,y \ •'
dy
Pongasi s ■= a v carne al n.° r.°, e la trasformata
i= x,y r-x,y x,y '
Si' i' , "H b iM V ^^= e du ~\- v^ du -\- V
x,y x~i-i;y X'T^y x^y r'x^y ' x.y. x,y rx,y ■' 'x^y rx,y ' J x,y
dy dy
si divida nelle due
'^x,y X:j x,y ^ ^' x.yTx-i-ijy x-^i-J x.v ,-^ Jrx,Y ^ '
dy dy
Limitandoci a soddisfare alla prima , giacché abbiamo veduto
( n." i.°) che è superfluo integ^rarJa completamento-, trovia-
s fb dy
x.y •' x.y •'
noo ^^ e ; quindi T equazione (2), diviene . . ,
ax,js f* =e dy~-''^Px,y' Facciasi ., ..
/ x,y y F^x,y , , . ,
P^ y -—e = e 1 equazione da integrarsi sarà-.
ai M- , =.du -hpir^" ' ('«0' Noi dedurremo suc-
a-;7 ";r-f-i^j 'X.y ' x^ ' x,y ^ '
dy
sessivamente ».»••.••■••"'''• • °
e Q- o>
dy dy
Fu-uy'^l'^-^^y'^^'^-'y) '• ^''^^^:y:^^:zl±-Ty{ dy
dy ' ^h V ai^_^^
V'^,
■Di Pietuo FiiANCHiNr .
a69
/
V. w
ai
x~s.,y J
m
a f!j^;:^~±\'}^r~^-'^P':,^3,^:'i ; duiKjue
'^/ dx-K cly
1
'\
L
In gener
ai .
x~s.,y
d I ci
I
ai
x-—z,y'
^'-y dy\dy\dy\" 'dyX
dy \ dy ^
o,yj
ai
Dunque Zx,y ^ e è l'integrale completo dell*
equazione (w) -
N.** 4"'* P*^^' ^^ tener P integrale in tutti i casi particola-
ri basta far successivamente le ipotesi che seguono . Suppo-
sto i.° che il coeflfiji ente del primo termine sia a qì
Bòxiga successiva mente h^^^ b-t b^ ì h , o v^t l> •
.•■.',-;-. -< V . * ' J ^ x.y ^
^Pr.y->Px' Py' P' > ^^ P^^ P x,y- R'petansi le stesse ipotesi nel-
la supposizione che abbiasi a aà a , od « , o zero per
a
Per non difrondercl s^pverchiamente ci occuperemo soltanto
di aìcnui. casi ^
^''^ ^x.y— ^x ' ^x,y — ^x ® P^^'^ "-^ x.y — "^x ' ^^ ^^fà
a;
J/
d/
27© So DIVERSI Articoli spettanti all' Analisi
^~~ " !"■ • ' o - • • • • i
è r integrale completo dell' equazione
a-y ^ ' ^ v,r ^^ b^ i risulta a\ ^= i e si ha
d=^ "^
a:,x ^y> .lou.ia c*.^^^
d^"" pi
^^>y ~" — —, -^ .2^ . . . ■+ /?r^_, ; quindi . . ,
0,y • • • • "T"
tegiale completo dell'equazione
S^ «x,.= ' » e 3^^^ =0 , si trova .^^^ = ^^ ^^^>- • • • "f-y.,^.,^
integrale completo dell' equazione a ^ ^dz 4- p
T,y '^
dy
Questo integrale può metteisì anche sotto la forma seguente;
u
dp
^x^jK — fll^"*"^ «~'~"' ' purché si prenda 1' integrale
finito fra i limiti m = o ed w = a; — i .
I!
Di Pietro Franchini» a^I
Jl risultato precedente combina con quello che il Gh. Pro-
fessor Paoli ha trovato con un ingegnoso artifizio ( Soc. Ital.
t. cit.)
N." 5." Vediamo come s'integrino le formole («), (w) ,
nell'ipotesi che sia A a: = — i •
Siccome la forraola (/2.) conduce all' equazione ausiliare
f(b — Ky) ^y
dy
equazione che corrisponde all' equazione («a) j si può dedur-
re successivamente
'.,y = r«^,^ ^^_, ,^ dy^(^ (^)
I
''«^»;>- ■"
«—2/^
i, . . .
'x-3,j,' —
(A)
Dunque V =
-4-t
dy" ■+-
Tai fai pzi „ •••O^^Tv^
^ ^ ^ J ^' x,,-^^/ + 'ì'ir) . . . (y), e però z.,y^ e
4-
Se a\.
^/
^i si ha
W)
'»T
Qi'JS, Su DIVERSI AfiTlCOLI SPETTANTI AXl' AnALISI
►i- q:(.v— a)[aij \ dy'' -^ ^ {x—i) [ai J \dy -h ^ (^x) ; ov-
vero , mutando l' unirne ^e' termini ed effettuando le inte-
grazioni . . . l'y., =I<^^.-]'\ ^J^j,'^^-+'?.(a;) ^- 1^ (^ — ^)[^^JÌy-^
>■'-'
4- (p (i) r<2i J'' ' rr ; ^ . . . (r) forrnola che quando
^1^=1 diviene . . . v^_y = \ ''V^ dj" -\r 9 (r) + <p {x~i)y
H-q, C^-a) { +q:{..-3)f^ . . . -f-q. (,)— . ^-'-1^-^. . . (.)
integrale completo dell' equazione Py_^.^ •= d^^^ e però
Si aa. z^^^ — e ^^^ pgj, j^ integrale completo dell'equa-
zione s^_,.^^-^,s^.,= -^''- . ■ '
N.° 6.° Negli ìintrgrali precedenti aiibiamo soppressa la
funzione arLitraiia d' x che Ha parte nell' espressione di
fj.^ , perchè due funzioni arbitrarie sono sufficienti per com-
piftare l'integrale ceicato . La ragione poi per cui l'inte-
grale dell'equazione (/?) nell'ipotesi di A ^= — i esige due
•funzioni arbitrarie , deriva dalla natura stessa deli" equazione
proposta . Infatti ella non è altro che un caso pa-rticolare
' delia 'forrnola , che raj presenta generalmente l'equazioni a
differenze parziali e differenziali parziali di secand' ordine ,
cioè della iormola
Di Pietro Franchini , 278
dy dy
= G per avere ^^^^ z^_^^^y + c^^^ z^^^ = ^^x-f.,y
cioè e" z ^~h' z =z dz „ che è la formola («)
quando A^= — i •
Ecco una difficoltà fattaci da un valoroso Geometra il quale
persuaso the l'equazioni z . =: dz sieno dello stess'or-
1 1 x*:! .y X ,y
cline, vorrebbe che anche l'integrale completo di s^ . j „
= dz esitresse due funzioni arbitrarie. Si riduca, die' eoli,
dy . ■
X equazione 2^^^^^ = dz^^ alla forma z^^^ — àz^__^^ : in-
dy dy
tegrando si avrà z __ =/2 dy-\-(s^[x), e prendendo l'in-
tegrale finito s' introdurrà una funzione arbitraria d'/ ; dun-
que ec Oltre di questo egli aggiunge : io veggo che
t^^y — dyyj+- ^x) -\-j(f (a;4-i ) -4-/' Cp{x+ 2.) ... 4- y" (JPC i )
dy' a a • 3 ... a;
soddisfa esattamente all'equazione proposta.
Rispondiamo 1° che il calcolo da noi fatto per ottener
l'integrale delia forinola (n), prova a giudizio nostro il con-
trario ( n.° 1.") a.° che fz dy = zi essendo una funzione
^ ' ■' x.y -^ x,y
diversa da s ,1' equazione z =fz dY-\-Cp(x) non
x,y ' i x—z,y •' x.y •' t \ /
è un'equazione a differenze finite, e non sembra lasciar luogo
alla conclusione sopra esposta . 3.° Volendo dedurre i' espres-
sione di z dall'equazione z^_^ =: fz^ dy -\- Cp (x) ^ si
Tomo XI' Mm pò a-
/
a 74 Su DIVERSI Articoli spettanti all'Analisi
ponga successivamente ^c = i = 2 = 3 ec. e siccome risulta
si avrà .....
H- «f (3) f^ dy'' '\-<s? (2) /^ + 9 (^) 2 ^c. ec.j ed in generale
«^^ ovvero ^7 = /' ^^.y d j" ~^ <?(-'^) f"~' ^ j"~*
+ & (x—i)f-^ dy'-^ -I- a> (2) /f/y -f- (|) ( I ).
Si differenzi ;c volte per rapporto ad j , e dividendo per dy''
si dedurrà ^x,y—'^'_^ ^«™^ ^^ "•" ^'^ '
Rispondiamo 4-° che dal discorso del Professore prelodato ,
ne seguirebbe che il numero delle funzioni arbitrarie com-
petenti all' integrale completo della proposta , esser doves-
se = « , giacché può ella trasformarsi egualmente in
;S^,„ =^"^^ » ^^ '^^ ^"^ integrale completo esige n diffe-
renti funzioni aibitrarie d';c. Per vedere corner , = ffe
8Ì trasformi in .z , = d'z , basta osservare che da
x-^yi,y x.y '
~dr
^x+i,a= '^ s^ de'^^^ce successivamente dz^_^^_^ = ^^_^„^ ,
dy dy
w-^ , — il ^ . ^ • • il Z . — ti x> «\
-r-j- n— 1 ,_>• .r-f-?;— Q.jv .7-f-2,_}- - x-+-i.^ ^
d"-'z ^ —d'z .
df-'~ ~Tf' ■
N.° 8.° Trattandosi della formola (w), l'equazione ausiliare
nell' ipotesi di Ax = — i è a i ^^. ix^_,^^ = <^^^^ ~'~/'^^,^- * ' i^^^h
dy
e corrisponde all' equazione [mz,] del n.° 4'"- I" questo caso si ha
4
Vi Pietro Franchini»
©75
s si deduce siicce?sivaniente
^ =r^/i /Ci u —pi \ f^ ^ <^{x—i)\
ed in generale Lj^x
I Quindi s_r^=e (<r) .
Se 01^ = ai , lo che succede quando ^^ =^,eJ« =«
la forinola (<r) si cangia in '
Mm a
V-x..
^.•y
a '^5 Su DIVERSI Artieoii spettanti atl' Analisi ;i
g si lia ^ =e ^ ((TI)'. In questo caso il prelodato Pro-
fessore con' porre z^^^ = ^.^^^ f dy' ._^^ ha trovato questa
eleo.ante forinola *
ni- £
1
a .3. .. U— ]) J
Noi osserveremo che"'la formcla (^i) in pratica è sem-
pre limitata , perchè in ogni caso particolare, nella sene a
Ciri si riferisce l' equazione proposta , convien fare x eguale
ad un mimerò determinato,, d' altronde le operazioni eh es-
sa esige sono molto semplici . Se nella formola (<ri) si fa
771 =e si rin-ova-, come d«e succedere, la formala (r)
del numero S** , • 1
Lasostiru.ionedi^^^^.^^ per .^^ , serve dunque assai j
vantaegiosamente per ottenere l'integrale compl^'to di tut-
te l' equazioni a differenze parziali e differenziali parziali di
prim' ordine fra due variabili indipendenti , ed inoltre ser-
ve per integrare l' equazioni di second' ordine , comprese
nella formola d^^ ",-1-1.7"^ ^ x,y ^^■,r ~ ^^"H-''/ ^ =',y ,
Di PlSTKO FRAHOFIINr . 2,77
L'uniformità c?cl metodo da noi teuuto ci è sembrata degna
fc di qualche considerazione, ed abbiamo creduto che i i-isulta-
ti (5i), (^2), malgrado la singolarità della loro forma , non
dovessero rigettarsi, specialmente perchè si prestano con tan-
ta semplicità alla derivazione di tutti gli integrali sino ad ora
noti, e di cui l'Analisi è debitrice all' insigne geometra Pie-
tro Paoli . Pronti a ricrederci se e' inganniamo , sottoponia-
mo i piccioli nostri tentativi al profondo giudizio di chi può
decidere in queste sfuggevoli ed astruse materie .
ARTICOLO IH.
SnlV integrazione dell' equazioni differenziali esatt*^ ^ i di cui
coefficienti sieiio funzioni delle sole variabili comprese
neW equazioni stesse .
N.** IO. Per supplire ad alcuni difetti della mia Memoria
Sur l'integration des équations, stampata tre anni sono in Parigi
da Duprat , difetti che provennero dall' omissione tipografica
di alcune postille essenziali , presento in ristretto il metodo
che allora intesi di pubblicare suU' articolo qui sopra divisa-
to. Questo articolo abbraccia un estesissimo ramo di equazioni
differenziali, e merita tntta la considerazione de' geometri .
N." i." Sia Qdx^-^^dxdj-^Sdy'-^Tdy — o l'equazione ge-
nerale di a.° ordine , nella supposizione da noi fatta . Paragonan-
do il differenziale del suo integrale ipotetico kdx -\- ^dy =z cdx j
SI deduce Q= — ,R = ----i--— ,S=-7-jT = B. Dalle
dx cly dx dy
fr / ^^Tx n ^R ^Q
due prime A = 3 [Q^^ + ( ^^ " .7^ ) ^^-^^ J ' "^" 7^7 = ^"^
'-. — — in virtù delle condizioni d' integrabilità \ dunque
\ I ^dx -\- i ^ — -j- \ dy I è vm' espressione esatta , e
dx
gra-
278 Su DIVERSI ArTìCOII SI'ETTANTI ALl'AnaLISI
dx\ lQdx-\- Ir — \ dy X-'r'Ydyzzzcdx è l'integrale pri-
mo completo della proposta .
!N.° 2,.° Per l'equazioni a tre variabili , la di cui formola è ..;
Qdx^ + Rdxdy+Sdxdz+ldy^-^Ydydz-^Zdy+Ydz^-\-V{i)-l^z—o
. , „ ^ _ dk dk dZ d\
SI ha B=:Z, C = P I , 0 = — ,R=— -+-_,S=: —
^ dx dy dx dz
d.?{i) ^ dZ ^^ dZ d?{i) ,, JP(i) ^
+ -^^'T=-,V=-+-^,y = ^, Dunque
A = \ [Qtì?^ + /r - -J:^\dy-\-ls ^^ Ws 1 , Intr
le sempre possibile in termini esatti , perchè in virtù delle
,...„. ^O dK d'Z
condizioni d integrabilità, si sa essere ~, — = — ; tt s
dy dx dx
dQ dS d'r{i) . . ^R d'Z
^j - = — ;; — — — -, . ., e Cfueste equazioni danno -; -r — 7
dz dx dx ' -i -i dz dxdz
dS d'?(i)
c= —, — — -■, , — . Dunque 1' integrale primo completo del-
la preposta è
N.° 3." Data 1' equazione generale a quattro variabili
Qdx'- -+- Bdx:dy -4- Sdxdz -h Tdx€Ìu -+- \dy^--^ Zilydz H- Xdydu -+-
^[\)d^y-^(^[\)dz^-\-^{\)d'z-\-^^)dzdu'\-^[^)dl^^-^^x)d'u—o
si trova collo stesso metodo il suo integrale primo completo
la forma dx\ I ()dx H- / R ^j^ \b -^-
sotto
c?P(i) \ , I dV(iy
h 4-
{^-^Y' 4-(T_-Il2)A,]4-P(,)<y + R(.K>
'S{i)du=:. cdx , dove il coefficiente dì dx è sempre una fun-
zione finita .
N ° 4."
Di Pietro Franchini . ajg
' N." 4.° In generale sia R il coefficiente del rettangolo
(Ixdy , R, il coefficiente del rettangolo dxdz , R^ il coefficien-
te del rettangolo dxdu .... R,,^^ il coefficiente del rettan-
golo dxd(D , G^ essendo la variabile n . Sia Z il coeffi-
ciente di r/V, Zj il coefficiente di d^'z , Z^ il coefficiente di
d^u .... Z,,_j il coefficiente di d^c^:, e trattandosi di un'
equazione di 2,." ordine fra ti variabili 3 si avrà 1' integrale
primo completo sotto la forma seguente
<4[Q^.+ (R-§),/.+ (R,-^)i.+ (R.-§y....
-+- ^K-^— ~^~ ) d'p\ + Zdx+Z,dz+Z,du..,-+- Z„_^d<^=cdx
N.° 5." Passando all' equazioni di 3.° ordine _, la formola
generale di quelle cbe sono fra due variabili è Qdx*-[ Rdx'^dy
-\- Sdxd'y + Tdxdy' -+- Ydjd'y -+- Zdy^ 4- Xd'y = o . Suppon-
go che il 6U0 integrale primo completo sia
Kdx" + V>dxdy -4- ddy^ M- X)d'y - cdx"- , A , B , G , D essendo
funzioni d' a: , ji , ec. costanti , ed ottengo
dx ny dx dx dy dx
dD dC
V = aC + -7- , Z = -— - , Y = D . Dunque D = Y , G =:
dy dy *
dx
espressione finita perchè le condizioni d' Integrabilità danno .. «
JR _ ^ „ / „ dX
dx ay
dx'-
^'[S - ~7~r ) 5 perciò r integrale primo com-
pleto risulta . . . f/^'CrQ^x-H- Tr — ^7/S-.-^\l<f)i
[S-
dx
2-00 Su DIVERSI AeTICOLI SPETTANTI ALl' AnaLISZ
N.° 0." Proposta l' equaziiiie generale a tre variabili . ..
Q,dx^. + R^.i%-/)f \-^dx\lz ■+ Tdxd'y -t- V^a-^^^ + Zdxi.y 4-
Ydxdz*~i-P(])d.ydjdz H- Q(i)-./y(/'^ + R(i)<V2 + &(i) '^^ _^
T(i)dydz^-^ V{i)dy'dz 4- Z(()>y,/2 -+- l(i'),/> 4" P^a ^/-s' +
Q(i),yzJ'^ + K(a)<Z^z = o , si rappresenti il suo integrale pri-
mo completo per A</.r* + Bdxdy -\- Cdxdz -+- Ddy'' -+- Edydz ■+•
Fd^y -i-Gdz^ -^-Hd'z =^ cdx^. Fermati i respettivi rapporti, ne
jisuitano per li coefficienti A , B ec 1' espressioni seguenti
A = y[Q... [RW(T - l|l)],.^4s-.(v+q^' ) ],.]
^ix dx
dY(i) ^ I / dR(2.)\
H == R(a). Siccome l'espressione di A è generalmente finita,
perchè dalie condizioni d' integrabilità risulta
dx dy \ dx I dx dz \ dx f
ne segue che F integrale primo completo della proposta sia ...
dx dx
^{o)d^z = cdx' .
N° 7.° Sia la forinola generale dell' equazioni di 3." ci-» :
dine I
T)t Pietro FRANOfiiNi . a8i
dine fra quattro variabili Qdx^ -+- l\dx\ìy-h Sdx^dzA-ldx^du
-f- \dxdy -h Zdxd's -+- Xdxdu ^V{\)dxdy'- -\- ^{^\)dxds' -^
Y^.{l)dxdu,'■-\- S( 1 )dxdydz -f- T(. l )dxdyda -+- V( ) )dxdudz 4- Z( i )/^«?=_;
4- Y{\)dyd'z -4- P(a;/y/^/ + ^(2)4^ 4- R(3)«'ys' + .S(a)//yz^' -+■
T(ayy=-///</^ -^V(aX)lV2 + Z{,^)dy'du -4- \{'2)d'ydz -+- ¥{6)d'ydu,
H- Q(-J/'^> +- RC^) ^-'^ - ♦• S(3)/fe//'7i + T(3yWzi -+- \{?,)dz'du -h
e posto che il suo integrale piimo completo sia kdx^ H-- Bdxdy
H- Cd dz -X- \)dA du H-- E^' ~+- Ydydz H- G^yfl'z-; -4- ì^d^y -f- I//^' 4-
L(/'s -f- M^«^;s^-i- N^M*4-0<:/*z^ = ct/x-*. Differenziando e parago-
nando i tti-jiiini sinjiili si deduce
B=V- ^«i, C=Z-^^^', D=Y--'^, Q= ^i , r.= §^ + f
dx dx dx dx dy dx
dk dC dÀ. dD
^ = dz -^ 7x' ^ = du-^ dx^^'^
dx dx
p / JS(4) X -, 1
j T-d yt - -j^ \ j du\ espressione esatta, perchè dalle condì-
zioni
^R
d7'
dx
d' intenfrabi
dQ
dy
dn
du.
risulta
^0(3).
- dx )'
dx^
dx )
dS
dx ~
•
dQ
~ dz
-X.
d'Iz
dp(4'
dx
)
dT
"dx'
dx'
dx^
In seguito si trova E = - / Z(i) - '^\ F-Yfr) - '^—
a \ dy / ^ ' dv '
^ = ^(^) - 'l!7' " = ^(•^)' ' = I (/^^3y-. M y L=p(4),
Tomo A'/. N n M =
aoa Su DIVERSI Articoli spettanti all' Analisi
que l'integrale richiesto è dx^ \\Qdx-i-\R-d^\ - -7^^] dy 4-
dx
dx dx
i fz,„ -"f ] .,- ^ [ Y. - "fp,. ^ [P(.)-^f ] .y.
4-Q(3K_y-f-^' rR(3)— -ì^^1/^^+P{4)^^;s + rs(3) -'!^lluds
4. i r Q(4) — ^^^"^^1 du' -h S{4)^'u = cdx'' .
N.° 8.° Per avere una formola generale eh' estendasi all'
equazioni di 3.° ordine fra n variabili, sia Pt il coefficiente di
dx^df , Rj il coefficiente di //^Vz, R^ il coefficiente di dx^du ...
•^n_2 il coefficiente di dx^d:p .
Sia V il coefficiente di dxd^y, V^ il coefficiente di dxd^Sf
Vj il coefficiente di dxd^u ^„_2 i^ coefficiente di
dxd (ù :
Sia Q(3) il coefficiente di d^y , Q(3), il coefficiente di
d^z j Q(3)j il coefficiente di d^u .... Q(3)„_j il coefficiente
di d^(^ . 'Il
Sia Y(i) il coefficiente di dyd^z, Y(i)j il coefficiente di
dyd^u . . . Y(i)„_j il coefficiente di dyd*(p.
Sia S(3) il coefficiente di dzd'y , 8(3)^ il coefficiente di
dzdht .... S(3)„_j il coefficiente di dzd''(^ . ili
• .'■'.■ * . ' ■ ••,•••
Sia finalmente Z(i) il coefficiente di dyd^j, ^(Oj ^^ coef-
fi-
Di Pietro P'ranchini . sBS
fidente di dzd^z, Z(i)j il coefficiente di dud^u . . . Z(i)„_j
il coefficiente di dCùd'c^ .
Si osservi che la parte negativa del coefficiente di d'^
neir espressione di A , è il toefficietue di dxd.^ nell' integrale
primo, if» essendo una variabile n""^"' qualunque , e si vedrà
che la fonnola^geneiale ctrcata è
dx dx
['^-<!:f|)]^''-['-s-<!:^%:-)M -^
r <'Q(3).1 , r iiO,3)1
[^(■). - -Jy l'^" .■■+[ T(i)._, _ -^ ' J44 +
[s(a,„_, _*!-']..-,, H-H^(.)-^]./ +
H I r do 3)„_,-i
Il r [Z(0 ._. -^— j 4^ + Q(3)^> 4- Q(3),^^;s -1- Q{Sy^u
N n a In
284 Su DIVERSI Articoli spettanti all' Analisi
In pratica basta fare le sostituzioni respettive nelle se-
rie seguenti R , Ri , Ra . , . R„_^ ; V , V,, V^ . . . V,
-2 5
Z(.), Z(i),, Z(i),...Z(,)„_,; Y(i), Y(r)., Y(i),..Y(i)„_3;
Q(3), Q(3),, Q(3), Q(3)„_,; S(3), S(3),,S(3),...S(3)„_,;
ec. Il metodo è generale , e puossi estendere all' cG[uazioni
di ^ualuntjue Oidiiie ,
SUL-
i85
SULLE
ACQUE MINERALI
DELLA
PROVINCIA BERGAMASCA
MEMORIA
Di Giovanni Maironi da Ponte
■ Ricevuta il di i5 Decemhre i8o3.
XN elle Acque Minerali, che in varie rpgionì della terra^sca-
tui-'scono, la Natura ha r-posto de' soccorsi specifici nelle
malattie, a cui l'umanità nostra va soggetta.
Ma assai scatso e incerto sussidio ella avrebbe da questa
benefica sorgente , se V arte , accorsa in ajuto della Natura ,
non avesse fatti intimamente conoscere i veri principj , che
spesso diversi nelle diverse Fonti esistono . Snl pieno cono-
scimento de' f[uali può la Medicitia regolare poi l'applicazio-
ne e 1' uso delle medesime ai casi e ai bisognai differenti .
E' la Chimica , quest' arte rìschiaratrica , a cui nói dob-
biamo aver buon grado de' mezzi di conoscere e di classifi-
care sifTaiti princi|q ospitanti nelle sorgenti Minerali , ed è
dcssa quella, che a' nostri giorni die soggetto e comparsa a
tanti Trattati preziosissimi , che di siffatte rarità naturali
parlano , e le mettono a profitto reale dell' nomo . Gli Atti
dille scientifiche Accademie , i Giornali Fisici e Medici , e
moltissime opere di valentissimi Filosofi e Profi>ssori , ripor-
tano di queste utili operazioni della Chimica moderna .
Gui-
a8b SuLL* Acque Minerali-
Guidato io stesso dal desiderio di rendere sempre più
note e frequentate le Acque Minerali delia Patria , sebbene
sopra tre di esse ci abbia data già un' opera comp'tissima e
per ogni conto pregievole il rinomatissimo nostro Sig. Giu-
seppe Pasta, bo pensato di pubblicare estesamente l'analisi,
cbe di esse avea io fatta , già molti anni prima , e cui ho
icplicata recentemente colla stessa uniformità di risultati .
La mia sarà una descrizione Fisica e Ciiimica piuitosto-
chè medica delle nostre Fonti Minerali; e chi amasse di co-
noscerle perfettamente anche sul punto delle loro virtù me-
dicinali , potrà dalle poche mie tracce passare alla lettura
della prelodata Opera Classica, che ha per titolo: Delle Ac-
que Mìnprali del Bergamasco del Doti- Giuseppe Pasta 1796.
Tre sono le Fonti Minerali primarie , che abbiamo in
Bergamasca note anche fuori di patria per le loro virtù me-
dicinali. A queste ne va aggiunta una quarta, scoperta or ora,
e eh' io spero farassi prestamante , di esse non menOj nota
e frequentata .
I.
La più celebre è quella di Trescore , e oggidì gode an-
che di una maggiore frequenza. Questo grosso ed ameno Vil-
laggio , a cui conviene meglio il nome di Borgata , resta a
levante , ed in distanza di dieci miglia dalla città , in una
vaga e spaziosa pianura , intersecata dal fiume Cherio , e
attorniata all' est e al nord da variate montagnuole calcari ,
vestite di boschi e di vigneti , e che appartengono alle gran-
di giogaje costituenti le valli Cavallina e di Calepio . Riden-
tissima è questa situazione, coronata di piacevolissime vici-
nanze e di deliziose villette . fi
La Fonte di cui parliamo , vi resta in una specie di
bassura , sul margine occidentale appunto del Cherio: prove-
duta oggidì di un competente caseggiato ad alloggio di chi
vi concorre ; ed il quale , se adempimento avranno piena-
mente le generose e saggc deliberazioni dei nostro Consiglio
Co-
Di Giovanni Maironi da. Ponte . 287
Comunale ^ e le beneficenze , che vi vanno predipponendo
gli altri nostri Corpi Amministrativi , giova sperare si con-
vertila sollecitamente in uno de' più ampj e ben agiati Edi-
fìcj che si veggano a questo pubblico uso .
Noi siamo debitori a' Francesi del primo rinvenimento
o almeno della celebrità di questi Bagni . Vogliono gli Scrit-
tori nostri che ciò succedesse sotto Carlo Magno nel secolo
Vili , quando la nostra Patiia soggiacque al deniinio Gallo .
Ma essendo oramai distrutta dal tempo la Fabbrica , venne-
ro ristorati nel 1470 dal rinomatissimo nostro concittadino
Bartolomeo Colleoni .
Furono poi ridotti presso che alla forma presente da Sil-
vano Capello Podf^stà di Bergamo nel i58o, che in seguito
li die in proprietà e tutela della Città .
E' stato recentemente migliorato , e anche ingrandito il
caseggiato dalla beneficenza del fu Co. Giambatista Brescia-
ni ; il quale molto più avrebbe fatto , se morte non ce lo
avesse rapito in età ancor fresca .
Varj nostri Scrittori parlarono de' Bagni di Trescore ,
come l'Albano, lo Zamaglia , il Carrara ^ il Suardi , il Qua-
drio , il Sig. Andrea Pasta e il Sig. Mazzi Milanese (*) . Ma
quello che ne die un trattato completo è il prelodato nostro
vivente Sig. Giuseppe Pasta ; il quale nell' analisi chimica di
questa e delle altre due Fonti seguenti si prevalse della ma-
no espertissima del celebre Professor Bruguatelli nostro So-
cio .
Io penso di dar qui semplicemente una succinta descri- .
eione di questa sorgente Minerale, in relazione ad un'anali-
si che molto prima ne avea fatta io sotto la scorta dell' im-
pareggiabile mio Maestro il fu rinomatissimo Prof, Scopoli ^
e
(') Può vedersi anche la mia Dis- 1 le della Provincia Bergamasca . Ber-,
jertazione prima sulla Storia Natura- \ gatoo 1783.
288 Sux-LE Agqus MiHEnALr ec.
€ che ho posteriormente per ben ckie voUe replicata. L'ac-
<^|ua di questa Fonte è perenne ed abbondante più che noa
lo sia in quulche altra scaturigine Minerai vicina, la quale
quindi è poco meno che sconosciuta e negletta.
Essa viene cavata da un antichissimo pozzo con scc hio ;
nia più col mezzo di una tromba attraente , e si trasmette
per canali pusticci a riscaldarsi nelle caldiije , donde si fa
passare nelle tre belle caldaiie inservienti ai Bagni raedesi-
rni . E questa è la parte dell'Edificio divisata , da ampliarsi
la prima con un buon numero di camerini a bagno soìiuaio.
Appena tiatta dal pozzo può diisi assolutanjeute linipi-
da ; ma non di rado avviene che entro vi si veggai;o pensi-
li e nuotanti, a guisa di sottili piumette, certe particelle ag-
grovigliate nericce , che rassomig!i;iun a quello di un antra-
ce bituminoso disciollo , e che io riLhiamerei da questo prin-
cipio, che ragionevolmente si -può suji[)orre i.on lontano dal-
la concentrata sorgente di quest' acqua , se le osservazioni
de' prelodati valenti Professori non tendessero a farcele piut-
tosto credere derivative da altia accidentale estranea combi-
Kazione .
L' odore di quest' acqua è decisamente di Zolfo ; e fassi
sentii'e più eminentemente in certe ore e in certe giornate
della fervida stagione .
Il sapore ne è fra 1' amaro e lo stitico, ma più comu-
nemente nauseoso : prodncendo inoltri ancbe diversa sensa-
zione ; e molle e viscidetta al tatto trovasi da tutti .
La tempeiatura di qnest' acqua tratta appena dal pozzo
è assolutamente al disfttt'o di quella dell' Atmosfera . Il dì
a8 Luglio 1791, e il di 2,6 Luglio 1800 , ne" quali vi repli-
cai le mie osservazioni , allo stesso Termometro di Reaumur
era di quindici gradi ( nf 1 primo caso ) , mentre quella dell'
Atmosfera ascendeva ai diciannove e mezzo, e il calore dell'
acqua del Clierio e de' vicini ruscelli era ai diciassette. E no-
tossi ( nel secondo ) l'acqua della Fonte ai gradi quindici e
mezzo di calore^ mentre quello dell' Atmosfera montava ai
yen-
Di Gwvanni Maironi da Ponte . a8()
venti e mezzo, e fé acque del Gheiio e di essi ruscelli com-
parivano calde oltre i diciotto .
Anche il peso specifico di quest'acqua è minore di quel-
lo di tutte le akre , in confronto pure della distillata .
Conservata quest' acqua minerale in vasi di cristallo,
segnatamente se vi si lasci libero l' ingresso dell' aria ^ vi fa
de'' lievi depositi cenerognola oscuri, i quali trovansi altro
non essere che lo Zolfo , che si scioglie dall' acqua nella
scomposizione operatuvi dall' aria .
I pannolini che si adoprano nelle funzioni de' bagni , o
che altrimen.ti s'immergono in quelle acque, si rodono e coa=
suraano con prestezza .
Miste cól latte , non danno alcun fenomeno , soTo che
a*! palato di alcuni riescono più grate, e forse per essi più
scilecite al passaggio per orina.
Esposte per avventura al sole in un vaso , sì trova che
se ne spaccano éal fondo alla superficie certe picciolissime
buUuIette , che raccolte co' soliti apparati si trovano essere
di Acido Carbonico, ossia aria fissa ^ come si è chiamata si-
no a quest' ultimi tempi .
Esige quest' acqua per la ebuliizione assai più di calori-
co che la comune . E in tale operazione si separa da essa lo
Zolfo e va parte ad attaccarsi alle pareti del vaso , e parte
a nuotare sulla di lei superficie : venendo in tal guisa decom-
posto il <Gas Epatico , ossia il Gas Idrogeno solforato ; il qua-
le trovasi ospitare in essa in ragione di un pollice e d' un
settantesimo per libbra .
Se air acqua di Tre^core sì frammischi la tintura d' AI-
cea , questa perde il suo color vivo rossiccio, e ne riassume
un fosco ed oscuro .
La tintura di Turnesole punto non vi sì ammortizza ,
E rps'ste quest' acqua ad ogni impi^ssione jier parte della
soluzione di Galla, del Prusiato di Calce, e di Potassa; sic-
ché si può francamente asserire che nessuna parte di Ferro
esista nella nostra Fonte .
Tomo XL 0 0 Un
ago Sulle Acque Minerali ec.
Un pezzo di terso Argento lasciato per qualche tratto
immerso in quest'acqua prestamente si annerisce . E il Rame
in lamine vi perde subito la sua tinta vivace , e di una pa-
tina si ricopre gialli ignola-oscura , facendo perdere alle ac-
que stesse porzione del loro odore .
L' acqua di calce , frammischiata con quella della nostra
Fonte , s' intorbida sensibilmente , e somministra un sedi-
mento calcareo , ossia di calce , in ragione di quattro grani
per libbra .
La calce dell' Arsenico abbandonata per alcune ore all'
azione di quest' acque zulfuree , addiviene giallognola ^ e
fassi un orpimento , non togliendo ad esse 1' odor epatico .
Diversamente succede , se vi si impieghi 1' Ossido del
Piombo . Esso si annerisce sollecitamente , e del suo odor
epatico rimane spogliata 1' acqua .
Questo viene dissipato , non però con tanta prestezza ^
anche se all' acqua della nostra Fonte si unisca 1' ossido ne-
ro di Manganese. E gli altri ossidi metallici, nella stessa gui-
sa adoperati , nulla somministrano di rimarchevole .
Al risultato dalle operazioni cogli ossidi metallici furono
analoghi quelli, che io ottenni dall'impiego, che nell'anali-
si io feci di varie delle soluzionij ossia Nitrati metallici . Po-
tei pelò osservare liguardo a questi ultimi, che quelli del
Mercurio , del Piombo , e dell' Argento venivano decomposti
dall'acqua nostra Minerale, e convertiti in precipitati; i qua-
li sperimentati , si trovarono altro non essere nella massima
parte che Sali muriati .
Essa è combinabile col sapone , siccome tutte le altre
acque comuni del vicinato . E nessun seiisibde cangiamento
io vi riconobbi dall' applicazione degli Alcali puri o dei lo-
ro stessi Carbonati .
Ho accennato pocanzi che la nostra Fonte rontenea dell'
Acido Caibonico . Procurai quindi coli' ajuto de' soliti appa-
rati di riconoscerne precisamente la quantità ; e diffatti da
ogni libbra ne ottenni un quarto di pollice .
Trat-
Di Giovanni Maironi da Ponte 291
Trattata finalmente quest' acqua anche cogli altri nuzzi
e confronti j che somministra la Fisica e la Chimica, od una
esatta analisi , siccome in vero ha fatto anche il preludalo
Prof. Briignatelli , mi risuliù evidentemente in tutù gli spe-
rimenti replicati , che le sostanze Minerali in qufstn Fonte
3ono le surriportate , e di più quindici grani di Salmarino
ossia Muriato di Seda .
Non per detrarre punto dalla ragionata analisi di quel
prestantissimo Chimico , soggiungerò che a me ne ri.'uUò in
un eguale volume d' arqna ar che quasi un grano e mezzo
di'^'dl di CL'ubeio ( Sfdfato d' Soda de' Chimici moderni ) .
Riassunti f]i;ì dunquf' tutti questi risultati possiamo dire, che
Y Acqua Mmcrale di Trescore contiene per ogni libbra
r
Gas Idrogeno Solforoso poi. cub. i — •
Gas Acido Carbonico — — — — —
4
Carbonato di Cdlce grani — 4- "*"
Muriato di Soda grani i5. —
I
Solfato di Soda grani — — — — —
Ed è probabilmente alla presenza de' suddetti due Gas che
noi dobbiamo attribuire 1' ingombro di testa, che spesso pro-
var suole chi si fa a bere quest' acqua , e sopra tutto chi
vi si attnff.i : incomodo però affatto ist.intaneo e passaggiero.
In fianco al suddetto pozzo , ed entro il recinto del me-
desimo caseggiato trovansi anche i Fanghi . Consistono que-
sti in una pozzanghera nericcia mii erale circoscritta da bas-
sa muragli i ; e la quale a prima giunta sembra mista di pol-
vere di Carbone artificiale , tramandando un gravissimo odor
di Zolfo a considerabde distanza .
Il Fango è sovenhato fiali' acqua , la quale parimente
è minerale e colà zanq:)illanle non vis'bilmente . Quando
questa è quieta , si vede licnperta di una certa pellicola di
varianti colori , e spesso imitante (piello che si riflette dal ra-
me piritoso , 0 0 2, Di-
a^ù, Sulle Acque Minerali ec.
Diseccato il fango di questa pozzanghera, arde sulìe bra-
ge quasi come lo zolfo. E soventemente sì esso che T ac-
qua supcriore verdeggiano in eerta maniera , come osservò
anche il sullodato Professore , dai vegetabili , che vi ai di-
sciolgono 5 fra i quali segnatamente la Conferva rivularis Lin-
nael •
Le altre erbe nascenti all' intorno della pozzanghera so-
no Poa annua , Triticiini repens , Equìserum arvense , Soncus
olcraceus , Paretarìa vulgaris , Convolviilns scpìum , Cìcorium
sylvestre , Potentìlla reptans , Lìches saxatills , Trifolìum
jpratense , Primula veris offi^ìnalìs- , Sedum acre , Verbena of-
ficinalis i Àntirichìnum cymbalar, plarUago lanceolata ec. ec
Questo fango appena tratto dalla pozzanghera , ha un. co-
lor nero lucente, somigliante alla pece liquida, il quale sem-
pre più si ammortizza , quanto più la terra s' accosta al suo
diseccamento .
E' pochissimo dissolubile nell'acqua , alla quale egli non
imprime che un picciolissimo sapor dolcigno, passata che sia
per il feltro .
Trattato co' diversi Acidi Minerali , come il Niti-ofO , il
jMitrico, e il Muriatico , fa grande effervescenza, venendone
sviluppato un Gas di un odor epatico penetrantissimo .
Un' oncia di questo medesimo fango diseccato lentamen-
te al fuoco, col solito Ghimico Apparato, dà tanto del sud-
detto Gas , quanto basta per riempi re una caraffa capace di
diciotto once d'acqua, il quale trovasi essere un miscuglio
di Gas Idrogeno solforoso , e di Gas Carbonico .
Da tutti questi dati , costantemente analoghi relle di-
verse e replicate mie osservazioni ,. risulta che ne' fanghi
Minerali di Trestore esiste un Fegato di Zolfo Calcareo, con ti
Minialo di S( da simile a quello incontiato nelle acque della
Fonte . E come in es^a , riscontiai anche quivi alcuni pochi
grani di Zolfato di Soda .
Non è messe mia parlare dell' uso di questa Fonte Mi-
nerale nelle umane malattie . I nostri Medici impiegano que-
ste
Di Giovanni Maihoni da Ponte . ag'ò
$te acque j. ed esternamente applicano i Fanghi _, per risolve-
re tumori indolenti j e cagionati da un vimor viscido e fred-
do, nelle paralisie , e nella debolezza de' membri, ne' dolori
veumatici e artritici , e in somma ovunque sia bisogno di
I/avvivare la oscillazione de' vasi minimi , e di rimettere in
circolo le m-iterie viscide e tenaci , che impainate ristagnano.
Le acque prese in bevanda sono atte a ripulii'e lo sto-
maco e gli intestini , purgando piacevolmente : e quindi ser-
vono ai Medici per curare tutte le malattie , che da imba-
razzo di visceri e da oppilazione dipendono . Arrestano il
vomito , eccitano l' appetito , e giovano mirabilmente .
Questi Bagni oggidì sono incomparabilmente divenuti più
Roti e frequentati . E a ciò cooperò non meno la prelodata
opera insigne del nostro Sig. Giuseppe Pasta , che le guari-
gioni veramente stupende che vi vanno succedendo continua-
niente^ e che gli hauno portati in vero al grado di celebrità.
ir-
Un' altra Sorgente zolfurea è quella^ detta dì S. Omo-
buono, nella nostra Vallimagna, dal Villaggio, che vi si trova
sotto la invocazione di questo Santo .
Essa è manifestamente tale , come vedremo dalle analo-
ghe su-e proprietà . La Comune di S. Omobuono resta a do-
dici miglia dalla Città , cammin facendo per essa valle tra
il Nord 5 e il Mordouest .
La fonte poi si ha ad un mezzo miglio circa dal Villag-
gio , sul medesimo verso. Essa resta nell'imo della valle iiu-
mediatamente alla sponda destra del fiumicello , che la stes-
sa valle innaffia . E dicesi questo- sito Valbettola .
Sebbene tali acque non sieno nxjte fnori di patria , che
da quarant' anni o p>ico più , nullameno si vede che lo era-
no benissimo agli abitatori di que' contorni dal denominar che
fecero Fontanino dilla Rygna questa scaturigine , appunto
dai di lei uso iu tale malatua .
La
294 Sulle Acque Minerali pc.
La bocca d'onde zampilla 1' acqua j è affatto rude, e
del diametro di un'oncia circa in guisa di fessura in un ban-
co calcareo screpoloso , che torma la base a quasi tutto il
letto del iiuinicrllo, e fors' anche alle stesse montagnole ter-
ziarie che quivi rinserrano la vallata ) la quale d' alti'ande a
questo punto sarebbe assai spaziosa , come rappresentano le
geologiche mie osservazioni riportate nella precitata Disserta-
zione sulla Storia Naturale della nosti'a Provincia .
Gonvien osservare altresì che tutte le vicinanze abbon-
dano^ a prefeieiiza d'ogn' altro luogo, di uno Schisto cene-
riccio-nero lurido fragilissimo, e molle al tatto {^Schistus pìn-
guis Wall. sppc. i5g. a.) , e che questo massimamente non
molto lungi dalla Fonte vedesi stri^clafo di emanazione zolfu-
lea . Ann la pietra stessa conformante detta scaturigine, e
gli altri saisi in vicinanza , sono coperti frequentt niente di
un sedimento granulare aderente zolfoioso, il quale vuoisi pro-
^ dotto da celti teauissimi fiocchetti biancastri di essa sostan-
za , che vengono portati fuori dall' acqua medesima , ed ivi
depositati .
Quante volte visitai questa scaturigine , mi riuscì sem-
pre di poter raccogliere un poco di siffatta posatura; la qua-
le diseccata e messa poscia sulle brage , si vide sempre ar-
dere rapidamente , siccome il pejfettissimo zolfo •
L' odore di questo minerale annuncia la presenza della
fonte a varie centinaja di passi di distanza , segnatamente
nella calda stagione, e nella coinbinazione favorevole che le
acque del vicino fiumicello non soverchino quelle della sor-
gente .
^ Ne^ vasi , quanto sono questi meglio custoditi, tanto è
più sensibile in esse 1' odore di zolfo . Per altro allontanate
dalla fonte , esalano , e s' indeboliscono nella energia , sicco-
me succede di quelle stesse di Trescore , e di tutte 1' altre
di simile carattere .
t Quello che di singolare hanno queste , è che si possono
conservare per più e più mesi in vasi chiusi, senza che fac-
/ eia-
Di Giovanni Maironi da Ponte • agS
ciano il minimo sedimento \ ciò che prova che lo zolfo di
cui son pregne , è attenuatissimo e sottilissimo .
Nsir ultima visita che vi praticai in giugno dell' anno
srorso , quando fui in Vallimagna per qualche osservazione
sopra due fontane intermittenti ^ che quindi non lungi si tro-
vano , potei estendere le mie indagini ed esperienze anche
sopra due allre scaturigini zolfuree , che si veggono in vici-
nanza a quella, che fa il principal soggetto del presente dis-
corso .
L' acqua è perenne in tutte e tre , non però di rolume
eguale ; sf-mbrandonii che la più ccpiosa sia quella attual-
mente in uso , selbene forse la meno facile a preservarsi >
perchè, come abbiam veduto, in una situazione da essere
soverchiata dalle acque del fiumicello in ogni di lui più pic-
cola piena .
Le succennate secondarie due polle sino ad ora noti so-
no adoperate , St^hbene sieno della siessissima attività , e in
una di esse si ahh ano anche i fanghi .
Non sono spiacevoli al palato queste acque . E nel!' as-
saggiarle sentesi un sapore dolcigno , atidetlo , simile a
quf Ho che risulta dalla conibinazione del Gas Idrogeno Sol-
foroso e Carbonico coli' acqua pura.
Sono limpide a vedersi e freschissime a bersi. Ed ho in
esse sempre trovata la stessa temperatura che in quebe di
Tr<*score essendo costantemente due gradi meno calie delle
acque pure del vicinato. ; poiché 1' Atmosfera essmdo neil'
ultima mia visita a gradi 19, superava di gradi due il calor
di queste ultime ; ma malgrado di tanta freschezza non si
congflano giammai .
L'acqua di S. Omobuono , comecché zolfurea, pur quanto
ai principi, e alla dose loro, non é perfettamente conforme
con quella di Trescore . L' analisi che anche di questa ho
rifitta p'ù d' una volta impiegandovi tutte le solite chim che
combinazioni , e tutti i consueti reagenti, mi vi fece scoprire
«ostante ni cute della diiTeienza fra 1' una e i' altra . In quella
per
ag6 Sulle Acque Mikerali ec.
per esempio gli Ossidi d' Arsenico , e di Piomlio si alterano
di colore più che ia questa, quando tutto all'opposto succe-
de se vi si immeiga in pezzo d' Argento e di Rame .
Oltre di che nell' acqua minerale di Vallimagna la so-
stanza salina è tutta zoUato di soda, ossia sai di G.'aubero ,
quando nelle prime è nella massima parte Muriato di Soda
osiia Salmarino . Dalle mie sperienze dunque , reiterate an-
che sulla norma di quelle dei prelodato Sig. Brugnatelli ,
panni essere autorizzato a poter dire , che nelle acque di S.
Omobuouo per ogni libbra esistano
di Gas Epatico , ossia Gas Idrogeno Solforoso poi. i — ^
di Addo Carbonico ossia Aria fissa ^
di Carbonato di Calce o Terra calcare gr. a ~
di Zolfato di Soda , ossia Sai di Glaubero gr. 1 1 --
Le erbe più copiose che formano tappeto al margine
delle suddette tre Minerali scaturigini, sono V H edera helìx ,
Listrum salicarhim , Adiaritiim capìllus veneris , Trihcum
rejjens, Convolvulus sep'nim , Cìcorìum sylvestre , Lichen pli-
catus £a Lichen saxatilis , Mentha sylvestris , Folipodiuin /e-
Ux ec.
I boschi poi circostanti a questo sito sono quasi tutti
di Fagus sylvestris , di Carpcmits betulus , di Fagus casta- :
ìiea j di Corìlus avellana , di Vihurnum ebulus ec.
L'uso di quest'acqua si è ora fa*to notissimo e frequen-
te, e se ne contano delle guarigioni mirabili, sia ella adope-
rata esteriormente j o sia internamente usata a lìorma del bi-
sogno .
La ragione e 1' analogia la ha additata a' Medici oppor-
tunissima per molte malattie, e le sperienze, che da essi se
ne vanno facendo , la confermano sempre più nel suo credi-
to e nella crescente sua fama .
Ne' mali cutanei di qualunque razza viene adoperata con
molto buon successo j sicché ^uasi si stabilisce che sia dessa
specifica . % Kel-
Di GiovAMjji Maironi da Pokte • 207
Nelle infermità poi interne , ove sieno delle suppurazio-
ni , delle ulcere , delle ostruzioni , delle contratture ed of-
fese de' nervi 5 dei calcoli, a degli altri incomodi di vasi uri-
nar; , i Medici la trovano commendabile .
L' uso attuale di quest' acqua è riservato, siccome ccca-
de di quella di Trescore , ai tre mesi estivi , quando la sete
suol essere maggiore , « più aperti i canali del corpo ; ma
se ci stringe il bisogno , e 1' indtigiare sino a quel tempo
possa essere di danno, si potrà usarla in ogni stagione , giac-
ché essa in ogni stagione ritiene la medesima limpidezza e
quasi il medesimo odore e sapore . ,, Può ella ( dice 1' illu-
stre Sig. Giuseppe Pasta nella precitata sua opera ) praticar-
j, si con sicurezza , sì ne' fanciulli , che ne' vecchj . Non
y ha prodotto il minimo sconcerto in più donne gravide ; «
,, si può credere con molta probabilità che , tanto le donne
„ facili a sconciarsi ., quanto le sterili per inorganico vizio ,
., possano ritrarne uno specifico ajuto „ .
Pare che anche circa questa Fonte cotanto salutifera ed
utile s' incominci a pensare a qualche provvedimento , onde
liberarla almeno dalT inconveniente d' essere non di rado so°
verchiata e confusa dalle piene del vicino toirente fiumicello .
Frattanto nel portarsi al Villaggio di questa sorgente in-
cominciasi a godere del vantaggio di una strada per lungo
tratto molto migliorata ; e bassi ragion di sperare che presto
si potrà dire altrettanto del resto .
Varcata dall' imo della Vallimagna la giogaja che la con-
forma dalla parte dell' est , s' arriva col cammino di due ore
o poco più in Valbrembilla , valle così detta dal fiumicello
di tal nome che la bagna . Poco limgi dalla sinistra sponda
di questo j presso il villaggio denominato pur egli Brambilla,
ti'ovasi scaturire un'altra polla zolfurea; la quale dicesi per-
fettamente simile all' anzidescritta di S. Omobuono , e per i
suoi efi'etti corrispondenti del tutto sui sensi , e per le gua-
rigioni orora riuscite di analoghe malattie .
Come la stagione me lo permetterà , mi porterò sul luo-
Tomo XI- Pp go
ar)8 Sulle Acqoe Minerali ec
go per praticarne una formdle analisi , e per farvi gli occor-
renti confronti .
III.
Le acque di S. Pellegrino, cosi dette dal nome del Vil-
laggio, in cui hanno-la sorgente, sino a' nostri dì restarono
neglette, e quasi sconosciute; anzi da alcuni nostri Scrittori
furono erroneamente dichiarate micidiali e nocive . Le ope-
lazioni però e le sperienze , che sul sito da qualche tempo
si sono fatte, ne hanno dimostrata la innocenza e la utilità.
Le stupende guarigioni poi che se ne contano , le hanno re-
se ora celebri ed assai frequentate .
Questo villaggio , che è uno de' più considerabili , che
veggansi in Valbrembana, giace sulla sponda occidentale dei
Brembo , in distanza dalla Città dieci miglia circa.
La di lui situazione è ridente , sebbene racchiusa fra le
due eccelse giogaje , che la grande vallata costituiscono . Re-
sta quasi sul centro di una pìcciola pianura , tutta attorniata
da eminenze, ora di piacevole, ora di spaventosa sembian-
za , appartenente alle giogaje medesime , che formano una
prospettiva di amenità e di orridezza la più interessante.
Le sponde stesse del fiume presentano un misto di cose
il più dilettevole e sorprendente . Qui abitazioni signorili ab-
bellite e maestose , alternate da rustici casolari , da giardi-
netti e da orticelli ; là verdeggianti praterie , intersecate da
ruscelli, e corredate da filoni d'alberi : qui annosi folti bos-
chetti invitano a grati passeggi : là ombrosi recessi, ed orri-
di spechi danno comodo seggio e filosofico ritiro . In som-
ma tutto qui coriisponde a rendervi il soggiorno assai piace-
vole e gradito .
La Fonte minerale , la quale scaturisce divìsa in due
polle vicine , sta a qualche distanza dal corpo della villa ,
sopra la declività di un praticello , dove sin 1' anno scorso
non esistè , che una stauznola , in cui restava chiusa una
delle polle , e radunavansi le persene a berne . Ora una so-
'. -, ' ' cic«
Lfi Gjovanmi Maironi oa Pontb . aoQ
cietà di alcuni cittadini vi ha costrutto un comodo fabbrica-
to. Consiste questo in uno spazioso atrio, fornito di due
Jjtile vasche , nelle quali dall' alto si fa cadere 1' acqua mi-
nerale ad uso di bibita sul luof^o .
Dietro al medesimo atrio sullo stesso piano sonovi vari
camerini con gli agj necessarj, e con vasche di marmo a ha*-
gno individuale , nelle quali si fa per tubi murati passare
r acqua minerale riscaldata artificialmente .
In fianco dell'atrio sonovi le stanze da trattenimento
e di rinfresco, a. comodo di chi vuol usare di quest'acque
alla sorgente .
Questo fabbricato è divisato ad un maggior ampliamen-
to , e la di lui situazione è già sì piacevole ed amena, che
pare che la liatura stessa abbia fatto tutto per renderla vaga
ed interessante .
Sì l' una che l' altra delle polle è perenne ed imper-
turbabile per qualunque eventualità . Quella poi che può
dirsi quasi copiosissima è la prima , la quale è la ora rac-
chiusa nel suddetto fabbricato, lasciato lo zampillo dtll' altra
a beneficio della povertà .
Le erbe , che restano innaffiate da esse acque , sembra-
no resistere più al venire della fresca stagione , e d' altron-
de rivivono più presto in primavera. Tali erbe seno: Lìchen
plicatus , Trltìcum repeu^ , Jdìantum capillus veneris , Li~
struni salìcarìum , Mederà lielìx , Leonfodon tarnxacum ,
G leucoma oleraceus , Mentha aquatica , Mentita sylvestrìs ,
Veronica becabunga , Viola martìa , Sìsymhrìum nurturtìum ,
Malva sylvestr's , Oxalls acetosella , Potentilla reptans ec-
Qurst' acqua trovasi costantemente più calda dell' At-
mosfera ; e difatto nel replicar che feci, di colà passando, più
volte le mie osservazioni, io la trovai sempre dai due ai tre
gradi di superior temperatura .
Essa è limpìdiss'ma e ridondante di bolllrine visibili
anche ad occhio nudo di un Gas sottilissimo, che se ne
sprigiona con i;npeto sino a cagionare de' leggieri spruzzi .
P p a A ta-
3oO Sulle Acque Minerali ec.
A tale sprigionamento e scoppio di Gas attribuir si de-
ve la frequente crepatura delle bocce di vetro , se sieno el-
leno affatto empiute di quest'acqua minerale, ed ermetica-»
mente chiuse . Quindi essa lasciata lungamente all' aperto
perde i suoi Gas che sono il miglior suo principio . Questo
è il Gas Carbonico, ossia Aria fissa, come 1' hanno chiama-
to sino a' nostri di ,
L' odor dell' acqua di S. Pellegrino non è sensibile che
appena tratta dalla fonte, e fors' anche a stento. Sembra
quel tenuissimo del Gas Carbonico .
Il sapore è leggermente piccante , e per certuni quasi
insensibile o tendente al liscivoso- e saponaceo.
11 suo peso specifico è di _— , minore di quello dell'ac-
qua distillata , e tiene la mentovata temperatura in ogni sta-
gione .
Il passaggio di quest' acqua per orina copioso e pron-to ,
si è il di lei più ordinario effetto. Sono tollerate dal ventri-
colo in guisa stupenda , poiché si è veduto qualcuno berne
sino oltre le trecent' once per mattina , e durare in questa
grande dose per varj giorni, senza risentirne il menomo scon»
certo , anzi con lodarsene non solamente quanto alla solleci-
ta passata , ma eziandio pel buon successo ne' mali ,
Frammischiata l'acqua della nostra Fonte colla tintura
d' Acea , trovasi che il color di questa si ravviva alquanto ,
sicché sembra più rossigna .
Usai di varj ossidi metallici, e principalmente di qnelli
di Piombo e di Argento ; e nessun fenomeno mi presentaro-
no rimarchevole o decisivo .
Aggiunsi a quest' acqua un poco di limatura di Ferro ,
Nessun altro cangiamento vi produsse che quello d'imprime-
re dopo lungo tratto alla medesima il sapore stitico ed au-
stero , che prima non avea .
Vi frammisrhiai del pru?siato di Calce, e di Potassa j
onde meglio riconoscere se vi esistesse del Ferro combinatoj
ma
Di Giovanni Maironi da Ponte T 3oi
ma nessun risultato venne a favorire il mio dnbLio . E lo
stesso successe , venendole applicata la tintura di Galla .
Abbiamo veduto che copioso ospita in queste acque il
Gas Carbonico ; il che vieniaggiormente si mette in chiaro ,
se lodevolmente combinar le si può il calorico . Difatti con
questo mezzo e coli' apparato Idro-pneumatico ho pctuto con
successo certissimo replicare le sperienze, che prima avea
per cagion di mancanza d' istromenti eseguite con assai più
laborioso stento ; e da esse costantemente mi risultò, che per
ogni libbra l' acqua di S. Pellegrino contiene due pollici d'A-
cido Carbonico ,
Proseguita T analisi sopra il residuo terroso di quest' ac-
qua , privata che sia del suddetto Gas Carbonico , trovai al-
tro non essere egli che un Carbonato di Calce , e corrispon»
dere nel peso a poco meno di un quarto di grano .
Bramoso poi di riconoscere gli altri principi fissi,- cbe
jn questa sorgente esistono , versai alcune goccie di Nitrato
di Barita sopra una libbra della stessa acqua raccolta di fres-
co in un vase di vetro , e n' ebbi un precipitato che era un
vero Solfato- di Barita . Tentai questo medesimo sedimento
coir Acetito Baritico ; e tali ne furono le risultanze da non
dubitare che questo non fosse un vero Solfato di Soda os-
sia Alcali minerale , ed in ragione di un grano ed un tren-
tesimo . Vi va unita una tenuissima parte anche di SelenitCj
che aggiunta alla quantità già notata di Carbonato di Calce,
si può valutare insiem-^ quello e questa un quarto di grano
per ogni libbra • L' acqua di S. Pellegrino contiene dunque
per ogni libbia di pes& »
Gas Carbonico ...»..• ^ . » . poi. a. —
Carbonato di Calce ec. , . . ..... granì — ■-
Solfato di Soda gl'ani i. _,
Con questa mia analisi coincidono quasi tutte le risul-
tanze di quella, che sui luogo praticò nel 1793 il preloda-
to
'àcl SuLLB Acque MmERAti ec
to Piofes'50re Brugnatelli , colf ajuto del bravo nostro Medi-
co e Botanico Professore Facheris . Non v' ha che una poco
valutabile differenza sul punto del Solfato di Suda : ingre-
diente forse il meno interessante la virtù medica della sor-
gente , giacché ciò che maggiormente è da pregiarsi in tale
acqua , vuoisi essere d,»' Medici il Gas Carbonico.
La osservabile temperatura poi di questa soigente , co-
stantemente superiore a quella dell' Attnosfera , ha dato ar-
gomento a diverse teorie, onde spiegare un fenomeno che
non è il più comune .
Io, omesse le altre spiegazioni, inclinerei a derivare,
piuttosto che da ogni altra cagione , la combaiazione del ca-
lorico in queste acque , da quella , da cui snolsi massima-
mente richiamare il riscaldamento delle Fonti Termali .
Concentratissima debb' essere la prima sorgente della no-
stra Fontana , siccome la fa supporre la stessa costanza del
suo volume , e la stessa fua imperturbabilità . E chi sa che
anche nella nostra Sorgente non abbia influenza qualche fuo-
co sotterraneo ? Chi sa che essa in origine non sorga che
dal condensamento degli umori in qualche caverna sul cen-
tro della vicina gran montagna , là dove appunto si faccia
sentire qualche fuoco sotterraneo e si feltrino le acque pio-
vane ? Chi sa che nel lunghissimo loro viaggio le acque noa
passino sopra alcuno strato piritoso , il cui calorico venga
combinato con esse , e che incontrato poi qualch' altro stra-
to di Soda , con questa resti incorporato 1' acido Solforico ,
che per avventura, dalle piriti, insieme col calorico^ devono
aver elleno divelto ? Ed ecco in ijuesto caso 1' origine anche
del poco Solfato di Soda , che in questa Fonte si trova .
Anche il tante volte lodato Sig. G. Pasta propone inge-
gnosissime conghietture sopra questa particolarità della no-
stra Fonte : nel mentre che sulla base dell' analisi del Sig»
Brugnatelli si fa egli da Medico suo pari a ragionare sopra
queste acque e sopra il loro uso salutifero .
La loro indole piacevole e innocente fa che ne sieno
ca-
Di Giovanni da Pontk . 3o3
capaci le persone più deboli e malaticcie , purché le beva-
no ne' debiti modi .
Per i calcoli delle reni, e della vessica , per le renelle
ed altre affezioni renali , i Medici le vogliono specifiche .
Giovano pnre alle cachessie scorbutiche e malinconiche , ed
a' dolori, clie da essa procedono. E sopra tutto sono eccel-
lenti per guarire tutte le affezioni cutanee dipendenti da sal-
sedine e da acrimonie d' umori .
Descritte le tre Fonti minerali primarie e più celebri
della Provincia Bergamasca, passerò a quell'altra nella clas-
se delle secondarie che a ragione , fra esse può dirsi la più
meritevole d' illustrazione .
Quest* è la Fontana Marziale sul Tener di Gandellino »
non ignota allo stesso Sig. Giuseppe Pasta (*), ventisette
maglia distante dalla Città , immediatamente al diesopra di
Gromo in Valseriana , e che vedesi scaturire a due polle se-
parate .
Passato il Serio sul ponticello Peza , che resta ad un
quarto d'ora incirca dal detto picciolo borgo di Gromo, si
trova subito la ripida Falda occidentale della grande giogajaj
che dal nord al sud costeggia la Valseriana .
Da questo punto obbliquamente salendo verso mezzodì
lungo un viottolo, che conduce a Boario, ad un quarto d'ora
dall' imo della valle , in un bosco chiamato i Xoveri inco«
minciasi a trovare la prima di esse polle minerali ; ed al-
tnttanto ci vuole per giungere alla seconda , che scaturisce
ad al •uni piedi sotto il viottolo medesimo.
Tutta la gran Falda è di uno schisto granltoso micaceo
{les
[*] Ne fa un breve cenno noli» prefazione del preaccennato di lui Trattato »
3o4 Sulle Acque Minerali ec.
( les roches feuilletées del Sig. Saussure) a massi confusi.,
vorticosi , e rovesciati quasi dapertutto investito d'Acido Zol-
forico ; il quale si può dire Hianifestavviai evidentemente .
Il dorso della Falda , dove non è coperto di terra e --di
vegetabili , presta i.m facile mezzo a siffatta osservazione .
Anzi a pochi passi dal detto praticello , ma verso settentrio-
ne j vedesi una gran valle rovinosa , solcata nel pendìo del
monte , tutta coperta di rojtami compenetrati . dall' Acido
medesimo , derivante dalla pirite ferrea in istato di scom-
posizione .
Quivi appunto esistono le vestigia di un antico edificio,
rimesso non ha guari , e non ha guari novamente rovi-nato
per la, fabbrica del Vitriolo , vedendosi ivi abbandonato an-
ehe no gran cumulo di minerale, preparato a quest' uopo .
E' da osservarsi altresì che poco inferiormente alla sud-
detta prima polla trovansi evidenti segnali j che altra volta
yì si cayass e dei Ferro . E di questo metallo veggonsi non
dubbie impressioni in inolti altri luoghi della Falda .
Premessi questi lontani rimarchi passiamo a descrivere
più davvicino questa Fonte ^ conosciuta quivi rispettivamen-
te a tutte due le polle j sotto la denominazione di Fontana
del Vitriolo .
I dì aij aa, aS, a4 dello scorso Settembre furono quel-
li , in cui per la seconda volta visitai e potei fare osserva-
zioni ed esperienze locali sopra questa Fonte (*) .
Non vi riconobbi mai la minima differenza o alterazio-
re , sebbene più d' una fiata si mutasse lo stato dell' Atmos-
fera j e vi succedesse qualche dirotta pioggia .
So-
(•) Sono obbligato de' mezzi di ese- particolari nella mineralogìa e nella
«rii'ire sul Inogo la nuova mia analisi metallurgia ha portata la fabbrica dell'
al Sig. Gio. Battista Franzina singe- Acclajo nostro ad una perfezione da pa-
lar mio amico , abitante in Cromo il raggiare quello pregiatissimo d' In»hil-
più dell' anno j dove e^li co' lumi suoi terra.
Di Giovanni Maironi da Ponte . 3o5
Sono stato assicurato che quest'acqua è perenne in am-
bidiie le polle per siccità che avvenga . E' sempre limpidis-
sima , ma di un color brillante, come quello di un imbruni-
to Acciajo .
Il di 22, , immersa nell'acqua della prima polla, imme-
diatamente alla scaturigine j la palia di un esattissimo Ter-
mometro di Reaumur , nel quale il calor dell' Atmosfera era
jiìarcato ai i5 gradi e mezzo sopra la congelazione , discese
il mercurio ai gradi 9 e mezzo .
Fatto altrettanto rispetto alla seconda polla, il mercurio
discese agli 8 : nel mentre che le scarse acque di una pic-
ciolissima sorgente non minerale, intermedia tra questa e la
prima polla, non poterono farlo discendere che alli io e mez-
zo ; e tale fu il risultato anche dell' immersione dell' istro-
mento nelle acque del Serio.
La qualche disparità però , da me notata , di temperatura
nelle due polle, potrebbeei attribuite alla diflerenza del vo-
lume nelle loro scaturigini , sicché il maggior corpo d' acqua
lìclla seconda concorra a ritenere la naturai freschezza di sor-
tita a preferenza della prima .
Questa in lui quarto d' ora somministra trenta libbre
grosse e quindici once d' acqua , nel mentre che la seconda
in ugual tempo ne dà sessantacinque e più .
La nostra acqua minerale nel peso supera di un mille-
simo la distillata. E il di lei sapore trovasi acidulo da qual-
cuno ; stitico e decisamente austero da tutti ; tale in somma
qual suol essere quello delle sostanze, in cui sciolto sia il
Ferro .
Sono freschissime a bere , assai facili a passare, e non
mortifere agli insetti acquatici , de' quali taluno ne ho vedu-
te ne' piccioli stagni della Fonte : anzi vi ho sperimentato
vivere non brevemente infusi gli stessi lombrici .
L' erbe , che formano tappeto all' intorno delle due sca-
turigini , sono di una tinta vivissima verdecarica . E non al-
tra impressione ricevono da quest'acqua) che quella dell' os-
Tomo XI. Qq $i-
3o6 Sulle Acque Minerali ec.
sido di ferro 5 che essa vi depone nel suo- decorso, sicché
per lungo tratto , erbe , radici, foglie, pietre , e terra, tut-
ti sono ingombri di una sostanza giallo-rossiccia , quale lave-
rà ocra ferrea .
Il maigine poi e il contorno della Fontana, tanto in vm
sito quanto nell'altro, è coperto delle seguenti erbe princi-
palmente: Lìchen plìcatus , Lìchen saxatìlìs ^ Adìantum ca-
pìllus veneris^ LIedera htlìx , Lìstrum salìcarìum , Mentila syl-
vestrìs , Potentina reptans , Veronica montana , Chrysanthe-
nium alpiniim i Teucrìinn ìnontaniun ^ Polìpodium selìs , Tu-
xìlago alpina : osservabile essendo, rispetto a quest' ultima ,
che il rovescio della di lei foglia è tutto petecchiato di ros-
so giallo , siccome 1' ocra stessa .
Vegeta prosperamente, non lungi da questa Fontana, la
Circea alpina , il Fagus sylvestris , 1' Asurum europcum , la
Retula alba , il Carpanus betuliis^ il Pìnus pìcea , il Pi-
nus abìes , il Pìnus mugus , il Pìnus larix , V Acer pseii-
do-platanus ^ il Viburnum obolus , il Corìlus avellana ec.
La denominazione dun(iue di Fontana del Vitriolo invalsa
quivi rispetto a quell' acqua , e la compenetrazione di tutta
questa falda da un apparente Acido zclforico , siccome ab-
biam veduto , mi hanno fatto da principio riguardare 1' ac-
qua minerale di Gandelliuo , come dì carattere decisamente
vitriolico j quindi nel divisaniento di tentarne l'analisi colla
possibile precisione , ho creduto di dover prendere a guida
delle mie spcrienze le Osservazioni Fisiche suW acqua dì Re
coaro , con tanta maestria istituite dal fu insigne Matematico
Anton- Mario Lorgna .
Io le riporterò con quello stesso ordine e metodo, con
cui le ho praticate .
Quest' acqua si unisce al sapone con molta facilità , in
confronto dell'altre del vicinato, e di quella stessa del fili-
ni icel lo Colio \ la quale nella purità uguaglia quasi la di-
stillata .
Lo
Di Giovanni Maikoni da Ponte. Soj
Lo stesso succede unendola al latte . E questa infusione
incomincia a rappigliarsi, soltanto dopo che le si uniscono al-
cuni £;rani di vitriolo di commercio .
Le carni stesse lasciatevi in infusione non accrescono il
loro color sanguigno , se non dopo l' aggiunta del vitriolo
suddetto . .^
Quest' acqua , se in essa infusa venga la tintura di Tur-
nesole ; prende perfettamente il colorito della stessa ; né in
essa ravvisasi alcuna alterazione. Assume il color di rubino,
soltanto allorché aggiunti le vengono alcuni grani di esso vi-
triolo .
Le Rose secche lasciate in quest' acqua lungamente infu-
se , non fanno che ravvivare il naturai loro colorito . Lo al-
terano subito e progressivamente s' anneriscono , se ad essa
s' aggiunga come sopra del vitriolo .
Trattata colla tintura di Galla , 1' acqua ingiallisce , né
cangia mai in nero 1' assunto colore , se non se quando an-
che in questo sesto sperimento abbia luogo la suddetta ag-
giunta
Il medesimo risultato io ho avuto dalla sperienza fatta
sopra quest' acqua colla tintura d' Alcoa .
Lasciata una lamina di purissimo Argento lungamente
nell'acqua minerale di Gandellino ^ non ha- mai perduto del-
la sua 1 acidezza .
Infusa in quest'acqua un' altra lamina di terso Acciajo ,
il lustro si annebbia subito e prestamente si ricopre di una
ben colorita ocra; la quale comparata con quella tratta dalla
Fonte , si trova avere tutte le stesse qualità .
Preparai con un poco di Vitriolo di Cipro un picciol va-
so d'acqua distillata, e un altro di quella della nostra Fon-
te . La più picciola differenza non potei in esse osservare .
In ambidue i vasi infusa lasciai rispettivamente una lamina
di terso Acciajo . Ed un' altra ne infusi contemporaneamente
in un vaso d' acqua minerale di Gandellino . Quest' ultima
Qq a ir-
I
3o8 Sulle Acque Minerali ec.
irriiggirti ser/iplicemente, siccome era successo neìV antece-
dente sperimento : le altre due senza la minima difterenza
fra loro presero un color di Rame perfetto.
Scelsi dell' acqua di Calce recentemente fatta , e vi in-
fusi dell' Azzurro di Berlino , per cui essa ingialli . Versai di
questa infusione nella nostra acqtj^ minerale : e il risultato
conservò lo stesso color giallognolo . Misi della stessa infu-
sione anche in un picciol vaso d'acqua distillata, e precisa-
mente simile ne fa il risultato . Aggiunti poi in un vaso e
nell'altro alcuni grani di Vitriolo di commercio, 1' acqua si
cang'ò di colore in ambidue e si fé verd' oscura .
Le sin qui riportate sperienze mi sono sembrate bastan-
ti a provare , che 1' acqua di Gandellino non contiene Acido
Solforico, ossia Vitriolico, almeno in quantità sensibile ; e
che poi , se pur una qualche minima dose ne contenesse ,
questa certamente sarebbe marziale , giammai di quello di
Rame .
Ritenuto che quest'acque non fossero vitrioìiche per le
prove sopra riportate, tentai di scoprire di quali altri prin-
fipj minerali esse fossero pregne , usando all' uopo altre in-
fusioni .
Versato nelle stesse un poco di Acido marino , non vi
si sono punto intorbidate ; nella stessa guisa che successe fa-
cendo sperimento sopra l'acqua distillata .
Altrettanto mi è risultato infondendovi dell' Acido nitro-
so fumaryte .
Nessuna alterazione o effervescenza ho osservato io quest'
acqua , versandovi il Carbonato di potassa sciolto nel!' acqua
distillata. E lo stesso è avvenuto dall' infusio-ne in esse dtll'
Acido Solforico.
Versato nell' acqua di Gandellino il nitrato di mercurio,
fatto a freddo, vi succede subito un annuvolamento, ed una
pronta precipitazione di una sostanza di color giallo-arancio
smorto . Esso è V ossido del medesimo mercurio , e mi risul-
tò in ragione di sei grani per ogni libbra d' acqua .
Dal-
Di Giovanni M*ironi da Ponte. 809
Dalla decomposizione jiai del Nitrato di mercurio , fat-
to a freddo , rimarcata sì copiosa nella suddetta acqua , co-
me nell'antecedente sperienza , risulta che in esse esiste cer-
tamente un altro principio, atto a combinarsi colT Acido che
entra nella formazione del Sale , e quindi liberare l' ossido
del mercurio. Questo principio non può essere che il FeiTO ,
il quale d'altronde esistervi si comprova con tante altre spe«
rlenze .
Tentai quest'acqua anche co! mezzo della svaporazione.
Messe quattro libbre di essa in un vaso aperto , vi applicai
un lento fuoco , per il quale in meno di tre ore tutta svapo-
rò . Raccolsi dal fondo del vaso quattro grani di un sedimen-
to verdognolo tenuissinio , senza sapore, che posto sul fuoco
punto non si alterava .
Lo assoggettai all'azione degli Acidi, ne mai 'fece effer-
vescenza ; e trovai essere una vera terra selen'tosa , e in i-a-
gione di un decimo di grano per ogni libbra d' acqua .
Raccolto il sedimento , che ini lasciarono quest' acque ,
dopo lungo tempo , sulle pareti , e sopra tutto snl fondo di
im vaso aperto , lo sottomisi all' azione de' solidi reattivi.
E questa posatura , che era bruno-cinerina , fu trovata evi-
dentemente p r la massima parte carbonato di ferro . DiRitti
coli' Acido Solforico fece effervescenza e si sciolse . E la so-
luzione , trattata dappoi col Prussiato di Potassa , diede un
bell'azzurro di Berlino. Questo Cirbonato di Ferro mi risul-
tò esistere nella Sorgente di Gandellino in ragione di un
grano e m^zzo in circa per ogni libbra d'acqua.
Nel fare e nel rifare le suddette sperienze , tanto presso
la Fonte , qufinto sopra 1' acqua trasportata altrove , io avea
osservato che dil fondo del vaso , in cui era rncco'ta , s' al-
zavano alcune bollicine, te quali giunte alla superfìcie, su-
bito scomparivano : ciò poi vieppiù accrescendosi , quanto
maggiormente si agitava il vaso .
Sospettai quindi che in questa Fonte fosse osp'tante qual-
che Gas , siccome in quasi tutte le acque di simil carattere ,
e co-
3 IO Sulle Acque Minerali ee.
e come ho pur osservato rispetto segnatamente a quelle di
S. Pellegrino .
Notai però essere in questa molto men copiose e vibra-
te siffatte bollicine, e non avere energia da formare scoppio
a pelo d' acqua , come succede in quella , né alcuna esplo-
sione o tentativo contro il turacciolo delle bocce .
Privo in quel punto d' ogri' altro apparato ^ dovetti ap-
jjigliarmi j per poter raccogliere e conoscere questo gas, all'
espediente usato dal Sig. Lorgna rispetto alle acque di Re-
coaro .
Col mezzo dunque di vesslclie preparate raccolsi da quat-
tro libbre grosse d' acqua minerale quasi un quarto di polli-
ce di Gas .
E assoggettato esso agli sperimenti e al tentativi indicati
dal prelodato Autore, mi risultò essere non già Gas Solforico,
come avea sospettato dapprima , ma Gas Carbonico generato
( convien dire ) dall' Acido di questo nome , che in natura è
il più comune e frequente mineralizzatore del Ferro .
Ciò posto oserei conghie tturare , che due diverse modifi-
cazioni quivi dalla natura subisca questo metallo nelle due
separate situazioni della montagna \ 1' una di mineralizzazione
coir Acido solforico , vale a dire di Solfato di Ferro , sicco-
me vedesi laddove si trova tutt' ora il Vitriolo in efflorescen-
za \ l'altra di mineralizzamento coli' Acido Carbonico, cioè a
dire , di Carbonato di Ferro .
In siffatta guisa, parlando della nostra fonte Minerale,
la sostanza Ferrea , che le acque sviscerano dalla piìi con-
concentrica parte della montagna , di mano in mano che essa
si mette in contatto coli' aria atmosferica , resta svincolata
dal Gas Carbonico , da cui essa era investita , ed addiviene
ossido ; e sorte in tale stato liberamente coli' acqua stessa ,
come lo dimostrano le deposizioni d' Ocra sulla terra per non
picciol tratto lungo il decorso di queste polle , siccome ab-
bi am veduto .
Questa teoria viene confermata da quanto si osserva di
quest'
Di Giovanni Maironi da Ponte. Sii
quest' acqua lasciata in vasi aperti e quieta , deponendo es-
sa in tale stato sulle pareti una specie di sottilissimo Ossi-
do di Ferro , ciò che non succede qualora essa resti in vasi
chiusi .
Da ciò hassi ragion di conchiudere , che quanto più si
sprigiona dall' acqua di Gandcllino il suo Gas j tanto meno
ne è difficile e sollecita la scomposizione , e quindi la risul-
tanza dell' ossido; e che all' opposto j quanto meno se ne la-
scia Sprigionare il piincipio spiritoso , lauto più se ne ritarda
lo scomponimento .
Copiosissima abbiamo dunque veduto essere l'ocra di
Ferro che trovasi spoutaiieamente deporre questa Fonte alle
due sue scaturigini , e deponerne altresì con facilità ut-' vasi
aperti . Sicché panni poter io pronunciare come cosa fuori
d'ogni dubbio, che il principio piedomnante , anzi direi
quasi r unico valutabile in essa , sia il Ferro : in guisa da
diffinirsi 1' Acqua Minerale di Gandellino assolutamente mar-
ziale .
Ma ammessa di questa Fonte la classificazione adottata
saggiamente dal prelodato nostro Dott. Pasta ed espressa ne'
pochissimi cenni , che ne fa nella prefazione del citato suo
Trattato , non sap'-ei poi francamente decidermi a quale de'
due ordini d' Acque fcriiiginose sia questa da assegnare ;
giacché l'Acido Ctubonico, che vi ospita, è così scarso da
non potersene quasi accorgere col palato ; almeno per quan-»
to è a me accaduto .
E d' altronde il sapore stitico ed austero vi è così de-
ciso ed eminente da potervelo chicchessia riconoscere facil-
mente .
Avendo chiesto sul luogo, se note già fossero quivi queste
due scaturigini d' Acqua Minerale per qualche medica viitù ^
io riseppi, che, provata recentemente da ce^-tuni , anche per
consi'dio de' Medici , nelle malattie massime piovenienti da
'debilitazione di ventricolo, e da sfianc amento de' vasi ori-
na-
3ia Sulle Ac<2ue Minerali ec.
naij , si sono trovate utilissime , e che quindi specialmente
per questo conto hanno acquistato non poco credito in tut-r
to ii vicinato , ed incominciano ad aver ^ià qualche fre-
quenza .
ES-
3x3
■]
ESPERIENZE ED OSSERVAZIONI PER DIMOSTRARE ;
CHE LE PIANTE ASSORBISCONO IL CARBONIO
MEMORIA
Di Gioacchino CAnRADOEi
Presentata da ANTONIO GAGNOLI
Il cTi Ù.0 Dicembre i8o3 .
U na proposizione di Senebier ha dato motivo a queste mie
ricerche , Egli nella sua Fisiologia Vegetabile sostiene, appog-
giato a degli esperimenti, che il Carbonio in stato semplice
non è assorbito dalie piante . L' autorità del Fisiologo dei
vegetabili fermò la mia attenzione , e mi feci lecito , non ad
oggetto di orgogliosamente rigettare la sua proposizione con
dei ragionamenti più speciosi che solidi , ma per ritrovare
la verità , d' interrogare a forza di diligenti e variati espe-
rimenti , r imparziale e veridico Oracolo della natura .
Si credea comunemente , che il Carbonio sciolto comun-
que ueir acqua , e forse anche sospeso , fosse assorbito dalle
piante . Ora non sembra probabile a Senebier, che il Carbonio
entri nei vegetabili tale quale , o sia nella forma naturale di
semplice elemento, a causa dell'estrema piccolezza dei vasi,
per i qnali deve passare . Molto meno il Carbone sospeso
nell'acqua può essere ricevuto dalle piante a causa del trop-
po stretto calibro dei loro vasi. Si è creduto^ dice Egli, che
r acqna di letame fosse una dissoluzione di Carbone , e che
ella fertilizzasse la terra per il Caibonio sciolto che ella
contiene ; ma Egli è d* avviso , che la si deve riguardare ,
non come un' infusione di Carbonio, ma come un liquore ca-
pace di fermentare, e fermentando somministrare molto acido
carbonico. Il carbonio, a suo parere j egli è indissolubile
Tomo XI. E.r neli'
3f4 Esperienze , ed Osservazioni ec.
tieir acqua , onde non vi è mezzo per introdurlo nei vegeta-
bi4i , se non in istato di combinazione salina , cioè unito all'
ossigeno in forma di acido caibonico. L'acido carbonico, che
si scioglie sì agevolmente nell' acqua j e si introduce sì bene
in circolazione nelle piante , è quello , che somministra tut-
to il carbonio ai vegetabili .
Egli ha osservato sovente , che ciò che turba la tra-
sparenza dell' acqua diviene un ostacolo all' assorbimento del-
le piante . Una le<:giera tintura di Cocciniglia è capace di ri-
tardare il succhiamento di esse . Le piante assorbiscono po-
co o nulla dell' acqua di letame , e 1' acqua comune di-
venta meno propria ad esser succhiata ^ quando sì mescola,
anco io una picciolissima dose , con la precedente . Una de-
cozione acquosa di terra di Giardino non potè esser succhia-
ta da delle piante , come 1' acqua comune . I seguenti espe-
rimenti formano la base del suo raziocinio.
Egli mise dei rami di Lampone Framboìsìer ( Ptubus
Idaeus ) in delle Fiale a collo lungo e stretto , uno tiell'ac-
qua di letame pura, uno nell' acqua comune, e un altro in
una mescolanza di queste due acque , e furono tutti esposti
a! sole . Quello che era nell' acqua di letame pura , dopo 4
ore appassì, e succhiò pochissima acqua, che sarà stata cii*-
ca a' ao grani ; 1' altro che era nell'acqua di letame tempe-
rata con acqua pura appassì dopo un giorno , e succ hiò da 4o
grani d' acqua , e il terzo , che era nell'acqua comune , suc-
chiò da 8oo grani d' acqua , e si mantenne sempre fresco .
Dopo, ripetè su dei rami simili l'esperienza in altra ma-
niera. Mescolò un decimo d'acqua di l-^tame con nove deci-
mi d' acqua comune, ed ebbe nel primo giorno loo grani
d' acqua succhiata , nel secondo giorno io grani , e nell' ac-
qua comune, un ramo simile il primo giorno succhiò 65o gra-
ni d'acqua, il secondo 54^ grani; in fine mescolò un cente-
simo d' acqua di letame con acqua comune , il ramo immer-
so in questa mescolanza succhiò meno acqua che nell' ac-
qua comune , ed appassì più presto .
iitf-i Dun-
Di Gioacchino Carradori . 3l5
Dunque , se 1' acqua di letame è una dissoluzione di
Carbone , o Carbonio , non favorisce la vegetazione delle
piante , poiché si vede , che quelle , che vi sono immerse ,
cioè , che vi sono state poste dentro con il loro gambo , ne
assorbiscono assai meno , che dell' acqua pura , e alla fine
vi periscono .
Io presi dell'acqua di letame, cioè di quell'estratto ac-
quoso , che scola dopo le piogge dalle masse di Concio {a)
esposto all'aria, che era del colore, e trasparenza dell'infu-
sione di Caffè j e la tenni dei giorni in riposo . Essa non fe-
ce nessun ■deposito , né turbò mai la sua trasparenza , onde
mi parve à. tutti i caratteri una vera soluzione di letame .
In questa dunque posi a vegetare, in una camera ben lumi-
nosa -, e non molto fredda , ove il Termometro di Reaumur
non scese mai in tutta F invernata ai 5 gr. sopra il gelo , in
diversi vasi , ma di uguale capacità ed apertura , ai primi
di Febbrajo , differenti piante, cioè una pianta del Titimalo
( Euphoibia Latyris ) , di Mercorella ( Mercurialis annua ) ,
di Senecio ( Senecio vulgaris ) , di Veccia ( Vicia Satia ) ,
tutte con le loro barbe ; come pure dei rami senza barbe
d' Amorino d' Egitto ( Reseda odorata ) ; e in alcuni altri
vasi misi delie radici tuberose di patate germoglianti ( So-
lanum tuberosum); e poi messi altrettante piante dell' istessa
specie , e per quanto era possibile uguali , in dei vasi simili
con acqua pura, neh' istessa stanza, e nell' istessa esposizio-
ne rapporto all' aria , e alla luce , perchè mi servissero di
confronto ; e segnai in tutt' i vasi l' altezza del fluido , per
riscontrare quanto ne era assorbito . la capo a dei giorni os-
servai j che tanto quelle, che vegetavano nell'acqua comune,
R r a che
(i>) Per Concio intendo dei letti di
stalle , o sia degli escrementi animali
misti a sostanze vegetabili ammucchia-
ti , e elle hanno soflfcrto un certo gra-
do di putrefazione . Presso di noi alcuni
hanno la cattiva usanza di tenere a
putrefarsi queste masse all' aria sco-
perta . *
3i5 Esperienze 5 ed Osservazioni ec.
che nell' acqua di letame , erano ugualmente fresche , e non
vi potei scorgere, si nel colore, che nel vigore, nessuna dif-
ferenza ; se non che quelle dell' acqua pura aveano succhia-
to più , che quelle dall' acqua di letame . Io provai a far
passare dall' acqua pura nell' acqua di letame una pianta di
Mercorella , e non mostrò segni d' aver sentito questo cam-
biamento . Un giorno esposi al sole tutti questi vasetti con
le loro piante , ma avendo osservato , che per 1' azione del
sole erano alquanto appassite ^ le levai, e le rimessi all'om-
bra nel solito posto ^ e si riebbero perftttamente ; bensì al-
cune delle piante , che erano nell' acqua di letame j stenta-
rono un poco più a riaversi.
E tutte queste piante si conservarono così ben vegete ,
sì neir acqua di letame , che nell' acqua pura per più d' un
mese . Più volte dovei rifondere dell' acqua di letame , co-
me dell'acqua pura, nei vasi loro respettivi, per riparare al
consumo fattone da esse piante ; onde bisogna dire , che
r acqua di letame fosse da loro assorbita . Ai rami d' Amo-
rino usai la diligenza di tagliare ogni tanto tempo una por-
zione del gambo, che tuffava nel fluido, perchè a lungo an-
dare restava macerato dall'acqua.
Ma fra queste i Rana d' Amorino , che erano nell' ac-
qua di letame , mi parvero più vegete dell' altre , e mi par-
ve , che avessero preso una tinta verde più carica , di que-
gli dell' acqua pura . L' istesso osservai sulla pianta di Titi-
malo j che era nell' acqua di letame: comparvemi più rigo-
gliosa , e con le foglie più verdi di quella , che era stata
iserapre nutrita d' acqua pura .
Le radici tuberose di patate tenute nell' acqua di leta-
me, proseguirono bensì la germinazione , e gettarono delle ra-
dici , e dei rami al certo più robusti _, e più verdi, che
quelle che erano state allevate nell' acqua pura . Queste le
conservai nell'acqua di letame sempre prospere per due me.
si in circa, e le avrei potiKc conservar di piùj se non mi
fossi stancato a tener loro dietro •
E per-
Di Gioacchino Cauradoki . 017
E perchè no» si potesse objcttare , clie venendo ri-
guardata r acqua di letame una dissoluzioi.e di Caibone , o
Carbonio , nei miei espeiimenti , la parte acquosa rimaneva
soltanto assorbita, e rimaneva indietro il Carbone, o Car-
bonio, sciolto , o sospeso in essa, io ebbi 1' avvertenza di
confrontare il residuo dall'acqua di letame, ove avea vege-
tato per del tempo qualcuna di dette piante , e che in con-
seguenza avea in parte succhiato , con altr' acqua di letame
intatta , di quella medesima , che raccolsi in principio per
far r esperimento , e che avea conservata in un vaso ben
turato a tale oggetto , e riscontrai , che non vi era fra esse
nessuna differenza. L'occhio non ravvisava diveisità, né nel
colore , né nella trasparenza , dall' una all' altra . Il colore
castagno, o caffè di quella, che avea servito alla nutrizion
delle piante era dell' istesso tono, o intensità di quelfa, che
non era stata mai adoprita, ed era nell' istesso modo diafa-
na; onde bisogna inferire , the non era stato lasciato indie-
tro dal succhiamento d'Ile piante il caibune , o carbonio
sciolto in essa; poiché se ciò fosse accaduto, 1' acqua di le-
tame servita alla nutr zion delle piante , avrebbe dovuto di-
ventare d' un color ca-tagno pm cujx) e meno trasparente ,
perchè scemato il veicolo acqu )S0 , sarebbe rimasta più cari-
ca di carbone, o carbonio, che è quello che dà il colore^, e
l'opacità all'acqua di letame .
Dunque le piante tenute a vegetare neU' acqua di leta-
me, succhiano assieme col veicolo actiuoso, il carbone, o car-
bonio sciolto , o sospeso in essa, e forse qualche altro prin-
cipio , che lo rende solubile . E poi se fosse stato scartato il
carlfc)ne , o carbonio , a lungo andare la vegetazione delle
piante nelT acqua di letame dovea languire, perchè sottratta
la maggior parte dell'acqua, non dovea alia fine rimanere
che un fluido sopraccarico di cai bone, o carbonio, e in con-
geguenzi nocivo alla vegetabile economia per difetto di vei-
colo acquoso .
Per estendere le mie esperienze ad altre sorti di piante,
pò-
•-'^^ EsPEiUENZEj ED OsSEKVAZIONI CC.
posi alla fine ói Febbrajo in dei vasi uguali , altri pieni
d'acqua pura, ed altri d' acqua di letame, delle cipolle di
Giacinto ( Hyacinthuin ) . Queste germogliarono bene tanto
neir una , ciie nell' altra acqua . Io colsi dei fiori di Viola
Mammola ( Viola odurata ) , e gli messi nell' acqua di leta-
me ; si mantennero freschi , ed odorosi , come nell' acqua
pura j così dei fiori di Muschia-greci ( Hyacinthns Muscari).
Dei rana , e delle piante intiere con le loro barbe d' Ortica
( Urtica urens ) vissero ugualmente bene nell' acqua di leta-
me j come neir acqua pura .
Presi delle foglie di Borrana ( Borra^o ofFicinalis ) , e a
forza di contusioni produssi una notabile lacerazione nel loro
gambo, o pezìolo ■) e per questa parte cosi maltrattata alcu-
ne ne immersi nell'acqua di letame , ed altre nelT acqua pu-
ra : dopo parecchi giorni osservai , che le prime si manten-
nero vegete , come le seconde .
Io avrei creduto , che T acqua di letame dovesse esser
nociva a delle foglie cosi preparate , perchè applicata all' in-
terna delicata struttura dalla parenchimatosa sostanza dei pe-
ziolo di esse foglie , che era stata scoperta mediante ie feri-
te e lacerazioni , mi sembrava un troppo forte stimolo , e
in conseguenza capace d^ offenderle inducendovi una morbosa
alterazione -
Ma a lungo andare qualche volta l'acqua di letame mi è par-
sa infesta alle foglie di Borrana , si lacerate nel loro peziolo ,
che intiere, perchè ne ho viste dopo del tempo perire, men-
tre quelle , che erano nell' acqua pura , hanno seguitato a
vegetare . Al contrario delle pianticelle di Borrana tutte in-
tiere , cioè anco con le loro baibe , poste nella meda»ima
acqua di letame , si sono mantenute quanto nell'acqua pura.
Questo esperimento porta a credere , che se mai l'acqua
di letame è pregiudiciale alle foglie, o rami delle piante mes-
cevi a vegetare , per essere un alimento troppo pungente , e
grossolano per i delicati e teneri vasi di queste parti , non
lo è per quegli delle radici . Diffatti le radici hanno i pori
2>iu
Di Gioacchino Carradori . Sig
più grandi, e più dilatati, che il resto della pianta, e quin-
di ])iobabilmeiite ancora i vasi assoibenti di maggior cali-
i co
bro ; onde se le radici , che si possono considerare , come il
primo organo digestivo , o le prime vie alimentari delle pian-
te j trovano nell' acqua di letame un alimento lor conve-
niente , può esser benissimo , che non lo sia per la delicata
struttura vascolare delle altie parti , che richiedono un ali-
mento non cosi grossolano ed indigesto , ma più leggiero ,
sottile, ed acquoso..
Che dunque proverebbe mai 1' esperienza di Senebier?
Nuli' altro , se non ,. che T acqua di letame , o sia il caibo-
ne , o carbonio , non è a proposito a far vrgetaie i rami
delle piante , perchè alimento troppo grossolano per la trop-
po sottile struituia dei loro vasi ; ma non si potrebbe esten-
dere già la conclusione alle piante vegetanti nella terra , e
che si nutriscono per mezzo delle radici. Per altro questa non
è la conclusione , a cui tendono T esperienze , che ho espo-
sto , e le seguenti .
Ai primi di Marzo colsi delle tenere foglie di malva
( Malva Sylve^tris) e d' Erba S. Maria ( Danacetum balsami-
ta ), e ne messi a vegetare nell' acqua pura, e nelT acqua
di letame; talune appassirono si nelT una , che nell' altra
acqua ; ma queste fcglie erano tenerissime, e la stagione eia
piuttosto calda , ed a-ciutta . Ripetei l'esperimento in tempo
fresco , ed umido ^ e si mantennero ugualmente vegete in
tutte le acque ..
Ai 12. Marzo, essendo il Barometro a 2.^ poli. „ in clr-
a
ca, e il T ermometro con la scala di Reaumur divisa in ice o^ra-
di, ai i3. gr. e — in circa sopra il gelo, collocai due pian-
a '
te di Senecio , pf^r quanto fu possibile all'occliio, uguali ia
grandezza di foglie, di rami, e di radici, in due Loccettine
com-
■^20 Esperienze , ed Osservazioni ec.
compagne a collo lungo e stretto , T una piena d' acqua di
letame , e 1' altra d' acqua pura . Le piante erano freschissi-
me , poiché erano state svelte dal terreno con tutta la dili-
genza , e le radici erano state ben conservate , e lavate con
acqua , perchè non si avesse ad introdurre della terra nei
vasetti . La stagione era piuttosto umida , ma incostante .
Collocate clie furono nei vasetti , elibi l'avvertenza subito di
segnare con tutta 1' esattezza nel collo di ciascun vasetto l'al-
tezza del fluido contenutovi , acciò mi fosse agevole poi ri-
scontrare cjuanto da ciascjina pianta ne fosse assoibito . Così
preparate le situai 1' una a canto all' altra in una camera
ben ventilata , e ben dominata dalla luce. In capo a 24 ore
visitatele, riscontrai, che tutte due aveano succhiato del flui-
do , in cui posavano , ma più dell'acqua pura , che dell'ac-
qua di letame . In capo a 4^ ore le visitai di nuovo, e tro-
vai che quella dell' acqua pura avca succhiato in tutto que-
sto tempo due terzi in circa di più di cjuella dell' acqua di
letame .
Così alcune foglie, che posi in seguito a vegetare per il
loro gambo nelle due acque , sì di Malva , che di Borrana ,
in dei vasi , nei quali aveva segnata 1' altezza del fluido ,
succhiarono sempre molto più dell'acqua pura, che dell'ac-
qua di letame, e ciò da principio fino ad ultimo; e neh'
istessa maniera si diportarono alcuni rami di Senecio , di
Titimalo, e alcune piante di Malva, e di Borrana, e l'istes-
so ho riscontrato in tutte l'esperienze ^ che ho fatte con tut-
te le sorte di piante , sì al sole , che all' ombra , ed in sta-
gioni diverse .
Questi fatti confermano 1' osservazione di Senebier, cioè
che le piante succhiano assai più dell' acqua pura , che dell'
acqua di letame ; ma però non portano a tirar con lui la
conseguenza , che T acqua di letame pregiudichi al succhia-
mento , o nutrizione delle piante , e che in conseguenza sia
succhiata malvolentieri da esse . Siccome d' altronde abbia-
mo visto, e vedremo, che le piante vegetano molto bene nell'
ac-
Di Gioacchino Caukadori . 3ai
acqua di letame , contro V asserzione di SeneL'er , mi par
piuitosto , che da ciò si deva rilevare , che se le piante suc-
cliiano più d^ acqua pura, che d'acqua di letame, lo fanno,
perchè non trovano nell' acqua pura quel nutrimento , che
esse trovano nell' act^ua di letame ; onde per saziarsi i volu-
Bii delle due specie d' acqua succhiati devono stare , in pa-
rità di circostanze , in ragione inversa della facoltà nutritiva
delle due acque .
Ai i4 Marzo svelsi due piante di Senecio uguali, e in
due fiale compagne , una piena d' acqua comune , e 1' altra
d'acqua di letame, con l' altezza del fluido segnata nel loro
collo, le esposi al sole dopo mezzo giorno, ove il Termometro
centigrado segnava i5 gradi sopra il gelo , e ve le tenni fi-
I
Ko alle 4 6 — . Le piante erano notabilmente appassite ,
ma aveano succhiato assai, per altro sempre piìi quella dell'
acqua pura, che quella dell'acqua di letame : i' istesso ac-
cadde ad alcune foglie di Malva , e di Erba S. Maria , che
aveva io contemporaneamente esposte al sole nel medesimo
luogo; ma fra queste mi parvero più appassite quelle che era-
no neir acqua di letame . Ripetuto più volte con varie piante
erbacee 1' istesso esperimento ebbe l' istesso successo .
Non si può per altro attribuire ad un cattivo ufizio
dell' acqua di letame , se le piante messevi a vegetare , ed
esposte al Sole appassiscono , quando che succede 1' istesso
alle piante messe a vegetare nell' acqua pura ; ma soltanto
all' azione della luce solare . Se le piante in tutti due i casi
appassiscono , egli è chiaro , che 1' economia vegetabile sof-
fre in quelle circostanze. Qual dunque ne è la cagione?
Siccome la luce del Sole accelera la traspirazione delle
piante, egli è necessario, che la nutrizione di esse sia in
questo caso proporzionata alla perdita fatta per traspirazione .
Or questo non può succedere nelle piante svelte dal suolo ,
0 nelle foglie delle piante staccate dal tronco , o dallo stelo,
Tomo XI' Ss e
3aa Esperienze ;, ed Osservazioni ec.
e messo a vegetare altrove ; benché in circostanze quanto
mai favorevoli, come v. g. nell'acqua pura. L'economia ve-
getabile non può non risentire nel sistema de' vasi assorbenti,
che in questo caso è il più danneggiato, e specialmente del-
le radici , lo sconcerto della trapiantazione, benché fatta con
tutte le diligenze : onde in questo stato le piante non saran-
no in grado di riparare con una proporzionata energia per
succhiamento, la perdita d'umori, che in loro produce la
traspirazione aumentata dall'azione della luce del Sole : quin-
di é che dovranno appassire esposte al Sole . Difatti non è
ella una cosa comune il vedere languire , ed appassire le
piante traslocate , ancora da uno in un altro quanto mai
ben preparato terreno , specialmente quando le investe la
luce del Sole ? E poi vi sono delle foglie di piante erbacee,
cosi tenere, e delicate , che ad un gagliardo Sole ancor sull'
istessa pianta appassiscono .
Bensì può essere , che siccome 1' acqua di letame ap-
presta alle piante un nutrimento meno sottde dell'acqua pu-
ra , e di cui succhiano meno , può essere , dico , che piìi
facilmente a[)passiscano le piante messe a vegetare in questa,
che nell'acqua pura, quando vengano esposte al Sole, per-
chè sono in circostanze di riparare per succhiamento le per-
dite dell' aumentata traspirazione più nell'acqua pura, che
neir acqua di letame .
Ma le due piante di Senecio , e V altre piante ancora ,
e foglie di piante , che erano appassite per essere state al
Sole , la mattina di poi le ritrovai ravvivate e lussureggian-
ti , e tutte avevano succhiato assai del fluido , in cui posa-
Tano ; riprova evidente , per quelle che erano nell' acqua
di letame , che da essa non aveano niente soffeito neppur
con la luce solare .
Non ostante , che tante esperienze avessero contrariato
l'opinione di Senebier , volli vedere quale era il risultato di
un' esperienza simile a quella, che vien da esso descritta (*).
Non
{') Phisiologie Vegetai. Tom. III. pag. a6i.
Di Gioacchino Caukadori • 828
Non mi era possibile avere dei rami di Rampone Framboi-
sicr (Ilubus idaeus); onde presi due rami d'una pianta con-
simile, cioè d'un Rovo a noi comune (Rubus fruticosus ) ;
e gli esposi al Sole circa alla fin di Marzo in due fiale com-
pagne, una jDiena d'acqua pura , e l'altra d'acqua di leta-
me . Il termometro centigrado parimente al Sole nel mede-
simo posto segnava 17 gr. sopra il gelo. Tutti due i rami
aveano delle foglie vecchie , cioè della stagione passata , non
cadute nell'inverno, e un nuovo getto, o germoglio co!i te-
nere foglie . Contemporaneamente vi esposi due rami tutti
di nuovo getto , cioè con foglie rimesse e tenere , di Rosa
di Giardino ( Rosa centifolia ) , parimente in due fiale com-
pagne , una piena d' acqua pura , 1' altra di acqua di letame .
I rami tanto del Rovo, che della Rosa, collocati nell'acqua
pura, ne succhiarono molto piìi, che dell'acqua di letame,
ma appassirono ugualmente , o almeno senza una notabile
differenza; per altro nei rami del Rovo non appassirono che
le foglie tenere ; le foglie vecchie non parve che soffrisse-
rq in queste circostanze .
Non è egli probabile, sulT esempio dell'enunciato esperi-
mento, che quel ramo di Lampone (Rubus idaeus) che a Se-
nebier non appassì nell' acqua pura , benché esposto alla lu-
ce del Sole per più di 4 oie , fosse un ramo vecchio , o adul-
to, e l'altro , che appassì nell' istesso luogo nell'acqua di
letame, fosse un ramo più giovane dell'altro, o sia con le
foglie più tenere , o sia di nuovo getto , e in conseguenza
più delicate ? Ma quando ciò non si voglia concedere :, do-
mando adesso , come si può accordare con il fatto di Sene-
bier il risultato delle mie osservazioni ?
Dopo 4 ore in circa, levai dal Sole i due rami di Rovo,
e di Rosa , e gli riposi nella mia Camera , ove rimasero tut-
ta la notte : la mattina di poi esaminatigli ben bene riscon-
trai, che (juei di Rosa non erano più appassiti , ma in buona
vegetazione , eccettuate alcune foglie più grandi , che erano
rimaste come abbruciate dal Sole . I due rami poi di Rovo
Ss i2. si
3^4 Esperienze , ed Osservazioni ec.
si erano rimessi nello stato di prima ^ né mostrarono di aver
sofferto nulla, e gli conservai così sempre in hnono stato
nella mia Camera per parecchi giorni . Tutti assorbirono del
fluido , in cui posavano , ma sempre più dell' acqua pura ,
che dell' acqua di letame .
Non contento di questo , rifeci più volte simili esperi-
menti , ed ho sempre riscontrato , che le piante erbacee , e
con le foglie tenere , e i nuovi getti degli alberi appassisco-
no , benché nell' acqua pura , quando si tengono al Sole ;
laddove le piante di foglia sempre verde , o che hanno le
foglie dure , o consistenti , non appassiscono ovunque siano
collocate, o nell'acqua pura , o nell'acqua di letame . Così
V. g. un ramo d' Ulivo ( Olea Europea ) , un ramo di Bus-
solo ( Buxus semper virens ) di Dittamo ( Origanum Dieta-
mnus) e di Robbia Salvatica ( Rubia Sylvestris ) ec, ec. non
soffiersero cangiamento nessuno benché tenuti al Sole per
dell'ore parecchie alla fin di IVIaizo, nell'acqua di letame .
Forse questo succede perchè le piante con le foglie sempre
verdi, cioè, che non si spogliano nell' inverno , e le piants
non erbacee , e che hanno le foglie piìi resistenti , assor-
biscono , e tiaspiran meno delle piante erbacee , e che per-
dono la foglia ; onde non vi è tanto sbilancio nelle loro fun-
zioni 3 del succhiamento , e traspirazione , dall' ombra al So-
le , e fo'se anche perchè , a cagione della tessitura , o strut-
tura delle loro foglie meno delicate j risentono meno dell' im-
presiione della luce del Sole .
Fra gli altri feci questo esperimento . Esposi al Sole
neir acqua pura un nuovo getto , o piccolo ramo di Rovo ,
e n' esposi un altro , ma con le foglie tutte vecchie , cioè
che non erano cadute nell' inverno , ma sempre verdi , neU'
acqua di letame, e ve gli tenni per quattro ore. Il primo ap-
passì , e l'altro si mantenne sempre fresco, benché avesse
succhiato dell' acqua di letame . Lo ripetei anche ad un So-
le più caldo in Aprile con V istesso successo .
Dunque resta sempre più confermato j che non all' ac-
qua
Di Gioacchino Carradori . 3a5
qua di letame , ma a qualche paitlcolarità della pianta im-
irieriavi , si deve attribuire la mutazione osservata da Sene-
bier nel ramo di Rampone esposto al Sole .
Rappoito all'altre esperienze, delle quali fa menzione il
celebre Fisico di Ginevra per provare il suo sentimento , io
posso opporgliene altrettante , le quali tutte , come si è vi-
sto , provano j, che qualunque sorta di Piante nutrita d'acqua
di letame vegeta bene, e lungo tempo, come nell' acqua
pura ; e ne succhia continuamente , benché sempre meno ,
che dell' acqua pura . Qual riprova più sicura , che T acqua
di letame non nuoce alla vegetazione , che 1' avere di essa
sola nutrito delle piante per lungo tempo ? Se appassirono a
Senebier dopo pochi giorni dei rami di piante tenuti nell' ac-
qua di letame, può essere , che nella detta acqua vi fossero
delle qualità micidiali , che non si trovarono nella mia acqua
di letame. Non vi ha dubbio, un'acqua di letame troppo ca-
rica può uccidere le piante messevi a vegetare ; ma questo
non pro^^a niente in favore della sua opinione : eli' è cosa
notissima , che ancora i letami , o governi troppo forti , o
non ben putrefatti , uccidono le piante , in cambio di ferti-
lizzarle ; è per questo che se ne può dedurre un' obiezione
contro r utiHtà dei governi ?
Ma perchè non rimanesse dubbio rapporto alla idoneità
dell'acqua di letame ad esser succhiata dalle piante , benché
con dell' antecedenti prove V avessi dimostiato bastantemen-
te , mi feci un dovere di spingere la cosa all'ultima eviden-
za , o sia dimostrarla con uno scrupoloso rigore , per mezzo
dei seguenti esperimenti •
Io collocai circa a mezzo Aprile una pianta di Frumen-
to ( Triticum ) con tutte le sue barbe ben pulite e nette ,
in una boccettina a collo lungo e stretto piena d' acqua di
letame , e poi vi versai sopra una piccola porzione d' olio ,
acciò ricuoprendo la supeitìcie di detta acqua elevata fino
alla sommità del rollo delia boccetta, le impedisse F assorbi-
mento di qualunque gas dall' atmosfera , e V evaporazione
del-
SiO Esperienze , ed Osservazioni ec.
della parte acquosa del fluido sottoposto contenuto nel vaso.
In questo stato si mautentie la pianta, benché circondata dall'
olio 5 per parecchi idiomi prospera , e succhiò moltissima ac-
qua di letame ; ed il residuo misto con acqua pura divenne
d' un color rnarone molto diluto ; riscontro sicuro , che la
pianta avea succhiato assieme col fluido acquoso il carbone ,
o carbonio sciolto in essa .
Quest'esperienza, oltre a ciò , mi provò, contro il sen-
timento di Senebier , che non è 1' acido carbonico sviluppa-
tosi per mezzo della fermentazione quello , che porta alla
terra la fertilità propria dei governi, o letami . Benché a tut-
te r ore osservassi attentamente , se dalla mia acqua di leta-
me confinata nella piccola boccetta si sviluppassero delle bol-
le di gas , o acido carbonico , io non ve ne potei scorgere
iieppur una. Eppure dovea esser cosa facile il vederle , se vi
si formavano, in tanto tempo . La trasparenza delle pareti
della boccetta di vetro non potea occultarle , e lo strato
d' olio soprapposto dovea trattenerle con la sua viscidità ,
se sviluppatesi si fossero inalzate alla superficie dell' acqua .
D'altronde, se il carbonio fosse somministrato alle piante sol-
tanto per mezzo dell' acido carbonico , come avrebbero potu-
to in queste circostanze abbeverarsene , se non potea 1' ac-
qua assorbirne dall'atmosfera?
E poi vi sono alcune mie esperienze nella mia Memoria
sull'acqua di neve (a), le quali portano, che le piante mes-
se nell' acqua di neve sciolte d' allora , e che in conseguen-
za non contiene nessuna sorte di gas, né fisso, né libero, o
sia in stato di sohizione, e con tutte le precauzioni , perchè
non ne potesse assorbire , vi vegetano lungo tempo prospe-
ramente -, il che dimostra , che V acido carbonico non è tan-
to
(a) Journ. de Phisiq. de Paris, e poi nel Gior. Agrario di Napoli , ed Ann. di
Chimica di Pavia .
Di Gioacchino Carradori . 827
to necessario quanto si pensa per la nutrizione delle pian-
te 5 per la parte drlle radici .
Svelsi inoltre una pianta di Senecio ben vegeta , e con
di belle barbe , che le resi ben pulite lavandole replicata-
mente , e la ficcai con esse in una boccettina simile a collo
lungo e stretto, per ovviare all'evaporazione, piena d' ac-
qua di letame ^ e la collocai nella mia camera in una felice
esposizione ; questo benché in un angusto spazio, vegetava, e
succhiava del fluido , in cui erano immerse le sue radici ; e
quando vedevo , che il fluido era scemato di soverchio , vi
supplivo di mano in mano con acqua pura . Continuò cosi
lungo tempo a vegetare , e con questo metodo , con infon-
dere cioè sempre nuova acqua nel residuo del fluido del va-
setto, venni in ultimo a renderlo senza colore; di modo che
non vi era da dubitare , che tutto il carbone , o carbonio
contenuto in quella porzione d' acqna di letame fosse stato
assorbito dalla pianta confinatavi , poiché non potea essere
sottratto per altro mezzo .
Che più/ Le senqslici foglie delle piante si possono im-
punemente nutrire d' acqua di letame , e niantengonvisi sen-
za altro ajuto fresche , e verdi per df^l tempo . Tanto è ve-
ro , che l'acqua di letame non è contraria alla vegetazione,
come disse Senebier . Scelsi delle più belle foglie di più e di
diverse piante, e le applicai per la supi^rficie inferiore, cioè
per quella parte , che guarda la terra , alla superficie dell'
acqua di letame , dalla qual parte , si sa per 1' e'^perienze di
Boiinet , che succhiano più , the dalla superiore . Altrettan-
te d.-ir istessa specie ne applicai nell' istesso modo alia su-
perficie deh' acqua pura . Tanto 1' une , che 1' altre si con-
servarono fresche per lungo tempo, e non pot^i scorgere dif-
ferenza nessuna fra quelle , che si nutrirono d'acqua di leta-
ma', e quelle, che si nutrirono d'acqua pura. Dunque il
carbone, o caibonio dell'acqua di letame dee poter penetra-
re e circolare anche nei più sottili vasi delle foglie . Volli
in
3iit> Esperienze, ed Osservazioni ec
in ultimo sperimentare anco se l'acqua di letame pregiudica-
va alla germinazione delle semenze . Messi da prima dei se-
mi, o granttlii di giano (Triticum) , e d' orzo ( Hordeum vul-
gare ) ueil' acqua di letame , e dopo 24 ore gli levai , e gli
messi neir acqua pura; germogliarono tutti l'elicemen te , e
«on mostrarono di aver sofferto dal soggiorno nell' acqua di
letame. Messi parimente dei semi, o granelli di grano in un
acqua di letame assai carica , e alcuni contemporaneamente
in un vaso simile all'acqua pura; siccome la stagione comin-
ciava a riscaldare , e si evaporava 1' acqua di letame con
prontezza , perchè le semenze non rimanessero troppo in sec-
co , o sia in un' acqua di letame troppo concentrata , vi versa-
va ogni tanto qualche poco d'ac<:{ua pura. Tanto gli vmi, che
gli altri geimogliarono ; ma più prontamente quegli dell' ac-
qua pura , e le pianticelle germogliate noli' acqua di letame
erano poi stentate ; le piccole radici non vi si prolungarono
come neir acqua pura , e il fusto loro era rimasto corto e
sottile , e di color giallognolo .
L'acqua di letame dunque non favorisce la germinazio-
ne. Ma ciò, secondo me, egli è indifferenle alla discussione
del nostro soggetto , cioè non fa né prò , né contro a nessu-
na delle due opinioni. Se la germinazione non è altro, che
uno sviluppo dell' embrione , o piccola pianta ripiegata , e
rinchiusa nella semenza , egli è naturale , che per sviluppai'-
la non vi ha bisogno , che d' un fluido sottile ed acquoso ,
capace soltanto di ammollire, e distendere le minute e de-
licate parti , che la compongono ; e non vi ha luogo nessun
fluido sostanzioso e nutritivo , che apporti robustezza e ri-
gidità , poiché flllora contrarierebbe le vedute della natura .
Tanto è vero ciò, che le semenze dopo che hanno germoglia-
to nell'acqua pura, se si trasportino nell'acqua di letame,
vi crescono felicemente. Feci quest' esperimento sopra delle
semenze di grano j e d' orzo. Alcune ne messi nell' acqua di
le-
Di Gioacchino Carradori . 3ao
letame, ed altre le lasciai nell'acqua pura, ove aveano ger-
mogliato . Le pianticelle allevate nell" acqua pura crebbero
più presto, ma vennero più floscie, più sottili , e scolorite;
e quelle , che erano state allevate nell^ acqua di letame ven-
nero più robuste , e d' un verde più cupo .
Ma non ostante che la germinazione si faccia meno be-
re nell' acqua di letame , che nell' acqua comune , pure ho
fondamento di credere, che la detta acqua di letame sia ca-
pace di introdursi con qualche elemento nel delicatissimo si-
stema vascolare del tenero Embrione , o pianta in miniatu-
ra , rinchiusa nella semenza , e nutrirla anche nella prima
infanzia j poiché avendo messo a germogliare dei granelli di
grano al bujo , alcuni nell'acqua di letame, ed altri nell'ac-
qua pura, tiratigli fuori dopo che aveano germogliato , ri-
scontrai, che le pianticelle di quegli, che eransi sviluppati
nell'' acqua di letame , erano non tanto scolorite , o sia ca-
chettiche Etiolée f quanto quelle dei granelli sviluppatisi nell*
acqua pura ; segno , che si era impiegato nella nutrizione di
esse alcun poco del carbonio contenuto nell' acqua di leta-
me , a cui secondo le più accreditate teorie si deve il color
yerde delle piante .
Dunque se l' acqua di letame è una soluzione di car-
bone , o carbonio, resta da tutte queste esperienze provato,
che il carbonio viene assorbito dalle piante . Che 1' acqua di
letame contenga di quell' elemento , di cui abbonda il car-
bone , e che combinato con T osssigeno forma 1' acido car-
bonico , il quale i Chimici moderni hanno chiamato Car-
bonio , non par che se ne possa dubitare , poiché 1' estrat-
to secco , e pulverulento dell' acqua di letame misto con
del nitro , e gettato in un crogiolo rovente detona quasi
come il carbone . Se poi il Carbonio vi si trovi isolato ,
o legato in una dose di carbone , e se questo , e quello
«ì trovino sciolti , o sospesi nella detta acqua , lo lascio de-
cidere ad altri. A me basta avere sciolta la questione che mi
Tomo XI. T t ero
33o Esperienze ed Osservazioni ec.
ero proposta , e di aver dileguato un dubbio , che rimasto
senza schiarimento potea far alterare le più rilevanti dottrine
della Fisiologia vegetabile {a) .
SO-
(a) Vedansl le mie idee sulli nntri-
zlon delle piante sparse nella sjkia
Memoria sulla fertilità della terra.
33i
SOPRA IL GAZ MOLTO OSSIGENATO
CHE SI OTTIENE DAL CARBONE
MESSO NELL'ACQUA ESPOSTA AI RAGGI
DEL SOLE , CON ALCUNE ALTRE
5PERIENZE
MEMORIA
Di Carlo Lodovico Morozzo
Ricevuta il dì IO del 180^.
vyià da molti anni si fece la scoperta , che esponendo al
sole dell' acqua messa in vasi di Cristallo capovolti , che si
conservino attufFati nella medesima; questa somministra del
gaz ossigeno -
Pryestley , Hingen, Hans, Fontana ed altri celebri Fisici
cercarono di spiegare le ragioni di questo fenomeno ; chi
r attribuì a quella materia verde _, che si forma nel fondo
del vaso , che molti credono della natura delle tremelle, chi
l'attribuì alla sola luce solare, chi a minutissimi impercetti-
bili insetti, chi ad altre cause anche singolarissime .
Molti anni addietro mi sono occupato di questo oggetto , e
feci una serie di sperienze per ricavare la ragione , come le
piante esposte al sole avessero la proprietà di rendere salu-
lire r aria viziata e mefitica . Ho variato molto queste spe-
rienze , le quali ho pubblicate negli Atti dell' Instituto di
Bologna (i). Coflchiusi , che le piante anche senza essei-e di-
Tt a ret-
(i) Voi. VII. pag. 311.
33a Sopra il Gaz molto Ossigenato ec.
rettamente esposte al soie, ma alla sola luce, migliorano le
arie viziate e mefitiche per il solo mezzo dell' acqua che
contengono , cosicché quando que' ramuscelli che si metto-
no sotto una Campana ripiena d' aria , o dei gaz mefitici
hanno perduto la loro umidità , o che non sono col gambo nell'
acqua più non possedono questa proprietà, che anzi sommi-
nistrano alloia dell' aria mefìtica; in prova di che con l' ag-
gregato di varj fili di bombace disposti a guisa di varj sifoni
che succhiavano l'acqua di un vaso, e da goccia a gocciala la-
sciavano cadere , venivo ad operare lo stesso miglioramento
dell' aria viziata chiusa sotto una Campana di Cristallo , co-
me se vi avessi messo im ramo di qualche pianta .
Vengo era di pubblicare due Memorie nel giornale di fisi-
ca sopra molte proprietà del Carbone , dalle quali pare dedur-
li , che il carbone contiene molto fuoco principio , e che a
questo, direi , si devono molte delle sue proprietà , non che
le sorprendenti cure fatte in Inghilterra dal Dott. Bedoes, e
dal Dott. Odier in Genova col Carbone amministrato, sì in-
ternamente, che esternamente. Inoltre vengo di dimostrare,
col mezzo di una macchina , che ho immaginata per misura-
re le assorzioni operate dal Carbone sopra li diversi fluidi
aeriformi , che queste assorzioni , non solo variano secondo
la natura di questi, ma ancora secondo la diversa qualità
dei Carboni impiegati , poiché contengono maggiore o minor
quantità di fuoco principio , ed assorbiscono più , o meno
r aria , e li gaz che si sottopongono alla sperienza , secondo
che questi sono più o meno carichi di quel principio .
Riflettendo sulle molte proprietà del Carbone, m'avvidi,
che sinora nissuno avea esuninato i fenomeni , che questo
avrebbe prodotto quando fosse messo nell' acqua , ed esposta
questa ai raggi solari, e che i risultati ne dovevano riescire
interessanti .
L' oggetto dunque di questa piccola Memoria si è di dar
conto di queste sperienze , alle quali altre ne aggiungo, che
hanno con queste molta correlazione .
Ho
Di Carlo Lodovico Morozzo • 333
Ho preso due vasi di Cristallo cilindrici , e perfettamente
eguali, che contenevano due libbre d' acqua, li quali riem-
piuti d' acqua comune li misi capovolti in tazze similmente
ripiene d' acqua , nelle quali in ogni mattino ne veniva sur-
rogata della nuova per supplire alTevaporazione prod(jtta, on-
de conservarsi sempre pieni . In uno di questi vasi ho mes-
so tT<; oncie di Carbone di nocciuolo ben polverizzato , V al-
tro restò coir acqua pura ; furono esposti alla luce solare
per mesi (Giugno e Lnglio i8o3): a quest'epoca esaminai il
gaz prodotto , ecco i risultati .
L'acqua del vaso , nel quale vi era il Carbone ( che a
poco a poco precipitò nel fondo ) mi diede un terzo di piìi
di gaz ossigeno , che 1' acqua pura .
Questo gaz ossigeno era superior» in bontà a quello
somministrato dall' acqua pura , così segnò 1' Eudiometro col
gaz nitroso : allungava la fiamma molto di piìi ; non potei
provarlo sulla respirazione animale attesa la poca quantità ri-
cavata non sufficiente per questa sperienza j la sostanza ver-
de , che si forma sempre in fondo del vaso in queste spe-
rienze , comparve pure a' primi giorni , ma non fu più visi-
bile quando il Carbone precipita in fondo del vaso , ma in
capo a due mesi quando travasai il gaz , vidi in questo pu-
re un magma verdiccio intriso di Carbone, che potei giudi-
care di egual volume dell' altro .
Nell'altro vaso , dove non vi era che la semplice acqua,
ottenni pure del gaz ossigeno , ma in minor quantità, come
dissi, il quale era della bontà ordinaria de' gaz, che si estrag-
gono dall' acqua j ma inferiore di gran lunga in bontà dell'
altro qui sopra .
Questa sperienza comprova , che il Carbone ha la pro-
prietà di sviluppare una maggior quantità di gaz ossigeno
dall' acqua esposta ai raggi solari , e che probabilmente ne
somministia egli stesso una porzione, e pare mi confermi nel
sospetto che ebbi , riguardo alla proprietà del Carbone preso
iuternainente od amministrato esternamente sopra le piaghe
di
334 Sopra il Gaz molto ossigenato ec.
di cattiva indole , cioè^ che questo agisce, non coli' desossi-
genare , ma coli' ossigenare le carni infette . (a)
Per comprovare poi , che senza la luce solare , non si
sviluppa dall' acqua del gaz ossigeno , e che secondo il mio
principio la luce solare ossigena l' aria , che si sviluppa dall'
acqua, feci le seguenti sperienze .
Presi due vasi di Cristallo eguali, che contenevano una
libbra d' acqua ; uno di questi vasi fu ricopezto di una den-
sa vernice nera, e per maggior precauzione, lo ricoprii anco-
ra con carta nera; riempiuti d' acqua ^ e posti come nella
precedente sperienza capovolti in tazze di porcellana, che si
conservavano sempre ripiene d'acqua, furono esposti al sole
per lo spazio di due mesi, ed ottenni li seguenti risultati.
Il vaso che non era ricoperto mi diede quattro j)ollici
e mezzo di gaz ossigeno , che provato coi soliti mezzi , tro-
vai la sua bontà , come quella degli altri gaz ossigeni rica-
vati dall' acqua .
Nel vaso poi intonacato di nero , siccome non si poteva
vedere esternamente l'altezza che l'aria occupava , non ven-
ni a giudicare della quantità dell' aria prodotta , che nel
travasarlo . Ciò fatto riconobbi che questa non fu che di
un pollice e mezzo, cioè due terzi di meno dell'altra.
Esaminata quest' aria, non aveva nessuna delle proprie-
tà del gaz ossigeno, non allungava la fiamma, e coli' Eudio-
metro si riconobbe essere della bontà forse minore dell' aria
atmosferica .
Queste sperienze danno a divedere ancora, che il gaz
ossigeno contiene della materia della luce . Infatti quest' ul-
tima spejienza parmi lo comprovi , poiché intercettando
F unione della luce solare all'aria, che si sviluppa dall' ac- j
qua , il gaz ossigeno non ha piìx luogo . Così ancora nella
prima sperienza con la polvere di Carbone messa nell' acqua , W'.
si
(a) Vedi Giornale di Fisica , Mem. 4' sopra il Carbone ;
Di Carlo Lodovico Morozzo . S35
si aumenta la quantità^ di gaz ossigeno e la bontà del me-
desimo , per il fuoco principio che il Carbone gli porta .
Dunque la luce solare , ed il fuoco principio contenuto
nel Carbone somministrano al gaz ossigeno della materia del
fuoco .
Dal sin qui detto risulta quanto impropriamente da' mo-
derni Chimici venne surrogato il nome di gaz ossigeno in
vece di quello dell' aria del fuoco che gli diede Schell, che
pare piìi adattato e significante ; io non ho cessato da ven-
ti e più anni di considerare il gaz ossigeno quello fra i gaz
che contiene più di fuoco principio ( i) . Ma avendo preteso
li moderni Chimici , che 1* ossigeno sta il generatore di tutti
gli acidi , questa fu 1' etimologia di questo nome , a cui
qualche Grecista fa per altro delle eccezioni, supponendogli
un altro significato (4) . Che perciò saggiamente uno de' più
valenti Chimici d' Europa nella sua Statica Chimica, avendo
dimostrato, che 1' acidità non è sempre dovuta all' ossigeno j"
desidererebbe , che si rimettesse a questo gaz il nome d' a-
ria vitale , o di aria pura . Io però con Schell continuerei
più volontieri a chiamaila aria di fuoco .
È incontrastabile che la luce ed il fuoco principio so-
no due de' più possenti agenti della natura j ma noi conoscia-
mo ancora cosi poco tutte le combinazioni , che essi forma-
no , che modificano , o che distruggono , che sarebbe desi-
derabile, che qualche valente Fisico ne facesse la sua parti-
co'ar occupazione , raccogliendo tutti i fenomeni che essi
producono , per vedere , se bastano i fatti conosciuti per es-
sere in grado di darne vuia giusta spiega«ione , o in difetto
per istudiare sulle sperienze, che ancora converrebbe di ten-
ta-
(3) Si corisnltino due Memorie ci*
me pvibblicate nel giornale di fisica
$opr» le asserzioni operate dal Garba-
ne pag. 294. Voi. XXII. e la pagi
363. Voi. XA'III. . . . 1783.
(4) Annales de Ckimie •
336 Sopra il Gaz molto Ossigenato ec.
tare . Il Dottore Bonvicino (5) è forse fin' ora quello fra'
Chimici , che abbia più dilatato 1' impero della luce . A
Bertholet sembra poi , che meno dovrebbe accordarsi all' os-
sigeno , e che più si debba concedere al fuoco . Chi sa che
questo con nuova greca voce , men aspra però j non venga
ancora a ricomparire in scena ?
Ma per sperare degli utili cangiamenti nella adottata no-
menclatura Chimica j non giova aspettarli per ora, poiché
siamo ancora troppo nel fervido delle opinioni, quindi molto
bene mi pare scriva 1' Autore dell' estratto dell* Opera del
celebre Bertholet : ancore dii tems et ces verités seront écour
tées avec U calme , qui caracterise le Plùloso^he ami de la
verité (6).
SUL-
(5) Vedi Elementi di Chimica.
(C) Journal de Pliysiijue Voi. LVII.
p«g. 3i.
337
SULLA PANIZZAZIONE
MEMORIA
Di Già m batista dal l' Olio
Presentata il cTi 12 del i8c4
DÀ POMPILIO POZZETTI.
In articoli non pochi è riuscito all' occliio indagatore dell*
uomo scoprire gli arcani di natura; ma egli non può metter
a profitto con sicurezza la scorta dell' analogia per dedurre
in casi consimili da cagioni note le ignote , tanto[)piìi che
non di rado avviene che il risultato delle pruove sta in ra-
gion* inversa del figurato col raziocinio . Dopocchè la Fisica
cessò d' aver il suo fondamento in verha magiftrì , gli espe-
rimenti , chiamati a comprovare la teoria , divenneio la ve-
ra sorgente del pi-ogresso straordinario che nello scorso seco-
lo fecero le Scienze Naturali: e non è stato meno proficuo
r arrivare col mezzo di essi a scoprire una verità che a di-
struggere una menzogna . Vengono , è vero , talvolta annun-
ziati alcuni fatti che a prima vista mostrano un carattere di
falsità ; ma è altresì vero che ad onta della ragione che ci
dice all' intelletto Ciò non può essere , qualche volta , po-
sto il fatto alla pruova , l'occhio ci fi vedere con nostra sor-
presa che veramente sussiste : e perciò il tentativo dell' espe-
rienza non sarà giammai trascurato dal vero amatore del per-
fezionamento delle umane cognizioni . Ho posto recentemen-
te alia pruova uno di tali fatti, ed eccone le risultanze .
Un pubblico foglio , sono già quattro anni , annunziò
con esultanza essersi ritrovato in Iiighilteria clie la farina
impastata con acqua di crusca reiideva un quinto di più di
pane : e si citò in esempio che dieci once cii crusca furono
Tomo XI. V V pò-
338 Sulla Panizzazione
poste a bollire per quindici o venti minuti in due misure
d' acqua : che di poi colata quest' acqua , e posta a subire
un nuovo grado di calore convenevole , servì per distempe-
rarvi sette libbre di farina nella solita maniera, colla quan-
tità ordinaria di sale e di lievito di birra : e che il prodotto
fu di libbre dodici ed once dieci di pane , quando la mede-
sima quantità di farina ^ manipolata nel medesimo tempo,
dalla medesima persona , e nella maniera solita , rendè sol-
tanto libbre dieci di pane . Or dico io : Se dove col solito
metodo di panizzazione occorrono sei mila sacchi di frumen-
to per alimentare una città , posso con acqua cruscata ris-
parmiarne mille, la scoperta merita d'esser portata alla mag-
giore celebrità a sollievo de' cittadini e a vantaggio della pub-
blica economia . Ma sussiste poi veramente una tale scoper-
ta ? Eccone la pruova .
Ho posto nel mezzo del fondo d' una madia un' assicel-
la ben ferma onde dividerla in due ]^>orzioni per potervi fare
due distìnte Impastate di farina di frumento : ed in ognuna
delle dette due divisioni di madia ho posto libbre sei di fa-
rina della medesima qualità . Poscia in libbre sette e mezzo
d'acqua lio posto once dieci di crusca, e l'ho fatta bollire
mezz' ora circa : di poi levatala dal fuoco ho trovato cu' era
calata once otto . In seguito ad un' ora di notte ho preso
un' oncia e mezzo di lievitOj cioè di pasta già fermentata, e
stemperatala con once otto della detta acqua cruscata , a cui
avevo fatto prendere un conveniente grado di calore , 1' ho
gettata nella farina di una delle dette due divisioni , e in-
corporatala con un poco della stessa farina , e stesovene an-
che superiormente uno strato , I' ho lasciata in luogo caldo
sino alla seguente mattina.
Contemporaneamente ho preso pure ad un' ora di notte
un' oncia e mezzo di lievito , e stemperatolo con once otfo
d'acqua semplice tiepida,, l'ho gettato nella farina dill' al-
tra delle dette due divisioni , ed incorporatolo a! modo sles-
so con un poco della medesima farina , e stesovene pure' sa-
pe-
Di Gi.\:.iBATibTA ùall' Oli© • SSg
periormente uno strato, T ho lasciato aneli' esso in fermenta-
zione sino alla seguente mattina .
Allora fattone un doppio separato impasto , cioè uno
con una libbra ed once nove della detta acqua cruscata ri-
guardo alla farina che avevo posto in fermentazione con lie-
vito stemperato con simile acqua , e l'altro con altrettanta
acqua semplice riguardo alla farina dell' esperimento secon-
do , ho formato pane di due sorta ^ e 1' ho posto a cuocere
in un medesimo forno e nel medesimo tempo . ( Si noti che
per avere la detta libbra ed once nove d'acqua cruscata m' è
convenuto spremerla , con lui pannolino , dalla crusca che
r aveva assorbita quasi tutta . ) Levato il pane dal forno ho
trovato j che quello ch'era stato manipolato con acqua cru-
scata è rimasto libbre sette ed once cinque , e che 1' altro
manipolato con acqua semplice è restato libbre sette ed on-
ce due : e così vi è stato un aumento di tre once sole , il
quale corrisponde non già ad un quinto come annunziò il.
pubblico foglio 5 ma appena appena ad un ventottesimo .
Credendo io che un solo esperimento non basti a deter-
minare con sicurezza la verità d'un fatto ^ f ho ripetuto al-
tre due volte colla maggior precisione , e colla più scrupolo-
sa osservanza d'identità di farina, di peso, di acqua, di ca-
lore j, di fermentazione , di manipolazione . Nella prima ho
riscontiato viceversa un aumento di mezz" oncia nel pane
fatto con acqua semplice in confronto dell'altro fatto con
acqua cruscata, e nella seconda volta ho trovato del mede-
simo peso l'uno e l'altro pane senza differenza neppure d'un
quarto d' oncia . Dalla qual cosa parmi potersi ragionevol-
mente coiichiudere esser una favola la detta asseiziune d*l
pubblico foglio . In quanto poi all' aumento avvenuto nel
primo esperimento io 1' attribuisco a qualche accidentale dif-
ferenza , a me ignota , che sia scorsa nel processo di quel
lavoro : per esempio , potrebbe esser accaduto che il pane
manipolato con acqua cruscata fosse stato collocato nel fo>
no in parte meno soggetta all' azione del fuoco , e che, aven-
Yv a do
34-0 ■ Sulla Pajntizzazione
do perciò sofferto minor evaporazione d'acqua, fosse restato
di peso crescente tre once in confronto dell' altro manipola-
to con acqua sen^plice .
Sebbene però per mezzo delle accennate tre mie espe-
rienze siasi rilevala insussistente la scoperta d' un mezzo at-
to a produrre un aumento di peso nel pane : ciò non ostan-
te potrebbe darsi clie altri più di me esperto o avveduto^ret-
TÌficando o ampliando il proposto metodo, arrivasse a conse-
guire un aumento di peso nel pane . Forse i progressi sor-
prendenti che fa di giorno in giorno la Chimica possono gui-
dare air invenzione d'un veicolo, con cui una parte dell'
ossigeno ^ esistente in natura in istato aeriforme , ridotto con
arte in istato di solidità , si unisca ad aumentare 1' altro os-
sigeno che fa parte essenziale di tutti gli animali e vegeta-
bili . La farina di frumento, oltre la sostanza vegetabile , ha
pur anche in se in copia grande un glutine o sostanza ani-
.tualizzata , aiFatto ignota ai nostri padri , e di cui non si ha
notizia che da cinquant' anni a questa parte , come ne fan
fede gli esperimenti di Beccari , e di altri valentissimi Chi-
mici : e perciò sen>bra assai atta a ricevere un aumento d'os-
sigeno , e quindi anche di pes*j.
Fors' anche la fermentazione del pane diretta da una
mano filosofica potrebbe ammettere un più proficuo metodo.
Essa ris^uardata con occhio materiale sembra che debba cor-
rompere la pasta , ma se si esaminano col lume dell' espe-
rienza i suoi salutari effetti , si vede che toglie alla pasta la
viscosità atta a cagionare delle ostruzioni , è in oltre rende
il pane alimento d' un gusto gratissimo . Il lievito di birra
è adoprato in mohi luoghi , e non è poco se superò le op-
posizioni insorte contro di esso in Parigi nel 1668 allorché
fu sottoposto air esame di settantacinque Dottori . Trenta di
essi tie approvarono l'uso: quarantacinque furono di contraiio
sentimento ; ma per una disgrazia che è troppo frequente ad
avvenire , i voti furono numerati , non pesati . In oggi le
cose sono cambiate , e sempreppiù si canibierauno in meglio
se
Di Giambatista dall'Olio. 34 i
se nomini d' un merito eminente continueranno ad arricchire
le Scienze Naturali di nuove scoperte . Tissot , rivendicando
il pane dagli anatemi di Lingue! , ha fatto vedere quanto
poco abbia valso l'eloquenza esaltata d'un annalista energu-
meno per abbattere una costumanza che un medico di pri-
mo ordine ha difeso colle armi vittoriose della Ciiimica.
DEL-
34a
DELLA FORZA E DELL' INFLUSSO DEL CUORE
SUL CIRCOLO DEL SANGUE
DISSERTAZIONE
Di Michele Araldi
Ricevuta il dì 17 del 1804»
INTRODUZIONE .
ra le quistioni senza numero che s' incontrano per ogni
dove nelle naturali scienze , e più che altrove nella Fisica
animale, n'ha poche a mio avviso ardue e inaccessibili in
guisa che debba dichiararsi opera in tutto vana e perduta
r imprendere a rischiararle . Se si eccettuino quelle , che si
avvolgono intorno alla natura de' primi principi, ^ delle pri^
me cagioni , alle quali sembra per vero dire che i Fisici fa-
rebber gran senno a rinunziare interarncnle , o io molto ni'ii;-
eanno o le altre quasi tutte raro o non mai accade, che non
offrano qualche lato, per cui è lecito di accostarsi a disami-
narlo con qualche lusinga di successo non del tutto infelice.
E in realtà sono esse per solito multiformi assai e per mo-
do , che una stessa quistione secondo il vario aspetto , e il
punto di vista diverso da cui si osserva, quando rifiuta qual-
siasi scioglimento, e quando lo ammette, e quando anche
comparisce sfornita d' ogni realità , e frivola e insussistente ,
e illusoria . Donde si vede che chi si accinge a discuterne
alcuna debbe prima di tutto e soprattutto col rivolgerla per
ogni verso porre il massimo studio afiìn di spiare e scoprire
i lati n)en chiusi per così dire , e men difesi della medesi-
ma ; ossia r aspetto , sotto di cui essa tollera d' essere ris-
chia-
Di Michele Aiuldi . 343
cliiarnta . E quinci pure si scorge , tlie se malgrado i tenta-
tr. i reiterati e gH sforzi sommi dei Fisici un certo punto ri-
UKinsa tuttavia dubbio e indeciso , ciò non debbe tuttavia
sconfortarne , e distoglierne dall' assoggettarlo a nuove disa-
mine; giacché a queste resta forse aperta qualche strada da
quelli che ne precedettero non osservata, e più di quelle,
ch'essi tennero, acconcia a guidare all'intento. Non so, se
queste riflessioni bastino allo scopo ^ a cui le indirizzo , e che
è pur quello di valermene a scusa, «i difesa della sigurtà che
oso prendermi nella presente Memoria di avventurare alcune
mie osservazioni intorno alla forza posseduta dal Cuore, e
da esso impiegata a spingere , e muovere il sancue ; questio-
ne quanto niun' altra di Fisica animale intralciata e di mala-
gevofe scioglimento, intantochè pare che i Fisiologìsti stan-
chi ornai di occuparsene con poco frjitto , e nella disperazione
quasi totale di giungere a rischiararla siensi risoluti di abban-
donai'Ia ; di che non li biasimo già io -, convengo anzi che que-
sta lor tacita risoluzione mi ammonisce abbastanza del risico
a cui mi espongo . Se non che a questa quistione parmi che
sieno in particolar modo applicabili le riflessioni addotte pur
ora ; perchè sebbene fra quelli che sonosi accìnti a trattarla
alcuni srensi avveduti della varietà degli aspetti più , o me-
no aperti all'esame de' quali è dessa capace, è lecito ad
ogni modo di dubitale , se abbiano essi adoperata intorno a
questo punto essenzialissimo in ogni discussione tutta l'atten-
zione necessaria . Quésta poteva per quanto credo essere an-
zi per parte loro di gran lunga maggiore ; donde derivano
j)robabiImpnte e gli abbagli solenni e manifesti presi da ta-
luno ; e l'opposizione forse più apparente che reale, ma non
pertanto strana e sorprendente che passa tra le soluzioni del-
la medesima da es^.i recate .' Nel dir ciò io m' accorgo 'che
impongo a me stesso l' obbligo di arrestarmi prima di tutto
con <jualchc diligenza ii torno alla determinazione di ciò che
appellasi in genere stato drlla quistione, e di porre ogni stu-
dio nello stabilire i punti di vista diversi , eli' essa presenta
e i
344 Della forza, e dell'influsso del cuore ec.
e i confini , oltre ai quali non e lecito di trascorrere , ossia
le restrizioni die giova aggiugnerle , affincliè abbia essa uno
scopo reale , a cui non sia del tutto impassibile di raggiun-
gere. Queste avveitenze sono in ispeciale maniera richieste
dalla njedesinia . L^ osservanza loro per altro dovrebb' essere
raccomandata ai Fisici in ogni esso , ed incontro ; giacché è
pur ceito the in essa è posto il mezzo unico acconcio a ces-
sar le querele e lo scandalo di quelle eterne dispute che gli
dividono non senza qualche discapilo presso i Profani delia
scienza nobilissima eh' essi coltivano .
STATO DELLA QUISTIONE .
In qual guisa ci farem noi prima di tutto a fissare il
concetto genuino e legittimo, the vuol formarsi della fojza
posseduta dal Cuore , e per esso impiegata ad agir sopra il
Sangue , se siamo costretti a confessare , che le forze in ge-
nere sono una cotal sorta di esseri , la di cui natura ci è ,
e per quanto pare ci sarà sempre del tutto ignota? Infatti
non a torto alcuni sommi uomini si mostran disposti ad esclu-
derle affatto dalle coutiderazioni, delle tpiali si occupa la Mec-
canica r gorosa , a cui però impongono di arrestarsi nella di-
samina degli effetti , e nt-lla ricerca della misura precisa di
questi ; la quale j ove si riesca ad ottenerla lappieseiita a pa-
rer loro l'energia delle forze, e può a queste in (igni in-
contro sostituirsi . Pelò non occor dubitare, che nella pre-
sente ricerca il più sano partito non sia quello di metter da
parte la forza del Cuore considerata nella sua essenza , ed
involta come quella di qualsiasi altra forza d'oscurità impe-
netrabile , e di porsi in traccia di qualcbe effetto acconcio
all'uopo di rappresentare, ed esprimere la detta forza. Que-
sto sembra l'aspetto unico , sotto del quale il Problema quand'
anche fosse insolubile , presenta almeno un oggetto e scopo
reale , e sotto di cui non mi sarebbe difficile di mostrare che
è desso stato o apertamente o tacitamente considerato da tut-
ti
Di Michele Araloi . t^5
ti quelli che se ne sono occupati . Il perchè certamente una
poco util fatica si prende il Senac nei suo voluminoso trat-
tato del Cuore , laddove annoverando gli ostacoli , che ne
vietan l' accesso a questo Problema , tra essi ripone eziandio
l'ignoranza, in cui siamo tuttora intorno all'intima struttura
delle fibre , e intorno all' influsso che i Nervi , e gli Spiriti
animali ^ e se a Dio piace , il Cervello , e la Spinale midolla
anno su quelle fibre: quasi che nelle discussioni meccaniche
fosse mestieri di salire di grado in grado fino alle prime ca-
gioni ; e quasi che a cagion d' esempio , se concepiscasi che
l'elaterio ne' corpi , che ne sono forniti, derivi in essi, co-
me da alcuni si opina , dalla presenza , ed azione di un flui-
do sottile, e attivis^simo j che li penetra intimamente, si do-
vesse tener conto di questo fluido da chi si accinge a misu-
rare e determinare V energia di una molla . Ma passando ol-
tre giacché nell' impossibilità in cui siamo di ravvisar le for-
ze , dobbiam rivolgerci nella presente ricerca, e restringerci
alla disamina degli effetti, converrà soprattutto fissare e arresta-
re lo sguardo e l'attenzione sul Sangue, che attraversa il Cuo-
re-. Quivi e nel Sangue che è costretto a soffrire l'azione im-
mediata di questo viscere ragion vuole che ci si manifestino
gli effetti sopra gli altri acconci a rappresentare la forza ch'esso
possiede . Uso in questo luogo più volontieri il termine di rap-
presentare che non quello di esprimere , perchè non sono per-
suaso che quand' anche si riuscisse a conoscere in tutta
r estension sua V influsso del Cuore sul movimento del San-
gue , e conseguentemente si riuscisse a determinale con as-
soluta precisione gli effetti di cui si tratta , non sono dico
persuaso che questi effetti esprimessero esattamente la forza
del Cuore, e ci offrissero una misura adequata dell' energia,
ch'esso dispiega nell' agir sopra il Sangue. Può questa ener-
gia es=;ere maggiore assai di quel che ne mostrino gli effetti
Sfusibili che ne df-rivano , o nel Sangue o nel sistema de'
vasi ; perchè può porzion non beve della stessa impiegarsi ia
tntt' altro che neh' agir sopra il Sangue e sopra i vasi, e mal-
lo rno XI. Xx già-
34'> Della forza , e dell' influsso dei. cuore ee. '.
grado ]a sua realità sottrarsi perfettamente all' esame • Forse
che infatti i Muscoli pressocchè tutti non ci presentano esempj
di siffatto clandestino dispendio di forze , le quali però sono
quasi in ogni incontro di più doppii maggiori di quelle , che
fanno mostra di se negli effetti loro sensibili ? Forse che anzi
non raggirasi intorno alla estimazione di queste quanto reali
altrettanto necessarie perdite di forze buona parte del famo-
so trattato su i movimenti degli Animali di Alfonso Borelli ?
Ma di questa osservazione , e della sua ragionevolezza mi
cadrà in acconcio di parlare nuovamente nel seguito di que-
sto discorso . Al presente non V ho recata che all^ oggetto di J
fissare ognora meglio lo stato della quistione , avvertendo che
non appartiene già alla stessa F occuparsi della determinazio-
ne rigorosa e precisa della forza totale del Cuore e delT in-
tera energia , che ne produce 1' azione ; poiché quand' anche
si giugnesse a calcolarne esattamente gli effetti sensibili , que-
sti non ce ne offrirebbero forse che una misura a certi ri-
guardi inadeqnataj e acconcia come ho detto piuttosto a rap-
presentarla , che non ad esprimerla e uguale soltanto a quel-
la porzione della medesima che impiegasi nello spingere il
Sangue . Questa specie d' inesattezza non ne scemerebbe tut-
tavia di molto il pregio e i vantaggi ; mentre in ultimo egli
è rapporto al Sangue e al Circolo che la forza del Cuore ha
principalmente diritto d' interessarne , e può invitarci ad as-
•^oggettarla al calcolo e alle misure . La quistione ridetta a
questi termini rimane noti per tanto esposta a troppo gravi
e pressocchè insormontabili difficoltà . E in realtà è il Cuo-
re per tal modo congiunto al sistema ifitero de' vasi , che co-
stituisce con questo mi organo solo . Or come nella folla de-
gli effetti , che nel Sangue derivano dall' azione di un orga-
no così niulteplire giugnerem noi a discernere quelli , che
competono al Cuore , e in se rinchiudono la misura della
sua forza ? Benché questo stesso organo composto di Cuore
e di vasi non è che una parte di un maggior tutto ; su cui
il Magiatero ineffiibile della Natura ha scolpito l' impronta
del-
Di Michele AnALur . 347
della più perfetta unità . È desso collocato in tal guisa e di-
stribuito iifcU' interno del corpo , che attesi i vincoli e la
scambievole dependenza, che passa tra tutte le parti, i prìn-
cipj di movimento, e di azione sparsi pel resto del corpo,
ed estrinseci per così dire al sistema del Circolo , giungono
a questo sistema , e dentro di esso modificano il movimento
del Sangue . Chi non vede quanto ciò renda il Problema ele-
vato e trascendente . Come , ripeto , in mezzo a tanti agen-
ti , che davvicino o da lungi presiedono al movimento del
Sangue assegnerem noi al Cuore la parte che gli appartiene ?
Come ridurrem noi il Problema semplice quanto è mestieri ,
onde ci sia. lecito di affrontarne lo scioglimento? E volendo
pur farlo qual norma seguirem noi , onde ci riesca d" aggiu-
gnergli soltanto quelle restrizioni che la natura tolera e ammette,
che nel renderlo semplice non giungano a travisarlo e a tras-
formarlo in un Problema chimerico , o meramente curioso e
infecondo di utili applicazioni ? E non pertanto , e malgrado
gli ostacoli luimeiosi , che ci si affacciano , e sembrano chiu-
dere del tutto l'adito ad ogni ricerca sull'argomento presen-
te confesso che non giungo a persuadermi , che sia assoluta-
mente un perditempo l'accostarsi a discuterlo . Questi osta-
coli insormontabili certamente ove si agogni ad uno sciogli-
mento della quistione compiuto e in ogni sua parte perfet-
to , cessano forse d' esser tali se pongasi modo alle nostre
mire e speranze? Qual' è infatti il vantaggio reale , che que-
sta discussione ne promette ; e quale è lo scopo a cui però
dobbiamo rivolgerla ? Quello , se non erro , di porci in ista-
to di conoscere fino a qual segno si estenda sul Circolo l'in-
flusso del Cuore , e qual posto competa a questo Viscere tra
gli Agenti dalla natura destinati a guidare in giro il Sangue.
Uno scopo tale limitato e ciicoscritto in tal guisa non richiede
per quanto parmi né tal rigor di misure né tal'esattezza di calcoli
che debba disanimarne di troppo e vietarci qualsiasi tentativo.
Le approssimazioni , a cui non è fuor di proposito , che giù-
Xx a gner
34^ Decla forza j e dell'influsso del cuors ec.
gner si possa , sembra che bastar debbano all' uopo . Io cer-
tamente nulla non mi propongo di più , e restringendo le
mìe vedute entro questi confini mi lusingo anzi di confor-
marmi alla situazion presente e ai bisogni attuali delle Teo-
rie Fisiologiche , e soprattutto della dottrina dei Circolo mi-
nacciata per quanto pare , a ([uesti tempi di una ri-voluzion
totale j per cui lungi che sia naestieri di prendersi soverchio
fastidio delia determinazione rigorosa della forza del Cuore
r influsso stesso di questo viscere sul movimento del Sangue
è ornai divenuto oggetto di dubbi e di controversie . Ma per
le cose fin qui dette lo stato della quistione , quale almeno
io me lo propongo , ò ornai dichiarato abbastanza ,
MISURA DEL SORELLI .
E prima di tutto giacché a tratto a tratto dall' urto e
conflitto delle opinioni schizza qualche raggio ^ che ne addita
la strada , onde giungere alla scoperta del vero , non sarà
forse del tutto inutile il passare in rassegna quelle almeno
tra le misure fin or recate della forza del Cuore che anno
levato di se maggior grido presso i Teorici . Alfonso Borelli
osò il primo proporsi questo Problema , e tentarne la solu-
zione nel Trattato puc' anzi citato ; nel quale incontransl per
tutto indizj di non ordinaria sagacità , che lo rendono prege-
volissimo, e a certi riguardi anche classico , malgrado i difet-
ti in gran parte comuni e inevitabili delle Opere per la mor-
te degli Autori rimaste imperfette -, del qual danno è d' uopo
conlessare , che risentesi in modo speciale la parte seconda
di questo Trattato , a cui appunto appartiene il Problema
presente • Né vuoisi parimente tacere che il Borelli in que-
sta sua Opera annunzia in ogni incontro una cotal propen-
sione a magnificare oltre forse i termini del giusto la forza
musculare : nell'estimazione della quale pare che miri e am-
bisca di sorprendere colla stranezza o vera o apparente de'
risultati , a cui giugue ; di che bea ci fa fede la misura per
lui
Di Michele Araldi» 349
luì recata della forza del Cuore , cui el non esita ad ugua-
gliare a un peso di i35ooo libbre e parendogli ciò forse po-
co, di 180CCO. E a questo proposito, giacché il luogo è cp-
portunoj non crederò di divagarmi dal mio assunto , se met-
tendo per poco da parte il cuore mi arresterò a disaminare
uno degli elementi , de' quali il Borelli si crede in obbligo
di tener conto nella misura in genere della forza de' Musco-
li . Per l' introduzione di questo elemento non cresce meno
di un doppio la forza impiegata, e dovuta all' influsso di tut-
ti gli altri elementi presi congiuntamente. Dopo di avere di-
mostiato concludentemente , e a tutto rigore che i Muscoli
in tutti quasi gì' incontri impiegano nel!' agire più forza as-
sai di quella, che si manifesti ne' loro effetti sensibili ; e di aver
provato che siffatto dispendio di forza deriva necessariamente
dal modo sconcio e disadatto a renderla utile ed efficace, eoa
cui viene essa a contrasto coolì ostacoli , che giusne a vin-
cere , Ei non solo tien conto delle condizioni e circostanze
tutte , che influiscono su ciò ; ma dopo di aver raccolte as-
sieme le perdite paraiali dovute a cadauna di dette condizio-
ni , ei raddoppia questa somma , e si crede tenuto a raddop-
piarla sul fondamento o pretesto, che il Muscolo agisce a un
tempo sopra 1' uno e sopra l' altio de' suoi estremi ; sopra
quello che cede , e sopra quello che immobilmente resiste ,
e resistendo determina 1' azion musculare ad impiegarsi util-
mente tutta sull'altro . Questo raddoppiamento per poco non
è dal Borelli risguardato , siccome un principio Meccanico ,
di cui non sia lecito dubitare. Secondo lui se una corda rac-
comandata a un cliiodo sostenga il peso di una libbra . la
forza , con cui la corda resiste a rompersi equivale al peso
di due libbre , perchè , se mal non interpreto la sua mente ,
il peso fa sorgere in essa una tensione , che agisce quinci e
quindi egualmente e contro il peso e contro il chiodo jn gui-
sa che siccome la porzion della stessa , che impiegasi a so-
stenere adegua certamente il peso, è giuoco forza inferirne
dio r intera tensione eqnivaglia a due libbre . Infatti se in-
' ve-
35o Della forza, e dell'influsso del cuore ec.
vece di suppor la corda pendente da un chiodo , la concepi-
remo posta sopra e attorno a una carruccola , e che due pe-
si cadaun di una libbra pendano da cadauno de' suoi estre-
mi , in questo caso la corda contrasterà col peso di due lib-
bre ; eppure in essa' non sorgerà certamente fuori che quella
tensione stessa ^ che dianzi in essa sorgeva per V azione di
un peso solo combinata colla reazione del chiodo. E affinchè
questo , se n' ha mestieri , apparisca anche viemeglio , pon-
gasi mente a ciò che "accade alla corda posta attorno alla
carruccola , ove tutt' all' improvviso vengano a scemare di
eguali porzioni i due pesi eguali da essa sostenuti . La corda
si accorcierà ossia solleverà un tal poco quinci e quindi i
due pesi quanto è mestieri perchè lo scemamento della ten-
sione conformisi con quello de' pesi , e risorga il perduto e-
quilibrio . Or non è egli manifesto , che se in questa ipotesi
si concepisca la tensione divisa in due parti eguali cadauna
di questa supera la resistenza del peso , che le corrisponde ,
e che dunque l'intera tensione equivaleva dianzi alla somma
de' pesi , quando dianzi prima dello scemamento equilibrava-
si co' medesimi ? Questo discorso, cui mi lusingo di non aver
punto indebolito nel riferirlo _, comunque forse un non so che
gli manchi di abbagliante e seducente confesso , che non è
mai giunto a convincermi , e che anzi ho sempre ravvisalo
in esso un indizio di quella alquanto smaniosa voglia di esa-
gerare la forza de' Muscoli , di cui il Borelli è stato non in
tutto a torto ripreso . E perchè non occorre abl>andonar così
subito un punto di non lieve momento nella estimazione del-
la forza de' Muscoli , e rapporto al quale i Fisiolngisti anche
più riputati seguono a ricopiare Borelli e a ricopiarsi 1' un
r altro, se fisseremo per poco l'attenzione sulla corda, che
pende dal Chiodo , e sostiene una libbra , non ci si ofFiiran- jl
no motivi , per quanto parmi , onde persuaderne , eh' essa
esercita una forza, o in altri termini, clie in essa sorge una
tensione eguale a due libbre . Lascio 1' oliesa , che da questo
raddoppiamento riceve il senso comune . Avverto piuttosto
che
Di Michele Araldi. 35 i
che il pronunziare su ciò forse più che non ai Meccanici
appartiene ai Metafisici . La Meccanica , come qualunque al-
tra delle Scienze esatte , non si occupa che di confronti ; e
di confionti tra quantità della stessa specie, riferendole sem-
pre a certe unità , a certi Moduli di natura anch' essi con-
forme a ([uella delle quantità , che vengono confrontate , don-
de iioiì si pena a vedere che. questa quistione non può inte-
ressare i Meccanici . Che se ci rivolgeremo ai Metafisici ,
questi in mezzo all' incertezza, in cui confessano, e profes-
satio di essere su i vincoli ignoti , che legano le cagioni agi"
efiettij e sulla natura di quella arcana uguaglianza, che pas-
sa tra le prime , e i secondi , io peno assai a credere , ch'es-
si fossero per decidere contro il comun senso, presso il qua-
le certamente una corda , da cui pende una libbra sostiene
una libbra , e non due . E comunque sia certo che la ten-
8Ìon di una corda si esei'cita egualmente sopi-a il chiodo , e
sopra il peso , quindi , diranno essi , non ne segue già egli
ciò , che B irei li pretende .• come niuno dirà , che se ad un
corpo posto sopra un piano sovrappongasi il peso di una libbra,
quel corpo sostenga due libbre , a motivo della pressione ,
' che in direzione opposta a quella del peso sovrapposto esso
fotìPre dal Piano . La tensione è ima cotal' affezione di (|uella
forza qualunque , da cui sono mantenuti a contatto gli ele-
menti della corda , che nel sorgere non può non vestir tosta-
mente questo carattere , per cui essa esercita 1' energia sua
in opposte direzioni • Questa propiietà è rinchiusa nella sua
essenza, Boreili potrebbe forse aver ragione , se fosse leci-
to di separare almeno mentalmente la tensione in due par-
ti dirette 1' una contro il peso , 1' altra contro il chiodo .
Ma questa comechè mentale separazione non sembra leci-
ta , perchè non avvi porzion niuna della tensione che non
sì eserciti quinci e quindi egualmente . Però giacché è pur
certo che la tensione sorge nella corda in seguito dell' appli-
cazione del peso; e cresce e scema con questo, e ben per
tutti i caratteri ci si presenta siccome efì'elto del medesimo ,
nien-»
35a Della forza» e dell'influsso del cuore ec
niente vieta che , volendo pur esprimere quella proporzio-
ne ; che passa tra 1' uno , e l' altra , non si scelga la relazio-
ne di uguaglianza acconcia all' uopo quanto iiiuu' altra , e
conforme poi sopra pgni altra alle idee universalmente adot-
tate e al senso comune . Così forse potrebbero rispondere i
Metafisici; ai quali per altro non rinunzio già io la decisione
della controversia per modo che non mi dich-ari disposto ad
ascoltare più voloniieri assai la Meccanica . Il che dico per-
chè non sono senza qualche lusinga che a mostrare vieme-
glio r equivoco preso dal Borelli non sarà giudicata del tutto
inutile la considerazione seguente .
Suppongasi che da una corda raccomandata a un chiodo
penda un peso di una libbra. Suppongasi che dagli estremi di
un'altra corda uguale in tutto alla prima , ma ravvolta attorno
a una girella pendano quinci e quindi due pesi uguali cadau-
no a una libbra . Sorge nell' uno e nell' altro caso nella cor-
da una cotale tendenza ad accorciarsi, la qual tendenza costi-
tuisce la forza , di cui si tratta di recare la vera e reale misu-
ra . Siccome l'energia, l'intensione, il grado prec'so, qualun-
que e' sia, di questa forza, è visibilmente uguale nell'uno e nell'
altro de' due casi proposti ; e che nel secondo essa si eserci-
ta contro due libbre, Borelli ne inferisce che anche nel pri-
mo sia dessa rappresentata dal peso di due libbre. Per quan-
to pare non ci è già lecito a parer suo di rovesciare il dis-
corso ; e poiché nel primo caso non pende dalla corda che
una libbra , inferirne che anche nel secondo caso lo sforzo
venga da una sola libbra rappresentato . Ciò al Borelli non
sembra lecito , perchè non vuoisi secondo lui dimenticare il
chiodo, contro cui nel primo caso agisce uno sforzo eguale a
quello , che si bilica colla libbra pendente dall' altro estre-
mo della corda . Nel ripetere il discorso del Borelli ho inte-
so di farmi strada ad aggiungere , che forse finché si conce-
pisce che sussista lo stato di equilibrio ,, può rimanere in-
deciso qual misura convenga adottare dello sforzo esercita-
to dalla corda eguale senza dubbio in entrambi i casi . ma
di
Di Michele Araldi . 353
di cui in entrambi i casi resta un pò duLLio^ se adegui il
peso di una libica , o non piuttosto quello di due . Nella
lusinga che a dissipar queste dubbiezze qualche raggio di lu-
ce balenar possa dal passaggio improvviso dallo stato di e-
quilibrio a quello di movimento e di azione, suppongasi che
tanto il peso di una libbra pendente dalla corda fissata al
chiodo , quanto cadauno degli altri due sostenuti dalla corda
ravvolta attorno alla girella scemino tutt' all' improvviso
egualmente. L'equilibrio rimarrà noli' atto stesso alterato;
le corde si accorcieranno, e a proporzione saranno i pesi co-
stretti ad alzarsi . Affine di aver diritto di supporre costanti
le potenze , che pel supposto improvviso cangiamento sonosi
rivolte ad agire non si tenga conto che del movimento ini-
ziale ; di quello vale a dire clie ha luogo nel primo tempus-
colo infinitesimo . Queste stesse potenze , che concorrendo
dianzi a sostenere sonosi rivolte ad agire adeguano o lo see-/
mamento sopravvenuto ai pesi, o secondo il Borelli il dop-
pio di questo scemamento . Vediamo se debbasi piuttosto
adottare la prima misura o la seconda . Mi verrà , me ne
lusingo j accordato, che nel primo tempuscolo infinitesimo
segue iu entrambe le corde un eguale accorciamento . Con-
foimi a questo saranno gli spazii percorsi verso 1' alto dai
pesi. Cadauna delie due lUibre attaccate agli estremi della
corda posta attorno alla girella si alzerà per uno spazio la me-
tà minore di quello , cui scorrerà la libbra sostenuta dalla
corda fissa al chiodo . Si otterranno in entrambi i casi a nor-
ma delle Teorie Meccaniche universalmente adottate due ef-
fetti eguali; giacché l'alzamento di una libbra, per un cer-
to spazio costituisce un effetto perfettamente uguale all'alza-
mento di due libbre per uno spazio minore della metà ; co-
me uguali sono gli effetti , uguali saranno gli sforzi quinci ,
e (juiiidi impiagati a produrli • Intanto la furza appartenente
alla corda attaccata al cbtodo nell' atto che con uno sfor-
zo utile , e nel carattere di vera forza motrice agisce sul-
la libbra, e la solleva, non cessa di giung^^re al chio lo e di
2 omo XI. Y y agir
i
354 Della forza, e dell'influsso del cuore ec.
afir su di esso nella qualità di forza premente , e non
pertanto sorge nella libbra pendente e sollevata un effetto
iiouale a quello, che sorge nelle due libbre attaccate agli
estremi delT altra corda per uno sforzo, che tutto s'impiega
utilmente nel muoverle . Da ciò sembra lecito 1' inferire che
nel misurare e determinare lo sforzo esercitato dalla eorda
nel caso, che segua turbam.ento di equilibrio si può prescindere
dalla pressione , che dependenternente da questo sforzo soffre
il chiodo , e che però e per ultima conseguenza, o si debba,
o se non altro sia assai ragionevole il prescinderne nel caso
anche dell' equilibrio, cosicché la forza, che nella qualità
di semplice forza premente vien concepita nella corda sia
adeguatamente rappresentata dal peso sostenuto , e non già
dal doppio di questo peso .
E qui , giacché il luogo m' invita a farlo , non mi sia
disdetto di collocare una breve digressione diretta a toglier
di mezzo , se pur riesco a farlo , alcune o reali o a meglio
dire apparenti opposizioni , che s' incontrano presso i Mecca-
nici , laddove trattano della Teoria del Cuneo , Essi nel fis-
sare la relazione , che nel Cuneo passa fra la forza ad esso
applicata e la resistenza non sembrano in tutto d' accordo .
Rapporto a che mi giova metter da parte le determinazioni vi-
sibilmente soggette a gravi eccezioni ; quella a camion d'esem-
pio , la qual leggesi neil' ultima e più elaborata opera del
Muscembroek , che nella sua voluminosa Introduzione al-
la Filosofia naturale si permette di stabilire , che in due
Cunei diversamente conformati , tali vale a dire che 1' uno
nel suo piofìlo rappresenti un triangolo rettangolo 1' al-
tro un Triatigclo isoscele , la forza del primo stia alla re-
sistenza come la base alla lunghezza del Cuneo ; nell' altro
come la metà della base alla lunghezza medesima . Questa
determinazione alquanto strana per vero dire , giacché da es-
sa seguirebbe che la semplice diffei'enza di configurazione nel
Cuneo si strascinerebbe con seco un enorme divario nella re-
lazione fra la forza e la resistenza , sembra che dovesse muo-
ve-
Di Michele Aualdi . 355
vere questo Fisico a sospettare, ch.i nel discorso, per cui
vi giugiie , riiichiutlasi qualche paralogismo; cui non cerche-
rò ora in ciie consista , mentre, come è detto , è meglio at-
tenersi alle misure sulla giustezza delle quali non cade dub-
bio veruno . Anche in queste incontrasi una cotale opposi-
zione , che reputo piuttosto apparente , che reale . E pren-
dendo r esempio più semplice quello del Cuneo foggiato in
guisa, che il suo profilo sia un triangolo isoscele, e situato
pure in modo che la base ne sia parallela al fulcro immobi-
le^ a cui si appoggia il coipo da fendersi, chi dice che in sif-
fatto caso ed esempio la forza sta alla resistenza come la ba-
se alla lunghezza del Cuneo:, mentre altri , come affin di ci-
tarne un solo il Bossut , afferma , che la forza sta alla som-
ma delle resistenze co.ne la metà della base alla lunghezza .
Siccome nel comune significato de' vocaboli la resistenza in
genere sembra identica alla somma delle resistenze , delle
due misure recate la prima sembra diversa dell' altra e di-
versa del doppio . Ma una mediocre attenzione basta a mo-
strare che la resistenza considerata nella prima misura trovasi
raddoppiata. nella seconda per un raddoppiamento conforme
a quello, con cui il Borelli immagina che la sua corda fissa-
ta a un chiodo eserciti una forza doppia del peso da essa
nell'altro esti-emo pendente. Questo raddoppiamento è impli-
citamente rinchiuso nella espressione di somma delle resisten-
ze. Se si concepisca, che tra le due faccie opposte della fen-
ditura aperta dal Cuneo nel Corpo sia collocata una Ct)rda ,
che parta dall'una e termini nell'altra, e ne vieti l'ulterio-
re allontanamento, bilicandosi colla forzi applicata al Cuneo
stesso, potrà pur concepirsi, chela resistenza di questa cor-
da adegui la Ibiza esercitata da una corda simile fissata a
un chiodo e condotta a un egual grado di tensione da un
certo peso . E manifesto che prendendo per misura dello
sfoizo di quest' ultima corda o il peso pendente, o il dopp'O
di <pii sto , alla prima determinazione corrisponderà nel Cu-
neo la prima delle due relazioni sopra recate , quella per
Y y a cui
356 Della forza , e pei l'' influsso del cuore ec.
cui si afferma che la forza sta nel Cuneo alla resistenza co-
me la base alla lunghezza; alla seconda corrisponderà l'altra
che la mela della base sta alla lunghezza come la forza alla
somma delle resistenze .
Mi si permetta di arrestarmi alcun poco nell' esame di
im altro tratto dell' insigne opera del Borelli ; rapporto al
quah' senza ch'io condanni le sue intenzioni e vedute nutro
qualche sospetto , che nelle considerazioni , a cui lo guida
il desiderio e la lusinga di giungere a determinare la foiza
per lui detta assoluta de' Muscoli, ei trascorra oltre ì coiifini
in ogni incontro prescritti alla vera e pura e rigorosa Mec-
canica . Gioverà per maggiore chiarezza valersi di un caso
ed esempio speciale , Suppongasi che i Muscoli della Mascel-
la inferiore giungano nel loro massimo sforzo a stritolare un
corpo frapposto ai denti duro a un segno che a romperlo
fosse richiesto un peso di i5o o i6o libbre . Se si tenga
conto dei discapiti inevitabili sofferti dai Muscoli a motivo
della Macchina, attraverso a cui giugne il loro sforzo al cor-
po , questo loro sforzo dovrà valutarsi assai più . Potrà esso
senza esagerazione rappresentarsi col peso di libbre 3oo. Bo-
relli non è contento di raddoppiar questo peso , spingendolo
fino alle 600 per 1' addotto motivo o pretesto , che i JMusco-
li impiegano la metà di questo sforzo contro i punti immo-
bili , dai quali nascono e partono \ ma dopo di averlo rad-
dopp ato non esita a dichiararlo ben trenta volte maggiore . A
questo aumento è desso condotto dal concetto, eh' ei si è forma-
to neir animo della struttura intima delle fibre nuisculari ;
cadauna delle quali ei la immagina nell'aspetto di una serie
di vescichette romboidali opportune , giacché le pareti loro
vengono pure supposte poco o nulla distrattili, ove tutt' all'
improvviso si gonfiino, a scemar di lunghezza, e conseguen-
temente ad accorciare notabilmente la fibra , lungo la quale
sono esse le une dietro alle altre collocate. Or qui vuoisi av-
vertire, che quel peso stesso , cui sosterrebbe o solleverebbe
un' intera fibia , verrebbe pur sostenuto o sollevato da una
, . ( so-
Di Michele Araldi . SSj
sola delle vescichette romboiJaii , dall' infima a cagion d' e-
semnio , clu; la compongono . Grande non pertanto è la dif-
ferenza , che passa fra un caso e 1' altro ; poiché se il peso
venosa sollevato sì neh' uno che nell' altro , qniuci dalla fi-
])ra , fjuindi dalla vescichetta , lo spazio , per cui verrà solle-
vato , sarà tanto maggiore nel primo ^ che nel secondo , quan-
to il numero delle vescichette componenti la fibra supera
1' unità . Il che vuol dire , che essendo uguali i pesi sono
tuttavia disuguali i loro momenti ; applicando a questo ter-
mine di momento il significato , che gli fu dato da quelli ,
che dietro le tr;icce del Galileo lo introdusser da prima nel-
le discussioni meccaniche . Ciò , che dicesi di una fibra , si
avverta di un qualunque loro aggregato ; di un Muscolo in-
tero ; la cui forza conseguentemente Borelli si crede in dirit-
to di adeguare non già al peso solo, con cui si bilica, ma
con questo peso moltiplicato pel numero delle vescichette
romboidali, che assumendo una lun<ihezza media fra le fibre
più lunghe , e le più corte ponno concepirsi comprese fra
un estremo e l' altro del Muscolo stesso . Procedendo in tal
guisa non pena gran fatto il Borelli a giungere a quelle sue
determinazioni e misure della forza inusculare*, le quali come
che parer possano esorbitanti, pur, se ben si mira , nulla in
se non rinchiudono , che debba parer strano e sorprendente
e iiicredibde . Né già è questo il motivo, per cui mi si ren-
de un tal poco sospetto il processo e metodo tenuto dal Bo-
relli nelf ardua indagine, cui egli il primo osò di proporsi,
•e in cui non isdegnò di seguirne , e premerne le orme un
Giovanni Bernulli . Certo che se un Matematico nell' accin-
gersi a determinare la forza musculare si creda tenuto a fis-
sare e misurare l' impiego e il dispendio di quel principio
qualunque, di quella qualunque sostanza attiva, ed energi-
ca , che operando ne' Muscoli e nell' interno delle lor fibre
rinchiude in se la ragione di (jnella forza , eh' essi dispiega-
no , certo che , dico , se un Matematico mirerà a questo
scopo , o si troverà costretto a porsi sulle traccie del Borei-
li.
358 Della forza, e dell'influsso del cuore ec.
li s <J scegliendo altra strada , giuguerà non pertanto a con-
clmisioni poco diverse . Il mio timore si è , se i cosiffatti
teutcìtivi non sieno per avventura disdetti al Meccanico ; se
possa questi esporsi senza scrupolo al risico di contaminare
d' idee meramente ipotetiche la Scienza quanto nobile , al-
trettanto severa ch'esso coltiva. Abbiasi una corda capace di
resistere a un certo peso ; ossia tale che a giugnere a lace-
rarla richleggasi un certo peso • Se questa corda dividasi pel
traverso in più parti , non ha dubbio che un peso eguale al
primo richiederassi a lacerare cadauna di queste parti . Né in-
ferirem noi quindi che la resistenza opposta dalla corda alla
lacerazione fosse eguale alla somma di questi pesi • Eh che
ninno noi dirà mai . Eppure e certo , che se immagineremo
che la corda resista a motivo di una sostanza , che penetran-
dola intimamente ne mantiene a contatto le parti e loro vie-
ta discostarsi e disunirsi , la forza assoluta di questa sostan-
za sarà proporzionale all' energia sua propria, e alla liuighez-
za della corda , ossia al numero delle parti , a cui si appli-
ca . Ma , comunque ciò sia vero , i Meccanici si permette-
ranno non pertanto di prescinderne , né trattando delle funi
e della resistenza da esse opposta alla rottura , introdurranno
questa considerazione nelle loro ricerche . Non dirò che deb-
basi adoperar similmente nelle discussioni di Meccanica ani-
niale ; ma dirò bene, che se non è in esse assolutamente inter-
detta ogni congettura intorno all' intima struttura delle parti
e fibre de' corpi vivi , vuoisi tuttavia in ciò procedere colla
massima circospezione , attenendosi quanto é possibile ai
dommi della Meccanica rigorosa , e schivando di occuparsi
di oggetti che per l' oscurità loro non tollerano 1' acconcia
applicazione de' principii e teoremi di questa scienza . Ado-
perando in tal guisa si restringerà per vero dire il campo in
cui sia conceduto di spaziare ai Meccanici ; ma rimana esso
non pertanto vasto assai , e nello scorrerlo e coltivarlo po-
tranno essi procacciare vantaggi grandi alla Fisica animale ,
che giovandosi delle loro fatiche , e crescendo congiuntamen-
te
Di Michele Araldi. 359
te nelle altre sue paiti affidate ad altri coltivatori ; alla te-
sta de' quali ritengo che debbano mettersi gli Anatomici, a
qualche tempo foise giugnerà a tale da poter offrire ai Mec-
canici i dati necessarii , onde di grado in grado sollevarsi a
ricerche più sublimi di quelle , entro le quali sono essi al
presente tenuti a restringersi . Benché fissando con esattezza
i confilli delle spiegazioni meccaniche nella Fisica de' viventi
si giugnerebbe eziandio a impor silenzio ai Piollini, che con-
fondendo V abuso pur troppo fattosi in questa Fisica delle
Teorie meccaniche, ne vorrebbon proscritto, e per poco non
ne deridono i" uso anche giusto e legittimo .
Ma per uscire ornai da una digressione forse soverchio
prolissa dopo ciò che ho detto, mi lusingo che niuno si stu-
pirà che io manifesti la ripugnanza , che provo, ad entrare
in ninna alquanto minuta discussione della in'snra recata dal
Borelli della forza del Cuore . S^ egli a tratto a tratto nella
sua Opera , che non cessa per questo di essere originale e
classica , si permette di accoppiare ai raziorinii meccanici le
supposizioni , e le congetture , qui è dove ei le accumula ,
e le innesta le une su le altre con tale sfoggio , e se oso
dirlo con tale intemperanza , che questo motivo bastar dcb-
be a giustificarmi se non so né arrestarmi , né trattener altri
sopra di un luogo, mi è assai probabile che se 1' Autore
avesse potuto dare l'ultima mano al suo esimio lavoro, avreb-
be col ritoccarlo fd emendarlo posto in un lume migliore di
quello , in cui prevenuto da Rinite fu costretto a lasciarlo .
Pare ch'ei ddHaandusi di poter affrontare direttamente la so-
hizione ihd Problema , ami di farlo per la via iudiietta de'
conCronti , vale a diie paragonando il Cuore ad altri Muscoli
di mole poco diverga, e conseguentemente ricchi a un di
presso di un numero eguale di fibre . 11 partito se non è il
pilli sicuro sembra almi no il più spedito : ma egli nello sce-
glierlo si crede in dovere di Ituer conto di alcune particola-
rità,, per le quali a lui sendira che il movimento e l'azione
del Cuore sia essenzialmente diversa da quella degli altri
Mu-
o6o Pelt.a forza ^ E dell'influsso del cuore ec.
Muscoli . Qaessi presi in gf-aerale iifll' agire si accorciano ,
e intumid:oc«)no a un tejn|)0 j e il tumore e 1' accortianieuto
si compensano per u)odo che il Muscolo uell' agire uè cresce
uè scema setiSibi]mer;te di mole. Nel Cuore a parer del Bo-
relli la cosa passa molto diversamente. Esso nell'agile non
si accorcia, e sebbene intumidisce a un tempo nella sua so-
stanza , e nelle sue pareti , pur non cresce di mole , perchè
il tunicre si fa lutto verso 1' interno , e s' impiega nel re-
stringerne le cavita, e nel votarle, spremendone fuori il
Sangue e spingendulo nei tronchi arteriosi . Conformi a que-
sta notabil differenza fra l' azion del Cuore e quella degli al-
tri Muscoli sono quelle, eh' eì pure ammette nella collocazion
delle tìbie, che a parer suo nel Cuore per tal modo s'intrec-
ciano , s' incrocicchiano 5 scherzano le une fra le altre, e le
une attorno alle altre, che venendo esse a intumidire in tutti
i loro otricelli romboidali , cospirar debbono e riunirsi a pro-
durre l' accennato tumore verso l'interno delle pareti del Vi-
scere e ad agire a guisa di torchio sul Sangue rinchiuso. Basta
questo breve ragguaglio del metodo tenuto dal Borelli e per
quanto mi lusingo sovrabbonda all' uopo di mostrare , che
non ho torto in tutto manifestando luia cotale alienazione
dal discutere di proposito una soluzione, fh'ei sulle prinie
intende di rendere piana e spedita , ma che in realtà gli di-
viene fra le mani intralciata al sommo e spinosa ; e ingom-
bra oltracciò e infetta di più supposizioni , delle quali né si
leca , né addur si può niuna prova diretta . Aggiungo che
tra esse n' ha alcuna , eh' io potrei forse senza scrupolo ri-
gettare, qual si è quella a cagion d' esempio , in cui si adot-
ta che il Cuore neU' agire non si accorci contro il sentimen-
to autorevole di un gran numero di osservatori eccellentissi-
mi ; e contro ciò che sembia attestato dall'uso delle valvole
venose , delle quali ove non si ammetta 1' accennato accor-
ciamento , si penerebbe a comprendere , come nell' atto che ■
il Cuore si sgrava del Sangue rinchiuso potessero sollevarsi H
guanto è raestieii a chiudere gli oiificii venosi j vale a dire i
jf^ co- I
f
Di Michele Araldi . 36 1
come loro lo potessero permettere que' vincoli , ossia quelle
cordicelle tendinee poco o nulla distrattili , che partendo dal
lembo libero delle medesime le raccomandano alle pareti in-
terne del Cuore . lo mi asterrò dunque tanto più volentieri
dn!!' entrare in questa disamina, quanto clie son d'avviso
che lo stesso Burelii , se risorgesse e fosse vivo e presente
me ne dispenserebbe di buon grado , né amerebbe eh' io
ni' arrestassi di troppo sopra di un luogo , di cui è assai pro-
babile , che a questi tempi non esiterebbe a dichiararsi poco
contento , e a confessar pure e a riconoscere le imperfezio-
ni , e i nei , che sparsi qua e là per 1' egregia sua Opera ,
non giungfino tuttavia ad oscurarne i pregi singolarissimi j né
scemar debbono la riconoscenza dovuta al nobile ed animoso
tentativo di chi il primo s'accinse e spesso e rapporto a più
punti riuscì felicemente ad assoggettare alla Geometria e al-
la Meccanica i Fenomeni animali .
MISURA DEL KEIL .
Passìam piuttosto a cercare se altri per avventura stati
siano più fortunati del Bercili . Persuaso l' Inglese Jacopo
Keil , che per 1' una parte la question presente non sia per
propria indole cinta d' ostacoli insormontabili , e per 1' altra
che deirinutilità degli sforzi del Geometra italiano debbasi
accagionare il metodo da esso scelto neli' accingersi a scio-
glierla entrò con grande animo nella stessa carriera, e te-
nendo una strada senza confronto più breve , e spedita ne
tornò ricco non di una sola ma di due soluzioni semplici
assai ed eleganti, e che oltre a ciò, parendo fondate sopra
sperienze dirette potrebbero agevolmente sedur taluno a sba-
gliai'le per rigorose ed esatte . Esse lungi d' esser tali si sco-
. stano dal vero quanto fi)rse quella del Borelli , ma per mo-
f tivi diametralmente opposti a quelli , per cui quest' ultima
5 se ne allontana . Sembra infatti che se Borelli mirava ad
ingrandire all' eccesso le forze del Cuore , Kcil si proponga
Torno XI. Z z di
36a Della forza, e dell'influsso del cuore ec.
di estenuarle e depiinitrle ; in prova di che basti il dire
eh' ei riduce a poche once le 180000 libbre , a cui esse sa-
lirono tra le mani del primo ; di che non peneremo gran
fatto tra poco a render ragione, e a porre a un tempo in
salvo , se n' ha mestieri , il decoro della Geometria , di cui
valgonsi entrambi , compromesso in certo modo da sì enoi-
me divario . Fondansi le due soluzioni del Keil in parte ,
come è detto sopra certe sperienze instituite sopra cani , e
in paite sopra un Teorema del Neuton rinchiuso nel secon-
do Corollario alla proposizione 3a.' del secondo libro de'
principii dt^lla Filosofia naturale . Affermasi quivi dal New-
ton , che la velocità , con cui sgorga un fluido da un foro
aperto nel fondo di un vaso , è dovuta alla forza o pressio-
ne di un peso eguale a un Cilindro di quel fluido ampio
nella sua base quanto il foro e lungo il doppio dell'altezza,
a cui sollevasi il fluido entro il vaso. Prova poi egli, o stu-
dia almen di provare nell' antecedente proposizione , che
questa velocità uguaglia quella di un grave ^ che partendo
dalla quiete cadesse per uno spazio eguale alla stessa altezza
del fluido entro il vaso. Afiìn di giovarsi al suo intento di
queste proposizioni Keil rivolgesi a cercare la velocità , con
cui il sangue sgorga d;il Cuore , a cagion d' esempio dal ven-
tricolo sinistro, nell'Aorta, o a meglio dire quella, con cui
tenta di uscire, e che in fatti riterrebbe, se neh' uscire non
incontrasse l'inciampo del sangue, che lo precede , e riem-
pie l'arteria, e più o meno gli resiste e ritardalo. A que-
sto scopo egli indirizza le sue sperienze . Ei taglia attiaver-
so r arteria iliaca di un cane . Misura il salto e 1' ampiezza
dell'arco parabolico descritto dal sangue, che ne sgorga con
impeto , e valendosi delle note regole della Teoria de' Pro-
ietti, ottiene la velocità di questo Sangue ; ossia l'altezza,
da cui dovrebbe discendere un gvave , affin di acquistare la
stessa velocità . Posto ciò peli avverte , che attesa la vici-
nanza dell'arteria iliaca coli' aorta e col Cuore a niun sensi-
bil ritardo debb' esser soggetto il Sangue nel suo viaggio dal
Cuo-
Di Michele Araldi . 363
Cuore a queir arteria per modo che siccome col taglio com-
piuto e trasversale della stessa vien tolto ogni ostacolo al
Corso del Sangue , 1' eseguir ciò è a un dipresso lo stesso ,
che il porre interamente in libertà il Siingue , che scorre
presso il Cuore e anzi ne sgorga; donde ne segue che la ve-
locità , con cui lanciasi dall' arteria tagliata , esprime assai
esattamente quella con cui rimosso ogni ostacolo , uscirebbe
dal Cuore e che questo tende ad imprimergli . Questi pochi
dati, e non più secondo il Keil bastano all' uopo. Il doppio
dello spazio , che dovrebbe scorrere un grave affin di acqui-
stare la velocità trovata ci offre la lunghezza > e 1' orificio
dell' aorta ci offre la base del Cilindro di Sangue j che per
r applicazione che vuol farsi a questo caso del Teorema del
Neuton C(<\ suo peso uguaglia la forza sostenuta dal Sangue,
che esce dal Cuore , ossia uguaglia ed esprime la forza dal
Cuore impiegata su questo fluido, e richiesta ad imprimergli
la velocità , con cui esce . Il Problema per vero dire non è
sciolto che pe' cani assoggettati alle sperienze : ma niente
vieta per quanto pare , che i risultati non si trasportino ali*
Uomo , seguendo in siffatto passaggio e trasporto 1' unica
norma, che per T una parte ci si oftie , e per l'altra basta
all' intento, la proporzione cioè della mole, e della massa ris-
pfttiva del corpo intero, e del Cuore. Così adoperando giu-
gne finalmente il Keil a stabilire che la forza assoluta del
Cuore umano non supera il peso di circa otto once. È questa
la seconda delle due soluzioni, delle quali siam debitori al
Teorico inglese . Ho amato di epilogarla a preferenza della
prima , perchè questa comunque posi sui fondamenti medesi-
mi, e proceda pur quasi similmente, pur è meno semnlice ,
ed è nel suo corso infetta di maggior numero di supposizio-
ni , che necessariamente vi si intrudono ; perchè le sperien-
ze in essa riferite non sono già dilette, come nell'altri, al-
U scoperta immediata della velocità, con cui il Sangue sgor-
ga da un'arteiia tagliata ; ma sibbene a quella della quanti-
tà di questo fluido , che pel detto taglio, e per quello della
Zz a ye-
364 Della fosza , e dell'influsso del cuore ec.
vena corrispondente in tempi eguali può uscire in guisa che
siccome colla sola notizia di detta quantità non riesce 1' Au-
tore a rinvenire le velocità ; n)a soltanto la proporzione, che
passa fra esse , gli è però mestieri di aver ricorso ad un al-
tro suo Opuscolo. Ei conseguentemente assoggetta la sua so-
luzione alle obbiezioni tutte , a cui le Teorie rinchiuse in
quell'Opuscolo trovansi esposte. Ma che che sia di ciò giac-
ché entrambe le soluzioni consentono pienamente ne' princi-
pii 5 e si accordano ncll' assegnare a misura della forza del
Cuore il peso di poche once , ci restringeremo ad esaminare
questi principii, e questi risultati nella soluzione che abbiani
riferita . E perchè a questo scopo giovar può non V esame
solo delle difficoltà reali , a cui va esposto il Processo del
Keil ; ma quello pure delle opposizioni a parer mio poco
fondate mossegli da taluno , comincierò da queste ultime .
Parmi a cagion d' esempio , che a gran torto 1' Aller lo ac-
cusi di non tener conto ne' suoi calcoli delle resistenze op-
poste al Cuore , e da questo Viscere vinte iiell' agir so-
pra il Sangue . Forse e senza forse Keil nel suo discorso
inciampa in qualche grave Paralogismo . Ma 1' acume , di
cui ei si mostra pure per indizii assai palesi fornito, non
gli permetteva di urtare in un Paralogismo sì turpe. Non
diiò eh' ei valuti a dovere quelle resistenze , ma dirò be-
ne che non gli è sfuggito 1' obbligo di valutarle j ed è per
questo eh' ei misura il salto del Sangue che sgorga libera-
mente nell'aria dall'arteria iliaca tagliata; avvisando di giu-
giiere in. tal guisa a conoscere la velocità , che rimosso ogni
ostacolo , verrebbe a questo fluido impressa dal Cuore ; don-
de si vede , cii' ei per questa parte non merita i rimproveri
dell' Aller; rapporto ai quali inoltre duolmi per vero dire
che, questo grande Fisiologo pel' un altro equivoco egualmen-
te poco scusabile renda del preteso erroie complice Sauva-
g/;s ; travolgendo a un senso diverso dal vero una eccezio-
/le data da questo alle soluzioni del Keil; inforno alle quali,
senza far y^otto di resistenze , iestringesi ad avvertire che
pejf
Di Michele Araldi. 365
per esse non sì ottiene già la misura della forza assokita del
Cuore , ma soltanto al più al più di quella , che impiegasi
sul Sangue , cioè di quella , che gli è impressa dal Cuore , o
cou altri termini , che questo fluido per 1' azione di quel Visce-
re concepisce'; la qual osservazione ragionevole , e giusta,
come non tarderemo a vedere nulla non à di comune coli' op-
posizione dell'Aliar; giacché può sussistere, comunque le re-
sistenze non vengano trascurate . Per motivi assai più fonda-
ti , per quanto pare , vengon da alcuni riprese di poca esat-
tezza le sperìenze, che presso Keil servon di base alle sue
soluzioni. Giorgio Martin tra gli altri pretende di essersi as-
sicurato , che l' altezza , a cui può concepirsi dovuta la ve-
locità , con cui il Sangue sgorgherebbe liberamente dal Cuo-
re , qual resulta dalle sperienze per lui iiistituite a imitazio-
ne del Keil ^ è per lo meno di un doppio maggiore di quel-
la , che fu da questo trovata . Tale è pure il sentimento
dell' AUer , e colle osservazioni di entrambi pare che consen-
tano quelle del sommo sperimentatore Stefano Hales . Ma è
questa una obbitzione , su cui non credo che sia punto me-
stieri d' insister di più , perchè quand' anclie fossero a certi
riguardi difettose le sperienze , e poco esatte le determina-
zioni del Keil , lieve sarebbe 1' offesa e il danno , che quinci
deriverebbe alle sue soluzioni ; giacché ogni qualvolta esse
reggessero ne' principii , da cui partono, e ne' raziocini! , con
cui procedono , è manifesto che potrebbero loro aggiugnersi
agevolmente le correzioni opportune a renderle esatte .
Ben lo stesso non credo che possa dirsi di un' altra più
grave accusa , che parte dal Micbelotti, il qual lo riprende
di non avere assunta a base di quel suo Cilindro , al di cui
peso adegua la forza del Cuore , anzi cbe 1' ampiezza dell'
orificio dell' Aorta , quella della superficie interna tutta dt^
ventricolo sinistro del Cuore stesso . Pànchiudesi in questa
osservazione un'assai fotidata e grave eccezione alle concilili-
sioni e alla determinazione del Keil . Me certamente muove
assai più l'autorità favorevole alla stessa di uu Hales, e di
566 Della forza j e dell'influsso del cuore ec.
un Daniele Beniulli che non le dogmatiche decisioni , e il
disprezzo e le beffe , con cui l' accoglie il Senac , il quale
per altro anche in questo incontro annunzia il niun suo di-
ritto a metter bocca su queste materie, e affinchè non paja
eh' io lo calunni! , veg^asi per addurne pur una prova sola
tra le moltissime , di cui formicola il suo Trattato sul Cuo-
re , veggasi, dico, come ei riferisce il Teorema del Neuton ,
di cui si è detto poc" anzi . Ecco le sue precise parole . Ab- '
biasi un vaso pieno di acqua ; aprasi un foro nel fondo di
questo ; la forza , che spinge l' acqua pel foro uguaglia la for-
za di un corpo, che cadesse da un'altezza doppia di quella
del vaso . Come ? dunque un Corpo qualunque , che scenda
dalla detta altezza basta all' uopo di esprimere quella forza ?
Neuton dunque a torto la determinò con precisione dichia-
randola eguale né più, né meno al peso di un Cilindro dop-
pio della colonna fluida soprastante al foro . Ma che è ciò
inoltre, che ne insegna l' Archiatro Franzese, e intende di
dire 5 sostituendo capricciosamente il termine di forza a quel-
lo di peso usato del Neuton ? Ch' ei si spieghi un po' me-
glio . Per la forza di un corpo cadente può intendergli quel-
la , che lo obbliga a cadere ; e in questo aspetto é dessa
identica al peso ; ma può anche intendersi quella , che il
corpo acquista cadendo; e allora è dessa tutt'altro che il pe-
so . In somma ei riesce a travisare e trasformare in un ve-
ro Eiùmuia un Teorema del Neuton ; di che non lo condan-
nerei già io , s' ei nell' atto stesso clie inciampa sì turpemen-
te , non si permettesse verso Scrittori pregevolissimi i modi
più inurbani ; e non giugnesse a dichiarar Michelotti reo di
errori , che sarebbero imperdonabili se fossero reali , e non
anzi sognati da chi glieli rinfaccia . Ma non perdiamo di vi-
sta r osservazione pur' ora mentovata di quest' ultimo , in-
torno alla cui g'ustezza , comunque me ne sia garante l'au-
torità del sommo Geometia Daniele Bfrnulli di gian peso
certamente massime in materie Idrauliche , pur giova con-
sultar la ragione . Concepiscasi una vescica piena di un flui-
do ,
Di Michele Araldi. 867
do, che possa uscirne passando in un tubo, di cui sia dessa
munita . Suppongasi questa vescica nelle sue pareti fornita
di una cotal fonea contrattile , per cui tenda a restringersi e
prema il fluido contenuto . Suppongasi che la resistenza op-
posta da questo tluido sia minore della tendenza della vesci-
ca a restringersi, per modo die questa non prema soltanto ^
ma si rivolga ad agire e spinga il fluido nel tubo . In qual
guisa deteiminerem noi la foiza impiegala dalla vescica? Cer-
to die gioverà rintracciare la velocità del fluido che sgorga .
Questa velocità ci porrà in mano T altezza a cui è dovuta »
quella cioè di un Cilindro di fluido atto col suo peso a pro-
durre nel fluido che sgorga lo stesso effetto , che in lui sor-
ge per la contrazione della vescica . Ma la lorza di questa
verrà rappresentata esattamente dal peso di detto Cilindro ?
Siffatta conseguenza non sembra legittima. Troppo è diverso
il modo , con cui in questa Teoria si concepisce che il Ci-
lin<lro applichi il suo peso al fluido , che sgorga per l'orifi-
cio del tubo , dal modo , con cui vi giugne attraverso al flui-
do contenuto nella vescica la contrazione di questa . Sup-
pongasi infatti la vescica priva di forza contrattile , inerte
del tutto ; e alla forza , di cui la immaginiamo spogliata so-
stituiscasi la pressione di un fluido nel quale sia dessa im-
mersa , e die sollevisi sopra la stessa ad altezza uguale a
quella, a cui s'innalza nel Cilindro. La pressione di questo
fluido attraverso alle pareti inetti della vescica agiià sul flui-
do contenuto di una guisa conforme a quella , con cui agi-
va dianzi sulla stessa la forza contrattile della vescica mede-
sima . Questa forza dunque verrà rappresentata da quella
pressione; ossia ogniqualvolta essa rivolgasi dal premere sem-
plicemente air agire vena rappresentata dal peso di un Ci-
lindro fluido , alto «pianto quello , che esprime la forza con-
cepita dal fluido, che sgorga, e ampio quanto la su[ieifitie
intera della veseii^a. Sostituiscasi a questa vescica il ventrico-
lo sinistro d'I Cuore, e al tubo l'Aorta, e si scorgeià age-
.Voliiieute che lungi d'essere l'opposizione dal Michelotti mos-
sa
%
368 Delia forza, e dell'influsso del cuore ee.
Sa al Keil una sufisteria , come la dichiara il Stnac è iiha
difficoltà te.LÌe , da cui rilevasi the quanù' anche il Processo
del Teorico ingleòe fosse ne' suoi priucipii fondato , esso non
è adequato ed ."3.<tto nelle misure a cui giugne : intorno a che
riflettasi nuovamente , che il Keil , ccnie ho non ha guari
avvertito, nell'atto stesso che si propone, e promette , e non
cessa di ripetere di cercar la foiva assoluta del Cuore, in
realtà non rinviene che la misura della forza concepita dal
Sangue? vuol dire eh' ei si propone un Piohlema, e ne scio- jj
glie un altro; equìvoco , che ci sembra anche jìiìx strano,
ove si avverta j che c|uand' anche concedasi, o a meglio dire
concepiscasi, che il Cilindro per lui calcolato espiima col suo
peso la forza , che spinge il Sangue, e Io incalza, non può già
questa confondersi e uguagliarsi a quella , che s' impiega dal
Cuore fuori che da chi non ponga mente alla massitna differen-
za ammessa in Meccanica tra 1' equivalenza e l'uguaglianza e
con affionlo gravissimo delle dottrine più note sbagli I' una per
V altra . Sì enorme paralogismo non è per altro forse il mag-
giore tra quelli , che contaminano questa soluzi<.ne • Perchè
o io molto m'inganno, quand' anche aggiungasi alla stessa la
correzione suggeritaci dall' osservazione di Michelotti ; e sup-
ponendo anche, che per essa Keil propongasi di misurare gli
effetti soltanto , che nel Sangue derivano dalla forza del Cuo-
re , il suo processo ad ogni modo parmi si difettoso , che
non sia possibile di raddrizzailo . E affili di mostrarlo si os-
servi di grazia, che Newton in quel famoso suo Corollario,
se pur son giunto a interpretarlo a dovere , determina la
forza richiesta ad imprimere al fluido nell' atto , che affac-
ciasi al foro la velocità , con cui esce , ossia a spingere suc-
cessivamente , e a misura che presentasi al foro , qualunque
sezione del fluido . Or di una forza tale non ò già lecito di
valersene ad esprimere né la forza del Cuore , né i suoi ef-
fetti reali sul Sangue. Questo viscere, ueir agire spinge il
Sangue tutto, che ne riempie l'interno; il movimento della
sezione, che sgorga, è simultaneo a quello delle posteriori j,
che
Di Michele Araldi . 869
cTie la inspo"nono , e seguitatio ad occupare la capacità del
viscere . Questo ultimo niovitDeiito è pertettaniente dimenti-
cato e negletto dal Keii . E pur sembra tlie non debba né
possa dimenticarsi . Direni noi che a %alutare esattamente la
forza , (la cui è spinto inori di un sifone un fluido rinchiu-
sovi basti tener conto della velocità , con cui questo esce ,
e possa trascurarsi la massa dello stesso spinta e mossa con-
giuntamente entro il sifone dal movimento deli' embolo? Nort
-è anzi tutt' all' opposto manifesto, che supponendo alliniga-
to il sifone, e accresciuta la massa del fluido contenuto , af*^
finché questo nell' uscire ritenga la stessa velocità converrà
aumentare a proporzione la forza applicata all' embolo? il
che ben mostra che vuoisi dunque tener conto del fluido
cotitenuto entro; il sifone'. Insomma parmi che dà Keil éom-
iMettasi a un dipresso 1' equivoco stesso , in cui urterebbe
chi facendosi a cercare il valore di una eerta quantità , e
■valendosi a quest'uopo del calcolo diflerenziale , giunto che
-fusse a determinare il valoi^ differenziale ossia quello di un
elemento della stessa quantità , immaginasse di avere con
ciò soddisfatto al Problema , e dimenticasse di procedere
all'integrazione della formola espHmente qu«ir elemento .
Né qui terminano le sviste prese dal nostro Fisiologo ;
di cui oltre i raziocini! anche i principi! , e fondamenti sue-
aimentali, da' quali parte mi riescono per lo meno dubbi! e
cospetti . Nel difenderlo dall' accusa datagli dall' Aller di non
avere tenuto conto delle resistenze molteplici , colle quali il
«uore viene a contrasto j intesi unicamente di mostiare^ ch'ei
■si era avveduto di quest' obbligo ; ma non intesi già di as-
fSblverlo da cgui colpa . Ag;;iungo ora , eh' Egli anzi volendo
.toglier d! mezzo 1' inciampo di dette resistenze, e depurarne
• per così ditela sua soli zione , urta forse in un abbaglio gra-
ve quanto niun' altro de' già avvertiti. E! suppone, che la
velocità del sangue nell' arteiia iliaca intera uguagli all' in-
circa quella , con cui il sangue scorre V Aorta , ed esce an-
zi dal cuore ; via , ciò gli si conceda . Ei suppone , che pel
: Tomo XI. A a a ta-
370 Della forza, e dell'influsso del cuore ec.
taglio di detta arteria un aumento a un dipresso eguale di
velocità concepisca il sangue , e laddove si lancia dal taglio,
e laddove sgorga dal cuore ; per modo che anche in questo
caso la velocità , con cui questo fluido esce pel taglio , ade-
gui , e rappresenti quella , con cui sgorga dal cuore . Gli si
accordi anche questo. Ma come accordargli l'illazione, ch'ei
si affretta di trarne , cioè , che questa stessa rapidità , eoa
cui il sangue esce pel taglio , adegua , ed esprime quella ,
che in esso imprimeiehbe il cuore , ove rimosso ogni ostaco-
lo , il sangue potesse uscirne liberamente ? È vero clie pel
taglio qualche porzione dell' impeto impresso dal cuore al
sangue conservasi in esso; né disperdendosi contro le resi-
stenze , ne rende alquanto più rapido il corso aiiche nell'
Aorta, e presso il cuore . Ma non per questo, né pel sem-.
plice taglio di un' arteria rimane quel viscere sollevato dall'
onere di combattere colle resistenze medesime . Forse che
secondo le Teorie ammesse dallo stesso Keil, finché l'anima-
le assoggettato alla sperienza dura a vivere, il cuore non se-
guita a sostenere il circolo pel eistenia de' vasi attraverso a
una moltitudine (ìi ostacoli, la resistenza de' quali si riperco-
te e ricade sul sangue , che sgorga dal cuore , e depreda , e
assorbisce porzion dell' impeto , che senza ciò il cuore tende-
rebbe ad imprimergli ? Come può dunque affermarsi dal Keil,
sono sue parole , che -, celeritas , qua ab arteria iliaca incisa
sanguis emanai , eadem est ac illa , qua in corde non impe-
dito projìuerct . Non aggiungo altro , parendomi , che le co-
se fin qui dette bastino, e sovrabbondino all' uopo di mo-
strare l'insussistenza di una soluzione, che pecca ne' princi-
pii , da cui parte, ne' raziocinii , con cui s' inoltra; nelle
conchiusioni , a cui giugne , e d' ogni parte crolla e mina .
Il perchè non occorreva forse né anche arrestarsi tanto in-
torno alla stessa; né 1' avrei fiitto, se le discussioni , a cui
mi ha dessa condotto , non mi fosser parute o per se stesse j
e pe' lumi , che spargono sopra parecchi articoli delia ricer-
ca presente meritevoli di qualche attenzione .
OPI-
Di Michele Araldi . 071
OPINIONE DI WILSON .
Ma qui affinchè coli' introdurre nella discussióne qual-
che varietà , rendasi essa forse alquanto meno sazievole , mi
si accordi di frapporle una digressione suggeritami d' altronde
dal bisogno , che tengo , di farmi incontro ad una opposizio-
ne j che mi si potrebbe muovere da taluno . Perchè chi sa
che non sembri a taluno un vero perditempo , e scioperìo il
porsi in cerca , e il i-szzolare e disotterrare con sottil diligen-
za abbagli j ed errori manifesti ^ e degni di rimaner sepolti
nell'obblìo, in cui sembravan caduti. Saranno anche di quelli ,
i quali mi avvertiranno ^ che del cuore , e del suo influsso
sul Circolo al presente si pensa di gran lunga meno altamen-
te , che non per 1' addietro ; e vano è il lusingarsi , che ve-
runo voglia arrestar su di esso a lungo lo sguardo, e disto-
glierlo a un tempo da tanti oggetti senza confronto piìi de-
gni di rivolgerne a se F attenzione, quali gli si offrono in
folla a questi tempi, che per grande nostra ventura s'illustrano
di tante nobilissime scoperte , delle quali assieme con qua-
lunque altro ramo delle naturali scienze si arricchisce e cre-
sce ogni di più la Fisica animale . E per vero dire a motivo
di questi dubbii , che a me pure sembrano in parte fondati,
non esiterei a riiuinziare al mio assunto, se dal farla non mi
trattenesse la lusinga di potere spargere neìV esame qualche
riflessione né fatta per altri fin ora , né forse in tutto trivia-
le ; e se per 1' altra non mi trovassi in grado di dichiarare
apertamente , che non mi sento punto disposto a dar retta
ai moderni detrattori del cuore , e ad entrare in lega con
essi . Fra questi niuno forse si è mostrato più animoso dello
Scozzese Wilson , il quale in un suo Opuscolo , che recato
in nostra lingua leggesi nella Fiaccolta Milanese , per poco
non si propone di degradare il cuore , e invilirlo fino al se-
gno di non accordargli altro uso , che quello di ammettere
«nlro se il sangue , e di permettergli di uscirne ; in una pa-
A a a i ro-
i^a Della forza, e bell'influsso del cuore ec.
rola di servire unicamente di passaggio al medesimo ; pre-
tensione strana per vero dire , e eh' io non rni arresterei a
combattere se non sapessi , che non è mancato presso noi
chi si è ingegnato di accreditarla , e anzi non si è hitto scru-
polo di presentare al Pubblico idee conformi assai a quelle
del Novatore Scozzese senza pur nominarlo; nella persuasion
forse, che a rimuovere 1' accusa e la taccia di plagio bastas-
se r affinità, che passa tra esse, e le Teoiie degli antichi
Pneumatici j e del loro capo Erasistrato ; cosicché lungi di
usurpare sopra un moderno non si trattasse che di rivendi-
care r onor di un antico. Ma poiché quando si tratta di en-
trare in lizza con alcuno, io mi confesso disposto a prender-
mela piuttosto co' gli stranieri, che con i nostri, esaminia-
mo a quali argomenti appoggi il sistematico Scozzese la sua
nuova opinione .
Questi , come si è poco sopra accennato , si accinge a
provare che l'azion del cuore per poco nulla non giova a soste-
nere in movimento il sangue e la massa intera de' fluidi : né
rapporto a ciò non contentasi già egli di mostrare che s' in-
contrano qua e là pel corpo tratti e regioni del sistema ge-
nerale de' vasi , e de' sistemi subalterni , in cui questo divi-
desi , alle qvialj non giugne la forza impellente del cuore ;
ma fin del sangue che lo attraversa , che con perpetua vi-
cenda entra in esso e ne sgorga , ei non teme di affermare ,
che può passar oltre e giugner dai tronchi venosi agli arte-
riosi senz'a aver mestieri , che il cuore lo sproni e incalzi e
gii aggiunga niun nuovo grado di tnovimento . Nella persua-
sione , in cui è desso o mostra di essere che il sangue ne*
tronchi arteriosi viaggi a un dipresso colia velocità stessa ,
colla quale scorrendo i venosi giugne al cuore , gli sembra
che niun nuovo impulso di questo viscere richieggasi a man-
tenere una velocità, cai a parer suo basta a conservar nel
sangue che giugne al cuore e trabocca nelle arterie l' impeto
per esso concepito nello scorrer le vene. Secondo lui qnest'
impeto basta all' uopo ; e giacché il sangue esce dal cuore
con
Di Michele Araldi. 173
con velocità ugnale a quella , con cui vi entra , ci dichiara
wn assurdo il credere che 1' azione di questo viscere sia ne-
cessaria a sostenere un movimento , che può sostenersi per
se medesimo .
Intorno a questo argomento proposto dal Wilson con ta-
le fiducia , che ben si scorge ch^ ei lo sbaglia per una rigo-
rosa dimostrazione , io mi x-estringerò ad osservare che po-
chi assai saranno disj)0sti ad accordargh la supposizione per
lui fatta che il sangue attraversando le cavità del cuore con-
servi nell'integrità sua l'impeto concepito scorrendo le vene,
per modo , che questo stesso impeto basti a trasportarlo fuo-
ri del cuore, versandolo nelle arterie. Sembra infatti che in
ninn luogo e tratto del sistema sanguigno non occorra, né
po?sa esser lecito di affidare a siffatto impeto la continuazio-
ne del movimento del sangue . Non è punto probabile che
per ciò solo potesse qvresto fluido far lunghi viaggi pel cor-
po . Il sistema , per cui esso si ravvolge , è sì intralciato , e
sparso per ogni dove d'inciampi, che tutt' all'opposto è assai
naturale il credere clf esso però acquisti e ritenga un giado
notabile di velocità , perchè in ogni luogo e punto del siste-
ma gli soprastà e l' accompagna lo sprone assiduo delle po-
tenze motrici . Ma senza insister più oltre su questa genera-
le considerazione lissiam piuttosto per poco lo sguardo sul
sangue che giugne al cuore e lo inonda . Io chieggo come
non siasi Wilson risovvenuto delle valvole di questo viscere
e del giuoco alterno , con cui esse ne chiudono e schiudono
gli nrificii . A gran torto certamente egli inunagìna nel movi-
mento del sangue, che attraversa il cuore e passa oltre, ima
continuità , cui la struttura ^ e il meccanismo di quest' orga-
no ci vietan d' ammettere. Comun([ue nel cuore, .ne' suoi
atrii non meno che ne' suoi ventricoli le sistoli e le diastoli
si avvicendino con molta rapidità, è tuttavia manifesto che
il sangue dehbe soffrir nel suo corso per queste cavità sos-
pensioni momentanee; e che l'impeto con cui vi giugne, rl-
volgiuJosi contro le pareti delle cavità stesse , e contro 1«
vai-
174 Della forza» e dell'influsso del cuore ee.
Talvole stese simultaneamente avanti agli orificii arteriosi, deb-
be rimanere rintuzzato e ammorzato per modo che T impulso
del cuore è assolutamente richiesto a ridonare al sangue la-
perduta velocità .
E a questo proposito , affine di avventurare un mio pen-
siero , tanto è lontano a parer mio che 1' impeto posseduto
dal sangue , che giunge e attraversa il cuore , sia da natura
diretto a conservarne il movimento lungo le arterie, che an-
zi parmi assai verisimile eh' esso debba rivolgersi e impiegar-
si contro le pareti interne del cuore all' oggetto di stimolarle
efficacemente e obbligarle a contrarsi con più energia . Per
l'una parte l'urto rende più attivo lo stimolo del sangue so-
pra il cuore ; e per V altra T aumento dello stimolo rende
più viva r azione del cuore sopra il sangue . Sono queste a
mio avviso conseguenze spontanee e legittime della Teoria
dell' irritabilità ; di cui niuna non solo è fondata sopra un
maggior numero di fatti e di prove, ma di cui niuna inoltre
trovasi in qualsiasi incontro , né più conforme ai fenomeni ,
né più consentanea in ogni sua parte con se medesima (ci) .
Alle riflessioni pur or recate non posso non aggiugnerne
un' altra diretta a mostrare viemeglio la debolezza o più ve-
ramente la fallacia dell' argomento addotto dal Wilson • Af-
fer-
(rt) Affine di non prender brighe
•on veruno e molto meno con quelli i
quali dopo le recenti scoperte sull' in-
flusso della elettricità ne' corpi vivi
cpinassero che a torto io introduco in
questo luogo F irritabilità , nome cui
sembra eh' essi vorreblier proscritto ,
mi giova avvertire , che 1' irritabilità
da me si risguarda in questo incontro
nel semplice aspetto di uno di que' fe-
nomeni generali , de' quali si avvera
•b« finché non sì giunga a gcoprirna
r ulteriore cagione niente vieta che
sieno posti alla testa d' una Teoria .
Se si riuscirà a rinvenire la cagione
della irritabilità e che ^ come avvi luo-
go a sperare , 1' esperienza ne mostri
eh' essa vuoisi riporre nell' azione di
una sostanza o sopramodo affine o iden-
tica al fluido elettrico, la teoria della
irritabilità non soffrirà già per questo
niun vero discapito ; tutt' all' opposto
essa verrà promoisa e spinta a un
maggior grado di perfezione .
Di Michele Araldi. lyS
ferma egli che il sangue può per T impeto concepito nelle
rene attraversare il cuore e uscirne e traboccar nelle arte-
rie . Ei si crede in diritto d' inferirlo dalla poca diversità che
passa tra le velocità di questo fluido ne' tronchi venosi e ar-
teriosi . Ei suppone dunque tacitamente che la velocità delio
stesso nc'tronchi arteriosi rappresenti esattamente quella forza
qualsiasi j da cui è desso lanciato fuori del cuore , e ne of-
fra siccome una misura della medesima. Ora io dico che ciò
non debbesi già supporre , ma è d' uopo provarlo . Finché
non se ne adduce una prova diretta, molti, ai quali io con-
fesso di essere assai disposto ad accostarmi , opineranno for-
se che quella forza tenda ad imprimere al sangue una velo-
cità maggiore assai di quella , che in realtà gli consentono
di concepire le resistenze moltiplici che gli si oppongono , e
depredando , e assorbendo in gran parte la forza dell' urto
rendono la velocità impressa al sangue proporzionata solo al
residuo . Non mi tratterrò ora a riferire le prove favorevoli
a questa opinione . Dirò solo che fino a tanto che non se ne
mostri r insussistenza , dal poco divario che passa tra la ve-
locità del sangue venoso , e quella dell' arterioso presso il
cuore non è lecito d' inferire che il primo bastar possa a
spingere il secondo e a sostenerlo in movimento.
Ma qui mi si chiedeià forse, o a meglio dire mi si op-
porrà da taluno. Possibile che il Wilson rifiuti seriamente al
cuore qualsiasi azione sul sangue che lo attraversa? Glie pur
noto che il cuor si contrae ? Che nel restringersi si vota
del sangue che giugne allo stesso ? Or il votarsene e T agire
, su questo sangue e su quello , che debbe cedergli il posto
I: nelle arterie , non sono elle cose del tutto identiche ? Non
è egli più probabile assai, che voi, che vi siete accinto a
combatterlo , o non abbiate compreso i genuini suoi senti-
menti , o gli alteriate a bello studio e li travisiate ? Questa
ricerca, e questo dubbio mi obbliga a confessare che l'Autor
nostro in qualche luogo del suo Opuscolo per cenni staccati e
a mezza bocca per cosi dire accorda al cuoi-e qualche azione
sul
176 Della forzar e dell'influsso Bel cuore ec.
sul sangue. Ma ciò , e per l' una parte lascia sussistere hell"
integrità loro le mie osservazioni, e per l'altra mi apre l'a-
dito a mostrare ognor meglio gli abbagli e le contradizioni
manifeste, in cui, esso cade. Avvertasi prima di tutto eh' ei
confida per modo sull' aigornento pur' ora da noi copiosamen-
te, e per quanto mi lusingo vittoriosamente combattuto, che
non esita a dire e pretendeie di aver provato clie i movi-
menti del cuore luilla non aggiungono alla circolazione ; e
xhe la forza del sangue ne!l' uscir dalie vene non è meno
atta della forza del cuore a sostenere la circolazione arterio-
sa : In fatti ei destina a tutt'alti' uso l'azione per lui con-
ceduta al cuore sid sangue . Ei la destina non già ad accre-
scerne o conservarne il movimento piogressivo ; ma sibbene
e principalmente a modificare 1' intima costituzione di questo
fluido, a sbatterne e rimescolarne e intriderne assieme le di-
verse sostanze e molecole , come richiedesi a parer suo , af-
finchè queste per lo stato di somma divisione , a cui trovati-
si condotte, possano nell'interno delle parti ricevere agevol-
mente i cambiamenti , che debbono imprimer loro le forze
vitali. E' manifesto che questi effetti, ai quali pare, ch'egli
abbia voglia di restiingere V azione del cuore sul sangue-,
nulla non hanno di comune col movimento progressivo di
questo flnido e col circolo . Ei per vero dire in un altro luo-
go riconosce nel cuore una cotal forza, da lui detta di esau-
stione , della quale diremo fra poco qualche cesa di più . Ma Jj
nel farne motto ei ne avvisa che nulla non ha dessa di ana-
logo a quelle, che agiscono per impulso , delle quali ei per ji
tutto dichiarasi aperto nemico. In un altro luogo per ultimo f.
egli si lascia cader dalla penna potersi, sono sue parole,;
con molta ragiotie presumere che tutta la quantità del moto
impresso dal cuore al sangue si perda nello stendere e far
batter le arterie . Mi arresto un momento su qnest' ultimo
tratto , e senza entrare a parlar di proposito del polso arte-
rioso , mi restringo ad osservare che dunque il sistematico fc
Scozzese non è alieno dal riconoscer nel cuore un' azioft
rea- ;
!
Di Michele Araldi % 87^
reale sopra le arterie, alla quale anzi debbasi il loro polso.
Ma in qual'altra guisa può egli ii cuore agire sopra le pareti
interne di questi vasi e distenderli e costringerli a battere ,
luuricliè col soccorso del sangue, di cui si sgrava e attraverso
per così dire a quello , che occupando la capacità de'vasi stessi,
riceve r urto del primo , e lo reca e trasporta all' interne
pareti loro? Chi obbliga poi quest' impulso a tutto rivolgersi
contro le pareti delle arterie , e ad impiegarsi pur tutto nel-
lo stenderle, e scuoterle salvo che gli ostacoli opposti al mo-
vimento progressivo del sangue ; il qual movimento però ri-
mane a un dipresso qual era dianzi ne" tronchi venosi , per-
chè l'intervento del cuore lo sgrava in certa guisa dall'one-
re di combattere co' detti ostacoli, che senza ciò avrebber
forza di scemarlo od anche di estiniraerlo . Non è e-ili dun-
que manifesto che anche senza dipartirci dalle idee del no-
stro Autore j essenziale al mantenimento del circolo è l' azio-
ne del cuore ;, o almeno affine di nulla non pronunziare per
ora su ciò, che queste idee guidano a siffatta conseguenza ?
E a questa stessa conchiusione pur guida V altro pen-'
siero del Wilson da me poco' sopra accennato e risguardante
la forza di esaustione per lui riconosciuta nel cuore . Ei pre-
tende che giovi assai a mantenere la circolazione tutta veno-
sa il voto momentaneo , die secondo lui in seguito d' ogni
k)r contrazione sorge nelle orecchiette del cuore e invita il
sangue a recarvisi con tale impeto , onde nasce e si stabili-
sce ne' gran tronchi venosi una specie di corrente , che non
cessa di scaricarvisi. Confesso di non esser punto lontano dall'
adottare questa congettura , sopra la quale anzi io tengo
qualche diritto poiché già tempo e prima assai d' incontrar-
la presso l' Autor nostro mi si era dessa offerta all' animo ;
in prova di che mi sia lecito di recare un breve tratto del-
le mie Istituzioni Fisiologiche , dove su questo proposito mi
esprimo cosi = Sed ipsius ìdtst ;anguìnis per totnin sistema
venosum iter insignem in moduni juvare quoque videtiir ra-
tio , qiiu siium idem in cordis atriìs , atque ventriculis cur-
2 omo XI. £ b b suni
378 Della forza , e dell' influsso del cuorb ee.
sum absolvìt . Nernpe ciiin hi quìdquid ad eosdem sanguinìs
advenit. , subito contracti ulterìus proicìcmt , seque depleant
protinus , 6»- luxati quìescant , idque in cordis atris eodem
pacto contingat , sanguis in ista tamquam in vacuiim spa-
tium non leviter influere deh et ^ sed alacrìter attrahi , et
quodammodo abripi . Hoc auteni nequit contingere praeter
(juamqucd in truncis venosìs , qui hinc illincque ciini atriis
cordis cohaerent succussio quasi quaedam propagetiir , propter
qiiain sanguis ad cor majorl rapiditate corrivetur ^ et ipsìus
cursus non in proximis modo rarnìs , sed per omnes forte ve-
nas expediatur = la questo passo parmi che la congettura
eli cui trattasi sia esposta con bastevol chiarezza. Io anzi nel
dichiararlo a' miei Uditori son' uso di presentar loro il cuore
sotto il concetto di una Tromba Idraulica premente a un
tempo e aspirante , premente verso le arterie , aspiran-
te verso le vene ; del qual concetto e confronto mi val-
go segnatamente a render ragione della speditezza , con
cui il sangue malgrado gli ostacoli senza numero che gli
£Ì parali davanti , viaggia per ogni dove , e per le ve-
ne non meno che per le arterie . Ma lasciando ciò , se
r addotta congettura sussiste , come può egli porsi in dubbio
la necessità del concorso del cuore al mantenimento d,el Cir-
colo ? Secondo essa il cuore a misura che il sangue giugne
alle cavità sue prime , alle Orechieite , poi ai Ventricoli ,
debbe spingerlo oltre , e accelerarlo anzi affinchè le onde ul-
teriori si stacchino per così dire , o tendano a staccarsi dal-
le posteriori , cioè affinchè sorga , o tenda a sorgere nella
capacità delle orecchiette il voto momentaneo, cui il san-
gue venoso si affretta e affolla a riempiere • Né vale il dire
che questo ultimo sangue è spinto da forze estranee al cuore;
poiché 1' escludere per questo motivo T influsso essenziale di
questo viscere , sarebbe a un di presso lo stesso che il pre-
tendere , che le forze applicate allo stantuffo non sono essen-
ziali al giuoco della Tioniba , perchè 1' acqua sale in essa
spintavi dalla pressione deli' aria .
Per
il
I
Di Michele Abai.dt . ' Syq
Per altro mi è d'uopo confessare, che e nel tratto su cui
' mi sono trattenuto pur' ora , e in più altri mi si rende som-
mamente difficile di comprendere e interpretar ia mente dell'
Autore in mezzo al bu)o , e alla nebbia di cui pare , eh' ei
cerchi di avvolgersi . Questa oscurità non mi toglie tuttavia
per quanto credo , il diritto di notare , mettendo ornai da
parte i fiacchi ragionamenti , ai quali egli appoggia la sua
opinione , di notar dico , alcuni de' non equivoci abbagli ed
errori , in cui cade . Eccone uno per saggio . Verso ia fine
della terza di quelle sue auti-meccaniche proposizioni , nelle
quali ei divide il suo scritto , io incontro queste notabili pa-
)m-
role = di più nel Bambino non ancor nato la natura cor
pie in gran parte la circolazione senza ricevere dal cuore il
minimo sussidio : diflatti , affinchè il polmone del fanciullo
nascente non s' ingorghi di troppo sangue, il quale* si oppor-
rebbe alla inspirazione dell' aria , la maggior parte del san-
gue , che in quelli , che anno già respirato si porta al cuore
per la vena cava , passa nel feto per un canale formato a
questo fine direttamente neU' aorta , senza risentir nulla del-
le impressioni del cuore = Come ? Nel feto buona parte del
sangue passa dalle cave direttamente nell'aorta? Di grazia per
quali strade? Egli è il vero, che nel feto esistono alcuni sfo-
gatoi , che guidano gran parte del sangue delle cave all'aor-
ta , senza che attraversi il polmone . Ma altro è che il san-
gue per quelle strade venga sviato dal polmone ; altro è eh'
esso non entri nel cuoie e sottraggasi agi' impulsi di questo
viscere . Quegli sfogatoi lo guidano anzi dalle cave all' aor-
ta coir intervento e soccorso del cuore ; né niuna gocciola di
quel fluido non isfugge all' azione di questo viscere. Per qua-
le strana e sorprendente dimentifiagTine ha obbliato il Wil-
son , che il sangue delle cave nel feto entra tutto nell' orec-
chietta destra , che lo consegna in parte alla sinistra pel furo
ovale , in parte al ventricolo destro ; di cui poi è spinto in
parte nel polmone; e in parte a=isai miggiore pel condotto
arterioso nell' aorta j alla qmle arteria pur giii^ne il sangue ,
B b b a che
3So Delt.a forza, e beil' influsso dkl cuore ee.
che raccogliesi nel ventricolo sinistro versatovi dalla stia o-
reethietta ; cioè si quello , che a questa guidano le vene
pulmonah , clie quello , che , come è detto dalla destra tra-
boccavi pel foro ovale . Tutto il sangue delle cave entra
dunque nel cuore _, uè può non entrarvi , perchè le strade »
che scorre , necessariarnenle mettono in esso . ]Ma qnal nuo-
va dpttrina ne spaccia inoltre l'Autore sull'uso proprio del-
le strade presso il cuore aperte nel feto al circolo del san-
gue ? Ei dice , che servono ad impedire , che il sangue nel
Bambino nascente non s' ingorghi nel polmone, e non vieti
all'aria d' entrarvi . Quelle strade dunque non servon più al
feto nel tempo del suo soggiorno nell'utero ? Servono solo al
Bambino già nato ? Sono pur questi errori enormi a un se-
gno, che si pena a comprendere, come gli sieno sfuggiti ,
ed io mi sarei forse ritenuto dal riferirli , se' non mi oifris-
sero r opportunità di recare sul soggetto , che tratto una ri-
flessione, che non dirò apertamente mia^ dirò solo, che nell*
affacciarmisi all' animo non mi sovviene di doverla a veru-
no . Se il Wilson avesse potuto arrestarsi ad esaminare il
cuore del feto con occhio più riposato _, ei forse ne avrebbe
anzi tratto un argomento , onde persuadersi del concorso di
questo viscere al mantenimento- del circolo per molta parte
e sopra regioni anche remote assai del sistema sanguigno . Si
osservi infatti , che il circolo non restringesi nel lèto entro
i confini del corpicciuolo di questo , ma stendesi fuori di es-
so pe' suoi involucri, per la placenta, a cui giungono e per
cui diramansi i vasi ombelicali arteriosi e venosi . Or non è
egli as=.ai verisimile^ che la natura intenta sempre ad accop-
piare la semplicità ne' mezzi colla moltipllcità degli effetti di
quello; stesso meccanismo , e artificio , di cui servesi a svia-
re dal polmone il sangue , giovisi a spingerlo , e a sostenere
il movimelito in quella psrte del sistema de' vasi , che al-
lungasi fuori del corpo ? L' aorta bicipite nel feto , giacché
atteso il modo, con cui riceve il condotto arterioso, può
essa aversi in conto di tale , 1' aorta , dico , bicipite nel feto
Sem-
!
m
Di Michele Aralpt • 38 1
• sembra avvìsame , che questa struttura è diretta a rendere
cospirante sopra il sangue, che vi giiigne , la forza di en-
trambi i ventricoli , raccogliendola in guisa che venga ad im-
primere a questo fluido un impeto proporzionale all' uopo di
sostenerne il circolo e dentro il corpo del feto , e fuori per
quella parte del sistema che appartiene ai suoi involucri .
Ma io omai mi accorgo , che non è mestieri di proceder
più oltre con queste osservazioni suU' Opuscolo del Wilson ,
giacché se mal non m" appongo , le poche che ho qui rac-
colte bastano e sovrabbondano all' intento , a cui le ho de-
stinate . Esse parimente mi dispensano, per quanto credo,
dal pormi a disaminare quella parte dello stesso Opuscolo ,
in cui r Autore dopo di avere cosi vittoriosamente , come si
è veduto spossessato il cuore della facoltà , e del grado asse-
gnatogli dalla maggiore, e miglior parte de'Fisiologisti ^ si met-
te in traccia di altre cagioni e potenze motrici , a cui affida-
re in luogo del cuore 1' incarico di sostenere in giro il san-
gue . Io noi seguirò in questa ricerca , e perchè non parmi,
che chi è soggetto ad inciampare quasi ad ogni passo, possa
aver diritto di servire ad altri di scorta; e perchè mi sareb-
be sominamente malagevole il farlo , senza trascorrere a so-
verchia, ed annojante lunghezza; per tal modo in questa
parte il suo scritto diviene ognora più tenebroso per più
motivi , e attesa la natura delle idee per lui proposte , e
per la massima parte anziché espresse , abbozzate solo per
^ languidi tratti , e appena appena accennate ; e atteso il fon-
do , su cui le colloca , ossia lo stile , di cui usa , sparso e
gremito per ogni dove di termini, e modi o insignificanti o
vaghi ed ambigui . Egli a cagion d' esempio , per addur pur
un saggio di questo difetto , Ei dico , non senza offesa gra-
vissima dell' esattezza adopra promiscuamente e nello stesso
eignificato i vocaboli di Leggi, e di Forze o Potenze mecca-
niche, confondendo in tal guisa «ose per manifesti caratteri
essenzialmente diverse; giacché nel comune concetto, e le-
gittimo le forze agiscono su i corpi, e le leggi governano
quest'
382f Della forza , e dell' influsso cel cuore ec,
quest' azione . Benché quasi per tutto ove gli accade di par-
lar di oggetti attinenti alla Meccanica , si scorge palesemen-
te , eh' ei s' ingeiisce a trattar materie, intorno alle quali
npn possiede le necessarie notizie . Onde non occorre stupi-
re , eh' ei si dichiari nemico delle spiegazioni de' Fenomeni
animali tratti da' principj meccanici ; e eh' Ei si formi della
vita un concetto 5 non saprei ben dire se nuovo e singolare,
o non piuttosto strano e bizzarro ; e non teme tra le altre
cose peregrine, eh' ei ne insegna, di proferire , che la Mac-
china del Corpo non è già lo strumento della Vita; ma sib-
bene il campo entro cui la vita fa le sue prove . Ma coma
è detto , non tengo mestieri di tener dietro piìi oltre al Sig.
Wilson. Il presente Articolo ha, siccome spero, ottenuto il
suo intento , se è giunto a dimostrare che 1' opposizione in
cui mi trovo con questo Novatore non debbe sconfortarmi ,
e distogliermi dalle ricerche da me annunziate nell' ingresso
della Memoria ; cui prego il dotto e cortese Lettore a per-
mettermi eh' io lasci in questo luogo interrotta e ne serbi il
seguito ad un altro Volume.
ME-
383
MEMORIA
SULL' USO DELLA LOGISTICA
NELLA COSTRUZIONE DEGLI ORGANI
Di Pietro Ferroni.
Ricevuta il dì x 4 ^^^ i 8 e 4 •
PANTOGRAPHON PYTHAVLICVM
VmVERSALK
V>( hiunque aLMa letta la Storia de' bassi -teinpi sa benissi-
mo che gli Organi a mantice , quantunque non ignorati dai
Goti mentre occupavan rì(alia, come Cassiodoro assicura {<^),
cominciarono ad essere soltanto in uso venuti dalia Germa-
nia^ e segnatamente da Fiisinga, fia gii Italiani ( a teslimonanza
del Balu/io e di Sclimidt ) {b) sotto il Pontificato di Giovan-
ni Vili, cadendo il Secolo IX. , e ne furono primi artefici i
Greci (e) . Non differisce un Oigano co" suoi registri da una
(a) Coinm. in Psalni. GL.
(i) Miscellanea Lib. V. — Contìnua-
tio Rheginonis Gap. IX. — • „ Hiòtoi-
ta des Allemanda ,i .
(f) ,j Delle rivoluzioni della Ger-
mania . Di Carlo Denina „ Voi. I.
Lih. III. Gap. Vili. ( MS. che «i
«tampa adesso in Fi reme ) .
584 Memoria sull* uso della Logistica ec.
Spinetta ( Virginale ) o Clavici rubalo ( Manichonììiim ) se
non in questo , che t' ultimo ricava i suoni da curde elasti-
che solidd , fd iì primo da curde elastiche aeree. Egli era
dunque assai facile al gentil Popolo , che rivestì di iiuove
grazie la Musica , dopo dell' esperienza antichissima d' una
sonora Siiiig^ o Fistola pastorale convertire ( come la Favo-
la finse di Pan) i;i Organetto scalato la Lira ( E't/xop'Soc ) , ed
in Organo pneiunatico l'Arpa ( Harpìchordiuni ) . Del rima-
nente tutti gli Istromenti da fiato ^ compresi eziandio gli
imperfetti , come* una Canna d' Organo , un Corno da cac-
cia , una Tromba ordinaria , una Trombetta , un Clarinetto ,
un Oboe , un Flauto traverso , ec , debbono considerarsi al-
la pari d' un Monocordo oUromha^ militare o rtiarina ; fanno
udire gli istessi suoni armonici 6 simultanei o saltuarj varian-
do fori , lunghezza, ed imboccatura j ( de' quali nelle Corde
vibranti ben tese prima d'ogni altro Aristotele ne diede cen-
no , [d] e poi Beekmanno , Merèenno^ (e) Wallis , (/) Sau-
veur (g) ne parlarono con più esatta contezza) ; e dipendono
nei loro accordi dal principio medesimo" di iTeoria musicale ,
eh' è quello della triade armonica o risuonanza del Corpo
sonoro , o sivvero { in altri termini ) della coesistenza d' un
terzo suono postine due , contemporaneamente a Rarneau [h)
dis-
(J) ProUemata Vili. XI. XII. XIII.
( Sect. XIX. )
(e) Harmonicoriim Lib. IV. Propp.
XXVIII. XXIX. pagg. 66 67. — Har-
monic. Imtrum. Lib. I. Prop. XXXIII.
pag. 53 — Lib. IV. Prop. XIII. pag.
iSg. ( Ediz. di Parigi in fol. del i636. )
(/) Opera omnia Mathematica etc.
Oxonitie 1693. Voi. II. Gap. CVII.
pag. 466.
(g) ,, Mémoires de 1' Acadéraic des
Sciences de Paris etc. „ 1701. ( Sect.
IX. 5, Des Sons harraoniques ,, pagg.
349 - 56. Ediz. Parigina in 4-° del
1719. Figg. alle pagg. 35i - 5a -,53. )
(/() ,, Generation harraoniqiie „ — v
Dóinonstratìon <lu Principe de l'Har-
monie. A Paris , 1750. ^
Di PjETno Ferroni . 385
discopertosi da Romieu (i) e da Tàitini {/.) , noa motivato
sopia fantastiche proprietà del Cerchio, che avanti dell' ulti-
mo aveva ancora immaginate Keplero (/) . Se il Modo mino-
re non così naturalmente derivasi come il maggiore dal prin-
cipio testé divisato ; se il motivo , in virtù di cui sono gra-
te all' orecchio umano le consonanze ed ingrate per il con-
trario le dissonanze , dedotto dal piacer metafisico del più o
meno frequente ritorno della coincidenza delle vihrazioni del-
le Corde sonore secondo la dottrina di Galileo {j?i) copiata
in tutto da Sauveur («) e Mairan (o) , quindi dall' Euler (jj)
ed Estève (y) , ed in ultimo da Cabanis \r) , non manca
d' essere sottoposto a molte^ifficoltà psicologiche e fìsiche ,
massime alle insostenibili dissonanze 1:7,1:9,1:11, ec,
e poco giova per toglierle T aggiunta fatta di recente da
Pizzati (j) d'un terzo, non però nuovo (/), principio anima-
Tomo XI. Geo sti-
(i) D' Alembert „ Elémens de Mu-
sique etc. ,, ( Préface ,^ pag. XIX.
Edlz. di Lione o seconda del 1772. )
(k) .^ Trattato di Musica ,_, . Pado-
va 1754. ■ — ,, Risposta alla Critica
di M. Serre di Ginevra ec. „ Ve-
nezia 1767- -~ ;; Dissertazione de'
Principj dell' Armonia Musicale con-
tenuta nel Diatonico Genere ;, . Pado-
va 1767-
(/) H armomces Mundi Libri V. Lin-
di Aiistriae 1619.
(m) „ Dialoglii delle due nuove
Scienze co. „ Leida i63u. { Giornata
I. verso la fine ) .
(n) ,, llistoirc de 1' Acadéniie des
Sciences de Paris etc. Année 1700. ,,
( ., Acoustique ,, alla pag. i34- Ediz.
del 1719. — j, De la détermination
d' un £on fixe ., a pag. i/^'ì. e segg.)— ,,
Wémoires „ come sopra per 1' Anno
1701. alla pag. SSg.
(0) ,, Histoire etc. ^, come sopra ^
per r Anno 1787. pag. 99.
[p) Tentameli novae Theoriae 31 usi-
cae ec. Petropoli 1789.
(q) „ Histoire de 1' Académle de»
Sciences de Paris etc. Année 1760. A
Paris , I754' ( P^o- ^^^" '^ Démonstra-
tion du Principe de 1' Harmonie ^, ) .
(r) ^, Rapports du Pliysi^pie & du
Moral de l'Homme . A Paris , i8oa. ^,
Voi. \. ,, troiiiéme Ménioire ,, J. V.
p.ig. aia. e 5- VI. pag. 2.2.J\.
(.:) „ La Scienza de' Suoni e dell'
Armonia ec. divisa in cinque Parti .
\ enezia 1782. ^, ( Vedasi specialmen-,
te il Gap. I. della Parte V. ) — „ Ta-
vole degli Esempj appartenenti all'
Opera „ precitata . — „ Lettera di
Francesco Gori Pannilini sopra l'Ope-
ra del Pizzati ec. Pisa 1782. „
(t) Mersenno HarmonicoTum etc.
Libro Vili. Prop. VI. §5- Seplìma etc. -
Decimatcrtìa etc. pagg. 169 - 70.
386 Memoria sull' uso della Logistica ee.
st'ico di sensazioni acustiche , il quale risieda nel divisorio o
laminetta spirale deli' interno della chiocciola del laherinto
del nostro orecchio ; e se finalmente questo Problema di
Psicologia , non meno che la decantata eccellenza del gene-
re enarmonico degli antichi a paragone del diatonico e del
cromatico , ed i vantati prodigj della Musica Greca che si
leggono nel Banchetto d'Atenèo (?/) , in Nicomaco (z') , Tolo-
meo {x) , Didimo^ Euclide, Aristide-Quintiliano, Boezio (j) ,
IMeibomio (e), Vincenzio Galilei seniore [aa] ^ Mei (bb) ,
Doni (--e) , Kirchero ('W), Burette , Arnaud (ee) , Roussier (i^),
e tant' altri eruditi Scrittori (gg) , non lasciano tuttavia d'es-
se-
{u] Oeipnosophiston Libri XV. ,
scritti vivente 1' Imperatore Marco
Aurelio . ( Vedasi il Lib. XII. £dU.
■Lugdun. i583. ex recensione JOale~
champii ; come pure Parisiis 1796. ) .
iv) Nicomachi Garascni P_ytìiagorici
Sarmonia manualis .
(x) Harmonicorum Libri etc. , cioè ,
Claudii Ptolemaci Pellusiensìs Harmo-
nicorum sive de Musica Libri III. nunc
primuni editi . Venctiis i563.
(j) Arithmelica , Geometria j & Mu-
sica . Venetiis 149^-
(z) Antiquae Musìcae Auctores sep-
tem , graece &■ latine etc. Amsteloda-
mi i653. ( cioè , Aristoxenus , Eucli-
de! , Nicoraachus , Alypius — Gauclen-
tius, Bacchius senior, Aristide! - Quin-
tilìanus , Martianus ) .
(aa) „ Dialogo della Musica antica
e della moderna. In Firenze i58i. j, - ^,
Fronimo, Dialogo sopra la Musica. In
Venezia i568 — i58 -l- . „ ( E molti
altri MSS. inediti nella Libreria Nel-
li in Firenze , tra i quali ,, Discorso
intomo air uso dell' Enarmonico, e di
chi Josse autore del Cromatico „ — ,,
Discorso intorno a dirersi pareri , cha
abbono le tre Sette più famose degli
antichi Musici intorno alla ragione
de' suoni , e degli accordi „ . )
(bb) Hieronymì Mei Consonantiarutn,
Genera : MS. compendiato e stampato
da Pietro Del Nero .
(ce) De praestantia Musicae vete-
ris . Fiorentiae 1647.
{dd) Musurgia univeralis , sive Ars
magna consoni b- dissoni. Romae l65o,
(ee) ,, Mémoires de 1' Acadéraie des
Insrriptlont & Belle! - Lettres ,, To-
mi V. —XIII. Sur la Melopée, e To-
mo XVIII. Sur la Rhétorique de la
3Iusique .
iff) ,, Mémoire historiqne & pratl-
que sur la Musique de» Ancien» . A
Paris , 1774. „
(gg) ,, Dialogues sur la Musique des
Anciens . A Paris, 1735. ,, — ,, Es-I
sai philosophicpie sur la Musique an-"|
«ienne & moderne i A Paris _, 1780. ,j''
Di Pietro Ferroni . ■ 387
sere un mistero per i Filosofi ; sarà però sempre vero che la
Teoria degli intervalli e dei diversi sistemi di temperamenti
musicali s'appoggi sempre al fondamento sperimentale mede-
simo, si per trasportare negli Istrumetiti da tasto le Compo-
sizioni di melodia ed armonia o Contrappunto ( Polycìnìum )
ideato da Dunstan Arcivescovo di Cantorbery nei Secolo
X ) {hh) da iMì tono {({^ò,yo';) all'altro , che sia dentro i li-
miti dìacommatici della ristretta sensibilità dell' udito , si per
fabbricarli debitamente , ed accordaili in modo , che i loro
suoni sian dolci , midoliosi , pieni , robusti , e non mai stri-
duli , inespressivi , sordi , né asmatici . In tanta luce quant*
oggi adorna le Scienze Fisico- matematiche sarebbe ora vano
fermarsi per avventura a discutere, stando a ciò che ne scrissero
Diogene-Laerzio e Plutarco, il merito della controversia insorta
fin dalle prime speculazioni sopra la Musica tra i seguaci
della Scuola d' Aristossèno , i quali volendo per sola guida
r orecchio abborrivano ogni considerazione numerica nell'Ar-
te ritmica del canto e del suono [ii) , e quelli della Scuola
più celebre Pitagorica o Italica , fondata in Crotone verso
r epoca della rovina di Sibari , che concedevano troppo alla
potenza dei numeri , quando ciò stato non fosse per eccessi-
va vaghezza di semplice allegoria .
Essendo i suoni grandezze , apprezzabili dai nostri sensi
fino a tanto che quelli restino dentro certi confini di gravi-
tà e à' acutezza , e passandovi tra i suoni medesimi le ra-
gioni di più a meno acuto , di più a meno grave , e queste
ragioni avendo per naturale misura i logaritmi di qualunque
Sistema , come gli angoli si misurano dagli archi d' un Cir-
C e e a
00-
(hli) „ A'iiicenzo Manfredini^ Regole
armoniche eo. Venezia 1775. ,, — ,,
Martini , Storia della Musica . In Bo-
logna 1707 „ — „ Esemplare di Con-
trappunto := ivi rr i774- >> — Mar-
purg ,. Trattato della Fuga ,, .
(li) Aristoxenus , Nicomachus ^ Aly-
p'ius, auctores Musicts antiquissimi ex
recensìune Mearsii . Lugduni Batavo-
rum ( Elzevir. ) i6i6. ( Esemplare col-
le Note MSS. e Postille marginali del
Doni ) — . Aristorcni 5f usici antìquìss.
narmohictìrum Eleìflentorèifn 'Liiri IH:
Fenetiis i56a.
oB8 Memoria sull' uso della Logistica ec.
Cijlo o piccolo o grande, il Canone generale di tutta la Mu-
sica si annunzia in breve dal Teorema seguente .
„ Preso per unità un suono fondamentale , son gli in-
,, tervalU della Scala àe suoni o le loro vere misure come i
„ logaritmi de' rapporti o ragioni ( "hóyot ) dei suoni pre-
„ detti „ .
Il suono fondamentale o regolatore degli Organi [consta^
sifjìet , ecometro^ ec. , che debba dirsi), quantunque lo sta-
bilisse Sauveur di loo vibrazioni in un minuto secondo (kk) ,
non può mai veramente con tutta precisione fissarsi malgra-
do le correzioni assegnate da Diderot [II) , atteso che egli
dipende , olire la varia forza del soffio e la diversità dell'
imboccatura ( oscillum ), dall'elaterio sempre variabile dell'
Atmosfera in virtù del peso, della temperatura o calorico]^ e
del grado d' umidità-^ così che bisognerebbe approntare una
Tavola di ragguaglio o d' equazione corrispondente ai diffe-
renti gradi del Barometro, Termometro, e Igrometro, il
jnassirtto della quale anderebbe all'intorno d'un semitons . Ben
è vero che per 1' istessa cagione sono soggetti a differenze
consìmili eziandio gli altri suoni paragonati a quello supposto
fisso e invariabile; di tal maniera che, per esempio , YE la
fa estremo d' un Organo , il G sol re ut Diesis estremo oppo-
sto , e tutti gli intermedj del Gamma ossia T ut diatonico -
cromatico comunque esteso non battono uè rappresentano in
ogni luogo , tempo , e stagione la medesima ìiota . Pire so-
lamente deciso dopo di replicate esperienze , che in ogni
stato dell' Atmosfera presso la superficie della Terra cambino
poco o niente i limiti della nostra sensibilità , anco in orec-
chiante delicatissimo , rispetto ai s7ioni ricavati da canne
d' Organo , e che questi limiti siano dalla parte del barìtono
una canna o tibia lunga 4^» piedi Parigini , e dall' altra dei
so-
Iv
(fik) Vedansl le ^, Memorie ,, cita- 1 pag. 35g.
te nella Noia precedente (s) Sect, ML \,il) „ Piincipes d' Acoustlque &c. ,j
Di PiETno Ferroiti .
i5
5i59
sopracuto lunga -7 ò.' un pollice , mentre il suon fisso o co-
rale suol darlo una canna di 5 piedi . Intendo qui di parla-
re delie canne di Organo aperte , e non chiuse com' altre
nella lor cima ; a proposito dell' ultime delle quali ognuno
conosce in pratica , che ad egual lunghezza colle prime ren-
dono il suono d' un' ottava più grave ^ ma iujrata e spiacente
all' udito non malaffetto o insensibile fino all' unisono , ciu-
sta r espressione di Vandermonde [mm) , ed r peixiò che
canne si fatte o serrate in bocca havvi costume di nominarle
bourdons , cavatone forse il paralello dal sibilar fastidioso
delle Api improliiiche o sivvero operaje . Di là dai lìmiti
prestabiliti fremono , ronzano , o stridono {liuttosto che suo-
nino aggiustatamente le canne ; il linguaggio musicale diven-
ta pe' i nostri orecchi , se pure sian bene organizzati , inar-
ticolato , ruvido, disarmonico; la sensazion del piacere non
solo si perde ed inavvertita vien meno , ma e' rassembra di
più che negli acutissimi suoni in particolare l'aponeurosi d<;l
nervo acustico per soverchia e dolorosa distrazione , se cosi
possa dirsi , soffra e quasi si laceri , sebben coperta e difesa
acconciamente dalla Natura ( come prima di tutti osservò
Cotunnio [nn) ) mediante la linfa che la circonda j ed in cui
resta immersa .
Tornando al Principio, che Euler (00), Smith (pp) ,
Baisgelou {qq) , e più di recente Surcrnain Missery (/■/•) han-
no
(mm) Cabanis Op. cit. Tom^ II. ,.,
Mémoire VII. §. VI. pag. 33.
(nn) De aquaeductihus Autìs huma~
nae &c. -Calianis ul/i supra Voi. I. nel-
la desrrizione belliseiraa dell' Orecchio.
(oo) Opera precitata , Gap. VII. De
variorum ìntervalloTum, receptis appel~
lationìbus .
(pp) „ Harmonicx , or the Philoso-
pliy of Musical Sounds ,, ( stata la
guida di Guglielmo Herschcl ) /^ . Lon-
don lyóg. ( seconda Edizione di (jnest"
Opera celebratissiraa ) .
(q/j) MS. pubblicato in estratto nell'
Art. Sjrstéme dalla pag. 4*^7. a Al^
del j, Dictionnaire de Musi(£ue „ di J.
J. Rousseau .
(rr) , , Tliéorie acustico - musicala
ou de la doctrine dea sons rapportéft, aux
principe* de leur combinaison . Paris,
l^qS. ,, — „ Journal de Piiysiifu*
&c, jj Tom.I. Par. I. An. a. iViuojep. aó.
Sqo Memoria sull' uso della Logistica ec.
no insieme adottato , e chiamando S il suono , ii la ragione
numi^rica o il di lui rapporto ai fondamentale , a la èajedel
prescelto Sistema logaritmico , esso Principio traducesi in
lingua algebiaica per mezzo della formula K = a' .
A fine di farne la più facile applicazione premetto i da'
ti non pellegrini che seguono, ad unica notizia di quelli, ai
quali per avventura giungessero nuovi .
\? La collocazione in luogo di a del numero a, così
che I sia il logaritmo del medesimo a come base .
a." Le ragioni da' suoni andando verso ['acuto nella Sca-
la moderna diatonica colle sottoposte comuni lor Sigle, cioè,
I, 8433381/ . , .
— } -F- j T -.T y-F ì —F -, — l Alembert e Missery (ss) in vece
C,D, E, F, G, A, B, e
n
3
-)
di — pongono ^
per quanto s' estende una sola ottava o diapason ; giacché
le altre rispetto ai loro intervalli non sono se non se repliche
pure di quella .
3.° La Tavola Euleriana brevissima dei logaritmi {tt) ,
che abbracciano tutti i numeri ( o elementi ) degli interval-
li armonici suddivisati , e sono
Log. I =: e j 000000
Log. a = I , cooooo
Log. 3=1, 534963,
Log. 4 = a , ooocoo
Log. 5 = a , 3a I ga8
Log. 6 = a , 584963
Log. 7 = a^ 807355
Log. 8 — 3 j coooco
4-"
(ss) ,) Elémpn» de Musique &c. ,
Par. I. Chap. VI. §. 55. pag. Sg. No-
ta [0) . — Opera di già citata ap-
punto qui sopra .
(tt) UH silura pag. io3. 5' 4-
Dx Pietro Ferroni .
$91
4 " Finalmente soggiungo l' osservazione che quantunque
imitando i comuni Clavicimbali , composti di a8 (ed al più aq)
suoni , i quali incouiiiiciano dal basso G sol re ut e vanno
air E la fa e F fa ut accutìssuno degli ottavini dei Corni
da caccia in A la mi re , contenga un Organo 1' estensione
fonica di 4 ottave^ distribuite per comodo de ^\\ spartiti or-
dinar] e rìdili accidentali delie parti cantanti o ìstrumenti
nelle tre solite chiavi di Ffaut ^ C sol fa ut ^ e G sol re ut
onde accomodarsi al basso, baritono , tenore, contralto^ mez-
zo-soprano , soprano , violino , e sopracuto , tutti ancora i
registri:, giunte o accessorj degli Organi , siano a glottide,
linguetta, o zampogna, non meno che tutti i giuochi di vo-
ce-umana o usignolo , degli Organetti di Germania a carigUone ,
o sivvero colle ariette e motivi seg,\ia.\.\ a punte sulla superficie
d'un Cilindro rivolgentesi intorno se stesso j presone esemplo
da un Carillon [Xjlorganum) a campane, bicchieri , e cilin-
dretti consimili ( dei quali graziosi concerti dottamente han-
no scritto Franklin {un) e Diderot (vv) ) s' appoggiano sem-
pre al Gamma medesimo musicale. Anzi questo Gamma,
che il Monaco Guido d'Arezzo introdusse incompleto o man-
cante del Si ) chiamato Bi anteriormente a Ludi da Ericio
Puteano (za), e dq^oi dal Banchieri (yy) nella riforma del can-
to ecclesiastico Gregoriano o Ambrosiano fino di quando il
Vescovo Aretino Teobaldo, non molto dopo del ioi3 succe-
duto ad Adelberto , lo chiamò a tal effetto dal Monastero di
Fonte Avellana [zz) , sarebbe valevole a spiegare egualmente
per
\}iiC) Vedansl le Opere Fisiche nella
Baccolta di già a tutti nota .
(t)-!;) j, Méniolres sur diilerens sujets
de Mathémitiques ,, . — ,, Princlpes
d" Aroustiifue „ ( Nota (il) ) ( tr.i gli
Opuscoli MaternatM <\A\a Raccolta
postuma di tutte l'Opere dell'Autore).
(xjTJ PuUas mjjidut a , ihe sejitem
discrimina vocum . Mediolani iSgg.
(.yy) >> Cartella Musicale „ Venezia
1614.
{zz) De Artis musicae ri'gulis (Libro
del prelodato Eremita ) — Hisforia
sYi'c/trona Arcìiivi Calliedralis Arreti-
naa &c. Num. 36a,
Sga Memoria sull'uso della Logistica ec.
per via di tias'aio o metafoia il piacer che proviamo, si nel-
la iirulazione ideata da Castel delia Musica coi colori (aaa)
( die di già (irmonizzati escori del Prisma ) , si nella Poesia
metrica e nmaia , mentre i Fisiclogisti fosser oggi capaci di
poter render ragione in qiial modo e perchè il ritorno perìO'
dico d' alcune sensazioni e la simetria di certi rapporti in
tutte le dipendenze delle B-ile-Arti , considerate per simil
lato da De Piles, Montesquieu, Algaiotti, Reynolds, e Mengs,
rechin diletto aW Io senziente , come lo apportan difatti i
capi-d'opera di Pergolesi , Paesielio , e Sacchini .
Ciò premesso a maggior lume del rimanente , ecco la Se-
rie delle misure o ìntervolli de' suoni della Scala diatonica
dalla parte dei negutivi ( come se fossero positivi , ciò che
in sostanza j»e '1 nostro assunto è 1' istesso ) , contando que-
sti intervalli dalla prima nota più grave , e segnando a con-
fronto le differenze .
Tonica o fondamentale —■ . o , ocoooo
o, 169914
Seconda maggiore • o, 169934
0 5 i52co4
Terza-maggiore ■ o,3ììI928
o , 0981 IO
Quarta o diatessaron . Oj,4i5c38
o , 169924
Quinta 0 diapente -— — o , 584962
o 5 l520t4
Sesta-maggiore » e, 736966
o, 169924
Settima-maggiore 1 . o , 906090
o , cgSi I o
Ottava diapason — '■— i , cooooo
Riscontrasi a colpo d' occhio dalla disuguaglianza degli
intervalli trascritti, che i suoni del Gamma o le misure del-
le
{aad) „ Mathématiqiie iiniversella | tout le monde &c. A Paris , 17J8. j,
abregée ., à la portée & à 1' usage de
e
Di Pjetr-o Ferro NT . 3n3
le ragioni de' suoni moderni diatonici procedona saltuaria-
mente , e che questi salii sono di tre diverse grand* z-
ze , cioè , andando dal più piccolo verso il più grande
0,093110 I o,i520o4 1 0,169924. I medesimi salti sono
di più irregolarmente spartiti , e se ne contano 3 dei massi-
mi, 2. de' meclj , e a parimente dei minimi. Qualunque estsi
siano 3 avveugachè differenti da quelli dei Policordi ( Barbi-
ùon ) o Lire antiche o moderne , ed in quaisisia modo dis-
posti , i Jor intervalli logaritmici hanno sempre da valutaci
come gli indici soli della ragione delle ragioni de' suoni , o
sivvero di quanto sia moltìplice un suono deli' altro , cui
venga ad essere riferito .
Se dLm([ne fosse esattamente delineata una porzione o
tronco di Logisticaj la cui prima ordinata normale i, T ultima
I
— , e la parte di' asintoto interposta tra le medesime i j va-
le a dire la sottangente costante 1 , 44^^96 , per mezzo del-
le calcolate distanze della colonna anteriore , da riportarsi
mediante lina scala fedele, pari a quella di Vernier, Chaul-
nes Ramsden , ec. , vi si potrebbero subito conseguire e trac-
ciare come altrettante ordinate le rispettive altezze propor-
zionali delle canne d' Organo, che renderebbeio i suoni dtl-
la Progressione diatonica ^ presa per unità di misura l'altez-
za a piacimento della canna fondamentale del suono più gra-
've • Coli' istessa facilità quest' unico Istrumento Logistico ,
che può agevolmente segnarsi in lamina d' ottone o di rame
a comodo dei Manifattori d'Organo ( Opj-a» o^è 0/ ) e diventare
il loro campione o piattaforma ( come f hanno gli Orologiaj
per le ruote e rocchetti , ed i Fabbricatori di macchine Astro-
nomiche o Fis'che per le divisioni esattissime di linee rette e
circolari ) , condurrebbe ad ottenere le altezze delle canne
d' Organo in altre ot:ave o repliche della prima , e con essa
e colla tonica collegate . Delinear la Logistica Torricelbana
di sottangente data o per via di vicinissimi punti o per mo-
Tomo XI. D d d vi-
So4 Memoria sull* uso della Logistica ec.
vlmetito continuo, egli è un Problema grafico di già risoluto
da diversi Scrittori di Geometria - organica , e massime dal
Poleni {bbb) e Suardi {ccc) . O'.tre di die la Logistica istessa
facilmente nasce e derivasi dalla Trattoria più semplice,
d'a^'evolissima costruzione. Inserire o rintracciare sulla piat'
ta forma predetta logistica tra i primordiali gli altri inter-
valli secondar] de' suoni cromatici ( i quali però riescono
meno pieni e piuttosto a^pri nell' Organo come l' esperienza
ha most-dto ai bravi e valenti Organisti , e segnatamente ad
Antonio Squarcialupi , arpeggiator delle Grazie, die meritò
un Monumento dalla Repubblica nella Cattedral di Firenze ,
ed al Frescobaldi del Secolo XVII. suonatore eccellente de-
gli Organi del Cardinal Borghese e del Vaticano ) , gli enar-
monici fuori d' uso, i diminuiti , i falsi , i superflui ,, i com-
mi , i limmi francesi di Missery {ihUl) o i tedeschi del Mat-
tesoni {cet) , e le più minute frazioni di tono , quali sareb-
bero le nieridi ed ettameridi di Sauveur {fff), la giudico
opera di minor conto^ per la Manifattura degli Organi, av-
vengachè comodissima ed importante sì per la pratica delle
intonazioni ed accompagnamento , sì ancora per tutti g'i al-
tri Istrumenti di Musica , e massime a corde ed a manico .
Per esempio , 1' intervallo d' un comma ordinano — è uguale
a o 5 017920; quello d' un limma maggiore — eguaglia
o j II H 3c ;
(iW<) Epìstola ad JacolumHeTman-
niim &c.
{ccc) ;, Nuovi Istromenti per la rle-
snizione di diverse Curve antiche e
moderne , e di molte altre che servir
possono alla speculazione de' Geometri^
ed all' uso de' Pratici . In Brescia
lySa. ,, ( Istromento V., Art. II. De-
scrizione organica delia logaritmica ^
pagg. 26. 27 - 29. j Tav. 4- Fig. a. )
(ddd) Giornale di Fisica ec. Tom. I.
cit. nella Nota (rr)^ alla pag. 25. del ,^
Disrours préliminaire ^^ e seguenti .
[eee] „ Die General-Bab Eohitl &c. ,,
(fff) Vedasi 1' htoria dell' Aco. del-
le Se. di Parigi per l'Anno /700 alla
pag. i36. seconda Ediz. del 1719- in 4-"
Di Pietro Ferront. 3g5
e , iiic3o ; V intervallo d' una mende o , oaSaSó , e d' uu*
ettanieride o^co'i'02.2.-^ V altro coriispondente all' enarwoni-
,. 12,5
co minore o impropriamente quarto-di-tono — — pareo "^ia
c,o34ai6; gli intervalli del semitono o seconda minore —
IO
del tono minore — , della terza minore ( sesquiditonus ) —,
elle a differenza della maggiore ( dìtomiim ) somministra il
modo appassionato , patetico , tenero e molle alla Musica ,
del tritono o ^zva/t(2-superflua —, della ^«mia-falsa —, del-.
1 • 5
la sesta minore ( hexachordiun jìiiniis ) -^ 5 della settima mi-
nore {heptacìiordum minus) — , riconosciuti dagli esperti Mae-
stri di Cappella anco nella Melodia o Canto-fermo (Plainchant)
semplificato dal nostro Matteo Coferati (gggjy sono rispettiva-
mente 0,098110 ( come sopra nella Colonna differenziale )
\ o,i520c4 ( come nell' istessa Colonna ) | o , u63o34 |
0,4918.52 I o, 508143 I 0,678072 I 0,847996. Questi e
molt' altri intervalli di suoni o dissonanti o consonanti , che
si riportano ai numeri o ragioni indicative dei suoni medesi-
mi , accennate in parecchi Libri di Musica-teorica e nomi-
natamente nel Dizionario celebre di Rousseau (lilih) , distesi
che fossero sopì a V asintoto o base dell' Istrumento Logistico
auddesciitto , darebbero immantinente le ordinate rappresen-
tanti, in proporzione alla prima, Valtezza delle Canne pneu-
matiche, che suonerebbero quelle note.
Ddd a Ma
(SoS) V Cantore addottrinato in tut-
te le regole del Canto Corale . Firen-
■e 1710 „ .
Qthh] 5 Dictlonnaire de Musique ,,
( Nota {qq ) ) Ut psallendì materìem
dlscerent ( Martian. Gap. ) „ . A Pa-
ris 5 1768. ,f
396 Memoria suìl* uso della Logistica ec.
Ma senza perderci in usi simili , i quali mai non si pra-
ticano nel volgar maneggio e magistero degli Organi , i' im-
piego più insigne che debba farsi del nuovo Istrumento,
eirli è quello d'^ adoperarlo pe ^1 temperamento musicale,
adottato all' effetto d' intonare egualmente e con tutta fa-
cilità in qualunque corda , nota o tono che siasi . Sono ri-
nomati abbastanza , perchè non abbia d' uopo fermarmivi a
lungo , i varj Sistemi di temperamenti per le Scale diatonico-
eromanche e dìatonico-enarnióniclie , entrambe però assai dif-
ferenti da quelle dei Greci . Avanti d' ogni altro il Fiorenti-
no Nigetti (antagonista di Galileo nella Musica), come scri-
ve nella YIII. delle sue Lettere Scientifiche ed erudite il Ma-
galotti (Hi) , ripartì in 3i tasti ciascuna diapason del Clavi-
cimbalo , portato ancora alla quintupla ottava \ il che molto
dopo coi loro Claviers à ravalement hanno fatto i Francesi .
Sauveur divideva prima in \'6 , e poscia suddivideva in 3oi
intervalli o parti eguali 1' ottava medesima [kkk) ; Ugenfo
r avea di già spartita ancor egli in 3i (lll)\, Henfling propo-
se dipoi di notomizzarla in So eguali elementi (mmm) ; e
Lambert a fine d'agevolarne la divisione v'applicò il Calco-
lo logaritmico (nnn)-. Ram«au (000)^ D'Alembert Q>pp) ^ Bois-
H
%^-
(ììl) Pubblicate postnme in Firenze
net 1721. in 4' P^'' Tartini eFranclii.
(kkk) L. e. nella Nota preceden-
*e (fffJ ■
(III} Opera omnia &c. 1724-^8.
( Edizione postuma procurata da s'
Cravesand ) .
(mmm) Miscellanea Beroìinensia &c.
per r Anno 1710.
(nnn) Memorie dell'Accademia dil-
le Scienze e Belle-Lettere di Berlino
per r Anno 1774- stampate nel 1776.
.,, Sur le Tempérament en Musiqne ,,
pag. 74- — Memorie &c. come sopra
per l'Alino 1775. pubblicate nel 1777.,:
Obacrvations sur les Flutes ,', pag. i3.
(000) ,, Nouveau Systeme de Mu-
sique théori'que & praticjue . ,, 1726. —
3, Code de Musiijue .
(pPP) 3> Elémens de Musisjue tliéo-
rirji'.e & pratique suivant les principe»
de M. Rameau , éclaircis , développég
& simpllfiés &c. „ Nouvelle Edition .
A Lyon, 1772. „ (La prima è del
1702.) (Parte l. Gap. VII. Da Tempé-
rament , pag. 45- ; e segnatamente J.
70. pag. 5a. , Nota (t) , Pianelle I,
alla lettera S , e Nota {u) , J. 72- «
pag. 55-5g.
Di Pietro Ferroni . Jf)7
gelou (qqq) ì Malcolm (rir)^ Manfiediiii ^^55),Doddi, Manci-
ni, Giovanni Hasse detto il Sassone (ttt) yG.à avanti di luio
Gallée , Loulié , Merseiitio (uiiii) , il quale coli' esperienza
determinò non essere il comma Pitagorico , eh' è tra ■^„ e -^
dell' ottava , parte aliquota , come allora credevasi -- , 4 >
del tono maggiore e minore > ed il prenominato antico Mo-
naco Guido , che si dice anco inventore della tastiera del
Clavicimbalo , occuparousi in diversi tempi della ricerca del
miglior possìbile temperam.ento ( indispensabile come ognun sa
per i Clavicimbali ed Organi e generalmente per tutti gli
Istrumenti musicali a tasti os&ia senza manico ) , che salvas-
se quanto potevasi«le consonanze in qualunque tono di quin'
ta e terza-maggiore ( g.'ija ed allegra) o .sivvero di dodice-
sima ( Diapason-Diapente ) e dicìassettesima-maggiore , ele-
menti ò.e\V Accordo perfetto ^ e costituiti talmente dalla Na-
tura , che si prestia pochissimo al cambiamento in eccesso o
difetto senza vulnerare gli orecchi sensibili al magico piacer
della Musica o ledere l'Armonia. Alcuni discuopritori di que-
sti temperamenti fecer coincidere , tenendo ferme le ragioni
de' suoni della moderna Scala diatonica , i Diesis ed i Bini-
molli dei suoni precedenti e consecutivi , e ne risultarono
(111) Rousseau Diction. de Mas.
nella Pianelle di lettera I , Fig. 3.
(rTr) Rousseau ^ ivi S alla Planche
di lettera L , Figure r , e 2 .
(sss) ,, Regole armoniche o siano
Precetti ragionati per apprendere i prin-
cipi, della Musica, il portamento del-
la mano , e 1' accompagnamento del
Basso sopra gli Strumenti da tasto ,
coma r Organo , il Ciralialo , &c. Ve-
nezia 177S. „
(ttt) rt Psasieri^ e Rimessioni pra-
tiche sopra il Canto figurato ec. la
Vienna 1774- ,> Articolo V. Dell' //I-
tonazione , p^g. 67.
[uuiij Rousseau ., Diction. de Mus.,,
all' Art. Temperamerit pagg. Sci. e 5o3.
Mersenno Harmonic. Lib. V. Prop.
XXXIX. Cordi, a. e 3. pagg. 87. 88.
= Ivi = Lib. VI. Prop. XIII. pag, 98.
Prop. XIV. pag. 100. — Harmonic. In-
strum. Lib. I. Prop. XV. pag. 18. ed
altrove .
SgS Memoria sull'uso della I ocistica ec.
la suoni o semitoni (tra eguali e cìiseguali) diatonico- croma-
tici nell' ottava ut ^ pà, re , bò , mi , fa , tu , sol , o'è , la,
nò i si , ut : altri alteniaroin) i Diesis de' iuoni aiitecedeiiti
coi BimniolU d^i susseguenti per riempire e p-jne in contat-
to gli inltrvalli croniatici : vi iu ciii rendette il J'.apason
meli che cromatico suddividendo l'intervallo <x w\ ottava in
12, tra semitoni maggiori , e minori , e limmi parimente mag-
giori e minor) , o chi soltanto si contentò per le acccrcìatu-
re ed accompagnamenti di solfeggiare cosi nel genere diatO'
de ma fa sol la si
nico-cromatico ut re mi fi Le sa ut : e finalmente
gli ultimi non curando d'alterare contro natura le terze mi.g-
giori e le quinte , e rinunziando ai 24 rnodi diversi tra au-
tentici f! piagali , dodici maggiori ed altif-itanti minori che
abbraccia la Pratica dell'odierna varietà della Musica istru-
mentale e cantante, e toghendo di mezzo le differenze tra
Bfa, Bmi , Elafa , Elamici ec. , ec. ^ iut'odussero un com-
partimento uniforme armonico con inserire undici medie pro-
I
porzionali fra i e —rappresentanti 1 due suoni estremi dell*
ottava -i e con fare eguali perciò tutte le 12 ragioni dG suo-
ni tanto salendo dal grave all' acuto , quanto viceversa scen-
dendo dall' acuto al grave in progressione geometrica ,
Ora dal fin qui detto si fa manifesto , che (jualunque
metodo di temperamento piaccia adottare per gli Organi , le
altezze delle canne correspettive al medesimo possono subi-
to dagli Artefici aversi graficamente , sicuramente e imme-
diatamente dalla Piattaforma logistica summentovata , senza
necessità di ricorrere , come poi fanno gli Artisti predetti in
canne di già costruite mancando di un ^//'o costante ^ al com-
penso precario di ristringerne o dilatarne in queste o in quel-
le le bocche , afifinchè si concertino o s' armonizzino V une
coir altre. Imperciocché dei numeri significativi delle ragioni
de'
Di Pietro Ferroni , Sno
de' suoni somministrati dai medesimi Autori , e più aiupia-
raente da Milcolm (wi)
i5 12,8 i5 24 i5 120 i5 i5 24 i5 128 i. 5
76 ' ils ' 76 ' ^5 ' 76' 135 ' 76 ' 7b ' ^5 ' 76 ' r35 ' 16
o piuttosto
16 17 18 19 i5 16 17 10 19 16 17 i5
i'^ ' 18' 7j ' 7o ' 7b ' 77' 78' ig' 27 ' 77 ^ i'8' 76
trovati i logaritmi o continuando la Tavoletta dei premessi
Euleridui o ricavandoli dai soliti Briggiani o deducendoli da-
gli Iperbolici , e questi segnati per ordine tra le coordinate
estreme della Piattaforma , coma le ultime normali corrispon-
denti alle ascisse o^ i rappresentano le due altezze delle cafi-
ne estreme modulanti V ottava (in Ebraico HaschemminìthYi
cosi le intermedie tutte denoterebbero quelle dei rammenta-
ti temperamenti . E quando dovesse valere in pratica contra
il parare di accreditati Contrappuntisti il temperamento ulti-
mo preferito dai Matematici Beaugrand e Bulliaido verso la
metà del Secolo XV^H. sotto nome di Linea armonica (xxx),
qixinli da Mersenno per la divisione deW ottava in 12 semi~
toni eguali negli Istrumenti a manico ( scapiis ) come nelle
Gimpane (yyy) , e linalmente abbracciato da Raraeau , di-
venterebbe anche piìi facile 1' operazione macchinale di rin-
tracciare le altezze rispettive delle ctì'«/?e pneumatiche ad uso
degli Organi ; pìichè basterr-bhe allora dividere la base della
Piattaforma in la parli o intervalli precisamente eguali, ed
alzare dai loro punti estremi di divisione le 11 ordinate nor-
mali . Se non che , comunque ciò potesse foise riesclr tolle-
rabile a delicato orecchio nella modulazione del Ciavicimba-
lo
(vvvj Ris'-ontrisi la Tavola citata
Heir antecedente Nota (rrr) .
(xTx) Mersenno Harmonìc. Instrum.
Lib. I. Prop. XV. pag- i8. (come so-
pra ) , e Prop. XXXI. pag. 5o.
(yyy) IMersenno s Ivi S Monitum
alla pa^. 112. del Libro li. e Lib. IV*
Prop. III. pa^. 146.
4oo Memoria sull' oso della Logistica ec.
lo ( non ammettendolo tuttavia ne' Bethizy (zzz) ne* Bemet-
zi ledei [aaaa), uè tampoco Gasparini (bbbb) , rè Fux ^ctccj,
maestri egiegj d' accompagnamento e di canto), pare eh' e*
non potrebbe mii tollerarsi negli Organi . Difatti i suoni
pneumatici essendo di più durata degli eccitati da corde di
minugia o metallo , e nei temperamenti ^^wxà'iz'w&dimente com-
binati facendo d" uopo che le terze sian meno alterate delle
quinte a sentimento dei gran Precettori dell'Arte , T egua-
glianza di quello spartito genererebbe 1' insopportabile caco-
fonia del battere troppo frequente e troppo sensibile di tan-
ti suoni durevoli quanti sono i dissonanti prinripali , e i lo-
ro armonici presso che tutti , nel Sistema del temperamento
accennato • Quindi è che rispetto agli Organi i Si'onattiri ec-
cellenti sono soliti praticare come accordatura più dulce o la
diminuzione eguale di tutte le quinte ascendenti, non per uà
comma intero I ^ — I secondochè le alterava Ranieau , ma per
un quarto di questo comma , principiando dalla nota fonda-
mentale in I^ la fa e terminando in G sol re ut Diesis , o
l'altra diminuzione consistente iu — di co?nma , perchè to-
7
glie anco meno di perfezione alle terze-maggiori , e fa sì che
la terza medesima temperata venga quasi ad essere a un
tempo media geometrica proporzionale tra la tonica E la fa
men-
(zzzj ,, Exposltion de la Théorie &
ile la Pratìque de la Miisique sulvant
les novivelles découveites . A Paris ,
«754- »
'(aaaaj „ Legons de Clavecin , &
Principes d'Harmonie. A Paris , 1771., ,
( in 4' 1 coir Avvertimento o Prelimi-
Bare di Diderot ) .
(blhl) ,, Armoniro pratico al Cem-
Jialo „ . Edisisne VI. Veneta presso
Sebastiano Valle .
(ecce) „ Salita al Parnasso o sia
Guida alla regolare Composizione del-
la Musica con nuovo , e certo metod»
non per anche in ordine si esatto da-
ta alla luce ec. fedelmente trasportata
dal latino nell' Idioma Italiano da Ales-
sandro Manfredi . In Carpi 1761 ,y .
( L' Edizione originale Latina di Vien-
aa d'Austria è del 1725.)
Di Pietro Ferront . ^a
mentoyata e la quinta diminuita come prossimamente nell'
4 a ,
accordo-perfetto i , -^ , — j e media armoiuca come rigoro-
samente nel medesimo accordo i : r- : : "r : — .
à o IO
Oltre d'avere il merito la Piattaforma descritta dì som-
ministrare agli Artefici di Organi agevolmente tutte le altez-
ze diatonico-cromatiche delle canne , non lascia ella stessa di
dare eziandio i rispettivi loro calibri o diametri interni . In
una canna pneumatica ben calibrata o esattamente cilindri-
ca , come debbono essere tutte quelle degli Organi non di-
fettosi , all'effetto che il suono sia più deciso ^ più pastoso e
più accetto all' orecchio V esperienza ha mostrato , che il
diametro interno della medesima abbia da farsi tra — e —
la IO
àtW altezza . Dunque o sia 1' una o sia l'altra la proporzio-
ne , si rende chiaro che l' istessa Scala logistica , la quale
conduce a trovare le altezze delle canne suonanti tutte le
Note del Gamma , porta egualmente a determinarne i dia-
metri , perchè di quelle direttamente e similmente submul-
tipli .
Insegna la Teoria , che può leggersi nelle Memorie dot-
tissime pubblicate da Leonardo Euier fino del 1727. (dddd)
e poi più ampiamente da Lagrange (eeee) e Daniello Bernoul-
li iffff) -, come ferma stante V altezza d' un cilindro-vuoto
2 omo XI. Eee pneu-
(dddd) Thesis Baslleae impressa &c.
(enee) Miscellanea Phìlosopìdco-ma-
thematica Societatis privatae Taurinen-
sis . Augustae Taurinorum, 1769. Tom.
I. ,, Reclierrhes sur la nature & la pro-
pagation chi Son ,, Chap. VII. T/ièorie
des Cordes de Musìque b- des Flàtes
pag. 81. 5. Sa. e segg. , e separata-
mente pag. 83. — Miscellanea Taiiri-
nensia &c. Tom. II. 1760-61'. ,, Nou-
velles Recherches sur la nature & la
propagatlon du Son „ Chap. VI. Ile-
Jlexions sur la Tliéorìe des Instru-
mens à veni . pag. 154. J. 67., e no-
minatamente pag. 161. 5. 60.
ff/ff/ n Hijtoire de 1' Académie Ro-
4ca Memoria sull' uso della Logistica ee.
pneumatico , la diversità del suo diametro interno o maggio-
re o minore non induce mai cambiamento ne nel tenipo
d'una vibrazione della colonnetta aerea racchiusavi, né per
conseguenza nel numero di queste vibrazioni in un tempo
dato 5 eh' è quanto dire nel suono , e negli armonici che lo
accompagnano , lo rinforzano e 1' avvalorano . O s' adoperi in-
T / T
fatti la formola Bernoulliana Y = zt-Tt * f) • "T -^ > dove L
rappresenta la lunghezza o altezza del tubo , A V altezza
dell' Argento-vivo nel Barometro, d , D le densità o gravita-
specifiche dell'Aria e Mercurio, n la semicirconferenza cir-
colare, mentre Y esprime la lunghezza del Pendolo isocrono,
o piuttosto prendasi 1' altra di Lagrange per la durata d' un*
oscillazione composta di due vibrazioni ■ , nella quale
y/'2,nìih
fl è la lunghezza della canna ^ k l'altezza barometrica, i : n,
la ragione delle densità dell' Atmosfera e dell' Argento-vivo ,
h la misura nota della caduta d' un Grave presso la Superfi-
cie Terrestre in una seconda , ognun vede che non v' ha
luogo il diametro , a differenza delle corde tese sonore . Né
potrebbe mai essere diversamente : perocché di quanto cre-
sce o scema la base del cilindro aereo , d' altrettanto s' au-
menta o si menoma appunto la forza elastica che lo tien
soggetto e compresso ; laonde ciaschedun filo aereo sempre
risente la compressione medesima restando fermo lo stato
meteorologico dell' Atmosfera. Di qui ancora n' avviene , che
non solo i ventri ed i nodi o per dir meglio i diaframmi na-
turali 5 in virtù dei quali nascono i suoni armonici , si for-
mi-
yale des Science». Année 17611 . A Pa-
ris , 1764. 5, Acoustìque ,, Sur les
Tuyaux d'Orgue „ pag. 170. S Ivi —
j, Mémoires &c. „ pag. 43'. 5) Re-
cherches phvsiqnes , mécaniques , &
analytiqnes sur le son & sur les ton»
des Tuyaux d'Orgues clifféremment con"
struits „ pag. 437. J. g.
J5i Pietro Ferrod. /oS
mino immancabilmente nei medesimi punti delle canne d'Or-
gano o di piccolo o di mediocre o di gran diametro come
nelle corde vibranti , ma ne siegne oltrediciò che tutte le al-
tre innumerevoli minime oscillazioni delle parti componenti
il cilindro aereo , non sentite o confusamente avvertite dal
debole orecchio umano , ricorrano per ogni grandezza di dìa~
metro colla medesima legge A' isocronismo . Sì fatta lesge ( lo
dirò di passaggio ) ebbe incominciamento dalla scoperta delle
minime vibrazioni isocrone d' una Lampada osservata nel Duo-
mo di Pisa sulla fine del secolo XVI da Galileo , che abilis-
simo coni' egli era , ugualmente che il Padre , suonalor di
Liuto ( Lìtthmìi , Teorbum ) 1' applicò tosto alla Musica istiu-
mentale (gggg) mentre Santorio di Giustinopoli o Capo-d'lstria
1' avea dedicata alla Medicina ^ e poscia Mrrsenno nel ]636
la generalizzò per la spiegazione di tutti i fenomeni fisici
d(ili' Armonia {lihhh) , e vale a dire più d' un Secolo prima
che Daniello Bernoulli nel 1753 la trasportasse alle corde vi-
branti {iiii) , dilatando la Teoria di Taylor [kkkk) con grande
•foggio d' ingegno , ed ultimamente Coulomb la riscontrò ve-
ra anco nelle torsioni de' fili che vadano poi da loro stessi
svolgendosi (////) , come n' era facile V accorgimento subito
E e e a che
fgggg) Avanti il i585. Vedasi Vi-
viani Vita del Galileo alle pag. LII.
LUI. - ,, Discorsi e Dimostrazioni ma-
tematiche intorno a due nuove Scien-
ze ee. ,, Giornata primn pag. 98-108.
EdJz. di Leida - ~ Ivi := alle pagg.
58-62. del Tom. III. Edizione di Pa-
dova .
(hhhli) H armonie. Instrum. Liher. I.
Prop. XXXIII. pagg. 53-54.
{iiii) Memorie dell' Accademia di
Berlino per l'Anno suddetto alla pag.
47. }j Réfle.\ions & Eclaircissemens
sur les nouvelles vibrations des Cor-
des &c. ,, — „ Sur le mélange de plu-
sieurs cspeces de vibrations qui peu-
Tent coè.xister dans un meme systeme
de Corps ,, pag. 178. — „ Remarques
sur les Mémoires précedens „ ( Euler )
alla pag. 196.
(kkkk) Methodus Jncrementorupi di^
retta &■ inversa . Londini i^iS.
(////) ,, Mémoires présentés à l'A-
cadémie des Sciences par des Savans
étrangers ,, Tom. IX. 1777. Sur les
Bonssoles de décUnation . — „ Mg-
4o4 Memoria suli/ u?o delia Logistica ec.
che gli angoli descritti dall' ìndice non poteano non essere
proporzionali ai torcimenti o forze sollecitanti e quando si
ha un simile isocronismo nello sviluppo dei comuni Elateij .
Ben è vero però , che anco non trascurata la necessaria
avvertenza d' adoperare per le canne d' Organo tra i men
dispendiosi metalli il piìi duttile e rìsiionante , quale suol
essere il piombo o stagno a preferenza d' ogni altro e del le-
gno , gli esperimenti non pare che vadan d'accordo in sì
fatto proposito colla Teoria , come quella th' escluderebbe
ogn' influenza del calibro nel suono delle canne medesime .
Mersenno trovò contantissimamente , che due canne aperte di
piombo d' eguale altezza ed in simil manieia ispirate , la
prima delle quali aveva il diametro interno doppio dell' al-
tra , rendevano la terza minore o al più la maggiore , ed
avendo la prima il diametro quadruplo della seconda rende-
vano insieme un trìtono o sivvero la falsa quinta {mmmm) .
Per quanto io sappia, quest' importantissimo esperimento non
è stato né ripetuto né confermato dai Fisici , e massimamen-
te come facea di mestieri da bravi Maestri di Cappella ed
accreditati Organisti ; così che pende ancora il giudizio di
tal discordanza vistosa tra la Teoria e la Pratica de' suoni
generati da tibie pneumatiche. Anzi se fosse mai vera anche
r altra anomalia o aberrazione dell' esperienza dal calcolo ,
cioè j che due canne d'Organo d' egual calibro, una doppia
esat-
moires de rAradémie dej Sciences &c.
A Paris , 1784- 5> ~~ !5 Mémoire
de rinstitut National des Sciences &
Arts jjour 1' An df la Ré-
puUiqiie . ^ Sciences Mathcmatiques
& Pliysicjues <^ Tom. III. An. IX. A
Paris . Determìnation théorique & ex-
pérìmentale des Forces qui ramenent
dig'crentes aiguilles aimantéa à satu-
rai ion , à leur meriJìen magriétique ,
jiag. 176. — ,, Bulletin des Sciences
&c. ,, Physiqne ,, alla pag. loi. £'.r-
trait d'un ]\] èmoire Ju C. Coulomb sur
le Blagriétisme , ed alla pag. 114. Sui-
te des recherches du C. Coulomb sur l»
Mapiétìsme .
{mmmm) Harmonicorum Instrumen-
torum Libri IV. più volte citati ( Lib.
III. Prop. IX. pag. lai. ) — Harmo-
nicorum Libri ( Piefazione pag. i. )
Dx Pietro Ferroni . /o5
esattamente d' altezza dell' altra , non suonino V ottava. "\\x-
Sta , ma mancante d un tono o semitono . e torna a dire
Ira la sesta maggiore e la settima , onde abbisogni in pra-
tica ristringere un poco la boc<a dell' acnfa e men alta,
o dilatare la bocca della grave e più alta , affinchè salua il
concento alia vera e piena diapason (nnnn) , ciò sarebb' uno
dei moltissimi casi , nei quali 1' Analisi algebrica non si
combina perfettamente colla Natura. N'abbiamo nella sog-
getta materia l'esempio insigne della velocità della propaga-
zione del suono colla differenza dai gi5 piedi antichi Pa-
rigini , che dà la profonda Teoria di Lagrange {oooo) ed
Eulero {pppp) in i" , ai io38 e forse 1080 trovati in Pra-
tica ; differenza , che Biot ad insinuazione di Laplace ha
recentemente ceicato di far sparire introducendo un nuo-
vo coefficiente o elemento K ( cioè 0^2869 ovvero cSgaa )
nella Formula prima, derivato dalla considerazione sagace
che r Aria atmosferica condensandosi perda parte di caler
latente , il quale diventa sensibile , e viceversa rarefacen-
dosi assorbisca parte di calor sensibile , the diventa allo-
ra latente {qqqq) . Ora se quelle esperienze Mersenniane reg-
ges-
{nnnn) Gio. Battista Mancini Opera
sopraccitata nella Nota (ttt J Art. V.
pag. 49- S com» appunto si
«noi fare in un Organo ec. ,, — Mer-
senni Harmonìc. Iiistrum. Lib. III.
Prop. X. pag. laa.
(oooo) „ De la propagation du Son
tra le Memorie dell' Accademia di
Berlino AA lySg. stampate nel 1766.
pag. i8-5. coi Supplementi a pagg. 210.
p ali. — ,, Eolaircissera-n3 plus dé-
tailléi sur la generation & la propaga-
tion du Son, & sur li formition de
l' Echo „ p-iS- 354. tra le Minor ie
dell' Accademia di Berlino del 1760.
pubblicate nel l'jè'j.
(PI'PP) " Mélanges de Phil. & Ma-
tliém. de la Soc. de Turin „ Tomo
II. ( Lettre à il/. De la Grange &c.
pag. I. della seconda numerazione ).
(qqqq) Tomo IH. dell' Instituto Na-
zionale di Francia per la Classe Fisi-
ca e Matematica . — ,, BuUetin des
Sciences par la Societé Pliilomatiqus
( Num. 61. ) ( Num. I. ( III. ) 6. An-
nue , Tom. III. pag. 116. Sur la prò-'
pagation du Son { „ Physique „ ) .
4o6 Memoria sull' uso della Logistica ec.
gesserò al cimento di nuovi e più precisi riscontri , le due
ordinate estreme del Pantografo nostro logistico , in cambio
d'essere una doppia dell'alti a j deverebbero farsi della ^roj^or-
zione , che dai nuovi esperimenti venisse accertata per suo-
nare esattamente V ottava; e col disegnar allora una Loga-
ritmica fornita della sottangente che appartenesse al nuovo
Sistema , si conseguirebbero parimente tutte le altezze delle
canne intermedie battenti i suoni o esatti o temperati del
Gamma . Invito adunque i Fisici valorosi , non meno che ì
migliori orecchianti tra i Compositori di Musica a sciogliere
questo nodo ripetendo le due suddescritte Esperienze , ed
vinendovi l'altra interessantissima per gli Stromenti a corde ^
liportata da Sauveur sulT autorità del prenominato Mersen-
110 {rrrr) ( ma equivoca assai perchè supponeva i Gravi ca-
denti sulla Terra per lo spazio di soli la Piedi in i' ) (sss<)t
cioè, clie una corda di rame grossa — di Linea , lunga 17
Piedi di Parigi , e tenuta tesa da un peso di 8 antiche Lib-
bre Parigine faccia 8 vibrazioni, e lunga io coli' istessa ten-
sione ne compisca 16 in im minuto secondo di tempo.
Tornando adesso a parlare della Piattaforma logistica
convien sapere altresì, che non tanto le linguette {Biseaiix ,
Languettes d' Anches') e le orecchiette delle canne degli Or-
gani e le glottidi^ che arpeggiano nei Pegistri di Clarinetti,
Zampogno , ec. , e le sordine conducenti a render più debo-
le il suono , ma la grossezza eziandio delle lastre di metallo
componenti le stesse canne debbono essere in tutte le loro
parti e misure proporzionali direi f amente alle altezze e dia~
metri delle canne medesime , all' effetto di conseguire pie-
11 ez-
(rrrr) „ Méraoiies de l' Académie dcs
Sciences de Paris , 1701. ,, ( Système
general des intervalles des sons &c.
Scct. XII. pagg. 359-60 dell' Edizione
Parigina citata del 1719.
fssssj H armonicOTum Libri &c. Lib.
II. Prop. XXXIII. pag. 26. — -rilviS
Prop. 24- ?'''§• '^' (Edii. e. del i636..)
Di Pietro Ferroni . /07
riezza , chiarezza, e dilettazione di suono. Le larghezze del-
le Trafile perciò , onde prejiarare della dovuta grossezza
le lastre metalliche, e tutte le dimensioni degli sjipaiati o
dei pezzi da inserir nelle canne perchè T aria si fenda quan-
do vi passa òa^ piedi- coni ci ossia porta-vento , o si moduli
ad opportunità nei Regiytri ( Tuyaux à anch'US ) , ottengon-
si coir istesso unico mezzo dell' Istrumento predetto; un ac-
corgimento del quale poteva ben ricavarsi dalla cuivatu-
ra quasi logaritmica del Ponte o Equleo andante , sempli-
ce o doppio, su cui s'appoggiai! le corde dell' Arpa, della
Spinetta , del Clavicimbalo , e finalmente dell' Organicim-
balo .
Come i niimn-i e logaritmi sono segnati sopra le Bighe
o Scale Gunteriaiie , nun altramente la Piattaforma per gli
Orgrini potrebbe con facilità convertirsi in una specie di
Compasso-di-Prop irzione a nocella piana per uso degli Aite-
fici meno addestrati o ]>iii speditivi . Il Conte Francesco Ri-
gi di San Sepolcro in Etruiia ccslrui di legno di Bossolo
questo Compasso nel 1764. Ciascuna delle due gambe eia
lungi intorno ad uno e mezzo Pie di Parigi. Pareccliie linee
rette , tutte centrali , v' erano incise nelle due faccie , colle
d visioni armoniche corrispondenti a IV. Ottave^ compresivi
i punti dei semitoni cromatici . E finalmente portava in fron-
te scolpito il Titolo — Canon geom.etricus Organi PythauUcì
a
ad quintam diminutam — commatìs 81 ad 00 accomodatus ^ .
■ 1 .
Ei non sapeva , quell' abile fabbricatore e ristauratore d' Or-
gani consce iati specialmente alla Liturgìa ed Iniiologia, d'es?
sere stato di circa un Secolo e un terzo prevenuto da Gio-
vanni Beangrand co! suo Compasso geometrico-armonico-tem-
peiato [ttft] ; lo che non sia appreso sinistramente per dimi-
nuzione di gloria ; d' alti'onde sapendosi che al Lincèo Fio-
re n-
fc — _ »
(tttt) L. clt. Ilarm. Instr, Lib. I, Prop. XXXIr
4o8 Memoria sull' uso della Logistica ec.
reritino non vieii negato 1' onore della scopetta dell' eguale
veloaità di tutti i Gravi cadenti nel vuoto , comunque di-
versi di massa, perchè a testimonianza di Lucrezio l'avesse
annunziata intorno XVlll. Secoli avanti di lui il M saliti òpo
d' Abdeia [nuiat) . Ma dalla Copia da me posseduta o uro
Scritto del Rigi , che si dice dettato di prop'-ia bocca a suo
Figlio Niccolò nel a5. d' Aprile 1773 , come ancora da certi
sbozzi d' alcuni suoi Calcoli aritmetico-algebraici , chiaro ap-
parisce che nell' esposto delle Proposizioni Fisico-armoniche
e nel modo oscurissimo e qualche volta erroneo d' esprimerle
analiticamente, rassomigliavasi molto all' immoitale Violinista
Giuseppe Tartini . Corre poi lama , che chiamato a correg-
gere i mancamenti sopravvenuti per V ingiuria del tempo al
rinomatissimo Orrano della Chiesa dell'Osservanza sul Monte
dell' Alvernia nel Casentino (cui davasi il primo vanto di ce-
lebrità ed eccellenza in Toscana dopo dell'Oreano della Con-
ventuale di Santo Stefano in Pisa, ed estimavasi superiore al
due non meno famosi della Metropolitana di Firenze e del
Tempio parimente Fiorentino di Santa Croce) ne menomasse
piuttosto il pregio, e snervasse il concerto antico vaghissimo
di risuonanza mirabile e ddettosa armonia .
Concludo , che se nelle Scienze Fisico-matematiche sali
la Cicloide ad altissimo grido in virtù delle rare affezioni ,
che la distinguono , non meno apprezzabile tra le Curve , e
massimamente trascendenti , sia- la Logistica . Essa serve di
Scala delle potenze nei Vetti ; regola le densità degli strati
dell' Atmosfera terrestre e segna la leg^e d(^dle altezze baro-
metriche a varie distanze dal centro del nostro Pianeta ;
somministra 1' altra Scala de' tempi e della dilatazione e con-
trazione de' corpi mercè della quantità dell' influsio ed efflus-
so del calorico^ non meno che la Scala del calore acquisito ,
per-
(uuunj De rerum natura, \Aì. \. yy. 336-35g., Lib. II. vv. i38-i4i-j ^''i'- V-
TV. aOi. e seg".
Di Pietro Febroni . ^oq
perduto, e residuo sensìbile ne" Termometri o di Reaumur o di
Farenheit o centigradi [vvvv) ; conduce alla costruziuiie fa<ile
della Catenaria ed altre Curve alla medesima affini , egualmen-
te che alle Mappe ridotte pe '1 Pilotaggio [xxxx) ; a])presen-
ta il Piano pesante ed il Solido iniinitamente-lungo dotati in
tutte le loro sezioni d' egual resistenza sporgendo fuori d' una
parete e situati anche a piombo (jyyy) ; ed ora determi-
na un metodo grafico , preciso ed agevole onde gli Artefici
d' Istrumenti da fiato , ossia a vento ed a mantice , pongan-
si subito in grado d' intavolare , senza bisogno di tentativi
imperfetti e spesso fallaci , il Diagramma armonico degli Or-
gani pneumatici e delle Macchine Musicali congeneri .
Tomo XL
Fff
ME-
(vvvv) Joannìs Hcnrìcì Lamherti
Tenlamcn ile vi caloris , qua corpora
dilalat , ejusque dimensione . Voi. II.
Actorum Helveticorum &c. Basilcae
1755. alle pag. I7it-a4».
(xxxx) Giovanni P«rkg nelle Philo-
sophìeal Transactionss: Londra, 1715.
(yyyy) Acta Eruditorum Lipsiat
&c. 1684. (G. G. L.), e di più Ope-
ra omnia Jacoì/l BernouUi nel I. Ve-
lurae .
4io
MEMORIA .
Di Francesco Pezzi
Sopra la legge di trasformazione di una Frazione continua
indefinita qualunque in una Frazione volgare ; e sopra
la più semplice risoluzione delle equazioni indeterminate
del primo grado •
Ricevuta il dì 26 del 1804.
l5 i conosce la legge di composizione delle diverse Frazioni
volgari eguali a Frazioni continue , aventi successivamente
un denominatore di più ; ma lo sviluppo attuale de' termini
di queste Frazioni, non è ancora stato dato da' Geometri ,
a mia cognizione ; nientemeno parrai che tale punto di Al-
gebra, meriti di essere perfezionato e per il vantaggio che
può recarle , e perch' esso sì presenta da principio complica-
tissimo , e poi si scioglie in una serie indefinita di Fattori di
forma singolare , i quali si riproducono uniformemente da per
se , dopo la metà del loro numero ; questa dottrina mi ha
richiamato a memoria quella delle equazioni indeterminate del
primo grado, cui essa serve di base, e la cui risoluzione ho
espressa in Formole algebraiche più definite e più semplici
delle sin qui note in tale materia 5 e che anzi credo essere
le p'ù semplici possibili .
I. Fra le Frazioni continue scelgo quelle solamente che
sono in uso nel vasto dominio dell'Algebra, i cui numerato-
ri sono eguali all' unità ; sia perciò — 1' espressione volgare
di
Di Francesco Pezzi . 4 ' ^
di lina Frazione continua , maggiore dell' unità, rappresenta-
ta come segue .
A I
M ( re -+- I )
jN ( /i + I )
aò
(0
In cui n -\- I esprime il numero qualunque de' quoti
a, ai , aa, «3, &c. Da questa formola derivano le seguen-
A ,
ti Frazioni convergenti verso il valore di -rr^ *^ prima del-
le quali non si pone ad altro oggetto che per meglio indicar-
ne la legge .
I _ Mg
o ~ No'
a Mi
T~ WT
I _ Ma
ai IN2,
I . M3
^ + ai+l=m
a%
a -\
M5
^N5
^^-T> I
«0 _i__
+
a^
&c.
La legge di composizione delle Frazioni volgari precedenti ,
nota a' Geometri , è la seguente
F f f a Sia-
4i2 Memoria
M(ra— i) M(rt) M(«-hi)
Siano -r;: , ■TTr-. , isr, : tre Frazioni consecuti-
N(/i— I) ^{n) N(7z+0
ve qualunque , ed a{ii) iu conseguenza il denominatole ultl-
M(/z-4-i)
mo della Frazione continua = — , si ha
M(«+i)
JM(«4-i) = «(«)M(?j) + M(/i— i) j ,v
]S(/z+i) =a(/i)N(«) 4- N(?z— i) \ ^'
a. Osservo di passaggio , che in virtìi della notazione
precedente si dimostreranno rapidamente tutte le note pro-
prietà delle Frazioni continue .
3. A maggior comodo degli usi particolari che possono
aver luogo nelle varie ricerche dell'Algebra, distinguerò i due
casi ove V espressione — è maggiore e minore dell' unità .
Sia essa in primo luogo minore , si avrà
« = o , Mo =. I
Mi = o
Ma = I
M3 = «a
M4 = cSaa-fi
M5 = G4{a3rt2M~i) -^ a%
1 i
M6 = <25(a4(^3ca+i) + <22) -f-a3tìs2H-i
I a ai
M7=a6 (a5(a4(a3aa+i)-l-fla)-l-a3fla+i)4-fi4(^3tì!a+i) + «a
1 a 3 3 a i
M8 = «7(a6(c5(a4(a3ca-f-i)-|-fl2)-4-c3«a-{-i)-i-c4('23<2aH- i)
j a 3 4 43 a
^-tìa)+a5{a4(rt3aa+i)+fla)-|-fl3(7a + i
I
&c.
Ed in generale
* M(«+-i)
Dr Francesco Pezzi. 4'^
M{n-{-i)=:a{n)M{n)-\-'M{u-i) = a(f/){a{n — i){a{n—2.){a{n— 3)
I a 3
( . . .(«4 («3fi2-t- i)4-fl2)4-a3aa4- j) H- «41'^^^^ + i) + «2)
4..-/Ì-4 "~3 '^ — ^ «—4 n—S n^-6
n—m n — {m-\-i) n — (/w-t-a)
4- fl5(«4{^^'*^+')+"0+'^^"^'^0 "^
«-7
re — (/;z+3)
a6(fi5(a4(«3a2+ 1) +«a)+fl3tì[a4-i)+a4(«3aa+ 1) + «2) 4- .... +
71—8
re — (mH-4)
a(«— 3)(a(— 4)(. .. a4 (a3a2+ i) + . . . ) H- M(«+i) (3)
I
n — {il — i)
La Forinola (3) è quinrli il valore del numeratore della
frazione volgare ^,, ^, , eguale ad una l' razione continua
° N(/i-+-i)
qualunque data , minore dell' unità , cioè di
M(rtH-i) I
^ ' «a H — 5 -4- .
ai
a.n)
4- Or egli è necessario di scopr're la legge di composi-
zione delle Formole' (3) ; perciò ne' valori particolari M5 p
M6 , M7 , &c. , come nel generale M(«-f i) , ho numerato
le parentesi in modo , the i stessi numeri segnino le cor-
rispondenti -, così nel valore di M8 per es. le parentesi ( )
4 4
chiudono la quantità eh' è moltiplinata ppr lo stesso Fattore
c4 5 cioè a4-{a^n2 + i) ; le parentesi ( ) chiudono la quantità
l ch'è moltiplicata per Io stesso fattore aS, cioè fl5(tì!4(<z3aaH-i)
3 4 4
-f- « 2) i con tale mezzo si hanno in questi prodotti due se-
^ ne
4i4 Memoria
rie di parentesi , segnate da due serie di numeri, l'una ascen-
dente , r altra discendente, nelle quali i numeri estreiiii , e
gli equidistanti dalli estremi sono eguali , e tenendo sempre
a memoria che la notazione di tutti li M, è sempre M(/i-)-i),
si vede die il numero de^ termini di ciascuna serie è n — 3 ;
perciò il numero totale di simili parentesi è a/z — 6 .
5. Egli è facile di formare in virtù de' valori del n." 3,
quello di M(«+i) , qualunque sia n\ si comincierà dallo scri-
vere la prima parte di M(/z-|-i) , cioè il valore di a[iì)W(n) ,
e perciò si porrà la seguente serie di fattori monomj , meno
r ultimo eh' è binomiale , e che occupa il posto di mezzo ,
a{n)(a[a — i)('^(/i — 3)(a(/j — 5)( .... {a^{ «3fi2,-+-i)
1^4 5...n — ^ n—3 fi — 3
separati da n — 3 parentesi , di cui quella eh' è preceduta da
«4 5 è r ultima ; or fa d' uopo di trovare le quantità che so-
no moltiplicate da ciascuno di questi fattori , e che sono
chiuse in conseguenza da altre 7i — 3 parentesi, delle quali
quantità una è la a5a-2-{-i .
Si vede che la quantità che segue la fi — 3"" parentesi a
destra , principiante la serie discendente , e eh' è chiusa
da ) è an ■■, in guisa che si ha
n-4
a[n)[a{ii — ì){a[n—2)[....{ a\[aZa2.-\-i)^a2.) ;
1 a n-/[ n — 3 7i — 3 n — 4
al di là di questa ji — 4"^ parentesi ritornano secondo una leg-
ge costante le quantità che principiano nella serie ascenden-
te delle parentesi ; ed ecco tale legge in generale .
6. La n — mH"" parentesi della serie discendente è seguita'
ta dalla quantità che principia immediatamente dopo la
n — /JZ-T-i""" parentesi della serie ascendente^ e che finisce alla
parentesi antecedente a quella in quistìone , la quale è per-
ciò segnata collo stesso numero n — w, -4- i ; i valori di m es-
sendo successivamente m = 5,6,7,.../i — ii,n — i •
7. Con questa regola si può trovare una qualunque di
que-
Di Frawcesco Pezzi . , ^iS
queste quantità , indipendentemente dalle precedenti, in fatti
la quantità che segue la n—iri" parentesi è
a[>n — i)(«(w — 2)( ... (a4('''3a2,-h])-hfla) + ... )
n — (m-f-i)
Quindi per aver il valore totale di <2(/z)M(«), a cominciare
da //z = 5 , dopo la parentesi ) , non si hanno che a scrivere
n — 5
n—d di queste quantità, chiudendole con un egual numero
di parentesi .
8. Ma non s' incontrerà alcuna difficoltà nello scrivere
di spguifo tutto il valore di a{ji)ÌA{iL) ; perchè quando si sa-
rà pervenuto alla parentesi ), non si avrà che a retrograda-
re successivamente nella serie ascendente j, prendendovi l'una
dopo 1' altra le quantità che vi piincipiano cioè , «3^2+1 ,
c4(«3aaH-i) + a2,jfl5((x4( ^tc. , a 6 ( a 5 ( ^4 5 ( ^*^* ? '^
quali sono chiuse rispettivamente dalla parentesi che nella
serie discendente precede quella , sotto cui si pone la quan-
tità in qnistione •
g. Il valore di ?J ( /z — i ) è contenuto fra le parente-
si { ) del valore di «(/2)M (« ) , e quello essendo giunto a
a il — {a — a)
questo, darà il valore cercato di ìsl[ti-\-\) .
IO. Ora per determinare N(ra-+-i) osservo , che la quantità
tty nulla influendo nel denominatore della Frazione continua
a -\ ridotta ad una Frazione comune , il valore che
«1 -+-etc.
troverò per N {^n-\- i ) varrà egnahnente per il denominatore
della Frazione comune rappresentante la continua maggiore
o minore dell' unità . Dalla lormola (i) si deduce
Ni = i
Ki = tì!l
N3 = a2ai4-i
K4 = «3 {a^ai-\-\)-\-ax
I I
N5 =
4i6 Memoria
1 a a I
N6 = aS{aj^{a3{a2.ai-\-j) +ai)-{-a2.ai + ì)-]-ao{a2.ai-\'i)-{'ai
1 a 3 3 a i
'NY=a6{a5{a^{a3{a2ai-\-i)-+-aì)-ha2.ai-^i)-{-aS{a2.ai-{-i)+aì)
ia34 4 ^ ^ ^
n-—i n — a aì— 3 n — 4
n — m n — {m-\-i)
-4- «4 ( fl3 ( aiai -f i ) -\- ai ) -\- a'± a\ -\- i
E in generale
N{>i+i) - a[n)^[n)-k--^[ii-\)-a[n){a{n-\)[a[n-l){ ... (fl3(aaaH- 1)
I a 3..re-3 n--x «-a
4-fli)4-aafliH-i)4-(z3(fla(zi + i) +-ai) +<74('^3(aaai + ])4-«i) -H
7Z — 3 /z — 4 ' '^ — 5
n—m n—{ììi-\-\) n — (/«4-a)
a^a\-\-\)-\- a'ó{aàf[ai{a'±a\-\-i)-\- ai) -+- aaai4-i)+a3(aaai + i)
«—6
n — {m+3)
+ ai ) + ...+ «(«— 3) (a (« — 4) (...)+N(/z—i) (4)
re — 7 I
« {!7l 4-4) '^ ('^ ~" 0
II. Il valore di N(«+i) è composto in un modo del
tutto simile a quello (3) di M {n -{- i) ; per formarlo basta
scrivere il prodotto
a{ji){a{fi — i){a[a—3){...{a3{a2.aì + \)-\-aì)-ha2ai-\-i) ^
I a 3 n-3ìi-CL n-2. n — 3 n — 4
al di là della n — 3"" parentesi ritornano costantemente le
quantità che principiano nella serie ascendente delle paren-
tesi ; onde vale anche qui la regola del n.° 6 , i valori di m
essendo in questo caso successivamente a^=4 , 5, 6,...«~a,
n — I ; perciò la quantità che segue la ii — m'"' parentesi ò
a[m — i)[a{tn—!ì){a[m — 3)( ..... tì3(a3fli-f-i) H-«i) + ....) ,
Ti-{m-¥ì)
e dopo la parentesi ) vi sono^ principiando da ;« = 4 ^
«—4
»-5
f
Di Francksco Pezzi. Air
fi — 5 quantità da scrivere j chiuse con un eguale numero di
parentesi .
li. Quindi per formare di seguito con estrema facilità
il valore di a{ìi} N(«) , giunto che si sarà alla parentesi ) ,
re - 4
basterà retrogradare scrivendo successivamente le quantità
fl3(tì2,fliH-j)-ì-ai j 04 (^3 ( etc. , che principiano nella serie
ascendente, e clie terminano nella discendente alla parentesi
precedente qutlla sotto cui si pone la quantità in quistione .
i3. Il valore di N(« — i) è contenuto Ira le parentesi
( ) del prodotto tì(7i)N(«), e giunto con questo fornirà il
a n-[n--2)
valore di N(«+i) .
i4- La sesta somiglianza di composizione si scoprirà nel
numeratore M(«4-i) della Frazione ^j^y quando essa sarà
eguale ad una Frazione continua maggiore dell' unità , come
è r espressione generale del n.° i ; in fatti si avrà
Mi =a
Mi = aia-hi
II
M4 = fl3(aa(<2i(2-|-i) + fl)H-flia+i
I a a I
M5=a4(«3 {a2.{aia+i )+a) +aia + i) 4-aa(«ra + i )-{-a
I a 3 3 a i
M6 = aS{a<^{a3 (aa {aia-i-i)-r-a)-}-aia-i-i)+a2{aia-\-i)+a)-+'
ia34 4^ ^ '
fl3 ( «a { a I <a -+- I ) 4- a ) + ai a -h I
MY — a6{a5{a4iaB(at{aia~\-i)-\-a)-{-aia-\-i ) -\~
ia34^ ^4 3
n—i TI — I 7i— a 7Z-3
n — m «-(/•« 4-1)
a2(aia+i) + a)4-fl3 (aa {aia-\-\) + «) -h aia-f- J )
2 I
7Z— 4 ni{ll 1)
n — [ìn-\ a)
Tomo XI. G g g H- «4
^j8 Memoria
&c.
E in generale
M{n-i- i ) = a{ri){n{/i— i) (••••( a 2.(aia-\-ì)-lra) -\- aia-ir ì) H-
I n-.ii-a. n-i n-i n-ù. n-3
n-7n [n~in-\- 1 )
ao. [aia + i)4-fi)4- «3 (<32(flia+i) + «)-+-«!«+ i)H-
n — (w-l-i) 7Z— (ra+3)
re — 6
» -(w-i-4)
«{^— 3)(«{^-4)( ) -1- M(^z— i) (5)
Ti— (/i 1)
i5. Onde per aver subito il valore di a{n)M{n) , pongasi
il prodotto
a{n)[a{ri — \)[a[n—2.){ ... {a2{aìa-^ì)+a)-\-aia+i)
I a 3..7Ì-2 7i— I il — I «—2, 71-3
n-ni il — (/re-(-i)
Al di là di questa n — a"" parentesi ritornano uniformemen-
te, come qui avanti , le quantità clie principiano nella serie
ascendente delle parentesi : onde vale ancora in questo caso
la regola del n.° 6, essendo qui m successivamente = a , 3,
4 , .... « — I •
i6. Perciò si formerà con somma facilità il valore di
(«)M(//) scrivendo la serie de' fattori qui sopra sino alla pa-
rentesi ) , dopo la quale si scriveranno le quantità , che nel-
n — a
la serie ascendente così cominciano , partendo dalla media ,
aia-\-\ , fla(aia-f- ì) -\- a , g3 ( «a { &c, , n^[a^ { &c. , e che
terminano alla parentesi precedente quella sotto cui si scrive
la quantità in quistione .
17. Il valor di ìs\[n~i) è compreso fra le parentesi ( )
r. n-{'j-2.)
'■ • del
Di Francesco Pezzi. 4 '9
del prodotto a{n)M{n) ; giungendolo a questo si avrà il valore
cercato di M{n-^i) .
i8. Ora ristringendo in poche parole, quanto ho sin
qui esposto , onde formar si possano col libero moto della
. . A .
penna i valori generali di M(raH-i) ne' casi di -j? maggiore e
minore dell' unità , e del denominatore comune a questi due
casi 5 dico , che basterà di scrivere a tale obbietto le quanti-
tà che occupano il sito di mezzo ne' mentovati valori , ag-
giungendovi quella che le segue , cioè
A . . )
Se jT > I , si scriverà {a a-\-ì) + a) i
n—i n — I «-a ( per i valori di
A { M{n-\-i)
Se -jS < I , ( a3«a -h i ) + «a ) (
n — 3 n—3 n-/j. )
E per il valore di N(/i+i ) , . . . (aaai + i) +- ai)
7i— a n — a 7z-3
Facendo precedere queste quantità medie da destra a sini-
stra , rispettivamente da
a{n) ( a{n — i) (....{ a3 ( aa
I a Ji-3 Ai-a
a{n) ( a{n — i) (....( «5 ( <74
I ■ a n-S «-4
a{>t) ( a[n — i) (....( «4 i^^
I a n-4 n-3
Continuandole poi da sinistra a destra, scrivendovi snccessiva-
TTiente dopo le parentesi /i-a, ovvero n-4, ovvero «—3 le quan-
tità terminate alia parentesi antecedente, e principianti nella
serie ascendente sotto la parentesi segnata dallo stesso nume-
ro che affetta l'antecedente or mentovata , conformemente alla
regola del n." 6 ; i valori di M(« — i), e N(/i— r) saranno con-
tenuti fra le parentesi ( ) d-' valori di a{fi) M{n) , a{ri)N{n) .
a 7i-(/i-a)
19. Parlerò ora brevemente delle equazioni indeterminate
Ggg a del
4^0 Memoria
del primo grado ; la loro risoluzione dipende dal teorema se-
guente
Dato un rotto irriducìbile —• , si può sempre trovare un
moltiplicatore M («) , che renda BM(/?) , multiplo di A col
resto ± I .
Il quale non è che un corollario della nota proprietà di
due frazioni qualunque consecutive , convergenti verso il va-
j. A ., . ^ . . ,. M(^)
loro di — sviluppato in trazione continua : per es. di :j— r— ,
M(«-i-i)
Cw : le quali danno generalmente
N(«)M(/i+i) — M(«)N(/i+i) = ± I
qualunque sia il numero intiero m ; H- ovvero — , secondo che il
numero de' quoti a , ai , . . . . a[n) della frazione continua
1 ^%+0 > . ,. . . ;
eguale a —- • e pan ovvero dispari , cioè
JN{/z-t-i) '■
N(/7)M(/i^-i)-.M(H)N(rt-4-i) = — (—1)" (6)
Se di passaggio si volesse dimostrare 1' equazione (6) ,
col mezzo delia presente notazione, si potrebbe ragionare co-
sì ; per il calcolo delle derivazioni , la cui forza ha luogo in
questo caso, attesa la legge costante di composizione de' va-
lori qualunque M('^) , ]Sf(«) , contenuta nelle equazioni (a) ,
provala tale equazione per due valori qualunque di n , cor-
rispondenti al doppio segno ± , essa rimarrà provata gene-
ralmente .
Pongansì quindi per n i due più semplici valori possibi-
li j relativi al doppio segno , cioè sia n =o, e « = i , si avrà
MoMi _ MoNi =— I
Ni Ma — Mi Ni = i
E sostituendo in queste espressioni i valo-i di Ne , Mo,
Ni, Ni, &c. dati ne' numeri ( i, io e 14)11 esse diverranno
o.fl — 1.1=; — I
i{aai-^i)
Di Francesco Pej^zi . 4^1
i(aaH-i) — aa\ = i
ao. ilitornaiido al teorema qwì sopra enunciato , egli è
chiaro , che se nella notazione de' termini della frazione
— , si dà a re il più grande valore possihile , tale fia-
zione , comprendente allora l'ultimo denominatore a{^ì) , ( n.
IO, e \é^, è eguale alla data --^ \ perciò A = M(/i-|- i)^
B = N(aì+i), e così si dimostrerà atiche qui di passaggio con
somma facihtà il mentovato teorema, sostituendo nelT equa-
zione (6) a M(/i+i) , N(«~f-i) i loro valori A e B, e quindi
si avrà
N(„)A_M(.7)B = — (— i)"
•. M(//)B (-0"
d' onde -U- = N(«) + ^-—L (^)
ài. Sia di presente
axz^by — e (H)
r equazione proposta indeterminata del primo grado; essendo
a e b primi fra di loro \ non essendo tah , e e non avendo
comune con essi lo stesso divisore , la proposta è evidente-
mente irrisolubile .
Sia X r indeterminata che ha il maggiore coefficiente
cioè sia a'>b \ si ha
e ± hy
X -.=.
a
c±by cn':) ^ bM{n)y _ cM(;z) (^i)>
^ . ,, 1- cM{'/)±(-i)>
Ora si sarebbe tentato dì porre — = ad un
a
numero qualunque intiero «? , giacché egli sembra a prima
vista che tale espressione sia hi sola che in quella di x , la-
scie rehbe una quantità che da per se non sarebbe un nume-
ro intiero ; e in fatti , operando in questa guisa , si scioglie-
reb-
4^2, Memoria
rebbe la proposta ; ma il valore di / così ottenuto, e quincli
quello di x , non sarebbero generalmente i più semplici pos-
sibili ; e la ragione a priori n'e , che il moltiplicatore M(//), può
. cM{„)
rendere un numero Irazionano , cioè può essere
a a,
Allora M(//) = e' -] ± N(/z)r ± ^ .
Ora pongasi la sola e più semplice frazione , che incontrar si
e ZÌZ hy
possa nel valore di M(/?) — , = e, cioè facciasi
a'±(_,)>
= e
a
d' onde (—1)7 = «e ^i «'
e facendo in modo , che qualunque sia n , pari o dispari , y
resti sempre positivo , e raccogliendo ambi i casi in una so-
la espressione generale , si avrà
jy = «<?qi(— i)V;
sostituito tale valore in quello di x , ed avvertendo che in
virtù delle equazioni (7) e (io) , si ha
e— (— I ) V* = (— I )''«[Z-c'— cN(/z) ]
«i otterrà x — ±be^{—\)" [be' — cJN («) ]
aa. Quindi della proposta
ax Zf by =: e
ai ha la semplicissima soluzione
y = aez^{-iya' (11)
x = ±be-i- (—1)" [ be' — cN(«) ] (12) .
I termini della fraaione -■ ,. , , ch'è la penultima delle
H")
a
convergenti verso il valore di 7- , essendo noti per lo svilup-
po di — in frazione continua ^ ed i valori di a e di e' per
* ù
l'equazione (io) . a3.
Di t'KANCEsco Pezzi . 4^3
a3. Avanti di paragonare questa soluzione con quelle di
Eulero [fi) , Lagrans^e [lì) e le Gendie (r) , piglio un esempio,
cioè 1' equazione
56^ — 39/ = — II
trattata da Eulero e Lagrange ne' luoghi citati .
— I I -4- '^C)Y
Si ha X = — . c=56,^ = 39,c^ — 11. E
55
2,
« = 1 , ai = a, (22 = 3j«3 = 2 ; « = 4 ? M4= aS ; N4 = 16 .
cM(«) -II. a3 ao
-j-=— ^-=-4--,«=-a9,c' = -4.
Dunque le formole (11) e (la) danno
y = 56e + ag
X = 'di)e H- ao .
Eulero e Lagrange trovano
y =56e + a53
x=: 3()e -f- 176 .
Nella mia soluzione i più piccoli valori di .r e di y si trova-
no subito col supporre ad e il uiincire valore possibile, atto a
dare per x e per/, de' numeri iutieri e positivi, cioè fa-
cendo 6 = 0, la dove nelle soluzioni de' sonimi Geometri or
or mentovati, bisogna fare e = — 4» P*^^ avere i minori nu-
meri y — 2,() , x = 2.0 .
a4> Eulero scioglie le equazioni in qulstione , esaurendo
successivamente colla divisione continua i coefficienti a e b,
sinciiè il coefficiente di y airivi ad eguaaliare ì' unità; ed il
suo metodo tradotto , per mezzo della notitzione adottata pre-
cedentemente , in una espressione generale algebrica , condu-
ce alla soluzione seguente della proposta ax
(«; xllg. 1 om. 3.
(i) Alt iz. all' Alg. di Eulero . Tom. cit.
(e) Ejòai sur la tii éorie des nombre» J. ii.
4^4 Memoria
y ~ae-:^{—i)''cM{n) (i3)
X = 7Jiòe—{—iy cN {n) ( 1 4)
Onde i numeri cM{ri) , clS{n) essendo più grandi rispetti-
vamente de' numeri a' , cN(«) — be' , le soluzioni (ii) e {;2)
sono più semplici delle precedenti ; né si può temere che
cN(//) e be' abbiano Io stesso segno , poiché i segni di e e e'
sono i medesimi nell'equazione (io).
a5. Lagrange dà la risoluzione dell'equazione av — by
= e , in due modi diversi ; nel primo Egli fa vedere , che
se ne fosse nota mia sola soluzione , da questa se ne dedur-
rebbero tutte le altre possibili , e chiamando a e |3 i valori
qualunque particolari che soddisfanno alla proposta, dimostra
essere y = ae -{- (j
X ^ be -\- K
Egli è chiaro che questi valori non sono generalmente così
semplici come li (ii) e (12), appunto perchè lasciano ignoti
quelli di k e di |3, per la cui determinazione , il citato Geo-
metra prescrive de' limiti .
Nella seconda maniera, Egli fa dipendere la soluzione
della proposta dall' equazione ap — bq=.± 1 , ov' egli sup-
pone tacitamente b "> a ; ma avend' io supposto il contrario,
questa equazione tradotta ne' segni adottati , viene espressa
così oN(/?) — ^M(«) = — ( — i)" , ed il citato Geometra trova
yz^±qe , X = ± pc , cioè 7 = ± cM('') j x ^= ± c'N{n) , e
prendendo questi valori per ui e per /3, Egli ottiene da ultimo
y = ae±cM{ri)
x= be ± cN{/7) .
I quali valori litornano a quelli dell* Eulero , e a quelli
dati dal le Gendre nell' opera citata .
a6. Lagraììge avendo trovato per x e per y i valori
particolari ± cN('/) , ± cM{n) , ha dovuto ricorrere al suo
primo metodo , per ottenere , se non m' inganno , la soluzio-
ne generale; ora parmi di potere dimostrare a priori y che
que-
%
Di Feancesco Pezzi . 426
qiiest' ultima non si dà, senza che ne esista prima una par-
ticolare; ciò che forma lo scopo del seguente
Teorema . La soluzione generale dalle equazioni ìndetcr^
minate del primo grado , inchiude necessariamente una solu-
zione nota particolare , e questa è della generale il più sem-
plice caso particolare , non escludendone , se fia bisogno, i ri-
sultati negativi .
Perchè se nelle formole (11) e (12), facciasi e = o, si
avranno le soluzioni particolari j =; qi ( — i)V
c—(—i)"db
a; = — (-1)" (cN(/z) — be') = — ■ ' N.° ai
Cioè sostituiti questi valori nella proposta
ax -r^by ^=-0
si ha in conseguenza
e — (-i)"aZ'+(-])V^ = c.
27. Per i più piccoli valori di jy e di a; qui sopra rap-
portati , ho dovuto generalmente non escluderne i negativi \,
nientemeno si troverebbe in più casi , che le soluzioni in
quistione danno i più piccoli valori assoluti*, ma ne ometto
il dettaglio per terminare questa troppo lunga Memoria ,
V
Tomo XI. Hhh ME-
4^6
DELL' OBLIQUITÀ' DELL' ECLITTICA .
MEMORIA
Di Giuseppe Piazzi.
Ricevuta il dì ag del 1804.
O ebbene , in questi ultimi tempi principalmente , si sieno
studiati gli Astronomi di determinare colla più scrupolosa
esattezza la vera quantità dell' obliquità dell'Eclittica, ed
il suo annuo decremento; rimane tuttavia qualche incertez-
za ancora su 1' una e su 1' altro . Io non so se questa pos-
sa essere tolta, in parte almeno, dalle mie Osservazioni :
qnali però esse siano , ardisco presentarle alla Società no-
stra , accompagnate dai risultati clie ne ho dedotto.
Le mie osservazioni cominciano dal 1791 ; e come quel-
le degli anni 1791. 179^^- e 1798 son giù state pubblicate
neir opera della Specola Astronomica ec. , non darò che le
altre degli anni susseguenti , e di queste stesse le sole più
prossime ai Solstizj , e su le quali ho tessuti i miei calcoli .
Esse sono state Fatte collo Stromento o Cerchio medesimo ,
e nella guisa istessa delle prime , volgendo cioè alternativa-
mente le divisioni del Cerchio a Levante e a Ponente ; onde
avere per ogni osservazione l'errore particolare della linea
di collimazione che gli corrisponde : nel che principalmente
consiste il vantaggio del Cerchio sopra qualsisia miglior Qua-
drante .
s- «•
Di Giuseppe Piazzi .
4i7
Distanze del Sole dal Zenit nei Solstizj osservate iti
Palermo dall' anno 1794 all'anno i8o3 .
La lettera D ( diretto ) indica le osservazioni fatte colle
divisioni rivolte a Levante , e la lettera I ( inverso ) quelle
con le divisioni a Ponente . La semisomma di due consecu-
tive , ciascuna delle quali sia ridotta al Solstizio , dà la di-
stanza osservata dal medesimo . Il Barometro è in pollici In-
glesi , e li due termometri su la scala di Farenheit .
Anni , Mesi ,
e Giorni
1794 Giugn. i5
16
17
19
ao
aa
a3
Dicembre 18
20
a4
1790 Dicem. 16
17
ao
aa
ah
a5
1796 Giugn. 18
19
ao
ai
Baro-
Termometro 1
metro
Inter.
Ester.
a 9, 84
73,5
70,3
29,83
75,0
73,0
29,81
76,1
72,0
a9,67
76,2
77^5
29.72
75,2
71,5
29^77
11 -P
75,5
29,75
76,8
76,0
a9,79
544
57,5
a9,75
52,a
49^5
29,54
5 1,2
56,3
30,07
58,a
61,5
3o,oi
60,2
66,0
29,96
62,3
64.,o
3o,co
60,5
61,0
no. IO
58.5
60.^0
30jI2
58,3
59,5
29,92
57,8
58,7
3o,i I
74^7
72.6
3o^io
75,2
74,8
3o,04
76,5
75, a
29,86
76,5
76,3
Lembo
Inferiore
15° i'25'>
14 59 27 ,0
57 24 ,0
55 16 ,c
54 33 .,0
54 5a,7
55 23 ,c
61 46 55,5
49 3,7
47 24,0
61 42 09 ,5
44 48 .5
48 1,7
48 49.'
49 j5 ,0
48 3o ,7
46 12 ,f
00 0 1 ,0
5457 ,3
54 28 ,0
54 33 ,0
Hhh 2
Lembo
Superiore
i4<'29'43",7
27 46 j5
25 40 ,7
a3 38 ,5:
aa 48 ,5
. a3 1 1 ,2
a3 3
9,0
61 14 7,5
16 20 .0:
1441
,5
bi 9 59
jO
la 2
.5
i5 22
.3
16 6
^0
16 3a
,5
1549
,0
1334
'7
14 a3 4g
'7
a3 IO
.8
2246
,8
22 5o
,0
I
D
1
D
1
D
I
1
D
D
D
1
D
1
D
1
\)
D
J
D
1
Ì28
Dell' Obliquità' dell" Eclittica
Anni , Mesi ^
Baro-
Termometro
Lembo
Lembo
e Giorni
metro
Inter-
Ester.
Inferiore
Snpeiiore
lyoóGiugn. 2.2.
ag.go
77-.0
74.3
i4°55' 6",4:
i4''a3'ai",3:
D
23
29,94
75,0
71,5
55 57 ,8
24 la ,5
I
24
^9^94
74,a
72,5
5717 ,0
2 5 40 jO
D
Dicembre 18
29,9-
54,5
60,5
61 43 i ,c
61 i5 20 .5
19
29,78
58,5
62,5
48 3o ,3
1548,7
i)
21
29'77
57.5
59,5
49 H =1
16 53 ,0
aa
29,84
.57,0
61,0
48 35 ,3
i5 56 ,6
n
a3
29,78
58,o
6a,o
48 14 ,5:
i5 33. e:
a5
29,60
59,5
640
44 35 ,5
1 1 56 ,0
D
aò
29.49
62.7
69,5
42 45 5O :
IO 2 ,0;
a8
29,8:3
62,5
64c
3b II 5O
3 3i ,7
D
rygyGingn. i3
29 89
69,0
68,0
i5 6 34>o
14 34 52 ,0
4
29,91
70,5
68.0
3 0 ,0
3i 18 ,0
D
i5
a9,C|2
7^57
74 -.o
i 8 ,0
29 28 ,0
lÒ
29,91
74,9
8;3,o
14 58 32 ,0
aò 5 1 ,0
D
'7
29,92
.74^7
72. o
57 i5 ,5
25 32 .0
18
29,92
74v5
71,0
55 3o ,0
23 5o ,2
D
• 19
29,96
73.5
7^.5
55 IO ,3
20 a8 ,0
ai
29,84
80,5
76,0
54 8 ,0
22 3i ,7
D
aa
29.91
78,7
74.0
54 54 .5
23 19 ,3
a'I
29,90
79.4
81,0
55 34 ,0
a3 52 ,3
D
24
29,90
81,5
82,0
57 1 ,0
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D
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Dicembre 1 1
29„74
60,2
60.0
61 26 5o jO
60 54 16 ,0
12
29,60
60,0
63.5
3o 56 ,5
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D
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• • • • .
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D
i798Gingn. 17
29.90
78,5
82,0
14 57 i3 .0
1 4 2.5 45 .,0
D
Di Giuseppe Piazzi .
429
Anni , Mesi .
Baro-
Termometro
Lembo
Lembo
e Giorni
metro
Inter.
Ester.
Inferiore
Superiore
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79.0
78,0
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l4°24'20",5 I
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21
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^9.85
77=2
75,5
54 48 ,0
23 8,0 I
ab
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76,0
75,5
55 1 1 ,5
i
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39,98
75,5
72^0
56 39 ,0
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72,0
5749,0
26 1 3 ,0 {■
20
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28 22 ,0 J
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l4 30 22 ,0 I
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29,83
76 3
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14 59 23 ,5
27 45 ,0 1)
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75,9
73,7
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23
29 77
76.0
76,5
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23 20 ,3 0
24
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76,2
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56 i3 ,0
24 37 ..5 1
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29,83
7 7 -,3
78,0
57 23 ,0
25 47 jo 1)
26
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59 28 ,0
27 5a ,0 1
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29.84
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17
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18
29,92
73,3
70,5
56 20 ,0
24 43 -O ì'
19
29 8(j
73,0
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55 27 .0
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Dicembre i 7
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6r 44.38,0
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1801 Giugn. I-
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72,5
72,5
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18
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19
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55 36 ,5
23 57 .0 1
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54 .34 ,0
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21
29,80
70,0
73,2
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22 45 .0 1
a-i
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76,0
75,2
54 8,0
22 33 ,0 D
43o
DtLL
' Obliquata' dell* Eclittica
Auni , Mesi,
Baru-
Termometro |
L^'iiibo
Lembo
e Gioiiii
.uetro
Inter.
Ester.
Interiore
Superiore
ì8oi Giugn.2.3
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76.8
75.4
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.4°a3' 9",o
1
24
29,85
774
75,5
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a 3 49 ,0
D
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29,0.'
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39,89
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D
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18
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D
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I
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16 5o ,c
1
a3
29,97
60,0
bijO
49 9.5
16 3o ,5
D
5. a.
(») Nel Solstizio iemale del i8oa ,
per cagion del tempo , non potei fa-
re che questa sola osservazione : in
essa r errore della linea di collimazia-
ne cavato dalle Stelle è di — la'joS .
Di Giuseppe Piazzi •
43 1
S- a.
Obliquità dell' Fcl'tt'ica dedotta daVe mìe osservazioni
i:olsLÌzìali dal 1791 ul i8o3 .
Le osservazioni degli anni 1791-92-93 sì erano da me
calcolate supposta l'altezza del Polo 38" 6 44'- po-^teriori in-
dagini mi fecero conoscere che dovea farsi '6^° b' \S'\^ . Con
questa pertanto ho corrette le prime , e calcol ite le altre .
Ho fitto la Parallasse del Sole 8",5 ; la Nutazione 19" o, e
la rifrazione a 61° 33' dal Zenit i'45'j3. Nella tavola seguen-
te do i diversi risultati che si hanno dalle osservazioni di
ciascun anno , cosi estive come iemali . La prima colonna
contiene 1' obliquità apparente , la seconda la media , la ter-
za il numero delle osservazioni .
nnno
1791
2
3
4
5
6
7
■i
0
iRoo
S)lstizj
obliq. appar
aS-^fl/ So", 16
27. 5o ,82
27. 5-^ ,80
27. 55 ,07
27. 59 ,54
38. 3
,09
28. 4 ,58
28. 8 ,10
28. 8 ,75
^8.
4 '«'Ti
estivi
n.o di
oblir[. media
oss.
23".''27'59",'66
2-.59 , 71
aS. 2 , IO
v
5
5
27.57 , 97
27 58 , 21
7
IO
27.58 , 77
27.57 , 70
27-59 , 4is
27.59 , bo
9
7
6
8
27.56 j 20
9
Solstizj
ohliq. appar.
a3.»27'44",26
27.43 , 57
27.45 . 07
27.47 ^7
27 .52 , 17
27.53 , 26
27 54 , 34
27.58 , 8
27.56,41
jpmali
ohliq. media
ì3.'>27 53'' =64
27 5i , 77
27.51 , 26
27 5 1 , 00
27.52 , 46
27.50 , 33
27.45 , 14
27.50 , I
27.49 , 53
n.° di
oss.
2
8
3
7
8
8
' 3'
I
8
I
E percliè non restì a^run dubbio su la maniera come
dalle mie osservazioni si ricavi 1' errore della linea di colli-
rnazinne e l'obliquità, soggingnero qui I' intiero cabolo di
SoiStiz^o jemale del i8o3, a nomi» del quale sono stati fatti
gii altii tutti. Ni Ila quarta colonna chiamo temperatura ve-
ra (|'i-lli che è in beata dal CuMui-tro, e dalla seinisom.na
dei terni onictii csteiiore ed interiore .
Gior-
4aa
Dell' Obliquità' dell' EctiTTiox .
Giorni
Centro osser-
vato del Sole
ir
61. "3 'io", a.')
i3
ia.59 , 5o
16
aS.Sx , 5o
18
a8.5i , 7.5
'9
3o.a8 , 00
ao
3a. 5 , 00
aa
33.11 , 00
a3
3a.5o , 00
Riduzio-
Rid. alla
Centro
ne al Sol-
temp vera
ridotto al
stizio
e al a rif.
a 6i.°33'
Solstizio
-+-a9'48",i3
— 1" 48
61" 33'56",9o
U.O. 13 , OC
— a , 5o
33. q, 00
q. i5 , 61
-A ,56
33. a, 55
4.17, 83
— a ,91
33. 6, 67
2.3i , aS
— a ,91
Sa. 56, 3i
i.ia , 87
— 3 , 01
33. 14, 86
0. f , 00
— I , 57
33. 14,43
0. 7 , 59
— 1 , a6
Sa. 56, 33
Ce
ntro
Cor-
retto
61
" 33'
a'
,q5
33.
5
,7«
33.
4
7'
33.
I
,40
33.
5
58
33.
5
,38
Medio . . .
Rifrazione media .
Parallasse del Sole
Obliquità apparente
Nutazione . . .
61. 33. 4> 3i
1.45, So
7> 70
Obliquità media
61. 34.41 >9^
38. 6.45,50
aS.ay. 56 , 41
. — 6 , 88
33.47. 49 } ^^
§. 3.
Obliquità dell' Eclittica dedotta dalle osservazioni
di Qreenwich del Dottor Maskelyne
dalV anno 1790 al i799«
Le migliori osservazioni , per general consenso , riputate
essendo quelle del Dottor Maskelyne , di esse ho voluto si-
milmente giovarmi in questa mia Memoria : e ciò non solo
per conoscere qual peso dar possa al mio travaglio , ma ad
oggetto ancora di stabilire con piìi sicurezza la vera obliqui-
tà pel principio del secolo . Non ho jJOtuto estendere i miei
calcoli oltre 1' anno 17995 mancandomi le osservazioni po-
steriori di quel valentissimo Astronomo .
Ann.
Di Giuseppe Piazzi .
433
Solstizi
Anno
I790
I
2
3
i
6
7
OWiq. appar.
23<'27'5i",23
27. 47 , 54
27. 40 , 76
27. 47 , 55
27. 5o , i-:)
27. 49 . 12
27. 55 , 64
27. 55 , 70
8
9
27. 57 , II
28. 2 , 16
pstivi
OWiq. media
23'^ 27' 58"^ 73
27. 5ó , 56
27. 55 , 26
27. 56 , 44
27. 57 , 63
27. 54 , C2
27. 57 , 54
27. 54 , 45
27. 52 , 79
27. 55 , 28
oss.
4
2
3
Solstizi
Obliq. appar.
23° 27' 4^": 5o
27. 43 , IO
37. 45 , CA
27. 44 , 55
27. 45 , 96
27. 45 , 58
27. 47 ) ^3
27. Sa , 26
27. 59 , 27
27. .54 , 67
jpmall
n.od
OWiq. media
oss.
S" 27' 53", 88
3
27. Sa , 36
3
27. 54 , 38
2
27. 52 , i5
4
27. 53 , 23
2.7. 49 , 00
3
27. 47 . 54
3
27. 49 , 33
27. 53 , 56
3
3
27. 46 , 3o
4
S-4-
Della clijjeren::a tra le due Obliquità die si hanno
dai Solstizj estivi e jeniali .
L'obliquità che risulta dalle mie osservazioni de' solstizj
estivi è costantemente maggiore di quella che danno le os-
servazioni dei solstizj jemali . Lo stesso si vede nel paragra-
fo precedente j in cui son riportati i risultati dei solstizj di
Greenwich . I celebri Slop a Pisa , Chiminello a Padova ,
Mécliain e la Lande Nipote a Parigi han similmente trova-
to la medesima cosa . Egli si è pensato dal cliiar. de la Lan-
de , che ciò provenga dalla rifrazione Bradlejana , di cui ge-
neralmente sogliono valersi gli Astronomi nella riduzione del-
le loro osservazioni ; la quale , come giudica quel grande
Astronomo , è un poco troppo picciola .
Che le rifrazioni del Bradley sieno alquanto inesatte sì
è detto da molti : uè può negarsi che nello stabilire la for-
inola da cui esse dipendono , abbia egli forse avuta in mag-
gior considerazione la semplicità ed eleganza, che il rigore
della medesima , in quanto si ricava dall' eguale aumento di
densità nei diversi strati di aria dal Zenit sino a 80.° dallo
stesso . Ma considerate ancora senza alcun riguardo alla for-
inola , pajono veramente un pò minori di quanto esser do-
vrebbero, supposta l'altezza del Barometro, e grado del Ter-
mometro secondo cui sono calcolate . La qual cosa , se vo-
Tomo XI.
1 1
glia-
434 Dx^ll' ObliqUìTa' dell' Eclittica.
gliasi accorciare qualche peso alle mie licerclie su qnesto
punto , si rende assai chiara . Dopo aver stabilite le rifra-
zioni per quest' osservatorio ( Lib. V. par. IV. della Specola
Astron. ) per mezzo degli Azimut e distanze dal zenit di di-
verse stelle a ho voluto ultimamente esaminare e ritessere ì
miei primi calcoli. Nel che fare mi sono avveduto che quel-
le domandavano qualche picciola correzione , e per avere im-
piagate osservazioni dipendenti da stelle , che quasi radeva-
no le montagne, che giacciono a Settentrione e Mezzodì dell'
osservatorio, e nelle quali in conseguenza potea benissimo
accadere che alla rifrazione astronomica fosse congiunta la
terrestre-; e perchè dai metodi così degli angoli orar] come
dagli Azimut , non si può sperare molta precisione. Mi sono
quindi ristretto alle sole stelle circompclari , le di cui di-
stanze dal zenit non fossero ma£j2,Iori di 80.°, e da molte os-
servazioni di esse ne ho conchiuso per mezzo della nota for-
inola del Sinipson ( Vedi la Lande , Astronomie . Liv. XII.
5- aaii. ) i valori di vi ed n . Ho trovato tu =o,gg8263() ,
?i = 6, 25781 5 ed avendoli in varie guise esaminati e discus-
si , mi sono questi sembrati i più opportuni all'uopo . Le ri-
frazioni pertanto che risultano da questi valori , siccome le
altre da me prima stabilite , tutte generalmente sono un po-
co maggiori delle Bradlejane , quando per V opposto dovreb-
bero esser minori, se è vero che- esse diminuiscono dal Polo
all'Equatore, come pare non si possa dubitarne. A 74° 5o'
dal Zenit j che per Greenwich è la distanza del Sole nel
Solstizio d'inve'rnOj si ha 3'.a8".6o, e supposto, per dir po-
co, o, o3 di aumento per la differenza in Latitudine tra Pa-
lermo e Greenwich , sarebbe la rifrazione per quella Specola
a y4° ^^' ^^' zenit 3'.34"-95 , maggiore di 7", 12 di quella
che si dà dal Maskelyne per la stessa distaiiza .
Tutto ciò parrebbe quindi che fosse per appoggiare 1' o-
piniotie del celebre de la Lande, e tanto maggiormente , che
preso il medio delle differenze tra li dieci solstizj estivi' e
li corrispondenti jemali da me calcolati , esso differisce di ben
pò-
Di Giuseppe Piazzi . 4^5
poco da quanto secondo me si dovrebLero aumentare le ri-
frazioni del Bradley . Ma ciò , a creder mio , è piìx tosto un
puro caso , che una conseguenza della picciolezza delle rifra-
zioni suddette ; poiché , preso un numero minore di con-
fronti, la compensazione non ha piìi luogo: oltrecthè a mol-
ti altri solstizj osservati in altre Specole non può affatto
adattarsi sì fatta correzione. I miei certamente non si posso-
no per tal mezzo in alcun modo ravvicinare ; e sebbene tra
i diversi valori di rn ed n , che si hanno dalle moltipiici mie
osservazioni a 60. ° 8^° e 86.' dal zenit, se ne incontrino
due , cioè Ti = I o , ed m =: o j 997 1 7 , i quali a 6 1 .° 3o.' dan-
no 1.47? "è sì f^tti valori, quantunque commodissimi ^r
calcolare le rifrazioni prossimamente, son confermati da al-
tri confronti , né possono servire oltre li 86." , né in fine
bastano a togliere la differenza che trovasi tra le due obli-
quità .
Non veggo per tanto come per mezzo della rifrazione ,
in quanto la sua correzione o riduzione di media in vera
non si fa dipendere che dallo stato dell' Atmusft-ra indicato
dall'altezza del Barometro, e grado del Termometro, si pos-
sa render ragione della differenza in questione . La medesi-
ma pare che assolutamente dipenda da ima causa , che non
influisce sensibilmente né sul Barometro nò sul Termometro,
e la quale non è né costante né regolare . In alcuni anni
così nella tavola dei miei solstizj , come in quella del Mas-
l<elyne la differenza è picciolissima tra gli estivi e gli jema-
li ; in altri giugne nei miei sino a l4" » ed in JMiskelyue a
io" . Similmente dal Solstizio di un anno a quello dell'anno
seguente si trovano talora dei salti , che non si possono as-
solutamente ascrivere ad errore su le rifrazioni medie , né
alla correzione indicata dal Barometro e Termometro. Que-
sti stessi salti si trovano nelle osservazioni di un medesimo
solstizio, come nelle mie del 1797» in cui la difft^renza
est 1 e ma è di 5" , cosà che mai non si vede nei soltizj esti-
vi . Né ciò si osserva nelli soli solstizj di Palermo e Greeii-
I i i a vticli.
4^6 Dell' Obliquità' dell' Ecì. ittica
•wich . In quelli osservati da Méchain , e paragonati cogli al-
tri osservati da Ja Lande Nipote, vi sono parimenti dei
salti . Io non ne ho degli altri da paragonarne insieme , ma
non dubito che Intti debbano pii^i o meno essere sogget-
ti alle stesse ineguaglianze . E come neh' ultimo decennio
del secolo passato si sono generalmente trovati i solstiz] esti-
vi maggioii degli jemali , in altri tempi forse si troveranno
nìir.ori , come minori furono osservati in Parigi negli anni
1782,, 83 j e 84 dall' illustre Presidente della nostra Socie-
tà j e minori ancora in Verona, negli anni 1787, 88, e 8g.
Il medio dei due solstizj che Egli osservò in Parigi è mino-
re di 5 ', 6 , ed il medio dei tre osservati in Verona è mino-
re di 9". ( Vedi Memorie della Società Italiana T. V. ) . Nei
solstizj di Greenwicii del 1 783 ^ il solstizio di estate è rnino-
re di quello d' inverno di 3", 4 0 secondo i calcoli di Ger-
stner riportati dal Barone di Zach nell'introduzione alle sue
Tavola Solari pag. 53. Niente di meno la cagione di tale
ineguaglianza non dee cercarsi altrove che nel!' atmosfera .
In essa , a parer mio , in dati tempi più che in altri , e
s' introducono ^ e si svolgono delle sostanze , le quali senza
punto alterare il peso e calore della medesima , ne alterano
però assai sensibilmente le rifrazioni • Di si fatte cagioni
se ne possono accennare diverse , ma l'elettricità mi pare la
sola , che meriti di essere in particolar modo considerata ,
come qitella da cui possa realmente dipendere l'inegujiglian-
za di cui si tratta . Sono venuto in quest' opinione jncs^o
principalmente dalle osservazioni di parecchie distanze dal ze-
nit di diverse stelle vicine all' Orizzonte , le quali , fatte in
tempi e di forte sirocco e di forte mezzogiorno , replicate ,
fssendo. 1' aere tranquillo, e ridotte le une e le altre alia tem-
peratura media, si trovarono costantemente tra loro discor-
di , quelle cioè col sirocco e mezzogiorno sempre un poco
maggiori delle altre , della qual cosa si può vederne un sag-
gio neir opera mia Della Specola astronomica ec. ( Lib. IV.
5. XVIII. ) ove scorgesi che da 53° a 70" del zenit 1' ecces-
so
Di Giuar.pPE Piazzi . ^ ?,7
so delle prime su le stcoiide è di 3 ' in 4" • Stì peitauto li
venti di sirocco e mezzogiorno in Palermo sopraccaricano l'at-
mosfera di materia elettrica , siccome piìi volte me ne sono
accertato con la macchina, pare si possa inferirne, che le di-
stanze osservate dal zenit debbano annientare aumentando la
materia elettrica, e diminuire quando essa diminuisce. Ora
nei solstizi d^ Inverno così in Italia come in Francia , in
Ingliiltena , e generalmente quasi in tutta T Europa il tem-
po (ora più Ola meno) e sempre umido e piovoso, e quin-
di r atmosfera spogliata in parte del fluido elettrico, che in
uno stato medio suole essa contenere . Le distanze dal zenit
nei solstizi d' Inverno si osserveranno quindi un poco minori
di quanto esser dovrebbero rispetto all' altezza del Barome-
tro, e giado del Termometro pel momento dell'osservazioni.
E siccoìiie non accade mai che nei medesimi tempi dell' an-
no si abb'a lo stesso sfato del Cielo , ma vi si notano sem-
pre non picoiole ineguaglianze nell' inverno principalmente ,
cosi egli è agevole ad intendersi perchè le obliquità che si
hanno dai solstizj jemali siano tanto tra loro diverse , gene-
ralmente minori dell' estive , ma talvolta anche maggiori . E
qui si noti , che il medio delle diftVrenze tra un gran nume-
ro di solstizi estivi ed i corrispondenti iemali , siccome han-
no osservato più Astronomi _, è di -f- 4' C'^'-a , quanto a un
di presso si ha dalle mie osservazioni dei 17 Aprile 1793 so-
pr ice 'tate , tra le distanze osservate, essendo i^aere saturato
di fluido elettrico ed il medesimo nel suo stato nedio. Io
però non insisterò maggiormente su questa congettura j ba-
stHuddini di averla indicata , perchè gli Astronomi possano
chiamarla ad esame , unendo alle loro osservazioni quelle
dell'elettricità atmosferica, siccume io mi son proposto di fa-
re . Intanto , qualunque sia la vera causa di questo fenome-
no , ei si rende chiaro abbastanza , che non vi è da contare
jiè tanto uè poco su l'obliquità dedotta dai solstizi iemali , e
che nel deteriniuarue la quantità non dee farsi caso che de-
4-38 Dell' Obliquità' dell' Eclittica
gli estivi , come og<:igiuriio suol praticare il maggior numero
degli Astroiioiiii .
Uu Astronomo 5 con cui sono in corrispondenza , mi scri-
ve , che diminuendo di un secondo l'altezza del Polo del suo
osservatorio , ed aumentando di una cosetta le rifrazioni del
Bradley, le sue osservazioni , così estive come jemali, danno
lo stesso risultato. Quantunque però io abbia per lui la più alta
stima j in questa parte non so approvare quanto egli propo-
ne . Per ravvicinare le mie osservazioni , non avrei che a ri-
tenere per altezza del Polo 38. ° 6'. 44 > come da principio
stabilii . Ma toccare ad una quantità ben stabilita per accor-
darne altre insieme , non egualmente sicure , ella è cosa che
non sarò mai per fare. Se una volta si cominci ad usare di
simili mezzi termini , non vi saranno piìi osservazioni , jier
quanto siano disparate , che non si possano uguagliare .
Dei solstìzj di Palermo e Greenwìch insieme paragonati.
I solstizi così estivi come iemali di Palermo danno co-
stantemente un' obliquità maggiore di quella che si ha dai
corrispondenti di Greenwich : 1' eccesso è di 3" circa . Nel
considerare sì fatta differenza dubitai da principio di qualche
errore nella tessitura dei calcoli , e li rifeci nuovamente : te-
metti di poi che l'errore della linea di collimazione, stabili-
to dal Maskelyne su le osservazioni dell'anno 1787 di -+- 6",
non si conservasse lo stesso per gli anni susseguenti-, ma non
avendo trovato nel Maskelyne né stelle da cui dedurlo , né
avvertenza alcuna;, vano giudicai il mio timore. Intanto cer-
cando onde ciò mai potesse avvenire, mi cadde sotto gli oc-
chi il tomo della Conoscenza dei tempi di Parigi per l'anno
XII. Vidi in esso che i solstizj iemali degli anni 1792 e 1798
si accordano quasi al secondo con quelli da me dedotti per
gli anni medesimi dalle osservazioni di Greenwich ; per Pop-
po-
Dr Giuseppe Vikzt.i . /J.^(j
posto gli estivi siii»i!nieijte osseivati a Parigi diffeiiscoiìo dai
corrÌ5[)oruIeiiti di Greenwich di 3", siccome i miei. Mi par-
ve allora tlie non si potesse più mettere in dubbio , quanto
più volte ha notato il chiar. de la Lande, cioè che in alcu-
ne divisioni dei Murale di Greenwich vi sieno degli errori di
3" in 4' (0 • Se cosi è, li miei risultati ricevono una con-
ferma da quei di Greenwich, ai quali sarebbero quindi ugua-
li : e quando pure non cosi facilmente si volesse ammet-
tere il supposto errore delle divisioni , il solo dubbio è
una
(i) Questo errore medesimo pari»
confermato dai movimenti propij dì
parecchie delle 36 stelle di questo ce-
lebre Astronomo. Supposto Terrore di
3' da sottrarsi dalle distanze dal ze-
nit , da esso lui osservate ,. i movi-
menti che risultano dalle sue declina-
zioni , da quelle del Mayer e di la
Calile j comparate colle mie , sono
prossimamente d'accordo ; mentre sen-
za questa correzione , quei delle stel-
le boreali differiscono in — , e quelli
delle australi i n +• . Non debbo però
tacere che 1' obliquità stabilita dal
Maskelyne pel 1769 non è punto fa-
vorevole a si fatta ipotesi. Paragonando
la medesima colf altra da me trovata
colle ultime osservazioni di Greenwich,
si avrebbe per la iliminuzione secolare
6i"j 89 ; e 4' '' 7 aumentando la se-
conda di 3" , senza toccare alla pri-
ma . Ora cosi le prime come le ulti-
me osservazioni furono fatte collo stes-
so Murale . Perciò 1' errore delle di-
visioni dovrebbe essere io stesso , co-
li nelle une ciie nelle altre . Vero si
è j che nel 177^ ia cambiato l' ogget-
tivo del Cannocchiale del Quadrante ,
air antico avendo sostituito il Dollond
un eccellente Acromatico , e furono
similmente mutati i fili , i quali era-
no troppo grossi , ed altre plcciole ret-
tificazioni e correzioni vennero prati-
cate negli anni susseguenti . Non sa-
rebbe pertanto cosa strana , che nelle
osservazioni solari , nelle quali non
cosi facilmente puossi ottenere somma
precisione ed esattezza, avanti il 177^1
gli errori dalle divisioni rimanessero
compensati da altri , cagionati e dalla
soverchia grossezza del filo , e dall'
imperfezjone della lento oggettiva . Si
aggiunga , che avendo il Maskelyne
stabilita la sua obliquità pel 1769 sul-
le osservazioni dal 176.5 al 1772^ quel-
le degli anni 1765-66-67 danno obli-
€{uità costantemente minori di 3" del-
le altre degli anni susseguenti. Malgra-
do pertanto la difficoltà che risulta dal
confronto delle due oliliquità , il sos-
petto di errore nelle divisioni del Qua-
drante di Greenwich , rivolto a mez-
zodì , non è spregevole .
44^ Dell' Obliquità' dell' Eclittica
una ragion bastante perchè io non debba toccare alle quan-
tità , che si hanno dalle mie osservazioni.
S- 6.
Della correzione della Nutazione dipendente
dal Perigeo Lunare .
La Nutazione dell' asse terrestre cagionata essendo dall'
azione della Luna sulla parte più elevata della terra, facilmente
s' intende , che essa iimi dee solo dipendere dal luogo del
Nodo , ma da quello ancora del Perigeo . La qual cosa co-
nobbe benissimo il Bradley , e seco lui gli altri Astronomi ;
ma generalmente giudicarono , che sì fatta circostanza sì po-
co influisse su la nutazione , che non fosse affatto da tener-
ne conto . Altrimenti giudicò il P. Ximenes , il quale fidan-
do j forse più che non couveiìiva, su certe sue osservazioni
fatte allo Gnomone Fiorentino , si persuase che nel calcolo
della nutazione si dovesse introdurre il luogo del Perigeo .
Calcolò quindi questa picciola equazione , la quale trovò nel
suo massimo di 2" circa , additiva all' equazione proveniente
dal nodo , quando il medesimo ed il Perigeo sono nt.ì segni
boreali , sottrattiva quando 1' uno è nei segni boreali e 1' al-
tro negli australi . ( Vedi Memorie della Società Italiana T.
II. par. I. ) Mi è pertanto parso bene di esaminare se dai
solstizj sopra riportati niente si possa conchiudere in favore
o contro l'accennata ipotesi dello Ximenes. A questo fine gli
ho ridotti al 1800 , supponendo 1' annuo decremento di
o" , ^1 , indi vi ho applicata la correzione dello Ximenes ,
"come siegue .
Obli-
Di Giuseppe Piazzi .
44 1
Obliquità medie ridotte al 1800.
Anni
1790
4
5
6
«
i8co
1
a
3
Dai solstizi estivi 'li Palermo
secondo Braùley Set-ondo Ximenes
;3<» i»7' 56", 22
ay. 56 , -e
27. 59 , 55
27. 56 , aS
27. 56 , 92
27. 57 , 91
27. 57 , 27
27. 59 , 42
27. 59 , 43
27. 57 , 49
i3» 27' 58", 17
53
27. 57
27. 59
27. 54
27. 55
27.- 57
55
29
48
70
27. 57 , 65
, 09
,60
20.
28.
27. 57 , 45
Drii solstizi estividi Greenwich
Serondo BrarUey
2:;° 27' 54", 43
27. 53 , 69
27. 5i , 82
27. 53 , 43
27. 57 , 66
27. 5i , 87
27. 55 , 8a
27. 53 , 16
27. 5i , 93
27. 54 , 85
Secondo Xiinene:
23" 27' 54", 64
27. 54 , 16
27. 53 , 77
27. 54 , 26
27. 57 , 66
27. 5 1 , Ao
27. 53, 86
27. 5i , 72
27. 5i , 73
27. 55 , 23
Dall' ispezione delle mie diverse obliquità egli si vede, i ."
Che esse son più di accordo calcolate secondo Bradley che
secondo Ximenes. a,.° Negli anni 179Ì2. e 1801 , nei quali le
correzioni dello Ximenes sono vicine al massimo, ed entram-
be aumentano 1' obliquità , i risultati differiscono a un di-
presso della somma delle correzioni ; lo stesso si osserva nei
risultati degli anni 179^ , e 97 tra loro paragonati . Non
prendo in considerazione F anno 1796 , come quello, in cui
le osservazioni lasciano generalmente l'incertezza di 3" circa,
cosa già da me notata nell'opera Stellarum inerrantium-po-
sitiones medìae • Dalle osservazioni di Greenwich degli anni
1791 e 92, paragonati coli* anno 1797 similmente si scorge ,
che la correzione dello Ximenes non è affatto confermata,
differendo le medesime di 2," circa , poco meno della somma
delle due correzioni . Come però su le osservazioni può be-
nissimo esservi 1' errore di due e di tre secondi , ed il nu-
mero degli anni non è si grande , che possa rendere insensi-
])ile un tale errore, non si potrebbe quindi inferirne che la
correzione proposta dallo Ximenes- fosse assolutamente erro-
nea , quando per altra parte il Geometra La Place non aves-
se dimostrato nella sua Meccanica Celeste , che la lono-iiu-
Tomo XI. K k'k di.
j 44^ Dell' Obliquità' dell' Eclittica
dine del Perigeo Lunare non produce alcun effetto sensibile.
Dell' obliquità media cleW Eclittica per il 1800.
Avendo nei 5-S* precedenti fatto abbastanza cliiaro i.**
Cjie non si dee tener conto deli' obliquità dedotta dai solsti-
zj jemali . a.° Che la differenza di 3" circa tra i miei risul-
tati e quei- di Greenwich non pregiudica alle mie osservazio-
ni . 3.° Che la correzione dello Ximenes non può aver luogo ;
credo potermi sicuramente valere dei miei soli solstizj estivi
per stabilire la vera quantità media dell'obliquità pel i8co.
Dall'anno 1792 al i8o3 son stati da me osservati dieci sol-
stizj; ed escludendo quelli del 1794 e 1796 per esser soggetti
a qualche incertezza rispetto all'errore della linea di collima-
zione , ne rimangono otto , dei quali farò usa solamente .
Essi pertanto ridotti al aBoo,, supposto^ come sopra, l'annuo
decremento di o" ,^2. , d*inno i seguenti valori . . . a3° 27' 56",2a
56
,70
56
,9a
57
'91
i>7
>^7
59
A^
59
-43
i>7
49
a 3
27.57
,66
a3.
27 52,
,90
Obliquità media per il 1800 ......
Secondo le tavole di la Lande ....
Correzione alle tavole -h 4 576
§.8.
Annuo decremento dell' obliquità .
A determinare simili variazioni le osservazioni più lonta-
ne sono generalmente le migliori. Se però si rifletta su T lu-
cer-
Di Giuseppe Piazzi . 44^
certezza, che lasciano le obliquità in diversi tempi dagli an-
tichi stabilite, senza eccettuarne gli stessi Flamstedio e Dom.
Cassini , si dovrà convenire , che le più sicure dalle quali si
possa partire son quelle, che ci hanno dato nel lySo Brad-
ley e la CaiUe , e nel lySó Tobia Mayer . Ritrovò il Brad-
ley aS-^aS'. i8" , la CaiUe ìS.^ìiS'.iq", e Mayer a3.°a8'.i6":
se con queste si paragoni quella da me fissata pel 1800 ,
cioè aS." 2,7'. 57", 7 j si avranno per 1' annuo decremento
deir obliquità li seguenti valori . . . dal Bradley , . . 0^406
da la CaiUe . . . 0,42.6
da Mayer . . . 0,416
Medio 0,416
Qualunque però possa essere la confidenza , che a giusta ra-
gione dobbiamo riporre nei travagli di questi sommi Astrono-
mi, non possono essere così certi i loro risultati, che su di
essi non si debba ragionevolmente temere 1' errore di a" in
3" almeno , lo che darebbe 4' in 6" sulla diminuzione seco-
lare . Né soverchio parrà questo rnio timore , se per un mo-
mento si coiisideri e la natura delle osservazioni solari , le
più difficili , per quanto almeno io provo alla giornata , a
farsi con esattezza ; e lo stato dell' Astronomia strumentale
ai tempi dei sopra lodati Astronomi ; e finalmente le non
picciole differenze che ci offrono le diverse obliquità j che
riportate si vedono nelle migliori effemeridi dei di nostri .
Non è quindi a creder mio da tenersi in gran conto quel
valore , se per altra parte non venga confermato e stabili-
to . Alla qual cosa opportunissimo io giudico 1' annuo mo-
vimento diretto del punto di Ariete su 1' Eclittica ; movi-
mento che mi lusingo di avere determinato con bastante
precisione per mezzo della precessione in longitudine j che
ho dedotto dalle mie declinazioni comparate con quelle
del Mayer , e dalla precessione similmente in longitudine ,
che il Chiarissimo Astronomo di Vienna , f Ab. Francesco
di Paola Triesneker , con molta sagacità ha ricavato, com-
K k k a pa-
Dell' Obliquità' dell' Eclittica
parando le longitudini osservate da! Barone di Zach con
quelle del Mayer e di la Caille . Dalle mie declinazioni li-
sulta la precessione in longitudine 5o", aSSo
e dalle longitudini del Bar. di Zacli ( Epheni. Vin-
dob. i8o4' pag- 27^ ) • • So , 0982,
quindi il movimento diretto del punto di Ariete su
r eclittica o^ i568
dal quale si ha per la diminuzione secolare dell' obliquità
43', a: (i) valore prossimamente uguale al precedente , al
quale dà in conseguenza il peso maggiore che possa deside-
rarsi .
S- 9-
Valore della Nutazione dell'asse terrestre , passando
il nodo lunare con -moto retrogrado dal principio
di Libra al principio di Ariete .
Nel solstizio del 179ÌI il nodo Lunare aveva oltre-passa-
to il segno di Libra di 0 , oo3 solamente , e V equazione
non differiva dalla massima che di 0,006; nel 1801 manca-
vano al nodo per giugnere in Ariete o , 014 j e 1' equazione
boreale era j come nel primo caso, prossimamente uguale
aija
(i) Dal movimento diretto del pun-
to di Ariete di ló", 68 in un secolo,
r.e ho dedotto la diminuzione secola-
re dell' ohliquità ^ 4^" , 3? ; snppo-
cendo clie si conservi prossimamente
costante la ragione che * dà il chlar.
de Lalande ( edizione terza della sua
Astronomia ) tra la diminuzione se-
colare dell' -ohliquità , ed il prodot-
to della sua tangente nell' avanzami*n-
to secondo l'ordine dei segni del pun-
to di Ariete , c.igionata dall' a'zio-
ne dei pianeti, le mass; dei quali si
dorranno quindi j>roporzlonalniente cor-
reggere . Se avessi impi-e_ata la ragio-
ne di 56", 34 a 7", 69 che si ha
dalle formole del celebre Lagrange ,
la diminuzione secolare dell' obli-
quità diverrebbe 49': 87, che certa-
mente non pare possa aver luogo . Ha
pertanto il prefato la Lande a«sai
fondatamente diminuita la massa di
Venere , supposta da Lagrange ; la
quale dee diminuirsi ancora , se vo-
gliasi che le teorie siano d' «ccordo
colle osservazioni .
Di Giuseppe Piazzi . 445
alla massima. Pertanto nel 1792 l'obliquità fa da me osser-
vata 2,3° a7'.5o"_,i6
e nel i8oz 20 a». 8 , 7.5
differenza 18 , Sg
per la diminuzione annua ... -f- 3 ^ 86
onde la Nutazione aa , 45
Questo valore risulta maggiore di 4' .> 4^ secondo Bradley , e
di 3",45 secondo Ximenes ; ma un solo confronto può benis-
simo lasciare il dubbio di 3" in 4". In fatti se in vece di
prendere le osservazioni isolate dei due solstizj , dalF obliqui-
tà stabilita per il 1800, si ricavino le corrispondenti agli an-
ni 1792 e 1801 , si avrà
"i7qa aS» a7'.5i", 63
1801 a3 a8. 6 ^ 73
differenza iS^io
per la diminuzione annua ... 4- 3 , 86
Onde il valore della nutazione da Libra in Ariete.. • 18, 96.
Il sin qui detto egli è f[uanto mi è parso, che si j^otesse im-
mediatamente conchiudeve dalle mie oìsevvazioni solstiziali
iitorno all' Obliquità .
KUO-
446
NUOVE CONSIDERAZIONI
su DI ALCUNE SINGOLARI PROPRIETÀ' DE' COEFFI-
CIENTI DELLA NOTA FORMOLA DEL
BINOMIO NEWTONIANO
Di Gioachino Pessuti.
Ricevute il dì i Fchbrajo 1804.
PARTE I.
Xj cdifizio ora sì imponente dell' Algebra ed Analisi , di
cui avean gittate prime pietre , dopo Diofanto e gli Arabi ,
i coraggiosi italiani Leonardo da Pisa e Luca Pacioli , creb-
be poi rapidamente , intorno all' epoca del risorgimento del-
le Lettere , per i lodevoli sforzi e la nobil gara delle più
colte nazioni di Europa, che in ogni ramo di scibile si ado-
perarono allora così felicemente , ed in questo soprattutto ,
che quasi nuovo ed intatto offriva un sì ricco e laigo cam-
po alle loro dotte speculazioni . Ma accadde in quel primo
fervore ciò che era pur naturale che accadesse, vale a dire,
che que' primi coltivatori maggior impegno mostrassero nell'
accozzare quanti più materiali poteano per il nuovo edilìzio ,
che nel ripulirli , ed ordinarli . Difatti le prime nuove veri-
tà che si scoprirono nella nuova Scienza non furono che
parziali, isolate e piuttosto travedute che dimostrate ; le solu-
zioni de' nuovi problemi non si presentarono per lo più che
empiricamente , ed attorniate alcune volte da paradossi ines-
plicabili ; e molti de' più bei teoremi analitici non ebber da
principio altro fondamento che una plausibile ma non mai
intieramente convincente induzione . Per rammentarne tra'
molti alcuni soltanto de' più noti esempj , basterà di ricor-
da-
Di Gioachino Tessuti . /^^7
dare la prima soluzione delle ec|iiazioiii cubiche date da C'wr-
dano , o piuttosto da Tartaglia ^ e l'annesso paradosso del
così detto caso irreducìbile \ il teorema comunemente attri-
buito ad Harriot intorno al numero delle radici positive e
negative delle equazioni die le hanno tutte reali , teorema ,
che si rimase senza dimostrazione sino a che un secolo e
mezzo dopo la sua scoperta j fu per la prima volta rigorosa-
mente dimostrato da de Giia e Segner : e scendendo a tem-
pi migliori e a noi piìi vicini , ne^ (juali per altro regnava
ancora in gran parte il medesimo spirito, che animò la prima
epoca della Scienza , chi non sa che la celebre formola del
Binomio Newtoniano estesa a qualunque esponente, la qua-
le può riguardarsi a buon diritto come la prima pietra an-
golare di tutto l'immenso edifìzio analitico ^ avanti che i po-
steriori geometri prendessero a dimostrarla , non posò che
sopra di una semplice induzione ; e che 1' istesso calcolo det-
to infinitesimal'i , che fu poi la primaria chiave che apri i
tesori del Sistema de! mondo e di tutta la scienza della na-
tura, non ebbe che labili incerti e sempre contrastati fonda-
menti j sino a che d' Alembert colla teoria àa' limiti ^ ed ul-
timamente Lagrange con quella AnWe funzioni analitiche,
non lo resero inconcusso , e la medesima evidenza £,li conci-
liarono della più pura Analisi, e della più elementare geo-
inetiia .
Grazie dunque e Iodi infinite si debbono ai grandi Geo-
metri dell' età nostra , perchè nel mentre che a gara si stu-
diarono d' innalzare e dilatare la Scienza al di là de' confi-
ni che sembravan prescritti all'umano ingegno, non isdegna-
rono di diligentemente esaminare allo stesso tempo il lavoro
già fatto per lo passato, e quello cercarono di perfezionare e
compire in tutti i suoi rapporti , e di assicurarlo sopra la
più salda base . Se non è dato a tutti d' imitare i loro subii- '
mi voli e i quasi sovraumani sfoizi del loro genio creatore ,
possono però molti e quasi tutti lodevolmente seguire le lo-
ro luminose tracce, nel ripulii e e dilucidare i ritrovati che
già
44*^ Su DI ALCUNE SINCOLAKI PROPRIETÀ' CC.
già si posseggono, supplendo a qualche piccola mancanza de'
niedesinrii , o semplicizzaudone 1' evoluzione e la dimostrazió-
ne . L' argomento di questa mia Lreve Memoria si aggirerà
appunto inionio ad alcuni teoremi, i quali benché vi si pre-
s&f^tjno naturalme-nte dalla considerazione del più semplice
caso della succennata formola drl Binomio Newtoniano ^ pu-
re o non sono stati sinora avvertiti , o certamente non sono
stati sinora debitamente dimostrati . Ognnn sa che Clairaut
Eulero.) 3Ioivre , Condorcet ed altri sommi Geometri han fat-
to oggetto delle loro sublimi speculazioni questa medesima
formola, sia per daj-iie la dimostrazione a priori , e massime
nel caso che l'esponente sia negativo^ frazionario, irraziona-
le o inmiagiuario , sia per dedurne la forma del termine ge-
nerale di una qualunque potenza di diverse spf^cie di poli^
nomj , sia per altre egualmente sublimi e difficili applicazio-
ni. Ma siccome diceva, queste niie considerazioni , e i teo-
remi di cui palio , non si riferiscono che al caso più sempli-
ce della suddetta formola , cioè quello , in cui 1' esponente
n della potenza a cui si vuole innalzare il binomio a±b,
sia un numero intiero e positivo .
E primieramente egli è noto che in questo caso , siccome
tutti eli altri si ha (a^b)" = a"-+- nu~\l^-\ '—^a"~'' . b'
' 1.2,
n.n — I .n — a, _, , 7Z . «. — i .n—n.n — o ^
^ .—-- a"^ h' H 7— oT '' h^ ec. .
I.iì.D 1.2.0.4
interrompendosi e terminando nel nostro caso la formola do-
po un numero di termini n-\-i , cioè quando tra' fattori de*
numeratori de' coefficienti de' successivi termini incomincia a
trovarvisi «— /i'=:o. L'espressione generale del termine m/^"'-*
dopo il primo a" è , come è chiaro
n.n — 1.71—2.. ..71 — w,-!-i ._„,„ ,n.« — i./z — n. . .71 — 77z-f-i
a" '"b"',eà -^
I . 2, . 0 ni I . a . D 7n
«juella del suo coefficiente • Ora ognun sa altresì che questo
■ coef-
Di Gioachino Pessuti. 449
coefficiente comparisce sempre sotto la forma di numero in-
tiero , tutte le volte che n sia numero intiero e positivo ,
eh' è appunto il caso che stiamo considerando . Quindi ne ri-
sulta un elegante teorema, il quale rinchiude una singolare
proprietà de'numeri , e che può enunciarsi così : incomincian-
do da qualunque numero se si prenderanno nella serie de'
numeri naturali quanti numeri consecutivi si vorranno , il
prodotto di tutti questi numeri sarà sempre divisibile per il
prodotto di altrettanti numeri consecutivi presi nella medesi-
ma serie de' numeri naturali , incominciando da i. Così
per es. 87, 38. 89. \o. \i. ^%. 4^ <^c. sarà divisibile per
I. a. 3. 4- 5. 6. 7 oc. Ora io intendo appunto di dimostra-
re in primo luogo questa singolare proprietà de' numeri , che
per quanto posso ricordarmi , non mi è mai avvenuto di ve-
dere in verun autore , non che dimostrata , ma neppure ri-
levata ed accennata .
Prima però di passare a questo, debbo farmi carico dell'
obbiezione che taluno potrebbe farmi , cioè che io perdo il
tempo e 1' opera nel cercare questa dimostrazione , giacché
essa trovasi bella e fatta nella formola stessa Newtoniana .
Imperocché nel caso di n numero intiero e positivo, la po-
tenza (a-'r-by si può ottenere moltiplicando a-\-b successiva-
mente e quante volte occorre per se medesima ; onde sicco-
me così operando non possono mai nascere rotti , e i coeffi-
cienti debbono venire sempre intieri , ne risulta perciò che
debbano essere anche intieri questi medesimi coefficienti da-
ti dalla formola Newtoniana , cioè
n.n — I n-n — 1.«— a n .n — i.n — 2. . n — 3
' . - 9 »
4
ed in genere
n . n —i . « — a . n — 3 n — >n -hi , , , „
■ -, ' _, eh e 1 espressione
I . a . 0 . 4 "^
generale di tutti . Potrebbe anche aggiugnersi esser notissimo
dalla teoria delle combinazioni che i medesimi coefficienti del-
la formola Newtoniana
Torno XI. L 1 1 n .
tSo Su DI ALCUNE SINGOLARI PROPRIETÀ* CC.
n . n — I n . n — i . n — a, n . ?i—i . n—-2, . . . n — 7?i+-i
i.a'i.a.3 ' * i.a.3
?n-
esprimono il numero delle diverse combinazioni che si posso-
no fare di re cose a due per due , a tre per tre .... ad w
per m ; onde essendo certo che il numero di queste combi-
nazioni non può esser mai frazionario , diviene altresì certo
anche per quest' altra via , che i medesimi coefficienti della
formola Newtoniana non possono esser inai numeri rotti .
Potrebbe infine venire in mente essere i medesimi coefficien-
w . re — I re . 7z - I . n — a
ti re , , —r — ec. 1 termini generali de
I . a I . a . D ^
numeri figurati naturali , triangolari , piramidali ec. , end' es-
sendo sempre questi numeri intieri , percliè nascon da som-
me di numeri intieri , tali dovranno perciò essere ancora i
coefficienti della formola Newtoniana .
Ma tutto questo volontieri accordando, spero che in con-
traccambio mi si vorrà anche accordare che il succemiato
teorema , benché implicitamente contenuto nella formola New-
toniana , non era stato però da altri esplicitamente enuncia-
to 5 siccome da noi si è fatto ; che la proprietà de' numeri
che ne forma il soggetto , e che in esso si enuncia , sembia-
va meritarsi di essere a parte rilevata e notata ; che questa
proprietà de' detti numeri niuna relazione ha né colle po-
tenze del Binomio , né colla teoria delle combinazioni , o
con quelle de' numeri figurati, e ad essi appartiene indipen-
dentemente da tutte queste estranee considerazioni ; e che
però non sembra naturale che se ne debba ripetere la dimo-
strazione da questi remoti ed indiretti principj , ma che piut-
tosto direttamente e per così dire intuitivamente^ dall'indole
stessa de' numeri che ne formano il soggetto, possa, anzi deb-
ba essa derivarsi . E questo appunto è ciò che ora io inten-
do di fare , studiandomi cosi , per quanto le mie deboli for-
ze il permettono, di pronniovere e ravvivare quest'amena e
sottile parte dell' Analisi ^ che dopo Dio/unto e Fermat , i
som-
Di Gioachino Pessuti. 4^1
sommi Geometri de' nostri temiìì Eulero , Lagrange, le Gerì'
che non isdegnarono di coltivare .
Incominciamo dal vedere la verità del teorema ne' casi
più sem(3lici , per quindi passare più speditamente alla di-
mostrazione generale di esso .
71 . n — i
Dico dunque I. Glie sarà sempre un numero in-
tiero , cioè che qualunque sia n, il prodotto n . n — i sarà sem-
pre divisibile per i.a ossia per a. Infatti essendo re ed n — i
due numeri consecutivi, uno di essi sarà certamente numero
pari ossia divisibile per a , epperò anche il loro prodotto
n ,n — I sarà parimenti divisibile per a.
Dico li. che ;; sarà sempre ancor esso un
I . a . o
numero intiero , e per dimostrarlo basterà dimostrare che de"
tre fattori del numera,fore n, n — i,n — a, almeno uno certa-
mente sarà divisibile per a , ed un altro o il medesimo saia
divisibile per 3 . Che ve ne debba essere almeno uno divisi-
bile per a i si dimostrerà come nel caso precedente. Riguar-
do al divisore 3 , o « è un multiplo di 3 per es. 3/> , e la
cosa è dimostrata; o non è n un multiplo di 3 , ed allora o
sarà della forma 3/;»-l-i, ovvero della forma 3/?-|-a ; nell'uno
e nell'altro caso o n—i, o re— a sarà =.ìp , cioè sarà divi-
sibile per 3 .
Dico III.° che sarà sempre parimenti un numero intie-
re . re— I .rea. n — 3 ,
ro ; : — ; poiché di quattro numeri consecu-
I . a . 3 . 4
tivi , quali sono n , re — i, re — a, re — 3, ve ne debbono essere
■due p^ri cioè divisibili per a ^ ed uno di essi dev' esser an-
che divisibile per 4 ■> perchè di due numeri pari consecutivi
se uno è un multiplo dispari dia, quello che lo precede e
quello che siegue dev'esser un multiplo pari del a , cioè di
visibile per 4 • Si dimostrerà poi come nel precedente caso
L 1 1 a che
4^i Su DI ATCUNE S.'NGOLARI PROPRIETÀ* CC.
che de' quattro fattori n, n-i, ra— 3 , 72 — 3 del numeratore,
uno almeno dovrà esser divisibile per 3 ; e però ec.
Dico IV. " che sarà pure un numero intiero
n . n — I . n — 2, . n- 3 . n 4
7^3 7 ^ — • Dopo dimostrati 1 casi prece-
denti , per dimostrare questo nuovo caso basterà dimostrare „
com'è chiaro, che de' cinque fattori del numeratore uno al-
meno dovrà esservene divisibile per il numero primo 5 . Ora
ciò si dimostrerà come al Caso II." si è dimostrato per il 3.
Imperocché o n è un multiplo del 5 , per es. 5p , e la cosa
è evidente , o non è n un multiplo di 5 , e allora sarà di
una delle seguenti quattro forme 5/}-{-i ,ijp-^2,, 5p-\-3, 5p-h4-'
ti qualunque di queste forme abbia luogo, uno de' quattro
fattori n— i ^ n — 2,, fi—ì, n — 4 consecutivi ad n sarà =.5jf ,
cioè divisibile per 5 .
Giova spesso in questo genere di ricerche , per rendere
generali le dimostrazioni, di farle dipendere dall' esame de'
casi più semplici , che si suppongono verificati o facili a ve-
rificarsi . Fermai fu il primo a far uso di questo metodo nel
dimostrare che 1' area di un triangolo rettangolo , i cui la-
ti sieno espressi in numeri intieri^ non può mai eguagliare un
quadrato, e di questo medesimo metodo servissi poi felice-
mente r Eulero per dimostrare diversi eleganti teoremi del
medesimo Fermai , rimasti sin' allora senza dimostrazione ,
cerne per. es. che la somma o dilferenza di due cubi non
può tnai essere un cubo, né doppia di un cubo, se i primi
cubi sieno ineguali , che la somma di due biquadrati non
può mal essere eguale ad un quadrato, che nessun numero
triangolare j, eccetto l' i può eguagliare un cubo ec. Lo spi-
rito delle dimostrazioni di queste proposizioni negative consi-
ste nel far vedere, che se ciò che si niega fosse vero ne' mag-
giori numeri , dovrebbe anch' esser vero ne' più piccoli , ne'
quali il contrario è evidente . Noi pertanto al contrario fa-
rem vedere, che se il nostro teorema positivo è vero, sicco-
me
Di Ciò aghi jio Pessuti . 4'^3
me abbiam dimostrato esser vero ne' casi più semplici, cioè
per un piccolo numero di fattori , dovrà essere anche vero
per un numero di fattori quanto si voglia più grande . Per
ottener questo , e l'ender cosi generale la nostra dimostrazio-
ne basterà che dimostriamo , che se il teorema è vero per
un dato qualunque numero di fattori , desso sarà necessaria-
mente ancor vero, aggiungendo un nuovo consecutivo fattore
tanto al numenitore che al denominatore ; dappoiché ripe-
tendo quante volte saia necessario la medesima dimostrazio-
ne, si potranno sempre aggingner nuovi fattori al numeratore
e al denominatore in qualunque numero , e la verità del
teorema diverrà generale .
Snppoiighiamo pertanto che siasi già verificato e dimo-
strato il teorema per un numero m di fattori , cioè suppon-
ghiaino esser già certo dover esser sempre un numero intie-
ra . re — I . n — a . re— 3 n-^m-V- 1
ro ; convien dimostrare
! -a .0 . 4 "^
che aggiugnendo un nuovo consecutivo fattore tanto al nu-
meratore che al denominatore , dovrà anch' esser sempre un
re . re — I .re — a . re — 3 re — ni
numero intiero . Due casi
i.a . 3 . 4 rei -hi
distingueremo j cioè il primo, che il nuovo fattore m-'t-i
che si aggiunge al denominatore sia un numero primo che
cliiameremo ^ , ed il secondo, che il suddetto nuovo fattore
aggiunto al denominatore non sia un numero primo, ma ben-
sì il prodotto di due 0 più numeri primi che rappresentere-
mo per pgrs ec.
Nel primo caso dimostreremo priniieramente , come l'ab-
bia m già fatto per il 3 e per il 5 , th' essendo p il numero
de' fattori tanto del numeratore che del denominatore dell'
re . re— I . re a . re — 3 n — ni
espressione ■ : , dovrà tra' pri-
1.3 . 3 . 4 ni-\-i
mi
4-''4 ^^ J^I ALCUNE SINGOLARI PUOPRIETa' CC.
mi trovarsene immancabilmente uno divisbile per/». Impe-
rocché se non è n un rnuhiplo di p per es. tp, nel qual caso
la cosa è per se stessa evidente^ sarà necessariamente n di una
delle seguenti forme tp-\-i, ?/? t-a, tp-hò ec sino a tp-hp — i ,
epperò tra' seguenti fattori del numeratore n — i, n — 2,, n — 3
n — ?fi , cioè ?i — I , n — 1 , n — 3 .... n — -y^-i-i , uno cer-
tamente ve ne sarà =tp , cioè divisibile per p . Ora questo
divisore p del numeratore dell' espj'cssioiie
n ■ n-—\ . n — a . «—3 ..... il — ni
. • supponendo che appartenga
1.2, . 3 . 4 • • • • "^-l-i
a qualcuno de* fattori del numeratore dell' espressione prece-
n.n — i.n — a./z — 3 . .. . , re-^wn-i ,, ,
dente x , allorché questa ri-
1 . a . o . 4 "^
ducasi a forma intiera ^ siccome sì suppone potervisi ridurre 5
dovrà sempre rimanervi, dappoiché i fattori del denominato-
re I . a . 3 . 4 '^ tii quest' espressione e i loro compo-
nenti sono tutti minori del numero primo m^-l o p . Quin-
di allorché essa riducesi a forma intiera , dovrà prender la
forma N/? , intendendo per N un qualunque numero intiero;
■ è in conseguenza V espressione seguente e risultante dall' ag-
criunta di un nuovo fattore al suo numeratore e al suo de-
nominatore potrà esser messa sotto la torma — =
Ny? . n — ni
N . n — m , cioè potrà ridursi a forma di nu-
mero intiero , siccome dovea dimostrarsi . *
Che se il divisore p del numeratore dell' espressione
n .n—\ .n-^ .n-^ n — m n, 1 • r ..
:::::^^:::: appartenga ali ultimo latto-
I . a . 3 . 4 • • • • '^^"^ I
i-e n — m del numeratore , cosicché questo possa esser rappre-
sea-
Di Gioachino Pessuti . 4^5
sentato da tp ^ allora chiamando N il numero iutiero a cui
rJJuoesi l'espressione precedente
n . n — r • n — a .n~?) n—m-k i .
z , coli ai!:giunta di un
i.a.0.4 m
nuovo consecutivo fattore al numeratore e al denominatore,
'Ntp 'Nz-p . . .
SI avrà = = N^ , cioè un numero intiero come
prima .
Passiamo ora al secondo caso, che il nuovo fattore /w 4- r
aggiunto al denominatore j in vece di essere un numero pri-
mo , sia il luodotto di due o più numeri primi . Sia per es.
il piodolto di due numeri j)q . Nel denominatore adunque
j n . n — I . n — n . n — 3 n — m
della nuova espressione :: ; vi
'■ I . 2, . 3 . 4 . . . . . /^^
sarà ini numero ^ di multipli di p , ed un numero p di mul-
tipli di <7 , e lo stesso sarà pure del numeratore ; poiché es-
sendo pfjf il numero de' fattori del numeratore , siccome ab-
hiam poc' anzi provato che allorché è p il numero di questi
fattori , uno certamente dev' esservene divisibile per p , così
potrà egualmente provarsi eh' essendo ^^j, ve ne dovranno esser
q divisibili per p, e p divisibili per q . Ma nel denominatore
n.n — I . 72. - a . ?i — 3 . . . 7t — m -*- r
dell' espressione precedente 5 1
n . n — I . n — 2 . n — 3 .... n — m-y-i
css(a • non vi possono es-
1.2, . 3 . 4 PI — ^
sere che q — i multipli di /? , e p — r multipli di ^, dappoi-
ché il seguente fattore pq è il q.''""' multiplo di/», ed il
p/imo m iltiplo di q , Supponendo adunque che tutti i q mul-
tipli di /? , e tutti \ p multipli di q, che debbon trovarsi
tra' fattori del numeratore dclf espressione
n.
4-56 Su DI ALCUNE SINGOLARI PROPRIETÀ^ CG.
Il . n — I . il — -^ ■ Il — 3 n — in , ■ r *4.x • ^»i
- — appartengano ai tatton ael
I . a . 3 . 4 • • • • "2+1
nuiiieratore dell' espressione precedente
II . il — I . ?i — a ■ n — 3 n — m-\-i . ,
, siccome nel suo de-
1 . a . 3 . 4 • • ™
iiofniiiatore non vi sono che q — i nuiltipli di/», e j» — i mul-
tipli di q y allorché essa ridurrassi a forma intiera , dovrà
comparire sotto la forma N/?^ , e però 1' espressione seguen-
te e risultante dall' aggiunta di un nuovo fattore nel numera-
^pq . n — m l^pq • n — m
tore e nel denominatore sarà ; = —
ìn-\- 1 pq
N . ;z — m ^ cioè potrà mettersi sotto forma intiera ancor es-
sa , s'ccome volea dimostrarsi .
Che se uno dei q divisori eguali a /? , ed uno dei p
divisori eguali a q appartenga all' ultimo fattore n — m del
n.n — j .;ì — a./i — 3 . • . 71 — ni . ,
numeratore di 5— j ==- , cosicché questo
i.a.5.4 m^\
fattore sia =: tpq, allora chiamando N 1' intiero a cui riduce-
n.n — \.n- %-n — 3 . . . . re — m-Hi
si 1' espressione ^ — , coli aggiun-
ta di un nuovo fattore al num«"ratore e al denominatore si
N./2, m '^tpq
avrà la sefruente espressione = = N £ , cioè
^ ^ m-\-i pq
sotto forma di numero intiero , come prima .
E similmente se supporrassi che uno solo òti q divisori egua-
li a p , o dei p divisori eguali a q appartenga ad n — m^ per
es. che gli appartenga solamente /», e che però sia = tp, al-
lora vi saranno q — i divisori eguali a p y ^ p divisoli egua-
li «-i. //-a. /(-S.-n-wH-i
li a <7 tiel numeratore dell'espressione ■ — 5 — ,
on-
Di Gioachino Pessutt» ì^/^j
onde siccome il suo denominatore non ha che q — i divi-
sori eguali a // e p — i divisoti eguali a ^, allorché guest'
esprersione riducesi a forma intieia, potrà rappresentarsi {>er
Nflr . Coli' aggiunta adunque di un nuovo fattore al suo nu-
N^^.re — m
meratore e al suo denominatore , essa diverrà — =
m-t- i
-' = Nf , cioè sarà riducibile ad un Intiero , sicconie in
tutti gli altri casi .
Ora a noi sembra che d^bba facilmente vedersi come
possa estendersi il medesimo discorso al caso, che il numero
fattore m -h i del denominatore sia il prodotto di tie , di
quattro ec. numeri primi, e rendersi così generale la dimo-
strazione del. teorema enunciato. Jnfatti sup];onendosi che
m -h I sia il prodotto di tre numeri primi pqr , si dimostre-
rà come prima che tanto il numeratore quanto il denomina-
. n.n—i.ìi-
tore dell espressione
j?q divisori eguali ad r , pr divisori eguali a q , ft qr divisori
eguali a p\ mentre il denominatore deli' espressione prece-
nn — i .n — 2.-n — 3 n — in-\-i
dente • ■ • non potrà avere che
i . '2. . ò . Of. . . .^ m
pq — 1 divisori eguali ad r, pjr —^ i divisori' eguali a ^, e
qr — I divisori eguali a jy . Se dunque i pq divisori eguali ad
/• , i p r divisori eguali a. q ^ e '\ qr divisori eguali a p dei
n.n -i.ìi Ù..II ~i . . . li m
numeratore dell espressione r — , ippnr»
i.a.0.4 ,ra-t-i
n.tL-\.n.-%.a--i.n-m ^\
tendano tutti al numeratore della preced. '
' ^ I . a . 3 . 4 . . . TO
allorché questa riducesi ad una forma intiera, dovrà r tenere
un fattore r , un fattore <jr , ed un fattore p , e comparire
perciò sotto la forma ì^pqr \ e però aggìugnenJo un nuovo
Tomo XI. M m ra fat-
458 Su DI ALCui*iE smeoLARi proprietà' ec.
fattore al narneratore e al denominatore ; onde passare all'es-
^pqr.n-m 'Npqr.n — ni
pressione seguente, si avrà = =N./i— m,
^ *" rti-^l pqr
cioè anche quest' espressione sarà intiera , se Io è , come sì
suppone , la precedente . Che se uno de' detti divisori per
es. p appaitenga al nuovo fattore n-ni del numeratore , che
però potrà farsi = tp ^ allora 1' espressione precedente ridot-
ta a forma intiera, dovrà sempre per le ragioni dette ritene-
re un fattore q ed un fattore a-, e comparire sotto la forma
ìi^qr ; onde aggiugnendo il nuovo fattore al numeratore e al
. N^r./z — m
denominatore j 1 espressione seguente sarà =
"Nqr tp
= N^, cioè potrà mettersi sotto forma d' intiero, co-
pqr ^ '
me prima. E similmente se il nuovo fattore n~m del nume-
ratore ne contenga due de' suddetti divisori ^ per es. pq^ co-
sicché possa farsi "=■ tpq , 1' espressione precedente ridotta a
forma intiera dovrà sempre ritenere il terzo fattore /•, e com-
parire sotto la forma N^ j onde coli' aggiunta del nuovo fat-
Nr.n--/ra
tore al numeratore e al denominatore , si avrà ■ =
l^r.tpq
• • = rit 3 come prima. Finalmente se ti — tu conterrà
pqr
tutti tre i divisori/», g, r, e sarà però ■= tpqr , chuimando
N r intiero a cui riducesi 1' espressione precedente , sarà pu-
re intiera 1' espressione seguente , poiché sarà
N . /i — m 'Ntpnr
_ L±_ — ]\[-^ _
7?l -h I pqr
h' istesso discorso vorrà tenersi per il caso clie il
nuovo fattore m+ i aggiunto al denominatore sia il prodotto
di quattro numeri primi ; ed ognuno deve ora facilmente vede-
re come esso è veramente generale j ed estendesi a qualun-
que
Di Gioachino Tessuti • ^Sg
qne caso, che il suddetto nuovo fattore risulti dalla moltipli-
cazione di quanti si vorranno numeii primi. Rimane dunque
pienamente , e generalmente dimostrato il teorema qui sopra
enunciato , cioè che moltiplicandosi quanti numeri consecuti'
vi si vorranno presi nella serie de' numeri naturali , il loro
prodotto sarà sempre divisibile per il prodotto di altrettanti
numeri consecutivi presi nella medesima serie de' numeri na-
turali incominciando da i . La dimostrazione che ne abbiami
dato è stata dedotta , siccome appunto si conveniva ad una
proprietà generale de' numeri , dalla considerazione medesi-
ma ed analisi de' numeri che ne formano il soggetto , ed
è affatto indipendente da ogni estranea ed indiretta conside-
razione di binomio Newtoniano, di teoria di combinazioni ,
di numeri figurati ec. Insistiamo sopra questo, perchè cre-
diamo che per i maggiori e piìi rapidi progressi della Geo-
metria ed Analisi , molto importi appunto di cercar sempre
delle verità a queste scienze appartenenti, le dimostrazioni le
più naturali e le più semplici , e quelle che direttamente
nascono dalla considerazione analitica del soggetto ; poiché
altrimenti facendo, non si ha mai nelle mani il filo analitico
della ricerca , e le verità di cui si tratta, dimostrate così a
stento e per oblique vie , prendono l' aspetto di verità em-
piriche ritrovate a caso, e si rimangono quindi lungamente
sterili, ed isolate.
Né io qui temo che vi sia chi mi dica esservi pur trop-
po nella Geometria ed Analisi molte verità di natura loro
isolate ed oziose , e che quella che si enuncia nel nostro
teorema sembra appunto essere una di ques.te . Noi crediamo
al contrario , e siamo intimamente persuasi che le verità del
medesimo ordine e del medesimo genere tutte tra loro si col-
legano con indissolubil catena , e che tutte nascono da altre
verità , siccome altre ne partoriscono , e che se a noi sem-
brano alcune volte isolate e sterili j ciò deve unicamente at-
tribuirsi alla nostra ignoranza e corta veduta , che pon ne
discerne e penetra i nessi e le relazioni. Le propri^à dtile
M in m a cur-
460 Su DI AiCUNE SINSOLARI PROPRIETÀ* CC.
curve eonFche dimostrate da Apollonio si rimasero per cir-»
ca duernil' anni affatto oziose , e non furono che oggetto di
pura geometrica curiosità , sino a che Galileo vi edificò so-
pra la Scienza de' projettili , e Newton il sistema del Mon-
do. Quindi il nostro teorema stesso, almeno nella teoria de'
numeri a cui appartiene ^ dovrà avere i suoi usi e le sue
applicazioni .
Per darne una prnova , mi piace appunto di accennare
la dimosti azione che da questo teorema si può dedurre di un
altro nobile teorema di Fermat , risguardaiite una singolare
proprietà de' numeri primi. Il teorema è questo: Essendo p
nn numero primo , ed N un qualunque numero non divisìbi-
h per p , la potenza p— i di N tiimìnuìta delV unità,, cioè
!N'~' — I sarà sempre divisibile per p: dimostreremo prima
un altro teorema , di cui questo di Fermat non saia che un
immediato corollario , cioè che essendo p un numero primo ,
ed N un qualunque numero , sarà sempre W — N divisibile
per p . Ora ecco come que&to teorema per mezzo del nostro
potrà agevolmente dimostrarsi . Se N = i , la verità del teo-
rema è per se stessa manifesta, poiché si avrà evidente-
mente i^ — I cioè o divisibile per qualunque nunvero p , es-
sendo if quoziente pa.rimenti o . Quindi se in luogo di i scri-
veremo a— I, dovrà esser parimenti divisibile per p l'espres-
sione (2 — ))'' — I • Ora la potenza (a— 1)'' essendo sviluppata
colla^ rK)ta formola del Binomio, darà una serie di termini , il
primo de' quali sarà a^ , T ultimo — \^ cioè — i per esser
p n«mero primo e in cotiseguenza dispari (i), e tutti i termL-
ui
(1) Se p sia a , eli' è :J Eolo nii-
nxero primo il quale sia pari , la. di-
mostraziane divieti farilissima , dap-
poiché N* sarà pari o dispari secon-
do che sarà paxi o dispari N , oiiùe
N* — • N sarà o la- dififerenza di due
numeri pari o la differenza di due
numeri dispari , cioè sarà sempre un
numero par
prc' divisibile per a .
e in conseguenza sero-
Di GiOACHINO PESSUTr 4 /^6t
ni intrrmedj saranna separatamente divisibili per p . Impe-
rocché questi termini saranno, siccome è i\oto , le potenze
p — I , jj — a ec. del primo termine a del Binomio moltiplica-
re • .• P P P—^ P-P — i-P -2.
te per i coemcienti — — , , — 5 ,
^ il. a I.2.D.
p.p IO a./7-3 „ . 11,.
— -—^ — ec. , e 1 espressione generale del termine
1 • a • o • .j*
p.p-i.p—ì.p-'ò.. p-in-\-i
fjiumo dopo il primo sarà ± ;, — -. 2.' ,
nella quale sarà sempre in<p. Ma per il teorema da noi
p.p—ip--i-p — i-.p — in-\-i
dimostrato r espressione irenerale r— ,
*• ° i.a..o.4''-"2
del coefficienti di questi termini intermedj dev' esser sempre
un numero intiero , cioè dev' esser sempre p.j) — \'p — a ....
p — /«+! divisibile per i.a.3 m, ed essendo m<.pyQ non
potendo p come numero primo risultare dalla moltiplicazione
di nun:>eri compresi tra i ed w , il fattore p , allorché divi-
derassi , siccome si può ,P'P— i-p — -^-..p—m-hi per i .a.3...w ,
non potrà sparire e dovrà rimaneiTÌ . Dunque tutti i termini
intermedj , fuori che il primo e T ultimo della potenza
(a — ly , allorché si ridurranno a forma intiera , siccome è
possibile di ridurveli , tutti rimarranno multipli di j!?, cioè
divisibili per p ; onde dovendo esser, come si è detto,
(a—i)^ — I divisibile per /?, ommettendo tutti i termini inter-
medj della potenza (a — 1)^ i quali sono per sestessi divisibili
per /? , e ritenendo soltanto il primo e 1' ultimo cioè a^ — i ,
dovrà essere anche divisibile per p V espress-ione a^ — i — i ,
cioè a'' — a .
Dall' esser dunque \^-^i divisibile per ^ ne abbiam de-
dotto che debba esser divisibile per p anche a^ — a . Ora
neir istessa guisa dall'essere a*"— 2 divisibile per ;7 5 ne dedur-
remo che debba esser divisibile per/? anche 3^ — 3, Imperoc-
ché iuettendo if — a sotto la forma (3 — i)^ — a, farem vedere
co-
46a Su DI ALCUNE SINGOLARI PROPRIETÀ' CC.
come prima, die svilujipando la potenza (3-i)^ tutti i termi-
ni iuterrnedj , fuori dei primo e dell' ultimo 3^ — i , sono se-
paratamente divisibili per^, onde ommettendo questi termi-
ni internieiij , e ritenendo solamente il primo e l' ultimo, se
a'— a , cioè (3— i)^ — 2 è divisibile per/?, anche 3' — i — a
cioè 3' — 3 dovrà essere divisibile per j9 .
Dall' es. er 3^ — 3 divisibile per p, se ne dedurrà ora col
medesimo raziocinio che dovrà esser divisibile per p anche
4^ — 4' * quindi anche 5^" — 5, e cosi procedendo di mano
in matiOj si giugnerà lìnalraente a provare che dovrà esser di-
visibile per p anche N/? — N , qualunque sia il numero N ;
eh' era appunto il teorema che ci eravamo proposti di dimo-
strare .
Che se si supporrà che il numero proposto N non sia
divisibile per />, mettendo N' — N sotto la forma N(N''~' — i),
siccome il numero primo p non è risolubile in fattori, e dee
dividei e ]N(N^~' — 1) , non dividendo il fattore N di questo
prodotto, dovrà di necessità dividere l'altro fattore N''""'-! i
cir è appunto il teorema di Fermat qui sopra enunciato .
//.' PAR TE.
La dimostrazione delle proprietà che ci presentano i
coefficienti della potenza n del Binomio a±b , allorché re è
intiero e positivo, ci ha naturalmente condotti alla conside-
razione di un' altra singolare proprietà de' medesimi coeffi-
cienti 5 allorché essi vengono rispettivamente moltiplicati per
le potenze ni de' termini di una qualunque progressione arit-
metica e, c + J,cH-aJ,c-|-3</. . . e -V- nel . La somma
dì tutti questi prodotti si trova sempre = o , tutte le volte
che sia ni < n , ed il Binomio sia a — b ; ed essendo m =
ovvero > re per il Binomio a — b, ed in tutti i casi per il
Binomio a,-{-b, la somma de' detti prodotti con una sempli-
cissima e irenerale formola potrà sempre assegnarsi . La dimo-
strazione di questi teoremi 5 i quali sono di grandissimo uso
nel-
I
Dr Gioachino Pessuti . /.63
nella teoii';i di Ile difF^renze finite ^ ed in quella de' numeri
primi 5 risiillerà naturalmente dalla risoluzione de! seguente :
PROBLEMA . Deteimììiare la somma de prodotti de'
coeffirienti dtUa potenza n 6?u'/ Binomio a 'JL b rispettivamen-
te moltiplicati per le potenze m de' termini di una qualun-
que progressione aritmetica e , e -\- d^ e -\- 2.d , e -{- ad . . . .
. . . e -\- nd*
Sia primieramente 7?z = o , e però le potenze m de' ter-
mini della progressione aritmetica tutte eguali ad i : sj
tratterà dunque di trovare la somma de' coefficienti raedesi.
• 1- / _t_ 7 N» • . 1 T _L n . il — X
mi di [azr.b) , cioè la somma di i±n-\ zt
■ ' I . a
n.n — \.n — a
■ r hec, la qual somma è evidentemente := (i±i)".
Sia ora m= i , e dovrà allora trovarsi la somma de'
, . 1 , rt>- . . , n.n—i , n.n~i.n-2.
prodotti de coeiìicienti j ± n -\ ±: -f- ec.
1.2 1 . a . 3
rispettivamente moltiplicati per c,c-\-d,c-\-2d,cA-Bd...
, . . e + nd . Ora la patte di questi prodotti moltiplicata per
, , ., r , n.-n~i n.n-i.n-j. 1
c darà evidentemente c\i±n H ± • H- ec I
L I • 2, I . a . 3 J
=:c(r±i)''; e l'altra nascente dalia rispettiva moltiplicazio-
ne per o.dy i.d, ad^ ò.d . . . . n.d darà colla stessa evidenza
, ,r , — ■ ^'— ' .//-a , /Z-I./7— a.;z-3 1
una somma=lt«rf|o4-i±n-H ± l-ec. I
L I • a I . a . 3 J
= ± ;? J ( I ±1 )"""■' . Sarà dunque la cercata somma =
(A) (B)
r n./i-i n.n-i .n-2 "| r .
eli ±n-\ ± „ \- ec..\± nd ì o -\- 1 ± Il — i -h
« — i.Ti— a n — i.n — a./i— o
-'■, + i-Pf- I — /-/,-4-,\»-f-^7/T-+-TV'— t
+ ec.ì=c(i±i)''±?z^(i±i)" .
I . a I . a . o J ^ ' ^ '
Per passare ora al caso di m=2i , bisognerà di nuovo moltiplica-
re
4^4 Su DI ALCUNE SINGOLARI PROPRIETÀ' CC.
itt tanto (A) che {>•) termine p^-r termine per i termini della
progressione aritmeu'ra e, c-f-J, e +-2.(1, e ^- 3d . . .c+ru/,
ed è evidente che di nuovo per ii caso piecedente tanto { >.)
che (E) darà ciascuno due seiie di tenniui , cioè (A| darà
_£^)
,r ' 71,11—1 n.n-i.n-o, , ?ì-n-L .n-a.n-ò -i
c-\i±n-\ ± rr- ± ^ 1- ec |
L 1.2, i . 2. • o 1 . a, . ó . i^ J
(D2_ __ __ _
j_ ,r , n — i-n — a n — t .n — 2..7i—'ò t
4- I .:a I .a. 3 J
e (B) darà -f- ncl[ c-+- d)\ o
H- I ni/z
_{_E) __
/i — 1 . « — a
1 . fi
(F) _ _
n — i-n — ^./i — 3 "i |- n-2,ìi-3
ec.\-i-niii—i)d^\o+o+i±'i-2.-{-
;.j + n(/z.— ])jTo
i.a.d l^'l 1-2.
n — 2. // — 3.«- 4
1.2,3
4-ec.|. Imperocché non essendo (A) che
7i.« — I n.n — 1,11—2.
I ± n + • ± —-— -i- ec. moltiplicato per e ,
I . a I . a . 3 ^ ^
da ( A ) debbono nascere le medesime due serie di termini
moltiplicati per e, che sono nate da i ± Ji -^ ±
' 1 . a
-rr \- ec. Riguardo a (B) la serie de' termini eh es-
1 « a e o
■f.rr, . , , n-n — I , n.n-ì.n-1
so presenta, dinensce da i±n-h • ir: _ — .
I . a I . a . 3
ec. neir esser moltiplicata per ± «f/, neir aver o per primo
termine , ed re — i in vece di n ; onde moltiplicando questa
serie per i rispettivi termini della progressione aritmetica
Ci e -h d , e -{- ac/, e -\-3d . . » e -\- nd., tie nasceranno due
serie analoghe ad (A) e (B) , scrivendo cioè in questa n — i
Di Gioachino TESsvti . ^65
in vece di n, c+d in vece di e perchè il primo termine i
n — i,n — a
(Ji o + i±re — i -\ H ec. lattorc di (B) è mol-
I . a * '
tiplicato per e ■+■ d 3 e moltiplicando poi tutto per ± nd.
Sarà diuicjue finalmente la somma de' prodotti de' coeffi-
cienti I ± n -\- ± — + ec. moltiplicati
I . a . I .a . 3 '■
rispettivamente per i quadrati de' termini della progressione
aritmetica e , e -^- d ^ e -i- ad , e -\- od • . . e + nd , eguale
a (C) •»!- (D) + (E) -+- (F) , cioè riunendo in una somma i
termini simili (D) ed (E) e chiamando .questa somma (G) si
avrà per la somma de' suddetti prodotti
__(C) _,
r n.n-i , n.n-i.n-2. 1 , , ■„ . F
i±n-\ ± r--+-ec. \±ic+c+d]ndl o + i±
L i.a i.a.3 J l
(G) (F)
n—i.n — a , -1 , . , F , -' —
n — 1 •+- ^ ± ec. I 4- n.{n — i)d^ jc + o-i-iira— a-{-=
n — n.n — 3 1
e'
ì = c'(i ±i)"±{c-\-c + d}nd{i±iy
I . a
■^7i{n—i)d' { I ± I )""'".
Ora air istesso modo per passare al caso di m= 3, sic-
eome bisognerà moltiplicare i termini di ciascuna delle tre
s<'rie (C) , (G), (F), rispettivamente per quei della progressio-
ne aritmetica e, e -\- d , c-4- af?, e H- ^d . . . . e -h nd , sì
dimostrerà come nel caso precedente che ciascuna delle dette
tre serie due dovrà somministrarne , cioè (C) le due
(H)
e' I
n —
n.n — I
±«-+
I . a
fi)
- i.n — a
n
n.n-
-i.n — a
+ ec
id 0
-\-i±n-
, (G) le
-1 +
due
1 .
I
• 1 ■ cc<
, a . 3
. n — a. re — 3
. a . 3
Nnn
I . a
Tomo XI,
466 Su DI ALCUNE SINGOLARI PROPRIETÀ* CC.
(K)
o-+-i±re— n '■ ±ec. I
(^^ 111
•4-(c+c4-<;?)-«(/ì— iM* [o + O + 1 ±/ì — :ì + n-2..r7- ^^^ \
L i . a J
ed (F) le due
(M) ^
0+0+, I ±n — 2, + ^ ±ec. I ±.
/ - X / \ 71 r . — ^ fi — 3-'^ — 4j^ 1
n[n — ì){n — 2)cP |o + o-f-o4-i±re— 3h • ± ec. 1
L I . a J
Raccogliendo adunque in due somme i termini simili (1) e
(K) , ed i termini parimenti simili (L) ed (M), e chiamando
queste due somme (0) e (P) , si avrà la somma de* prodotti
de' coefficienti del Binomio (adlb)" rispettivamente molti-
plicati per le terze potenze dei termini delia progressione
aritmetica e , e -\- d , e -i- 2.d , c-i- 3d . . . . e -h nel, egua- .
le ad (H) + (0) 4- (P) -+- (N), cioè eguale a
_ (H)
r n.n — i n.n—ì.n — 2. 1 — -
«M I ±«H ± hec. I ± (c*^c.c-^d -H
L i.a i.a.d J^
(0)
— Il . , r . '^ — ^ -n — 2, , 1
e -V d"-.) nd \ o -\- i ± n — i -4- • ± ec. | -+-
(P)
— r — n-2..n ?y "1
{c-^c-\-d+c-\-2.d)ii.n-ì..d'-\o-\-o-\-i±n-2.'\ ±ec.J ±
. (N)
w(/z-i)(/z-a)^j[o+o+o4-i±/7^+'.^'^^ ± ecl =.c' ( i±i )•
Di Gioachino Pessuti . ^67
±(c'-f c.crpj4-c"77/>^'(i± i)"~M (c+cH-^+c+aJ) «(/i— 1)(^*
{i±j)"~'±n{ri—l){n—!i)fP{i±i)'''^. '
Dall' attento «^saiue dello sviluppo di questi pochi casi
soia agevole di dedurre l'andamento ^ e la composizione della
foimola generale esprimente la somma de' prodotti de' coef-
ficienti di (a±ù)" nspettivamente moltiplicati per le poten"
ze /?z de' termini di qualunque progressione aritmetica e, c+f/,
e -\- ad , e -{- 'od ..... c-\-nd. Imperocché egli è evidente
che questa somma sarà sempre composta di m -+- i termini
lispettivameute moltiplicati per ( i zh i )" , ( i ± i )"""' ,
( I ± I )""* . . . . ( I ±: I )"""" , e i di cui coefficienti saran-
no del primo -+■ e" j del secondo dt. nd moltiplicato per la
somma di tutti i prodotti di ?}i — i dimensioni, che si pos-
soci formare coi primi due termini e, c-hd della progressio-
ne ripetendo qualunque de' due quante volte si vuole ; del
terzo ■-hn{?i — \)d^ moltiplicato colla somma di tutti i pro-
. dotti dì m — a dimensioni che posson nascere dai primi tre
termini della progressione e, e -+• d, e -+- aJ, ripetuti come
prima quante volte si vuole ; e cosi di mano in mano sino
all'ultimo che sarà naturalmente ih h^n— i)[n, — 2)[n — 3) . . .
f. . . {n—m+i)d'"{i±i)"~" .
Si avrà dunque generalmente la somma de' prodotti de*
n.n — I n.n — in — a
coefficienti i ±reH ± \- ec. del Bino-
I . a I . a . o
mio (artZ*)" rispettivamente moltiplicati per e*, (c-Hc?)",
(c-f-arf)'", (c^-3fZ)"' . . . {c-hnd}"' , espressa nel seguente modo
c"'(r±i)"±[c'"-'-f-c'"-*.(c-+-rf)+c"'-^(c-hf/)' -+-(c-hr^)'"-']
7ir7([±i)— 4-[c"'-^H-c-""^(c+t/)...-f-(c+f/)"'~*-+-c"'-^(c-l-ar/)...
...-f-(c-haJ)'"~^-f (c+-f7)"- ^(c+-a^)^-(c-+^)"'~^(c4-af/)*+
-4-(c+^)(cH-aJ)'"-^];z.(«— i).f/'(i±i)--* ±[c-^c+d '^c-^-std
H-c-l-3J...-fc4-{m-i)r/]/2.(«-i).(/z-3)...(«-m+a).^'"~'(i±i)'~"'^*
±rt.(/i-i) (ra-a) (/i— m4-i)<^'".(i±i)"-'".
Cosi se sia per es. w = 4 5 la somma de' prodotti de'
N n n a coef-
4^8 Su DI ALCUNE SINGOLARI PROPRIETÀ* CC.
ff. . . . n.n — r nn — i.n—a.
coeliicienti i±n-^ ± i- ec. moltipli-
I'. a I . a . D . '
cati rispettivamente per e*, (c4-r/)'*, (c^-a^)^ (c-h3</)* . . . .
. . . . (c-hw/)'*, sarà eguale a C^^i ±1)" ±\à -\-c^. [e -\- d) -^r-
c.(c + f/)'4- (e + 4'J'z J( I ± I )''~'H-[c* 4-c.(c-+-^) -h(c-^-4* +c.(c +a4
H-(c+ac?)'4-(c -4- ^(c + af/)]/2.(/2— i)i'{ I ± 1 )''-^±[c-t-c+f/^-c-^-
arf-^c+3f/]/^.(^— 1).(/2— 2)^^(i±i)''~^-J-n.(,'i— i).{ii — ^)\n-ò)d\
{i±i)''~'' .
Corollari facili e spontanei della formola generale
che abbiamo ora esibito , sono i seguenti ^
a nostro credere y non ineleganti teoremi.
I.° La somma de' coefficienti di qualunque potenza n del
Binomio a — b è sempre =0 , Imperocché potendoci allora
figurare che i medesimi coefficienti vengan moltiplicati per
le potenze o dei termini d.i una qualunque progressione arit-
metica ^ si avrà perciò 77^ = 0, e dovendo esser sempre 7«+-i
il numera de' termini della formola generale , si ridurrà per-
ciò in questo caso la detta formola al solo primo termine
e™ ( I - I )" , cioè e* ( I - I )" = o . Cosi per es. se si suppor-
rà ra=4i J coefficienti di {^a-by saranno 1 -4 -H 6-4 + ' »
ìa di cui somma =: o •
II.° Sarà pure = o la somma de' prodotti de' medesimi
coefficienti della potenza n di a-b , rispettivamente molii-
piioati per qualunque potenza m minore di n de' termini di
una qualunque progressione aritmetica e , e -+- e? , e -i- Q.d ,
e ~\-^ùd ...... e -h nd . Imperocché essendo, come si sup-
pone, ììi-Kn, le potenze successivamente decrescenti di i-i
ossia di o , cioè ( I - I )% ( I - I )"-', { I - I )"-' . . .(r-i)--"
che moltiplicano i termini della formola generale esprimente
la detta somma , saranno tutte positive, e in conseguenza
tìitle eguali a o ; onde la somma stessa sarà anche = o. Co-
ti per es. i coefficienti i-^'\-6— éf-^i di (a-Z»)^ molti-
ph-
/
ì
Di CiOACHmo Pessuti . 4*^9
pTicati rispettivamente per i termini deìla progressione arit-
metica a, 5, 8, II, 14 5 o pei' ' '•^''O quadrati, ovvero per
i loro cubi , daranno sempre una somma di prodotti = o .
III." Se però sarà w = ovvero >/i, la somma de' pro-
dotti de' coefficienti della potenza n di a-b, moltiplicati
rispettivamente per le potenze to de' termini di una qualun-
que progressioae aritmetica e, e -+- d , e -+- a^, e -{- ^d . . .
• • ' . e -h rid , non sarà più = o j la formola però generale
che abbiam dato ci metterà sempre in grado di determinare
anche in questo caso con molta facilità ed eleganza il valo-
re della detta somma. Imperocché se snpporrassi m = re, egli
è evidente che tutti i termini della formola esprimente la
detta somma saran moltiplicati per potenze positive di i — i
ossia 0, e però saran tutti =0, eccetto 1' ultimo, il qua-
le sarà moltiplicato per ( i - r )° =: i ; onde il valore di
questa somma sarà in quest'ipotesi eguale al coffficiente del
«iede?imo ultimo termine, cioè = ± n.{n-ì)-{n- a).{n - S) . . .
, "{n~jn-\'i)4"' = n.{n~\).{n—2){n—?)) 3.a.i<'/'" . Così
per es. i coefficieu*i i — 4'+"6 — 4"+"' *^' {^ — ^Y rispet-
tivamente moltiplicati per le quarte potenze de' termini della
progressione aritmetica a, 5,8, 11, 14 daranno una som-
•ma di prodotti =4'3-a-i -3^ =^ '9-r4'
Essendo però m '>. n , come per es. /« = re -h i j i' ulti-
mo termine della nostra formola generale diverrà
±.iu{ii — i) . {ii—o) . [ii—'i] . ..S.a.i.o .d'"{i — i) ' = 0. — =0; il
penultimo sarà [c4-c + J'4-cH-2<ìf ... H-c k-nd\n.[ii- t)[n—i) (i— 3 ...
,.. 3.2. 1 .'/""'. (r - i)'= [c4-c-+-6r-f-c + 2j -I- e ^nct[.n.{n-\).
('7-ii).('j -3) 'ò.^.\.d^~'^ ; e tutti gli altri termini prece-
• denti , essendo moltiplicati per potenze positive di i-i cioè 0,
si ridurranno a o. In quest' ipotesi adunque il valore della
nostra formola generale si ridurrà al penultimo termine
[e ^c-\-d->rc-\-a.d ...'-^c-\-ìid\n.{iL-i) (/j-2).(re-3) 3.2. 1.^/"'"'^
il
47° Su DI ALCUNE SINGOLAKI PKOPRIETa' CC. , ^
il quale in consegue. iza esprimerà il valore della cercata
somma. Così per cs. se i coefficienti i — 4~1~^ — 4"+"^
di ( <a i> )4 si moltiplicheranno per le quiiìte potenze de'
termini della progressione aritmetica iij5,3.. ii, j4. la somma
de' prodotti si troverai (2, +-5+8 -t-i i +-14)4 3.i2.u3''=777Òo.
All' istesso modo si dimostrerà ch'essendo m=/i-|-a,
tutti i termini della nostra iormoia gent^rale svaniranno ec-
cetto rautepenultimo, il quaie rap;)reseriterà ii conseguenza
la somma cercata ; e in geneie eh' essendo m = « 4- /> , la
detta somma verrà espressa da quei termine della nostra for-
mola generale, che dista dall'ultimo iu<ghi p %
IV." Trattandosi poi de' coetìioienti di {a-^l)" , i termini
della nostra formola generale sarau tutti fosit^vi ed in nume-
ro /^^^-I , sino a che si supporrà m < n , Supponendosi però
77z= ovvero > re , il numero de' medesimi termini, i quali
continueranno ad esser tutti positivi ^ sarà ifidipendentemente
da qualunque valore di m , sempre = re + 1 • Imperocché
egh è evidente che se sarà m-=ìi, tutti i temimi iaian pur
come prima positivi, ed il loro numero sarà , come sempre,
m -I- I = re 4- I . Che se supporremo m = re -h i ,1' ultimo
termine che tioverassi molt'plicato per re — /re-f- i, si ridurrà
in questo caso a o, sussistendo tutti gli altri, il numeiio de'*
quali si ridurrà in conseguenza ad m •> cioè ad re-+-i . Simil-
mente se sarà m= /z -f- a , -epperò n - m -{- a = o , poiché
/?, — rei-Ha. entra tra' fattori de' due ultimi termini, siccome
apparisce dalla loro ispezione 3 questi due medesimi termini
perciò mancheranno , e i rimanenti saranno in conseguenza
m-+- I — a = reH-iì-l-i— iì=:ra-f-i, come prima. In gene-
re essendo m — n-^rp, mancheranno sempre, com'è chiaro,
gli ultimi p termini, tra' fattori de' quali vi è re — 772-1-/7 = 0,
e non rimarranno che termini m4-i—p=n-^p-\-i — jj^n-v-.i .
Del rimanente o sommando gli /re+i termini della for-
inola generale quando sia 77z < re , o tenendo conto soltanto
degli re -f- I primi termini , quando sia 7?z = ovvero in qua-
lunque guisa > rej si avrà facilmente la somma de' prodotti
de'
Di CroACHiNO Pessuti . ^ji
Je' coefficienti di (a-i-b)" moltiplicati rispettivamente per le
potenze di qualunque grado de' termini di qualunque pro-
gressione aritmetica e , e -\- d , e -\- 2.d , e -\- 2d . ^ . e -\- nS. .
Così per es. i coefficienti di {a-\-hy essendo 14-3 +-3-t-r ,
se questi si moltiplicheranno rispettivamente per le terze po-
tenze de' termini della progressione aritmetica i , 3, 5, 7,
la nostra formola darà per la somma de' prodotti gli m -t- i
ovvero ra+i cioè quattro termini i'.i5-f(i*-!-i.3-h3*).3.2,.a*
H-(.H-3 4-5).3.a.a'.a+3.3.r.2.3 = 8+3 i2;+43i-f 48=800.
Che se invece delle terze si moltiplichino i medesimi
coefficienti per le quinte potenze de' termini della stessa
progressione aritmetica i , 3 , 5 , 7 , si avrà per la somma
de' prodotti la somma de'^seguenti re + r cioè quattro termini
• I^a^^-( i^+i-'.3-hi\3^4- 1.33+3^) 3.a''^-(I5^-l^3+I.3"^-
3^4-I^5^-S^+3^5 + 3.5^-^- 1.3 5.). 3.a.3^a+(I'^- 1.3 4-3^+1.5
-f-5'+i.7-|-7"4-3.5+ 3.7+5.7)3.3. i.a'=3+iai.24 -1-330.48 4-
170.43= 26913 ►
Abiiiam. detto esser grandissimo V uso di questi teoremi
nella teoria delle diffiretize finite , ed in quella de' numeri
primi. Per darne un rapido cenno supponghiamo per modo
. dì esempio che si cerchi 1' espressione generale della diffe-
renza /2."'»» di x'" neir ipotesi che sia costante la differenza
A^ di X . Richiameremo alla memoria quel notissimo teore-
ma il quale c'insegna eh' essendo z, z , z' \ z'' . . . z " ,
2 "~~^^ , s" i successivi valori di una variabile z, la differenza
, , , n.ji — I ,
njima di z verrà espressa da z ' — nz^ ' ■+■ .. ^ z^ .....
I. . 2,
.... rt z, d'ove (n) , (re-i), (^—a) ec. sono indici e non espo-
nenti . Avendosi dunque nel nostro caso in vece di z , z' ,
Il II, (n — 3) («— i) (n) . . . , . ,. „ . ^
z , z . . . z ', z , z ' i successivi valori di x , cioè
(e Wi A '■)■", si avrà perciò AV;=(t + /?,Ax)'"-/?(t'+ /z^i.Aj:).'"
n n — I , ,„ n\fi — i.n a .
4 (^+/i-a.Aj)'"- ■ T— (^+ft— S.Aar ±x''.
Ora
l
472i Su DI AIJCUNE SINGOLARI PROmiETA'' CC.
Ora sviluppando le potenze indicate , e riunendo insieme i
termini moltiplicati per la stessa potenza di x , si raccoglie-
rà'agevolmente i." Che x"* si troverà moltiplicata per i — «
n-a — I n.?i — i -n — a . ,
-h ' 1- ec. cioè per o, secondo i no-
I . a I . a . 0
stri teoremi , quando che sia « > o . a.° Che a;""' ve^rà
moltiplicato per mC^x , e per la somma de' prodotti de' me-
. n.n—i n.n — i.n — a
desimi coefficienti i— a H r — ec. rispet-
I . a j . a . o
tivaraente moltiplicati per i termini della progressione arit-
metica Zi, 71 — I , n — a, n — 3 ec- Ja qual somma sarà
ancoralo per i medesimi nostri teoremi , se sia « > i . 3.'
m.m — I
Che X troverassi moltiplicata per £\x , e per la som-
ma de' prodotti de^ medesimi coefficienti rispettivamente mol-
tiplicati per 7i* , ( 7i -- I )* , ( re-- a )* j (ti-- 3)* ec. la qual
somma è pure , secondo i nostri teoi-emi , = o , quando che
sia ra>2,. 4»° Che allo stesso modo dovrà annullarsi la som-
ma de' termini moltiplicati |>er x'"~^ , x'"~'^ ec. purché sia *
n>3 , re>4 6C., ed in genere dovranno ridursi a zero tut-
ti i termini sino al termine moltiplicato per x'"~" esclusiva-
mente j il quale sarà il primo a rimanere • ed è evidente
dalle cose dette e dai nostri premessi teoremi che questo
primo termine che resterà sarà il prodotto di ar™"" moltipli-
7n.m — i.m — a , . . . m — « -+- i
cato per -c^x , e per la sora-
l*a*o.**«««re
. ■ '^•^ — I
ma de' prodotti de' coefficienti i — n -\ — ec. rispet-
tivamente moltiplicati per le potenze ii.^"^^ de' termini delia
progressione aritmetica n, n — i , n — a ec , la qual somma
per uno de' nostri teoremi è ^ n.n — i-n — a S.a.i;
siccome è egualmente chiaro dai medesimi principj che il
ter-
^ Ui Gioachino Pessuti . ^yS
F termine seguente risulterà dalla moltiplicazione di a,"""""""' per
— hx e per la somma de prodotti
I . a . 3
de' coefficienti i -- n -\- — -- ec moltiplicati per le po-
1 * ii
tenze re -t- i di re , re — i, re— a , ec. , somma da trovarsi fa-
cilmente coi nostri teoremi ; e così di mano in mano , ve-
dendosi chiaramente con qual legge progrediscano i termini
superstiti della serie , i quali debbono esprimere il desidera-
to valore di A'x" , .
Dall'andamento di questa serie si raccoglierà facilmente
1° Che la ditì'erenza dell' ordine re di x" non contiene veru-
na potenza di ^x inferiore alla potenza re , né veruna po-
tenza di X superiore alia potenza x"'~" . 3.° Che se sarà
n "> in 5 la diffeirenza n.^'ima di ^"» gaia sempre ::= e . 3." Che
se n = in^ la differenza re."'"'^' di x"" si ridurrà alla quantità
costante m.m — J .m — a 3 . a . i . A^"'- 4'° ^^'^ avendosi
la funzione razionale senza divisori variabili Ax" ~\-'S,x^Cx'^ -\~
ec. , la differenza n/"^'^ della medesima sarà parimenti nulla se
sia re maggiore di qualunque degli esponenti m ^ p , q ec _,
sarà una quantità costante se sia re eguale ad uno o più d'uno
de' maggiori fra gli esponenti ;re , /> , y ec. , e potrà infine
sempre determinarsi per mezzo della data serie, quando che
sia n minore di alcuno de' medesimi esponenti ec. ec.
Potremmo oia passare a dare molte altre applicazioni
della formosa generale del nostro problema , e de' teoremi
che da essa se ne sono dedotti , e soprattutto potremmo far
vedere di quanto grande uso essi possono essere nell' astrusa
teoria de' numeri primi . Molto facilmente per es. per mezzo
dei detti teoiemi potremmo dimostrare quell' elegante teore-
ma di cui Warìng attribuisce la prima scoperta a Wil on ,
e che Lag-ange fu il primo a dimostrare , cioè eh' essendo p
Tomo XI. O o o un
4^4 Su DI ALCUflE SINGOLARI PU0P1U2Ta' CC.
un qualunque numero prima» il prodotto i . a . 3 . 4 • • • {p — 0'
accresciuto dell'unità sarà sempre divisibile per /? , e non
lo sarà senoncbè essendo jj numero primo (i) . Ma lascian-
do
(i) Difatti abbiam qui sopra dimo-
strato eh' essendo n un qualunque nu-
mero , la somma de" prodotti de' cccffl-
n.n — I yi.n — i ■ " — a
«lenti ì—n-i "~~3~
I . a I . 2 . o
-^ ec. rispettivamente moltiplicati per
n n n
n , (n— i) , («— a)
cioè il —n{n — i)
n.n — r n n.n — i.n— 2 , _/'•
4 (,2—3) — 7-- ("—3)
I . a I- . 2. . o
-l- ec. =r I . a ■ 3 . 4 • • • • " 5 o"'^'^ ^^
supporremo n zzf — ' , intendeudo per
p il proposto numero primo , avremo
r-zi ,„^xP-' ^
p—i . p-
(f-3/-^ -
r,— 3
£:Zl_^ZÌ:^(;,-4/-' + ec.
^ r . 2 . 3 . 4. . . -il' — ');> essendo n os-
sia /. — I il numero de'termini del primo
membro , giacché « è appunto il nu-
mero de' moltiplicatori da cui essi na-
ri
re
n — 2.)
scono, cioè n , (n — i)
.... 2 , 3 . JWa per 11 teore-
ma di Fcrmat , di cui abbiam dato
una dimostrazione- nella /.* Farle ,
(p-.)P-' - I , (p-^)P~^ - I .
(e— 3)^' "' — 1 ec. sono sempre divisi-
bili per ^ , e in conseguenza (^i)'
sarà eguale a un multiplo àìp, per e».
,)" sarà eguale-
Hp+i , l-i ip.
p—i
a un multiplo di^ , per es. I^ -i- >
e similmente ■ \p — ^)
si potrà esprimere per un multiplo di
w— I . v — 2 .
p, per es. l^p -j- — ec. Chia-
mando adunque N/? la somma de mul-
tipli di/), che vengon dati dai successivi
termin
.(^_,)F-_^'(^_2/- +
ip-W
• ec. , SI avrà
r> — r /;— I . p—^
p—\ ■
I- . a-
^-^-f-ec.=i.
,3.4,
I
(p—ì). Ora I — -^ h
+
J5— I . p — 2 l/)-^! . p — 2 . ;) — 3
1.2 1.2.3
ce. , ccntinuaudo la serie, siccome si
è detto , per un numero di termi-
ni p — I , rappresentano la potenza
(i— i)^ diminuita del suo ultimo
termine, il quale essendo p nume-
ro primo, e p — i in conseguenza nu-
mero pari , sarà certamente -t- i . Si
avrà dunque Ì!Ìp ^- (i— ')■''"' — ' =
Di Gioachino Pessdti. /J.yS
ciò questa ed altre simili applicazioni a chi potrà esserne cu-
rioso , noi crediamo che sia tempo di terminare, se non al-
tro per non giustificare o alroeno per non aggravare l' accu-
sa che pur troppo temiamo che ci si opponga , di esserci
cioè sovercliiamente dilungati in un argomento cosi sempli-
ce ed elementare •
Ooo a
SUL
N/i — I =i.3.3.4---- [p — ') )
e quindi i . a . 3 : 4 • • • • {j'~~^) + '
:= N^, cioè r . a . 3 . 4 • • • ip — ') -(-'
divisibile per p , siccome dovea dimo-
strarsi .
Egli é da notarsi clie questo teore-
ma , sicccrae abbiamo già accennato ,
appartiene esclusivamente ai numeri
primi , cioè non si verifica senoncliè
essendo p numero primo . Difatti se
p fosse per es. il prodotto di due qua-
lunque fattori disuguali ^ ed r , sic-
come questi du- fattori dorrebbero es-
ser minori d'i p , si troverebbero per-
ciò tra' numeri i , 2, 3, 4 • • • (/' — i);
ernie la quantità 1.3.3.4
(p — i) -+• I divisa per q cà r cioè per
j> , lascerebbe il residuo i . E lo stes-
so pure accadrebbe , quando anche p
fosse il prodotto di due fattori eguali
<] ■ q , poiché allora sarebbe p—^ SS
ij^ — I > 2,q , sempre che sia y > 2 ,
onde nella serie de' numeri 1,2,3,4,
.... (p — i) si avrebbero i fattori q
e aq , e quindi di nuovo i . a . 3 . 4 ,
• • • ■ (/'""') "*" ' diviso per q^ o p Jn-
scerebbe 1' avanzo i . Che «e q sia a ^
cioè /'SS4) ognun vede che i . 2 . 3 . -f- i
cioè 7 npn è divisibile per 4 •
47*
SUL CATARRO EPIDEIMICO
OPUSCOLO
Di Giovanni Verardo Zeviani
Pàcevuto il (Ti a4- Marzo ioc4-
PARTE PRIMA
Descrizione del Morbo .
Il Catarro Epidemico, volgarmente detto Grippe , o Catar-
ro Russo , ha sintomi coirTuni con T ordinaria infreddatura ,
che noi diciamo raffreddore . Per questo nei primi secoU del-
la sua comparsa , gli uomini presi da questo morbo erano
detti gli infreddati. Una spontanea lassezza, non dolorosa, ma
fredda e stupefattiva delle membra è il tristo annunzio drl
morbo vicino , quando è in piedi l' Epidemia • Dopo poche
ore insorgono de' brividi in tutta la persona, che poi si can-
giano in una febbre, per lo più eflimera . Nel tempo istesso
duole e si carica la testa di una più o man dolorosa ed acre
flussione , detta dai Medici corizza . Stillano dagli occhi in-
fiammati brugianti lagrime : dal naso e dalle più interne na-
rici esce il sangue, e dopo, un focoso muco sottile , che fa
sternutare , tossire , e vomitare i rappresi . Se il corpo sia
di fredla temperatura, o sia fredda la stagione, la ft bbre
noti è molto sensibile, ma replicano allora dopo il primo al-
tri termini di febbre a guisa di terzana'; i quali perchè non
finiscono col libero e copioso sulore , se ne prolunga il
corso del morbo; il quale poi passa ad ingombrare il polmo-
ne, producenflo da prima la raucedine coti sfMiso di aidore
molesto lunghesso la trachea , e dopo eccitando una molesta
tosse , che si estende a più settimane , prima di portar fuori
uà
^ G'iOVANNI VeRARDO ZeVIANI . 477
un facile e concotto catarro , che dia fine al morbo . Vizia-
ta la scialiva dal muco infetto , si fa frequente e molesto lo
sputo, si altera il sapore degli alimenti, si perde la voglia
di mangiare ; onde divengono deboli^, e si scarnano gli infer-
mi . Propagandosi la catarrale inffziofie alle parti inferiori ed
al sangue, restano alcuni aitaccati dalla pleuritide e dalla
peripneumonia : altri si fanno tabidi : altri dissenterici: altri
oppressi da perigliose febbri maligne . Passato il fnroi'e del
morbo , resta frequente la lippitudintf e 1' apoplessia : e vi
succedono d'ordinario il vajuolo ed.i morbilli, o qualche al-
tro morbo epidemico ► .Passa il morbo celeremente di una in
altia persona, di una in altia famiglia,- di una in altra Cit-
tà : attaccando tutti indifferentemente di ogni età e di ogni
sesso , sino a diffondersi nel corso di un anno a tutta f Eu-
ropa ; dove infierendo nel verno, dove in primavera , dove
nell'estate, e dorè nell'autunno ; fermandosi in un sito niente
più di quattro o sei settimane . Non tacciono gli altri morbi
ordinar] nel tempo del catarro; come dicono che succede in
tempo di peste: e singolarmente se la stagione il comporti ,
si uniscono al tempo le febbri periodiche , o si risvegliano .
Serie delle Catarrali Epidemie dall'anno I2,3g.
sino al presente .
12,39. \\\ questo anno nelle Croniche de' Frati minori
leo-cresi che fu nel mese di Agosto una influenza catari ale .
i3ir. Nelle stesse Croniche leggesi di una influenza si-
mile ili tutta la Francia , per cui moii gran numero di per-
sone .
i3i3. Nella Istoria Fiorentina del Buonin«p^nÌ , leggesi
che in «piesi' anno di Agosto fu un vento pestilmziale , per
il cpiile allunalo di fredlo e di febbre per alcuni dì qua-
si tutte le persone in Firenze ; e cjuesto medesimo fu per
Jq;u3Ì tutta I taba ►
iSaj. Nella stessa Istoria si legge che nel mese di Mar-
zo
47^ '^UL Catarro Epidemico
zo fu quasi per tutta T Italia una corruzione di febbre per
freddo .
i358. Nella stessa Istoria si legge che nel principio dell'
inverno cominciò una influenza di freddo , che quasi ogni
persona della Città e distretto d' intorno infreddarono , e
molti ne morirono .
1387. Questa pur leggesi nella Storia Fiorentina: nel
mese di Gennajo cominciò in Firenze una influenza , che
quasi ogni peisona malava di freddo e con febbre , e duiò
insino a mezzo Febbrajo , e morirono molti di ogni età , ma
più de' Vecchi . Leggesi ancora nel supplemento alla Storia
di Forlì del Marchesi , che in quest' anno segui una congiu-
ra, sedata la quale la città restò ttavagliata da una'Epidemia
di tosse 5 e freddure con febbri lente, che universalmente
non la perdonarono ad alcuno; il qual morbo si dilatò per
tutta la Provincia di Romagna , se ben pochi ne morirono .
Questa si è la prima Epidemia catarrale che si trovi accen-
nata da' Scrittori di Medicina : e fu il primo Valesco di Ta-
ranta : Ego vidi Montepes sulano anno quo ego accepi licen-
tìarn id8j; quod fuit Catarrhus quasi generalis ; ita qiiod vix
decima pars gentium praeter ìnfantes evasit catarrhum cum
febre , et fere omnes decrepiti moriebantur propter dictain
causam • (a)
1400. Due catarrali Epidemie furono in questo torno di
anni, accennate dallo stesso Valesco.
1410. In questo anno scriveva Valesco , quando correva
una quarta Epidemia catarrale fra quelle che furon da lui
vedute : est quasi aegritudo generalis , et quasi pestilentialìs
suo modo : et aliqui inde rnoriuntnr , maxime decrepiti : et
per loca facit cursiim siium : et bene tempore meo vidi qua-
tuor vicibus {b) . Non so comprendere la ragione perchè questi
pas-
[à] De Catarrlio Pronosticatio .
(b) De signis Catarrbi .
Di GmvANNi Verardo Zeviani . 479
passi di Valesco , i qu;iii si trovano nella Veneta ediz'otie dL-Ue
sue Opere all'anno i5i3, siano poi stati ommessi nella edizio-
ne di Francfort all'anno iSgg. Forsechè è stato creduto ne-
cessario ommetterli, come quelli che ni.n si accordano coiran-
no di sua nascita j eh' è marcato dal Mangeti all'anno i3uii.
Bla accordandosi i sopra addotti passi del Buoninsegni e del
JMarchesi a mettere essi pure una Epidemia di catarro alTan-
no stesso 1387., in cui la pose Valesco, meglio era attri-
buire r errore agli Autori che quel tempo" hanno segnato
d(;l!a sua nascita j che crederlo corso nell'Opera dello stesso
VaLsco .
i4i4' Secondo il Mezerei] a' tempi di Carlo VI. fu un
«■atarro epidemico , chiamato la Cóqueluche , che nei mesi
di Febbrajo e di Marzo tormentò ogni genere di persone, e
quasi tutti li vecchi ne morirono (t) . Questo è notato an-
che da Frate Girolamo da Forlì nel suo Cronico .'
1438. Al fin di questo anno, leggo di un^ influenza,
probabilmente catarrale diffusa in questo tratto di Italia , ac-
cennata dal Carli al tomo sesto della sua Storia di Verona •
1483. Descrive il Mezerei] un' epidemica malattia in que-
sti termini : = il courut une maladie epidemique tonte extraor-
dinaire, qui attaquoit aussi bien les Grands , queles petits . =
E da credeie che questo morbo fosse di catarro , stantechè
è accennato da Alessandro Benedetto in questi termini : asta-
te nostra hujusmodi destillationes graves , perìculosaeque ciiin
acuta fehrì omneiìi Italiae orain infeitaverunt ex quodam
cadesti injluxu ; ita ut plurimi caderent {d)- .
i5o5. Descrive in questo anno Gasparo Torcila un male
pestifero e contagioso che infestò la Spagna e 1' Italia . Ben-
ché sia questo da lui chiamato Mgritudo Ovina, credo io
noa ostante che altro non fosse che il catarro epidemico :
stan-
(f) Abregé , part. 2. tom. 3.
(J) Lib. 4- cap. i8.
4°o Sul Catarro Epidemico
staritechè gli Italiani nelle vere e certe Epidemie catarrali
elle fulron dappoi, hanno seguitato ad usare il nome di mal
del castrone : nome che siguitica la tosse , fainiliar nioibo
de' castroni .
i5io. Ecco infatti il vero catarro epidcm'co , tielto
già dai Francesi Coqueluche , in questo anno desciitto dal
de-Thoti, col nome di mal del castrone: Morbus novus , in
Italia dictiis Vernecìnus , qui -ìa Oriente primum -^ dein Itala
et Hispania lethalìs {nam et ex eo Jniia Philippi Rfgis uxor
decessi t , et Gregorius XIII. ptriculose a£grotavit ) incogni-
ta initio remedioniin ralione , mulios afjlixit : coquelucham
vulgo vocabant {e) . Il Mezerei] per verità alquanto diversa-
mente descrive questo morbo ; il che ha dato occasione al
dotto di Sauvages di dubitare se veramente fosse di catarro.
Non e' è pelò occasion da dubitarne per la maniera con cui
lo descrive anche il Fernelio : coìnmiinis illa porro omnibus
decantata gravedo anhelosa anno i5io. , in, cmnes fere mun~
di regiones debacchata ., cum. febre ^ cuni summa capitìs gra^
vitate , cum cordis , pulmonumque angustia , atque tassi ;
quamquam multo plnres attigit^ quam jugulavit (/) . Quindi
dal Vallerioia e dal Sennerto fu questa pure annoveiata fra
le altre catarrali Epidemie che furon dappoi . E per ventura
è quella di cui scrisse Gregorio Horstio : huc ftiam pertinet
malum Epìdemium^ gravedo scilicet anhelosa cum tassi, quae
ante 90. annos universum fere ìnundum ab occidente in orien'
tem per omnia quatuor anni tempora pervagata est [g) ,
i5j5. Questa è riferita dal Paradino , secondo che si lee-
gè in Marcello Donato [h) ,
i54'^. Si fa menzione di una Cefalea pestilente in molti
luoghi epidemica dal Trochoreo in speciale libretto.
1557.
(«•) Hist. lih. 71.
(/) De aJidit. lib. a. rap. la.
(g) Op. tom. I. p. 285.
(/*) De Med. Ili^t. lib. 6. cap. 4.
I
Di Giovanni Vejiardo Zeviani • 4Si
1557. Questa Epidemia catarrale è descritta pienamente
dal Valleriola , che la dice diffusa in tutta la Francia ( i ) .
Con più vivi colori vien descritta da un Anonimo P'rancese ,
nelle osservazioni del Riverio . La stessa fu osservata in
Olanda dal Foresto e dal Dodoneo.
iSói. Fu in quest' anno veduta e provata una influen-
za catarrale in Basilea da Giovanni Bauhino, della quale co-
sì scrisse al Gesnero : licei non sit mìhi commoditas magna
scrìbenclì , cum laborem morbo Epidemia , qui est gravitas cct-
pitis cum dolore et defluxìonihus magnis , quibus correpti su-
nius fere om/ies ( vocant liunc morbum Galli coqueluche^ ni-
hilominus tarncn volui tibi scribere (/) .
i574- Cosi scrive il Ballonio di questa Epidemia : Anno
hoc , quum aestas pluvia esset , austrina , et autumniis eam
excepisset eodeni temperamento , infinitos prehenderunt den-
tìum dolores , coryzae , ophtalmiae , tusses , pulmonum af~
fectìoiìes t destillationes in partes sidijecias : immo et nonnul-
lis apoplexiae {jìì) .
iSyS. Ecco un' altra Epidemia catarrale descritta dallo
stesso Ballonio : si serum malignum et indomitum in animan-
tìum capitibus generatum in fauces et asperam arterìam iiir-
i jluebnt^ tusses violentas, pruritus quosdani in pectore , et ìna-
nia tussiendi desideria excitabat . Imma Medici qui popularis
morbi saevitiam considerabant ^ eos affectus ei consimiles arbi-
trabantur , qiiem olim coqueluche vocitahant . (/?)
]58o. Questa fu veduta in Spagna dal Mercato. In Ger-
nmiiia dall' Henischio . In Olanda dal Foresto . In Francia
dall'Anonimo in Riverio. Qual fosse in Italia, lo abbiamo da
Pietro Salio diverso ^ dal Capivaccio, dal Mercuriale, da
Francesco Campo di Lucca , che ne stese un trattato . Par-
loinie anche il Cicarelli nelle vite de' Pontefici .
Tomo XI. P PP iSgi.
(j) Appeml. loc. com. cap. 2.
(l) Gosner. Epist.
(ni) Tom. I. p.Tj. m. 84.
(n) Tom. 1. pag. m. \^^.
48a Sul Catarro Epidemico
l'gr. No!ò in questo anno il Sennerto una febbre ca-
tarrale Epidemica in Gerraania . Questa forse fu quella stessa
veduta dal Vaiandeo in Francia , la quale per testimonio del
Camini fu diffusa in tuttala Italia -, e ne parla anche il Trun-
conio, ed il Platina nella vita di Gregario XIV. Mal s'appo-
se il Gennari 5 volendo che fosse forse il mal del monto-
ne (o) .
iSgS. Questa Epidemìa è ramrnemorata dal Chiflcfc in
Francia , e dal Cagnato in Italia .
1597. Si trova un libretto di Giambattista Mella ^ inti-
tolato ii Corlesivo , o vero del mal di castrone. Per quc^sto
libro si dinìostra una catarrale Epidemia in Italia : ciò (he si
comprova altresì da un passo delio Schenchio , che la fa co-
mune anche alla Germania : hujus saevìtia Ptomae eo ipso tem-
pore quo Germanìam ìnvaslt , supra novem millia homìnuin
absumpta fuìssc litterls amicorum didici (p) . Sembra che
questa sia indicata ancora dal Zacchia ; il quale mentre scri-
veva all' anno 1637^ paila di una Epidemia catarrale mole-
sta ai Napoletani dopo quella dell' anno i58c. [q) .
1617. Quando però di questa non parlasse Zaccliia ^ del-
la quale parlando il Mercuriale così dice : peregrinus hic hos-
pes Neapolim involavìt ubi ad sexaginta millia infantium
( hanc aetatulam, in primis adoriebatur ) praeter innumeros
cujusvis uetatis et conditionis homines , qui contagiosa hac
lue , ah incolis male in canna nuncupata , intra^ septimum
ah invasione diem , nìl proficientibus antidotis , exlincta
sunt (r) .
i6a2. Fu pure in Napoli in questo anno una Epidemia
di mali di gola e del respiro , descritta dal Boncore .
162,7.
(o) In Penada , osserv. tom. i. p. 83.
(p) , Prsfat.
[q) Quffst. pag. m. 263.
\j-) Lib. de Peste .
Di Giovanni Verardo Zeviani . 4^3
1627. Questa è indicata dal Zacchia : Nam et henignis-
sìmi quidam vagantur morbi populures , quales sunt raucedì-
nes et gravedines, quae hoc tempore plures Italiae urbes mo-
le.starunt i et adhuc anno presenti 1627 molestant [s) .
i658. In questo anno vide e descrisse esattamente il
Villis in Inghilterra una febbre catarrale, a mezza primavera.
Epidemica {t) . E fu probabilmente la stessa natura di morbo
quello che vide a' suoi giorni Giambattista Doni : morbus ,
qutm ridiculo nomine castronem vocant ^ multos^ ex debìliO'
ribus , eisque qui non satis obtecti incederent , afflixìt vel i/i-
teremit (u) .
i663. In questo anno, al riferire del Paulitii, fu in tutto
Io stato Veneto una Epidemia catarrale, che infermò più ses-
santa mille uomini .
1669. Una Epidemìa catarrale fu veduta in questo anno
dal Fanoisio, onde scrisse un libro intitolato : dissertatio Me'
dica de morbo Epidemico hactenus inaudito: praeterita destate
anni \ 669 Lugduni Batavorum , vicinìsque locis grassante .
Questa stessa fu descritta dal Bartolini: alias tusses Epidemia
cae et pleuritides hac aestate anno 1669 grassabantur , non
paiicis lethales [x] . Fu descritta anche da Silvio le Boe , il
quale poco dopo per essa morì .
1675. In questo anno notò il Sidcnamio in Inghilterra
una tosse Epidemica , che si tirò dietro la peripneumonia .
Era però un vero Catarro Epidemico, per tale descritto dall'
Ettmullero, che io dice comune a tutta la Germania. Tan-
to afferma anche il Reygero nelle effemeridi Germaniche, e
r Offmanno stesso (7). Trascurando il Catarro fatto comune in
Inghilterra, morinne Tomaso Villis, fatto peripneumonico.
Ppp a 1779.
{s) Loc. citato .
(<) Op. tom. I. pag. m. 2oa.
[u) De Saint. Agri Romani .
(x) Epfiem. German.
(y) Med. System, tom. a. cip. 4-
4^4^ Sul Catarro Epidemjc»
1779. Niccola de Blegny descrive un catarro Epidemico
in questo anno apparso in Francia . Questo stesso fu veduto
ifi Inghilterra dallo Scacht , e dal Morley .
1691. Nella Stiria fu in quest' anno un Catarro Epide-
mico, descritto dai Leben-valdt ; e fu in Roma una simile
infezione , descritta dal Cagnati (s) .
1699. ^" questo anno è descritto dai Curiosi della Natu-
ra un catarro Epidemico in Ratisbona ; e lo stesso fa notato
in Lipsia dali' Offmanno [a).
1709. Lo stesso OfiPmanno descrive un catarro Epidemico
nella Prussia in questi termini : Jiprili et Majo initiante, Be~
roliiiì , quo tiim degebam , et alibi qiiamplurimos corr'ipiebat
febrìs ciim horrìpilatione et aestii^ summo languore , tussi fe-
rina , nonnullis quasi siiffocatoria , ingenti siti , et cihorum
nausea . Circa noctem invalescebant haec omnia ; et somnus
inde mirum turbabatur: in quìbusdam extrema , max calebant ,
max horrebant . Qui vìx convalescentes , in publicum prodi-
hant cito nimis , incurrebant ingentem capitis torporem , gra-
vntivum dolorem , vertiginem, gravedinem, dan Stoksclinup-^
ten (b) . La stessa epidemia fu veduta in Roma dal Lancisi ;
e la dice diffusa in tutta 1' Italia , uelL' Olanda ^ ed in Fran-
cia {e) .
171 1. L' Offmanno descrive una certa febbre Epidemica:
quae totam Blarchìam et Ducatum Magdeburgium ,. Thurìn-
^arn quoque ìnfestabat (d) . Ma fu un vero catarro. Epide-
mico , come tale notato dal Boettichero {e), e dal Bavero (/).
1729..
Duse.
(2) Opu
(fl) Opusc. Med. PHys.
(i) Med. Syst. tom. 4. pag- m. 70.
(e) Rom. Epid. pag. m. io5.
{d) Med. Syst. tom. a. pag. m. iii.
(d) Act. Lips.
{f) Eph. German.
Di Giovanni Verdrdo Zevtani . ^Sy
1729. Parlò di questo catarro Epidemico l'OfFinanno (^) .
Ma più distintamente il Loevo in particolare libretto : Feùris
catairhalis anno 1729 •, singìllatìm mense Septembris atque
Octohrìs Vìennae epidemicc grassata est , cujus muli semina non
tantum per Svetiam , Daniam , Hollandiam , An^liam , His~
paniam , GalUam , Elvetìani , Italiam , Austrìam , Germaniae
partes reliquas , Hungariam , Polonìani , totam/pte Europam ,
eodcm tempore sparsa sunt . Unde etiam est quod in hac Ci-
vitate Viennae non 60000 liominum , quod novellae tradidc'
re , sed longe major numerus hanc perpessus sìt . Fu questa
in Padova nel seguente Gennajo 17,30 per referimento del
?iIorgagni (A) , e moriiine il celebre Antonio Vallisneri (i) ►
17.33. Questa fu molto osservabile, ed è pienamente de^
scritta nei saggi di Edimburgo : singolarmente si nota „ che
prima che questa malattia si fosse palesata fra gli uomini , i
cavalli tanto delia città , quanto delle vicinanze furono ge-
neralmente soggetti ad un raflreddamento , che loro faceva
avere un corso di mucosità per le narici . Questo male Epi-
demico si sparse in tutta 1' Europa , né risparmiò gli abitan-
ti dell' America \ cosicché per avventura è stata la malattia
più universale che si abbia mai veduto. Le prime relazioni
che ne abbiamo ricevute 1' anno scorso in Europa , ci ven-
nero versa la metà di. Novembre dalla Sassonia e da Hanno-
ver , e dai paesi circonvicini della Germania . Si fece sentire
nei tempo stesso in Edimburgo , e Basilea , Palesossi in
Londra nella seconda settimana di Gennajo . Verso la metà
dello stesso mese si scoprì a Parigi , dove fu conosciuta col
nome della Fcillette . U Irlanda non cominciò ad esserne in-
fetta che su la fine d-l mese istesso. Verso la metà di Feb-
braio ne fu parimenti assalita la Città di iivorno j e su la
fi-
(é') Med. Hist. tom. 4. pag. m. j8o.
(A) De Sed. inorb. lib. i. cpist. i3.
^) Vita,
486 Sul Catarro Efidemico
fìiie del mese, gli abitanti di Napoli e di Madrid provarouo I
cattivi effetti di questa costituzione Epidemica sparsa nell'
aria . Neil' America cominciò verso la metà di Ottobre dalla
nuova In2,liilterra , da di)ve si estese alla parte di mez-
zogiorno , e scorse le Barbade , la Giamaica , il Perù ed il
Messico : presso a poco nella istessa maniera che avea fatto
in Europa ,, . Veder si può anche 1' Huxham al Febbrajo di
questo auno , ed il Gortero in ispezlale Opuscolo . Parlonue
altresì il Jussieu , il Mosca , ed il Muratori .
1737. Ferdinando Pauli dà la descrizione di una febbre
catarrale in Geimania, nella primavera di questo anno fat-
tasi epidemica (/) . Questa stessa fu descritta in Inghilterra
dall' Huxham {m) .
1-43. Cominciò questa nel precedente anno in alcuni
tratti della Germania secondo che si legge nella Medicina di
Europa del Roncalli (ra) , e nella raccolta di Opuscoli Medici
dell' AUero (0) . Dilatossi a tutta la Europa in Primavera l'an-
no dopo, 1743. Onde 1' Uxham la vide in Inghilterra; il de
Sauvages in Francia , il Pringle in Germania , ed il Roncalli
la Italia .
1762. Nell'Autunno di questo anno vedenìmo noi in Ita-
lia una benigna e mite Epidemica catarrale, della quale noli
farci menzione , se questa stessa non fosse stata in Inghilter-
ra , secondo il Saillant ; in Germania secondo il Collegio de'
Medici di Argentina ; in Francia secondo il Razoux , e se-
condo il Giornale Medico Francese . Il Saillant fa menzione
di due Epidemie catarrali nell'anno 1775, e nell'anno 1780.
Non leggendole da altri rimarcate , non le credo vere ed os-
servabili .
1783.
(/) Acta Nat. Cur. tom. 5.
(m) Ohs. de aer. 1737.
(n) Pag. m. iia.
(«) Tem. 5. pag. m. agS.
Di Giotanni Verardo 7eviani. 4^'7
1782. Sul declinare dell' Inveirò fu in questo npi;u im
freddo eccessivo ed insolito . Allora insorse nella Russia un
morbo catarrale epidemico, che di là al mezzogiorno di luo-
go in luogo spandendosi, occupò fra lo spazio di sei mesi tut-
ta r Europa • Entrò in Italia al cominciare di Luglio : in sta-
gione air eccesso calda e secchissima, per cui disseccatesi in
erba le seconde biade, e struttisi i frutti degli alberi fu gtan-
dissima carestia , che quadruplicò qui ed altrove il prezzo or-
dinario dei grani . Verona e Vicenza furono le prime Città
d'Italia ofF-se dal morbo. Poco dopo la metà di Luglio en-
trò in Sinigaglia per occasione della Fiera : da dove poi di-
latossi qua e *à a tutte 1' altre Città col ritorno dei Nego-
zianti. Faceva dimora in un lungo per lo ajpazio di circa sei
settimane . Cominciava il morbo in quasi tutti con un senso
di freddezza e stupefazione alle parti estreme : preluilj di una
febbre che poi nianifestavasi acuta e forte, con i sintomi or-
dinar] dell' infreddamento : aggravio cioè di testa, distillazio-
ne di materia acre dagli occhi , dalle narici , dalla bocca ,
con tesse secca e fibrina . Ajutando la calda stao-ione il boi-
ler della febbre, e 1' uso che facevasi di bevande calde, pro-
ronqieva poco dopo il sudore , il quale poneva fine al mor-
bo . Era per lo più effiinera la febbre : solo che in alcuni
che non coltivavano il sudore se ne ripigliava un secondo ter-
mine , che ripigliava con salute il sudore rappreso. In qualcuno
di fredda o lassa temperatura era niuna la febbre; ovvero appe-
na sensibile, ed in tal caso si prolungava al settimo giorno, e
più tardi ancora . Li caratteri più universali e proprj di que-
sto morbo , anche più mite , erano un riscaldamento di te-
sta che fa^^eva turbulenti sonni , e sogni paurosi per ombre
e tetri fantasmi. Un resto di freddezza agli arti inferiori an-
che- nel b.dior della febbre : accompagnata a guisa di lipiiia
da un senso di foco acre interno , massimamente dalla gola
alla pozza dello stomaco . Un odore che tramandavano il su-
dore e l'orina ed il muco, insolito e grave, comedi brassi-
ca cotta e stufata . Facili erano oltre a ciò nel decorso del
mor-
488 Sul Catarro Efidemico
morbo le pustule alla pelle ; le emorragie, e le affezioni ver-
luiuose, anche nei vecchi decrepiti . Entrato in una casa il
morbo quasi tutti nello spazio di una settimana ne aggrediva
gli abitanti, mentre altre case erano del tutto immuni . Ne""
conventi delle Monache che vivono ritirate , niuna inferniossi:
mentre, negli altri, quasi tutte in un tempo ne erano offese, |
per la fjual ragione furono esenti dal concepire il catarro £;li
stessi uomini e donne rinserrati nelle prigioni. Egualmente
assali bambini , giovani e .vecchi , donne gravide e lattanti ,
ammalati e sani : e fu breve e benigno in tutti ; ma mici-
diale in chi noi riguardò : essendo per questo difetto periti
due giovani Medici. R.innovaronsi in moki al fin dell'anno
le catarrali affezioni moleste in allora e ferigne , e cosi nel
seguente anno le tossi , le facili peripneumonie , le febbri
maligne, ed ogni sorte di epidemie d'altra natura. Allora
alla metà di Giugno e tutto Agosto si ricoprì il basso Cielo
di una secca e polverosa nebbia, che toglieva il raggio del
Sole , benché fosse alquanto trasparente : rendendolo sangui-
gno e smorto . Questo fenomeno mi piace ricordarlo , stan-
techè altre volte fu osservato dopo il Catarro epidemico :
segnatamente nell'anno 1704, I733, 1737, il quale vien de-
scritto nobilmente dal Fracastoro (j?) e da lui riposto fra i
segni d'una peste imminente : massimamente se vi si aggiun-
ga un cielo sempre infocato , con spessi e vivacissimi lampi
e fulmini , quali meteore noi pure abbiamo osservate ; senza
che la peste sia succeduta.
1788. Venuto dalla Germania, fu nel Tirolo ed in Vene-
zia questo Catarro nel mese di Agosto . In Verona pervenne
all'Ottobre allorché si diffuse in Mantova ed in Brescia. In-
clinando la stagione al freddo fu il Catarro alquanto diverso
nel suo corso dal solito . In luogo della corizza sottile e mor-
dace fu qui in Verona il principale sintomo un dolor grava-
ti-
(j)] De cofttag. lib, l, cap. i3,
Di Gùovakni Yerardo Zeviani • 4^9
tivo alla nuca , discendente al dorso e alle spalle . Il naso
anziché distillai.e materia, era costipato e s«cco : la bocca
arsiccia , e dentro carica di atro color sanguigno . La febbre
Don fu effimera, perch-è i sudori noa erano pronti 4 onde nuo-
vi accessi ripigliavano iiregolarmente dopo il primo : con un
perpetuo senso di stanchezza, di dolori, di aggliiaccianaento
delle membra . Taidi .compariva la tosse con ardor alle fau-
ci : secca al principio, jwi con lo sputo di materia catarrale,
saponacea e fetente- Li sangui tratti dalle vene erano atri
e densissimi , ma senza crosta gelatinosa . Li polsi in quasi
tutti erano aspri e ris.tretti , e tremolanti come i>e' mali spa-
smodici^ Le orine frequenti ed acquidose. Alcuni furono po-
co molestati, e se la passarono fuori del letto. Ma chi trop-
po trascurava il governo incorse nella pleuritide , in dolori
ischiadici j in febbre maligna , qui detta mal di mazzucco ,
per cui molti perirono . Conficcate per l' orrido freddo susse-
guente d' inverno le reliquie della materia catarrale di au-
tunno 9 furono per tutta la primavera perpetue e ferine le
tossi , le flussioni edematose della testa , l' otalgia , la ottal-
mia , l'odontalgia , le xisipole della faccia. Fu rara la pleu-
ritide vera, qui solita a travagliare in primavera; ma molte
febbri periodiche autunnali tornarono a risvegliarsi , come
pure il vajuolo ed i morbilli*
Varie denominazioni del Catarro Epidemico^
Quantunque dal complesso dei sintomi di questo luorlxì
sempre sia apparso un ordine stesso ed un male di sua propria
natura da ogni altro diverso ; pure in qualche sito ha spie-
gata la Epidemia più vivamente uno che un altro de' suoi
caratteri . Quindi è avvenuto che con varj nomi in varj tem-
pi e luoghi -è stato dagli Autori denominato .
Alcuni gli hanno dato il nome à' infreddatura , che noi
diciam volgarmente raffreddore, i Latini gravedo y i Greci
coryza . Questo per verità si fu in ogni epidemia il primo ,
Tomo XI. Q 4 1 il
•49° Sul Catarro Epidemico
il più ordinario e perpetuo suo carattere. Gli infreddati per
la stessa ragione erano detti i presi dal morbo dal Buoiiiuse-
gui nell'epidemia dell'anno i38'^.
Influenza comunemente è appellato anche al dì d'oggi
dagli Inglesi, con vocabolo tolto dal nostro Italiano; igno-
rando essi che presso noi è x\n vocabolo generale che non
definisce veruna speziale malattia : il quale in questo luogo
altro più non significa che Epidemia. L'errore è nato dall'
aver letto in alcuni Storici Italiani : cominciò una influenza,
di freddo ec.
Coqueluche il dicevano ne' primi tempi li Francesi. Le
Bon crede che questo vocabolo provenga da coquelicot , che
noi diciamo papavero , stantecbè usavasi questo per rimedio
del Catarro . Ma è à\ dedursi questa denominazione dalla
cocolla , o sia cappuccio , che gli infreddati portavano in te-
sta : mentre nel Latino de' bassi tempi dicevasi coqueluca al
cappuccio ; come si legge nel Glossario .
Mal del castrone volgarmente una volta era chiamato
il Catarro epidemico dagli Italiani Romani e Lucchesi ^ pro-
babilmente per patire le pecore un somigliante male di raf-
freddore e di tosse .
Li Napoletani , come notò il Mercuriale , lo chiamava-
no mal in canna , probabilmente per un sintomo suo ordi-
nario , d' ardore molesto lungo la trachea .
Li Tedeschi, secando riferisce l'Offinanno, volgarmen-
te Io chiamano sfoci schunpfe'i ^ noi lo diremmo, raffreddore
per costipazione. Più comunemente però, per la sopraddetta
ragione schafsh:isten , tosst^ delle pecore : per la qual causa
da molti fu detto in Latino morbus arietis, aegritudo ovina v
morbus vervecinus .
Per ischerzo, non so quale, il popolo Francese, uso a tra-
stullarsi anche nelle cose pù serie, adopera anche al di
d'oggi li vocaboli , grippe , folette ^ allure, coquette ^ grena-
de , generale , baraquette , petite poste , petit Courier .
Difficile si è render ragione perchè da alcuni Italiani sia
sta-
Di Giovanni Veraiido Zeviani . 49 '
stato detto il Cortesìvo . lo penso che sia come dire il Cor-
tì-^iano : e sia così detto seguendo le orme di Lodovico Lo-
beia , il quale ripose il Catarro epidemico nel primo luogo
fra quattro infermità proprie d'elle e. irti dei Princip', Diede
egli alle stampe in Toledo nell'anno i544 "" Viino con que-
sto titolo : libro de las quatro Enfermedades Cortesanas , que
son Catarrho ec.
Scrive lo Schenchio che sin dai suoi tempi avea questo
male varie denominazioni . Era detto cephalalgìa epidemica ,
atteso il dolor di testa . Ca>^arrhus epidemicus , per il raf-
freddore universale. Tussls ò. febrìs epidemica , febrìs catar-
rhalis i catharrhiis febrilis ^ per la tosse congiunta colla feb-
bre. Mal delle galline, das hiiiierveh-! , qaod laborzates ad
instar gallinarum cor/za vexarentur , Trovasi anche detto pe-
s^is quaedam universalis catarrhi : rheuma epidemìciim, febrìs
epidemica^ syno'cha caturrhulis . Il Foresto l'ha ch'amato col
nome di angina . Il Farnelio gravedo anhelosa ; ed il Dodo-
neo con quello di peripneumonia . Il Senuerto numeia li no-
mi : catarrhus febrilìs , febris catarrhosa , ftbris sujfocnt'iva ,
catarrhus epidemicus, tussis epidemica ^ cephalgìa contagiosa j
dcn ziep, den schaffshusten , die schaffskrankeit , dus liùner"
vewehe . L' Offmanno stockschnupfen , noi diremtno ralfied-
dore per costipazione .
A molti Medici ignari delle antecedenti epidemìe essen-
do di tempo in tempo riuscito nuovo ed inaudito il nioibo,
l'hanno chiamato morbo nuovo, moibo inaudito y morbo alla
moda: come segratamente hanno fatto il Viero , Elia Came-
rario , ed il Fanoisio : ponendo un titolo a ciò corrisponden-
te alle loro Opere .
Il Catarro dell'anno 1782 essendo a noi pervenuto dal-
la Moscovia fu comunemente detto Catarro Russo . E 1' Au-
tore della Acroasi , a cui piacque non so per qual ragione ,
occultare il suo nome, thiamollo tiissìs Bussa. Denominazio-
ne però , la quale niente compete a quella Epidemia , che
per relazioni fedeli provenne dall' Asia Orientale i e me-
Qqq a no
49^ Sul Cataruo Epidemico
no alle passate , che d' altronde trassero la loro sorgente .
Molto più che vien da molti riferito essere l'Imperio Flusso,
per non so qual privilegio , esente dal patire la tosse .
A me è piacciuto di trascegliere fra tanti nomi la deno-
minazione di Catarro epidemico : sembrandomi questa la più
comune nei libri , la più adattata a contrassegnare Y indole
delle malattie. 5 e la più universale per abbracciare i vari sin-
tomi nel decorsa del male apparenti , e la moltiplicità delle
persone e de' luoghi in cui si diffonde e propaga .
E' morbo nuovo ^
Chiunque , contentandosi di oscure e scarse notizie ^ è
fermo di opinione che ognuno de' morbi in questi ultimi se-
coli dagli Autori descritti per nuovi, si trovi pure scritto nei
libri degli Antichi , potrà agevolmente in questi riscontrare
il Catarro epidemico -
Ippocrate nei libri degli Epidemj descrive una costitu-
zione pestilente nel Taso : nella quale signoreggiava , fra gli
altri sintomi, la tosse con la raucedine: Multis autemltiisses
siccae . — fauees autem plurìmis horum a principio &. seni-
per dolebaiit , rubrae cura phlegmone fluxiones paucae teniieSy
acres , celeriter crescebant (q) . E altrove nomina una tosse
epidemica : Ckavitern liyeme ex tusaicuia epideiniali orta fe-
bris acuta apprehendit (r) . Ed altrove ancora : in Perintho
plurimi tabidi ; causa tussis hyemalìs in populum grassata (s) .
Vuoisi da alcuni che la peste descritta da Tucidide , al-
tra non fosse che quella stessa veduta da Ippocrate nel Ta-
so : nella quale parimenti descrive Tucidide le affezioni di
catarro . Primum , die' egli , capitis dolores invadebant vehe-
mentes , &• oculorum rubores &. injlammationes , atque inter-
nae
(q) Epitt. 1. sect. I.
(r) Epid. 7. num. 69.
(i) Epid. 6. sect. 8.
Di CroVANin Verardo Zeviani . ig"?
nae partrs £r^ faices ò- llngnae sniiguinolentae statini eraut ,
6^<. spìrìtus difficilis &. faetens exìbat . Deinde ex hìs stemu-
tatìty S. raucedo succedebant ; ac non multo post labor in pe-
ctiis descend.ebat cum tassi vehementi (t) .
Galeno fa menzione di una peste da lui veduta in Ro-
ma in tutto slmile a quella riferita da Tucidide (ii) .
Nell'anno 690 fu una peste, in cui sternutavano gli
uomini,, e sternutamlo morivano . Da questa vogliono gli Isto-
rici che sia derivato il costume di dir salute a chi sternuta ,
Leggo però molto più antico questo costume." trovandosene
sicuri riscentri presso gli Scrittori Greci e Latini . Perinde
igitur qnasi honae indìtiutn vahtudinis partis optimae sternu-
tamtntum adorante beiicque aiigurantur , dice Aristotele (x)
e Plinio: cur sternutamentis salutamur? quod etiam 7ibe-
TÌitm Caesarem , tristissitnum (ut constat ) hominum y in ve-
iùculo exegisse tradunt (y) . Nel Catarro epidemico degli an-
ni 173.7 j e 174^^ notò r Huxam sternutamenta perpetua.
Cosi il Sarllant nato nel Catarro dell'anno 1762,.
Finché dunque qualche passo di antico Scrittore Medi-
co , o di accreditato Storico, non si adduca, che meglio
contrassegni il nostro Catarro, staremo noi nella opinione ^
«he sia questa un marha nuovo , che prima del secolo ter-
zo-decimo non era in Europa : non trovandosi descritto nei
libri d' Ippocrate e di Galeno j né negli altri Autori più ce-
lebri de' tempi antichi, i quali certamente non 1' avrebbono
nelle loro grandi Opere trasandato : .essendo il più universale
di tutt' i morbi, e senza opposizione il principe de' uioibi
epidemici •
Favorisce questa opinione il trovare che prima e dopo
della comparsa in Europa del Catarro epidemico j altri nuo-
vi
(0 Oe Bello Pelop. lib. n..
(u) De Simp: farul. lib. 9.
(.r) Prohlem. sec. .3^.
^) HUt. uat. Ub. ao. cip. a.
4^4 ^UL Catarro Epidemico ^H
vi uioibi son dati t'uoii che prima non erano : come sono il ['
vajuuio, i tnorbilli , il morbo gallico, la febbre petecchiale
e imhare , lo scerbalo , il sudur Anglico , ed altri . Alcuni
de' quali appunto come il Catarro epidemico, epidemici so-
no ; e com' esso più volte in un secolo sempre simili a *e
stessi rinascono, e poi tacciono.
jE' morbo epidemico .
A tutta ragione compete questo aggiunto al nostro Ca-
tarro , perchè epidemico altro non significa che fiequente nel
popolo, ed è il Catarro di che parliamo senza dubbio un
moibo universale e comune nel popolo ; assalenilo in un
tempo ogni genere di persone . Per la qual cosa dovrebbe
dirsi pand'^mico ^ se così fosse in uso di dirsi. Il comune con-
senso però che talvolta assegna forza ai vocaboli o maggiore
o diversa da quella , che la loro etiniologia significa , vuole
che ì morbi per doversi dire epidemici , abbiano oltre la fre-
quenza , un'altra particolarità: quella cioè di licomparire dì"
tratto in tratto , dopo ess'ere stati per lunga pezza occulti e
non osservabili : di questa proprietà non manca il Catarro
nostro , che da alcuni secoli in qua va rinascendo quattro o
sei volte in un secolo ; per pochi giorni durando fermo in
un sito, senza dar segno in seguito di se stesso.
E' morbo contagioso .
Per conoscere ad evidenza come il Catarro epidemico
sia inoltre un mal contagioso , basta dare un riflesso al suo
modo di procedere successivamente di persona in persona ,
di casa in casa, di Città in Città, di regno in n gno : in po-
chi giorni, in poche settimane, in pochi mesi, in un anno
fugacemente passando sopra tutta quasi la faccia della terra,
dove un Uomo possa trasferirsi a portarvelo : senza aver for-
za di penetrare in segrete prigioni, ed in ben custoditi mena-
ste-
Di Giovanni Verardo Zevianf • 497
steri . Questa sua singolare piopiiKà 1' abbiamo noi riscon-
trata nelle tre nltnne epidemie degli anni 1702,, 1788, i8o3.
Questa stessa è stata notata dagli Autori , che hanno riferite
le anteriori epidemie . Per loca facit cursum suum , scrive
Valesco della epidemia dell'anno 1387. (z) . Erat id argri-
tudinis genus non tani mortìfera vi tìmendwn^ quamquam &.
ex ilio multi pcrierìnt', quam progressu &. celerimte , quae
proxima quacque loca , serpente contagione , compie- tcbatur ,
admìrabile , sorisìe il de Thou {a) , parlando dell' Epidemia
dell'anno i5io. In quella dell'anno 1-557^ scrisse il Vdlie-
rioia : in universum cujusvis aetatis , sexus 3 victus rntionis ,
homìnes , eodem morbo , eodemque anai tempore , corrìpieban-
tur: moxque una in uiaquapiam familia correpto y in uni-
versam domun incendluin atque contagio obrepebant (b) . Di
questa pure parlò il Gem'na: narrai Cornelius Gemma vìguìs-
se popularìter suo tempore catarrhi prodigiosum genus magna
serpens contagli vi , neminem fere praeteriens (e) . Di quella
dell'anno i58o scrive il ¥ ove.?,to : publice ac catervatim. gras-
sabantur catarrhi , subito delabentes cum febre admodutn con-
tagiosa — itaiet integra", familiae subito eo malo corripereum
tur (d) . Di questa parlava Marcello Donato : praeteritis an~
nis catarrhi prodìgìosum genus popularìter vìguit, magna ser-
pens contagii vi , neminem fere praeteriens (e) . Di questa
scrisse Renato Moreo , neila Vita del Billonio : pestilens lues,
quae ferini ù. contagiosi catharri a caputio denominati prac
nuntìa scholas feriari coegit , dispersis doctoribus &. discipu-
lis urbem ù. Academiam deserentibus . Il Varandeo stimò
contagiosa 1' Epidemia catarrale dell'anno iSgi ex leviore cor-
ru-
(s) De sign. Catarrh.
(a ) Hist. lib. 72.
(i) Append. rap. 2.
te) Zacut. Lusit. lib. 6. pag. m. 919.
{ti} Tom. I. pag m. 191.
(ej £euat. de Alcd. iiiet. lib. 6. cap. 4«
49^ Sul Catarro Epidemico
ni]- ti aefis, vel contagiosi fomitis impressione (f) . Tommaso
^\ iJlib licll' anno i65t>, pailaricìo di un' Epicieima catarialc,
dice che ìnsiiper maìignitatis cvjusdum subihat notam , ò<.
Cipria satis contaseli atque pernitiei suae documenta deaera t ;
in quantum de domo in domum serpebat ; plures ejusdem fa-
miliae , S. praesertirn cum aegris famìlìarius versantes ixidein
labe ìnfecìt (g) . L' Etmulleio di un' altra pailamlo disse :
superiori anno grassabatur hic Catarrhus epidemicus tempore
vernali , isque malignus &. insignìter contagiosus (h) . Fede-
rico Offinanno veduto che ehbe 1' andare delle due Epide-
mie catarrali degli anni 1699 e 1709 , r'On duLtò di asse-
rirle per contagiose : qiiod auteni catarrhi &'. catarrìiales fe~
bres contagiosae etiam sint , £\ alios propinquos atque dispo-
sitos contagio inficiant , eam utique fit ob causam &.c. [i) .
Il Bayero descrivendo la Epidemia catarrale dell'anno 1711
la dice facili contagione propagatam , paucis oinnino peper-
cisse quibus frequens cura aegris erat commercium. , unde to-
tas familias ìnfecit (k) . La febbre catarrale dt-11' anno 1729,
al dire del Loevo contagiuni per totam Europam pruesetu-
lit (/) . Quindi in Germania il volgo che non sa contenersi
fra i limiti del giusto e del convenevole , è passato a teme-
re il contagio facile anche nella ordinaria infreddatuia , fug-
gendo il consorzio degli infreddati , come riferisce Orato-
ne , ed in ciò fanno bene secondo lui : in catarrhosis pitui'
tam putrescere , ^a putridum quìddam eos expirare inditio
sunt coryzae , habitu etiam contagiosae . Id cum vulgus in
Germania sciai , non facile ex eodem. poculo , e quo coryza
laborans potum huusit , bihit {m) . Dopo tante osservazioni
di
(/■) Op. pag. m. 3i6.
{g) De febr. rap. 17.
(A) Op. toni. I. pag. 4'5-
(i) Med. Hist. tom. 4- V^S- '"• ^^•
(A-) Eph. Germ. cent. 6. obs. 97.
(/) Hist. febr. Catar. an. 1729.
(m) Gens. & Kpist. liL. 3,. pag. m. £34<
Di Giovanni Vìrardo Zeviani . 497
di testimonj autorévoli , che resta a dire di Girolamo Capi-
vaccf'o j e di Oirolamo Mercuriale-, i quali negano il conta-
gio ntiìle catarrali Epidemie ? Nec putamus morhum fuisse
contagiosum: prnesertini ad nos quoniam nec fu'it pernitìo-
sns , disse il primo («) . Ed il secondo : non sirie ratìone dì-
xì ( contagìosus ) , quia sunt morbi multi communes qui non
sunt contagiosi : puto vos meminisse catarrhos interdurn va'
gari , qui int-egra regna occiipant , sed non sunt contagiosi (o) .
Altro dir non si può, che questi due Girolarni , illustri
Professori di Padova, fossero un [>3co troppo restii e difficili a
conoscere e confessare il contagio ne' morbi. Perciocché cliia-
mati in Venezia a decidere se alcune malattie colà introdot-
te nel popolo fossero o no contagiose , decisero francamente
che non \o erano : benché fossero da altri Medici psr tali
stimate^ Da che avvenne che da quel Magistrato di sanità
furono trascurati i necessajj ripari; e ne scoppiò poco dopa
una fiera peste che tolse la vita a più di quaranta mille per-
sone (jj) . Da che forse è avvenuto che il Mercuriale del suo
facile errore accorto e dolente, nella catarrale Epidemia ben-
ché benigna che fu in Padova ed altrove neli' anno dappoi
i53o, non ardi di negarne il contagio ; ma ne chiese unul-
menfe il parere del suo amico Oratone : utriim contagìosus
sit , Ubenter sententiain tuam inteUigerem . Et si Deus bene-
dictqf. pravltatem non ademìsset , salva non esset facta omn'.s
caro {q) -
E benigno e maligno .
È costume de' morbi epidemici 1' essere benigni tal vol-
ta 3 tal volta maligni . 11 vajnolo per lo piii in questi paesi
è cosi benigno che tre o quattro appena fra cento toglie di
Tomo XI. Rrr vi-
ì (n) Epist. ad Mon.
' (o) Pra-lert. Patav. lib. 5. rap. 17.
{p\ Mauroren. Hìst. Veir-t. tom. a. lib. 12.
(j) Craton. Censii. & cpist. lib. a. pag. ni. aSa.
493 Sul Catarro Epidemico
vita : ma in certi tempi e in certi paesi è cosi micirliale che
una gran parte degli ammalati toglie di vita . La istessa pe-
ste 5 la di cui essenza riponesi in essere perniciosa , lo è co-
si più o meno che essa pure distinguesi in benigna e mali-
gna . Lo stesso Ippocrate dichiarò col nome di peste la pa-
rotide epidemica , che noi volgarmente diciamo mal del mon-
tone : notando egli pure essere questa di sua natura cosi be-
nigno morbo, che ninno uccide, e non abbisogna di cura
medica o chiiurgicale (r) .
Questa proprietà non manca al Catarro epidemico , anzi
siccome è il principale de' morbi epidemici, la possedè an-
che in grado eccellente : talmentechè di morbo che è d' or-
dinario benigno e breve , in qualche circostanza di sito di-
verso viene ad essere tanto pernicioso che sembra una vera
peste. Meglio è però conservare l'indole primigenia del moc-
bo, e chiamarlo in tal caso catarro pestilenziale; non già
pestis sub larva catarrhi ; ovvero ramo di peste, com'è pia-
ciuto al consiglio di Sanità di Vienna, ed a Gallizio Vicenti-
no . Bdsta dare un'occhiata alle passate Epidemie catarrali
per vedere come in molte di esse sia stato il morbo benigno
in molti luoghi , e nel tempo stesso in altii maligno e pesti-
lente . Nella Epidemia dell'anno 1887, secondo Buoninsegnì
molti morirono in Toscana , e secondo il Marchesi pochi mo-
rirono in Romagna. Quella dell'anno i4co in Italia fu - pe-
stilenziale ; e qui in Verona morinne una terza parte della
gente {s) . Quella dell'anno 1414 fu ^^gualmente maligna tan-
to in Italia , secondo Frate Girolamo da. Forlì , quanto in
Francia secondo il Mezerey . Quella dell' anno i5io fu pe^
stilenziale qui in Verona , come portano i nostri Istorici ;
quando in Francia, secondo il de Thou , non fu di molta ri-
levanza . Quella deir anno i537 fu dappertutto micidiale:
precede ad essa una specie di peste in Venezia , accennata
dal
(r) Epid. lih. 1. sect. i.
(i) Biancolini Ist. di Verona tom. 1. pag. laS.
Di Giovanni Verardo Zeviani . ^gcj
dal Bochelino : fu accompagnata da peste in Olanda descrit-
ta dal Foresto : fu seguita immediatamente da peste in Mo-
ravia , ricordata da datone , e da quella di Lovanio , per
cui morirono due medici famosi grandi amici, Triverio e Gem-
ma , disprezzato avendo ogni riguardo ed ogni Medica cura .
Quella dell' anno 1578, fu mortifera in Fiancia secondo il
Ballonio: fu preceduta da una peste in Trento e Brescia se-
condo ì nostri Istorici; e fu accompagnata dalla peste in Ba-
silea, secondo Fiaterò , Quella dell'anno 1780 , di tutte la
più famosa , fu in Francia e nel!' Olanda del tutto benigna ,
secondo l' Anonimo in Riverio , e secondo Foresto . Co^i in
questa parte settentrionale di Italia fu mite secondo il Gapi-
vacceo ed il Mercuriale : ma in Roma ne perirono più di
due mille persone al dir del Sennerto ; quando in Germania
secondo lui vix mìllesimus quìsque moriebatur 0) . Fu in Pa-
rigi micidiale : leggendosi nel Ballonio: jjestis gravissima in
homìnes saeviit . Quanta fuerìt calamitas , quam doltnda sym-
ptomata , aids locìs aperiemus , sed ìd magno nostro dolore i^u) .
In questo anno son perite nel Cairo cinquanta mille perso-
ne (x) . Quella dell'anno iSgi, secondo il Sennerto ed il Ya-
randeo , mite in Germania ed in J'rancia , portò con se in
Italia febbri maligne e pestilenti ; delle quali scrisse il Ca-
milli , il Cagnati , il Tronconio , il Platina, ed il Muratori .
Quella degli anni i567, iScjS, fu mite in Germania al riferi-
re dello Sclienchio ; ma in Ptoma tolse di vita nove mille
persone . Fu preceduta da un' Epidemia in Venezia descritta
da Diomede Amico ; o da una simil peste in Amburgo , e fu
accompagnata da non so qual peste in TJlma , ed in Forlì ^
ricordate T una da Gregorio Horstio , e 1' altra dallo Spinel-
li . Il Sennerto in questi anni appropria una mortale Epide-
mia in molti luoglii delta Germania. Nell'anno i658, la be-
nigna, in Primavera, Epidemia catarrale del Villis , in Autun-
R r r a no
(t) De febr. lih. 4- MP- '?■
(il) Op. tom. 1. pag. m. 175.
5oo Sul Catarro Epidemico
no divenne una febbre maligna fatale : e fu peste nel prece-
dente anno in Rema, in Napoli, in Genova, ed in altre
Città d'Italia. Quella del 1669, altrove benigna fu pestilen-
te In Leida al riferire di Le Boesilvio . Quella dell' anno
1675, in molti tratti d'Europa benigna, fu pestilente in Mili-
ta , in Coionia , in Giessa , secondo il Muratori , il Dan-
ckers , ed il Melcliiore . Quella dell' anno 1679, benigna
in Plancia , fu pestilente in Napoli ed in Vienna , secondo
il Tozzi ed il Foscarini , Quella dell'anno 1691, benigna nel-
la Stiria 5 fu maligna in Modena secondo il Ramazzini : e se-
condo il Raglivi fu peste in Puglia , e nell' anno seguente ap-
parvero fatili oanci-ene nelle parti piagate . Quella dell' an-
no 1699, benigna in Ratisbona ^ fu maligna in ^la di Sasso-
»»ia secondo 1' Oftmanno. Quella dell'anno 1709, in Tu-
bino benigna secoudo il Fantoni, fu micidiale nel resto del
Piemonte ed in Francia : fu benigna dapprincipio in Roma ,
poi si mutò in maligna e micidiale secondo il Lancisi : e fu
in questo anno peste in Olanda, in Prussia, nella Slesia e
3iella Polonia, secondo il Ganoldo ed altri Autori. Nel tem-
po della Epidemia catarrale degli anni \l\\, 1712,;, furono
in vari tratti della Germania pessime Epidemie -, e segnata -
unente nell'Austria, e nell'Alsazia fu peste, secondo il Ben-
^a ed il Boetichero . In quella degli anni 1729, 1780, si leg-
ge che negli Svizzeri nemo enectus cs-t ; eppure fu micidiale
in Francia ed in Inghilterra ; e tanto ofì'esi ne vennero in
Italia i Ferraresi ed i Ptavennati , che i Bolognesi per ti-
inore di peste chiusero i passi . Così quella in molti paesi
ienio^na degli anni 1783, 1733, fu in Italia mortifera, come
si ilegge nel Moreali e nel Muratori . Fatale parimente fu in
Pari'i secondo il de Sauvages , in Dresda secondo il Violan-
it« , in Inghilterra secondo il Pringle, in Italia secondo il
Muratori, la Epidemia catarrale deli' anno 1742 , 1743. Anzi
fn peste in Calabria , ed in Sicilia . Noi qui in Verona ne
fummo cotanto travagliati, che raddoppiossi il consueto nu-
mero de' morti : e nel solo Ospitai militare ne perirono più
di
Dx CrovAimr Veraiido Zeviani . 5oi
di trecento; con tre de' Medici destinati alla lor cura . Nel
benignissimo Catarro dell'anno 1782, vengo ragguagliato da
chi colà trovavasi , che molte migliaja di persone per esso
sono perite . E qui in Verona , trascurato senza temerne il
lor morbo , due Medici giovani di molta speranza per esso
sono periti ,
Queste Mefnorlé , cavate per la maggior parte con qual-
che s-tudio da luoghi os«uri e dimenticati , ho io qui succin-
tamente esposte j non già per far pompa di una vana erudi-
zione ridicola , ma perchè i Medici meglio conoscano il ge-
nio traditore di questo morbo , onde con più sicurezza
con opportuni medicamenti trattarlo : e perchè imparino a
guardar-e la propria vita dalla facile sua maligna contagio-
ne : e soprattutto per fare accorti li Magistrati che pre-
siedono alla salute del popolo , a chiudere li passi se le
vicine Città ne siano malamente offese ; a proibire quando
è penetrato, ogni e qualunque, o sacro o profano che sia,
concorso di popolo ; a tenere a pubbliche spese nelle proprie
abitazioni gf Ì4i('etti poverelli , senza accumularli negli Ospitali ;
e a mettere in opera quelle precauzioni , che sono solite a
praticarsi in tenqio di vera peste . Massimamente che trattasi
di: uii pericolo che in pocbe settimane passa e si dilegua .
PARTE SECONDA
Teoria del Morbo -
Il catarro epidemico è una infiammazione della membra-
na pituitaria, prodotta dal muco investito da un eterogeneo
miasma , che esala da' corpi del medesimo morbo infetti .
Altro dunque propriamente non è che una corizza o sia
raffreddore: in ciò solo dall'ordinario diff^n'ente , in quanto è
prodotto j l' ordinario,, dagli umori proprj o naturali , o morbo-
si del corpo ; e l' epidemico è prodotto da una estrinseca fo-
restiera materia morbosa . Questa differenza di cagione ed
ori-
^oa Sul Catarro Epidemic©
ongitie fa che un medesimo morbo , al senso egualmente
molesto , e dai medesimi sintomi accompagnato , in un caso
sia semplice e benigno, e ninna conseguenza peggiore con
se porti , benché diuturno e molesto ; nell' altro caso perchè
contagiose sia più temibile , e delle peggiori conseguenze ca-
pace . La membrana pituitaria si estende per tutta la super-
ficie delle interne narici ; e ne investe le varie anfrattuosita 5
le conche, le pareti dal tramezzo del naso; e ne penetia
stessamente nei seni frontali , nei mascellari , negli sl'enoida-
li , nei condotti palatini e nei lacrimali , E' di una tessitura
cellulare e vellutata. Ha nervi, arterie e vene, e separa
una linfa raucilaginosa , che la tien morbida centra la sec-
chezza dell' aria che si respira , e per uso dell' odorato , di
cui è r organo . Per evitare ijiiesta secchezza , che impedi-
rebbe il senso dell' odorato , con semplicissimo artifizio cola-
no per il sacco e per il condotto lacrimale le lacrime dopo
aver bagnato 1' occhio , ricevute dai punti lacrimali , pene-
trando esse per un foretto che penetra il duro osso , e den-
tro il naso le porta. Oltre a ciò i seni sono talmente dentro
le narici nel dintorni disposti , che in tutte le positure del
corpo sempre uno o l'altro tramandano molta umidità. Per-
chè posato il capo sul fianco destro si vuota il seno mascel-
lare sinistro: posando sul sinistro si vuota il destro: inclina-
to il capo per davanti , si scaricano i seni sfenoidali : pie-
gandolo all' indietro si scaricano i frontali . Oltre a ciò per
umettare questa membrana ascendono vapori dallo stomaco ;
e più ancora dal polmone nel mandar fuori l'aria che si res-
pira. Or tutta questa untuosa umidità che alla membrana
pituitaria proviene , o da altra parte , o da se stessa separa-
ta , tutta poi cola giù dietro all' ugola , senza che 1' Uom se
ne avveda. E per ventura colando per l'ugola bagna la som-
mità della laringe , e per essa discende nella trachea al pol-
mone . Si fa dunque qui un perpetuo circolo di questa lin-
fa : non male paragonato dai nostri antichi ad un lambicco
in cui la bollente acqua sale e discende . Questa memb-ana
è con-
Di Giovanni Verardo Zeviani . 5o3
è continuata ancora di là dalle narici interne sopra la farin-
ge » sopra il tramezzo del palato , e giù per V esofago e per
la trachea , sempre ricoperta di una linfa nixicilaginosa , in
cui facilmente si fermano ed invischiano moibose particelle
somministrate dal giro comun degli umori ; o dai nocivi va-
pori che si sollevano dall' infetto polmone , o dallo stomaco
sporco ed ingombrato ; ed essendo per se stessa di una so-
stanza cellulare , ravvivata da molti vasi sanguigni e nervosi
coperta con una sola sottile epidermide , esposta immediata-
mente all'aria aperta, o stemperata o ripiena di cattive esa-
lazioni; da tutto questo ne viene che è facilissima ad infiam-
marsi . Attratto così coir aria che si respira il venefico mia-
sma catarrale , che dai corpi vicini ne esala se siano di esso
infetti , s' intrica e ritiene in quella mucosità : stuzzica irri-
ta , ed infiamma, a segno talvolta di sfracellare o distrugge-
re la membrana stessa : e giù talvolta ne discende per le sue
propagazioni la pestifera infezione a produrre sritre moltiplici
malattie dello stomaco e del polmone ; quali si veggono sussi-
stere dopo il primo corso del catarro Epidemico »
Indole del Miasma Catarrale^
Di nìuna classe de* morbi si trovano tanti Scrittori ,
quanti sopra le malattie epidemiche e contagiose. E ciò non
ostante rimane ancora qnesta parte di Medicina del tutto
misteriosa ed impercettibile . Un celebre moderno Autore si
è data la pena di consultare parecchi Scrittori, che trattano
in grossi volumi sopra la peste, e non gli e riuscito di trar-
ne una definizione che ne comprenda il carattere. Si scorge ia
queste malattie una costante legge , per cui rinascono sem-
pre a se stassi simili, e pur son molti ed essenzialmente uno
dall' altro distinti , e però costanti di principj primigenj ed
indelebili ; senza che si arrivi a conoscere in che siano dif-
ferenti ; conif^ cessino per molti anni; e di tratto in tratto
•empire simili a se stessi rinascano . Generalmente i morbi
iu
5c4 Sui Catarro EriDEMico
in diverso cielo ed iii diversa stagione mutano aspetto e di-
versa cura richieggono ; gli epideusici soli sono sempre gli
stessi in tutti i climi , ed in tutte le stagioni . Nei nostri
paesi, parlando della peste e degli epidemici veri e primìge-
jij , non si veggono mai nascere spontanei , ma per contagio
solo si accostano e propagano . Qual dunque ne è la pr ma
origine? dobhiam forse ridurci, come qualcuno ha pensato,
a stabilire di essi i semi sin dal principio del mondo con le
altre cose creati? Questo è uno sconcio: mentre la natura
i:ion crea , ma patisce i morbi . -Qu^^sto pensiero ba cotanto
ingombrato il cervello di qualcìie imbecille uomo , che per
fuggire questa difficoltà è divenuto a negarne in ogni mdrbo
il contagio. Queste ed altre cotali difficoltà , che in seguito del
nostro discorso appariraimo , fanno me iscusato se cosa non
saprò dire che pienamente soddisfaccia. In tanta cscurità di
cose il meno assurdo che si pensi o dica , tiene il luogo del-
la maggiore verisimiglianza e probabilità .
E' virus CatarrJiOiCum .
Essendo a noi ignota 1' intrinseca natura ed indole di
questo catarrale miasma, per non cadere esso sotto ai sctisi,
né esser soggetto ad esami di Chimica , saremo contenti per
non confessare si facilmente la nostra ignoranza , di chiamar- ,
lo per ora virus catarrlioìcum , in quel modo che altri vele-
ni , solo conosciuti dai loro effetti , sono chiamati dai Medi-
ci virus venereum ^ virus variolosum y virus morbiUosuvi . Poi-
ché questo veleno sen)pre simile a se stesso negli effetti che
produce , ed è da qualunque altro morbo distinto , basta al
INledico definirlo col titolo di catarrale ;, per distinguerlo dal-
le altre specie di morbosi veleni . Qui le poi in se stesso sia-
si esso, si lascia agli oziosi Filosofi 1' indagarlo: ai quali
è hbero il produrre le più stranie opinioni , senza daniio del-
la Umanità .
Per difetto d' Istoria rimane oscuia altresì 1' origine <lel
ca-
1
Di Giovanni Verardo Zeviani . SoSs
catarro epidemico, e del miasma die lo produce. Ogni pe-
ste , come le^igesi nel Vtillisneii , proviea dal Setteutrioice .
Ogni peste, dice Plinio, proviene dal mezzogiorno. Noi al
contrario la vergiamo più spesso procedere dalT Oriente . Di
là provenne secondo fedeli relazioni anche il catarro dell'an-
no ] 782 . Da tal parte provennero una volta il vajuolo, i
morbilli, ed altri morbi epidemici, ignoti prima in Europa;
laonde non è fuor di ragione il credere che di là sia pur da
principio provenuto il catarro epidemico . Vuoisi che da tal
parte siasi aperto 1' adito a noi di questi morbi , col com-
mercio delle nazioni fatto più libero ed aperto in que' seco-
li . La questione sta se come il vajuolo ed i morbilli , e gli
altri epidemici morbi di là provenuti sembra che ora presso
noi siano fatti nazionali , così sia del catarro : o se pur di
voi la in volta che qui appare sia di là trasportato . Non era
in Europa un tempo la mentagra ; vi fu introdotta , secondo
Plinio, al tempo di Tiberio Claudio Cesare, e qui è restata.
Non tra in Europa il vajuolo , fu qui introdotto a' tempi di
Maometto, e vi permane. Non era in Europa il morbo gal-
lico: qui fu introdotto ultimamente, e vi permane. Non era
in America il vajuolo , vi fu introdotto dai nostri , e vi per-
mane . Non credo che sia cosi del catarro epidemico ; ma
stimo che qualunque .volta rinasce , venga da' lontani paesi
a noi trasportato : a somiglianza della vera peste , che sem-
pre qualun([ue volta a noi viene, ci è portata da' corpi o
robe infette di colà dov' è perpetuo il suo regno . Mi fa
creder cosi 1' essere esso contagioso ; qual non è il catarro
che ne' nostri paesi è perpetuo : e di un contagio prontissi-
mo a diffondersi sopra la faccia della terra in pochi mesi ,
cessando de v' è del tutto in poche settimane con ritardare
per alquanti anni il suo ritorno .
Non è putrido .
Col supporre il miasma pestilenziale operare in forza
Turno XI. S s s del-
5o6 Sul Catarro Epidemico
della sua putridità, palese dal fetido odore che mpna , si
spiegano facilmente molti fenomeni de/ morbi contagiosi epi-
demici . Si rende ragione della forza c'ie ha di guastare e
coriompere gli umori e le pa>ti ferme del corpo, producen-
do nìaligni moibi , per cui fatti cadaveri gli uomini , più
presto e più forte dell'ordinario putono e si corrompono. Si
spiega anche coll^idra della putredine il loro facile contagio;
come si vede che un pomo marcito ne guasta i vicini sani :
come una pecora infetta ne guasta un branco : come un pez-
zo di carne putrida fa più presto puzzare e corrompersi un
pezzo di essa ancor fresca ed incorrotta . Infatti, e dagli an-
tichi e dai moderni Autori qugsta causa de' morbi pestilen-
ziali si trova accolta ed adottata, notum est, dice l'OtTman-,
no (j) omnes qui contacio propa^antur morhos lymphae cor-
ruptìoneni , vuppescentìam , vel putredinem hahere caitsarn .
Ma per vero dire poco competono i fenomeni del catarro
epidemico con quelli delia putredine ; mentre t(uesti tutto
djsciolgono e tramutano , con generarne poi de' diversi , cor-
Tuptio unìus est generatio alterìus , dice il Filosofo : e quelli
del catarro all' incontro sono fecondi e generativi di se stes-
si . È 1' odore che sparge il miasma catarrale , è sempre si-
mile a se stesso , e da ogni altro odore differente; eli' è so-
lito provenire da' corpi o altie-materie putrefatte e corrot-
te . Vediamo li lavoratori dentro le cloache, e nei sepolcri
iiiun danno riportare dalla Icr [mzza : e se qualcuno ne ri-
portano , non è contagioso , e niente ha di simile col catar-
ro epidemico .
Kon è animato .
Verso la metà del secolo antipassato il Circhero intro-
dusse una nuova sua opinione sull'origine de' mali contagio-
si
(x) Med. Syst. tom. 4- sec. i. cap. 6.
Di Giovanni Vera^do Zeviani . Soj
si P ppstilenti , volendoli causati da piccolissimi insetti . Non
è dubbio che con questo sistema non si renda ragione d«'
])iinci|jali fenomeni di questi morbi . Sopia tutto serve esso
a Siiiegare mi masma indistruggiLi'e e generativo di se
nudfsinio : di un miasma vario specificamente in varj moi])i
epidemici, i quali sono sempre simili a se stessi , e sempre
un dall' altro diversi . Alcune traccie di questa opinione in
proposito del catarro si trovano in Alsaaravio , eccellente
Scrittor Arabo che fìoii dopo il mille . Questi parlando di
certa specie di tosse ,, la derivò da ìiMeth : vel fi t tussis ex ni a-
mcilìhiis generatis in canna pulinoiiìs , et locis vacuis , qiiae
minora sinit muscilagìnìbus (/) . Questo testo male viene at-
tribuito diil JMontagnana ad Avenzoarre , che fiori un secolo
dopo , Non sono io lontano dal credere che certi morbi di
lento e difficile contagio non sieno effettuati da' vermi , co-
me sono forse il morbo gallico e la rogna. Ma non credo che
sia così del catarro epidemico : per e^ser questo f jggiasco e
per se stesso dileguantesi , anche senza opera di Medicina ;
quando gli altri per essere verminosi, se pur lo sono, ricer-
cano i più forti e cpiitinuati piesidj dell'aite , prima divenire
distrutti. E non è da cred^-re c\v, nel calano a noi proven-
gino trasportali da venti ; stantechè si è veduto che il ma-
sma catarrale non s' alza sopra i muri ad infettare ptrsune
chiuse e rinserrate gelosamente dentio ai Monasteri .
Non è vegetabile .
Come neir aria stanno invisibili e dispersi molti anima-
letti . e loio semi ; cosi nell' aria disperse si trovano molle
invi-io li paiiicelle organit he , semi, o fraiiunenti di vegeta-
bili piante : per le quali si può render ragione di molte pio-
prietà dtl contagio catarrale. 11 Viliis spiegò la forza di cer-
S s s a ti
O) Pract. tract. i3. cap. a.
5o8 Sul Catarro Epidemico
ti morbi attaccaticcj con V idea degl' innesti de' vegetabili .
\ Un altro moderno Scrittore è stato da una celebre Accade-
•^ mia premiato , per aver ardito di sostenere che ogni malat-
tia del corpo umano proviene da una sua propria distinta
\ semente . Ma è da rifiutarsi questa opinione per la stessa
ragione di quella degli insetti . Essendo cioè dispersi per
' r aria i semi del catarro , attaccherebbero indifTerenteraente
or una or l'altra persona , or una or l'altra Città in un tem-
po medesimo, e in grandi distanze, senza bisogno di contat-
to, immediato, o stretta comunicazione coi corpi infetti.
Qui fa pur grande opposizione 1' osservare vivo ed attivo
il catarro nel fitto inverno ed in paesi freddissimi , quando
* la natura in tal tempo poco opera a prò dei vegetabili .
t
J
.^f^.ii
Non è Peste *
Molto differente per natura è il veleno della peste, det-
ta il gran Contagio,, dal \elen catarrale. La- peste proviene
dalla Turchia, dov" è morbo nazionale, o sia endemico: il
catarro da ogni parte proviene . La peste introdotta in altro
paese , colà si ritiene , e per ^ue o tre anni vi permane; il
catarro celereinente passa , dopo la breve dimora di uno o
due mesi . La peste è sempre micidiale , e toglie di vita una
metà o almeno una terza parte degli abitanti dove infierisce:
il catarro quando è presente in quasi ogni persona si attac-
ca , e se altro non si aggiunga , per se stesso ninno uccide .
Si manifesta la peste con tumori alle ghiandole, spezialmente
parotidi , con antraci o sia carbonchi , con petecchie , con
poca febbre o niuna : il catarro epidemico con breve corso
di febbre ardita si dilegua, senza avere con se ninno de' no-
minati pestilenziali caratteri .
";'^" Non è per in/lusso dei Pianeti .
■ '^ r
Un importuno accidente molesto interrompe il filo del
: no-
Di Giovanni Veraudo Zeviani . SoQ
nostro discorso. Ai tempi nostri negli anni i'^^-2, 1762, 1782,
luoa, si è incontrato a seguire il catairo epidemico in tem-
po della congiunzione dei due Pianeti Saturno e Giove . Fa-
vorisce questo accidente l'antica opinione dei Caldei, in pro-
posito dei mali influssi che tramandano le stelle sopra della
nostra terra . Opinione confutata da Cicerone , sul fondamen-
to della infinita distanza dei Pianeti dalla terra 3 o be-H-^an-
clie da uno all' altro di essi , benché nelle loro congiunzioni
pajano agli occhi nostri vicini : O delirationem ìncredihìlem ,
die' egli {£) , qiiae potcst contagio ex infinito pene intervallo
pertinere ad lunam , vel potius ad terram ! Giove secondo i
moderni Astronomi {a), è distante dalla terra cinquecento e
&ei milioni di miglia , e Saturno ottocento e cinquanta no-
ve . Qual affare possono essi avere col contagio catarra-
le , il quale lungi da noi tre o quattro piedi , si disperde
nell'aria^ e svanisce reso incapace di offendere ? Se ultima-
mente quattro di queste congiunzioni si sono unite coli' anno
del catarro, dando a dietro, altre trenta ne troveremo fuor
di quel tempo avvenute . Più spesso si è incontrato a viag-
giare il Papa, che tardamente si muove, in anni di catarra-
le Epidemia : leggendosi questo di Uibario VI, di Gregorio
XII, di Giulio II, di Clemente Vili, di Pio VI. Dunque si
potrà dire con altrettanto di ragione che il viaggio del Papa
influisca sul catarro . Cbiunque affidato però al felice qua-
druplicato incontro di queste quattro ultime epidemie catar-
rali , ardisse di predire che nell' aiaio i8ia tornerà in cam-
po con la congiunzione che sarà in quell' anno di Saturno e
Giove , il catarro epidemico , correrà riscliio di mostrarsi un
falso profeta ridicolo , come è intravenuto con suo scorno a
Pietro IMainardo, il quale credendo insorto il morbo gallico
per inile influsso di Pianeti , pronosticò dover esso cessare
nell'
(z) De Divlnat. lib. a.
(a) Gagnoli , notìzie astronom.
5 IO Sul Catarro Epidemico
nell'anno i5u4 ppr influsso di contraria forza ; e come pure
ititravenue a Giovanni Stoeflt r») , il quale mise in gran con-
fusione e trriore T Europa tutta, predicando all' anno i52,4
Ufi altro tliluvio; peiclje Giove e Saturno doveano trovarsi
insieme nel sii;no d^i Pesci •
O"
Non è per intemperie di stagioni .
Nei primi secoli , dopo clie apparse in Europa il catar-«
ro epidemico , sorjjrcsi i Medici dalla stianezza del nuovo
morbo non più veduto o descritto ^ chi di essi lo inpu-
tò al malo ii flusso dei Pianeti , chi alla intemperie delle
stagioni . Giovanni Huxham , ai nostri giorni , cangiò oidine
alle cose :, e togliendo l'onore agli astri sublimi, restrinse al-
la sola Luna la facoltà di presiedere al corso delle malattie,
e restrinse il catarro alla sola stagione d' inverno, col voler-
lo prodotto niiicarnente da una fredda ed umida atmosfeia :
praecedit hiu.c morhum semper , ac comitatur crassa admo-
dum humidaque atmosphaerae temperìes : nec grassatur un-
qunni nisi niensibus h)bcriiìs \l) • Non si nega che per intem-
perie di stravaganti instdite UìUtazioni di tempi e di luoghi
non possa acquistare il morbo caratteri di malizia , quali ,
essendo contagioso , pur naturalmente non ha : ma è seuqjre
vero che passeggia superbo , anzi vola non impedito per tut-
te le quattro stagioni dell'anno . Come nelle tre ultime epi-
demie veduto 1' abbiamo j di primavera , di estate , e di au-
tunno •
Si spiegano i sintomi del morbo .
Attratto il velen catarrale che esala da'rorpi infetti per
la via dell'odorato dentro le narici, s'invischia e ritiene nel
mu-
li) De aere, tom. i- pag. m. ii3.
.
Di Giovanni Verardo Zeviani . Sii
muco naturale della membrana pituitaria : la irrita, la gon-
fia , la infiamma ; onde se ne suscita una febbre di d(.ppia
natura , infiammatoria e propriamente nervosa . E questa
preceduta non solo, siccome nel consueto, ma accompagna-
ta ancora da molesti brividi , die sembran di freddo , ma
sono puramente spasmodici . Attratta per la infiammazione
al luogo affetto maggior quantità di sangue; o per meglio di-
re accum.nlato il sangue che liberamente non scorre , s' ar-
rossa il volto , e duole il capo : stilla il sangue dal naso , e
cola un umor sottile corrodente, che costituisce la corizza,
che è il princi[)a.le e più comune sintomo del catarro. Dalla
gonfiezza dell' interna membrana se ne comprimono e turano
le aperture che tianiandano dal sacco e condotto lacrimale
le lacrime che restano dcpo aver bagnato l' occhio ; e 1' oc-
chio si fa lacrimante ed infiammato . Qualclie porzione di
questa inft-tta ridondante pituita si volge alle fauci ; e giù
cadendo per T esofago al ventricolo , con la sua puzza toglie
l'appetenza, e ne produce il vomito, e talvolta la soccor-
renza . Un' altra poftione si strascina dietro all' ugola e giù
cade per la trachea al polmone , da che proviene la raucedi-
ne , e se ne eccita la tosse , dal principio inane e molesta .
Intanto con 1' ajiito del sudore che mena la febbre , e con
la concezione o corpu lentezza che stazionando acquista la
sottil mateiia dentro le narici e nel polmone , se ne ripurga
' il sangue , ed esce il catano infetto per le naiici . Cosi pre-
sto son salvi gì' infermi ; conservando per qualche giorno ,
ed esalando la puzza catarrale, per qualche tempo capace
d' infettare chi trcqipo se le avvicina . Non riputguto il mor-
bo per negletta cura , e cattivo governo è capace in seo;uito
di produrre pessime malattie , che in line portano all' altra
vita ^li i'.ifeimi .
Proviene il velen catarrale da un muco per esso avvele-
nato : trova però nel muco de' sani un nido suo proprio e
cu, f leente , ili cui fermarsi, e difiond^re la propria venenosi-
tà . Opera quivi infatti a foggia di lermcuto , che presto ec-
ci-
5 1 a Sul Catarro Epidemico
cittì Ja sua agrezza nella pasta dalla c|uale provenne . Di qui
avviene e la (lifrasione in tutti i sani j e la propagazione da
uno nel!' altro delia sua stessa infezione , che è' quanto dire
del suo contagio . Perciocché è errore delle Scuole il crede-
re clie la peste e gli altri contagi non siano capaci di offen-
d('ìe se non corpi per qualche difetto disposti a riceverli .
Ogni corpo sano è disposto a riceverli : anzi si danno dtlle
infermità che impediscono il loro effetto nei coi{)i . Come è
nel catarro epidemico : che quantunque i sani siano disposti
a riceverlo e restarne offesi , alcuni si hanno che per con-
formazione nativa delle ossa sono schiacciati" nel naso, e non
ponno trarre il respiro per le narici; cosicché sono costietti
a respirare con la bocca , che sempre tengono aperta . Altri
per r abijso del tabacco hanno la membrana pituitaria incal-
lita e insensibile , perduto avendo quasi del tutto il senso
dell' odorato . In questi non fa presa il velen catarrale den-
tro le narici, e sono esenti dalla corizza: ma passando im-
mediatamente il veleno dentio il polmone per la tiachea ,
restano più degli altri sottoposti a fierftia tesse, che facil-
mente eccita lo sputo di sangue , e se pur non succeda un*
acuta peripneumonia , sono in peritolo di passare ad u.na
pessima tisichezza fatale .
Della Tosse .
«
Una pessima confusione si trova negli Autori fra la tos-
se epidemica de' fantolini , e la tosse d^l catarro epidemico.
Quella è un male essenziale di propria spezie , il quale di
tratto in tratto insorge a tormentare i fanciulli : ques.a è un
sintomo del catarro epidemico . Si dà il catarro epidemico
senza la tosse de' fantolini ; si dà la tos«e de' fantolini sen-
za che sia in vigore il catarro epidemico. Sino ai ten)pi
del Baltonio il catarro epidemico era denominato coqueluche ;
e la tosse de* fantolini era denominata quinta o quinta-
na : hujus gravia siint symptomata . Palmo ita irritatur , ut
oinni contentione nitens , excutere id quod molestum est ,
nec
Di Giovanni Verìhdo Zeviani . 5 1 3
nec adinittat spuriturn ^ nec vìcissìin facile reddat . Iniinnesce'
re vidctur , et quasi strangulabundus ae^er mediis faucibus
ìiaerentes spiritus hahet. dir quinta valgo dicatur^ dubìo non
caret (<) . Qual similitudine tra il uioibo qui descritto , ed
il cataiio epidemico , dal Ballonio parÌRienti descritto nel
medesimo armo ? Eppure li Francesi chiamano oggi la tos-
se de' fa-nciiilli con quel nome stesso , con cui essi ne' secoli
addietro cliiaùiavaiio il catarro . ,, La €oqueluche ( dicono gli
Autori Parigini continuatori della fortunata Opera del Tissot
Avis aii peuple) est cette toux redoublée, presse, opiniàtre qui
se renouvelle à des intervailes plus ou moins éloignes • j,
Coqueluche vulgo est tussis saepius epidemica puerulos ìnfe-
stans per paroxysmos , quintas dictos , rev ert ens ^ co%\ il dotto
de Sauvages [d). JEd il Lieutaud : tussis infantwn catarralis ,
veJicmentior et epidemica , qiiae coqueluche apud JSostrates
audit , suis exacerbationibus vel paroxysmis a caeteris specìebus
rite dlstinguitur {e) . Ingannato dalla autorità di questi reve-
jendi nomi il Traduttor Francese dell' Opera del Buchan ,
ad un capitolo j in cui si tratta della tesse de' fantolini , per
ventura col titolo Inglese cliincough , ovvero , come altra-
mente nota il Sidenamio hooping Coug^ prepone il nome co-
queluche : r uno e 1' altro ignorando clie coqueluche , e mal
del castrone significano bensì il catario epidemico , ma non
mai la tosse de' bambini : checciiè gli Autori della Crusca
facciano corrispondere la tosse al mal del castrone .
Questi sono li piincipali sintomi del catarro epidemico
ordinai io e benigno . Resta a dir qualche cosa sopra di tre
altri niali diversi \ nei quali suol passare il catarro nel farsi
in qualche luogo maligno e micidiale . Questi sono la febbre
maligna ; detta volgarmente mal mazzucco , la peripneumo-
Tomo A /. T 1 1 nia ,
(e) Epid. Ijb. 2. png. m. i55,
[lì) Nosolog. clas. 5. iium. 5.
[e] Prax. Med. lib. 3. sec. a.
5i4 Sul Catarro Epidemico
nia , e la tisichezza . In questi si verifica quel detto dell'
Areteo : Exìguos morbos majores excìpiunt : cumqne priores
diserimìne vacarent , eorum soboles pemìtìosa exoritur .
Della Febbre maligna .
Quando il Catarro non arriva a sciogliersi in pochi gior-
ni , per uno sputo o per corizza che siano dolci e concotti ,
ovvero per un sudore profuso e salutare, degenerando esso
dalla benigna sua indole , penetra al cervello la infiammazio-
ne, s'accosta alla cangrena ; e sintomi perniciosi danno fuo-
ri in tempo che oppressa la febbre , sembra mitigata o nin-
na : reso il polso naturale , e inclinando al freddo il morbo-
so calor delle carni che prima era . Questa è la febbre mali-
gna vera ; come un Uomo dicesi maligno , il quale sotto as-
petto amico macchina insidie e pensa ad offendere altrui .
I preludj del morbo sono alcuni dolori vaganti per le
membra, con facile torpore e formìcolamento : il capo ag-
gravato e confuso ; l' anima senza ragione appassionato e me-
lanconico : i sonni turbati da insolite- veglie e da funesti so-
gni. Al cominciare del morbo hanno qualche riscaldamento
di ffola , le narici ancora ingombrate e chiuse , gli occhj fiam-
megfianti e lacrimosi . Vacillano camminando ; né si credono
ancora ammalati: ma sono costretti dai domestici a custodi-
re il ritiro , e a mettersi a letto. Il ccrpo loro si fa stitico ,
le urine rosse e scarse , perchè rifiutano il cibo e la bevan-
da . Non hanno sete benché la lor lingua sia infocata ed ar-
siccia . I soinii si fanno sempre più turbati e paurosi , e sve-
gliati d' improvviso credono fermamente di essere stati da
qualcuno assalili e maltrattati. Quindi divengono sino dai
primi giorni del male pensierosi e timidi , e in se stessi rac-
colti , a segno di parere sordastri , benché ancora noi sieno .
Rifiutano i medicamenti, e le altre ordinazioni del Melico,
non volendo essere infermi,, e temendo di essere traditi. Le
loro membra s' irrigidiscono , e giacciono immobili nel sito
do-
Di GioYJkNNi Verardo Zeviani . 5l5
dove $i trovano , benché abbiano un braccio o una gamba
intorpiditi e gonfi jjer una mala positura del loro corpo .
Rompono però bene spesso per se stessi il loro silenzio , e
questa immobilità; alzandosi d'improvviso dal letto , e con
forza irresistibile tentando di ammazzarsi con coltelli , o di
gettarsi dalle finestre . In questo tempo delirano di una
specie di pazzia-, dicono di genere ogni spropositi ; e tornan-
do per poco in se stessi si accorgono di averli detti ; e se
ne vergognano; e cercano con ingegnose cabale e rigiri di
coprire agli astanti il loro errore : altri ridono e si godono
del loro spropositare . Ridono i più sensati e serj , e bestem-
miano i più morigerati e religiosi . Intanto la gola sempre
più si disecca ed infiamma, onde penano ad inghiottire, e
s'allarmano con chiuder forte la bocca , quando alcnno s'ac-
costa con cibo o bevanda per ristorarli . E come i morsicati
da cane rabbioso cadono nella idrofobia^ così questi per non
dissimile ragione cadono nella sitofobia ; sputando in faccia
a chi loio porge V odiato boccone . La lingua si annera e di-
secca : le narici stillano sangue , e materie corrotte e feten-
ti : r udito si perde : escono gli escrementi senza che se ne
accorgano o li mandan fuori senza risentimento o vergogna .
Vanno con le mani in traccia di mosche , e piegano e ripie»
gano i panni vicini. In questo stato di cose, se sintorni av-
vengano che mostrino li nervi e l'interno cervello patire : va-
le a dire stridore di denti, guizzi di tendini , convulsioni di
membra, parziali paralisi , questi son tristi preludj di un pes-
simo fine . Perchè poco dopo danno nel letargo , e da un
profondo stertore aggravati , quasi apopletici finiscono la vi-
ta : chi più presto, chi più tardi, fra il duodecimo ed il ven-
tesimo giorno del male . Se tali sintomi non si manifestino ,
sogliono superare il morbo , benché prima di guarire debba-
no tollerare una pessima cangrena dell'interna membrana dei
naso e della bocca , prolungatosi il male e la sua crisi sino
W quarantesimo o sessantesimo giorno del male , Nel qnal
tempo , e dopo ancora per qualche ora del giorno parlano
Ttt a fuo-
OlO SCL CATARRO EpiDE.MlGO
fuori di proposito; e restano- vive n«^l loro cervello le imma-
gini di- quelli stesai spettri o figure che nel tempo dei loro
male avevano sempre presenti e davanti agli occhi. Prove-
nendo questo male dal Catarro epidemico , eh' è morho coR'-
tagioso , perdutasi in questo trascorso di male la benignità
del morbo, ne resta vivo il suo contagio: e questo pure di-
viene un male contagioso j ed attaccaticcio a; quelle persone
«he da vicino assistono agli infermi ; e passa di famiglia iti
famiglia , e di contrada in contrada , tanJi serpendo dappoi .
Questo male rilevantissimo , e frequentissimo è restato
senza nome proprio e speziale ; qnantunr|ue sìa da ogni altro
aiale discrepante e diverso . Il volgo qualche volta più ac-
eorto dei dotti, (non so per qual ragione) per quanto leg-
gesi in Amato Lusitano e nel Torella , il chiama in Spagna
col nome di Modorra o Modorilla . Noi qui il chiamiamo
ysJgarmente Mazzucco ,, e secondo il Brasavola cosi chiama-
¥asi comunemente in Italia trecento anni fa : pulsus affectiis
ex phrenit'ìàe €\ lethargo , quem nos vocamtis maluni lìTazn-
chi [q) sembra un vocabolo corrotto e composto di male e
zucca-. Zucca si dice dal volgo la testa : zuccone si dice ad
un uomo stolido , che non intende ragione ; com' è prnpiio
di questa malattia. Per questo sintouio, io crederei che si
potesse chiamare con ncine più decoroso morbo attonito :
giacché Cornelio Celso adoperò questo nome in malattia con-
troversa , che per errore di testo è detta apoplessìa , quan-
do per ventura dovea dirsi embrontesia, che significa ap[)un-
to r essere attonito e stupido quasi percosso dal fulmine .
Alcuni pensano che Celso dove sta scritto la prima volta
fuor di proposito apoplessia, usas?e il vocabolo di catalepsì ^
morbo che couviensi ad ammalati che sono di corpo e d' ani-
mo insensati . Ma- è da avvertire ch'Egli si appella ai Greci:
e secondo i Greci de' suoi tempi catalepsi non significava un
mor-
[q\ Ind. in Galen. p. m. 896.
Di Giovanni Verardo Zeviaot . 5 17
fai morbo definito ; ma nulla più che quanto i Latini dico-
no deprehensio , coìnpnhensio , adeptio • Secondo lasciò scrìt-
to Celio Aureliano , Asclepiade fu il primo che trasportò ad
VISO medico questo vocabolo : e non fu usato per molti seco-
li dappoi se non da^li Scolari di Asclepiade , il qua! fiorì po-
chi anni prima di Celso .
Della Perlpneumonìa .
•Fu questo morbo più del soli-to frequente dopo il Catar-
ro epidemico dell'anno i^SS , dopo quello dell'anno 1762, ,
secondo l' Huxam , e secondo il Moreali. Noi 1' abbiam seda-
to frequente in quello dell'anno 1782. Determinato il veleii
catarrale al polmone ^ o per il libero immediato respiro dal-
la bocca, o per ripercosso sudore nelle prime febbri, ajutan-
do la tosse assidua ed inane , se ne aggrava , irrita ed infiam-
ma il polmone ^ e se ne produce la peripneumonia . Più fa-
cilmente ciò avviene se sia d'inverno o di primavera, quan-
do concorrono altre cause ad eccitar questo moibo . La pe-
ripneumonia , eome dicesi , ha più pericolo che dolore : vieii
però nei primi giorni dalla gente povera negletta e sorpassa-
ta . Per questo disordine , il male riesce più presto soffocat:-
vo e morlale . Che se il morbo trovi un sangue per 1' abuso
del vino e dell' acquavite riscaldato e inclinato a coagularsi,
spesso avviene che ne' proprj letti , o tra via restino soffoca-
ti gli infermi, e dinunziati come morti d' improvviso per una
apoplessia • Ma fatta I' apertura di molti di questi cadaveri ,
in tutti si è trovato illeso il cervello : ed il polmone in od^ni
sua parte infiammato, duro, e gonfio qual massa di fegato,
tramandante nel tagliuzzarlo molto sangue atro e rappreso ^
Della Ti siche zz
a .
Dalla peripi.eumonia si passa alla tabe . TI più delle vcF-
te però dopo il Catarro epidemico resta immediatamente la
ta-
Si8 Sul Catarro Epidemico
tabe . Quidam phthtsi langiientes ìnterìhant , fa notato dall*
Aiioii'iiio IH Kiveno all'anno iSS/. Qui huic morbo succumberi'
tes ìnteribant . . . instar febre hectica laborantium emorìeban-
tur^ fo.5Ì il Willis all'anno i658. Ubi vetus erat in pulinonibus
vitium ex haereditate ^ febre hac discedente, tussis purulenta
cuni sanguine succedebat , saepe vera phthìsis ^ cosi i' Off'.ii a li-
no all'anno 1709. Haud pauci modo phthisici mortai snnt ,
rupto interdum pulnionis apostemate : illi pra'cclpus qui ex
febre catarrhaU in tabem incider ant , cosi 1' Huxaiii ; il qua-
le segue a «lire dopo aver, parlato dell'anno lySo, che- neil'
anno 1787 plures jam phihìsi tabescunt pulmonaria , cui de-
dit origiitem male judicata febris cutarrhalis , Il Saillant ali*
anno J762,. avverti che „ plusieurs qui avoient latte loiigs-
ternps contre le maladie , futent à la fin eniportés par la
phthisie pulinoiiaire ,, . Presso noi dopo il Catarro delTaniio
1782 non fu molto osservata la tisichezza ; ma persone de-
gne di fede che in quel tempo si trovavano in Londra , mi
hanno assicurato che molte migliaja di uomini sono penti
consumati dalla tabe . Riscaldando ed infiammando le parti
©strutte, infierisce e s' attacca ne' polmoni il veleno catar-
rale : si aprono le scirrosità in ulceri , in fistole , che con-
• suniano la loro sostanza ed inducono la tabe. Stato ulceroso,
che è come una spezie di cancro insanabile, non tanto per
ragione di sito esposto all'aria libera che si respira ; o perchè
debbano le materie corrotte salire all' insù ; o perchè il luogo
sia perpetuamente agitato nel ricevere e tramandare 1' aria :
ma perchè le ulcere sono piantate su d' una parte callosa in-
dissolubile : come con molti esempj pratici ed anatomici ho
dimostrato in un mio libro, che tratta su i morbi purulenti.
In quel libro ho disputato se la tisichezza sia o non sia
attaccaticcia e contagiosa : e parlando della tisichezza vera
ed originaria ho conchiuso che non sia contagiosa , come il
volgo crede , stantechè procede da cagioni intrinseche e na-
turali , non procedenti dal contatto o vicinanza di altri corpi
infetti . Qui slam giunti al luogo di nominare una spezie di
ti-
Di Giovanni Verardo Zeviani . Sig
tisichezza che è temil)ile e sospetta di contagio . Questa è
quella eh' è prodotta o fomentata dal veleti catarrale , per se
stesso contagioso e indomabile . Or che si la frequente il
morbo catarrale epidemico , dovranno tenersi lontani al pos-
sibile dair acquistarlo i giovani , i quali possono covare den-
tro i loro polmoni ancor nascosti i principj ed i rudimenti
della tisichezza ; la quale presto quindi verrebbe a spiegarsi
aizzata dal velen catarrale . E per la stessa ragione sarà cau.
ta non addomesticarsi con Tisici , il di cui morbo può aver
tratta 1' origine dal Catarro epidemico .
PARTE TERZA-
Cura chi morbo .
II Catarro epidemico è una infiammazione della mem-
brana pituitaria , prodotta dal muco investito da uno stranio
miasma , che esala da corpi del medesimo morbo infetti .
Ccmyiene però per primaria intenzione cercare di cacciarlo
dal corpo; perchè altrimenti, essendo esso della propria in-
dole tenacissimo, non si lascia scomporre e correggere. In-
tanto che questo si procura , scn da tenersi lontane le per-
sone del medesimo morbo infette: perchè queste; col traman-
dare incessantemente nuova materia morbosa , mantenf^ono
vivo il male a fronte della cura che si ha di debellarlo . Si
ottiene il suo più facile esito dal corpo con procurare di mi-
tigare r eccesso della infiammazione , che mettendo spasimo
e contrazione nel sistema nervoso e musculare y chiude la
via alia sua sortita» Si ottiene con dar corpo alla mucosità
troppo sottile , con assottigliarla se sia troppo densa e tena-
ce : essendo questo difetto e questo eccesso di remora e di
impedimento agli umori che stillano dalle narici , o si devo-
no cavar fuori d;d polmone .
Quella porzione d' infetta materia che cade al polmone
è da espellere cogli espettoranti : quella che discende allo
sto-
520 Bvh Catarro Epidemico
stomaco, col purgativi : quella che s'intrude a coiTtaniinarc
Ja massa del sangue, coi sudori feri • Quando si vngliano jiur-
gare i corpi, dice Ippocrate , bisogna rerideie i loio umori
sottili e scorrevoli : questo si ottiene con le copiose bc-van-
de . Gli oliosi conducono a questo fine col levare gli spasi-
mi ciie gli umori ritengono •
Spesso s' incontra che gli stomachi sono imbrattati , il
elle si conosce dalla inappetenza, dalla lingua sordida, dal
vitto pravo : questo difetto tiene in tutto il sistema vascolo-
so una perpetua tonica contrazione , che fa debile il polso e
ristretto ; cosicché si oppone al libeio esito del sudore , che
suol porre un presto e salutare line del morbo.
Alla tosse si ricercano rimedj olitisi e dolcificanti per
renderla più mite, onde non passi ad offendere il polmo-
ne. Gli altri sintomi del Catarro sono da sorpassare senza
cura speziale .
A quella porzione di veleno che si rivolge per 1' esofa-
go allo stomaco , poco è da badare : essendo avvezzo lo sto-
maco a ricevere in se ogni giorno nella varietà de' cibi e del-
le bevande', e. de' medicamenti materie or più or meno ostili
e venefiche : le quali se siano nocevoli , vengono ad essere
purgative , e se stesse ripurgano .
In fatti 5 se è, secondo il suo ordinario, benigno il Catar-
ro epidemico, è da paragonarsi ad altri moibi epidemici egual-
mente benigni : dei quali dopo datane una lunga ed esatta
descrizione, riguardo alla lor cura, conchiude Ippocrate , che
non batmo bisogno né di cura Medica , né di Chirurgicale ;
le quali in tali casi più servono a disturbare la natura che
per se stessa li sana , di quello che possano al bisogno aju-
tarla .
È però indispensabile nel caso nostro un attento riguar-
do di non moltiplicare in se stesso il miasma Catarrale col
comunicare strettamente con altri infetti ; e alla pr'ma in-
vasione del morbo , tenersi rinserrato nella propria casa , o
mettersi a letto se sia spiegata la febbre , ^Jt-'rchè non resti
ini-
Di Giovanni *VEaARDO Zeviani . 5ai
impctlito il suJore , da cui la pronta guarigione dipende ; e
sì ipapediscoiio i peggiori mali ^ che altiiaieuti sogliono pro-
venire .
Dil Salasso .
Ma qnal uso che sia retto e convenévole faremo noi del
salasso nel catarro epidemico ? Consultiamo qua! sia stato il
suo eftVtto nelle passate epidemie .
Kella epidemia dell' anno i5io il de Tou riferisce , che
il salasso non convenne : Lethale fere iis , qui medicamentis
purgantibus , aiit venae sectione iitehantur .
Nella .epidemia dell' anno iSSj il Dodoneo scrive che il
salasso giovò a tal segno , che morirono quegli , in cui non
fu praticato : inortui sunt quìbus venae sectio praetcrinìssa--
Nella stessa epidemia il Valleriola lo mette nocevole : san-
giiis missus et purgatio nocebant . Così pure il Foresto : cu~
curbìtulae niagis in hoc morbo jiivabant quani venae sectio .
Nella epidemia dell' anno 1578 dice il Ballonio che mol-
to giovò il salasso : maximum remediiim fiat phltbotoniìa .
Nella epidemia dell' anno i5oo dice il Foresti che il sa-
lasso e la purga salvarono gli infetti cuni plurimi facile eva-
clerent ; sanguine qiddein statirn detracto , et medicamento ,
dieta lenitivo , hausto • AH' incontro il Sennerto in questa
stessa epidemia riferisce come micidiale il salasso : experien-
tia enìm hoc comprob&vit , omnes fore mortuos esse , quibus
vena aperiebatur . E cita a questo passo anche il testimonio
del Viero : il quale nota come in Roma più di due mille
persone son perite di catairo , per essere li JSIedici Italiani
molto pronti a segare le vene . Sta forse scritto questo in
un' Opera Tedesca non registrata dal Manzeti, intitolata,
jirtzneybitch von etlichen bisanher unbekanntm , und unbes-
chrieben Kranhheiten : eh' è quanto dire : libro di Medicina
sopra alcune malattie , sino ad ora sconosciute e non descrit-
te ; stampato in Fiancfuit al Meno , 1' anno j58o . In quc-
Tonio XI. V v V sto
Saa Sul Catauro Epidemico
sto libro trattasi al capo quinto della tosse pestilente die fu
per tutta la Europa allo stesso anno i58o . Sicché errò il
Merclino e con lui il Mangeti , col voler morto il Viero all'
anno iSyo . Anche Oratone in questa epidemia riferisce co-
me dannoso il salasso : eventus liic ostendit graviter illos pe-
rìdìtatos , et lìtterìs ex Hispania mìssìs perscriptum est saprà
duo millìa homìnum , qiiìhus in unica urbe Mantua Caipen-
tarla,, uhi regia est, sanguis fuìt detractus intra paucos dies
cbiisse . Ma il Mercato riferisce che fu in quel tempo diver-
go r effetto del salasso in diverse Città : ratio tamen conten-
tionis orta fuìt , quod primo viorli accessu plures interierint
ex his , qiiihus sanguis mittehatur : item in aliis Civitatibus
et locis plures ex his quibus non mittehatur .
Nella epidemia dell' anno i658 fu utile il salasso secon-
do il YillJs : auxìVia quae nunc crebra experìentia in hoc mor-
bo opem praecipuam contulisse perhibentur , sunt diaphoresis y
sìve procuratio sudoris , et sanguinis missio .
Nella epidemia dell' anno 1Ó69 il Bertollni accenna la
grande utilità che recò il salasso : tusses non paucìs lethaìes ,
quas secta vena plerumque jugulavit .
Nella epidemia dell'anno 1675, trovò il Sidenamio uti-
lissimo il salasso : ye//ri et pessimìs ejus symptomatibus rectis-
sìme ( quantum accurate facta ohservatione mihi constitit )
occurrehatur venae sectione . Cosi riusci felicemente anche al
Reyer : plerisque meta gravìorìs mali venae sectionem impera-
vi . Mortuus nemo .
Nella epidemia delTanno 1709 l'Offmanno si è dichiara-
to poco amico del salasso : prae senti jain catarrhali febre ,
penitus a sanguinis missione abstinendum . Tum enim , expe-
rientia teste diuturnitatem catarrhi adducit . Il Lancisi però
trovollo giovevole : primo sanguinis missionem, quantum ani-
madvertere potui , praesertim ante quartum diem adhibitam y
robustiores acgrotos juvare comperi . E del pari giovevole riu-
sci il salasso , per le osservazioni degli altri dotti , uniti in
consiglio j per riparo di quella catarrale epidemia.
Nel-
Di Giovanni Verardo Zeviani • 5a3
Nella epidemia dell" anno 1733, l'Autor della Memoria
che leggasi fra gli Atti di Edimburgo , ha queste parole in
proposito del salasso „ La emissione di sangue fatta nei pri-
, mi giorni del male riuscì di un gran giovamento per ac-
, chetare i dolori e per calmare la febbre . Si dovette re-
, plicarla a quelli che avevan gran doglia di testa e dei lan-
, ciwamentl negli occhi , non meno che a quelli che aveano
, oppresso il respiro , e che provavano dolori e stupidezza
, nei muscoli del petto . Coloro la di cui malattia si scoprì
, da questi sintomi ; e nei quali non si fece la missione di
, sangue sul principio , vennero sorpresi da uno sputo di
, sangue : alcuni ebbero una leggera emorragia dal naso , da
, cui ricevettero un pronto sollievo, senza altro rimedio, o
, evacuazione ,, . Vien questo buono effetto confermato dall'
Huxham : illos potìssìmum venae sectio acijuvìt cpios pectorìs
dolor, aut gravitas oppresseriint . E similmente dal Gorter :
quibiis vero protinus aderat febiis calida , pectorìs et capìtis
dolor , Clini non obscnrìs futuri delìrìì sìgnh , in his prolonga-
hatur morbus ad imam vel alterani hebdomadani , et inde
majorem quantìtatem Inijus spìritiis extemporanei propinare
debui, simulqne semel aut bis sanguinem mittere , ut versus
caput ìmpetus ininueretur . Il Jusseu però non trovò utile il
salasso in questa epidemia in Francia ,, et comme il avoit
,, observé que les saignées , les laxatifs , les cathartiques ,
,, les potions béquiques , indiquées en apparence , n' avojent
„ été d'aucuu sécours ec. ,,
Nella epidemia dell' anno 1707 fu secondo V Huxham
più necessario il salasso che nella antecedente : febris haec
catarrhalis-multo veliementius hoc anno saeviit , et largiorein
sanguìnis mìssìonem postulavit .
Nella, epidemia degli anni 1742., 1743, il Violante osser-
vò utile il salasso : sì tempore opportuno sanguìnis mìssìo in
febrì acuta vel peracuta bis vel ter ( juxta morbi exigentiam
et aegrotantìs constitufionem ) celehrabatur , licet isti acuto
vel peracuta morbo tentabantur , sani tament ut plurìmum èva-
V V v a de»
5^4 Sul Catarso EriDEMico
dehant . Cosi parimenti 1' Huxhara : omnibus adfuìt pectorìs
quaedam strictura , et gravìtas. permolesta : secundo adeo die
invcduìt febris , pulsusque multo cìtatìor factus est , aneto,
quoque s.pìrandi difficultate , praecipue si sangninis missìo
fuerit neglecta . E sfessa mente il de Sauvages i processus /e-
licior Me fuit : primo die duae phlebotomìae ; secunda enieti-
ewn vel catharticuifi i tertia phlebotomia ', et vcspere julepiis
narcoticus .Nou s'accorda con questi il Roncalli, e uerameiio
con se stesso , in un luogo dicendo : eteni/n ut plurìmum in
sanguine, in vìseeribus nulla praeexìstebat labes , ut venae sp,-
ctae et cathartica frustra adìùbita docuerum. : e poco dopo :
licet adh'ie non se pro-dìerint tus-sis et sputum sanguinis , illi-
co praeeipve in plct/ioricis de sar/guinis missione ugebatur ; et
quidcm ut plurimum euni levamine .
Nella epidemia dell' anno 1762, assicura il Saillant che
j^ les reniedes- qui ont le mieux rénssi ont été i.°Lasaignée
„ fajte à l'instant: elle prévenoit les suppurations iuternes ,
j, accident qui emportoit quelqnefois loat à coup les mala-
j, dcs i et de voit étre émpJoyé, sans niéme avoir égard aux
5, aiixietés » et à la langueur „ Non s' accorda questo Scrit-
tore con se stesso , il quale poco dopo dice „ La saigiiée ne
j, coiivieut point essentiellernent , ni par elie-méme dans cet-
„ te nialadie , selon le témoignafre des Observateurs „ Li
Medici del Collegio di Aigentina non vollero intromettersi in
questa questione j anzi per dir meglio 1' hanno ottimamente
decisa , col dire che lasciano alla prudenza del Medico il
conformarsi alle particolari circostanze della malattia , ed ai
diversi stati degli ammalati . Il Razoux non stimò necessario
il salasso , se uon quando era grave il morbo, o complicato.
Il Brest stimò il salasso rade volte usato con vantaggio degli
infermi .
Vedesi qui per verità una pessima confusione di lingue,
una pertinace cotvtrarietà di opinioni , una diversità di risul-
tati . Ma se ci faremo posatamente a riflettere sopra i moti-
vi di questa discordia j vedremo che^ oltre a qualche esage-
ra-
Di Giovanni Verardo Zeviani. 52-5
razione che seco porta l'amor cl«l paitito o contrario o ùwo-
rr^vole al salasso , e oltre a quello che suol avvenire, che la
sperienza facilmente risponde a seconda di quel che si desi-
dera , la natura dell'argomento porta con seco una cotal con-
lusione . Nelle tre ultime epidemie catarrali degli anni 1782,
1708, i8cSj essendo caduto il catarro nell'estate la prima ; la
seconda in autunno , la terza in primavera . fu sempre mite
e di niuna perigliosa conseguenza: stanti i facili sudori della
prima, e l'eguaglianza di temperie nell'altre due. In que-
ste cpù in Verona qualcheduno de' nestri Medici ha usato il
salasso ìa tutti gli ammalati , e tutti ne sono felicemente
guariti : qualche altro Medico non l' ha usato in ninno , e
ninno è perito. Nel primo caso attribuiva il Medico la gua-
rigione de'snoi ammalati al praticato salasso: nel secondo ca-
so attribuiva il Medico la guarigione al non usato salasso .
Cosi è succeduto con falsa Logica dove fu pestilente nelle
altre epidemie il catarro , che si è attribuito il mal esito del
morbo al salasso messo in pratica, quando era da dirsi effet-
to della malizia del morbo irrimediabile . La questione dun-
que dell' uso da farsi del salasso ^ si riduce ai tre nominati
morbi , nei quali 1 catarro epidemico trascorre nel rendersi
periglioso o mortai ►
(Jura della febbre maligna,.
Se mai nella cura de' morbi è necessario far uso del sa-
lasso con circospezione e moderazione , è certamente nella fe;b-
bre maligna detta mazzucco , alla quale spesso porta \\ catar-
ro epidemico : perchè se bene usato può giovare ; usato fuor
di tempo e di misura viene ad essere micidiale ^ Il male di
natura inflannnatoric delle interne narici , chiama un pronto
soccorso , alfinchè non passi ad occupare essenzialmente il
eervelloi e questo si ottiene dal solo salasso; il quale mode-
ra il soverchio fervore , e chiama ad altre lontaue parti il
concorso del sangue affollato alla testa. Ma il salasso diventa
SOS-
5a6 Sul Catarro Epidemico
sospetto , e sommamente nocevole , quando , in progresso di
qualche giorno, si scema e disperde la febbre , si mitiga il
calore alla testa per passare che fa 1' infiammazione ad una falsa
suppurazione , che genera un umore rodente e tendente alla
cangrena : e le forze vanno mancando , riiìutando gì' infermi
ogni sorte di cibo e di bevanda . Quanto dicesi del salasso a
miglior ragione si può dire dei vomitorj , dei purgativi , dei
vescicatoj , i quali nulla giovando a moderare la infiamma-
zione , nò a ripurgare i cattivi umori per essa generati , egual-
rnente che il salasso tolgono la nutrizione e scemano le for-
ze . Forze che sono sommamente necessarie per conservare
in vita l'infermo per il lungo tratto di tempo che si richiede
prima che sia ripurgato e guarito. Procedendo però il morbo,
e ridotti gì' infermi a rifiutare ogni sorte di alimento , sono
da abbandonare i medicamenti odiati : procurando per ogni
arte e maniera di allettarli a nutrirsi con qual si voglia sor-
te di grate bevande , che siano nutritive insieme e salubri .
E se pure in progresso di morbo si creda bisogno di ripurga-
re lo stomaco dai corrotti umori che dalle interne narici co-
lano neir esofago ^ purganti si devono eleggere che siano in-
sieme nutritivi : com'è la cassia, la manna, il siero di lat-
te, l'olio di mandorle dolci. Con questa avvertenza, con
ciuesto metodo di cura si ottiene in fine la guarigione di qua-
si tutti gì' infermi ; quando per troppo replicati salassi , per
troppo attivi medicamenti dapprincipio adoperati, quasi tutti
a mezzo il corso del loro male sen muojono . Il disgusto loro
cagionato dai medicamenti è per lo più la cagione che con
essi rifiutano anclie gli alimenti , temendo di essere inganna-
ti e traditi . Qualche altra non pensata cagione talvolta gli
induce in questo abborrimento . Sono io stato chiamato a vi-
sitare un Prete aggravato all' estremo dal mazzucco , acqui-
stato coir assistere agli jnfermi del medesimo male nell'Ospi-
tale della Pietà . Il suo male era a tal segno giunto che fu
abbandonato per morto dal Medico. M'accostai alle sue orec-
chie forte parlando : don J^ostino, bisogna bere; avendo rile-
va-
Di Giovanni Vekardo Zeviani . Baj
rato clie da tre giorni non prendeva né cibo né bevanda di
sorte alcuna . S' alzò alquanto , e guardandomi indignato ris-
pose : sapete voi dì Logica, ? Certo che sì , risposi , sono dot-
tore^ e tanto basta . Bene, soggiunse egli, se sapete di Lo-
gica, quando di qua non esce, di qui non si mette, Retor^
queo argumentum , dissi io , quando di qui non si met-
te, di là non esce . Restò sospeso alquanto, e convinto dalla
forza del contrapposto argomento, chiese del cibo, e mangiò
avidamente buona quantità di pan bollito , e beve una tazza
di acqua : né più in seguito si provò gran pena a farlo man-
giare e bere : tantoché si sostentò in vita a segno di guarire
del suo male ; restando per qualche mese ancora , per qual-
che ora del dì, imbecille e mentecatto . Il bisogno di reite-
rare il salasso prender deesi adunque secondo la quantità di
alimento che prende l' infermo . L' osservazione del polso in
questi casi è molto fallace ; essendo vario questo secondo
l'affetto dell'animo , che sempre varia di ora in ora : or pre-
valendo la malinconia , ora il furore . Inoltre succede d' or-
dinario che stanno spesso gli infermi col braccio destro fuori
del letto in traccia di mosche , clie loro sembrano sopra il
lenzuolo trascorrere : e questo avviene per sangue arrestato
nelle arteriette al fondo interno dell' occhio , onde macchie
al di fuori ne" risultano , inoventlsi a seconda deirocchio che
sempre sì muove . E per il calore , e per la umidità si dila-
tano le arterie che sono al coperto , e batte il polso in un
diametro maggiore del braccio scoperto ; e per questo sembra
al dito che il tocca più forte e frequente , quantunque in
realtà non lo sia ; mentre da un solo cuore proviene .
Cura della Peripneumonìa .
Qui pure gi-andissima difficoltà s' incontra nel fare un
uso del salasso , che sia retto e convenevole , e non apporti
danno agli infermi anziché essere loro di giovamento . La pe-
ri-
/
5a.o Sul Catarro EriDEMico
ripneumonia che succede al catarro epidemico è alquanto di-
versa da quella che d'ordinario succede alla pleuritide. Que-
sla è un male secondaiio , che occupa solo in parte il pol-
mone , e non ofieude perciò gravemente il respiro ; è più
lungo il male , ma di minor jjcrifolo . Ouell' altra , di che
palliamo, è un male essenziale, che occupa tutto ad un trat-
to ogni parte di polmone, e minaccia pelò od on;ni istante
una mortale soffocazione, e in fatti in poclii giorni uccide.
L'unica via per cui qualche volta si viene a scampare è quel-
la dello sputo , se riesca e si mantenga facile e copioso . La
cavata di sangue riescendo d'immediato sollievo all' ajierava-
to respiro, si desidera istantemente dall' infermo , e,si prescrive
daLMedico allorché toriii ad aggravarsi il respiro, come suo-
le pur troppo dopo poche ore accadere . Cosri si fa la terza
e la quarta volta , e più volte ancoia , perchè il morbo tor-
na sempre ad aggravarsi con più bievi intervalli di tempo .
Ma non si va tanto avanti , perchè inaspettatamente con
molto strepito di catarro alla gola , manca di vita soffocato
r infermo . Questo avviene perchè la cavala di sangue , re-
plicata più volte con breve intervallo , scema talmente di
forze r ammalato , che più non vale ad espellere il catarro
aggravante il polmone . Si chiude dunque col troppo sangue
estratto F unica via di salvare la vita , per ottenere un brie- -
ve instabile sollievo che seco porta . Fatte però una o due
missioni di sangue dapprincipio , si ritarderà a fare la terza
e quarta; procurando nell'intervallo di cadauna di esse, con
spesse bevande diluenti insieme e nutritive , di sostenere le
forze dell'ammalato, onde possa resistere alla molta fatica di
espellere lo sputo ^ con l'ajuto di qualche giulebbo opportu-
no .
Cura della Tisichezza .
Credesi comunemente che non solo inutile , ma danno-
so sia il trar sangue dalle vene dei tisici : e par fondata que-
sta
Di Giovanni Verardo Zeviani . oag
sta credenza stante iJ detrimento di nutrizione che molto si
avanza col crescere della loro malattia. Ma come non fu mai
vano il inuoveie questione anche su cose che pajono ben
fondate, e sono dal comune consenso approvate, ben a fon-
do considerato questo affare , vedrà ft)ise non essere la cosa
così come voìgai mente si crede . Ne' cadaveri de' tisici cer-
tamente dimostrasi consistere la loro malattia in replicate in-
fiammazioni di tubercoli scirrosi , per le quali non si genera
una buona e lodevole suppurazione , ma una esulcerazione
inutile a guisa di cancro , Da questa osservazione siam con-
dotti a credere che spesse e piccole cavate di sangue siano
utili anziché no , servono queste a tener lontana la infiamma-
zione , e a sospendere lo sputo di sangue , affinchè non si
molti[)lichino le esulcerazioni , che a mal fine più presto con-
ducano la malattia, già per sua natura ostinata ed incurabi-
le . Alla nutrizione che va mancando , per quanto spetta al-
la cavata Ai sangue , si va in questo morbo facilmente ripa-
rando coir abbondante nutrimento che gli infermi ricevono
dal cibo e dalle ])evande, che volentieri e sempre appetisco-
no . Non è mia questa dottrina : ma io V ho ricevuta dal
Cheine , dallo Sfalio , dal Dovar , dal Pringle , e da qualche
altro moderno Scrittore, non avvezzo a giurare m verha Ma-
glstri . E mi sono confermato in essa per più cure felicemen-
te riuscitemi , e singolarmente per un caso ultimamente sot-
to de" miei occhj avvenuto , che piacemi per concbiusione
di questa Opera , succintamente narrale . Un Prete , ultimo
di' sua ricca ed onesta famiglia, i di cui numerosi fratelli, e
due sorelle son periti di tisichezza , essendo sorpreso da im-
portuna tosse con getti di sangue si tenne con ragione dan-
nato all'istesso mal fine. Quindi si die cura d' impedire lo
sbocco di sangue al possibile , tenendo vicino un Chirurgo ,
che di e notte fosse pronto a cavargli sangue ad ogni segno
di sputo sanguigno. Questa sollecita cura importò il bisogno
di tanto replicati salassi , die sono arrivati al di sopra di
2 omo XI, X X X cen-
53o Sul Catarro Epidemico
cento . Ebbesi tempo di arrivare a tal numero , stantediè per
essi si conservò in vita il Prete , tisico bensì , ma pur vivo
per più di sette anni dappoi .
■ì t,i
SO-
i
S3i
SOPRA
UNA FALSA SPECIE DI CHINA
MEMORIA
Di Ottaviano Targioni Tozzetti .
Pdccvuta il dì i8 Jprile i8o4»
J.N on vi è dubbio che i pi-ogressl 1 quali sì sono fatti da
un mezzo secolo in qua, si debbono per la massima parte ai
dotti viaggiatori delle colte Nazioni, i quali e nei proprj pae-
si , e nelle lontane provincie dirigendo i passi, e le dotte lo-
ro ricerche , hanno riportati immensi nuovi tesori , .con i qua-
li hanno arricchiti i Giardini botanici di bellissime ed utili
piante, i Musei di curiosi animali, e di minerali sconosciuti,
le Farmacopee di medicamenti stimabilissimi e di specifici
pregiabilissimi . Ogni giorno la suppellettile medica si accre-
sce di nuovi materiali , di radici , di scorze, di legni , di se-
mi sconosciuti per 1' avanti , e che per lunga tradizione si
praticano con felice successo dai popoli più a noi remoti .
Molti è vero di questi medicamenti si sono riti-ovati poi
inefficaci, altri sono andati in dimenticanza; ma certi altri
non hanno perduto del loro credito , e si sono meritamente
acquistati il titolo di medicamenti eroici , e di specifici .
Tale è la china china, della quale superfluo è che io
rammenti la scoperta e 1' ammissione in Europa , come me-
dicinale .
Linneo , per la celebrità che si era acquistata questa
droga nel guarire la Contessa del Cinchon , 1' ha denomina-
X X X a ta
SoO. Sopra una falsa specie d£ china
ta ChìncJwna officinali s , riponendo nella classe quinta Pen-
tandria la piatita , clie la produce . Questa è aduiujue la Cia-
na peruviana o di Lohha , o Loxa , la vera china china ^
detta modernamente china ranciata , e Chinchona LancìfoUa
da Mutis , divenuta rarissima presentemente {a) , quella che
possiede la virtù febrifuga in grado sommo , 1' attonante , e
antisettica .
Confermata la virtù febrifuga della china , e conosciuto-
si, che possedeva un sapore amaro come gli altri più accredi-
tati febrifughi , prescritti fin' allora , cioè la Genziana , il
Camedrio, il Camepizio ec. , si andò a rintracciare corteccie
di alberi , che si accostassero nelle qualità alla China . Infi-
nite sono le corteccie di alberi sì indigeni , che esotici state
mpsse alia prova . Si vantano quelle del Frassino , del Cilie-
gio , del Pesco , del Mandorlo , del Susino salvatico j dei
Salci 5 dell' Olivo , della Querce , del Castagno d' India , o
Ippocastano , sulla particolare virtù del quale è una lettera
scritta al Botanico Pontadera da Gio. Giacomo Zannichelli .
Presto per altro queste cortecce hanno perduto il credito e
1' uso , sono dimenticate nelle Farmacopee, e ad esse ha
sempre prevalso la china china , alla quale fralle nostre non
si è potuto ritrovare corteccia , che rassomigliasse , che ne
possedesse le qualità , e ne dimostrasse eoa V esperienza
r efficacia .
Le scorze esotiche ebbero una sorte più fortunata , una
maggior rinomanza. La Corteccia d' Incas , la C ascari gli a , la
Winterrana ., furono, e per il sapore, e per la viilù atto-
nante, adoprate come succedanee della china; ma non ebbe-
ro il pregio di sicuro febrifugo come essa ; co^i che romin-
ciavasi a non dar più fede alle dioghe febrifughe , che di
tanto in tanto comparivano ; persuasi i Medici che la chi-
na fosse , o r unico od il più sicuro fra tutti i febrifughi .
do
(a) Parmentier , Code PKarmaceut'iqiie p- Sy.
Dj Ottaviano Targioni Tozzetti . 53."?
Giù non ostante , cIo[)0 che sono state determinate e de-
scritte le parti della Fruttificazione dell' albero della china ,
dopoj cioè, che si è veduto il fiore, ed il frutto^ e se ne è
stabilito il genere j non hanno mancato i Botanici di rintrac-
ciare , se questo genere comprendesse altre specie , e in se-
guito dell' aforismo di Linneo , Plantae , quae genere conve-
niunt , etiam vìrtute conveniunt ^ le altre specie di Cinchona
fossero fi^brilughe , e potessero adoprarsi come V officinalis .
Difatti il Sig. Jacquin conobbe e descrisse la Cinchona cari-
buca {a) , Swarz ? angustìfolìa , Anderson la Cìiina dì S. Lu-
cia , o Quinquina Piton , descritta poi da Swarz col nome di
Cinchona florìhunda e di Cinchona montana, da Debadiér, la
China bianca, o di S. Fé ritrovata da Ortega, e denominata
■Cinchona Boi'egensis da Mutis , ed ora conosciuta dai Bota-
nici col nome di Cinchona Macrocarpa . La China rossa ,
cioè, la Cinchona oblongifolia di Mutis, la Cliiaa regia, o
China gialla ranciata delle Spezierie a larghe scorze legnose^
Cinchona pubescens di Wahl , e Cinchona cordi [olia di MutiSj
la china del Surinani , quella di S. Domingo (b) .
Per quanto lodevole è la ricerca di nuovi utili medicina-
li e di succedanei di una droga , della quale si fa tanto
consumo al giorno d' oggi , altrettanto queste diverse nuove
specie di China o di cortecce cosi denominate , hanno inco-
raggito il Monopolio e la frode , e sono state messe in com-
mercio scorze di alberi di ogni sorte col brillante nome di
China nuova y di China della nuova Selva , di China delle
Isole , di Chinane, le quali non solamente non hanno punto
che fare con la vera China china , ma neppure con le cor-
tecce proposte fin' ora , di sopra nominate , e descritte nelle
Far-
(a) La Cinchona carihaca , detta
China grigia , deve formare un ge-
nere a i>Arte , tanto per il caratte-
re generico , che per le projjrietà .
Parmyntier , Code Pliarmaccutique p,
53.
(//) Forse Cinchona Vincaia di AValil.
V. Wildenow. p. 909.
534 Sopra una falsa specie di china
Farmacopee . Tale si è una scorza la quale dovei:tI periziare
nell'Agosto del 1798 per conto di un Mercante di questa cit-
tà di Firenze , al quale era stata mandata da Livorno inve-
ce della China officinali s ^ e che ricomparsa poco tempo fa
col nome di Chìnòne^ e di China nuova ^ lia richiamata l'at-
tenzione del Governo per riconoscerne le sue qualità , e sa-
pere se fosse ammissibile la vendita di essa come medici-
nale .
Questa corteccia pertanto da me esaminata e che mi fu
domandato se fosse vera China , e se per tale si potesse con-
siderare e vendere ? era riposta in una cassa di legno rico-
perta di pelle gregijia , come sogliono essere le casse da Chi-
na . Apertola ritrovai, che conteneva certe scorze, o cortec-
ce di pianta arborea dell'appresso qualità. L'odore, che tra-
mandano le dette scorze in massa , quando sono nella cassa
è legnoso ,.e non ha niente di quell' odore aromatico e mu-
cido pioprio della China China .
Scaldati o fregati insieme alcuni pezzi mantengono lo
stesso odore legnoso, come di querce, né tramandano il det-
to aromatico della china .
Queste cortecce sono lunghe da un palmo a mezzo brac-
cio : alcune sono grosse una mezza linea , altre due , tre , e
quattro linee . Le più sottili sono lisce esternamente , le più
grosse sono in parte lisce, in parte screpolate orizzontalmente
e scabre . Tutte, e specialmente le più vecchie, sono tinte al
di fumi di colore biancastro, o bigio dai licheni crostacei, e
dall'aridezza dell'Epidermide. Le più grosse sono più piane,
e mostrano di essere di rami più grossi ,e più vecchj , le più
sottili sono accartocciate a gnisa di cilindro : nella parte in-
terna sono tutte li^ce .
Rompendole, si trova in tutte una parte piti esteriore pa-
renchimatosa e corticale di colore rosso scuro , la quale è
manifesta anche tolto l'Epidermide, e che appena fa la ter-
za parte nei pezzi sottili , e la sesta nei grossi : il rimanen-
te è una sostanza legnosa y o sia il libro della pianta stessa .
Que-
I
Di Ottaviano Targicni Tozzettt » 535
Queste fibre non sono diritte , ma come tortuose ed intralcia-
te : sono di colore scuro rosso , ma' più chiaro del rimanente
della corteccia esteriore , e nei tagli fatti probabilmente sul-
la pianta fresca , si manifesta più rosso il detto colore . Ta-
gliandole trasversalmente si vede , che il parenchima è gra-
noso, di colore rosso scura più o meno , e vicino alla scor-
za più esteriore prende alle volte il verde , il qual colore si
manifesta anche tagliandole sottilmente sotto 1' Epidermide .
Non sono molto tenaci al dente , ed il pestello le polve-
rizza facilmente ; eoi i colpi non ne agglutinano alcuna por-
zione , ma s" inalza in polvere sottilissima »
Il sapore di 'queste cortecce è amaro principalmente
nella parte fibrosa , ed aspro nella parenchimatosa esterna ;
uè mostra quel sapore discretamente acido, che ha la China.
Grattatane una porzione , e gettata su dei carboni acce-
si , ha tramandato odore di legno bruciato , che si accosta
a quello della carta bruciata.
Istituitane 1' analisi a paragone con la Chlnachina , ho
avuto i seguenti risultati .
Corteccia in questione .
I. Presa un' oncia di polvere
ottenuta dalla pestatura con-
fusa dei pezzi , sì grossi , ciif
sonili della Corteccia da e-
sami.'iarsi , e messa per venti-
quattro ore in infusione in
once dieci di acqua stillata .
Di poi feltrata quest' infu-
sioni», l'ho ritrovata di colore
rosso carico ..
a- L' odore di quest' infusione
è simde a quello del Fieno
secco .
3. Il sapore leggermente ama-
ro , ed un poco aspro .
Corteccia di China China,
Lo stesso è stato fatto con
un' oncia di polvere di Chi-
na china comune o cannel-
lata del Sig.. Fabbroni, e fel-
trata che è stata, l' ho tro-
vata quasi senza colore ..
Quello della china è di muci-
do o paludoso proprio di essa.
Quello della china è amarissi-
rao , e un poco addetto.
4. Di-
536
SOPRA UNA FALSA SPECIE DI CHINA
\
4- Dibattuta quest' infusione
produce grandissitna spuma,
che occupa quasi tutto il
vacuo del uiatiaccio .
5. Questa iufusione cangia iti ros»'
so la tintura di Laccamutfa .
6. Mescolata con acqua di Cal-
ce s' intorbida , ed il preci-
pitato che ne segue, prende
un cclore di terra d'onibra_,
e giallo il fluido soprastante .
'^. Quel sedimento o precipi-
tato è insipido, ed indisso-
lubile in acqua, in Alcool ,
od in Alcali .
8. Il liquido , die rimane , è
pure insipido , ed appena
la qualche mutazione con
r Alcool .
9. Ad altra porzione d'infu-
sione unita la soluzione di
Colla forte, s'intorbida for-
temente , e fa un coagulo
di colore di marrone, che
precipita .
10. Il fluido , che rimane so-
pra il coagulo , è insipido .
11. Una dramma di polveie
di detta scorza bollita in
acqua stillata lino a diveni-
re insipida e scolorita , ha
prodotto un fluido poco ama-
ro, di colore di marrone, e
che si è mantenuto diafano
tanto, quando era caldo e bol-
lente, che cjuando era freddo,
. e che facilmente produce spu
ma agitandolo . 11 residuo le-
gnoso , rimasto dopo la deco-
zione , è molto morbido e
(^uasi mucillaginoso .
L' infusione di china dibattu-
ta fa della spuma , che si
alza pocopiù di un dito sopra
il livello del fluido .
Lo stesso fa F infusione di
Cliina .
L' infusione di China trattata
egualmente s' intorbida, il
precipitato prende un colo-
re rosso di mattone cotto ,
ed il fluido rosso-giallognole.
Quello della China ritiene un
poco di sapore della Chi-
na, ed è pochissimo solubi-
le nei detti mestrui .
Quello della China ha il sapo-
re della China, e fa mag-
giore mutazione con l'Alcool.
L' infusione di China , con la
Colla forte s' intorbida assai
meno , ed a stento precipi-
ta un poco di coagulo di
colore di mattone cotto .
Quello soprastante al coagulo
della China ritiene il sapore
di China .
Un egual dose di China trat-
tata similmente produce un
decotto rosso, mentre è cal-
do , e di color giallo-rossic-
cio molto torbo , mentre è
freddo , e che produce uà
sedimento indissolubile in
acqua .
12.
Ds Ottaviano T.a
la. Questa decozione riduce
Diontamente nero il solfato
J
di Ferro.
i3. Sluta in losso la tintura
di Lacca Muffa .
i^. Svaporata a consistenza
d' Estratto, ha uà colore ros-
so cupo di ciliegia , omoge-
n<^o e lucente , di sapore
amarissimo aspro , ma non
siittico , nò lascia sentire
sotto il dente cosa alctnia
di aggrumato. La dose dell'
estratto^ che cesi si ottiene,
è assai abbondante ,
i5. Quest' estratto è solubile
di nuovo a perfetta diatanei-
tà nell' acqua stillata calda ,
o fredda , e non lascia sul
feltro alcun residuo •
i6. L'estratto secco è di co-
lore scuro di sangue risecco
con piccole faccette a guisa
di sale, parte in grumi , e
parte in polveie asciutta .
17. Messo su i carboni accesi,
scoppietta e tramanda odo-
re di gomma che brucia .
18. Messo in bocca manifesta
un sapore glutinoso come la
gomma , non amaro , non
aromatico , un poco aspro ,.
che agglutina le labbra , e
non le prosciuga o corruga ,
e si manifesta un odore le-
gnoso .
Tomo XI.
UOIONI TOZZETTI . 087
Quello della china con minoi'
prontezza ,
Lo stesso fa la decozione di
china .
Il decotto di china vaporato,
dà un estratto di colore leo-
nato cupo , il <|uale, quan-
tunque fatto con diligenza ,
non è omogeneo , e matii-
fefrta dei grumi : ha un sa-
pore amaro acido stittico ,
che corruga il palato e la
lingua , e che sotto il den-
te lascia della materia tena-
ce come una resina attenua-
ta . La dose deli' estratto è
molto minore .
Quello della china non è in-»
teramente solubile nell' ac-
qua stillata calda o fredda ,
e lascia sul filtro una ma-
teria che si airy,lutina ai den-
ti masticandola .
L' estratto secco di china { det-
to impropriamente Sai di
china ) è di colore molto più
chiaro .
L' estratto secco di china si fon-
de , bolle , e tramanda odo-
re aromatico balsamico.
Quello di china è solubile in
bocca con sapore amaro aro-
matico mucido proprio del-
la china , e lascia le labbra
un poco asciutte .
yy
19.
558 Sopra una falsa
19. Bollito in alcool appena lo l
tinge di rosso giallo , e si
riduce in piccoli giumetti ,
perdendo il lucido delle fac-
cette .
ao. I grumetti residui della
holtituia in alcool ( n. 19 )
asciugati che furono , gli ho
bolliti in acqua stillata , e
si sono sciolti interamente
e r acqua si è tinta di co-
lore scuro di marrone .
ai. Il predetto estratto secco
bollito in acqua stillala, sen-
za essere stato bollito prima
in alcool, si scioglie, come
nel n. 20 .
aa. Unito all' estratto molle
( n. 14 ) l'acido muriatico
ossigenato, appena si forma-
no dei minutissimi grumi .
a3. Porzione della prima de-
cozione lasciata per molti
giorni in una boccetta chiu-
sa con cotone, è divennta a
poco a poco più densa , ha
perduto 1' odore , è divenuta
filante e densa , come un
siroppo di zncchero ben rot-
to, e si è mantenuta diafana
e colorita senza muffare ed
è divenuta insipida affatto .
24- L' infusione a freddo non
- ha manifestata muffa dopo
alcuni giorni ^
aS. Una porzione della sostan-
za ( n. aS ) mescolata con
alcool j ci è voluto mnlto
tempo , e molta agitazione
SPECIE DI CHINA
Quello di chiiia tinge un poco
pili di l'osso 1' alcool in cui
ha bollito^ e si agglutina in
un sol corpo a guisa di una
resina .
11 residuo dell' estratto secco
di china ( n. 19) bollito in
acqua si sciog'lie interamen-
te , e tinge l'acqua di colo-
re giallo rossiccio .
Lo stesso fa F estratto secco di
china .
L'estratto di china trattato con
r acido muriatico ossigenato
si converte quasi tutto in
grumi ►
La decozione di china deposi-
tò a poco a poco gran quan-
tità di sedimento ; il fluido
prese il colore giallo , e si
manifestò della muffa alla
superficie , la quale andò
crescendo e dilatandosi , e
formando una specie di pel-
le ; finalmente il fluido di-
venne limpido , e perdette il
colore , ma mantenne il sa-
pore amaro .
Quella della china produsse
molte isole di muffa .
Il sedimento fatto dalla deco-
zione di china (n. a3), è
solubile con diltìcoltà nell'
alcool , ma facilmente nell'
per-
Di Ottaviano Ta
perchè vi si unisca ^ non si
è alterata la sua trasparen-
za aiiclie dopo molti giorni,
e neppure riscaldandola .
26. Ad altra porzione unito un
poco di acido muriatico os-
sigenato riprende la fluidi-
tà, ma si aitera la traspa-
renza j e si sviluppa un for-
te odore di zafferano ; e pro-
duce abbondante sedimento .
a^. Questo sedimento asciuga-
to e messo su dei carboni
accesi si liquefa , e traman-
da odore di pece navale .
Asciutto che sia , è in forma
di polvere , non tira T umi-
dità dell' atmosfera , ma il
calore della mano lo agglu-
tina . E quasi insipido j si
attacca ai denti masticando-
lo , è insolubile in acqua
fredda e bollente, e in quest'
ultimi si fonde ,
a3 . ]l suddetto sedimento (n.
a6 ) è solubile nelf alcool ,
e la soluzione prende il sa-
pore amaro disgustoso dell'
infusione in alcool ; è altre-
sì solubile in alkali e dà una
tintura simile alla soprad-
detta -
±(). Il fluido di color rosso
giallo rimasto dopo la pre-
cipituzione fatta con l'acido
muriatico ossigenato prende
un sapore acido , cangia in
rosso la tintura di Lacca
muffa , neutralizza la soda la
KoioNi TozzETTi . SSg
etere. E altresì solubile ne-
gli alcali , e fa una tintura
simile alla sanjruiiina. Jl flui-
do che rimane è amaro dis-
gustoso e non acido .
Il medesimo acido muriatico
ossigenato unito al suddetto
decotto di china , ne au-
menta il precipitato .
Quello della china è secco ed
asciutto .
Il sedimento della china è si-
milmente solubde m «questi
mestrui .
Il fluido soprastante al preci-
pitato ottenuto dalla deco-
zione di china col mezzo
dell' acido muriatico ossige-
nato, perde parte del sapore
amaro, e affatto l'acido, e
r intorbida un poco .
Y y y a qua-
e rimane un fluido gial-
540 Sopra una falsa
quale si fa prendere un sa-
pore salato , ed il fluido ri-
mane sempre di colore ros-
so e diafano .
3o. La Decozione suddetta ( n.
ir) mescolata con l'acqua
di calce dà un abbondante
e pesante precipitato di co-
lore di terra d' ombra scu-
ra
lo insipido affatto
3i. Ad altra porzione di de-
cotto,- unita la soluzione di
colla forte dà un- abbondan-
te precipitato di color di
marrone , che gli coagula ,
e rimane un fluido di color
giallo sudicio , quasi insipi-
do .
Sa. Una dramma di corteccia
polverizzata immersa in al-
cool vi produce una pronta
azione , e la temperatura di
un Termometro immersovi
si a'za di quattro in cinque
e;radi .
33. 11 calore del Bagnomaria
facilita l'azione deli' alcool .
34- La tintura cosi ottenuta è
di colore rosso vinato .
35. II sapore di questa tintu-
ra è amarognolo ed un po-
• co acido .
36. Il solfato dì ferro è diven-
tato subito nero con questa
tintura .
87. Alla suddetta tintura uni-
■ ta una dose di acqua stilia-
• ta , mantiene il suo colore
rosso vivo : appena s' intor-
SPECIE DI CHINA
Quella di china egualmente
trattata dà una discreta quan-
tità di precipitato di colore
di mattone scuro j ed il flui-
do resta di colore rosso ca-
rico , e di sapore di china .
Il decotto di china con la so-
luzione di colla forte dà un
poco di precipitato facile a
conglutinarsi , di colore di
mattone , ed il fluido , che
rimane è colorito di rosso
di mattone , ed ha un vivo
sapore di china .
Sopra egual dose di china pe-
stato r alcool agisce lenta-
mente , e non cangia tem»
ueratura .
Quest' azione è più sensibile
nella china .
La tintura della china è di
colore rosso giallognolo .
Quello della china aiaaro aci-
do austero .
Lo stesso è succeduto con la
tintura di china .
Alla tintura di china unita
r acqua stillata , cangia il
suo colore in giallo ; s' in-
torbida , e dopo un certo
bi-
Di Ott
h'ìàa , e- lascia un tenuissi-
mo sedimento ross© giallo-
gnolo , e tramanda odore di
resina di Pino .
38. Una porzione di polvere
della detta cortecnia da esa-
minarsi unita a freddo con
una por2Ìone di potassa im-
pura ( olio di Tartaro ) pro-
duce una tintura di colore
nerastro .
39. Bollita questa tintura di-
viene di colore rosso-nero ,
sulla di cui snperfìnie espo-
sta al contatto dell' atmos-fe-
ra , si forma nna pellicola ,
anche pnma di raffreddarsi .
40. Una porzione di questa
tintura allungata con acfjna
stillata diviene di colore di
vino rosso, e fa sentire un
odoro di lissivio alcalino .
41. Unitovi r acido muriati-
co ossigenato precipita poca
quantità di materia , che non
si agglutina , che è di fuci-
le combustione , e che nel
buccine tramanda odore di
Pece , solubile nell' alcool ^
e non nell' acqua .
4a- Il fluido rimanente al det-
to precipitato si mantiene
rosso giallognolo ^ ed ama-
rissimo .
43. Il culore di questa China
pestata e passata per setac-
cio , è simile al colore di un
mattone poco cotto , di un
rosso teudeute al carnicino :
AVIANO TaUCIONI ToZZETTI .
54 r
tempo dà un sedimento leg-
giero biancogiallo e traman-
da un deciso odore di mu-
cido .
Trattata istessamente la china
produce una tintura rossa,
sanguigna ►
Bollita similmente la tintura
di china si fa la così distia
Tintura
pellicola
sanguigna , senza
Una slmile porzione di Tintu-
ra di china mescolata con
acqua stillata si tinge di co-
lor di sangue , con odore di
sapone .
La tintura di china combina-
ta eirualmente con T acido
muriatico ossigenato , preci-
pita un abbondante luateria
scura j, che si agglutina quasi
subito in una sola massa ,
di facile combustione , po-
co solubile neir aikool , e
punto nell' acqua .
fluido rimanente dopo la
precipitazione della china ri-
mane scolorito e q,uaai in-
sipido .
colore della china è gial—
letto, la polvere facilmente
si aggruma a guisa del Ta-
bacco fine di Spagna . Si
mantienfi molto tempo a gai-
si
II
II
S4a Sopra una falsa
si manifesta a guisa di una
polveie terrosa non coeren
ttt , e aiesìa iiell' acqua si
trattiene poco tempo a gal-
la , e pivcipita presto a gui-
sa di terra .
j^4- P'esa iiiiH dramma di que-
sta corteccia ed afiiisavi uu'
oncia di acido nitrico a gri-
di 35 ; ed immersovi uti ter-
mometro , elle seifiiava j gra
di dodici , ho avuti i se-
guenti libultati .
Il Termometro mostrò
Dopo minuti
I
a
3
4
5
6
7
8
9
IO
1 1
la
i3
i4
i5
Gradi
SPECIE DI CHIUA
hi ; e precipita con molta
lentezza .
Una dramma di polvere di
china mescolata con un' on-
cia d' acido nitrico a 35 ;
ed immeriovi il medesimo
Termometro , che segnava
i gradi dodici : ho avuti i
seguenti risultati
Il Termometro mostri
ostro
Dopo
minuti
i5
I
19
a,
3
a3
a4
a5i
4
5
6
a8
7
a8
2.7
27
26
a5
a5
a5
Grad
• 17
ao
^4
aó
a7
27
ad
a8
a9
a8
28, j
28,^
a8,i
a8
a8
1.
45. In questo tempo il mescu-
gho cominciò a gonfiare, con
■ bolle viscose , si alzò per f?e
dita nel vaso portando a quel-
la delle particelle della pol-
vere inzuppate e divenute co
• me gelatinose di colore ros-
Il mescuglio della china fece
tuia simile spuma , ma as-
sai lentamente e rassembia-
va alla spuma di cioccolata
molto den'-a . Formandosi
delle bolle d' aria più gran-
di j scoppiavano e si abbas-
so
Di Ottwiano Targioni Tozzetti .
1
545
so carico , quasi tutto il flui-
do era convertito in questa
spuma , come di cioccolata
poco densa , e rojnpendo le
bolle , o agitando la spuma
si rigonfiava di più , nò si
abbassava .
46. Diluito con acqua questo
mescuglio si è matitmuto
spumoso per lungo tempo ,
ed ha finalmente lasciato pre-
cipitare la matczia solida ed
il fluido chiaro soprastante
si è manifestato di un colo-
re rossiccio simile, e più co-
lorito del vino di Cipro .
sava la spuma , la quale non
si alzò più di due dita , e
mossa facilmente abbassava ,
e si vedeva del fluido non
divenuto spumoso. Il colo-
re era rosso scuro .
Quello della china diluito istes-
sa mente con acqua , lia fat-
ta pochissima spuma , che
presto si è dileguata , ha la-
sciato cadere la china , ed
il fluido ha manifestato un
colore di vino bianco ordi-
nario gialletto .
Dal sin qui esposto , tanto per i caratteri esterni , quan-
to per i resultati dell'analisi fattane in paragone , si rileva ,
elle questa corteccia è differente dalla china comune , offici-
nale ;, o china cannellata del Sig» Fabbroni per la grandezza
e grossezza, per il colore^ per l'odore, per il sapore. I suoi
principj o parti costituenti ed intrinseche sono più solubili
in acqua calda e fredda, in alcool, ed in alcali, e meno
ossigenabili , o riducibili in resina , che quelli della china ,
e sono in maggior dose . Dì qui è che la corteccia in que-
stione contiene più di estrattivo e di mucillaginoso o gom-
moso y che la china; contiene al contrario meno sostanza re-
sinosa , che la china ; contiene molto più di sostanza colo-
rante, e di principia astringente o conciante, o concino ,
che la china , e meno o quasi niente di odore aromatico .
Diffeiisce altresì da tutte le specie di china , ed anche
dalla china del Surinam, e da quella di S. Domingo, con
le quali potrebbe essere confusa : dalla prima per la gros-
sezza , per non avere linee o prominenze longitudinali , e
pe-r essere più dura, e resistente . ( Murray^ Apparai. Medi~
€am. T. VI. p. i3o ) . Dalla seconda, o di S. Domingo, alla
qua-
5^4 Sopra una falsa frECiE di china
fjuale un poco più si rassomiglia per non agglutinarsi softo
il peóttllo , coaie fa qu&lla di S. Domingo , e per altre dif-
ferenze ritrovate con l' analisi fattane a paragone con la chi-
na peruviana da Fourcroy , e che si può vedere iiell' Euci-
ciopedia metodica .
Sebbene questa falsa china sia differente dalla china of-
ficinale , e da tutte le scorze di china conosciute finora..
Don si può per altro dire a quale specie appartenga , e se
sia di alberi nostrali , come si potrebbe credere dal vii prez-
zo di soldi sedici la libbra , che fu venduta in princij)io , o
sivvero di alberi esotici , fra i quali secondo Linden e Mur-
ray {Appar. Medie. T. 7, pag. 454) » ^ scelta spesso la scor-
za del Mahagoni, o Swietenia Mahagoni .
Quanto alle qualità mediche di questa corteccia , vengo
assicurato da chi l' ha provata tanto in Livorno che in Fi-
renze , che invece di essere febrifuga attonante , è stata ri-
trovata efficace purgante .
O'^nuno può vedere da ciò quanto male possa arrecare
ai malati questa droga amministrata invece della china offici-
nale producendo effetti opposti ! Quanto ne sia compromessa
la reputazione de' Medici , e qual danno ne risulti per l'Uma-
nità il tenere in mano degli idioti e dei Monopolisti le dro-
ghe che devono servire per medicamento I
VA-
545
VARICE SINGOLARISSIMA FORMATA E SCOPPIATA
AL SENO QUADRATO DAL CUORE
CON UNA NUOVA ANATOMICA DIMOSTRAZIONE
DELLE FIBRE COMPONENTI
LO STESSO SENO QUADRATO
MEMORIA
Di Jacopo Penada
Presentala da Gianverardo Zeviani
E ricevuta il dì ao Aprile 1804.
Aj onda sanguigna perennemente sospinta dalle vive forze
projettìli dei Cuore col mezzo delie Arterie fino all' estremi-
tà del Corpo animale vivente , deve essere raccolta e ripor-
tata al primo fonte della vita per mezzo delle vene ,
Le arteriose estreme radici diffuse maravigliosamente per
ogni più minima riposta parte del Corpo s' innestano quasi ,
e si anastomizzano coi più minuti estremi ramoscelli venosi ,
ne' quali depositato il sangue passa a mano a mano da' rami
minori a dei maggiori ; indi si aduna e si trasfonde finalmen-
te in que' vasi più insigni , clie lo depongono novellamente
nel Cuore .
La meccanica isti'Omentale struttura de' vasi singolarmen-
te arteriosi ; la robusta fabrica , e tessitura delle loro tona-
che , e finalmente la forza innata di quell' alterno costante
moto di contrazione, e di dilatazione, di cui godono fino dal
primo momento dei loro sensibile materiale sviluppo ; tutte
Torno XI. Z z z que-
546 Varice Singolarissima ec.
queste cose , io dico ., possono agevolare moltissimo la più
pronta , e perenne circolazione de! sangue (f/) •
Na qualora poi si consideri la fievole, e molle struttu-
ra di que' vasi particolari , che all' uffizio sì prestano di
riassorbire e ricondure la massa sanguigna dalle più minute ,
ed estreme parti del Corpo, al centro della stessa circolazio-
ne ; e qualora poi si ponga mente alla difficoltà , che incon-
trar deve il liquido circolante a riascendere contro la Legge
più costante dalla propria gravità, e tendenza naturale, ed
alla totale mancanza di movimento di qualunque sorta nelle
vene , allora è appunto > che in alcuni Fisiologi , e Naturali-
sti si ridestano dei dubbj, e sembra che tuttora vadano bran-
colando tra le tenebre in un argomento tanto luminoso , e
di tanta importanza (1^) •
A raffermare però uu poco gli animi più timorosi giovò
moltissimo , non v' ha dubbio , la singolare scoperta delle
1
(a) Non mi è ignoto per altro quanto
intorno al vero meccanismo con cui si
eseguisce la circolazione del sangue ,
sleno discordi i più moderni Fisiolo-
"■ieti ; non ignoro i duljbj avanzati
su tale argomento dall' insigne Bonnet,
e dallo Spallanzani; né qui intendo di
toccare per niente il punto della pie-
nezza , o del vacuo assoluto, o relati-
vo delle arterie nel vivente : le quali
cose furono trattate assai eruditamen-
te dal Chiarissimo Bortolozzi, Bassia-
no Carminati , Marsilio Landrianì ,
Pietro Moscati , Cavalier Rosa , Lui-
gi Targioni , dirò soltanto che anche
su di Ciò non mancano delle questio-
ni , e delle difficoltà grandissime , e
ciò a solo oggetto che non restino
formalizzati 1
cortesi miei Leggitori
nel sentirmi per avventura ancor in-
certo ) e titubante nell' assegnare il
vero meccanismo atto a promovere , e
mantenere la generale circolazione del
sangue .
(b) lì diligentissimo Senac ha trova-
to ossificato uno dei ventricoli, il po-
steriore , ossia sinistro del Cuore uma-
no . Hallero lo trovò tutto affatto
consunto. De-Haen non seppe ravvi-
sarne vestigio in un soggetto partico-
lare ; ed il Signor Malacarne trovò
affiitto osseo , ed inflessibile il cuore
di un' nnitrella selvatica .
Dunque conchiude il testé laudato
Autore , che il cuore non è sempre il
solo organo determinante la circolazio-
ne del sangue. MalacarneTratt. Chinirg.
part. II. §. 195.
Di Jacopo Penada . S^V
Valvole, la quale dall' insigne llallero viene attribuita al Ca-
nnili di Ferrai a . ( Haller. Eleni. Pliisiol. Lib. ii, Sect. ii ,
S- XIV.)
Non si può negare , che queste non sleno molto oppor-
tune a sostenere il sangue, che va ninno a mano ascenden-
do, ed impedire che non torni a rijùcnibare al basso, sic-
come la naturai sua tendenza lo inclinerebbe per certo .
Questi valvolosi , avvegnaché debilissimi sostegni , sono
il più delle volte disposti a due, a due («)• Sono formate
queste valvole dalla membrana interna, e propria delle stes-
se vene ; costituiscono d' ordinario due pieghe una contro
r altra , con le quali sembra , che chiudano tutto 1' intiero
lume della vena, ed una convessa rivolta verso i rami i, cosit
ne viene , che asceso il sangue dai rami <!' una vena verso i
tronchi maggioii vi passa facilmente scorrendo sulla convessi-
tà delle valvole , e scostandovi i loro margini passa avanti.;
ma se poi dai tronchi si vuole introdurre nei rami , la cosa
non è ordinariamente fattibile ; giacché ricevuto il sangue
nelle cavità delle valvole più le preme , e più le discosta ,
chiudendo in tal inodo il lume del tubo stesso venoso, onde
non possa il sangue ripiombare novellamente al basso siccome
comunemente si crede .
Non è però che non accada spesse fiate morbosamente
il regresso del sangue nei vasi minori inferiormente posti, ed
in tal caso si formano nelle vene delle piccole borse , o dei
nodi sensibili più probabilmente al luogo appunto delle stes-
se valvole, le quali borse, o nodi se costantemente ivi ri-
mangono , acquistano il nome di varici , o dilatazioni varicose
delle vene [b) .
Z zz 2, Ma
(J) Furono osservate talvolta tre ed
«nrtì quattro in uno stesso tronco
di vena, e dal Signor Tumiati Anato-
miro di Ferrara , ed anro più volte
dagli Anatomici di Padova .
{a) Non è poi sempre vero , che 1«
54'S Varice Singolarissima ec.
Ma per meglio avvieiuarrai per ora allo scopo prlncipal*
della piesente nostra osservazione conviene riflettere , che la
formazione delle varici nei vasi sanguigni venosi è solita sem-
pre di avverarsi nell" estremità inferiori' del corpo animale
vivente (b) .
L' eretta po^rtatura certamente , di cui a preferenza d'ogn'
altro animale , gode 1' uomo ragionevole , quanto è nobile ^
dignitosa e distinta , altrettanto lo rende soggetto a certi
par-
yaricj stioccdano al' luogo preciso , do-
ve esistono- le valvole nelle vene .
Esaminate da rae con diligenza del-
le vene varicose- nei cadaveri di don-
no , o di uomini j che ne aveano in ^
«opia alle estremità inferiori sono ri-
masto convinto , che quelfe borse , o
nodi raricosi esistevano in moltissimi
luoghi lunghesso il tubo- venoso , ne'
quali non si ritrovava la minima trac-
cia di valvole , onde ho dovuto con-
chiudere , che le pareti stesse dei va-
li venosi si dilatino morbosamente , e
i'ormino in gran parte le stesse varici.
Anco gli stessi vasi linfatici hanno
le loro valvole , e vanno soggetti ossi
pure a delle enormi dilatazioni .
Quindi pretende il Soemmering , che
le Idatili sieno varici dei vasi linfati-
ci , le quali varici' poi si possono
estendere prodigiosamento . Soemme-
ring, de morbis rasorurn abioilentiìim.
Tranject. ad Moen. , 1796. J. XXII.
Ed in queste sfesse cavità poi de'
vasi linfatici dilatati sospetta il Cele-
bre nostro Amico Sig. Brera, che tal-
volta, si generino per fino dei verrai di
una spezie particolare .
Vedi Brera , V. L. sopra i virmi ,
Lez. I. §. XX VII.
[b] E' noto ablìastanza , che in tufi-
to il contesto delle vene appartenenti
alle viscere non si riscontrano valvole
di sorte alcuna . La sola valvola dell
Eustachio si potrebbe eccettuare .
Alcune valvole furono anco scoperto
dal Dessault, ed in seguito dal Reust
( Novae observationes circa structu-
rain vasoruni in placenta humnna ,
dat. Tabingae 1789. pag. 44- ) nelle
ultime estremità dei vasi della placen-
ta , e dell' utero , che talvolta si op-
pongono al corso delle injezìoni .
E per ta-1 modo si è decisa , per
qiumto si crede , la famosa lite che
lungamente vers6 tra il Vienssennio, de
Haller , de Mery ^ ed altri ancora per
una parte 5 Ruschio, Hunter , Roede-
rer , per 1' altra , se i vasi della pla-
centa li anastomìzzino, 0 nò con quelli
dell' utero ; stabilendosi che quando
ciò non riesce colle injezioni , egli è
un effetto dalla presenza di queste
valvole che si oppongono al passaggio
della materia injettata . Ad onta però
del ritrovamento di queste valvole , la
questione non mi sembra per anco do-^
finitivamente decisa .
Di Jacopo Pekada . 549
particolari malori , i quali in singoiar modo dipendono da
q^Liesta stessa portatura ,
Pronaqibe curri spectent anìmalìa caetera terras
I Os homìnì sublime dedit , Caelumque tueri
Jussìt , et erecto s ad sìdera tollere vultus ,
Cantò CO5Ì bene il Sulmonese Poeta .
Sopra tutto però sembra , che il gentil sesso se ne risero
ta^ direi quasi, del discapito di un così fatto sublime porta-
mento. Quindi non è fuor di ragione il sospettare, che le
stesse periodiche sempre moleste purgazioni muliebri; che la
proclività nelle donne alle strabocchevoli emorragie uterine ,
ed agli sconcj , alle ostinatissime leucorree ; alla formazione
delle stesse varici alle gambe , e nelle coscie singolarmente
nel tempo- di loro gravidanza ; tutti questi disordini dipendona
in gran parte dalla eretta positura delle stesse .
Quanto però è facile combinarsi il fenomeno morboso del-
le varicose dilatazioni all'estremità del corpo; altrettanto ra-
ri sono i casij nei quali si sieno riscontrate vero varici sin-
golarmente al seno quadrato .
Non mi è ignoto per altro , che delle enormi dilatazio-
ni si sieno spesse volte riscontrate al gran tronco della Cava,
ed alla corrispondente orecchietta destra del cuare ; ma queste
dilatazioni non mi rappresentarono giammai 1' idea d' una ve-
ra varice . Io le ho sempre considerate siccome effetto dell*
addensamento piuttosto temporaneo del sangue , il quale ap-
punto suole avvenire in moltissimi casi , o per difetto orga-
nico del cuore , ovvero in quei momenti soltanto , ne"^ quali
va cessando il moto vitale ed alterno di quel viscere colla
sopravvegnenza dell' estinzione della vita; momenti, ne'qua-
li si sogliono formare delle insigni raccolte di sangue denso,
e grumoso tanto nei vasi venosi , quanto nelle stesse orec-
chiette del cuore [a) .
CIÒ
(a) Tra i tanti ca»i di grandiose di- registrato nell' Epistola Anat. 17 , f.'
latazioni di simil fatta basti riportar 10 , ove dice : JDixtera autem cordis
quello deli' Illujtrissimo Morgagni , { auricula tain iiitiu habebat languiqv
3So Varice Singolaiussma ec.
Ciò premesso , sappiamo che il sangue arterioso , che in
singoiar modo provvede all'organo vitale tramandato col mez-
zo di-li' arteria pulnionale divisa a destra , ed a sinistra xiel
viscere stesso fino alle sue più minute estremità, viene rias-
sorbito tlaile minime vene corrispondenti , le quali poi a po-
co a poco raccolte in quattro principali tronchi due a destra ,
e due a sinistra , prima che pongano foce nel cuore, forma-
no una particolare dilatazione di figura quasi perfettamente
quadrata , la quale perciò vien detta dagli Anatomici seno
quadrato, o posteriore del cuore , dotato di certa particola-
re appendice la quale appunto orecchietta sinistra del cuore
comunemente si appella.
Quanta però sia la robustezza delle tonache componenti
questa particolar borsa quadrata venosa , avuto riflesso alla
tenuissima tessitura delle altre vene tutte j non è ora il mo-
mento che da me se ne faccia particolare menzione ; a ciò
fare io mi riservo nella seconda parte della presente Memo-
ria , dopo che avrò esposta la storica narrazione del fatto ;
anzi io mi lusingo di darvi una tale descrizione dt-lle Fibre
particolarmente componenti il membranoso tessuto dello stes-
so seno quadrato 5 la quale formeià 1' oggetto più interessan-
te del presente mio qualunque ragionamento .
Basti per ora riflettere , che in una parte , la quale , e
per la sua robusta struttura ^ e per ia massima vicinanza al-
lo
eopiam, ut distincta magnitudìnem cor-
dis fere aequaret ; e più sotto nella
«tessa Epistola dice cosi : Cor prae-
arande, magnani polyposam coticretìo-
nem ventricule dextero continebat ,
quae in proxìmam aurìculam expan-
la , hanc adeo dUataverat , ut i/igens
fiequaret marsup'iiim .
Io pure in un cadavere da me anato-
mizzato in l'adova la sera dei 7 di
Maiz» 1804 > trovai una così enorme
dilatazione di tutti due i ventricoli
del cuore , delle sue orecchiette , 0
de' suoi vaii tutti ttinto arteriosi ,
quanto venosi , di maniera che perdu-
ta questo viscere ogni sua naturai sim-
metrica conformazione , altro non rap-
presentava , che lina insigne vatca , o
vesic* enorme ripiena di sangue atro,
e grumoso entro a quel cuore morbo»
samento straveuato e raccolto •
Di Jacopo Penada . 55 1
Io stesso fonte della vitalità , dovea ben essere lontana ad
avere la naturale predisposizione alla formazione di quella
particolar malattia ; per uno strano fenomeno morboso non
solo essa si verificò , ma di più arrivò a segno di scoppiare ,
recando I' estinzione repentina del soggetta in cui si combi-
nò fatalmente .
L' argomento pertanto della presente nostra Memoria ,
Jledico-Patologica ce lo somministrò appunto un certo uomo
per nome Stefano Boccalaro nativo di questa Città di Pado-
va, d'abito di corpo semicachetico , e macilente, molto co-
lorito , e per quanto abbiamo raccolto da' suoi domestici ,
bravo mangiatore, e buon bevitore per fino die visse.
In varie epoche della sua vita quest'uomo sostenne del-
le periodiche ostinate , alle quali forse anche per base di
temperamento doveva essere naturalmente disposto .
Essendo costui per dovere del proprio uffizio destinato
alla sopraintendenza dal riattamento delle pubbliche strade si
esponeva a continui patimenti , facendo lunghissimi viaggi a
piedi in qualunque stagione , tanta nei giorni della state più
cocente , quanto in quelli del più rigido inverno , bevendo
del vino il più delle volte con eccesso , ed ancor fervido
ed estuante per le sostenute fatiche .
Molti mesi prima che mancasse dì vita incominciò a
querelarsi di certi strani ed insoliti palpiti di cuore, con an-
gustia di respiro , accoppiata ad una straordinaria debolezza ,
e prostrazione di forze , che lo rendeva quasi inetto al fati-
coso suo esercizio .
Oltre di tutto ciò, si lagnava fortemente di un peso co-
stante y con distrazione dolorosa e perfodiente alla regione
posteriore del suo dorso in mezzo alle scapole . Buon bevito-
re però , siccome egli era , tracannando a larga dose del .vi-
no , e talvolta una qualche tazza di brodo sciocco parevagli
di rimanere sollevato dal fitto dolore alla testé indicata re?»
gione , ed anco dai palpiti stessi del cuore ,
Se non che il giorno g Febbraro 1799 , alle ore dieci
cir-
5oa Varice Singolaiussima ec»
circa del mattino, rizzatoìl dal 'lettOj nel momento che stava
colie mani sollevate per assettarsi alla meglio il suo giubbo-
ne , cadde posteriormente stramazzato al suolo , e sul fat-
to mancò di vita .
Il giorno appresso fu istituita T incisione anatomica di
questo cadavere dal Proto-Chirurgo dell' Uffizio di Sanità ,
con r intervento del fa Sig. Girolamo Trivisan Proto-Medico ^
trovandomi io stesso presente all'indicata apertura.
Sparato il torace , e sollevato lo sterno si ritrovò il pe-
ricardio stranamente turgido e rigonfio ; aperto questo sac-
co si osservò il cuore immerso nel proprio sangue; esaminato
questo viscere nella sua parte anteriore , mondata prima tut-
ta la pericardica cavità del sangue effuso , non si rinveniva
ksione alcuna manifesta nello stesso; allora capovolto il cuore
si esaminò la parte piana , o posteriore dello stesso , e nel
luogo appunto che vien formato dal concorso delle quattro
vene puimonali , che comunemente seno quadrato o poste-
riore del cuore si appella , abbiamo ritrovata un' insigne , e
morbosa lacerazione , per la quale sbucata ragionevolmente
r onda sanguigna , si avea fatto strada ad inondare tutta la
pericardica cavità .
Per la qual cosa stretto per ogni lato e stranamente
compresso il cuore, non potendo prestarsi d'avvantaggio agii
nffizj della vita, fu causa che d'improvviso perisse quell'in-
felice Soggetto .
Per volere però meglio anatomizzare quel viscere'alf in-
dicata sede così mal concio , divisammo di staccarlo dalla
propria sede col corredo di tutti que' maggiori vasi , che
vanno a por foce nello stesso .
Ciò eseguito , notammo le seguenti cose : la fenditura
morbosa che esisteva nel centro del seno quadrato di questo
cuore rappresentava una figura sferica irregolare alquanto de-
pressa ai lati ; aveva il lume di dieci linee di Parigi circa ,
gli orli di questo foro morboso erano ineguali, e frastagliati:
tutto il complesso di questo seao era piìi floscio, e rilasciato
del
Di Jacoi'O Penada . 553
ciel solito ; le lìmanenti pani poi del cuore non presentava-
no ai nosiri sguardi veiuu' altra alterazione ixjorL>usa , e mar-
cata .
Ora poi conviene esaminare i disegni , i quali tratti
dair origlile , io qui presento coli' oggetto , che si possa for-
mare una più cliiara idea del caso presente,
Sjjìegaziojie delle Figure •
La tavola disegnata rappresenta nella prima figura il
cuore in istato naturale , rovesciato e rivolto dalla sua parte
piana, o posteriore che riguarda le vertebre del dorSo .
Le lettere majuscole A. B. C contrassegnano la circon-
ferenza del cuore ; le lettere D. E. indicano le due orecchiet-
te del cuore , la D. la sinistra , la F. contrassegna il tronco
comune delle dlie cave ; la G. fiivalmente accenna il tronco
reciso deli' arteria aorta , riguardata da questa parte .
Ora si ponga mente a quella borsa particolare quasi qua-
drata , la quale forma il cosi detto seno posteriore , o qua-
drato dal cuore , la lettera H. è posta nel centro appunto
dello stesso seno, là dove si combinò quella particolaie nicr-
bosità , che forma il soggetto della presente osservazione .
In questa figura peiù abbiamo lasciato tutto il seno qua-
drato disegnato nella sua integrità per chiarezza maggiore
della sede precisa dello stesso seno .
Le minuscole o. 0. o. o. indicano li quattro tronchi tatrlia-
ti delle quattro vene pulmonali, le quali concoriono alla for-
mazione dfllo stesso seno quadrato.
La seconda figura rappresenta il solo seno quadrato stac-
cato dal cuore , onde esamitiarlo esattamente ; le quattro
A. A. A. A. circoscrivono i limiti di questo pf'zzo ; le lette-
rine minuscole e e. e e. dinotano i tronchi tagliati delle quat-
tro vene pulmonali ; e nel centro poi si scoi gè disegnata la
ffiiditma lasciata dallo scoppio^ per quinto mi giova suppor-
re ^ della varice. La lettera D. è posta per indicare quel fo-
Tomo XI. A a a a ro
554 Varice Singolarissima ec
ro morboso di figura quasi ovale , con li suoi orli frnstaglia-
ti j ed ineguali j, marcati con le letteiire minuscole o-o.o-o»
Passando in appresso alla terza Figura , con essa si rap-
presenta lo spaccato del seno quadrato nel caso nostro mor-
bosamente alterato, e perciò molto più floscio^ ed allargato
del suo naturale ; lo che osservai eziandio verificarsi in quel-
le moltiplici pliche interne, le quali naturalmente si litrova-
no in questa borsa venosa particolare.
Le lettere pertanto A. A. A. A. definiscono il pezzo
stesso air indicata foggia aperto , e preparato . Le due B. B.
sono poste al luogo , ove esisteva la morbosa fenditura lascia-
ta dallo scoppio della varice ; e le letterine poi minuscole
a. a. a. a. qua e là sparse nel centro della figura , fanno co-
noscere quelle varie piegature , delle quali è fornita la cavi-
tà interna dello stesso seno quadrato .
Dalle altre tre figure, che rimangono a«cora da esami-
narsi nella Tavola , daremo opportunamente la spiegazione
nella seconda parte della presente Memoria .
Dopo però di avere dimostrate le più singolari morbosi-
tà del caso presente, prima di chiudere la prima parte della
presente osservazione , io crederei di non essermi di gran
lunga ingannato , qualora ho stabilito , che la morbosa istro-
nientale alterazione da me riscontrata alla sede indicata, fos-
se una varice formata , e scoppiata al seno quadrato , o po-
steriore del cuore .
E per verità per varice non fu mai altro inteso dagli A-
natomici , dai Medici , e dai Chirurghi , se non che una mor-
bosa dilatazione di un vaso venoso qualunque , a quella stes-
sa guisa , che per aneurisma si è senqire inteso una dilata-
zione morbosa in quahuique vaso arterioso •
Quindi nel caso nostro , avvegnaché la dilatazione varico-
sa esterna , prima dello scoppio, non si sia potuta realizzare
col fatto j tutta volta non disconviene punto il presupporla
preventivamente , ed essendo il seno quadrato formato asso-
lutamente dal concorso di quattro vene , e ad esse affatto
con-
Di Jacopo Penada . 555
continaò, ed inerente, non si può andar grandemente errati,
dando il nome di varice a quella particolare morbosità. È
hi'.n ragionevole , che la horsa lorm.ita forse dalla preventiva
varice non si sarà manifestamente veduta nel caso nostro ,
giacché successa la fenditura della stessa con l'effusione dei-
la massa sanguigna contenuta, altro non vi dovea rimanere
cne il pertugio morboso , o vogliam dire quella lacerazione ,
che fu da noi riscontrata appunto nella media regione del
seno quadrato venoso .
Che se però piacesse ad alcuno , ad onta di tutto ciò ,
chiamare il difetto istrumentale da noi riscontrato all' indica-
ta sede , una semplice esulcerazione , o fenditura del seno
quadrato medesimo , esclusa anco la supposta preventiva va~
rice ; non alterando ciò punto F intrinseco della presente mia
osservazione , lascierò volentieri , che ognuno la pensi a mo-
do suo , e mi rivogherò ad un oggetto più interessante . clie
mi rimane da trattare nella seconda parte della presente Me-
moria, acciocché, dal merito di essa , ne possa essere forma-
to un adequato ;, ed imparziale giudizio .
PARTE SECONDA.
Diinostrazìone jinatomìca delle Fibre componenti
il tessuto membranoso del seno quadrato .
Nel momento , che io mi stava travagliando nella ragionata
esposizione di quella strana morbosità riscontrata al seno qua-
drato del cuore , e considerando non solo la sede straordina-
ria , che essa occupava, ma molto più ancora la robustezza
del seno quadrato , mi venne in pensiero di esaminare aiia-
totnicamente la particolare struttura di questo sacco membra-
noso
E siccome mi parve di avere rilevato con le mie ricer-
che, molto più di quanto ne fu per avventura detto fino ad
A a a a a ora ;
556 Varice Sincot.ariìsima ec.
ora ; così mi affretto eli esporlo ai saggi e venerati riflessi
del Pubblico imparziale.
Ecco non pertanto in btevi note i risultati delle mie
particolari osservazioni .
Sa|.>piamo, che il sacco membranoso, il quale rinchiude,
e circonda lassamente il cuore per ogni parte, detto pericar-
dio ,, ascendendo non poco sopra la base dello stesso , non
solo si attacca ai grossi vasi arteriosi e venosi , i quali
vanno a por foce uel cuore , rna impartisce la loro esterna
membrana .
Questo particolare involucro diviene una tonaca quasi
assi). ì zi a , o vogliarn dire, aggiunta ai vasi stessi*, a quel
luogo , e non altrove > la quale dona ad essi una maggiore ^
e soltanto topica robustezza.
Ecco come egregiamente e con quella chiarezza , eh' è
tutta sua propria , ce la descrive il celebratissimo nostro Ana-
tomico , il Sig. Leopoldo Marcantonio Caldani : Pericardiuni
super vaso, cordis ascendit ex carde, exeuntia , et in cor re-
veitentìa ad aliquam usque a corde distantiam ; inde lue
idem saccus ad interiora revolutus ìpsa vasa arde comple-
cfitur , et cor ìpsum cum auriaUis , quibus partibits omni-
bus exteriorem tunicam elar^itur . Initit. Anat» PhisioL Gap.
V. -
Di questa membrana adunque prima di tutto è dotata
anco la parte più esterna dello stesso seno cjuadrato venoso ,
o posteriore del cuore, di cui ora parliamo; ed è perciò, che
a quel luo£0 questo sacco si riscontra fornito di una maggior
sensibde n bustezza , più die altrove; mentre è certo, che
le stesse vene pulmonali tosto che si sono per poche linee
insinuate nella sostanza della viscera pulmonale , e si sietio
divise e suddivise per essa in mille foggie, si ritrovano ben
tOfto spogl'e affatto di quell'esterno involucro, di cui erano
fornite nel loro principale concorso al seno quadrato .
Non bastava però , che la provvida sagace natura aves-
se dato ai seno quadrato quella robusta esteriore membrana
fi.
Di jACoro P^nada . 55/
fino ad ora descritta , che inoltre lo fornì di imo elpgarilis-
simo tessuto fibroso , che lo rende esciusivamenle a tutto il
rimanente sistema de' vasi venosi, atto a prestarsi a vaij uf-
lìz) , ai quali certamente supplir non potreb'je , anco ])er
solo difetto di struttura j tutto j1 rimanente sistema vascola-
re venoso .
Ella è cosa perciò di fatto anatomico , che le tonache
componenti V avvolto tutto delle vene sono prive affatto di
alcun tes-uto fibroso muscolare; quinti) attesa la sottigliezza,
e debolezza loro , tagliati i vasi venosi, cadono su se stessi,
senza lasciar lume circolare , all'opposto di quello , che av-
viene nei vasi arteriosi .
Ora si avverta, che nel seno quadrato così certamente
non va la cosa ; mentre coli' attenta indagine anatom-ca di
questo sacco particolare venoso io vi ho serperti molti bel-
lissimi strali di Fibre nel seguente modo distribuiti e dis-
posti .
Detratta adunque con una conveniente bollitura della
parte né debole , né molto avanzata V esterior membrana
proveniente dal pericardio , che invoglie il seno quadrato ,
comparisce uno strato elegantissimo di Fibre poste [trasver-
salmente in direzione quasi paralella con li tronchi delle ve-
ne pulmonali .
Questo primo strato di fibre veramente trasversali è co-
sì chiaro e palese a r^uel luogo , che anco senza bullitura
della parte trasparisce evidentemente stirando soltanto assai
poco trasverstdmente lo stesso seno quadrato . Ma è ben d'av-
vertirsi , che le fibre trasversali già descritte occupano il ve-
ro centro , ovvero la parte media soltanto del seno quadra-
to ; mentre nella parte superiore ed inf^-riore dello stesso ,
questo primo strato di fibre , che conq>aiisce , non è vera-
mente trasversale , ma bensì retto , e situato in guisa , che
innestandosi con le fibre trasversali , che accnpano il centro
del seno niecleslmo, ne risulta un anJamento di fibre forma-
te qu.o; a guisa di Croce , siccome è facile da rimarcarsi
con
5-33 Varice Singolarissima ec
con 1' insppzlone della figura disegnata ^ che vi presento .
Ora adui)(|ue conviene, cVie di nuovo l'ipigUando la ta-
vola , die vi ho esibita , si esamini attentamente in essa la
quarta figuia . Questa vi espone il disegno del vero tessuto
del primo strato delle libre esterne del seno quadrato mede-
simo , rpiale fu da me diligentemente osservato e descritto .
Le lettere adunque quattro A majuscole indicano le ve-
re fibre trasversali , le quali abbiamo detto , che occupano
la regione media dello stesso seno, le due BB contrassegna-
no lo strato di quelle fibre, che si trovano alla parte supe-
riore del seno quadrato , le quali abbiamo detto , che sono
quasi rette . Le due poi G C fanno rimarcare l' andamento
di quelle fibre esterne del seno stesso , che si riscontrano
nella di lui parte più bassa , poste alla base del cuore , ed
in tal maniera si vede come ne risulti una spezie d' inrrocic-
chiamento formato dal particolare andamento di queste fi-
bre .
Sollevato in appresso il primo , e più esterno andamen-
to di fibre, delle quali è fornito il seno quadrato del cuore,
viene sott' occhio un secondo strato, il quale presenta un
andamento fibroso formato quasi a maglie, o a rete, in cui
le fibre sono per tal modo disposte , che alcune discendono
obliquamente da destra a sinistra , altre viceversa da sini-
stra a destra , e s' indigitano tra di loro , formando un in-
treccio veramente ammirabile .
Si osservi la fig. V della nostra tavola. Le lettere quat-
tro A conterminano tutto il pezzo del sacco quadrato : le
letterine minuscole h. h. h. b. indicano l' andamento della
prima spezie di fibre , onde ne risulta quell' andamento reti-
forme da noi descritto .
Finalmente è da sapersi , che inerentemente alle mie
particolari osservazioni intorno a queste fibre , ho riscon-
trato un terzo ordine di fibre più interne di tutte , le qua-
li però meglio si esaminano allora quando si apra tutto il
seno quadrato , e si denudi delicatamente da tutta la sua In-
ter-
Di Jacopo Penada . SSg
terna membrana sottilissima , levigata e quasi trasparente ,
di cui è dotato .
Questo sottile velamento , che copre la superficie inter-
na di tutto il seno medesimo , ciedo , che sia affatto conti-
nua con quella , che investe internamente le vene più insigni ,
che stanno vicino al cuore , ed anco le stesse orecchiette .
Detratta adunque questa sottile membrana interna , mi
venne fatto di osservare uno strato sottilissimo di fibre collo-
cate in direzione paralella j progredienti dall'alto al basso in
senso del tutto retto .
Si guardi ora la figura VI , nella quale sta espresso il
seno quadrato aperto , e rovesciato , onde apparisca 1' anda-
mento di queste elegantissime fibre.
Le lettere AAAA majuscole conterminano il pezzo disse-
segnato ; le minuscole o. o. o. o. o. O' fanno rimarcare l'anda-
mento retto e paralello di queste fibre più interne del seno
medesimo da noi fino ad ora in novella foggia , se non erro,
diligentemente dimostrate .
Né qui io voglio dissimulare , come appresso il celebre
Soemmeriiig si ritrovi una descrizione delle fibre del seno
■^ quadrato , che a prima vista sembrare potrebbe molto analo-
• ga alla nostra , ed eccone appunto il passo originale: E dna-
bus rnemhranìs adinodum laevibus constat , quarum exte-
rior a pericardio , interior a venae pidinunalis interna tu-
nica proficiscitur . Utrique itidem iiitricatae admodum fi-
hrae inusculares interjacent , quae fines venarum pulmona-
liuin circumeunt . Quaedam. nimìrum fibrae musculares si-
mili modo a filamento cartilagineo anteriore dextro oriun-
tuT ^ puriter in retis fior mani contextuntur ^ antrorsum vero
cra'slores sunt , et magis distinctae . ^liae obliquo ductu
fieruntur ita , ut externae plerumqne internas decussent ,
plurimaeque a tergo , et a fronte transversim positae sunt .
(Cita la tavola del Wolff. negli Atti deirAccademia
di Peteiburgo .
Soemmerlng. de Corp. bum. Fabr. T. V, pag. ag , 3o.)
Ora
S6o Varice SirTCOLAr.i??tMA ec.
Ora però esainiiiando attetitaiTjente questo passo , se
grandemente non ftro, si lil va una gran differenza dalla de-
sciiziotie the ne fa il Soetnm ìing , dalla nostra . Non parlia-
mo delle tonati. e del sa(<o quadiafo , mentre in ciò tonve-
liiamo perfi-ltau'.ente , nsa mila esposizione del vario anda-
mento delle fibre pr». [ iit del seno stesso non va certamente
Gusi la co^a .
Se si pilli del tes-uto retiforme Iroppo deciso e mar-
cato the esiste in questo sacco membranoso ^ siamo d' ac-
coido , the sia im intreccio quanto certo, altrettanto compli-
cato , e I eco mm che ines[)licabile -, quindi a buon diritto
Eoli dice ;, iitrìque ìt'ulcm , ( in mezzo cioè alle tonache com-
ponenti il seno quadrato ) ìiitrìcatae admodum fibrae muscu-
lans interjarent .
Ma Sii parliamo delle fibre propriamente esteme, e ve-
ramente trasversali , da \w\ destritte , le quali passano scor-
rendo orizzontalmente nella sola media regione del seno stes-
so dall'una all'altra vena pulmcnale, e the sono visibili an-
cora ad occhio nudo , e nella pane considerata in istato na-
turale un poto the si stiri soltanto tiasversalmente il sacco
n.en.branoso quadrato; io certamente di (|ursto primo, e più
esterno strato di fibre non ne rilevo nel citato passo una de-
scrizione deciba , quale fu da me eseguita e verificata a
dovere , e molto meno poi trovo traccia veruna di quell'an-
damento qu;tsi crocifurnie da me particolarmente disegnato
in questo pi imo strato di fibra .
Imperciocché se non erro, quel passo del citato Autore,
che dice: Aliae obliquo ductu feruntur ita, ut erternae pIeruTn~
gite ìiitcrnas decussent^ jjlurimaeque a tergo , et a fronte tramver'
sìm j'OSitae siifit , non addita quell'andamento di fibre, che
abbiamo noi per avventura descritto , siccome il primo vera-
mente trasversale ed esterno , ma bensì indirà un tessuto di
libre disposto in guisa, che obliquamente camminando, l'ester-
no
Di Jacopo Penada . 56;
DO strato s'incontra con T interno, e là forma un intreccio,
e decussazione in modo , che molte di queste fibre , e po-
steriormente , ed anteriormente si uniscono obliquamente, e
trasversalmente ancora tra di loro , nò di piìi dice certamen-
te quel passo .
Che se poi si parli di quel terzo strato di fibre più in-
terne , e propriamente rette , le quali senza essere intreccia-
te con altre fibre si riscontrano nella parte interna del seno
medesimo riguardante la cavità del cuore , e che abbiamo
detto che detratta 1' interna leggierissima membrana , compa-
risce ad evidenza ; di questo strato di fibre , io dico , da me
dimostrato e disegnato palesemente, non ne trovo per asso-
luta il più minimo vestigio nella sopra lodata descrizione del
prestantissimo Sig. Socmmering.
Non ho mancato , dopo di tutto ciò, di esaminare atten-
tamente anco le fibre, che compongono il tessuto musculare
delle stesse orecchiette del cuore , ma queste non sono così
belle e marcate , siccome quelle del seno quadrato .
Che se delle fibre, che compongono il tessuto muscula-
re delle orecchiette si parli, io dirò, che questo è molto
j>iù robiisto singolarmente nella sinistra , o posteriore . Lo
strato più cospicuo , che compone il contesto di queste bor-
se venose singolarissime, è quello, eh' io credo di poter
chiamare a buon diritto ma^Viforme ■, o reticolato, non esclu-
sa f[ualche fibra esterna longitudinale , irregolarmente sparsa
sotto gli esterni involucri delle stesse orecchiette .
Questo strato però retiforme è visibile eziandio ad oc-
chio riudo , e senza che facciasi sostenere bollitura particola
re, si può prepararlo, ed osservarlo abbastanza. Ma al con-
corso delle due cave, se si eccettuino alcune fibre longitudinali
esterne , quali sono appunto indicate dal Sig. Tumiati , non
mi parve di rilevare a quel luogo altra serie decisa , e mar-
cata di fibre .
Veramente se si rifletta agli usi particolari , ai quali in
istato sano e molto più ancora in moltissime circostanze
Tomo XI. B b b b inor-
562, Vauice Singolarissima ec.
morbose c!eye servire il si no quadrato, e le stesse orecchiet-
te del cuore ^ ben si rileva, che molto a proposito la sapien-
te natura dotò queste parti di un tessuto così ammirabile di
fibre . A questa struttura parmi certamente , che si debba
attribuire il moto di contrazione, e di dilatazione j per cui
il sangue portato dalle vene ai seni viene cacciato nei ven-
tricoli stessi del cuoie .
Ed a un tal uopo appunto io son d' avviso , che moltis-
simo ccnflnisca queU' ammirevole intreccio di fibre partico-
larmente fatto a rete, il quale abbiamo detto osservarsi tan-
to nel s-'uo quadrato, quanto nelle stesse orecchiette del
cuore , e di fatti sembra , che quasi costantemente la natura
si serva di un così ammirevole tessuto fibroso in tutte quel-
le parti singolarmente , le quali subir devono una mag-
gior dilatazione nella loro capacità , e ciò per evitare possi-
bilmente lo sfiancamento , e la lacerazione delle parti stesse.
Quindi oltre il tessuto della gran tela cellulare , che si
estende per tutte le organiche parti del corpo animale, e
che palesemente è fabricato a somiglianza di rete (a); sappia-
mo di più dalle diligentissìme osservazioni del celebre nostro
Anatomico S'g. Caldani , che la membrana del peritoneo , la
quale in moltissime occasioni è suscettibde di una prodigio-
sa distensione {/') , in gran parte è composta di un lavoro fi-
broso singolarmente reticolato , e per ciò più atto ad im tal
uopo (r) .
La
\a] Ip;a communis iela cellularìs
Tcticulata , motu videtur gaudere ani-
viali , contractionis scilicet j et exten-
sionis perpetuoe , qua omnes paries
llande siifulcìt ^ et ad sua loca reducìt .
Gautier de insert. §. 9-
(J) Si ]cega la Memoria Vili , nel
pri'.Tio saggio delle nostre osseivazioni,
e memorie , alla pag. loS, dove si TÌ-
le-ta . che il peritoneo si è potuto in
quel raso a così alto segno distendere
onde dar luogo a dieci secchie d'acqua
raccolta nella capacità del ventre idro-
pico ascitico di quella donna .
{e) Cald. dissertazione Accademica
de peculiari perìtonri stnictura . Sag-
gi scientifici , e letterarj dell' Accade^"
mia di Padova T. Il, p. la.
.Le. Jtz.1. TX/y. S63.
:M\ tv : «
'•*,.
't ., .
rw.iP^
. -~i--' ^~r
A ó ò o A
T^o. /or
Figi.
.Joc. JmL TX/y>. SéS.
Nj-ifr
B
l---^
A.
^''^-^'■•.^i^^dtl^^ivi^^''^'^^^ '
1^' ; >- ■ -«i»!i.isSA-.:
<:! o A
^Bucmfiì^o deUcinc.
Di JaCOVO PliNADA . 563
La stessa nieniljraiia del limpauo nell' oreccliio umano
fu liscuiitrata dall' amicissiiiio nostro Sig. Floriatio Caldani
Ibiiiita di una simile srrultura , e finalmente le stesse ossa
avvegnaché incapaci di veruna sensibile disti'azione , pure
siccome si rileva clalle pregiatissime osservazioni anatomiche
del Sig, Scarpa, sono dotate dalla Natura di un tessuto per
la maggior parte reticolare, e malgì forme .
Ed ecco che raccogliendo in brevi note le cose da me
enunziate nella presente Memoria , io spero di avere in pri-
mo luogo esposta al pidiblico con chiarezza la storica narra-
zione anatomico - patologica di una singolarissima varice ve-
rificatasi in modo insolito nella regione media del seno qua-
drato ^ e poscia fatalmente scoppiata.
In secondo luogo ^ mi lusingo di avere esposta minuta-
mente la dimostrazione anatomica delle fibre componenti ,
sopra tutto j il tessuto fibroso del seno quadrato del cuore .
Del valore poi e del merito delle cose presentate al
pubblico nella presente mia Memoria ne lascierò volentieri il
giudizio ai saggi coltivatori dell' arte anatomica -, sperando
che saranno per accogliere benignamente il mio lavoro di-
retto all' importante oggetto di rettificare e migliorare possi-
bilmente un punto di Anatomia , il quale non era per anco
condotto alla necessaria chiarezza e perfezione ,
BbLb a IN-
564
INTORNO LA DENOMINAZIONE
E LA CLASSIFICAZIONE DEGLI ODORI
MEMORIA
Di Niccolo' da Rio
Presentata da Vincenzo Chiminello il dì 24 aprile 1804.
i I miglioramento , 1' amplificazione e i progressi d' una lin-
gua non hanno furie altri confini , che quelh dello spirito
limano . Esìa si deve ampliare e distendere in proporzione
d<"gli oggetti nuovi che il genio indagatore discopre , e a
norma delle diflferenze che io spirito filosofico vuol far in
essi rimarcare. Quando una lingua non sia così ricca, fecon-
da e pieghevole, che valga ad esprimere con facilità, e pre-
cisione le proprie idee , ella è per lo Scrittore piuttosto una
catena che lo trattiene , di cpiello che luio strumento clie
gli serva , ed esso si trova nella necessità dura o di rinun-
ziare d' esprimere il proprio pensiere ^ o di cercare in nuo-
ve frasi e in nuove parole il soccorso che gli manca nel fon-
do naturale della sua lingua . Quindi suole ognuna abbon-
dar e lussureggiar perfino di modi e di parole in quegli argo-
menti ne' quali si esercitarono i suoi Scrittori, appunto per-
chè, scrivendo, furono nella necessità di rien)pire i vacui che
si frammettevano al loro cammino, e scarseggia all'incontro
d'espressioni e di frasi negli argomenti che non esercitarono
l' opera degli Scienziati : così vediamo per esempio ricchissima
pompeggiar l'italiana favella in tutto ciò che è argomento
poetico , e scarseggiare oltre il dovere in soggetti scientifici ,
ne' quali abbonda molto più d'appropriati termini la lingua
Francese .
.•-T ■ - ^Ii d T 5. II.
Di Niccolo' da Rio. 565
Quantunque però delle diverse lingue aLbia ciascuna le
sue particolari ricchezze^ osservo che tutte nondimeno scai-
se;TgiaMo di termini atti ad esprimere le affezioni dei sensi ,
e di taluno almeno tra d' essi , indipendentemente dal sog-
getto che produce la sensazione. Il senso della vista per ve-
rità, quello del gusto e del tatto hanno parole astratte atte
ad esprimere l'impressione che i corpi fanno su codesti sen-
si , e i termini di rosso e giallo, di amaro e dolce ^ di liscio
e scabro destano idee indipendentemente dai corpi che sono
dotati di queste proprietà , ma non può dirsi lo stesso deHi
altri sensi , e particolarmente dell' odorato , del quale soltan-
to sono per far parola in questa Memoria . Gli odori non
hanno altri nomi che quelli dei corpi da' quali emanano ,
quindi soa tutti nomi particolari , quindi di numero presso-
ché infinito, quindi indeterminati e vaghi, quindi impossibi-
le quasi il destar in altri idea d'un odor non sentito, quan-
do per avventura non somigli a quello di qualche corpo uni-
versalmente noto e triviale , quindi imperfette e mancanti le
descrizioni de' corpi si naturali che artefatti, dovendosi per
mancanza di termini trascurare un carattere che in molti casi
basterebbe da se solo a determinare un fossile , a distingue-
re una pianta, a dar infine più adeguata idea d'un corpo
composto in generale .
il difetto delle lingue in questo punto è essenziale , ed
è sentito ,, assai pivi che dalla comune degli uomini, da quel-
,, li che applicandosi per dovere, per professione, o per ge-
„ nio allo studio degli oggetti si della natura , che dell' ar-
„ te , sono ad ogni passo trattenuti dalle mancanze di voca-
,, boli a>tratti e generali, che fissino l'idea senza equivoco,
„ e la presentino all' intelligenza di chi gli ascolta per farne
,, il soggetto delle loro riflessioni (i) .
S- in-
(i) Cesarotti j Saggio sopra le Lingue ,
566 La denominazione e la classificazione degli odori
Ma a questo difetto non si può forse rimediare? non si
potrai! dunque trovare per gli odori vocaboli astraiti , che
li indichino indipendentemente dai coipi da'quaii emanano?
e non si potrà giungere con questo mezzo non meno a ren-
der conto di ciò che costituisce la differenza nelle sensazioni
degli odori , di quello che a foimare in ahri idea d' un odor
non presente , c(,rae pure si là di i colori ? Il hfiguagg'o , e
particolarmente il linguaggio filosofico, non sarà peifezionabi-
le su questo punto ? Per determinare la possibdità della co-
sa sembrami non altro s'a da farsi che stabilire, se fra Fin-
finito numero d'odori che si sentono, vi sieno tratti di so-
miglianza per cui gli uni agli altri si ravvicinino , o no .
Se non esistono questi rapporti , se gli odori sono ttitti unici
nella loro specie, il cercar di sistemarli, di ridurli in clas-
si , generi , e spezie , ed astrattamente nominaili > è impresa
vana , giacché i terniiiii astratti non convengono che alle
idee collettizie o generali , alle particolari non mai ; ma se
all' opposto infra gli odori esistono caratteri marcatissimi di
somiglianza e di rapporto, basta saper cogliere codesti tratti ,
onde farne la base di una filosofica sistemazione .
S. IV.
I rapporti degli odori consìstono, o nella somiglianza de'
principi di cui sono composti , o nella somiglianza delle sen-
sazioni, che producono in noi . Il primo è un rapporto chi-
mico , il secondo fisiologico . Ambedue codesti rapporti pos-
sono somministrare note caratteristiche per la distinzion de-
gli odori ; ma quantunque? i rapporti fisiologici , ossia di sen-
sazione , nqn sieno probabilmente che ima conseguenza de*
rapporti chimici, io mi prevarrò nondimeno possibilm-nte
dei primi j perchè i caratteri fondati sulle sensazioni vrngo-
Di Niccolo' da Rio . 557
no più facilmpiite e più universalmente alieriati , onde con-
viene ail essi dar la piefei-enza .
S- V.
Avanti però di maggiormente avanzare nel mìo lavoro è
necessario il far riflettere , che quantunque 1' eff<-tto princi-
pale degli oijaii si eserciti sulle narici , attesa però la reci-
proca commiicazione de' nervi , comunicazione diffusa in tut-
to il sistema , gli odori eccitano decisissime impressioni in
altre parti del corpo umano, cosa comprovata non meno
dalle osservazioni degli anatomisti e fisiologi, che dalla gior-
naliera esperienza per cui vediamo alcuni odori , per mezzo
della comunicazione che passa tra i nervi olfattorj , e quelli
del quinto pajo , pungere gli occhj , e trarne lacrime; altri
col rnez/iO della continuazione della membrana pituitaria e
del ramo sfenopalatino , del ramo palatino propriamente det-
to , e del nervo piccolo linguale stuzzicar nel tempo stesso
le nari , il palato , la laringe , e la lingua , altri in fine per
mezzo principalmente del nervo intercostale , e del parvago,
esercitar la loro azione sul diaframma, sullo stomaco, e per-
fino negli intestini . Io potrò dunque trarre i caratteri fisio-
logici degli odori non solo dalla impressione che essi fanno
sul naso , ma da qu(^lla ancora, che esercitano su altre par-
ti del nostro corpo , come da fonti bene stabilite e vere ;
né temerò che T azione esercitata da alcuni odori sul palato
e sullo stomaco destando il desiderio del cibo o la nausea ,
si attribuisca alla reminiscenza per cui si desidera ciò che
altre volte si esperimento buono , e si rifugge ciò che si tro-
vò cattivo , piuttosto che ad una sensazione reale ; primiera-
mente percliè l' effetto è troppo marcato per poterlo attribui-
re alla rt^niiniscenzi soltanto, come quando certe puzze ur-
tano talmente non solo il naso ma lo stomaco , che lo de-
terminerebbero al vomito se vi restasse per qualche tempo
esposto : chi non giudicherà ciò effetto di sensazione reale
eser-
S68 La denominazione e la classipicazione degli odori
esercitata sullo sloinaco da emanazioni odorose ? in secondo
luogo perchè la reminiscenza è insufficiente a supplire alla
sensazione , quando c[iiesta manchi realmente , come accade
qualora per infreddatura si perde per qualche tempo T odo-
rato , nella qiial ciscostanza per quanto ci ricordiamo della
esquisitBzza di qualche cosa , più non si mangia però che sfor-
zatamente , né più sapore si conosce, o differenza ne' cibi ; il
che dimostra sul palato degli elfluvj odorosi; terzo finalmente
perchè questo effetto si verifica anco ne' bruti , che incapa-
ci di riflessione non possotio nella scella dei cìIjÌ esser guidali
che da sensazioni reali,, e si verifichercdjbe perfino nell^uomo
stesso, se venisse, come si scrive di P^obiuson , tiasportato
in una Isola deferta di cui gli fossero affatto incognite le
produzioni : il solitario a preferenza gusterebbe di ciò che
col mezzo deir odorato gli sembrasse appetitoso , che se 1' es-
perienza gli insegnasse poi essere il gustato cibo non buo-
no o nocivo , la reminiscenza lo guarderebbe in appresso dal
preso abbaglio, ma appunto perchè la leminiscenza correg-
gerebbe in tal caso V effelto della prima impressione , si
vede che 1' impressione era cca reale indipendente da lei ,
e dipendente dal senso . Io potrò adunque , mi sia lecito ri-
peterlo, trarre i caratteri fisiologici degli odori non solo dal-
la impressione che fanno sul naso , ma da quella ancora che
esercitano in altre parti del nostro corpo , e tai caiatteri sa-
ranno tratti da fonte pura e reale esistente in natura , e in-
dipendente dalla immaginazione , e per conseguenza quando
trarrò le note caratteristiche di alcuni odori dall' impressione
che essi esercitano suU' organo del gusto , su quello della
vista, e su altre parti del nostro corpo, non mi si potrà ob-
biettare la reminiscenza, i di cui effetti sono bastantemente
distinti \ obbietto inoltre al quale sembrami d' aver compe-
tentemente risposto con quanto ho detto e fatto osservare
pur ora .
S- VI.
Di IS'iccolo' da Rio . 569
. S- VI.
I caratteri fisiologici degli odori ossia l' impressioni da
essi esercitate sulle narici e sull'altre parti del corpo uma-
no, convengono tutti però in una delle due proprietà gene-
rali ^che or son per soggiungere, nel ritiscire, cioè , piacevoli
o dispiacevoli al nostro senso . Gii odori dunque si dividono
da prima natuialmente in due gran classi , cioè in odori buo-
ni , e cattivi . Questi hanno nella nostra lingua il nome col-
lettivo di puzze , non esiste termine generale che compren-
da i primi : poiché i nomi di soavità o fragranza esprimono ^
come vedremo , determinati generi di buoni odori , ma non
tutti presi insieme . Nella mancanza mi sono creduto autoriz-
zato a formar la parola Evostna (i), termine cifra che avendo
la desinenza italiana e adattandosi al genio di nostra lingua,
mi è sembrato che si potesse adottar senza scrupolo , e che
essendo inoltre tratto dal greco ha ancora il suffragio d' Ora-
zio , il quale parlando della lingua latina che finalmente è
madre della nostra , dice che
.... Nova fictacjue niiper hahehiint verba fidcm , si
Grueco fonte cadant parce detorta
~Hor. ar. poet. ver. Si .
Questa adunque è la prima divisione degli odori in dus
classi . '
C. I ■"* Evosmi, che hanno per carattere d'agire piacevolmen-
te sul senso .
C. II.''* Puzze, che hanno per carattere d'agire spiacevolmen-
te sul senso .
Tomo XI. Cccc S VII.
(i) ^'uòrit:/ j (I3 tu , buono ; e affini odore
570 La dekojiinazione e la classificazioke degli odori
S- VII.
Ho detto al § IV , clie quantunque i rapporti fisiologici
ossia di sensazione non sieno prcbabilmente che una conse-
guenza di rapporti chimici , io mi sarei nondimeno prevaluto
possibilmente dei primi , perchè venendo i caratteri foiKlati
sulle sensazioni più facilmente e più universahnente afferra-
ti , conviene dare ad essi la preferenza . Oltre di che le at-
tuali cognizioni chimiche non sono ancora avanzate a segno
^i poter conoscere i principi componenti tutti gli odori : ciò
che si è veduto pur ora verificato nella formazione delle
classi, i di cui caratteri di sensazione essendo marcatissimi,
pure la differenza chimica fra gli evosmi , e le puzze non si
può generalmente assegnare»: lo stesso sovente accade nella
formazione dei generi: se io domando, per esempio, in che
consista la differenza fra la soavità del gelsomino , e la fra-
granza delia fraga , verun chimico non mi risponde ; ma ben
riflettendo sulla diversità delle sensazioni trovo , che il gel-
somino non fa che titillare piacevolmente le pupille olfatto-
rie del naso ; mentre V odor della fraga vellica nel tempo
stesso quelle del naso , e quelle del palato ; cosicché ^ men-
tre il gelsomino non m' invita che a fiutare , 1' altra quasi
irresistibilmente mi tenta a gustare del suo ambrosiaco sapo-
re . I nomi adunque di soavità e di fragranza , prima d'ora
indeterminati e bene spesso promiscuamente adoperati, prende-
ranno in seguito un valor fisso, e il carattere fisiologico del-
la soavità , sarà quello di titillar piacevolmente le fibre olfat-
torie soltanto , e della fragranza quello di vellicar p'acevol-
mente le fibre oljattorìe , e quelle del palato nel tempo
stesso. Ecco dunque due generi d'odori distinti, il soave, ed
il fragrante , ed io chiamerò soave V odor della rosa , del
gelsomino , dell' etere , dell' alcool , della giunchiglia , ma
non già quello della fraga , del pesco , e del popone , cui si
compete il nome di fragrante .
$. Vili.
Di Niccolo* da Ri» . S^i
S-viii.
Ora siccome la base della sistemazione degli odori sta
SII i loro jappgrti , § III> e fra questi , altri essendo fisiologi-
ci ed altri chimici , si è data per 1' anzidette ragioni la pre-
ferenza ai primi, § IV, ne risulta una prima Legge per la
classificazione : che si debbano cioè comprendere sotto lo stes-
so genere tulti quegli odori che urtano lo stesso ordine di pa-
pille nervose, o in altri termini tutti quegli odori, le di cui
sensazioni hanno la stessa sede, e parimenti ne risulta un
primo corollario , cioè che il numero de' generi è eguale a
quello delle sensazioni heii marcate e distinte che noi possia-
mo provare .
S- IX.
Progredendo nella analisi della sensazione, osservo, eli*
non tutti gli odori, che titillano piacevolmente le papille ol-
fattorie , e che costituiscono il genere soave, § VII; le muo-
vono però nel modo stesso; ma che alcuni vi producono una
lenta e leggiera- impressione, e quasi accarezzandole, un tre-
mito voluttuoso , altre risparmiandole meno, vi fanno un urto
piacevole si ma nel tempo stesso vivo e gagliardo . I fiori ge-
neraltnente parlando , e alcune produzioni dell' arte da essi
tratte producono la prima di codeste due sensazioni ; mentre
eccitano la seconda le foglie di alcune erbe si nostrali , che
esotiche, e generalmente poi gli aromi de' più- caldi Paesi.
Io dovrò dunque distinguere questa modificazione di sensa-
zione giacché esiste , e formare due spezie del genere soave,
sarà la prima l'odor soave che desta una sensazione voluttuo-
sa, la seconda l'odor soave che desta una sensazione gagliar-
da ; il primo olore essendo proprio de' fiori si potrà dire ,
se piaccia grecamente nominarlo, soave antosmico (ij , o flo-
* <■ Cecca ri-
(i) àfiòciimos j da ir^ts fiore , e òa-fiiMt odoroso .
B'ji La DENOMINAZION.'ì e la eLASSlFICA^^IONE DEGLI ODORI
ricfi^se vogliasi una denominazione del tutto italiana, il se-
condo proprio degli aromi soave aromatico , quindi la vio-
la mammola (i) e il mughetto (ìi) ecciteranno la sensazione
de-1 soave antosmico, e l'erba detta vaniglia (3) e la menta
Piperita (4), e alcuni geranj quella del soave aromatico.
Ecco avanzato un altro passo . Stabilito col primo il caratte-
re d-ei generi nella differenza delle sedi delle sensazioni , sia.
}no progrediti con questo a fissare il carattere specifico nelle
modificazioni comodamente percettibili nelle sensazioni me-
desime 5 cosicché ne risulta la seconda legge per la classifi-
cazione degli odori, che si devono cioè riunir^ nella specie
stessa tutti quegli odori, che non solamente urtano lo stesso
ordine di fiocche nervose , ma die le urtano presso a poco nel-
la maniera stessa^ e un secondo corollario, che in generale vi
^saran tante spezie quante differenze si possono marcatamente
sentire in qneW odore , purché sien tali che non coprano to-
talnente la sensazione del genere che deve predominare .
■ S- X.
Dietro questa norma per la costruzione dei generi , e
delle spezie, io credo olile tutti gli odori semplici si possano
ridurre a sette o ad otto ben distinti generi , de' quali non
ho determinato in questa Memoria che soli due , la soavità ,
e la fragranza , per modo di esempio , non volendo in ades-
so che piantar le basi della classificazione , e non già esegui-
re la classificazione stessa : ognuno di questi si suddividerà in
ispezie più o meno numerose , secondo che si troverà esso
più o meno capace di sensibili modificazioni : così non con-
tan-
(i) Viola martia Linnei .
(a) Convallaria majalis Lirniei .
(3) Oliotropiiiin penirianum Linnei ■
(i^) Mentha pipexita Linnei .
Di Niccolo' da Rio
tafiflo elle soli sette generi ^ e non p'ù di quattro spezie, per
ciascun genere , il die certo non è troppo , avendosi per
esempio il soave antosmico , il soave aromatico , il soave ba-
rosrnico, il scave profumico , ed il soiive jiittosmico, si han-
no tosto a8 caratteri specifici , co'- quali distinguer uno dall'
altro odore ; oltre di questo havvi in ogni odore certa misu-
ra di forza e durabilità di sensazione , per cui riesce delica-
to ed acuto , grave o leggiero , persistente o fugace ; molti-
plTcando per tanto codeste sei modificazioni per le a8 specie,
a cui crediamo che si possano portar gli odori , arrivano a
i68 le differenze in essi discernibili : finalmente consideran-
do che tutte codeste modificazioni sono capaci esse stesse di
tre gradi di forza , e che un odore può essere,, o acuto, co-
me quello della giunchiglia (5), o pur acuto, come quello del
gimè (6), o acutissimo come quello gaggia (-), risulterà che vi
saranno 5c4 note differenziali da sciegliere per determinare
un odore . Ora trascurando la nota caratteristica della classe
come troppo generale , ed assegnando ad ogni odore quattro
caratteri cioè, quello del genere, quello della spezie, quello
della varietà , e uua modificazione individuale della varietà
stessa , risulta dal calcolo che le 5o4 note che esistono per
determinare gli odori, danno 1062,6,461504 combinazioni
differenti , colle quali si possono determinale e descrivere al-
trettanti odori diversi tutti differentemente uno dall' altro .
S- XI.
Io non ho finora parlato che dei caratteri fisiologici, ma
quantunque conceda ad essi la preferenza non esclude) ò per
questo i caratteri chimici , i quali vedremo anzi in qualche
gè-
(5) NarcÌ3U3 Jonquilla Linnei .
(6) Niotaathes Sambac Linnei.
(7) Mimosa Faraesiana Linnei.
5^4 La denominazione e la classificazione degli odori
genere , come nel fetido , presentar ottime note differenziali
più marcate di quelle presentate dai caratteri fisiologici , e
giaccliè come fin da principio ho detto, gli odoii si distin-
guono per caratteri fisiologici o per caratteri chimici § IV ,
cosi crederò bastantemente distinta una spezie, quando lo
sia per una di codeste due soiti di caratteri; poiché essendo
i' oggetto nostro quello di poter distinguere gli odori , poco
importa alla fine che ciò s' ottenga con uno o con più mez-
zi quando peiò sieno tutti facili e pronti ; e il voler adotta-
re un sol carattere differenziale ad esclusione totale degli al-
trij sarebbe sagrificare allo spirito di metodo l'essenza e l'u-
tilità della cosa .
S- XII.
Or non mi restano che due cose da farsi , ed è la pri-
ma di mostrare in che consista la novità del mio lavoro. So-
pra di questo punto dirò che quantunque 1' idea di ridurre
gli odori in un sistema di classi , generi , e spezie non siasi
destata in me dalla lettura di verun Autore j ma sia il frutto
della propria meditazione soltanto , debbo confessare nondi-
meno di non essere stato il primo a mettere la falce in que-
sto campo. Due m' hanno preceduto, il Linneo, di cui si
ha una Memoria de odore med'tcainentorum. nel terzo volume
delle sue Amoenìtates Acad. ed il Lory , di cui si ha un
estratto d'una sua Memoiia sopra les parties volatiles tt odo-
rantes des medicarnents t'irés des suhstanccs vegetala et anima-
les inserito nella raccolta de.ili atti della Società reale di IMedici-
na di Parigi l'anno 1785. Ma se questi Autori m'hanno tolto il
primato nell' aver volto a tal oggetto il pensiero, non credo
di arrischiar troppo dicendo, che m' hanno lasciato tutta la
novità dell'esecuzione, si poco è qtiant' essi ne scrissero, e
tanto mi è riuscito di sviluppare qucst' argomento . Alcune
riflessioni sui loro scritti comproveranno quanto avanzo .
I. Primieramente, si Linneo che Lory non si propongono
che di classificare gli odori delle sostanze medicinali , quindi
il
Di Niccolo' da Rio . 5^5
il loro piano è limitatissimo e necessariamente imperfetto,
a. Non formano che classi , e Linneo ne fa sette che
sono le seguenti j Aromatici j a Fragranti , 3 Amhrosiaci ^ 4
Agliacei, 5 Ircini , 6 Tetri, 7 Natiseosi . Lory poi cinque-
classi solamente , cioè , Canfurici , a Narcotici , 3 Eterei , 4
Acido volatili , 5 Alcalini ; quindi in codesti due sistemi non
si possono avtre che cinque o sette divisioni al più , il che
certamente non basta a dar idea delle tante modificazioni
d' odori che si sentono .
Il nostro sistema in cui ogni genere è suddiviso in mol-
te spezie , è in conseguenza suscettibile di maggior precisio-
ne . ^
3. I earatteri delle classi non sono sempre né facili a
cogliersi , né bastantetnente diversi: p. e. io non capisco che
differenza reale passi fra il fragrante che stìmulat nervos flacì-
dos : e l'aromatico che intendit per nervos vasa omnia et cìrcu-
latìonem reddìt promptìorem : forse che non è egli questo un
effetto dello stimolo prodotto dalla fragranza ? Ed è egli poi
un carattere costante e facile d' afferrarsi quello dell' odore
irci no che eccitai venerem et coincidit fere cum ìlio qui in
genitalìbus lascivis reperitur , o quello dell' ambrosiaco che
vim solummodo cordis intendere videtur ?
4- Le definizioni del Lory sono ancora piili imperfette ,
né s'intenderebbero senza esempj : alcune delle sue classi si
rapportano a quelle del Linneo : di cui però non fa menzio-
ne ; per esempio , sono la stessa cosa i narcotici del Lory e
i tetri del Linneo^ ma questi li definisce meglio, dicendo che
odor teter s^^pit quasi nervos, che non fa il Lory dicendo che
r odor narcotico est une odeur vireiise que tous les animaux
fiàvrit lorsqite elle est developpée : primieramente bisognereb-
be df fi.'iir i' odor viroso , in secondò luogo gli animali sfuof-
gono non meno 1' odor narcotico , che qualunque altra puz-
za .
5. Neil' applicazione di queste classi agli odori vi sono
delle inesattezze , e si vede mal volontieri la rosa collocata
fra i narcotici ec. 6>
5^6 La DEN0MINAZI0f7E E LA CLASSIFICAZIONE DFGLI ODORI
ó. Non vi sono regole stabili per la formazione delle
classi , cosicché non si §a precisamente su qiial fondamento
sette ne costituisca Linneo, e cinque Lory .
7. In conseguenza né nell' una , ne nell' altra di queste
due Memorie non hassi esaurito il soggetto , né sono suffi-
cienti allo scopo che ci proponiamo , quello cioè di poter
dar idea d' un odore non presente, e di poterlo definire in-
dipendentemente dal corpo da cui emana . 1
L' altra ed ultima cosa che 'mi rimane a fare ^ si è di
sciogliere T oLbjezione che al mio sistema 'può farsi , presa *
dalla diversità d' impressione che lo stesso odore può destare I
ne' differenti individui, e perfino talvolta nell'individuo stes-
so ; su di che farò riflettere .
I. Che quando un odor produca una determinata sensa-
zione nella maggior parte delle persone , non si deve far
conto se su di alcuno , o per diversa costituzione d' organo ,
o per contratta abitudine eccita una impressione diversa , il
torto è di quel naso che non si conforma agli altri del gene-
re umano .
a. Che simile incertezza non può cadere che su le mini-
me differenze che distìnguono un individuo da alcun altro
della spezie medesima , non in quelle che distinguono i ge-
neri o le spezie , e die per cotìseguenza non vi può essere
jjericolo che di piccolissimo errore .
3. Che questa incertezza è il piìi delle volte piuttosto
apparente che reale, prodotta, o dalla poca riflessione fatta
sulla sensazione , o dall' aver presente un odore di più ge-
neri composto , nel qual caso analizzandolo , e riportando
ogni odore al rispettivo genere , 1' incertezza svanisce .
4- Che la varietà di sensazione che un odore produce
talvolta nella stessa pt^rsona dq^ende per lo più dalla conti-
nuazione troppo prolungata della sensazione per cui si stanca
la fibra , e si rende incapace di ben giudicare : come accade
pur nei colori, qualora, per esempio, troppo si fissa l'occhio
in un panno tinto in iscailatto , che tanto più sembra pren-
de-
re
Dj Niccolo' da Rio» 5^7
cleie il color aranciato , o il g,iallo quanto piìi fìsso si rimi-
ra ^ il che prova soltanto che non si deve giudicai-e degli og-
getti cogli organi stanchi .
5. Che può accadere , anzi accade talvolta , che 1' odore
medesimo per certe intestine mutazioni che in esso si fanno,
cangia , cosicché sembra , anzi diventa di natura diversa da
quel che era pria^, di modo che, se il naso Io trova differen-
te , non è eh" egli porti un falso giudizio , ma sano , sicco-
me leggesi che accadde al C. Lorenzo Magalotti , al quale co-
mecché intendentissimo di profumi^ fonderia, e di odori, essendo
»iiccesso di sentir la ginestra dove non entrava che 1' aran-
cio , ed essendosi per questo caso menato gran rumore , e
lui huiiato come va : dopo aver egli con ingegnosissima Let-
tera mostrato doude possa avvenire che nel giudicare gli
odori così sovente si prenda sbaglio; trovò in fine che quelf
acqua era divenuta ginestra, uè altio che la ginestra vi po-
tea riconoscere chiunque giudicar volesse non colla fantasia,
ma col senso, come si deve in tal natura di cose (i) ,
6. Che questa cbbjezione finalmente non attaccando il
sistema che in casi particolari, noH può perfettamente venire
risolta che con altrettante particolari soluzioni , le quali
avranno luogo in quella parte del mio lavoro , in cui adat-
tando alla pratica i principi in questa fissati , stabilirò i ge-
neri , e le specie, difendendoli, dirò così, dagli attacchi chs
potessero contro d' essi venir mossi •
%. XIIL
L' oggetto di questa Memoria , per quanto le mìe foi"ze
il comportano , è esaurito : altro non era che di cercare ,
se sia possibile di ridurre in sistema gli odori, e provata la
possibilità della cosa, mostrare il cammino che sì deve tene-
re, e la sicurezza di quello; la classificazione poi degli odo-
ri sarà soggetto d' altro lavoro .
Tomo XI. Dddd La
(i) Magalotti lett. scientif.
5^8 La denominazione e la classificazione degli odori
La novità dell'argomento, se non del tutto nella scelta,
poiché , che v' ha di affatto intentato al mondo ? almeno nel
punto di vista sotto di cui fu da me preso e nella estensione
a cui r ho portato , e nelle basi su cui 1' ho piantato , fa
che io osi di sottoporre al pubblico giudicio questa Memo-
ria : troppo contento se giungo a meritare, non l'approvazio-
ne ma l'attenzione dei dotti, io saprò loro grado sinceramen-
te se mettendomi a parte delle riflessioni che potessero fare
su questo argomento , mi porranno anche nel caso di sapere
se i fondamenti della mia classificazione sieno solidi o mal
piantati , e se il mio lavoro meriti il perfezionamento , o
r abbandono . Non è già 1' amor proprio quello che fa tale
domanda , che troppo arrischia nel sottoporre un lavoro al
pubblico esame j ma bensì l'amor del vero.
DUB-
\
579
DUBBJ PROPOSTI
Al Socio Paolo P\.uffini
SULLA SUA DL\IOSTRAZIONE DELLA LMPOSSIBILITA'
DI RISOLVERE LE EQUAZIONI SUPERIORI
AL QUARTO GRADO
Da Gianfuancesco Malfatti
Ricevuti il dì 2.6 Jprlle i8o4-
JLi egregio Socio Paolo Ruffini , il quale essendo di professio-
ne un valoroso seguace della Scienza del celebra Vecchio di
Coo , rinnovando la memoria dei Cardani , e dei Commaudi-
ni , merita di essere annoverato tra i Geometri di primo gri-
do , nel suo bel libro sulla Teoria delle equazioni , stam-
pato in Bologna 1' anno 17995 e appresso in una Memoria
inserita nel Tomo ix della Società nostra, ha inteso di dimo-
strare impossibile la risoluzione , in termini finiti , delle
equazioni superiori al quarto grado . Siccome quella delle in-
frriori spetta interamente al valore degli Ingegni Italiani ,
dai quali i primi metodi di tali risoluzioni sono felicemente
scaturiti , così io , che m' interesso moltissimo per la gloria
della mia nazione, desidero ardentemente, che si possa as-
serire , averla su tale indagine portata il Collega Ruffini
al suo colmo , collo stabilimento solido di un Teorema , che
tolga 1' adito ai Geometri di nuovi ed inutili tentativi per
giungere a questa meta . Pertanto insortomi qualche dubbio
contro tal sua dimostrazione ho creduto ben fatto di esporlo
nel presente mio scritto, assoggettando tutto quello che sa-
rò per diie alla sua rispettabile decisione. Con tale occasio-
D d d d a ne
58o DuBBj Proposti ec.
ne prendendo la cosa da più alto , premetto uu' idea della
genesi delle equazioni , la quale per V uso che ne ho sem-
pre fatto, mi riesce più familiaie, e sostanzialmente non dif-
ferisce da quella che mette in pratica il Consocio Ruffini .
Per procedere con qualche chiarezza in una materia
per se scabrosa e difficile , avanti ogni cosa premetto .
r.° Io considero ìe equazioni mancanti del secondo ter-
mine , di qualunque grado esse siano , ed assegno alla radi-
ce tante parti , quanti sono i coefficienti indipendenti 1' uno
dair altro dei termini dell' equazione ; per esempio per 1' e-
quazione cubica x^ -\- ax -\- h ^^ o , stabilisco la radice x =
in -\- n , cioè spezzo la radice in due partii perchè due sono
i coefficienti indipendenti nell' equazione ^ a & b ; e in ge-
nerale per r equazione x" -4- ax''~'' -4- bx'~^ -H ex' ■* H-
-4- ?^ = o stabilisco la radice ar=OTH-ra + /?-4-^-l-
H- ec. j essendo r — i il numero di queste parti della radice.
Non credo che al dotto Ruffini possa dispiacere che io con-
sideri le radici divise nelle suddette parti , laddove egli ne
esprime ciascuna con un sol simbolo, perchè in sostanza qua-
lunque delle due espressioni è sempre convertibile neli' altra
qualor si voglia •
a.° Inoltre per la formazione delle mie equazioni cano-
niche , che si confrontano colle proposte , io mi servo delle
radici dell' unità elevata al grado delf equazione , il qnal gra-
do , supposto r, potrà essere espresso cosi y — i=o. Sia
per esempio 1' equazione di terzo grado x^ -\- ax -\- b = o ,
di cui suppongo una radice x =.m -\- n -.^ a questa corris-
ponde r equazione cubica dell' unità /' — i = o ^ le ciù ra-
-_ I -f- y' — 3 ^ — I — >/"^
dici sono , / = I ; / =: ; /■=. ,
valendomi di queste due ultime radici immaginarie, postochè
mi sono servito della reale i nella ipotesi di x =■ m -\- n •, le
altre due radici della cubica esprimo nella maniera che sie-
Da Gianfrancesco Malfatti . 58r
I H- /^^ \ / — I — v/ — 3
\ n ., X =
gue a;
3 \
— ]n; dalle radici, col-
a / \ 2, /
la trasposizione dei termini del secondo memlMO di ciascuna
di queste tre equazioni , passo ai fattori , e di questi il pro-
dotto mi fa risultare la mia canonica di terzo grado , che
debbo colla cubica proposta confrontare, onde trarre i valo-
ri dì m , n , e rendermi con ciò nota la radice delia ge-
nerale equazione cubica x^ •+■ ax-\-b = o. Ritornando all'
equazione generale , che in se racchiude tutti i gradi ,
ed espressa col massimo esponente r , dico ; o r è pa-
ri , o dispari . Se r è pari 1' equazione /' — i =: o si .
r r
potrà sempre spezzare ia due fattori /^ + i ; /* — r ; riu-
- . r
scendo in tal caso — numero intiero . Ora contenendo 1' una
e r altro fattore delle radici immaginarie , la nostra / dev'
r T
essere presa non nel fattore /^— i = o ma netr altro y*-i-i=o,
e direni poi la ragione in progresso . Nel caso di r dispari ,
divisa r equazione f — \ = o per y^ — i , abbiamo il quozien-
te/'"'+/■—* -[-/'"^ -,_ , _ _i_ I—o; ossia invece dell'
ultimo termine i sostuito f , e preso il quoziente inversa-
mente ; f-\-r -+-/' -"rP 4- + /' = o . O questo
quoziente è di sua natura indeprimibile , od è composto di
più fattori razionali . Nel fattore di grado più elevato degli
altri, che nel primo caso è l' istesso quoziente indeprimibile,
va presa la radice y, per mezzo della quale otterremo tutte
le altre immaginarie che si comprendono nella equazione /^'-l
= o, e di esse ci serviremo per esprimere i fattori della cano-
nica coir'spondente al grado r della proposta equazione , on-
de paragonati i risultati che nascono dalla moltiplicazione dei
fat-
58à DuBBj Proposti ec.
fattoli suddetti coi termini analoghi della proposta , si dedu-
cano da ultimo i valori di m , re, ed in conseguenza riesca-
no note tutte le radici dell' equazione .
3° Sarebbe di molta briga 1' esprimere le radici immagi-
narie dell' unità elevata ad alti gradi ; ma dopo aver dimo-
strato alla mia maniera una proprietà generale di tali radici
dell' unità , sarà agevole ancorché non se ne presenti il va-
lore di ciascuna , formare le nostre canoniche , qualunque
sia il grado dell' equazione .
Il Teorema è questo. Supposta in generale 1' equazione
I — f' — Cj siccome questa saia sempre divisibile per i— /,
ed avremo il suddetto quoziente i -f-/-l-/^-t-/^ -h/'' -1- ec... .
^/'~' ; ossia /-f-/^ -1-/3 -I-/4 -I- ec -j- /' . Se sup-
• porremo che f sia una di quelle radici prese nel massi-
mo fattore dell' accennato quoziente , o nel caso di r pari ,
che può dar la formola composta di due fattori dello stesso
grado 5 se prenderem la radice immaginaria non nel fattore
r r
/" - I , che ammette la radice /= i , ma nell'altro /» + i ,
savàf^ un' altra radice, f^ una terza , /'^ una quarta ec. fino
all' ultima f'=-ii onde il quoziente suddetto sarà la somma
totale di tutte le diverse radici dell' equazione J' — i = o . |j
Per dimostrare questo Teorema mi servo d' un altro già
noto agli Analisti , che si trova espresso in quasi tutti i li-
bri elementari di Istituzioni analitiche, ed è il seguente . Sup-
posta in generale l'equazione a' — Aa'^'H-Bjf"""* — Cx'""^ -h
ec -4- P = o , le cui radici siano a , Z> , e , er. , la
somma delle quali si esprimerà con questo simbolo M' ; la
somma dei quadrati di queste radici si esprima con M*, quella
dei cubi con M' ^ e così proseguendo fino alla somma delle
podestà r delle radici che si esprime con M" : intendo che i
numeri i , a. 3. ec. . . . fino ad r, siano apici, e non po-
, desta . Viene in tai libri dimostrato valer le seguenti equazioni ,
M' —
Da Gianfrancesco JMalfatti 583
M' — A = o
M' — Aivr + aB = o
M' — AM' -4- BxM' — 3C = o e in generale ....
M'— .AxM'-'H- BM'-'" — CM'-'fino a . . . . ± rM = o
dove r ultiiiio M senza apice rappresenta il prodotto di tut-
te le radici. Qui si vede che per ragione dell' alternativa
dei segni , 1' ultimo termine rM ha il segno positivo se
1' j-ei"rio è il prodotto di numero pari di ladici , ed ha il se-
gno negativo se 1' r*^""" è il prodotto di radici di numero dis-
pari .
Mi resta pertanto a dimostrare clie per la nostra ecfua-
zione Z' — i = o saia sempre M' , M* ^ J\P ec fino
ad M'~' eguale a zero . Per provare quindi che la formola
/-4-/* -f-/^ -f-y"* H- ec. . . . -\- f è V aggregato di tutte
le radici dell' equazione /' — i = o , basterà che io dimostri
essere realmente /+/* H-/^ -^P 4- ec. . . . -h /' = M' = o ,
e cosi i quadrati de' suddetti termini /^ -l-/'* -4-/'' -4-/® -+-
ec. . . . + f" = M' = o, i cubi f' -+-/' -\-P -^/"-h ec. . .
. . -f- /*' = M^ = o , e generalmente /(^-')+/'^^-') -+-/3('-0
^_y4('— i).^ ec. . . . +/''^'~')= M'~'==o . Provato pertan-
to ch'io abbia esser M'~'=:o, sarà parimenti dimostrato che
essendo /-+-/* +/' +/"* + ^^- • • • -^ J' = o , sarà la somma
degli ambi , dei terni , delle quaderne ec. di queste radici ,
eguale a zero, sino alla denominazione dedi r — i«"'"', che
cala d'un' unità dal grado dell'equazione proposta/' — 1=0.
Ora poiché I— /'=(i -/)(/■-+/' -f-/^ -f /''H-ec. ...-^f),
sarà an -fie ( i — /) (/ 4-/' -+ P ^-p H- ec -\- p ) - q,
esclusa pertanto la radice /= i ,. perchè f non deve essere
presi che tra le radici immaginarie, ne viene per conseguen-
za che sarà f+P -'r P -\- P 4- ec -^ p =>c, ed ecco.
che
584 DuBBj Proposti ee.
elle il secondo termine dell'equazione generale y"'-A/'~'+B/"'"
— ec. . . . + P = o è nullo , e tale appunto nella nostra equa-
zione /' — I = o . Potrà quindi quest' aggregato / + /*+/'
•-\- P -V- i-c -V- /' rappresentare la somma delie radici
della equazione /■" — i = o, se la somma degli ambi di qne-
ste radici, dei terni, delle quaderne ec. fino agli r— i ts'"na
cioè B, C, ec. fino al coefficiente del ttrinine precedente
P , sia zero , e se 1' unità r"ma sia — i , cosi esigendo 1' in-
dole della nostra equazione /' — i = e .
Ma questo si dimostra cosi . La Teoria della sommazione
delle serie geometriche , ci fa conoscere essere /'" +/*" -+-
pm ^y-4., _^g^, _ _ . + /""' — ^ i—A ' ^^ essendo sì
il numeratore che il denominatore di questa forinola divisibi-
le per i—f, sarà la suddetta seiicì f" -t-/*" -f-/^"* -+-ec ...
H-Z-^/'-CH-Z-hy^H-ZJ-hec +/'"'+/' +/'^*
-1-/'+^ -+_ ec -+-/"■-' -f-/*' -^P"^" -\-r'-^^-^ ec 4-
/•}'-' _,_/3' ^ y 3'-)-' -^/3-^^ -1- ec. . . . H-/''"^* H ec
^yrim-.) ^ ^^^.^ ^g^^j^ jr^ ( ^ ^j. +/" + eC. . . . -4- /('"-'' )
( I +/H-r + ec -l-/'~"), e perchè /', /" , P' ec
. . . ,p'''^~^> sono ciascuna eguale all' unità , e diventano di
numero ?« , la suddetta espressione-si cangia in quest' altra
f'".in{ I -\-f-\-P -I- ec. . • /'~' ) • Cosi il quoziente del de-
nominatore dopo la divisione per i — /diventa i +/+/*-+-
fi + ec -+-/"'""' . Laonde si fa 1' anzidetta serie /" -f-/'"*
+/3" + ec....+/-=^— ^^^-^— y,--^ . Ora
0 r è un multiplo di m , o no ; nel caso di r multiplo di
m , succede un quoziente esatto , se si divide il numeratore
per il denominatore , e in esso troverassi sempre il fattore
1 ^ f -\- f^ -\- p -t- ec. . . . H-/'""' • Se poi r non è un multi-
plo di m , non potendosi fare esattamente cotal divisione re-
sterà la forinola come 1' abbiamo sopra espressa , e poiché
supponiamo t maggiore di w j e la prima radice / immagina^
lia
Da GiANFRANCEseo. Malfatti. 5f'5
ria va presa nel maggior fattoio della siiiie i+/4-/^-l-€c. . .
. . Z'^' , cotal valore di radici introdotto nella medesima se-
l'ie renderà nullo il numeratore , né potrà esser tale il de-
nominatore; dunque , supposto i -^-f-^j^ "+~ ce ~^ f'~^
ovvero f -\- f^ +/^ -f- ec -+-/' eguale a zèro , diventerà
pur zero la serie /"■ -+-/''" -\- p"" 4- ec -h/"". Ora sicco-
me il valore degli ambi delle radici di qualunque equazione
dipende da un termine che rappresenta la somma dei qua-
drati delle medesime radici, e da un altro che è il quadra-
to della somma delle stesse radici , posta questa somma egua-
le a zero, ed avendo dimostrato che in generale/"' -f /*"" -h
/^^ H- ec. • . . -h /"■"'= o, fatto w = a rappresenterà quella for-
rnola la somma dei quadrati di tutte le radici , che annul-
landosi rend« nulla eziandio la somma degli ambi delle stes-
se radici . Fatto ?« = 3 avremo in essa la somma dei cubi
delle medesime radici , e siccome la somma dei terni ha nel
suo valore cotal somma unita agli ambi e somma di radici ,
resta chiaro annullarsi ancoia la somma dei terni ; e con si-
mil discorso si diià pine lo stesso per la somma delle qua-
derne ec. , sino all' ultimo termine esclusivamente, il quale
non essendo altro che il prodotto di tutte le radici , quando
avremo dimostrato essere il predotto di tali radici = all' uni-
tà negativa , quando r è pari , o si prenda ciascuna radice
positivamente, o negativamente, ed eguale all'unità positiva
quando /• è dispari, e si prendano le radici positive , resterà
anche dimostrato restituirsi 1' equazione /' — i = o .
Per far ciò rifletteremo essere il prodotto delle radici
della Tabella . Cosi eqnivalerà T espressione /' +-/" H-/^' -f-
y*' + ec. . . . -V- f" ad M' cioè ad M coli' apice r , ossia alla
somma delle podestà r di ciascuna radice . Quando pertanto
si considera nella nostra equazione/' — i =o l'unico r"i'"o ^
nella formola generale della Tabella , annullandosi pel caso
nostio tutti i termini intermedj tra il primo e 1' ultimo ,
Tomo XI. E e e e sa-
586 DuBBj Proposti ec
sarà M' ±: rM = 0 . Ora o il numero r è pari, o dispari;
supposto r pari , avendo luogo il primo segno + iiell' ulti-
mo termine , sarà M' + /M =::: o ; nel ca?o di r dispari , avrà
luogo il secondo segno e sarà M' — rM ==: o ; cioè nel caso
di r, pari adoperando i nostri simboli espressi colle podestà
di //'+/'' 4-/^' 4- ec -f^ /'•'+/ ^ =0. Ma sup-
posto r pari, la nostra equazione f — i =: o è sempre il
r r
prodotto dei due fattori/'' + i ;/^ — i ; e noi non prendia-
r
mo la prima radice / nel fattore /* — \ , ma bensì nell' altro
fattore/^ + i ; dunque valendoci della equazione /*-j-i=o
sarà/*r= — I . La superiore espressione j'' a <;quivale
T.T T r.r
quest' altra f" • /^, ma perchè t è pari, sarà sempre f ^= x ^
e l'altro fattore /^ = — ^ i , dunque sostituendo questo valore,
sarà nel caso di /• pari /■■+/" +/^''+/^''+-ec. ... -|-/"—7-M:^o,
e poiché ciascun termine , /', f", f^', f^' ec. . . ./", è egua-
le air unità, la prima forinola esprimerà r numero di uni-
tà, e quindi valerà l'equazione r-|-rM=o, M 3= — i, ovve-
ro il prodotto di tutte le radici f, /*, jT^, /''ec. . . f =. — i.
Ma essendo pari il numero delle radici , o si considerino es-
se col segno positivo , o portando ciascuna dall' altra parte
dell' equazione, onde facciano il secondo termine di ciascun
fattore cangiando ognuna il proprio segno, nt n resterà muta-
to il segno del prodotto , dunque anche nell'equazione ridot-
ta a zero l'ultimo termine sarà eguale a — i . Nel caso poi
di r dispari , abbiamo parimenti M' — ;'M ^ o , ossia cogli
equivalenti simboli,/' 4-/"-+/^'-f-ec. . — v-f" — rf ^ =0 .
Ma se r è dispari , necessariamente r + i è pari , onde
Da CjANrRANCESCO Malfatti. SSy
'■-+-1 ,. ..... , ,
diventa numero intiero che chiamo m , e saia lo stes-
so che (lire /"" , e siccome l'equazione /*" — i = o dà /' = i
saia purey^'"'=i • l)uiK[ue sarà lo stesso che dire r nu-
. nieio di unità che indica il primo termine — ?]M=c cioè
M = I ; ma perchè il numero delle radici è dispari , ciascu-
na d'esse cangia il segno trasportandola dall'altra parte dell"
equazione , e resta pure cangiato il segno del loro predotto ;
diin(jue anche in questo caso avremo iiell' equazione ridotta
a zero l' ultimo termine eguale a — i ; con che sarà restitui-
ta la primitiva formola /' — i =o,e si verifica evidentemen-
te essere /h-/' -4-/' -+-/■* -h ec. • . . ■+■ f la somma di tutte
le radici della suddetta equazione, cosicché considerata /" co-
me la prima un'altra sarà/*, una terza p ec. fino all' ulti-
ma /' .
Darò per maggior chiarezza uno o due esempj di tali
fattori nelle fi)rmole del grado più elevato, da -cui si deve
prendere la prima delle radici immaginarie , le cui podestà
danno tutte le altre. Supponiamo l'equazione p^ — i = o.
Questa formola equivale a qnest' altra (/^ — i )(/*+ y^ -I- j)
(/'*-+-/^-+-i) ~ o, (jve si vede che il più alto fattore contenente
le radici immaginarie è T ultimo (/'* -i-/' + i ) che sup-
posto eguale a zero, e risoluta l'equazione dà/' = ■ ,
e in conseguenza /=:|/ -. Se la formola fosse
p — i=o, poiché è lo stesso che dire (P — i) (f* 4 /^ -M)z=o,
essendo il fattore più alto {f^ -i-f^ + i ), eguagliato questo a
zero ed estratta la radice, si ha /^ = onde
3 / j _^ / 3
/ - 1/ ^ ; dal che si deducono tutte le 9 radici
dell' equazione /' — 1 = 0 in questa maniera . Fatto per co-
E e e e a mo-
583 DuBBJ Proposti ec.
modo di calcolo '■ = a abbiamo
4.° f = a^/a, 5.°P =0^/ a' , 6." f - ay^ o> = a'
In questa serie di radici una è sempre diversa dall' altra ,
e solo r ultima è eguale all' unità positivat Se invece di
prendere la prima radice / immaginaria nel maggior fattore
(/*-f-/'-|- I ) = o , la prendessimo nell'altro di grado meno
elevato [f^ — i) = o , cioè nel quoziente /* -4- /-f- i =0 , do-
po la divisione di /' — i per il fattor reale / — i , avrehbesi
r r — H-/— 3 -iV-3
per pruTia radice /= — che darebbe/ = '
— i-fV— 3 g _r— v/-3 .,
t' ~ , f == , P =r I r e con CIO verreb-
2, •' a
Le triplicata ciascuna delle prime tre radici, ma non mai
espresse tutte le 9 diverse che abbraccia l'equazione /** — i
= o . Di qui apparisce, la necessità di prendere la prima ra-
dice immaginaria non in questo fattore ma nell' altro innal-
zato a maggior grado ^ il che si vede dover essere in tutti
gli altri esempi ^'^® alcun si volesse proporre.
Considerando io le equazioni di qualunque grado man-
canti del secondo termine^ se queste avranno tanti eoe fficien-
ti indipendenti tra loro quanto è il numero del grado dell'
equazione meno uno , chiamo questa equazione generica ris-
petto a quel grado . Per esempio x^ -h ax -h b = o è un' e-
quazlone generica di terzo grado ove siano tra loro indipen-
denti a ■) h ■■, ma se è è una qualche funzione del coeffi-
cien-
Da Gianfrancesco Malfatti . Sftq
dente a onde fla questo dipenrja , chiamo tale er|iìazione co-
me particolare di terzo grado . Da ciò nasce che le equazio-
ni particolari di qualunque grado possono avere delle pro-
prietà non comuni alle equazioni generiche del medesimo
grado , come quella di avere un tlivisore razionale di grado
inferiore , che le generiche non potranno mai avere , e cosi
dicasi di altre proprietà. E se tal divisore di grado inferiore
non viene accettato nemmen dall' equazione particolare, non
Tedo ragione di negare che si possa trovare nella risolvente
di quest' equazione particolare , o se né anche in questa ,
nella risolvente della risolvente, o nella terza _, o nella quar-
ta ec. , riuscendo tutte queste risolventi successive, sempre
con maggior ragione , equazioni particolari , perchè coli' ac-
crescimento del numero de' termini , non si hanno per loro
coefficienti che funzioni dei primi pochi simboli indipenden-
ti prefissi ai termini della prima proposta equazione .
Premesse tutte queste cose che abbiamo fin qui esposte ,
io vengo a formare certe equazioni che chiamo canoniche , le
quali confrontate colle proposte mi conducono ad un' altra
equazione, che chiamo risolvente, col mezzo della quale cer-
co di determinare le radici della medesima equazione . Per
la formazione di tali canoniche stabilisco la radice della pro-
posta eguale a tanti simboli diversi meno uno , quanto è il
grado deir equazione , e moltiplico per le radici dtll' unità
del medesimo grado questi stessi simboli , onde formarne tante
quante sono nell' equazione contenute e nella maniera che
qui Sotto esporremo, affinchè dalla loro moltiplicazione risul-
ti la canonica che dee servire di confronto .
Comincio dalla equazione di secondo grado .r* — a ^= e .'
Assumo pertanto l'equazione delT unità quadrata/^ — 1 = 05
nella quale le radici sono tutte due reali , / - — i , /= i ,
eioiusa. pertanto la radice /= i mi servo dell' altra /= — r
che darà /^ =: i . Suppongo che la radice delT e([uazione
ch'amata — 77Z, dia il fattore a:-{-w = o , ovvero x -\-f'' m = o ,
Wide r altro fattore sia x + f in = o . Il prodotto di questi
due
Sqo DuEBj Proposti ec.
due fattori so ni itji Distra l'equazione x'--^ (fn-^Pw) x-+Pin^ = 9.
ìiLif+f\ cj( è — i -h i =o -.p =zf'.f— — I , onde sarà es-
sa x'' — m' = o, e il coniioiito colla proposta dà m''=a, cioè
m = \/a, ni = — ya. Tale equazione m^ = a sarelihe st-
Goiìdo il mio metodo la risolvetite della proposta x^ — a~o,
anzi la proposta ìh tal caso diventa di se stessa la risolvente.
Per le equaz oni di teizo grado faccio nascere la canoni-
ca in qnesta maniera . Competendo a questa 1' equazione
/' — I = o cioè (/ — 1 ) {f-\-P -4- 1 ) = o , e presa una delle
radici immaginai le ^ che si trovano nella l'ormala f^-^f~^ l
per prima delle nostre radici, i tre fattori della canonica cu-
bica devon ess^e secondo il mio metodo.
X -+■ f m + f^n = o
X -h-f^m -hf^n — o .
X -t- f^ m +f « = o
ovvero' esprimendoli più comodamente per il calcolo
X -\- f m-T- pn = o
X -\- f^m-\ f li = o
X -\- Tìl-V- il =■ G
percliè a motivo dell' equazione /^ — 1=0, os^ia /^ =: r di-
venta y ' =/, /^ =/* = I . Moltiplicati tra loro i due primi
di questi ultimi fattori, risulta x^ -\- {fm -h f'm -V- fi -\-f^//)x
~Vfhn'-\-Pmii-\-pinn-\-f-'Ti'', cicè x*-(;72+r/) or-t-w^ — /?z«+/i'=o,
perchè /* -+/= — i =/* -^ !'"■> /^ = M finalmente molti-
plicato questo trinomio razionale per V ultimo fattore x -\- ni
1-1- 7Z =r o abbiamo la canonica di terzo grado x^ — Zmnx ->r-
in^ -\-ìi^=.0' Ola essendo la cubica generica x' — Zax-^b=o ^
i confronti de' termini ci somministrano prima di tutto l'equa-
zione mn=.a che diventa per me la risolvente della propo-
sta - In fatti essendo w^ -f /i' =: Z» , m^ -f- arnhi^ -^ i% z^ 1/ ^
poiché dalla risolvente m,ii=a nasce ^m^n}-=^a^, colla sottrazio-
ne di questa dalla precedente risulta ni — 2.m}ri}-\-n —V'— ^n*
cioè m^ — rt' = y'i^ — 4<z' , che combinata coli' altra ni^^n^=b
dà in ultimo rfi=y J"^ K ^ " ^' » '^ =K a ~ » a ~ "'*
Per
Da Gianfrakcesco Malfatti. Sqi
Per formare la canoiiica delle eq.uMziuiii l)iquadtati< he ,
avrà lunfro qm Ila della podestà qiiaita dell' uiiilà cioè/"* - i=o
ovvero (/^ — I )(/'-+- 1 ):=: o . e la prima radice/iinmayiiidria
andrà presa nella eqnai^ioiie /' -|- i = o, ossia f" =■ — i . Ec-
co pertanto i nostri qiiattio fattori componenti 1' equazion
canonica di qua; to grado .
1/ a:-t-///i + /V -+/«=o, 3." x-^pm^fr-^f^ 11 = 0
ossia posti in essi i valori risultanti dalia equazione /^ = — !•
i.* X -{- fm — r — fiL=:o
a." X — m + r - n = o
d.' X — fn — r -\- fa = o
^■'' X -\- m -\- r -\- n r= o .
Formeremo poi i due trinonij razionali coJ moltiplicare il
primo fattore col terzo, indi il secondo col quarto. Colla
prima moltiplicazione si ha il trinomio .r'-2/-.iM-(/'7i — 77)* +/-*=o,
e c«^)lla moltiplicazione del secondo e del quarto fattore si lia
V altro trinomio x* -f- 2r.r — {m-\- ny -h r^ = 0 . Resta ora
da moltiplicare tra loro que&ti due tiinomj razionali dal che
risulta r equazione canonica
x'^-h (— 4"-'-«— 2/').r^-l-4r(/72M-7j').r— (/7Z*-7'/)'— 477Z77r*-f-7-*=0
o anche a;'* r {-/^mn-^r^) c^-ì-^'i'n^+fi^jc-i'n^-'i^y-^-iimn-r^y^zc»
Sia ora l'equazione generica di quaito grado , x"* — 2.ax:''+^l>x
4- e = o . Per avere di questa la risolvente confrontandola
colla canonica , ho ù.rnn + r^ =ia^e 2.11111 — r^ =a — 27-^. In-
di col coidronto degli ultimi termini risulta i^m^~\-ìi'^Y^=(i^ ,
4ar^ -+- 4'"'' — e ■> ^ perciò (77?' -f- n^ }' = a^r"- — ù^ar'' + 4/* —
cr^:=^b^, e disponendo i termini opportunamente ^ nasce la ri-
solvente ^r^ — ^ar"^ -[- {■i'- — c^)r^ — b'' = e . Si rifletta che que-
sta risolvente è effettivamente di sesto grado e noi possiamo
trattarla come le equazioni di terzo, perchè mancano i ter-
mini delle podestà l'i.-pari di r , il cui valore sarà espresso da
una radice seconda che comprende sotto di se una radice
terza , e ne rende infatti il valore rappresentato da una ladi-
ce di sesto indice. Poiché questa i." risolvente i,on è divisi-
Li-
5ga DuBBj Proposti ec.
bile per alcun divisor razionalK , riuscendo essa di natura ge-
nerica , perchè tanti sono i siiobuli indipendenti tra loro j
7/1 , n , r , quanti sono i termini dell' equazione meno uno,
è necessario tiasformar questa in un'altra, che presenti a un
tratto la sua risolvente clie sarà la risolvente della risolvente .
Per ottenere ciò trasformeremo la formola in un'altra cui man-
chi il a.° termine , ed avrà essa l'aspetto z' — 3MNh-M^N'=o^
menti e la traslormata potià essere espressa così -;^-3A.3-j-B=o g
riuscendo cogniti A , e B , che sono funzioni dei noti coeffi-
cienti a^b ' La seconda trasformata per tanto dà col confron-
to MN= A , che diventa quella che chiamo la 2." risolvente ,
perchè nel modo medesimo da noi adoperato per le equazio-
ni cubiche 5 si trovano i valori di M ed N dati per A, e Bj
ed in conseguenza anche il valore di 2: , e quindi ritornando
ai primi j i valori di m^n^r, e perciò anche il valore di x.
Siccome poi abbiamo formato la nostra canonica di quarto
grado coi quattro suddetti fattori ^ rendendocisi noti i simbo-
li m ,n , r, ed essendo altresì cogniti i va[ori di /, f^, /', f^
ec. , ci restan note eziandio tutte le quattro radici compo-
nenti la nostra generale di quarto grado .
Vengo ora alle equazioni geneiali di quinto grado , che
hanno sino ad ora deluse le speranze degli Analisti per la
loro generale risoluzione^ la quale , e a più forte ragione di-
cendo lo stesso per le equazioni di grado superiori al quinto ,
vien giudicata impossibile dall' egregio nostro Socio Ruffini .
Qui pure , inerendo senqire al nostro metodo ^formeremo la
canonica di quinto grado coli' ajuto dell'equazione/^ — 1=0
ossia (/ — i) (/''-f/J -+-/■' -I-/+ i) = o. La prima radice
immaginaria f di cui ci serviamo per la formazione de' bino-
mj componenti la canonica di quinto grado , secondo la teo-
ria più sopra esposta va presa nell'equazione /''-l-y^-t- _/"'-+_/"+-
j =0, che contiene le quattro radici immaginarie dell'unità
elevata al quinto grado . Siano pertanto ie seguenti serie dei
cinque fattori componenti la nostra canonica di quinto grado.
Da Gjakkh-ancesco Malfatti. 598
I ." a- + fm -^ f^p-'r f^ q -i-f^n = o
a." ;r -+- /^•/^ -h / V -h /* ^ + /Sz = o
3.° X + f^m +/V +/' </ +/•'« = o
4." x-hf'm-i-f'jJ-hf'q +f''n =0
ossia In maniera più semplice sul liilesso che dall' equazione
/' — 1=0 risulta /> = I ,
1." X -i-f m + /> -f- /•'^ + /^« = o
a.* a- -1-/V/Z + f'p H- /'y + /3« = o
3." X -\-p:n -\- fp -1- f\j + /'„ = o
S'" -^^ -H 7?z H- /? H- 5» -+- ;z = o .
Dalla moltiplicazione dei quattro primi fattori tra di lo-
ro avuto riflesso all' equazione, /^-f-/3 +/^ _!-/+ i = o , ov-
v^'""/^-/'+/'+/'H-/' = o che contiene la somm'a di
tutte cinque le radici delia formola /' — i = o , verrà pro-
dotto un risultato razionale dal quale spariranno tutte le ra-
dici immaginarle suddette; e tal prodotto moltiplicato per
l'ultimo binomio x -\- m-\- p -^ q-^ n=.o farà riuscire la ca-
nonica di quinto grado che sarà la seguente
■x^-^mnx^+hm}qx^-^mYx + rn^-\-{bmn-lpq) [mp'^7iq'-mq^-np\j\~o
— ^pq -4- 5/z /? — hii^'i -\- n^
H- 5/;7/>* — 5mq^-\- ],^
H- 5/i^y* — 5np^ -+- q^
— Smnpq
'\- ^p^q'-'
Stabilisco ora l'equazione generale di quinto grado a;' — Sa^;'
+ Sbx'' + ^cx -^r d ^ o colla quale la canonica va confron-
tata .
Per facilitare tal confronto mi servo delle seguenti sosti-
tuzioni ; mn = g,prj=,i,; m'q -(- «> z= r, mp^ + nq' = t .
Dal paragone dei secondi termini nasce g^u — a\ e da quel-
Torno XI. Ffff V lo
594 Dubbi Proposti ec.
lo dei terzi r-\-t — h ossia t=ih — /•. Moltiplico 1' equazio-
ne m^q H- n^p = r per li^p ; e si ha ìrC'npq -f- ìi'p^ = n^pr 5
cioè ^^u -\- n''p^-=in^pr e risoluta questa equazione troviamo
1 .0 /i> = -^ '^vh~ s'" ' ^ 'i"'"'^' ^'° '"'^ ~ "^ "K "^ " ^'"*
Moltiplico la seconda equazione per nq'^ e mi nasce mnp^q^
-4- ri'q'' ={b — r) nq"- y o anche gzi^ H- re^^** = ( * — t" ) "^/' •
b — 7- /IT^"^^^ T
Quindi 3.° 72<7^ = — ^ y ~ j—^ — g« 5 e
4-° mo* = ^ -H 1/ -^ ; — g// . Quadrata la secon-
4
da delle precedenti formole m''q^-=-{-^ — v 'a. — S*" )
e moltiplicata questa nella quarta ;
w'
z^*
quadrata la i.*, moltiplicata per questo quadrato la terza, e
diviso il prodotto per rt^ ,
Parimenti il quadrato della quarta formola , moltiplicato
nella prima e diviso il prodotto per g* si ha
Finalmente moltiplicata la seconda nel quadrato della terza ,
e diviso il prodotto per g^ si ottiene .
^'
Da GlANFllANCESCO MaLFATTI . 5()S
.-(i-r/?-»'-)!'-'-/'^'--"!'-
I
s'
Per facilitare il seguente calcolo fìiipmc le sostituzioni
b — r
I
da tali sostituzioni risulta AB = g^u . CD = gii^ . Inoltre so-
stituendo i valori delle formole dati per le anzidette maju-
scole , rispetto alle podestà quinte di m, n , p , q , sarà
VcT' Vdb~ Vbc^ Vau^
Il confronto dei quarti termini della canonica colla generale
di quinto grado somministra — m^p — ii^q — ?mj^ — np^-^-WL'n^
— mnpq-\- p^q" ■= e cioè coli' uso dei valori di m^ n,p, q
. , -AC-BD -AD-BG
dati per le majuscole troveremo , -\- g
-^ ug -\- u^ = e. Così adoperando le suddette majuscole nel
paragone degli ultimi termini della canonica e dalla generale
. . . CA'-l-DB^ BG'^AD" ^ ^ ^
CI SI presenta V equazione £ 1 j 1- [b^-oii)
u g
(b — 2,7-)= d . Il primo confronto dei secondi termini dando-
ci ^ -t-z< = a , e quindi iig-{-u'' = au ossia zi^ — au = — i/g ,
a /(i' . a /a^
sarà u-'-^+Y -^-ug,& perciò g = -_J/--. — u g, .
Essendo date le m , g per il simbolo iig ^ e le majuscole
A,B,C,D essendo funzioni di r, u, g diventeranno ezian-
dio fun;^ioiii delle sole due incognite , /•, ug , dal die si de-
duce tlie le due equazioni , che nascono dai confronti dei
due nllimi termini della canonica e della generale, sosti-
tuendo i valori di A^B, C, D dati per le funzioni di r, i/g, fa-
ranno finalmente nascere due equazioni contenenti le due so-
Ffffa le
5(j6 D U B E J
le incognite r , 2/g , le quali liberate dalla iii'azlonalità , si
convertiranno in altre due , le quali abbassate coi metodi
conosciuti daranno da ultimo un" equazione in cui la massi-
ma podestà dell' incognita i/g arriverà al sesto grado , e que-
sta sarà la i." risolvente della nostra eqnazione di quinto
grado che ci abbiamo propof-ti .
Essendo dcte A, B, C , D, g , w per i simboli r^ ug^ e
COill' al>bassamento delle due ultime equazioni ritrovate coi
confronti dei duo ultimi termini della canonica cogli analo-
ghi della proposta, e riduceudosi finalmente a ritrovare il
valore di r dato per iig , e poi in fine 1' equazione conte-
nente la sola incognita ug che è la nostra risolvente di sesto
grado , egli è evidente che le anzidette niajuscole , supposto
ritrovato il va!.ore di j/g , e così quello di « , g , r e coiise-
guentfuiente le ot, n,p, q, saranno date per funzioni di vg ,
onde espresse queste funzioni coi simboli Fi/g, F'i/g , etc.
avremo m = 1/ Fug y ti =1/ F'iig , p =. 1/ F'ug ,
q=y^F"'ug,.
Arrivati che siamo a questa prima risolvente di sesto
grado y siccome essa è un' equnzion particolare perchè essen-
do 7 i termini di quest' eqnazione , e i coelficienti di essi
non potendo essere che funzioni dei soli a ^ b ^ e ^ d della
proposta di quinto grado , due di essi dipendono dar pn^ce-
denti; dal che risulta che la prima indagine da farsi sopra
di essa si è di vedere se ha alcun divisore razianale . di i ." di
a.° o di 3." grado. In tal caso è chiaro , che al più il valore
di Mg non viene espi'esso die con funzioni di radici riibich«
di noto valore^, e che il simbolo m, e co-i dicasi degli altri ,
5 3/
ha per valore una y di funzione dì y . II Sno'm RufFini
vorrebbe , giudicato dall' analogia df-lle equazioni di graffo
V
inferiore al quinto , che sotto alla y del valore di ;;; , vi
fos-
Da Gianfrangesco Malfatti . 697
4
fossero le funzioni di |/ , e quindi supponendo che tutte le
4
forme di funzioni di V dovessero essere comprese in un' e-
cjuazioiie di 4" gi'^'lo razionale , conclude che la data ri-
solvente di 6.° grado debba avere tre radici eguali , la qual
cosa noti veriticaudosi nella generale risolvente , giudica im-
possibile la risoluzione generale dell'equazioni- di 5.* grado.
Opporremo due riflessioni a questa sua decisione. La pri-
ma : the vi possono essere didl' equazioni in cui 1' incognita
sia eguale a funzioni di. ladici quarte , contenenti dt-iitro
di se radici iid'eriori , essendo esse" equazioni di grado supe-
riore af quarto, senza che sì possano dividevi*; in fattori ra-
gionali di qnaito grado , come avverrebb'' upÌI' equazione
E'^ ^- 8lL^— 9E* +a4E'Va8.3a' ^£i7E*+-3iE^— 36oE*+ai6E
— I I ;= o la qrr ile non è divisibile né in uno , uè in tre
fattori razionali di quarto gvddo , quaiituiiqu^ una delle sue
4/7" 4/ '^~
radici non sia altro clie E = !/ 3 — !/ al/ j, ; egli è ben
v^ro che la nostra risolvente di 6.° grado non può ammettere
un. disisor r;izii»i'ale di grado duodecimo al 6." superiore ; ma
ptn he non pntiebbe egli trovarsi , un sinid divisure raziona-
le nella risidveute della nostra eqi azione di 6.° grado, che
diventerebbe la seconda risolvente della nostra pr'>p,,sta di
quui^o , e non trovandosi in quseta , perchè , passando alla
ti-rza risolvente , non potrebbe aver luogo in esia un simil
divisore , e lo stesso dicasi delle risolventi ulteriori , co»ic-
cliè ritrovato finalmente tal divisore raz'onale ^ e asceudenda.
di mano in mano sino alla prima risolvente di 6.° o^t-ado , si
p)ssa realmente ottenere il valore di 3, che non sia altro che
funziiuii di radici conferenti sotto di se altre funzioni di ra-
dici inferiori? e ciò sempie supposto che fosse necessario sotto
alle la I ci quinte dei valori di m, n,p^ q aver funzioni
di radici quarte .
In secondo luoghi non so vedere dalla risoluzione delle
equii/ioui iuferioii al t^uiuto uu' analogia cosi imperiosa che
mi
5()?> Dubbi Proposti ce.
mi costringa ad aminettere tale necessità , prima perchè trop-
po pochi sono i gradi inferiori dai Geometri risoluti, poi per-
chè anche nell'equazioni di quarto abbiamo veduto che ef-
fettivamente la loro generale risolvente è un' equazione di
sesto grado , ciascuna delle cui sei diverse radici è idonea a
dare il valor del primo fattore x-\-m + )• -{- 7i dell'equazio-
ne di quarto grado . Questo è il nostro secondo dubbio da
noi promesso sulla dimostrazione del Socio Ruffini .
Io non so vedere difficoltà alcuna nel concepire che nel
valore di m 1/ F z possano aver luogo funzioni di radici seste,
perchè derivate da equazioni particolari e non da equazioni
generali di sesto grado , le quali radici seste comprendano
anche sotto di se funzioni di radici inferiori , perchè sicco-
me sotto le radici quarte spettanti all' equazioni biquadrati-
che , trovandosi le funzioni*di radici terze e di radici secoi,de ,
col liberare dalla irrazionalità il fattore x-^?n-\-r-\-n=:o
non sale Tequazione più in là del quarto grado, elidendosi nel-
la formazione dei coefficienti dei termini tutte quelle funzioni
di radici terze , e di radici seconde vincolate sotto i primi
indici di radici quarte , così parmi che anche nel caso del-
le nostre i adici quinte, avvegnaché contenenti sotto di se
indici di radice sesta , cioè di radice seconda , di radice ter-
za , e pili altre funzioni di radici quinte e di radici inferio-
ri , non si possa temere dovere ascendere colla liberazione
dalla irrazionalità il fattore x ~{- m -+- n -\- p -h g = o a grado
più alto del quinto per la distruzione che nella formazione
dei coefficienti dei termini avviene di cotali funzioni di ra-
dici , stando però fermo che tali valori compresi sotto le ra-
dici quinte derivino , o immediatamente dalla prima risol-
vente , o anche dalle risolventi ulteriori .
Né io né alcun altro Geometra si assoggetterà per av-
ventura a calcoli sì improbi e laboriosi . coi quali si cerchi
di verificare questi miei sospetti. Con una equazione partico-
lare però dei coefficienti ne' termini puramente numerici ^
che
Da Gianfrancesco Malfatti 699
che renrloiio sopportabile il calcolo , farò vedere che la sua
risolvente di sesto- grado contiene , oltre le altre , una radi-
ce che è una funzione di radice quinta , onde nasce che nel
valore d'i m = radice quinta funzione z , abbiamo sotto di
essa altre espressioni di radici quinte ; e se ciò accade in una
equazione particolare , sembra che il buon raziocinio a più
forte ragione , ciò esiga in una equazione generale , e sicco-
me per la generale essendo di sesto grado la risolvente , de-
ve aver luogo la radice sesta , si rende chiaro che sotto alla
radice quinta avremo funzioni di radice sesta, che compren-
dono sotto di se funzioni di radici quinte ^ riuscendo nel no-
stro caso particolare podestà seste perfette quelle funzioni
che si trovano sotto l' indice di radice sesta , ^onde non ap-
pariscono altro che funzioni di radici quinte .
Sia proposta da risolvere 1' equazione x^ -t- S.ax'' H- 5*. a*
= o che confrontata coli' equazione generale di quinto grada
.r' —5ax^-\-5bx''-[- 5cx + iI=o somministra a= — 2. , ^=0 , c=o ,
^=5*. 2.^: presa ora in mano la canonica di quinto grado no-
tata superiormente , di cui abbiamo supposto un fattore li-
neare x+m-^j}-{-(j-tn=o , convien ricorrere ai valori gene-
rali da noi sopra esposti di m , n , p , q , e modificare questi
al caso della nostra equazion particolare^ dal che risulta
5
m
= y^{--.Vi-^-%-\/ì-4
u'
-^^(-^-/^^4r-|/T-"^^^
= i>'i^^A-^^)(-W^'^-)
^ =
6oo D u B B j P 11 o p o 8 T I ec.
è'
quindi sarà A = ^ - |/ ^ - g^^. ; B = ^ 4- ^ C- _ g^, ;
minciaiiilo dal confronto dei secondi termini della canoni-
ca e dilla getìerale ^ abbiamo trovato valere quest' egualità,
mn, -\- pq ■=. a = u -\~ g ; onde nel caso della nostra modifica-
ta che ci pioponiamo di risolvere, poiché diventa, ^z:= — a
sarà M + g= — 2, e moltiplicando tutto per g; g"-T-z/g=— ag,
ossia 5 g* -+- 2g = — ìig , onde si trae g = — i + j^/ i — vgy
perciò 7/ = — I — ^ i — 7/g , dal che risulta g* = a — ?/g
— • a j/i — ug , Zi' = a — 7^g-l- a j// I — itg . Il terzo termine
della canonica dovendosi confrontare col terzo della propo-
sta e mancando in questo tal termine sarà b =■ e ; laonde
;• /7
avremo t—-r ed inp^ = C= — '_ — ^1/ 7 — 5"*s
nq^ =: D = — ' 1/ — — g«* 5 rimanendo già
r /? " r /?~
ragone dei penultimi termini della canonica e della ""-e-
nerale , poiché si fa c=:o, ci offre 1' equazione
— AC — RD — AD — BC
— "• ■ H g — z^g + zz* = Oj finalmen-
u g ° °
te quella degli ultimi termini ci dà
g'
:— 2r(5g— 5«)=5* . a* . Rimessi pertanto i valori delle majuscole
A,
Da Gianfrancesco IMalfatti . 60 1
le A jB 5C ,D nelle equazioni risultanti dal confronto dei periul-
r' /7 ■" /?
timi ternuni , si ottiene —-+-21/ '-' — g u . i/ — — gw*
u
I ~^ -^ — ^|/ J - S'« • J/ 7 — g«'+4— 3«g=o, ovvero
cr
» -
-r — S* « . 1/ ;r — g w*
"^"^ ^ ~
-f- 4 — S'/g^^o, e riducendo eziandio l'equazione degli ultimi
termini colla sostituzione dei valori delle majuscole ci nasce
II
7-' / /•' / r"-
-I 2r(5g-5«) =5\2'
cioè
- '-.{s'-ii')+rgu.{g'-u^)-ar.{g^^u^).\/ j _g^,|/^_^„'
" g
— 2.0 r. j/ I — z/g = 5'.a*\, e liberando la equazione prece-
dente dagli irrazionali risulta
r^ + i/^ugr'' - lÓA-* -1- aSi/'g' — 4^u^g'' + i6ug = o .
Parimente colla sostituzione dei valori delle majuscole in quella
che danno gli ultimi termini, colla riduzione allo stesso denomi-
natore, e indi colla moltiplicazione per il medesimo abbiamo
— Ì{g^-z^*) + 7-g«.(g3-«')-2;(g*+zO-|/-^ -g^«|/^ -g«*
Tomo XI. G g g g
boa Dubbi Proposti ec.
— 20 ni" g' . / I — ug = 5' . a\g\ li"- . Ora siccome g^ — w*
— 8 — az^ g |/ I ~ ifg ; g* + «'=4 — 2,ug; se farem uso di tai
■valori;, ed introdurremo in quest'ultima equazione il valore di
V 7 -è""]/ r~5" = ~~ ^"^ c^^« si trae
ciall equazione dei penultimi termini , ed eseguite le opportu-
ne riduzioni , ci si presenta da ultimo la seguente equazione
'■' + (— 25zf *g^-i_4oz/g — 16) ?-4- 5^ . a^^/g |/i — z/g=o .
Per rendere più agevole il calcolo, col convertire in formo-
ie più. semplici le equazioni superiori trovate col confronto
dei due ultimi termini ed espresse colle sole incognite r, z/g,
faremo la seguente sostituzione, S'-ug = z A-^.%^ . Coir uso
di questo valore di z/g, e delle sue podestà troveremo final-
mente trasformate le suddette nelle seguenti
5^ 7-''-|-(7 . 5" . a . 2—5^ . 3 . a^) r^ ■+ s'-^S . a'
■* -^ = o;
5' . /■'— s» . 7-4 (5 . a" . z-1-5* . a^) . / 5 — ;s == o
La prima di queste potendosi maneggiare alla maniera delle
quadratiche , colla sua risoluzione avremo
5r=± j/ — 7^-f5.3.a"-f-/— s^ + a9s'~io5.a*^+aa5 . a'';
tal valore introdotto poi nell' ultima equazione di r' ec. , ci
darà finalmente una nuova equazione in z mista di razionali
e di irrazionali., dai quali essa liberata, e presentato il ri-
sultato nella maniera più semplice , ritroveremo nascere la
risolvente ricercata , come segue
. B. (— z'-f5'.a^)^H-(z— 5)84r.5^a^=o.
^^^'^ A. 2*-5'.a5.z3 + 84i.5''.a*^+-57i.5'.a"'=o.
Se farem' uso di un simil calcolo anche per 1' equazione
generale 0-'— 5(7A'-t-5Z'a;*-l-5c*-|- J=o . avremo una risolvente
in z di questa forma (-;c^4-M54-N)*+Pz-f-Q=o , come io
stes7
Da GlANFRANCESCO MALFATTI . 6o3
Stesso ho sperimentato , ovvero 2" — aMz"* — aN^' + M^^;^ -f-
(2M.N -+- P)3 -t- JN* 4- Q = Oj nella quale manca il secondo
termine , i simboli tra loro iudipenctenti non sono che quat-
tro , il che la esclude dal numero delle generiche di sesto
grado, nelle quali, còlla mancanza del secondo termine, i
simboli indipendenti debbono essere cinque , e la mette nel-
la classe delle equazioni particolari di sesto grado ; dal che
viene avvertito il Geometra di cercar prima di tutto se tale
equazione accetti qualche divisor razionale, di grado inferio-
re . Al caso che ciò non succeda , parmi che non si debba
concludere essere irresolubile la proposta di quinto grado , ma
che si deggia passare alla risolvente di tale equazione di sesto ,
che , fatto il calcolo j si troverà ascendere al grado ventesimo,
ma avente un quadrato d'incognita per radice, il che la ren-
de di decimo grado . Questa non può avere per coefficienti
dei suoi termini altro che funzioni dei quattro simboli indi-
pendenti tra loro _, M,N,P,Qj laddove dovrebbero essere
nove per classificarla generale , quindi il divisor potrebbe in
questa trovarsi ; rimarrebbe con ciò risoluta 1' equazione del-
la prima risolvente, e conseguentemente 1' equazione proposta
di quinto grado. Non potendosi nemmeno in quest' ultima,
rinvenire tal divisore, e perchè sarò io costretto a giudicare
impossibile la ricercata risoluzione , senza 1' esame previo del-
le ulteriori risolventi , che divengono poi la terza , la quar-
ta ec. risolvente della proposta equazione ? La nostra parti-
colare ci farà forse conoscere la necessità di tali esami .
Tra le radici della nostra risolvente (A) di sesto grado >
ha luogo la seguente
5
+ 7-^1
come ognuno potrà conoscere introducendo tal valore , nella
suddetta risolvente (A) di sesto grado che fa nascere 0 = 0.
Ecco pertanto un divisor irrazionale roll'indice di radice quinta
r~ Gggga g —
V 5/ ^ 5/
£=a'— a'. 1/ a — a* . 1/ a*— 11 .al/ :
a' 4- 7. al/ a'^
6o4 D u B n T P 11 o p o ! T I ec. .
5/ 5 / 5/ S /
del qual possiamo servirci per ritrovare i valori di m,n,p,q
e conseguentemente quello di una delle radici della propo-
sta equazione di quinto grado .l' — 5 .ax'+5* . 2,*= o ; imper-
ciocché limitandoci al solo valore di m , sopra espresso colle
funzioni di r , g , it cioè
u
e s^-ìtituiti in tale espressione i valori di r,g,u dati per q,
5/-; —
diventerà m =1/ 1";: ; e siccome un valore di z è stato so-
pra trovato con quattro indici di radice quinta oltre il ter-
mine razionale , tal funzione z sarà funzione delle suddette
radici quinte , onde m sarà eguale a i / di funzioni di al-
tre radici quinte, le quali nel nostro caso non ricevono sotto
di se né indici di radici quarte nò di terze ne di seconde .
Lo stesso si dee concludere per gli altri valori di n ^ p , q, e
ciò non ostante se libereremo d:igli irrazionali l' ecjuazione
X -\- m-+- n -hp -i- q=o^ verranno talmente cambiate tra loro
combinate e attemperate le funzioni di radici quinte , com-
prese sotto l' indice primo di radice quinta , che da ultimo
non risulterà che l'equazione proposta , :t;'4- 5. Jia;'+ 5^a^=;o,
nò vi sarà alcun pericolo , che tali funzioni di radici quinte
comprese sotto il primo vincolo di radice quinta faccifluo
ascendere 1' equazione in x a grado più alto del quinto . O!-
tjecclò servendoci del sovraesposto valore di z o valendoci
di ciascuno degli altri cinque, che abbraccia la risolvente in
z di sesto grado ^ sempre ci ridurremo allo stesso fattore
^ _|- ;;j --P /i ~{-jy -\- q = o della proposta nostra equazione .
Avendo fitta la osservazione, che l'equazione (A) in z
di sesto grado riceve il divisor lineare 3+5.a' = o, dopo
la
4
Da Gianfranccsco Malfatti. ^ 6c5
la divisione del quale , rimanendo per quoziente una equa-
zione di quinto grado , per il rintracciamento dell' altra no-
stra radice
Z = 2.^ — 2} y/ 2. — 2* (/a* — I I . 2 Y 0} +7.2 I/i
non ho avuto bisogno che di passare alla risolvente di tale
equazione di quinto grado , che arrivando al sesto mi dà un
valore lineare rispetto alla nuova incognita, secondo cioè re-
sta ordinata tale risolvente di sesto gn'do, da! quale risalendo,
vengo in fine condotto a conoscere il suddetto valore di z\
e cctal nuova risolvente riguardo a quella radice diventereb-
bc la seconda risolvente , avendo relazione alia equazione in
X di quinto grado . Ma nella su^^posizione che io non aves-
si fatta tal rillessione , o che realmente la risolvente (A) non
avesse accettato alcun divisore , secondo il mio divisamento
mi sarebbe stato mestieri coli' uso dei sei fattori contenenti
!iel secondo termine di ciascun d' es^i cinque simboli indi-
pendenti tra loro , col prefiggere, giusta la prescritta regola,
ad essi le radici immaginarie dell' unità elevata al sesto gra-
do , determinare la nuova risolvente della prima (A) , la qua-
le avrei veduto ascendere al grado ventesimo avente però
un quadrato d' incognita per radice . Nel caso della nostra
equazione particolare , col diligente esame mi sarei accorto
potere essa dividersi in due fattori di grado decimo, che per
ragione di essere le radici un quadrato d'incognite, risultau
maneggiabili come quelli di quinto • Preso pertanto un d'essi
ed eguagliato a zero , mi sarebbe stato d' uopo il passare al-
la nuo-va sua risolvente, la quale finalmente avrebberai pre-
sentato un divisore razionale di grado inferiore al quinto e
di radice estraibile , senza irrazionaUtà , colla quale tornando
indietro, mi si sarebbe reso cognito il valore dei quadrato che
serviva di radice alla risolvente antecedente , il qual valore
avrei trovato essere un quadrato perfetto , onde estratta pur
questa radice, e resi cogniti anche gli altri quattro simboli
dei sei fattori componenti la prima risolvente in z , sareb-
be
6o6 DujJBj Proposti ec.
hti tla ultimo risultata 1' equazione sopra mentovata
£ = a' - a' |/ a — a^ |/ a^ — r i ., a K a' + 7 . o j/ a* .
L' anziletta riflessione mi ha agevolato il ritrovamento
eli cjiifl valore d'i z , perchè non ho avuto bisogno che di ri-
corrx;re ad una seconda risolvente j laddove sarei stato costret-
to a passare ad una terza , senza tal riflessione ; egli è però
certo che per una generale equazione in x di quinto grado,
mancando tal divisore nella prima risolvente , sono obbliga-
to a cercarne qualcuno nelle risolventi ulteriori , le quali
son tutte equazioni particolari e non generali , né da quost'
obbligo mi trovo disimpegnato, se non nel caso ^ che siami
solidamente dimostrata la impossibihtà di trovare tal divisore.
Coir uso del divisore lineare s-f-5.i* = o accettato dal-
la risolvente (A) riesce agevolissimo il determinare i sim-
boli m , riyp ^q componenti il primo fattore x-hmh7i-\'p-¥ q
:= o della proposta equazione di quinto grado , perchè tal
valore di z ci fa nascere ug =: o , e nel valore di r , sosti-
tuito quello di z = — 5 . a^ e quello delle sue podestà che
in esso si ritrovano, ci si rende noto lo stesso r, e quindi
noti gli altri simboli j?i , n,p, g, che daranno finalmente
y 5/ 5/
x= — y 2,^ -^ y 2,^ — y 2.'^ : a questa stessa radice ci
condurrà qualunque altro dei valori di z che son compresi
nella nostra risolvente di sesto grado .
Concludiamo pertanto che per dimostrare la Impossibilità
della risoluzione nella equazione generale di quinto grado, non
mi sembra sufficiente 1' argomento di cui si serve il eh. Ruffìni,
della necessità delle tre radici eguali che debbano essere com-
prese nella prima risolvente in z di sesto grado ; e parmi che
sarebbe stata più irresistibile la sua dimostrazione , se si
fosse raggirata sulla impossibilità di ritrovare non solo nella
prima risolvente in z , ma nemmeno nelle risolventi ulteriori j
un divisore di grado al quinto inferiore • Il perchè finché
non
Da Gianfrancesco Matfatti . 607
non mi sarà dimostrato la impossibilità di arrivare con tal
progresso di risolventi ad uà valore espresso nella jnaiiie-
la indicata , e fincliè non mi sarà dimostrata la incongruen-
za dt'l mio raziocinio, di cui ho fatto uso n-^l corso di que-
sta Memoria , resterò sempre col dubbio , che sia del tutto
inconcussa la dimostrazione di tale impossibilità che intende
di aver dato l'egregio nostro Socio Ruffini. .
Per altro la sua molta dottrina , e la occupazione assi-
dua , che egli ha più volte manifestata nell'esame della na-
tura delle equazioni , mi fa sperare che toglierà qualunque
forza a questi miei dubbjj ad un per un dileguandoli, stabi-
lendo anche per la dubbiosa mia mente una base solida alle
sue sublimi Teorie, e trionfando di tutte le difficoltà coti cui
alcun' altro per avventura potesse venirgli incontro. Dal che
per me pure verrebbe con mio sommo piacere assicurata
la gloria all'Italia, di avere di per se sola, colla forza dei
genj nutriti nel suo seno espleta interamente la dottrina del-
le nostre equazioni .
SO.
6c3
SOPRA
ALCUNE ROSE PARTICOLARI DELL'ITALIA INFERIORE
MEMORIA
Di Pompilio Pozzetti
Delle Scuole Pie
Xl Socio Giuseppe Maria Giovene Canonico Arciprete
in Molfetta
Consegnata il dì 29 Aprile 1804.
Modena j dalla pubblica Librerìa ^ i Aprile i8o4«
jC\ 1 delizioso regaio che vi piacque farmi nel maggio scorso,
mediante 1' ingegnosissima vostra Lettera posta sul principio di
questo volume , corrispondo io attualmente con un tributo
amichevole di simil genere. E poiché non ho, siccome Voi,
il giardino donde trar le rose elette da presentarvi in con-
traccambio, mi varrò delle altrui, chiedendone quasi in presti-
to , e di quelle appunto che abbondano in codesto suolo , ad
alcuno tra gli accreditati Scrittori , delle cui Opere si fregia
quest' insigne Biblioteca.
Primo ad esaudirmi si offre JTarco Valerio Marziale , di
rose e di roseti ainator singolarissimo , che dopo averne qua
e là ne' suoi epigrammi dipinte e qualificate parecchie , vo-
glioso d.' intesserne ghirlanda pel suo caro Sabino, enumera
nel sessantunesimo del libro nono , i diversi luoghi ove alli-
gnaoo le più vaghe , tra i quali la Campania e la Lucania
an-
Di Pompilio Pozzetti . 609
Antica , terminando con auguraisi die 1' esiLite rose , quan-
tuiiiiue altrove colte , affin d' impetrar gradinieiito dall' Anii-
cOj siano da Lui credute il prodotto della villa del Donatorct
Seu tu Paestanis genita es , seu Tiburis arvis
Seu rubuit Tellus Tuscula flore tuo :
Seu Praenestino te Villica legit in Horto
Seu modo Campani gloria Ruris eras •
Pulcìirior ut nostro videare corona Sabino ,
De Nomentano te putet esse meo .
Ma circa il nascimento , lo sviluppo , gli usi , e le diffe-
renti proprietà di alquante sorta di rose e delle vostre na-
te nella Campania segnatamente , chi meglio ragionò di Ca-
jn Plinio secondo , il seniore? Spunta la rosa , Egli dice nel
libro vigesimo primo , capitolo quarto della sua naturale
Istoria fonte inesausto d' ogni dottrina , più presto sulla
spina che sul frutice, cresce ancora nel pruno , e traman-
da qui , sebben piccola , odor soavissimo. Comincia dal ger-
mogliar tutta chiusa in granellosa corteccia , la quale dipoi .
gonfiando , in verde calice sen viene appuntata , a poco a
poco rosseggiante s' apre e distendesi , ed abbraccia nel mez-
zo della sua boccia la gialla cima • Si macera coli' olio ; e
praticossi ciò fin dai Trojani , secondo la testimonianza d' Ome-
ro, la quale Ei non adduce , ma che s' incontra benissiaio
nel vigesimo terzo libro dell' iliade , ove rappresentata è
Venere intesa ad ugnere con olio rosato il corpo di Ettore ,
onde chi lo strascinava noi lacerasse. Passò quindi, continua lo
stesso Pliiiiojil succo di rose negli unguenti, imperocché desso
è sostanzialmente medicinale, si mesce ne' collirj in grazia della
penetrante sua virtù e sottilità , e se ne aspergono altresì le deli-
zie della mensa. Di que'salutevoli attributi della rosa aveane già
Teofrasto informati, non meno che Aulo Cornelio Celso nel sesto
de'suoi libri di medicina. Ne convennero poscia il Lemery nel suo
Dizionario delle Droghe semplici, Giovanni Ray nel libro vigesimo
sesto, capitolo tredicesimo della sua Storia delle piante, ed il Par-
mentier nel suo Codice farmaceutico . Appresso avere il Principe
Tomo XI, Hhhh de'
6 IO Sopra alcune rose particolari ee.
de' latini Naturalisti esaltate, pel numero delie frondi e pel co-
lore oltre maniera acceso de' petali, le rose di Preneste e della
Campania, distingue la centi/olia indigena di questa, cui assegna
inoltre il vanto di primaticcia . Al qual proposito , mi sareb-
be agevole intrattenervi d' un consimile fiore ( rosa centifo-
lìa hatavìca ) delineato per Carlo Clusio nel primo libro del-
la sua Storia delle piante più rare , siccome della rosa di
trecento foglie , della massima grandezza e odorosissima , ve-
duta nel regio Orto di Parigi dal Padre Giovanni Harduino ,
conforme Ei narra in un' annotazione al testo di Plinio or
ora citato . Ma 1' obbligo che mi corre al presente con Voi ,
è di ricercar qui dove mi trovo , alquante rose delle opu- 1
lente P\.egioni Partenopee , e d' intercedere ad esse dall'amorevo-
lezza vostra cortese accoglimento , j
Le rose di Pesto, Città florida un giorno della Lucania , \
le cui famose rovine spirano maestà nelle recenti carte ezian-
dio del loro Illustratore Padre Paolantonio Paoli , hanno co-
deste rose avuto ognora tali attrattive sugli spinti delicati ,
che non sembra sia stato lecito a questi muover discorso di
naturali amenità , senza introdurvele giocondamente . Il Sul-
monese Ovidio , che divoto quale pur troppo era assaissi-
mo di Citerea , idolatrava persino i fiori a Lei consecrati , ^)
EHi che non fu solamente un vezzoso e facil Poeta, ma un
Georgofilo studiosissimo , che educava coUe sue mani gli Or-
ti piniferi da Lui posseduti ne' subburbj di Roma , Ovidio
godè sovente descriver le rose , e nel quindecimo libro delle
sue Metamorfosi , fece die Esculapio , trasmutato in drago, si
avvicinasse , in quel suo viaggio co' romani Ambasciatori ,
ag'i olezzanti rosa] di Pesto, cioè, là dove l'aere anche nel
verno è temperato, ed eterna vi regna la primavera . E nel
secondo libro delle melanconiche elegie scritte dal Ponto ,
volendo l' esule Vate significare ad Attico quanto Ei lo giu-
dicasse costante nel riamarlo , più cose mette in camjjo af-
fatto impossibili ad avvenire , cui nondimeno Ei sentir^-bbe-
si, dice, inclinato ad ammetter siccome vere, anziché esita-
re
Di Pompilio Pozzetti . 6li
re intorno la stabilità dell' Amico . Pensa , fra 1' altre , che
air insoave calendula sarebbe consentito piuttosto vincere in
frairranza le rose Pestane .
A^ec Babylon aestum , nec frìgida Pontus hahebit
Calthaque Paestanas vincet odore Rosas ,
Quani tibi nostrarum veniant oblivia rerum &c.
Avanti però di recarvi in mezzo i concetti d' altro vo-
stro Napolitano relativi a sì gradevol subbietto , non posso
dispensarmi dal rivolger 1' animo ad uno Scrittore , ancorcbè
forestiero , voglio dire Decimo Magno Ausonio di Bordeaux ,
che nel considerar questa reina de' fiori pighar soleva gran
diletto, e che alle rose appunto dedicò un intero de' suoi
idillj . Non temeste che i rosa] di Pesto vi fossero dimenti-
cati: al contrario essi fan quivi la più vantaggiosa comparsa.
Imperocché , Ei vi stimò commendata ampiamente la coltu-
ra d' un Orto , entro cui passeggiava in amabile mattino
d' aprile , avvertendo esservi i losaj foggiati e custoditi alla
guisa de' Pestani , cui 1' alba novella vien poscia mollemen-
te irrorando . E qui giovi anche riflettere che 1' industrioso
governo de' roseti ebbero mai sempre le nazioni tutte som-
mamente a cuore . Leggesi nel volume terzo delle Memorie
dt;ir Istituto d' Egitto , che per gli abitatori della provincia
di Fazoum la coltivazion de' rosaj forma un oggetto rilevan-
tissimo, non altrimenti che la fabbrica lo è dell'acqua di rose^
Aman talora profumarsene anco i luridi Musulmani. E perciò
soogretta a contrarietà l'assei-zione di Giovanni Bauhino e di
Enrico Cherlero , i quali nel tomo secondo , libro decimo
quarto della loro storia universale delle piante, tutte le rose
egiziane tacciarono scortesemente d' inodorifere . Quanto è poi
agli indicati versi di Ausonio, non io qui mi brigherò delle que-
rele mosse dal Baron Giuseppe Antonini ne' suoi Discorsi so-
pra la Lucania contro i Commentatori di Ausonio medesimo j per
aver ricusato di svelare il plagio che questi fece a Virgilio del
componimento predetto. Protesto che né a me pur dà d cuore
di ascriverlo al Cantore d' Enea : il renderne adesso ragione
H h h h n mi
6l3 SoPKA ALCUNA ROSE PaUT ICOLARI ec.
ini conJurrebbs ad una disamina puramente filologica, e for-
se non breve , che 1' indole di i[uesti fogli rigetta .
Invece;, non saravvi , confido, rincrescevole die io ram-
memori ahro erudito Straniero ^ invaghito Egli pure a dismi-
sura delle rose di Pesto ^ cioè. Marziano Felice Capella . Nel
sesto libro della sua Opera intitolata d.e rmptììs philolof^'iae et
mercurìi , ruvida si , per conto dello stile , ma ricca di uti-
lissime cognizioni , Ei non dubita annoverarle tra le prezio-
sità della bella nostra Penisola .
Celebrati son pure i rosa] di Pesto dal due antichi dot-
tissimi Spagnaoli , Pomponio Mela, e Lucio Giunio Moderato
Columella, e così dal francese S. Ennodi^j , poi Vescovo di
Pavia, scrittole del quinto secolo, neir ottava delle sue Di-
zioni scolasticìie .
L'Autore vostro connazionale, di cu! mi son ora projx)-
fito favellarvi , è Bernardino Rota Napolitano . Dettò questi
un'elegìa , che è l'ottava del suo libro terzo , sopra le rovine
di Pesto, né già omise di sfogare in essai trasporti della pro-
pria meraviglia verso le decantate prerogative di quegli arbo-
scelli . Osservo che Ei definisce ancora i siti ove i medesimi
colà s'appigliavano e crescevano:
liidentes campi , diilcissima Utoris ora ,
Quae vel adirne redoles semìsepulta rosas .
Forse però Egli intese che la spiaggia ed i campi di Pesto
ridenti fossei'O e piacevoli nelle stagioni soltanto d' inverno
e di primavera, in cui ciò è veramente. Duranti la state e
r autunno , assicura il rammentato Storiografo della Lucania
dominarvi un' aria nocevole , atteso 1' esser la Città di Pesto
in luogo mal sano edificata, colpa non tanto della pa-
lude che le sta da un lato , quanto delle acque bituminose
che sorgon di sotto alle mura, e formano un piccolo fiume,
oltre il grande , secondo Lui del pari infetto , il quale da
Oriente in parte la irriga . Vero è per altro che in popolosa
contrada ovviar si piiò di leggieri a sirtatti danni, col promuo-
vere e mantener negli acquidotti la mondezza , non meno
che
Di Pompilio Pozzetti. 6i3
che libero e spedito il corso alle altre acque circostanti: sen-
za di che , è notissimo contiibuire la frc([ueiiza stessa de" li
abitanti al salubre purgamento dell' atmosfera .
L' immortale Torquato Tasso , grande ammiratore delle
rarità proprie del Regno di Napoli die gli fu sempre ospita-
lissimo , Yuol cagionata dalle onde benefiche del fiume Sila-
ro, confine occidentale della Lucania, le dovizie di quel ter-
reno e r avvenenza de' suoi prodotti , esprimendosi , nella
Gerusalemme conquistata , così
Quivi insieme venia la gente esperta
Dal suol che abbonda di vermiglie rose ,
Là ve f come si narra ^ e rami e fronde
Silaro impetra con mirabil onde .
Ma a Voi , me ne accorgo ^ nasce ora curiosità di sco-
prir nelle rose di Pesto gli ammirabili pregj enunciati nelle
vostre prolifere, e bramereste ravvisar per avventura in alcu-
na di quelle ergersi, come appunto in queste, ed allungarsi
dal centro della corolla uno stelo portator di verdi rami e di
fronde in più ordini disposte , che andasse quinci a finir
leggiadramente in turgido bottone di perfetta rosa . Ora ec-
covi tosto il divino Virgilio, del suo lungo soggiorno in co-
desti paesi lietissinìo , che neir ultimo libro delle georgiche ,
si dichiara propenso , ove il desiderio di accelerare il compi-
mento di quel poema non gliel contrastasse , a far segno de*
suoi carmi la cura degli Orti j e similmente i rosa] di Pesto
due volte V anno rubicondi .
Atque equidem extremo ni iam sub fine Inhorum
Vela traliani et terris feitinem advertere proram ,
Forsitan et pingues Hortos quae cura colendi
Omaret , canerem , biferique rosaria Paesti .
Servio , Wiilichio , il Padre la Rue , ed altri fra i più
illustri Chiosatori di Virgilio , non eccettuatone il copioso
Padre Giovanni Lodovico della Cerda , si cotitentano accen-
nare l' anzidetta particolarità de' Pestani roseti , e i due pri-
mi tra gli Sposi tori mentovati , sL uniscono , in ciò dire , a
com-
6i4 Sopra alcune uose particolari ec
commettere un l'alio di geografia , poiché entrambi coUocan
Pesto nella Calabria, quand' essa Città appartenne talmente al-
la Lucania , che fuvvi un tempo in cui ne assunse perfino il
nome . Son io d' avviso che l' aggiunto onde il Mantovano
Poeta contraddistinse i rosa] di Pesto , aggiunto appropriato
ai medesimi anche da Marziale , libro xii epigramma xxxi ,
riceva di buon grado un'interpretazione vieppiù estesa e con-
facentc al nostro proposito . Giungerei quasi a lusingarmi di
poter giustificare una mia congettura , per cui vado immagi-
nandomi che Virgilio nell' usar tale epiteto volgesse in mente
rose congeneri alle vostre descrittemi .
Claudio Glaudiano nel suo epitalamio per Onorio Augu-
sto e per Maria figlia di Stilicone e di Serena, parla a chia-
re note di una e di un' altra rosa , parto delle campagne apri-
che di Pesto , congiunte in un solo fiore , la maggior delle
quali sazia omai delle rugiade^di primavera , sen giace aper-
ta ; la minore , mezza nascosa , teme accoglier nelle tenere
sue foglie i raggi del sole .
« . flore sub uno
Seu geminae Paestana rosae per jugera regnant.
Haec largo matura die, saturataque vernìs
Roribus , ìndulget spatio , latet altera nodo ,
Nec tencrìs audet folììs admìttere Soles .
Aveanvi dunque in Pesto le rose gemine , ovvero prolifere e
mostruose : or donde in esse tale singolarità ? Opinaste Voi
saggiamente che questa rosa, detta con linguaggio botanico
il quale si affa all'espression di Claudiano, ^oj in flore ^ allo-
ra spunti , quando la costituzion delle meteore , od un inter-
vento di cause qualunque produca uno straordinario periodo
di più nel corso della vegetazione: laonde, se ad un autunno
cominciato succeda una specie di primavera, a questa il ver-
no ^ e quindi nuovamente la dolce stagione, acquistansi nel-
la vegetazion due periodi ^ due stadj incambio d' uno , e per
conseguenza due segreti lavori ^ e se la cosa lo porti , anche
due sviluppamenti . Perciò, dall' essersi costà goduto, per
ispe-"
. Di Pompilio Pozzetti . 6i5
ispecial favore meteorologico , 1' anno mille ottocento due ,
lina doppia primavera , argomentate che sia stato alla gran
Madre delle cose permesso di eseguir ne' vostri fiori la ri-
ferita superfetazione . E qual maraviglia che altrettanto ac-
cadesse in Pesto , ove due stagioni erano regolarmente propi-
zie all' annual rinascimento delle rose? Giusta T ahate Ro-
zier nel suo Corso completo d'agricoltura, la rosa di tutti i
mesi, ovvero delle quattro stagioni, che è una varietà della
rosa gallica , notata anche da Pierantonio Micheli nel suo
catalogo delle piante dell' Orto medico fiorentino , dee tal
rosa alle sollecitudini assidue del giardiniere l' incessante sua:
germinazione; fraudata di quelle , si rimarrebbe alla condizion
delle comuni: quasi che l'arte, a perpetuarne la fertilità,
non abbisogni che d' imitare e di ripetere sopra di essa il
recondito magistero della Natura . Tornando a Virgilio , mi
sembra chiaro non aver Lui potuto ricordare il privilegio del
clima Pestano senza averne presenti gli immediati effetti ,'
senza pensare a quelle sue rose, che gemine furono poscia
da Claudiano denominate.
Non vi occulterò la mia sorpresa In osservare come un.
Uomo celebre, non men di vasta erudizione che di finissimo
disoeriiiiueiito e perspicacità dotato , quale si fu certamente
il canonico Alessio Siinmaco Mazzocchi Napolitano , si mo-
stri , nella sua Diatriba sulle orig-ni Pestane , titubante in'
dilucidare gli alh'i:ati [lassi dei due latini Scrittori . Dubita se
Claudiano, clnamando gemine le rose di Pesto, abbia voluto
con Virgilio denotarne il doppio germogliamento nel giro d'uà
anno , oppure 1' inusitata grandezza . Si divaga poi ad enco-
miarne la fragranza e la durabilità , riportando , in conferma
di quella , le frasi d' Ovidio , che vi ho trascritte di sopra ,
ed in lode di questa, l'esametro di Sesto Aurelio Proper»
zio ( lib. 4 » «^'f'S- ^ )
Vidi e^o odorati victura rosaria Parasti &c.
MKtteiulo ogni ulterior discussione in disparte, o io tra-
Tedo , o son palesi le intenzioni , da me testé specificate ,
per
6i6 Sopra alcune rose particolari ec.
per cui Virgilio e Claiidiaiio applicarono al clima ed alle ro-
se (Ji Pesto gli aggettivi predetti ; mercè i quali , ben lungi
dall' esservi mestieri d' artificio e di studio onde conciliarli ,
vengono eutramhi a porgersi in questo caso di buona voglia
scambievolmente la mano.
Che più ? Non son del tutto insolite in codesto Regno
le scoperte ed i regali delle rose , cbe io direi volentieri su-
perfetate . Il Padre Filippo Arena Palermitano, nel secondo
Tomo della sua Opera intitolata Natura e coltura de fiori fi-
sicamente esposta, ci ha disegnato la figura di una rosa con
due altre rose che nascono dal cuor della prima, una sopra
dell' altra . Consimil rosa trovossi , Ei racconta quivi , nella
campagna di sua Patria, e fu a Lui, qual maraviglia consi-
derabile , recata in dono . Tali superfetazioni non essere stra-
ordinarie nemmeno in Toscana , lo afferma , nella sua Flora,
il Padre Giambattista Ferrari . E se non dovessi ristrignermi
tra que' limiti che io stesso mi son prescritto , potrei addi-
tarvi una rosa di cento foglie veduta in Alemagna , dal mez-
zo de' cui petali, in modo coerente al divisato nelle vostre,
altra ne pullulava . Ne arrivò di colà ragguaglio al Compila-
tore del Journal des Scavans , che al numero duodecimo
dell' anno mille seicento settanta nove , registronne la me-
moria .
Mi resta bensì ad aprirvi il mio parere sulla cagion fìsi-
ca di questo fenomeno , e lo farò si veramente che vi ag-
gradi praticar meco la regola tenuta, secondo il Venosino ,
da Quintilio inverso cliiunqne eletto lo avesse giudice delle
proprie composizioni :
Quintino si quid reeitares , corrige , sodes ,
Hoc, aiebat , &. hoc.
Lascierò indietro , giacché so non vi garba gran fatto , l' ipo-
tesi de' germi originalmente mostruosi , prediletta e sostenu-
ta da Vallisneri , da Haller , da Winslow , da Reaumur , da
Bonnet , e dallo stesso Autor sagacissimo della Lettera dissero
tatoria relativa a due rose prolifiche inserita nel tomo quinto
del-
Di Pompilio Pozzetti . 617
rlella nostra Società. Altronde mi figuro che nemmen Voi accor-
dereste il voto alla decision di Mr. Marchant circa 1' origine
della sua rosa prolifera . Imperoccliè, quel desumerla che ti fa
dallo stravasamento e dal raescuglio de' vasi occorso nel ro-
sajo in conseguenza del taglio cui poco iiinanzi soggiacquero,
se hastar possa a renderne intelligihile qualche accidental
cambiamento , non vale , ben lo riflettè il chiarissimo abate
Paolo Spadoni , a determinar la causa d' una novità stretta-
mente connessa co' priiicipj astrusi della sua generazione .
Il dotto ed ingenuo Naturalista Ginevrino conobbe Eì pure
una rosa , e divolgoUa nelle eccellenti sue Ricerche sali' uso
delle foglie , dal cui centro elevavasi un fusto quadrato con
due bottoni fioriferi diametralmente opposti e sguerniti del ca-
lice alla sommità ; ma si tenne dal pioferire sulT argomento
sentenza . Rincorato io non pertanto dalia gentilezza vostra ad
esporvi francamente quel che ne pensi, ardirei , riguardando
r analogia che havvi grandissima tra il vegetabile e 1' ani-
male, paragonar l'origine di siffatte rose prolifere a quella di
certi animaluzzi, ne" quali un accoppiamento solo col mas^
chio è sufficiente a più generazioni , talché la figlia in seno
alla madre è già feconda e capace di riprodursi. Che dico?
Esistono , lo sapete j animali che , fuori eziandio d'ogni ac-
coppiamento, si propagano a meraviglia . H gorgoglione men-
tovato da Bonnet j nella parte ottava, capitolo ottavo della
sua Contemplazione della natura ^ i moscherini descritti per
Lui sul principio della sua /n^e/^o/og/a spettano a questa clas-
se: ciascun individuo tra loro basta a sé medesimo per generare^
sicché , qualor vi prendesse vaghezza, di serrarne uno in per-
fettissima solitudine, allontanandolo scrupolosamente da cjua-
lunque commercio col proprio compagno, lo scorgereste, cre-
sciuto che fosse a certo segno , divenir padre di assai figli _,
e questi d'una in altra discendenza moltiplicarsi in numero-
sa famiglia . E circa la stupenda fecondazione di altrettali in-
setti, mi sia conceduto intrattenervi alcun poco d'un impor-
tante ritrovato in materia consimile dell' egregio attuai Pro-
Tomo X/. liii ies-
t)l8 SoPilA ALCU^■E UOSE PARTICOLARI CC.
fessore d' agricoltura nel Liceo niodenes<; , abate Bonaventura
Corti . Mi narra Egli sé aver , fin dall' anno mille settecen-
to settanta due ^ spiato col microscopio un insetto visibile
peraltro ancora all' occhio nudo, cui denomina Pulce acquatico,
poiché vive appunto nell' acqua . Non gli venne fatto giammai
di scoprire differenza di sesso , né congiungimento veruno fra
cotali vermetti . Nello^ stesso tempo tutti però si ravvisavano
provveduti d' uova^ le quali deponevano, e donde schiude-
vansi altrettanti simili bacherozzoli . Avendone Egli un giorno
sorpreso taluno in procinto di alleggerirsi delle sue uova ,
mentre il primo sortì , piglioUo , e custodito lo tenne in un
vetro da oriuolo . In breve 1' insettuzzo esci della buccia ,
e comparve simigliante a sua madre. Attese lo Sperimenta-
tore a nodrirlo , e rimirò tra non molto formarsi parimente
111 esso le uova , prossime quindi a venire in luce . Isolato
il primo uovo partorito dal pulce acquatico, diede altro pa-
ri insetto, che posto in rimota parte, fu desso pure fecon-
do . Rinnovonne per sei volte con ugual diligenza le prove ,
e conseguinne identità di risultamenti . Aspettatevene pre-
sto dal medesimo valente Professore l'istoria; e ditemi frat-
tanto , se come ci vivono animali atti , senza accoppiamento,
a procreare , non potrebbono similmente ammettersi vegeta-
bili conformi alle vostre rose ed a quelle del Sig. abate Spa-
doni , cui mancava la femmina, che dopo molte generazioni,
introdottavisi , diventò madre e produsse la seconda rosa ?
Non credette Mr. PerrauU d' ingannarsi , allorché nel far pa-
role air accademia francese delle scienze intorno una pera
da cui altra sbucavane , asserì tal filiazione esser compara-
bile a quella dei frutto appellato limon cìtratus alium inclu-
dens , filiazione , Ei prosegue , affine a quella di qualche
animale che entro le viscere materne è già prolifero . Ma le
mie rose , Voi soggiugnerete , manifestaronsi prive inoltre di
parti maschili . E chi sa , io replico , non fossero queste obli-
terate a guisa de" calici, ovvero de' segmenti de' calici, i
qua-
Di Pompilio Pozzetti. 6 io
quali apparivano Inaridiii e caduti in alcune j quando non
eian le rose peranco aperte?
Potrebbe tuttavolta qualcuno avvisare , che la causa di
tal duplicità di rose :, o a meglio esprimersi , di tale interse-
cazione dei loro steli , avesse a dedursi altronde, sembrando-
gli più ragionevole che la primavera entro il corso di dodici
mesi rinnoveliata , vaglia bensì ad influire sopra un gemino
annual prodotto di rose, non già sopra un incrocicchiamento
di rosa con rosa . Nel qual caso , dalla raddoppiata temperie
dell' atmosfera procederebbe l' effetto che veggiam nelle no-
stre rose dette d' ogni mese 3 delie quali innanzi ho parlato .
Comunque debba giudicarsene , io non so pentirmi d' a-
ver richiamati i vostri pensieri ad alcune rose particolari del
Regno di Napoli , in modo speciale poi a' rosa] di Pesto , ed
alle conseguenze che han relazione colla proprietà loro di ros-
seggiar due volte infra 1' anno , cosa riputata in ogni tempo e
in ogni dove pregevolissima . Svolgendo Ateneo , m' avven-
go , al quattordicesimo libro de' suoi Dipnosofisti , in Etlio da
Samo, che non cessa di magnificar la sua Patria , perchè for-
nita essa pure avventurosamente di tal privilegio .
liii a SULL'
02O
SULL' ECCLISSE DEL DI 1 1 FEBBRAIO
LETTERA
Di Giuseppe Cassella ad Antonio CACNOLr
Presentata, da, questo il di 8 Maggio 1804.
1 acciono, è lungo tempo. Te nostre lettere di corrisponden-
za : ora r avvenimento dell' Ecclisse osservato il dì li scor-
so Febb." mi porge 1' occasione di rinnovarla .
Il Cielo piovoso , e costantemente carico di nuvole , de-
fraudò la comune aspettativa di osservare lo spettacoloso ft-
nomeno . Era intervenuta nella Specola di S. E. il Capitan-
Generale Acton anche Sua Maestà la Sovrana delle Sicilie
col suo Principe Reale D. LEOPOLDO espressamente a
quest'oggetto, oltre molti Signori di Coite. Io non vi dico
già i preparativi fatti perchè 1' osserva^iione riuscisse di uni-
versa! soddisfazione , e perfettamente completa j specialmen-
te per la circostanza della presenza di tanto Augusti Perso-
naggi . Solo dopo il colmo dell' Ecclisse di tanto in tanto si
apriva» le nuvole , dando- 1' agio agli osservatori di vedere il
Sole in gran parte ecclissato . Ebbi io però- la sorte di poter
notare il fine dell' Ecclisse almeno j che importa molto pei
progressi della Scienza , e che mi farò pregio di segnare più
sotto .
Uno degli effetti prodotti nell'Atmosfera del nostro Oriz-
zonte in tempo del colmo dell' Ecclisse assai grande presso
di noi, fu un tetro oscuro dalla parte del Nord , che si mo-
strava minore all' Est , ed all' Ovest ; il quale oscuro fu ac-
cresciuto notabilmente da una densa nebbia calata nella cit«
tà
■s
Di Giuseppe Cassella . 6i2.r
tà dall' istefsa parte NorJ , e durò pochi minuti di tempo .
Al Sud al' incontro il Cielo si scorgeva più chiaro da fare
distiii"uKe gli oggetti facilmente , e da potervisi leggere , e
scrive;e senza stento: 1' altro fu un color gialla e pallido,
dipinto sopra gli edificj inbiancati posti anche in lunga distati-
za. 3 sui quali cadeva qualche raggio di languida luce, che
si apriva la strada tra le dense nuvole , e sui volti della
gente , che attendeva a guardare il Cielo . Dai rapporti avuti
dalle parti più settentrionali del Regno mi si dà avviso di es-
sersi veduta una moltiplicità di diversi colori, come di un'
iride nelle nuvole vaganti pel Cielo , o in altri oggetti circo-
stanti terrestri , che venivano resi più vivi, dove l'aria era
più carica di vapori .
Ecco intanto 1' osservazif^ne
Latitudine 4o" 49' 40" Bor. . . . Fine dell' Ecclisse a" a5' io", 7
tenip. medio .... con uà acromatico di Dollond fuoc. pied.
5 a grande cbjettivo .
Potrà l'osservazione esser lontana dal vero per pochi secondi»
Una montagna della Luna fu 1' ultima ad essere osservata
nel sortire dal disco ; e le irregolarità della Luna medesima
si distinguevano chiaramente sul Sole; Io che fu notato an-
che da altri intervenuti all' osservazione , specialmente dal
Capitan di Fregata D. Carlo Acton . I lembi della Luna , e
del Sole poco prima di finire V Ecclisse sembravano ondeg-
gianti neir Atmosfera per la quantità de' vapori , ond' era
pregna .
Gli allievi dell' Uniyersità nella Cattedra dell' Astrono-
mia si erano anch'essi accinti ad osservare astronomicamente
1' Ecclisse: ma la posizione del Museo, dove attendevano essi
all' Osservazione nella parte superiore della città , offerì loro
r aspetto di nuvole più addensate , che impedì ogni osserva-
zione , meno che della fine dell' Ecclisse, la quale fu nota-
ta da uno di essi nel momento che potè vedersi il Sole a
stento tra le nuvole cosi ;
Latitudine del Reale Museo 4°° 5i' 5", 0 , Bor. fine deli'
Ec-
62a Sull' Ecclisse del di' II Febbraio
Ecclisse ii" a4' 55" o, teni. medio: alquanto dubb'a . . Con un
acromatico di Nairne , ma di poca forza .
Aggiungo queste due osservazioni fatte negti arni scorsi
iieir istessa Specola Acton .
X
a8 Agosto iSca di mattina , Ecclisse del Sole
Principio molto incerto per le nuvole . . . . S"' 47' ^z'i i ) ^.
Fine dubbio di pochi secondi 6 3i 495 6 ) •^^'^^°
Con un Telescopio di Herschel di pied. Inglesi 7 di fuoco .
17 Agosto i8o3 di mattina, Ecclisse del sole.
Principio dell' Ecclisse .. . ó"" 3i' 5", 08 ) , rr i
p;„« o co o ' oc X *• vero con un Tele-
r ine o 53 09 , 85 )
scopio di Herschel pied. Ingles. 7 di fuoco . L' osservazione
sì del principio , che della fine è esatta .
Se lo stimate a proposito , desidererei che tutto quanto
ho avuto r onore di dettagliarvi si pubblicasse negli Atti
della Società Italiana delle Scienze .
Napoli 8 Marzo 1804 •
DE-
6a3
DESCBiZIONE DI UN, NUOVO ELETTROMETRO
E D
ALCUNE ESPERIENZE RELATIVE
ALLA CARICA £ÌELLA COLONNA VOLTIANA
Dell' Ab. Dal Negro
Presentata da Vincenzo Chiminello
// dì i4 Maggio i8c4 .
U
na volta che si potesse determinare senza timor dì erro-
re donde prenda origine la carica della colonna idro-metalli-
ca , e come veramente progredisca la detta carica tanto iso-
lata quanto non isolata che sia la colonna , noi potremmo
esser certi di aver fatto un gran passo sì per meglio inten-
dere i moltissimi fenomeni che produce , che per fare degli
ulteriori progressi con qualche fondamento • Fatto questo pri-
mo passo non sarebbe forse difficile che potessimo meglio
conoscere la natura di un fluido , che tanto e' interessa per
la singolare sua azione^ giacché una volta che gli si dia mo-
to j voi lo vedete or alterare, ed ora trasformare , e scom-
porre i corpi animali egualmente che i vegetabili , ed i mi-
nerali .
Ad oggetto dunque di ottenere dei risultati della massima
precisione possibile relativamente alla carica della colonna
idro-metallica del Volta , ho immaginato un'elettrometro tale
che misura , con tutta quella esattezza , che puossi desidera-
re , le più piccole quantità del fluido in quisìione . Questo
mio elettrometro ha il vantaggio di essere sersibilissimo , ap-
plicabile facilmente al condensatore , comparabile , e di se-
gnare le più piccole differenze tra carica, e carica . I dotti Fisi»
ci
-624 Descrizione di un nuovo Elettrometro ec.
ci elettricisti giudicheranno se sia o no da pi«ferirsi a qual
si voglia altro degli elettrometri, che prodotti fuono sino ad
ora . Di più gli stessi Fisici dalla descrizione di -fuesto mio
strumento , e dall' uso , che ne indicherò , comprtuderauno
che fu propriamente costrutto in modo da servirci ù\ guida
piincipalmente per conoscere a tutta precisione il grtdo di
carica di ciascuna lamina metallica o non metallica compo-
nente la colonna del Volta . Non servirebbe con tanta preci-
sione per saggiare 1' elettricità di un corpo che non potesse
mantenersi egualmente carico per alcuni secondi .
Or passo alla descrizione dell' accennato elettrometro ,
indi esporrò brevemente alcuni esperimenti relativi all' og-
getto sopra indicato .
Descrizione dell' Elettrometro .
La Fjg. I rappresenta la pianta dello strumento , e la
Fig. II 1' alzato geometrico .
ABCD Fig. I , ed AB Fig. II è una base di legno .
acbd è una lamina di ottone incassata , e fissata alla ba-
se di legno mediante sei viti a,f, h y e, e ^d.
Nella detta lamina vi è incisa una scala MM divisa in
pollici j e linee del piede di Parigi .
NNNN (Fig. 1) ed NN (Fig. II) è un cursore parimenti
di ottone; che porta un nonio io , o diviso in dieci parti
eguali, e tali che comprendono undici linee della scala MM.
N nominato cursore viene regolato da una vite YV ( Fig. I,
II ) che si fa girare col mezzo del suo capo orlato PP. Que-
sta vite girando in Q ( Fig. I , e lì ) senza muoversi oriz-
zontalmente { meccanismo già noto ) fa scorrere il cursore
"NNNN col mezzo del parallelepipedo R (Fig. I, e II)
pertugiato a vite , e che rimane stabilmente unito al cursore.
Al medesimo cursore NNNN avvene congiunto un secon-
do al di sotto mediante la vite del parallelepipedo , che li
Stringe entrambi cosicché c^uesto scorre di pari passo col sa-
pe-
Dell' Ab. Dal Negro . óaS
periore in un canaletto incavato nella base di legno . Questo
cursore interno , ed il canaletto entro cui scorre si scorgono
punteggiati nella base AB ( Fig. II ) .
Questo cursore interno serve a far scorrere la base SS
( Fig. I ) della colonnetta tt (Fig. II ) da H verso L ( Fig. I )
dietro Y apertura HL fatta nella stessa lamina di ottone . Di
questa base ss scorgesi 1' alzato geonìetrico punteggiato nella
Fig. II, e delinealo poi in A ( Fig. III ) . Con questo artificio
si ottiene che se il nonio percorre due linee, di due linee
pure si scosta la base ss , e tutto ciò che vi sta sopra , e
secondo la medesima direzione • A suo luogo poi ne isdiche-
remo 1' uso .
TT ( Fig. I , e II ) è un micrometro divìso in cento
parti eguali , ed ;«; n' è l' indice . Con questo micrometro si
I .
ha —— - di una linea per tutti quei casi in cui si desiderasse
una precisione di misura al di là dal decimo , che si ottiene
dal nonio .
"■ KKKK ( Fig. I ) è una cerniera di ottone in cui vi n-
mane incassata , e saldata con mastice la custodia di cristal-
lo senza fondo BBBB ( Fig. II ) . L' alzato di questa cernie-
ra si scorge facilmente nella Fig. II fra le viti Y , Y .
L' or nominata cerniera è munita di due orecchiette
y , Y ( Fig. I ) mediante le quali si può fermare con viti
Y, Y ( Fig. II ) sopra la base.
La custodia BBBB ( Fig. II ) di cristallo termina supe-
riórmente in un collo corto DD, la cui apertura circolare ri-
mane chiusa da un pezzo di legno ff oliato , e cotto in for-
no , come suolsi fare nei già noti elettrometri a boccetta .
Per un foro praticato nel detto legno, che serve di tu-
racelo alla custodia di cristallo, vi passa una canna di vftro
ecce , e liei foro della canna entra per tutta la sua lunghezza
un cilindretto di ottone n , W quale nell' estremità superiore
termina in vite con cui si ferma al solito il condensatore X,
Tomo XI. K k k k ed
6a6 DESCRIZIONE DI UN NUOVO Elettkomktro ec.
ed inferiormente infila un cannoncino di ottone , che porta
una piccola sfera m parimenti di ottone , e tutlo questo per
poter abbassare od innalzare di qualche linea la detta sfera m
per la ragione, che diremo in seguito.
Il cilindretto di ottone n è stabilmente fìssato alla can-
na di vetro con cera lacca .
Le pareti interne della custodia di cristallo sono già mu-
nite di lamine di stagno, che si veggono sufficientemente in-
dicate , e ciò per evitare 1' inconveniente della carica dell*
interna superficie come gli Elettricisti sanno .
La colonnetta tt porta una sospensione S su cui rimane
sospeso un indice lì. L'or nominata sospensione si scorge più
facilmente nelle Fig. Ili , e IV .
\'V (Fig. Ili) è la colonnetta ovvero il sostegno tt del-
la Fig. II ma disegnato in grande : -(4 ne è la base, che ri-
mane unita con vite ad un' estremità del cursore ^ che si
muove nel canaletto fatto nella base : T/»S rappresenta il
profilo della sospensione , e T/'/'S { Fig. IV ) è una sezione
orizzontale della medesima .
ze ( Fig. II ) è un indice di rincontro , il quale serve
ad indicare il più piccolo movimento dell'indice lì . L' indi-
ce di rincontro si scorge in profilo in EZ ( Fig. VI ) . Que-
sto indice si può far scorrere orizzontalmente da E verso Z,
e da Z verso E afiinchè gli estremi i, i , e, sieno nella stes-
sa linea retta . Il medesimo indice si può muovere anche in
su ed in giù, cioè da Z verso V o da Z verso V. L'artificio
con cui si ottengono tutti questi moti , che sono indispensa-
bili per rettificare lo strumento , si comprenderà meglio os-
servando la base del detto indice di rincontro nella Fig. V.
Il quadratino E porta nel centro verticalmente pian-
tato a vite il piccolo cono e ( Fig. VI ) . Il d' tto quadrati-
no è munito di due cilindietti p •, p , che infilano due can-
noncini q -, q t e con ciò si ottiene il moto orizzontale indi-
cato . I due cannoncini q > q sono saldati ad un maggior ci-
iin-
^
Dell' Ab. Dal Necho . 627
I Indro cavo e (Fig. VI) che scorre per V V, e di cui z ( Fig. V)
II' è una sezione orizzontale .
Nella Fig. VII ee , ff è una croce di acciaro delicatissi-
ma > che porta V indice • Nelle due punte ee s* infilano due
eguali, e sottilissime paglie in modo che sembrino una sola,
ed ff sono i pernii , che poggiano sopra p , p ( Fig. IV ) .
rr , ss rappresenta una seconda crociera per il medesimo og-
getto .
Usi del sopradeseritto Elettrometro .
Per servirsi di questo elettrometro a condensazione con-
viene , oltre le solite avvertenze , che rendonsi necessarie
acciocché tali sorta di strumenti corrispondano agli esperimen-
ti , conviene , dico , che 1' estremità superiore dell' indice
ii ( Fig. II ) sia al contatto della sfera /re , e 1' indice del
cursore NNNN (Fig. I) sia allo zero della scala MM . Allora
può lo Sperimentatore esser certo che movendo la vite per
allontanare 1' indice j la maggiore o minor distanza del mede-
simo dalla sfera m si troverà marcata precisamente sulla no-
minata scala . Converrà di più avvertire che il centi-o del-
la sospensione S , F estremità dell' indice , ed il centro del-
la sfera m sieno in imo stesso piano normale al piano del-
la base . L' elettrometro si rettifica nei due testò indicati
sensi mediante un sufficiente moto di cui è suscettibile la
custodia di cristallo , giacché i buchi delle sue due orecchiet-
te per cui passano le viti Y, Y, sono fatti in modo che può
muoversi in croce 3 cosicché posta che sia al segno che si
desidera, la si forma coli' indicate viti di pressione.
Volendo saggiare la carica, p. e. del condensatore, median-
te un disco di zinco, si allontana un decimo di grado 1' in-
dice dalla sfera m ( Fig. II ) , ( il grado di questo elettro-
metro equivale ad una linea del pollice di Parigi ) , e se il
giorno non sarà più che sommamente dominato dallo sciroc-
co j toccando col zinco 'il conduttore U del disco inferiore
del condensatore , nell' atto di alzare il superiore 3 V ammo-
£ k k k 3, efe*
02.8 D£SCRIZIONE DI UN NUOVO ElETTROMETRO eC.
sfera elettrica che s» forma d' intorno la sfera m ( che co-
munica col piatto inferiore del condensatore ) attrarrà 1' indi-
ce , e si manifesterà così la carica del condensatore . Per co-
noscere poi sino a qual distanza giunga la sfera di attività
prodotta dalla carica del zinco , si allontana l'indice fino che
r attrazione non è più atta a far che 1' estremità inferiore
dell' indice scappi sensibilmente dall'indice di rincontro.
Ognuno comprende con quanta precisione si possa misu-
rare la più piccola quantità di fluido elettrico . La difficoltà
sta nel doverla tentare tre o quattro volte ; ma fatta un po-
co di pratica la cosa riesce sommamente facile, e si ha poi
il compenso di ottenere quell' esattezza , che non si potrà
giammai sperare dagli altri elettrometri , massime se si tratti
di minMissime differenze .
Conosciamo già con qual legge decresca 1' attività dell'
animosfere elettriche , e lo conosciamo specialmente per gli
ingegnosissimi esperimenti , e per i calcoli del celebre Fisico
M. Coulomb; il perchè» riuscirà facile anco il calcolare con
questo elettrometro 1' intensità dell' elettricità dalla maggior
o minor distanza in cui verrà attratto l' indice .
La sensibilità poi di questo indice è tale che se in luo-
go del conduttore metallico n ( Fig. II ) , si sospenda una pa-
glia eguale perfettamente alla metà 5, i dell'indice, e si ca-
richi debolmente il condensatore , si muoverà 1' indice , e la
paglia sospesa si manterrà in quiete . La cosa è poi chiara,
attesoché 1' attrazione elettrica non deve vincere che la sola
forza d' inerzia dell' indice ìs .
Per le cariche maggiori di i5* o ao" si adoperano degli
indici meno leggieri fatti anche di metallo , avendoli prima
resi comparabili coli' indice ii in quel modo appunto che in-
segna- il celebre Fisico di Pavia nelle sue dottissime lettere
sopra la meteorologia elettrica . Ora per altro in luogo di
adoperare 1^ elettroforo spogliato delle prime scintille si po-
trà usare con più precisione , e con maggior sicurezza alcuni
Strati della colonna da cui si ottiene una carica costante , o
di
Dell' Ab. Dal Negro . 629
di pgual tensione per lungo tempo . Ma per ottenere que>U
comparabilità tra indice, ed indice con tutta quella precisio-
ne che si desidera, converrà che il Fisico sia munito di due
di questi miei elettrometri egualmente sensibili. Quella mede-
sima precisione, che si può ottenere collo ppincterometro del
Lane (rettificato che sia) relativamente alle scintille, puos-
si del pari ottenere dal mio elettrometro relativamente alla
maggior o minor tensione delle ammosfere elettriche .
Potrebbe forse sembrare incomoda la base , che riesce in
questa mia costruzione un poco lunga a cagione del micro-
metro, ma si potrà, volendo, fare in modo clic la base del-
lo strumetito non sia niente piìi lunga di quella della custo-
dia , ma solo un poco più larga da un lato . Per conseguir
questo basta fare in modo che la vite { la quale può star
tutta sotto la base della custodia di cristallo) diriga due curso-
ri paralleli, V uno, che faccia camminare Tindice , e l'altro
il nonio , con cui si potrà marcare i gradi sul lato della
base , dove cioè questa è più larga della base della custodia.
Esperimenti relativi alla carica della Colonna comunicante
col suolo per il polo rame .
Perchè mi riescissero senza equivoco gli esperimenti relativi
alla carica della colonna feci costruire a bella posta dei dischi di
ramf",edi zinco di due pollici di diametro, e tutti muniti di
una orecchietta simile appunto a quella , che indicai nel mio
primo opuscolo . Queste orecchiette fanno 1' effetto che si
possa e&iniinare la carica di ciascun disco componente la co-
lonna Sfilza correr nell'inconveniente di toccare il disco im- ,
mediataniefite superiore, o l'altro contiguo , e sottoposto.
Qiif^sta fnrnia di dischi rendesi indispensabile massime per
esaminare la carica della colonna isolata, i detti dischi si
possono soprapporre in modo che le loro orecchiette formino
Una spira d' intorno alla colonna , oppure potrannosi disporr©
a zigzag, il che riesce assai più comodo. Con una tal colon-
na
63o Descrizione di un nuovo Elettrometro ce.
ra si ha i! vantaggio di ripetere l' osservazione dlscen(3en-
(ìo , ed ascendendo di nuovo, sempre certi di comunicare all'
elettrometro la carica di un qualunc^ue determinato disco
componente la colonna .
Ecco dunque come mi sono diretto nel saggiare la cari-
ca progressiva della colonna . Presi uno dei nominati dischi
di rame , e facendolo comunicare col suolo mediante la ma-
no , {' avvicinai al condensatore al solito, e ne notai il risul-
tato che fu = o . Soprapposi al rame un disco di zinco , e
facendo , come prima , che il rame comunicasse col suolo ,
avvicinai il zinco al disco inferiore del condensatore , ed al-
zato lo scudo segnai il risultato, che anche in questo fu = o.
Dopo di questo vi posi sopra un disco di cartone umettato
con acqua alla comun temperatura, ed avvicinato il cartone
air elettrometro notai il grado di carica indicato dall' indice
che rinvenni = a.' 8 , e lo stesso feci sino alla fine della pic-
cola colonna .
Ora che ho accennato il modo di cui mi sono servito in
questa mia indagine sopra la carica della colonna, darò i ri-
sultati nella qui sottoposta tavola , il che» servirà ad intende-
re la progressione della nominata carica con più brevità , e
con maggior chiarezza .
TAVOLAI
I.
R = e.'' e
a.
R. Z = 0". 0
3.
R. Z.U = a'. 8
4.
R. Z. U. R = a".8
5.
R. Z.U.R. Z = a". 8
6.
R.Z.U.R.Z.U = 6°. a
7.
R. Z.U.R. Z. U. R = t>"'.a
8. R. Z.U.R. Z.U.R. Z = 6°. a'
9. R. Z. U. R. Z. U. R. Z. U = 1 1". 5
10. R. Z. U. R. Z. U. R. Z. U. R = 1 1". 5
11. R. Z. U. R. Z. U. R. Z. U. R. Z = 1 1'. 5 .
8 a. R. ec. Que-
Dell' Ab. Dal Negro . 63 1
Questa tavola rappresenta una colonna crescente per gra-
di, o a meglio dire una serie crescente di colonne coi loro les-
pettivi risultati senza che possa riuscir equivoca la maniera
con cui ottenni V indicate cariche .
Da questa prima tavola se ne può dedurre una seconda,
che riesce più semplice della prima , ed in questo modo si
comprenderà facilmente come risulti la terza di queste tavole.
T A V 0 L A 1 1
ir. Z= ii.°5
IO. R= I r. 5
9- U=ii. 5
8. Z = 6. a
7- R = 6. a
6. U= 6. a
5. Z = a. 8
4- R = a. 8
3. U = a. 8
a. Z = o. o
I. R = o. o Base <lclla colonna comunicante col suolo.
Saggiate le cariche progressive di questa colonna j ne
costrussi tosto una seconda incominciando dallo zinco, indi so-
prapponend-i il rame , e poi il cartone umettato . In questa
se(;onda colonna comunicava col suolo il polo zinco median-
te il contatto della mano . La qui sottoposta tavola terza
mostra i risultati ottenuti dalla seconda colonna •
TAVOLA III
li. R= 14.° o
IO. Z = 14.° o
9. U = r I. o
8. R=: II. o
7. Z = ii. o
63a Descrizionb di uk muovo Elettrometeo ec.
6. U= 8. a
5. R= 8. a
4. Z= 8. 2,
3. U= i. a
a. R = a. a
I. Z= a. a. Base della colonna comunicante col suolo.
Ne ho già formate molte altre di queste tavole de-
dolte dalla carica della colonna comunicante col comune ser-
batoio in varie guise, ed anco in diversi modi isolata, ma
tutti questi miei esperimenti unitamente ad alcune avverten-
ze necessarie a non andar errati in tal sorta d' indagini , ve-
dranno la luce tosto che avrò terminato il piano che mi son
proposto su tal proposito . Qui non intendo di dare che un
breve saggio di un più lungo lavoro di cui presentemente
m' occupo .
Rìjlessìoni sopra le tavole
II, e III.
Secondo 1' ipotesi del Chiarissimo Volta illustrata col
calcolo dai Fisici Francesi, la carica dovrebbe incominciare
in a.z(Tav. II), ed in vece si manifesta in S.z/, al momen-
to cioè che l'umidità è al contatto col metallo più ossidabi-
le . Di più, secondo i principii supposti dai Fisici Francesi ,
dovrebbe essere a.z = 4-R-; 5.Z = 7R, 8.Z = loR, t d in ve-
ce tra i due primi si trova una differenza di a° ; tra i due
secondi di 4" » ^ ^""^^ *^"® ultimi di 5°. Con questi miei espe-
rimenti non trovo verificate che le sole differenze costanti
tra i dischi che sono in contatto .
Ma si potrebbe opporre che a.z ( Tav. II ) non dà in-
dizio di carica posto al contatto del condensatore, per la ra-
gione che essendo questo, cioè il condensatore, di ottone, il
zinco si trova tra due forze eguali ed opposte , e che per ciò
non si può caricare. Veramente e strano che l'ottone, ch'è
una le<^a di zinco e rame debba avere la proprietà di pro-
dur-
Dekl' Ab. Dal Necro . 633
Jinie i{ medesimo effetto del solo rume e senza la più pic-
cola differenza ; pur pure si conceda che as non dia taiica
per questa ragione, e passiamo a considerare i risultati del-
la colonna seconda nella tavola III, in cui abbiamo incomin-
ciato dal cinco onde schivare la testé accennata obbjezione ,
quantunque niente abbia u fare colle xl.fferenze , che io mar-
co in questo luogo .
i-s dà 2.." a di carica : la stessa carica riscontrasi in 2,.R ,
così pure in 3'« , avvegnaché 1' umidità al contatto del me-
tallo poco ossidabile in confronto del zinco , non dà che po-
ca o niuna differenza . Soprapposto il disco 4'Z non dovreb-
be aumentarsi la carica per niente j giacché non deve succe-
dere che ad ogni contatto immediato dei due diversi metal-
li, cosicché 3.« 5 che non è, secondo il lodato Fisico, che
un semplice conduttore non dovrebbe far altro che traspor-
tare la carica aR in^.z, e perciò dovrebbe essere a..K—y^.Z.
Ma 2.R é = 2." n , e 4-^ è = S-" a , dunque son ben lon-
tani dall'essere eguali . I risultati dunque di questi miei espe-
rimenti non corrispondono all' ipotesi del Volta .
^Itri esperimenti.
Per conoscere quali metalli sieno più atti alla formazio-
ne/Iella colonna idro-metallica, ne sottoposi alcuni all' espe-
rimento esaminandoli partitamente coli' avvicinarli oa meiilio
dire, ponendoli al contatto del condensatore di ottone, ed ot-
tenni i seguenti risultati .
Z nco = 3." a
Piombo = I. 6
Stagno = o 6
Ferro — o. i -^rr
OD
Bismuto = o. I
Antimonio = o. o
Con qupsti semplicissimi cspf^rìmentì rimane confermata
Tomo XI. LUI la
634 Descui/'^ione di un nuovo Eletthometro ec.
la preferenza del zinco sopra gli indicati metalli, e si è po-
tuto conoscere con precisione il l'apporto tra le sopra accen-
nate cariche . Molti altri esperimenti ho fatti combinando i
metalli a due a due, 1' uno ossidabile, e l'altro non ossida-
bile: notai varie differenze fra il torpillare , e la colonna,
come pure fra due metalli eterogenei posti al contatto , e
due consecutivi strati della colonna , ma tutti questi esperi-
menti entrano a compimento del propostomi piano . Termi-
nerò questo breve saggio con un semplicissimo esperimento
con cui non potrà certamente rimaner plìi il menomo dubbio
sopra la carica di due metalli eterogenei , eh' è quanto a di-
re se succeda al contatto od al momento che si distaccano .
Posi sopra lo scado del condensatore X ( Fig. II ) un
piccolo disco di zinco ; indi con una mano toccai il detto zinco,
mentre che con T altra metteva in comunicazione col suolo
il disco inferiore del condensatore, ed alzato Io scudo senza
levare il zinco, rinvenni la medesima carica, che avrei otte-
nuto coir avvicinare , e poi allontanare il zinco dal conden-
satore nel modo già noto . Con questo semplicissimo esperi-
mento sembrami di aver decisa la quis Lione ,
OS-
fjoc. 'Jtai. lom. J\.l. pa^. 6l
Zk VII.
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B'
635
OSSERVAZIONI
Di Paolo Mascaoni
SULL' USO DEL CARBONATO DI POTASSA NELLA MALATTIA CHE AF-
FLIGGE LE VIE ORINARIE ALLORCHÉ' VI SI FORMA TROPPA CO-
PIA DI ACIDO LITICO , DANDO ORIGINE A CERTE CONCREZIONI
ANIMALI CHE SONO DETTE RENELLE E CALCOLETTI ORIGINA-
TI DALLA CRISTALLIZZAZIONE DELL'ACIDO LITICO STESSO, E
NELLA MALATTIA CHE AFFLIGGE I POLMONI DETTA PERIPNEU-
MONIA .
A
Ricevute il di 7 Giugno 1804.
Icnni anni avanti del 1799 io era sottoposto a dolori nel-
la regione dei loinl)i, e di tanto in tanto rendevo delle re-
nelle , e dei piccoli calcoli di un color giallastro come d' o-
cra , o di mattcn pesto . Aveva inteso che si usava con
molto profitto l'acqua alcalina mofetica, onde me ne procu-
rava, e di tanto in tanto ne faceva uso con qualche profitto-
Avendo immaginato , che dovessero ottenersi dei van-
taggi anche maggiori dall'uso del carbonato di potassa, nelL'
Ottobre del 1798 esponendo la soluzione di potassa concentrata
all' azione dell' acido carbonico , che si sviluppa dalle uve
in fermentazione , mi procurai una quantità considerabile del
detto carbonato di potassa ben saturato, e cristallizzato per
farne uso quando 1' avesse richiesto il bisogno *
Fra l'Agosto e il Settembre del 1799 essendo stato obbli-
gato a una vita sedentaria, fui malamente attaccato da dolori
nei reni, e rendeva frattanto una copia considerabile di renel-
le , di cui alcuni pezzi più grandi potevano ridursi alla classe
dei veri calcoli . Erano queste renelle rossastre e cristalli-
ne , e si depositavano nel fondo del vaso tostochè aveva re-
se le orine : si vedeva , che presentavano le loro faccette
LUI a lu-
636 Sull' uso del caubonato di potassa ec.
lucenti j attraverso del fluido , che inostravasi alquanto cari-
co , ma trasparenie . Io era anche -spesso sottoposto ad ave-
re un predominio d' acido nello stomaco , che mi si faceva
seiitire alla gola .
In tale occasione esaminai le mie orine, e vi trovai un
predominio di- una sostanza acida, che si faceva anche co-
noscere immergendovi delle strlscette di cartn colorita colla
Lacca Muffa o Turnesol Gallorum , che tosto dal color vio-
letto passavano a un rosso vivo • Ciò mi fece credere , che
le mie renelle venissero formate dall' acido Litico , che fos-
se predominante nelle mìe orine . Queste renelle ben lavate,
e asciugate nella caria senza colla , e dopo qualche tempo
bagnate e poste nella carta colorita colla Lacca MufFa , la tin-
gevano in rcsso . Inoltre sottoposte all'azione dell' acqua di-
stillata , vi si scioglievano in quella dose che viene stabilita
per l'acido Litico, e trattate in altro modo davano i segni
più sicuri p che non erano altro che acido Litico .
Essendomi accertato di questo, mi determinai di fare uso
del carbonato di potassa per osservare quello che fosse ac-
caduto .
Nel primo giorno incominciai dal prenderne una dram-
ma , metà la mattina a stomaco digiuno , e metà la sera sul
tramontar del sole . Il mio pranz^o aveva luogo un' ora dopo
il mezzo giorno = Lo scioglieva in onc. io. d'acqua, aveva
/ pochissimo sapore , non mi portava la più piccola alterazio-
ne allo stomaco, né al tubo intestinale, e subito, che si
era la detta soluzione iiitrodotta nello stomaco , seguiva uno
sviluppo d'acido carbonico, che si faceva sentire alla gola
venendo su per 1' esofago , e in seguito ne usciva anche par-
te pel podice , segno , che seguiva la combinazione della po-
tassa con un altr"^ acido che cacciava 1' acido carbonico, dal-
la combinazione colla potassa .
Il secondo giorno portai la dose a due dramme, il tfrzo
a tre , e continuai così per lo spazio di giorni dieci scioglien-
dola in ouc. ao. d'acqua.
È
Di Paolo Mascagni . 6^7
E da avvertirsi, che le mie orine, come ho notato^ co-
lorivano in rosso acceso la carta colorita colia Lacca IMuffa
ili violetto. Ogni volta che rendevo le orine, facevo la prova
colla suddetta carta , e fino da che cooiinciai a servirmi dei-
la suddetta sostanza salina , mi accorsi che diminuiva 1' in-
tensità del colore . 11 secondo giorno si ridusse leggierissimo
il camhiamento , e nel terzo , non ne seguì alcutio , e si
mantenne la carta del suo color violetto; si-'gno che era ces-
sato il predominio deli' acido Litico per la saturazione avve-
nuta . Nel terzo giorno cessarono colla dimiiuizione dei dolo-
ri di venir mescolate colle orine le renelle. In seguito ces-
sarono totalmente i dolori , e nelle orine , che si erano rese
più sottili , trovai il predominio della potassa , come lo mo-
strò la carta colorita in giallo dalla curcuma , che prese un
color di granato , ed altre sostanze , che furono saturate dal-
la potassa , e formarono dei sali neutri .
Passato il suddetto tempo lasciai 1' uso del carbonato di
potassa. Continuai a non render renelle per alcuni mesi . Fai
in seguito nuovarnetrte attaccato dall' istesso incomodo, tor-
nai a far uso di quel carbonato medesimo coli' istesso suc-
cesso . Ho replicata questa esperienza medico-chimica tutte
le volte che sono stato incomodato e sempre con buon suc-
cesso . Attualmente sono due anni che noti rendo più re-
nelle , non ostante che non mi serva del carbonato di po-
tassa .
Le suddette esperienze par che provino ad evidenza ,
che la potassa s'introduce nelle vie orinarle , e satura l'aci-
do Litico, formando con esso un sai neutro che per esser
più solubile dell' acido Litico stesso impedisce , che abbia
luogo la formazione delle conciezioni che costituiscono le re-
nelle di quel genere , che ho dt^scritto : pi>ssono darsi bensì
renelle di altro genere, chr^ potranno coli' esame riconoscersi
per determinarsi a far uso del suddetto carbonato di potassa.
La potassa , la soda , e 1' ammoniaco hanno grande azio-
ne su. le bOiianze aiumali concrete j che derivano da deposi-
zio-
638 Sull'uso pel carbonato di totassa ec.
zioni , le quali in molte circostanze si formano dagli umor! ^
che si separano per le porosità inorganiche dei vasi del san-
gue nelle diverse cavità grandi e piccole del nostro corpo ,
onde si trovano delle sostanze deposte in molti generi di ma-
lattie , aderenti alla superficie delle cavità e dei visceri divi-
sati , e alia superficie altresì dei varj canali sotto diverso
aspetto. Tali concrezioni ora più, ora meno dense s'incon-
trano più frequentemente nei cadaveri di quei Soggetti , che
sono morti in seguito di una infiammazione violenta o di cor-
to periodo , o cronica e lenta . In quest' ultimo caso coli' in-
crostazione dei visceri vi si vede ordinariamente congiunta
una raccolta di sieri accompagnati da una densa , o sciolta
deposizione.
Le suddette sostanze concrete ^ sottoposte all' azione di
una soluzione non molto concentrata dei suddetti alkali , si
scioglievano . Quindi è che mi figurai , che potessero gli al-
kali produrre 1' istesso effetto nello stato di vita ; e ciò mi
fece determinare a far prova in certe malattie infiammatorie
dell'utilità medica delle dette sostanze.
Le peripneuraonìe , che regnano frequentemente presso
di noi fra F inverno , e la primavera , in specie quando per
lungo tempo abbiano soffiato i venti settentrionali , e che
r aria siaii mantenuta assai fredda ed asciutta , attaccano le
persone più vigorose e robuste , che sono più esposte all'
intemperie dell' aria , come i lavoratori delle terre , ed in
cert' anni ne fanno strage grandissima .
In tali circostanze , nelle persone morte di lina simil
malattia ho riscontrato , che i vasi sanguigni dei polmoni ,
e delle pleure erano eccessivamente dilatati , che la superfi-
cie delle istesse pleure , e dei polmoni era incrostata da una
concrezione linfatica densa più , e meno, che ora si assomi-
gliava ad una gelatina ed ora per la densità veniva a forma-
re una falsa membrana divisibile in strati di diverso grado
di tenacità; che i bronchi, le loro divisioni, e le vescichet-
te polmonali si riempivano di una concrezione consimile , on-
de
Di Paolo Mascagni . 6j()
de i polmoni si riduuevaiio per la loro densità simili al fe-
gato , non prestando sotto le dita quel cedimento, e pieghe-
volezza che sono soliti di -mostrare. Di qui è che le vesci-
chette polmonali si rendono impermeabili all' aria , il sangue
non potendo scaricarsi di certi principi , riceverne altri , ed
acquistare quelle modificazioni , che lo rendono atto a stimola-
re il cuore e mantenere la vita , onde questa cessa , e nei
ventricoli del cuore medesimo vi si trova un sangue nero
con molte concrezioni formate dal predominio di una sostan-
za albuminosa , che riempie i vasi , che dopo la morte si
condensa j simile a quella, che in simili malattie forma ordi-
nariamente alla superficie del sangue emesso dalla vena la
crosta di un bianco verdastro o giallognolo , che vi si osser-
va comunemente .
Avendo , come sopra indicai , osservato un facile sciogli-
mento delle concrezioni surriferite nella soluzione anche de-
bole di potassa, di soda, e d'ammoniaco, e nel 1800 re-
gnando nella Comunità di Chiusdino nella Provincia superio-
re di Siena tali malattie , per cui periva un numero consi-
derabile dei più robusti Agricoltori, dietro la scorta delle
dette osservazioni , mi determinai di far delle prove col car-
bonato di potassa , e addirittura colla liscivia delle ceneri che
più abbondano in potassa , allungando questa con acqua pio-
vana , o prima bollita , in modo , che la sostanza salina non
portasse sconcerto allo stomaco, e ftl tubo intestinale. Feci
in maniera , che fosse in copiosa doge somministrata per be-
vanda soluzione siffatta- Consigliai a Galgano Mascagni, gio-
vine di molta espettativa rapito da immatura morte , ed
allora Medico condotto nella suddetta Comunità, di praticare
r istesso sistema . La riuscita fu d" ogni aspettazione maggio-
re . Si contavano di già molte vittime di questa specie di
epidemia . Le copiose emissioni di sangue, e le sostanze me-
dicinali solite praticarsi in casi di tal natura non producevano
elTetto perchè pochi si risanarano . Il sangue cavato replicata-
mente mostrava alla superficie una densa crosta . Le sostan-
ze ,
.640 Sull' uso del carbonato di potassa ec.
ze , che in principio si espettoravano dalla trachea con tos-
se , erano molto glutinose , e macchiate di sangue le orine
peccavano per soverchia densità ed erano scarse, il sudore di
rado si manifestava , le glaiidule linfatiche si riscontravano
©strutte .
S'incominciò l'uso della potassa , e ci servivamo a que^t'
effetto del così detto sai di tartaro . della liscivia fatta colle
ceneri di tralci di vite , di ginestre , di felci , e si allungava
la soluzione in modo che al palato facesse sentire un sapor
dolcino con un leggiero piccante . Alcuni aborrivano questa
bevanda , ma il maggior mimerò la prendeva senza alcu-
na difficoltà . Del sai di tartaro in alcuni casi se ne face-
va consumare fino a tre dramme il giorno . Tosto che era-
no gli individui attaccati da tal malattia si faceva lor fare un'
emissione di sangue , e immediatamente si mettevano all' uso
della suddetta bevanda , e nella maniera la piìi manifesta ve-
devamo , che coir uso della potassa si rendevano meno te-
naci li spurghi resi per la trachea, perdendo a poco a poco
la densità che avevano sul principio ; che si gettavano fuori
con tutta facilità , e che si sgravavano sommamente i pol-
moni . Per altra parte poi si vedeva comparije un copioso
sudoie , ed crine più sottili e in assai nuiggior copia , così
che in qut'sta forma scioglievasi la malattia . e intiodotto
1' uso di questa sostanza , non si vide più perire alcuno della
malattia endemica indicata .
Il suddetto Mascagni mio Cugino riunì molte istorie di
tal malattia , ed io adoprerò ogni premura per rintracciare i
suoi fogli a fine di renderle pubbliche .
Ho creduto bene di far conoscere queste osservazioni
particolari per invitare i Clinici a volere coi loro esperimenti
stabilire F uso in certe malattie della potassa , e delle altre
sostanze alcaline. La potassa, la soda , T ammoniaco allun-
gati con acqua sono innocentissimi , e molto più neutraliz-
zati dall'acido carbonico. In molte specie d' idropisia ^ di
flussi di umoii , e di reumi ^ che riconoscono per cagione
Di Paolo j^Iascagni . C^i
r intasamento o ingorgamento in virtù di sostanze addensate
nelle reti , nei plessi , e nelle glandule del sistema dei vasi
assorbenti, l'uso dell'ammoniaco, della sodale della potassa
sciolte nel fluido acquoso, per conseguenza ili stato liquido,
e in molte circostanze riguardo all' ammoniaco di fluido ae-
riforme , massimamente quando si deve applicare alla superfì-
cie del corpo, ed a quella delle vescichette polmonali, pro-
durrebbono sicuramente dei notabili efletti, stando ad alcune
osservazioni che abbiamo fatte, e che spetta ai Medici esten-
dere per il bene degli Uomini . Si tratta di certe sostanze sa-
line che non possono assolutamente nuocere, quando vengano
usate con le debite regole e cautele, mentre dall'altra par-
te possono apportare all' umanità languente immensi van-
taggi •
Tomo XI. Mmmm Spe-
64a
SPERIENZE
SULLE MINUGE , 0 CORDE D' INTESTINI
E SULLE FUNI, 0 CORDE DI CANAPA
Dell' Abate Bonaventura Corti
Presentate da ANTONIO CAGNOLl
Il dì i5 Maggio 1804 •
Sperienze su le Minuge , o Corde d' Intestini .
l5 ulla parola del Wolfio (i), su quella di Efraimo Chambers
nel suo Dizionario , e dell' Enciclopedista Parigino alla paro-
la Hjgrometre , e su quella di molti altri di rango io crede-
va j elle tutte le corde d'intestini, e di canapa bagnate coli*
acqua s'attorcigliassero, e s'accorciassero nel medesimo tem-
pore poscia si sciogliessero , e s'allungassero nel perder l'umi-
do . Fu a cagione delle giornaliere, e annue mie osservazioni
Meteorologico = Botaniche che io volli fabbricarmi anche un
Igrometro con vm pezzetto di corda d' intestini d'Animali.
Con pensier fermo , che il pezzetto di corda nell' umido do-
vesse torcersi , e sciorsi nel secco , segnai su di un circolo i
gradi dell' umido da marcarsi dall' indice da destra a sini-
stra, e que' del secco a rovescio de' primi. Da una Camera
riscaldata dal fuoco feci passare il mio Igrometro in aria li-
bera fuori della finestra alle ore la. del'a sera del giorno pri-
mo di Gennajo 1772,. Durante la notte piobbe assai , e però
fui sorpreso da maraviglia , quando alle sette del mattino ri-
trovai che r indice avea scorsi i gradi del secco . Sospettan-
do
(i) Wolf. T, II. Cap. 6. Sperienz. 6 , e seguent.
Dell' Abate Bonaventura Corti . G43
do di sbaglio diedi di piglio ad alcuni pezzi di corde d' inte-
stini , e altri bagnai coli' acqua , altri ne posi all' aria sfoga-
ta in allora umida moltissimo per la pioggia, che attualmen-
te cadeva , e veggendoli sciorsi tutti incontanente , m' avvi-
sai del mio errore. Feci lo stesso usando funicelle semplici
di canapa , e mi chiarii vieppiù osservandole tutte disciorsi .
Gli accennati esperimenti comunque tumultuariamente fatti
spronavanmi per 1' una parte a condennare allora allora colo-
ro, i quali altramente opinavano • Per l'altra il rispetto con cui
riguardava nomi celebrati , sembrava domandare pivi rigorosa
disamina. Il perchè deliberai di rinnovare a più bell'agio le
mìe sperienze , e scrupolosamente osservare ciò , che ne av-
verrebbe. Ho eseguito il mio disegno, e ciò, che verrò spo-
nendo si è quanto ho saputo rintracciare su questo punto di
fisica sperimentale .
Movimenti delle Corde ^ intestini bagnate colV Acqua .
Prima di recare in mezzo i movimenti , che ho riscon-
trati nelle corde d'intestini bagnate coli' acqua , od esposte
all'umido dell' aria sfogata, conviene, che io accenni la loro
indole , e la loro meccanica struttura . Codeste corde adun-
que si fabbricano cogli intestini tenui delle pecore , e de'
montoni. Tratti dall' animale j 1' operajo li purga con acqua,
e toglie loro le inegualità cagionate o da pinguedine , o da
altro . Per simile operazione le budella s' allungano molto, ed
assottigliansi per conseguente le loro pareti . Ridotte al ter-
mine del licercato preparamento , 1' artefice accomanda l' una
estremità del budello a im pezzetto di legno, che è quasi un
bischero mobile sul lato di un telajo a tal uopo preparato, e
l'altra l'attacca a un ferro adunco piantato nel centro di una
rotella , la quale posta in movimento da un' altra maggiore,
volge il ferro adunco, e torce l'intestino, o gl'intestini, se
M m m m a so-
644 Sperienze sulle minuge ec.
sono più d' uno , ed ecco in breve formata la corda . Dopo
questo lavoro , 1' artefice lascia in riposo la corda , o le cor-
de , e allora spogliansi in parte dell' umido , di cai abbonda-
no , poscia le torce, di nuovo una _, o più volte , siccome da
prima. SI però T una , che l'altra torcitura compiesi nel me-
desimo senso . Di queste corde altre sono formate di un so-
lo intestino , ed io le ho chiamate corde semplici , o a una
fibra sola., come la corda della Fig." I." Altre ne contengono
più d' uno avviticchiati insieme tutti a una volta , e le ap-
pello composte , o a due , tre ò-c fibre . F. a. 3. 4- Non
debbo passar oltre senz'avvertire, I.° che se altramente non
verrà indicato , le sperienze s' intenderanno fatte dentro a
una camera , il cui ambiente è sempre stato al grado tempe-
rato , o poco sopra . II.° L' acqua , di cui mi sono servito
per bagnare le mie corde 1' ho conservata nella medesima
camera , e nel bagnarle ho fatto scorrere 1' acqua sopra le
medesime più, e più volte a capriccio. III.° Il pfeso attacca-
to all' estremità inferiore è stato appena tale onde rimanes-
sero tese in qualche modo , minore però per le più sottili ,
maggiore per le più grosse , ma senza rigorosa proporzione .
Yenghiamo ora agli esperimenti .
S.° III.
La prima sperienza fu da me fatta su differenti corde
d' intestini altre delle quali erano in parte usate , altre di
vecchia data, e non ebbi riguardo alcuno né alla lunghezza,
uè al diametro delle medesime . Disposi queste , come tutte
le altre , per modo , che una delle loro estremità fosse at-
taccata a un' asta orizzontale , e 1' altra giacesse perpendico-
lare , e libera , salvo il piccolo peso per tenerle distese . Le
bagnai adunque coli' acqua , e tutte all' istante si sciolsero
volgendosi l'indice da a in bccl{i), cioè in senso contrario a
quel-
(i) Fig. I. e 3.
Dell' Abate Bonaventura Couti . 6i[^)
quello, onde erano stite attortigliate nella loro formazione.
Perduto eli' ebbero 1' umido le bagnai di nuovo , e nianife-
stossi lo scioglimento come da prima : e nell' asciugarsi mi
parvero dare indietro , e torcersi .
Per assicurarmi della costanza di questi fenomeni 'presi
quattro corde nuove, e fabbricate di fresco, delle quali due
erano di tre fibre , e due di cinque j e la lunghezza di cias-
cheduna era di cjuattro piedi parigini . Dispostele come sopra
le umettai 1' una dopo 1' altia osservandone attentamente gli
effetti, e vidi che tutte si sciolsero. Lo scioglimento però
fu assai più pronto nelle meno composte , più lento nelle
più grosse . Lasciai ,d' innaffiare le mie corde , e niente di
meno seguitarono a sciorsi . Dopo qualche tempo arrestaron-
si ; indi cominciarono a volgersi in parte opposta , cioè da a
in deb (ì) torcendosi. Questo movimento contrario, o torci-
mento seguitò ora più, ora meno lungo tempo a proporzione
della maggiore , o minore tardanza delle corde ad asciugarsi
perfettamente . Bagnai in seguito ben otto volte codesto ap-
parecchio di corde , conceduto loro lo spazio di volta in vol-
ta per asciugarsi, e vidi sempre altrettanti scioglimenti del-
le medesime , come ancora un pari numero di volte il loro
torcimento nel perder T umido . Ho versato su di altre corde
dell' acqua calda , e i fenomeni sono riusciti gli stessi , salvo
uno sciorsi più sollecito anzi sollecitissimo . Le stesse cose
ho veduto pure in molte altre corde a beltà posta messe al-
la prova bagnandole con aceto, e spirito di vino, a riserva
di una maggiore , o minore prontezza .
Avea già meco stesso divisato di non tormentare mai
più le cimentate quattro corde siccome quelle , che erano
omai senza lena per li tanti , e si diversi bagnamenti soppor-
tati. Ma dopo un volger di giorni vennemi in capo d'assog-
gettar novamente all' acqua le due meno grosse su 1' idea di
\e~
{i) Fi£. .. e 3.
646 Spkrienze sulle minuge ec.
vederle o affatto immobili o appena risentite per lo sciogli-
mento . Ma che? al tocco dell'acqua, o poco dopo anzi che
rimaner senza movimento , o sciogliersi , le vidi attortigliar-
si . Posimi ad osservare con singolare curiosità se al perdere
che facean l'umido nascesse nelle medesime movimento con-
trario di scioiilimento: e in fatti le osservai riffare la strada,
e sciorsi benché lentamente . Innaffiate in seguito per molti
giorni vidi ì medesimi fenomeni, quantunque simili movimen-
ti si eseguissero lentamente in corde omai spossate ,
Per questo impensato accidente mi vidi in necessità di
prendere nuova serie di corde dubitando non si potesse forse
manifestare lo stesso fenomeno nelle medesime anche la pri-
ma volta bagnate. Scelsi adunque sei corde, la cui lunghezza
era di cinque piedi : due di una fibra sola , due di tre , e l'al-
tre due di quattro » Le bagnai al solito , e tutte sì sciolsero
prontamente non una , ma ben tre volte in differenti giorni
innaffiate. Assoggettate all'acqua la quarta volta m' accorsi
finalmente come tre delle composte tentarono di torcersi ,
poi si rimisero all'usato scioglimento. D" indi in poi replican-
do i bagnamenli fino a venti volte le quattro composte sem-
pre incominciarono a moversi torcendosi più o meno , non
così le semplici , le quali sempre si sciolsero .
L' aveie osservato come le corde replicatamente innac-
quate mostravano sjjire assai malmenate , e che allora ap-
punto inumidite incominciavano a torcersi , fu cagione onde
io dessi di piglio a nuova serie . Queste corde e per lo nu-
mero, e pe'diametri erano affatto eguali alle precedenti-, ma
il peso loro accomandato fu di gran lunga maggiore di quel-
lo saria bastato per tenerle solamente distese , anzi era nato
fatto per allungarle violentemente , e sconcertare le loro spi-
re . Appena furono tocche dall' acqua che tutte si sciolsero
con singolare prestezza , e allungaronsi moltissimo , e allo
svaporare delT umido si torsero , ma poco . Tosto che furo-
no seccate visitai le loro spire, e le ritrovai del tutto mal-
ooncie : Bagnai queste corde, e tutte immantinenti s'attorti-
glia-
Dell' Abate Bonaventura Corti . 647
gllarono . In questo innaflìamento avca liberate le corde dal
peso soverchiamente grande , e avea sostituito il peso con-
sueto leggerissimo . Codeste corde torcendosi sempre tanto
perderono dell' acquistata lunghezza , che diseccate , riusciro-
no più brevi della primiera fissata misura di (juattro piedi ,
specialmente le due semplici . Ho innaffiate poscia più , e
più volte le stesse corde , e le composte sonosi sempre più
o meno torte da principio, indi disciolle al pari dell' altre ,
ma le semplici per lo più si sono sciolte .
Traile tante corde d' intestini , che ho bagnate, due so-
le ne ho incontrate una di quattro fibre , V altra di una so-
la , le quali dopo il primo innaffiamento , in cui non erano
già state violentemente sconcertate , sempre si torsero per
due o tre giri, indi si sciolsero. Ho poste moltissime corde
d' intestini all' aria umida , ed ho veduti in esse compiersi
lo scioglimento , durante V umido , indi il torcimento nell'
asciugarsi . Ho bagnate con olio d' ulivo corde d' intestini e
nuove , e usate : delle prime tal' una si è sciolta per un in-
tero giro d' indice in una giornata , tale altra si è contenta-
ta di una metà , o di un quarto . Delle seconde alcune han-
no solamente dato segno di scioglimento .
Dalle surriferite replicatissinie sperienze parmi d' essere
a portata di stabilire le seguenti leggi, cioè:
I. Tutte le corde d' intestini bagnate coli' acqua la pri-
ma volta si sciolgono, e tutte nell' asciugarsi si torcono.
II. Tutte le suddette corde composte bagnate più , e
più volte alla fine si torcono più, o meno, indi sì sciolgono,
HI. S' incontrano talvolta corde di tal umore che nel
secondo innaffiamento si torcono per alcuni giri , poscia si
sciolgono .
IV. Le più sottili , il resto pari ^ sono più snelle , e
pronte ; e le più grosse sono più pigre ne' loro movimenti .
S-° IV.
648 SrEUIENZE SULLE MINUGE CC.
S-° IV.
Ragioni Fisiche delle Leggi stabilite ,
Rimane ora a cercare quali sieno le ragioni fisiche delle
accennate leggi de' movimenti delle corde d' intestini . E
■quanto alla prima parte delia prima , cioè , che tutte le cor-
de d' intestini bagnate la prima volta si sciolgono , converrà
forse por niente , che comunque le budella ridotte a corde
vengano poste in uno stato alle medesime del tutto stranie-
ro , diventando forzatamente una spirale \, ridotte però ima
volta a quella forma sono gelosissime di conservarla. Quindi
per una certa rigidezza , che le loro parti hanno acquistata
rimanendo asciugate in tale stato , e per una certa elastici-
tà , che nasce e dalla rigidezza , e dalla disposizione delle
loro parti cozzano con qualunque potenza , perchè non tolga
loro r accennata rigidezza , ed elasticità . Anche una specie
di glutine naturale alle budella preparate per le corde con-
corre a renderle tenaci della loro spirale . Per rimovere
adunque le corde da codesto stato vuoici una cagione , la
quale tolga la rigidezza alle parti, e alle spire , sciolga quel
glutine^ ed infievolisca l' elasticità ^ e questo agente si è ap-
punto r acqua . È già nota abbastanza la forza attraente o
simpatica tra 1' acqua e i corpi , cui penetra . E siccome
r acqua penetra mirabilmente le budella allora quando pre-
paransi per farne delle corde , così dee spingersi , e in real-
tà si spinge dentro le corde in virtù del medesimo princi-
pio . Facciasi dunque scorrere dell' acqua su di una corda ,
quell'acqua la penetrerà; cioè a dire le particelle dell'acqua
a maniera d' innumerevoli cunei si spingeranno dentro a' po-
ri delle parti esteriori della corda , investiranno le parti in-
teriori , s'insinueranno tra le labbra delle spire, e rammolli-
ranno il glutine , che insieme strignevale . E in quella gui-
sa , che le legna , le pelli efcc. penetrate dall' acqua si dila-
ta-
Dell' Ab. Bonaventura Couti . 649
tano , perdono la rigidezza, e l' elasticità ^ cfj.si addiviene
della nostra corda . Frattanto gonfiatisi le parti tutte , e non
potendo le spire essere contenute negli spazj di prima , cer-
cano dilatamento, e creansi movimenti in tutte le parti del-
la corda . Codesti movinietiti non ponno eseguirsi da sinistra
a destra , cioè da a in deh (i) mentre in questa ipotesi le
spire dovrebbero vieppiù serrarsi insieme . È dunque mestie-
ri che compiansi da destra a sinistra ^ vale a dire da a in
bcd , e che la corda si sciolga , e si scomponga \ ovvero che
le fibre cerchino di ritornare allo stato loro naturale , tolta la
rigidezza , e quella forza , che in virtù della torcitura tene-
vale soggette alla forma spirale .
L' altra parte della medesima legge consiste in questo
che tutte le corde d' intestini al partire delV umido si torco-
no . La ragione di questo fenomeno sembra nascere dalla
meccanica stessa delle nostre corde . Conciossiachè quando per
l'azione dell'acqua si sono sciolte , sono state rimosse da una
modificazione già divenuta loro necessaria , e quasi naturale,
a cui per conseguenza ritornano qualora tolgasi la cagione ,
che disturbolle da quella forma . Così se di un sottil filo
d' acciajo fabbrichisi una spirale , indi per forza se ne scon-
certino i giri , si rifaranno le spire tosto che cesserà la vio-
lenza . Passando adunque 1' umido delle corde nelT aria , elio
le lambisce , le parti , e le labbra delle spire s' accostano ^ il
tessuto ritorna serrato ^ risvegliansi , e tornano in campo la
rigidezza , e la forza , che spiguevale alla configurazione spi-
rale , che è poi quanto dire , che le corde si torcono , e si
ricompongono le spire .
Dal detto finora discende la ragione della seconda leg-
ge , la quale stabilisce , che le corde d' intestini molte , e
molte volte innacquate alla fine si torcono , indi si sciolgono .
Poiché i bagnamenti , e scioglimenti tante volte replicati
Tomo XI. N n n n spos-
(i) Fig. I. j e a.
bSo Speriea'ze òulle MiwuGE ec.
spossano le iìbre , e spogliaiile in gran parte della loro ener-
gia , sconcertano moltissimo 1' ordine delle spire, che nello
svaporare dell'umido con singolare lentezza si ricompongono.
Frattanto le corde , che pigramente si torcono sono sorprese
tra via dal secco , cioè a dire il glutine indura , e le parti
rimangono inceppate , sendo troppo tenue la forza , che le
spigne a torcersi per vincere gli ostacoli . Le spire adunque ,
le quali tendevano a chiudersi rimangono aperte , e tutta la
corda in tale stato irrigidita . Sopravvenga ora l'acqua, e ba-
gni codesta corda ^ il glutine s' ammollisce ^ l'inceppamento
si toglie, l'accennata debole forza prevale, le spire vanno a
chiudersi , e la corda si torce . Ma non va guari , che la me-
desima corda dà indietro , e si scioglie per le ragioni accen-
nate alla prima legge . Che se le corde saranno state strana-
mente tormentate ^ allora potranno anche torcersi sempre o
quasi sempre senza sciorsi , o sciorrannosi pochissimo . Attac-
cai un peso di tre libbre ad alcune corde di due fibre ; le
innaffiai, e si sciolsero con singolare prestezza allungandosi
fuor di misura sì nel primo j che nel secondo bagnamento,
e senza dare indietro nelT asciugarsi . Bagnate la terza volta
si torsero perpetuamente nel tempo , in cui sovr' esse scor-
reva r acqua , e dopo ancora , e solamente sul tardi , e per
poco si sciolsero .
Che se ci verranno alle mani corde di tal natura, onde
bagnate anche la prima volta rimangano soverchiamente dan-
neggiate nelle loro spire, codeste corde al secondo, o terzo
innaffiamento più o meno si torceranno j e poi giusta il co-
stume si scioglieranno , per le ragioni di sopra accennate ,
Ed ecco il perchè della terza legge , che vuole , che talvol-
ta s' incontrino corde dì tale umore , le quali nel secondo in-
naffiamento si torcano .
L'ultima ci assicura, che le corde più sottili sono anche
più pronte ai movimenti ^ il resto pari. Io sono d'avviso che
tutto questo dipenda dalla meccanica struttura di queste cor-
de . Imperciocché egli è certo , che le piìi sottili contano
mag-
Dell' Ab. Bonaventuua Couti . 65l
maggior numero di spire di quello ne abbiano le più grosse
in pari lunghezza . Egli è anche fuor di quistiorie , che le
più sottili hanno maggior superficie a proporzione , di quello
abbiano le più grosse . Quella maggior superficie , e quel
maggior numero di spire presentano all' acqua , che le inve-
ste contatti più replicati, ingressi più facili alle parti inte-
riori , penetrazione più pronta , aprimenti di spire più solle-
citi , e in fine scioglimenti più snelli . Per 1' accennata più
estesa superfizie l' aria proporzionalmente più le lambisce ,
più presto le spoglia dell'umido, e però sono le prime a da-
re indietro in faccia alle corde di maggior diametro .
Allungamenti , e accorciamenti delle corde d' intestini
bagnate coli' acqua .
Dopo avere osservato ì movimenti delle mie corde , po-
simi ad investigare se, come, e quando allungavansi , od ac-
corciavansi , qualora erano investite dall' acqua . Bagnate a
questo fine differenti corde d' intestini e nuove, e usate ,
non seppi mai vedere in esse altro che il loro sciorsi , e il
loro allungarsi nel tempo dell' innacquamento , poi il loro
torcersi, ed abbreviarsi allo svanire delT umido. Volli ripe-
tere lo stesso cimento due altre volte , e i risultati furono
sempre i medesimi . Era già presto a stabilire un Canone ,
cioè che tutte le corde per l'umido s' allungavano, e accor-
ciavansi pel secco . Ma 1' autorità de' chiarissimi Filosofi da
principio nominati, creavami un rimorso, cui non sapea sof-
fogare .
Prese adunque due corde lunghe quattro piedi nuove , e
semplici , che è quanto dire delle più prodighe de' loro feno-
meni , e appiccato alla parte inferiore delle medesime un
piccolo peso , indi marcata scrupolosamente la distanza dell'
estremità inferiore del peso dal sottoposto piano , una ne ba-
N n n n a gnai .
05a Sperijinze sulle mi:iugs ec
gnai . Questa al sentir 1' umido già tosto si sciolse, e adatta-
ta r infallibile misura tra 1' estremità nominata del peso , e
il piano, la corda mi si fece vedere di un pelo allungata.
Un pezzetto di spugna adattato all' estremità superiore del-
la medesima corda le somministrava 1' acqua poco a poco ,
ed essa scioglievasi velocemente, e vieppiù alluogavasi . Do-
po un minuto e mezzo o circa giunse ad acquistare una lun-
ghezza di 4- linee. Continuava 1' innaffiamento della corda,
ed io aspettava nuovo allungamento , cui pareami presagire
sicuro lo sciorsi sollecitissimo che allora facea . Adattata pe-
rò la misura, vidi con r;on poca mia maraviglia, che la cor-
da quasi pentita , e malgrado uno scioglimento continuato
diedesi ad accorciar-i , q scioglieadosi sempre , giunse a far-
si più breve per ben tre pollici parigini, compresovi l'acqui-
stato, vaatargio di 4* Lin^e . Soppesi 1' innaffiamento , e la
corda perdendo 1' umido tornò su i suoi passi , giusta il co-
stume 5 e abbreviossi di un altro pollice . Posi allo stesso ci-
mento anche la seconda corda , adoperando in tutto e per
tutto come nella prima sperienza , e vidi chiarissimamente
r allungarsi da principio , poscia 1' accorciarsi , siccome nell'
altra . Il giorno vegnente richiamai all' innaffiamento tutte e
due le mie corde, e tosto appalesossi T allungamento . Giun-
to alle quattro linee , poi al mezzo pollice , m' avvisava di
vederne 1' accorciamento , ma coraggiose andarono innanzi ,
né mai più s' accorciarono se non se allora quando incomin-
ciò a svaporar 1' umido , e si torsero , poiché oltrepassarono
l'abbreviamento della prima volta . Molte altre volte in dif-
ferenti gioinate rinnovai la stessa prova , né altro più osser-
vai olle allungamento in tempo d' umido , e accorciamento
al ritornare del secco .
Pei- assicurarmi della im*nutabilità di codesti fenomeni
scelsi altre quattro corde nuove , e semplici , due delle qua-
li erano colorate di violetto : bagnandole vidi i seguenti ef-
fetti . Le due prime non colorate al ricever l'acqua si sciol-
sero j ed alluugaronsi T una per tre linee ^ V altra per quat-
tro ,
Dell' Ad. Bonavuntuiia Corti . 653
tra , o circa : indi sopravvenne ì' accorcimnenlo fino a ìirn'C
II. nella piiiìia^ e a linee 7. Italia seconda. Asciugandoai
poi, e ritornando indietro, il totale aMircvi;imi^nto fu di due
pollici nella prima , nell' altra un pollice , e linee 7. D 'Ite
due colorate, comecliè meno risentite, una s'allungò lii.ee
a. , r altra linee 3. , o circa . Neil' accorciarsi durando lo
scioglimento la prima divenne più breve linee 5. , la Sfcon-
da linee ;i. Nel seccarsi , e torcendosi , qu Ila perde in tut-
to pollici I. linee 2, — , questa pollici i. l'nee S -— della co-
inune lunghezza di quattro piedi . Io non lasciai di replicare
gP innaffiamenti di codeste corde per molti giorni consecuti-
vi , e d'indi in poi le vidi costantemente allungarsi nel bere
1' umido , e abbreviarsi solamente alio svaporare del medesi-
mo, e allorché davano indietro. Molt* altre coide nuove dif-
ferenti per diametro, per lunghezza, per energìa sono state da
me poste ai medesimi cimenti , e gli effetti sono riusciti gli
stessi, salvo il più, o il meno. Ciò però vuoisi inteso , pur-
ché le corde sicno state dall' acqua ben penetrate la prima
volta. Altramente le corde allunglieraimcsi , e poi s' accor-
deranno sciogliendosi anche la seconda volta, quasi fosse il
primo innac{(uamento . E questo di leggieri accade nelle cor-
de esposte air umido dell' atmosfera . Ho ancora osservato
che il mairgiore allungamento, e accorciamento continuato
non s'ottiene già sempre la prima, o le prime volte, in cui
le corde ricevono, e peidon 1' umido. Peiò generalmente
sminuisce l'allungamento cagionato dall'umido, e fassi mag-
giore l'accoroiamento nel passare alla siccità , con)unqiie ciò
segua senza regola . La ragione si è perchè dipendono questi
effetti dalle ciicostanze della tempera dell'aria in cui si fan-
no gli sperimenti, dal grado dell'umido regnante allora nell'
atmosfera , e dall' indole delle corde ; cose tutte , le quali
mal soffrono leggi contatiti ,
Un giorno bagnando corde per li raoUissiini innaffiamen-
ti
65-j, SpERILKZE SUL! e 3IIÌMUGE CC.
ti oinai spossate , e che perciò non davano segno dì movN
mento se non se dopo un minuto , o eira , m' accorsi clie
niente di meno s'allungavano quando per una, quando per due
linee , e ciò avvenne talvolta quando i movimenti ricomin-
ciavano dal torcersi. II perchè sospettai , che le corde d'in-
testini potessero allungarsi anclie allora quando fossero impe-
dite allo sciorsi . Fissate due colonnette come AB (i) attaccai
all'estremità inferiore di una corda usata un leggerissimo ba-
stoncino CD, il quale poteva bensì ascendere , e discendere
tra le due coloncine , ma non già volgersi attorno , e però
la corda era bensì in libertà di allungarsi , o di accorciarsi ,
ma non di sciorsi , o attortigliarsi . Bagnai questa corda così
inceppata^ e tosto manifestossi 1' allungamento della medesi-
ma , indi r accojciamento al partire dell' umide , quasi non
altramente , che se fosse stata libera . Ho posto allo stesso
cimento molt' altre corde similmente usate , e i fenomeni so-
no stati i medesimi per modo , che non ho dubitato d' asse-
rire , che l'allungarsi, e T abbreviarsi delle nostre corde non
è sempre dovuto allo sciorsi , o torcersi libero delle medesi-
me coir altre circostanze accennate di sopra .
Parca cosa naturale il conchiudere qualche allungamen-
to anche nelle corde nuove similmente bagnate , ed infrena-
te . Pure volli assicurarmene colla sperienza , e ne fui con-
tento . Due corde nuove 1' una di due , l'altra di tre fibre
furono disposte come nella Fig. IV. Bagnai la più composta^
ed essa non mi parve allungarsi sensibilmente, ma sibbene
acccrciossi senza dimora . Erano singolarissimi gli sforzi , che
facea quella corda per isciorsi , e non potendovi riuscire in-
cominciò a prendere varie curvature in differenti tratti di
sua lunghezza. Quelle curvature da prima larghe impiccoliro-
no, due serraronsi insieme, e formarono una spira bellissima.
A questa un' altra s' aggiunse , indi dell' altre , per le quali
ven-
(I) Fig. 4.
Dell' Ab. Bonwea-tura Corti . C)")
venne a foiinaisi nella corda come un pezzo di cilindro
a , b, e, cimile al maschio della vite (i). Un altro cilindro
simile al primo comparve nell'estremità inferiore cioè fi, .?,
ed altri se ne sarebbono vednti^ se per un accidente la cor-
da non si fosse posta in libertà j e sciolta iniprovisamente .
In tanto la corda si era abbreviata per più di mezzo piede ,
ed erasi ancora gonfiata non poco . Passai alla seconda , e
questa senza allungarsi né punto né poco tosto si fece più
breve , qua , e là incurvossi , e non andò guari , che vider-
si tre cilindri <]i spire serratissime 1' uno de' quali era com-
posto di 3o , gli altri due di 9 di quelle spire . E come le
spire nascevano dallo sforzo delle corde per isciorài , e Io
scioglimento tentavasi inferiormente da sinistra a destra^ e
superiormente da destra a sinistra giusta l'indole della torci-
tura della corda, così le spire vedevansi nascere di sopra, e
di sotto , ma V une a rovescio dell' altie . In tanto la corda
erasi accorciata straordinariamente per piedi i , pollici 4 5
linee 8 . Sospeso il versar dell' acqua, gli sforzi allo sciogli-
mento cessarono , e la corda incominciò a perder 1' umido ,
svanirono le spire, e la corda asciugata avea licuperato méz-
zo piede della perduta lunghezza . Gli stessi fenomeni mani-
festaronsi a proporzione in altre corde nuove alla stessa pro-
va assoggettate . In forza delle accennate osservazioni passo a
stabilire alcune leggi su gli allungamenti j e abbreviamenti
delle mie corde, e sono:
J.° Tutte le corde d' intestini nuove , e libere bagnate
la piima volta con acqua &' allungano un poco, indi s' ab-
breviano , quantunque continuanif-nte si sciolgano .
11.° Tutte le suddette corde s'accorciano nell'asciugarsi .
111.° Tutte le corde d'intestini ben penetrate dall'acqua
la prima volta s'allungano poi sempre in avvenire nel tempo
deli' innaffiamento .
IV.°
(1) Fig. 4.
656 Spehienze sulle sriNucE ec.
IV.° AI sopraggiugnere , e allo svanire dell' umido più
s'allungano, e s' actorciano le più sottili j meno le più gros-
se j il resto pari.
V.° Le corde usate , e non libere a i movimenti da pri-
ma s' allungano un poco j, indi s' accorciano in tempo dell'
inuacquamento ; le nuove s' abbreviano solamente , e non
s' allungano se non se perdendo 1' umido .
%? VL
Ragioni Fisiche delle leggi stabilite .
Qualunque volta 1' acqua investe la superficie esteriore
delle nostre corde s'insinua con violenza dentro alle medesi-
me . E come le labbra delle spize sono le più facili a con-
cedere l'ingresso all'acqua, questa nell' insinuarsi le spinge,
le distacca , e le allontana alquanto , e però le corde sul
principio dell' innaffiamento s' allungano per qualche line£^ .
L'acqua apertesi le strade, s' iinpadronisce dell'interno delle
corde, ne rimove tutte le parti, e la corda tutta dall'
imo al sommo si gonfia, ed ecco cessare l'allungamento,
' e succedere 1' abbreviamento. Ciò meglio s' intenderà , se
ponghiam mente , che quando il cordajuolo fabbrica le cor-
de 5 col torcimento cagiona gran violenza nelle fibre longitu-
dinali delle budella costrignendole ad allungarsi , in ispeziali-
tà le esteriori per 1' arco maggiore che deon fare , intanto
che le interiori più tosto comprimonsi . Qualora dunque per
r umido s' ammolliscano le parti , e si tolgano i legami , le
fibre in pria violentate rimettonsi , in parte almeno , nello
stato primiero dando indietro , accorciandosi , e dilatandosi
insieme, che è quanto dire, la corda s'accorcia. Egli è ve-
ro , che lo sciorsi continuato delle corde sembra essere , an-
zi lo è contrario al loro abbreviarsi : ma se vogliasi riflette-
re, che questo scioglimento giova moltissimo per agevolare
i* entrata dell' acqua nell' interior della corda , 1' ingrossare
<lt
Dell' Ab. Bonaventura Corti . 65 '^
di lei in tutte le sue parti , e tendere a rimettersi nel pri-
stino stato cagionerà nella corda maggiore accorciamento di
quello produca allungamento lo sciorsi continuato della me-
desima . Questo è ciò , che ho creduto di poter dire su la
prima legge , la quale asserisce , che tutte le corde nuove ,
e libere bagnate la prima volta s' allungano un poco , indi
s' accorciano .
Ho asserito in secondo luogo , che tutte le corJe d' in-
testini 5' accorciano nell' asciugarsi . Qualora T umido passa
dalle corde nell'aria, i pon delle particelle delle fibre, e
le labbra stesse delle spire vengono liberate dalle particole
acquee, le quali toglievano alla corda la sua energia . Tor-
na dunque in campo quella forza, la quale spiiigevale alla
spuale , la corda si torce , e ristabiliscousi alla meglio gli an-
tichi contatti tra parti e parti , tra fibra e fibra , tra spira e
spira ; cose tutte , le quali seco portano 1' abbreviamento del-
la lunghezza della corda . Quindi quantunque nel primo in-
naffiamento la corda siasi abbreviata anche nel tempo , nel
quale scioglievasi , per le ragioni recate nella prima leege ,
seguirà ad accorciarsi anche asciugandosi , giacché allora si
torce .NNegli altri bagnamenti poi, in cui la corda s'allun-
ga, non solamente perderà l'acquistata lunghezza, svaporan-
do r umido , ma diverrà più breve ancora di volta in volta,
fino però a un termine discreto . Conciossiachè le corde pe-
netrate dall' acqua , e ammollite cerchino di sempre sottrarsi
dallo stato violento della torcitura , la quale allungò sover-
chiamente le loro fibre , e di rimettersi nel primiero loro
essere quanto piìi il possano, quantunque in tale circostanza
s' allunghino . Svanisca 1' umido , e le corde ricomporranno
le spire malmenate , ma il faranno per modo , che le fibre
longitudinali nel piegarsi non ritorneranno più al termine
d'onde partirono l'altra volta, perdendo cosi più o meno di
loro lunghezza. Quindi è, in paite almeno, che le corde
d'intestini assoggf-ttate all'acqua ingrossano qualche poco.
Conviene ancora avvertire , che 1' acqua sulle corde versata
2 omo XI. O o 00 por-
658 Speuienze sulle minuge ec.
porta seco più , o meno di certa loro sostanza , o glutine ,
perchè allora diventa assai molle. Se quell'acqua raccolgasi ,
e si ponga a svaporare lascia nel fondo una crosta , la quale
seccata che sia non si ammollisce talvolta che coli' acqua bol-
lente . Ora quella sostanza rapita dall' acqua giaceva tra le
parti delle fibre , tenevale lontane , e seccandosi toglieva lo-
ro in parte V agio d' accorciarsi . Come poi codesto ostacolo
va scemando di volta in volta , cosi le parti delle fibre vie-
maggiormente danno indietro, e restringonsi , e le corde an-
che per questo deono perdere di loro lunghezza . Sarà forse
ancora per lo scemare di quella pingue sostanza , che le cor-
de perdendo 1' umido diventano dure , e rigide assai più di
quello fossero da principio quando erano nuove , ed intatte .
In terzo luogo ho detto , che le corde bea penetrate
dall' acqua la prima volta s' allungano poi sempre in avve-
nire nel tempo dell' innaffiamento .
La ragione di questa legge sembra essere perchè le fi-
bre delle corde soverchiamente penetrate , e ammollite dall'
acqua la prima volta sonosi rimesse dallo stato violento disi-
la torcitura , ed abbreviate quanto il potevano . Investite di
bel nuovo dall' umido debbono sciorsi , e come non hanno
più forza per restringersi , cedono alla violenza dell' acqua ,
che le penetra e le ammollisce anche più di prima . Quindi
le parti tutte vengono rimosse dai serrati contatti , le labbra
delle spire s' aprono , e s' allontanano . Le spire stesse ram-
mollite , e floscie si fanno più oblique, e s'allungano, e tut-
ta la corda per conseguenza cresce in lunghezza .
La quarta legge stabilisce, che al sopragghignere e allo
svaporare dell' umido più s' allungano e / accorciano le coT"
de più sottili \ meno le più grosse , il resto pari .
Le corde sottili siccome quelle , le quali hanno maggior
superfizie delle grosse sono anche per conseguente più inve-
stite ^ e penetrate dall'acqua; sono ancora più omogenee,
p'ù pronte a i movimenti , più ricche di spire , e quindi gli
aprimentl delle medesime riescono più solleciti e più nume-
ro-
Dell' Ab. Bonaventura Corti . óSg
rosi in queste, di quello sieuo nelle più grosse . Egli è adun-
que necessario , che le sottili più s' allunghino nei tempo
dell' innaffiamento . Qualora poi l' umido le abbandoni saran-
no più pronte delle grosse a dare indietro , perchè le spire
più numerose si rifaranno , i toccamenti si ristabiliranno , e
l'accorciamento diverrà maggiore di quello riuscirà nelle più
grosse .
Vuole la quinta , ed ultima legge , che le corde usate e
non lìbere a i movimenti / allunghino un poco , indi s' ac-
corcino nel tempo dell' innacquamento ; e che le nuove s' ab-
brevino solamente , e non 5' allunghino se non se perdendo
V umido .
Qualora 1' acqua sorprende le corde usate s' insinua to-
sto nelle loro spire , e le apre , e questo aprimento cagiona
nelle medesime qualche allungamento . Le corde nuove però
impedite allo sciorsi non s' allungano sensibilmente , ma to-
sto s' accorciano ; poiché se appena s' allungano una , o due
linee allora quando sono libere , indi s'abbreviano scioolien-
dosi violentemente , non è poi maraviglia se non si vede al-
lungamento quando sono infrenate . Conciossiachè la violen-
za per isciorsi cagiona contorcimenti, avviticchiamenti, e mo-
vimenti in opposito nelle parti , indi si formano nodi , o
grosse spire nella lunghezza di queste corde , come osservasi
nella figura quarta ; e in fine un notabile accorciamento .
Le corde usate poi s' allungheranno alcune linee ^ perchè
sendo spossate , lasciano il campo ali' acqua di aprire le spi-
re anzi che nascano violenze per isciorsi j le quali però nate
che sieno faranno sì , che anche tali corde s' accorcino a
proporzione , come le nuove .
Oooo a Si
pe-
G6o Sperienze sulle minuge ec.
Sperìenze su le Funi , o Corde , di Canapa
bagnate colf acqua .
Prima di far palesi i fenomeni da me osservati all'occa-
sione di bagnare le funi è necessario che io accenni la mec-
canica struttura delle medesime, e la loro varietà, cose tut-
te indispensabili alla chiara intelligenza dei risultati .
i.° Filo semplice per me è quello , che formano le fila-
trici , o i cordajuoU filando la stoppa . Questo filo non pre-
senta che una sola torcitura da a ^n deb (i) . Le fila forma-
te dalle donne sono variamente sottili, quelle dei cordajuoii
sono- variamente grosse .
a." Se due di queste fila come p . q - (2) uniscansi in-
sieme in una loro estremità , e restino separate nelle altre
due estremità p . q . , e seguitisi a torcerle nel senso di pri-
ma , cioè da o in rnm creasi una torcitura violentissima,
spezialmente nelle parti vicine alla loro unione bc . E come
le dette due fila non ponno mai sciorsi , perchè il cordajuo-
lo seguita anzi a torcerle , per tale violenza danno indietro
a parte opposta alla continuata torcitura , cioè tentando di
svolgersi da 0 in mnr, si uniscono insieme, si avviticchia-
no, e formano un composto , le cui spire sono del tutto op-
poste a quelle della prima torcitura . Così formasi una funi-
cella che io chiamo a due torciture .
S.° Se le fila sieno tre , come tnz (3) unite e attorti-
gliate colla solita violenza da o in tn:n si volgeranno in sen-
so contrario ab e d ■) e nascerà la fune h i composta di tre
funicelle .
4"
(i) Fig. I.
(o) Fig. V.
(3) Fig. VI.
Dkll' Abate Bonaventura Couti . 66 r
4° Se useremo tre fila x z y (i) con queste attorcigliate
al solito nascerà la fuiiiccUa e r le cui spire saranno già op-
poste a quelle delle fila xzy. Volgendo adesso con forza
f/-, /z r , or le tre funicelle dando indietro comporranno la
fune bfg .
S.° Finalmente se piglieremo le funicelle xy (a) e tor-
cansi con violenza queste si volgeranno in opposto , e daran-
no la fune /> g a tre torciture . Se questa , e la sua simile
mi sono costrette a strignersi vieppiù daranno indietro e com-
porranno la fune b f a quattro torciture . Se le due funicel-
le componenti bf ^\ unissero alle altre due gk, e tutte nel-
lo stesso tempo venissero forzate a torcersi nascerebbe la
grossa fune H L a cinque torciture .
Formata l'idea della meccanica struttura delie funi s'in-
tende facilmente onde sia che le funi si mantengono nel
loro stato, quando non sieno logorate dall'uso che se ne fa.
Poiché le spire perseverano nel loro stato per la continua
violenza che sempre sussiste . S' intenderanno pure i vari lo-
ro movimenti allorché vengano bagnate, ed in seguito asciu-
gate . Avverto pure che , se altramente non venga indicato ,
le sperienze s' intenderani^o fatte su le funi fissate con una
loro estremità ad un' asta orizzontale , e alT altra adattatovi
un pìccolo peso unicamente per impedir loro 1' aggrovigliarsi .
S- "•
Movimenti delle Ffinì bagnate »
Le prime sperienze , che ho tentate su le funi , o cor-
de di canapa le ho fatte con accia comune e sottile, e con
fila di refe , dis-p<iste come ho indicato di sopra . Al tocco
deli' acqua , che ho versata sopra di esse , le ho vedute scior-
si
(i) Fig. VII.
[a) F.g. Vili.
66a SpERIENZE sulle MIMUGE PC.
si tutte coti grande prestezza , e Taccia in ispRzie . Svanito
r umido , le ho bagnate di bel nuovo , e le ho osservate
sciorsi come da prima , però con minore prontezza ; che che
ne dica il Wollio , e i suoi aderenti .
Ho preso accia grossa a tre o quattro spaghi , e funi di
diversi diametri a tre torcigliature : le ho bagnate 3 e tutte sen-
za eccezione si sono sciolte; altre però con maggiore, altre
con minore prontezza . Generalmente le più sottili sono sta-
te più snelle , le più grosse meno sollecite ai movimenti .
Conceduto a questa serie di funi il tempo necessario per
asciugarsi , le richiamai un^ altra volta al bagno attendendo-
ne lo scioglimento, che nelle accie, e nei refi avea veduto.
Ma io andai errato , mentre di queste funi tal' una incomin-
ciò a torcersi, indi si sciolse, e tal' altra si attorcigliò pron-
tamente . Sorpreso dalla novità inaspettata , asciugate che si
furono , le bagnai di nuovo , e le vidi sempre attorcigliarsi ,
benché le umettazioni fossero replicate da cinque in sei vol-
te in tempi differenti, ed aspettatone sempre l'asciugamento.
Tentai altre volte la stessa sperienza in altre serie di
funi simili , e sempre osservai i medesimi fenomeni . Vale a
dire qualora le accie grosse , e le funi a tre torciture sono
state ben penetrate dall' acqua la prima volta , in cui sem-
pre si sono sciolte , d' indi in poi richiamate al bagno , sem-
pre le ho vedute torcersi .
L' accia comune poi e sottile si torse solamente alla ter-
za o quarta umettazione . Quando però ho accomandato a que-
ste accie pesi maggiori del bisogno per tenerle soltanto diste-
se , dopo la prima volta , si sono pur esse attorcigliate imi-
tando le sopra indicate funi . Le fila semplici si sciolgono
sempre , e ben tardi mostrano ombra di torcimento , corno
le corde d' intestini .
Riconosciuti i movimenti delle funi nel tempo dell'umido,
io era in pena di sapere quali fossero i loro movimenti nell'
asciugarsi . Io sapea che le fila semplici nel perder l'umido si
attorcigliavano al pari delle corde d' intestini j ma non mi
ar-
Dell' Abate Bonaventura Cokti . 663
arrischiava di conchiiidere lo stesso anche su le funi , e per-
chè la loro struttura è ben diversa da quella delle fila , e
corde nominate, e perchè il loro movimento nell' asciugarsi
in generale è cosi lento , che non si può tosto osservare .
Con varie perciò e replicate industrie sono giunto ad
assicurarmi, che le accie, e funi tutte bagnate la prima volta
seguitano a sciorsi anche nel tempo in cui perdono 1' umido .
Qualora poi per li susseguenti bagnanienti si torcono , nell'
asciugarsi si sciolgono tuttavia . Codesti fenomeni sono sicu-
ri e costanti .
Questi movimenti si fanno, quanto basta, palesi anche
nelle funi esposte all' aere umido dell' atmosfera ; mentre ho
veduto ogni maniera di funi cosi esposte e giorno e notte
sciorsi le prime volte e nel centrar V umido , e nell' asciu-
garsi . Poi a suo tempo attorcigliarsi , poscia disciorsì in pro-
porzione come quelle che tentava nella mia camera . Vuoici
però pili tempo , perchè 1' umido dell' aria non pareggia
quello deir acqua versata su le funi .
Ebbi voglia di sapere cosa fosse per succedere qualora
le funi fossero impedite a moversi liberamente . Per chiarir-
mene presi una serie , e le disposi come la corda della Fig.
4-, nella quale le funi potevano bensì ascendere, e abbre-
viarsi , oppure discendere ed allungarsi , non già torcersi , o
disciorsi . Ho quindi veduto che dette funi bagnate non so-
lamente una , ma dieci , e più volte , hanno sempre fatto
sforzo per isciorsi; e questo conato l'hanno sempre conserva-
to anche nell' asciugarsi , di maniera , che comunque aride
si fossero, rimesse in libertà andavano a sciorsi prontamente,
e lasciate poi in libertà e innaffiate imitavano le nuove per-
fettamente .
Dalle riferite oeservazìoni parmi di essere in ìstato dì
fissare le seguenti leggi .
I. Tutte le Funicelle , e Funi nuove a due , a tre , o
più torciture bagmte la prima volta si sciolgono , e seguono
a sciorsi anche nell' asciugarsi .
II.
664 SrfiRIENZE SULLE MINUGK CC.
II. Tutte le suddette funi , e funicelle bagnate di nuo-
vo si torcono j e sciolgonsi nel perder 1' umido.
5. IH.
Ragioni f siche delle fissate leggi .
La prima legge stabilisce che tutte le funi nuove bagna-
te la prima volta si sciolgono ■ Questo fenomeno sembra na-
scere dall' azione dell' acqua che investe le spire esteriori
della fune, s'insinua dentro alle medesime per la mutua at-
trazione , le dilata , le gonfia , e tutta la fune diventa rigi-
da , e dura . Le spire dunque della fune HL Fig. 8. così
violentate cercano dilatamento , ma non ponno ottenerlo se
non se dando indietro , e sciogliendosi , e volgendosi da A
in D j C , B . E' vero , che le funicelle fb s' oppongono a
questo movimento : ma lo stato violento , in cui trovasi la
grossa fune HL prevale , e però ne segue lo scioglimento .
Anzi può dirsi , che le funicelle fb componenti HL concor-
rono al di lei disciorsi , perchè desse pure per V azione dell'
acqua éi gonfiano . In quella guisa che le spire di un filo
d' acciajo avviticchiato d' intorno a un bastone si allargano j
e danno indietro se il diametro del bastone venga a gon-
fiarsi .
Quindi se la fune grossa HL sia divisa ne' suoi com-
ponenti fb , i m , e z i e vengano simultaneamente bagnati
tutti in un con HL ne risulta un bei divertimento dai mo-
vimenti opposti che si veggono a un tempo stesso ; poiché
se la porzione HL si moverà da oriente in occidente , la
porzione fb si volgerà da occidente in oriente ; la porzione
i ?n da. oriente in occidente , e la porzione e z da occidente
in oriento . Questi fenomeni nascono dalla costruzione mec-
canica delle stesse funi esposta in principio .
Ma la fune seguita a sciorsi anche nell' asciugarsi , e
4' onde ciò ? Questo fenomeno è opposto a quanto si è os-
se r-
Dell' Abate. Bonaventuka CorvTi . 665
servato nelle corJe d' intestini . Per renderne conto parmi
che si debba riflettere, che le spire della grossa fui. e pt-r lo
scioglimento ottenuto nel tempo dtdl' innaffiamento non si so-
no affatto liberate dallo stato violento in cui si trovavano .
Persevera dunque tuttavia il conato a sciorsi anche nel tem-
po in cui perdono l'umido^ e si sciolgono in reaUà. Aggiun-
gasi , che le funicelle componenti la grossa fune nei perder
r umido si torcono , come fanno le corde d' intestini , e il
loro torcersi produce scioglimento nella totale grossa fune .
Questa fune medesima sciogliendosi concorre al torcimento
delle funicelle .
La secónda Legge dice i^t;he queste funi bagnate i se-
guito si torcono . A rend^?>^conto di questo fenomeno a col-
po d'occhio stiano, dico, che questo torcimento è cagiona-
to dalle funicelle compr .Li la grossa fune. Conviene dun-
que avvertire , che le kpire della grossa fune H L sono già
spossate e aperte , ma le funicelle , che la compongono sono
tuttavia ben serrate , e conservano il loro conato a sciorsi •
L' acqua che le investe le gonfia , e le riduce a sciorsi , ed
ecco che questo scioglimento cagiona il torcersi della fune to-
tale , e grossa . Perchè come si è detto , se la grossa fune si
moveva sciogliendosi da oriente in occidente, le funicelle
sciogliendosi si muovono all' opposto da occidente in oriente ,
e questo cagiona torcimento nella fune grossa . Ed ecco che
tale torcimento è apparente, cioè apparisce nella grossa fuuf ,
ma non è suo , non nasce da energia delle sue grosse spire :
egli è effetto di un vero e reale scioglimento delle parti che
la compongono . La grossa fune poi segue a sciorsi allo svanir
dell'umido, perchè le funicelle si torcono neh' asciugarsi;
quasi come le corde d' intestini . Questi torcimenti poi sce-
mano a norma dello scemare delia energia nelle funicelle .
Tomo XI. PPPP S- IV.
666 Speriekze sulle minuge ec.
S- IV.
'1 Allungamenti , ed accorciamenti delle funi bagnate •
In tutti i replicati tentativi che ho eseguiti col bagnare
le funi ho sempre veduto ciie tutte sonosi costantemente ac-
corciate , quantunque si sciogiiessero . Da questa regola ge-
nerale convien sottrarre 1' accia sottile , e le fila semplici .
Queste funi poi tutte nell' asciugarsi si sono allungate , piìi
le sottili , meno le grosse , qualora 1' altre cose sieno state
eguali . Come però tutte le funi non sono sempre eguali né
per la materia di cui sono formate , né per la diligenza di
chi le fabbrica , così non è difficile 1' incontrare qualche va-
rietà negli sperimenti .
Restava a cercare quale fosse il genio delle funi bagna-
te allor quando venivano impedite al moversi .- Per chiarir-
mene ho fatto le sperienze in una serie delle medesime libe-
re bensì all'ascendere, e discendere, ma non già allo sciolsi
od allo attortigliarsi (i) ed ho veduto che non solamente
innaffiate la prima volta, ma dieci e più fiate hanno sempre
fatto gagliardo sforzo per isciorsi ; anzi questo conato 1' han-
no conservato anche nell' asciugarsi , di maniera tale ^ che
quantuncjue aride si fossero, rimesse in libertà, andavano a
sciorsi prontamente per più giri ; e queste medesime funi gii.
libere , e inumidite imitavano le nuove in tutto . Le corde
d' intestini bagnate di seguito non ritornano quasi mai alla
lunghezza della volta precedente , ed asciugandosi geneialmen-
te si fanno più brevi. All' opposito le funi bagnate replicata-
mente quasi sempre meno si accorciano , e più si allungano
in asciugandosi di volta in volta , almeno fino a un discreto
numero di volte .
Da
IV.
Dell' Ab. Bonaventura Corti . 667
Da tutte queste costanti osservazioni paimi di poter con-
chiudere .
I.° Che tutte le funicelle , e funi grosse bagnate si ac-
corciano , benché si sciolgano , e neli' asciugarsi si allungano
al di là delia fissata misura .
II." Le funi tutte replicatamente bagnate meno si accor-
ciano , e più si allungano nell' asciugarsi di volta in volta.
S- V.
Ragioni fisiche delle stabilite leggi .
La prima legge stabilisce, che le funi nuove per l'azio-
ne dell' acqua si accorciano , benché si sciolgano . Questo le-
nomeno sembra nascere dall' acqua stessa che investe la fu-
ne, e penetra le spire, e le parti tutte che la compongono.
Quindi la fune HL (i) dilatasi, e gonfiasi , e per conseguen-
za dee accorciarsi . Ma la fune nel tempo stesso si scioglie ,
e questo cagiona allungamento nella fune . Ciò è vero ; ma
convien dire che l'allungarsi della fune sia quasi nulla in
faccia all' accorciamento .
IMa le funi nell' asciugarsi si allungano al di là della
fissata misura . Ciò facilmente intenderassi riflettendo , che
le funicelle componenti la fune grossa perdono molto della
loro lunghezza nella forzata torcitura che soffVono . Qualora
dunque la fune si sciolga le sue spire , e quejle delle funi-
celle , che ,la compongono si rendono meno serrate , anzi
oblique , e da questo nasce 1' allungamento della fune . Neil'
asciugarsi perdono anche la gonfiezza , che per 1' azione dell'
acqua aveano cotitratta , e questo pure concorre all'allunga-
mento delle medesime .
La seconda legge dice , che tutte 'le funi replicai amente
P p p p a ba-
(i) Fig. Vili.
663 Sperisnze sulle mìnuce ec.
bagnate meno si accorciano , e più si allungano neW àsciu'
garsi di volta in volta .
Nel render conto della prima legge si è detto , che per
l'azione dell'acqua le spire delie funi restano malmenate,
perdiino dunque molto di quella energia di prima in ciasclie-
dun bagnanif'tito , e però meno si accorciano. Nel perder
i^ umido poi allungansi dì piìi perchè le spire divengono sem-
pre più oblique, e tendono a disfarsi. E se la fune fosse
per moltissime volte assoggettata al bagno, si sciorrebbe nelle
sue componenti j, e le funicelle ritornerebbero a (juello sta-
to j in cui erano priina di essere violentate col torcimento.
Dalle leggi stabilite su i fenomeni delle corde d' intesti-
ni , e delle funi è manifesta la insussistenza dei pensamenti
e del Wolfio , e degli altri da lui citati su questo affare .
Tutti pailano dulie corde d'intestini , e delle funi senza ve-
runa distinzione, ed asseriscono, che i loro fenomeni sono
i medesimi, mentre, come si è dimostrato, v' ha una difle-
renza notabile, e vi debbe essere poiché la struttura , e 1' in-
dole delle prime è differentissima da quella dt^lle seconde ,
per conseguenza i fenomeni non ponno , né debbono essere
esattamente i medesimi .
Se qualcheduno esaminando le mie spiegazioni troverà
degli sbagli io lo ringrazierò , ed abbraccierò i suoi seuti-
meuti •
S- VI.
Forze delle funi umettate per alzar pesi ,
Una fune grossa usitatissima lunga 4 piedi parigini ba-
gnata la prima volta alzò un peso di libbre 44- Bagnata la
seconda volta alzò per pollici i. i un peso di 70 libbre.
Altra fune del diametro di linee 5 innacquata la prima
volta con un peso di libbie yS si allungò alquanto. Innaffiata
la seconda volta sollevò il peso stesso per un pollice , e mez-
zo ; era lunga piedi 4 •
Al-
y^r y^^y/ TX/yj ÓÓQ.
T^v riiT
.y^i. y/,// T.\y./ (' (i<) .
Dell' Ab. Ecnaventora Corti. 661}
Altra simile lunga 8 piedi umettata la prima volta si
allungò per linee a i sostenendo a5o lib. di peso . Bagnata
la seconda volta alzò il p»so per poli, i |- .
Una dello stesso diametro, e lunghezza tesa parallela-
mente all'orizzonte portante in mezzo lo stesso peso lo alzò
per 3 in 4 linee . Pare dunque che 1' energia sia maggiore
nelle funi perpendicolari .
Funicelle sottili a piìi torciture trattate come le sopra
indicate hanno sollevati pesi di a5 , di 3o , e di 34 libbre.
ME.
670
MEMORIA
Di Giambattista Marzari
MeJico in Treviso
Presentata da Gian\ekardo Zeviani
il di a 9 Meglio 1804 .
Sugli occhi fiammeggianti d' una Bambina «
itrovandomi il Settembre dell' anno 1787 nella Villa di
Musan , sette miglia sopra Treviso , mi fu presentata una
Bambina di due anni che non parlava ancora , ma sembrava
sana , e benissimo costituita . La di lei Madre per altro mi
disse j che non vedeva molto bene di giorno, e che qualche co-;
sa vedeva di notte ; più^ che le palpebre avevano del movimen-
to non ordinario; che il Sole, anzi il gran chiaro la incomo-
dava . Così appresi che v' era una JSìctalopìa congiunta ad
un 'Nìstagmus , e che tutto sembrava nascercela una Photo-
phobia .
II.
Ma se questi vizj degli occhi sembravano collegati tra di
loro . quello che adesso descrivo come testimonio oculare ,
era non solamente isolato , quanto mirabile _. e nuovo , per
quanto so , nel suo genere . Quando questa Bambina , li di
cui occhi erano piuttosto grandetti , e molto sporti in fuori ,
era collocata al chiaro del Sole, sia riflesso, sia diretto (con-
dizione affatto essenziale e sufficjente a provare che non era-
no fosforici ) essi presentavano il fenomeno seguente . Osser-
vati in vicinanza di un piede , o di due circa , sì di fronte ,
che di fianco , il colorito loro era misto e somigliante al co-
lor
Di Giambattista Marzari . 671
lor di castagna cruda . Si vedeva che esso appoggiava alla
consueta sede dell' Iride . Ma se questa disianza si accresce-
va , purché rimanesse al lume del Sole la Fanciulla , questo
Colorito allora variava , e variava costantemente , piesentan-
do con molta regolarità la sorprendente metamorfosi di di-
venir rosso , e finalmente di fiammeggiare . Perciò quan-
do questa distanza oltrepassando li quattro piedi , arriva-
va a quella di sei, o sette, otto, dieci e dodici o poco più,
accadeva , che il colore di castagna un poco alla volta pare-
va che degenerasse in rosso e fiammeggiasse , quasi in modo
da far raccapricciare . Così due Osservatori collocati uno ad
una gran vicinanza , 1' altro alla distanza indicata , ad un
tempo-istesso j anzi ad un istante medesimo vedevano gli oc-
chi della Bamhina differentemente coloriti . Il primo li vede-
va di tinta castagnina, il secondo rossi j e del color della
fiamma .
III.
Ho osservato , e meco alcurn altri , tra' quali il degno
Parroco della Villa, che vive ancora, intimo Amico dell' im-
mortal Nicolai , che ad una distanza maggiore dell'enunciata
il rosseggiar degli occhi non si discerneva più , e finiva col
perdrrsi . Di più , questa metamorfosi non nasceva già che
per gradi successivi , come è poi facile di figurarselo . Ho
detto che incominciava a quattro pifdi in circa , ma anche
ad una distanza minore i contorni dell'. Iride si vedevano al-
quanto rossigni; colore che si sviluppava, come dissi , ad una
distanza progressivamente maggiore, fino a svanire del tutto
dopo li quindici , o venti. E' limarcsbile inoltre, che il
pianto, la collera, il Sole diretto sembravano avvicinare il
punto della trasformazione , e renderla più viva , divenendo
gli occhi più tumidi , più vivi, e d' un castagno più traente
al sanguigno. Vidi fìtiaimente , che ben illuminati dal Sole,
quando rosseggiavano mandavano talvolta quasi delle srintille
di fuoco ; ma mi parve , che questo ienomeno non si unisse
che
6^2 Memoria
clie alla sola lagriiTiazioiie . In tal caso la riflesslon della lu-
ce solare doveva farla nascere in occhi sì fatti , senza che
la sua causa avesse che fare , con q^uella delia trasformazio-
ne , che io descrivo .
IV.
Questa Bambina è nata cosi. L' ho osservata il secondo
anno di sua vita : voleva farla vedere a de' dotti Amici :
multiplicare 1' osservazioni ; ma essendo morta poco dopo per
un male acuto, le mie speranze rimasero deluse. Non ostan-
te^ questa istoria l'aveva participata al Nicolai e più volte al
Conte Giordano Riccati , non che al Professore Stratico . Ma
bisogna dirlo , nessuno di questi celebri Fisici ha creduto di
potere spiegate il fenomeno; anzi opinavano che colli teoria
di Newton, non si avrebbe potuto mai farlo. Questo appun-
to fu quello che mi sforzò principalmente a meditarvi, e che
poi mi condusse a quella spiegazione, che per mezzo del ce-
lebre Amico mio Gianverardo Zeviani , ho l'onore di presen-
tare a questa impareggiabile Società .
V.
Una considerazione che aveva fatto , e che ho ritrovato
esseie stata fatta da Daubenton [a), mi condusse quasi per
mano alla conoscenza della teoria che desiderava , e che si
risguardava per impossibile . Questa è , che il colorito degli
occhi generale si trasformava sempre per la distanza , appa-
rendo tutti , dal più al meno , di u. i tinta ad una grandis-
sima vicinanza , che poi si cangia se la distanza s' accresca .
Cosi se il colorito degli occhi , dice quell' Enciclopedista , è
il giallo bruno j il giallo profondo, questo colore non si rile-
va
(a) Enciclop. Meth. Hist. Nat. Tom. prem. Introduction. pag. LXVI.
Di Giambattista Mauzahi . 67S
va che in £,ran vicinanza, iDcntre OoSfivati in distanza ap-
pariscono evidentemente, neri • Ho creduto adunque die la
causa che faceva nascere questa inelanioiloji generale fosse,
e dovesse esser anclie quella istessa che faceva nascere la
particolare -, e così rendesse fiammeggianti e rossi quegli oc-
chi che non erano in realtà che castagnini .
Posto questo principio che sembra filosofico , conveniva
poi determinar la causa della variazion generale che presenta
il colorito degli occhi per la distanza cangiata. Daubenton la
pone in contrasto di colori ; ina veramente quest' espressione
che non fissa alcitna idea , che è confusa , che non ha un
valore, non sembra accoglibile assolutamente. Ella non pote-
va servire dunque a spiegare il proposto fenomeno .
VI.
Ho creduto perciò di dover ricercare questa teoiia fieli'
azion che esercita 1' occhio su la luce che esce da lui stes-
so . Li Fisici tutti , i Fisiologisti hanno seguito già il sentie-
ro di quella che entra fino alla retina . Hanno fatto vedere
con un' evidenza da non lasciar niente a desiderare, che
questa luce obbedendo sempre all' azion rifrangente dei dif-
ferenti m^zzI per li quali passar doveva , sempie accostando-
si alla perpendicolare, se il mezzo aumentava in densità, e
scostandosene, se la densità minorava, finiva poi coiravvici-
rarsi all'asse ottico in modo, da formarne nella retina il suo
foco, ed il suo punto d'unione. Hanno fitto toccar con mano^
che questo prodigio della natura alla visione necessaii;. , era
tutto l'opera d'una combinazione, unica nel suo genere, per
la quale l' azion di varj mezzi veniva talmente temperata
dalle varie loro snpeificie, che questa luce sempre fedele
alla legge che Newton vi ha discoperto , ora accostandosi ,
ora scostandosi dulia normale , sempre più per altro all' asse
ottico »' avvicinavi . Ma non mi è noto che alcuno abbia
fin qui liflettuto bene alla luce che surte dall' occhio: all'
Tomo XI, Q q q q azio-
6"'4 Memoria
azione che esso esercita sopra di essa , ed abbia poi da que-
sta azione ripetuto con me, ed il fenomeno generale della
tinta deir Iride rimarcato da Daubenton ^ e quello affatto
particolare che io presento .
V 1 1.
Io penso perciò che 1' azion della cornea , e dell' acqueo
sulla luce che sorte , essendo contraria per V effetto a quella
che esercitano queste istesse parti su quella , ,che vi entra ,
sia essa la causa di quest' illusione . Imperciocché se unisce
li raggi che entrano , disunisce poi quelli che escono , e per
la rillessione che soffrono, e per la rifrazione, che varia col-
la varia rinfrangibilità che hanno. Disunione che essendo al-
la divergenza congiunta, deve accrescersi colle distanze. Dis-
persi così ed indeboliti i raggi per una rifrazione sì fatta e
fors' anche per una precedente introflessione , e dispersione
che soffrono nei loro mezzi prima di sortir^ , devono illangui-
dirsi e perdersi quasi del tutto , tanto più quanto che la
nerezza dell' uvea forma la base d' un corio nero , che assor-
bir deve nel suo vuoto alcuni di questi raggi dispersi. Cora-
posta r Iride di pochi raggi , cerulei , blùj giallo misti, que-
sti per 1' indicate maniere si disperdono , e vanno quasi tal-
volta ad estinguersi, ed allora il blu, e il giallo-scuro illan-
guiditi mentiscono in distanza il nera dell' uvea , e rappie-
sentano poi nero quell' occhio, che non eia che bruno ^ o
giallo-scuro , secondo 1' osservazione di Daubenton .
Vili.
Quando poi il colorito è castagnino , e 1' occhio grosso
protuberante, infiammabile, e molto attivo, come quello della
Fanciulla per singolarissima combinazione, allora, siccome in
questo colorito prevale, secondo Newton {a), il color rosso , il
qna-
(a) Opt. Lib. I. Par. II. Exp. XV.
Di GlAlNrBATTISTA MaUZARI . 67-5
quale è il più forte ed il meno riiifraugibile rli tutti , così
egli è evidente che sortendo e divLJeudosi dovea sviluppare
quella tinta , che è atta a render rossi , ed al gran chiaro ,
fianiineggianti li suoi occhi come osservai: la qunl teoria, se
è Tera , come lo e l'istoria, per ispiegare la quale è ifidirit-
ta , e come a me sembra , io spero che sarà accolta dai Fi-
losofi con una bontà che non può veramente attendersi da
quelle Belle che vanno superbe per i loro orchi neri . Con-
ciossiaccliè essa prova, che questa tinta ^ come tanl'altre co-
se , non solamente è un'illusione, ma anche una di quelle,
che la natura fa nascere quasi a sdegno; gettando cioè (pia
e là la luce sua, e così indebolendola , e talvolta estinguen-
dola interamente t
Oqqq a SUP-
676
SUPPLEMENTO
AL CATALOGO DI STELLE
Di Antonio Gagnoli
Presentato il dì i5 Luglio 1804»
xxdempisco all'obbligo assunto nel Tom. X di questa Socie-
tà , picducerido i ris-iiltamenti delle osservazioni fatte a mia
istanza dal Chiar. Ab. Cesai is (*): li quali prego il benigno
lettore voler trascrivere a mano nelle lacune cui spettano ,
e per le quali rimaneva incompleto il Catalogo da me pub-
blicato nel Tomo anzidetto •
Nomi delle stelle
ASCRI
nsioni
rette
Varia
1-
Numero e dKTs-
e delle
a :
I Genn.ijo
zioni
reiize
• estreme
cottellazioui .
i3oo .
annue.
delle oi
servaiiouì.
G.
M.
S.
Sec.
N.
Scc.
75 de' Pesci
14
0
5i*
46,
96
a
7>5
aS del Lioncello
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i5
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54,
59
a
3 , 0
34 /M deirOrsa maggiore
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54,
3<)
4
3 , 8
6 dell'Orsa minore
aai
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3,
3i
8
la , 8
/3 del Lupo , australe
aai
aa
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57,
99
5
5, a
l'ò dell'Orsa minore
a3o
J?
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- 3,
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3
0, 0
a. del Cigno
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3
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35,
35
4
5 , a
4 della V(jlpe neli'OcE
i 289
IO
4a*
^ ■>
28
a
3 , 0
7 della Volpe nell'Oca 290
9
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39 ,
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5
■7,6
7 del Cigno
a(^o
37
47*
aa.
e 3
4
6, I
38 n dell'Aquila
a9i
4
5a*
43,
66
5
6, I
6 |3 della Sa'^tta
398
i
b*
40,
So
4
4,5
17 % del Cigno
a94
4*
33*
34,
ex
a
0, I
la della Volpe
395
36
54*
38,
60
4
5 , 9
ai M del Cigno
297
la
4*
33,
67
3
3, I
14 della Volpe
297
39
IO*
38,
57
a
3 , 0
(*) Questa Memoria deve considerarsi comune al Socio Cesaris , cb« ha som-
Kiinistrato la m.ateria con 78 oeservazioni .
Di Antonio Gagnoli .
677
A
scensioni
Declinazioni
Varia-
Numero e diffe-
rette
boieali
a
zioni
renze estreme
in
dicativf
I G
enuajo
1800 .
annue .
delle
osservazioni ,
G.
. M.
s.
G.
M.
S.
Scc.
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Sec.
2.33
5
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2
I , 0
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2
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n
27
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38
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2
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1 1
1 1
12
1*
17 5
83
2
^,4
australe
3oi
44
4
li
9
3*
IO,
54
3
4. 3
Correzioni al Catalogo , tutte dipendenti da errori
di computo nelle riduzioni .
A
scensioni
Colonne .
E
rrori .
Corj-ezjòni ;
rette
indicative.
G.
M.
s.
5
12
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7
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I
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4
457
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P
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4
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38
JO
4
IO
32
•
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7
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22 5
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21
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4
lOI
21
102 I
102
II
2i
A
4'
de'
275 di Mayer ne^
678 Supplemento al Catalogo di Stelle
Ascensioni C
rette
indicative .
C. M. S.
141 5 53
162 aa ag
i53
82
54
i53
36
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i56
54
57
a 99
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39
aoo 16 19
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35
3,0.1
i3
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17
a8
•
aCo
40
1 1
a66
4
35
^67
ao
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273
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4
35
Si
Di Antonio Gagnoli . 679
Avvertimenti .
L'ascensione retta 87° i3' aa" appartiene veramente al-
la 38 dell' Auriga . Ma la declinazione ^%° 58' 49' appartie-
ne alla 39 . La posizione di Flanisteed ha indotto in errore .
La stella de' Levrieri , asc. r. 181° 53' 36", va posta do-
po la 7 h di Berenice .
Similmente la i3 dell'Orsa minore ^ detta Seguente,
asc. r. a3o" 17' a8" , va posta dopo la 12 * del Dragone.
Manca tuttavia una declinazione : Orsa minorej asc. r. 220"
9' 43" .
SPE-
68 a
SPERIENZE
ED OSSERVAZIONI POTAMOLOGICHE
Di Teodoro Donati
Ricevute il di 14 Luglio 1804 .
JTL vendo disteso uno strato di arena sul fondo AB ( fi^. r )
dì un piccolo canale di legrio , le cui spr>n le in ctiito sito
erano di vetro , vi feci correre un filo continuo di acqua ,
e dopo alcune or(' trovai quell'arena disposta come in tanti
monticelli CDE , EFG , CHI _, e guardando a'tentamente at-
traverso i v<mi m'accorsi , che l'arena veniva spinta, e ro-
tolata dal' acqua su pei piani acclivi CD , EF , GH , e che
alcuni granelli airivati ai cigij D , F , ec. sbiizavano da D
in L , da F in O ec. meritre altri dei medesimi ci^lj cadeva-
no al piede del rispettivo monticeilo <onie da D in E , da
F in G , ec. E cosi il monticeilo CDE s' andava avanzando ,
e lo stesso accadeva di tutti gli altri di molo che, qualche
tempo dopo quell'' arena si trovava disposta come in cdcfghi.
Un (fiPettodel lutto consimile mi toccò dopo di vedere in
erande nel Castagnaro fiume diversivo dell' Adij^e . Nel Set-
to r^ n
temhre 1767 comparve l'Adige in grossa piena, che superò
tutte le precedenti coli' altezza di nwzzo piede . In conse-
gurnza furono in grossa piena il Castagnaro , ed il Canal-
tianco ( f . a ) , e la mattina del di 17 segnnono due rette
dell'argine destro del Castagnaio . Qiiell' aigne era qua.-»i tut-
to di arena, e perciò gli sqiiarcj si ff^cero grandi in un tem-
po assai breve , cosicché tutta 1' acqua del fiume prese car-
so per le rotte lasciando 1' alveo inferiore affatto senz'acqua,
onle si potè vedere il fondo nello stesso stato , in cui »i era
trovato nel colmo della piena prima delle lotie . Lo vidi
per-
'Joc.Ji^cd. T. XI.p.661.
F^. IL
^^^aj?^i/- Occ
Tcto. IX.
'Joc.Jf^al. T XI.p.óSs..
Fc^.I.
Fc^.11.
Cajia/-ófl
'carico
Di Teodoro Bonati . 68i
tanto con delle prominenze , o siano monticelli affatto con-
simili ai descritti CDE , EFG ^ ec. , e con delle cavità simili
alle E , G , ec. profonde alcune due piedi , ed anche più .
Ritornando alla mia sperienza si può agevolmente cono-
scere , che i granelli , che sbalzavano da D in L , da F in
O i ec. erano naturalmente i più sottili , e che gli altri che
cadevano da D in E , da F in G , ec. erano i più grossi .
Questi rimanevano seppelliti dai successivi, che vi cadevano
addosso , né erano più in caso di progredire avanti finché
tutto il monticeilo CBE fosse passato in EFG . Solamente al-
lora era lecito ai granelli più grossi caduti da D in E di far-
si più avanti, dovechè i più sottili sbalzavano da D in L
punto più , e meno lontano da E a misura della minore , o
maggiore grossezza di cadaun granello; il quale cosi rimanen-
do esposto tuttavia all' azione dell' acqua continuava ad es-
sere spinto avanti lasciando addietro i piii grossi; il che com-
bina molto bene coli' osservazione , che nei fiumi arenosi
quanto più si esaminano lungi dall'origine, vi si trovano ge-
neral mente arene sempre più sottili .
Consideriamo intanto cosa sarebbe avvenuto nella mia
sperienza se dopo le osservazioni fatte la velocità dell' acqua
si fosse di mano in mano rallentata . Egli è manifesto , che
quei granelli più «nttii; sarebbero giunti a non potere essere
più sbalzati j che a distanze minoiu ., ed in fine a dover ca-
dere anch' essi come i grossi da D in E , da F in G , pc.
Per lo stesso scemamento di velocità , e di forza dell'ac-
qua i granelli , che prima venivano rotolati pei piani acclivi
CD , £F , ec. avrebbero in fine cessato di più progredire ; e
quei che si fossero trovati sui cigij D , F , H sarebbero fa-
cilmente stati mossi dall' acqua , e fatti cadere nelle cavità
sottoposte; e cosi abbassati i ciglj , e riempite le cavità sa-
rebbero svanite le prominenze osservate, ed il fundo del mio
canale sarebbe divenuto più regolare .
Ora altrettanto appunto mi è avvenuto di vedere verifi-
cato in grande nel Canal-bianco .
lomo XI. Rrrr Per
68a Sperienze ed Osservazioni ec.
Per Ispiegarmi in questo mi coavien dire quanto accad-
de dopo le due rotte del Castagnaro . Le acque uscite per
quelle rotte si diffusero per le Valli Veronesi ( fig. a ) , e
nel Tartaro colà disarginato alla sinistra , e dal Tartaro pas-
savano nel Canal-bianco , però con un corpo d' acqua mino-
re di quello, che avea corso per lo stesso Canal-bianco nel
colmo della piena : ma passati due giorni ruppe anche l'argi-
ne destro del Tartaro ^ il quale inferiormente rimase senz'ac-
qua , e lo stesso accadde al Canal-bianco , onde potei vede-
re anche il fondo di questo . Vidi bensì anche là delle pro-
minenze , e delle cavità simili alle descritte del Castagnaio ,
ma rare , e di misure molto minori .
Ora la discorro cosi : pel Canal-bianco nel colmo della
piena , e prima delle rotte del Castagnaro avea corso lo stes-
so corpo d' acqua ^ che nel Castagnaro dove avea prodotto
delle cavità , e delle prominenze notabili . Egli è dunque da
dirsi che le stesse acque avessero prodotto gli stessi effetti
anche nel Canal-bianco , il cui alveo è simile a quello del
Castagnaro . E perchè pel Canal-bianco dopo le due rotte
del Castagnaro corse per due giorni un corpo d'acqua di una
forza minore io concludo , che codesto corpo minore sia ap-
punto stato tale da poter abbassare quasi tutte le prominen-
ze ^ e riempire quasi tutte le cavità nella maniera da me qui
sopra spiegata .
Tutto questo fa vedere , che un esame del fondo di un
fiume ad acqua bassa può talvolta non bastare per iscoprire
la causa di certi vortici, e di certi movimenti irregolari dell'
acqua osservati in tempo di piena prodotti per avventura da
qualcuna delle accennate cavità riempite poi nel calare della
piena .
IN-
683
INDICE
DELLE COSE CONTENUTE IN QUESTO TOMO .
O tatuto della Società Italiana delle Scienze. Pag. m
Catalogo de' Socj . i
Annali della Società stessa continuati da POMPILIO
POZZETTI . XT
Elogio di LORENZO MASCHERONI scritto dal Mar-
chese FERDINANDO LANDI Piacentino. xxxviii
Sopra alcune Rose prolifere , Lettera di GIUSEPPE
MARIA GIOVENE a Pompilio Pozzetti. pag. i
Sopra un problema trigonometrico , JMemoria di FRAN-
CESCO PEZZI. 10
Esposizione anatomica delle parti relative all'encefalo de-
gli uccelli di VINCENZO MALACARNE. 33
Esperienze ed Osservazioni sopra le proprietà fisiche dei
sughi lattiginosi delle piante nostrali , e sopra la loro si- '
miglianza colla gomma o resina elastica: di GIOACHI-
NO CARRADORI presentate da Antonio Cagnoli . 6a
Dell'adesione o attrazione di superficie; Memoria del me-
desimo presentata da Antonio Cagnoli. ^5
Lettera di GIOVANNI FABBRONI a Pompilio Pozzetti
sulla maniera di preservare e di ristaurare i libri dan-
neggiati j e di costruir biblioteche . ga,
Istoria Anatomica di due Gemelle mostruose : Memoria
di FILIPPO UCCELLI presentata da Pompilio Pozzet-
ti . ia3
Memoria idrostatica di GIROLAMO SALADINI . 147
Sopra una straordinaria affezione verminosa ; Mt^moria di
R rrr a GIAM-
6*4 I N » I e E
G[AMBATISTA DALU OLIO, presentata da Pompilio
Pozzetti . i5g
Lettera di SEBASTIANO CANTERZANI a Torquato Va-
reno. 1^3
Obliquità dell'eclittica osservata nel solstizio 22 Giuo'no
i8o3 da VINCENZO CHIMINELLO . ° i8r
Calcolo del passaggio di Mercurio pel disco del sole nel
giorno 8-9 novembre i8oa secondo le osservazioni di
PadoVa e di Napoli; del MEDESIMO . i83
Congetture sulle cagioni delle diverse variazioni dell'Ago
magnetico dal Nord ; del MEDESIMO. 193
Metodo per trovare le radici numeriche d'ogni equazione,
di GIUSEPPE CASSELLA , presentato da Vincenzo
Chiniinello . 2c3
Osservazioni sull' azlcrfie dell' acqua idro-solforata e dell'
acido solforoso su di alcuni colori vegetabili ; di BAR-
TOLOMEO BARANI, presentata da Antonio Gagnoli. 241
Memoria su diversi articoli spettanti all'analisi, di PIE-
TRO FRANCHINI presentata da Antonio Gagnoli . 254
Sulle Acque minerali della Provincia Bergamasca, Memo-
ria di GIOVANNI MAIRONI DA PONTE . 285
Esperienze ed Osservazioni per dimostrare che le Piante
assorbiscono il Carbonio; di GIOACHINO CARRADO-
RI, presentate da Antonio Gagnoli. 3l3
Sopra ;i CIa7 mnitn ossigenato che si ottiene dal Carbone
messo neir accjna esposto ai raggi del Sole , con alcu-
ne altre sperienze ; Memoria di CARLO LODOVICO
MOROZZO . 83 1
Sulla Panizzazione, Memoria di GIAMBATISTA DALL'
OLIO , presentata da Pompilio Pozzetti . oS^'
Della forza e dell' influsso del cuoi-e sul cii'colo del san-
gue : Dissertazione di MICHELE ARALDI. 342
Memoria sull'uso della Logistica nella costruzione degli
Organi ; di PIETRO FERRONI . ' 383
Memoria di FRANCESCO PEZZI sopra la legge di trasfor-
ma-
BELLE COSE 635
ma/tone di una frazione continua indefinita qualunque;
in una frazione volgare, e sopra la più semplice risolu-
zione delle equazioni iudeteruiinate del primo grado . 4^0
Dell' Obliquità dell' Ecchttica -, Memoria di GIUSEPPE
PIAZZI . 4a6
Nuove Considerazioni su di alcune singolari proprietà
de' coefficienti della nota fornmla del binomio jNewto-
niano ; di CIOACHIINO PESSUTI . 446
Sul Catarro epidemico , Opuscolo di GI/VNVERARDO
ZEVIANI . » 4-6
Sopra una falsa specie di China , Memoria di OTTA-
VIANO TARGIONI TOZZETTI . 53r
Varice singolaiissima formala e scoppiata al seno qua-
drato del cuore., con una nuova anatomica dimostrazio-
ne delle fibre componenti lo stesso seno quadrato ;
Memoria di JACOPO PENADA, presentata da Gianve-
rardo Zeviani . 54-5
Intorno la denominazione e la classificazione degli odo-
ri ; Memoria di NICCOLO' DA RIO ^ presentata da
Vincenzo Chiminello . 561
Dubbj proposti al Socio Paolo Ruffini sulla sua dimo-
strazione dell' impossibilità di risolvere le equazioni su-
periori al quarto grado , da GIANFRANCESCO MALr
FATTI . 5^9
Sopra alcune Rose particolari dell' Italia inferiore , Me-
moria di POMPILIO POZZETTI al Socio Giuseppe
Maria Giovene. 608
Sull' ecclisse del dì 11 Febbrnjo iuc4 , Lettera di GIU-
SEPPE CASSELLA ad Antonio Gagnoli , presentata
da questo . 5^0
Descrizione di un nuovo elettrometro ed alcune esperien-
ze relative alla carica della colonna Voltiana ; delTcil.a-
te SALVATORE DAL NEGRO presentata da Vincen-
zo Chiminello . , 5^3
Osservazioni di PAOLO MASGAGxNI su!l' uso del caiLo-
II a-
-\
606 Indice delle cose .
nato di potassa nella malattia che affligge le vie oiina-
rie ec 635
Sperienze sulle miniige o corde d' intestini , e sulle funi
o corde di canapa ; dell' abate BONAVENTURA COR-
TI , presentate da Antonio Gagnoli . 6^ì
Sugli occhi fiammeggianti di una Bambina , Memoria di
GIAMBATISTA MARZARI presentata da Gianverardo
Zeviani . 670
Supplemento al Catalogo di Stelle di ANTONIO GA-
GNOLI . 676
Sperienze ed Osservazioni potamblogiche di TEODORO
BONATI . 680
IL FINE