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Full text of "Memorie di matematica e di fisica della Societ`a italiana delle Scienze"

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Z   A 


MEMORIE 

DI  MATEMATICA 
E   DI   FISICA 


DELLA 


SOCIETÀ  ITALIANA 

DELLE    SCIENZE 

TOMO   XIII   PARTE     II 

CONTENENTE  LE  MEMORIE  DI  FISICA. 


N. 


MODENA 

PRESSO  LA  SOCIETÀ  TIPOGRAFICA 
M  D  C  C  C  V  I  L 


V,-.  ■      ^  "  '  ■    J 


f       J     ... 


INDICE 

DELLE  COSE.  CONTENIJTE  IN  QUESTA  SECONDA  PARTE  : 

15  opra  alcuni  niiglioramentr  all'  auialgamazione  delle 
materie  aniilere  ed  argentifere  ,  Memoria  del  P.  D, 
ERMENEGILDO  PINI  Pag.  i 

Sopra  alcuni  fnnghi  ritrovati  nell'  apparecchio  d'  una 
frattura  ro'Uìlic.fa  d'  una  gamba  umana  ,  Memoria 
del  Sig.  OTTAVIANO  TARGIONl  TOZZETTf  i5 

Ricerche  sulla    pioduz  one   de'  colori  immaginar]   nell' 
ombre,  del  Sig.  PIETRO  PETRINI  ^presentate  dal 
Sig.  Gin  seppe  Slop  37 

Malattia  straurdiuaria  del  cuore  con  molte  riflessioni  pa- 
toldgiro  -  anatomiche  ,  Memoria  del  Sig.  JACOPO 
PENADA  presentata  dal  S\^^Gianverardo  Zevianì  67 

Sulla  Torbiera  di  Cerate  nel  Territorio  Bergamasco  ,  Me- 
moria epistolare  del  Sig.  GIOVANNI  MAIRONI 
DAPONTE  al  Socio  Sig.  Ab.  Cado  Amoretti  78 

Saggio  d'  nn  Trattato  di  IMeteorologia ,  del  Sig.  ANTON- 
MARIA  VASSALLI  EANDI  85 

Del  ])riiicipio  dolco  degli  Olj,  IMemoria  del  Signor  Dott. 
GIOVAGCHINO  ' CARRADORI  presentata  dal  Sig. 
Antonio  Cagnoli  100 

Casi  d'Ostetricia  non  comuni  raccolti  dal  Sig,  VINCENZO 

MALACARNE  119 

Nuova  ipotesi  per  ispiegare  la  discesa   del   barometro  in 

tempo  piovoso,  del  Sig.  VINCENZO  CHIMINELLO       r4o 

Sulla  Gonorrea  nel  sonno  e  suo  rimedio.  Memoria  del  Sig. 

GIANVERARDO  ZEVIANI  i53 

Sopra  la  caduta  delle  fughe  degli  Alberi  nell'autunno  , 
Memoria  del  Signor  Arcip'rete  GIUSEPPE  MARIA 
GIOVENE  lól 

Congetture  su  d'  un  antico  sbocco   dell'  Adriatico  per  la 

Dau- 


Daunia  fino  al  seno  Taranlliio,  del  Sig.  Arcidiacono 
LUCA  DE  SAMUELE  CACNAZZI  presentate  dal 
P.  Pompilio  Pozzetti  Pan,.  189 

Di  due  nuovi  legamenti  propri  della  tramezza  delle  nari- 
ci. Memoria  del  Sig.  FLORLYNO  CALDANI  114 
Dell'azione  di  varie  sostanze  sopra  altre  sostenute  pen- 
denti su  di  esse,  Sperimenti  del  fu  Alberto  Furtis,  ri- 
petuti ed  accompagnati   da  analoghe   osservazioni  . 
Lettera  del  Sig.  Ab.  CARLO  AMORETTI  al  P.  Pom- 
pilio Pozzetti  sia  i 
Se  la  Gravità  specifica  degli  ori  e  degli  argenti  allegati 
semplicemente  in  combinazioni  binarie  possa  servire 
a   determinarne  il   valore  ,    Memoria  del   Signore 
GIOVANNI  FABBRONI  a56 
Descrizione  d'  un  Mutilingua,  cioè  d'  uno  stromento,  con 
cui  i  muti  e  sordi  possono  con  altri  parlare.  Del   P. 
D.  ERiMENEGILDO  PINI  289 
Brevi  riflessioni  del  Sig.  LEOPOLDO  MARIA  CALDANI 

snl  Calore  animale  2,96 

Sopra  alcuni  prodotti  singolari  dell'  animale  economìa 

morbosa.  Memoria  del  Sig.  PIETRO  MOSCATI  3i 0 

Lettera  del  Sig.  PIETRO  ALEMANNI  regio  Farmacista 
al  Sij£.  Consigliere  Consultore  Moscati,  dal  rnedesi- 
ino  presentata,  suU'  analisi  di  alcuni  calcoli  urinar]  , 
e  di  due  sostanze  saline  Sai 

Sopra  una  specie  distinta  di  Cipero  ,  Lettera  del  Signor 
OTTAVIANO  TARGIONI  TOZZETTI  alP.  Pompilio 
Pozzetti  333 

Delle  specie  nuove  di  Funghi  ritrovate  nei  contorni  di 
Firenze  ,'  e  non  registrate  nel  Systema  Naturae  di 
Linneo  ,  edizione  XIII,  Memoria  del  Sig.  GIUSEPPE 
RADDI  Fiorentino  presentata  dal  Signor  Giovanni 
Fabhroni  345 

Della  tintura  del  Cotone  e  filo  in  rosso  colla  Piobbia  ,  Me- 
moria del  Sig.  GIANNANTONIO  GIOBERT  .  363 


MEMORIE 

D    I 

FISICA 


SOPRA 

ALCUNI  MIGLIOFxAMENTI  ALL'  AMALGAMAZIONE 
DELLE  MATERIE  AURIFERE,  ED  ARGENTIFERE 

MEMORIA 

Del  P.  D.  Ermenegildo  Pìni 

Ricev-uta  il  dì  a3  Giugno   i8o5 

ije  materie ,  da  cui  si  euol  estrarre  col  mercurio  1'  oro,  e  1'  ar- 
gento ii^  68se  contenuto,  sano  massimamente  quei  minerali, 
che  chiamansi  Piriti ,  o  sulfuri  di  ferro,  e  quelle  terre,  che  so- 
no le  spazzature  delle  Officine  degli  Orefici,  e  delle  Zecche  . 

I.  Sulle  accennate  miniere  d'oro,  e  d'argento  due  princi- 
palmente sono  le  qualità  di  Amalgamazione,  che  possono  prati- 
carsi .  La  prima  è  la  comune,  che  io  già  descrissi  nel  secondo  vo- 
lume dell'  Opera  mia  intitolata  De  excoctione  venarurn  metalli- 
carum,  L'  altra  è  quella,  che  dal  Cav.  De  Bora  fu  proposta,  o 
anzi  ripriìdotta  coll'accompagnamento  di  altre  Teorie  ,  e  che  egli 
publicònel  libro,  che  ha  per  titolo  Methode  d'extraìre  les  metaux 
pitrfaits  des  mineraux,  eh  aiitres  substances  inetaHiques  pirleiner' 
CM/"e.  Di  questa  amalgamazione  Borniana,  che  già  da  qualche  teni- 

Tomo  XIII.  I  pò 


a  Sopra  alcuni  miglioramemti  ec 

pò  in  alcune  officine  nietallurgiclie  fu  dopo  varii  cangiamenti  in- 
trodotta, io  non  intendo  ora  parlare.  Perciocché  questa  mia  Me- 
moria è  diretta  soltanto  ad  accennare  alcuni  facili  miglioramen- 
ti, che  si  possono  introdurre  nell' Amalgamazione  usata  in  varie 
parti  del  Regno  d' Italia  ,  e  massimamente  nella  vai  Anzasca  ,  e 
ut-Ila  valle  d'Autrona,  i  quali  miglioramenti  sono  anche  in  parte 
adattabili  all'  Amalgamazione  di  terre  aurifere,  ed  argentifere  . 

a.  Sebbene  5  come  accennai,  io  già  abbia  altrove  esposto 
il  metodo  volgare  di  amalgamazione  usato  nelle  nostre  regioni  , 
pure  gioverà  che  in  breve  qui  lo  richiami ,  onde  più  agevolmen- 
te si  comprenda  quali,  e  quanto  facili  sieno  i  miglioramenti,  che 
sono  per  proporre  . 

3.  Primamente  il  minerale  j  che  suol  essere  un  Pirite  o  snl- 
fure  di  ferro  aurifero  unito  a  quarzo,  si  riduce  in  un'  arena  gros- 
siera,  facendolo  passare  ad  una  macina  ,  che  si  chiama  Mulinone, 
Quindi  con  mercurio  ed  acqua  si  carica  sui  Mulini,  la  cui  strut- 
tura e  espressa  nella  Tavola  annessa  . 

La  figura  4-  rappresenta  la  sezione  Ortografica  pel  mezzo 
del  mulino  Ee,  e  il  pavimento  .  Su  questo  è  un  secchione  BEDC 
Sulla  sua  base  è  un  fondo  RPVSQ  di  duro  sasso  ,  die  chiamasi  pi- 
la ,  la  cui  forma  è  rappresentata  in  prospettiva  nella  figura  i.  al- 
lorché già  è  in  parte  consunta  pel  lavoro  .  Su  questa  pila  è  la  ma- 
cina PNOSV,  la  cui  larghezza  XS  vedesi  nella  figura  3  ,  e  la  for- 
ma è  espressa  nella  figura  a,  che  ne  rappresenta  la  sezione  in  al- 
tezza. Nei  due  punti  N^  O  della  macina  che  chiamasi  Moietta  ,  si 
impiombano  due  spranghe  di  ferro  NM,OL  .  Nel  centro  della  pila 
e  della  macina  è  un  foro  V,  per  cui  deve  passare  Passe  f  G  di  una 
ruota  AT  a  Cuchiaj,  la  quale  è  messa  in  moto  dall'acqua  cadente 
da  un  canale  obliquo  n  ni.  Dappoiché  si  è  fissata  nel  secchione  la 
pila  stivandola  nel  contorno  P  S  con  ghiaja  di  minerale  ben  bat- 
tuta, si  fissa  nel  fondo  RP8Q  un  lungo  tubo  di  legno  «I,  in  modo 
che  nel  suo  contorno  Va  non  possa  penetrare  acqua  :  quindi  per 
entro  al  tubo  si  fa  passare  Passe  di  ferro FG,  che  si  connette  colla 
ruota  AT;  dippoi  si  fa  passare  sul  tubo  la  macina  PNOS,  e  questa 
si  connette  coli'  asse  FG  per  mezzo  di  una  spranga  di  ferro  HK  , 

che 


Del  P.  D.  Ermenegildo  Pini  ".  3 

che  è  forata  nei  tre  punti  M,!,  L  per  farla  passare  nelle  tre  spran- 
ghe mi ,  FG  ,  OL  . 

4.  Un  certo  numero  di  questi  mulini  si  dispone  in  una  Offi- 
cina, in  cui  sono  praticati  diversi  canali  per  l' introduzione  ed 
emissione  delle  acque,  e  due  operaj  possono  bastare  per  assistei'e 
a  8,  0  anche  io  Mulini  . 

5.  L' Anialgamazione  si  compie  col  seguente  metodo.  Si 
prepara  sul  suolo  il  minerale  stritolato  al  Mulinone,  e  vi  si  spruz- 
zano alcune  badilate  di  calce.  Nel  giorno  seguente  questo  mine- 
rale si  carica  sui  mulini,  ponendone  in  ciascuno  alcune  Lailila- 
te  ,  e  vi  si  infonde  acqua  ad  una  certa  altezza  ,  la  quale  non  mai 
deve  giugnere  alla  sommità  S  del  tubo  di  legno  .  Dappoiché  que- 
sto minerale  è  alquanto  macinato,  si  pongono  in  ciascun  mulino 
circa  ^4  once  di  mercurio  .  Quindi  dopo  poco  tempo  si  carica  al- 
tro minerale,  e  dopo  alcune  ore,  quando  cioè  si  crede  ,  che  sia 
abbastanza  macinato,  si  dà  esito  all'acqua  torbida  aprendo  un 
turacciolo  /,  che  è  apposto  verso  il  fondo  del  secchione,  e  si 
carica  nuovo  minerale,  infondendovi  altr' acqua:  si  prosegue  co- 
si l'operazione,  caricando  in  24  ^fc  circa  tre  quintali  di  miniera. 
Dopo  tal  tempo  si  spazza  il  mulino,  estraendone  il  mercurio  au- 
rifero :  il  che  si  compie  nel  seguente  modo-  Si  dà  esito  all'acqua, 
aprendo  iJ  turacciolo  inferiore/";  quindi  si  leva  la  macina  fuori 
del  secchione,  e  con  un  piattello  si  estrae  il  mercurio,  che  trova- 
si raccolto  nella  concavità  della  pila  . 

6.  il  mercurio  estratto  suol  essere  ancora  mischiato  con  una 
porzione  del  minerale  macinato  .  Per  separamelo  si  mette  in  un 
gran  catino  di  legno ,  e  sotto  uti  tuho  ,  da  cui  esca  copiosa  acqua  , 
se  ne  conqiie  la  lavatura  • 

7.  Allorché  il  mercurio  è  ben  lavato,  si  pone  in  una  pelle 
confettata  di  Camozza,  e  da  questa  ripiegata  in  forma  di  sacco  si 
ottiene  per  espressione  il  mercurio  ,  che  trasuda  dai  poii  della 
pelle  :  e  quello,  che  in  essa  rimane  ,  è  unito  all'  oro  e  all'argento, 
quello,  che  è  uscito  per  espressione,  contiene  una  insensibile 
quantità  di  metallo  nobile,  ed  il  rimanente  è  una  massa  molle 
composta  di  circa  tre  parti  di  mercurio  con  una  di  oro  legato  con 
argento  .  8. 


4  Sopra  alcuni  miglior  amenti  ec. 

8.  Questo  amalgama  si  riduce  in  una  palla,  e  quando  se  ne 
ha  lai  certo  numero,  cioè  alla  iine  d'ogni  mese,  si  pongono  alla 
distillazione  per  separarne  il  mercurio.  Per  tale  operazione  si  ha 
r  oro,  che  suol  essere  solo  di  circa  18  carati ,  essendo  argento  il 
rimanente . 

9.  In  una  intrapresa  di  miniere  della  qualità  sopraccenna- 
ta, che  fu  in  attività  nella  valle  d'  Antigono  nel  i  77^2,,  si  passaro- 
no all'  amalgamazione  568o  quintali  di  miniera  in  giorni  ±5/^  di 
lavoro;  vi  si  caricarono  Rubbi  i Sa  di  mercurio  ,  ciascuno  dei 
quali  è  di  i'j  librette,  e  dei  quali  quattro  formano  un  quintale  ; 
si  ritrassero  rubbi  160  i  di  mercurio  aurifero,  da  cui  per  espres- 
sione si  ebbero  rubbi  8  j:  di  palle  d'amalgama:  e  queste  alla  di- 
stillazione dettero  marchi  83  once  4  d'  oro  ,  cioè  once  b68  ,  ossia 
quasi  rubbi  2.  i  che  formano  il  valore  di  circa  4^00  Zecchini . 

IO.  Calcolando  su  questi  dati  vedesi,  che  il  mercurio  ritratto 

fu  di  Rubbi  160  i  menoRub.  a  i,  cioè  di  Rubbi  i58  4-,  onde  la 

perdita  in  mercurio  fu  di  Rub.  24  su  182;  cioè  quasi  del  i3  per 
cento  . 

X I.  CoU'esposto  metodo  non  si  ritrae  certamente  dalla  mi- 
niera tutto  r  oro  che  essa  contiene  .  Nulladimeno,  attesa  la  sua 
semplicità,  e  la  facilità  di  eseguirlo  con  poca  spesa,  inniita  di  es- 
sere ritenuto  quanto  alia  sostanza.  Macon  eguale  facilità  jìotieb- 
tesi  migliorare  nelle  sue  parti;  e  questi  miglioramenti  sono  ap- 
punto quelli,  che  io  intendo  ora  di  esporre  dopo  di  averne  fatte 
alcune  prove  sopra  luogo  . 

1-2  Questi  miglioramenti  hanno  rapporto  parte  alle  diverse 
qualità  di  miniere  aurifere,  e  parte  alla  manipolazione  delFamal- 
gamazione  .  Quanto  al  primo  oggetto  è  da  premettere,  che  quat- 
tro principalmente  sono  le  qualità  di  miniere  nostrali,  che  si  ca- 
vano, e  che  si  sogliono  mettere  confusamente  all'  amalgamazio- 
ne. La  prima  è  il  Pirite,  o  sulfure  di  ferro,  che  è  unito  ad  una 
matrice  quarzosa  mista  spesse  volte  con  mica  . 

1 3.  La  seconda  è  il  Pirite  arsenicale  nnito  con  pirite  fulfureo. 


Del  P.   D.  Eumeneoildo  Pmr  ;  5 

i4'  La  terza  è  il  pirite  sulfureo  ,0  arsenicale  congiunto  con 
Galena,  o  siilfnre  di  l'iombo  . 

i5.  J  a  quarta  è  un'  ocra  ferrugginea,  che  suole  chiamarsi 
Brusorie^  in  cui  talora  veggonsi  alcune  pagliette  ci'  oro  nativo  , 
Cosi  come  nei  quarzo  rugginoso,  con  cui  essa  è  congiunta,  e  que- 
sta sembra  essere  un  sull'are  di  ferro  scomposto  . 

16.  Quest'ultima  miniera  è  generalmente  più  ricca  delle  al- 
tre j  ma  ordinai iamente  trovasene  in  poca  quantità. 

17.  Il  pirite  sulfureo  suol  essere  più  ricco  d'  oro,  che  1'  ar- 
senicale: e  quando  per  ogni  quintale  rende  un  danaro  d'oro,  può 
utilmente  esser  messo  all'  amalgamazione  . 

)8.  Il  pirite  arsenicale  che  ha  un  colore  quasi  di  stagno, 
rende  in  confronto  del  sulfureo  più  argento,  ma  meno  oro,  e 
consuma  più  mercurio.  Il  volgo  degli  opera]  attribuisce  ad  Anti- 
monio questo  maggiore  consumo;  ma  essi  chiamano  Antimonio 
tutto  quello  che  e  svantaggioso  nell' amalgamazione  . 

19.  Finalmente  la  Galena  di  piombo  contiene  bensì  argen- 
to, ma  pochissimo  oro,  e  coli' amalgamazione  non  rende  una  sen- 
sibile quantità  ne  dell'uno,  uè  dell'  altro  metallo-,  ed  altronde 
va  perduto  il  piombo  ,  che  potrebbesene  estrarre. 

2,0.  Quindi  vedesi,  che  non  bene  provedono  al  loro  interes- 
se gli  Intraprcnditori  ditali  miniere  col  metterne,  siccome  so- 
gliono fare  ,  all' amalgamazione  indistintamente  le  diverse  quali- 
tà sopraccennate.  Per  trarne  un  maggior  piofitto  conviene  farne 
da  principio  la  scelta  .  Primamente  la  miniera  ocracea  sia  messa 
a  parte  per  amalgamarla  separatamente  dall'altro  minerale,  a.'^ 
Quando  il  pirite  sulfureo  è  unito  all'arsenicale,  si  separino  a 
martello  queste  due  qualità  ,  e  si  mettano  in  mucchj  separati  per 
prepararle  all'  amalgamazione  nel  modo  a  ciascuna  più  conve- 
niente. 3.°  La  Galena  di  pidmbo  vuoisi  parimenti  separare  ,  sic- 
come quella  che  non  deve  essere  messa  all' amalgamazione,  ma 
deve  riservarsi  ad  altre  operazioni . 

ai.  Il  vantaggio  di  tale  scelta  è  manifesto  .  Perciocché  se  si 
mischiano  nello  stesso  mulino  le  miniere  più  ricche  colle  pove- 
re ,  r  oro  di  quelle  rimane  diliùso  in  una  maggiore  quantità  di 

ter- 


6  Sopra  alcuni  miclioramfhti  ec 

terra  ;  epperò  una  minore  quantità  di  quel  metallo  va  ad  unirsi 
col  mercurio  . 

3.2..  Inoltre  facendo  le  indicate  separazioni  di  miniere,  si  può 
fare  ad  ognuna  quella  preparazione  che  maggiormente  conviene. 
Così  il  Pirite  arsenicale  può  esser  abbrustolito,  ocome  dicesi  cal- 
cinato, ])rima  di  metterlo  all' Amalsiamazione  .  L'  abbrustoli- 
mento  ed  in  seguito  la  lessivazioue  sarà  parimenti  utile  a  qua- 
lunque altro  minerale  ,  che  alle  prime  pruuve  si  conosca  essere 
consumatore  di  moLo  mercurio  , 

23.  A  prevenire  tale  svantaggio  gioverà  pure  1'  aggìiignere 
nei  Mulini  una  ceita  quantità  di  arena  quarzosa,  massime  aliora- 
quando  la  materia  macinata  mostia  una  certa  tenacità. 

2.4-  Il  Pirite  aurifero  spesso  è  unito  a  molto  quarzo  ;  e  que- 
sto ordinariamente  non  contiene  metallo  fino:  perciò  nella  prima 
scelta  esso  dovrebbesi  separare  dal  Pirite,  e  mettersi  da  solo  alle 
pruove  dell'Amalgamazione,  e  quando  in  queste  si  riconosca,  co- 
me pietra  sterile  si  rigetterà,  giacché  sarebbe  di  svantaggio  il  pas- 
sarlo al  mulino  insiemecol  minerale  aurifero. 

a5.  Quanto  alia  Galena  di  Piombo,  che  si  sarà  separata  nella 
prima  scelta;  essa,  allorché  se  ne  avrà  in  pronto  ima  sufficiente 
qua\itità,  si  metterà  alla  fusione  per  trarne  il  piombo,  e  da  que- 
sto dippoi  si  estrarrà  il  metallo  fino  colla  Copellazione ,  quando 
dagli  assaggi  risulti, che  ne  contenga  una  sufficiente  quantità.  Io 
ben  comprendo  che  gli  lutraprenditori  delle  sopraccennate  mi- 
niere ,  i  quali  ordinariamente  sono  persone  di  poche  sostanze,  e 
senza  cognizioni  metallurgiche,  non  troveranno  facilmente  i 
mezzi  per  trarre  da  questo  minerale  di  piombo  tutto  1'  indicato 
profitto.  Ad  ogni  modo  essi  in  parte  ne  potranno  profittare  col 
vendere  quel  minerale  ai  fabbricatori  di  vasi  di  terra  cotta  ^  giac- 
che quello  serve  per  darvi  la  vernice.  Un  altro  mezzo  per  avan- 
taggiare  della  miniera  di  piombo,  sarebbe  di  fonderla  in  piccoli 
forni  a  manica  dopo  di  averla  abbrustolita:  laqual'  operazione  è 
abbastanza  facile  anche  a  persone  ,  che  non  sieno  del  mestiere  . 
In  tal  modo  ,  se  non  si  trarrà  da  questa  miniera  tutto  il  possibile 
profitto  ,  almeno  se  ne  avvantaggerà  molto  più  di  quel  che  si  fa- 

reb- 


Del  P.  D.  Ermenegildo  Pini  .  7 

rebbe  mettendola  all'  amalgarnazioiie  ordinax-ia  .  Sarebbe  deside- 
rabile, elle  qualche  privato,  o  il  Governo  erigesse  una  fonderia 
di  piombo  in  sito  vicino  a  quelle  valli,  in  cui  si  coltivano  minie- 
re aurifere  unite  a  minerale  di  piombo,  e  che  questa  fonderia  ri- 
levasse ad  un  certo  prezzo  quel  minerale,  che  dai  diveisi  intra- 
prenditori  si  va  successivamente  cavando.  In  tal  modo  sarebbevi 
il  vantaggio  comune  si  dei  Proprietarj  delle  miniere,  come  del 
Proprietario  della  fonderia,  il  (piale  putrebbe  inoltre  estrarre  col- 
la Copellazione  l'oro,  e  l'argento  contenuto  nel  Piombo  . 

a6.  Oltre  il  profitto  ,  che  si  avrebbe  dall'  indicata  scelta,  o 
separazione  delle  diveise  qualità  di  miniere,  avvene  un  altro, 
che  si  può  facilmente  ottenere  nell'attuale  amalgamazione  del 
minerale .  Già  ho  detto,  che  T  amalgamazione  si  suol  fare  maci- 
nando il  minerale  con  acqua,  o  mercurio.  In  questa  operazione 
il  mercurio  si  divide  in  goccioline  più  o  meno  piccole  ,  che  a  poca 
distanza  dal  fondo  rimangono  sospese  in  quella  poltiglia,  che  si 
forma  del  minerale  macinato  nell'  acqua,  e  le  particelle  d'  oro  ,  e 
d'  argento,  che  nella  macinatura  si  staccano  dal  minerale,  tendo- 
no sempre  come  più  pesanti  delle  terre  verso  il  fondo  .  Meli'  in- 
contro di  esse  col  mercurio,  iiuesto  per  l'affinità,  che  ha  coli' oro, 
ed  argento  ,  si  unisce  con  questi  metalli,  e  nella  continuazione 
della  macinatura  si  ottiene  la  combinazione  di  una  certa  quanti- 
tà di  metallo  fino  col  mercurio  stesso  , 

2.1 .  Fatta  tale  combinazione,  i  cui  limiti  non  sono  facilmen- 
te determinabili,  se  si  proseguisse  la  macinatura,  il  mercurio  già 
unito  coir  oro ,  ed  argento  si  anderebbe  sempre  più  riducendo  in 
piccoli  gldbetti  j  i  quali  perla  tenacità  della  poltiglia  ,  e  pel  moto 
della  macina  SI  difionderebbero  per  tutta  la  massa  acquea  senza 
potersi  precipitare  verso  il  fondo;  e  così  alloraquando  si  dà  esito 
all'acqua  mista  colla  farina  minerale  per  estrarne  il  mercurio  , 
anderebbe  perduta  una  maggiore  quantità  di  mercurio  già  dive- 
nuto aurifero  .  Quindi  alloraquando  il  minerale  è  ridotto  in  sotti- 
le farina, si  fermali  mulino  per  esti-arne  il  mercurio,  che  rimane 
sul  fondo  insieme  ad  una  certa  quantità  di  minerale  macinato  in 
CUI  sono  sparse  molte  goccioline  di  mercurio  . 

a8. 


8  Sopra  alcuni  miglioramenti  ec. 

ao.  Ora  è  chiaro ,  che  quanto  inaogiore  quantità  di  mate- 
ria macinata  rimane  nel  nuiliuo,  tanto  più  dilìicilmente  il  mer- 
curio potrà  combinarsi  coiroro,  ed  argento  ;  giacché  per  l' inter- 
posizione di  tale  materia  più  difficilmente  le  particelle  di  questi 
metalli  verranno  in  contatto  col  mercurio  .  Quindi  1'  amalgama- 
zione  ,  affinchè  riesca  più  utile  ,  dovrebbe  esser  eseguita  ili  mo- 
do, che  successivamente  andasse  uscendo  dal  molino  quella  ma- 
teria ,  che  è  [)riva  di  metallo  ilno  ,  o  che  ne  contiene  una  piccola 
quantità  in  conlVonto  di  quella,  che  rimane  nel  mulino  stesso  :  la 
qnal  materia  è  certamente  quella,  che  si  porta  verso  la  superficie 
deir  acqua  . 

ag.  L'indicato  fine  si  otterrà  facilmente  nel  seguente  modo» 
A  diverse  altezze  del  secchione  del  mulino  si  appongano  alcuni 
tubi  di  legno  fornili  del  loro  turacciolo  .  Uno  sia  in  d  situato  ver- 
so la  superficie  dell'  acqua  ,  Taltro/sia  verso  il  fondo  (  Fig.  i  )  . 
Sopra  il  secchione  sia  un  canaletto  hìi  ,  il  quale  riceva  acqua  da 
un  canale  rp  ^  e  all'  inserzione  h  del  canaletto  nel  canale  siavi  uà 
regolatore  per  introdurre  nel  mulino  più  o  meno  acqua  .  Posta 
tale  disposizione,  la  macinatuia  del  minerale  s'intraprenda  nella 
maniera  usitata  .  Ma  quando  il  minerale  primamente  caricato  è 
già  alquanto  macinato^  si  apra  il  tubo  superiore,  e  pel  canaletto 
indicato  s'  introduca  nel  mulino  tant'  acqua  quanta  ne  esce  pel 
tubo,  e  così  si  prosegua  l'operazione  a  tubo  aperto  ,  fintantoché 
vengali  tempo  da  caricare  nuovo  minerale.  Allora  si  chiuda  il 
tubo  ,  ed  il  canaletto,  e  quando  la  miniera  nuovamente  caricata 
sia  alquanto  macinata,  si  riapra  il  tubo,  ed  il  canaletto,  e  si  pro- 
seoua  la  macinatura  come  si  è  detto  poc'anzi .  Per  la  terza  carica 
si  faccia  quello  ,  che  ho  detto  per  la  seconda,  e  cosisi  prosegua 
per  lo  spazio  di  24  ore,  dopo  il  qual  tempo  si  spazzerà  al  solito  il 
mulino  . 

3o.  Con  questa  Amalgamazione,  che  chiamerò  a  Scolo  ,  si 
otterrà  l' indicato  fine  .  Perciocché  le  materie  meno  ricche  son 
le  |!Ìù  leggieri  ,  le  quali  perciò  dall' acqua  sono  portate  verso  la 
superficie.  Essendo  pertanto  verso  la  superficie  dell' acqua  ap- 
plicato un  tubo  aperto  ,  ed  entrando  continuamente  acqua  nel 

mu- 


Del  P.  D.  Ermenegildo  Pini  .  9 

mulino,  quelle  materie  più  leggieri  esciran no  successivamente» 
e  così  l'oro,  e  l'argento  potrà  più  facilmente  combinarsi  col 
mercurio  ,  e  di  questo  sarà  minore  la  perdita  (  n.°  ab  )  . 

3i.  Io  già  esperimentai  comparativamente  questo  metodo 
nella  Valle  Anzasca  ,  ove  feci  prendere  della  stessa  miniera  due 
porzioni  di  egual  peso  ;  ed  una  la  feci  amalgamare  in  un  mulino 
al  modo  usato  ,  1'  altra  in  altra  mulino  col  metodo  poc'  anzi  in- 
dicato infondendo  in  ciascuno  un'  eguale  quantità  di  mercurio. 
11  risultato  fu  ,  che  coli'  amalganiaziona  a  scolo  l'operazione  si 
compì  in  molto  minor  tempo  di  quello  richiesto  perla  macinatu- 
ra usitata  ;  e  1'  oro  estratto  fu  alquanto  maggiore  . 

Sa.  Siccome  gli  Opera]  difficilmente  mutano  le  loro  prati- 
che, così  neir  esperimento  da  me  instituito  non  si  prestarono 
con  qtìella  esattezza  ,  che  io  loro  prescrissi  :  onde  non  è  da  du- 
bitare ,  che  il  vantaggio  dell'  amalganiazione  a  scolo  sia  per  esse- 
re molto  maggiore  di  quello  che  risultò  nell'  accennato  esperi- 
mento ,  quando  essi  vi  siano  esercitati  per  un  certo  tempo  .  At- 
tesa però  la  conosciuta  indocilità  degli  Operaj  ,  il  Proprietario 
delle  Miniere,  il  quale  voglia  introdurre  il  nuovo  metodo,  do- 
vrà assistervi  esso  stesso  personalmente  per  più  giorni  ;  e  tanto 
più  facilmente  conseguirà  il  suo  fine  ,  se  si  servirà  di  qualche 
giovane  a  preferenza  dei  vecchj  . 

33.  La  farina  minerale,  che  coir  acqua  esce  dai  mulini  do- 
po 1'  amalgamazione  ,  si  lascia  secondo  il  metodo  usato  andar 
perduta  .  In  essa  però  rimane  una  quantità  considerabile  d"  oro 
per  due  motivi  ,  cioè  primamente  perchè  non  tutto  quello  ,  che 
è  nella  miniera,  si  unisce  al  mercurio  -,  dippoi  perchè  vi  si  perde 
una  considerabile  quantità  di  mercurio  ,  dappoiché  si  è  combi- 
nato con  oro  .  Neil'  intrapresa  sopraccennata  (  n."  9.  )  si  lavora- 
rono ai  Mulini  Quintali  568i  di  miniera;  e  di  i8a  Rubbi  di 
mercurio  ,  che  si  caricarono,  si  ritrassero  160  Rubbi  di  nier^  u- 
rio  Aurifero  ,  che  conteneva  660  once  d'  oro  .  Onde  nel  mine- 
rale rigettato  dopo  la  macinatura  rimasero  22  Rubbi  di  mercuiio 
perduto  .  Supponendo  ,  che  questi  fossero  egualmente  ricchi 
d'  oro  coni'  erano  i  160  Ilubbi ,  essi  conterrebbero  quasi  ga  once 

Tomo  XIII.  2,  d' o- 


IO  Sopra  alcuni  miglioramenti  ec. 

d'  oro  ,  e  quest'  oro  unitamente  a  quello  ,  che  rimase  nella  mi- 
niera j  siccome  quello  che  non  potè  esserne  estratto  dal  mercu- 
rio .sarebbe  nei  568^  Quintali  di  miniera  rigettata  .  Quindi  ogni 
Quintale  di  questa  conterrebbe  più  di  9  grani  d'  oro,  se  fosse  di- 
stribuito equabilmente  per  tutta  la  massa  .  Ma  in  questa  sono  da 
distinguere  due  qualità  ,  cioè  quella  clie  si  emette  dai  Mulini 
molto  prima  della  loro  spazzatura  ,  per  esempio  nelle  prime  do- 
dici ore  del  lavoro  ,  e  quella  che  si  emette  nelle  altre  dodici  ore 
antecedenti  alla  spazzatura  dei  Mulini .  Essendo  la  prima  più  po- 
A'era  della  seconda  ,  ne  segue,  che  l'oro  contenuto  nella  seconda 
qualità  per  ragione  del  mercurio  aurifero  in  essa  mischiato,  deb- 
ba essere  maggiore  di  9  grani  per  ogni  Quintale  .  Quindi  vedesi  , 
che  sarebbe  pregio  dell'  opera  il  ripassare  all'  araalgamazione 
questa  seconda  qualità  di  lìiiuiera  rigettata  o  immediatamente  , 
o  dopo  di  averne  fatta  la  concentrazione  . 

34.  La  concentrazione  potrebbe  farsi  sulle  Tavole  chiamate 
Lavatoi  per  separarne  ,  e  rigettare  le  materie  sterili  ,  che  sono 
le  più  leggiere  .  Ma  cjuesta  operazione  richiede  una  certa  spesa  , 
ed  abili  Operaj  .  La  spesa  sarebbe  minore  ,  se  s' introducessero  i 
Lavato]  a  scossa ,  siccome  quelli  ,  in  cui  con  una  macchina  mos- 
sa dall'  acqua  si  compie  quella  lavatura  ,  che  nei  Lavato]  lissi 
deve  essere  fatta  da  Operaj  .  Ma  in  questi  le  prime  spese  di  co- 
struziOtie  sono  molto  considerabili  ,  e  richiedonsi  persone  perite 
di  questa  operazione  ,  le  quali  a  noi  mancano  . 

35.  Io  pertanto  ho  pensato,  che  potrebbesi  con  una  certa 
manipolazione  concentrare  nello  stesso  tempo,  e  ripassare  all' 
amalgamazione  1'  accennata  farina  minerale  ,  che  si  suole  riget- 
tare .  A  tal  line  conviene  primamente  fuori  dell'  officina  ,  in  cui 
sono  i  mulini,  preparare  una  fossa  nella  quale  vada  a  raccogliersi 
il  minerale  più  ricco  ,  (juando  si  emette  coli' acqua  dei  mulini  . 
Inoltre  nel  pavimento  dell'  officina  stessa  sieno  due  canali  ,  uno 
dei  quali  scarichi  nell'  indicata  fossa  ,  e  l'altro  al  fiume  ,  in  cui 
si  fa  entrare  il  minerale  sterile  . 

•'         36.  Si  prepari  quindi  un    mulino  simile    agli  usitati  per 
r  amaleamazione  :  se  non  che  in  vece  della  macina  vi  si  farà 


Del  P.   P.   Ermenegildo  Pini  .  1 1 

un  mulinello  ad  ale  ,  il  quale  si  muova  radendo  la  pila  che  sia 
piana  .  Nella  figura  9  è  rappresentata  la  sezione  ortografica  del 
mulino.  CDBE  è  il  seccliione  coi  tubi  cl,f,  forniti  del  loro  turac- 
ciolo .  PRQS  è  la  pila  di  pietra  coi  ribordi  V  ,tit\s,  che  forma- 
no come  im  catino  circolare,  il  cui  fondoP^ ,  t'  s  h  piano  e  la  cui 
forma  è  rappresentata  in  prospettiva  nella  figura  7  .  Su  questo 
catino  posa  il  mulinello  PNOS,  il  cui  piantato  è  indicato  nella 
fìg.  0  dalle  lettere  ZNi-i  j  o  SV;  e  questo  è  di  dura  pietra  ,  come 
ne'  mulini  ordinarli  ,  ma  più  ristretto  ,  giacché  non  deve  far  1'  uf- 
ficio di  macina  .  Nel  mulinello  sono  inq:>ionibate  le  due  spranghe 
di  ferro  «zM,  /L,  che  devono  annettersi  all'  asse  GF  della  ruota 
idraulica  per  mezzo  del  traverso  HK  .  Al  mulinello  si  applicano 
diverse  ali  di  legno  per  istemperare  la  materia,  come  sono  le  ali 
Zi,  iit  che  sono  applicate  al  mulinello  per  mezzo  di  una  spran- 
ghetta  di  ferro  in  esso  impiombata ,  e  le  altre  X,j,  che  sono 
raccomandate  alle  spranghe  /«M,  ZL  .  Finalmente  scende  den- 
tro del  secchione  un  tubo  bb',  che  comunica  col  canale  rp  per 
mezzo  del  ramo  RZ>U 

87.  In  vece  del  molinello  di  pietra  sarebbe  forse  più  oppor- 
tuna una  crociera  di  ghisa  ,  ossia  di  ferro  fuso  ,  quale  è  disegnata 
nella  fig.  5  ,  ed  a  questa  nel  gittarla  dovrebbero  formarsi  nella 
parte  superiore  due  risalti  t ,  r,  quali  sono  rappresentati  nella 
fig.  IO  ,  affine  di  poteila  per  mezzo  di  atte  chiavelle  unire  alle 
spranghe,  che  vanno  connesse  coli' asse  della  Ruota  idraulica. 
L"  accennata  crociera  unita  alle  spranghe  e  fornita  delle  ali  di 
legno  X  ,  j  è  rappresentata  nella  fig.  o  . 

38.  In  questo  mulino  di  concentrazione  o  mulinello  l'ope- 
razione si  eseguirà  nel  seguente  modo  .  Già  ho  detto  che  deve 
servire  per  ripassare  la  farina  minerale  già  macinata  che  si  riser- 
vò in  una  determinata  fossa  .  Se  la  prima  amalgamazione  fu  ese- 
guita col  metodo  volgare,  la  materia  raccolta  nella  fossa  sarà  quel- 
la, che  si  emette  dai  mulini  quando  si  caricano,  dappoiché  l'amal- 
gamazione  è  già  incaminata  per  lo  spazio  di  alcune  ore  .Che  se  si 
opera  coli'  amalgamazione  a  scolo  ,  la  materia  raccolta  nella  fos- 
sa 


li  Sopra     alcuni  migliouamenti  ec. 

sa  sarà  tutta  quella  ,  che  si  emette  dai  mulini  aprendone  il  tubo 
inferiore  y. 

39.  Ciò  postosi  carichino  alcuni  hadili  della  materia  da  ri- 
passare, e  vi  si  infonda  al  solito  acqua  .  Quando  pel  moto  del  mu- 
linello quella  sarà  abbastanza  stemperata,  si  aggiungono  1  a  once 
di  mercurio  ,  e  pel  tubo  bb'  &  introduca  acqua  ,  e  si  tenga  aperto 
il  tubo  (/,  per  cui  esca  tant'  acqua,  quanta  ne  entra  pel  tubo  bb'. 
Dopo  due  ore  circa  si  carichi  nuovo  minerale  chiudendo  prima 
i  due  tubi  (1 ,  e  bb' ,  e  quando  sarà  stemperato  ,  si  riaprano  come 
si  disse  nella  prima  carica  .  Si  prosegua  cosi  l'operazione  ad  ogni 
due  ore  ,  e  dopo  12,  ore  si  spazzi  il  nuilino  ,  e  si  passi  il  mercurio 
all'  espressione  .  Se  questo  si  trova  abbastanza  ricco  ,  contenen- 
do per  esempio  6  grani  d'  oro  per  ogni  quintale  di  farina  ripassa- 
ta ,  sarà  segno  ,  che  il  tempo  impiegato  al  ripassamento  fu  suffi- 
ciejite  ,  ma  se  sarà  povero ,  si  prolungherà  nelle  operazioni  se- 
guenti il  tempo  del  ripassamento  continuandolo  per  18  ,  ed  au- 
ciie  qJ^  ore. 

40.  Siccome  il  buon  esito  di  questa  concentrazione  dipen- 
de da  molte  circostanze  del  tutto  particolari,  peiciò  aflìne  di 
averne  il  massimo  vantaggio  converrà  con  replicati  esperimenti 
variarla  per  riconoscere  ,  e  quindi  ritenere  quelle,  che  saran- 
no le  più  vantaggiose  secondo  le  diverse  qualità  di  materie  , 
sulle  quali  si  avrà  da  operare  .  Le  variazioni,  che  possono  aver- 
vi influenza  ,  dipendono  massimamente,  i""  Dalla  quantità  dell' 
acqua,  che  continuamente  s'  introduce  nel  mulino,  e  dall'  al- 
tezza, in  cui  dessa  vi  si  mantiene  .  a°  Dal  tempo  in  cui  vi  si  la- 
scia la  farina,  che  si  ripassa  .  5°  Dal  moto  più  o  meno  rapido  del 
mulinello  .  4°  Dalla  quantità  di  mercurio  che  s'  aggiugne  . 
5°  Dalla  qualità  del  minerale  .  E  quanto  a  qnest'  ultima  circo- 
stanza si  avrà  presente  di  tentare  l'  addizione  di  calce,  o  di  sab- 
bia ,  quando  si  vegga  ,  che  il  mercurio  aggiunto  troppo  si  dimi- 
nuisca nel  ripassaMiento ,  o  non  riesca  abbastanza  ricco  . 

4i.   Come  neir  indicato  apparato,  e  ripassamento   debba 
ottenersi  la  proposta  concentrazione  e  facile  a  provarsi  .   Le  par- 
ticelle di  mercurio  aurifero  ,  che  sono  sparse  nel  minerale  già 
.  ^  sfa- 


Del  P.   L».  Ermenegildo  Pini.  ì3 

sfarinato  ,  sono  specificamente  yiù  pesanti  del  minerale  stesso 
Per  lo  che  se  questo  si  lavasse  sulle  tavole,  dovrebbero  quelle  in- 
gran  parte  separarsi  rimanendo  versola  sommità  ,  e  sid  lundo 
del  lavatojo  siccome  quelle,  che  sono  le  prime  a  precipitarsi .  Ora 
il  mulinello  di  ripassamento  equivale  quasi  ad  un  lavatojo  .  Per- 
ciocché la  lavatura  sulle  Tavole  si  fa  ,  ponendo  il  minerale  maci- 
nato o  sfarinato  alla  loro  sommità^  e  lasciandovi  dolcemente  ca- 
dere acqua  ,  la  quale  scorrendo  v^rrso  1'  estremità  loro  vi  porta  le 
parti  più  leggiere,  lasciando  superiormente  le  più  pesanti;  e  poi- 
ché nella  continuazione  del  la\  oro  scorre ,  e  si  deposita  verso 
r  estremità  anche  nna  porzione  delle  particelle  più  pesanti,  per- 
ciò conviene  con  un'  assicella  ,  o  piccola  marra  ricondurre  con- 
tinuamente la  materia  verso  la  sommità  ,  affinchè  quelle  parti 
più  pesanti  ricondotte  possano  depositarsi  verso  la  parte  supe- 
jiore,  e  sul  pavimento  delle  Tavole  , 

42..  Un  simile  iisultato  dee  certamente  aversi  dal  proposto 
mulinello  .  Perciocché  il  tubo  hU  (  fig.  Q  )  che  scende  sino  a  po- 
ca distanza  dal  fondo,  porta  continuamente  sul  minerale  acqua 
netta  .  Quindi  le  parti  più  leggiere  possono  continuamente  ascen- 
dere verso  la  sommità  del  midino,  e  le  più  pesanti  discendere 
verso  il  fondo;  e  poiché  verso  la  sommità  l'acqua  ha  un  esito 
continuo  pel  tubo  tì? ,  perciò  continuamente  escirà  con  essa  il 
minerale  più  leggiero  ,  rimanendovi  il  più  pesante  consistente 
in  mercurio  aurifero  ,  e  cosi  se  ne  avrà  successivamente  la  con- 
centrazione .  Che  se  vi  sia  aggiunto  mercurio  ,  come  ho  propo- 
sto di  fare  ,  il  mercurio  aurifero  ,  che  si  precipita  ,  anelerà  tosto 
ad  unirsi  col  mercurio  aggiunto  \  e  così  nel  mentre  che  si  con- 
centra il  minerale  ,  si  compirà  1'  amalgamazione  . 

43.  In  un  mulinello  si  può  nello  spazio  di  a4  ore  ripassare 
una  ([uantità  di  minerale  molto  maggiore  di  quella  che  si  passa 
la  prima  volta  nei  mulini  ordinar]  di  amalgamazione  .  Percioc- 
ché in  quelli  si  lavora  su  materia  già  macinata  ;  né  essi  possono 
se  non  assottigliarla  alquanto  più  di  quel  che  fu  nella  prima  ope- 
razione .  Questo  maggiore  assottigliamento  avrà  un  vantaggio, 
«d  è  che  si  potranno  separare  quelle  particelle  d'  oro  ,  che  per 

di- 


j4  Sopra  alcuni  migliOTamekti  ec. 

cliliM  tu  di  sufficiente   niaciiiatiua  non  potettero  separarsi   nella 
prima  operazione  . 

4-j-  Kiduccndo  in  bj'cve  la  manipolazione  proposta  ,  essa 
consiste  nei  seguenti  rapi  .  Si  preparino  i  mulini  })er  1'  amalga- 
niazione  a  scolo,  e  siavi  una  fossa  destinata  a  ritenere  il  minera- 
le ,  che  da  essi  si  enaette  coli'  acqua  dal  tubo  inferiore  ,  lascian- 
do andar  perduto  quello  ,  che  esce  pel  tubo  sujteriore,  quando 
pure  non  si  voglia  esperinientare  se  contenga  ancora  oro  suffi- 
ciente per  rijjassarlo  alla  concentrazione  .  11  ii}inerale  riservato 
nella  fossa  indicata  si  ripassi  nei  mulinelli,  come  già  accennai  : 
e  così  con  facili  mezzi,  e  non  dispendiosi  sarà  migliorata  1'  nsita- 
ta  amalgamazione  delle  sopraindicate  miniere  aurifere  . 

45.  Questo  stesso  metodo  sarà  applicabile  anche  con  mag- 
gior profitto  all'  amalgamazione  delle  terre  residue  delle  Zec- 
che ,  e  degli  Orefici  .  Perciocché  in  queste  1'  oro  ,  e  V  argento  è 
in  particelle  più  grosse  ,  e  meno  aderenti  alle  terre  di  quel  che 
sieno  nelle  miniere  .  Onde  avvi  meno  pericolo  ,  che  una  poizio- 
ne  del  metallo  fino  scorra  fuori  dei  mulini  insieme  colf  acqua  , 
die  si  lascia  usciie  pel  tubo^superiore  . 


l 


i)  'MJob'ip  ib  i- 


-MEMORIE  DI  l'ISiax 


cloc  .9^tal  T.Xm./iJ 4. 


S^'a  V- 1. 


MEMORIE  DI  FISICA 


Che  .  ?fe/  TXIir./ij4.. 


i5 

SOPRA 

ALCUNI  FUNGHI  RITROVATI  NELL'  APPARECCHIO    > 
DI  UNA  FRATTURA  COMPLICATA 

D'  UNA  GAMBA  UMANA 

MEMORIA 

Del.  Sic.  Ottaviano  Targioni-Tozzetti: 
Ricevuta  il  (Ti  3o  Giugno  i8o5. 

JlSenchè  da  uomini  sommi,  da  Osservatori  dilìgentissimi,  da 
sperimentatori  abilissimi  sì  facciano  del  continuo  veloci  pro- 
gressi nelle  Scienze  Fisiche  ^  seLLene  si  conosca  al  giorno  d'oggi, 
e  sia  provato  ,  che  quasi  tutte  le  Scienze,  quali  iedeli  compagne 
e  sorelle  ci  porgono  la  mano  per  condurci  ad  intenderei  fenome- 
ni, e  a  rintracciare  gli  andamenti  delle  cose  naturali  j  nuUadi- 
meno.per  quanto  a  paragone  dei  nostri  predecessori  si  conoscano 
niohi  più  animali ,  vegetabili  ,  e  minerali  che  nei  tempi  addie- 
tro ;  per  quanto  abbiamo  tanti  buoni  libri  da  consultare,  tante 
ingegnose  macchine,  tanti  utili  strumenti  per  investigare  le  ope- 
razioni più  recondite  della  natura  ,  si  deve  ,  io  dico  nulUdimeno 
con- nostra  grande  umiliazione  confessare  ,  che  dei  fenomeni  più. 
ovvj  .  di  quelli  che  si  operano  continovamente  sotto  i  nostri  oc- 
chi ,  conosciamo  molto  poco  le  cagioni  ,  che  li  producono,  o  non 
abbiamo  potuto  fin  ora  ritrovare  una  perfetta  sodisfaciente  spie- 
gazione. 

Di  questa  sorte  ,  parmi ,  che  possa  dirsi  un  fenomeno  acca- 
duto, ed  osservato  in  un  malato  del  Regio  Spedale  di  S.  M.  Nuo- 
va, negli  ultimi  giorni  del  mese  di  Maggio  del  1004,  il  quale  può 
dare  a  pensare  sopra  alcuni  punti  di  Fisica  Vegetabile,  i  quali  an- 

de- , 


jó  Sopra  alcuni  Funghi  ec. 

derò  esaminando  dopo  la  relaziona  del  fatto  medesimo  ,   che  ora 
prendo  ad  esporre  . 

Un  tal  Vincenzo  Scarpelli  di  Dicomano,  essendo  stato  tras- 
portato allo  Spedale  di  S.  M.  Nuova  il  dì  i5  Aprile  1804,  malato 
di  Frattura  complicata  della  libia,  e  della  Fibula  della  Gamba 
destra,  e  con  ferita  ,  e  scopertura  dell'osso,  fa  visitato  dal  clii- 
rurgo  di  guardia,  e  ritrovato  medicato,  e  fasciato  il  malato  se- 
condo lo  regole  dell'  arte,  senza  secule,  o  stecche,  fu  messo  nel- 
la Spedale  Chirurgico  al  letto  s^'guato  di  numero  56o  (a)  . 

Il  detto  uomo  era  in  età  di  anni  trenta,  e  diventato  di  tem- 
peramento cachettico  quando  Io  visitai  nella  fine  di  Maggio,  cioè 
dopo  quarantacinque  gioì  ni  di  malattia  .  Dopo  otto  giorni,  dac- 
ché il  malato  era  stato  depositato  nello  Spedale  furono  fatte  al- 
la parte  malata  delle  docciature  di  acqua  pura  tiepida,  le   quali 
necessariamente  inumidirono  l'apparecchio,  eie  fasce,  come  pu- 
re il  lenzuolo,  e  le  materasse  sottoposte.  Furono continovate  que- 
ste docciature  per  trenta  cinque  giorni,  nel  qua!  tempo  la  piaga 
aveva  dato  in  corruzione,  e  trasudava  umore  marcioso.  Appresso 
dopo  giorni  venticinque  circa  di  tali  docciature,  apparì  fra  le  fa- 
sciature una  certa  pelvia  o  timento,  alla  quale  successero  alcuni 
funghi,  i  quali  dalle  predette  fasce,  e  principalmente  dalla  parte 
della  gamba  fasciata  che  posava  sul  lenzuolo  del  letto  ,   compari- 
vano come  aggruppati  ed  in /«w/gZ/o/e,  come  dicesi  comunemen- 
te (Fig.5  6),  di  colore  bianco  sudicio.  Levati  questi,  il  giorno  ve- 
gnente ne  ritrovai  altri  e  sempre  in  gran  numero  .  Erano  essi  si- 
mili ai  Prugnoli  nel  loro  incominciamento  {b)  della  grandezza  di 


un 


(a)  Lo  Spedale  Cliirurgiro  di  S.  M. 
Nuova  è  poco  lodevole  per  la  sua  si- 
tuazione e  struttura  ,  essendo  compo- 
sto di  un  corridore  ,  clie  gira  intorno 
ed  un  cortile  non  molto  vasto  dal  ijua- 
le  prendo  lume  ,  ma  il  suo  palco ,  è 
prossimo  al  tetto,  e  troppo  basso,  on- 
de lo  Spedale  snddutto  nell'  estate  di- 
venta troppo  caldo  con  gran  pregiudi- 
lio  dei  malati  . 


(b)  Fungus  esculentus  ,  farinam  re- 
center  molitam  suaviter  redolens  .  Pi- 
leolo  suprema  parte  grisco ,  inferne 
lamellis  angustissimis ,  simul  cum  pe- 
diculo  albis  .  Michel.  Gen.  pag.  i5o 
Tab.   73  num.    1^3456789    io 

II     13     l3   .    

Fungus  vernus  parvus  Airinam  re- 
centem  molitam  admodum  redolens  , 
pileolo  desupor  lacte  rubescente,  infcr- 


Del  Sic.  Ottaviano  Tarotoni-Tozzetti  17 

un  capo  di  spillo  a  quella  di  un  dito  pollice,  di  figura  conoide  ,  o 
come  di  chiodo  a  testa  grossa  elevata  e  conica  ,  col  loro  cappello 
addossatoallostipiteo  gambo  (Fig.  5).  Alcuni  di  essi  lasciati  per  non 
muovere  il  inalato,  furono  ritrovati  aperti  il  giorno  dopo,  e  come 
direbbesi  sbocciati  e  maturi  nelloro  cappello,  il  quale  in  tale  stato 
non  era  più  conico  ,  ma  piano,  e  lacero  e  diventato  marcido  e  ne- 
ro ;  e  ciò  seguiva  per  lo  più  dalla  sera  alla  mattina.  Andato  a  ve- 
dere questo  malato  il  di  27  Maggio,  estrassi  un  fungo  grandetto, 
che  ho  disegnato  in  due  vedute  (Fig.  ij  a  )  .  Esso  aveva  odore  di 
fiuigo  ,  ma  la  fasciatura  tramandava  odore  fetido  di  corruzione, 
e  di  piaga  . 

Il  giorno  consecutivo  potei  avere  un  altro  gruppo  di  funghetti 
estratti  dalla  medesima  fasciatura,!  quali  erano  compressi  nel  lo- 
ro gambo,  e  ritorti,  perchè  venivano  dalla  parte  di  sotto  (  Fig.  6), 
dei  c[uali  poi  alcuni  crebbero  come  in  a{Fìg.  6  ,  e  si  svilupparono 
come  in  Z» ,  col  mezzo  che  indicherò  qui  sotto.  Nel  di  seguente  ne 
ebbi  un  gruppo  più  numeroso  (  Fig.  5) ,  né  più  se  ne  potettero 
avere,  perchè  fu  mutato  tutto  l'apparecchio,  fasciatura  e  letto  al 
malato,  il  quale  morì  dopo  non  molti  giorni;  e  ciò  mi  tolse  l'oc- 
casione di  esaminare  col  Termometro  il  calore  del  luogo  dove  ve- 
getavano i  fungili ,  come  mi  era  prefisso  . 

Questo  fenomeno  singolare,  quantunque  dai  chirurghi  stu- 
denti, ed  assistenti  dello  Spedale,  e  da  alcuni  Professori  di  que- 
sta facoltà,  creduto  non  raro,  ed  asseritomi  da  essi,  che  più  volte 
si  erano  imbattuti  ad  osservare  un  tal  caso;  pure  non  ritrovando- 
lo descritto  in  alcuno  autore  ,  ne  domandai  notizia  ad  un  dotto 
Naturalista  e  Medico  Inglese,  il  quale  con  Lettera  dei  5  Giugno 
Tomo  Xlll.  3  i8o4, 


no  albo,  lamcllis  vix  lineam  latis  , 
pedioulo  crassiore  ,  superna  pediruli 
parto  roncolore.  Miclicl.  Geii.  p.  i53  := 
Prugnolo  nostrale  colore  (V  Isuhella 
volg.  &c. 

Fungiu  vernus    parvus  farinam  re- 


center molitam  aJmodum  re<loIens  , 
pileolo  desuper  rufo ,  et  in  centro  Fu- 
sco rufo  ,  subtus  lamellis  crebris  , 
dnas  lineas  L-itis  ,  et  pediculo  .dhis — ■ 
Prugnolo  di  luaremma  .  31ichd.  Gen. 
p.  i53  . 


)8  Sopra  alcuni  Funghi  ec. 

1804,  cosi  mi  scrive:  Mi  preme  rispondervi  sidV  uiticolo  de  fun- 
ghi; la  cosa  è  per  quanto  io  sappia  interamente  nuova,  a  segno  , 
che  se  il  ragguaglio  non  venisse  da  voi ,  lo  crederei  una  burla  .  Ciò 
ini  conferma,  che  sebbene  qui  non  sia  (come  si  dice)  raro  un  ta- 
le avvenimento  ,  pure,  o  non  è  succeduto  altroVe,  o  non  è  stato 
avvertito  . 

Seguitando  a  far  ricerca  di  questo  fatto  in  diversi  autori  , 
ho  finahnente  ritrovato  un  fatto  simil  ricavato  dallo  zodiaco  me- 
dico [Zodiac.  Med.  Cali.  Julìi  obs.  5)  riportato  fra  i  varii  tratta- 
ti e  opere  del  Vallisnieii.  in  occasione  di  riportare  1'  osservazione 
del  detto  Vallisnieri  sopra  di  alcuni  fungili  nati  sopra  alcune  me- 
ningi umane,  state  immerse  in  acqua  vite  debole,  ed  estratto  dal- 
la Galleria  di  Minerva,  che  stampava  in  Venezia  V  Albrìzzi  (  T. 
VI. part.  6  pag.  i58  ann.  1708):  ivi  adunque  si  dice  =  Né  è  cosa 
,,  nuova  nella  natura  .  che  dalle  meningi  umane  macerate  ,  o  da 
„  ordigni  cerusici,  che  hanno  servito  a  medicar  corpi  umani,  e 
j,  dalle  parti  varie  del  medesimo  sieno  nati  funghi  ,  leggendose- 
j,    ne  tutto  giorno  nelle  mediche  Storie,  delle   quali  ce  ne  darà 
„   contezza  nel  suo  promesso  Trattato  il  nostro  autore,  conten- 
5,  tandoci  noi  per  ora  di  riferire  quello  del  Sig.  deBlegny,  che  si 
,,  trova  nello  zodiaco  medico  ^a\\\co-=Hactenus  inauditum  non. 
est  ,fungos  pluribus  partihus  humani  corporis  innatos  esse,  in  ap- 
parata autem  affectui   cuipiiim  chirurgo   i/nposito  increvisse ,   a 
nemine  adhuc  adnotutum  .   Rarissimus  qiiamvis  sit  ille  casus  ,  il- 
lum  tamen  novissime  conspicere  nobis  licuit  in  puella  fdia:  Nob. 
Dom.  La  Maine  a  cubiculo  serenissimi principis  Condei  .  Dictae 
puellae  odo  aut  novem  menses  vix  natae  infortunio  quodam  fe- 
viur  sine  vulwre  effractum  flit  ob  casum  nutricis  prioribus  meii- 
sis  praesentis  diebus.  P uLneri  medelam  illico  attulit  chirurgus  do- 
mesticus  soliti s  usus  remediis,  at  sive  lignum,  ex  quo  svculas 
construxit.)  in  pntredinem  inclinaret ,  sive  quidpiam  fermenti  vini 
sapiens ,  mediantibus  vaporibus  ad  part  em  laesam  delatis  exsiir- 
rexerit  ex  mixtura  oxjcrati,   cai  fasci ae  immersae ,   et  s/denia  , 
cum  aegraepusillae  urina,  factum  est  ,  ut  dum  removeretur  di- 
ctus  apparatus ,  quinque,  aut  sex  diebus  post  admotioaem ,  plus-' 

quam 


Del  Sic.  Ottaviano  Tarcioni-Tozzetti  19 

qiiam  centum  fungi  illutn  ohsìdentes  exìmendì  fuerìnt^  iis  persi' 
rniles  ,  nitos  projert  lì  gnurn  putrì  cium  ,  maxìinam  partern  ad  altì- 
tudìnem  digiti  assurgentes ,  crassìtiei  correspondentis .  Advocatus 
ad  rei  novitatern  testis  oculatus  Dom.  Ab.  Bourdelotius ,  qui  prò 
sua  cr(^a  me  benevolentia  duos  exhibuìt  sibi  asservatos  ^  quos  nul' 
lo  discrimine  a  snpradìctis  sejunxeris  . 

Assicurata  pertanto  la  possibile  vegetazione  dei  funghi  nel- 
le semiputride  fasciature  di  un  malato,  per  avere  il  comodo  di 
meglio  osservarli  nei  suoi  andamenti,  e  descriverli,  pensai ,  che 
questi  funghi  messi  nelle  medesime  circostanze  in  cui  erano  sta- 
ti nel  luogo  di  dove  gli  estrassi  d'  intorno  al  malato  ,  averebbero 
potuto  seguitare  a  vegetare,  e  spiegare  e  mostrarmi  il  cappello  , 
del  rpiale  non  potevo  vedere  la  struttura  per  essere  adeso  allo 
stipite . 

Involtai  pertanto  il  primo  fungo  ottenuto  (  Fig.  1.3)  nella 
carta  bianca  e  bigia,  cioè  fatta  di  cenci  lani  bagnata  ,  lasciando 
la  parte  del  cappello  fuori,  ed  aggiunsi  delle  foglie  bagnate  di  lat- 
tuga per  mantenere  1'  umidità  ,  e  rinchiusi  il  tutto  in  una  casset- 
tina  di  latta  situata  in  una  stanza  calda  circa  a8  giadi  del  Ter- 
mometio  di  Reaumur.  La  mattina  dopo  trovai  adempiti  i  miei 
desideri  anche  di  troppo,  perchè  il  cappello  era  sviluppato  e  di- 
ventato piano  lacero,  ed  aveva  cominciato  asfacelarsi  nel  lembo  j 
e  tingeva  di  nero  come  inchiostro i  corpi  che  toccava  (Fig.  3. 4-  ci). 
Allora  aggiunsi  anche  gli  altri  due  gruppi  sopradescritti  che  avevo 
avuti  dopo,  (Fig.  5.  ò),  e  ve  li  tenni  ventidue  giorni  per  osservarli, 
notando  i  loro  andamenti ,  come  si  può  vedere  dall' anne-^so  Dia- 
rio .  Da  questo  si  rileva  ,  che  seguì  lo  stesso  a  questi  ultimi,  di 
quello  era  accaduto  al  primo,  ma  gradatamente  con  minore  atti- 
vità, perchè  più  piccoli  .  Uno  di  essi  il  giorno  prima  di  aprirsi  del 
tutto,  comparì  col  cappello  campaniforme  tutto  squanunette  o 
peli  piccoli  impolverati  (Fig.  6  fi  )  e  molto  simile  alla  Fig.  5  g 
della  Tavola  80  del  Nova  Genera  del  Micheli  ;e  di  poisi  allungò  il 
suo  gambo,  si  apri  .  e  si  sfacelo  il  cappello  (  Fig.  6  /'  ),  come  negli 
altri,  mantenendosi  pelò  sempre  più  piccolo  .  il  gambo.,  o  sti|.'ite 
di  questi  lunghi  nella  parte  che  si  allunga  è  cavo  e  vuoto  (Fig. 

7)> 


ao  Sopra  alcuni  Funghi  ec. 

7  ),  e  questo  vuoto  si  fa  nelF  atto  di  crescere  il  gambo  nello  svi- 
luppo veloce  del  cappello,  perchè  prima  ,  o  sia  ([uando  è  in  boc- 
cia, egli  è  solido,  ma  più  floscido  del  rimanente,  come  potei  ve- 
dere in  uno  che  ne  apersi  lungo  il  suo  asse,  e  che  è  rappresentato 
alla  Fig.  9  .  Se  il  fungo  in  boccia  è  posato  a  giacere  ,  nell'  atto  di 
fiorire,  o  sviluppare  il  cappello,  il  suo  gambo  si  rivolta  eretto  , 
ed  allora  spesso  succede  che  si  rompa, osi  stiacci  il  detto  gambo, 
come  in  e  Fig.  4i  nel  modo  che  succede  in  una  canna,  che  si  vo- 
glia voltare  o  piegare  di  troppo  . 

Tutto  ciò  mi  assicurò,  che  non  era  questa  una  produzione  o 
escrescenza  morbosa,  prodotta  dalla  piaga,  ma  un  vero  fungo 
vegetabile  ,  che  cresce,  e  si  sviluppa  anche  lontano  dall'  amma- 
lato . 

Ali  si  rendeva  per  altro  necessario  sapere  se  fosse  una  specie 
conosciuta,  ovvero  una  nuova  o  ibrida,  prodotta  dalle  circostan- 
ze ,  e  dal  locale  in  cui  fu  trovato.  Esaminandolo  pertanto  mi  fu 
facile  di  riconoscerlo  per  l'  A^aricus  Fìtnetanas  di  Linneo  ;  cioè 
ylgarici/s  (  fiinetarius  )  stipiti/ tus  ^  pileo  campanulato  lacero  ,  la- 
mellis  nigris  lateraliter  flexuosis^  stipite  futnloso .,  volgarmente 
detto  Pisciacane ,  e  che  suol  ritrovarsi  spesso  sugli  aannassi  di 
concio  .  Ad  esso  conviene  anche  il  carattere  dell'  ylgaricus  stcr- 
corarius  di  Scopoli;  {a)  poiché  i  detti  funghi  sono  tutti  un  poco 
rostrati;  hanno  cioè  la  base  del  loro  stipite  radiciforme  appunta- 
ta ed  all'usata,  e  specialmente  i  solitarj  (  Fig.  i  .a. 3.4  5.().7  8  )  e 
perciò  la  qualità  di  solitarj  ,  non  è  un  caiattere  essenziale  e  di- 
stintivo; e  si  adatta  poi  benissimo  ad  essi  la  descrizione  del  me- 
desimo stercorariiis  data  da  Scopoli  cioè  —  pileo  ovato,  dei/i  cam- 
panulato ,  denif/ae  filano  ,  (pii  in  net  afe  inaigineni  hiuc  inde  lace- 
rum  induit  ,  et  loco  lamellarnni  colliquataram  ostendit  lineas 
nigras  ,  atramerito  velati  factas,  et  ex  tenuisnma  cute  transla- 
ccntes  .  Lo  che  ho  riscontrato  esser  vero  nei  più  piccoli,  ed  in 
quelli  che  hanno  fiorito  a  stento,  e  sono  stati  in  luogo  più  asciut- 
to . 


{a)  Ib.  Cam.  ed.  a  n.  i483 


Del  Sic.  Oi'taviano  Targioni-Tozzetti  2,1 

to.  Che  però  questi  due  funghi  di  Scopoli  credo  una  sola  identica 
specie  ,  mutando  essi  la  figura  del  cappello,  di  conoide,  in  ovata, 
campanulata  ,  piana,  e  lacera  come  dimostrano  le  figure  i .  2..  8. 
jo.  6.  3.4  . 

Determinata  la  specie  di  questi  funghi ,  mi  resta  il  piìi  diffi- 
cile del  mio  assunto  cioè  indicare,  come,  o  per  qual  mezzo  abl^ia- 
no  vc^getato  i  detti  funghi  ueirappareccliio  chirurgico  della  frat- 
tura di  questo  malato,  in  luogo  cioè,  per  quanto  pare,  poco  adat- 
tato alla  vegetazione  delle  piante  . 

L' agente  della  propagazione,  tanto  degli  animali,  che  dei 
vegetabili  ,  per  vero  dire,  non  ci  è  ancora  del  tutto  noto  :  vedia- 
mo riprodursi  sotto  i  nostri  occhi  tante  specie  di  animali,  e  di 
vegetabili,  ne  contempliamo  la  struttura,  ed  organizzazione,  ci 
infty-miamo  del  loro  modo  di  vivere;,  ma  non  abbiamo  conosciuti 
che  i  preliminari  della  loro  generazione:  si  fanno  dei  passi  lenti 
per  sorprendere  la  natura  in  questa  misteriosa  operazione,  mentre 
essa  agisce  in  istanti,  e  sfugge  alla  nostra  vigilanza:  e  quando  ci 
diamt)a  credere  di  averla  sorpresa,  e  discoperta,  ella  stende  un  ve- 
lo ,  che  ci  confonde  e  ci  scoraggisce  !  11  fonte  della  vita,  ed  il  pri- 
mordio dei  vegetabili  e  de^li  animali  ci  sono  ancora  oscuri  . 

Ristringendomi  intanto  ad  esaminfire  la  generazione  dei  ve- 
getabili, perché  questa  appartiene  al  presente  mio  ragionamento, 
servirà  rammentare,  che  due  sono  state  le  opinioni  sulla  genera- 
zione tanto  degli  animali .  che  dei  vegetabili,  una  detta  aiitlnge- 
nae  dubbia  ,  cioè  prodotta  dalla  fermentazione  e  putrefazione, 
r  altra  ualge'ia  o  dall'  uovo  ,  o  dal  seme  fecondato.  La  prima  eb- 
be per  fautori  i  più  antichi  Scrittori  .  ed  i  loro  commentatori,  o 
seguaci;  ma  era  solamente  adottata  per  alcuni  animali,  e  per 
certe  piante  ,  la  piccolezza  delle  quali ,  o  la  fugace  lor  vita,  o  il 
sorprendente  e  grandioso  accrescimento  ,  date  soltanto  certe 
adattate  circostanze,  facevano  dubitare  in  questi  esseri  di  una 
consimile  stiuttiu'a,  perche  non  simili  in  tutte  le  parti  ,  onde  im- 
perfetti furono  detti  quelli  che  snstanzialmente ,  o  apparente- 
mente mancavano  di  alcuna  di  dette  parti .  Ma  la  dottrina  dell' 
uovo  femineo  fecondato  dal  Maschio  negli  animali ,  e  del  seme  o 

ger- 


22  Sopra  alcuni  Funghi  ec. 

germe  fecondato  dal  pulviscolo  delle  antere  nei  vegetabili ,  osser- 
vato già  dai  Fenicj  ,  da  Teofrasto  e  da  Plinio,  sospettato  dal  Ce- 
salpiiio,  creduto  da  Grew,  da  Ray,  da  Morland  ,  da  Camerario,  da 
GeoftVoy,  da  JSJilliutlion  ,  e  da  altri,  e  determinato  precisamente 
da  Linneo  negli  s/jo/isali  delle  Piante  hanno  fatto  adottare  1'  npi- 
nione  j  clic  le  piante  tutte  producessero  il  seme  ;  che  questo  fosse 
reso  fertile  dal  pulviscolo,  e  capace  di  produrre  nuove  piante  ,  e 
vera  fosee  la  sentenza  del  nostro  divino  Poeta. 

Cli  O'^ir  Erba  sì  conosce  per  lo  seme  . 
Quanto  più  in  seguito  si  sono  esaminate  le  piante,  e  i  loro  fio- 
ri ,  o  piuttosto  le  parti  della  fruttificazione,  si  è  veduto  dopo 
Linneo,  che  non  tutte  le  piante  godono  dei  pulviscolo  ,  o  farina 
delle  antere ,  che  si  sparge  sullo  stimma  per  fecondare  il  germe  . 
Jacquin  ha  osservalo  nell'  asclepias ,  e  in  tutte  le  altre  che  »  lei 
si  rassomigliano,  e  che  perciò  ha  dette  asclepiaitee,  che  le  antere 
in  esse  non  sono  ripiene  di  globetti  di  polline,  ma  di  un  umore 
viscoso,  che  si  di  fio  ndfL  a  fecondare  il  germe.  Lo  stesso  segue 
nelle  piante  submarine,  come  nei  fuchi,  in  molte  conferve,  ed 
altre  simili,  nelle  quali  dalle  antere  o  borsette  dei  fiori,  per  lo  più 
mo-necj  o  diecj ,  si  spande  per  l'acqua  un  umoie,  che  tiasportato 
sul  germe,  lo  rende  capace  di  crescere  e  di  germogliare  all' op- 
portunità . 

Ma  la  teoria  Linneana  del  pulviscolo  fecondante,  non  era 
arrivata  a  ritrovarlo  in  molte  delle  piante  criptogame,  e  nemme- 
no a  conoscerne  la  loro  intera  fruttificazione  ;  e  quantunque  Mi- 
cheli avesse  scoperti  e  dimostrati  i  semi  nei  funghi,  e  nelle  muf- 
fe ;  pure  non  si  sapeva  come  questi  fossero  fecondati ,  e  se  vi  fos- 
se una  polvere  o  un'  aura,  che  ne  infondesse,  col  contatto,  1'  at- 
tività di  germogliare  . 

L'  opinione  di  Buillard  ha  schiarite  queste  dubbiezze,  ritro- 
vandovi un  umore  fecondante,  che  fa  le  veci  del  pulviscolo  =  ,, 
,,  Esiste  (Egli  dice)  ,,  un  umore  fecondante  in  molte  piante  crip- 
j,  togame,  enei  funghi,  il  quale  sta  in  piccole  vescichette  le  quali 
,,  crepano  in  vicinanza  dei  semi.  La  fecondazione  dei  funghi  diilc- 
,,  risce  dalle  altre  piante ,  perchè  a  certe  epoche  i  loro  semi  sono 
i  pe- 


Del  Sic.  Ottaviano  Taugioni-Tozzetti  aS 

jj  penetrati  da  questo  fluido,  1'  iiitioinissioiie  del  quale  pare  ac- 
j,  coinpagiiata  da  un  moto  d' irritabilità.  Le  muffe  hanno  orfani 
,5  generanti  ,  come  le  altre  piante  ,  visibili  al  microscopio  .  1  pe- 
5,  dicoli  sono  terminati  da  teste  tonde  :  questi  globi  si  presentano 
j,  sulla  lente,  come  tanti  piccoli  grappoli,  spesso  pedicellati . 
5,  Ciascun  globo  in  un  gran  numero  di  specie  è  contenuto  in  un 
,,  pericarpio  ,  che  tiene  nel  medesimo  tempo  un  ovario  circon- 
,,  dato  da  un  fluido  mucillaginoso,  in  principio  diafano;  e  che 
,,  svanisce  quando  il  seme  è  maturo  .  Dunque  il  principio  mucil- 
,,  laginoso  fecondante  non  è  nelle  antere,  come  negli  altri  fiori  ; 
,,  ma  circonda  immediatamente  i  semi,  e  nelle  altre  è  rinchiuso 
.,  in  globetti  .  Quando  l'ovario  è  arrivato  allo  stato  necessario 
,,  per  essere  fecondato,  è  penetrato  da  questo  fluido,  il  superfluo 
,5  del  quale  si  secca,  ed  allora  cpiesti  piccoli  semi  perdono  la 
„  triasparenza.  Le  specie  che  sono  mancanti,  almeno  visibilmen- 
,,  te  di  questo  principio  (  cioè  dei  globetti  )  ,  non  sono  meno  cir- 
j,  condati  da  questo  mucco,  che  la  sostanza  glutinosa  ritiene  sull' 
„  ovaiio  .  Le  muffe  ancora  „  (segue  il  medesimo)  vengono  dai  se- 
„  mi,  che  volano  per  farla,  perchè  messo  del  pane  scottato  dall' 
,,  acqua  in  tre  bocce  diverse,  una  aperta,  una  turata  con  carta  , 
5j  una  con  doppia  carta  pecora  e  mastice,  nacque  la  muffa  nella 
„  prima,  e  durò  per  due  mesi ,  nella  seconda  nacque  a  stento j  e 
5,  niente  comparve  nelFuliiina  .   „ 

Per  altro  in  questo  sperimento  ,  se  ì  semi  fossero  così  sparsi 
per  r  aria,  come  dice  BuiUard  ,  ne  dovrebbero  essere  alcuni  po- 
chi anche  nell'  aria  della  boccia  chiusa  perfettamente  ,  e  se  non 
ve  se  ne  potevano  introdurre  via  via  facilmente,  come  nella  boc- 
cia aperta  ,  almeno  qualcheduno,  esistente  nell' aria  della  boc- 
cia ,  doveva  vegetarvi  ,  il  che  non  è  seguito.  Che  se  si  rispondes- 
se, che  r  aria,  così  rinchiusa  senza  rinnovarsi,  non  era  atta  allo 
sviluppo  dei  geraà  della  muffa,  si  potrebbe  anche  dire,  che  non 
fosse  atta  a  produrre  quel  grado  di  putrefazione,  che  abbisogna 
per  formare  il  fungo,  secondo  I'  opi  'ione  di  Medicus,  e  di  Cavo- 
lini  ,  i  quali  hanno  dubitato  ,  che  i  funghi  nascessero  da  una  tal 
putrefazione  di  alcuni  corpi,  e  che  non  si  dovessero  considerare 

per 


a.\.  Sor'RA   ALCUNI  Funghi  ec. 

per  veri  vegetabili  organizzati,  ma  per  una  specie  eli  cristallizza- 
zione vegetabile ,  operata  dalle  parti  sottili  e  lliiide  dei  vegeta- 
bili ,  ridotte  al  primo  grado  di  scomposizione,  e  non  d'  inol- 
trata putrefazione,  accompagnata  da  un  grado  di  umidità,  e  di 
calore  • 

Ed  ecco  cbe  ricomparisce  1'  altra  opinione  ex  putrì,  ma  non 
però  in  quell'  aspetto  nel  (piale  se  la  inimaginai-ono  gli  auticbi  , 
cioè  che  dalle  putride  sostanze  potessero  esser  t'ormati  ,  ed  aves- 
sero immediatainente  origine  tanti  animali  e  tanti  vegetabili,  dei 
quali  non  conoscevano  gii  andamenti,  e  Ja  generazione  ;  ma  con 
altra  teoria  e  con  regole  diverse  è  stato  opinato  per  i  funghi  dai 
Sigg.  Medicus  ,  e  Gavolini  . 

Prima  di  esporre  r  opinione  di  questi  Osservatori,  mi  sia 
permesso  di  eniniciare  alcuni  fatti,  che  possono  aver  correlazio- 
ne col  nostro  fungo  .  ,,  Vallisnieri  (  come  ho  accennato  )  aveva 
,,  chiusa  una  Dura  Madre  del  cervello  umano  dentro  un  vaso  di 
j,  vetro,  nel  quale  era  acquavite,  ma  debole,  poiché  della  me- 
5,  desiala  si  era  servito  altre  due  volte  per  conservare  dalla  cor- 
j,  ruttela  parti  umane  ,  che  voleva  osservare  con  comodo  suo  . 
,,  Ciò  lece  la  primavera,  chiudendo  sempre  diligentemente  il  va- 
,,  so ,  e  legandovi  sopra  carta  pecora.  Volle  dopo  un  mese  in  cir- 
J5  ca  osservare  la  dura  madre  ,  e  trovò,  che  sulla  superficie,  che 
5,  galleggiava  ,  erano  nati  in  tre  luoghi  distinti  tre  veri  funghi  di 
,,  color  di  cenere,  col  loro  piede  ,  ma  breve,  e  col  capo  d' inegua- 
,,  le  circonferenza  ,  erano  sottili ,  duretti,  e  come  fatti  a  onda  . 
j.  Infatti  erano  veri  funghi,  poco  dissimili  da  quelli  ,  che  nasco- 
„  no  dal  tronco  del  Sambuco  ,  che  si  chiamano  da  alcuni  latini 
5,  auriculae  judae  ,,  (  Peziza  auricula  L.  )  («) . 

Non  è  raro  che  una  certa  materia  fungosa  a  guisa  di  tomen- 
to bianco,  come  quella  che  apparisce  prima  che  si  formino  i  fun- 
gbi  da  me  descritti ,  ed  osservata  da  altri ,  si  manifesti  nelle  parti 

ani- 


(«)  ^  allisnieri  in  op.  ed  osserv.  fisi-     i     Galleria  di  Minerva  T.   6  part.   (>  pag_ 
co  mediche  p.   171   Tav.   q    fjg.     i  ,    e     |      i58  ann.    1708  . 


Del  Sic.  Ottaviano  TARcioNi-TozzETTr  a5 

animali  tenute  in  alcool,  rei^o  debole  per  l'acqua  contenuta  fralle 
fibre,  e  membiane  delle  stesse  sostanze  animali  imuierseviic  Tho 
più  volte  osservata  in  alcuni  feti  umani,  in  una  salamandrajcd 
in  alcune  serpi  acquajole ,  che  aveva  infuse  nell'alcool,  e  chiu- 
se in  diversi  vasi  di  cristallo  nel  mio  Museo,  ed  aveva  turati  con 
coperchio  di  cristallo ,  ristuccandone  le  commettiture  con  cera  , 
o  con  gomma  ;  dalle  quali  stuccature  nel  caldo  dell'  estate  e  con 
l'andare  del  tempo  si  era  svaporato  l'alcool,  e  reso  più  debole, 
e  per  conseguenza  poco  adattato  alla  conservazione  di  tali  corpi 
molli  , 

In  una  lettera  del  Padre  Francesco  Bartolucci,  diretta  al 
Conte  Marsili,e  da  esso  riportata  nella  sua  opera  della  generazio- 
ne dei  funghi,  (a)  si  legge,  che  il  detto  padre,  avendo  preso  del 
fior  celeste  ,  o  gelatina  terrestre  (  Tremella  Nastae  )  per  distillar- 
la ,  ed  avendola  messa  in  un  fiasco  di  vetro  e  turato  con  cotone, 
s' imputridi ,  e  dopo  molti  mesi  si  scoprirono  certe  macchie  bian- 
che, le  quali  in  seguito  divennero  tanti  funghi  ispidi,  e  poi  mar- 
cirono, e  si  vedono  effigiati  denti-o  il  suddetto  fiasco  nella  ultima 
tavola  della  detta  opera  del  Marsili,  dalla  quale  figura  si  può  cre- 
dere ,  che  non  fossero  dissimili  dal  mio  Agarìcus  Finietarius  . 

L'illustre  Scopoli  {h)  descrive  76  specie  di  Funghi  ,  Muffe  , 
Bissi,  ed  altre  specie  di  piante  criptogame  le  quali  vivono  su  i 
legni,  e  su  i  tronchi  d' alberi  impiegati  per  reggere  i  profondi 
pozzij  e  gallerie  sotteiTanee  delle  miniere;  le  quali  piante  sono 
assai  differenti  da  quelle,  che  si  osservano  fuori  di  tali  sotterra- 
nei air  aria  aperta;  e  molte  di  esse,  fralle  quali  alcuni  funghi  , 
vegetano  a  rovescio  dei  funghi ,  che  si  vedono  sopra  terra  ;  cioè 
8Ì  ritrovano  aderenti  ai  suddetti  legni,  e  pendenti  all'  ingiù^  inve- 
ce di  essere  eretti . 

Mattioli  (e)  dice  ,  che  ,,  tagliato  un  Gattice   (  Populus  alba  ) 
,,  a  terra  ,  e  annaffiato  con  acqua  calda,  nella  quale  sia  stato  di- 

Toino  XII L  4  55  sciol- 


ini p.  37. 

(*)  Dissert.  a<l  scipntiam  naturai,  p    i 
pag.  84  .  Plantae  subtorraneae  . 


(f)    Comm.   in  Dioscor.    e  del  Valgri. 
si  cura  majn.  fig-  1.  i    cap.  go  p.  iSg  . 


a6 


Sopra  alcuni  Funghi  ec. 


,,  sciolto  lievito,  o  fermento  ,  produce  iu  quattro  giorni  funghi 
,,  gratissimi  e  buoni  a  mangiare  ,,  .  [a) 

Il  sopracitato  Padre  Bartolucci  da  una  radice  di  Pioppo  ta- 
gliata, e  annaffiata  per  dodici  anni,  ebbe  funghi  quasi  ogni  me- 
se ,  fuori  che  nel  verno  più  freddo  (b) . 

11  diligente  Sig.  Dottor  Carradori  con  ripetute  osservazioni 
ha  fatto  vedere  ,  che  la  Tremella  Nastae  si  converte  in  Trtmel" 
la  verrucosa  ,  e  in  Lichen  fascicularìs,  e  Lìchen  rupestris  eecon- 
do  le  circostanze  (e) ,  e  che  queste  quattro  sostanze  credute 
piante  di  diversa  specie,  e  anche  di  genere  diverso,  non  sono 
che  una  sola  identica  specie  . 

Dopo  di  tali  fatti ,  non  si  averà  luogo  di  dubitare ,  che  tutte 
le  piante  ,  e  specialmente  i  funghi,  o  alcune  specie  ;di  essi  non 
provengano  sempre  dal  seme  ,  ma  che  sieno  una  quasi  metamor- 
fosi dei  corpuscoli  o  molecole  organiche  dei  vegetabili  non  intie- 
ramente morti  ?  Crede  Medicus  ,  che„  le  suddette  parti  o  corpu- 
scoli dei  vegetabili  sieno  vibrati  da  un  moto  spontaneo  del  ve- 
getabile, che  si  scompone,  non  come  materia  vegetabile  non 
alterata  ,  ma  come  una  seconda  formazione  ,  la  quale  abbia  ri- 
cevuta una  nuova  e  diversa  impulsione  formativa ,  che  Egli 
fonda  sopra  una  (orza  elastica  ed  attrattiva.  Per  la  forza  elasti- 
ca le  molecole  staccate  dai  vegetabili,  sono  lanciate  al  di  fuo- 
ri,  e  per  l'attrattiva  si  riuniscono  ,  si  allungano,  e  formano 
j,  un  tessuto  .   ,, 

Analogo  fu  il  sentimento  di  Teofrasto  ,  di  Dioscoride,  e  di 
Plinio,  i  quali  credettero,  che  i  funghi  avessero  origine  da  una 

vis- 


5J 

51 
5J 

35 
55 
J5 

J5 


(a)  La  stessa  cosa  era  stata  insegnata 
molto  prima  dal  Tarentino  fra  i  Geopo- 
nici  greci  (v.  Geop.  graec.  Lib.  lacap.  i 
e  <la  Needham.  (  vedi  anche  Jo.  Bapti- 
itae  PoTtae  Villa  p.  768.  ) 
(i)  Marsili  de  or.  fung.  p.  89 
Dioscoride  rammenta  una  simile  pra- 
tica dicendo  ;  „  Nec  desunt  qui  memo- 


,,  riae  prcdiderunt,  tum  albae  tum  ctiara 
5,  njgrae  jjopuli  corticem  in  tenuia  fru- 
,5  sta  concisumac  stercoratis  ovolis  spar- 
,,  sum  et  quasi  satum  quovìs  anni  tempe- 
„  state  ftingos  edules  proferre  [Diosc.  de 
mat.  med.  ed.  aSarraceno  l.  i  cap.  109.) 
(e)  Carradori  della  Trasformazione 
del  No«toc  f. 


Del  Sic.  Ottaviano  Targioni-To2zetti  .  27 

viscosità  proveniente  dai  vegetabili  per  putrefazione  Le  Muffe, 
le  quali  si  ritrovano  tanto  su  i  corpi  vegetabili,  che  animali,  ma 
sempre  attaccati  da  un  grado  di  putrefazione  :  i  funghi  nati  ad- 
dosso, o  sopra  il  cappello  dei  proprj  progenitori,  come  osservaro- 
no -Micheli  («)  e  Maisili  (/>) ,  i  quali  s'  incontrano  costantemente 
sulle  medesime  piante,  pare  che  ne  dieno  a  sospettare  ,  e  dimo- 
strino, che  come  lo  spato  calcarlo,  il  quale  si  modifica  in  diffe- 
renti figure,  ha  origine  però  sempre  dal  parallelepipedo  romboi- 
dale, la  Galena  dal  cubo  ,  il  Granato  dal  tetraedro;  così  i  funghi 
abbino  sempre  origine  dal  disfacimento  di  altri  vegetabili  semi- 
putrefatti  . 

Osservò  Cavolini,  che  T  odore  dei  funghi  è  lo  stesso  di  quel- 
lo dei  legni  marci  ,  e  che  le  fibre  dei  funghi  non  sono  vasi  o  ca- 
nali ,  come  nelle  altre  piante,  ma  falsi  canali,  formati  dalla  con- 
tiguità di  alcune  serie  di  parti  solide  o  dì  globetti,  che  facilmen- 
te si  separano  nel  seccarsi ,  con  i  quali  possono  in  certo  modo  as- 
sorbire 1'  umore,  nella  guisa,  che  il  lucignolo  attrae  1'  olio  (e) . 

Trova  egli  una  certa  analogia  con  le  galle  prodotte  nelle  scor- 
ze degli  alberi  dalla  puntura  delle  Cinipi,  e  dalla  fermentazione  o 
stimolo  introdotto  nella  parte  cellulare  della  scorza  per  1'  umore 
ìnstillatovi  da  questi  insetti  nel  depositarvi  le  uova ,  e  come  suc- 
cede nei  bozzocchi  di  altre  piante ,  cosichè  egli  dice  =  „  in  adat- 
,,  tate  circostanze  incominciando  nei  vegetabili  un  principio  di 
„  putrida  fermentazione,  sono  alcune  parti  gettate  in  alto  con 
„  una  legge  determinata,  e  così  è  formato  il  piccolo  fungo  ,  il 
„  quale^ssendo  fornito  di  questi  falsi  organi ,  comincerà  a  nu- 
„  trirsi  per  quel  breve  tempo  che  la  fabbrica  di  esso  comporta  : 

„  la 


(«)  Gen.  xM. 

(*)  ,,  Nee  insiiper  raro  funeiim  ex 
,,  fungo  crescere  liartepiis  a  me  obser- 
,,  ,  vatum  ,,  (  M arsili  de  orìg.  fung.  p. 
35  .    ) 

(e)  Mirbel  (  degli  organi  elementari 
delle  piante   )    dice.   J  funghi  e  le  al  die 


mi  sono  sembrate  un  composto  di  tessuto 
cellulare  .  (  v.  Biblioteca  di  campagna  n. 
7  p.  35  ,  )  e  più  sotto  (  pag.  38  )  discor- 
rendo dei  tubi  grandi  ,  dire  S  Non  ho 
giammai  potuto  scoprire  que>ti  tubi  nei 
funghi,  nei  lirlieni  e  nelle  alghe  ,  anche 
coir  ajulo  del  pili  perfetto  microscopio  ■ 


aO  Sopra  alcuni  Funghi  ec. 

„  1:\  qualità  diversa  del  vegetabile  ,  ed  il  suo  grado  di  marcimen- 
5,  to,  e'  sono  cagione  di  tale,  e  tale  altro  fungo;  siccome  la  diver- 
,,  sa  struttura  degli  alberi,  eia  diversità  degli  umori  sono  cagio- 
j,  ne  della  varietà  delle  g  He,  le  specie  delle  quali  sono  sempre 
j,  costanti  egualmente  che  quelle  dei  funghi.  ,, 

E  nella  guisa,  che  la  spuma  prodotta  da  una  fermentazione, 
se  si  supponga  potersi  indurire  ,  non  sarebbe  un  corpo  organico, 
così  Cavolini  vuole,  che  i  funghi  sieno  corpi  inerti,  e  che  succhi- 
no e  creschino  a  similitudine  delle  così  dette  stalattitiche  vcscta- 
zìonì  cristalline  di  alcuni  sali ,  e  sieno  perciò  il  vero  anello  fra  i 
vegetabili ,  ed  i  minerali  . 

Un'  opinione  non  molto  differente  spiegò  Lancisi  (//)  dicen- 
do „  Nequevcro  seminihus  ad  fungorum  generationeir  opus  esse 
viiìetur ,  curri  iidem  numquainnascantiir  separutim  ^verum  setn- 
per  derivatis  fibrillis  t  succoque  nutritio  ah  aliqiio  vegetante  ,  vel 
vegetabili  carpare.  Etcnim  tenui ssìrna  filamenta  quae  fungonini 
radices  constit.iiunt  ^  non  modo  cohaerentia  ,  sed  continua  etiani 
sunt  cum  utrìculis  ,fihrìSi  acfistulis.,  autviventìs  adhnc  plantae, 
aut  gernntiandì  seminis,  vel  saltem  jragmentorum  corii  ,  pcllis  , 
aut  periciirpii^  fruticìs ,  radicis  ,  aut  Ugni  ,  quae  tametsi  morlua 
vulgo  appellantur ,  quìa  nec  augescunt^  nec  gemtnas  amplius ,  ncc 
ramos  aut  folla  mittunt,  habent  tarnen  etiamtum,  lìcet  sine  mofu, 
snos  quaeque  concretos  succos  in  superstitibus  utcumque  organis  ; 
quamobrern  illis  iisdem  refermentutìs ,  et  in  Jluorem  actis  snccis , 
morbose  extendi  novasque  formas  possunt  inducere  . 

Suppone  altresì  il  Lancisi  (Z»),  che  tanto  negli  alberi,  che 
nelle  erbe  putrefatte,  utrobique  accidere  ut  fnngorum principi um 
sit pars  corpnris  vegetabilis  ,  duohus  simili  vitiis  obnoxia,  solutae 
nempe  continuitatì ,  et  quodammodo  degeneri  facto  nativo  succo. 
Suppone  inoltre  (e)  che  i  vasi  e  le  fibre  degli  alberi  alterate  da  un 
grado  di  scomposizione  si  conformino  in  funghi;  e  però  ne  nasca- 
no i  lamellati ,  i  reticolati,  i  porosi ,  o  di  altra  forma,  nella  guisa 

che 

(a)    Epist.  ad  IMarsiliuni  p,  V.  in  ope-       |       (h)    Ivi  p.  Vili, 
re  de  oiig.  funger.  ComitisMarsilJi  .  J      (e)  Iri  pag.   XII.  XIII. 


Del  Sic.  Ottaviamo  Tarcioni-Toezetti  ,  aQ 

che  r  escrescenze  ,  o  i  condilomi  si  foinianoper  malattia  negli 
animali:  e  nella  stessa  guisa,  che  nelle  piante  vive,  si  fanno  gli 
accrescimenti  per  le  fìhre  ancor  molli  ;  cosi  nelle  morte  si  ani- 
mollisehino  e  si  conformino  le  fibre  predette  per  comporre  il 
fungo  (a)  .  Lo  stesso  Lancisi  (A)  crede  col  Marsili ,  che  1'  umor 
lento  e  putrido  dei  vegetabili  morti  si  conformi  in  guisa  di  ve- 
getabile , e  di  fungo  . 

Osserva  poi  Marsili  (e)  che  i  funghi  legnosi  nascono  negli  al- 
beri non  affatto  morti,  e  quando  non  sono  più  Capaci  di  produrre 
tali  funghi,  ne  producono  dei  molli,  ed  altri  diversi,  quando  sono 
sfacciati.  Si  sapeva  già  per  insegnamento  del  Tanara  ,  comesi 
possano  aver  funghi  ajutando  la  natura  con  Tarte,  cioè  gettando 
la  lavatura  ,  ed  i  frammenti  dei  funghi  prataioli  in  una  terra  , 
e  luogo  0(  portuni  ,  come  si  pratica  in  Francia  anche  al  giorno 
d'oggi  (//)  .  Ciò  ha  dato  un  appoggio  all'  opinione  del  seme  dei 
funghi;  ma  il  più  sorprendente  si  è  ,  chela  bollitura  dei  detti 
funghi  gettata  sul  concio,  abbia  prodotti  dei  simili  funghi  (  se 
pur  sia  vero  )  come  riporta  il  Marsili  {e}  ;  nt- 1  qual  caso  non  è  pro- 
babile che  i  semi  non  rimanessero  alterati  dalla  bollitura  .  j^i 
ventati  prophis  accediti  quod  ibi prìmiim  dicitur ,  nuin  &.  ego  a 
viris  omnìfide  Jig/iis  accepi ,  aquum  illam  ,  in  qua  fungi  fnerunt 
decocti ,  super  muli  fimum  effnsam  ^  itaut  a  Sole  haiid  exsiccari 
potuerit  ^  taliter  difposuisse  ,  ac  Jerinentasse  fimum  ,  ut  congruo 
tewporìs  intervallo  recentes  fungi  simitìs  condìtionis  inde  enati 
sint  .  Ex  hoc  autem  ,  si  vite  expendatur ,  non  hcet  verosimiliter 
concludere i  ipsa  fungorum  frustula^propriam  adirne  speciem  ser' 
vanita  i  insennre  siiae  propagationi  ;  at  potius  exfungis  in  aqua 
dtcoctis  ,  &.  hoc  ritu  ad  quamdam  putrila^ìnem.  leductis  [nam 
piiirefactio  fit  in  hi  imi  do  per  caloreni  )  ,  atque  in  sua  quaedam 
principia  resolutis  ,  obtineri  ex  parte  salteni  lentum  ìiurnorem  piu- 

tri- 


(a)  Lancisi ,  ivi  p.  XV. 

(l)   p   XI. 

(e)  De  orig.  Fungor.  p.  36.  tab.  a8. 


(-/)  V.  \ttl  .l>irAccad.  di  Parigi  1708. 
(e)  Loc.  cit.  p.  aS. 


3o  Sopra  alcuni  Funghi  ce. 

tri/agi.noso  affìncin  ,  qui  additus  idoneis  conprìncìpits  in,  midi  fi- 
mo riti.' perai  to  contentis  ,  ibi  simili  digeruntur  ,  ò'.  combinantnr 
in  prima  fan  gorum  incohamenta ,  riempe  in  quadamfila  niucedi- 
nis  ,  rnenibranulam  ,  seu  criistaiii  e^ormantia  ,  ut  in  pregressa 
patcbit  ,£?.  inde  in  fiiw^os  ìpsos  •  E  qui  è  da  notarsi ,  che  anche  i 
Pra^c.'/o// procurati  artificiahnente  nascono  a  guisa  di  gloLetti  o 
di  rete  filirosa  bianca  [a)  ,  nella  maniera  che  descrive  Medicus  , 
e  elle  ho  osser\  ata  nei  miei  fungili  germogliati  nella  cassetta  di 
latta  ;  toimala  la  qnal  rete  ,  innuraeraLili  lunghi  ne  scaturivano 
\jn  seguito.  , 

11  fu  igo  vegetante  fralle  fasce  di  tela,  quando  furono  ridotte 
putride  ,  e  cominciavano  a  ffacelarsi  o  come  volgarmente  dicesi 
quando  erano  imporrate  (poiché  si  rompevano  e  si  disfacevano  fa- 
cilmente )  per  cagione  dell'  umido  continuo  .  del  licore  moccio- 
so ,  che  gemeva  dalla  piaga  ,  e  per  il  calore  del  letto  e  del  mala- 
to; vegetante  dissi  in  un  ambiente  pregno  di  gas  acido  carhonico 
e  d'  azoto  ,  dà  motivo  di  speculare  sulla  sua  formazione  .  Io  non 
negherò  che  possa  essere  prodotto  dal  seme  attaccatosi  alla  bian- 
cheria ,  nel  tempo,  che  era  distesa  su  qualche  prato  per  asciu- 
garsi }  ovvero  nell'  acqua  servita  per  le  docciature  ;  ma  non  fa- 
cilmente accord'frò  ,  che  sia  prodotto  dal  seme  sparso  per  1'  at- 
mosfera ;  polene  ciò  supposto  dovremmo  dire  ,  che  di  continuo 
si  respira  ,  e  s'  iiigoja  un  infinito  numero  di  semi  di  funghi  ,  di 
muffe  ,  e  di  tante  altre  piante  criptogame  senza  alcuno  incomo- 
do ,  il  che  è  un  poco  dilficile  a  credersi  ,  mentre  nelle  cantine, 
e  dove  abitano  tuli  muffe  in  vegetazione,  incomodano  nelT 
odorato  ,  e  nella  respirazione,  e  a  lungo  andare  producono  delle 
nausee  di  stomaco  .  Il  successivo  ,  e  veloce  germogliamento  dei 
detti  funghi  nell'  apparato  chirurgico  ,  preceduto  da  una  pelluc- 
cia  o  tomento  ,  come  muffa  ,  e  da  me  riscontiato  anche  in  quelli 
chiusi  nella  scatola,  potrebbe  dimostrare  che  la  putrefazione 
dell'  apparato  era  troppo  forte  o  calda  onde  perfezionare  la  muf- 

fa, 


(a)  Marslll  ib.  pag.  ao.  29. 


X 


Del  Sjg-   Ottaviano  Tìhcioni-Tozzetti  .  3l 

fa  ,  mentre  Io  era  adattatissimo  per  i  funghi  ,  dei  quali  formati- 
ne alcuni  ,  gli  altri  si  sono  generati  per  getiinie  radicali  ,  dalle 
quali  sono  costituiti  i  funghi  aggregati  o  lanugliole  .  Né  io  sono 
lontano  dall'  opinione  di  Gaertner  ,  il  quale  crede  ,  che  molte 
piante  criptogame  o  acobiledoni  {  come  sarebbero  i  funghi  )  sie- 
no  senza  sesso,  e  non  si  riproducano  ,  che  per  gemme  {a)  ,  così 
che  in  adattate  circostanze  i  semi  germogliano  ,  e  fanno  passag- 
gio in  queste  piante  gemmifere  .  Di  tal  natura  si  può  dire  la  cosi 
detta  fietra  fuigaìa  ,  o  Lapis  Phrygius  [h)  \  la  quale  composta  di 
radici  o  di  gemme  fungose  ,  quantunque  inaridita-da  molto  tem- 
po ,  ricomincia  a  vegetare,  bagnata  che  sia,  e  riproduce  funghi 
stendendosi  come  per  lo  sviluppo  di  altrettante  gemme  .  Cosi 
prolifero,  non  seminifero  è  creduto  il  gigantesco  Fungo  di  Car- 
rara (r)  descritto  dall'altro  Giovanni  Marsili  Professore  di  Pado- 
va ('/)  ,  il  quale  ritrovasi  anche  nelT  agro  Romano  ,  e  Pisano; 
mentre  nei  paesi  dove  nasce,  ritrovasi  sempre  nel  medesimo 
spazio  di  luogo  [e)  .  e  vi  nasce  ogn'  anno  (/)  ,  ed  altrove  portata 
la  di  lui  matrice  ha  prodotti  i  medesimi  funghi ,  che  prima  non 
si  conoscevano  [g)  .  11  fungo  dell'  Esca  (  Bolctus  ignarins  )  cresce 
dall'  apparire  delle  foglie  negli  alberi  ,  alla  loro  caduta  ,  più  in 
tempo  umido,  meno  nell'  asciutto  ,  e  seguita  a  crescere  fino  in 
sei  anni  :  i  nuovi  sono  i  migliori  per  Esca,  invecchiando  divengo- 
no legnosi  ,  ne  riproducono  altri  ,  e  crescono  per  la  parte  di  sot- 
to {II)  .  Di  più,  sifungus  ignarius  (dice  lo  stesso  Marsili  )  abscìri' 
datur  a  corlice  ,  ita  tainen  ut  sub.^tantia  coriacea  matrtx  non 
laedatur  ,  novi  dtnuo  indefungi  succrescunt  :  imo'si  fiustum  li- 
gi ti 


(a)  Vedi  ,  Vertenat  Tableau  du  Re- 
gne  vegetai     p.  2. 

(A)  Merrati  Tnetalloth.  Vaticana  p. 
i47-  Lanrisl  Dissertatio  epistolaris  de 
ortu,  vegetatione,  ac  textura  fungorum, 
in  M<"iT;>ti  meta  Hot.  vat    p.  148- 

Io.  Marsilii  Funei  Cari-ariensis  Inistoria 
p.  37.  Micheli  Gen.  pi,  p.  i3i.  Spadoni. 


(e)  An  Lycopcrdon  giganteum  ?  Gniel. 
Sjrst.  nat.  Tom.  2.  pars  a.  p.  1464* 

[d)  De  Fungo  Carrariensi  p.  S?. 

(f)  Marsili  ib.  p.  35. 

(/)  Marsili  ib.  p.  j5.  18. 

(g)  Mars.  ib.  p.  3i   33. 
(/i)  Marsili  ib.  p.  34.  35< 


Sa  Sopra  Ar,cuNi  Funghi  e.c. 

gai  tantum  arbori^  abscinda/ur,  atqiie  in  cellain  humidam  rcpo- 
natur  ,  idem  observabìtur  e{fectus  . 

Il  piccolo  fungo  tagliato  per  mezzo  lungo  il  suo  asse  ,  o  sia 
da  capo  a  piedi  (  v.  fig.  809)  messo  a  vegetare  nella  cassetta  di 
latta  ,  crebbe  come  gli  altri  ,  e  sviluppò  il  suo  cajipello  ;  e  tanto 
il  gaoibo,  che  detto  cappello  apparirono  diniidiati  ,  come  se  il 
taglio  fosse  stato  fatto  quando  ciano  adulti  e  perfetti  . 

Tutti  questi  fatti  ,  e  specialmente  le  piante  criptoganie  ,  ed 
i  fungili  che  nascono  nelle  profonde  gallerie  e  nei  cunicoli  sotter- 
ranei delle  miniere  ,  difl'ercnti  affatto  da  quelli  che  si  ritroA  ano 
sopratterra  ,  possono  dare  molto  appoggio  all' opinione  di  Medi- 
cus  ,  e  di  Carolini^  non  essendo  facile  il  persuadersi  come  possa- 
no penetrare  in  quelle  oscurissime  profondità  i  semi  di  tali  fun- 
ghi ,  dei  quali  non  si  riscontrano  gli  equivalenti  sopratterra  /  on- 
de lo  stesso  Scopoli  ,  quantunque  dubiti,  che  questi  stessi  funghi 
allo  scoperto  perischino  \  Fungi  subterranei  plerique pere niies  im- 
marceic:biles  quorain  protothypa  a  vermibus  sub  fovea  exesa  forte 
putrescunt  {ci)  finisce  con  dire  {b)  .  De  corticatis  arboruin  truncis 
firniantur  semttae  fodinarum  ^  Ex  tamen  in  liis  tanta  diversitas  , 
tantaque  copia  rerum  ,  (cioè  di  piante  criptogame  e  di  funghi  ) 
linde  ergo  semina  ?  Qnis  proavus  gentis  hujus?  Così  non  è  facile 
intendere  come  si  possano  essere  introdotti  i  semi  nei  vasi  del 
mio  Museo  ,  nei  quali  erano  rinchiusi  i  diversi  animali  con  1'  ac- 
quavite ,  la  quale  avendo  ammollita  la  cera,  si  è  s^  aporata  attia- 
verso  di  essa  ,  se  non  si  vuole  ammettere,  clie  i  detti  semi  sieno 
sottili  come  le  molecole  dell'alcool,  o  dell'acqua  .  Altri  direbbe, 
che  come  la  galla  si  conforma  in  tale  o  tal  figura,  per  la  forza  ve- 
getativa della  pianta  nella  quale  1'  insetto  infonde  il  suo  uovo  in- 
sieme con  un  acido  ,  e  nella  guisa  che  i  bulbi  caulini  si  formano 
invece  dei  semi  nelle  piante  cepacee,  nel  lilium  bulbiferum^  nella 
Dentaria^  e  sono  capaci  di  germogliare  come  il  seme  quantunque 
non  fecondati  dal  pulviscolo  ;  e  come  i  polipi  tagliati  in  più  parti 

ere- 


la)  Scop.  1)1.  Subter.  p.  119.  (i)  Ibid.  p.  lao. 


Del  Sic.  Ottaviano  Targioni-Tozzetti.  33 

crescono ,  e  si  diramano-,  cosi  una  tal  forza  e  virtù  vegetativa  lù- 
mane  nelle  piante,  quando  acquistano  un  grado  di  feimentazione, 
nel  modo  che  germogliano  i  semi  per  una  quasi  eguale  fermenta- 
zione .  Ma  in  una  materia  cosi  oscura  non  ardirò  pronunziare  co- 
sa alcuna  di  deciso  ,  e  finirò  il  mio  ragionamento  dicendo  col 
Malpighi  ('?)  ,  obscurissimiis  mila  est  furi  gorum  exortus.,  &.  adirne 
post  multos  conatus  ignotiis  :  ut  panca  tantum  cursim  enunciare 
passim  ad  excitandam  alìorum potius  soLertìam  ,  quam  ad  certa  , 
ac  vera  aperienda  :  pciichè  secondo  1'  illustre  Scopoli  {h)  Proteo 
inconstantior  Furigus  ,  mutatur  infmitis  fere  modis  ,  ut  nulla  hìc 
natiirne  vestigia  sequi  liceat  curiosis ,  donec  sera  dies  noverit  quid 
sii  Fungus  / 


Tomo  XIII.  5  DIA- 


(fl)  De  plantis  qua  in  aliis  vegetant  in      I  (*)  I-oc.  cit.  pag.  119. 

oper.  pag.  14*.  ' 


34 


So 


FRA    ALCUNI    fUNOni    CC 


Fi 


DIARIO 

Di  osservazioni  fatte  a  certi  Funghi  estratti  dalle  fasciature  di 
un  Malato  dì  frattura  complicata  ,  e  messi  a  vegetare 
per  aa  giorni  dentro  una  scatola  di  latta , 
e  mantenuti  freschi  con  della  carta  ba- 
gnata ^  e  delle  foglie  di  lattuga. 


Giorni 
del  mese 


3o  Maggio 

fino  ai 
5  Giugno 


a  dì  5  detto 


Gradi  del 
Termometro 
di  Reauraur . 


Gradi  i8 


Gr.  aa 


a  dì  6  detto 


a  dì  detto 
■verso  la  sera 


a  di  7  detto 


Gr. 


Gr.  a3 


OSSERVAZIONI . 

I  Fungili  non  mostrarono  di  fare  mutazione, 
poiché  erano  stati  messi  in  una  catinella, 
e  si  prosciugarono  alquanto  . 

Rihagnata  la  carta  e  aggiunte  altre  foglie, 
e  messo  il  tutto  nella  scatola  di  latta  ,  s'  in- 
cominciò a  vedere  una  certa  peluria  a  guisa 
di  sottile  tela  di  ragno  .  L'  odore  era  di  pu- 
trido . 

La  tela  si  era  distesa  per  tutto  sopra  la 
carta  grigia  ,  e  s' incominciavano  a  vedere 
alcuni  piccoli  fiocchetti  o  punti  jiiaiichi  co- 
me in  e  fig.  6.  e  12.  Alcuni  dei  funghi  stati- 
ci messi  cominciavano  ad  alzare  il  capo  . 

Alcuni  di  essi  funghi  erano  proscingati  , 
forse  perchè  erano  stati  compressi ,  e  un  po- 
co lacerati  ;  ma  alla  hase  comparivano  infi- 
niti fungliettini  hianchi  ,  cilindrici  ,  poco 
tomentosi,  dalla  grandezza  di  un  grano  di 
miglio  alla  lunghezza  di  mezzo  pollice  ,  e  al- 

I I  grossezza  di  una  in  dne  linee  ;  furono  ri- 
hagnati  per  osservarli  il  giorni»  do|  o  . 

Erano  molto  cresciuti,  ed  il  cappello  era 
pii^i  distinto  e  più  grande  ,  un  poco  peloso  , 

co- 


niorni 
(\cì  mese 


R  di  8  detto 


^  dì  9  detto 


adi  IO  li 
li  detto 


adi  iSdett. 


Del  Sic.  Ottaviano  TAneioiri-TozzETTr . 
OSSERVAZIONI . 


35 


Gradi  del 
Ternionictro 
di  licaumur 


Gr. 


Gr. 


Gr. 


come  nella  fig.  6  ,  a  ,  e  ne  comparivano  al- 
tri fralla  prlluria ,  o  tela,  la  quale  non  si 
era  stesa  di  più  .  Fu  rimessa  nuova  lattuga 
fiesca . 

I  primi  Funghi  grandi  erano  cresciuti  di 
più,  con  i  cappelli  pelosi,  e  gli  stipiti  o  gam- 
bi solcati  e  scabrosi,  della  grossezza  di  tre  in 
quattro  linee  fig.  io  .  La  peluria  pareva  dis- 
sipata ,  ma  vi  si  vedevano  altri  punti  bian- 
chi :  r  odore  non  era  più  di  putrido,  ma  di 
fungo  . 

I  due  maggiori  erano  fioriti  affatto  ,  ave- 
vano spiegato  i  loro  cappelli ,  i  quali  sì  era- 
no anche  in  parte  sfacelati  ,  ed  erano  umidi 
nelle  lamine  ,  di  una  materia  nera  .  che  tin- 
geva la  carta  come  inchiostro,  la  quale  mes- 
sa sotto  il  Microscopio  mostrava  dei  piccoli 
punti  neri ,  Il  gambo  ,  o  stipite  era  fistoloso, 
ed  era  allungato  altri  due  pollici  . 

La  sera  il  cappello  di  quelli,  che  erano 
come  pelosi  o  ricciutij  dimostrò  di  aver  per- 
sa la  peluria,  ed  appariva  lucido,  e  lubrico, 
incominciava  ad  allontanarsi  dal  gambo  ,  ed 
aveva  preso  un  colore  livido.  1  agliaio  il  det- 
to cappello  non  si  vedevano  ancora  distinte 
le  lamine. 

Cre!>bero  nuovi  funghi  dappertutto,  altri 
sbocciarono:  ne  misi  degli  uni  e  degli  altri 
in  alcool  per  conservarli  .  La  sera  non  erano 
cresciuti  di  più  . 

Erano  nello  stesso  grado  della  sera  prece- 
I  dente  . 

'  Non 


36 

Giorni 
del  mese 


a  di  i4dett. 

adi  iSdett. 

adii6  dett. 

t 

adi  r7dett. 
adii  8  dett. 

»di  19  dett 

«dì  20  dett. 
adì  21  dett 


Gradi  del 
rermometro 
di  Reauniur 

Or.  17  i 

Cr.  171. 
Gt.     iS 

Gr.     18 

Gr.    21 

G  r.     I  g 


Gr. 
Gr. 


20 
20 


Sopra  alcuni  Funghi  ec. 

OSSERVAZIONI  . 

Non  sì  era  aumentato  il  numero  ,  e  ne 
misi  in  alcool  quattro  grossi ,  e  due  piccoli. 

Nessun  accrescimento,  nessuno  di  nuovo. 

Comparvero  altri  funghi  nuovi  grandi  co- 
me miglio  ;  gli  altri  erano  quasi  nel  medesi- 
mo stato  del  giorno  precedente  . 

Alcuni  dei  piccoli  erano  Mesciuti  con  pe- 
luria ,  ma  non  molto  . 

Non  vi  era  accrescimento  ,  ma  i  più  gran- 
di erano  per  aprirsi  ,  e  però  li  misi  in  alcool . 

Tutti  erano  un  poco  cresciuti,  e  due  ave- 
vano il  capo  ingrossato  quanto  un  cece  ,  ma 
il  gambo  era  assai  corto  . 

Trovai  altri  tre  funghi  grossi  come  i  ceci . 

Non  vi  era  acci'esci mento  alcuno  . 

Nei  giorni  consecutivi  essendo  piovuta,  e 
rinfrescata  la  stagione,  furono  lasciati  ri- 
seeearsi . 


RI- 


MKMOB.I£    Bl    flSIC-V 


Jor Tlai T  \UL />  ^6. 


z7r    IL 


MFMORrE    DX    TISICLV 


ilor-Th,/  r  \IU.^,.;}6. 


37 

RICERCHE 

SULLA  PRODUZIONE  DE'  COLORI  IMMAGINARI 
N  E  L  L'    OMBRE     (a) 

Del  Sic.   Pietro  Petiuni 
Presentate  da  Giuseppe  Slop  il  dì  2,2,  Luglio   i8o5  . 

XJ  a  scoperta  di  un  fenomeno  poco  osservato  intorno  al  colora- 
mento dell'  ombre  mi  aveva  annunziato  da  qualche  tempo  ,  clie 
vi  erano  ancora  de'  passi  da  fare  uelfe  parti  forse  le  mcgfio  sta- 
bilite deM' Ottica  ,  e  che  una  serie  d' osservazioni  sopra  questo 
genere  di  fenomeni  non  avrelihe  mancato  d"  ilhistrarne  una  delle 
branche  più  feconde  e  più  interessanti  [bj.  Dopo  avere  svihip- 
pato  neir  analisi  de"  fatti  il  filo  delle  induzioni,  che  mi  lianno 
condotto  a  determinare  Fa  natura  dell'apparenze  colorate  dell'om- 
bie  (e),  1'  analogia  mi  ha  fatto  conoscere  alcuni  de'  rapporti  de- 
sti- 


(a)  (Jiiesta  Memoria,  di  cui  esistono 
alcuni  saggi  nel  Tomo  II  del  Gior- 
nale di  Pisa  ,  clie  contiene  i  numeri 
per  il  primo  semestre  dell'anno  i8o5, 
era  stata  passata  iino  dai  primi  del 
mese  di  Giugno  decorso  al  Ch  Signor 
Prol'i'ssor  Giuseppe  Slop  uno  dei  XL 
della  Società  Italiana  didlo  Scienze  per 
essere  inserita  negli  Atti  della  mede- 
sima ■  L' Autore  crede  con  questa  nota 
di  rivendicare  la  priorità  delle  sue  os- 
servazioni sopra  quelle  del  medesimo 
genere  pubblicate  ultimamente  dal  ce- 
lebre G.  A.  Prieur  nel  n."  160  degl. 
Annali  di  Chimica  francesi  . 

Nota  comunicata  dal  Sig.  Ab.  Petriai 


al  Segretario  Pozzetti,  che  attesta  d'aver 
ricevuta  questa  Memoria  fino  dal  aa  Lu- 
glio 1800  ,  e  di  non  averla  potuta  in- 
trodurre nel  tomo  antecedente  per  la 
sovrabbondanza  delle  produzioni  de  ' 
Socj  . 

[h)  Fino  dall'  anno  decorso  1804  io 
avevo  riunito  alcune  osservazioni  sul- 
la produzione  ilei  colore  nell'  OTnbre  , 
delle  quali  resi  conto  alla  R.  Accade- 
mia Pistoiese  in  una  Memoria  presen- 
tata nell'Adunanza  de' 5  Agosto. 

(e)  Vedasi  il  Tomo  II  del  nuovo 
Giornale  di  Pisa  ;  n.  5  art.  V  e  n.  6 
art.  VIII  . 


38  Ricerche     ec. 

stillali  a  riunire  questo  punto  di  Scienza  con  le  leggi  relative  al- 
la produzione  de'  colori  iiumaginarj;  e  se  mi  resta  ancora  a  far 
molto  dal  lato  dell'esperienza  per  sviluppare  in  tutta  la  loro 
estensione  questi  rapporti,  spero  almeno  di  avere  avvicinati  in- 
sieme dei  fatti  capaci  di  dar  luogo  col  progresso  dei  lumi  ad  alcu- 
ne utili  rifli  s-ioni  intorno  alla  fisica  de'colori,  e  alle  maniere 
d'  essere  del  sistema  luminoso  nei  diversi  fenomeni  delle  illusio- 
ni ottiche. 

Nel  render  conto  dei  risultati  delle  proprie  ricerche  ,  la  ri- 
conoscenza che  meritano  i  grand'  uomini ,  che  hanno  aperto  una 
nuova  carriera  di  scoperte  con  la  loro  indcisuia  ,  e  con  i  loro  ta- 
lenti,  mi  oLhlga  a  protestare,  che  io  non  pretendo  d' usurpar 
niente  alla  gloiia,  che  si  sono  acquistata  in  alcune  delle  ricerche 
di  questo  genere  grillastri  Hassenfratz  ,  e  Kumford  . 


I. 


Siiir  apparenze  colorate  che  si  manifestano  nelV  ombre 
sul  nascere  ,  e  sul  tramontar  del  Sole  . 


E2;li  è  un  fenomeno  costante  ,  la  cui  generalità  è  stata  bene 
stabilita  da  una  serie  valutabile  d'osservazioni  ,  che  i  raggi  di  lu- 
ce meno  ;iflessibili  son  quelli  chevengon  più  facilinente  tiasmessi 
attraverso  de'mezzi,  pe'quali  essi  passano,  e  che  glialtri  si  rifletto- 
no perciò  in  maggior  copia  .  Cosi  i  raggi  violetti,  come  i  piti  ri- 
flessibili,  saranno  dispersi  in  più  gran  quantità  dei  raggi  porpo- 
rini ,  e  questi  ultimi  lo  saranno  ancor  più  dei  turchini,  e  cobi  suc- 
cessivamente fino  ai  laggi  rossi ,  che  si  rifletteranno  meno  copio- 
samente di  tutti  gli  altri.  La  luce  del  Sole  passando  per  1'  atmos- 
fera deve  dunque  spogliaisi  a  preferenza  di  una  p;irte  dei  raggi 
più  riflessihili  ,  che   entrano  nella  sua  composizione  («),  e  il  color 

tUT- 


(«)  Vfr  questa  ragione  !a  luce  sola- 
l'e  ,  dopo  avere  attraversato  l' atmosfe- 
ra, resta  con  un    eccesso  di  raggi ,  che 


la  fanno  piegare  un  poco  sul  color  gial- 
lo-aranciato. Newton  aveva  bene  av- 
vertito, che  ricevendo  lo  spettro    prij- 


Del  Sic.  Pietro  Petrini  .  89 

turchino  che  presenta  la  massa  del  fluido  che  ci  circonda,  non  è 
determinato  probabilmente  che  dall'  insieme  de'  rag<^i ,  eli'  ella 
riflette  da  tutti  i  punti  all'  occhio  dello  spettatore  . 

Questo  colore  azzurro  dell'  aria  influisce  sensibilmente  sull' 
apparenze  colorate  degli  oggetti  lontani ,  e  poco  illuminati .  E  fa- 
cile il  comprendere  che  a  misura  che  un  oggetto  sarà  più  lonta- 
no dallo  spettatore,  e  che  tramanderà  una  minor  quantità  di  lu- 
ce, i  raggi  che  partono  da  tutti  i  punti  dell'  aria  interposta  ne 
modificheranno  il  colore  ,  dandogli  una  leggera  apparenza  tur- 
china. Questa  osservazione  sidl'ombre  e  sugli  oggetti  oscuri  mirati 
da  lontano  ,  che  era  sfugoita  alT attenzione  de'  Fisici,  non  è  sta- 
ta  giammai  trascurata  dagli  abili  Fittoli,  e  deve  in  effetto  aver 
luogo  nella  teoria  del  colorito  ..degli  oggetti  lontani,  i  quali 
avranno  tutti  una  leggera  tinta  azzurra  tanto  più  sensibile  quan- 
to più  si  supporranno  distanti  dal  punto  di  vista  . 

E  chiaro  che  la  luce  del  Sole  passando  per  1'  atmosfera  do- 
vrà spogliarsi  di  un  numero  sempi'e  maggiore  de'  suoi  raggi  più 
riflessibili  a  misura  che  attraverserà  uno  spazio  d'aria  più  lungo. 
Supponendo,  per  esempio, che  ad  una  certa  altezza  del  Sole  sull 
Orizzonte  lo  strato  d'aria  per  cui  deve  passare  la  luce  prima  di 
giungere  allo  spettatore  sia  troppo  esteso  per  trasmettere  in  una 
certa  quantità  i  raggi  violetti  ;  ad  un'altezza  minore  si  riflette- 
ranno nella  stessa  quantità  anche  i  raggi  porporini,  ed  in  seguito 
ad  altez  e  sempre  più  piccole  i  raggi  azzurri  ,  ed  i  verdi  . 

Quando  la  separazione  dei  raggi  più  ritlessibili  della  luce  so- 
lare è  arrivata  in  tal  modo  ad  un  certo  periodo  per  1'  allontana- 
mento successivo  del  Sole  dal  Meridiano  ,  i  raggi  che  si  trasmet- 
tono, illumineranno  le  nuvole  occidentali  con  un  color-giallo-a- 
raiiciato;  ed  a  misura  che  il  Sole  s'immergerà,  divenendo  più 
lungo  quel  tratto  d'  aria  per  cui  devon  passare  i  raggi,  si  riflette- 
rà 


Jnatioo  sopra  una  lente  convessa  ppr 
Tiprorlnrre  il  liianoo  celia  rinnione 
Se'  raggi  ,  si  ottiene  un'  imnniine 
della  più  perfetta     bianchezza  solo  al- 


lorché si  sopprime  nello  spettro  una 
porzione  de'  raggi  compresi  fra  gli 
aranciati  ,  ed  i  gialli. 


4o  Ricerche     ec. 

rà  successivamente  inia  parte  più  considerabile  dei  gialli  ,  e  de- 
gli aranciati,  e  le  nuvole  passeranno  allora  insensibilmente  dal 
color  d'  arancio  ad  un  rosso  sempre  più  cupo  ,  finché  disparendo 
finalmente  il  Sole  ,  le  lascierà  di  un  colore  azzurro  piombato  per 
la  lùtlcssione  della  luce  turchina  deli'  aria  sopra  di  esse  . 

Si  osserva  una  simile  mutazione  di  colore  anche  nelle  cime 
de'  monti  specialmente  quando  esse  sono  coperte  di  neve,  e  lo 
stesso  fenomeno  si  presenta,  sebbene  con  minor  forza,  nelle  fac- 
ciate orientali,  e  occidentali  delle  fabbriche  bianche  . 

Se  in  queste  circostanze  s' intercetti  la  luce  solare  sopra  una 
parte  dtlla  facciata  per  mezzo  dell'  interposizione  di  un  corpo 
opaco,  egli  è  evidente  che  la  superficie  costituita  all'  ombra  non 
potrà  riflettere  allo  spettatore  che  i  raggi  dell'  atmosfera  .  Questo 
spazio  sul  quale  si  è  isolata  la  luce  che  parte  dall'atmosfera,  can- 
gia esso  pure  di  colore  insieme  col  restante  della  superficie,  che 
riceve  i  raggi  solari .  Così  mentre  il  colore  della  facciata  bianca 
illuminata  dal  Sole  che  tramonta,  piega  successivamente  dali' 
aranciato  pendente  sul  giallo  all'aranciato  cujx),  ed  al  rosso, 
l'ombra  determinata  sopra  di  essa  da  un  corpo  opaco  che  se  le 
presenti  ad  una  certa  distanza,  apparisce  prima  di  wa  color  d'in- 
daco declinante  all'  azzurro,  poi  d'  un  colore  azzurro  pieno,  e  fi- 
nalmente di  un  azzurro  pendente  sul  yerde  . 

Questa  serie  d'  apparenze  colorate  si  riproduce  in  un  ordi- 
ne inverso  al  nascer  del  Sole;  e  menti-e  i  raggi  ch'egli  tramanda  , 
^tingono  successivamente  una  superficie  bianca  in  rosso  ,  in  aran- 
ciato ,  ed  in  giallo,!'  ombra  che  vi  si  determina  presentandole 
un  corpo  opaco  ,  si  vede  a  poco  a  poco  cangiare  dal  verd'  azzurro, 
al  bleu  ,  ed  al  porporino  . 

Fino  dall'  epoca  in  cui  Leonardo  da  Vinci  annunziò,  che  le 
ombre  de'  corpi ,  allorché  cadono  sopra  un  piano  bianco  illumi- 
nato da'  raggi  dell'  atmosfera  ,  si  trovano  di  un  vivace  colore  az- 
zurro in  una  giornata  serena  sul  nascere  e  sul  tramontar  del  Sole  , 
i  Fisici  cercarono  di  spiegar  la  causa  di  questa  apparenza,  consi- 
derandola come  un  fenomeno  particolare ,  e  distinto  da  quello 
del  rimanente  dell'  ombre  .  Non  ostante  di  ciò ,  nulla  vi  è  di  par- 

;     - .„    .     -.  ....  .       ti- 


Del  Sic.  Pietro  Petrtni  .  4^ 

ticolare  in  questa  evoluzione  di  colerei  e  quando  1'  atmosfera  è 
l)ura,  tutte  le  ombre  determinate  dai  raggi  solari,  ed  illuminate 
esclusivamente  dai  raggi  eh'  essa  tramanda,  appariscono  colora- 
te. L'  indaco  cupo  che  svanisce  nell'  ombre,  allorché  il  Sole  è  da 
una  certa  altezza  suU'  Orizzonte,  in  vece  di  dar  luogo  ad  un'  om- 
bra realmente  nera,  non  fa  che  degenerare  in  un  violetto  pieno, 
che  diventa  sempre  più  cupo  a  misura  che  il  Sole  s'  avvicina  al 
Meridiano,  ma  che  non  può  in  alcun  modo  confondersi  con  lo 
stato  d'  un'  assoluta  privazione  di  colore . 

In  generale  se  in  una  giornata  serena  si  tenga  dietro  alle  va- 
riazioni che  si  presentano  nel  colore  dell'  ombre  dal  momento  in 
cui  il  Sole  comparisce  sull'Orizzonte  fino  al  suo  passaggio  pel  Me- 
ridiano, si  osserva  che  l'ombre  hanno  un  color  verde-azzurro  al 
nascer  del  Sole  ,  che  a  ciascuna  elevazione  di  quest'Astro  sutl' 
Oi'izzonte  il  bleu  si  scosta  dal  verde  per  passare  insensibilmente 
al  porporino,  eh'  egli  viene  in  seguito  rimpiazzato  da  un  indaco 
pendente  sul  violetto,  e  che  quando  il  Sole  è  al  Meridiano,  il  co- 
lor del!"  ombre  è  un  languido  violetto  mescolato  col  nero  . 

I  limiti ,  fra  i  quali  è  compresa  l'  enunziata  progressione  dei 
colori  dell'ombre,  non  sono  propriamente  costanti  che  sotto  una 
medesima  latitudine  ,  e  ad  una  stessa  declinazione  meridionale  o 
settentrionale  del  Sole  .  Si  trova,  per  esempio,  che  osservando  ad 
una  stessa  epoca  sotto  differenti  latitudini  le  ombre  determinate 
dal  Sole  che  tramonta,  il  loro  colore  varia  dall'  indaco  al  veide 
andando  dall'Equatore  al  Polo.  Cosi  nel  passaggio  del  Sole  pel 
Meridiano  di  diversi  luòghi  si  osserva  j,  che  ad  una  medesima  epo- 
ca il  color  dell'  ombre  .varia  dall'  Equatore  al  Polo ,  dal  nero 
tinto  d'  uh  violetto  estremamente  languido  al  violetto  brillante  -. 

Nella  stessa  maniera  sotto  una  medesima  latitudine,  e  ad 
una  stèssa  elevazione  del  Sole  sopra  F  Orizzonte,  i  limiti  della 
successione  de'  colori  nell'ombre  variano  secondo  la  diversa  de- 
clinazione ineridionale  o  settentrionale'del  Sole  .  Hassenfratz  hat 
osservato  che  sul  nascer  del  Sole  il  colore  dell'  ombre  varia  in 
Parigi  a  diverse  epoche  dal  bleu  verdastro  lino  al  bleu  porpori- 
no .   Il   primo  giorno  di  Nevoso  l'ombre  son  verd' azzurre;  il  pri- 

Tomo  XIII.  •       '  {jtup..jsjv<'i  eiu-,:.:  »  ^^^ 


4^  Rice  n  CHE     ec. 

«10  di  Germinale  azzurre  ;  il  primo  di  Messidoro  di  un  bleu  por- 
porino ;  il  primo  di  Vendemmiatore  tornano  azzurre,  e  successi- 
vamente di  un  color  bleu  verdastro  il  primo  di  Ne-"oso  .  (a) 
,;j,  Quello  che  vi  è  di  più  singolare  iu  questi  fenomeni,  e  che  an- 
nunzia una  dipendenza  reciproca  fra  il  coloramento  della  super- 
iicie  costituita  all'ombra,  e  quello  della  superlicie  illuminata  dal 
Sole,  egli  è  il  rapporto  costante  de'  due  colori,  eh'  esse  presenta- 
no contemporaneamente.  Si  sa  che  quando  nel  sistema  de' rag- 
gi .  che  riuniti  insieme  formano  la  luce  bianca  si  sopprimono  i 
raggi  d'  una  data  specie,  per  esempio  gli  aranciati ,  il  rimanente 
dei  raggi  presenta  un  color  d'  indaco,  o  ciò  che  è  f  istesso,  il  co- 
lore armonico  o  complementario  di  quello  che  appartiene  al  rag- 
gio, che  si  è  sottratto  dal  sistema.  Così  se  si  divida  lo  spettro 
prismatico  in  due  parti  al  punto  in  cui  comincia  il  verde,  tutti  i 
raggi  omogenei  della  parte  inferiore,  cioè  quelli  che  son  compre- 
li  fra  questo  limite  ,  e  l'estremità  che  termina  in  rosso  ,  saranno 
complementari  di  quelli  che  si  succedono  dal  principio  del  color 
verde  al  violetto,  e  ciò  nell'ordine  naturale  in  cui  si  presentano. 
Noi  abbiamo  veduto  che  allorquando  un  piano  bianco  è  il- 
luminato nel  tempo  stesso  dalla  luce  solare ,  e  dai  raggi  riflessi 
^all'atmosfera,  isolando  questi  ultimi  sopra  una  parte  della  sua 
superficie  ,  il  colore  che  si  sviluppa  nell'ombra,  cangia  immanca- 
bilmente con  quello  che  presenta  il  rimanente  del  campo  che  la 
circonda  ;  e  che  mentre  quest'  ultimo  passa  successivamente  dal 
giallo  all'  aranciato  ,  ed  al  rosso,  il  color  dell'  ombre  cangia,  dal 
porporino-violetto,  all'  indaco,  e  al  verde-azzurro.  Kon  vi  è  bi- 
sogno che  di  fare  un  ritorno  suUe  nozioni  precedentemente  an- 
nunziate per  concludere  da  questi  risultati ,  ==  che  i  due  colori 
che  nascono  contemporaneamente  nell'  ombra  ,  e  nel  campo  che 
la  circoscrive,  stanno  fra  loro  come  i  due  colori  armonici ,  che 
producono  la  luce  bianca  con  la  loro  combinazione  scambievole, 
o  in  altri  termini  ,  che  essi  sono  complementaij  1'  uno  dell'  al- 
tro ==  . 

;::;•.(;.■   :.  Ma 


(a)    Journal   de  l'Ecole    Polytecnique   XI  Cali. 


Del  Sic.  Pietro  Petrini  .  4^ 

Ma  si  può  roli  presumere  di  sollevarci  dalla  conoscenza  di 
questi  rappoiti  a  quella  delle  leggi  primitive  dalle  quali  essi  di- 
pendono? Ecco  alcune  esperienze  ,  che  tendono  a  semjìlicizzar- 
ne  la  considerazione  ,  e  che  analizzate  faranno  nascere  delle  utili 
riflessioni  sulle  cause  dell'  apparenze  di  questo  genere  . 

Si  è  determinata  la  luce  solare  riilessa  da  una  superficie  di 
color  giallo  sopra  un  porta-oggetti  bianco,  illuminato  d'altronde 
esclusivamente  dalla  luce  dell'atmosfera  .  Si  è  isolata quest'  ulti- 
ma sopra  mia  parte  del  piano  sopprimendovi  i  raggi  solari  per 
mezzo  dell'  interposizione  di  un  corpo  opaco  .  L'  ombra  ,  che  vi 
si  è  prodotta  in  tal  modo,  ha  manifestato  un  vivace  color  porpo- 
rino pendente  sul  violetto  ,  mentre  il  restante  del  campo  presen- 
tava il  color  giallo  de' raggi  che  andavano  ad  illuminarlo  . 

Si  è  sostituita  una  superficie  color  d'  arancia  alla  superficie 
gialla  per  rifletter  la  luce  solare  sul  porta-oggetti:  egli  si  è  colo- 
rato in  aranciato,  e  l'ombra  che  per  l' avanti  presentava  un  co- 
lor porporino-violetto  ,  nel  caso  attuale  ha  manifestato  un  color 
d'  indaco,  cioè  il  complementario  di  quello  del  rimanente  del 
campo  . 

Si  è  finalmente  presentato  alla  luce  solare  in  vece  della  su- 
perficie di  color  d'arancia  una  superficie  rossa;  il  porta-oggetti  si 
è  colorato  in  rosso,  e  l'ombra  ha  parimente  in  questo  caso  an- 
nunziato il  complementario  o  l' armonico  corrispondente,  cioè  il 
verde  declinante  all'  azzurro  . 

Era  falcile  il  concepire  doj)0  di  queste  esperienze,  che  si  sa- 
rebbero ottenuti  i  medesimi  risultati  ricevendo  sul  porta-oggetti 
la  luce  solare  trasmessa  attraverso  di  un  vetro  colorato.  Si  è  rea- 
lizzata questa  supposizione  presentando  ad  un  piano  bianco  illu- 
minato contemporaneamente  dai  raggi  del  Sole  trasmessi  per  un 
vetro  giallo,  e  da  quelli  dell'atmosfera  ,  un  cilindro  opaco  che 
isolava  questi  ultimi  sopra  una  parte  del  piano.  L'evoluzione  del 
colore  armonico,  o  complementario  nell' ombra  del  cilindro  è 
stato  un  fenomeno  costante  in  tutte  l'esperienze  di  questo  genere, 
e  si  è  dovuto  concluderne  che  in  generale  quando  la  luce  solare 
è  modificata  in  giallo ,-  in  aranciato,  o  in  rosso  da  un  mezzo  ch'es- 
sa 


tÌ4  R  I  e  K  K  e  H  E     ec. 

sa  attraversa ,  o  da  una  soporlicie  riflettente ,  e  cade  in  questo  sta- 
to sopra  un  piano  bianco  ilUuninato  nel  tempo  stesso  anche  dai 
raggi  dell'  atmosfera,  V  ombra  che  si  determina  sul  piano  inter- 
cettandovi i  raggi  solari,  malgrado  che  non  rifletta  allo  Spetta- 
tore che  la. luce  atmoslerica  ,  comparisce  porporino-violetta,  por- 
porina, e  V  e  rd' azzurra ,  secondo  che  il  colore  ,  clie  presentali 
campo  che  la  circonda ,  è  il  giallo ,  I'  aranciato  ,  o  il  rosso  . 

Questo  risultato  straordinario,  ed  imponente  comincia  già  a 
farci  sospettare  ,  che  la  produzione  del  colore  nell'  ombre  costi- 
tuite nelle  circostanze  enunziate  non  sia  che  un  fenomt  no  dipen- 
dente da  una  semplice  illusione  ottica  .  Egli  è  certo  che  l'  ombra 
non  manda  all'  occhio  dello  Spettatore  che  una  luce  prossima- 
mente identica  in  tutti  icasi,  ne' quali  essa  apparisce  successiva- 
mente di  color  d'indaco  ,  bleu,  e  verd'azzurro;  e  che  per  conse- 
guenza r  evoluzione  del  colore  nell'  ombra  non  può  nascere  che 
dall'  influenza  del  sistema  de'  raggi ,  che  tramanda  il  campo  che 
]a  circonda,  sul  sistema  de'  raggi  che  riflette  anch'  essa  nel  jne- 
desirao  tempo  all'  Osservatore  Quest'  influenza  sarebbe  ella  for- 
se dipendente  dal  sentimento  del  rapporto  scambievole  de'  due 
sistemi  luminosi?  Quando,  per  esempio,  il  campo  è  illuminato  al 
tempo  stesso  dai  raggi  dell'  atmosfera  ,  e  da  quelli  del  Sole  modi- 
ficati in  rosso,  non  potrebbe  egli  darsi,  che  la  forte  impressione 
di  questi  rendesse piessocchè  insensibile  la  debole  impressione  dei 
raggi  dello  stesso  genere  nel  sistema  luminoso  che  parte  dall'om- 
bra, e  determinasse  in  tal  modo  in  quest'  ultimo  una  sottrazione 
immaginaria  de'  raggi  rossi,  che  riflette  in  eccesso  il  riniaueiite 
del  campo?  Vediamo  di  coordinare  de'  fatti  per  confermare  quest' 
induzione  ,  o  per  sostituirvene  una  più  esatta  . 

I  I. 

Ricerche  sulla  natura  delle  illusioni  ottiche  relative 

-v...r.^-,  i,r-,r-i       -.v    -ai  colori  dell'  ombre  . 

»  ■    ;  1 1   .  r  ' 

Neil'  enunziare  i  fenomeni  dell'  apparenze  colorate  j  che  si 


Dkl    Sld.     PlETKO    PeTHINI   •  4^^ 

inanirestano  in  uà  jtiaiio  illuminato  contemporaneamente  dai 
iapigi  dell'  atmosfera ,  e  da  quelli  del  Sole  che  tramonta,  si  è  det- 
to che  intercettando  questi  ultimi  sopra  una  parte  del  piano  , 
r  ombra  che  vi  si  determina,  presenta  tutte  le  gradazioni  de'  co- 
lori prismatici  comprese  fra  il  violetto,  ed  il  verde,  mentre  il 
campo  che  la  circonda  passa  per  tutte  le  gradazioni  armoniche 
corrispondenti  dal  giallo  all'  aranciato  ,  ed  al  rosso  . 

l'er  generalizzare  1'  enunziato  di  questo  fenomeno,  suppon- 
ghiamoche  indipendentemente  dalle  circostanze  indicatesi  de- 
termini sopra  una  superficie  bianca  debolmente  illuminata  un 
dato  genere  di  raggi  luminosi,  e  che  si  sopprimano  in  seguito 
questi  ultimi  sopra  una  parte  della  superficie  per  mezzo  dell'  in- 
terposizione di  un  cilindro  opaco  :  s'immaginerebbe  egli  mai  che 
r  ombra  del  cilindro ,  la  qual  non  può  tramandare  allo  Spetta- 
tore che  una  debole  luce  bianca  ,  debba  costantemente  apparire 
di  un  colore  aiinonico,  o  complementario  di  quello  che  presenta 
il  rimanente  del  campo?  Entriamo  in  qualche  dettaglio  su  quest* 
oggetto  interessante  . 

In  una  stanza  illuminata  dalla  luce  del  Sole  si  ponga  un 
porta-oggetti  bianco  in  tal  situazione  da  non  ricevere  che  la  luce 
diurna  riflessa  dalle  pareti .  Se  si  presenti  in  seguito  una  superfi- 
cie rossa  alla  luce  diretta  del  Sole  sotto  un  angolo  proprio  a  de- 
terminarla sul  porta-oggetti  ,  egli  apparirà  colorato  di  rosso  .  Ora 
se  s' interponga  un  cilindro  di  legno  annerito,  o  un  corpo  opaco 
qualunque,  ai  raggi  colorati  che  cadono  sul  porta- oggetti,  è  chia- 
ro che  lo  spazio  costituito  all'  ombra  si  troverà  precisamente  nel 
medesimo  caso  ,  in  cui  si  trova  vm  momento  innanzi  V  intera  su- 
perficie del  porta-oggetti,  cioè  a  dire  egli  non  rifletterà  all'Osser- 
vatore che  della  luce  bianca;  e  non  ostante  apparirà  di  un  color 
verde  tendente  all'azzurro,  mentre  il  restante  del  campo  pre- 
senterà lo  stesso  colore  della  luce  decomposta,  da  cui  viene  illu- 
minato . 

Se  si  ricevano  sul  porta-oggetti  i  raggi  solari  riflessi  da  una 
superficie  di  color  d'arancia;  il  campo  del  porta-oggetti  prende- 
rà un  colore  aranciato,   e   lo  spazio  sul  quale  si  sopprimeranno  i 


rag- 


46  Ricerche     ec. 

raggi  aranciati  apparirà  di  color  d' indaco  .  Sostituendo  alla  su- 
pcrlicie.,  Color  d'  arancia  una  superficie  di  color  giallo  declinante 
al  verde  ,  l'ombra  determinata  sul  piano  bianco  da  un  corpo  opa- 
co ,  che  intercetti  una  parte  de'  raggi  colorati  che  vanno  ad  illu- 
minarla apparirà  violetta  ,  mentre  il  restante  del  campo  sarà  co- 
lorato di  un  giallo  pendente  sul  verde  . 

Questi  risultati,  che  ci  condurranno  successivamente  ad  alcu- 
ne viste  interessanti  sulle  modificazioni  del  sistema  luminoso,  ci 
lasciano  già  travedere  una  legge  costante  nella  produzione  de' 
colori  inimaginarj  dell'ombre;  ma  per  non  affrettare  immatura- 
mente delle  induzioni  analogiche ,  estendiamo  anche  di  più  la 
serie  de'  fatti ,  che  devon  fornircene  gli  elementi  . 

Se  si  determini  sul  porta-oggetti  la  luce  riflessa  da  una  su- 
perficie di  color  verd'  azzurro,  sopprimendo  in  seguito  sopra  una 
parte  di  esso  i  raggi  che  vanno  ad  illuminarlo,  si  avrà  un'  ombra 
rossa  circondata  da  un  campo  di  color  verde  tendente  all'  azzur- 
ro .  Una  superficie  di  color  d' indaco  o  porporino  posta  nelle  me- 
desime circostanze  rifletterà  sul  campo  del  porta-oggetti  de'  rag- 
gi che  lo  tingeranno  di  color  di  porpora,  e  intercettando  per 
mezzo  di  un  corpo  i  raggi  porporini  sopra  una  parte  del  campo  , 
r  ombra  apparirà  di  un  colore  aranciato.  Finalmente  il  porta-og- 
getti si  tingerà  in  violetto  quando  vi  si  ricevano  i  raggi  sola- 
ri modificati  da  una  superficie  di  color  violetto  ,  e  lo  spazio  sul 
quale  si  sopprimeranno  per  mezzo  dell'  interposizione  di  un  cor- 
po opaco  i  raggi  violetti,  prenderà  un  color  giallo  declinante  al 
verde , 

Si  potrebbero  moltiplicare  ulteriormente  gli  esempj  di  que- 
sto genere,  e  far  vedere  con  una  numerosa  consecuzione  di  fatti, 
che  la  parte  di  superficie  sulla  quale  si  sopprimono  i  raggi  colo- 
rati che  illuminano  il  porta  oggetti  ,  apparisce  costantemente  di 
quel  colore  che  darebbe  la  hice  bianca  do|K>  la  sottrazione  di  quel 
genere  di  raggi  che  riflette  in  eccesso  il  rimanente  del  porta-og- 
getti ;  ma  noi  potremo  arrivare  a  questa  induzione  per  una  stra- 
da più  diretta  e  più  semplice  ,  analizzando  i  risultati  delle  espe- 
rienze di  cui  si  è  parlato  ,  e  deducendone  in  seguito  gli  elementi 

.':  che 


Del  Sic.   Pietro  Petrini  •  47 

che  conconono  in  una  nianiera  esclusiva  a  determinare  le  appa- 
renze colorate,  che  hanno  luo^o  in  una  supeilicic  costituita  nel- 
le circostanze  enunziate . 

Noi  dobbiamo  cominciare  dal  risolvere  la  questione,  che  ci 
eravamo  proposta  nell'articolo  precedente;  determinando  se  l'ap- 
parenze di  cui  si  licerca  la  causa,  risultino  in  etFetto  da  un'  illu- 
sione ottica  dipendente  dal  rapporto  de'due  sistemi  luminosi, 
che  vengon  riflessi  allo  Spettatore  dall'ombra,  e  dal  campo  che 
la  circonda  . 

Si  trova  ,  che  guardando  isolatamente  attraverso  di  un  tubo 
annerito  ,  1'  ombra  determinata  dall'  interposizione  di  un  corpo 
opaco  Sopra  un  piano  bianco  illuminato  da' raggi  del  Sole  riflessi 
da  una  superficie  colorata  ,  in  vere  die  ella  apparisca  del  color 
complementario  di  quello  che  presenta  il  restante  del  campo, 
non  tramanda  sensibilmente  che  una  debole  luce  bianca;  e  non 
ostante  che  si  venga  a  togliere  ,  o  a  riporre  al  suo  luogo  la  super- 
ficie colorata  ,  e  che  di  più  ad  una  superfìcie  di  un  dato  colore  , 
per  esempio  rossa,  o  aranciata,  si  sostituisca  ancora  una  superfi- 
cie gialla  o  di  qualun([ue  altro. colore  per  rifletter  la  luce  solale 
sul  piano  bianco  ,  non  potrà  ravvisarsi  alcuna  sensibil  variazione 
nella  maniera  d'  essere  dell'  ombra.  Ma  se  in  luogo  di  guardare 
isolatamente  attraverso  del  tubo  lo  spazio  costituito  all'  ombra, 
si  guardi  nel  tempo  stesso  anche  una  parte  del  campo  che  lo  cir- 
conda ,  si  manifesterà  sul  momento  il  color  complementario  nell' 
ombra  ,  e  si  vedrà  disparire  .  o  cangiare  secondo  che  si  toglierà  , 
o  si  cangierà  la  superficie  colorata ,  che  modifica  i  ra^gi  del  Sole, 
e  gli  riflette  sid  piano. 

Pare  adunque  diesi  possa  plausibilmente  concludere  ,  die 
i  fenomeni  del  coloramento  dell' ombra  non  appartengono  che 
ad  un'  illusione  ottica,  della  quale  possiamo  formarci  un'idea 
per  mezzo  delle  seguenti  considerazioni  . 

Si  comprende  facilmente  che  l'azione  che  esercita  sull'oc- 
diio  dello  -spettatore  la  luce  riflessa  dal  campo  del  porta  oggetti, 
quando  egli  è  illuminato  contemporaneamente  dai  raggi  che  par- 
tono dalle  pareti  bjanc  he  della  stanza,  e  dalla  luce  solare  modifi" 

ca- 


48  II  I  e  E  n  e  H  E     ce. 

cata  da  una  superficie  rossa  ,  è  quella  che  deve  esercitare  la  luce 
bianca  con  un  eccesso  di  raggi  rossi  •  Ora  allorché  si  sopprJuioiio 
questi  ultimi  sopra  una  parte  del  campo,  egli  è  chiaro  che  la  sen- 
sazione prodotta  dalla  sola  luce  bianca  ch'essa  tramanda,  in  con- 
fronto della  sensazione  eccitata  dalla  luce  che  parte  dal  restante 
del  cain[)o,  e  che  contiene  dei  raggi  rossi  in  eccelso  ,  deve  esse- 
re equivalente  alla  sensazione  che  produrrebbe  la  luce  bianca 
privata  d'una  parte  de'  raggi  rossi,  eh'  entrano  nella  sua  compo- 
sizione ;  giacché  la  forte  impressione  de'  raggi  di  questo  genere, 
elle  si  trovano  in  eccesso  nel  rimanente  del  campo,  non  lascia 
sentire  che  debolmente  1'  azione  del  rasjrio  rosso  nella  luce  bian- 
ca  riflessa  dalla  parte  del  campo  costituita  all'  ombra  . 

Lo  stesso  ragionamento  applicandosi  a  tutti  i  casi  del  rae- 
detìimo  ordine  qualunque  siasi  la  specie  particolare  de'  raggi,  che 
colorano  il  campo  del  porta-oggetti  ,  se  ne  concluderà  ,  che  non 
si  posson  sopprimere  sopra  una  parte  di  un  piano  bianco  costi- 
tuito all'  ombra  i  raggi  d'  una  data  specie  da' quali  viene  illumi- 
nato j  a  meno  di  non  produrvi  uu  colore  immaginario,  armonico 
del  colore  che  presenta  il  rimanente  del  campo. 

In  generale  il  contrasto  di  due  sistemi  luminosi  ,  in  uno  de' 
quali  si  trovi  in  eccesso  una  specie  determinata  di  raggi,  fa  trioii-' 
fare  il  raggio  complementario  nell'  altro  sistema;  poiché,  l'ec- 
cesso di  un  genere  di  raggi  da  una  parte  non  può  tendere  che 
a  far  sentire  il  difetto  de' raggi  omologhi  dall'  altra,  e  (juesto 
vuoto  é  appunto  quello  che  \i  determina  il  risalto  del  restan- 
te de'  rag'à  ,  che  corrispondono  nel  loro  effetto  collettivo  al 
ra<'2:io  complementario.  Un'induzione,  che  nasce  direttamen- 
te  dall'  analisi  de'  fatti,  come  è  questa  ,  merita  d'essere  so- 
stituita ai  principi  illusorj ,  che  hanno  servito  finora  a  dare  una 
spiegazione  alle  seguenti  osservazioni ,  dovute  per  la  prima  vol- 
ta al  celebre  Meusnier  .  i  *»*}ì«s9|EHiI0cj 
-D  Allorché  l' interno  d'  un  appartamento  non  è  illuminato 
che  dalla  luce  del  Sole  trasmessa  attraverso  di  una  tenda  di  taf- 
fettà rosso ,  che  abbia  uh' apertiu-a  d'alcune  linee  di  diametro 
per  cui  si  possa  introdurre  la  luce  ..diretta  ,  se  si  riceva  questo  fa- 

.^;',  scet- 


Del  Sic.  Pietro  Petrini.  49 

iscetto  ài  luce  sopra  un  foglio  di  carta  bianca  ,  la  parte  del  foglio 
iliuininata  dalla  luce  del  8ole  ,  e  la  cui  immagine  al  fondo  dell' 
occliio  dell'  Osservatore  non  è  formata  che  per  mezzo  di  raggi 
di  luce  bianca  ,  parrebbe  che  dovesse  comparire  bianca  ,  e  non 
ostante  sembra  di  un  bel  color  verde  pendente  un  poco  sul  bleu  . 
Reciprocamente  se  nelle  medesime  circostanze  in  luogo  d'  una 
tenda  rossa  s'  impieghi  una  tenda  di  color  verde- azzurro,  l'im- 
magine del  Sole  che  dovrebbe  anche  in  questo  caso  esser  bianca, 
comparisce  all'  opposto  di  un  bel  color  rosso  (*)  . 

Paragonando  questi  fenomeni  con  quelli  che  abbiamo  supe- 
riormente annunziati ,  è  facile  il  convincersi ,  che  gli  uni  e  gli 
altri  dipendono  dai  medesimi  principj  ,  e  che  un  passo  solo  di 
più  avrebbe  condotto  Meusnier,  rapporto  alle  cause  dell'ap- 
parenze di  questa  specie ,  alle  medesime  conseguenze  generali , 
a  cui  noi  siamo  arrivati  per  mezzo  dell'induzione  ,  e  dell'anali- 
si drt'  fatti  .  Così  noi  siamo  già  in  istato  di  prevedere,  indipen- 
dentemente da  un  dettaglio  ulteriore  su  questo  genere  d'  espe- 
rienze ,  die  r  immagine  del  Sole  ricevuta  sopra  un  foglio  di  car- 
ta bianca  deve  presentare  immancabilmente  il  colore  armonico  , 
o  complementario  di  quello  che  imprimono  sul  rimanente  del 
foglio  i  raggi  trasmessi  attraverso  la  tenda  colorata  . 

Siamo  dunque  in  diritto  di  concludere,  che  nelle  percezio- 
ni de'  colori  ha  luogo  per  cosi  dire  qual  cosa  di  n^orale,  e  che 
non  siamo  determinati  a  giudicarne  unicamente  dalla  natura  as- 
soluta de'  raggi  luminosi,  poiché  1'  impressione  dovuta  alla  luce 
bianca  può  coincidere  secondo  le  circostanze  con  ciascuna  delle 
iuipressioni  attribuite  finora  esclusivamente  alle  diverse  specie 
di  raggi  ,  che  la  compongono  .  Vediemo  ben  presto  che  alcuni 
problemi  interessanti  ,  relativi  alla  produzione  de' colori  imma- 

Tomo  XIII.  7  ^i- 


<*)Mémoire  surquelquesphénomèncs       |      les  de    Chimie  .    Tom.   HI. 
da   la   vision .  Par  M.   Monge  .    Anna- 


So  Ricerche     ec. 

giuarj  ,  non  hanno  Lisogno  che  di  esser  ricondotti  a  questo  prin- 
cipio per  ricever  la  soluzione  più  semplice,  e  più  naturale  . 

III. 

Esperienze  suW  ombre  duplicate  . 

Se  nel  mattino  d'  un  bel  giorno  un  poco  prima  del  levare 
del  Sole  ,  allorché  il  crepuscolo  è  già  abbastanza  avanzato  per 
far  comparire  il  Cielo  di  un  vivace  color  turchino,  si  ammetta 
in  una  stanza  per  una  finestra  aperta  la  luce  del  giorno  in  modo 
che  un  oggetto  bianco  ,  per  esempio  un  foglio  di  carta,  sia  illu- 
minato contemporaneamente  dai  raggi  riflessi  dall'  atmosfera  ,  e 
da  quelli  che  si  svolgono  da  una  lucerna  accesa  ,  portando  ad 
una  certa  distanza  dal  foglio  un  piccol  corpo  opaco  si  avranno 
due  ombre  ,  una  delie  quali  apparirà  costantemente  di  color 
d'  indaco  ,  e  V  altra  di  colore  aranciato  . 

L'  evoluzione  de'  due  colori  armonici  nell'ombre  non  è  li- 
mitata unicameute  alle  circostanze  annunziate  ;  sul  momento 
deir  apparir  dell'  Aurora  un  violetto  cupo  e  propriamente  il  co- 
lore dell'  ombra  illuminata  dai  raggi  dell'atmosfera  ,  mentre  il 
colore  dell'  ombra  opposta  è  un  giallo  vivace  declinante  un  poco 
sul  verde;  e  a  ciascun  aumento  del  chiarore  del  giorno  la  prima 
delle  due  ombre  cangia  insensibilmente  dal  violetto  all'  indaco  , 
ed  al  bleu  ,  nel  tempo  stesso  che  1'  ultima  cangia  dal  giallo  pen- 
dente sul  verde  ,  all'  aranciato  ,  ed  al  rossastro  .  Cosi  quando  la 
luce  del  giorno  è  interamente  sviluppata,  possono  anche  in  que- 
sto tempo  farsi  cadere  delle  ombre  d'  un  colorito  estivmamente 
vivace  sopra  un  foglio  di  carta  bianca  illuminato  nel  tempo  stes- 
so dai  raggi  diurni  ,  e  da  quelli  d'una  lucerna  accesa  .  In  quest' 
ultimo  caso  il  tono  del  colore  nell'  ombre  è  sensibilmente  sta- 
zionario a  qualunqr;e  altezza  del  ^^oli  suir  Orizzonte  ,  e  non  vi 
è  bisogno  che  di  aumentare,  o  diminuire  l' apertura  da  cui  si 
emettono  i  raggi  diurni,  a  misura  che  la  loro  intensità  è  più  o 

me- 


Del  Sic.  Pietro  Petrijji  .  5i 

meno  grande  per  ottener  sempre  uà  colore  egualmente  intenso 
iiell'  ombre  (*)  . 

Jn  generale ,  allorché  si  presenta  un  corpo  opaco  ad  una  su- 
perfìcie bianca  illuminata  ad  un  tempo  dalla  luce  dell'  atmosfe- 
ra ,  e  da  (juella  che  si  sviluppa  dalla  combustione  ,  lo  spazio  sul 
quale  si  è  isolata  la  prima,  cangia  successivamente  dal  violetto 
all'  azzurro  coli'  incremento  progressivo  della  luce  del  giorno  , 
mentre  lo  spazio  su  cui  si  è  isolata  quest'ultima,  cangia  dal 
giallo  pagliato  al  rossastro  .  Analizziamo  1'  enunziato  di  questi 
fatti  . 

E  (  hiao  j  che  il  campo  da  cui  son  circoscritte  le  due  ombre 
riflette  allo  SjDcttatore  la  luce  diurna  ,  più  la  luce  che  si  sviluppa 
dalla  combustione  ,  in  cui  si  contengono  evidentemente  i  raggi 
i  più  riflessiijili  in  minor  proporzione  che  nella  prima  .  Ora  lo  spa- 
zio sul  quale  si  saranno  intercettati  i  raggi  della  lucerna,  me- 
diante r  interposizione  del  corpo  opaco,  non  potrà  tramandare 
all'  Osservatore  che  la  luce  diurna ,  la  quale  in  confronto  della 
luce  riflessa  dal  rimanente  del  campo  apparirà  sul  nascer  dell'Al- 
ba di  un  color  porporino-violetto  tanto  più  intenso  ,  quanto  mag- 
giore sarà  l'eccesso  de' raggi  violetti,  ch'essa  contiene  ,  sopra 
quelli  che  si  trovano  nella  composizione  della  luce  che  si  s\olge 
dalla  combustione.  Si  proverebbe  con  un  ragionamento  analogo, 
che  Io  spazio  sul  quale  si  sono  isolati  i  raggi  provenienti  dalla  lu- 
cerna,  deve  comparire  di  un  vivace  color  giallo  pagliato  ,  o  ciò 

che 


C)  E'  facile  il  comprendere  che  in 
un'  ombra  determinata  dai  raggi  di  una 
lucerna^  e  costituita  in  circostanze  da 
riflettere  allo  Spettatore  i  raggi  diur- 
ni ,  si  vedrà  nascere  il  colore  azzurro  , 
e  passare  per  tutte  le  gradazioni  d'  in- 
tensità fino  al  più  vivace  azzurro  prisma- 
tico ,  per  mezzo  del  semplice  aumento 
successivo  dell'  intensità  dell'  ombra  . 
Ora  si  può  evidentemente  ottenere  quest' 


ultimo  effetto  in  due  maniere,  o  coll'au- 
mentare  la  densità  de'  raggi  della  lucer- 
na ,  o  col  diminuire  quella  de'  rairgi 
diurni  .  Supponendo  perciò  che  resti 
sempre  la  stessa  1'  intensità  de'  primi  , 
non  si  tratterà  che  d'indebolire  almeno' 
fino  ad  un  certo  punto  quella  degli  ul- 
timi per  render  più  energica  l'evoluzio- 
ne del  color  turchino  nell'  ombra  ,  che 
essi  vanno  ad  illuminare  . 


Si  Ricerche     ec- 

clie  è  r  istesso  ,  del  colore  annonico  ,  o  compleraenlario  di  quel- 
lo ,  che  presenta  1'  ombra  opposta  . 

Cosi  quando  coli'  avanzar  del  crepuscolo  i  raggi  violetti  lifles- 
si  in  più  gran  copia  insieme  con  i  porporini,  sono  i  predominanti 
nella  luce  diurna  ,  1'  onìbra  sulla  quale  si  sono  isolati  i  raggi  che  si 
svolgono  dalla  combustione,  apparirà  di  un  color  giallo  aranciato-, 
mentre  l'ombra  opposta  avrà  uu  color  porporino  leggermente 
declinante  al  violetto . 

Lo.  stesso  succede  quando  a  giorno  più  chiaro  la  luce  che 
parte  dall'atmosfera,  risulta  da  una  collazione  di  raggi  fra  i  quali 
i  violetti  sono  i  predominanti  insieme  co'  porporini  ,  e  gli  azzur- 
ri :  le  due  ombre  tangiano  il  loro  tono  di  colore,  e  quella  ch'era 
per  r  avanti  porporino-violetta  ,  diventa  di  un  color  d'  indaco 
pendente  un  poco  sul  bleu  ,  ne!  tempo  stesso  che  quella  che  pre- 
sentava il  giallo-aranciato  diventa  d'  un  bel  color  d'  arancia  pen- 
dente sul  rosso . 

Finalmente  allorché  la  luce  del  giorno  è  anche  più  intensa, 
r  ombra  che  riceve  i  raggi  dell'atmosfera,  e  che  riflette  per  con- 
seguenza allo  Spettatore  il  più  gran  numero  de'  raggi  i  più  rifles- 
sibili, presenta  un  vivo  color  turchino,  e  l'ombra  opposta  aa- 
nunzia  un  color  rosso  declinante  all'aranciato  . 

1  fenomeni  relativi  all' evoluzione  del  colore  nell'ombre 
determinate  dalla  luce  che  si  svolge  dalla  combustione,  e  da 
quella  che  parte  dalla  Luna  a  diverse  altezze  sull'  Orizzonte  , 
annunziano  essi  pure  un  periodo  costante  analogo  a  quello  dell' 
apparenze  che  si  manifestano  successivamente  riell'  ombre  soli- 
tarie determinate  dall' isolamento  della  luce  dell'atmosfera  sul 
nascere  ,  e  sul  tramontar  del  Sole  •  Allorché  la  Luna  è  sull'  Oriz- 
zonte ,  l'ombra  costituita  sopra  un  piano  bianco  dall'  isolatnento 
de  raggi  ch'essa  tramanda,  e  di  un  color  vérde- azzurrino,  e  l'om- 
bra prodotta  dall'  isolamento  de'  raggi  che  partono  da  una  lucer- 
na accesa  è  rossastra  .  Ad  un'  altezza  maggiore  sopra  1'  Orizzonte 
la  prima  di  quest'  oinbie  prende  un  color  azzurro  pochissimo 
declinante  sul  verde  ,  nel  tempo  che  la  seconda  annunzia  un  co- 
lor rosso  aranciato  j  e  quando  la  Luna  £  al  Meridiano  ,  il  colore 

del- 


Del   Sic.  Pietro  Petrini  .  53 

iìclle  due  ombre  è  da  una   parte  l' indaco-azzurro  ,  e  dall'altra 
r  aranciato  pendente  un  poco  sul  losso  . 

È  facile  il  vedere  che  questa  successione  d'  apparenze  colo- 
rate deve  pure  aver  luogo  in  un  ordine  inverso  nel  passaggio  del- 
la Luna  dal  Meridiano  all'  Orizzonte  ,  e  che  mentre  il  color  dell' 
ombra  determinata  dall'  isolamento  della  luce  Lunare  passa  gia- 
«Jatamente  dall'  indaco  azzurro  al  bleu  verde  ,  il  colore  dell'  om- 
bra coujugata  passerà  dall'  aranciato  al  rossastro  . 

Quello  che  si  è  detto  dell'  ombre  che  si  producono  per  mezr 
zo  dcir interposizione  di  un  corpo  opaco,  sopra  un  piano  bianco 
illuminato  da'  raeaì  che  si  svolgono  dalla  combustione  combina- 
ti  con  la  luce  diurna  ,  o  con  quella  della  Luna  ,  ha  luogo  pure  iu  - 
circostanze  simili  di  due  altre  ombre  ,  qualunque  siano  ^  deter- 
minate da  due  differenti  emissarj  di  luce. 

Se  per  esempio  si  riceva  in  una  stanza  la  luce  dell'  atmosfe- 
ra sopra  un  piano  bianco  situato  a  qualche  passo  dalla  finestra  , 
e  in  seguito  si  determini  sul  medesimo  piano  la  luce  solare  rifles- 
sa da  una  superficie  di  color  violetto,  un  cilindro  opaco  presenta- 
to ad  una  certa  distanza  dal  piano  vi  getterà  due  ombre  ,  e  quel- 
la che  risulterà  dall' mtersezione  de' raggi  dell'  atmosfera,  sarà 
violetta  ,  nel  tempo  che  l'ombra  determinata  dall'intersezione 
de'  raggi  solari  riflessi  apparirà  giallo-verde  . 

Se  si  sostituiscono  successivamente  alla  superficie  violetta 
delle  superficie  differentemente  colorate  per  rifletterla  luce  so- 
lare sul  piano  bianco,  Tombra  risultante  dall'  isolamento  de'iag- 
gi  dell'  atmosfera  presenterà  costantemente  il  color  complemen- 
tario  di  quello  dell'  ombra  opposta. 

Si  avrebbero  dei  risullati  analoghi  ricevendo  contempora- 
neamente sul  piano  bianco  la  luce  solare  riflessa  dalle  nuvole  ,  e 
quella  che  parte  dall'atmosfera.  Quando,  per  esempio  ,  il  Sole 
nel  declinare  all'Orizzonte,  tinge  successivamente  una  nuvola  in 
giallo  in  aranciato,  ed  iu  rosso,  isolando  sul  piano  bianco  per 
mez^odi  un  corpo  opaco  la  luce  che  tramanda  la  nuvola  ,  si  avrà 
un'  ombra  che  presenterà  prima  il  color  giallo  ,  in  seguito  il  color 
d'  arancia  ,  e  finalmente  il  rosso  ,  mentre  1'  ombra   costituita 

dall' 


54  R  I  e  E  R  e  n  E     ec. 

dall'  isolamento  della  lue  dell'  atmosfera  passerà  successivamen- 
te dal  \  ioletto  pendente  suU'  indaco  ,  al  porporino  ,  e  al  verde- 
azzurro  . 

E  facile  il  sentire  ,  die  questi  fenomeni  non  appartengono 
che  a  dei  casi  particolari  dipendenti  da  un  principio  generale  più 
semplice  ,  che  può  ennnziarsi  come  segue  =;  Allorché  un  oggetto 
Liaiico  è  illuminato  nel  tempo  stesso  da  due  o  piii  einissarj  di  lu- 
ce risultante  dai  medesimi  elementi  comhinati  fra  loro  ni  Ha  n.e- 
desima  proporzione  ,  sopprimendo  sopra  una  parte  della  di  lui  su- 
perficie la  luce  proveniente  da  uno  di  questi  emissarj  ,  non  vi  si 
produrrà  che  un  indeholimento  di  luce,  o  in  altri  termini  un' om- 
bra assolutamente  priva  di  colore;  ma  in  tutti  i  casi  ne'  quali  esi- 
steià  una  differenza  fra  i  principj  che  costituiscono  le  collezioni 
di  raggi  luminosi  che  partono  da  due  diversi  emissarj  ,  o  fia  le 
proporzioni  con  le  quali  si  trovano  combinati  insieme  ,  si  avran- 
no delie  apparenze  colorate  dipendenti  dal  sentimento  del  rap- 
porto scambievole  delle  impressioni  ,  che  eseicitano  simultanea- 
mente suir  occhio  i  due  sistemi  differenti  di  raggi  luminosi  . 

Cosi  ricevendo  sopra  un  piano  bianco  i  raggi  che  partono  al 
medesimo  grado  d'  intensità  da  due  puiissaij  oniolcghi  di  luce  , 
e  presentando  in  seguito  ad  una  certa  distanza  dal  piano  un  ci- 
lindro opaco  che  vi  getti  due  ombre  parallele,  ed  eguali  ,  non  vi 
sarà  alcuna  sensibil  differenza  nel  tono  ,  e  nell'intensità  delle 
due  ombre  ;  ma  se  si  ponga  innanzi  ad  uno  degli  emissarj  un  ve- 
tro ,  che  ne  modifichi  in  rosso  la  luce  ,  l'ombra  illuminata  da 
cjuesto  emissario  diventerà  rossa  ,  e  l'altra  ,  non  ostante  che  ri- 
fletta allo  Spettatore  lo  stesso  genere  di  luce  che  tramandava  per 
r  avanti,  comparirà  di  un  color  verde  tendente  all'azzurro  .  So- 
stituendo un  vetro  color  d'  arancia  al  vetro  rosso  ,  1'  ombra  sulla 
cjuale  cadono  i  raggi  trasmessi  presenterà  un  color  aranciato  ,  e 
r  altra  apparirà  di  color  d'  indaco  .  Un  vetro  giallo  ,  che  si  pre- 
senti in  luogo  del  vetro  color  d'  arancia  ad  uno  degli  emissarj  , 
colorirà  in  giallo  1'  ombra  che  gli  sfa  in  faccia  ,  e  jìiodrirrà  nell' 
ombra  opposta  1'  apparenza  di  un  color  porporino  declinante  al 
violetto  i  ed  un  vetro  verde  posto  nelle  medesime  circostanze  da- 
rà 


Dkl    Sic   Pietro   Petiuni  •  55 

là  un  color  verJe  all'  ombra  illuminata  dai  raggi  che  lo  attraver- 
sano ,  e  determinerà  nell'altia  omLra  l'apparenza  d'un  color 
violetto  pendente  sul  rosso  (*)  . 

Si  arriverebbe  ai  medesimi  risultati  impiegando  dei  vetri  di 
qnaluncpie  altro  colore  per  indurre  successivamente  delle  diffe- 
renti modificazioni  nel  sistema  dei  raggi  che  partono  da  uno  degli 
emissarj  di  luce.  Quando  una  delle  due  ombre  è  illuminata  per 
esempio  dai  raggi  trasmessi  attraverso  di  un  vetro  turchino  ;  il 
colore  che  ella  presenta  è  1'  azzurro  ,  e  quello  che  nasce  nell'  om- 
bra opposta  è  un  rosso  pendente  suU'  aranciato  .  Se  invece  di  ri- 
cever sopra  una  dell'  ombre  i  raggi  modificati  in  azzurro  ,  vi  si 
ricevano  i  raggi  trasmessi  attraverso  di  un  vetro  di  un  color  d'in- 
daco ,  o  di  color  violetto ,  ella  presen  tei  à  costantemente  il  colore 
che  appartiene  ai  raggi  da  cui  viene  illuminata,  e  V  ombra  oppo- 
sta si  colorirà  nel  primo  caso  in  aranciato  ,  e  nel  secondo  in  gial- 
lo pendente  sul  verde . 

Indipendentemente  da  queste  esperienze  si  hanno  pure  de- 
gli esempi  molto  famiiiarj  de!!'  evoluzione  dei  colori  comple- 
mentarj  nell'  ombre  in  tutti  i  casi,  ne' quali  un  appartamento  è 
illuminato  ad  un  tempo  da  due  o  più  sistemi  dissimili  di  laggi  . 
Se  per  esempio  1'  a[)partauieuto,  in  cui  s'  osservano  1'  ombre  du- 
plicate, riceve  insieme  con  la  luce  dell' atmosfera  la  luce  solare 
riflessa  dalla  facciata  d'uni  fabbrica,  i  colori  dell'ombre  sono 
di  un  giallognolo  eh  aro.  e  d'  \\n  indaco  .  Se  in  vece  della  faìicia- 
tae  un  tetto,  c[uell(ì  che  riflette  la  luce  solare  sul  piano  in  cui  so- 
no le  due  ombre,  il  loro  colore  e  bleu,  e  tosso  aranciato  .  Se  una 
prateria,  o  un'eminenza  coperta  di  verdura  riflettono  la  luce 
del  Sole  nell'  appartamento  ,  1'  om!>re  son  verdi  e  rosse;  e  in  ge- 
nerale se  r  appartamento  ha  delle  pareti  colorate,  che  riflettano 
i  raggi  solari  sul  piano  dell'ombre,  quella  che  è  costituita  dall' 
isolamento  della  luce  atmosferica  ,  presenta  costantemente  il  co- 

lor 


(')   Riirnfort]  ha   istituito  alnine  eie-       ,       "Sgi    fl>e    p.TrtonO    d.iUa     oomlmstione 
ganti   esperieiiise   di   questo  genere  sui  dell'  olio  in  due  lucerne  accese  . 


56  Ricerche     ec. 

]or  complcmentario  di  quello  dell'  ombra  sulla  quale  la  luce  at- 
inosrcrica  è  intercettata. 

E  osservabile  ,  che  diminuendo  progressivamente  V  angolo 
sotto  di  cui  s'  incontrano  sul  piano  bianco  i  laggi  appaitencnti  a 
due  dati  sistemi  himinosi,  e  avvicinando  per  conseguenza  sem- 
pre più  l'ombre  fra  loro,  1'  intensità  dei  due  colori  coniplemcn- 
tarj  ch'esse  presentano,  va  successivamente  aumentandosi,  e  non  ■ 
è  mai  tanto  grande  quanto  nel  caso  in  cai  i  due  lati  contigui  dell' 
ombre  sono  a  contatto  fra  loro  .  Quest"  osser\  azione  non  è  forse 
della  minima  importanza  quando  si  tratta  di  completare  la  serie 
delle  prove  suU'  esistenza  di  un'  illusione  ottica  nei  fenomeni  di 
questo  genere  . 
V  Richiamando  questi  risultati  dai  dettagli  particolari  ad   un 

punto  di  vista  più  generale  ,  e  più  semplice ,  è  facile  il  ricondur- 
li  a  quelli  che  abbiamo  precedentemente  annunziati  ,  e  da 
cui  siamo  partiti  nello  svilup[)are  i  principi  da' quali  dipen- 
de la  produzione  de'  colorj  imrr;aginarj  .  E  chiaro  in  tfìetto  che 
tutti  i  fenomeni  di  cui  si  è  parlato  finora,  non  rappresentano  che 
altrettanti  casi  particolari  di  un  fenomeno  dipendente  dalle  leg- 
gi primitive  che  determinano  i  rapporti  fra  le  funzioni  del  siste- 
ma luminoso  ,  e  cpielle  dell'  organo  della  vista  .  Si  è  veduto,  che 
neir  ordine  delle  nostre  sensazioni  l'impressione  simultanea  di 
due  sistemi  di  raggi  luminosi  ,  uno  de'<jnali  relativamente  al  si- 
stema de'  raggi  da  cui  risulta  la  luce  bianca  sia  costituito  con  un 
eccesso  di  raggi  d'  una  specie  particolare,  determina  nell'altro 
sistema  una  sottrazione  immaginaria  di  raggi  della  medesima 
specie;  talché  le  appaienti  maniere  d'essere  dei  due  sistemi  stan- 
no fra  loro  nel  medesimo  rapporto  ,  che  hanno  scambievolmente 
le  funzioni  di  due  ordini  differenti  di  raggi  luminosi,  i  colori 
de'  quali  siano  armonici  ,  o  complementarj  fra  loro  . 

Dopo    aver  condotto  i  fenomeni  delle   illusioni  ottiche  a 

questo  grado  di  generalità   con  riportare   tutti  i  casi  particolari 

ad  un  fatto  primitivo  ,di  cui  essi  non  sono  che  le  dipendenze  , 

,  si  può  prendere  impunemente  una  strada  opposta   a  quella  che 

abbiamo  percorso  ,  e  mostrare  come  potrebbero  prevedersi  i  ri- 

sul- 


Del  Sin.  Pietro  Petrini  •  Sj 

siiltati  dell'  ossei-vazione  dediicetidoii  dull'  enunziato  dei  princi- 
jjj  generali  che  ne  stabiliscono  1'  etiologia  . 

JSoi  abbiamo  veduto,  che  un  cilindro  opaco  illuminato  nel 
medesimo  tempo  da  due  sistemi  omologhi  di  raggi  luminosi  get- 
ta sopra  un  piano  bianco  due  ombre  assolutamente  omologhe. 
Se  si  modifichi  in  una  certa  maniera  uno  de'  due  sistemi ,  1'  om- 
bre cesseranno  d'  essere  omologhe  ,  ed  è  chiaro  che  determinati 
gli  elementi  di  dissomiglianza  fja  i  due  sistemi  di  rapgi  ,  nulla 
sarà  più  facile  quanto  il  determinare  la  natura  dell'  apparenze 
colorate  ,  clic  dovranno  manifestarsi  nell'  ombre  . 

Con  la  medesima  facilità  si  potrebbe  dediure  <3alla  natura 
dei  due  coloii  dell'ombre  il  rapporto  scambievole  delle  maniere 
d'  essere  de"  due  sistemi  di  raggi  che  le  determinaiio  .  Così  sup- 
ponendo che  una  dell'  ombre  presenti  il  color  violetto,  e  che  per 
conseguenza  il  colore  trionfante  dell'  ombra  opposta  sia  il  giallo 
declinante  al  verde  ,  se  ne  concluderà  che  la  luce  dell'  emissario 
che  determina  la  prima  di  quest'  ombre,  sta  alla  luce  dell'  emis- 
sario che  determina  la  seconda,  come  il  sistema  de'  raggi  a  cui  si 
deve  la  sensazione  dv?l  color  giallo  pendente  sul  verde ,  sta  al  si- 
stema de'  raggi  ,  <ìa  cui  dipende  la  sensazione  del  color  violetto  . 
Per  semplicizzare  anclie  di  più  la  consideiazione  de'  feno- 
meni ,  snpponghiamo  che  uno  de'  due  sistemi  sia  costantemente 
quello  da  cui  risulta  la  luce  bianca  ,  e  che  1'  altro  sistema  ,  ri- 
guardo a  un  dato  genere  di  raggi ,  differisca  ora  in  più  ,  ed  ora 
in  meno  ddl  primo,  JN'oi  abbiamo  già  considerato  il  primo  di 
questi  casi  :  vediamo  cosa  nasceiebbe  nel  caso  opposto,  cioè 
quando  la  dissomiglianza  di  uno  de'  due  sistemi  da  quello  che 
forma  la  luce  bianca  ,  fosse  costituita  dal  difetto  di  un  genere  de- 
terminato di  raggi . 

Si  è  veduto  che  nel  primo  caso  1'  ombra  illuminata  dal  siste- 
ma che  forma  la  luce  bianca  si  colora  in  giallo  pendente  sul  ver- 
de ,  e  1'  ombra  illuminata  dall'  altro  sistema  si  tinge  in  violetto  . 
Immaginiamo  ora  che  da  (fiiest'  ultimo  si  sottraggano  dei  rapffi 
violetti  ni  modo  che  egli  differisca  dalla  luce  bianca  per  una  pro- 
porzione minoie  de'  raggi  di  questo  genere  ;  è  evidente  che  i  co- 
Tomo  XIII,  y  lo_ 


58  Ricerche     ec. 

lori  dell'  ombre  sì  rovescieranno ,  e  clie  1'  ombra  a  cui  apparte- 
neva nel  caso  precedente  il  colore  violetto,  diverrà  giallo-verde, 
come  I'  ombra  che  presentava  per  1'  avanti  il  color  giallo  pen- 
dente sul  verde  apparirà  violetta  . 

Generalizzando  quest'osservazione  se  ne  concluderà,  che 
neir  ultimo  de'  casi  annunziati  si  riproducono  esattamente  le 
medesime  apparenze  colorate  che  si  osservano  nel  primo,  con  la 
sola  differenza  che  risulta  dall'inversione  nelle  posizioni  rispet- 
tive de'  colori  dell'  ombre  • 

Puprendiamo  adesso  la  considerazione  dei  fenomeni  che  si 
presentano  nell'  ombre  determinate  da  due  simili  sistemi  di  rag- 
gi, che  partono  al  medesimo  grado  d'intensità  da  due  emissarj  di 
luce.  Egli  è  evidente  che  inducendo  eguali  modilicazioni  tanto 
nell"  uno  che  nell'  altro  sistema,  non  resterebbero  alterate  le  cir- 
'costanze  che  si  esigono,  perchè  le  due  ombre  non  consistano  che 
in  un  ii'.debolimento  di  luce,  e  per  conseguenza  esse  non  presen- 
terebbero venula  apparenza  colorata  .  Cosi  supponendo  che  s'in- 
terpongano due  simili  vetri  di  color  d'  indaco  al  due  emissarj  di 
luce,  il  campo  che  circonda  le  due  ombre  si  tingerà  sensibilmim- 
te  in  porporino,  ma  1'  ombre  non  annuuzieranno  colore  alcuno. 

S'  immagini  ora,  che  si  sostituisca  un  vetro  color  d  arancia 
ad  uno  de' vetri  di  color  d' indaco;  è  chiaro  che  solamente  in 
consesiuenza  dell'  interposizione  di  un  vetro  color  d'  arancia  ad 
imo  de'  lumi,  o  d'  un  vetro  di  color  d'indaco  all'  altro,  si  sareb- 
bero sviluppati  i  due  colori  armonici  nell'  ombre:  ci  sorprendere- 
mo dunque,  che  impiegando  contemporaneamente  i  due  vetri  , 
r  aranciato  e  il  porporino  ,  V  intensità  de'  due  colori  dell'  ombre 
si  renda  sensibilmente  maggiore  ? 

È  facile  il  comprendere  ,  che  quest'effetto  non  è  particolare 
all'  esempio  che  abbiamo  scelto,  e  che  si  giungerebbe  in  qualun- 
que caso  ad  aumentare  la  vivacità  de' colori  dell'  ombre  presen- 
tando ai  due  emissarj  di  luce  due  vetri,  i  colori  de'  quali  fossero 
complemtntarj  fra  loro  . 

Dopo  aver  meditato  sulla  natura  delle  illusioni  ottiche,  che 
hanno  luogo  nei  fenomeni  dell'ombre  colorate,  e  su'principj  che 
■V  .  '     ■  '    ^  '       ser- 


Del  Sic.  Pietro  Petrini  •  5() 

serviranno  a  riunire  questo  punto  di  scienza  con  la  teoria  de'  co- 
lori iniinaginaij ,  se  resta  ancora  a  far  qualche  cosa  per  determi- 
nare con  esattezza  le  leggi  di  questa  singoiar  dipendenza  dell'ap- 
parenze colorate  dell'  ombre  dalla  costituzione  jelativa  de'  siste- 
mi difìTerenti  di  raggi  che  le  determinano,  pare  almeno  che  siano 
stabiliti  invariabiliuente  i  fatti  principali  che  debbon  servir  loro 
di  base  . 

Noi  non  lasceremo  i  dettagli  relativi  alla  produzione  dei  co- 
leri dell'  ombre  ,  senza  render  conto  d' alcuni  risultati  importan- 
ti ottenuti  da  Hassenfratz  intorno  all'influenza  della  costituzione 
chimica  de' combustibili  sulle  modificazioni  della  luce,  che  si 
svolge  nel  processo  della  decomposizion  dell'  aere  ossigeno  a  con- 
tatto di  essi  . 

Si  può  concludere  ,  egli  dice  {a),  da  una  serie  d'  osservazio- 
ni ,  che  r  ombra  prodotta  dall'  isolamento  della  luce  dell'  idroge- 
no, e  dell'alcool  è  rossastra  allorché  quella  dell'olio  è  azzurra^  che 
r  ombra  costituita  dalla  luce  del  legno  ,  del  carbon  fossile,  e  del 
carbone  vegetabile  è  azzurra,  allorché  quella  costituita  dall'isola- 
mento dei  raggi  della'lucerna  è  rossastra  ;  e  poiché  1'  aere  idro- 
geno, e  r  ab  ool  contengono  meno  carbone  che  1' olio,  come  il 
legno,  il  carbon-fossile ,  ed  il  carbone  contengono  meno  idroge- 
no di  quello  che;  esiste  nelT  olio  ,  potrebbe  darsi  che  i  due  colori 
azzurro,  e  rossastro  dell' ombre  prodotte  da'  due  lumi  artifiziali 
fossero  fia  di  loro  in  un  rapporto  dipendente  dalle  proporzioni 
di  questi  due  combustibili,  e  clie  la  luce  sviluppata  per  mezzo  di 
una  sostanza  in  cui  domina  l' idrogeno,  dasse  costantemente  un' 
ombra  rossastra  ,  nel  tempo  in  cui  la  Incedi  una  sostanza  in  cui 
prevale  il  carbone  ,  produce  un""  ombra  azzurra  . 

Frr  nitro  non  ostante  che  i  fatti  sembrino  condurci  a  questa 
conclusione  ;  non  ostante  che  si  abbia  avuto  molta  diligenza  nell' 
assicurarci  che  lo  sviluppo  de' due  colori  complementarj  é  indi- 

pen- 

(«)  Journal  de  1'  Ecòle  Polytecnique  XI.  Cah. 


6o  Ricerche     ec. 

pendente  dalla  rapidità  della  combustione,  e  dall'  intensità  delie 
due  luci,  non  osiamo  presentar  questo  risultato  come  una  \e"(>e 
generale,  e  costante,  attendendo  che  il  tempo  ,  e  le  successive 
esperienze  lo  confermino  o  lo  smentiscano  . 

r  V. 

Fenomeni  che  riuniscono  la  dottrina  dell'  ombre  colorate 
con  quella  dei  colori  itnmaginarj  . 

L'  esperienze  di  cui  siamo  per  render  conto  non  apparten- 
gono propriamente  allo  stesso  genere  di  (|uel!e,di  cui  ci  siamo  fi- 
nora occupati:  esse  non  hanno  per  oggetto  che  di  sviluppare  le 
apparenze  che  succedono  alt'  azione  continuata  de'  raggi  lumino- 
si sull'organo  della  vista.  Egli  è  però  interessante  il  far  sentire 
la  semplicità  dell' enunziato  al  quale  le  une,  e  l'altre  posson' esser 
condotte  per  mezzo  dei  punti  d'  analogia,  che  servono  ad  avvici- 
narle fra  loro.  Forse  cosi  elleno  si  rischiareranno  scambievolmen- 
te ,  e  potremo  col  progresso  dei  lumi  cf)ordinarne  i  risultati,  e  ri- 
conoscere r  identità  de' princjpj  da'  quali  pare  eh' esse  dipenda- 
no . 

Allorché  si  fissa  l'occhio  per  qualche  tempo  sopra  un  picc&l 
cerchio  di  carta  bianca  illuminato  esclusivamente  da  un  fascetto 
■C  di  raggi  rossi,  e  circondato  da  un  campo  nero,  si  vede  nascervi 
all'  intorno  un  orlo ,  o  una  corona  di  color  verde  tendente  all'  az- 
zurro; e  se  cessando  dal  mi-rare  il  disco  rosso,  si  porta  V  occhio  so- 
pra qualche  punto  del  campo  che  lo  circonda,  si  vede  distinta- 
mente un  cerchio  di  color  verde-azzurro  della  medesima  grandez- 
za del  rosso  . 

Quest'apparenza  sussiste  per  più  o  menodi  tempo,  secondo  che 
j)iù  o  meno  forte  è  stata  l'impressione  del  rosso,  e  non  svanisce  in- 
teramente che  quando  le  nuove  impressioni  degli  oggetti  su'quali 
si  porta  r  occhio  successivamente,  sono  arrivate  a  distruggere  gli 
efl'etti  della  trojqio  energica  impressione  dell'  immagine  rossa  . 

Se  il  cerchio  di  carta  bianca  in  vece  de'  raggi  rossi  rifletta  al- 
lo 


Del  SiG.   Pietro  Petuini  .  6i 

lo  Spettatore  dei  raggi  aranciati,  il  contorno  immaginario  che 
nascerà  sulla  sna  circonferenza,  sarà  di  color  d'  indaco;  e  allorché 
si  porterà  1'  occhio  sopra  qualche  parte  del  t'ondo  nr-ro  dupo  la 
produzione  di  quest'apparenza,  il  disco  immaginario  che  vi  osser- 
veremo, sarà  di  color  por|X)rino  . 

Nella  stessa  maniera  se  in  vece  dei  raggi  aranciati  si  deter- 
mini sul  cerchio  hianco  un  fascette  di  raggi  appartenenti  allo  spa- 
zio dell'  immagine  jjrisniatica  compreso  tra  il  giallo  ed  il  verde  , 
il  contorno  che  si  svilupperà  sulla  circonferenza  del  cerchio  dopo 
avervi  fissato  1'  occhio  per  qualche  tempo,  e  il  disco  immagina- 
rio che  si  formerà  d'  intorno  a  quel  punto  del  campo  nero,  sul 
quale  dirigeremo  la  vista,  saranno  di  color  viuletto  . 

In  generale  i  colori  immaginar],  che  succederanno  all'im- 
pressione de'  colori  reali,  saranno  costantemente  i  complementa- 
rj  corrispondenti .  Cosi  ricevendo  successivamente  sul  cerchio 
hianco  i  raggi  verd' azzurri  ,  porporini,  e  violetti  ,  si  sviluppe- 
ranno uno  dopo  r  altro  sul  campo  nero  i  colori  immaginar]  ,  ros- 
so aranciato,  e  giallo  veidc  . 

■  Quello  che  si  è  detto  di  un  disco  di  carta  bianca  illuminato 
dai  raggi  appartenenti  a  un  dato  spazio  dell'  immagine  prismati- 
ca, ha  luogo  pure  in  circostanze  simili  di  una  superficie  per  se 
ste-isa  colorata,  capace  cioè  di  separare  la  luce  ne'suoi  raggi  com- 
ponenti, e  di  rifletterne  un  genere  determinato  al  o  Spettatore  . 

Le  prime  esperienze  sopra  i  colori  immaginar)  sono  s'ate 
istituite  impiegando  dei  piccoli  cerclii  di  drappi  ,o  di  caita  tinta 
di  diversi  colori;  ma  senza  valutare  la  difficoltà  di  giudicare  con 
precisione  a  t[ual  punto  tlello  spettro  piismatico  corrisponda  il 
colore  della  carta  .  o  d'd  drappo,  eglie  evidente  che  una  super- 
ficie colorata  riflfttendo  indistintamente  qualunque  ordine  di 
raggi  luminosi  insieme  col  principale  o  predominante,  questa 
circostanza  non  può  non  influire  sui  risultati  delle  osservazioni 
di  questo  genere  ,  e  tendere  immancabilmente  a  renderne  meno 
rigorosi  i  risultati  . 

Nella  scelta  che  noi  abbiamo  adottata  dei  mezzi  di  ricerca 
ncli'  esperienze  sopra  i  colori  immaginar]  ,   si-  è  indubitatamente 

al- 


02  R    I    C    E    K     C     HE        eC. 

allontanata  qualunque  circostanza  ,  che  potesse  esser  capace  di 
spargere  della  ditìnlenza,  o  dell'  implicazione  sui  risultati  .  Noi 
abbiamo  ridotta  in  tal  modo  la  considerazione  dei  fenomeni  rela- 
tivi alla  produzione  de'  colori  accidentali  alla  semplice  conside- 
razione degli  efletti,  che  nascono  dall'azione  di  un  dato  genere  di 
raggi  luminosi  suH'  organo  della  vista  .  Egli  era  difficile  in  altro 
modo  r  introdursi  ad  istituirne  un'  analisi  rigorosa  ,  e  non  vi  eia 
bisogno  forse  di  meno  che  del  grado  di  semplicità  al  quale  si  è  ri- 
dotto r  enunziato  de'  fatti ,  per  porsi  in  grado  di  svilupparne  del- 
le verità  da  riunirsi  alla  collezione  di  quelle  che  costituiscono  la 
scienza  della  visione  . 

È  sorpiendente  che  le  apparenze  di  cui  si  è  parlato  abbiano 
luogo  egualmente,  allorché  dopo  aver  ricevuto  una  forte  impres- 
sione di  un  dato  g("nere  di  raggi,  si  chiudono  affatto  gli  occhi  . 
A  che  si  riporta  dunque  in  questo  caso  l'evoluzione  del  color 
complementario?  Pare,  che  il  problema  non  ammetta  che  una 
soluzione  ben  differente  da  quella  che  ci  aspettavamo;  ed  è  diffi- 
cile a  prima  vista  l' immaginare  ,  limitandosi  alla  considerazione 
di  questo  risultato,  come  i  fenomeni  de'colori  immaginar]  possa- 
no presentare  dei  punti  di  contatto  con  quelli  dell'apparenze  co- 
lorate .,  che  si  manifestano  nelf  ombre  . 

Ciò  non  ostante  un  fatto  osservato  per  la  prima  volta  da 
Scherfer  presenta  delle  valutabili  analogie  per  ricondurre  alle 
medesime  leggi  f  uno  ,  e  T  altro  geneie  di  fenomeni .  iNoi  vedre- 
mo che  analizzando  questo  fatto  sarà  facile  il  sollevarci  ad  alcune 
generali  deduzioni ,  le  quali  se  non  basteranno  per  coordinare  il 
rimanente  dei  fatti  relativi  alla  produzione  dei  colori  imrnagina- 
rj  5  spargeranno  almeno  dei  lumi  sopra  i  rapporti  che  li  avvicina^ 
no  insieme  . 

Se  si  consideri  fissamente  per  qualche  ten  pò  un  quadrato 
bianco  sopra  un  fondo  nero,  al  momento  che  si  cessa  dal  mirare 
il  quadrato  bianco  per  gettar  l'occhio  su  qualche  parte  del  fon- 
do nero,  l'impressione  dell  i  luce  riflessa  da  questo  spazio  del 
fondo  agirà  con  molto  minor  forza  sulla  parte  di  retina  ,  che  era 
stata  già  occupata  dalla  figura  bianca,  e  in  cui  per  conseguenza 
>:  ^  le 


Del  Sic.   Pietro  Petiuni  •  63 

le  fibre  sono  molto  più  stanche  ,  di  quello  che  non  agirà  sul  resto 
dell'occhio,  il  quale  dovrà  perciò  provare  una  sensazione  più  for- 
te. Quest'ineguaglianza  e  quella  ciie  ci  fa  trovare  la  macchia  im- 
maginaria molto  più  nera  che  il  fondo  sul  quale  i  nostri  occhi  si 
sono  fìssati  ,  e  che  ci  fa  apparire  la  macchia  reale  ,  e  I'  immagi- 
naria eguali  in  figura  ,  e  in  grandezza  ,  purché  il  piano  ove  vedia- 
mo quest'  ultima  ,  sia  alla  medesima  distanza  ,  a  cui  si  trovava  la 
macchia  reale  dall'occhio.  Questa  macchia  ci  sembrerà  ancoiaben 
più  nera  .  e  più  distinta  ,  se  dopo  aver  considerato  la  figura  bian- 
ca noi  getteremo  gli  occhi  non  sopra  una  superficie  nera,  ma  so- 
pra un  fondo  bianco:  la  luce  più  forte  che  partirà  da  quest'  ulti- 
mo,colpiràaltrettauto  più  vivamente  le  fibreche  sono  ancora  fre- 
sche ,  e  la  sensazione  di  quelle  che  sono  debilitate  perderà  corris- 
pondentemente d'  effetto . 

Si  osserverà  all'  opposto  sopra  un  fondo  bianco  ,  oppure  an- 
che nero,  una  macchia  ben  più  chiara,  e  lucente,  dopo  aver  con- 
siderata a  lungo  una  figura  nera  sopra  una  superficie  bianca,  poi- 
ché in  questo  caso  la  forte  riflessione  di  questa  superficie  affetta 
l'occhio  vivamente,  e  non  vie  se  non  la  parte  che  ha  licevuto 
l'immagine  della  figura  nera  che  non  resti  punto  indebolita:  que- 
sta parte  e  dunque  la  sola  che  sia  in  istato  di  risentire  in  seguito 
vivamente  il  candore  della  carta  bianca,  mentre  che  l'impressio- 
ne che  r  altre  parti  ne  ricevono  e  poco  sensibile  .  Che  se  si  getti 
r  occhio  sopra  un  fondo  nero ,  succederà  anche  in  questo  caso  , 
chele  parti  dell'occhio  che  non  son  punto  debilitate,  saranno  affet- 
te davvantaggio,  e  l'effetto  di  questa  luce,  per  quanto  debole  essa 
sia  ,  non  lascerà  d'  essere  una  sensazione  più  forte  di  quella  che 
riceve  la  parte  deliiiitata  . 

InJipendentemente  da  queste  considerazioni,  noi  possiamo 
anche  d'altronde  lestar  convinti  che  il  fenomeno  della  figura  im- 
maginai'ia  dipende  da  ima  certa  durata  dell' impressione  che  la 
figura  reale  fa  sull'occhio,  e  che  Io  dispone  ad  una  maggior  o  mi- 
nor facoltà  di  risentire  l'  azione  di  un  nuovo  oggetto.  Si  trova  in 
fatti,  che  la  grandezza  della  figura  immaginaria  è  maggiore  o 
minore  di  quella  della  figura  reale,  secondoche  il  piano  a  cui  i  ipor- 

tia- 


64  II    I    e    E    R    e    H    E        ec 

tiamo  la  prima,  è  ad  una  maggiore  o  minor  distanza  dall' occli  io, 
cJie  il  ])ianosu  cui  si  vede  quest'idtiuia  .  Egli  è  diinc^ue  evidente 
che  l'impressione  della  figura  reale occupasullarctina  il  medesinio 
spazio  sul  quale  essa  aveva  agito  dapprima,  e  che  la  nuova  mo- 
dificazione a  cui  dà  luogo,  si  riporta  ad  una  maggiore,  o  minor  su- 
scettibilità di  quello  spazio  della  retina  a  ricever  le  successive 
impressioni  degli  oggetti ,  che  agiscono  sopra  di  esso.  Vcdian.o 
qualclie  esempio  dell'  estensione  che  si  può  dare  a  questo  risul- 
tato . 

Quando  si  contempla  per  qualche  tempo  un  quadrato  nero  so- 
pra un  piano  di  color  rosso,  piegando  in  seguito  l'occhio  da  nn  Iato, 
sopra  il  fondo  rosso  \i  si  osserva  un  quadrato  di  un  rosso  più 
chiaro,  e  gettando  dipoi  1'  occhio  sopra  un  piano  nero,  vi  compa- 
liice  un  <piadrat^)  di  un  vivace  color  rosso,  mentre  il  rimanente 
del  piano  nero  presenta  un  cupo  color  verde  tendente  all'az- 
zurro . 

Egli  è  chiaro  ,  dopo  i  fatti  precedentemeute  annunziati,  che 
il  quadrato  imiiiaginario  considerato  sul  fondo  rosso  apparisce  di 
un  color  rosso  pilli  vivo,  appunto  perchè  la  ]iarte  di  retina  occujia- 
ta  già  dal  quadrato  nero  è  più  in  istato,  che  il  limanente  dell'occhio 
di  sentire  energicamente  1'  azione  de^ raggi,  che  partono  dal  fon- 
do rosso.  AUoichè  si  trasporta  l'occhio  sopra  il  piano  nero,  la  ma- 
niera d'essere  di  questa  parte  di  retina  è  connessa  ad  una  sensazio- 
ne omologa  a  quella ,  che  nasce  dall'azione  della  luce  rossa ,  e  sic- 
come il  restante  dell'occhio  non  è  affetto  che  da  nna  de!  ole  lu- 
ce ,  nella  quale  il  raggio  rosso  è  in  silenzio,  il  colore  immaginario 
trionfante  del  fondo  nero  deve  essere  evidentemente  un  cupo  co- 
Im-  verd'azzurro.  Se  si  chiudano  gli  occhi,  si  continueranno  a  ve- 
dere le  stesse  apparenze ,  perchè  le  impressioni  restano  come  esse 
son  nate  . 

La  medesima  teoria  sarebbe  ecualmente  applicabile  a  tutti 


O" 


ipp 


gli  altri  casi  di  questo  genere,  giacché  sostituendo  successiva- 
mente al  color  rosso  ,  il  color  d'  arancia  ,  il  giallo  ,  o  qualunque 
altro  ,  per  servir  di  campo  al  quadrato  nero  ,  si  avrebbero  costan- 
temente delle  apparenze  analoghe  ,  e  1'  evoluzione  dei  due  colori 

„;-r  ■  coni- 


Del  Sic  Pieteo  Petrini.  65 

complementavj  sul  fondo  nero  non  mancherebbe  mai  di  presen- 
tarsi nelle  circostanze  medesime  . 

B(ì  in  vece  del  quadrato ^  e  del  fondo  nero  s' impieghino 
l'uno,  e  l'altro  di  carta  bianca  ,  il  quadrato  immaginario  che  nel- 
le precedenti  esperienze  appariva  di  un  colore  omologo  più  vivo 
sul  campo  colorito,  si  troverà  in  queste  di  vui  colore  omologo  più 
cupo  ,  come  è  facile  il  prevedere  . 

Noi  non  ci  fermeremo  di  più  su  questo  genere  d'esperienze. 
Troppo  semplici  ,  e  troppo  ben  connesse  con  le  precedenti  per 
aver  bisogno  di  dettagli  ulteriori,  esse  non  presentano  di  che  sor- 
prendeici  se  si  faccia  un  ritorno  sul  jniiicipio  die  altbiamo  supe- 
riormente annunziato  ,  cioè  =  clie  T  occhio  aifetto  vivamente  da 
una  forte,  e  continuata  impressione  di  un  dato  genere  di  raggi 
noti  è  iji  istato  di  sentire  le  impressioni  omologhe  più  deboli,  e 
che  le  sensazioni  connesse  all'azione  dei  diversi  sistemi  di  luce, 
sono  modihcate  dalla  suscettibilità  della  reatina  a  sentire  più  o 
meno  energicamente  l'azione  de' diversi  elementi  che  li  compoii- 
gono  =  .  (a) 

Questo  principio,  diesi  riduce  effettivamente  ad  un  caso  par- 
ticolare di  quello  die  abbiamo  già  invocato  per  la  spiegazione  dei 
fenomeni  delP  ombre  colorate,  non  è  sensibilmente  che  una 
semplice  traduzione  dell'  enunziato  generale  dei  fenomeni  che 
nascono  dall'  impressione  di  un  genere  determinato  di  raggi  lu- 

Tomo  XIII.  f^  mi- 


(a)  Sono  assai  noti  in  Pittura  gli  ef- 
fetti ,  elle  risultano  flal  contrasto  di  due 
colori.  11  giallo-dorè  languido  ,  per  e- 
scmpio,  si  cangia  nel  più  vivace  color 
giallo  pagliato  c[uando  è  contornato  da 
una  listettina  di  ccilor  violetto;  e  il  ne- 
ro di  brace  mescolato  col  bianco  prende 
u  II  tono  di  colore  simile  al  turcliino  , 
quando  si  fa  contrastare  con  un  liei  co- 
lore aranciato.  Si  sa  che  nulla  contri- 
Luiice  maggiormente  a  dare  un  risalto 


al  colorito  della  carnagione,  quanto  il 
contrapposto  di  un  color  verde  pendente 
un  poco  all'azzurro-  Noi  potremo  spiega- 
re con  laciiità,  partendo  dai  principi  an- 
nunziati ,  r  origine  di  questa  ,  come  di 
molte  altre  praticlie,  delle  quali  la  mag- 
gior parte  dei  Pittori  non  conoscono  i 
motivi,  ma  di  cui  però  uno  studio  as- 
siduo della  Natura  ha  loro  fatto  com- 
prendere la  necessità  . 


66  R  I  e  E  R  e  H  E     ec. 

«linosi  sull'organo  della  vista,  fila  per  svilii[)pare  in  tuttala  sua 
estensione  questa  verità  ,  vi  abbisogna  un  treno  d'  esperienze  as- 
sai delicate,  in  cui  cercherò  inseguito  d'occuparmi  tanto  quan- 
to le  mie  occupazioni  mi  permettei'anno  . 

Noi  lasceremo  questo  soggetto  con  proporci  la  soluzione  di 
un  problema  legato  intimamente  con  la  serie  de'  fatti  relativi  al- 
la scienza  della  vi^-ioue.  Percliè  due  colori  che  sono  complemen- 
tarj  1'  uno  dell'  altro  ,  sono  anche  armonici  fra  loro  ? 

Qualunque  siasi  la  natura  del  piacere,  egli  è  certo  consul- 
tando 1^  istoria  delle  nostre  facoltà  ,  che  due  sensazioni  contem- 
poranee che  rientrano  1'  una  nell'  altra  ,  sono  costantemente  ac- 
com|)agiiate  dami  sentimento  di  piacere,  e  che  la  loro  armonia 
non  esprime  che  il  passaggio  naturale  dell'  vma  nell'  altra  .  È  fa- 
cile il  sentire  dopo  di  ciò,  che  due  colori  saranno  armonici  fra  lo- 
ro ,  allorché  la  sensazione  dell'  uno  si  condurrà  dietro  natural- 
mente quella  dell"  altro,  o  ciò  che  è  1'  istesso  ,  quando  le  due 
percezioni  si  trasformeranno  spontaneamente  V  una  nell'altra,  e 
questo  è  appunto  il  caso  di  due  colori  complementarj ,  che  agis- 
cono contemporaneamente  sull'organo  della  vista  . 

Non  appartiene  adunque  al  capriccio  il  dettare  le  leggi  fon- 
damentali dell'armonia  de' colori;  esse  non  sono  che  l'espressione 
morale  di  uno  stato  determinato  nel  nostro  oioanismo,  e  non  vi  è 
bisogno  in  effetto  che  d'interrogare  il  sentimento  per  decidere 
sul  contrasto  armonico,  o  disarmonico  di  due  colori  .  Mengs  , 
che  dà  lode  alla  combinazione  del  violetto  col  giallo  ,  non  parte 
che  dall' istinto  medesimo,  che  determina  le  femmine  di  gusto 
a  decidere ,  se  il  colore  di  una  guarnituia  fa  un  buono  o  un  catti- 
vo effetto  con  la  tinta  fondamentale  dell' abito.  Se  Newton  an- 
nunziò, che  l'aranciato  contrasta  bene  coli'  indaco,  aveva  detto 
lo  stesso  anche  l'elegante  Scrittore  delle  Bucoliche,  allorché  la 
sua  Najade 

j>  Molila  luteolà  pingit  vaccinia  calthà  .  „ 


MA- 


67 

MALATTIA  STRAORDINARIA    DEL   CUORE 

CON  MOLTE  RIFLESSIONI  PATOLOGICO- 

ANATOMICHE 

MEMORIA 

Del     Sic.     Jacopo     Penada 

PllESENTATA    DAL    SjC .    GlANVERARDO    ZeVIANI 

Nel  dì  20  Jgosto  1 8o5  . 

Nascentes  morimiir  ,  finìsque  ali  origine  pendei . 

1  o  porto  ferma  opinione  che  la  massima  parte  di  quei  malori  , 
i  quali  organici  ed  istromentali  si  appellano  ,  e  che  in  tante  fog- 
gie  modificati,  e  sotto  svariatissi me  forme  talvolta  comlJnati, 
attaccano  le  più  essenziali  ed  importanti  viscere  del  corpo  uma- 
no ,  riconoscono  la  loro  sorgente  ,  e  la  prossima  immediata  lor 
causa  da  certe  morbose  indisposizioni  inerenti  agli  stessi  primor- 
diali stami  delle  viscere  ,  in  ciaschedun  particolare  individuo 
preoidinate  e  disposte.  Una  tal  verità  è  quasi  ad  evidenza  pro- 
vata sopra  tutto  in  quelle  viziosità  e  malattie,  le  qi  ali  quasi  per 
in! elice  retaggio  passano  e  si  trasfondono  di  generazione  in  gene- 
razione in  alcune  famiglie  ;  e  che  perciò  difetti  e  morbi  ereditar] 
comunemente  si  chiamano  .  Curiosissima  cosa  è  il  vedere  le  tan- 
te e  tante  volte  delle  intiere  famiglie  gibbose  ,  deformi ,  rachiti- 
che :  altre  ereditariamente  deformate  in  una  o  più  parti  del  cor- 
po ;  altre  contrassegnate  da  macchie,  da  porri ,  da  segni  partico- 
lari tramandati  dai  padri  ai  figli ,  e  dai  figli  ai  nipoti  successiva- 
mente per  molte  e  molte  generazioni .  Fra  i  tanti  avvenimenti  di 
sinnl  fatta  ,  addurrò  soltanto  il  caso,  che  si  osserva  pre  enlemen- 
te  jn  certa  civile  famiglia  di  Blontn^naria^  nella  quale  il  padre 
SI  trova  fornito  di  ventiquattro  dita  ,  sci  per  ciascheduna  mano 

e  pie- 


68  Malattia  straordinaria  del  cuore  ec. 

e  jìicJfi  ;  sei  fi<;li  ila  esso  procreati  ,  tre  maschi  e  tre  iVtnmine  so- 
no variamente  contrassegnati  dal  presente  difetto  .  Le  tre  l'ein- 
mine  qon  portano  per  niente  T  impronta  paterna  nell'eccesso 
delle  dita  ,  e  né  meno  il  primo  tra  i  figli  masclij  :  il  secondo  poi 
tiene  a  somiglianza  del  padre  ventiquattro  dita  ;  ed  il  terzo  ne 
ha  solo  due  di  più  alle  mani.  Questa  varietà  potrebhe  in  vero 
somministrar  materia  a  curiose  osservazioni  ;  ma  pili  hello  anco- 
ra è  il  caso  occorso  l'anno  i8o3  nel  Regno  di  JNapoli  nel  luogo 
detto  Castro-inllarì  ^  dove  nacquero  in  nn  sol  parto  sei  bambini 
di  proporzionata  grandezza  di  un  palmo  circa  ,  ciascuno  dei  qua- 
li a\  èva  un  neo  nero  alla  guancia  sinistra ,  siccome  lo  aveva  Io 
stesso  padre  (,<)  ,  E  per  mala  sfortuna  poi  della  misera  umanità  , 
pur  troppo  si  osservano  delle  malattie  ancor  più  desolanti  e  fa- 
tali trasferite  col  meazo  della  generazione  per  lunga  serie  d'  in- 
dividui ;  come  sarebbe  a  dire  la  tisi  ,  lo  scorbuto  ,  la  pazzia  ,  la 
melanconia,  1'  epilessia  ,  T  apoplessia  ,  la  podagra,  e  molti  altri 
fiora iglianti  malori  . 

lo  non  negherò  al  celebre  Filosofo  Ginevrino  Carlo  Bonnet, 
V  ipotesi  da  lui  a'  giorni  nostri  avanzata  sulla  preesistenza  asso- 
luta de' germi  .  „  Può  credersi  (die' egli)  che  in  minutissima 
forma  sia  tutto  preordinato  e  disposto  nell'ovulo  materno:  che 
il  liquido  seminale  maschile  altro  non  l'accia  che  s\iluppare  ciò, 
che  precsisteva  alla  fecondazione^  che  il  seme  virile  serva  soitJan- 
to  di  uno  stimolo  fortissimo,  il  quale  ap[)licato  al  cuoricino  del 
germe  ,  lo  desti  a  vita  novella  ,,  [b)  .  Ma  oltre  di  ciò  a  mio  giudi- 
zio j  se  grandemente  non  erro,  si  deve  concedere  che  il  seme  vi- 
rile ha  1'  attitudine  e  la  forza  d'imprimere  nel  feto  stesso  le  mar- 
che più  decise  del  suo  (|iiasi  plastico  potere  :  modificando  ,  inne- 
stando nelle  primigenie  particelle  dello  stesso  g<'!ine  gli  stami 
funesti  delle  viziosità  paterne;  e  qnesto  è  ciò  che  più  corrispon- 
de all'  esperienza ,  e  che  sembra  non  accordarsi  coli' ipotesi  avan- 
.:  za- 


[(i)  Sul  fenomeno  dei  sedijjitali  si 
può  consultare  una  Memoria  latina , 
puHicata     1'    anno     1804   tlall'  illustre 


Anatomico  Sig.   Leopol.lo    Marcantonio 
Calilani  . 
(b)   Contempi,   tom.  a.  cap.  9. 


Dri,L  Sic.  Jacopo  Pén-ada  .  Ó9 

zata  da  quell'  illustre  Filosofo  ,  e  diligeiitissimo  contcmplatoro 
delia  Natura  .  Vediamo  un  luminoso  esempio  ,  a  parer  mio  ,  del 
plastico  potere  del  seme  maschile  nella  generazione  dei  cani  : 
una  cagnolina  coperta  da  due  o  più  cani  di  varia  spezie,  dà  alla 
luce  bene  spesso  de' cagnuoli  ,  che  sono  assolutamente  di  varia 
spezie  ;  e  rassomigliantissimi  ai  loro  padri  :  ovvero  contrassegna- 
ti con  un  curioso  miscuglio  di  rassomiglianze  .  Per  le  quali  ragio- 
ni ,  e  per  molte  altre,  che  per  brevità  tralascio  ,  mi  sembra  qua<i 
evidente,  siccome  ho  proposto  dal  principio  del  presente  mio 
ragionamento,  che  oltre  delle  malattie  ereditarie,  le  stesse  or- 
ganiche ,  ed  istromentali  viziosità  interne  sieno  il  più  delle 
volte  già  disposte  e  preparate  nei  particolaii  individui,  sino  dai 
primordj  stessi  del  fisico  e  materiale  loro  sviluppamento  .  Tale  ò 
pure  il  set>timento  del  dotto  Hildebrand  .  come  si  1  ileva  nel  suo 
bel  Trattato  sulle  emorroidi  cieche  .  Quindi  io  son  d'  avviso  ,  che 
uno  sliancaniento  ,  per  esempio,  in  un  dato  punto  piuttosto  che 
in  un  altro ,  o  di  un  vaso  arterioso  dei  più  interni  ,  e  non  esposto 
così  di  IpNoJcri  a"li  urti  esteriori:  che  la  dilatazione  insisrne  di 
una  vena  posta  in  vicinanza  del  cuore;  la  morbosa  Litiasi  degli 
stessi  vasi  arteriosi  ,  o  delle  loro  valvole,  o  del  cuore  stesso  ,  ed 
altri  simili  istromentali  disordini,  riconoscano  frequenti  \  ohe  un 
ri  moto  principio  di  parziale  organica  originaria  cagionevolezza  : 
avverandosi  così  pur  troppo  il  detto  del  Poeta  da  noi  posto  in 
fronte  alla  presente  Memoria  . 

Nascetitcs  morirnur  ^  finisqiie  ah  orìgine  pcndet . 

La  malattia  non  pertanto  molto  strana  da  me  osservata  non 
ha  guari  di  teuij)o  in  certo  [tarticolare  soggetto  ,  mi  conferma 
maggiormente  nel  mio  testé  indicato  divisamento;  e  sommini- 
strò l'argomento  della  presente  mia  patologico-anatomica  Osser- 
vazione ;  la  (filale  contenendo  delle  distinte  non  ordinarie  parti- 
colarità ,  mi  alFretto  di  sottoporre  ai  saggi  riflessi  dei  Medici  Os- 
serva tori  . 

Francesco  Scapin  di   Mestre,  di  temperamento  sanguigno- 
colerico    (li  statura  alta  ,   di  abito  di  corpo  robusto,  e  sano   per 
quanto  appariva  ,  fino  all'  età  di  anni  quaranta  ,  da  un  anno  pri- 
ma 


yo  Malattia  straordinaria  del  cuore  ec. 

ma  della  sua  morte  incominciò  a  risentire  in  se  slesso  i  primi  sin- 
tomi di  quella  tenibile  malattia  ,  che  finalmente  lo  trasse  a  mor- 
te nella  fresca  età  di  anni  quarantuno  .  Non  era  diflìtile  dalla 
considerazione  dei  fenomeni  morbosi  incominciati,  e  susseguen- 
temente  comparsi  nell' infermo  per  tutto  il  tempo  che  di.rò  la 
sua  malattia,  il  conoscere  cbe  questa  attaccava  potentemente  il 
ctioie  .  fonie  perenne  della  vita,  ed  i  suoi  vasi  maggiori  ,  con 
uno  di  quti  vizj  ,  cbe  affezioni  aneurismatiche  comunemente  si 
appellano  .  le  palpitazioni  straordinarie  del  cuore  incominciaro- 
r.o  a  ridestarsi  nel  nostro  infermo  prima  più  rimessamente  ,  e 
solo  allora  quando  esercitava  la  persona  col  moto  ,  colla  vocife- 
razone,  e  soprattutto  nei  salire  le  scale;  e  finalmente  qnando  vo- 
leva decombere  alla  lunga  sopra  il  lato  sinistro;  ma  in  seguito  i 
sussulti  del  cuore  ,  e  della  grande  arteria  si  accrebbero  mano  a 
mano  a  seguo  di  scomporre  le  funzioni  tutte  vitnli  di  cjueslo  vi- 
scere ,  e  dell'  annesso  polmone  in  modo  cbe  reso  languido,  spos- 
sato ed  ansante  ,  non  trovava  tregua,  uè  libero  il  respiro  in  qua- 
lunque giacitura,  ed  atteggiamento  si  ritrovasse  :  e  se  pur  rin- 
veniva alcun  riposo  sfuggevole  nella  notte,  scosso  ben  presto  dai 
brevi  suoi  sonni  ,  rimaneva  sopraffatto  da  tosse  cosi  fitra,  che  lo 
rendeva  quasi  ortopnoico  ,  con  timore  di  rimanere  spesse  volte 
nei  conflitti  della  tosse  miseramente  soffocato  .  Non  andò  guari 
di  tempo  cbe  questi  stessi  fenomeni  si  lisvegliarono  nel  nostro 
infermo  anche  nel  momento  cbe  prender  doveva  il  necessario  ali- 
mento :  in  appresso  raddoppiata  la  forza  di  così  fatto  malore  .  tre 
mesi  prima  della  morte  gli  comparve  alla  regione  sinistra  del  pet- 
to dalla  seconda  sino  alla  sesta  costa  legittima  una  sensibile  ester- 
na intumescenza,  figlia  quasi  necessaria  delle  continue  incessanti 
p'.dsazioni  del  cuore,  e  della  aneurismatica  dilatazione  dell'  aor- 
ta, la  ([naie  era  giunta  a  tale  ampiezza  di  trarre  di  sito  le  stesse 
coste,  là  dove  singolarmente  col  mezzo  della  nota  cartilagine  si 
uniscono  allo  sterno  . 

Allora  fu  appunto  che  da  me  visitato  per  la  prima  volta  que- 
sto infermo,  non  esitai  a  riconoscere  in  esso  un  vizio  aneurisma- 
tico molto  considerabile  all'  aorta,  ed  allo  stesso  viscere  vitale  . 

-    .  Inu- 


Del  Sig  .  Jacopo  Penad.a.  .  7 1 

Iiiutife  sembrandomi  la  [nii  iniiutta  istoria  dei  crudeli  l'cno- 
meni  morbosi  dai  quali  lu  travagliato  queato  misero  nomo  per 
tutto  il  COI  so  della  sua  ben  lunga  malattia  ,  diremo  soltanto  che 
aumentatasi  la  vasca  aneurismatica  fuor  di  modo  e  cosi  pure  tut- 
ta la  massa  del  cuore  stesso,  siccome  vedremo  tra  poco  ,  si  e  per 
tal  modo  venivano  compressi  i  polmoni  ,  e  T  esofago  ,  e  lo  stesso 
ventricolo  ,  onde  rimaneva  impedito  l'infermo  nell'  ingollare  che 
che  sia:  e  se  qualche  cosa  si  sforzava  di  trangugiare  a  quando  a 
quando,  era  costretto  con  indicibile  pena  a  doverlo  tra  brevi 
istanti  recere  e  tramandare  .  Per  la  qual  cosa  negli  estremi  giorni 
della  sua  vita  ,  sfinito  del  tutto  e  dalla  violenza  del  male  ,  e  dalla 
stessa  inedia  ,  stretto  ad  ogni  fiata  ed  oppresso  da  continui  ,  irre- 
golari ribalzi  del  moribondo  suo  cuore  ,  con  pobi  esilissimi  ,  beu 
avvertiti  da  gravissimi  Autori,  refrigerato  in  tutte  le  sue  estre- 
mità ,  rappresentava  l' immagine  non  già  di  un  uomo  vivente  , 
ma  quella  piuttosto  di  un  freddo  e  ributtante  cadavere  .  La  lut- 
tuosa catastrofe  di  un  male  cosi  terribile  ebbe  fine  con  la  morte 
occorsa  la  sera  dei  cinque  Marzo  1804  • 

La  moltiplicità  e  la  incoerenza  de'  fenomeni  comparsi  in 
tutto  il  tratto  della  terribile  presente  malattia  ;  la  mia  curiosità 
dì  vedere  svelatauiente  a  qual  grado  di  estensione  fosse  giunta 
])er  avventura  l'aneurismatica  affezione;  e  quali  fossero  real- 
mente gli  stromentali  organici  difetti  del  cuore  ,  e  delle  sue  ap- 
partenenze :  tutte  queste  cose  m' invogliarono  ad  istituire  1'  aper- 
tura del  cadavere  .  Questa  fu  da  me  eseguita  48  ore  dopo  la  mor- 
te dell'  infermo,  coi  soliti  metodi  ed  avver'enze,  coli'  interven- 
to del  Protomedico  di  San<tà  ,  e  del  Proto-Chirurgo;  ed  abbia- 
mo riscontrate  con  vera  nostra  sorpresa  le  seguenti  cose  . 

Aperto  il  torace,  e  sollevato  lo  sterno,  comparve  al  nostro 
sguardo  un'  effusione  considerabile  ih  tutta  la  cavità  del  petto  di 
lui  siero  rossigno,  nel  quale  nuotavano!  polmoni  stessi,  pieni 
zeppi  essi  pure  di  un  atro  sangue  ,  per  cui  erano  distesi  ,  e  mor- 
bosamente riiionfì  . 

Ma  il  cuore  di  questo  cadavere  a  primo  colpo  d'occhio  esa- 
minato arrivò  a  sorprendere  la  nostra  attenzione  ;  mentre  pare- 
va 


Vi  Malattia  straordinaria  del  cuore  ec. 

va  che  più  non  conservasse  la  stessa  sua  naturale  configurazione; 
tanto  era  straordiiiariarncMito  disteso,  ed  ingrandito  luor  d'ogni 
usato  costume  ,  onde  seminar  jwteva  a  prima  giunta  non  piìi  un 
cuore  naturale  ,  ma  piuttosto  una  vasca  enorme,  molle  ,  floscia  , 
cedente  ,  di  nerissimo  colore  dotata  ,  piena  di  etravenato  umore , 
e  schiacciata  a  guisa  di  una  informe  focaccia.  Jl  pericardio  clic 
lassamente  in  se  raccliiudc  lo  stesso  cuore  ,  era  per  tal  modo  ade- 
rente alla  supeifizie  esterna  di  quel  viscere  ,  onde  non  poterne 
dividere  col  coltello  anatiinico  la  piìi  minima  porzione  :  in  roii- 
seguenza  della  quale  adesione  morbosa  non  si  tiovò  neppure  una 
stilla  di  quel  sieroso  umore  ,  di  cui  naturalmente  ridonda  lo  stes- 
so pericardio  . 

Scopeito  e  denudato  al  possibile  questo  cuore  infortì  e  ,  sia- 
zno  passati  all'  esame  esterno  delle  due  grandi  arterie,  ed  abhia- 
x;io  osservato  che  la  pulmonale  ,  tranne  F  accresciuta  sua  mole  e 
floscezza,  non  presentava  alcun  vizio  istromentale  di  molta  con- 
seguenza; ma  nell'  aorta  poi  là  dove  appunto,  e  da  me  e  da  pa- 
recciii  altri  Professori,  dai  quali  fu  visitato  in  tempo  di  vita  il 
nostro  infeiiuo,  fu  stabilita  la.sede  primaria  della  malattia  pre- 
sente, abbiamo  ritrovata  una  dilatazione  aneurismatica  delie  più 
insigni,  del  diametro  di  cinque  in  sei  pollici  avvantaggiali .  11 
sacco  aneurismatico  incominciava  la  dove  appunto  trae  lorigine 
V  arteria  aorta  ,  cioè  dal  ventricolo  sinistro  del  cuore,  e  si  esten- 
deva per  tutto  il  così  detto  arco  dell' aorta ,  fino  al  luogo  dove 
compiuta  la  sua  curvatura,  e  dati  li  rami  superimi  delie  carotidi 
e  sottoclaveari  si  rivogliea  sinistra,  e  diviene  arteria  propriamen- 
te 4etta  toracea.  Ma  1'  effusione  e  la  raccolta  poco  men  che  pro- 
digiosa di  sangue  rappreso  in  grossi  grumi,  tanto  nella  gran  vasca 
aneurismatica,  quanto  in  tutti  i  cavi  del  cuore,  e  nei  vasi  san- 
guigni venosi  principali  delia  stessa  viscera,  talmente  sfigurava- 
no la  simmetria  di  questo  cuore,  che  non  se  ne  poteva  ravvisare 
neppure  la  naturai  sua  configurazione  . 

Per  la  qual  cosa  staccato  quel  viscere  con  li  suoi  vasi  annes- 
si, si  potò  spremerne  ed  evacuarne  quella  gran  massa  di  sangue  , 
che  tutte  occupava  quelle  riposte  vie  ;  ed  allora  fu  clit  abbiamo 

ve- 


Del  Sic.   Jacopo  Penada  .  78 

veflulo  acquistare  quel  cuore  morboso  alquanto  della  naturale 
sua  coiilìgunizioue  esterna,  tranne  1' insigne  distensione  e  flo- 
scezza in  tutta  la  sostanza  muscolare  dello  stesso  .  Ma  nella  borsa 
aneurisnjatica  stava  appiattato  il  cumulo  maggiore  di  sangue 
stravenato  e  grumoso,  alla  considerevole  quantità  di  tre  in  quat- 
tro libbre  di  peso  ordinario  ;  e  nella  cavità  poi  di  questo  sacco 
vuotato  dal  sangue  vi  avrebbe  potuto  capire  la  testa  di  un  neo- 
nato fanciullo  .  La  massa  totale  del  sangue  rappreso  e  sparso  per 
tutti  i  cavi  muscolosi  del  cuore,  per  tutti  i  vasi  arteriosi  e  venosi 
posti  alla  base  dello  stesso,  si  poteva  calcolare  del  peso  di  sei  lib- 
bre grosse  Piidovane  :  ma  ecco  ciò  che  forma  il  singolare  della 
presente  Memoria  . 

Spaccate  per  intiero  le  due  grandi  arterie  aorta  e  pulmona- 
re  ,  si  litrovò  le  valvole  semilunari  collocate  alla  base  delle  stes- 
se; e  singolarmente  (pielle  dell'aorta  erano  quasi  affatto  oblitera- 
te ;  e  così  poi  fu  delle  valvole  tricuspidali  e  mitrali  poste  alla  ba- 
se degli  ossi  ven<3si .  Oltre  di  die  è  da  «atarsi  di  più  ciie  anco  la 
«latural  oompage  de' muscoli  papillari,  o  vogliam  dire  delle  tra- 
becole  carnose  j  le  ([uali  si  riscontrano  nei  due  gran  ventricoli  del 
cuore,  erano  nel  caso  piesentc  sfigurate  e  quasi  del  ttitto  oblite- 
rate e  consunte  :  la  qual  cosa  si  osservò  ancora  nelle  stesse  orec- 
cbiette;  le  quali  j>erciò  comparvero  liscie  qnasi  intieramente,  e 
«jnza  le  moltiplici  e  naturali  loro  reticolate  piegature  . 

Ad  onta  però  di  tanto  sfìancamento  osservato  in  tutti  i  vasi 
di  questo  cuore  morboso,  ed  in  tuttv)  il  com[)leso  fibroso  di  (jue- 
<.ta  vi-scera  :  ad  onta  della  enorme  dilatazione  aneurismatica  al 
luogo  indicato  dell'  aorta,  non  si  trovò  tuttavia  fenditura o  lace- 
razione alcuna  in  verun  punto  di  tutte  queste  parti  .  Per  la  qual 
cosa  è  ben  chiaro  ad  argomentarsi  chela  morte  di  questo  infeli- 
ce Soggetto,  non  essendo  stata  cagionata  dallo  scoppio  o  fenditu- 
ra particolare  dello  stesso  cuore  e  delle  sue  appartenenze,  si  è 
dovuta  perciò  verificare  lentamente,  in  con-eguenza  della  gra- 
duata progressiva  distensione  dei  vasi  tutti  e  delle  stesse  pareti 
del  cuore.  Fino  a  tanto  che  adunque  questa  viscera  potè  in  qual- 
che modo  coir  innata  stia  forza  projettilc  e  sislaltica  superale  le 

7'o:no  XIII.  10  frap- 


74  Malattia  stkaokdinauia   del  cuore   ec 

fra})[)oste  resistenze,  e  spingere  in  qualche  foggia  il  sangue  ad  un 
quailiinquo  circolo.,  si  mantenne  quel!'  ombra  di  vitalità,  la  qua- 
le fece  per  buona  pezza  di  tempo  languire  quell'  infelice  :  in  se- 
guito perduta  dal  cuore  mano  a  mano  ogni  attitudine  a  potersi 
più  d'avvantaggio  contraere,  peri  il  nostro  Soggetto  per  una  ve- 
ra asfissia,  o  sincope  mortale  di  tutto  il  suo  cuore;  siccome  ap- 
punto si  verificò  alla  mia  presenza ,  nel  caso  sino  ad  ora  da  me 
descritto  . 

Dillicilissima  cosa  sarebbe  per  avventura  l'assegnare  la  cau- 
sa prossima  ed  immediata  di  un  cosi  fatto  malore,  qualora  non  si 
volesse  ammettere,  siccome  è  di  mio  avviso,  una  certa  parziale 
cagionevolezza  ,  e  mala  disposizione  originaria  ,  e  per  così  dire 
preesistente  nella  grande  arteria  ed  in  tutto  il  contesto  del  cuo- 
re di  questo  particolai'e  Soggetto;  posta  la  (piale  possono  aver  luo- 
go molte  altre  cause  ancora  del  genere  delle  procatartiche  ed  oc- 
casionali .  Quindi  si  potrebbe  dire  che  il  temperamento  bilioso 
del  nostro  Paziente ,  la  laboriosa  professione  di  iiibbricator  di 
cappelli,  r  abuso  dei  liquori  spiritosi,  la  smodatezza  nei  piaceri 
voluttuosi ,  ai  quali  si  avea  dato  in  preda  per  molti  anni  prima 
della  sua  malattia  :  tutte  queste  cose  appunto  avessero  conlluito 
al  più  pronto  sviluppo  di  cosi  strana  malattia  del  cuore:  avver- 
tendo per  altro  che  tutte  queste  cause  combinate  in  altri  sogget- 
ti non  sarebbero  state  atte  a  produrre  l'  effetto  medesimo  senza 
una  morbosa  individuale  predisposizione  . 

Dopo  di  che  parmi  che  dal  complesso  delle  esposte  cose 
chiaramente  risultar  possa  la  spiegazione  del  fr  nomeno  occorso 
in  tempo  di  vita  del  nostro  Paziente,  di  quei  vomiti  ostinatissi- 
mi, dai  quali  ancora  con  minaccia  di  soffocazione  era  travaglia- 
to, e  la  stessa  impossibilità  di  deglutire,  i  quali  sintomi  si  j)on- 
no  riferire  al  peso  enorme  ,  ed  alla  pressione  che  esercitar  dove- 
va contro  il  ventricolo,  e  contro  lo  stesso  esofago,  la  vastissima 
aneurismatica  borsa;  e  cosi  pure  la  mole  grandiosa,  a  cui  mano  a 
mano  era  giunta  nel  caso  nostro  la  stessa  viscera  del  cuore  . 

E  qui  cade  in  acconcio  di  riflettere  se  l'enorme  sfiancamen- 
to  di  questo  cuore,  e  la  quasi  totale  disorganizzazione  dello  sfesso, 
I.  fos- 


Del  Src.  Jacopo  Penada.  ^5 

fosse  una  conseguenza  dell'  aneurismatica  affezione  ,  che  esiste- 
va airaico  dell'aorta,  ovvero  se  fosse  una  essenziale  morbosità  di 
quella  viscera,  indipendentemente  dal  summentovato  principio. 
Veramente  se  si  consideri  quanta  sia  la  forza  pulsatile  morbosa- 
mente accresciuta  nei  vasi  più  insigni  arteriosi  :  se  si  rifletta  che 
talvolta  queste  vibrazioni  continue  ed  irrequiete,  e  la  graduata 
distensione  del  sacco  aneurismatico  ,  furono  capaci  non  solo  di 
agire  sopra  le  parti  molli  e  cedevoli,  ma  perfino  di  alterare,  e  di- 
struggere le  parti  solide,  anzi  le  stesse  ossa,  siccome  avvenne  in 
molti  ca^i  :  se  a  tutte  le  testé  indicate  cose  si  rifletta ,  forse  non 
sembrerà  fuor  di  proposito  il  sospettare,  che  la  dilatazione  di  que- 
sta viscera  in  gran  parte  possa  esser  stata  cagionata  dalla  pre- 
senza dell'  indicato  aneurisma;  al  qual  morboso  effetto  avrà  con- 
tribuito ancor  più  la  pressione  fortissima  che  doveva  esercitare 
contro  le  pareti  carnose  dello  stesso  cuore  la  gran  massa  di  san- 
gue grumoso  e  stagnante  ,  che  si  trovò  in  tutte  le  principali  ca- 
vità di  quella  viscera  scomposta  ed  alterata.  Nel  nostro  caso  si 
trovarono  smosse  dalla  lor  sede  due  costole  vere;  ed  io  stesso  ho 
veduto  per  un'  aneurisma  al  ceppo  della  carotide  ,  spezzata  ed 
infranta  la  sopraincombente  clavicola.  Il  celebre  Morgagni  ri-* 
jjorta  esso  pure  delle  bellissime  osservazioni  di  simil  fatta,  e  così 
piu'e  il  Salmude,  e  molti  altri  . 

Sopra  tutti  i  difetti  però  riscontrati  in  questa  straordinaria 
malattia  del  cuore  ,  io  non  considero  né  la  totale  avvertita  con- 
feruminazione  del  pericardio  al  cuore:  non  la  gran  vasca  aneuris- 
matica dell'  aorta  :  non  la  dilatazione  dei  vasi  tutti -i^nmr  il  volu- 
me accresciuto  fuor  di  misura  della  stessa  viscera  vitale;  ma  so- 
pra tutto  mi  sembra  cosa  straordinaria,  e  degna  di  particolare 
memoria,  quella  totale  disorganizzazione  delle  parti  tutte  inte- 
granti la  fabbrica  singolarmente  interna  delcuor-;  con  la  distru- 
zione quasi  perfetta  delle  valvole  semilunari,  delle  mitrali,  del- 
le tiicuspidali  ,  e  dei  corpi  stessi  papillari  d'  ambi  i  ventricoli  ;  e 
delle  pliche  reticolari  delle  orecchiette,  siccome  abbiamo  di  so- 
pra esattamente  indicato.  Si  aggiunga  in  questo  luogo  che  bene 
sjjcsso  uno  soltanto  dei  tanti  difetti  da  noi  riscontrati  nel   caso 

pre- 


76  Malattia   straordinaria   del  cuore  ec. 

presente  è  stato  assegnato  da  gravissimi  Aiiloii  per  causa  bastante 
dicerie  morti  improvvise:  come  sarebbe  a  dire  la  sola  dilatazione 
aneurismatica  di  un  piccolo  pezzo  di  vaso  arterioso  posto  vicino 
al  cuore  :  il  solo  accresciuto  volume  di  questa  viscera;  la  sua  flo- 
scezza, la  litiasi,  o  vogliam  dire  1'  ossificazione  di  qualche  valvo- 
la, o  di  qualche  pczzolino  soltanto  d'arteria  j  e  simili  viziosità 
morbose  di  non  molta  considerazione^  se  si  confrontino  con  quel- 
le, le  quali  si  riscontrarono  nel  caso  nostro  fatalmente  combinate 
ed  unite  . 

Tutte  queste  cose,  che  furono  da  noi  esposte  fino  ad  ora  ,  e 
quelle  che  in  appresso  brevemente  siamo  per  indicare,  fanno  co- 
noscere chiaramente  ,  se  di  gran  lunga  io  non  mi  inganno,  che 
quasi  in  ogni  caso  morboso,  avvegnaché  di  una  spezie  apparen- 
temente nota ,  si  racchiudono  bene  spesso  delle  inaspettate  e  sor- 
prendenti particolarità  ,  le  quali  meritano  di  essere  avvertite,  e 
conosciute  da  saggi  Medici ,  per  maggior  lume  ed  intelligenza  di 
certi  oscuri  fenomeni  morbosi  combinati  in  alcune  più  distinte  e 
particolari  morbosità  . 

La  rarità  de'  polsi,  per  esempio,  talvolta  morbosamente  os- 
servata, che  nan  arrivava  in  qualche  caso  particolare  a  sedici  bat- 
tute per  ciaschedun  minuto  primo,  fu  attribuita  da  gravissimi 
Autori  allo  sfìancamento  del  cuore  singolarmente  Ma  se  si  riflet- 
ta che  nel  caso  nostro,  questo  viscere  non  era  soltanto  floscio  , 
ma  bensì  ridotto  a  tal  grado  di  enorme  dilatazione  y  onde  appena 
più  raffigurar  si  poteva  per  un  cuore  naturale  ;  e  pur  tuttavia  i 
polsi  nel  nostro  Infermo  esaminati  in  istato  di  vita  ,  e  da  ine  ,  e 
ila  parecchi  altri  Medici  sperimentati,  non  presentarono  giam- 
mai una  considerabile  rarità  :  se  a  tutto  ciò  si  ponga  mente  si  dor 
via  inferirne,  che  1'  assegnata  causa  alla  rarità  dei  polsi ,  quella 
ri  uè  dcUu  silancamento  del  cuore,  non  e  sempre  sola  e  costante  • 
Lo  stesso  nostro  immortale  Morgagni  riferisce  qualche  caso  di  ra- 
jilà  di  [lolbi  che  lù  attribuita  al  volume  ingrandito  del  cuore  ,  e 
qualche  altra  ne  riporta,  in  cui  in  pari  circostanze  non  si  riscon- 
trò lo  stesso  fenomeno.  Quindi  all'  epistola  Anatomica  XVil  , 
ci  fa  avvertire  che  Andrea  Laurenti,  Anatomico  del  secolo  XVII 
'.  u.'  ri- 


Df.l    Sic.    Ìacoi'o    Penada  .  77 

ritrovò  il  cuore  del  Sig.  Guiscardino,  il  quale,  comesi  esprime 
r  Autore  ^prod/gii  ad  instar  in  eam  moleni  excreverat ,  ut  thora- 
cem  ferme  totum  compleret  :  eppure  anche  in  questo  caso  non  fu 
notata  nessuna  considerabile  rarità  di  polsi . 

Crederò  adunque  di  potere  a  buon  diritto  concbiudere  la 
presente  mia  Memoria  ,  riflettendo  di  nuovo,  quanto  contosi 
deblxi  fare  delle  ossei'vazioni  Patologiche-Anatomiche  de'  casi 
più  singolari  e  distinti,  le  quali  portino  l' impronta  della  verità  , 
e  sieno  corredate  di  giuste  riflessioni,  e  quanto  malesi  avvisareb- 
bero  coloro  che  altrimenti  pensassero  intorno  la  reale  utilità  del- 
le osservazioni  di  simil  fatta:  ai  quali  si  potrebbe  rispondere  cort 
le  parole  stesse  del  testé  citato  Morgagni  ,  là  dove  nella  Prefazio- 
ne al  secondo  Volume  del  suo  libro,  apputito  de  Causis  et  Sedibiis 
morhorum  ,  così  si  esprime  parlando  delle  utilità  delle  Anatomi- 
che incisioni  ed  osservazioni  :  quae  omnia  si  qui s  ad  curandum 
forte  nihil  faccre  censeat ,  ìuiud  nescio  un  ipse  potius  nìkill  esset 
_/iic/e«(/«5.  Al  che  si  potrebbe  aggiungere  ;  qui  etcnita.  hominem. 
aescitx  homìneìiì  sanare  om/iino  iiequit  • 


SUL- 


<L 


78 

SULLA   TORBIERA 

DI    C  E  R  E  T  E 

NEL  TERRITORIO  BERGAJMASCO 

MEMORIA    EPISTOLARE 

Del  Sic.  Giovanni  Maiuoni  da  Ponte 
AL  SOCIO  SIG.  ABATE  CARLO  AMORETTI 

Ricevuta  il  dì  aS  Novembre  i8o5. 

iVlosso  dal  desiderio  di  vedere  le  operazioni  ^  non  ha  guari  in- 
traprese nella  nostra  Valgandino,  all'uopo  di  cavarvi  il  Car- 
bon  fossile  che  in  varj  siti  vi  si  manifesta  ,  e  su  cui  nel  i^'S.j  io 
pubblicai  una  breve  Memoria  (*) ,  ho  ,  il  di  10  Agosto^  visi- 
tato questo  luogo.  Indi  da  essa  ad  altre  osservazioni  mineralogi- 
che passando,  varcate  le  montagne  ,  che  stanno  al  nord  est  di 
Caudino  j  scesi  a  Cercte  ,  ove  un' altra  non  meno  interessante 
rarità  naturale  io  sapeva  importare  d'essere  esaminata.  Quest' 
è  una  Torbiera  orora  messa  a  frutto,  e  che  peri  varj  suoi  rappor- 
ti è  ben  meritevole  che  se  ne  pubblichi  la  descrizione  . 

Frattanto  che  alcune  nuove  sperienze  io  vo  disponendo  a 
corredo  dell'  accennata  mia  Operetta ,  e  di  un'  altra  sulle  argille 
del  Dipartimento ,  indirizzo  a  Voi  ,  qual  eccellente  Maestro 
nell'arte,  il  poco,  che  son  per  dire  sull'  indicata  Torbiera,  spe- 
rando che  la  celebrità  del  vostro  nime  aggiunga  peso  al  teniie 
mio  scritto  . 

Ce- 


(*)    Delli  Carboni  Fossili  o  Antraci      (      st  olare  ec.  l'enezia  MDCCLXXXV. 
hituminosi    di  (ìnndino.  Memoria  Epi- 


Del  Sic.  Giovanni  Maiuoni  da  Ponte  .  79 

Cerete  è  picciolo  villaggio  della  Valseiiaiia  ,  e  giace  sulla  si- 
nistra sponda  del  così  detto  Fiume  ^  il  quale  scorrendo  dal  nord 
ovest  d\V  est ,  bagna  il  ramo  della  Vallata,  per  cui  si  ha  il  pas- 
saggio alla  contigua  Valcavallina.  Quivi  le  eccelse  giogaje  calca- 
ri, coperte  ,  sulla  destra  ,  da  \)in\,  da  abeti,  e  da  faggi  a  grandi 
boscaglie,  e  sulla  sinistra,  da  pascoli  amenissimi  ,  alternati  da 
folte  macchie,  formano  una  specie  di  seno  ,  contoi'nato  ,  poi  più 
davvicino  ,  da  pendici  ,e  da  poggi  giacenti  sulla  base  delle  mon- 
tagne, dei  cui  materiali  dalle  più  alte  vette  rovinati ,  sembrano 
essi  aver  tratta  V  origine  ;  e  talun  di  loro  occupa  siflattamente 
r  imo  della  valle ,  che  quasi  dal  solo  stretto  alveo  del  Fiume  vie- 
ne circoscritta  la  di  lei  capacità  :  segnatamente  al  dis'iotto  di  Ce- 
rete presso  Sovere  ,  ove  pajono  aver  effettivamente  un  di  costi- 
tuita  una  grande  barriera  al  decorso  dell'acque  . 

La  Torbiera  esiste  appunto  nel  mezzo  di  questa  specie  di 
picciolo  seno.  E  sembra  non  dover  essa  estendersi  gran  ti  atto  ol- 
tre quello,  che  viene  occupato  dalT  alveo  del  Fiume  ^  giacché 
quindi  quasi  immediatamente  sorgono  i  poggi  e  le  pendici  anzi- 
dette ;  le  quali  dalla  grossezza  della  crosta  vegetabile,  che  le  ri- 
veste, non  e  irragionevole  il  credere  che  abbiano  preesistito  agli 
stessi  banchi  di  torba.  Quanto  più  ci  accostiamo  al  letto  del  Fiu- 
me, tanto  più  nel  terreno  campeggia  la  sabbia,  lalitta,  e  la  bel- 
letta :  segno  pur  questo  che  quivi  abbiano  effettivamente  un  dì 
allogato  le  acque  del  Fiume.  In  questo  luogo  esso  ha  l'alveo 
in  due  rami  diviso  ,  il  solo  sinistro  de'  quali  è  bagnato  dall'acque 
nel  loro  stato  di  mediocrità  .  E  la  lingua  di  terreno  ,  che  forma 
la  ripartizione  .,  tessuto  di  minuta  ghiaja  ,  e  di  arena,  mostra 
sotto  una  leggiera  crosta  le  diverse  stratificazioni  della  1  orba^  le 
quali  sembrano  pendere  tutte  al  nord  est  . 

Di  esse  la  più  superficiale  è  grossa  un  mezzo  piede  in  circa  . 
Un'  altra  maggiormente  interrata,  e  che  dalla  prima  è  divisa  per 
mezzo  di  un  sottile  letto,  pur  esso  di  arena  ,  e  di  belletta,  com- 
parve di  un  volume  incomparabilmente  più  grande  e  massiccio. 
In  questo  strato  intermedio  di  arena  mi  è  riuscito  di  riscon- 
trare de'guscj  calciformi  di  conchiette  lagustri ,  la  maggior  par- 
te 


\ 


3c  Sulla     Torbiera     ec. 

tè  delle  quali  si  fa  in  cenere  al  primo  sentire  le  impressioni  ét-W 
aria  ,  o  I'  azione  delle  dita  . 

11  banco  di  Torba  maggiore  anzidetto  è  quello,  che  formar 
vedesi  il  fondo  al  letto  intero  del  Fiume  in  questo  luogo  ,  e  del 
saltale  giova  poi  far  conghiettura  che  esso  si  dilati  su  ambi  i  fian- 
chi ,  almeno  sinché  non  incontrino  le  basi  calcari  de' poggi  la- 
terah' ,  e  se  non  altro  quelle  delle  così  vicine  giogaje  • 

Cvìuvien  altresì  premettere  che  quasi  aderentemente  ad  es- 
se due  principali  stratificazioni  di  Torba  ,  e  nel  loro  sabbioso   in- 
t<M-stizio  veggonsi  sparse  frequenti  strisce  del  medesimo  fossile  : 
sicché  arguir  si  può  che  quasi  simultanea  probabilmente  sia  sta- 
ta r  origine  delle  une,  e  delle  altre  . 

Siitlvtta  osservazione  dà  nell'occhio  agevolmente  ancora 
uella  sponda  destra  del  Fiume. ^  in  moki  siti  tagliata  a  picco  dall' 
urto  dell'  acque,  in  guisa  da  vedersi  quivi  pienamente  tutti  i  li- 
neamenti ,  e  l'andamento  della  Torbiera  . 

Questo  fossile  ognuno  sa  altro  non  essere  ,  per  comun  pare- 
re de'  Naturalisti .,  che  un  ammassamento  di  erbe  ,  di  foglie,  e  di 
radici  d'  albeii  sottcnati ,  scomposti^  e  convertiti  per  mezzo  del- 
la putrefazione  iu  una  «K'^.-sa  quasi  terrea  ,  ontuosa  e  combustibi- 
le . 

E  ad  ognuno  del  pari  è  noto  che  siflatti  depositi  ,  di  cui  la 
Natura  ha  arricchite  particolarmente  le  provincie  vicine  ai  ma- 
ri ,  e  ai  grandi  fiumi  e  laghi,  suppongono  ,  oltre  le  più  grandi  tì- 
siche rivoluzioni ,  la  cui  mercè  sepolte  rimaste  sicno  seh  e  inte- 
re ,  il  concorso  altresì  de'  sali  convenienti,  e  di  sostanze  bitumi- 
nose, che  essa  pure  non  meno  ha  sparse  in  alcune  situazioni  par- 
ticolari . 

L'  ontuoso  ,  e  '1  color  nero  ,  che  comunemente  si  incontra- 
no nelle  Turbe,  a  sentimento  del  Sig-  Cuettard,  dipei]dono  da 
un'  operazione  sotterranea  della  Natura  ,  per  cui ,  putrefacendo- 
si le  piante  inzuppate  d'  aci]ua  i  sali  stessi  ,  ì  quali  entrano  nel 
loro  composto  ,  oltre  quelli  ,  che  vi  j)ossono  concorrere  da  altre 
particolari  combinazioni  ,  ne  debbono  rimanere  temperati  ,  e 
r  acqua  impregnata  di  essi  agir  poi  sulle  stesse  parti  oleose  ,  che 
Oj  2)a- 


Del  Sic.   Gìovanki  Maironi  da  Ponte.  Oi 

parimenti  quali  componenti  sappiamo  entrare  nel  vegetabile. 
Dalla  riLuiioiiC  delle  nne,  e  delie  altre  di  f[Liest|e  disciolte  sostanze 
jiell'attnalità  della  fermentazione  una  terza  ne(  risulta  saponacea  5 
o  bit iimijiusa  j  atta  a  dare  a  questo  fossile  quella  ontuosità,  che 
sempre  vi  si  riscontra  ,  e  quella  pinguedine,  dirò  così ,  che  è  pro- 
pria anche  delle  particelle  ferruginose^,  le  quali  in  maggiore  o  mi- 
nore quantità  ci  risultano  dall'  analisi  delle  diverse  piante  . 

A  questa  slessa  combinazione  delle  parti  ferruginose  col  De- 
dotto sajKjnaceo  suddetto  dobbiamo  altresì  il  colore  oscuro  ,  che 
più  o  meno  domina  nella  Torba  .  Se  poi  nella  di  lei  massa  entri 
molta  copia  di  parti  anche  fangose  ,  sottili,  e  assai  stemperate,  il 
Fossile  allora  riesce  qual  terra  atta  ad  essere  convenientemente 
impastata,  e  modellata,  siccome  sappiamo  farsi  presso  i  Fiammin- 
ghi :  il  che  serve  mirabilmente  all'  uopo  di  facilitarne  il  traspor- 
to anche  in  regioni  disgiunte  . 

Ciò  premesso,  e  sulla  Torba  in  genere,  e  sulla  situazione,  e 
circostanze,  che  la  nostra  accompagnano,  passerò  a  dire  di  essa 
sili  punti  più  intriiìseci,  e  che  valgono  a  dfirne  un'adeguata  idea, 
per  quell'  interesse,  che  realmente  vi  può  avere  non  meno  la 
umana  economia  ,  che  il  nazionale  commercio  . 

Io  veramente  non  oserei  dire  chela  Toiba  di  Cerete,  cioè 
quella  sino  ad  ora  diseppellita  ,  sia  della  qualità  migliore,  e  pri- 
ma fra  le  descritte  dal  lodato  Sig.  Guettard  ;  nullawicno  il  di  lei 
colore  sempre  tendente  al  nero,  il  suo  peso,  la  a  ivacità  delle  sue 
fiamme  messa  a  fuoco,  e  le  leggiere  scorie,  le  quali  fra  le  sue  ce- 
neri compajono  suntiglianti  alla  ruggine  delle  fucine  ,  le  possono 
dare  il  i-ango  fra  le  non  coinuni,  e  fra  quelle  ,  che  effettivamente 
moltissimo  convengono  ai  tanti  usi,  a  cui  in  più  luoghi  suole 
impiegarsi. 

La  nostra  però  (ciò  che  sembra  non  istabilirne  antichissima 
r  origine)  trovaci  qualche  volta  intnilciata  patentemente  da  fi- 
lamenti vegetabili  ,  da  radici ,  e  da  pezzi  di  tronco  d'  albero  ,  al- 
cuni poco  alterati  dalla  sotterranea  fermentazione,  ed  altri  anzi 
conservati  in  guisa  da  riconoscervisi  per  sino  il  genere  e  la  spe- 
cie, a  cui  la  pianta  apparteneva.  Fra  i  primi  sembrami  poter  an- 

Torao   XI LI.  1 1  no- 


8a  Sulla     Torbiera     ec. 

noverare  la  Valeriana  mont.  la  Plantago  Alp.  il  Tenorium  monù.,& 
il  Cerartum  aqiiat.  Fra  i  secondi  non  dubito  di  accennare  il  Fungus 
sylv.  ,  il  /  ìburnum  fant.  ,  il  Praniis  Spino  :  e  il  Prunus  Cerasus. 
Di  quest'  ultima  pianta  conservo  nel  privato  mio  Gabinetto  di 
Storia  Naturale,  un  pezzo  siffattamente  immune  da  ogni  altera- 
zione in  tutta  la  sua  struttura,  levigatura,  e  colorito  della  (for- 
teccia j  che  sembra  appena  da  anni,  non  già  da  secoli ,  sepolta  . 

L'odore  poi  Empii cumatico  della  nostra  Torba  in  confron- 
to di  quello  di  qualch'altra,  è  leggerissimo.  Ed  essa  ne  resta  quasi 
totalmente  spogliata,  se  dessa  si  lasci  ben  diseccare.  Siffatta  pro- 
prietà ne  facilita  l'uso,  ed  indebolisce  1'  ostacolo  dell'  inval- 
so comune  pregiudizio,  che  1'  odore  di  questo  fossile  combustibile 
possa  apportar  nocumento  alla  salute  . 

A  rendere  scevra  affatto  dall'  incomodo  odore  la  Torba  si  è 
in  molti  luoghi  adottato  il  ripiego  di  convertirla  in  carbone  .  Il 
Sig.  BaiUet,  autore  di  varie  utili  osservazioni  sul  proposito,  ha 
anche  il  merito  di  aver  inventato  un  Fornello  a  questo  uopo  mol- 
to semplice  e  di  poca  spesa,  col  cui  mezzo  si  carbona  la  Torba. 
Dopo  la  quale  operazione  ella  conviene  a  qualunque  uso  senza  far 
punto  sentire  il  disgustoso  delle  sue  esalazioni.  Veggasi  il  voi. 
XXII  degli  Opuscoli  scelti  sulle  Scienze  ec.  ,  che  si  stampano  in 
Milano.  Delle  utilissime  avvertenze  a  quest'  oggetto  dà  anche  il 
tanto  rinomato  nostro  P.  Pini  nella  pregiatissima  sua  Opera  .  Del- 
la maniera  di  preparare  la  Torba  adusarla  .  Milano  1783  .  E  me- 
ritano del  pari  d'essere  lette  all'  uopo  le  Dissertazioni  del  Sig. 
Zenoni  ,  del  fu  Ab.  Fortis  sulla  Torbiera  di  Padova,  e  del  Con- 
te Asquini  su  quella  di  Fagania,  non  che  il  trattato  del  Signor 
Hagen  ,  e  gli  Atti  della  Società  Economica  di  Berna  dell'  anno 
1765. 

,,  Si  può  fare  colla  Torba  (  dice  il  Sig.  Valmont  di  Bomare 
nel  suo  Dizionario  di  Storia  Naturale  art.  Toro.  pag.  3o  ) 
5,  tutto  ciò  ,  che  si  fa  colla  legna  ,  e  col  carbone.  Il  Bekero  ha 
5,  provato  in  Olanda  che  si  può  adoperare  anche  per  fondere  i 
„  metalli  .  Noi  abbiamo  veduto  in  questo  stesso  paese  che  se  ne 
5,  faceva  uso  nelle  Raffinerie  della  Canfora.  M.  Bertrand  scrive 

f,  che 


Del  Sic.  Giovanni  Maironi  da  Ponte  .  83 

,,  che  i  fornaj ,  i  lavoratori  di  stovigìie  di  terra  majolica,  i  Vc- 
„  trai ,  e  i  fabbricatori  di  tegole,  e  d'  embrici  possono  altresì  va- 
,,  lersi  della  Torba,  e  che  si  adopera  per  la  purilicazione  del  sa- 
„  le.  Avvi  frattanto  uno  stabilimento  di  questa  materia  combu- 
,,  stibile  nella  generalità  di  Parigi,  ove  la  si  impiega  con  suc- 
,,  cesso,  tanto  per  la  cottura  del  gesso,  della  calce,  e  dei  matto- 
,,  ni,  qnanto  ne'  fornelli  di  riverbero,  in  que'  de'  cappella]  ,  de^ 
,,  Tintori ,  e  de'  Birrajnoli  ec.   ,, 

Quanto  a  noi  se  ne  è  già  sperimentata  la  convenienza  ne* 
Fornelli  da  Seta.  Se  ne  sono  in  quest'  anno  consumate  delle  mi- 
gliaja  di  pesi  in  varie  Filande,  e  il  Sig.  Treile,  oggidì  impiegato 
dal  Governo  in  siffatta  scavazione,  ha  già  molte  commissioni  a 
tale  oggrtto.  Se  ne  fanno  anche  delle  spedizioni  in  Bresciana  , 
dove  ne  facilita  il  trasporto  la  navigazione  sul  Jago  SebinOj  da  Ce- 
rete  non  molto  lontano  . 

La  protezione  poi  donata  generosamente  dal  Governo  mede- 
simo a  siffatto  nuovo  stabilimento  ,  faciliterà  molto  ,  non  dubi- 
tasi ,  la  introduzione  di  questo  fossile  ccNnbustibile  anche  per 
moltissimi  altri  usi  nella  umana  economia  ,  e  ne'  varj  rami  del 
nazionale  Commercio. 

Le  slesse  ceneri  della  Torba  possono  formare  un  oggetto  di 
utilità.  Comecché  non  usabili  per  I' imbiancatura  delle  Tele  ; 
convengono  moltissimo  a  concime  de'  terreni,  e  segnatamente 
de'  prati  per  fertilizzarli ,  e  per  distruggerne  il  musco,  e  le  catti- 
ve erbe  .  ,,  Oneste  ceneri  (dice  il  sullodato  Sig.  di  Boraare  )  si 
.,  spargono  in  tempo  di  umidità  sopra  tutte  le  terre  di  buona,  di 
„  mediocre,  e  di  cattiva  qualità.  Si  pretende  che  i  paesi  alti 
,,  della  Piccardia ,  e  delle  vicine  Provincie,  che  vanno  abbon- 
5,  dantemente  provveduti  di  Toiba,  godano,  da  cinquant'  anni 
..,  in  qua,  di  varie  specie  di  foiaggi;  tempo  in  cui  s'  incominciò 
.,  a  spargere  sulle  terre  la  cenere  di  Torba.  .,  In  un  Paese  per- 
tanto ,  siccome  il  nostro  ,  in  cui  la  cenere  comune  de'  vegetabili 
ha  già  tanto  credito,  fra  gli  ingrassi  che  s'usano  a  miglioramen- 
to de'  terreni  ,  non  deve  certamente  incontrar  ostacolo  la  intro- 
duzione di  questo  nuo\o  concime  ;  nel  quale  d'  altronde  i  mine- 
rà- 


84  Sulla     Tokeiera      ec. 

rali  principi,  *^'^®  tuttora  vi  sussistono  ,  uniti  ai  vegetabili,  pro- 
mover  devono  sempre  più  lo  sviliippamento  de'  semi ,  e  la  vege- 
tazione delle  piante  . 

Chiuderò  il  Lreve  mio  scrìtto,  col  soggiungere,  che  la  nostra 
Torba  di  Cerate  ci  potrebbe  essere  probabilmente  di  grande  uti- 
lità per  altri  rapporti  ancora  .  Dall'  abbruciamento  della  Torba  , 
scoperta  in  Friuli  dal  Sig.  Conte  Asquino  ,  si  trovò  risultare  una 
specie  di  Pozzolana  opportunissima  nelle  fabbriche  in  luoghi  ac- 
quosi. E  da  questo  fossile  medesimo  il  Sig.  Dundonald  giunse 
col  mezzo  della  distillazione  a  raccogliere  un'  acqua  stittica  uti- 
lissima per  la  conciatura  delle  pelli,  siccome  già  è  noto.  Voi  stes- 
so,  Amico  dottissimo,  che  cotanto  vi  occupaste  dell'  argomento 
a  vantaggio  della  patria  ,  mi  comunicaste  altra  volta,  che  dalla 
Torba  cavata  nelle  molte  ed  eccellenti  posizioni  ,  che  voi  avete 
marcate  nel  Milanese,  v'era  riuscito  d'ottenere  del  Bitume  col- 
la Termolampa  . 

Spero,  non  anderà  guari  che  io  stesso  potrò  farvi  parte  di 
nuove  osservazioni  sul  soggetto,  onde  mettere  anche  queste  se- 
condarie proprietà  della  nostra  Torba  in  maggiore  sicurezza  . 
Sulle  quali  frattanto  invito  i  miei  Concittadini  ad  intraprender 
pur  eglino,  dietro  questi  pochi  miei  cenni,  le  piii  accurate  spe- 
rienze,  sicché  ad  evidenza  sempre  maggiore  risulti  la  utilità  di 
questo  fossile  per  tutti  que' rapporti ,  per  i  quali  avvantaggiosis- 
simo  si  riconosce  in  ogni  dove  . 


SAG- 


fi5 

SAGGIO 

DI  UN  TRATTATO  DI  METEOROLOGIA 
Del  Sic.  A.    M.  Vassalu-Eandi 
Ricevuto  il  dì  26  Novembre  i8o5  . 
PROEMIO  STORICO . 

1  fenomeni  atmosferici ,  ossia  le  meteore  ,  sono  cotanto  appari- 
scenti j  olle  non  possono  a  meno  di  essere  osservati ,  e  V  influen- 
za di  parecchi  dei  medesimi  nella  vegetazione  è  sì  grande,  che 
ad  ognuno  si  manifesta  :  perciò  i  primi  abitatori  del  mondo  do- 
vettero contemplarli,  ed  investigarli  ;  tanto  più  che,  secondo  le 
Sacre  Carte  ,  e  la  ragione  ,  essi  erano  Agricoltori  ,  e  Pastori ,  on- 
de ne  vedevano  maggiormente  gli  effetti  nelle  produzioni  della 
terra  ,  e  negli  animali  ;  però  furono  allettati   a  studiarli   anche 
nei  loro  pronostici  per  regolare  le  diverse  operazioni  .   La   lunga 
vita  de'  primi  uomini  contribuì  non  poco  ai  rapidi  progressi  del- 
la scienza  delle  Meteore  pel  paragone  delle  moltiplici  circostan- 
ze ,  dalle  quali  sono  accompagnate  ;  quindi  poterono   più  facil- 
mente  prevederle,  ed  investigarne  la  cagione,  giacche,  come 
avverte  Quintiliano,  nel  proem. delle  Instit.  Oiat. non  havvi  Con- 
tadino, che  non  cerchile  cause  ,  dei  naturali  fenomeni  .  Ma  non 
per  questo  diremo  ,  che  Adamo  ,  ed  i  suoi  primi    Successori  sia- 
no stati  dotti  Meteorologisti  .  Neppure  ci  fermeremo  ad  indaga- 
re <[ual  fosse  la  meteieologia  antidiluviana  dei  Caldei  ,  Indiani  , 
Egizi  ,  Fenici ,  Etiopi  ,  sebbene  Virgilio  .  nel  lib.  i  delle  Eneidi 
V.  744  J  pai"Jando  di  Jopa  Scolare  d'atlante  Re  degli  Etiopi  dica: 
Jopa  crinito  la  dorata  cetra 
Risveglia  al  suono  ,  e  con  soave  canto 
Narra  del  Cìl'1  le  meraviglie  apprese 
Dal  vecchio  Atlante  .  Dell'  errante  Luna 

Le 


iib  Saggio  di   un  trattato   di  meteorologia 

Le  instabili  sembianze  ,  e  il  solar  jgiro  , 
E  l'Orse  canta  ,  e  J'  Jadi  ,  ed  Aitino  . 
Donde  principio  agli  uomini  e  alle  fiere 
Onde  le  piogge^  ed  i  celesti  fuocbi .  Tiad.  del  Bendi  . 
Ciò  cbe  mostra  una  cognizione  degli  Astri ,  e  delle  Meteore  ,  ma 
le  congbietture  non   a])partengono  all'  annunzio  di  un'Opera  ; 
laonde  per  ora  diremo,  che  1'  origlile  della  meteorologia,  o  scien- 
za delle  meteore  si  perde  nelle  tenebre  della  piìi  riniota  antichi- 
tà. Possiamo  soltanto  affermare,  che  nel  tempo   degli    Scrittori 
più  vetusti  che  riconosciamo  ,  questa  parte  della  Fisica  eragià 
coltivata  a  segno  di  avere  principj   dedotti  da  lunghe  repjitvate 
osservazioni  ,  come  vedesi  nel  lil)io  di  Giobbe,  in   cui  leggonsi 
diverse  comparazioni  colle  meteore  ;  come  nei  Capi  y,  8,  Bj  ecc. 
anzi  nel  Capo   8  si  indicano  gli  effetti  delia  rugiada  in  questa 
guisa  : 

Felice  il  Giusto  ,  cui  rngiada  piove 
E  sì  celeste  qualità  gli  infonde 
Che  allo  spuntar  del  Sole  ,  anch'  egli  move 
Da'  bei  rami  gentili  e  fiori  ,  e  fronde  . 
Tra  gli  Inni  ascritti  ad  Orfeo  trovansene  pure  diversi,  che  mo- 
stiano  la  scienza  meteorologica  di  chi  gli  scrisse.  Cosi  in  quello 
delle  nuvole  ,  ad  esse  dirige  il  discorso  nel  seguente  modo  : 
Aeree  nubi  de' frutti  n;itiici  ^ 

Che  qua  e  là  pel  Ciel  gite  vagando 
Che  partorite  piogge  ,  e  che  dall'  aure 
''  Siete  agitate  per  lo  Mondo  ,  nubi 

Tonatrici  focose  ,  alto  frementi  , 
Contrasvelte  da  venti  ,  ed  istracciate  ; 
Priego  or  voi  di  rugiada  rivestite  . 
Dell'  aure  esposte  ai  soffi  di  mandare 
Fruttifere  acque  sulla  madre  terra.  '1  «  •' 

Negli  inni  <3ei  venti  borea,  zefiro  e  noto  ?piegansi  pure  assai  bene 
le  loro  proprietà. Che  se  alcuno  pretendesse  questa  poesia  di  data 
molto  più  recente,  non  si  toglierebbe  perciò  la  scienza  delle  me- 
teore dai  poeti  più  antichi ,  poiché  Omero  i,e  parla  in  più  luoghi 

ed 


Del  Sic.  A.  M.  Vaìsalli-Eandi»  87 

ed  indica  fenomeni  non  volo-ari,  come  sono  i  fulmini  a  ciel  sere- 
no  (  questi  sono  anche  annoverati  da  Virgilio  Georg  Lib.  1,  v. 
4'^7  tra  i  maligni  presagi  ,  e  dallo  stesso,  Eneid.  Lib.  g  v.  ò3o 
per  un  felice  augurio)  ancor  dopo  la  metà  di  ifuesto  secolo  cre- 
duti impossibili  da  alcuni  Scrittori,  mentre  Omero  nel  Canto  2,0° 
st.  24  dell'  Odissea  così  ne  avea  già  parlato  : 

Non  senza  aita  cagione  un  si  mirando 
Segno  ne  mandi,  e  predir  vuoi  non  meno 

Che  grand''  effetto  ,  che  tonasti  or  quando 

Si  mostra  d'  ogni  intorno  it  Ciel  sereno  . 
E  nel  Canto  II  st.  la  dell'  Iliade    descrive  i  globi  di  fuoco,  ossia 
bolidi  in  questa  guisa  : 

Come  talora  esce  di  nube  oscura 

Astro  lucente,  apportator  di  guai, 

E  come  si  mostrò  poscia  si  fura  , 

E  nella  nube  spegne  i  chiari  rai  - 
Ci  effetti  del  fidmine  sopra  le  navi  ,  ed  altri  fenomeni  atmosfe- 
rici trovansi  dal  medesimo  descritti  in  modo,  che  mostra  non  me- 
diocre cognizione  delle  meteore  .  Così  nel  Canto  XIV  dell'  Odis- 
sea, st.  63  . 

Con  tuono  orrendo  iT  sommo  Giove  aun'  ora 

Dall'  alta  spera  un  folgore  disserra  , 

Cb'  ove  e  la  poppa  fa  girar  la  prora  , 

E  fa  che  il  legno  incerto  ,  e  trepido  erra 

Di  zolfo  pieno 

Ed  Esiodo,  che  secondo  il  P.  Riccioli  Gesuita, visse  qSI  anni  pri- 
ma della  nostra  Era  ,  nel  suo  poema  ,  intitolato  le  opere  e  ì  gior" 
ni  ,  neir  assegnare  i  precetti  della  buona  agricoltura  mostrasi  as- 
sai esperto  nella  meteorologia  .  P.  e.  parlando  dei  venti,  dice 

quando  fuggendo 

La  furia  di  Orlon  nel  fosco  mare 

Le  Plejadi  s'  ascondono ,  allor  tutti 

Movon  tempesta  imperversando  i  venti  . 
Non  pochi  Filosofi  Greci  sebbene  più  occupati  delle  Scienze  me- 
tafisiche e  morali  ,  che  delle  naturali;  tuttavia  non  trascurarono 

qua- 


83  S.\gl;<o    di  un   tuattato    di   METEOIIOLOGIA 

questa  paiLc  dclln  Fisica  ,   di  cui  facevano  anche  uso  nella  rpie- 
gazione^  di  altri  l'cnomcni  .  Così  Talete  ascrisse  u'  venti  etesii  eli 
allagamenti  del  Nilo  5   perchè  essi    sjìirando  contro  il  corso  delie 
acque  le  i'anno  rigoutiare  ,  ed  il  mare  agitati»  dai  in''desinii  entia 
nelle  foci  dei  filini  .   Anassimandro  diede    In   snie^azione   del 
vento  ,  dei  fulmini,  e  tuoni  ecc.  Qnello  però  tra  i  Filosofi  Cieci, 
che  con  lo  spoglio  de' suoi  predecessori  ,  e  contcìtqHiianei  arric- 
chì la  sua  mente  di  un   mn^gior  numero  di   cognizioni,  scrisse 
opere  zeppe  di  erudizione,   e  con  ingegno  straordinario  sej>pe 
attingere  dalla  natura  ,  e  dai  grandiosi  esemplari,  che  precedono 
!e  regole  dell'  arte  ,  i  priucipj  di  vaiie  scieuz(^  ,  che  in  Filosofia 
slahilì  una  setta,   che  ehbc  maggior  fortuna  ,  e  ^  ita   jiiù  lunga 
ci'  ogni  altra,  non  essendo  ancora  affatto  spenta;  Aristotile,  di- 
co ,  sciisse  puie  quattro  lihii  della  meteorologia  ,  nei  quali  non 
solo  [larlò  di  tutte  le  specie  delle  meteore  ,  ma  ancora  della  gene- 
razione j  putrefazione  ,  digestione  ,  del  sangue  ,  dell'  ambra,  e 
di  molt'  altre  cose  che  non  appartengono  alle  meteore,  special- 
mente nel  Lib.  4'  •  Nei  tre  primi  si  trovano  molte  os-ervazioni  , 
alciuie  verità  già  conosciute  da  altri  ,  ed  alcuni  principj ,  che  lo 
potrehiicro  far  supporre  più  versato  nella  Fisica  di  quei  che  era  , 
se  non  si  potesse  giudicare  della  ^ua  dottrina  dalle  altre  sue  Ope- 
re :  p.  e  ,  quando,  nel  parlar  dei  vapori  ,  dice  che  V  acqua  non  è 
composta  di  qualunque  aria,  Lib.  i"  cap.  4"  •  Coiiobbe  pejò  ,  che 
le  nubi  non  si  elevano  oltre  un'  altezza  determinata  ;  che  i  venti 
hanno  diverse  proprietù  per  le  varie  esalazioni  ,  e  dosi  dei  vapo- 
ri ,  di  cui  si  satura  la  stess'  aria  passando  per  differenti  regioni  :., 
che  la  condensazione  dei  vapori  cagiona  il  vento  nei  luoghi  vici- 
ni; che  le  meteore  enfatiche  provengono  dalla  rifrazione,   e  ri- 
flessione della  luce  ;  che  alcune  di  esse  sono  segni  di  futura  piog- 
gia più  certi  di  altre  ;  che  V  evaporazione  toglie  al  mare  le  acque 
portate  dai  fiumi  ;  e  molti  altri  fatti,  che  da  molti  si  credono 
scoperte  dei  moderni  indagatori  del  vero  .  Gli  Stoici,  sebben  at- 
tendessero più  alla  morale  ,  che  alle  cose  naturali  ;  tuttavia  non 
giudicarono  le  meteore  affatto  indegne  delle  loro  ricerche  ,  come 
ci  comprova  la  pioggia,  che  definivano  una  conversione  della  nu- 
be 


Del  SiC.  A.  M.  Vassaixt-Eandi  .  89 

he  in  acqua,  quando  l'  umor  elevato  dal  mare,  e  dalla  terra  dalla 
forza  del  Soie  non  erasi  potuto  interamente  dissipare.  Ogni  sorta 
di  meteore  fu  pure  esaminata  ,  e  spiegata  dagli  Epicurei  .  Ma  la 
storia  delle  varie  opinioni  mostra  quanto  sia  facile  nelle  scienze 
naturali  a  sbagliare  anche  nelle  cose  più  manifeste,  quando  ab- 
bandonata la  iida  scorta  dei  sensi  guidati  dalla  ragione,  gi  prende 
la  lusinghiera  fantasia  per  guida.  La  natura  delle  scienze  è  tale 
per  l'innata  propensione  deli"  uomo  al  vero,  che  si  diffondono, 
e  comnnicano  ai  vicini  ;  quindi  dalla  Grecia  passarono  a  Roma  , 
ove  nel  secolo  d'  Augusto  quanta  fosse  la  cognizione  delle  meteo- 
re lo  vediamo  in  Virgilio,  che  nel  lib.  1°  delle  Georgiche,  vers. 
35  f  e  segg.  ci  dà  i  pronostici  del  tempo,  che  soglionsi  inaiamento 
distinguere  in  due  classi  ,  chiamando  astrologici  quelli,  che  si 
deducono  dagli  astri,  quantunque  siano  ugualmente  sperimen- 
tali di  que'  ,  che  si  ricavano  dagli  animali  .  TVIa  gioverà  recarne 
qualche  verso  senza  fermarci  sopra  una  (|uestione  di  nome  • 

E  con  siciui  indizii  acciò  possiamo 

Preveder  tutto  questo,  i  dì  sereni 

Le  piogge  e  i  venti  ,  che  cagiotian  freddo 

Giove  medesino  stabili ,  qual  cosa 

Rinascendo  ogni  mese  ,  a  noi  la  Lima 

Indicar  soglia  ,  e  del  finir  de'  venti . 

Qual  sia  il  segno  ,  e  ciò  che  i  Contadini 

Spesso  avvenir  vedendo  più  vicino 

Tenessero  alle  stalle  il  erea<Te  loro. 

Ambrog.  trad.  delle  Bucoliche 
e  delle  Georgiche  di  Virgilio.  Rom.  1776. 
Indi  incominciando  dai  pronostici  fondati  sopra  1'  esperienza  ne 
propone  undeci,del  vento,  ricavati  dal  mare,  dai  monti,  dalle 
selve,  dagli  uccelli,  dalle  stelle  cadenti,  dall'aria  ;  dodeci  della 
pioggia,  dedotti  dal  fulmine,  dai  venti  ,  tìngli  uccelli  ,  dalla  gio- 
venca, dalle  rane,  dalle  formiche,  dall'  iVide  ,  e  dai  funghi  che 
si  formano  alla  sommità  del  lucignolo  a'etesò  ;  e  nove  della  sere- 
nità, inferiti  dallo  S[)lendore  delle  stelle  .  e  della  luna,  dalParia, 
dagli  uccelli  ,  dagli  animali  immondi  ,  dalle  nebbie  :  e  perchè 
To/fi3  XIII.  12  nes- 


ro  Saggio  di  un  tuattato  di  IMicTEonoLOCiA 

nessuno  possa  pensare,  che  Egli  attribuisca  agli  ani'nali  una  co- 
gnizione delie  future  meteore  indica  la  ragione  ,  per  cui  es:i  le 
annunziano  : 

Ma  poiché  la  tempesta  ,  e  l' aura  mobile 
Cano;iò  d'  attività  caniriando  stato 
E  r  uniid'  etere  al  soffiar  de<ili  austri 
Ciò  die  fu  raro,  addensa  ,  e  dilatando 
Scioglie  ciò  che  fu  denso  ^  e  lo  fa  raro  , 
Cangiasi  anch'  essa  delle  bestie  in  mente 
Delle  cose  V  iminago  ,  e  lor  nel  core 
Sorgon  diversi  impulsi  ,  e  quando  aduna 
Le  nubi ,  il  vento  ,  e  quando  è  '1  dì  sereno  . 
Non  eli'  io  creda  perciò  lor  dagli  Iddii 
Essere  dato  ingegno  ,  e  delle  cose 
Tal  cognizion  che  maggior  sia  del  Fato  . 
Dipoi  passa  ai  pronostici  ,  che  presentano  la  Luna  ,  ed  il  Sole  , 
inferendone  tre  da  quella  ,  ed  otto  da  questo  ;  nel  che  ,  giova  ac- 
cennare, esservene  diversi ,  che  si  trovano  in  Esiodo,  ed  in  altri 
antichi  Scrittori ,  e  si  mantennero  sino  ai  nostri  giorni  princi- 
palmente presso  i  Villici,  che  hanno  ancora  pratiche  d'economia 
domestica  ,  che  pajono  derivate  dalle  moderne   teorie  fisico-chi- 
iniche.  Furon  già  esse  in  parte  note?  Non  conviene  la  questione 
a  quest'Opera;  perciò  mi  riserbo  a  parlarne  altrove  .  Intanto  que- 
ste massime  erano  talmente  conosciute,  che  delle  medesime  tro- 
viamo essersi  servito  il  Divino  Salvatore  nello  insegnare  la  scien- 
za de' costumi  necessaria  alla  felicità  pubblica  e  privata  .  Così  leg- 
giamo in  S.  Matteo  Gap.  i6  :  alla  sera  voi  dite,  sarà  bel  tempo  , 
perchè  il  Cielo  rosseggia  :  e  alla  mattina:   oggi   sarà  temporale, 
perchè  il  Cielo  scuro  rosseggia.   Ed  in  S.   Luca  cap.  la;  quando 
avete  veduto  alzarsi  dall'  occaso  ima  nuvola ,  subito  dite,  vuol  far 
temporale  ,  e  così  succede  .  E  quando  sentite  soffiar  lo  scilocco  , 
voi  dite  ,  farà  caldo  ,  e  così  succede  . 

Queste  regole  generali  fondate  soprale  osservazioni  di  più 
secoli  erano  dal  maggior  numero  credute,  da  alcuni  derise,  come 
-.„...  lo 


Del  Sic.  A.  M.  Vassalli-Eandi  •  91- 

lo  furono  in  ogni  tempo,  credendosi  fallaci  i  segni  per  cui  Esiodo 
scrisse  : 

Vario  è  il  pensier  di  Giove  in  varj  casi , 
E  scovrirlo  ai  mortali  è  cosa  dura  . 
Ed  i  Filosofi  gli  spiegavano  diversamente  a  norma  del  vario  si- 
stema ,  che  avevano  abbracciato.  Ma  senza  strumenti,  non  ac- 
costumati  ad  inten-ogare  la  natura  con  esperienze;  bensì  ad  in- 
dovinarla con  poetici  sogni  non  poterono  fissare  su  principj  so- 
di la  scienza  meteorologica.  Le  indicazioni,  ed  i  rappòrti  si  fece- 
ro con  termini  vaghi  sino  a  tanto  che  nel  i643  Torricelli  inven- 
tò il  barometro  y  e  cominciò  a  conoscere  qualche  relazione  tra  lo 
stato  del  Cielo  ,  e  1' elevazione  del  mercurio  nel  medesimo,  la 
qual  cosa  eccitò  i  più  celebri  Fisici  d'  Europa  ad  investigarne  la 
cagione  ,  per  conseguenza  ad  esaminare  la  natura,  ad  indicare  i 
fatti,  che  corredati  d'  ulteriori  ricerche  ,  fanno  sperare  di  ave- 
re tolto  il  velo ,  che  gli  altri  di  tempo  in  tempo  andarono  dira- 
dando . 

Come  quando  la  nebbia  si  dissipa 
Lo  sguardo  appoco ,  appoco  raffigura 
Ciò  che  cela  il  vapor ,  che  l' aere  stima  . 
Cosi  i  fatti  confermati  dai  diversi  Fisici ,  e  le  loro  contrarie  ìpo- 
te?i  servirono  di  fiaccola  per  arrivare  a  conoscere  il  vero   che 
viene  ogni  giorno  dalla  natura  consolidato,  mentre  le  esatte  os- 
servazioni barometriche  dimostrano  la  falsità  di  alcune  massime 
generali  dedotte  da  ipotesi  più  seducenti  che  fondate  .   Circa  lo 
stesso  tempo  fu  pure  inventato  il   Termometro ,  che  Viviani  at- 
tribuisce a  Galileo,  altri  ascrivono  a  Fra  Paolo  Sarpi  .  Boerhaave 
ne  dà  l'onore  al  suo  paesano  Drebbelio.  Santorio,  Borelli,  e  Mal- 
pighi  contendono   la  gloria  di  quest'  invenzione  ad  ogni  altro, 
ascrivendola  ciascuno  a  se  medesimo.  Chiunque  ne  sia  1'  inven- 
toie  ,  i  Fisici  per  mezzo  di   questo  strumento  non  furono  più* 
astretti  a  servirsi  di  voci  vaghe  ,  e  di  significazione  illimitata  per 
esprimere  il  calore  ed  il  freddo,  da  prima  determinati  da  fallaci 
sensazioni  ,  o  da  equivoci  effetti.  Questo  Strumento  fu  pure  da 
Jtiolti  studiato  ,  e  col  tempo  si  venne  perfezionando  in  niod»-  che 

al 


02.  Saggio  di  un  trattato  di  Meteoroloc?a 

al  giorno  d'oggi  non  è  difficile  averne  dei  comparabili.  Il  peso  dello 
strato  deiratiiioslcra  nel  quale  viviamo  non  avendo  un  rapporto  lo- 
stante  con  quello  dell'intera  colonna  atmoslerica,  il  cel.  nostro  So- 
cio Sig  Gio.  Fabbroiii  immaginò  il  Manometro  per  determinarlo. 

Gli  effetti  della  secchezza  ,  ed  umidezza  dell' ambiente  so- 
pra multi  corpi  furono  certamente  noti  prima  diesi  conoscesse 
il  peso  dell'  aria  ;  tuttavia  1'  Igrometro  fu  per  molto  tempo  assai 
difettoso  .  Il  legno,  la  cartapecora,  la  spugna,  il  cuojo,  il  coto- 
ne ,  la  paglia  ,  la  seta  ,  la  balena  ,  i  capelli  fui-ono  messi  in  uso 
dai  Fisici  per  misurare  comparabilmente  1'  umidezza  dell'  at- 
mosfera, e  questi  ultimi  preparati  con  Uscivo  giudicansi  general- 
mente migliori  d'ogni  altro  corpo;  sebbene  non  siano  esenti  da 
gravi  difetti ,,  come  proverò  quando  avrò  da  esaminarli  .    ' 

La  scienza  della  natura  in  vece  d'  invanire  chi  vi  attende, 
gli  fa  conoscere  il  suo  nulla,  mettendogli  sotto  gli  occhi  rimnien- 
sità  delle  cose ,  che  si  ignorano  ,  quindi  è,  che  a  proporzione  che 
si  progredisce  si  scopre  più  lungo  cammino  ,  ch(>  stancherebbe  , 
se  il  contemplare  il  Creatole  nelle  sue  opere,  ed  il  gusto  della 
verità  non  rianimasse  a  proseguirlo  con  maggiore  ardore  .  Non 
contenti  i  Fisici  di  conoscere  il  calore  ,  il  peso  ,  e  la  secchezza 
dell'atmosfera,  volleroancora  vederne  le  agitazioni,  ovvero  aver 
uno  strumento  ,  che  nominarono  anenioscopio  ,  e  anemometro 
dall'  uso  di  determinare  la  direzione,  e  la  forza  dei  venti  . 

Quindi  si  applicarono  a  misurare  la  quantità  di  pioggia.,  che 
annualmente  cade  nelle  diverse  regioni  coli'  Udometro  ,  o  Hye- 
tometro  .  L'  evaporazione  giornaliera  fu  pure  giudicata  degna  di 
considerazione  per  ben  conoscere  la  natura,  perciò  anch'  essa  fu 
oggetto  di  ricerca,  e  diede  origine  ali'  Atmiiìometro  •  Mentre  si 
andavano  inventando  strumenti  per  ben  conoscere  le  modifica- 
zioni atmosferiche  si  scoprì  la  differenza  che  passa  tra  il  fuo- 
co comune  ,  ed  il  fulmineo  ;  si  osservò  ,  che  questo  molte  volte 
esiste  senza  manifestarsi  co^  lampi ,  fulmini ,  e  tuoni  ;  la  sua  na- 
tura attuosissima  lo  fece  sospettare  principal  agente  della  natu- 
ra; onde  si  cercò  tosto  di  misurarlo  coli'  Elettrometro,  Il  genio  os- 
servatore, che  dalla  metà  del  secolo  decimo  settimo  cominciò  ad 

aei- 


Del  Src.  A.  M.  Vassalli-Eandi..  Qj 

agire  nei  Fisici,  crebbe  seinpfe  in;iL;i!;ior!ntnit:e ,  e  fece  scoprire 
nell'ago  calamitato  variazioni  dipendenti,  non  solo  dalla  posizio- 
ne sui  globo  ;  ma  aircora  dall'ora  del  giorno,  e  dallo  sfato  del  cie- 
lo;, quindi  la  bussola  marina,  ossia  l'^/go /72ag«e^zco,  ebbe  pure  liio- 
go  tra  gli  strumenti  di  Meteorologia.  Che  più?  f.a  trasparenza 
dell'  aria  fu  misurata  col  dìafanomeUO ,  il  colore  del  cielo  fu  de- 
terminato col  C/«raowe^ro,  r  intensità  della  luce  co^  Fvometro-; 
la  quantità  d"  aria  vitale,  detta  dai  raodevni  gaz  ossigeno,  contea- 
nula  in  un  dato  volume  d'aria  atmosferica  ,  fu  stabilita  j)pr  mez- 
zo dell' £«t/iowe^ro  ;  e  si  continua  ad  inventare  nuove  macrlii- 
HC  ,  e  nuovi  mezzi  per  conoscere  1'  atmosfera,  e  misiu'are  le  sue 
modificazioni  .  Siccome  alcune  variazioni  sono  di  breve  durata, 
né  si  potrebbero  conoscere  quando  non  capitassero  nel  momento 
dell'osservazione  ;  eosì  per  non  moltiplicare  e  fors'  anche  inutil- 
mente ,  gli  incomodi  dell'  Osservatore  si  ritrovarono  macchine  ,, 
che  segnano  le  variazioni  succedute  nel  tempo  trascorso  da  un'os- 
servazione all'altra  ,  che  suol  essere  di  sei  in  dodici  ore.  Appena  s£ 
ebbero  alcuni  dei  principali  strumenti  meteorologici  l>t;n  lontani 
dalla  perfezione  ed  esattezza  dei  msderni  ,  che  diversi  Fisici 
incominciarono  ad  osservarli  giornalmente,  e  segnarne  le  indica- 
zioni.  I  Medici  ricordandosi  dei  precetti  del  grand' Ippocrate  , 
che  particolarmente  nel  Trattato  de  Aere  ,  aijiiis  ,  et  locis  lacco- 
nanda  lo  studio  delle  Meteore  a  chiunque  voglia  approfittare 
neir  arte  medica  y  e  del  successore  di  Aristotile,  che  alle  meteo- 
re moltissimo  ascrisse  ,  si  diedero  ad  esaminarle,  eregistrarle  ;  e 
il  Dott.  Morir*  presentò  all'  Accademia  di  Parigi  un  giornale  ara- 
piissimo,  ed  esattissinro-,  secondo  il  Fontenelle,  delle  osservazio- 
ni IMeteorologiche  fatte  dal  i  670  sino  al  1  709  ,  in  cui  si  trovano 
tutti  i  cangiamenti  succeduti  nell'  aria  ,  e  molte  altre  cose  rela- 
tive ,  esposte  con  ordine,  e  somma  precisione  .  Nello  stesso  tempo» 
Picard  facea  le  stesse  osservazioni,  e  dal  Mariotte  (  del  moto  delle 
afque  )  appare  che  molto  prima  di  questi,  alcuni  scrutatori  della 
natura  aveano  misurata  la  quantità  di  pioggia  ,  e  di  neve  caduta 
a  Parigi  ed  a  Digione  . 

Del  1O88  r  Accad.  di  Parigi  stabilì  di  tener  conto  di  questa 

sor- 


94  Saggio  di  un  trattato  di  Metkorologia 

sorta  d'  osservazioni .  Scdiìeau  fu  il  primo  incaricato  a  farle  ,  indi 
i  più  celebri  nomi  si  trovano  iiell'  indice  degli  Osservatori ,  quali 
sono  de  la  Hire  ,  Maraldi,  Cassini  ecc. 

]Nello  stesso  tempo  s'  intrapresero  le  osservazioni  in  molte 
altre  Città  d'  Europa,  e  queste  crebbero  a  dismisura,  principal- 
mente dopo  il  ij-io  ,  di  modo  che  pochi  sono  i  pa?;si  d'  Europa  , 
in  cui  non  sianvi  Oss.  noti;  che  anzi  alcuni  viaggiatori  pubblica- 
rono le  osservazioni  fatte  in  altre  parti  del  nostro  globo.  Si  hanno 
le  oss.  del  P.  Amiot  Gesuita  fatte  a  Pekin  dal  i^Gennajo  1737  ai 
Sì  Decemhre  170^.  Don  Alzate  Yramitez  diede  le  oss.  fatte  al 
!RIessico  .  Il  celeb  Duhamel  nel  1741  cominciò  a  pubblicare  le 
oss  Botanico- ?deteorologiclie,  che  hanno  per  oggetto  la  costitu- 
zione dell' Atmosfera,  e  la  temperie  delle  stagioni  continuamen- 
te applicate  alla  coltura,  e  produzione  dei  beni  delia  tejia,  co- 
me pure  delle  malattie  degli  uomini ^  e  bestie.  Nel  1746  il  Dott. 
Malouin  intraprese  le  sue  oss.  Medico-Meteorologiche  ,  lo  scopo 
delle  quali  si  è  di  far  conoscere  1'  effetto  delle  variazioni  dell' 
aria  nei  diversi  morbi  .  Queste  continuarono  sino  al  74  .  Il  Dott. 
Berriat  {  Collect.  Acad.Tom.  8  )  osservò,  che  i  rimedj  non  agis- 
cono ugualmente,  e  debbono  diversificarsi  nelle  dosi  secondo  la 
diversa  a'tezza  del  barometro.  Ben  è  vero  che  alcuni  negarono  tal 
influsso  ,  come  si  può  veder  nei  voi.  a,  T.  4»  5  delle  JXouveìles  ìn- 
stnictives  Biblìograpìiìques,  hìstoriqiies ,  et  crìt'iqiies  de  JÌJ edeci- 
ne,  Chirurgie,  Pharmacie  ec.  Paris  dalTuS  all'  89  del  Dott.  Retz, 
ed  il  Supplemento  al  giornale  di  Rozier  del  1778  pag.  342,  1776 
Tom.  7  pag.  ica.  I  progressi  della  Meteorologia  nel  primo  secolo 
dall'  invenzione  del  barometro,  e  termometro  presentavano  lu- 
singhiere speranze  ,  che  prima  dello  scadere  del  XVIII  si  avreb- 
be avuto  un  trattato  delle  Meteore  fondato  sopra  le  scoperte  fisi- 
che dei  nostri  tempi,  ed  una  collezione  di  osservazioni  vantag- 
giosa air  Agricoltura  ,  ed  alla  Medicina  nei  risultati,  se  non  cer-  fi 
ti,  almeno  molto  probabili  della  varia  fertilità  della  terra  secon- 
do le  diverse  precedenti  modificazioni  dell'atmosfera,  e  delle  di- 
verse malattie  degli  uomini,  e  degli  animali ,  le  quali  sembrano 
dipendere  dalla  stessa  cagiono  .  Ma  come  per  mala  sorte  non  di 

ra- 


Del  Sic.  A.   M.  Vassalli-Eandi  .  g-") 

rai'ì  avviene  ,  che  le  cose  più  utili  siano  le  meno  pregiato  ,  così 
queste  ricerche,  in  vece  di  crescere  sempre  jjiù  per  1"  importaiizii 
del  soggetto  scemavano  piuttosto,  non  essendo  nella  considerazio- 
ne  che  ben  si  meritavano.   Fortunatamente  nel  1774  il  cel.  De- 
luc  puhhlicò  il  suo  egregio  trattato  delle  Modificazioni   dell'  At- 
mosfera, che  rianimò  lo  studio  della  Meteorologia  rivolgendo 
r  animo  dei  Fisici  a  questi   btudj,  principalmente  per  (juanto 
spetta  al  perfezionare  il  barometio  ,  e  termometro,  ed  all'  uso  di 
questi  strumenti  per  misurar  le  altezze  de'  monti  ,    e  delle  pro- 
fondità delle  miniere.  Circa  lo  stesso  tempo  usci  il  Trattato  di 
Meteorologia  del  P.  Cotte  Prete  dell'  Oratorio  e  Curato  di  Mon- 
morenci  che  non  potè  profittare   cFell'  Opera  del  Deluc  .    Questi 
compilò  quanto  d'utile  gli  riuscì  d'avere  dall'  Accad.  di  Parigi  , 
e  per  mezzo  di  una  vasta  corrispondenza  letteraria  sa  questo  sog- 
getto ;   ma  la  novità   dell'assunto,   le  circostanze  del   tempo, 
in  cui  s' iornoravano  ancora  molte  cose  riguardo  agl'atmosfera, 
ed  a'tre  cause  accidentali  ,  non  gli  permisero  di  dare  un  trattato 
propriamente  detto  delle  meteore;  ma  piuttosto  una  compilazio- 
ne di  varie  opinioni  sulle  medesime,   che  servì  (  come  desiderò 
1'  Autore,  Disc.  Prelim.  pag.  3o  )   moltissimo  ad  accrescerne  Io 
studio  indicandone  i  vantaggi  ,  moltiplicandone  la  cognizione. 
Anche  l'  Italia  in  questo  tempo  fu  animata  à  coltivare  lo  studio 
delle  modificazioni  atmosferiche  del  cel.  Abate  Toaldo  Professo- 
re di  Geografia  ,  Astronomia,  e  Meteorologia  a  Padova,  per  mezzo 
della  sua  Dissertazione  coronata  dalla  P.  società  delle  Scienze  di 
Montpellier  sul  problema  proposto  per  l'anno   l'j^^i^  ■=  Qwsì  è 
r  influenza  delle  Meteore  sulla  vegetazione  ,   e  quali  conseguen- 
ze   pratiche  possono  ricavarsi,   relativamento  a  quest' oggetto  , 
dalle  differenti  osservazioni  meteorolof^iche  sin'  ora  fatte)'  =  La 
brevità  di  un  Saggio  non  permette  di  dare  un  epilogo  di  questa 
preziosa  operetta  ,  che  fu  tradotta  in  varie  lingue,  commentata 
ec,  e  sarebbe  ancona  eccellente,  se  gli  errori  del  tempo,  in  cui 
ignoravansi  diversi  fluidi  aeriformi,  e  le  loro  proprietà  ,    non   la 
rendessero  soggetta  ad  alcune  emendazioni.  Disse  però  ottima- 
mente Orazio  : 

.  ,  .  .  ubi 


96 


Saggio  di  um  tkattato    di  Meteorologia 


....  uhi  plura  nìtent non  ego  paucis 

Offendar  maculis . 
Perciò  qiuist'OpcnUla  sarà  sempre  stimata  da'Fisici,  e  fu  di  gran- 
dissimo vantaggio  non  solo  per  la  dottrina  ,  che  sparse  ;  ma  anco- 
ra per  quella,  che  cagionò  facendo  stabilire  osservatori,  eccitan- 
do molti  a  registrare  le  IMeteore,  unitamente  ali'  abl>ondanza  ,  o 
carestia  dell'annata,  ai  morbi  ,  che  toimentarono  gli  uomini ,  o 
gli  animali  domestici  ec.  ed  alcuni  a  scrivere  sopra  questi  inte- 
ressanti argomenti  .  (a) 

Il  freddo  straordinario,che  accadde  in  gennajo  del  1776  ser- 
vì pure  a  promovere  la  Scienza  delle  Meteore  ,  per  le  grandi 
differenze,  che  si  trovarono  nei  diversi  termometri,  ciò  che  de- 
terminò i  Fisici  ,  e  le  Accademie  di  Parigi,  di  Londra  ree,  ad 
esaminare  accuratamente  gli  strumenti  per  renderli  comparabi- 
li ,  e  determinare  il  vero  grado  del  freddo  solfertosi  .  (  Journal 
de  Phisiqiie  1782,,  tom.  ai  sup.  pag.lll)  Nello  stesso  anrio  si  sta- 
bilì la  Società  R.di  Medicina  a  Parigi,  dalla  quale  si  mandò  a  tut- 
te le  Accademie,  ed  a  molti  Medici  una  Memoria  instruttiva  ,  in 
cui  si  raceomandano  particolarmente  le  oss.  Meteorologiche ,  ed 
in  breve  ebbe  annualmente  i  Giornali  di  più  di  cento  Osservato- 
ri .  Lo  studio  della  Meteorologia  in  questo  tempo  era  divenuto 
talmente  in  uso,  che  il  giovine  Monarca  ordinò  al  suo  primo  Me- 
dico di  portargli  ogni  settimana  il  quaderno  dei  fenomeni  atmo- 
sferici registrati  dalla  Società  di  Medicina.  Da  molto  tempo  pri- 
ma il  nostro  primario  Professore  di  Medicina,  e  Medico  della  Fa- 
Eiiglia  Reale,  Conte  Ignazio  Somis  ,  teneva  un  accurato  giornale 
delle  osservazioni  barometriche  ,  termometriche  ,  e  delle  Meteo- 
je  fatte  a  diverse  ore  del  giorno;  delle  quali  l' Impeiiale  Accade- 
mia 


{a)    Trattasi  particolarme-nte  in  essa 
dell'  influenza  della  Luna  in  oggi  vali- 


damente  difesa  dal  cel.  La-JIarck,  dell' 


X* 


Istituto  Parigino,  nei  »uoi  dotti  Annuarj 
Meteorologici.  \ 


Del  Sic.   A.  M.  Vassalli-Eandi  .  97 

mia  delle  Scienze,  Lettere,  ed  Arti  possiede  due  grossi  Volumi  in 
loglio,  che  contengono  le  osservazioni  dal  i'^  Genu.  1753  ai  aa 
Giugno  1790,  le  quali  formano,  con  quelle  dell  Accademia,  una 
serie  non  interrotta  di  54  anni  •  i^'  esempio  della  R.  Società  di 
Medicina  eccitò  le  altre  Accademie  ad  occuparsi  dello  stesso  sog- 
getto, non  solo  con  le  oss.,  ma  ancora  proponendo  quesiti  relativi, 
che  tra  le  altre  Opere,  ci  procurarono  la  bellissima  Dissertazione 
dei  Dott  Retz  su  la  iMeteorologia  applicata  alla  Medicina,  ed  all' 
Agricoltura  ,  coronata  dalia  R.  Accademia  di  Bruxelles  nel  1 778  . 
Ole  anzi  all'  Haja  in  Ollanda  si  formò  una  Società  di  Medicina  , 
e  MeteoroI(jgia  che  si  coi  legò  tosto  con  quella  di  Parigi ,  che  le 
servi  d'esemplare,  e  pubblicò  di  già  diversi  tomi;  e  l'Elettore 
Palatino  stabili  una  Società  Meteorologica  a  Manlieim,che  pro- 
dusse già  diversi  volami,  dai  quali  appare,  che  non  contenta  del- 
■  le  oàs.  fatte  nei  divejsi  paesi  dell'  Europa,  si  procurò  ancora 
Osservatori  nelle  altre  parti  del  mondo,  provedendo  eziandio  a 
speje  del  benefico  Elettore  gli  strumenti  ,  ed  i  registri  stampati 
a  molti  Osservatori  ,  ed  anche  a  varie  Accademie  ,  per  avere  le 
osservazioni  fatte  cogli  stessi  strumenti,  e  compilate  con  lo  stes- 
so metodo,  onde  poterne  più  facilineute,  e  sollecitamente  dedur- 
re risultati  vantaggiosi  all'  umanità  («)  . 

Con  tali  fondamenti  si  potevano  i  Fisici  lusingare  di  non 
aver  più  ad  attendere  lungamente  un  trattato  compiuto  di  Me- 
teorologia, come  indicò  il  lod."  Gjtte  nella  PreFazi<jne  alle  Me- 
morie che  stampò  del  1788  per  supplimento  al  suo  Trattato  .  Ma  ' 
le  timide  Muse,  sbigottite  dai  rumori  bellicosi  ,  che  assordaron 
tutta  Europa,  si  nascosero;  diverse  Società  furono  dal  fiero  Marte 
dissipate,   qual  nebbia  al  vento  ,   si   rovinarono  alcune  Specole  , 

Tomo  XIII.  i3  niol- 


[a]  Questo  fu  pure  ultimaraenf  fitto 
dal  Consiglio  Superiore  Civile  ,  e  fJiU- 
tare  ili  Sanità  di  Torino  riguardo  ni  Con- 
siglieri della  37.111»  Divisione  IMilitare, 


e  S.  E.  il  Ministro  dell'Interno  stabili 
jmre  una  corrispondenza  Meteorologica 
per  tutta  la  Francia. 


f)8  Saggio  di  un  trattato  di  Meteorologia 

molti  Osservatoli  incerti  della  loro  condizione  futura,  od  astretti 
dalle  circostanze,  abbandonarono  i  loro  diletti  studj  con  danno 
i;randissimo  di  questa  assai  interessante  parte  della  Fisica  parti- 
colare ,  la  quale  appunto,  per  essere  piìi  utile  che  dilettevole,  è 
meno  rispettata  dal  maggior  numero  degli  uomini,  che 
A  voci  più  che  al  ver  drizzuu  li  volti; 
Epperò  forman  sua  opinione 
Prima  eh'  arte,  o  ragion  per  lor  s'  ascolti  e 
per  non  essere  di  vantaggio  immediato  si  coltiva  soltanto  dalle 
Società,  che  si  credono  immortali,  e  da  coloro,  che  alla  gloria 
momentanea  di  curiosi  ritrovati  antepongono  il  giovare  a'  poste- 
ri,  dei  quali  di  gran  lunga  minore  è  il  solletico  della  gratitudine. 
Per  rianimare,  per  quanto  le  mie  forze  mi  permettono,  que- 
sti utilissimi  studj,  non  potendo  per  ora  eseguire  quanto  promisi 
del  I  787  al  cel.  Senebier  dando  il  Trattato  completo  di  Meteo- 
rologia in  più  Volumi,  comincierò  a  proporne  il  Saggio  all'  esa- 
me degli  intelligenti.  E  siccome  in  questo,  non  solo  vengono  in- 
dicati i  fonti  principali  della  Storia,  sin'  ora  negletta  con  grave 
danno  della  Scienza,  che  sarebbe  certamente  molto  più  amjilia- 
ta  se  i  primi  ristoratori  dflla  medesima  avessero  dato  un  compen- 
dio delle  cognizioni  meteorologiche  degli  antichi,  e  messo  sotto 
gli  occhi  degli  Osservatori  le  massime  generali  da  verificale  ,  e  le 
grandiose  viste  di  Teofrasto,  Ippocrate  ecc.  ,  ed  ancora  lo  scopo 
ed  i  vantaggi  di  questa  sorta  d' osservazioni  ;  il  miglior  metodo 
di  farle,  e  registi  arie  ;  gli  strumenti  necessarj  con  le  cautele  da 
aversi  nel  servirsene,  le  più  importanti  teorie  sopra  la  natura 
dell'  atmosfera,  sopra  V  influenza  degli  Astri  ,  sopra  l'elevazione 
dei  vapori  ,  sopra  le  modificazioni,  che  subiscono  nelF  atmosfe- 
ra, sopra  le  quattro  classi  di  meteore  acquee,  ignee,  aeree,  ed. 
enfatiche;  e  sopra  le  osservazioni  botaniche,  zoologiche,  e  me- 
diche da  aggiungere  alle  Meteorologiche,  ecc. ,  così  i  Fisici  po- 
tranno giudicare  de' fondamenti  del  Trattato  ,  ed  io  profittare 
delle  loro  considerazioni  per  emendarlo.  Che  se  alcuno  proverà 
essermi  in  qualche  par^e  importante  ingannato,  non  contento 
di  correggere  la  mia  Teoria  ,  significherò  ancora  1'  Autore  ,  che 

mi 


Del  Sic.  A.  M.  Vassalli-Eandi  •  99 

mi  trasse  d' errore,  onde  mostrargli  per  quanto  posso  la  mia  nco-« 
noscenza;  giacché  1'  animo  mio 

Altro  diletto  che  imparar  non  trova, 
affine  di  rendermi ,  giusta  mie  forze,  utile  alla  società  . 


DEL 


100 


DEL  PRINCIPIO  DOLCE  DEGLI  OLI 

MEMORIA 

Del    Sic.    Gioachino    Caru  adori 
Presentata  li  18  Novembre  i8o5 
DAL    SIC.    ANTONIO    GAGNOLI. 

X-J  pratica  comune  dei  nostri  Orologiari ,  e  di  altri  Artefici  , 
quando  hanno  bisogno  per  certi  usi  di  un  olio  sottile ,  o  come  di- 
cono essi  depurato  ,  di  mettere  deli'  olio  d'  nliva  in  dei  vasetti  di 
vetro  con  della  piccola  munizione  da  schioppo,  o  pallini  di  piom- 
Lo  ,  e  teuervelo  sopra  qualche  tempo,  prima  di  adoprarlo  ,  in 
riposo  ,  e  non  ne  sanno  il  pere  he,  come  avviene  di  tante  lUili 
pratiche,  che  si  hanno  per  tradizione  popolare.  Ma  egli  è  certo  , 
che  ottengono  benissimo  il  loro  intento;  poiché  dopo  dei  giorni 
si  osserva  nel  fondo  dell'olio  contenuto  nei  detti  \asptti  un  se- 
dimento, o  precipitato  biancastro,  pivi  o  meno  abljondante  .  ad- 
dosso al  piombo,  e  l'olio  di  sopra  frattanto  ha  acquistato  chiaiez- 
za  maggiore,  e  trasparenza  . 

La  mia  curiosità  mi  portò  a  prender  di  miia  questo  fatto, 
e  l'investigazione  ,  che  mi  parve  neritasse  ,  m'  impegnò  a  stu- 
diarlo sensatamente  ,  a  fare  cioè  una  serie  di  osservazioni  ,  e  di 
ricerche  per  arrivare  ad  intenderne  la  ragione,  persuaso  che  tal 
volta  dai  più  trascurati  triviali  usi  si  posson  ricavare  dei  principj 
utili  e  grandi  ,  e  che  le  sorgenti  di  fisiche  verità  spesso  scatu- 
riscono dall'osservazione  dei  più  piccioli  fatti  . 

Gli  olj  fissi  ,  che  si  ottengono  per  espressione  ,  o  dai  frutti, 
o  dalle  semenze,  contengono  immedesimate  più  sostanze  etero- 
genee i  cioè  della_/ec«Zrt  amìdaceut  della/eai/ci  colorante.)  e  del- 
la 


Del  Sic.  Gioachino  Cauiiadori  .  loi 

la  mucilagi ne  :  ([UQste  \<rec\ [ninno  in  parte  mediante  il  riposo  , 
separandosi  dall'olio,  in  cui  sono  invibcliiate ,  e  si  adunano  in 
fondo  ad  esso  fluido  in  l'oinia  di  quella  densa  materia  ,  che  si 
chiama  Bloccliio  .  Ma  v\  restano  le  parti  le  più  sottili,  e  spe- 
cialmente della  mucilagine  ,  che  difficilmente  e  lentamente 
precipitano  ;  di  questa  poi  vi  resta  la  più  gran  porzione  ,  non  si 
sa  come  combinata  col  sugo  oleoso  ,  assieme  con  della  fecula  co- 
lorante ,  e  forse  anche  della  sottilissima  fecula  amidacea  ,  e  non 
precipita  giammai  l'  olio,  non  ostante  il  lungo  riposo  .  Che  esista 
una  tal  qual  ronibinazioue  delle  divisate  sostanze  con  folio  è 
certo  ,  perche  con  qualunque  mezzo  meccanico  non  si  arriva  a 
separarle  . 

L'  immortale  Schede  scuopri  ,  che  combinando  l'  olio  di 
mandorle  ,  d'  oliva  ec.  ec.  ,  di  quegli  olj  ,  cioè  ,  che  si  chiamano 
crassi ,  con  dell'  ossido  di  piombo,  per  mezzo  del  calore  e  dun 
poco  d'acqua  aggiunta  a  questa  mescolanza,  si  separava  da  detti 
olj  una  materia  fluida  ,  che  veniva  a  galla  ,  la  quale  esaminata  , 
parvegli  che  avesse  i  caratteri  di  mucilagine,  o  cor[)o  gommoso, 
molto  più  ,  che  distillata  con  l'  acido  nitrico  si  ridusse  in  acido 
ossalico  .  A  questa  dette  il  nome  di  pnnrìpìn  dolce  degli  olj  . 

Tutti  gli  olj  crassi  dettero  a  Schede  in  abbondanza  della 
mucilagine  ,.  e  delle  fecule  ,  che  egli  chiama  principio  lìolce  ,  ma 
da  quegli  olj  crassi ,  che  si  chiamano  essìcctitiv'^  eccettuato  l'olio 
di  lino  ,  non  potè  ricavare  la  detta  sostanza  . 

Lo  scopo  dei  nostri  Artefici ,  quando  mattono  l'olio  sopra  il 
piombo  [>er  depurarlo,  o  defecarlo,  egli  è  dunque  di  spoorliarlo 
de!  principio  dolce,  che  ei  contiene  ,  e  che  lo  rende  viscido  ,  e 
coagulabile  .  Varj  metodi  sono  messi  in  pratica  dagli  Artefici  dei 
varj  paesi  per  ottenere  questo  effetto,  e  tutti  sono  riconosciuti 
per  buoni  dall'  esperienza  ,  ma  non  s'^  ne  rende  ragione  da  nes- 
suno ,  perch  •  nessun  Chimico  se  ne  è  occupato  ,  e  in  cunspouen^ 
za  «piesti  metodi,  per  buoni  che  siano,  siccome  non  sono  stati 
uè  circostanziati  né  studiati  ,  e  in  conseguenza  ridotti  a  princi- 
pj  ,  camminano  sull'  incerto,  né  si  sa,  se  si  possano  miglioiare, 
e  renderli  più  spediti  . 

Io 


y 


loa  Del  puiNCiPio  dolce  degli  olj 

Io,  clic  presi  di  mira  il  metodo  dei  nostri  Artefici ,  mi  son 
limitato  a  studiar  ([ucsto  .  Le  mie  osservazioni ,  e  ricerclie  per- 
tanto sono  state  dirette  a  dare  nna  s[)iegazione  del  fatto  ,  t(  iieii- 
dogli  dietro  passo  passo  in  tutte  le  crcostanze.  per  rintracciarne 
la  cagione,  e  ridurlo  cosi  a  dei  principj ,  o  fondamenti  teorici  , 
cosa  di  cui  ,  credo,  die  nessuno  si  sia  occupato  fin  (juì  Cammin 
facendo,  ho  tirato  dalle  osservazioni  quelle  conseguenze,  che  ne 
venivano  di  ragione  ,  e  siccome  alcune  mi  sono  parse  nuove  ,  o 
che  ci  portassero  a  delle  più  precise  nozioni  di  quelle  ,  che  ave- 
vamo, le  ho  raccolte.  Tutto  ciò  ha  dato  materia  alla  pi  esente 
Memora , 

1.  Posi  della  sottile  limatura  di  piombo  in  nn  vasetto  di  ve- 
tro, in  altro  del  piombo  tagliato  a  pezzetti  ,  in  nn  terzo  dei  palli- 
ni o  piccola  munizione  da  scIiioj)po,  e  neh'  ultimo  ,  nna  lastra 
di  piombo  per  piano,  e  versai  soi^ra  a  tutte  cjueste  porzioni  di 
piombo  un'  egual  dose  d' olio  d' uliva  .  In  capo  a  de' giorni  era 
succeduto  neir  olio  di  tutti  quattro  i  vasetti  una  sensibile  preci- 
pitazione, e  deposito  di  mucilagine,  e  sostanza  feculenta,  o prin- 
cipio dolce  ,  ed  avea  ricuoperta  la  superficie  del  piombo  . 

Dunque  il  piombo  in  qualunque  forma  ,  o  figura  ,  ha  la  vir- 
tù di  depurar  1'  olioj  onde  resta  escluso  il  sospetto  di  qualunque 
azione  meccanica .  -  ■ 

2.  Versai  della  limatura  di  pIom])0  in  nn  vasetto  di  vetro 
a  collo  stretto  ,  e  lo  riempii  d'  olio  d'  uliva  :  altra  ugiial  quantità 
di  lin\atura  di  piombo  fu  da  me  collocata  in  vasetto  di  vetro  di 
bocca  larga  con  altrettanto  olio  sopra  .  Osservato  folio  di  questi 
vasetti  dopo  dei  giorni .  parvemi  di  rilevare  una  qualche  differen- 
za nella  quantità  del  deposito  . 

Allora  turai  esattamente  con  cera  molle  1' apertnra  del  va- 
setto a  collo  stretto  ,  ma  non  vidi  farsi  ,  non  ostante  il  lungo 
soggiorno  ,  nuovo  deposito  ,  come  nell'altro  vasetto  tutto  aper- 
to ,  che  andò  sempre  aumentando  . 

Pare  dunque  ,  che  1'  atmosfera  col  suo  contatto  al»bia  parte 
in  questo  efi'etto  ;  e  questo  lo  esamineremo  a  suo  luogo   (i4)  • 

3.  Riconosciuta  una  tal  proprietà  nel  piombo,  pensai  sr;bito 
\  di 


Del  Sic-  Gioachino  C.\ruadoki  .  io3 

di  mettere  a  cimento  gli  altii  metalli,  per  vedere,  se  qiialchedun 
altro  ,  ne  fosse  ugualiueiite  dotato  ;  e  principiai  dallo  zinco  . 

Presi  della  limatura  di  zinco,  dello  zinco  in  Frammenti ,  ed 
una  pi  cola  lastra  di  zinco  ,  e  collocai  ciascuna  di  queste  porzio- 
ni in  tie  bicchieri  ugnali  di  ^  etro  ,  con  egiial  dose  d'  olio  d'  uli- 
va per  ciascuno  .  L'olio  in  capo  a  dei  giorni  avea  fatto  un  de[)o- 
sito  sopra  tutte  tre  le  parti  dello  zinco,  ma  più  abbondante  ,  che 
del  piombo  (i)  ,  ed  era  diventato  assai  chiaro  ,  e  trasparente,  ed 
aveva  meno  sapore  dell'altro  olio  . 

4.  Ma  uè  il  platino,  uè  l'oro,  né  l'argento,  né  il  mercurio, 
ne  il  rame  ,  né  il  ferro  ,  né  lo  stagno  ,  né  il  regolo  d'antimonio  , 
né  il  regolo  d'  arsenico  ,  né  quello  di  cobalto,  di  bismuto,  di  ni- 
ckel,  in  somma  nessuno  dei  metalli  i  piìi  comuni  ,  e  che  erano 
a  iiia  portata,  Iiè  in  limatura  o  in  pezzetti  ,  né  in  lastre  ,  né  in 
proporzioni  comunque  diverse  rispetto  all'  olio  ,  produssero  nes- 
sun precipitato,  cioè  non  si  ricuoprirono  ,  per  quanto  dimorasse- 
ro iieir  olio  ,  di  quella  mucilagiiie  ,  di  cui  si  riveste  il  piombo  ,  e 
lo  zinco  soggiornando  a  lungo  in  detto  fluido  . 

5.  Il  rame  ,  ed  il  nickel  ,  con  lo  stare  immersi  nelTolio  ,  lo 
tinsero  di  verde  .  Po~i  della  limatura  di  rame  in  un  b. celliere  di 
vetro  mezzo  pieno  d'olio;  si  vide  dopo  poco  tempo  tingersi  di 
verde  la  superfìcie  della  limatura.  Questo  colore  in  capo  a  dei 
gio  ini  di\  eritò  sempre  più  intenso,  e  andò  dilatandosi  ,  talché  al- 
la line  airi  v  ò  a  colorire  tutto  l'olio,  dal  l'ondo,  di  dove  aveva 
cominciato  ,  fino  alla  superfìcie  . 

Osservata  ben  bene  la  limatura  ,  dove  era  tinta  di  verde  , 
vidi,  che  in  qualche  lato  vi  scorgeva  degli  stracci,  o  piccoli 
fiocchi  di  un  color  più  forte  del  rimanente  del  fluido  ,  e  decan- 
tato r  olio  adagio  adagio  rinvenni  nel  fondo  a  contatto  della 
limatura  deUn  post>tuia  verde,  che  era  la  sostanza  mucilaginosa 
tinta  di  quel  colore  . 

11  color  verde  .  comunicato  all'  olio  della  limatura  di  rame  , 
è  ,  come  ognun  sa  ,  un  ind  zio  dell'ossidazione  del  rame  ;  e  1'  os- 
sido di  rame,  si  vede,  che  aderiva  alla  mucilagine,  o  princi- 
pio dolce  dell'  olio  . 

6. 


ic4  Del  principio  dolce  decli  olj 

6.  Mi  procuiai  una  piccola  lastra  di  zinco  inolto  levigata  e 
lucente^  e  la  gettai  in  un  Liccliierino  di  vetro  pieno.  Uni»  a  mez- 
zo, d'olio;  dopo  parecchi  giorni  erasi  ricuojjtnta  dappertutto  di 
un  cedimento  di  inucilagiue  ,  che  affettava  una  specie  di  cristal- 
lizzazione nel  modo ,  con  cui  si  era  disposta  intorno  allo  zinco; 
e  sotto  a  questo  sedimento  ^  esaminalo  lo  zinco  ,  crasi  leggerissi- 
luainente  da  per  tutto  ossidato  . 

Feci  un  simile  esperimento  con  una  lastra  di  pìomlo  assai 
pulita  e  lucente,  ed  ottenni  I'  istesso  risultato  ,  cioè  il  deposito 
mucilaginoso  sopra  ,  e  intorno  i  lati  del  piombo,  e  sotto,  dell'  os- 
sido di  esso  metallo;  cosi  pure  le  porzioni  di  piombo,  e  di  zinco 
adoprate  nell'  Espp.  i,  a,  i,  che  non  avevo  trascurato  di  esami- 
nare, furono  da  me  trovate  leggerissimamente  ossidate  . 

7.  Presi  della  limatura  di  piouibo  vecchia  e  nerastra  ,  o  gri- 
gia ,  cioè  ossidata  dal  contatto  dell'  aria  ,  e  la  messi  in  un  abbon- 
dante dose  d'  olio  in  un  piccolo  bicchiere  di  vetro  ;  altrettanta  li- 
matura di  piombo  fatta  (i'alIora,e  dotata  di  tutto  il  suo  splendore 
metallico,  fu  da  me  contemporaneamente  messa  in  un  vaso  simi- 
le, con  altrettanto  oliordopo  il  lasso  di  più  giorni,  fattone  il 
confronto,  riscontrai,  che  il  deposito  mucilaginoso  sulla  limatu- 
ra di  piombo  grigia,  cioè  ossidata,  era  molto  maggiore  ,  che  sopra. 
la  non  ossidata  e  lucente  ;  e  questo  sulla  prima  si  era  applicato  a 
gruppetti  con  simetrica  disposizione  cristalliforme;  e  l'olio  era 
divenuto  molto  più  chiaro  e  trasparente  che  l'olio  dell'  altra, 
e  meno  sapido. 

8.  Queste  osservazioni  (  6,  7  )  mi  portarono  a  congetturare  , 
che  la  precipitazione  della  mucilagine,  o  principio  dolce  dell' 
olio,  operata  dal  piombo  ,  secondo  la  pratica  volgale,  si  dovesse 
all'ossido  del  jjiombo  medesimo  formatosi  in  seno  al  dittto  fluido. 

Già  Schede  ci  aveva  insegnato,  che  gli  ossidi  di  piombo 
hanno  l' attività  di  separare  dall'  olio  la  mucilagine  con  la  sostan- 
za feculenta,  ciocché  Egli  comprese  sotto  il  nome  di  prif.cp'o 
dolcey  per  mezzo  di  una  semplice  opeiazione  ;  ed  io  V  ho  confer- 
mato con  un  metodo  più  semplice,  e  più  istruttivo  . 

9.  Presi  di  quell'ossido  di  piombo  vetroso,  che  si  chiama 

.li- 


Del  Sic-  Gioachino  CAnRADom  •  ic5 

UtarEÌrio-)  polverizzato,  e  ne  messi  una  (]uantità  in  vasetto  di  ve- 
tro, e  poi  vi  versai  sopra  circa  ad  un  pollice  d'olio:  dopo  poche  ore 
trovai  che  l'olio  a vea  latto  un  abbondante  deposito  sopra  il  detto 
ossido,  e  fu  tale  e  tanto  ,  che  il  sedimento  superava  la  quantità 
.dell'olio,  e  l'oho  era,  cojjfnso  conia  mucilag,ine.  che  si  era  separata 
dal  corpo  di  detto  fluido,  in  modo,  che  non  era  più  diafano,  ma 
opaco  e  denso ,  ossia  un  misto  d' olio,  e  mucilagine ,  biancastro , 
come  la  Morchia , 

10.  Con  gli  altri  ossidi  ,  o  termossìdì  di  piombo,  Massicot,  e 
Mìnio,  ridotti  in.p'jlvere,  io  ebbi  i  seguenti  risultati.  Il  minio 
messo  Beli'oliocontenuto  in  uno  dei  soliti  bicchierini  di  vetro. nell' 
istessa  propoiz  ojie  del  litargirio,  crebbe  moltissimo  di  volume. 
incorporaiKlosi  «on  l'oho,  e  l'olio  nel  mescoLaisi  con  q-uesto  os- 
sido avea  depositato  della  mucilagine  ^  che  si  vedeva  frammi- 
schiata in  forma  di  bianchi  stracci,  o  fiocchi,  col  Minio;  e  non  era 
succeduto  un  regolare  sedimento,  e  che  posava  tutto  insienje  so- 
pra r  ossido^  come  sul  litargirio. 

Il  JVlassicot  anch' esso  rigonfiò  moltissimo,  e  succhiò  tutto 
l'olio,  ma  non  si  formò  sedimento  di  mucilagine,  né  se  ne  potè 
scorgere  frammiscbiiitaair/jssido  fojte,  a  causa  della  poca  diver- 
sità del  colore  ,  come  nel  Minio  . 

1 1 .  Ma  fece  poi  raarcataraente  il  suo  effetto  con  qnest'  altro 
es|iediente  .  Sparsi  poche  prese  di  Massicot  sul  fondo  di  uno  dei 
soliti  vasetti,  e  vi  infusi  sopra  poco  più  di  mezzo  pollice  d'olio; 
dopo  poche  ore  era  rigonfiato  notabilmente,  ma  non  aveva  pro- 
dotto niu«,, deposito;  alloia  lo  agitai  ben  bene  con  una  spato- 
la ,  acciò  si  mescolasse  uniformemente  con  l'olio:  difatti  vi  si 
mescolò,  e  poi'precipitò  lentamente,  e  sopra  di  esso  in  capo  a  dei 
giorni  si  precipitò  moltissima  mucilagine,  che  turbò  tutta  la  tra- 
sjiarenza  dell'  olio  ,  e  lo  fece  diventare  semifliiido  e  opaco,  come 
iiiorchia .  ' 

Egli  era  manifesto,  cbe  1' ossido  nel  mescolarsi  con  l'olio 
avea  prodotta  la  separazione  della  mucilagine  da!  corj)©  deli'  olio 
medesimo  . 

,    la.  Dopo  ciò  egli  era  naturale  il  supporre,  che  l'ossido  di 
Turno  XIII.  i4  z'"-- 


icò     ,  Del  l'RiNciPio  dolce  degli  olj 

zinco  avesse  una  tal  proprietà,alnienoal  pari  dell'ossido  di  piom- 
hc,  {iiaccliè,  come  si  è  rilc\ato  dalle  aiilecedenti  osservazioni 
-(  3  6  )  ,  lo  zinco  ne  è  dotato  più  del  piombo  . 

Io  presi  di  quell'  ossido  di  zinco  volatilizzato,  che  si  chiama 
volgarmente^ori  di  zinco,  che  è  un  ossido  di  zinco  ossigenato,  o 
come  lo  chiama  Brngnatelli,  termossìdo  di  zinco  termossigenato  , 
e  ne  versai  porzione  in  uno  dei  soliti  vasetti,  e  lo  ricnopersi 
d'  olio  all'altezza  di  più  di  mezzo  pollice.  Lo  trovai,  rivistolo 
dopo  poco  tempo,  rigonfiato  assai,  o  cresciuto  di  volume,  ma 
senza  avere  indotta  precipitazione  di  sostanza  mucilaginosa,  o  se- 
dimento. Lo  mescolai  esattamente  con  l'olio,  agitandolo  con  una 
spatola,  e  si  distese  per  tutta  la  massa  dell'  olio  inalbandolo  ,  e 
lasciatolo  poi  in  riposo,  l'ossido  si  vedea  cominciare  a  precipitare, 
ma  lo  faceva  con  difficoltà;  ma  riservatolo  dopo  dei  giorni  fu 
manifesta  la  precipitazione  sopra  all'  ossido  di  una  gran  quantità 
di  mncilagine  sottilissima,  che  turbò  rjuasi  tutta  la  trasparenza 
dell'  olio  .  Dopo  degli  altri  giorni,  vidi  compensarsi  la  massa  dell' 
olio,  e  convertirsi  in  un  composto  di  mucilagine  ,  ossido  ed  olio, 
denso,  e  bianco  come  la  manteca  . 

Messo  poi  il  detto  ossido  in  minorquantità,  di  6  grani  in  cir- 
ca, in  altro  vasetto  con  dell'  olio  all'  altezza  di  un  pollice  in  cir- 
ca, ed  usata  la  solita  diligenza  per  mescolarlo  col  fluido  ,  piodus- 
se  la  solita  separazione  della  mucilagine,  che  turbò  l'olio,  ma 
non  lo  fece  condensare  a  tal  segno  ;  bensì  divenne  semifluido  . 

Si  vede  dunque  che  1'  ossido  di  zinco  ha  moltissima  attività 
di  svolgere,  e  separare  la  mucilagine,  e  sostanza  feculenta,  o 
principio  dolce,  combinato  con  1'  olio. 

Si  vede  ancora,  che  quest'ossido  ha,  come  gli  altri  ossidi  di 
piombo  (  9  IO  1 1  )  polverizzati,  moltissima  coesione,  o  forza  di 
aggregazione  con  l'olio,  per  cui  si  unisce  facilmente  con  esso, 
e  difficilmente  precipita,  quando  vi  si  è  unito;  ma  vi  resta  in 
gran  parte  sospeso;  e  che  ciò  dee  concorrere  a  far  perdere  la  flui- 
dità all'  olio  ,  fomentandone  il  coagulo,  oltre  all'  effetto,  che  vi 
produce  con  iscomporlo,e  separarne  la  mucilagine  . 

i3.  Messi  a  cimento  con  1'  olio  questi  istessi  ossidi  (  g  io  ), 

-ir.:  ,.  iWL  >        non 


Del  Sic.  Gioachino  Caruadori»  107 

non  in  polvere ,  ina  solidi ,  o  sia  a  pezzi ,  dettero  i  seguenti  risul- 
tati .  L'  ossido  di  piombo  Utar^iriu  immerso  in  un  vasetto  di  ve- 
tro pieno  d'  olio,  dopo  poche  ore,  si  ricuoprl  di  tenue  rara  muci- 
lagine,  che  divenne  sempre  più  folta;  e  dopo  un  giorno  gli  si  era 
alzata  intorno  a  segno,  da  invilupparlo  intieramente  in  un  nuvolo. 
L'  oii>\ào.Massicot  si  mostrò  poco  efficace  .  L'  ossido  Mìnio  si  co- 
nobbe ,  che  avea  dopo  de' giorni  fatta  depositare  all'olio  qualche 
poco  di  niucilagine,  poiché  riscontrai  la  superficie  di  esso  tappez- 
zata di  lanugine  biancastra,  e  questa  specialmente  circondava  la 
circonferenza  della  sua  base  affettando  l'apparenza  cristalliforme. 
Onde  pare  che  questi  due  ultimi  ossidi,  e  specialmente  il 
Massicot  per  la  sua  compattezza,  abbiano  bisogno  di  esser  divisi , 
per  potersi  mescolar  con  l'olio,  e  moltiplicare  i  contatti  j  altri- 
menti non  sono  valevoli  a  produrre  il  loro  effetto  . 

j4-  Dopo  questi  fatti ,  la  congettura  (8)  che  la  precipitazio- 
ne Ac\  principio  dolce  operata  dal  piombo  nell'olio,  fosse  in  gra- 
zia d' un  ossido,  che  vi  si  forma,  avrebbe  acquistata  tutta  la  pro- 
babilità. Ma  come'può  egli  ossidarsi  il  piombo  immerso  nell'olio? 
Qual  è  1'  agente,  che  vi  produce  1'  ossido  ? 

Io  versai  della  sottile  limatura  di  piombo  in  una  boc- 
cettina  di  vetro  a  collo  stretto  ,  e  1'  empii  fino  in  cima  d'  olio  , 
poi  turai  esattamente  l'apertura  con  cera  molle:  altra  quantità 
uguale  dell' istessa  limatura  la  posi  con  altrettanto  olio  in  un  bic- 
chierino di  vetro  scoperto  .  11  primo  di  questi  vasi,  come  ognun 
vede ,  non  dava  adito  all'  aria  atmosferica ,  e  1'  altro  glie  lo  dava 
amplissimo .  In  questo,  al  tempo  solito  ,  si  vede  il  solito  sedimen- 
to; nell'altro,  né  prima,  né  poi.  Replicata  l'operazione  nell'istes- 
so  modo  con  la  limatura  di  zinco,  ebbe  il  medesimo  successo;  nel 
vaso  aperto  si  ebbe  un  abbondante  sedimento  ;  e  fu  quasi  nullo  , 
e  appena  discernibile,  nel  vaso  chiuso.  Aperti  i  vasi  chiusi ,  e 
versato  fuori  un  poco  d'  olio,  di  modo  che  rimanesse  scemo,  e 
<piasi  ammezzato  il  vaso,  allora  si  fece  la  precipitazione  secondo 
il  solito  in  ambedue  . 

Dunque  non  si  ebbe  precipitazione  ;  perchè  non  si  foi'mò  os- 
si- 


ir {5  Del  principio  dolce  deóm  oli 

sido  .  o  1'  ossido  non  si  formò,  perchè  fa  itnpedito  all'  olio  1'  ac- 
cesso dell'  aria  . 

'  i5.  Io  mi  ricordava  di  quell'ossido  di  rame  mucilaginoso,  o 
Verde-rame  del  ii.°  5  ,  onde  pensai  ,  che  dei  fatti  di  tal  genere, 
replicati,  e  variati  air  uopo,  mi  potessero  servir  di  guida  nelle 
mie  indagini  . 

Presi  un  vasetto  di  vetro,  o  boccettinaaUuigo  collo,  e  stret- 
to, e  vi  gettai  dentro  delia  limatura  di  rame  ,  in  modo  che  ne  ri- 
cuoprisse  tutto  il  fondo;  in  seguito  la  feci  piena  d'olio  fino  in  ci- 
ma, e  la  turai  di  poi  con  cera  molle  in  modo,  che  la  cera  comba- 
ciasse con  1  olio,  acciò  nessun'  aria  potesse  avere  accesso  all'olio. 
Messi  l'istessa  limatura  con  V  istesso  olio  in  altro  vasetto  di  ve- 
tro, o  ]x)GGettina  con  la  Ixjcca  larga,  ma  aperta;  e  l' istessa  rnate- 
ria  linahneute  messi  in  una  tazza  di  vetro.  Nel  primo  vasetto  si 
ebbe  col  tempo  una  leggerissima  tinta  di  verde-rame,  che  comin- 
ciando dal  fondo-sali  stentatamente  ,  e  si  diffuse  per  tutto  l'  olio, 
non  ostante  che  l'olio,  come  si  e  visto,  fosse  esattamente  separa^ 
to  dall'  aria  :  ma  nei  due  vasi  aperti ,  la  tinta  fu  più  marcata',  é 
divenne  sempre  più  intensa,  specialmente  nell'  olio-delia  tafeiza^ 
che  diveniva  più  cupa  in  proporzione  che  Inolio  stava  esposto 
air  aria  ,  ed  invecchiava.  Starato  il  primo  vasetto,  ed  ammez- 
zatolo con  gettar  via  parte  dell'  olio,  acquistò  ili  progresso  il  to- 
no,  o  color  verde  ,  simile  a  quello  degli  altri  . 

Vi  e  dunque  nelT  olio  un  principio  ,  o  componente  imme- 
diato, che  attacca  il  rame  ,  e  fa  le  funzioni  d'  acido,  ossidando- 
lo, poiché  il  verde-rame,  come  ognun  sa,  non  è  che  un  ossido 
prodotto  da  un  acido  vegetabile.  Questo  principio  benché. mostri 
dei  caratteri  d'  acido  ,  senza  bisogno  di  ossigenarsi  ,  può  per  al- 
tro, per  quanto  mostrano  l'osservazioni,  acidificarsi  da  vantag- 
gio, ossigenandosi,  o  termossii^enandusi  .  quando  è  in  grado  di  as- 
sorbir r  ossigeno  o  termos^igeno  dell'  atmosfera,  le  allora  spiega 
molto  più  i  caratteri  di  acido.  Sembra  poi ,  che  risieda  nella  niu- 
cilagine  (  n.°  5  )  ,  o  principio  dolce  dell'olio,  cosi  detto  da 
Schede. 

i6.  Di  quest'  olio  colorito  di  verde-rame  ne  feci  tre  parti ,  e 

le 


-  Del  Sic.  Gioachino  Cariiadori  .  ICQ 

le  messi  in  bicchierini  di  vetro,  una  sopra  della  limatura  di  piom- 
bo naturalmente  ossidata,  itna  sopra  della  limatura  di  zinco  ,  e 
r  ultra  sopra  1'  ossido  vetroso  di  piombo,  litargi/io,  polverizzato, 
persuaso,  che  se  il  principio  dolce  era  quello  che  diflondeva  nell' 
olio  il  verderame,  dovea,  precipitandosi,  spogliar  1'  olio  di  quel 
colore.  Di  latli  tutte  tre  le  porzioni  dell"  olio  si  scolorirono  mol- 
to dopo  il  loro  soffgioFiio  sopra  i  detti  ossidi ,  e  il  deposito  clie  si 
vede,  non  era,  che  una  verde  mncilagine  . 

Pare  dunque,  che  W  principio  dolce  dell'  olio  sia  quel  com- 
ponente immediato  ,  che  fa  le  funzioni  di  acido  attaccando  il  ray 
me,  anco  senza  ossi<ìenarsi,  e  che  sia  poi  capace  di  acidificarsi  at- 
traendo l'ossigeno  dell"  atmosfera  ,  in  ragion  del  tempo  che  sta 
esposto,  e  della  superficie,  con  cui  si  espone  all'  aria.  E  siccome 
questo  è  diffuso^  probabilmente  per  una  specie  di  soluzione,  nell' 
olio,  perciò  nell'  unirsi  con  l"  ossido  del  rame  porta  il  colore  a 
tutto  l'olio.  Ma  ciò  sarà  più  chiaramente  diajostrato  con  altri 
decisivi  esperimenti  altrove  (  -6  27  28  )  . 

l'i.  EccO' pertanto  avverata  !a  congettura  (8).  Non  vie  pili 
dubbio;  il  piombo,  e  lo  zinco  immeisi  nell'olio  in  tanto  vi  cagio- 
Tiaiio  un  deposito,  o  sedimento  mucilagiiioso,  in  quanto  che  at- 
taccati dal  principio  dolce  dell'  olio  ,  che  la  le  funzioni  d'  acido  , 
e  che  sracidffica  poi  con  assorl)iie  1'  ossigeno,  o  tnmossigeno  at- 
mosferico, si  convertono  in  ossido,  e  mediante  quest'ossido  si  ot- 
tiene la  precipitazione  dell'  olio  .  Di  fatti ,  se  è  impedito  all'olio, 
che  vi  si  formi  questo  ossido,  impedendo  al  principio  dolce  V  os- 
sigenarsi per  acidificarsi ,  nìediante  la  separazione  dell'olio  dal 
contatto  dell'aria  (14)  ^  "on  si  ha  qnasi-nessunaipEecipitazione ,  e 
si  ha  ahbondante  quando  l'olio  è  nelle  più  favorevoli  circostan- 
ze per  assorbir  1'  ossigeno,  o  t(  Tìvossigaw  ,  dall'  atmosfera  . 

18.  D'  altronde  non  si  può  dubitare,  che  l'ossido  del  piom- 
bo è  qnello ,  che  indipendentemente  da  cpjaluiique  altra  causa 
agisce  per  una  specie  d'  attrazione  sopra  il  principio  dolce  dell' 
olio,  é  attraendolo  lo  fa  precipitare  .  In  quel  vaso  (  u,.°  14  ),  ove 
non  si  era  ottenuto  dall'  olio  nessun  preci|)itato  con  la  limatura 
di  zinco,  per  essere  stato  chiuso  ermeticamente,  gettai  un  pez- 

zet- 


Jio  Del  rniNCiPio   dolce  degli  olj 

zctto  di  litaiiririo,  con  poclie  prese  di  limatura  di  zinco,  e  ripie- 
no d'olio  lino  in  cima  io  turai  di  nuovo  ermeticamente  con  la  so- 
lita cera  molle .  In  poco  tempo  il  pezzetto  di  litargirio  si  ricuo- 
prì  di  mucilagine,  che  affettava  delle  figure  cristalliformi,  e  poi 
nel  corso  di  pochi  giorni  rimase  inviluppato  talmente  da  un  de- 
posito bianco  dell' olio,  che  pareva  un  fiocco  di  cotone:  e  sulla 
limatura  di  zinco  non  si  depositò  nuUa^ma  rimase  tale  quale  pu- 
lita e  netta. 

L'  esperimento  mi  par  che  dimostri  all'evidenza,  che  l'os- 
sido del  piombo,  senza  altro,  con  ima  sua  forza  particolare  ha  se- 
parato il  principio  dolce  dell'olio  del  vasetto,  e  l'ha  fatto  pieci- 
pitare  per  unirsi  ad  esso  ;  laddove  lo  zinco  ,  per  non  essersi  con- 
veitito  in  ossido,  non  lo  ha  potuto  fare  . 

19.  Tanto  è  vero  ciò  ,  che  non  si  ottiene  precipitato  alcuno 
dall'  olio  ,  quando  in  vece  di  qualche  ossido  di  piombo  lìbero  ,  vi 
si  ponga  dell'ossido  neutralizzato ^  o  quasi  neutralizzato,  o  sia 
combinato  a  qualche  acido  . 

Già  le  disposizioni  cristalliformi  osservate  (nJ  6,  7, 18  ec.)  da- 
vano tutto  il  fondamento  di  credere  ,  che  il  principio  dolce  dell' 
olio  fosse  per  una  forza  chimica  attirato  dagli  ossidi  di  piombo,  e 
zinco,  e  che  si  formasse ,  o  si  tendesse  a  foruìare  fra  queste  due  so- 
stanze cjueU'  unione,  o  combinazione  chimica  ,  che  si  denomina 
Sale  :  ora  ciò  vien  dimostrato  col  fatto  seguente  . 

Si  ponga  in  un  vaso  di  vetro  una  porzione  di  qnell'  ossido  di 
piombo  acetato ,  che  si  chiama  biacca  ,  o  cerusa  ,  e  vi  si  versi  so- 
pra dell' olio  ;  per  quanto  l' olio  vi  si  trattenga  sopra,  e  si  varii 
proporzione,  non  darà  nessun  precipitato;  ma  se  si  adopri  quest' 
ossido  dopo  avere  scacciato  per  mezzo  della  distillazione  da  esso 
r  acido,  e  reso  libero,  allora  si  avrà  un  abbondante  deposito,  che 
si  disporrà  a  foggia  di  cristalli,  rappresentanti  delle  vegetazioni  , 
o  forme  arboree  sopra  la  cerusa  calcinata ,  o  sia  spogliata  dell'aci- 
do acetoso  . 

Dunque  l'acido  neutralizzante  impediva  all'ossido  di  piombo 
di  esercitare  la  sua  attrazione  ,  o  affinità  sul  principio  dolce  dell' 
olio;  e  non  ha  riacquistata  questa  fojza,  o  proprietà,  finché  non 
-5  ri  è  ri- 


Del  Sic  Gioachino   Carradori  •  1 1 1 

è  ritornato  libero  scacciandone  1'  acido,  che  la  teneva  impiega- 
ti!, o  parlando  cliimicamente,  che  saturava  questa  affinità:  allora 
r  ha  potuta  esercitare  sul  principio  dolce,  e  lo  ha  separato  dall' 
olio,  facendo  ogni  forza,  e  mostrando  una  marcata  tendenza  a 
coinlìinarsi  con  esso.  E  forse  la  ragione  perla  quale  ì"  ossido  Mi- 
uio,  e  r  ossido  di  zinco  volatilizzato, y?or/  di  zinco,  (io  la)  ,  dif- 
feriscono dal  Litargirio  (8  i3)  ,  nel  modo  di  precipitare  il  princi- 
pio dolce  dell' olio,  ella  è,  perchè  questi  ossidi  sono  soverchia- 
mente ossigenati ,  o  termossigenati,  ed  in  conseguenza  meno  libe- 
ri del  litargirio  . 

ao.  Di  fatti  ho  riscontrato,  in  riprova  dell' affinità  chimica 
dei  nostri  ossidi  col  principi©  dolce  dell' olio,  che  quando  hanno 
attirato  una  quantità  di  principio  dolce,  da  saturarsene,  non  ne 
possono  più  attirare,  e  separarlo  dall'  olio  ,  e  che  per  renderli  di 
nuovo  capaci  di  attirarlo  ,  hi-ogna  liberarli  da  quella  quantità  , 
di  cui  si  son  caricati;  allora  la  loro  attività  torna  da  capo  ad  eser- 
citarsi sul  principio  dolce  deli'  olio  ,  e  vi  forma  un  nuovo  depo- 
sito . 

Io  messi  della  limatura  di  piombo,  e  di  c|uella  dì  zinco  in 
due  vasetti  con  olio,  e  ve  le  tenni  dei  giorni  parecchi  ,  acciò  si 
caricassero  di  deposito,  quanto  era  possibile  .  Dopo  un  lasso  di 
giorni  vidi,  che  era  rimasto  ad  un  termine,  e  non  andava  cre- 
scendo, allora  tolsi  le  dette  porzioni  di  limatura  dall'olio,  e  ve 
ne  messi  delle  nuove  :  quasi  dentro  1'  istesso  tempo  si  formò  un 
nuovo  deposito,  come  prima  :  mutai  in  somma  quattro  o  cinque 
volte  la  limatura  ,  e  setnpre  ottenni  nuovo  abbondante  deposito. 
Feci  I'  istesso  anche  con  del  litargirio  in  pezzi  ,  ed  ottenni,  le- 
vando il  litargirio  già  saturato,  ed  introducendovene  del  nuovo, 
sempre  un  nuovo  deposito  . 

Io  presi  della  biacca,  o  cerusa  calcinata  ,  e  la  messi  in  un 
bicchiere  con  dell'  olio,  dopo  che  ebbe  prodett»  la  massima  prcr 
cipitazione,  o  deposito,  succhiai  tutto  l'olio,  e  ve  ne  versai  adagio 
adagio  del  nuovo  5  ma  invano,  perchè  non  ebbe  nessun  deposito; 
allora  decantato  1'  olio,  tolsi  dalla  superficie  della  biacca  il  sedi- 
mento che  la  ricuopriva  ,  e  vi  rimessi  sopra  il  medesimo  ;  così 

et- 


112  DeT.   TRIKCiriO    DOLCE    DEGLI    OLJ 

ottfnni  di  nuovo  la  precipitazione,  e  fu  abbondante.  Così  »  se  a 
del  iJtargirio  in  pezi^i ,  do])0  che  si  è  tenuto  quanto  mai  jsfll' 
olio,  si  tolga  quella  niucil^gine  che  lo  riveste ,  e  lo  satura  ,  e  &i 
(rimetta  cosi  pulito  nelF  olio,  si  carica  da  capo,  e  si  riveste  dell' 
Ì6tes;a  camicia.;  al  contrario  vi  resta  inerte;,  se  vi  si  rimetta  tale 
<{uale . 

2.\.  Collocai  sul  fuoco  una  fiala  di  vetro  aoeiustala  con  dicl- 
la  limatura  di  piombo  recente,  e  c-ou  poco  d'  olio  .  Il  lluido  co- 
hiìiigìò  decisamente  a  bollire;  e  eiccomi),  come  Ijo  mostrato  al- 
trove (  Ann.  Chini  di  Pavia  Tom.  VII  ) ,  1'  olio  ncn  bolle  .,  dovei 
iuf  rire,  che  I'  ebullizione  era  cagionata  dallo  sviluppo  di  qual- 
clie  vapore,  o  gas  .  Ne  raccolsi  porzione  ,  e  lo  trovai  mjiamrnabi- 
le.  Dopo  che  ebbe  bollito  ahiualito  lo  levai  dal  fuoco,  e  lo  messi 
in  riposo,  osservandolo.  L'  olio  avea  persa  la  sua  liasparenza  , 
ed  avea  mutato  colore,  e  mostrava  contener  sospesa  della  mate- 
ria .  Questa  a  poco  a  poco  cominciò  a  precipitare  di  modo 
che  dopo  qualche  giorno  formò  un  deposito,  ma  informe,  che 
riconoblii  per  il  solito  principio  dolce  contaminato  d' ossido  di 
piombo.  Feci  i' istessa  operazione  con  la  limatura  di  zinco,  ed 
ebbi  r  istesso  risultato  ;  l'olio  finehè  stette  sul  fuoco  si  manten- 
ne diafano  ;  raftieddato,  si  turbò  ,  e  dette  in  fondo  al  vaso  minor 
quantità  di  precipitato,  ma  ci  istalliforme. 

Ognuno  da  se  è  capace  di  rilevare,  che  il  principio  dolce 
dell' olio  ajutato  dal  calore  è  stato  capace  di  attaccare  il  piom- 
bo e  lo  zinco  ,  e  ridurli  in  ossido  ,  sviluppandone  dell'  idroge- 
no, o  flogogeno,  come  fanno  gli  acidi;  per  il  che,  si  è  fatto  il  so- 
lito sedimento,  o  precipitato  (  n."  J7)'  Ecco  una  ripiova,  che  il 
principio  dolce  ha  i  caratteri  d'acido  ,  e  fa  le  funzioni  d'  acido  . 

22.  Messi  a  bollire  nell'  olio  gli  altri  metalli  ,  molti  vi  si  so- 
no sciolti  con  sviluppo  di  gas  idrogeno,  ma  nessun  altro,  eccet- 
tuato i  mentovati,  vi  ha  prodotto  niun  precipitato.  Il  ferro,  e  il 
manganese  si  sciolsero  assai,  e  colorirono  1'  olio  di  nero,  come  il 
rame  lo  colorisce  di  verde  ,  e  questo  colore  si  potè  poi  togliere 
quasi  all'atto  all'  olio,  con  farne  precipitare  il  principio  dolce 
per  mezzo  del  litargirio;  ma  i  loro  ossidi,  per  quanto  si  lasciasse 
-io  in 


DfxSlG.    GlOACHIKO    CARRADOnr.  Il3 

in  riposo  1'  olio,  vi  si  mantennero  sospesi,  né  furono  valevoli  di 
produrre  mai  nessun  precipitato  . 

Dal  che  si  vede  ,  che  benché  il  principio  dolce  attacchi  i  me- 
talli in  modo,  che  i  loro  ossidi  restino  sciolti,  o  diffusi  per  l'olio, 
non  haimo  poi  con  esso  un  tal  grado  di  affinità  da  vincere  la  l'or- 
za ,  con  cui  egli  sta  unito  all' olio,  e  separarlo  precipitando  insie- 

me . 

23.  Ho  tentato  di  ottenere  1'  effetto  anche  con  gli  ossidi  ,  o 
icrmossìdi .  metallici,  già  formati  :  gli  ho  tenuti  inimeisi  nell' 
olio,  ^li  ho  fatti  bollire  in  esso,  ma  inutdmente.  Nessuno  degli  os- 
sidi dei  rispettivi  metalli  soprannumerati  {n.°4)  produsse  la 
precipitazione  dell'  òlio  dal  principio  dolce  ,  come  la  producono 
lo  zinco,  il  piombo,  o  i  loro  ossidi  già  formati .  Dunque  il  prìncì- 
jiio  dolce  dell'olio,  si  vede  ,  che  non  ha  affinità  ,  se  non  con  gli 
ossidi  di  piombo,  e  di  zinco  .  Questi  sono  i  ^oli  suoi  reagenti  fra  i 
metalli  . 

24.  Qualcuno  forse  potrebbe  supporre,  che  gli  ossidi  di- 
piombo,  e  di  zinco  cedessero  l'ossigeno,  o  ter  mossi  ge>io ,  clid 
<ssi  contengono,  al  principio  dolce  dell'  olio  ,  e  che  rt^solo  inso- 
lubile per  questa  nuova  combinazione  ,  lo  facesseio  perciò  pre- 
cipitare. Ma  ho  procurato  di  togliere  questo  dubbio  ,  o  sospetto 
per  mezzo  dei  seguenti  schiarimenti  . 

Rinchiusi  del  litatgirio  polverizzato  in  della  tela  finissima  a 
più  doppj,  e  lo  immersi  nell'olio  caldo:  per  quanto  ve  lo  lascias- 
si stare,  non  cagionò  che  un  debolissimo  sedin)ento ,  o  precipi- 
tato, e  ciò  a  cagione  d'una  minutissima  polvere  di  litargirio,  che 
aveva  traversata  la  tela,  e  si  era  diffusa  nell'  olio  .  •'  '    '-> 

Collocai  una  porzione  della  detta  polvere,  di  lit'argirio  sopra" 
vui  disco  di  tela,  e  poi  la  ricuopersi  con  altro  disco  compagno  ,  e 
perchè  i  due  dischi  restassero  applicati  insieme,  li  contornai  la 
])eriferia  di  cera  molle.  Serrato:  cosi  fra  due  pezzi  di  tela  il  litar- 
girio,  lo  calai  adagio  adagio  nelPolio;  ma  fu  inutile  1'  aspettare  il 
solito  turbamento  e  deposito;  soltanto  rinvenni  un  pocLodi  sedi- 
mento mucilaginoso,  sotto  la  tela  ,  a  conlatto  dell'  ossido  . 

Se  fosse  I'  ossigeno,  o  termossigeno .  Oialti'oilaido  aeriforme 

Tomo  XI  11.  i5  che 


I  i4  Del  principio  dolce  degli  olj 

che  si  sprigionasse  dogli  ossidi,  e  si  diffondesse  per  l'olio  pei' 
combinarsi  col  principio  dolce  ,  egli  è  chiaro  ,  che  la  tela,  che 
ricuopriva  1'  ossido ,  non  glie  lo  avrebbe  impedito  ;  il  gas  fu<^ace  , 
e  sottilissimo  avrebbe  potuto  a  traverso  la  tela  penetrar  nell'  olio 
ugualmente  che  se  non  vi  fosse  stata  la  tela.  Ma  a  quello,  che 
si  vede,  è  necessario  l' immediato  contatto  dell'  ossido  con  l'olio  . 
Dunque  egli  è  effetto  di  chimica  affinità. 

E  poi  se  fosse  stato  così,  anche  gli  altri  ossidi  avrebbero 
dovuto  cagionare  un  qualche  deposito  ,  e  non  restare  indifferen- 
ti,  perchè  avrebbero  potuto  cedere  al  principio  dolce  più,o 
meno  dell'ossigeno,  che  essi  contengono, 

aS.  Benché  Sclieele  non  annoveri  gli  oli  essiccativi  fra  quel- 
li ,  che  contengono  il  principio  dolce,  pure  ne  contengono, come 
il  flitto  lo  mostra  .  Ne  contengono  assai  meno  degli  olj  crassi,  o  fis- 
si ,  non  essiccativi ,  è  più  sottile ,  ma  egli  è  sensibile  . 

Presi  deli'  olio  di  noce ,  e  lo  infusi  sopra  del  litargirio  polve- 
rizzato in  uno  dei  soliti  bicchierini  :  nel  lasso  di  due  in  tre  gior- 
ni si  adunò  sopra  il  litargirio  un  iJtecipitato  biancastio  sottilis- 
simo capace  di  ricuoprire  di  uno  strato  ben  visibile  tutta  la  super- 
ficie deil'  ossido  i  e  r  olio  divenne  più  chiaro,  e  più  diafano  ,  ed 
insipido . 

Infusa  un'altra  quantità  dell'  i^tesso  olio  sopra  \  fiori  di  zinn 
co,  e  lasciato  il  vasetto  in  riposo,  non  ne  risultò  nessun  precipi- 
tato; ma  mescolato  poi  l'ossido  diligentemente  per  mezzo  di  una 
spatola  con  1'  olio,  si  formò  tutto  un  composto  albicante;  lo  agitai 
di  nuovo  per  rimescolare  l'ossido,  quando  precipitava;  passati  dei 
giorni,  trovai  l'ossido  tutto  precipitato,  ma  vdi  anche  turbata  la 
trasparenza  dell'olio  per  la  mucilagine,  che  si  era  separata  da  es- 
so ,  t-  che  precipitava  .  Di  fatti  dopo  degli  altri  giorni  ,  la  trovai 
precipitata  all'atto  sopra  il  detto  ossido  in  forma  di  sottilissima 
polvere,  ma  ben  distinguibile  dall'ossido;  e  la  trasparenza  dell' 
olio  era  diventata  maggiore  . 

a6.  Dopo  avendo  messo  a  cimento  varj  olj  di  diversa  specie, 
ma  non  voiatili,  o  aroii'atici ,  ho  trovato  con  (piesto  metodo,  che 
come  sono  olj  ricavati  per  espressione^  tutti  contengono,  o  poco, 

....  o  as- 


DiLL  Sic.  Gioachino  Carradori.  ii5 

6  assai  della  mucihiginc  ,  o  principio  dolce  più,  o  meno  sottile. 
Magli  olj  crassi  ne  contengono  una  spro])OJzionata  quantità,  e 
parche  siano  composti  per  la  massima  parte  di  mucilagine  ,  e 
fecu!a  (9ioiiii2,i3).Fa  maraviglia  il  vedere  <juanta  materia 
estranea  si  separi  dalT  olio  (t' uliva  il  più  puro  ,  e  il  più  riposato, 
quando  vi  si  gettano  dentro  dei  pezzetti  di  litargirio  ,  o  quando 
vi  si  mette  in  polvere  il  detto  ossido.  Tanta  è  la  mucilagine,  che 
fi  sfjpara,  che  perde  la  sua  fluidità,  e  trasparenza,  e  si  converte 
in  una  morchia  con  dell'  olio  residuo  ,  interpostovi ,  e  sopranna- 
ta n  te  . 

2,7.  BenchH>  gli  olj  essiccativi  contengano  pochissima  mucila- 
gine ,  o  principio  dolce  ^  pure  è  tale  e  tanto  da  ossidare  il  rame 
immersovi,  e  da  manifestarsi  anche  per  mezzo  di  questo  efFetto. 

Infusi  dell'olio  di  noce  sulla  limatura  di  rame  in  una  tazza 
di  vetro:  vi  comparve  a  suo  tempo  il  solito  verderame ,  che  si 
diffuse  per  tutto  1'  olio  ;  ma  fu  assai  leggiero  ;  e  per  «pianto  trat- 
tenessi poi  r  olio  esposto  air  aria  con  una  estesa  superficie,  il  co- 
lor verde  non  andò  aumentando  ,  né  divenne  cupo,  come  con 
r  olio  d'uliva  (i5),  eia  liftìaturà  non  soffrì 'ulteriore  alterazione^ 

Da  ciò  egli  è  manifesto,  che  quando  quella  piccola  porzione 
di  principio  dolce  dell'  olio  di  noce  si  fu  satiu'ata  .dirò  così,  d'os- 
sido di  rame  ,  non  ve  ne  restò  più  per  acidificarsi  ossigenandosi  , 
e  proseguire  r  ossidazione  del  rame.  >- 

a8.  Decantato  il  suddetto  olio  tinto  leggermente  di  verde- 
rame in  un  vasetto  di  vetro  ,  che  conteneva  del  litargirio  polve- 
rizzato, lo  mescolai  agitandolo  con  uiui  spatola  ;  e  lo  lasciai  in  ri- 
poso misto  col  litargirio.  Il  litargiiio  precipitò  adagio  adagio  ,e 
con  esso  il  principio  dolce  colorito  'di  verde,  e  in  consegnenza 
spogliò  aflatto  l'olio  del  colore  acquistato.  L'istesso  si  otterrà  an- 
che coi  fiori  di  zinco  . 

ag.  Presi  quest'oho  ,  e  lo  messi  di  ntfovo  sopra  della  lima- 
tura di  rame  in  vaso  di  vetro,  e  lo  esposi  ti^l"  aria  per  favorire 
quanto  mai  1"  ossidazione  del  rame  ;  ma  nè'prima  fiè  poi  ve  ne 
se])j)i  ravvisare  .  '     '  '  'j 

JNon  si  formò  neppure  nessun  ossido  di  rame  con    1'  olio  di 

no- 


Ii6  Del  piiiNCii'iO  DOLCE  degli  olj 

noce  spogliato  a  dirittura  del  suo  principio  dolce  (a4)  e  infuso 
sulla  limatura  ;  poiclic  (luest' olio,  non  ostante  il  lunuo  sc^fioino 

Il  o  irò 

sr.l  rame  ,  non  si  colori ,  e  la  limatura  di  lanie  si  mauterine  inal- 
terAta  ,  e  conservò  sempre  il  suo  splendore  metallico  . 
,1.  .  Tanto  è  vero  ,  che  il />r/«f7/'/o'4^o/cc  degli  olj  è  quello  che 
a'ttacca  i  metalli .  e  gli  ossida  Facendo  le  iUnzioni  di  acido  ,  es- 
.sendu  l'uori  di  dubbio,  come  si  è  visto,  che  quando  vengono 
privati  di  questo,  principio^  o  loro  componente,  non  sono  più 
valevQlji,  3d.attajccarU  ,  ed  ossidai  li  . 

E  siccome  1'  olio  d'  uliva  contiene  dt  l  principio  dolce  in 
troppa  quaiititiì  ,  per  ciò  non  fu  possibile  di  toglieie  intieramen- 
te {■(>)  adesso  il  colore  verderame  rised^^nte  nel  principio  dolce  ; 
jrna  solo. diminuirlo  ;  perche  non  è  forse. possibile  lo  spogliare  iu- 
.ti;eraiHente  de!, suo  principio  dolce  quest'  olio  , 
\  ;,,(3q.  Gli  olj  volatili,  o  aromatici,  benché  non  contengano 
4plla  mucilagiiie,  o  priucipio  dolce  non  ostante,  ossidano  i  me- 
i,^UÌ  ;  ma,  questo  succede  in  grazia  della  quantità  deif  ossigeno  , 
Pi^ferjntì^sìe^ejio  ,  che  assorbiscono  per  resinificarsi  ;  fi,,JLoMassorbi- 
Sr^pnp  con  'l'  iutiero  della  1,0 r,©  n,ij}ssa  ..  o  a  tutta  sostanza  ,  laddove 
g^i  olj  fissi  lo  assorbiscono  per  mezzo  di  uno  dei  loro  roni|!on(Ni- 
ti ,  qi.iale  è  il  principio  do'ce  ;  e  non  tutti ,  polche  fra  (jiiesti  vi 
sono  g\\  ef&iccativi  ,  che  Jo  assorbisqoi^o, anche  con  la  loro, oleosa 
sostanza  .  Ma  non  è  mio  scopo  la^ discussione  di  queste, differenr 
ze,  e  rapporti .  'nio  o\^'-.>\)Ui 

3i.  L'  istoria  di  questi  fatti  ci  porta  a  delle  più  precise  no- 
zioni sulla  natura  degli  olj  crassi,  o  fissi,  sa\  jj/mcipio  dolce  y 
e  b;  sue  proprietà  . 

^_  Codesto  è  dimostrato  ,ad  eyiden^a,  clie;  g^li  olj  crassi  i  più  pu- 
ri, e  i  più  riposati  ,  non  sono  niente  affatto  fluidi  semplici ,  ed 
omogenei  ,  ma  molti  di  essi  sono  un  grossolano  composto  di  poco 
pretto  olio  ,  e  per  la  massima. parte  di  mncilagiue,  e  delle  fecule 
amidacea,  e  colorante,  che  vi  sta  conibinat;a  a  segno  da  non  pre- 
cipitar giammai  ,  se  non  iuvirtùjdi  una  forza  chimica  ,  che  l'at- 
tragga ,  e  da  non  turbare  la  loro  trasparenza  ,  Queste  eterogenee 
sqstanze  sqiio  t|_uel  che  Scheele  scpaiò^  dai  4ctÙ,pJjj;e  distinse 
coL()L<f me  dì  principio  dolce .  '         ' ''  Ma 


Del  Src.  Gioachino  Carradori  .  117 

Ma  parml  ,  ciie  ades'jo  11011  gli  coiivriiga  più  questo  nome, 
ma  che  con  più  giusto  vocaboio  debJja  ciiiamaibi^/vV/t/yy/o  acido, 
0  acidi ficabilv.  (  n."  i5  19  20  :>3  ec.  ) 

Pare  inoltre,  che  (juesto  principio  sia  quello  ,  che  gli  dà  il 
sapore  («) ,  e  il  colore,  perch«  l'olio  quanto  più  è  spogliato  di 
esso,  egli  è  insipido,  e  scolorito.  Egli  è  ancora  più  diafano, 
It'ggioro,  più  sottile  ,  e  più  scorrevole,  perchè  questa  materia 
eterogenea  lo  rende  denso  ,  e  glutinoso  .  E  siccome  questo  prin- 
cipio è  quello  ,  che  assorbisce  l'  ossigeno  dell'  atmosfera  ,  e  si  aci- 
difica ,  perciò  r  olio  spogliato  di  esso  è  valevole  ,  «[almaudoiie  i 
metalli,  a  salvargli  dalla  ruggine,  mentre  che  s-i  mantien  fluido  , 
né  si  resinifica  ;  questo  avviene  all'  olio  d'  uliva  e  ad  altri  olj  .  lu 
finequegli  olj,  che  si  coagulavano  col  fieddo.  o  conge'avano,  spo- 
gliati dal  principio  dolce  non  si  congelano  più,  o  difficilmente  , 
perchè  restano  privi ,  ed  hanno  de|)Ositato  per  questo  mezzo  la 
Jle/nina  ,  o  parte  acf[uosa  ,  che  contenevano  ,  e  che  per  l'  affini- 
tà che  ha  soltanto  col  principio  dolce,  resta  ad  essi  incor[)o- 
rata  ,  e  che  e  quella,  che  congelandosi  fa  perdere  la  fluidità  ali' 
olio  . 

E  per  tutte  queste  prerogative  che  acquista  l'  olio  d'  uliva  , 
gli  Artefici  praticano  depurarlo  col  metodo  sopra  esposto,  e  di 
adoprarjo  depurato  ;  e  dal  detto  fin  qui  si  vede  ,  come  e  basata 
sul  vero  la  pratica  loro  . 

Ma  male  si  appongono  i  nostri  Artefici ,  se  credono  di  spo- 
gliar 


(a)  Dai  fatti  antecedenti  si  potrebb' 
egli  ricavar(>  un  metodo  sbrigativo  per 
depurare  gli  olj  puzzolenti ,  e  rancidi , 
e  facendo  loro  perdere  il  cattivo  odore  , 
e  sapore  ,  renderli  così  buoni  per  la 
mensa  ?  Probabilmente  il  puzzo  ,  o  cat- 
tivo odore  ,  die  contraggono  gli  olj  , 
dipende  da  un  giiastamento  ,  o  altera- 
zione delle  loro  so9tanze  eterogenee  , 
e  la  rancidità  ,  è  certo  ,  che  procede  da 
una  incominciata   acidificazione  ;   dun- 


que pare ,  che  si  possano  liberare  eia 
questi  difetti  con  far  precipitare  le  so- 
stanze eterogenee  ,  che  ne  sono  la  sede  . 
Ma  gli  ossidi  di  piombo,  come  ognun  sa, 
sono  venefici  :  bisognerebbe  fare  in  mo- 
do ,  cbe  non  ne  restassero  sospesi  nell' 
olio,  e  che  l'olio,  che  ha  soggiornato  so- 
pra d'essi  si  mantenesse  innocente  .  Per 
altro  sarà  meglio  ricorrere  impunemen- 
te allo  zinco ,  o  all'  ossido  di  zinco  . 


1 18  Del  frincipio  dolce  degli  olj 

gliar  r  olio  di  tutta  la  mucilagiiie  ,  e  rendeilo  perfettamente  de- 
purato col  solito  loro  metodo  ,  di  tenerlo  cioè  sopia  il  [)ionil)0  . 
]Nou  è  il  piomljo  ,  come  si  è  visto  ,  ma  1'  ossido  di  pioml  o  ,  che 
esercita  un'azione  suda  detta  sostanza,  e  la  separa  da  esso  per 
mezzo  di  nna  chimica  affinità  .  E  d'altronde  tale  e  tanta  è  la 
quantità  di  questa  sostanza  eterogenea  ,  che  supera  di  n;oiiO  la 
proporzione  del  sugo  olicso  puro  ^  ed  omogeneo,  di  modo  «he 
r  olio  Spogliato,  o  di  tutta  ,  o  qnasi  di  tutia  la  sua  mucihigine  , 
non  diventa,  che  ima  morchia,  a  cui  sopia-uiuota  la  ])iccola  por- 
zione di  sugo  olioso  puro  ed  omogeneo  ,  clie  viene  combinato  . 
La  pratica  di  alcuni  di  far  diacciare  1'  olio  d'  uliva  ,  e  prendere 
quell'  olio  fluido  ,  che  si  trova  fra  gli  interstizii  del  congelato  , 
per  averlo  depurato  ,  alla  parte  dell'  istesso  principio  .  La  niuci- 
lagine  ,  che  ritien  1'  acqua  .  e  quella  parte  dell'  olio,  che  si  diac- 
cia ,  e  r  olio  vero  non  diaccia  mai  ,  e  per  (questo  1'  olio  separato 
dalla  congelazione  ,  è  olio  depurato  . 

In  ultimo  egli  è  facile  il  comprendere  dopotutto  ciò  .  che 
tutti  gli  altri  metodi  praticati  dagli  Artefici  dei  diversi  paesi, 
per  depurar  1'  olio,  non  possono  non  derivare  da  questi  due  jiriii- 
cipi  ,  o  di  mescolar  con  1'  olio  delle  sostanze  ,  che  abbiano  la  fa- 
coltà di  sciogliere  ,  o  di  aderire  alla  mncilagine  ,  e  non  all'  olio  ^ 
o  delle  sostan;?e,  che  la  facciano  da  reagenti,  cioè  ,  che  siano 
capaci  per  mezzo  di  una  cliimica  affinità ,  di  attaccare  la  mnci- 
lagine, o  attrarla,  e  separarla  dall'  olio,  per  combinarsi  con  essa, 
come  fanno  gli  ossidi  di  piombo ,  e  di  zinco  [a)  . 


CA- 


(a)  L'  analogia  porta  a  credere  ,  che 
gli  olj  animali  contengano  un  princi- 
pio acidiftcìiLile  ,  come  gli  olj  vegeta- 
Iiili,  risedente  nel  mucco  animala  sciol- 
to in  una  flemma  gelatinosa  ;  ma  non 
si  sa  quali  siano  i  veri  suoi  reagenti  , 
cioè  qtiali  sostanze   sian  valevoli  di  at- 


trarlo, e  farlo  precipitare,  come  fa  1'  os- 
sido di  piombo  ,  e  di  zinco  al  principio 
acidificabile  degli  olj  vegetabili  ;  in  som- 
ma mancliiamo  di  principj  sicuri  ,  clie 
ci  servano  di  guida  per  ottenere  la  loro 
depurazione  .  Questo  forse  sarà  il  sog- 
getto di  altre  mie  ricerche  . 


GASI 

D'OSTETRICIA   NON    COMUNI 

RACCOLTI 
Dal    Sic.    Vincenzo    Malacarne: 
Ricevuti  il  dì  i6  Dicembre   i8oS 

INTRODUZIONE. 
> 

JLi  esercizio  dell'  Arte  ostetricia  per  chi  la  coltiva  è  fecondo  di 
casi  istruttivi^  non  di  rado  però  ne  presenta  alcuni  strani  a  segno 
di  non  sapere  a  cjual  partito  egli  abbia  da  appigliarsi  per  esser 
alle  femmine  che  gli  offrono  di  qualche  vantaggio.  Di  questi  ul- 
timi ,  se  e  cosa  buona  r:  ndere  partecipe  il  Pubblico ,  affinchè  all' 
occorrenza  non  ne  restino  sorpresi  e  angustiati  ,  le  donne  e  gli 
attinenti  ,  onde  manchino  di  sollecitudine  ,  e  di  docilità;  ottima 
cosa  ella  è  poi  ,  che  i  Kaccoglitori ,  e  le  Comari  ne  siano  infor- 
mati per  consultarsi  a  vicenda,  per  elegger  qne'  metodi  ,  e  sug- 
gerir que'  mezzi,  che  la  sperievua,  fin  qui  muta  in  simili  con- 
giunture, à  dimostrato  efficaci,  e  che  dalle  circostanze  meglio 
ponderate  vengono  indicati  .. 

Qui  si  offrono  alcuni  oggetti  a  consideiare,  ognun  de'  quali 
per  r  ostinazione  .  e  la  complicazion  sua.  merita  particolar  at- 
tenzione per  quello  che  sembra  a  me  .  La  sola  descrizione  loro 
può  farli  conoscer  possibii  ;  ma  questo  non  basta  a  determinare 
quautasarà  per  giovare  con  la  costanza  desidetata  nel  timor  del- 
h^  recidive  in  malattie  cosi  gravi ,  e  dolorose  ,  quali  furono  le  po- 
clie  qui  registrate,  se  forse  l'ultima  non  ne  va  eccettuata  .  Conse- 
guentemente la  narrazione  ,  che  siegue  j  è  diretta  a'  Maestri ,  da' 

qua- 


12.0  Casi  d'Ostetricia  non  comuni 

quali  se  nr  aspettano  con  [)ieinurosa  confidenza  i  canoni  e  lo  re- 
gole più  coiilacenti  a  farci  ottenere  in  pari  circostanze  l'intento  . 

CASO     PRIIMO. 

Procìdenza  di  Vagina  complicata  con  Ernia  intestinale  . 

1.  Questo  caso  ci  fu  offerto  da  una  Pulcella  padovana  di 
ventiquattro  anni,  nubile,  peiclièdaima  Mammana  erale  stato 
dichiarato  che  era  inabile  al  niatiimonio  ,  e  che  maritandosi  ,,  e 
ingravidando  per  sua  disgrazia  ,  ne  sarchi  e  morta  ella  e  il  frut- 
to, atteso  la  gonfiezza  crescente  già  da  parecchi  anni,  che  le  avea 
fatto  vedere  tra  la  natura  ,  e  V  ano,  che  le  impedla  qualche  vol- 
ta lo  scarico  del  ventre  ,  e  le  cagionava  dolori  colici  con  flatu- 
lenze incomodissime  .  Dichiarazione  eh'  io  fui  obbligato  di  con- 
fermare quando  ne  venni  consultato  ,  perchè  il  funesto  effetto 
minacciato  dalla  Mammana  in  risguardo  al  matrimonio  avea  pur 
troppo  avuto  luogo  in  una  bella  Giovane  pavese,  morta  nel  ])ner- 
perio  l'anno  1790  in  quello  Spedale  di  S.  Matteo  ,  e  che  fu  da 
me  sparata  nel  Teatro  anatomico  di  quella  Università,  scuopren- 
dovi  le  stesse  alterazioni  esteriori  e  interne,  che  ò  riscontrato 
qui  nella  donna  vivente  . 

2.  Cosa  ,  che  m'  avria  recato  stupore  grande  se  in  diverse  al- 
Ire  occasioni  osservato  non  avessi  la  natura  nella  produzione  ,  e 
nello  sviluppo  de' fenomeni  morbosi  tener  ben  sovente  lo  stesso 
andamento  . 

3.  Le  fu  da  me  suggerita  una  fasciatura  sospensiva  ,  perché 
nulla  che  non  fosse  per  nuocere  vidi  che  s' avrebbe  potuto  in- 
trodur  nella  vagina  ingombrata  nella  sua  parte  inferior  |.oste)io- 
re  da  un  tumor  irregolarmente  globoso  ,  che  alla  seia,  stando  la 
donna  in  piedi  era  grosso  come  il  pugno  ,  alla  mattina  dopo  il  ri- 
poso della  notte  ,  e  in  letto,  come  un  uovo  ,  ma  bislungo  ;  pro- 
minente tondo  nella  vagina  quanto  nell'  intestino  retto  . 

4  Non  la  esplorai  che  due  sole  volte,  e  passarono  diciotto 
mesi  senza  eh'  io  la  vedessi  mai  più  fino  alla  malattia  biliosa,  che 

la 


Del  Sic.  Vincenzo  Malacarne»  121 

la  trasse  a  morte  .  AI  fin  di  questa  fui  chiamato  aflfìn  di  suggerir 
mezzi  onde  iniporle  i  clisteri ,  che  le  erano  prescritti ,  e  provve- 
dere a  quel  tumore  ,  eh'  era  cresciuto  assai  più  ,  fattosi  perma- 
nente ,  doloroso  ,  e  cagion  di  tenesmo,  e  di  difficultà  d'  orinare  . 
5.  Morì  la  infelice  ,  e  ottenni  d"  aprirne  il  cadavere  la  sera 
seguente,  nel  quale  esteriormente  osservammo  1.  Un  inzuppa- 
mento considerabile  in  tutto  Y  interior  della  vagina  superficial- 
mente infiammata  e  quasi  livida  .  II.  Infiammate  e  livide  le  nin- 
fe ,  e  la  faccia  interior  delle  lalbra  della  vulva  .  III.  JNotabii- 
mrnfe  gonfia  e  d'  un  rosso  intenso  splendente  la  region  del  peri- 
uro  ,  la  parete  posteriore  della  cavità  della  vagina  ,  dove  non. 
apparian  rugosità  ,  né  fossa  navicolare  .  né  forchetta  ,  e  donde 
u?ci\  a  un  tuiiiore  alto  due  pollici .  IV.  Il  pariete  anterior  del  me- 
desimo canale  non  era  punto  rugoso  ,  né  avea  piìi  di  due  pollici 
d'  altezza  dal  meato  orinario  esterno  all'orifizio  dell'  utero,  e  fa- 
cea  un  piano  continuato  col  labbro  anterior  di  questo  ,  sicché 
V.  Non  pendea  niente  affatto  del  collo  uterino  nella  parte  ante- 
rior della  vagina  .  VI.  L'  orificio  dell'  utero  co'  margini  gonfi,  tur- 
gidi ^  pastosi  ,  massimamente  il  posteriore  ,  che  discendea  un  pol- 
lice e  più  libero  nella  vagina,  era  spinto  innanzi  sotto  V  arco  del 
pube  del  tumor  già  mentovato,  di  modo  che  deviava  più  d'un 
pollice  dall'as=!e  verticale  del  picciolo  pelvi,  e  si  trovava  così 
presso  alle  labbia  della  vulva  ,  che  il  dito  esploratore  non  vi  si 
potea  nascondere  un  terzo  senza  farvi  contro  una  violenza  no- 
tabile . 

6.  La  grossezza  de'  margini  dell'  orificio  dell'  utero;  la  resi- 
stenza, e  il  peso  che  ,  a  spinger  di  basso  in  alto  quel  viscere  ,  si 
sentiva  ,  m' indussero  a  sospettar  qualche  vizio  nel  corpo,  o  nelle 
cavità  del  medesimo,  e  m' ingannai  perchè  il  vizio  esistea  nelle 
aderenze  . 

7.  S|)arato  il  cadavere  per  osservar  ciò  che  as"ondeasi  di 
•morboso  nel  catino,  lo  trovai  occupato  profondamente  a  tergo 
dall' ultima  piegatura  del  colon  ,  e  da  mollo  maggior  tratto  di 
quelle  dell' ileon  ,  che  usciano  dalla  vulva  nel  sacco  fatto  dalla 
vagina  precidente  . 

Tuf/lO    XIII.  16  g-; 


122  Casi  d' OstETRicrA  non  comuni 

8  II  peritonèo  dirimpetto  alla  sommità  dell'osso  sacro  die- 
tro all'  utero  formava  un  vóto  elittito  di  margine  calloso  ,  teso  , 
di  diametro  traverso  minor  di  due  pollici ,  mentre  il  diretto  dall' 
Utero  all'  osso  sacro  era  lungo  quindici  linee  . 

9  Estratte  le  circonvoluzioni  suddette  da  tal  vóto  ,  sebben 
restasse  in  quella  fossa  l'intestino  retto,  quella  parca  la  bocca 
d'  un  pozzo,  e  questa  avea  d'  ampiezza  il  doppio  della  bocca  stes- 
sa _,  e  quattro  pollici  crescenti  di  profondità  . 

IO.  Gli  intestini  cavati  da  quel  pozzo  aveano  fra  le  circon- 
voluzioni varie  aderenze  fatte  da  una  specie  di  cotenna  pleuriti- 
ca assai  tenace  ,  che  j^areva  antica  ;  nessuna  però  ne  aveano  coi 
peritonèo  ,  da  cui  quello  sfondo  era  tapezzato  .  Non  contenevan 
fuorcliè  muco  intestinale  cenerognolo,  e  lastre  irregolari  ,  sottili, 
larghe  come  V  unghia  del  dito  mignolo,  di  sostanza  simile  a  cera 
molle,  o  a  sego  condensato.  Avean  pure  le  tuniche  assai  più  spes- 
se che  le  porzioni  superiori  ,  e  fuori  di  quello  sfondo  . 

I  r .  La  matrice  di  volume  e  di  figura  naturale  era  aderente 
alla  faccia  posteriore  della  vescica  per  la  superficie  sua  anteriore 
quasi  fin  a  livello  della  ernersion  delle  trombe  Faloppiane  .  Kel 
maneggiarla  però,  distraeiidola  dalla  vescica,  cedette  al(]uanto  la 
cotenna  ,  e  la  cellidosa  ,  che  ne  facea  1'  unione  .  Era  tre  dita  più 
bassa  del  sito  suo  ordinario ,  e  tre  dita  circa  più  vicina  alla  sinfisi 
del  pube  ,  alla  quale  avea  il  fondo  rivolto  ,  dopoché  dalla  fossa 
descritta  n'  erano  stati  cavati  gli  intestini  . 

la.  La  porzione  anteriore  de'  ligamenti  larghi,  eh'  era  stret- 
tissima, non  avea  lasciato  discendere  la  matrice  più  in  basso,  for- 
se perchè  vi  si  sarà  opposta  la  vescica  ;  e  lo  stesso  avran  fatto  i  li- 
gamenti rotondi  anteriori,  che  quivi  erano  più  robusti,  e  più 
tesi  dell'  ordinario  . 

i3.  Credo  jjerò  ,  che  pili  di  null'altro  vi  s'opponesse  la  mor- 
bosa indissolubile  adi  renza  contratta  dal  lato  destro  dell'  utero 
con  la  tromba  destra  ,  eh'  era  breve  ,  di  color  rosso  intenso .  ade-    [| 
lentissima  pure  all'  ovaja  destra ,  e  alle  sostanze  occupanti  il  lato 
destro  anteriore  dello  stretto  dittico  del  catino  . 

i4-  Per  conservare  intiera  quella  serie  di  morbosità  non  ò 

vo- 


Dfx  Sic.  Vmcn-Kzo  Mal^^carne  .  laS 

Toliito  metter  in  libertà  queli' ovaja  ,  che  ia&ciai  nascosta  dalle 
iraiigie  ,  o  dii^ilazioui  della  tromba  ,  eh'  era  poco  sinuosa,  gonfia, 
attaccata  a  un  rimasuglio  del  ligamento  laigo  di  quel  lato  . 

i5.  La  tromba  sinistra  più  lunga  tre  volte  dell'  altra  ,  pure 
non  arrivava  all'  estension  ordinaiia  di  que'  canali  nelle  femmi- 
ne ben  organizzate.  Descritta  una  curva  verso  quel  lato  ,  sempre 
piii  bassa  del  solito  ,  giungea  con  le  lunghe  numerose  sue  fimbrie 
all'ovaja  sinistra  di  grossezza  ,  figura  ,  e  color  naturale  ',  la  su- 
perficie però  n'  era  ghermita  di  tubercoletti  disuguali  ,  alcuni 
pieni  di  linfa  trasparente  ,  altri  biancastri  ,  duri  come  granelli 
glandulosi  ,  ed  altri  duri  come  briciole  di  cemento  ,  simili  a  que' 
corpi  ,  che  abbiamo  rappresentato  noi  nella  Fig.  IH  Tav.  il  dell' 
Auctarimu  Observatìoniiin  ,  &.  Iconum  ad  Osteologiam  ,  &- 
Osteopa t lLolo<<,iani  =  liti.  O  =  Patavii  JMDCCCl   in  u"  . 

\b.  Le  fimbrie  della  tronjba,  che  descriviamo  ,  erano  affat- 
to simiti  alla  da  noi  citata  ,  e  a  quella,  che  il  cel.  GIO.  DOME- 
NICO SANTORINI  à  dato  nella  Tav.  Ili  annessa  alle  eccellenti 
f>ufi  Osservazioni  Anatomiche y  Fig.  HI,  dove  sono  anclie  sparsi 
varj  di  (jue'  corpicciuoli ,  che  nella  nostra  incontrammo,  la  (pia- 
le si  ripiegava  poi  indietro  e  in  giti  verticalmente  col  suo  padi- 
glione fimbriato  per  cuoprir  affatto  1'  ovaja  ,  ma  liberamente  si 
che  se  ne  poteva  a  beli'  agio  discuoprire  . 

17.  Mancava  tutta  la  porzion  posteriore  de' ligamenti  lar- 
ghi ,  e  mancavano  i  rotondi  e  gli  arcati  o  semilunari  jiu^teriori  , 
che  probabilmente  furono  annientati  nel  cedere  il  luogo  alle  cir- 
convoluzioni slegate  delle  intestina  ;  le  quali  a  poco  a  poco,  fa- 
vorite dalle  morbose  adeienze  dell'  utero  contratte  al  davanti,  si 
portarono  fra  questo  ,  e  i'  intestino  retto ,  fra  la  vagina  ,  e  '1  pe- 
riui  o  a  [)rodurvi  (juella  tumefazione  ,  che  avevamo  trovato  nella 
vivente  in  tuttettre  le  medesime  parti,  e  pendente  fuor  della 
vagina . 

j8.  Nel  rimanente  dell' abdomine  osservammo  l'omento 
giallo;  colore,  che  si  era  propagato  sulla  faccia  anteiiu;  del  ven- 
tricolo disteso  da'  flati  :  i  \asi  gastro-epi|)loici  pieni  di  sangue  del 
color  del  fegato:  la  milza  picciolissima  ,  triangolare  :  la  vescica 

del 


1^4  Casi  d'  Ostethicia  non  comuni 

del  l'icle  non  piena  ,  pendente  dal  fegato  naturale.,  colorita  di 
giallo  verdastro  :  gli  intestini  pallido-gialli,  pieni  d'aria  :  mult' 
acqua  gialla  sparsa  pel  sacco  del  peritonèo  ,  che  corse  a  empier 
la  fossa  donde  avevamo  cavato  gli  intestini  precidenti  :  jDOchissi- 
ma  orina  nella  vescica  . 

19.  Dall'  esame  descrittosi  venne  in  cognizione  che  quella 
Pulcella  avea  nel  suo  catino  quattro  principali  sconcerti  morbosi, 
cadaun  de'qualì  bastava  per  renderne,  o  inutile,  o  pericolosa  la 
copula  col  maschio  . 

I.  L'  ernia  intestinale  nella  vagina  precidente ,  al  perinèo  , 
e  fuor  della  vulva  . 

II.  La  mancanza  del  labbro  anteriore  dell'  orificio  della  ma- 
trice 5  e  la  somma  obbliquità  di  questo  in  avanti,  e  a  sinistra  . 

JII.  Le  aderenze  morbose  del  corpo  della  matrice  ,  e  la  sua 
obbliquità  destra  . 

IV.  La  brevità,  le  morbose  aderenze,  e  la  cecità  della  trom- 
ba Faloppiana  destra  . 

Quindi  si  trarranno  agevolmente  da'Pratici,  siano  Chirurghi , 
siano  Raccoglitori,  e  dalle  Mammane  molti  corollari  importanti 
relativi  alla  cura  ,  e  alla  preservazione  dalle  procidenze  e  dalle 
ernie  ,  non  meno  che  alla  esplorazione  ,  al  giudizio  dell'abilità 
al  matrimonio  ,  e  a'  soccorsi ,  che  nella  gravidanza  ,  nell'  aborto, 
o  nel  parto  maturo  la  donna  in  tali  circostanze  potrebbe  aspet- 
tare . 

20.  Intanto  si  eccita  la  penetrazion  de'  Malestri  a  immagi- 
nare, e  a  suggerire  i  mezzi  da  reprimere  fin  da  principio  ,  e  da 
frenare  quando  si  rende  più  voluminosa  l'  ernia  discendente  nel- 
le femmine  verso  il  perinèo,  distendente  ,  e  deprimente  la  vagi- 
na fino  a  cagionar  la  procidenza  della  medesima,  oltre  all'ingom- 
bro tormentoso  ,  e  incomodo  per  le  necessarie  evacuazioni  dell' 
uretra  ,  e  dell'  intestino  retto  da  tal  ernia  ,  compressi  ed  angu- 
stiati . 


CA- 


Del  Sic.  Vincenzo  Malacarne  .  laS 

GASOSEGONDO 

Abbassamento  cT utero  alternantesi  con  enorme  sfiancamento 
dell'  intestino  retto,  e  delle  ultime  jneguture  del  coloni 

I.  Il  Soggetto  ,  die  dà  luogo  a  questa  osservazione  d'  una 
malattia  grave,  tormentosa  ,  complicata,  fu  dalla  più  giovenile 
età  avvezzo  a  trattenere  volontariamente  le  feci  pertiatti  lunghis- 
simi di  tempi,  e  a  soffrirne  tormini,  coliche,  tenesmi,  llatulenze, 
e  mille  altri  guai.  Ciò  non  impedi  che  si  maritasse,  e  avesse  tre 
figli  prosperosi ,  viventi  al  di  d'oggi  nella  più  florida  sanità,  e 
altri ,  che  perdette  immaturi ,  avendo  adesso  ventott'  anni  . 

a.  Non  toccheremo  relativamente  a  ([uesta  Gentildonna  fuor- 
ché ciò,  di  cui  ci  siamo  personalmente  informati  da  Lei ,  e  dal 
suo  Consorte  ,  nel  corso  di  sei  mesi ,  che  ahhiaaio  tentato  di  libe- 
rarla dalle  croniche  sue  molestie,  o  almen  di  recarle  qualchesol- 
lievo,  sebbene  indarno  . 

3.  Un  corpo  lindo  ,  e  asciutto  ,  piuttosto  alto;  un  viso  di  bel 
colorito,  ma  facile  a  tingersi  in  pallor  di  latte,  e  altre  volte  in 
giallo,  specialmente  al  collo;  un  occhio  azzurro,  brillante  facile  a 
illanguidiie;  un'anima  colpita  da  si  lunghe  pene,  angustiata  dalla 
diffiooità  di  scuoprirne  la  sede,  e  le  cagioni,  inquietata  dal  pen- 
sier  di  doverne  essere  perpetuo  bersaglio:  ma  una  coudizion  agia- 
ta, una  libertà  pienissima  ai  Medici  ,  e  a  Chirurghi  d'  esaminare, 
di  consultare,  di  suggerire,  e  docilità,  e  prontezza  veramente  rara 
neir  Inferma,  e  ne'domestici  a  eseguir  quanto  le  venia  prescritto. 
Ecco  circostanze  di  qualche  valore  perche  s' avesse  a  sperar  con 
qualche  fondamento  d'ottener  buon  esito  da  una  cura,  cui  sia  ia 
poter  degli  artefici  di  condurre  a  buon  fine.  Circostanze  nondi- 
meno, che  poco  influirono  al  mig'ioramento  d'una  Persona  bea 
degtia  di  sorte  migliore  in  fatto  di  salute,  per  quanto  io  ebbi  mo- 
tivo d'  esperimrntare . 

4-  Soleva  ia  Signora  ,  dopo  la  stitichezza  di  più  giorni,  pro- 
vare un  senso  di  tensione  in  tutta  la  parte  superior  posteriore  del 

ca- 


1:20  Casi    d'    OsTETRICrA    NON   COMUNI 

catino^  e  alla  base  della  colonna  vertebrale  :  gonfiamento  arioso 
in  tutto  il  ventre,  che  !e  si  rendeva  acuminato  al  bellico,  e  al 
pettignone:  peso  nella  vagina:  distrazione  alle  labbra  della  vnl- 
va  come  se  la  matrice  dovesse  uscirne ,  e  stiramento  doloroso  alle 
anguiniija  . 

5.  Se  veniva  esplorata  in  piede  ,  o  caricata  sul  dorso,  trova- 
vasi  immediatamente  nella  fossa  navicolare  il  collo  dell'utero,  di 
cui  sentiasi  turgido,  acciaccato,  compresso  ,  allargato  il  corpo  ,  e 
sopra  al  medesimo  nn  globo  considerabile  di  materie  raccolte  nel- 
le ultime  piegature  dell'  intestino  colon  . 

6.  11  dito  introdotto  nelT  ano  ancor  non  trovava  ingombro  , 
sicché  potea  portarsene  la  punta  lino  al  sito  corrispondente  a 
quel  glolx),  e  calcolarne  il  volume  della  estensione  ,  e  la  massa 
del  peso,  ma  non  distinguerne  la  sostanza  perchè  sembia  va  soste- 
nuto da  una  valvula  . 

7.  In  tal  caso  princip'avano  stiramenti  dolorosi  a'  lombi, 
alle  anche  ,  difficoltà  d'orinare,  e  ciò  che  ne  usciva  era  biliosis- 
simo di  colore,  e  presto  depositava  nn  moccio  slegato,  molle,  ten- 
dente al  biancastro  misto  di  laterizio  . 

8.  E  mi  piacque  il  fenomeno  di  cui  m' istruì  col  fatto  lo  Spo- 
so dell'  InfeTma.uorao  osservatore  scrupolosissimo  di  quanto  ris- 
guarda  la  salute  della  medesima.  Quando  l'orina  avea  /aito  l'ac- 
cennata deposizione,  niettea  il  bicchier  sulle  ceneri  calde,  e  in 
pochi  minuti,  sparito  il  sedimento,  Torina  riacquistava  il  colore, 
e  la  pellucidità  primiera.  Raffreddatasi  a  poco  a  poco,  il  sedimen- 
to, e  il  torbido  tornava  come  prima,  e  potea  di  nuovo  farsi  scom- 
jiarire  riapplicandola  al  calore  del  fuoco.  Ma  torniamo  a'  disoidi- 


111  organici 


9.  Dieci  o  dodici  ore  dopo  ,  a  forza  di  doglie  ,  di  coliche  ,  di 
premiti,  di  contorcimenti  universali,  cominciando  a  calare  gli 
escrementi  neh'  intestino  retto,  prima  che  arrivassero  all'ano, 
vi  si  accumulavano  in  masse  grossissime;  e  allora  cedeano  gli  sti- 
ramenti e  i  doloii  a'  lombi,  alle  anche  ,  e  a'  lati  dell'osso  sacro, 
perchè  ingrossandosi  l'intestino  suddetto  a  spese  delle  gonfie  fles- 
suosità del  colon  diminuiva  dpeso  di  queste  sopra  l'utero,  il  quale 

ve- 


Del  Src.  Vincenzo  Malacarne  .  127 

venia  rialzato  più  dalla  gonfiezza  del  retto,  che  occupava  tutto  il 
voto  iuferior  della  vagina  come  un  cilindro  lungo  sei  ,  sette  [rol- 
lici ,  grosso  più  del  pugno,  die  dalla  elasticità  de'  ligamenti  an- 
teiiori  ,  e  posteriori.  Quindi  cessavano' pure  i  dolori  distrattivi 
tormentosissimi,  die  prima  si  soffrivano  alla  anguinaja;  tali,  che 
la  fnterma  temeva  a  ogni  tratto  di  farsi  erniosa  . 

10.  Esplorandola  in  tal  circostanza,  il  dito  incontrava  nella 
vagina  il  tumore  delF  intestino  retto  pieno  di  duri  escrementi,  e 
dovea  superarne  la  maggior  elevazione  per  toccar  in  avanti,  e  iu 
alto  contro  T  arco  del  pube  f  orilicio  dell'  utero,  che  sentiasi  più 
mobile,  più  molle,  men  pesante,  né  tanto  schiacciato  nel  suo  cor- 
po dall'  alto  al  basso  . 

it.  Non  parrebb' egli ,  che  se  l'Inferma  avesse  evacuato 
que'scihali  che  ingombravano  il  retto,  si  spontaneamente  cogli 
sforzi,  ch'erano  sempre  indispensabili,  lunghi,  dolorosi,  come  co' 
diversi  riraedj  d' ogni  s[:>ecie,  lenitivi ,  oliosi ,  purgativi,  drasti- 
ci, che  or  un  tempo  or  un  altro,  fu  consigliata  di  prendere  per 
bocca;  con  1'  incredibile  diversità  di  crislei,  che  le  vennero  sug- 
geriti e  a[)plv<ati  ;  non  sembra  egli  ,  che  avria  dovuto  sentirsi  im- 
mediatamente sollevata?  ....  Eppiu-  tutto  era  all'  opposto!  Tol- 
to via  il  globo  o  cilindro  stercoraceo,  ch'empieva  l'intestino  ret- 
to, per  mezzo  di  tale  stentata  evacuazione  procurata  anche  in 
più  volte  con  ripetuti  sottrattivi,  risvegliavausi tormiiii',  flatulen- 
ze, gonfiezze  stravaganti  neif  abdomrne;  ricadendo  l'utero  nel- 
la escavazione  del  catino ,  e  gravitando  sulla  fossa  navrcolare  , 
tornavano  in  iscena  gli  stiramenti  i  dolori  a'  lombi  e  alla  augui- 
naja  :  era  costretta  di  rannicchiar'ìi  camminando  con  le  coscio 
strette,  o  di  starsene  sedendo  con  lecoscie  piegate.  Le  pareva  che 
uscisse  a  soffj  molt'aria  dalla  vagina  ,  il  che  sarà  stato  pur  troppo; 
e  teneva  ogni  momento  una  vera  procidenza  di  vagina  e  d'utero,, 
anzi  mia  eventrazione  , 

12.  Ciò  costantemente  osservato  dal  Chirurgo  va'ente  che 
la  assisteva  ,  determinò  d'  applicarle  un  pessario,  che  tenuto  ap- 
pena poche  ore  a  varie  riprese  dalla  docile  Inferma,  tali  dolori  e 
irritamenti  ne  insorsero,  interessanti  tutte  le  viscere  del  catino  , 

e  la 


laS  Casi  d'  Ostetricia  non  coMum 

e  la  \  escJca  ,  e  Y  ano  ,  che  si  dovette  assolutamente  aLLando- 
narlo  , 

li.  Proposi  io  stesso  ,  e  feci  costruire  una  specie  di  sospen- 
sorio a  catenelle  elastiche,  adattahile  con  alcune  pezziidle  alla 
vulva  chiusa,  per  impedir  la  procidenza  minacciata,  e  cahnar  le 
inquietudini  di  quello  spirilo  angustiato;  e  iieuuncno  questo  lie- 
sci  soH'rihile  . 

i-j..  S'  impiegarono  tutte  le  nostre  cognizioni  dietetiche  ,  e 
farmaceutiche  per  dare  a  quell'alvo  maggior  luhricità,  agli 
escrementi  minor  tenacità  e  durezza,  agli  intestini  n)oto  peristal- 
tico più  regolare  e  universale;  e  talvolta  riesci  di  conciliarle  calma 
consolante  per  giorni,  e  per  settimane:  poi  tutto  a  un  tratto  quel- 
lo che  pareva  nato  fatto  per  guarirla  diventava  indiiferente  ,  e 
nel  progresso  del  tempo,  dannoso.  Tale  fu  la  sorte  de'  Fanghi 
termali  di  Battaja,  che  al  principio  operarono  come  una  vera  pa- 
nacèa calmandone  miracolosamente  i  più  molesti  e  ostinati  sin- 
tomi ;  successivamente,  messasi  al  temporalesco  e  al  freddo  la 
stagione,  riescirono  insopportabili  . 

i5.  Ciò  che  più  frequentemente  giovò,  ripigliandone  tratto 
tratto  l'uso,  e  alternativamente  abbandonandolo^  fu  lo  sciroppo 
di  fiori  di  persico  in  clistere  ,  e  1'  uso  delle  pillole  aloetiche  dette 
fli  S.  Fo  se  a,  celthiì  per  la  facoltà  loro  blandamente  purgativa,  in 
Venezia  e  fuori  . 

i6.  Parve  che  giovasse  ultimamente  la  dieta  lattea  cono-iun- 
ta  con  erbaggi  e  frutti  gratissimi  al  palato  delllnferma;  e  di  que- 
sta dieta  rni  parve  soddisfattissima  1'  ultima  volta,  al  fin  d'agosto 
di  quest'  anno,  che  la  visitai .  Non  ò  per  altro  il  conforto  di  udir 
che  si  trovi  libera  da  così  lunga  e  penosa  infermità  . 

17.  Mirabil  cosa  parve  a  chi  la  assisteva,  e  alla  Inferma 
stessa,  l'assorbimento  che  la  vagina  e  1'  utero  suo  facevano  ,  e 
fanno  tuttavia  ,  della  maggioi-  parte  de'  liquori  emollienti ,  ano- 
dini, oliosi  ,  giulebbati ,  che  alternativamente  le  si  schizzettano 
per  la  vulva  quando  è  più  molestata  da  dolori,  calori ,  irritazioni 
in  quelle  parti .  Si  colloca  Ella  di  maniera  co'  lombi  bassi,  le  co- 
scie  e  i  ginocchi  elevati^  tenendo  un  coscino  sotto  1'  osso  sacro  , 

che 


Del  Src.  Vincenzo  Malacaiine  .  laQ 

che  il  fondo  delia  vagina  resta  jiiù  basso  della  vulva .  In  tal  situa- 
zione riceve  per  mezzo  dello  schizzatojo  tre,  quattr'  oncie  dell' 
uno  o  deir  altro  di  siujili  liquori  :  e  allor  che  si  alza  dopo  mezz' 
oretta  di  quiete,  poco  o  nulla  talvolta  ne  sente  o  ne  vede  uscire; 
né  picciolo  vantaggio  assicura  d'aver  sovente  ricavato  da  tali  iu- 
jezioni  ripetute  . 

18  il  fatto  da  me  veduto  è  fuor  d'ogni  dubbio;  ma  benché 
non  ne  foiài  ({uì  stato  testimonio,  alcuna  difficultà  non  avrei  a  cre- 
derlo come  (juegli ,  che  in  altra  giovane  nubile  ò  osservato  una 
cosa  affatto  somigliante,  e  ne  ò  dato  notizia  nelle  mie  Lezioni  sO' 
jìia  ì  sistemi  esistenti  neW  economia  animale  :  e  so  per  esperienza 
quanto  s'  accresce  la  facoltà  de'vasi  assorbenti  delle  parti  genita- 
li ,  e  delle  iuterioii  della  bocca  ,  e  dell'  ano  ,  ne'  casi  d' iniiam- 
niazioue,  e  <li  eietismo  . 

ig.  Notabile,  che  non  ostante  guai  e  tormenti  e  disordi- 
ni co-ì  ostinati  nel  catino;  alzamenti ,  abbassamenti  della  matri- 
ce ;  meteorismi ,  doglie,  gonfiamenti  di  ventre;  spossamenti,  di- 
latazioni enormi  del  colon  ,  e  del  retto;  la  mesti  nazione  succede 
rego'are  e  sufficiente  ,  e  la  matrice  ora  in  istato  d'  infiammazione 
in  tutto  il  suo  corpo;  or  dura,  tesa,  gonfia  a'iabbri  dell'orifizio; or 
con  tubercoli  crescenti ,  minorantisi  attorno  al  muso  di  tinca  ; 
ripiglia  il  suo  volume,  figura  ,  e  liscio  naturale  ,  né  dà  che  pochi 
fiori  bianchi  d'  indole  non  cattiva  . 

ao.  Si  à  proposto  dal  suo  Chirurgo,  che  si  esponesse  a  una 
nuova  gravidanza  sperando  ,  per  via  del  cangiamento  quasi  uni- 
versale di  ciò  che  conticnsi  in  quel  basso  ventre,  di  otlenerlo 
tale  ,  che  il  circolo  vizioso,  in  cui  consiste  la  malattia  ,  venga  fi- 
nalmente corretto .  Però  avendo  Ella  già  partorito  più  volte  ed 
abortito,  coni'  è  stato  detto  di  sopra;  ne  la  desiderata  mutazione 
seiidone  succeduta,  io  non  ebbi  coraggio  di  lusingarmi  con  fon- 
-  da  mento  che  la  gestazione,  il  ])arto,  il  posparto,  abbiano  da  pro- 
durre sì  consolante  effetto  in  una  Persona  ,  eh'  è  della  malattia 
descritta  inveterato  bersaglio  . 

21.  Resta  alla  perizia  de'Medici,  e  de'  Chirurghi  nostri  Con- 
fratelli più  illuminati  aperto  un  vasto  campo  alle  prudenti  rifles- 

Tor/io  XLII.  ij  sio- 


lòo  Casi  d'Ostetricia  non  comuni 

sioni  loro  per  iiTvestigar  quale  specie  di  medicatura  piìi  efficace 
delle  diverse  intraprese  da  noi,  sarebbe  inai  per  convenire  nel 
caso  nostro  ,  e  in  altri  simili  : 

1°  Per  ristabilire  il  moto  peristaltico  illanguidito  dell'  inte- 
stino colon  : 

a.°  Per  restituir  a'  pareti  di  questo ,  e  del  retto  il  tuono  ,  la 
contrattilità  : 

3.°  Per  rinforzare  i  ligamenti  della  matrice  rilassati ,  onde 
questa  non  più  costretta  dalla  massa  degli  escrementi,  accumula- 
tisi nelle  ulteriori  piegature  del  colon,  a  precipitar  nell' escava- 
zione, sostener  si  possa  almeno  nello  stretto  snperìor  del  catino  : 

4."  Finalmente  per  dare  e  mantenere  alle  materie  intestina- 
li una  mollezza;  una  lubricità  sufficiente  ad  ottener  una  cotidia- 
na  evacuazione  senza  detrimento  della  chilificazìone ,  e  della  nu- 
trizione di  simili  macchine  robuste  nella  loro  delicatezza  . 

CASO    TERZO 

Triplice  Aborto  predisposto  da  replicati  spaventi ,  determinato 
poi  da  violento  accesso  di  bile  . 

1 .  La  Signora  A  ...  M  ...  di  questa  Città  di  Padova  ,  abitan- 
te nella  contrada  di  S.  Urbano,  d'  anni  trentassei ,  gracile  di  co- 
stituzione ,  ma  facile  a  impinguare  specialmente  nelle  gravidan- 
ze, per  le  quali  era  già  madre  di  due  femmine  e  d'  un  maschio 
vivacissimi  ,  allattati  da  Lei  ;  di  temperamento  bilioso  ;  trovava- 
si  incinta  da  due  mesi  e  mezzo  la  notte  dalli  14  alla  mattina  delli 
i5  Agosto  dell' anno  corrente  i8o5,  che  fu  burrascosissima  con 
venti  impetuosi,  lampi  continui  abbaglianti,  tuoni  rumorosi, 
e  fragorosissime  saette  .  A  ciò  s'  aggiunse  l' incendio  di  casa  Con- 
ti ,  per  cui  suonarono  le  campane  a  martello  ,'  e  i  tamburi  si  fe- 
cero per  ogni  strada  lungo  tempo  sentire  .  Cose  tutte,  che  cagio- 
narono spaventi,  e  commozioni  ripetute  alla  paurosa  Signora, 
desolata  a  ogni  minaccia  di  temporale:  ciò  nulla  ostante  si  alzò  per 
tempo,  e  attese  ,  coni' è  solita  ,  agli  affiiri  domestici ,  e  alla  cura 
sollecita  della  da  Lei  arnatissinia  famiglia  •  a. 


1 


Del  Sic  Vincenzo  Malacarne  .  i3i 

a.  Fu  rpiel  irioino  malinconica;  ma  ne' seguenti  sentissi 
8tar  meijlio;  quando  la  mattina  dalli  19  dello  stesso  mese,  per 
inavvertenza  d'  una  Persona  a  Lei  attinente^  essendole  stata  mo- 
strata poca  attenzione  in  cosa  ,  che  in  altre  circostanze  le  saria 
stata  afìatto  inditferente,  provò  un  così  fiero  tumulto  interno  all' 
istante  con  tale  bilioso  trasporto,  che,  sebben  facesse  ogni  sforzo 
per  frenarlo,  gli  Astanti  se  ne  avvidero.  Vollero  rimediarvi  usan- 
dole con  disinvoltura  ogni  cortesia;  ma  il  mal  era  fatto  e  irrime- 
diabile; perciocché  immediatamente  dopo  queltumulto,  o  spasmo 
di  viscere  ,  sentissi  a  sgorgare  dalla  vulva  una  quantità  d'acqua, 
la  qiale  ben  conobb'  Ella  non  essere  orina  per  la  copia  uscitane 
tntt'a  un  tratto  ,  percliè  usci  involontariamente  e  senza  slancio 
alcuno,  senza  prurito,  in  somma  non  al  modo,  né  dalle  vie  in- 
terne ordinarie  . 

3.  Quel  depluvio,  distratta  come  era  dalla  bile,  non  la  spa- 
ventò punto  allora  ;  ma  siccome  si  rinnovò  più  volte  nella  gior- 
nata slessa  ,  così  la  passò  tristissima  ,  e  s'  accrebbe  la  di  Lei  in- 
quietudine alle  ventiquattr'ore,  che  si  sentì  sorpresa  da  emorragia 
uterina  con  doglie  a'fianchi,  alle  anguinaia,  e  all'ossosacro.  Non 
ne  fece  però  cenno  perchè  non  erainipetuosa,  e  non  calcolò  pun- 
to un  grosso  grumo  di  sangue  che  con  premiti  e  doglie  maggio- 
ri evacuò,  perchè  avea  fitto  nell'animo  di  non  esser  gravida,  sic- 
ché lasciò  ignorare  anche  a'  domestici  quel  che  le  era  accaduto, 
supponendolo  la  mestruazione  un  pò  più  abbondante,  perchè  più 
di  due  mesi  ritardata  . 

4.  ^Messasi  a  letto  s'addormentò,  e  passò  quella  notte  tran- 
quilla: però  alle  ore  sei  mattutine  delli  io  risvegliaronsi  le  doglie, 
e  r  emorragia  .  per  la  quale  chiedette  soccorso,  e  le  si  prestò  sol- 
lecitamente dalla  Comare,  e  da  me,  con  tutti  cjue'  mezzi ,  che  si 
sogliono  impiegale  ne'casi  d"  aborto  imminente,  perche  non  ave- 
vamo notizia  ,  che  le  acque  si  fossero  già  evacuate  ,  e  nel  grumo 
uscito  la  sera  precedente,  disperso  il  Feto  . 

5.  Ottenemmo  che  I'  emorragìa  si  rendesse  discretissima  ;  e 
tale  continuò  il  dì  2,1,  in  cui  lorificio  dell'utero,  esplorato  da  mf*, 
trovossi  rivolto  addietro  sopra  allo  stretto  superiore  ,  e  molle  ;  e 
socchiuso  ,  e  la  \  agina  sgombra  .  6. 


l32  Casi  d'ostetricia  non  comuni 

6.  La  notte  fu  quieta,  e  alle  nove  maitutine  delli  aa  con  po- 
cliissiino  spurgo  sanguigno  ,  dopo  d'  essersi  messa  per  evacuar  le 
orine,  si  sgravò  senza  doglie  d'  un  corpo  grosso^come  un  uovo  di 
diudia,  Lencliè  (  sendo  scoppiato  trentasei  ore  prima,  come  ab- 
Lianio  saputo  dipoi,  e  ò  già  accennato  )  ne  Tosse  uscita  dalla  na- 
tura la  Idraninìos ,  e  successivamente  in  quel  grumo,  che  ab- 
biain  detto  ,  anche  il  Feto  . 

7.  Poco  prima  delle  ore  nove  suddette  io  avea  visitato  l'In- 
ferma, e  trovatala  tranquilla,  raccomandandola  alla  Comare,  era 
uscito  dalla  Città  per  affare  premuroso  di  professione,  che  mi 
tenue  occupato  sino  alle  cinque  della  sera:  onde  al  mio  ritorno 
la  trovai  sgravata  con  ispurgo  sanguigno  conveniente,  seiiz' alte- 
razione di  polso,  tianne  la  debolezza  .  Allora  mi  fu  dalla  Mam- 
mana presentato  1'  uovo  membiauoso  rovesciato  in  modo  che 
r  amnios  liscia  e  robusta  era  esteriore,  la  placenta  fioccosa  v'era 
«Jentro  rinchiu-a  .  Riconobbi  agevolmente  il  sito  a  cui  era  stato 
appeso  il  Feto  da  un  rimasuglio  di  tralcio  umbilicale,  lungo  sei  li- 
nee, piatto,  spesso,  grosso  come  il  ceppo  appiattito  d'  una  pen- 
na di  corvo  ,  bianco  sudicio  come  la  retina  degli  occhi  ,  polpo- 
so, assai  robusto  .  Ma  il  Feto  non  v'  esisteva  più;  né  per  quanto  lo 
cercassimo,  fu  possibile  di  ritrovarlo,  i  pannilini  più  imbrattati 
di  sangue  essendo  già  stati  dati  a  lavare  . 

8.  Riducendo  nel  suo  sito  interior  naturale  Tamnios  per  mi- 
surarne la  capacità  con  empierla  d'  acqua,  vedemmo  che  in  una 
porzion  dell'  uovo  membranosa  vasculaie  ancor  chiusa,  tumida  , 
ovale,  grossa  come  una  noce  mediocre,  fuori  di  quell'amnios, 
ondeggiava  molta  linfa  limpida,  e  luiotava  un  corpicciuolo  bian- 
castro grosso  quant'è  il  nocciimlo  d'  una  oliva  ,  che  giudicammo 
un  altro  fetct;  né  e'  ingannammo  . 

9.  Aperta  quella  trasparente  vescica,  1'  Idramnios  ne  sgor- 
gò ,  e  vi  rimase  dentro  a  nudo  un  feto  bianchissimo  „  e  he  pendea 
da  quell'amnios  mediante  una  falda  di  sostanza  bianca  ,  arren- 
devole,  elastica,  laiga  due  linee,  cioè  quant'era  lungo  il  ventre 
del  feto ,  lunga  cinque  linee  ,  priva  d'  ogni  vestigio  di  vaso  san- 
guigno. ' 

'io. 


Del  Sic.  Vincenzo  Malacarne.  l33 

IO.  Polposa  ,  come  suol  essere  la  sostanza  midollare  del  cer- 
vello; ma  non  attaccaticcia,  appunto  com' eia  tutta  la  superficie 
del  feto  ,  avea  laisrliezza  ninegiore  nelT  emersione  dall'  ahdomi- 
ne,  di  cui  sembrava  un  prolungamento,  che  iiell' immersione 
neiramiiios:  edera  alquanto  più  sottile  nel  mezzo  della  sua 
lunghezza  . 

]  I.  Il  picciol  feto  lungo  quattro  linee  e  mezzo,  tondeggian- 
te .  era  collocato  sul  fianco  sinistro,  e  in  profilo  presentava  roz- 
zamente i  lineamenti  del  viso.  Il  naso  n'è  breve,  acutissimo,  co- 
me anche  il  mento ,  fra  i  quali  una  fessura  appena  discernibile 
indica  la  larga  bocca,  che  à  per  confine  le  molli  picciolissimie 
orecchie.  Un  punto  azzurro  eminente  un  pò  più  alto  del  naso, 
mostra  r  occhio .  Il  collo  è  manifesto  {x^- la  sua  gracilità.  Del 
braccio  destro  ,  e  delle  gambe,  appena  si  ravvisano  i  rudimenti  in 
altrettanti  prolungamenti  informi .  Tutto  il  corpicciuolo  è  piega- 
to in  arco  ,  formandone  la  convessità  il  capo  e  il  dorso;  la  conca- 
vità è  fatta  dalla  faccia,  dal  petto  e  dal  ventre,  clic,  come  dice- 
vamo ,  parca  prolungarsi  per  fare  il  grosso  tralcio  uniLilicale  . 

li  Nel  sollevar  quell'embrione  per  esaminarne  il  fianco  si- 
nistro scuopri  mino  un  altro  uovicino  candidissimo,  simile  in  gran- 
dezza alla  lente  cristallina  umana,  dove  fra  le  trasparenti  mem- 
brane si  scorgeva  un  embrioncino  piegato  in  arco  ,  un'estremità 
del  quale  era  già  grossa  quanto  il  poniolo  d'un  ago  minimo  , 
e  r  altra  finiva  in  punta,  sicché  diventava  quasi  diafana  . 

i3.  Dal  centro  della  concavità  di  questo  candid' arco  si  al- 
lungava un  fasciolino  di  sostanza  più  cenerognola,  senza  vestigio 
di  vasi  rossi,  molle,  lungo  mezza  linea,  largo  a  vista  un  quarto  di 
meno . 

i4-  Cotesto  altr'  uovo  sta  immerso  tra  i  fiocchi  vasculosi  co- 
muni alle  due  placente,  proprio  nel  sito,  in  cui  le  medesime  si 
confondono  visibilmente  ,  Ha  aderenza  con  amendue  le  corion 
maggiori  per  via  d'  un  muco  tenace,  trasparente;  e  ad  amendue 
le  placente  suddette  per  mezzo  di  fiocchi  lossigni  ,  rari,  facili  a 
sterparsi  piuttosto  da  quelloj  che  dalla  sua  corion  :  a  cui  i estando 

af- 


I  34  Casi  d'  OiTETuicrA  non  comuni 

affissi  aggomitolansì  j e  perdono  il  color  rosso,  che  aveano  mentr* 
mano  abbarbicati  ira  i  ilocclii  delle  placente  maggiori  . 

i5.  Di  queste  la  principale,  unita  con  l'amniose  la  corion, 
chiudea  una  cavità  lunga  circa  tre  pollici-  di  cui  la  larghezza 
non  è  più  misurabile. 

i6.  La  mezzana,  di  cui  ò  potuto  prender  le  dimensioni ,  era 
lunga  un  polli  e,  e  tre  linee,  con  sette  linee  di  diametro  minore  . 
Della  più  picciola  si  capisce  l'estensione  ,  e  la  capacità  da  quanto 
ne  abbiamo  detto. 

17.  Ancbe  in  questo  caso  potrebb'  esercitarsi  1'  ingegno  ,  se 
lìon  de'  Raccoglitori,  e  de'  Medici ,  che  sanno  a  un  di  presso  met- 
tere in  esecuzione  quello,  di  cui  abbisogna  la  donna  in  procinto 
così  manifesto  di  abortiie  ,  almeno  de' Fisiologi  per  ispiegar  i 
fenomeni  delli  tre  feti  avviluj)pati  insieme  Jn  una  massa  sola  , 
benché  in  tre  celle  distinte  contenuti,  di  volume,  e  di  grossezza 
tanto  disuguali .  Perciocché  T  iuvolucio  esteriore  generale  deli' 
uovo  era  uniforme,  e  pareva  unico,  mentre  che  gli  altri  due  na- 
scosti nella  placenta  propriamente  detta  di  quella  .  aveano  pure, 
cadauno  sulla  propria  corion,  la  piacentina  che  loro  apparteneva, 
distinguibile  dalla  princii^ale  in  cui  si  vedeano  inestricabilmente 
innestate  - 

18.  Anzi  il  più  picciolo  degli  uovi  era  Innestato  con  la  sua 
microscopica  nelle  placente  d'  amendue  gli  altri,  e  tanto  intima- 
mente, che  se  non  avessimo  sollevato  il  feto  mezzano  (i:^),  proba- 
bilmente non  avremmo  scoperto  il  più  picciolo . 

19.  Io  presento  alle  considerazioni  di  chi  sa  l'oggetto  com- 
plicato sotto  i  punti  di  vista  che  mi  sembrano  più  luniiilosi  ;  e 
contento  d'aver  veduto  e  descritto,  aspetto  con  ansietà  da  loro 
la  spiegazion  del  fenomeno  :  percioccbè  la  maniera  in  cui  sono  in- 
sieme congegnati  gli  uovi ,  e  confuse  insieme  le  placente  maggio- 
ri,  poi  fra  r  una  e  l'altra  intei-iormente  innicchiata  la  terza  , 
eh'  é  la  minima,  escludon  <  gni  sospetto  di  superfetazione  ;  per- 
chè questa  certamente  non  potrà  mai  dar  luogo  a  una  compene- 
trazione di  simìl  natura  . 

30.  Da  un  altro  canto  la  disuguaglianza  degli  uovi  nel  volu- 
me. 


Del  Sic.  Vincenzo  Malacarne  .  i35 

me,  e  1' ineguale  sviluppamento  de' feti  potrebbero  far  pender 
la  bilancia  in  favor  di  coloro,  che  avessero  pur  qualche  propen- 
siou  ad  ammetterla  . 

3  1 .  Sennonché  si  potria  supporre,  che  il  primo  degli  uovi, 
(7)  arrestatosi  nell'  utero  in  parte  n)eglio  dispo-ta  a  riceverne  le 
radici  della  placenta  e  a  somministrar  il  sugo  necessario  per  T  au- 
mento di  questa  e  del  feto,  questo  ne  avrà  potuto  profittare  di 
più.  Il  secondo  (8)  men  favorevolmente  collocatone  profittò  mol- 
to meno;  tuttavia  si  nntiì,  e  il  feto  prese,  ancorché  lentamente, 
pure  una  sufficiente  crescenza,  e  la  forma  imperfetta,  che  vi  rav- 
visiamo . 

aa.  Ma  il  terzo  uovicino  (la)  clie  si  trovò  immerso  nelle  mu- 
cosità della  matrice  fra  le  barbe  de' due  precedenti  ,  e  nella  im- 
possibilità di  trarre  immediatamente  dalla  medesima  i  sughi  ne- 
cessari,  ebbe  ciò  nulla  di  meno  tanto  di  vigore  da  gettar  le  sue 
radici  fra  le  barbe  suddette,  d'  innestarvisi ,  e  di  vegetare  parasi- 
ticamente  ,  traendone  pur  qualche  alimento,  ma  così  tenue  ,  e 
scarso  ,  che  lo  sviluppo  imperfettissimo  n'  è  riescito  in  due  mesi 
e  mezzo  ([nasi  impeicettibile  . 

23.  Palmi  da  non  dubitar  punto  clie  cotesti  uovi  s'  abbiano 
reciprocamente  pregiudicata;  e  che  la  triplice  azion  loro  in  co- 
testa  Donna  delicata  possa  avere  illanguidito  le  aderenze  delli 
due  principali  uovi  alla  matrice  .  Allora  non  riescirà  d  fficile  ca- 
pire come  le  due  cagioni  (  i  e  2  )  succedutesi  di  spavento  pro- 
lungato, nioltiplice  ,  e  d' impeto  violento  di  bile,  abbiano,  la  pri- 
ma ,  indebolito  l'  azion  de'  nervi,  e  conseguentemente  la  muscu- 
lare  e  la  vasculare  della  matrice  :  la  seconda,  eccitato  un  subito 
spasmo  5  da  cui  spinta  quantità  maggiore  di  sangue  nella  mede- 
sima viscera  indebolita,  e  messane  ni  fort  ssima  contrazione  la. 
sostanza  musculare  ,  ruo\o  maggiore  ne  sia  stato  rotto  (a),  e 
sciolte  per  lo  diminuito  volume  del  medesimo  le  aderenze  della 
placenta  ,  ne  nacque  1'  emorragia  (3) ,  che  accompagnò  1'  aborto 
del  primo  feto  ,  e  predispose  quello  degli  altri  due  . 

24.  Ma  riescila  sterile  questa  spiegazione  se  non  se  ne  de- 
durranno i  corollari  pi"^tici  ostetricj  :  1."  di  corroborar  le  forze  vi- 
ta- 


i3ó  Casi  d'  Ostetricia  non  comuni 

tali  dallo  spavento- illaiigiiiJite  nel  primo  caso  ,  dove  si  tratti  di 
gravida  gracile,  e  già  dclx)le  per  se  stessa  :  al  che  contiihiiisco- 
iio  le  calde  infusioni  de'  fiori  di  camomilla,  o  delle  foglie  di  me- 
lissa, o  il  caffè  ,  il  brodo  buono,  caldo,  lo  stesso  vino  generoso  . 
II  "  Di  aprir  la  vena  della  mano  nelle  pletoriche  robuste  .  e  gio- 
vani ,  e  nel  dar  loro  a  ri|)rese,  o  finfusion  de'  fiori  di  malva,  o  di 
viola  ,  o  il  brodo,  tiepidi  .  III.°  JNel  secondo  caso  i!  rij)oso  nel 
letto  la  dieta,  i  brodi  tiepidi  ,  le  emulsioni  tiepide  d'  acqua  di- 
stillata, di  lattuca  o  d'  endivia  ,  con  qualche  sciupalo  di  gomma 
ara^iica.  IV."  Se  poi  le  membrane  sono  già  squarciate  ,  e  sgorga- 
ta la  idramnios  ,  di  aspettar  che  si  compisca  pacificamente  ,  e 
senza  ruinose  emorragie ,  promosse  e  fomentale  da  inutili  tenta- 
tivi ,  l' inevitabile  aborto  . 

CASO     QUARTO. 

Otturamento  perfetto  della  Vagina  . 

I.  Sono  ormai  nove  anni ,  che  descrivendo  io  la  Hist^rosfe- 
ìùgrochona  osservata  nello  Spedale  di  questa  Città  di  Padova,  fe- 
ci menzione  del  perfetto  otturamento  dell'orifizio  dell'  utero,  e 
dell' abolizion  totale  de' labbri  di  quest'organo  in  una  Donna 
afflitta  da  irreducibile  procidenza  del  medesimo  ,  e  della  vagi- 
na :  notizie  stampate  dal  celebre  Professor  LUIGI  VALEIll  ANO 
BRERA  ìledico  e  Chirurgo  laborioso  e  felice,  altrettanto,  quan- 
to ingegnoso  e  dotto  ,  ne' Commentar]  Medici  dell' anno  1798 
in  Pavia,  Deca  I ,  Tom.  II ,  a  pag.  465  e  67,  e  segg.  Ora  mi  oc  cor- 
re d'accennare  un  assoluto  otturamento  della  vagina,  due  polli- 
ci e  mezzo  distante  dall'  apertura  della  vulva  ,  che  mi  si  offri  all' 
esame  nel  mese  di  giugno  di  qnest'  anno  i8c5. 

a.  La  robusta,  benissimo  fatta ,  Figlia  d' un  Fruttajnolo  è  da- 
ta in  moglie  parecchi  anni  fa  a  un  Pescatore,  il  quale  trovato 
certi  impedimenti  al  compimento  dell' atto  conjugale  ,  s'annoja 
deìla  Sposa,  cerca  altri  pretesti,  e  l'abbandona.  I  Parenti  di  Co- 
Stai  ci  edono  sulle  di  lei  relazioni,  che  le  sia  stato  comunicato 

,  qual- 


Del  Sic.  Vincenzo  Malacarne.  187 

(pialche  cosa  di  celtico  ,  la  mettono  nelle  mani  d'  un  Chirurgo 
vulvare  ,  ciie  la  tratta  il  ciel  sa  come  ;  intanto  passano  quattro  o 
cinque  anni  . 

3.  S' incontrano  di  nuovo  gli  Sposi ,  si  aggiustano  ,  e  ritor- 
nano insieme  :  ma  il  Marito  incontrate  le  medesime  difficultà  , 
dopo  vari  tentativi ,  nulla  impedendo  i'  ingresso  dell'  asta  virile 
fino  a  un  certo  segno ,  oltre  a  cui  non  è  cosi  che  possa  penetra- 
le, furibondo  torna  ad  abbaiidonar  la  povera  moglie.  Essa  la  mat- 
tina, piangente,  senza  nulla  conferir  con  isuoi,  viene  a  sfogar 
meco  il  suo  dolore  ,  e  a  pregarmi  d'  esaminar  cos'  è  il  suo  male  , 
e  di  rimediarvi . 

4-  Dopo  le  opportune  interrogazioni  passai  all'  esplorazio- 
ne ,  e  per  le  prime  ricavai ,  che  I.°  nel  congresso,  a  lei  non  man- 
ca la  commozione  voluttuosa  accompagnata  dall'  uscita  di  qual- 
che liquido  proprio  \  ma  finisce  con  dolore  .  II."  Non  manca  la 
mestruazione  regolare  benché  scarsa  .  III."  Ammette  il  maschio, 
ma  arrivato  a  un  certo  segno  ella  soffre  come  se  al  di  dentro  le  si 
stracciassero  le  viscere  ,  senza  però  dar  sangue.  IV. "  Non  à  mai 
avuto  altro  male  ndla  natura,  eccetto  quello  che  le  avea  fatto 
])rovare  il  Chirurgo  neU'  aprire,  nel  toccare,  neli'  introdur ferri,  ^, 
ìiel  medicare  ,  e  lini  per  dire  eh'  era  disperata  . 

5.  L'  esplorazione  m'  insegnò  ,  che  veramente  le  parti  geni- 
tali esteriori  tutte  erano  in  buono  stato  per  una  Donna  maritata^ 
le  caruncule  mirtiformi  turgide  livide  ,  1'  interior  della  vagina 
spongioso  e  caldo  pel  gagliardo  combattimento  notturno  recente; 
non  però  stretto  di  modo  che  le  due  dita,  indice  e  mezzano,  libe- 
ramente non  vi  scorressero  per  li  due  terzi  della  lunghezza  loro  . 
A  tale  profondità  1'  indice  era  arrestato  da  un  volto  carnoso  ru- 
goso ,  che  formava  come  dicesi  il  fondo  d'  un  sacco  chiuso  per 
ogni  verso,  dove  non  s' incontiava  nulla  affatto,  né  di  collo  della 
matrice  ,  né  di  muso  di  tinca  ,  né  d'  orificio  che  conducesse  nel 
corpo  di  quella  viscera  . 

6.  Ognun  é  persuaso,  che  rinnovai  1'  esplorazione  collocan- 
do la  Donna  in  diverse  situazioni  ,  segnando  col  polpastrello  del 
dito  tutti  i  punti  ove  mi  parca  di  sentir  qualche  cosa  di  caverno- 

Tomo  XIII.  10  so, 


i38  Casi  d'  Ostetricia  non  comuni 

so  ,  e  là  introdussi  delicatamente  con  l' altra  mano  la  tenta  ottu- 
sa j  che  in  nissuii  luogo  più  oltre  s'  à  potuto  insinuare  • 

7.  Usai  ogni  diligenza  a  investigar  se  al  di  là  di  qirel  volto 
si  sentisse  o  collo,  o  corpo  d' utero  :  compressi  il  ventre  con  for- 
za per  avvicinarlo  al  dito  esploratore,  desideroso  di  assicurarmi 
se  col  taglio  ,  con  la  paracentesi  di  quel  fondo  ,  o  in  qualunque 
altra  guisa  mai  si  fosse  potuto  rimuovere  quell'ostacolo  alla  copu- 
la ,  e  alla  fecondazione  .  Tutto  fu  inutile  ;  nissun  lume  ne  trassf 
suir  esistenza  della  matrice  ;  nulla  che  mi  potesse  dirigere  a 
suggerir  o  intraprendere  qualche  utile  operazione  . 

8.  Pregai  la  Donna,  che  mi  mandasse  il  suo  Sposo  per  in- 
terrogar anche  lui  ,  né  mai  si  è  lasciato  vedere  :  né  tampoco  da' 
Genitori  di  Lei  ò  potuto  ricavar  notizia  relativa  allo  stato  delle 
parti  genitali  della  Figlia  prima  che  fosse  data  a  Marito  . 

9.  Non  fidandomi  della  prima  esplorazione  dopo  l'accenna- 
to congresso  notturno  (  3  e  5  ),  per  cui  gli  organi  potevano  esser 
alterati  ,  la  Donna  otto  di  dopo,  così  da  me  avvisata  ,  ritornò  da 
me  che  lusiiigavami  pure  di  trovar  qualche  via  tortuosa  ,  angu- 
sta ,  ohbliqua  ,  comunqvie  ,  la  qual  potesse  dare  adito  dalla  vagi- 
na all'utero  sì ,  che  si  potesse  allargare  col  taglio,  o  con  la  dilata- 
zione .  Impiegai  vari  specilli  ottusi  di  grossezza  e  forma  differen- 
te ;  né  questi  mi  fecer  scuoprir  nulla  .  Per  la  qual  cosa  licenziai 
la  Donna  consolandola  con  assicurarla,  che  non  avrebbe  a  soffrir 
mai  nulla  di  ciò  che  soff'ron  le  gravide  ,  e  le  partorienti  ,  men- 
tre che  le  sue  parti  genitali  si  trovassero  nello  stato  presente  . 

IO.  Anche  qui  pare  che  V  Arte  non  abbia  argomenti  da 
giovare  :  e  sul  dubbio  che  per  qualche  cosa  venisse  in  capo  a  ta- 
luno di  sperimentare,  domanderei;  con  qual  lusinga?  su  qual  fon- 
damento ?  La  Donna  à  tutte  le  parti  del  suo  corpo  quali  debbe 
averle  una  femmina  la  meglio  costrutta  .  Petto  largo  :  clavicole 
nascoste  :  poppe  grandi  e  dure  :  cappezzoli  alti  e  grossi  :  areole 
larghe  granellose  ,  un  pò  fosche  a'  tempi  della  mestruazione  re- 
golare j  non  abbondante  :  catino  largo  :  natiche  elevate  ;  ginoc- 
chi convergenti  :  voce  femminile  ;  niente  di  pelo  oscuro  al  lab- 
bro superiore  ,  né  al  perinèo  .  Tutto  esclude  il  rovesciamento 

del- 


Del  Sic.  Vincenzo  Malacarne.  iSq 

dello  scroto  indentro  e  in  su  ,  del  quale  abbiamo  trattato  in  una 
dissertazione  impressa  negli  Atti  della  nostra  Società  su  tale 
argomento  . 

1 1 .  Chi  sa  quale  tratto  di  vagina  qui  rimane  chiuso  in  alto? 
Chi  sa  se  abbia  V  utero  ?  se  questo  sia  aperto  in  basso?  Se  il  col- 
lo del  medesimo,  e  la  vagina  ostruita  non  fanno  un  corpo  sodo 
solo  ? 

la.  Fra  tanti  dubbj,  con  tal  organizzazione  davanti  agli  oc- 
chi ,  non  mi  resta  fuorché  a  ricorrere  a'  Pratici,  e  interrogarli ,  a 
qual  partito  uom  possa  in  simile  circostanza  appigliarsi  ?  Altri- 
menti io  inclino  a  una  totale  inazione  . 


% 


NUO- 


i4o 


NUOVA    IPOTESI 


PER  ISPIEGARE  LA  DISCESA  DEL  BAROMETRO 
IN  TEMPO  PIOVOSO 

Del  Sic.  Abate  Vincenzo  Chiminello 

Ricevuta  il  dì  io  Febbrajo  1806  • 

vjhe  non  ancora  ci  sia  una  spiegazione  soddisfacente  della  di- 
scesa del  Barometro  ia  tempo  disposto  alla  pioggia  ,  la  prova  è  , 
che  delle  escogitate  cause  a  questo  proposito  ninna  vi  corrispon- 
de bene  in  intiero  ,  o  talor  neil'  effetto  contrario,  o  nel  tempo  , 
o  nelle  circostanze  ,  e  minute  particolari  modificazioni ,  e  qua- 
lunque tra  quelle  cause  si  ammetta,  per  supplirvi  bisogna  valer- 
si di  contorte  ragioni  ,  e  ciò  lo  confessa  ogni  dotto  Fisico  ,  che 
non  produsse  ipotesi  propria  su  questo  argomento .  Io  non  sarò 
dunque  tacciato  di  temerità,  se  porgo  una  ipotesi  diversa  dalle 
sin  qui  prodotte,  atta  ,  come  sembrami,  a  spiegare  molto  meglio 
il  fenomeno  direttamente  ,  e  le  sue  particolari  modificazioni  ta- 
lora opposte  all'  effetto  primario  .  Sembrami  pertanto,  che  la 
causa  dell'  abbassamento  del  Barometro  in  tempo  alla  pioggia 
disposto,  sia,  non  la  caduta,  ma  la  elevazione  dei  vapori,  e  delle 
esalazioni  ,  ec.  :  in  una  parola  di  tutta  la  materia  tendente  alla 
regione  delle  Meteore,  dalla  quale  si  forma  la  pioggia  ,  la  neve, 
e  le  altre  meteore  ,  sotto  le  quali  osservasi  la  discesa  del  Barome- 
tro .  Ma  primieramente ,  affinchè  si  possa  giudicare,  come  in 
prospetto  ,  se  veramente  giovi  produrre  oggi  una  nuova  ipotesi  e 
questa  mia  più  soddisfi  alla  spiegazione  del  Fenomeno  ,  richia- 
merò ad  esame  le  più  celebri  ipotesi  a  questo  proposito  immagi- 
nate da  diversi  Fisici ,  omettendo  le  altre  le  quali  più,  come 
pare,  dal  vero  si  discostano,  e  rifiutate  sono  moho  bene  dal 
celebre  De  Lue  . 

Il 


Del  Sic.   Abate  Vincenzo  Chiminello»  S^i 

Il  sommo  Filosofo  e  Matematico  Leibiiizio  ,  com'  è  no- 
to ,  pensa  ,  che  mentre  si  distaccano  e  cadono  i  vapori ,  che  all' 
alia  intimamente  si  univano  e  insieme  premevano,  l'aria  stes- 
sa resti  alleggerita  di  una  qualche  parte  di  peso  ,  similmente  co- 
me il  bacino  di  una  bilancia  prima  posta  in  equilibrio  resta  al- 
leggerito mentre  cade  un  corpo  che  vi  era  sospeso  ,  ed  illustra 
questo  suo  pensiero  con  quell'esperimento  notissimo,  esperimen- 
to che  tante  volte  ripetuto  è  sempre  consentaneo  all'  analogia  , 
e  corrispondente  all'  effetto,  cioè  ,  che  quando  il  cielo  è  disposto 
alla  pioggia  ,  il  Barometro  per  lo  più  discende  .  Sembra  che  si 
possa  ricevere  la  sua  ipotesi ,  come  una  verità  fisicamente  dimo- 
strata . 

Ma  noti  pertanto  vi  sono  Fisici ,  i  quali  oppongono  ,  che  a 
cielo  non  piovoso  ,  o  affatto  sereno  ,  o  in  stagione  sommamente 
secca  il  Barometro  discende,  e  per  lo  contrario  a  cielo  piovoso  s-i 
el«;va  ,  ed  anzi  che  in  tempo ,  e  di  pioggia  e  di  serenità  ,  si  vede 
r  uno  ,  e  r  altro  movimento;  obbiezione  peraltro  la  quale  non 
esclude  l' ipotesi  Leibniziana  ,  ma  prova  soltanto  ^  che  vi  sono 
più  cause  accidentarie  delle  variazioni  Barometriche  ,  come  in 
fatti  sono  il  freddo  ,  il  calore  ,  i  venti  ,  e  forse  altre  forze  ,  delle 
quali  qualcheduna  prevalendo,  deve  il  Barometro  anche  in  tem- 
po piovoso  ele\  arsi  ,  e  in  tempo  sereno  discendere  ;  ed  io  pre- 
scindendo dai  movimenti  particolari ,  e  accidentarj  del  Barome- 
tro preterirei  questa  ipotesi  ,  se  non  mi  si  presentasse  al  riflesso 
una  maggiore  difficoltà,  la  quale  manifesta,  non  già  l'insussisten- 
za ,  ma  r  insufficienza  della  causa  sebbene  vera  generalmente  . 
Vale  a  dire  ,  è  bensì  vero  ,  che  il  Barometro  corrisponde  all'  ipo- 
tesi Leibniziana  in  quanto  discende  a  cielo  piovoso,  ma  la  quan- 
tità delia  discesa  per  lo  più  supera  d'  assai  quel!'  abbassamento  , 
che  sarebbe  corrispondente  alla  quantità  della  caduta  pioggia  , 
e  alla  diminuzione  di  peso  che  indi  ne  dee  seguire  .  Impercioc- 
ché un'abbondantissima  pioggia  ,  per  esempio  di  un  pollice,  ap- 
porterebbe al  Barometro  appena  una  linea  di  depressione  ,  ed 
air  opposto  quando  il  cielo  è  disposto  alla  pioggia,  il  più  delle 
volte  vediamo  una  depressione  Barometrica  ,  non  di  una  ,  ma  di 

più 


,l4-i  Pcil    ISPIEGARE    LA    DISCESA    DEL    BAROMETRO     eC. 

]iiù  linee  ,  e  talora  di  un  pollice  e  più  ;  laonde  si  viene  a  cono- 
scere ,  che  la  causa  Leibniziana,  cioè  il  disequilibrio,  secondo  le 
fisiche  leggi  hensì  agirà  nella  produzione  del  fenomeno  ,  ma  vi 
avrà  una  minima  parte  soltanto  ;  e  però  questa  difficoltà  mi  ec- 
citò alla  ricerca  di  un'altra  causa:  ma  prima  di  esporla  prose- 
guisco  r  incominciato  esame  . 

11  celeberrimo  de  Lue  a  questo  proposito  pensa  che  1'  aria 
pura  sia  piìi  pesante  e  premente  dell'  aria  pregna  di  vapori ,  o 
mista  (specie  di  paradosso  ,e  un  non  so  che  di  enigma  ),  vale  a 
dire  ,  che  ,  se  all'  aria  pvna  si  uniscano  dei  vapori  ,  e  vi  -si  mesco- 
lino ,  essa  divenga  così  tumida  ,  e  così  grande  la  sua  espansione  , 
che  ,  meno  prevalendo  la  forza  di  peso  dell'  aggiunta  jnateria  » 
alquanto  perda  di  gravità  e  di  pressione  sulla  superficie  della 
Terra  ,  e  quindi  ne'  giorni  precedenti  alla  pioggia  segua  quella 
discesa  di  Barometro  che  si  vede  . 

Questa  ipotesi  j,  il  Sig.  de  Saussure  ,  altro  celeberrimo  Fisico 
tion  dispregiando  .  e  volendola  esaminare  ,  e  in  certo  modo  retti- 
ficare coi  suoi  principj  j  osserva  ,  che  il  Sig.  de  Lue  non  ha  defi- 
nito completamente;  in  qual  maniera  l'aria  con  puri  ed  elastici 
vapori  si  accresca  di  massa,  sicché  dei  medesimi ,  cangiata  natu- 
ra, si  formi  un  aereo  fluido  omogeneo  .  Egli  pertanto  appoggiato 
a'  suoi  esperimenti  e'  insegna,  che  di  acquee  particole  contenen- 
ti una  certa  forza  libeia  dilatativa  e  penetrate  da  un  certo  gra- 
do di  calore,  si  forma  primieramente  un  vapore  ,  qual  nomina 
elastico i  e  poi,  se  il  calore  non  sia  troppo,  e  la  libertà  dilatativa 
non  sia  massima  ,  onde  il  vapore  si  sciolga  ,  per  certa  agitazione 
proveniente  o  da  altri  elementi,  o  dai  venti,  lo  stesso  vapore  colla 
compressione  dell'  aria  poco  a  poco  si  mescola,  e  si  trasmuta  in 
uno  stesso  fluido  .  Al  contrario  poi,  dice,  se  nell'  aria  già  saturata 
di  vapori  se  ne  spargano  di  nuovi,  o  jiure  se  l'aria  stessa ,  eh' è  sa- 
turata ,  per  rinfrescamento,  o  per  altra  causa  perda  una  parte  di 
forza,  colla  quale  dentro  sé  contiene  i  già  soluti  vapori,  allora ,  se 
all'  aria  vi  sieno  pro-si  mi  dei  corpi  penetrati  da  calore  o  minore  o 
pari  o  un  poco  soltanto  maggiore  ,  si  condensano  i  vapori  alle  loro 
superficie,  si  formano  goccie  fluide,  o  sia  rugiada  ,  punte  ,  e  sca- 
glie 


Del  Sic.  Abate  Vincenzo  Ciiuiinello  •  143 

glie,  o  sia  brina ,  secondo  che  il  calore  ambiente  si  sostiene  so- 
pra ,  0  sotto  lo  stato  di  ghiaccio  ;  se  poi  all'  aria  saturata  non  vi 
siano  prossimi  corpi  ai  quali  si  possano  i  vapori  unire,  allora  le 
particelle  acquee  di  questi  vapori  si  accoppiano  ,  e  si  formano 
gocciole  sferiche  internamente  piene,  o  sia  la  pioggia  ,  o  pure  si 
formano  piccioli  corpi  puntati  ,  lievemente  condensati,  o  sia  la 
neve,  che  gli  uni,  e  gli  altri  si  chiamano  dall'  Autore  vapori  con- 
creti ;  o  finahnente  si  generano  sferette  vacue  al  di  dentro,  o  sia 
le  nebbie,  e  le  nubi ,  eh'  ei  nomina  vapori  vescicolari . 

Or  se  cosi  è  ,  come  Saussure  spiega  ,  ognuno  intende  ,  che 
anche  secondo  de  Lue,  cambiate  parole,  l'atmosfera  si  accresce, 
e  diminuisce  di  peso  a  vicenda,  come  pensavano  gli  antichi  Fisi- 
ci ,  e  però  che  si  può  ritenere  in  quella  parte ,  che  corrisponde 
all'effetto,  l' ipotesi  Leibniziana.  Imperciocché  ,  cos'è  per  il  va- 
pore elastico  ci'escere  la  massa  dell'Atmosfera,  se  non  che  aumen- 
to di  materia,  o  sia  di  peso  della  medesima?  All'opposto,  se  il  va- 
pore elastico  si  trasmuta  in  goccia  di  acqua,  in  punte  nevose,  in 
una  parola  in  vapori  concreti,  cosa  è  questo  ,  se  non  che  diminu- 
zione di  peso  dell'Atmosfera?  E  quando  1'  aria  saturata  di  vapori 
rispinge  quelli  ,  che  di  nuovo  le  giungono  ,  forse  non  prima  si 
accresce  indi  la  pressione ,  e  poi  si  diminuisce?  Così  certamente  ; 
perchè  i  nuovi  vapori  nello  sforzo  ad  attaccarsi  avanti  di  cadere 
in  qualche  modo  restano  sospesi ,  e  premono  . 

Peraltro  lo  stesso  Saussure  per  comprovare  l'ipotesi  Deluchia- 
na  ,  avendo  per  mezzo  del  31anometro ,  o  sia  Barometro  chiuso, 
esplorato  accuratissimamente  l'elaterio  dell'aria  saturata,  e  non 
saturata  ,  e  soprasaturata,  secca,  ed  umida  , variazioni  non  trovò 
corrispondenti  a  tali  vicissitudini .  Quanto  poi  simili  esperimenti 
provino  delle  operazioni  della  natura,  niente  di  questo  risponde- 
rò ;  solamente  sostengo,  che  a  cielo  disposto  alla  pioggia  raccol- 
ta essendo  copia  di  vapori  maggiore  superiormente  ,  che  alla  su- 
perficie della  Terra  ,  come  lo  prova  la  diuturna  esperienza  delle 
nubi ,  e  spessissime  volte  l' Igrometro  elevato  a  gran  secco,  quan- 
do la  pioggia  sembra  prossima  a  cadere,  se  1'  aria  pegli  umidi  va- 
pori superiormente  più  rara  diventa  ,  come  il  Sig.  De  Lue  pen- 
sa i 


l44  Pj2^    ISPIEGARE    LA    DISCESA    DEL    BaUOMETRO    CC. 

sa  ;  ciò  non  potendo  avvenire  senza  dilatazione  ,  e  la  dilatazione 
spiegandosi  non  solo  lateralmente,  -verso  1'  alto  ,  ma  verso  il  I)a3- 
so  ancora  ,  dorrebbe  necessariamente  seguire  una  certa  pressio- 
ne dagli  strati  superiori  dell'aria  sopra  gli  inferiori,  e  quindi  una 
elevazione  di  Barometro  ,  non  una  depressione  .  Dunque  V  ipo- 
tesi Deluchiana  cade  intieramente . 

Simile  quasi  all'ipotesi  di  de  Lue  ne  produsse  una  il  Pignot- 
ti  nostro  Italiano  {  Congetture  meteorologiche)  .  Questo  chiarissi- 
mo Fisico  e  Poeta  pensa  ,  che  le  flogistiche  esalazioni ,  quando 
si  mescolano  coli' aria  atmosferica,  indeboliscano  quella  forza  , 
colla  quale  l'aria  stessa  risolvea  li  vapori  ,  e  scioltili  riteneva, 
e  quindi  segua  la  loro  caduta  .  L'  esalazioni  poi ,  e  le  particole 
dell'aria  infiammabile  ,  com' Egli  dice,  essendo  nolto  più  rare 
dell'aria  comune,  la  loro  accessione,  e  mescolanza  rendendo 
r  aria  stessa  umida  molto  più  ,  la  rendono  anche  insieme  più 
leggera  ,  e  quindi  s' intende  perchè  il  Barometro  discenda  alla 
sopravegnenza  dell'umidità  dell'aria  ,  e  alla  caduta  prossima 
della  pioggia  .  Ma  oltre  che  a  questa  ipotesi  si  oppone  quella  dif- 
ficoltà 5  che  in  ultimo  luogo  addussi  contro  de  Lue,  vi  si  oppon- 
gono anche  quegli  esperimenti  di  Saussure  ,  per  li  quali  scopre , 
che  r  esalazioni ,  sebbene  le  più  flogistiche,  e.  gr.  dell'  etere,  de- 
gli o!j  pingui  ed  essenziali  j  come  li  chiamano,  non  separano 
dall'aria  umidità  alcuna  sensibile  ,  ed  anzi  che  l'aria  infiamma- 
bile del  pari  che  l'aria  comune  ,  scioglie  affatto  i  vapori,  piutto- 
sto che  sforzarli  a  conglobai'si  ,  e  cadere  .  Sembra  dunque  che 
anche  questa  ipotesi  si  possa  liberamente  rigettare  . 

Passo  ad  esaminare  l' ipotesi  del  Sig.  Saussure  .  Questo  som- 
mo Fisico  neir  esimia  sua  Opera  d'Igrometria  ,  non  volle  omet- 
tere questo  argomento  ,  e  nel  capitolo  quarto  >  rigettata  prima 
l'opinione  del  Sig.  de  Lue,  benché  sembrasse  inclinarvi,  e  quel- 
la del  Sig.  Pignotti  ,  propone  certe  generali  cogitazioni  intorno 
al  calore  ,  al  freddo ,  ed  ai  venti ,  e  quindi  pretende  sciogliere  in 
gran  parte  questa  difficilissima  questione  .  Vale  a  dire  ,  essendo 
che  il  calore  rarefacondo  ,  il  freddo  condensando,  e  i  venti  ra- 
pendo, o  cumulando  i  vapori,  cangiano  il  peso  dell'  aria  ,  e  indu- 
co- 


Del  Sic.  Abate  Vincenzo  Chiminello  .  i45 

cono  grandi  mutazioni  nell' atmosfera,  quindi  accade  general- 
mente, com'egli  pensa,  che  il  Barometro  a  vicenda  si  elevi  , 
e  si  deprima;  e  i  venti  specialmente^  dice,  sono  le  cagioni  di  ta- 
li vicissitudini  del  Barometio .  E  quanto  alla  discesa  del  Barome- 
tro all'approssimarsi  la  jiioggia,  punto  principale  della  quistione, 
osserva  il  chiarissimo  Autore,  che  in  Inverno  i  venti  ,  li  quali 
portano  la  pioggia  sono  per  lo  più  Australi ,  e  però  che  questa 
causa  corrisponde  abbastanza  bene  all'  effetto,  perchè  i  detti  ven- 
ti seco  traggono  ,  insieme  coi  vapoiù  ,  il  calore  di  quelle  regioni , 
e  quindi  facendo  1'  aria  più  rara,  ne  diminuiscono  1'  elaterio  ed 
il  peso,  e  il  Barometro  deve  discendere,  né  in  tale  circostanza  si 
vede  ascendere  che  rare  volte  .  In  oltre  contro  il  Sig.  de  Lue ,  il 
quale  niente  ,  o  poco  attribuisce  al  calore,  soggiunge,  che  i  me- 
desimi venti  anche  in  estate  molto  aco^'escono  il  calor  medio 
dell' atmosiera,  sebbene  allora  per  la  caduta  pioggia  sembri  sen- 
tirsi 1'  aria  qualche  poco  rinfrescata  ,  perchè  appunto  la  pioggia 
stessa  ,  cadendo  dalle  superiori  regioni  più  fredde  ,  o  meno  cal- 
de ,  causa  è  che  i  venti  Australi  simulino  la  natura  dei  Boreali  . 

Tal  è  il  ragionamento  del  Sig.  Saussure  ;  ma  un  tal  modo  di 
ragionare  ,  sebbene  cauto  e  parco  ,  oltre  che  non  porge  una 
completa  soluzione  del  problema,  non  può  schivare  gravi  dif- 
ficoltà. Imperciocché  in  inverno,  per  esempio,  che  seguirà,  se  gli 
Australi  venti  soflfiino  superiormente,  e  non  tocchino  la  super- 
ficie della  Terra,  come  non  di  raro  si  osserva  dal  moto  delle  nu- 
bi ?  Per  la  dilatazione  dell'  aria  superiore  dovrebbe  seguire  una 
pressione  sopra  la  inferiore,  e  una  elevazione  di  Barometi  o  anche 
in  tempo  piovoso,  ed  all'opposto  qui,  continuando  una  temperie 
notabilmente  fredda  e  insieme  quieta  ,  vediamodiscendercMl  Ba- 
rometro .  E  nella  medesima  stagione  all'  avvicinarsi  ,  o  cadendo 
la  pioggia  ,  che  dire  della  discesa  del  Barometro  soffiando  ,  come 
alle  volte  accade ,  qualche  vento  Boreale  vero  ,  non  Australe  ri- 
percosso ?  In  estate  poi  quante  volte  piove  tranquillamente  spi- 
rando venti  Australi  !  Q:ìasi  mai  .  Forse  piuttosto  ,  qualunque 
altro  vento  spirando  ,  procellose  ,  dirotte  piopgie  non  cadono  ,  e 
grandini  ?  Saussure  però  sostenendo  ,  come  può  ,  la  sua  ipotesi 

Tomo  XIII.  19  ^   av- 


l46  Per  ISPIEGARE  LA  DISCESA  DEL  BaIIOMETRO  CC. 

avverte,  che  i  venti,  i  quali  scorrono  trasversalmente,  o  sia  oriz- 
zontalmente diminuiscono  il  peso  delT  aria  j  ma  all'  opposto  dirò 
io,  che  i  venti  i  quali  scendono,  o con  direzione  inclinata,  o  ver- 
ticalmente, accumulando  aria  sopra  d'aria  dovrebbero  per  questa 
cagione  produrre  una  elevazione  di  Barometro,  ed  in  vece  pio- 
vendo, anche  in  tale  circostanza  del  medesimo  vedesi  una  qual- 
che depressione  secondo  l' ipotesi  Leibniziana .  E  nella  stessa  sta- 
gione, spirando  anche  lievemente  venti  Boreali  freddi,  scende  il 
Barometro  ,  cade  la  pioggia.  Finalmente  osservo  che  il  Sig.  Saus- 
sure propone  una  ipotesi  ,  la   quale  poco  si  accorda  coi  suoi  prin- 
cipi .  Imperciocché  il  calore  ,  e  la  libertà  dell'  aria  sono  i  due  ele- 
menti, dai  quali  si  genera  il  di  lui  vapore  elastico,  cbe  rende  più 
gravitante  l'atmosfera;  lo  rinfrescamento  poi  è  l'altro  elemento, 
per  cui  si  condensa  il  detto  vapore,  si  uniscono,  e  cadono  gli  altri 
vapori  ,  e  rimane  più  leggiera  1'  atmosfera  .  Doveva  dunque  at- 
tribuire ai  venti  freddi ,  piuttosto  die  ai  caldi  ,  la  causa  della 
discesa  del  Barometro  .  Questa  difficoltà  per  altro  sembra  preve- 
duta dallo  stesso  Sig,  Saussure  ,  ma  la  dissimula  ,  e  si  propone  la 
inversa  ,  cui  pensa  risolvere  più  facilmente  . 

Egli  dice  pertanto,  la  densità  dell'aria  dal  freddo  accresciuta 
se  il  Barometro  eleva.  Io  stesso  freddo  dovrebbe  estenuare  la  for- 
za  dissolvente  dell'aria,  contraere  i  vapori,  e  quindi  lasciar  cade- 
re la  pioggia  ;  laonde  l'elevazione  del  Barometro  dovrebbe  tener- 
si come  indizio  della  pioggia  .,  non  di  serenità:  all'opposto  il  calo- 
re accrescendo  la  forza  dissolvente  dell'aria,  e  insieme  tenendola 
più  leggera,  la  discesa  del  Barometro  sarebbe  indizio  di  serenità. 
Così  però  a  sé  risponde .  In  Europa  i  venti  più  freddi  sono  i  Bo- 
reali ,  ed  elevano  per  lo  più  il  Barometro  ,  e  sono  anche  molto 
secchi;  senza  eflVtto  dunque  tali  venti  rinfrescano  li  strati  supe- 
riori dell' Atmosfera  ,  imperciocché  la  siccità,  che  apportano, 
tiene  in  soluzione  i  vapori  ;  i  medesimi  venti  inoltre  scacciano 
r  aria  vecchia,  e  ve  ne  sostituiscono  di  nuova  fjedda,  e  densa,  e 
quindi  abbiamo  il  Barometro  elevato  ,  e  insieme  il  cielo  sereno  . 
Al  contrario  pregna  1'  Atmosfera  di  vapori  ,  se  spiri  qualche  ven- 
to Boreale  freddo  si,  ma  insieme  umido,  o  solamente  freddo,  ma 
-     .  i  -  .li.  su- 

-  '  ■        ■  / 


Del  Sic.  Abate  Vincenzo  CniMiNELto  .  147 

sul)ifaneo,  avremo  contro  1'  aspettazione  il  Barometro  elevato  , 
e  istantaneamente  la  pioggia  .  1  venti  Australi  poi  essendo  cai  idi 
ed  umidissimi,  se  giungano  ad  una  massima  altezza  dell'  Atmos- 
fera, riscaldano  bensì  1'  aria  ,  ma  nel  tempo  stesso  indi  si  alfred- 
dano,  depongono  i  vapori ,  e  si  forma  la  pioggia  ,  e  se  tali  venti 
sieno  non  umidi ,  ma  secchi,  allor  vedremo  il  Barometro  depres- 
so ,  ma  niente  di  pioggia. 

Secondo  Saussure  adunque  i  venti  freddi  Boreali,  ora  porta- 
no la  pioggia  ,  ora  nò;  gli  Australi  poi  (  umidissimi,  o  secchi  a 
piacere  )  depongono  i  vapori ,  e  apportano  pioggie  ,  se  scorrano 
perla  regione  alquanto  sublime  dell'  Atmosfera  ,  e  indi  concepi- 
scano freddo,  vale  a  dire  quando  realmente  prevalendo  il  freddo 
l'aria  poco  si  rarefaccia  .  Finalmente  dunque  il  Sig.  Saussure  do- 
vieJ)be  confessare  che  il  freddo  è  la  causa  dell'  unione  ,  della  ca- 
duta dei  vapori  ^  e  della  pioggia;  e  mi  peidonino  i  difensori  di 
questa  ipotesi,  se  dirò,  che  con  si  vago  ragionamento  si  sottrasse- 
ro dalla  diflicoltà  non  sapendola  risolvere.  Conchiudasi  dunque  , 
che  né  pure  l' Ipotesi  di  Saussure,  come  peculiare,  precaria,  e  in 
se  stessa  contradittoria  ,  si  può  seguire  per  ispiegare  il  lenomeno 
di  cui  si  tratta  . 

Finalmente  non  devo  passare  sotto  silenzio  l' ipotesi  di  Mon- 
signor Giovene  benemerito  Socio  nostro  .  Que-jto  dottissimo  Pre- 
lato versalo  del  pari  nelle  dottrine  spettanti  al  gravissimo  suo  ec- 
clrsiastico  Ministero  che  nelle  Fisiche,  ed  abilissimo  Osservatore/ 
da  una  serie  di  osservazioni  Elettrico-Atmosferiche,  e  Barometri- 
che insieme  paragonate  (  Tom.  Vili  di  questa  Società  )  conclude, 
che  a  ciel  sereno  v'  è  molta,  o  frequente  elettricità  nell'atmoslera 
in  tempo  ,  che  il  Barometro  ò  discendente  o  disposto  ,  o  vicino  a 
discendere,  ed  al  contrario,  che  ve  n'  è  poca,  o  poco  frequente  , 
quando  il  Barometro  ascende  ,  o  è  disposto,  o  prossimo  a  salire  ; 
quindi ,  estendendo  la  conseguenza  .,  pensa  che  generalmente  la 
vera  causa  della  reciproca  rarefazione,  e  condensazione  dell'  At- 
mosfera ,  del  suo  flusso, e  riflusso,  del  suo  aumento,  e  decremento 
di  peso,  delle  variazioni  Barometriche  possa  essere  non  altro,  che 
la  elettricità  secondo  che  cresce,  o  si  diminuisce. 

Que- 


li^'d  Pel  isriEGARE  la  discesa  dttl  Tjakometro  ec. 
Questa  ipotesi  cosi  semplice  ,  prescindendo  dalle  cause  acci- 
dentarie,  frequenti  però ,  che  intervengono  nell'  Atmosfera  ,  ge- 
neralmente bene  spiega  ,  a  dir  vero,  le  variazioni  Barometriche 
in  tempo  sereno,  o  nuvolo  non  turbato  ,  come  osservò  il  chiaris- 
simo Autore;  masi  domanda  particolarmente,  perchè  in  tempo 
disposto  alla  pioggia,  o  piovendo,  e  questa  è  la  (questione  pre- 
sente, il  Barometro  per  Io  più  discenda,  e  si  può  aggiungere,  per- 
chè talvolta  in  simil  tempo  il  Barometro  si  elevi,  od  oscilli?  Ora 
che,  quando  il  tempo  è  disposto  alla  pioggia,  alla  neve,  ec.  il 
fuoco  elettrico,  la  cui  uscita  è  allora  la  più  copiosa ,  come  pare  ^ 
rarefacendo  1'  aria,  e  meccanicamente  elevandola,  e  sostenendo- 
la ,  vincendo  anche  nello  stesso  tempo  la  resistenza,  e  pressione 
delle  colonne  laterali ,  sia  la  causa  che  il  Barometro  discende  , 
questo  chiaramente  s'  intende  ,  e  1'  ipotesi  eh'  esporrò  ,  a  cui  ho 
pensato  già  sin  da  i6  anni  e  più,  ed  ancbe  ne  scrissi  per  mia 
iTiemoiia  ,  comprende  tra  gli  altri  il  medesimo  principio;  ma  se, 
come  spiega  il  celebre  Autore,  il  fuoco  elettrico  in  tempo  sere- 
no, o  non  turbato  ,  quando  abbandona  1'  Atmosfera  ,  1'  aria  si  ri- 
stringe, e  condensa,  e  il  Barometro  ascende,  istessameiite  dovreb- 
be ascendere  ,quando  il  fuoco  elettrico  in  terra  scende  congiunto 
alla  pioggia ,  ed  invece  per  lo  più  discende  ,  almeno  per  qualche 
tempo,  seguitando  la  pioggia  ,  e  scende  spesse  volte  più  di  que!- 
yìo,  che  corrisponderebbe  alla  quantità  delia  pioggia  stessa;  dal 
che  si  comprende  che  la  condensazione  dell'  aria  proveniente 
dall'  abbandono  dell'  elettrico  fuoco  allora  non  è  bastevole  a 
produrre  1'  elevazione  Barometrica,  e  però  egli  è  evidente,  do- 
vervi essere  qualche  altro  più  efficace  elemento  influente  all'azio- 
ne contraria.  Né  pure  questa  ipotesi  adunque  ,  benché  parta  da 
un  principio  probabilissimamente  vero,  strettamente^  come  fu 
esposta  ,  soddisfa  intieramente  alla  quistione  ,  e  però  non  crede- 
rò soverchio,  ed  inutile  oggi  produrre  in  modo  più  esteso  ,  e  cir- 
costanziato ciò  che  pensni  su  questo  argomento  . 

Io  suppongo  già  in  tempo  disposto  alla  pioggia,  neve,  gran- 
dine ,  ec.  ,  il  fuoco  elettrico  come  principale  ,  e  più  eflicace  cau- 
sa della  diminuzione  dipeso  dell'  Atmosfera,  e  della  depressione 
V-.  del 


Del  Sic  Adate  Vincenzo  Chiminello  »  l^cj 

del  Barometro;,  ma  insieme  credo,  che  concorrano  allo  stesso  ef- 
fetto, altri  elementi ,  come  particole  spiritose  ,  oleose  ,  sulfuree  , 
ce.  che  si  elevano  dalla  Terra  per  moto,  o  proprio,  o  comunica- 
to ,  ed  entrano  nella  composizione  di  tali  meteore.  Di  tali  ele- 
menti però  considero  la  sola  azione  meccanica,  prescindendo  dall' 
azione  chimica  ,  che  hene  non  s'intende,  o  se  anche  la  si  sup- 
ponga non  può  tenersi  come  operativa  nell'effetto^di  cui  si  trat- 
ta, senza  1'  azione  meccanica,  perchè  una  massa  qualunque  soli- 
da ,  o  fluida,  se  rimane  la  stessa^  non  cresce,  o  decresce  di  peso 
camhiandosejie  il  volume;  né  oziosa  credo  finalmente  1' azione 
meccanica,  anzi  la  credo  molto  operati\a,  del  calore  naturale 
prodotto  dal  Sole  sulla  superficie  della  Teria  ,  il  ipiale  in  un  coi 
vapori  si  eleva  ,  e  avanti  la  pioggia  ,  e  molto  più  allor  die  piove  , 
similmente  come  si  eleva  il  calor  delle  brage  spruzzate  coU'acqua. 

Dalla  uscita  pertanto  più  copiosa  della  Terra,  ed  esaltazione 
dei  detti  elementi,  specialmente  del  fluido  elettrico,  e  forse  an- 
che del  Magnetico  (  probabilmente  i  primi  eccitanti  allo  svilup- 
po )  che  r  aria  venga  meccanicamente  affetta  ,  urtata,  e  spinta 
all'  insù  ,  questo  si  può  facilmente  dimostrare  .Imperciocché  ta- 
li elementi,  elevandosi,  non  possono  certamente  1'  aria  penetrare 
senza  toccare  le  sue  particole  mobilissime  ,  le  quali  perciò  devo- 
no ricevere  un  impulso,  e  cedere  un  poco  di  luogo:  concepiscono 
dunque  un  moto,  il  quale  anche  sarà  accresciuto  dall'elaterio,  e 
dall'inerzia;  tal  moto  poi,  qual  non  è  forse  assurdo  supporsi  a 
modo  di  continuata  esplosione  ,  si  farà  specialmente  verso  l'alto, 
non  trasversalmente,  perchè  la  sorgente  materia  esce  da  esteso 
tratto  della  terra.  Advmque  si  farà  dell' aria  sopraincombente 
una  quasi  comune  espulsione,  un  sostegno,  onde  seguirà  necessa- 
riamente la  diminuzione  della  pressione  atmosferica,,  e  la  discesa 
del  Barometro  . 

Che  poi  si  ecciti  dalla  materia,  che  esce  dalla  Terra,  un  bolli- 
mento, un  fervore,  una  agitazione,  una  forte  espulsione  ne'giorni 
precedenti  alla  pioggia  ,  alla  neve  ,  alle  procelle  ,  ec.  ,  più  feno- 
meni simultaneamente  lo  comprovano.  Iniperc  occhè  vediamo  li 
piccioli  fossi,  e  stagni  d' acqua  rasciugarsi,  i  fiumi  ,  i  laghi,  li 

pra- 


l5o         Pel  isriEGARE  i,a  discesa  del  Barometuo  ec 
prati  mandar  fuori  neljbie  ,  le  tenue  più  di  frequente  vom  ilare 
le  fumicazioni,  sentiamo  li  pozzi  rumoreggiare  ,  fintiamo  gr.iti 
ed  ingrati  odoti  per  T  aria  sparsi,  di  notte  vediamo  le  esalazioiii 
focose  delle  paludi ,  e  dei  grassi  campi  ;  e  gli  animali  finalmente , 
qual  curioso  sjiettac  do  non  ci  presentano?  11  divino  Poetalo  pin- 
ge  si  bene  ,  che  sempre  mi  piace,  e  lo  ripeterò  . 
Tuin  lìquìdas  Corvi  presso  ter  gutture  voces  , 
Aut  quater  ingeminant ,  &<.  saepe  cubìlìbus  altìs  , 
N escio  qua  praeter  solitiim  dulcedine  laetì  , 
Inter  se  foiìis  strepitant:  jiivut  iinbnbus  actis 
Progeniem  paniain  ,  dulcesqite  revisere  nidos  . 
Haud  equidem  credo,  quia  sit  divinìtus  illis 
Ingenium  ,  aut  rerum  fato  prudentia  major; 
Verum  ubi  tempestas  ,  &.  coeli  mobilis  hunior 
Mutavere  vlas  ,   &.  Jupiter  humidus  austris 
Derisati  erant  quae  rara  modo  ,  B^  quae  densa,  relaxat; 
Vertuntur  specics  animorum  ,  &.  pectora  motus 
Nunc  alios  ,  alios  dum  nuhìla  ventiis  agebat 
Concipìunt .  Hiiic  ille  aviiim  concentus  in  agris  , 
JEt  laetae  Pecudes  ,éA  ovantes  gutture  Corvi  . 
Da  tutto  ciò  pare  dunque  abbastanza  dimostrata  1'  azione  mecca- 
nica, di  cui  parlo,  altra  causa  molto  più  potente  che  la  Leibniziana, 
della  discesa  del  Barometro  a  cielo  piovoso;  ma  quanto  vaglia,  ri- 
flettiamovi un  poco,  ed  applichiamola  . 

Tra  le  cause  ,  delle  quali  una, od  un'  altra  credesi  operativa 
nella  produzione  di  un  fenomeno,  di  cui  debba  rendersi  adegua- 
ta ragione,  deve  sciegliersi  quella  ,  che  sia  più  valida,  più  co- 
stante e  generale,  e  in  tempo  che  il  fenomeno  si  produce,  non 
perda,  o  interrompa  la  forza  sua  .  Ora  la  causa  che  espongo  del 
pari  che  la  Leibniziana,  certo  è  generale  e  costante,  e  ritiene  la 
forza  d'  agire  ,  imperciocché  l'esalazioni,  od  evaporazioni ,  dal- 
le quali  essa  dipende  ,  necessaiiamente  precedono  sempre  le 
piopgie  ,  e  penetrando  F  aria,  queste  non  possono  non  agire,  sin- 
ché sono  in  movimento;  ma  insieme  è  più  valida,  come  si  com- 
prende per  la  grande  e  lunga  discesa  del  Baromeiro  ,  che  corris- 

pon- 


Del  Sic.  Abate  Vincenzo  Chiminello  ►  l5i 

pondc,  non  alla  quantità  della  pioggia  soltanto';,  ma  insieme  a  tut- 
te le  azioni  dei  vapori ,  e  degli  altri  elementi ,  che  si  elevana,  e 
compongono  la  pioggia,  o  le  altre  meteore^sotto  le  quali  discende 
il  Barometro,  e  corrisponde  al  numero  de'  giorni ,  o  sia  all'  intie- 
ro spazio  di  tempo,  in  cui  la  materia  s'  accumula  alla  composi- 
zione delle  meteore  ;  è  preferibile  alle  cause  immaginate  dai  Si- 
gnori de  Lue  ,  Pignotti,  e  Saussure^  precarie,  come  s' è  veduto  , 
})cculiari ,  spesso  interrotte ,  o  non  attive  ;  è  preferibile  al  sem- 
plice solo  fuoco  elettrico  nel  modo,  che  espone  Monsignor  Gio- 
vene  ,  perchè  si  comprende  ,  come  possa  il  Barometro  nella  mia 
ipotesi  seguitare  a  discendere  ,  Io  che  fa  per  lo  più  nell'atto  che 
piove,  per  la  forza  d'uno  dei  supposti  elementi^,  cioè  per  il  calore 
natuiale  ,  che  si  eleva  dalla  superficie  della  Terra  eccitata  dalla 
cadente  pioggip  ,  il  quale  superando  la  tendenza  alla  condensa- 
zione dell'aria  abbandonata  dal  fuoco  elettrico  disceso  colla  stes- 
sa pioggia  ,  ne  sostiene  il  peso;  e  finalmente  preferibile  si  è  alla 
forza  del  disequilibrio  nell'  ipotesi  Leibniziana  ancora,  perchè 
si  spiega  chiaramente,  come  tosto  vedremo,  l'anomalia,  che, 
talvolta  si  osserva ,  dell'  ascesa  del  Barometro  in  tempo  alla 
pioggia  disposto,  o  nel  tempo  stesso  che  piove  . 

Questa  singolare  anomalia  per  mezzo  del  freddo  accresciuta 
negli  strati  superiori  dell'  Atmosfera  ,  o  per  mezzo  dei  venti ,  i 
quali  accumulano  1'  aria,  o  per  le  leggi  dell'equilibrio^,  alcuni  co- 
modamente in  vero  la  spiegano  ,  ma  non  intieramente  ,  come  so- 
pra s'è  rimarcato  ,  perchè  tali  cause  non  sembrano  sufficienti  ad 
ispiegare  le  celerissime,  e  grandi  ascese  Barometriche,  lo  per  al- 
tro non  escluderò  l'  effetto  di  tali  cause  j  qualora  intervengano; 
ma  se  alle  volte  in  fatto  mancassero  ?  Che  poi  talvolta  manchino, 
tempo  lungamente  tranquillo,  una  dolce  temperatura,  il  Termo- 
metro lentamente  ascendente,  l'Igrometro  quasi  costante,  il 
movimento  lentissimo  delle  nubi  lo  comprovano.  All'opposto,  am- 
messa la  nostra  ipotesi ,  concorrano,  o  non  concorrano  simili  cau- 
se, r  anomalia  facilmente,  e  ,  come  parmi  ,  soddisfacentemente 
si  spiega.  Imperciocché  supponiamo  avanti  la  pioggia  ,  farsi  gra- 
datamente mediocri  esalazioni ,  ed  evaporazioni ,   il  Barometro 

sen- 


iB'j.  Per  ispiegars  la  discesa  dkl  Barometro  ec« 
senza  interruzione  discenderà;  supponiamo,  che  da  principio 
sbocchino  in  gran  copia,  e  poi  a  poco  a  poco  diminuiscano  sino  a 
mancare  aflattOj  si  vedrà  il  Barometro  prima  a  discendere  ,  poi 
elevarsi  lentamente  ,  e  finalmente  farsi  stazionario  ;  suj)poniair  o 
finalmente,  che  1' esalazioni ,  e  i  vapori  ora  con  impeto,  ora 
lentamente  ,  ora  copiosamente,  o  scarsamente  sorgano  in  uno 
stesso  giorno,  o  anche  in  meno  di  tempo,  quindi  ne  seguirà  dell' 
aria  una  elevazione  ,  e  dilatazione ,  una  contrazione,  e  pressione 
a  vicenda,  e  vedremo  il  Barometro  spesso  elevarsi,  spesso  discen- 
dere, e  spesso  immobile.  Questo  fenomeno  non  rade  volte  si  os- 
serva all'approssimarsi  fra  poco  una  qualche  procella  . 

Peraltro  può  avvenire  alle  volte,  come  nella  stagione  d'in- 
verno in  tempo  di  disgelo  col  terreno  sotto  agghiacciato,  che  iu 
cadendo,  o  caduta  la  pioggia,  il  calore  che  dalla  superficie  nostra 
si  sviluppa  ,  e  si  eleva,  essendo  poco,  ed  anche  in  estate  dopo  una 
o  due  prime  abbondanti  pioggle  la  maggior  parte  sublimato,  e  in 
seguito  scarso  elevandosi,  non  superi  dell'aria  già  scaricata  di 
elettrico  fuoco  la  tendenza  alla  condensazione,  ed  il  Barometro, 
seguitando  ancor  piovere,  ascenderà;  ma  l'anomalia  resta  non- 
dimeno spiegata  secondo  i  nostri  principj  . 

Mi  lusingo  adun{[ue,  che  1'  esposta  Ipotesi  abbia  un  qualche 
grado  di  maggior  probabilità  ,  e  forse  di  evidenza,  e  sia  preferi- 
bile alle  ipotesi  sopra  esaminate;  ma  la  sottopongo  al  giudizio  dei 
Fisici  più  di  me  illuminati  . 


■  I  !' 


SU 


iS3 


SU  LA  GONORREA  NEL  SONNO  E  SUO  RIMEDIO . 

MEMORIA 

Del  Sic.  Giovanni  Veraudo  Zeviani 
Ricevuta  il  dì  i  Marzo  1806, 

V  arie  spèzie  di  Gonorrea  distinguono  gli  Autori  :  io  qui  parlo 
vinicameiite  di  quella  che  succede  nel  sonno  ;  ed  è  perciò  detta 
dai  Greci  Oneirogono  .  E  questa  d'  ordinario  una  conseguenza 
dell' abbominevole  vizio  detto  dai  Greci  anaflasmo  (i)  ,  e  dai  La- 
tini Masturbatio  .  Costituisce  essa  una  pessima  malattia  che  in- 
sieme col  corpo  inferma  anche  1'  animo  ;  ed  è  giudicata  comune- 
mente di  difficilissima  guarigione  .  Ippocrate  non  valse  a  guarire 
Satiro  (a)  .  Galeno  si  pavoneggia  per  essergli  riuscito  di  sanare 
mio  di  questi  ammalati  (3)  .  II  Boeravio  giunto  all'  età  senile  ,  si 
doleva  di  avere  avuto  l' incontro  di  medicare  alcuni  di  questi  in- 
ferrai ,  senza  essere  arrivato  a  guarirne  pur  uno  :  hoc  maliun  sae- 
pe  vidi  ,  ncque  umqiiam  curare potui  (4)  •  Cosi  è  pur  a  me  avve- 
nuto ,  sinché  essendomi  risoluto  di  cangiare  1'  usato  metodo  di 
cura  ,  r  affare  mi  riuscì  in  tutti  gli  infermi  felicemente.  Di  tre 
di  questi  vengo  a  fare  qui  una  brevissima  commemorazione  . 

ISTORIA  PRIMA. 

Un  Giovane  OltramarJno,  ben  complessionato  per  natura,  e 
forte  ,  essendo  incorso  da  qualche  anno  nel  vizio  dell'Anaflasmo, 
Tomo  XIII.  ao  pas- 


(i)  Ignoranclosi  questo  vocabolo  .  si  è 
sostituito  l'altro  di  Onaii'umo  :  dciivan- 
«lolo  da  un  certo  Ono?;,  rirordato  nello 
Sagre  Carte  .    Ma  d'  altra  maniera   fu  il 


delitto  di  Onan  . 

(2)  In  Epid.  lib.  6,  seet.  8. 

(3)  De  Sanit.  tuenda  lib.  6,cap.  i'^. 
(,4)  Fraelect,   num.   776. 


i54  Su  LA  Gonorrea  net.  sonno  ec. 

passò  uJ  essere  bruttato  contro  sua  voglia  dalla  gonorrea  vera  nel 
sonno  \  per  la  quale  toltogli  il  vigor  delie  for^e  ,  e  venuta  meno 
la  nutrizione  ,  si  rese  inabile  a  sostenere  il  peso   e  la  fatica  del 
continuo  viaggiare  ,  a  che  era  obbligato  dall'  impiego  suo  mer- 
cantile .  Crebbe  il  suo  incomodo  a  segno  tale  che  già  venne  ad 
essere  di  continuo  tormentato  dal  dolore  de'  lombi ,  da  fiere  con- 
vulsioni lungo  la  spina  del  dorso  :  le  quali  ascendevano  al  capo , 
e  gli  davano  moleste  scosse  alla  nuca  .  Ed  oltre  a  ciò  era  divenu- 
to melanconico  ,  timido,  pusillanime;  qualche  tratto  agitato  da 
furia  e  da  disperazione  .  In  tale  stato  era  il  misero  uomo  ,  quan- 
do provati  già  indarno  li  più  approvati  medicamenti  ,  suggeri- 
tigli nelle  principali  Città  d' Italia  dai  più  accreditati  Medici , 
sen  venne  a  me  per  consiglio  .  Aveva  infatti  fatto  uso  replicato 
e  lunghissimo  della  Chinachina  ,  del  ferro  ,  delle  fredde  bagna- 
ture ,  degli  imbusti  di  ghiaccio  ,  degli  schizzatoj  di  materie  sti- 
tiche  ,  della  dieta  di  puro  latte  :  si  era  astenuto  dal  vino  ,  dai  ci- 
bi salati  ed  aromatici ,  dalle  musiche,  dai  teatri ,  dai  solletican- 
ti trastulli  .  Lo  trovai  disposto  a  fermarsi  qui  in  Verona  ;  pronto 
a  metter  in  pratica  qualunque  rimedio  e  metodo  di  cura  ,  die  mi 
sembrasse  confacente  a  liberarlo  da  questa  sua  sozza  ed  ostinata 
malattia.  Gli  domandai  se  avesse  mai  fatto  uso  dell'  oppio  :  mi 
rispose  che  non   gli    era  mai   stato  prescritto .  In  questo  forse 
starà  la  guarigione   del  vostro  male ,  soggiunsi  io  :  ma  jdìù  è  da 
sperare  nel  metodo  di  ui^arlo  ,  che  nella  forza  del  solo  medica- 
mento .   Così  gli  dissi  io  affidato  alla  grande  autorità  delT  anti- 
co Clero  Scrittore  Jreteo  :  il  quale  parlando  della  cura  di  que- 
sta malattia  arditamente  scrive  :  niedela  non  vacat  discrìmine  ; 
ea  per  somrìiim  profiindiim  ,  lonf^issìmumqiie  praestatur  {J))  .   Il 
metodo  di  rendere  la  cura  con  V  oppio  eflìcace  insieme  e  scevra 
di  pericolo  ,  1'  ho  appreso  dall'  Ileute .  E  consiste  neh'  incomin- 
ciarne l'uso  con  piccole  dosi,  aumentandole  di  tratto  in  tratto 
secondo  la  tolleranza  dell'  infermo,  e  secondo  porta  il  bisogno  . 
La  scelta  dell'  oppiato  medicamento  1'  ho  appresa  dal  rinomato 

Le 

(5)  Acut.  lib.  a^cap.  li. 


k 


Del  Sic-  Giovanni  Verardo  ZeViani  .  l55 

Le  Boe  Silvio  :  il  quale  tanto  uso  facea  dell'  Oppio  nella  sua  pra- 
tica ,  che  si  era  acquistato  il  soprannome,  di  Dottore  Oppiato  . 
Avendo  questo  Autore  architettata  la  composizione  famosa  delle 
pillole  dette  di  stirace,  a  lode  del  vero,  dovette  non  ostante  a  que- 
ste preferire  quelT  altra  comunemente  usata  ^  detta  le  pillole  di 
Cinoglossa  (0)  .  Ecco  infatti  con  questi  riguardi  messo  il  nostro 
ammalato  all'  uso  quotidiano  delle  pillole  di  Cinoglossa  .  Gliene 
prescrissi  di  prima  prova  ogni  sera  quattro  soli  grani  di  peso  : 
qual  dose  ogni  due  o  tre  giorni  andò  aumentandosi  sino  ad  arri- 
vare al  peso  di  venti  grani  .  Non  fu  bisogno  oltrepassare  a  mag- 
gior dose  ;  che  l' infermo  avea  già  sin  dai  primi  giorni  acquistato 
una  nuova  maniera  di  sonno ,  non  piìi  interrotto  dai  fastidiosi 
fantasmi ,  e  da  importuna  gonorrea  .  Con  queir  ordine  con  cui 
era  asceso  a  tal  peso  ,  tornò  addietro  diminuendolo  sino  ai  quat- 
tro grani  di  prima  .  Ripigliò  in  tal  corso  di  tempo  a  poco  a  poco 
il  vigore  ,  e  la  perduta  nutrizione  ;  e  confortato  uell'  animo ,  fa 
in  grado  di  tornare  alla  lontana  sua  patria  . 

ISTORIA  SECONDA 

Qui  pure  si  tratta  di  un  Giovane  per  natura  ben  com- 
plessionato musculoso  e  forte  ,  reso  scarnato  debole  e  malinconi- 
co per  una  ostinata  gonorrea  notturna ,  succedutagli  all'  ana- 
flasmo  ,  già  inoltrata  a  scorrere  anche  di  giorno  nel  rendere  le 
fecce  e  1'  urina  .  Attediato  da  questo  suo  incomodo  è  ricorso  all' 
ajitto  della  Medicina  .  Con  grande  attenzione  e  fedeltà  ha  esegui- 
ti li  suggerimenti ,  e  presi  li  rimedj  prescrittigli  da  un  accredita- 
to Medico  ;  ma  senza  ricavarne  verun  vantaggio  .  Quindi  passato 
sotto  la  cura  d'  un  altro  ,  neppure  senti  verun  alleggerimento  del 
suo  male  :  che  anzi  si  rinforzò  con  convulsioni  che  dì  e  notte  in 
varia  maniera  lo  travagliavano  facendolo  tiemare  e  balzare  dal 
letto  :  per  la  qual  cosa  fuggiva  il  consorzio  delle  persone  senza  sa- 
per talvolta  quello  che  si  dicesse  o  volesse  .  Da  qualche  amico, 

a  cui 

16)  Oper.  p.  m.  71. 


i56  Su  LA  GoNonuEA  Nrr.  SONNO  ce. 

a  cui  manifestò  la  pi  ima  causa  della  sua  iufennità  ,  fu  persuaso  a^ 
provvedersi  il  Libro  del  Tissotti  che  tratta  dell'  Onanismo  :  ma 
non  essendo  Medico  si  attenne  a  varj  rimedj  ,  i  quali  senza  ele- 
zione e  senza  ordine  adoperati ,  notabilmente  accrebbero  il  suo 
male  ;  e  allora  fu  che  ebbe  a  me  ricorso  ;  e  si  risolvè  di  abbando- 
narsi totalmente  alla  mia  cura  .  Qualche  difficoltà  incontrai  a 
persuaderlo  a  fare  uso  costante  e  regolato  dell'  oppio  ;  stantechè 
avea  letto  nel  Tissotti  come  questo  rimedio  non  era  giovevole,  che 
anzi  molto  poteva  pregiudicare.  Pure  avendogli  io  narrato  il  pron- 
to e  mirabile  effetto,  che  nell'addetto  caso^assai  simile  al  suOjl'op 
pio  avea  prodotto ,  si  accinse  ad  usarlo  :  ed  usollo  fedelmente  , 
come  io  gli  prescrissi  .  L'  effetto  fu  il  medesimo  come  nel  primo 
caso  narrato.  Alle  prime  dosi  delle  pillole  di  Cinoglossa  ,  fattosi 
tranquillo  il  sonno,  cessò  la  gonorrea,  e  nel  tempo  stesso  cessò  del 
pari  il  facile  fluir  della  urina  .  Non  fu  d'uopo  in  questo  Giovane 
passare  oltre  i  quindici  grani  delle  pillole;  che  ben  presto  dando 
addietro  la  dose,  tenni  più  breve  la  cura .  Perciocché  essendo  que- 
sto un  eroico  manicatore  per  natura,  temei  che  qualche  danno 
gli  potesse  sopravvenire  dalla  gonorrea  inveterata,  tutto  ad  un 
tratto  sospesa  e  levata  per  for?:a  d'  arte  .  In  fatti  vivendo  questo 
Giovane  in  mezzo  a  quotidiane  occasioni  di  eccedere  nel  vitto  , 
ed  in  una  vita  libera  e  licenziosa  ,  tornò  dopo  qualche  mese  ad 
essere  molestato  dalla  gonorrea  notturna  :  alla  quale  però,  fatto 
dotto  per  se    stesso,  pose  freno  col  ripigliare  di  tratto  in  tratto 
qualche  dose  delle  pillole  usate  .  Tre  volte  in  un  anno  per  gli 
stessi  disordini  tornò  a  ricadere  ,  e  tre  volte  tornò  per  se  stesso  a 
guarire  con  lo  stesso  metodo  di  cura  .  Sinché  per  queste  facili  re- 
cidive fatto  saggio  ed  accorto  ,  mettendosi  risolutamente  in  una 
regolata  vita ,  sussiste  ora  da  molto  tempo  libero  e  sano  . 

ISTORIA  TERZA  . 

Qui  trattasi  di  un  caso  alquanto  più  inoltrato  e  difficile  . 
Trattasi  di  un  Giovane  per  una  pessima  gonorrea  notturna  figlia 
dell'  anaflasmo,  ridotto  non  solo  a  perdere  nutrizione  e  forze  e 
.     -  ad 


Del  Sic.  Giovanmi  Ver.w.do   Z:••.v^A^'r .  loj 

ad  esser  agitato  e  maltrattato  da  orrende  convul&ioni ,  ma  passa- 
to di  più  ad  uscir  di  cervello  con  un  furore  che  in  Donna  sareb- 
be-da  dirsi  uterino  .  Era  assistito  da  due  valenti  Professori ,  che 
non  avevano  omesse  replicate  missioni  di  sangue ,  e  altri  me- 
dicamenti per  metterlo  in  calma  :  ma  tutto  era  nulla.  Chiuso 
era  in  una  camera  cpiando  la  prima  volta  io  fui  chiamato  a  visi- 
tarlo :  ma  qual  rimedio  fuor  dei  prescritti  poteasì  sperare  capace 
di  far  fronte  ad  un  torrente  di  mali  e  di  prave  consuetudini  ?  Il 
solo  oppio  da  me  proposto  ,  usato  con  metodo  ,  valse  ad  appor- 
tare in  pochi  giorni  la  calma  non  si  presto  aspettata  .  Fu  fedele 
r  infermo  a  mettere  in  pratica  le  pillole  di  Cinoglossa  ;  e  fin  dal- 
le prime  dosi  cominciò  a  provarne  il  salutare  effetto;  cangiato 
in  placido  il  turbolento  sonno  e  non  più  agitato  da  sozzi  fan- 
tasmi, cessate  le  convidsioni^  e  tornalo  f  animo  saggio  e  tran- 
quillo .  Arrivò  nel  corso  di  due  settimane  al  peso  di  venti  grani  : 
né  fu  bisogno  oltrepassare  .  Su  questa  dose  lo  tenni  fermo  per  al- 
tri dieci  giorni  ,  e  di  poi  scemò  la  dose:  di  tempo  in  tempo  ritor- 
nando a  prenderne  qualche  piccola  dose  .  Cosi  fu  fatto,  e  gode  il 
Giovane  di  una  lodevole  sanità,  son  già  più  anni  passati  . 

Non  mi  è  noto  che  verun  Autore  abbia  usato  dell'oppio  nel- 
la notturna  gonorrea  col  metodo  da  me  proposto  e  sperimentato  . 
Con  ciò  rispondesi  a  chi  obbiettasse  che  1'  oppio  fu  trovato  inu- 
tile in  questo  morbo  da  qualche  Autore  di  riguardo.  Abbiati  il 
mio  metodo  e  jiossederai  i  miei  secreti ,  disse  il  Capivaccio  ad  uti 
ardito  scolare.  Galeno  si  vanta  in  più  luoghi  di  aver  guariti  parec- 
chi infermi  con  quegli  stessi  rimed]  che  furono  prima  da  altri  Me- 
dici inutilmente  adoperati  . 

Spiegazione  di  alcuni  passi  cV  Ippoc^ate  attenenti 
a  questo  argomento  . 

I.  Vopulariter  grassatae  sunt  tusses  multae  ^  praecipue  au~ 
tempueris  .  Juxta  aures  multi  qualia  satyris  .  Epid.  lib.  6,  n.  ga. 

Che  maniera  di  parlare  è  questa  ?  dice  il  Vallesio  .  Queste 
espressioni  sono  tanto  fra  se  stesse  inconvenienti,  che  non  meri- 
ta- 


l58  Sa    LA    GONORIIEA    NEL    SONNO    CC. 

tario  di  essere  commentate:   ma  giudico  più  tosto  che  debbano 
esser  tratte  fuori  dalle  ragionate  opere  d' Ippocrate  . 

II.  lis  autem  qui  aetate  snnt  majores  ,  tonsillae  ìnflamma- 

tac  ,  ventriculi  in  occipìtio  ìntrorsum  extrusiones,  asthmata  ,  cal- 

culorum  gencrationes ,  lumbrìci  rotundì^  ascarides ,  verriicae  pen- 

siles  ,  satyriasmi  ystrumae ,  &.  alia  tuberciila ,  maxime  vero  su- 

pradiita     Lib.  3.  apli.  26. 

Qui  è  dove  Ippocrate  usa  il  nome  di  satinasi,  come  proprio 
male  de'  piccoli  fanciulli  appena  sortiti  dalla  fatica  dello  spunta- 
re dei  denti .  Sotto  questo  nome  non  si  sa  cosa  intenda  Ippocrate, 
dice  il  Gorlero  •  Resta  un  nome  che  indica  una  cosa  incerta: 
sconcio  ,  che  fa  grandissimo  ostacolo  ai  progressi  dell'  Arte  . 
Laonde  io  stimo  che  debbasi  levare  questo  nome  da  questo  afo- 
rismo  ,  e  vi  sostituisco  1'  altro  stranguriae .  Il  Triverio  pensa  pu- 
re che  sia  un  eri  ore  de'  Copisti  :  e  che  invece  di  satyriasmi  deb- 
ba leggersi  siriasis  ,  che  è  un  male  proprio  dei  fantolini,  del  qua- 
le parla  Paulo  da  Egina  . 

Quanto  al  primo  ,  io  dico  che  tanto  non  sono  discordanti  li 
sensi  di  questo  testo  ,  che  anzi  concordano  con  se  stessi ,  con  la 
verità  del  fatto ,  e  con  gli  altri  luoghi  d' Ippocrate  ,  nei  quali 
parla  di  questa  materia  .  In  due  viziosi  aspetti  si  dipingono  i  Sa- 
tiri :  Satyri  Dionisio  sacri,  qui pìctiira  ,  quique  statuis  erprimun- 
tur  ;  a/recto  pene  figurantnr, d\ce  VAveteo  .  E  Galeno:  Satyros 
pivgunt ,  jiiigiintqne  ohlongos  apiid  diires  excessus  hahentes .  Non 
ebbe  riguardo  Ippocrate  al  primo  di  questi  difetti ,  ma  puramen- 
te al  secondo  quando  usò  il  nome  di  Satiriasmo.  Non  occorre  du- 
bitarne mentre  spiega  egli  stesso  la  mente  sua:  Populariter gras- 
satae  sunt  ti/sses  multae ,  die'  egli ,  praecipue  autem pueris  .  Jux- 
ta  aures  multi  qualia  Satyris  . 

Con  ciò  concorda,  e  resta  spiegato  ,  in  secondo  luogo,  quell' 
aforismo  che  ha  data  tanta  briga  agli  Interpreti  :  mentre  in  esso 
all'  età  ancor  tenera  appropria  Ippocrate  la  satiriasi,  quando  non 
si  è  ancor  atto  alla  generazione.  De' teneri  fanciulli  in  fatti  è 
propria  quella  gonfiezza  alle  orecchie  ,  che  rende  mostruosa  la 
ior  faccia  mentre  facendola  più  gonfia  in  tal  parte,  fa  parere  più 

an- 


I 


Del  Sic.   Giovane  VEriAUDO  Zìlviani  .  l5r) 

angusto  il  mento  di  quanto  sia  in  realtà .  Finse  qui  Ippocrate  op- 
porUmainente  quella  malattia  ,  che  noi  spesso  abbiam  veduta 
epidemica  ne'  fanciulli ,  la  quale  dalle  nostre  Donne  ,  che  non 
sanno  di  satiri,  è  chiamata  mal  del  montone;  ed  irì  fatti  al- 
tro non  è  che  la  vera  ed  essenziale  parot'ide  epidemica  ;  a  dit- 
ferenza  della  parotide  pestilenziale  ,  che  è  accidentale  e  sin- 
tomatica .  Pei'chè  s'  aggira  sotto  e  d' intorno  alle  orecchie  ,  que- 
ste pure  riscaldando  ed  infiammando ,  dagli  Italiani  vien  no- 
minata questa  malattia  orecchioni  .  Mal  s'  appose  un  mo- 
derno Autore  che  amò  meglio  chiamai  la  con  termine  greco 
più  nobile  ipomala  ,  mentre  questo  termine  greco  sÌ2,nifica 
sotto  l'ascella,  non  già  sotto  la  mascella  .  Resta  a  mostrare,  se  ai 
tempi  d' Ippocrate  era  questa  Epidemia;  la  quale  è  comparsa  nel- 
le nostre  regioni  poco  prima  di  un  secolo  fa:  tacendone  tutti  gli 
Scrittori  sino  a!  tempo  di  Frate  Cristine  da  Giovelliua,  e  del  mio 
Maestro  Girolamo  Gaspari,  che  la  osservò  nell'Istria  l'anno 
1717,  e  la  descrive  egli  minutamente  in  un  suo  libro  che  ha  per 
titolo  :  Nuove  ed  erudite  Osservazioni  storiche  e  naturali  .  Ma  ec- 
co in  Ippocrate  il  luogo  (  non  osservato  da  tanti  Autori  che  han- 
no ai  giorni  nostri  tiattato  su  di  questo  male  )  nel  quale  appunti- 
no vien  descritto ,  e  pienamente  espresso  con  caratteri  particola- 
ri, che  da  qualunque  altro  morbo  lo  distinguono  e  distaccano* 
Leggesi  al  principio  del  suo  libro  intitolato  De'  morbi  epidemici  : 
tubercula  vero  circa  aurcs.  tnultis  circa  alteram  erant^  et  ex  iitris- 
cjue  plurimis^sinefebre  ambulantibus  erede  ^  quìbusdam  etiam 
parum  incalescebant ,  extincta  sunt  omnibus  sine  noxa ,  neque 
suppurarunt  cuiquam,  ut  quae  ex  aliis  caussis.  Erat  autem  figu- 
ra illorum  laxa^  magnai  effusa^  sine  injìarnmatione  .  Indolentia 
omriibus  ohscure  evanurrunt .  Fiebant  autem  ìiaec  pueris,  junior i~ 
bus ,  aetate  vigentibus  ,  et  horum  plurimis  in  palestra  et  gymna- 
sìis  exercitatis  .  Mulieribus  vero  paucis  fiebant .  3Iultis  autcm 
tusses  siccùie.  Tussiebant  et  ni'/il  extrahebanty  et  voces  raucae  non 
multo  post .  Quìbttsdam  autem  etiam  post  qiioddam  tempus  in- 
fiammationes  cum  dolore  in  tesiiculuni  alterum  ,  quibusdam  in 
utrumque,  Quìbusdam  febres,  quibusdam  non.  Laboriosae  in plii- 

ri- 


i6o  Su  LA  Gonorrea  nel  sonno  • 

rirnis .  Caeteravero  quae  ad  medicum  opìficìum  spedante  slne 
morbo  agebant  • 

Non  la  discordanza  che  gli  Autori  abbiano  qui  dato  il  nome 
di  tubercoli  alla  voce  greca  Eparrnata^  usata  da  Ippocrate;  i  quali 
propriamente  signiiìcano  tumori  glandulosi,  elevati ,  duri,  circo- 
scritti e  inclinati  alla  suppurazione  ,  proprietà  che  non  competo- 
no alle  gonfiezze  ,  delle  quali  si  parla  .  Fu  loro  arbitrio  chiamarle 
con  questo  nome  di  tubercoli;  mentre  eparmata  abbraccia  qua- 
lunque sorte  di  enfiagioni  e  tumori .  E  perciò  per  farsi  intendere; 
e  1  uggire  ogni  equivoco,  discende  Ippocrate  a  spiegarsi  di  qual 
sorte  di  enfiagioni  intenda  di  parlare  ,  minutamente  passando  a 
dare  di  essi  una  esatta  descrizione  :  dicendoli  molli ,  grandi  e  di- 
latati, non  molto  infiammati  e  dolenti;  i  quali  però  non  son  dis- 
posti a  suppurare  ;  ed  hanno  la  proprietà  di  passare  dall'  una  all' 
altra  parte  del  volto,  e  dalle  alte  parti  alle  inferiori:  quel  che  li 
tubercoli  non  fanno,  i  quali  non  hanno  la  facoltà  di  mutar  sito  , 
e  di  trasferirsi  in  parti  lontane  . 

Un'altra  questione  al  nostro  proposito,  ma  di  poca  impor- 
tanza, muovono  gli  Interpreti .  Fa  menzione  Ippocrate  al  libro 
sesto  degli  Epidemj  di  un  certo  Satiro,  che  era  travagliato  dalla 
notturna  gonorrea  .  Si  cerca  con  affannosa  cura  se  il  nome  di  Sati- 
ro sia  un  aggiunto  allusivo  alla  gonorrea,  o  pure  un  vero  nome 
di  quel  Soggetto  che  la  pativa.  Ma  non  aggiunge  egli ,  Ippocrate', 
che  questo  Satiro  era  soprannominato  Gripaiope  ?  Dunque  Sati- 
ro era  il  vero  naturale  suo  nome  .  Molti  nomini  ai  tempi  antichi 
portavano  il  nome  di  Satiro.  Cinque  Satiri  si  contano  fra  i  soli 
Architetti  antichi  famosi  .  Satiro  era  il  nome  del  Maestro  di  Ga- 
leno. Satiri  sono  nominati  due  Martiri  nei  fasti  della  Chiesa  .  11 
soprannome  Gripaiope^  significa  che  quel  Satiro  avea  la  visione 
notturna  detta  dai  Greci  Nictalopia  :  visione  eh'  è  projoria  di 
certi  animali  ;  onde  Dante  disse  di  Cesare 

Cesare  armato  con  occhi  grifagni .  Inf.  4  • 


ME- 


i6i 
SOPRA  LA  CADUTA  DELLE  FOGLIE  DEGLI  ALBERI 
IN    AUTUNNO 

MEMORIA 

Del  Sic.  Arcii'rete  Giuseppe  Mauia  Giovenk 
Ricevuta  il  di  ^i   Marzo  1806. 

Hj  un  fenomeno,  che  ogni  anno  si  rinnova  nelle  campagne 
sotto  gli  occhi  nostri,  quello  dello  sfrondarsi  la  maggior  parte  de- 
gli alberi  in  autunno,  ed  intanto  egli  è  un  fenomeno,  del  quale  , 
non  ostanti  li  molti  progressi  fatti  negli  ultimi  anni  del  passato 
secolo,  nella  notomia,  e  nella  fisiologia  de' vegetabili,  non  si  co- 
noscono ancora  abbastanza  le  vere,  immediate,  e  complete  cau- 
se .  Poiché  gli  alberi  si  spogliano  del  beli'  ornamento  delle  loro 
foglie  al  venire  della  triste,  e  fredda  stagione  ,  e  comecché  più 
presto,  o  più  tardi  se  ne  spogliano,  secondocché  più  presto,  o  più 
tardi  sopravviene  il  cambiamento  della  stagione  ed  il  freddo  ; 
facilmente  ognuno  à  creduto  dire  abbastanza,  quando  à  detto  a 
se  stesso,  opera  quella  essere  del  freddo,  o  de'compagni  del  fred- 
do, le  brine  ,  li  geli  ^  le  nevi.  E  per  verità  non  vorrà  negarsi  il 
cambiamento  della  stagione  da  calda  in  fredda  ,  ed  il  freddo  stes- 
so ,  e  le  brine  avere  una  qualche  influenza  su  tale  fenomeno,  ma 
è  poi  altresì  certo  ,  che  esaminandosi  bene  la  cosa,  non  possono 
certamente  questi,  e  quello  essere  cause  adequate.  Colpa  peral- 
tro di  questo  è,  che  comunemente  non  si  bada,  se  non  a  ciò  sola- 
mente, che  gli  alberi  cioè  si  sfrondano  in  autunno,  e  si  lascia  di 
riflettere  come  allo  sfrondarsi  si  preparino,  e  come  ciò  facciasi  in 
seguito,  e  perchè  non  solamente  insecchiscano  le  foglie,  ma  si 
stacchino  ancora  con  moltissima  facilità  da'rami,  e  non  solamen- 
te 8Ì  stacchino ,  ma  si  stacchino  precisamente  in  un  sito  ,  e  modo 
particolare,  e  costante.  E  quantunque  su  di  tal  cosa  celebri  Uomi- 
T-omo  XIH,  ai  ni 


l6:2  Sopra    la  caduta  delle  foglie  ec. 

Ili  ahbiano  scritto  ,  cosicché  sembrerebbe  non  fosse  per  me  cosa 
temeraria  l' intraprendere  a  scriveie  dopo  di  essi;  pur  nondimeno 
comecché  sia  qviesto  un  punto  importante  assai  della  Fisica  vegeta- 
Lile,  non  sarà  forse  inutile  raccogliere  dietro  ad  essi  alcune  spighe. 
Ed  a  maggior  chiarezza  della  cosa  dividerò  questo  mio  scritto  in  tre 
paragrafi,  e  nel  primo  di  essi ,  al  meglio  die  io  possa,  tesserò  la 
storia  di  un  tale  fenomeno,  nel  secondo  riporterò  quello  che  di 
esso  hanno  pensato  li  più  celebri  Uomini ,  e  nel  terzo  final- 
niente  anderò  divisando  quello  diedi  più  probabile  sembri  a  me 
potersi  dire  su  tal  soggetto  .  Comunque  la  cosa  riesca,  avrò  il  van- 
taggio di  non  aver  impiegato  inutilmente  il  mio  ozio  villereccio  . 

Storia  della  caduta  delle  foglie  degli  alberi  in  autunno  » 

E  prima  di  entrare  a  trattar  la  cosa,  dirò  che  forse  io  mi  sarò 
conformato  piuttosto  alla  comune  maniera  di  concepire,  che  al 
vero  ,  quando  ù  messo  in  fronte  a  questa  mia  memoria  quel  tito- 
lo, che  già  ò  messo,  poiché  non  è  solamente  degli  alberi,  ovve- 
ro degli  arbusti  lo  sfrondarsi  in  autunno,  ma  conviene  ancora  ad 
alcune  piante  che  diconsi  erbacee  .  E  sebbene  in  alcuna  di  que- 
ste qualche  tempo  dopo  la  caduta  delle  foglie  perisca  ancora  il  fu- 
sto, pur  nondimeno  ve  ne  sono  altre  le  quali  lo  mantengono  viva- 
ce .   Ma  comunque  siasi  iuialmente,  che   perisca  dopo  il  tutto, 
sempre  il  fenomeno  è  l'istesso,  che  le  foglie  cioè  vadano  prima 
cambiandosi  di  colore,  e  seccandosi ,  indi  si  stacchino  egualmen- 
te come  quelle  degli  alberi,  ed  in  ultimo  cadano  giù  a  terra  .  Co- 
sì, per  date  un  qualche  esempio,  il  ZJ'o/ic/iOo>/';/r/;«7-eii5,  e  V  Jpo- 
■   rnaca  violacea  da  me  allevate  in  casa  ,   ad  esposizione  favorevole 
•   di  mezzogiorno,  ed  in  buona  terra,  e  bene  irrigata,  sono  cresciuti 
a  grande  altezza  ,  ed  al  principiar  dell'autunno  àn  perduto  le  lo- 
4*  ro  foglie,  né  più  né  meno,  come  le  vigne  ,  e  con  fenomeni  pres- 
so a  poco  simili,  restando  li  fusti  vegeti    e  vivaci,  se  non    che 
alcun  poco  cangiati  di  coloi e,  sebbene  poi  dopo  qualche  tempo 
-  .  -V  sian- 


ì 


Del  Sic.  Arciprete  Giuseppe  Maria  Giovjene  l63 
slansi  anclie  questi  insecchiti.  E  non  voglio  cessar  di  dire  aver 
osservato  su  la  prima  pianta,  che  \a.  f oliala  inipare  conservava 
iino  all'  ultimo  la  curiosa  proprietà  di  mettersi  ad  angolo  retto 
col  gambo  sotto  all'azione  della  luce  solare^  non  ostante  che  le  la- 
terali l'osseio  cadute .  Cosa  è  poi  notissima, che  il  cotone  erbaceo 
in  alcuni  climi  si  spoglia  delle  foglie  in  autunno  ,  e  mantiensi  in 
vegetazione  per  tornare  a  vestirsi  di  nuove  foglie  in  Primavera  . 
Quando  tal  caso  però  nelle  piante  erbacee  avvenga,  sempre  si  fap 
che  li  fusti  divengano  alcun  poco  legnosi,  cosa,  la  quale  io  credo 
di  gna  di  particolar  riflessione.  Ma  checché  sia  di  tali  piante  erba- 
cee, corra  più  e  il  titolo,  e  si  tratti  dello  sfrondarsi,  che  fan  gli  al- 
jberi  e  gli  arbusti ,  con  che  però  quello  che  si  dirà ,  s'  intenda  do- 
versi applicare  ancora  a  molte  piante ,  che  diconsi  erbacee  • 

Non  tutti  gli  alberi,  però,  non  tutti  gli  arbusti  si  sfrondano 
in  autunno  ,  e  bene  ve  ne  sono  molti,  che  non  sono  soggetti  a 
tale  perdita  di  lor  bellezza ,  ma  mantengonsi  sempre  e  belli ,  e 
giulivi ,  e  verdeggianti .  Cosi,  a  cagion  di  esempio,  e  1'  ulivo,  ed 
il  carubbo  ,  e  r  arancio,  ed  il  lauro,  ed  il  lentisco  non  lasciano 
giammai  di  esser  verdi  durante  V  autunno  e  1'  inverno,  che  an- 
zi il  carubbo  si  veste  di  fiori ,  allorachè  gli  altri  alberi  sembran 
perixCj  e  così  ancora  il  lentisco,  del  quale  Cicerone  volle  dir  cosi 
Jam  vero  semper  viridis,  semperque  gravata 
Lentiscus  triplici  solita  est  grandescere  foetu 
Ter fruges  fiindens ,  tria  tempora  monstrat  arandi  . 
Non  già ,  che  tali  specie  di  alberi  non  vadano  mano  mano , 
e  second.o  che  van  crescendo  ,  non  si  spoglino  ancor  essi  delle 
foglie,  ma  o  anno  un  altro  tempo  determinato  fuori  dell'  autunno 
per  il  loro  sfrondarsi  in  tutto  ,  o  in  parte,  ovvero  lo  van  facendo 
in  tutti  i  tempi,  ed  a  poco  a  poco.  Così  perdare  un  qualche  esem- 
pio, V  Anacyris  foetida  si  spoglia  delle  sue  foglie  in  estate,  ed  al 
cader  dell'autunno  si  veste  nuovamente,  dando  fuora  de'  fiori,  in 
questo  nostro  Clima  Pugliese:  e  dell'ulivo  può  dirsi  non  aver  tempo 
alcuno  fisso,  ma  andarsi  spogliando  a  poco  a  poco.  Sicuramente 
però  può  aff"ermai*ij  quegli  alberi  ,  e  quegli  ailìusti  perdere  le  lo- 
ro foglie  in  autunno  ,  li  quali  si  arrestano  in  quella  stagione  dal 

pie- 


1  ('y_\.  Sopra  la  caduta  delle  foghe  ec^ 

pienamente  vegetare,  ed  al  contrario  quegli  alberi,   ed  ar])iistl 
mantener  le  loro  frondi ,  le  quali  anche  in  inverno  ,non  che  in 
autunno,  si  mantengono  in  piena  vegetazione .   E  pare  a  me  che 
siano  in  ciò  simili  li  primi  a  quegli  animali,  che  in  autunno  re- 
stano assiderati,  e  rimangonsi  torpidi  in  tutto  1'  inverno  per  poi 
scuotersi,  e  ripigliar  le  funzioni  tutte  della  vita   in  primavera  j 
li  secondi  a  quegli  altri  animali ,  li  quali  sempre  vivaci  manten- 
gonsi,  e  presso  a  poco  neiristesso  costante  grado  di  forza,  e  di  e- 
nergia  vitale.  Ed  io  piuttosto  questo  vorrei  chiamare  sonno  del- 
le piante  ,  che  quell'altro  che  dicesi  comunemente,   ed   il  qual 
consiste  in  aprirsi,  o  chiudersi  le  foglie,  o  i  fiori ,   ovvero  in  tale 
altro  movimento .  Se  non  che  tra  gli  animali  assiderati  in  inver- 
no ,  e  gli  alberi  privi  di  foglie  ,  ed  arrestatisi  nella  lor  vegetazio- 
ne, vi  è  questa  grandissima  differenza,  che  11  prhni  si  arrestano, 
dirò  cosi ,  per  crescere,  ed  andare  innanzi,  li  secondi  per  ritorna^ 
re  a  quello  che  erano  .  Ma  finalmente  è  assai  1'  aver  detto  tanto 
della  somiglianza,  e  dissimiglianza  per  tal  riguardo,  degli  anima- 
li, e  delle  piante . 

E  lasciando  da  parte  gli  alberi,  ed  arbusti  sempre  verdi  ,  è 
primamente  da  avvertirsi,  lungo  tempo  innanzi  prepararsi  le  fo- 
glie alla  caduta.  Verso  il  declinar  della  state,  e  propriamente,  per 
quanto  mi  è  paruto  osservare,  intovno  all'epoca  del  rinnovamentoi 
del  succhio  negli  alberi,  cioè  ne' principii  di  Agosto,  incominciati 
le  foglie  a  cambiar  colore,  e  da  verdi,  che  prima  erano,  vanno 
come  perdendone  il  vivace,   cosicché  appresso  passano  a  farsi 
gialle  5  9  ancor  rosse,  o  altrimenti  che  sia;  la  qual  cosa  evidente- 
mente dimostra  la  loro  vegetazione  non   procedere  già  più  così 
come  prima  andava,  e  le  foglie  patire  una  qualche  cosa.  Ed  il  pa- 
timento bisogna  che  soglia  incominciare  nella  superficie  supe- 
riore, poiché  questa  è  la  prima  ad  essere  cambiata  di  colore,   co- 
me in   ispezialità  si   scorge  nella  vite .  In  questo  stato  le  foglie 
o  diventano  più  trasparenti ,  e  danno  meno  ossif;eno,  o  niente  af- 
fatto, esposte  all'  azione  solare  ,  siccome  è  chiaro  dall'  esperien- 
za dell' illustre  Senebier.   Ciò  dee  pur  far  credere  5  che  1' orga- 
nizzazione in  questo  stato  si  trovi  alterata,  e  che  ^non  più  incor- 
po- 


Del  Sic.  Arciprete  Giuseppe  Marta  GioVene  »  l65 
porino  a  se  medesime  le  foglie  il  carbonio,  siccome  sogliono  fare 
in  piena,  ed  intera  vegetazione,  giacché  non  so  persuadermi  che 
nella  fine  della  state  possa  essere  il  sugo  più  acquoso,  e  men  cari- 
co di  acido  carbonico,  siccome  alcuni  àn  pensato,  che  anzi  al 
contrario  pare  dover  essere  più  carico  ,  come  ognuno  può  da  so 
argomentare,  senza  che  io  lungamente  mi  trattenga  a  dimos- 
trarlo . 

Nò  solamente  cambiansi  di  colore  le  foglie  prima  di  disseccar- 
si, e  cadere  ma  anche  cambiano  per  dir  così  figura  ,  e  posizione» 
Il  Professore  Murray  fu  il  primo  ad  osservare,  che  le  foglie  di  va- 
rie piante  da  lui  esaminate  avvicinandosi  al  periodo  della  caduta 
facevansi  convesse  dalla  parte  superiore,  che  riguarda  il  sole,  ed 
il  Seuebier  conferma  una  tale  osservazione  ^  aggiungendone  utk* 
altra,  che  le  foglie  prima  di  staccarsi ,  e  cadere  divengono  come 
pendole  ,  la  ({ual  cosa,  dice,  particolai-mente  osservarsi  nel  moro 
bianco.  Tali  cose  però  non  àn  luogo  in  tutti  gli  alberi ,  e  forse 
ancora  non  in  tutti  i  climi ,  e  ficuramente  in  quello  che  abito 
non  ò  potuto  verificar  la  prima  di  esse  .  Ma  non  solamente  si  al- 
terano nella  loro  organizzazione  in  autunno  le  foglie,  non  sola- 
mente cambiansi  di  colore,  ma  a  poco  a  poco  si  vanno  ancora  sec- 
cando, e  si  staccano  da' rami ,  alcune  dopo  essersi  intieramen- 
te insecchite,  altre  ancora  prima  di  arrivare  ad  un  tale  stato .  Se 
ne  vogliono  eccettuare  le  foglie  della  Quercia,  e  del  Carpine,  le 
quali  ancora  che  secche,  restan  ferme  su  de'rami,  e  non  avviene, 
che  se  ne  stacchino,  e  cadan  giù,  se  non  quando  a  primavera  eit- 
tran  gli  alberi  in  nuovo  sugo  .  E  questo  staccarsi  cosi  come  si  è 
detto  da' rami  le  foglie,  forma  il  punto  capitale  di  questo  fenome- 
no .  Veggonsi  pur  talora  sotto  all'azione  di  un  vento  urente ,  ov- 
ver  per  opera  di  un  grande  sbocco  di  fuoco  elettrico,  in  un  tem- 
porale, in  un  sifone,  o  in  altra  circostanza  seccarsi  le  foglie  degli 
alberi,  e  della  vite  particolarmente,  ina  in  tali  casi  le  foglie  an- 
cor secche  restansi  tenacemente  attaccate  ai  rami.  Cosi  ancora 
foglie  in  parte,  o  anche  interamente  nella  loro  parte  erbacea  ,  o 
mangiate  da' bruchi  minatori,  quantunque  pressocchè  distrutte 
mantengonsi  tuttavia  aderenti  ai  rami  •  Questa  sola  osservazione 

per 


i66  Sopra  la  caduta  delle  foghe  ec. 

per  dirla  di  vantaggio  basta  a  dimostrare  la  malattia  delle  foglie 
in  autunno,  la  quale  fa  seccare  ,  non  essere  già  un  malore  di  es- 
se foglie,  ma  provenir  d' altronde  .  E  neppure  nel  gambo  delle 
medesime  dee  ricercarsi  la  causa  del  fenomeno,  poiché  nei  casi 
sopra  già  detti ,  colle  foglie  si  seccano  ancora  li  gambi,  senzacchè 
però  ([ueste  dai  rami  si  distaccbino  .  Che  se  si  aggiunga  a  ciò  la 
bella  osservazione  del  Duliamel  ,  il  quale  riporta  aver  lui  veduto 
olmi  molto  Vigorosi  forniti  di  grandi  foglie  foltissime  ■,  e  molto 
verdi  morir  i/istantaneamente  in  estate  per  una  malattia  ,  che  se 
parata  avea  la  scorza  dal  legno,  dopo  del  rpiale  accidente  si  secca- 
rono le  foglie,  ma  rimanevano  tenacemente  attaccate  ai  rami:  se  si 
aggiunga, diceva,  una  tale  osservazione  si  vedrà  chiaro,  clie  non 
perchè  seccano  le  foglie  perciò  si  stacchino,  e  cadano,  ma  piut- 
tosto perchè  incominciansi  a  staccare,  si  secchino  ,  e  staccate ,  e 
tagliate  interamente  cadano  giù.  Ma  ritorniamo  al  proposito  . 

Chiunque  avesse  voglia  di  vedere  ,  senza  incomodarsi  di 
aspettare  la  stagioii  autunnale  ,  e  senza  osservare  nella  Campa- 
gna ,  come  ,  e  dove  le  foglie  si  stacchino  dai  rami  ,  non  avrà  a 
fare  se  non  bollire  più  o  meno  lungamente  in  acqua  li  rami  con 
tutte  le  foglie.  Dopo  una  tale  osservazione  morendo  esse  foglie, 
leggermente  si  staccheranno  con  facilità,  che  piima  non  ei'a  ; 
e  si  staccheranno  in  quel  luogo  dove  s' impianta  il  gambo  nel  ra- 
mo, e  propriamente  in  quell'anello  rigonfio,  che  unisce  il  pri- 
mo al  secondo.  Ove  egli  volesse  spezzare  il  gambo  in  altro  sito  , 
v'  incontrerebbe  difficoltà,  e  vi  bisognerebbe  molta  forza  ,  e  la 
separazione  porterebbe  con  se  li  caratteri  della  lacerazione  , 
quandocchè  in  quel  sito  ,  che  si  è  detto  di  sopra  ,  la  spezzatuia 
è  liscia  ,  e  netta  ,  e  senza  lacerazione,  e  dippiù  sempre  costante, 
e  dell' istessa  figura  convessa,  o  concava  in  ciascuna  specie  di 
albero  .  Così  né  più  né  meno  avviene  su  gli  alberi  ,  che  le  foglie 
si  stacchino  appunto  nell'anello  rigonfio  ,  che  fa  V  unione  del  lo- 
ro gambo  col  ramo ,  e  si  stacchino  a  taglio  liscio  senza  squarcia- 
tura  ,  ed  in  una  forma  costante,  ed  è  questo,  siccome  è  avvisato, 
il  particolar  carattere  del  fenomeno  •  Questo  distaccarsi  ,  che  fa 
cosi  il  gambo  dal  ramo  ,  il  quale  non  si  fa  in  un  subito ,  ma  ciré 
•.  '■■  si 


[ 


Del  Sic.  Akcii'iiete  Giuseppe  Marja  Giovene  .        1G7 
si  va  preparando  a  poco  a  poco ,  fino  dacché  in  Agosto  gli  alberi 
entrano  in  nuovo  succhio ,  è  causa  ,  per  quanto  pare ,  di  tutti  gli 
altri  fenomeni ,  che  antecedentemente  si  mostrano  . 

Ma  è  ancora  da  osservarsi  come,  ed  in  qual  maniera,  cadano 
le  foglie ,  che  diconsi  come  poste  .  Ed  in  alcuni  alberi  cadono 
quelle  intiere,  staccandosisoltanto  il  gambo  comune  dalla  ma- 
dre pianta  ,  siccome  avviene  nella  Blimosa  Julìbrissln  ^  in  altre, 
come  nella  Rohimia pseudo-acacia  si  seccano  prima  ,  e  vengon 
giù  li  gambi  parziali  delle  fogliuzze,  rimanendosi  per  qualche 
tempo  il  gambo  comune  sulT  albero  ,  e  che  alla  fine  va  soggetto 
alla  stessa  sorte.  E  quantunque  quei  che  diconsi  generalmente 
agrumi  non  sieno  soggetti  a  sfrondarsi ,  pure  è  da  osservarsi  una 
particolarità,  che  siccome  le  frondi  ditali  alberi  specialmente 
selvaggi  ,  sono  così  formate  ,  che  appariscono  come  due  foglie 
impiantate  l'  una  suif  altra  ,  tanto  che  vi  è  visibilmente  la  giun- 
tura ,  è  da  osservarsi,  dicea  ,  che  avvenendo  di  staccarsi ,  e  ca- 
dere ,  cadono  indifferentemente  staccandosi  o  dal  ramo  ,  ovver 
dalia  seconda  giuntura  . 

Ed  a  proseguire  la  storia  della  caduta  delle  foglie,  underò  co- 
sì dicendo  le  varie  osservazioni  fatte  su  tal  particolarità  .  Già  il 
Duhamel  osservò  l'  esposizione  aver  alcuna  parte  perchè  più  pre- 
sto ,  o  più  tardi  gli  alberi  si  spoglino  della  loro  bella  verdura,  e 
r  esposizione  appunto  a  tramontana  far  che  tal  caso  accada  più 
tardi.  La  quale  osservazione,  a  parer  mio,  quantunque  fino  ad  un 
certo  punto  vera,  va  presa  con  criterio,  siccome  or  ora  dirò .  Nel 
clima  sotto  del  qtrtBe  io  abito,  V  esposizione  anzi  al  mezzogiorno, 
e  riparata  dal  settentrione  ,  talvolta  fa  che  il  rosajo  non  perda  le 
foglie  ,  e  non  le  perda  parimenti  il  sambuco  .  Questa  osservazio- 
ne sembrerebbe  contraria  a  quella  del  Duhamel,  ma  non  è  cosi, 
come  vedremo  appresso  .  È  stato  ancora  osservato  ,  che  dopo  un' 
estate  calda  più  presto  cadono  le  foglie ,  che  non  quando  quella 
stagione  sia  passata  umida  e  fresca  ,  e  talvolta  avviene  ,  che  le 
foglie  per  un  caldo  secco  eccessivo  in  estate  cadon  giù,  e  quindi 
altre  nuove  ne  vengan  fuori ,  le  quali  sono  poi  le  ultime  a  ca- 
dere 5  mantenendosi  lungamente  verdi  ,  e  non  cadendo  se  non  al 

fit- 


i68  Sopra  la  caduta  delle  foglie  ec. 

fitto  inverno  .  In  ultimo  ancora  si  osserva  tutto  giorno  mante- 
nersi le  foglie  più  a  lungo  ntj'rami  giovani ,  che  ne'  vecchi  ,  e 
più  negli  arhoscelli  teneri,  che  ne'  legnosi  ,  e  più  in  quelli  che 
mostrano  molta  energia  di  vegetazione  ,  che  non  in  altri ,  che 
r  anno  minore  .  E  questi  fenomeni  tutti ,  che  io  ho  qui  aduna- 
ti ,  sembra  a  me,  che  possano  unirsi  in  un  solo  :  cioè  ,  che  tutte 
quelle  cause  ,  le  quali  tendono  a  mantenere  in  tutto  ,  ovver  a 
mantenere  più  lungamente  la  freschezza  ,  e  la  tenerezza  de'  ra- 
mi operano  sì  che  non  cadano  in  autunno,  ovver  cadano  più  tar- 
di le  foglie  .  Per  tal  ragione  1'  esposizione  a  tramontana  ritarderà 
la  caduta  delle  foglie  ,  come  una  estate  fresea  la  ritarderà  anco- 
ra ,  perdio  più  lentamente  s' induriscono  ,  e  perdono  la  loro  te- 
nerezza li  rami ,  e  la  piena  esposizione  a  mezzogiorno  difesa  dal 
settentrione  farà  ,  che  si  rimangano  le  foglie  su  gli  alberi,  per- 
chè non  cessano  mai  essi  di  essere  in  pieno  sugo  ,  e  perciò  tene- 
ri ,  e  verdi ,  e  freschi  ,  e  quasi  che  direi  erbacei  ,  ne'  loro  rami  . 
Così  io  ho  veduto  una  picciola  pianta  di  fico  mantener  a  tutto  in- 
verno le  sue  foglie  ,  mentre  altre  vicine  le  avean  perdute  ,  ma  la 
prima  era  attorniata  da  ioXta.  parìe  tari  a  ,  mentre  le  altre  non  co- 
sì ;  e  senza  dubbio  quell'erba,  che  così  la  circondava,  dovea 
mantener  fresca  e  tenera  quella  pianta  di  fico,  non  ostanti  li  mol- 
ti  geli  ,  e  brine  . 

Ed  a  rendere  compita  la  storia  della  caduta  delle  foglie  da- 
gli alberi ,  converrebbe  forse  unire  la  stoj  ia  della  caduta  de'frut- 
ti  ,  quando  avvenga,  che  questi  sieno  maturi  .  E  per  veriià  , 
siccome  tra  il  picciuolo  de' frutti ,  ed  il  gamba  delle  foglie  vi  è 
molta  somiglianza,  e  siccome  si  stacca  il  primo  senza  lacera- 
zione ,  ed  ordinariamente  si  stacca  là  dove  è  con  quel  suo  ri- 
gonfiamento attaccato  al  ramo  ,  così  ne  più  uè  meno  si  slacca, 
e  neir  istesso  luogo  e  maniera,  il  secondo  .  Ed  ò  detto  ordinaria- 
mente, poiché  talvolta  non  di  là  si  staccano  li  frutti  dove  sono 
col  loro  picciuolo  impiantati  ne'  rami,  ma  bensì  dove  si  attacca- 
no col  picciuolo  istesso  rimanendosi  questo  attaccato  al  ramo  .  E 
però  cosa  degna  di  riflessione  ,  che  li  flutti  in  ambedue  li  casi  , 
e  così  ancora  le  foglie  si  staccano  dove  vi  è  un  qualunque  siasi  ri- 

-  :  •  gon- 


Del  Sic.  Arciprete  Gittseppe  Marta  GròvEWE  '.  169 
gonfiamento ,  giacché  li  frutti  ne  sogliono  aver  due  ,  e  dove  il 
picciuolo  si  lega  col  frutto  .  Ed  è  a  mio  parere  importante  una  ta- 
le osservazione ,  per  ciò  che  non  debbe  cercarsi  la  causa  dello 
staccarsi,  e  quindi  del  cadere  de'  frutti,  e  delle  foglie  se  non  ap- 
punto in  quel  rigonfiamento  . 

E  per  dire  intorno  alla  caduta  de' frutti  una  qualche  cosa  , 
che  non  sia  stata  detta  per  quanto  io  sappia ,  mi  sembra  poter 
avanzare ,  che  li  frutti  a  nocciuolo  sono  più  tenaci  su  gli  alberi, 
che  gli  altri  non  siano ,  e  vadano  per  esempio  le  ulive  ,  li  frutti 
della  melia  Azedarach  ,  e  del  Craioegus  oxyacantha  ,  li  quali 
due  ultimi  si  mantengono  ancorché  nudo  resti  1'  albero  ,  e  spo- 
glio affatto  di  frondi ,  ed  ancorché  sien  quelli  giunti  a  più  che 
perfetta  maturità,  anzi  li  picciuoli  dell'  ultimo  sono  così  legnosi, 
che  anche  dopo  una  non  mediocre  bollitura  ,  restano  tuttavia 
aderenti  al  ramo  ,  ed  al  frutto  .  Essi  però  non  anno  quasi ,  ov- 
ver  r  anno  poco  sensibile  ,  quel  rigonfiamento,  di  cui  si  è  detto, 
ed  è  anche  da  potersi  dire  quasi  generalmente,  che  tanto  li  frut- 
ti ,  e  forse  ancor  le  foglie  siano  più  tenaci  quanto  quel  rigonfia- 
mento è  minore,  ovvejo  più  duro  .  Ed  un'altra  osservazione  si 
può  ancora  aggiungere,  li  frutti  divenir  caduchi ,  quando  do- 
po una  siccità  sopraggiunga  abbondante  pioggia;  e  presso  a  po- 
co è  r  istesso  per  le  foglie  .  Senebier  in  fatti  à  avvisato  ,  che 
le  foglie  delle  piante  rinchiuse  per  1'  estate  in  un  luogo  oscuro  , 
ed  umido  cadono  giù ,  e  cadono  similmente  da  quegli  alberi ,  che 
avvezzi  ad  un  suolo  molto  secco  sono  trasportati  in  un  suolo  umi- 
do ,  ovvero  sono  inumiditi  da  copiosa  pioggia  .  E  qui  mi  viene 
in  pensiero  di  richiamare  alla  memoria  de'  miei  leggitori  ciocché 
avviene  alle  ciriegie  per  ragion  d'  esempio  ,  ed  ai  fichi ,  ed  alle 
melogranate,  ed  anche  talvolta  all'  uva,  che  dopo  un'  abbondan- 
tissima pioggia  ,  o  anche  più  pioggie  continuate,  gonfiandosi,  av- 
vien  che  crepino,  e  sian  lacerate,  e  rotte  ,  la  qual  cosa  non  può 
provenire  ,  se  non  dal  molto  sugo ,  che  distende  e  gonfia  e  la- 
cera i  vasi  .  E  per  dirla  qui  di  passaggio,  non  potrebbe  sospettar- 
si ,  che  al  salire  del  nuovo  sugo  in  Agosto  su  gli  Alberi  un  qual- 
che dislogamento  ,  una  qualche  lacerazione  possa  far;i  ne'  gambi 

Tomo  XI IL  aa  del- 


I  -ro  Sopra  la.  caduta  delle  foglie  ec. 

delle  foglie  ,  ossia  in  quel  rigonfiamento,  che  trovasi  alla  loro  ba- 
se, e  che  le  attacca  al  ramo  ,  e  cosi  si  prepari  da  lontano  ia  susse- 
guente caduta  ?  Sia  una  tal  congettura  gettata  così  al  caso  . 

Intanto  due  altre  parole  mi  viene  in  mente  aggiungere,  l'una 
delle  quali  sarà  su  le  ulive  ,  l' altra  su  le  foglie  del  Riiscus  acu- 
leatus  .  E  delle  prime  voglio  dire  ,  staccarsi  le  ulive  dal  loro  pic- 
ciuolo, e  non  questo  dal  ramo,  se  non  dopo  molto  tempo,  e  quan- 
do la  stagione  non  sia  andata  secca ,  dalla  sommità  di  esso  pic- 
ciuolo ,  e  propriamente  dalla  cicatrice  rimastavi  spesso  venir 
fuora  una  peciolina  di  mele  assai  aromatico  ,  la  quale  talvolta  ri- 
mane cosi  come  è  in  forma  di  mele,  e  tal  altra  volta  ,  o  in  parte, 
o  anche  intieramente  si  cristallizza  in  zucchero  ,  e  tale  sostanza 
qualche  volta  ancora  colare  da  qualche  ferita  fatta  per  caso  nell' 
epidermide  dell'  uliva  istessa  pronta  a  cadere  .  E  giacché  di  so- 
pra ò  fatto  una  dimanda,  ne  faccio  un'  altra  .  Non  potrebbe  que- 
sto sugo  melato  cristallizzabile  ,  che  si  raduna  nella  unione  del 
picciuolo  coir  uliva  preparar  la  caduta  di  questa  ?  E  riguardo  al 
Rusciis  aggiungo  qui,  che  se  non  bene  a  proposito  ,  e  non  per  la 
verità ,  sia  stato  detto  delle  foglie  generalmente  esser  desse  un  le- 
gno sctiiacciato,  per  le  foglie  di  tal  pianta  sia  pur  troppo  vero  . 
t)i  molte  altre  specie  di  foglie  all'  incontro  meglio  sarebbe  dirsi 
essere  scorza,  che  si  separa,  e  si  stende  fuora  ,  e  si  apre  a  venta- 
glio nell'atmosfera;  ma  nel  /Jujìcz/j  sono  propriamente  fascietti 
delle  fibre  legnose,  che  si  separano  ,  e  si  stendon  fuora,  e  si  apro- 
no .  Non  fia  perciò  meraviijlia  se  li  fiori  nascano  su  di  esse  .  Né 
quelle  tali  foglie  avviene  ,  che  si  stacchino  ,  e  cadano  in  autun- 
no, e  quello  che  è  particolare  si  è  ,  che  per  lunghissima  bollitu- 
ra in  acqua  non  é  mai  che  si  stacchino  ,  e  si  separino  .  Per  altro 
esse  non  anno  neppure  quel  rigonfiamento  ,  che  le  foglie  ordina- 
riamente soirliono  avere  alla  loro  base  . 

E  qui  avrei  finito,  se  non  potesse  sembi'ar  omissione  im- 
perdonabile, che  scrivendo  Io  dalla  Puglia  lasciassi  di  accennare 
almeno  una  malattia  propria  degli  ulivi  ,  e  questi  di  una  par- 
ticolare specie,  nella  vicina  Provincia  Salentina  ,  cioè  in  quel- 
la stretta  lingua  di  terra,  che  forma  il  calcagno  dello  stiva- 
le , 


l 


I 


Del  Sic.  Arciprete  Giuseppe  Maria  GioVene  .  171 
le  «?ell'  Italia  ,  e  che  si  estende  in  mare  dividendo  1'  Adria- 
tico dallo  Jonio  .  Avviene  dunque  talora  in  Primavera  ,  che 
per  una  costituzione  di  aria  malefica  ,  per  non  voler  dire  altro  ,  si 
secchino  prestamente  tutte  le  foglie  di  cpiegli  ulivi ,  e  si  stacchi- 
no, e  cadano  giù  .  0  sia  che  una  tale  malattia  chiamata  colà  bru^ 
5ca  provenga  da  improvvisi  e  bruschi  passaggi  dal  temperato  al 
freddo ,  siccome  opinò  il  mio  dotto  amico  Dottor  Moschettini  ,  il 
quale  ne  scrisse  un'  Operetta  ,  ovvero  dall'  alito  ,  o  spruzza  mari- 
na, essendo  quella  Provincia,  siccome  è  detto,  messa  tra  due  ma* 
ri ,  siccome  credè  il  fu  Sig.  Presta  ,  del  che  non  occorre  a  me  ra- 
gionare; il  vero  è,  che  cadono  le  foglie  all'  istesso  modo,  come 
cader  dovreLbero  per  cagion  naturale  .  L' istesso  avviene  agli 
alberi  esotici  ,  e  pioprii  di  climi  caldi  ,  li  quali  tocchi  da  freddo 
lascJan  cadere  le  foghe,  siccome  le  lasciano  cadere  ancora  toc- 
chi che  siano  da  spruzzo  marino  quegli  alberi  ,  li  quali  non  vi 
sono  avvezzi ,  e  non  sono  cresciuti  con  un  grado  di  durezza  ba- 
stante a  resistere  all'  azione  del  muriatico  .  Finalmente  lascian 
le  foglie  quegli  alberi ,  li  quali  siano  stati  soverchiamente  conci- 
mati ,  ovvero  ,  che  siano  rosi  nelle  radici  da  insetti .  Ma  è  oramai 
tempo  di  porre  un  fine  alla  storia  della  caduta  delle  foglie,  e  di 
passare  all'  esame  delle  cause  ,  che  di  tal  fenomeno  anno  sommi 


Uomini  assegnato  . 


s- 


Quello  die  si  è  pensato  ^  e  detto  su  la  causa  della 
caduta  delle  foglie  . 

Già  non  è  mìo  intendimento  qui  riportare  quanto  sul  feno- 
meno ,  del  quale  si  tratta^  è  stato  pensato  e  scritto,  e  molto 
meno  esaminare  ,  e  discutere  ,  e  giudicare  le  varie  opinioni  pro- 
poste per  un  tale  oggetto ^  giacché ,  né  a  tanto  io  valgo ,  e  sarebbe 
ancora  cosa  lunghi^sima  .  L' illustre  Senebier  nella  sua  classica 
Opera  della  fisiologia  de'  vegetabili ,  nel  lungo  capitolo  che  con- 
sagra alla  discussione  di  una  tale  cosa  ,  si  contenta  soltanto  di  ri- 
portare r  opinione  del  Sig.  Vaucher  ,  e  di  riprodurre  la  sua  ,  cor- 
re- 


I-i  SoPIlA  LA  CAtibl'A  DliLLt  FOCHE  ec. 

ledandola  di  nuove  pruove  ,  e  cercando  di  metterla  al  coperto 
dalle  obbiezioni .  Farò  io  ancora  così  :   e  per  dir  prima  dell'  opi- 
nione del  Sig.  Vaucher,  riflette  egli  a  fjuello  che  già  si  è  detto  nel 
primo  paragrafo  di  questa  Memoria,  essere,  cioè,  netti,  e  lisci  do- 
po la  rottura  li  punti  co'  quali  il  gambo  della  foglia  è  attaccato 
al  ramo ,  ed  essere  la  sezione  simile  in  tutti  gli  individui  della 
stessa  specie  ,  mentre  in  qualunque  altro  luogo  vogliasi  il  gam- 
bo rompere,  ciò  non  accade  in  tal  modo,  rompendosi  anzi  in  que- 
sto caso  le  fibre  in  tutti  li  sensi  :  dalla  qual  cosa  egli  deduce , 
quella  tale  sezione  essere  preparata  dalla  natura  ,  nel  che  senza 
dubbio  egli  à  tutta  la  ragione  .  Quindi  va  dicendoci,  le  fibre  del- 
la coda  delle  foglie  non  essere  già  desse  un  prolungamento  delle 
fibre  del  ramo,  ma  le  une,  e  le  altre  essere  in  orJi:,ine  separate, 
e  soltanto  unite  come  da  una  sorte  di  saldatura  ;  di  più  gli  orga- 
ni proprii  a  preparare  ,  e  mandare  alle  foglie  li  succhi  opportuni 
essere  là  appunto  situati ,  dove  trovasi  una  tale  soluzione  di  con- 
tinuità, cioè  a  dire  alla  base  del  gambo  .  Dalle  quali  premesse 
il   Sig.  Vaucher  va  deducendo  la  sua  opinione  cosi  che  sebbene 
quando  si  sviluppa  il  bottone,  e  sono  in  crescenza  ed  il  ramo, 
e  le  foglie  che  sono  aderenti,  vi  sia  poca  ,  o  ninna  differenza  tra 
la  consistenza,  e  durezza  dell'  uno,  e  delle  altre,  onde  avviene 
che  le  cose  vadano  in  regola  :  quando  però  il  ramo  siasi  intera- 
mente sviluppato,  siccome  si  fa  più  duro  ,  e  legnoso ,  che  il  gam- 
bo della  foglia  non  è,  così  la  comunicazione  incomincia  ad  inter- 
rompersi, ed  il  ramo  non  manda  più  quei  sughi ,  che  prima  man- 
dava. Cresce  in  seguito  sempreppiù  il  ramo  ,  ed  incomincia  per 
la  già  detta  causa  la  saldatura  a  rompersi ,  e  prima  nella  circon- 
ferenza ,  mantenendosi  il  gambo  ancora  attaccato  al  ramo  nel 
centro  della  inserzione,  fino  a  che  questo  legame  in  ultimo  ancor 
si  rompa,  e  quindi  cade  la  foglia  .   E  per  quanto  spetta  alle  fo- 
glìuzze  delle  foglie  composte.  Egli  opitìa  ,  che  essendo  ritenute 
dal  parenchima,  esse  cadano  subito  che  cessano  di  essere  nudri- 
te  dal  gambo  maggiore  :  le  fibi-e  così  vengono  a  disuniisi ,  e  dal 
minimo  movimento  cadono  giù  :  che  se  poi  le  foglie  inferiori  ca- 
dano le  prime.  Egli  soggiunge  ,  ciò  avviene  ,  perchè  il  legno  vi  è 

per- 


DelSig.  Arcipiiete  Giuseppe  MìIiiia  Gxovene  .      170 
perfetto  ,  e  tutto  ciò  die  disordina  1'  organizzazione  ,  come  il  ge- 
lo, farà  cader  le  foglie  per  lo  motivo  ,  che  cosi  viene  F  aderenza 
del  gambo  al  ramo  a  diminuirsi . 

Non  avendo  potuto  avere  sotto  gli  occhi  la  memoria  originale 
del  Sig.  Vaucher  ,  ò  dovuto  darne  qui  V  estratto  che  ne  presenta 
il  Senebier ,  e  non  so  se  io  1'  abbia  dato  esatto  .  Comunque  però 
sia,  avvegnaccliè  il  principio  assunto  dal  Vaucher  non  regga  alle 
pruove  ,  giacché  può  dimostrarsi  in  molti  alberi  evidentemente 
continuarsi  la  fibra  del  ramo  al  gambo  delle  foglie  ,  pur  nondi- 
meno nel  totale  della  spiegazione  della  caduta  delle  foglie  pare  a 
me  che  vi  sia  qualche  cosa  di  vero,  del  che  se  ne  vedrà  appresso . 
Ed  il  Senebier  riportando  una  tale  teoria  non  manca  di  con- 
fessare di  essere  molto  semplice,  soggiunge  però  essere  da  desi- 
derarsi, che  r  ingegnoso  Autore  facesse  conoscere  l'organo  nuo- 
vo, che  forma  il  punto  di  contatto  tra  il  gambo  ,  ed  il  ramo  . 

L'altra  opinione  è  seliza  dubbio  seducente  anche  perchè 
semplicissima  ,  ed  a  questa  si  attiene  il  Sig.  Senebier,  ed  ecco 
in  breve  qual  essa  sia.  Tutti  li  bottoni  sono  accompagnati  da  fo- 
glie ,  e  quelli  nascono  appunto  alle  ascelle  di  queste  ,  ovver  piut- 
tosto tra  il  ramo,  e  la  base  del  gambo .  In  tal  modo  bottone,  e  fo- 
glie in  reciproco  contatto  tra  loro  si  sviluppano  insieme  a  prima- 
vera :  ma  il  sugo  della  state  porta  nel  bottone  uno  sviluppo  con- 
siderabile ,  del  quale  il  gambo  delle  foglie  non  è  già  capace,  in 
guisa  che  questo  viene  ad  essere  premuto,  e  perde  una  gran 
quantità  di  nutrimento  ,  che  anche  viea  diminuito  dal  meno,  o 
più  debole  succhiare,  che  fa  l'albero,  e  con  esso  il  ramo  allorché 
si  approssima  l'autunno,  mentrecchè  l'umidità  dell'aria,  e  le  neb- 
bie alterano  la  costituzione  del  gambo  anzidetto.  A  buon  conto 
li  bottoni  sono  altrettanti  parastri^  che  rubano  il  nutrimento  al 
gambo  ,  e  sono  ancora  come  altrettanti  cunei  ^  che  sempre  più 
crescendo,  ed  ingrossandosi  vanno  a  poco  a  poco  staccando  li 
gambi  dalle  foglie  del  ramo.  Si  aggiunge  di  vantaggio  che,  duran- 
te il  sugo  dell'estate  quando  il  bottone  fa  il  più  grande  sforzo  per 
r  ingrossarsi ,  il  ramo  ancora  va  in  molta  crescenza  ;  onde  viene 
ad  esserne  stirata  la  base  dal  gambo  della  foglia ,  come   quella  , 

che 


lY^  Sopra  la  caduta  delle  foglie  ec. 

che  non  può  più  distendersi  ;  cosi  gli  attaccamenti  di  quelli  al 
ramo  vengono  ancofa  per  tal  ragion  a  rompersi ,  e  lacerarsi  .  Co- 
sì cospirano  insieme  ,  da  una  parte  il  bottone  ^  che  crescendo  ,  ed 
ingrossandosi  fa  l'uffizio  di  una  leva  contro  la  base  del  gambo  , 
dall'altra  parte  il  ramo  che  s' ingi'ossa,  ed  ingrossandosi  rompe 
e  lacera  li  legami,  che  alla  base  già  detta  del  gambo  lo  attaccano: 
e  vede  ognuno,  quanto  queste  due  cause  debl^ano  essere  efficaci 
a  produrre  il  distaccamento,  e  la  susseguente  caduta  delle  foglie. 
Senza  dubbio  la  cosa  così  spiegata  sembra  molto  verisimile, 
e  pare  anzi  che  1'  intelletto  vi  ci  riposi.  Nondimeno,  salvo  il  ris- 
petto che  devo  al  Sig.  Senebier ,  mi  permetterò  alcune  riflessio- 
ni .Osservo  gli  ulivi ,  ed  àimo  questi  le  loro  foglie  così  disposte, 
che  facciano  un  angolo  molto  acuto  col  ramo^,  a  cui  sono  attac- 
cate .  Ma  venendo  appena  primavera  ,  e  fattosi  l'albero  in  pieno 
sugo,  le  foglie  si  vanno  allargando  così ,  che  formano  quasi  un 
angolo  retto  col  ramo,  e  senza  dubbio  ciò  accade  per  lo  sforzo  , 
che  li  bottoni  a  frutti,  ovvero  a  legno,  li  quali  allora  sono  in 
pieno  sviluppo,  esercitano  contro  la  base  delle  foglie.  E  da  tal 
segno  appunto,  il  Contadino  ancorché  miri  da  lungi  1' albero 
calcola  le  sue  speranze  .  Intanto  però  quelle  foglie  non  cadono  , 
e  venendo  la  state  ritornano  alla  loro  primiera  situazione.  Ed  ò 
voluto  dire  dell'ulivo,  perchè  li  bottoni  a  frutto  tion  nascono  già 
alle  ascelle  di  foglie  di  fresca  nascita,  ma  già  vecchie  di  uno  ,  o 
di  due  anni ,  eJ  anche  dippiìi,  cosicché  sicuramente  non  posso- 
no di  vantaggio  svilupparsi .  Ora  non  soggiungerò  di  aver  veduto 
rami  nelle  ascelle  delle  foglie  del  Carrubbo  ,  senzacché  le  foglie 
sien  cadute.  Ma  voglio  dire  bensì  cosa  di  alberi  a  foglia  che  cade 
in  autunno.  In  Gennajo  diquest'  anno  ò  veduto  un  Sambuciis  ni- 
ger  in  felice  esposizione  conservar  le  sue  vecchie  foglie  nella  mas- 
sima parte,  non  ostanti  li  forti  geli  del  Decembre,  e  non  ostante 
che  li  nuovi  getti  impiantati  appunto  nelle  ascelle  di  esse  foglie 
fossero  molto  grossi ,  e  già  interamente  sviluppati,  li  quali  perciò 
dovevano  molto  sforzare  li  gambi  delle  già  dette  foglie,  coinè  già 
esse  lo  mostravano  di  soffrire.  Ed  a  me  è  paruto  osservare,  che  ap- 
punto le  vecchie  foglie  etano  più  ai  rami  fortemente  attaccate  , 

per- 


i 


Del  Sic.  AiioirREXE  Giuseppe  Maria  Giovene.       1-5 
perchè  avevano  quel  bottone  in  piena  vegetazione  e  sviluppo  , 
cioè  per  quanto  io  credo ,  perchè  quella  parte  del  ramo  niantene- 
vasi  in  istato  di  freschezza  e  di  tenerezza  . 

E  come  vorrà  spiegarsi  nella  teoria  del  Sig.  Senebier,  che  le 
picciole  foglie  della  Osyrìs  alba  non  restino  tagliate,  e  non  ca- 
dano nella  base,  ma  cadendo  lascino  una  porzione,  sebbene  pic- 
ciola,  del  gambo  ?  Oltre  di  che  pare  una  cosa  molto  dura  a  con- 
cepirsi come  il  picciuolo  del  fico  primaticcio ,  che  è  pure  impian- 
tato nell'ascella  della  foglia,  ingrossandosi  tanto  quanto  ognun  sa 
non  rompa,  e  non  laceri  li  leganiidel  gambo  di  quella  tal  foglia  , 
poi  si  vengano  a  rompere  due,  o  tre  mesi  dopo,  quando  lo  sforzo 
di  quello  è  da  lungo  tempo  cessato?  E  per  non  partirmi  dal  fico  , 
già  non  tutte  le  di  lui  foglie  anno  annesso  un  bottone  quahuique, 
come  è  facile  ad  osservarsi  ne' vecchi  fichi-  Intanto  però  quelle 
foglie  ancora  cadono  giù  al  venir  dell'  autunno  .  Sembra  dunque 
che  non  vi  possa  entrare  affatto  nella  spiegazione  del  fenome- 
no lo  sforzo  dei  bottone  contro  la  base  dal  gambo^  ed  il  rubar 
che  fa  quello  a  questo  del  sugo.  Mi  astengo  poi  dal  dire  della  se- 
conda parte  di  quella  teoria,  perchè  veramente  mi  pare,  che  con- 
tenga qualche  verità . 

Ora  benché  il  Senebier  avesse  trascurato  di  far  menzio- 
ne di  ciò  che  ne  avesse  pensato  sul  fenomeno  in  questione  il  Du- 
hamel»  pur  nondimeno  io  non  credo  di  doverlo  trascurare,  poi- 
ché quantunque  egli  non  avesse  proposto,  che  semplici  congettu- 
re, delle  quali  egli  stesso  non  era  contento ,  non  ostante  sembra- 
mi, che  anche  le  congetture,  e  li  dubbi  de' grandi  Uomini,  e  gran- 
de è  senza  dubbio  il  Duhamel,  in  ciò  ,  che  spetta  alia  fisica  degli 
alberi,  dtbbansi  rispettare.  Egli  dunque  incomincia  dal  riportare 
giudiziosamente  il  bel  fenomeno,  che  si  osserva  nella  vite,  e 
ne  fa  comparazione  colf  altro  della  caduta  delle  foglie  .  SI  vedo- 
no ,  Egli  dice  ,  su  i  detti  tralci  di  distanza  in  distanza  alcuni  nodi , 
„  dove  son  poste  le  gemme ,  da  cui  parton  le  foglie,  ed  ì  grappo- 
j,  li,edi  viticci  della  vite.  La  parte  di  questi  tralci  vicina  alcep- 
„  pò  è  ordinariamente  dura  quanto  basta  ....  Neil'  altra  estre- 
,,  uiità,  ove  il  detto  tralcio  è  ordinariamente  più  tenero,  egli  è 

„  un 


:> 


i^S  Sopra  la  caduta  delle  poche  ec. 

un  poco  erbaceo  .  Ciò  nulla  ostante  ,  quando  dolce  ed  asclut- 
„  to  sia  l'autunno,  maturano  li  tralci  per  quasi  tutta  la  loro  lun- 
,,  ghezza,  ed  allora  quando  anche  i  diacci  alquanto  forti  venisse- 
5,  ro,  facile  non  sarebbe  il  fare  la  separazione  de'  nodi,  nemme- 
no nella  vette  del  tralcio .  Non  è  già  così ,  qualora  freschi ,  ed 
umidi  vadano  gli  autunni,  poiché  allora  1'  estremità  de* ram- 
polli non  avendo  acquistato  una  bastevole  maturità,  i  mini- 
mi freddi  dell' autunno  attaccano  principalmente  i  nodi,  li 
quali  allora  si  separano  quasi  da  se  stessi ,  come  appunto  si  se- 
„  parano  1'  epifisi  dal  corpo  delle  ossa  ne'  giovani  animali.  Può 
,,  farsi  la  medesima  osservazione  su  i  rami  del  vischio,  che  fa- 
j,  cendo  bollire  nell'acqua  delle  frondi  grandi  di  detta  pianta, 
5,  vedrassi,  spogliate  che  siano  dalla  scorza,  che  ne'  grossi  rami  i 
„  nodi  sono  molto  solidi  ,  ma  che  quei  de'  rami  giovani  si  separa- 
„  no  come  1'  epifisi  delle  ossa  .  Da  questi  due  esempii  egli 
),  è  evidente  ,  che  la  sostanza  che  separa  i  nodi  in  due  parti  è 
,,  più  facilmente  danneggiata  dal  freddo,  ed  intenerita  dalia 
„  ebullizione,  che  la  porzione  de'  fusti  che  è  tra  li  nodi,  non  sia. 
j,  Avvi  forse  in  mezzo  ai  detti  nodi  qualche  porzione  che  rimane 
,5  per  più  lungo  tempo  erbacea?  L'istessa  cosa  anche  trovasi  nella 
,,  inserzione  delle  foglie  su  i  rami,,  O' detto  il  Sig.  Duhamel  istes- 
so  confessare  di  non  essere  contento  di  una  tale  spiegazione,  non- 
dimeno su  di  questa  base  è  appoggiata  1'  opinione  riportata  nel- 
la Enciclopedia  metodica  ,  che  è  del  Lancry,  il  quale  crede  do- 
versi trovare,  come  nelle  fibre  vicine  ai  nodi,  così  in  quelle  del- 
la inserzione  del  gambo  delle  foglie  col  ramo  un  certo  vizio,  che 
le  renda  meno  perfette,  e  più  fragili ,  vizio  che  potrebbe  prove- 
nire dallo  arrestarsi,  ovver  dal  ritardarsi  il  movimento  del  sugo 
in  quei  luoghi.  Comunque  sia  nelle  ultime  parole  da  me  ripor- 
tate del  Duhamel,  per  quanto  a  me  ne  sembra,  vi  è  mi  lampo  di 
luce.  Egli  intanto  passa  a  darci  un'  altra  congettura ,  e  giova  ri- 
portare li  proprii  di  lui  termini  ,,  Le  foglie  traspirano  molto, 
„  questa  è  verità  conosciuta,  e  proverassi  in  appresso.  Quando 
„  le  radici  non  cooperano  più  a  questa  gagliarda  tiaspirazione  ne 
„  risulta  un  principio  di  disseccamento, ed  una  cessazione  di  ac- 

.,  ere- 


Del  Sic.  Arciprete  Giuseppe  Maria  Giovene.  177 
3,  cre^cimento  nelle  foglie,  mentre  i  rami  continuano  ad  acqui- 
j,  stare  grossezza ,  poiché  sarà  provato  che  1' accrescimento  de* 
„  rami  in  grossezza  continua  molto  tempo  dopo  ,  che  1'  accresci- 
„  mento  in  lunghezza  è  cessato.  E  quindi  se  i  gambi  delle  foglie 
j,  cessano  d' ingrossarsi,  mentre  che  i  rami  seguitano  a  dilatarsi 
,,  per  questo  verso,  deve  accadere  una  separazione  delle  fibre  di 
3,  queste  foglie  da  quelle  de'  rami,  ed  allora  debbono  esse  neces- 
„  sariailiente  cadere  „  .  Ma  non  occorre  che  ulteriormente  mi  di- 
lunghi su  quello  che  si  è  pensato,  e  scritto  intorno  al  fenomeno  ,' 
del  quale  ò  preso  a  trattare  ,  poiché  ognuno  può ,  quando  ne  ab- 
bia voglia,  da  se  stesso  dissetarsi  con  maggior  soddisfazione,  ricor- 
rendo alle  fonti  stesse  .  Passiamo  dunque  piuttosto  a  quello,  che 
Ognuno  dopo  si  lunga  diceria  è  in  dritto  da  me  di  aspettare  . 

S-  3." 

Quello  che  di  più  ragionevole  sembra  potersi  dire  intorno 
alla  causa  della  caduta  delle  foglie  . 

Nella  ricerca  delle  cause  di  un  qualche  naturale  fenomeno 
su  due  cose  principalmente  deesi  porre  studio  ,  ed  applicazione 
per  quanto  a  me  sembra  ,  delle  quali  una  è  di  guardar  quello  sot- 
to il  suo  proprio,  e  vero  punto  di  vista,  come  dicesi,  1'  altra  di 
non  perdersi  in  minuzie,  e  distinzioni ,  che  accade  talora  ^  che  ta* 
gliuzzando,  e  sminuzzando  un  fenomeno,  quello  più  non  si  rico- 
nosca per  quello  che  è  in  fatti ,  ed  in  verità .  E  per  venire  a  ciò 
che  forma  1'  oggetto  di  questa  mia  picciola  fatica  ,  quell'  essersi 
così  minutamente  distinte  le  piante,  altre  a  foglie  decidue,  altre 
a  caduche,  ed  altre  a  foglie  perenni,  altre  finalmente  a  foglie  per- 
sistenti, può  menare  a  credere,  che  altro  sia  il  fenomeno  della  cadu- 
ta delle  prime,  altro  quello  delle  seconde,  e  che  abbiansi  una  tutt' 
altra  costituzione  le  terze,  e  le  quarte  ,  quandocchè  ,  a  mio  giudi- 
zio, imo  e  l'istesso  è  il  fenomeno  più  o  meno  dalle  altre  circostanze 
modificato, oalterato.  Oche  le  foglie  cadano  in  autunno,  oche  po- 
co dopo  nate  periscano  in  estate,  o  che  cadano  allora,  che  vengaa 

Tomo  XIIL  a3  fuo- 


Iij3  Sopra  la  caduta  delle  foglie  ec. 

fuori  le  nuove,  o  che  finalmente  cadano  dopo  il  periodo  di  uno  , 
due  o  più  anni ,  le  Foglie  cadono  sempre  all'  istesso  modo ,  e  nell' 
istessa  maniera  e  per  distaccamento,  che  vorrei  chiamare  spon- 
taneo, non  per  laceiazione,ed  unica  sarà  sempre  la  causai  Va- 
rierà  bensì  la  durata  di  esse  foglie,  varierà  il  periodo  della  lor  vi- 
ta  ,  ma  caderanno  tutte  egualmente  ,  e  la  causa  sarà  una  e  V  i- 
stessa,  quantunque  possa  essere  talora  anch'essa  vanamente  mo- 
dificata . 

Ogni  arbusto,  ogni  albero,  per  alto,  e  forte,  e  duro,  e  maestoso 
che  sia  sorge  dalla  terra  in  istato  tenero,  erbaceo,  e  così  né  più  né 
meno  come  un  nuovo  germoglio  spunta  fuori  a  primavera  da  su  di 
un  ramo,  e  sorge  vestito  di  verdi  foglie,  e  tenere,  e  siccome  va 
avanti  crescendo,  ed  indurandosi,  e  mi  si  permetta  il  vocabolo  , 
legnifjcandosi ,  così  a  mano  a  mano  lascia  da  se  cader  le  foglie  . 
Ed  avviene  per  tal  modo,  che  quello  che  dapprima  era  un  tenero 
stelo  coronato  di  verdura,  a  capo  di  un  qualche  tempo,  un  rozzo 
tronco  e  scorzuto  diviene,  e  duro  ,  e  legnoso  ,e  rigido.  L' istes- 
so accade  ancora  de'  rami,  che  spuntando  fuori  prima  erbacei  ,  e 
teneri ,  e  fronzuti,  indi  si  van  facendo  a  poco  a  poco  legnosi,  e  la- 
sciali cader  le  foglie,  e  si  convertono  in  altrettanti  tronchi  par- 
ziali ,  che  così  pure  potrebbonsi  li  rami  chiamare  . 

Ed  a  ciò  pensando,  mi  è  venuto  in  memoria  quello  che  anni 
addietro  osservammo  il  chiarissimo  Sig.  Tenente  Colonello  Don 
Giuseppe  Saverio  Poli^  ed  io  ,su  di  una  specie  di  madrepora  ramo- 
sa, la  quale  essendo  bianca  dalla  radice  per  tutto  il  resto  su,  nel- 
la estremità  poi  de'  rami  si  vede  come  tinta  di  color  di  mattone  , 
ed  in  questa  parte  ancora  è  più  tenera,  e  più  fjagile.  Noi  ci  assi- 
curammo,che  l'animale  andandoavanti  nella  sua  vita, estenden- 
dosi sempreppiù  lasciava  quella  parte  che  erasi,  a  dir  così^sover- 
cViiaiiiente  indurita  ,  ed  ossificata  ,  e  prolungavasi  nuova  ossatura 
dando  a  se  stesso.  Il  limite  appunto  de'due  colori  indicava  la  parte 
del  tubo,  lasciato  dall'  animale,  e  la  divideva  dall'  altra  parte  in- 
torno e  dentro  a  cui  egli  ancor  vi  vea.  Ed  io  non  potrei  assicurarlo, 
ma  credo  bene,  che  per  il  tronco,  e  per  le  parti  del  tronco  lascia- 
te in  abbandono  potesse  ancora  passare  ,  e  filtrarsi  1'  acqua,  che 

ser- 


Del  Sic.  Arciprete  Giuseppe  Maria  Giovene  .  179 
servisse  all'animale  .  Ma  comunque  la  cosa  vada,  senza  dubbio 
vi  è  una  specie  di  analogia  tra  questa  madrepora  ,  e  gli  alberi^che 
questi  ancora  ,  così  come  quella ,  vanno  a  grado  a  grado  lasciando 
dirò  così,  ed  abbandonando  quello,  che  si  va  facendo  duro ,  e  le« 
gnoso,  e  siccome  in  quella,  così  ancora  in  questi  diverso  è  il  co- 
lore  della  parte  dura  ,  legnosa  e  priva  di  foglie  da  quello  dell'al- 
tra 5  che  tenera  è ,  ed  erbacea  ,  e  piena  di  sugo^  e  frondeggiante , 
Quindi  se  alcuno  mi  dicesse,  perchè  si  stacchino,  e  quindi 
s'insecchiscano,  e  cadan  giù  finalmente  le  foglie  dagli  alberi , 
considerando  la  cosa  in  pieno  ,  e  come  in  gruppo  ,  risponderei  , 
ciò  avvenire  per  1'  induramento  ,  principalmente  successivo,  de' 
rami  ,  e  comecché  questo  induramento  facciasi  più,  o  meno  com- 
pletamente in  un  tempo,  o  in  un  dato  periodo  costante,  ovvero  con- 
tinuamente, e  successivamente  senza  interruzione,  quindi  debba 
avvenirne,  che  talune  foglie  si  secchino  in  autunno,  si  stacchino 
in  primavera,  tali  altre  poi  si  secchino,  e  si  stacchino  in  autun- 
no, e  tali  altre  in  primavera,  o  in  estate,  o  in  qualunque  altra 
stagione,  o  dopo  più  anni  ancora,  e  finalmente  tali  altre  vadano 
sempre,  ed  in  tutte  le  stagioni  a  poco  a  poco  ,  ed  a  mano  a  mano 
cadendo  .  Ed  a  dire  il  vero,  le  foglie  sono  tali ,  e  così  organizza- 
te da  dover  essere  sempre  erbacee,  e  parenchimatose,  e  piene  di 

v^«ugo  ,  e  da  non  poter  giammai  foglie  come  sono  passare  allo  stato 
propriamente  detto  legnoso  .  Non  dee  perciò  recar  meraviglia, se 
stiansi  attaccate  al  ramo,  fino  a  che  questo  mantengasi  erbaceo,  e 
tenero ,  e  sugoso ,  e  se  ne  stacchino  poi  quando  al  contrario  quel- 
lo divenga  e  legnoso ,  e  duro ,  e  men  ripieno  di  sugo . .  E  non  solo 
negli  alberi  accade  ciò,  ed  agli  arbusti,  ma  in  quelle  ancora,  che 
diconsi  erbe.  Così  a  cagion  di  esempio  nella  hrassica  oleracea  av- 
viene ,  che  cresciuta  sotto  alla  neve,  ed  ai  geli ,  e  cresciuta  ver- 
de ,  e  rigogliosa  subito  che  lo  stipite  duro  principia  a  divenire  e 

j  -legnoso,  le  foglie  incominciando  da  quelle,  che  sono  inferiori, 
come  appunto  dev' essere,  vanno  cambiandosi  di  colore  ,  e  rosse 

j      facendosi ,  ovvero  gialle  si  staccano  a  taglio  liscio  e  netto ,  né  più 

I     Jiè  meno  come  negli  alberi ,  e  cadono  da  se  stesse  a  terra  . 

Ed  a  confermare  una  tale  idea,  che  le  foglie  perciò  ap- 

pun- 


l80  SorUA    LA    CADUTA    DELLE    FOGLIE    eC . 

punto  insecchiscano,  e  si  stacchino  ,  e  cadano  perchè  essendo  di 
lor  natura  parenchiniatose  tenere,  ed  erbacee  non  possono  far  più 
parte  di  un  ramo,  che  cambia  stato,  e  diviene  duramente  legno- 
so, giova  forse  V  osservare  ,  che  le  foglie  degli  alberi ,  che  non  le 
depongono  così  subito,  e  le  mantengono  più  tempo  sono  più  coria- 
cee, e  più  dure,  come  dell'  ulivo,  del  lauro,  del  lentisco,  dell'aran- 
cio, del  carubbo,  laddove  al  contrario  le  altre  sono  più  erbacee  . 
Ed  è  questa  la  ragione  per  la  quale,  per  quanto  io  ne  credo,  nell' 
erbe  ordinariamente  non  accade  che   cadan  le  foglie  ,  perchè  ìa 
esse ,  e  lo  stile  e  le  foglie  presso  a  poco  simili  sono  sempi'e  in  ista- 
to  erbaceo,  e  vegetano,  e  periscono  insieme,  e   non  avviene  che 
uno  cambii  stato  rapporto  all'  altra  ,  che  se  ciò  per  avventura,  o 
per  ragion  di  clima,  o  per  altra  circostanza  facciasi,  tosto  il  feno- 
meno in  lui  modo,  o  in   un  altro  avrà  luogo  siccome  di  sopra  ò 
detto. 

E  qui  porta  il  pregio  di  notare  altra  osservazione ,  e  questa 
sarà:  allora  ordinariamente  staccarsi,  e  cader  giù  le  foglie  intera'- 
mente  ,  quando  il  ramo  si  ferma  dallo  estendersi  in  lunghezza. 
Non  è  mai  che  l'albero  si  sfrondi  in  tutto  anche  ad  autunno 
avanzato  ,  se  quello  vegeti  pienamente,  e  spinga  avanti  li  suoi  ra- 
mi,  e  per  conseguenza  mantengansi  questi  teneri,  e  sugosi,  sicco- 
me all'incontro  appena  si  fermerà  la  vegetazione,  subito  le  foglie 
si  disporranno  alla  caduta  .  E  per  dir  cosa  di  esempio.  È  in  Lu- 
glio propriamente,  che  l'ulivo  si  arresta  dal  prolungare  li  suoi  ra- 
mi nel  nostro  clima,  ed  è  allora,  che  vanno  cadendo  le  foglie  da 
quella  porzione  di  rami  ,  che  s' indurisce,  e  si  fa  fermo  legno  . 
Che  se,  come  qualche  volta  ò  veduto  per  qualche  particolar  causa  si 
fermi  dal  prolungar  lì  suoi  rami  in  altra  stagione,  in  altra  stagione 
ancora  van  cadendo  giù  le  foglie  .  E  per  il  contrario  se  un  albe- 
ro, o  un  arbusto  per  qualunque  causa,  o  di  favorevole  esposizione, 
e  per  abbondante  pioggia  prematura  vada  avanti  nella  sua  vege- 
tazione, e  mantengasi,  non  ostanti  li  freddi,  tenero,  e  sugoso,  cer- 
to è  che  non  cadono  le  foglie,  ma  si  mantengono  verdi,  e  belle, 
e  vegete,  e  solamente  allora  cadono  quando  1'  albero  si  ferma  .  E 
poiché  la  maggior  parte  degli  alberi  si   ierma  in  autunno  dallo 

sten- 


Del  Sic.  Ahciprete  GiiTseppe  Maria  Giovenh  .      r8r 
stendersi  in  lunghezza,  e  quindi  si  fa  duro  fino  nelle  sue  ultime 
ramificazioni,  perciò  avviene;  che  gli  alberi  per  la  maggior  parte 
depongano  in  tale  stagione  le  loro  foglie  . 

Ma  quando  cessa  1'  albero  di  stendersi  in  lunghezza  ,  non 
cessa  già  di  crescere  in  grossezza  ,  siccome  a  tutti  è  noto  ,  quasie- 
chè  la  vita  vegetativa,  e  l'umore  sempre  attivo,  non  potendo  spin- 
gersi per  una  via,  agisca  per  l'altra,  distendendo,  allargando,  e  dirò 
così:  gonfiando  la  pianta,  ed  indurandola  nel  tempo  stesso.  Né  io 
penso  che  un  tale  ingrossamento  de' rami  in;diametro  non  r.bbia  al- 
cuna influenza  pella  caduta  delle  foglie,  che  anzi  credo  l'opposto. 
Ed  un  giorno  guardando  ìa  Robinia  pseudoacacia,,  la  quale  aveva 
in  circa  dodici  annidi  età,  mi  veniva  di  osservare,  e  rifletter 
così.  Si  sa  che  questo  albero  à  ai  lati  di  ciascuna  foglia  due  spine, 
e  quando  quella  sia  caduta  ,  la  cicatrice  risveglia  l' idea  come  di 
una  testa  di  montone,  della  quale  quelle  spine  sono  le  corna  .  E 
comecché  tali  spine  siano  persistenti,  io  vedeva  verso  la  sommità 
del  tronco  quelle  essere  distanti  l' ima  dall'  altra  per  due  pollici  , 
ed  anche  dippiù.  Tra  me  medesimo  dunque  così  andava  dicen- 
do. Quelle  spine  sul  principio  erano  distanti  una  linea  in  circa  , 
che  tanto,  o  ben  poco  più,  è  larga  la  base  della  foglia  di  un  tale 
albero  ,  ed  ora  si  trovano  distanti  per  più  di  due  pollici.  Di  tan- 
to dunque  avrebbe  dovuto  allargarsi,  e  distendersi  la  base  del 
gambo  della  foglia,  se  avesse  potuto  rimanei-si  attaccata  così ,  co- 
me prima  era  .  E  poiché  V  al))ero  era  di  circa  dodici  anni,  come  ò 
detto,  io  andava  calcolando,  che  la  base  della  foglia  avrebbe  do- 
vuto distendersi  per  poco  meno  di  due  linee  1'  anno.  Ma  questo 
era  impossibile.  Dunque  io  conchiudeva  le  foglie  di  quell'  albe- 
re  essere  cadute  per  una  conseguenza  inevitabile  della  vegetazio- 
ne e  del  progresso  di  essa  ,  e  però  principalmente  dell'indura- 
mento ,  e  poi  anche  dell'  accrescimento  di  esso  in  grossezza.  Così 
il  S  g.  Senebier  osservando  specialmente  il  pero  scoprì  le  scaglie, 
che  coprono  in  inverno  li  nuovi  getti ,  cadere  a  primavera  per 
r  ingrossamento  appunto  del  getto  istesso  ,  non  potendo  le  fibre 
di  quelli  non  essere  stirate  ,  e  quindi  rotte  ,  quando  il  nuovo  suc- 
chio gonfia  il  bottonej  e  questo  si  sviluppa,  e  cresce.  Ed  io  mi  so- 
no 


182,  Sopra  la   caduta  delle   foglie     ec. 

no  assicurato  dell'  istessa  cosa  osservando  il  fico  .  Nella  parte  del 
ramo  sottoposta  alle  scaglie  esteriori ,  allorché  il  bottone  si  svol- 
ge vedesi  1'  epidermide  screpolata  in  tutti  i  sensi  ,  nascendone  di 
tutto  una  nuova.  Sembra  dunque  probabilissimo,  che  l' istesso 
presso  a  poco  succeder  debba  per  le  foglie  . 

Sebbene  forse  il  fin  qui  detto  possa  credersi  bastante  a  spie- 
gne  il  perchè  vada,  quasicchè  direi,  ad  interrompersi  la  piena  e  li- 
bera comunicazione  tra  il  ramo,  e  le  foglie, e  quindi  queste  si  am- 
malino, e  si  secchino,  e  finalmente  si  stacchino  :  sicuramente 
non  basta  per  ispiegare  perchè  appunto  da  quel  luogo  che  si  è 
detto  si  stacchino ,  e  si  stacchino  senza  lacerazione.  A  questo 
dunque  bisogna  più  particolarmente  dirigere  le  ricerche,  giac- 
ché non  altrimenti  si  potrebbe  dire  spiegato  il  fenomeno  in  tut- 
te le  sue  parti,  e  nelle  sue  circostanze  . 

E  primieramente  la  cosa ,  la  quale  a  me  sembra  meritare  la 
maggiore  attenzione  e  riflessione  è  questa,  che  la  bollitura  in 
acqua  di  un  ramo  con  foglie  faccia  quell'  istesso  ,  che  fa  il  tem- 
po, cioè  che  di-ponga  le  foglie  a  staccarsi  dal  ramo,  cosicché, fa- 
cendo un  leciriero  sforzo,  effettivamente  là  si  stacchino  e  così  né 
più  né  rnenOj  come  lo  farebbero  naturalmente  nella  stagione  ,  o 
periodo  proprio.  E  riflettendo  a  tal  cosa,  mìo  primo  sospetto  fu  , 
che  la  bollitura  sciogliesse  una  qualche  cosa  ,  che  servisse  come 
di  ghitine  ad  attaccarle  foglie  al  ramo  .  Ma  ben  presto  dovei  ri- 
nunziare ad  un  tale  sospetto  ,  ripetendo  ,  e  poi  di  nuovo  ripeten- 
do le  osservazioni .  Notai  però  ridursi  senza  dubbio  a  minor  dia- 
metro il  gambo  della  foglia  colla  bollitura  in  acqua,  ma  non  già 
diminuirsi  il  diametro  del  ramo,  e  da  ciò  andava  tirando  una 
qualche  conseguenza  per  ispiegare  comf  avvenisse  ,  che  le  foglie 
bollendo  prima  in  acqua  si  staccassero  dal  ramo  .  Ma  pure  mi  ac- 
corsi ben  subito,  che  ciò  non  era  sufficiente  a  spiegare  intera- 
mente la  cosa  :  e  le  ultime  porzioni  de'  sarmenti  della  vite  bolli- 
ti si  rompono  facilmente  ne'  nodi ,  siccome  di  sopra  ò  detto  ave- 
re osservato  il  Duhamel ,  e  che  io  ancora  ò  verificato,  e  gli  steli 
del  Dìanthus  ,  anche  all'  istesso  modo  si  rompono  nelle  articola- 
zioni .  Similmente  le  foglie  dell'  arancio  dopo  aver  sofferta  la 

boi- 


Del  Sic.  Arciprete  GiusErrE  Maria  Ciovene  .  i83 

Lollitura  ,  si  rompono  con  facilità  in  due  luoghi ,  ed  alla  base  del 
gambo  ,  e  là  ancora  dove  la  foglia  ripiegandosi  rientra  in  se  stes- 
sa per  indi  tornare  a  dispiegarsi  molto  più  ampiamente  ,  Quello 
però  che  mi  sorprese  fu  1'  osservazione,  che  dopo  messi  a  bollire 
alcuni  bottoni  di  lieo  appena  incominciati,  alcun  poco,  ad  aprir- 
si ,  e  coperti  ancora  dalla  scaglia  d' inverno  le  picciole  foglioline 
appena  toccate  si  lasciavano  staccare  propriamente  in  quel  luo- 
go ,  ed  all'  istesso  modo  come  se  vecchie  fossero  state  ,  e  dove  ,  e 
come  naturalmente  sarebbonsì  staccate  .  Pare  dunque  inevitabi- 
le ilsupporsi,  chele  foglie  nascendo  portino  con  se  una  certa 
disposizione  a  l'ompersi  ;  e  staccarsi  in  quel  luogo .  E  per  verità 
spiacemi  di  non  poter  aveie  sotto  gli  occhi  là  memoria  originale 
del   Sig.  Vaucher  per  conoscere  cosa  egli  propriamente  inten- 
da per  quella  specie  di  saldatura  ,  di  cui  parla,  e  come  conce- 
pisca essere  le  fibre  in  queMuogo  separate  ,  ed  indi  saldate  .  Io 
non  sapi'ei ,  né  vorrei  giammai  dire  separate  le  fi-bre  ,  che  esami- 
nandosi la  cosa  si  trova  non  esser  così  j  ma  non  saprei  negare  a 
me  stesso,  che  ovunque  la  vegetazione  ,  lo  sviluppo,  ed  il  pro- 
lungamento della  fibra  ,  si  ferma  ,  e  si  arresta  per  un  qualche 
tempo  ,  là  essa  fibra  acquista,  se  così  è  lecito  dirsi ,  un  certo  vi- 
zio ,  o  magagna  ,  forse  per  lo  arrestarsi  colà  per  qualche  tempo 
r  umore  .  Che  se  indi  non  continua  la  fibra  a  svilupparsi,  e  pro- 
lungarsi sempre  quel  vizio  jimane,  eccettocchè  se  andando  più 
avanti  la  vegetazione,  ed  indurandosi  ,  e  legnificandosi  il  totale 
della  fibra  coli'  aggiunzione  delle  altre  che  se  le  attaccano,  resti 
quel  vizio  riparato  .  E  sono  venuto  a  formarmi  questa  idea  dallo 
aver  veduto,  che  quei  bottoni ,  siccome  ò  detto,  appena  incomin- 
ciati a  svilupparsi  ,  dopo  la  bollitura  si  spezzavano  in  quei  luo- 
ghi dove  vi  era  un  picciolo  rigonfiamento  ,  che  pure  una  specie 
di  nodo  ,  o  articolazione  potrebbe  dirsi  ,  nato  senza  dubbio  dall' 
essersi  colà  per  un  qualche  tempo  arrestata  la  vegetazione  e  for- 
mato lo  sviluppo  .  Ora  quell'  eccezione  ,   di  cui  ò  poc'  anzi  par- 
lato, se  à  luogo  lungo  il  ramo  non  può  aver  luogo  nella  inserzione 
del  gambo  delle  foglie  col  ramo  istesso  ,  come  ognuno  da  se  po- 
trà concepirlo ,  molto  più  se  si  farà  attenzione  a  quanto  sarò  per 


i84  Sopra  la  CADtJTÀ  delle  foche  ec. 

aggiungere  qui  appresso  .  Resta  dunque  là  quel  vizio  ;  che  può 
chiamarsi  originario,  il  quale  produce  il  suo  effetto  tostoche  le 
altre  circostanze  lo  determinano  .  Cosi  nella  hrassica  ò  veduto  la 
fibra  dura  e  consistente  e  nel  fusto  donde  parte  ,  ed  in  qualche 
picciola  distanza  ancora  da  tal  puntò  ,  e  dura  parimenti  in  tutta 
la  lunghezza  del  gambo  della  foglia  j  ma  tenera  ,  e  come  disposta 
a  sfilacciarsi  nel  luogo  del  distaccamento,  e  rottura  della  foglia. 

E  due  altre  riflessioni  io  credo  poter  fare  ,  la  prima  delle 
quali  si  è  ,  che  a  produrre  quel  vizio  che  ò  detto  originario  ,  do- 
ì'rebbe  forse  concorrere  ancora  una  certa  angolosità  che  è  sogget- 
ta la  fibra  a  soff'rire  per  uscire  fuora  dal  ramo  ,  e  spandersi  in  fo- 
glia ,  cosa  la  quale  dee  produire  un  rallentamento  nel  corso  del 
sugo  ,  e  cosi  ancora  un  qualche  ristagno.  L'  altra  riflessione  sarà, 
che  a  mantener  quel  vizio  originario,  di  cui  ò  detto,  abbiavi  tut- 
ta la  parte  quel  cercine  ,  o  rigonfiamento  che  voglia  dirsi  ,  obesi 
trova  alla  base  del  gambo  delle  foglie  ,  e  che  è  il  luogo  appunto 
donde  esse  foglie  si  staccano.  Merita  una  tal  cosa  di  essere  più 
ampiamente  dichiarata  . 

E  voglio  incominciare  dal  dire  quanto  ultimamente  osservai 
nella  Melia  Azederach  .  Fissò  quest'  albero  particolarmente  la 
mia  attenzione,  poiché  lo  ritrovai  nel  Decembre  intieramente 
sfrondato  ,  ma  co'  grappoli  ancora  de'  suoi  frutti  fortemente  ad 
esso  attaccati  e  stretti .  E  primieramente  posi  1'  occhio  a  vede- 
re ,  che  la  base  del  gambo  delle  foglie  e  molto  maggiore  della  ba- 
se del  picciuolo  del  grappolo  di  quelle  bocche  .  Sarà  una  stima 
forse  inferiore  al  vero,  se  si  dirà  esser  quella  il  quadruplo  di  que- 
sta .  Ed  un  tale  maggior  volume  è  non  solamente  1'  efletto  della 
maggior  quantità  di  parenchima  ,  che  si  trova  alla  base  del  gam- 
bo delle  foglie  ,  ma  anche  dalla  maggior  divisione  delle  fibre  . 
Desse  sono  divise  in  tre  fascetti  messi  ([uasicchè  in  triangolo  iso- 
scele ,  e  non  solo  sono  circondati ,  ma  anche  ripieni  di  parenchi- 
ma ,  laddove  una  tale  divisione  non  à  luogo  nella  base  del  pic- 
ciuolo del  grappolo  .  Ed  avendo  messi  a  bollire  alcuni  rami  ve- 
stiti di  foglie,  osservai,  che  non  solamente  erano  là  dove  il  gam- 
ho  si  stacca,,  le  fibre  tenere,  ed  erbacee,  e  fragili,  ma  quasi  per 

tut- 


Del  Sic.  AiLGiPiiETE  Giuseppe  Maria  Giovene  .  i8<j 

tuttala  luijgliezza,  clic  è  coperta  da  quel  rigonfiamento  ,  e  che 
si  i-siciiJe  ili  (|ae»to  albero  ,  come  in  alcuni  altri  per  circa  due 
liiit^e  su  per  lo  gambo  , 

Non  è  senza  un  uso,  che  dove  nel  ramo  s'  impianta  la  foglia 
là  vi  sia  un  rii;onfiamento .  Senza  dubbio  è  questa  un' ofìicina 
del  sugo  ,  dove  questo  liceve  una  particolare  preparazione  .  Là 
ancora  si  raduna  maggior  quantità  di  sugo ,  perchè  vi  si  trova 
radunato  maggior  quantità  di  parenchima,  il  quale  involge, 
e  veste  le  poche  libre  ,  e  si  mescola  tra  esse  .  Quindi  avverti  ojv- 
portunamente  il  Sig.  Sencbier  es?ere  quella  parte  del  gambo  mai 
senqire  spon2,iosa  .  Attese  le  quali  cose  sembra  non  potersi  nega- 
le ,  che  la  libra  in  quel  luogo  comecché  vestita  e  circondata  da 
mateiia  tenera  e  spongiosa  ,  e  più  lontana  aucoia  dall' azione 
dell"  aria  ambiente  j  e  poi  abbondantemente  irrigata  dal  succhio, 
debba  restarsi  sempre  in  uno  stato  tenero  ,  molle,  ed  erbaceo  , 
a  di/Terenza  degli  altri  siti,  dove  s'  irrigidisce  ,  e  s'  indurisce  an- 
che perchè  più  soggetta  all'azione  disseccante  dell' aria  atmosfe- 
rica .  Se  dunque  voglia  supporsi  una  spezie  di  vizio  originario 
della  fibra  in  quel  luogo  ,  siccome  sopra  ò  spiegato  ,  questo  vizio 
lungi  dall'  essere  riparato  sarà  anzi  accresciuto,  o  almeno  man- 
tenuto dalla  continua  irrigazione,  e  dalla  molta  affluenza  del  su- 
go in  quel  luogo,  e  dalle  aitie  causo  già  dette  . 

Ed  altre  considerazioni  sono  io  andato  facendo  anche  tal- 
volta ,  ed  osservando  la  differenza  tlie  passa  tra  il  ligonfia- 
mento  ,  che  vi  è  alle  base  del  gambo  delle  foglie  ,  e  quello  che 
vi  è  alla  l>ase  del  picciuolo  de'  frutti ,  e  delle  nuove  mes^e  .  E  ri- 
^flettendo  ,  che  un  tale  rigonfiamento  non  può  formarsi  se  non 
per  uno  sforzo  ,  contro  la  rete  dell'  epidermide  della  scorza  ,  e 
che  il  nuovo  parenchima  adunandosi  si  dee  ripiegare  e  corica- 
re ,  e  quasi  direi  saldarsi  sul  parenchima  della  scoi  za  ,  anche  in 
ciò  trovava  il  comesi  faccia  che  là  a|)punto  si  stacchi  il  gambo; 
ma  io  non  la  finirei  giammai  ,  se  volessi  entrare  a  sminuzzare  iti 
tutte  le  sue  paiti  la  teoria  della  caduta  delle  foglie,  che  finora  ò 
accennata  .  Piuttosto  dunque  furò  di  epilogare  quanto  finora  ò 
detto,  e  metterlo  sotto  un  punto  di  vista  . 

Tomo  Xill.  fl4  Quan- 


i86  Sopra  la  caduta  delle  foglie  ec. 

Quando  un  albero,  o  arbusto  che  sia  in  una  parte  di  vm  va- 
ino ,  o  per  tutto  in  una  volta  ,  o  successivamente  in  un  periodo 
di  tempo,  o  in  un  altro  più  o  meno  lungo  (  e  bisogna  pure  che 
ciò  succeda  una  volta,  essendo  una  conseguenza  della  vegetazio- 
ne )  vada  facendosi  diu-o  ,  e  legnoso  ,  forza  sarà  che  le  foglie  im- 
piantate in  quel  ramo,  o  parte  di  esso  soffrano  nella  loro  vegeta- 
zione ,    e  si  ammalino  ,   non  potendo  trarne  tutto  quel  sugo ,  che 
prima  tiravano,  e  non  potendo  neppure  quello  che  tirano  libera- 
mente muoversi ,  e  scorrere,  e  così  cambino  colore  ,  e  posizio- 
ne ;,  ed  offrano  tutti  gli  altri  fenomeni  conosciuti.  Cosi  sarà  for- 
za ancora,  che  vadano  irrigidendosi  a  poco  a  poco  esse  foglie  nel- 
la fibra  ,  che  vanno  lungo   il  gambo  ,   e  più  innanzi  ancora  ,  le 
quali  fibre  per  tal  ragione  devono  soffrire  una  specie  di  distor- 
sione. E  poiché  alla  base  del  gambo,  dove  esse  foglie  si  uniscono 
al  ramo,  trovansi  le  fibre  avere  una  magagna  originaria   nata 
dall'  essersi  colà  arrestata  per  un  tempo  la  vegetazione,  siccome 
sopra  ò  accennato  ,  e  dippiù  trovansi  ancora  essere  più  tenere 
ed  erbacee  a  cagion  del  copioso  parenchima  ivi  raccolto,  e  forse 
anche  a  cagione  che  piegandosi  là  esse  fibre,  e  deviando  dalla 
linea  retta  soffra  quindi   il  sugo  un  rallentamento  nel  corso  ,   e 
perciò  forse  un  ingorgamento,  specialmente  in  tempo  che  tutto  il 
resto,  e  di  sopra,  e  di  sotto  è  indurito  ,  forza  sarà  che  là  appunto 
si  rompano  e  si  stacchino  ,  dove  già  per  altro  1'  epidermide   tro- 
vasi essere  stata  più  forzata,  cooperando  ancora  all'  effetto  il  cre- 
scere del  ramo  in  grossezza  . 

Ora  qui  sarebbe  il  luogo  di  andare  a  parte  a  parte  divisando 
come  li  varii  fenomeni  della  caduta  delle  foglie^  de'quali  nel  pri» 
mo  paragrafo  fu  detto,  si  accordino  colla  teoria  che  ò  finora 
sbozzato,  ma  a  me  piace  esser  breve  per  non  annojare  li  miei 
lei'gitori,  i  quali  avran  maggior  piacere  di  andar  essi  stessi  riflet- 
tendovi sopra  .  Non  credo  però  dover  mancare  di  dire  qualche 
cosa  del  come  tale  teoria  possa  spiegare  la  caduta  delle  fogliuzze 
nelle  foglie  composte,  innanzi  che  si  stacchi  il  gambo  della  fo- 
glia intera  .  E  prima  mi  piace  dire  q'ianto  ò  osservato  sul  Sam- 
hiicus  nìgra .  Si  sa ,  che  in  quest'  albero  prima  di  staccarsi  le  fo- 

1^^  glie 


Del  Sic.  Auciprete  Giuseppe  Mahia  Ciovene  .  187 
glie  intiere  sogliono  cadere  le  fogliuzze  laterali.  Ora  mi  è  accadu- 
to di  vedere,  che  quando  sia  il  tempo  di  dover  ciò  succedere, 
allora  il  nervo  principale  della  foglia  è  disposto  a  rompersi  ,  e 
spezzarsi  a  taglio  liscio  e  netto,  e  senza  lacerazione  in  quei  luo- 
ghi appunto  ,  ne'  quali  esso  nervo  principale  si  divide  mandan- 
do due  fascetti  di  fibre  a  formar  le  fogliuzze  laterali .  Ora  la  ma- 
lattia generale  della  foglia  nata  ,  siccome  ò  detto  ,  dall'  indura- 
mento del  ramo  dee  operare  nelle  parti ,  o  appendici  di  essa  , 
che  vogliansi  dire  ,  e  le  fogliuzze  si  seccheranno  là  dove  vi  è 
Una  magagna  originaria  figlia  dell'  essersi  anche  colà  fermato  lo 
sviluppo  della  vegetazione  ,  e  vi  è  un  anelletto  rigonfio  ,  che 
mantiene  (juella  parte  in  istato  di  sugosa,  tenera,  molle,  e  spon- 
giosa  .  Siamo  dunque  all'  istesso,  e  si  staccano  li  gambi  delle  fo- 
gliuzze per  le  istesse  ragioni  per  le  quali  si  stacca  il  gambo  della 
foglia  intiera  .  Sarà  poi  da  ricercarsi  nella  particolare  natura  , 
ed  organizzazione  di  ciascun  albero  in  particolare  la  ragione- 
per  cui  in  alcuni  casi  accada  ,  che  si  stacchino  le  fogliuzze  pri- 
ma che  si  stacchi  il  gambo  intiero ,  in  altri  si  stacchi  questo,  ca- 
dendo così  la  foglia  intiera  . 

Ora  io  veggo  bene, che  contro  una  tale  teoria,  che  io  mi  sono 
contentato  di  semplicemente  abbozzare  cosi  come  meglio  p  po- 
tuto,  vorrà  oppoisi  il  difetto  della  semplicità,  ed  essere  anzi 
soverchiamente  complrcata  ,  e  chiamar  io  molte  cause  a  produr- 
re un  effetto  .  Ma  a  dire  il  vero  questa  mancanza  di  semplicità  , 
quando  anche  vi  fosse ,  non  è  stata  giammai,  e  non  è  per  me  una 
obbiezione  solida  contro  qualunque  siasi  spiegazione  de'fenuiue- 
ni  della  natura  .  È  senza  dubbio  semplice  la  natura,  ma  è  anco- 
ra ricca,  ed  ama  di  variare  .  E  se  talora  molti  fenomeni  sono 
prodotti  da  una  sola  causa  semplicissima,  tal  altra  volta  un  fe- 
nomeno solo  è  prodotto  da  molte  cause,  che  cospirano  insie- 
me .  Senza  di  che  ,  a  diritto  intendere,  F  unica  causa  della  ca- 
duta delle  foglie  è  riposta  nell'  induramento  del  ramo  ,  a  cui 
sono  attaccate;  e  se  io  ò  addotto  altre  cause  ,  queste  sono  venu- 
te a  spiegare  il  modo  ,  e  le  circostanze  della  caduta  di  esse  fo- 
glie .  Finalmente  se  la  cosa  accada  così  in  fatti  ,  siccome  a  me  è 

pa- 


) 


I  88  ?OPRA  LA  CADUTA  DELLE  FOGLIE  eC. 

panilo  poter  ricavare  da  innumerevoli  osservazioni,  clic  ò  voUito 
istituire  ,  è  inutile  il  replicare  ,  che  così  non  dovreLb'  essere  , 
Comunque  però  sia  io  desidero  che  questo  punto  di  fisica  ve- 
getabile sia  da  altri  osservatori  piìi  acuti ,  e  sagaci  ,  che  io  non 
sono,  rischiarato  e  messo  in  lume  .   Io  conchiuderò  col  Poet» 


Pugliese  : 


Sì  quid  novìsti  rectlus  istis 

Candidus  imperti ,  si  non ,  his  utere  ìnecum 


CON- 


i8g 
CONGETTURE  SU  DI  UN  ANTICO  SBOCCO  DELL' 
ADRIATICO  PER  LA  DAUNIA  FINO  AL  SENO 
TARANTINO 

Del  Sic.  Arcidiacono  Luca  dk  Samuele  Cagnaezi 
Presentata  il  di  i  Aprile  1806  dal  P.  D.  Pompilio  Pozzetti . 

JJenchè  da'  Geografi  le  Murgìe  [a)  ,  o  colli  petrosi ,  che  costi- 
tuiscono le  due  Provincie  di  Bari,  ed  Otranto  ,  dette  perciò  Pu- 
glia Petrosa^  eh'  era  1'  antico  suolo  de'  Peuceti,  Salentini,  e  Ca- 
lahri  si  abjjìano  per  diramazioni  degli  Appennini,  che  scorrotio 
per  tutta  1'  Italia,  nondimeno  son  esse  di  una  costruzione  diffe- 
rente da  questi ,  e  separati  da  un'ampia  valle.  Sono  stabilite 
queste  Murgie  con  degli  angoli  sinuosi ,  e  rilevanti  in  corrispon- 
denza, formati  da  strati  orizzontali,  o  presso  a  poco  così  ,  di  pie- 
tra calcare  (  carbonato  di  calce  )  compatta  ,  e  dura,  a  scgno^  che 
non  può  altrimenti  lavorarsi  che  con  martelli,  e  picconi ,  e  ser- 
ve benissimo  per  durevoli  edificj  ,  e  più  d'  ogni  altro  a  lastrica- 
re le  strade,  e  si  converte  in  buona  calce  colla  conveniente  cot- 
tura, l/na  tal  distinzione  giova  averla  presente  in  ciocché  sarò 
per  dire .  Gli  strati  predetti  nan  sono  di  eguale  grossezza ,  essen- 
dovene  alcuni  di  più  piedi  di  altezza,  ed  altri  per  progressione 
fino  a  due  ,  o  tre  linee .  È  da  notarsi  poi,  che  gli  strati  di  una  ru- 
pe con  quelli  dell'altra  prossima,  sogliono  uniformarsi  nella  qua- 
lità della  pietra,  e  ad  un  dipresso  nella  gi'ossezza  .  Fra  questi  stra- 
ti orizzontali  scorrer  si  vedono  di  frequente  de'  filoni  di  ossido  di 
ferro  alquanto  misto  di  marna,  che  in  alcuni  luoghi  prende  la 
consistenza  di  araatite  . 

Le 


[n]   Diconsi  Murgìe  corrottamente  tla      {     così  sembrano  nelle  loro  falde  . 
Muriccìe  ,    aramassi  di  pietre  ,  perchè 


igo  Congetture  su  di  un  antico  sbocco  ec. 

Le  Miirgie  dunque,  che  in  ampio  senso  intendo  tutto  il 
suolo  delle  due  Provincie  di  Bari,  e  Lecce,  ossia  Otranto ,  veiiso- 
no  costituite  da  questi  solidi  strati  orizzontali  calcarei  senz'  altra 
qualità  di  sassi,  a  riserva  del  tufo  calcareo  ,  di  cui  devo  parla- 
re. La  superficie  poi  di  esso  suolo  è  coperta  di  terriccio  vegetabile 
non  di  molta  profondità,  misto  in  alcuni  luoghi  col  sopraddetto 
ossidoj  e  marna  (h)  .  Essi  strati  sembrano  prodotti  non  giù  da 
una  lenta  prf  cipitazione  di  materie  ,  ma  più  tosto  da  una  solleci- 
ta deposizione  causata  da  esto  acquoso  .  È  da  credersi  però  ,  che 
qualche  spazio  abbia  dovuto  passare  tra  la  formazione,  ossia  depo- 
sizione, di  uno  strato,  ed  il  suo  soprapposto,  giacché  tra  alcuni 
non  essendovi  altra  materia  frammezzo  ,  se  mollo  fosse  stato  il 
sottoposto,  ncir  atto,  che  si  deponeail  superiore  ,  si  sarebbe  con 
esso  unito,  anche  in  forza  dehpeso;  anzi  la  superficie  si  vede  in 
molti  alquanto  più  dura  ,  che  par  dinotare  aver  sofferta  1'  azione 
dell'  aria  •  11  limo  calcare,  clie  produsse  questi  strati,  volendolo 
credere  prodotto  da  residui  di  corpi  organici  abitanti  nelle  acque, 
dovè  certamente  soffrire  una  poderosa  azione  dalTesto  delle  acque 
duranti  più  secoli  ,  giacché  le  sue  particelle  sono  assai  assottiglia- 
te, ed  uniformi  5  o  pure  è  da  supporsi  primitiva  questa  terra  cal- 
care .  Voglio  però  accennare,  che  tra  esse  pietie  le  più  dure  ,  e 
compatte  ,  mi  è  riuscito  non  di  rado  trovare  de'  residui  di  corpi 
organici  j  e  specialmente  di  animali  . 

Queste  riflessioni  unite  alla  monotonia,  che  si  osserva  nelle 
Murgie  per  la  loro  esterna  forma,  ed  umile  grandezza,  e  loro  ma- 
teriale, persuadono  essere  di  formazione  ditìerente,  benché  su- 
bacquea, e  non  contemporanea  degli  altri  Monti  Appennini.  Que- 
sti sono  per  lo  contrario  di  una  struttura  interna  assai  confusa  , 
ed  iiTeo^olare  per  i  componenti  e  posizione  de' strati,  giacché  la 
parte  sassosa  di  questi  più  prossimi  alle  Murgie ,  che  sono  i  Monti 

di 


(J)  La  descritta  natura  di  questo  suo- 
lo fa  81  ,  elle  giustamente  dal  Veno- 
»ino    Poeta    sia  stata    chiamata  ,    siti- 


culo.ia  Apidìa  .  Epodon.  IH  ad  Moe- 

cenatem  . 


Del  Sic.  AnciDiACOìsro  CACWAzzr.  19 1 

di  Basilicata,  suol  consistere  in  disordinati  ammassi  di  cote  are- 
naria con  qualche  strato  di  petroselce,  e  qualche  grosso  strato  di 
pietra  calcare  ,  non  così  bianca  e  pura  quanto  la  precedente,  né 
della  stessa  tessitura.  Avendo  inoltre  più  volte  livellatele  più  alte 
cime  delle  Murgie,  tra"  quali  Altamura,  l'ho  trovate  tutte  piìi 
basse  di  quelle  degli  Appennini;  quindi  è  naturale  il  dedurne, 
che  le  Murgie  erano  un  tempo  sotto  le  acque  ,  mentre  al  di  fuuri 
erano  gli  Appennini . 

Dopo  ,  che  le  acque  restarono  discoperte  le  Murgie  più  ele- 
vate doveron  per  lungo  tratto  dimorare  sopra  strati  di  essa  pietra 
calcare  ,  di  livello  inferiore  alle  falde  di  esse  Murgie,  e  nelle  loro 
valli,  come  anche  nelle  pianure  intermediarie,  onde  si  formarono 
de'  considerabili  sedimenti  di  residui  di  corpi  marini .  Questo  se- 
dimento comincia  presso  a  poco  allo  stesso  livello  all'  intorno 
delle  falde  delle  Muigie,  ed  entro  le  valli ,  e  piccole  pianure  in- 
termediarie. Resasi  dunque  1'  acqua  così  bassa  ,  e  sinuosa  tra  le 
tante  valli  dalle  Murgie  ,  e  piccole  pianure  predette  ,  vi  alligna- 
rono infiniti  litafiti ,  e  testacei  per  essere  divenuto  luogo  assai 
proprio  alla  lor  vita;  e  non  essendovi  più  quell'ampio  e  precipi- 
toso esto  marino,  non  poteron  essere  stritolati  e  ridotti  a  fine 
particelle  i  loro  residui,  onde  il  sedimento  abbondante  per  le  cir- 
costanze locali  fu  di  una  tessitura  assai  grossolana  . 

11  nostro  tufo  dunque  non  è  che  un  manifesto  ammasso  dì 
frantumi  di  testacei ,  ed  altri  litafiti  ,  con  altri  generi  men  resi- 
stenti ,  che  non  si  riconoscono  ,  perchè  disciolti.  In  esso  tufo 
con  frequenza  si  ritrovano  de' predetti  nicclii  perfettamente  con- 
servati, de' quali  io  avea  formata  un"  ampia  raccolta  in  clas- 
si, dissipata  dalle  guerresche  vicende  ,  tra' quali  vi  erano  an- 
che de' pezzi  di  ossa  di  anfibii.  La  grana  di  questo  tufo,  e  la 
sua  consistenza  suol  variare  ,  ma  tutto  però  è  suscettibile  di  esse- 
re tagliato  con  sega  ,  e  mannaja,  benché  non  egualmente  servi- 
bile per  edifi^j .  11  tufo  vicino  alle  Murgie,  ossia  a'  lidi .  e  ne' se- 
ni e  valli  ,  e  con  ciò  meno  frantumato  e  maceralo  dall'  esto  ac- 
quoso, suol  essere  più  duro,  e  poco  tmiforme  nella  tessitura,  onde 
meno  suscettibile  di  regolarità  nel  travaglio  .  Quello  poi  più  len- 
ta- 


1(^2.  Congetture  su  di  un  antico  sbocco  ec. 

tano,  ossia  ,  che  stando  nel  mezzo  ha  dovuto  soffrire  una  forte  a- 
zione  dell' esto  ,  del  qual  tufo  vi  sono  delle  Colline  nate  da^lo 
stesso  esto, sopra  una  delle  quali  è  poggiata  la  Città  di  Matera,  ha 
una  grana  così  fina  ed  uniforme, che  rassemhra  una  hianca  cote, 
ma  più  molle,  onde  d'  alcuni  ammassi  si  formano  fini  travagli , 
e  belle  scolture  con  facilità  . 

Nasce  qui  una  fondata  congettura  distljiguendo  le  due  soprad- 
dette varietà  di  tufi  .  Quello  racchiuso  tiaseni,e  valli  delle  Mur- 
gie  poco  agitato,  e  che  contiene  corpi  marini  intatti  è  da  creder- 
si nato  tra  questi  luoghi  istessi,  ove  la  corrente  poco  o  niuna  a- 
zione  avea  .  Il  tufo  poi  di  una  tessitura  più  fina  ,  che  costituisce 
delie  Colline  lontane  dalle  Murgie,  può  credersi  trasportato  dal- 
la conente  da'  lontani  luoghi ,  e  per  successive  apposizioni  aver 
formato  dette  Colline.  Il  creder,  come  fanno  alcuni  ,  si  Y  uno  , 
che  r  altro  condotto  ne'  nostri  luoghi  dalla  corrente,  è  un  giudi- 
zio grossolano  e  precipitoso  . 

Soglionsi  ritrovare  j  abbenchè  di  raro,  alcuni  ammassi  di  un 
tufo  cosi  indurito ,  chiamato  tra  noi  mazzaro,  che  non  è  suscet- 
tibile di  esser  lavorato,  che  con  picconi ,  come  le  dure  pietre. 
Molte  altre  varietà  accidentali ,  e  molti  curiosi  ammassi  di  corpi 
marinisi  trovano  in  essi  tufi  da  servir  di  pascolo  al  curioso  Natu- 
ralista, ma  troppo  mi  allontanerei  dal  mio  assunto  ,  se  descriver- 
le volessi  . 

Dalla  carta  topografica  annessa  ,  da  me  delineata  colla  nor- 
ma di  quella  dell'insigne  Rizzi  Zannoni,  si  potrà  ben  intendere 
quanto  vengo  a  dii'e,  ideando  un  viaggio  . 

Allorché  si  è  nel  littorale  Adriatico  verso  Barletta',  tre  og- 
getti di  considerazione  si  presentano,  i."  Il  Promontorio  del  Gar- 
gano, le  di  cui  alte  Montagne,  seguito  degli  Appennini,  vanno 
con  precipitoso  declivio  a  perdersi  nelle  acque  del  Golfo  di  Man- 
fredonia :  a."  La  pianura,  o  sia  bassa  terra  della  Puglia  Daunia  , 
ossia  Capitanata,  circoscritta  dagli  Appennini  j  su  cui  1'  occhio 
si  perde.  3.°  La  catena  delle  Murgie,  che  umilmente  in  jiarago- 
ne  degli  Appennini  ciicoscrive  dalla  parte  orientale  essa  pianu- 
ra. Convien  ora  scorrere  il  basso  lido  da  Earietta  a  Manfredonia^ 
•-  tra- 


Dei/ SiG.  AnciniACONO  Cagnazzi  .  igS 

traversando  le  jjocclie  dfjU'Ofanlo  ,  della  Caropella,  e  del  Cande- 
laro,  fiumi,  che  traggono  origine  dagli  Appennini,  e  scorrono  per 
la  pianura  Daunia .  Da  Manfredonia  passando  a  Sansevero  ,  si  la- 
sciano a  diritta  gliAppcnnini,  ed  a  sinistra  vedesi  la  pianura  Dau- 
nia, e  così  succede  da  Sansevero  andando  a  Lucerà,  e  da  questa 
«d  Ascoli  ,  e  finalmente  a  Melfi,  eh'  è  situata  al  piede  de!  Vultu- 
re .  In  questo  giro  già  ad  occhio  conoscesi  la  pianura  Daunia  es- 
sere stata  sotto  le  acque,  mentre  le  alte  Montagne  Appennine 
erano  al  di  fuori  ;  che  perciò  il  presente  promontorio  del  Garga- 
no non  è,  che  un  indice  del  come  esse  Montagne  ,  osservate  nel 
predetto  giro,  sorgevano  dalle  acque  • 

Si  arriva  già  al  famoso  Vulture  non  abhastanza  esaminato 
.  nelle  sue  particolarità,  ma  all'  ingrosso,  da  tutt'  i  Naturalisti  ri- 
conosciuto per  un  estinto  Vulcano.  Io  non  mi  dilungo  in  minuti 
dettagli  di  esso  ,  estranei  al  mio  assunto  ,  riserbandomi  farlo  in 
altra  Memoria  di  proposito,  e  dopo  aver  completate  le  conve- 
nienti osservazioni .  I  suoi  componenti  dunque,  essendo  materie 
vulcaniche,  e  la  forma  a  cono  troncato  col  suo  cratere  dirupato , 
non  ammettono  difficoltà  .  Siamo  al  presente  bastantemente 
istruiti  j  che  le  sotterranee  accensioni ,  e  con  ciò  i  vulcani ,  han- 
no origine  dalla  decomposizione  de'  sulfuri  marziali  colla  presen- 
za dell'  acqua,  e  specialmente  marina.  Costantemente  si  vede  , 
che  tutt'i  vulcani  in  azione  son  prossimi  al  Mare  ,  anzi  sorti  da 
entro  le  acque,  come  sono  i  nostri  Campi  Flegrei  ,  e  tutte  le  Iso- 
le vulcaniche  .  Non  di  rado  il  nostro  Vesuvio  ha  vomitato  acque 
salse  ,  e  residui  di  testacei  ,  e  le  sue  mofete,  come  quelle  dell' 
Etna,  efilorescono  sai  marino  ,  e  nuiriato  d'  ammoniaca  ,  onde 
vedesi ,  che  r  acido  muriatico  j  come  mediatore  alla  più  facile 
decomposizione  dell'  acqua,  è  uno  de'  motori  de' Vulcani  . 

Comunque  ciò  sia,  la  vicinanza  del  mare  ,  o  almeno  di  va- 
stissimi fiumi,  che  devonsi  perdere  in  voragini,  è  così  necessaria 
a'  Vulcani,  che  non  ne  riconosciamo  neppur  uno,  che  sussista  in 
piena  azione  senza  l'alimento  delle  acque,  che  riduconsi,  secondo 
che  la  presente  Chimica  ci  mostra  ,  ne' due  gas  tanto  uecessarj 
ne'  fenomeni  vulcanici,  e  specialmente  il  gas  ossigeno,  senza  del 

Tomo  XIJI.  3,5  qua- 


ig4  Congetture  su  di  un  antico  sbocgo  ec 

quale  all'  istante  smorzato  resterebbe  il  focolare  del  Vulcano  » 
Confermasi  ciò  dal  vedere,  che  tutt'  i  Vulcani  distantì  dalle  ac- 
que in  proporzione  conveniente ,  lian  già  perduta  la  loro  piena  a- 
zione  .  Ho  detto  in  proporzione  conveniente ,  perchè  un  gran  vul- 
cano ,  come  l'Etna,  avendo  ilsno  laboratorio  assai  vasto  e  pro- 
fondo ,  può  giugnere  fino  al  mare.  Un  picciolo  vulcano  al  contrae 
rio  non  è  presumibile  che  possa  estendere  le  sue  cavità  in  distan-» 
za  considerabili  da  ricevere  alimento  dalle  acque  del  Mare  . 

Il  Vulture  allorché  ardea  avea  dunque  bisogno  di  acque  co- 
piose. La  posizione  della  bassa  Italia  ci  dimostra,  che  grandi  fiu- 
mi, come  ora  non  ve  ne  sono,  così  per  lo  passato  non  ve  n'erano, 
d'aver  potuto  alimentare  il  fuoco  del  Vulture  ;  dunque  ha  dovu- 
to ricevere  alimento  dalle  acque  del  mare.  La  mole,  e  le  vestigia 
del  Vulture  mostrano  non  essere  stato  un  Vulcano  sì  grande, 
che  le  sue  caverne  avessero  potuto  estendersi  fino  al  mare,  che 
direttamente  è  lontano  circa  quaranta  miglia.  Non  farà  perciò 
meraviglia  il  dire,  che  il  Vulture  ardea  allorché  la  pianura  Daii- 
nia  era  sotto  delle  acque, vale  adire,  allorché  il  suo  piede  bagnato 
veniva  dal  mare,  anzi  son  persuaso,  come  l'apparenza  chiaramen- 
te manifesta  ,  che  il  Vulture  surse  vui  tempo  da  entro  le  acque  , 
come  tanti  altri  Vulcani  . 

Si  riprenda  un  altro  viaggio  dallo  stesso  luogo  donde  si  par- 
tì, cioè  da  Barletta  verso  Canosa  ,  seguendo  la  catena  delle 
Murgie,  che  si  lasciano  mano  mano  a  sinistra  ,  ed  a  diritta  1"  am- 
pia pianura  Daunia.  Lasciando  Canosa  sulT  alto,  e  seguen- 
do la  stessa  rotta,  si  va  fin  sotto  Minervino,  che  anche  è  poggiato 
su  di  una  Murgia,  e  quindi  progredendo  nello  stesso  modo,  si 
giunge  tra  Spinazzola,  ed  esse  Murgie  ,  luogo,  che  sarà  da  me  in 
appresso  rimarcato.  Gonvien  qui  fermarsi ,  e  fare  qualche  rifles- 
sione su  quanto  si  è  osservato. 

Rivolto  al  settentrione,  scorgesi  dunque  la  pianura  Daunia  , 
di  cui  si  sono  conosciuti  i  confini.  Verso  la  diritta  vedesi  in  qual- 
che distanza  il  Vulture  .  Di  qiuesta  pianura  esaminandosi  il 
suolo,  che  e  di  tufo  calcare  vestito  di  terriccio  margaceo,  ove  piìi 
ove  men  profondo,  con  qualche  dolce  collinetta  nel  mezzo,  già 
, ,    ,  ul;  .  1    .  mo- 


Del  Sic.  Arcidiacono  Gagnazzi  .  igS 

mostra  abbastanza  essere  stata  un  tempo  tal  pianura  sotto  dell© 
acque  .  Questo  terriccio  in  molti  luoghi  vieii  alterato  da  quello 
tiascinato  da'le  acque  discese  da' monti,  e  dalla  gliiaja.  Due  epo- 
clie  però  sono  da  distinguersi  della  dimora  delle  acque  in  questa. 
Comincio  dalla  meno  remota,  eli' è  quella  in  cui  la  Pianura  Dau- 
11  ia  formava  un  goll'o  fin  sotto  al  Vulture,  tra  gli  Appennini ,  e  le 
Murgie,  non  oltre  passando  Spinazzola .  Per  ben  introdurmi, 
formo  qualche  digressione  . 

La  laguna  di  Venezia  per  piìi  di  un  anno  oggetto  di  mie  os- 
servazioni ,  va  da  tempo  in  tempo  mancando  di  acque,  ossia  ele- 
vandusi  di  fondo,  e  ciò  per  le  cause  seguenti,  i ."  La  dissoluzione 
<Je' corpi  organici,  specialmente  testacei,  e  crostacei  di  cui  abbon- 
da, i  quali  traggonooriginedairacquaistessa,oper  dir  meglio,  dalla 
conversione  dell'acqua  in  terra  mediante  il  lei  tro  organico,  già  ri- 
conosciuta da  tutt'  i  Naturalisti.  2.°lllimo,  edaltro  terriccio,  che 
le  acque  della  Brenta  ,  ed  altri  torrenti,  specialmente  nell'  ingros- 
samento delle  pioggie, portano  in  essa  laguna,  che.come  poco  agi-" 
tata  la  sua  acqua  ,  perchè  riparata  dalle  isolette  nella  sua  bocca, 
cade  a  fondo  conseguentemeute  prima  che  1'  acqua  esca  dalla  la- 
guna (<■) .  La  posizione  del  lido  orientale^  ossia,  che  guarda  il  mare 
all'  oriente,  per  cui  1'  esto  ha  maggior  azione  nell'  entrata  che 
nell'uscita,  onde  le  acque  portano  dentro  più  limo  di  quello 
che  ne  caccin  via  {d} .  La  Giudeca,  ed  altre  Isolette  artificiali, 

che 


(e)  Le  aniue  della  laguna  di  Vene- 
zia sono  meno  salse  di  quella  del  Ma- 
re esterno  ,  perchè  riceve  molta  acqua 
da  tcrra^  ed  è  maggior  questo  fenomeno, 
quando  spira  vento  di  Maestro  ,  giac- 
ché V  acqua  allora  vien  respinta  all' 
ingressa  nella  laguna  .  Neil'  inverno 
poi  spirando  tale  vento  succedono  gli 
agghiacciamenti  ,  ed  ecco  perchè  in  al- 
cune volte  è  gelata  la  laguna  Veneta 
5n  tutto,  o  in  parte,  lo  che  mi  venne 
fatto  osservare   ,  e    non  già  come  han 


creduto  alcuni,  che  i  freddi  di  Vene- 
zia siano  da  eguagliarsi  a  quelli  del 
Baltico  ,  che  f^n  gelare  le  acque  ma- 
rine. Ciò  fu  da  me  dimostrato  per  di- 
steso in  una  Memoria  sulla  tempera- 
tura d' Italia,  letta  alla  R.  Accademia 
de'   Georgofili  di  Firenze  . 

{d)  L'esto  marino  cammina  a  norma 
della  Luna  ,  e  del  Sole  ,  nascendo  dalla 
loro  azione,  onde  quando  il  Mare  è  po- 
sto orientalmente  ^  riceve  il  lido  un"  a- 
zione  maggiore  nel  flusso^  cha  nel  ri- 


l\jb  COSOILTIVKE    9U    DI    UN    ANTICO    SBOCCO    CC. 

che  contengono  giardini  nella  detta  laguna,  sono  stato  formate 
dal  limo  ,  che  mano  mano  si  è  con  macchine  tolto  da  soli  Canali, 
per  dar  passaggio  alle  barche  mercantili .  L' indolenza  di  pochi 
anni  a  piagare  questi  canali  li  rende  ostruiti  in  modo  da  essere 
impraticabili  da  legni  meixantili  anche  piccioli  .  Allorché  la  ma- 
rea è  bassa  non  solo  alcuni  canali  entro  Venezia  ho  veduto  a  sec- 
co, ma  altresì  larghi  spazj  di  fondi  più  elevati  nella  laguna  resta- 
re a  secco,  come  se  fossero  nuove  Isole,  e  ciò  ho  inteso  da' vecchi, 
che  va  crescendo  benché  lentamente.  Questa  progressione  farà 
si ,  che  un  tempo  a  Venezia  dovrà  dirsi  qui  fu  Mare,  e  la  laguna 
prenderà  un  aspetto  non  differente  dalla  Pianura  Daunia  .  Un  ta- 
le cambiamento  però  più  sensibile  rilevasi  in  essa  laguna  a  lidi  di 
Terra  ferma,  in  guisacchè,  a  misura  che  il  fondo  si  eleva,  le   ac- 
que più  sensibilmente  si  ritirano.  E  da  credersi  dunque,  che  più 
estesa  assai  fosse  stata  un  tempo  detta  laguna,   ed  infatti  le  bas- 
se terre,  che  uniformemente  a'  lidi  si  estendono  di  molto,  ed  il 
loro  terriccio  margaceo  abbastanza  lo  dimostrano  . 

La  gran  laguna  di  Comacchio  ha  lo  stesso  incremento  di 
fondo,  ma  per  quanto  ho  osservato,  più  lentamente,  giacché  vi 
concorrono  le  cause  predette  con  minor  efficacia  . 

L'  antico  Golfo  Daunio  (  siami  permesso  cosi  chiamarlo  ) 
assai  più  grande  delle  predette  lagune,  ha  riparata  la  sua  bocca 
da  isolette  come  ad  esse,  onde  F  esto  ,  che  per  la  parte  orientale 
s'  introducea  ,  era  dunque  assai  maggiore  .  La  sua  circoscrizione 
furono  i  monti  Appennini  ,  come  ho  detto  ,  e  dall'  altra  [)arte  le 
Murgic,  e  che  stender  non  si  potea  al  di  là  di  Spinazzola  (e), 

es- 


ilusso .  Ecco  perchè  i  lidi  orientali, 
come  sono  quelli  d'Italia  iicU' Adriati- 
co ,  si  veggono  col  tempo  crescere  ,  ed 
aumentarsi  ,  ed  all'  opposto  quelli  di 
Albania  ,  e  di  D.ilma^ia  diminuirsi  .  Il 
porto  tanto  famojo  di  Brindihi  per 
tal  ragione;,  e  per  altre,  ò    soggetto  a 


riempirsi  continuamente  di  limo  dalle 
acque  dell'  Adriatico  ,  che  più  delle 
altre  sporche  sono  di  questo  ,  per  i 
molti  fiumi  proporzionalmente,  che  in 
esse  3i  scaricano  . 

[e)  Questo  paese    nell'  antico    Itine- 
rario   della  Via  Appia  vien   chiamato , 


Del  Sic.  Arcidiacono   Cackaz;?!  .  197 

essendo  ivi  il  tratto  ,  che  si  iiappone  tra  dette  Miirgie  ,  ed  Ap- 
pennini ,  ossia  della  gran  valle,  che  formano  il  più  stretto  ,  ma 
•  il  più  elevato  in  tutta  la  pianura ,  giacché  comincia  là  con  pic- 
ciolo torrente  ,  che  nelle  pioggia  va  a  scaricarsi  nelT  Otanto,  co- 
me nella  Carta  ho  segnato.  Al  di  là  poi  di  Spiuazzola  prende 
origine  un  altro  simile  torrente  ,  che  unendosi  al  picciolo  iìuine, 
o  benanche  torrente ,  detto  3Ierdaro ,  va  ad  unirsi  finalmente 
nel  Fiume  Bradano ,  che  si  scarica  nel  Golfo  di  Taranto  .  Vedesi 
adunque  essere  verso  Spinazzola  e  le  Murgie  il  tratto  ,  non  solo 
il  più  stretto,  ma  altresì  il  punto  più  elevato  della  gian  valle  , 
e  da  una  parte  la  pianura  inclina  verso  il  Golfo  di  Manfredonia  , 
e  dall'  altra  verso  il  Golfo  di  Taranto  . 

Stando  ora  presso  Spinazzola ,  si  vada  avanti  verso  il  Gara- 
gnone  (/) ,  tenendo  sempre  a  man  sinistra  le  Murgie  ,  ed  a  dirit- 
ta gli  Appennini,  e  così  fino  a  Gravina  (g)  .  Qui  la  gran  valle  fra 
le  Murgie,  ed  Appennini  si  apre  di  molto,  ma  l'occhio  non 
ahbandona  ambe  le  catene,  che  da  una  parte,  e  dall'  altra  pro- 
grediscono fino  al  Jonio,  e  jiiopriamente  vanno  a  prendere  la 
direzione  de'  lidi  ,  che  circoscrivono  il  Golfo  di  Taranto  .  Non  si 
abbandoni  per  ora  la  catena  continuata  delle  Murgie  ,  tenendola 
sempre  sulla  siulsira  in  poca  distanza  ,  che  perciò  conviene  la- 
sciare la  mia  Patria  Altamura  (A)  a  diritta  . 

Questa  Città  è  situata  su  di  una  Murgia,  che  con  altre  simi- 
li forma  un'isola  staccata  dalla  non  interrotta  catena,  che  abbia- 
mo detto,  progredire  fino  al  Jonio  .  Le  mie  osservazioni  barome- 
triche di  paragone  con  quelle  del  chiarissimo  Monsig.  Arcipreta 

Gio- 


ad  Pinum  ctl  anr:he  Op^/ìdiini  Pini  , 
per  qualche  pino  insigne,  clie  vi  fos- 
se stato  ,  ma  ora  non  so  per  quale  stra- 
na etimologia  vicn  latinizzato  ,  Spina 
«urea . 

[f)  Quivi  era  1'  antica  Silvium ,  o 
Silvìanum  ,  ora  luogo  disabitato  . 

(s)  Giacché  siamo  incidentemente  a 


rimarcare  la  via  Appia,  dirò,  che  qiT;- 
6ta  era  1'  antica  Piera  ,  bensì  non  si- 
tuata, ov'  è  al  presente  j  ma  più  sopra 
verso   Oriente  .  '      '     , 

(/()  Ella  era  1'  antica  Lupatia ,  che 
che  ne  dica  in  contrario  il  Pratillo  nel 
J110  libro  sulla  via  Appia  ,  opponendosi 
all'  Olstenio  con  vani  argomenti . 


^sgi'  Congetture  su  di  un  antico  sbocco  ec. 

Giovene  in  Molf'etta  ,  mi  han  fatto  conoscere ,  coila  forinola  di 
de  l-,uc  ,  che  Altamura  è  elevata  dal  livello  del  Mare  Adriatico 
circa  settecento  piedi  parigini  ,  ossia  circa  aao  metri  .  Quebto 
Stretto,  che  formasi  dalla  catena  delle  Mm'gie,e  da  quella  su  cui 
è  Altamura  in  alcuni  luoghi  è  men  di  un  miglio  stretto  ,  ma  il 
fondo  è  tufaceo  ovunque  ,  onde  indica  »  da  quanto  ho  detto  ,  che 
quando  le  acque  occupavano  i  fondi  ,  ove  vi  è  tufo,  il  sito  di 
questa  Città  era  con  altre  ÌMurgie  adjacenti  un'  isola  . 

Progredendo  il  cammino  colla  stessa  guida  della  catena  del- 
le Murgie  sempre  a  sinistra,  dopo  sette  miglia  si  giugne  su  ru- 
deri della  via  Appia ,  che  guida  fino  a  Taranto  .  Passando  da  sot- 
to Santeramo,  e  quindi  da  sotto  Castellaneta ,  e  j)roj)riamente 
arrivati  ad  una  calata  chiamata  petto  di  lepore,  all'istante  si 
presenta  alla  veduta  una  bellissima  pianura  assai  fruttifera  ,  che 
dolcemente  va  a  perdersi  nel  seno  Tarantino  .  In  questa  delizio- 
sa Pianura  poco  distante  dalla  catena  delle  Murgie  è  situata 
Massafra  (/)  .  Non  si  abbandoni  intanto  la  catena  delle  Murgie  , 
la  quale  va  ad  abbracciare  la  laguna,  ossia  Mari  cello  di  TarantOf 
prima  di  tuffarsi  nelle  acque  ,  che  perciò  conviene  scostarsi  dal- 
la comune  Via  ,  che  fassi  per  Taranto  su  ruderi  dell'  Appia,  e  si 
è  già  a  vista  della  laguna  predetta  . 

Ho  detto  di  sopra  ,  che  un  picciolo  torrente  ,  che  va  a  sca- 
ricarsi in  altro  detto  Merdaro,  e  questo  nel  Fiume  Biadano, 
prende  origine  da  sotto  Spinazzola  .  Volendo  circoscrivere  la  ca- 
tena degli  Apjjenniiii,  che  va  a  perdersi  nel  mare,  non  altro  in- 
dico, che  il  corso  del  Bradano  ,  che  scorre  uniformemente  al 
piede  degli  Appennini,  come  sulla  carta  può  osservarsi  . 

Circoscritta  così  la  gran  valle  ,  che  dalla  pianura  Daunia  si 
porta  al  Jonio,  o  per  dir  meglio,  dal  Golfo  di  Manfredonia  a 
quello  di  Taranto  ,  vengo  a  presentare  le  mie  osservazioni  fatte 
in  essa  .  Ho  detto,  che  il  punto  più  elevato  in  questa  è  sotto  Spi- 
nazzola ,  da  cui  prende  origine  un  torrente  ,  che  come  altri  del 

ter- 

(i)  Si  è  creduto  ria  alcuni,  che  fos-      1      creduta   altrove,  e  che  tal  pianura   era 
se  r  antica  Messoria  ,  ma  da  altri  vien     .1      un  tempo   della  Peuoezia  , 


Del  Sic,  Akcidiacono  Cagt^azzi  .  igg 

territorio  di  Gravina  ,  e  d'  Altarniira,  si  confonde  nel  Bradano  , 
Tra  Altamura  ,  che  forma  Isola,  e  la  catena  continnata  delle 
Murgie  prende  origine  un  altro  scarso  torrente ,  solo  scorrevole 
nelle  pioggie,  e  seguendo  uniformemente  in  qualche  distanza  la 
norma  delie  Murgie  ,  unito  ad  altri  simili ,  forma  ciocché  impro- 
priamente chiamasi  Fiume  Lieto.  In  tutta  l'estensione  della 
gran  valle  il  terreno  margaceo  è  disseminato  di  ciottoli  j  ossia 
picciole  selci,  ed  altro,  rotondate  .  Essi  hanno  non  solo  una,  ma 
due  ,  tre,  ed  alle  volte  quattro  incrostature  concentriche  di  pe- 
troselce di  differenti  colori ,  ne  sono  poi  esternamente  uniformi, 
il  che  palesa,  che  molto  han  corso  nelle  acque,  ed  in  diversi 
luoghi  pria  di  essere  qui  giunti  .  Questi  ciottoli  con  della  ghiaja 
abbondano  perù  in  certe  valli  subalterne  alla  gran  valle  predet- 
ta, che  sogliono  essere. verso  del  mezzo.  Fra  essi  ciottoli  ve  ne 
sono  de'  granitici  senza  veste  alcuna  ,  e  di  quarzosi  puri,  ma  ben 
rari,  quali  si  potrebbero  ripetere  dalle  Alpi,  come  vedremo  . 
Vi  sono  anche  tra  ciottoli ,  de'  pezzi  di  lava  vulcanica  ,  rna  poco 
rotondati ,  e  senza  veste  ,  i  quali  io  credo  assolutamente  del  Vul- 
ture per  la  loro  natura  ;  altri  poi  con  delicata  veste  calcarla  ,  che 
potrei  ripeterli  da'  Monti  Euganei  ,  giacché  alla  frattura  ,  e  ad 
ogni  altro,  somigliano  ad  alcune  di  quellelave  degli  estimi  Vulca- 
ni dell"  alta  Italia  .  Di  queste  pietre  rotondate  ,  ovunque  da  me 
osservate  in  questa  gran  vaUe,  con  precisione  se  ne  vedono  nel- 
la calata  di  petto  di  Lepore  ,  sotto  Castellaneta ,  ed  in  tutta  la 
pianura  di  Massafra  se  ne  trovano  sparse  fino  al  Gólfo  Tarantino. 

La  presenza  dunque  del  tufo  calcare  della  natura  accennata, 
mostra  aver  dimorato  T  acqua  in  questa  valle  ,  ma  la  presenza 
della  ghiaja,  e  delle  pi. -tre  rotondate,  mostra  di  più  aver  avuto 
un  corso  ,  e  corso  veloi  e  .  Queste  apparenze  pertanto,  e  ciocché 
di  pili  sarò  per  dire  ,  mi  hanno  assicurata  ,  che  il  Golfo  Daunia 
in  un'  epoca  anteriore  a  quella  già  di  sopra  menzionata  ,  sbocca- 
va per  questa  gran  valle  ne!  Golfo  Tarantino,  in  modocchè  le 
Provincie  di  Bari ,  e  di  Otranto  erano ,  o  un'  Isola  ,  o  pure  attac* 
cate  all'  Albania  ,  ossia  antica  Grecia  . 

Mi  couvieu  distinguere  in  questa  gran  valle:   i.'  11  suolo 

tu- 


aOC  CcNGETlUniì   su    DI    UN   ANTICO    SBOCCO   CC. 

tufaceo  coperto  di  terriccio  vegetabile,  e  margaceo  ,  clT  è  pro- 
piiameiite  ,  come  ho  fatto  rimarcare,  ne' seni  formati  dalia  ca- 
tena delle  Murgie,  e  tra  le  Isole  ,  ossia  Murgie  ,  staccate  da  det- 
ta catena  in  poca  distanza  ,  costituendo  de'  luoghi  ^  in  cui  la  cor- 
lente  delle  acque  ,  come  sopra  ho  detto  ^  poca  azione  avca  ,  che 
perciò  opportuna  sede  di  testacei,  e  litofiti  erano,  onde  gli  am- 
massi di  tufo  poco  macerato  esistono  .  2.°  Delle  colline  in  mezzo 
della  gran  valle  ,  che  ho  sopra  descritte  ,  in  una  delle  quali  sle- 
de IMatera  di  tufo  macerato  e  fino,  per  l'estoin  grande  sofferto  . 
'ò."  I  snoli  di  giiiaja  ,  e  gli  ammassi  di  ciottoli  rotolati  .  Tutto  ciò 
mostra  ,  che  non  ad  un  tratto  questa  gran  valle  restò  esausta: 
e  (piando  mai  la  natura  agisce  a  salti  ?  All'anteriore  epoca  dun- 
que, in  cui  erano  uniti  i  due  Golfi  Daunio  ,  e  Tarantino  ,  biso- 
gna far  distinzione  :  i.°  Il  tempo  in  cui  1'  acqua  era  così  abbon- 
dante ed  estesa  ,  che  solamente  le  Murgie  tenea  discoperte  ,  on- 
de il  suocoi-so  non  era  precipitoso,  ed  a  torrenti,  ed  abitarvi  po- 
teano  in  conseguenza  innumerabili  testacei,  e  litofiti,  da'  cui  re- 
sidui il  tufo  nacque  ,  e  dall'  esto  si  formarono  le  colline  di  mez- 
zo ,  e  forse  con  qualche  altro  materiale  venuto  d'  altrove  .  a.°  Il 
tempo  posteriore,  in  cui  I'  acqua  diminuita  per  deviazione  ,  prese 
i  siti  più  bassi  di  essa  gran  valle  ,  ossia  le  subalterne  valli ,  onde 
necessitata  a  correre  con  maggiore  rapidità,  per  cui  non  è  capace 
più  per  abitazione  di  essi  animali  .  Non  tralascio  poi  avvertire  , 
che  l'epoca,  in  cui  ho  detto  essere  stata  la  pianura  Daunia  uu 
Golfo  ,  forse  contemporaneo,  come  dirò ,  a  quella ,  in  cui  anche 
la  pianura  di  Massafra  fino  al  Bradano  era  parte  del  Golfo  Ta- 
rantino ,  fu  dopo  il  disseccamento  del  tratto  della  gran  valle  tra 
Spinazzola  ,  e.  petto  di  Lepore  . 

Non  mi  si  potrà  negare ,  che  f  Adriatico  nella  posizione,  in 
cui  sono  ora  i  suoi  fiumi  (né  altrimenti  sembra  che  sieno  stati 
per  lo  passato ,  senza  ricorrere  ad  altre  supposizioni  )  dà  abbon- 
dante acqua  al  Mediterraneo  .  Sarei  nojoso  in  cose  assai  ovvie  , 
se  numerar  volessi  i  molti  fiumi,  alla  testa  de' quali  collocar  do- 
vrei il  maestoso  Po,  che  vanno  a  scaricarsi  nel  picciolo  Mare 
Adriatico .  Certamente }  che  1'  evaporazione  giornaliera  di  esso 

Ma- 


Del  Sic.  AnciniACONO  Cacnazzi  .  aoi 

Mare  è  minore  fidi'  accjiia  clin  riceve  ;  da  che  per  una  costante 
osservazione  vedcsi  ,  die  la  sua  acqua  è  sensibilmente  meno  ca- 
rica di  sale  dopo  molti  giorni  di  calma,  e  sempre  poi  meno  di 
quella  del  Mediterraneo  .  Posto  dunque  che  l'Adriatico  avesse 
dovuto  scorrere  nel  Mediterraneo  per  questa  sola  gran  Valle  , 
molto  pili  stretta  della  sua  presente  bocca  ,  o  pure  contempora- 
neamente ,  certo  è  che  il  suo  corso  sarebbe  stato  nel  primo  ca- 
so rapidissimo  ,  ma  nel  secondo  anche  considerabile  . 

Mi  son  deciso  a  provaie  ,  che  il  corso  delle  acque  fosse  sta- 
to in  questa  gran  Valle  verso  il  mezzodì  ,  perchè ,  a  dire  il  vero , 
parmi  che  tutte  le  posizioni  ciò  annunziino,  ma  non  voglio  osti- 
narmivi  ,  e  sarò  contento  anche  ,  che  mi  si  dica,  che  la  corrente 
fosse  stata  or  verso  il  mezzodì,  ed  or  al  contrario^  secondo  le  va- 
riazioni periodiche  dell'  esto  marino,  giacché  in  ambi  i  casi  non 
ne  risulta  contrarietà  alle  mie  congetture  . 

Tempo  fa  l'Orotomia  ondeggiava  tra  l'acqua  ,  ed  il  fuoco  . 
I  partigiani  dell'  acqua  escludevano  intieramente  l' azion  del 
fuoco.;  e  Azeramente  gran  peso  fa  la  posizione  degli  angoli  uscenti, 
e  rientranti  in  corrispondenza  ,  ravvisandosi  lavoi-o  dell'  esto  ac- 
quoso ,  come  in  picciolo  si  vede  .  L'  altro  partito  pel  contrario  de- 
dito alle  osservazioni  vulcaniche  ,  ed  avendo  presente  il  sollecito 
sorgimentodi  Monte  nuovo  nelle  vicinanze  di  Pozzuoli,  tutto  at- 
tribuiva a  fuochi  sotterranei ,  che  colla  loro  azione  aveano  vomi- 
tato lava  ed  altre  materie  ,  o  pure  cagionate  protuberanze  per 
ampliare  le  loro  fucine  .  La  conciliazione  di  questi  partiti  fatta 
da  sensati  Orittologi  dopo  un  cumulo  di  esatte  osservazioni,  tron- 
cando ciò  che  di  stravagante  eravi  in  ciascuna  delle  parti  dettato 
dal  fanatismo,  ha  sparso  del  gran  lume  su  questo  ramo  della  Sto- 
ria Naturale  ,  onde  ora  da  molte  circostanze  locali  ,  e  dalle  ma- 
terie componenti  i  Monti  viensi  a  ragionare  della  loro  formazio- 
ne-, ma  intanto  per  i  Monti  formati  sotto  le  acque  tutto  attiibui- 
scesi  all' esto  marino,  perdendosi  di  vista  ciò  che  nascer  possa 
da  una  corrente  continuata  . 

Ne'gran  Fiumi  non  è  raro  vedere  in  poco  formarsi  un'Isola  in 
mezzo  di  un  ampio  letto  .  Qualunque  picciolo  ostacolo,  che  fcr» 

2'omo  XllL  a6  mar 


aoa  Congetture  su  di  un  antico  sbocco  ec. 

jnar  possa  la  ghiaja,  o  luto  trascinato  dalle  acque  ,  può  successi- 
vamente dare  origine  ad  un'  Isola,  ossia  IMontagna,  in  mezzo  del- 
la corrente,  la  quale  a  primo  aspetto  credesi  opposta  a  tal  lavoro. 
Io  non  nego  ,  che  molte  ineguaglianze  vengono  appianate  dalle 
correnti,  ma  altre  alle  volte  ne  nascono.  Mi  è  riuscito  vedere  nel 
Po  un  albero  staccato  con  tutt'  i  rami  da  qualche  riva  ,  arenato 
quindi  nel  letto,  formarsi  dietro  un'  Isola  .  Non  in  modo  diffe- 
rente nacque  l' Isola  nel  Tevere  dai  fasci  del  frumento  segati  da' 
campi  de'  Tarquinj,  ed  in  odio  di  essi  gittati  dal  Popolo  nel  Fiu- 
me (/') ,  Mi  è  stato  alle  volte  un'  divertimento  ,  1'  andar  osservan- 
do ne'  ruscelli  le  Isolette  nate  da  plcciolissimi  intoppi,  che  ma- 
no mano  han  ritenuto  ed  accumulato  del  limo  . 

Nelle  montagne  dunque  nate  dalle  correnti  per  lo  più  non  si 
suole  osservare  uniformità  di  angoli  uscenti  e  rientranti  ,  né  al- 
le volte  catene  seguite,  essendovene  delle  staccate  ed  isolate  . 
Siccome  la  costanza  de'predetti  angoli  si  ravvisa  nelle  Murgie  , 
e  negli  Appennini,  che  circoscrivono  la  gran  Valle  predetta ,  così 
ninna,  o  poca  regolarità  si  osserva  nelle  Colline  sparse  in  essa, 
quelle ,  tufacee,  che  sono  di  una  data  anteriore,  serbano  qual- 
che ombra  di  regolarità,  perchè  si  devono  forse  ad  un  corso  meno 
precipitoso,  come  ho  detto,  ma  le  ghiajose  sono  senz'  alcuna  re- 
golarità ,  e  tal  è  la  contrada  detta  delle  Rene  nel  Territorio  Alta- 
niurano  . 

'  A  tal  proposito  non  lascio  di  far  osservare  che  il  gran  Colle, 
su  cui  è  situata  la  Città  di  Montepeloso  ,  formato  di  ghiaja  ,  e 
ciottoli  silicei,  è  un  travaglio  della  corrente,  perchè  molto  dovea 
disturbarsi  ivi  ,  sì  per  la  corrente  radendo  le  irregolarissime  pro- 
minenze degli  Appennini  assai  prossimi ,  come  per  un  seno,  che 
ivi  si  forma  dalla  catena  di  essi  Monti ,  dopo  la  stretta  foce  di 
Spinazzola  .  Questo  colle  dunque,  o  monte  che  vogliam  dire,  ri- 
peto, essere  un  ammasso  di  ciottoli  e  ghiaja  ;  ed  in  alcuni  siti  all' 
interno  si  trovano  essi  ciottoli  impastati  da  un  cemento  marga- 

ceo  , 


(;)  Lìv.  Uh.  II.  Cap.  II. 


I 


Del  Sic.  Arcidiacono  Cagnazzi  .  ao3 

ceo,più,  0  meno  forte,  costituendo  un  imperfetto  poudingue  , 
appena  capace  il  più  duro  alla  costruzione  di  rozze  fabbriche  (m). 
Di  questo  podingo  ariche  nella  predetta  contrada  delle  Ptcne  si 
trova  . 

Dalle  ossei'vazioni  fin  qui  rapportate,  resta  sicuro  di  esservi 
stata  una  lunga  inondazione  ,  se  non  vogliam  dire  un  corso  di  ac- 
que dal  GoIfoDaunio  a  quello  Tarantino,  ma  resta  da  congettura- 
re ora  come  sia  cessata  . 

Due  casi  sono  da  supporsi .  i  °  Che  la  Penisola  Tarantina  , 
che  sono  le  Provincie  di  Bari ,  ed  Otranto ,  sia  stata  un  tempo  at- 
taccata al  Terreno  d'Albania  ^  ed  allora  1'  Adriatico  dovea  per 
una  necessità  sboccare  nel  Mediterraneo  per  la  nostra  gran  valle, 
~  e  che  poi  separatasi  per  una  qualche  mossa  terrestre  ,  sboccò 
r  Adriatico  dalla  foce ,  che  ha  al  presente ,  restando  arida  la  det- 
ta irran  valle  .  a.°  Che  T  azione  del  Vulture  mentre  ardea  sia  sta- 
ta  capace  ad  ostruire  in  qualche  punto  la  gran  valle  a  segno  d'im- 
pedire il  passaggio  delle  acque  per  essa ,  ed  in  questo  caso  non  fa 
d' uopo  supporre  la  penisola  Tarantina  in  remoto  tempo  attaccata 
all'Albania  presente,  potendo  essere  stato  lo  sbocco  dell'Adriatico 
a  due  foci,  ossia  la  penisola  Tarantina  essere  stata  allora  un'  Isola. 
Esaminiamole  partitamente  colla  scorta  delle  osservazioni . 

Si  è  veduto,  che  il  tufo  calcare  è  di  una  formazione  poste- 
riore alla  pietra  dura  e  compatta,  che  forma  le  Murgie,  e  che  al 
piede  di  esse  poggia  su  de'  strati  di  detta  pietra;  e  che  mentre  i 
siti  in  cui  trovasi  il  tufo,  era  tuttavia  sotto  le  acque  la  pietra  cal- 
care delle  Murgie  era  al  di  fuori;  vale  a  dire  dunque,  che  il  suo- 
lo 


(m)  Non  so  con  quale  appoggio  1'  An- 
tonini nel  suo  l'amoso  libro  sulla  Lu- 
cania Jica  Montepeloso,  o  Pìlloso  per 
essere  su  di  una  cretosa  Collina  situato. 
Per  creta  egli  intende  volgarmente  la 
marna.  (Questa  Città  nata  ne' bassi  tem- 
pi ,  viene  sussldiarianìente  latinizzata 
nel  duodecimo  secolo,  Pelusii  Montis , 


ed  in  un  codice  manoscritto  ,  che 
appartiene  a'  Duchi  d'  Andria  ,  quale 
descrive  una  battaglia  ivi  successa  tra 
Greci  ,  e  Saraceni,  dicesi  in  Monte- 
pelusio .  A  me  sembra  più  naturale 
e  sicuro  credere ,  che  Montepeloso  sia 
derivato  da  Mons  Lapillosus,  o  Monte 
LapiUoso  . 


ac4  Congetture  su  di  un  antiCO  sbocco  ec. 

lo  tufaceo  deve  essere  al  disotto  del  livello  della  dura  pietra  del- 
le Murgie.  Questo  costantemente  osservasi  ovunque,  ma  un'ecce- 
zione evvi  nel  littorale  Adriatico^  cominciando  dalla  metà  della 
distanza  tra  Trani,  e  Bisceglia,e  tirando  fino  al  di  là  di  Giovinazzo 
cinque  miglia  circa  ,  vai  a  dire  presso  a  poco  per  quindici  miglia 
di  esso  littorale  (  come  vedesi  nella  Carta)  quale  è  di  pietra  dura 
calcare,  ossia  Murgie,  che  vanno  a  profondarsi   nel  Mare  ,  nello 
stesso  tempo,  che  il  resto  del  lido  Adriatico  è  suolo  tufaceo.  Di 
più  esso  suolo  tufaceo  della  gran  valle  è  di  livello  as-ai  superiore 
al  lido  del  mare, come  risulta  dalle  osservazioni  barometriche  da 
me  fatte  di  paragone  con  quelle  di  Monsig.  Giovene,  ch'è  in  Mol- 
fetta,  quale  è  sul  lido  petroso,  oltre  che  l'occhio  stesso  l' indica . 
Come  spiegar  dunque  questa   eccezione?   Qualunque  delle  due 
antecedenti  opinioni,  che  adottar  si  voglia,  certamente  che  de- 
ve ammettersi  una  mossa  terrestre  ,   che  abbia  fatto  nascondere 
nel  Mare  qualche  porzione  annessa  ad  esso  littorale  petroso  di 
quindici  miglia  estesa . 

Avendo  voluto  nel  littorale  di  TrigianOj,  distante  miglia 
cinque  da  Barij  visitare  le  cave  di  tufo,  per  vedere,  se  tra  la  pie- 
tra dura  calcare,  ed  il  tufo  soprapposto  vi  fosse  qualche  filone  di 
altra  materia,  vidi,  che  non  altro  vi  era  fra  mezzo  ,  che  un  deli- 
cato filone  di  una,  o  due  linee  circa  di  pietra  rnorgacia  dura  ,  né 
altro;  ed  osservai  che  gli  strati  dolcemente  vanno  piegandosi  ver- 
so del  Mare  da  sotto  il  tufo(;?).  Non  è  così  il  tratto  di  lido  petroso 
menzionato  .  Gli  strati  appajono  spezzati  ,  e  franti  in  alcuni  luo- 
ghi, in  altri  regolarmente  l'uno  soprapposto  all'altro,  ma  obliqua- 
mente inchnandosi  verso  itMare,  come  se  di  fatto  mancato  fos- 
se al  disotto  il  terreno,  e  ripiegati  si  fossero  .  Se  gli  strati  altrove 

al 


(n)  Questa  osservazione  fa  ben  com- 
prendercj  come  possano  esservi  de'  poz- 
zi sorgenti  di  acqua  dolce  immediata- 
mente al  Mare  lungo  il  littorale  di 
Bali  ;  giacché  feltrandosi  le  acque  a 
traverso  del  tufo  verticalmente  vanno  a 


riposare  su  strati  di  pietra  ,  che  suc- 
cessivamente a  guisa  di  scalinata  van- 
no a  perdersi  nel  Mare  al  di  sotto  del 
tufo,  onde  le  acque  per  de'  meati  scor- 
rono rasente  essi  strati  ^  e  si  versano 
in  conse^enza  in  essi  pozzi  . 


Del  Sic  Arcidiacojsto  Cacnazzi  .  ao5 

al  disotto  del  tufo  si  ripiegano  nel  Mare,  si  riconoscono  come 
quelle  gradinate  regolari  ,  che  si  veggono  generalmente  alle  fal- 
de delle  jVIurgie.  Dippiù  gli  strati  di  esse  Murgie  serbano  la  posi- 
zione quasi  orizzontale  ovunque,  e  se  inclinati  sono  il  loro  ango- 
lo è  picciolo,  nò  hanno  regolarità  nel!' inclinazione  per  lursgo 
tratto  .  Quelli,  ripeto,  del  Territorio  di  Giovenazzo,  Molfetta  ,  e 
Eisregiia ,  pajono  dunque  indicare  un  mancamento  di  terreno 
verso  del  Mare,  e  con  ciò  il  lido  presente  essere  stato  uu  tempo 
al  di  sopra  dell'  attuale  livello  . 

Un'  altra  osservazione  mi  resta  Ja  esporre  su  questo  partico- 
lare assunto,  che  feci  nel  mio  viaggio  da  Messina  a  Trieste,  co- 
steggiando l'Albania,  avendo  avuto  delle  nojose  calme,  per  cui 
mi  convenne  lentamente  scorrere.  Mi  riuscì  dunque  osservar  da 
•vicino  il  Terreno  del  Pi-omontorio  tra  Corfù,  eDulcigno,  e  rav- 
visai essere  simile  a  quello  delle  Provincie  di  Bari  j  e  d'  Otranto; 
vale  a  dire  di  colline  petrose  calcarle,  ossia  Murgie,  e  Tufacie.  Io 
non  dubito,  che  siano  di  una  stessa,  e  contemporanea  formazio- 
ne le  Murgie  di  Albania  con  le  nostre,  allorché  le  acque  erano 
assai  alte,  ma  non  ardisco  dire,  che  sia  stata  una  e  ntinuata  ca- 
tena di  Murgie,  e  che  abbia  ligata  questa  nostra  penisola  dal  lit- 
torale  di  Otranto  fino  a  quello  di  Albania  ,  e  quindi  per  qualche 
rovinos.)  accidente,  di  cui  ho  mostrate  le  traceie  suli' indicai- 
to  littorale  siasi  staccata.  Resterebbe  a  verificarsi  ciò  con  simi- 
le usservazione  lungo  il  littorale  di  Otranto  fino  al  Capo  di  S. 
Maria  di  Leuca  , 

Veniamo  alla  seconda  congettura  .  La  minima  ampiezza  del- 
la nostra  gran  vallee  verso  Spinazzola,  che  perciò  qualunque 
eruzione  del  Vulture,  mentre  era  in  piena  azione,  di  materie  ter- 
rose, ossia  minuzzate,  che  sogliono  esser  lanciate  a  considerabi- 
le distanza,  in  repHcate  volte  ha  potuto  ostruire  un  tal  luogo  for- 
se naturalmerrte  più  elevato  in  mezzo  della  gran  valle.  Non  è  cer- 
tamente improbabile  .  che  alla  distanza  di  quindici  miglia  circa 
sieno  state  lanciate  delle  mateiie  vulcaniche  pnlverulente,  che 
abbiano  fattoelevare  il  suolo  più  del  livello  delle  acque-  in  modo 
da  far  perdere  cotnunicazione  ti  a  quelle  della  pianura  Daunia  , 
e  quelle  della  nostra  Valle  .  Per 


ac6  Congetture  Su  di  un  antico  sbocco  ec. 

Per  ilare  maggior  peso  a  questa  congettura,  riconoscer  si  do- 
vrebbe utr  qualche  strato  di  terra  vulcanizzata,  ossia,  che  ab- 
bia sofferta  Tazione  del  fuoco  sotto  della  Terra  vegetabile  nella 
pianura  di  sotto  Spinazzola.  Passando  da  esso  luogo,  non  ho  lascia- 
to più  volte  di  tentare  un  tale  esame  su  quel  profondo  terriccio, 
sempre  infruttuosamente  per  quel  che  vengo  a  dire.  Noi  osser- 
viamo, che  nelT  eruzioni  Vulcaniche  terrose  i  piccioli  lapilli,  e 
frantumi  di  cave  ,  e  scorie  cadono  più  vicino,  mentre  le  materie 
polverizzate  vanno  a  piombare  in  maggior  distanza  j  non  dico  di 
quindici  miglia,  ma  assai  dippiù,  come  il  Vesuvio  ci  ha  mostra- 
to negli  anni  scorsi.  Ng'  circondar]  del  Vulture  non  è  difficile  a 
misura  della  sua  vicinanza  ritrovare  piccioli  frammenti  di  cave  , 
onde  fino  a  tal  distanza,  essendovi  state  eruzioni ,  non  poteano 
giugnervi  che  materie  polverose,  le  quali  è  noto  ad  ogni  Natura- 
lista, che  promuovono  sollecitamente  la  vegetazione,  e  colla  terra 
vegetabile  quindi  che  ne  risulta,  mano  mano  si  confondono  , 
formando  c[.uel  bellissimo  terriccio,  che  costituisce  la  fertilità 
della  presente  Terra  di  Lavoro,  Provincia  del  nostro  Regno,  un 
tempo  chiamata  per  tal  causa  Campania  Felix.  Dopo  più  miglia- 
ja  di  anni  poi  non  è  possibile  riconoscere  se  la  sabbia,  orgilla  ,  ed 
altro,  clie  va  confuso  col  terriccio  vegetabile  esposto  all'  azione 
dell' aere  abbia  sofferta  quella  del  fuoco  ,  dunque  ogni  mia  ri- 
cerca giustamente  è  riuscita  vana.  L'occhio  però  di  un  Osserva- 
tore consumato  alle  volte  supplisce  all' analisi ,  quindi  il  color 
cupo  ,  e  l'ottima  qualità  del  terriccio  di  essa  pianura ,  fa  giusta- 
mente credere,  che  abbia  origine  da  materie  terrose  vulcaniche. 
Io  ho  cercato  spiegare  con  questo  modo  il  più  facile  ,  e  na- 
tuiale  l'innalzamento  di  quel  suolo  coli'  azione  del  Vulture, 
ma  altri  moltissimi  non  ne  mancano  a  Vulcani  ,  come  1'  espe- 
rienza ha  mostrato  .  Non  solo  direttamente  per  una  espansione 
sotteranea  si  videro  ad  un  tratto  elevarsi  Monti ,  e  sorgere  Isole 
nel  mare  ,  ma  altresì  indirettamente  per  terremuoti  cagionati 
da  accensioni  sotterranee  a  lunga  distanza  dal  centro  delle  ondu- 
lazioni sursero  anche  delle  alture,  altre  si  appianarono,  delle  val- 
li si  riempirono,  de'  Fiumi  si  arrestarono,  formando  de'  laghi  > 

altri 


Del  Sic.  Arcidiacono  Cacnazzi  .  2,07 

altri  cambiaron  letto,  finalmente  in  alcuni  luoghi  il  Mare  si  die- 
de in  dietro,  restando  discoperti  lunghi  tratti  di  terra ,  in  altri  l'in- 
gojò  con  tutte  le  abitazioni.  Un  grande  esempio  ne'  nostri  luoghi, 
e  tempi  ce  ne  somministrano  gli  ultimi  Tremuoti  di  Calabria  . 

Non  è  dunque  strana  la  mia  congettura^,  che  dall'  azione  del 
Vulture,  in  qualunque  modo  si  voglia,  fosse  stata  interrotta  la 
comunicazione  del  Golfo  Daunio  col  gran  canale  che  conducea  fi- 
no al  Jonio,  e  quindi  a  poco  a  poco  disseccata  questa  Valle,  resta- 
ta fosse  inondata  la  sola  pianura  di  Massafra  .  Doveron   dunque 
restare  sotto  le  acque  nello  stesso  tempo  le  due  anzidette  pianure 
formando  due  Golfi  ,  assai  piìi  estesi  di  quelli  che  sono  al  presen- 
te ,  di  Manfredonia,  e  di  Taranto  ,  mentre  il  tratto  in  circa  del- 
la nostra  gran  valle  da  Spinazzola  fino  alla  calata  di  Petto  di  Le- 
pore, era  già  disseccato.  Farmi  poi  più  probabile,  che  siasi  dissec- 
cata con  maggior  celerità  la  pianura  Daunia  ,  benché  più  gran- 
de di  quella  di  Massafra.    La  Daunia  ha  un'ampia  Corona  di  Ap- 
pennini con  tanti  torrenti ,  che  dalle  falde  di  questi  scendono  » 
a  tre  Fiumi  che  ora  scorrono  per  essa  Pianura,  che  allora  imme- 
diatamente si  versavano  in  detto  Golfo,  i  quali  tutti  l'arricchiva- 
no di  terriccio  .  L'azione  del  Vulture,  che  ardea,  operava  in  varj 
modi  al  disseccamento,  com'è  naturale,  di  ogni  Vulcano  .  Final- 
mente r  esto  orientale  avea  ,  come  ha  ,  la  sua  libera  e  piena  azio- 
ne su  di  esso  Golfo .  La  pianura  di  Massafra  fino  al  Bradano  per 
lo  contrario  è  dominata  da  una  parte  dalle  sole  Murgie,   che  so- 
no di  pietre  incapaci  ad  essere  trasportate  da  pioggie  e  torrenti  ^ 
e  dall'altra  parte  dagli  Appennini,  i  quali  non  danno,  che  le  po- 
che acque,  che  formano  lo  scarso  Bradano  ,  giacché  sono  le  sole 
del  pendio  di  questa  nostra  parte,  mentre  le  altre  del  pendio  op- 
posto vanno  a  scaricarsi  nelf  ampio  Fiume  Basento  che  scorre  , 
e  va  a  scaricarsi  cinque  miglia  circa  distante  dal  predetto,  onde 
poco  terriccio  per  tal  causa  ha  potuto  acquistare  .   L'  azione  poi 
dell' esto  orientale  niun  dominio  ha  su  di  esso  Golfo,  perchè  ri- 
parato da  lungo  promontorio  .  che  forma  la  Provincia  Otranti- 
na,  onde  per  t.di  cause  questa  pianura  ha  dovuto  restare  di    più 
sotto  le  acque.  La  presente  Laguna  di  Taranto,  ossia  Maricello, 

è  pe- 


ao8  Congetture  eu  di  un  antico  sbocco  ec. 

è  però  im  residuo  di  esso  Golfo  antico  ,  il  (jualeassai  lenlaincnte 
va  disseccandosi ,  ma  vi  sarà  un  tempo,  che  farà  parte  della  pre« 
sente  piamua  . 

Queste  mie  congetture  non  sono  state  fin  ora  poggiate  ,  clic 
sopra  osservazioni  naturali  5  ed  ottimo  sarebbe  ,  se  convalidate 
anche  venissero  da' monumenti  istorici ,  per  quanto  la  lonta- 
nanza ed  oscurità  de' tempi  può  permettere;  ma  che  di  più  dir 
potrei  di  quello  ,  che  il  fu  Sig.  Abate  D.Ciro  Saverio  Minervi- 
no, onore  della  nostia  Puglia,  ha  detto  su  questo  assunto  nella 
sua  eruditissima  lettera  suU'  etimologia  del  Vulture  ?  (o)  Egli  da 
radici  Etiopica,  Pehivi,  Persiana,  Caldaica,  Ebraica,  Greca  ec. 
ec  ,  e  con  la  più  profonda  erudizione  discute  1'  Etimologia  della 
A'oce  J'nltur,  quindi  dalle  brocche,  o  boccali  roversciati,  impresse 
nelle  antiche  monete  Tai-antine,e  di  altre  Città,  senza  preven- 
zione alcuna  ricava  quanto  io  ho  di  sopra  congetturato  dalle  os- 
servazioni. Siccome  alle  profonde  e  purgate  erudizieni  aggiu- 
gnea  Egli  le  più  ampie  cognizioni  di  Istoria  naturale  ,  se  scorsa 
avesse  più  volte,  come  io  ho  fatto,  la  gran  valle  descritta,  avreb- 
he  senza  meno  pensato  come  io .  La  preziosa  lettera  anzidetta 
meriterebbe,  che  io  la  trascrivessi  qui  da  capo  a  piedi ,  essendo 
ogni  sua  parola  interessantissima,  ma  ciò  lungo  sarebbe,  onde  mi 
contento  rapportarne  qualche  pezzo,  col  quale  conclude  dopo  am- 
pie dimostrazioni,  e  tralascio  con  dispiacere  le  copiose  utilissime 
note,  che  Io  corredano,  per  non  rendere  oltre  misura  volumino- 
sa la  presente.  Dice  egli  dunque  nel  §.  XXXIX  ,,  Altro  chela 
,,  presente  lettera  scriver  dovrei ,  se  volessi ,  ora  a  pieno  provar- 
5,  vi,  che  le  brocche  in  attodi essere  rovesciate,  lequali  s'incoii- 
5,  trano  nelle  monete  dell'illustre  e  nobile  Città  di  Taranto  con 


5,  altri  simboli ,  dimostrano,  che  il  suolo  ,  sul  quale  poi  fu  essa 
„  fondata,  ed  il  suolo  del  suo  Territorio  fu  un  tempo  ricoperto  da 
j,  acque  crasse  ,  paludose ,  e  cretacee  ;  che  poi  in  parte  fu  inabis- 

sa- 


(o)  Dell'  etimologia  del  Monte  Vul- 
ture :  Lettera  Al  Sig.  Ab.  D.  Dome- 
nico Tata  di  Ciro  Saverio   Minervino 


Napoli    1778    nella    Stamperia    SimO' 


55 
J> 

55 
55 
55 
5J 
J 


Del  Sic.  Aucidiacono  Cagnazzi.  acg 

?ato  dalla  <^io\cuz?.  de'  fuochi  sotterranei,  ch'è  V  Srcole ,  che 
iucontiiaino  nelle  sue  monete,  in  parte  profondato  da  casmi, 
che  oneravano  pian  piano  ,   e  che  si  personificarono  in  Palla- 
de  ,,  la  quale  ravvisasi  oltre  ad  altri  tipi  di  ciò ,  nelle  stesse  sue 
monete,  ed  in  parte  inalzato  in  altri  siti  ,  con  dare  scolo  a  tali 
acipu;  nel  Mare,  ch'ò  il  genio  di  Taranto  ,  o  sia  TAPA2  ,  il 
quale  vedesi  seduto  sopra  un  delfino  con  tali  brocche  in  aito 
di  rov€sc;ar3  ,  o  rovesciando  uè  V  acqua  .  Se  volessi  qui  spiega- 
re tutte  Itì  favole  ,  che  la  riguardano,  e  tutt'  i  tipi  delle  sue 
,  monete  ,  o  discorrere  sulle  qualità  naturali  del  suo  terreno , 
„  con  ragione  sentirci  dirmi  ,  che  questa  mia  lettera  sul  Mon- 
,  te   Vulture,  è  la  •^dpnrX^  vnoTyiTii.  A  lungo  io  ragiono  di 
,  tutto  ciò  in    altio  iu  )go  .   Permettetenii    però,   che   almeno 
alla  sfuggita  ora  vi  accenni  qualche  cosa  .  Quesio  scolo  dato  m 
parte  alle  sue  acque  nel  Mare  (giacché  pur  ora  molte  ve  ne  so- 
„  no  anche  stagnanti  nel  suo  Territorio  ,  oltre  a  varj  Fiumiccl- 
j,  li)  con  essersi  innalzato  il  suolo  in  alcuni  siti  da' fuochi  sotter- 
„  ranci ,    viene  espresso  nella  citatavi  hellissima  moneta  d'  oro 
5,  del  peso  di  grani  centonovaiUa  ,   che  si  possiede  dallo  spesso 
mentovatovi  Si^.  Birouste  ,  colf  iscrizione  TAPANTINflN.  Ifi 
essa  vedrete  il  genio  del  luogo  ,  ossia  il  TAPA2 ,  voce  ,  che 
appunto  dinota  lo  scrAo  dato  da  fuochi  sotterranei   alt  acque 
con  inalzare  il  suolo  in  tal  luogo  [p)  ,  in  età  di  baml3olo  ,  che 
,,  tiene  il  piede  sinistro  sollevato,  le  braccia  innalzate  sul  viso  di 
Nettuno  in  atto  di  abbracciarlo  .  Osserverete  inoltre  Nettuno, 
che  sta  seduto  col  tridente  in  mano,  che  il  guarda  in  atto  assai 
cruccioso,  quasi  dispiacendogli,  che  TAPA2  volesse  fare  scor- 
rer (pielle  acque  nei  Mare  ,  e  si  veggono  alcune  cose  già  but- 
tategli da  Taras  nella  Veste,  che  tiene  Nettuno  sulle   ginoc- 
„  chia  .  La  stella  che  tiene  Nettuno  presso  a'  reni,  dimostra  ap- 
,,  punto,  che  per  opera  divina,  e  soprannaturale  fu  dato  lo  scolo 
Tomo   XI LI.  2.J  ,,  a 


{jj)  Qui  l'eriulitissiino  Avit.  con  una 
lunga  nota  ila  radici  «li  più  lingue  ve- 
tuste sopra  menzionate    giustifica  que- 


sta interpretazione  .  Di  essa  moneta 
rapporta  anche  il  Jiàegno  ,  come  di 
ogni  altra  ^  che  uomina  , 


310  CojJGEXTUllE     SU    DI    UN    ANTICO    SISOUCO    CC 

„  a  tali  acque  .  L'essere  questo  suolo  uscito  dalle  acque,  e  l'aver 
„  avuto  esse  il  loro  scolo,  ci  vogliono  indicare  il  Delfino  (7),  sul 
,,  quale  siede  TAPA2  ,  e  V  altro  Delfino,  che  tiene  sulle  brac- 
„  eia,  come,  per  non  recare  le  monete  già  edite  ,  potrete  osser- 
vare in  una  di  oro  inedita  nelle  mie  tavole,  clie  si  possiede  dal 
dotto  ed  erudito  mio  amico  il  Sig.  Abate  Zarrilli,  che  mi 
permise  prenderne  un  disegno  .  Uniti  i  simboli  di  queste  mo- 
uete  con  due  altre  assai  rare  di  tale  Città  date  in  luce  dal  Sig. 
Pellerin  (  Sup.  IV pi.  i',  n.  io,  ed  1 1  ),  e  non  avrete  esitamen- 
to  alcuno  in  credere  ciò,  che  mi  reco  a  [)regio  di  esporvi.  Ec- 
covi adunque,  che  ci  vollero  far  toccare  con  mano  i  Taianti- 
ni ,  cosa  dinotano  le  brocche  in  mano  di  TAPA2  ,  0  in  atto  di 
rovesciarle,  o  tenendole  ritte  . 

,,XI.  In  alcune  monete  di  Città  poste  presso  a  fi u miceli i,  da' 
quali  viene  irrigata  la  nostra  P«g//a  Daunia,  cosi  detta  perchè 
è  Regione  irrigata  da  più  Fiumicelli  (  Vedi  l'  eruditissimo  Bar- 
ter  Glos.  Ant.  Brit.  V.Donum,  Daiiniim,  Daunnf)^.\\on  è  me- 
}'aviglia,  se  scorgiamo  talvolta  la  biocca  ,  o  il  boccale  ,  o  altri 
simboli  allusivi  all' ac(/zie.  Non  ragiono  ora  de' simboli  dcMe 
monete  di  Canosa,  né  delle  acque,  eh'  erano  intorno  a  qu(^sta 
Città,  ricliiedendo  molte  parole  le  quali  riserbo  a  miglior  tem- 
po; ma  mi  restringo  alla  broccato  s,'va  boccale  ,  che  incontria- 
,,  mo  nelle  monete  d'  /Irpaiio^  una  delle  quali  con  tal  simbolo 
,,  viene  recata  dal  P.Magnam  (  Miscel.  Aum.  toni.  Ili,  tab.6,  n. 
,,4)-  I*«^^>'i  voglio  neanche  trattenermi  presentemente  intorno 
,,  a"  naturali  antichissimi  avvenimenti  di  cotesta  parte  della  Pu- 
„  glia,  giacché  ne  ragiono  molto  alla  distesa  in  altro  proposito  ; 
„  ma,  come  testé  ho  detto,  solo  restringo  il  discorso  alla  broccut 
„  o  boccale,  che  vedesi  nell'  anzidetta  moneta  à^Arpano.  Comu- 
,,  nemente  si  vuole  che  questa  Città  fosse  situata  in  quel  luogo 
„  della  Daunia,  il  quale  è  non  lungi  da  Foggia y  e  presso  al  sito 

„  do- 


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35 


(y)  Con  ima  nota  dottamente  laosti'a 
qui  V  A.  ,  elle  il  Delfino  sulle  moneto 
urhiche  ,   non  è ,  come  si  creile  ;,  sim- 


bolo fli  Città  commerciale,  ma  di  es- 
ser nata  dalle  actjue  . 


Del  Sic.  i\uciniACONO  Cagnazzi  .  aii 

,,  elove  si  uniscono  i  fiumire'li  Celane y  e  tolgano;  il  qnal  luogo 
„  o\-a.  dìcianw  V  jJrj)i  •  Sono  di  contrario  avviso.  Io  credo,  che 
„  essa  fosse  stata  edificata  nel  mezzo,  ove  si  uniscono  i  detti  due 
„  Fimnicelli,  che  la  bagnavano  da  più  parti;  purché  il  luogo  det- 
,5  to  r  -Jrpi  sia  ben  situato  nella  Carta  del  nostro  Regno  disegna- 
.,  ta  dai  SiiT-  do.  Antonio  Rizzi  Zannoni,  ed  incisa  in  l'a\i<ii  nel 
,,  ijOgper  opera  del  dottissimo  Sig.  Ab  Consiglier  Galiani  , 
,,  colà  Segretario  d'  Imbasciata  ,  e  in  quell'  anno  Incaricato  del- 
,,  la  Nostra  Corte  :  e  purché  qualcuno  di  essi  fiumicelli ,  com'  è 
,,  f;icile  ad  avvenire  per  più  cause,  non  abbia  in  picciola  parte 
,,  cambiato  letto,  con  far  restare  di  fuori  il  luogo,  che  chiarnia- 
y,  mo  1'  yj/-pi .  Mi  muovo  a  ciò  credere,  perchè  Licofrone^  Alex. 
,,  V.Sga  srg.g.)  venendo  nel  suo  poema  a  cantare  l'av.venture  del 
,,  personific^Uo  Diomede  {^n  cui  si  personificarono,  come  appieno 
j,  provo  nella  spesso proaiessa  mia  opera,  queir  acque,  che  lascia- 
,,  rana  di  scorrere  in  ruscello  ,  e  diventarono  rio,  le  quali  vennero 
,5  puie  ad  irrigare  la  DtZM/zia  presso  Jbggifl,  discendendo  da'Mon- 
,.  ti  A])pennini,che  ar<kanocome  tante  fornaci  (r),  eh' -è  V  Jeto- 
j.  Un  da  esso  e  da  altii  mentovala  ,  donde  si  finse  giunto  nella 
^j  Daunia  )  dice,  che  avendo  Diomede  veduta  V  amara  morte  di 
j,  sette  suoi  Compagni.,  dovendosi  leggere  E;j-ra  p-j)piòj-j)ii ,  ove  ora 
>,  leggesi  tutto  insieme  iTnrpxìiJ^i.'ìì.')  cioè  di  setle  altri  ruscelli  ,  e 
.,  fu/ ini,  i  quali  aveano  un  placido^  e  sommesso  mormorio,  (  ciòdì- 
„  notando  pu>fxòi"j't>  anche  ajipo  Virgilio)  esso  vicino  la  Fossa, ossia 
,,  presso  la  Foggia  degli  Ausonj  edificherà  Argiripp-a,  o  sia  Arpano 
„  chiusa  da  un  luccio  di  acque  correnti  (  dovendosi  TiwyKXnp.pci'  in- 
,,  terpretarc  secondo  le  parole  che  entrano  nella  composizione  di 
.,  tal  voce);  con  che  ci  dimostra,  che  nel  mezzo,  ove  si  uniscono 
„  i  fiumicelli  Ctdone,  e  l algano  er^i  f'ssa  situata.  Lo  stesso  ci  vol- 
„  lero  dire  Virgilio  ,  e  Strabene  ,  allorcliè  il  primo  cantò  (  Miu 
,,  XI),  e  il  secondo  scrisse  [^^ìspag.  Ji^o^)yc\\'t&%di  fu  fondata  da 

„  Dio- 


(r)  Nel  tempo  elle  r  erudito  A.   seri;-      I     il  sistema,    che   tutti  i  iiiouti    fossero 
se    quest.i    iircziosa    Operetta  ,    vij^eva      I     stati  piodotti  di  l'uochi  gotterrauoi  . 


i5 
33 


55 

55 


Eia  Cjìngetture  su  di  un  antico  sbocco   ec. 

„  Diomede.  Qnesro  stesso  e'' insegnò  Stefano  Bizanti;:a  (  De 
,,  Urbib.  V.  Apyvc/JTTJc)  ,  meutre  ci  nana  la  favola,  che  Dìo/ne-  ■ 
de  la  cinse  di  mura  .  Ma  anche  iiidipendenteinente  da  tiò  e'^li 
è  certo,  che,  o  fosse  stata  essa  posta  nel  mezzo,  ove  si  univano 
i  detti  due  fiumicelli ,  o  presso  al  ì'olgano,  e  Gelone  ,  era  sein- 
„  pre  soggetta  a  cotali  allagamenti  per  poco  ,  che  le  acque  ,  che 
piovevano  dal  Cielo,  o  le  nevi,  che  si  liquefacevano  negli  Ap- 
pennini j  arcrescessero  le  acque  di  cotesti  fiumicelli ,  e  del 
5,  Piio  della  Salzola,  che  si  andava  pure  a  scaricar  nel  Volgano. 
,5  Di  più  Licofrone  {  L.  e.  v.  6i5.  segg  )  siegue  a  dire,  che  Dio- 
5)  mede  fortificherebbe  tra  sassi  della  Daunia  le  sue  membra,  e 
5,  gli  dà  l'aggiuntò  di  KoXora-o.Scifxm' ,  che  il  Cantero  interpetra 
},  coluniniscensor ,  dal  salire  che  facevano  per  le  piene  d'  acque 
},  cotesti  rivi  .  In  olfre  si  finse  ,  che  anche  /Uano  o  sia  Aleno  te- 
,,  nea  parte  delia  Daunia  ,  cioè  le  piene  d''  acque,  alle  quali  fu- 
„  rono  ,  e  sono  soggetti  cotesti  fiumicelli  ;  lo^cìie  piir  eia  lutto 
55  di  veggiamo  j  essendo,  che  Alnùniìi ,  onde  è  formato  Alaen-u, 
,,  ed  Alnen-7/s ,  appunto  nell'  antiche  lingue  significa  plenus 
5,  amnis  (  Vedi  Baxter  ,  e  così  opinò  MazzoccJà  ) .  Eccovi  dun- 
„  que  ciò  die  specificossi  colla  brocca  ,  o  boccale  nelle  monete 
,}  d'  Arpano  o  sia  Argirippaec. 

il  dotto  Sig.  Minervino,  non  uscendo  dal  suo  piano  tutto 
filologico-istoiico  ,  e  non  avendo  jaresente  la  precisa  posizione  , 
e  natura  de'  luoa,hi  della  Daunia  ,  cercò  appropriare  alle  sue  pre- 
senti acque  ,  come  si  è  veduto  ,  tutt' i  simboli  acquosi  ^  che  si 
veggono  sulle  monete  urbiche  di  questa  regione  ,  e  tutt'  i  pezzi 
di  Licofrone,  e  degli  altri  Scrittori  ,  che  celebrarono  le  sue  ac- 
•  que  _,  di  cui  come  ogn'  uno  sa  è  scarsa  nello  stato  presente  ,  giac- 
ché quei  pochi  fiumicelli  ,  e  piccioli  ristagni  temporanei  ,  che 
sommamente  corrompono  r  aria  in  tempo  estivo,  sono  tali  da 
non  meritare  che  parlato  se  ne  fosse  eoa  celebrazione  ,  ma  più 
tosto  con  disprezzo  ,  ed  abboininio  .  In  però  servomi  della  stes- 
sa sua  interpretazione  ,  che  sopra  al>biamo  veduta  ,  circa  il 
simbolo  delle  brocche  ,  e  boccali  sulh;  monete  di  Canosa  ,  vale 
a  dire,  d'  essere  stata  circo/idata  d'acque^  e  siccome  ella  è  situata 

su 


"> 


Dkl  Sic  Arcidiacono  Cagnazz:  .  ai  3 

su  di  un  colie  vicino  ali  Ofanto  nella  pianura  Daunia,  così  è  da 
credersi  ,  che  si  alludesse  al  tempo,  eh'  era  tutta  allagata  la  pia- 
nura .  Indegno  sarehbe  stato  per  gli  antichi  famosi  Canosini 
adottare  sulle  loro  monete  un  simbolo  relativo  ad  un  picciol  fiu- 
me ,  o  paludi,  ed  acque  ristagnate,  e  putride  ,  che  circondata 
avessero  la  loro  Città,  onde  è  ben  giusto  il  credere,  che  pregiati 
si  l'ossero  d' indicare  acque  marhie  ,  cioè  salutari  e  maestose , 
come  appunto  il  nostro  stesso  Autore  credè  de'  Tarantini,  sopra 
veduto . 

Assodato  ciò,  non  occorre  far  perdere  il  cervello  agli  Erudi- 
ti sul  ricavare  l'  etimologia  della  Daunìa  ,  e  per  limediare  sup- 
porla  Regione  irrigata  da  fiumìceUi ,  perchè  sappiamo   essere 
assai  pochi  ,  ripeto  ,  in  paragone  di  quelli  delle  altre  vicine  Pro- 
vincie, anzi  di  essere  siticulosa  ,  come  la  chiamò  Orazio,  ma 
reputarla  ,  come  un  tempo  Regione  inondata.  Cessa  inoltre  ogni 
altra   contraddizione  ,  ed    affettazione  nel  determinare  il   sito 
d' Arpano  o  Argirìppa  ,  ora  Jrpi ,  e  delle  altre  antiche  Città  del- 
la presente  arida  Daunia  ,  che  hanno  per  simbolo  numismatico 
le  brocche .,  e  hoccali,  vedendole  poste  in  distanza  da  quei  me- 
schini fiumicelli  .  Ecco  come  intendasi  bene  la  salita  ,  che  face- 
vano i  rivi  per  le  piene  di  acqua  :  e  che  ,  se  inondazioni  ed  alte 
inondazioni,  ossia  maree ,  non  vogliamo  supporre  ,   come  salir 
poteario  i  rivi  ?  Spiegasi  pure  chiaramente  come  abbiano  potuto 
esservi  le  cinte  di  acqlia  sopra  menzionate  intoriso  s.à  Arpano^  ed 
a  Foggia  degli  Ausonj  ,  facendosi  riflessione  al  tempo  posteriore  , 
in  cui  la  pianura  Daunia  andava  disseccandosi,  onde  le  acque  non 
erano  continuate  ,  ma  in  errotte  ;  e  che  i  siti  bassi  prendevano 
acqua  solamente  nell'  alta  marea  ,  come  avviene  al  presente  in 
molte  Lagune  d' Olanda  ,  ed  altrove,  che  perciò  cominciava  a 
rendersi  abitabile  con  delle  artifiziali  circonvallazioni  idrauliche 
ossia  fossi  che  cingevano  ,  da  cui  può  essere  derivato  Fossa  ,  o 
Foggia  degli  Ausonj ,   giacché  in  antica  lingua  Pugliese  equi- 
val£;ono . 


DI 


ai4 

DI  DUE  NUOVI  LEGAMENTI 

PROPRI  DELLA  TRAMEZZA  DELLE  NARICI 

MEMORIA 

Del  Sic  Flouiano  Caldani  . 
Ricevuta  il  di  8  A^jrìlc  i8c6. 

l^e  utile  impresa  mi  parve  Hcg'i  anni  addietro  l'esaminare  tiitt' 
i  legamenti  del  corpo  umano  ,  confrontandoli  colie  descrizioni, 
che  di  essi  pubblicaronsi  dagli  Anatomici;  e  se  da  questa  fatica 
un'  Opera  risultò  {a),  a  parer  di  taluno   men  difettosa  di  quelle 
che  sopra  simile  argomento  erano  credute  le  più  perfette;  non  è 
perciò  ch'io  non  vegga  potersi  fare  di  più  che  io  non  feci,  e  molto 
rimanere  ancora  a  scoprirsi  in  questo  ramo  di  anatomia,  pochis- 
simo dagli  studiosi  coltivato  e  promosso.  Sia  infatti  che  poco  tra- 
vnoliassero  essi   per  lo  passato  su  le  fascia  legamcntose,  perchè 
«difficoltà  grande  si  scontra  nello  svolgere  quegli  intreccj  di  fila 
che  vi  formò  natura,  o  sia  piuttosto  clie  conoscendo    gli   Anato- 
mici ciò  che  s'intese  col  vocabolo  generico  di  legamento  non  ab- 
biano preso  molta  cura  nel  rintracciarne  le  differenze  moltissime 
che  vi  scopre  il  coltello  ;  egli  è  certo  che  per  lungo  tempo  si  ar- 
ringò sui  legamenti  delle  vertebre  superioii  del  collo  ,  su  quello 
che  unisce  il  capo  del  femore  alia  cavità  dell'  ischio,  e  quel  eh'  è 
peggio  si  va  tutto  dì  barcolloni  nel  curare  le  oscurissime  malattie 
delle  articolazioni  e  deMegamenti.   Né   si   creda  già  che  io  mi 
pensi  di  avere  con  quelle  Tavole  arrecato  un  gran  lume  pella  co- 

no- 


(a)  Floriani  Caldani  Tahulae  analo- 
Tiiicae  ligamenturum  corporis  humani  . 


Venetiis  i8t3.  fol.  max. 


so       "^ 


'  1 

gtlOl 

za   si 


^e  ijamut/e    Voafiazzi    f<:ff 


Too.m. 


Òoc  .   Z/a/ .     JOm  .Ji/u     /Ju<f  .    'i/^ 


/r/yM-ty/','  y/tv'/5v    /^c'w  . 


^etjaatue/ff   C^aatz/  /^'"f. 


Dei,  Sic.  Floriano   Caldaki  .  ai 5 

Doscenza  di  tante  e  si  varie  infermità.  A  me  bastò  di  vedere  co- 
me sien  collocati  i  legamenti  tutti  del  corpo  umano,  ed  insegnar- 
li altr.ii  con  maggior  verità  e  precisione  che  non  fu  fatto  da  alcu- 
no. E  crederei  di  esservi  riuscito,  pei'cliè  procurando  di  schivar 
que'  dir  tti  clic  in  altri  simili  Trattati  qualchedun  potrelthe 
scorgere,  esaminai  sul  cada-vere  la  serie  nota  de'  legamenti  con 
quello  scrupolo  ed  attenzione  eh'  è  necessaria;,  quando  la  meta 
vogliasi  oltrepassare,  cui  molti  per  lo  innanzi  pervennero  glorio- 
samente. E  per  verità  allorché  non  si  sapesse  ciò  che  nel  corpo^ 
umano  si  conosceva  da  quo'  che  ci-  prevennero  ,  o  si  conosce  da' 
contemporanei ,  sarebbe  facile  dare  alle  nostre  osservazioni  il  ti- 
tolo di  scoperta . 

Le  quali  cose  io  non  intendo  aver  qui  accennate  a  lode  di 
un'  0[)era,  nella  quale  non  mi  proposi  di  pubblicar  novità.  Volli 
piuttosto  eh' esse  disponessero  chi  legge  questo  scritto  ad  usai' 
meco  le  armi  medesime  ,  se,  di  due  legamenti  favellando  nel  na- 
so non  pria  veduti  da  alcuno  .,  non  si  trovassei'O  in  questa  Memo- 
ria que'  caratteri  che  dovrebbero  soli  distinguere  gli  annunzj: 
delle  cose  nuove . 

Meno  poi  può  quelT  Opera  mia  sperare  alcuna  lode  dopo- 
che  per  replicati  esami  io  stesso  mi  avvidi  che,  ad  onta  della  di^ 
ligenza  da  mu  impiegata,  due  elegantissime  funicelle  mi  sfuggi- 
i"ono  che  alla  tiaiuozza  apjìaitengoiio  delle  narici  . 

Aliinchè  però  s'intenda  più  facilmente  dove  abbiano  gli  ac- 
cennati legamenti  la  loro  origine  e  fine,  egli  è  necessario  che 
delle  cartilagini  almen  principali  brevemente  faccia  parola,  che 
la  porzione  compongono  più  prominente  del  nostro  naso  . 

E  questa  fatta  di  cinqne  cartilagini,  quantunque,  e  pel  nu- 
mero e  per  la  figura  tanto  variino  esse  tra  loro  ([uanto  i  nasi  .  Su- 
pei  lori  si  dicono  quelle  che  sono  attaccate  alle  ossa  nasali  ,  e 
sono  due,  RuhchìOi  Haller,  ed  altri  le  descrivono  come  cartilagini 
che  possono  separarsi  dalle  altre  .  Duverney  però  coglie  nel  se- 
gno meglio  di  tutti  ,  poiché  dice  che  la  e  artilagine  della  tramez- 
x-u   si   divide  nelle  laterali   superiori,   alle  quali  è  continua  {a). 

Due 

(«)     Almeno   cosi   ho    veduto    il   più    delle    volte  .    Ho    pure    oòjervato    clie    ta- 


at6  Di  due  nuovi  ltc amenti  ec. 

Due  altre  sono  inferiori,  ed  a  queste  dcvesi  restremìtà  tnncleg- 
giante  o  punta  del  naso  (Fig.  1.  e.  d.  e.  ).  Senza  cercar  perchè  ne 
rassomigliassero  alcuni  lafìguraal  gnomone, possono  in  cia^c^na 
di  esse  considerarsi  due  porzioni:  esterna  l'una  e,  che  i'urrua 
l'ala  del  naso,  l'altra  interna  d,  eh'  è  continua  all'  esterna  ed  al- 
la regione  del  globo  del  naso  ripiegasi  internamente  ,  scorrendo 
per  breve  tratto  presso  la  tramezza,  che  è  in  tal  guisa  abbraccia- 
ta inferiormente  da  queste  due  cartilagini.  Videro  molti  non  es- 
servi nella  parte  inferiore  di  ciascheduna  pinna  che  questa  sola 
cartilagine  ;  ma  se  posso  credere  a  me  stesso,  come  vorrebbesi 
che  si  credesse  a  quanto  ci  dicono  gli  altri,  posso  assicurare  che 
assai  di  rado  trovai  queste  cartilagini  fatte  di  un  pezzo  solo;  ed 
oltre  che  la  porzione  interna  è  talvolta  divisa  affatto  dall'  ester- 
na ,  anche  là  dove  le  pinne  sorgono  dalla  mascella,  osservasi  una 
cartilagine  di  figura  assai  irregolare  (  Fi^.  I./.  i.  )  ,  la  quale  seb- 
bène apparisca  unita  alla  gnomonica  ,  non  manca  però  mai 
una  piega  o  specie  di  divisione  tra  l^un  pezzo  e  1'  altro^che  in- 
cisura  potrebìie  anche  dirsi  nel  linguaggio  degli  Anaton.ici  {a)  . 

Tra  le  c.fitilagini  finalmente  superiori  e  le  inferiori  v'  ha  un 
piccolo  spazio  a  destra  ed  a  sinistra,  cli'è  occupato  da  alcune  mi- 
nori cartilagini,  ira  le  quali  una  più  spesso  si  osserva  di  forma  al- 
lungata (  Fig.  {•  li),  e  che  perciò  clavicola  da  taluno  fu  detla  . 
Cosi  diverso  è  però  ne'  varj  soggetti  il  numero  di  questi  piccioli 
pezzi  in  ultimo  luogo  accennati  j  e  tanto  dissimile  è  la  forma  lo- 
ro , 


gllando  il  naso  in  modo  che  si  tron- 
chi la  tramezza  e  le  cartilagini  snpe- 
liori  ad  un  tempo  medesimo  ,  nella 
sezione  scorgesi'  evidentemente  la  con- 
tinuazione della  sostanza  .  Ciò  fu  da 
me  espresso  in  una  figura  delle  Ta- 
vole che  dimostrano  1'  organo  dell'  o- 
dorato  (  Icones  Anatomicae  Tab.  GII. 
fig.  ù.  )  .  Talvolta  però  sulla  cima  del 
dorso  ,  ove  le  due  cartilagini  nascono 


dalla  tramezza  ,  è  una  incisura  o  sel- 
co  che  la  divide  dalla  cartilagine  di 
mezzo  j  cui  sembrano  soltanto  contì- 
gue . 

(a)  Le  Figure  che  unisco  a  questa 
breve  Memoria  furono  disegnate  con 
somma  diligenza  ,  e  corrispondono  e- 
sattamente  alla  forma  e  grandezza  del- 
le pai  ti  preparate  . 


Del  Sic.   Floriano  Caldani  .  217 

ro,  clic  non  dee-sorprenderci  se  altiidi  cinque,  altri  di  sette,  ed 
alui  infine  tritamente  bilanciando  -ogni  minima  particella  che 
talvolta  vi  s'  incontra,  di  undici  cartilagini  scrisse  il  nostro  naso 
essere  fabbricato  . 

Ma  qualunque  siasi  la  distribuzione  e  la  forma  delle  parti  che 
fanno  i  lati  del  naso,  una  cartilagine  v'  ha  tia  e^se  che  occupa  il 
centro,  e  compie  quella  tramezza  che  le  destre  narici  divide  dalie 
sinistre.  Avria  infatti  mancato  al  naso  tutto  la  necessaria  pieghe- 
volezza ,  se  l'ossosa  lamiuetta  che  posteriormente  discende  dall' 
osso  etmoideo  e  col  vomere  si  congiuiige  fino  al  dorso  ed  al  ^lobo 
del  naso  si  fosse  avanzato .  Vi  collocò  binatura  una  cartilagine 
eh'  è  attaccata  alla  suddetta  lamina  delTosso  etmoideo  ,  ed  infe- 
riormente è  incastrata  in  un  solco  scolpito  nella  porzione  anterio- 
re del  vomere  e  compiuto  dalle  ossa  mascellari  là  dove  si  unisco- 
no sotto  il  naso . 

Una  simile  connessione  però  forse  non  bastava  per  mantenere  a 
suo  luogo  una  cartilagine  che  debolmente  legata  colle  ossa  supe- 
riori e  posteriori  era  esposta  a  tante  e  cosi  diverse  flessioni  o  cur- 
vature. Che  se  da  due  particolari  legamenti  io  farò  vedere  essere 
sostenuta  quella  tramezza  ;  non  si  potrà  a  meno  di  non  ammirare 
altamente  r  industria  di  chi  li  fabbricò,  e  di  non  meravigliarsi 
insieme  che  per  tanto  tempo  siano  stati  ignorati  dagli  Anatomi- 
ci . 

Dall' arco  inferiore  di  ciascheduna  nai'ice  ossosa  presso  l'a- 
polisi  nasale  inferiore  dell'osso  mascellare  (  apofisi  che  unita  a 
quella  delfosso  compagno  forma  l' incastro  cui  si  attacca  la  carti- 
lagine di  mezzo  )  nasce  un  legamento  bianco  sottile  ,  molto  teso, 
robustissimo  j  largo  quasi  una  linea  dell'antico  piede  di  Parigi  ; 
coperta  dalla  membrana  pituitaria,  che  scorre  poco  al  di  sopra 
del  lembo  inferiore  della  tramezza  cartilaginosa  pel  tratto  di  cin- 
que linee  incirca  ,  ed  in  essa  svanisce  e  si  perde  (  Fig,  Ih).  In 
dodici  testé  da  me  recentemente  a  tale  oggetto  notomizzate  tro- 
A'ai  questi  legamenti,  che  differivano  tra  loro  solo  nell'essere  più 
o  meno  lunghi  e  robusti  ,  a  misura  che  i  nasi  a'  quali  appartene- 
vano maschj  erano  e  proffilati  . 

Tomo  XI IL  a8  Ed 


ai8  Di  due  nuovi  lic amenti  ec. 

Ed  è  ben  facii  cosa  di  conoscere  1'  uso  di  q^uesta  particella, 
quando  in  un  cadavere^  me.^sa  alio  scoperto  la  tramezza  cartilagi- 
nosa con  uno  dei  legamenti,  si  faccia  e^sa  piegare  un  poco  all'  op- 
posto lato:  poiché  lo  stiramento  che  soffre  quel  legamento  ci  av- 
verte della  resistenza  che  oppone  ad  ulterior  curvatura  .  Che  se 
in  ambi  i  lati  si  scuoprano  i  ligamenti  e  si  contemplino  riguardan- 
doli dal  di  sotto  allo  insù  (  come  nella  Fig.  11 .  )  ,  manifestamente 
apparisce  Tuffizio  che  hanno  di  regolare  e  mantenere  a  suo  luogo 
la  cartilagine  alla  quale  si  attaccano  . 

Né  di  questi  legamenti  io  credo  che  siasi  parlato  finora  da  ve- 
run  altro  Anatomico  .  Haller  infatti,  che  nella  sua  Fisiologia 
tutte  riportò  le  opinioni,  le  osservazioni  ed  i  ritrovamenti  che 
sulle  varie  parti  del  corpo  umano  si  fecero  sino  a'  suoi  tempi,  ap- 
pena disse  che  septum  narìuni  cartìlagìneiun.,  a  mucrone  nasa- 
lìum  ossium  antrorsum  descendit  ,  nudumque  nares  dividit ,  aiit 
connatum  cum  cartilaginibus  inferioribus y  aut  certe  brevi  cellulo' 
sa  tela  conjunttitm  [a) . 

Più  minutamente  di  ogni  altro  gli  attacchi  descrissero  della  tra- 
mezza gli  Anatomici  Francesi  Duverney  e  Winslow^  ma  ignoraro- 
no essi  pure  i  legamenti  de'  quali  favello  .  Ci  dice  infatti  Duver- 
ney [b) ,  che  la  cartilagine  di  mezzo  è  semplicemente  appoggiata 
sulle  ossa  mascellari ,  senza  essere  incastrata  nel  solco  fatto  da 
quelle  ossa,  che  può  in  conseguenza  facilmente  spingersi  qua  e 
là,  e  che  per  mantenerla  nel  luogo  dove  dee  poggiare,  è  dessa  ab- 
bracciata da  due  piccole  cartilagini  nel  punto  in  cui  si  unisce  alle 
ossa  della  mascella .  Wiuslow  per  lo  contrario  chiama  affatto  im- 
mo- 


la) Elem.  Physiol.  Lib.  XIV  Sect.  I 
S.  li  .         . 

[b]  Oeuvre!  anatomìq.  Tom.  I  pag. 
ai3.  La  cloiion  cartilagineuse  .  .  .  de~ 
vieni  plui  épaisse  dans  fc/iJroìt  oh  la  os 
maxillaìres  soni  evase >  et  sur  lesqucls 
elle  est  simplcrmnt  appujéc  ,  au  lieti 
que  par-tout  ailleurs  elle  est  enchas- 
see    et  engrenée .  Cette  dispoiitiou  faìt 


<iue  cette  pnrtìe  de  la  cloison  qui  est 
au-dessris  dt  celle  des  narines  ,  peiit 
étre  jacilement  poussée  de  coté  et 
d'uutre;  et  poiiT  la  maintenir  sur  son 
appai;  elle  est  soutenue  par  deu.r  pe- 
tiìs  cartìlages ,  qui  soni  placés  aux 
cótés  de  Vempatement  de  chaque  os 
maxilluire . 


Del  Sic,  Floriano  Caldani.  aig 

mobile  la  tramezza  ,  percliè  è  intimamente  attaccata  alle  ossa  del 
naso,  e  tra  queste  anche  alla  parte  anteriore  del  i'ossctto  o  cana- 
le delle  ossa  mascellari ,  fino  alla  spina  nasale  di  queste  ossa  {b)  . 
Vede  osnuno  che  né  da  Duvern^Y,  uè  da  JVinslowalcun  legamento 
si  accenna  proprio  della  tramezza  ,  Non  sono  essi  però  d'  accordo 
sulla  unione  della  cartilagine  stessa  alle  ossa  mascellari  e  sulla 
mobilità  sua.  Ma  che  le  due  piccole  laminette  cartilaginose  ,  che 
in  alcuni  soggetti  sorgono  lateralmente  alla  tramezza,  possano 
trattenerla  nella  propria  sede,  come  insegna  Duverney, ho  Jauone 
ragioni  per  dubitarne  .  E  primieramente  queste  laminette  sono 
un'  a^j;giunta  al'e  spoglie  del  vomere  ,  né  si  trovano  in  tutti  :  in 
secondo  luogo  anche  colla  presenza  delle  laminette  trovai  sempre 
i  legamenti  che  ho  descritti,  e  che  diverrebbero  inutili  se  le  due 
sfoglie  cartilaginose  avessero  l'uffizio  assegnato  loro  da  Duverney: 
in  terzo  luogo  finalmente  se  le  due  cartilagini  osservate  dall'  A- 
natomico  Francese  legano  la  tramezza  per  un  buon  tratto  delle 
narici  ossee,  libera  affatto  in  tutto  il  rimanente  del  naso  cartila- 
ginoso non  avria  essa  resistito  agli  urti  esteriori,  l'effetto  de'quali 
quanto  può  essere  più  pronto  ,  tanto  maggiore  esser  dovea  i'  in- 
dustria della  natura  peixhè  fosse  vano  . 

Per  le  quali  cose  a  me  sembra  dimostrato  che  il  ritrovamen- 
to delle  due  picciole  funicelle  legamentose  descritte,  non  solo  ar- 
ricchisca l'Anatomia  di  una  cognizione  che  pria  non  si  possedeva; 
ma  sf-rva  ancora  a  migliorar  quelle  idee  che  finora  si  stimarono 
le  più  fondate  e  perfette. 


SPIE- 


(4)  E^posit,  tmatomiq.  Traité  de  la  téte ,  num.  3^3,  837 


aao  Di  due  nuovi  lec armenti  ec. 

SPIEGAZIONE  DELLE  FIGURE. 

a>  a.  Tramezza  cartilaginosa  del   naso  spoglia  della  membrana 
che  la  ricuopriva  . 
b.  Cartilagine  superiore  sinistra  . 
e,  d-  Cartilagine  inferiore  laterale  sinistra,  chiamata  gnomonica^ 
e.  porzione  esterna  che  forma  1'  ala  del  naso  :  d.  porzione  in- 
terna che  scorre  presso  la  tramezza  . 
e-  Picciola  parte  della  cartilagine  gnomonica  destra  . 
y.  i-  Cartilagini  minori  . 

h'  Cartilagine  chiamata  clavìcula  . 
g.  Fibre  lega mentose  . 

k.  Legamento  particolare  e  distinto,  di  cui  si  parla  in   questa 
Memoria. 

Fig.  a. 

a.  a.  Tramezza  cartilaginosa  del  naso  . 

b.  b.  Ossa  nasali  . 

e  e.  Apofisi  nasali  inferiori  delle  ossa  mascellari j sulle  quali  pog-      || 

già  la  tramezza  a.  a. 
h.  h.  Leganicuto  destro  e  sinistro  veduto  dalla  faccia  inferiore  . 


DELL' 


ME  MORI K    DI     FISICA 


Joc.Ital.TXni.p.l2o 


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22,1 


DELL'  AZIONE  DI  VARIE  SOSTANZE 
SOPRA  ALTRE  SOSTENUTE  PENDEìNTI  SU  DI  ESSE 

SPERIMENTI 

Del  fu  Alberto  Foutis  Socio 
Ripetuti  ed  accompagnati  da  analoghe  osservazioni. 

LETTERA 

Del    Sic.     Ab.     Carlo    Amoretti 
AL    P.    D.   POMPILIO    POZZETTI 

Ricevuta  il  di  9  Aprile  1806  . 

Lio  vi  promisi,  nel  passar  di  costà  ,  mio  prestantissimo  Colle- 
ga  ed    Amico  ,   d'  inviarvi    in    iscritto   le   notizie   che   ho   dei 
in    celebre    comune   amico  Alberto  Fortis  ,    di  cui  siete   stato 
destinato  a  scriver  per  la  Società  nostra  l'elogio;  e  già  in  altro  fo- 
glio vi   mandai  una  nota   delle   opere   d'ogni  argomento  da   lui 
pubblicatesi  col  suo  nome  che  anonimejO  pseudouime  .  E  poiché 
Jiello  svolgere  le  lettere,  che  di  lui  ho  conservate  ,  parecchie  ne 
trovo  sul  movimento  de' Pendoli,  ossia  sull'  azione  di  varie  sostan- 
ze sopra  altre  che  un  uomo  tenga  su  di  esse  pendenti ,  le  quali 
lettere  possono,  a  parer  mio,  apportare  de' lumi  aila  Fisica  ,  io 
penso  di  comunicarvele  accompagnate  da  analoghe  mie  osserva- 
zioni ,sperienze,  e  ricerche;  riputandole  non  indegne  del  volu- 
me della  Società,  il  quale  avetd  ora  sotto  il  torchio  . 

IL  So  in  quale  discredito  sia  pre-so  molti  Fidci  (non  però 
tutti)  l'argomento  di  cui  Egli  tratta,  e  di  cui  pur  io  intendo  trat- 
tare ;  ma,  oltrecchè  la  sempre  rispettabile  opinione  de'  «ostri 
Avi  intorno  ai  pendoli  indicatori  ,  o  palle  geomantiche  ,  avverte 

•    di 


32-2  Delle  Sostanze  pendenti  soriiA.  altre 

di  non  trascuiarlo ,  e  molto  più  di  non  deriderlo  ,  Fortis  adduce 
sperimenti  cotanto  moltiplicati ,  testimonj  ,  compagni ,  e  autori 
degli  stessi  sperimenti  sì  probi  e  sì  dotti  ,  che  vi  vuole  ben  del 
coraggio  a  negargli  fede .  Io  non  gliela  ho  negata  né  poteva  io  ne- 
gargliela certamente  ,  poiché  gli  stessi  fenomeni  ijuasi  tutti  vid\, 
replicati  in  me  ,  e  in  altri  parecchi;  e  fra  questi  fommi  gloria  di 
nominare  il  eh.  Marco  Fantuzzi,  uomo  superiore  ad  ogni  so- 
spetto d'  errore  o  d'  inganno,  che  alle  sperienze  di  Fortis  diede 
origine,  e  nella  cui  villa  di  Gualdo  presso  Savignano  (  Diparti- 
mento del  Rubicone  )  nelT  autunno  del  1 790 ,  facemmo  insieme 
cento  pruove  ;  e  me  le  rammentò  Egli  stesso  non  ha  gjiari,  invi- 
tandomi colà  a  seco  ripeterle  .  Aggingn  rò  pure  che  qne' tutti  , 
de' quali  ,  di  loro  consenso,  feci   menzione  come  d'individui, 
nelle  cui  mani  gira  la  bacchetta  divinatoria  e  1'  asta  (1) ,  e  che 
sperimentarono  il  pendolo  ,  ne  video  in   lor  medesimi  que'  mo- 
vimenti che  son  per  descrivere  ,  tranne  qualche  rara  anomalia  , 
dipendente  da  particolari  circostanze  .    Dirò  di  più:   ho  trovati 
alcuni  uomini  dotati  di  somma  probità  e  di  sommo  sapere  ,  nel- 
le cui  mani  non  movesi  né  vergane  asta,  e  si  move 'il  pendolo 
colla  regolarità  che  son  per  esporre  . 

Ili  Io  poi  con  tanto  maggior  fiducia  v'  indirizzo  le  osserva- 
zioni mie,  quanto  che,  avendo  veduto  nelle  vostre  dita  aggirar- 
si ,  senza  il  voler  vostro,  un'asta  calamitata,  il  che  dimostrommi 
esser  voi  dotato  della  opportuna  sensibilità,  son  certo  che  anche 
il  pendolo  in  convenevol  modo  e  su  adattate  sostanze  tenuto  so- 
sp'so,  glreià  sotto  le  dita  vostre  medesime,  come  girava  al  no- 
stro Fortis  ,  e  a  me  gira  :  e  non  solo  di  quanto  Egli  mi  scrisse, 
sono  ornai  tre  lustri ,  sarete  persuaso  ;  ma  pur  altri ,  i  quali  non 
credono,  perchè  (come  scrive  Cristoforo  Bernoulli  delie  sperien- 
ze  di  Fùtter)  pensano  che  nessuno  possa  vedere  ciò  eh'  essi  non 
vedono  (2) ,  convincere  potrete  agevolmente  . 

IV. 


(i)  Vedasi  la  mia  Lettera  VI.  &c, 
nella  Nuova  scelta  d'  Opuscoli  &c. 
Tom.  I,  pag.    a36  . 


(2)  Journ.  de  Ghymie  &  de  Physique 
num.  17. 


Di  FonTis  E  DI  Amouetti  ,  aa3 

IV.  Potrei  mandarvi  per  intero  le  lettere  di  Fortìs  che  pa- 
recchie sono  ,  contenenti  il  Giornale  de^  suoi  sperimenti  dal   3o 
di  Luglio  sino  al  i3  di  Novembre  del  1791  .  Egli  infatti  spedi- 
te me  le  avea  perchè  le  pubblicassi  negli  Opuscoli  set  Iti  ,  ripu- 
tando gli  sperimenti  suoi  una  conferma  della  verità  de'fenomeni 
della  el.  ttrometria  sotterranea  (i)  ;  n>a  poi ,  per  avviso  s-no,  io  le 
tenni  inedite  pernon  aizzare  maggiormente  le  liti  scientiliche,  le 
quali  una  letteraria  gelosia  avea  da  lungi  destate  sulla  ordimostra- 
ta sensibilità  di  Pennet,  e  d'altri  simili  individui .  Ma  dal  pubbli- 
care per  intero  e  con  ordine  cronologico  tutte  quelle  lettere,  due 
buone  ragioni  mi  trattengono,  e  mi  consigliano  a  trasmettervene 
piuttosto  ut  transunto  .  La  prima  si  è,  perchè  ,  avendomi  Egli 
mandato  il  ragguaglio  degli   sperimenti  suoi  con    quell'  ordine 
con  cui  li  faceva  ,  dovea  necessariamente  ripeteisi,  e  si  lipetè  so- 
vente ;  e  voi  sapete  ,  mio  cohissimo  Collega  ,  che  siffatte  ripeti- 
zioni non  possono  non  riuscire  nojose  a  chi  legge.  La  seconda  si 
è  ,  perchè  ,  avendo  Egli  scritto  prima  che  Galvani  ti'ovasse  una 
elettricità  animate,  e  Fò^tó  costruisse  la  sua  colonna  o  pila  ,  non 
sapea  Fortìs  né  poteva  indovinare  quali  sostanze  omogenee  fos- 
sero fra  loro  ,  e  quali  eterogenee  ;  e  molto  meno  quali  circostan- 
ze per  fluido  attratto  o  rispinto ,  o  per  rotta  circota^iot.e  del  me- 
desimo, mettessero  i  pendoli  in  moto,  o  gli  accheiassero  :  onde 
sovente  trovava  delle  anomalie  ,  ove  non  v'  era  che  della  regola- 
rità; e  separava  inopportunamente  i  fenomeni  che  analoghi  era- 
no, e  che  vicendevol  lume,  da  lui  non  osservato,  gli  uni  sugli  al- 
tri spargeano .  Ma  ,  avendo  io  poi  rilette  tutte  le  lettere  sue  colla 
mente  piena  di  Galvanismo  e  di  Voltaismo;  e  pirt  ancora  dell' a- 
zione  che  le  sostanze  de'  tie  regni  della  natura  le  une  sulle  altre 
esercitano  vicendevolmente  coli'  intermezzo  del  corpo  animale 

vi- 


(1)  Vedasi  la  sua  Lettera  al  cel.  Spal- 
lanzani sulle  Sperìenze  Pennetìche  .  O- 
pusc.  Srelti  .  Tom.  XIV^  pag.  169,  e  il 
secondo  >olume  dell' ultima  Opera   su» 


intitolata  ;  M èmoÌTes pour  lervir  à  l'hi- 
stoire  iiaturelle  d'Italie  .  Farig  ,  chtz 
Fuchs  1801  voi.  a  in  8.  iìg. 


224  Delle  Sostanze  pendenti  sopra  altre 

vivente  (i) ,  ho  ci'eduto  miglior  consiglio  il  ridurle  sotto  certi  ca- 
pi; onde  meglio  vedere  l'analogia  fra  le  conseguenze  del  moto  de' 
pendoli,  e  quelli  delle  piìi  recenti  scoperte  intorno  al  galvanismo, 
al  magnetismo  j  al  calorico,  alla  luce,  alla  elettricità,  e  alla  rad- 
domanzia  medesima  :  conseguenze  che  tutte  forse  devonsi  ad  un 
principio  solo  non  ancora  ben  definito  da'  Fisici  . 

Adoperò  Fortis  ne*  suoi  sperimenti  i  pendoli  or  di  sostanze 
volcaniche  5  or  di  metalli ,  or  di  sali ,  or  di  bitumi  ;  e  sorpresi  li 
tenne  sopra  sostanze  or  uguali  a  quelle  de'  pendoli  stessi  ora  di- 
verse, ora  a  varie  altezze  verticali  ora  a  distanze  laterali  .  Gli  ef- 
fetti che  n'ebbe  furono  ora  il  moto  circolare,  ora  il  longitudi- 
nale ,  ora  il  trasversale,  ora  la  cessazione  di  moto,  ora  la  costan- 
te immobilità  .  Questi  effetti  ebbe  non  solo  per  le  diverse  sostan- 
ze ,  perle  cangiate  proprietà  loro ,  e  pel  vai  io  stato  dell' atmosfe- 
ra; ma  anche  per  la  formata  o  rotta  comunicazione  ,  che  in  mol- 
ti modi  avviene  ,  e  pel  contatto  d' altre  sostanze ,  o  d' alcune  par- 
ti di  se  medesimo  e  d'altri .  Io  ,  nel  inferire  gli  sperimenti  suoi  , 
aggiugnerò  come  gli  ho  ripetuti  ;  e  studieromini,  se  non   di  ren- 
dere la  rai^ione  de'  fenomeni,  almeno  di  mostrarne  Tanalogia  con 
altri  "ià  noti  ai  Fisici,  e  specialmente  cogli  sperimenti  miei  espo- 
sti nelle  citate  lettere  sulla  Raddomanzia:  e  ove  non  si  accordi- 
no le  sue  colle  mie  risultanze,  sinceramente  dirollo  ;  esponendo, 
ove  il  potrò  ,  le  mie  conghietture  sulla  cagione  della  differenza  . 
FaciI  cosa  mi  fu  il  rifare  con  esattezza,  una  parte  almeno  ,  degli 
sperimenti  da  lui  descritti  ne'comunicatimi  fogli,  poiché  insieme 
a  questi  Egli  allora  mi  trasmise  molte  delle  sostanze  delle  quali  s' 
era  valso  ;   e   parecchie  ne  ho   conservate.  Ma  poiché  delle  cose 
volcaniche  mandatemi  ve  n'  avea  d' indole  diversa,  non  sono  si- 
curo, che  siano  d'  un  luogo  anziché  d'un  altro  quelle  che  ho  ne' 
miei  sperimenti  adoperate;  onde  credo  da  ciò  nata  la  diversità 
che  talora  trovai  fra  i  risultamenti  suoi  ed  i  miei . 

Pri- 


(i)  Posson  vedersi,  lamia  Breve  Stona 
del  GalvanUmo  .  Opusc.  Scelti  Tom- 
XXII,  pag.  357  ,  e  le  mie  Lettere  sulla 


Raddomanzia  .    Tom.  XXI    pagg.  3c)3  j 
e  Nuova  Scelta  Tom.  I  pag.  icS  e  317-. 


j'''~'^  Di  'Foi;ti5  e  jì'  Asoretts  .  225 

,  ■  ■  ]  ii-ip 

Primi  sperimenti  di  Fortis  «fa  m£  ripetuti , 

VI.  Cominciò  egli  con  una  scheggia  di  lava  br«cciata  petro- 
silicea  carnicina  tenuta  a  peipeiidi«iio  con  fil  <ji  lino  o  di  cana- 
pa ,  e  gli  girò  circolarmente 

I.  Suir  oro  , 

a.  Suir  argento  , 

3.  Suir  ai-ena  ferrigna  retrattoria  de'  colli  Euganei . 

4-   Su  alcuni  cristalli  ijuarzosi  d"  Ungheria, 

5.  Su  vetri  verdi  da  occhiali, 

6.  Su  una  bottiglia  di  vetro  verde-cupo  di  Francia, 
y.   Su  Ufi  pezzo  deUa  stessa  lava  ^ 

8.  Sul  marmo  di  Carrara, 

<).  Sulla  gomma  d'  olivo  detta  v^jlgaTment^  gomma  di 
Lecce  . 

IO-  Sulle  ostie  colorate  da  sigillare, 

1 1    Sul  suo  nitro  nativo  di  Molfetta  .  '    . 

la.  Su  molte  delle  mentovate  sostanze  adoperò  per  pendo- 
lo lo  stesso  nitro  ,  e  n'  ebbe  i  medesimi  risultaci  ,  come  gli  ebbe 
xidoperando  1'  oro  ,  e  la  gomma  d'  olivo  . 

i3.  Ma  su  u«a  bottiglia  di  vetro  verdognolo  veneziano  la 
scheggia  volcanica  summeutovata  non  ebbe  .ehe  lan  oscilla-^ 
mento  - 

i4'  Lo  stesso  sul  diaspro-lava  di  Monte-Mussato  (  uno  degli 
Euganei  )  e  su  alcuni  altri  vetri  volcanici  , 

j  5.  Su  due  bastoni  inverniciati  , 

i6.   Snir  acciajo  , 

1 7.  Sulla  uiiniera  dell' Isola  d' Elba  . 

VII.  Io  ripetei,  e  feci  ad  altri  ripetere  gli  sperimenti  di  For- 
f/j  co' mentovati  pendoli,  e  n' ebbi  il  moto  circolare  costaute- 
raente  sulle  sostanze  de'  numeri  i-  a.  3.  7.  g.  10.  1 1.  Ma  ,  rela- 
tivamente ai  primi  due  ,  devo  avvertire  che  v'  ha  dell'oro  e  deli' 
arge-nto  anche  monetato  ;  e  molto  più  di  quello  con  cui  sono  for- 
mati alcuni  ornati  ed  utensilj  ,  il  quale,  a  motivo  della  lega  , 

Tomo  JiJII  29  agi- 


iiÒ  SpiLUIENZR 

agisce  come,  se  zinco  fosse  o  stagno,  anziché  argento  eJ  oro  (i)  . 
Questa  dilFeienza,  di  cui  cento  speiiiiienti  da  me  fatti  ,  e  da  al- 
tri ripetuti  mi  hanno  accertato,  non  conosciuta  allora  da  Fortis, 
gli  ha  fatto  credere  di  veder  poi  delle  anomalie  nel  moto  de' pen- 
doli che  con  tutta  regolarità  moveansi  . 

Riguardo  ai  cristalli  del  num.  4»  dirò,  che  su  i  cristalli  di 
monte  puri  e  limpidi  non  ebhi  mai  movimento  nessuno  .  Ebbi 
però  moto  circolare  su!  diamante  ,  il  quale  ,  com'  è  noto  ,  ap- 
partiene alle  sostanze  bituminose  .  Lo  stesso  moto  ebbi  sui  cri- 
stalli nericci  e  rossi  ,  come  pure  sul  rubino  ,  sul  granato  ,  e  suU' 
ametisto  .  Sui  cristalli  gialli,  e  verdognoli  contenenti  clorite,  co- 
me anche  sul  topazio  ,  sullo  smeraldo,  e  sul  giacinto  co'  mento- 
vati pendoli  non  ebbi  moto  .  L'  ebbi  poi  eoa  pendoli  d'  indole 
opposta  ,  come  dirò  . 

I  vetri  verdi  da  occhiali  del  num.  5  ,  a  me  diedero  e  danno 
un  risultato  opposto  al  suo .  Se  Fortìs  fosse  allora  in  una  di  quel- 
le circostanze  che  rovesciano  1'  azione  ,  o  se  '1  suo  vetro  fosse 
d'  una  composizione  diversa  da'  miei ,  noi  so  .  È  noto  che  anche 
in  elettricità  v'  ha  de' vetri  inservibili  pel  quadro  magico,  e  per 
la  boccia  di  Leiden  . 

La  bottiglia  (  num.  6  )  eh'  io  sperimentai  non  era  di  Fran- 
cia ,  ma  di  vetro  trappico ,  (non  però  cangiato  in  glastene) 
e  diernnii  moto  circolare  , 

Così  il  marmo  di  Carrara  del  num.  8,  non  diede  nessun  mo- 
to al  pendolo  ;  ma  questo  girò  quando  lo  sostenni  su  una  superfi- 
cie dello  stesso  marmo  sparso  di  belle  piriti  cristallizzate  .  È  os- 
servabile che  sul  marmo  bianco,  e  carnicino  della  Candoglia  , 
con  cui  si  costruisce  l' interminabil  nostra  Metropolitana  ,  nes- 
sun pendolo  ha  moto  ;  ma  dove  questo  marmo  ha  delle  vene  pi- 
ritose  movesi  circolarmente  il  positivo  ,  e  non  il  negativo  se  non 
all'  altezza  di  cui  parlerassi.  Nessun  pendolo  ha  moto  sulla  dolo- 
mia ,  specie  di  marmo  che  ho  preso  quasi  in  vetta  al  Sempione  , 


sebben  abbia  delle  sottili  lamine  luccicanti  e  argentine  . 


Co- 


(i)  Vedi  la  citata  mia  lettera    VI,  p.ifr.   aao. 


Di  Foivns  E  d'  Amoretti  .  2.2.7 

Cosi  i  mentovati  pendoli  non  ebbero  moto  ,  o  solo  ebbero 
oscillamento  (che  a  principio  dello  sperimento  nasce  dalla  mano 
o  dal  polso  ) ,  e  non  mai  moto  circolare  sulle  sostanze  de'  nuraeii 
l3.  i4-  i5.  16. 

Riguardo  al  ferro  dell'  Elba  del  num.  17  ,  due  osservazioni 
ci  convien  fare  ,  che  non  fece  certamente  il  nostro  Foriis  .  Pri- 
nio  :  v' ha  della  miniera  d' ossido  di  ferro  dell"  Elba,  che  senz' 
avere  l'attrazione  e  la  ripulsione  della  magnete  ,  ne  ha  però  i  po- 
li galvanici:  proprietà  riconosciuta  in  altri  minerali  del  cehHimi- 
bolt  (() .  Secondo  :  quell'  ossido,  come  molti  altri ,  è  negativo 
all'  o'nbia  ,  e  positivo  al  Sole  (2) .  Quindi  non  dee  far  maraviglia, 
se  ,  rifacendo  lo  sperimento  senza  queste  avvertenze,  taluno  ve- 
desse uno  de' mentovati  pendoli  girare  sull'ossido  di  ferro  ,  e 
un  altro  staie  immollile  ;  dipendendo  ciò  da!  tenere  il  pendolo 
più  su  una  parte  che  sulT  altra  del  pezzo  ,  e  forse  dall'  essere 
esposto  al  raggio  solare  anziché  all'  ombra  . 

Vili.  Una  scheggia  d' altro  sasso  vulcanico  adoperò  poi  ne' 
suoi  cimenti  il  nostro  Amico ,  e  veggo  dalla  lettera  sua,  che  man- 
dommela  segnata  col  num.  2.  Io  da  lungo  tempo  i'  ho  smarrita  , 
o  r  ho  ad  altri  data  ;  ma  veggo  molte  lave  vitree  frai  varj  pezzi 
vulcanici  che  spedimmi  allora  ,  e  che  raccolsi  io  stesso  quando 
insieme  percorremmo  i  colli  Euganei  e  i  Berici  ;  ond'  è  possibile 
che  a  queste  appartenesse  il  secondo  pendolo ,  il  quale  non  mo- 
veasi  nelle  sue  dita  ,  o  soltanto  oscillava  ,  sulle  sostanze  ,  supe- 
riormente alle  quali  la  prima  scheggia  vulcanica  ,  il  nitro  mol- 
fettano  ec.  giravano  ;  e  girava  poi  ove  questi  stavano  immobili  . 
Di  ciò  mi  persuade  1'  aver  sempre  veduto  che  così  a  me  succede 
quando  d'alcune  di  quelle  lave  vitree  fo  uso  . 


Con- 


(i)   V.  Journ.    de    pliysiiiue  .     Tom.       »        (2)    Vedi  la  mia  cit.   lett.  VI     pag. 
£9  pag.    192  .  J    aaS  . 


i>a8 


S  p 


E    11    I    E    N    Z    E 


Conghietture  sulla  cagione  de  fenomein  del  Pendolo  • 

IX.  Se  de"  mentovati  fenomeni  mi  chiedete  la  ragione.,  di- 
31JVVÌ  qnelk)  che  ne  penso  senza  pretendere  a  teorizzare  .  E  nota 
che  nel  galvanisma  altre  sostanze  chianiansi  positive  come  lo  zin- 
co, ed  altre-  negative  ,  come  t'argento  {a)  •■,  ed  io  ho  ritrovato  che 
nella  vaddomanzia  quelle  operano  divergenza  ,  e  qneste  convec- 
gen^za  ;  e  gli  stessi  effetti  cagionano  ne' movimenti  dell' astai . 
Ciò  nasce,  non  v'  ha  dubbio  ,  da  un  fluido  ,  il  quale  da  una  so- 
frtaaza  esce  e  all'altra  si  comunica ,  o  da  una  sostanza  è  attratto, 
e  r  altra  abbandona:  uasce  da  un  fluido  affluente  ed  effluente,  d'i 
cui  già  da  molti  anni  ha  dimostrata  V  esistenza  il  mio  do-tto  Ami- 
co Sig.  Tlwiivenel ,  spit'^ando  con  esso  i  fenomeni  della  clcttro- 
metvia  sotterranea.  Ciò  posto,  io  osservo  che  il  pendolo  rnovesi' 
circolarmente  sulle  sostanze  ad  esso  omogenee  \  vale  a  dire  it 
pendolo  positivo  sulle  &QStanze  positive ,  e  sulle  negative  il  nega- 
tivo .  Come  poi  col  rrspingersi-  vicendevolmente  e  coll'attraersi  di 
due  sostanze  ,  delle  tj^uall  una  sia  immobile,  e  1'  altra  pendente  a 
sotti!  filo ,  la  seconda  prender  possa  moto  circolare  agevokiiente' 
comprendesi ,  e  vedesi  anche  nelle  s-peiienze  elettriche  {p\ 

X,  Moto  circolare  non  ebbe  Fonis  ,  ma  solo  oscillamento^ 
quando  il  pendolo  tenne,  non  verticale  sulla  sostanza,  ma  a  fian- 
co d'  essa  ,  o  fi^  due  sostanze  analoglie,  nel  qual  caso  dall'  una 
air  altra' portavasi.  Se  le  due  sostanze  toccavansi,  il  motosi  face» 
trasversale  .  Tutto  ciò  pur  a-  m;e  avvenne^  ma  dir  devo  che  a  me 
non  sempre  oscilla  il- petidolxj,  come  oscillava  a  J^oa/ì^^  secondxa 
la  lunghezza  della'  sottoposta  sostanza  di  forma  oblonga  . 

JI- 


l^a)  Alcuni  chiamano  ne^ativoXo  zin- 
co ,  &  jiositi-iio  V  argento  ;  ma  non  sono 
i  pili  .  Altronde  nui  i  nomi  poco  im- 
portano . 


(i)  Vedi  1.1  mia-  Lettera  sulla  Rad- 
domanzia  .  Ojmsc.  Scelti .  Tom.  xx 
pag.   i58  . 


Di    FOIITIS    E    d'  AiVtOIlETTI.  3!i9 

j4ltri  Fenomeni,  e  Con^hietture . 


D 


XI.  Altri  curiosi  fenomeni  osservò  Fortis-  Vide  che,  se  mens» 
tre  il  pendolo  i^irava  su  una  sostanza  omogenea  ,  egli  lo  solleva- 
va all'  altezza  d'  alcuni  poli.,  o  cessava  ogni  moto  >  o  '1  moto  cii- 
colaie  cangiavasi .  Cosi  reciprocamente  vide,  che  se  il  pendolo 
su  una  sostanza  (  eterogenea  )  non  moveasi  finché  le  era  vicino  y 
alzandolo  per  alcuni  pollici  moveasi  circolarmente.  Questi  due 
fenomeni  ho  pur  io  infinite  volte  osservati  ^  ed  avendoli  con, 
moltiplicati  e  variati  cimenti  esaminati,  ho  trovato  che  dipendo- 
no dalla  stessa  a  me  ignota  cagione  ,  per  cui ,  rompendosi  il  cic- 
colo  galvanico  ,  cioè  la  comunicazione  d'un  polo  coli'  altro  nella 
pila  voltianaj  i  poli  si  cambiano,  e  si  ha  l'acido,  ove  dianzi  avea- 
si  r  alcali  ;  cagione  per  cui,  allontanandomi  dalla  perpendicola- 
re d'  un  corpo  sotterraneo  che  su  di  me  agisce  ,  tanto  quanto  es- 
so è  profondo,  ho  divergenza  nella  bacchetta  e  nell'asta,  ove 
dianzi  avea  convergenza^  e  viceversa  :  cagione  por  cui  gì'  indivi- 
dui indagatori  di  vene  acquee,  metalliche,  bituminose,  colla  pro- 
pria sensibilità  sentono  il  contraccolpo  ,  quando  ne  sono  a  di- 
stanza orizzontale  corrispondente  alla  verticale  ;  cagione  in  som- 
ma, che  cangia  e  rovescia  i  movimenti,  quando  il  pendolo,  come 
r  uomo,  è  portato  fuori  dall'  atmosfera  e  dell'  azione  di  quella 
sostanza  che  produceva  il  moto,  o  la  sensazione  . 

XII.  Io  ho  poi  fatto  un'  osservazione  di  più;  ed  è  che  solle- 
vando a  poco  a  poco  il  pendolo  ,  il  quale  presso  la  sottoposta  so- 
stanza moveasi  circolarmente  ,  pel  tratto  d'  alcuni  pollici  resta 
immobile;  e  Io  stesso  succede  se  senza  inovere  la  mano  del  pendo- 
lo, vien  abbassata  la  sostanza  ;  ma  giunto  il  pendolo  ad  una  certa 
distanza  ripiglia  il  moto  circolare  in  senso  opposto;  cioè  dove  nei 
primo  moto  il  pendolo  tenuto  colla  destra  ,  andava  da  sinistra  a 

-destra  nell'arco  esterno  del  giro,nel  secondo  moto  va  da  destra  a 
^sinistra  .  Ho  tentato  di  determinare  a  quale  altezza  il  pendolo  ri- 
.  pigliava  il  moto  per  girare  in  un  senso  opposto  ai  primo:  ho  vedu- 
to olle  iiJ  generale  sopra  piccoli  corpi  basta  alzarlo  dai  4  ai  0  pol- 
li- 


aio  Sperienze 

liei;  masti  sostanza  di  maggior  massa  e  volume  l'ho  veduto  re- 
stare immobile  dai  3  sino  ai  la  pollici.  Vidi  poi  nelle  cotidiane 
sperienze,  ripetendo  quelle  di  Furtìs,  che,  seguitando  a  ten(  re  il 
prudolo  sulla  sostanza  su  di  cui  gira  ,  dopo  qualche  tempo  oscilla 
longitudinalmente,  e  quindi  trasveisalniente  :  poscia,  or  subito 
oi  dopo  breve  pausa  ,  ricomincia  a  girare.  Volli  tentare  di  deter- 
minare in  quanto  tempo  o  almeno  in  quanti  circoli  ed  oscilla- 
menti si  compieano  i  moti  diversi;  ma  trovai  tanta  difFeri'nza 
ne'  varj  cimenti,  che  solo  parvemi  di  poterne  inferire,  che  sui 
piccoli  corpi  cangiasi  il  moto  circolare  in  longitudinale  fra  i  3o  e 
i  4o  giri:  dopo  un  minor  numero  d'  oscillamciiti  (se  il  ])raccio  è 
ben  fermo  )  passa  dal  moto  alla  pausa  ;  e  maggior  numero  di  giri 
e  di  oscillamenti  si  ha  su  corpi  di  maggior  volume  e  massa.  Ta- 
lora non  ebbi  il  moto  trasversale.  11  passaggio  da  un  moto  all'al- 
tro si  fa  gradatamente  .  Forse  con  moltiplicati  sperimenti  si  po- 
trà determinare  il  rapporto  fra  le  quantità  e  qualità  delle  so- 
stanze, e  le  distanze  de'  pendoli ,  e  la  durata  de'  loro  movimen- 
ti diversi  e  riposi  .  Questo  fenomeno  ,  mentre  oflfre  un'evidente 
analogia  col  contraccolpo  ,  e  col  rovesciato  moto  della  bac- 
chetta e  dell'  asta  ,  ed  anche  colle  oscillazioni  dell'  ago-ma- 
gnetico, dimostra  che  dei  movimenti  del  pendolo  accagionar  non 
si  può  né  la  debolezza  del  braccio  ,  né  la  pulsazione  dell' arteria, 
né  l'agitazione  dell'aria;  ma  argomentar  sen  deve  che  il  fenome- 
no nasce  dalla  azione  della  sostanza  sottoposta  al  pendolo  stesso  : 
azione  perù  che  per  isvilupparsi  ha  bisogno  dell'animai  vivente, 
da  cui  sembra  che  il  fluido  di  cui  parlammo,  attratto  sia,  o  siane 
fuori  spinto  . 

XIII.  Un'  altro  strano  fenomeno  Forfis  osservò  ,  che  col 
precedente  ha  della  analogia. ,,  Tenete  ,  mi  scriss'  egli ,  il  pen- 
j,  dolo  su  una  sostanza  su  cui  circolarmente  movasi  .  Ritiratelo 
„  per  poco,  o  sottraetene  la  sostanza,  tanto  che  il  pendolo  s'  ar- 
,  resti.  Rimettetevelo  poi  sopra  come  v'era  dianzi:  non  avrete 
5,  pili  il  moto  circolare,  ma  longitudinale  .Se  però  vi  levate  di 
5,  nuovo  da  quella  posizione  e  vi  ritornate  poi ,  n'  avrete  il  moto 
j,  circolare  .  Questo  doppio  alterno  movimento  ho  veduto  ripe- 
■''  „  ter- 


j 


Di  Fortis  e  d' A;mo retti  .  a3t 

„  tersi  per  moltissime  volte  di  seguito,  sempre  una  sì,  e  una  no .,, 
Molte  fiate  collo  stesso  successo  lo  sperimento  io  ripetei;  ma  è  da 
notarsi  che  se  il  pendolo  s'  arresta  per  sollevamento  verticale  , 
come  ho  detto  nel  num.  xii ,  allora  ,  riabbassandolo ,  gira ,  e  non 
oscilla  .  11  fenomeno  pure  si  spiega  col  dire,  che,  al  primo  ritirar- 
si, (equivalente  al  rompere  il  circolo  galvanico)  il  pendolo  can- 
giò indole,  di  positivo  divenendo  negativo,  o  viceversa,  o  piut- 
tosto ritenendo  una  porzione  della 'prima  proprietà,  e  una  por- 
zione avendo  acquistata  della  proprietà  contraria;  e  allora  il  con- 
trasto produsse  oscillamento.  Si  disperde  presto  l'  azione  d'op- 
pusizione,  tanto  nel  galvanismo  quanto  nella  raddomanzia  e  nell* 
uso  delle  aste^  e  tutto  ritorna  allo  stato  primiero;  e  allora  nuo- 
vamente va  in  circolo  il  pendolo  .  Vedremo  più  sotto  altri  feno- 
meni ,  che  con  questo  hanno  rapporto  . 

XIV.  Non  sì  facilmente  forse  si  applica  la  precedente  spie- 
gazione, qualunque  ella  siasi,  ad  un  altro  da  lui  osservato  feno- 
meno .  Egli  tenne  il  pendolo  successivamente  su  tre  pezzi  di  so- 
stanza analoga  staccati,  ma  non  molto  distanti  fra  loro;  e  lo  vide 
moversi  sul  primo  circolarmente,  longitudinalmente  oscillare 
sul  secondo,  e  trasversalmente  sul  terzo.  Di  più  :  avendo  messi 
nove  pezzi  di  sostanza  omogenea  nella  medesima  disposizione  , 
vide  il  fenomeno  ad  ogni  tre  pezzi  ricominciare  e  replicarsi.  Un' 
altra  volta  fece,  insieme  col  Sig.  March.  Dondi-Orologio^  lo  speri- 
mento su  trenta  pezzi  di  lava  omogenea  ,  e  sempre  ebbe  i  movi- 
menti a  tre  a  tre  .  E  quello  che  più  stratio  ancora  gli  parve  fu  il 
vedere  che,  volendo  per  ordine  retrogrado  dall'ulti mo  pezzo  tor- 
nare al  primo  ,  il  pendolo  non  ebbe  più  nessun  moto  ,  se  non  do- 
po qualche  tempo  ;  e  allora  retrogrado  fu  il  movimento,  girando 
il  pendolo  ove  prima  oscillava  trasversalmente,  e  viceversa  .  Non 
altro  soggiugnerò,  se  non  chei  riportati  esperimenti  furono  qua- 
si tutti  da  me,  e  da  altri,  più  volte  replicati,  ed  ebbero  lo  stesso 
successo . 

Spe- 


iuae:)    ngMsta  :ii 


iS»  S    P    E    II     I    !L    N    Z    E 

N 

Sperimenti  sopra  le  sostanze  coperte  . 

'  XV.  Sci'issemi  in  seguito  Tortis  d'avere  sperimentato  il  pen- 
lIoÌo  tanto  sulle  sostanze  scoperte,  quanto  queste  coprendo  con 
carta  comune  j  e  di  averne  sempre  avuti  gli  stessi  risultati  .  Se 
r  accidente  avesse  portato  lui,  come  me  portò  ,  a  raddoppiare  e 
moltiplicare  e  piegare  le  carte,  avrebbe  veduti  de'  fenomeni  an- 
cor più  curiosi  de'  precedenti  .  In  vista  delle  osservazioni  fatte 
sulla  bacchetta  ^  e  suH'  asta  ,  coprii  con  una  carta  un  metallo  o- 
inogeneo  al  pendolo,  e '1  pendolo  girò  .  Sovrapposi  alla  prima 
una  seconda  carta,  e  non  si  mosse  il  pendolo,  se  non  alzato  a  5 
pollici;  ma  girò  tosto  un  pendolo  eterogeneo  .  Ne  sovrapposi  una 
terza,  girò  l'omogeneo;  una  quarta;  questo  fermossi  ,  e  girò 
]'  eterogeneo:  alla  quinta  girò  il  primo^alia  sesta  il  secondo  &c. (a). 
Se  alle  p.  ime  carte  molte  ne  aggiungo  ad  un  tratto  ,0  più  carte  so- 
vrappongo a  principio,  allora  non  è  più  regolare  1'  azione  del  pari 
e  dispari  5  sebbene  frequentemente  corrisponda  ai  risultati  prece- 
denti ;  ma  sempre  i'  uno  o  1'  altro  de'  pendoli  sopra  esse  si  move 
in  giro  ,  e  non  mai  amendue;  se  non  che,  coli'  accrescere  delle 
carte,  l'azione  tarda  a  mostrarsi.  Piegando  la  carta  in  due,  e  met- 
tendo la  sostanza  fra  le  due  pagine,  gira  1'  eterogeneo  ,  e  non  I'  o- 
moffeneo  Ed  è  rimarchevole,  come  già  osservai, clie  se  il  pendolo 
tenuto  vicino  alla  sottoposta  sostanza,  era  per  le  frapp\)ste  carte 
stazionario,  alzandolo  da  quattro  in  sei  pollici  girava-,  e  se  da  vi- 
cino "-irava  in  un  senso,  alzandolo  girava  nel  senso  opposto;  il 
che  è  consentaneo  a  quanto  dicemmo  al  num.  xii. 

XVL 


(a)  Quando  pubblicai  la  Lettera  ti  più 
volte  mentovata,  pensava  che  le  due 
carte  le  quali  fermavano  il  moto  della 
verga  divinatoria,  ciò  facessero  elidendo 
l'azione  della  sostanza  con  cui  io  era 
Ja  mediato    contatto  ;    ma  questo    spe- 


rimento fatto  col  pendolo  ,  m'ha  por- 
tato a  conghietturare,  che  le  due  car- 
te cangiassero  polo  anche  per  l'  asta 
magnetica;  e  i  replicati  cimenti  di  ciò 
mi  convinsero  . 


Di  F 'rtis  e  d'  Ajioretti  .  a33 

XVI.  Trovò  poi  Fortis  che  il  pendolo  moveasl  ancorché  fra 
questo  e  le  sostanze  delle  quali  sperimentava  l'azione,  frapposta 
fosse  una  tavola  di  legno  o  di  marmo  ;  e  manifestommi  allora  la 
maraviglia  che  questo  fenomeno  destogli.  ,,  Se  alcun  mi  dicesse, 
„  mi  jcnu' eg// ,  d' avere  ,  col  mezzo  d'una  pirite  marziale,  di 
5,  schieggie  di  lava ,  d'  un  anello  di  ferro  ,  d'  una  moneta  d*  oro  , 
,,  d'argento,  e  di  rame,  con  una  palla  di  ragia  d'olivo  ec.  appesi 
,,  ad  un  filo  di  canapa  o  di  lino,  d'avere  dissi,  la  facoltà  dideter- 
,,  minare  il  sito  pieciso  occupato  da  qualunque  deposito  metal- 
,,  lieo  in  un  barò  chiuso  { purché  il  deposito  non  fosse  involto  in 
,,  sostanza  isolante,  e  nel  barò  non  vi  fossero  sparse  altre  sostan- 
„  ze  metalliche  che  sviassero  l'azione  ) ,  io  non  ci  avrei  che  dire. 
„  E  se  mi  proponesse  un  tal  uomo  di  scoprire  un  deposito,  salve 
,,  le  COI. dizioni  suddette,  fra  cento  burò,  non  ardirei  di  scomraet- 
5,  tere  uno  scudo  contro  lo  sperimento  .  Calcolando  la  superficie 
j,  d'ogni  ^«rò  a  sei  piedi  quadrati,  e  a  mezzo  piede  il  luogo  orcupa- 
j,  todal  metallo,  voi  ben  vedete  eh'  io  stimo  e  possibile  e  facile  il 
„  trovare!"  unità  piena  in  i  aoo  vote;  cosa  che  m'avrebbe  fatto 
„  ridere  e  stringermi  nelle  spalle  un  anno  fa,  se  l'avessi  udita 
„  proporre  sul  serio.  Tanto  è  vero  che  exploranda  est  veritas 
,,  mitltum  priusquam  stulta  ^rave  judicet  sententia  ,  come  dis- 
5,  se  quel  buon  Liberto  d'  Augusto  ;  e  dirote  certamente  anche 
„  voi  quando  ,  al  ricevere  questa  mia,  rifarete  lo  sp-.'rimento  . 
p,  Osservate  però  che  il  burò  non  dev'  essere  impellicciato  di  ri- 
„  messo,  perchè  allora  vi  si  frammezzano  i  chiodi  e  la  colla.  „  Sin 
qui  l'Amico.  Lo  sperimento  ho  pur  io  piìi  volte  rifatto,  e  n'  ebbi 
sempre  un  ugual  risultato,  quando  ho  usate  le  debite  diligenze, 
cioè,  pievedendo  ed  evitando  le  cagioiii  delle  anomalie,  che  in 
parte  ho  già  indicate  ,  e  in  parte  indicherò  .  Notai  fra  le  altre  co- 
se, che  se  fra  '1  metallo,  ed  il  legno  v'era  molto  vano,  il  pendolo, 
ancorché  omogeneo  non  girava  ;  e  che  se  il  deposito  v'era  messo 
da  poco,  talora  il  pendolo  non  me  lo  indicò;  ma  indicollo  quando 
era  in  contatto,  o  quasi  in  contatto,  e  v'era  da  qualche  teinpo, 
come  se  il  sovrapposto  legno  avesse  prima  ad  imbeversi  del  flui- 
do che  n'esce .  Analogo  è  quest'  ultimo  fenomeno  alle  osservazio- 
Tomo  XIII.  3o  ni 


2^4  SpEKIENZE        "^ 

Ili  l'atte  dal  Sig.  Thouvenel  e  da  me  ripetute,  siili' azione  della 
terra  ,  e  de'  vasi,  ov' erano  stati  sotterrati  ile'  metalli,  e  n'erano 
stati  levati  da  poco.  È  noto  che  i  pendoli  adopransi  tanto  dagli 
uomini  di  buona  fede  quanto  dagli  impostori  per  ricercar  tesori  ; 
e  ianno  a  quest'O'igetto  delle  pallottole,  chiamate //a/Zeg^owc/v^j- 
che  ,  formate  di  non  so  quali  sostanze  (  certamente  negative)  che 
indicano  1'  oro  e  1'  argento .  Una  nien  fé  vedere  negli  scorsi  gior- 
ni il  oh.  Sig.  Dott.  Ilati ,  già  r.  Consigliere  di  Governo  per  gli 
affari  di  sanità,  avuta  da  onesto  amico  che  di  essa,  di  buona  fede, 
servià'-i  ,  e  negli  sperimenti  fatti  alla  presenza  diMlo  stesso  Signor 
Consigliere  generalmente  indovinava;  sicché  glie  ne  fé  dono  co- 
me d'un  portentoso  amuleto.  La  sperimentammo  noi  pure,  giac- 
ché egli  al  par  di  me  della  opportutia  sensibilità  è  dotato,  e  ve- 
demmo in  fatto  esseie  un  jx-ndolo  negativo, che  sull'oro,  l'argen- 
to, e  '1  ferro,  sul  polo  sud  della  calamita  girava;  e  non  moveasi 
sul  polo  nord  di  questa,  né  sull'  acciaio  ,  né  sul  piombo  . 

XVII.  ,,  Bello  é  lo  sperimento  (  prosieguo  Fortis  a  scriver- 
mi in  data  de'  12  Settembre  dello  stesso  anno  1791  )  dell'asta  d' 
„  argento,  a  cui  stiano  sospesi  due  pendoli.  Io  ne  prendo  le  estre- 
„  mità  fi  a  le  mani  ,  e  fo  mettere  sotto  ai  pendoli  de'  corpi  atti  a 


,,  moverli.  Dapprincipio  si  movono  entrambi  all'unissono  .  Poi, 
,,  a  poco  a  poco,  si  ferma  il  sinistro,  e  l'altro  va  con  maggior  vi- 
j,  eore .  Se  alcuno  si  mette  in  comunicazione  coli  me,  cresce 
j,  l'energia  del  movimento  :  se  ,  toccando  me,  tocca  anche  il  ta- 
,,  volino,  il  pendolo  si  ferma;  se  un  terzo  tocca  il  secondo  e  poi 
,,  il  tavolino,  il  pendolo  riva:  se  un  quarto  fa  lo  stesso,  si  ferma; 
„  e  così  chi  sa  per  quanto  lunga  serie  d'alterazioni  .  ,,  D'  un  ana- 
logo sperimento  mi  scrisse  poi  in  un' altra  Lettera  .  „  leniii  , 
„  scrìv'E'j,U,(\ue  schieggie  ad  un  tempo  appese  sulle  sostanze  ine- 
„  desiine  una  per  mano:  quella  della  destra  si  mosse  con  molta 
„  attività;  quella  della  sinistrasi  mosse  appmia  .,,  Anche  questi 
sperimenti  ho  ripetuti  :  non  ebbi  gli  stessi  regolari  fenomeni  ri- 
guardo al  moto  dei  due  pendoli  attaccati  alla  stessa  asta  d'argento 
o  d'altro  metallo;  ma  lividi  moversi  or  amendue  insieme,  or  Pu^io 
or   r  altro  solitarj ,  senza  eh'  10  v'  inlluissi,  o  potessi  inlluirvi  coi 


Di  Foutis  e  d'  Amoretti  .  a3j 

movere  delle  mani  •  Fermi  stavano  quando  teneali  appesi  ad  un 
asta  eterogenea  ai  metalli  de'pendoli,  e  delle  sottoposte  sostanze. 
Tutto  ciò  prova  che  il  moto  era  fisico  ,  e  non  meccanico  .  Speri- 
mentai pur  io  con  questi  ,  e  con  analoghi  cimenti  (  p.  e.  pren- 
dendo in  mano  la  cima  del  filo  del  pendolo  chesporgea  fuori  del- 
le dita  altrui  )  l'  effetto  del  rompere  e  ristabilire  la  catena,  come 
del  numero  pali  e  dispari ,  di  cui  ho  superiormente  parlato .  Te- 
nendo i  due  pendoli  nelle  mie  due  mani,  or  l'uno  or  l'altro  suc- 
cessivamente, e  alternando,  giravano;  e  generalmente  il  destro  più 
del  sinistro.  L'Amico  nededucea  che  la  sua  destra  fosse  piìi  sen- 
sibde  che  la  sinistra  ,  e  ciò  pur  io  credo  della  mia  per  1'  uso  mag- 
giore che  ne  fo  .  Vidi  frattanto  che  F  azione  della  sottoposta  so- 
stanza sur  un  pendolo  impediva  l'azione  della  sostanza  analoga 
sull'  altro:  poiché  se,  mentre  era  stazionario  il  sinistro  e  in  moto 
i'  destro,  ipu'sto  fermavasi  (  o  da  se  stesso,  o  perchè  io  lo  solle- 
vassi )  cavasi  tosto  a  girare  il  sinistro  . 

Effetto  del  contatto  colla  sottoposta  sostanza  . 

XVIII.  Se  il  contatto  mediato  del  tavolino  agiva  sul  pendo- 
lo or  arrestandolo,  or  dandogli  moto,  tanto  più  questo  effetto 
produr  doveva  la  comunicazione,  ossia  contatto  immediato.  Co- 
sì di  fatti  avvenne,  e  scrive  Fortis  d'aver  avuta  la  cessazione  di 
moto  toccando  la  sostanza  sottoposta  al  pendolo,  o  il  fulcro  su 
CUI  essa  posava  ;  e  di  tal  mezzo  si  valse  per  conoscere  in  altri  se 
artificioso  o  fisico  era  il  moto  de'  pendoli  nelle  loro  mani .  „  Qui 
j,  siamo,  scrw  Ei^li ,  g\k  parecchi  letterati,  gentiluomini ,  citta- 
,,  dini ,  e  v'è  anche  un  architetto  {a)  .  .  .  Taluno  ha  voluto  dar- 

„  ce- 


(a)  I  principali  Cooperatori  suol  ne- 
gli sperimenti  furono  il  Slg.  Marcii. 
JJoncti-Orologlo  già  mentovato,  valen- 
te Fi»;ro  e  Naturalista  che  da  poclii 
anni  cessò  di  vivere,  il  Sig  Ab.  Co- 
lombo ,  e  "1  Sig.    Ab.    Fabris    Prefetto 


del  Museo  di  Storia  Naturale  di  Pa- 
dova. Quest'ultimo  avea  meno  sensi- 
bilità degli  altri  ;  cioè  non  sentla  l'a- 
z'on;  di'  piccoli  corpi  «entità  dagli 
altri  .  ,  .  . 


aS6  Sperienze 

,,  cene  acl  intenctere^  ma  è  facil  cosa  lo  scoprire  l' inganno,  met- 
,,  tendo  la  persona  sospetta  ,  senza  eh'  essa  se  n'  avvegga ,  in  co- 
,,  municazione  colle  sostanze  sottoposte  ai  pendoli  o  co'  loro  ful- 
„  cri.  Se  il  movimento  è  d'impulsione  artificiale,  esso  continua  : 
„  se  d'  elettricità,  si  ferma.  Ho  colto  così  in  bugia  più  d'uno,  e 
,,  mi  sono  divertito  assai  .  ,, Simile  sperimento  rifacendo,  di  tal 
mezzo  mi  son  pur  io  servito  per  iscoprire  il  vero  .  Ho  sempre  ve- 
duto che  toccando  coli' altra  mano  la  sostanza  sottoposta  al  pen- 
dolo ,  ovvero  il  tavolino  su  cui  la  sostanza  posava,  il  pendolo,  se 
dianzi  moveasi  ,  arrestavasi  ,  diminuendo  gradatamente  il  suo 
moto  ,  e  se  dianzi  era  stazionario,  metteasi  in  giro.  Ciò  però  suc- 
cedeva quando  con  tutte  le  dita  toccava  il  tavolino  o  la  sostanza, 
o  almeno  coi  pollice,  indice,  medio,  e  mignolo  ;  ma  se  toccava 
col  solo  dito  anulare  j  succedea  l'  opposto  .  Di  cj_uesto  dito  ripar- 
lerò al  uum.  xxu. 

Azione  delV  atmosfera,  sui  Pendoli  •> 

XIX.  Nello  sperimentare  trovò  il  nostro  Fortis  e  i  Compagni 
snof  un*  anomalia  generale  ne'  movimenti  del-  pendolo  pel  turba- 
mento dell'atnjosfera.  I>opo  d'  aver  narrate  le  sperienze  fatte  ne' 
giorni  4)  S»  6  d'Agosto  (i  791),  giorni  procellosi  con  venti  ,  tuoni, 
e  pioggia  nelle  oi^e  degli  sperimeuti,  Egli  così  conchiude.  ,,  In 
„  somma  tutto  ciò  elie  ad  aria  asciutta,  e  serena  fermava  iraovi- 
„  n^enti  del  pendolo,  lo  eccitava  in  «juella  mattina,  non  però 
„  senza  qualche  balzo,  e  irregolarità  di  ora  in  ora  —  Ne'  di  prò- 
„  ccUosi  5  e6  del  corrente  (scrive  in  altra  lettera  de'  la  Ottobre  ) 
5,  nessun  pendolo  si  mosse  .  lo  eredea  d'  aver  perduta  la  facoltà  j 
„  ma  il  dì  7  il  tempo  si  rasserenò,  la  ritrovai  bello  e  sana  ,  e  i 
j,  movimei*ti  si  ristabilirono.,,  Già  nella  mia  Lettera  vi  sovrac- 
citata,ho  narrato  il  rovesciato  niovimento,sì  della  bacchetta  di- 
vinatoria, che  dell'  asta  metallica  in  un  dì  dello  scorso  Novem- 
bre ,  che  in  me  cagionò  un  forte  vento ,  ed  ho  riportata  una  let- 
tera del  dottissimoamico  mio  Monsign.  Cassina,  il  quale  nel  1797 
avca  provato  che  il  vento  soffiantegìi  in  faccia  toglieva  ogni  moto 

al- 


Di  Fortis  e  d'  Amoretti  .  207 

alla  da  lui  impugnata  bacchetta,  che  girava  per  la  sottoposta  ve- 
na acquea  quando  al  vento  volgeva  il  dorso.  Or  soggiugnerò  che 
r  enunciato  rovescio  sentito  colla  hacchetta  e  coli'  asta  ,  lo  pro- 
vai col  pendolo  nel  di  del  forte  vento;  e  1'  ho  altre  vohe  speri- 
mentato anche  con  vento  non  molto  forte  d'  Est,  e  di  Nord-lì^st, 
quando  al  soffio  avea  volta  la  faccia;  e  soprattutto  in  giorni  in  cui 
r  igrometro  segnava  molta  umidità . 

jìzìone  diversa  delle  varie  parti  del  corpo  umano  . 

XX.  E  moto  e  sospension  di  moto  ebbe  Fortis  in  varj  cimen- 
ti quando,  mentre  con  una  mano  tenea  sospeso  il  pendolo,  coli* 
altra  toccava  se  stesso  .  Eccone  il  ragguaglio 

I.  ,,  Trovammo  che  come  i  movimenti  cessano  se  lo  speri* 
„  mentatoie  si  mette  in  contatto  col  tavolino  ,  così  cessano  se  si 
,,  applichi  r  altra  mano  alla  regione  gastrica  ,, . 

a.  ,,  Mentre  il  pendolo  girava,  applicai  la  sinistra  alla  re- 
„  gione  gastrica  ,  e  si  fermò:  1'  applicai  alla  fronte  ,  e  *1  moto 
5,  continuò  .   „ 

3.  „  Provammo  il  pendolo  sopra  I  capegli  di  varie  persone, 
„  e  si  mosse  sempre  nelle  tre  consecutive  direzioni  .  ,, 

4-  ?,  Tenni  il  pendolo  sulla  parte  pelosa  del  mio  braccio,  e 
„  non  si  mosse  :  ne  depclai  col  rasoio  per  alcuni  pollici ,  e  si  mos- 
„  se  .  j, 

5.  ,,  Il  pendolo  stazionario  sull'argento  si  metteva  in  moto 
„  tosto  che  ci  applicavamo  la  sinistra  al  ventre  . 

6.  „  Il  pendolo  era  stazionario  sull'argento  a  nudo:  applicai 
„  la  sinistra  alla  regione  gastrica,  e  si  pose  subito  m  moto  :  l'ap- 
„  plicai  alla  fronte  .  all'  occipite  ,  al  petto,  e  non  si  mosse  .  „ 

7.  ,,  Sopra  il  dito  medio  girò  ;  e  non  si  mosse  sopra  il  mez- 
„  zo  della  palma  della  mano  .   ,, 

Ho  messi  sotto  questo  capo  tutti  gli  sperimenti  fatti  da  Fortis 
eda'suoi  Compagni  sopra  il  corpo  umano  scrittimi  in  varie  lette- 
re .  IS'on  conoscendo  egli  allora  1'  azione  positiva  e  negativa,  che 

io 


a38  Speuienze 

io  ed  altri  prima  di  me  {a)  trovammo  nelle  diverse  membra  ,  non 
pensò  a  ben  determinare  la  qualità  delle  sostanze  tanto  pendenti 
quanto  sottoposte,  e  le  altre  circostanze  che  nrl  moto  e  nella 
t|niete  de'  pendoli  influiscono  j  ma  veggiaiiio,  clie  in  generale  la 
Ironie,  i  capegli,  l'occipite,  lo  sterno,  la  [)arte  depelata  o  in- 
terna del  braccio  ,  e  la  palma  della  mano  hanno  sul  pendolo  un' 
azione  opposta  a  quella  che  ha  il  ventre  o  la  region  gastrica,  e  le 
dita  verso  la  palma  della  mano.  Io  ho  determinata,  per  quanto  ho 
potuto  ,  r  azione  positiva  ,  e  negativa  d'ognuna  delle  parti  ester- 
ne del  corpo  umano,  e  ne  ho  ])ubbiicata  la  figura,  che  qui  ripro- 
duco (  Tav.  I  e  a  )  disegnata  ed  incisa  da  gentil  Persona,  che  , 
dotata  della  opportuna  sensibilità, quasi  tutti  gli  sperimenti  miei 
ha  ri  tatti.  JNelie  due  disegnate  figure  le  parti  segnale  a  lineette 
son  positive,  cior'  su  di  esse  moversi  devono,  emovonsi,  i  pendo- 
li positivi;  negativesono  le  pani  segnate  a  piuiti.  Cosi  la  freccia 
segnata  a  linee  indich  rà  il  pendolo  positivo  ,  e  la  segnata  a  pun- 
ti il  negativo,  perche  il  primo  cagiona  la  divergenza,  e  la  conver- 
genza il  secondo.  Sulle  parti  che  non  hanno  linee  né  punti,  non 
movesi  pendo'o  positivo  ,  uè  negativo  .  1  Galvanisti  che  hanno 
trovate  tante  differenze  fra  i  muscoli  e  i  nervi,  fra  i  flessori  e  gli 
estensori,  fra  i  tesi  e  i  piegati,  che  cotanto  hanno  disputato  sulla 
sensibilità  delcuore ,  e  della  fibrina  alio  stimolo  galvanico  &c. , 
potranno,  ove  sian  essi  della  opportuna  sensibilità  dotati ,  o  per- 
sona abbiano  che'l  sia,  vedere  i  rapporti  fra  le  convulsioni  i^alva- 
niche  e  '1  moto  de'  pendoli ,  i  quali  sono  la  più  semplice  e  la  più 
comoda  macchina  che  aver  p  ssa  un  Fi-ico  . 

XXI.  Or  veggasi  come  ai  sin  qui  detto  corrispondano  le  spe- 
rienze  di  Fortis  riferite  di  sopra  .  Supponendo  eh'  Egli  nello  S{)e- 
rim .  I  avesse  adopeiato  un  pendolo  positivo  su  ;:Ostanza  pur  posi- 

ti- 


(a)  V.  le  sperienze  di  Ritter  presso 
BragnatelU.  Ann.  di  Chim.Tom.  XXII 
pag.  8a  .  Di  ciò  si  avvide  prima  di 
tutti  Galvani  medesimo,   determinan- 


de  il  viaggio  del  fluido  elettrico-ani- 
male negli  animali  scoisi  da'  metalli 
eterogenei  . 


Di  FouTis  E  d'  Amoretti  .  a 89 

tira  ;  cessò  il  moto  toccando  parte  di  se  negativa  =  Positivo  esser 
doveva  il  pendolo  delio  sperini.  a,  ,  die  fèimcssi  ugualmente  al 
contatto  del  ventre  ,  e  coutinuò  a  moversi  toccando  la  fronte  = 
Cosi  positivo  quello  dello  sperim.  3  sui   capegli  ,  =  e  positivo 
quello  del  4?  se  non  si  mosse  sulla  parte  pelosa  del  braccio,  e  si 
mosse  sulla  glabra  ,  che  suol  essere  riuterna  .  Ma  scrive  Fortìs 
che  il  movimento  ebbe  sulla  parte  stessa, quando  ne  fu  raso  il  pe- 
lo   Io  ho  ripetuto  lo  sperimento  su  di  me ,  ed  ho  avuto  lo  stesso 
fenomeno  :  l'opposto  m'avvenne  (juando  adoperai  il  pendolo  ne- 
gativo ;  e  se  ,  mentre  il  pendolo  girava  ,  io  abbassava   il  sottopo- 
sto braccio  di  cinque  in  sei  pollici ,  senza  mover  la  mano  che  so- 
steneva il  pendolo,  questo  fermavasi  rtel  tempo  dei  lento  abbas- 
samento, iinchènon  era  giunto  alla  distanza  de'  5  pollici  incir- 
ca ,  indi  ricominciava  il  moto  circolare  in  senso  opposto  (  vedi  il 
num.  XII  )  .  Per  qnal  ragione  ciò  succeda  noi  so  .  So  che  in  ge- 
nerale i  peli  hanno  l'azione  della  parte  su  cui  stanno  ,  e  la  han- 
no anche  recisi;  e  perciò  nello  sperimento  3,  il  pendolo  positivo 
girò   sui  capegli.  So  che  i  peli  d'animali  diversi  diversamente 
agiscono  sui  pendoli,  come  vedremo  al  num.  XXiV,  trattando 
delle  pellicce.  Qui  solo  soggiugrierò ,  che  dopo  tre  giorni ,  essen- 
do spuntato  nuovamente  il  pelo  fuori  dell'  epidermide  ,  ebbi  su 
quella   parte   di  braccio  il  moto  circolare  coi  jiendolo  negativo, 
come  dianzi  .    Negativi   per   l'opposto  esser  doveano  i  pendoli 
degli    sperimenti  5  e  6  ;  se  non  si  mossero  sull'argento,    che 
(come  rilevo  dalle  sue  lettere  )  esser  soleva  un  astuccio  di  bassa 
lega  e  positivo  ,  e  perciò  eterogeneo  ;  ma  si  mossero  al  contatto 
della  regione  gastrica  loro  omogenea  ,  e  non  al  contatto  della 
fionte  ,  del  petto,  e  dell'  occipite  ,  che  positivi  sono  ,  e  perciò 
eterogenei  a  que'  pendoli . 

Azione  singolare  del  dito  anulare  . 

XXII.  Lo  sperimento  7  relativo  al  dito  medio,  mi  porge  oc- 
casione di  riferire  alcune  oss  rvazioni  singolari  sulle  dita  e  spe- 
cialmente suir  anulare  .  Dalla  ispezione  delle  mentovate  figuie 

urna- 


2^0  SpERIENZE 

umane  (Tav.  i  e  a  )  vedesi  che  il  dosso  della  mano  è  Inattivo  in 
ogni  sua  parte  ,  fuorché  nel  dito  anulare.  Quindi  ,  qualunque 
pendolo  Fortis  adoperasse ,  non  dovea  girare  sopra  la  parte  supe- 
riore del  dito  medio  ,  ma  dovea  girare  sulla  punta  di  esso  il  pen- 
dolo negativo  ,  che  tale  certamente  era  quello  che  non  girò  sulla 
palma  della  mano  .  Ma  se  sul  dito  anulare  Fortis  e  i  Compagni 
suoi  si  fossero  cimentati,  oh!  si  che  avrehbono  trovate  delle  stra- 
vaganze !  Mille  sperimenii ,  dacché  il  casu  mi  fece  di  ciò  avve- 
dere  nel  maneggio  iell'asta  c;damitata  (i)  ,  mi  hanno  provato 
che  r  azion  sua  e  posiriva     Eccone  alcuni  ben  facià  a  ripetersi  . 

I.  Se  tengo  il  pendolo  positivo  sulla  punta  o  su  altra  parte 
dell'anulare,  gira ,  e  non  ajovesi  sulle  altre  dita  ,  sulla  punta  e 
sulla  interna  parte  dellr  quali  gii  a  il  pend.  lo  negativo;  e  questo 
è  immobile  suH'anuìare  .  E  si  taeil  «  osa  1'  alzare  sotio  il  pei  dolo 
or  il  medio,  or  1'  anulare  ,  che  successivamente  veggonsi  i  feno- 
meni del  giro  ,  e  del  riposo  .  Alzisi  il  pendolo  positivo,  o  s'abbassi 
r  anulare  di  circa  5  pollici  ,  gira  quello  in  senso  opposto  . 

a.  Lego  al  dito  anulare  il  filo  :  se  il  pendolo  tenuto  fra  l'in- 
dice e  1  pollice  girava  ,  si  ferma  :  se  era  fermo  ,  gira  . 

4.  Tengo  il  pendolo  positivo  su  sostanza  pur  positiva,  in  mo- 
do che  avanzi  qualche  pollice  del  filo  sopra  le  dita,  il  pendolo 
gira  :  prendo  e  tengo  teso  coli'  indice  e  '1  pollice  dell'  altra  mano 
il  filo  r»  siduo  ,  e  segue  il  pendulo  a  girare  :  lo  prendo  fia  'I  polli- 
ce e  V  anulare,  e  s' arresta .  Se  il  pendolo  e  negativo  sopra  sostan» 
za  positiva  non  movesi  ,  come  più  volte  lio  detto;  ma  gira^  se 
prendo  fra  V  indice  ,  e  l'  anulare  il  filo  residuo  . 

4.  Se  ,  mentre  gira  il  pendolo  su  una  sostanza,  io  tocco  que- 
sta, ovvero  la  tavola  che  la  sostiene,  col  pollice,  coli'  indice,  col 
medio  .  e  col  mignolo  ,  e  anche  con  tutte  le  dita  ,  il  pendolo  s' ar- 
resta .  Se  la  tocco  col  solo  anulare  ,  continua  il  moto  . 

5.  Succede  il  rovescio  se,  con  tutte  le  dita  toccando  la  sot- 
toposta sostanza  o  'l  fulcro  ,  do  moto  al  pendolo  stazionano  :  al- 
lora il  contatto  del  solo  anulare  1'  arresta  . 

Sic- 


(i)  Vedi  la  mia  citata  Lett.  VI  * 


Di  Foktis  e  d'Amoretti.  ù^l 

Siccome  1'  azione  della  cima  delle  dita  è  sentita  aiiclie  a  tra- 
verso d'  una  carta  che  impedisca  di  vederle  ,  si  può  col  pendolo 
indovinare  se  in  contatto  della  carta  v'  è  1'  anulare  o  altro  dito  ; 
e  colle  moltiplicate  prove  convincere  1°  incredulo  ;  ma  bisogna 
ben  fare  attenzione  alle  cagioni  delle  anomalie  .  D'  alcune  pro- 
prietà fisiche  e  particolari  del  dito  anulare  s'  avvidero  gli  uomi- 
ni in  tutti  i  tempi  ,  e  qualche  differenza  anatomica  fra  questo  e 
le  altre  dita  ravvisò  Albino^  come  può  leggersi  nella  più  volte 
mentovata  mia  lettera  Yl.  Fortis  non  s' accorse  deli'  azione  singo- 
lare del  dito  anulare  •,  ma  ben  vide  F  azione  delle  dita  sui  residuo 
del  filo  j  di  cui  parlammo  pocanzi  alnum.  3. 

Sperimenti  fatti  su  altri  Animali  . 

XXIII.  Anche  sur  un  cavallo  fece  Fortis  degli  sperimenti, 
„  Tengo  il  pendolo,  scrìv'  Egli  ,  sospeso  sulle  groppe  d'  un  ca- 
j,  vallo  ,  e  gira  gagliardamente:  appoggio  la  sinistra  alle  groppe 
,,  medesime  ,  e  si  ferma  .  ,,  A  me  lo  stesso  avvenne  ;  ma  se  dal 
pelo  5  o  dalla  parte  del  cavallo  dipenda  ,  noi  so  .  Se  da  questa  , 
come  argomentar  deggiamo  per  analogia  coli'  uomo  ,  convien 
d  re  che  il  pendolo  di  Fortis  fosse  positivo,  ed  io  difatti  ebbi  il 
fenomeno  con  un  tal  pendolo  .  Lo  ebbi  ugualmente  su  i  gatti  , 
e  sui  cani  ;  e  su  di  essi  osservai  la  mentovata  analogia  coli'  uo- 
mo .  In  molti  sperimenti  girò  sempre  il  pendolo  positivo  sul  ca- 
po ,  e  sul  dorso  dalie  spalle  in  giù  per  tutta  la  parte  superiore 
della  coda  ;  e  per  sino  sul  dito  del  cane  corrispondente  al  nostro 
anulare:  il  negativo  sulle  orecchie,  sul  collo  sino  alle  spalle,  sul 
ventre  e  sotto  la  pianta  de'  piedi.  Alcuni  sperimenti  feci  su  gli 
insetti  vivi,  ma  pochi  potei  farne  in  questa  stagione  jemale  ,  in 
cui  il  freddo  giunse  sino  a -9;  e  i  risultati  furon  talora  opposti, 
il  che  forse  dalla  diversità  di  sesso  provenìa  ;  ma  un'  osservazio- 
ne costante  io  feci,  che  se  fra  le  dita,  insieme  all'  insetto ,  tene- 
va il  filo  del  pendolo,  o  1'  insetto  vivo  tenea  fra  le  dita  della  si- 
nistra, mentre  il  pendolo  sostenea  colia  destra,  questo  or  positi- 
vo, or  negativo  girava  j  e  più  non  moveasi  quando  gettava  f  in- 

Tonio  XIII.  3x  set- 


a^a  Spertenze 

setto  :  il  che  dimostra  ,  che  da  questo  e  non  da  altro  quel  moto 
era  cagionato  .A  più  opportuna  stagione  farò  ricerche  più  esat- 
te e  mohiplici  . 

XXIV.  Dagli  animali  vivi  passai  agli  estinti  .  Memore  del- 
la proprietà  d'  alcuni  gorgoglioni  ,  che  stiacciati  fra  le  dita  la- 
sciano in  queste  la  facoltà  di  togliere  il  dolore  de'  denti  ,  sicco- 
me osserv  ò  il  eh.  Sig.  Prof.  Gerii ,  ed  altri ,  ne   stiacciai  in  que- 
sto modo  parecchi  i  e  avendo  fra  le  stesse  dita  presi  successiva- 
mente i  fili  de'  due  pendoli ,  trovai  che  girava  il  positivo  ,  e  im- 
mobir  era  il  negativo.  Quindi  sperimentai  allo  stesso  modo  alcu- 
ne parti  degli  animali  estinti,  che  al  proprio  uso  applica  1"  no- 
mo ,  cioè  le  pelli  e  le  pellicce  .  ,,  Vennenii  voglia  di  tentare  i 
j,  pendoli  (  scrissemi  Fortis  )  sovra  sostanze  coperte  di  pelle  da 
,j  guanti  ,  ed  una  massa  di  6«o  scudi  in  un  sacco  di  tal  pelle  non 
„  fu  sentita  ,  sebbene  quantità  assai  minori  dello  stesso  argento 
„  fossero  sentite  attraverso  la  carta  ,  il  legno ,  il  marmo  ec.  "  • 
Trovò  egli  poi  che  il  guanto  di  quella  pelle  che  si  può  lavare  .,  fa 
che  giri  il  pendolo  di  vetro  vulcanico  (  positivo  ),  o  ne  siano  co- 
perte le  dita  ,  o  sia  esso  la  sottoposta  sostanza.  Quindi  conviene 
argomentare  che  il  pendolo  da  lui  adoperato  nello  sperimento 
precedente  fosse  negativo  ;  e  la  pelle  fosse  di  quella  specie  che 
diciamo  di  dante,  o  di  camoccia  .  Tutto  ciò  pur  io  verificai  ;  e 
nel  rifare  questi  sperimenti  altre  analoghe  verità  rìsultaronmi  : 
cioè  verificai  co'  pendoli  intorno  alle  pelli  e  alle  pellicce  que'  fe- 
nomeni ,  che  veduti  già  aveva  coli'  asta  o  colla  bacchetta  divina- 
toria (i).  Vidi  che  i  guanti  bianchi  di  pelle  sottile  e  non  lavabi- 
le non  hanno  un'  azione  loro  propria  sui  pendoli  ,  e  la  mano  di 
essi  coperta  agisce  come  se  fos-e  ignuda  .  Osservai  al  tempo  stes- 
so che  le  pellicce,  e  i  peli  recisi  di  cammello,  d'agnello,  e  di  pe- 
cora fanno  girare  il  pendolo  negativo  a  cui  son  sottoposte,  e  non 
il  positivo  j  e  per  opposto  le  pellicce  d'  orso  ,  di  lupo,  di  volpe, 
di  lepre  ec.  fanno  movere  il  positivo.  Le  stoffe  delle  medesime 

la- 


(i)  V.  Lftt.  VI  Bovraccitata  pag.  284  • 


Di  Fortis  e  d'  AsioiiETTr .  a43 

lane  e  peli  agiscono  come  le  rispettive  pellicce  .  Ciò  rìsultommi 
da  varj  esperimenti.  Tuttavia  deggio  pur  dire  che  in  generale, 
come  le  varie  parti  del  corpo  animale  vivente  hanno  diversa 
azione  ,  cosi  succede  de'  peli  anche  recisi  ad  esse  proprj  .  Il  pelo 
reciso  dalle  orecchie  d' un  can  barbino  agi  su  un  pendolo  negati- 
vo ,  e  quella  del  suo  ciuffetto  in  mezzo  al  capo,  sul  positivo. 
Quindi  nascono  le  anomalie  sui  peli  dello  stesso  animale  . 

XXV.  Alle  sostanze  animali  appartiene  la  seta  .  I  risultati 
degli  speinmenti  di  Fortis  su  questa  sembrano  talora  in  contrad- 
dizione ;  il  che  nasce  dal  non  avere  indicate  le  qualità  de'  pen- 
doli adoperati,  ne  accennate  le  altre  circostanze,  che  sovente  ap- 
portano alterazioni  e  rovesci  di  movimento  .  In  generale  però 
vedo  dagli  sperimenti  suoi  che  la  seta  agiva  come  sostanza  posi- 
tiva ,  o  l'adoprasse  come  pendolo  ,  o  come  sottoposta  sostanza  , 
o  come  intermedio.  Cosi  deducesi  dagli  sperimenti  miei ,  che  il 
filo  di  seta  sostituito  a  quello  di  lino  o  di  canapa  toglie  l'azione 
delle  sostanze  sul  pendolo  omogeneo  si  positivo  che  negativo  ; 
che  la  stessa  azione  è  tolta  coprendo  le  dita  di  seta  ;  che  si  resti- 
tuisce Fazione  (perla  fatta  comunicazione)  toccando  il  tavoli- 
no ,  come  s'  è  detto  al  num.  XVIII  ;  e  che  la  stoffa  di  seta  agisce 
sul  pendolo  positivo . 

XXVI.  Disputano  i  Naturalisti  se  sostanza  animale  sia  la 
cera.  Ma,  o  sia  essa  un  prodotta  dell'  ape  ,  o  quest'  insetto  la  ce- 
ra già  formata  sulle  piante  raccolga  ,  è  certo  per  gli  sperimenti 
mieij  giacché  Fortis  sulla  cera  non  ne  fece,  che  questa  è  una 
sostanza  positiva  .  Io  la  ho  trovata  tale  adoperandola  non  solo 
come  pendolo  ,  e  come  sottoposta  sostanza  ,  ma  eziandio  come 
asta  ;  poiché  tenendo  fra  V  indice  e  'J  pollice  una  candela  di  ce- 
ra anche  sul  candeliere  gira  in  fuori  ,  come  gira  una  palla  della 
sostanza  medesima  .  Un  filo  di  lino  coperto  di  cera  ,  o  come  di- 
cesi incerato  ,  divien  coibente,  e  impedisce  ogni  azione  come  il 
ilio  di  seta  .  Se  V  inceramento  non  giunge  alle  due  estremità  del 
filo,  non  toglie  punto  1'  azione  ,  ossia  il  passaggio  del  fluido  .  La 
cera-lacca  ,  eh'  è  di  tutt'  altra  origine  e  natura  ,  agisce  in  senso 
opposto  ,  cioè  come  sostanza  negativa  ad  ogni  riguardo  . 

Co- 


:i44  Spekienze 

Come  la  cera  agiscono  i  Funghi  (sulla  natura  de' i[!nli  si 
disputa  ugualmente  )  ,  almeno  quo'  tutti  clie  ho  potuto  provaie. 

.0-  Sperimenti  sui    Vegetali  . 

XXVI.  Esaminai  allo  stesso  modo  i  Vegetali .  Questi  non  di- 
menticò Fortis ,  ma  piìi  per  giuoco  provoUi ,  che  pei- fare  una 
serie  d'  esperimenti .  ,,  Tenni  sospesi  i  pendoli,  wi  scriveva  Egli, 
„  di  pietruzze,  di  monete  ,  di  raggia  ec  sui  pomidoro  {solanuin 
„  Lycopprsicum  )  ,  e  si  diedero  successivamente  i  ti'e  movimen- 
j,  ti,  circolare,  longitudinale  ,  e  trasversale  .,.  .  Su  un  limo- 
j,  ne  girò  un  pendolo  di  smalto  di  monte  Pendi-e  .  "  E  eviden- 
te che  i  primi  pendoli  ,  de'  quali  già  molto  s'  è  parlato  ,  ciano- 
negativi  ;  quindi  su  di  essi  doveano  agire  i  pomidoro  ,  eh'  io  ne- 
gativi ho  sempre  trovati  ,  anche  coli'  asta,  e  colla  bacchetta,  co- 
me tutti  i  solani,  sì  ne'  frutti  che  nelle  foglie,  e  rie'  tuhei'i  ,  o 
bulbi.  Positivo  è  il  vet)o  volcanico  o  smalto  j  e  girar  dovea  sulj 
limone»  che  positivo  sempre  mostrossi  ne'  miei  sperimenti  .  Ri- 
guardo ad  altri  frutti  soggiugiierò,  che  nel  provarli  colla  bacchet- 
ta ,  e  coli'  asta  metallica  ,  cofue  ho  narrato  nella  citata  inia  Let- 
tera VI ,  io  gli  sperimentava  contemporaneamente  co'  pendoli  , 
e  trovai  sempre  analoga  l'  azione  :  cioè  il  pendolo  positivo  gira- 
va, sui  divergenti,  e  "1  negativo  sui  convergenti.  Così  il  primo' 
girava  ed  avea  q-uindi  gli  altri  movimenti  sugli  aranci ,  sulle  me- 
le ,  sui  fichi,  sulle  cipolle,  sugli  agli,  ed  altri  simili  bulbi  o 
fi'utli  ;  e  l  negativo  sulla  pera  ,  sul!'  ananasso  ,  sul  mellone,  sul- 
la'prugna  ec.  E  noto  eh*  il  eh.  Sig.  Dott.  Baronio,  unitamente  al 
Sig.  31aun  ,  formarono  una  pila  voltiana  con  fette  di  rafano  ,  e 
di  bieta-rapa  frammezzate  da  dischi  di  legno  ,  facendo  quello  le 
veci  dello  zinco ,  e  questa  del  rame  j  e  u'  ebl^f-ro  1'  azione  galva- 
nica su  una  rana  j  e  osservò  quindi  il  eh.  lÌTugnateUi  che  sulla 
rana  agisce  anche  un-a  sola  coppia  di  fette  presf  da  due  niewto- 
vati  bulbi  ;  onde  non  dee  far  maraviglia  1'  azione  diversa  de'  ve- 
getali differenti  sui  pendoli  .  Io  più  di  cento  piante  nelle  varie 
loro  patti  ho  sperimentate,  e  u'  ho  ilconosciuta  i'  indole  pos^ti- 

"  ,  va 


Di  Foutis  e  d'  AiMouetti  .  24'^ 

va  o  negativa, e  se  credessi  utile  a  qualche  cosa  il  ciò  rìsapere,ne 
pubblicherei  la  nota  che  n'ho  nel  mio  giornale  .  Noterò  qui  so- 
lo che  ho  trovato  negativo  lo  zucchero,  anche  col  solo  asperger- 
ne le  dita  con  cui  teneva  il  filo  del  pendolo  negativo,  il  quale 
prese  moto  circolare  ancora  che  non  fosse  su  nessuna  sostanza  . 
Il  pendolo  positivo  non  si  mosse  • 

XXVIll.  Nel  fare  i  riferiti  sperimenti  sui  frutti^  vennenii  ifi 
pensiero  d'adoperarli  come  pendoli,  agevolmente  ciò  facendo 
con  quelli  che  aveano  picciuolo  e  trovai  sempre  che  i  frutti  pen- 
doli corrispondeano  ai  frutti  considerati  come  sottoposta  sostan- 
za.Il  caso,  e  quindi  fanalogia  feronmi  andare  più  oltre.  Non 
contento  d'appendere  i  frutti  a  un  filo,  presi  pel  picciuolo  quelli 
che  l'aveano;  e  li  v^di  e  li  sentii  convergere  e  divergere  fra  le  mie 
dita  a  norma  dell' indole  loro.  Mi  venne  pensiere  di  prendere 
fra  le  dita  i  frutti  stessi,  e  specialmente  quelli  ch'erano  alquanto 
oblonghi;  e  sentiva  che  tendeano  a  girare  e  giiar  li  vedeva,  ora 
convergendo  e  ora  divergendo:  nel  che,  a  forza  di  pazienza  e  d'e- 
same, trovai  se  non  una  cagione,  almeno  una  regolarità.  Alcu- 
ni frutti ,  come  la  bacca  del  tiglio ,  tenuti  fra  1'  indice  e  1  polli- 
ce ,  in  modo  che  interna  sia  P  estremità  staccata  dal  picciuolo  , 
ed  esteina  la  punta,  divergono;  se  la  punta  è  interna,  convergo- 
no; ma  deve  tenersi  fra  le  dita  solo  la  metà  delia  bacca  o  del  fiut- 
ato, poiché  se  tengasi  ,  dirò  così,  per  1'  equatore  e  intera  fra  le 
dita,  non  movesi  o  ha  moto  opposto.  Con  molte  persone,  e  con 
molti  frutti  ho  ciò  verificato  ;  e  '1  curioso  risultato  che  ne  ho  si- 
nora, si  è  che  i  frutti  tenuti  dalla  parte  del  picciuolo,  nm  sotto 
di  es<o,  hanno  moto  contrario  a  quello  che  hanno, tenuti  pel  pic- 
ciuolo medesimo  :  quindi  i  positivi ,  p.  e.  il  limone,  e  la  mela 
convergono  se  voltata  verso  il  braccio  è  l'  estremità  del  picciuo- 
lo ;  e  divergono  se  interna  è  l'estremità  opposta  .  Il  contrario  av- 
viene co'  frutti  negativi  qual'  è  p.  e.  la  pela  .  Col  pendolo  ,  e  col- 
la bacchetta  f[nindi  trovai  che  i  mentovati  frutti  avevano  i  due 
poli .  Sulla  mela  ,  quando  superiore  è  la  parte  del  picciuolo,  gira 
il  pendolo  negativo;  e  '1  positivo  gira  sull'opposta  parte  :  il  con- 
tfiiiio  avviene  sulla  pera  .  Ma  ncìsun  pendolo  gira  sul  mezzo  ;  co- 
me 


246  Sperienze 

me  la  bacchetta  non  movesi  se  sul  mezzo  tengo  la  mano,  o  il  pie- 
de .  Ciò  avrcLb'  egli  rapporto  alla  posizione  della  plumula  e  dei 
coricino  ne' semi?  Checché  ne  sia  della  cagione,  io  trovo  che  con 
questo  metodo  ogni  frutto  può  servirmi  d'  asta  calamitata  . 

XXIX.  Sulle  piante  due  altre  osservazioni  ho  fatteugualmen- 
te  importanti  per  la  Fisiologia  vegetale,  e  per  la  Fisica.  La  prima 
è  la  difFerenza  trovata  in  loro,  anche  col  pendolo,  fra  le  parti  es- 
poste all'  azione  dell'  aria  ,  delia  luce,  e  del  sole,  e  le  parti  sotter- 
rate, al  momento  che  queste  all'  aria  si  espongono  .  Quando  la 
pianta  sia  d' indole  negativa  o  almeno  indifferente  e  neutra, 
siccome  molte  lo  sono,  il  pendolo  positivo  non  movesi  sulle  pri- 
me, ma  ben  vi  gira  il  negativo  ,  e  viceversa  ,  il  positivo  gira  sul- 
le seconde  sulle  quali  il  negativo  è  stazionario.  Tale  è  l' indole  di 
molti  alberi,  ed  a  ciò  devesi ,  siccome  altrove  osservai ^  lo  speri- 
mento de' Sigg.  Vassalli  i  eBalbis,  che  videro  prodursi  da  un 
albero  a  cui  due  fili  metallici  aveano  attaccati  ^  ai  rami  l'  uno  e 
l'altro  alle  radici,  alcuni  effetti  della  pila  voltiana ,  ma  ciò  noa 
in  tutte  le  piante  succede,  come  già  dissi,  e  vedrassi  anche  da 
ciò  che  sono  per  dire  . 

XXX.  La  seconda  osservazione  risguardala  differenza  de' ses- 
si nelle  piante  sentita  anche  dal  pendolo  .  Quando  la  verga  divi- 
natoria e  r  asta  metallica  indicaronmi  colla  divergenza  gli  albe- 
ri maschi  del  palmiere,  del  nasso,  del  mora  papirifero  &c.  ,  me 
gli  indicò  pure  il  pendolo  positivo  col  muoversi  su  di  essi ,  men- 
tre il  negativo  eza  immobile,  e  girava  sulle  femmine  de'  primi 
due  alberi  (  non  essendo  fra  noi  eh'  io  sappia  la  femmina  del  ter- 
zo ),  sulle  quali  immobile  stava  il  positivo.  Questa  differenza 
de'  sessi  meglio  ancora  sentilla  il  pendolo  nelle  piante  dìoecie 
(  cioè  che  hanno  in  separato  fiore  il  diverso  sesso)  ,  come  sono  il 
ricino ,  il  mais,  la  zucca  &c.  Su  queste  il  pendolo  positivo  col  suo 
moto  circolare  indica  il  fior  maschio  ,  e '1  negativo  la  femmi- 
na: e  sulla  zucca  ciò  avviene  non  solo  a  fiore  aperto,  ma  anche  a 
corolla  chiusa  .  Il  rudimento  del  frutto,  ossia  la  piccola  zucca  che 
vedesi  sotto  il  fiore  piramidale,  indica  la  femmina  ;  e  aprendo  I» 
corolla  ben  distinguesi  questa  col  moltiplice  pistillo  dal  maschio, 

che 


Di  Fortis  e  d'Amoretti  .  a47 

che  su  piccola  e  solitaria  piramide  ha  impiantati  gli  stami.  Chi 
sa  come  nella  fecondazione  delle  piante  facciasi  un  quasi  vo- 
lontario diffondimento  di  polline  ;  come  veggasi  nelle  parti  ses- 
suali un  moto  che  direhbesi  spontaneo;  come  producano  queste 
un  calore  quasi  di  20  gradi  reaum. ,  e  ben  anche  delle  scintilluz- 
ze  elettriche,  non  si  farà  maraviglia  che  anche  il  sesso  delle  pian- 
te agir  possa  sul  pendolo  . 

XXXI.  Ma  se  a  ciò  Fortis  non  rivolse  le  sue  ricerche  ,  ben 
importante  fu  l'osservazione  ch'Ei  fece  sulle  tele,  prodotto  vege- 
tale pur  esse  „  Portai,  mi  scriv"  Egli,  il  pendolo  su  d'  una  ca- 
„  miàcia  di  lino,  e  fu  stazionario  :  su  d'una  camiscia  di  bambagi- 
„  na  delle  indie,  e  si  mosse  con  bastevole  energia  ,,.  Riflettendo 
al  fenomeno,  non  mi  parve  strano,  perchè  sapea  che  il  cotone  è 
un  pappo,  ed  osservato  già  aveva  in  molti  pappi  ch^  essi  sono  posi- 
tivi (a)  ,  onde  ri'  argomentai  che  con  un  pendolo  positivo  Fortis 
avesse  fatto  lo  sperimento.  Lo  ripetei  e'I  feci  ripetere,  e  lo  trovai 
sempre  vero  .  Questo  fenomeno  può  forse  servire  a  rendere  qual- 
che ragione  perchè  la  tela  di  bambagia,  detta  ora  jjercal,  ritenga 
il  sudore  ,  mentre  quella  di  lino  o  di  canapa  lo  rende  alla  cute  , 
siccome  osservò  Senebier  {h)  ;  perchè  a  filacce  per  le  piaghe  da 
Chirurghi  si  ricusi  la  bambagia  ,  a  meno  che  adoperar  non 
si  voglia  come  un  leggiero  caustico;  e  perchè  fazzoletto  di  bam- 
bagia adoperare  generalmente  non  vogliasi  pel  naso.  Può  questa 
osservazione  aver  anche  un  vantaggio  per  evitare  gli  errori  o  gì' 
inganni,  o  non  comperare  ad  alto  prezzo  una  mussolina  come 
scorza  d'  albero  . 

XXXII.  Ma  per  chi  va  frugando  negli  antichi  codici,  sicco- 
me voi  ed  io  facciamo  per  dovere  del  nostro  impiego  ,  questa  sco- 
perta dà  il  solo  mezzo  a  me  noto  di  distinguere  i  codici  di  carta 
bambiigina  da  quei  di  carta  fatta  con  cenci  di  lino  o  di  canapa  . 

Voi 


(a)  fiifatti  agiscono  come  un  acido  , 
adoperanàosi  specialmenfe  quei  djl  car- 
ciolFo  per  ciuagliare  ì\  latte  . 


(l)  Acad.  Irap.  de  Tuiln  pour  les  ann. 
XII&.\IH.  Tom.  a,pa-.  5i  . 


a48  SrERIENZE 

Voi  sapete,  mio  colto  Collega,  quanto  i  pruni  siano  pìia  prpr!,"evo- 
li  de'  secondi ,  poiché  la  carta  è  argomento  della  vetustà  loro  ^  e 
non  ignorate  che  gli  Scrittori  di  Diplomatica  non  hanno  ancora 
saputo  indicare  come  i  cartacei  dai  bambagini  distinguansi,  giac- 
ché s'  è  veduto  che  né  la  grossezza  della  carta  ,  né  la  cortezza  de' 
filamenti,  né  l'esser  questi  appuntati  e  lesini-f'ormi ,  non  erano 
])rove  né  facili ,  né  sicure  abbastanza.    Io  con  un   pezzolino  di 
zinco  appeso  ad  un  filo  distinguo  la  carta  bambagina  dalla  comu- 
Jic.  JMalgrado  alcune  importanti  perdite  fatte  nel  1796  dalla  no- 
stra Biblioteca  Ambrosiana  ,  è  noto  che  ricclii  siamo  ancora  di 
vetusti  codici  dall'  immortale  Federico  Borromeo  fatti  a  proprie 
spese  comperare  specialmente  nella  Grecia.    Su  questi  io  feci  i 
miei  cimenti.  Presi  senza  scelta  un  dopo  l'altro  tutti  i  volumi  d'u- 
na scanzia^e  trovai  che  lo  zinco  girò  su  tutti  quelli  che  per  l'età, 
per  la  forma  dc'caratteri ,  e  per  tutta  l'esterna  apparenza  som  da 
roi  riputati  bambagini;  e  non  si   mosse  né  sulla  carta  comune, 
nò  sulla  pergamena .  Non  contento  di  questo  sperimento,  presi 
r  opera  di  Schaejfer  [a)  ,  il  quale  fonnù  carta  con  quante  sostan- 
ze gli  vennero  alle  mani ,  e  di  tutte  le  carte  da  lui  fatte  diede  nel 
suo  libro  le  mostre  ,  che  sono  ottantuna  ,  sulle  quali  io  mi  speri- 
mentai, ed  altre  feci  sperimentare  e  con  pendoli  or  positivo   or 
negativo.  Questo  non  si  mosse  in  giro  se  non  sulla  carta  fatta  con 
nido  di  vespe  .  Il  positivo  girò  sulle  carte   formate  co'  pappi  del 
cardo  salvatico,  del  linagrosti,  del  viburno,  del  salcio,  della  maz- 
za-sorda [t'ipha  aquatica  ),  dell'  albero  da  seta  ,  [asclepias  Syria- 
ca)  ,  del  pioppo,  del  qual  ultimo  pappo,  detto  volgarmente  co- 
tone di  pioppo,   ha  pur  fatte  tessere  e  lavorare  a  maglia    delle 
stoffe  ,   sulle    quali  girò  ugualmente  il  pendolo  positivo;  se  non 
che  arrestavasi  quando  tiovavasi  sopra  alcune  linee  colorate  di 
rosso  . 

Spe- 


(a)  Jacob  Christian  Schaffers.  Versu-      j     papier  machm  .  Regensburg  1765,  Tol. 

che  und  Master  das  P/lansenreich  zum 


Di  Fortis  e  d'  Amoretti.  a49 

Sperimenti  sulle  sostanze  fossili  , 

XXXIII.  È  tempo  ornai  che  parliamo  de'  Fossili;  e  sarò 
breve  giacché  molto  sen  parlò  dapprincipio .  Io  fui  sorpreso  la 
prima  volta  che  trovai  1'  acciajo  divergente  alla  bacchetta  e  all' 
asta,  mentre  convergente  era  il  ferro.  Fortis  molto  prima  di  me 
s'  era  accorto  che  „  un  pendolo  di  nitro  nativo  di  Molfetta,  di  la- 
5,  va ,  di  gomma,  d'oro  ec.  girava  sull'argento  e  sul  ferraccio  d'un. 
„  martello  ,  e  non  moveasi  sull' acciajo  della  catenella  da  orolo- 
,5  gio  .,  ..Sull'  acciajo  egli  ripetè  lo  sperimento  più  volte  sempre 
col  medesimo  successo.  Io  vidi,  come  già  ho  detto,  lo  stesso  fe- 
nomeno; e  quasi  tutte  quindi  esaminai  col  pendolo  le  sostanze 
fossili ,  che  ho  nella  mia  piccola  collezione,  trovando  corrispon- 
denti al  negativo  quelle  che  fanno  convergere  la  bacchetta,  e  al 
positivo  quelle  che  la  fanno  divergere  ;  quali  sono  fra  le  prime  , 
oltre  le  mentovate  al  num.  vii,  il  litantrace,  il  succino,  e  all'om- 
bra, gli  ossidi  di  ferro,  di  rame,  ed  altri;  e  fra  le  seconde  il  piom- 
bo, e  lo  zinco,  e  quasi  tutti  gli  ossidi  metallici  al  sole .  Vero  è  che 
alcune  sostanze,  le  (piali  meco  essendo  in  contatto,  avean  agito 
sulla  bacchetta  e  sull'asta,  non  fecero  movere  gli  omogenei  pen- 
doli ;  ma  ciò  attribuii  alla  piccolezza  delle  sostanze  medesime  , 
che  agiscono  bensì  in  contatto  immediato  della  mano  o  del  pie- 
de, ma  non  col  frammezzo  dell'  aria  . 

XXX IV.  Il  pendolo  negativo  provai  sulle  acque  sottocorrenti, 
e  me  le  indicò;  ma  non  ho  ancor  veduto  come  dinotar  ne  possa  la 
profondità.  So  che  alcuni  indagatori  di  sorgenti  colla  bacchetta  e 
col  pendolo  pretendono  d'  argomentarne  la  profondità  dall'altez- 
za a  cui  devono  sollevarsi  or  colle  scale  ,  ora  salendo  sugli  alberi  ; 
ina  ignoro  con  qual  principio,  e  con  qual  successo  ciò  facciano  . 
Veggo  però  il  rapporto  che  ciò  ha  con  quanto  scrissi  al  num.  xii . 
Pochi  sperimenti  feci  sinora  sulle  miniere,  ma  propongomi  di 
farne  alla  buona  stagione  . 


Tomo  XIII.  3a  JIcu 


a-5o  S     PEUIENZE 

Alcune  cagioni  cf  anomalie  . 

XXXV.  Riguardo  agli  sperimenti   sui  metalli  ,  narra  Por/Ì5 
che  „  il   pendolo  non  si  mosse  sali'  oro  di  forma  troppo  piatta      jj 
„  qual  era  una  doppia  da  otto;  ma  mettendovi  sopra  alcuni  zec- 
,,  chini  ,  e  alzando  così  la  massa  -  girò  .  ,,  Egli  non  dice  di  qual 
indole  fosse  il  pendolo,  e  l'oro  della  doppia  ;  ed  io  so  a  cento  pro- 
ve, come  già  dissi,  esservi  dell'oro  anche  monetato  che  à  l'azione 
dello  zinco.  L'oro  degli  zecchini  e  de'  luigi  V  ho  sempre  trova- 
to negativo  qual'  è  foro  puro;   ma  non  sempre  cosi  qn'ello  delle 
sovrane  ,  e  delle  doppie  di  Roma  .    Altronde   più  volte  ho  fatto 
sperimento  su  monete  più  sottili  ancora  della  doppia;  e  non  ho 
mai  veduto  che  la  forma  piatta  ne  togliesse  1'  azione.  Ho  bensì 
trovato  che  altre  cagioni  parecchie,  alle  quali  non  si  fa  sovente 
attenzione  ,  cangiano  il  polo  galvanico  delle  sostjnze  .  E  noto  lo 
sperimento  di  Ritter  che  galvanizzò  un  luigi  tenendolo  in  mezzo 
ad  una  pila  voltiana;  ma  io  trovo  che  basta  molto  meno  .  Prendo 
due  luigi  fra  i  pollici  e  gì'  indici  delle  due  mani  :  gii  strofino  per       1 
pochi  secondi  T  uno  contro  l'altro;  e  laddove  dianzi  erano  amen- 
due  negativi ,  quello  ch'era  in  contatto  de'  pollici  riitian  negati-      ! 
vo  ;  e  quello  che  toccava  gì' indici  divien  positivo;    e   notisi  che 
il  pi  imo  è  negativo,  eM  secondo  è  positivo  in  amendue  le  faccio. 
La  bacchetta,  1'  asta  ,  il  pendolo  cento  volte  di  questo  fenomeno 
mi  hìnno  assicurato  .   Quello  che  ho  detto  de' luigi  succede  con 
ogni  altra  moneta,  e  con  molte  altre  sostanze  metalliche  .    Così 
avviene  d'  un  grosso  pezzo  di  zinco  strofinato  sul  pavimento:  il 
metallo  divien  negativo  da  ambe  le  parti  ;  e  '1  mattone  su  cui  fu 
strofinato,  che  dianzi  non  aveva  azione  su  nessun  pendolo,  divien 
positivo  .  Ciò  però  dura  pochi  minuti,  dopo  i  quali  lo  zinco  ridi- 
vien  positivo,  e  inattivo  il  mattone.  Come  la  verga  divinatoria 
e  r  asta  movonsi  diversamente  sulla  cera- lacca  e  su!  vetro,  prima 
e  dopo  lo  strofinamento, così  agiscon  sul  pendolo  negativo  il  vetro 
sMofinato  e  la  cera-lacca  non  isf legata  ;  e   viceversa  agiscono  sul 
positivo  . 

Al- 


Dt  FoRTis  E  d'Amoretti.  aSi 

Allo  strofinio  equivalgono  le  percosse,  che  sembrano  pro- 
durre io  stesso  interno  rovesciamento  del  fluido,  giacché  del  pa- 
ri cangiano  il  positivo  in  negativo  e  viceversa;ed  è  rimarchevole 
che  succede  nelle  percosse  un  fenomeno  analogo  a  quello  che  al 
num.  XV  osservammo  relativamente  alle  carte  .  Una  percossa ,  o 
diasi  al  pendolo,  o  alla  sottoposta  sostanza,  cangia  il  polo;  due  lo 
restituiscono  :  tre  fanno  reifetto  di  una,  quattro  di  due  ;  e  così 
andando  innanzi:  nel  qual  fenomeno  però  vedesi  che,  dove  nelle 
carte  l'  azione  della  sottoposta  sostanza  è  alterata  dalle  carte  pa- 
ri, qui  il  cangiamento  nasce  dal  numero  dispari  • 

XXXVI.  Oltre  i  mentovati,  un  altro  mezzo  v'  è  per  cangia- 
re il  polo  galvanico  ,dirò  cosi ,  d'un  metallo  ,  e  d'altre  sostanze  . 
Fate  scaldare  le  positive,  divengono  negative ,  e  viceversa  .  Non 
so'o  ho  ciò  provato  co'  metalli,  ma  1"  ho  sperimentato  colla  tor- 
malina, cogli  scerli,e  con  molti  ossidi .  Narrommi,  non  ha  guari, 
il  eh.  Prof.  Bnignatelli  d'  aver  osservato  che  un  carbone  tenuto 
nel  gas  flogogeno  (idrogeno) ,  oppure  rovente  tuffato  nell'acqua, 
cambia  polo  galvanico.  Jo  non  tardai  a  ripetere  lo  sperimento  co- 
gli stromenti  miei:  presi  un  carbone  ardente,  lo  spezzai  in  due  , 
metà  ne  misi  nell'acqua  ,  e  lasciai  che  l'altra  metà  si  spegnesse, 
e  si  raffreddasse  ali*  aria  .  Allora  trovai  che  il  pendolo  negativo  gi- 
rava sul  secondo  ,  e  '1  positivo  sul  primo,  e  stazionar]  erano  reci- 
procamente sul  secondo  il  positivo ,  e  sul  primo  il  negativo,  fin- 
ché non  alzavansi  ali'  altezza  di  circa  5  pollici  .  M'assicurai  poi 
del  diverso  polo  de'  due  carboni  colf  asta  e  colla  bacchetta. 

XXXVII.  Le  altre  cagioni  di  cangiamento  nella  convergen- 
za e  divergenza  de' due  mentovati  miei  stromenti,  che  nelle  mie 
LettereRuddomantiche  ho  indicate,agtscono  ugualmente  sul  pen- 
dolo .  Le  principali  sono  l'esser  io  isolato  co'  piedi ,  o  tener  que- 
sti sollevati  da  terra,  mentre  seggo  sopra  una  seggiola  non  isolata: 
1'  avere  il  vestito  si  lungo  che  su  vi  stia  co'  piedi ,  e  tocchi  esso 
terra  ;  o  inginocchiandomi  l'abbia  sotto  le  ginocchia  ;  o  sì  lunghe 
n'  abbia  le  maniche  da  coprirmi  la  mano  ,  siccome  ora  vuol  la 
moda  :  l' avere  le  scarpe  foderate  ,  o  le  calze  di  sostanze  eteroge- 
nee a  quelle  che  intendo  di  sperimentare  &c.  —  Vedemmo  che 

1'  ìi\- 


aoa  S    P   E    R    1    E    N    Z    E 

l' indice  messo  all'  asta  :oetalIica  come  ai  raanlclii  della  bacchet- 
ta, se  è  luio  solo,  sospende  ogni  moto;  se  è  doppio,  lo  rovescia  . 
Sperimentai  così  i  pendoli:  attaccai  al  positivo  un'  indice  da  un 
lato  ,  e  non  si  mosse  uè  sullo  zinco,  né  sul  ferro;  lo  stesso  avven- 
ne al  pendolo  negativo.  Raddoppiai  V  indice  cosiccliè  si  stendes- 
se fuori  dei  due  opposti  lati  :  il  pendolo  negativo  girò  sullo  zinco, 
il  positivo  fui  ferro  .  Di  molte  altre  cagioni  d'  alterazioni  ho  in 
questa  Lettera  bastantemente  parlato;  e  forse  altre  più  ve  n'  ha 
slnora  ignote  a  me  che  debbo  al  caso  piucchè  ad  altro  la  notizia 
di  si  strani  fenomeni .. 

Osservazioni  fatte  già  dal  Sig.  Doti.  Thouvenel 
siili'  uso  de  pendoli  . 

XXXVIÌI.  Quando  nel  riandare  le  lettere  di  iv)r^/Vj  lessi  in 
una  degli  8  d'Ottobre  1791  •,•,  Il  nostro  amico  Tliouvenel  mi  dice 
,,  d'  aver  già  pubblicato  cinque  o  sei  anni  fa  un  primo  risultato 
j,,  sopra  le  sperienze  de' pendoli  ,,  pensai  tosto  a  chiedere  a 
j,  questo  illustre  Fisico  e  Medico  (  che  a  Vicenza  da  molti  an- 
,,  ni  vive  utile  e  caro  a  quegli  Abitanti  )  le  notizie  ,  che  su  cjue- 
sto  argomento  darmi  Ei  potea;  nrala  guerra  alior  minacciata  e  poi 
insorta,  fé  si  che  non  u'  ebbi  il  riscontro  se  non  negli  ultimi  tem- 
pi; ed  ecco  ciò  eh' egli  mi  scrive.  „  E*  fu  nel  l'jiyi^  ovvero  87, 
„  per  quanto  j-isovvienmi ,.  che  annunziai  in  uno  de' Giornali  di 
„  Parigi  una  serie  d'  esperimenti  da  me  fatti  j^ni  nìctalii  e  su  al- 
„  tri  corpi  elettro  motori  celle  palle  o  pendoli  elettromeirici  . 
5,  Altr' oggetto  allora  io  non  avea  che  di  mostrare  l'apparente 
,,  conformità  di  queste  sperienze  o  piuttosto  de' loro  risultati  con 
„  quelle  dell' elettroaìetro-bacchetta;  ina  non  volca  pubblicar- 
„  ne  i  dettagli  se  non  era  ben  accertato  di  (juesti,  come  lo  era  di 
„  quelle  a  d. spetto  delle  controversie  di  que'di;  controversie 
„  che  mille  fatti  avverati  in  molte  persone  e  in  diversi  luoghi  e 

„  tempi  devono  avere  alfin  sopite ma  non  lichiamiamo 

,,  gli  scandali  letterarj  ai  quali  hanno  data  origine  -  Io  ben  vo- 
„  lentieri  or  comunicherei  a  Voi,  che  siete  sempre  stato  e  siete 

„  per- 


51 

55 


Di  Foutis  e  d'  Amorétti.  a53 

„  perseverante  in  sostenere  una  verità  che  si  volea  proscritta  , 
5,  le  notizie  positive  die  ho  raccoite  sui  pendoli  elettrometrici  ; 
,,  ma  tutti  i  miei  manoscritti  su  quest'argomento  appena  abboz- 
„  zati  sono  r<  stati  in  Francia  ;  e  sol  mi  ricordo  che  quando  il  no- 
5,  stro  amico  Fortis  nel  1791  ,  itjterrogommi  ^  siccome  voi  ora  fa- 
„  te,  su  quest'  oggetto ,  non  potei  altro  fare  che  prevenirlo  sul- 
„  la  necessità  d'  usare  della  massima  cautela  e  diligenza  nello 
),  sperimentare,  attese  le  differenze  moltiplici  che  io  medesi- 
55  mo  avea  sovente  trovato  ne' risultati .  L'  analogia  de'  fenome- 
,,  ni  del  pendolo  con  quella  della  elettrometria  sotterranea,  del 
55  magnetismo  ,  e  del  galvanismo  posteriormente  scopertosi ,  mo- 
stra abbastanza  a  quante  circostanze  bisogni  fare  attenzione  per 
non  errare  nelle  ricerche  sui  pendoli  elettrometrici;  sopra  tutto 
5,  qualora  taluno  volesse  di  questi  vabrsi  pf-r  l' investigazione  di 
5,  minerali  sotterranei .  Ed  invero  ,  nelle  sperienze  fatte  nel  mio 
,y  gabinetto  sulle  sostanze  minerali  allo  scoperto, trovai  moltissi- 
,,  me  anomalie  provenienti  dalla  maniera  di  tenere  i  pendoli  , 
„  dalle  diverse  loro  sostanze,  dai  fili  a  cui  stanno  appesi,  dall' 
,,  isolamento  della  persona  ,  e  delle  sostanze  medesime  ,  dall'  es- 
j>  sere  queste  sotterrate  o  scoperte,  fredde  o  riscaldate,  dallo 
5,  stato  dell'atmosfera;  e  soprattutto  dalla  sensibilità  elettrome- 
„  trica  di  chi  opera  .  Sono  per  ultimo  da  osservarsi  i  movimenti 
,,  stessi  eie' pendoli ,  cioè,  se  semplicemente  oscillano,  ovvero 
„  movonsi  in  giro;  e  se,  girando  ,  vanno  da  destra  a  sinistra,  ov- 
„  vero  da  sinistra  a  destra .  La  quantità  poi  del  moto  dipende 
dalla  forza  elettrofurica  delle  sostanze  minerali  ,  e  dalla  capa- 
cità elettrica  del  corpo  organico  sostenente  il  pendolo  .  Per 
tutte  queste  ragioni  io  dissuasi  un'  onest'uomo,  che  de'  pen- 
„  doli  volea  valersi  per  fare  un  piano  di  topografia  minerale  ; 
„  preferibili  trovando  le  bacchette  graduate  in  mano  d' indivi- 
,,  dui  ,clie  le  miniere  sotterranee  sentano,  e  pel  lungo  esercizio 
„  le  di'Stinguano  .  ,, 

XXXIX.  Non  copierò  qui  il  resto  della  lunga  lettera,   per- 

•  che  versa  sulle  teorie  colle  quali  si  può  tentar  di  spiegare  i  sin 

qui  riferiti  fenomeni  j  tanto  più  che  il  Sig.  Thouvend  piuttosto  i 

suoi 


55 
71 


a54  Esperienze 

suoi  sospetti  su  di  ciò  espone,  che  la  sua  accertata  opinione.  Dal- 
la lettera  sua  però  si  vede  che  molte  delle  osservazioni  mie  da 
questo  valente  Fisico  erano  state  già  da  venti  anni  meditate,  e 
in  parte  anche  eseguite;  ma  che  Egli  era  stato  trattenuto  dal 
proseguirle  ,  perchè  ,  non  conoscendosi  allora  ,  come  or  si  cono- 
sce, 1'  azione  de' corpi  elettromotori,  e  di  tutto  ciò  che  que- 
sta azione  accompagna  ,  trovavansi  assai  più  incerti  i  risultati 
degli  sperimenti  fixtti  colla  palla  geomantica^  che  non  erano 
quelli  che  aveansi  colle  interne  sensazioni  di  alcuni  Indivi- 
dui ,  e  col  mezzo  della  bacchetta  divinatoria.  Ora  l' uso  del- 
la ujentovata  palla,  ossia  de' pendoli  ridotto  in  certa  maniera  a 
principi  riconosciuti  da"  Fisici ,  può  servire  di  un  nuovo  criterio, 
onde  verificare  gli  altri,  cioè  quelli  delle  sensazioni  diverse  che 
hanno  alcuni  Individui  ,  de'  movimenti  convergenti  e  diver- 
genti della  verga  divinatoria,  e  del  girare  in  dentro  o  in  fuori 
delle  aste  o  d'altre  moltiformi  sostanze.  Quando  tutti  questi  fe- 
nomeni, o  alcuni  di  questi  si  combinino  come  l'effetto  analogo 
d'  una  sostanza  sull'  altra  coli'  intermezzo  del  corpo  organico,  il 
savio  Fisico  ,  e  l'  uomo  sensato  ,  comunque  atto  egli  non  sia  a 
sentire  e  vedere  in  se  que' fenomeni,  gli  osserverà  negli  altri,  e 
rinirrazierà  la  Provvidenza    che  abbia  conceduta  ad  alcuni   de' 

e 

suoi  simili  questa  facoltà,  che  può  tornare  in  comodo  di  tutti  . 

XL.  lo  non  farò  qui  1'  apologia  dell'uso  de'  pendoli,  poiché 
quanto  ho  detto  nelle  Lettere  V  e  VI  della  verga  divinatoiia  e 
delie  aste, basta  a  giustificare  da  ogni  imputazione  i  pendoli  stessi. 
Perchè,  mi  dicono  parecchi,  la  sottoposta  sostanza  non  agisce  sul 
pendolo  attaccato  ad  un  legno,  o  ad  un  chiodo  , senza  che  voi  lo 
tocchiate?  Perchè,  io  rispondo,  il  fatto  mi  prova  essere  necessa- 
rio che  il  fluido  passi  per  un  corpo  animale  vivente,  d'una  parti- 
colare facoltà  dotato,  o  v'entri,  o  n'esca.  Perchè  sì  pochi, 
altri  ripiglia,  hanno  ad  essere  gli  uomini  nelle  mani  de' quali 
hanno  moto  non  meccanico  i  pendoli,  mentre  ^««^i  tutti  sento- 
no r  elettricità  e  'l  galvanismo  ?  E  perchè  ,  ripiglio  io,  son  si  po- 
chi quelli  che  non  sentono  Fazione  di  questi  due  fluidi  ?  Son  po- 
chi, ma  pur  vi  sono;  e  se  loro  si  crede,quaado  dicono k=  la  macchi- 
na 


Di  Fortis  e  d' Amohetti  .  2^6 

na  elettrica  non  mi  dà  scossa  ,  il  contatto  della  pilavoltiana  non 
mi  si  fa  mai  sentire  oltre  il  primo  nodo  del  dito,  i  due  metalli  ete- 
rogenei non  danno  alla  mia  lingua  sapore  né  vitriolico  né  alca- 
lino, [erchè  non  bassi  a  credere  a  cento  persone  (  che  tante  per 
Io  meno  io  ne  ho  in  nota  )  e  a  me,  che  diciamo,  essere  involonta- 
rio l'aggirarsi,  il  fermarsi,  il  volgersi  in  senso  retrogrado  de' pen- 
doli? Sopra  tutto  non  ne  farò  l'apologia  con  voi,  mio  dotto  Colle- 
ga ed  Amico,  che,  come  dissi  a  principio  di  questa  Lettera, 
potete  agevolmente  delle  verità  di  mie  osservazioni  sopra  voi 
stesso,  e  su  molti  altri  che  troverete  ai  par  di  voi  sensibili ,  eoa 
mille  cimenti  assicurarvi  .  Sono  ec. 


SE 


a56 

SE  LA  GRAVITA'  SPECIFICA  DEGLI  ORI  E  DEGLI 
ARGENTI   ALLEGATI  SEMPIICEMENTE  IN   COM- 
BINAZIONI BINARIE  POSSA  SERVIRE 
A  DETERMINARNE  IL  VALORE  ? 

MEMORIA 

Del  Sic.  Giovanni  Fabbroni  . 

Ricevuta  il  dì  io  Ajirile   1806. 

AJ  oro  ,  e  l'argento  nel  rispettivo  grado  di  purità  ,  e  per  conse- 
guenza in  quello  del  maggior  prezzo  ,  sono  si  pastosi  e  pieghe- 
voli ,  che  non  può  vantaggiosamente  la  mano  dell'  Orefice  ed 
Argentiere  condurli  a  tutte  quelle  delicate  modificazioni  ,  che 
la  eleganza  ,  e  la  moda  in  varia  guisa  richiedono .  E  quindi  forza 
unirli  in  diverse  proporzioni  tra  loro  ,  o  con  metalli  meno  pre- 
ziosi \  dalle  quali  unioni  risulta  il  colore  che  più  piace ,  e  la  sal- 
dezza ,  ed  elasticità  che  si  vuole  . 

L'  oro  purissimo  ,  come  ognun  sa  ,  è  di  un  bel  giallo  di  Sole, 
o  piuttosto  di  un  giallo  ,  che  nel  suo  splendore  metallico  non  si 
descrive  .  Una  soia  parte  d'argento  introdottavi  per  la  fusione  , 
piacevolmente  lo  impallidisce;  e  senza  diminnirne  molto  la  dut- 
tilità, lo  fa  più  resistente  ,  e  più  rigido  :  una  quantità  maggiore 
lo  rende  anco  fusibile  a  minor  fuoco  ;  proprietà  che  lo  costitui- 
sce idoneo  a  saldare,  o  riunire  insieme  i  distinti  membri  di  uno 
stesso  lavoro.  Varie  dosi  di  argento  ne  scalano  il  tuono  in  diver- 
so modo  ,  sino  a  renderlo  verdeggiante  ,  e  quindi  atto  a  formar- 
ne eleganti  fogliami  negli  ornati  in  rilievo,  e  dorature  in  colori .  * 

11  rame  fa  gratamente  volgere  in  color  d'  aurora  il  giallo 
aperto  dell'  oro*  gli  comunica  molta  elasticità,  sonore  tà,  resi- 
stenza; e  ne  facilita  esso  pur  la  fusione .  Simili  proprietà  ,  egual 

men- 


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Del  Sic.  Giovanni  F.^bbroni  •  aS^ 

mente  conferisce  il  Rame  all'argento,  nel  quale  qnantopiù  en- 
tra copiosujtanto  più  offusca,  e  rosseggia  il  naturale  amenissiino 
candore  . 

Queste  sono  le  Leghe,  che  si  ricliieclono  dall'uso,  con  le 
quali  si  ibrmauo  i  lavori  di  prezioso  ornamento ,  e  la  maggior 
massa  delle  monete  in  Europa  ,  sul  pietesto  che  più  resistano  al 
logoramento  della  contazione  . 

Se  non  avessero  questi  tre  metalli  una  reciproca  affinità  ; 
per  cui  può,  e  forse  deve  mutarsi  la  naturale  disposizione  sim- 
metrica delie  molecole;  se  non  fossero  essi  compressibili,  e  piro- 
luetrici ,  non  vi  sarebbe  un  più  comodo  espediente  di  quello  ac- 
cidetitalnìente  pensato  da  Archimede  (*)  per  verificare  nell'atto, 
come  la  frode  possa  aver  mentita  la  qualità  della  lega:  la  sempli- 
ce immersione  entro  l'acqua,  ossia  il  peso  specifico  idrostatica- 
mente desunto,  fai  ebbe  conoscere  in  un  subito  la  quantità  effet- 
tiva dei  metalli  nobili  introdotti,  unitamente  al  rame,  nei  diver- 
si lavori,  senza  degradarli  con  la  operazione  del  Saggio.  Como- 
dissimo riuscirebbe  questo  metodo  anco  alle  Zecche,  sia  per  aver 
norma  imuìediata  al  conveniente  acquisto  di  algenti,  e  d"'  ori  bi- 
nariamente allegati ,  o  sia  per  la  più  pronta  verificazione  del  ti- 
tolo prescritto  alle  diverse  monete.  Avevasi  ragione  di  desid<  rar- 
iie  adottato  1'  uso  comunemente,  e  di  accordargli  fiducia,  veden- 
do che  Ward  ,  Cotes  ,  Muschembroek  ,  Ferguson  concordemente 
indicano  con  simili  cinque  cifre  18,888  {  non  è  facile  il  rendersi 
ragione  di  questo  numero).  La  gravità  specifica  della  moneta  di  oro 
Inglt-se,  come  quella  dell'argento  ivi  monetato  si  vede  a  io,535. 
L'accuratissimo  e  celebre  Fisico  Francese  Brisson  spinge  in  que- 
ste ricerche  il  suo  calcolo  per  sino  a  sei  figure,  e  stabilisce  la  ^ìsl- 
vita,  specifica  pesando  una  Ghinea  a  .....  i^jGani 
Una  Moneta  di  Luigi  decimoterzo  .  .  ,  17,5531 
Un  doppio  Luigi  del  suo  tempo      .      ,       .      17,6474 

Un  Quadruplo  di  Spagna I7,ò55i 

Una  Lisbonina 17.9664 

Tomo  XIÌI.  33  Un 


(*)  Vitruirio  1.  IX,  e.  3  .  Plutajc 


258  Se  la  gravita'  specifica  degli  qui  ec' 

Un   Durato  di  Olanda 19,3.119 

Uno  Scudo  Francese  da  sei  Franchi    .  .    •     io,_jri77  . 

In  seguito  di  tali  dati,  riposando  sulla  conosciuta  esLittczza 
di  questi  Fisici  rinomatissimi,  e  ponendo  mente  alle  lo.o  singola- 
ri indicazioni ,  era  naturale  immaginarsi  che  tutte  le  monete  di 
Francia,  Inghilterra  ec.  essendo  allo  stesso  costante  titolo.  Ao» 
vesserò  anco  avere  la  loro  densità  rispettiva  espressa  culi  le  fra- 
zioni medesime  . 

Niente  di  più  occorrerebbe  per  determinare  ogni  comunque 
cauta  persona  a  ricorrere  senza  esitanza  airesperimeuto  idrosta- 
tico, non  ostanti  le  dubbiezze  precedentemente  promosse,  aspet- 
tandone rigorose  induzioni  . 

Leutman  non  vide,  infatti ,  altra  difficoltà  per  1'  esito  desi- 
derato^ che  nella  insufficienza  delle  Bilance,  al  pater  suo  ,  nota 
al  bastanza  sensihili,  come  suol  dirsi  (*)i  ed  una  ne  fece  e  consi- 
gliò a  tale  uopo ,  il  cui  braccio  esplorato:  e  era  otto  volte  maggio- 
re di  quello  cui  sospendevasi  il  contrappeso:  per  mezzo  di  tale 
bilancia  Egli  promise  quello  che  si  voleva,  cioè  che  senza  il  biso- 
gno di  far  saggio  a  coppella  ,  senza  scemare  la  materia,  o  guastar 
la  forma  delle  Medaglie  ,  e  lavoii.  si  potesse  precisamente  deter- 
minare la  quantità  della  lega  costituente  i  medesimi  (*).  Lunga 
tavola  fu  da  lui  calcolata,  incomiuciando  dalla  tenue  proporzio- 
ne di  una  Graena  di  Hame.  sopra  287  simili  di  argento  costituen- 
ti insieme  il  peso  della  Marca  di  Pietroburgo,  e  terniiuaudo  con  j 
quella  di  una  sola  parte  di  argento  sopra  afly  di  Rame,  ossia  ,  in 
modo  inverso  ,  procedendo  di  unità  in  unità  ,  sempre  nei  limiti 
del  nominato  peso  . 

È 


C)  Expllcatio  inventi  Hydrostati- 
cl  ,  de  pondere  Argenti  Cupro  mìxti 
investigando  ,  hactenus  theoretìce  ex- 
plicati ,  et  in  calcalo  demonstrati ,  ad 
proxin  perducti  et  re  ipsa  ante  ociilos 
positi  :  per  ]oh.  Georg.  Leutraann. 

(*)  Si  vero  talis  Bilanx  adhibetur  , 
tunc    Tct   ex    vvt»   «edit,  ^   «t  argenti 


quaìitìtas  aeque  ac  Cupri  determìnari 
poi  est  ,  ita  ut  vasorimi  argeiiteorunl 
moìiet arum  rariorum  et  antiijuitate  aesti- 
tnandurum  i-c.  Si  ex  Argento  Capromix- 
to  piiratae  iiint  ^  quatiiUas  et  valor  Ar- 
genti absque  Catino  probatorio^  b-  si- 
ne  deperdilione  formae  determinurt 
egregie  possit  .  .  . 


Del  Sic.  Giovanni  Fadbroni.  aSg 

È  rincrescevole  molto  che  debba  riescir  lontana  dalla  ])io- 
messa  esauezza  la  molta  Tatica  di  quel  laborioso  Calcolatore  ,  per 
non  avere  E^li  avvertito  che  il  volume  della  lega  ,  troppo  rara- 
mente-ed  in  molte  combinazioni  ^  non  mai  è  pari  alla  somma 
esatta  dei  componenti  volumi,  conforme,  per  difetto  di  esperien- 
za ,  erroneamente  supponeva  Archimede  .  Pure  gli  esperimenti 
di  Becker,  e  di  Glauber  avevano  già  manifestato  l'abbaglio  del 
]Vlateinatico  Siracusano  :  e  si  accertò  in  seguito  con  molti  fatti  , 
che,  o  la  compenetrazione  reciproca  dei  metalli  diversi  aumen- 
tava la  den^ilà  del  composto,  o  la  nuova  simmetrica  disposizione 
delie  molecole  forse  per  la  mutata  loro  polarità  ,  ne  accresceva 
variamente  il  volume  . 

Si  ebbero  ulteriori  risultamenti  sperimentali  dì  questa  veri- 
tà da  Hahn  da  Geilert  ,  da  Kiaft,  da  Lehman ,  da  Zeiher  ec. 

Hahn  ,  per  esempio,  Z^z'ij.  inaugur.  de  efficacia  mixtìonìs 
in  nnitandis  corporum  volumìnìbus:  Lug.  Bat.  1751,  unì  1 36  gra- 
ni d'  oro  puro  ,  la  cui  gravità  specifica  era  19,  5ììi  i  a  grani  i36 
d"  a?gento  puro  a  10,04^6  ;  e  mentre  la  densità  Archimedea  del 
^Rlisto  doveva  essere  j  3  ,  69  i  i  ,  Ei  la  rinvenne  col  fatto  i3,456o. 
Questa  combinazione  è  una  di  quelle  il  cui  risultato  meno  diffe- 
risce dal  calcolo,eccetto  quella  di  rame  ed  antimonio,  onde  ebbevi 
manifesto  aumento  nella  sonnna  dei  due  volumi.  Brisson,  al  con- 
trario, combinando  una  dodicesima  parte  di  Rame,  la  cui  gravità 
specifica  era  7,7880  con  undici  dodicesime  di  oro  puro  i9,a58i, 
riscontrò  iu.l  composto  una  gravità  specifica  di  i  7,  48Ó3  ,  invt-ce 
di  17,  iiìi3,  che  ne  dava  la  formola  di  Archimede  ;  e  dovette 
concludere,  che  ebbe  luogo  compenetrazione  tra  i  componenti 
della  sua  Lega  . 

Per  quanto  sia  indubitabile,  che  alcune  leghe  si  addensano, 
altre  accrescono  di  volume  ,  Hatchet  ebbe  in  questo  caso  un  ri- 
sultato intieramente  opposto  . 

Si  vide  aucoia  che  le  proporzioni  diverse  dei  componea- 
ti ,  secondo  che  al  punto  di  saturila  si  approssimavano  ,  o  da  que- 
sto si  dipartivano,  producevano  alterazione  diversa  nel  risultan- 
te volume  ;  ed  era  chiaro  agli  occhi  della  ragione ,  che  saturata 

/  pie-.;. 


260  Se  la  gravita'  specifica  degli  ori  ec. 

pienamente  la  chimica  affinità,  ogni  dose  ulteriore  non  \>\\ò  unir- 
si che  per  meccanica  miscela,  o  ricusarsi  all'  unione.  Ciò  si  vede 
specialmente  accadere  tra  diversi  di  quei  che  altre  volte  ehiama- 
■yansi  mezzi  metalli. 

Ma,  oltre  alle  alterazioni  che  una  forza  chimica  induce  nel 
volume  delle  diverse  Leghe  ,  era  noto  altresì  da  gran  tempo  che 
i  metalli,  eccettuatone  il  piombo,  e  lo  stagno  fors'anco  (*),  erano 
condensabili  dalla  pressione,  e  dal  colpo.  Quindi  è.  che  tra  gli 
altri  sporimcntatori  il  sempre  diligente  Brisson  distingue  con  di- 
verse cifre  la  gravità  specifica  dei  metalli  comprt'ssi,  o  non  com- 
pressi, e  specialmente  assegna  all'  oro  puro  dopo  la  fusione 

19,7581 

dopo  la  malleazione  ....    iq,<')(ii7 

air  oro  allegato  a  aa  Karati ,  dopo  la  fusione j  7,4003 

dopo  la  malleazione  ....    17,5894 

air  oro  al  titolo  della  Zecca  di  Parigi  K.  a  i  ,  e  -^^  dopo  la 

fusione i 17,4^23 

dopo  la  monetazione   ....    17,11474 
air  oro  dei  Chincaglieri  a  Karati  ac  dopo  la  fusione  .  .    15,7090 

dopo  la  malleazione  ....  15,7746 

all'  argento  puro  ,  dopo  la  fusione io,474'^ 

dopo  la  malleazione   ....    10,8517 
all'argento  al  titolo  degli  Argentieri  Parigini,  ossia  a  den. 

1 1 .  aa  dopo  la  fusione io,i75a 

do- 


(*)  Se  è  contrassegno  della  purità 
dello  stagno  la  sua  relativa  leggerez- 
za ,  puro  era  quello  che  Gmelin  ,  e 
Kirwan  riscontrarono  idrostaticamen- 
te a  6,900  .  Conteneva  forge  qualtho 
Lega  qviello  esaminato  da  Brisson,  che 
dopo  la  fusione  accennò  per  sua  gra- 
vità specifica  7,3oi3,  e  che  dopo  bat- 
tuto non  fu  che  7,81  ;5.  Io  ne  esplo- 
jai  fuso  j  e  gettato  in  forma  di  f<;rro_, 


alla  gravità  di  9,626  ,  che  niente  creb- 
be di  poi,  comunque  battuto  col  mar- 
tello .  Non  pensai  in  allora  di  verifi- 
care il  siiu  grado  di  purità  :  mi  ram- 
mento bensì  che  dal  suo  splendore  , 
colore  ,  e  stridore  lo  presi  per  puro  : 
ma  la  sua  gravità  darebbe  da  sosjjet- 
tare  che  contenesse  del  piombo,  e  che 
a  questo  dovesse  la  sua  comprestibili- 
tà  al  martello  , 


Del  Sic  Giovanni  Faiìerohi  .  is6r 

dopo  la  malleazione 10,3765 

all'argento  al   titolo  della  Zecca  di  Parigi,  den.  io.  21 

dopo  la  fusione 10,0476 

dopo  la  monetazione  ....    10,4077 

al  Piarne  dopo  la  fusione 7,7*580 

compresso  dalla  filiera   ....      8.8780. 
Hatcliel  trovò  1' oro  a  a3  K.  3  gr.  I- dopo  rincotto    .  .  .      19,173 

dopo  laminato ,  e  coniato ,       10,277 

Io  riscuiitnii  un  Fedone  di  iluspoiie  a  24  ^^-  rincotto         18  7083 

io  stesso  dopo  stampato 19,3979 

Eia  anco  tiota,  e  tu  opportunamente  avvertita  in  ultimo 
luogo  da  Kirwan  ,  un'altra  e  rcostanza  importantissima,  per  la 
esattezza  di  questo  genere  di  osservazione ^  ed  è  che  V  Acqua  en- 
tro cui  si  esplora  la  gravità  specifica  dei  corpi,  non  si  dilata  in  uu 
modo  proporzionato  al  calore  cui  viene  esposta  .  Deluc  discopri 
il  primo,  che  la  sua  espansione  è  ineguale  sino  al  grado  43  di 
Farhcidieit  ;  Blddh  disse  sino  al  36,6  .  La  Commissione  Parigina 
sopra  il  nuovo  sistema  di  Pesi ,  e  Misure,  specialmente  per  i  sug- 
gerimenti del  dotto  Maiematico  Tralles,  e  la  sagace  diligenza 
dell'  abile  Fisico  le-Fevre  Gineau ,  riconobbe  la  massima  densi- 

tà  di  questo  fluido  a  — al  disopra  del  punto  cui  si  fonde  il  ghiac- 
cio. E  siccome  ad  egual  calore,  assai  meno  sono  dilatabili  le  so- 
stanze solide  (*) ,  ne  avviene  che  queste  facciano  minor  perdita 
del  loro  peso ,  ed  appariscano  perciò  più  gravi  del  vero  nelle  più 
alte  che  nelle  più  basse  temperature  . 

Tutte  le  già  descritte  avvertenze,  che  dovettero  necessaria- 
mente far  contemplare  come  non  pienamente  fedele  la  Tavola  di 
Leutnian  ,  sembravano  offerite  ,  non  già  tanti  ostacoli  insormon- 
tabili, maaltretianti  utili  elementi,  che,  accuratamente  contem- 
plali ed  aiirudotti  nei  calcolo,  dovessero    avvicinare  al  vero,  e 

pur- 


{*)  Risultò  aurora  alla  Commissione 
prenominata,  die  in  modo  irregolare, 
o  per  salto  procedono  le  sostanze  Me- 


talliche n'ile  loro    dilatazioni,    e    re-, 
stringimenti  . 


a6a  Se  la  gravita'  specifica  degli  oiu  ce. 

purgare  da  ogni  errore  la  invenzione  Archimedea.  Per  mezzo  To- 
ro era  da  procedersi  alla  sperimentale  costruzione  di  sicure  Ta- 
telle  convenieiitemente  modificate  ,  e  corrette  per  qualuru|ue 
lega  metallica  semplice,  simili  a  quelle  ,  per  eseiii])io,  che  si  l'e- 
cero  da  Ì3lagden,  da  Gi  più  ])er  le  misce'e  di  Alcooìe,  ed  Acqua 
ad  uso  delle  dogane,  e  da  altri  molti  se  ne  fecero  di  quelle  di  sa- 
le ed  acqna  per  i  so  delle  Saline  . 

Questo  è  ciò  che  una  volta  sembrommì  si  potesse ,  o  dovesse 
fare  con  buon  esito  per  le  leghe  dei  metalli  in  verga,  che  libera- 
mente dilatati  dair  azione  del  fuoco  restarono  ,  o  per  le  monete  , 
almeno  ,  che  di  determinata  e  sicura  lega  si  fanno,  e  che  soffri- 
rono tutte  la  compressione  del  Laminatojo,  e  del  Torchio  . 

Io  stava  costrtieiidomi ,  e  non  senza  la  indicata  veduta  ,  una 
tavola  di  Gravità  specitìclie  ,  non  già  p^r  le  sostanze  metalliche 
soltanto  ,  ma  per  tutte  le  altre  molte  del  nostro  Globo  ,  riunendo 
le  mie  osservazio  i  a  le  altrui, allori  he  comparve  la  estesa,  e  di- 
ligente Opera  =S  ir  la  pesauteur  specificfue  des  Corps=:  pubbli- 
cata dal  lodato  Brissou  ("),  dalla  quale  ho  estratto  i  precedeiti 
fatti  sutto  suo  nome  citati  .  Eoli  con  racione  scrisse  nel  suo  Di- 
scorso  preliminare  =  Le  tems  qu'exige  un  Ouviage  de  cette  na- 
5,  ture,  les  soinsqu"il  faut  se  donner  pour  se  procurer  toutes  les 
jy  substances,  et  l'exactìtude  que  je  me  flatte  d'avoir  cbtenue  , 
5,  me  font  croire  que  cet  ouviage  ne  sera  janiais  recommencc  = 

Io  aveva  non  soltanto  incominciate  ,  ma  sommamen'e  inol- 
trate le  mie  ricerche  a  quell'  epoca  in  questo  genere  :  le  abban- 
donai tosto,  come  superflue  ;  uè  oserei  riprodurle,  e  proseguirle, 
in  contemplazione  della  fiducia  illimitata  che  devo,  e  del  rispet- 
to piofondo  che  professo  a  quel  Fisico  insigne  ,  e  giustamente  ce- 
lebrato dai  Dotti.  È  mia  gloria  il  rammenrarmi  di  issergli  stato 
prima  Discepolo,  e  potermi  chiamare  adesso  doppiamente  suoos- 
seipiioso  Collega,  e  per  1'  onore  che  ebbi  di  essere  seco  lui  nella 
grandiosa  e   memorabile  operazione  relativa  al  sistema  dei  Pesi , 

e  JVIi- 


(')  Dalla  JtamperJa  Reale  1787  voi.  I.  in  4.  p.  453. 


DiiL  Sic.  Giovanni  Faiìbroni."  263 

e  Misure  ,  e  per  quello  clie  godo  preziosissimo  di  appartenere  ali* 
Istituto  NaziiMiale  di  Francia.  Ma  comparve  in  i.oiidia  neirauuo 
i8o3,  elìi  poi  tradotto  in  Irancese  nel  consecutivo  i8c4dal  Cun- 
tiollore  della  Zecca  di  Parigi  Lerat  (*)  1'  interessante  iavoro  in- 
titolato ---  Expeiiences  et  observations  sur  les  difleients  ailiages 
„  de  l'or  &c.  =  di  Carlo  Hatchet  (degno  Membro  della  Società 
di  Londra)  nel  quale  della  gravità  specifica  di  alcune  Leghe  sem- 
plici, e  triplici,  e  di  varie  monete  d'erosi  parla.  Allora  fu  elicmi 
venne  in  pensiero  di  estrarre  dalle  mie  note  le  analoghe  osserva- 
zioni ,  e  compararne  la  risultanza,  che  parevami  non  dover  esser 
diversa  :  formano  esse  una  copiosa  serie  ,  perchè  io  ,  occupando- 
mi circa  alle  gravità  specifiche  in  generale,  aveva  specialmente 
rivolte  da  principio  le  mie  ricerche,  come  già  dissi,  alla  possibi- 
lità di  dedurre  per  loro  mezzo  l'  intrinseco  valore,  se  non  dei 
vasellami,  e  ornamenti  ,  che  composti  sono  di  distinti  membri 
saldati  ,  e  di  getto,  e  variamente  battuti  ;  almeno  delle  Leghe  ili 
verga,  e  delle  digerenti  monete. 

Io  doveva  tanto  più  lusingarmi  di  un  esito  favorevole  in  quel 
tempo  quanto  che  naina  trascurai  di  quelle  sostanziali  avverten- 
ze, che  necessariesono  a  rettificare  l'inesatto  metodo  di  Archime- 
de .  lo  riguardava  come  dotato  di  una  costante  tessitura  (toltene 
le  accidentalità)  il  metallo  che  in  dose  e  fuoco  determinato  usci- 
va dall  i  fusione:  lo  considerai  come  giunto  alla  massima,  e  quin- 
di ad  una  costante  densità  ,  dopo  esser  fatto  moneta,  per  la  com- 
pressione ricevuta  tra  i  cilindri  laminatoi]  ,  e  pel  colpo  del 
torchio.  Avrebbe  dovuto  mutare  la  lusinga  in  sicurezza  ciò  che 
nel  citato  Libro  ci  promette  Brisson  .=  Lesmetaux,  (Egli  dice 
„  p.  a  )  forment  un  ordre  de  substances  dont  il  paroit  qu'il  est 
,,  plus  important  de  connoitre  les  pcsanleurs  specifiques  .  .  .  Ils 
,  sonr  d'un  si  freqnent  usage  dans  le  commerce,  et  sont  si  em- 
ployés  dans  les  arts  de  tant  de  manières  ditiéreutes  qu'il  fst 

„  tris 


(*)  La    traduzione    fu   fatta    all'  in-     1      Zecca ,  e  fu  stampata  in  quarto   prel- 
eitamento  della  Ammiuiitrazione  Uella     \     eo  Bernard  % 


£04  Se  la  gravita'  specifica  decli  oni  ec. 

,,  très  interessant  [)Our  iious  de  connoitre  leur  ètat ,  et  Irur  A'a- 
„  lem*  réelle:  or  cet  ctat^  et  cette  v/deur peuvent  se  connoitre  par 
5,  leur  pesanteur  specifique.  L'or  et  V  argeiit ,  par  Rxein|)le ,  lors- 
;,,  «ju'ils  sontalliés  avec  quelques  autres  nielaux  d'une  moiiidre 
j,  valeur  ,  ii'oiit  jamais  une  pesanteur  s|iecifi([iie  si  grande  que 
,,  lorsqu'ils  sont  pnr ,  6Ì  l'oii  excepte  le  cns  où  l'argeut  servit  ;il- 
„  lié  avec  le  plomb,  et  le  mercure  ....  J'ai  dono  eprouvé  ces  me- 
55  taux  dans  leur  état  de  pureté,et  d'alliage  permis  daiis  le  Com- 
„  rnerce;d"où  je  crois  pouvoir  conclnreqne  tOLite  antre  pesanteur 
5,  specifique,  sensiblement  differente  de  celies  que  j'ai  indi(.|uées 
5,  dans  ces  differens  états,  sera  une  marque  certaine  d'erreur, 
,,  ou  d'une  proportion  difTeiente  dans  les  substances  aliiées  .  .  . 
Questo  diligente  Esperinientatore  ha  fatto  anco  di  pili  di 
quello  che  qui  ci  dice;  poiché  ha  esplorato  i  metalli,  conforme 
abbiamo  veduto,  giunti  allo  stato  della  maggior  densità  ,  che  ac- 
quistano dai  colpi,  quale  è  quello  in  cui  si  trovano,  dopo  mone- 
tati .  .  .  quindi  è  che  (a  p.8  )  aggiunge  .  .  .  =  Le  degré  d'ecroui 
„  qu'il  est  important  d'eprouver  pour  savoir  ,  en  la  pesant  , 
,,  hydrostritiquement,  si  une  piece  est  de  bon,oude  mauvais 
,,  aloi,  est  celui  que  cette  picce  recoit  sous  le  Lalancier  ...  Nien- 
te adunque  parrebbe  che  restasse  da  temere  per  la  sicura  deduzio- 
ne del  titolo  della  moneta  d'  appresso  alla  sua  gravità  specifica  ; 
ed  a  questo  importante  oggetto  immaginai  che  dar  potessero  un 
qualche  utile  schiarimento  le  mie  antiche  esperienze  .  Farò  spe- 
cialmente osservare  che  niuna  moneta  giammai  (  nuova  ,  o  vec- 
chia che  fosse  )  esposi  alla  prova  idrostatica  ,  se  non  dopo  averla 
accuratamente  forbita  con  lessiva  caustica  in  prima  ,e  lavata  con 
acqua  pura  di  poi  ;  indi  la  sospendeva  per  mezzo  di  un  laccio  di 
crino  al  dato  braccio  delia  Bilancia,  non  senza  porre  un  simil 
crino  dal  braccio  opposto;  e  dopo  averne  verificato  il  peso  asso- 
luto, la  immergeva  ad  una  costante  profondità  sotto  la  superficie 
dell'  acqua  .  Il  vaso,  che  questa  conteneva  eia  di  figura  quadrila- 
tera ,  e  di  distailo  tersissimo,  affinchè,  senza  illusione  si  potesse 
discernere  qualunque  più  tenue  Lolla  di  aria,  cTie,  restando  ca- 
sualmente adesa  alle  facce  della  Moneta ,  avesse  potuto  portare 


Del  Sio.  Giovanni  Fabbroni  .  a65 

una  alterazione  qualunque  alla  sua  naturale  gravità.  Un  facile 
meccanismo  immaginai,  che  senza  niuovci  e  la  bilancia  ,  egregia- 
mente serviva  per  piontamente  alzare, o abbassare  il  vaso, quan- 
to chiedeva  il  bisogno,  per  la  costante  immersione  . 

Hatchet  avverte  di  avere  usato  nelle  sue  prove  una  de- 
licata Bilancia  ,  la  quale  ,  caiicata  di  mille  giani  in  peso 
(  e  suppongo  nel  suo  totale)  rompeva  l'equilibrio  alla  centesima 
parte  di  un  grano  solo.  La  bilancia  adoprata  da  Brisson  era  tale  , 
che  ,  caricata  di  una  libbra  per  parte,  si  determinava  all'eccesso 
di  una  ottava  parte  di  grano.  Io  ebbi  sempre  1'  avvertenza  di 
proporzionare  la  delicatezza  ,  o  la  forza  delle  Bilancie  alle  masse 
da  esplorarsi;  e  credo  che  la  sensibilità  della  Bilancia',  che  usai 
generalmente  perle  monete,  sia  sufficiente  all'oggetto;  poiché 
eccedeva  i  limiti  delle  frazioni,  che  a\  vertire  si  sogliono  nella 
stessa  operazione  del  Saggio.  Le  sue  braccia  erano  lunghe  cento, 
e  dieci  linee  Francesi;  salde  nella  loro  lunghezza;  non  incurva- 
bili ;e  sotto  un  carico  superiore  a  600  grani  per  parte,  propende- 
va quella  ,  ove  aggiungevasi  la  trentaduesima  parte  della  unità  , 
ossia,  meno  che  la  quarantottomillesima  del  totale  . 

Sarà  inutile  dire  che  adoprai  costantemente  acqua  stillata, 
perchè  deve  supporsi;  ma  aggiungerò  che  1'  adoprai  di  tempera- 
tura non  mai  diversa  da  quella  deil'Ammosfera  in  cui  erasi  pesa- 
to il  corjto ,  che  occorreva  esplorare  ,  per  evitar  così  qualunque 
errore  imputabile  alla  nota  dilatabilità  diversa  ,  poco  avanti  av- 
vertita . 

La  variazione  Barometrica  tra  noi  a  poco  più  di  un  pollice 
limitata,  non  poteva  ])ortare  alterazione  tale  sul  peso  di  un  pic- 
colo pezzo  di  metallo  ,  da  meritar  la  cura  di  contemplarne  il  pe- 
so nel  vuoto.  Cosi  egualmente  ,  riflettendo  che  poclii  momenti 
bastano  per  verificare  i  due  pesi  di  una  stessa  sostanza  ,  non  eb- 
bi apprensione  alcuna  circa  al  possibile  cambiamento  della  tem- 
peratura ammosferica,  che  istantaneo  non  è,  specialmente  ope- 
rando in  stanze  chiuse,  e  che  un  termometro,  il  cui  bulbo  non 
eccedeva  due  linee  in  diametro  ,  avrebbe  prontamente  annun- 
ziato .  Quindi   non  mi  venne  in  pensiero  la  piecauzione  usata 

Torno  XUL  H  daU' 


a66  Se  la.  gravìta'  specifica  degli  ori  ec. 

dall'  esitti-simo  e  scrupoloso   Hatchet  ,  quelki  cioè  di  cnoprir 
con  flanella  il  vaso  contenente  V  acqua  destinata  a'ia  immersio- 
ne delle  monete.  Vidi  con  piacere  che  ([uesto  Fisico  non  erasi  li- 
mitato ,  come    i  predecessori  suoi  ,  alT  esame  idrostatico  di  una 
sola  moneta  nella  respettiva  specie  ;  e  senza  sorpresa  osservai ,  a 
norma  delle  mie  stesse  contemplazioni  ,  che  diverse  cifre  segna- 
rono la  gravità  specifica  di  una  medesima  lega  ,   quantunque  ri- 
conosc  uta  per  tale  (  previo  1'  esperimento  del  S iggio  )  dalla  stes- 
sa pubblica  autorità.  Egli  esaminò  primieraniente  alcune  mone- 
te in  diversi  regni  battute  dalla  medesima  Zecca,  le  quali  accen- 
narono gravità  diversa  nelle  seguenti  ("razioni 
Una  quintupla  Ghinea  di  Cartoli  dell'anno  1681  17,825 

Una   doppia  Ghinea  di   Giacomo  II   ....    1687  I7>^'34 

Una  quintupla  Ghinea  di  Guglielmo  III  ,   .   1701  17,710 

Un  quarto  di  Ghinea  di  Giorgio  I 1718  16,894 

Una  Ghinea  di  Giorgo  II 17.35  17  687 

Una  doppia  Ghinea  del  medesimo '74*^  '7'4'"4 

Simili  diflerenze  riscontrate  sotto  diversi  Sovrani  e  soprin- 
tendenze diverse  potrebbersi  attribuire  ad  una  qualche  diveisità 
di  diligenza  ,  o  principj  nella  fabbricazione  ^  ed  in  fatti  ,  rileva 
r  Autore  stesso,  in  sequela  delle  verificazioni  fatte  dai  Saggiato- 
ri della  Zecca  ,  sopra  più  di  170000  Ghinee  richiamate  a  fusione 
che  si  deviò  dallo  stabilito  titolo  di  ventidue  Karati,  ed  in  ineno^ 
grani  26  per  la  libbra  Troy  (1)  nel  regno  di  Giacomo  II 

grani   lò in  qui-llo  di  Guglielmo  terzo 

giani     7 in  quello  della  Regina  Anna 

grani     6 in  quello  di  Giorgio  primo 

grani     3 in  quello  di  Giorgio  secondo  (a). 

Ma  anco  sotto  il  Regno  di  Giorgio  III ,  nel  quale  il  titolo  della 
Ghinea  si  dice  rigoroso  e  costante  ,  pure  os-ervò  questo  medesi- 
mo Autore,  che  variava  anco  nella  prima  cifra  dt  Ile  sue  frazioni, 
la  gravità  specifica  delle  diverse  Ghinee  sottomesse  alla  prova  . 
Eccone  le  espressioni  una 

^  '       ■  — 

„     (1)  Che  è  grani  Ingl.  S760.  1     van  d'accordo  con  quelle  della  gravi" 

(2}  Si  noti  che  (queste  diiferenze  non     J     tà  specifica  , 


Del  Sic.  Giovanni  Fabbroni  •  267 

una  Ghinea  del        1761 17,  787 

una  Ghinea  del        176Ó 17,  055 

una  Ghinea  del       ^774 179726 

una  Gliinea  del       177-5     .     .     »     .      .     17,698 

una  Ghinea  del        1776 17,486 

una  Ghinea  del       1777 1757^0 

una  Ghinea  del        1782, 17,202 

una  Ghinea  del        178Ó 17»  4^5 

una  Ghinea  del       1788 17,418 

cinque  Ghin.  del       179-3 17,712. 

dieci  mezz.  Ghin.      1801 17,751 

quindici  da  7  Scelini  1802 17)79^ 

L'Autore  d'appresso  a  tali  dati  conclude  la  gravità  specifica  me- 
dia deli'  oro  Inglese  circa  a  17,  724  (i)  . 

Furono  queste  notabili  ineguaglianze,  eh'  io  già  presume- 
va ,  la  cagione  che  mi  indusse  a  calcolare  i  pesi  da  me  fatti,  ed 
a  farne  ancora  dei  nuovi  ,  provando  altre  monete,  che  mi  tro- 
vava tra  mano ,  onde  verificare  se  offrivano  delie  analoghe 
differenze  . 

Hatchet  fece  ,  o  calcolò  le  sue  osservazioni  al  sessantesimo 
grado  di  Farhenheit  :  Brisson  le  eseguì  tutte  scaldando  l'acqua 
al  grado  1^.°  di  Reaumur  (a)  :  a  me  parve  assai  più  sicuro  ado- 
prare  acqua  alla  stessa  temperatura  dell'  aria  ambiente  ;  ne  mi 
sono  impegnato  ai  fastidio  di  ridurre  tutte  le  mie  osservazioni  ad 
un  grado  comune  col  calcolo,  perchè  bastantemente  conferma- 
no le  ineguaglianze  che  il  citato  Autore  Inglese  aveva  già  riscon- 
trato, e  perchè  non  accennano  quel  resultato  favorevole  al  com- 
merciale  vantaggio  ,  eh'  io  aveva  in  mira  allorquando  mi  deter- 

mi- 


(i)  Morveau  la  &ssì  f>our  l'or  mon- 
noyé  à   1764  • 

(a)  ,,  EUes  sont  aussi  (  dice  delle 
5,  proprie  osservazioni  p.  III.  )  tou- 
5,  tes  faites  à  la  méme  temperature  , 
5,  qui  est  marquée  par  14  degrcs  au 
;;  defius  de  la  congelation    du    Iher- 


,1  mometre  de  Reaumur  :  et  jai  fait 
,,  en  sorte  qiie  la  temperatile  du  lieti 
„  où  j'operois  ne  djfferat  pas  beaucoup 
,,  de  celle-ci  ,  afin  quo  celle  dont  j'a* 
j,  vois  besoin  ,  put  deineurer  pluslong- 
,,  tems  la  méme  . 


a68  Se    la    C  latita'    Sl'ECU'lCA    DEGi.I    OlU    CC. 

minai  a  riunirle  .  Furono  esse  fatte,  come  è  da  credere ,  in  più 
tempi ,  secondo  l'  opportunità  e  l'  occasione  :  ma  non  avendo  io 
trascurato  di  notare  ogni  volta  la  temperatura  del  momento  in 
gradi  del  termometro  centesimale,  ossia  Svede-;e  ,  oggi  di  tutti  i 
Fisici,  potrà  ciascuno,  cui  piaccia,  condurleaquel  punto  di  com- 
parazione che  vuole  ,  con  la  formola  offertaci  da  Kirwan  (i)  . 
Eccone  il  risultato  ,  unitamente  a  quello  di  osservazioni  ,  che 
ho  aggiunto  in  seguito  alle  altre  che  aveva  fatte  precedente- 
mente. 

Monete  d"  Oro  .  Toscana  . 
Termometro 

'o       Zecchino   di    Repubblica    segnato    con 

ioo  ramo  di  corallo 

la  altro      segnato  con  sigla  del  147S 

altro  segnato  corna  Cervine  e  G 
altro  segnato  Pera  e  due  punti 
altro  segnato  Spina  del  14^7 
Zecchino  del  Principato   segnato    1719 


ao 


12 


IO 


1  702 

1787 
1789 
1789 
1789 
1789 


8,  471  (a) 
9,6^89 
9,5466 
9  7-585 
8,1894 
8,  647 
8,  683 
8,98^^3 
8  9172 
8,67^1 
9,042,0 
g,  02,7 
9j38tj3 


Ruspone  della  Tratta  del  26  Marzo  1806 

Monete  cT  Oro .  Roma  . 
Zecchini  a   Kar.   2,3    i3  Arg.    se- 
gnato del     1758      189827 

1769     18,     o3 
Ter- 


(i)  Remarks  on  specìfic  Gravìties  ta~ 
hen  at  different  degree  of  heat ,  and 
an  easy  method  of  reducing  them  to 
a  common  Standard  1785. 

(2)   L' attrito    della   contazione   per 


lungo  tempo  sofferta  da  tali  monete 
può  averne  diminuita  la  specifica  gra- 
vità ,  conforme  vedremo  altrove  pro- 
vato i 


Del  Sic.  Giovanmi  Fausroni. 

Teimom. 

i6 1770 

1775 

1776 
Doppia  a  Kar.  ai    i5  Arg.    .     .      1780 

Mezza  doppia 17^^ 

Mezza  doppia 1784 

Doppia 179^ 

Blonete  d"  Oro  .  Napoli  . 
i5        da  Scudi  sei  segnato  ....      1764 

da  Scudi  quattro 177^ 

da  Scudi  tre ly^ó 

da   Scudi   due 17^"^ 

o       lo  stesso  da  Scudi  sei      •      .      .     1754 
3 

9 :   •    •   • 

10 

Monete  d'  Oro  .  Genova  . 
IO       da  Lire   la  segnata      ....      1793 

1794 
Monete  d'  Oro  .   Venezia  (1)  . 
la       Zecchino  di  Mocenigo  .... 

di  Mocenigo  d'  altro  conio 
di  Lodovico  Manin     . 

d'altro  conio     .      .  * 

di  Francesco  Loredano 
d'  altro  conio 
Monete  d'  Oro  .  Bologna  - 

10  Mezza  doppia  segnata      .     .      .      1788 

Monete  d'  Oro.  Francia .  (2) 

11  Luigi  segnato  del  1776     .... 


aóg 

i3,  a65 

18,5714 
19,  eoo 
17,6320 

18,    39 

17'  77 
17,6605 

I7,i3fl6 
i6,7338 
17,1348 
16,8747 
1  7,36a4 
i7,a575 
17,0543 
17,0543 

17,  5io 

17' 


i33 


i9,co3o 
18,9066 
18,9100 
"18,873© 
18,9410 
i9,oa5o 

16,  64a 

365  900 
Ter- 


(i)  È     da    osservare     ohe    1'  oro    di 
Venezia  è  rinato  dopo  la  stampa  . 
(^]  Cet  or   doit  étre  à  aa  Karatj  de 


fin  3   mais  on  pcrmet  „—  de  K  ara  t  de 


470 
Termorn. 


Se  la  gravita'  specifica   degli  ori  ec. 


del      1785 

I 

6,  47i 

del      1786                          1 

7.  564 

18 

del      1787 

i7>  5.4 

altro                                                  ] 

7,  38i 

1788 

16,     55 

Doppio     Luigi     del     l'jSg 

17.  6.4 

17 

Luigi     segnato     del      1786 

17.  504 

12 

segnato  A  del     ]7o6 

jb    oag 

altro  (i)       .     .     . 

t4,  54a 

altro      .... 

ib,  a5o 

.   altro      ....                         I 

7,   o38 

12 

Luigi  del   1786  segnato  BB 

16,  48.3 

segnato  I                              ] 

[8,  Sii 

altro 

16,  529 

J787  segnato  W     .      .     . 

[7,  081 

J78Ó  segnato    D       .     .     , 

»7.  307 

segnato  B  .     .     . 

16,  714 

altro 

16,  289 

segnato  AA    . 

ib,4o84 

segnato  N  .     .     . 

] 

6,3p94 

10 

segnato  A   .     .     . 

16,  Sca 

altro     .     .     . 

ib,  4o5 

altro      .     .     . 

ib,3586 

altro     .... 

16,5775 

altro     .     .     . 

17,3246 

altro     .     .     • 

i6,8o36 

Monete  d'  Oro .  Inghilterra  (a)  . 

A 

Ghinea  segnata     ....             1794 

17,  847 
Ter- 

reraede  ,  que  l'on  ne  manque  jamais 
d'y  mettre  .  Brisson  .  Pesanteur  tpe- 
cif.  des  corps  . 

(r)  Forse  per  1'  effetto  dell'attrito, 
some  altrove  sì  avverte  ^  non  ne  fu  ve- 


rificato il  titolo  col  Saggio  ,  perchè  non 
pensavasi  a  tal  differenza  . 

(2)  Ripeteremo  a  tal  proposito  ,  cii 
che  Hatchet  dice  a  pag.  99.  :=  C'est  iti 
le  lieu  d'observer  (jue  si  une  livre  d'or 


Teimom. 


4 

8 
8 

IO 


II 


Del  Sic.  Giovaìsni  Faebuoni  . 

segnata      .     .      •     •  179"' 

Monete  d'Oro  .  Olanda 

a  Kar.  23.  i5.  Jrg- 
segnata     ....  1?^° 

altra     .... 

1777 
1770 

Monete  cF  Oro  .  Spagna  . 
Quarto  di  Doppia      ...     del      1794 
Monete  d'  Oro.  Portogallo. 

Lisbonina  da  paoli  ^o 

Monete  d'Oro  .   Germania  . 

.     .  del   1757 

1788 


ayi 
185O096 

38,  rro 


IO 


reo 


1 1        Ungliero  segnato 


altro     .     •     • 


IO       Uiigliero  segnato     .     . 


i51  Mezza  Sovrana  segnata 


9^ 
i5 

9       Salisburgo 


.  •  * 


1789 

1715 

1708 

1777 

1787 

1796 

17.57 

1786 

1787 

1750 

1702, 

1751 

1761 

1793 


19,  DIO 
19,  180 

17  5435 
18,  979 


i9> 


[5a 


18,9086 
19,  101 
i8,85:>6 
18,  783 
i8,i8o3 

19,1541 
18,  710 
18,  979 
18,  622 

18,  871 
17.  4^5 
17,  871 
17,    93 
17,  485 

19,  ou,5 
jR  US- 


I  ^  5760  gr.  )  raonnuyé  ne  varie  pas 
plus  de  4"  gr-  soit  pour  le  fin  ,  soit 
pour  le  poids  ,  oh  pour  tous  les  deux 
«nsemble  ,  on  delivre  un  acte  qui  au- 
toriie   à    la  lécéroir    comme  si  elle  é- 


toit  au  tltre  legai ^    Niuna 

giunse  a  18  di  gravità  specifica  tra  le 
Gliinee  pesate  da  Hatrhet  ;  e  la  più 
leggiera  fu  i6,óij6.  Stabilisce  il  laer 
dio  a  17,724. 


i27a  Se  la  gravita    specifica  degli  oui  ec. 

Termo  ni. 

PiiLSsìa JyS?  17,   i33 

Oro  antico 

Aureo  di  Filippo,  battuto  a  Troezene  19,  oog 

di   Alessandro  (i)  (Caswell).  18,  806 
Monete  d'  Argento  .    Toscana  . 

8         Del  Duca  Alessandro io,3o5o 

Testone    di  Cosimo  primo,    segnato   1567  10,37^9 

Testone  di  Francesco  I.'' ,  segnato        1577  ic/jbG'j 

i5      Ferdinando  primo         ....       1601  ic.4964 

Cosimo    seconde i6:io  io,aig3 

9  Piastra  di  Ferdinando     secondo  .  .      1629  io,35o5 

Testone i63i  io,  375 

di  Cosimo  terzo 1676  10,  307 

i5        Piastra 10,0,469 

II        Pezza 1 701  IO,  356 

i5        Da  cinque  Paoli,  Francesco  di  Lor.    1708  io,3òia 

la altro ^""^Q  ^^A'4^ 

da   dieci   Paoli ^  74*^  10,2  3 14 

9       da  V  Paoli  falso 1 740     8,9393 

10  da  V   Paoli ^74^  io,3c84 

i5 


tunque  siano  al  medesimo  titolo ,  e  nel- 
le coudizioni  medesime  ,  secondo  la  na- 
landro ,  e  di  Filippo  a  Kar.  a3  ^  .  tura  ,  e  quantità  dei    metalli ,    che    si 


(i)  Carlo  Patin  trovò  1'  evo  di  Ales- 


a 


uniscono  all'  oro  per  condurlo  al   tito- 
(a)  Nelle  monete  d'  oro,  nelle  quali  ,^  determinato  .   Hatchet  trovò  le    se- 

si  ammette  una  data  quantità  di  lega ,  g^^^^j  ^^^^jj^  specifiche  nelle  leghe  so- 

di-fferisce  la  gravità  specifica  loro,  quan-  jj^^  ^^^^^.  ^  j^^^^^j  ^^  ^  ^.^^ 


oro  gr. 
argento  gr. 


442    a    10,172    )  .~ 

la  a  10,474  f  S^-av- specif.  17,927 


oro  ....     44^  a  19,172   , 

argento.   .        19  a   10  4"'4  >  •    •   ■   •  •   •  •   '7^344 
8,895   ) 


19  a 


oro  ....     44^  ^ 

Tuae  ...       08  a     8,895  ) 


8.8q5      '7.15? 


Del  SiG.  Giovanni  FabbrOni  .  ayS 

Termom. 

j5^ ^74^  10,25163 

i6 J743  10,1470 

IO •      1745  10,2731 

1746  (-)  9,4528 

9 ."     .     •     '747  10,2678 

a6 altio  10^3502 

II. .     1748  10,3 182 

9 1749  io,3o3a 

IO. .     1750  10,3354 

17,51  10,3896 

16 ; 1755  10,2916 

ai. 1757  10,3239 

10 .     1758  IO,  635 

la.        Da  dieci  Paoli i75g  io,3i8o 

19 1760  io,3i8o 

14.        Da  dieci  Paoli  segnato  del     .     .      1761  io,332i 

8 1762  10,2697 

y 1763  10,3l53 

i5 1764  10,  334 

8 1765  IO,  3oa 

9 1766  10,3132 

. 1767  10,3072 

1760  10,2559 

1769  10,3799 

10.                                                              '77*^  10,3404 

1771  10,3032 

9.     . 1772  io,3oo6 

ai ;      1773  10,3070 

17 ^774  io,3i56 

II '775  10,2792 

Tomo  XIII.                              35  Ter- 


(*)  Non  sono  in  grado   di  verificare  1*  intrinseca   bontà  di  questa  moneta  . 


2,74  Se  la  ckavita'  srEciriCA  degli  ohi  ec. 

Teimom. 

^° 1777    C) 

ai altra     1777 

II 1773 

2i5 altra 

ao 1779 

1780 
1781 

16. 178^ 

1783 

18 1784 

ao 1785 

10 1786 

ao ^7'*^  7 

1789 

1790 

1791 

ao.     Da  dieci  segnata     ....     1793 

i5 1794 

1795 
19.      ..........     i79(> 

i3 1797 

a5.      .........     .     1798 

a3 i?99 

aa.      - 1800 

altra   1800,  fusa 

9.      .     «    .     . 1801 

altra 

i8oa 
a4.      Denaj  o  Moneta  da  X  lire  del  i8o5 

1806     .     . 


9, 12,1 5 

0,6543 

o  aSOi 

o,a32,3 

0,3  ia4 

0,2909 

o  3  194 

0,3  ia4 

0,3194 

0,3733 

o,3i35 

0,1291 

o,2a6r 

e,  29.5 

0.2825 

0,3294 

o,3oi6 

o,.783 

0,2764 

0,3093 

0,3225 

0,3453 

0,2962. 
0,3333 
0,2697 
0,2933 
0,1950 
o,oa,34 
0,3673 

• 

Ter- 


(.*)  I^o;a  è  più  in  mia  man»  l'identica  moneta  per  verificame  la  bontà  egl  (aggio- 


Del  Sic.   Giovanni  Fabbroni  .  276 

Termom. 

24.      Doppia  crazia  aonce  3  den.  i5.     .     .  9,  aaS 
Monete  d'  Argento.  Stato  Pontificio  . 

i5    Testone  di  Leone  decimo ic,o63a 

di  Clemente  settimo      ....  10,7 184 

altro 10,3398 

di  Paolo  teizo 10.4006 

di  Giulio  terzo 10,2408 

14»                   di  Clemente  XI  anno  V     .      .      .  io,coc5 

Testone  del  1 735 10^3579 

i5.                                          del  1786 lo^i  Ì07 

8.                               del  1796 10,1075 

17.                                di  Bologna io,  245 

16.      Mezzo  Scudo  del  1778 10,8793 

22.                              lo  stesso 10^8798 

12.                               altro IO,  819 

16.           ^^               del  1777     ......  10,5844 

i3.                               deli754 10,8001 

li.                                           altro 10,2881 

34'                               del  169Ó     .       ;      .      .       .  10,1862 

IO.      Scvido  del  1780 ,    ..     .  10,8841 

altro IO,  297 

g.       Da  cento  Bajocchi  Bolognese   del    1789  10,8100 

22.      Da  LX  Bajocchi  del  1798 94587 

Da  LX  detto             ^79^     .....  9,5 

'J.L.i.;S.      .       ,      .           ,                   altro     .     .     .     .  9,8798 

ai»     -      .                              1796     .    .    ,     .     i  9  4887 

altro     ,     ..     /     j  9,5162 

1798       .      ..      i      .  9  8Ó69 

da  XXV  Bajocchi  1798     ...       .      .  9,5817 

altro     ......  9  9804 

.     •      ■       1795 9.6122 

5'                                               altro     .     .     .     .  95940 
Momta.iV  Argento  .  Najjolì  -. 

Term.  20.   XX  Grana  antico 10,6575 

Ter- 


276  Se  la  cuavita'  specifica  degli  ohi  ec, 

Termotn. 

ao.                        del   1790 io,ai3a 

XXIV  Grana  senza  anno io,385a 

del   1688 io,a636 

XXX  Grana  del  1738 io,53a9 

XL  Grana  del  173Ó 10^1841 

L     Grana  del  1784 io,ao8a 

del  1716 io,3i  17 

LXVI  Grana  del  1 684 io,  o3i 

C     Grana  del  1693     ......  10,1596 

del  1753 io,3ac4 

del   1753 io,i55a 

del   1790 io,i55a 

10.  di  Carlo  VI io,o5o9 

ao.      CXXXII  Grana  del  1684 io,  3oo 

Ducato     del  1785 10,0007 

26.       XII   Tari io,i855 

3Ionete  cV  Argento  .  Spagna  . 

18.  Colonnato  del    1766 io,a870 

la •  .       1772 10,1901 

II*   '      .      .      i      .        1774 IO5O696 

i5 1775 io,a7ia 

1776  .  .  -  .   .   .  io,3aia 

11.  Quarto  di  Colon.  1776     ....      .      ,  io,a3o7 

19.  Colonnato      .      1778 io,a8ia 

17 1779 i©,33i6 

6 1781 io,37oa 

19 1785 io,a7oa 

i3 1787     •    • 10,3770 

i5.      .     .* altro     ....  10,3453 

i3.      i     .     .    .     .     1788 10,3764 

ao.      Colonnato  del  1 789 10,3463 

8 1790 io,a6i4 

i4'     •     '     •     •     •     1791      « io,383a 

Ter- 


Del  Sic.  Giovanni  Fabbkoni.  377 
Termom. 

7 .      1794        ....  IO,  279 

14 altro     .......  lOj  aaS 

12 179^      ....  10,2074 

j3 ^799       ....  io,2,ììfi6 

Monete  cT  Argento.  Francia, 

i3.     .Scudo  da  sei  Fr.   di  Francesco  1°      .       .  io,3o53 

ir.                                del   lóSa io,355o 

8.      Mezzo  Scudo     .       1720 10,6228 

14 1726 10.4 

Scudo     ....     172.7 9,99.53 

i3     .....    .      .     1728 10,3711 

Mezzo  Scudo •     .     .      .     10,408 

8 T7S0 10,3878 

7.Ì  Scudo     ....     1735 io,453a 

8.     Mezzo  Scudo     .    .    1766 io,4aia 

Scudo io,63ia 

Mezzo  Scudo    .    .     1765 10,3472, 

i4'      Scudo     .     .     .     .1771       .     .     ,    ,._  .  9,9826 

177^ 9^9480 

1776 9,9585 

16. 1- 1780 io,4i3r 

II- ^ 1784 10,2963 

1785 10,4300 

i3.  i                                      1786 10,3174 

8.      Mezzo  Scudo  .  .  .    1790 10,3702, 

17.       Scudo     .      .     .    .      1791      .      .      ...  io,3y43 

i3.      Scudo  da  sei  franchi  di  Francesco  r      .  io  3o53 

del  i65a     .     .     ...     .  io,35oo 

8.     Mezzo  Scudo     1720 10,6228 

j4'                                1726 >  .  10.4 

Scudo      .      .     1727 9,99-53 

i3 1728 10,3711 

Mezzo  Scudo io,  408 

8.  f 1730 10,3878 

Ter- 


27^  Se  la  gravita'  srECincA  degli  ori  eo. 


Termoni 


7.Ì-  Scudo      .     .     .     1735     .      .     .      .      .  io,453a, 

8.      Mezzo  Scudo     .     1766 10  421  a 

Scudo      - 10,6'.  I  a 

Mezzo  Scudo     .      1765     .....  10, -472' 

i4'      Scudo     .      .      .1771 99826 

177^ ••  9'94«^o 

1776 9  9585 

16.  i 1780 ic,4i3r 

II 1784 10,2<,Ò3 

1785 10,4360 

i3.  i 1786     ......  10,3174 

8.      Mezzo  Scudo    .     1790 10,8700, 

17.  Scudo     .     .      .      1791 10,3943 

-    Moneta  d'  urgenzo  .  Piemonte  . 

17.^  Scudo      .     .     .      1706 '9-  2^7 

IO.      Mezzo  Scudo          17^9 io.5o43 

17-     Quarto  di  Scudo     17Ó9     ...      .     •     •  10,2808 

IO.     Mezzo  Scudo     .    1789 io,3io5 

1798 10,2604 

Monete  cV  Argento  .  Milano 

10.  f  Scudos  guato  del  1776      .      ....  97820 

da  trenta  soldi        1779 7^   663 

10.  Mezzo  Scudo         ^779 10,27^9 

1784 98144 

1785       .      .       .     .     .  10,2197 

10,2337 

8.      Scudo      .      .     ■     1791 IO, 2558 

da  Trenta  soldi      1796 7,a5i5 

Monete  cV  Argento  .   Venezia  . 

11.  Ducato  di  Lodov.  Manin 10,1467 

di  Doni.  Contarla       ....  10,142.3 

di  Alvise  P.sani    .      .     .      <      .  10,1274 

di  Paolo  Rainer 10,147» 

di  Pietro  Grimani     .     .     .    .     •  ia,i3o9 

Ter- 


Del  Sic.  Giovanni  Fabbuoni  . 


Termora. 


Da  X  lire,  primo  anno  della  Lilif^rtà  1797 

Monete  d'  Argento  .  Baviera  . 
Tallero     .     .     . 


i7')5 

177' 
1770 

177Ì 

17:!! 

1786 


4- 
ao. 

7- 

i5. 
6 

Monete  cV  Argento  .  Brunsvìch . 
ao.      XVI.  Gute  Grosch.     .     .   i7!'.7     . 
Monete  d'  Argento  .   Treveri  . 
18  1785     . 

Monete  d'  Argento  .  Danimarca 

7.  J 1702    . 

Monete  d'  Argento  .  Sassonia . 

10.  Ein  Mark.  XX,  segnata  J763 

1767 

i3.    Ein  Mark  XX     .     .     . 

1 1.  Ein  Mark    X    .      .      . 

12.  XX       •       • 

i3 

la 

Monete  cV  Argento 
12.    Mezzo  Tallaro     .      .     . 

Tallaro     .•    .     .       ^ 
li.    da  soldi  venti     . 

la •  . 

14.    Tallaro i^ijó 

•la.    Quarto  di  Tal'aro    .    .    1797 
II.    Da  dodici  Kreutzer     .      179.5     .     , 
Monete  (T  Argento  .   Polonia  . 
li.  XX  ex  marca  pura    .     .    1777     . 


1768  . 

1768  . 

1768  . 

1770  . 

1788  . 
.    Vìi  nna . 

1756  . 
1780 

1786  . 

1795  . 


379 

7,1 3  3a 

io,D,r99 
io,i883 
10^1879 

10,2144 
10,1680 

IO,  ior 

10,1970 

io,,o54o 

10,2000 

9,7307 

io,aooo 

10,24--:2 
10,1575 
10,1435 

10,  208 
j  0,1 585 
10,1370 

11,  208 
10  3896 

9,6786 
9.23 
987^4 
10,2649 
9,2  j4a 

10  4:54 

Ter- 


aìio  Se  i.a  gravita'  specifica  dfgli  ohi  ec. 

Termo  in. 

Blonete  d'  Argento  .   Ungheria. 
^i-       Scudo 1779     .      .      .     10,1880 

Monete  cV  argento  .   Svi'zla  . 

IO.       Scudo 1779     ♦      •      •     10,1611 

Monete  d'  Argento  .  Fuis.^ia  . 
IO.      Pietro  primo     ....   1728     .     .      .     10,0066 
Pietro  secondo     .    .     .     17^')     ■     •      •     10,0387 

Anna 1733      .     .     .     iOjo633 

Monete  di  rame  puro  ,  e  mislo  . 
II.     Lisimaco;  metallo  giallo  quasi  elione    .    .  8,4222 
Antonino  ;  metallo  duro  giall  rossastro   .    .   8,0444 
Claudio  Nerone;  quasi  color  d'oio      .      .     8,8408 

Trajano  ;   giallo  pallido SjSg^JS 

Tiberio;  rame 8,8481 

Rixdallero  di  Svezia 8,7788 

Petiny  di  Giorgio  Terzo  d' Inghilterra    .    .     9,1170 

i3.      Bajocco  del   1740 8,7889 

di  Pio  sesto  anno  IX 8  8363 

altro 8,8782 

aa.      Bajocchi  due  e  mezzo  di  Perugia  .    1796  .  8,8:i86 

1795  .  8,8578 

2.      Pubblica  di  Napoli     • 8,9890 

Ancorché  leggermente  contemplisi  questa  serie  di  risulta- 
ti,  vi  si  scorgeranno  differenze  significanti,  e  non  limitate  alle 
sole  frazioni  ,  quantunque  trattisi  di  una- medesima  categoria  di 
monete  .  11  primo  argomento,  che  perciò  si  risveglia  nell'  ani- 
mo, è  quello  del  difetto  di  precisione  rispetto  alla  bontà  stabili- 
ta, ossia  nella  quantità  effettiva  del  metallo  nobile  componente 
la  data  Lega:  può  aver  luogo  simile  circostanza  o  perii  composto 
ammesso  in  più  zecche,  o  per  la  imperfezione  del  saggio ^  o  per 
la  ineguale  miscela  dei  metalli  allegali  Ottenni,  di  faito,  riscon- 
trando peso  ,  e  saggio  di  cinque  monete  di  una  stessa  Zecca  ,  e 
dello  stesso  anno  (i  799)  i  seguenti  risultati  della  bilancia  idrosta- 
ti- 


Del  Sic.   Giovanni  Fabbroni.  a8r 
tlcn  ,  e  coppella  ,  essendo  al  0,4"  grado  il  termometro  centesima- 
le    

I     Grav.  specifica     io,388o  .  Bontà  once  io  ^ 

II ic,3io8     -    -    -     -     10^ 


III.     ...     -     -     io,3a34 


3a 

10^ 

1,4 


IV    -    -    -    -    -    10,3887     -    -    -     -  ^St 

Ma  anco  da  questo  esame  resta  confermato  che  non  si  accor- 
da la  gravità  specifica  con  la  intrinseca  cornppsizione  .  Un  altro 
genere  di  curiosità  mi  aveva  fatto  didurre  altre  volte,  median- 
te il  sagg'o  ,  la  quantità  del  fino  di  alarne  specie  in  argento,  già 
idrostaticamente  pesate  ,  e  f'iu-uiio  lo  seguenti  •  .  . 
I.  Tetradram ma  Ateniese  con  testa  nongaleala,  con  la  civetta 
impressa  da  un  conio  quadro,  e  la  sola  iscrizione  A0E  . 

II.  Deiiario  della  famiglia  Metia.  L.MET.IR.S.F.  iielrovescio 
una  vittoria  C.  .  .  MAL ,  e  sotto  ROM . 

III.  Denario  della  famiglia  Siusia:  Testa  nella  faccia:  nel  ro- 
vescio quadriga,  e  sotto  SIVS,  E  . 

IV.  Denario  della  Famiglia  ,  forse  Cornelia  ,  simile  ad  altro 
idrostaticamente  esaminato  da  Leutman ,  avente  sulla  facciala 
testa  di  Roma  Galeata  con  attorno  M  CIPI.IMP  :  nel  rovescio  la 
biga  e  ROMA  :  dietro  la  testa  è  la  nota  X  . 

V.  Denario  della  Famiglia  Irpia,  con  Lupa  lattante  i  fanciulli 
nel  rovescio,  e  la  iscrizione  IRPI  :  di  getto,  e  forse  falsa  ,  ma  an- 
ticamente falsificata,  e  trovata  in  alcuni  campi  presso  il  castello 
di  S.Casciano  in  vicinanza  di  Firenze:  ne  dà  una  figura  simile 
r  Augustino  a  pag.  93  . 

VI.  Denario  della  famiglia  Clodia  . 

VII.  di  Augusto,  col  rovescio  un  bue  . 

Vili,  di  Augusto,  col  rovescio  due  figure  sedenti^  due  scudi; 
e  gli  strumenti  de'  sacrifici  . 
IX.  di  Faustina . 

Tomo  XIIL  36  X 


•i8a  Sic  LA  gravata"'   specifica   degli   OKI  ec. 

X.  di  Tiberio  con  la  vittoria,  nel  rovescio,  sedente  col  pie- 
de sinistro  sovrapposto  al  destro  . 

Xf.  di  Tiberio  con  la  vittoria,  sedente  che  incrocia  il  pie 
destro  sul  sinistro. 

XII.  Di  Massiniino  . 

XIII  Una  Dena,  o  nuova  moneta  Toscana  da  lire  dieci  del 
i8o5  . 

XIV.  Una  medaglia  da  lir.  40  per  r  Accademia  delle  Belle 
Arti  di  Firenze . 

XV.  Una  medaglia  dell'  Accademia  economica  ,  detta  dei 
Georgofili  .  '   - 

XVI.  La  già  citata  moneta  da  paoli  cinque  del  1740  falsa. 

XVII.  La  lega  delle  doppie  crazie  Tose. 

XVIII.  La  lega  dei  mezzi  soldi  Tose. 
La  lega  dei  doppj  soldi  Tose 

La  Bilancia,  e  la  Coppella  dettero  per  ciascuna  di  queste 
monete  alla  medesima   temperatura  di  presso  gradi   10,  i  risul- 


tati  seguenti  . 

Peso  specifico 

Bontà 

I 

10,4078 

once  II  den 

.  la 

li 

io,i6g6 

II 

18(1) 

III 

9,9915 

IO 

20 

IV 

lOÓÓilI 

II 

19 

V 

g,36g5 

4 

14  {^) 

VI 

9,9096 

II 

i3 

VII 

10,4490 

II 

i3        (3) 

vili 

10,0410 

II 

i3 

IX 

9,0700 

9 

2a 

X 

10,7142, 

II 

20 

XI 

(i)  Anco  Tillet,  e  Paveton  assegnano 
questo  medesimo  titolo  al  Tetradiam. 
uno  per  altro  ne  ebbe  Tillet  a  ii.  23, 
altro  a  ii.  9  • 

(3)  Avrebbe  meritato  analisi  questa 
medaglia  per  la  discordanza  grande  del 
SUO  titolo  dalli  sua  gravità   speciiica  , 


che  annunzia  la  miscela    d'   altro    che 
solo  rame . 

(3)  Bouteroue  trovò  i  denari  di  An- 
gusto «  Il  19  Carli  a  io  •§•:  forse  av- 
vi errore  nei  saggi  ,  o  nella  stampa  , 
poiché  tali  diverjità  sotto  uno  steste 
Sovrano  non  sembrano  verisimili  • 


XI 

IO  77c5 

XII 

7,854o 

XIII 

10,3673 

XIV 

io,o8rfo 

XV 

10,1  lao 

XVI 

8,9893 

XVII 

9,2a5o 

Del  Sic.  Giovanni  Fabbroni.  a83 

I  £  19 

8 

I I  i  (  Term.  2.4  ) 
1 1 

IO 

4         a 

3       i5  (Term.a4) 
XVIII    8,9287  0         9  (Terra.  11  ) 

9,co65  o       16 

Bastano  questi  fatti  (  in  conferma  dei  precedenti  )  ad  accer- 
tare che  il  peso  specifico  non  va  d'  accordo  con  la  bontà;  e  che 
male  userebbesi  come  indizio  della  medesima  . 

Debbo  rilevare  peraltro,  che  all'eccezione  del  Tetradramma, 
il  quale  era  terso  nelle  sue  facce  ,  non  trovai  miglior  compenso 
che  uunrincottura  efficace,  per  nettare  le  altre  medaglie  antiche 
e  specialmente  quella  di  Faustina,  che  a  luogo  a  luogo  mostra  vasi 
macchiata,  e  coperta  di  malachite  verde-cerulea  splendente, 
tanto  pregiata  dai  Collettori:  le  feci  infuocare  perciò,  e  le  estin- 
si in  poca  acqua  leggermente  acuita  con  acido  solforico  .  Tale 
infuocamento,  0  come  dicesi,  rincottura ,  si  reputa  capace  di  ri- 
condurre il  metallo  a  quello  stato,  in  cui  era  avanti  la  compres- 
sione del  martello:  sarà  aduncjue  diminuita  alquanto  la  gravità 
specifica  delle  monete,  che  tale  operazione  subirono,  alla  ecce- 
zione forse  dei  numeri  IX. XII.  Rileverò  in  ischiarimento  di  que- 
sto dubbio,  che  avendo  fatto  subire  la  medesima  operazione  dì 
infuocamento  ed  estinzione  ad  una  grossa  moneta  effettivamen- 
te alla  bontà  di  1 1  once,  trovai  che  crebbe  di  volume  alquanto  : 
ma  avendo  fatto  lo  stesso  sopra  un'altra  moneta  alla  bontà  di  on- 
ce IO, rimarcai  un  vero  restringimento  di  volume  in  vece  di  una 
permanente  dilatazione:  la  moneta  a  11  del  1773.  Terra.  9  . 
aveva  di  gravità  specifica  io,3ci6 

dopo  la  rincottura,  e  immersione    10,1607 
la  moneta  a  dieci  era  avanti  10,1  ic8 

dopo  io,2,c20   (i)  .  Adun- 

■ 

li)    Scema   in   pes»    assoluto  ^r-    di  grano  . 
/  oa 


aS4  Se  la  gravita'  specifica  d'^gli  Oiir  ec. 

Adnii(|iie  non  sano  che  le  due  sole  inferiori  medaglie  sopraindi- 
cate quelle,  che  possono  avere  offerto  qualche  differenza  da  esclu- 
dersi alla  comparazione  . 

E  noto  che  l'oro  puro  non  incrudisce,  estinguendolo  canden- 
te nell'acqua  :  altrettanto  può  diisi  del  rame  puro.  Osservai,  per 
altro,  chela  tenue  aggiunta  di  nove  dsuari  d'argento  per  ogni 
libbra  di  rame,  rende  capace  questo  metallo  di  ricever  tempera 
nella  sua  estinzione,  acquistando  una  durezza  e  rigidità  conside- 
rabile. Le  proporzioni  della  lega  contribuiscono  adunque  ,  non 
sodamente  a  variare  il  volume  del  composto  nelT  atto  della  com- 
binazione ,  ma  ancora  nella  circostanza  di  un  rapido  raffredda- 
mento . 

La  perfeita  miscela  di  una  lega;  la  esatta  omogeneità  di  una 
mas»a  considerabile  di  metallo  composto  ,  è  più  difficile  ad  otte- 
nersi di  quello  possa  credere  chi  non  è  al  fatto  di  tali  cose  .  Il 
metallo  più  grave  cala  al  fondo  del  vaso  fusorio  ,  se  l'esta  lunga- 
mente esposto  ad  una  tranquilla  fusione.  Homberg  afferma  con 
la  propria  esperienza  ,  che  oro  e  argento  in  eguali  dosi,  in  breve 
spazio  si  separano,  seguendo  le  leggi  della  gravità  se  si  conserva- 
no fusi  per  alquanto  tempo  a  un  discreto  calure  . 

Era  noto  ai  fonditori  tutti,  che  le  bocche  delle  forme,  nel- 
le quali  gettansi  i  metalli  allegati ,  contengono  maggior  dose  di 
metallo  nobile  ,  perchè  è  1'  ultimo  che  vi  discende  , 

Hatchet  gettando  in  una  forma  verticale  di  ferro,  lunga  un 
piede,  grani  ii5ao  di  oro  condotto  al  titolo  della  Zecca  Inglese, 
per  mezzo  ,  o  dell'argento,  o  del  rame,  o  d'egual  dose  d'  entram- 
bi, trovò  la  estremità  supcriore  più  densa  e  più  ricca  ,  la  infe- 
riore più  povera,  o  al  disotto  del  titulo  della  lega  .  Una  di  queste 
verghe  fu  divisa  in  tre  pezzi  ;  la  punta  superiore  aveva  di  gravità 
i8,''i4i  ,  ed  era  superiore  all'indicato  titolo  grani  3  x  :  la  mezza- 
na aveva  di  densità  17,043,  e  di  bontà  grani  i  f  al  disotto  del 
titolo  .  La  inferiore  era  16,689  e  per  la  bontà  scadeva  gr.  3  f  . 
Presa  ogni  precauzione  ,  ed  ottenuta  omogenea  una  lega  d'  oro  a 
Karatiaa,gettatain  simile  canale  verticale,  la  cima  superiore 

fu  trovata  in  un  caso  essere  alla  densità  di  1 7,o35 ,  e  mighore  gra- 

ni 


Dei.  SiG.  Giovanni  Faberoni  .  285 

ni  otto  del  titolo  contemplato:  1'  estremità  inferiore  era  17,364 
quantunque  esattamente  simile  alla  superiore  ,  rispetto  alla  bon- 
tà ,  si  riscontrasse  col  saggio  .  Pvifusa,  e  gettata  di  nuovo  que- 
sta verga  ,  si  trovò  affinata  due  grani  dalla  azione  del  fuoco  ,  ma 
perfettamente  omogenea  in  tutta  la  sua  lungliezza  ,  quantunque 
la  gravità  specifica  a  bocca  fosse  17,2.03,  ed  al  fondo  i7,3o7,  per 
eifetto  ,  senz'  altro ,  di  semplice  compressione  •  (1) 

A  tale  cagione  attribuisco  se  ,  pesando  quattro  monete  da 
Paoli  dieci ,  formata  dalla  stessa  massa  in  questa  Zecca  di  Firen- 
ze nel  dì  So  Novembre  i8c5  ,  offrirono  diversa  gravità  specifica 


nei  termini  seguenti 


10,2 


69     ) 


I 

II  ,0,3096     )  Term.aio 

IH  10,27:19     ) 

IV  10,3341    ) 

Hatchet  osservò  ancora,  che  non  solamente  la  lunghezza,  e  la 
direzione  della  forma  in  cui  si  getta  il  metallo  fuso,  ma  la  mate- 
ria stessa  di  cui  è  formata ,  influiscono  sulla  gravità  specifica  del 
metallo  medesimo.  Cosi  l'oro  fuso  con  due  ventiquattresime  di 
rame  ottimo  di  Svezia  ,  e  gettato  in  forma  di  ferro  fu      1 7,072 

ed  in  forma  di  terra       17,312 
Altro  con  rame  di  Brettagna  gettato  in  ferro  fu  1 7.28 1 

interra  16,994' 

A  slmili  circostanze,  alla  rìncottura  ,  alla  compressione  di- 
versa, dovrannosi  attribuire  le  differenze  da  me  riscontrate  sul 
peso  specifico  di  cinque  Rusponi  uscenti  dalla  stessa  monetazio- 
ne ,  del  i3  Novembre  i8o5,  cioè 

I  Fedone  rincotto  ,  non  ancora  stampato    18,7083) 

II  Ruspone  stampato     ------     19,3979) 

III  altro     .-..---      -.--     19,12,82  )  Term.  a  IO 

IV.  altro     ---*-.-..      19.1282) 

V.  altro     ------      .      --     19,3270).         Non 


(i)  Nickolson  assicura  che  in  ripe- 
tute esperienze  istituite  sopra  due  egua- 
li cilindri  di  piombo  derivanti  dalla 
3te«ea  fiuione  e  dalla  cteesa  forma,  li- 


scontrò  la  gravità  specifica  variante  da 
li 38  a  iiaS.  Kraft  una  lega  d'oro  e 
piombo  trovò  i3,  6to,  e  i36oo  . 


aST)  Si'.    L.V    ORAViTA*    SPECIFICA    DFGM    OKI     eC 

Non  è  percò  che  a  qu  sta  ultima  cuiisidcirazione  si  possano 
senza  eccezione  ascrivere  le  differenze  die  si  riscontrano  nelle 
monete,  ancorché  reputate  di  meta'lo  puro,  quandoché  latte 
sono  m  tempi,  e  luoghi  diversi  .  Non  fu  sempre  egualmente,  né 
bastantemente  accurata  l'arte  del  saggio;  non  sempre  diligenti, 
espertissimi  i  Saggiatori  ,  che  accertar  devono  della  purità  del 
metallo,  prima  di  ridurlo  in  moneta  siane  testimonianza  ciò 
che  il  Conte  Carli  pubblicò  (i)  circa  al  saggio  fatto  fare  (a) 
espressamente,  nelU  Zecca  di  Venezia,  suH'  oro  risultante  da 
sei  Zecchini  Veneti ,  e  da  due  Rusponi  gigliati  separatamente 
fusi  in  quella  di  Firenze  .  I  Saggiatori  Grappiglia  ,  e  Gottardi  , 
dal  saggio  fattone  giudicarono  a  Karali  28,0^2,  1'  oro  provenien- 
te dai  Rusponi  ,  ed  a  28  ,  e  2.3  e  non  a  2.4  quello  del  Veneto  Zec- 
chino .  II  processo  verbale,  che  ivi  si  legge,  mostra  ben  chiaro 
quanto  poco  si  conoscevano  i  principj  docimastici  da  tutti  gli 
Interlocutori ,  ed  Operanti  in  quella  verificazione  promossa  dal- 
le dubbiezze  del  Conte  Bogino,  e  dalle  stampe  dello  stesso  ce- 
Irbiatissimo  Carli.  Andranno  sempre  soggette  a  differenze  più 
o  meno  grandi  nella  purità  del  metallo  tutte  le  Zecche  in  quelli 
intervalli,  nei  quali  casualmente  avvenga  che  siano  a  guida  di 
chi  non  conosce  ;  o  empiricamente  e  non  per  principj  conosce 
le  operazioni  ,  che  a  tal  fine  conducono  .  A  questa  circostanza  , 
e  non  ad  altro  dovrassi  attribuire  se  diversi  Zecchini,  di  diversi 
tempi  ,  accuratamente  saggiati  offrono  qualche  tenue  difetto  a 
quella  purità  assoluta,  che  si  ebbe  in  mira  nel  fabbricarli  (3) , 

Dal 


(i)   Tomo  II  ,   p.  349  . 

(2)  Fatto  nel  i^èj  . 

(3)  Il  metodo    di  saggiare   in    allora 
lajciara     una     quantità    dell'  Argento 

Cinque  Saggi   iititniti    sopra  Zerchini 

Veneti  del  Secolo  XVII   dettero  Kar.     aS.  nS  ^ 

,  :  del  Secolo  XVIII  dettero  Kar.  aS.   a3  f 

.  otto  S'ipra  lo  Zecchino  Rezzonico 

tre  Saggi  di  Zecchini    di  Repubbl, 

■    •  cinque  sul   Z  ecchino  del 

del 


dell'  inquartazione  nell'  Oro ,  e  faceva 
sentenziare  per  34  Karat.  quello  che 
non  Io  era  . 


a3. 

aa  |. 

23. 

=^3|. 

a3. 

aa 

a3. 

a-i 

Del  Sic.   Giovanni  pAUBnoNi  .  187 

Dal  complesso  di  tutti  gli  avvertiti  fatti  risulta  che  le  mone- 
te ,  ancorché  coniate  ad  uno  stesso  titolo,  mostrano  delle  notabili 
differenze  nella  loro  gravità  specifica  ;  le  ([uali  differenze  si  pos- 
sono attribuire  in  gran  parte  alla  difficoltà  di  effettuare  una  eiiua- 
bilo  diffusione  della  lega  .  Ma  è  indubitato  egualmente  che  una 
identica  bontà  può  ,  in  simil  modo  ,  mostrare  alla  bilancia  idro- 
statica un  diverso  peso  .  Si  è  osservato  di  fatto  che  tali  differen- 
ze si  incontrano  nelle  monete  formate  con  metallo  puro  ,  ed  an- 
co in  quelle  di  una  stessa  ed  identica  monetazione  .  Si  è  veduto 
di  più  che  perfino  una  stessa  verga  può  avere  una  eguale  gravità 
specifica  ,  e  non  la  stessa  bontà  in  tutta  la  sua  estensione  ,  e  che, 
al  contrario,  può  esser  per  tutto  di  metallo  purissimo,  o  egual- 
mente allegato  ,  e  mostrare  nelle  sue  opposte  parti  una  densità 
notabilmente  diversa  .  Non  vi  è  operazione  adunque,  per  cui  pas- 
si il  metallo  ,  o  la  lega,  che  non  influisca  sopra  simili  differenze  . 
Rammentiamoci  che  1'  ampiezza,  l'altezza  ,  la  direzione,  la  mate- 
ria della  forma  destinata  a  ricevere  il  metallo  fuso;  la  quantità  , 
ed  il  calore  di  questo  ,  il  suo  raffreddamento  più  o  meno  rapido  , 
la  rincottura  ,  la  tempera,  la  laminatura  ,  il  colpo,  e  finalmente 
lo  stesso  attrito  dell'uso  (i);  servono  a  variare  la  presunta,  o  sup- 
posta-gravità specifica  che  il  calcolo  assegnerebbe  ,  e  pel  cui 
mezzo  si  pretenderebbe  esattamente  rinvenire  le  proporzioni 
della  miscela  • 

Vorrei  concludere  ,  che  se  è  riconosciuto  come  impossibile 
il  dedurre  dalla  gravità  specifica  i  componenti  una  lega  di  tre  , 
o  più  metalli  ;  si  debba  da  ora  in  poi  riguardare  come  infidò  ,  se 
non  come  affatto  insufficiente  indizio  ,  del  preciso  titolo  ,  il  pe- 
so idrostatico  delle  combinazioni ,  o  leghe  binarie  ,  egualmente 
che  della  semplicità  assoluta  di  un  modello  puro  .  La  gravità  spe- 

ci- 


(1)  Hatchet  sperimentalmente  osservò  che   1'  oro  a  Karati  aS  3,70  grani  aveva    di 
gravità  specifica  avanti  "un  artificiale  sofiregamento         195-77     dopo     19. 171 
Oro  allegato  con  Argento     .     .      .     .     t     .     ,     .  lo.oga    ....   i8.c55 

Oro  allegato  con    Argento,    e    Haine     ....  18,184  ....   i8,i8a 

Oro  allegato  al  Rame i8,o53  ....   j8jOi4 


a83  Se  la  guavita'  specifica  degli  ohi  ec. 

cifica  doir  oro  fino  si  vede  fluttuare  sotto  le  mani  dei  diversi  Spe- 
rimentatori da   19,863   19,00(2). 
Il  titolo  Inglese                                                da   17,89  a  10,09 
e  per  i  «iiiei  pesi  da   18,06  a   17,84 
L' oro  Toscano  dalia  Repubblica  al  Regno  da   18,18  a   19,75 
L' oro  di  Venezia                                              da    18, ()7  a   ig.,62, 
E    adunque  frustranea   fatica  ,  in  quesìo  genere  ,  estendere  il 
calcolo  a  indite  frazioni,  con  la  idea  di  stabilire  la  identità  della 
cosa  in  genere,  ed  assegnar  il  titolo  delle  leghe  con  la  precisione 
del  saggio  . 

Posso  annunziare  che  alle  molte  frazioni  nemmen  si  mostra- 
no fed  li  le  aUre  produzioni  della  natura  e  dell'  arte,  la  cui  ef- 
fettiva gravità  specifica  mal  si  desume  da  un  unico  esperimen- 
to .  Le  irieoolarità  e  ine<ruajilianze  avvertite  non  sono  limitate 
soltanto  alle  sostanze  ma  leabili  :  ne  partecipano  anco  le  più  ri- 
gide ,  e  non  ne  vanno  esenti  nemmeno  quelle  ,  che  dotate  della 
più  omogenea  apparenza  ci  si  offrono  dalla  natura.  Ma  sarebbe 
un  deviare  dall'  argomento  pr  po-to  ,  il  trascrivere  adesso  le  os- 
servazioni a  ciò  relative,  le  (piali  in  altro  luogo  circostanziata- 
mente e  più  opportunamente  verranno  esposte . 


DE- 


(a)   Krafft  (  de  densitate  metallorum     1      adopratovi    aveva     di    densità    ao^944  •' 
^ecum  ptrmixiorum)  dà,  nel  §.  13,  un     1     Conteneva  forje  del  Platino  ? 
Saggio  di  comLinazione  nel  quale  r  oro     I      ■     .     •     •      -Jìu  »«  .-  v 


209 

DESCRIZIONE  DI  UN  MUTI  LINGUA 

CIOÈ'  DI  UNO  STROMENTO ,  CON  CUI  I  MUTI  , 
E  SORDI  POSSONO  CON  ALTRI  PARLARE 
Del  P.  D.   Ermenegildo   Pmt 
Ricevuta  il  dì  9  Maggio  1806, 

i-/ eir  umanità  fu  assai  benemerito  chi  trovò  il  modo  d'Insegna- 
re a'  muti ,  e  sordi  una  lingua  da  altri  parlata.  L' istruzione  loro 
si  riguarda  come  compiuta,  ([uando  sono  ridotti  a  tale  stato  da 
poter  parlare  in  iscritto .  Ma  allo  scrivere  richiedesi  molto  più 
tempo,  che  a  parlare  colla  lingua  ,  né  ogni  luogo  è  comodo  a  tal» 
funzione,  né  sempre  sono  pronti  gli  stromcnli  a  ciò  richiesti  . 
Quindi  è  che  i  muti ,  e  sordi  col  mezzo  della  scrittura  hanno  mi- 
nor comodo  di  conversare  cogli  altri  Uomini,  e  di  esercitarsi  nel- 
la lingua  di  quel  che  avrebbero,  se  parlassero  :  ond'  è  che  la  loro 
istruzione  riesce  assai  lenta  ,  e  sempre  molto  imperfetta  . 

Per  supplire  a  tale  difetto  io  imaginai  uno  Stromento  porta- 
tile^  col  fjnale  i  muti ,  e  sordi  possono  esprimersi  quasi  lauto  ra- 
pidamente, come  se  parlassero:  onde  lo  chiamo  3'IutiUngua.  Di 
questo  Stromento  io  primamente  darò  la  descrizione,  di  poi  gli 
usi,  e  finalmente  agglugnerò  alcune  avvertenze  riguardanti  una 
più  pronta,  e  più  compiuta  istruzione  di  que'  Uomini,  a  cui  la 
natura  ha  negato  I'  uso  dell'  udito  e  della  favella. 

Lo  Stromento  è  quasi  un  piccol  Cembalo ,  in  cui  il  movimen- 
to dei  tasti  invece  di  darei  varii  suoni  secondo  le  note  musiche 
presenta  all'occhio  le  lettere  dell'  Alfabeto,  che  dall'  operatore 
si  fanno  succedere  con  quell'ordine,  che  richiedesi  per  formare 
le  parole  di  una  data  lingua . 

La  costruzione  di  esso  è  disegnata  in  grandezza  reale  nelle 

Tomo  XIII.  37  tre 


ZgO  DlìSCUIZIONE    DI    UN     MuTILINGUA    CC. 

tre  figure  annesse  .  I.a  prima  ne  ia{3presenta  l' Ichiicrafia  .  Tn 
essa  il  rettangolo  ABCD  è  una  tavoletta  di  legno  ,  sul  mezzo  dil- 
la  cui  lunghezza  sorge  un  rialzo  YXVT  la  cui  sezione  è  rappresen- 
tata nella  figura  2,".  In  <{uesto  rialzo  sono  fissate  tante  punte  di 
ferro  E,  E,  (juanti  sono  i  tasti ,  poiché  questi  hanno  intorno  ad 
esse  il  loro  moto  .  Quale  sia  la  disposizione  delle  punte  ,  e  dei  ta- 
sti vedesi  nella  figura  prima  alle  Lettere  E,  E.  Quelli  perù  sono 
di  due  qualità  diverse.  U  uno  QaAO  (/g."  a."  )  è  rettilineo;  1'  al- 
tro NBEi  è  più  corto,  ed  ha  una  prominenza  curvilinea  Z'E. Que- 
ste due  qualità  sono  disposte  alternativamente  sulla  tavoletta;  e 
le  prominenze  indicate  servono  per  potere  ahbassare  ogni  tasto  , 
senza  che  il  dito  ,  ciie  1'  abbassa ,  vada  a  toccare  il  tasto  vicino  . 
Nella  figura  3.*  uno  dei  tasti  rettilinei  è  disegnato  in  prospet- 
tiva .  In  esso  \  edesi  il  foro  E  superiormente  svasato  sino  ad  una 
certa  profondità,  affinchè  quello  si  possa  intorno  alla  corrispon- 
dente punta  alzare  ,  ed  abbassare  in  forma  di  leva;  ed  affinchè 
r  abbassamento,  e  F  elevazione  si  faccia  in  un  piano  rettilineo  , 
r  estremità  sua  è  terminata  in  una  fessura  rnO  ,  dal  mezzo  della 
quale  sorga  un' asta  di  ferro  G  fissata  nella  sottoposta  tavoletta 
(fig'"  I  a  3).  La  fessura  è  formata  da  due  lastrine  di  ottone 
m'.n'.O.  ,  mn,  fissate  nell'  estremità  del  tasto  medesimo  , 

Verio  il  termine  di  ogni  tasto  {fig'  2."  )  è  attaccato  un  car- 
toncino KH,  K'ir,  su  cui  è  scritta  da  ambe  le  parti  una  Lettera 
dell'  alfabeto ,  l'  una  rnajuscola,  e  l'altra  corsiva;  e  di  tale  gran- 
dezza, che  possano  vedersi  distintamente  da  diversi  spettatori  ad 
una  sufficiente  distanza  .  La  stessa  Lettera  è  segnata  anche  al 
principio  del  corrispondente  tasto,  affinchè  sia  visibile  all'  ope- 
ratore. Nell'Istromento  disegnato  nella yFg."  i."  sono  29  tasti^  dei 
quali  quelli,  che  soprabbondano  al  numero  delle  Lettere  dell'Al- 
fabeto, serviranno  per  indicare  alcune  modificazioni  del  parlar 
vocale  ,  come  il  punto  interrogativo  ,  1'  accento  ec. 

Tutte  le  lettere  scritte  sui  cartoncini  rimangono  coperte  le 
une  dalle  altre,  e  per  sottrarre  alla  vista  anche  le  lettere,  e  segni 
che  sono  sul  principio  e  sul  fine,   si   fissa  dirimpetto  ad  esse  un 
cartoncino  bianco  .  Come  poi  esse  si  facciano  comparire  all'  oc- 
chio 


Del  P.  D.   Ermenegildo  Pini  .  agi 

cliio  deoli  spettatori  è  rappresentato  neUafig."  a/,  clie  è  la  sezio- 
ne sulla  linea  Bb  presa  nella y?g-.  i /.  In  questa  sezione  sono  rappre- 
sentati due  tasti ,  1'  uno  iNMVB  supposto  quieto  nella  sua  posi- 
zione primaria  ,  1' altro  «QAE  supposto  elevato,  e  presentante 
perciò  air  occhio  il  cartoncino  ,  in  cui  è  scritta  la  lettera  A  . 

Per  rendere  lo  Stromento  facilmente  portatile,  vi  si  farà  un 
coperchio  amovibile  di  assicelle,  il  quale  vi  si  soprapporrà  fis- 
sandolo con  uncini. 

Allorachè  il  Muto  ha  da  usare  il  rautilingua  lo  pone  su  di  un 
tavolino,  o  an^ilie  lo  tiene  con  una  mano,  bastando  i  diti  dell'al- 
tra per  farlo  giuocare .  Avendo  Egli  sott' occhio  le  lettere  dell* 
Alfabeto  segnate  nella  parte  superiore  dei  tasti ,  egli  tocca  suc- 
cessivamente quelli,  che  servono  a  formare  le  paiole,  che  in- 
tende di  esprimere,  e  col  toccar  questi,  ossia  colf  abbassarli ,  sor- 
gono le  corrispondenti  lettere  scritte  nei  cartoncini  ;  e  queste 
divengx)no  visibili  agli  spettatori,  che  sono  situati  ai  fianchi  del- 
lo Stromento.  In  tal  modo  dalla  successione  delle  lettere  vengo- 
no  formate  le  parole  .  Allorachè  una  parola  ha  una  lettera  dop- 
j)ia  ,  il  tasto  si  toccherà  due  volte  :  se  ha  qualche  accento  si  toc- 
cherà il  tasto,  in  cui  è  segnato  l'accento:  se  abbisogna  di  far 
vedere  terminato  un  periodo,  si  farà  alzare  il  tasto  segnato  col 
punto ,  co. 

Con  tale  stromento  si  potrà  parlare  all'  occhio  quasi  colla 
stessa  rapidità,  con  cui  la  lingua  parla  all'orecchio:  il  che  si  ot- 
terrà coli' esercizio.  Certamente  noi  vediamo,  che  i  Suonatori 
di  Cembalo  riescono  a  suonarlo  con  somma  celerità,  abbenchè 
leggano  nello  stesso  tempo  le  note  musiche.  Molto  piìi  pertan- 
to potrà  uno,  che  giù  ha  in  mente  le  parole^  e  le  lettere,  di  cui 
quelle  sono  composte  j  manifestarle  coli' abbassare  rapidamente 
i  corrispondenti  tasti . 

Ma  dirassi  che  forse  la  difficoltà  sarà  negli  spettatori ,  i  quali 
non  potrannoseguirecoirocchiolarapidasuccessione  delle  lettere 
sorgenti  dall'  Istromento  .  Io  bt-n  concedo,  che  questo  accaderà  , 
quando  il  muto  parlerà  collo  Istromento  a  quelli ,  che  non  sono 
esercitati  in  questa  maniera  di  parlare:  ed  allora  il  muto  dovrà 

ope- 


aqa  Pe^cuizionf.  ni  un  Mutiuxcu.a.   ec. 

opeiare  più  lentamente  .  Mai  muti  tra  loro  ,  siccome  qiioìli  ciie 
devono  pailare  continuamonte  collo  .'tromento,  acquisteranno 
una  pratica  non  minore  di  quella,  con  cui  essi  speditamente  par- 
lano tra  loro  coi  gesti  . 

Per  altro  a  facilitare  all'occhio  la  fissazione  fugace  delle  let- 
tere, gioverà  ad  ogni  cartoncino,  in  cui  è  segnata  una  diversa 
lettera,  dare  un  diverso  colore:  giacché  il  colore  si  riconosce  più 
facilmente  ,  che  la  figura  di  una  Lettera:  E  per  T  unione  simul- 
tanea di  un  dato  colore  con  una  determinata  lettera  ,  quello  ri- 
chiamerà questa  alla  mente  . 

Il  mutilingua  è  destinato  principalmente  f^)ei  muti,  e  sordi  , 
che  sono  già  sufficientemente  istruiti  a  parlare  in  iscritto.  Ria 
può  servire  anche  per  molti  di  (juelli  ,  che  per  malattia  hanno 
perduto  r  uso  della  favelia  ^  o  dell' udito,  essendo  però  loro  ri- 
masto r  uso  dell' intelletto  ,  e  degli  altri  sensi  . 

11  vantaggio,  che  da  tale  Sti-omeiito  possono  ritrarre  i  muti, 
e  sordi  è  considerahile  .  Una  lingua  dai  fanciulli  non  s'  impara  , 
se  non  per  la  continua  conversazione  con  altri,  che  la  parlano  ; 
e  per  la  conversazione  medesima  in  essi  si  aumentano  le  idee. 
Ma  i  muti,  e  sordi,  a  cui  s'insegna  una  lingua  per  iscritto,  non 
sogliono  conversare  se  non  tra  loro  ,  e  per  qualche  o-ra  del  giorno 
col  loro  Istitutore  :  e  ciò  avviene  in  quanto  che  ad  essi  manca  il 
mezzo  spedito  di  conversare  con  altri:  ond'è  ,  clie  lùesce  assai 
lenta,  ed  imperfetta  la  loro  istruzione.  Avendo  pertanto  nel  pio- 
posto  Istromentoun  mezzo,  con  cui  possono  facilmente  comuni- 
care con  un  numero  maggiore  di  persone,  potranno  più  pronta- 
mente acquistare  una  data  lingua,  eduna  maggiore  copia  d'idee. 

Rimane  ora  che  io  esponga  quelle  avvertenze  per  cui  V  uso 
del  descritto  strumento  possa  riuscire  più  vantaggioso  al  fine  a 
cui  è  destinato.  I  muti  e  sordi  devono  dal  loro  Istitutore  esser  ri- 
guardati come  uomini,  i  quali  a  quell'  età,  in  cui  gli  altri  soglio- 
no cominciar  a  parlare  ,  hanno  l'intenzione  di  manifestare  i  loro 
sentimenti  interni  con  quegli  atti  esterni,  che  sono  in  loro  pote- 
re .  In  essi  parimenti  devonsi  supporre  le  nozioni  ,  che  negli  uo- 
mini generalmente  sono,  cioè  le  nozioni  di  unità,  di  eguaglianza, 

di 


Dei,  r.  D.   Eiain^vEGiino  Pini  .  1^3 

di  Jlstlnzione ,  di  ordine  ec. ,  come  pure  ia  propensione  al  vero, 
ed  al  Lene  permanente,  onde  devonsi  ripa, u dare  come  abili  ad 
esprimere  con  altri  esponenti  diversi  daila  \oce  quello,   che  gli 
altri   esprimono  CL/lIa  voce  .  In  fatti  il  principio  pratico ,  da  cui 
dipende   il  parlar  vocale,  si  è,  clic  le  cose  ri^'uardate  come  egiia- 
li  ,  si  esprimono  colla  stessa  voce,  f*  le  diverse  con  diverse  voci  : 
e  questo ,  che  vale  per  le  voci,  vale  pur  anco  per  alfri  esp.nenti 
diversi  dalla  voce,  come  sono  i  gesti,  e  \iìscnnnra  .  Solo  !a  voce 
ha  il  vantaggio  di  essere  1'  esponente  più  spedito,  e  più  conve- 
niente del  parlare,  al  compimento  del  ([uale  però  spesso  concor- 
re anche  il  gCrto.  Coinè  realmente  i  muti,  e  sordi  debhansi  sup- 
porre  atti    [)er   natui-a   a  parlar  con  esponenti  loroproprii,  es- 
si lo  mostrano  col  fatto.    Perciocché   essi    giungono  da   se  son- 
ica verun    maestro   a    formare   tra   loro   una   lingua  a  loro  mo- 
do,  ed   a  farsi  intendere  anche  da  quelli?  coi  quali  per  innanzi 
non  mai  conversarono:  e  da  essi  così  viene  sciolta  la  quistione  , 
che  con  glande  apparato  di  parole  i  Filosofi  fanno  suH'  origine 
del  linguaggio,  cercando  se  i  primi  uomini  abbiano  potuto  for- 
mare una  lingua,  oppure  se  dovette  essere  ad  essi  comunicata 
dal  loro  Creatore  .  Certamente  se  al  presente  i  muti ,  e  sordi ,  che 
sono  privi  delTesponente  più  facile  dei  loro  sentimenti,   forma- 
no una  lingua  loro  propria ,  molto  più  avranno  potuto  formai  la 
quelli,  che  erano  dotati  delia  voce  ^  edcH'  udito  .  Né  si  può  diie 
che  il  convei-sare  de'  muti ,  e  sordi  con  altri  uomini  parlanti  pos- 
sa a  quelli  sei  vire  per  formare  la  loro  lingua  .  Perciocché  le  paro- 
le altrui  sono  nulle  pei  sordi,  siccome  cpielli ,  die  non  le  possono 
ascoltare  .    Potettero  pertanto  i  primi  Uomini   formare   un   lin- 
guaggio   vocale,  concorrendovi  però  lo  spinto  di  Locuzione:    il 
che  per  altro  non  toglie,   che  per  maggior  facilità  di  communi- 
cazione  fra  loro,  possa  dall'  Autore  della  natura  essere  stato  ad 
essi  comunicato  un  particolare  linguaggio.  Quindi  erra  chi  stima 
essere  i  muti ,  e  sordi  meno  atti  al  parlare  di  quel  che  siano  gli 
altri  Uomini  . 

Erra  parimenti  chi  crede,  che  il  Maestro  nell'  istruire  i  Mu- 
ti ,  e  Sordi  dia  loro  la  parola .  Perciocché  egli  anzi  la  riceve  pri- 
ma- 


2f)4-  Descrizione  di  un  Mutilincua  ec. 

mainente  dagli  Scolari .  E  veramente  chiunque  parla  o  scrive  una 
lingua  già  usata  è  come  Muto,  e  Sordo  quando  tratta  coi  Muti  , 
e  Sordi .  Se  dunque  il  Maestro  ha  per  oggetto  d' insegnare  ad  essi 
una  data  lingua  per  iscritto  ,  conviene  ch'egli  primamente  co- 
Jiosca  in  qualche  parte  la  lingua  loro  ,  affinchè  con  questa  possa 
dar  loro  ad  intendere  quale  s'gnificazione  abbia  l'esponente  scrit- 
to ,  eh'  egli  ad  essi  propone.  Il  celebre  Istitutore  di  Muti ,  e  Sor- 
di M.r  Sicàrd  confessa  egli  stesso  ,  che  talora  ,  mentr'  egli  si  af- 
faticava di  dar  loro  ad  intendere  qualche  cosa  ,  alcuni  di  essi , 
avendo  conosciuto  qual  fosse  l'intenzione  di  luij  mostrarongli 
essi  stessi  come  si  dovea  fare  per  esprimerla  . 

Avendo  i  Muti  e  Sordi  da  natura  la  stessa  propensione  al 
parlare  ,  che  hanno  gli  altri  ,  ben  potrebbero  essere  fino  dalla  lo- 
ro prima  fanciullezza  istruiti  in  un  modo  non  molto  dissimile  da 
quello  ,  con  cui  agli  altri  fanciulli  s' insegna  il  parlare  vocale  . 
Ma  si  crede  ,  che  quelli  abbiano  bisogno  di  una  molto  più  stu- 
diata isti'uzione  :  il  che  la  ritarda  considerabilmente  ;  e  tan- 
to più,  quanto  che  ad  essi  nel  tempo,  in  cui  non  dovrebbero 
imparare  ,  che  i  termini  della  lingua,  che  loro  s'  insegna,  si  vo- 
gliono dare  le  cosi  dette  idee  metafisiche,  e  la  Filosofia  stessa 
della  Gramatica  ,  che  neppur  dai  Maestri  è  intesa  .  Noi  vedia- 
mo ,  che  all'  età  di  tre  ,  o  quattro  anni  i  fanciulli  dotati  di  voce  , 
e  di  udito,  ed  istruiti  nella  lingua  materna  si  spit-gano  abbastan- 
za bene  nelle  cose  domestiche ,  e  più  comuni .  Essi  usano  i  nonji, 
i  verbi ,  distinguono  il  tempo  passato,  presente,  e  futuro,  si 
esprimono  per  generi,  ed  eseguiscono  le  regole  gramatiche  ,  ab- 
benchè  nessuno  abbia  ad  essi  date  le  idee  metafisiche  ,  né  1k  de- 
nominazioni gramatiche  .  Ciò  essi  fanno  in  quanto  che  ritengo- 
no a  mente  il  diverso  suono  delle  voci  udite,  e  le  replicano  ia 
quel  senso  ,  in  cui  le  hanno  ricevute  .  Pei  fanciulli  Muti  ,  e  Sor- 
di ,  che  si  vogliono  istruire  in  una  data  lingua  ,  basterebbe  sosti. 
tuire  alle  voci  pronunciate  le  voci  scritte  ,  facendo  loro  intende- 
re il  senso  delle  parole  scritte  ,  come  si  fa  a  dar  ad  intendere  agli 
altri  il  senso  delle  parole  pronunciate  .  Il  Muto  al  presentargli 
una  parola  scritta  ,  certamente  non  la  leggerà  ;  ma  terrà  a  mente 

la 


lE  Ul  FISICA 


J'oc.  Jra/.  T.XIII.^.  'J.gS 

R 


rau.n. 


MEMORIE  DI  FISICA 


J'oc.  Jtal.  77  XIIlp.  xg  S 


J'oc .  Jccd.  T.XUL  ^.0.9'' 


t%o.  3. 


Ta</.  VJI. 


MEMORIE  DI  FISICA 


J'ocJt^.  T.XÌIlf'  •  a  V  •■• 


DiiL  P.  B.  Ermenegildo  Pini,.  sqS 

hi  figura  ,  e  l;i  successione  dei  caratteri,  che  la  compongono  ;  e  la 
vista  replicata  dello  stesso  scritto  gli  richiamoià  il  senso  ,  in  cui 
r  ha  per  innanzi  ricevuta.  Ed  affinchè  i!  Muto  possa  esprimersi 
iiuitando  Io  scritto  ,come  fa  chi  parla  imitando  colla  voce  le  vo- 
ci da  altri  proferite,  gioverebbe  eh'  egli  avesse  a  sua  disposizio- 
ne le  lettere  delf  Alfabeto  almeno  in  duplicato,  acciocché  com- 
binandole ad  imitazione  della  parola  scritta  ,  che  già  gli  fu  pre- 
sentala ,  egli  possa  essere  come  parlante  con  parola  propria  :  ma 
ciò  finche  egli  non  sia  giunto  allo  stato  di  poter  scrivere,  non  po- 
trà fare  se  non  in  parole  isolate;  in  tal  modo  però  acquisterà  una 
facile  disposizione  a  scrivere  ,  ed  a  far  uso  del  Mutilingua . 

Invece  di  lettere  staccate  da  apporsi  ordinatamente  1'  una 
all'altra  per  formare  una  parola  ,  sarebbe  meglio  preparare  un 
cartoncino,  in  cui  fossero  dentro  di  quadratelli  scritte  le  lette- 
re dell'  Alfabeto  .  Queste  servirebbero  al  Muto  per  formare  una 
parola  qualunque  ^  che  sia  a  lui  presentata  in  iscritto  ,  toccando 
successivamente  ,  e  ordinatamente  quelle  lettere,  che  la  costi- 
tuiscono; o  anche  mettendo  ordinatamente  nei  quadratelli  con- 
tenenti le  divisate  lettere  un  segnale,  come  sarebbe  un  pezzetto 
di  carta  :  col  quale  mezzo  si  riconoscerebbe  meglio  1'  ordinata 
successione  delle  lettere  costituenti  la  parola  :  ed  allorquando 
questa  avesse  qualche  lettera  doppia  ,  a  questa  si  replicherebbe 
il  contatto,  ovvero  si  porrebbero  due  segnali  .  Quando  il  Muto 
abbia  alcune  volte  veduto  farsi  da  altri  questa  operazione  ,  e  ne 
abbia  conosciuto  il  fine,  egli  saprà  ben  presto  imitarla,  come  i 
fanciulli  imitano  le  voci  ,  che  altri  proferisce  per  istruirli  nel 
paìlare  .  Tale  operazione  sarebbe  nel  Muto  come  una  lettura  del- 
la parola  scritta  ,  e  quando  da  se  ripeterà  nel  modo  indicato  una 
parola  -,  con  questa  eg'i  parlerà  in  mqdo  da  essere  inteso  da  altri  . 
Questa  pratica  sarà  come  una  preparazione  al  sopraindicato  uso 
del  3Iutiliiigua . 


BRE- 


296 

BREVI    RIFLESSIONI 

Del    Sic.    L.   M.  A.    Caldani 
SUL      CALORE      ANIMALE 

Ricevute  il  dì  1 1  Giugno  1806  . 

JLj  i  fenomeni  della  natura ,  considerata  in  tutta  la  sua  estensio- 
ne, eccitarono  mai  sempre  gli  uomini,  qualunque  sia  il  rango  da 
essi  occupato  nella  Società  ,  a  ricercarne  1'  origine  e  la  cagione. 
La  difficoltà  di  rintracciarla  fu  certamente  quella,  che  diede  na- 
scimento alla  notissima  sentenza,  cui  giustamente  può  conveni- 
re il  nome  ,  ed  il  carattere  di  assioma,  FelÌM  qui  potuit  rerurn. 
cognoscere  caitsas  . 

Ad  onta  però  di  tale  e  tanta  difficoltà  pochissimi  sono  colo- 
ro ,  che  ,  paghi  soltanto  dell'  esistenza  e  dell'  apparizione  di  sì 
nioltiplici  e  svariati  naturali  fenomeni  ,  si  contentino  di  ammi- 
rarli,  e  quindi  non  procurino  di  conoscer  la  fonte  d'onde  tras- 
sero i  lor  natali  .  Ed  avvegnaché  la  voglia  di  acquistare  siffatta 
conoscenza  sia  forse  tanto  antica  quanto  il  globo  che  abitiamo  , 
pure  si  dee  convenire  che  ne'  secoli  più  a  noi  vicini  ima  tal  vo- 
glia è  cresciuta  a  dismisura  ,  se  gli  uomini  più  zotici  ,  che  collo 
studio  non  cercarono  di  coltivare  anche  per  poco  lo  spirito  ,  e 
deporre  la  natia  rozzezza,  interrogati  essi  pure  da  qualche  lor 
simile  sulla'  cagione  di  qualche  fenomeno,  ardiscono  di  asse- 
gnarne qualcuna  j  quasi  vergognar  si  debbano  se  rispondono  di 
non  saperla  . 

Non  è  più  lecito  da  gran  tempo  di  render  ragione  di  tutto 
chinando  il  capo  a  quanto  fu  proposto  dalla  ,  non  so  se  dica  ve- 
nerabile o  non  piuttosto  tirannica  ,  autorità,  che  in  altra  sta- 
gione era ,  in  luogo  di  ragione,  il  non  plus  ultra.  Ninno  a  questi 
giorni  può  difendersi  o  sbrigarsi  da  qualunque  ricerca  coli'  ipse 

di- 


Del  S(g.  L.  M.  a.  Caldawi  .  297 

dìxìt  :  e  ciò  percliè  di  tutto  si  vuol  tener  dialogo  ,  analizzar  tut- 
to j  di  tutto  vuol  sapersi  o  almeno  potersi  parlare,  e  sovente  an- 
che decidere  . 

Eppure  si  loda  universalmente  la  moderazione  di  Socrate, 
il  quale  esaltando  co'  modi  più  energici  la  sapienza  di  Protagora , 
d'  Hippia,  di  Prodico  ,  di  Gorgia  ,  e  di  altri  sommi  Filosofi  di 
que'  tempi  ,  pronunziò  di  se  stesso  quel  famoso  detto  ,  che  noa 
vuol  pronunziarsi  a  dì  nostri  da  chi  specialmente  ne  sa  meno  : 
hoc  unum  scio  ,  me  nihil  scire  . 

Io  non  so  bene ,  se  questa  Socratica  espressione  debba  in- 
tendersi della  sola  primaria  cagione  delle  cose  tutte  .  In  tal  caso 
avrebbe  Socrate  pronunziata  la  più  sublime  di  tutte  le  verità  . 
Ma  non  avrà  perciò  mancato  egli  pure  di  cercare  di  molte  cose 
r  origine  :  di  quelle  cioè  ,  delle  quali  può  assegnarsi  ragion  plau- 
sibile ,  e  quindi  atta  a  persuadere  . 

Siccome  però  non  v'  ha  chi  non  sappia  che  la  cagione  di 
molte  cose  è  tutt'  ora  coperta  da  oscuro  densissimo  velo,  e  quin- 
di agli  occhi  umani  impenetrabile  ;  co?!  se  sono  da  lodarsi  gli 
sforzi  di  coloro,  che  procurano  0  colla  ragione,  o  colle  sperienze 
di  svelare  il  segreto  della  natura,  indovinando  la  cagione  di  que- 
sto o  di  quel  fenomeno  ;  non  si  potrà  per  lo  contrario  fare  altret- 
tanto di  quelli,  che  invasati  da  uno  spirito  di  soverchia  o  irra- 
gionevole curiosità,  si  accingono  alla  ricerca  di  ciò  che  non  può  , 
nò  potrà  sapersi  giammai  :  o  che  per  l'entusiasmo  da  cui  sono 
animati  ,  cangiano  tal  volta  il  valore  de'  termini  ,  atti  ad  espri- 
mere ciò  cVie  realmente  si  cerca,  attaccandovi  idee  insolite,  equi- 
voche ,  incompetenti  .  Entusiasmo  commendabile,  se  non  vada 
al  di  là  di  certi  confini;  poiché  il  desiderio  di  sapere,  siccome 
scrisse  1'  Oratore  di  Roma  ,  è  nato  con  noi  :  est  enim  nohìs  ,  per 
usare  le  stesse  sue  parole  ,  insita  quaedam  ,  seu  potius  inna- 
ta ,  scientiae  cupìditas  .  Quindi  è  che,  se  generalmente  si  ammi- 
rano gli  sforzi  regolati  de' coltivatori  di  qualunque  ramo  dello 
scibile,  per  V  opposto  non  si  approvano  quelli  che  ,  oltrepassati 
i  limiti  alla  stessa  più  calda  fantasia  prescritti  ,  mostrano  di  es- 
Tomo  XIIL  36  se- 


!>f)8  BxiEV'i  Riflessioni  ec. 

sere  degenerati  in  arroganza  :  vizio  giudicato  in  ogni  cosa  odioso, 
e  negli  umani  ingegni  poi  odiosissimo  . 

Di  questa  arroganza  io  vorrei  die  non  si  potessero  addurre 
altri  esempi  oltre  quelli  che  ci  furono  tramandati  da  alcuni  an- 
tichi Filosofi  :  ma  pur  troppo-altri  ce  ne  somministrarono  a  que- 
sti giorni  alcuni  Scrittori  .  Si  consideri  ,  quanto  ai  primi  ,  quali 
fossero  i  loro  sentimenti ,  parlando  del  Mondo  ,  del  Cielo  ,  dell' 
Anima  umana  ,  della  sostanza  di  questo  Globo  destiiiato  a  domi- 
cilio de'  viventi,  della  generazione  ,  della  corruzione  de'  corpi  , 
e  di  altre  cose  spettanti  alla  Fisica  :  e  si  rifletta  ,  per  ciò  che  ri- 
guarda i  secondi ,  alle  nuove  dottrine  di  due  Filosofi  recentissi- 
mi :  pretendendo  1'  uno  che  la  lisonomia  indichi  e  quasi  coman- 
di alle  passioni  ,  alle  virtù,  ai  vizi  ;  e  sostenendo  1'  altro  che  le 
nervose  contrazioni  (  certamente  sognate  ^  perchè  smentite  da 
innumerabili  sperienze  )  sono  una  stessa  cosa  con  le  idee,  e 
che  quindi  li  vegetabili  stessi  j  forniti  di  qualche  contrattilità  , 
abbiano  delle  idee  ,  e  delle  percezioni ,  gustino  il  piacere,  si  ri- 
sentano del  dolore  ,  e  siano  dotati  di  un'  anima  simile  all' 
umana  . 

Ecco  a  quali  errori  conducono  l'entusiasmo  ed  il  fanatismo. 
Vedo  questo  le  cose  con  occhi  forniti  di  colorati  vetri,  che,  pre- 
stando il  proprio  colore  a  que'  raggi  che  li  trapassano  partendo 
dall'  oggetto  contemplato  ,  lo  presentano  alla  mente  infardato 
di  una  tinta  che  non  è  sua  . 

Io  non  mi  fermo  qui  a  combattere  siffatti  errori,  perchè 
ciò  fu  eseguito  da  valorosissimi  Scrittori  .  Non  può  dunque  es- 
sere siffatta  materia  argomento  di  questa  mia  qualunque  Memo- 
ria .  Mi  propongo  soltanto  di  mostiare  che  spesso  li  più  eccel- 
lenti coltivatori  dell'  Arti ,  e  delle  Scienze,  non  saprei  dirne  la 
ragione,  oltre  la  voglia  di  proporre  qualche  cosa  di  nuovo,  cangia- 
no, siccome  dissi  poco  sopra,  il  valore  de  termini  atti  ad  esprime- 
re ciò  che  realmente  si  cerca  ,  attaccandovi  idee  insolite  ,  equivo- 
che, incompetenti .  Un  siffatto  cangiamento  è  palese  a  mio  giudi- 
zio in  quella  parte  della  Fisiologia  che  tratta  del  calore  animale, 
di  cui  vado  a  discorrere  alcun  poco  . 

Che 


\    / 


Del  Sjg.  L.   A.  M.  Caldani.  299  — 

Glie  il  sangue  umano,  non  che  quello  di  qualunque  anima- 
le ,  sia  più  o  men  caldo,  e  clie  in  lui  solo  abbia  suo  seggio  il 
principio  che  produce  il  calore  ,  ossia  il  calorico  come  a  questi 
giorni  viene  chiamato  un  tal  principio,  per  diffonderlo  equabil- 
mente in  tutte  le  parti  componenti  il  corpo  animale  ,  molte  so- 
no r  esperienze  che  lo  dimostrano  .  Le  principali  però  sono ,  che  » 
legata  un'  arteria  in  lui  animale  vivo,  le  parti  sotto  la  legatura 
si  raffreddano ,  e  ,  sciolto  il  laccio  ,  l'itorna  il  calore  :  anzi ,  senza 
far  uso  di  legatura ,  se  per  qualche  cagione  rallentasi  il  movi- 
mento naturale  del  sangue  .  scema  il  grado  di  calore  ;  e  per  con- 
trario, accresciuto  a  cose  uguali  il  detto  movimento,  il  calore  in 
proporzione  si  accresce  .  Questi  differenti  gradi  di  calore  si  pro- 
vano da  chi  si  esercita  o  vive  ozioso  ,  e  si  manifestano  nelle  fre- 
gagioni ,  ed  in  quelle  affezioni  dello  spirito  che  si  chiamano  gau- 
dio j  allegrezza  ,  collera  ,  pudore  . 

Si  è  mai  sempre  cercato  dai  Fisici  ,  e  più  particolarmente 
dai  Fisiologi ,  qual  sia  l'  origine  di  questo  calore  animale  :  e  li 
moderni  Chimici  credono  di  averla  scoperta  anzi  che  indovina- 
ta ;  e  di  questo  loro  ritrovamento  tanto  sono  persuasi  ,  che  ,  a 
loro  parere,  su  di  siffatto  argomento  non  può  più  aver  luogo  di- 
sputa di  sorte  alcuna  . 

E  per  verità  non  si  può  a  meno  di  restar  sorpresi  al  riflette- 
re che  fu  detto  e  creduto  da  non  pochi  antichi  ,  che  il  centro  del 
calore  animale  avesse  sua  sede  o  nel  ventricolo  destro  del  cuore, 
o  nel  sinistro,  o  nella  tramezza  che  divide  un  ventricolo  dall'  al- 
tro :  e  che  da  una  di  queste  parti  come  da  un  centro  si  comuni- 
casse al  sangue ,  e  quindi  al  corpo  tutto.  Imperocché  per  qual 
sorprendente  magia  ,  e  da  qual  fonte  scaturito  il  principio  del 
fuoco  ,  era  andato  a  fissarsi  in  uno  de'  tre  indicati  luoghi  ?  poi- 
ché vi  lu  disputa  ad  oggetto  di  sostenere  che  uno  di  questi  luoghi 
più  che  r  altro  aver  doveva  il  privilegio  di  conservare  dentro  di 
se  questo  principio  animatore  della  vita  . 

Fu  sentita  finalmente  la  fralezza  di  quest'  opinione  ,  cui  fu 

sostituito  il  giuoco  delle  fermentazioni  ed  effervescenze  insensi- 

Ijili,  nate  fra  umori  d' indole  opposta  ^  qualunque  yplta^accadeva 

-   'ùq 


che 


3co  BuEvi  RiFLirssiONi  cn. 

che  s' incontrassero  tra  via  .  Ijiotesi  smentita  dal  Boorliaave  là 
dove  scn^8e  che  o  si  doveva  dare  altro  nome  ai  movimenti  insen- 
sibili j  nati  dal  reciproco  incontro  di  tali  fluidi,  o  bisognava  con- 
venire che  le  sognate  insensibili  agitazioni  non  constituivano  Icr- 
mentazioni  o  effervescenze  propriamente  dette  ,  che  sono  mai 
sempre  accompagnate  da  qualche  sensibile  movimento. 

Egli  è  pressocchè  diflicile  a  credersi ,  che  alle  ragioni  addot- 
te da  sì  rinomato  Fisiologo  e  Chimico  taluno  ceder  non  vulc-se  , 
e  portasse  a  pruova  <!elle  suddette  effervescenze  gli  esempi  del 
calore  sviluppatosi  dai  cadaveri  di  uccelli  ammonticchiati  gli  uni 
sopra  degli  altri  ;  dall'  ammassato  sterco  de'coioinbi  ;  e  iinalmen- 
te  dal  fieno  secco  ,-  che  alle  volte  spontaneamente  ne'  fenili  si  ac- 
cende. Ecco,  diccvan  essi,  casi  evidenti  di  calore  eccitato  da  fer- 
Tnentazioni  inconspicue  .  E  |>erchè  dunque  non  si  dirà,  anzi  non 
potrà  accadere  lo  stesso  nel  corpo  di  un  animale  vivente?  Le  par. 
ticole  sulfuree  del  sangue  circolante  ,  moltissimo  assottigliate  , 
incontrandosi  colle  lisciviali ,  debbono  necessariamente  eccitare 
effervescenze  ,  e  quindi  piodurre  il  calore  . 

Siccome  però  bisognava  provare  e  non  supporre  gratuita- 
mente ,  che  nel  sangue  vi  erano  particole  sulfuree  ,  la  preseiiza 
delle  quali  da  fatti  chimici  è  smentita;  cosi  non  senza  gran  ragio- 
ne fu  abbandonata  questa  ipotesi ,  e  sottentrò  a  questa,  come  alle 
altre  ,  la  considerazione  o  piuttosto  la  sentenza  ,  passata  pressoc- 
chè in  assioma  ,  che  il  solo  attrito  reciproco  de'  corpi  generasse  il 
calore . 

Quali  e  quanti  siano  li  fatti  che  dimostrano ,  come  dal  fre- 
garnento  de'  corpi  nasca  che  la  loro  temperatura  cresca  di  grado  , 
cioè  che  si  riscaldino  più  o  meno  ^  non  può  essere  ignoto  a'  Fisi- 
ci .  11  celebre  Mailer  nella  sua  grande  Fisiologia  espose  quanto  fi- 
no a'  suoi  tempi  fu  detto  a  favore  dell'  attrito  come  cagione  del 
calore  animale  .  Quest'  immortale  Fisiologo  tutti  insieme  combi- 
nando gli  esperimenti  ,li  fatti  noti,  e  li  fenomeni  tutti,  con- 
chiuse, che  dal  fregamento  reciproco  del  sangue  tra  le  particole 
di  densità  diversa  delle  quali  è  composto  ,  e  tra  le  pareti  de'  so- 
lidi cavi  oscillanti  pe' quali  scorre  ,  si  producesse  il  calore  :  e  ciò 

più 


Del  Sic.    L.   ÌM.  A.   Caldani  .  Sor 

più  facilmente  perchè  nel  sangue  si  trovano  particole  oìit  se  e 
ferruginee,  le  (piali  dall'azione  del  fregameiito  più  [)resto  delle 
altre  si  riscaldano  ;  lo  che  ,  se  non  erro  grandenieute,  si  è  lo  stes- 
so che  dire,  contenersi  nelle  particole  suddette  maggior  cpianti- 
tà  di  fuoco  principio  ,  cioè  di  calorico  ;  o  esstnvi  meno  legato  co- 
gli altri  principj,  che  insieme  uniti  formano  il  sangue  medesimo  . 

In  fatti  ([ual  è  t[uel  corpo  ,  se  foise  si  eccettui  il  solo  pretto 
diaccio  ,  che  fregato  ,  battuto,  o  in  cpialsivoglia  altro  modo  mal- 
trattato non  si  riscaldi?  E  f[uale  si  è  cpieVIo  ,  in  cui  il  Boerhaave 
fiagli  altri  non  dinjostrasse  conteno'si  questo  fuoco  principio  ? 
questo  calorico  ? 

Se  dunque  non  v'  ha  corpo  senza  calorico,  come  non  ve  n'ha 
che  col  f, egainenio  non  aumenti  li  gradi  del  proprio  calore  ,  mi 
sia  permesso  di  chiedere,  perchè  mai  si  è  cercata  da  tutti  1'  ori- 
gine del  calore  animale?  E  perchè  si  è  voluto  ripetere  anche  a'di 
nostii  quest'  origine  da  un  processo  chimico  operato  dentro  de' 
polmoni  in  tempo  della  respirazione?  processo  che  in  ultima  ana- 
lisi ,  siccome  dirò  fia  poco,  altro  non  sarehhe  che  una  vera  ma 
lenta  combustione  ? 

Sonovi  forse  in  natura  animali  che  nascano  freddi  a  rigor  di 
termini,  perche  si  abbia  a  cercare  come  sia  nato  in  essi  il  calore? 
Si  potrebbe  mai  quindi  sospettare  che  l' immortai  vecchio  di 
Coo  con  quel  suo  calor  innatns  avesse  appunto  voluto  significa- 
re ,  che  come  dalla  prima  madre  dei  viventi  tutti  li  primi  frutti 
riceverono  il  calore  ,  così  questi  per  legge  di  natura  lo  traman- 
dassero con  successiva  e  non  mai  interrotta  serie  al  resto  de' mor- 
tali di  qualunque  specie?  E  se  la  cosa  è  così,  cioè  se  niuno  nasce 
fi-eddo  ,  perchè  beccarsi  il  cervello  a  fine  di  rintracciai  e  1'  origi- 
ne del  calore  di  cui  qui  si  tratta  ?  Questa  inutilissima  ricerca,  im- 
possibile a  mio  debole  intendimento  ad  essere  soddisfatta,  e  che 
fu  pri'ducitri(  e  di  molte  e  stravaganti  ipotesi,  si  fa  tuttora  a' dì 
nostri  ^  perchè  anche  li  moderni  Chimici  facendo  uso  di  alcuni 
gas,  invece  di  scrivere  che  possono  forse  questi  conservare  il  calor 
animale  ,  pretendono  anzi  che  da  certo  giuoco  de'  suddetti  flu?- 
di  aeriformi  questo  calore  assolutamente  dipenda  . 

Si 


3o2  Brevi  iui'LEssioni  ec. 

Si  nscoUi,  ili  piuova  di  <juaiito  asserisco  ,  l'esposizione  del 
processo  chimico  ^  che  ,  seguendo  le  tiacce  impresse  su  di  (luc- 
sto  inutile  argomento  dal  Dott.  Crawfordj  ci  han  regalato  li  Chi- 
mici pneumatici  .  Il  Crawford  dunque  vuole  ,  che  la  capacità  ,  la 
(juale  ila  il  sangue  di  contenere  il  calore  ,  sia  in  lagione  inversa 
del  flogisto  che  nel  sangue  istesso  si  contiene:  1'  aria  ispirata  , 
ci  dice  ,  abbandona  ne'  polmoni  il  suo  calore  ,  e  riceve  il  flogisto 
dal  sangue.  Essendo  c|uesto  spoglio  di  flogisto ,  attrae  il  calore 
abbandonato  dall'  aria  .  Ma  siccome  il  sangue  riceve  sempre  nuo- 
vo flogisto  dagli  umori  che  influiscono  nel  torrente  della  circo- 
lazione ,  cosi  esso  sangue  perde  sempre  proporzionatamente  del 
calore  \,  e  questo,  reso  libero,  accresce  la  temperatura  del  corpo , 
e  mantiene  quindi  il  calore  animale  . 

Sbandito  il  flogisto  dai  moderni  Chimici  ,  non  però  da  tut- 
ti ,  qual  Ente  di  ragione  ,  sostituirono  quelli  la  seguente  teoria  . 
Il  gas  ossigeno  che  s' inspira  si  unisce  ne'  polmoni  all'  idrogeno 
ed  al  carbonio  del  sangue  ,e  per  conseguenza  nelT  espirazione  si 
ottiene  il  gas  azoto  (  già  ispirato  coli"  ossigeno  a  cui  sta  unito  per 
comporre  Tarla  atmosferica)  ;  più  il  vapor  ac(jueo  risultante 
dall'  unione  del  gas  ossigeno  col  gas  idrogeno;  più  finalmente  il 
gas  acido  carbonico  ,  composto  d'  ossigeno  e  di  carbonio  .  In 
quest'atto  di  respirazione,  per  la  combinazione  dell'ossigeno 
con  alcuni  principj  de'  iluidi  animali  che  gli  sono  più  affini ,  il 
gas  ossigeno  abbandona  il  calorico  ;  e  perciò  il  processo  della  re- 
spirazione fu  rassomigliato  ad  una  lenta  combustione  .  Del  calo- 
rico poi ,  perduto  dal  gas  ossigeno,  una  parte  mantiene  l'acqua 
in  istato  di  vapore  ,  e  l'acido  carbonico  in  cjuello  di  gas;  mentre 
r  altra  parte  penetra  nel  sangue  per  generarvi  il  calore  . 

Finalmente  se  si  ricerca  quali  siano  i  principj  co'quali  il 
gas  ossigeno  si  unisce  per  la  maggiore  affinità  ,  e  quindi  abban- 
dona il  calorico,  si  risponde  che  tali  sono  il  muco  che  spalma  le 
vie  aeree  de'  bronchj ,  e  le  esalazioni  oliose  e  glutinose  del  san- 
gue,  perchè  e  quello  e  queste  sono  composte  d'  idrogeno  e  di 
carbonio  .  Non  e  però  si  esatta  V  unione  dell'ossigeno  inspirato  , 

con 


V 


DcL   Sic.   L.  M.   A.   Caldani.  3o3 

con  questi  due  piiiicipj ,  che  qualclie  porzione  di  esso  ,  siccome 
si  è  detto  ,  non  entri  nel  sangue  . 

Quanto  ho  qui  brevemente  esposto  appartiene  ,  se  non  erro, 
alle  recenti  ipotesi  sull'origine  del  calore  animale.  Snppongo 
noto  che  il  fu  Sig.  Scopoli  Professor  di  Pavia  fu  uno  di  quelli  che 
combattè  la  teoria  Crawfordiana  (i)  apportando  fra  molte  ragioni 
quella  che  ,  posta  siffatta  teoria  ,  non  s' intende  come  dall'  attri- 
to de'  corpi  nasca  il  calore.  Non  mi  è  ignoto  che  uno  de'  miei 
Commentatori  ,  a  sostegno  dell'  opinione  del  Crawford  ha  riferi- 
ta una  congettura  in  forma  di  domanda  j-'tioè  ,  se  forse  svolgen- 
dosi per  r  attrito  il  flogisto  ,  il  calore  discenda  daW  aria?  Ma  la 
voce  forse  non  rinforza  punto  la  teoria  del  Crawford  :  e  conside- 
rando che  iti  tutti  li  corpi  annida  la  materia  del  fuoco  ,  ossia  il 
calorico  ,  principio  dotato  ,  siccome  insegnano  li  Chimici  ,  di 
sorprendente  elasticità,  e  quindi  moltissimo  compressibile,  s'in- 
tende abbastanza  come  1'  attrito  lo  sviluppi;,  e  quindi  produca  il 
calore  . 

Ed  a  proposito  di  questo  calorico  ,  o  fuoco  principio  ,  dif- 
fuso e  sparso  più  o  meno  in  tutti  li  corpi  della  natura,  s'  egli  tro- 
vasi per  conseguenza  in  tutti  gli  alimenti  ;  e  se^  com'  è  noto  da 
infiniti  cogniti  esperimenti,  l'attrito  ,  procurato  per  (jualunque 
modo,  comprimendo  le  molecole  de'  corpi  sprigiona  il  calorico 
che  vi  è  contenuto,  e  quindi  que'  corpi  si  riscaldano,  anzi  talu- 
ni si  accendono  ,  come  accade  talvolta  agli  assi  e  ruote  de'  carri 
di  qualunque  spezie,  qualora  il  moto  loro  è  troppo  veloce  ;  e 
quando  si  passa  anche  leggermente  la  lima  su  di  iin  metallo  com- 
posto ad  arte  di  antimonio  ,  e  di  ferro  ;  nel  qual  caso  tutto  scin- 
tilla fuoco;  se  la  vita  consiste  in  una  perenne  azione  e  i-eazione 
delle  parti  solide  e  fluide  che  il  corpo  vivente  compongono  :  e  se 
finalmente  questa  perenne  azione  e  reazione  non  può  andar  dis^ 
giunta  da  f. eoamente,  e  per  conseguenza  da  sviluppo  di  calore: 
se  tutto  ciò,  dico,  è  sì  certo  che  uiuno  v'  ha  che  possa  rivocar- 

lo 


(i)  Vedi  Tiaduzionc  del  Dizion.  del  Macquer  alla  voce    Calore  , 


3o4  BllEM    niFLESilONI    cc. 

]o  ni  dubbio  ,  se  fede  negar  non  voglia  ai  proprj  sensi  ,  clie  l)iso- 
gno  v'  era  d'immaginare  una  teoria,  atta  a  far  compiende- 
re  per  qualcbe  modo  1'  origine  di  una  qualità  coetanea  al 
primo  animale  di  qualunque  specie  sortito  per  qualsivoglia  ma- 
uiera  dalla  mano  della  natura?  poiché  (  tni  piace  di  ripetere 
una  verità  tanto  vecchia  quanto  il  Mondo  )  non  v'  ha  esempio 
che  qualche  animale  sia  nato,  o  nasca  freddo,  perchè  debba  cer- 
carsi come  in  lui  si  generi  il  calore  :  e  ciò  eh'  è  più,  sono  caldi  an- 
che quegli  animali,  che  ,  privi  di  polmone  ,  non  possono  trai-re 
r  ossigeno  dall'  atmosfera  . 

Non  dovevasi  dunque  ,  a  mio  giudizio,  nell'argomento  di 
cui  si  fa  qui  parola  ,  usare  le  voci  di  or'v^ine,  cagione,  fo nte^ pro- 
duzione^ dipendenza,  generazione  del  calore  ;  ma  sibbene  quella 
soltanto  di  conservazione .  Né  vi  sia  chi,  a  difesa  di  que'  Fisiolo- 
gi,  e  Chimici  che  delle  suddette  voci  si  servirono,  mi  opponga 
che  qui  si  fa  disputa  di  parole  .  Alle  voci  comuni  non  si  debbo- 
no ^attaccare  nuove  idee:  inoltre  1' indole  delle  proposte  teorie 
per  la  spiegazione  di  alcuni  fenomeni,  congiunti  colla  respirazio- 
ne, dimostra  ad  evidenza  che  si  tratta  della  generazione  del  calore. 

Cagione  di  questi  cangiamenti  di  vocab(di,  di  equivoche  e 
poco  precise  espressioni  si  è  la  voglia  di  generalizzare  alcune  teo- 
rie .  Col  flogisto  ,  pel  tratto  d'  anni  60  in  circa  tutto  voleva  spie- 
gaisi,  o  certamente  della  maggior  parte  de'  fenomeni  naturali  si 
tentava  di  rendere  ragione,  tuttocché  si  confessasse  di  non  sapere 
veramente  cosa  ei  fosse^  perchè  non  mai  si  era  potuto  averlo  iso- 
lato ,  siccome  suol  dirsi,  ad  oggetto  di  farne  l'analisi  .  Sban- 
dito questo,  tutto  pare  che  ripetere  si  voglia  dalla  composizio- 
ne e  scomposizione  dell'acqua,  non  meno  che  dal  giuoco  di  alcu- 
ni gas,  o  fluidi  aeriformi ,  le  cui  basi,  o  radicali ,  come  altri  di- 
cono ,  non  si  conoscono  per  alcun  modo  .  lo  non  ardisco  entrare 
in  questo  nuovo  labirinto  di  Fisica  :  quindi  non  dirò  con  qualche 
celebre  Autore  ,  che  per  sostenere  la  suddetta  composizione  e 
scomposizione  si  doveva  dimostrare  che  ne'  due  gas,  ossigeno  ed 
idrogeno,  niente  vi  era  unito  di  acqua:  o  con  altri,  che  l'acqua 
prodotta  dalla  combinazione  de' due  suddetti  fluidi  aerifòfuii, 

non 


Del  Sic.  L.  M.  A.  CAtnANr.  3c5 

non  è  che  mia  jìvecipitazioiie  delT  accjii()So  fluido  contenuto  mai 
sempre  più  o  meno  noli'  atiuosfeia  ,  non  più  sostenuto  e  conser- 
vato dal  dissipato  calorico  in  istato  vaporoso  .  Non  azzarderò  di 
pronunziare  che  la  baso  di  tutti  li  gas  sia  V  acqua,  siccome  pa- 
re che  da  un  immenso  nùniero  di  spcrienze  concliiudesse  il  fu 
Sig.  Priestley  .  Non  cercherò  con  altri  ancora  (  seivendi  mi  delle 
loro  parole)  per  qual  magia  singolarissima  l'aria  inspirata  d  separi 
tosto  ne'  due  gas  che  la  compongono,  sì  die  1'  ossigeno  in  parte 
non  piccola  entri  nel  sangue  per  generarvi  il  calore  ,  e  l'azoto  sia 
rimandato  o  in  tutto  o  in  parte  (  giaccìiè  di  questo  ancora  non  si 
conviene  da  tutti  )  con  altri  gas  ;  cioè  idrogeno,  acido  carbonico, 
e  con  acqua  (della  quale  questo  gas  abbonda  secondo  le  osserva- 
zioni del  suddetto  Priestley  )  sia  ,  dissi,  rimandato  coli' espira- 
zione . 

Alla  per  fine  io  non  deciderò  se  alcuni  cliielono  a  rag'one 
come  possa  tr;iscuraisi  (  se  pure  ciò  fu  realmente  fatto  )  la  consi- 
derazione che  l'aria  ,  conosciuta  sempre  mescolata  or  piti  or  me- 
-no  j  di  varie  spezie  di  vapori,  di  esalazioni,  di  magnetismo  ,  di 
iiioco  elettrico  ec.  ec.  possa  dirsi  formata  soltanto  dei  due  noti 
gas  ,  e  se  ripugni  alla  ragione  stessa  ,  o  almeno  intender  non  si 
possa  il  come  li  due  iluidi  aeriformi,  uniti  al  calorico  sommamen- 
te elastico  ,  e  com.pressibile,  si  risolvano  in  acqua  pressocchè  in- 
capace di  qualunque  compressione  :  ne  cbiederò  qual  sia  la  spe- 
rienza  che  dimostri  a  convincimento  la  supposta  separazione  de' 
componenti  l'aria  ,  entrata  ne' polmoni  ,  ed  asserita  per  modo  , 
che  sembra  essere  stata  veduta  ad  occhj  nudi. 

Non  vi  sia  però  chi  s'immagini  o  sospetti  eh' io  creda  che 
quanto  ho  (jui  esposto  di  volo  possa  render  dubbiosa  l'esistenza 
dei  due  noti  gas  nell'  aria  atmosferica  o  la  decomposizione  dell' 
acqua  dimostrata  con  tanta  evidenza  da' moderni  chimici  cele- 
jaratissimi  . 

Rifletto  soltanto  (  quando  però  io  non  isbagli  moltissimo) 
che  la  generazione  dell'acqua  nel  caso  della  respirazione  (  gene- 
razioiìe  conosciuta  da  chiunque  ajjplica  una  mano  alla  bocca 
quando  espira  )  non  pruova  la  separazione  delli  due  gas  che  la 

Tomo  XIII.  39  coni- 


3o6  Brevi   kiflessioni   ec. 

compongono  ,  dentro  de'  polmoni ,  e  del  sangue.  E  ciò  percliè  in 
non  poche  parti  del  corpo  animale,   cioè  in  tutte  quelle  che  per- 
spirano  si  raccoglie,  e  si  può  raccorre  dell'  acqua .  Cosi  dentro  la 
cavità  del  petto  nel  feto  che  non  respira  trovasi  un  pò  d'  acqua 
sovente  rossiccia  :  acqua  s' incontra  nel  pericardio  ,  nel  hulbo  de- 
gli occhi ,  sotto  la  tonaca  della  lente  cristallina  ,  nell'  intima  ca- 
vità dell'orecchio,  entro  gì' inviluppi  del  feto  contenuto  nell'ute- 
ro; e  finalmente  il  vapore,  che  esala  da  tutte  le  superficie  inter- 
ne ed  esterne  del  corpo,  in  acquoso  fluido  si  condensa  .   Ciò   ve- 
dasi ancora  nella  perspirazione  della  cute.  Allo  staccare  qualche 
cerotto  glutinoso  da  una  qualunque  parte  attaccata  da  tumore  , 
cui  fu  per  alcun  giorno  applicato,  si  vede  scolare  un  poco  di  ac- 
quoso fluido  ,  che  consola  gl'infermi,  ugualmente  che  certi  igno- 
ranti Chirurghi ,  li  quali    portano  opinione  che  quell' umoie  sia 
porzione  della  materia  nel  tumore  contenuta  . 

Li  fluidi  acquosi  qui  accennati,  e  le  perspirazloni ,  che  in 
acqua  si  addensano ,  non  possono  essere  certamente  altrettanti 
prodotti  dell'unione  de'  due  gas,  che  si  risolvono  in  ai  qua  ;  sem- 
brando piuttosto  che  lo  siano  del  calore  aiiitiiale  .  che  vaporizza 
una  qualche  parte  dell' acqua  del  j-angue.,  in  quella  guisa  che  l'ac- 
qua contenuta  in  un  vaso  posto  al  fuoco  sul  principio  di  sua  in- 
calescenza comincia  a  fumare,  cioè  a  sotti'izzarsi  per  modo  da 
manifestarsi  in  forma  di  vapore:  o  se  si  vuole  ,  cume  avviene  ne' 
fiumi,  allorché  le  loro  acque  sono  più  calde  dell'atmosfera. 
L' aria ,  la  quale  è  a  contatto  dell'  acqua  riduce  in  una  spezie  di 
nebbia  1'  acqueo  vapore  esalante  che  pria  era  insensibile  all'  oc- 
chio .  Tale  parimenti  per  questa  stessa  ragione  sì  è  la  metamor- 
fosi della  perspirazione,  si  cutanea  che  polmonare,  in  tempo  di 
freddo  ;  facendosi  visibile  laddove  per  l' innanzi  anche  all'occhio 
di  vetri  armato,  era  inconspicua  . 

Né  per  ciò  si  dee  credere  che  l'acqua  del  sangue  di  qualun- 
que animale,  ridotta  a  vapore  sia  acqua  semplice,  siccome  non 
lo  è  quella  che  si  espira  .  ^Troppo  è  noto  che  la  perspiiazione  de- 
gli animali  che  sono  privi  di  polmoni ,  e  che  vissero  qualche  tem- 
po nel  pieno,  cioè  nell'  aria  non  rinnovata  ,  ammazza  qualunque 

al- 


Del  Sic.  L.  M.  A.  Caldani.  3r7 

altro  animale  che  vi  si  rinchiuda;  siccome  appunto  fa  l'aria  ch'esce 
dai  polmoni  .  Egli  è  perciò  die  può  dirsi  ,  forse  più  ragionevol- 
mente, essere  congiunta  alla  perspirazione  moli' aria  fìssa  ,  ossia 
gas  acido  carbonico,  insieme  con  altri  gas  sviluppati  dai  fluidi  a- 
nimali^  che  finalmente  altro  non  sono  che  il  prodotto  degli  ali- 
menti animalizzati,anzi  che  asserire,  come  fece  il  troppo  celebre 
Lavoisier,  che  1' ossigeno  inspirato  in  acido  carbonico  in  gran 
parte  si  converte  . 

E  qui  è  da  notarsi  che  il  vapore  espirato  è  sempre  notabil- 
mente più  caldo  dell'aria  entrata  ne' polmoni.  Questo  fatto  notis- 
simo fece  dire  a  Galeno,  ed  a'  nostri  giorni  al  Margraff  essere  più 
il  calore  che  dal  corpo  animale  esce  espirando  ,  di  quello  che  vi 
entra  in  tempo  dell'  inspirazione  .  Né  io  saprei  ripetere  dà  altro 
fonte  che  dall' attrito  questo  aumento  di  calore  .  E  ciò  special- 
mente perchè,  sussistendo  in  noi ,  ed  in  qualunque  animale  res- 
pirante la  consueta  respirazione,  e  p°rciò  V  ingresso  del  gas  ossi- 
geno nel  sangue,  se  il  corpo  non  si  t-serciti,  equii.di  si  rallenti  il 
movimento  de'  solidi  e  de'  fluidi ,  si  muore  di  freddo  . 

Quindi  è  che  non  sembra  sì  vero  ciò  che.  da  alcuni  autori  o 
Patrocinatori  delle  nuove  teorie,  sulla  respirazione  fu  proposto: 
cioè  che  il  calore  di  un  animale  è  in  ragione  ,  ossia  in  proporzio- 
ne, della  quantità  d'  aria  eh'  ei  respira  in  un  tempo  dato  .  Si  res- 
pira bene,  e  naturalmente,  da  non  pochi  ii.fermi  di  cachessia  , 
di  chiorosi,  di  leucoflegmazia;  ma  il  calor  naturale  in  questi  è  più 
o  meno  sensibilmente  scemato  .  E  questa  diminuz  one  di  calore 
non  può  riconoscere  altra  cagione  che  la  debolezza  ile' solidi ,  e 
quindi  lo  scemamento  del  loro  attrito  su  dei  fluidi  :  attrito  che  re- 
stituendosi colla  pratica  de'rimedj  tonici  tratti  specialmente  dall' 
acque  ferruginose  e  dalle  preparazioni  mediche  del  ferro,  combi- 
nate col  moto  possibile  di  tali  infermi,  fa  ritornare  le  forze,  ed  in- 
sieme il  perduto  color  vermiglio,  il  quale  se  non  eccede  certi  li- 
mili ,  e  sia  misto  con  certa  proporzione  alla  bianchezza  della  cu- 
te, tanto  nel  bel  sesso  da  noi  si  desidera  ,  si  apprezza,  e  si  loda  . 
Ho  detto  che  gli  accennati  presidj  tonici  debbono  essere  com- 
binati col  moto  possibile  della  persona,,  perchè  senza  di  questo,  se 

a  a- 


3c8  Bkevi  lUFLr.ssiONì  ec. 

anche  la  respirazione  o  volontariamente  si  rendt^ssc  iVcfriiciilc,  o 
tanto  ampia  e  profonda  (jiianto  quellaclie  coslitnisce  losbadi'lio, 
non  si  otterrebbe  la  qnantità  di  calore  necessario  a  sostentanieu- 
to  della  sanità  e  delia  vita  .  Si  respiri  pure  a  piena  bocca  du  clii 
sta  in  ([uiete  ,  e  massime  se  V  atmosfera  sia  fredda  ,  s'  ci  non  fa 
moto  si  die  per  l'attrito  si  svolga  più  calore  del  naturale,  si  morrà 
agghiacciato,  e  si  dee  credere  che  certi  grandi  abitatori  d^.l  mare 
settentrionale,  e  tra  questi  le  Foche, si  esercitino  con  moto  vio- 
lento ad  oggetto  di  tanto  accrescere  il  proprio  calore,  quanto  ba- 
sti a  resistere  al  freddissimo  elemento,  entro  di  cui  conducono  la 
vita  .  Io  soche  le  Foche  sono  dotate  di  polmoni;  ma  siccome  po- 
co ne  possono  far  uso,  così  la  interrotta  loro  respirazione  non  pa- 
re che  possa  somministrare  tanto  di  ossigeno  da  procurare  adesse 
un  aumento  di  calore  molto  maggiore  del  nostro ^  secondo  le  os- 
servazioni di  Martiife,  registrate  ne' saggi  di  Edimburgo  (i):  au- 
mento che  al  solo  attrito  e  non  già  all' aria  inspirata  si  dee  attri- 
buire. 

Ma  io  debbo  finalmente  ricordarmi  che  non  si  dee  stancare 
la  pazienza  di  chi  legge.  La  conchiusione  adunf[ue  di  ({uesta  ({ua- 
lunque  memoria  si  è,  che  inutilmente  si  è  cercata  F  origine  di 
una  proprietà  animale  ,  che  è  nata  con  noi  :  che  ne'  solidi  e  fluidi 
nostri  j  come  ne' corpi  tutti,  annida  la  materia  del  calare,  la 
quale  nel  ferro  spezialmente  ,  che  non  manca  nel  sangue  ,  vi  si 
trova  in  copia  tale,  e  sì  pronto  a  svolgersi,  che  il  moto  veloce  e 
quindi  1'  attrito  di  due  pezzi  di  ferro  F  uno  cavo  ,e  1'  altro  solido, 
si  però  che  l'uno  si  accomodi  all' altro,  sviluppa  tanto  calore 
da  ridur  prestissimo  l'  acqua,  in  cui  sono  immersi  allo  stato  di 
ebuUizione;  siccome  sento  essere  stato  provato  dal  Rumford  ce- 
lebre Fisico  Americano  :  che  questa  materia,  la  quale  ci  viene 
dagli  alimenti  ,  sommamente  elastica,  dalF  azione  de'  solidi  con- 
tro de'fluidi  animali,  di  questi  fra  di  loro  e  contro  di  quelli,  spri- 
gionata, esaltata ,  accresciuta,  mantiene  in  noi  il  calore  -,  cosa  di- 

mo- 


(J)  Vedi  Haller  £lcm.  Phyiiol.  Voi.  II  Lib.  VI  Sect.  HI  §.  X  ., 


Del  Sig.   L.  M.   A.  Caldani  .  009 

mostrata  dàlia  diaiirnizione  di  questa  qualità  ne'casi  di  movimen- 
to languido,  e  dall'aumento  di  quello  nel  v^^lido  esercizio  del  cor- 
po :  e  che  finalmente  volendosi  far  nascere  il  caluie  animale  dall' 
ossigeno  inspirato,  conveniva  pria  diimostrare  ,  che  l'attrito  re- 
ciproco de' nostri  solidi  e  fluidi  non  bastava  a  mantenere  in  npi 
quella  quantità  di  calorico,  che  il  calor  animale  non  già  produce 
o  genera  ,  ma  soltanto  ahmenta  e  conserva  sino  a  tanto  che  sussi- 
ste la  vita,  oltre  la  quale  il  calore^  giù  prima  il  più  delle  volte  sce- 
mato alla  fine  gradatamente  svanisce. 


SO- 


aio 


SO    P    R    A 

ALCUNI  PRODOTTI  SINGOLARI  DELL'  ANIMALE  ECONOMIA  MORBOSA 

MEMORIA 

Del  Sic.  Pietro  Moscati 
Ricevuta  il  dì  i3  Giugno  1806. 

Aje  maravigliose  operazioni  dell' organismo  vitale  danno  orìgi- 
ne mai  sempre  a  risultati  curiosi  e  singolari  degni  in  ogni  tempo 
dell'  attenzione  dei  Filosofì  e  dei  Naturalisti.  Dipende  probabil- 
mente dalia  variabilità  dell' organizzazione  e  della  vita,  oppure 
dalla  loro  costanza  ,  la  variazione  nel  suo  modo  d'  agire  e  di  pro- 
durre, l'estensione  del  suo  dominio  ,  eia  costanza  de' suoi  pro- 
dotti; per  lo  che  succede  che  molteplici  ed  impreveduti  acciden- 
ti si  osservano,  i  quali  indeterminatamente  riproducendosi,  e 
rinnovandosi,  presentano  di  continuo  nuovi  generi  e  nuove  spe- 
cie di  sostanze  ,  non  mai  conosciute  e  neppur  sospettate  . 

AU'influen/a  di  tali  cagioni  credo  che  la  Patologia  animale 
e  la  Medicina  pratica  debbano  il  complesso  degli  eft".  tti  su  cui  in 
ogni  tempo  hanno  basatele  proprie  osservazioni  quegl' illustri  cul- 
tori ,  che  non  hanno  mai  cessato  d'  arricchirle  colle  loro  opere  ; 
e  ad  una  tale  influenza  penso  che  si  debbano  pure  attribui- 
re due  interessanti  fenomeni, che  riportati  per  la  prima  volta  in 
questo  scritto,  aumenteranno  il  numero  delle  cognizioni  sui  pro- 
dotti singolari  dell'  animale  economia  morbosa  . 

Rari  ,  e  si  può  dire  unici  ,  ne'  casi  clinici ,   questi  due  fatti 
hanno  risvegliata  la  mia  attenzione,  e  mi  hanno  eccitato  a  Hirli 

no- 


Del  Sic    Pietro  Moscati.  3ii 

noti  al  Pubblico,  nel  tempo  stesso  che  gli  accompagno  con  qual- 
che discussione,  relativamente  al  modo  dalla  natura  impiegato 
per  la  produzione  di  questi ,  e  di  analoghi  fenomeni,  egualmen- 


te strani  e  meravigliosi 


Il  primo  caso  verte  su  di  una  produzione  di  calcoli  urinarj  , 
nuovi  per  la  loro  chimica  natura  ,  ricavati  da  Antonia  Civeiti 
d'  anni  4-5  >  che  abitava  nel  conservatorio  di  Como,  la  quale  per 
certa  serie  di  anni  continuò  a  somministrarne  :  e  questi  furono 
sempre  tra  di  loro  chimicamente  simili ,  sebbene  nel  colore  pre- 
sentassero ([ualche  piccola  differenza.  M'  avvidi  esplorandone 
.le  qualità  Fisiche  e  Chimiche,  che  differivano  da  tutti  queUi 
che  aveva  avuto  campo  d'osservare  nelle  numerose  collezioni  di 
calcoli  vedute,,  e  possedute  ;  imperocché  alcuni  avevano  un  co- 
lore verde-bigio,  altri  un  colore  più  uniformemente  verdastro  e 
sparso  qua  e  là  di  macchie  di  un  verde  più  chiaro  :  erano  leviga- 
ti nella  loro  esterna  superficie  ,  da  cui  separate  alcune  scaglie  , 
comparivano  trasparenti,  e  di  un  verde  smeraldo,  e  semina- 
ti di  punte  più  o  meno  lucide  nel  loro  interno  ^  ove  presentava- 
no una  specie  di  cristallizzazione,  ed  erano,  come  sono  pressoché 
tutti  i  calcoli,  fatti  a  strati .  Conobbi  poi  ai  chimici  assaggi  insti- 
tuitij  che  essi  coptenevano  del  ferro,  della  magnesia,  e  delia 
terra  silicea  ,  dal  che  conclusi ,  che  singolari  e  nuovi  dovevano 
essere  simili  calcoli ,  non  descritti  da  alcun  autore,  e  nemmeno 
dagl'illustri  Fourcroy  eVauquellin  nella  loro  classificazione  dei 
calcoli,  stabilita  pell'analisi  la  più  estesa  che  finorsi  conosca  {a). 

Fatti  questi  analizzare  dal  Regio  Farmacista  Sig.  Pietro  Ale- 
manni, Chimico  dottissimo (t),  vi  si  è  trovato  oltre  i  riferiti  prin- 
cipi ,  anche  F acido  fosforico,  e   si  è  conosciuto  che  la  magnesia 


vi 


{a)  Fourcroy,  sistéme  de  conn.  Chim. 
te.  T.  X.  pag.  219  e  seg. 

(t)  H  sud.  Sig.  Pietre  Alemanni  mi 
diede  i  multati  dell'analisi  dei  medesimi 


unitamente  al  processi  analitici  ado- 
perati ,  in  una  lettera  che  sarà  inse- 
rita in  questo  volume  della  Società 
Italiana  . 


3l2  SOI'BA    ALCUNI    PrODOTTI    CC. 

vi  era.  contenuta,  parte  in  istato  di  magnesia  pura,  parte  in  quello 
cìicarbonato  niagnesiaco;  che  l'acido  foòforico  era  unito  all'  o^^do 
di  terrò,  e  perciò  in  istato  di  fosfato  di  ferro,  che  non  cuntrne- 
vano  né  acido  urico,  né  calce  ,  uè  acido  benzoico,  od  altri  pr.in- 
ci|,),j  contenuti  ordinariamente  nelTorina  ,  e  nei  calcoli  da  essa  for- 
mati, e  che  linai  mente  la  terra  selciosa  forniava  coi  suddetti  [)rin- 
<:ij)j  una  conibinazione  chimica  molto  coerente  e  quasi  come  una 
pietra  dura,  segnando  essi  il  vetro  come  fa  la  pietra  foi  aja  .  Dall' 
analisi  dei  suddetti  calcoli  si  rilevò  pure  che  i  pùncipj  componenti 
vi  erano  contenuti  nelle  proporzioni  seguenti  cioè  in  cento  parti 

Magnesia  pura  5 1 

Fosfato  di  ferro  al  minimo  d'  ossidazione 

Silice 

Carbonato  di  magnesia 

Sostanze  volatili  e  jaerdita 

Somma      loo  . 

Dalla  cognizione  de  quali  principi',  se  autentica  e  sicura  non 
mi  fosse  stata  la  provenienza  dei  calcoli  riferiti ,  io  gli  avrei  sti- 
mati piuttosto  un  prodotto  minerale  che  animale  {a)  .  Ma  dei  cal- 
coli composti  di  silice  erano  pure  stati  os^cr^ati  dai  citati  Four- 
croy  e  Vauquelliu  ,  sebbene  due  soli  in  pari^cchie  centinaja  ossi 
ne  accusino  .  Di  più  questi  calcoli  nostri  contengono  la  silice  in 
minor  quantità  che  quelli  osservati  dai  citati  autori  ;  ed  oltre  al- 
la magnesia  in  buona  quantità,  contengono  anche  il  fosfato  di 
ferro,  sale  che  pur  si  ritrova  in  alcune  sostanze  animali,  e  princi- 
palmente nel  sangue  ,  sebbene  in  questo  liquido  sia  allo  stato  di 

fos- 


ai. 

84 

ao 

4 

3 

,  i6 

(a)  La  sicurezza  dell'  osservazione 
presente  è  fondata  .  i.  Sul  non  cono- 
scersi finora  alcun  fossile,  che  presen- 
ti analogia  con  tali  calcoli,  a.  SuU' 
essere  la  persona  che  faceva  questi 
calcoli  sotto  gli  occhi  di  un"  intera  co- 
anunità  ■     3.    Dal    non  aver  essa  avuta 


alcun  interesse  o  fine  per  simulare  ma- 
lattia .  4-  Dall' aver  essa  mandato  fuo- 
ri (juesti  calcoli  a  diversi  intervalli  per 
una  serie  di  anni .  5.  Per  ultimo  dall 
essersi  osservati  e  trovati  questi  cal- 
coli colla  soprascritta  analisi  semj>r» 
uniformi  nella  loro  composizione  . 


Del  Sic.  Pietuo  Moscati  .  3  i  3 

fosfato  di  fèrro  iper-ossidato  e  ad  eccesso  di  ossido .  Trovandosi  il 
fosfalo  di  ferro  anche  tiel  sangue  ,  si  trova  per  conseguenza  nel 
liquido  universale  da  cui  tutte  le  secrezioni  dipendono  ,  ed  è  più. 
facile  da  spiegare  la  provenienza  di  questo  nei  calcoli  ,  di  quello 
che  a  spiegarvi  la  presenza  della  silice  .  Imperciocché  il  sistema 
venale  non  doveva  far  altro  nel  fabbricare  1'  orina  the  separare 
dal  sangue  un  poco  del  suo  fo.-lato  ,  non  trattandosi  al  più  che  di 
niodilicarlo  colla  sottrazione  di  un  poco  d'ossij;eno  per  licondur- 
reil  fosfato  al  minimo  d'ossidazione,  cosa  facile  da  operarsi,  giac- 
ché molti  umori  avidi  sono  di  combinarvisi,  come  sarebbe  1'  al- 
bumina, l'ureo  ec.,  e  coli'  aggiunta  d'  un  pò  d'acido  fosforico, 
cosa  parimente  facile  da  eseguirsi,  stantechè  l'organo  secernen- 
te  nel  separare  roiina3  la  separa  quasi  sempre  acidulata  d'  acido 
fosforico.  Non  cosi  della  silice,  a  cui  forse  è  necessaria  se  non 
la  formazione,  almeno  una  elaborazione  tale  della  macchina  ani- 
male da  ridurla  sottilissima  e  per  così  dire  in  liquore.  I  mezzi, 
che  la  natura  organica  adopera  per  trasportare  la  silice  in  parti 
finissime  del  corpo  animale,  ci  sono  affatto  ignoti,  come  ignota  è 
a  noi  la  maniera  con  con  cui  la  natura  stessa  converte  forse  la  si- 
lice in  carbonato  di  calce  nei  gallinacei  .  Infatti  una  terra  più 
coerente  di  tutte  le  altre  ,  che  non  viene  intaccata  dagli  agenti 
i  più  energici ,  se  si  eccettuino  gli  alcali  fissi  e  l'acido  fluorico; 
che  segna  lamaggior  parte  delle  pietre  dure  e  resiste  alle  mecca- 
niche pressioni  del  pestello,  e  che  ridotta  più  fina  che  mai  si  pos- 
sa ,  resta  sempre  ruvida  al  tatto  ,  è  sorprendente,  come  possa  es- 
ser trasportata  in  organi  sottilissimi,  come  p.  e.  i  capelli  ,  in  cui 
fu  trovata  cosi  abbondantemente,  anche  poco  fa  dall'illustre 
Vauqnellin  {a)  .  Un  esempio  tale  ci  porge  un'  idea  dell'  energia 
delle  forze  vitali  e  dell'  estesa  influenza  dell'  orgaliizzazione  sull' 
elaborazione  dei  corpi  bruti,  comunque  anche  dai  vegetabili,  in 
cui  si  ritrova  pure  la  silice  abbondantemente,  si  voglia  spiegare  in 
parte  la  presenza  di  questa  terra  nei  prodotti  animali . 

Tomo  XIII.  4o  Pas- 


(«)  Vedi  Ann.  de  chim.  3o  Avril  i8o6  . 


3i4  Sopra  alcuni   phodotti  ec. 

Passo  al  secondo  fenomeno  ,  certamente  piìi  singolare  e  mera- 
viglioso del  sopradescritto.  Consiste  questo  nella  produzione  di 
una  sostanza  salina  ,  per  la  maggior  parte  mnriato  di  soda,   che 
nell'estate  dell'anno  i8o5  presentò  un  individuo  Imólese  (Anto- 
nio Topi),  assalito  nell'età  di  anni  66  in  67  da  una  tabe,  e  morto 
in  pochi  mesi  tabidoper  una  cangrena  ai  piede  destro.  Si  racconta 
nella  storia  di  questa  malattia  dataci  dal  Siii   Lui^ii  Monari  Prof. 
di  Chirurgia  (a),  che  I'  Individuo  suddetto  d'abito  di  corpo  ca- 
chetico  ,  figlio  di  un  padre  morto  apopletico  ,  e  di   madre  morta 
attrofica  ,  nelT  età  di  anni  i5  si  lussò  il  pollice  del  piede  destro  , 
e  trascurò  poscia  ogni  presidio,  che  l'arte  chiruriiica  poteva  som- 
ministrargli al  primiero  ristabilimento      Dell'  età  d'anni    36  in 
ciica  cominciò  a  sentire  alcune  doglie  articolari  massime  ai  piedi 
con  nodi  alle  dita,  e  benché  qualche  fastidio  gli  arrecassero,  pu- 
re non  vi  fece  alcuna  cuia.  So«;<riac(rue  nel  corso  di  sua  vita  due 
volte  ad  una  febbre  nervosa  di  quelle  ,   che  volgarmente  fra  noi 
si  chiamano  putride,  dalla  quale  mediante  i  presidj  ben  ammini- 
strati dell'  arte  salutare  perfettamente  si  rimise.  Altre  doglie  an- 
cora sofferse  sebbene  di  poca  entità.  Contando  già  gli   anni  66 
della  sua  età  il  dolore  al  pollice  lussato  fino  dall'  età  d'anni  i5,  e 
restato  fino  d' allora  torto  ,  cominciò  a  farsi  sentire  fastidioso, 
ed  alle  voltegli  produceva  delle  leggiere  punture,  altre  volte  que- 
ste  crescevano  in  njodo  che  fieramente  lo  tormentavano  .     Cor- 
raggioso  però  1'  ammalato,  se  la  passò  in  questo  stato  ancora  per 
tre   mesi,  scorso  il  qual  tempo  essendo  un  giorno  per  istrada,  ed 
assalito  dal  dolore  consultò  un  Professore  che  per  caso  incontrò  , 
e   che  avendogli  mosso  con  qualche  violenza  il  pollice  suddetto 
per  ricondurlo  al  primo  suo  posto  .  fece  soffiire  all'  ammalato 
un   acerbo  dolore.    Passati  tre  di,  sotto  alla  prima  falange  gli  si 
ruppe  la  pelle  ,  e  cominciò  a  condurre  una  materia  sieroìa  ,  che 

in 


(a)  La  storia  che  ci  spedi  in  una  let-  1  che  a  bella  posta  inetituite  dal  Sig.  Pog- 
tera  il  suddetto  Sig.  Dottor  Monari  I  giolini,  e  che  notificò  per  lettera  al  5Jg. 
fu  per  anche    confermata   dalle    ricer-      I      Dottor  Reraondini , 


Del  Sic.  Pitxro  Moscati.  3i5 

in  fine  Io  costrinse  a  giacere  in  letto.  Furono  allora  cliiarnati 
dei  Cliirnr^hi,  che  lo  medicarono,  sebhenesenza  Irutto;  ed  esten- 
dendosi quella  rottura  intorno  alle  altre  dita,  in  20  giorni  circa 
sfacellò  e  distrusse  il  minimo  dito,  formandosi  una  piaga  sopra  le 
fulangi  delle  altre  dita  tarso  e  metatarso  con  dei  seni  ,  talché 
quella  del  metatarso  era  come  un  uovo  di  gallina  .  Si  tentarono 
i  più  validi  presidj  dell'  arte,  e  si  arrivò  ad  arrestare  alquanto  i 
progressi  rapidi  di  questa  corrusione,  da  cui  però  trasudò  sempre 
molta  materia  purulenta.  Passato  circa  vui  mese  di  medicatura 
s'  accorsero  li  chirurghi  ,  che  dalle  piaghe  sortivano  dei  granelli 
lucidi  e  ciistallini,  i  quali  si  moltiplicavano  se  per  poco  tempo  si 
lasciava  la  materia  purulenta  esposta  all'  aria  ,  cangiandosi  essa 
in  gran  parte  in  una  cristallizzazione  ,  Raccolta  una  quantità  di 
questa  sostanza  salina,  fu  esanunata  e  licoiiosciuta  per  lui  sai  co- 
mune, del  quale  con  diligenza  avendo  poi  sempre  tenuto  conto 
riesci  a  loro  d'accumularne  una  quantità  considerevole,  che  asce- 
se nello  spazio  di  tre  mesi  al  peso  di  alcune  libbre.  Scorsi  quattro 
mesi  da  che  avevano  già  scoperta  la  detta  sostanza  salina  l'  am- 
malato cominciò  a  riprendere  la  moglie  ,  rimproverandole  di  sa- 
lar troppo  il  cibo  accordatogli  dal  Medico.  Sul  principio  essa  gli 
credè,  e  si  pose  a  saggiare  ogni  vivanda  cercando  di  tenerla  sem- 
pre insipida  .  Egli  non  ostante  sempre  si  lamentava  dicendo  che 
persino  r  acqua  era  salsa  .  Avvisati  su  ciò  i  Medici  ordinarono 
che  si  conservasse  a  parte  tutta  la  saliva  sputata  dall'  ammalato  , 
ed  avendola  poi  osservata  nel  giorno  seguente  s'  accorsero  che 
nella  saliva  v'  era  del  sale  simile  a  quello  della  piaga  ,  che  di  con- 
tinuo sputava,  e  in  alcuni  giorni  quasi  asciutto  e  ben  granito  e 
tal  volta  sino  al  peso  di  due  oncie  al  giorno  dopo  essere  perfetta- 
mente asciuttato  .  Osservarono  ancora,  che  quando  sortiva  molto 
sale  dalla  piaga  ,  diminuiva  la  quantità  di  sale  dato  dalla  bocca  , 
e  quando  al  contrario  poco  sale  e  materia  scaturiva  dalla  piaga 
suddetta,  molto  sale  veniva  sputato  dal  malato;  talché  le  quantità 
di  sale  ottenuto  nello  stesso  tempo  dalla  piaga  e  dalla  bocca  erano 
nella  ragione  inversa  funa  dell'altra.  Frattanto  le  piaghe  si  erano 
unite  insieme,  ed  avevano  con  ciò  sfacellata  la  sostanza  nìuscola- 

re 


3i6  Sopra   Ai.cuNr  Pjiodotti  ec. 

re  del  tarso  metatarso  e  delle  dita,  e  producendo  di  coiUimio  buo- 
na copia  di  sostanza  salina  analoga  a  quella  che  sortiva  sempre 
dalla  bocca  fu  ridotto  1'  ammalato  ad  un  punto  tale  di  consunzio- 
ne e  di  debolezza,  che  alla  fine  dovette  soccombere  nell"  età  d'an- 
ni bò  riesi  q  e  giorni  i5  ,  dopo  sei  mesi  di  malattia  .  La  quantità 
del  sale  raccolto  si  è  calcolata  a  cin([ue  libbre,  tre  delle  quali  som- 
ministrata dalla  piaga,  e  due  dalla  bocca:  si  pretende  anche  esser- 
ne uscito  in  maggior  quantità,  e  la  Moglie  del  n)aIato  lo  assicura  . 
La  sosianza  salina  cristallizzata  fu  riconosciuta.,  come  si  dis- 
se, da  quei  Medici  un  sale  di  cucina  ,  Io  però  sorpreso  dalla  sin- 
golarità del  fciiomeno  ,  ero  curioso  di  veder  f[uesto  sale  e  di  sa- 
pere se  tale  fosse  in  realtà  oppure  in  qualche  modo  differente  . 
Fattami  pervenire  una  certa  quantità  del  medesimo  ,  dallo  cure 
del  Sig.  Dottor  Remondini  medico  dottissimo,  lo  diedi  da  analiz- 
zare {  giacché  le  mie  gravose  e  continue  incombenze  non  mi  per- 
misero d'  analizzarlo  io  stesso)  al  Chimico  sopracitato  Sig.  Pietro 
Alemarni  ,  il  quale  vi  trovò,  oltre  il  muriato  di  soda  o  sai  comu- 
ne ,  ai  che  il  muriato  di  magnesia  ,  ed  un  sale  particolare  ricono- 
sciuto per  malato  di  soda  .  Differivano  il  sale  della  piaga  e  quel- 
lo della  saliva  soltanto  per  le  proporzioni  dei  principj  ;  poiché  il 
sale  della  piaga  si  trovò  composto  ogni  cento  parti 

4  di  una  sostanza  vegetabile  (i)  analoga  alla  Fibra 
8i   di  muriato  di  soda 

IO  di   muriato  magnesiaco 

5  di  malato  di  soda  . 

e  quello  della  saliva  ,  composto  di 
I   materia  eterogenea 
^7  muriato  di  soda 
12,  muriato  di  magnesia       • 
IO  malato  di  soda  ( 

Per  mezzo  di  dilicati  esperimenti  si  conobbe  pure  cbe  i  suddetti 
due  sali  non  contenevano  uè  fossati  alcalini  o  terrei ,  uè  sali  cal- 

ca- 

(i)  Questa  sostanza  è  probabilissimo     ]      le  si  medicava  la  piaga.  Infatti  il  salo 
che  porti  origine  dalla  China  colla  qua-     j      della  piaga  era  di  un  colore  rossastro. 


i 


Del    SiG.   Pietro  Moscati.  3i7 

carei  di  alcuna  sorte,  o  altri  sali  ordinarj  alla  saliva  ,  e  proprj  di 
altri  umori  e  secrezioni  animali  . 

Un  fenomeno  tanto  raro  e  stravagante  come  il  summenzio- 
nato ,  non  è  stato  per  quello  che  mi  è  noto,  mai  registrato  ne' li- 
bri di  Patologia  e  di  Medicina  pratica  L'  osservazione  della  sali- 
va salsa  forse  è  pivi  comutie,  e  Gilibert  ne  rammenta  un  caso  (i)  , 
e  molti  ne  ponno  succedere  senza  che  alcuno  vi  porga  attenzio- 
ne .  Ogni  volta  per  esempio  (  e  questi  casi  sono  frequenti)  che 
si  ode  qualclie  ammalato  lamentarsi  di  vivande  a  lui  prestate  con 
troppo  sale  ,  contro  la  verità  della  cosa  ,  se  si  raccogliesse  la  di 
hii  saliva,  e  si  facesse  evaporare,  forse  si  otterrebbero  delie 
quantità  più  o  meno  abbondanti  di  muriato  di  soda  ,  e  la  saliva 
salsa  sarebbe  conosciuta  un  fenomeno  piìi  generale  e  frequente  . 
Ma  una  produzione  di  sale  tanto  abbondante  scaturito  da  una 
piaga  maligna  ,  e  questo  in  relazione  con  una  quantità  di  sale 
analogo  separato  dalle  glandule  salivali  j  è  certanieiìte  un  fatto 
nella  sua  natura  piano  ed  ammirabile  . 

L'  organizzazione  vitale  di  un  individuo  ammalato  ha  ita 
questo  caso  operato  un  fenomeno  analogo  forse  a  quello  che  la 
natura  presenta  nella  formazione  del  sai  marino  e  del  sai  culina- 
re  .  Ignoto  il  modo  con  cui  si  genera  e  1'  uno  e  1'  altro  attesa  V  i- 
gnota  natura  del  radicale  muriatico,  lascia  il  Naturalista  incerto 
sul  come  le  acque  marine  continuamente  salse  si  mantengano  , 
o.tali  si  sieno  stabilite  ;  e  nel  caso  nostro  lascia  pure  incerto  il  Fi- 
SÌo-p;itologo  sulla  etiologia  di  un  fenomeno  cosi  stravagante  co- 
me quello  che  abbiamo  riportato  . 

Se  si  verificasse  1'  ipotesi  che  l'acqua  sola  sotto  l'influsso 
dell' elettricità  galvanica  cangiarsi  possa  in  acido  muriatico  ,  ed 
in  alcali  di  soda,  si  sarebbe  in  parte  trovata  la  spiegazione,  sic- 
come alla  salsedine  delle  acque  marine  cosi  alla  salsedine  di  uii 

in- 


(i)  Mulier  s"xagenarìa  a  quiiitpje  an- 
nis  salivam  tiabet  ver»  muiiatiram  :  sa- 
lem  maiiniim  prò  condimento  respnit  , 


tritla  hoc  incommodum  non  sustulit  .  ^ 
Gililiert  ::;  Ailversaria  medico -practi» 
ca  iz:  Cactierls  s;  Obs.  35  m  Saliva  mu- 


calor  orjs  ac  pruritus  vexat .  Febris  pu-     ]     riatica  pag.  ig5^ 


3  IO  Sopra  alcuni  prodotti  ec. 

individuo,  che  sotto   1'  influenza  di  uno  stato  movl)oso  lia  dato 
tanto  sale  quanto  non  avreljbero  somministrato  i  princi|)i   com- 
ponenti di  cento  volte  il  cibo  con  cui  si  è  nel  tempo  della  malat- 
tia alimentato  ,  e  tutti  i  liquidi  ed  i  solidi  che  lo  costituirono  in- 
dividuo .  Comunque  perù  T  influsso  dell' fleltricità  animale,  e 
la  decomposizione  dell'  acqua  avessero  potuto  dar  origine  alia 
predetta  sostanza  salina  ,  egli  è  certo  che  gli  organi  vitali  ,  qua! 
strumenti  di  qualunque  operazione  che  nella  macchina  animale 
si  eseguisce  ,  devono  aver  concorso  colla  loro  particolare  maniera 
d'  esistere  e  di  agire,  alla  produzione  predetta  .  Uno  strumento 
di  una  costruzione  sempre  eguale  ,  maneggiato  da  costante  forza 
ed  operante  su'  medesimi  principj,  non  può  che  fabbricare  iden- 
tici e  costanti  prodotti;  non  poteva  c[uindi  generarsi  nel  caso  no- 
stro fuorché  saliva  ,  ossia  un   liquido  composto  d'albumina  ,  di 
una  mucilagine  animale  ,  di  fosfato  e  rnuriato  di  soda,  ammonia- 
ca ,  e  calce ,  e  dalla  piaga  non  si  doveva  ottenere  che  un  umore 
linfatico.  Io  credo  pertanto  che  questo  ed  analoghi  fenomeni, 
che  nelle  diverse  malattie  si  presentano  debbansi  tutti  attribuire 
in  ultima  analisi  ad  una  modificazione  d'  or"ani  ,  e  ad  un  esube- 
rante  ,  o  deficiente  grado  d'  eccitamento  vitale  .  Difatti  ,  se  co- 
stante si  rimanesse  l'organizzazione  p.  e.  dei  reni  e  dei  linfatici, 
ed  immutato  nella  sua  intensità  l'universale  eccitamento  vitale, 
come  dovrebbe  succedere  che  un' orina  composta,  com'è  in  ista- 
to  sano,   d'  ureo,   di  materia  animale  gelatinosa,  di  muriato  di 
soda  e  d'  ammoniaca ,  di  fosfato  di  calce  e  di  magnesia  ,  e  1'  aci- 
do fosforico  ,  urico  e  benzoico,  sciolti  in  acqua  (i)  ^  si  cangiasse 
nei  diabetici  in  un  liquido  spoglio  delia  maggior  parte  dei  sud- 
detti principi  ,  e  saturato  invece  di  una  quantità  prodigiosa  di 
zucchrro  e  di  mucoso  {a)  ?  In  qual  modo  1'  urina  medesima  po- 
trebbe divenir  acida  come  1'  osservò  Grant;  sopraccaricata  di  fos- 

fa- 


(i)    Fourcroy  Sistem.de  Conn.  Clilm. 
T.  X. 

(a)  Sui  principi  e  sulle  differenze  dell' 
orina  in  due  specie  di  diabete,  confron- 


tata colla  naturale.  Memoria  di  Fran- 
cesco Marahdli  ec.  indirizzata  al  Prof, 
Frank- 


Del    SlG.    PlETJlO    IMoSCATI  .  3uj 

fato  calcare  come  la  vide  Baldin^er;  insipida  ed  acquosa  come 
molte  volte  s'  Osserva  ;  arenosa  ,  come  Ticiiy ,  \V  eigei  e  molti  al- 
tri la  attestano  ;  chilosae  lattea  come  vieu  riportato  dalie  effe- 
meridi dei  curiosi  della  natura  ?  Cosi  se  costante  si  rimanesse 
r  organizzazione  delle  glandolo  salivali ,  ed  identico  sempre  T  u- 
niversale  eccitamento  vitale,  non  si  capirebbero  i  cangiamenti 
osservati  nella  saliva  ,  da  tali  glandole  separata;  perche  dessa  si 
presenti  ora  salsa,  e  ben  saturata  di  sai  marino  ,  come  da  Gili- 
bert ,  e  da  noi  si  è  riportato,  ora  di  una  natura  acre  (i) ,  ora  dol- 
ce (:i);  tinta  di  color  ceruleo,  o  di  color  giallo  ;  contagiosa,  come 
quella  degl'  idrofobi;  sanguigna  ,  lattea  ec.  come  da  Camerax'io  , 
Dolco  e  Nuch  fu  varie  volte  osservata  .  Nella  medesima  oscuri- 
tà rimairebbeto  le  altre  secrezioni ,  die  nelle  diverse  malattie  si 
mutano  o  si  moltiplicano  ,  né  si  potrebbe  comprendere  la  secre- 
zione di  un  umore  per  opera  di  un  organo  che  in  istato  sano  tutt' 
altro  secerne  che  quello  . 

Ribelli ,  per  cosi  dire,  un  gran  numero  di  fenomeni  analo- 
ghi a  quel  legame  ,  che  insieme  unisce  i  fatti  ,  e  ne  forma  un 
complesso  dipendente  da  leggi  generali  e  regolato  da  un  princi- 
pio costante  ed  unico,  hanno  vagato  ne' libri  di  Medicina  pratica, 
nei  codici  cioè  dell"  arte  salutare  ,  sino  a  che  lo  zelo  ed  il  genio 
di  alcuni  Medici  Filosofi  ,  e  giudiziosi  Fisio-patologi  si  è  occupa- 
to a  considerarli  sotto  quel  punto  di  vista  ,  che  il  progresso  delle 
scienze  e  della  Filosofia  non  permetteva  più  di  trascurare  .  Il  ce- 
lebre Sig.  Dumas  è  quello  ,  che  in  questo  genere,  come  già  in  al- 
tri rami  di  Fisiologia  ^  si  è  assai  distinto  ;  ed  in  una  Memoria  so- 
pra la  trasformazione  degli  organi  del  corpo  umano  (3)  ha  dato 
ragione  dei  fenomeni  che  hanno  luogo  in  tali  cangiamenti  .  Ho 
creduto  dietro  le  traccie  del  menzionato  Fisiologo  di  poter  anch' 
io  spiegare  plausibilmente  ciò  che  di  straordinario  accade  nelle 

f un- 


ii) Kft'era.  Natur.  Cur.Dec  III.  A.  IV 
Obs.  io5  .  (Riedlini.  Linear.  Med.  An. 
1697.). 

(i)  Act.  Hafn.  IV.  olis.  72,  Schurjgio 
Scialologia  Historico-  medica^  Riedli- 


110  .  L.  A.  Au.  i6g5  .    ratns.   Auj.  Obs. 

3  pag.  242  •   Borichio  ,   Giovanni   Bur- 

gio,  Reiserio  ,  Fabri  ,  Paolini ,  ed  altri. 

(3)  Journal  de  Phy5Ì<iue  f  evrier  i  806, 


3ao  Sopra  alcuni  rnouOTTi  ce. 

funzioni  animali  disordinate  da  qualche  malattia  ,  e  mi  diedero 
spinta  a  ciò  fare  i  due  casi  clinici  rammentati  più  sopra  oi'inui 
de' quali  avrebbe  attirata  l'attenzione  di  quahin([ne  amatore  di 
Fisica  animale  .  Se  nelle  esposte  mie  considerazioni  non  sarò  an- 
dato lungi  dal  vero,  le  liiodificitzioni  dell'  intima  struttura  degli 
organi  ^ecernenti,  e  le  variazioni  del  loro  eccitamento  vitale,  non 
che  dell'  universale,  saranno  le  cagioni  dei  cangiamenti  che  os- 
servansi  nei  liquidi  separati  sotto  l' influsso  delle  malattie  .  Così 
infinito  dovendo  essere  il  numero  dei  gradi  di  queste  variazioni  , 
e  le  maniere  di  modificarsi  dell'  organizzazione  ,  proporzionata- 
mente infiniti  si  dovranno  aspettare  i  prodotti  straoniiuarj  dell' 
organismo  vitale  ,  sublime  aitefice  delle  migliori  produzioni  che 
la  natura  abbraccia  nel  complesso  delle  sue  opere;  tutte  d'altron- 
de ammirabili  e  suscettibili  di  essere  qualche  volta  imitate  ,  non 
mai  superate  . 


■"-    -  LET- 


I 


3oi 


LETTERA 

Del  Sic.  Pietro  Alemanni 
REGIO     FARMACISTA 
Al  Sic.  Consigliere  Consultohe  Moscati 
Dal  medesimo  presentata  il  dì  i3  Giugno  1806. 

SULL'  ANALISI  DI  ALCUNI  CALCOLI  ORINARI , 
E  DI  DUE  SOSTANZE  SALINE  . 

\J  norato  da  lei  illiisfie  Sig-  Consultore  dell'  incarico  di  analiz- 
zare due  sostanze  saline,  ed  alcuni  calcoli  da  lei  conosciuti  di  no- 
vella specie,  né  ancora  descritti ,  mi  fo  un  dovere  di  compiegarle 
il  rapporto  delle  sperienze  analitiche  intraprese  per  assicurarmi 
dei  principj  componenti  le  sostanze  suddette,  non  che  delle  lo- 
ro rispettive  proporzioni,  ed  entro  subito  in  dettaglio  senza  ul- 
teriore preambolo  . 

analisi  dei  calcoli . 

Questi  calcoli  avevano  una  figura  irregolare,  tendente  al  sub- 
rotondo ,  erano  di  diverse  misure  ,  e  nel  mezzo  fatti  a  strati  con 
delle  punte  più  o  meno  lucide,  secondo  le  diverse  esposizioni 
alla  luce,  di  un  colore  variato  bianco,  verde,  e  bigio-bruno,  assai 
compatti,  e  dilficilinente  frangibili ,  e  segnavano  il  vetio  .  La 
gravità  specifica  dei  suddetti  calcoli  sta  a  quella  dell'  acqua,  co- 
me a635  a  1000  . 

ESP.  I, 

Resi  in  sottile  polvere  ,  ne  ho  versati  la  grani  in  una  solu- 
zione di  potassa  pura  in  cristallo  bene  chiuso,  alla  temperatura 
Tomo  XIII,  41  di 


3oa  Lettera 

di  gradi  20  di  H.  ,  e  non  lio  rilevato  ,  che  si  svolgesse  alcun  odo- 
re ammoniacale,  ed  in  capo  a  giorni  i5  apparvero  cou  un  colore 
d'  oltremare  . 

a. 

Separato  il  liquore ,  1'  ho  tentato  parte  coli'  acqua  di  calce, 
e  parte  l'  ho  saturato  coli'  acido  muriatico,  ed  ho  ottenuto  qual- 
che precipitato  bianco  dal  primo,  e  nessun  precipitato  dal  secon- 
do . 


Fattine  bollire  altri  dodici  grani  con  una  soluzione  di  carbo- 
nato alcalinato  di  potassi  ,  filtrato  il  liscivo ,  e  saturato  perfetta- 
mente coir  acido  mur  atico  non  precipitava,  né  i  sali  calcari,  né 
le  dissoluzioni  metalliche  . 


Avendone  trattati  per  un'ora  al  fuoco  altri  dodici  grani  in 
crogiuolo  di  platino  non  ho  rilevato  alcuno  svolgimento  odoroso; 
raffreddati ,  e  pesati. mancavano  un  quarto  di  grano,  ed  avevano 
acquistato  un  colore  giallognolo,  mentre  la  detta  polvere  aveva 
dapprima  un  colore  bianco-bigio  . 

5. 

Versati  nell'  acido  zolforico  concentrato  altri  dodici  grani 
fra  due  cristalli  concavi ,  mi  mostrarono  qualche  piccola  effervcr 
scenza  ,  ma  non  ho  rilevato  alcun  appannamento  al  cristallo  su- 
periore . 


Gli  stessi  calcoli  stati  trattati  cogli  alcali  dopo  bene  lavati 
furono  versati  nell'  acido  muriatico,  e  dopo  tre  giorni  d' infuso  a 

gra- 


Del  Sic.  Pietro  Alemanni  3o3 

graili  20  dì  R.,  ho  ottenuto  un  liquore  giallo-verde ,  essendo  ri- 
masto un  residuo  bianco,  polveroso,  ruvido  ai  tatto  . 


Ho  cominciato  al  trattare  la  detta  dissoluzione  muriatica, 
parte  col  prnsiiato  di  calce,  e  questo  le  diede  un  colore  verde  ca- 
rico, che  passò  fra  qualche  tempo  all'  azzurro  . 

8. 

Ne  ho  tentata  parte  coir  alcoole  gallato  ,  e  fece  un  abbon- 
dante precipitato  fioccoso  piuttosto  leggiero  ,  di  un  colore  giallo- 
gnolo ,  solubile  neir  acido  muriatico,  e  che  si  cangiava  pronta- 
mente in  azzurro  col  prussiato  di  potassa  . 


La  detta  dissoluzione  muriatica  dopo  essere  stata  otto  gior- 
ni esposta  all'  aria^  trattata  di  nuovo  coli'  alcoole  gallato  diede 
un  colore  bruno  ,  ed  un  precipitato  verde  bruno  . 


IO. 


Nel  restante  della  detta  dissoluzione  versai  goccia  a  goccia 
del  carbonato  saturo  di  potassa  sino  che  faceva  effervescenza  ,  e 
produsse  un  giallo  precipitato  ,  che  diventava  più  giallo  col  re- 
stare esposto  all'  aria . 

II. 

Nel  liquore  stato  trattato  col  carbonato  saturo  di  potassa  > 
versai  della  potassa  pura,  da  cui  ottenni  un  pronto  precipitato 
bianco  solubile  nell'acido  acetico,  ed  insolubile  nella  potassa  pu- 
ra . 

12.- 


3o4  L  E  T  T 


ERA 


la. 

Ho  diviso  in  due  bicchieri  il  Uscivo  stato  trattato  col  carbo- 
nato di  potassa,  e  colla  potassa  pura,  feltrato,  ed  ho  versato  dell' 
acqua  di  calce  in  uno  ,  del  muriato  di  calce  nell'  altro,  e  d'ambi 
ottenni  un  pronto  precitato  bianco,  solubile  nell'  acido  acetico  j 
il  di  cui  acetato  precipitava  il  nitrato  di  piombo  . 

Dagli  Esperimenti  finora  esposti  sembramisi  possa  conchiu- 
dere .  I.  Che  li  detti  calcoli  non  contenevano  né  acido  urico,  né 
urato  ammoniacale  .  II.  Che  non  contenevano  acido  ossalico,  né 
ossalati  terrosi  .  III.  Che  non  contenevano  sostanza  animale,  nò 
fluato  calcare  ,  ma  bensì  dei  carbonati,  dei  sali  marziali  in  stato 
di  minima  ossidazione  ,  della  magnesia,  qualche  fosfato,  ed  una 
terra  inalterabile  dagli  acidi  minerali,  ed  avente  i  caratteri  delia 
silice  ,  ed  essere  in  conseguenza  una  specie  di  calcoli  non  ancora 
^conosciuta  (coni'  ella  benissimo  lo  aveva  sospettato)  e  nemmeno 
descritta  dal  celebre  Sig.  Fourcroy  per  non  essere  compresa  nelle 
dodici  specie  da  esso  indicate  in  conformità  dell'  esteso  travaglio 
fatto  sopra  i  calcoli  urinar]  dell'  uomo  da  lui  medesimo  e  dal  Si- 
gnor Vauquelin  :  Sisteme  des  connoissances  chimiques  ^  Par  M. 
Fourcroy  .  T.  X  ,  p.  2,04 . 

In  vista  di  che  ,  per  vieppiìi  assicurarmi  della  presenza  de' 
suddetti  principi  ,  e  delle  precise  proporzioni  con  maggior  esat- 
tezza ,  ho  stimato  bene  intraprender  un'  analisi  più  regolare  ,  e 
metodica,  ed  ho  proceduto  nel  modo  che  segue  . 

ESP.  I. 

Spezzati  due  di  questi  calcoli  ne  ho  presi  cinqnatita  granì,  e 
resi  in  sottilissima  polvere  gli  ho  fatti  boUire  nell'  acqua  distilla- 
la . 

2. 

Feltrata  la  detta  decozione,  e  trattata  coi  seguenti  reagenti, 

.   f  ho 


Df.L  Sic.  Pietro  Alemanni  .  Soó 

ho  rilevato,  clie  non  alterava  i  colori  ve^^etabiii,  nemmeno  veni- 
va aiterata  dal  muriato  di  barite,  dal  nitrato  di  piombo,  dall'  ace- 
tato di  calce,  né  dall' alcool©  gallato  ;  ma  bensì  venne  appannata 
dail'acrjua  di  calce  ,  e  produsse  un  abbondante  precipitato  coli' 
aortite  di  [)ioml)0  (solubile  nell'  acido  acetico)  la  di  cui  soluzio- 
ne venne  precipitata  dalT  ammoniaca  pura  . 

3. 

L'  altra  metà  della  detta  decozione  svaporata  a  secco  riusci 
prontamente  solubile  a  freddo  nell'  aceto  distillato  ,  con  qualche 
effervescenza,  la  di  cui  dissoluzione  venne  precipitata  dalla  po- 
tassa pura  . 

4. 

Il  residuo  disseccato,  che  pesava  grani  43  fu  fatto  bollire 
con  60  grani  di  potassa  pura  In  due  volte  nell'  acqua  distillata  , 
lidi  cui  Uscivo  alcalino  trattato  coli' acqua  di  calce  diede  un  pre- 
cipitato bianco,  il  quale  bene  lavato,  ed  arroventato  rimase  del 
peso  di  dodici  grani .  Questo  si  è  disciolto  prontamente  nell'  ace- 
to distillato  ,  la  cui  dissoluzione  dava  un  precipitato  bianco  colf 
acetato  di  piombo  (  solubile  nell'aceto  distillato  ),  e  non  intorbi- 
dava la  soluzione  del  nitrato  d'  argento  . 


La  polvere  residua  all'  azione  della  potassa  fu  versata  nell' 
acido  muriatico  ,  ed  in  capo  a  qualche  minuto  acquistò  un  colo- 
re giallo-verde  Questa  trattai  ripetute  volte  con  del  nuovo  aci- 
do tanto  a  freddo  ,  che  al  fuoco ,  sino  che  le  dette  dissoluzioni 
muriatiche  tentate  col  prussiato  di  calce  ,  dopo  qualche  giorno 
non  facessero  comparire  più  un  colore  verde-azzurro  ,  lavato  il 
residuo,  e  disseccalo  pesava  grani  dodici .  j 


6, 


3o6  Lette  u  a 

6. 

Le  dissoluzioni  muriaticlie  unite  insieme  furono  fatte  sva- 
porare a  metà  ,  indi  vi  versai  una  soluzione  di  carbonato  saturo 
d'  ammoniaca  in  eccesso,  ed  ottenni  un  precipitato  giallo  Lian^ 
castro  . 

.  7- 

Il  Uscivo  muriato  ammoniacale  svaporato  a  secco,  fu  calci- 
nato per  un'  ora ,  e  rimase  una  materia  giailo-bruna ,  la  quale 
sciolta  neir  acqua ,  e  feltrata,  fu  trattata  col  carbonato  alcalinu- 
lo  di  potassa,  da  cui  ebbi  un  abbondante  precipitato  bianco  ,  il 
quale  ben  lavato,  ed  arroventato,  pesava  grani  24.  Questa  pol- 
vere era  solubile  nell'  aceto  a  freddo,  ed  insolubile  nella  po- 
tassa a  caldo  .  11  residuo  sul  filtro,  Lene  lavato,,  e  disseccato  aveva 
un  colore  giallo-bruno ,  ed  era  del  peso  di  grani  uno  e  mezzo  . 


Il  precipitato  giallo  biancastro  ottenuto  dall'esperimento  se- 
sto, ed  il  precipitato  giallo-briuio  dell'  esperimento  settimo,  fu- 
rono versati  nell'aceto  distillato  a  freddo,  e  tenutivi  per  un  gior- 
no, lavati,  e  disseccati  pesavano  grani  otto.  La  dissoluzione  aceto- 
sa saturata  col  carbonato  alcalinulo  di  potassa  diede  un  grano  ,  e 
mezzo  di  magnesia ,  dopo  essere  stata  arroventata  . 


II  Uscivo  stato  trattato  col  carbonato  alcalinulo  di  potassa  co- 
me nell'esperimento  settimo  ,  fu  saturato  a  caldo  con  aceto  di- 
stillato, e  trattato  coli"  acqua  di  calce  non  diede  alcun  precipita- 
to ,  .   .       .1.  .    .    i.r, 


3" 


Del  Sic.  Pietko  Alemanni  So 7 


IO. 


I  dodici  grani,  residuo  del  calcolo  non  intaccato  dall' acido 
muriatico,  come  dall' esperimento  quinto,  furono  fatti  bollire 
iieil'  ac({ua  con  3b  ^rani  di  potassa  pura  sino  a  secco  ,  il  tutto  fu- 
so per  un'ora^  e  raffreddato,  fu  disciolto  nell'acido  nitrico  con  ec- 
cesso, e  ciò  fu  ripetuto  per  tre  volte  ,  cioè  sino  alla  totale  dissolu- 
zione . 

II. 

Unite  le  dissoluzioni  nitriche  furono  svaporate  a  consistenza 
gelatinosa  ,  e  laflreddate  ,  vi  versai  dell'acqua  distillata,  colla 
quale  lavato  bene  ,  e  disseccato  il  residuo  pesava  grani  dieci,  ed 
era  una  polvere  bianca  ,  insipida^  ruvida  allatto,  ed  insolubile 
negli  acidi  . 

la. 

Le  soluzioni  del  nitrato  acidulo  di  potassa  svaporate  a  secco, 
calcinate,  e  disciolte  nel!' acqua  distillata  diedero  un  grano  ,  e 
mezzo  d'  ossido  giallo  di  feiro  . 

Da  tutte  le  sopr' accennate  esperienze  ^  e  dalle  riduzioni, 
che  col  calcolo  delle  diffeienti  proporzioni  d'  ossigena,  e  di  fer- 
ro si  dovevano  rilevare,  ho  potuto  conchiudere  essere  li  detti  cal- 
coli composti  per  la  maggior  parte  di  magnesia  in  parte  carbona- 
ta ,  di  fosfato  di  ferro  al  minimo  d'  ossidazione  ,  e  di  silice  ;  le  di 
cui  proporzioni  prese  dalla  decomposizione  di  cinquanta  grani  so- 
no 

di  Magnesia  pura  grani      j,  a5,5o 

Fosfato  di  ferro     -     -     j»  io,  ga 

Silice     ...     -     -      ,,  IO 

Carbonato  di  magnesia  ,,     a 

Perdita     -----,,1,58 

Giani  òo 


3o8  Lettera 

ANALISI  DI  DUE  SALI 

UNO  OTTENUTO  DALLA  SALIVA,  L'ALTRO  DA  UNA  PIAGA 
DELLO  STESSO  INDIVIDUO 

Sale  della  saliva . 
ESP.  I. 

\^  uesto  sale  aveva  1'  apparenza  del  sale  comune  ;  cristallizzato 
a  cubi,  di  un  sapore  salatole  crepitante  al  fuoco  . 

II. 

Fatto  in  polvere  ,  e  mescolato  con  delP  ossido  nero  di  man- 
ganese ,  indi  versatovi  dell'  acido  zolforico  mandava  un  vapore 
d'  acido  muriatico  ossigenato,  il  quale  ha  scolorate  alcune  lette- 
re scritte  con  inchiostro  comune  . 

Da  questi  esperimenti  ho  tratta  la  conseguenza  ,  che  questo 
fosse  realmente  un  sale  muriatico,  e  per  assicurarmene  vieppiù 
che  fosse  tale  ,  non  misto  a' sali  di  diverse  qualità,  ho  fatto  li  se- 
guenti tentativi  . 

Ho  sciolto  36  grani  di  questo  sale  nelP  acqua  distillata ,   e 
feltratolo,  lo  versai  in  diversi  bicchieri  . 

Primo.  La  carta  tinta  col  tornasole  non  venne  arrossita  ,  co- 
me né  pure  la  carta  tinta  colla  curcuma  . 

a.°  Il  muriato  di  barite  \ 

,-       3."  Il  nitrato  di  barite  J     Nongi 

..  4»  L' acido  muriatico  _  _        {^ 

5°  L'acido  ossalico,  l'ossalato,  ed  il  fosfato  d' ammoniaca  (  sitile 
6.°  Il  solfato  di  potassa  J 

7."  Il  solfato  iper-ossidato  di  ferro  ' 


Del  Sic.  Pietro  ALEMANNr .  829 

8.°  II  nitrato  di  piombo  produsse  un  precipitato  bianco  solu- 
bile neir  acido  acetoso  . 

9.*'  Il  nitrato  d'  argento  fece  un  abbondante  precipitato 
bianco,  die,  per  quanto  lio  potuto  vedere,  sembrava  insolubile 
neil'  acido  nitrico  . 

io.°  L'  acetito  di  calce  ha  prodotto  un  appannamento  ,  indi 
un  leggiere  precipitato  bianco  . 

1 1°.  L'ammoniaca,  e  la  soda  pura  fecero  un  pronto  precipi- 
tato solubile  negli  acidi,  ed  insolubile  nella  potassa  pura  . 

ia.°  Calcinata  parte  del  detto  sale  per  un'  ora  in  crogiuolo 
d'  argento,  e  sciolta  nell'  acqua  distillata  la  soluzione  ,  non  venne 
intorbidata  né  dall'  acetato  di  calce  ,  né  dall'  ac(iua  di  calce . 

Questi  esperimenli  danno  jier  l'isultato,  clic  il  sopiaccenna- 
to  sale  non  era  acido,  uè  alcalino ,  non  conteneva  solfiti ,  nò  fos- 
fati, non  conteneva  borati  sohibitr,  non  urati  di  potassa,  né  di 
soda,  non  sali  calcari  solubili,  non  sali  baritici  prussiati,  né  gai- 
lati.  I  tentativi  8jio,e  12  mi  fecero  dubitare,  che  fosse  misto  con 
qualche  sale  combinato  con  acido  vegetabile  .  L'esperimento  1 1 
mi  assicurò  1'  esistenza  di  un  sale  magnesiaco  . 

Ho  quindi  sciolto  100  grani  di  detto  saie  S.  nell'acqua  di- 
stillata ,  e  feltrata  la  soluzione  vi  versai  a  poco  a  poco  del  nitrato 
d'  argento  sino  che  non  produceva  precipitato.  Rimase  sul  filtro 
un  grano  circa  di  frantumi  di  legno,  e  qualche  granello  di  terra  . 
Lavai  più  volte  colf  acqua  distillata  il  muriato  d'  argento  preci- 
pitatOj  e  l'  asciugai  al  fuoco  a  gradi  i3o  .  Questo  pesava  214  gra- 
ni ,  ed  era  di  un  colore  bigio  bruno.  L'  ho  infuso  nell'acido  ni- 
trico sino  che  il  detto  acido  ,  saturato  colla  potassa  pura  non  fa- 
cesse precipitato  .  Lo  stesso  acido  nitrico  stato  infuso  sopra  il 
detto  muriato,  tentato  col  nitrato  di  piombo,  ha  dato  qualche 
precipitato  .  II  precipitato  che  ottenni  saturando  I'  acido  nitrico 
colla  potassa  pura,  disseccato  pesava  sei  grani,  ed  era  solubile 
neir  ammoniaca  pura. 

Il  creduto  muriato  puro  d'argento  die  pesava  a  14  grani  do- 
po infuso  nell'acido  nitrico,  lavato  e  disseccato^  era  ridotto  a  202 
grani  . 

Tomo  XJII^  42  Quel 


33o  L     E    T    T    E    U    A 

Quel  poco  ci'  ossido  d'  argento,  che  si  è  dlsciolto  nell'  ;icido 
nìtrico  ,  ed  il  precipitato  ,  che  fece  il  nitrato  di  piombo  versato 
sopra  l'acido  nitrico  stato  infuso  nel  suddetto  muriato  d'  argen- 
to ,  mi  fecero  sospettare,  che  r  acido  vegetabile  contenuto  nel 
detto  sale  fo^^se  il  malico:  per  la  qual  cosa  sciolto  del  nuovo  sale 
S.  nell'  acqua  distillata,  e  liltrato  ,  vi  versai  di  nuovo  dell'  aceti- 
to  di  calce,  fatto  l'appannamento,  vi  tornai  a  versare  dell'  acido 
malico,  ed  ecco  che  scomparve  il  df-tto  appannamento:  questo 
avvalorò  molto  la  mia  congettura  sulla  presenza  del  detto  acido  . 

Misi  a  svaporare  il  Uscivo  colle  lavature  ,  quando  furono  ri- 
dotti a  circa  tre  oncie  si  vide  intorbidarsi,  il  llquitlo,  e  col  filtro 
separai  una  polvere  cinerea  :  in  seguito  ho  messo  a  contatto  del- 
lo stesso  Uscivo  delle  lastrine  di  rame  ben  pulite,  le  quali  in  ca- 
po a  poche  ore  si  sono  coperte  di  una  materia  cinerea  argentina  ; 
levate  le  dette  lastrine  di  rame  ,  ne  ho  rimesse  delle  nuove  ,  ciò 
che  ho  ripetuto  ,  sino  che  la  superficie  del  rame  non  veniva  in- 
taccala .  Filtrato  di  nuovo  il  liquore,  lo  posi  a  svaporare  a  leggier 
calore,  sino  che  ottenni  un  sale  bianco  del  peso  di  70  grani  . 
Sciolsi  questo  di  nuovo  nell'  acqua  distillata,  e  filtratolo  ,  vi  ver- 
sai dell'  ammoniaca  pura  sino  che  faceva  precipitato.  Questo  la- 
vato ,  e  disseccato  pesava  5  grani  ed  era  una  polvere  bianca  inso- 
lulùle  nella  potassa  pura:  filtrato  ,  e  svaporato  di  nuovo  il  detto 
Uscivo  a  leggier  calore  ottenni  \\n  sale  bianco  del  peso  di  ó6  gra- 
ni ;  esso  aveva  tutti  i  caratteri  di  un  nitrato;  lo  feci  quindi  deto- 
nare in  crogiuolo  d'argento  per  conoscere  la  qualità  della  base  . 
Scomposto  dal  suo  acido  rimasero  35  grani  di  un  sale  bianco, 
che  aveva  un  sapore  alcalino,  che  arrossiva  la  tintura  di  curcu- 
ma ,  che  non  faceva  precipitato  coli'  acido  tartaroso  ,  che  combi- 
nato coir  olio,  faceva  un  sapone  non  delicjuescente ,  che  satura- 
to coir  acido  acetoso  formò  un  sale  eflorescente  all'  aria  ,  il  quale 
calcinato,  e  lisciviato  diede  un  carbonato  di  soda  cristallizzato  . 

La  polvere  cinerea  separata  dal  liscivo  era  ossido  d'argento, 
la  sostanza  ,  cinerea  argentina,  deposta  sopra  le  lastrine  di  rame 
era  os-ido  d'  argento  ,   e  rame  insieme  :  metalli  misti  al    Uscivo 


in  causa  de'  reagenti  stessi  . 


Dal- 


Del  Sic.  Pietro  Alemanni  .  33l 

Dalli  sopraindicati  esperimenti  e  da  altri  analoghi  mi  risultò 
essere  il  suddetto  sale  composto  ogni  cento  parti ,  una  di  mate- 
ria eterogenea,  77  di  muriato  di  soda,  io  di  malato  di  soda,  e  I2f 
di  muriato  di  ma2:nesia  . 

o 

ANALISI 

Del  sale  ottenuto  dalla  Piaga  . 

Avendo  anche  questo  l'apparenza  del  primo,  un  sapore  sala- 
to ^  e  crepitando  parimenti  al  fuoco  j  non  ho  fatto  che  ripetere 
gli  eguali  tentativi  come  nel  primo,  ed  lio  avuto  de' risultati  qua- 
si eguali  . 

Ne  ho  quindi  sciolti  100  grani  nell'acqua  distillata  ,  e  filtra- 
to restò  sul  filtro  maggior  quantità  di  materia  ,  che  nell'  altro . 
Questa  lavata  bene,  e  disseccata  pesava 4 giani.  La  tentai  per  me- 
tà sopra  un  ferro  rovente,  e  s' infiammò  rapidamente,  mandan- 
do un  odore  niente  ammoniacale  ,  ma  che  s'accostava  molto  all' 
odore  della  combustione  dell'  amito  j  1'  altra  metà  versata  in  una 
soluzione  di  potassa  pura  fra  24  ^^^  si  era  appena  spappolata  . 

Precipitai  il  sale  filtrato  col  nitrato  d'  argento,  ed  ho  proce- 
duto come  nell'altro,  essendo  rimasto  il  muriato  d'  argento  del 
peso  di  200  grani ,  e  dopo  infuso  nell'acido  nitrico  di  2.00  grani  . 
Il  precipitato  che  ottenni  saturandoli  detto  acido  nitrico  colla 
potassa  pura  disseccato  pesava  3  grani .  II  nitrato  ottenuto  dallo 
svaporamento  del  liscivo  era  74  grani,  la  magnesia  avuta  dal  det- 
to nitrato  era  4  grani .  La  soda  ottenuta  dalla  detuonazione  del 
detto  nitrato  era  Sa  grani ,  e  non  faceva  precipitato  coir  acido 
tartai'oso  . 

Dalli  sopraccitati  esperimenti  e  da  altri  tendentla  determina- 
re le  proporzioni  dei  principj  potei  conchiudere  ,  che  il  detto  sa- 
le P.  è  conquesto  ogni  cento  parti ,  di  quattro  d'una  sostanza  ve- 
getabile analoga  alla  fibra  vegetabile  ,  sostanza  forse  adventizia 
proveniente  dal  metodo  di  medicazione,  di  81  parti  muriato  di 
goda,  5  malato  di  soda  e  io  muriato  di  magnesia  . 

Sod- 


33a  L  E  T  T  E  11  A 

Soddisfatto  con  ciò  al  noljile  incarico  affidatomi  dalle  zelan- 
tissime cure  colle  quali  Ella,Sig.  Consultore,  ama  di  promovere 
/  mai  sempre  l'avanzamento  delle  scienze  naturali,  noti  mi  resta 
più  che  offrirle  1'  opera  mia  in  altre  analoghe  circostanze,  e  di  ri- 
cordarle nel  tempo  stesso  quell'  alta  stima  e  profonda  venerazio- 
ne, colla  quale  ho  l'onore  di  dichiararmele  ec.  ec. 


'^:^ 


SO- 


00 


SOPRA  UNA  SPECIE  DISTINTA  DI  CIPERO 

LETTERA 

Del  Sic.  Ottaviano  Targioni  Tozzetti 

AL  P.   DON  POMPILIO  POZZETTI 

Ricevuta  il  dì   3i  Luglio   i8c6  . 

Firenze  29  Luglio  i8c6 

Xi  ori  attribuite,  vi  prego,  a  negligenza  ,  0  a  poca  stima  dell' 
onore  di  Accademico  ,  se  non  ho  prima  soddisfatto  alle  vostre 
sollecitazioni,  coli' indirizzarvi  qualche  Memoria  da  inserirsi  nel 
Tomo  XIII  della  nostra  Società  ,  ma  alle  molte  occupazioni  ,  e 
ad  alcune  circostanze  poco  favorevoli  ,  Voleva  in  mancanza  di 
una  Memoria  ,  che  non  poteva  ultimare  perora,  inviarvi  alcune 
osservazioni  botaniche  da  me  fatte  qualche  tempo  fa  ,  e  disegna- 
tene le  figure;  ma  queste  avendo  bisogno  della  conferma  in  qual- 
che parte,  e  portando  una  spesa  magj^iore  per  1'  incisione  deile 
tavole  da  unirvisi  ,  mi  hanno  trattenuto  da  spediivcle  .  Nella 
necessità  che  ho  avuto  di  riordinare  alcuni  fasci  del  mio  erbario, 
ed  aggiungere  alcuni  nuovi  esemplari ,  mi  è  data  fra  mano  una 
specie  di  C7/>ero  volgarissimo  per  le  nostre  campagne,  il  quale 
non  è  descritto  da  Linneo  ,  ed  è  stato  fin  ora  confuso  con  altri 
Ciperi  dai  Botanici,  o  trascurato  da  altri  j  ma  che  per  diversi  ca- 
ratteri merita  di  esserne  fatta  una  specie  distinta  .  Con  V  esem- 
pio pertanto  di  altre  memorie  sopra  generi  o  specie  di  piante  nuo- 
ve ,  o  illustrate  ,  inserite  nei  passati  volumi ,  ho  risoluto  di  pre- 
sentare alla  Società  la  descrizione  del  predetto  Cipero,  e  di  altri 
due  consimili  con  i  quali  è  stato  confuso  .  Prima  di  tutto  esporrò 
le  definizioni  e  le  descrizioni  dei  detti  tre  Ciperi ,  per  dimostra- 
re ,  che  devono  farsene  tre  specie  distinte  dai  Botanici . 

I. 


334  SOPKA    UNA    Sl'ECIE    DISTINTA    DI    CIPERO 

I. 

Cyjpems  rotundiis  L,  Cipero  orientale  V. 

Cyperiis  (  rotiindus  )  culmo  trìquetrcf  suhnudo  ,  umbella  de- 
composìta^  spìcis  alterais  linearìbus .  Limi.  Sp.  pi.  67-  Ed.  Wild. 
T.  I.  p.  20.3.  n.  53.  Ed.  Relch.  p.  124.  n.  8-  Fior.  zèyl.  36.  mat. 
nied.  Ed.  Schreb.  49-  Syst.  veg.  ed  Gmel.  p.  iSo,.  n.  5. 

Cyperus  orientalis  major  .  Bauli.  Pin.  i3. 

Cyperus  orientalis  radice  olìvari  ,  spicis  longis ,  e  spadiceo 
purpurescentibus .  Sclieuchz.  Gram.  091.  tab.  9.  f.  3. 

Cyperus  rotundus  orientalis  major.  Bauh.  Th.  207.  Moris. 
hist.  3.  p.  236.  s.  8.  t.  II.  f.  a.  non  bona  . 

Cyperus  rotundus  Hodveg.  jEgyptius .  Alp.  jEgypt.  cap.  37. 
p.  112.  le.  1 13.  mala. 

C'^perus  sive  juncus  angulos/is  rotundus  major  Syriacus.  Lob. 
adv.  36.  37. 

Cyperus  rotundus  odoratus  Syriacus  ìnaj or  .  Park.  Th.  145. 
n.  a.  quoad  descriptionem'  Iconem  vero  vide  adp.  146.  ad  dexte- 
ramfig.  i«  Cyperi  rotiindi  odorali  vulgatiorìs  . 

Cyperus  rotundus  odoratus  .  Ambros.  Phythog.  190. 

Cyperus  rotundus  orientalis  .  Matth.  Ed.   Bauli,  p.  20. 

Cyperus  Syriaca  &.  Craetica  ,  rotundave  .  Jo.  Bauli  liist.  2. 
p.  5o2.  le.  radicis  bonae  .  Cbab.  Sciagr.  p.  194/5.  eadem  . 

Cyperus  rotundus  .  Carrier.  Epit.  10.  le  dextera  . 

Cyperus  tertìus  Syriacus .  Ger.  Emac.  3i.  sine  Icone  . 

Cyperus  .  Dioscor.  Ed.  Sarrac.  L.  i.  cap.  4.  Carrier.  Epit.  9. 
quoad descriptionem  ,  non  quoadfiguram  ,  quam  vide  adpag.  io 
ad  dexteram  . 

Cyperus  Dioscoridis  .  Caes.  bist.  189. 
^.     Cyperus  rotundus  orientalis  minor  .  Baub .  pin.  i3.  Tb.  so8. 
ó-i      Cyperus  rotundus  odoratus  Syriacus  minor.  Park.  Tb.  p. 
145.  n.  3.  quoad  descriptionem  :    Iconem  vide  adpag.  146  ad  si' 
nìstram  Cyperi  rotundi  odorati  vulgatioris  . 


Del  Sic  Ottaviano  Targioni  Tozzetti  .  335 

Cyperus  rotundus .  Cauer.  Epit.  9.  Icori,  sinistra  . 

Cjperiis  sive  juncus  angtilosus  rotundus  minor  Syrìacus  . 
Lob.  a<lv.  36   37. 

Cyperus  quartus  craetìcus  .  Ger.  Emac.  3r.  descriptìo  si  ne 
Icone  . 

Cippero  primo.  Ptic.  Fior  Ed.  1097. 

Cippero  ,  e  Cipero  orientale^  o  tondo  .  Off.  volg. 

Descrizione . 

Le  radici  o  tubercoli  del  Cipero  orientale,  die  si  ritrovano 
nelle  Spezierie  piìi  antiche  (giacché  ora  non  viene  in  commer- 
cio questa  droga)  sono  di  figura  tiulnnata,  o  di  Kamolaccio,  lun- 
ghe da  otto  linee  o  un  pollice  ed  anche  più  ,  larghe  verso  la  ci- 
ma da  sei  a  otto  linee  un  poco  piane,  appuntate  nella  parte  in- 
feriore opposta ,  dove  terminano  con  una  fibra  radicale  terete 
grossa  circa  due  linee  per  la  quale  erano  attaccati  alla  pianta  . 
Sono  cinti  al  di  fuori  da  zone  scure  larghe  circa  ima  linea  e  più, 
chiare  nel  confine  fra  T  una  e  1'  altra  ,  le  quali  nella  pianta  fre- 
sca pare  ,  che  sieno  la  base  di  im  invoglio  membranoso  foliaceo, 
del  quale  rimangono  alcuni  tratti  sfilaccicati  verso  la  cima  ,  nel 
centro  della  quale  ,  spesso  si  vede  una  cicatrice  bianca,  alla  qua- 
le era  connesso  un  altro  tubercolo  ,  come  dimostra  la  figura  dell' 
Alpino  ,  e  come  crede  il  Camerario  dicendo  ,  Radices  sunt  suini- 
grae  cohaerentes  oblongis  oleis  similes  ,  aliquando  etiam  longae 
Galangae  modo  ;  quo  fit  ut  hoc  cyperi  genus  a  nonnullis  njipelle- 
tur  sylvestris  Galanga.  Camer.  Epit.  9.  Se  ne  trovano  anche  dei 
più  grossi ,  e  che  hanno  1'  abbozzo  di  fibre  radicali ,  come  quelle 
della  punta  ,  sparse  per  la  superficie  del  tubercolo  .  La  sostanza 
interna  è  farinoso- legnosa,  bianca  ,  di  sapore  amaro  piccante:  l'o- 
dore è  aromatico  simile  a  quello  della  Cunzìa  ,  o  Cipero  lungo  . 


2. 


336  SuPUA    UNA    oPECIE    DISTINTA    DI    CIPERO 


Cypenis  esculentus  L.  Cipero  commestibile  V. 

Cyperus  (  esculentus  )  culmo  trìquetro  nudo  ,  umbella  foUo- 
sa,  radicuììi  tuberculis  ovatis  zonis  ìmbricatis .  Lino.  Syst.  nat. 
ed.  12.  T.  3.  p.8i.  ed.  Gmel.p.  iSa.  n.  89.  Syst.Veg.ed.  i3.  p.8a. 
ed.  14.  p.  96.  ed.  Reich.  p.  i24-  «•  7-  Sp.  pi.  67.  ed.  Wild.  T.  i. 
p.  ^84.  Roycn  Lugdb.  5i. 

Cyperus  esculentus .  Ger.  Emac.  p.  3i2,.  11.  1.  2..  exDod.  noti 
bona  . 

Cyperus  esculentus  aetiopìcus .  Am])ros.  hort.  Stud.  bon.  24. 
et  79.  le.  78.  mediocris  Ambios.  Phytliogr.  le.  eadem  191. 

Cyperus  rotundus  esculentus  angustìfolius  .  Bauh.  pin.  14. 
Ih.  2.2,2,.  jftg.  mediocris  ex  Tabern.Toum.  Inst.  P.  H.  527.  Mi- 
cheli Hort.  Fior.  3i.  Gen.  pi.  43.  n.  7.TÌIIÌ  Pis.  5i.  Ciipani  Hort. 
Cath.  64.  Scheuchz.  Grani.  882.  Moris.  hist.  3.  p.  a36.  s.  o.  t. 
1 1.  f.  IO.  Radic.  figura  mala. 'Monti  fnd.pl.  agr.  Con.  Prodr.  12. 

Cypents  dulcis  rotundus  esculentus  ,  Trasi  dulce  vocatus  . 
Park.  Th.  p.  146.  n.  5.  io.  p.  147-  ex  Dod.  non  bona  . 

Cyperus  hort'ensis .  Caes.  Hort.  siccus.  p.  109.  n.  279.  Mi- 
cheli illust.  Hort.  sicci  Andr.  Caes.  MSS.  p.  3i. 

Cyperus  dulcis  Theophrasti  .  Tab.  ic.  dS'j.fig.  mediocris  . 

Trasi.  Caes.  hist.  191.  Cast.  Dur.  444- .^5-  mala.  Matt. 
Valgr.  573.  Dalech.  Lugdb.  i5o4.  Jo,  Bauh.  hist.  a.  jj.  5o4.  fi^. 
5o5.  ex  Colonna . 

Trasi  veronensium .  Lobel.  Adv.  87.  hist.  41  •  4^-  Tcou.  78. 

Trasi  nostrum  iVel  esculentus  Cyperus  .  Pone  Mont.  baldi 
p.  20. 

Trasi  :  MacUnaethalle  Theoprasti  :  Anthaeliuni  Plinii  :  Aba- 
zelin  arabum  '.  Italis  Dolcichini .  Chabr.  Sciagraph.  19.5. 

Dulcichinum  .  Dod.  pempt.  338.  Ic.  840.  aroniat.  61. 

Malinathalla .  Col.  Phytob.  6.  ed.  fior.  p.  3.  t.  2.  fig.  optima 

Malinatlialle  £%  ylnthaelium  Plinii .  Jo.  B.  hist.  2.  p.  504, 

Jba- 


Del  Sic.   Ottaviano  Targioni  Tozzetti  337 

Abazelin,  sive  Granum  alzeliti  ^  veteribus  .  Io.  B.  hist.  a. 

p.  504. 

j8.  Cyperus  rotiindus  escidentus  angustìfolius  minorìbus  ò. 
rotundioriùits  radicibus  .  Monti  Catal.  agr.  Bon.  Prodr.  la.  Mi- 
elicli  Gen.  45-  n.  8. 

Cyperus  esculenta  radice  ^  sive  Trasì .  Ambros.  Hort.  Stud. 
bon.  a4- 

Cyperus  esculentiis  .  Ambros.  Phythog.  p.  190. 

Trasi  miìiores .  Jo.  Bauli,  liist.  a.  pag.  5o6. 
y.  Cyperus.  esculentus  latifolius?  Bauli,  piti.  14. 

Caceras  Trasium  modo  nascens  foliis  ìridìs  Luteae  ?  Jo. 
Bauh.  hist.  a.  p.  ao6. 

Bacicci  vulgo  .  Micheli  Hort.  fior .  3  r . 

Bacicci  ,  Dalcichliiì  ,  Dalzalìnì  ^  Babbagigi  ,  Trasi .  voig. 

Cabbasìsi  di  Trapani  .  volg.  in  Sicilia .  dipani  Hort. 
Cath. 

Descrizione  . 

Radici  fibrose  capillari  ,  dalle  quali  pendono  dei  tubercoli 
ovati  lunghi  circa  sei  linee  ,  larghi  la  metà,  di  colore  giallo  bru- 
no all'  esterno  ,  e  ricoperti  di  zone  nieinbranose-filamentose  ,  le 
quali  poi  si  perdono  e  rimangono  soltanto  certi  circoli,  i  quali 
nel  seccarsi ,  e  ajjpassirsi  i  tubercoli  rimangono  più  elevati  ,  in 
numero  di  cinque  o  sei.  Nella  parte  opposta  all'attaccatura  que- 
ste fibre  formano  una  punta  o  cono ,  che  è  la  gemma  del  tuber- 
colo .  Dentro,  i  tubercoli  sono  di  una  sostanza  bianca,  morbida, 
dolce  ,  la  quale  nel  seccarsi  prende  un  colore  gialliccio  ,  diviene 
più  dolce  ,  oliosa ,  non  aromatica  simile  alle  mandorle,  e  sgmmi- 
nistra  olio  coli'  espressione  .  Posti  in  terra  questi  tubercoli  nella 
primavera  ,  pullulano  molte  figgile  simili  a  quelle  degli  altri  Ci- 
peri :  lunghe  un  piede,  o  un  piede  e  mezzo  lineari  anche  larghe 
circa  tre  linee  scannellate  e  piane  di  sopra  ,  combinate  di  sotto 
nei  bordi ,  lisce  intatte,  fisrmanti  vagina  inferiormente  membra- 
nacea ,  che  diviene  poi  arida  e  lacera,  e  che  una  accavalcia  o  ve- 

Tomo  XIIL  43  ste 


333  SoiniA     UNA    SPECIE    DISTINTA    DI    ClPtUO 

sto  l'altra.   Le  radici  producono  molti  altri  tubercoli,  diesi  ca- 
.  vano  iiell'  autUnno .  Is'ou  suole  fiorire  presso  di  noi  . 

3. 

Cyperus  olìvarls.  Nob.  Cipero  Scialino  .  V. 

Cvperus  (olivarls).  Culmo  iriquetro,  umbella  foliosa  triphyl' 
la^  pednncidis  ìnaequalìhus^  spìcuUs  lanceolatìs  simplìcibus  com- 
positisque  ,  radice  tuherculis  subovatìs  odoratìs  .  Nobis  . 

Cyperus  .  Lob.  hist.  Sq.  ic.  bona  . 

Cyperus  rotundus  .Doà.  Vcm\)\..  3^8.  fig.  bona  . 

Cyperus  rotundus  vulgaris  .  Bauli.  Più.  i3.  Th.  aio.  fig. 
non  bona  .  Tourn.  Inst.  Sa?.  Tillipis.  5i  Ainbros.  Phytliog.  190. 
Monti  Prodr,  i  t.  Garid.  aix.  i53.  Ger.  Emac.  So.  fig.  Lobelii  . 
Moris.  liist.  3.  p.  a35.  s.  8.  t.  1 1.  f.  i.  Maiiiioi.  Bot.  monsp.  83. 

Cyperus  rotundus  ìnodorus  esculentus.  Moris.  s.  8.  t.  1 1.  f.  io. 
quoad  fig.  radicum  tantum  . 

Cyperus  rotuudits  odoratus parvus  .  Mich.  Gen.  p.  /[5.  n.  6. 
Hoit.  fior.  3i.  agr.  Fior.  MSS.  n.  5. 

Cyperus  rotundus  odoratus  vulgatìor.  Park.  Th.  p.  i45.'n.  i. 
Ic.  mtdia  146.  n.  i. 

'■        Cyperus  alter  exìlis  palmi  altitudine  ,  numerosìs  radici  bus 
oleae  figura  ,  valde  odoratis  .  Caes.  hist.  189. 

Cyperus  olìvaris  .  Caos.  hort.  sicc.  p.  iii.  n.  a83.  Micheli 
adv.  in  hort.  siccum  Andr.  Caes.  p.  11.  MSS. 

Cyperi  alterum  genus  .  Bauh.  hist.  a.  p.  5oa.  fig.  5oi.  atf 
de  X  ter  ani . 

Cyperus  i  prima  species  .  Lemery  Diz.  delle  Droghe  . 

Cyperus  esculentus.  Savi  Fior.  Pis.  T.  i.p.  i4o.  Goiian. 
Fior.  Monsp.  p.  388. 

|2.  Cyperus  rotundus  pumilus  ?  Eius.  Cur.  past.  p    ya. 
■  ■:       Cyperus  roturtdus  mitiimus  hispanicus  ?  Bauh.  pin.  i4- 

Cyperus  alter  humìlius  hispanicus  .  Park.  Th.  p.  i45-  sub 
n.  I. 

-■  .     -       Cip- 


Del  Sic.  Ottaviano  Targion£  Tozzetti  .  oog 

Cippeio  d'  Italia,  prima  specie  .  Rie.  Fior,  del  i5()Y. 
Cippeio  coil  radici  olivari.  Rie.  Fior,  del  1597. 
Scialino  .  volg'  Micheli  Gen. 

Descrizione  . 

Radici  fibrose  cappellute  ramose,  dal  centro  delle  quali  esce 
lina  radice  piii  grossa  tiliioniie  scura  ,  che  si  protouda  a  perpen- 
dicolo pili  di  un  mezzo  piede  nel  teneno ,  e  che  termina  in  un 
tubercolo  ovato  irregolare  scabro  che  prò  luce  altre  radicelle  fi- 
brose ,  e  altre  filiformi  con  i  detti  tubercoli  per  ogni  verso  .  Que- 
sti tubercoli  di  varia  grandezzate  di  figura  per  lo  piìi  ovale  acu- 
minata in  ambi  i  lati  ,  o  sia  a  oliva  sono  scuri  al  di  fuori  ,  senza 
segni  di  zone  ,  ma  con  qualche  segno  di  esse  verso  la  gemma  del- 
la cima ,  e  manifestamente  poi  nei  giovani  ,  sono  dentro  di  colo- 
re bianco,  duri,  di  consistenza  legnosa  farinacea,  non  oliosi,  di 
sapore  austero  ingiato  al  gusto  e  odorosi  come  la  cunzia  (  Cypeius 
longus  )  e  più  ,  quando  sono  appassiti  o  secchi .  Questi  sono  i  tu- 
bercoli dell'anno  passato,  i  quali  rimanendo  nel  terreno  traman- 
dano la  fibra  filiforme  la  quale  arrivata  alla  superficie  del  terre- 
no produce  una  pianta  ,  e  forma  le  fibre  capillari  sopradescritte  ; 
infatti  da  qualcuno  di  detti  tubercoli  si  vede  spesso  diramarsi 
pili  di  un  filo,  che  produce  più  di  una  pianta.  Queste  piante  poi, 
ed  anche  i  tubercoli  tramandano  altre  fibre  ,  o  suicidi  ,  o  radici 
filiformi  orizzontali ,  che  si  stendono  alla  medesima  distanza  di 
un  mezzo  piede  e  più  ,  e  sono  allora  ricoperte  dappertutto  di 
squamine  nere  fibrose,  e  terminano  in  un  altro  tubercolo  consi- 
mile il  quale  in  principio  è  bianco,  vestito  di  sfoglie  striate  fi- 
brose ,  che  poi  si  macerano  e  si  perdono  ,  e  rimane  il  tubercolo 
nero  nudo,  e  con  diverse  punte  e  rami  filiformi  dei  tralci  ,  per 
ogni  verso  j  i  quali  rami  o  fibre  filiformi  ogni  tanto  s'  ingrossano 
in  simili  tubercoli  onde  vi  pajono  come  iniilati  ;  e  così  per  ogni 
verso  prodigiosamente  si  moltiplicano  queste  piante .  Lo  scapo  è 
triangolare  ,  nudo,  liscio,  alto  un  piede  o  poco  più  ,  vestito  alla 
radice  da  luglie  lineari  più  lunghe  dello  scapo,  larghe  due  linee, 

5cau- 


040  SlU'RA    UNA    SPECIE    DISTINTA     UI     ClPEUO 

scanuellate  di  sopra,  di  sotto  cariiiate,  col  rimanente  della  Icnn ina 
piegato  iiidiftro  così  che  didietro  apiiaiiscono  con  due  sol<  lii  , 
scabre  nel  bordo  a  scorrere  ili  giù.  La  vagina  delle  foglie  che  ve- 
ste io  scapo  diviene  scura  e  arida  ,  e  si  lacera  ,  ed  una  vagina  ac- 
cavalcia e  veste  l'altra,  come  negli  altri  Ciperi.  Lo  scapo  è  terini- 
Xiato  da  un'ombrella  di  circa  nove  peduncoli  ineguali  spigati  ,  gli 
esteriori  più  lunghi,  gl'interiori  sempre  più  piccoli,  tereti,  un  po- 
co coin[)ressi,  vaginati  alia  hoòe.  Ciascun  peduncolo,  oltre  la  va- 
gina ,  ha  una  l'oglia  alla  ha-e  ,  il  pi  imo  o  più  esterno  l'ha  più 
grande  di  tutte  ,  ed  in  seguito  sempre  minori  fino  a  diventare  li- 
neari e  minime  ;  ma  le  prime  tre  sono  più  lunghe  dell'  umbella; 
per  il  che  1'  umbella  apparisce  come  tritbliata  .  Questi  peduncoli 
equeste  foglie  si  alzano,  dal  primo  in  poi,  un  poco  V  uno  dopo  l' al- 
tro .  sopra  di  un  rachis;  così  che  il  piii  piccolo  ,  o  ultimo  ,  è  più 
elevato  ed  ha  la  foglia  sottoposta  appena  visibile.  Ciascun  pedun- 
colo porta  diverse  spighettine  nella  cima  ,  seni[)lici ,  sparse,  lan- 
elolate  ,  sessili  di  calore  scuro  ferrigno.  Nei  peduncoli  mnfTf/iori  e 
più  esterni  si  contano  alle  volte  alcune  spighette  peduncolate, 
che  portanodue  otre  altre  spighette.  Comincia  a  germogliare 
nel  JMaggio  ,  e  fiorisce  in  Luglio  fino  a  Ottobre  . 

L'  ho  ritrovato  nei  campi  di  Legacia  vicino  alla  città  a  Sìgnay 
e  nei  Lu'ghi  arenasi  ;  come  pure  è  comune  ed  assai  incomoda 
reir  antico  giardino  dei  semplici.  Micheli  (  Gen.  pi.  p.  ^5 ,  dece 
che  habitat  in  rìp'is  £^  alluvionìhus  Arni  fluminis  copiosissiinus^ , 
cu/n  in  Pisano  titm  in  Fiorentino  agro  .  Lo  stesso  Micht-li  nelle 
Piante  dell' agro  Fiorentino  MSS.  presso  di  ine,  cosi  ne  parla  : 
Nasce  copiosissimo  per  tutte  le  rive  cV  Arno,  e  specialmente  a  Sì- 
gna ,  dove  si  vede  fiorito  di  Giugno^  ò.  è  detto  da  quella  Gente 
Scialino  diminutivo  di  Sala,  così  detta  quella  roba  che  ncuopro- 
no  le  veste  dei  fiaschi  [a)  ;  onde  per  stimar  quella  gente  questa 
pianta  una  sptcie  dì  Sala  pìccola  V  hanno  detta  Salino  e  per  la 
varietà  delle  persone,  e  per  da  relazione  del  tempo  si  è  corrotto 

,  tal 


(a)  Sono  le  foglie  dello  Sparganium  erectum  .  L. 


Del  Sio.  Ottaviano  Taiigioni   Tozzettt  .  34 1 

tal  nome  e  di  Salino  se  n  è  formato  Scialino  .  La  pianta  è  di  l  tut- 
to simile  al  Cypenis  odoratus  radice  iongi  ,  sive  Cyperus  offici- 
riaruni  C  B:  varia  solo  da  quello  per  non  crescere  piìi  che  alV  al- 
tezza dì  un  palmo  o  poco  ina  ,  e  dalf  avere  la  radice  fibrosa  con 
alcuni  pendenti  olivi  bulbi  ,  come  il  Tia-i  ,  e  come  bene  esprime 
la  figura  del  detto  G.  B.  ,  e  del  Tabernemontuno  ,  quali  sono  ne- 
ri aromatici  di  sapore,  e  odorosi  come  cpielli  del  Cyperus  oriea- 
talis  ,  per  il  die  manifestamente  dal  sopraddetto  distinguer  si  fa  . 
11  nostro  Cesalpiuo  [hìst.  pi.  1O7)  uno  dei  primi  a  distin- 
guere questo  Cipero  ,  così  ne  parla  =•  Alterum  exile  pahni\alti- 
tndine  ,  nume'osis  radicibus  olivae  figura  media  quadani  fibra 
tamquarìi  filo  connexis  inultuni  odoratis  :  amai  loca  arenosa  . 


Ossei 


razioni 


Questo  Cipero  ,  che  io  chiamo  Olivarìs  si  distingue  dall' 
esridcntus  e  dal  rotundus  (dei  quali  non  ho  veduta  la  fruttifica- 
zione) [)er  le  radici  ,  o  tubercoli,  perchè  sono  prodotti  dagl'  in- 
grossamenti fatti  a  oliva  delle  vere  radici  o  surcoli  striscianti , 
e  come  da  quelle  trapassati  o  infilati  a  guisa  di  spago  .  Per  cagio- 
ne di  questi  tubercoli  neri  e  odorosi  è  stato  confuso  col  Cipero 
rotondo  ,  orientale  ,  e  con  V  esculentus  ,  perchè  si  è  creduto,  che 
quest'  15lti.no  nascesse  nel  nostro  paese. 

Confrontando  i  sinonimi  da  me  citati  ,  e  i-ettificati  per  cia- 
scheduna (li  queste  tre  piante  si  vedrà  ,  che  incominciando  da 
Linneo  ,  si  devono  escludere  dall'  esculentus  i  sinonimi  da  lui  ci- 
tati dv  1  Lobel  ,  e  del  Dodoneo,  i  quali  appait-ngono  sicuramen- 
te al  mio  OUvarii.  Quest'  errore  è  nato  perchè  Lobel  (  Advers. 
p.  87.  )  assicura  ,  che  nei  paesi  cristiani  non  si  vede  che  pre>so 
Verona  ,  dove  è  anche  coltivato  per  vendersi  col  nome  di  Trasi. 
Mattiulo  (Comm.  a  Diosc.  ed.  valgr. p.  5^  1)  asserisce  che  non  na- 
scono in  tutta  Italia  ,  se  non  sul  Veronese  ;  ed  il  Fona  (  Iter  mon- 
tis  Baldi  p.  2.1  )  confermando  tale  opinione  dice  :  haec  pianta 
propria  Veronensis  est ,  nuUìbi  enim  in  tota  Europa,  praeterquarn 
apud  noi  sponte  nasdtur .  Non  è  pertanto  maraviglia  se  questo 

fai- 


o4a  Sopii 'v  una  specie   distinta  di  Cipero 

falso  supposto  è  stato  abbracciato  dal  due  Bauhini,  dal  Dodo- 
iieo  ,  dal  Morison  ,  e  da  quasi  tutti  gli  Scrittori  di  Piante  .  Per  tal 
modo,  seguitando  Linneo,  sono  rimasti  ingannati  anche  i  piìi 
dotti  ed  avveduti  moderni  Scrittori  di  Botanica,  fra  i  quali 
Coiian  nella  Flora  Monspcliana  (p.  58())  dicedei  Cyperus  esculen- 
tns:  Habitat  à  Lattes,  versus  stagna  &.  infossìs  submarinis^  à  Ma- 
quelone,  Perauls  ;  il  qual  Cipero  deve  credersi  V  olìvarìs,  perchè 
V esculentus  non  è  registrato  fr.ille piante  di  Mohtpelieri  dal  Ma- 
gnol  nel  Botanicon  Monspelieiise^  ma  bensì  il  Cyperus  rotundus 
vulgariSi  che  è  VoUvarìs^  del  quale  poi  non  ne  è  fatta  menzione  da 
Goùau.  Il  celebre  Giuseppe  Monti  nel  Prodromo  delle  Piante  del-/ 
la  Campagna  Bolognese  [p.  la.)  dice  d'aver  avuto  il  Cyperus  escu- 
lentus da  Tripoli  ,  e  dall'  Egitto ,  ed  asserisce  ,  che  non  si  ritrova 
nella  Campagna  Veronese  ,  dicendo  :  Quamquam  Trasi  Stripto- 
res  plurimi  iadigeiiarn  agri  veronensis  plantam  facìant ,  miuime 
tamen  ibi  per  haec  tempora,  reperiri  mihi  certuni  est .  Seguier  an- 
cora ,  nella  descrizione  delle  Plantae  veronenses  (  T.  i .  p.  £  i3  ) 
parlando  di  diversi  Ciperi  ,  dice  ,  che  avrebbe  dovuto  parlare 
di  quella  specie  detta  7>a«  la  quale  ,  secondo  il  Mattiolo  ed  il 
Pona  ,  nasce  a  Verona,  e  finisce  con  dire  =  at  cum  nuriì^tempo- 
ris  nitllibi  in  agro  Veronensi  invendatur ,  ìllam  omisi  ^ 

La  maggior  parte  poi  degli  Scrittori  hanno  confuso  V olìvarìs 
col  Cyperus  di  Dioscoride,  [Cyperus  rotundus  L.  )  o  sia  V orientale 
delle  Farmacopee  (che  ci  è  portato  di  Levante  per  alcuni  composti 
medicinali,  e  che  di  presentesi  ritrova  soltanto  in  alcune  antiche 
Spezierie  )  perchè  essendo  ambedue  tubercolosi  e  odorosi,  e  di  fi- 
gura olivare,  come  dice  Dioscoride  dell' orientale,  si  sono  credu- 
ti la  stessa  cosa  dai  commentatori  di  quel  Greco  Scrittore  in  capo 
dei  quali  vi  è  Mattioli,  dicendoci  :  E'  non  poco  odoroso  quello  che 
nasce  in  Toscana  con  le  radici  quasi  di  Filipendola  ;  ma  non  è  pe- 
rò da  preporre  a  quello  che  ci  si  porta  di  So  ri  a  ,  pjer  essere  questo 
molto  più  odoroso  .ed  amaretto.  Con  tale  autorità  questo  Cipero, 
o  siano  i  suoi  tubercoli,  tanto  del  maggiore  che  del  minore,  sono 
stati  effigiati  lateralmente  accanto  al  Cipero  olivare  dal  Camera- 
rio, dal  Parkinson  .  Lomery  pure  nel  Dizionario  delle  Droghe  al 

ti- 


Dei.   Sic.  Ottaviano  Taugioni  Tozzetti  ,  343 

Cipero  orìeritate  à'ìcii^  che.  è  portato  d'  Estan.pes  ,  il  quale  non 
può  esseie  che  1'  OUvaris ;  e  quanto  alla  figuia  ne  riporta  una  cat- 
tiva ilelio  scnijnis  rnaritimus .  Giovanni  13auI)ino  ancora  (  hist.  a. 
^.  5oi)  confuse  A  Cipero  orientale  cuW  Olivarìs  citando  male  a 
proposito  Lobel,  ed  il  Ricettario  Fiorentino,  nel  quale  è  distinto 
assai  hene  1'  uno  dall'  altro.  Co-ì  lo  stesso  Bauhino  ed  il  Chatreo 
riportano  la  cattiva  figura  dell' i\Ipino  per  il  Cipero  orientale  o  ro- 
tondo minore,  e  per  il  rotondo  volitare,  o  sia  Volivaris,  ma  di  nuo- 
vo Ciiabreo  parlando  dell'olivare  alia  figura  dell'alpino  dice  :  No- 
strum cyperum  videlicct  longum  niajorem^  rninorein  ,  £\  rotnndum 
{  de  quo  Iiic)  alìqua  ex  parte  a  Dioscorid'^o  differre patet  ^  licet  vi- 
Ttbus non sit  inferiur  (  Scìag-  p.  194)5  '"'^  '^  radici  o  tuliercoli  del 
Cipero  orientale  [Cyperus  rotundii>-) ,  diesi  trovano  nelle  Spe- 
zierie  sono,  a  differenza  di  quelle  dchO' livari s  più  grandi,  e  con 
le  zone  l)en  marcate,   come  ho  notato  al  Cyperus  rotundus  . 

Peggio  ha  fatto  Mattioli ,  il  quale  dopo  aver  confuso  il  Cipe- 
ro olivare  coli'  orientale  ,  1'  unisce  dipoi  col  Cipero  Lungo  o  Cun- 
zia.e  lo  combina  nella  medesima  figura;  mala  Cunzia,  anche  essa 
fra  noi  volgare,  mai  produce  ingiossamenti  o  tubercoli  nelle  radi- 
ci, le  quali  ha  belisi  striscianti  cilindriche.  Anche  quest'  errore 
è  stato  seguitato,  ed  è  stata  copiata  1'  erronea  figura  del  Mattioli 
da  Gaspero  Bauhino  nel  (  Teatro  alla  p.  aio  ),  dal  Camerario 
(  Epit.  p.  Q  )  del  Dalecliampio  (  Hist. pi. p.  991  )  e  di  poi  ripor- 
tata in  due"  figure  separate  dal  Bauhino  nell'  edizione  da  lui  fat- 
ta in  latino  del  Mattioli,  le  quali  figure  poi  fuiono  altresì  copia- 
te se[)aratamente  da  Morison.  Giovanni  Bauhino  (  Hist.  2..  p. 
5oi,5ca)  ed  il  Chatreo  (5czagr. /».  194»/-  a)  suo  seguace,  confon- 
dono di  nuovo  il  Cipero  lungo  col  rondo;  e  quest'  ultimo  al  ti- 
tolo Cyperus i  mettendo  la  figura  del  lungo,  dice:  Cyperum  Lon- 
guìn panicìda  sparsa  Ilio pingimus  ,  cujus  radices  inopportuno 
n'optata  lux.ìtriant  longe  .,  et  mox  in  olivares portiones  extube- 
ranles  odori s  grati  ,  colori s  fasci  . 

Altri   finalmente  ^  ritrovando  simili  tubercoli  nello  scirpo 
marittimo  ,  1'  hanno  confuso  con  l'oli  vare,  dalla  qual  tace  ia  non 
è  andato  esente  ravvedutissimo  Micheli  3  il  quale  nei  nuovi  ge- 
ne- 


344  Sopra  una  specie  distinta  di  Cipero 

neri;,  dopo  di  aver  descritto  e  definito  il  mio  Cyperus  oliraris  , 
cioè  il  suo  Cyperus  rotundusodoratitsparvus.p.^^  n-G  diceiii  nota: 
Jb  /iac  specie  non  immerito  distinguimiis  &■  sea^regamits  Cypenim 
panicula  crassiore  minus  sparsa  I.B.  a.  Soi.j  et  ad  Scirpo-cype- 
ritm  revocamiis  (cioè  allo^c/>/'Zi!d-  rnarltimus  di  Linneo  )  cujus  Sy- 
jionima  sunt  Cyperus  rotiindus Dodouaei  penipt.  338,  Cyperus  ro- 
tundus  vel  angulosus  et  triangularis  Celsi  et  Plinti  Lab.  le.  73  ,  e 
lo  conferma  nella  nota  al  secondo  scirpo-cipero  deirordine45  p-  4°» 
i  quali  Sinonimi  del  Lobel  ,  e  del  Dodoneo  appartengono  cer- 
to al  rotundus  odoratus  parvus  di  Micheli  ,  cioè  al  mio  olivaris  . 
Micheli  è  stato  seguitato  in  questo  da  Seguier  (  PI.  ver.  T.  1,  p. 
114)3  il  quale  ricopiando  tutto  il  paragrafo  del  detto  Scirpoci- 
pero  di  Micheli  gli  adatta  i  sopraccitati  sinonimi  de!!'  olivaris. 

Questo  minuto  dettaglio  mi  è  sembrato  jiecessario  per  di- 
mostrare quale  incertezza  si  trovi  nel  detenninaie  con  gli  autori 
sole  tre  specie  di  piante,  e  quanto  necessario  sarebbe,  come  dice 
il  Sig.  Savi  [Meni,  della  Soc.  /^a/.;f.^},  che  una  Società  di  Botanici 
facesse  un  Pinace  universale  combinando  i  tanti  e  diverbi  nomi 
deo^li  autori ,  e  fissasse  una  volta  i  nomi  da  ritenersi  per  quelle 
specie ,   che  hanno  di  già  sofferto  una  o  più  mutazioni  di  genere  . 
Tale  utile  ed  ogglmai  necessarissimo  lavoro,  sembrava  ,   die  do- 
vesse aspettarsi  e  ritrovarsi  nella  parte  botanica  dell'  Enciclope- 
dia  metodica  ;  ma  un  Dizionario  compilato  con  i  termini  volga- 
ri francesi,  e   non  con  quelli  della  scienza   conosciuti  da  tutti, 
mancberà  sempre  di  quella  universale  necessarissima  utdità;   ed 
i  botanici  dovranno  come  han  fatto  fin  ora  ,  spesso  rimanere  in- 
certi sulla  determinazione  delle  specie  ,  fino  che  una  stoj  ia  uni- 
versale ben  fatta,  e  che  dia  esatte    figure  non  sia  compilata  ,  e 
adottata  da  tutti  ,  come  il  Codice  universale  delle  Piante . 
Ho  r  onor  di  confermarmi  vostro  ec. 


DEL- 


345 
DELLE  SPECIE   NUOVE   DI   FUNGHI 

RITROVATE  NEI  CONTORNI  DI  FIRENZE 
E  NON  REGISTRATE  NEL  SYSTEMA  NATURJE  DI  LINNEO 

EDIZIONE  XIII. 

MEMORIA 

Del  Sic.  Giuseppe  Raddi  Fiorentino 
Presentata  il  dì  4  Giugno  1806 
DAL  SIGNOR  GIOVANNI  FABBRONI 

Jgaricus  subscrispus  • 

Solitario,  e  grandissimo  .  Il  Cappello  plano,  rosso-ocraceo  con 
il  margine  striato  ondulato,  e  quasi  increspato  .  Le  Lamelle  car- 
nicine 5  e  parimente  ondulate.  Il  Gambo  color  verde  uliva,  car- 
noso, e  ingrossato  alla  base.  Tav:  I. 

a.  parte  inferiore  : 

h.  porzione  del  Cappello  veduto  superiormente  . 
Trovasi  in  Autunno  lungo  1'  Argine  del  fiume  Eraa  . 

jégaricus-niger. 

Solitario  e  grandissimo.  Il  Cappello  piano,  ocraceo  ferrugi- 
neo, con  fascio  concentriche,  ovvero  zone  verdi,  e  con  il  margi- 
ne intero  .  Le  Lamelle  nere  ,  numerosissime  ,  carnose  ,  e  assai 
lucide  .  Il  Gambo  carnoso  ,  pallido  ,  gobbo  ,  e  più  sottile  verso  la 
tase  .  Tav:  II. 

a.  parte  inferiore 

b.  porzione  del  Cappello  veduto  superiormente  . 

Nel  mese  di  Novembre  nei  Boschi  presso  la  Certosa  di  Fi- 
renze sul  Fiume  Greve  . 

Tomo  XIII  44  ^ga- 


346  Delle  specie  nuove  ui   i-uncui 

Agarìcusfusco-cano-toìnentosus. 

Il  C;ippello  piano,  fuscescente  e  tomentoso,  tomento  bian- 
co Le  Lamelle  bianchissime,  crasse,  e  molto  fragili  .  11  Gambo 
cilindrico  ,  pieno,  egualmente  tomentoso ,  e  un  poco  più  colorito 
del  Cappello  .  Tav:  II.  fig.  a. 

Nel  mese  d'  Ottobre  in  Buboli . 

ytgaricus  ìiivolucratus . 

Solitario,  e  di  statura  mediocre.  Il  Cappello  convesso  e 
quasi  conico,  ottnsoj  e  colore  argentino  assai  splendente  .  Le  La- 
melle bianche.  Il  Gambo  bianco,  pieno, e  con  un  Anello,  o  piut- 
tosto involucro  bianco^, il  quale  involge  tutto  il  Cappello  prima 
del  suo  sviluppo  a  guisa  di  Volva  ,  e  dopo  si  perde  interamente  , 
restando  S(dtanto  diversi  pezzetti  del  medesimo  attaccati  sopra 
la  superficie  del  Cappello  mediante  un  umore  glutinoso  contenu- 
to in  principio  sopra  la  supeificie  suddetta  .  Tav:  III.  fig.  i. 

a.  11  Fungo  adulto  g  à  sviluppato  . 

b,  11  medesimo  quando  comincia  a  svilupparsi  ,  e  lace- 
rarsi r  involucro. 

In  Autunno  nelle  R.  Cascine  presso  la  Ghiacciaja  non  molto 
distante  dalla  R.  Villa  . 

Agarìcus  elegans . 

Il  Cappello  concavo ,  d'  un  bellissimo  verde  ,  e  quasi  lobato 
al  margine  .  Le  Lamelle  pavonazze  ,  fragili ,  e  che  scendono  un 
pochetto  sul  gambo,  il  quale  è  in  parte  pallido,  ed  in  parte  oscu- 
ro j  con  strie  sanguigne,  pieno,  ingrossato  e  lanoso  alla  base  . 
Tav:  III.  fig.  a. 

Questa  è  la  piìi  bella  specie,  ch'io  abbia  veduto  fra  gli  Aga- 
rici in  ragione  dei  suoi  vivi  colori . 

Nel  mese  di  Ottobre  nella  Ragna ja  del  Vecchietti  circa  tre 
miglia  fuori  della  Porta  Romana  .  lì.V/  Aga- 


Del  SiG.  GiusEprE  Raddi  .  847 

Agarlcus  plxìdatus  . 

Minuto  ,  in  forma  di  pisside,  e  quasi  simile  nella  sua  figura 
al  Lichene  pissidato.  Il  Cappello ,  e  il  gambo  sono  di  colore  ros- 
so-ocraceo .  Le  Lamelle  gialle  semplicissime  ;,  e  quasi  decurren- 
ti  .Tav:]IL  flg.  3. 

In  Autunno  nel  Bosco  dei  Cappuccini  . 

"  .;  '  !■■    ,  Agaricns  dentatus . 

II  Cappello  quasi  conico  ottuso,  non  carnoso  ,  di  color  san- 
guigno alquanto  trasparente  e  con  il  margine  dentato  .  Le  La- 
melle giallognole  .  Il  gambo  coiur  di  Zafferano  ,  internamente 
•hianco  ,  fistnloso,  fragile  ,  e  un  poco  contorto.  Tav:  III.  fig.  4- 

Nel  mese  di  Novembre  in  Boboli  in  un  piccolo  Boschetto 
A  icino  all'  Isolotto  dalla  parte  delle  mura  della  Città  .  Cresce  a 
piccoli  cespugli . 

Jgaricus  monstruosus  . 

Solitario  e  di  statura  mediocre  .  Il  Cappello  è  piano,  di  fi- 
gura irregolare  ,  non  carnoso,  anzi  quasi  coriaceo,  color  di  pat- 
tona-cupo  ,  o  sivvero  di  Castagnaccio,  e  con  il  margine  arricciar 
to  verso  le  Lamelle  ,  le  quali  sono  assai  distanti  fra  Joro  ,  palli- 
de ,  e  quasi  carnicine  .  Il  gambo  comincia  dalla  di  lui  inserzione 
con  il  Cappello  in  un  grosso  tuberculo  solcato,  e  dalla  metà  del 
medesimo  fino  alla  base  cilindrico  ;  tutto  il  gambo  è  pieno  ,  al- 
quanto pallido,  anzi  inclina  piuttosto  al  colore  del  Cappello-, 
e  i  di  lui  solchi  bianchi .  La  Carne  è  bianchissima.  Tav:  111. 
fig.  5. 

a.  veduto  inferiormente . 

b.  veduto  superiormente  . 

Nel  mese  di  Novembre  in  Boboli  nelle  vicinanze  del    così 
detto  Laberinto  . 

Jga- 


348  Delle  specie  nuove  di    funghi 

Àgarìcus  fii'formis . 

Solitaria,  piccolissimo,  e.  molto  frafijile.  Il  Cappello  campa- 
niforme, gia'Io  ocraceo,  peloso  al  margine  ,  i  di  cui  peli  sono 
oscuri .  Le  I  amelle  bianche  •  11  gambo  filiforme  ,  fistuloso,  e  co- 
lor rosso-sanguigno  .  Tav:  ITI.  fig.  6. 

a.  veduto  superiormente  . 

b.  veduto  per  la  parie  inferiore  . 

Nel  mese  di  Novembre  a  S.  M.  a  Montici  sopra  le  Foglie 
putride  del  Quercus  llex  Lìnn. 

Agarìcus  suhulatus , 

ri  Cappello  è  fatto  a  guisa  d'  Ombrello  ,  non  carnoso  ,  co- 
lor verde-oliva  ,  e  tomentoso  ,  che  sembra  un  velluto  :  il  mar- 
gine arricciato  verso  le  Lamelle  ,  le  quali  sono  pallide,  sempli- 
ci ,  e  distanti  fra  loro  .  Il  gambo  è  lunghissimo  ,  snbulato  ,  pie- 
DO  ,  e  giallognolo  .  Tav:  IV.  fig.  i. 

a.  11  Fungo  giovine  nel  suo  primo  sviluppo  . 
h.  Il  Fungo  già  adulto  . 
Trovasi  nei  mesi  di  Settembre  e  Ottobre  nel  Bosco  presso  il 
così  detto  Pollajo  alle  Rose  . 

Agarìcus^  dentato-crenatus . 

li  Cappello  è  convesso-conico-acuminato,  giallo,  ocraceo-- 
fusco  nel  centro ,  con  strie  del  medesimo  colore,  le  quali  princi- 
piando dal  centro  medesimo  vanno  fino  al  margine  ,  il  quale  è 
dentato-crenato .  Le  Lamelle  bianchissime.  Il  gambo  del  mede- 
simo colore  ,  fistuloso  ,  e  alquanto  ingrossato  verso  la  base  . 
Tav:  IV  fig.  a. 

Nel  mese  d'  Ottobre  lungo  1'  Argine  del  Fiume  Arno  di- 
rimpetto le  Pv.  Cascine  . 

Jga- 


Del  Sic.  Giuseppe  Raohi,  349 

Asarìcus  rubro-maculatus . 

Solitario  .  Il  Cappello  emisferico  ,  lìscio  ,  e  odor  di  Filiggl- 
ne  .  Le  Lamelle  nniiierose,  olivacee  ,  e  fragili  .  Il  gambo  lungo, 
sottile  ,  lineare  ,  fistulo.-o  ,  fragile  ,  pallido  ,  e  sparso  di  piccole 
macchie  sanguigne  .  Tav:  IV.  fig.  3. 

Nei  mese  di  Novembre  a  Scandieci  alto. 

Agarìciis  pìlosus . 

Solitario  .  Il  Cappello  emisferico-globoso  ,  liscio  ,  e  turchi- 
no. Le  Lamelle  vinate  ,  semplici,  e  cainose  .  Il  gambo  terete  , 
tulboso  ,  pieno  ,  color  carnicino  ,  peloso,  e  ì  di  cui  peli  sono 
bianclii  .  La  Carne  è  parimente  bianca  .  Tav:  IV.  fig.  4- 

In  Autunno  in  una  Macchia  presso  S.  Matteo  in  Arcetri  . 

Agarìcus  pygmaeus  . 

Solitario  ,  carnoso  ,  e  nano  di  statura  .  Il  Cappello  piano- 
subconcavo,  di  color  grigio,  e  con  il  margine  sublobato-ondula- 
to  .  Le  I  anielle  pallide  ,  duplicate  ,  ovvero  disposte  due  per 
due  .  Il  gambo  cortissimo,  pieno  ,  rotondoj  e  olivaceo  •  Tav.  IV. 
fig,  5. 

Nel  mese  di  Marzo  nel  Bosco  di  Montesenario  . 

Agarìciis  rubro-striatus» 

Solitario,  in  forma  d' imbuto  ,  intieramente  giallo,  e  con  la 
superficie  del  Cappello  rigata  di  rosso  .  Il  gambo  pieno,  e  cilin- 
drico .  Le  Lamelle  decurrenti  ,  e  quasi  ramose  .  La  Carne  d'  un 
color  giallo-dorato  ,  Tav:  IV.  fig.  6. 

Nel  mese  d'  Ottobre  nel  luogo  sopraddetto  . 


Aga^. 


35o  Delle  specie  nuove  di   funghi 

Agarìcus  fuscus . 

Solitario  .  Il  Cappello  emisferico  ,  fosco  ,  e  liscio  .  Le  La- 
melle del  inedesinu)  colore  .  II  gambo  cilindrico  ,  carnoso  ,  palli- 
do e  asperso  di  spiazzi  sanguioiii  .  Tav:  IV.  iig.  7.  ' 

In  Autunno  alia  Romola  . 

Agaricus  subsquamosus . 

Solitario  .  Il  Cappello  è  convesso,  bianco,  sparso  di  piccole 
sqnamme  rosso-sanguigne  ^  le  quali  a  prima  vista  sembrano  piut- 
tosto alticttante  piccole  strie,  o  linee  disposte  inegualmente  in 
tondo  alla  superficie  del  Cappello  medesimo  .  Le  Lamelle  bian- 
clie  .  Il  gambo  parimente  bianco  ,  alquanto  lanoso  alla  base  ,  ci- 
lindrico ,  e  vuoto  .  Questa  specie  è  assai  velenosa  ,  ed  ba  un  for- 
te odore  nauseanie  ,  il  quale  appena  si  può  soffrire  qualclic  poco 
di  tempo  .  Tav:  IV.  fig.  8. 

a.  veduto  inferiormente . 

b.  veduto  superiormente  . 

Nel  mese  di  Novembre  nel  Bosco  detto  della  Fattucchia  di 
là  dal  Fiume  Erna,  due  miglia  circa  distante  dalla  Città  fuori 
della  Porta  S.  Niccolò  . 

Jgariciis  coeruleus  . 

Solitario.  Il  Cappello  convesso,  ceruleo,  trasparente,  e 
quasi  piegbettato.  Le  Lamelle  nere  ,  fragili  ,  e  nella  sua  matu- 
rità si  dissolvono  in  un  Umore  acquoso  e  nero.  Il  gambo  molto 
lungo  ,  sottile  ,  lineare  ,  gracilissimo,  vuoto,  e  dell' istesso  co- 
Jore  del  Cappello  .  Tav:  IV.  fig.  9. 

Nel  mese  di  Novembre  nelle  R.  Cascine  . 


■*  Aga- 


Del  Sic.   Giosepi'e  Uaddi  .  3ji 


jigariciis  rubellus . 


Solitario  ,  e  piccolissimo  .  II  Cappello  piano  convesso  ,  e  al- 
quanto ro->sigiio  .  Le  Lamelle  bianche  .  Il  gambo  listuloso  ,  gra- 
ciie  ,  rotondu  ,  e  parimente  bianco  .  Tav:  iV.  fig,   io. 

Nel  mese  d'  Ottubre  a  piò  d'  un  Olivo  nelle  vicinanze  di 
Trespiauo  . 

Agaricus  conoìdeiis  ■ 

Solitario,  e  piccolissimo  .  Il  Cappello  è  conico,  in  parte  ros- 
so, ed  in  parca  giallo,  particolarmente  verso  il  margine  .  Le  La- 
melle bianche  ,  e  distanti  fra  loro  .  Il  gambo  parimente  bianco  , 
lineare,  e  qua^i  fistuloso.  Tav  :  IV.  fìg  .11. 

Nel  mese  di  Novembre  nella  cosi  detta  Ragnaja  del  Vec- 
chietti . 

Agarìciis  hulboso-pìlosus . 

Solitario,,  e  intieramente  bianco.  II  Cappello  convesso  glu- 
tinoso ,  e  con  piccoli  solchi  giallognoli  al  margine  .  Lamelle  nu- 
merose .  Il  gambo  bianchissimo,  bulboso  alla  base,  pieno  ,  e  il 
di  cui  bulbo  è  ricoperto  di  peli  piuttosto  lunghi  più  bianchi  an- 
cora del  eambo  medesimo.  Tav:  IV.  fìg.  la. 

Trovato  nel  mese  di  Deceinbre  nel  Giardino  botanico  del 
R.  Museo  co.  in  un'  Areola  nel  Parterre  delle  Piante  officinali . 

Merulius  albus  . 

Tutto  il  Fungo  è  bianco  ,  e  non  carnoso  .  Il  Cappello  ìnfun- 
dibuliforme  .  Vene  ramose,  decurrenti  ,  e  color  cenerino.  11 
gambo  sottile,  e  un  pochino  fistuloso  .  Tav:  IV.  fig.  i3. 

Nel  mese  di  Decembre  a  pie  d'  un  Cerro  nelle  vicinanze  di 
Trespiano  . 


Bo. 


35a  DjìLLE    Sl'IiClE    KUOVE    DI  FUNGHI 

Boletus  tomentosus  . 

Il  Cappello  è  piano  ,  tomentoso,  e  color  di  marrone  .  I  Tubi 
minutisbiiiii  ,  rotondi ,  in  principio  bianchi  ,  e  nell'  invecchiare 
divengono  color  di  zolfo-chiaro .  11  gambo  fistuloso  ,  fragile  ,  in- 
grossato alla  base  ,  tomentoso ,  e  dell'  istesso  colore  del  Cappel- 
lo .  La  Carne  è  bianchissima  .  Tav:  V.  lis-  i- 
Trovasi  in  Autunno  in  Boboli . 

Boletus  viaculatus . 

Il  Cappello  emisferico,  rosso,  e  con  delle  strie  longitudina- 
li rosso-scure  .  I  Tubi  minuti  ,  corti  ,  quasi  angolati  ,  e  color  ca- 
narino .  Il  gambo  molto  lungo  ,  carnoso  ,  alquanto  ingrossato  al- 
la base  ,  color  castagno-chiaro  ,  e  asperso  di  macchie  scure  .  La 
Carne  è  bianca  ,  e  un  poco  dura  .  Tav:  V.  fig.  a. 

Nel  mese  di  Marzo  a  Moiitesenario  . 

Boletus  rubro-purictatus  . 

Intieramente  bianco.  Il  Cappello  convesso,  e  alquanto  glu- 
tinoso .  I  Tubi  minuti  corti  ,  e  quasi  rotondi.  Il  gambo  cortissi- 
mo ,  e  asperso  di  punti  rosso-sanguigni  .  Rompendolo  esce  un 
Umore  lattiginoso  alquanto  denso  .  Tav:  V.  fig.  3. 

Nel  mese  di  Settembre  alla  Romola  . 

Boletus  hìcolor  . 

Il  Cappello  è  quasi  conico  ,  liscio  ,  e  color  grigio-carneo  .  I 
Tubi  minuti  ,  angolati  ,  e  gialli  .  11  gambo  del  medesimo  colore 
del  Cappello,  terete  ,  e  bulboso-globoso  alla  sua  estremità  ,  con 
Ja  quale  s'  unisce  al  Cappello  .  Tav:  V.  fig.  4- 

Nel  fa^s>e  di  Ottobre  nel  Bosco  della  Real  Villa  di  Pratolino  • 

Bjd- 


Del  Sic.   Giuseppe  Raddi  .  353 

Boletus  riiher  . 

Il  Cappello  convesjo-emisferico  ,  e  rosso  .  I  Tubi  minutissi- 
mi ,  angolati ,  e  f[nasi  dell'  istesso  colore  >  ma  più  chiari  .  Il  gam- 
Lo  rotondo,  lineare  ,  piuttosto  lunghetto  ,  superioraieuto  bian- 
co ,  e  rosso  a^ciso  la  base  .  Tav:  V.  fìs.  5.  " 

In  Autunno  nelle  vicinanze  della  Romola  . 

Hydnum  hlcolor . 
/ 

Il  Cappello  è  concavo  nel  centro  ,  color  di  mattone-cbìaro, 
«  con  il  margine  un  poco  rivolto  inferiormente  .  Gli  Aculei  sono 
bianchi  .  Il  gambo  parimente  bianco,  cilindrico  ,  e  alquanto  tor- 
to .  Tav:  V.  fig.  6. 

Trovasi  in  Autunno  in  Boboli  presso  F  Isolotto  dalla  parte 
delle  Mura  della  Città  . 

Hycliium  hulbosum  ; 

Il  Cappello  è  alquanto  convesso  ,  e  color  di  mattone  .  Gli 
Aculei  dell'  istesso  colore ,  ma  un  poco  più  chiari  .  Il  gambo 
bianco  ,  carnoso  ,  e  ingrossato  a  guisa  d'  un  bulbo  alla  base  . 
Tav:  V.  fig.  7. 

La  grandezza  del  Cappello  è  assai  variabile  ;  nella  figura  a 
è  rappresentato  nella  massima  grandezza,  e  nella  fig.  b  la  mino- 
re 5  ed  anche  più  piccolo  . 

Trovasi  parimente  nel  sopra  indicato  luogo  . 

Hjfdnum  paUidiim  . 

Intieramente  bianco-pallido  .  Il  Cappello  convesso  ,  tomen- 
toso ,  e  di  figura  irregolare  .  Gli  Aculei  sono  molto  acuti  ,  e  nu- 
merosissimi.  Il  gambo  laterale,  pieno,  e  tomentoso.  Tav:V.  fig  8. 
JSel  mese  di  Novembre  in  Boboli  .  \ 

Tomo  Xni.  45  Hyd- 


354  Delle  specie  kuove  di  funghi 

Hydnuni  roseutn  . 

Il  Cappello  nn  pochetto  convesso,  e  color  di  rosa  .  Gli  Acu- 
lei biaiulii.  Il  gambo  parimente  bianco,  terete^  e  pieno  .  Tav:  II. 
ị.  3.  Vold.  steccherino  color  di  tosa  . 

Nel  mese  di  Novembre  nel  Bosco  presso  la  R.  Villa  di  Pra- 
tolino  . 

Clavaria  minuta  . 

Candida  ,  ramosa,  minutissima,  e  fragilissima;  rami  tereti, 
ottusi  ,  e  cortissimi  .  Tav:  V.  fig.  14. 

Trovasi  nel  mese  di  Novembre  sopra  i  rami  del  Ginepro 
(  Juniperus  communìs  Liiin.  )  ,  e  particolarmente  sulla  Strada, 
che  conduce  alla  Villa  dell'  111.  Sig.  Marchese  Cerini  verso  la 
Concezione . 

Helvella  hìcolor . 

II  Cappello  è  superiormente  color  d'  ocra-scura  ,  inferior- 
mente bianco,  e  piegato  per  la  metà  ,  le  di  cui  punte  provenien- 
ti dalla  piegatura  sono  volte  all'  insù  formando  presso  a  poco  una 
mezza  Luna  .  Il  gambo  cilindrico  ,  pieno  ,  e  bianco .  Tav;  V. 
iig.  IO. 

Nel  mese  di  Novembre  nel  Bosco  di  Monte  Oliveto  . 

Helvella  tomentosa  . 

Il  Cappello  è  quasi  rotondo,  con  II  margine  quasi  ondulato  , 
e  rivolto  insù.  Il  gambo  è  pieno,  rotondo  ,  alquanto  ingrossato 
verso  la  base  ,  e  spesso  ancora  compresso  .  La  Carne  tanto  del 
Cappello  ,  che  del  Gambo  è  scura  tendente  al  nero,  e  un  poco 
gelatinosa  .  Tutta  la  superficie  sì  del  gambo ,  che  della  parte  su- 
periore e  inferiore  del  Cappello  è  ricoperta  da  un  tomento  di  co- 
lor caruiciiio-chiaro  .  Tav:  V.  fig.  !!• 

a» 


Del  Sic.  Giuseppe  Raddi.  355 

a.  Veduta  per  la  parte  superiore  del  Cappello  . 
h.  Veduta  perla  parte  inferiore  del  medesimo  . 
Trovasi  nei  mesi  di  Novembre,  e  Dicembre  iu  Boboli  in  al- 
cuni Boìclictti  presso  l'Anfiteatro  . 

Helvella  undulata  . 

Il  Cappello  è  nella  parte  superiore  di  color  nericcio  ,  e  in- 
feriormente color  d'  Ocra-scura;  margine  incero  ,  e  ondulato  .  Il 
gambo  è  parimente  ocraceo-scuro  ,  corto,  pieno,  e  lineare. 
Tav:V.  fiff.  xa. 

Nel  ine^e  di  Novembre  alla  Romola  . 

Peziza  sanguinea  . 

Sesslle  ,  globosa  ,  liscia  ,  internamente  carnicina  ,  esterna- 
mente di  color  sanguigno  ,  e  con  il  margine  dentato,  i  di  cui 
denti  sono  alquanto  ottusi .  Tav:  V.  fig.  i3. 

Nel  mese  d'Ottobre  nei  Boschi  della  Certosa  presso  il  Fiu- 
me Greve . 

Lycoperdon  clavariaeformls . 

Peduliculato  e  subramoso  ^  bianco  ,  ovale  ,  o  sivvero  di  for- 
ma olivare  ,  e  la  di  cui  superficie  è  sparsa  di  corti  aculei ,  ovve- 
ro punte  triangolari ,  nere  ,  e  distanti  fra  loro  :  polline  grigio  . 
Il  gambo  è  parimente  bianco  , liscio,  pieno  ,  e  rotondo  .  Tav:  V. 
fig.  9. 

Nel  mese  di  Novembre  a  Monte  Murello  . 


NUO- 


356 


Delle  specie  nuove  ni    funghi 


NUOVI    GENERI. 

Myklìclienia  . 

Fungus  mhgelatìnosus  ,  expansiis  ,  lac'ni'tatus-ramoslssimus  , 
ò-  fructìficatìone  in  ejiis  superficie  conspersus . 

Myklichenia  repens  . 

Bianro-candida  ,  serpeggiante,  di  sostanza  Fungoso-gelati- 
no^a  ,  laciniata  ,  e  le  di  cui  lacinie  sono  terminate  da  delle  dira- 
mazioni setacee  ,  le  quali  poi  ingrossandosi  e  diramandosi  .sem- 
pre più  ,  si  anastoniizzano  insieme  ^  e  Ibrinano  quella  sostanza 
Fungoso  gelatinosa  sopra  indicata  . 

Trovasi  in  Autunno  in  Boboli  sparsa  fra  le  Foglie  putride  di 
Leccio  j  ed  anche  sopra  la  nuda  Terra  . 

Agarìciun  lichenosum ,  album  ,  eleganter  lacinìatum ,  bru- 
mali te.npore  inter  hunium^  &\.  putrida  arborum  (olia  late  se  dif- 
fundit  ,  ac  crescit  .  Mich.  Nov.  pi.  gen.  p.  12,5.  Tav:  66.  fig.  5. 

La  sostanza  alquanto  fungosa  ,  la  figura,  e  la  maniera  di  ve- 
getare di  questa  specie  di  Fungo  molto  simile  a  quella  del  Liche- 
ni ,  mi  hanno  determinato  di  adottare,  nella  denominazione  del- 
la medesima  ,  il  termine  Myklichenia  formato  dalla  riunione  dei 
due  vocaboli  greci  (jtÓKn?  ,  che  significa  Fungo  ,  e  >,iiiiyii  ,  che  si- 
gnifica Lichene  (*)  .  Per  abbreviare  questo  nome,  e  renderlo  an- 
cora meno  aspro  a  pronunziarlo,  ho  stimato  bene  il  tor  via  le 
due  ultime  lettere  j;?  dal  vocabolo  [j.óx.ìic  . 

Bòh- 


C]  Il  termine  Lichene  ,  o  Lichen  è 
stato  appropriato  dai  Greci  ad  ima  spe- 
cie di  Pianta,  die  nasce  in  luoglii  sas- 
sosi e  unii- li ,  specialmente  nelle  cascate 
d'Acqua,  la  qital  Pianta  vien»!  dai  Latini 
«hiaiuatit  Lichen,  e  dagV  Italiani  Fega- 


tella per  aver  la  medesima  la  proprietà 
di  guarire  una  specie  di  Male  ,  die  na- 
sce nella  Faccia  e  particolarmente  nel 
Mento,  la  qual  Malattia  vien  detta  dai 
Greci  KiK,iy«s  Lichnnas  ,  e  dai  Latini 
MeiUo^ra .  (ved,  PUnio  LiL>.  aé  cap.  4)  ' 


Dzh  Sic.  Giuòeppe  Raddì  .  357 

Bòhmia  . 

Fiingns  m^.rnhranaceus ,  pellacldus ,   ererJus  ,  &^-  vesslciiUs 
seinìnalibus  ad  ejusdetn  oras^  ò.  perifcriarn  conspersus  . 

.^  Bòhmìamiiscoides . 

Flabelliforme  ovvero  fatta  a  foggia  di  ventaglio,  memBra- 
uosa  ,  eretta  ,  traspaiente  ,  del  colore  dell'  Argilla  ,  plicato-den- 
tata  al  contorno,  i  di  cui  denti  sono  alquanto  rotondi  ,  e  con  una 
continuazione  laterale  a  guisa  di  un  piccolo  gambo,  lineare,  del- 
la medesima  sostanza  ,  parimente  membranosa  ,  e  trasparente  • 
Tav:  V.  fig.  x5. 

A.  Le  vessichette  seminali  ingrandite  sotlo  il  Microscopio, 
e  le  quali  non  sono  punto  visibili  all'occhio  nudo  . 

Trovasi  nel  mese  di  Novembre  tra  il  Musco  nei  Boschi  pres- 
40  Cere  nia  . 

Questo  genere  è  stato  da  me  dedicato  ,  in  contrassegno  d'  a- 
micizia  ,  al  Sig.  Giovanni  Battista  Bòhm  di  Nazione  Tedesco,  e 
segnatamente  nativo  di  Vienna,  il  quale  dall'Anno  1797  ^'  i^co 
inclusive  fu  impiegato  nella  Legazione  Imperiale  Austriaca  pres- 
so la  Real  Corte  di  Toscana  . 


IN- 


358 

INDICE 

DI  TUTTI  LI  GENERI  E  SPECIE 

OSSERVATI 

DALSIG.     RADDI 

E  de'  quali   lia  mandato  la  descrizione  alla  Soeietà  non  avendo 
trovato  luogo  nel  Tomo  presente  che  quella  delle  specie  nuove 


Agaricus  abhreviatus  . 
acerrìmus  . 
acicularìs , 
acrìs  • 
adherens  .■ 
adustus . 
aggregatus . 
alabastrìnus . 
alliaceus  . 
alutaceus  . 
amariis . 
androsateus . 

angulatus  . 
aqueus  . 

arwenìacus  • 

atrosquamosus  . 

atro-tomentosus  • 

Balanus  . 

Beryllus  . 

bicolor  . 

bulbosus  . 

bulboso  pìlosus  Nobf 

caerulescens  . 

caliciformìs . 

campunulatus  , 


^garicus  cnmpestris  . 

candìdo-bulbosus , 
caryophillaeu s  . 
castaneus  . 
cereolus  . 
cespitosus . 
cinereus . 
cìnnamomeus  . 
clavus  . 
coeruleiis  Nob. 
cocìdearìformis  . 
confertus  . 
conicus  . 
conoideus  Nob, 
crassipes . 
crenulatuSi  . 
croceus  . 
cuspìdatus  : 
clecurrens  . 
deliciosus  . 

dentatO'Crenatus  Nob. 
dentatus  Nob. 
dimidìatus  . 
dulcis  . 
elatior . 

Jga- 


Indice 
Jgaricus  elegans  Nob. 
emeticus . 
esculentus  . 
fagìneus  . 
fallax  . 
farlìiosus  . 
fascicularis  . 
fastlgiatiis  , 
ferrugineus . 
fiUforinìs  Nob, 
jlabellatus  . 
flabellifortnis  . 
flaninteus  . 
flavìdus  . 
jloccosus  . 
fragillimus  . 
fragìlìs  . 
fuliginatus . 
ftilvescens . 
fuscescens  . 

fnsco-cano-tomentosus  Nob 
fuscus  Nob. 
fusìpes  . 
gflati'ìosiis  . 
giganteus  . 
gilz'us  . 
glaucus  . 
griseo-alhus  . 
griseiis  . 
h'irtus . 
ìiolosericeus  . 
liypnì  . 
janth'mus  . 

ìlici  t US  . 

ìnfuaUibuHformis  . 


Jgaricus 


359 

involucratiis  Nob. 
viTolutus  , 
ìntegcr  , 
laccatus  . 
Inceratus  . 
larvi  malis , 
lactifluus  . 
leonìnus  . 
liiìgiia .    • 
loiigipes . 
luce US  . 

lycoperdonoides  . 
melleus . 

minhelianus  Nob. 
minor  , 
mìnutiilus  . 
monstriiosus  Nob. 
muscar'ms  , 
mnscoriim  , 
mutahilìs  . 
neptuneiis  . 
niger  Nob. 
nìtens . 
niveiis . 
ohscurus  . 
ochraceiis  • 
olìvaceus  . 
ostreatus  • 
ovatus  . 
j)allidus  . 
perforans . 
phospJioreus  Nob. 
Phalloìdes  Nob. 
pìlosulus  . 
pilosus  Nob. 


36o 
A^arlciis  pìperatus  . 
plicatus . 
plnmbeiis  . 
plìimosiis . 
praf.ensis  . 
procerus . 
pusilbis  . 
pygìneus  Nob. 
pìxiclatus  Nob. 
radìans  : 
radiatus  . 
Rotula  . 
rubellus  Nob. 
ruhro-maculatus  Nob. 
Tubro-striatus  Nob. 
riifcscens  . 
rufus  . 
llusìulla  . 
sanguineus  , 
sanguinolentus  . 
saccharinus  . 
scissjis  . 
scrobiculatus . 
semipetìolatus  . 
sericeus  . 
setaceus  '. 
sordidulus  . 
stellatus  . 
strìatellus  . 
striai  US  . 
siibcorìaceus  . 
subscrispiis  Nob. 
subferrugineus  . 
iub^iuaulatus. 
iubsipiainosus  Nob. 


Indice 
Jgaricus 


subnlafiis  Nob, 
succineus  . 
suljihureus  . 
tennis  . 
terreus  . 
toììientosus . 
tonni iiQsus . 
tremiilus . 
turbììiaìus  . 
umbellatus  . 
umbeWferus  . 
umbìUcafus  . 

vn/'cìitiis  . 

Vaillantìi . 
varìus  . 
velutipes  . 
ventrìcosus  . 
versicolor . 
violaceus  . 
virescens  . 


•virgineus 


viridis  Nob. 
viridissìmus  Nob. 

VÌSCOSllS  . 

Xerampeliniis  , 
Bòhmia  nmscoìdes  Nob. 
Boletus  bovìnus  . 

bicolor  Nob. 
fagìneiis  . 
fasciatus  . 
Favus . 
fragilis  . 
hepaticus  . 
igiiavìus  . 
iiifuiuUbuliformìs . 
Bo' 


I       N 

Boletus    lapidiim . 

lobatus  . 

luteus  . 

vinculatus  Nob. 

medulla  panìs  . 

mesenterìcus  , 

mittabiUs  . 

n'ìtens  . 

ohlìquatus  . 

pallescens  . 

jmsìllus  . 

ramesissìmiis  . 

ruber  Nob. 

rubro  punc.tatiis  Nob. 

siiaveolens . 

subtomento sus  . 

suhvescus  . 

siilpliureus 
tomentosiis  Nob. 
tubero  sus  . 
versicolor  . 

vìscidus  . 
Clatlmis  cancellatus  . 
Clavaria  candidissima . 
coralloides  . 
Cornu  Alces  . 
Cornu  Cervi . 
cornuta  . 
cylindrica  . 
delicatula  . 
fistulosa . 
inaequalis  . 
media  . 
minuta  Nob. 
muscoides , 
Tomo  XI IL 


DICE.  36l 

Clavaria  pistillarls . 
purpurea  . 
simpUcìssìma  • 
Cyathus  crucihidiformis, 
Cupula . 
strìatus  . 
laevìs . 
Fuligo     punìcea  . 
septica  . 
Ilelotiuni  cucullatum  . 
Helvella  hicolor  Nob. 
hrutmea  . 
ciliaris  . 
coccinea  i 
cocleata  . 
hispida . 
Mitra  . 
pallida  . 
revoluta . 
sulcata  . 
tomentosa  Nob. 
undidata  Nob. 
Hydnuni  album  Nob. 
hìcolor  Nob. 
hulbosum  Nob. 
candidum  . 
corulloldes . 
cyathiforme  . 
ìnibricatum  . 
palUdum  Nob. 
pectiniforme . 
repandum  . 
roseum  Nob. 
rufescens  . 
tomentosum  . 
46  Hyd- 


362.  Indi 

Hydnum  Zonatum  . 
Lyco/>er(Ion  utriim  . 
Jjovista  . 
capìtatum  . 
cìrcumscìssum  . 
Clavarìaeformis  Nob. 
furfurnceiiin  ^ 
Geaster  . 
gemmatiim . 
lacerum  . 
multìfidum . 
murìcatum  . 
polyrhizon  . 
punctatum  Nob. 
py riforme . 
squamosum  • 
■Merulìus  alhiis  NoIj. 
alneus . 
Cantharellus  . 
ÌTìflexiis  . 
pezizoicles  • 
quercìnus  . 
Wonilìa    cespitosa  . 
Mucor      minìmiis . 
M  II  cedo  . 
Myklichenia  repens  Nob, 
Peziza     acetabulum . 
Juriciila  • 
bulbosa  , 
caliculus . 
cìUaris  . 
convìvalìs . 
coronata . 
Crater . 
erenata  . 


e     E  . 

Peziza  crucibulinn  . 
ciipressi  . 
Fungoidaster  . 
Jiìans  , 
Iurta  . 
hispida  . 
lacera  . 
minutissima  . 
nigrescens  • 
nutans  . 
pusfulafa  . 
quercina  Nob, 
snnguinea  Nob. 
scutellata  . 
sepulcralis  . 
tuberosa  . 
varia . 
vìridans  . 
Phallus    esculentus  . 
impudicus  . 
Reticularia J ragilis  . 
Sphaeria  Hypoxylon  . 
Spumaria  Mucilago .. 
Stemonìtis  crocea  . 

vitellina  . 
Thaelaephora  appianata . 
mesenterica  • 
m,esenteriformis  . 
sericea  . 
Tremellajuniperina  . 
Nostoc  . 
Sagarum  . 
verrucosa  . 
Tuher  gulosorum  . 

DEL- 


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uyc^c .  '^y  U/./^ .J...\  JJI.    J 


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MEMOBJE  DI  FISICA 


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MEiiOUIfi  DI  FISICA 


forJ(ntT.\UI.p.2,(>2 


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^oc.yoiùj.xm.p-^ 


^Tayi^ .  X. 


MEMORIE  DI  TTSICA 


joc.fùi/.T.xm.p  362 


Joc.  Jtal.T.XllL  /o.  :,  e,  % 


rfvu.xi. 


MEMORIE   pmSICA 


<^oc.  JtaLT.XUL  /o.  Òii2^ 


ypc.  j/ta^*  TZIlLrjòóh 


Icov     XI [. 


:!^[E^rORIE  DI  FISICA 


^c.  yta/'.  T:xm-r'j^i 


303 


DELLA  TINTURA  DEL  COTONE  E  FILO 
IN  ROSSO  COLLA  ROBBIA. 

MEMORIA 

Del  Sic.  Gio.  Antonio  Giobert 

Ricevuta  il  dì  5  Dicembre  1806 . 

Hi  opinione  generale  che  il  filoj  e  il  cotone  non  possono  essere 
disposti  a  ricevere  la  materia  colorante  della  Robbia  ,  e  nemme- 
no il  mordente  die  è  destinato  a  fissarla  nella  operaziou  di  tin- 
tura ,  se  per  mezzo  di  operazioni  preliminari  non  si  prepara,  e  si 
muta  per  così  dire  ,  la  natura  di  esso  per  mezzo  di  sostanze  ani- 
mali, per  cui,  secondo  la  comune  maniera  di  vedere  ,  il  cotone 
e  filo  si  ravvicinano  alla  natura  della  lana  ,  della  seta  ,  che  è 
quanto  dire  a  quella  delle  sostanze  animali  .  A  questa  prepara- 
zione preliminare  che  suole  essere  il  risultato  di  operazioni  com- 
plicate, e  varianti  nelle  differenti  manifatture  si  è  dato  per  con- 
seguenza il  nome  di  animalizzazione  . 

In  una  serie  di  esperienze  intese  a  deternii tiare  le  modifica- 
zioni clic  il  filo  ,  e  cotone  ricevono  per  mezzo  della  cosi  detta 
animalizzazione  ,  il  di  cui  risultato  fu  esposto  in  una  memoria 
letta  in  Aprile  1698  all'  Accademia  delle  Scienze  di  Torino  ,  ho 
provato  che  il  complesso  di  questa  operazione  a  ciò  si  riduce  nel- 
le maniere  di  tintura  comunemente  adottata,  in  cui  V  animalizza- 
zione precede  j  1 ."  alla  formazione  cioè  di  ita  vero  cuojo  risultali^ 
te  dalle  sostanze  animali  che  si  adopranoy  e  la  materia  conciante 
della  galla  ,  che  si  reputa  ugualmente  necessaria  ;  il  quale  cuojo 
si  precipita  e  si  appiglia  a  filamenti  del  cotone  ,  di  cui  ciasche- 
duno rimane  intonacato  .  a."  A  una  successiva  coriatura  di  det- 
to cuojo  0  combinazione  di  esso  per  mezzo  delV  olio  che  gli  si  fa 
assorbire  presentandoglielo  in  istato  di  divisione  per  mezzo   di 

so- 


S()4  Della  tintura  del  cotone  ec. 

sostanze  alcaline  ,  od  in  istnto  di  saponificazione  incompleta  . 
3.°  Alla  condii  nazione  del  mordente  alumina  con  questo  cuojo  . 
Dai  quali  principj  risulta  che  la  tintura  in  rosso  sul  filo  e  cotone 
animalizzati  è  una  tintura  piuttosto  del  cuojo  di  cui  ciascun  iìla- 
mento  tiglio  o  pelo  è  ricoperto,  che  della  materia  stessa  del  lilo. 
Tra  le  osservazioni  che  i  Chimici  hanno  fatto  intorno  a  que- 
sta tintura  ,  fra  le  quali  mentano  di  essere  particolarmente  di- 
Stinte  quelle  del  Socio  nostro  Chaptal ,  nissuna  ha  contradetto 
questo  principio  fonriamentale  che  io  aveva  stabilito,  in  vigere 
del  quale  si  veniva  facilmente  a  comprendere  la  ragione  per  cui 
la  colla  propo>ta  da  Voglero  .  e  poi  molto  raccomandata  da  Ber- 
tholet  rif  sce  cotanto  vantagsiosa  . 

Questo  principio  noti  va  nemmeno  soggetto  ad  alcuna  ec- 
cezione nello  stato  attuale  delle  nostre  cognizioni  quando  si  trat- 
ta di  applicarlo  alle  maniere  di  tintura  ,  in  cui  le  sostanze  anima- 
li, l'olio,  gli  astringenti  vegetali  qualunque  essi  siano  ,  e  salia 
base  di  alumina  sono  messi  in  reazione  .  Ma  siccome  egli  è  ora 
ben  provato,  che  la  alumina  e  la  materia  colorante  della  rohbia 
si  possono  ottimamente  applicare  al  filo,  e  cotone  senza  1'  in- 
tervento uè  di  sostanza  animale  ,  nò  di  astringenti,  cosi  la  for- 
mazione di  un  vero  cuojo,  la  quale  ha  sempre  luogo  quando  si 
procede  con  queste  sostanze  ,  e  serve  ottimamente  a  disporre  il 
cotone  a  ricevere  r  alumina,  e  la  materia  colorante  della  roh- 
bia ,  non  si  può  più  riputare  né  come  necessaria  ,  e  tanto  meno 
qual  si  credeva,  esclusiva  . 

Haussman  al  quale  l'arte  della  tintura  deve  molti  progres- 
si ,  e  sopvattntto  prove  assai  ronvinnenti  dì  quanto  la  scienza 
Chimica  influisca  negli  avvanzamenti  dell'  arte  tintoria  ,  seppu- 
re è  vero  che  di  ciò  si  possa  convincere  i  Tintori  ,  in  una  bella 
Memoria  inserita  negli  annali  di  Chimica  ,  Hau«sman  ha  dimo-' 
stiato  che  il  cotone  si  dispone  ottimamente  a  ricevere  la  mate- 
ria colorante  della  rohbia  quando  è  stato  da  prima  preparato  in 
un  bagno  in  cui  molecole  di  alumina  si  trovano  divise  e  in  con- 
tatto  con  olio  di  lino  diviso  da  un  alcali;  oche  si  ottiene  con 
questa  sola  preparazione  del  cotone  un  rosso  elegante  per  mez- 
zo 


Del  Sxg.  Gio.  Anxonìo  Giobert  .  365 

zo  (l'Ila  successiva  tintura  in  bagno  di  rol:)l)ia  ,  senza  die  vi  con- 
corra né  sostanza  animale  ,  uè  astringenti  .  Quando  si  sa  clie  l' a- 
lumina  assorbisce  avidamente  le  sostanze  oleose;  quando  si  sa 
che  gli  olj  soprattutto  essiccanti  comunicano  all'  alumina  una  te- 
nacità molto  maggiore  di  quella  che  le  è  naturale  come  nei   luti 
grassi  ;  quando  si  sa  finalmente  che  la  materia  colorante  della 
robbia  è  dissolubile  negli  olj,  allora  egli  è  facile  di  comprendere 
ciò  che  in  questa  operazione  ha  luogo  .  Le  molecole  di  alumina  , 
che  nel  loro  stato  naturale  non  si  trovano  dotate  di  una  tenacità 
sufficiente  per  far^i  aderenti  alll  filamenti  del  canape  ,   ai   peli 
del  cotone  in   una  maniera  abbastanza  efficace  per  resistere  alle 
successive  operazioni  di  lavatura  ,  fatte  più   tenaci   per  la  loro 
combinazione  coli' olio,  trovansi  avere  acquistata  la  facoltà  di 
aderenza  sufficiente  verso  il  cotone  ,   facoltà  resa  più  ancora  ef- 
ficace per   le  ripetute  essiccazioni ,   che   è  noto   riuscire   moho 
utili  in  questa  maniera  di  tintura  ,  nelle  quali  non  solamente  si 
opera  una  più  intima  combinazione  tra  l'olio,  e  1'  alumina  ,  ma 
la  tenacità  stessa  dell'  olio,  o  se  si  vuole  del  sapone  a  base  di  alu- 
miua  viene  ad  essere  singolarmente  accresciuta  per  la  ossigena- 
zione dell'  olio  per  mezzo  dell'  aria.  La  successiva  comljiuazione 
della  materia  colorante  della  robbia  con  questo  sapone  terroso  è 
la  necessaria  conseguenza  di  due  attrazioni  naturalmente  efficaci 
tia  la  materia  colorante  della  robbia  con  1'  alumina  ,  e  della  ma- 
teria col.r.nte  con  I' olio,  divenute  probabilmente  più  efficaci 
anco; a  nella  loro  riunione  ;  e  per  1'  azione  disponente  che  1'  uno 
esercita  reciprocamente  sopra  dell' altro .  Il  gran  che  adunque 
nel  disporre  il  filo  e  cotone  a  ricevere  il  mordente  aluniina  nelle 
operazioni  tintorie  consiste  in  aumentare  la  tenacità  nelle  mole- 
cole di  alumii'a,  per  mezzo  della  quale  possano  lendersi  più  stret- 
tamente aderenti  ai  filamenti  del  cotone  e  filo  quando  sono  es- . 
siccate  .  Quindi  a  preparare  il  cotone  col  mordente  alumina  deb- 
bono necessariamente  servire  tutte  le  sostanze  che  in  una  c]ua- 
lunque   maniera  possono  contribuire  ad  aumentarne  la   tenaci- 
tà ;  e  di   qui   dipendono    certamente  gli  effetti  che  anco  indi- 
peudenteuiente  dallo  intervento  di  astringenti  si  osservano  esse- 
re 


' 


366  DlCLLA    TINTURA    DEL    COTONE    CG . 

re  prodotti  dalla  sola  colla  animale  p,  e.  con  V  alumina  ,  ed  anco 
per  un  esempio  di  esclusione  di  sostanze  animali ,  dell'  amido  j 
della  gomma  arabica  ,  e  simili  cose  glutinose  e  tenaci  . 

Non  è  mio  scopo  di  entrare  ne'  piìi  minuti  dettagli  che  sa- 
rebbero proprj  a  dare  a  questi  principj  tutta  la  estensione  di  cui 
sono  suscettibili .  Le  poche  osservazioni  che  ho  fatto  precedere 
sono  più  che  sufficienti  per  quelli^  i  quali  essendosi  molto  occu- 
pati di  questo  genere  di  tintura  ,  ben  conoscono  i  risultati  delle 
sperienze  innumerabili ,  che  su  questo  proposito  sono  state  fat- 
te in  questi  ultimi  tempi  ;  i  quali  risultati  sono  tutti  non  sola- 
mente collegati ,  ma  dipendenti  da  questi  principj  .  A  quelli  che 
non  sono  al  livello  delle  cognizioni  dipendenti  dalle  accennate 
ricerche  ,  le  osservazioni  qui  fatte  possono  abbastanza  servire  di 
guida  . 

Partendo  intanto  da  questi  principj  mi  pare  sin  d'  ora  che 
si  può  travedere,  che  in  un  caso,  e  nell'altro,  cioè  in  primo  luo- 
go che  nella  maniera  di  tintura  in  rosso  colla  robbia  per  mezzo 
di  sostanze  animali  e  di  astringenti  vegetali  ,  o  nella  maniera 
certamente  più  sicura  e  più  soda  e  piìi  economica  in  quanto  che 
si  ottiene  un  aumento  di  peso  considerevole  ,  in  cui  vi  è  forma- 
zione di  cuojo  5  le  operazioni  complicatissime  che  sono  state  pre- 
scritte possono  essere  estremamente  semplificate  ,  e  il  risultato 
di  queste  operazioni, che  nelle  maniere  prescritte  ricerca  un  tem- 
po assai  lungo,  può  ottenersi  nel  breve  periodo  di  poche  ore,  e  in 
uno  spazio  di  tempo  ,  non  maggiore  di  quello  che  è  necessario 
per  ottenere  qualunque  altro  colore  .  In  secondo  luogo  che  nell' 
altra  maniera  di  preparazione  del  cotone  senza  formazione  di 
cuojo,  ed  aumentando  soltanto  la  tenacità  dell'  alumina  si  può 
ottenere  la  tintura  con  uguale  prontezza  . 

Le  maniere  di  tinture  che  io  sono  per  descrivere  molte  vola- 
te ripetute  anco  su  ragguardevoli  quantità  di  cotone  ,  ne  potran- 
no somministrare  argomenti  di  prova  .  Ma  nella  tintura  del  co- 
tone in  rosso  colla  robbia  qualunque  sia  la  maniera  di  prepara- 
zione del  cotone  e  di  tintura  ,  s'  incontrano  di  varj  ostacoli ,  che 
soventi  il  metodo  anco  il  migliore  ,  non  può  sortire  verun  suc- 

ces- 


Del  Sic.  Gio.  Antonio  Giobf.rt  .  867 

cesso.  Questo  è  almeno  ciò  che  mi  è  soventi  \olte  accaduto  nel 
periodo  di  molli  anni  ,  che  mi  sono  ostin  itamente  applicato  a 
questo  genere  di  ricerca  .  Alcune  osservazioni  generali  che  pre- 
cedano le  maniere  di  tintura  saranno  per  conseguenza  opportu- 
ne per  quelli,  i  quali  non  sono  ancora  esercitati  nella  tintuia  in 
rosso  colla  robbia  .  Queste  osservazioni  si  aggirano  principalmen- 
te sulla  scelta  della  robbia  ,  e  sulla  preparazione  del  filo  ,  e  co- 
tone . 

SCELTA  DELLA  ROBBIA . 

Quegli  che  desidera  di  occuparsi  in  questo  genere  di  tintura ^ 
deve  assicurarsi  prima  di  tutto  della  bontà  df^lla  robbia  colla 
quale  si  propone  di  operare  •  La  buona  robbia  è  rarissima  nel  com- 
mercio^ e  SDventissime  volte  mi  è  accaduto  di  eseguire  delle  ma- 
niere di  tintura  eccellenti  senza  successo  anche  colla  robbia  co- 
nosciuta nel  commercio  col  nome  di  Lizari,  mentre  colle  stesse 
maniere  di  tintura  otte/ieva  costantemente  eleganti  colori  se  pro- 
cedeva con  radici  di  robbia  verde  da  me  raccolta  ed  essiccata  .  l^a 
radice  di  robbia  comunque  conservata  intiera  o  in  polvere,  attrae 
avidamente  1'  umidità  ,  soffre  facilmente  una  fermentazione  che 
Ja  altera,  e  per  poco  modificata  che  essa  sia  da  questa  fermentazio- 
ne ,  allora  non  è  più  atta  alla  tintura  in  rosso.,  o  per  Io  meno  rioa 
somministra  più  lui  colore  vivace.  Chiunque  desideri  di  rendersi 
famigliare  questa  specie  di  tintura,  non  può  adottare  miglior  con- 
siglio ,  che  cominciando  con  radici  di  robbia  recenti .  Nel  nostro 
paese  la  robbia  che  cresce  spontanea  attorno  agli  antichi  edifizj 
e  castelli  ,  quella  che  si  coltiva  negli  orti ,  è  tutta  eccellente  ,  e 
sempre  migliore  che  quella  istessa  di  Levante  ,  che  ci  sommini- 
stra il  commercio.  Le  radici  debbono  essere  di  tre  anni  almeno  . 
Si  scielgono  le  migliori  rigettando  ugualmente  le  più  piccole,  le 
corrose  dag!i  insetti,  e  sopra  tutto  li  nodi.  Il  loro  colore  de- 
ve essere  giallo  rosso,  o  ranciato,  e  I'  udore  grave,  e  piace- 
vole. Si  lavano  accuratamente  con  acqua,  e  lavate  si  lascia- 
no sgocciolare .  Ciò  fatto  si  contundono  in  un  mortajo  di  pie- 
tra , 


3^68  Della  tintura  del  cotone  ec. 

ti'a  ,  allontanando  ogni  contatto  con  ferro  ,  o  rame  ,  e  contuse  si 
fanno  seccare  all'  aria  .  Nello  essiccarsi  il  loro  colore  diventa  ros- 
so; e  se  una  volta  essiccate  si  innaffiano  con  acqua  e  si  fanno  secca- 
re di  nuovo,  e  ciò  si  ripete  per  ben  tre  o  quattro  volte,  pare  che 
d' assai  si  migliori  ossidandosi  la  materia  colorante.  Quando  in  tal 
modo  è  preparata  la  robbia  ,  essa  è  eccellente  .  Se  ben  seccata  si 
ritira  in  recipienti  di  vetro  ben  asciutti,  ben  otturati,  e  si  rimet- 
te in  luogo  secco  allora  può  conservarsi .  Colla  robbia  preparata 
in  questa  maniera  è  impossibile  di  non  riuscire  ,  a  meno  che  non 
sia  buona  la  maniera  di  tintura ,  o  non  siano  condotte  con  accu- 
ratezza le  operazioni . 

PREPARAZIONE  DEL  FILO  E  COTONE  . 

Un  buon  lissivio  o  bucato  può  in  generale  servire  di  prepara- 
zione al  cotone,  ma  è  sempre  insufficiente  per  il  filo  .  Da  altra 
parte  un  solo  bucato  non  può  servire  mai  anche  con  il  Cotone 
quando  si  desidera  un  rosso  fino,  e  molto  vivace.  Egli  è  indispen- 
sabile allora  che  il  filo  e  cotone  siano  perfettamente  imbiancati. 
Si  è  creduto  di  osservare  una  differenza  nel  colore  che  può  riceve- 

.  re  il  cotone  ,  secondo  la  differenza  delle  macchine  con  cui  è 
stato  filato.  Ho  soventi  tinto  cotone  filato  per  orditura  ,  e  so- 
venti altro  filato  per  trama  ,  o  per  tessitura  ;  e  non  ho  trovato 
differenze  sensibili  .  Ne  produce  per  altro  delle  molto  sensi- 
bili la  maniera  d'imbiancamento.  Quando  il  cotone  è  imbian- 
cato con  semplici  bucati  ,6  1'  azione  del  sole  ,  il  color  ros- 
so è  meno  vivace  ,  più  tendente  al  cremesi ,  meno  infuocato  , 
Se  al  contrario  s' imbianca  il  cotone  coli' acido  muriatico  ossi- 
genato il  color  rosso  è  più  vivace  assai,  più  tendente  allo  scarlato, 
più  simiglievole  a  quello  di  Turchia  .  Io  sono  inclinato  a  credere 
che  la  ragione  di  queste  differenze  deve  cercarsi  nelfi  presenza 
di  un  pò  di  carbonato  di  calce  che  esiste  sempre  nel  filo  e  coto- 
ne stato  imbiancato  senza  il  concorso  degli  acidi  ,  e  £>rs'  anco  in 

.  una  piccola  porzione  di  ossigeno  di  più  che  il  cotone  riceve  dall' 
acido  muriatico  ossigenato,  e  cede  successivamente  alla  materia 

co- 


Del  Sic.  Gio.  Antonio  Giobert.  36g 

colorante  rossa  della  robbia,  che  troppo  ossidata  inclina  al  gial- 
lo.Convien  dire  peraltro  che  il  colore,  che  riceve  il  cotone  im- 
biancato con  soli  bucati  e  l'azione  del  sole  è  in  generale  più  pie- 
no, e  come  suol  dirsi  più  nutrito;,  ma  egli  è  vero  altresì,  che 
tende  pure  più  al  bruno  . 

Quando  si  sono  portate  le  attenzioni  che  noi  abbiamo  pro- 
poste perla  scielta  delia  robbia  ,  e  nello  imbiancare  il  cotone  o 
filo,  allora  si  può  procedere  alla  operazione  per  cui  il  filo  e  coto- 
ne si  dispon2;ono'a  ricevere,  a  ritenere  combinata  la  mateiia  co- 
lorante ,  alia  operazione  cioè  del  mordente  . 

DELL'  APPLICAZIONE  DEL  MORDENTE 
AL  FILO  E  COTONE  . 

Nelle  maniere  di  tintura  del  filo  e  cotone  in  rosso  ,  ciocché 
più  difficilmente  vi  riesce  si  è  nel  disporre  il  filo  e  cotone  a  ri- 
cevere la  materia  colorante  o  nella  applicazione  del  mordente  . 
Le  maniere  generalmente  prescritte  che  comprendono  bagni  al- 
calini con  olio,  bagni  di  sostanze  animali,  bagni  altri  alcalini, 
altri  bagni  di  galla,  altri  di  soluzioni  di  allume  sono  estremamen- 
te complicate,  e  le  essiccazioni  tante  volte  ripetute  rendono  anco 
necessariamente  lunghissimo  il  ribaltato  di  operazioni  cosi  varia- 
te, e  successivamente  moltiplicate.  I  principj  che  abbiamostabi- 
lito  in  sul  principio  di  questa  Memoria  possono  servire  a  render- 
ne facilmente  ragione  ,  siccome  essi  provano,  che  lo  stesso  inten- 
to si  può  facilmente  ottenere  sia  nel  sistema  di  accrescere  sempli- 
cemente la  tenacità  dell'  alumina  combinandola  con  sostanze 
oleose,  sia  nell'  altro  di  far  intervenire  sostanze  animali  ,  e  pro- 
cedere successivamente  alla  formazione  di  cuojo  i-iunito  all'  alu- 
mina . 

Nel  primo  sistema  la  maniera  seguente  che  è  semplicis'^ima 
può  essere  eseguita  da  chiuncjue,  e  ci  ha  procurato  costantemen- 
te un  cotone  dispostissimo  a  ricevere  la  materia  colorante  della 
robbia  . 

Per  una  libbra  di  dodici  oncie  di  cotone  si  prendono  quTtti'O 

Tomo  XIII.  47  eie 


I^O  DeFXA    TINTUKA    DEL    COTONE 

oncie  di  buon  sapone,  che  si  taglia  in  pezzi  sottili,  i  quali  si  asper- 
gono con  mi  pò  di  acipia,  e  si  conservano  a  tenue  calore  sinché  heii 
penetrati  dali'ac([na  siano  rammolliti  e  possano  formare  una  specie 
di  pasta  molle  gelatinosa.   Si  agita  la  pasta  e  vi  si  versano  sopì  a  e 
si  frainischiano  esattamente  con  essa  da  un'oncia  a  due  di  olio  se- 
condo la  varia  bontà  del  sapone,  e  la  più  o  meno  facile  dissolubili- 
tà nel  sapone  dell'  olio,  il  quale  si  adopera  ,  giacché  dall'  olio  co- 
mune fra  i  grassi  sino  a  quello  di  lino  fra  gli  essiccanti  tutti  posso. 
no  servire  a  questo  uso  .  L'  olio  essendo  ben  unito  al  sapone  si  di- 
lunga la  mistura  con  acqua.  Separatamente  si  fa  una  dissoluzione 
di  sei  oncie  di  allume  comune  nell'acqua;  alla  quale  si  aggiugne  o 
un  pò  di  muriate  di  stagno  ,  o  direttamente  dell'  ossido  di  stagno 
bianchissimo  in  qualunque  manierasia  stato  preparato.  Ciò  fitto 
si  può  procedere  in  due  differenti  maniere;   la    prima  consiste  a 
passare  il  cotone  nella  soluzione  calda  dell'  olio  e  sapone  a  ben 
impregnarlo,  e  saturarne  ciascun  filamentodi  essa;  indi  a  passarlo 
successivamente  nella  dissoluzione  di  allume,  con  muriato  di  sta- 
gno, ciò  che  può  alternativanrente  ripetersi  due  o  tre  volte  . 

Nella  seconda  si  possono  frammischiare  insieme  le  due  dis- 
soluzioni ,  che  si  erano  messe  a  parte  ;   formarne  un  solo  bagno  , 
e  in  esso  dimenare  a  caldo  il  cotone  per  lo  spazio  di  un'  ora  circa. 
L'  una  e  1'  altra  maniera  produce  lo  stesso  effetto.  La  soda 
del  sapone  appropriandosi  gli  acidi  muriatico  e  nitrico  ,  V  alumi- 
na  e  l'ossido  di  stagno  riuniti  all'olio  si  fanno  innatanti  e  sospese 
nel  bagno  e  successivamente  aderenti  al  cotone  ,  che  per  mezzo 
di  esse  viene  disposto  a  ricevere  la  materia  colorante.  Nella  prati- 
ca passa  per  altro  una  qualche  differenza  tra  l'  una  e  l'  altra  ma- 
niera,e  ciascheduna  riunisce  de'  vantaggi  particolari.  Le  immer- 
sioni alternative  producono  nelT  interiore  stesso  della  stoffa  la 
precipitazione  dell'  alumina ,  e  ossido  di  stagno  ,  e  quindi  in  una 
maniera  più  uguale;  ma  la  operazione  è  più  complicata  e  più  lun- 
ga; noi  crediamo  che  possa  preferirsi  quando  si  tratta  di  stoffe  , 
o  cotone  finissimo  . 

La  seconda  è  più  assai  speditiva  ,  ma  ricerca  maggior  atten- 
zione neir  impregnameli  cotone  nel  bagno  . 

Qua- 


I 


Dj:r,  SiG.  Gio.  Antonio  Giobeht  .  T^i 

Qualunque  maniera  si  adutti  ,  il  cotone  si  trova  ben  dispo- 
sto a  riceve le  la  maleria  colorante  anche  senza  la  essiccazione  pre- 
liminare .  Questa  essiccazione  per  altro  è  molto  utile,  ed  è  anzi 
vantaggioso  ripeterla,  il  cotone  ben  essiccatosi  lava  in  acqua  cor- 
rente, e  si  passa  successivamente  in  acqua  calila  sinché  si  osservi 
che  non  depone  più  alcuna  molecola  terrosa.  Ci  è  sembrato  di  os- 
servare che  se  si  fa  bollire  per  qualche  tempo  il  cotone  nell'  ac- 
qua, la  aderenza  tra  T  aKimina  1'  olio  e  la  stoffa  si  fii  più  forte  . 

Nel  secondo  sistema  di  far  concorrere  le  sostanze  animali  , 
che  riescono  sempre  utili,  la  maniera  di  proced  -re  è  ugualmente 
speditiva  ;  noi  ne  indicheremo  diverse  ,  che  ci  hanno  bene  riu- 
scito . 

La  prima  consiste  ad  aggiugnere  della  gelatina  animale  alla 
dissoluzione  di  olio  e  sjpone,  di  cui  abbiamo  parlato.  Due  oncie 
di  colla  comune  ben  chiara  bastano  per  le  proporzioni  prescrit- 
te. L'  alumina  che  allora  si  precipita  oltre  dell'  olio  prende  una 
porzione  di  gelatina  che  si  <  omhina  con  essa  ,  e  eh'  essa  ritiene 
malgrada  le  lavature  successive  .  Che  se  poi  si  essicca  il  cotone 
senza  lavarlo,  e  allora  si  passa  in  hagoo  di  galla,  la  gelatina  che  si 
precipita  in  cuujo  ritiene  più  fortemente  1'  alimiina,  l'olio,  ec. 

Noi  abbiamo  messo  a  cimento  anco  il  sapone  direttamente 
animale  ;  un  sapone  di  1  ma.  Essa  dispone  benissimo  coll'allume  il 
cotone  a  ricevere  la  materia  colorante  ,  ma  per  l'azione  probabil- 
nwivte,  che  la  sodao  potassa  spie^anosopia  la  lana,  ilsapone  sem- 
pre bruno  induce  nel  cotone  delle  modificazioni,  percui  il  rosso 
che  si  ottiene,  benché  pieno,  ben  saturato,  tende  soverchiamen- 
te al  bruiiOj  e  manca  di  quella  vivacità  che  si  desidera  .  Un  pò 
più  d'  ossido  di  stagno  coli'  alumina  lo  migliora,  ma  non  lo  ridu- 
ce mai  allo  stato  dj  quello  che  può  ottenersi  nelle  altre  maniere. 

Una  terza  maniera^  la  più  semplice  ,  e  senza  dubbio  la  più 
economica  quando  coincidono  le  circostanze,  quella  che  noi  rac- 
comandiamo di  preferire,  consiste  nel  flir  uso  in  luogo  del  sapone 
e  della  gelatina  animale  di  un  sapone  naturale  animale,  che  ci 
presenta  la  lana  nel  suo  stato  di  succidume,  e  soprattutto  la  lana 
sopì  affina  d§lle  razze  Spagnuole  . 

Si 


57^  Della  tintura  del  cotone 

Si  lava  la  lana  secondo  la  niaiiiera  Spagnuola  descritta  da  La- 
sterycj  e  nell'  actjiia  di  succiduniebeu  densa  si  dissolve  l'alkime 
e  si  dimena  il  cotone  .  Ciò  basta  per  disporlo  a  ricevere  la  ma- 
teria colorante.  Siccome  per  altro  l'olio  contribuisce  molto  a 
fissare  non  solamente  la  materia  colorante,  ma  a  rendeila  più 
infuocata,  è  ottimo  consiglio  farne  uso;  si  evapora  per  que- 
sto effetto  dell'acqua  di  succidume  sino  a  consistenza  di  estratto; 
si  unisce  a  questo  l'olio,  che  viene  saponificato,  poi  si  dilunga  la 
mistura  con  altra  acqua  di  succidume;  ciò  fatto  si  può  ugualmen- 
te dissolvere  in  questo  ])agno  1'  allume  e  maneggiarvi  il  cotone  , 
oppure  impregnare  primieramente  e  con  esattezza  il  cotone  nel 
primo  bagno  e  passarlo  successivamente  nella  dissoluzione  di  allu- 
me .  La  quale  operazione  si  può  ripetere  due  o  tre  volte  essiccan- 
do il  cotone  senza  lavarlo  . 

Un  bagno  successivo  di  galla  non  è  necessario  per  la  tintura 
del  cotone  in  rosso;  ma  questo  bagno  riesce  utile  per  ottenere 
un  rosso  più  pieno  e  soprattutto  più  resistente  . 

L'analisi  del  succi'dume  della  lana,  fatta  da  Vauquelin  rende 
ragione  di  ciò  che  accade  nella  reazione  di  questi  corpi.  Il  succi- 
dume è  un  sapone  animale  a  base  di  potassa,  la  quale  decompo- 
nendo l'allume  comune  precipita  1'  allumine  che  si  riunisce  alla 
materia  animale  del  sapone,  l'olio  che  si  è  aggiunto,  e  questo  tri- 
plice corpo  si  riunisce  successivamente  alla  materia  conciante 
nel  bagno  successivo  di  galla  . 

ircotone  così  preparato  è  ottimo  consiglio  di  farlo  bollire 
qualche  tempo  in  acqua  prima  di  metterlo  nel  seguente  bagno  di 

robbia . 

.     DELLA  TINTURA . 

Quelli  che  hatino  scritto  intorno  a  questo  genere  di  tintura  non 
sono  ben  d'  accordo  intorno  alla  maniera  di  applicare  al  cotone  il 
bagno  di  robbia,  volendo  gli  uni  che  sia  da  evitarsi  F  ebullizione  , 
e  consigliando  di  dimenarvi  il  cotone  soltanto  per  circa  tre  ore  a 
una  temperatura  vicina  a  quella  dell'acqua  bollente;  mentre  al- 
tri reputano  la  ebullizione  quando   non  fosse  che  per  circa  uu 

quar- 


Del  Sic.   Gio.  Antonio  Giobert  .  $78 

quarto  di  ora,  incUspensabilp  .  A  questo  riguardo  noi  crediamo  di 
aver  osservato  ,  clie  gii  uni  e  gli  altri  hanno  ragione  .  In  tutte  le 
sperienze  die  abbiamo  fatte  sempre  ci  è  accaduto  che  colla'ebul- 
hzione  si  ottiene  un  rosso  pieno  ,  ma  sempre  tendente  al  bruno; 
e  che  al  contrario  a  una  temperatura  piìi  tenue  si  ottiene  un  ros- 
so più  elegante  .  Paragonando  per  altro  la  sodezza  dell'  uno  e  dell' 
altro  ci  parve  molto  sensibile  la  diiTerenza, e  molto  più  fissala  ma- 
teria colorante  per  mezzo  della  ebullizione  .  Una  maniera  che  ci 
sembrò  conciliare  i  vantaggi  dell'una  e  dell'altra  consiste  a  dime- 
nare il  cotcHie  nel  bagno  a  una  tenipcratin'a  vicina  a  quella  dell' 
acqua  bollente,  quindi  quando  si  trova  saturato  di  materia  colo- 
rante si  estrae  ,  e  si  fa  Jjollire  mezz'ora  circa  in  acqua  pura  .  Per 
mezzo  di  detta  ebullizione  la  combinazione  della  materia  colo- 
rante si  fa  più  intima  assai  con  la  materia  excipiente  di  essa  nel 
cotone;  e  vengonsi  a  conseguire  i  vantaggi  della  ebullizione  sen- 
za correre  il  rischio  di  riunire  molecole  di  color  bruno  a  quelle 
di  color  rosso  . 

Essiccato  il  cotone  e  ripetendo  le  ebullizioni  nell'acqua  o 
pura  o  unita  a  un  pò  di  crusca  ,  o  in  vasi  aperti  ,  o  meglio  ancoia 
in  vasi  chiusi,  si  giugae  facihnente  a  dare  al  colore  una  maggiore 
vivacità.  La  massima  jjer  altro,  che  può  ricevere  noi  crediamo 
che  non  si  possa  altrimenti  ottenere,  che  col  tempo  e  colf  azione 
dell'aria,  sopra  tutto  conservandolo  steso  sull'erba.  I  mezzi  leg- 
germente ossigenami ,  che  a  prima  vista  parrebbero  dover  sup- 
plire all'  azione  deif  aria  non  che  utili  ci  sono  riusciti  dannosi  . 


AVVISO 


,Nel  Foglio   41    in  vece    delle 
Pagine  301  -  308  devesi  leggere 
1-328.